Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccolò Perotti arcivescovo di Siponto 8821001849, 9788821001840

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Per la cronologia della vita e degli scritti di Niccolò Perotti arcivescovo di Siponto
 8821001849, 9788821001840

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STUDI E TESTI 44

PER LA

CRONOLOGIA

DELLA VITA E DEGLI SCRITTI NICCOLÒ PEROTTI ARCIVESCOVO DI SIPONTO

RICERCHE DI

M ons.

GIOVANNI MERCATI

PREFETTO DELLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

ROMA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MCMXXV

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STUDI E TESTI 44

PER LA

CRONOLOGIA

DELLA VITA E DEGLI SCRITTI NICCOLÒ PEROTTI ARCIVESCOVO DI SIPONTO

m o llin o li K DI

Mons. GIOVANNI MERCATI P R E FE TTO D E LLA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA

ROMA BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA MCMXXV

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IMPRIMATUR

t I. P alica, Arcliiep. Philipp. Vicesg. IMPRIMATUR Fr. A lbertus L embi Orti. Praetl., S. P. A. Magister.

P roprietà

letteraria

RISTAMPA ANASTATICA 1973

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ATPANO GASQVET TIT · S · MARIAE · IN · PORTICV · PRESB · CARD APOSTOLICAE · SEDIS · BIBLIOTHECARIO AETATIS · ANNVM · OCTOGESIMVM FELICITER · INGRESSO BIBLIOTHECAE · PROCVRATÒRES D ·D · NON · OCT ■AN · MCMXXV

G . M ercati - Perotti.

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AL LETTORE

Il Perotti, sebbene non così dimenticato come altri uma­ nisti di secondo ordine, non fu ancora illustrato quanto merita. Si direbbe anzi che la fortuna ciò g l’ invidii, perchè, all’ infuori di tre o quattro pregevoli contributi recenti sopra qualche tratto della vita, non è uscito altro di particolare su lui : non le opere sue minori raccolte nel secolo xvn da Torquato Perotti e nel secolo xvm dal T io li1, non gli studi dei compianti Leone Dorez 1 2 e Medardo Morici 3. Il fascicolo presente - lo dichiara il frontespizio mede­ simo - non è punto destinato a fornire Γ illustrazione che si desidera: formatosi a poco a poco per una occasione ed un fine affatto particolari ed in condizioni malagevoli, esso è, rispetto all’ argomento, quasi un’ opera « preterintenzio­ nale ». Fu nell’esaminare, or sono tre anni, un’ampia memoria sopra i codici della Geografia di Tolemeo, che mi soffermai, in fra altri umanisti, sul Perotti, e veduto che qualche punto, 1 Cf. F. Cancellieri, Notizie della vita e delle miscellanee di Mons. P. A. Tioli

(1826), 125 sgg. Alla raccolta di Torquato, che mi fu utile assai, accennerò di fre­ quente.

2 « Fino dal 1892 attendeva a ricerche sul Perotti il compianto L. Dorez. Il la­ voro suo è rimasto poi inedito ; ma, secondo quanto mi scrisse poco tempo addietro la vedova di lui, è uno dei lavori postumi che forse potranno, in tutto o in parte, essere pubblicati ». Così il ch.mo S.r Dott. Carlo Frati in lettera da Bologna, 6 ago­ sto 1924. 3 V. l’op. Nozze Severini-Morici. Una biografia inedita di N. Perotti scritta nel secolo x v m (Pistoia 1896), p. δ, e la «Nuova Rivista Misena», Vili, 95.

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v in

AL LETTORE

per verità secondario ma non senza importanza per la storia esatta della diffusione di quell’opera in Occidente, non era nè chiaro nè sicuro, mi posi a schiarirmelo sperando che pochi giorni e poche pagine sarebbero bastate. Invece, al solito, occorsero mesi e mesi. Le rimanenti osservazioni communicai all’ autore della memoria, affinchè le incorporasse addirittura se giuste, le rifiutasse se false, nel dubbio le aggiungesse in nota o in appendice sotto la mia responsabilità : quelle invece sul Perotti, sebbene ristrette a diverse date dei primi 25 anni, perchè uscivano troppo fuori di quell’opera, preferii di rite­ nere e sviluppare meglio e di pubblicare a parte in qualche periodico nostrano. Se non che, insensibilmente, quasi per necessità delle cose, ho finito col toccare, più o meno, la maggior parte delle date della rimanente vita di Niccolò, tuttavia sempre col medesimo unico scopo di fissarle con precisione e sempre trattenendomi dal procedere oltre, sia per la scarsità del tempo e della quiete, sia per timore di uscire dall’ ambito delle umili ricerche in cui mi sento meno malsicuro. Naturalmente, da un procedere siffatto, non ostante che le pagine siano cresciute in misura da formare un piccolo libro, non poteva uscire fuori una biografia, uno studio sto­ rico-critico od estetico, ma solo una serie di noiose disqui­ sizioni intorno a punti di poco o (se vuoisi) di niuno inte­ resse, che pur dovevano fissarsi una volta e che, se mai gli ho fissati bene, non impacceranno ma piuttosto aiuteranno colui che si accingerà ad uno studio vero e proprio dell’uomo e dell’opera sua. Minuzie adunque e con una minuziosità affaticante, so­ pratutto nel raccogliere le prove e nel correggere le inesat­ tezze, piccole e grandi, che si osservino in passando. I più, credo, troveranno ciò eccessivo; ma chi dall’esperienza sia ammaestrato a diffidare sempre e nei dubbi a rendersi ra-

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AL LETTOHE

IX

gione delle prove e soglia rimanere in pena fino a che le abbia trovate, ritiene del pari difficili gli altri e quindi vuole soddisfarli, anche quando potrebbe domandare un poco di fede. Così gli avviene di liberarsi a poco a poco dagli errori in cui si cade ai primi tentativi e di scoprirne taluni che si ripetono tranquillamente da generazioni. Invece le pure e risolute affermazioni di chi goda fama di sapere e di esat­ tezza non lasciano, come se fossero verità certe, nemmeno venire dei dubbi e, se pur sorgono, li rendono più penosi e più difficili a deporre, perchè non si conoscono le ragioni su cui si presume che siano appoggiate. U n’ultima scusa che ho trattenuto lungamente nella penna, ma che penso mi convenga di fare almeno una volta. In ogni tempo ho provato grande pena a comporre, ma ora. per le interruzioni continue, mi riesce difficilissimo e quasi impossibile.

Di qui ripetizioni, dimenticanze varie,

poca connessione e poca chiarezza, povertà di lingua, scor­ rezioni perfino e altri difetti, che potrei attenuare col limare in ufi pacifico raccoglimento. Ma se volessi attendere tale pace in vita, probabilmente rimarrebbero per me solo i risul­ tati, quali che siano, di ricerche non brevi nè indiligenti, che non so se altri avrebbe l ’agio di rinnovare presto; ciò che, dopo tutto, non sarebbe giovevole agli studi.

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INDICE

I.

La famiglia del Perotti............................................................Pag.

1-15

II.

Dai primi venticinque anni del Perotti. L’anno di nascita. La lettera a Iacopo Costanzi e gli scritti in essa menzionati. In quali anni il Perotti fu a Mantova ed a Ferrara e venne a Roma e si col­ locò presso Bessarione. I primi suoi lavori. Sopra alcune sue let­ tere bolognesi.............................................................................

16-43

III. Il Perotti nella Curia Romana e in varie legazioni (1455-1464). Niccolò segretario apostolico: sua lettera ad Alfonso I in nome dei cardinali. Le lettere a Buonconte. Niccolò nel Clero. Il di­ scorso sull’Assunta a Mantova. Niccolò in Germania e a Venezia

44-54

IV. Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472). Il Perotti rettore a Viterbo. I Rudimenta grammatices·, notizie di famiglia. La lettera a Paolo II per il proseguimento della guerra contro Roberto Malatesta. Per il card. Bessarione contro Giorgio Trebisonda. Il governo di Spoleto. Le monodie: la Vita di Bes­ sarione. La correzione e l’esposizione delle Selve di Stazio e degli Epigrammi di Marziale. Le due lettere filologiche all’Ammanati

55-86

V.

Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474). Il Perotti professore nello Studio? Le edizioni di Plinio e di Marziale e la lettera a Fran­ cesco Guarnerio. La contesa con Domizio Calderini: le lettere Romane e le Perugine. L'Epitome. L’elogio funebre del cardi­ nale Pietro Riario........................................................................

87-110

VI. Il governo di Perugia e l’ultimo ritiro (1474-1480). Angustie finan­ ziarie del governatore ed accuse contro lui. Il Perotti persegui­ tato da Sisto IV? Dispiaceri anche in patria. La Cornucopia e la tentata pubblicazione di essa. La versione dello spurio De vir­ tutibus et vitiis di Aristotele....................................................... 111-128 VII. Codici Perotti nella Vaticana

129-139

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Indice

XU

A p p e n d i c e . - I.

Una n otizia sopra i C ostauzi d i l'a n o

II. Q uando

fa

. . . .

pu bblicata VOrtografia d el T ortolli

P ag. .

.

141-143

.

143

III. B riciola di storia d ei co d ici B essa rion ei................................ 144-146 IV . Sullo stem m a del cardinale

J o u f f r o y ..............................

D ocumenti. - 1. N iccolò P erotti al fratello E lio a ttaccato da in vidiosi

.

146 147-148

2. Il C ollegio cardin alizio ad A lfon so II d’A ragon a, I re di N apoli,per la crocia ta con tro i T u rch i: lettera com posta dal P e r o tti........................................................................................148-150 3. N iccolò P erotti a B uonconte di M o n te fe ltro ........................... 150-151 4. L a d ed ica d elle Monodie al proton otario P ietro F oscari

151-155

a L a ded ica d el com m ento delle Selve a P irro P erotti

156-158

.

6. Estratti dalla lettera D e inalo aureo, iuglande, e c c . al cardinale A m m a n a ti...................................................................158-161 7. Prim a giovin ezza e m orte del cardin ale P ietro R iario. Estratti dall’orazion e funebre di N iccolò P erotti . .

I ndice d ei »

161-163

n om i p r o p r i........................................................................... 165-169 co d ici c i t a t i ............................................................................169-170

»

I n c u n a b o l i .................................................................................................................. T avole . - L Π.

170

U rbin. lat. 1180, an. 1446. Scrittura ca lligra fica del P erotti. A rm e d i lu i e d el G rey (?). 1. V atic, lat. 3908. Scrittura affrettata del P erotti, an. 1452. - 2. V atic. lat. 4104. Scrittura affrettata d el P erotti, an. 1476.

ΙΠ . V atic, lat. 6848. M arziale di m ano del P erotti. A rm e sem plice dei P erotti. IV . V atic, lat. 6737, an. 1468 c . A u tografo d ei Rudimenta grammatices. V.

ITrbin. lat. 301. - 1. Scrittura del copista. A rm e inquartata d ei P e­ rotti. - 2. A gg iu n te d i m ano di N iccolò P erotti.

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I. - LA FAMIGLIA DEL PEROTTI

1. Torquato Perotti, cameriere segreto di Urbano V ili, indi ve­ scovo di Amelia dal 20 luglio 1633 al 24 settembre 1642, 1 avendo preparato per la stampa, che poi non eseguì, le opere minori, in buona parte ancora inedite, di Niccolò,1 2 preparò pure una Nicolai P. vita o, meglio, un verboso elogio, nel quale mirava soprattutto ad esaltare Γ antichità e la nobiltà della propria famiglia e le glorie di Sassoferrato, riferendosi in parte a documenti domestici e in parte riproducendo infòrmazioni ottenute da amici e corrispondenti3 ov­ 1 Seguo le date della «Amerinorum Antistitum series» pubblicata nell’ Append, della ed. 2a della Synodus dioec. Amerina ab A. M. Gratiano habita (1792), 23δ. Sopra Torq. v. L. A llatius , Apes Urbanae (1633), 246-249 ·, Crescimbeni, Com­ mentary intorno alla stia storia , ecc., II, n, 306. Dal processo che si fece nel giugno 1633 prima della nomina a vescovo, risulta che egli aveva allora 53 anni circa, era stato ordinato sacerdote il 17 dicembre 1611 nella chiesa di S. Donato di Gualdo, e divenne cameriere segreto di Urbano Vili dopo esserne stato cappel­ lano e caudatario, mentre era cardinale. (Archivio della Dataria, Processi, 1633, ff. 293v e sgg.). Con lui era cameriere segreto mons. Scipione Perotti, forse un fratello, che di anni 50 in circa moriva « alla sprovista essendo in carrozza, mentre passava la processione che si faceva nell’ ottava del Corpus Domini », 17 giugno 1632. Galletti , Necrol. Rom. Cod. Vatic, lat. 7879, f. 7. 2 Ne dava Γ annuncio fino dal 1627 A. Bzovio, Ann., all’ an. 1480, n. L, e L. A llacci, 1. c., diceva imminente la stampa e indicava il contenuto. Onde meno sorprende che L. H ervieux , Les fabulistes latins, 1,104, dia la stampa come real­ mente uscita. 3 Cf. la lettera di Torquato a Tolomeo Perotti ed. da M. Morici, Giustina Levi-Perotti e le Petrarchiste marchigiane (estr. dalla « Rassegna Nazionale », 1899), 18, n. 3. La data è sbagliata : dovrà leg'gersi « 1626 » o « 1636 » in luogo di « 1656 ». Nei codici Vatic, latini 6526, 6954 e 6967 si trovano alcuni originali delle informa­ zioni che si era procurato. — Torquato medesimo, il quale era letterato di pro­ fessione, ha, credo, scritto egli la Vita, benché parli di sé in terza persona : ad ogni modo fu scritta per voler suo e secondo il voler suo e cogli elementi raccolti da lui. G. M ercati - Perotti.

1

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2

Per la cronologia della vita di N. Perotti

vero pretese tradizioni di casa. Anche questo lavoro rimase inedito e sta fra le carte di Torquato insieme alle copie di scritti e di do­ cumenti Perottini nel codice Vatic, lat. 6526, che citeremo spessis­ simo, e in qualche altro ms. : solo un tratto, riguardante Giustina de Levis Perotti, fu pubblicato da Gianfìlippo Tomasini nel Petrarcha redicit m 116651 120-123, e diverse notizie ne sono passate, attra­ verso il zibaldone di Durante Dorio, nelle Dissertazioni Vossiane di A. Zeno 1 e nella Biografìa di Niccolò Perotti scritta nel secolo x v m 2 da un anonimo che evidentemente l’ha avuta sott’ occhio. Siccome però in quella Vita si contiene qualche fantasia o invenzione in­ dubbia, come l’ origine dei Perotti dalla nobilissima e antichissima famiglia francese dei de Levis (dei quali Torquato aggiunse perfino lo stemma al suo) e quella supposta poetessa Giustina, figlia del « nobilissimo » Andrea de Levis Perotti, amicissimo del Petrarca, la quale avrebbe con bellissimi versi pregato il papa a ritornare da Avignone a Roma e consultato il Petrarca col sonetto : * Io vorrei pur drizzar queste mie piume » ecc. ecc. ; 3 la metterò da parte nei 1 I, 257 sg'g’. Egli n’ ebbe le notizie da G. B. Boccolini di Foligno. Sopra il Dorio, che fu notaio a Sassoferrato nel 1632 e mori il 23 dicembre 1646, e sopra lo zibaldone di lui cf. M. Morici, La famiglia di Pand. Collenuccio (Pistoia 1896), 8 sgg. ; Giustina Levi-Per., 20. 2 Ed. da M. Morici per Nozze Sever ini-Morici (Pistoia 1896). Essa è di certo posteriore al 1772, giacché vi si cita a p. 13, n. 3 il Libro quarto delle giunte di particelle d' autori alla Collezion Pesarese del P. Marchesblli S. I., che usci nel to. X X III della Nuova Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici nel 1772. Anche la genealogia dei Perotti (ib. 16, n. 1) ci conduce al cadere del secolo xvm. Cf. lo stesso Morici, Giustina Levi-Per., p. 20. 3 Cf. Morici, Giustina Levi-Per., 9 sg., 17 sgg. Debbo però scusare il To­ masini, il quale non fece altro che stampare la storiella inviatagli da Torquato senza concepir un dubbio sulla fede di lui, ed osservo che quel 'tratto sopra Giustina si trova davvero nella Vita e nel codice Vatic. 6526, if. 242-244 ; anzi aggiungo che di quel tratto v’ è altra copia nel Vatic, lat. 6954 - codice pur di Torquato - al f. 253, co.n la interessante, letterina davanti (f. 252) : « Ad Dl.m et R . 111 Torquatum Perottum D. Chrisoforus (sic) Giarda. Iustinae Perottae, lectissimae ac eruditissimae feminae memoriam iuste in lu c e m v in d ic a s , T o r q u a t e mor­ talium humanissime. Nam, cum a theologis iustitiae, munus asseratur, ius suum cuique tribuere, quot et qualia sunt in isto facinore iura ? Dum enim una vindi­ catur Iustina, Apollini et Musis decus maximum, Petrarchae honor singularis, Saxoferrato eiusdem patriae gloria paene incredibilis, Perottae familiae splendor eximius, tibi vero industriae et humanitatis laus propria tribuitur ac redditur. Vale». Anzi nello stesso codice 6954 c’ è, di mano di Torquato, nei ff. 270« e 271 r (pagine bianche di una lettera del 1° giugno 1604 da Corinaldo di frate Antonio capuccino a lui) una copia dei tre sonetti : « Ecco, Signor, la greggia tua d’ in­

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I. - La famiglia

3

seguenti cenni sulla famiglia e mi atterrò unicamente a quello che se ne dice nella ben nota lettera 11 novembre 1479 di Niccolò al Confaloniere, Priori e Consiglio di Sassoferrato, i quali volevano privare la sua famiglia « del Consiglio e degli offici » , 1 e nei do­ cumenti ricordati da Torquato e veduti ancora dall’ anonimo del se­ colo XVIII presso i Perotti in Sassoferrato, e ora, almeno in parte, conservati nell’Archivio di Stato ir Firenze.*1 2 2. Niccolò Perotti, a quanto sembra, non sognò per nulla, come il suo tardo nepote, un cognome ed una origine straniera della propria famiglia : egli invece la credette denominata da un luogo del contado di Sassoferrato, e già abbastanza numerosa ed influente al tempo della venuta del cardinale Egidio Albornoz, sì da rivendi­ carle totalmente la liberazione della patria dalla signoria degli Atti. « A quo [parvo oppido nostro aquis undique circumfluentibus, quod ex argumento Insulam Centumperaneam vocant] et familia nostra Perottorum traxit cognomen»: così egli nella Cornucopia, ed. Aid. 1513, col. 947,12. E nella lettera citata, appellandosi alla fama: Quando

voranno

repetere le cose passate

a

memoria,

se recorda-

ranno havere inteso dire commo già vicino a cento anni 3 quelli de Casa mia caciati via li Tiranni de Sax.to denno la nostra Terra ad Egidio Car­ dinale de Spagna

legato de la Sedia Apostolica; el quale

fece el nostro

Cassaro. Et ancora havemo in Casa lettera patente, in la quale la sua fe­ lice memoria fa per questo respecto

mio b isa v o 4 suo g e n e r a l e

C om ­

torno » ; della med.a : «Vorrei talhor dell’ intelletto mio» ; della med. a : « Tema e [disio caliceli.] speranza entro al mio cor fan guerra » (Morici ib. 41), che eviden­ temente si vollero rivendicare a Giustina, come appare dall’accenno, che si fa in Tomasini, ai versi da essa mandati al papa in Avignone. La copia del f. 253 è anteriore alla nomina di Torquato a vescovo. 1 Ed. Zeno, I, 258-261 ; A maduzzi, Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta,. I, 392-398. L ’ ed. dell’ Amaduzzi (checché dica Mùrici, ib., 20) proviene da una copia m o lto a lt e r a t a . Assai migliore è l’ ed. del Zeno. Però io ne’ passi che se ne dovranno citare mi atterrò alla grafia della missiva originale, sebbene non auto­ grafa, che si conserva in fine al codice Vatic, lat. 6848. 2 Morici, Giustina Levi-Per., 20 sg. Qualche altra carta rimane, sembra, nel­ l’ Archivio Capitolare di S. Pietro in Sassoferrato. Cf. ib., 18, n. 3 ; 19, n. 1. 3 Veramente 120 e più anni. Cf. Morici, Dei conti Atti signori di Sassofer­ rato, ecc. (estr. dalla « Nuova Rivista Misena », Castelplanio 1899), 24. Egli mette la conquista di Sassoferrato poco avanti il 1356. Cf. F. Filippini in « Studi storici » , VII (1898), 507. 4 «Andrea» interpola qui il testo dell’ Amaduzzi.

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4

l ’or la cronologia della vita di N. Perotti

m i s s a r i o e donaglie el campo dal Gualdo, el quale uui al presente possedemo. K de qui successe che reintraudo dapoi alcuni anni, secondo che la. fortuna porse, li Tiranni in la nostra Terra, la bona memoria de mio avo cornino devoto de Sancta Ghiesia fo crudelmente decapitato. 1

Sotto Γ influsso della Vita, se non erro, si suole chiamare An­ drea il bisavolo di Niccolò e Uzzo l’avo decapitato, e si parla di Andrea Levi-Perotti e di Uzzo Levi-Perotti anche dal Morici 1 2 (che pure così efficacemente impugnò l’esistenza della fantastica poe­ tessa Giustina), ma io dubito se con fondamento. L ’istrumento del 1368 edito dal Morici è diverso dalla lettera patente che Niccolò cita; e poi non risulta per nulla che l’ « Andrea Cicchi L evi», sindaco e procuratore del Comune, fosse un Perotti e nominato Perotti ; e ciò nemmeno il Morici credette, come appare dal suo « indice delle persone ». E allora su che si fonda l’attribu­ zione di quel cognome Levi e di quei nomi al bisavo e all’avo di Niccolò ? I Perotti, anche in seguito, lottarono e soffrirono per la causa « della Ghiesia » contro i « Tiranni » della loro patria. Item [continua Λ'.-] che al tempo de la felice memoria

de papa

Ca­

listo mio padre insieme con mio fra d ello 3 per havere voluto dare la nostra Terra a la fe. me. de papa N ic o la 4 forono caciati da Sax . t0 e steteno pa­ nelli anni in exilio a la Rocca

contrata . 5 E dapoi reintrarono, e dettero

1 Nella Vita composta per Torquato si dice invece che fu decapitato il padre dell'avo ossia il bisavolo di Niccolò e all’avo si attribuiscono i patimenti di Fran­ cesco suo padre (Vatic, lat. 6526, f. 2 ilv ). 2 Ib., 25, 27, 40. 3 «Mio padre Francesco insieme con mio fratello Severo», cosi il testo in­ terpolato ed. dall’ Amaduzzi. Qui però è dimostrabile che i nomi non disconvengono. Il padre, a detta di Niccolò (v. Mai, Classici auclores, III, 303), sarebbe stato « homo plus quam satis est studiorum amantissimus ». 4 Già negli ultimi anni di papa Niccolò V « et patrem meum meosque et m e ... tyranni illi nostri Saxoferratenses calumniare non desinunt quia sanctitati sue, ut semper fuimus, devotos intelligunt », come scriveva Niccolò P. al Tortelli il 7 gennaio 1454. « Giornale storico della Letteratura Italiana », L X , 84. 5 A quel tempo risalgono gli atti magnificati in un passo dell’ orazione in favore delle donne di Viterbo a Niccolò P. edito dal Morici, Giustina Levi-Per., 22 : « Quid do Aemilia Perotta loquar et Lucia Camilla, secunda sororibus tuis, [così la stampa] que non multos ante annos, cum Sentinates sevissimo tyrannidis iugo premerentur, paterque et fratres [o frater f N. ne parla sempre al singolare) in exilium acti forent, tanta animi magnitudine fortune impetum sustinuere, ut et

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5

I. - La famiglia

la Terra al R .mo Monsignore Viceeancelliero presente , 1 el quale alhora era legato dela Marcha : e tenne dieta Terra alcuni dì, ma per non potere con­ seguire el Cassaro desistette da rotte de nocte le mura

intromise

l'im presa: gran

onde

numero

successe ch’ el Tiranno de

gente d’ arme in la

nostra Terra, e prese e saehegiò sola la casa nostra, e mio padre insieme con mio fradello mandò presioni commo si fossero

stati

traditori . 21*3 Item

che al tempo de la fe. me. de papa Pio da novo el dicto

mio

patre con

altri nostri citadini detteno la nostra Terra a Sancta Ghiesia, in modo che se conseguì el Cassaro, e li Tiranni in tutto forono expulsi e levati v ia . 8 E dalhora in poi in fine che la bona

memoria de mio

padre

visse, non

attese ad altro che a fortificare e magnificare la nostra Terra e n d indurre li homini nostri a fede e devotione de Sancta Ghiesia.

I servizi però non erano rimasti senza ricompensa. Niccolò V ai 16 d’ aprile 1449 con un breve, che riconosceva la nobiltà della famiglia e la.fedeltà provata di Francesco e de’ suoi maggiori,4*lo aveva fatto « militem Apostolicum », inoltre aveva costituito conti lateranensi lui e i legittimi discendenti maschi Ano alla terza gene­ razione. E il 1° ottobre dello stesso anno in Fabriano aveva assunto Francesco e suo Aglio Niccolò Perotti « in scutiferos nostros honoris ac familiares continuos commensales » coi soliti onori, privilegi,

domum vestram, quam incendere tyrannus decreverat, tutate sint, et amicos ab iniuria defenderint et paternum equum per vim a servo vestro a satellitibus tyranni abreptum, armate in publicum prodeuntes receperint satellitesque multis ictibus percusserint?». 1 L ’ ed. dell’Amaduzzi : «P ente», come se fosse un cognome. Vicecaucelliere era dal 1457 Rodrigo Borgia, che fu per l’ appunto legato della Marca d’ Ancona nel 1457. Siccome egli per tale legazione lasciò Roma il 19 gennaio e vi rientrò il 26 novembre 1457 (ef. E ubel, Hier archia catholica M. Aevi, II 2, ρ. 32), risulta 1 ’ anno di quel tentativo, e che i « parichi anni » del precedente esilio si ridussero a due anni e poco più. Quattro lettere del Borgia legato v. in « Nuova Rivista Misena», VI (1894),’ 198-202. 2 Ne saranno stati liberati abbastanza presto se nel 1460 riuscirono a scacciare il tiranno Luigi degli Atti. 3 La capitolazione avvenne il 14 luglio 1460 ; c f. M o r i c i , Dei conti Atti, 43 sg. 4 Comincia: «Familiae tuae nobilitas et probata in Nostris et Romanae Ecclesiae negociis tuae ac maiorum tuorum fidelitatis integritas, aliaque virtutum dona, quibus praefulges». Vatie, lat. 6526, f. 225«, «ex prop.0 originali apud Torquatum Perottum ». A. Z eno, I, 258 aggiunge : « Siccome pure Calisto III in un’ altra bolla li 12 di giugno 1454, lo dichiara suo famigliare onorandolo dello stesso titolo di conte», e anche l’ anonimo del Morici, p. 9, vi accenna. Invece Torquato non seppe nulla di tale bolla (?), la quale ad ogni modo non potè essere del 1454, ma. dell’ anno seguente al massimo.

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6

Per la cronologia della vita di N. Perotti

esenzioni da dazi, gabelle ed altri gravami. 1 Più tardi gli diede assai più e meglio che titoli di onore ed esenzioni, come apparirà dalle parole del figlio (v. c. II § 4), dichiaratamente in grazia anche di Bessarione, che il figlio serviva ed avrà sollecitato a favorire la famiglia e che Francesco medesimo seppe obbligarsi con lunghi e fedeli servigi (v. avanti, p. 15). D’ altra parte, nel gennaio 1459 il doge Pasquale Malipiero concesse a Francesco e discendenti la cittadinanza veneziana. 1 2E poco dopo, durante la legazione di Bessarione in Germania, per ri­ guardo a Niccolò, allora arcivescovo ed aiutante del cardinale ed insieme consigliere e procuratore imperiale in Curia, l’imperatore Federico III il 22 giugno 1460, eretto in contea « castellare seu locum tuum Insulam Centiperam nuncupatum», ne faceva conti Fran­ cesco e figli e tutti i loro discendenti, maschi e femmine, in per­ petuo, e concedeva di aggiungere allo stemma gentilizio - un leone bianco rampante sopra una scala rancia oppure cilestrina - l’aquila nera dalle ali spiegate, con becco ed unghie cerulee oppure auree, e di usare cera bianca « in quarumlibet litterarum vestrarum sigil­ la tu m » ;3 e il 22 luglio dell’anno successivo l’ imperatrice Eleonora alle « nobilibus Emiliae Perottae de Alexandrie, Elisae Martinotiae de Perottis, Camillae Perottae dé Comitibus, et Faustinae Perottae de Alexandris, omnibus Comitissis Insulae Cenfiperae » concedeva di portare in onore di Maria SS. nei sabbati e in dati altri giorni « iuxta statuta in Capitulis ipsius Amprisiae atque societatis per quondam Ill.um Principem Fernandum Aragonum regem aedita » 4 Γ « amprisiam » del fu Alfonso re di Aragona e di Sicilia (f 1458) figlio del 1 Regest. Vatic. 43-5, f. 47 v sg. « Nicolaus etc. dilectis filiis nobilibus viris Francisco Perotto Lateranen. palatii comiti et militi Saxoferraten. ac Nicolao P e­ rotto eius filio... Exigunt probata ». 2 Copia dei privilegio nel Vatic. 6526, f. 236. Cf. Γ anonimo ed. dal Morici p. 9, clic riprodusse « 1458 », non badando alla indizione ( vii) e che nella data dell’ anno è seguito lo stile veneto. Quelle copie sono tutte del primo terzo del sec. XVII. 3 Copie, ib., f. 230 sg. e 253 sg'. L ’ originale è ora nell’ Archivio di Stato in Firenze ; v. Murici. Giustina L evi-P er ., 21. 4 Sono I Capitoli dell’ Ordine equestre della Giarra dei Gigli della S. Vergine 306 s.

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III. - Il P. nella Curia Romana e in varie legazioni

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ne segnò gli atti;1 anzi compì qualche visita per lu i1 2, e gli scriveva, talvolta almeno, le lettere piu riservate a Pio II e all’Ammanati.3 Sarà partito col legato il 19 gennàio 1460 da Mantova direttamente e ritornato a Roma il 20 novembre 1461.4 A quel tempo egli compare «consigliere im periale»,5 anzi « procurator generale dell’ imperatore nella curia Romana », sia che allora sia stato nominato, sia che già lo fosse prima di andare in Germania. Comunque, durante la permanenza a Vienna del cardi­ nale legato, la famiglia Perotti ebbe onorificenze considerevoli dalla casa imperiale. Federico III il 23 giugno 1460,6 in riguardo eziandio della devozione e fedeltà singolare « Nicolai Perotti archiepi­ scopi Sipontini.... c o ns i l i a r i i nost ri et ge n e r a l i s in Romana Cu r i a p r o c u r a t o r i s devoti nostri dilecti», erigeva in contea Pi­ sola Centipera e ne faceva conti il padre Francesco Perotti e i figli e discendenti e concedeva loro di aggiungere all’arme antica di famiglia 1’ aquila nera dalle ali spiegate, con becco ed unghie ce­ rulee o auree. E il 22 luglio dell’anno seguente l’ imperatrice Eleo­ nora alle sorelle di Niccolò, contesse dell’ Isola Centipera, delle quali 1 Archiv. segreto Vaticano, Armar. X X X V , tomi 134 e 135. Parecchi atti del cardinale sono diretti a lui. Cf. G aspare V eron ., De gestis Pauli secundi in Zippel , o. c., 33 : « Qui [imperator] licet in legatos alios amore et reverentia quadam fuerit usus, in hunc [Bessarione] maximo cultu primo usus e s t ..., tertio [loco] in archiepiscopum Sipontinum Nicolaum Helium [sic / attribuendogli il nome del fratello ? o p er isbaglio di copista invece di illum f], quem secum Nicaenus illue ab Urbe [piuttosto da Mantova] abduxit, c o n s ilio et l in g u a m ir u m » . Il Perotti come andato in servizio del cardinale « de latere » non fu veramente un « legato » presso l’imperatore. - Su quella legazione v. P astor , II, 117-129; Mohler , I, 292-303. Essi non ricordano l’ assistenza del Perotti. 2 Archiv. segr. Vatic., Armar. X X X V , to. 7, ff. 120 -122. Ivi gli ordini dati da Niccolò il 13 marzo 1461 nella visita del monastero di S. Andrea « super Traisimam » (St. Andrae an der Traisen ; cf. H ansiz , Germaniae sacrae, I, 341 s.). 3 Ad es., le lunghe lettere di Bessarione nei ff. 3, 4 e 8 del to. 10 delΓ Armar. X X X I X sono di mano del Perotti, le altre invece ai ff. 5-7, 9, 10 « manu propria». Delle due contenute nel f. 18 la seconda, brevissima, è di mano di Bessarione, la prima è del Perotti ad eccezione del poscritto. La differenza delle due scritture si manifesta specialmente nella forma delle lettere f e g. 4 E ubel, o. c., II, p. 35, n. 173 ; 36, n. 188. Il Mohler, I, 294 fa partire Bes­ sarione per la Germania nel febbraio. 5 «Archiepiscopo Sypontino imperiali consiliario»: indirizzo d’ una lettera del duca di Milano in data 24 febbraio 1460 presso M a z z a t in t i , Manoscritti ita­ liani delle biblioteche di Francia , II, 484. 6 Atti di quel giorno dati da Vienna col « V. N. Sipontinus » nel to. 135 del1’ Armar. X X X V , f. 89.

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52

Per la cronologia della vita di N. Perotti

conosceva la devozione verso di sè « venerabili Nicolao Perotto Archie­ piscopo Sipontino g e r ma n o ves t r o ac c o ns i l i a r i o nostro r e f e ­ r e n t e » , concedeva di portare in onore di Maria SS. nei giorni sta­ biliti l’ impresa della stola e giarra e anche del grifone, che essa imperatrice e il fu re Alfonso di Aragona e di Sicilia solevano portare.1 Il Perotti non dimentica nè dimenticherà mai i suoi! Nè fu dimenticato egli stesso, perchè il 20 maggio 1460 a Vienna riceveva da Bessarione in commenda perpetua la chiesa di S. Silve­ stro a Montecavallo;2 il 12 dicembre 1461 per istanze vivissime dell'im­ peratore Federico era nominato referendario da Pio l i , 3 e riceveva inoltre vari beneficii,4 sia in premio de’ meriti personali di lui e della famiglia verso la S. Sede 5 sia per il favore di Bessarione. 0 6. Dopo il ritorno a Roma il Perotti, mentre avrà dovuto, se­ condo ogni verosimiglianza, esercitare davvero l’ufficio di procura­ tore imperiale e quello nuovo di referendario pontificio, continuò a servire il suo grande protettore Bessarione. Difatti il 1° agosto 1462 1 V. sopra, p. 6 . - Atti del luglio 1461 in Vienna col visto del Perotti nel cit. to. 135, ff. 122-126. 2 Ne prese possesso, mediante procuratore - un Nicola canonico dei SS. Apo­ stoli - , il 2 agosto da Lorenzo de Venetiis vicario del cardinal Bessarione. Archivio segr. Vatic., AA. Arm. C. 1135. 3 Reg. Vatic. 595, f. 48: « . . . eiusdem Prederici imperatoris effusissimis precibus inclinati te, qui eius consiliarius et in Romana Curia procurator existis, in numerum et ordinem sedis Referendariorum... recipimus». Non lo diventò adunque Sotto Sisto IV nel 1474, come sembrerebbe dal v. H ofmann, o. c. II, 134. 4 II 28 aprile 1462 ebbe l’ arcidiaconato nella chiesa dei canonici regolari di S. Agostino di Pamplona (Reg. Vatic. 486, f. 29: lo rinunciò nel luglio 1467, riservan­ dosi una pensione annua di 100 fiorini d’ oro. Reg. Later. 654, ff. 5 -7 ); il 2 dicembre dello stesso anno una pensione di 40 fiorini d’ oro sui beni del monastero Basiliano di S. Salvatore, o S. Pantaleone nella diocesi di Messina (Reg. Later. 586, f. 178), e nel maggio 1463 un’ altra pensione di 300 fiorini sopra il monastero Basiliano dei SS. Pietro e Paolo della Chitara, già in commenda del cardinal Ruteno (morto il 27 aprile; Reg. Vatie. 491, ff. 104-106). Altra commenda teneva nel 1472 a Trevi; v. avanti, c. V, §. 5. Versi del Perotti a Pio in I annelli, o. c., 259, 261, 263. s V. sopra, p. 5. 6 V. in P astor , II, 703, la viva ed onorevole raccomandazione che Bessa­ rione ne faceva a Pio II da Vienna il 29 marzo 1461: « Archiepiscopum etiam Sypontinum, devotissimum servulum B.«is V > , commendo V.ae Clementie quam ef­ ficacius et humilius possum, ut dignetur V.a B.o aliquod pietatis indicium, maxime in re quam optat [quale?], in eutn ostendere. Si dignabitur V.a B.do eo in a l i ­ qu ib u s q u a n tu m c u m q u e e tia m m a g n is et ard u is u ti, reperiet ingenium quod diliget et summa clementia fovebit».

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III. - lì P. nella Curia Romana e in varie legazioni

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lo rappresentò nell’atto di concordia fra esso, nominato abbate com­ mendatario di Grottaferrata, e l’ex-abbate effettivo Pietro Vitali, 1 e dentro il mese fece, quale suo vicario (lo era già stato anche per l’Avellana nel 1456; v. sopra, p. 49, n. 2), descrivere tutti i beni della badia e ricopiare le bolle pontifìcie a favore di essa nel co­ dice Criptense Z δ X II .2 Poscia, nel luglio 1463, appena fatta per ordine di Pio II la consegna della basilica dei Santi Apostoli ai frati Minori, 3 andò, con Bessarione legato «de latere», a Venezia, e colà dal 28 luglio in poi ebbe da lui numerose commissioni di mettere in possesso di benefici, pensioni, eco.4 e compare pre­ sente ad atti del legato nel monastero di S. Giorgio Maggiore il 18 ottobre, il 9 e 3 1 5 dicembre di quell’anno e il 9 marzo del successivo.e Da Venezia adunque egli spedì le lettere e la versione dell’o­ racolo sull’ istmo di Corinto,7 a cui il Filelfo accenna nelle sue ri­ sposte del 15 dicembre 1463 e del 26 gennaio 1464.8 1 Archiv. segT. Vatic., Armar. X X X IV , 7, f. 8 . Ib., nei ff. 146 e sgg·. carte del tempo di Pietro relative a Grottaferrata. 2 Cf. R occhi, Codices Cryptenses, 513 sg. ; De coenobio Cryptoferratensi, 98 sg. 3 Reg. Vatic, 509, f. 19, ordine del 30 giugno. Cf. B. Ma l v a sia , Compendio histor. della ven. basilica di SS. dodeci Apostoli (1665), 84 s. Nel Messale della ba­ silica con le armi di Bessarione, che ora è il codice Barber, latin. 562 (già XII, 5), al «Memento» dei morti si legge : « ...e t aliorum affinium et consanguineorum Bessarionis episcopi et Perotti ». Cf. A. E bner , Quellen und Forsc.hungen zur Geschichte und Kunstgeschichte des Missale Romanum in MA, 146 ; M oh ler , I, 41, n. 1. 4 Archiv. segr. Vatic., Armar. X X IX , 31, per tutto il volume, sia con lettere dirette « Archiep. Sipontino», sia dentro quelle dirette ai beneficiati stessi. L ’ ul­ tima commissione è del 14 giugno, ib., f. 118 v. 5 In questo giorno Bessarione fece il dono di vari beni immobili in Coldinoce al padre di Niccolò e al cognato Alessandro degli Alessandri che si è ricor­ dato sopra, a p. 15. Archiv. Vatic., Armar. X X X IV , 6 , f. 5 » s. 6 Ib., ff. 5 r, 6v, 8 v e v., per Γatto del 9 dicembre, W adding , Annales M inorum 2, XIII, 277. Il cardinale aveva lasciato, Roma il 5 luglio 1463 (Eubel, o. c., 36, n. 200). Sopra quella legazione v. P astor , II, 235 sgg. ; Mohler , I, 312 sgg. 7 Ed. I ann elli , Codex Perottinus, 270-276. Sopra Γ oracolo cf. Sp. L ampros , Νέος Ελληνομν., II, 472 sgg., dove per distrazione si attribuisce allo Zanetti u n a osservazione erudita del Morelli. - Per quella versione, inserita nell'Epitome del P e r o t t i p r e s s o la fin e, Γ Hervieux e il Moroncini posero all’ a. 1463 c. la com­ posizione dell’ Epitome, che però è più tarda ancora, come si vedrà a p. 58, n. 4 e nel c. V, § 4. 8 Epistol. famil., ed. 1502, ff. 141, 142 r (qui l’ accenno, ora chiaro: « tuum in urbem reditum aequo animo expectabo » ).

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Por la cronologia della vita di N. Perotti. — III. - Il P. nella Curia eec.

54

C h e il P e r o t t i s ia s i tr a t t e n u t o le g a t o , il q u a le

in V e n e z i a fin o a lla p a r t e n z a d e l

r a g g iu n s e c o n la s u a g a l e a 1 il p a p a in A n c o n a v e r s o

la fin e d e l l u g l i o , 1 23 è p iù c h e p r o b a b ile , a tte s e le c o m m is s i o n i

a ffi­

d a t e g li c o là fin o a m e z z o il g iu g n o ( v . p a g . 5 3 , n. 4 ) e d a tt e s a la q u a s i in s e p a r a b ili t à

del

c o n fid e n t e

dal

su o

sig n o re

per

o lt r e

16

a n n i.

M a o r a la c o m u n i o n e di v it a , p u r e d u r a n d o l ’ a m i c i z i a , v e r r à a c e s ­ sa re , e c cetto

q u a lc h e t e m p o , fo r s e n e l 1 4 7 0 e n e l 1 4 7 2 , p e r o p e r a di

B e s s a r i o n e m e d e s im o , il q u a le , m o r t o P io I I , o tt e n n e s u b ito d a l n u o v o p a p a a l f e d e le s e r v it o r e il sed e a V i t e r b o . I l

govern o del

P a t r i m o n io

P e r o t t i in c o n s e g u e n z a d o v e t t e

e il s e r v iz io d e l c a r d i n a le , m a n e l l a n u o v a sebb ene e d e lle

n o n d e l tu tto fa z io n i

o

T u s c ia

la s c ia r e

con

Rom a

lib e r a v i t a d i p r o v i n c i a ,

t r a n q u i lla a c a u s a d e lle b r i g h e d e l g o v e r n o

c itta d in e

a llo r a

g li s tu d i. P e r c h è è m a n if e s t o

v iv is s im e ,

che

nei

p o tè

lu n g h i

a lm e n o r ip i g li a r e

e d i s a g ia t i v i a g g i e

n e lle v a r i e f a c c e n d e d o v u t e c o m p i e r e d a l 1 4 5 5 in a v a n t i, n o n p o tè r im a n e r g li g ra n che

e g li

di

r a r ia d i q u a lc h e brevi

tem p o

e

q u e l tem p o

le n a d i s t u d ia r e , e q u e s t o s p i e g a i l fa tto non

ci

c o n s id e r a z io n e ,

ha ma

la s c ia t o so lo

q u a lc h e

p o e s ie , c h e s o n o f r a m m is c h i a t e a d a lt r e

Γ E p ito m e

P e r o t t in a

n essu n a

di

e n o n s e m p r e r ic o n o s c i b ili .

o p e r a le t t e ­

le t t e r a a lt r o

e

d e lle

t e m p o n e l-

L a co m p o siz io n e e

p u b b li c a z i o n e d e l l ’ E p i t o m e s te s s a n o n è d i q u e s to t e m p o , c o m e p r e ­ te s e r o l ’ H e r v i e u x

e il M o r o n c in i.

1 In un breve di Pio II a Francesco abate di Narvesio, del 27 maggio 1464, letto il 15 giugno in Venezia nella Giudecca : « iam tempus instat... quo prefatus Bessario Card, ad nos cum galea sua venire debeat ». Archiv. segr. Vatic., Ar­ mar. X X X IV , to. 6 , f. 9. « Pro armanda nostra trireme » cosi lo stesso Bess, in ricevute del cit. to. 31, f. 85 r, 90 v. Cf. Mohler, I, 315 n. 2 Ib., ff. 9-11, atti del 2, 4 e 14 agosto « Anchone in domibus... Bessarionis ». E cf. Mohler , I, 316 ή. 1. 3 Reg. Vatic. 544, f. llò v '. «Patrimonii Rector. 1464. die X X X I Augusti con­ cessum est pro d. Sipontino ad petitionem R mi domini N iceni»; agg. d’ altro in­ chiostro: «ad beneplacitum». La bolla seguì il 17 settembre: Reg. Vatic. 542, f . 16 v sgg.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti. — IV. - Dalia rettoria ecc.



IV. - DALLA RETTORIA DEL PATRIMONIO

AL GOVERNO DI SPOLETO (1464-1472).

Il Perotti rettore a Viterbo. I Rîtdimenia tjrammalices: notizie di famiglia. La lettera a Paolo II per il proseguimento della guerra contro Roberto Malatesta. Per il card. Bessarione, contro Giorgio Trebisonda. 11 governo di Spoleto. Le monodie: la Vita di Bessarione. La correzione e l’esposi­ zione delle Selve di Stazio e degli epigrammi di Marziale. Le lettere filologiche all’Ammanati.

1. con

A

V ite r b o

il P e r o t t i

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e n tr a to Γ 8

d ic e m b r e

1 4 6 4 , se

e s a t t e z z a r ip o r tò il c r o n is t a D e l l a T u c c i a 1 la d i c h ia r a z io n e c h e

e g li fe c e

in

C o n s ig lio il

13

a p r ile

1469

di

esservi

sta to

« 4 a n n i,

4 m e s i e 5 d ì c o n o g g i » . N e i p r im i tr e a n n i il s u o g o v e r n o , b e n c h é fo r te e s p i c c i o , s o d d is fe c e o m eno

v o lo n t a r ia m e n t e

la c i t t a d i n a n z a

per i

a lla c it t à , ta n to -

una

c h e g l i fu d o n a t a -

c a s a (2 0 m a g g i o

« m a x i m a e t in fin ita

p iù

1467) e con cessa

b e n e f ic ia »

c h e i P r io r i

d e l p o p o lo (il 3 0 g iu g n o s u c c e s s iv o ) r ic o n o b b e r o lu i « in V i t e r b i e n s e m r e m p u b lic a m

c o n t u lis s e

c r o n is t a , si r e s e v io le n z e

a

et

o d io so p e r

c o n fe r r e in d ie s » . 1 2 M a p o i, s e c o n d o le

« m o lt e

cose

in g iu s t e , t ir a n n a r ie

m o lt e p e r s o n e » , c h e a v r e b b e c o m m e s s o

o ffic ia li » , 1 4 6 8 -9

e

s e g r e t a m e n t e in c e tta to

e r iv e n d u t o lo c o n g u a d a g n o sta to p r iv a t o

e

o m i n i u s u r p a t o r i d e l lo r o C o m u n e e g u a s t a to r i d e lli

s e g n a ta m e n te p e r l ’a v a r iz ia , o n d e

avrebbe

e

« p e r c o n s ig lio

d i q u a tt r o c it t a d in i, n o n g e n t i lu o m i n i m a p o p o la r i, d u i G a tt e s c h i d u i M a g a n z e s i .. .

il

en orm e.

il g r a n o

n e lla

c a r e s t ia d e l

d e lle

t e r r e in to r n o

In c o n se g u e n z a

d e l g o v e r n o , 3 e p a r tì il 17

a p r ile

e g li

sareb b e

d i q u e lP a n n o

1469

1 Cronache e Statuti della città di Viterbo, pubi, da I. Ciampi, p. 94. C. P inzi, Storia della città di Viterbo, IV (1913), 230 sg., scrive male 23 e 27 aprile. 2 Cf. P inzi, IV, 228 e 230 n. 1. 3 Gli fu dato per successore dapprima Andrea de Pilis da Fano con bolla del 23 marzo (Regest. Vatic. 542, f. 252 u sgg.) e pochi giorni dopo, il 31, avendogli il papa riservata altra destinazione, fu eletto Stefano vescovo di Lucca (ib., f. 256 sgg.) che entrò in Viterbo il 18 aprile e si fece ben volere dalla popolazione.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

56 fr a

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z io n e . 1 B e n c h é il D e l l a T u c c i a m i s e m b r i p a r z i a le 2 13 e n o n m i c o m m o v a m o lt o l ’ a c c u s a d e l r in c a r o

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del

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a la n c ia r s i n e lle

g r a n o , 2 e si p o s s a

c a r e s t ie c o n t r o i r e t t o r i -

r i l e v a r e in f a v o r e

del

P e r o tti

1 D ella T uccia, 1. c. Cf. L. F rati , « Giorn. stor. ». LIV, 397 e P inzi. IV, 230 sg. Piu moderato Iuzzo (in nota al D ella T uccia, p. 95), die pone l'avarizia in questo: «che domandò un ducato per cittadino sotto ombra di farsi cittadino e comprare una casa per se e Comune, e cosi essa pagò », e per tutto il resto dice: «li fu dato alcuna infamia», ma lo loda che «intese bene questo governo, e conobbe meglio gli omini de Viterbo, che molti altri che io ho veduti»». Non ha che fare con le ultime vicende di Viterbo, perchè deve essere anteriore al 1463, il seguente epigramma di Callimaco Esperiente (Filippo Bonaecorsi, fuggito da Roma nel febbraio 1468), in cui è punto il Perotti più del poeta m e n z o g n e r o che l’ aveva lodato: Ad Chiriacum (Kiriacum

Yat.).

Nil pro versibus accipit poeta qui nostri titulos canit Perotti [perocti mendaces quoniam Perottus odit.

Yat. e così sotto],

Vatie, lat. 1610, f. 84 r ; Urbin. lat. 368, f. 81 r (cf. St. W indakihwhjz, Les épigrammes romaines de Callìmaque in « Bulletin international de l’Académie Polonaise des Sciences et des Lettres », 1918, p. 76). Ciriaco avevo sospettato che fosse « Dome­ nico », più comunemente Domizio Calderini, ma poi ho visto che Callimaco si rivolge apertamente in un epigramma « ad Domitium »> (Vatic., f. 70 r, Urbin., f. 6 8 ), e nella dedica dei libro III al Maffei ricorda ancora Ciriaco : « inter eruditos | Marsos, Septumeleios et Planellas \al. phaliscos], [ Bassos, Kyriacosque Platinasque ». Un « Chyriacus, Chyriacus Florentinus » nella « . . . Raccolta di componimenti... in me­ moria di A. Cinuzzi » illustrata da F. Patetta nel « Bullettino Senese di storia patria », VI, 158. 2 Lo si sente anche al modo di scrivere. E poi, mentre conosce e ammette i quattro cattivi cousiglieri, p o p o la r i, non ne vuole «far nome, per cagione voglio bene a ciascheduno come fossero miei padri». Prima si limita a riferire: «Si di­ ceva che era pessimo sodomita »; e poche linee dopo scrive assolutamente: «uno suo rig’azzo, il quale se lo aveva tenuto per femina»». «Barbogio cronista» lo chiama il Pinzi, IV, p. 240. 3 Per es., ne fu accusato, ingiustamente, anche Sisto IV : v. P asto r , II, 616 sgg. Di fatto il permesso dell’ estrazione del grano dai luogi del Patrimonio fu concesso da Paolo II al Comune di Viterbo il 16 settembre 1468; v. «Archivio della Società Romana di storia patria», X X , 29. Debbo però mettere in rilievo che già nel 1466 Niccolò teneva un fondaco amministrato da un Sassoferratese, come appare dal « computum fundici »> conservato nell’Armario X X X IV , 7, f. 114 sg. più volte citato. Comincia: « In Dei nomine Amen. Anno domini MCCCCLXVI [co?-r. da MCCCCLVII] die 10 mensis iunii fo facta et calculata ragione in Viterbo de tucte denare et robbe pervenute a le mano de me Piero de Urbano da Sax.*» fine al presente dì

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472) com e

la l u n g a , n o n o r d in a r i a

57

d u r a t a d e l su o g o v e r n o , c o s ì il fa tto

c h e P a o lo I I , s o v r a n o a s s a i p r e m u r o s o d e l l a b u o n a a m m i n is t r a z i o n e d e llo S ta to (c fr . P a s to r , I I , 3 0 1 scorso un

e 4 2 3 ) , g li a f fi d a v a , n o n a n c o r a t r a ­

b ie n n i o , la c u r a d i S p o l e t o ;

e p o i s u ll’ o p e r a a m m i n i s t r a t i v a o c c o r r e r e b b e a q u e s to

un e sa m e a ccu ra to

q u a le a m e n o n è p o s s ib ile . A c c e n n e r ò c h e e g li e b b e in

r in u n z i o a d i s c o r r e r e e q u i

di N ic c o lò p e r l ’ o v v i a

r a g io n e

p iu tto s to a d a lc u n i

c o n ta tti

V i t e r b o c o n d i v e r s i p e r s o n a g g i g i à n o m in a t i o d a

n o m in a r e n e l s e g u it o . V i e b b e e g li a c c a n t o d a l 1 4 6 4 a tu tto i l c o m e c a s t e lla n o l ’ u m a n is t a N i c c o lò d i C a t t a r o , v e s c o v o e d o v e t t e e s s e r e n o to r io il

p e r u g in o

F ran cesco

M a t u r a n z io ,

al

p e r c h è g l i o tte n e s s e ,

c o m e g li

red u ce

M o d r u s s ie n s e ,

a llo r a

p a d ro n e e p e rp e tu o [a l 1 4 6 6 ]

R o d i in

b e n e fa tto re

p resso

1474

p a t r i a , si

g o v e rn a to re

o tt e n n e , i m p i e g o

n u o v o g o v e r n a to r e d i P e r u g i a .1 A V ite r b o

a n n i s u c c e s s iv i

da

1467

di M od ru ssa,

c h e lo t e n e v a c a r o , s e n e l s e t t e m b r e

r iv o ls e i s t a n t e m e n t e

su o a n tic o

che

d e i d o c u m e n t i c i t t a d i n i,

di F a n o,

il

P e r o tti,

e b b e v i c i n o p iù

v o lte il

B e ssa r io n e , c h e

« n e g li

d i m o r ò a lu n g o in V i t e r b o , d o v e a n c h e p e r

l ’ i n n a n z i a v e v a p r e s o d e i b a g n i » a s o lli e v o d e l su o m a l e d i p i e t r a , *2 e g li fe c e d a

t e s t im o n io il

14 m a g g io

1 4 6 8 n e l l ’a tto

d e ’ su o i c o d i c i a f a v o r e d e l l a c h ie s a d i S . M a r c o p u r e g li t o c c ò

n e l g e n n a io

1469

d i a c c o g li e r e

di

d o n a z io n e

in V e n e z i a . 3 C o là

s o le n n e m e n t e F e d e ­

de R. M.re Arcevescho Sipontino etc. et de tucta la aministratione del fondeco lie remanemmo in calcholo avere in mano io Piero [he cancellato ] in. lo dicto fondeco le infrascripte quantità», fra cui «Item ho in mano del guadagno del fondeco ducati quaranta venitiani Bne al supra dicto dì». Ma non sono riuscito a vedere se il fondaco fosse a Sassoferrato o a Viterbo, essendovi pagamenti ricevuti tanto dalle Marche e dall’ Umbria come dal Viterbese (ad es.: «Item ho receuto li quali forono pagati per lana al I u d e r o de Toscanella per me ducati cinquanta veni­ tia n i...». Nel primo caso non si potrebbe dir niente contro Niccolò, ina verrebbe in mente che il padre e il fratello non potessero più occuparsi essi di quell’ammimstrazione, nella quale Niccolò metteva i denari dei propri benefici e di altre pro­ venienze. E io propendo a ritenere che questo sia il caso, perchè quel « Piero de Urbano da Sax .t0 » a me sembra il Pietro de Tarponi, messo e sollecitatore speciale di Niccolò ed Elisa Perotti nel 1467, che nel 1471 rese i conti a Niccolò in Spoleto. V. sopra, p. 14. * « Bibliofilia » X X V I (1924), 259 sg. 2 P astor , II, 375; Mohler, I, 285, 322, 416. Cf. D ella T uccia, p. 91: «Anco nel detto anno (1466) fu fatta una bella copertura al bagno del re Pipino e sopra l’ entrata di detto bagno fu posta l’ arme del cardinale greco chiamato il cardinale Niceno », che avrà fatto le spese della copertura. 3 « Archiv. stor. Ital. », Ser. I ll, tom. IX, π, p. 201; « Revue des bibliothèques », IV, 142 e 148; Mouler , I, 414.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

58

r ic o

I I I im p e r a t o r e , 1 c h e

nel

1 4 5 2 a B o lo g n a g li

a v e v a c o n fe r it o

la l a u r e a p o e t ic a e n e l 1 4 6 0 - 1 a V i e n n a p a r e c c h i f a v o r i c o n s id e r e v o li (v . s o p r a , a p . 511. P r o b a b i lis s i m a m e n t e v i a v r à p u r a c c o lto n o n p o c h i c u r i a li p o t e n t i in c e r c a d i b u o n i b a g n i e di q u ie t e e in fu g a d a lla p e s t e , e n o n è fo r s e v a n o s o s p e t t a r e c h e p e r fa v o r i r li a n c h 'e s s i e g li, assai

fr e q u e n t a t o

d a g li

a m ic i, 1 2 a b b i a c o s tr u tto

« sop ra

il

bagno

d e lle d o n n e , d e lla v a l l e d e l C a io , c e r ti b a g n i b e lli c o n c a m e r e b e lle e c a s a m e n t i d ’ u n a c a s a t a c h i a m a t a la c a s a d e ’ P e r o tti, » sero

v o lg a r m e n te

« el bagno del

c h e e g li v i a b b i a c o n o s c iu t o V ir e r b i e n s i

e le g a t o a s è q u e l

c o n c iv i su o, » 4 a

d e lle p r o p r ie

le t t e r e

e

q u e lla

cui

c h e si d i s ­

S i p o n t i n o » . 3 In fin e è v e r i s i m i le

il

P ero tti

d e lle

p o e s ie

« T it o M a n n o V e l t r i o a tt r ib u is c e

o

E p ito m e

l a r a c c o lt a (v .

a v a n t i,

c . V , § 4 ).

2.

A V it e r b o il P e r o t t i, a ffe z io n a to a n c h e tr o p p o a ’ s u o i, n e a ttir ò

p a r e c c h i p r e sso di s è , c o m e u n

« P e r o tto d e P e r o tti »

c h e g l i fe c e d a

« C a m e r a r i o » ; 56 * l o h a n n e P e r o tto » , p e r il q u a le I ’ l l s e t t e m b r e 1 4 6 5 a v e v a o tte n u to la n o m in a d i c a n c e l l i e r e d i V i t e r b o p e r u n a n n o e c h e f e c e d a « C a m o r e r o » a n c h ’e sso ; 0 P ir r o , fig liu o lo d e l p r o p r io fr a t e llo S e v e r o , e p r o b a b ilm e n t e - c o m e v e d r e m o

-

a lt r i a n c o r a . N o n è i m ­

p r o b a b ile c h e q u e s to n e p o tis m o a b b i a c o n c o r s o a d a c c r e s c e r e il m a l u ­ m o r e d e i V i t e r b e s i c o n tr o lu i e a d iffo n d e r e , in q u e i te m p i d i g r a n d e

1 P astor , II, 406; P inzi. IV, 226. 2 « Confluentium ad nos amicorum » nella villa Curifug'ia fa egli menzione nella Cornucopia (ed. Aldina del 1513, col. 732), e a quei tempi di grande ospi­ talità sarà stato cosi dovunque egli ebbe comodità di casa. 3 D ella T uccia, 91 ; P inzi, IV, 229, n. 1. Elogiò quelle acque il Perotti nella Cornucopia (ed. Aid. 1513, col. 64: « Sed, ut de caeteris taceamus, P e r o t t a e , quas ipsi paucis ante annis non mediocri opere'ac sumptu in agro Viterbiensi de­ duximus, letargicos et hydropicos et colicos sanant» ecc.): perciò scrisse ironica­ mente Ermolao Barbaro nella lettera da Venezia, 25 dicembre 1489, all’Antiquario, in cui corregge vari errori di Niccolò nella Cornucopia da poco pubblicata: « Haec sunt aliquot Sentinatis nostri vitiligines et lichenes, quas ne Perottae quidem aquae in agro Viterbiensi conditae ab eo quasi Ciceroniano altero possint eluere ». Vatic, lat. 3424, f. 6 v. 4 Mai, Classici auctores, III, 280. Basterebbe anche solo quel « concivi » a confutare l’ Hervieux e il Moroneini. Niccolò fu fatto cittadino di Viterbo il 30 giu­ gno 1467 e non parecchi anni prima. 5 Archiv. segr., Arm. X X X IV , 7, f. 100, giugno 1466 (v. sopra, p. 9) e f. 114 sg., ottobre 1466, dove è nominato più volte. Dico «suoi» in un senso più largo; v. sopra, p. 15. 6 V. sopra, p. 12, n. 1.

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472) c o r r u z io n e ,

d i p a s s io n i a c c e s is s i m e e d i s fr e n a t a m a ld i c e n z a , il

s p e tto d i o r r i b i le s c o s t u m a t e z z a , p r e c i s a m e n t e c o n c h ia m a to

59

m e s s e r G io v a n n i

P e r o t t o » , c h e a v e v a fa tto

d a t o g li m o g li e q u e l l a c h ’ e r a

i co m m e n ti

di

p r o c u r a r g li

nel

fo sse g i o v i n e t t o d i b u o n i n g e g n o

c a r is s i m o , ta n to d a

M a r z i a le 1475

e

e d e lle 1476

S e lv e di

c o m p o r r e p e r lu i e z ia n d io S ta z io e T

l ’ i n s e g n a m e n t o , in

r a n z io e d a la s c i a r lo i n fin e e r e d e , 1 2 N i c c o lò d u r a n t e le b r i g h e

del

govern o3 -

c o m p ila v a

-

E p ito m e e da

casa,

del

M a tu -

s t u d io s is s im o a n c h e in

V it e r b o . i R u d i­

m e n t a g r a m m a t i c e s e il c o m p le m e n t a r e t r a t t a t e l i e p is t o li s ; i n s o m m a u n a

« c a v a lie r o e

s ta ta di s u o f r a t e l l o » .

P e r il n o m in a t o P ir r o , c h e p a r e e g li r im a s e s e m p r e

so ­

« u n o su o r ig a z z o ...

g r a m m a t i c a la t i n a , c o m e

De

co m p on en d is

i n t e n d e v a s i a llo r a ,

d i c u i le n u m e r o s e e d iz io n i - o lt r e 6 0 n e l s o lo x v s e c o l o 4 - d im o s tr a n o la b u o n a

fo r t u n a

e l ’ in flu sso . L a

te rm in ò

e g li

a ll a

fin e

del

1468,

c o m e p r o v a i l m o d e llo d i le t t e r a a P ir r o c h e c h i u d e l ’ o p e r a e r e c a la d a t a : « V i t e r b i i I I I I K a le n d a s N o v e m b r . a n n o s a lu t is M C C C C L X V I I I » , n è d e v e s i b a d a r e a lle e d iz io n i c h e in u n e s e m p io p o n g o n o il n o m e d i S isto I V

(so tto il q u a le c o m i n c i a r o n o a d u s c i r e ), p e r c h é n e l l ’a u t o ­

g r a fo c o d i c e p. 42, n. N ei

V a t i c , la t.

6 7 3 7 i v i sta i l

n o m e d i P a o lo I I ( v . s o p r a ,

1). R u d im e n ta

N ic c o lò ,

da

e s e m p i s e m p li c i s s im i in v o l g a r e

sa v io

pedagogo,

o lt r e

a

d are

a s s ie m e c o l la t in o c o r r is p o n d e n t e ,

n e p i g l i a s o v e n t e d a p e r s o n e o d a m e m o r i e d i f a m i g li a e d e l t e m p o ,

1 D ella T uccia, 95. V. sopra, p. 12. Ambiguo quel « suo rigazzo », che però non deve significarvi figlio ; altrimenti il cronista avrebbe di certo rilevata ancor più la mostruosità e nefandezza della vita. Erami ambiguo anche se la moglie fosse stata prima di un fratello di Niccolò, e questo è poi risultato vero (v. p. 13 s.), oppure di un fratello di Giovanni stesso. 2 Cf. P inzi, IV, 230, n. 1 e l’anonimo biografo del Perotti ed. dal Morici, p. 16, che citano ciascuno un atto diverso in cui Pirro compare erede di Niccolò. 3 Angelo Sani di Cure, dettosi Angelo Cneo Sabino, nella dedica dei Para­ doxa in Iuvenalem pubblicati per lo meno cinque anni più tardi, nel 1474 (Hain, n. 14063): «E . D. Vestrae nostrum constitui opus devovere, quae libros torpescere et situ vel sorde aliqua squalere non permittit: assidue enim, licet maioribus ne­ gotiis et r e g im in e P a t r im o n ii impeditus, lectitas», ecc. A ragioné quindi G. L evi , Cenni intorno alla vita ed agli scritti di Domizio Calderini (Padova 1900), 44, n. 2 si rifiutò di riconoscere Domizio nel Cornuto confutato dal Sàbino, che invece prese di mira la tarda raccolta di scoli a Giovenale posta sotto il nome di Cornuto (v. S chanz, Geschichte der rOmischen Litteratur3, § 420 a.). 4 Cf. H ain, 12635-12696 e i brevi cenni di C. T rabalza , Storia della Gram­ matica Italiana (1908), 53, 63, 130.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

60

c h e n o n p o t e v a n o n o n e s s e r e in te s i d a l g i o v i n e t t o e fa r e im p r e s s i o n e s u l l ’a n i m o d i lu i.

C osi è c h e

d o m e s t i c h e le q u a li , s e b b e n e nere

e s a tte , e r e a lm e n t e

v i si t r o v a n o s e p o lte d i v e r s e r if e r it e

per buona

per

n o tiz ie

e s e m p io , si p o s s o n o r i t e ­

p a rte

a p p a r is c o n o

v e r e . C osi

P ir r o v i si d i c e « g io v e n e t t o o v e r o p i ù to sto f a n c i u l l i n o . . .

e t a d o le ­

s c e n t i tib i n e d i c a m p u e r o » , 1 c h e r iu s c ir à n o n i n d e g n o d e l p a d r e e d e ll’a v o

« h o m in i

e x c e lle n ti e d a b e n e » . 2 1 Ed

i n v e r o , a n c o r a se tte

o o tto a n n i d o p o ( 1 4 7 5 - 1 4 7 6 ) , a llo r c h é il M a t u r a n z io l ’ i s t r u i v a ,

e g li

e l ’ a lt r o n ip o t e G a s p a r e e r a n o a n c o r a c o s ì g i o v a n i d a fa r si c o r r e g ­ g e r e l e le t t e r e d a lu i. 3 N o n u n a v o l t a s o la è r ic o r d a t o M a r io , fo r s e u n a lt r o n ip o t in o . g lie

« Q ui h oram ai

l ’ a ie r e è s a n o .

G ià tr e

m esi

non

è m o r t o n iu n o d e p e s te . Q u a s i tu tt i li c it a d in i s o n o t o r n a ti a la

c i t à . S o lo

M a r io , e l q u a le io a m o d o p o

le r a , m a p u r e n u i lo h o g g i è tr i d ì e l

te , è a b s e n t e a n c o r a a F a ­

a s p e t t a m o o d o m a n e o l ’ a lt r o . C o sì m e

su o m a e s t r o . » 4 « R e d d i d i t

lit t e r a s t u a s . . . 3* H e li u s P e r o t t u s

m ih i

H e li u s

a v isé

P e r o ttu s

l i b e r t u s n o s t e r ( d u n q u e n o n i l fr a ­

t e llo a m a t is s i m o ) n u n t iu s a M a r io v e n i e n s » . 0 « H e l i a P e r o t t a è b e lla m a n o n h a a fa r n ie n t e c o n P e n e lo p e P e r o t t a » . 7 « E t n o n p o tu i n o n c o m m o v e r i ob in fe lic e m n u n tiu m a cui

si e r a

d e o b it u C a m i l l a e s o r o r is t u a e » 8,

im p o s to i l n o m e d i u n a

z ia e d e lla

nonna.

« N ic o la o

1 Ed. Fiorentina del 1486 (H ain , 12675), f. u 2v sg. Seguo la scrittura del­ l’ autografo Vatic, lat. 6737, f. 123 u, perchè nelle forme dialettali più fedele, e perciò non senza importanza. Sopra di esso v. avanti, c. VII C. - Ib., f. (u 6 ) : « Che tu attendi ogni dì più ali studii de le bone lettere, io me ne piglio gran piacere, et alégromene con tèco, et regratio Dio che da p i c ­ c o l i n o te ha concesso cosi fatto animo, et spero che tu farai per modo che non parrai indegno de tuo padre e de tuo avo, li quali fu r o n o homini excellenti et da beni. . . Teque spero non commissurum ut patre atque avo tuo optimis et cla­ rissimis viris indignus esse videare ». Quel « furono » dimostra che non solo Severo (ciò che sapevamo dall’ istrumento camerale del 1467) ma anche Francesco Perotti era già morto prima del novembre 1468. 3 V. la'lettera ed. dal V ermigligli, Memorie di J. Antiquari , 308 sg. 4 Vatic, lat. 6737, f. 133 ; ed. Fior., f. x 6 . 5 Ed. cit., f. q i r , in diverse proposizioni dello stesso significato. e Ib., f. y 2«. 7 Ib., f. y 3. Ritorna sempre il nome, caro in famiglia, di Elio (v. p. 29, n. 4), che continuerà ad imporsi anche nei secoli xvii e xvm . Pirro, P e n e lo p e e Se­ vera con fo zio Niccolò sono raccomandate da un cugino ad uno, vescovo e governatore insieme, nel discorso che ricorderemo a p. 73, n. 5. 8 Ib., f. y 2v. Quanto al nome della zia e dell’ ava cf. p. 8 e 14. La Ca­ milla, di cui sopra nei Rudimenta, penso che sia una sorella anziché una sorel­ lastra, ossia una figlia di Severo anziché di Giovanni.

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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Perotto Thusciae propapae.1 Iohanni Perotto Florentiae praetori ». 1 2 « Conterraneus noster et fere ex matre gentilis Bartholus » , 3 il sommo giurista. Avanti di passare oltre siano ricordati, almeno con una pa­ rola o due, altri scritti di Niccolò o di altri a lui, che appar­ tengono o sono creduti appartenere al tempo del governo del Pa­ trimonio. Secondo i biografi del Merula (seguiti dal Simar, « Musée Belge », N. 16, p. 194), che posero inesattamente il governo del Perotti in Viterbo dal 1467 al 1471, « forse nello stesso anno 1468 e, con più probabilità che l’anno, in Viterbo furono da Niccolò divulgate le favole di Fedro » (p. 300 in nota). Ma, come cercherò di provare nel c. V § 4, questo a me non sembra vero, sebbene anch’io ritenga che forse durante quel governo, o nel primo anno in seguito allo ster­

1 Questo accenno e la lettera finale dei Rudimenta e Γ elogio delle acque Perotte (v. p. 58, n. 3) e Γ « apostropha ad urbem Viterbum » sopra la pace della città (v. sotto) sono sfuggiti al P in zi , o. c., IV, 231, n. 1. 2 La seguente lettera di Niccolò : « Domino Antonio de Medicis sacre... et professori ministro Thuscie... minorum priori honorando », di cui ho copia, grazie all’ amico prof. Luigi Schiaparelli, dalla gentilezza del sig. prof. Barbadoro, di­ mostra’ che Giovanni tenne realmente nel 1468 officio in Firenze e che Bessarione e Niccolò si adoperarono per ottenergli una conferma. Eccone il testo dall’ origi­ nale nell’ Archivio Fiorentino, Carteggio Mediceo av. il principato, IV, 399 (già filza XVII, n. 380 ; come appare da G. Z ip p e l , Le Vite di Paolo II, 219, 98) : « Re­ verende pater minister. Intellexi quantam humanitatem et liberalitatem paternitas vestra ostendit erga dominum Iohann em Perottum fr a tr e m m e u m ; que res mihi certe gratissima fuit, et longe acceptior quam si id collatum fuisset in personam meam propriam. Et ago paternitati vestre infinitas gratias. Animal autem illud omnino volo pro me : cum miram ex huiusmodi rebus voluptatem capiam. Ceterum quia cupimus habere refirmam officii pro alio semestri, et reverendissimus dominus Cardinalis noster scripsit Dominio et magnifico Petro pro ea re, rogo paternitatem vestram ut’ laboret nunc cum ipso magnifico Petro et aliis affinibus et amicis suis ita ut desyderium nostrum òonsequamur. Date operam ut in hac re intelligamus prudentiam diligentiam et benivolentiam vestram. Non dubito, si paternitas vestra rem istam ex corde aggredietur, nos desyderii compotes futuros. Postremo magister Zanettus est in urbe : et, ut audio, iturus est in Lombardiam ad faciendos... Bonum esset quod paternitas vestra staret vigilans et intelligeret progressus suos : et si quid necessarium factu intelligeret significaret mihi. Valeat paternitas vestra feliciter. Datum Montisflasconi die X X iulii L X V lII. N. Archiepiscopus Sypontinus manu propria». Qualche parola nell’ originale dev’ essere svanita. - Sopra Giovanni, v. p. 12, η. 1. 3 Ed. Fior., f. y 2 r. V. sopra, p. 10 sg.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

minio degli Anguillara che recò grande sollievo a Viterbo 1 o dopo avuta la cittadinanza, Niccolò possa avere composta in occasione di « trionfali ludi e di splendide feste » la poesia : « O nimium felix tellus praeclara Viterbi », che celebra la concordia ristabilita fra i cittadini.1 2 Amo anche ritenere che sia dei primi anni del rettorato, ossia di poco posteriore alla morte, la monodia sul fratello Severo anziché un esercizio letterario composto 5 o 6 anni dopo, a dolore attutito. Di essa nondimeno discorrerò all’anno 1472, perchè allora fu pub­ blicata, a quanto sembra. Infine sono dell’anno 1465 cinque lettere del card. Ammanati al Perotti,3 e d’anno incerto4 la « oratio de abicenda lege, qua auri et purpurae usus mulieribus interdicitur, ad Nicolaum Perottum pontificem Sypontinum provinciae praesidem » a nome delle donne viterbesi, da cui, dice il Vermiglioli,5 « sappiamo che sua madre si chiamò Camilla,... fu d’illustre prosapia e virtuosissima», e certe « imprese magnanime di valore di questa sua genitrice e di due sorelle di Niccolò Emilia e Lucia ». 3. Da Viterbo Niccolò « andossene a Roma » , 6 e verosimilmente, finché ottenne il governo di Spoleto (febbraio 1471), vi rimase la 1 Cf. P in zi , IV, 213 : « vedendo scemato il numero dei sobbillatori delle sue interne fazioni ». 2 I annelli , Codex Perott., 254 sg. : « n o s t r a in u rbe... pignora n o s t r a » . Se Niccolò usò queste espressioni in nome proprio, quale cittadino anch’ egli di Viterbo, la poesia non sarebbe anteriore al luglio 1467. 3 Sono le lettere XC IX, CIV, CIX, C X X X V ,' CLXVI neh’ edizione del 1614, e ai ff. 64, 54 (sic), 56, 81, 104 della Milanese, an. 1506. Invece la lettera 14 ot­ tobre 1471 da Perugia (epist. CCCCI), su cui i biografi del Merula si fondarono per asserire che il Perotti stava ancora a Viterbo, gli fu diretta a Spoleto, dove a quel tempo si trovava Niccolò, ed era davvero «in propinquo». Il cardinale tra partito per Perugia il 23 settembre 1471 e rinunciò alla legazione il 28 luglio 1472. Cf. E ubel , I I 1, p. 41, n. 280; p. 42, n. 292. 4 M ùrici, Giustina Levi-Perotti, 21, l’assegnò all’ a. 1467, ma senza dame la ragione. Sotto Paolo II a Roma e in altre città dello Stato papale furono presi dei provvedimenti contro il lusso delle donne, ma quando precisamente, non pare che risulti. V. Z ip p b l , o. c., 173, n. 2. 5V erm ig lig li , o. c., 305 n. Cf. M orici , ο. ς., 22. V. sopra, p. 4, n. 5, e p. 8 . Del di­ scorso non conosco altro. Per effetto di esso o per la naturale resistenza delle donne la legge non fu molto osservata in Viterbo, tanto che dopo la morte di Paolo II « si addive­ niva in codesta città a provvedimenti contro il lusso rovinoso delle donne ». Z ip p e l , 1. c. 6 D e l l a T uccia , p. 95. Costui a p. 94 fa dire invece da Niccolò, nell’ultimo discorso, ai Viterbesi: «M e ne vo a S ie n a , dove ho una bella casa, quale offe-

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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maggior parte del tempo presso il suo grande protettore Bessarione. 1 Tuttavia, se badiamo alla lettera « ex Faliscorum Colonia pridie idus novembris » (Civita Castellana? 12 novembre 1469), che nel codice Naniano LI reca l’iscrizione : « Nicolai Perotti, pontificis Si­ pontini, provinciae Thusciae gubernatoris ad Bessarionem...»,*1 2 per qualche mese ancora gli fu attribuito il titolo di governatore del Patrimonio, e talvolta egli tornò nelle vicinanze di Viterbo. Accaddero allora due fatti che diedero al Perotti occasione di scri­ vere: la rotta dei pontifìci a Burgazzano presso Cerasolo (30 ago­ sto 1469) e la pubblicazione dell’opera di Bessarione in calumnia­ torem Platonis. Quando Federico di Montefeltro disfece l’esercito pontificio spe­ dito contro Roberto Malatesta usurpatore di Rimini, Paolo II tenne fermo per parecchio tempo a proseguire la guerra, non ostante che tutti i cardinali desiderassero la pace, e solo nell’anno successivo si piegò di fronte all’impossibile.3 A rotta fresca (è ovvio crederlo) il Perotti scrisse al papa eccitandolo al proseguimento della guerra, a patto però che la conducesse un buon generale uni c o a cui obbe­ dissero tutti, e non ci fossero più in parecchi, male collegati fra loro : la sconfìtta, « satis magnam atque insperatam » (f. 27), essere avvenuta «tuorum ducum culpa», cioè di Napoleone Orsini e di Alessandro Sforza, i quali « ne duarum quidem diecularum usuram ferre potuerunt et differre proelium quoad sociorum praesidium adveniret, sed lacessitis hostibus summam rerum nostrarum in di­ scrimine posuerunt » (f. 30v). Nondimeno « quis dubitat Ariminum, nec situ nec natura loci Veiis 4 comparandum, longe facilius in tuam potestatem esse venturum ? » (f. 27 v). Questo il poco sugo del verbo­ risco a questa Comunità e suoi Cittadini ». Forse nelle copie è scorso errore nella parola «Siena». Nè di soggiorni nè di possessi nè di amicizie particolari di Nic­ colò in Siena si ha notizia, per quanto almeno ricordo; invece a Roma andò di fatto, e a Roma possedette una casa, la quale offri a Sisto IV nel gennaio 1477 in guarentigia di un prestito; v. « Giorn. stor. », L X , 108. 1 Se ne avrebbe la prova se Niccolò attese a correggere e commentare Stazio (e Marziale) non nel 1472 ma nel 1470, come pare affermato da Pomponio Leto nella Vita di Stazio composta in questo anno. Ma resta a vedere se il passo risalga veramente alla prima redazione, come si dirà al § 6 , p. 81 sgg. V. anche p. 95, n. 2. * Cf. J. M orbilli, Codices Mss. latini bibliothecae Nanianae, 50 sgg. ; V alen t in e l l i , IV, 7. L ’argomento però non è sicuro; cf. sopra, a p. 19, n. 1, e p. 34, n. 1 , due casi che possono essere simili. 3 Cf. P a sto r , II, 400, 406-409; Z ip p e l , Le Vite di Paolo II, 167-169. 4 Venis, cod.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

sissimo opuscolo che comincia: « Nicolaus Perotus pontifex Sipontinus Paulo 2°. Non possum non admirari magnitudinem animi tui Paule pontifex maxime » . 1 L’opera di Bessarione contro Giorgio Trebisonda il « calunnia­ tore di Platone » uscì circa l’agosto 1469,1 2 e il cardinale ne mandò copia anche al suo intimo Perotti. Questi da prima lo ringraziò da Civita Castellana con la ricordata lettera del 12 novembre.3 Di poi avendo saputo da Niccolò 4 inviato di Alessandro Sforza signore di Pesaro che Giorgio erasi vantato con l’ ambasciatore ve­ neto Francesco Giustinian di avere notato nell’ opera del cardinale molte cose contrarie alla Fede cristiana e la patente contraddizione di fare nell’ ultimo libro De natura et arte il nome dell’ avversario che aveva dichiarato di tacere, il Perotti nel giorno medesimo scrisse al Giustinian - credo che da Roma e in Roma, ordinaria sede di legati5 - per ispiegargli che Giorgio accusava Bessarione unicamente per dispetto, non soffrendo che egli aveva rilevato in Aristotele dot­ trine aliene dal Cristianesimo, e che la taccia d’ incostante era im­ 1 Cod. Vatic, lat. 8090, ff. 26-34. Precedono : l’esortazione di Bessarione « ad principes Italiae. [S]atis arbitror » {Patrol, gr., CLXI, 650-669) e Γ « Oratio de pace in Conventu Viennensi. [C]um Salvator noster ad coelos », che nel cod. Vatic, lat. 4037, ff. 8 1 -8 5 r, si dice «habita in Conventu Nurimbergensi, cum illic legatus esset soluto Mantuano Conventu ». Il M oh ler , I, 295 e 417, non conosce questo codice dei due discorsi bessarionei. I ff. 1-34 scrisse « Ioannes Ulixes Salernitanus » per il cardinale di Siena, cioè Francesco de’ Todeschini Piccolomini (cf. E ubbl, I I 2, 37, n. 224 e 231), col quale si scusa di non avere potuto adornarli per miseria. « Mi­ raris minio nullo fulgere libellum. - Hoc mihi paupertas saepe dolenda facit » ecc. 2 Infatti la spedi al Ficino con lettera del 13 settembre, e l’Argiropulo ne ac­ cusò ricevuta, ma con qualche ritardo, il 26 ottobre da Firenze. Cf. M oh ler , I, 335, 364, 385 sg.; L ampros , Αργοροπουλεια, p. οβ' e 190 (ed. sfuggita al Mohler). Il Bussi nell’ed. di Apuleio terminata alla fine del febbraio 1469 loda moltissimo l’opera. Ma non dice che fosse uscita alla luce; l’avrà conosciuta o dal manoscritto o dagli stamponi. 3 M a lv a sia , o . c . , 210-217. Cf. M oh ler , I, 384, che non ricorda il Vatie, lat. 2934. Egli ripubblicherà la lettera nel voi. III. 4 Non so dire quale sia dei vari Niccolò, che stavano al servizio di quel principe. 5 M o r e lli θ V alen tin elli , 11. cc., accennano al fatto che Francesco fu tra gli oratori mandati dalla Serenissima ad accompagnare Federico III in viaggio per Roma, e pensano che egli abbia forse parlato col Perotti in Perugia. Ma il Perotti nell’inverno 1468-1469 era a Viterbo e non a Perugia, ed a quel tempo l’opera di Bessarione non era peranco pubblicata. Quindi la lettera - non si parla di conver­ sazione - al Giustinian non ha da fare con quel tempo ma è posteriore, per lo meno d’un anno all’incirca.

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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meritata, essendo il De natura et arte un’ opera a parte, composta da m o l t i anni contro il Trebisonda, ed aggiunta dal cardinale alla difesa di Platone solo per Γ insistenza dei familiari.1 In fine, quando Giorgio ebbe scritto le sue censure, Niccolò cedendo all’ antica di­ sistima di lui 1 2 ed al suo umore battagliero, con la violentissima Refutatio deliramentorum Georgii Trapezuntii Cretensis rispose a quelle censure e lo attaccò a sua volta per le due lettere a Mao­ metto II, nelle quali fra altre enormità egli aveva asserito « Turcum omnibus quicumque fuerunt imperatoribus natura praestantiorem esse » . 3 II Perotti vi è feroce contro l’ uomo ; gli rinfaccia di essere stato prigione tre volte in quindici anni: «primo i r a c u n d i a , se­ cundo l i b i d o , tertio p e r d u e l l i o n i s crimen eum in vincula com­ pulerunt » ; 4 non gli risparmia alcun vitupero e lo vuole addirittura

1 Cf. M o r e lli e V alen tin e lli , 11. cc., dai quali soli conosco la lettera. Il M oh ler , I, 388, non la ricorda. E da notare che il Perotti vi dice il D e natura et arte composto « ante multos annos », se il Morelli ne riferisce esattamente il pensiero. Il M oh ler , I, 364 e 393, pone qnel trattato negli anni 1464-1465, ossia un quattro o cinque anni avanti. 2 Cf. M oh ler , I, 265. 3 M o r e lli , 1. c.; P a sto r , Π, 633, n. 5. Bessarione si fece ricopiare le due lettere nell’esemplare suo del libro dell’AREVALO, D e sceleribus et infelicitate p er­ fidi Turchi ac de spurcitia et feditale gentis et secte sue, ora codice Vatic, lat. 971, in fogli aggiunti al principio ed alla fine. La prima lettera ha la data: «E x Gal­ lata oppido Constantinopoli propinquo die xxv februarii anno Christi 1465 » (stile veneto? allora 1466: secondo G. Ca ste lla n i , in «Nuovo Archiv. Ven. », XI, 137, il Tre­ bisonda sarebbe giunto a Costantinopoli nel novembre 1465). Alla fine della seconda ricorda come ancor vivo lo Scolano: « Haec latine scripsi, quoniam g r a e c a lin g u a n on ita f a c i lis m ih i e st. Quod feci libentius, quoniam habet excel­ lentia tua virum cum in omni scientia doctissimum, tum graece lingue adeo pe­ ritum, ut nesciam si iam mille annis peritiorem unquam habuerit Graecia; reve­ rendum patrem et dominum Georgium prius nominatum scio, nunc credo [gra­ tissimum; sopra è corr .] Gerasimum dici, Scholariumque agnominari. Is latinam etiam linguam optime tenet: quare poterit traducere. Set si hoc casu aliquo fieri non poterit, scribam in futurum graece, ut potero», Il L egran d , Cent-dix lettres de F r. Filelfe, 154 n. 2 e 249 n. 2, ricorda con somma riserva le due let­ tere « que Georges de Tréb. passait, à tort ou à raison, pour avoir écrites à Mahomet I I » . 4 Alcuni estratti ne diede I’A lla c c i , De Georgiis, n. L fine, che il F abricius , Bibliotheca graeca ', X , 734-736, ristampò e l’Harless omise. Pubblicherà la R efu­ tatio il Mohler nel vol. III. Date e cause vere di quei tre incarceramenti del Tre­ bisonda lasciamo stabilire a qualcuno che voglia, come è necessario, rifare la olografìa di lui, servendosi degli scritti inediti e di altri documenti relativi all’uomo ch e sono nella Biblioteca e nell’Archivio Vaticano. Per ora cf. S abbadini , in

G.

M ercati

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Perotti.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

sterminato dal mondo. Tanto che Bessarione, pur ritenendo che il Trebisonda si meritasse tale infamia, credette bene di cancellare alcuni passi della Refutatio. 1 Questa invettiva è da porre fra l’ ottobre 1469 e l’ ottobre 1470, perchè vi si ricorda come vivo e vescovo di Palencia Rodrigo Sancio d’ Arevaio, che da Calahorra passò alla sede di Palencia poco prima dell’ 8 ottobre 1469 (cfr. Eubel, o. c., II,*1 2 210) e mori l’ anno seguente il 29 settembre o il 4 ottobre.2 La metterei anzi addirittura nell’ a. 1470, apparendone dall’ insieme, ossia dallo sviluppo della contro­ versia, anteriore non solo la gratulatoria del 13 novembre 1469 a Bessarione, ma anche la lettera al Giustinian. L’ invettiva intera si conserva nel codice Naniano LI, che contiene la lettera al Giustinian e le gratulatorie scritte da parecchi umanisti a Bessarione dopo la stampa dell’ op. In calumniatorem Platonis, e da esso la pubblicherà il Mohler nel suo volume III (cf. I, 388, n. 5). Una parte, e precisamente l’ ultima in confutazione delle lettere di Giorgio a Maometto, c’ è anche nei Vaticani latini 2934, ff. 219-243 (da cui il Vatic. Tat. 6526, ff. 80-98), e 3399, ff. 235-253. 4. Paolo II il 4 febbraio 14713 nominò il Perotti governatore di Spoleto, una città che « allora apparteneva più alla fazione degli Orsini che al pontefice » (Pastor, II, 477). Colà con breve 5 aprile 1471 «Giom . stor. », XVIII, 230 sgg. ; Epist. di Guarino Ver., Ili, 342 sg., 444; Ca st e l ­ 1. c.; R. Cessi , in « Archivio stor. por la Sicilia Orientale », IX (non ho visto il lavoro promesso ih., p. 223, n. 3); S e g a r izz i , in « Rendiconti del R. Istituto Veneto », L X X V I (1916), 690 s. con varie correzioni al Castellani; W a lser , 268 sgg., 501 sgg. 1 Cf. M ohler , I, 388. Il cardinale ricorda la Refutatio nella lettera del 13 dicembre 1470 al Fichet; cf. L egran d , ο. c., 225 e 249. T h . S imar , nel «Musée Belge», n. 16, p. 191, mise la disputa del Perotti col Trebisonda «biehtôt après» a quella con Poggio, che ebbe luogo quindici anni prima. 2 « quas [le lettere a Maometto 11] satis abunde... Rodericus Pontifex P a l e n t i n u s ... magno atque insigni volumine confutavit » . M o r e l l i , o. c., 52. Nelle iscrizioni invece dell’opera stessa e nella dedica a Paolo II : « Rodericus episc. Calagurritanus » (dall’ottobre 1467 al settembre 1469) ; quindi l’opera è del 1468 o 1469. Su lui cf. P a sto r , I, 361 sgg., 417 sg g .; II, 289, 317sg.; P. PAGLiuCHr, I Ca­ stellani del Castel S. Angelo, I, il (1909), 1-9. 3 Regest. Vatic. 543, ff. 93 «-96 : «1470 pridie nonas febr. pontif. nostri anno s e p tim o » (1471 dunque). La bolla originale si conservava ancora verso la fine del see. xvm in casa Perotti; v. la Biografia ined., p. 14, n. 3. Niccolò fece il giuramento ai 16 del mese: Regest. Vatic. 545, f. 23. Ebbe sotto di se Spoleto, Narni, il « Castro Richaldorum », le terre « Arnulphorum », di Sangemini, d’Otricoli, di Carbio e di Lugnano.

la n i ,

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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mandava a lui, come agli altri rettori e governatori dello Stato, la bolla « De non recipiendis muneribus » e gli vietava di accettare in cause di prima istanza qualsiasi regalo e di farsi portare gratis paglia e legna.1 Fra i documenti di quel tempo mi serve di ricor­ dare solo Fistrumento rogato dal Ruffo il 9 dicembre 1471 in Spoleto «in domibus conventus S. Nicolai Ordinis eremitarum in c a m e r a prefatiR.mi D.ni Archiepiscopi et G u b e r n a t o r i s , presentibus spe­ ctabilibus viris S e v e r o P e r o t t o de Saxoferrato et Ia. Angelo de Spoleto testibus», allorché il Tarponi rese conto a Niccolò del dare e dell’ avere suo rispetto a lui e agli eredi del fu Alessandro degli Alessandri di Sassoferrato,1 2 cioè del marito di Emilia sua sorella (v. p. 13 sg.). Quel Severo, diverso dal padre di Pirro, morto da cinque anni almeno, sarà stato un parente più o meno vicino. Sisto IV, che frattanto era successo a Paolo II, pur nutrendo benevolenza per il Perotti, pensò quasi subito, non risulta perchè, a cambiarne l’ ufficio di governatore in quello - credo - di tesoriere o di collettore pontifìcio (o di giudice?);3 ufficio che a Bessarione - cer­ tamente in conformità dell’ animo e del desiderio del Perotti - non sembrò degno del « veterano » arcivescovo, ma conveniente piuttosto al suo nipote principiante e che tentò quindi, per mezzo dell’Ammanati, ritornato in auge, di ottenere a questi. Tanto appare dal seguente passo della lettera 6 gennaio 1472 al cardinale Papiense, allora legato a Perugia, che io riferisco, perchè dimostra la grande stima ed affezione conservata sino all’ ultimo dall’ ottimo cardinale greco verso l’ antico familiare ed anche le buone relazioni, già note d’ altra

1 P astoh , II, 756, Append, n. 99. 2 Archivio Vatie., Armar. X X X IV , 7, f. 101. V. sopra, p. 14, n. 1. 3 « Questuram pontificalem ». Confesso di non comprenderne qui il senso pre­

ciso. Potrebbe mai anche significare l’ufficio di referendario ? che Sisto IV attribuisce a Niccolò nel breve d’indulgenze per l’esposizione delle sacre reliquie donate da Niccolò alia sua patria e nell’atto di nomina a governatore di Perugia (v. p. I l i , n. 1). Ma Niccolò già lo era dall’an. 1461 (v. sopra, p. 52, n. 3), e poi tale nomina di fiducia sarebbe stata forse da poco, tale che sarebbesi potuta chiedere per un nipote principiante? Sul dono di 26 preziosi e magnifici reliquiari che Niccolò fece al tempo in cui si edificava la chiesa di S. Sisto in Sassoferrato, probabilmente nel 1473, v. A m adu zzi , Anecd. litteraria, III, 6 sgg. ; R. C b c o h e t e l u - I p p o l it i nella «Nuova Rivista Misena», V (1892), 19-29. «Per lungo tempo (quivi si nota a pa­ gina 19) questi oggotti furono custoditi in una cassa a forma d’arca, oggi perduta, ricoperta di velluto verde ornato di trine d’oro con lo stemma del Perotti, che ha nello scudo due aquile e due leoni inquartati che salgono per una scala». Sul furto e ritrovamento di essi v. « N. Riv. Mis. », VII, 96 e V ili, 158.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

parte, dell’ Ammanati con lo stesso Perotti.1 «Sipontinum vero quod a te tali patre tantopere diligatur felicem puto. Questuram vero pontificalem non ei futuram honori nec dignitati, te latere non credo. Multa licebunt tironi nepoti, que non convenirent veterano avunculo. Scio animum eius, scio et meritum, non ignoro conditionem tempo­ rum : nonnulla sortire poterit nepos que avunculus non sortiret nec deberet, nec ego vellem pro dignitate eius. Deus providebit de eo. Habet p o n t i f i c i s b e n e v o l e n t i a m , a m o r e m t u u m et m e u m : p r o v i d e b i t u r ei : quem et me simul unice tibi commendo». 1 2 Se la « questura » sia stata concessa al nipote, ignoro ; lo zio, ad ogni modo, fu poco dopo sul punto di lasciare Spoleto, perchè Sisto IV nello scrivere a lui il 21 marzo 1472 diresse bensì il breve « Nicolao Archiepiscopo Sipontino Civitatis nostre Spoleti etc. Guber­ natori», ma con raggiunta «et eius in gubernio successori», che faceva presentire la nomina prossima di un nuovo governatore.3 Frattanto però egli era andato a Roma e vi era rimaso del tempo,4 sia per curare i propri interessi sia perchè forse il papa e Bessarione avessero di poi pensato a servirsi dell’ opera sua, come già nelle legazioni di Germania e di Venezia del 1460 e del 1463, in quella di Francia affidata allo stesso Bessarione il 22 dicembre 1471, perchè inducesse il re alla crociata contro i Turchi. Difatti, alla partenza del cardinale legato, che fu il 20 aprile 1472, il Perotti lo 1 V. sopra, p. 62, n. 3, e avanti, § 7, p. 84 sg. La stima, affezione e fiducia somma che Bessarione per oltre un quarto di secolo serbò verso il Perotti (v. pp. 31, 36 n. 3, 50 n. 3, 52 n. 6 , ecc.) sono, se non erro, una forte prova che Niccolò do­ vette essere non quell’individuo sinistro e odioso che taluno vide in lui, ma, in­ somma, un uomo d’onore, onesto e fedele, ed anche un ecclesiastico per quei tempi discreto, non ostante la molta stima di sè, la volgarità di vari epigrammi e delle invettive, la troppa affezione per i suoi e la poca economia, che lo trascinarono alla caccia degli onori e dei denari e talune insincerità per iscusarsi. 2 Armar. X X X IX , 10, f. Θ. 3 Armar. X X X I X , 14, f. 193. 4 Questo soggiorno risulta da quel passo della Cornucopia in cui parla delle comete (ed. Aid. 1513, col. 905) : « Semel adhuc iubae effigies mutata in hastam e s t... Terrificum magna ex parte hoc sydus est perniciemque magnis viris por­ tendens. Brevissimum quo cernitur spatium septem dierum annotatum est ; longis­ simum octoginta. Tot certe diebus [si direbbe 80 anziché 7] ipsi durare animadver­ timus cometem sanguineo colore atrum anno salutis MCCCCLXXI Xysti pontificis maximi anno primo, singulis noctibus supra Bessarionis nostri lares errantem maxima omnium admiratione, quo tempore designatus in Gallias legatus fuit » (22 dicembre, cf. E. Carusi , Il diario Romano di J. Qherardi, p. 18, n. 7, nel to. X X III, parte III, dei Rerum Italicarum Scriptores).

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accompagnò per un tratto notevole 1 e poi se ne ritornò, o perchè non avesse realmente avuto quell’ incarico2 o perchè richiamato da qualche novità.3 Comunque, dentro il maggio egli era tornato, e il Campano gli scrisse per rallegrarsi del ritorno, che dovette sem­ brargli avvenuto non per una triste cagione. Per quanto appare, a quel tempo non era stato peranco dato un successore a Niccolò nè gli era stato levato definitivamente il governo di Spoleto, perchè il cardinale camerlengo, scrivendo colà il 18 giugno sopra una composizione che il Perotti « superioribus diebus » aveva fatto per ordine del papa, lo denomina governatore senza l’ aggiunta di « ohm » o simile, 4 e perchè si trova segnato 1 «.Nam antea ubi ageres, ubi magnum Bessarionem dimisisses, quanto iti­ nere secutus abeuntem fuisses, neque eius neque aliorum litteris intellexeram »: così Λ. C ampano , allora governatore di Todi (e lo fu dall’aprile al settembre 1472) nell’ultima lettera del 1. VII (ed. Mediol. 1495). nella quale non si sarebbe espresso così se il Perotti avesse di sua propria volontà per non molti giorni accompagnato il cardinale. Quella lettera appare scritta dopo l’aprile 1472, ricordandovisi le viola­ zioni della tregua di 15 giorni conclusa dal C. coi Canale circa il 22 aprile (v. A mma n a t i , Epist. CCCCbXVII), subito dopo il suo ingresso a Todi, ed i brevi pontifici pervenuti in seguito di essa a lui ed agli usurpatori. Il Campano non passò in Todi c i n q u e mesi i n t e r i (v. Epist. V ili, 11). Siccome egli stava colà tuttora il 18 settembre nè aveva i mezzi di partirne, come ricorda il cardinale camerlengo neU’ordiue di pagamento dato in quel dì (Archivio Vatic., Arm. X X X V III, 87, f. 120), conviene dire che egli vi andò poco dopo la metà dell’aprile. Cf. e sup­ plisci G. L ksca , Giannantonio Campano, 8 6 sgg·. V. anche A. Cinquini in « Clas­ sici c Neolatini», I, 209. 2 Di fatto nella legazione servì da segretario Bartolommeo Barbarigo vescovo di Parenzo (cf. M ohlek , I, 424), e v’andò pure il segretario particolare Domenico de Calderinis, come argomentarono i biografi del Merula, p. 804 e G. L evi , Cenni intorno alla vita ed agli scritti di Domizio Calderìni (Padova 1900), 33, n. 2 cf. con 28, n. 2 (dove il minutante del documento è convertito in cardinale ca­ merlengo) e come poi positivamente risultò dalla lettera di Antonio Lepido a Nicodemo Tancredini da Roma, 23 agosto del 1472 (v. Z ip p e l , Le Vite di Paolo li, p. 154, 63 sgg., e qui avanti, p. 82, n. 2). 3 Anche Giovanni Gatti, andato col cardinale, se ne ritornò da Lione in se­ guito della sua nomina a veseovo di Cefalù. V. la sua lettera in « Classici e Neo­ latini », II, 114. * Archivio segreto, Arm. X X X V III, 36, f. 143 (126) v sg. Del resto nella cit. lettera del maggio il- Campano si ralleg’rava di potersi consigliare col Perotti grazie alla v i c i n a n z a e nominava Giacomo, l’uditore e vicario di lui. «Nescio quae titillatio propinquitatis statini me percurrit... Nunc et congratulari de reditu et co­ municare consilia potero... testem habere potes locupletissimum [dei tentativi di pace fatti a Todi] dominum Iacobum auditorem et vicarium tuum et Xanthem Caerasium viterbiensem ... », sui quale v. Cinquini in « Classici e Neolatini », III, 204.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

ancora il salario « R.di d. Archiepiscopi Sypontini A. (sic ?) guber­ natoris Spoleti » nel libro di entrata e di uscita del tesoriere Antonio della Rovere, che va dal 2 o t t o b r e 1472 al 9 ottobre 1473.1 Ma egli dovette durarvi poco oltre l’ ottobre, perchè nell’ inverno seguente si troverà egli a Roma tutto immerso in imprese letterarie, ed a Spoleto quel medesimo « Mons. di Lucca » , 1 3 che lo aveva sostituito 2 del .1469 nel governo del Patrimonio e che a sua volta fu sostituito quasi subito, nel febbraio 1473.:i 5. Nell’ anno 1472 non dopo il novembre Niccolò dedicava una sua raccolta di monodie - quattro in tutto - al veneziano Pietro Foscari, ancora protonotario apostolico in aspettativa del cappello car­ dinalizio, che Paolo II aveva voluto imporgli nel 1471, ma solo nel 1477 Sisto IV effettivamente gli diede. 4 Una soltanto è di sua com­ posizione, quella per la morte del proprio fratello Severo avvenuta non più tardi del 1466 (v. sopra, p. 10) ; le altre sono traduzioni dal greco, e precisamente la l·'1di. Aristide per il terremoto di Smirne (XX, ed. Dindorf I 424 sgg.), la 2a di Libanio in morte di Giuliano imperatore (or. XVII, ed. Foerster II 206 sg.) e la 3a di Bessarione in morte dell’ imperatore Manuele II Paleologo.5 A sentire il Perotti, era un genere letterario nuovo per i Latini, ed egli lo faceva loro conoscere nei due esempi più belli e più pa­ tetici dell’ antichità classica ed in uno moderno ma a quei medesimi di gran lunga superiore; non dice, ma col fatto stesso d’ esservisi anch’ egli cimentato e di aggiungere in coda la propria monodia

1 V. L. F umi, Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apostolica di Perugia, Umbria, ecc., (1901), 90. Nell’indice a p. 391 è registrato correttamente « Nicola ». 2 Ib. p. 91 : « Mons. di Lucca Governatore di Spoleto ». 3 Nel febbraio 1473 è nominato (v. F umi , p. 93) Antonio, vescovo di Luni, e nel settembre Andrea (de Pillis) da Fano, vescovo di Iieeanati. Parrebbe anzi, se non riferì male A. S ansi , Storia del Comune di Spoleto dal see. χ π al x v u , Parte II, p. 67 e 71, che in quello stesso anno vi furono governatori anche il ve­ scovo di Nocera e il vescovo di Sarsina! * P a sto » , II, 371, 431, 603. 5 Patrol. Gr., CLXI, 615-620, dallo Bzovio, a cui la fornì Torquato Perotti; cf. -Annal, eccl., XVIII (1627), 72. La versione sta nei codici Vaticani delle mo­ nodie: latin. 6835 (già dello stesso Torquato), f. .31 «-4 5 r ; 8086, f. 245-251; 8750, f. 91 « -9 7 r. La copia nel Vatic, lat. 6526, f. 34 -5 0 «, come l’edizione, deriva dal 6835. M ou le r , I, 52, n. 3, ricorda soltanto il cod. 8750; similmente il F oe r ste r , Libami opera, II, 204, conobbe solo il cod. 8086, e per questo non trovò la versione di Libanio, che manca in quel ms. Il Vatic. 6835 è a u t o g r a f o

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dimostra che credeva di esservi ben riuscito, a sfogo sia pure del suo dolore e ad onor del fratello, ma anche a propria gloria. Veramente ho sospettato che appunto per comporre e limare la propria monodia Niccolò leggesse e traducesse le altre, ma egli afferma - e può essere un’ invenzione per meglio lodare - di essere stato mosso dalla mo­ nodia di Bessarione, venutagli alle mani poco dianzi dentro un codice autografo che conteneva «diversa eius opuscula»,1 a confrontarla con le classiche e poi di averle tradotte tutte e tre in quattro giorni per dimostrare a chiunque la superiorità del discorso di Bessarione. Per raccontarci questo egli comincia da un elogio amplissimo e caldissimo di Bessarione, uno dei più ampi che abbia mai scritto di lui, nel quale, a proposito della sua scienza meravigliosa e degli scritti, ricorda « eos libros quos adversus rabulam nescio quem (!) Platonis calumniatorem n o v i s s i m e edidit» e la biblioteca di tutte la più bella, e fra le virtù quelle del buon governo che il papa e il sacro Collegio quotidianamente esperimentano e che «Flaminia [14501455], Germania [1460-Ί], G a l l i a et multae Orientis provintiae te­ stantur » : ammirarlo egli tanto più vivamente quanto più ne va go­ dendo la familiarità e leggendo le opere (« quo magis viri huius c o n s u e t u d i n e p e r f r u o r et opera eius lectito»). Evidentemente Bessarione viveva ancora, ma già se ne poteva ricordare la legazione in. Francia che si svolse dall’ aprile all’ otto­ bre 14721 2 e finì, nel ritorno, con la morte di lui a Ravenna il 18 no­ vembre di quell’ anno. Quindi proemio e raccolta sono dell’ anno 1472 avanzato, non però ancora finito : se poi le singole versioni siano, da

1 Quindi credo che fosse Γ autografo Marcian. gr. 533, Γ unico codice della monodia noto al M ohler , 1. c. ; la monodia vi si trova al 2° luogo, perchè è la composizione, seconda per tempo, di Bessarione. Il Perotti l’avrà veduta nella libreria del cardinale, quand’essa era ancora in Roma ; ma, se la vide davvero nel 1472,. convien dire che quel manoscritto, come parecchi altri (cf. V a l e n tin e lli , I, 21), fu mandato a Venezia dopo la prima grande spedizione. Nella ricordata lettera del 12 novembre 1469 il.Perotti dichiarava al cardinale: «L egi persaepe epistolas tuas et o r a t i o n e s et libros, sive quos tuo ingenio vel graeee vel latine scripsisti, seu quos ex una in alteram linguam convertisti » (M a l v a sia , 212). E allora come vide così tardi la monodia? Sui Marciano 533 v. S p y r . L ampros , Meo; Ελλη-ίο^νημων, III (1906), 12 sgg. : il Mohler lo ha conosciuto imperfettamente, ignorando egli, ad esempio, che si contiene in esso l’elogio del Beato Bessarione. 2 Cf. P a sto r , II, 440, 445 sg. ; M oh le r , I, 420-427. Il cardinale legato, benché nominato sino dal 22 dicembre 1471, lasciò Roma il 20 aprile 1472 e si trattenne ancora parecchio in Italia ; solo nell’agosto raggiunse il re di Francia e il 13 set­ tembre era già in via di ritorno, a Lione.

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Por la cronologia della vita di N. Perotti

capo a fondo, proprio d'allora, come Niccolò fa intendere, e non abbia, nei quattro giorni, ripigliato e ripulito vecchi tentativi, è vano cercare : quanto alla monodia per il fratello, se fu composta veramente a ferita fresca, quando il dolore per la morte non s’ era peranco attutito, conviene riportarla almeno a sei anni prima. Pubblico fra i Documenti il proemio perchè esso, quantunque il Foerster 1. c. ne avesse dato in luce un passo, è sfuggito al Mohler e ci fornisce o ci conferma qualche notizia preziosa davvero, ad esempio che il Perotti già a quel tempo aveva raccontato le gesta e la vi t a pressoché i n t e r a di Bessarione in un volume assai g r a n d e , purtroppo finora non ritrovato;1 che l’opera In calumnia­ torem Platonis futirata a m i l l e e s e m p l a r i 1 23 * e correva dapper­ tutto; e, particolarmente, che Bessarione compose la monodia non ancora ventenne: « n o n d u m v i g e s i m u m aetatis suae annum in ­ gr es sus ». 8 Quest’ ultima notizia, precisa, venendoci dal biografo e intimo di Bessarione, vissuto tanti anni con lui, non sembra da posporre alle altre di persone meno familiari, non ostante che ci costringa a

1 Si conosceva questo (ci'. M ohler , I, 264, n. 5 e 428) solamente dal breve e più vago accenno di N. nella Cornucopia, là dove parla della cometa da lui vista errare nell'inverno 1471-72 sul palazzo di Bessarione e della morte seguita a pochi mesi di distanza in Ravenna «morbo inopinato medici quem secum habebat opera » contratto (si è badato a questa grave affermazione ? M oh ler . I, 427 non ne fa cenno) « quemadmodum in illius vita latius a nobis perscriptum est » (v. sopra, p. 6 8 , n. 4). Onde appare che il Perotti continuò l’opera sino al fine. 2 «in exemplaria mille transcripti». Invece gli stampatori medesimi nella nota supplica del 20 marzo 1472 a Sisto IV : « Defensionis divi platonis volumina trecenta CCC » (v .-H ain , 10863). «Mille» quindi è una grande esagerazione. Circa il numero ordinario delle copie tirate da quei due stampatori cf. H a eb le r , Die

Deutschen lìuctidmcker des ΛΤ. Jahrh. im Auslande, 10. 3 La monodia essendo uno dei primi scritti giovanili, - non però il primo di Bessarione, come insinuò M oh ler , I, 52 sg. -, e tuttavia osservata così tardi (?) dal Perotti, appare quanto fragile sia l'argomento del M oh ler , I, 258 contro la sup­ posizione che Γ « oratio de laudibus Beati Bessarionis », - non già superstite unica­ mente nella versione del Perotti (ib., 54, n. 1 ), ma anche nell’ originale greco: è al primo luogo nel Marciano gr. 533 (v. L ampros 1. c.), - sia pure un'opera della giovinezza: « Wi e solite geradé er [il Perotti) auf eine Jugendschrift des Kardinal gekommen sein? > D’altra parte, se si toglie la traduzione del « de laudibus » ecc. e della monodia, rimangono solo la lettera a Buonconte e l'epigramma ad Antonio di Montefeltro (v. sopra, p. 21 e 47), che sono troppo poco per giustificare quelΓ « ipse quoque oper a tua, abs te graece scripta, fui aliquando interpretatus» (M a lva sia , 212) della lettera 12 novembre 1469, salvo che non si riferisca pure ad altri scritti di Bessarione tradotti da Niccolò e a noi sconosciuti.

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ritardare la nascita del cardinale al 2 gennaio 1406 e a fare di 66 anni e mesi la sua vita intera, e non già di 69, come affermò il Capranica seguito dal Vast e, con certo riserbo, dal Mohler. 1 Ma­ nuele II morì il 21 luglio 1425. 2 Quanto alle monodie medesime, mi soffermerò sopra l’ unica originale, in morte del fratello Severo, perchè fornisce qualche no­ tizia di famiglia. Era esso molto piu giovane di Niccolò,3 ma pro­ babilmente non più di una decina di anni, comparendo egli già nel dicembre 1453 portatore di vari opuscoli da Bologna al Tortelli in Roma (V. sopra, p. 22). Quindi alla morte, prima del 1467, non avrà raggiunto la trentina. Sopra le spalle di lui non la famiglia sola, ma la città, la patria tutta riposava; da poco ei l’ aveva a grande stento liberata dalle mani di un crudelissimo tiranno e resa fioren­ tissima; da arbitro decideva tutte le cause. 4 Per lui massimamente e per i « soavissimi suoi figliuoli » Niccolò ritornava al luogo natio.

1 0. c., I, 40, n. 2. «Vixit Nicaenus annis 69, mensibus 10, diebus 16 » : cosi, con una sorprendente precisione, il Capranica nell’elogio funebre. Ma ora, venuta fuori nel passo del Perotti quella data scritta non in numeri ma per disteso in numerali, sorge il dubbio che al copista del Capranica sia sfuggito errore nel nu­ mero degli anni e si debba , leggere 66 o L X V 1 in vece di 69 o L X IX . Tale numero di anni porterebbe ad una data della nascita (1406, 2 gennaio) concorde con quella importata dalla notizia del Perotti e sarebbe meno lontano da quello attribuitogli nel diario consistoriale del card. Ammanati: «sexagenarius iam » (ed. Carusi in appendice al Diario Rom. dei G herardi, p. 143, 40). 2 Cf. D e M u r a l t , Essai de chronographie byzantine, 816. In M o h l e r , I, 52 : «1215», per errore di stampa, senza dubbio. 3 « Quanquam me multo iunior esses » (Vatic, lat. 6835, f. 46r). Era somiglian­ tissimo a Niccolò nell’ aspetto (come Elio), e sarebbe stato un po’ letterato ancor egli : « simul legere jucundissimos libros, simul iocari, simii ludere, simul dispu-' tare... docere aliquid invicem aut discere...» (f. 48 v). 4 « Tali fide, virtute, gravitate ornatum fratrem amisi... omnium votorum meorum, laborum, solicitudinum socium, in cuius humeris non modo familia nostra omnis sed tota civitas et universa patria conquiescebat... omnes tu solus causas ut arbiter decidebas, omnes lites componebas...» (Ib., f. 46« sg.). «O frater, tune tanto labore e saevissimi tyranni manibus paulo ante patriam nostram eripuisti, ut mox, illa florente, te in ulnis meis spiritum exhalantem viderem ? Illud magis dolendum, quod quo tempore parta nostrae rei p. quies atque tranquillitas erat, is nobis sublatus est, cuius ingenio, vigilantia, industria, vitae etiam periculo parta erat» (f. 49 v). « . . . 0 deformatam tuo interitu urbem nostram, quam tu, frater, paulo ante fugatis inde tyrannis non sine vitae tuae discrimine, tlorentissimam reddideras» (f. 50« sg.). 5 Pirro ne era uno (v. p. 12), 1’ unico maschio come appare dalla dedica dello Stazio (v. il § 6 ). Forse erano sorelle di lui Penelope e S e v e r a , nominate

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

Ora una lunga malattia di ben quattro mesi glielo aveva fatto spirare tra le braccia. Che farà mai il padre infelicissimo ? « Quid tu nunc ages, infoelicissime pater ? » ecc. Era dunque pur vivo il vecchio padre Francesco, ma aveva già lasciate le cure della famiglia e forse non era più in grado di ripi­ gliarle ; nè sembra che sopravvivesse altro fratello ; 1 di modo che i piccoli orfani (Pirro il meno sconosciuto e più amato, come abbiamo visto, era ancora « fanciullino » nel 1468) dovettero ricadere sullo zio arcivescovo, già senz’altro così affezionato a’ suoi. Però è da osservare che la liberazione della patria dai tiranni e il fortificamento e pro­ speramento di essa, attribuiti qui principalmente, anzi unicamente, al fratello, invece sarebbero merito del padre, secondo la lettera di Niccolò medesimo ai Priori di Sassoferrato (v. sopra, p. 5), e io lo credo, perchè coi Priori - nemici - Niccolò non poteva rischiare di mescolar falsità a ricordi di fatti cittadini recenti molto gravi. *1 2 Onde appare che Niccolò nella monodia, per più esaltare e far rimpiangere il fratello, non dubitò di lasciare nell’ombra l’opera ancor più grande del padre, e quindi come siano da usare con riserbo le affermazioni, per quanto recise ma tutt’altro che piene ed esatte, del retore, curante di scrivere bene in latino e di ottenere certe impres­ sioni più del resto. 6. Del medesimo anno 1472, e non del 1470 e prima, come ha affermato il Simar,3 sono due altri considerevoli lavori del Perotti:

insieme con esso da un cugino, orfano di padre e di madre - una zia m a te r n a di Pirro - in un discorsetto enfatico rivolto ad un vescovo governatore, che Tor­ quato Perotti trascrisse « ex Archivo Vaticano cod. 370 » nei ff. 204-205 del codice Vatic, lat. 6526. Comincia : « Salve expectatio nostra, princeps noster ». Ivi si legge: « En domum nostram, fortunas nostras, nos ipsos, Pyrrhum praeterea optimae spei equitem, so b rin u m nostrum, Penelopen ac Severam s o b r in a s , reliquos omnes nostros in primisque Pontificem Sipontinum dulcissimum avunculum nostrum in ulnis tuis ponimus, tibi tradimus, tibi dicamus... ». Di Mario, ricordato nei Rudimenta (v. p. 60) non conosco altro. O non era un fratello di Pirro, o era già morto. 1 Almeno non accenna ad alcuno. Anche da questo avevo dedotto, prima di conoscere l’ istrumento camerale del 1467, che il conte Giovanni Perotti non fosse un fratello propriamente detto di Niccolò. 2 La finale cacciata degli Atti avvenne nel luglio 1460 ; v. M o r i c i , Dei conti Atti, p. 43. 3 « Musée Belge » 16, p. 183,citando la lettera del Perotti al Guarnerio che egli pon sapeva edita: « Il désigné, sans l’ ombre d’ un doute, son édition des Siloes que nous savons antérieure à 1470, et ses travaux sur le texte de Marcus Valerius

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la correzione ed esposizione delle Selve di Stazio e la correzione ed una p r i m a esposizione dell’ intero Marziale, che si conservano quelle sino alla Selva I, 5 v. 33 nell’autografo codice Vatic, lat. 6835 e queste nel codice, parimenti autografo, Vatic, lat. 6848.1 Come di­ chiara Niccolò nella dedica delle Selve al nepote Pirro, egli aveva, i n s i e m e c o n P o m p o n i o L e t o , 2atteso a Marziale durante « omnem hanchiememet m a x i m a m p a r t e m aut umni » e, d a s o l o , aStazio « proximis feriis », intendo, nelle vacanze solite fra l’estate e l’autunno. Ora, poiché nella stessa dedica nomina Bessarione come tuttora vivo (« nec ipsum Academiae principem Bessarionem p i g e b i t » ) e Pirro come « s o l um ex omni nostra familia s u p e r s t i t e m » , 3 per il quale aveva, rettore della Tuscia, composto i Rudimenta gramma­ tices, e ricorda che da una v e nt i na d ’ anni a v e v a a bb and o -

Martialis qui sont de la même date ». Non crederei che il Simar abbia inteso parlare di una stampa delle Selve perchè non se ne conosce alcuna prima del 1475. 1 V. la tavola III. Sopra di esso A. M a l e i n , Marziale (in russo, S. Petersburg, 1900) 193 sgg., e specialmente S i m a r , 189-195, però con diverse inesattezze che noteremo nel c. ultimo, facendo l’ indice degli autografi Vaticani del Perotti. Nel 6848 sono note e correzioni di vari tempi, e lo si capisce anche dall’ inchiostro talvolta, quando non è addirittura indicato da Niccolò, come, per es., nel f. 12« : « Haec adolescens scripsi. Nunc autem dico. . . ». - E 6835 è mutilo della fine. ' 2 La reciproca stima e confidenza dalla parte di Pomponio appariva già nel passo, riferito più sotto, della Vita di Stazio e da parte di Niccolò nella lettera pubblicata «fai Sabhadini, «Studi Italiani di filologia classica», X I, 337-339, e nelle poesie fin a li dell’ Epitome : «D e vero Deo et vera fide ac religione ad Pomponium » e « Ad Iulium Pomponium. Ad coenam propera. . . » (un invito cal­ dissimo a pranzo : ed. I a n n e l l i , Codex Perottinus , 269 sg., dove si legga «iambos » in vece di «amici»). Notevole il primo carme, ricavato da P r u d e n z i o , Peristeph., X , 306-370, che comincia, con a d a tta m e n ti metricamente sbagliati (cf. H e r v i e u x , Les fabulistes latins, I, 192) : Vos doctos decet atque eruditos viros, Pomponi, vitae quos gubernat regula, Callere \ed. Aperire] vel divina vel mortalia quo iure constent, quanta Maiestas r eg a t...

Dell’ invio, abbastanza significativo, di tale carme come in genere delle rela­ zioni del Perotti con Pomponio V l . Z a b u g h i n , Giulio Pomponio Leto (1909-1910), non paria affatto, anzi direbbesi che egli non menziona mai Niccolò, se ghindici sono completi. 1 3 Giovanni Perotti non era della famiglia di Francesco, ossia nè fratello nè nipote di Niccolò per parte di fratello, e gli divenne « fratello » sol quando sposò Lisa, la vedova di Severo, ossia quando diventò padrigno di Pirro. V. sopra, p. 12.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

nato .lo studio dei poeti, apparisce che egli scriveva assai dopo la morte del fratello Severo e del padre Francesco e dopo il governo del Patrimonio, presso all’ anno 1473, ma avanti di conoscere la morte di Bessarione, quindi non dopo il novembre 1472 ; insomma, al più tardi, nell’autunno 1472. Apparisce inoltre che dicendo « omne m hanc hiemem » significò - secondo l’uso abbastanza frequente di noi Italiani - l’ul t i mo inverno s c o r s o , cioè l’ inverno 1471-1472, nel quale realmente Niccolò stette a Roma (v. sopra, p. 68, n. 4) e potè lavorare con Pomponio, e non l’ inverno 1472-1473, alla c ui fine dedicasse l’opera, dopo averla compiuta in questo medesimo inverno e durante la massima parte dell’autunno 1472. Con tale data combina all’ ingrosso non solo l’accenno, ripetuto nella dedica della Cornucopia, che, per prevenire una non inattesa censura, vi fa sul primo principio Niccolò, all’avere ripreso, uomo maturo e vescovo, lo studio dei poeti tralasciato, ancor giovane, una ventina d’anni prima, ossia nel 1453, dopo la pubblicazione dei trat­ tati metrici (v. sopra, pp. 22 e 25), ma anche l’affermazione nella stessa dedica della Cornucopia - scritta-verso il 1478 - che « iam supra q u i n t u m annum Pomponius Fortunatus... 1 ac plerique alii studiosi viri » avevano spinto Niccolò alla correzione di Marziale. Se crediamo al Perotti, egli sostenne le due lunghe e gravissime fatiche per aiutare negli studi il nipote carissimo e docilissimo,1 2 in grazia del quale egli aveva « nuper », poco prima, durante il governo della Tuscia, composti i Rudimenta grammatices, 3 e sarebbe riu­

1 In questa dedica non compare che Pomponio abbia fatto di più : per quale motivo siavi taciuta la parte di lui nell’ opera stessa, mentre Niccolò l’aveva aperta­ mente dichiarata nel 1472, non saprei dire. Del tempo e dell’ autor vero di quella dedica, che si presenta come di Pirro e a me sembra di Niccolò medesimo, si discorrerà più avanti, al luogo suo. 2 Invece nella dedica della Cornucopia nemmeno un accenno a tale motivo, sebbene qui espresso con grande tenerezza ed esagerazione di lodi per il nipote. Se veramente la scrisse costui, non si mostrò molto grato allo zio, giunto a dir qui di non potere « sine ingratitudinis crimine deesse » a lui, Pirro. - Da quel motivo poterono venire per una parte « pleraque frivola et vulgaria et (quae) ad instituendos veluti pueros tradita videntur », osservati dal primo editore Ludovico Odazio nella Cornucopia.

3 Si noti che Niccolò non accenna di avergli dedicata anche l’ Epitome·, segno questo, se non erro, che egli non lo aveva fatto ancora. - Si noti pure che qui, come nella dedica della Cornucopia, là dove si ricorda la nomina di Federico d’ Urbino a duca e vessillifero di Sauta Chiesa, «nuper» significa un tempo non così vicino, ma remoto di quattro anni circa.

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scito a rendere intelligibile a lui, ed anche ai giovanetti mezzanamente istruiti, specialmente Marziale che da mille e più anni nessuno capiva, ed a fare opera utile e gradita ai c o m p a g n i , seguaci dell’ A c c a d e m i a del divino Bessarione, ma che non sarebbe dispia­ ciuta nemmeno ai maggiorenti dell’Accademia medesima e allo stesso capo Bessarione.1 Quindi egli nomina, nell’ordine d e f i n i t i v o , 1 2 fra i in a g g i o r i : 1) T e o d o r o , il celebre Gaza, di cui non occorre dir parola; 2) Cat o, credo Giovanni Gatti, «teologo e filosofo insigne» (a detta del Platina), segretario di Bessarione,3 divenuto vescovo di Cefalù nello stesso anno 1472 (v. sopra, p. 69, n. 3); 3) V a l e r i o ( Fi acco Val. nel margine della nostra dedica e presso Raffaello Volaterrano), il figlio di maestro Giacomo Simonelli di Viterbo, medico di Bessarione, testimonio col Perotti ed altri all’ atto di donazione della biblioteca sua a S. Marco nel 1468, morto fra il 15 gennaio e l’agosto 1473;4

1 Alla fine Niccolò parla, è vero, solamente di Stazio, ma da quanto vi dice prima sopra Marziale, non traspira per nulla la risoluzione di tenere per sè il commento, come si afferma invece nella dedica della Cornucopia: \ Verum nullis unquam pre­ cibus ... quin etiam nullis convitiis adduci potuit, ut lucubrationes suas in lucem proferret : ... edere commentarios noluit... non eo animo scriptos a se commen­ tarios ut proferrentur in lucem, sed sua causa dumtaxat, ut quae tanto studio labore vigiliis investigaverat, quotiens opus esset haberet in promptu ». 2 Prima Niccolò aveva posposto Valerio ad Andronico, Domizio a Pomponio, Pierio Durantino ad Alessi, e tale ordine è rimasto al margine, dove, al solito, aveva ripetuto i nomi propri del testo; ma poi con rasure ed aggiunte marginali intro­ dusse l’ordine che ho seguito. Il più grave mutamento è in Pierio, trasportato fra i maggiori; ma è pur notevole il trasporto del Calderini prima di Pomponio, trasporto che non mostra di certo quell’astio e quell’invidia che Domizio si la­ menta di aver sopportato dal Perotti assai prima delle beghe del 1473. 3 C f. A . C i n q u in i in «Classici e Neolatini», I I , 114; M o h l e r , I , 264, 331, 364. Anche il Platina nel panegirico di Bessarione celebra il Gatti subito dopo il Pe­ rotti e il Gaza e poi nomina Valerio Viterbiense e Andronico. Patrol. Gr., CLXI, p. cxv. Per questo penso a lui e non « domino Bartholomaeo de Gactis de Ca­ stello Duranto » che fu presente all’atto di donazione della biblioteca Bessarionea (« Revue des bibliothèques », IV, 148). Tre discorsi di Giovanni nei codici Vatic, lat. 2934, ff. 169-218, e 3399, ff. 263-314; l’uno « in funere Latini card. Ursini » (f 1477), gli altri due «coram Paulo I I » , «de praestantia et dignitate antiquae legis et aucto­ ritate sacerdotii » (vi accenna nell’esordio a due suoi discorsi tenuti l’anno prima davanti allo stesso papa) e «de annuntiatione». 4 P la t in a , 1. c., e nella pref. al libro II del dialogo « de falso et vero bono >; P in zi , Storia di Viterbo, IV, 234, n. 1.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

4) A n d r o n i c o Callisto, l’umanista e copista greco assai co­ nosciuto, che visse con Bessarione per del tempo e ne pigliò le parti contro Giorgio Trebisonda ; 1 5) Teof r as t o da N a r n i ; 1 2 6) D o m i z i o V e r o n e s e , il celebre Calderini, segretario di Bessarione, evidentemente non ancora in lotta aperta col Perotti; 7) P o m p o n i o L e t o , il « mio Pomp. Fortunato » della de­ dica, che pur essendo tra i primi dell’Accademia e cosi caro a Nic­ colò, è menzionato al settimo luogo, forse perchè meno intimo dei precedenti con Bessarione; 8) O t t a v i o : avrei detto il poeta Francesco Ottavio, nominato Cleofilo, se non paresse che egli venne in Roma per la prima volta, e per pochi mesi soltanto, nell’agosto 1473;3 9) L u c i 11 i o , uno dei pomponiani carcerati nel 1468, del quale si sapeva solo che era stato in corrispondenza sospetta con l’uno dei Campani,4 ed ora ci risulta sopravvissuto qualche anno almeno e ri­ masto in Roma; 10) P i e r i o D u r a n t i n o , non so se dalla famiglia (Durantini: esiste ora) o dalla patria denominato (Castel Durante ?) e a me ignoto, salvo che non sia P i e t r o , dettosi P e t r e i o , segretario del cardinale Ammanati, altro pomponiano carcerato nel 1468 e dei più sospetti.56 1 Cf. E. L egrand , Bibliographie hellénique ... au XVe et xvp- siècles, I, p. l - l v ii ; M. V ogel u. V. G ardthausen, Die griechischen Schreiber des Mittalters und der Renaissance, 30 e 466 ; Mohler, I, 395. 2 Ad Theophrastum, 4 versi di Callimaco É speriente che nulla rivelano

sull’uomo (Vatie, lat. 1610, f. 84 ; Urbin. 368, f. 81) e possono essere diretti a tutt’altra persona dal Narniense. Di costui non so se rimanga altra traccia. Si conosce, anche esso appena di nome, un F a b io N a r n ie n s e (v. L dmbroso nell’ « Archivio della Soc. Bom. di storia patria » , X II, 228), che A. D ella T orre , Paolo Marsi da Pescina (1903) 106, identificò a torto col ro m a n o Fabio Ambusto o Mazzatosta (su lui e la famiglia v. V l . Z abughin, Giulio Pomponio Leto, II, 19 sgg.). Che Fabio da Nami avendo un nome classico così famoso abbia preso quello di Teofrasto, è pos­ sibile, ma forse non troppo verisimile. 3 Cf. Zippbl in Scritti di Storia, di Filologia e d ’A rte per Nozze Fedele-De Fabritiis, 336 n. 3. Non risulta che l’Ottavio vi abbia dimorato prima nè che sia stato dell’Accademia, vivo Bessarione. 4 Cf. A. D ella T orre, 94-95; Z abughin, I, 170 sg., 333 sg., 337; A. Cin ­ quini nella Miscellanea Ceriani, p. 461, n. 4. Il Platina lo dice tradotto a Borna dalla Sabina, il Patrizi « ex Piceno ». 6 Sopra lui cf. Zabughin , I, 120, 333 n. 490, 337 n. 511, II, 420; Zippbl , L e Vite di.Paolo II, 155 n. 2. Nei graffiti del cemetero de’ SS. Marcellino e Pietro sulla via Labicana un «Perillus».

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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Tra i giovani poi Niccolò nomina : 11) Il « nostro Bentivoleo >, Pierio Bentivogli, credo, di Sasso­ ferrato e non di Bologna, il maggiore di due fratelli morti a di­ stanza di 10 giorni in fresca età, familiare affezionatissimo a Bessarione, che era « facundi oris » e Claruit ingenio, dicendi claruit arte Dulcis erat vehemensque simul seu carmina vellet Scribere, seu vellet verba soluta modis,

come lo celebrò nell’epitaflo il Perotti; 1 12) Ru f o , senza dubbio il veronese « compagno di Pomponio » nominato dal Bologni e dal Platina,1 2 e ripetutamente dal Perotti medesimo nella lettera a Pomponio contro il Calderini,3 e che più

1 Ed. Pannelli , Codex Perottinus, 262, dove invece di « vehemensque » Fed. pose a congettura « doctusque »,. come più sotto pose «piena» per «pura». Seguo le lezioni chiare del codice Urbin. 368, f. 131 r, già fornite dal M a i , Classici aucto­ res, III, 302. Nel medesimo codice il verso: « Et nil Ni c o le o [?] principe maius habens», che m’aveva fatto pensare al cardinale Niccola Forteguerri (+ 1473), si legge: «Et nil N ie eno ». Dico Pierio anziché il fratello suo Federico, aneh’esso familiare del « principe », perchè questi era minore di età e solo genericamente viene celebrato con le parole « virtute atque artibus idem ». Un « domino Iohanne Fran­ cisco de Bentivoliis de Saxoferrato et commendatario abbatiae S. Christophori de. Castello Durante » fu teste alla più volte citata donazione della Biblioteca Bessarionea. Sul giureconsulto Giovanni e il figlio Gio. Battista Bentivogli, v. M a z z u ch blli e altri citati sopra, p. 11. A « loan Philippo de Bentivolio de Saxoferrato » una lettera di Ludovico X III nell’ « Archivio stor. Lombardo », ser. IV, voi. V ili, p. 164 sg. Cf. anche M. M o b i c i , La famiglia di Pandolfo Collenuccio (Pistoia 1896), p. 12, n. 1, cho indica i fogli del zibaldone ms. del Dorio, in cui si parla dei Ben­ tivogli di Sassoferrato. Nell’opusc. Dei conti Atti, p. 27, li dice « un ramo di quei di Bologna e che da Sassoferrato si trasferirono a Gubbio ». 2 Cf. L umbboso, 237,216, 228. « Pomponique comes Ruffe », fra altri Veronesi onore della patria, presso il Bologni. Nel Platina: « Antonium Ruffum et Mecenatem non reiicio ». Il Lumbroso sembra aver preso per una sola persona « Antonium Ruffum». A me invece pare che si debba, in seguito ai nuovi riscontri, interpun­ gere dopo «Antonium» (il Volsco?). 3 « Studi Ital. di filol. classica », X I, 337-339: « Rufus noster » due volte e « mi R ufe». R. S abbadini , ib. 337, n. 6, sospettò «che Rufus sia la traduzione latina di Pyrrhus, il nome del nipote di Niccolò Perotto ». La dedica delle Selve esclude tale congettura. Quattro lettere del Maturanzio « Mattheo Ruffo » nel Vatic, lat. 5890, ff. 55 v, 65-67. Nella prima si rallegra con lui per avere inteso « Summi pon­ tificis sororio haesisse t e ... apud quem virtuti tuae praemia non deerunt». La lettera deve essere della fine del 1476, quando fu la terza promozione di cardi-

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

oO

volte compare nei graffiti delle catacombe; quindi, se non erro, il «domino Matthaeo Rufo de Verona», estensore dell’ istrumento fatto a Spoleto in camera del Perotti il 9 dicembre 1471, 1 testimonio del­ l’atto di donazione della biblioteca Bessarionea, autore di epigrammi greci e latini e di discorsi e dello scritto edito Q u o d P l i n i u s s e ­ n i o r sit

V e r o n e n sis ; 1 2 *

13) L’ A l m a d i a n o , Giovanni Battista, da Viterbo, morto nel 1521, che fin dal 1469 - lo ricorda egli stesso nel panerigico del Platina - frequentava il palazzo di Bessarione e stette lungamente al servizio del cardinale Oliviero Carrata ed è noto per qualche scritto ; 3 14) Finalmente A l e x i , senza dubbio l’ « Alexis Romanus » della raccolta di componimenti in memoria di Alessandro Cinuzzi senese 4 e 1’ « Alexis Eustathius » interlocutore col Platina nel dialogo D e v e r o e t p r o b a b i l i a m o r e a d P o m p o n i u m L e t u m composto da Paolo Pom­ pilio a Bassanello nel 1487,56 ossia l’ «Alexius filius q. Christophori Lelli Pauli Stati de Thomarotiis... sepultus [n e l 1 4 8 9 c.] in Ecclesia S. Eustachii » ,e nel cui rione abitava la nobile famiglia Stati o de Statis. nali sotto Sisto IV («Audio novos cardinales dignatos esse»). Nella seconda gli scrive: « Cum in excelso et illustri loco positus sis; cum p a la t in is affluas delitiis et pene quottidie V a tic a n u m I o v e m v ideas...» (il papa). 1 Archivio segreto, Arm. X X X IV , 7, f. 100 : « Ego vero Matheus Rufus clericus Veron. pubblicus apostolica et imperiali auctoritate notarius». L ’ istrumento ho çitato sopra, a p. 14, n. 1 e 67. * S. M a f f e i , Verona illustrata, parte II, p. 130 (ed. 1731) : « di cui ancora epigrammi latini e greci nomina Γ Azion Pantea [H a i n , n. 12373 : non 1’ ho ve­ duta], ed orazioni ha un ms. della libreria di S. Fermo ». Lo scritto sulla patria di Plinio il Vecchio fu stampato a Brescia nel 1496 in testa alla Storia naturale, (H a i n 13098) e ce n’è copia ms. nella Comunale di Verona insieme coi distici di­ retti al Rufo da Dante Alighieri III; cf. G. B i a d e g o , Catalogo descrittivo dei mss. della Biblioteca Com. di Verona, 524. Qui stesso a p. 156 è registrata una lettera dell’umanista veronese Benedetto Rizzoni « Matheo Rufo » da Roma, 3 luglio 1495. 8 Cf. P a t e t t a , «Bullettaio Senese di storia patria», VI (1899), 161 sg. Degli Almadiani si fa più volte menzione nelle cronache di Viterbo. P i n z i , IV, 238, ne ricorda Giacomo fra gli ambasciatori mandati nel 1471 a congratularsi col nuovo pontefice Sisto IV. Per la data della morte v. la nota di un contemporaneo ed. dal C a r i n i , « Il Muratori », II, 248. 4 Cf. P a t e t t a , 157, che pensò invece

all’ « Alexio Marinelli ricordato nei

Nuptiali ». 5 Cod. Vatic. 2222, f. 46 sgg. Sul Pompilio v. « Atti della Pontif. Accademia Rom. di Archeologia » (Serie III) « Rendiconti », vol. I li (1925), in corso di stampa. 6 Catasto del S.mo Salvatore presso D. I acovacci , Repertori dì famiglie , ossia codice Ottob. lat. 2553, p. 892. Ivi sono riassunti altri numerosi documenti dal sec. XIV al xvi riguardanti quella nobile famiglia. Cf. Z abughin , I, 278 n. 64.

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

81

Per questa enumerazione dei membri dell’Accademia nel 1472, che non so se il Perotti avrebbe fatta nel 1470, vivo Paolo II, e per la denominazione stessa di «Bessarionea», notata finora per la prima volta nella lettera del Perotti a Francesco Guarnerio, che però è dell’anno 1473, e non del 1471 come credettero il Della Torre 1 e il M ohler;1 2 per la rivelazione del fatto - ignoto al Zabughin - che Niccolò e Pomponio corressero insieme Marziale,3 inoltre della data alquanto più recente a cui deve assegnarsi, come si dirà, il codice Staziano del Mazzatosta, da ultimo per quello che vi si rileva ora in concordia ora in discordia con la dedica della Cornucopia, mi è sembrato utile di pubblicare fra i Documenti la dedica delle Selve. Però, avanti di lasciarla e passar oltre, debbo esporre due dif­ ficoltà contro Γ esattezza delle date, che essa (come si è veduto) im­ plicitamente ci fornisce, della ripresa dello studio dei poeti da parte di Niccolò, e della sua correzione ed esposizione di Marziale e di Stazio. La prima difficoltà sorge dalla Vita di Stazio composta da Pom­ ponio Leto, che termina con un grande elogio del Perotti e delle cure ond’ esso a q u e l t e mp o emendava ed illustrava le Selve: Silvarum libros V

edidit, in quibus et amicos et fortunam poete no­

sces. Hos ex omni parte corruptos multa vigilia et laudabili industria Nico­ laus Perotta Pontifex Sipontinus, in quo, ut mea fert opinio, tantum acuminis atque doctrine ad interpretandum est quantum veteres habuerunt, e m e n ­ d a t a p e r i t q u e . Habes [parla a Gaspare B iondo ] non de filio tantum sed et de patre que legi. Perquire tu : forte aliquid amplius adicies, nam elucubratio duorum maior est quam unius. Interea non minus hoc legentibus, si probaveris, quam quod d e L u c a n o s u p e r i o r e anno F a b i o A m b u s t o scripsimus gratum fore spero. V ale . 4

1 Storia dell’Accademia Platonica in Firenze (1902), p. 15 in nota. Dimostrerò la data nel prossimo capitolo. 2 0 . c., I, 326. 3 Un Marziale con molti scoli autografi di Pomponio Leto fino al f. 35 ( Epigr ., I, 118) è l’Ottob. lat. 1188, sfuggito al Zabughin. A IS imak , « Musée Belge » 16, p. 216 (ivi « 1888 »), sembrò che esso sia appartenuto al Perotti, ma lo stemma a principio non è del Perotti e non v’ è nulla di mano di lui. Nel f. 29 v, tra i versi 25 e 26 dell’epigr. 55 del 1. IV, forse sotto « quod » [ « quae » ed.] stanno le sigle « n. p. ». «Quod» aveva scritto dapprima il Perotti nel Vatic. 6848, f. 44 r. 4 Vatic, lat. 3279 f. 2 r. Le parole « emendat aperitque » sono supplite in mar­ gine dalla stessa prima mano. Cf. D e N o l h a c , La Bibliothèque de F. Orsini, 200, n. 4 [ivi « suprobaveris » ] ; Z a b u g h i n , II, 25, 47 s., 280 sg.

G·.

M ercati

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Per la cronologia tifila vita di N. IVrutti O r a . ” iii n e ll' (‘ d iz io n e p r in c ip e d e lla

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L u c a n u s » , ossia, c o r so

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in .M a r z ia le , v a le a d ir e d ic ia s s e t t e o d i ­ a n n i d o p o a v e r i i la sc ia ti. a m m e tt e r s i

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S c i t h i a m » , c o m e n e i n f o r m a v a A n to n io L e p id o d a R o m a il 2d a g o s to N ic o d e m o T a n e r e d in o . - e d a lla R u s s ia n on p o tè to r n a r e p r im a d e lla lin e d e l l 'a n n o , P o ic h é

fo rse a n c h e d e lla

p r e c isa m e n te n e l

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sp o sa d e l

s u c c e s s iv a .

2 4 di g iu g n o p a r t i v a d a R o m a

g ran d u ca Iva n

H I, Z o e

o S o fia

P a lc o lo g i n a e l 'a c c o m p a g n a v a , o ltr e g li a m b a s c ia t o r i ru ssi v e n u t i a p i g lia r la , A n t o n io p o n tific io ,

B on aom bra v esco vo

di A c c i a

in q u a li t à d i le g a t o

io p r o p e n d o b e n s ì a c r e d e r e c h e P o m p o n io , o a p p r o fitta n d o

d e l l ’ o c c a s io n e p r o p iz ia o p iu tto s to p e r la su a d o ttr in a e p e i1 in flu e n z a di p r o te tto r i

i r o n ie

l ’ A m m a n a t i ) a g g iu n t o al s e g u ito d e l l e g a t o , *3 4 1 sia

1 · Quo* li libri tifila Farsaglia »]... Io. Andreas Antistes Aleriensis diligen­ tissimo nostro tempore emendavit rogantibus Conrado et Arnoldo qui ne lingua romana pereat libros laudabili inventione imprimunt a così vi si legge. Il ZanuotiiN, il. itti, mette la Vita di Lucano - nel 14(19-70 [dopo l'edizione?], quella dello Stazio nel 1470-71 ». 5 Zumici.. Le Vite, di Paolo li, 154, 63 sg. : quorum alter in Scithiam, ad Pireneos alter p7 Calderivi] in Galliam cum domino suo Bessarione profectus est ». Nessun dubbio adunque clic là ietterà è del 1472: solo per una distrazione lo Zippbl estese la legazione di Bessarione dall’ aprile 1472 al settembre 1473, e quindi ammiso la possibilità che la lettera di Antonio e l’ assenza di Pomponio siano anebe del 1473. Lo segui Z a h u g h in , II, 168, il quale anzi parla addirittura dell' indefinibile viaggio del 1473»; non sa vederne una ragione ed un’ occasione buona e si dimostra por nulla persuaso della riuscita. « Tra il 1472 e la primavera del 1474, infatti, l'umanista sembra aver lasciata Roma colf intenzione di andare in Iseizia, certo arenandosi assai lungi dalla mèta prefìssa». 3 P. Piercing, La Russie et le Saint-Siège, I (1896), 160 sgg. ; Pastor, II, 451-453. 4 Pierlini:, I, 161, 163 etc. menziona in genere gli altri Italiani, fuori dei legato, aggiunti da Sisto IV al corteo. Anche nel 1479 1’ « amicizia » di Giambat­ tista Capranica condusse nell’ Europa settentrionale Pomponio « volente », e lo

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IV. - Dallîi rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (,Ι 161-1472) p a r tit o od a r r i v :i t o

in sie m e

co n

S.'ì

in i a M o s c a il 12 n o v e m b r e e d i



m o s s o s i il 2 d g e n n a i o s u c c e s s iv o 1 p e r g i u n g e r e a R o m a to r se a l p r i n ­ c ip io d e l l a p r i m a v e r a ; m a n o n s e r ia co n tro tamente

veggo

d e l F o r e t t i.

e prin cipalm en te

p le m e n t o

r ic o r d a

abbondare

verso

d iffic o lto s o , di

la v e r a c it à

in t a le a s s e n z a u n a d iffic o ltà

E g li n e l l a d e d i c a

d e ll’ o p era

propria

p a r la

diret­

e a so lo c o m ­

l ’ a iu t o ili P o m p o n i o : p e r q u e s t o , e to r s’ a n c h e l’ a m ic o , p o tè s e m b r a r g li

li m i t a r e

esp re ssa m e n te

per

t r a s c u r a b i le , e r iu s c ir g li

a ll’ in v e r n o

la

c o lla b o r a z i o n e

lu i. M a g g io r e è

l’ a lt r a d iffic o ltà , e n o n d u b ite r e i di c r e d e r e p iu tto sto

a P o m p o n io , c h e

non

p o tè a v e r e

n essu n a

r a g io n e di in v e n ta r e

nel

1-170 u n a b e n e m e r e n z a , non a n c o r a e s is t e n t e , d i N i c c o lò v e r s o S ta z io , se p o s s e d e s s im o M a non

il testo d e lla V ita in u n c o d i c e c e r t o d e l 1 4 7 0 o 1 4 7 1 .

è e g li p o s s ib ile , d ir e i o v v i o , c h e il p e r io d o s o p r a il P e r o tti

s ia sta to a g g iu n t o d o p o , to s ta la V ita , il

a llo r q u a n d o L e t o

testo d e l l a

r ic o p iò 2 1 * p e r ii M azza­

T e lu d ile e le p r o p r ie

ta le s u p p o s iz io n e , c li c c o n c i lia

c h io s e a d e s s a ? In

tu tto , l ’ u n ic a c o n s e g u e n z a è d i r ip o r ­

t a r e a l l ’ a n n o 1 4 7 2 n o n il c o m m e n t o d e lla T e b a id e , 3 m a la c o p ia pei· il M a z z a to s ta e di d e d u r r e c h e p r im a m e tà d e ll’ a n n o ad L a s c io

il P e r o tti a v e v a c o m i n c i a t o tin o d a lla

o c c u p a r s i d e lle

S e lc e .

ai c o m p e t e n t i d i tr a tta r e c i r c a il m e r i t o d e lla r e c e n s i o n e

e d e lle illu s t r a z io n i P e r o t t in e d e i d u e p o e ti r e la z i o n e s tia n o i d u e

a u to g r a fi

con

e d i s t a b ili r e

a lt r i c o d i c i

in

q u a le

e p r e c e d e n ti e d i ­

s c e n d e n t i e s p e c ia lm e n t e co n l ’ e d iz io n e r o m a n a di M a r z i a le d e l 1 4 7 3 e c o n la

C o r n u c o p i a . I o q u i o s s e r v o s o la m e n t e c h e i d u e a u t o g r a fi

fu r o n o b e lla m e n t e v e r g a t i , c o n c o lo r i p iù

u n a d i li g e n z a g r a n d is s i m a , a d i v e r s i

o m e n o n u m e r o s i : r o sso , v e r d e , g i a l lo , v io le t t o , n e r o , c h e

si a v v i c e n d a n o

e ren don o

ben

d is tin te

le v a r i e p a r ti d e l c o n t e n u t o

lece nominare da Sisto IV, compagno di missione nella ricerca di codici. Cf. Z a , I, 193 sg., II, 208 sg.; S tounajolo , « N uovo Bullettino di Archeologia cristiana», XII, 72-75. 1 P i e k l i n g , I, 174. Nel ritorno dalla infelice missione il legato sarà di certo stato più libero e sbrigativo che non nell'andata con tutto quel numeroso corteo nuziale. 2 Z a b u g i i i n , II, 27, ritiene autografi i codici Mazzatosta. 3 Z a b u g i i i n , I, 216, lo assegna «con tutta probabilità >all’anno scolastico 1470-1. Però la menzione di Paolo II vivente, che egli, o. c., II, 25, adduce per provare che il Vatic, lat. 3264 «non può essere posteriore all’ estate 1471 ■>, vale a datare il commento, ma non la copia di esso, come il « superiore anno > della vita pre­ fissa serve a porre questa Vita e non lo stesso codice nel 1470. b u g h in

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

e meno pesante la lettura; ivi Niccolò, come Pomponio, si direbbe piuttosto un calligrafo che un autore. Ora il codice Napoletano delΓ Epitome ha pur esso gli argomenti, le iniziali e certe noterelle in rosso ed il rimanente in verde ; 1 e questo mi conferma nell’ im­ pressione lasciatami dalla forma delle lettere, che esso è. del pari autografo. Della polemica feroce con che il Perotti sostenne nel 1473 e 1474 contro il Calderini le proprie correzioni e interpretazioni di Mar­ ziale si dirà nel prossimo capitolo. 7. All’ anno 1472 circa piuttosto che ad altro tempo della di­ mora in Roma è da attribuirsi almeno la prima delle due lettere filologiche al cardinale Ammanati, che nel codice Urbinate 297 susseguono all’ « adversus eos qui temere cor(r)igunt errores ve­ terum librorum», cioè alla lettera dei primi mesi del 1473 sopra l’ edizione prima romana di Plinio, di cui si discorrerà nel capi­ tolo prossimo. La prima lettera, lunghissima (ff. 72-89 r), con ampie discussioni di storia naturale, tratta, secondo il titolo, « de malo aureo, iitglande, cinamomo, casia, fele et mustelis », ossia di ciò che veramente si­ gnificano quelle sei parole, malissimo intese da tutti e fino ad allora dal Perotti medesimo, come non erano intese infinite altre parole delle quali egli discorrerà in altro tempo. La seconda (ff. 89 v-91 v), originariamente anepigrafa e perciò non osservata dall’ autore del catalogo dei codici Urbinati,1 2 risponde a cinque interrogazioni fat­ tegli dal cardinale nella cena della sera antecedente,3 sopra un passo

1 Cf. I a n n e l l i ,

In Perottinum codicem, p. I X ; H e h v i e u x , I, 126..

2 Che siano due, non solo il contenuto lo dimostra, ma ce ne avverte lo stesso

indice originale she sta nel ΐ . , Ι ν dell’ Urbinate : « Idem de malo aureo. .. I d e m ad eu n d em cardinalem», e lo avverti nel f. 8 9 « in testa della lettera un let­ tore del secolo xvi o xvn: «Epistola ad Iacobum Cardinalem Episcopum Papiensem ». La prima lettera termina: « Quamobrem finem scribendi faciam si abs te... mansuetudo facit ut sperem ». Il principio della seconda vedi nella nota seguente. 3 « Timotheum ferunt Athenarum principem, qum aliquando apud Platonem caenasset, adeo eo convivio delectatum fuisse, ut postridie illi obviam factus exclamarit : « Tuae quidem caenae non modo in praesentia, sed sequenti etiam die iocundissimae sunt ». Hanc sententiam usurpare tecum convivae tui iure optimo possunt ; ita enim illos accipis, ut lautius fortasse apud aliquos, hilarius vero sua­ vius dulcius simplicius eaenare apud neminem possint: quo fit, ut non postridie

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IV. - Dalla rettoria del Patrimonio al governo di Spoleto (1464-1472)

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delle Georgiche (II, 149), uno di Giovenale (VI, 518) e sopra il « malum silvestre», il «toxicum» e « de piro illo quod nunc c a r o e l l u m vocant » . 1 Il fatto che le due lettere sono unite a quella del 1473, gli ar­ gomenti medesimi e il modo di trattarli che mostrano il Perotti in­ golfato di già nelle minuzie lessicali (alle quali pare che siasi dato dopo gli studi grammaticali del tempo viterbese) e, quanto alla prima, specialmente la dichiarazione che egli fa di avere intrapreso la cor­ rezione e l’ illustrazione della Storia naturale di Plinio e, d’ altra parte, le menzioni di Bessarione ancor vivo e del proprio studio con­ tinuo che, grazie a lui, gli è concesso di fare, lungi dalle faccende e dai negozi - adunque in un tempo in cui non aveva governo nè altro ufficio ed era ritornato nel palazzo del cardinale come a casa sua, - mi determinano a quella data come la più probabile, sia poi del principio del 1472, quando Bessarione impegnò l’ Ammanati a favore di Niccolò e questi passò in Borna parecchie settimane, sia piuttosto dell’ autunno avanzato,*1 2 quando non era più al governo di Spoleto, però prima che si risapesse la morte del Niceno. Altrimenti ci converrà riportare la lettera al 1470; ciò che, tutto considerato, mi sembra troppo presto. La seconda lettera non veggo ragione alcuna di distaccarla molto, quanto al tempo, dalla prima, e piuttosto la farei anteriore, perchè quando vi tratta della mela selvatica Niccolò ricorda bensì il crisomelo e il cotogno, ma senza accennare che lungamente n’aveva trattato nella lettera prima allo stesso Ammanati.

dumtaxat, sed multis etiam post diebus caenae tuae plenae sint voluptatis. Ego certe (ut de aliis taceam) saturari hesternae caenae suavissima cogitatione non possum, cuius sive dapes sive convivas sive le c t io n e m sive inter eos qui aderant confabulationes seu principis ipsius aspectum consideres, verum Phoebi ac Musarum convivium representare vide(b)atur. Quam ob rem statui quidem post hac, quotiens fuero invitatus, aliis potius omnibus quam tibi uni me excusare. Cuius rei coniecturam vel ex eo facere potes, quod questionibus a te mihi propositis statim re­ spondi, quo vocandi me rursus causam tibi preberem. Malui enim extemporaria epistola parum tibi satisfacere, quam diuturniori mora protrahere desiderium meum ». 1 Nella Cornucopia, a M a r z i a l e I, 43, 5 (ed. Aldin. 1513, coi. 946, 47) : « vulgo nunc coroela dicuntur». Cioè il carovello, la caravella. 2 L ’Ammanati, legato a Perugia, stette fuori di Boma dal 23 settembre 1471 al 22 febbraio 1472; e continuò a governare per mezzo di altri fino al 28 luglio, giorno in cui rassegnò quell’ ufficio. V. E u b e l , II2, 37, 38.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti. — IV. - Dalla rettoria ecc.

Darò fra i Documenti (n. 6) Γ esordio della prima lettera, qua e colà accorciato, e i passi ne’ quali il Perotti ricorda l’amicizia sua grande, fino dalla giovinezza,1 con l’Ammanati, la propria correzione ed esposizione della Storia naturale di Plinio, i propri studi tran­ quilli in casa di Bessarione e la scoperta - vera o supposta · di un nuovo frammento degli Accademici di Cicerone. Non mi occupo del rimanente, perchè meno ci serve qui e perchè lunghi tratti ne sono passati, più o meno integri, nella Cornucopia.*I,

1 Forse dal tempo, in cui ΓAmmanati studiò sotto Guarino a Ferrara. Cf. A. Z e n o , II, 8 8 . Se egli venne a Roma alla fine del 1450, non potè allora familiarizzarsi col Perotti, già andato a Bologna.

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Por la cronologia della vita di N. Perotti. — V. - Il Perotti di nuovo a Roma

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V. - IL PEROTTI DI NUOVO A ROMA (1473-1474).

Il P . p r o fe s s o r e n e llo S t u d i o ? L e e d iz io n i di P lin io e d i M a r z ia le e i a La

con tesa

con

D o n iiz io C a ld e r in i: l e

le tt e r e R o m a n e

e

le t t e r a a F r a n c e s c o G u a r n e r io .

le P e r u g in e .

L

1Epitome.

L ’ e lo g io

fu n e b r e d e l c a r d in a le P ie tr o R ia r io .

1. Dalla fine del 1472 all’agosto del 1474 il Perotti — a quanto sembra — risedette abitualmente in Roma, dove possedeva una casa ; 1 se in qualche ufficio curiale, ad es., di referendario del papa, quale è detto nelle bolle dell’agosto 1474 e luglio 1477, o solo nell’attesa di una nuova promozione, non risulta : il primo « Liber officiorum » di Sisto IV è perduto. Veramente si suole ripetere che egli allora insegnò nello Studio, al tempo medesimo che v ’ insegnava, ammiratissimo, il Calderini, e dallo spiegare entrambi Marziale in concorrenza e come in contradditorio sarebbe sorta l’aspra diuturna contesa che tutti sanno. Ma ad un insegnamento pubblico del rivale non accenna punto ne’ vari suoi scritti polemici il Calderini, che pure ripetutamente vi ricorda l’ insegnamento proprio e quello del­ l’altro avversario suo Angelo Sani sabino; nè accennano ad esso comunque sia Niccolò medesimo sia Pirro, allorché raccontano a loro volta la storia della contesa. Inóltre, nei pagamenti dei pro­ fessori universitari del 1473 e 1474, che G. Levi esaminò per Domizio (cf. o. c. p. 14 n. 2 e 34 n. 4) e VI. Zabughin per Pomponio Leto, pare che essi non abbiano trovato traccia del Perotti, perchè altrimenti, per lo meno il Levi l’avrebbe di certo rilevata e non si sarebbe accontentato di appoggiarsi unicamente sulla « testimonianza o c u l a r e di Alessandro degli Alessandri» (p. 32 n. 1) Oculare? Ma l’Alessandri (1461-1523), che dice esplicitamente di aver udito 1 «Habeo Rome domum, habeo libros», scriveva da Perugia a Sisto IV il 23 gennaio 1477 (,« Giorn. stor. », L X , 108). È ovvio pensare che ve l’ abbia acqui­ stata prima dell’ andata a Perugia. Durante il governo egli lottò con le strettezze e si caricò di debiti. V. anche sopra, p. 62, n. 6 .

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

« adolescentulus » Francesco Filelfo in Roma, quindi nel 1476 o 1475,1 non afferma così di avere ascoltato gli altri due, dei quali potè difficilmente, o piuttosto non potè affatto seguire i corsi sopra Mar­ ziale, perchè allora, ossia circa il 1478, egli, se pure fu in Roma, aveva una dozzina di anni al massimo.1 2 Dunque, tutt’al più una testimonianza auricolare, o piuttosto, perchè essa è unica, una de­ duzione di Alessandro dagli scritti pubblicati dei due (l’esempio che adduce 3 non tradisce altra origine) e fors’anche da un’ interpreta­ zione errata di designazioni come quella, ad es., «in Romana A c a ­ d e m i a p r i m a r i u s » , di cui Ludovico Odazio onorò il Perotti nella lettera prefissa alla edizione principe della Cornucopia. Ad ogni modo, insegnasse o no pubblicamente, il Perotti, appro­ fittando dell’ «ozio» e spinto — se pur ne abbisognava egli, creduto uno studioso4 —- dall’emulazione in una città piena di letterati entu­ siasti e gelosi fra loro, lavorò molto, forse quanto mai in altri anni della sua vita, e attese specialmente agli studi prediletti della lingua latina, di cui un primo frutto erano stati nel 1468 i Rudimenta grammatices, e alla correzione ed esegesi dei classici latini cosi vigorosamente cominciata col Marziale e con lo Stazio. Anzi co­ minciò a divulgare le sue correzioni e quasi a gareggiare con l ’altro prelato Giovanni Andrea Bussi vescovo d’Aleria, che da quattro anni teneva il campo, curando edizioni di classici, benché aborrisse 1 II Filelfo cominciò ad insegnare in Roma il 12 gennaio 1475 e se ne andò il 19 giugno; ritornò il 4 gennaio 1476 e ne ripartì per sempre il 23 aprile. Cf. C. Ro­ s m in i , Vita di Fr. Filelfo, I, 231 sg., 238, 245, 259. 2 Cf. M a z z u c h e l l i , I, 436, 438, da anonimo contemporaneo ed. poi da I. Ca ­ r i n i , «Il Muratori», II, 247. Alessandro era napoletano. 3 « Ita istos versus [M a r t . XIV , 82] uterque interpretatus est, ut post multa deblatterata verba vix aliquem sensum illorum ex dictis elicere queas, cum modo mendum in versu postremo fuisse alter asseveret et pro o c ia p r e c iu m poni opor­ tere, modo asarota non ab a privativa sed intentiva dicta affirmet; alter ita ple­ raque nugalia iurgiis et maledictis plena effundat, ut equidem singula enarrare et referre pigeat». Genial, dier., VI, e. 21. Mentre da ciò che precede sembrerebbe che il maledico, ossia il secondo, «alter», fosse Domizio, invece qui egli è il primo «alter», avendo precisamente sostenuto nel suo commentario a stampala lezione «sed pretium» contro « ocia sed » e l’ intensività di a in «asarota», a confuta­ zione di ciò che aveva scritto il Perotti, e si legge ancora nella Cornucopia, ed. Aid. 1513, col. 152 sg., senza un attacco a chicchessia. 4 « Quando vel tu vel quivis alius ex familiaribus nostris me studiosum vo­ catis . . . »: nella lettera al Foscari (v. Docum. 4). E nella prima lettera all’Ammanati: « in quo [studio] versari ine dies ac noctes. . . Bessarionis. . . clementia indulget » (v. Docum. 6 ).

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y. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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dall’apporvi il proprio nome, giudicando egli una profanazione le prefazioni dei moderni,1 e perciò solo da altra parte si abbia no­ tizia dell’opera di lui come editore. L’edizione sua più nota, della Historia naturalis di Plinio il Vecchio,1 2 - l’ ultima stampa in comune dello Sweinheim e del Pannartz3 - fu terminata il 7 maggio 1473: trattandosi di un grosso volume di quasi 400 fogli, dovette cominciarsi qualche mese prima, anche perchè quei signori dal dicembre al maggio pubblicarono Polibio, VEtica di Aristotele, Strabone, i Rudimenta del Perotti4 e Marziale e tirarono del Plinio maggior numero di copie del solito (275 o 300), cioè 400. Il Perotti vi ritoccò il testo in 275 luoghi, secondo il Calderini, che dice di tenere presso di sè e di mostrare a quei che venivano da lui il « codice » con le alterazioni di mano dell’emulo, dato ai compositori. Credo che quel « codice » (come per­ mette d’ intendere il linguaggio d’allora) fu un esemplare s t a m ­ p a t o , di una delle due edizioni dell’Aleriense (Hain 13088, 13089), e sospetto che Domizio l’abbia avuto dallo Sweinheim, il quale su­ bito dopo la pubblicazione del Plinio si era ritirato dalla società col Pannartz per mettersi insieme col Calderini a preparare la grande stampa della Geografia di Tolomeo, uscita solo dopo la morte dei due nel 1478.5 1 « Quamquam illud quoque laudare vix possum, quod prooemia sua clarissi­ morum virorum libris inserunt. Quid enim turpius videri potest? Quid magis indignum quam arae cloacam iungere?... Quis autem eorum qui in praesentia vivunt tam temerarius sit, ut ausit scripta sua etiam cum infimis veterum con­ ferre? Equidem in libris quos redemi omnibus tantam deformitatem non potui pati, sed vel abrasi prooemia vel sustuli, excepta Campani epistola, quae et gravi­ tate et facundia et brevitate digna visa est quae Plutarchi vitis praeponeretur ». Nella cit. lettera al Guarnerio. Il Plutarco con la lettera del Campano usci circa il 1470 (ef. Copinger, Supplement, I, 388 al n. 13125). Sull’ amicizia che strinse il Perotti e fi Campano, v. sopra, p. 69 sg. 2 Cf. R. S a b b a d i n i , «Studi Italiani di filol. class.», V ili, 443 sgg. 3 Cf. H aebler , Die Deutschen Buchdrucker des i f . Jahrh., 16, η. 2. 4 Cf. Κ. B urger, L. Hain’s Reperì, bibliogr., Register , 320. - Importerebbe assai di stabilire se le pagine dell’ edizione loro dei Rudimenta (H ain, 12643 : non esiste in Roma) corrispondano esattamente a quelle s e g n a t e nell’ autografo Vat. lat. 6737, che è sciupato e sucido come ogni originale stato in mano di compositori (v. la tavola IY). Nel caso che si, quella sarebbe l’edizione p r in c ip e , anteriore alle stampe senz’anno (Hain , 12635-12642), non essendo’ molto verisimile che qui in Roma, se l’au­ tore aveva già stampato l’opera, si ottenesse per una semplice ristampa l’autografo e non si usasse invece un esemplare stampato, magari corretto poi a penna da lui. 5 Cf. H aebler , o . cit., 17 sg.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

2. Poco prima ai tale pubblicazione, al fine, non confessato, di raccomandarla come necessaria gettando lo scredito sulla precedente edizione di Plinio curata daH’Aleriense, Niccolò scrisse la lettera a Francesco Guarnerio, osimano, segretario del cardinale Marco Barbo vescovo di Vicenza,1 che uscì per le stampe isolatamente - forse che per la prima volta? - in Venezia circa il 1480* a cura del-1 2 1 «U t principem tuum Marcum Barbum cardinalem Vi cen tinum... horteris...». Era presso di lui sino dal 1464; cf. F r . P h i l e l p h i , Epist., ed. Venet. 1502, ff. 161. 186, 210, 222, ecc. Fu chierico della Camera Apostolica e scrittore; cf. W . v. H of­ m a n n , Forsch. zur Gesch. der Kurialen Behorden, II, 92. Probabilmente è lo stesso che il Francesco Guarnieri commendatario della badia di S. Niccolò di Osimo alla metà, del secolo x v ; v. P. C o m p a g n o n i , M em orie... della Chiesa e de’ vescovi di Osimo, III, 375 η.; I. F r . L a n c i l l o t t i , L. Lazzarélli... Bom byx (1765), 106 sgg. Il Lancillotti gli attribuisce a torto la versione da Mosco e il genetliaco ed. ib. 113119, che sono del Maturanzio ; cf. V e r m i g l i g l i , Mem. di Fr. Mat., 107 sg., 153 sg. Infatti ai destinatari Alfano Severo di Perugia e Giammaria Aureolo di Vicenza il Maturanzio, che fu perugino e maestro a Vicenza, diresse anche parecchie let­ tere, mentre è da vedere se il Guarnerio li abbia pur solo conosciuti. Inoltre stanno per il Maturanzio non solo i due codici perugini e il Vat. lat. 2874, ma anche il ms. che al tempo del Lancillotti era « penes Carolum de Blanchis » ed ora è certamente il Vatic, lat. 8750, come appare dal fatto che 1’ « Amor fuggitivo » vi si trova esat­ tamente alla carta 252, e (aggiungo) vi si trova anche l’ orazione del Maturanzio per il funerale del Generale dei Domenicani Leonardo Mansueti (f 1480) cono­ sciuta dal Lancillotti (cf. V e r m i g l i g l i , p. 98, che intese fosse il codice posseduto da lui). Ora in questo ms. a) nell’ indirizzo della dedica una mano p iù tarda scrisse « Guarnerius » sopra « Maturantius » ancora ben leggibile, e b) similmente in testa della versione « Guarnerius » sopra cancellatura ; poi c) in capo al « Ge­ nethliacum » strappò brutalmente il nome dell’ autore e d) ne strappò alla fine i versi susseguenti a « Franciscus cultor... », invece dei quali la stampa presenta due versi disgraziati, in versione doppia, con la menzione dell’ « Auxima tellus » e della «Varneria proles». Insomma una sfacciata falsificazione a danno del Maturanzio, altrettanto sfacciata che quella, per cui nel codice Vat. 5890, abraso il titolo pri­ mitivo «Francisci Maturantii Epistolae», fu scritto «Marii Podiani Perusini epi­ stolae ». Dell’ altro codice appartenuto agli Stelluti di Roccacontrada o Arcevia, che il Lancillotti credette più recente del Vatic. 2874, resta a vedere se si con­ servi ancora e dove, e se fu pur esso alterato. 2 Cf. D. R e ic h l in g , Appendices ad Hainii-Copingeri Rep. bibliogr., HI, 140, al n. 12708. Poiché nell’ ed. succede la confutazione del Vitelli, che è appena un terzo della lettera del Perotti, è da credere che il Vitelli abbia egli data in luce la lettera fino allora manoscritta, oppure che l’ abbia semplicemente riprodotta da qualche stampa perdutasi del tutto per la piccolezza ? - La lettera si trova ma­ noscritta nell’ Urbinate lat. 297, ff. 49-72 r, e vi fu ricopiata (credo) dall’ esemplare di presentazione «in purpureo», che stava fra i «libelli satis ornati qui erant in alia bibliotheca » del duca d’ Urbino e sembra perduto ; cf. Γ antico inventario in S to rn ajo lo ,

Codices Urbinates graeci, p .

c l iii,

n . 6.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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l’avversario Cornelio Vitelli, cortonese, 1 e poi molte volte in fine della Cornucopia, a cominciare dall’anno 1490.1 23 Quella lettera si mette poco dopo la prima edizione romana di Plinio (a. 1470), nel 1471;;ì ma è posteriore di certo, ricordandovisi la correzione di Marziale e di Stazio come già fatta: « quod nuper in Marco et Papinio fe­ cimus ». Il Perotti, mentre soleva da prima congratularsi coi propri tempi « quasi magnum quoddam ac vere divinum beneficium hac tempestate adepti essemus ob novum scribendi genus e Germania nuper ad nos delatum » per la prestezza e il grande buon mercato delle stampe, e ne aveva sperato una maggiore diffusione e fiori­ tura degli studi letterari, avendo poi osservato che gli stampatori, « omissis saepenumero quae optima sunt, ea scribant placendi gratia quae obliterari potius ac deleri ex omnibus libris deberentur; et. si quid scribunt boni, ita pervertant atque corrumpant, ut melius sit liis libris carere quam in exemplaria mille transcriptos per orbis omne is provincias mittere », inveisce, piuttosto che contro l’ignoranza dei tipografi, contro la negligenza di coloro che si fanno « corret­ tori e maestri degli antichi libri » e trovano errori dove non sono. Lodevole l’impresa e la fatica del corregger libri, ma purché non si trasmodi: « hoc est quatenus nihil addunt de suo, sed vel aliis exem­ plaribus, vel sententia ipsius auctoris alibi clarius expressa, vel eius scriptoris a quo id sumptum est auctoritate, vel explicata alicuius imitatione, vel alterius linguae veritate aliquem locum emendant;4 quod nos nuper in Marco et Papinio fecimus». «Non est facile ab his discedendum quae passim scripta reperiuntur; nec quumprimum difficultatis aliquid occurrit, errori ascribendum est ». Necessario un provvedimento e per buona ventura facilissimo : « auctoritate Pon-

1 Cf. T iraboschi, ed. cit., III, 269 ; G abo tto θ B a d is i C onf ., 315, 350 sgg·. ; G. M ancini, Contributo dei Cortonesi alia cultura Italiana (1922), 41-44, estr. dalΓ « Archivio storico Ital. », 1921, II, 41-44. 2 H ain 12698 (qui, per una mistificazione, come diretta -■ad Antonium Mo­ retum » ! cf. A. M. Quirinus , Specimen variae literaturae , II, 155 sg.), 12700, 12705, 12706, e nelle varie edizioni del secolo χνι. 3 Y. sopra, a p. 81. Il D e l l a T orre , Storia dell’ Acc. Platon., 15 n., la mise ai primi del 1471, avendo stranamente inteso « anno dominici natalis MCCCCLXX...» per «il Natale del 1470». Il Plinio uscì dentro l’anno VI di Paolo II, ossia prima dell’ autunno 1470. Sull’ edizione v. S abbadin i , « Studi Ital. di filol. class. », V ili, 443. 4 «Massime sacrosante, ma che venivano male applicate», dice il S abb a ­ dini ,

1. c., 444 n. 3.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

tiflcis maximi unus aut alter huic muneri praeficiatur, qui et im­ primendorum librorum legem impressoribus praescribat et adhibeat aliquem mediocriter peritum qui singulas quasque tabellas ante impressionem- examinet atque emendet, summo praeterea studio curet ne primi isti correctores augurari aliquid temere ausint, sed modum quem paulo ante diximus servent. In his acre sit ingenium, singularis eruditio, incredibile studium, summa vigilantia ». II Guarnerio induca il suo cardinale Marco Barbo ad ottenere un tale prov­ vedimento, e perchè gli possa mostrare più manifestamente gli errori dei « nostri correttori », vegga seco un momento in quanti luoghi essi abbiano guastato il proemio di Plinio, sebbene vi ab­ biano posto maggiore diligenza che nel resto, a loro propria con­ fessione, e siano stati validamente aiutati da Teodoro Gaza « Bessarioneae Academiae principe » . 1 E qui passa ad esporne prolissamente ventidue, « non per invidia», dice egli alla fine, «non per amore di lode, che pochissima o niuna poteva attendersi da cosi piccola cosa, ma per solo amore della verità » e perchè gli spiaceva vedere sformato un autore così egregio e temeva che « in cotanta molti­ plicazione di siffatti libri la lingua latina, se non si provvedesse, in breve perirebbe ». I correttori, non che irritarsi, lo ringrazino di avere loro indicato la via da tenere e si accingano a correggere gli altri i n n u m e r e v o l i e r r o r i che hanno lasciato o introdotto in Plinio: «in quo non deerit eis B e s s a r i o n e a e A c a d e m i a e op era , si ea u ti v o l u e r i n t , et nos c e r t e quantum in­ genio,. quantum mediocri doctrina, quantum studio valebimus, r e i tam u t i l i a t q ue h o n e s t a e o p e r a m n a v a b i m u s » . Non è temerario supporre che lo scopo primo e principale della lettera fu di guadagnare compratori alla nuova edizione ed il rima­ nente un’ introduzione onesta allo screditamento dell’edizione ante­ riore, che per tale scopo si riputò utile di fare. Ciò non toglie che ci fossero ragioni di ricordare i princìpi da seguire nella critica dei testi e di riprovare gli arbìtri degli editori, e di augurare prov­ vedimenti, sebbene quello di una censura letteraria imposta dal sovrano dovesse parere anche allora un’ utopia e un pericolo, nè molto fosse da sperare pur da un corpo di accademici così diffe­

1 « Qui ha torto, perchè il Gaza fu solamente collaboratore nell’edizione, mentre il vero redattore fu l’Aleriense, contro il quale il Perotto mal sa celare il suo astio». S abbadini, 1. c. Sopra, a p. 81, ho notato che non è questa la men­ zione prima di quell’Accademia, come altri ha creduto.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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renti e litigiosi come la cosi detta Accademia Bessarionea o Ro­ mana. L ’ idea nondimeno sarà più volte ripresa in seguito. Ma anche la grande Accademia di Aldo Manuzio, che la fondava nel 1500 - dopo avere nel 1499 ristampata la Cornucopia e la let­ tera al Guarnerio e ripetuto nella prefazione i lamenti per i sommi malefizi dei cattivi editori - con lo scopo eziandio di scegliere le opere più utili da stampare e di adottare le migliori lezioni dei manoscritti, riuscì fino ad un certo punto e non durò molto. 1 Alcuni giorni prima del Plinio, al 30 aprile, era uscito, coi medesimi tipi, Marziale (Hain 10811). Che la stampa ne fosse do­ vuta alle cure del Sipontino, i dotti l’avevano arguito dalle lezioni che altrimenti sapevano patrocinate dal Perotti.1 2 Ora una testimo­ nianza esplicita se ne ha nella sua lettera « interessantissima. .. in Dominicum Caldarinum Pomponio suo » edita dal Sabbadini.3 In essa egli deride le lezioni e le spiegazioni di Marziale XIV, 41 che quel glorioso « Aristarco » aveva esaltate in un crocchio di letterati come una sua grande scoperta, e contrappone il testo e la spiegazione da sè data in un libro allora sotto stampa : « lussi itaque librum meum, qui i m p r e s s o r u m s t u d i o n u n c t r a n s c r i b i t u r , nobis af­ ferri; in q u o ita s c r i p t u m erat distichon illud atque e x p o ­ si tum ». Se non che questo medesimo passo crea una difficoltà, perchè sembra provare « che il suo commento a Marziale era già stato consegnato in tipografìa e che comprendeva tutta l’opera del poeta, poiché l’epigramma, di cui è recata l’ illustrazione, entra nell’ultimo libro (XIV, 41). Noi invece nella Cornucopia stampata non posse­ diamo che il Liber Spectae, e il lib. I degli Epigr. »4 Ora il Mar­ ziale del 30 aprile 1473 non ha commento di sorta, nè questo allora 1 Cf, A. F irmin - D id o t , Aide Manuce et' l ’Hellénisme à Venise, (1875), 121 147 sgg. 2 Cf. SiMAR, «Musée Belge», 16, p. 194 sg. Il Sabbadini, cit. dal S. a p. 195, non dice di avere scoperto nell’Ambrosiana un codice « appartenuto al Perotti », ma che « tanto il testo quanto gli scolli si son formati nel circolo, a cui il Perotto appar­ teneva, e il copista e gli scoliasti erano umanisti romani » ( « Studi Ital. » X I, 339). 3 « Studi Ital. », XI, 337-339. Il Sabbadini annotò : « Leggi “ in Domitium Calderinum” ». Ma che Domenico fosse il vero nome di battesimo del Calderini provò G. Lavi, o. c., 14, 28 n. 1, 34 n. 4. Un probabilissimo accenno del Calderini alla stessa stampa v. avanti a p. 97 s.

4 Sabbadini, ib., 340.

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Fer la cronologia della vita di N. Peroni

uscì a parte; anzi, a testimonianza di Pirro1 (o di Niccolò mede­ simo sotto il nome di Pirro), il Perotti, benché pregato dagli amici e istigato dalle ingiurie dei nemici, non volle mai pubblicare il suo commento: «emendari duntaxat a suo caeteros codices passus est, plura etiam loca cognitu difficilia quaerentibus aperuit, edere com­ mentarios noluit ». Perciò ritengo che l’affermazione: « impressorum studio nunc transcribitur», si riferisca solamente al t e s t o del poeta e che così rimanessero corretti dal suo gli altri esemplari (quelli tirati a stampa), e mi figuro che il commento stesse in margine all’originale dato ai tipografi (forse una precedente edizione di Marziale corretta a mano1 2), di modo che potè mostrarvi al Ruffo le dilucidazioni dell’epigramma in questione. Tale commento però, con pochi secondari miglioramenti, si legge davvero nella Cornucopia, ma all’Epigr. 24 (ed. Aid. 1513, c. 769), sia poi che Niccolò in una redazione ultima ve l’abbia trasportato dal 1. XIV, sia che nella lettera a Pom­ ponio per soverchia brevità non abbia indicato il luogo esatto in cui aveva occasionalmente spiegato la « lucerna polymyxos » del 1. XIV. Ne segue pertanto - nell’ima e nell’altra ipotesi - che il Perotti aveva già nella primavera del 1473 condotto avanti il suo commento maggiore. La lettera a Pomponio difficilmente è anteriore a quella primavera: il Leto solo allora potè essere di ritorno dalla Russia.3 3. Se la lettera al Guarnerio, che l’Aleriense o non conobbe o non curò, fu impugnata solo più tardi assai, verso il 1480, dal Vi­ telli (v. p. 90), invece parecchie correzioni e spiegazioni di Marziale e di Plinio furono subito ripetutamente sottoposte ad acri e sprez­ zanti censure dal Calderini, naturalmente ripagato ad usura dal­ l’altero Nicco) >, senza che i due, pur designandosi ben chiaro ed attaccandosi personalmente, facessero mai il nome l’ uno dell’altro. A provocare la contesa, se ascoltiamo il Perotti, sarebbe stato lo stesso Calderini coi suoi plagi in proprio danno.4 Il Calderini

1 Nel proemio della Cornucopia. Sull’autore vero del proemio si discorrerà nel c. penultimo. - E Perotti non diede, no, ai compositori il suo, tuttora bello, codice Vatic, lat. 6848; nel quale del resto nè al f. 12 v (Epigr. 24) nè al f. 279 (1. XIV, 41) trovasi quella spiegazione cosi diffusa. 3 V. sopra, p. 82 sg. 4 V. il proemio della Cornucopia.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1478-1474)

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invece attribuisce a invidia e ad antica inimicizia, - da sè pazien­ temente sopportate tinche visse Ressarione, per ossequio al volere di lui e per altri riguardi, - gli attacchi incessanti di Niccolò alle sue esposizioni scolastiche, non complete nò limate a perfezione, di Marziale, che questi si andava procurando con frode dagli udi­ tori 1 e poi o ignorantissimamente fraintendeva o maliziosamente stravolgeva o diceva a sè rubate, mentre egli, il Calderini, nulla gli doveva, al contrario, più volte gli aveva, quasi arrossendo, in­ segnato delle cose le più ovvie, specialmente al ritorno in Roma dalla provincia. 1 2 Veramente non è così facile e sicuro stabilire con precisione il vero circa le origini e lo svolgimento della contesa, non tanto per l'appassionatezza, le esagerazioni e le contraddizioni dei due, quanto perchè gli scritti relativi del Perotti, all’ infuori della lettera a Pom­ ponio ritrovata di recente e del semplice cenno nel proemio della Cornucopia, sono perduti e appena si conoscono in parte attraverso le confutazioni dell’avversario, mentre di costui rimangono e furono più volte ristampate le apologie e recriminazioni. Non oserei pertanto affermare che la ricordata lettera a Pomponio sia la prima del genere. Al Calderini essa non isfuggi, e difatti nel commento all’epigramma 41 del libro XIV 3 egli risponde alle censure 1 « . . . et tanta cura tautaque sollicitudine corruptis auditoribus scripta nostra perquirat... Abortum a nobis rapit, quoniam partus formati pulchritudinem ac digni­ tatem inspicere non poterit... Hoc eum legisset in commentariis nostris, (pios, ut proposui, rudes ae impolitos quottidie surripit... ». Nella lettera a Corelio. 2 Nell’ A d v e r s u s B r o t h e u m verso la fine: « . .. hominis et pravitatem re­ fellimus et indicavimus ignorantiam, in quam — mihi credite — numquam tam turpiter esset lapsus, si ab officio non discedens mecuin de his disputasset ali­ quando, ut quottidie solebat quom primum e provincia rediit. Hectorem enim pomilionem suum singulis pene horis ad me mittebat consulebatque de rebus nonnumquam, in quibus docendis me eius vice pudebat: adeo pervulgatae erant et pueriles. Nam vel negotiorum occupationibus oblitus esse vel — quod magis existimo — numquam didicisse aliquid videbatur ». Alla grazia ! « Quom primum... » deve significare: «quando per la prima volta ritornò di provincia », anziché: «nei primi giorni del suo ritorno». Domizio quindi accenna agli anni 1469-1470 e viene a confermare che il Perotti da Viterbo tornò a risedere in Roma e si trovava ogni giorno con lui, naturalmente presso Bessarione. Dopo il governo di Spoleto Niccolò ben poco potè trovarsi col Calderini, che ritornò in Roma, al massimo, verso la fine del 1472 e ben presto si ruppe con lui. 3 Ivi, colta l’occasione, Domizio confuta pure la spropositata scrittura « salinis » (cosi, precisamente, l’edizione romana del 1478) per « salariis » introdotta dall'av­ versario in P linio , H i s t , n a t . , X X X IV , 11, e lo fa senza avvertenza o passaggio

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

di essa, che dice mossegli in iscritto («scribit»), ma non fa capire quando, nè cita esplicitamente la lettera. Invece nella « Defensio cum recriminatione in calumniatorem commentariorum in Martialem, quos nondum ediderat, ad Corelium patris amplissimi Cardinalis Nea­ politani nepotem » , 1 che aggiunse in fine al commento medesimo, Domizio dichiara di essere stato finalmente costretto a difendersi da una l e t t e r a violentissima, non rivela a chi diretta, nella quale l’avver­ sario aveva impugnato le sue lezioni e spiegazioni dell’ epigr. 42 del libro IX e talmente ingiuriato e provocato lui (come del resto faceva a voce) che egli, tacendo, sarebbe apparso un reo confesso. Inutile riassumere le risposte dell’uomo «esulcerato»: ricordo sola­ mente che egli all’ ultimo pigliando 1’ offensiva, dopo una punta al collaboratore dell’ avversario nella censura di Marziale, *1 2 attacca le correzioni e spiegazioni Perottine dell’epigr. 26 del libro X 3 ed ag­ aleuno, tanto che m’era sorto il dubbio, che egli confutasse un altro scritto, op­ pure che nel codice Ambrosiano la lettera fosse stata corretta da quello spro­ posito. 1 Forse Gurello Carafa figlio di Galeotto, sul quale v. B. A ldimari, Historia genealogica della famiglia Carafa, II (1691), 231 sg. Ma colui non sarebbe stato propriamente un nipote. Due lettere del Maturanzio a Corelio, del settembre 1474 circa, nel Vatic, lat. 5890, ff. 93 v e 95 (cf. « Bibliofilia », X X V I, 294 n. 5). Un anno (o due?) dopo, Corelio, mosso ed appoggiato da Guamerio Quernario e da Cor­ nelio Raptense, invitò presso di sè il Maturanzio, ma questi se ne scusò con le lettere ai due suoi amici conservate nel cit. Vatic. 5890, f. 61-63. La 2a fu stam­ pata dal I annelli, In Perottinum cod. , p. xlv , in nota: «A d Nicolaum Rapsensem Neapolitanum » (così egli). 2 « Multa praeterea apud hunc poetam aut inscitia parum intellecta aut teme­ ritate depravata ex nobis et in superiores novem libros [così] didicit et post hac audiet, quae dissimulare non potest. Nam quod illius in censura collega et laboris, quem olim divinum praedicebant, sotius e d id it, in m a n ib u s est; in quo ali­ quando ipse veniam impetrat, cum sermonem latinum nondum formaverit ». II pe­ riodo non è molto limpido, ma pure vi è evidente l’allusione ad un compagno del Perotti nella correzione di Marziale ; ora un tale, fuori di Pomponio, che certa­ mente lo fu a detta di Niccolò medesimo, non si conosce. Perciò, anche se non si fosse ritrovata la lettera a lui contro Domizio, non avrei potuto seguire G. L e v i , o. c., 43, che negò essere stato il Leto coinvolto nel litigio. 3 II P. invece di « Paraetonias Latia modo vite per urbes Nobilis » aveva scritto « . . . lata modo v oce... » contro i codici e contro il senso. Nel Vat. 6848, f. 208, P. ha mutato « latias » in « lata », ha lasciato però o rimesso « vite » (la parola è ritoccata; ma non si vede bene ciò che leggevasi prima del ritocco) e chiosato, come il Calderini : « quia centuriones vite utebantur ». Gli errori che diedero l’occa­ sione alla congettura infelice, furono quelli che si trovano, ad es., nell’Ottob. lat. 1188 (con scoli di Pomponio), f. 157, e nel Vatic, lat. 2823 (scritto nel 1466 da Oliviero Palladio), f. 122: «latias m. vite», ovvero «...iu re » (Vatic, lat. 1628).

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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giunge che dentro pochi giorni potrebbe indicare oltre 200 errori commessi da lui nella traduzione di Polibio e nella correzione di Marziale e' di altri scrittori e toccarlo anche nei costumi se volesse.1 La Defensio, composta mentre Domizio non aveva nella Re­ cognitio o revisione definitiva del commento oltrepassato ancora il libro V I ,2 dev’essere anteriore di parecchio al 1 sèttembre 1473, data della fine del commento,3 e spettare al tempo in cui ancora spie­ gava il poeta in iscuola, 4 ma non ardisco riportarla avanti il marzo, come mi aveva persuaso il passo : « Curio puer meus, quem h o c an η ο e G a l l i a d u x i [e gli faceva da copista], hunc locum totum transcri­ psisset, si iussissem », come se fosse certa la rientrate, di Domizio in Roma d e n t r o l’anno 1472 (col feretro di Bessarione), e non al principio del 1473 5 (dopo una scappata in famiglia a Verona o altrove?), oppure certo l’uso dello stile veneto o del fiorentino in quel passo. Poste­ riore ad ogni modo essa è al ritorno di Niccolò Modrussiense in Roma dall’Oriente, - che fu probabilmente nella seconda metà del gennaio 1473,6 - perchè Domizio vi ricorda le censure che il Perotti aveva mosse presso Corelio e il Modrussiense alla sua ■spiegazione dell’epigr. 39 del libro II. Direi che ella cadde nelle ultime settimane della stampa di Mar­ ziale curata dal Perotti e quindi circa il principio dell’aprile 1473, se a questa ed. veramente, come credo, e non ad una delle solite trascri1 « Illud certe multis testibus liquido affirmare possum, me intra paucos dies supra ducenta eius errata in lucem prolaturum, ex quibus aut in Polybio perver­ tendo in fa n te m aut in Martialis et a lio r u m castigatione censorem iniquissimum plane agnoscas. Quid si de moribus disputare voluerimus? deeritne scribendi argu­ mentum an verba?» La menzione del Polibio sarebbe bastata anche da sola a rivelare l’uomo che Domizio combatte senza mai farne il nome. 2 « De scriptis meis concipiat animo et meditetur quae velit, quando perfecta fuerint: quod ego quoque co ra m dixi. Vix sex librorum interpretationem, quae apud nos est, hactenus recognovimus. . . ». 3 E la data scritta in fine dei commento nel codice di presentazione a Lo­ renzo de’ Medici, ora Laurenz. LIII, 33; cf. B andini , II, 624; G. L e vi , o. c., 32, n. 2. Questi però a p. 11, n. 2, non tiene « gran conto » di quella e d’altra simile annotazione utile a fissare l’età di Domizio, ma, credo, a torto. Le note vengono dal Calderini, che ci teneva a far capire che egli, nonostante la sua giovinezza, dava lezioni ad uomini anziani e famosi, come appare dalla chiusa del commen­ tario all’ Ibi Ovidiana e dalla dedica del Giovenale a Giuliano de’ Medici. 4 V. sopra, p. 95, n. 1. 5 Allora in Roma si trovò di certo; cf. G. L e v i , 34. 6 V. « Bibliofilia », X X V I, 263.

G.

M ercati

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Perotti.

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Per la cronologia delia vita ili X. Perotti

zioni ii mano accenna il Calderini nel passo: « Superioribus diebus cum apud librarios [copisti * stampatori ?J ex Martialis codice [o ms. ο di anteriore stampa] eius manu emendato η ο n u m et d e c i m u m (libruni) l e g a m i ... Monebis igitur statina depravatum locum recogno­ scat, ne uno exemplo compluribus menda imprimatur». La Defensio a Domizio sembrò così efficace e sufficiente da rimandare ad essa mon senza qualche botta forte all’avversario) tanto nella dedica del commento di Marziale a Lorenzo de’ Medici, quanto nella lettera a Gian Francesco Gonzaga che prefisse alla stampa di esso commentario nel marzo 1474, 1 e da rinunziare, sul consiglio di Giovanni Ludovico Toscano e Marco Lucio Fazini, al­ l’edizione del libretto promesso sopra i duecento e più errori pue r i l i e patenti del calunniatore.4 II Perotti invece nè si persuase nè s' intimorì, ma con una serie di lettere, talune lunghe ed una lun­ ghissima t « longa, longa, perlonga»), seguitò ad impugnare ora questa ora quella delle lezioni e spiegazioni del Calderini, sia poi che le ricavasse da quaderni o dalla bocca di scolari sia che dal commento definitivo pubblicato in manoscritto nell’estate 1473. Tanto che Do-1 2

1 G. Levi. .‘37. n. 2 dalle parole di questa lettera: «Non fuissent [ora, nella stampa del 1474] tot exemplis editi commentarii nostri, quos superiore aestate emi­

seramus. nisi tu ex magna parte impulisses», ha dedotto che una prima stampa, sconosciuta affatto ai bibliografi, era uscita in quella estate. Ma allora non erano peranco equivalenti, come addesso, licenziare al pubblico un' opera e stamparla. Domizio diede fuori Γ opera, quando la mandò ms. a Lorenzo, e probabilmente ad altri ancora : come nella successiva estate diede fuori il Giovenale mandandolo ms. a Giuliano de’ Medici, benché la stampa ne uscì solo durante Γ anno 1475. Difatti la lettera al Gonzaga non si trova nel codice Laurenziano LIII, 2 (B andini , II, 578), e nemmeno nell'Urbin. lat. 348 e nel Barberiniano lat. 176, dell’ an. 1487, del quale perciò dubito se esso sia una semplice copia delle edizioni del 1474 e 1480, come l'ha detto Simau, «Musée Belge», 16, p. 213. 2 « Paratus est, ita me Deus amet, ad editionem libellus, quo supra ducenta eorum errata, et ea quidem cum puerilia tum aperta collegimus, quod altera epi­ stola facturum pollicitus sum, edidissemque, nisi Ioannis Ludovici Tuscani et Marci Lucii Facini consilio usus essem,' quorum uterque et doctissimus et mei amantissimus me iniurie oblivisci maluit quam ulcisci». Poco prima ha indicato vari di tali «errori», che non tutti si trovano nel Vatic. 6848 e converrà forse cercare nell’ ed. romana del 1473. « Quid enim falsum esse demonstrare oportuit Laureolum apud Martialem {Sped. 7, 4) mimum esse, syrios tumores (IV, 43, 7) callum ser­ vorum, lacertum Saxetanum (VII,- 78, 1) idest inter saxa versantem; «Vare, Paretonias lata voce » pro « Latia vite » (X, 26, 1) ; « mensis sorptita secundis » pro « scriblita > (III, 17, 1) ; « Clemens Eliconis in oras » pro « Elicaonis oras » (X, 93, 1) ; « Quae cuperent partius esse sua » pro « quae cuperet Paetius esse sua » (XIV, 78).

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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inizio alla fine si accinse ad un’opera polemica in q u a t t r o l i b r i , 1 « in quibus [forsn e quarto] non solum quae multis epistolis calum­ niando et invértendo obiiciunt tacile confutavimus, sed ita eorum coarguimus ignorantiam, ut inducentis et septuaginta quinque locis Plinianum codicem, quem Brotheus [il Perotti] imprimi i ussit, de­ pravasse fateatur necesse sit ». Egli era già avanti nella composizione dei libri terzo e quarto, anzi aveva quasi compito l’ opera («opus nostrum iam pene absolutum est»), allorché per le insistenze degli amici che reputarono necessario reprimere la sfrenata maldicenza e temerità dell’ avversario e di due suoi leggerissimi e screditati seguaci,1 23e per l’assenza momentanea del suo copista3 s’ indusse a pubblicare frattanto « aliquid... quo suae levitatis et ignorantiae mo­ neatur, cuius dedecus et infamiam, libris nostris editis, vix ferre poterit miser rectis sensibus, nisi omnino dissolutus sit et plane per­ ditus ». Questo «aliquid», questo saggio di «castigazione» è la « D e ­ fensio adversus Brotheum grammaticum commentariorum Martialis calumniatorem, cum recriminatione re taxationis Plinianae in qua Brotheus ducentis et LXXV locis praestantissimum scriptorem de­ pravavit », aggiunta al commento di Giovenale, che fu data alla luce

1 Dev’ essere l’ opera medesima che egli cosi descrive nella dedica del com­ mento dell’ Ibi pubblicato per le stampe il 7 settembre 1474 (Hain, 4242). «Sediis satis respondimus iis libris, qui in manibus sunt et propediem edentur. Quorum p r i m u s locorum omnium, quae apud Iuvenalem obscuriora sunt, explicationem continet, ne Paradoxis paulo ante emissis [di Angelo Sani], quae profecto sunt plane παρά τήν δόξαν ac sententia(m) Iuvenalis, studiosi aliud prave discant quom Iuvenalem quaerant; r e l i q u i s t r i b u s novarum variarum rerum commenta­ tionem complexi sumus, ubi ita egi cum adversariis, ut et me patientiae meae qua iam diu abutuntur non poenituerit et istos pudere oporteat stulticiae suae ac temeritatis. Satis eorum ducem et impulsorem olim per l i t t e r a s monui ne in maledicta incurrat; in quibus declinandis non minus prudentiae existit quam in ferendis fortitudinis et constantiae». G. L evi , p. 46, ha compreso che si trattasse di « tre libri di osservazioni varie » in tutto. 2 L ’ uno dei due è certamente Cneo Angelo Sani sabino ; v. G abotto e B adini Confai.., 309; G. L evi, 43. L ’ altro non potrebbe egli essere il Ruffo, che riferì al Perotti l’ interpretazione Calderiniana della « lucerna polymyxos > e fornì la materia della lettera a Pomponio, oppure Tito .Manno Veltrio da Viterbo, il raccoglitore delle lettere Perottine ? Che il Leto facesse il galoppino e l’ emissario come quei due, non lo credo nemmeno io col Levi. 3 « Sed quum librarius meus nunc absit ab Urbe, quem intra triduum spero affuturum. . . ». Un ritardo di tre giorni non doveva poi sembrare un gran che anche al più ardente Calderiniano. . .

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

insieme con esso il 1° settembre 1474 e uscì con esso per le stampe di Venezia nel maggio successivo (Hain 9688, cfr. anche 4239). Il Calderini, sebbene vi si rivolga sempre all’avversario (che in un passo 1 nomina pressoché precisamente) all’ infuori del principio e della fine, l’ indirizzò ad « Elio e Marco Fosforo », cioè (se non erro) a Giovanni Ludovico Toscano e a Marco Lucio Fazini che l’ave­ vano l’anno prima trattenuto dal pubblicare il libello dei 200 e più errori : come Fosforo è il nome accademico ben conosciuto del Fa­ zini, 1 2 così mi sembra probabile che Elio sia il nome accademico del Toscano.3 Dopo un esordio di lamenti, di rimbrotti e di minaccia Domizio, «reliquis in alterum opus coniectis», confuta, per ora, delle molte lettere dell’avversario solo sette che erano contro sette sue spie­ gazioni dei seguenti passi : Martial. XIV, 14 seg. ; VII, 92 ο XI, 85; XIV, 219; XIII, 6; Iuven. VII, 79-81; Martial. IV, 19, 9 e 61, 6-8, e alla fine, per ritorsione, vuole intanto rilevare sette delle corruzioni, non correzioni, che esso aveva perpetrato nell’edizione di Plinio, ma gliene sfuggono due in più : « Nimirum hi duo me imprudente et invito ex tanta turba elapsi sunt. Properant in lucem venire omnes, - sunt autem ducenti et septuaginta quinque, - ut cito audiantur; nam incre­ dibili consensu conspirarunt ut te tam praeclari autoris sicarium accu­ sent et damnent. Id ut celeriter fiat operam dabo », e quasi pregu­ stando la voluttà della vendetta aggiunge : « circumstabunt irati, et tamquam Eumenides, ut in fabulis est, faces admovebunt ac fiagitiorum tuorum conscientia te torquebunt et cruciabunt » , ecc. 1 « Miror... cur perunctum (me) appelles nomine proximo tuo gentilitio. Nam perunctus et perosus finitima admodum sunt atque eadem. Immo hoc plane tuum est. . . Si contumeliosum, tibi tantum convenit, vel ob nomen gentilitium, quod paucis litteris immutatis idem est». Nel proemio della Cornucopia, come appare dal co­ dice Urbinate latino 301, dopo «vilissimum pedagogulum (il Calderini) » era stato scritto: « g e . . . . e perunctum », ma le due parole furono raschiate lasciando tut­ tavia al margine «Perunctus», e non passarono nella stampa. 2 Su lui V. Zabuohin, I , 160 sgg., 330 sg g .; Z i p p e l , L e Vite di Paolo II, 182, n. 4; S imar, « Musée Belge ». 16, 201 sg. (l’ epigr. citato ivi nella n. 1 come edito è precisamente quello che poi stampa a p. 202, ma con l’ errore « tetrices » e con l’ omissione di « bene » nel v. 12: « nunc bene Marce legi »), e 210. A p. 210 leggasi

« Phosphorus » , άνολβίοο e φωσφόρου, e si noti che sopra « ignoscas rogo » l’autore scrisse d ip o i m eglio: «ascribas ca v e », come prima corresse « trucesque cure » da « crucesque [di]re (?) ». 3 Milanese; avvocato concistoriale e uditore delle cause della curia della Ca­ mera Apostolica ; mori, come il Calderini, nel 1478. V . W . v. H o f m a n n , Forschungen zur Cleschichle der Kurialen Behorden, I I , 91; A r g e l a t i , Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II, 1506 sg.

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Vr. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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Dopo questa minaccia ripetuta con tanta spavalderia ognuno avrà atteso la grande confutazione che doveva svergognare Broteo, ma seguì nulla, nonostante che il Perotti continuasse a mandar fuori le sue epistole anche da Perugia. Il Calderini nella dedica del com ­ mentario delle Selve finito il 1° agosto 1475 1 dava bensì una botta a Broteo, «che un giorno .chiamerò col suo nome conosciuto», ma diceva di avere risposto abbastanza ai propri detrattori « p r i m o l i b r o observationum nostrarum:1 2 quod opus magna cura susceptum, perquisitis multarum rerum rationibus et quoad potuimus explicatis, p r o p e d i e m e d e m u s » (e non ne stampò mai se non un saggio dal libro III), e non faceva più parola dei quattro libri contro Broteo. Fu quella « forse una vana minaccia», come insinuò il Levi a p. 47? Mi ripugna il supporre Domizio cosi bugiardo e vorrei piuttosto cre­ dere che egli, non piu irritato dalla presenza e maldicenza del Pe­ rotti in Roma ed esaminato meglio tutto, finì per avvedersi che Nic­ colò non era poi così ignorante e sciocco come nell’ ira l’avea dipinto, e che la lotta non era nè così facile nè senza rischi nè onorevole, e lasciò cadere il libello, riportandone ciò che v ’era di sostanziale nelle Osservazioni.3 Adunque risulta dagli scritti del Calderini che il Perotti prima del settembre 1474, quindi ancora in Roma, diede fuori mol t e let­ 1 Cf. H a i n , 14976 e 4244. « Meditandum et disserendum potius quod nostris hominibus utilitatis plus afferat, quam iurgiis et convitiis concedendum; quibus instructus Brotheus (hunc autem aliquando suo nomine et noto appellabo) nos in laudis possessione iaindiu frustra oppugnat. Nimirum furoris et invidiae isti im­ petus sunt, non doctrinae, non fortitudinis » ecc. V. però sopra, la nota 1 di p. 100. 2 « Quibus satis respondimus primo » ecc. Anche solo per questo io non credo, come credette G. L e v i (cf. p. 48 con p. 46), che si tratti dell’ opera in q u a t t r o libri ( tutti contro o il Sabino o il Perotti), che Domizio indicò nella dedica delVlbi e nell’Jdi’. Brolheum ; v. sopra, p. 99. Le osservazioni erano in tr e libri («varietas observationum nostrarum, quas nuper t r i b u s libris collegimus»: così nella dedica dello Stazio), e Γordine ed argomento di essi era diverso: «Alterum [opus; così nel/' epilogus a Francesco d ’Arctgonci stampato in fine dello Stazio] est latinis litteris elucubratum, quod observationes inscripsimus, t r i b u s volumi­ nibus: quorum primum continet t e r c e n t o r u m l o c o r u m e x P l i n i o explica­ tionem; secundum, quidquid observavimus parum ab aliis traditum apud p o e t a s omnes; tertio [legg. tertium] quae collegimus et observavimus apud C i c e r o n e m , F a b i u m , L i v i u m et s c r i p t o r e s omnes reliquos». A queste osservazioni deve alludere il Calderini nella lettera al nipote (vedila in G. L e v i , p. 84 e cf. p. 51, n. 8 ), in cui del pari nomina subito prima la traduzione di Pausania. 3 V. la nota precedente e si badi al contenuto del 1. I (specialmente ai 300 luoghi di Plinio spiegati) e del II.

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Por la cronologia della vita di N. Perotti

tere contro di lui, delle quali talune lunghe, e che anzi se n’ era annunciata la raccolta in un libro assai grande. 1 Si può stare certi che tal libro fu il « volume delle lettere Romane » menzionato dal Perotti. o zio o nipote, nel proemio della Cornucopia1 23 e dal Maturanzio, segretario di Niccolò, in una orazione recitata a Perugia, nel dicembre 1475 o 1476::i un altro simile si fece di poi con le lettere scritte, sempre contro Domizio, da Perugia, il « volume delle lettere Perugine», menzionato dagli stessi scrittori. Probabilmente ne fu il raccoglitore, o si prestò a mostrarsene il raccoglitore, Tito Manno Veltrio viterbese, a cui Niccolò rese grazie quod post epistolas nostras, quas tanto studio collegisti, ver­ siculos etiam nostros collegeris».4 Se tutte egli diresse ad Angelo Sabino, come pensarono i biografi del Merula, p. 307 sg., o non piuttasto a diversi secondo l’occasione, come dà a supporre la superstite lettera a Pomponio, e se di ogni vero o creduto errore fece argo­ mento d’ima lettera come parrebbe dalle otto lettere confutate da Domizio nellvlifr. lirotheum non si può affermare: le lettere, che nel 1501 si conservavano forse ancora in un esemplare posseduto

1 Ailv. lirotheum ; «H i Brothei grammatici epistolarum inani numero glo­ riantur: libellum praegrandem f o r e denuntiant: in compitis ostentant ». Non veggo come si accordi « fore » col resto. Ad ogni modo Domizio conosceva già bene le Ietterò stesse - isolate? - che sceglie da confutare e confuta. 2 Recognosci autem furta faciliime poterunt ex errorum multitudine, cuius commentarii eius undique scatent; quorum bonam partem patruus meus duobus epistolarum, Romanarum scilicet ac Perusinarum, praeclaris voluminibus ostendit». 3 Ed. molto male da V bhmiglioli, Memorie di Jac. Antiquary, 303 sg., tanto che il passo è quasi inintelligibile. Lo scrivo così: «Vidimus (ut alia, quae enu­ merare longum esset, omittam) quas Romanas et quas Perusinas vocas epistolas, quibus ineptissimi et levissimi hominis peruncti - qui quod cito nimis et illotus e [illatus est et/.j culina prodiit merito unctus fuit - pueriles iure optimo insectaris errores vel detegis potius. Martialem in illis, poetarum suavissimum, Iuvenalem, Plinium, Colummellam et poetas alios atque oratores, imino omne studiorum genus depromis, manifestas, declaras; rerum appellationes, paucis vel potius nullis aetate nostra notas, quae e curriculo iam ceciderant, in lucem revocas; quas studiosorum oculis ineptissimus rabula tenebras iniecerat, pellis quotidie et inhaerere non sinis». 4 Ed. M a i , Çlassici auctores, III, 280. Dal seguito appare che Niccolò, all’occasione e al proposito della raccolta delle lettere, avrebbe scritto a Tito (« ut ad te alias de epistolis scripsi » ) scusando le indecenze - le ingiurie e violenze o le osce­ nità? - che vi si contenevano (questo almeno mi pare vada sottinteso), come nella nuova lettera a lui scusa le indecenze dei versi giovanili e lo eccita ad informare i lettori che egli non li ha composti da vescovo.

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V. - Il Perotti di «u ovo a Roma (1473-1474)

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da Pietro Demetrio Guazzelli di Lucca, custode della Vaticana, 1 sono totalmente perdute e non se ne ha altra memoria. In esse, al dire del Maturanzio, oltre al dissipare le tenebre ammassate dall’av­ versario, egli illustrava poeti ed oratori antichi, nominatamente Mar­ ziale, Giovenale, Plinio, Columella, e spiegava le parole disusate' e non più intese da alcuno, come del resto veramente suol fare il Pe­ rotti, con una pedantesca minuziosità e diligenza, nella Cornucopia e nei Commenti. 4. Posteriore al commento delle Selve, anzi posteriore alla raccolta delle lettere fatta dal Manno - forse la raccolta delle lettere Romane del 1473-1474, - è 1’ Epitome o raccolta di favole di Fedro e di Aviano e di poesie del medesimo Perotti, che è del pari dedicata al nipote Pirro « adolescentem suavissimum » .1 2 Dico la r a c ­ c o l t a , non le poesie medesime (chè queste in parte, probabilmente la maggiore, 3 sono degli anni giovanili), sia poi che la facesse rac­ cogliendo davvero in un codice gli sparsi carmi propri, sia che sem­ plicemente ripigliasse il quaderno o zibaldone in cui le aveva in vari tempi scritte come capitava, e lo pubblicasse premettendovi la dedica a Pirro e la lettera a Tito Manno Veltrio da Viterbo, 4 forse il famoso Annio, secondo che sospettano Gabotto e Badini Gonfalonieri (o. c. 300, n. 3) e L. Frati («Giorn. stor. », LIV, 398). Difatti Niccolò - così tenero verso il nipote che sembra credesse di non avergli dimostrato mai abbastanza stima ed affezione - se già aveva composto per Pirro («quos c o l l e g i ut essent utiles tibi t u a q u e c ausa legeret posteritas») e dedicato a Pirro l’ Epitome 1 Nell’ inventario ed. da Mgr. P. Guidi in Miscellanea Fr. Ehrle, V, 213 al n. 79: «Epistole Nicolai Perotti. In carta banb(acina), a penna». Di una colle­ zione di lettere Perottlne fuori delle Romane e delle Perugine non si ha, che io sappia, notizia alcuna. 2 I a n n e l l i , Cori. Perottinus, p. 1. Nell’ultima edizione che ho visto della Geschichte 1er Bomischen Literatur del T e u f f e l , II (1910), 212, § 284, 4, V Epit. è posta « circa il 1450 », e similmente dal T h i e l e , Die Phadrus-Excerpte des Kardinals [! !] Perotti in « Hermes », XL VI (1911), 633, « alla metà c. del secolo xv ». Fa pena tro­ vare in critici, del resto molto rispettabili, come il Thiele e Γ Her vieux, svarioni tanto grossolani, che scuotono la fiducia nella loro erudizione ed accuratezza, 8 Tuttavia non si dimentichi che nell’ Epitome si ritrova appena un terzo del libro degli epigrammi giovanili a Sigismondo Malatesta, conservato nel Vatic, lat. 186 (v. sopra, p. 38 sg.), di cui taluno quasi totalmente rifatto, come il 23, divenuto l’epigr. 24 dell'Epitome presso I a n n elli . 4 I a n n e l l i , 1. c., 247; Mai , Classici auctores, III, 280 sgg.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

( « h o n o r i et m e r i t i s dicavi illos tuis»), non avrebbe di certo omesso di rammentarglielo nella dedica dello Stazio, come gli ram­ menta di avere composto per lui e a lui dedicato i Rudimenta gram­ matices. Inoltre nella stessa dedica dello Stazio Niccolò afferma di avere per buoni v e n t i anni, ossia dal 1 4 5 4 al 1 4 7 3 , tralasciato lo studio dei poeti; ciò che non sarebbe vero se coH’Hervieux, I, 10 3, e col Moroncini, p. 5 4 , si mettesse la composizione e la fine dell ’Epitome nella prima metà di quel ventennio, circa il 14 6 3 . Ancora, mentre Pirro al tempo dei Rudimenta (1 4 6 8 : figuria­ moci poi al 1 4 6 3 !), è detto ancora «un fanciullino », nell ’Epitome invece appare bensì un giovane, ma padrone di sè, perchè tiene un servo, attore e vittima d’una sconcia avventura, su cui purtroppo Niccolò, vescovo, scherza crudamente nell’epigramma « De Gallo Ae­ thiope, servo Pyrrhi Perotti, cum puella deprehenso » (cf. Iannelli, p. 2 8 6 , n.° 1 3 8 ). Perciò si deve essere parecchi anni in qua dal 14 68 . Nè questo epigramma e la dedica1 sono i soli versi dell’Epitome posteriori al 1 4 6 3 . Lo debbono essere pure i versi pieni d’improperi a colui: Qui non perpetuo nomen veneretur honore, P y r r h e Perotte, tuum teque, Perotta domus, 2

e quelli recitati ad un pranzo (in Roma ?) da Pirro ancora « tenero sub aevo», a cui 11 11 rispose Domizio Calderini (1 4 4 5 C .-1 4 7 8 ), ve­ nuto - come sembra - a Roma circa il 1 4 6 7 . 3 1 Anche 1’ H e rvieu x , I, 104, sentenziò che la dedica fu da Niccolò « com­ posta sette o otto anni prima della sua morte». 2 I ann elli , 254; Ma i , o. c., Ili, 301, dove per isbaglio è stampato « tuum t e m p o r a » , contro la chiara lezione del codice Urbinate e della stampa Napole­ tana. L ’epigramma « de Saxoferrato » (I ann ., 260), che sarebbe, com’è stampato, non laudatorio della famiglia Perotti, è invece contro i Sassoferratesi, dei quali non sempre ebbe a lodarsi il Perotti, dovendosi leggere evidentemente come nell’Urbin. lat. 368, f. 127 v : Urbem Sentinam veteres dixere Latini; Saxoferratum saecula nostra vocant, Hinc quia progenies gentis ftiit orta, Perotte, (ed. orta Perottae) Saxea quae nimis est ferrea quaeque nimis.

3 I annelli , 266 sg. Cf. G. L e vi , o. c., 19. Una prova certa che Domizio fu in Roma prima dei 146« si ha nelle poesie romane di Callimaco Esponente (Filippo Buonaccorsi) che dovette fuggire da Roma alla fine del febbraio 1468 ; una di esse è diretta a Domizio. V. sopra, p. 56, n. 1.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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Ma c' è un imbroglio sul quale non conviene passare oltre. Secondo la lettera del Perotti a Manno Veltrio, non egli ma il Viterbese avrebbe raccolto le sue poesie, dopo che lo stesso ne aveva già raccolto le lettere. 1 Così il Perotti si sarebbe limitato a dedicare al nipote una Epitome formatagli da un altro, che avrebbe fram­ mischiato stranamente delle favole antiche alle sue poesie, come se anche quelle fossero di lui ; Epitome che il Perotti nondimeno avrebbe riconosciuto insomma per sua opera col metterle in testa quella let­ tera e la dedica. 1 2 Anche tralasciando di chiedere come mai in tale caso, senza l’aiuto dell’autore, avrebbe potuto quell’estraneo avere in mano pic­ cole poesie di tempi e luoghi diversi e lontani, a cominciare dal periodo bolognese sotto Niccolò V, e come il Perotti non avrebbe punto eccepito contro quella confusione, si oppone all’asserto della lettera il manoscritto napoletano dell’ Epitome, autografo a giudizio dell’Havet, dell’Hervieux, I, 130, del Thiele, p. 635, e del Bassi,3 (e lo credo ancor io alla vista dei mediocri facsimili forniti dall’Hervieux alle pp. 78-81 del t. Π); manoscritto che è un vero zibal­ done, nel quale le diverse poesie furono « aggiunte le ime alle altre, senza verun ordine, a intervalli più o meno distanti » 4 di tempo e furono aggiunte anche la lettera al Viterbese e la dedica a Pirro. Se ciò è -tutto vero - e chi ha sotto gli occhi il codice Napole­ tano può farne la prova, - allora è necessario dire che il Perotti si limitò a dedicare al nipote e a pubblicare il suo zibaldone cosi

1 « Quod post epistolas nostras, quas tanto studio collegisti, versiculos etiam nostros collegeris et in libellum disposueris, ago tibi immortales gratias : intelligo enim q u a n ti n o str a o m n ia facias, quam nos ames, q u a n tu m la u d i et g l o ­ ria e n o s t r a e c o n s u la s » . Ma i , o . c., III, 280. Anche alla fine: «longe plura in his erunt quae la u d a r i m e rito p o s s in t » ! 2 L ’ S ervieux , I, 130 sg., invece suppone essere il codice Napoletano una seconda copia fatta dall’autore per il Veltrio, dopo una prima copia destinata a Pirro; ciò che non ha l’ombra della verosimiglianza, se fu davveroM Veltrio a for­ mare la raccolta, come Niccolò pretende far credere. 3 Phaedri fabulae, (1918 c., nel Corpus scriptorum latinorum Paramanum) p. vii. Così pure A. Brenot , Phèdre, Fables (1924), p. xi: « autographe, remonte ii 1465-1470». 4 H ervieux , 1 , 188. Egli nondimeno a p. 129 mostra di credere che le poesie vi siano disposte in ordine cronologico. Ma non è così. Difatti il carme 44, del 1452, e il 6 8 , del 1453 c., vengono dopo il carme di Niccolò già vescovo (1458) : « Ecce Sy p on tin i iussu tua dona redimus », e al carme 152, dell’anno 1463, precede il 141, quello, senza dubbio posteriore, sul servo del nipote Pirro.

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ÌO G

Per la cronologia della vita di N. Perotti

com’era, con le proprie poesie e le favole antiche trascrittevi fra­ mezzo non senza infedeltà, e che la lettera prefissa al Viterbese ò un ripiego, preso facilmente d’accordo con quest’uomo, o confidente o cliente, per non sacrificare, come avrebbe fatto se amava davvero l’onestà, le poesie licenziose, senza tuttavia compromettere direttamente la propria vita e dignità di vescovo, alla quale sentiva egli stesso che quelle poesie disconvenivano troppo.1 Perciò apparisca che un altro abbia fatto la raccolta e soddisfi egli all’obbligazione di far sapere che quelle erano poesie di gioventù, anteriori all’episcopato, quindi scusabili se erano licenziose. 1 2 Sarebbe mai per questo me­ desimo scopo che il Perotti nella Cornucopia 3 ripetutamente rileva che le favole erano opera giovanile? Non ragioniamo del poco senso morale che si rivela in tutto questo e nell’atto di mettere delle poesie lascive sotto gli occhi del giovane nipote, come se non vi fosse alcun male intrinseco e se colui e gli altri non fossero più capaci di meravigliarsene e di patirne scandalo. Torniamo piuttosto a rilevare che la lettera a T. Manno, tut­ toché non sincera a mio credere, attesta che prima della raccolta

1 E nella dedica dello Stazio e nel proemio della Cornucopia, allorché si scusa di commentare Marziale, egli tradisce lo stesso senso. Evidentemente non era del tutto tranquillo o per lo meno capiva che la cosa, non ostante la licenza gran­ dissima d’allora, si considerava non convenevole ad un vescovo. 2 «Sed providendum tibi est ne cuius i m m o r t a l i t a t i tantopere studes, eius p r a e s e n ti existimationi non mediocriter detrahas. Sunt enim, ut ad te a lia s de e p is t o lis s c r ip s i [dunque anche in esse ve n ’ erano delle censurabili], inter versiculos nostros a liq u i, quos olim adolescentes lusimus [anche quello de Gallo A eth iope...»?], qui si h ac a e t a t e et professione nostra scripti a nobis viderentur, iure fortasse reprehensione digni putaremur: relati vero ad eam aetatem n ih il quo c u lp a r i p o sse m u s h a b e r e n t ... D a igitur op er am ut intelligant legentes, quae adolescentibus nobis et nulla adhuc dignitate praeditis exciderint, quae hac a e ta te s c r ip ta s i n t » . Dunque vi sono anche dei versi composti di recente. 3 Sull’epiffr. 105 (— I, 7 5 ) di Marziale (ed. 1489, f. 342 v; e cosi nelle altre e nel cod. Urbln. 301, f. dcxu iii r) : « Allusit ad fabulam, quam nos ex Avieno [sic] in fabellas nostras a d o le s c e n t e s iambico carmine transtulimus; Olim quas vel­ le n t...» (P haedr ., III, 17). E alfepigr. 2 ( = Sped., II, v. 7; ed. 1489, f. 72 v; ed. Aid. 1513, coi. 202, e nel cod. Urbin. 301, f. cxxvi): « . .. quod notari ex epi­ grammate potest, quod a d o le s c e n t e s ex P h a ed ro lusimus: Mercurium ho­ spitio...» (Append. IV). Il primo passo è notissimo e fu più volte discusso da avversari e da sostenitori delle favole nuove e del Perotti (v. I annelli, In Perott. cod., xxvi sgg. ; H ervieüx , I, 141, ecc. ; Moroncini, 53 sgg.) ; dell’altro invece non si fa nè uso nè ricordo, benché (lo si noti) vi si riferisca una delle favole nuove, e non con errore nel nome dell’autore, come nel primo passo.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1478-1474)

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delle poesie n’era stata fatta una anche delle lettere del Perotti delle Romane almeno, ho insinuato sopra - ed ancor questa dal medesimo Manno ; se in verità, o solo in apparenza, come per ΓEpitome, è vano cercare. Se la congettura per caso si confer­ masse, converrebbe far discendere la pubblicazione dell'Epitome all'estate del 1474 almeno. Comunque, ancor vivo Federico duca d’Urbino. un esemplare dell’ Epitome quale sta nel codice Napoletano, non però l'originale medesimo di Napoli già sciupato dall’umidità, come pretende il Thiele, 1 fu calligraficamente ricopiato da Federico Veterano biblio­ tecario del duca, ma, secondo il suo solito, poco correttamente, nell’Urbin. lat. 368. Questo codice il Thiele volle assegnare all’anno 1517 circa, ma non badò che esso già compare nell’ inventario com­ pilato poco dopo la morte di Federico, * e che il duca elogiato nella sottoscrizione metrica del Veterano è manifestamente il generoso Federico e non lo sparagno Gnidubaldo, poco amato e lodato dal povero bibliotecario.1 34 2 5L ’originale del Veterano, lo si può dire con cer­ tezza morale, dovette essere quell’esemplare in c a r t a e legato in rosso, che stava fra i «libelli sati s o r n a t i qui erant in alia bi­ bliotheca» del duca, 1 e da ciò appare che era una copia di p r e ­ s e n t a z i o n e e di un certo lusso, quale non è il codice Napoletano. 5. Nel mezzo del contrasto fra i due umanisti era morto, addì 5 gennaio 1474, il cardinale Pietro Riario. Alle sue esequie, ch'ebbero luogo nella chiesa dei Santi Apostoli, il Perotti recitò il discorso.

1 L. c. La data vera del codice Urbinate, se pure fosse una copia immediata del Napoletano, ciò che non credo punto, mi pare non lasci probabilità all'idea del· Thiele, che questo codice fosse di già illegibile. A spiegare gli spropositi basta il fatto che un cattivo ed audace copista era il Veterano, più curante della bellezza esteriore che non della correttezza. Siccome però egli trascrisse un esemplare mandato probabilissimamente dall’autore medesimo, non possiamo essere corrivi a rifiutarne le varianti s o s t e n ib ili. 2 Cf. S t . L e Grelle in S tornatolo, Codices Urbinates latini, III, p. x* e vu. Cf. Codd. Urbin. graeci, p. cxxv. 3 Cf. S tornatolo , Codices Urbinates graeci, p. xxv sgg. 4 Ib., p. CLiH, n. 5: « (N)icolai Perotti epitome fabellarum Aesopi Avieni et Phedri. In rubro (irait.) ». 5 V. il passo di Giambattista de Judicibus, vescovo di Ventimiglia, vecchio amico di Sisto IV, riferito in « Bibliofilia », X X V I, 264, nota 4: « Accidit interim lugu­ bris casus viri clarissimi Petri tui, cardinalis Sancti Xisti, . . . de quo cum multi magno et excellenti ingenio viri scripserint, inter quos duo nostra aetate principes

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

Non risulta che esso sia stato mai stampato, come lo fu quello di Niccolò Modrussiense ; 1 ma rimane almeno manoscritto, sebbene in cattiva copia e mutilo della fine, nel cod. Vatic, lat. 8750, ff. 152-161. *1 2 A quel servizio il Perotti sarà stato scelto (se pure non lo cercò egli per ingraziarsi vieppiù e per ottenere altro, come gli riuscì alcuni mesi dopo) non tanto per gli antichi legami che ebbe come familiare e vi­ cario di Bessarione con quella basilica,3 quanto per la sua dignità di vescovo e fama di letterato, e per le obbligazioni al papa e al defunto nipote. Difatti nel 1472 Sisto IV con breve diretto all’abbate di S. Pietro di Trevi aveva ordinato di rimettere Niccolò in possesso del priorato di S. Fabiano e di far comparire l’usurpatore di esso, prete Giovanni di Trevi, davanti al cardinale di S. Sisto incaricato « vivae vocis oraculo » della causa, e il cardinale aveva scritto il 3 gennaio 1473 allo stesso abbate, perchè reprimesse e minacciasse di scomunica il prete, che aveva in vari modi continuato a distur­ bare Niccolò in quel possesso. 4 Il lungo discorso non contiene molto di storico; sei fogli e mezzo dei dieci che rimangono presentano solo ragionamenti più o meno cristiani e citazioni sacre e profane per consolare il papa. Nel resto, naturalmente, anche se ne avesse avuto il coraggio, Niccolò non poteva, in quell’ambiente e in quella circostanza, accennare anche solo a certe miserie; ma egli ebbe almeno il buon senso di non lo­ dare il defunto per virtù che non ebbe. Così egli, tacendo d’altro, loda l’affezione e la fedeltà allo zio, la grande capacità e destrezza,

eloquentiae, Nicolaus Sepontinus Archiepiscopus et Nicolaus Modrusien. episcopus, orationes refertas clarissimorum auctorum sententiis alter in contione habuit, alter editam ad te misit. . . » ecc. Dall’ordine delle parole e dal fatto che l’orazione del Modrussiense fu più volte stampata (H ain, 11770-11774) pare che qui il primo « alter » sia il Perotti. 1 «Bibliofilia», X X V I, 264 sg. 2 « Nicolai Perotti Pontificis Sipontini Oratio habita in funere Peri [sic] Car­ dinalis divi Sixti foeliciter incipit. Si quando dolere homini sine reprehensionis... ». La segue (ff. 162-172), mutilo del principio, l’elogio funebre di Federico d’Urbino, composto da Ludovico Odazio, edito a Pesaro nel 1508 (sopra gli altri mss. v. « Archivio stor. Lomb. », Ser. Ili, vol. V, 365 n. 1), e poi, nei ff. 205-212, l’orazione funebre detta dal Modrussiense. Questo codice, che contiene le Monodie del Pe­ rotti e tanti altri discorsi funebri e non funebri, del Maturanzio fra altri, e fu formato, sembra, a Fabriano, meriterebbe uno studio. Nel secolo xviii , al tempo del Lancellotti, esso appartenne a Carlo de’ Bianchi, come s’è notato a p. 90, n. 1. 3 V. sopra, p. 53, n. 3. 4 Archivio segr. Vatic., Armar. X X X IV , f. 103 r.

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V. - Il Perotti di nuovo a Roma (1473-1474)

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la straordinaria magnificenza e generosità, la fortezza e la religio­ sità nell’ultima malattia e nella morte. Di qualche interesse mi sembrano specialmente i cenni sopra la giovinezza di Pietro e le sue relazioni con lo zio Francesco, perchè differiscono alquanto dalle notizie che dal Cobelli e da Niccolò Modrussiense ha raccolto il Pastor, II, p. 456. Avendo il Perotti cono­ sciuto assai da vicino in corte di Bessarione fra Francesco della Rovere e, checché si voglia dire, essendone stato amico, le sue no­ tizie dovrebbero meritare considerazione, e perciò le pubblico, in­ sieme coi racconto della morte, 1 fra i Documenti. Qui dò solo il passo circa la generosità del cardinale verso i letterati e gli artisti, perchè vi si attesta chiaramente e con precisione il proposito che egli aveva fatto di formarsi una grande raccolta di manoscritti greci e latini e Γ incarico che ne aveva dato a Giannandrea Bussi vescovo di Aleria, bibliotecario della Vaticana. 1 23La morte troncò il disegno, che forse, e senza forse, avrebbe nociuto all’aumento della biblioteca pontificia. Vivendo Pietro non avrebbe egli, ricchissimo, potentissimo e ambizio­ sissimo, attratto alla propria biblioteca quanto sarebbe venuto sul mer­ cato e ricaduto alla Santa Sede per diritto di spoglio, e lo zio non l’avrebbe egli lasciato fare anche questo come tante altre cose? Il fatto è che solo dal 1475:i in poi, dopo la morte di Pietro e del Bussi, apparisce davvero grandissima ed efficacissima la cura di Sisto IV per la Biblioteca Vaticana, la quale può considerarlo come un vero fondatore. Quis animi magnitudinem, magnificentiam, liberalitatem non tollit in caelum ? Testes

sunt ludi populo exhibiti nequaquam priscis illis infe­

riores, opera publica et privata cum antiquitate certantia, munera v ix cui­ quam credibilia. Pictores, sculptores, oratores, poete, liberalium artium prae-

1 Quello che ne rimane concorda assai con ciò che riferiscono il Modrussiense e il Sagramoro, ambasciatore milanese presso il papa (v. « Archivio della R. Società Rom. di storia patria», X I, 262 sgg.), sulla morte. 2 II Modrussiense accenna appena a quel disegno, e in modo da fare inten­ dere che era per la chiesa e convento dei Santi Apostoli: «Hec quoque sacra Apostolorum edes beneficentiam eius testari potuisset si tantum quattuor mensibus superstitem vidisset. Iam enim decreverat et edificiis et proventibus hac proxima estate ita eam instruere, ut quinquaginta fratribus et commode mansiones et ne­ cessarius victus perpetuo suppetere posset. Insuper et bibliothecam his proximis diebus adiecturus erat prestantissimis omnium scientiarum libris egregie refertam ». 3 Cf. M üntz e Fabre , La Bibliothèque du Vatican au i r ' siècle, 135; I. W . Clark , The care o f books2 (1902), 202 s.

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110

Per la cronologia della vita di N. Pcrotti. — V. - lì Peroni di nuovo a Roma

ceptores, mathematici, omnes denique in quibus aliqua virtutis scintilla erat, munificentiam eius continue experiebantur. Domum ita viris doctis referctam habebat, ut Musarum domicilium videretur. Nihil ei offerri gra­ tius poterat quam vel carmen vel epistola vel libellus, qui aliquid ingenii, aliquid animis [sic] haberet. Quotiens de domo sua sermo oriebatur, que om­ nium quas umquam vidimus vel audivimus vel legimus magnificentissima et omnium delitiarum genere ornata erat, « At deest nobis », dicebat, « quod in regia domo precipuum esse debeat: bibliotheca, sine qua domus liee ntida semper nobis videbatur ». Iamque negotium dederat pontifici Alariensi ut sexaginta et amplius optimos librarios per omnem Italiam conqui­ reret membranasque et alia necessaria pararet ad libros utriusque lingue exscribendos. Sed, o dira et foelieissima (!) mors, que talem principem vix dum octo etviginti annos tratum [sic] in medio iuventutis flore subripuisti: invidisti nobis vitam eius, a qua tot hominum et vita et salus dependebat.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti. — VI. - Il governo di Perugia ecc.

VI. ■ IL GOVERNO DI PERUGIA E L’ ULTIMO

111

RITIRO

(1474-1480)

A n g u s tie

fin a n z ia r ie d e l g o v e r n a t o r e e d

D is p ia c e r i

an ch e

in

L a v e r s io n e d e llo sp u r io

a ccu se co n tro

d ì lu i.

Il

l ’ e ro tti

Cornucopia e l a de nrtutìbns et ritti* d i A r i s t o t e l e .

p a tr ia :

la

m o rte .

La

p e r s e g u it a t o d a S is to I V ?

te n ta ta

p u b b lic a z io n e

di

essa.

1. Sisto IV nominò il Perotti governatore di Perugia ai 18 del­ l’agosto 14741e ve lo lasciò due anni e mezzo, sino al 16 febbraio 1477, nel quale giorno conferì il governo di Perugia al vescovo di Rieti, Domenico.1 2 Quel tempo, non lungo ma nemmeno insolitamente breve, se recò parecchie soddisfazioni personali e domestiche al Perotti (ad esempio, la concessione della nobiltà perugina a sè e ai nipoti ed affini Pirro e Giovanni, addì 9 lugPo 1475;34della « divisa Sfortiana » in perpetuo e dell’esenzione da dazi e gabelle per sè e otto persone di seguito accordate il 15 novembre 1474 da Galeazzo Maria Sforza agli stessi « cavalieri S.r Giovanni e S.r Pirro de Perotti Sassoferratesi e conti dell’ Isola Centipera », 1 e.... le ampie lodi del Maturanzio 5

1 Regesti. Vatic. 656, fi. 98 »-101 », 15 Kal. sept, anno 3°. N. vi è detto «R e­ ferendario Nostro », come già nel citato breve al Confaloniere ecc., di Sassoferrato. V. p. 67, n. 3. 2 Regest. Vatic. 657, ff. 46 » -4 8 » , 14 Kal. mart, anno 6 °. N. tuttavia rimase a Perugia e percepi lo stipendio fino al 14 marzo. Cf. F umi, Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apost. di Perugia e Umbria, 94. - Correggasi adunque il G ams e Eubel, I I 2, 225, che fanno morire nel 1475 il vescovo di Rieti Domenico Camisati (? Lutani, secondo V ermigligli, Mem. di F r. Maturanzio , 28). 3 V. il diploma in V ermigligli, Meni, di J. Antiquarj, 310-313 - Copia del sec. XVII nel Vatic, lat. 6526, f. 238 sg. 4 Copia nello stesso Vatic, lat. 6526, f. 233 sg. 5 V ermigligli, o. c., 299-310, N. X X V I -X X X I . Però gli ultimi dieci di­ stici del N. X X V II sono pezzo di un’ altra poesia, e in lode non del Perotti

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

a tutti e tre), non fu senza pene per il governatore, a causa dei malanni che colpirono la circoscrizione l, e specialmente, come mostrano le sue lettere d’allora a Sisto IV, a causa delle guerre coi signorotti vicini Niccolò Vitelli e Carlo Fortebraccio e delle pro­ prie strettezze finanziarie. « Habeo hic in totum », scriveva nel gen­ naio 1477 al papa, « centum ducatos in mense,*1 2 qui, factis detra­ ctionibus, supersunt octuaginta quinque papales. Decem papales singulis mensibus solvo auditori meo et octo alteri auditori spiri­ tuali: itaque supersunt sexaginta septem in totum. Cogitet nunc S. V. quomodo possunt sufficere cum x i m e q u i t i b u s , x x v p e r ­ s o n i s et t r i b u s m u l i s ; neque enim patitur conditio huius loci, ut minorem statum tenere possim. Nihilominus, p o s t q u a m s um h i c , ex quingentis ducatis quos debebam Ioanni Tornabono solvi trecentos, et quingentos exposui in t ur r i , quam i u s s u V. S. f e c i i n a r c e c i v i t a t i s F a n i , 3 ex quibus quadringentos mutuo cepi. Ex ecclesia mea post mortem Niceni non habeo pascua: solvo de­ cimam et trigesimam ; itaque nihil quasi ex ea accipio. Redactus sum ad extremam egestatem » . 4 Nè erano mancate le accuse : ad esempio, di avere cercato di contrarre parentela in Perugia; 5 di avere indebi­ tamente distribuito gli officii; e, pare anche, di essere andato fuori della provincia, a Sassoferrato, e di non essersi prestato a quanto volevano i procuratori di un cardinale venuti a pigliare possesso

ma dell’ Immacolata Concezione di Maria. Ivi leggasi : « Sed tali a [talia ed.] macula serv ata m ... Nec prius hanc [cioè l ’ animam] carni [cerni ed.] infu­ sam . . . ». 1 Ad es., nel 1476 Perugia soffri per la peste e per una cattiva raccolta, tanto che Sisto IV il 18 gennaio 1477 donò 1000 ducati alla città. Cf. P astor , II, 620 n. 2 E difatti nelle bolle di nomina di lui e del successore si legge : « cum... salario centum ducatorum auri de camera singulo mense». 3 Cf. « Giorn. stor. », L X , 103, 104. Disperando di riavere il danaro da Raf­ faele da Foligno nominato, evidentemente, alla custodia di quella rocca, supplicò alfine il papa « ut dignetur ille [leggi illi] providere de aliqua re sibi conveniente nec tante importantie, et arcem Fanensem dimittere in sustentationem servi sui Sipontini». Probabilmente a quel tempo fu custode (supplente) della rocca Gio­ vanni Pqrotti; v. sopra, p. 12, n. 1. 4 « Giom. stor.», L X , 107. 5 « In civitate Perusie neque feci affinitatem aliquam, neque de ea facienda verbum emisi, neque facerem quamdiu ero gubernator». Ib., 106. Se è vero però, che il nepote Pirro sposò la perugina Gualdrada degli Atti (v. p. 12), conviene dire, si, che l’ ha sposata dopo l’ agosto 1476, ma che forse la simpatia o il tenta­ tivo da parte del giovane era già conosciuto.

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VI. - Il governo di Perugia e Γ ultimo ritiro (1474-1480)

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dei beni di un monastero, già goduti invece da un buon monaco professo, nativo di Gualdo; accuse che egli disciolse nella lettera 14 agosto 1476,1 di risposta a quella di Sisto IV data da Narni il 10 di quel mese 1 2 e ad altra del segretario papale. « V.a Beatitudine, come spero, sentirà sempre che il suo Sipontino non ha fatto nulla che si possa con giustizia incolpare o riprendere. Impossibile ac­ contentar tutti ». Il fatto che Niccolò cessava da governatore senza ottenere in seguito verun ufficio (altri provvedimenti contro di lui, checché si dica, non risultano per nulla), si suole interpretare - e fu interpre­ tato fino dai suoi tempi - come un segno indubbio (la « migliore giu­ stificazione », scrive il Cessi) di disgrazia presso Sisto IV. Vespa­ siano anzi parla di « persecuzione che gli fe’ papa Sisto » per antico «sdegno che prese con lui sendo in casa Niceno», «infino a vo­ lerlo nelle mani, e torgli ancora delle sustanze che aveva, e fargli peggio. E se la felice memoria del duca d’ Urbino non fussi istato, ch e. .. prese la sua difesa, potendo assai nel pontefice, con grandis­ sima difficultà lo salvò, ch’ egli non capitasse male, e non per sua cagione, ma perseguitato dagli invidiosi e tristi. La roba sua capitò parte male per queste sue persecuzioni » . 3 Ora, senza riandare la letterina di Bessarione riferita a p. 68, o quella del papa del 10 agosto 1476, si leggano tranquillamente le lettere di Niccolò a Sisto IV e si sentirà subito che il Perotti aveva amicizia e confidenza grande col papa e gli chiedeva e ne otteneva grazie, come la podesteria di Gualdo per suo nipote.4 E quanto al « torgli delle sustanze e fargli peggio » basti ricordare che pochi mesi dopo il ritiro, cioè il 2 luglio 1477, Sisto IV, mantenendo la pro­ messa fattagli il 10 agnsto dell’anno prima 56 , gli conferiva il bene­ ficio della chiesa parrochiale di S. Giacomo de Turricella nella diocesi di Camerino.0 Finalmente, nel novembre 1479, come infor1 Ib. a p. 107 scrivasi «Fossatum», con la maiuscola.

2 Martène e D urand, Veterum, scriptorum noviss. collectio, II, 1549. Grandi lodi a Niccolò per la cura con cui attende al buon governo di Perugia. 3 Vite, ed. L. F rati , I, 228 sg. 4 « Giorn. stor. », L X , 104. 5 Martène e D urand, 1. c. : « Quod ad beneficia tua pertinet, reminiscimur tui propter nostram in te caritatem praecipuam ac merita tu a ... In aliis occurrentiis tui rationem habebimus. Nam, ut scis, te paterne amamus ». 6 Regest. Lateran. 776, ff. 82«-84w : «Sexto non. iulii anno sexto ». Comincia: « Personam ven1·» fratris nostri Nicolai archiepiscopi Sipontini Referendarii nostri

G.

M ercati

-

Perotti.

8

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

mavane i magistrati di Sassoferrato, Niccolò attendeva « a metterne in ordine per conferirme a li piede de la S.ta di nostro S., commo ho avuto in commandamento dal R.mo Locotenente » , 1 non certo aspettandosene alcun malanno, perchè altrimenti non avrebbe, con inimici, accennato a quella sua chiamata. Se non indovino male, il papa sarà rimasto assai preoccupato degl’ imbrogli finanziari del Perotti, il quale era stato costretto a scrivergli piangendo:*1 2 «hinc discedere non possum sine extrema ignominia et, nisi benignitas et clementia V. B. succurrat mihi, sum in totum vituperatus et infamis », e a chiedergli in prestito per un anno 400 ducati papali e la remissione della settima. Sapendo poi delle sue larghe spese, o passate o presenti, sia nella magnifica villa di Isola - cosi bellamente descritta nella Cornucopia3 - sia dentro Sassoferrato, per cui Niccolò poteva scrivere nel 1479 al Gonfalo­ ni ere ecc.: « De me non dico altro se non che credo havere facto io solo asai piu a la terra nostra in fortificarla et ornarla de palazi, edeficii, piaze, ghiesie, monasterii, civilità e costumi, che quanti sonno

Nobis et Apostoliee Sedi devotam suis exigentibus meritis paterna benevolentia prosequentes ». Ii beneficio era di 24 fiorini d’oro di camera. 1 Vatic, lat. 6848, f. 2 >5. Cf. Z e n o , I, 261. 2 « Et si S. V. vidisset quas lachrimas effudi scribendo has litteras, compa­ teretur mihi ». Alia morte, di fatto, egli lasciò dei debiti all’ erede Pirro, che per pagarli vendette nel 1481 i beni lasciatigli in Viterbo (Cf. P i n z i , Storia della città di Viterbo, IV, 230, n. 1), e dovette venire ad una transazione col legato pontificio (v. p. 115, n. 1 ). Si capisce ora benissimo perchè il Maturanzio scrisse nel 1477 : «Sipontinum sequi nec volo n ec, si v e lle m , p o s s e m » ( V e r m i g l i g l i , Mem. di F r. Mat., 28) ; egli era uomo che teneva al sodo, come appare dalle continue sollecitazioni agli amici perchè gli trovassero impiego presso cardinali o altri potenti. Erano quindi semplici parole quelle che scriveva al Perotti (ib., 123) : P r o t e s u fi g e l i d o p o s s u m l o v e d u c e r e n o c t e m , P o ssu m v e l n u d o p o n e r e m e m b ra s o lo .

3 Ed. 1513, col. 731. V’ era un molino, una meravigliosa fabbrica di mattoni e stoviglie d'ogni genere, un· «lacus amplissimus nostra opera nuper factus», ricco di pesci del luogo e pellegrini («Verumtamen et P e ru sin i n o s t r i, qu i n u p e r [9 luglio 1475] n os cum om n i n o s tr a p r o g e n ie c i v i t a t e d o n a ­ ru n t, e Trasimeno suo non parvam piscium quantitatem misere, et Sentinates nostri certatim undequaque alios advehunt») e dove correvano le barche. Non so se riguarda quella villa il passp della lettera 22 gennaio 1476 a Giovanni Perotti : « Desiderarla se fosse possibile che tu te mectisti in ordene per fare la casa a la nostra possessione et feste portar la robba per farla fare a fu r ia , come fosse tempo novo » (v. sotto, p. 117).

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VI. - Il governo di Perugia e l’ ultimo ritiro (1474-1480)

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stati manze a nui da sessanta anni in qua mettendoce etiandio le Segnori » ; Sisto si sarà persuaso che ormai P uomo, non ostante le sue molte qualità, era poco'adatto ad amministrare con indipendenza ed onore e perciò non gli avrà affidato altro ufficio, pur aiutandolo con misura, e forse concedendogli anche, ma poi richiedendogli la somma prestata affine di tenerlo a segno,1 ciò che ad estranei potè sem­ brare durezza e persecuzione... di creditore. Che in tale decisione del papa abbiano influito i malevoli di Roma, di Perugia e di Sas­ soferrato, le memorie di Viterbo, un cambiamento d’opinione rispetto al Vitelli, al Fortebraccio ecc., e, se vuoisi, il tedio delle sue insi­ stenze in domande non grate, può essere benissimo; ma che Sisto IV abbia pensato a maltrattare e spogliare l’ antico compagno e che il merito di averlo salvato spetti a Federico d’ Urbino, non ne veggo una prova seria, chè tale non sono le ciarle raccolte dal buon Ve­ spasiano, narratore delizioso ma molto inesatto. 2. In Perugia il Perotti continuò a studiare assai, se crediamo al Maturanzio,1 2 suo segretario e maestro de’ nepoti Pirro e Ga­ spare3; e a sentire costui dirgli pubblicamente, nel citato discorso del dicembre 1475 o 1476, che tutti aspettavano impazientemente il commento di Marziale, 4 argomento che Niccolò attendesse a dargli l’ultima mano. Però, all’ infuori delle «lettere Perugine» contro il Calderini e della lettera assai pulita al cavalier Antonio Acerbi

1 Nel 1481 «legatum Sedis Apostolieae inter et Pyrrhum Perottum» erede di Niccolo fu fatta una transazione, di cui vide Γ atto nella seconda metà del secolo X V I I I presso i Perotti Γ anonimo biografo ed. dal Morici (v. p. 15 sg.). Im­ porterebbe assai ritrovare e conoscere con precisione l’atto, perchè probabilmente da quello sarà apparso se e quanto doveva ancora Niccolò alla S. Sede. 2 « Te, etiam nunc in studiis quantum provinciales patiuntur occupationes assiduum, nocte secretum lucubrationum et curarum cubiculum ingressum dies vigilantem opprimit». V e r m i g l i g l i , Mem. di J. Antiquari, 303. Ib. 300: Magna quidem studii [studiis ed.], sed recti major et aequi [est equi Cura tibi, latiae gloria [gloriae ed.] prima togae.

ed.\

3 Cf. V ermigligli, ο . c., 191,308-310 ; « Archivio stor. Ita!.», XV I, 2, p. X I X sg. Nel Vatic, gr. 1584, che fu scritto da Francesco, forse in Rodi perchè ha una legatura originale greca, nel f. I r : Φραγκίσκος ματαράτιος | Πύρρος πέρροττος, γάσπαρος κώμαρίχος (per conte?). Sospetto che Gaspare fosse, anziché fratellastro di Pirro un cugino, figlio di Camilla P. maritata ne’ Conti (v. p. 6 ). 4 « Tua illa in Valerium Martialem exactissima commentaria, quae latinam linguam locupletiorem faciant, incredibili desiderio omnes expectant». I b , 304.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

riguardo allo stesso Maturanzio allora allora tornato da Rodi, 1 non conosco veruno scritto letterario certo di quel tempo: le lettere al papa e quella a Giovanni Perotti per la nascita d’ un figlio maschio regalatogli da madonna Lisa sono di faccende, e scritte senza pre­ tensione alcuna di letterato. Nondimeno si può stare sicuri che fu il Perotti a procurare Γ insegnamento nell’ università Perugina al Maturanzio nel 1476 o 1475, 1 2 e penso che s’ interessò pure di quello Studio. Due dei discorsi di Francesco sono intitolati : « Oratio habita Perusiae pro meliorandis studiis, praeside Nicolao Perotto : Perusiae, eodem praeside, pro repetendis studiis » . 3 Designazione semplice di tempo quel « preside » o piuttosto accenno ad un interesse, ad una spinta del governatore Ί Non sarà inutile riprodurre la lettera a Giovanni Perotti, perchè mostra bene le tenerezze ed attenzioncelle domestiche di Niccolò e come si serviva di Giovanni per le proprie faccende («per fare la casa alla nostra possessione » ) e gli consigliava buon giudizio e mo­ derazione a proposito di una Aisita che intendeva fare al duca di Urbino, acciocché non si caricasse di troppe persone, ma seco- ne· portasse poche, polite e da bene. L’ autografo della lettera si conserva al f. 88 del codice Vatic, lat. 4104 (e non 4404, come è stampato in De Nolhac, La Biblio­ thèque de F. Orsini, 196). V. un facsimile nella tavola II, al n. 2. Sul dorso rimangono ancora avanzi della cera del sigillo. A tergo: Insigni equiti domino IoannijPerotto Corniti Insule: fratri suavissimo. Salvus sis. ho receuuto le ostreghe le quale tu me hai mandato, e sonnome piaciute. Ma molto piu m ’ è piaciuta la tua lettera, per la quale ho inteso del figlolo maschio Dio ne sia regratiato. Madonna L y sa .m erita el

1 Ib., 314. L ’ Acerbi era moltissimo stimato ed amato dal Perotti, al dire del Maturanzio in una lunga lettera, in cui parla con grandi elogi di Niccolò e de’ suoi nepoti. Vatic, lat. 5890, f. 45 sgg. - Lo stesso Maturanzio si fece raccoman­ dare al Perotti anche dal ModrUssiense (f 1480), che stava allora a Fano, cioè nel 1474 (v. «Bibliofilia», X X V I, 292 sg.), e non già poco prima del 1497, come suppose il V ermigligli, Meni, di Fr. Mat., 46. 2 Cf. « Bibliofilia » , X X V I, 295, n. 3 ; V. Bini, Memorie isteriche della Peru­ gina Università, I, 388. 3 V e r m i g l i g l i , Mera, di Fr. Mat., 97. Nell’ « Archivio stor. Ital. », XV I, 2, p. 588, in data 1475, 12 luglio : « Sisto IV dà facoltà al governatore di Perugia d’ impedire agli scolari il portare le armi, e di farne mensilmente accurata per­ quisizione nella Sapienza vecchia » !

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VI. - Il governo ili Perugia e l’ ultimo ritiro (1474-14801

117

tabarro et. qualche cosa apresso. Sforzaromme quanto piu presto porrò fare venire el drappo da Fiorenzo: qui n on se ne trova: et mandarovelo: et tu farai eli el suo et quelli delle m a m o l e siano fatti, et stiano bene: perche se piace a Dio che siamo qui questa state, voglo che per omne modo ven ­ gano qui al perdono de Ascese, et stiano qualche dì ini Perosia. Ser Piero te ha mandato 40 ducati d oro: sforzaromme bavere un altra lettera dal Thesauriero: et corno ser Piero sera sano el mandarimo per piu. Dello andare a visitare el Duca, sera bono, come tu habbie hauu(to) de­ nari et si te messo bene ini ponto: sforzate quilli pochi che tu hai a tenere batterli politi et da bene et mietili bene in ordene: ma non te careare d(e> troppo. persone, perche tu non sei obligato a tenere

se

non

chi tu vole.

Desiderarla se fosse possibile che tu te mentisti i(n or)dene per fare la casa a la nostra posessione et feste portare la robba per farla fare a furia corno fosse tempo novo. Fa che tisti mamolecti non perdano tempo et che i m p a r e n o q u a l c h e c o s a . V ale Perusie die 22 Jan. 1476. ■

1

N. S y p o n t .

3.

È

o v v i o s u p p o r r e c h e N ic c o lò

a S a s s o fe r r a t o , m a a v e n d o

da

P e r u g i a si r it ir ò

a lc u n i c o n c i t t a d i n i o l e g g e r i

im p r im a

o in v id io s i

c o m i n c i a t o a d a r g li m o le s t ie p e r c a u s a a n c h e d e ’ s u o i, c o m e a p p a ­ r i r à d a l s e g u it o , si r itir ò n e l l a s u a v i l l a di I s o la p e r a t t e n d e r v i u n i ­ c a m e n t e a ll e c o s e s u e

e d a g li s tu d i

« a lu i p iù c a r i

g o d e r v i g l i a m i c i c h e lo v e n i v a n o a t r o v a r e . a t t e n d e v a a lla r e d a z io n e

C o là

d e f in it i v a d e l c o m m e n t o

d e lla

e g li

« R a tio

a u te m

im p o s iti

m i n is h a e c fu it, q u o d , c u m v e l, q u o d o m n iu m

p o tiu s

rem u r,

in v id ia ,

h u ic

v illa e ,

quod

c i v e s n o str i v e l q u ia

dom um

su a

q u o d d ic i v u lg o

c o e p is s e n t , c e d e n d u m

n o stra m

s o le t - .p u g n o

e is e s s e

18 d i v illa

d ix im u s , n o ­ le v ita te

a n im i

bon oru m

c o m m u n e p e r f u g iu m e s s e a n i m a d v e r t e b a n t , e x h i b e r e

in R e p u b i , n e g o t i u m -

q u id a m

e

quando

a ll’ E p i g r .

M a r z i a le ( v e r s o il 1 4 7 8 ? ) e m i r a b i l m e n t e v i d e s c r i v e v a l à C u r i f u g ia .

v it a »

era

n o b is

p u t a v im u s , n e

a d v e r s u s c a lc i t r a n t e s

a s e llo s c o n ­

t e n d e r e m u s . T r a n s t u li m u s i t a q u e n o s in h a n c q u a m d i x i m u s v i l l a m , e a m q u e C u r i f u g ia m

n o m in a r i i n

e a s t u d iis n o s tr is , q u a e v i t a ad n os a m ic o ru m

d u lc i s s im a

m is e r ia m , m e n d ic ita te m

et

p o ste ru m

i u s s im u s , q u o d s e c u r i in

n o b is i u c u n d i o r a co n su e tu d in e

s u n t, e t c o n flu e n t iu m

p e r fr u a m u r , e g e sta te m ,

(u t d i c a m ) l i v o r e m

le v is s im o r u m

h o m i-1

1 Qui, forse d'altra mano : « Si maridarano cose mai piu ditte circa a Sypontino e Carlo» (il Fortebraccio'?).

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llb num

Por la cronologia della vita di N. Perotti i r r id e n t e s » . 1 II n o m e

m o lto :

« C u r ifu g ia n o m e n

di

C u r i f u g ia ,

a n o b is

M a n e m m e n o il r itir o lo lib e r ò

l 'aveva

v illa e

n o stra e

im p o s to nuper

d a non

in d itu m » .

d a i fa s tid i. A l d e c li n a r e d e l 1 4 7 9

e g l i e b b e le t t e r a d a l C o n fa lo n i e r e , P r io r i e C o n s ig lio d e l l a T e r r a d i S a s s o fe r r a t o , c h e g li s c r i v e v a n o

« d e l v o le r e

per

pace

d e la t e r r a

p r i v a r e c a s a m ia d e c o n s e g li e t o ffic ii e t c . » - e a lu i i n t i m a v a n o d i v e n i r e n e lla s te s s a T e r r a , d a n d o c o n c iò a v e d e r e c h e v o l e v a n o t e n e r lo s o tto m a n o . ;ì L a r is p o s ta , m o lt o d ig n it o s a e fie r a , e am ara

ir o n ia , n e l l a q u a le

r ic o r d a le

m i g l i a v e r s o S a s s o fe r r a t o e « S . G h ie s i a » t a m e n t e le

b e n e m e r e n z e p r o p r ie p e r

e si s c u s a d a l r ie n t r a r e , c a lu n n i e

e

p iù a n c o r a e g li

da

li

m ei

t a lv o lt a d i u n a

b e n e m e r e n z e d e lla p r o p r i a f a ­ d u r a n t e u n s e c o lo e s e g n a ­

o r n a r e e fo r t ific a r e

la p a t r ia

« c e r t o c h e la m i a v e n u t a m e i n d u r la n o v e e m u li

fo r se la p a u r a

s e r ia

in te rp re ta ta

in

in c u s s a a i M a g is t r a t i c o l

m a la

p a r te » :

d i c h ia r a r e c h e

e r a sta to c h i a m a t o p r e s s o i l p a p a e c o n s i d e r a v a la g u e r r a fa tta

a sè e d a ’ su o i c o m e d i

« a lc u n i p o c h i, p o v e r i , s e d itio s i,

d e c o s e n o v e , in i m i c i d e le S a n c t a G h i e s i a ; li q u a li c e

v ir t ù , c h e

h a n n o in

v o r ia n o v e d e r e

o d io

d e s id e r o s i

e l S ta to

m o r t i, n o n p e r

de

a lc u n a

i n g i u r i a r e c e v u t a d a n u i, m a p e r c h è c o n o s c o n o c h e n è v i v e n d o n u i p o t e r ia n o to r r e la n o s tr a p a t r ia d a o b e d i e n t i a e d e v o t i o n e d e S a n c t a G h ie s i a , n è n u i, r e m o s s a q u e l l a d a d ie t a o b e d i e n t i a , p o t e r e s s e m o p iù v iv e r e » , sem b ra ch e

o tt e n e s s e r o

Γ e ffe tto

d e s id e r a to :

a lm e n o n o n 1 3 2

1 Ed. Aid. 1513, col. 732. Contro la gente « saxea » e « ferrea » di Sassofer­ rato rimane nell'Epitome un epigramma di N .; lo si vegga sopra, a p. 104, n. 2. I suoi lagni però erano contro pochi: nel citato luogo della Cornucopia N. loda moltissimo i coloni che Γ aiutavano, e anche i « Sentinates nostri » che a gara gli portavano pesci. 2 Dal seguito della lettera (Zeno, I, 258 sgg.) e da alcuni passi delle lettere bolognesi, come pure dall’elogio funebre del fratello Severo (v. sopra, p. 4 sg. e 73 s.)

appare quanta parte avevano avuto il padre Francesco e Severo nelle lotte cittadine e che fra i Perotti c ’erano stati dei morti e degli esuli, come ce ne saranno stati fra i loro avversari, i quali, naturalmente, si saranno fatti sentire e valere appena che potevano. Nel riprodurre passi della lettera seguiamo, come dissi, l’originale che sta nel Vatie, lat. 684«, e trascuriamo affatto l’edizione dell’AMADUzzi, Anecd., I, 392 sgg., che proviene da una copia alterata. 3 Verso la fine: « A la parte de la mia venuta in la terra, io volentiere o b e d e r i a le V. S___». Il Perotti dice sopra: « intendemo e conoscemo le V. S. amarce sopra li meriti nostri, e ciò che fanno, fare non per nostri demeriti, ma a bono e laudevele fine, e per bene, pace e unione de la nostra Eepublica », ma si capisce in che senso. Tre anni avanti la Communità invece aveva pregato il Perotti di venire a mettere la pace fra due cittadini in contesa « assai scandalosa e piena di pericolo». « Giorn. stor. », L X , 106 sg.

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VI. - Il governo di Perugia e Γultimo ritiro (1474-1 ISO)

119

s a p p ia m o n u lla d e l l ’ e s e c u z i o n e d i q u e lle o d io s e m i s u r e c o n t r o i P e r o t t i. P e r c i ò n o n is t e n t a v o a c r e d e r e , e p o i e b b i la p r o v a c h e N ic c o lò , q u a n d o il 14 d ic e m b r e tro v a v a

ancora

1 4 8 0 1 se n e a l l ’ I s o la

m o r iv a

o a

«e x tra

S a s s o fe r r a t o e

c u r ia m R o m a n a m » , 1 2 si c o là

fu

s e p o lto ,

com e

s c r is s e r o , fo r s e p iù p e r u n a f e li c e i m a g i n a z i o n e p o e tic a c h e p e r u n a c o n o s c e n z a c e r t a , P a o lo G i o v i o 3 e il v a g a b o n d o p o e ta

u d in e s e , su o

s o z io , P ie t r o M ir te o , l ’ a u t o r e d e i b e lli e n d e c a s i lla b i :

In villa Fugicura obit Perottus. O villam nimis et nimis beatam, Quae viventis haeri levare curas Posset, nunc cineres tenet sepuiti. 0 villam domino beatiorem, Cui curas moriens reliquit omnes.4 4. m e tà 5 -

N e l r itir o i l P e r o t t i t e r m i n ò l a p r im a p a r te -

p o c o p iu d e lla

d e l v o lu m i n o s i s s im o c o m m e n t o s u o a M a r z i a le d i r i g e n d o lo

1 Cod. Vatic, lat. 6835, f. I r : « L. P. de S. Nicolaus Perottus Archiepiscopus Sipontinus diem suum obiit die Iovis X IIIa Xbris 1480 hora vigesima 4a. Perottus Torquatus ex veteri codice manuscripto Atavi sui descripsit ». Cf. avanti, p. 132. Siccome nel 1480 il 13 dicembre cadde in mercoledì, penso che Torquato trovando scritto X IIII e non XIV ricopiò « X III λ. Riferì la nota A. Bzovio,' Ann., all’anno 1480, n. L, che di certo l'ebbe da Torquato, come ne ebbe la monodia tradotta di Bessarione (v. an. 1482, n. LVI) e l’annuncio della edizione che preparava delle opere minori. Anche il Galletti riportò la nota nel « Necrologio Romano » (cod. Vatie, lat. 7871, f. 80), benché risulti che Nieeolò è morto fuori di Roma. V. la nota seg. La prova che N. mori a Sassoferrato o all’Isola si ha dal pagamento fatto il 18 dicembre 1480 da quei di Fano « Francisco cursori misso Saxoferratum causa mortis d. Archiepiscopi Sypontini due. 0,16 » . V. L. F u m i , Inventario e spoglio dei Registri della Tesoreria Apost. della Marca, in - « Le Marche », N. S ., VI (1906), 203. 2 « Hodie S.mllB d. n. dominus Sixtus . . . IIII in suo consistorio secreto, ut moris, de consilio R.lll" mm patrum Cardinalium, Ecclesie Sipontine per obitum bone memorie Nicholai ultimi Archiepiscopi Sipontini e x t r a R o m a n a m c u r i a m d e ­ f u n c t i pastore destitute de persona R.dl patris domini Tiberii de Nardinis subdia­ coni forliviensis... providit... Datum Rome apud Sanctum Petrum die veneris X II januarii M -C C C C L X X X 0 pont, prefati S.™ d. n. anno d e c i m o [1481]. R[odericus] Vicecancellarius ». Cod. Vatic, lat. 3478 (che contiene le promozioni degli anni 1480-1486), 30 v sg. Cf. Regest. Later 805, f. 63 v sg., e 808, f. 287. La no­ mina adunque del successore nella sede di Siponto segui alla distanza di un mese. 3 Elogia, veris clarorum virorum imaginibus apposita, ed. 1546, f. 13.

4 Ib. E fu più volte ricopiato e stampato. Sul Mirteo, nato alla fine del secolo xv, v. G. G. L iruti, Notizie delle vite ed opere scritte da letterati del Friuli, II, 127-131. 5 Nella chiusa: « Habes Federice princeps interpretationem primi libri [di Marziale], quod est universi operis et totius fere latinae linguae dimidium... ut aliquanto minus sit id omne quod superest».

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Per la cronologia della vita di X. Perotti

120

a F e d e r i c o d u c a d i U r b i n o e te n tò d i e d e tto , n e l

1 4 7 2 -1 4 7 3

e g li a v e v a

f a r g li e lo

s t a m p a r e . C o m e si

a tte s o a lla c o r r e z i o n e e d illu s t r a ­

z io n e d i q u e l p o e ta , e l ’ o p e r a s u a d i a llo r a r im a n e n e l V a t i c , la t. 6 8 4 8 , con

s c o li r e la t i v a m e n t e b r e v i , c h e si e s t e n d o n o a tu tti g li e p i g r a m m i

s u p e r s titi. M a d a lla le t t e r a a P o m p o n io e g li a v e v a d i g i à

co m in c ia to a ste n d e r e

a m p i o , e il tr a tto c h e n e g e s i n e lla m e n te

m a t e r ia le

1473

l ’ avrebbe

i m p ie g a t o

C o m u n q u e , il

appare

che

c o m m e n t a r i o m o lt o p iù

c o m in c ia to

filo lo g ic h e a l l ’A m m a n a t i fo s s e r o

c o li d e i p e r io d ic i m o d e r n i un

un

del

r if e r is c e è p r e s s o a p o c o

C o r n u c o p ia :. a n z i

le le t t e r e

L eto

ta le

q u a le l e g -

p r im a , se v e r a ­

- com e

ce rti a r ti­

s a g g i d e l l ’ o p e r a in c o m p o s iz io n e e n o n

d i p o i n e lla n u o v a o p e r a .

c o m m e n ta r io a lm e n o , 1 e

q u a le è s t a m p a to fu c o m p it o d o p o

un

q u i n q u e n n io

c io è

del

1 4 7 8 , g i a c c h e n e lla c h i u s a a c c e n n a a lla

non

p ia t a n e l lu g li o d i q u e l l ’ a n n o

(«V e r u m

c e p s. q u a m v is

Thuscos

in p r a e s e n t i a

p r im a

d e lla

guerra

s e c o n d a m e tà T o sca n a sco p ­

tu q u id e m , F e d e r in e domas

p r in ­

e t r e b e lla n t e s R o ­

m a n a e E c c le s i a e p o p u lo s i u g u m fe r r e c o m p e lli s ..... » ) ; p e r ò n e m m e n o m o lto d o p o lo

r ip o r t e r e m m o , se p o te s s im o d e d u r r e a lc u n

p a r o le d e l p r o e m i o m o s tr a d i c o n o s c e r e

c h e d a lle

c o n tr o i l C a ld e r i n i , 1 23 d e l q u a le lo s c r i v e n t e n o n la m o r t e , a v v e n u t a

p r im a d e l 2 0 g iu g n o 1 4 7 8 . ;t

Se n o n ch e e sa m in a n d o il co d ic e U r b in a te 301 m a n d a to al d u c a F e ­ d e r i c o e s e g u it o n e l l a s t a m p a s i - v e d e c h e , m e n t r e p r o e m i o e c h iu s a d e l g r o s s is s im o

v o lu m e s o n o d i m a n o d e l

v o lt a a s s a i l u n g h i p a ssi fu r o n o

c o p is ta , m o lt is s i m i e

p o i a g g iu n t i d a

N ic c o lò

ta l­

m e d e s im o

n e ’ m a r g i n i e in fo g lie tti in s e r t i ; 4 o n d e c o n v i e n d ir e c h e e g li a tte s e

1 A. D ella T o r r e , P. Marso, 211, lo pose fra il 1471 e il 1474, ma il ricordo della morte di Teodoro Gaza e della cittadinanza perugina concessa- ai Perotti, fatti notoriamente avvenuti nel 1475, bastava ad escludere quella data. 3 « ... nescio quem vilissimum paedagogum [nell’ originale pedagogulum è poi due parole raschiate: g e . , . e Perunctum, come mostra il marginale Perunctus; c, sopra, p. 100, n. 1] non puduit nuper, ut e st omnium i m p u d e n t i s s i m u s . Cura ipse quoque, quod omnium miserrimum est, n e g a r e non p o t e r i t , quod erit turpissimum fateri ". < ... aüt hanc gloriam relinquere sordidissimo paedagogo, ut aliorum inventa sibi ascribat ». Forse la notizia in quei tempi di moria e di pestilenza non giunse cosi presto o non fu portata a Sassoferrato. Si può anche, malignamente, pensare ad una dissimulazione per non fare F odiosa figura di ingiuriatore di un morto. :: G. L e vi . 53. n. 4 : v. H ofmann , II, 116. Alla colonna 553, 32 il Perotti ricorda anche la morte di Teodoro Gaza, ma questa segui nel 1475 e non nel 1473, come pa­ recchi credettero, e perciò non serve a confermare la data che proponiamo sopra. J V. la tavola V.

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VI. - Il governo di Perugia e l’ ultimo ritiro (1474-1480) a n c o r a p a r e c c h io a p e r fe z io n a re l ’ o p e ra b a b i lm e n t e n o n r a g g iu n s e

su a e ch e

121

il v o lu m e p r o ­

U r b in o p r im a d e l 1 4 7 9 .

S e il P e r o t t i a b b i a p e n s a to fin o d a l p r in c ip io a d e d i c a r e l ’o p e r a a F e d e ric o , n on

r is u lt a : è c e r t o p e r ò c h e e g l i v i si e r a g i à

a llo r c h é s c r is s e o d e ttò i l te sto o d ie r n o , p e r c h è

d e c is o

tu tti i p a s s i in c u i

r i v o l g e la p a r o la a l d u c a , e so n o p a r e c c h i , n o n n e l p r o e m i o e n e l l a c h i u s a s o lta n to m a r is c o n o 401

qua e

c o là

n e ll’ in te rn o

del

co m m e n to , 1 a p p a ­

tu tti d i p r i m a m a n o , o ssia d i m a n o d e l c o p is ta , n e l l ’ U r b i n .

e n o n g i à a g g iu n t i d a N ic c o lò . A

r ic o

c h i r ic o r d i l ’ a n t i c a d e v o z i o n e d e l P e r o tti e d e ’ s u o i a F e d e ­

( v . s o p r a , p . 4 7 ) e t e n g a p r e s e n t i la

m a n d a r g l i a lc u n i su o i s c r it t i p iù

re ce n ti

c u r a c h e N ic c o lò -

la le t t e r a a l

e b b e di

G u a r n e r io

e V E p i t o m e - in b e lli e s e m p la r i m e s s i a d U r b i n o fr a i « l i b e ll i . s a t i s ornati

q u i e r a n t in a lia b ib lio t h e c a » ; 1 2 e la s t r e t t e z z a d e ’ s u o i r a p ­

p o r ti c o l m e d é s im o d u r a n t e il g o v e r n o d i P e r u g i a e la g u e r r a c o n tr o il V i t e l l i e il F o r t e b r a c c i o ,3 e l ’ in t e r e s s e p e r c h è il c o g n a t o G io v a n n i n e l 1 4 7 6 si r e c a s s e c o n o n o r e v o le c o m p a g n i a a v is i t a r e il d u c a , p u ò

1 Nell’interrio ho osservato i passi seguenti: « Hinc etiam arcano, etc.» sul cognome Feretrio o di jyiontefeltro (ed. 1513, col. 33) ; « Post haec in aedibus sunt horti. -Horum alii in solo sunt, alii pensiles, hoc est supra aedificia constituti. Quales a te Federice princeps supra regiae tuae amplissima praesepia aedificati surit tanto artificio decore sumptu, ut stuporem potius quam admirationem spectantibus afferant» (ib. 167) ; «Audivi ego saepenumero Federice princeps te... » sull’occhio da lui perduto in guerra, (ib., 187 sg.) ; « huiusmodi vivaria duo inter caetera tua immortalia opera tu dive Federice fecisti...» (ib. 356); «Sed tu omnium maxime dignus hoc cognomento [di padre della patria] haberis Federice... » (ib. 437 sg.); «quod tu qrioque Federice imperator facis, ita signorum [dell'aquila] romani im­ perii aemulus, ut virtutis et gloriae» (ib. 643); «rarum hoc [della clemenza e della fortezza insieme] deorum munus est, sed in te Federice ita illustre— » (ib. 745); «Sed tu Federine imperator... victricem aquilam ordinibus tuis praefers...» (ib. 850) ; -« quod [inseguire le lepri sensa ucciderle] abs te Federice princeps fieri praesertim in leporariis tuis, quae tanto sumptu, decore atque elegantia fecisti, s a e p e n u m e r o non sine magna animi voluptate conspicimus » (ib. 958). E ce ne saranno altri, credo. 2 Cf. S tornatolo , Codices Urbinates graeci, p. CLIH, n. 5 e 6, e sopra, p. 90, n. 2 e 107. 3 Cf. « Giorn. stor. », L X , 102 (manda al papa lettere del duca: « U t . S. V. intelligat diligentiam quam optimus princeps paraverat»), 104 (manda copia di altre lettere), 111. Però non era cieco a suo riguardo, come mostra il passo: « Do­ minus dux semper aspiravit ad Montonum, et mallet multo quod hoc modo staret quam quod veniret ad manus Ecclesiae». Ib., in «Habui relationem a m e o , qui est Urbini», meo è mio o Meo?

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

12 2

sem brare

a ffa tto s e m p li c e e n a t u r a le Γ i d e a d e lla d e d i c a , 1 m a fo r s e ,

e s e n z a fo r s e , e s s a fu a c c o m p a g n a t a d a u n o s c o p o c h e a l l ’a u t o r e , o r m a i lo n t a n o d a i g r a n d i c e n t r i le t t e r a r i e t ip o g r a fic i e i n d e b it a t o , d o v e t t e s t a r e m o lt o a c u o r e : lo s c o p o d i o tt e n e r e d a l d u c a la s t a m p a d e lla g r a n d e s u a o p e r a , a lt r i m e n t i d e s t in a t a a r im a n e r e p r e s s o c h e ig n o ta . P o ic h é

t a le

c o n g e t t u r a è in c o n tr a s to

con

q u e llo

c h e a ffe r m a

P ir r o P e r o t t i n e l p r o e m i o s t a m p a to d e l l a C o r n u c o p i a , c i è n e c e s s a r io d i e s a m in a r e

u n p o c o la v e r i t à

di

q u e s to

p r o e m io

p e r c iò c h e r i ­

g u a r d a s ia l ’ a u to r e s ia i l c o n t e n u t o . S e c o n d o i l p r o e m i o , N ic c o lò a v r e b b e c o m p o s t o q u e l c o m m e n t a r i o p e r s e m e d e s i m o s o la m e n t e , n o n p e r p u b b l i c a r l o ; e s e b b e n e a v e s s e p e r m e s s o a d a lt r i d i c o r r e g g e r e i p r o p r i c o d i c i s o p r a i l su o e s p i e ­ g a t o a c h i lo c o n s u lt a v a d e i lu o g h i d iffìc ili, n o n s i s a r e b b e p ie g a t o m a i a ll e i n s is t e n z e di c o lo r o c h e lo s p i n g e v a n o

a lla

p u b b li c a z i o n e ,

s ia p e r r a g io n i d i d i g n i t à e d i d e c e n z a , s ia p e r c h è r i t e n e v a d i a v e r e fa tto , b a d a n d o a l p r o p r io c o m o d o , n o n u n c o m m e n t o d i M a r z i a le c o m e a l s o lito , m a p iu tto s to u n p r o n t u a r io l a r g h is s i m o d i la t i n a , t r o p p o g r a n d e

per

essere

t u tta la l in g u a

e d i t o .1 2 I n v e c e s a r e b b e sta to e g li,

P ir r o , a d e c i d e r v i s i , p e r c h è p e r s u a s o d e l l a b o n t à d e lle r is p o s te d a t a ­ l u n i d a t e a g l i s c r u p o li d e l l ’ a r c i v e s c o v o e s t im o la t o d a m o lt i g io v a n i s u o i a m i c i a i q u a li i m a e s t r i a v e v a n o a ffe r m a t o n o n e s s e r v i n ie n t e « d i p iù

u t ile a g li s tu d io s i, d i p iù g r a d i t o a g l i e r u d it i e d i

p iù

co­

m o d o a lla l i n g u a la t i n a » c h e q u e l c o m m e n t o ; d a u lt i m o , p e r la s m a n ia di p rovare

i

m o lt i fu r t i d i q u e l v ilis s i m o

a v e v a d im o s tr a t o ta n ti

errori

nei

due

ped agogo, di

cui

lo

z io

i n s i g n i v o l u m i d e lle le t t e r e

R o m a n e e P e r u g i n e . I n c o n s e g u e n z a P ir r o , a l l ’ in s a p u t a d e llo z io , c h e e g l i i n c u o r su o c o n d a n n a v a ro g a n tiu m

du rum

« q u o d in ta n to c o n s e n s u h o n e s t is s im a

s e p o tiu s n e g a n d o q u a m c o n s t a n t e m o s te n d e r e t » ,

p r e s o i l m a n o s c r it t o d a lla

b ib lio te c a d i lu i, n e

a v r e b b e r ic o p i a t e e

m e s s e in o r d in e tu tte le n o te s e n z a a g g i u n g e r e d i su o a lt r o c h e la

1 Sulla dedica dello ps. Aristotelico De virtutibus et vitiis si dirà in fine. 2 « . . . turn multa esse apud hunc poetam vulgi iudicio obscoena, quae inter­ pretari pontificem indecens putaretur. Quandoquidem sunt nonnulli qui legere etiam Martialem nefarium censent. Ad haec non eo animo scriptos a se commen­ tarios, ut proferrentur in lucem, sed sua causa dumtaxat, ut quae tanto studio, labore, vigiliis investigaverat, quoties opus esset, haberet in promptu... multa quoque a s e . .. longe diffuseque conscripta, saepe etiam 'ex libris authorum, qui graece latineque scripserunt, fere ad verbum sumpta, quae si edi oporteret, in grande nimis volumen opus excresceret, nec tam unius poetae quam totius linguae latinae interpretatio videri posset ».

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VI. - Il governo di Perugia e l’ ultimo ritiro (1474-14801

123

s p i e g a z i o n e p iù l a r g a d i a lc u n i lu o g h i o s c e n i c h e lo z io a v e v a

ap­

p e n a sfio ra to ; d e l r e s to , c o l m e t t e r e a l p r in c ip io d i c i a s c u n e p i g r a m m a il s o m m a r io , c o n s e g n a r e in r o sso a c a r a t t e r i p a r o le s p i e g a t e e i fa tti con

m i t o lo g ic i

e

a lq u a n t o

m a g g i o r i le

s t o r ic i n e c e s s a r i a s a p e r s i, e

Γ i n d i c e a lf a b e t ic o in fin e , a v e r e fa tto in m o d o c h e n o n

re sta s­

s e r o a tt e r r it i d a lla m o le d e l v o l u m e e p o te s s e r o d is p e n s a r s i d a l r e s to q u e l l i c h e c e r c a s s e r o s o lta n to d i c a p i r e i l p o e t a . 1 O r a , p e r i s fu g g ir e a ll a

in d i g n a z i o n e d e llo z io , a v e r p e n s a to d i d e d i c a r e l ’ o p e r a a l d u c a

F e d e r i c o , u n o d i c o lo r o « q u i h a n c c o m m e n t a r i o r u m e d i t io n e m m a x i m e c o n c u p i e r u n t ,. . . c u iu s i ll e v i r t u t i a t q u e a u t h o r it a ti t a n t u m tr ib u it , u t te in s t a r n u m in i s h a b e a t , c o la t , v e n e r e t u r . F e r e t c e r t e a e q u o a n i m o p a t r u u s m e a b s te b e n i g n e

in v ita tu m

lu c u b r a t i o n e s s u a s t i b i

fe c is s e c o m m u n e s ; tu o v e r o n u tu p r o d iis s e in l u c e m ru m

ta n d e m

e t in

m a n u s d e s c e n d is s e , p r o s u a in te o b s e r v a n t ia

p o t e r it a u t , si p o te r it, n o le t . E n i g i t u r li b r u m

ip s u m , q u e m

uni

e r u d it o ­

ir a s c i n o n “ C orn u ­

1 « Subreptis itaque mox fex bibliotheca patrui commentariis coepi clam le­ gere quae notaverat... Quid plura? Accinxi me statini operi, et quanto potui studio, labore, vigilantia ab illo ubicumque notata e x c e r p s i , in o r d i n e m q u e r e d e g i . Nihil autem f e r e de meo a d d i d i praeterquam quod loca quaedam, quae ille, quoniam impuritate quadam atque obscoenitate verborum castis ac pudicis auribus execrabilia viderentur, cursim breviterque tetigerit, ipse latius exposui, nihil tam foedum esse existimans quod non turpissimum sit ignorare. Ita praeterea o p u s d i g e s s i , ut si quis sola huius poetae interpretatione contentus esse velit, deterreri libri magnitudine non possit : habent enim singula quaeque epigrammata sententiam suam in principio summatim expressam. Deinde, ubi r u b r ae s u n t ac g r a n d i u s c u l a e l i t e r a e , vis vocabuli sive fabula sive historia ad cognitionem authoris necessaria succincte ostenditur, quibus ii qui praeter intellectum poetae nihil optabunt poterunt esse contenti, de caeteris vero tantum sumere cuique fas erit quantum volet, cum in fine operis, quid singulis libris contineatur, servato literarum ordine, veluti quibusdam tabellis mirifice sit expres­ sum». - L ’ indice nel codice Urbinate manca, almeno ora, ma c’ è nell’ edizione principe del 1489, però al principio dell’ esemplare che ho sott’ occhio e di quello descritto dall’ Hain. Quanto alle rubriche, mi sembra che si indichino non tanto le parole che si espongono degli epigrammi e sono scritte a lettere maiuscoledentro il corpo del commentario, quanto i così detti « notabilia » dei margini, che furono accuratissimamente messi nel codice da Niccolò medesimo e riprodotti nell’ edizione principe e che servono egregiamente a ritrovare parole comuni e nomi propri, quelle messe sui margini esteriori, questi negl’ interiori. Ma non fu questa una invenzione o un’ aggiunta di Pirro: Niccolò soleva segnare in quel modo i « notabilia », come dimostra l’ autografo Vatic. 6835 delle Selve di Stazio, e non avrei dubitato che egli li avesse posti anche nell’ originale di quella vera selva selvaggia della Cornucopia, pur se nel codice Urbinate fossero di mano altrui e non sua. V. la tavola V.

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Per la cronologia della vita di N. Perotti

124

c o p i a e ” s i v e li n g u a e la t i n a e c o m m e n t a r i o s i n s c r i p s i , in v ic tis s im e

tib i p r in c e p s

m it t o , u t tu o i u ssu a u s p i c i is q u e e d a t u r , o b id ■c e r t e f e li x

fu t u r u s , q u o d

te a u t h o r e tot e r u d it i h o m in e s ip s u m la e ti a la c r e s q u e

e x c i p i e n t , c o m p le c t e n t u r , o s c u la b u n t u r

et

c e r t a t im

la u d i b u s c u m u ­

la b u n t , s e d o b id lo n g e f e li c i o r q u o d tu o m n i u m p r im u s a c c i p i e s » ; e q u i u n b e l p a s s o s u ll’ e n t r a t a d e l li b r o in U r b i n o , fr a ta n te m e r a ­ v i g l i e e c c ., c h e q u a s i m i r in c r e s c e d i n o n A d u n q u e P ir r o , u n g i o v a n o t t o

di

r ic o p i a r e .

u n a v e n tin a di a n n i

p o c o p iù , a v r e b b e e g l i c o p ia to , a n z i m e s s o

in o r d i n e

fo r s e o

e c o m p le ­

t a t o t u tt a q u e l l ’ e n o r m e c o m p ila z i o n e , l e a v r e b b e d a to il tito lo e d e d i ­ c a t a la e m a n d a t a a F e d e r i c o , e tu tto c iò a l l ’ in s a p u t a d e llo z io c h e p e r m e s i i n t ie r i n o n si s a r e b b e a c c o r t o d e l l a s p a r iz io n e d e l su o g r a n d e p r o n t u a r io . È

m o lt o v e r i s i m i le tu tto q u e s t o ?

D i fa tti p o i, s e P ir r o

v e ra m e n te

non

a g g iu n s e c h e q u e llo c h e

d i c h ia r ò , c o n v i e n e n e g a r e a lu i i l p e n s ie r o e l ’ a tto c h e

s ’a tt r ib u is c e ,

d i d e d i c a r e l ’ o p e r a a l d u c a p e r p a r a r e lo s d e g n o d e llo z io : le

non

r a r e a p o s tr o fi a F e d e r i c o s p a r s e q u a e c o là p e r l ’ o p e r a in t e r a ( v . p . 1 2 1 , n.

1) l a p r o v a n o d ir e t t a a lu i d a ll ’ a u t o r e m e d e s i m o , 1 e so lo i n b o c c a

d i u n a u to re

h a n n o se n so le

p a r o le

d i g iu s t if ic a z io n e ,

n e l l ’ e p i lo g o ,

p e r le r ip e t i z io n i e le o m is s io n i 2 1 e l a m e n z io n e d e lle e s o r ta z io n i c h e F e d e r i c o g li f a c e v a d e ll’o p e ra . h o r t a r i,

ut

«Verum r e li q u a

di

com p orre -

tu

quidem...

p rosequ am u r.

o m n e s n o n m o d o tu is c le s i a e i m p e r i u m

a r m is

a u ctu m

ac

n o n tr a s c r iv e r e n o n d e s in is

Q uod

v ir ib u s

se d s a c r a m

c e rte

tam en li b e n t e r

il r im a n e n t e nos

s u b in d e

f a c i m u s , ut

sa c ro sa n c ta e R o m a n a e E c ­

e tia m

R om anam

li n g u a m , te

i m p e r a t o r e , te d u c e , illu s t r a t a m lo c u p le t a t a m q u e a g n o s c a n t » . C h i p u ò c r e d e r e c h e F e d e r i c o p e r un a t a le c o n t in u a z io n e si r iv o lg e s s e a q u e l g io v a n o t t o , c o m e se n e fo sse c a p a c e ? M a c iò c h e d i m o s t r a la f i n z i o n e

d i q u e llo c h e n e l p r o e m i o è

la c o s a p r in c ip a le , a n z i l ’ e s s e n z ia le , v a l e a d ir e l ’ i g n o r a n z a e c o n ­ t r a r i e t à a s s o lu t a d e l P e r o tti r is p e tto a l t e n t a t i v o d e l n ip o t e , è a p p u n to

1 L. Odazio anch’ egli attribuisce la dedica a Niccolò: « Hos autem commen­ tarios ex dimidio absolutos, ut ipse in calce operis testatur, illustrissimo principi [patri?] tp.o, cui erat imprimis deditissimus, attitulavit ». 2 «Quod si quando a n o b i s alicubi quicquam praeteritum videbitur quod dici eo loco commode potuisset, nolim desperet lector id alio loco se non minus apte commodeque lecturum. Si vero aliqua bis tertioque nonnumquam a n o b i s r e p e t i t a videbuntur, id quoque quisquis diligenter animadvertat non sine causa a n o b i s f a c t u m intelliget, nec inculcatum quicquam sed necessario aliquando replicatum iudieabit >.

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VI. - Il governo di Perugia e l'ultimo ritiro (1474-1480) il c o d i c e

m e d e s im o m a n d a t o a l d u c a , T U r b i n . 3 0 1 . E s s o , c o m e g i à si

è d e tto , p r e s e n t a n u m e r o s e tore,

125

e lu n g h e a g g iu n t e d i m a n o

d ell’ a u ­

e n e llo s te sso p r o e m i o p o s to so tto i l n o m e d i P ir r o le

p a r o le

d e l l a c h i u s a : « U t i n a m m i h i F e d e r i c e p r in c e p s u n a c u m s u a v i s s im o » , « fo e lic it a t e is ta p e r f r u i a li q u a n d o li c e r e t »

e

« p r in c e p s m i t is s i m e »

s o n o p r o p r io d i N ic c o lò , e, a l l ’ in fu o r i d e lle u lt i m e d u e , s o p r a r a s u r a . A l t r o c h e i g n o r a n z a ! C o m p li c i t à p e r lo m e n o . A n z i n o n s e m b r a t e m e ­ r a r io p e r n u lla il s o s p e t t a r e c h e tu tto s ia u n a u o m o d i co rte e d i g o v e r n o a l m a s s im o , a v r à

e n on d e l g io v a n e

fin z io n e d e l v e c c h i o i n e s p e r t o , i l q u a le ,

v o lo n t i e r i a c c o n s e n t it o a p r e s t a r e i l n o m e e a fa r

d a c o p is ta (s e p u r e è s u a l a s c r i t t u r a d e l l ’ U r b i n a t e 3 0 1 : io n o n h o m a i v is t o u n a r i g a a u t o g r a f a d i lu i) : 1 lo ste sso

p ro e m io

c h e p o r ta

i l s u o n o m e , a n c h e a l s o lo s t ile a p p a r e d i N ic c o lò . I l q u a le e v i d e n ­ te m e n te m ir ò in

q u e l l a fin z io n e a g li s c o p i s e g u e n t i :

1 °) d i r is p o n d e r e i n a n t e c e d e n z a a lle c e n s u r e c h e si a s p e t t a v a p e r l e p r o p o r z io n i e n o r m i d e l c o m m e n t o e le s p r o p o r z io n i fr a le v a r i e p a r ti e p e r l a e s p o s iz io n e l a r g a d e i p a ssi o s c e n i, e i n s i e m e d i e s a l ­ ta re

e n f a t i c a m e n t e l ’ o p e r a p r o p r i a s e n z a a p p a r ir e

uno

sv e rg o g n a to

v a n ito so ; 2 ° ) d i r iu s c ir e m e g l i o a d im o s t r a r e i v e r i o a s s e r iti p l a g i d e l C a ld e r i n i ,

la s c ia n d o

cred ere

che

il

co m m e n to

m e n t e d a l n ip o t e p o te s s e a n c o r a t r o v a r s i, s e n z a r u n o , n e llo s ta to i n c u i l ’a u t o r e a v e v a i o

c o p i a t o g li

la s c ia t o c i n q u e e

a v a n t i , c io è p r i m a d e l l a p u b b li c a z i o n e d e l c o m m e n t o m e n t r e , s e e g li s te sso l ’ a v e s s e

fu r tiv a ­

un c a m b ia m e n to v e ­

d a to fu o r i, s a r e b b e p iù

p iù a n n i

C a ld e r i n i a n o , d iffic ilm e n t e

s f u g g i t o a l s o s p e tto d i a v e r v i fa tto in s e g u it o c o r r e z i o n i e d a g g iu n t e , s la p u r e i n d i p e n d e n t e m e n t e d a D o m i z i o ; 3 ° ) m a s o p r a ttu tto d ’ i m p e g n a r e i l d u c a F e d e r i c o

a ll a p u b b l i ­

c a z i o n e d e l l ’ o p e r a , t a n t e e c o s i s t r in g e n t i e s s e n d o l e in s is t e n z e c h e m a g g i o r i n o n p o t e v a n o p e r m e t t e r s i c o n u n 's o v r a n o . L ’ a r t ific io

per

a llo r a

non

r iu s c ì : n o n

so lo

m o r i v a b e n p r e sto

N i c c o l ò , c h e p a r e a b b i a c o n t in u a t o l ’ o p e r a s e n z a fin ir la , 1 2 m a dopo due

1 Si troverà forse qualche firma in istrumenti, come quello, ad es., citato dal P in zi , IV, 230, n. 1. 2 « Alteram vero partem, cui proprie continuis vigiliis et lucubrationibus in­ sistebat, ut c o m p e r t u m h a b e o , morte praeventus absolvere non potuit ». Così l’ Odazio, il quale però aggiunge: « Quin etiam hoc opus, eodem ut opinor ca s u, pluribus in locis mendosum nec recognoscere satis nec castigare potuit», ma non credo che giustamente. Oh di certo, Niccolò avrebbe potuto perfezionare ancora più l’ opera sua!

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126

Per la cronologia della vita di N. Perotti

a n n i (1 4 8 2 , 10 se tte m b re )

a n c h e F e d e r i c o , la s c ia n d o in e d ito il g r o s s o

m a n o s c r i t t o .1 F o r t u n a t a m e n t e se n e p r e s e in s e g u it o p e n s ie r o i l fig lio G u id u b a ld o e n e a ffid ò a l p r o p r io m a e s t r o L u d o v i c o O d a z io d a P a d o v a la sta m p a , c h e

u sc iv a a V e n e z ia n e l 1 4 8 9 ,1 2 e fu s e g u it a d a

c h i e r is t a m p e n e llo s te sso s e c o lo x v

e n e l se g u e n te . A

parec­

q u e lla d e c i ­

s io n e p r o b a b i lm e n t e m o s s e l ’ a tto d i S isto I V - i l p r e te s o n e m i c o d e l P e r o t t i - c h e n e l lu g li o

1484 m andava

ad

U r b in o

i l p r e fe tto

d e lla

V a t i c a n a B . M a n fr e d i c o n i l s e g u e n t e b r e v e p e r i l c o n t e O t t a v ia n o U b a l d i n i t u to r e d i G u id u b a ld o :

« D i l e c t e fili, s a lu t e m e tc . V e n i t is tu c

d ile c t u s filiu s B a r t h o lo m e u s A r i s t o p h y lu s , B i b li o t h e c a r i u s , f a m i lia r is e t c o n t in u u s c o m m e n s a li s n o s te r , q u i r e f e r e t n o n n u lla N o b ilit a t i tu e n o ­ s tr o n o m i n e s u p e r i llo lib r o C o r n u C o p ie in b i b lio t h e c a ista U r b i n a t . e x i s t e n t ., c u iu s n o s e x e m p l u m

p ro n o s t r a

r e m u s . H o r t a m u r it a q u e N o b ili t a t e m lo m e o fid e m

in h o c a d h ib e a t ,

et

ip sa m

e ffic ia t

B ib li o t h e c a h a b e r e c u p e tu a m ut

(u t e id )e m B a r t h o -

n o s tr o d e s id e r io d e e o

lib r o s a tisfia t » . 3

A R o m a e d a l p a p a n o n si e r a d i m e n t ic a t a la m a g g i o r e o p e r a d e l P e r o tti : q u e s t i, se fo sse sta to v i v o , a l l ’ o n o r e v o le r i c e r c a a v r e b b e e s u lta to e p r e s o o r g o g li o .

1 Nell’ iuventarlo di quel tempo, ed. S tornatolo , Codices Urbinates graeci, p. CLI, esso è registrato così: « ·. Similmente, nelle poesie di Septiinuleio Campano - il Campanino, di Bauco (cf. Z a b u g h i n , I, 171 e 335; Z i p p e l , Le Vite di Paolo II, 154 e 182), e non il celebre vescovo di Teramo, come ha inteso il Simar, - leggasi a p. 205 sg.: «longae; ver­ sare; quod tibi non ullus, garrula pica, negat [nonnullus garrulae picae ed.); eadem quae [e. quam]; situque merso [s. misero]; Arabum [arabicis]; reposti [reperti]; A(h) quam dura [Aqua d.]; situs [sinus]; Dic [die]; paludi Fecit lumina» (segue in rosso «imperfectum opus»). Nella poesia 2a si paria ad una gazza Λ- era in gabbia, e non al Platina, e nella 4a si accenna a Castel S. Angelo « thesauri domus reposti » mutato in carcere. Quei Λ-ersi del povero prigioniero non mi paiono dispregevoli. 2 Tanto risulta dalla supplica seguente al papa, che si conserva nel Vatic. 6526, f. 259, e non è senza interesse : « Beatissime Pater. Quia monasteria Congrega­ tionis Monachorum Silvestrinorum ut plurimum bibliothecis carent; ideo monachis litterarum professoribus licentiam superiores concedunt ut ex pecuniis dari solitis pro elemosyna concionatoribus vel alio modo acquisitis libros sibi parent, qui a superioribus concedi solent ad usum iis qui eos sibi paraverint ac post eorum mortem in possessionem traduntur monasterio professionis cuiuscunique monachi. Et quia officiales eos saepe vendere solent, et D. Iacobus Mercatus monachus silvestrinus exoptat, ut post mortem suam illius libri non vendantur, sed transferantur ad suae professionis monasterium, hoc est S.i“i Crucifixi Saxoferrateu., quod bi­ bliotheca modo caret: quare humiliter supplicat, ut S.tas Vestra dignetur ferre .sententiam excommunicationis latae sententiae summo Pontifici reservatae non

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VII. - Codici Perotti nella Vaticana

135

rimanevano ancora, almeno in parte, nell’ anno 1772. 1 L’ esemplare però della

H istoria A rcana di Procopio donatogli con dedica dall’ editore Niccolò A l a ­ manni è fra gli stampati Barberiniani alla segnatura I. Γ. 45. - Nel codice Barber, lat. 4602 al f. 46 è una risposta dell’ Alam anni

ai

dubbi

propo

stigli dal Mercati circa il Simbolo Atanasiano.

4°) Non è autografo ma contiene numerosissime e considere­ voli aggiunte autografe l’ Urb. lat. 301, enorme volume in f., di carte scritte D C L X X i : esso è l’esemplare della Cornucopia mandato a Fede­ rico d’ Urbino. V. la tav. V e sopra, p. 120 e 125. Nel f. I r lo stemma dei Perotti inquartato con le aquile concesse da Federico III. Il co­ dice fu legato in Urbino poco dopo la morte di quel duca; v. p. 12(5, h. 1 ; la legatura odierna però è del tempo di Clemente XI. Circa la provenienza dell’ Urbinate ed il suo passaggio alla Va­ ticana cogli altri codici di Urbino non occorre dire altro. I tre primi codici invece appariscono da sè come provenienti da Torquato Perotti, e di tale provenienza si ha per due, lo Stazio ed il Mar­ ziale, la conferma nelle note del più volte citato Vatic, lat. 6526, ossia nelle copie delle opere minori di Niccolò e di vari documenti*1 2

solum contra eos qui ausi fuerint post mortem supplicantis vendere, vel auferre huiusmódi libros tam typis editos quam manuscriptos, dum fuerint Romae, ubi nunc sunt; sed etiam contra eos, qui in hiturum Sentini idem ausi fuerint, vel ex bibliotheca extraxerint, postquam illuc libri fuerint delati. Et quia inter hos libros sunt nonnulli damnatorum auctorum spectantes ut plurimum ad linguam hebraicam graecam et latinain, quorum D. Iacobus multis ab hinc annis facultatem habuit a S. Cong.ne S. Officii, et ab eadem postea quin­ quies eidem renovatam; ideo humiliter supplicat, ut S.tas Vestra dignetur conce­ dere ut huiusmodi libri separatim in capsa claudantur, et a bibliothecariis a Ca­ pitulis generalibus cum voce activa et passiva eligendis iis tantum ostendantur qui legendi facultatem habuerint. D. O. M. S.,em V. diutissime servet incolumem». A tergo, f. 260« : « Beatiss.o ac S .m0 Patri pro D. Iacobo Mercato mon.» Svlvest.o ». 1 In una nota dell’AMADUZZi ricopiata a Savignano da Girolamo Amati il seniore nel codice ora Vatic, lat. 9779, f. 112: « Sassoferrato 1772. Nel Monast.0 de’ Silvestrini. Libreria, in cui si conservano vari libri greci, già posseduti da un ex-Gener.e di questa Congrue detto Iacopo Mercati di Recanati, autore della vita del B. Bonfiglio, vivente circa l’anno 1625 ». Nella Statistica delle Biblioteche, II (1894) 8 6 nessun accenno alla biblioteca del Crocifisso di Sassoferrato nè a libri del Mercati. Questi pubblicò la vita latina db quel Beato a Camerino nel 1613, quando era già procuratore generale dell’ Ordine. Cf. Acta Sanctorum, Septerabr., VII, 513. 2 Νικόλαος Άλαμάνος Ίακώβφ Μερκάτφ τψ Σιλβρεστρινφ τά Ιλληνικά σοφψ, της τε τυπογραφίας έπανορθωτη [delle bozze della Hist, arc., credo], καί έν τοίς μάλιστα φίλιμ μνείας yâsiv.

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136

Per la cronologia della vita di N. Perotti

riguardanti lui e la famiglia, che Torquato aveva messo insieme per la stampa. Benché tali copie furono per lo più ricavate da codici Vaticani e solo qualche volta da codici di casa,1 dovevano però in gran parte essere collazionate anche con questi, come appare dalle note marginali aggiunte da una mano differente al principio dei testi: «E t ex ms. ... apud Torquatum Perottum » ; lo dovevano, ma in realtà non ne presentano mai o quasi mai segnate le varianti. Ora, perchè quei manoscritti domestici sono dichiarati quasi sempre - u n d i c i volte su t r e d i c i - di mano dell’ autore, - se a ragione o a torto, si potrà decidere se e quando i manoscritti saranno con certezza tutti riconosciuti, - gioverà riprodurre quelle note. 1°) Vatic, lat. 6526, f. 21, alla dedica delle Monodie (delle quali segue il testo) : « Ex codice M. SS. ipsius Perotti apud Perottum Torquatum » , 1 2 e non da altro codice. Quindi è ovvio pensare che da quello stesso ms. - il quale è poi il Vat. 6835 - siano state rico­ piate le Monodie, come del resto appare dalle lacune (v. avanti, Docum. 4) e dagli stessi « notabili » marginali trascritti insieme col testo nella copia. 2°) Ib., f. 54, al discorso De Assumptione B. Virginis (vedi sopra, p. 50): «E x codice Vatic. 5860 et ex alio T. P. ». 3°) Ib., f. 70, al « prohemium in Aristotelem de virtutibus et vitiis», e ne segue il testo (v. p. 127): «E x codice authoris mss. apud T. P. », esclusivamente. La copia dunque è da quel codice e non da altro. 4°) Ib., f. 80, all’ invettiva contro il Trapezunzio (v. p. 65): « Apud T. P. Ep.uni Amerinum. Ex codice item Vaticano 2934 p. 219 ». Così ora, ma prima era stata scritta avanti « Apud. . . » l’indicazione del Vat., che fu cancellata quando si aggiunse l’ altra: quindi il testo fu copiato dal Vaticano e non dal codice di Torquato. 5°) Ib., f. 100, all’ « epist. de generibus metrorum... ad Haelium Perottum» copiata dal Vatic, lat. 3027: «E t ex proprio au­ thoris apud P. T. ». 6°) Ib., f. 114, « in librum de m etris... ad Iacobum Schioppum Veron. » trascritto dal medesimo Vatic. 3027 : « Et ex proprio ipsius Perotti apud P. T. ».

1 « Komae ex bibliotheca Angelica » solamente al f. 214, dove sono copiate le lettere del Filelfo a Niccolò (v. sopra, p. 53, n. 8 ), e al f. 204: « Ex Archivo Vaticano Cod. 370», in principio del discorsetto ricordato sopra, p. 73, n. 5. 2 In seg'uito non ne scriverò che le iniziali.

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VII. - Codici Perotti nella Vaticana

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7°) Ib., f. 134 : « N. P. poetae laureati in Plutarchi libellum de fortuna Romanorum praefatio», e segue il testo, dal Vatic. 3027: * Et ex M. SS. ipsius Perotti apud T. P. ». 8° e 9°) Ib., f. 156: «In P. Papinii Statii Silvarum expositio­ nem prohoemium » (e non anche l’ esposizione) : « E x M. SS. ipsius Perotti apud P. T. ». Poi al margine del passo sopra la correzione di Marziale: «Codex iste Martialis manuscriptus ab ipsomet Perotto apud T. P. reperitur». 10°) Ib., f. 160: « N. P. Bartholomaeo Troiano s. », dallo stesso Vatic. 3027: «Et ex alio eiusdem Perotti M. SS. apud P. T. ». 11°) Ib., f. 162: « N. P. Iacobo Constantio Fanensi », dal me­ desimo Vatic. 3027: «Et ex alio eiusdem P. M.SS. apud T. P. ». Seguono nei ff. 164 »-171, trascritte da una mano diversa (quella stessa che ha aggiunto Γ indicazione dei codici esistenti presso Tor­ quato e che sembrami di T. medesimo) senza nota di p r o v e n ie n z a , le poesie « de Sigismundi Malatestae et Isottae de Attis mutuo amore », le letterine ad Elio ed allo Schioppo, le lettere dei cardinali a re Alfonso, di Bessarione e di Niccolò P. a Buonconte (v. sopra, p. 45 sgg.), le quali tutte ritrovansi unite nel Vatic. 6847. 12°) Ib., f. 182 : « N. P. in Epicteti Philosophi Enchiridium prae­ fatio . .. ad Nicolaum Quintum P. Μ. », dal Vatic. 3027 : « Et proprio ipsius P. apud T. P. ». Seguono le versioni di Simplicio e d’Epitteto. 13°) Ib., f. 220 : « Lettera... al magistrato di Sassoferrato » : « L’originale di propria mano del medesimo arcivescovo si conserva appresso Torquato Perotti ». Quantunque Γ indicazione « ex M. SS. ipsius Authoris » non sia così precisa come quella : « di propria mano del medesimo Arcive­ scovo», e possa designare anche una copia eseguita da altri per l’ autore che dettava o voleva una bella copia, nondimeno è pro­ babilissimo, per non dire certo, che chi la usò intese significare che quei mss. di casa Perotti erano autografi di Niccolò : « proprio » e « ipsius authoris » non sembrano aggiunti per indicare il solo pos­ sesso. Però, in casa, al trovare codici con opere di Niccolò si doveva essere propensi - tanto era ciò ovvio e naturale - a crederli auto­ grafi senza riflettere alla possibilità di una bella copia commessa dal­ l’autore o del posteriore acquisto di un codice di tutt’altra prove­ nienza in seguito dimenticata, che si fini per ritenere ereditato anche esso da Niccolò. Non conviene quindi giurare sul giudizio di Tor­ quato o d’ altri che fu (al n. 13, per esempio, s’ingannò di certo; V . p. 133, n. 1), e all’occorrenza, non ostante esso, si potrà pren­

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Per la cronologia delia vita di N. Perotti

dere in considerazione Γ identificazione di un codice n o n a u t o ­ g r a f o ma l’ u n i c o che presenti uno scritto di Niccolò esistito presso Torquato e identico nel testo alla copia conservatane nel Vatic. 6526, e che si trovi anch’esso in mezzo a codici certamente provenienti da Torquato. D’altra parte non è tanto probabile - benché sia assolutamente possibile - che i singoli scritterelli fossero in codici separati (come se Niccolò avesse conservato i singoli quaderni originali e le mi­ nute), quanto è verisimile che diversi opuscoletti e lettere, specialmente dello stesso argomento e dello stesso tempo, come i due opu­ scoli metrici, l’ Epitteto e il Simplicio, le traduzioni da Plutarco e da san Basilio, si trovassero uniti in un solo codice : cosi, almeno ora, sono uniti 1 e 8, li) e 9. Dopo queste considerazioni e dopo l’altra che nella Vaticana sono venuti da Torquato Perotti non solo i tre codici indicati sopra e il 6526, ma anche il Vatic. 6894 coi due libri De officio episcopi del cardinale Gaspare Contarmi,1 il 6954 e il 6967 con lettere e poesie dirette a Torquato,1 2 il 6968 o almeno i ff. 116-122 di esso col De r ir tu tib m et vitiis di Aristotele (v. p. 127), io propendo a credere: che, non ostante il silenzio sopra l’esemplare da cui deriva­ rono nel Vatic. 6526 gli scritti dei ff. 164-171 (lettere ad Alfonso, a Buonconte ecc.), quello fu il Vatic. 6847, già di un Martinozzi (v. p. 46), e che questo codice provenga pure da Torquato, il t r a s c r i t t o r e di quei scritterelli; che questo stesso Vatic. 6847, il quale contiene anche Sim­ plicio ed Epitteto e il De fortuna Romanorum, però in scrittura differente dal resto, sia il preteso codice « ipsius Perotti » dei nn. 6, 7, 10 e 12. Avevo sperato di trovare nella Vaticana anche i manoscritti che si accennano ai numeri 2-5 e 11 (a 2 e 4 però non si dice che siano autografi), ma essi finora sono sfuggiti alle mie ricerche, fatte spe­ cialmente nelle vicinanze dei codici riconosciuti di Torquato. Può

1 Al basso del frontispizio: «E x libris 111.···* et R.'"> D. Torquati Perotti nob. Saxoferratensis, Episcopi Amerini». 2 V. i ff. 184, 185, 248, 253, 269-271 del 6954 e i ff. 94 (Al Molto 111.··-· et R.'"" Sig. Torquato Perotti Caud.™1 e Cappellano Maggiore di N. S.ri' Papa Urbano 8. »), 130 e, 135, 140 v del 6967. Cf. sopra, p. 2, n. 3 e 7, n. 2. Anche, il Vatic. 6895 con gli esercizi di latino di Scipione Perotti (v. sopra, p. 133) e il 6956, del secolo x v i i , con gli Statuti di Sassoferrato, saranno venuti coi sopradetti codici.

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VII. - Codici Perotti nella Vaticana

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essere che non siano venuti;1 può aneli’ essere che vi siano stati collocati a grande distanza o addirittura in altri fondi (quanti codici estranei sono stati messi fra gli Urbinati, gli Ottoboniani e quelli della Regina Cristina!) e che, privi di segni di provenienza, non sia agevole riconoscerli. Perchè veramente avrebbero dovuto venir qui tutti, avendo Torquato nel suo testamento del 21 settembre 1642 1 2 disposto « che li libri manoscritti che si troveranno tra li altri libri e particolarmente un Marziale, tutto di mano di mons. Niccolò Pe­ rotti, arcivescovo Sipontino, di bona memoria, siano consegnati, subito seguita la mia morte, con partecipazione dell’Eminentissiino Sig. Francesco Card. Barberino al custode della libreria Vaticana » . 3 1 Ad es., gli esercizi di versione dall’italiano in latino che Torquato fece negli anni 1591-1592 sono finiti nella Barberiniana (cod. Barber, lat. 1823) ; il Mes­ sale di Niccolò, con lo stemma di Torquato vescovo, è nella Vallicelliana (v. p. 131). Tralascio VEpitome autografa perchè sospetto che fosse in mano dei Farnese fino dal secolo xvi. Anche il Rossiano 412 (v. p. 130) non èra più dei Perotti nel 1514. Forse che questi due e lOrsiniano siano di quei libri lasciati in Roma (?), che Nic­ colò nella lettera 23 gennaio 1477 a Sisto IV esibiva insieme con la casa a gua­ rentigia del prestito che gli chiedeva? 2 Mortici, Giuntina Levi-Perotti, 19. 3 F. M. T orrigio ( f 1649), Le sacre grotte Vaticane '2 (1639), 225, all’ occasione di ricordare che il Perotti e Alessio arcivescovo di Benevento furono lasciati durante la notte del 12 aprile 1462 nella torre di Ponte Molle a veglia del capo di san Andrea (cf. Pio II, Comment., lib. V ili a princ. ; A lexius C lusin ., Andreis, Neo; EXXyimo;/.·)., X , 86), aggiunge su Niccolò alcune notizie (senza dubbio comuni­ categli da Torquato che poi nomina), in fra le altre che « v e d e s i la sua effigie nella Bibliotheca Vaticana ; di cui fu molto benemerito, havendovi donati varii libri manoscritti, e fu uno di quelli eccellenti ingegni mandati a cercar libri per l’ Italia e fuori». Cf. R. L anciani, Storia degli scavi di Roma , I, 69. Ritengo quel dono una pura supposizione nata dall’ osservare nella Vaticana codici, oltre che di opere di Niccolò, o con l’ arme dei Perotti come il Vatic. 5699 (v. p. 129) o con sottoscrizione di lui come il Vatic, lat. 1485 (v. p. 131). Ritengo altresì una pura supposizione quella della missione in cerca di codici, nata dalla lettera con la data di Trebisonda (v. p. 40-43) e forse anche da un’ erronea interpretazione del salvacondotto di Calisto III (v. p. 46), di cui il Torrigio riferisce il principio subito dopo [da lui, credo, lo riprodusse il Bonamici], come riferisce quello della « bolla » 16 aprile 1449 di Niccolò V (v. sopra, p. 5). Le due supposizioni però saranno sovvenute da poco, non avendole Torquato inserite nello sbozzo della Vita. Quanto all’ effigie basti rilevare che si vedeva nella n u o v a biblioteca e non in quella di Sisto IV, e potè essere uno di quei ritratti su tela di uomini dotti, dei quali si conservano ancora parecchi. - T o rrigio , p. 226, dice che Torquato fu « eletto vescovo d’Amelia adi 19 di maggio 1633 e consacrato adì 25 di luglio ». Corr. quindi le date che ho seguite a p. 1.

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APPENDICE

1. - Una notizia sopra i Costanzi di Fano. (Al c. II, § 2, p. 18, n. 3). Che Giacomo si nominasse il padre di Antonio C ostan zi1 commentatore dei F a sti d’ Ovidio (v. Haiu 12244-12247) e autore delle poesie ed orazioni latine edite a Fano nel 1502 dal figliuolo Giacomo (v. Brunet, M anuel du

libraire'0, II, 238), lo attesta costui nella dedica, nella quale anche lo dice discepolo di Guarino a Ferrara. Così un figlio di questo Giacomo juniore si nominò Antonio, e un suo nipote di nuovo Iacomo, come appare dalla lettera « di Napoli li 8 ferraio 1633 » di « Don Gioseppe Costanzi Canonico Regolare » a Torquato Perotti che si conserva nel Vatic, lat. 6526, f. 255, ed è di certo pregio per notizie non solo domestiche ma anche letterarie e di qualche manoscritto posseduto dai Costanzi. Ne riproduco la parte impor­ tante, lasciando il lunghetto

preambolo

che

comincia : « Da che io com-

minciai fin’ dalla fanciullezza a pratticare le antiche an ten ati». Facendosi dunque dall’ umanista Antonio

memorie

dei

miei

così scrive Don Giu­

seppe: « Derivo da Antonio per retta

linea. Questo fu padre di Iacomo Co­

stanzi mio bisavo, huomo anch’ egli letteratissimo, come appare per la stima fatta di lui, poiché in un frontispitio d’ un

Virgilio

commentato, vi sono

parole di simil tenore: “ Questo libro è stato emendato e corretto dai primi huomini del nostro secolo, tra i quali è nominato Erasmo, ma prima di lui

1 Vissuto dal 1435 al 1489 secondo Γ autore della memoria su lui in Colucci, Antichità Picene, VI, p. L X V sgg. ; dal 1436 al 1490 secondo l’ autore seguito dal C h e valier nella sua B io-Bibliographie ; in realtà morto il 28 aprile 1490, come deve risultare da G. C a ste lla n i , L'assedio di Fano del 1463, narrato da P. Antonio Poltroni, Fano, 1898, 67 sgg., che veggo citato da G. Z ip p e l , in nota a p. 343 degli Scritti di Storia, di Filologia e d ’Arte, pubblicati a Napoli, 1908, per le Nozze

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142

Per la cronologia della vita di N. Perotti

questo Iacomo, il quale ha commentato la Methamorfosi d’ Ovidio,1 e Vir­ gilio, e fatto molt’ opre, una d’ epigrammi,1 2 una di fragmenti d’ antichità, un’ altra in lingua greca nella quale egli era peritissimo Da questo Iacomo nacque Antonio mio avo, e da questo Antonio Iacomo e Pierdomenico mio padre, huomo (se a me conviene di dirlo per verità) eccellente in legge, in filosofia e in lettere humane. Iacomo mio zio non lasciò se non un figlio che morì. Ma mio padre ebbe così nummerosa prole, che pareva dovesse eternar la famiglia. Nondimeno le cose mondane sono di tal conditione, che all’ hora sono più fragili e caduche, quando si credono più ferme c stabili, poiché doi siamo rimasti fratelli sacerdoti, humilissimi servi here­ ditarii di V. S. Ill.ma, e già si è estinta la nostra famiglia, havendoci poco dianzi la morte rapiti doi fratelli secolari cavalieri di Firenze nel più bel fiore della loro virtuosa gioventù. Delle memorie poi di Antonio Costanzi habbiamo in stampa i suoi commenti sopra i fasti d’ Ovidio, et un libretto di suoi epigrammi nel quale anco è inserita una oratione funebre fatta in sua lode da Ottavio Cleofilo poeta insigne, 3il quale fa commemoratione delPammistà che questo haveva con Nicolao Perotti, e mio padre anco testificava di saperla per altra parte.4 V’ è poi di suo in casa un Dante manuscritto bellissimo commentato da detto Antonio: vi sono degli epi­ grammi fatti in sua lode, scritti di lettera antichissima (!) e conservati fin’ da que’ tempi. V’ è anco una bolla imperiale di Federico terzo imperatore che

1 Alla « Collectaneorum Hecatostys prima » (le altre non uscirono) stampata a Fano nel 1508 (v. B runet , II, 239), in cui pubblicò 82 versi, che a suo dire man­ cavano nel libro V ili della Tebaide di S t a z io , come ricevuti dal suo maestro Battista Guarino (f 1502) ma che R. S abbadini , Le scoperte dei codici greci e Udini, 1,181182 ritiene fabbricati dal Costanzi, susseguono « In Ibin Ovidii sarritiones. In Ovidii metamorphoses assumenta ». 2 Già nel 1502, in fine alle operette del padre furono da lui stampati « Iacobi Constantii epigrammata quaedam. Eiusdem epicedion in T h a d a e a m m a tr e m » . Delle due opere seguenti non so nulla. Giacomo nella eit. Collectan. fa sfoggio di ci­ tazioni greche, di cui parecchie dal Nuovo Testamento, allora non ancora stampato. 3 Nell’ ed. del 1502, prima degli epigrammi cit. di Giacomo: « Octavii Fanen. oratio ad Sen, Fanensem Antonii laudes continens». Intorno a Cleofilo (1443-1490, 26 dicembre), v. Z ippe l , o. c. 329 sgg. Il T iraboschi , che parla di lui nella sua Storia ecc., Ili, 199, in una nota della pagina seguente nomina « quell’Antonio Costanzo da Fano, che è quell’Antonio Volsco da Fano [sic! era di Piperno: «Pri­ vernatis»] cui loda il M akso nella sua prefazione» ai Fasti, il quale invece aper­ tamente ivi distingue i due: «Idem paulo ante fecit doctissimus et eruditissimus iuvenis. . . Antonius Volscus. . . Antonius praeterea Phanensis vir et ingenio et doc­ trina singularis et in utraque eloquentia summus». L ’ inesattezza è passata al L anc e tti , al P ecci , « Archiv. della Soc. Romana di storia patria », XIII, 453 e anche a V. Rossi, Il Quattrocento, 222, per tacere di altri. 4 Forse che dai due epigrammi « In Cornu copiae Nicolai Perotti Pontificis Sypontini ad lectorem», che si leggono alla carta a un dell’ ed. 1502?

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Appendice

143

lo coronò sollennemente poeta in B o lo g n a .1 E queste hora mi sovvengano, e posso di dire di verità a V . S. Ill.ma; molte più cose ritrovare! se fassi a Fano ». D ove sarà finito quel « Dante manuscritto bellissimo » commentato da Antonio Costam i, di cui i dantisti, a quanto mi assicura il eh. prof. G iu ­ seppe Yandelli. non hanno veruna notizia ?

II. - Quando fu pubblicata Γ “ Ortografia ” del Tortelli. Secondo il Sabbadini2 Γ « Orthographia era stata pubblicata alla fine del 1449 ». Invece Girolamo Mancini di venerata memoria, fondandosi sopra due indizi di tempo veramente non così ristretto e preciso, ritenne che essa fu «c o lla m aggiore probabilità compiuta n ell'estate 1453 » . :ì Questa data è certa, perchè Battista de Brennis poco avanti il settembre di quell’ anno scrisse da Roma a Niccolò Perotti in lenza dell’ opera tali

Bologna sull’ ampiezza e sull'eccel­

cose, che il Perotti rispondendogli l’ 8 settembre, lo

pregava di fargliela copiare subito su carta: «L ibru m Orthographie eru­ ditissimi viri Ioannis Arretini non latebat

me talem esse, qualem ad me

scripsisti, neque eius m a g n i t u d o mihi erat ignota, sed tanta est aviditas mea consequendi eum librum, ut facile magnitudinem eius exuperet. Peto igitur abs te in maiorem modum, ut omni

studio, si fieri potest, celerem

aliquem et, ut ita dicam, precipitem librarium repperias, modo diligens sit, qui eum librum transcribat papyro; nummos ad eam rem necessarios propediem

ad

te

mittam » . 1 4 L’ Ortografia pertanto *3

doveva già essere

stata

pubblicata ma da non molto. Ignoro se l’ esemplare sia stato realmente

eseguito e dove sia finito,

e non cerco se l’ Ortografia abbia esercitato influsso sopra il futuro gram ­ matico e scrittore di lingua latina e se ne osservino delle tracce nei R u ­

dim enta gram m atices e nella Cornucopia.

1 II 18 aprile 1468 in Fano; v. Colucci, Antichità Picene, VI, p. LXVI, che rimanda al discorso allora recitato da Antonio. Nell’ ed. del 1502 alla carta a i jr : « Ad Federicum tertium Caesarem postquam ab illo est laurea coronatus » (cinque distici), e nel fascicolo b un’ ode saffica «Ad Federicum tertium Caesar, pridie nonas Ian. M CCCCLXIX». Errò quindi il S alvin i e, dietro lui, il L anc e tti , Memorie in­ torno ai poeti laureati, 233, dicendolo laureato da Massimiliano imperatore. L ’ esem­ plare Vaticano R. I., IV, 1030, dell’ edizione 1502, purtroppo mancante dei fasci­ coli l-o (coll’ elogio funebre di Antonio e gli scritti di Giacomo Costanzi) ha la nota a principio: «E x nobili familia de Veteranis Ascanii de Urbino fuit donatus a domino Iacobo Constantio fanensi suo honorando praeceptore Urbini». ! - «Nuovo Archivio Veneto», N. S., X X X I (1916), 397, n. 2. 3 Giovanni Tortelli, eec., in « Archivio storico Italiano », 1920, vol. II, p. 231, p. 71 dell’estratto. 4 «Giorn. stor. », L X , 83. Ho scritto coll’originale «diligens sit» invece dello stampato « d. sis». Altrettanta fretta di avere quell’opera in prestito dimostrò An-

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144

Per la cronologia della vita di N. Perotti

III. - B riciola di storia dei codici B essarionei. Che uno studioso ed un raccoglitore appassionatissimo quale fu Bessarione tenesse lontani da se per diversi anni i suoi tesori più cari, i libri, non è punto verosimile, nè. che io sappia, l'ha mai pensato alcuno. Perciò, anche senza una testimonianza qualsiasi, avremmo ritenuto che il cardi­ nale legato si portò a Bologna, per lo meno in buona parte, i codici favo­ riti. Di fatto però a qualcuno di essi non mancano accenni nelle lettere bolognesi del Perotti. Per es., nella lettera III al T o r te lli,1 pregandolo di m andargli « Polybium summi pontificis qui olim d. episcopi

Coronensis

fu i t » ,1 2 ne da per ragione «q u ia noster interdum mendosus e s t» (p. 77; a p. 78 «q u ia is quem apud me habeo non satis emendatus e s t» ). Quel « n o ­ ster» non è certamente di maestà: quando nella I lettera Niccolò domanda il suo Gellio, che aveva prestato al Valla, sa bene d ire : «Postrem o Lau­ rentium nostrum saivere iubeas horterisque ut, nisi adhuc libro indigeat, G ellium m eum ad me mittat » (p. 75). N el 1452 Niccolò difficilmente potè possedere codici greci di valore e non com uni; potè invece benissimo par­ lare di quelli dei padrone, che teneva vicini a sè, come di cosa anche sua in qualche modo: così sogliono discorrere i familiari e così egli discorse senza dubbio nella lettera I, del novem bre 1450, a proposito del codice di Simplicio. Scusandosi ivi del ritardo a mandarne la versione dice che aveva dovuto lasciare in essa numerosissime e spesso larghissime lacune, ed aspet­ tava a colmarle sperando « nos propediem alium librum e G recia habituros, et eum quidem antiquum atque emendatum. Ita iam diu ordinavit hic p r in ­ ceps m eus » (p. 74). Più chiaro ancora, se è possibile, un terzo passo, della lettera III. sempre circa il Simplicio. « Simplicium non solum non absolvi, sed post meum ex urbe Roma reditum num quam vidi. Etenim dominus legatus, dum ego Romae essem, propter varias suspitiones que hic erant omnes libros suos clausos et sigillatos Florentiam miserat. Itaque numquam postea eum librum habere potui » (p. 77). Il Simplicio adunque, che il Perotti usò, era del cardinale, fosse poi quello non buono da cui aveva cominciato la ver­ sione o l’ altro che Bessarione aveva commesso in Grecia e si aspettava alla fine del 1450. Ma più di questo particolare è notevole il fatto ricordato al proposito, cioè che Bessarione a un dato tempo, mentre il Perotti trovavasi a Roma, per vari sospetti aveva creduto prudente incassare e sigillare i suoi codici e mandarli a Firenze e che al 27 febbraio 1452 non erano tornati ancora

1 « Giorn. stor. », LX , 77. Cito il testo corretto ; v. sopra, a p. 33 la n. 2, che avrei risparmiata, se avessi preveduto di fare la presente aggiunta all’Appendice. 2 Ne ho discorso nell’opuscolo Scritti d'Isidoro il cardinale Ruteno già conse­ gnato alla tipografia.

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Appendice,

145

a Bologna, o almeno non erano stati ancora tutti accessibili a Niccolò. Se sapessimo con certezza quando questi era stato per l’ ultima volta a Roma, potremmo conoscere la durata di quella privazione non lieve per l’ ottimo cardinale, ma di quell’ andata sappiamo solo clic risaliva a « tanto tempo » prima. 1 « Preterea, cum Rome fui, aptavi cum domino Petro de Noxeto negocium patris mei et habui breve ut iret ad magistratum Tudcrtinum proximis kalendis Madii. Sed quia iam tanto tem pore aliquid posset esse innovatum » ecc. (p. 77). Però

quel

«tanto tem po» non dovrebbe essere

più di 7 o 8 mesi al massimo, perché nella lettera precedente, del 29 giu­ gno 1451, la faccenda del padre non era ancora combinata, giacché egli scriveva allora: « Reliquum est quod rem genitoris mei, de qua alias ad te scripsi et de qua nostri oratores1 2 alloquentur S. D . N ., tibi plurimum com m endo» ecc. (p. 78). L ’ avril dunque combinata di persona nel viaggio che sembra avere fatto di poi, probabilmente nel quadrimestre lu glio-otto­ bre, più propizio dei mesi successivi ad un lungo viaggio. In conseguenza direi eho i varii sospetti, onde Bessariono fu mosso a porre i suoi codici in salvo a Firenze, nacquero dai vari tentativi dei fuo­ rusciti bolognesi contro la città e il contado,3 a cominciare da quello fal­ lito del 7 giugno, che trascinò anche il Perotti alle armi in difesa della città .4 Come si é notato a pp. 21, n. 3, 22, 26 e 71, n. 3, Niccolò

conobbe

pure i Marciani greci 388 c 533 e l’ Urbinate gr. 137, già Bessarionci. Anzi é presumibile che da codici di Bossarione egli abbia per lo più ricavato le citazioni dagli scrittori greci, di cui fa sfoggio nella Cornucopia c in

1 Per questo non credo che siano della fine del 1451, come vuole R. Cessi , « Giorn. stor. », L IX , 320 sg·., le lettere scambiate fra il Valla c il Perotti (ed. in L. Β λκ ο ζζι e R. S ajìisadini, Studi sul Pauormita e sul Valla, 123-126, 129-131), dalle quali ha dedotto «il viaggio del P. a Roma ed a Napoli del 1451»; perchè se il Perotti si fosse trovato ancora a Genazzano e a Roma, donde scriveva, alla fine di qiiell’anno, come avrebbe potuto scrivere da Bologna quel « tanto tempore » nel febbraio successivo? Di più, il Valla nella sua seconda lettera dice che aveva ancora da cominciare la versione di Tucidide («ut ad Thucydidem vertendum accingar», p. 129). Ora questa versione fu finita di ricopiare splendidamente per Niccolò V il 13 luglio 1452 (cod. Vat. lat. 1801 ; cf. N o c a r a , p. 275 sg.). Possibile che il Valla abbia compiuto in meno di mezzo anno quell’opera cosi difficile, corno egli stesso la dichiara nella dedica al papa? Il quale gliel’aveva commessa (si noti) avanti la legazione di Bessariono a Bologna, .quindi ai primi del 1450 al più tardi, e non sarà stato obbedito con tanta pigrizia e tardanza da messer Lorenzo. 2 Gli ambasciatori bolognesi deputati al papa il 28 giugno 1451 ; v. G h irak dacoi, Historia di Cotogna, ed. A. Sorbclli (Iterimi Itili. Scriptores, XX X III), 140. 3 GniRARnACOi, 1. e. 4 «Giorn. stor.», L X , 75 sg. Cf. Corpus Chronicorum Bononiensium (Rerum Ital. Script., XVIII, P. I), p. 176; G iiirardacci , 137 sgg. Nel «Giorn. stor. » ,L IV , 392 il tentativo è messo nel febbraio. -1f\

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Por la cronologia della vita di N. Perotti. — Appendice

146

altri lavori suoi; scrittori anche di quelli che allon f orano alle mani di ben pochi in Italia nel

testo originale come Artemidoro, Dioscoride, Galeno,

Tcofrasto cce.

IV . - Sullo stemma (lei cardinale Jouffroy. A lla nota -1 della pag. 19, non senza accennare ad una difficoltà in contrario, ho scritto dapprima che lo stemm a a principio del codice Vatic, lat. 3027 - sci fascie alternate di oro e nero, con due croci rosse nelle estremità della seconda fascia superiore - era dei Coëtivy, perchè corri­ sponde in tutto a quello che il Ciaconio presenta come stemma del cardi­ nale Alano Coëtivy. detto il cardinale d’ A vignone *. Se non che identico stemma ma con sopra o all’ intorno la leggenda IOF1IE oppure IO IIA N N E S

IO FFR ID I trovasi nei codici Vaticani latini

300. 392, 396, 397, 409 1 2. Quindi, checché sia dello stemma che il Ciaconio attribuisce al Jouffroy - dodici fascie e non sei - 3, non può dubitarsi che Giovanni Jouffroy o Geoffroy, detto il

cardinale d’ Arras, abbia usato lo

stemm a del Vatic, lat. 3027. Per questo fatto c per il fatto notorio che egli fu un raccoglitore di codici, dei quali una parte, assai pregevole, pervenne alla Vaticana 4, ritengo fino a prova in contrario che gli altri codici ornati di quello stemma, come il 1485 e il 1799 dei Vaticani latini, appartennero all’ Atrebatense anziché al cardinale Avignonese. Ciò riconosciuto, svanisce la difficoltà che accennai al 1. c., perchè il Iouffroy fu fatto cardinale il 18 dicembre 1461, e la sola conseguenza da tirare è che quel codice di opere giovanili del Perotti è anteriore a tale promozione.

1 Vitae Pontificum Romanorum, II (1677), 971. L ’arme nell’op. cit. del P. A n ­ VII, 842, corrisponde non del tutto: vi mancano le croci. 1 Cf. V attasso e F ranchi d e ’ Ca v a l ie r i , p. 217, 302, 306, 317. 3 Op. cit., II, 1052. I. P a l a t io , Fasti cardinalium, II, 313 gli attribuisce in­ v e ce per arme una croce patriarcale fra A e ω ! 4 S abbadini, Le scoperte ecc., I, 194; W . W einberg er , Beitrage zar Handschriftenkunde, II (« Sitzungsberichte d. k, Akademie d. Wise, in Wien » CLXI, 4), 8 sg.; N o g ar a , Codices Vai. lat. 1461-2059, p. 483 (aggiungansi i codici 1629, 1770, 1981 e i due che indico nel testo). selme ,

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DOCUMENTI

1. - Niccolò Perotti al fratello Elio, attaccalo da invidiosi. Consolatoria. Dal codice Riccardiano 007 (N . III. 16), del secolo x v aulente, f. 00 (14) v sg. V. sopra, p. 00. Da lettera non dovrebbe spettare al tempo, in cui i due fratelli si trovavano al medesimo servizio in Bologna e Niccolò istruiva Elio. Però non sa­ rebbe sicuro escludere questo del tutto, polendo la corrispondenza essere un eser­ cizio letterario , 1 composto dai due dimoranti insieme, sia di pura immaginazione, sia pigliando l ’occasione da un fatto vero: essa è di un calore, che sembra sincero.

Nicolaus Pcrottus Helio Perotto fratri s. d. Littore tue uno tempore et lachrimas mihi excusserunt et incredibilem attulerunt animo voluptatem. Nam quod ita suaviter et modeste fortunam tuam querebaris, quidni laehrimari W me cogebat ? Quod vero compluris 00 habere te invidos intelligebam. summopere laetabar. Nam si Themistocles cum adhuc adolescens esset, nihil a se praeclare fieri dicebat, quod nemi­ nem adhuc invidum haberet: qua ego spe esse debeo, qui fratrem meum hac preserlim aetate ita undique circumveniri ab invidis intelligam? Pro­ fecto singulare hoc optimi ingenii et praeclarae indolis tuae testimonium est. Sed noli te, obsecro, mi frater, ita cruciare. Invident tibi quia ipsi tales non sunt. Invident virtuti tuae qua carent. Invidia illis nocet, illos anget, illorum animos exedit. Tibi vero quid tandem detrimenti afferre potest? (a )

Correità in

la ch ry m a ri

(1>) c o m p t u r i,

r o s i.

1 Tali mi sembrano le tre letterine ricercate, con indovinelli c concettili!, del Vat. lat. 6847, f. 4v sg·., non esclusa l’ ultima, più seria: «Nicolaus P.tus Helio salutem. Quod de me nescio quem clanculum maledicero ad me scribis, non tam doleo quam a(d)miror. Ego enim ita ante hac vivere conatus sum, ut non soluin maledicerem nemini sed etiam maledicendi causam nemini preberem. V6rum quo­ niam id sine culpa mea fit, aequo animo fero. Te, mi frater, obsecro ne hominem reprehendas. Nam si id nos scire intellexerit, quod nunc clam facit post hac palam faciet. Vale ».

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118

P it

la cronologia della vita eli N. Pc.rotti

prcscrlim apud talem principem, in cuius natura nihil acerbum esi, nihil crudele,

omnia

plena

clementiae, mansuetudinis, hum anitatis.1 Quod

te

iidem apud omnes acerbe mordent, id quoque argumentum est virtutis tuae. Maxima enim laus est displicuisse illorum

mores.

improbis. Nemini obscuri sunt

Quod nescio que parietibus scribunt,

quid

aliud

quam

stultitiam suam indicant? Caclcri vitia parietibus occultant, hi sua pate faciunt. Fac igitur, mi frater: fac. inquam, mi suavissime frater, ut magno fortique animo sis, atque hcc non mala esse sed vel stimulum tibi ad v ir ­ tutem vel quoddam testimonium tuae laudis existimes. Vale.

2. - 11 Collegio cardinalizio ad Alfonso I I di Aragona I, re di Napoli, per la crociata contro i Turchi. 1456, giugno. Da copia scorretta del ,secolo XY nel eod. Val, lai. (18-17, f. 1 .ve/., ricopiata nel Vatic, lut. 65126, f. 166. V. sopra, p. 45 sg. Serenissimo et excellentissimo principi D. Alphonso Aragonum

etc.

regi, miseratione divina episcopi, presbiteri, diaconi sanctae li. Ecclesiae cardinales salutem. Difficile nobis foret litteris exponere, princeps excellentissime,!») quantam nobis laetitiam, quantam voluptatem, quantam animorum alacritatem ho­ diernus dies attulerit, cum uno tempore et de pace Italiae vel confirmata vel nunc tandem perfecta, et de tua erga sanctissimum D. N. tide, reve­ rentia et devotione singulari, et de incredibili ardore animi tui ad bellum adversus hostes Christiani nominis suscipiendum et litteris

excellentiae

tuae et honoriticentissima S. I). N. relatione certiores facti sumus. Quid enim gratius, quid iocundius, quid optatius non nobis solum sed universae Italiae accidere potuisset? Erecti mirum in modum superiori anno laetitia fuerunt omnium animi, cum pax inter omnes Italiae potentias, tua in primis sapientia et auctoritate post maximum pontificem intercedente, inita atque firmata f u i t ;1 2 sperabant enim universi futurum, ut res Italicae longo tem­ pore in quiete, ocio ac tranquillitate^) permanerent, et his compositis fa­ cillim a esset in hostes Christianae rei p. expeditio : sed cum m ox super­ venisset strenui comitis Iacobi M Picinini in Etruriam Senensium

agrum grassari

transitus, ac per

coepisset. (·') novo quodam terrore ac

metu

om nium animi concitari coeperunt. Quos omnes tua in presentiarum sanSopra pi\ e x c . do e seyni, che d/dùto messi per correpsere in e x c . p r i n c e p s cod. (e ) I o c o b i cod. (d ) c a c p i s s e t cod. e cos/ sotto. Simiimente p r a c c i b u s . c viceversa p a r a t e , e j r i c ecc. ohejnm volera io pen» Ai notore. (a )

1 't a t e

( b ) t r a n c iu ip ra e fa m u r

1 Forse Bessarione. Nell’elogio di lui premesso alle Monodie (y. p. 152. lin. 12) del pari si legge: «clementia, mansuetudo, humanitas >. 2 Cfr. P a sto r , Storia dei papi. trad, di A. Mercati, I, 566 sg.

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Documenti

149

ctissima maiestas (a) cum diffidentes rebus suis confirmarit, afflictos omnes erexerit, perditosque recrearit, 1 (|uis non laetitia ex u ltet? quis maiestatcm

tuam

non

laudet,

extollat,

et qualescumque

potest gratias agat ?

Debet quidem pro hoc munere plurimum tuae M. apostolica sedes, debet S. D. N . idque aperte ostendit laudans, commendans, benedicens fidem, in­ tegritatem, et devotionem tuam erga se et apostolicam sedem, tum singu­ larem sapientiam et magnitudinem animi, quam in hac re nuper ostendisti. Nos vero, et si antea pro tua erga nos incredibili benivolentia et am plissi­ mis meritis M. tuae tantum debere videamur, ut debitum nostrum v ix cre­ damus 0') posse augeri, fatemur tamen (°) maxim am hoc sanctissimo opere ad id accessionem factam, et quas possumus tuae M.u gratias agimus, eiquc omnem nostram operam, industriam, studium, facultatem in rebus commo­ dum et dignitatem cius tangentibus pollicemur et tradimus. Quod vero ad expeditionem belli navalis in truculentissimos barbaros actinet, maiestatem tuam rogamus, et quanto maioribus possumus precibus exposcimus atque precamur, ut dignetur omnem diligentiam, curam, solicitudinem adhibere (pio quindecim triremes, quas S.° D ." N.° quam liberalissime obtulit, quam­ prim um paratae atque instructae sint, ut

E .mus D .nus Card.lis iam expe­

ditus, (qui) (d> propediem ad conspectum tuae M. venturus e s t ,1 2 nullam istic commorandi in

tanta

temporum

necessitate causam habeat.

Intelligere

debuit tua M., quod excellentiae tuae scribit etiam S. D. N ., quanto co­ natu, quibus viribus hostis Christianorum Panoniam in v a d it.3 Ubi si quid mali, quod Deus avertat, infoeliei provinciae eveniet, notabuntur et aegre ferent et sedes apostolica et caeteri principes Christiani et in primis tua M., (piae ob hoc sanctissimum opus inter caeteros adeo ferventissima est, ut maxim a sit apud plerosque in ea (e> spes reposita. Proinde invigilandum est atque omni studio providendum, ut legatus ipse apostolieae sedis cum classe maturet. Sanctissimus Dominus noster illustri domino Boneonti salutem. Vellem

libenter

ita

ad

te

posse

scribere,

ut

nullatenus M

inge­

nium aut virtutem tuam laudarem, tum quia difficile est ut principes lau­ dantes carere suspitione adulationis (c> possimus, tum quia vereor ne, si abs te elegantissima epistola laudatus laudare te te ipse coepero, non tam pro­ ferre iudieium meum quam referre gratiam videar. Sed qui temperare mihi possum quo minus te egregie laudem ? qui adhuc pene infans ita huma­ niter ad me scribis, ita prudenter, ut aeque singularem ac pene divinam genitoris tui benignitatem atque prudentiam; (d> ita nitide, eleganter, terse omnia, tam latina quam graeca, ut non iam prima rudimenta

capere sed

in utraque lingua excellere videaris. Est profecto hec res miranda, incre­ dibilis. et ante hunc diem inaudita, quam qui non laudet, admiretur, in celum ferat, omni ipse laude, omni commendatione indignus sit iudicandus. Equidem tantam ex litteris tuis caepi voluptatem, ut affirmare possim nihil mihi in vita accidisse iocundius; quod non erit difficile ut tibi persuadeas, si considerabis quot et quibus vinculis invicem ligati atque astricti simus. Coniungit nos in primis mutua et pene incredibilis clementissimi et excel­ lentissimi genitoris tui caritas ac benivolentia, quae eo iam pervenit ut verum

fecerit

quod

graeco proverbio dicitur :

τά

τ ω ν φ ίλ ω ν

x o cvà .

(e) Tum

nos coniungunt singularia ac pene divina et patris et avi tui erga me et meos merita, quae talia et tanta sunt ut, nisi omnem vestram fam iliam omni fide, integritate, constantia diligam, venerer, adorem, improbus, ne­ farius, ingratus et, quo nihil dicere possum amplius, nequam sim, ex ho­ minum conspectu abiciendus. A d hec accedunt studia litterarum, quae ita homines inflammant ut nullus sit amor maior atque flagrantior quam qui ex studiorum (f) comunione contrahitur. Minime igitur mirum videri debet, si probitate morum tuorum, si ingenii elegantia, si scribendi suavitate per­ fecta ita laetitia effusus sum, ut nullum diem accidisse mihi in vita iocundiorem existimem. Ecce quomodo nolentem ut te laudarem ipsi, ut aiunt, me pedes duxerunt: quamquam laudavi eo minus, quo tua acrius iudicavi;

(a) adolescenti (b) Così ho sonilo: (d) Manvo n » r * ', />/», tume aemulari, referre

rod. nulla *

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Ii B C

Documenti

153

confert et praestat. Quo fit ut plus eruditorum virorum una Bessarionis domus quam (quod sine invidia dictum sit) quiequid est reliquum urbis; ut 0» mihi videatur, quemadmodum olim domus Isocratis officina eloquen­ tiae dicebatur, ita Bessarionis regiam

iure optimo philosophiae officinam

vocari posse, sub cuius (d) nomine non modo eloquentiae sed omnium opti­ marum artium studia compraehenduntur. Quid caetera persequor? (°) Nec fide nec facilitate nec comitate nec ullo genere virtutis quenquam huius aetatis huic praeferendum existimo. Atqui doctrinam eius et summam eruditionem admirari potius licet quam laudare. Omnes artes, quas liberales vocam us, ita in promptu habet, ut habere (f) eas, quemadmodum Augustus dicere solebat, in numerato prae­ dicari possit. Philosophiam omnem pene (») memoriter tenet. Nihil est in divinarum rerum scientia ita abditum atque reconditum, quod non de se­ cretissimis (*'> illius fontibus excitaverit atque hauserit. Omnium rerum, vir­ tutum, officiorum; omnis naturae, quae mores hominum, quae animos, quae vitam continet, causas, originem, mutationes novit; omnem praeterea histo­ riam, omnem antiquitatem tenet, et ne legum quidem ac civilis et pontificii iuris scientiam neglexit.

Ita in utraque lingua doctus atque eruditus est,

ut ea magis videatur excellere, in qua tum maxim e versatur: sic graece loquitur, nullam ut scire aliam linguam

existimes : sic latine, ut Musae

ipsae romana lingua loqui videantur. Ita deinde ample, copiose, graviter disserit, ut nihil sit oratione illius excelsius, nihil magnificentius; ita pure, clare, plane, 0) dilucide, ut a vulgari genere orationis et consuetudine com­ muni non videatur velle discedere. Non est sermo eius, ut quorundam no­ stri saeculi hominum, levis, exilis, ieiunus, inculcatus, vulgaris, asper, sed gravis, copiosus, varius, eruditus, amplus, liberalis et floribus quibusdam sententiarum mirifice intextus. Sunt plerique qui sententias habent graves et acutas, sed ita omni ornatu ac splendore sermonis suaviter exprimunt quae volunt, sed usque adeo carent sententiis, ut nihil sit eorum oratione insul­ sius, nihil puerilius. A t Bessarioni nec sententiarum splendor deest, quas semper in ·omni genere rerum paratas atque expositas habet, nec ubertas atque elegantia verborum, quae stillare ex ore illius quasi favi quidam dulcissimi videntur. Quid nunc opera eius referam, sive quae ex una in alteram linguam convertit, sive quae in utraque lingua vel in philosophia vel de rebus di­ vinis vel de moribus scripsit tanta et (m) sententiarum gravitate et maiestate verborum, ut nihil aetate nostra aeditum fuerit excellentius, nihil copio­ sius, nihil dignius ? (“> Quid eos libros, quos adversus rabulam nescio quem Platonis calumniatorem novissime aedidit, tanta rerum omnium copia, va­ rietate,

abundantia,

suavitate,

splendore

referctos, (°) ut

miro

doctorum

B. Manna il verbo rello da d o m u s : forse h a b e a t . (b ) e t C ( c ) r e g i a m om. TS JS ( f ) h a b e r e t IS ( g ) p e n e o m n e m IS (h ) s a c r a t i s s i m i s IS ( i) p l a n e ( k ) s e r m o n i s om> B (I) a c IS (m ) e s t IS ( n ) d i g n i u s om. B (o ) r e le c t o s C

(a ) in iu r ia (d ) e i u s c la r e

IS

B

(e ) p r o s e q u o r

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154

Per la cronologia della vita di N. Perotti

omnium desyderio in exemplaria m ille transcripti, iam non modo per totam Italiam sed etiam extra Italiam usqxte ad Galliae et Hispanias et Britan­ niam circumferantur ? Sed quid ista, inquies, breviter et quasi carptim de Bessarionis

lau­

dibus in praesentia W retulisti, cuius res gestas et vitam pene omnem te scio satis magno volumine satis esse complexum ? Equidem quo magis viri huius

consuetudine

perfruor et opera eius

lectito, eo vehementius illum admiror et satiari illius laudibus non possum, ad te praesertim scribens, qui eum non minus quam ego colis et venera­ ris. (*>) Incidit mihi nuper in manus (c> liber quidam

graecus, huius chiro­

grapho scriptu s,1 in quo diversa eius opuscula continebantur ; inter quae deploratio quaedam erat, quam in funere Manuelis Paleologi imperatoris adhuc adolescens et nondum vigesim um

aetatis

suae annum

ingressus

graece aediderat. Eam cum legissem , tanta admiratione vel potius stupore affectus sum, ut v ix m ihi persuadere possem, quanquam id certo sciebam, opus hoc viventis hominis esse, et non potius aut Demosthenis aut Aeschi­ nis aut Isocratis aut Aristidis aut alterius quentia m axim e florebat. et, ut

ex

iis, quorum

tempore elo­

Notabam graves illas perspicuasque sententias

dicam, seniores quam aetas illa ferebat, tum genus orationis va­

lidum, acre, sublime, figuratum et totum aethereum, in primis autem per­ motiones (f) illas, perturbationes, affectus, concitationes, quibus

certe ita

movebar, te) ut non tam legere opus illius quam vocem eius audire, et socias effundens

lachrimas, oculos, frontem,

vultum ,

gestum

narrantis

viderer

intueri. H oc genus dictionis Graeci monodiam, quasi funebrem quendam can­ tum et(h) lachrimis mixtum , appellant:

qnales erant quae

apud

maiores

nostros neniae dicebantur. Primus apud Graecos hoc dicendi genere usus est Aristides, deinde Libanius, praeter eos ex veteribus n em o.1 2 Apud L a­ tinos vero nullus adhuc, quod in meam notitiam venerit, usus est. Accepi (a) in praesentia om . B (b) eoliss et veneris C (e) in manius C, in manibus B (.

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Durantinum ; W sed Bentevoleum

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nostrum, sed

jVrijit!

Rufum, sed Almadianum ,

sed Alexin, sed caeteros qui adhuc adolescentes in huiusmodi studiis ver­ santur: quanquam, nisi me animus fallit, nec priores illos nec ipsum Aca­ demiae principem Bessarionem

pigebit

aliquando

in

his

extraordinariis

studiis animum relaxare. Vale.

6. - Estratti dalla lettera “ De inalo aureo, iuglande ” ecc. al cardinale Ammanati. D a ll’ Urbin. lat. 297, f. 72 sgg. V. sopra, p. 84 sgg. Idem de malo aureo, iuglande, einamomo, casia, fele et mustelis ad excell. virum Iacobum pontificem Papiensem sacrosanctae Ro. Ecc.® cardinalem.

Etsi multa erant quae de nostris studiis significare tibi i n p r a e s e n ­ t i a poteram, quorum a me rationem c o n t i n u e exigis, nihil tamen vel mihi in scribendo gratius vel tibi in legendo iocundius futurum sperare potui, quam si b r e v i epistola quaedam a me nuper tibi notata referrem, in quibus non modo plerique nostrae aetatis docti atque eruditi viri sed multi etiam ex his qui iam a sexcentis annis in utriusque linguae studiis floruere, aper­ tissime deprehenduntur errasse. Quod eo magis admiratione vel [f. 72 vj potius stupore quodam mihi dignum videtur, quo communia haec sunt et in oculis atque ore hominum continue versantur. Quis enim facile sibi persua­ deat tantam fecisse iacturam studia litterarum, ut quae olim vulgo et doctis pariter atque indoctis nota erant quorumque referti sunt omnes libri, ea nunc ab illis, et qui se latinae linguae principes faciunt, ignorentur ? Multa profecto ac pene infinita sunt huiusmodi. Quis enim aut quotus est qui in praesentia aut intelligat aut explicare possit quid apinae sint ? de quibus facetissimus poeta scribit [M artial., I, 113, 1 - 2 ; X I V , 1, 7 ] . . .

Quis nunc

tuburum et apyrinorum significationem intelligit? de quibus idem poeta

[X I I I , 42 ] . . . Quis novit quod genus inter quadrupedes sit melis, inter aves phoenicopterus, inter pisces lupus, qui Romae inter duos pontes optimus capi dicitur, inter alites red(i)vius, inter arbores mixa, inter frondes rnustacae, inter fructus cariota? quae praeterea animati corporis partes sint gula, stomachus, praecordia, lactes, omasum, vulva, loci et alia pene infinita ? quae qum intelligi ab omnibus videantur, ignorantur tamen a pluribus.

[f. 73 r] Gulâm quippe omnes pro gutture accipiunt, stomachum pro loco in quo residere primo cibus incipit, praecordia pro corde caeterisque cor­ poris membris praecipuis, lactes pro pinguitudine, omasum pro ventriculo, (a) Pierium Durantinum agg. in wary. — NB. Nel marg. i nomi sono riferiti in questo ordine: Theodorus |Catus |Andronicus I Flaccus · Valerius · |Narniensis Theophrastus · { Pomponius |Domicius Veronensis 1 Octavius |Lucillius | Bentevoléus | Rufus | Almadianus |Alexis · | Pierius Durantinue. Flacco manca ora nel testo: i trasporti sono stati fatti dei nomi Valerio, Pomponio, Domizio

Veronese e Pierio Durantino.

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Documenti

159

vulvadn) pro pube muliebri, locos pro ventre; quae omnia a vero quam longissime absunt. A d haec quis est qui sciat quid lioccus sit, cuius diminutivum est flocculus, a quo compositum est floccifacio verbum, quod multi per inscitiam a ftocibus, hoc est vini fece, componi existimant V quid prae­ terea sit scobina; quid

scutula

a qua scutulatae vestes dicuntur; quid

cau n ea. . . ? [seguono altre 32 parole rare ] et alia pene innumera, quorum admodum pauci sunt qui unum alterumve intelligant. Verum nos quidem de his atque aliis huiuscemodi permultis, quorum non minus fortasse aucto­ res dici optimo iure possemus, a l i a s : nunc, quod instituimus, sex maximos gravissimosque errores, in quibus hactenus cum caeteris fere omnibus versati sumus, breviter referem us; deinde quid veteres senserint, quid a nobis te­ nendum sit explicabimus. Malum aureum, quod Graeci uno verbo

chrysom elum vocant, omnes

quidem id genus pomi esse existimant, quod nucipruno simile colore croceo atque odore non mediocriter commendatur lignum que intus habet prunorum instar, in quo saepe dulcis amigdalae nucleus invenitur, vocaturque falso a vulgo chrisomelum. Iuglandem vero pauci sunt qui non putent id genus esse quod nunc a v e l l a n a , olim patrio nomine abellina dicebatur. Atqui de cinamomo et casia quis dubitandum censeat alterum quidem genus esse odorati corticis, alterum vero veneni, atqui ita vulgo utrunque appellari ‘f Nam de fele ac mustela fere omnium sententia constare videtur, illud qui­ dem id animal esse quod vernacula lingua m a r t a r e l l u m 1 dicimus, huius vero duo esse genera: alteram maiorem, nobiscum simul in domibus viven­ tem, quam vulgus c a t a m nom inat1 2; alteram silvestrem multoque minorem, quam suo nomine dicimus mustelam. Haec communis opinio est, veteribus duntaxat exceptis: hoc docti fere omnes atque indocti sentiunt; his si quis contradicere ausit, risu dignus videatur. Ego tamen haec omnia falsa esse profiteor, tantumque abest ne deridendum me hac causa existimem ut, iis adnotatis,

incredibili

m ox

desiderio

nicandi, quasi praeclarum aliquod talium

avida,

quotiens

m agnum

exarserim ea

cum aliquo commu­

munus assecutus, ut est natura mor­ aliquod

sunt, aperiendi extemplo aliis, quasi

aut insperatum bonum adepti

refrigescere

gaudium

videatur nisi

subito e r u m p a t u r . Q u i c u m vero exhilarare me potius quam tecum debui, cuius et virtuti et doctrinae et multis maximisque erga me

beneficiis ita

1 Ib. f. 82 v : «Hae sunt, quae vulgo martorellos et fumas vocant»; f. 84 v : « Quod si e [est cod.\ contrario ictidas pro his sumamus, quos vulgo martorellum ac foinam diximus vocari. . . ». 2 Verso la fine della lettera, al f. 8 8 v sg .: «En igitur non minus claro He­ rodotus quam Haelianus felem, quem vocat aeluron, id animal esse dicit quod nos vulgo catum vocamus; quo verbo nescio an usi aliquando veteres fuerint. Mihi certe et placet hoc vocabulum et uti eo sine renrehensione me nosso existim o».

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160

Per la cronologia della vita di N. Perditi

devinctus

sum

ut, s e c u n d u m

Bessarionem

meum,

alteri

nemini V

Aut quem potius aequam inecum lucubrationum mearum voluptatem spe­ rare potui percepturum quam tc, ((iti m e

a teneris

annis

dilexisti

u t f r a t r e m , nunc vero in tanto dignitatis fastigio quasi piissimum filium paterna charitate prosequeris V . ..

(F . 77 v) Quae cum ita sint, equidem mirari satis non possum tantum apud omnes hunc errorem invaluisse, ut fere nemo sit qui iuglandcm aliter quam pro avellana accipiendam existimet. Cuius erroris causam hanc arbitror fuisse, quod Plinium anteactis temporibus vel nulli vel paucissimi legebant, partim magnitudine operis deterriti, partira quod tot undique librariorum culpa erroribus scatebat, ut v ix a quoquam posset intelligi (quae ratio nos certe impulit, ut e u m

lib ru m em end an du m pariter atque e x p o ­

n e n d u m s u s c i p e r e m u s ) ; Columellam quoque, Varronem, Catonem rari qui attingerent erant;

solus

Macrobius,

et

hic

quidem

a multis, lege­

batur.

Dopo avere afferm ato che dim ostrerà in errore i G reci m edesim i e tanti u om in i dottissim i in greco e in latino, i quali intendevano essere γαλήν il gatto ed αίλουρον la donnola, q u a s i a s c u s a r s i continua (/'. 82 v) : Non deerunt fortasse

qui me

temeritatis

arguant, quod non de ;his

tantum quae ad latinam linguam , verum etiam quae ad graecam pertinent ferre sententiam

ausim, ubi praesertim

tot doctissimorum virorum

qui

in utraque lingua floruerunt opinioni videar repugnare. Sed quaeso omnes (si qui tamen praeter te hanc epistolam legent) ne prius me reum pera­ gant quam totam diligenter perlegerint. Tunc, si quid erit quod falsum a me scriptum censeant, non recuso quin m e omnium impudentissimum pu­ ten t; si vero et recte et vere me intelligent sensisse, non id ingenio, non doctrinae, quae alioquin in me perquam mediocria sunt, sed studio tribuant, in quo versari me dies ac noctes, omni cura ac negoeiorum strepitu seposito, B e s s a r i o n i s p r i n c i p i s m e i singularis mansuetudo et pene divina cle­ mentia indulget. Felem id animal, quod catum dicimus, esse in primis Cicero ostendit i neo f r a g m e n t o quod e x A c a d e m i c i s n o v i s s i m e r e p e r t u m e x t a t . «Ip si, inquit, quorum vanitas irrid etu r,1 A egyptii nullam belluam nisi ob aliquam utilitatem consecraverunt, velut ibim, quod maxim am vim serpen­ tium conficiat; crocodilum, quod terrore arceat latrones ;■ felem, quod pelle cius scuta contegant ; ichneumonem, quod non sinat serpentes, maximam eius regionis pestem, a u g eri». I d e m : « Aegyptiorum morem quis ignoret? quorum imbutae mentes pravitatum erroribus quamvis carnificinam potius subirent quam ibim aut aspidem aut felem aut canem aut crocodilum vio­ lent ». Quis non videat Ciceronem hoc loco de cato loqui murum persecu­ tore? Neque enim ex mustelarum p e l l i b u s , quas ictidas vocari diximus,

1 « Ridetur » nella Cornucopia.

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Documenti

161

s c u t a contegi scripsisset, quae vel modico imbre putrescunt ac frustatim concidunt. . .

l o n on so se queste citazioni, non ostante che si trovino - p erò senza indicazione dell’ opera e della scoperta - anche nella Cornucopia (ed. Aid. 1513, col. 359), abbiano m ai attirato V attenzione dei dotti, ma almeno una m i p a re che la m eriti. D ifa tti, se il secondo p a sso si trova alla lettera, salvo qualche varietà nelle desinenze e prius invece di potius, nel V delle T u ­ sculane § 78, invece il p rim o , da c u i il P e r o t t i p o i a r g o m e n t a , non si trova nelle reliquie degli Academica, e solo ce ne è u n p a sso parallelo p er una p iccola p a rte nel I De natura deorum, § 101: Ipsi, qui inridentur, Aegyptii nullam beluam tatem, quam ex ea caperent, consecraverunt; serpentium

conficiunt, cum

sint

aves

nisi

velut

ob

aliquam

utili­

ibes

m axim am vim

excelsae, cruribus

rigidis, corneo

proceroque rostro; avertunt pestem ab A egypto, cum volucris

anguis ex

vastitate Libiae vento Africo invectas interficiunt atque consumunt ; ex quo fit, ut illae nec morsu vivae noceant nec odore mortuae. Possum de ichneu­ monum utilitate, de crocodilorum, dc faelium dicere, sed nolo esse longus.

Si hanno altre notizie d i quella scoperta, vera o pretesa che sia ί E del p asso che p en sa ref Che l’ abbia fabbricato il P erotti e usato precisam ente con Vam ico cardinale Am m anati, stento a p u r p en sarlo. « Vanità nel Perotti potò essere, m ala fed e non credo assolutamente. Qualcuno forse si divertiva a fa r dei tiri agli am ici » : m i scrive il Sabbadini. Se il Perotti non par­ lasse d i , u n f r a m m e n t o , e d i Un fram m ento u l t i m a m e n t e s c o p e r to le non lo citasse alla lettera, si sarebbe p otu to pen sare ad una eco della pre­ tesa « scoperta fa tta a Siena verso il 1447 degli Academica », che fu an nu n ­ ciata al Valla. C f. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci ne’ se­ coli XIV e XV, I, 127.

7. - Prima giovinezza e morte del cardinale Pietro Riario. Estratti dalia orazione funebre di Niccolò Perotti. Cod. Vat. lat. 8750 , f 152 sgg. V. sopra, p. 107 sgg. Petrus patre Paulo, genetrice Bianca Saonae preclara Insubrum urbe ex nobili genere

ortus progenie, (®) a primis statim ) unguiculis miram

quandam animi indolem pre se t u l i t . . . Nondum duodecimum annum

ex­

pleverat, tantaque in illo prudentia, tanta gravitas erat, ut obire etiam fa­ miliaria negotia non formidaret. Verum cum nihil magis curae esset pa­ rentibus quam ut bonis artibus erudiretur, his imprimis navare operam incoepit. Studebat igitur perdius ac pernox, (c> parceque et nimium custo-

(a) g e n e r e ... progenie rum

cod. G,

M ercati

-

togliere o l'uno ο Valtro.

Perotti.

(b) ac primis statum

sic il cod.

(e) prio­

11

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162

l’ or la cronologia della vita di N. Perot ti

dite lu d eb a t... V ix annos pubertatis egressus ingenti quodam religionis de­ siderio exarsit. Itaque invitis parentibus 1 ac reclamante fratre, ad coeno­ bium Minorum in ea urbe profectus, inopem vestem sumere et sacris eius religionis initiari voluit, nec a proposito db suo vel fratris persuasiones vel parentum lachryme eum revocare potuerunt: summum enim pietatis genus esse dicebat in ea esse crudelem. Itaque paulo post ex ea urbe profectus ut Fluentiam proficisceretur, quamprimum in Tliuscia fuit, habitum reli­ gionis et pauperem beati Francisci vestem asumpsit. Hic quicquid ei a di­ vinis officiis supererat te) ocii, optimarum artium studiis impendebat. Audie­ rat esse in Italia preciarum quemdam («) virum, philosophiae et sacrarum litterarum antistitem, nomine oli li, 45 sgg., 148-150. Alighieri Dante (codice di) 142. Almadiano 80. Amico (Agnifilo) cardinale 13. Ammanati Iacopo 62, 67, 73 n. 1,84-86, 158 sgg. Andronico Callisto 78. Angelo Cneo Sabino, v. Sani. Antonio di Montefeltro 21 n. 4, 47 s.; — vescovo di Luni (Parentucelli) 70 n. 3; — v. Lepido e Volsco. Archimede 37, 39 n. 2. Arevaio Rodrigo S. 65 n. 2, 66. Argiropulo Giovanni 64 n. 2. Aristide 70, 154 s. Aristofllo Bartolomeo 126. Aristotele 40, 42, 127 sg., 130, 136. Arriano 34, 37, 39 n. 2. Ascoli 12 n. 1. Atti, Atto e Gualdrada 12, 112 n. 5 ;

BarbarQ Ermolao 58 n. 3; — Francesco 16. Barbo Marco, card. 13, 90, 92. Bartolo 10, 61. Basilio S., De invidia 34, 39 n. 3. Belus Fulgentius 133. Bentivogli di Sassoferrato 79 n. 1; — Giambattista 10 s.; — Pierio 79. Bessarione, beato 71 n. 1, 72 n. 3. Bessarione, cardinale 17 n. 4, 21 n. 3, 26, 30 sgg., 35 s., 40, 42, 46 n. 6, 47 s., 50-54, 57, 61 n. 2, 64 s., 67 sgg., 7073, 75, 77 sgg., 82 n. 2, 85, 95, 130, 144 s., 148, 151-155, 157 s., 160. Biondo Gaspare 13, 81. Blanchis (de) Carlo 90 n. 1, 108 n. 2. Boezio 21 s., 25. Bonaombra Antonio 82. Borgia Rodrigo 5, 119 n. 2, v. Ales­

sandro VI. Bracciolini Poggio 16, 29. Brendi, Brenni Battista 18, 44 n. 5, 143. Broteo 95 n. 2, 99 s. Buonaccorsi, v. Callimaco. Buonconte di Montefeltro 47 sgg., 150 s. Bussi G. Andrea 64 n. 2, 88, 90, 92, 109.

(1) N ell’ impossibilità di registrarli tutti (del resto non ne varrebbe la pena) li ho notati abbon­ dantemente per rimediare all’ incomodo ora del soverchio ora della dispersione delle notizie.

(1. M f p i a t ’ -

Pe.roUì

11 *

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16«

Indice dei nomi propri

Caldcrini Domenico o Domizio 17, 56 n. 1, 69 n. 2, 77 n. 2, 78, 82 n. 2, 87,

Elio (Toscano G. L. ?) 100. Epittcto 34, 39 n. 3, 136.

93-102, 104, 120, 122, 125. Callisto III 4, 5 n. 4, 44-46, 49, 148 s. Callimaco Esponente (Buonaccorsi Fil.)

Fabio da Narni 78 n. 2. Fano 9, 12 n. 1, 45 u. 2, 112, 11« u. 1, 119 n. 1.

56 li. 1, 78 il. 2, 104 n. 3. Calvo Galeazzo, bolognese 38.

Favorino Varino 133 s.

Cam panino, v. Septumuleio. Campano Antonio «9, 89 n. 1.

Federico III, imp. 6, 51, 142.

Capranica (Niccolò) 73; — Giambattista

Faziui M. L. 98, 100.

82 n. 4. Carata Oliviero, card. 80,9(5; — v. Corelio.

Federico di Monte feltro e Urbino 10,47 s., 63, 107, 108 n. 2, 113, 115, 119 sgg., 127, 150.

Cardinali, Collepio S. 45 s., 148 sgg. Cartcromaco 134.

Ferdinando di Aragona 6; — di Napoli

Castelduranto, badia di S. Cristof. 48 n. 1.

Fedro 61. 103, 10« n. 3.

10, 11 n. 2.

Cato, v. Gatti.

Filettico Martino 48 n. 2.

Catone 160. Contipora 3, «, 51. Cerasi Santo 69 n. 4.

Fiacco Valerio 77. Fortebraccio Carlo (?) 117 n. 1.

Cliiriaco 56 n. 1.

Foscari Francesco 130; — Pietro 70, 151, 156.

Cicerone 160 s.

Fosforo, v. Fazinì.

Clavelli 44 n. 5. Cinofilo 78, 142.

Fossato 113 n. 1. Francesco Maria, vescovo di Viterbo 163.

Coetivy 19 n. 4, 146. Coldinoce 53 n. 5. Columella 102 n. 3, 160. Conti Camilla, n. Perotti 6; — v. Gaspare.

Gactis (de) Bartolomeo 77 n. 3. Gallo Alessandro 11 u. 1. Gaspare (Conti ?) 115. Gatti Giovanni 77.

Corelio (Carata) 96. Cornelio Raptense 96 n. 1.

Gaza Teodoro 42 s., 77, 92, 120 n.

Costanzi Antonio 140; — Giuseppe 141;

Gemisto, v. Pletonr.

— Iacopo 17 sgg., 136, 140.

Genga (della) Antonio 13.

Curif'ugia 117 s. Curione 97.

Gerasimo, v. Soniamo.

Demostene 40. Domenico vescovo di .Rieti H I n. 2. Dionisio veronese 27 n. 4.

Giovanni da Sassoferrato 29. Giovenale 85, 98 n. 1, 102 n. 3. Giuliano, imp. 70.

Dorio 2, 79 n. 2. Durantino Pierio 78.

Giulio, astrologo 27 n. 4; — gramma­ tico 130.

Egidio (1) vescovo di Rimini 49 n. 2; — da Viterbo (Canisio) 130. Eleonora imperatrice 6, 51.

Giustinian Francesco 64. Gregorio Nazianzeno 40. Grey Guglielmo 17 n. 4, 31 s. Grottaferrata 53.

Ciiiiloni, ita Carpi; v. T i r a h o s c h i , Biblioteca 40». Kjjli non ha conosciuto quella lettera iii Kpidio al Perotti.

Guarino Battista 142 n. 1; — veronese 28 n. 1, 86 n. 1, 141.

il)

Modernise. I.

Giacomo, uditore del P. 69 n. 4. Giarda Cristoforo 2 n. 3.

Gualdo 113.

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Indico dei nomi propri Guarnerio Francesco 74 n. 3, 81, 90 sgg., 121; — V. Qiiernario. Guidotti Giovanni 38 n. 1. Guidubaldo, duca di Urbino 48 n. 1, 126. Ippocrate 22, 25 n. 3, 39. Jonffroy Giovanni 146. Judicibus (de’) G. B. 107 n. 5. Lanci 8 s. Lepido Antonio 82. Leto Giulio Pomponio 75,78,81-83,93,96. Levi-Peroni 2, 4; — de Levis 2, 131. Libanio 70, 154 s. Livio T. 23, 130. Lucano 81. Lucca (Mons. di) v. Stefano.

167

Nardini Tiberio, arciv. di Siponto 119 n. 2. Niccolò, inviato di A. Sforza di Pesaro 64. Niccolò (Machinense) di Cattaro, vescovo Modrussiense 57, 97, 107 s., 116 n. 1. Niccolò V 4 s., 33 sgg., 39, 40 sgg. Noceto Pietro (da) 36 n. 5, 145. Norcia 12 n. 1. Odazio Ludovico 34 u. 5, 76 n. 2, 88. 108 n. 2, 124 n. 1, 125 n. 2, 126. Orazio 21, 25. Orsini Fulvio 129, 130, 139 n. 1; — La­ tino 77 n. 3; — Napoleone 63. Ottavio 78. Ovidio 142.

Maehinense, v. Niccolò Modruss. Macrobio 160.

Paleologina Sofia o Zoe 82 s. Palcologo Manuele 70, 73, 154. Pannartz (72 u. 2) 89. Paolo II 42 n. 1, 54, 63, 66 s., 77 n. 3. Papinio 91. v. Stazio. Paseasius 38 n. 2.

Malatesta 36 n. 5; — Roberto 63; — Si­ gismondo 33 n. 4, 38, 103 n. 3, 137. Manfredi Bart., v. Aristo filo.

Porotti di Campagna 7 n. 2; — di Sas­ soferrato: Elio 9, 19 n. 5, 26 n. 1, 29, 60, 147 s; — Camilla, Elisa, Emilia 6.

Manno, v. Veltrio. Mansueti Leonardo 90 n. 1. Manuzio Aldo, il vecchio 93, 126 n. 1.

13, 51; — Francesco 4 sgg·., 33, 36, 51, 53 n. 5, 60 n. 2, 74, 118; — Gio­ vanni 12, 58 s., 61, 74 n. 1, 75 n. 3,

Maometto II 65. Maria SS. Immacolata 111 u. 5. Martinozzi Elisa 10 s. ; — G. Battista 10.

111, 116; — Giustina 2; — L. 132; Marcello 132; — Mario 60; — Nic­ colò imi. 10 n. 2 ; Penelope 73 n. 5; Perotto 9, 58 ; — Pirro 10, 12, 58 sgg., 75 sgg., 79 n. 3,102 s., I l i , 115,122 sgg., 156 sgg.; — Scipione sen. 133, imi. 1 n. 1 ; — Severa 73 n. 5; — Severo 4 s..

Lucillio 78. Luni, v. Antonio.

45, 136. Marziale 75 sgg., 87, 91, 93 sgg·., 115, 119 sgg., 132 sgg., 137, 139, 156 s., 158. Materazzi, v. Maturanzio. Maturanzio Francesco 12 n. 1, 45 n. 2, 50 n. 3, 57, 60, 79 n. 3, 90 n. 1, 96 n. 1, 102, 111, 114 n. 2. Mazzatosta 81 sgg. Medici (de’) Antonio 61 n. 2; Piero ib. Mercati Giacomo 133 sgg.

Petrarca 2. Petreio 78.

Mirteo Pietro 119. Modrussiense, v. Niccolò. Montevecchio, conte Ruperto (da) 14 n. 2. Montone 121 n. 3. Mosco 90 n. 1.

Piccinino N. 45, 148. Pierio, v. Durantino. Piero (ser) 117 (Tarponi '?). Piero de Urbano da Sassoferrato 56 n. 3. Pilis (de) Andrea 55 n. 3, 70 n. 3.

9 s., 60 n. 2, 02, 73 s., 118 n. 2, 155; altro Severo 15, 67; — Tolomeo In . 2; — Torquato 1 sgg., 131-139 e altrove

passim; ■— vari 60.

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Indice dei nomi propri

168

Sinigaglia 4δ n. 2. Sisto IV 11 u. 4, 42 η. 1, 67 sgg., 79 n. 3,

Pio II 5, 16, 4ί) s., 62-64. Platina B. 77, 79 η. 2, 80. Pletone Gemisto 29 η. δ, 80. Plinio il vecchio 80, 8δ, 89 sg'g'., 9δ η. 8, 100, 102 η. 3, 160. Plutarco 34-36, 39 η. 3, 136. Podiani Mario 90 η. 1. Poggio, V . tìracciolini. Polibio 22, 33 n. 2, 36, 39 n. 3, 97. Pompilio Paolo 80. Prisciano (codice di) 29. Proclo 39.

82 n. 4, 87, 108 s., 111-116, 119 n. 2, 126, 162. Spoleto 66 sgg. Stati 80. Stazio 76 sgg., 81 sgg., 91, 132, 136, 142, 166 s. Stelluti 90 η. 1 ; — G. Battista 38 n. 5. Stefano (de Trenti) vescovo di Lucca 66 n. 3, 70. Tarponi Pietro 14, v. Piero. Taziano 37.

Prudenzio 7δ n. 3. Quernario Guarnerio 90 n. .1.

Teofrasto 42 il. 3; — da Narni 78. Tito, v. Veltrio.

Raffaele da Foligno 112 n. 3. Rhosos Giovanni 26.

Todeschini Piccolomini Francesco 64 η. 1. Todi 33 η. 2, 69 η. 1.

Riario Girolamo 162,163; — Pietro, car­ dinale 107-110, 161-163. Rieti, V . Domenico. Rimini, V . Egidio.

Tolemeo 19 n. 3, 22, 26, 89, 129.

Rizzoni Benedetto 80 n. 2, Rovere (della) Francesco, v. Sisto IV-,

Tortelli Giovanni 21 n. 2,23 s., 34, 36 sgg., 143.

— Fr. Maria 128.

Toinasini Gian Filippo 2. Toniaboni Giovanni 112. Torrigio 139 n. 2.

Ruffo Matteo (1) 4δ n. 2, 79 s., 94, 99.

Toscano G. Ludovico 98, 100. Trebisonda Giorgio 42 n. 3, 64-66, 71 s., 136.

Sabino, v. Sani. Salerno Camillo 11 η. 1.

Troiano Bartolomeo 26, 27, 136. Tuccia (della) Nicola 8 η. 1, 17, 66 s.

Sani Angelo Cneo, Sabino 17 η. δ, 69 n. 3, 99, 102. Sassoferrato 3 sgg., 73 s., 104 n. 2, 114 s., 117 s., 133. Scarampi Ludovico, cardinale 149. Schioppo Giacomo 20, 27 s., 136. Scolano Gennadio 66 n. 3. Secundino Niccolò 30 n. 2. Septumuleio Campano 78 (?), 134 η. 1. Sforza Alessandro 63, 64; — Galeazzo Maria 111. Siena 62 n. 6. Simonelli, v. Valerio FI. Simplicio 34, 136, 144.

Unepi­ sodio dell'Inquisizione nell*Italia del Cinquecento. Il vescovo di Bergamo Soranzo (1 9 2 5 ), 5. (1 )

Morto verso

il

1512;

v.

P. P

a s c h in i,

Ubaldini della Carda 47, 48, 126. Ulixes Ioa., salernitano 64 η. 1. Valerio Ro. 40; — Fiacco viterbese 77. Valla Lorenzo 144, 145 η. 1. Valturio Roberto 126 n. Varino, v. Favorino. Varrone 160. Veltrio Tito Manno 58, 99 n. 2, 102, 103, 105 sgg. Vergerlo Pietro Paolo 40 η. 1. Vergilio 86. Vespasiano da Bisticci 17 n. 4, 28 n. 2. 36 n. 6, 37 η. 1, 113, 116. Veterano Ascanio 143 η. 1; — Fede­ rico 107.

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Indice dei codici citati Vitelli Pietro 53. Vitelli Cornelio 90 s.; — Niccolò 112. Viterbo 54 sgg., 61 n. 1, 62; — discorso per le donne di Viterbo 5 n. 1,8, 62; — vescovo di Viterbo, v. Francesco Maria,

169

Vittorino da Feltre 28. Volsco Antonio, privernate 79 n. 2, M2. Zanottus, magister 61 n. 2.

INDICE D EI CODICI C IT A T I

C esena , cod. X II 2 : 36 n. 5. Fabriano , cod. deg'li Agostini: 38 n. 5. Fano, Dante del Costanti: 142. F irenze , Archivio di Stato: 3, 61 n 2; — Biblioteca Riccardiana, 907: 19 s., 26 n. 1, 29 n. 4, 147. Napoli, lat. 306 (IV. F. 58): 84, 105, 139 n. 1. R oma, Biblioteca Angelica: 130,136 n. 1. — Vallicelliana, li 139: 131. Vaticano. Archivio segreto. AA, Arm. C. 1135 : 52 n. 2 ; — Arm. X X I X 3 1 : 53 n. 4 ; — X X X I V 6 : 53 n. 5, 54 n. 1

e 2 ; — X X X I V 7: 9 n. 5, 12 n. 1, 14 n. 1, 15 n. 4, 53 n. 1, 56 n. 3, 58 n. 5, 67 n. 3, 80 n. 1: X X X I V 12: 14 n. 1; — X X X V 7: 51 n. 2 ; — X X X V

134: 51 n. 1; — X X X V 135: 48 n. 1, 51 n. 1 e 6, 52 n. 1; — X X X V I I I 36 : 69 n. 4 ; — X X X V III 37: 69 n. 1 ; — X X X I X 10: 51 n. 3, 68 n. 2 ; — X X X I X 14 : 68 u. 3 ; — X X X I X 16-A : 126 n. 3 ; - X L 1: 10 n. 2. Regist. (1) Later. 539: 17 n. 1, 49 n. 3 e 4; — 586 e 654 : 52 n. 4 ; — 776: 113 n. 6 ; — 805 e 808: 119 n. 2. Regist. Val. 4 3 3 : 6 n. 1 ; — 436 : 45 ; — 486 e 491: 52 n. 4 ; — 509 : 53 n. 3:. — 542 : 54 n. 3, 55 n. 3 ; — 543: 66 u. 3 ; — 544: 12 n. 1, 45 n. 2, 54 n. 3 ; 1 (1) Stamwato uuasi seniore. tier orrore.

Reneat.

— 545 : 66 n. 3; — 592: 52 n. 3 ; — 656 e 657: 111 n. 1 e 2. Cod. 370 (antica segnatura): 73 li. 5. Biblioteca. Barber, lat. 49: 81 n. 2; — 176 : 98 n. 1 ; — 509 : 53 n. 2 ; — 1823: 139 n .; — 4602: 135. Ottobon. 1188: 81 n. 3; — (2029): 100 n. 2.

Regin. taf. 786: 19, 26, 27 u. 3. Rossian. 412: 130, 133. Urbin.gr. 137: 21 n. 3; — lat. 297: 19 sgg. 35 il., 84 s., 90 n. 2, 158-161; — 301: 100 n. 1, 106 n. 3, 120 s., 123 n. 1, 125, 135; — 348: 98 n. 1; — 368: 26 n. 1, 28 n. 4, 38 n. 4, 46 n. 5, 56 n. 1, 78 n. 2, 79 n. 1, 104 n. 2, 107; — 452: 27 n. 3; - 1180: 31, 130.

Vatic, gr. 1584: 115 n. 3; — lat. 186: 26 n. 1, 28 n. 3, 33 n. 4, 37 s., 103 n. 3; — 971: 65 n. 2; — 1485: 31 n. 4, 131, 146; - 1610: 56 n. 1, 78 il. 2; — 1799: 146; — 1801: 145; — 2111: 42 n. 3, 43; — 2222: 80 n. 5; - 2874 : 90 n. 1; — 2934: 66, 77 n. 3, 136: — 3027: 19, 25 n. 3, 27 n. 3, 34 n. 2, 36 n. 2, 136 s., 146; — 3264: 83 n. 3; — 3279: 81; 3334: 130, 139 u. 1 ; — 3399: 66, 77 n. 3 ; — 3403: 130; — 3424: 58 n. 3 ; — 3478: 119 u. 2; — 3869: 25 n. 3: — 3908: 18 n. 1, 23, 33 n. 2, 38 sgg., 42 n. 2, 144 s.; — 4037 : 64 n. 1 ; — 4104 e 4404: 116: — 5699: 129: — 5 860:

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170

Indici·, dei codici citati

50 n., 136; — 5890: 12 n. 1, 45 u. 2, 79 il. 3, 90 n. 1, 96 il. 1, 116 η. 1 ; —

6526: 2, 5 sgg., 10 s., 23, 46, 134 sgg., 141 s., 148, 151 ; — 6181: 42 n. 1, 59 s., 131; — 6835: 70 sgg., 75,119,123 n. 1, 132, 136, 151-158; — 6841: 20, 27 n. 3, 29 n. 4, 34 n. 2, 36 n. 2, 45 sgg., 137, 147 n. 1, 148-151; — 6848: 3 sgg., 75, 96 n. 3, 114,118,120, 132 sgg., — 6894:

138; — 6895: 133: — 6954 ; 2 il. 3, 11 n. 2, 131 n. 1, 138; — 6956: 138 n. 2; — 6961: 7 n. 2, 138, — 6968: 127,138; — 8086: 70 n. 5,151 ; — 8090: 64 n. 1; — 8150: 70 n. 5, 90 n. 1, 108, 151, 161 sgg., — 9069: 23; — 9119: 135 n. 1. V enezia, Marc. gr. 388 : 26,145; — 533: 71 n. 1,72 n. 3,154 ; — Nan. LI : 63,66.

IN C U N ABO LI

Hain 12643 O'): 89 n. 4, 132; — 12691: 123 n. 1, 128 n. 2 ; -

12109 : 25 n. 1.

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Aggiunta alle pp. 129*. e 146. Il collega Mgr A ugusto Pelzer gentilmente mi fa conoscere un altro codice Vaticano appartenuto al Perotti e due del Jouffroy. Sono i Vaticani latini 756, 759 e 895. Il lat. 895, col commento di Francesco de Mayronis al 1. I delle Sentenze, presenta in fine, al f. 120», la nota autografa: «Liber Ni­ colai Perotti archiepiscopi |Sypontini: quo eum donavit j ven. sacrç Théologie professor | magister Franciscus de Fe|rentino minister proivintiç Romanç |die ira Novem|bris mcccclxvi |Sutrii die j martis», ed al f. 121 r : «N Sypontinus» . II Perotti adunque lo ricevette in dono a Sutri, quand’ era rettore del Patrimonio : è notevole che gli fu donato un libro di teologia scolastica, della quale forse non molti ebbe. Nel Vatic, lat. 889 - uno Scoto - al fondo della prima pagina si legge l’ oscura nota del secolo x v : « Syp. dt. F. », ma è dubbio se c’ entri il nostro Sipontino. Nel caso che sì, sarebbe egli mai da intendersi : « Syp(ontino) d(edi)t F(ranciscus) », con interpretazione arditissima, suggerita dalla nota che si è riferita di sopra? Del Jouffroy sono i codici 756 e 759. Il primo col commento di san Tommaso al 1. Ili delle Sentenze, ha nel margine inferiore del f. 1 r : « -J- car.lis Atrebatensis »; il secondo, col commento medesimo al 1. IV, ha in capo al f. 1 r : « Hic liber est ·J · car.1'8 Atrebatensis ».

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PARALIPOMENI PEROTTINI ( A g g i u n t e a « S t u d i e T e s t i » , 44).

Grazie ad alcuni appunti di Felice Contelori, che mio fratello M gr A n ­ gelo ha trovato nell’ Archivio Vaticano e mi ha fatto vedere, si sono potuti rintracciare parecchi documenti relativi a Niccolò Perotti ed eredi, che sono, è vero, di piccola importanza, ma pure forniscono qualche notizia nuova e mostrano meglio la condotta di Sisto I V verso Γ umanista nei primi anni del suo pontificato e dieci anni dopo verso gli eredi.

I. Per gli anni prim i si tratta del conferimento di benefici e di pensioni diverse, che non si spiegherebbe se Γ animosità del papa, come racconta Vespasiano da Bisticci, veramente risaliva al tempo in cui i due servivano al cardinale Bessarione. Enumero quelle collazioni. 1. Come attesta il cardinale camerario Latino Orsini in una lettera del 1° luglio 1472 a Matteo

« alias Ucellino de Carrecto Arm igero ad sti­

pendia s. Bom. Ecclesie militanti », da Sisto I V m o r d iis »

« in sui pontificatus p r i ­

fu «generaliter facta» la concessione « omnium et singularum

domorum in terra Bulsene tam in parte superiori quam in burgo sitarum ad eius Sanctitatem et Cameram Apostolicam p ertin en tiu m ... spectabilibus viris domino Pirro et domino Iohanni de Perottis militibus Saxoferaten. » , compresa una parte di una casa, di cui Matteo aveva comprato l’ altra p a rte .1

1 Armar. X X VIIII, 38, f.254 (già 311) v sg. Aggiungo qui che Bessarione, card, le­ gato in Venezia, con lettera del 19 dicembre 1463, diretta a Niccolò e a due ca­ nonici, aveva concesso una pensione annua di 20 ducati sui frutti della chiesa parrocchiale di S. Maria di Crisignano e di S. Pietro di Barbario in diocesi di Padova « I o a n n i P e r o t t o clerico mantuano familiari continuo c o m m e n sa li n o s t r o » (Armar. X X IX , 31, f. 87), che dubito, per: non dire ritengo, sia il futuro cognato di Niccolò, non ostante quel curioso « clerico mantuano ». Aveva preso forse la tonsura e già ricevuto un beneficio a Mantova in quel torno? G.

M escati

-

Perotti.

(Aggiunte).

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2

Paralipomeni Perottini 2. Avendo gli Spoletini, senza dir nulla al governatore Perotti, fat­

togli sequestrare da Luca de Lenis, tesoriere di Perugia, lo stipendio « vi­ gore certarum pecuni, rum solutarum alias per Bonavisam eivem Spoletanum, quarum partem » pretendevano che appartenesse a loro, e per lo stesso motivo avendo essi ordinato « ne res V en.lis fr. N . Archiep. Sepont in i... Gubernatoris ex dieta civitate extrahi p o ssin t», Sisto I V il 28 lu­ glio 1472 comandò al tesoriere « ut, si ita e s t ,... salarium suum eidem Gubernatori in civitate nostra Spoleto tam pro preterito quam p r o f u t u r o singulis mensibus integre et sine aliqua retentione solvi fa cia s » , 1 ed ai Priori e Comune di Spoleto vietò sotto pena di scomunica « quatenus nullum posthac in extractione huiusmodi rerum dirreete vel indirecte impedimentum prestare presum atis » . 21 I due atti confermano che il Perotti restò gover­ natore a Spoleto anche nell’ estate 1 4 7 2 3 e che il papa non aveva ancora deciso di levarlo di là, come mostra il « pro futuro ». Non è però improba­ bile che in seguito all’ attrito, dopo aver sostenuto il governatore e resagli ragione, Sisto abbia creduto meglio di sostituirlo. 3. Morto in Ravenna al 18 novembre 1472 il cardinale Bessarione, appena quattro giorni dopo

(così prestamente ne pervenne la nuova in

Roma) Sisto I V di proprio moto, come dichiara, concesse a vita al Perotti, « qui etiam Referendarius et domesticus noster existis et ab ineunte tua etate obsequiis dicti Bessarionis episcopi usque ad eius ultim um vite diem in stitisti», due pensioni annue che il cardinale godeva per disposizione di Paolo I I : una di 200 fiorini d’ oro di Camera sopra i beni del monastero basiliano di S. Salvatore fuori delle mura di Messina, da pagarsi a Pasqua, e l’ altra di 260 fiorini sopra le rendite dell’ altro monastero di S. A ngelo « d e Brolo alias de L isic o », pur basiliano e in diocesi di Messina, da pa­ garsi a Natale . 4 4 . Gli confermò inoltre a vita nello stesso giorno 2 2

novembre la

commenda di quattro priorati dipendenti dalla badia dell’ Avellana, che si solevano

conferire dall’ abbate, ma che Niccolò godeva da d i e c i e p iù

a n n i per concessione apostolica: « Cum itaque, sicut accepimus, tu Sancti Fabiani de Trevio Spoletan. et Saneti Laurentii de Colleatro ac Sancte Marie de Valdem ergo Camerinen. necnon Sancti Antonii de Castroficardo Reea-

1 Armar. X X X IX , 14, f. 344 (già 342) r. Comincia col forte rimprovero : « Non possumus satis admirari...». 2 lb. f. 345 (già 343) r. Il papa era malcontento anche per altro notevole mo­ tivo : « Et quia non sine animi molestia intelleximus quod nuper vicarios quosdam et alios offitiales castrorum districtus eiusdem civitatis nostro Spoleti vosmet temere confirmare presumpsistis, posthabita Gubernatoris, qui locum nostrum et Romane ecclesie tenet, auctoritate, mandamus vobis sub eisdem penis, ne de cetero talia

attemptare presumatis ». 3 «Studi e Testi», 44, p. 70. 4 Registr. Vatie. 556, f. 32.

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Aggiunte a «Studi e Testi », 44

3

naten. Dioc. prioratus, qui a mon.rio S.te Crucis fontis A velane Ordinis sancti Benedicti Eugubïn. Dioc. dependent et per abbatem ipsius monasterii ad nutum conferri solent, in commendam ex concessione apostolica detineas et illos per decem annos et ultra p a c i f i c e possederis et possideas de presenti, N o s .. . » ecc. ecc . 1 Così il Pe rotti, che probabilmente aveva ottenuti quei priorati quale vicario dell’ abbate commendatario Bessarione , 21 era messo al sicuro da una differente disposizione del futuro abbate. Ciò non ostante - lo sappiamo almeno per T revi - egli, in quel tempo appunto, fu disturbato nel possesso di S. Fabiano, tanto che per ordine del papa il cardinal nepote Pietro Riario intervenne a reprimere il disturbatore . 3 5. U n ’ altra commenda il Perotti godeva, non so da quando: la com­ menda della chiesa di S. Paolo fuori delle mura di Terni. Ora egli la ri­ nunciò nelle mani del papa il 20 aprile 1473, e il papa la unì in perpetuo alla mensa vescovile di quella città, ma non volendo che Niccolò soffrisse troppo

danno dalla cessione, g li assegnò a vita una pensione annua di

125 fiorini d’ oro papali sopra le rendite della Comunità e del popolo . 4 E di fatti la pensione sta segnata nella lista delle spese riconosciute per Terni dal cardinale camerario Latino Orsini il 17 dicembre 1 4 7 5 .56 6 . Poco dipoi, avendo il Perotti esposto « quod mensa sua Archiepi-

scopalis Sipontina superioribus temporibus, causantibus guerris que in par­ tibus illis viguerunt, gravia et insupportabilia damna sustinuit, adeo quod ipse Archiepiscopus onera sibi incumbentia commode ferre non p o test», e supplicato che durante la sua vita fosse incorporato alia Mensa il mona­ stero benedettino di S. Benedetto in Siponto, nel quale x'imaneva solo un monaco, l’ abbate, con la rendita di 30 fiorini d’ oro, Sisto I V addì 28 giu ­ gno 1473 ordinò all’ arciprete della chiesa di S. A ngelo sul Monte Gargano di esaminare la verità dell’ esposto e, accertatala, di procedere all’ incorpo­ razione, di modo che, « cedente aut decedente moderno abbate dicti mona­ sterii », Niccolò entrasse in possesso delle rendite . ύ Simile ordine dietro una simile supplica diede Sisto nello stesso giorno a quell’ arciprete riguardo al monastero delle Benedettine dell’ Annunciata « in loco Manfredonie Sipontine d io c ... in quo una duntaxat monialis vitam inhonestam et inpudicam religionique contrariam ducens commoratur, nec firma spes existit quod in dicto Mon.rio habatissa et moniales sub regulari observantia de cetero vivere debean t». Se così stavano le co se ,i beni, della

1 Reg. Vatic. 555, f. 293 «-295 υ. 2 Cf. « Studi e Testi », 44, p. 48 η. 1 ; 49 n. 2. 3 Ib. p. 108. 4 Reg. Vatic. 557, f. 121 sg. 5 Armar. X X V IIII, 38, f. 194 (già 251) r : « R.d» domino Archiepiscopo Sypontino anno quolibet quoad vixerit, eo quia resignavit abbatiam episcopo, libi·. M CXXV ». 6 Reg. Vatie. 557, f. 224. Ivi: «Nicolaus Archiep.1' 2 qui Referendarius et con­ tinuus comm en salis noster existit».

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4

Paralipomeni Perottini

ì-endita di 60 fiorini d’ oro, fossero, secondo la supplica, incorporati in per­ petuo alla Mensa, come aveva domandato anche il Comune di Manfredonia: la monaca, fissatole un assegno per vitto e vestito, venisse tradotta presso altre benedettine disposte ad accettarla (« ubi voluntarias invenerit ») ; nella chiesa e nel monastero fossero introdotti i frati minori dell’ Osservanza.* Che queste due incorporazioni, le quali mostrano la desolazione di certi monasteri e di certi vescovadi e come si cercò di rim ediarvi, siano state eseguite, non trovo attestato, ma propendo a crederlo. Nulladimeno il Perotti nel gennaio 1477 ricordava al papa che egli dalla sua Chiesa non pigliava quasi niente: * nihil quasi ex ea accipio » . 5

II. In forza di uno stromento di donazione (v. p. 6 , n. 6 ), il nepote Pirro avrebbe dovuto avere alla morte di Niccolò due terzi c il cognato Giovanni un terzo dei suoi beni nel Viterbese, i quali consistevano principalmente nel patronato della cappella di S. Bernardino in S. Francesco, nella casa di città e nel Casale Ferentino donatigli dal Comune e in alcuni pezzi di terra comprati da Niccolò stesso e da quei due congiunti presso i bagni Petotti e presso il detto Casale. Perchè quella possidenza era molto intricata, gio­ verà riprodurre la descrizione che se ne fa nella bolla del 4 luglio 1481 diretta a Pirro , 3 e con parecchie varianti di parola nell’ altra del 20 marzo 1482. a Giovanni, che si citerà più avanti. Sane, sicut accepimus, dudutn tu pro duabus et Iohanucs de Perottis miles Terre Saxiferrati Nucerine dioc. pro reliqua tertiis partibus per vos vel alium emistis quoddam petium terre in territorio civitatis nostre Viterbiensis a quondam Adamo Vannicelli Cive Viterbien. et Bartholomea eius uxore pro certo pretio tunc ex­ presso, et a quondam Iacobo de Alexandrie etiam cive Viterbien. tu et Ioh. ‘ prefatus ac bo. me. Nicolaus Archiepiscopus Sipontinus aliud petium terre in di­ strictu dicte civitatis, prope balnea Perocta nuncupata districtus predicti, in quo vinea et olivetum consistunt, equis portionibus pro certa annua responsione in per­ petuum vobis locari obtinuistis: idemque Archiepiscopus, cui dilecti filii Com­ munitas Viterbiensis ius patronatus capelle saueti Bernardini in ecclesia domus sancti Franeisci Viterbien. ord. fratrum minorum et unam domum sitam in civitate predicta donaverant, domain ipsam tibi pro duabus et Iohanni prefato pro reliqua

' Reg. Vatie. 558, f. 73-74 n 2 «Studi e Testi». 44, p. 112. Spesso, a vedere il cumulo di pensioni e di be­ nefici in una persona (per il Perotti v. inoltre, op. cit., p. 52 e 113) si corre a pen­ sare che essa dovesse nuotare nell’oro e che solo per insaziabilità o per effetto di prodigalità continuasse a sollecitare collazioni. Purtroppo in molti casi questo av­ veniva, ma non di raro avveniva pure che i benefici erano meschini e che molto poco dell’utile perveniva di fatto ai lontani beneficiati. 3 Reg. Vatic. 611, f. 297 v -299?.·.

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5

Aggiunte a «Studi e T esti», 4 4

tertia partibus 1 donavit; Guardianus quoque et fratres dicte domus saneti Francisci quoddam petium terre eum quodam balneolo in eo existente situm in pertinentiis dicte civitatis ad dictam domum saneti Franc.' legitime pertinens condam Francisco Perocto avo tuo et prefato Iohanni pro certo annuo censu eisdem Guar­ diano et fratribus persolvendo in empbyteosim perpetuam concesserant; Com­ munitas vero prefati Casale Ferentini12 comitatus Viterbii dicto Archiepiscopo etiam donarant fuerantque circa casale predictum empte per ipsum Archiep."* seu te et dictum Iohannem vel ipsum Archiep."' tuo et ipsius Iohannis nomine nonnulle (nulle cod.) petie terrarum et idem Archiep." 3 postmodum tam Casale quam emptas per eum possessiones circa illud tibi pro duabus et Iohanni profato pro reliqua tertiis partibus eorumdem donavit... A vvenuta la morte, credendosi che i beni dell’ arcivescovo spettassero alla Camera Apostolica, probabilmente per il diritto di spoglio, ne fu preso possesso in nome della Camera medesima, e Sisto I V dispose come segue. I beni di Viterbo donò all’ Ospedale di S. Spirito in Sassia (l’ istituzione che stava così al cuore del papa), ad eccezione della casa di città e del Casale Ferentino e loro appartenenze, che in un primo momento donò a Giovanni Perotti e poi ridonò allo Spedale ; invece per tutti gli altri beni mobili ed immobili (esistenti nelle Marche, s’ intende) dispose che il cardinale Raffaele Sansoni Riario, legato nella Marca d’ Ancona, venisse, come di fatti venne, ad una transazione con Pirro, in forza della quale, pagata una certa somma alla Camera, quei beni rimanessero di libera proprietà di Pirro. Però, e s­ sendosi dimostrato in seguito che l’ arcivescovo aveva ricevuto da Sisto me­ desimo in iscritto la facoltà di donare, il papa, riconosciuta tale facoltà* volendo favorire Pirro « conte Lateranense » e compiacere il duca Federico d’ Urbino, che si era interposto con ripetute istanze, confermò tutte le dona­ zioni, concessioni, eco., in quanto riguardavano Pirro e la composizione già fatta ; 3 inoltre, mantenendo il castigo di Giovanni a causa di asseriti suoi 1 Invece nella bolla del 20 marzo 1482: « tibi [a Giovanni] pro una et Pirro prefato pro a lia m e d ie t a t ib u s » . 2 « Castrum Florentini » (che il P i n z i , Storia della città di Viterbo, IV, 230, traduce «Castel Fiorentino») nell’istromento di donazione (citato ih.). 3 « Et cum, eodem Archiepiscopo postmodum vita functo, assereretur illius bona ad Cameram Apostolicam pertinere essetque de illis apprehensa possessio nomine dicte Camere, Nos consistentia Viterbii et in eius territorio bona predicta hospitali nostro Sancti Spiritus in Saxia de Urbe primo, et deinde domum per Comunitatem donatam dicto Archiep.0 et Casale predictam cum omnibus iuribus et pertinentiis suis, quas ipse Archiepiscopus possidebat tunc, et cum duobus pratis tunc expressis dicto Iohanni donavimus, et dilectus filius noster Raphael sancti Georgii ad velum aureum diaconus car.lis in provincia nostra Marchiae Anconitanae Ap.ce Sedis legatus de speciali commissione sibi per nos super hoc facta tecum seu cum agentibus pro te ad certam compositionem devenit, per quam voluit ut, soluta per te Camere prefate certa tunc expressa pecunie summa, bona mobilia et immobilia que fuisse dicebantur dicti Archiepiscopi ad te libere pertinerent, et demum factam per nos dicto Iohanni donationem predictam revocavimus et bona ipsa, alias dicto G.

M ercati

-

Perotti.

(Aggiunte).

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ti

Paralipomeni Perottini

eccessi, a sè noti , 1 ma cassando insieme la donazione fatta a,ll’ ospedale, donò a Pirro anche i beni di Viterbo, all’ infuori dei bagni Perotti o Sipon­ tini che volle rimanessero dello spedale. Pirro approfittò della donazione per vendere il possesso del Casale Fe­ rentino a Galeotto Gatti e Orsino Capocci di Viterbo . *12 Da sua parte G io­ vanni, o che realmente riuscisse a dimostrarsi innocente degli eccessi im ­ putatigli o che umiliandosi placasse il papa, ottenne anch’ egli da lui il 2 0 marzo dell’ anno successivo la restituzione

« in integrum », compresa la

sua parte nei beni venduti del Casale, però esclusi sempre i bagni Perotti. Sisto nella bolla non esitò di dichiarare che era stato ingannato da false rela­ zion i 3 e si sentiva mosso a favorire Giovanni «intuitu dilecte in Christo filie Elisie [là sorella d i Niccolò] uxoris tue, ex qua p lu r es - quorum d u e femine iam nubiles existunt - filios procreasti,4 necnon intuitu dilecti filii Adriani de Adrianis, militis Saxoferrati, familiaris et scutiferi nostri honoris ac Lateran. aule comitis, qui tirannos de Terra Saxoferrati predicta et qui, ut nobis notum est, pro statu nostro ac sancte Romane Ecclesie nedum bona sed etiam vitam exponere non timuit, expulit , 5 ac in singularem fidelitatem, quam erga per­ sonam nostram etiam dum in minoribus essemus longo tempore gessit » . 6

hospitali per nos donata ut prefertur, de novo eidem hospitali donavimus, prout in quibusdam instrumentis et litteris ac brevibus nostris super hoc confectis ple­ nius continetur. Cum autem, sicut postmodum nobis innotuit, idem Archiepiscopus sufficienti desuper per nos sibi concessa facultate suffulctus foret ad donandum tibi bona predicta que donavit, Nos visis facultatibus et instrumentis predictis. . . , vo­ lentes te, qui etiam Lateranensis Aulae comes existis et pro quo dilectus filius nobilis vir Fredericus Dux Urbini ac gentium armorum ad nostra et Romane ecclesie stipendia militantium confalonerius nobis super hoc s e p iu s cum in s ta n tia sup­ plicavit, ipsius ducis consideratione favore prosequi gratioso, emptiones, donationes, locationes et alias concessiones praedictas... prout te concernunt... confirmamus et approbamus » ecc. Reg. Vatie. 611, f. 298. Della composizione si aveva già no­ tizia per quanto vaga; v. «Studi e Testi», 44, p. 115, n. 1. 1 «Suis exigentibus demeritis nobis notis... in suorum excessuum penam». Ib. f. 298 v sg. Tutto ciò è ripetuto nella bolla del 20 marzo 1482 diretta a Gio­ vanni stesso ; Reg. V at. 629, f. 106. 2 La vendita al Capocci ebbe luogo il 28 settembre 1481, al Gatti nel 1482; v. P in zi , op.' eit., IV, 230, n. 1. Orsino è detto defunto nella bolla del 20 marzo 1482. 3 « Hinc est quod nos qui in prenarratis litteris [a P irro? a ll’ospedale di 8. Spi­ rito?], falsis relatibus sugerentibus, asseruimus ipsorum premissorum notitiam habere, de quibus donatione et confirmatione predictis in quantum personam tuam concerne­ bant nulla nobis facta fuit mentio...». Non è chiaro se intendasi dire falsi i demeriti. 4 Si vegga e supplisca « Studi e Testi », 44, p. 12 e 117. 5 Ecco un altro concorrente di Francesco e di Severo Perotti nella cacciata degli Atti; v. « Studi e Testi », 44,' p. 5 e 73 sg. Ivi, a p. 7, nell’ istrumento camerale del 15 die. 1467 Adriano compare come depositario di beni di Elisa ed Emilia Perotti. 6 Reg. Vatic. 629, f. 207 r. Nella restituzione si dà a Giovanni (contro la nar­ razione a principio) il possesso « m e d ie t a t is domus Viterbien. ac tertie partis

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Aggiunte a « Studi e Testi », 44

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Non risulta che Sisto abbia mutato poi disposizioni. Solo il 25 no­ vem bre dello stesso anno 1482, essendo insorti dubbi circa Γ estensione dei bagni Perotti o Sipontini, in una lettera al priore di S. Stefano di Viterbo, che era stato incaricato di mettere Pirro nel possesso dei beni a lui donati, ne definì esattamente i confini, *1 Da questa storia risulta che Niccolò fino alla morte godette indistur­ bato i suoi beni non ereditari e ne fece dono per facoltà concessagli da Sisto I V ; che tuttavia essi furono creduti di spettanza della Camera Apo­ stolica e incamerati, ed il papa dapprima ne dispose a favore in parte di S.

Spirito e in parte degli eredi di Niccolò, ma in seguito, meglio infor­

mato della verità delle cose, senza discutere (come forse potevasi) se Pirro e Giovanni fossero stati dei veri soci nelle compere e non piuttosto dei prestanomi, restituì tutto, ad eccezione dei bagni Perotti che mantenne a S. Spirito, evidentemente per utilità comune. Risulta inoltre che Federico di Urbino intervenne davvero presso il papa in favóre di Pirro. Ora si spiega e si corregge il racconto di Vespasiano. Esso rimane falso per quello che riguarda le relazioni del Riario con Niccolò avanti il papato e nel papato, ma ha un fondamento rispetto, alla eredità di lui : solo le cose sono accennate in modo odiosissimo per il papa, mentre egli insomma, se fu alquanto facile a credere informazioni non vere e tendenziose, non fu ingeneroso nemmeno allora, e giusto e generoso si dimostrò poi a ricono­ scere prontamente l'errore e a riparare. B a ln e o ru m Iu d e o r u m a lia s p ra ti n u n c u p a to ru m ac pratorum Casalis vinee oliveti et aliorum bonorum iuriumque et pertinentiarum earundem in in s tr u ­ m e n to d o n a tio n is ip siu s A r c h ie p is c o p i et nostre confirmationis huiusmodi contentorum preter quam balnea Perocta. . . amotis pro dictis partibus prefatis Pirro, Galeoto Gacto, heredibus dicti Ursini ac quibuslibet aliis detentoribus » ecc. (f. 107 v). Non ha scopo per noi rilevare certe differenze, in sè notevoli, di espressione (v. la nota seg.), dipendendo esse dai segretari, i quali, avuti gli ordini dal papa, nello stenderli in forma di bolla o di breve riferivano come potevano ciò che avevano udito e trovavano nelle suppliche. 1 Armar. X X X I X , 15, f. 109, già p. 215-216. Ricordati i beni mobili e immobili che nel Viterbese il Perotti, « dum viveret, possidere videbatur, et post eius mortem ad Cameram Apostolicam p len o iu r e spectabant» (si notino le espressioni) e l’ordine datogli di metterne in possesso Pirro, « exceptis balneis Perottiis, seu Sypontinis v u lg o ib i sic appellatis», il papa dichiara: «balnea ipsa Peretta, seu Sypontina, posita in valle Cai tenimenti predicti, cum palatio super apposito et omnibus membris, aqueductibus et officinis, necnon vineis, cannetis, olivetis, terris seu campis undique ipsi palatio adiacentibus citra et ultra vias publicas usque ad fossatum Caldane cum omnibus iuribus et pertinentiis suis ex premissa conces­ sione ad ipsum hospitale nostrum pleno dure spectare». Aggiungasi questa alie indicazioni del P in zi , IV, 229, η. 1. Il Pinzi non seppe della donazione a S. Spirito e invece notò un documento del 1489, che attesta avere un procuratore degli eredi di Niccolò posto « in possesso il nuovo acquirente » del bagno. Essi riuscirono dunque nel seguito a riavere anche quello!

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Paralipomeni Perottini.

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III. Faccio qualche altra piccola aggiunta a « Studi e Testi », 44. P. 115 ecc. Il ch. prof. dott. Giuseppe Huszti. che si è giudiziosamente dedicato allo studio delle poesie latine adespote, le quali si trovano ne’ co­ dici dei secoli x v e x v i, m’ informa di avere riconosciuto per autore di quelle contenute nel codice Ottobon. lat. 2011 Francesco Maturanzio. Egli ha perfettamente ragione, e sorprende che Pier Luigi Galletti nel descri­ vere il codice sull’ inventario degli Ottoboniani latini non se ne sia accorto e così non sia stato notato quel numero al nome del Matarazio o Matu­ ranzio nell’ indice alfabetico. Perchè, se è vero che nel f. 2?· è stata mali­ ziosamente annerita l’ iscrizione col nome di lui, come fu sostituito o strap­ pato il suo nome nei codici Vaticani 5890 e 8750 (v. «Studi e T esti» 44, p. 90 n. 1 ), è non meno vero che il m aligno non osservò che nome e cognome ritrovavansi per ben due volte anche nel £ 7 1

e ve li lasciò intatti.

L’ Ottoboniano è della stessa mano che il Vatic. 5890, penso dell’ autore; e come il 5890 per le lettere, così quello è di primo valore per le poesie del facile verseggiatore perugino.

Il ms. comincia con le poesie sacre e

altre dirette a Niccolò Modrussiense o in onore di lui.

Nella prima delle

sacre, sulla Immacolata Concezione, ritrovansi appunto quei distici, che il Verm iglioli male stampò come Anale d’ una poesia in onore del Perotti (v. «S tu d i e T e sti» 44, p. I l i n. 5). Seguono (ff. 23-32?·) undici carmi in onore del Perotti, governatore di Perugia, e altri due si trovano nel f. 103, fra (o dopo?) i «carm ina inem endata» (f. 8 4 v). N el f. 72?· V A m or fu g g itiv o : altra testimonianza che la versione è del Maturanzio e non del Guarnerio (v. op. cit., p. 90 n. 1 ). Mi sarebbe quindi stato di qualche utilità conoscere il ms. allorché mi occupavo del Modrussiense e del Sipontino. Non aggiungo altro perchè lo stesso prof. dott. Huszti pubblicherà una notizia adeguata del codice Ottoboniano. P. 126. Non solo nel 1484 m a già un anno prima con un simile breve Sisto I V aveva domandato in prestito al conte Ubaldini la Cornucopia per farla trascrivere ; quindi appare più probabile ancora che le ripetute istanze abbiano concorso a muovere Guidubaldo alla stampa dell’ opera.

Ecco il

breve : Domino Octaviano Dilecte fili salutem etc. Ad cetera volumina, que in nostra biblioteca habemus, desideraremus addi librum illum Cornucopie per bo. me. Archiepiscopum Sypontin. editum, quod penes te esse intelligimus. Quare hortamur nobilitatem tuam, ut illum ad nos mittere velit, ut describi facere possimus, nam habito exemplo illum statim ad te remittemus. In quo facies nobis rem admodum gratam. Datum Kome die X I I augusti 1483, anno xn ° . 1

1 Armar. X X X IX , 15, p. 731. A principio, in marg. : « L. Grifus».

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Aggiunto a «Studi e T esti», 44

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P. 131. Altro codice di Torquato Perotti è nella Vallicelliana sotto la segnatura A 25. Se ne vegga la descrizione in E. Martini, Catalogo di ma­

noscritti greci esistenti nelle biblioteche italiane, II, 1. Anche in esso vedesi lo stemma inciso, che descrissi, al luogo cit., nel codice B 139 della medesima biblioteca, ma con la s c r i t t a in p iù : « Torquati Perotti Sentinatis Episcopi Am erini 1 6 4 0 » . Non vi è però nessuna postilla di Niccolò e nessun altro seguo di provenienza da lui : onde non oso metterlo fra i codici del Sipon­ tino. Torquato o altro suo antenato può averlo ricevuto da altra parte. P. 146. A nche il Vatic, lat. 249 ha lo stemma del Jouffroy nella grande iniziale del f. 1 ?·. E furono di lui altresì il Vatie, lat. 6 8 6 (con le Sentenze di Pier Lombardo), il 1027 (con le Distinzioni di Bindone da Siena), il 1427 (un Codice di Giustiniano), e il 1444 (coi commentario del cardinale Ostiense ai libri I e II delle Decretali), come mi fanno notare i colleghi Mgr A . Pelzer e G. Borghezio. Questi codici però non hanno lo stemma, ma altre note di proprietà: il 1427 nel f. 4?·: « I . Ioffridi ss. » : il 1027 nel f. 9 3 » : « E xpliciunt distinctiones fratris Biudonis et sunt domini Io. Abbatis Lu xovii 1453 ». c nel f. 105 r : « I o . ep.s Atrebaten. » (anzi di sua mano è Finterò codice), e il 6 8 6 la dichiarazione del cartolaio Giovanni di Pietro di Trevi, di avere venduto il codice per 14 ducati di camera al Jouffroy addì 14 marzo 1461. Più interessante ancora è la nota del 1444 nel f. 342 (già cccxxxvi) v : « Host, super p .°e t 2° Iohis Ioffridi p r i o r i s d e A n a g r a t e s . p i g n o r a t . a d. A b e r ­ l i no e b r e o pro novem ducatis mediolan. die iulii

x x ii.

anno ?.t°ccccP xxxvi

presentibus d. Ioh.e Capuzati de burg. et d. Io. de petraturia».

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