Pondering Oft. Lettura argomentativa del Paradise Regained di John Milton 8881146126

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Pondering Oft. Lettura argomentativa del Paradise Regained di John Milton
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| Danie leBorgogni

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O JohnM ilton

Questo lavoro è una monografia sul Paradise Regained,

un testo

successivo al Paradise Lost e generalmente considerato minore

all’interno della civiltà letteraria inglese e della stessa produzione miltoniana. Il presente studio intende

rivedere questi assunti critici e, dopo aver analizzato la costruzione

dell’opera da parte della critica, prende in esame quegli aspetti

retorico-argomentativi che meglio di altri dimostrano le sofisticate strategie impiegate dal testo per argomentare la propria apertura

verso il lettore, che viene chiamato a partecipare attivamente

alla produzione dell’opera.

DANIELE BORGOGNI ha conseguito il titolo di dottore di ricerca dopo aver frequentato il

corso di dottorato in Anglistica attivato presso le università consorziate di Genova,

Milano,

Perugia e Torino. Si è anche interessato all’emblematica rinascimentale e a John

Bunyan, pubblicando nella rivista Textus V’articolo “Emblems, Emblematics and the Reader in the Pilgrim’s Progress”.

COLLANA DEL DIPARTIMENTO DI SCIENZE LINGUISTICHE E FILOLOGICO-LETTERARIE DELL'AREA ANGLO-GERMANICA - NUOVA SERIE VOl. VII Comitato Scientifico FRANCESCO

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SERENA

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STEFANIA

Borgogni 18/5

TORINO

ITALIA

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@ ipsvel. sE

PICCINATO,

SERGIO

RUFINI

Nella

stessa

collana

. Tofi Leonardo, I! racconto è nudo! - Robert Walser e la percettibilità dei meccanismi di composizione, 1995. Clara, Liminal personae - Marginalità e sovversione LS). Mucci nel teatro elisabettiano e giacomiano, 1995. . Colella Silvana, Romanzo e disciplina - La narrativa di Charlotte Bronté, 1996. . Specchi dell’io - Scritture autobiografiche nel Seicento inglese, a cura di Roberto De Romanis, 1996. . Montesperelli Francesca, Nel cerchio dei sogni - Tre saggi su

Emily Bronté, 1996. . Rizzoli Renato, La politica del colpo di scena - Rappresentazione e ideologia nel teatro giacomiano, 1997. . Daniele Borgogni, Pondering Oft: Lettura argomentativa del Paradise Regained di John Milton, 1998.

DANIELE

BORGOGNI

PONDERINGSOET Lettura argomentativa del Paradise Regained di John Milton

Edizioni Scientifiche Italiane

BORGOGNI,

Daniele

Pondering Oft -,Lettura argomentativa del Paradise Regained di John Milton Collana: Pubblicazioni dell’Università degli Studi di Perugia Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 1998 PP:9270AcM22

ISBN 88-8114-612-6

© 1998 by UNIVERSITÀ

DEGLI

STUDI

DI PERUGIA

I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilms e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

INDICE

Ringraziamenti ot uttenosh vba AVVELCOZA

Write? Pai,

SÌ rene NA

OE

11 11 “Censur’d

to be much

inferiour”: Paradise Re-

mainedsnellascriticar moderna

è Lombile.

La struttura di Paradise Regained ........ Lo stile e il linguaggio di Paradise Regained Il significato di Paradise Regained . ....... II.

Retorica e argomentazione nell’Inghilterra del XVII secolo e in Paradise Regained. ...... L’argomentazione nella retorica del ‘600 inglese Retorica ed argomentazione in Milton ..... Paradise

Regained: prospettive argomentative

III. “Ambiguous and with double sense deluding”: la scrittura stratificata di Paradise Regained . .

“Otber than thou seem'st”: discslegaiedma e inn Letteralità e simbolicità in La dimensione temporale in Satana e Gesù: il problema

la natura in Paraanna Paradise Regained Paradise Regained dei personaggi. .

6 IV.

Le

tenta

zioni di Paradise Regained:

modalità

167

e forme

V.

Le forme della tentazione... ..:.........

169

WanalistdellaMn'az0NeREREC,

185

an

“Majestic, unaffected style”?: il problema del linguaggio in Paradise Regained ......... Paradise Regained e le Sacre Scritture. . . . . “By thee usurped”: Satana e la decostruzione dello Paro. el Re

“By

wisdom

eminent’:

Paradise

Bibliografia

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II

215 ZIO

Regained

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2015

229 238

245

RINGRAZIAMENTI

Questo volume è la rielaborazione della mia tesi di dottorato: il primo ringraziamento va dunque ai membri collegio dei docenti che l'hanno apprezzata, in particolare (in ordine alfabetico!) alla prof.ssa Bignami, per la sua gentilezza e la sua puntigliosità nella lettura di questo lavoro; al prof. Marenco, per avermi sostenuto e indirizzato nel corso di questi anni con garbo e lungimiranza; al prof. Rufini, per i suoi commenti non sempre lusinghieri ma immancabilmente stimolanti. Un grazie anche al personale della Biblioteca del Dipartimento di Lingue di Torino, cortese e disponibile in ogni occasione. Non meno importante dell’assistenza accademica è stata quella “umana”: ringrazio quindi don Gianfranco Sivera, per le utili chiacchierate fatte insieme; “il Giova” per avermi fatto da postino in diverse occasioni e i miei genitori, che mi hanno sempre aiutato in modo impagabile. Il ringraziamento più grande, tuttavia, va a Linda, che mi è stata vicina in ogni circostan-

za e che, a differenza del sottoscritto, ha sempre creduto nelle mie capacità.

Digitized by the Internet Archive in 2023 with funding from Kahle/Austin Foundation

https://archive.org/details/ponderingoftlett0000borg

AVVERTENZA

Tutte le citazioni dalle opere poetiche di Milton sono tratte da A. FOWLER - J. CAREY eds., The Poems of Jobn Milton, London, 1968, d’ora in poi abbreviato Fowler-Carey; quelle dalle opere in prosa da Complete Prose Works of John Milton ed. D.M. WOLFE et al, New Haven CT, (1953-82), d’ora in poi abbreviato CPW. Le citazioni dalle Sacre Scritture sono tratte dalla Autborized Version e da A. MERK, Novum Testamentum Graece et Latine, Roma, 1933 (1992) (come nella bibliografia finale, la prima

data riportata si riferisce all'edizione originale, quella nella parentesi all'edizione consultata). Si è inoltre fatto riferimento ai commenti e alle note esplicative de La Bibbia di Gerusalemme, ed. it. Bologna, 1974. Nel volume vengono utilizzate le seguenti abbreviazioni:

BSUF CI CL CL) CO DVS

Ball State University Forum Critical Inquiry Comparative Literature The Cornell Library Journal Critical Quarterly Deutsche Vierteljahrs Schrift

EA

Etudes Anglaises

E&S ELH ELN EM ESC GR

Essays and Studies A Journal of English Literary History English Language Notes English Miscellany English Studies in Canada The Georgia Review

HLO

Huntington

Library Quarterly

Harvard Theological Review Journal of English and Germanic Pbilology Journal of the History of Ideas Literature and History Papers of the Michigan Academy Modern Language Notes Modern Language Quarterly Modern Language Review Modern Philology Milton Quarterly Milton Studies Missouri University Studies Notes and Queries New Literary History

Neupbhilologische Mitteilungen Papers on Language and Literature Publications of the Modern Language Association

Pbilological Quarterly Quarterly Journal of Speech Renaissance

and Reformation

Review of English Studies Rivista di Letterature Moderne e Comparate Renaissance Quarterly Southern Atlantic Quarterly Strumenti Critici Seventeenth-Century News

Studiessin English Literature Studia Neophilologica Studies in Philology Tulane Studies in English Texas Studies in Language and Literature University of Hartford Studies in English University Review

University of Toronto Quarterly University of Texas Studies in English Washington University Studies Yearbook of Comparative and General Literature The Yale Review

INTRODUZIONE

Lettura come produzione

Più di altri autori tradizionalmente definiti canonici all’interno della civiltà letteraria inglese, John Milton è stato istituzionalizzato in un dibattito critico specialistico ed erudito che lo ha reso una sorta di monumento culturale rispettabile ma in fondo poco attraente. Parimenti, all’interno del macrotesto miltoniano, Paradise Regained risulta un’opera significativa ma di fatto piuttosto trascurata e poco apprezzata, che, come ha scritto R.W. Condee, “has always been a highly respected poem that very few readers have actually liked”!. Di questo testo, liquidato brevemente nelle storie della letteratura e descritto anche con un certo imbarazzo per via delle sue caratteristiche così dissonanti rispetto a Paradise Lost e alla sua “musica d’organo”?, ci si è infatti occupati per una scelta “esotica”,

alla ricerca

di un

Milton

alternativo,

o per dovere,

quasi fosse una fastidiosa appendice alla grande epica; così per molti critici esso è: The least popular of Milton’s poems ... it has been deferred to more than genuinely admired, and more admired than enjoyed. ... If critics are unenthusiastic, it is not as a rule because they find in the poem a discrepancy between intention and

1 R.W. CONDEE, “Milton’s Dialogue with the Epic: Paradise Regained and the Tradition”, YR 59 (1970), p. 357. 2 Secondo la celebre espressione di J.W. Mackaii, 7be Spring of Helicon, New

York,

1909, p. 187.

performance. It is rather unsympathetic, something

that there is felt to be something even repellent about the intention

itself.

Eppure non

quest'opera,

problematica,

così poco

ha costituito,

allettante

e apparentemente

e costituisce

tuttora,

una

diffi-

coltà per gli interpreti', risultando un testo sfuggente che sembra quasi richiedere approcci differenti e spesso contraddittori, suffragando ora una lettura, ora un’altra opposta e frustrando le speranze di una sua interpretazione definitiva’. ? W.W. RoBson, “The Better Fortitude” in F. KERMODE ed., 7be Living Milton, London, 1960. Anche A. FisHER, “Why Is Paradise Regained So Cold”, MS 14 (1980), ammette

che “Paradise Regained presents salvation, then, but presents

it in such a way as will stir up one's natural resentments of it.”, p. 198. Nella maggioranza dei casi, infatti, ci si occupa di Paradise Regained non tanto per un interesse specifico ma a causa della mai sopita attenzione critica di cui continua ad essere oggetto il grande poeta di Paradise Lost, non è un caso che la critica su Paradise Regained, a parte i singoli articoli, si trovi sotto forma di capitoli o parti di libri dedicati a Paradise Lost o a Milton in generale, ed è bene ricordare che sono solo quattro gli studi diffusi dedicati esclusivamente a Paradise Regained: E.M. Pope, ‘Paradise Regained”. The Tradition and the Poem, Baltimore, 1947; B.K. LEWALSKI, Milton's Brief Epic, Providence, 1966; BJ. WeBERr, Wedges and Wings, Carbondale, 1975; J.T. SHawcross, “Paradise Re-

gain'd”. Worthy T'Have Not Remain'd So Long Unsung, Pittsburgh, 1988. Il volume di A. STEIN, Heroic Knowledge, Minneapolis, 1957, è dichiaratamente più una raccolta di saggi che non una monografia su Paradise Regained e anche il recente

7be Empty

Garden,

Pittsburgh,

1991,

di A.H.A.

RusHpy

analizza

le

ultime opere di Milton, tra cui anche Paradise Regained, ma con lo scopo di indagare più sull’autore che non sul testo in sé. Infine le fondamentali raccolte curate da J.A. WITTREICH, Jr., Calm of Mind, Cleveland, 1971 e da B. RAJAN, 7he Prison and the Pinxacle, London, 1973, sono appunto una collezione di arti-

coli. * Come

ricorda A. FisHER, “Why Is Paradise

Regained

So Cold”, cit.: “With

Paradise Regained, the problem is three centuries old”, p. 195. Per un panorama storico sulla ricezione critica di Paradise Regained si possono vedere J.T. SHawcross ed., Milton: The Critical Heritage, London, 1970 é W. MACKELLAR ed.,

A Variorum Commentary Regained, London, 1975.

on the Poems of John Milton.

Volume IV: Paradise

? Non a caso la pratica critica di prendere le distanze da lavori precedenti mostrandone le incongruenze è così frequente e praticabile da essere diventata quasi un topos nella critica a Paradise Regained, tanto è facile trovare punti deboli nelle analisi altrui. Esemplari da questo punto di vista gli esordi vegli articoli

di L.L.

MARTZ,

“Paradise

Regained:

The

Meditative

Combat”,

ELH

27

(1960), p. 223; E.B. SAFER, “The Socratic Dialogue and ‘Knowledge in the Making’ in Paradise Regained” MS 6 (1974), p. 215-6; E. ELLIOTT, “Milton’s Biblical

Style in Paradise Regained”, MS 6 (1974), pp. 227-8; R.D. Jorpan,

“Paradise

13

Infatti, al di là del fatto che Paradise Regained sia espliitamente definito “A Poem. In IV Books”, esso si presenta come un ibrido di difficile collocazione, sfuggente e refrattario alle classificazioni come già sosteneva Northrop Frye nel 1956: Paradise

Regained is not only a success but a technical experiment that is practically sui generis. None of the ordinary literary categories apply to it; its poetic predecessors are nothing like it and it has left no descendants®.

Accanto all’etichetta di opera per addetti ai lavori, noiosa e scontata (azione nulla, personaggi impegnati in sottili diatribe morali, ovvia sconfitta di Satana e così via) convive dunque la consapevolezza di una problematicità insita nell’opera, resa in un certo senso “illeggibile” a causa delle sue caratteristiche fondamentalmente devozionali e allusive a una cultura religiosa di cui si perdono sempre più le coordinate nella nostra epoca. Affrontare Paradise Regained significa, dunque, occuparsi di un’opera che si configura come un testo-limite: troppo studiata

Regained and the Second Adam”, MS 9 (1976), p. 261; A. Low, “Milton, Paradise

Regained and Georgic”, PMLA 98 (1983), p. 152; A.H.A. RusHpy, “In Dubious Battle’: Skepticism and Fideism in Paradise Regained”, HLO 53 (1990), p. 95.

6 N. FryE, “The Typology of Paradise Regained”, MP 53 (1956), p. 235. Può valere la pena riportare altri commenti sui problemi che Paradise Regained ha posto ai critici: “Paradise Regain’d is self-supporting, and thus far more complicated structurally than is usually supposed”, F. KERMODE, “Milton’s Hero”, RES n.s. 4 (1953), p. 330; “The scope of some of them [the views in Paradise Regained] is such as to stagger comprehension”, M.H. Nicorson, Science and

Imagination, Ithaca, 1956, p. 96; “Paradise Regained has been in trouble with the critics from the outset ... What kind of poem is [it]?”, L.L. MARTZ, “Paradise Regained: The Meditative Combat”, cit., p. 223; “A poem so resolutely sui

generis can only be a formal amalgam ... so that every attempt to name it must partially fail’, H. ScHULTZ, “A Fairer Paradise? Some recent studies of Paradise Regained”, ELH 32 (1965), p. 301; “If the epic pretensions of Paradise Regained are puzzling, so is its subject”, D.L. Guss, “A Brief Epic: Paradise Regained”, SP 68 (1971), p. 223; “The poem itself ... challenges our understanding of comparisons ... and of drama”, T.O. SLOANE, Donne, Milton, and the End of Humanist Rbetoric, Berkeley and L.A., 1985, p. 268; “Paradise Re-

gained has a history of troubling its readers”, E. BABcOx, “Physical and Mataphorical Hunger: The Extra-Biblical Temptations of Paradise Regained”, MQ

26 (1992), p. 36.

14

per essere considerata minore, ma, paradossalmente, troppo poco analizzata per poter essere riconosciuta uno dei grandi lavori poetici miltoniani”; la sua lettura sembra quindi comportare uno sforzo apparentemente non giustificato, dal momento che richiede una solida impalcatura di erudizione, soprattutto biblica, del tutto sproporzionata al suo esito artistico. In questo studio, volendo rivedere molti degli assunti su Paradise Regained, si è dovuto fare spesso riferimento a tali cognizioni, ricorrendo cioè a quegli strumenti ermeneutico-filologici tradizionalmente considerati decisivi per l’analisi della poesia miltoniana, cercando tuttavia di mostrare come essi in realtà confermino la vitalità di un testo che, pur richiedendo tali capacità, rifiuta qualsiasi gabbia interpretativa, anche di matrice religiosa, la quale miri ad irreggimentare le sue potenzialità di significazione. Paradise Regained,

cioè, sembra

trarre il suo

interesse

non

tanto da quegli aspetti contenutistici o stilistici tradizionalmente evidenziati dalla critica, quanto da altre strategie di significazione testuale che qui si è tentato di analizzare soffermandosi non solo sui contesti storico-ideologici legati alla loro produzione ma anche e soprattutto sugli aspetti connessi ricezione.

con la loro

Paradise Regained, infatti, si configura come un’opera “decentrata”, orientata verso il lettore, il quale risulta parte inte? Basti ricordare, che, dei circa centoventi interventi durante il Fifth International Milton Symposium tenutosi a Bangor, Gwynedd, nel 1995, solo due

erano specificatamente dedicati a Paradise Regained. 8 Ancora

nel 1983, infatti, S.E. Fish si sentiva

in dovere

di criticare

il ca-

rattere troppo tradizionale della critica a Paradise Regained: “In Paradise Regained one cannot say that this or that moment is crucial, because every moment is crucial ... one cannot say that here is where victory or defeat occurs, because the possibility of their occurrence is ever-present and ever-renewed ... the models that have been proposed as providing the structure of the poem always have the effect of dividing it up, of foregrounding some moments at the expense of others, of identifying climaxes, resolutions, and denovements, of declaring some scenes integral and others preliminary or ceremonial - the effect, in short, of giving the poem a plot.”, “Things and Actions Indifferent: The Temptation of Plot in Paradise Regained” in R.S. IDE-JT.A. WiITTREICH, Jr., eds., Composite Orders, special issue of Milton Studies 17, Pittsburgh, 1983, p. 176, corsivo dell’autore.

15

grante del testo stesso, non solo in quanto destinatario di un certo significato, ma in quanto istanza contemporaneamente intra- ed extranarrativa, insieme ricevitrice e produttrice di tale

senso. Ci si è dunque mossi, qui, nella duplice direzione di analizzare le strategie argomentative impiegate dal testo per influenzare,

e in un

certo

senso

costruire,

il suo

fruitore,

ma,

soprattutto, di indagare sulle modalità di produzione del testo stesso da parte del lettore. La scrittura di Paradise Regained, alla luce di queste considerazioni, risulta intrinsecamente dinamica e complessa, un “luogo” delle letture possibili in cui il lettore

non

si riduce

a spettatore

passivo

ma

è chiamato

ad

acquistare iniziativa e decisionalità nella selezione e produzione del significato?. Questo lavoro, quindi, si ispira principalmente a quelle teorie ricezioniste che nella critica miltoniana hanno in S.E. Fish il loro esponente principale, anche se qui si è volutamente trascurato uno dei suoi assunti principali, l’intenzionalità dell’autore alla base delle strategie di “azione” sul lettore, nella convinzione che essa costituisca uno spinoso nodo critico le cui numerose e rilevanti implicazioni teoriche esulano dall’ambito specifico della presente analisi di Paradise Regained. Si è preferito,

al contrario,

prendere

in considerazione

que-

gli aspetti retorico-argomentativi del testo che ne sanciscono l'apertura verso chi legge, per proporre una pratica critica che coincida con una pratica di lettura, nella convinzione che, prendendo in esame le relazioni del testo con il lettore più che con il suo autore, si possa fondare un approccio produttivo a Paradise Regained che permetta di scandagliarne meglio le numerose articolazioni interne e le diverse possibilità interpretative. Nella prospettiva argomentativa qui proposta, infatti, il patrimonio retorico non si riduce a una pratica puramente tasso-

? Un lettore, insomma, che come scrive T. EAGLETON, Literary Theory: An Introduction, è l’unico “place where this seething multiplicity of the text is momentarily focused”, p. 138.

16

nomica, ma permette di rendere conto delle dinamiche di significazione che intercorrono tra il testo e il suo fruitore!°. Si vorrebbe insomma considerare la retorica come sistema di comunicazione e come indice “culturale” ampio, in cui convergono spunti diversi: già nel XVII secolo, del resto, la retorica era considerata qualcosa di più che non un semplice repertorio di tecniche stilistiche: Rhetoric provided a clue to the larger cultural ramifications of style rather than a terminology for analyzing individal authors. . Offerling] a recipe, a way of connecting theological, ethical, psychological, and other cultural material with literary artifacts.!!

Naturalmente,

qui non si vuole tanto rinvenire un significato

anteriore al testo quanto offrire degli strumenti per apprezzare i significati e le implicazioni che via via si possono costruire nella lettura, favorendo una “readerly analysis” che permetta l'esame di Paradise Regained come “formazione culturale” che influisce sul lettore ma che nello stesso tempo trova il suo significato nella risposta interpretativa di quest'ultimo, vero e proprio subjectus dell’opera, nel duplice senso althusseriano e foucaultiano del termine. Con tutto ciò non si vogliono ignorare i limiti di una prospettiva

mento

retorico-argomentativa

che “retorica”

incentrata

è stato uno

sul

dei termini

lettore,

dal

mo-

ideologicamente

!° Pur senza sposarne completamente gli esiti, in questo lavoro si fa dunque riferimento ai lavori sull’argomentazione dei vari S. Toulmin, €. Perelman, ma anche alle teorie della Rezeptionsasthetik di H.R. Jauss e W. Iser e della reader-response theory, oltre alle ben note idee barthesiane sulla “morte dell’autore”, nella convinzione che tali prospettive critiche possano essere sinergicamente impiegate per una lettura efficace e produttiva del testo. Si rimanda alla bibliografia finale per i riferimenti relativi. ! D.K. SHucer, Sacred Rbetoric, Princeton, 1988, pp. 251-2. Dello stesso parere è Alastair FowLER, che nella sua introduzione a Paradise Lost ricorda che “The identification of all the schemes and tropes would not only be pedantry but useless and ignorant pedantry; for at its best rhetoric depended on a response much more sophisticated than the elementary one of recognition” p. 437. Queste considerazioni saranno ovviamente allargate nel prosieguo del lavoro, in particolare nei capitoli 2 e 5.

17

più connotati in questo secolo, impiegato fino all'abuso nei contesti più diversi!, e anche “lettore” èx stato oggetto di teorizzazioni e dispute critiche molto aspre!ò. Tuttavia, con le dovute cautele, tale analisi appare basilare proprio come metodologia interpretativa fondata su una “interrogative alertness” e sulla possibilità di leggere “between the lines”!" su cui tanta parte della pratica ermeneutica attuale si fonda. In tutto ciò, è suggestivo ipotizzare che l’invocazione allo Spirito che apre Paradise Regained riassuma la volontà dell’opera di non essere una pura memoria letteraria, ma di ‘coinvolgere in modo vitale il lettore, perché questi, “pondering oft” come Maria!5, articoli, scompigli e ricomponga ininterrot-

1? La retorica del resto è fisiologicamente legata al potere essendo nata con i processi di proprietà nella Sicilia del V secolo a.C. e non è un caso che già Il Sublime dello Pseudo-Longino tratti anche delle relazioni tra oratoria e libertà politica. In questo secolo retorica è stata sinonimo di strategia discorsiva normalizzante e propagandistica al servizio degli assolutismi e ancora oggi persiste il luogo comune

per cui “retorica” è un termine connotato negativamente come

sinonimo di falsità o identificato con elenchi interminabili di figure e tropi. Tuttavia, ad oltre trent'anni dall’apparizione del Trattato dell'argomentazione di C. Perelman, non si giustifica più la diffidenza nei confronti di questa disciplina come procedura critica ed interpretativa. Del resto nel panorama critico contemporaneo è ben radicata la consapevolezza della essenzialità della dimensione retorica anche

nella comunicazione

letteraria, ed è ben noto come

i percorsi

critici di un B. Vickers o di un H. White passino proprio attraverso una rivalutazione e un massiccio impiego della cultura retorico-argomentativa. Così “retorica” è stata anche identificata con una pratica garantista della democraticità (Perelman, Barilli) o sovversiva di smascheramento dei meccanismi del potere sociale borghese (Barthes), senza dimenticare le “appropriazioni” di questo ter-

mine da parte di discipline come la linguistica, la semiotica, la psicanalisi. 18 Anche solo da un punto di vista terminologico negli ultimi trenta anni c'è stata una vera e propria proliferazione delle definizioni di lettore, dal “postulated reader” di W. Booth al “narratee”

di G. Prince; dallo “encoded

reader”

di C. Brooke-Rose allo “informed reader” di S. Fish, dallo “implied reader” di W. Iser al “superreader” di M. Riffaterre fino alla “fictionalized audience” di cui parla W.J. Ong, in quella che sembra una vera e propria ribellione al celebre anatema lanciato da M. Beardsley e W.K. Wimsatt contro la affective fallacy. li Le due espressioni sono rispettivamente di S. Davies, Milton, London, 1991, p. 5 e di A. Patterson, Reading between the Lines, London, 1993.

1 Questa

espressione,

tratta dal libro Il di Paradise Regained (v. 105),

riprende quella usata da Luca nel suo Vangelo (2, 19) per descrivere la reazione di Maria a seguito della nascita di Gesù e della visita dei pastori: “But Mary kept all these things, and pondered them in her heart.” Il termine greco (symballousa),

reso con

il verbo

‘meditare’

nelle versioni

italiane, indica, tutta-

18

tamente vano

in modo

già

acquisiti,

organico e fecondo significati che si pensain un

continuo

e

dinamico

processo

di

feedback: come ha scritto William Kerrigan riferendosi a Paradise Regained: “our generative response to a prophetic text is its interpretation.”!° Il primo capitolo è dedicato all’analisi di Paradise Regained come “costrutto culturale” edificato dalla critica in questo secolo, nella convinzione che tale panorama costituisca un imprescindibile aspetto dell’opera stessa nella misura in cui, come si sostiene qui, essa è costruita dai lettori. Tale esame non intende perciò essere una storia della critica su Paradise Regained, né un tentativo di ricostruire il significato dell’opera attraverso ciò che di essa è stato detto, ma piuttosto la presa d’atto che testo e interprete non possono essere considerati entità discrete. Nel secondo capitolo, di impronta marcatamente neoretorica, si vorrebbe analizzare la grande rilevanza delle categorie argomentative nelle polemiche religiose e scientifiche legate al linguaggio che hanno caratterizzato il XVII secolo inglese, ipotizzando che tali categorie permettano un approccio costruttivo anche a Paradise Regained, eludendo le sterili e spesso inconcludenti dicotomie generalmente impiegate dalla critica. Ad una prima breve sezione storico-ideologica segue quindi una seconda parte di ipotesi critica, volta ad indagare le potenzialità di un'analisi argomentativa della “brief epic”.

Il capitolo 3 e il capitolo 4 costituiscono il cuore di questo lavoro e sono #hcentrati sulle modalità con cui la scrittura di Paradise Regained esibisce la propria ricchezza e stratificazione

via, che un’attiva è quindi titolo di

l’azione di Maria non è quella di una semplice meditazione ma di rielaborazione e interpretazione della vicenda che si trova a vivere. Si scelta l’espressione miltoniana “pondering oft” per sottolineare fin dal questo lavoro come la lettura qui proposta non sia una passiva “me-

ditazione” su Paradise Regained ma una pratica ermeneutica

che comporta

una

continuata partecipazione da parte del lettore nella produzione deli testo stesso. 16 W. KERRIGAN, “The Riddle of Paradise Regained”, in J. Wojcik-R.J. FRONTAIN eds., Poetic Prophecy in Western Literature, London, 1984, p. 68, corsivo dell’autore.

19

insieme alla propria refrattarietà alle classificazioni. Si è quindi privilegiata la lettura dell’opera, rivisitando alcuni temi caratteristici e tradizionali da un punto di vista critico, in particolare quello delle tentazioni, di cui si è trattato separatamente nel capitolo 4 a causa della sua rilevanza. Nel capitolo 5, infine, si è preso in analisi l’aspetto stilistico di Paradise Regained. Molti esperti hanno sottolineato come l’opera sia un “debate in the wilderness”, un “combat of wit and words” in cui “heroics become harangues” e in cui “the question of language is central in the struggle between Satan and Christ”!7. Eppure raramente queste premesse sono state sviluppate in un’analisi stilistico-retorica, sebbene essa appaia un punto di partenza implicito in queste definizioni. Qui si è indagato su tali aspetti ipotizzando che Paradise Regained sancisca, con le sue particolari caratteristiche, la propria apertura al lettore, coinvolto per legittimare la proposta di redenzione linguistica offerta nel testo: le azioni eroiche nel testo possono coincidere con azioni “verbali” e il linguaggio può diventare strumento efficace per la riconquista del Paradiso solo attraverso l’azione interpretativa del lettore.

!7 Rispettivamente A.E. BARKER, “Calm Regained through Passion Spent”, in B. RAJAN ed.,, The Prison and the Pinnacle, op. cit., p. 19; S. CURRAN, “The Mental Pinnacle: Paradise Regained and the Romantic Four-Book Epic”, in J.A. WITTREICH,

Jr., ed., Calm

of Mind,

op.

cit., p. 134;

B.K.

LewalskI,

“Time

and

History in Paradise Regained”, in B. Rajan, ed., The Prison and the Pinnacle, op. cit., p. 50; M. NortH, “Language and the Struggle of Identity in Paradise Regained”,

R&R

18 (n.s. 6), 1982, p. 274.

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Capitolo Primo “CENSUR’D TO BE MUCH INFERIOUR”: PARADISE REGAINED NELLA CRITICA MODERNA

In questo primo capitolo si vorrebbero considerare le varie indagini che Paradise Regained ha stimolato nella critica del XX secolo.

Quella che segue, tuttavia, non

intende essere una

storia

della critica su Paradise Regained, ma semplicemente la presa in esame dei punti nevralgici attorno a cui essa si è articolata, nella convinzione che sia il critico, o più genericamente il lettore, a creare il prodotto letterario. Un'analisi di questo genere appare dunque fondamentale per comprendere quale tipo di opera la critica miltoniana abbia “fatto” di Paradise Regained.

La struttura di Paradise Regained

Uno degli aspetti di Paradise Regained considerati fondamentali dai critici è il modo in cui l’opera è costruita. La forte impostazione strutturalista degli studi letterari a partire dagli anni Sessanta ha indubbiamente influito su questo tipo di indagini e ha stimolato una moltitudine di lavori tesi appunto a sviscerare l'impianto formale del testo. Una delle prime caratteristiche notate nell'opera è stata la sua doppia struttura: Paradise Regained si presenta infatti con uno schema

tripartito (tre giorni, tre tentazioni) inserito però in

una forma quadripartita (quattro libri); oltretutto le cesure tra i vari libri sono

assolutamente

arbitrarie e, con la sola eccezione

di quella tra i libri I e II, esse non coincidono nell'azione

o nella narrazione:

con le pause

(2°)[2°]

Why Paradise Regained was divided into four books long remained a problem for which no satisfactory solution was offered. Why was it divided at all, since it is short enough to be read at one sitting? The divisions do not coincide with significant breaks in the action!.

Sono state avanzate diverse ipotesi sui motivi di una tale pratica da parte di Milton ma il problema ha assunto una certa rilevanza soprattutto per quei critici infastiditi da un apparente arbitrio strutturale che mal si conciliava con una certa immagine dell'autore: That Milton, who had carefully divided Paradise Lost into books which mark stages in the action, should have been responsible for this seemingly arbitrary, even capricious, division,

did not seem

credible?.

A.S.P. Woodhouse aveva già rassicurato i miltonisti perplessi da questa scelta sostenendo che Paradise Regained fosse “marked by a very high degree of balance and symmetry” e che quindi l’autore avesse deliberatamente evitato che le divisioni in libri coincidessero con pause nell'azione, così che l’accurato gioco di simmetrie

interne al testo non

diventasse

troppo meccanico:

Indeed, if one relied merely upon a structural analysis of the poem one might suspect that the symmetry was too emphatic and run some danger of becoming mechanical in its effect. But this danger=Milton countered by a simple device ... the division appeared to be entirely arbitrary ... but this staggered effect (for the modern phrase exactly describes it) is clearly deliberate. It. partially. conceals, without breaking, the symmetry of the pattern and allows that symmetry to impress itself gradually upon the attentive readerò. 1 W. MAcKELLAR,

Variorum

Commentary,

2 Ibid. p. 20. Vale comunque

op. cit., p. 20.

la pena di riportare l'opinione di A. BARKER,

“Calm Regained through Passion Spent: The Conclusion of the Miltonic FEffort” cit., che all'opposto di MacKellar e molti altri propone addirittura un Milton incosciente: “His [Satan's] temptations spill across the books in a confusion ihat makes us wonder whether Milton knows, in this case as in others, what he is doing with his divisions” p. 28. 3 A.S.P. WooDHOUSE, “Theme and Pattern in Paradise Regained”, UTO 25,

(1955), pp. 170-1.

23

Altri hanno proposto un rimando alle Georgiche per giustificare la struttura in quattro libri di Paradise Regained, adducendo anche motivazioni stilistiche e di genere letterario‘, e in un recente articolo, Anthony Low ha rielaborato questi punti alla ricerca

di “a structure,

a pattern,

spirit”, riuscendo a conciliare con una seconda struttura:

a style, and a dominant

la struttura

tripartita dell’opera

This second structure is fourfold and congruent with the four books. By expanding the three biblical temptations ... and (as we shall see) by linking the temptations within each book modally or generically, Milton superimposes a fourfold structure on his threefold original’.

AI di là della loro ingegnosità, queste spiegazioni dimostrano la grande importanza che è stata attribuita alla costruzione di Paradise Regained, come se da essa dipendesse la possibilità stessa di analisi di quest'opera. È emblematico, per esempio, che già E.M.W. Tillyard, pur riconoscendo l’irrilevanza della divisione in libri, non rinunciasse ad appoggiarsi ad un’altra struttura: In studying the structure of Paradise Regained we should get the division into books and remember the story of Temptation as told in the Gospe/ of St. Luke. Milton treats first temptation, to turn stones into bread, as a prelude;

forthe the the

4 Questa ipotesi, già avanzata da Tillyard, è stata ripresa da L.L. MARTZ in “Paradise Regained: The Meditative Combat”, cit., in cui egli ha appunto considerato Paradise Regained un’opera chiaramente ispirata alle Georgiche, parallelo confermato,

secondo

Martz, anche

dallo stile “medio”

e dal tono

medita-

tivo di entrambi. 5 A. Low, “Milton, Paradise Regained and Georgic”, cit., p. 162. La citazione precedente è da p. 159. Anche Patrick CutLeN, in un ambito un po’ diverso, tenta di conciliare struttura triadica e tetradica in Paradise Regained nel suo Infernal

Triad,

Princeton,

1974,

p.

172,

mentre

J.T.

SHAWCROSS,

“Paradise

Regain'd”: Wortby T'Have Not Remain'd So Long Unsung, op. cit., ricorre addirittura a categorie junghiane per giustificare questa doppia struttura: “[Paradise Regained) is in four books. Here we have a strong example of Jung's postulate that an unconscious tendency in Christian culture has been to round off the trinitarian formula of the Godhead with a fourth element. This element tends to be feminine and evil, for separated from Godhead it became God's counterpart in the form of matter itself (that is, typically, the devil or

woman

as temptress)”, p. 68.

second

temptation,

the vision

of the kingdoms

of the world,

is the body of the poem; the third temptation, when Christ is set on the pinnacle of the temple, is less a temptation than

the brief and sudden rout of Satan. Dunque, contrariamente a quanto afferma John Carey nella sua introduzione a Paradise Regained — “Examinations of the structure of PR have been neither very numerous nor apart from Lewalski's very fruitful” (p. 1067) — la critica ha reso basilare l'indagine sulla struttura di Paradise Regained, individuando i pattern più diversi al suo interno. R.D. Jordan, per esempio,

ha ipotizzato una

ferrea struttura

numerologica:

Christ brought grace but also fulfilled the law — and fulfilling the law was an impossible task for anyone except Christ. The superimposition of law and grace is pointed up in one way by the numerical structure of the epic. The four-book structure was chosen for the brief biblical epic ... because of the parallel with the four gospels. Four, then, is a number representing the New Law, the Covenant of Grace”. mentre

secondo

A.B.

Chambers:

Some of the structural patterns of Paradise Regained and one of the poem’s fundamental meanings arise from Milton’s curious handling of two different concepts of religious time?.

Pur

rigettando

questa

pratica

critica,

ancora

nel

1983

S.E.

Fish doveva scrivere che “the impulse to understand the poem by distinguishing and arranging its episodes into some structure © E.M.W. TiluvaRD, Milton, op. cit., pp. 322-3. 7 RD. Jorpan, “Paradise Regained and the Second Adam”, cit., p. 269. 8 R.D. CHAMBERS, “The Double Time Scheme in Paradise Regained”, MS 7 (1975), p. 189. Le strutture proposte sono state numerosissime. Tra gli altri v. A.H. SackToN, “Architectonic Structure in Paradise Regained”, UTSE 33 (1954); D. TAYLOR, Jr., “Grace as a Means of Poetry: Milton’s Pattern for Salvation”, TSE

4 (1954); L.S. Cox, “Food-Word Imagery in Paradise Regained”, ELH 28 (1961); C. Davipson,

ture Mythique

“The Dialectic of Temptation”, BSUF 8 (1967); J.F. CAME, “La Struc-

de Paradise Regained”,

EA 27, (1974);

E. ELLIOTT,

“Milton’s

Bi-

blical Style in Paradise Regained”, cit.; E.B. SAFER, “The Socratic Dialogue and ‘Knowledge in the Making’ in Paradise Regained”, cit.

255)

or plot is still very much alive”? e in effetti questa impostazione ha portato a deformazioni

assolutamente

eccessive.

A tale pro-

posito basti citare il caso di B.J. Weber, nel cui libro si possono leggere considerazioni criptiche come: The five subsections of the center section ... require some further grouping. One division which suggests itself is the separation of the three particular kingdoms from the two offers — wealth and glory — which are only indirectly connected with rule ... When the lack of parallelism is taken into account, a tripartite division suggests itself (means, end, and rule proper),

the third member being itself divided in three!°.

Indubbiamente, la struttura più evidenziata è quella costituita dalle tentazioni che scandiscono l’opera. Fin dai pionieristici studi di A.H. Gilbert e J.H. Hanford!! esse sono state oggetto di attenzione e ogni studio di Paradise Regained ne contiene un'ipotesi interpretativa: circa la metà delle quarantaquattro pagine introduttive del Variorum Commentary sono dedicate alla loro analisi. Salvo qualche rara avis, tutti i miltonisti concordano nel considerare Paradise Regained un’amplificazione della narrazione evangelica delle tre tentazioni di Cristo, così che l’analisi della struttura tripartita delle tentazioni è divenuta un vero e proprio /eitmotiv critico. Nel suo classico studio, E.M. Pope ha dedicato l’intero capitolo V all’analisi della cosiddetta triple equation, inaugurando la pratica di raggruppare le tentazioni di Paradise Regained per ricondurle alle tre evangeliche e, tipologicamente, ai tre peccati commessi da Adamo nell’Eden — gola, vanagloria e avarizia!?. ? S.E. FisH, “Things and Actions Paradise Regained”, cit., p. 185.

10 BJ. WeBER,

Indifferent:

The

Temptation

of Plot in

Wedges and Wings, op. cit., p. 5.

ll AH. GILBERT, “The Temptation in Paradise Regained”, JEGP 15 (1916); J.H. HANFORD, “The Temptation Motive in Paradise Regained”, SP 15 (1918).

1 E.M. PopE,

“Paradise Regained”: The Tradition and the Poem, op. cit.,

pp. 51-69. Questa griglia triadica è stata aspramente

criticata da W. MACKELLAR,

Variorum Commentary, op. cit., che tuttavia non fa altro che proporne un’altra: “The traditional ‘triple equation’ entirely fails to account for Milton's interpretation of Christ's three temptations, which plainly are distrust, worldly power and glory, and presumption.”, p. 32.

26

I critici successivi si sono sbizzarriti nel rinvenire le strutture triplici più varie nell'analisi di questo aspetto dell’opera: Howard Schultz per esempio ha raggruppato le offerte di Satana secondo un modello 1-4-2, Northrop Frye secondo uno schema 2-2-3, A.S.P. Woodhouse in uno 1-5-1. B.K. Lewalski ha invece proposto un altro modulo triadico, sostenendo che le tre tentazioni nell'opera devono essere interpretate alla luce dei tre tradizionali uffici di Gesù — profeta, re, sacerdote — e ha dunque suddiviso gli allettamenti satanici in un pattern 3-3-15. Il numero tre, insomma, appare intrinsecamente legato a Paradise Regained: Patrick Cullen ha proposto un'analisi in base alla “infernal triad” carne-mondo-diavolo: What we have ... is a linear triadic sequence combining both the three mediatorial roles and the infernal triad; and in the World temptation we have ... a complex episode comprising “all sin”. Milton has, in fact, not one but two repetitions of the

Flesh-World-Devil

triad in the World-temptation

of the second

day. Del resto, come si è già mostrato, vi sono stati alcuni studi in cui l’analisi della “triadicità” di Paradise Regained è stata TI

perseguita

con

una

pervicacia

quasi ossessiva!.

13 H. ScHuLTz, “Christ and Antichrist in Paradise Regained”, PMLA 67 (1952), p. 797 nota; N. FryE “The Typology of Paradise Regained”, cit., pp. 230-34; A.S.P. WooDHOUSE, “lheme and Pattern in Paradise Regained”, cit., p. 175 e segg.; B.K. LewaLskiy Milton's Brief Epic, op. cit., pp. 133-321. La studiosa americana è addirittura riuscita a rinvenire una struttura tripartita all’interno di una stessa tentazione: l’offerta del regno segue, secondo lei, una scala di beni etici che va da Voluptaria a Activa a Contemplativa (cfr. p. 311). Giustamente S.E. FisH,

“Things

and

Actions

Indifferent”,

cit., scrive,

non

senza

una

punta

di

malizia: “In fact how many temptations are there? Every number from three to nine has been given as an answer, and with each answer one or more of the temptations

is divided into two, three, four, five, ... parts.”, p. 177.

1 P. CuLLeN, Infernal Triad op. cit., Preface xvii, corsivo dell’autore. 5 “The Biblical episodes occur in the beginning of the first day’s trial, at the end of the third day's trial, and in the middle of the second day’s trial; extra-Biblical events end the first day’s trial, begin the third day’s, and both open and close the second day’s trial. The placement of these matérials suggests that Milton is expanding each day’s trial into a triple trial mirroring the three day’s series: Abc

aBc abC.”

B.J. WEBER,

“The

Schematic

Structure

of Pa-

radise Regained: A Hypothesis”, PO 50, (1971), p. 555. Anche J.R. MCADAMS,

27)

L’enfasi posta sulla costruzione del testo, in particolar modo per ciò che riguarda le tentazioni, ha stimolato un parallelo interesse per le divisioni all’interno dell’opera. Dando per scontato che gli allettamenti di Satana debbano essere ricondotti a quelli evangelici e preso atto che la vicenda si snoda in tre giorni, i critici hanno infatti dovuto affrontare il problema di come inserire in questo schema prestabilito le varie tentazioni extrabibliche, come quella “di Roma” o “della sapienza”. Secondo B.K. Lewalski, per esempio, la “tentazione del banchetto” (II, 337-377), che apre il secondo giorno, presenta dei riferimenti a Israele e ai Profeti che la studiosa considera tipici del primo giorno, così che in realtà questa tentazione deve essere ricollegata alla prima, in cui Gesù era sfidato nel suo

ruolo di profeta!‘. Parimenti la “tentazione della tempesta”, che ricorre nella notte tra il secondo e il terzo giorno (IV, 409-98), è stata og“The

Pattern

of Temptation

in Paradise Regained”,

MS

4, (1972),

p. 172,

ha

elaborato lo schema delle tentazioni in un complesso pattern in cui le tre tentazioni sono collegate con la triade carne-mondo-diavolo e inserite in un gioco continuo di parallelismi e contrasti. P. GRANT, Images and Ideas in the Literature of the English Renaissance,

London,

1979,

ricorre

addirittura

ad un

parallelo mitologico spiegando che “In the three main groups of temptation, Satan, like the three headed Cerberus, tempts Christ according to the three divisions of time the destroyer.”, p. 142; W.B. HUNTER, Jr., “The Double Set of Temptations

in Paradise Regained”,

MS

14 (1980), ha invece

notato

che “Pa-

radise Regained exhibits an interesting and original construction in its three-day pattern of the biblical temptations from Luke, within which Milton elaborates three parallel human temptations developed independently from the admonitions of the baptismal service of the Prayerbook.”, p. 191. Il caso forse più emblematico di questa pratica critica è quello di J.T. SHawcross, “Paradise Regain’d’: Worthy T'Have Not Remains So Long Unsung, op. cit., che nel capitolo IV, programmaticamente

intitolato Structure, analizza e riorganizza le varie ipo-

tesi di strutturazione di Paradise Regained, compilando non solo un compendio degli schemi proposti da B.J. Weber e J.R. McAdams ma addirittura un diagramma in cui stila uno schema generale dell’opera, in cui trovano posto: le tre tentazioni, le tre sottotentazioni (Voluptaria, Activa, Contemplativa), i tre metodi con cui vengono proposte (necessità, frode, violenza), i tre uffici di Cristo messi alla prova (profeta, re, sacerdote), i tre vizi legati alle tentazioni (gola, avarizia, vanagloria), le tre virtù attraverso cui Gesù supera le tentazioni (temperanza, prudenza, fortezza), i tre tipi di rapporti mantenuti da Gesù durante

le prove

(con

se stesso,

con

la comunità,

con

Dio)

16 Cfr. B.K. LEWALSKI, Milton's Brief Epic, op. cit., pp. 203-4.

28

getto di dibattito tra coloro, come Dick Taylor o J.M. Steadman, che propendono per considerarla l’ultima tentazione del secondo giorno e coloro che invece la considerano legata alla “tentazione del pinnacolo” del terzo giorno”. Del problema costituito dal numero delle tentazioni ci si occuperà nuovamente più avanti. Ciò che si voleva sottolineare in questa fugace rassegna era solo la grande rilevanza che la ricerca delle strutture di Paradise Regained ha avuto nel recente passato,

fino ad essere

considerata

essenziale

per offrire una

in-

terpretazione dell’opera, anche a costo di costringerla in classificazioni anguste ed arbitrarie. Troppo spesso, infatti, il Paradise Regained emerso da questi studi risulta insopportabilmente freddo e rigido, ancor più scoraggiante di quanto sia stata considerata in genere la poesia di Milton, rafforzando così la sensazione di disagio che molti lettori hanno avvertito di fronte a questo testo.

Lo stile e il linguaggio di Paradise Regained L’aspetto stilistico e linguistico ha sempre costituito un nodo critico di straordinaria importanza nella critica miltoniana e anche per Paradise Regained esso risulta forse il problema più spinoso e controverso nel dibattito sull’opera!8. Fin dalla sua pubblicazione, quattro anni dopo Paradise

Lost, la cosiddetta “brief epic” ha ricevuto un’accoglienza tiepida: secondo la testimonianza di Edward Phillips essa era 1 D. Taylor, Jr, “The Storm Scene in Paradise Regained: A Reinterpretation”, UTO 24 (1955); J.M. STEADMAN, “Like Turbulencies’: The Tempest of “Paradise Regained” as Adversity Symbol”, MP 59 (1961). Al contrario ].R. McADAms, “The Pattern of Temptation in Paradise Regained”, cit.; H. ScHuLTz, “Christ and Antichrist in Paradise Regained”, cit.; N. FryE, “The Typology of Paradise Regained”, cit., e altri sostengono che la terza tentazione inizia con la tempesta.

18 Basti ricordare le note critiche di F.R. Leavis e T.S. Eliot a Milton per il suo linguaggio “retorico” e caratterizzato da “a perpetual sequence of original acts of lawlessness” e, all'opposto, la brillante rivalutazione di C. Ricks in Milton’s Grand Style, Oxford,

1963. Per un

questi problemi si veda E.R. WEISMILLER, Paradise

Regained”,

in W.

particolare le pp. 294-317.

MACKELLAR,

A

resoconto

su

“Studies of Style and Verse Form

datato ma

in

Variorum

organico

Commentary,

op.

cit., in

29

“generally censur’d to be much inferiour to the other, though he [Milton] could not hear with patience any such thing when related to him”!9, e la discutibile pratica di paragonare le due opere (inevitabilmente a discapito di quella più breve) è entrata a far parte della storia critica di Paradise Regained. Anche in questo secolo è prevalsa la scelta comparatista, a cominciare dal celebre rammarico di J.W. Mackail secondo in Paradise Regained mancava quella “organ music that

cui we knew”:° e la questione dello stile dell’opera ha diviso profondamente gli studiosi, costringendoli a prendere posizione nella diatriba tra “innocentisti” e “colpevolisti”. Infatti come sottoli-

neava

E.R. Weismiller: If Milton is to be credited with having written as he wished it, the critic has only two alternatives. He may object to what Milton wished; or he may accept, may attempt both to understand the style (or styles) of PR and to determine their appro-

priateness to the poem?!.

Le caratteristiche

stilistiche dell’opera sono

dunque

state il

locus intorno a cui è gravitato lo scontro tra i miltonisti, un vero e proprio discrimine critico su cui tanto i detrattori di Paradise Regained quanto i suoi estimatori si sono basati per dimostrare la fondatezza delle loro opinioni. Rifiutando le idee suggerite da studiosi come Mark Pattison o Denis Saurat, secondo cui lo stile di Paradise Regained non corrispondeva a ciò che Milton desiderava e testimoniava una

1? H. DARBISHIRE ed., 7be Early Lives of Milton, London, 1932, pp. 75-6. 20 J.W. MACKAIL, The Spring of Helicon, op. cit., p. 187. Già D.C. Allen aveva confutato,

o quantomeno

The Harmonious

Vision,

riproblematizzato, Baltimore,

1954,

questa p.

110:

posizione

critica nel suo

“It is difficult

not

to read

Paradise Regained as an immediate poetical continuation of Paradise Lost, but if we indulge in such a reading, if we constantly return to Paradise Lost for annotations, we confuse our judgement of the short epic and distort, if we do not destroy, the central issues of the second poem”. 21 E.R. WEISSMILLER, “Studies of Style and Verse Form in Paradise Regained”, Citamip®303.

30

sorta di incipiente senescenza poetica, E.M.W. Tillyard ha invece lodato la “deliberate austerity and bareness” dell’opera, accusando di rimando: the criticism of Paradise Regained ... has made no effort to relate the very unusual and strange style with the other features of the poem: its thought, its atmosphere, its form??.

Il dibattito è stato particolarmente acceso negli anni sessanta: W.W. Robson, per esempio, ha giustamente sottolineato che: The success of the poem depends upon the reader’s willingness to imagine himself in sympathy with certain religious and ethical doctrines. To a reader without this sympathy, or without the capacity for it, Paradise Regained will be indeed a frigid work.

Identificandosi con quest’ultimo tipo di lettore, egli considera l’opera inerte, “dull”, caratterizzata da un “denial of elaboration to the style” che ne testimonia il fallimento: It may be objected that a local dryness or dullness is not an adequate ground for condemning a long poem. But the radical criticism is that this failure in the blank verse is merely the local manifestation of an essential failure of life in the poem, and that our perception of this affects our sense of the poet's

whole grasp of his theme and casts doubt upon form through which he has given it expression?3. Nello

stesso

volume,

F.W.

Bateson

si dichiarava

the whole

invece

en-

tusiasta dell’opéra, affermando che “Paradise Regained is no doubt more than a virtuoso performance”, e concordava pienamente con le idee di G.M. Hopkins secondo cui “Paradise Regained was ‘an advance’ in Milton’s art over Paradise Lost?24. 2 E.M.W. TilLvaRDp, Milton, op. cit., pp. 315-6. Il suo commento

su Pattison

e Saurat è a p. 313. 23 W.W.

RoBsox,

The Better Fortitude,

cit. Le citazioni

sono

rispettivamente

tratte dalle pp. 134, 128 e 127. 2 F.W. Bateson, “Paradise Regained: A Dissentient Appendix” in F. KERMODE ed.,

The Living Milton,

op.

cit., p. 139.

I commenti

di G.M.

Hopkins

sono

riportati più diffusamente nella sezione a lui dedicata in J. THORPE ed. Milton Criticism, London, 1965.

31

Se, dunque, da una parte lo stile dell’opera è stato deprecato perché assolutamente dissonante rispetto a quello del suo “fratello maggiore”, dall’altra è stato lodevole lo sforzo con cui gli studiosi votati alla causa di Paradise Regained hanno cercato di risollevarne le sorti critiche e di circoscrivere lo stigma che ad intervalli regolari veniva posto sull’opera e sul suo linguaggio. Dilatando una ipotesi di E.M.W. Tillyard, L.L. Martz ha giustificato le scelte stilistiche di Milton considerando Paradise Regained un’opera ispirata e modellata sulle Georgiche, il cui stile medio ben si attaglierebbe alla dimensione meditativa della “brief epic”: The muted, chastened style thus announced in the first book of Paradise Regained seems to me appropriately developed out of Vergil’s middle style, in order to pursue a work that is essentially a meditation on the Gospel.

Ia temperanza stilistica che emerge da questa lettura di Martz è stata naturalmente utilizzata in funzione morale per dimostrare come lo stile elaborato e affettato di Satana sia “constantly drawn back by the prevailing net of a frugal, georgic style to the ground of renunciation and temperance”?. Altri critici, seguendo le idee di William Menzies hanno invece considerato la “extreme simplicity and plainness” dello stile di Paradise Regained alla luce della perspicua e piana narrativa evangelica: To

Milton,

artist, rhetorician

and

reverent

reader

of the Bible,

the sublime style would have been artistically wrong for the Christ who lived in this world ... The style of Christ, as it has come down to us, at least in the Synoptic Gospels, was simple, direct, clear, forceful, designed

for simple men?0.

5 LL. Martz, “Paradise Regained: The Meditative Combat”, cit., p. 236; la precedente citazione è da p. 228. Di opinioni simili sono anche H.J. LASKOWSKY, “Miltonic Rhetoric and the Principle of Antithesis in Book II of Paradise Regained”, Thoth 4 (1963) e T.O SLOANE, Donne, Milton, and the End of Humanist Rbetoric, op. cit., pp. 250 e segg. 26 M.H.

Nicotson, John Milton:

A Readers

1964, p. 326. Su questo si veda anche Verse Form

in Paradise Regained”,

Guide

E.R. WeISMILLER,

cit., pp. 305 e segg.

to His Poetry,

London,

“Studies of Style and

32

Questo lodevole intento apologetico, però, risulta talvolta controproducente, soprattutto laddove esso confonde aspetti stilistici, morali e autobiografici, rasentando la devozionalità più fastidiosa: Like the language of the King James Version of the Bible, which it [Paradise Regained) often almost reproduces, its simple directness never becomes meanness. It is rather a noble simplicity, animated and made deeply moving by Milton'’s lofty moral idealism, and by the passionate but restrained intensity of Christ's spiritual struggle with Satan. Thus what might seem necessarily flatly. prosaic becomes transmuted into great

poetry”. Non a caso, in tempi più recenti la disamina dello stile di Paradise Regained è stata condotta su altre basi, meno soggettive e più attinenti al testo, con lo scopo di analizzare le sottigliezze e le difficoltà linguistiche di cui l’opera abbonda. Del resto, già nel 1961 Christopher Ricks deplorava la pratica “normalizzatrice” di considerare lo stile di Paradise Regained in termini di temperanza linguistica e autoindulgenza

retorica: There is certainly more than' one way of being self-indulgent, and of being elaborate; Christ eschews some of the forms of self-indulgent elaboration, but not all?8.

Anche John Carey nella sua introduzione all’opera si muoveva su questa linea, riconoscendo che Paradise Regained esibiva uno stile meno sostenuto di Paradise Lost — "The sentence length is’ abbreviated’, “Laconism features prominently in his [Christ's] speeches” — ma sottolineando anche alcuni aspetti linguistici notevoli e di portata ben diversa da semplici giochi di parole, a testimonianza di una grande effervescenza linguistica:

2 W. MAcKELLAR,

Variorum

Commentary,

op. cit. p. 18.

2 C. Ricks, “Over-emphasis in Paradise Regained”, MLN 76, (1961), p. 702. “Self-indulgent” è il termine usato da L.L. MarTz nel suo “Paradise Regained: the Meditative

Combat”,

cit., per definire

la retorica

satanica.

33 The poem’s style often accommodates less obvious verbal intricacies. ... The apparent grammatical slip in IV, 583 (him should

strictly

refer

to

the

last

figure

named,

Satan,

but

obviously refers to the Son of God) is actually a splendid dismissal of Satan, now fallen, from the poem. He ceases to count even as a grammatical referent, and ‘him’ jumps slightingly back across his name to that of the victor??.

I termini della questione, dunque, si sono via via modificati: da un’analisi “statica” dello stile si è passati all'esame delle pratiche linguistiche, retoriche, narrative, aspetti e concetti più elastici e più consoni al dibattito critico contemporaneo. Nel suo Milton's Style, Archie Burnett biasimava: Those who simply lament that Paradise Regained lacks ‘the most obvious graces of poetry’, that it is ‘divested of the attributes of poetry’, or that it contains ‘few poetic passages’, are applying an undefined, limited, and prejudiced definition of ‘poetry’ to the poem.

e mostrava come alcuni luoghi comuni sull’opera fossero rivedere alla luce di un concetto di stile più ampio:

da

[There is al misleading ambiguity in calling the poem ‘bare’ or ‘colourless’. The desert setting, the concern with physical strain and deprivation, and even the superficial simplicity of the language, all make for a kind of bareness, just as the lack of colour makes the poem, in the most obvious sense, ‘colourless’ But the poem qua poem is not therefore to be

2 FowLER-CAREY, pp. 1070-71. T.N. Corns, Milton's Language, Oxford, 1990, si è occupato di questi aspetti, soprattutto per quello che concerne il linguaggio di Satana. Per esempio riguardo al termine “over-sure” di Satana (II, 142) Corns

scrive:

“A ‘sure’ or certain

persusion

is one

presumably

based

on

the

weight and conviction carried by a presentation of the evidence. A persuasion which is ‘over-sure’, that is, more sure than the evidence supports, is more correctly not sure at all: the word does not naturally admit of the intensifying prefix.” p. 61. Del resto, come sostiene C. BELSEY, Jobn Milton: Language, Gender, Power, Oxford, 1988, p. 44: “The effect of the puns is thus not in the end

the release of meanings but convergence from which they make a single point”.

for the reader on a unified position

34 adjudged bare or colourless. The language used to evoke the bareness is often poetically rich, and the colours blend with the sombre atmosphere and promote the significance of the setting0.

Anche il conflitto di stili, che secondo alcuni caratterizzava l’opera è stato inserito in una prospettiva più ampia, non limi-

tata solo a questioni stilistiche ma concernente anche la natura e gli usi del linguaggio stesso: “Christ's words defeat Satan’s not only by how he speaks (style), but also by wbat he says about language”?!. Data la sua importanza, si ritornerà in seguito sul problema dello stile dell’opera, approfondendo alcune delle considerazioni fatte qui rapidamente, nella convinzione che qualsiasi analisi di Paradise Regained non possa prescindere da una presa in esame e da una proposta di lettura delle strategie linguistiche impiegate dal testo. Il significato di Paradise Regained Per i primi lettori di Paradise Regained il problema del suo significato e del suo genere di appartenenza sembra che non sia stato assillante. Più attratti da un’opera come Paradise Lost, essi si sono solo tangenzialmente occupati di Paradise Regained, limitandosi ad alcune considerazioni generali, come quelle di Samuel Johnson:

30 A. BURNETT, Milton's Style, London, 31 L. Mustazza,

“Language

as Weapon

1981, p. 119. in Milton’s Paradise Regained”,

MS

18 (1983), p. 196, corsivo dell’autore. In questa prospettiva lo stile secco e dimesso di Paradise Regained è stato considerato l'introduzione alla dimensione del silenzio che molti ritengono la direzione verso cui si muove l’opera e quindi la dimostrazione più efficace dell’obbedienza di Gesù. Oltre ai già citati articoli di Mustazza e Fish nei Milton Studies, si veda anche J.H. BiyTHE, “The Cloistered Virtue. Rhetorical Posture in Paradise Regained”, NM 89 (1988); per

un'opinione discordante sulla “silenziosità” verso cui Paradise Regained si dirigerebbe si vedano R.W. CoNDEE, “Milton’s Dialogue with the Epic: Paradise Regained and the Tradition”, YR 59 (1970) e S. GoLpsMiTH, “The Muting of Satan: Language and Redemption in Paradise Regained”, SEL 27 (1987).

35 The basis of Paradise Regained is narrow; a dialogue without action can never please like an union of the narrative and

dramatick powers?,

odi

S.T. Coleridge, secondo

cui invece:

Readers would not be disappointed in this latter poem [Paradise Regained], if they proceeded to a perusal of it with a proper preconception of the kind of interest intended to be excited in that admirable work. In its kind it is the most perfect poem extant, though its kind may be inferior in interest,

being in essence didactic®8.

Il dibattito sul significato di Paradise Regained si è sviluppato in questo secolo, da quando cioè la critica ha cominciato ad interessarsi più in dettaglio di quest'opera, nel tentativo di collocarla organicamente all’interno del canone miltoniano. Numerosi critici si sono soffermati sul contesto storico-politico contemporaneo a Milton, considerandolo un filone di indagine molto produttivo e in grado di offrire categorie attendibili in cui inserire Paradise Regained. Tale pratica è infatti apparsa assolutamente legittima per analizzare l’opera di uno scrittore membro del Concilio di Stato e profondamente compromesso con il Commonwealth. Molti, dunque, hanno analizzato la trasposizione nell’opera di episodi e fatti storici legati alla contingenza storica dell’Inghilterra del ’600, sebbene la “unworldliness” del regno di Cristo smentisse, per alcuni, qualsiasi possibilità di riferimento a realtà terrene. Partendo da una glossa per spiegare il termine “dictator” (I, 113), Z.S. Fink proponeva, per esempio, un parallelo tra le idee politiche espresse da Milton nel 1660 in 7be Ready and Easy Way e quelle in Paradise Regained:

8° Citato in J. THORPE ed., Milton Criticism, op. cit., p. 85. 33 ST. COLERIDGE, Lectures and Notes on Shakespeare and Other English Poets, ed. T. Ashe, London,

1914, p. 527.

36 In the 1650°s there was much to suggest to Englishmen the desirability of having in a republic some body capable of acting quickly and secretly in cases of national emergency. ... But when Milton came to write 7be Ready and Easy Way, one thing that he did not borrow ... was the conception of a dictator to act with extraordinary powers in times of crisis. Che Satana sia nominato “dictator” dai diavoli, ma che la sua azione si riveli inefficace, dimostra secondo Fink un chiaro

rifiuto in Paradise Regained di qualsiasi tipo di autoritarismo: Considered from the point-of-view of its. political meaning, Paradise Regained is an expression of Milton’s lack of faith in dictatorship as it was conceived in seventeenth century political thought.

Nel 1952, Howard Schultz ha invece proposto una interpretazione di Paradise Regained considerandolo “a parable for the Church”5, individuando nell'opera numerosi passi riconducibili al contemporaneo dibattito sull’azione politico-religiosa dell’Anticristo. Nelle parole di Gesù (II, 321-22), per esempio, Schultz sostiene che “A reader would notice ... the familiar slogan with which so many Puritans had denounced the prayerbook” ed è parimenti chiara, secondo il critico, l’allusione al Papato nella descrizione di Roma: When he [thé reader) came to read of Rome in detail — of the aged Pope,, daily pageantry, handsome and idolatrous “houses of gods”

(IV,

56),

the

archbishops,

cardinals,

hurrying about, Rome’s “ample territory, Civility of manners, arts, and arms” —

and

nuncios

wealth and power, ... he would have

3 Z.S FINK, “The Political Implications of Paradise Regained”, JEGP 40 (1941) p. 487. La citazione precedente è tratta dalle pp. 484-86. Per una trattazione più diffusa sull'impiego di Milton del termine “dictator” si rimanda a S. Davies, Images of Kingsbip, Columbia, 1983. 3 H. ScHutrz,

“Christ and Antichrist in Paradise Regained”,

cit., p..790. Per

un'analisi più ampia del ruolo dell’Anticristo nel dibattito religioso &@ politico in Inghilterra nel 600 si veda C. Hit, Anzichrist in Seventeentb-Century England, London,

1971.

SÙ recognised gifts that Antichrist had borrowed

from the Empire,

according to Milton and everybody8. Su un piano simile si è mosso Michael Fixler, che nel suo studio sulle attese chiliastiche nell’Inghilterra del ’600 ha rinvenuto in Paradise Regained una trasposizione poetica del fallito tentativo puritano di instaurare un regnum Christi sul suolo inglese. Nell’intricata relazione tra aspettative messianiche, speranza nella conversione degli Ebrei e ruolo profetico della rivoluzione puritana, Fixler ha infatti considerato la vicenda di Paradise Regained come una sorta di reazione di Milton agli eccessi del materialismo apocalittico dei Puritani e al messianismo temporale dei “Fifth Monarchists”: Satan hedges, quibbles with, and distorts ... but he does no more than reflect and sum up the illusory expectations which from Milton’s point of view were rooted in Judaism and survived in Christian chiliasm?”.

Anche Christopher Hill nel suo monumentale Milton and the English Revolution ha ribadito la necessità di un inquadramento storico

per

apprezzare

l’opera.

Il panorama

storico

ricostruito

da Hill, tuttavia, più che un semplice contesto politico sembra costituire il vero e autentico significato di Paradise Regained e delle altre opere miltoniane. La tesi di fondo di un Milton “in permanent dialogue with the plebeian radical thinkers of the English Revolution” conferma, dunque, sotto molti punti di vista le idee di Schultz

e Fixler:

These considerations may help to account for what some readers find the excessively negative attitude of Jesus in Paradise Regained. Milton’s concept of liberty was itself rather negative. But here the Son of God is rejecting one by one, temptations which had led the English revolutionaries astray — 36 H. ScHuLTz,

“Christ and Antichrist

in Paradise Regained”,

cit., p. 803.

37 M. FixLER, Milton and the Kingdoms of God, London, 1964, p. 270. Anche D. DAUBE, “Three notes on Paradise Regained”, RES 19 (1943) ha sostenuto che in Paradise Regained potrebbero esserci accenni al nazionalismo ebraico dell’epoca di Gesù ma per la costruzione della cosiddetta “tentazione dei regni”.

38

avarice and ambition, the false politics of compromise with evil, clerical pride or ivory-tower escapism, the urge for instant

solutions88. G.B. Christopher si è invece occupata di Milton dal punto di vista dell'ermeneutica protestante, indagando non tanto sui legami tra il poeta e i contemporanei quanto sull’influsso del pensiero riformato nelle opere di Milton. Più che enfatizzarne l'aspetto rivoluzionario, lo studio della Christopher ha quindi messo a fuoco un Milton decisamente e consciamente votato alla causa della Riforma: Paradise Regained, afferma la studio-

sa, “is a classic example of the Reformation tendency to refer biblical imagery and points of salvation history to verbal action”, un’opera, cioè, da ricondurre non necessariamente al contesto po-

litico-religioso coevo ma più genericamente alle classiche categorie protestanti, come il conflitto tra carne e spirito. Ancora di recente si è voluto identificare il significato di Paradise Regained con vna trasposizione degli eventi dell’epoca, inserendoli però in una prospettiva più ideologicamente marcata, soffermandosi quindi in particolare sulla pratica allusiva di Milton: The use of allusion and indirection to criticize the restored Stuart regime was no doubt conditioned by the problem of censorship The notorious ambiguity of its language makes poetry an appropriate medium for veiled political utterances; in this respect, Milton’s turn.to poetry from his controversialist prose may not have been such a drastic departure after all: it kept alive, if in disguised ferm, a dissenting voice against monarchy"9. Vi è stato,

“mano

dunque,

un

evidente

tentativo

sinistra” di Milton, votata alla causa

8 C. Hi, Milton and the English Revolution, citazione precedente è tratta da p. 5.

di conciliare

repubblicana,

London,

1977,

la

con

p. 421.

La

® G.B. CHRISTOPHER, Milton and the Science of the Saints, op. cit., p. 199. 4 D. Quint, “David's Census: Milton's Politics and Paradise Regained”, in M. NyQuiIsT-M.W. Ferguson eds., Re-Membering Milton, New York, 1987, pp. 129-30. Di questi problemi si è occupata di recente anche A. PATTERSON, Reading between the Lines, London, 1993, p. 7: “In the early modern period, reading between the lines ... was dependent on writing between the lines, [and]

37

quella “destra” del poeta apparentemente disilluso e scettico nei confronti della vita politica attiva. Così, rifiutando idee come quella che “Milton had lost faith in the ultimate triumph of good over evil, ... could no longer justify the ways of God to men”, Christopher Hill ha descritto in un suo volume successivo il tentativo miltoniano di dare, nelle sue ultime opere poetiche, un senso all'esperienza della sconfitta della repubblica: From Comus to Samson Agonistes Milton depicted characters capable of standing alone in discouraging circumstances against the power of evil. ... Milton’s great poems ... helped to fortify those of the defeated who were to be second-class citizens for nearly two centuries after 16604.

Anche David Quint ha tentato di leggere tra le righe di Paradise Regained, rinvenendo numerose allusioni politiche velate

che,

a suo

avviso,

suggeriscono

quanto

quest'opera

sia

ascrivibile all’amara esperienza politica del dopo-Restaurazione e sia un pungente attacco alla monarchia Stuart: The idea that plagues are divine visitations for political sins had acquired a new currency in the 1660s. ... The Commonwas already clearly understood to be a political strategy with liberating consequences.”, corsivo dell’autrice. G.B. Christopher ha suggerito che il tema della della Passione sarebbe stato scartato da Milton anche per motivazioni politiche: “Milton may eschew the Crucifixion as a poetic subject because Royalist apologetics link the martyrdom of Charles I with the passion and death

of Christ.”

cit., p. 223.

Idee

Iconoclast”,

in M.

G.B.

CHRISTOPHER,

simili erano LieB-J.T.

Milton

and the Science of the Saints,

già state proposte

SHawcRoss

da F. SANDLER,

eds., Achievements

“Icon

op.

and

of the Left Hand,

Ambherst, 1974: “In Paradise Regained Milton returned to the issue of defining Christ's kingship in such a way as to leave no possibility of its being identified in any way with the kingship and martyrdom of Charles Stuart.”, p. 183. Di questo problema si è occupata recentemente anche L.L. KnopPERs, “Paradise Regained and the Politics of Martyrdom”, MP 90 (1992). 41 C. Hitt, The Experience of Defeat, London, 1984, p. 325. Con questo volume, Hill è ritornato sulle relazioni tra Milton e il contesto storico-politico a lui contemporaneo, esplorando quegli elementi di sconfitta della rivoluzione puritana

che nei suoi precedenti

sitando quegli ideali marxisti cenni precedenti.

volumi

aveva

in parte trascurato

di cui era stato grande

propugnatore

e rivi-

nei de-

40

wealth rescued England from plague, which, Milton implies, will return again with the monarchy. ... By its evocation of David's census III, 407-13], Paradise Regained appears to echo and enter into these contemporary disputes; it sees Milton’s earlier prophetic warnings confirmed and points an accusing

finger at the restored king"?

Se questo tipo di letture sono legittime ed essenziali nella misura in cui illuminano riferimenti storici che si sono persi con il passare del tempo e che resterebbero altrimenti sepolti, d’altra parte esse sono destinate ad essere congetturali, basate su allusioni più o meno palesi che restano pur sempre opinabili; si rischia cioè una certa sterilità di prospettiva là dove si assolutizza troppo il legame delle opere poetiche miltoniane con il quadro storico contemporaneo o, al contrario, con la società puritana del primo ’600. Più che ricostruire un quadro storico, dunque, appare produttivo illuminare le tensioni politico-ideologiche che il testo, allusivamente e talvolta involontariamente, trasmette. Brian Vickers ambito, come,

ha convincentemente dimostrato, in un altro proprio dopo la Restaurazione, una certa filo-

sofia del linguaggio portata avanti dalla Royal Society nascondesse in realtà precise motivazioni di ortodossia politica e religiosa‘ e anche nel caso di opere poetiche è sempre delicato stabilire quanto fedeli e “puri” i testi possano essere nella trasposizione di alcuni ideali, siano essi letterari, religiosi o politici. «Tutte le proposte ermerneutiche, del resto, rientrano in una pratica discorsiva agonica in cui convergono

tensioni latenti: è ben noto a tutti i miltonisti il problema costituito da un autore “repubblicano” le cui opere maggiori sono tuttavia caratterizzate da una onnipresenza della regalità vista

anche

nei suoi

tico che teorizza

un

aspetti

Milton

positivi,

monarchico

così che

per un

ce n’è un

cri-

altro se-

# D. QuinT, “Davids Census: Milton’s Politics and Paradise Regained”, cit.,

p. 136-7. 4 B. VICKERS-N.S. STRUEVER, Rbetoric and the Pursuit of Truth, Los Angeles, 1985.

41

condo il quale il Figlio di Dio in Paradise Regained incarna principi repubblicani”. Parallelamente a questo tipo di studi, alcuni commentatori hanno considerato Paradise Regained un'estrema propaggine della tradizione eroica rinascimentale, la realizzazione di quell’epica

cristiana alla quale lavoravano altri poeti contemporanei, come William Davenant e Abraham Cowley, e che Milton stesso aveva immaginato in 7he Reason of Church Government dubitando che qualche “K.[ing] or Knight before the conquest might be chosen in whom to lay the pattern of a Christian beroe” (CPW I, 813-4). Del resto l’inizio stesso di Paradise Regained rimanda all'esordio dell’Eneide: I who erewhile the happy garden sung, By one man's disobedience lost, now sing Recovered Paradise to all mankind (I, 1-3)

Ille ego, qui quondam gracili modulatus avena carmen,

et egressus

silvis vicina coégi

ut quamvis avido parerent arva colono, gratum opus agricolis, at nunc horrentia Martis Arma

virumque cano,

...

e questo rende effettivamente plausibile un’intenzionalità epica nell'opera, confermata anche dal componimento giova44 Cfr. tra gli altri MM.

Ross, Milton's Royalism,

Ithaca,

1943; S.P. REVARD,

“Milton and Classical Rome: The Political Context of Paradise Regained” in P.A. RamsEY ed., Rome in the Renaissance;

The City and the Myth, Binghamton,

1982;

S. Davies, Images of Kingship, op. cit. Del resto, ricorda Annabel Patterson parlando di un certo tipo di critici di impostazione liberal-umanista: “On the one hand, they must necessarily look with favour on Milton for the sake of his twenty-year participation in the English revolution; on the other, his continual assertion of what is generally castigated as the “bourgeois ideology” of individual self-determination must be something of an embarrassment. To continue to admire Milton as the free, speaking, and berce revolutionary subject ... flies in the face of Althusser's pronouncements that such beliefs in self-determination are the greatest self-deceptions of all, imposed on us by ideologies that in turn are constructed

by governments.”

the Lines, op. cit., p. 250, corsivo dell’autrice.

A. PATTERSON,

Reading

between

42

nile 7be Passion in cui Cristo veniva definito appunto “most perfect hero” (v. 13). Il primo critico a sottolineare i legami tra Paradise Regained e la tradizione eroica è stato M.Y. Hughes in un saggio del 1938. Sostenendo che all’epoca di Milton era possibile che si verificasse una certa commistione tra virtù eroiche cristiane e classiche, Hughes ha attirato l’attenzione sulla cristianizzazione dell’ideale aristotelico dell’uomo magnanimo, associando la pazienza e la costanza cristiane al modello rinascimentale della vita contemplativa e mettendo in stretta relazione il Cristo di Paradise Regained con gli eroi classici,

nella

convinzione

che

‘Viewed

as the

climax

of an

epic tradition stretching back to Petrarch, Milton’s Christ gains immensely in interest’. L’idea di un Cristo eroe epico è stata accettata da E.M.W. Tillyard che tuttavia, in un successivo articolo dallo stesso titolo, ha criticato alcune

idee di Hughes,

in particolare la dicoto-

mia tra vita activa e vita contemplativa alla base del suo studio. Secondo Tillyard, i rapporti tra queste due filosofie di vita sono più variegati e problematici di quanto non appaia in supeificie, e se il rifiuto dell’azione eroica era già ben radicato nella tradizione rinascimentale che si rifaceva al romance medioevale e alla teologia cristiana, tuttavia nel caso di Milton questa sorta di contemptus mundi deve essere inserito in una prospettiva più ampia: Professor Hughes ... seems to me to force things when he sees a connection between a heroic, otherworldly Christ in this pamphlet [7he Reason of Church Government) and the Christ of Paradise Regained. ... The unworldliness of Christ is, in this

5 M.Y. HucHEs, “The Christ of Paradise Regained and the Renaissance Heroic Tradition”,

in M.Y.

HuGHEs,

Ten Perspectives on Milton,

New

Haven,

1965,

p. 58. Secondo D. BusH, English Literature in the Earlier Seventeenth Century, 1600-1660, Oxford, 1945, p. 391, invece, lungi dall’attirare interesse, questo aspetto di Paradise Regained lascia il lettore “indifferent to the exalted didacticism [and] the heroic ideal of Christian ‘magnanimity’ developed by Renaissance criticism and poetry”

43 context,

of scant

importance

to Milton

compared

with

his

eagerness to get busy with destroying the episcopacy"5. Questi due pionieristici studi hanno dunque aperto la strada a una serie di indagini sulle relazioni di Paradise Regained con l’epica e la classicità, ma hanno contemporaneamente dimostrato quanto l’opera differisca da questi modelli, impedendo qualsiasi generalizzazione sulle sue caratteristiche epiche che vada oltre un possibile rimando. Del resto la stessa scelta di scrivere un poema epico di argomento teologico non è esente da un’insita contraddittorietà, per cui una scrittura che si propone come una vera e propria teodicea deve convivere con una dispersiva controtendenza ad indulgere alla ricchezza di allusioni classiche e a rivaleggiare con i modelli passati riscrivendoli e rielaborandoli. Non

a caso,

Frank

Kermode

ha dimostrato

come

Paradise

Regained delinei un eroe che mentre allude ad una serie di modelli passati elude qualsiasi tentativo di comparazione: To make his Christ unchallengeably exemplary Milton shaped Paradise Regain’d to contain a hero who complete and transcends the heroic data, not merely exemplary in his patience and heroic. martyrdom, but gaining exemplary rewards, which transcend the rewards of pagan heroism sensual satisfactions, glory, power, even secular knowledge"7.

Eppure, nonostante la convinzione di Tillyard che Paradise Regained “is not an epic, it does not try to be an epic, and it must not be judged by any kind of epic standard”#, molti critici hanno accettato l’ipotesi che il significato dell’opera risieda nei suoi rapporti con l’epica. Secondo J.M. Steadman, per esempio: Both of Milton’s epics ... present the divine image as the true heroic

46 E.M.W.

norm

TilvvaRp,

and

stress

the

inevitable

tension

between

de-

“The Christ of Paradise Regained and the Renaissance

Heroic Tradition”, SP 36 (1939), pp. 249-50. 47 F. KERMODE, Milton's Hero, cit., p. 321. 48 E.M.W. TilvarD, Milton, op. cit., p. 316.

44 generate and regenerate conceptions of heroic virtue and the heroic enterprise. ... To emphasize this contrast, Milton does not merely reorient his poem towards the true heroism of the ‘new man’, the ‘godlike’ pattern exhibited in Christ and his saints; he also builds up, in fallen mankind and fallen angel alike, a detailed portrait of the ‘old man’ and his spurious

heroism?.

Anche R.W. Condee ha invitato a considerare Paradise Regained la vera epica di Milton, nonostante che sia “so strikingly different from the traditional epic” e che Cristo raggiunga il suo “triumph not by an epic adventurer’s voyage or by heroic warfare but by anti-epic restraint”, mentre Walter MacKellar ha accettato l’etichetta di ‘epica breve’ per Paradise Regained, pur notando che l’opera “is nearly devoid of the usual epic machinery”5; sembra insomma, che si debba considerare Paradise Regained un’epica proprio perché non è un’epica e si discosta

da tutti i modelli tradizionali. Nuovamente, dunque, Paradise Regained sembra frustrare i tentativi dei critici di fissarne il senso, e se da un lato l’opera offre appigli su cui costruire ipotesi interpretative, dall’altro presenta delle caratteristiche che smentiscono la validità di un tale procedimento, costringendo spesso gli studiosi all’autocontraddizione nello sforzo di conciliarne le diverse caratteristiche.

Il tentativo più ambizioso e più influente di identificare il significato di Paradise Regained è stato indubbiamente quello di B.K. Lewalski. Fin dal titolo, Milton’s Brief Epic: The Genre, Meaning and Art of “Paradise Regained”, il suo lavoro mostra pretese di esaustività e l'etichetta scelta, “brief epic”, ha avuto tanta fortuna da essere diventata ormai la definizione standard di quest'opera. Nella prima sezione del volume, la Lewalski ha svolto una approfondita analisi allo scopo di dimostrare che Paradise Re\ 1° J.M. STEADMAN,

Milton and the Renaissance Hero, Oxford,

1967, p. 71.

°° R.W. CONDEE, “Milton's Dialogue with the Epic: Paradise Regained and the Tradition”, cit., pp. 362 e 374. 31 W. MACKELLAR,

Variorum

Commentary,

op. cit., p. 17.

45

gained corrisponde perfettamente a quella forma epica breve di cui il libro di Giobbe costituirebbe il modello primario. Questa suggestiva ipotesi deriva, come è noto, dalla celebre pagina di The Reason of Church Government in cui Milton aveva considerato la possibilità di scrivere opere poetiche in “that epick form whereof the two poems of Homer, and those other two of Virgi/ and Tasso are a diffuse, and the book of Job a brief model” (CPW I, 813) che la Lewalski considera una sorta di programma poetico effettivamente realizzato quasi trenta anni più tardi. L’assunto da cui parte la studiosa è che per la stesura di Paradise Regained Milton si sia rifatto ad una ben precisa convenzione letteraria. L'idea che l’opera sia un esemplare pressoché unico nella letteratura mondiale, come già sosteneva Northrop Frye, viene dunque criticata dalla Lewalski che, elencando una lunga serie di epiche brevi di tema biblico, sostiene invece che Milton ha lavorato all’interno di un genere letterario? rielaborandolo in modo del tutto originale. Assodato il genere dell’opera, la Lewalski nella sezione successiva si è occupata del significato di Paradise Regained, in particolare dei due aspetti che ella considera strutturalmente centrali, l’identità di Cristo e la sua missione. Anche in questo caso,

tuttavia,

la studiosa

americana

dà l'impressione

di voler

dimostrare alcune concezioni che non scaturiscono tanto dalla lettura dell’opera quanto da considerazioni esterne al testo. Come per il genere, così ella ricorre ad altre opere di Milton nella convinzione che “For the problem of Christ's nature, as for so many other difficulties, Milton’s De Doctrina Christiana provides helpful guidance”; parimenti, ella interpreta la mis5 Tra i critici che hanno Regained,

W.

KIRKCONNELL,

approfondito

Awake

l’analisi intertestuale di Paradise

the Courteous Echo, Toronto,

1973.

Per una

recente riproblematizzazione del genere di Paradise Regained si veda J.T. SHawcRoss, “Paradise Regain'd”: Wortby T'Have Not Remain'd So Long Unsung, op. cit., cap. 7, in particolare le pp. 92 e 101.

53 B.K. LEWALSKI, Milton's Brief Epic, op. cit., p. 138. Su questa dichiarazione sembra molto eloquente il commento di W. MacKELLAR: “Some commentators believe that they find in the poem much more theology than I think Milton intended us to find there. For his purpose in representing the morally exemplary hero, theology as it is elaborated in De Doctrina Christiana simply is not

necessary.”,

Variorum

Commentary,

op. cit., p. 19;

46 sione

di Gesù

alla luce del triplice ruolo

(profeta,

re e sacer-

dote) che la tradizione cristiana attribuisce al Figlio di Dio”. Naturalmente queste ipotesi sono state oggetto di critiche e dibattiti, a cominciare dall’etichetta di epica breve — “The informing vitality of the poem precludes its being described as ‘brief epic”; “Brief epic’ is not a definition but an excuse”; “Internal evidence that Paradise Regained is a Jobean brief epic is at best inconclusive”5 - e anche l'impostazione della Lewalski è stata deplorata da John Carey nella sua introduzione all’opera: Her interpretation of three roles imports an of prophet and king but the priestly role storm-tower sequence.

PR's structure as dependent on Christ's imbalance into the poem since the roles are discussed and exemplified in detail is hardly introduced except in the brief (p. 1066)

Eppure l’analisi tipologica e dei modelli biblici in Paradise Regained è stata molto praticata, enfatizzando ora i tre “uffici” di Gesù, ora la frible equation, ora i rapporti con i vari Vangeli, ora i legami con Paradise Lost 5, e se qui si è dato tanto 7 L.L. MARTZ, nel suo già ricordato “Paradise Regained: The Meditative Combat”, pp. 230-1, ha mostrato statisticamente le varie ricorrenze nell’opera dei vari termini “Son of God”, “Messiah”, “Saviour”, “Jesus”. Nel presente lavoro

l'equivalente italiano di queste varie espressioni sarà usato esclusivamente per evitare fastidiose ripetizioni, senza tener conto delle loro differenti sfumature e implicazioni o del loro impiego da parte di Milton (che, per esempio, non usa mai il termine “Cristo” in Paradise Regained). Per lv stesso motivo e con la stessa

clausola,

Satana,

sarà

qui indicato

anche

come

Tentatore,

Avversario,

Diavolo, Principe délle Tenebre e così via. 5 Rispettivamente J.I. Cope, “Paradise Regained: Inner Ritual”, MS 1 (1969), p. 52; J.B. BROADBENT, “The Private Mythology of Paradise Regained”, in J.A. WITTREICH, Jr., ed., Calm of Mind

, op. cit., pp. 77-8; A. Low, “Milton, Paradise

Regained and Georgie”, cit., p. 152. 5 Alcuni critici come W.B. Hunter, Jr. e Walter MacKellar, hanno unito l’analisi

tipologica alla pratica comparatista nell'analisi di Paradise Regained: per esempio, considerando quest'opera in stretta relazione con Paradise Lost, essi hanno ipotizzato che la scelta del tema delle tentazioni di Cristo fosse l’unico tema possibile per un’opera che intende celebrare il Secondo Adamo mentre redime la disubbidienza del suo antitipo. Cfr. W.B. HUNTER, Jr, The Obedience of Christ in “Paradise Regained”,

in J.A. WITTREICH, Jr., ed., Calm of Mind,

Cleveland,

1971;

W. MACcKELLAR Variorum Commentary, op. cit., p. 18. Cfr. anche i commenti di Thyer. e Warburton riportati da J.A. WiTTREICH, Jr, in ‘William Blake:

Illustrator-Interpreter of Paradise Regained”, in Calm of Mind, op. cit., p. 106.

47

rilievo a Milton's Brief Epic è perché esso costituisce l’epitome della critica di Paradise Regained, riassumendo molti studi precedenti e influenzando quelli posteriori nella “normalizzazione” di Milton. Già nel 1947 E.M. Pope aveva analizzato le fonti e i prototipi di Paradise Regained con un’accurata disamina biblico-filologica, arrivando a far risiedere la coerenza interna dell’opera nella sua riconducibilità ad una ben definita tradizione intellettuale, morale, teologica. Il tema di Paradise Regained, per esempio, era considerato alla luce dell’ermeneutica tipologica, che nelle tre tentazioni di Gesù vede appunto il rimando ai tre peccati commessi da Adamo nell’Eden, secondo la cosiddetta triple equation??. Nove anni più tardi Northrop Frye ha nuovamente proposto un’analisi tipologica di Paradise Regained, sostenendo che: Besides being a second Adam, Christ is also a second Israel, who wins back, in a spiritual form, the Promised Land and its

capital city Jerusalem. In this capacity the story of the Exodus, or deliverance of Israel from Egypt, prefigures his life in the Gospels?8.

7 E.M.

Pope,

“Paradise Regained”:

The Tradition

and the Poem,

op.

cit.,

dedica l’intero cap. V alla triple equation. Oltre ai lavori che si menzioneranno qui di seguito si rimanda ai classici studi di H. MacCatLum, “Milton and the Figurative Interpretation of the Bible”, UTO 31 (1962); W.G. MADSEN, From Sbadowy Types to Truth, New

Haven,

of God, op. cit.; L.V. SADLER,

“Regeneration and Typology: Samson Agonistes,

1968; M. FrxLER, Milton and the Kingdoms

Paradise Lost, Paradise Regained”, MS 3, (1971). Su questi aspetti, tuttavia, può valere la pena riportare le opinoni di G.B. CHRISTOPHER, Milton and the Science of the Saints, op. cit.: “MacCallum and Madsen have demonstrated that the

Reformers, abandoned hermeneutic by Aquinas. inherited if Testament

for all their insistence upon the literal level, never completely typology. ... Despite these important qualifications, the Reformers’ differed considerably from the classic system of typology outlined We will have a better picture of the hermeneutic that Milton we ask not whether typology is present at all ... but how Old

history is valued, what the literal level is dicovered to be, and how

an interpretation is validated.”, pp. 4-5. Anche per T.O. SLOANE, Donne, Milton and the End of Humanist Rbetoric, op. cit.: “Nor does generic typology offer us much assistance unless it is coupled, as Milton in Paradise Regained shows all typology must be coupled, with understanding”, p. 269.

58 N. FrvyE, “The Typology of Paradise Regained”, cit., p. 229.

48

Anche in tempi recenti R.D. Jordan ha proposto un’analisi dell’opera prendendo nuovamente in considerazione: The problems of Milton’s brief epic through a consideration of Milton's

Christ

in terms

of his role

as

the

second

Adam,

a

reading that offers an alternative to some current conceptions of what happens in the poem. That the Christ of Paradise Regained is to be viewed as the second Adam is the main thrust of Milton’s induction?9.

Diversi studiosi hanno poi conto delle allusioni bibliche volume M.A. Radzinowicz ha lettura per Paradise Regained Psalms ... as encompassing a a distinctive decorum,

sondato Paradise Regained tenendo vere e proprie, e in un recente utilizzato il Salterio come chiave di nella convinzione che “Milton read variety of genres, each marked by

rhetorical structure,

and poetical figures”.

Ci si è dilungati sulle numerose proposte di significato per Paradise Regained perché quest'area di studi critici, molto frequentata dai miltonisti, appare significativa non tanto per i “risultati” che ha ottenuto (peraltro in taluni casi molto interessanti), ma per l'influenza che ha avuto nel costituire l’immagine canonica di quest'opera come “poem difficult of access”, Riportando e rifiutando l’opinione di O.B. Hardison: Milton must be read, insofar as possible, in his context,

in his

setting, which for him included his contemporary events, the ancient and ongoing tradition of humane letters, and the inescapable relevance of an everliving Bible.

T.O. Sloane ricorda giustamente che “This may be the oldest. view of Milton, one that has. sorely tried his attractiveness for students in the modern literary curriculum”, ? R.D. Jorpan, “Paradise Regained and the Second Adam”, cit., pp. 261-2; cfr. anche P. GRANT, Images and Ideas, op. cit., p. 143. 6 M.A. Rapzinowicz, Milton’s Epics and the Book of Psalms, Princeton,

1989,

p. 3. Si vedano anche I. CLARK, “Paradise Regained and the Gospel according to John”, MP 71 (1973); E. ELLIOTT, “Milton’s Biblical Style in Paradise Regairied”, cit. 6! Secondo l’espressione di B. RAJaN in 7he Lofty Rbyme, London,

1970, pil22.

© T.O. SLOANE, Reading Milton Rbetorically, in J.J. MURPHY ed., Renaissance Eloquence,

Berkeley and L.A., 1983,

p. 403.

49

Se, dunque, Paradise Regained tuttora scoraggia l’interessamento dei “non addetti ai lavori” è anche perché di esso si è fatto un

testo

noioso

e, in un

certo

senso,

elitario.

La pratica

critica illustrata sopra sembra, cioè, aver appiattito l’opera in nome dell’interpretazione, costringendola in categorie bibliche, tipologiche e di genere, privandola di qualsiasi aspetto problematico,

incerto

e, per certi versi, innovativo

allo scopo

di in-

serirla all’interno di un canone letterario ben preciso. La solerzia con cui si è ascritto Paradise Regained a una certa tradizione e a certi modelli, nonostante il rapporto piuttosto ambiguo che Milton ha sempre manifestato nei confronti della tradizione letteraria, è dunque stata una pratica istituzionalizzante, portata avanti forse anche per eccessiva deferenza nei confronti di un autore che si è voluto considerare canonico in ogni sua opera, coerente con un programma poetico unidirezionalmente sviluppato nell’arco di quarant'anni.

Malgrado la difficoltà di approccio a Paradise Regained sia stata più volte notata dalla critica, sembra dunque che pensare a un’opera sui generis di Milton sia ancora troppo inquietante per coloro che dell’autore hanno, e continuano a offrire, un’immagine addomesticata di scrittore canonico, libresco e poco seducente. Troppe volte infatti gli studi, più che stimolarne la lettura, hanno confinato Paradise Regained in una gabbia fatta di etichette sul suo genere o sul suo significato, così che termini come “brief epic” o “structure” sono spesso diventati dei veri e propri ideologemi per l’edificazione di una certa immagine dell’opera e del “costrutto culturale-Milton”, volti ad analizzare il testo che questo autore “avrebbe dovuto” scrivere.

6 Oltre al già ricordato dibattito sullo stile, questo secolo ha visto numerose “appropriazioni” ideologiche di Milton che ne hanno fatto ora un “royalist’, ora un protodemocratico rivoluzionario, ora un repubblicano, ora un anglicano ortodosso, ora un misogino, ora uno “of the Devil's party without knowing it”, solo per ricordare le etichette più frequentemente attribuitegli. Su questi aspetti si possono vedere C. Hit, Milton and the English Revolution, op. cit., pp. 1-3; S. Davies, Milton, London, 1991, pp. 13-14; A.H.A. RusHbvY, 7he Empty Garden, op. cit., Preface, A. PATTERSON, Reading between the Lines, op. cit., pp. 245 e segg.

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Capitolo Secondo RETORICA E ARGOMENTAZIONE NELL’INGHILTERRA DEL XVII SECOLO E IN PARADISE REGAINED

Una delle immagini più comuni del ’600 inglese è quella di un’epoca in cui la riflessione sul linguaggio diventa centrale negli ambiti più diversi, da quello epistemologico a quello religioso, da quello politico a quello scientifico, facendo diventare di scottante attualità il dibattito su discipline come retorica, logica, poetica, stilistica. Le radici di questo grande movimento di idee sono naturalmente rinvenibili già nel secolo precedente, nella “Teologia della Parola” protestante, nelle teorie ramiste, x

nella nascente “Nuova Scienza”, ma solo nel ’600 diventano nevralgiche le discussioni sul ruolo del linguaggio come veicolo per la trasmissione dottrinale e dogmatica, come arma di attacco o di difesa nell’agone politico, come strumento per l’indagine scientifica. Nel nostro secolo questi problemi sono stati abbondantemente sviscerati — si pensi all’acceso dibattito critico sul plain style- e non sembra il caso di proporne l’ennesimo resoconto. Piuttosto, qui si vorrebbe rivisitare questo crogiolo di idee adottando una prospettiva trasversale, indagando sul ruolo che l’argomentazione ha avuto nelle varie dispute linguistiche, nella speranza di mostrare come essa risulti di fondamentale importanza in questo periodo anche in ambito letterario. Ad una breve sezione iniziale di inquadramento storicoideologico, tesa a documentare la decisiva, anche se non esplicitamente riconosciuta, importanza accordata agli aspetti argomentativi del linguaggio nell’Inghilterra del XVII secolo, seguirà una seconda parte in cui ci si soffermerà su Paradise Regained

52

per mostrare non solo come le categorie dell’argomentazione pervadano la scrittura di quest'opera ma anche come la loro presa in analisi apra prospettive diverse e produttive per il suo apprezzamento.

I - L'argomentazione nella retorica del ’600 inglese Postulando una relazione personale e non mediata tra fedele e Dio, la Riforma aveva enfatizzato molto le caratteristiche

“verbali” del Zogos, scindendo questo termine dalla accezione filosofica con cui esso indicava i procedimenti razionali. Riprendendo il pensiero di alcuni Padri della Chiesa, il Logos protestante non identificava la “mente” o la “ragione” di Dio ma la voce con cui il Padre parlava rivelandosi all'umanità: non a caso già Erasmo da Rotterdam, nella sua traduzione del Nuovo

Testamento,

aveva

tradotto

il Logos

giovanneo

con

il

termine Sermo invece che Verbum proprio ad indicare la dimensione performativa della “Parola”!. Anche lo Spirito Santo, che garantiva l'autenticità dell'esperienza di lettura delle Scritture, operava a livello verbale — basti ricordare la celebre definizione di Lutero, secondo cui lo Spirito Santo era il miglior retore e il miglior logico — tanto che, ricorda G.B. Christopher, “other time-honoured images of the Christian tradition are referred to verbal activity”?. Alla luce di .queste considerazioni, è possibile cogliere nell’Inghilterra del XVII secolo la compresenza di due posizioni apparentemente contraddittorie per ciò che riguarda l’ortodos! Cfr. G.B. CHRISTOPHER, Milton and the Science of the Saints, vp., cit., p.3. La Christopher spiega nella nota che “Though Ficino had earlier translated Logos as sermo,

it was Erasmus who influenced the usage of Luther and Calvin

and ultimately the piety of the English puritans” p. 3, anche se V. SALMON, nel suo 7be Study of Language in 17th-Century England, Amsterdam and Philadelphia, 1988, ricorda che già “Aristotle used the same word, /ogos for both sermo and ratio, thus suggesting that both were equally forms of discourse - mental and verbal” p. 72. Si veda anche l’articolo di P. TiLlicH, “The Word of God”, in RN. ANSHEN ed., Language: An Enquiry into îts Meaning an Function, Port Washington, 1971.

? Cfr. G.B. CHRISTOPHER, Milton and the Science of the Saints, op. cit., p. 8.

53

sia religiosa. Da una parte l’avvento del Puritanesimo è tradizionalente fatto coincidere con la caduta in sospetto della vocalità, mezzo arbitrario ed evanescente, strumento sensuale ed equivoco, colpevole di titillare le orecchie degli ascoltatori suscitandone le passioni, e con la parallela esaltazione della parola scritta, lodata per la sua “silenziosità” che, facendo appello alla vista più che all’udito, ben si sposa con i processi mentali della meditazione personale. Dall’altra la teologia riformata enfatizza il ruolo imprescindibile dell’oralità nella trasmissione della fede, tanto da inserire l’economia della salvezza in una vera e propria “catena verbale” in cui: The same biblical phrase is used to describe the God who speaks, the language that conveys the divine word, the Spirit who underlines it, and the heart (or faith) that hears the wordì.

Anche in ambito puritano, quindi, l’esperienza della conversione e della salvezza era percepita come un evento essenzialmente linguistico, tanto che perfino la superficie lessicale delle Scritture non era considerata scevra di una forte componente retorica: Puritan preachers conceived of literal meaning as a rhetorical construct, as a pliable figure and not a given of language. Even literal meaning was dependent on the interplay of signifiers and the use of tropes, so much so that the function of reference could depend substantially on the relation of words to each other in discourse!. 3 Ibid., p. 24. Anche R.L. ENTZMINGER, Divine Word, op. cit., sostiene che “the leaders of the Continental Reformation, while insisting upon the importance

of the

silent,

inner

Word,

continued

to affirm

the value

of written

and

spoken words.”, p. 13. ‘ A. KigBey, be Interpretation of Material Shapes in Puritanism, New York, 1986, p. 11. Il puritanesimo, a dispetto della connotazione negativa tradizionalmente

associata

al termine,

sotto molti aspetti fu, come

noto,

un

movimento

apportatore di valori nuovi. C. Hit, Intellectual Origins of the English Revolution, Oxford, 1965, (cfr. in particolare il cap. 2) ha sostenuto, per esempio, che fin dal XVI secolo, alcuni degli esponenti di spicco dei circoli scientifici, come il Gresham College a Londra, all'avanguardia rispetto alle più tradizionali istituzioni universitarie di Oxford e Cambridge, erano legati appunto ad ambienti puritani.

54

Non ci si deve dunque stupire se, sviluppatasi in ambienti religiosi non omogenei neppure da un punto di vista teologico, anche

la-diffidenza

nei confronti

della retorica, che culmina

nel

XVII secolo in un vero e proprio attacco a quelli che vengono bollati come vuoti e illeciti abbellimenti stilistici, appaia un fenomeno tutt'altro che uniforme. La storiografia critica ha del resto ormai ampiamente dimostrato come le classiche opposizioni (Anglicani/Puritani, ciceroniani/senechiani, stile piano/stile elaborato, “self-consuming style”/‘self-satisfying style’, logica/retorica e così via) creino più contraddizioni di quante ne risolvano, essendo espressioni di un continuum intellettuale più che di posizioni veramente contrapposte. Nel suo monumentale studio, Perry Miller ha dimostrato come il “puritan style” fosse spesso molto lontano dalla “unadorned simplicity and spontaneity of common speech”, così che la “hostility to the metaphysical style never became ... hostility to the stylistic cultivation or to the constant use of figures and tropes”).

La campagna a favore del plain style era dunque attraversata da prese di posizione frequentemente contraddittorie: Isaac Barrow,

predicatore

e

scienziato,

in

un

discorso

dal

titolo

“Against Foolish Talking and Jesting” criticava lo stile fatto di giochi

di parole,

similitudini

azzardate,

metafore

eccessive,

“in

short, a manner of speaking out of the simple and plain way”, eppure ammetteva il ricorso alle “exhorbitancies of speach” nel caso

in cui l’uditorio

non

potesse

essere

raggiunto

con

argo-

mentazioni razionali‘. Neppure l'appello alle Scritture poteva dirimere la questione. William Tyndale aveva ripreso la polemica di Lutero e Calvino contro l’esegesi cattolica, in cui il senso tropologico e anagogico venivano privilegiati nell’interpretazione della Bibbia perché considerati più vicini all'essenza trascendentale di Dio. Tuttavia, grazie alla naturale compresenza di letterale e allego-

> P. MILLER, The New England Mind, op. cit., p. 304. © I. Barrow, Against Foolish Talking and Jesting, riportato in J. BROGDEN ed., Illustrations of the Liturgy, London, 1842, vol. 2, pp. 372-3.

55

rico nelle Scritture, molti predicatori rinvenivano nel Libro la forma stilistica che desideravano trovare, giustificando anche un uso figurale e tropologico del linguaggio proprio adducendo l’esempio della Parola di Dio: nel suo Sacred Eloquence: Or the Art of Rbetoric as ît is Layd Down in the Scripture del 1659, John Prideaux aveva addirittura compilato un inventario di artifici retorici da utilizzare nelle prediche, traendo i suoi esempi dalla Bibbia, per la giustificazione di una eloquenza sacra;

anche

scriveva

Joseph

Glanvill,

membro

della

Roya/! Society,

che:

Wit in the imagination, is a quickness in the phancy to give things proper Images; now the more of these in Sermons, the more judgment and spirit, and life: and without Wit of these kinds, Preaching is dull and unedifying. The Preacher should indeavour to speak sharp and quick thoughts, and to set them out in lively colours’.

Nei vari autori, dunque, sono sempre riscontrabili commistioni più o meno felici di eloquenza e semplicità, a dimostrazione di come gli intenti stilistici raramente coincidessero con la pratica, accomunando talvolta schieramenti politici o religiosi apparentemente in conflitto: Perry Miller ricorda ancora che “There were Anglicans like Ussher who preached in a mode very similar to the Puritans, and there were moderate Puritans like Henry Smith or Thomas Adams whose works seem to us almost ‘metaphysical’’8. Spesso gli attacchi ai Puritani e ai nonconformisti muovevano sostanzialmente le stesse obiezioni che la generazione precedente di “puritan divines” aveva sollevato

7 J. GLANVILLE,

An

Essay Concerning

Preaching,

London,

1678,

p. 71. P.

MILLER, The New England Mind, op. cit., p. 311, riporta il caso simile di John Smith, che nel suo 7be Mysterie of Rbetorick Unveil'd, sosteneva che “all science, and particularly, Rhetorique, where it is reduced to a blessed subordination

and conformity to the teachings of the Spirit of Truth, is a good gift of God . and very conducent to the unfolding and right understanding of the Figurative and Tropical Elegancies of the blessed Book, which abounds with most excellent and divinest eloquence”. 8 P, MilLeR, The New England Mind, op. cit., p. 332.

56

nei confronti dei sermoni comiana e carolina: As Haller resources demning sectaries

troppo

arguti e retorici dell’età gia-

and Miller observe, Puritan divines could exploit the of metaphor and other tropes and figures while contheir Anglican opponents or some of the left-wing

for doing so?.

Questo rapido excursus non ha certo pretese di esaustività o di novità, ma intende semplicemente riprendere alcune idee ormai acquisite nel dibattito critico su questo argomento per dimostrare come, tra gli intenti principali che accomunavano le varie posizioni sopra ricordate, vi fossero motivazioni che oggi potremmo definire argomentative!9, La forte polarizzazione tra “matter” e “manner”, postulata già nelle teorie ramiste, caratterizza tutte le discussioni stilistiche del XVII secolo e tuttavia più che due aspetti contrapposti, contenuto e forma appaiono sempre inscindibilmente legati: in nome di una miglior fruibilità e di una maggiore attinenza alle Scritture, per esempio, i vari William Perkins o Richard Baxter lodavano uno stile semplice e perspicuo, dimostrando come il

predicatore potesse trasmettere la forza contenuta nella Parola proprio tenendo presente il fattore stilistico. Ben poche volte, nei trattati di sermonistica, gli autori si preoccupavano di precisare il contenuto delle prediche, concentrando invece la loro attenzione sullo stile con il quale rendere il più intelligibili possibile i concetti da trasmettere: dando per scontata la. bontà e la ortodossia del contenuto, John

Wilkins, nel suo Ecclesiastes del 1646, sosteneva che il linguaggio doveva essere: Plain and naturall, not being darkened Scholasticall

harshnesse,

or Rhetoricall

with the affectation of flourishes.

... When

the

? J.M. SteapMan, 7be Hill and the Labyrinth, Berkeley and Los Angeles, 1984, p. 38. 10 Per i termini e i concetti alla base della teoria dell’argomentazione si rimanda naturalmente agli studi fondamentali di C. PERELMAN, oltre che a S. ToUuLMIN,

The Uses of Argument,

dell’Argomentare, la communication,

Firenze,

Cambridge,

1958,

S. Lo Cascio,

Grammatica

1989 e al recente P. BreTON, L’argumentation dans

Paris, 1996.

57 notion

is good,

the best

way

to set it off, is in the most

obvious plain expression!!,

Eppure, ancora nel 1678, Joseph Glanvill, affermando che “it requires parts and understanding to be plain”, dimostrava quanto il plain style non costituisse la forma “naturale” di un linguaggio corrotto da secoli di figuralità retorica, ma fosse uno stile artificiale, deliberatamente perseguito per ragioni didattiche di chiarezza espositiva. La dimensione

daria

rispetto

decisivo

stilistica, insomma,

al contenuto:

anche

alla sua

impiegata in funzione to. La scelta

di uno

non

poteva essere

al contrario

creazione,

dal

contribuiva momento

dell’uditorio che doveva stile piano

o di uno

secon-

in modo

che

veniva

essere raggiun-

involuto,

insomma,

dipendeva principalmente dalle intenzioni argomentative di chi scriveva: I can very well allow that in Philosophy, where the Quality and Nature of things do not transcend and over match words, the less Rhetorical ornaments, providing still that the phrase be pure and easie, the better. But in Divinity, where no expression come fully up to the Mysteries of Faith, and where the things themselves are not capable of being declared in Logical and Metaphbysical Terms; Metaphors may not only be allowed, but are most accommodated to the assisting us in our

conceptions of Gospel-mysteries!3.

o dell’uditorio al quale ci si rivolgeva: Their [the common people's] affections are raised by figures and earnestness and passionate representations ... so that how-

ll J Wixkins, Ecclesiastes, or

a Discourse concerning the Gift of Preaching

as it falls under the Rules of Art, 1646, p. 72. !? J. GLANVILL, A Seasonable Defence of Preaching: And the Plain Way of it, 1678, p. 41. Del resto, come ricorda J.M. SteADMAN,

7he Hill and the Labyrinth,

op. cit., “The plain style, the ‘native easiness’ demanded by the ‘antirhetoricians must be painstakingly cultivated; and (as their own writings reveal) it could be acquired only with difficulty and through the combined efforts of a duly constituted committee of experts.”, p. 64.

13 R. FERGUSON, 7be Interest of Reason, 1675, pp. 279-80, corsivo dell’autore.

58 ever little you may think these, they must be heeded, suited to the capacity, and genius of your hearers!*.

Considerazioni simili possono essere estese scientifici. Commentando la celebre definizione Francis Bacon, Brian Vickers ricorda che:

and

agli ambienti di retorica di

His own theory of rhetoric is both highly detailed and original. In effect his whole life's work was dedicated to persuasion, and he shows himself to be very aware of the importance of

persuasive writing.

In effetti la scelta di una forma retorico-aforistica piuttosto che organica e piana per l’Advancement of Learning era stata dettata, per esplicita ammissione dell’autore, dalla considerazione che le esposizioni metodiche sono adatte per ottenere consenso

e credito

ma

meno

opportune

per

spingere

all’azione

concreta. La retorica nella prospettiva baconiana assume dunque caratteristiche argomentative, essendo il suo “duty and office” quello di “apply Reason to the Imagination for the better moving of the Will”, cioè di intensificare l'adesione a una tesi fino a stimolare

all’azione: “Profoundness of wisdom will help a man to a name of admiration, but ... it is eloquence that prevaileth in an active

life”16. Malgrado la dichiarata avversione alla retorica declamatoria, identificata con un godimento estetico fine a se stesso, ciò che avrebbe dovuto caratterizzare la retorica degli scienziati rispetto alle “vermiculaté questions” degli oratori era infine solo l’intenzionalità che ne stava alla base: la messa in pratica delle nuove conoscenze. Eppure, l'appello alle facoltà razionali dell’uditorio invece che alle sue passioni risultava sempre più un’utopia che non una vera pratica discorsiva, dal momento che la necessità

li R. GLIANVILL, An Essay Concerning Preaching, 15 B. Vickers, Francis Bacon 16

cit., p. 55.

and Renaissance Prose, Cambridge,

1968, p. 3.

F. Bacon, The Advancement of Learning, in Works, J. Spedding, R.L. Ellis,

and D.D.

Heath

eds., London,

1857-74, vol. 3, p. 409.

59 divulgativa

delle nuove

idee, volta a rafforzarne

l'accettazione,

doveva inevitabilmente passare attraverso lo stimolo delle “affections” dell’uditorio. Se dunque da una parte venivano ufficialmente stigmatizzati gli “ornaments of speaking ... degenerated from their original usefulness” e lodati gli sforzi di “make faithful Records, of all the Works of Nature, or Art, which can come within their reach to restore the Truths, that have lain neglected”!7, dall’altra

... la

ricerca di mezzi linguistici idonei per la trasmissione del nuovo sapere era condizionata dalle esigenze epistemologiche della “Nuova Scienza” più che dal bisogno di “verità”. La trasparenza stilistica arrivava insomma a coincidere con una prova etica per garantire l'affidabilità dell’argomentazione proposta: By avoiding the appearance of dogmatizing, by presenting his arguments as valid in his own eyes but not necessarily binding on others, and by appearing to speak only his opinion, the writer might paradoxically persuade his reader more effectively than through open persuasion, by describing a personal search for truth rather than arguing from first principles!8. Se il termine argomentazione cui si è fatto riferimento qui deriva da teorizzazioni moderne, i concetti che vi stanno dietro

sono dunque già riscontrabili nella pratica discorsiva del ’600, sotto forma di esibita chiarezza espositiva, intenzionalità comunicativa, attenzione all’intelligibilità del linguaggio, ricorso alle ! T. Sprat, The History of the Royal Society, 1667. Le due citazioni sono tratte rispettivamente da p. 111 e p. 61, corsivo dell’autore. 18 J.M. STEADMAN, 7be Hill and the Labyrinth, op. cit., p. 107. Del resto, le proclamazioni a favore del plain style da parte di scienziati che, per trasmettere le loro scoperte, ricorrevano spesso ad uno pseudolatino scientifico altrettanto oscuro quanto i voli retorici tanto biasimati, dimostra piuttosto chiaramente che

la tanto auspicata semplicità e trasparenza nel linguaggio fosse più un’etichetta ricercata che non una reale pratica linguistica. Su questo cfr. B. VICKERS-N.$. STRUEVER, Rbetoric and the Pursuit of Truth, op. cit., pp. 32-35, e V. SALMON, The Study of Language in 17th-Century England, op. cit. Inoltre, è bene ricordare che “In spite of their express disdain for figurative and oblique discourse, Hobbes and Locke were experienced masters at metaphor and simile and insinuative irony. In ther concern for style, the “antirhetorical” critics were rhetoricians

in spite of themselves”, J.M. STEADMAN,

op. cit., p. 64.

7be Hill and the Labyrintb,

60

“exhorbitancies of speach” pur di stimolare l'adesione del lettore alle idee proposte. Associato in genere con il momento creativo ed interpretativo dell’atto linguistico e accomunato alla retorica dalle tre classiche funzioni di movere, docere, delectare, il termine “argument” era infatti impiegato già nel XVII secolo come sinonimo di “showing, explaining, or proving something”, così che: The form of a discourse could be used not simply to show the reader the content, or to get him to perceive it in a certain way, but also to ‘prove’ it, to get him to experience it. For example, a statement of a poem’s ‘argument’ would be a disclosure of the core of relationships at its centre plus the

speaker’s intention!9. L’accezione

in cui veniva usato questo vocabolo

era dunque

non dissimile da quella di Pietro Ramoy secondo cui “argumentum” identificava appunto ciò che era adatto all’argomentare, ciò che costituiva le motivazioni sulle quali le argomentazioni si basavano. L’argomentazione, insomma, poteva essere usata non solo per illustrare il contenuto di un’opera in prosa o in poesia, ma anche per enfatizzare alcuni valori, concetti, proposte stimolando il lettore ad accettarli e metterli in pratica. Con questo non si intende proporre l'ennesima opposizione

(per esempio argomentazione/retorica) per l’analisi dello stile del XVII secolo, ma la semplice ipotesi che le polemiche sul linguaggio di questo periodo abbiano causato un artificioso scollamento tras categorie argomentative e retoriche: le prime continuano ad essere utilizzate per veicolare efficacemente le proprie idee, mentre “Retorica” diventa una etichetta onnicomprensiva per indicare qualsiasi aspetto negativo nelle parole degli avversari, un vero e proprio ideologema utilizzato come

stigma per screditare gli. antagonisti. In ambito religioso, per esempio, il plain style diventa una forma stilistica rivendicata dagli esponenti della religione “ufficiale” della Chiesa d’Inghilteri? T.O.

SLOANE,

“Rhetoric,

PATRIDES-R.B. WADDINGTON

‘Logic’ and

Poetry:

The

Formal

Cause”,

in C.A.

eds., The Age of Milton: Backgrounds to Seventeenth-

Century Literature, Manchester,

1980, p. 308.

61

ra, mentre i nonconformisti vengono accusati di aver trasformato la religione in fantasticherie abbellite con “empty schemes of speech”: Herein lies the most material difference between the sober Christians of the Church of England and our modern sectaries, that we express the Precepts and Duties of the Gospel in plain and intelligible terms, whilst they trifle them away by childish Metaphors and Allegories, and will not talk of Religion but in

barbarous and uncouth similitudes?0, Eppure,

raramente

il termine

retorica viene

definito

in ma-

niera chiara, così da essere spesso utilizzato dai dissidenti religiosi stessi per ribattere alle accuse di “retoricità” mosse loro dagli ambienti conformisti: in Truth and Innocence Vindicated pubblicato nel 1670, John Owen, una delle figure principali tra i Dissenter, accusa proprio Samuel Parker e il suo Discourse of Ecclesiastical Politie di fare uso di termini ambigui e abbellimenti retorici, rivendicando l’importanza della chiarezza stilistica per trattare argomenti religiosi e giustificando il proprio uso della retorica per esprimere i “Gospel Mysteries”?! Brian Vickers ha brillantemente indagato sulla retorica come “locus ideologicus” nel ’600, sostenendo che intorno alle polemiche stilistiche del periodo si svolgeva una disputa di ben altra portata, di ordine dottrinale e politico: con il binomio Church of England/Royal Society, impegnati in una battaglia 20 S. PARKER, A Discourse of Ecclesiastical Politie, 1670, p. 75. Roger POOLEY, “Language and Loyalty: Plain Style at the Restoration”, L&H 6 (1980) ha ipotizzato che nel conflitto tra anglicani e nonconformisti l’uso di una “plainness” linguistica equivaleva a una dimostrazione di intelligenza, rispetto alle dottrine essenzialmente metaforiche proposte dai riformatori, come la giustificazione per fede, che erano ancora al centro delle prediche nonconformiste. 2! Del

resto

N.H.

KEEBLE,

nel suo

Richard Baxter:

Puritan

Man

of Letters,

Oxford, 1982, riporta un’opinione del grande predicatore che, nella sua prefazione a Dwelling with God di John Bryan (sempre del 1670), sosteneva: “Talk not ... against all Allegorical expressions about God, till you would forbid Mortals

to talk of God

at all’, p. 54. R.L. ENTZMINGER,

Divine

Word,

op. cit.,

ricorda anche che con i nonconformisti “[The] criticism of the allusive and elaborate preaching style turns not upon whether to cultivate verbal skills but simply on the most effective strategy to pursue.”, p. 13.

62

“politica” contro le supposte irrazionalità ed oscurità dei nonconformisti e degli alchimisti, gli attacchi alla retorica diventano: Part of a grand campaign the Establishment,

conducted

the orthodox

church

by the twin powers

of

and the Royal Society,

against their enemies. The campaign, then, is not a stylistic one in the sphere of literary criticism, as it is seen by Jones;

rather it is political and ideological??.

Nei decenni centrali del XVII secolo, dunque, il linguaggio diventa oggetto di studio non solo perché considerato mezzo degno per la trasmissione della cultura, secondo la classica opinione di R.F. Jones, ma anche per essere impiegato come arma per l’attacco alle posizioni politiche o religiose degli avversari. L'equazione tra anarchia nel linguaggio e anarchia nello stato non a caso era stata un assunto della politica linguistica dei Rovalist durante la guerra civile: i Ranter erano esecrati proprio per il loro linguaggio di protesta e il loro irresponsabile tentativo di “expose the limits of language, indeed the inability of words to carry divine meanings”, costituendo perciò una minaccia per la stabilità sociale del paese con la loro “playfulness” linguistica’. Parimenti Sharon Achinstein, considerando la Rivoluzione Inglese come un evento essenzialmente verbale, caratterizzato cioè dalla guerra di parole tra le opposte fazioni, ha visto negli studi sull’Universal Character dei vari Wilkins, Beck, Dalgarno, una reazione alla anarchica proliferazione linguistica della Babele rivoluzionaria: “I see the universal language schemes asLone response to and outcome of the pamphlet wars of the English Revolution. Put simply, to many, the English Revolution was Babel”. (9)w

41.

B. VIcKERS-N.S. STRUEVER, Rbetoric and the Pursuit of Truth, op. cit., p. anche S. Sim, Negotiations with Paradox, London, 1990, passim.

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