Movimenti religiosi alternativi. Effetti dell'adesione e motivi dell'abbandono 8820925087, 9788820925086

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Movimenti religiosi alternativi. Effetti dell'adesione e motivi dell'abbandono
 8820925087, 9788820925086

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SERGIO POLLINA — ACHILLE AVETA

MOVIMENTI RELIGIOSI ALTERNATIVI Effetti dell’adesione e motivi dell’abbandono

PRESENTAZIONE

Quando Giovanni Paolo II insiste nell’ esortare: « Discutete la vostra fede, altrimenti non matura », egli spinge ad una crescita che sosterrà nelle inevitabili bufere. Ma, nel contempo, fa una proposta assai temibile da vari Movimenti Religiosi Alternativi, i quali non potranno mai permettere che vengano sottoposti a verifica i propri insegnamenti: ebbene, proprio così impediscono la crescita critica nella fede e ne preparano il naufragio. Questo, in sostanza, è anche il messaggio del presente volume, pensato e steso e documentato con amore: per la verità e per chi ne viene furbescamente « alleggerito ». Alcune posizioni e valutazioni, in soffice trasparenza e non necessariamente condivisibili da tutti — proprio in linea con lo spirito di rispetto dominante nel libro — vanno comprese e rispettate anch’esse: almeno perché appaiono scritte col proprio sangue. Agli Autori venga una gratitudine « comunitaria » per il coraggio vissuto nell’impresa. Ma quali i dettagli del messaggio? È esperienza degli Autori che, a seguito di una obiettiva valutazione degli adepti, gli effetti dell’adesione si trasformano in altrettanti motivi di abbandono del Movimento Religioso Alternativo. Vale a dire, è possibile convincere un adepto ad abbandonare il Movimento Religioso Alternativo mediante una serena e obiettiva valutazione degli effetti (sul comportamento, sull’attitudine mentale e sui rapporti interpersonali) dell’adesione (vedi pag. 15 e 239s).

Per cui il saggio illustra un percorso cognitivo che sfata gran parte dei « miti » sui quali si fonda il successo dei vari Movimenti Religiosi Alternativi: — l’adesione al Movimento Religioso Alternativo contribuisce al benessere mentale e spirituale dell’adepto; — la vita nel Movimento Religioso Alternativo realizza « in nuce » le prospettive « paradisiache » hic et nunc; — la famiglia dell’adepto ricava grande giovamento dall’affiliazione;

— il Movimento Religioso Alternativo contribuisce ad accrescere e diffondere la tolleranza.

Il tema è trattato partendo dal presupposto (vedi pag. 11) che la tolleranza religiosa non implica indifferenza né cieco consenso, ma confronto tra universi differenti tra loro e a volte contrapposti. Il libro si presta a una duplice chiave di lettura: a) per lettori.., frettolosi: a loro basterà un’attenta lettura dei capitoli; b) per addetti ai lavori: troveranno pregevoli spunti di riflessione nella sezione « Approfondimenti» di ciascun capitolo. L’ottica degli Autori è di tipo « pastorale »: un decennale lavoro « sul campo » sfocia in proposte operative e indicazioni di comportamenti da tenere o da evitare con adepti di Movimenti Religiosi Alternativi. Il testo fa riferimento a vari Movimenti Religiosi Alternativi (Moonisti, Missione della Luce Divina, Soka Gakkai…), ma predilige i Testimoni di Geova per la loro diffusa presenza in Italia e per il fatto che tale Movimento riassume in modo paradigmatico tutte le problematiche affrontate dal saggio. Il taglio sociologico del lavoro non fa disdegnare, occasionalmente, temi dottrinali: li approfondisce proprio per evidenziare i limiti metodologici dei Movimenti Religiosi Alternativi in questione. Né manca il pregio delle testimonianze personali — raccolte dagli Autori — e di documenti di prima mano. Insomma è, sì, un lavoro descrittivo, ma anche propositivo: fa scaturire proposte operative concrete proprio dalla descrizione delle problematiche (vedi pp 48s). Roma, 4 novembre 1997

LORENZO MINUTI Presidente del GRIS (Gruppo di Ricerca e di Informazione sulle Sètte)

INTRODUZIONE

I rischi dell’intolleranza Elia Wiesel, premio Nobel per la pace, ha scritto *: « L’intolleranza è vicina all’odio che è spesso irrazionale, impulsivo, nero, sornione. La sua cupa potenza fa appello a ciò che vi è di distruttivo nella persona umana. Il suo ritmo è rapido e il suo progresso implacabile. Esiste nell’odio un elemento positivo, una possibile elevazione di trascendenza, di sublimazione? L’odio è capace di produrre null’altro che odio e intolleranza null’altro che bruttezza e ignoranza... Praticando l’esclusione a tutti i livelli, il fanatico si considera come il solo detentore della verità e della salvezza ed è per questo che esige il potere di mettere le sue idee in pratica, di imporsi, di dominare. È il fanatico che decide quando offrire la salvezza, a chi e come. Non tollera alcuna parola che non sia sottoposta alla sua, nessun pensiero che non porti il marchio del suo. Rifiutando ogni dialogo, non sa fare altro che monologhi ripetendosi, divenendo così un ostacolo maggiore, ritardando ogni progetto culturale, ogni ambizione civilizzatrice, ogni esperienza spirituale ». Partendo da queste definizioni di « intolleranza » e « fanatico », intendiamo verificare se, nel panorama delle nuove forme di religiosità presenti in Italia, questi termini possano obiettivamente risultare idonei a descrivere la realtà di qualcuna d’esse. In varie nazioni i tribunali si sono trovati, e tuttora si trovano, di fronte a casi sempre più numerosi di conflitto tra i diritti individuali di libertà e le libertà dei « gruppi di appartenenza ». Da più parti, sempre più frequentemente, molti si chiedono se i riti e le pratiche — collettivi o individuali — di alcuni di questi « movimenti » siano contrari all’ordine pubblico e giustifichino ingerenze dello Stato *Relazione introduttiva al Seminario su « L’Europa contro l’intolleranza », svoltosi a Strasburgo il 3 e 4 marzo 1994 (citato in Coscienza e libertà, Roma 1994, n. 24, pagg. 92).

finalizzate ad accertare che al loro interno non vengano violati i diritti fondamentali dei cittadini o le leggi; se questi gruppi, così diversi da quelli più noti che si rifanno alla tradizione cristiana, possa no beneficiare dell’attribuzione di « movimenti religiosi » o se si debba tenerli distinti a motivo di un insieme molto vasto di credenze e pratiche le quali, pur avendo qualche attinenza con il

« religioso », non sono strettamente religiose. È opportuno, pertanto, spendere qualche parola su cosa intendiamo per « religione ». Riferendoci alla funzione che ogni specie di religione ritiene fondamentale, è evidente che una religione è una credenza in una garanzia soprannaturale offerta all’uomo per la sua salvezza, nonché un insieme di tecniche tese ad ottenere o conservare tale garanzia.* *Cfr. N. Abbagnano in Grande Dizionario Enciclopedico, Torino 1971, vol. XV, pag. 736, sub voce > Dunque un movimento può essere definito religioso quando in esso è presente almeno uno degli elementi menzionati (esistenza e ricerca di una salvezza, esistenza di tecniche finalizzate a ottenere e conservare la medesima salvezza).* * È opportuno precisare che la salvezza è un concetto teologico, mentre la felicità appare un concetto antropologico, nel senso che è raggiungibile anche in questo mondo e non è rimessa solo alla volontà divina. Ciò premesso, per designare le nuove forme di religiosità, la categoria « movimenti religiosi » pare la più adatta sia per la connotazione di neutralità sia perché rende esplicitamente l’idea di un fenomeno ancora in itinere. Tuttavia il termine è ancora piuttosto vago e, pur precisandolo con l’aggettivo nuovi (« nuovi movimenti religiosi »), lo renderemmo inesatto: i Testimoni di Geova o i Mormoni possono far risalire la loro nascita al secolo scorso! Di conseguenza, preferiamo adottare l’espressione movimenti religiosi alternativi che pare idonea a evidenziare come tali nuove forme di religiosità siano alternative alle chiese storiche e per alcune di esse anche alla società e allo Stato. Lo spirito che ci ha animato nella redazione di questo saggio è ben espresso dal filosofo Marcel Conche, il quale ha scritto: ‘ « Il “rispetto”, la “simpatia”, l”amore” si rivolgono a persone; non bisogna provare cose simili per opinioni che si considerano false o assurde, ma alle quali si riconosce tuttavia il diritto di esprimersi. Ricevo spesso la visita dei testimoni di Geova. Non posso avere alcun rispetto per alcune loro opinioni, ma rispetto le loro persone e detesterei se li si perseguitassero ». * * M. Conche, « La tolleranza francese e il suo significato » in Coscienza e libertà 25/1995, pagg. 63-64. Con queste parole il filosofo Conche ci porta al cuore del problema: la tolleranza; egli osserva che con questo termine, in senso stretto, deve intendersi la « libertà reciproca che gli uomini si riconoscono di credere e di dire ciò che sembra a loro vero, ... ma per il fatto che nessuno conosce la Verità (riguardo al mondo e alla vita, al significato dell’uomo), di conseguenza nessun uomo ha il diritto di dire e di proclamare il vero come gli pare... Bisogna distinguere il campo del sapere da quello dell’opinione... Gli uomini, dunque, almeno sulle questioni fondamentali (e in primo luogo sul significato, o l’assenza di significato, della morte) sono ignoranti ed uguali in ignoranza. I credenti debbono riconoscere che credono (forse erroneamente) e non sanno. Se, nel mondo, tutti coloro che credono riconoscono che non fanno altro che credere e non sono per nulla certi, sarebbe un primo passo verso la tolleranza universale » .*

* Ivi, pagg. 65-66.

Di fronte a un enunciato teologico o politico bisogna ammettere che siamo sforniti dei mezzi per sapere esattamente quali siano, tra i tanti modelli seguiti, i migliori in senso assoluto. Dal canto loro, molti movimenti religiosi alternativi sostengono esplicitamente di « essere nella Verità », di « possedere la Verità che conduce alla vita eterna », e questo — di per sé — è un evidente sintomo di intolleranza. A loro sfugge che, come scrisse il Mahatma Gandhi in una lettera indirizzata ai suoi discepoli, « se fossimo pervenuti alla piena visione della verità, non saremmo più dei ricercatori, saremmo uno con Dio, poiché la verità è Dio. Ma dal momento che ancora stiamo cercando, continuiamo la nostra ricerca, coscienti della nostra imperfezione... Noi non abbiamo il diritto di costringere gli altri ad agire secondo il nostro modo di vedere la verità ».

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Purtroppo l’ideologia di tanti movimenti religiosi alternativi ha in sé diversi indicatori di intolleranza; non è questa la sede adatta per commentare diffusamente questi « sintomi di intolleranza »,* * Chi desidera approfondire gli aspetti soltanto citati in questo contesto può consultare: S. Pollina, Il popolo dell’apocalisse. Storie di ordinaria utopia, Casamassima 1993; S. Pollina, I nostri amici: i Testimoni di Geova, Milano 1996; i numeri monografici 2 e 3 del 1994 di Sette e Religioni; R. V. Franz, Crisi di coscienza, Napoli 1988; R. V. Franz, Alla ricerca della libertà cristiana, Roma 1997; J. Bergman, I Testimoni di Geova e la salute mentale, Roma 1996; A. Aveta, I Testimoni di Geova: un’ideologia che logora, Roma 1990; Aveta, Storia e dottrine dei Testimoni di Geova, Roma 1994; S. Pollina e A. Aveta, I Testimoni di Geova e la politica: martiri o opportunisti?, Roma 1990; AA. Vv., I Testimoni di Geova tra mito e realtà: vittime o artefici dell’intolleranza religiosa Foggia 1991.

ci limitiamo semplicemente a elencarne i più evidenti:

— Denigrazione sistematica delle confessioni religiose: il linguaggio e le immagini adoperate nella letteratura di questi movimenti per descrivere gli eventi e le persone sono evidenti segni di pregiudizio; l’attenzione viene indirizzata su comportamenti, caratteristiche e segni distintivi di alcuni esponenti di altre fedi con l’intenzione di ridicolizzarli; viene pure realizzata la denigrazione dei simboli religiosi altrui (per esempio, la Croce) e delle liturgie con lo scopo di disprezzare le credenze e l’identità di quelli per cui queste strutture hanno un senso. — Ostracismo: le persone ufficialmente espulse da qualcuno di questi movimenti — molto spesso per dissenso ideologico — vengono trattate come se non esistessero; si attua anche una rigorosa segregazione ideologica degli adepti per prevenire rischi di «contaminazione » con fonti bene informate sulla vera storia e sulle mutevoli credenze del movimento.

— Indisponibilità alla cooperazione: come gruppo, gran parte di tali movimenti non cooperano nella ricerca di soluzioni ai problemi e alle controversie della vita pubblica così come alla realizzazione degli obiettivi sociali comuni; l’intolleranza non consiste solo nella mancanza di solidarietà verso gli altri, ma anche nel rifiuto degli altri per quello che sono, per ciò che fanno e per quello che pensano.

Un gruppo può essere, a ragione, definito intollerante se si propone di soffocare gli altri sebbene, in realtà, non abbia alcun potere di farlo. Ma si può lottare contro l’intolleranza senza divenire intolleranti? Sì, se le opinioni che si contrastano sono insostenibili perché assurde: le leggi della logica e del razionale non sono una questione di opinione, né è tollerabile la negazione di un fatto! La tolleranza non può applicarsi, per esempio, all’apologia dell’omicidio, agli appelli all’odio. È pure evidente che devono esistere dei limiti alla neutralità dello Stato in materia di divergenze etiche; per illustrare, lo Stato non può restare neutrale nei confronti del problema dell’aborto, « le sue leggi potranno tracciare delle distinzioni fra le varie situazioni in cui l’aborto può essere praticato, ma alla fine non può sfuggire la constatazione che taluni resteranno convinti che un certo genere di atti dovrà essere autorizzato legalmente mentre altri saranno ugualmente convinti che gli stessi atti dovranno essere proibiti. Nessuna società può evitare di operare, in tali materie, scelte sostanziali di ordine collettivo. E, in questo senso, ci sono dei limiti alla tolleranza, anche se la gente continua a rispettare le opinioni altrui ».* * Bernard Williams, « Una virtù scomoda » in Coscienza e libertà 25/1995, pagg.84-85.

In conclusione, la tolleranza presuppone il disaccordo, dà per scontato che esistano sistemi di pensiero incompatibili e universi intellettuali inconciliabili; senza la molteplicità irriducibile di atteggiamenti e comportamenti la tolleranza non avrebbe ragione di esistere. Eppure noi interpretiamo la tolleranza non in senso sdolcinato, non associamo l’idea di tolleranza a quella di consenso o di indifferenza: la nostra tolleranza non si astiene dalla lotta.

Il peso della responsabilità È abbastanza diffuso il rifiuto di assumersi la responsabilità del proprio comportamento, per il fatto che si vorrebbero evitare le possibili conseguenze spiacevoli di tale comportamento: ogni volta che si cerca di sottrarsi alle responsabilità dei propri atti, ci si sforza pure di accollarle a qualcun altro (sia questi un individuo o un’istituzione); ma così facendo si rimette a questo « altro » ogni proprio potere. Perciò Erich Fromm ha intitolato appropriatamente Fuga dalla libertà il suo studio su nazismo e autoritarismo: per sfuggire al peso delle responsabilità milioni di persone si trovano quotidianamente a fuggire dalla libertà. Al contrario, la vita non è altro che una serie di scelte e di decisioni personali: se si è capaci di accettare questo fatto, si diventa una persona libera. Quanto più chiaramente si riesce a vedere la realtà del mondo, tanto più facilmente se ne potranno affrontare le difficoltà e le insidie. La nostra visione della realtà è paragonabile a una mappa sulla quale seguiamo il percorso della nostra vita. Ognuno di noi — che lo ammetta o no — ha un bisogno di dipendenza: tutti vorremmo essere trattati come bambini, nutriti e accuditi da persone più forti di noi che abbiano veramente a cuore il nostro benessere; come fanno rilevare psichiatri e psicologi, anche se siamo persone forti, adulte e responsabili, guardando bene in noi stessi scopriremo di desiderare che, almeno una tantum, qualcun altro si prenda cura di noi. Tuttavia, non bisogna confondere questo senso o bisogno di dipendenza con la dipendenza vera e propria; come afferma il noto psichiatra M. Scott Peck, « la dipendenza è l’incapacità di sentirsi completi senza la costante presenza di qualcuno che ci vuol bene. Nell’adulto fisicamente sano la dipendenza è patologica — è sempre cioè la manifestazione di una turba psichica ».* * M. Scott Peck, Voglia di Bene, Varese 1985, VIII ed., pag. 84 Questo tipo di persona non si sente mai completamente « realizzato » e prova un costante senso di insoddisfazione. È chiaro che costoro, la cui vita è dominata dal desiderio di dipendenza, poiché soffrono di ciò che gli psichiatri definiscono « turbe da personalità passivamente dipendente », sono i più probabili candidati all’affiliazione a un qualsiasi movimento religioso alternativo, in particolare a quelli comunemente definiti sette distruttive. Perché? Poiché a loro non importa da chi dipendono, è solo sufficiente dipendere da qualcuno: vogliono solo che qualcuno fornisca loro una identità, non importa quale; per questo le loro relazioni con il prossimo, anche se possono apparire drammatiche nella loro intensità, sono in realtà molto superficiali. Infatti, qualsiasi cosa facciano tali persone passivamente dipendenti, il loro scopo resta sempre quello di assicurarsi l’affetto e il sostegno altrui. Qual è, secondo gli esperti, la causa principale di questa dipendenza passiva? La mancanza d’amore. Scrive, infatti, M. Scott Peck: « L’intimo senso di vuoto che affligge le persone passivamente dipendenti è la diretta conseguenza dell’incapacità dei genitori di appagare il bisogno d’affetto, di attenzioni e di cure dei figli durante l’infanzia ».* * Ibidem, pag. 89

Nel contesto di un movimento religioso alternativo la dipendenza può essere scambiata per amore in quanto induce le persone ad aggrapparsi l’una all’altra, ma in realtà non è amore; è una specie di anti-amore, ha le sue radici nell’incapacità di amore dei genitori e perpetua tale incapacità; favorisce l’infantilismo piuttosto che la crescita, distrugge i rapporti fra le persone anziché promuoverli e distrugge le persone stesse. È il caso di prendere molto sul serio il seguente monito di uno psichiatra: « il peggior servizio che possiate rendere a voi stessi è quello di rendervi dipendenti da un’altra persona. E’ persino peggio che diventare tossicodipendenti. Infatti, l’eroina, purché ne abbiate una dose sufficiente, non vi deluderà mai... Ma se vi aspettate che a farvi felici sia un’altra persona, non avrete altro che delusioni »* * Ibidem, pag. 90 Un’altra caratteristica delle persone dipendenti è quella di non preoccuparsi affatto della propria crescita spirituale. Il viaggio verso la crescita spirituale esige coraggio, iniziativa, autonomia di pensiero e d’azione; la grazia di Dio e la Sua Parola ci assistono, ma il viaggio dobbiamo compierlo da soli: nessun guru può accompagnarci fino alla meta, né esistono formule o rituali che possano abbreviare il cammino. Nessun insegnamento settario può sollevare il viaggiatore dal duro compito di scegliere con cautela la via da seguire e di trovare faticosamente la strada che, attraverso le particolari vicende della propria vita, lo condurrà a rapportare il proprio io individuale con Dio. Per usare le parole di Bettelheim,” « se, d’altra parte, la società può avere un’influenza così profonda sulla personalità, allora questa influenza deve essere meglio compresa. Inoltre, e questo è ancora più importante, l’uomo deve essere protetto meglio, attraverso l’educazione o altrimenti, contro la sua influenza potenzialmente distruttiva. Gli si devono non solo fornire mezzi più efficaci per trasformare la società in modo tale che non sia più di ostacolo alla sua e di vivere soddisfacentemente, ma si deve organizzare un ambiente che lo faciliti e l’incoraggi. In breve, l’uomo deve fare ambedue queste cose: vivere una vita soddisfacente in società, e di generazione in generazione creare una società migliore per sé e per gli altri ».* * B. Bettelheim, Il cuore vigile, Milano 1988, pag. 50.

Nel corso delle nostre riflessioni metteremo a confronto movimenti religiosi alternativi molto diversi tra loro per valutare la matrice comune dei processi psicologici ed organizzativi indotti dall’adesione a vari movimenti religiosi alternativi, indipendentemente dal valore intrinseco delle ideologie e delle tecniche proselitistiche di ciascuno d’essi. Ma di quali gruppi del variegato universo dei movimenti religiosi alternativi intendiamo interessarci? Prenderemo in considerazione quei movimenti che attribuiscono poteri « superiori » al leader o allo staff direttivo, oppure alla missione del gruppo e che controllano rigidamente il comportamento degli adepti attraverso un comune sistema di dottrine. Ovviamente, non abbiamo la pretesa di esaurire la multiforme realtà del fenomeno dei movimenti religiosi alternativi, intendiamo solo mettere in evidenza gli elementi ricorrenti in una determinata classe di fenomeni, nella consapevolezza che, nel far ciò, saranno appiattite le differenze comunque presenti, nella realtà, tra un singolo movimento e l’altro. Particolare attenzione sarà rivolta a quei gruppi (segnatamente i Testimoni di Geova) che, per la loro particolare aggressività propagandistica, appartengono all’esperienza quotidiana dei lettori.

Finora la psicologia di chi aderisce a un movimento religioso alternativo del genere non è stata attentamente indagata; tuttavia, negli anni recenti sono notevolmente progrediti sia l’interesse scientifico per siffatti gruppi sia la capacità d’indagine degli esperti sul loro impatto emozionale. Presenteremo ai nostri lettori un’articolata serie di osservazioni e di esemplificazioni attraverso le quali si spera di dare delle esaurienti risposte alle seguenti domande: Perché si aderisce a un movimento religioso alternativo? Come si vive in un movimento religioso alternativo? Perché lo si abbandona? Dalle risposte a queste dipenderà la dimostrazione della tesi sostenuta in questo volume: gli effetti dell’adesione a un movimento religioso alternativo, se obiettivamente valutati dagli stessi « convertiti », costituiscono di per sé i prodromi dell’abbandono del movimento. 14 15

CAPITOLO PRIMO IL MITO DEL BENESSERE

Spesso leggiamo dichiarazioni di esponenti di movimenti religiosi alternativi in cui si enfatizza il miglioramento delle condizioni psichiche degli affiliati rispetto allo stato di salute precedente all’adesione al movimento; per quanto possa sembrare sorprendente, anche studiosi della psicologia dei movimenti religiosi alternativi ammettono: « Il benessere psichico non è prodotto dal soddisfacimento delle pulsioni, ma dipende in modo determinante dal senso che viene dato tanto alle esperienze positive, quanto a quelle negative. Molti nuovi movimenti religiosi hanno successo, probabilmente, proprio perché riescono a rispondere all’esigenza di dare un senso alla propria esistenza di molti giovani, per i quali i modelli della società moderna hanno perso attrattiva ».* * E. Pavesi, in M. Galanter, Culti, Varese 1993, pag. 10 Infatti le azioni e le esperienze personali — come le difficoltà quotidiane, i sacrifici e le sofferenze che inevitabilmente accompagnano l’esistenza di ognuno — acquistano un senso in relazione ai principi che ispirano il gruppo, quindi possono essere considerate come un contributo al bene comune o, meglio, a ciò che si considera tale. E’ possibile che il disturbo emozionale causato dagli eventi traumatizzanti della vita sia lenito dall’effetto sollievo operante nei movimenti religiosi alternativi: l’angoscia causata da tali eventi sarebbe bilanciata dal supporto emozionale derivante dall’impegno nel gruppo; in altre parole, più uno si sente strettamente associato, più può collocare le esperienze distruttive nella prospettiva dell’ideologia del movimento e quindi evitare un senso di sconforto, addirittura, di disperazione. L’affiliazione al movimento agisce da equilibratore degli effetti di eventi traumatizzanti; per alcuni il movimento offre un « oggetto » alternativo per i propri bisogni di dipendenza e una via per non dover gestire la propria vita. La creazione dell’angoscia e il citato elemento equilibratore sono alla base del cosiddetto effetto pinza: gli adepti intuiscono implicita mente che il sollievo dall’angoscia è dato dal loro legame con il movimento e ad esso si rivolgono per avere conforto quando devono affrontare traumatizzanti esperienze di vita; paradossalmente la loro adesione ai dettami del movimento li porta a conformarsi ulteriormente a richieste potenzialmente traumatizzanti. In tal modo il gruppo crea angoscia e contemporaneamente la toglie al prezzo di una sempre crescente obbedienza.

Perché si aderisce a un movimento religioso alternativo? Molti movimenti religiosi alternativi « esercitano notevoli pressioni per convincere il convertito potenziale ad entrare nei loro ranghi. Le pressioni possono assumere l’aspetto positivo di “bombardamento d’amore”, quando una persona viene sommersa da attenzione e affetto immediato, o essere più negative, e quindi far leva sui sensi di colpa: a volte coesistono entrambe ».* * E. Barker, I nuovi movimenti religiosi, Milano 1992, pag. 46 « Senza dubbio, il timore che la nostra sia un’epoca di nevrosi angoscia l’uomo moderno, e aumenta la sua infelicità individuale. Sentendo acutamente i disagi della nostra civiltà, la sua insoddisfazione si accresce sempre più e spesso egli trascura il fatto che ogni epoca e ogni società hanno avuto i loro conflitti tipici, le loro tipiche forme di disagio, e perciò di nevrosi. Ma poiché a noi interessano direttamente le difficoltà che incontriamo nella nostra civiltà, ci preoccupiamo di quegli aspetti di essa che generano in noi angoscia e malattia ».* * B. Bettelheim, op. cit., pag. 55 Perciò, spesso, molto spesso, l’elemento che rende vulnerabile una persona al richiamo dei movimenti religiosi alternativi è un aspetto della personalità o della situazione dell’individuo stesso: è possibile che ci siano delle tensioni nella vita (solitudine, incertezza, ricerca di direttive, insicurezza, esigenza di certezze assolute, mancanza di scopi, fuga dalle aspettative dei genitori ritenute irrealistiche). Di norma, i seguaci di un movimento religioso alternativo sono caratterizzati dai seguenti elementi psicologici: — hanno un sistema comune di fede e attribuiscono un potere carismatico — a volte divino — alla dirigenza del movimento; — dimostrano un elevato livello di coesione sociale; — sono fortemente influenzati dalle norme di comportamento del movimento. Mentre il sistema comune di fede è alla base del conformismo evidente, le riunioni — periodiche e meticolosamente organizzate — fungono da perno per le funzioni del movimento e ne evidenziano la coesione sociale; infatti lo stato emozionale di un adepto potrebbe essere molto vulnerabile all’interruzione della routinizzazione delle adunanze, sicché l’assenza a una riunione riesce a provocare angoscia. L’atmosfera alle riunioni è molto coesiva, l’osservatore esterno — anche quello più superficiale — nota forti sentimenti di cameratismo e una coscienza di fede comune quando gli adepti discutono tra loro; un responsabile del movimento sarà sempre pronto ad ascoltare le espressioni di angoscia di un affiliato, dando implicitamente un aiuto con la sua presenza e con il suo contegno si mostrerà empatico, perfino affettuoso accennando — di norma — a problemi analoghi che altri fedeli sperimentano di tanto in tanto. Il « consulente spirituale » valuterà la situazione dal punto di vista dell’ideologia del movimento e non minimizzerà mai il bisogno di un adeguato impegno personale nelle attività pretese dai vertici del movimento, inoltre disporrà sempre di esempi per indicare all’adepto come superare problemi simili ai suoi salvaguardando la piena devozione al leader o all’organizzazione.

Per illustrare l’efficacia di tali atteggiamenti, M. Galanter, docente di psichiatria all’University School of Medicine di New York, riferisce l’esperienza di un’affiliata alla Missione della Luce Divina, movimento di ispirazione induista: « Janice era piombata nell’angoscia, accentuata dai suoi sentimenti di distacco dal gruppo, e manifestamente sollevata e poi guarita grazie a una rinnovata coesione. Le norme di comportamento stabilite dal gruppo furono usate per costruire la sua “cura”, e il problema si risolse definitivamente con il suo impegno a perseguire l’obiettivo carismatico del gruppo: la “conoscenza” o illuminazione divina ». A proposito di un altro movimento religioso alternativo, lo stesso Galanter osserva: « In seguito studiai l’adesione e l’appartenenza al gruppo dei seguaci del reverendo Moon (moonisti) e rilevai che adepti potenziali acquistano molto rapidamente un alto grado di coesione sociale durante le fasi iniziali dei seminari introduttivi. Inoltre, il benessere psicologico dei seguaci attivi era direttamente proporzionale alla più o meno stretta affiliazione al gruppo, così com’era sentita, in termini di legami sociali con altri membri e di accettazione dei dogmi del gruppo. Si potrebbe quindi concludere che gli affiliati a gruppi carismatici provano sollievo dalla loro angoscia nevrotica non appena entrano a farne parte e che il mantenere tale sollievo (cioè un senso di benessere psicologico) dipende dall’intensità del loro rapporto con il gruppo: se in qualche modo si dissociano, provano angoscia; se restano legati, conservano il loro benessere psichico. Questo “effetto sollievo” serve a rafforzare il coinvolgimento dei seguaci nel gruppo e accresce continuamente la loro accettazione della fede del culto, ricompensandoli per esservisi conformati ». Una decisione assunta in gruppo impegna all’azione più di una decisione individuale; come fanno rilevare D. Anzieu, psicanalista francese, e J.Y. Martin, neuropsichiatra e psicosociologo: « I membri di un gruppo sono pronti ad aderire a nuove norme se il gruppo vi aderisce » . Infatti è più facile cambiare degli individui uniti in un gruppo che cambiare ognuno di loro separatamente. Pertanto le norme di comportamento di un movimento religioso alternativo svolgono un ruolo eccezionale nella determinazione della condotta degli affiliati: i fedeli si rifanno alle norme del gruppo perfino quando si trovano ad affrontare situazioni nuove, possono agire in modo pressoché uguale di fronte a estranei ritenuti « pericolosi »; spesso questo tipo di comportamento in una situazione imprevista viene scelto con implicita consapevolezza giacché si basa su un precedente insegnamento del gruppo. Infatti, come ha osservato G.H. Mead, l’immagine che gli altri si fanno di noi contribuisce a plasmare la nostra immagine di noi stessi. Le forze psicologiche che modellano i movimenti religiosi alternativi dovrebbero essere comprese a partire dalla prospettiva del gruppo nel suo insieme; queste forze includono: la coesione di gruppo, la fede condivisa e la coscienza alterata.

Coesione di gruppo Con l’espressione « coesione di gruppo » si definisce il risultato di tutte le forze che agiscono sugli adepti per mantenerli impegnati nel movimento; questa forza psicologica ricopre un importante ruolo nella formazione dei sentimenti, degli atteggiamenti e dei comporta menti individuali: i componenti di un movimento religioso alternativo possono essere molto dipendenti l’uno dall’altro e contare eccessivamente sui conservi per un supporto emozionale e decisionale. Per certi gruppi la realtà diventa meno importante della preservazione dei reciproci legami. Nelle sedi dei movimenti religiosi alternativi sollecitudine e intimità, riflessi della coesione del gruppo, sembrano placare ogni espressione di animosità: l’occasionale visitatore viene « bombardato » da parole gentili, manifestazioni di interesse e calorosi sorrisi da parte di persone che non ha mai visto; le sue domande ricevono risposte immediate; ha la sensazione di entrare in un involucro rassicurante, di essere protetto dalle difficoltà delle relazioni col mondo esterno, come traspare dalle testimonianze di chi ha provato gli effetti di queste forze psicologiche. Infatti, sempre più frequenti sono esperienze come la seguente: Ho conosciuto il movimento quando avevo l’età di dieci anni. Mio padre, dopo un breve periodo di studio personale entrò a far parte in maniera convinta del movimento e, come spesso accade, pian piano tutta la mia famiglia cominciò ad aderirvi. Sono cresciuto all’interno del gruppo essendone completamente assorbito. Era la mia famiglia, erano gli unici miei amici, era l’ideale della mia vita e sarebbe stato anche il principio della mia vita sentimentale. Conobbi quella che poi sarebbe diventata mia moglie all’interno del movimento. Nel 1985 mi sposai secondo il rito del gruppo. La mia esistenza era contrassegnata da una sensazione di tranquillità spirituale. Ero sicuro dell’esistenza di Dio, Ne conoscevo il pensiero, i Suoi piani divini, conoscevo la storia dell’umanità, le sue origini e soprattutto ne conoscevo il futuro. Sapevo che tra non molto il mondo intero sarebbe stato distrutto, ed io e la mia famiglia avremmo avuto il grandissimo privilegio di sopravvivere a questa catastrofe, per poi vivere in eterno in un mondo completamente rinnovato.

In un certo senso, questi movimenti religiosi alternativi esercitano anche sulle persone affette da turbe psichiche un’influenza che la psichiatria ufficiale non riesce ad avere; creando un rapporto di vicinanza e di sostegno, il movimento religioso alternativo cambia totalmente il pensiero e il comportamento degli adepti. I fatti dimostrano il modo in cui la coesione di gruppo viene mobilitata quale potente forza sociale e come i non affiliati ai movimenti religiosi alternativi vengono esclusi. Un ulteriore esempio ci viene offerto dallo psichiatra Marc Galanter, il quale riferisce: « Quando circa 5.000 giovani adulti si radunarono per i preparativi (di una festa nazionale della Missione della Luce Divina), l’atmosfera di attaccamento era quasi palpabile. Si trattavano l’un l’altro con familiarità, anche se si erano conosciuti pochi istanti prima. Come minimo si può dire che quello non era un luogo di lavoro impersonale. Rappresentava una rete di persone che si affrettavano ad aiutarsi a vicenda e cercavano tutti i modi per favorire l’impegno comune di rendere la festa un’esperienza da condividere, una cosa preziosa per tutti ».

Fede condivisa La fede che gli adepti dei movimenti religiosi alternativi hanno in comune rappresenta una forza vitale per l’attività di ogni movimento: essa tiene uniti gli affiliati, plasma i loro atteggiamenti e li motiva ad agire anche a costo di grossi sacrifici personali. Infatti chi studia i movimenti religiosi alternativi rileva che quelli con la maggiore stabilità sociale e longevità sono i movimenti fondati su fedi condivise: i loro sistemi dottrinali e rituali sono essenziali per la stabilità del gruppo, inducendo i seguaci a sacrificare i propri bisogni e a rinunciare al « mondo »; per giunta, i codici morali dei movimenti religiosi alternativi servono a mantenere salda la indiscussa supremazia dei leader. Di solito l’adepto assimila prima gli elementi fondamentali della conformità e poi procede verso una più profonda ristrutturazione dell’adattamento psicologico. I movimenti religiosi alternativi tendono a dividere il mondo in buoni (cioè gli appartenenti al gruppo) e cattivi (gli estranei ad esso); questa tipica visione manichea si basa sulla difesa psicologica di proiettare all’esterno il male che gli affiliati temono sia dentro loro stessi e ha come conseguenza la tendenza ad abbandonare i contatti sociali fuori dal gruppo. Come osserva E. Pace, « il rifiuto del mondo può, dunque, costituire un principio regolatore molto importante ai fini dell’organizzazione di una setta. Esso stabilisce il confine fra la legge che vale dentro di essa e la legge di uno Stato — percepita come minaccia esterna —, e sancisce se e fino a che punto quest’ultima debba essere rispettata dai suoi membri ».* *E.Pace. Le sette, Bologna 1977 – pag 44 Nei movimenti religiosi alternativi le ideologie si impongono principalmente grazie a uno stretto sistema di comunicazione in cui le opinioni accettabili sono direttamente o implicitamente incoraggiate e quelle dissenzienti eliminate. Ciò comporta una grave conseguenza: molti giovani adepti rompono ogni legame con le rispettive famiglie quando i genitori si oppongono al loro interesse per il movimento. È importante evidenziare come la divulgazione dell’ideologia di un movimento religioso alternativo e il controllo della comunicazione nel gruppo influenzano lo stato psicologico degli adepti. Le persone sono più propense ad affiliarsi a tali gruppi se sentono di trovarsi in condizione di infelicità a causa di problemi esistenziali o di malessere psichico cronico e se i loro legami affettivi con la famiglia e gli amici sono limitati; i movimenti religiosi alternativi attirano generalmente gli adepti creando un’atmosfera di accettazione incondizionata e di sostegno e offrendo una visione del mondo tale da promettere una soluzione a tutti i problemi esistenziali: la speranza nel futuro, basata su dedizione e fede, è una delle componenti vitali di tutte le terapie psicologiche; i pazienti devono accettare un presunto sistema che spiega implicitamente il modo per farli star bene. Partendo da questa constatazione si capisce meglio perché alcuni movimenti religiosi alternativi ricorrono a metodi di conversione mediante sotterfugi, in che senso? Come fa notare la Barker, « alcuni movimenti mentono su ciò che sono, o sulla quantità di impegno e/o denaro che sperano di ottenere dai loro membri. ... I convertiti a volte sono attirati da un movimento senza conoscere la “traduzione” pratica di alcuni dei suoi dogmi. Chi fa proseliti, ad esempio, a volte pone l’accento sull’amore o sull’importanza di servire Dio, senza dire in che modo bisogna esprimere l’amore, o in che modo Dio debba essere servito nel modo migliore: è possibile che 1’ “amore” venga inteso in termini puramente sessuali, o che il “servizio” a Dio implichi l’uso della violenza contro coloro che credono in un Dio diverso ».

Il potenziale affiliato viene introdotto da membri del movimento in un complesso di convinzioni generiche che servono da ponte per il suo successivo coinvolgimento in un dogma specifico del gruppo; in effetti la persona si trova affiliata prima di aver preso coscienza della vera identità del gruppo, eppure durante tutto il processo di conversione è pienamente consapevole e capace di fare domande a piacimento. L’introduzione alle credenze del gruppo viene attuata per sotterfugi: l’individuo viene avvicinato — in casa, per strada, sul luogo di lavoro, a scuola... — da sconosciuti che lo impegnano in una discussione su una gamma di problemi generali del mondo e poi lo si invita a proseguire la conversazione (in casa propria o nella sede del gruppo). Ecco perché si può affermare che, « una volta che alcune persone hanno aderito ad un movimento sulla base di informazioni false, è più probabile che rimangano, perché sono cadute vittime di ulteriori influenze; ad esempio possono aver stretto forti legami emotivi con membri del movimento durante il “tempo supplementare” che questo ha ottenuto mediante l’inganno ». Per giunta, se il potenziale convertito è in uno stato mentale alterato, è molto vulnerabile; il malessere che prova lo predispone ad accettare l’offerta di una soluzione universalista proposta dal movimento religioso alternativo e gradualmente viene attirato in un sistema di fede che offre un senso di certezza e una indispensabile dose di speranza e di impegno.* *I divulgatori di ideologie impopolari sono addestrati a rivelare solo ciò che è ritenuto «opportuno », durante il reclutamento. A titolo esemplificativo si noti quanto asserisce una fonte geovista: « Col passar del tempo può esser meglio non rispondere a tutte le domande fatte in uno studio biblico, ma risparmiarne certune che saranno trattate nel vostro ulteriore materiale di studio » (Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1971, pag. 94).

In altre parole, quando si cerca di capire perché una persona ha aderito a un movimento religioso alternativo, bisogna prendere in considerazione non solo il movimento in sé, ma anche la personalità del convertito, cioè le sue speranze, paure, aspettative ed esperienze trascorse. In definitiva, se il tempo, la gente e il luogo sono quelli « giusti », qualsiasi movimento potrà attirare l’attenzione di questo tipo di persona. A questo proposito sono molto interessanti alcuni studi sull’obbedienza all’autorità: Stanley Milgram ha dimostrato che in determinati ambienti le persone possono essere facilmente indotte da una figura investita di autorità a eseguire azioni che contrastano con i loro valori consueti, fino anche a far soffrire degli innocenti. Milgram sollecitò volontari a sottoporsi a esperimenti, in realtà simulati, che vennero eseguiti in un laboratorio di psicologia apparentemente legittimo. Il volontario fu istruito dal « ricercatore » a tentare di condizionare un secondo soggetto, rappresentato da un attore, somministrandogli scosse elettriche in una ricerca sull’apprendimento. Via via che l’esperimento andava avanti, esso prevedeva che il volontario somministrasse scosse elettriche sempre più forti al soggetto che imparava — il volontario non sapeva che le scosse erano simulate. I più inflissero scosse senza domandarsi se fosse giusto farlo, anche quando sembrava evidente che causassero notevole dolore ai soggetti. Erano persone comuni, eppure seguirono le regole stabilite dall’autorità dello sperimentatore senza essere frenati dai valori che presumibilmente possedevano. Il falso esperimento di Milgram illustrò fino a che punto gli individui aderiscono all’autorità quando si presume che il suo ruolo nella gestione di una situazione sia incontestabile.* *Galanter, op. cit., pag. 227

Nel caso dei giovani, molteplici possono essere le ragioni dell’affiliazione a un movimento religioso alternativo. La mancanza di stabilità in famiglia e di educazione in campo morale induce molti giovani ad aggregarsi a un gruppo alla ricerca di un senso di appartenenza. Alcuni si affiliano per identificarsi con valori che percepivano come ammirevoli nei propri genitori; altri assumono all’inizio una posizione di contrasto: in principio si manifestano l’autonomia e la ribellione chiassosa proprie dell’adolescenza, ma alla fine il celato bisogno di dipendenza, contro il quale i giovani si battono in questa fase della vita, si manifesta nell’attrazione per le pretese totalitarie del movimento religioso alternativo.

Coscienza alterata Le persone sono più vulnerabili all’influenza sociale quando sono indotte a pensare e a sentire diversamente dal solito, quando qualcuno o qualcosa distrugge il loro equilibrio emozionale. Tali cambiamenti nell’esperienza soggettiva (o alterazioni della coscienza ) possono danneggiare la matrice psicologica in cui sono radicate le idee di un individuo fino a fargli perdere ogni traccia degli abituali indicatori interiori; siffatti cambiamenti possono pure introdurre un sentimento di mistero, la sensazione che stiano operando forze al di là del suo controllo. Così può essere spinto ad accettare spiegazioni insolite per le sue esperienze e ad adottare nuovi atteggiamenti impliciti in quelle spiegazioni: la sua mente, influenzata dalle azioni e dalle parole degli altri, comprenderà le cose in modo diverso. Sotto quest’aspetto la coscienza alterata può contribuire a modellare gli atteggiamenti degli adepti dei movimenti religiosi alternativi. Come la coesione di gruppo e la fede condivisa, la coscienza alterata agisce da veicolo per la trasformazione di identità e per l’impegno che spinge delle persone ad aderire a un movimento religioso alternativo. Quali specifici aspetti di percezione si modificano nello stato di coscienza alterata? Galanter spiega: Possiamo considerare la coscienza come se fosse uno spazio multidimensionale, in cui ogni dimensione rappresenti qualche aspetto di percezione o sensazione. Stati alterati diversi possono essere poi definiti in rapporto alle dimensioni alterate... come senso del tempo, identità personale, stimoli di appetito e percezione visiva. Ogni dimensione contribuisce alla totalità dello stato di coscienza di una persona e consente di tracciare un quadro di somiglianze e differenze fra uno stato alterato e l’altro. Quando è alterato dall’esperienza di un gruppo carismatico, ognuno può servire da punto di partenza per l’attribuzione di un nuovo significato alla propria esperienza.

APPROFONDIMENTI

Condizionamento mentale Giunti a questo punto, consapevoli di trovarci di fronte a un problema che travalica i limiti della semplice curiosità, passiamo all’esame di un caso concreto per verificare le generalizzazioni finora espresse. Anni or sono, al termine di un’approfondita analisi del movimento dei Testimoni di Geova, una ricercatrice fece la seguente riflessione: « Resta la sensazione di aver toccato con mano il più rilevante esempio di coercizione psicologica e di manipolazione di massa che il protestantesimo statunitense sia riuscito a partorire nel corso della sua storia e la pressante domanda su come tutto ciò possa aver avuto luogo » * * Miriam Castiglione, I Testimoni di Geova: ideologia religiosa e consenso sociale, Claudiana 1981, pag. 65. Prima di affrontare il perché ciò abbia avuto luogo, è appropriato esaminarne il come. Non è inopportuno sottolineare come il rispetto dei Testimoni di Geova nei confronti della ideologia del Movimento sia, per l’appunto, un rispetto pedissequo nei confronti di ciò in cui l’Organizzazione vuole che essi credano, non in ciò che essi personalmente credono. Non è un gioco di parole, è semplicemente la constatazione di uno stato di fatto. Fino al 1985 l’organo ufficiale del Geovismo, il quindicinale La Torre di Guardia, non era pubblicato simultaneamente in tutte le lingue;* non lo è tuttora, ma da quell’anno in poi la citata rivista stampa simultaneamente le proprie edizioni nelle principali lingue occidentali, fra le quali l’italiano. *Nel senso che l’edizione in lingua inglese dei periodici geovisti precedeva, per contenuto, quelle stampate in altre lingue, sicché — per esempio — l’edizione inglese del 15 febbraio 1956 non trattava gli stessi argomenti dell’edizione italiana recante la stessa data in copertina

Sicché, quando l’Organizzazione geovista modificava le proprie direttive, la novità appariva dapprima nell’edizione inglese della rivista, mentre in italiano si doveva attendere qualche mese; per esempio, la disposizione che per un certo tempo ammorbidì le regole relative alla disassociazione (termine con il quale in gergo geovista si definisce l’espulsione), apparve inizialmente sulla Watchtower (titolo inglese dell’organo ufficiale geovista) del 1° agosto 1974 e poi su La Torre di Guardia del 15 gennaio 1975 in italiano. Cosa si verificò in quelle circostanze?

Conoscendo la lingua inglese e ricevendo l’edizione in quella lingua della rivista, un « anziano » * *”Anziano” è la qualifica attribuita al Testimone di Geova che dirige una comunità geovista,o Congregazione;in una congregazione le direttive amministrative e pastorali competono a un “corpo di Anziani”, tenuti ad un rigoroso ,pedissequo,rispetto delle regole vigenti nell’Organizzazione.

lesse con cinque mesi di anticipo le informazioni sul nuovo atteggiamento da mostrare nei confronti dei disassociati, per intenderci l’atteggiamento « morbido » che caratterizzò gli anni dell’appartenenza di Raymond Franz al Corpo Direttivo. * * Raymond Victor Franz, dopo una vita trascorsa nel movimento geovista percorrendo tutte le tappe della carriera gerarchica, è stato membro del Corpo Direttivo tra il 1971 e il 1980 prima di abbandonare il movimento per motivi di coscienza. il Corpo Direttivo è un organo collegiale, residente a Brooklyn, e rappresenta il supremo consesso dottrinale ed amministrativo del movimento geovista: a quest’organo compete ogni decisione di tipo legislativo, giudiziario ed esecutivo. È interessante al riguardo un paragrafo di La Torre di Guardia del 1 dicembre 1993 nel quale vengono, forse per la prima volta, illustrati, senza mezzi termini, la gerarchia della Torre di Guardia e i rapporti che esistono fra le sue varie strutture. Al paragrafo 12 essa scrive: « in ogni congregazione cristiana, tutti, inclusi i servitori di ministero, devono dar prova di sottomissione agli anziani. E non è forse vero che gli anziani sono sottomessi alla classe dello schiavo fedele, rappresentata in particolare dal sorvegliante di circoscrizione? Da parte sua il sorvegliante di circoscrizione dev’essere sottomesso al sorvegliante di distretto, e il sorvegliante di distretto al Comitato di Filiale del paese in cui presta servizio. Che dire dei membri del Comitato di Filiale? Devono essere “sottomessi gli uni agli altri” e anche al Corpo Direttivo, il quale rappresenta la classe dello “schiavo fedele e discreto”, che a sua volta deve rendere conto a Gesù, il Re intronizzato ». Qui, però, c’è l’inghippo. Mentre è chiaro in che modo le precedenti sottomissioni hanno luogo, cioè mediante la rigida osservanza delle norme e regole imposte nella scala gerarchica, del tutto diverso è il modo in cui il Corpo Direttivo ubbidisce. Si noti, innanzitutto, che è detto che « come in qualunque corpo di anziani, ciascun membro del Corpo Direttivo deve rispettare i punti di vista degli altri. Per esempio uno potrebbe pensare di avere una buona idea. Ma a meno che un sufficiente numero di membri non sia d’accordo con la sua proposta, egli deve semplicemente accantonarla ». In termini sibillini è spiegato il meccanismo con il quale il Corpo Direttivo riceve da Dio le « rivelazioni ». Esse sono frutto dell’accordo di « un sufficiente numero di membri », il che vuol dire, come spiega Raymond Franz, che di quel consesso fece parte per nove anni, « una maggioranza dei due terzi dei membri attivi » (Crisi di coscienza, cit., pagg. 150-151). Ecco quindi che la « volontà di Geova » viene rivelata non con il sistema « teocratico », ma con un comune e banale sistema democratico a maggioranza relativa! Così, mentre tutta la struttura è tenuta al rispetto dell’ordine teocratico, proprio al vertice la norma viene sovvertita e si passa a criteri democratici.

Questo « anziano » ne fece immediatamente partecipi gli altri « anziani » della congregazione in cui serviva ed altri ancora della circoscrizione.* * La circoscrizione è l’ambito territoriale che riunisce una ventina di congregazioni, mentre più circoscrizioni formano un distretto.

In generale la reazione della maggioranza fu di freddezza e di diffidenza, non di sollievo, nell’apprendere che si poteva mostrare più misericordia alle persone espulse. Anzi alcuni obiettarono dicendo che fin tanto che le nuove informazioni non fossero apparse nell’edizione italiana della rivista, ci si sarebbe dovuti attenere strettamente a quelle che « ci aveva fornito l’Organizzazione », perché « se l’Organizzazione volesse che anche noi in Italia seguiamo la nuova direttiva, ce lo avrebbe fatto sapere insieme ai nostri fratelli di lingua inglese, e poiché non lo ha fatto ciò significa che dobbiamo continuare così ». Non solo, ma fu intimato a quell’ « anziano » di non farne parola con nessuno perché altrimenti si sarebbe creata confusione nella mente dei Testimoni ignari. In un’altra circostanza, quando l’Organizzazione geovista mutò la sua direttiva circa la liceità dei trapianti d’organo, la novità apparve dapprima nell’edizione inglese della rivista del 15 marzo 1980, mentre in italiano si dovette attendere sino al 1° settembre di quello stesso anno. Dopo aver letto la nuova disposizione nell’edizione inglese della rivista, lo stesso «anziano ne parlò al termine di un’adunanza di congregazione, ma la notizia suscitò una certa perplessità e, ancora una volta, diffidenza, poiché riusciva difficile credere che da un momento all’altro, dopo dodici anni di assoluto divieto, si potesse d’un tratto cambiare ogni cosa. Alcuni, addirittura, ipotizzarono che l’informatore non avesse tradotto bene dall’inglese e, ancora una volta, l’atteggiamento della maggioranza fu: «Anche se adesso le cose sono cambiate, è meglio che aspettiamo che sia l’Organizzazione a dircelo tramite la filiale, e non tu ». Cosa significa tutto questo? La risposta è semplice: i Testimoni di Geova non hanno nessuna autonomia di scelta, non è per niente vero che è « la loro coscienza che li spinge a non adempiere in alcun modo tale obbligo »,* * Dichiarazione dell’avv. R. Lorenzini, Testimone di Geova, alla conferenza stampa tenuta il 15 febbraio 1990 in un albergo romano, sul tema « Intolleranza religiosa alle soglie del duemila

bensì è la norma statuita dall’Organizzazione. Se fosse in base alla loro coscienza che i Testimoni di Geova assumono le decisioni, sarebbe logico attendersi da ciascuno di loro atteggiamenti e risposte non sempre coincidenti con quelli degli altri; se fosse vero che ai Testimoni di Geova è lasciata la massima libertà di coscienza nelle scelte, non sarebbero immediatamente disassociati in caso di decisioni non conformi alle direttive dell’Organizzazione; avremmo insomma, pur nel rispetto degli orientamenti generali, una risposta variegata alle istanze coscienziali. Tutto ciò, invece, non accade. Avviene proprio il contrario, cioè che tutti rispondono a determinate situazioni esattamente nella stessa maniera, ma, non appena la norma cambia, gli stessi tutti repentinamente cambiano seguendo la nuova direttiva. Fino al mese di agosto 1980 tutti i Testimoni italiani (fino al mese di febbraio, quelli di lingua inglese) nutrivano un’invincibile ripugnanza per qualunque trapianto d’organo; dal mese di settembre in poi (dal marzo, gli anglofoni) tale ripugnanza improvvisamente cessò, a tal

punto che il già citato avvocato Lorenzini, poté vantarsi del fatto che (nel 1986) « il primo trapianto di cuore effettuato su un bambino in Italia è quello relativo a M. C., figlia di Testimoni di Geova ». Ecco, quindi, che la mancanza di autodeterminazione avrebbe potuto causare il seguente paradosso: nell’ipotesi che due Testimoni di Geova, uno di lingua italiana e uno di lingua inglese, avessero avuto contemporaneamente bisogno di un trapianto di cuore a giugno del 1980, il primo non avrebbe potuto accettarlo e sarebbe morto, perché la norma a quel tempo vigente in Italia era contraria ai trapianti, il secondo l’avrebbe accettato perché guidato dalla nuova norma già vigente nelle nazioni di lingua inglese e avrebbe avuto salva la vita. Se, contrariamente a quanto asseriscono i vertici del Geovismo, la norma per entrambi fosse stata solo la Sacra Scrittura e la loro coscienza, entrambi avrebbero fatto la stessa scelta di vita perché, proprio come dice La Torre di Guardia del l settembre 1980: « Non c’è alcun comando biblico che vieti specificamente di introdurre nel proprio corpo tessuti di un’altra persona ». Quindi, non libera espressione della propria, individuale, coscienza, ma acritica osservanza di norme e direttive « aliunde » che non possono che essere accettate, pena l’intervento di sanzioni di varia natura e intensità. Questo ci induce a porci la domanda che avevamo posposto, cioè quella relativa al perché tutto ciò ha avuto luogo. Gli affiliati ai movimenti religiosi alternativi vivono in un ghetto culturale, attorno al quale il movimento erige un « cordone sanitario » invalicabile per impedire che le informazioni del cosiddetto « mondo » possano penetrare nella mente dei singoli adepti. Questo fa sì che questi ultimi credano (e difendano a spada tratta) in concetti, idee e postulati « scientifici » che sono stati banditi dalla società civile e dal mondo accademico già da secoli o che fanno parte dell’archeologia culturale del mondo contemporaneo. Uno degli strumenti più spesso impiegati per costringere a questa tremenda forma di « lobotomia culturale » è la paura. Naturalmente, non la paura del dolore fisico, ma quella della disapprovazione del movimento, dell’ostracismo, della perdita dei « privilegi ». Per illustrare, l’edizione dell’8 febbraio 1979 del quindicinale geovista Svegliatevi! conteneva un articolo intitolato « Altri ragionano per te? » e metteva in guardia i Testimoni di Geova dal farsi influenzare dalle idee e dai ragionamenti degli altri (naturalmente gli « altri » che non appartengano al Movimento): L’educazione ti insegna a pensare. La propaganda ti dice cosa pensare. I veri educatori presentano ogni lato della questione e incoraggiano la discussione. I propagandisti ti bombardano con le loro trovate e scoraggiano la discussione. Molte volte i loro veri motivi sono nascosti. Essi vagliano i fatti, dicono quelli favorevoli e nascondono gli altri. Alterano e travisano la realtà, si specializzano in menzogne e mezze verità... Tirannia dell’autorità, schemi, ingiurie, calunnie, insulti, offese personali: si ricorre a tutte queste tattiche per assalire e conquistare la tua mente. Valide prove, ragionamento, logica? Nemici mortali del propagandista! Egli perciò cerca di soffocare la ragione e stimolare la passione.

Dopo aver preparato la mente del lettore a diffidare di tutti e di tutto, l’articolo passava al punto in questione: credere o no all’evoluzione? Dopo molte argomentazioni finalizzate alla dimostrazione dell’inconsistenza delle teorie evolutive, l’articolo si avviava alla conclusione con queste parole: L’evoluzione è una filosofia, ma travestita da scienza. Ripone fede nel « caso » come se fosse il creatore dei milioni di progetti significativi e complicati insiti nelle cose viventi. Ciò richiama alla mente certuni che nell’antichità misero da parte Geova e divennero « quelli che mettono in ordine una tavola per il dio della Buona Fortuna e quelli che riempiono il vino mischiato per il dio del Destino ». C’è una sfacciata incoerenza nel pensiero degli scienziati evoluzionisti. Non è difficile comprendere l’implicito messaggio trasmesso da queste parole: credere nell’evoluzione significa schierarsi con gli scienziati evoluzionisti, mettere da parte Dio, e addirittura far parte di coloro che adorano alcune divinità pagane! Chi, fra i Testimoni di Geova, potrebbe mai permettersi il lusso di continuare a credere nell’evoluzione davanti a una prospettiva del genere? Un altro numero della stessa pubblicazione, poi, ipotizzava addirittura che si possa essere sottoposti, senza accorgersene, a un « lavaggio del cervello ». Ed ecco « come proteggervi da tale subdola propaganda 1. Abbiate forti convinzioni: come abbiamo detto, l’individuo più soggetto a lavaggio del cervello è quello che si lascia influenzare facilmente. Non accettate un’idea solo perché l’accettano i vostri amici. Accertatevi che le opinioni che adottate siano conformi alla verità. Il miglior modo per accertarsene è di paragonarle con l’ispirata Parola di Dio, che in definitiva è la « verità ». — Gv 17,17; 2 Tm 3,16. 2. Scoprite la ragione: Molte volte accettiamo involontariamente modi di pensare senza sapere cosa c’è dietro. Per esempio, la gente della vostra comunità può avere un’idea negativa di certe razze o di certi gruppi etnici. Ma perché? Se la ragione non vi convince, perché adottare quel punto di vista? 3. Resistete ai pensieri errati: Una spugna asciutta immersa in un liquido ne assorbe parecchio. Anche dopo essere stata strizzata diverse volte, un po’ di liquido ci rimane. Per quanto riguarda la nostra mente, è difficile non vedere, non udire o non trovarsi a contatto in altri modi con pensieri errati. Ma dobbiamo imbeverne la nostra mente? Se lo facessimo i nostri giudizi e le nostre azioni ne sarebbero influenzati negativamente. Quanto è meglio resistere ai pensieri errati e meditare su cose edificanti! — Ef 5,3-5. 4. Parlate in difesa di ciò che sapete esser giusto: Questo vi darà l’opportunità di mettere alla prova quello che credete e di far penetrare più fermamente la verità nella vostra vita. Se dopo attento esame vi convincete che una cosa è vera, non vi lasciate turbare dagli schemi. 5. Vivete la verità: Non cercate scuse per venir meno a ciò che sapete esser giusto. Ricordate, se una cosa è giusta, risulterà per il vostro bene. Non vi ingannate pensando che vi private di una qualcosa o che siete troppo limitati per il fatto che vi conformate a ciò che è giusto.*

* Svegliatevi! 22 maggio 198O, pagg. 13-14.

Non v’è dubbio che suggerimenti del genere sono saggi e giusti. Ma, e questo è il problema principale per i Testimoni di Geova, essi vanno applicati esclusivamente quando si tratta di questioni esterne all’Organizzazione. Nei confronti d’esse il metodo qui esemplificato dev’essere immancabilmente applicato. Invece, se si tratta dell’Organizzazione che cerca di convincerci oltre la nostra ragione, se è l’Organizzazione che vuole che accettiamo una determinata idea nonostante noi non la recepiamo come ragionevole, in tal caso qual è il consiglio da seguire? Non più quello esposto nella rivista citata in precedenza, ma un altro:

Eppure ci sono alcuni che, additando il fatto che l’organizzazione ha dovuto fare certi aggiustamenti, ragionano: « Questo dimostra che dobbiamo decidere da noi stessi cosa credere ». Questo è un modo di pensare indipendente. Perché è così pericoloso? Questo modo di pensare è indice di orgoglio. E la Bibbia dice che « l’orgoglio è prima del crollo, e lo spirito superbo prima dell’inciampo », (Proverbi 16:18). Se pensiamo di saperne più dell’organizzazione, chiediamoci: « Dov’è che per la prima volta abbiamo imparato la verità biblica? Conosceremmo la via della verità se non fosse stato per la guida dell’organizzazione? Possiamo realmente andare avanti senza la guida dell’organizzazione di Dio? ». No, non possiamo! * *La Torre di Guardia del 1 luglio 1983, pag. 27

Quanto differente è il contenuto di questa dichiarazione rispetto a quella che abbiamo esaminato poc’anzi! Mentre prima si veniva esortati a mettere alla prova ciò che è insegnato e a non seguire le idee degli altri solo perché ci sono amici, ora invece viene detto che sarebbe veramente grave se non facessimo proprio questo. Non dobbiamo decidere da noi cosa credere, dobbiamo credere ciò che crede e insegna l’Organizzazione. Questa doppia morale emerge chiaramente dal confronto fra due pubblicazioni geoviste: Svegliatevi! del 22 marzo 1985 e La Torre di Guardia del 15 marzo 1986. Nella prima, a pag. 3 è scritto: Una mente aperta è quella che non è impastoiata dal pregiudizio, che è così definito da un dizionario: « Opinione concepita prima di avere esatta conoscenza dei fatti, o anche accettata senza critica dalla tradizione comune, capace pertanto di ostacolare il retto giudizio intorno a qualche cosa ». Una parte essenziale della vita è quella di prendere decisioni o formulare giudizi. Ma chi prende decisioni e formula giudizi « prima di avere esatta conoscenza dei fatti » rivela una mente ristretta. Essere di mente aperta invece significa essere pronti ad accettare nuove informazioni e idee. Significa essere disposti a esaminare e a valutare le informazioni senza preconcetti... Una mente ristretta può essere indice di mancanza di conoscenza. Potremmo sapere così poco su un soggetto, o avere informazioni così distorte e incomplete, da non avere i fatti necessari per trarre giuste conclusioni... Una mente ristretta.., potrebbe addirittura essere un segno di incertezza o di dubbio. Per esempio, se non siamo in grado di difendere le nostre idee religiose saremo forse portati a scagliarci contro chi mette in dubbio le nostre credenze, ma non con argomenti logici bensì con insulti e insinuazioni. Questo sa di pregiudizio e di mente ristretta.

È incredibile come la stessa Organizzazione, che dà questo tipo di informazioni quando si rivolge agli estranei al gruppo, possa cambiare rotta a 180 gradi quando parla ai propri aderenti. Ecco il linguaggio della seconda rivista citata: Per esempio, cosa fareste se trovaste nella cassetta della posta una lettera o qualche pubblicazione e, aprendola, vi accorgeste subito che proviene da un apostata? La curiosità vi spingerebbe a leggerla, tanto per vedere cosa dice? Potreste anche pensare: « Non mi influenzerà; sono troppo forte nella verità. E poi, se abbiamo la verità, non abbiamo nulla da temere. La verità supererà la prova ». Facendo questo ragionamento, alcuni hanno nutrito la loro mente con pensieri apostati e sono caduti in balia di seri dubbi e interrogativi... Vi dimostrate saggi distruggendo il materiale apostata?

Avete notato? Nella Svegliatevi! si stigmatizza chi, pensando di non saper difendere la propria religione, mette in dubbio le credenze degli altri non in base alla logica ma al pregiudizio, mentre in La Torre di Guardia anche chi è fortemente convinto della propria fede deve, senza fare alcun tentativo di esaminare le idee degli altri, « distruggerle ».- A che serve tutto questo, a quali risultati porta? Un esperto in problemi di salute spiega:* L’essenza del controllo mentale è che esso incoraggia la dipendenza ed il conformismo, mentre scoraggia l’autonomia e l’individualismo... [esso] cerca di indebolire la capacità dell’individuo di prendere da solo le sue decisioni. Nei culti totalitari, la seconda grande componente del controllo mentale, prevede un tale indottrinamento dei membri al punto che essi interiorizzano la dottrina del gruppo, fanno proprio un nuovo linguaggio, e adottano tecniche di blocco del pensiero per tenere la loro mente sotto controllo. Nei culti totalitari, l’ideologia è interiorizzata, divenendo « la verità », la sola mappa della realtà. La dottrina non solo serve a filtrare le informazioni ma regola anche il modo in cui le informazioni devono essere assimilate. Normalmente, la dottrina è assolutista, e divide tutto in « bianco e nero », o in « noi e gli altri ». Tutto ciò che è buono appartiene al gruppo. Tutto ciò che è cattivo è esterno ad esso. I gruppi più assolutistici asseriscono inoltre che le loro dottrine hanno una base scientifica e che in base a tale dottrina sono in grado di far fronte a ogni problema e a ogni situazione. Il singolo membro non ha bisogno di pensare perché la dottrina pensa per lui... Un altro aspetto fondamentale del controllo mentale consiste nell’addestrare i singoli membri del gruppo a bloccare ogni informazione che è critica nei confronti del gruppo stesso. Vengono infranti i suoi meccanismi di difesa cosicché egli adesso difenderà la sua nuova identità settaria contro la sua precedente identità. La prima linea di difesa è la negazione (« Ciò che tu dici non esiste proprio »), la razionalizzazione (« Se ciò avviene è per un’ottima ragione »)... Se l’appartenente al gruppo percepisce che le informazioni che gli pervengono sono un attacco al capo, alla dottrina, o al gruppo, egli subito si pone sulla difensiva. Egli viene infatti addestrato a non credere nelle critiche, da qualsiasi parte provengano. Già in anticipo è stato preparato, gli è stato pure detto che tutte le critiche « sono menzogne che Satana pone nelle menti degli uomini », o « le menzogne che il mondo stampa nei mezzi di informazione tendono a screditarci, poiché essi sanno che noi siamo contro di loro ». Paradossalmente, il fatto che il gruppo sia oggetto di forti critiche conferma sempre di più i suoi membri nella convinzione di essere nel giusto. *Steven Hassan, Combatting Cult Mind control1, Rochester 1988.

Le tecniche di controllo mentale illustrate da Hassan sono esattamente quelle che abbiamo visto all’opera nel caso dei Testimoni di Geova. Questo ci consente, quindi, di rispondere alla domanda iniziale relativa al perché i Testimoni di Geova reagiscono in un certo modo quando, pur di fronte a innegabili evidenze, essi preferiscono assumere atteggiamenti incomprensibili alle persone «normali», come nella circostanza in cui rifiutano le trasfusioni di sangue che salverebbero loro la vita e accettano invece di prendere il sangue di 2.500 donatori, contenuto in una sola dose di fattore VIII antiemofiliaco per fermare un’emorragia. Abbiamo evidenziato che gli appartenenti a questo movimento religioso alternativo vengono sottoposti, sin dal primo momento della loro adesione, ad un metodico e sistematico controllo mentale. Non al cosiddetto « lavaggio del cervello », che è tutt’altra cosa e che prevede pure il ricorso a determinati farmaci, ma ad una tecnica estremamente efficace, già descritta nel notissimo romanzo 1984 di George Orwell e che consiste nel far credere agli altri che le scelte e le decisioni che essi prendono siano del tutto autonome, pur non essendolo affatto. Questa convinzione farà sì che il singolo individuo difenderà con tutte le forze le « proprie » scelte perché ritiene che il non farlo sarebbe una lesione del diritto all’autodeterminazione, e questa è la beffa peggiore.

Raymond Franz,* *R. V. Franz, Crisi di coscienza, cit., pagg. 412-413 nel riferire le parole di un sorvegliante di distretto agli « anziani » di una circoscrizione, narra che questi « prese una pubblicazione della Società che aveva la copertina verde e disse all’uditorio di anziani: “Se la Società mi dicesse che questo libro è nero invece che verde, io direi: Guarda un po’, avrei giurato che fosse verde, ma, se la Società dice che è nero, allora è nero e basta!” ». Queste parole riecheggiano sinistramente quelle che troviamo nel libro di Orwell, dal quale riprendiamo la seguente conversazione: « Ricordi d’aver scritto nel tuo diario che la libertà è la libertà di dire che due più due fanno quattro? ». « Sì » disse Winston. O’Brien sollevò la mano sinistra, rivolgendone il dorso a Winston con il pollice nascosto e le altre quattro dita tese. « Quante dita tengo su, Winston? ». « Quattro ». «E se il Partito dice che non sono quattro, ma sono cinque... be’ quante dita sono? ». « Quattro ». La parola terminò in un urlo di dolore... « Quante dita, Winston », « Quattro. Credo davvero che siano quattro. Vorrei poterne vedere cinque, se potessi. Sto cercando di vederne cinque ». « Cosa preferisci: persuadere me che ne vedi cinque, o vederne sul serio cinque? »... « Poco fa io ho teso le dita della mia mano verso di te. E tu hai veduto cinque dita, ricordi? » « Sì ». O’Brien tese le dita della mano sinistra, tenendo nascosto il pollice. « Ci sono cinque dita. Vedi cinque dita?» « Sì » E le vide, infatti, per un attimo, prima che mutasse la scena che si presentava in quel punto alla sua mente. Vedeva cinque dita e non c’era nessuna deformazione. *George Orwell, 1984, Milano, 1989, pagg. 277-286

Alla fine il povero Winston aveva veramente visto cinque dita, pur essendogliene presentate solo quattro. La sua mente aveva accettato il concetto che, più dei suoi sensi, aveva ragione il Partito, esattamente come gli « anziani » di cui parla Franz: sebbene vedessero una copertina verde, essi credevano che fosse nera, perché così diceva la Società. E pensare che, qualche anno fa, era stata proprio La Torre di Guardia a stigmatizzare questo modo di agire come spregevole. Un trafiletto di La Torre di Guardia del l settembre 1963, intitolato « Ubbidienza cieca », così diceva: «Il sacerdote cattolico James J. Navagh, vescovo della Diocesi di Ogdensburg, a New York, disse ai delegati del 67° congresso annuale di stato dei Cavalieri di Colombo che i cattolici dovrebbero ubbidire agli ordini della chiesa senza fare domande. Citando uno studioso cattolico, egli disse: “Se voi credete che una cosa sia bianca e la chiesa dice che è nera, credete che sia nera” » Questa è l’amara realtà, non solo del « popolo di Geova », ma di tanti altri movimenti religiosi alternativi: un sistema fondato sulla « coercizione » può disintegrare delle personalità adulte a un punto tale che, in ragione della sola angoscia, esse possono fermamente credere vero quello che, invece, riconoscerebbero per falso, se l’angoscia permettesse loro di giudicare liberamente.

CAPITOLO SECONDO COME SI VIVE IN UN MOVIMENTO RELIGIOSO ALTERNATIVO?

Finora abbiamo considerato il potere che le forze psicologiche esercitano all’interno dei movimenti religiosi alternativi nel plasmare atteggiamenti e comportamenti degli adepti. La tendenza ad aggregarsi a gruppi sociali è evidente nelle culture più diverse e nasce dai vantaggi che un gruppo offre nel soddisfare i bisogni giornalieri e nel lottare contro le avversità. L’attrazione per movimenti religiosi alternativi molto compatti è tale da indurre gli adepti ad esporsi a molti rischi per fedeltà al gruppo: compiere lunghi periodi di duro lavoro non retribuito, esporsi al pubblico ludibrio, rinunciare a una gravidanza, rifiutare allettanti offerte di lavoro e trascurare la possibilità di farsi un’istruzione superiore, evasione dalla realtà.* *Un tipo di evasione dalla realtà è rappresentato dalla « sindrome di Peter Pan »: « In questo caso i convertiti sembrano ritornare allo stato emotivo di un’infanzia in cui genitori severi, ma affettuosi, dicono loro cosa devono fare e prendono tutte le decisioni importanti. A volte questi convertiti lavorano molto per il movimento, ma non hanno responsabilità. I genitori hanno riferito che in tali casi la loro preoccupazione non è che i loro figli stanno male, ma che sono felici e beati, senza alcun pensiero per il futuro. Anzi certi convertiti non credono che ci sia un domani, o comunque i loro pensieri non si spingono fino al 2000. A volte aspettano sereni l’imminente fine del mondo o il loro estatico futuro in un’altra vita » (E. Barker, op. cit., pag. 137; corsivo nostro). A riprova delle osservazioni appena citate, si noti come il risultato di questa stressante attesa e della estraneazione dalla realtà sia ben tipificato dall’intervista fatta a Samuel, quindicenne Testimone di Geova francese, il quale « crede che ci sarà un cambiamento completo: Per il 2000 vedo un mondo trasformato in un bel paradiso! Ma non credo che l’attuale mondo o i suoi governanti vedranno quel giorno ... viviamo negli ultimi giorni del sistema di cose » (Svegliatevi! dell’8/11/1986, pagg. 7-8). Dopo aver riferito interviste di contenuto simile a quella di Samuel, gli Editori geovisti di Svegliatevi! commentano con soddisfatta approvazione: « Perché gli ultimi ragazzi intervistati sono cosi sicuri che nel prossimo futuro ci saranno giovevoli cambiamenti?...... Un attento esame delle profezie bibliche ha rivelato a questi giovani Testimoni che ora viviamo in un periodo privilegiato della storia, nel tempo in cui Dio interverrà negli affari umani ed eliminerà l’ingiustizia da tutta la terra. Le Scritture chiamano questo breve periodo che precede l’intervento di Dio “tempo della fine” e precisano che non durerà più di una “generazione”» (ibidem, pagg. 15-16).

Chi entra a far parte di un movimento religioso alternativo rinuncia alla possibilità di prendere decisioni autonome e aderisce alle norme del gruppo, cosa che potrebbe contrastare con i suoi bisogni di adattamento. Far risalire la responsabilità di una cosa a certe categorie di persone (i vertici del movimento) invece che agli individui è uno degli espedienti più tipici ed efficaci di un regime totalitario, in primo luogo per costringere l’individuo a sottomettersi completamente, e in secondo luogo per « distruggerlo » come soggetto dotato di autonomia individuale. Allora quale meccanismo psicologico fa scattare la tendenza all’affiliazione? Quando le persone si fanno coinvolgere in un movimento religioso alternativo, si realizza un rapporto inverso fra i loro sentimenti di disturbo emozionale e il grado di affiliazione al gruppo. La capacità d’impegno individuale verso il gruppo è mediata dal sollievo da disturbi nevrotici, un sollievo che i proseliti provano con l’affiliazione e con la costante appartenenza al gruppo; più vi si sentono legati, meno angoscia provano. Al contrario, se si distaccano un po dal gruppo, essi vengono indotti a tornarvi a motivo dell’aumentata angoscia che avvertono. Un adepto diventa simile a una cavia di un esperimento di condizionamento: * Può essere spinto ad adottare un modello di comportamento se in principio viene ricompensato ogni qualvolta agisca in un modo particolare. Constatando che, quando si sente legato al gruppo, la sua angoscia sparisce, tenderà a mantenere stretti contatti, e il sentimento d’intimità con il gruppo diventerà fonte di rafforzamento operante. Tale abitudine può svilupparsi senza che l’individuo ne sia consapevole. Analogamente la ripetuta disforia associata a sentimenti di disaffezione induce i membri a evitare l’allontanamento dal gruppo; è un rafforzatore negativo per rimanere uniti... Il neofita, il prodotto di un processo di rafforzamento, continuerà il modello di intimità anche se le ricompense vengono date solo sporadicamente. L’effetto sollievo serve, quindi, a rafforzare un costante impegno di gruppo... L’effetto sollievo è mediato dagli atteggiamenti affiliativi di coesione sociale e di dottrine condivise — cioè, da mezzi sociali e cognitivi. *M. Galanter, op. cit., pag. 137. 40 - 41

In sostanza, come abbiamo già discusso nel capitolo precedente, il movimento religioso alternativo agisce come una pinza psicologica, promuovendo angoscia mentre, al tempo stesso, dà sollievo: il gruppo promuove norme comportamentali che possono esporre l’affiliato a una potenziale angoscia; poi egli si convince che il sollievo dall’angoscia dipende dalla fedeltà al gruppo, il che rende — a sua volta — il seguace più ricettivo alle richieste del gruppo e dei leader di questo. L’effetto sollievo è correlato a una coscienza di esclusività. Ovviamente non si può tacere sul rischio, che l’atteggiamento difensivo possa diventare paranoia e questa sfociare in violenza: un movimento religioso alternativo può diventare « violento » contro gli affiliati, se è guidato da un alienato; la fede di un paranoide nella propria visione distorta del mondo può catapultare un individuo apparentemente irrilevante dall’anonimato all’adulazione, purché vi sia la giusta combinazione di circostanze.*

* D’altra parte, è noto per esempio che la visita a Gerusalemme « fa letteralmente impazzire ogni anno centinaia di pellegrini, colpiti dall’idea delirante di essere un personaggio biblico. Polizia e psichiatri della città santa parlano di una tipica “sindrome di Gerusalemme”: ogni anno si trovano a fare i conti con 50-200 persone che affermano di essere personaggi della Bibbia » (Psicologia contemporanea, 119/1993, pag. 15

Grazie alla facilità con cui si può esercitare il controllo del gruppo, le fantasie di un leader si traducono in azioni rituali che, sebbene bizzarre e nocive, hanno un senso all’interno del sistema del gruppo. Interagendo con i seguaci, il leader si convince sempre più del « grandioso » ruolo attribuitogli, ciò può indurlo a pretendere dagli adepti prestazioni che per gli estranei sono illegali; il gruppo può anche attribuire uno speciale significato agli avvenimenti e al linguaggio quotidiani.

Il sistema sociale settario In linea di massima, la possibilità di prendere una decisione in qualunque campo e di risolvere un qualsiasi conflitto dipende dalla capacità di escludere, innanzitutto, quelle soluzioni che, con ogni evidenza, non sono in armonia con la nostra scala di valori e con la nostra personalità. Quando, dopo questa selezione, restano praticabili solo poche soluzioni, scegliere quella giusta diventa un problema alquanto semplice. Comunque, meno scelte si devono fare, più facilmente si prova una sensazione di benessere e di soddisfazione. Quanto minore è la capacità di una persona di risolvere i propri conflitti interiori, o quelli che si determinano tra i suoi desideri e le esigenze poste dall’ambiente sociale, tanto più egli è esposto al rischio di coinvolgimento in un sistema sociale settario in cui avrà la sensazione di trovare facilmente la risposta a qualsiasi nuovo problema gli si pari innanzi. Chi vive in un sistema sociale settario arriva al punto di farsi guidare dalle regole del movimento nella maggior parte delle proprie azioni: egli si affiderà ai « suggerimenti » offerti dal gruppo nel decidere, per esempio, come soddisfare i propri desideri sessuali, quindi neppure la sua vita sessuale riuscirà a dargli la sensazione di essere veramente un individuo. L’aspetto più preoccupante di un sistema sociale settario risiede nel fatto che gli adepti non reagiscono più in modo spontaneo e autonomo alle vicende della loro vita, ma sono pronte ad accettare senza critiche le soluzioni proposte da altri. Il sistema sociale settario, come tutti i sistemi sociali, ha specifiche funzioni capaci di proteggerne l’integrità e di realizzarne gli obiettivi; esse sono: la trasformazione, il controllo, la retroazione e il controllo del confine. Il processo di accettazione acritica, cui abbiamo fatto cenno, comincia di solito con le cose esteriori, ma spesso non si ferma qui, dato che la vita esteriore e quella interiore sono strettamente connesse; così, quando l’adepto comincia a fare affidamento sugli altri per prendere decisioni che riguardano la sua vita esteriore, ben presto adotterà lo stesso atteggiamento anche nei confronti dei propri conflitti interiori. Quando si afferma un siffatto stato di disintegrazione, non vi sono altri freni capaci di rallentare una rapida trasformazione. 42 - 43

La trasformazione è la funzione che consente al gruppo di perseguire il suo obiettivo primario, cioè la definizione della propria identità. È per questa identità che gli adepti si dedicano all’attività di proselitismo:* * Ricaviamo un esempio di questo processo da una pubblicazione ad uso interno dei Testimoni di Geova: « Per lodare Geova non basta condurre una vita retta.., la nostra adorazione implica anche che dichiariamo le eccellenze di Geova e che facciamo pubblica dichiarazione del suo nome!... La predicazione pubblica.., è una delle opere più importanti che compiamo... è l’unico mezzo attraverso cui si può essere salvati » (Il Ministero del Regno, Gennaio 1996, pag. 1).

essi stessi sono motivati solo dal bisogno impellente di impegnarsi nel movimento; di loro iniziativa non tenderebbero ad andare in giro a fare proseliti a favore del gruppo, ma come parti del sistema si conformano ad agire in funzione degli obiettivi del gruppo.* * Interessante è, a questo riguardo, l’esperienza di Theodore, responsabile di una congregazione geovista, il quale narra: « Di tutte le cose che Geova mi chiede di fare, il ministero di campo è la più difficile. Da piccolo mi avvicinavo in fretta alla porta, facevo finta di suonare il campanello e me ne andavo quatto quatto, sperando che nessuno mi avesse visto o udito. Da grande smisi di far questo, ma il pensiero di andare di porta in porta mi faceva star male. Ancora oggi mi sento male prima di uscire in servizio, ma ci vado lo stesso » (La Torre di Guardia del 1°/4/1996, pag. 31).

L’impegno al proselitismo garantisce più consistenza e più forza al gruppo e conferisce pure legittimità all’ideologia propria del movimento, rafforzando quindi l’impegno degli affiliati veterani. Ogni nuova conversione, in altri termini, può essere vista da parte del singolo predicatore non tanto e non solo come un successo personale, quanto piuttosto come conferma della validità del messaggio che egli va portando in giro « nel mondo »; così come può essere interpretata dalla comunità di appartenenza — la singola congregazione dei Testimoni di Geova — in termini di benefici collettivi: più crescono i membri, maggiore sarà la quantità di energie e di tempo disponibile per incrementare il numero dei proseliti e allargare il campo di diffusione dell’organizzazione in questione. Non a caso i Testimoni di Geova sono molto attenti nello stilare statistiche che documentano la loro crescita nel mondo.* *E. Pace, op. cit., pag. 92

Da una parte il gruppo è fortemente seducente nel suo tentativo di attirare nuovi adepti, dall’altro esso chiede la rottura dei precedenti legami sociali e una modificazione nella visione del mondo, propria del convertito. Così, quando tutte le risorse del gruppo si concentrano sull’individuo, è notevole il potenziale per lacerare il tessuto della sua stabilità psicologica: potrebbero derivarne sintomi di disagio psichico in persone con nessun precedente di disturbi mentali o d’instabilità psichica. Questi sintomi potrebbero scaturire più dal conflitto fra bisogni del convertito e richieste del gruppo che non da una latente compromissione psicologica dell’adepto: dissociazioni psichiche, reazioni patologiche di adattamento, gravi disturbi depressivi, brevi psicosi reattive e disturbi paranoici di natura psicotica possono essere prodotti dal gruppo mentre le sue forze si mobilitano per realizzare la funzione di trasformazione.* * Su questa problematica è molto illuminante la lettura del saggio di J. Bergman,op. cit. Ogni seguace incontrato da chi sta per convertirsi contribuisce alla indiscutibile affermazione della giustezza della posizione del gruppo, accrescendone quindi la capacità di trasformare il simpatizzante. Per operare efficacemente, un sistema settario deve pure osservare e regolare le azioni dei suoi componenti, al fine di garantire che le loro attività siano adeguatamente eseguite e coordinate. Ciò costituisce la sua funzione di controllo. Tale controllo è fondamentale per ogni sistema al fine di garantire l’efficace attuazione del suo compito primario: il sistema deve avere un apparato per controllare i propri componenti. Infatti è proprio grazie all’efficacia del controllo all’interno di un movimento religioso alternativo che anche il più bizzarro rovesciamento di prospettiva della realtà dei fatti viene accettato senza discutere. 44- 45 Espedienti tipici, adoperati da molti movimenti religiosi alternativi, per esercitare il proprio controllo sono una burocrazia impersonale, una dittatura impersonale sul gusto (scelte musicali, passatempi, film, letture...), e una gran quantità di fonti normative impersonali. A proposito del ricorso al controllo attraverso un apparato burocratico impersonale, R.V. Franz osserva: *È il concetto di « organizzazione » che provoca tutto ciò. Esso genera la convinzione che, in tutto e per tutto, qualsiasi cosa dica l’organizzazione, è come se Dio stesso stesse parlando.., sono, in effetti, prigionieri di un concetto. Il concetto o immagine mentale che essi hanno dell’ «organizzazione » sembra quasi che assuma una propria corporeità, sicché lo stesso concetto li controlla, li stimola o li frena, plasmando il loro pensiero, le loro attitudini, i loro giudizi... l’adozione dell’attuale concetto di « organizzazione » altera radicalmente il loro modo di pensare e le loro opinioni, diventa in effetti la forza dominante, che esercita il controllo. * R.V. Franz, Crisi di coscienza, op. cit., pagg. 411-412

Queste difese psicologiche proteggono la « cultura » del gruppo da idee inaccettabili, anche se si tratta di « verità » prodotte dallo stesso movimento ma ritenute sorpassate: tali « verità » vengono spesso ignorate in blocco negandole, dimenticandole attraverso la rimozione o distorcendole attraverso la razionalizzazione. Il palese fallimento di tali « verità » obsolete viene negato perché espone i vertici del gruppo a dubbi e causa demoralizzazione, pertanto i fatti e le dichiarazioni ufficiali vengono efficacemente manipolati per mantenere la stabilità interna del gruppo.* *« L’esempio scientificamente più riuscito è stato offerto dalla partecipazione di Festinger alla vita e al dramma di una setta religiosa che attendeva la fine del mondo che non si decideva ad arrivare... Cosa accade quando i membri di un gruppo sono portati ad accorgersi che i fatti sono in disaccordo con le proprie credenze e con le condotte che ne derivano? Quando si manifestano tali relazioni, che Festinger chiama “dissonanti”, le persone provano il bisogno di ridurre questa dissonanza... Festinger mostra che, durante le prime delusioni, vi erano stati per il gruppo due modi di abolire il disaccordo tra la credenza e i fatti, il mezzo più semplice sarebbe stato quello di rinunciare alla credenza, ma si è verificato il fatto contrario. Il gruppo ha stabilito la “consonanza” reinterpretando i testi e intensificando il proselitismo per moltiplicare gli adepti al suo credo ...: quanto più numerosi sarebbero stati i credenti tanto più il suo credo sarebbe stato giustificato » (Anzieu — Martin, op. cit., pagg. 107-110). Per un’articolata riflessione sulla teoria di Festinger, si veda il capitolo quarto. 46-47

In un movimento religioso alternativo anche il ricorso a concetti e a espressioni gergali speciali può contribuire, consciamente o in consciamente, a isolare e tenere separato chi è affiliato da chi non lo è; infatti la lingua viene adoperata per definire, o meglio ridefinire, la realtà. Il richiamo, ancora una volta, è all’opera di G. Orwell, già citata, il quale, in una splendida, pur se forse involontaria analogia con i movimenti settari, spiega la funzione della « neolingua » in un sistema chiuso come quello dei movimenti religiosi alternativi. In un dialogo contenuto nella parte iniziale del libro, al protagonista, Winston, viene così spiegata la necessità della neolingua: « Non ti accorgi che il principale intento della neolingua consiste proprio nel semplificare al massimo le possibilità del pensiero? Giunti che saremo alla fine, renderemo il delitto di pensiero, ovvero lo psicoreato, del tutto impossibile perché non ci saranno più parole per esprimerlo. Tutta la letteratura del passato sarà completamente distrutta. Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron esisteranno solo in neolingua. Come si potrà avere uno slogan, per esempio, come « la libertà è schiavitù » quando il concetto stesso di libertà sarà del tutto abolito? Lo stesso clima del pensiero sarà diverso. Infatti non ci sarà il pensiero così come lo intendiamo oggi. Ortodossia significa non pensare, non aver bisogno di pensare. L’ortodossia è non conoscenza ». ‘* * Orwell, op. cit., pagg. 75-76.

Troviamo esemplificato, in forma letteraria, il concetto della estrema pericolosità del pensiero indipendente di cui abbiamo già parlato, e che esprime drammaticamente l’obiettivo finale a cui si perviene all’interno di molti di questi movimenti: l’abolizione del pensiero « così come lo intendiamo oggi ». È chiaro che in un sistema sociale il controllo viene effettuato più facilmente quando esiste una collaborazione volontaria fra chi esercita tale controllo e chi viene guidato; infatti è meglio se i controllati accettano la guida senza decisione cosciente e, dato che il meccanismo difensivo d’identificazione opera in maniera inconscia, quelli che adottano gli atteggiamenti dei loro capi lo fanno senza riflettere sulla saggezza delle proprie azioni. I controlli interiori si creano soprattutto sulla base di rapporti personali, e non solo per obbedienza alle esigenze del gruppo; gli adepti possono interiorizzarli quando si identificano con conservi che amano, rispettano o ammirano, persone che hanno fatto proprie queste esigenze. Un esempio chiarirà meglio gli eccessi cui può condurre il meccanismo di identificazione quando la sicurezza e il benessere personali sono messi a repentaglio dalla dirigenza di un movimento religioso alternativo: la cosiddetta « sindrome di Stoccolma ».* * Questa « sindrome » fu osservata per la prima volta nel corso di un sequestro di quattro impiegati compiuto da un rapinatore in una banca di Stoccolma e durato sei giorni. Durante le trattative per il rilascio degli ostaggi fu evidente che questi ultimi avevano più paura delle forze dell’ordine che del loro sequestratore. Addirittura per alcune settimane dopo la liberazione, gli ostaggi non riuscirono ad abbandonare l’idea che il bandito li avesse protetti dalle autorità e manifestarono scarsa animosità nei confronti del rapinatore.

Quest’ultima si manifesta quando delle persone sono ostaggi e la loro vita è seriamente minacciata; tali prigionieri possono sviluppare un legame « positivo » con i loro carcerieri, non solo aderendo alle aspettative di costoro, ma difendendoli addirittura da chi cerca di realizzare una via di scampo e la liberazione degli stessi ostaggi. Gli esperti ritengono che questo fenomeno possa essere un’esagerata espressione di identificazione con l’aggressore, un meccanismo di difesa psicologica, cioè una strategia di adattamento avente lo scopo di aiutare il soggetto a fronteggiare un conflitto mentale irrisolto. Nella «sindrome di Stoccolma » l’ostaggio deve evitare la minaccia di pericolo fisico ma, nello stesso tempo, guadagnarsi il « sostegno » della stessa persona che rappresenta la minaccia: implicitamente spera che con l’accondiscendenza egli possa guadagnarsi la protezione dell’aggressore; come altre difese psicologiche, questa sembra irrazionale, tuttavia rappresenta forse il miglior mezzo con il quale la persona può rispondere a una situazione emozionalmente insostenibile.

Particolarmente interessante è il confronto tra la situazione descritta come « sindrome di Stoccolma» e il processo di controllo nei movimenti religiosi alternativi. In entrambi i contesti l’identificazione sembra paradossale dal punto di vista dell’osservatore esterno giacché le persone «sottomesse » collaborano attivamente con chi dirige attività percepite dall’estraneo come conflittuali con gli interessi delle persone coinvolte, le quali conservano una tenace fedeltà a individui che obiettivamente minacciano il loro benessere. Come osserva Galanter: * La situazione di culto e quella di ostaggio condividono l’effetto di pinza psicologica...: chi infligge angoscia alla persona dipendente viene anche percepito come colui che può dare sollievo. Così si esercita pressione sugli angosciati perché si conformino a chi, in sostanza, è considerato il solo capace di dare sollievo... L’identificazione con l’aggressore è qui pertinente dato che ci aiuta a meglio comprendere il processo di controllo nei gruppi carismatici. I membri di questi gruppi subiscono spesso l’efficace aggressione dei loro leader. La società circostante ritiene unanimemente che essi siano costretti a partecipare ad attività sgradevoli e talvolta siano vittime di abusi. Ciò nonostante, hanno il bisogno psicologico di conservare l’affiliazione con il leader e il gruppo, essendo prigionieri in virtù dell’effetto pinza che fa dipendere il loro benessere emozionale dal coinvolgimento nel gruppo, proprio quello che infligge angoscia. In un certo senso non hanno altra scelta se non rappacificarsi inconsciamente con il programma di attività, potenzialmente minaccioso, della dirigenza e uniformarsi alle aspettative per ottenere sollievo emozionale. * M. Galanter, op. cit., pagg. 162-163

Come viene repressa l’autonomia in un movimento religioso alternativo? Innanzitutto è estremamente improbabile che, nel contatto con un attento osservatore esterno, gli adepti esprimano esplicite riserve sull’ideologia e sulla storia del gruppo; tale titubanza nasce più dal senso di colpa causato dal timore di danneggiare seriamente la «missione » del gruppo, che dalla paura di suscitare disapprovazione. Non è raro osservare che certi adepti soffrono di angoscia ogni volta che pensano negativamente alla loro affiliazione. La punizione per chi devia dalle norme del gruppo è l’angoscia psicologica, cioè una diminuzione del benessere psichico che colpisce chi si sente meno strettamente attratto dal gruppo; da ciò si comprende perché una significativa parte di reduci dai movimenti religiosi alternativi denuncia l’insorgere di problemi emotivi, anche seri, nel periodo immediatamente successivo al loro allontanamento:* si può diventare ansiosi e depressi, rimuginando su possibili contaminazioni sataniche. * Su questi problemi in relazione al Geovismo si veda J. Bergman, op. cit., pag 339-352

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Anche l’esplicito ostracismo, comminato a chi apostata, provoca una forte paura dalla quale il reduce non sfugge a causa di un profondo e prolungato vincolo emozionale. Per illustrare la portata dell’ostracismo di cui parliamo, è emblematica la testimonianza di Imma, che ha militato per un ventennio nel movimento geovista; ella narra: La mia esperienza dimostra che tra i Testimoni di Geova non si pratica tanto l’amore cristiano quanto il rigido conformismo alle regole dell’organizzazione. La mia famiglia è stata sempre molto unita. Tra di noi regnava armonia finché siamo rimasti nell’organizzazione. Appena uno dei miei figli ha cominciato a fare delle ricerche sulla veridicità delle dottrine della Società, ecco che cominciarono a sorgere i primi dissensi, le prime disapprovazioni. Gli venne addirittura detto che i dubbi e le cose che andava via via scoprendo, doveva tenerli per sé senza parlarne con nessuno, altrimenti sarebbe stato espulso dalla congregazione. Il mio secondo figlio si trovò fuori dal movimento, invece, per aver accettato di fare il servizio di leva, anche se non era suo esplicito desiderio lasciare l’organizzazione. I miei familiari più stretti hanno dimostrato di essere completamente succubi degli ordini de La Torre di Guardia. Vedere i propri figli disprezzati e messi fuori casa non è cosa da poco, oppure sentirsi dire in occasione di una ricorrenza familiare importante: « I tuoi figli non possono intervenire », non è facile da sopportare per una mamma. Questo è proprio quello che mi è capitato. Qualche anno fa, in casa di una mia cara nipote si festeggiava l’anniversario di matrimonio della stessa. Da premettere che eravamo legatissime, mi univa a lei un affetto profondo. Fui invitata alla festa insieme ai miei figli, ormai ex Testimoni di Geova, e vi partecipammo con gioia; all’improvviso fu sospeso tutto, la festa non poté più continuare perché tra gli invitati vi erano alcuni Testimoni di Geova che, a causa della presenza dei miei figli espulsi per motivi ideologici, si dissero turbati e minacciarono di andar via (in sintonia con le esplicite direttive del Movimento). Quindi la scelta: o i cosiddetti « fratelli » Testimoni o i miei figli, membri della famiglia della festeggiata. Non ci crederete, ma a essere messi fuori casa furono i miei ragazzi, cacciati via da una loro cugina, alla quale li legava un affetto fraterno. Usciti fuori i miei figli, la festa continuò con balli, canti e divertimenti. Qualche anno dopo mi capita più o meno la stessa cosa. Questa volta è proprio mia sorella che rifiuta la presenza dei suoi nipoti, cioè dei miei figli, nella propria casa: in occasione di un matrimonio, per evitare problemi con i propri « fratelli in fede », ha preferito non mandarci l’invito.

Da questo sintetico spaccato risulta sufficientemente evidente l’eccezionale potenza delle forze che possono mobilitarsi all’interno di un movimento religioso alternativo per controllare quelli che vengono considerati trasgressori delle regole e per prevenire influenze contaminatrici. La retroazione è un’iniziativa attraverso la quale un sistema ottiene informazioni sul modo in cui realizza il proprio compito primario. Se un movimento religioso alternativo compie opera di proselitismo, le informazioni sulla risposta dei potenziali convertiti possono essere trasmesse ai vertici del movimento per consentire loro di migliorare le tecniche di reclutamento. 50- 51

Tali informazioni vengono raccolte attraverso canali fidati (ispettori itineranti e responsabili locali). Un efficace proselitismo offre agli adepti retroazioni positive: il successo della propaganda viene adoperato per rafforzare la « credibilità » dell’ideologia del gruppo e per promuovere nuove iniziative a conferma della linea scelta dai capi. Le nuove conversioni danno legittimità al gruppo di fronte a un « mondo » ostile e incoraggiano i membri a perseverare nella missione del movimento: i dati « trionfali » del successo propagandistico sono ampiamente pubblicizzati per contrastare l’impatto della retroazione negativa della società in generale. Il gruppo dirigente di un movimento religioso alternativo ricorre spesso a un’altra forma di retroazione: sempre più spazi vengono destinati alla « voce dei lettori » nella letteratura edita dal movimento. Tuttavia, come osserva McQuail: Sebbene queste attività siano diventate una componente importante dei media, permane qualche dubbio circa il loro valore reale di feedback (retroazione), essendo, inoltre, estremamente suscettibili di manipolazione da parte dei media stessi, dal momento che ci sono ben poche convenzioni che vengono rispettate circa, ad esempio, il metodo di selezione delle lettere.* * D. McQuail, Le comunicazioni di massa, Bologna 1993, pag. 274

Un’altra funzione vitale per i sistemi settari è il cosiddetto controllo del confine, con il quale questi sistemi sociali si proteggono da estranei ritenuti pericolosi. Se un movimento religioso alternativo deve conservare un sistema di fede condivisa nettamente in contrasto con quello della cultura prevalente, i suoi membri devono essere rigidamente isolati da informazioni provenienti dal «mondo », le quali sconvolgerebbero l’ideologia del gruppo: ogni movimento religioso alternativo stabilisce un confine per differenziare gli affiliati da tutti gli altri. Come fa rilevare E. Barker, « è risaputo che la definizione che la maggioranza delle persone dà della realtà e i loro giudizi su ciò che è giusto o sbagliato, sul bene e sul male, possono essere particolarmente vulnerabili alla suggestione, all’influenza e, in alcuni casi, all’alterazione, quando non si hanno a disposizione fonti di informazione alternativa. “Esaminare la realtà” non è facile quando si ha a disposizione una sola interpretazione; quando quell’interpretazione è apertamente condivisa dai compagni e quando il fatto stesso di porsi domande è considerato segno di mancanza di fiducia nella verità, o tradimento della causa » Gli effetti di questa forma di controllo possono essere molto penosi, come ha sperimentato personalmente Alfonso, il quale narra:

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Era una fredda sera del mese di febbraio del 1988 ed io mi apprestavo ad andare all’ennesimo incontro con dei Cattolici che avevano messo in difficoltà alcuni dei miei « fratelli ». Non avrei mai immaginato che quella sera sarebbe stata così decisiva per il mio futuro. In quella riunione, sotto il mio sguardo sbalordito, cominciarono ad essere esposti degli argomenti a me totalmente sconosciuti, ma che mettevano in evidenza un volto dell’organizzazione alla quale appartenevo completamente nuovo. La cosa che più mi sconvolse è che tutti gli argomenti erano rigorosamente documentati senza alcuna possibilità di dubbio. Nonostante le evidenze mostratemi quella sera, non abbandonai ancora il movimento, anche se promisi a me stesso che non avrei più compiuto l’opera di predicazione di porta in porta fin quando i miei dubbi non si sarebbero dissolti, cosa nella quale speravo fiduciosamente. Il passar del tempo, però, doveva infliggere alla mia fiducia una serie di colpi sempre più decisivi. Le prove che confutavano l’inesattezza del mio credo e la cattiva fede di chi dirige le fila della Società Torre di Guardia cominciavano a divenire considerevoli e, cosa ancor più dolorosa, non c’erano argomentazioni valide per confutarle. Fu così che cominciai a conoscere il vero volto dei Testimoni di Geova. Quando gli « anziani » videro che le prove che avevo accumulato erano a dir poco schiaccianti, cominciarono a trattarmi in maniera ostile. In poco tempo tutti gli amici, i miei parenti scomparvero letteralmente. E tutto questo mi sembrava incredibile in quanto non avevo fatto altro che chiedere spiegazioni agli « anziani », o scrivendo direttamente alla sede di Roma, senza divulgare i miei dubbi in maniera sconsiderata. Più cercavo di far comprendere che le mie erano richieste di aiuto per chiarire l’enorme quantità di dubbi che ormai mi affollavano la mente, più tutto questo era interpretato come segno di ribellione, di mancanza di fede verso Dio. Cominciai a sentirmi rivolgere ogni tipo di accusa: ero accusato di apostasia, di essere posseduto dal Diavolo, di essermi allontanato da Dio, da Gesù Cristo, dalla Bibbia, di aver rinnegato l’insegnamento dei miei genitori, di essere una persona presuntuosa della propria conoscenza, ecc. Ricordo che gli « anziani » mi chiamarono in disparte per ordinarmi l’assoluto silenzio, di non dire a nessuno le cose che sapevo, pena la scomunica immediata. Nel giro di qualche mese l’isolamento era completo. Senza che nessuno mi avesse mostrato la benché minima risposta ai miei interrogativi, mi ritrovai in un ambiente completamente ostile.

Abbiamo già evidenziato che, di solito, gli adepti di un movimento religioso alternativo possono manifestare reazioni diverse nei confronti di estranei a seconda che questi minaccino o no i limiti di sicurezza del gruppo: la paura degli estranei è una manifestazione importante del controllo del confine perché tiene unito il gruppo anche se può raggiungere le dimensioni di una vera e propria paranoia. Inoltre gli estranei sono spesso trattati con un diverso metro di franchezza o sincerità.* *Nel linguaggio geovista, per esempio, strategia teocratica è quella adottata da un Testimone di Geova nei confronti di un non membro per difendere gli obiettivi dell’organizzazione; al riguardo, notate cosa dispone un manuale geovista: « Possono anche esserci circostanze nelle quali è saggio dire pochissimo » (Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1971, pag. 95). Sul tema della « strategia teocratica » si veda la sezione « Approfondimenti » di questo capitolo.

Difensività e paranoia associate alla funzione di confine di un movimento religioso alternativo inducono una reazione complementare nella comunità circostante; lo si evidenzia nell’animosità fra familiari di adepti e movimenti religiosi alternativi, nella interruzione della comunicazione fra siffatti movimenti e religioni storiche, nella ostilità espressa a gran voce dai reduci dai movimenti religiosi alternativi. Nei tentativi di comunicazione tra genitori e figli affiliati a movimenti religiosi alternativi si riscontrano spesso incomprensioni ed ostilità: l’adepto diventa, per così dire, agente della funzione di controllo del confine del gruppo e considera ogni approccio da parte dei parenti come un tentativo per farlo allontanare dal movimento. Queste osservazioni sottintendono situazioni spesso molto drammatiche dai risvolti decisamente dolorosi; Galanter riferisce due esperienze abbastanza ricorrenti:* Due coppie che vennero a consultarmi illustrano come avvengono queste battaglie sul confine del gruppo. I primi erano genitori di una giovane che aveva abbandonato da poco gli studi universitari ed era andata a lavorare in una zona rurale come cameriera di un locale pubblico. Là fece amicizia con una donna più vecchia che apparteneva ai testimoni di Geova, la quale la incoraggiò attivamente a entrare nella setta. Quando vennero a sapere del crescente interesse della figlia, i genitori andarono nella cittadina dove lei viveva e l’affrontarono rabbiosamente, intenzionati a capire perché sacrificasse il suo futuro per quel gruppo “strampalato”. In mancanza di una risposta accettabile consultarono uno psichiatra che aveva avuto in cura la ragazza per un problema passeggero all’epoca in cui frequentava le scuole superiori. Lui li consigliò di adottare un atteggiamento più benevolo e accomodante, ma nessuno dei due si adeguò per paura di perdere la figlia. In breve, lei disse loro chiaramente che solo con un atteggiamento più conciliante verso il gruppo e le sue dottrine avrebbero potuto acquisire il diritto di parlare della cosa con lei. I genitori pensarono che, se volevano “conservarsi” la figlia, dovevano o resistere con forza alla sua azione, o accettare le idee della setta. Erano combattuti fra due funzioni compulsive di sistemi di gruppo: la trasformazione, che esige conformità all’ideologia del gruppo, e il controllo del confine, che re spinge gli estranei e le loro idee. In queste circostanze era quasi impossibile per loro stabilire una fattiva comunicazione con la ragazza... Il caso della seconda famiglia sfortunata: per Otto anni si impegnò in un tiro alla fune con il figlio il quale si era associato al movimento Hare Krishna. In principio mandarono ecclesiastici locali come emissari per indurre il figlio a venire via, ma riuscendo soltanto a esacerbarne la difensività. Successivi incontri, divenuti meno frequenti, furono caratterizzati da discussioni sui rituali della setta in relazione ad alimentazione, abbigliamento e modo di vivere. Il giovane convertito fu contattato dalla famiglia allorché si pose il dilemma se invitarlo alle nozze del fratello maggiore. Dapprima i genitori riuscirono a mantenere una posizione flessibile nella conversazione e il figlio accettò di parteciparvi. Quando però furono fatti ulteriori progetti e i genitori espressero di nuovo la speranza che lui potesse tornare a essere sensibile ai bisogni della famiglia, quella richiesta fu percepita dal giovane come un velato desiderio di farlo allontanare dalla setta. Allora lui pose condizioni sul cibo e sull’abbigliamento che avrebbe indossato alla cerimonia; infine, il dialogo cessò quando lui si rifiutò di partecipare alle nozze. Le contrastanti esigenze da entrambe le parti del confine non erano state superate. * M. Galanter, op. cit., pagg. 175-177 54 - 55

Ci sono sempre state persone che ritengono che il loro impegno nei confronti di Dio debba prevalere su tutti gli altri interessi; comunque, la raccomandazione più importante da fare ai familiari e agli amici di un affiliato a un movimento religioso alternativo è quella di continuare a tenersi in contatto con lui. È vero, conservare i rapporti con un siffatto adepto può risultare molto difficile, tuttavia dargli ultimatum (del tipo: « o noi o il movimento ») non è consigliabile anche quando è evidente che i problemi di relazione sono dovuti principalmente al movimento. Soprattutto in queste circostanze è fondamentale che parenti e amici chiariscano esplicitamente che continuano a rispettare e amare il loro caro e che intendono conservare uno stretto rapporto con lui: È comunque necessario che il convertito, che altrimenti non è in contatto con il « mondo di fuori », si faccia un’idea veritiera della realtà esterna: ha bisogno di ricordare che i suoi familiari e il resto del mondo non devono essere visti solo nell’ottica del movimento, ma in base alle sue esperienze personali. Questo è particolarmente importante nei movimenti in cui i membri sono isolati socialmente, perché spesso vedono il mondo in una netta contrapposizione tra aspetti positivi e negativi: ogni cosa associata al movimento viene definita buona, santa, vera e desiderabile e ogni cosa (e qualunque persona) non associata al movimento è malvagia, diabolica, falsa e da disprezzare. Anche se le lettere non ricevono risposta, possono sempre essere scritte. Anche se le telefonate non vengono ricambiate, si possono sempre fare. Anche se gli inviti a farsi vedere non sono mai accettati, si possono continuare a fare, e gli amici e i parenti possono sempre tentare di andare a trovare il convertito.* * M. Galanter, op. cit., pagg. 175-177

Si sa che è decisamente frustrante scoprire che argomentazioni ragionevoli non vengono prese in considerazione da un proprio caro o avere le prove che il movimento gli impedisce di far valutare con serenità le proprie ragioni; tuttavia, per quanto frustrati o arrabbiati si sentano, parenti e amici dovrebbero evitare che le loro comprensibili emozioni li inducano a parlare o agire in un modo che l’adepto possa interpretare come « irragionevolmente intollerante » offrendogli il destro per dare ragione al movimento che ha intimato all’adepto di diffidare delle iniziative di parenti e amici. Infatti, il modo di pensare dell’adepto è paragonabile al modo di razionalizzare proprio del paranoico, il quale adduce il fatto che gli altri non riconoscono l’esistenza dei suoi nemici come una prova dell’astuzia di questi ultimi. Di solito è facile dire al convertito: « Non aderire! », o: « Escine! », oppure rinfacciare all’adepto cosa c’è di sbagliato nel movimento cui ha aderito; cosa ben più faticosa è stare ad ascoltare che cosa egli vi trovi di attraente.

Capire non significa necessariamente approvare: l’ascolto non implica la condivisione dello stile di vita o delle « verità » proposti dal movimento, ma richiede il rifiuto di un approccio cinico e sprezzante della « fede » scoperta dall’adepto; né l’ascolto impone di tacere sul fatto che il movimento a cui la persona cara è interessata, o a cui ha aderito, può esigere molti più soldi o impegno di quanto appaia a prima vista o su altre specifiche preoccupazioni: se esistono veri motivi di preoccupazione, è necessario presentarli alla persona il più presto possibile, con calma e precisione, evitate le vaghe generalizzazioni; ripetere informazioni sensazionalistiche senza averle verificate come autentiche può solo contribuire a confermare nella mente dell’adepto l’idea che dall’esterno la gente distorca la « verità » per fini malevoli. In definitiva, uno degli obiettivi primari di questo ascolto consiste nel rendersi conto che l’affiliato non abbia perso, o non corra il rischio di perdere, il suo senso di responsabilità individuale. Infatti, per certe persone il fatto di « abbandonarsi tra le braccia del movimento » può comportare la rimozione o la soppressione della percezione di sé come individui con diritti e responsabilità: Incoraggiare le persone a pensare da sé non vuol dire convincerle a pensarla come noi, però è possibile che, invitando i convertiti a parlare dei loro princìpi e delle loro esperienze, li si possa incoraggiare a riconsiderare il movimento in un modo che non comporti semplicemente la ripetizione delle frasi fatte o del linguaggio astruso con cui alcuni movimenti isolano i loro membri dal mondo esterno... L’interlocutore che non accetta i princìpi del movimento non dovrebbe cercare di forzare risposte o conclusioni dal convertito, ma dargli l’occasione di considerare, in un ambiente che non viene percepito come minaccioso, alcune delle informazioni, premesse e implicazioni che egli/ella non ha altrimenti avuto l’inclinazione o l’occasione di valutare.* * Ibidem, pag. 189.

Non va mai dimenticato un principio valido anche per gli adepti dei movimenti religiosi alternativi: ciò che pensa di noi una persona stupida o immorale può essere facilmente ignorato; ma se quelli che pensano male di noi sono persone intelligenti e oneste, la nostra autostima risulta minacciata.

APPROFONDIMENTI

La strategia della « guerra teocratica » Pur avendo perso molta della loro spinta iniziale e non potendo più essere considerati, come una volta, la « religione in più rapida espansione »,* * La palma adesso spetta ad altri movimenti religiosi, come per esempio alla Soka Gakkai giapponese che sembra essere il movimento di matrice non cristiana a più rapida crescita del mondo, mentre, per rimanere in Italia, sono adesso gli appartenenti alla religione islamica che hanno superato per numero i Testimoni di Geova, essendo secondi soltanto ai cattolici.

i Testimoni di Geova rappresentano nel panorama dei movimenti religiosi occidentali una realtà non trascurabile, e questo per parecchi buoni motivi. Innanzitutto, perché la loro presenza ormai può essere quantificata in oltre cinque milioni di aderenti (220.000 in Italia), ai quali possiamo certamente sommare oltre quattro milioni di simpatizzanti, cioè quelli che essi indottrinano mediante il cosiddetto « studio biblico » (in Italia questi ammontano a circa 100.000). Vi è poi la loro considerevole potenza economica. Anche se non si può paragonare a quella del movimento mormone, un rapporto approssimato per difetto sugli introiti dell’Organizzazione geovista nel solo campo americano, riferito al 1992, indica una cifra di 1 miliardo 250 milioni di dollari. Non è questa la sede per approfondire il discorso che riguarda le loro risorse economiche, ma possiamo consapevolmente dire che l’ordine è quello di parecchi miliardi di dollari. Infine, e non è un aspetto trascurabile, non può essere sottaciuto il fatto che nei paesi in cui essi si sono attestati da più tempo, hanno esercitato e continuano a esercitare un rilevante peso « politico ». La loro storia in Canada e negli Stati Uniti, per esempio, mostra quanto le loro campagne di informazione abbiano pesato sulle decisioni della Corte Suprema in merito a importanti questioni riguardanti i diritti civili;* * Vedi M. James Penton, Apocalypse Delayed, University of Toronto Press 1985, capitolo 5.

una recente sentenza della Corte Europea ha condannato uno stato membro, la Grecia, al risarci mento dei danni a uno dei loro aderenti per aver applicato una legge contro il proselitismo che i Testimoni hanno contestato. * * Vedi Coscienza e Libertà, secondo semestre 1994, n. 24, Roma, dicembre 1994, pagg. 118-136.

Anni fa, nello stato africano del Malawi (ex Niassa) migliaia di Testimoni furono uccisi per aver assunto una posizione intransigente contro la politica ufficiale del loro paese, e attualmente in oltre trenta paesi sono alla politica del «‘ muro contro muro » perché non intendono accettare ciò che le leggi e le costituzioni di quei paesi vorrebbero fosse applicato anche a loro.* * Panorama, del 29 giugno 1976 Pertanto, pur essendo un piccolo gruppo religioso, cercano di esercitare un’influenza che è inversamente proporzionale alla loro consistenza numerica. Che siano un gruppo estremamente combattivo e che considerino loro funzione peculiare quella della lettura autentica delle legislazioni dei rispettivi paesi di appartenenza, poi, è un altro dei loro tratti caratteristici. Molti dei loro sforzi sono infatti rivolti, e questo da lungo tempo, alla continua contestazione delle leggi e dei regolamenti vigenti. Particolare attenzione prestano ad alcuni settori nel campo della giurisprudenza: il diritto dell’ammalato a ricevere determinate cure, e quello del genitore all’affidamento dei figli. Naturalmente i motivi di questo loro particolare interesse sono squisitamente utilitaristici, ma questo li ha spinti a creare delle strutture legali e un’organizzazione internazionale degne di essere menzionate in questo studio. La dottrina alla quale essi fanno riferimento e che costituisce il loro punto di forza in molte delle loro battaglie legali è da essi definita: strategia della guerra teocratica. In altri termini, quando si tratta di tutelare il loro « diritto » al rifiuto dell’emotrasfusione e altri diritti consimili, essi ritengono pienamente giustificato il ricorso alla menzogna davanti alle corti di giustizia e in altre circostanze. È opinione dei Testimoni che « è appropriato non far conoscere la verità a chi non ha il diritto di conoscerla ».* * Ausiliario per capire la Bibbia, Roma 1981, pag. 819; Perspicacia nello studio delle Scritture, Roma, 1990, 11 Vol. pag. 257. Più recentemente, La Torre di Guardia del 1°/6/1997, pagg. 10 e segg., ha precisato: « I cristiani (Cioè Testimoni di Geova) [ dovrebbero] sempre, in ogni circostanza, rivelare tutto ciò che sanno?.., nessun ente umano ha il diritto di imporre restrizioni all’adorazione di Geova » (parentesi nostre). Nella stessa rivista, pagg. 20-21, viene offerto un inequivoco esempio delle conseguenze pratiche di questa « strategia teocratica »; infatti si narra l’esperienza di un adepto che, da militare in India durante la seconda guerra mondiale, benché le pubblicazioni dei Testimoni di Geova fossero state messe al bando dal governo nazionale, applicò alla lettera tale strategia, come? Lasciamo che lo racconti lui stesso: « Mentre era in vigore il bando sulle pubblicazioni dei Testimoni, fui in grado di aiutare i miei nuovi amici. Quando arrivava una scatola di opuscoli.., la congregazione me la consegnava perché la tenessi al sicuro, Chi avrebbe pensato di cercare pubblicazioni proibite in una caserma dell’esercito?... Quando temevano una perquisizione a casa loro mi davano anche le loro pubblicazioni bibliche personali da nascondere ».

I Testimoni di Geova, dopo anni di esercitazioni, sono ormai diventati esperti nell’arte che consiste nel dire solo una parte della verità, in tal modo contravvenendo alle esigenze dei tribunali che, praticamente in tutte le legislazioni del mondo occidentale, richiedono che si dica « la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità ». Essi, invece, sono esperti nel dire le mezze verità, nel fare dichiarazioni che possono avere più di un significato, in poche parole nel mentire, e nel far credere di non farlo ricorrendo a sofismi, stratagemmi, trucchi, ed equilibrismi morali. Chi conosce i Testimoni di Geova sa che essi proclamano a tutto il mondo di essere le uniche persone esistenti sull’orbe terracqueo che non mentono mai in nessuna circostanza, e in un loro recente dizionario biblico, così definiscono la menzogna: « Dire qualcosa di falso a chi ha diritto di conoscere la verità, e far questo con l’intenzione di ingannare o danneggiare lui o qualcun altro ». * Perspicacia, op. cit. vol. 11, pag. 257-258; corsivo nostro

Quindi aggiungono: Il fatto che la Bibbia condanni la menzogna non significa che uno sia costretto a informare gli altri di verità che non hanno diritto di sapere. Gesù Cristo consigliò: « Non date ciò che è santo ai cani, né gettate le vostre perle davanti ai porci, affinché non le calpestino con i loro piedi e voltandosi non vi sbranino » (Mt 7,6). Perciò Gesù a volte evitò di dare informazioni complete o una risposta diretta a certe domande quando ciò avrebbe potuto essere dannoso. (Mt 15,1-6; 21,2327; Gv 7,3-10). Evidentemente il comportamento di Abraamo, Isacco, Raab ed Eliseo inteso a sviare alcuni che non erano adoratori di Geova o a non rivelare loro tutti i particolari, va visto sotto la stessa luce. — Gn 12,10-19; cap. 20; 26,1-10; Gs 2:1-6; Gc 2,25; 2Re 6,11-23.

Questo, naturalmente, non ha nulla a che vedere con la definizione di menzogna che è comunemente accettata in tutto il mondo! Il Vocabolario della lingua italiana di Giovanni Treccani (Roma, 1989), così la definisce: « Affermazione contraria a ciò che si sa o che si crede vero, o anche contraria a ciò che si pensa; alterazione (oppure negazione, o anche occultamento) consapevole o intenzionale della verità ». La Torre di Guardia non ammetterà mai di insegnare a mentire, ma riconosce che mentire ai «nemici di Dio » non vuol dire mentire, ma compiere un atto di « strategia bellica », e che: La parola di Dio comanda: « Dite dunque la verità ciascuno al suo prossimo » (Ef 4,25). Questo comando, tuttavia, non significa che dovremmo dire a chiunque ci interroghi tutto quello che vuole sapere. Dobbiamo dire la verità a chi ha diritto di sapere, ma se non ne ha diritto possiamo essere evasivi.* * La Torre di Guardia del 15 dicembre 1960, pagg. 762-763; corsivo nostro

Quando, perciò, i Testimoni dicono: « Noi non possiamo dire bugie », dobbiamo aver chiaro in mente ciò che essi intendono per bugia, e che la loro definizione di menzogna non corrisponde al comune significato che a questa parola viene attribuito. La Torre di Guardia spiegava:

Le menzogne sono falsità dette per ragioni egoistiche e che danneggiano gli altri. Satana disse a Eva una menzogna che recò molto male a lei e a tutta la razza umana. Anania e Saffira dissero menzogne per ragioni egoistiche. Ma nascondere la verità ad un nemico, che non ha diritto di conoscerla, non gli reca alcun male, specialmente quando egli userà tali informazioni per danneggiare altri che sono innocenti... Quindi in tempo di guerra spirituale è appropriato sviare il nemico nascondendo la verità. Non viene fatto egoisticamente; non reca danno a nessuno; al contrario, fa molto bene.* * Edizione del 1 maggio 1958, pagg. 259-260, corsivo nostro.

Non può sfuggire la giustificazione morale che cercano di provvedere per le loro menzogne. Essi infatti dicono che le menzogne sono tali solo quando sono « dette per ragioni egoistiche » e «danneggiano gli altri ». La menzogna, invece, è un male morale in assoluto e non può esserne diminuita la gravità se essa è pronunciata « a fin di bene », come emerge chiaramente dalla definizione ufficiale dell’Organizzazione. Che ai Testimoni di Geova si insegni a mentire nel senso che comunemente a questo termine viene attribuito dalla lingua italiana (e in ogni altra lingua) è illustrato dalle argomentazioni geoviste in merito al racconto di Abramo il quale, quando venne in Egitto, disse a Sara di « nascondere il fatto » che essa era sua moglie.* La Torre di Guardia fa notare che anni dopo, trovandosi a Gherar nel territorio dei Filistei, Abramo ripeté la menzogna su Sara, dichiarando — mentendo platealmente — che la moglie fosse in realtà sua « sorella ». Nell’ottica della Torre di Guardia questo non è mentire perché « Abrahamo presentò Sara come sorella per evitare una violenta contesa a causa della sua condizione di moglie. Sara riconobbe Abrahamo come proprio signore ed accettò la disposizione, pronta a subirne le conseguenze. Era disposta a fare la sua parte per salvare la vita del profeta di Geova, col quale Egli aveva stabilito il suo patto... Ma i critici hanno un altro concetto. Essi ritengono Abrahamo del tutto menzognero, tergiversatore, debole codardo ». * La Torre di Guardia del 1° agosto 1956, pagg. 454-455

L’analisi e la spiegazione della Torre di Guardia è del tutto fuorviante e contraddittoria. È lo stesso episodio, infatti, che smentisce le conclusioni geoviste. Il faraone, credendo che Sara fosse la sorella nubile di Abramo, la prese per moglie, e questo fece sì che Dio toccasse « Faraone e la sua casa con grandi piaghe ». Quando quest’ultimo si rese conto di come stavano le cose, restituì ad Abramo la moglie, rimproverandolo e dicendogli che, se il patriarca gli avesse detto la verità, si sarebbero evitate molte sofferenze (cfr. Gn 12,10-20). Così, invece di costituire una giustificazione della bugia, quest’esempio biblico la condanna mostrando che essa può avere conseguenze estremamente negative. Sebbene altrove dichiari di condannare la menzogna esplicita e giustifichi soltanto il tacere la verità, esaltando l’esempio di Abramo e ponendolo come modello da emulare in certe situazioni che hanno come scopo quello di proteggere la Società, la Torre di Guardia insegna a tutti gli effetti a mentire in modo esplicito e diretto.

Storia della dottrina Vi è tuttavia un’eccezione che il cristiano dovrebbe tenere in considerazione. Come soldato di Cristo egli prende parte alla guerra teocratica e dev’essere estremamente cauto nel trattare con i nemici di Dio. Infatti le Scritture indicano che allo scopo di proteggere gli interessi della causa di Dio, è giusto nascondere la verità ai nemici di Dio... Questo sarebbe incluso nel termine « strategia di guerra », come fu spiegato ne La Torre di Guardia del 1 agosto 1956, ed è in armonia col consiglio di Gesù di essere « cauti come serpenti » quando ci troviamo fra i lupi. Se le circostanze richiedono che un cristiano deponga in tribunale giurando di dire la verità, se parla, egli deve quindi dire la verità. Se si trova nell’alternativa di parlare e tradire i fratelli, o tacere ed essere denunciato al tribunale, il cristiano maturo metterà il benessere dei suoi fratelli prima del suo.* *La Torre di Guardia del 15 dicembre 1960, pag. 763, corsivo nostro. Queste parole sono un chiaro compendio della posizione dei Testimoni in merito alla strategia della « guerra teocratica ». Come si evince chiaramente, tutti i critici e gli oppositori della Società Torre di Guardia (dai Testimoni stimata come l’unica organizzazione cristiana al mondo) sono considerati « lupi », perennemente in guerra con la medesima Società, i cui seguaci, per converso, sono indicati come « pecore ». Inoltre, è « giusto che le innocue “pecore” adoperino la strategia di guerra contro i lupi negli interessi dell’opera di Dio ».* * La Torre di Guardia del l agosto 1956, pag. 462 I Testimoni di Geova, come abbiamo già anticipato, sono coinvolti quotidianamente e in tutto il mondo, in centinaia di procedimenti legali che, di volta in volta, li vedono nella veste di accusati e di accusatori. Sia alla sede centrale di Brooklyn, quindi, che nelle filiali delle 104 nazioni dove hanno delle rappresentanze, essi hanno organizzato degli uffici legali che con il trascorrere del tempo hanno progressivamente perfezionato una serie di procedure miranti alla difesa dei loro peculiari comportamenti, in quanto questi ultimi, molto spesso, danno luogo a controversie legali che i Testimoni non considerano come tali, ma come tentativi di sopraffazione religiosa. Ecco che, mentre per qualunque altra persona, una controversia giudiziaria non è che l’incontro tra due diverse tesi, la risoluzione della quale a favore dell’una o dell’altra parte, dopo i diversi gradi di giudizio, fa parte della normale dialettica democratica, per i Testimoni di Geova ogni procedimento giudiziario che non dia ragione alle loro tesi diviene automaticamente un attentato alle libertà costituzionali, alla loro libertà di religione. È questo il fattore determinante nella comprensione della loro « strategia », del loro impianto difensivo o accusatorio. Basta dare una rapida scorsa alle numerosissime sentenze che li hanno avuti come protagonisti, e leggere le loro memorie difensive e le loro tesi per rendersi conto della veridicità di questa asserzione. Nel caso dei Testimoni di Geova, il tentativo di travisare la verità e di presentare i fatti in una luce volutamente distorta allo scopo di conseguire un risultato favorevole alle loro tesi, è stato tradotto in prassi. Prassi tanto codificata da trovare collocazione in alcuni manualetti * ad esclusivo uso interno dei legali che assumono il patrocinio dei Testimoni nei tribunali e che costituiscono un illuminante esempio di traduzione moderna del deprecato principio machiavellico: « Il fine giustifica i mezzi ». * Le pubblicazioni a tale scopo preparate sono, nell’ordine di tempo, le seguenti:Direct and CrossExamination Questions in Child Custody Cases (1987); Preparing for Child Custody Cases (1988); Handling Child Custody and Visitation Disputes for Jehovah’s Witnesses (1989).

I Testimoni di Geova non sentono come moralmente disapprovato questo loro modo di agire in quanto, ritenendosi gli unici detentori della verità, qualunque mezzo è lecito perché niente e nessuno li privi del loro diritto a continuare a praticarla, nemmeno il vituperato attacco « ad personam » al quale ricorrono spesso e volentieri nei confronti degli avversari. Il tentativo di altri, siano essi pure i giudici legittimamente costituiti, di far emergere una verità che non sia la « verità » geovista, è visto nell’ottica della perenne lotta del Male (il « mondo » con ogni sua istituzione) che tenta di sopraffare il Bene (il verbo geovista). È veramente singolare che un gruppo religioso ritenga così importante affidarsi alle aule dei tribunali per la difesa dei suoi principi dottrinali. Ma questo comportamento non è un’eccezione nell’ambito dei movimenti religiosi alternativi.

La menzogna nei tribunali Poiché alcuni avvocati dell’Organizzazione geovista lavorano a tempo pieno su casi specifici, essi hanno maturato nel settore notevole esperienza e abilità, e sanno bene come comportarsi in tribunale a loro vantaggio. La Società Torre di Guardia si è organizzata per assistere i propri affiliati in circostanze come quelle sopra esposte. E di ciò ha dato notizia a tutti i Testimoni mediante l’edizione del maggio 1991 del loro bollettino interno Il Ministero del Regno, nel quale, a pag. 7, apparve questo annuncio:

È disponibile un dossier di sentenze e informazioni relative ai diritti dei testimoni di Geova di ottenere l’affidamento dei figli e di far loro visita da utilizzare quando un proclamatore del Regno viene citato in giudizio per questioni di separazione coniugale, divorzio e affidamento dei figli minori. Il corpo degli anziani può ottenere questo dossier dal Reparto legale della Congregazione Centrale. Ricevuto il dossier, il singolo proclamatore può rimborsare alla Congregazione Centrale le spese di spedizione. Il dossier contiene sentenze e materiale da dare al proprio avvocato prima che la causa sia discussa in tribunale, permettendogli così di prepararsi ad affrontare qualsiasi problema possa sorgere. Il corpo degli anziani non dovrebbe richiedere queste informazioni per il proprio archivio, ma solo quando è in corso un processo.

Successivamente, nell’edizione in lingua inglese dello stesso bollettino interno,* * Numero dell’agosto 1992 (Vol. 35, n. 8), pag. 7.

venivano provvedute ulteriori informazioni, resesi evidentemente necessarie a motivo del fatto che l’offensiva » legale nei loro confronti assumeva proporzioni sempre crescenti. In esso venivano provvedute le seguenti istruzioni: È disponibile un dossier di materiale legale da utilizzare quando i proclamatori sono citati in giudizio per questioni che riguardano l’affidamento dei figli e il far loro visita. Il dossier contiene sentenze e materiale da dare al proprio avvocato in tutti quei casi nei quali viene messa in dubbio l’idoneità del genitore a motivo delle sue credenze e pratiche religiose. il corpo degli anziani dovrebbe mettersi in contatto con l’ufficio legale della Società nei seguenti casi: (a) quando documenti legali o sentenze del tribunale indicano che vi è un attacco alla religione del proclamatore; (b) nel caso in cui dovesse essere utilizzata nella testimonianza contro il proclamatore della letteratura apostata o un esperto in religioni, o un ex Testimone;* (c) quando è richiesto un interrogatorio preliminare del proclamatore; (d) nel caso in cui dovesse essere programmato un esame psicologico individuale o del nucleo familiare. Il dossier non è stato preparato per i casi che prevedono problemi di natura secolare, quali per esempio controversie sulla proprietà. * Esemplificativo di quanto i Testimoni di Geova temano le testimonianze dei loro « ex » e cerchino di inficiarle ricorrendo alla demolizione morale di questi ultimi, è il caso recentemente accaduto in Puglia. Con il titolo « Accuse infamanti ritrattate in pretura », il giornale Lo Stradone, del dicembre 1993, riportava il caso di un Testimone di Geova citato in giudizio per aver rivolto gravissime accuse a un ex Testimone di Geova, e costretto in sede giudiziaria all’ammissione di colpa per poter ottenere la remissione della querela. Tale procedimento è iscritto alla Procura della Repubblica presso la Pretura circondariale di Trani al n. 11055/91 e vede imputato F. C. ai sensi del l’art. 595, 11 comma dei Codice Penale. La remissione della querela avanti ai pretore di Corato è del 3 maggio 1993. Questo, naturalmente, non è che uno dei tanti casi che riguardano i Testimoni di Geova che lasciano il Movimento. Carl Olof Jonsson, autore di alcuni importanti testi sul Geovismo, fu pure oggetto di attacchi inqualificabili alla sua persona, dei quali parla a pag. 9 del suo libro I Tempi dei Gentili (Edizioni Dehoniane, Roma 1989), che fra l’altro veniva descritta come « uomo immorale ».

Il linguaggio usato alla fine è rivelatore. La Società Torre di Guardia considera i casi giudiziari che riguardano l’affidamento dei figli come un problema di natura religiosa, da inserire nella loro lotta per la « libertà di adorazione »; tutti gli altri li classifica come controversie « secolari ». Una delle pubblicazioni che abbiamo precedentemente elencato, quella intitolata Preparing For Child Custody Cases (Preparati per i casi di affidamento dei figli), apertamente invita i Testimoni a mentire nel corso della loro deposizione. L’opuscolo in questione, infatti, come ha scritto Rosalie Duron: È stato preparato ad uso interno per provvedere assistenza ai loro membri nel prepararsi a rispondere nelle questioni relative alle cause di divorzio e per incoraggiare i giovani Testimoni a presentare, sotto giuramento, una veduta totalmente distorta delle opportunità che sono loro concesse di farsi strada nel mondo civile. Un esempio di questo è rappresentato dal fatto che questa pubblicazione suggerisce al minore di dichiarare in tribunale che una delle sue aspirazioni sarebbe quella di fare il giornalista (professione che richiede una laurea), quando è ben noto che l’organizzazione è fortemente contraria all’istruzione universitaria, e che i Testimoni la considerano come la causa della sicura perdita della fede e fonte di associazioni immorali.* *Liberty, settembre-ottobre 1991, pag. 16.

Dopo aver esaminato l’opuscolo di cui ci stiamo occupando, un magistrato della città di Kansas City, il giudice Bouska, in occasione di un procedimento che vedeva contrapposti marito e moglie sull’affidamento del loro bambino di sei anni, concluse che il manualetto « era preparato allo scopo di istruire i Testimoni a nascondere alcune delle loro vere credenze e per fuorviare i giudici in merito a ciò che veramente sono le loro dottrine e atteggiamenti nei confronti dei minori ». Egli concluse dicendo che la Torre di Guardia insegna: « Non vi è niente di male nel depistare o anche nel mentire a qualcuno se questi non è un Testimone di Geova ».* *Intervista registrata su videotape al giudice James W. Bouska del tribunale di Kansas City, datata 1994. Il caso di riferimento è quello di Raymond e Joni Estes per l’affidamento del piccolo Scotty.

Un esempio di questo modo fuorviante di presentare se stessi e le dottrine geoviste per convincere i magistrati della loro idoneità quali genitori, è dato dalla risposta che viene suggerito ai Testimoni di Geova di dare in merito alla domanda che frequentemente viene loro posta dalla gente, e cioè se essi pensano di essere i soli a salvarsi ad Armaghedon, la finale « battaglia di Dio ». La Società, nel l’opuscolo, suggerisce che essi rispondano dicendo: « È Geova a giudicare, non noi ». Ma, in realtà, i Testimoni insegnano chiaramente che solo quelli affiliati alla loro Organizzazione e che godono di buona reputazione sopravviveranno ad Armaghedon, di conseguenza essi conoscono già anticipatamente tale giudizio. Infatti, un manuale geovista per lo studio biblico ai nuovi associati — intitolato Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca — insegna che vi è solo una vera

religione e che tutte le altre sono false e, di conseguenza, tutti quelli che ne fanno parte saranno annientati: Geova ha mai impiegato più di una organizzazione alla volta? Al tempo di Noè, solo lui e quelli che erano con lui nell’arca furono protetti da Dio e sopravvissero al Diluvio.(1 Pietro 3,20) Anche nel primo secolo non c’erano due o più organizzazioni cristiane. Dio trattava con una soltanto. C’erano « un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo » (Efesini 4,5). Similmente Gesù predisse che anche nei nostri giorni ci sarebbe stata un’unica fonte di istruzione spirituale per il popolo di Dio... Non illudetevi che ci siano altre strade o modi per ottenere la vita nel nuovo sistema di Dio. Ce n’è una sola. Ci fu solo un’arca che superò il Diluvio, non varie imbarcazioni. E ci sarà un’unica organizzazione — la visibile organizzazione di Dio — che sopravvivrà alla «grande tribolazione » che s’avvicina rapidamente. Non è affatto vero che tutte le religioni portino allo stesso luogo... Se volete ricevere da Geova Dio la benedizione della vita eterna, dovete far parte della Sua organizzazione, facendo la Sua volontà.* * Potete vivere per sempre su una terra paradisiaca, Roma 1982, pagg. 193, 255.

La contraddizione fra le dichiarazioni per « quelli di fuori », ai quali si deve celare la verità, e la dottrina ufficiale in cui si deve credere, è evidente. La giustificazione che consente ai Testimoni di mentire senza sentirne il disagio è sempre quella provveduta dalla dottrina della guerra teocratica di cui abbiamo già discusso, secondo la quale mentire (o, se vogliamo ricorrere alla fraseologia geovista, non rivelare la verità) è appropriato, se sono in gioco gli interessi dell’Organizzazione. Un eccellente commento all’opuscolo Preparing for Child Custody Cases è provveduto da Raymond Franz, che per nove anni ha fatto parte del supremo consesso dei Testimoni di Geova, il Corpo Direttivo. In un suo recente libro egli spiega: L’opuscolo di più di 60 pagine provvede indicazioni ai Testimoni che sono genitori, ai loro figli, ai loro avvocati, ed anche agli anziani locali e ad altri che possono essere chiamati a testimoniare, presentando in anticipo le domande insidiose che possono essere fatte da parte avversa e provvedendo degli esempi di risposte tipo. Riferendoci all’articolo della Torre di Guardia sull’onestà citato in precedenza**, possiamo ricordare che esso diceva: « Che dire della veracità? Rispettiamo realmente la verità, o siamo disposti a torcere un pochino la verità, per toglierci da una situazione imbarazzante, o per ottenere qualcosa che vogliamo? ». Si paragonino queste parole con alcune delle risposte che il manuale della Società suggerisce di dare. Al sottotitolo « Come il genitore testimone deve prepararsi al controinterrogatorio », troviamo questa domanda e la risposta suggerita (pag. 12): [ Saranno distrutti tutti i cattolici (o altri)? [Risposta suggerita]: E’ Geova a giudicare, non noi. Una risposta del genere suona bene, in quanto esprime un’idea di libertà dal dogmatismo e dall’atteggiamento di condanna. Tuttavia il Testimone che risponde in tal modo sa che le pubblicazioni della sua organizzazione insegnano chiaramente che solo quelli che sono associati con « l’organizzazione di Geova » sopravviveranno alla « grande tribolazione », e che tutti quelli che non aderiranno ad essa saranno distrutti.* *“ Alla ricerca della libertà cristiana, Atlanta, Commentary Press 1991 **“ La Torre di Guardia del 1 luglio 1974, pag. 410, par. 17

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Franz, poi, passa a commentare la sezione intitolata « esame diretto e risposte per gli anziani locali», nella quale l’opuscolo presenta le seguenti domande e risposte: Qual è il punto di vista [ religione dei Testimoni] nei confronti degli appartenenti alle altre religioni? Gesù insegnò ad amare il prossimo come noi stessi, nessuno escluso; noi rispettiamo il diritto degli altri di adorare come a loro piace.[La chiesa geovista] insegna che tutti i giovani dovrebbero apprendere solo la religione dei testimoni di Geova? No. Si considerino le seguenti osservazioni imparziali sulle altre religioni contenute nelle nostre pubblicazioni. [Questa risposta è seguita da un elenco di articoli contenuti nelle riviste La Torre di Guardia e Svegliatevi!].

Su questa parte dell’opuscolo Franz esprime la seguente opinione:

Ancora una volta, le risposte sottintendono un atteggiamento di notevole tolleranza [ la religione] e di notevole apertura mentale. Tuttavia, di nuovo, il Testimone « anziano » che risponde in tal modo sa bene che la sua religione insegna invece che « tutti gli appartenenti alle altre religioni» si trovano dentro « Babilonia la Grande », l’impero della falsa religione, raffigurata nelle Scritture come una « grande meretrice », e che la loro adorazione è considerata non cristiana e che il persistere in essa porta inevitabilmente alla distruzione. Egli sa pure che i Testimoni sono esortati a non avere relazioni sociali con tali « persone di altre religioni », poiché la loro frequentazione avrebbe un effetto « corruttore », e che l’unico momento in cui è possibile frequentare persone del genere è solo durante l’attività di « testimonianza » di casa in casa nella speranza che essi cambino religione. Egli sa che tutti gli articoli contenuti nell’elenco dell’opuscolo mettono in risalto gli aspetti negativi delle « altre religioni » e che l’Organizzazione scoraggia la lettura della letteratura da esse prodotta; l’unica lettura consentita e utile è quella pubblicata dall’Organizzazione stessa.

In definitiva, Franz conclude: I giovani ai quali è consigliato di rispondere in tal modo devono sapere che viene loro chiesto di presentare un quadro che è molto differente da quello che in effetti emerge dalle pubblicazioni della Torre di Guardia. Se essi parlassero veramente mossi dalla verità, senza « torcerla », non dovrebbero suggerire ai loro membri di parlare diversamente da come farebbero durante un’assemblea di circoscrizione — o altrove.*

*Questa dichiarazione di Franz deriva dal fatto che, a pag. 43 dell’opuscolo Preparing for Child Custody Cases, la Società Torre di Guardia spiega in che modo i giovani che sono chiamati a testimoniare in tribunale devono essere anticipatamente preparati a rendere la loro deposizione: «Questo dev’essere usato per mostrare che essi sono normali. Cercate e intervistate giovani della locale congregazione che sono cresciuti come testimoni di Geova e che, in base all’opinione del sorvegliante che presiede, sono di mente spirituale ma che nel contempo amino le cose che normalmente i giovani amano. Essi non devono praticare sport competitivi. Stiate attenti a che non diano l’impressione di trovarsi a presentare una dimostrazione all’assemblea di circoscrizione, quando spiegano che le cose che mettono al primo posto nella loro vita sono l’andare in servizio e la frequenza alle adunanze. Fate vedere che essi praticano degli hobby, che amano le attività sociali, gli sport e, specialmente, che fanno progetti per il futuro. State particolarmente attenti che non tutti dicano di voler fare i pionieri. Fate dire loro che progettano di avviare attività commerciali, di sposarsi, di avere figli, di intraprendere la carriera giornalistica e tante altre cose. Se possibile dovrebbero mostrare interesse per le arti e per il teatro. Devono essere puliti, morali, onesti, ma con gli interessi che ci si aspetta che abbiano tutti i giovani normali. »

Quella che abbiamo illustrato è proprio la condotta regolarmente seguita dai Testimoni; un’esperta in questa materia, Lorri MacGregor, così ha scritto: Il vostro coniuge (o ex coniuge) Testimone cercherà disperatamente di ottenere la custodia dei figli. Preparatevi al peggio. Molti hanno dovuto difendersi da false accuse difficili da smontare. Essi desiderano dimostrare che siete genitori inaffidabili. Vi troverete di fronte dei testimoni che hanno osservato il vostro comportamento con i vostri figli... A loro disposizione saranno degli ottimi esperti legali, ed il vostro coniuge e i vostri figli saranno addestrati in anticipo circa ciò che dovranno dire in tribunale. La vostra impreparazione o quella del vostro avvocato vi farà perdere i vostri figli! …...Essi non esiteranno a mentire, anche sotto giuramento. La loro dottrina della «menzogna giustificata » insegna che la verità va detta soltanto a quelli « che hanno il diritto di conoscerla ». I tribunali, i sistemi giudiziari, gli altri membri della famiglia, gli ex coniugi, ecc., a motivo del fatto che si oppongono ai Testimoni o per il solo fatto che non fanno parte dell’«organizzazione di Geova », non meritano di conoscere la verità. Per i Testimoni di Geova, essi appartengono a Satana ed è giusto mentire loro per proteggere « Geova » e la sua organizzazione terrena (cioè la Società Torre di Guardia)... Ai bambini viene detto di tutto per allontanarli da voi e dal male che è in voi. Essi saranno addestrati a parlare contro di voi in tribunale. Anche se il giudice dovesse vietare che ai bambini si parli di religione durante il periodo di visita concesso, essi saranno lo stesso istruiti a « odiarvi » per il solo fatto che siete degli oppositori dell’organizzazione di Dio*

* Lorri MacGregor, « Fractured Families » in MacGregor Ministries News and Views, ottobre 1994, n. 30, pagg. 3-5.

Il che vuol dire che il coniuge Testimone, pur di ottenere l’affidamento, sarà disposto a giurare il contrario di tutto ciò che costituisce l’essenza della sua fede religiosa. Per esempio, dichiarerà sotto giuramento che non vi è nessun problema nel consentire ai figli di celebrare le feste, di giocare con i « bambini del mondo », di partecipare agli sport scolastici, andare all’università o ricevere una trasfusione di sangue se ciò è necessario per salvare la vita del bambino (e al riguardo vorrebbero far credere che l’accettazione del sangue non dia luogo alla disassociazione). Alcuni affermano di essere persino disponibili a consentire al coniuge non Testimone di prendere la decisione al riguardo (che consentirebbe perciò al minore di ricevere la necessaria trasfusione) sebbene tutto questo sia, in modo eclatante, in conflitto con le esplicite direttive della Torre di Guardia: Se a un cristiano viene chiesto di sottomettersi a qualcosa che viola la superiore legge di Dio, la legge divina ha la precedenza. Alcune leggi odierne fondamentalmente buone possono essere applicate male per autorizzare a trasfondere coattivamente un cristiano. In questi casi i cristiani devono assumere la stessa posizione che assunse l’apostolo Pietro quando disse: « Dobbiamo ubbidire a Dio come governante anziché agli uomini ». — Atti 5,29. Con buone ragioni i cristiani sono stati assolutamente determinati a ubbidire a Dio, anche se un governo ordinava loro di fare altrimenti.* * La Torre di Guardia del 15 giugno 1991, pag. 31. Si può notare, in questa considerazione, come vengano inculcati nei lettori della rivista alcuni concetti del tutto fuorvianti. Innanzitutto viene fatto continuamente riferimento al termine «cristiani » sottintendendo che lo siano solo ed esclusivamente i Testimoni di Geova. Poi, come abbiamo già altrove commentato, viene spiegato che le leggi dei governi sono buone soltanto quando vengono applicate in modo da soddisfare le interpretazioni religiose dei Testimoni di Geova. Esse sono infatti definite « fondamentalmente buone », ma « applicate male» se violano le dottrine geoviste. Da questo insegnamento ufficiale ne deriva che non esistono leggi buone in nessun governo se non incontrano il favore del Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova. Questo modo di pensare è chiaramente eversivo nel pieno significato del termine, e fa comprendere quale credibilità debba essere prestata alle loro dichiarazioni davanti ad una corte di giustizia che, proprio perché a volte applica leggi a loro sgradite, è considerata « non degna di conoscere la verità ».

Nell’opuscolo più volte citato viene raccomandato ai genitori Testimoni che, in sede di interrogatorio, dicano esattamente il contra rio di quello che costituisce il loro reale modo di pensare e di vivere. A pag. 53 — sotto il titolo: Esame psicologico o psichiatrico dei genitori Testimoni — viene dato il seguente suggerimento:

Oggi i tribunali fanno sempre più affidamento sulle valutazioni e sulle opinioni espresse sia dagli psicologi che dagli psichiatri nel determinare quali siano i migliori interessi di un bambino. Il procedimento su cui si basa la valutazione psichiatrica o psicologica può assumere rilevante importanza ai fini della determinazione se le credenze religiose dei testimoni di Geova abbiano o meno effetti dannosi sui loro figli. Perciò, vi sono sempre crescenti possibilità che sia i coniugi che i loro figli vengano sottoposti a degli esami psicologici, sia per decisione del tribunale che su proposta di qualche legale. Lo scopo di questa trattazione è quello di aiutarvi a comprendere, ed a prepararvi per un tale esame psicologico o psichiatrico. In passato molti nutrivano diffidenza verso le cure di tali professionisti e addirittura a volte le rifiutavano. Non vi è alcuna base per nutrire un tale timore preconcetto o sfiducia.* Tenete presente che lo scopo principale di una procedura del genere da parte del tribunale, e dell’esame psichiatrico o psicologico, è quello di determinare quale dei genitori è più idoneo per provvedere al figlio una casa confortevole e sicura. Per aiutarvi a comprendere come possono essere applicati i precedenti principi generali, vi sono provvedute le seguenti domande e risposte per assistervi nel caso di un’analisi psichiatrica o psicologica. Come abbiamo già detto, chi viene sottoposto a tale esame non dovrebbe essere indebitamente sospettoso o porsi sulla difensiva nei confronti dell’analista che compie l’esame. Dovreste cercare di rispondere apertamente ad ogni domanda, comprendendo che il compito dell’analista è proprio quello di ottenere delle informazioni da voi. Quanto segue è un esempio di come non dovreste rispondere durante il colloquio. * Qui l’Organizzazione mente persino ai suoi stessi affiliati, omettendo di dire che era proprio essa stessa a nutrire tale sfiducia e a considerare gli specialisti in salute mentale degli stregoni al servizio del diavolo. Vedi, per esempio, la rivista Svegliatevi! dell’8 febbraio 1976 che, a pag. 27, dichiarava: « Sì, chi ama la giustizia... invece di rivolgersi a psichiatri e psicologi che per la maggior parte sono anch’essi privi di fede, si rivolga alla Bibbia »; oppure la Svegliatevi’ dell’8 agosto 1960: « Di norma, andare da uno psichiatra mondano significa per il cristiano ammettere d’aver fallito » (pag. 30) Ed infine la Svegliatevi! dell’8 maggio 1957 sosteneva che: « Lo stregone è il diretto antenato dello psichiatra » (pag. 16).

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Quindi, l’opuscolo mostra che le risposte da dare sono quelle che un Testimone di Geova non si sognerebbe mai di dare a uno dei suoi « anziani » o degli altri suoi correligionari, ma che deve invece dare a un estraneo, qual è il giudice o il medico incaricato di analizzarlo, per convincerli d’essere una persona del tutto normale. A chi si chiede come è possibile che gli appartenenti a un movimento, che si dichiara l’unica confessione cristiana oggi esistente al mondo, possano senza difficoltà fare della menzogna deliberata una delle loro principali risorse quando si trovano in difficoltà, rispondiamo che è proprio a motivo del fatto che, come nel caso di altri movimenti religiosi alternativi, gli adepti hanno sviluppato la cosiddetta « mentalità dell’assedio ». Si ritengono, cioè, assediati dal nemico — cioè il mondo intero — e per poter sopravvivere devono ricorrere a tattiche di strategia bellica « spirituale» che consentono di battere il loro principale avversario, il Diavolo, rappresentato vicariamente dai governi e dalle autorità umane.

Così come un agente segreto in tempo di guerra, se spia il nemico per la patria, è considerato un eroe, allo stesso modo, i Testimoni di Geova, quando riescono a dissimulare i loro veri sentimenti e il loro reale modus operandi al nemico, considerano tale comportamento commendevole, anzi, appropriato e voluto da Dio. Un altro capitolo significativo sulla via della comprensione delle « strategie » difensive attuate dai movimenti religiosi alternativi nella perenne battaglia contro tutto il « mondo » riguarda più da vicino la realtà italiana. In occasione di un procedimento giudiziario,* * Pretura civile di Roma - Sezione Lavoro, causa 94447/93 che vedeva contrapposti una coppia di ex Testimoni di Geova e la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, il vicepresidente della Congregazione ebbe a dichiarare, testualmente: « la Congregazione Centrale non ha alcun fascicolo personale dei propri associati »* * Dichiarazione del 22 giugno 1994

e « non abbiamo nella sede centrale nessun fascicolo concernente i [ ricorrenti] ».* *

Udienza del 21 marzo 1994

Orbene, i coniugi ex Testimoni di Geova nel 1988 si erano dissociati dal Movimento con un comunicato formale trasmesso alla sede romana del gruppo. La procedura adottata in questi casi prevede che i fascicoli di coloro che si dissociano o vengono disassociati debbano essere conservati, in archivi riservati, per un tempo indeterminato e, comunque, per non meno di cinque anni a far tempo dalla data dell’eventuale riassociazione. Se la riassociazione non avviene, i fascicoli rimangono permanentemente negli archivi del Movimento.* *Oltre alle numerosissime circolari ufficiali ad uso interno esistenti al riguardo, citiamo, di seguito, una nota ufficiale del legale della sede internazionale della Società Torre di Guardia, l’avvocato L. R. Long, il quale in una comunicazione del 18 luglio 1989, avente per oggetto « La disposizione del Comitato Giudiziario dei testimoni di Geova e la riservatezza delle registrazioni », al terzo comma dice: « La disposizione del comitato giudiziario con la sua azione di disassociazione ed il conservare le registrazioni relative fa parte delle norme e delle procedure del governo ecclesiastico dei testimoni di Geova... Questi archivi sono necessari per un’appropriata gestione della disposizione dei comitati giudiziari e non possono essere mostrati ad alcun membro o a ex membri di qualsiasi congregazione ». La necessità, fra l’altro, di detenere le registrazioni riguardanti tutti gli ex membri, è spiegata con le seguenti parole: « Inoltre, se un ex membro desiderasse essere riassociato dopo essersi trasferito in un’altra congregazione, sarebbe indispensabile che quest’ultima potesse conoscere tutte le circostanze precedenti prima di consentire a questa persona di essere riammesso nella nuova congregazione ». Infine, a ulteriore conferma dell’esistenza di registrazioni del genere, l’avvocato Long conclude spiegando: « La Legge Federale relativa alla Libertà d’Informazione... non si applica agli archivi riservati dei comitati giudiziari delle congregazioni dei testimoni di Geova ».

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Quindi, i medesimi atti amministrativi interni del Movimento mostrano chiaramente che, nella circostanza cui abbiamo fatto riferimento, il legale rappresentante della Società Torre di Guardia in Italia ha mentito asserendo che non esistono fascicoli relativi ai due ex Testimoni di Geova. E questa, assieme alle tante altre, è la dimostrazione che, quando si tratta di tutelare i propri interessi, sia i singoli membri che i rappresentanti ufficiali di questa Organizzazione fanno della menzogna un’arma di lotta « spirituale » per ottenere i risultati che sono loro più convenienti. La prassi seguita in Italia è il frutto di un più ampio disegno e non esclusivamente limitata a questioni di secondaria importanza. Come è noto, in seguito al dissolvimento dell’impero sovietico, in tutti i paesi dell’area ex comunista vi è stata, letteralmente, un’invasione di movimenti religiosi alternativi, che hanno trovato, dopo settant’anni di « ateismo » ufficiale, un campo fertile per la loro propaganda e il loro proselitismo. Fra i tanti, naturalmente, la Società Torre di Guardia che, in ossequio alla sua ormai consolidata dottrina della « strategia teocratica », non ha esitato a ricorrere ad un contorcimento della verità, pur di ottenere il riconoscimento giuridico nella Repubblica Ceca. Riassumiamo i fatti risalenti all’estate del 1993. Con una lettera* * Si tratta di una lettera, in lingua inglese, datata 30 luglio 1993 indirizzata al Ministero della Cultura in persona del dott. P. Zeman da parte del « Comitato Preliminare della Società Religiosa dei testimoni di Geova ». il responsabile del Ministero della Cultura del la Repubblica Ceca aveva sollevato alcune obiezioni relative alla richiesta della « Società Religiosa dei Testimoni di Geova » di ottenere la registrazione ufficiale presso il Governo di Praga. Le obiezioni riguardavano tre punti in particolare, e cioè se è vero che i Testimoni di Geova sono tenuti all’obbligo di non sottoporre, qualora necessario, i loro figli minori alle trasfusioni di sangue; se è vero che ai Testimoni di Geova è proibito di svolgere il servizio militare; se è vero che ai Testimoni di Geova è proibito svolgere anche il servizio civile alternativo. A tutte e tre queste importanti questioni, dalle quali dipendeva il riconoscimento giuridico o meno dell’Organizzazione, i signori Eduard Sobicka e Ondrej Kadisa, risposero negativamente, usando come formula comune per tutti i quesiti l’espressione: « La risposta è: No, la Società non lo insegna». In altre parole, negarono che: — l’Organizzazione proibisca agli adepti di ricevere per se stessi o per i loro figli sangue in qualsiasi forma, pena la scomunica [ disassociazione] dal gruppo; — il rifiuto del servizio militare sia imposto dall’Organizzazione, mentre si tratterebbe di una libera scelta; — ai Testimoni sia proibito di svolgere il servizio civile sostitutivo perché la Bibbia non dice nulla sull’argomento.

Chiunque conosca i Testimoni di Geova sa benissimo che le cose stanno esattamente al contrario e la letteratura che lo dimostra è così copiosa che non è possibile citarne anche solo una piccola par te. Quest’episodio, pertanto, si aggiunge a tutti gli altri, a dimostrazione dell’assunto che, quando questa Organizzazione ritiene di doversi travisare allo scopo di ottenere vantaggi per se stessa, non esita a farlo, anche ricorrendo alla menzogna o a false informazioni, come nel caso appena illustrato. Quindi, quando un magistrato (o un qualunque funzionario dello Stato) dovesse trovarsi ad esprimere delle valutazioni d’ufficio relative a fatti e circostanze implicanti adepti di movimenti religiosi alternativi, dovrebbe tener conto che di fronte a sé ha degli individui che, pur mentendo, non pensano d’essere colpevoli, ma pienamente nel giusto e che non mostrerebbero, nemmeno se sottoposti al Lie Detector, turbamenti di sorta perché in piena buona fede, convinti di dire ciò che è giusto 78 - 79

CAPITOLO TERZO CONSEGUENZE SULLA FAMIGLIA Anche chi non è un maniaco del piccolo schermo, è sicuramente al corrente della pletora di maghi, pranoterapeuti, parapsicologi e varia umanità che pubblicizza una merce sempre molto richiesta: la felicità. Tutti costoro — siculi travestiti da francesi, lombardi da levantini — offrono a modico prezzo il segreto della felicità, il segreto della ricchezza, il segreto dell’amore, insomma tutta la varia mercanzia che la credulità umana è sempre disposta ad accettare. Certi movimenti religiosi alternativi non sono da meno. I loro esponenti sanno bene che di tale richiesta non vi sarà mai penuria, pertanto se ne fanno pingui distributori. Un esempio, fra i molti, è offerto da una recente pubblicazione dei Testimoni di Geova, intitolata per l’appunto: Il segreto della felicità familiare.’* * Edito dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova e stampato a Roma nel 1996

In questo volumetto, dopo aver provveduto una copertura fittizia per far sembrare che tale segreto sia la fedeltà alla Parola di Dio, gli autori rivelano qual è il vero scopo che essi si prefiggono: indurre le persone ad acquistare la letteratura dell’Organizzazione geovista e iniziare ad essa l’incauta vittima. Infatti, a pagina 68 di tale pubblicazione è scritto: «Siamo grati che la Bibbia contenga una chiara guida per quanto riguarda la condotta sessuale, e la Watch Tower Society ha pubblicato molte informazioni utili.., perché non vi avvalete di questo aiuto? Per esempio, perché non ripassate con vostro figlio o con vostra figlia la parte “Sesso e valori morali” nel libro I giovani chiedono... risposte pratiche alle loro domande? Sarete piacevolmente sorpresi dai risultati ». Dopo di che, il passo successivo consigliato (pag. 134) è: « Appena possibile, cercate di presentare ai vostri genitori qualche anziano o altri Testimoni maturi della congregazione locale. Incoraggiateli ad andare alla sala del Regno per sentire con i propri orecchi di cosa si parla e vedere personalmente che specie di persone sono i testimoni di Geova ». Ecco svelato il « segreto »: appartenere al Movimento. Vieni con noi e sarai felice. Ma è così? Oppure è proprio l’esatto contrario? Nelle pagine seguenti saremo aiutati a trovare la risposta.

I giovani e la religione Nel 1993 resoconti giornalistici ci hanno narrato di decine di migliaia di giovani elettrizzati «che sono la delizia della polizia: tanto sono buoni, cortesi, non bevono, non picchiano, non urlano, non si sbracano a far l’amore dietro gli angoli.., ridono, scherzano, si salutano con grandi gesti. E — deliziosi — puliscono, invece di sporcare, si mettono pazienti a raccattare schifezze lungo le strade principali che portano a l”evento” ». Non si sta parlando di uno dei tanti raduni dei Testimoni di Geova, pubblicizzati — almeno fino a qualche anno fa — con idilliache descrizioni di «famigliole in perenne scampagnata un po’ Disneyland un po’ Mulino Bianco », per usare le parole di Sandro Magister dell’Espresso; la citata descrizione riguardava i convenuti a Denver, in Colorado, per ascoltare il Papa! La risposta dei giovani alla visita papale è stata interpretata come un segno tangibile della loro riscoperta della fede in risposta al vuoto di valori del mondo contemporaneo; comunque, per una migliore comprensione di questi comportamenti giovanili, è necessario qualche approfondimento. In base ad una ricerca dello Iard (un istituto milanese di rilevazione sociale statistica) sulla condizione giovanile e la religiosità, è emerso che nell’ultimo decennio è aumentato il numero dei giovani che vanno a messa e che su 10 giovani di età compresa tra i quindici e i ventinove anni, 8 credono in Dio. Eppure, solo il 43% di coloro che si dichiarano credenti, va a messa una volta al mese; mentre soltanto il 22% asserisce di partecipare a qualche attività nell’ambito ecclesiale. Nel complesso, come osserva R. Delera, assistiamo ad « una crisi tra istituzione religiosa e giovani, che sembra dimostrata dagli atteggiamenti delle nuove generazioni su temi particolarmente scottanti come il sesso, l’aborto e l’omosessualità: i ragazzi italiani, secondo lo Iard, sono più tolleranti rispetto ai dogmi cattolici ». Questa descrizione ci consente di vedere anche nella religiosità giovanile i prodromi di ciò che il sociologo Franco Garelli ha definito « processo di secolarizzazione della fede cattolica che non conosce battute d’arresto. È una fede sempre più labile, stemperata, priva di vero significato »; è la fede di chi frequenta occasionalmente una chiesa e, contemporaneamente, si rivolge a maghi e fattucchiere per risolvere i propri problemi. Di fronte a una situazione del genere non si può non convenire con chi afferma che cresce la religiosità, ma diminuisce la fede. Infatti, come ha scritto il vescovo G. Chiaretti, « la religiosità, che è più legata all’emozione istintiva e più libertaria, dice che il bisogno di Dio cresce sempre più; mentre la fede, che è più legata alla scelta matura libera, consapevole ed è più impegnativa, dice che la scelta d’un cammino rigoroso, o almeno serio, è difficile »* * G. Chiaretti, « Cresce la religiosità, diminuisce la fede » in L’Ancora n. 27 del 27 luglio 1993.

L’Iddio della fede non è un generico «Creatore », che se ne sta nell’alto dei cieli per i fatti suoi e ci lascia liberi di fare il nostro comodo, condito magari di un occasionale buon pensiero, invece è un Dio che s’impegna e che impegna, un Dio consolatore ma anche scomodo. In tale contesto l’adesione a un movimento religioso alternativo è un’esperienza che imprime un marchio indelebile nella vita di chiunque la subisca. Quando, poi, tale esperienza si fa negli anni della formazione fisica ed intellettiva, in tal caso l’impronta costituisce un vero e proprio handicap che esercita la sua influenza negativa per tutta la vita.

Condizionamento senza età Che il proselitismo dei movimenti religiosi alternativi non conosca limiti, lo dimostra un caso assurto agli onori della cronaca qualche anno fa. Una donna veneta, dirigente d’azienda, decise, d’intesa col marito, di affidare il proprio figlio di sette mesi alle cure del proprio fratello e della moglie di costui per poter continuare a lavorare. Si era nel 1988 e i due baby-sitter accettarono volentieri l’impegno. Col passar del tempo, questa lavoratrice madre cominciò a notare strani atteggiamenti nel bambino; per esempio, nel 1991, quando fu deciso di fargli frequentare la scuola materna, il bimbo espresse un netto rifiuto della scolarizzazione, preferendo la compagnia della zia baby-sitter. Inoltre, agli occhi dei genitori, il bimbo « pareva come attratto o infatuato dagli zii », principalmente in campo religioso. Narra, infatti, la mamma: « mi accorgevo che stavano, a poco a poco, “rubando” mio figlio. Infatti, la prima conferma l’ho avuta una sera, quando il bimbo si è rifiutato di baciare il piccolo crocifisso, appeso alla collanina portata al collo da mio marito. Egli si mise la mano sulla bocca, riferendo successivamente che Gesù era morto non in croce bensì su un palo, così come gli avevano insegnato gli zii. Quando noi cercavamo di convincerlo del contrario, secondo gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, lui si metteva le mani sulle orecchie per non sentire ». A questo punto è evidente che gli zii baby-sitter, professanti il credo geovista, avevano già iniziato indebitamente l’opera di indottrinamento sulla ingenua mente del bimbo affidato alla loro custodia. Che tale influenza religiosa avesse sortito effetti efficaci è confermato dal seguente racconto della madre della «vittima »: « Un altro episodio per me significativo è stato quando l’ho portato in auto ad una visita pediatrica e, vedendo l’edificio della Chiesa parrocchiale, egli esclamò: “Mamma, guarda Babilonia!” (tipica espressione adoperata dai Testimoni di Geova per designare tutte le chiese della cristianità)... ogniqualvolta lo volevo portare in chiesa ad assistere alle funzioni, piangeva disperatamente per non andarci... Inoltre, più persone mi riferivano di aver visto mio figlio in compagnia di mia cognata, quando questa andava a suonare i campanelli per piazzare le riviste della Torre di Guardia ». Qualcuno potrebbe osservare che l’intollerante comportamento di questi baby-sitter « plagiari » sia un raro caso di eccesso di zelo e di fraintendimento dello spirito di « condivisione » che caratterizza i Testimoni di Geova, ma chi dovesse pensarla così si sbaglierebbe di grosso: il caso citato rientra in una prassi raccomandata e incoraggiata dai vertici dottrinali del Geovismo. Infatti, in una pubblicazione geovista* *1993 Annuario dei Testimoni di Geova, Roma 1993, pag. 179. si propone come esempio il comportamento di un’anziana Testimone, che ricalca l’episodio descritto sopra. Racconta la fonte geovista: « Mario, un bambino di appena quattro anni, passa molto tempo con la nonna, che è una Testimone da molti anni. Un giorno l’altra nonna di Mario, che è cattolica, è andata a trovarlo e gli ha chiesto se voleva andare in chiesa con lei. “Non più, nonna”, ha risposto. Lei gli ha chiesto il motivo del suo rifiuto e lui ha replicato: “Babilonia la Grande, nonna!” ». Tornando al piccolo protagonista veneto della nostra vicenda, la mamma si vide costretta a limitare al massimo le visite del bimbo agli zii, ex baby-sitter, perché un giorno, di ritorno da casa degli zii

Testimoni, il bimbo si rivolse ai genitori dicendo: « Lo sapete che voi morirete perché non amate Geova? Perché volete che muoia anch’io? perché non volete che io ami Geova? ». I genitori, esterrefatti, gli hanno chiesto chi gli avesse insegnato quelle cose e lui: « E’ stato lo zio ». Fortunatamente, in questa circostanza si è intervenuti in tempo per evitare ulteriori danni alla psiche del bambino, ma quante volte l’indottrinamento settario ha buon gioco e fa vittime innocenti? Perché questo? Perché l’adesione ai movimenti religiosi alternativi, nella fattispecie all’ideologia geovista, non costituisce solo un esercizio intellettuale o un particolare accostamento alla divinità mediante moti interiori che nulla attengono alla vita sociale e di relazione. L’affiliazione al Geovismo, come ad altri movimenti religiosi alternativi, obbliga ad una riconsiderazione del «mondo » in cui l’individuo vive ed opera, che alla fine lo porta alla completa estraniazione da esso. Si comprende, quindi, che nel caso di un bambino tale condizionamento è foriero di gravi pregiudizi al suo equilibrio e al suo corretto inserimento nella società .* * A proposito dei problemi cui vanno incontro i fanciulli che crescono secondo i dettami del Geovismo, si veda M. Mariani — A. Aveta, « Geovismo e società », in Sette e Religioni n. 14, 2/1994, pagg. 81-97. Per quanto riguarda la prassi di discriminare anche i figli di chi abbandona il gruppo, è illuminante la seguente esperienza vissuta da Pina, una ex Testimone di Geova, la quale racconta amareggiata: « Sono andata ai giardini pubblici con mio marito (che non è mai stato Testimone di Geova) e mio figlio di sei anni. Il bambino si è allontanato un po’ da me per giocare con altri bimbi. Mi sono intanto accorta che su una panchina vicino al gruppo dei bambini c’era una Testimone di Geova, che conoscevo, con il suo figlio più o meno della stessa età del mio. Ha fatto finta di non vedermi, come fanno normalmente i Testimoni di Geova quando incontrano degli ex. Ma la cosa che mi ha veramente sconcertata è stata un’altra: ad un certo punto mio figlio si è avvicinato al suo per chiedergli di giocare, come aveva fatto con gli altri e come normalmente fanno i bambini della sua età. Ebbene immediatamente la Testimone di Geova si è chiamata il figlio e lo ha portato in un punto più lontano del parco, dove si è seduta su una panchina. Il comportamento non era stato occasionale perché la sua reazione si è ripetuta; infatti, dopo poco, mio figlio si è ulteriormente allontanato da me per raggiungere il figlio della Testimone di Geova, che con fare indispettito ha richiamato il figlio e si è allontanata definitivamente dal parco. Una cosa simile mi era già capitata con un’altra Testimone di Geova, perciò devo ritenere che sia un modo di fare per loro normale. Veramente questi fatti mi hanno molto turbata, perché se i Testimoni di Geova vogliono discriminare me in quanto ex, per quanto ingiusto e non cristiano, passi, ma perché discriminare anche un bambino? e soprattutto perché inculcare nei loro figli questi atteggiamenti? ».

Quanto precede spiega il fatto che nel corso di liti giudiziarie di affidamento dei figli tra coniugi divisi anche religiosamente (nella fattispecie uno affiliato a un movimento religioso alternativo l’altro no) è opportuno tenere conto delle convinzioni religiose di ciascun coniuge nel determinare i migliori interessi dei minori da affidare (genitore affidatario, frequenza e modalità dei contatti col genitore affiliato al movimento religioso alternativo...), il tutto allo scopo di garantire un sereno ed equilibrato sviluppo psicologico e emotivo dei minori stessi. A proposito di cambiamento del comportamento degli adepti, gli affiliati alla Chiesa dell’Unificazione, che intendono convolare a nozze, sono disposti ad accettare che la designazione del coniuge venga effettuata dal « reverendo » Moon, capo indiscusso della « Chiesa », nella presunzione che siffatte unioni rispecchino una scelta divina. Come fa rilevare Galanter: « Secondo la sua ideologia, la Chiesa dell’Unificazione è l’avanguardia di una fratellanza universale che si formerà quando la sua parola si sarà diffusa in tutto il mondo. Per questa ragione il reclutamento di nuovi membri, o “figli spirituali’, è essenziale per la crescita della Famiglia Unita e quindi per la missione divina di Moon. Dopo che si è impegnato, un seguace entra nel ruolo di figlio perfetto nella Famiglia Unita. Con il tempo questo “figlio” potrebbe diventare idoneo a unirsi nel “sacramento” e a formare una famiglia nella Chiesa. La sua famiglia si modella, dunque, secondo la famiglia perfetta del reverendo Moon, e così si avvicina alla salvezza eterna. Tale concetto religioso contribuisce anche alla totale accettazione dell’autorità di Moon sulla Famiglia Unita, giustificando la dispotica regolamentazione della vita dei seguaci da parte di Moon e dei suoi ».

È evidente che gli adepti non contestano il potere illimitato di Moon; in altre parole, un siffatto matrimonio fa parte di un meccanismo che gli affiliati devono impegnarsi a salvaguardare. Perciò tali fidanzamenti attingono la loro ragion d’essere dalle forze del gruppo per modellare il comportamento dei membri: la « fede » permette ai moonisti di fare un salto di fedeltà, tralasciando i tradizionali modi di scelta di un partner, e di credere nell’ispirazione divina della scelta proposta a ciascuno di loro. In tal modo la Chiesa dell’Unificazione dà prova di riuscire a reprimere la curiosità naturale e i gusti personali degli affiliati. L’acquiescenza dei seguaci al rituale del fidanzamento equivale alla loro malleabilità in tutti gli altri campi di condotta: accettano quello che viene detto loro perché sono stati condizionati a restare strettamente affiliati alla Chiesa dell’Unificazione; una lunga storia di rafforzamento della loro acquiescenza li prepara ad accettare o a razionalizzare qualsiasi cosa chiesta loro dal leader.

Nel caso dei Testimoni di Geova, come abbiamo visto nel capitolo precedente, l’Organizzazione centrale di questo movimento ha predisposto degli opuscoli con la peculiare funzione di presentare un volto « umano » e addomesticato della vita familiare degli adepti; sembra appropriato illustrare, mediante una sofferta testimonianza personale, qual è il quadro che, invece, si presenta attraverso le parole di chi, di tale vita familiare è stato protagonista per lunghi anni. Ecco il suo racconto:

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Che la vita di relazione dei giovani Testimoni venga irreparabilmente pregiudicata è opinione comunemente condivisa da molti specialisti di igiene mentale che si occupano dei guasti prodotti dall’adesione ai movimenti religiosi alternativi. Vi è una vasta bibliografia* al riguardo. Casi documentati mostrano che si è persino giunti all’omicidio dei genitori troppo restrittivi da parte di adolescenti apparentemente normali, ma che vivevano come un incubo la vita all’interno della comunità dei Testimoni.** * M .J. Pescor, Study of Selective Service Law Violation, in The American Journal of Psychiatry, vol. 105, n. 9, pagg. 641-652; J. Von Janner, Die forensisch-psychiatrische und sanitatsdienstilche Wochenschrift, Vol 93, n. 23, pagg. 819-826; J. Spencer, The Mental Health of Jehovah’s Witnesses, in British Journal of Psychiatry, (1975) 126, pagg. 556-559; H. Montague, The Pessimistic Sect’s Influence on the Mental Health of its Members: the Case of Jehovah’s Witnesses, in Social Compass, (1977), 1, pag. 140; Jerry Bergman, I Testimoni di Geova e la salute mentale, op. cit., pagg. 267 e segg.

** Un caso drammatico, e pertinente, è quello di W. C., un sedicenne figlio di una coppia di Testimoni di Geova e attivo Testimone egli stesso che, come riferiscono gli organi di informazione, ha ucciso entrambi i genitori. Gli investigatori sono giunti alla conclusione che il ragazzo abbia compiuto il delitto come un atto di ribellione contro il fatto che padre e madre desideravano che egli si associasse esclusivamente con persone appartenenti alla fede dei Testimoni di Geova. — Chicago Tribune, 28 gennaio 1991; The News-Sun, 25-26 maggio 1991; The Telegraph Journal, 3 novembre 1990.

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Famiglie divise Cosa accade in una famiglia, in cui tutti i membri appartengono ad uno stesso movimento religioso alternativo, quando uno dei componenti decide di abbandonare il movimento in seguito a un’attenta riflessione critica sull’ideologia che lo porta a dissentire profondamente dalla scelta di fede fatta in precedenza? La situazione varia a seconda del movimento a cui appartiene la famiglia in questione: vi sono infatti movimenti religiosi per i quali la frizione, conseguente all’abbandono di un familiare, tra chi è ancora fedele al movimento e chi lo abbandona è limitata e non comporta una crisi familiare di particolare rilievo, mentre nel caso di altri movimenti scoppiano autentiche tragedie quando in una famiglia di adepti qualcuno abiura. A quest’ultimo gruppo appartiene il Geovismo. Che dire, quindi, di quelle famiglie in cui solo uno dei coniugi diventa Testimone di Geova? Secondo i Testimoni di Geova, « in una situazione del genere il genitore Testimone è incoraggiato a riconoscere che anche il genitore non Testimone ha il diritto di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose. I figli esposti a idee religiose diverse non ne risentono affatto, o ne risentono in minima misura » * * I testimoni di Geova e l’istruzione, Roma 1995, pagg. 24-25.

Ma, nella realtà, le cose sono così lineari? Il Corpo Direttivo provvede istruzioni anche per queste circostanze: La separazione è ammessa se un coniuge incredulo (cioè non Testimone) si oppone al punto di mettere davvero il credente (il Testimone) nell’impossibilità di praticare la pura adorazione (= obbedienza alle regole sancite dal Corpo Direttivo).* * Si veda La Torre di Guardia del 1/11/1988, pag. 22, parentesi nostre; si veda pure M. Mariani — A. Aveta, « Geovismo e società », art. cit., pagg. 97-99.

È chiaro, quindi, che certi movimenti religiosi alternativi ritengono che gli adepti farebbero progressi più rapidi se i coniugi fossero separati dagli «increduli »; il che comporterebbe ovviamente una maggiore dipendenza degli affiliati dal gruppo. Ci chiediamo: come può sopravvivere l’armonia familiare, quando viene meno il cemento dell’unità spirituale (quindi morale e ideale) tra i membri di una famiglia religiosamente divisa? I mariti o le mogli affiliati a un movimento forse continuano a vivere in casa, ma smettono di fidarsi del partner « incredulo » o di esaminare seriamente le questioni importanti con lui; talvolta perdono ogni interesse a comportarsi come una coppia vera: i loro pensieri sono tutti concentrati sulla nuova « verità » e quasi tutto il tempo libero è dedicato alle attività del movimento o ad altri adepti, i quali — secondo loro — « capiscono veramente » in una maniera che il partner « incredulo » non riesce a fare. Il risvolto della medaglia è che proprio il partner «incredulo » o « apostata» è il più angosciato

per il fatto che spesso non ha nessuno con cui parlare della nuova situazione creatasi in seguito all’affiliazione religiosa del coniuge! Il problema si aggrava se, per illustrare con un esempio, consideriamo che recentemente La Torre di Guardia del 15/7/1992 impone di odiare l’attività degli apostati; si noti che l’odio di cui parla il Geovismo « racchiude il concetto di provare un tale senso di ripugnanza o forte avversione per qualcuno o qualcosa da non voler avere nulla a che fare con quella persona o cosa »! Ecco che il disagio della famiglia di cui stiamo parlando assume i contorni di una tragedia. A questo punto qualcuno si chiederà: ma è mai possibile che queste direttive così sconvolgenti vengano prese sul serio dai singoli Testimoni? Per rispondere riferiamo due testimonianze, la prima è quella di una insegnante ex Testimone di Geova, che racconta: Appena decisi di dissociarmi per dissenso ideologico dall’organizzazione dei Testimoni di Geova (tra il 1989 ed il 1990), il mio matrimonio cominciò a risentirne in maniera quasi catastrofica. Mio marito — Testimone di Geova — riteneva che avevo portato la divisione in famiglia, così iniziò una serie di lunghe e accese dispute perché mi sforzavo di fargli capire i motivi del mio abbandono. Ma era tutto inutile, sembrava che egli fosse sotto l’effetto di qualche allucinogeno: vedeva Satana in me. I continui litigi influivano molto sui nostri figli, specialmente sul ragazzo di 11 anni che, per influenza del padre, vedeva in me una nemica. Ricordo che un giorno mio figlio mi disse: « Mamma, io non dovrei salutarti perché non ami Dio ». Restai di sasso e mi preoccupai molto per la sua psiche. Che triste realtà! Quante delusioni, amarezze, umiliazioni ho dovuto sopportare, e non perché fossi stata una cattiva madre o una moglie adultera, ma per aver troncato ogni legame con la sconvolgente organizzazione dei Testimoni di Geova. Nella mia famiglia le tensioni causate dall’organizzazione dei Testimoni di Geova sono durate due anni; ero esausta, ormai tra mio marito e me c’era una separazione di fatto.

Da queste parole si comprende che le osservazioni sul devastante effetto delle norme geoviste nelle famiglie, non sono semplici illazioni o futili critiche gratuite, bensì amare constatazioni del tutto veritiere. Comunque, cosa ne è stato dell’unità familiare della signora menzionata prima? La perseveranza di questa donna e il suo coerente impegno nel motivare obiettivamente il proprio abbandono del Geovismo hanno avuto successo: il marito, dopo aver accettato un lavoro all’estero «per evitare le discordie in casa », lontano da casa ha meditato a lungo sulle proprie difficoltà familiari e, sulla scia della moglie, ha maturato la decisione di abbandonare il Geovismo, dopo avervi militato per 16 anni. Ripensando alla sua decisione, quest’uomo ha scritto: « Non ho perso nulla, anzi ho guadagnato molto: la pace in famiglia, la felicità dei miei figli e la tranquillità con me stesso »!

La seconda testimonianza ha per protagonista una coppia di giovani coniugi; il marito ricorda:

Dopo un anno di serrate ricerche, confronti e studi, presi la decisione di dissociarmi dall’organizzazione dei Testimoni di Geova. Le cose cominciarono a divenire drammatiche quando ad incrinarsi furono i rapporti con mia moglie. Dopo gli amici, i cugini, gli zii, i fratelli, ecco che a venir meno era mia moglie, Giusy. Nonostante avesse vissuto da vicino il mio travaglio, la pressione esercitata dalla congregazione ebbe il sopravvento. Giusy era nata e cresciuta all’interno dell’organizzazione e quindi non riusciva ad immaginare nemmeno lontanamente che la Società potesse avere in qualche modo sbagliato sia negli insegnamenti che nel comportamento. Tra i due ero io il traditore. Lentamente i colloqui si ridussero al lumicino. Giusy non voleva nemmeno essere messa al corrente delle motivazioni che mi avevano indotto ad abbandonare il movimento, quindi ero letteralmente impossibilitato a difendere il mio atteggiamento. Ero bombardato di accuse, senza avere la possibilità di esprimere il mio parere, di difendermi. I Testimoni di Geova impongono l’assoluto divieto di discutere di argomenti religiosi con un fuoriuscito. Per cui, mia moglie non voleva sentire da me alcuna argomentazione. E’ chiaro che pian piano la fiducia venne meno. Non poteva esserci un rapporto di fiducia con una persona deviata da Satana, con uno « stupido » che si era lasciato influenzare dalle idee di questo mondo. Immaginate solo lontanamente la possibilità di una simile condizione. Anche se alla base c’era un forte legame affettivo che continuava a mantenerci uniti, tutto continuava a cambiare lentamente. La vita dei Testimoni di Geova è completamente colma di decine di impegni settimanali. Impegni che un tempo io e Giusy svolgevamo insieme, adesso non più. Cominciavamo a frequentare compagnie diverse, io avevo preso contatto con altri ex Testimoni che, avendo vissuto la mia stessa esperienza, potevano comprendere perfettamente il mio stato d’animo. Inutile dire che, per Giusy, costoro erano il Diavolo in persona. Facevamo letture differenti, mia moglie non sopportava nemmeno che i miei libri fossero presenti in casa. E al di sopra di tutto questo vi era mio figlio. Quasi sempre mia moglie lo portava alle adunanze con sé, ed io sapevo che se le cose fossero continuate così, avrei perso anche lui, visto che durante le adunanze gli « apostati » erano dipinti continuamente nel peggiore dei modi. Ero assolutamente disperato, avevo costruito una famiglia meravigliosa, ed ora, solo per essere stato coerente con me stesso, tutto questo stava per sparire. E il rischio diventava sempre più concreto, visto che nel nostro rapporto venivano a mancare le condizioni perché questo durasse. A volte dei Testimoni di Geova venivano a visitare mia moglie,

in quelle occasioni mi sentivo un estraneo in casa. In casa mia non mi era rivolto un saluto, uno sguardo da parte di questi ospiti, un tempo miei affabili « fratelli ». A volte mia moglie andava a trovare un suo fratello e una sua sorella Testimoni, che vivevano distanti da casa nostra, ed io — quando andavo a prenderla — dovevo restare fuori casa, non potendo nemmeno entrare dai miei cognati Testimoni a bere un bicchiere d’acqua nonostante i chilometri che ci separavano da casa. Certo avrei potuto ribellarmi a tutto questo anche in maniera abbastanza decisa, ma continuavo a reprimere la ribellione che cresceva dentro di me, pensando che con la pazienza, con il tempo, qualcosa sarebbe cambiato. Spesso tornando da lavoro, non trovavo nessuno a casa, perché mia moglie era andata in « sala » o in predicazione portando nostro figlio con sé. A volte, preso dalla disperazione, correvo fuori alla «sala » per impedire a mio figlio di entrare, perché sapevo che lì l’avrebbero trasformato in un mio nemico, e ormai, dopo mia moglie, era l’unica persona della mia famiglia che mi rimaneva. Avevo degli amici che mi dicevano di tenere duro, che dovevo cercare di comprendere il fatto che, dal punto di vista dei miei parenti, ero io nell’errore, ma continuavo comunque a soffrire in maniera tremenda. Tutto il mio mondo era sparito: i familiari, i compagni d’infanzia, gli amici di un tempo (tutti Testimoni di Geova) mi accusavano di averli traditi, ed io non potevo nemmeno spiegare le mie ragioni. In un momento di disperazione alzai il telefono per contattare un avvocato per la separazione. Anche se amavo mia moglie, il distacco cominciava a prospettarsi come la migliore soluzione per entrambi. Solo così avremmo, forse, trovato la tranquillità. Poi accaddero degli avvenimenti destinati ad apportare una nuova svolta alla mia esistenza. Avevamo deciso di restare insieme nonostante tutto e mia moglie, anche se indirettamente, aveva potuto conoscere alcuni dei motivi principali del mio abbandono, perché erano in molti a chiedermeli. In questo contesto, mia moglie aspettava il nostro secondo bambino. All’interno dell’organizzazione questa gravidanza cominciò ad essere un motivo di rimprovero nei suoi confronti, perché era segno di immaturità avere un bambino nel « tempo della fine ». Cominciarono ad essere fatti dei discorsi pubblici nella « sala », dove la sua gravidanza veniva biasimata. Io ero all’oscuro di tutto questo, ma cominciavo a notare dei cambiamenti nell’atteggiamento di mia moglie, la quale, quando ne aveva l’occasione, evitava di frequentare qualche adunanza per non subire il dissenso dei suoi « fratelli spirituali ». Naturalmente non me ne faceva accenno, ma nella sua mente riaffiorò il ricordo di ciò che mi aveva più volte sentito dire, e cioè che quella non era la prima volta che la Società « sconsigliava » di avere figli. Durante la sua storia questo era accaduto

periodicamente, ogni qualvolta ci si avvicinava ad un periodo contrassegnato come « data della fine».

In occasione di un’assemblea geovista, mia moglie comprese sempre di più che ciò che le avevo fatto notare non era il frutto di una mia « follia », ma la semplice verità. In quella circostanza la Società modificò il proprio insegnamento su alcuni argomenti fino ad allora ardentemente predicati dai Testimoni di Geova. Questi cambiamenti erano stati previsti, addirittura « predetti », in alcuni saggi pubblicati da ex Testimoni, e Giusy lo sapeva perché quei libri erano divenuti una mia lettura abituale, visto che ne condividevo appieno il contenuto. Giusy ne restò sconvolta. Se avevamo avuto ragione su questo, perché non su altri argomenti? La goccia che fece traboccare il vaso, fu in occasione di una festa di anniversario di una mia cugina con la quale eravamo cresciuti come fratelli. Ero stato invitato a parteciparvi con insistenza, nonostante la mia ritrosia dovuta al fatto che, essendo mia cugina Testimone di Geova, non avrei voluto metterla in difficoltà nel caso alla festa fossero intervenuti altri Testimoni di Geova. Mia madre e mia moglie insistettero dicendo che tutti questi scrupoli non erano altro che mie fantasie, che i Testimoni non avevano nulla contro di me. Andai, ma durante la festa, i Testimoni «imposero» a mia cugina di cacciarmi di casa come un intruso indesiderato, altrimenti sarebbero stati loro ad andare via. Mia cugina decise di cacciare via me. I miei fratelli, (che nel frattempo avevano anche loro lasciato l’organizzazione) sopraggiunti più tardi in casa di mia cugina, subirono lo stesso trattamento. Una mia zia e alcuni miei cugini lasciarono disgustati la casa, mentre mia moglie restò a piangere in silenzio. In quel momento comprese di aver difeso per anni delle persone che infine si erano dimostrate fortemente aggressive verso chi, invece, non aveva fatto alcunché per turbare la coscienza altrui. Dopo circa un mese, durante il quale mia moglie non ebbe più alcun interesse a tornare in « sala », finalmente si decise a chiedermi le motivazioni che mi avevano indotto all’abbandono. Con una gioia che mai riuscirò a descrivere, presi a mostrargli il materiale. Passammo notti intere a parlare, a studiare, e più tempo passava e più si stupiva della quantità e dell’importanza di tutto quel materiale. Infine, si dissociò ufficialmente dalla Congregazione dei Testimoni di Geova. In seguito mia madre, mia zia con i miei cugini, che avevano assistito alla scena della mia espulsione da casa di mia cugina, abbandonarono anch’essi il movimento. Oggi siamo veramente felici. Liberi e felici. Quella che credevamo fosse la tranquillità spirituale,

non era altro che una illusione che ci costringeva in un guscio senza alcuna possibilità di guardarti intorno. Abbiamo intrapreso insieme il lungo cammino di ricerca e crescita in maniera del tutta libera da qualsiasi condizionamento. Possiamo dire che questo travaglio non ha fatto altro che rinsaldare il nostro vincolo familiare. Dopo il grande dolore causato dall’irragionevole chiusura mentale che ha calpestato ogni sensibilità e ogni principio proprio dei sani rapporti familiari, abbiamo scoperto il valore della libertà di coscienza. Come ha scritto giustamente Ludwig Bòrne: «Perdere un’illusione rende più saggi che trovare una verità ».

Ci auguriamo che le esperienze di questi coniugi servano a quanti stanno vivendo il loro stesso dramma di disunione familiare, affinché trovino la fiducia necessaria per perseverare nella ricerca di una soluzione che salvaguardi il fondamentale vincolo dell’unità familiare. I giornali e le televisioni di tutto il mondo hanno parlato a lungo di un dodicenne, G. K., che ha «divorziato » dalla madre, dalla quale era stato trascurato per anni. La storia di questo dodicenne ha portato alla ribalta, ancora una volta, il dramma di un’infanzia troppo dura, vissuto spesso senza alcuna possibilità di ribellarsi. Si dice che solo in Italia ogni anno circa 20.000 minori siano maltrattati, violentati o gravemente trascurati dai genitori. In questa sede esamineremo due particolari tipi di sofferenza, quella subìta dai fanciulli che vivono in famiglie dove i genitori sono religiosamente divisi, e quella sofferta dai ragazzi che non condividono le scelte religiose dei genitori affiliati ai movimenti religiosi alternativi. Nel primo caso, cioè quando in una famiglia uno solo dei coniugi aderisce a un movimento religioso alternativo, il figlio tende a non schierarsi, di solito, a favore di uno dei due genitori, anzi spera ardentemente che i genitori tornino a essere uniti in materia religiosa. Tale neutralità dura fino a quando il genitore affiliato al movimento, spesso su sollecitazione esplicita delle guide religiose, non inizia un « gioco » distruttivo della immagine dell’altro coniuge agli occhi del figlio ignaro, il quale viene così istigato a parteggiare per il genitore settario aprendosi in tal modo anche all’influenza del movimento. In questi casi il rischio è che esplodano reazioni incontrollate da parte del fanciullo così condizionato, come dimostra il caso di V., che racconta: « Sono una ragazza di 14 anni. Mia mamma è una testimone di Geova da tempo, e si comporta in uno strano modo, perché ogni giorno, a casa, quando guarda il telegiornale, dice: “È la fine del mondo”, oppure: “Babilonia la grande ha conquistato il mondo”. A me fa paura... quando dice così mi sento male, non riesco più a mangiare e non ho voglia di fare niente... Spesse volte a me è venuta la voglia di suicidarmi ».* *Questa triste esperienza è stata recentemente menzionata in un articolo a firma di R. Ranghieri, apparso sul Giornale del 28/6/1997, nel quale l’autore del servizio esprimeva la sua perplessità, addirittura il suo turbamento, nel rendersi conto della triste realtà che la sua inchiesta gli andava rivelando.

Nel secondo caso, quando cioè un figlio non condivide la scelta dei genitori di aderire a un movimento religioso alternativo, può accadere che un fanciullo maturi il desiderio di lasciare addirittura la propria casa, come narra C.: > In certi casi la sofferenza di ragazzi del genere è tale da mettere in discussione una serena sopravvivenza nel contesto familiare, a quel punto esprimere la volontà di lasciare la famiglia è un pensiero sano e sintomo di maturità. Ma, si badi bene, se un tale tipo di ragazzo attuasse questo proposito, cioè quello di farsi giustizia da sé, ciò costituirebbe una grande ingiustizia: se un adolescente ha problemi gravi e irrecuperabili con la propria fa miglia, è necessario che gli si trovi un’altra sistemazione; ci vogliono anni e anni di delusioni e sofferenze per convincere un ragazzo a prendere in seria considerazione l’opportunità di staccarsi dai genitori. Purtroppo questa evenienza non è rara nel mondo dei movimenti religiosi alternativi!

Una vittima illustre Negli Stati Uniti se ne parla soprattutto in relazione alle sue stravaganze, una delle ultime consiste nell’acquisto di un abitacolo dalle dimensioni di un polmone d’acciaio nel quale questo personaggio riposa respirando aria purissima: stiamo parlando della superstar Michael Jackson, cresciuto in una famiglia di Testimoni di Geova. Talvolta, in qualche intervista questo cantante e ballerino, idolo dei giovani di tutto il mondo, ha menzionato la sua vita da Testimone: « Ma la mia vita non è solo una vita di canzoni e di concerti, quando non canto, vivo praticamente come un missionario: . . .prego e, quando gli impegni me lo consentono, vendo la Bibbia di casa in casa come facevo quando ero bambino. Naturalmente quando esco da casa con i volumi della Bibbia nella borsa, non indosso i vestiti eleganti delle grandi serate, ma una vecchia tuta, un parruccone, scarpe vecchie, così nessuno può riconoscermi. Molti mi chiudono la porta in faccia e mi insultano ». Qualcuno si chiederà: che male c’è in tutto ciò? Per molti Testimoni di Geova questo fatto ha costituito motivo di serio turbamento, perché? Per il fatto che essi hanno rilevato che il noto showman (il quale nel 1983 realizzò il famoso video « Thriller », il cui realismo impressionò moltissimo gli spettatori) conduce un tipo di vita e svolge un lavoro che non si conformano agli standard indicati dal Geovismo. Per illustrare, riportiamo alcuni brani, tratti dalla rivista La Torre di Guardia del 15/4/1984, che sembrano scritti tenendo a mente il caso di Michael Jackson: Nel campo della musica ci sono pericoli di natura spirituale... Ma come può il cristiano capire se in una data musica c’è influenza demonica?... Possono esserci personaggi vestiti in modo da sembrare streghe, demoni o diavoli. Oppure ci sono immagini che rivelano una tendenza al mistico o all’occulto.., cosa dovrebbe fare un cristiano se scoprisse di avere dischi che rivelano influenza demonica? Dovrebbe senz’altro distruggerli... Un’altra meta mondana è quella di ottenere posizione, fama, gloria.., non è scritturale rendere omaggio a eroi e divi del mondo.

Pensate a come si sarà sentito Michael Jackson dopo aver letto un articolo del genere! Il tono di queste espressioni è alla base del disappunto che diversi Testimoni hanno manifestato nell’apprendere che questo divo dello spettacolo poteva, nonostante tutto, aderire al Geovismo come membro contribuente a pieno titolo. Evidentemente, i capi del Movimento sono disposti a derogare ai propri dettami quando sono coinvolti grandi nomi dello spettacolo, dotati di portafogli voluminosi! Pure nel 1984, in risposta a una lettera avente per oggetto l’adesione al Geovismo di M. Jackson, la sede americana del Movimento scriveva: «Comunque, il fatto che egli sia un testimone di Geova non dovrebbe indurre nessuno a credere che o la Società o la congregazione, che egli frequenta, approvino o sostengano la musica che egli compone o suona, né tutti gli aspetti del suo modo di vivere ».

Per non trovarsi in aperto contrasto con i dirigenti locali e mondiali del Geovismo, Michael Jackson fu costretto a mettere all’inizio del video « Thriller » una specie di avvertimento nel quale dichiarava che il video non era stato realizzato come segno di approvazione dell’occulto, anzi egli esprimeva una netta condanna di ogni pratica occultistica. La famiglia Jackson ha pure sperimentato la durezza della norma geovista che impone l’endogamia (cioè, sposarsi solo tra membri della stessa fede); infatti, quando Janet, la diciottenne sorella di Michael, si sposò col cantante James De Barge di fede pentecostale, l’intera famiglia Jackson disconobbe crudelmente Janet: nessuno partecipò alla cerimonia nuziale. Comunque, in base a notizie giornalistiche, Michael Jackson si dissociò dal Geovismo nell’estate del 1987.* Perché? * A riprova di quanto abbiamo accennato nella parte iniziale di questo volume, è significativo il fatto che M. Jackson, dopo l’abbandono del Geovismo, assieme a sua moglie, Priscilla Presley, si sia rifugiato nella « chiesa di Scientology: ha così continuato ad affidarsi a un « grembo », come quello geovista di provenienza, che guidi le sue scelte, i suoi passi, insomma, la sua vita.

Nel suo memoriale* La Toya, altra sorella di Michael, ci aiuta a scoprirne le ragioni;** infatti ella scrive a proposito dell’influenza del Geovismo sulla sua famiglia: *Pubblicato parzialmente dal periodico Gente nel 1991 ** Dal canto suo, la madre del cantante ha ammesso di non conoscere con precisione le ragioni della defezione del famoso figlio; infatti in un suo memoriale pubblicato nel 1990 (intitolato My Family, The Jacksons) la donna ammette: « Comunque, non conosco le ragioni di questo gesto (l’abbandono del Movimento da parte di Michael) perché non ho parlato con lui dell’accaduto. Non potevo farlo. I Testimoni non trattano argomenti spirituali con chi si dissocia, anche se si tratta di membri della propria famiglia » (Citato da F.W. Carr, A History of Jehovah’s Witnesses from a Black American Perspective, Aurora, Missouri 1993, pag. 258, traduzione e corsivo nostri).

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APPROFONDIMENTI

Il Corpo Direttivo entra in camera da letto! È evidente che non vi è aspetto dell’esistenza umana nel quale i movimenti religiosi alternativi non siano entrati per stabilire regole, cambiarle, inventarne di nuove, sempre allo scopo di rafforzare vieppiù nella mente degli adepti la convinzione che niente può aver luogo se prima il movimento non si esprime al riguardo. Fra gli innumerevoli settori in merito ai quali i leader dei movimenti religiosi alternativi si sono più volentieri avventurati, vi è quello che riguarda il sesso, in tutte le sue accezioni; attenzione primaria è stata dedicata al sesso nel matrimonio e a tutte le implicazioni che ciò comporta. Dedicheremo, pertanto, qualche pagina all’esame di ciò che, nel corso della sua storia, uno di questi movimenti (l’Organizzazione dei Testimoni di Geova) ha stabilito e codificato in merito alla morale sessuale, ai rapporti sessuali, al « mandato di procreazione », alle pratiche di sterilizzazione e simili, insomma a tutto ciò che fa parte della sfera intima della vita di ogni coppia sposata, ma che, secondo l’opinione della Torre di Guardia, dev’essere oggetto di attenzione da parte della congregazione e dei suoi rappresentanti: gli « anziani ». Purtroppo, tale indebita intrusione ha spesso arrecato gravi guasti a molte persone che, in tutta sincerità, ritenevano che la Torre di Guardia fosse realmente il « canale » di Dio al quale obbedire senza riserve anche nelle questioni intime della sfera sessuale. Emblematico è il caso, narrato da Raymond Franz,* di una Testimone che scoprì che il marito aveva avuto rapporti sessuali con un animale. * Crisi di coscienza, cit., pag. 80; quasi tutto il terzo capitolo di questo libro è dedicato all’argomento Non riuscendo a vivere più con un tal uomo, divorziò da lui e si risposò; per questo fu disassociata perché tale motivazione per il divorzio allora non era consentita. Successivamente il Corpo Direttivo cambiò opinione, ma la donna ormai era fuori dall’Organizzazione e niente al mondo avrebbe potuto ripagarla per le sofferenze provate. Se ci occupiamo, dunque, di questo argomento non è certamente perché si tratta di un soggetto che eccita la fantasia ma perché, come si vedrà, esso è stato — e continua ad essere — fonte di innumerevoli sofferenze per tante persone che fiduciosamente continuano a guardare al Corpo Direttivo dei Testimoni di Geova come alla loro guida.

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« Porneia »: cos’è? Come riferisce Raymond Franz, il problema se nell’ambito del matrimonio esistano degli atti sessuali non consentiti ai coniugi, praticando i quali si è soggetti al provvedimento della disassociazione, non si era posto fino a quando qualcuno non « aveva visto nella camera da letto [di una coppia di Testimoni della California] delle pubblicazioni e alcune fotografie aventi per oggetto insolite pratiche sessuali ». Fino a quel momento il Corpo Direttivo si era pronunciato sull’argomento mostrando un atteggiamento di disapprovazione, ma non andando oltre. Se ne era parlato, infatti, su La Torre di Guardia del 10 ottobre 1963, che poneva la domanda: « Vi è qualche modo in cui l’atto sessuale compiuto tra marito e moglie potrebbe essere considerato impuro agli occhi di Geova? ». Quindi, dopo aver presentato un’esposizione « scritturale » del corretto modo di usare gli organi della riproduzione, la rivista così proseguiva: Se una coppia dedicata commette qualche atto moralmente sbagliato, che però non è adulterio o fornicazione, e che è quindi solo tra loro per cui si tratta di una questione strettamente privata di cui nessuno nella congregazione e nel mondo può venire a conoscenza a meno che gli interessati non decidano di rivelarla, che cosa devono fare? È una cosa da presentare a Dio in preghiera. Se Dio vede che essi si rendono conto della scorrettezza di ciò che hanno fatto tra loro e che ne sono pentiti e afflitti e cercano di non ripetere mai tale atto, la loro confessione a lui e la preghiera per ottenere il perdono mediante Cristo Gesù è sufficiente... Ma se ogni altro sforzo fallisse, l’oppresso potrebbe rivolgersi al comitato della congregazione cristiana. In tal caso il comitato potrebbe ammonire il coniuge offensore. Il comitato può prestare assistenza mediante preghiera e consigli, per aiutare la coppia a vincere questa debolezza e a regolare le questioni coniugali private in modo da continuare la felice relazione matrimoniale con la minore distrazione possibile e servire così gli interessi del perfetto governo di Dio in modo migliore.

Come si vede, pur se considerato moralmente sbagliato, ciò che avviene nell’ambito della relazione coniugale non è soggetto a procedure disciplinari o alla disassociazione, ma soltanto ad una «ammonizione » da parte del comitato giudiziario. Sette anni dopo questa era ancora la veduta del Corpo Direttivo, anche se si notava già una certa qual propensione a entrare più in profondità nell’argomento che, per decenni, era stato considerato assolutamente intrattabile dalla Torre di Guardia, che non vi aveva mai dedicato neppure un solo rigo. Con l’edizione del 15 giugno 1970, per la prima volta si ritenne di dover intervenire sulla questione. Per quanto riguarda l’argomento degli « atti coniugali » si ribadiva la vecchia posizione; si spiegava cioè qual era la funzione «naturale » degli organi maschili e femminili della riproduzione, si aggiungeva però anche che

>. Ma, mostrando che, se non era suo compito dettare regole, il Direttivo al contrario desiderava farlo, si precisava che «la sodomia è illegale in quasi ogni stato, anche fra gli sposi » e che una pratica del genere sarebbe stata «innaturale e disgustosa ». Poi, con il solito sistema (« ve lo diciamo, ma non l’abbiamo detto »), su questo soggetto l’articolo concludeva dicendo: « non possiamo andare oltre le suddette osservazioni circa gli atti coniugali ». Per cui, fino al 1970, i comitati giudiziari geovisti non erano ancora stati autorizzati a entrare in camera da letto. È evidente, però, che quell’articolo stava a indicare una diversa sensibilità del Corpo Direttivo verso l’argomento, e aveva anche stimolato la pruderie degli « anziani ». Spiega infatti Raymond Franz che esso « servì senza dubbio a sensibilizzare gli anziani a riferire su queste pratiche ». Difatti, nemmeno tre anni dopo, La Torre di Guardia * pubblicò la sua nuova veduta sul soggetto. * Nell’edizione del 15 maggio 1973.

Con il consueto linguaggio e spiegando ancora una volta agli esausti lettori che «Il modo naturale in cui una coppia di sposi possono avere relazioni sessuali è assai evidente dalla forma stessa che il Creatore diede ai loro rispettivi organi », essa ricordava che la legislazione civile di alcuni stati americani condannava la sodomia anche nell’ambito del matrimonio. Ma, a questo punto, ecco che varcava quello che fino a quel momento aveva ritenuto un limite invalicabile alla privacy matrimoniale, e diceva: Non è certo responsabilità degli anziani o di qualcun altro in una congregazione cristiana indagare nella vita privata delle coppie di sposi. Ciò nondimeno, se futuri casi di condotta molto innaturale, come la pratica della copulazione orale o anale, sono portati alla loro attenzione, gli anziani devono agire per correggere la situazione prima che ne derivi ulteriore danno come farebbero con qualsiasi altro serio errore... Ma se alcuni mancano volontariamente di rispetto alla disposizione matrimoniale di Geova Dio, è necessario rimuoverli dalla congregazione come pericoloso “lievito” che potrebbe contaminare altri... Che dire delle donne sposate a increduli e i cui coniugi insistono per farle partecipare a tali atti notevolmente innaturali? La dichiarazione dell’apostolo che “la moglie non esercita autorità sul proprio corpo, ma il marito” dà alla moglie il motivo per sottostare a queste richieste? No, poiché l’autorità del marito è solo relativa. L’autorità di Dio resta sempre suprema... E’ vero che il rifiuto di partecipare ad atti non santi può causare difficoltà a una moglie, o anche persecuzione, ma la situazione sarebbe la stessa se il marito chiedesse alla moglie di prendere parte a qualche forma di idolatria, errato uso del sangue, disonestà o altre simili trasgressioni ».

Questa normativa divenne fonte di notevoli turbamenti nell’ambito delle comunità dei Testimoni di Geova di tutto il mondo. Fra l’altro essi si posero la domanda su come fosse possibile che qualcuno portasse all’attenzione degli anziani «atti di condotta molto innaturale », dato che nell’intimità coniugale non poteva esservi un terzo incomodo. Se ne dedusse che dovevano essere gli stessi coniugi a riferire la cosa agli « anziani », autodenunziandosi. Ma non era ancora finita. Una volta che gli atti innaturali nell’ambito del matrimonio erano diventati una questione giudiziaria tanto da meritare la disassociazione, essendo stati assimilati all’«errato uso del sangue, alla disonestà e simili », si doveva adesso elaborare una dottrina che rendesse tale trasgressione così grave da poter essere considerata una legittimazione per un «divorzio scritturale ». L’edizione successiva di La Torre di Guardia* sopperì a tale necessità. * Edizione del 1° giugno 1973.

In un contesto che prendeva in esame i termini greci « fornicazione » e « adulterio », il Corpo Direttivo introdusse il suo coup de théatre con la seguente nuova spiegazione: Quando oggi si menziona la « fornicazione », comunemente si pensa alle relazioni sessuali fra persone di sesso opposto, relazioni avute fuori del matrimonio eppure consistenti di rapporti nel modo “normale” o naturale. Quindi, molti hanno compreso che, allorché Gesù disse che la «fornicazione » [porneia] era il solo motivo di divorzio, si riferisse solo ai rapporti nel modo “normale” o naturale fra una moglie e un uomo che non è suo marito, o, per estensione, fra un marito e una donna che non è sua moglie. Ma è così? Por.nei’a, la parola usata nel racconto di Mat teo, si riferisce solo a tali relazioni sessuali naturali? O includeva tutte le forme di immorali relazioni sessuali, incluse quelle fra persone dello stesso sesso e anche forme pervertite di relazioni sessuali fra persone di sesso opposto?... La sincera e attenta investigazione di questo significato richiede una rivalutazione del nostro intendimento su quello che è il motivo scritturale del divorzio? Comprendendo il vero significato delle parole di Gesù, perciò, quando un coniuge è colpevole di tale seria immoralità sessuale il coniuge innocente può scritturalmente divorziare da lui o da lei, se Io desidera. Chi ottiene il divorzio per tali motivi scritturai è anche scritturalmente libero di risposarsi, non essendo quindi soggetto all’accusa di adulterio. È chiaro che questo apporta una correzione nella veduta espressa in precedenti occasioni nelle colonne di questa rivista, ma la fedele attinenza a ciò che dicono effettivamente le Scritture lo richiede.

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Con quanto sopra, facendo mostra di una capacità del tutto inconsueta di contorsionismo dottrinale, il Corpo Direttivo riuscì a dimostrare che si può commettere adulterio nei confronti della propria moglie [ del proprio marito] pur rimanendole fedele, anzi fedelissimo, e non toccando, tanto meno concupendo, un’altra donna. Difficilmente qualcuno potrebbe, leggendo le parole di Gesù sul divorzio, trarne una conclusione del genere. Si tratta in effetti di una vera e propria perversione della Scrittura, sia nella lettera che nello spirito. Perversione ancora più grave e inaccettabile se solo si tiene conto di quella che, nello stesso tempo, era l’opinione della Società per una situazione simile. La Torre di Guardia del 1° dicembre 1972 conteneva infatti la risposta alla domanda: Costituiscono gli atti omosessuali di una persona sposata un motivo scritturale per il divorzio, che renda il coniuge innocente libero di risposarsi? Dato il rigore dei precedenti [e successivi] articoli ci si sarebbe aspettata una risposta affermativa. Ma ecco, invece, la strabiliante osservazione del Corpo Direttivo: Ora, negli atti omosessuali gli organi del sesso sono usati in modo innaturale, in un modo a cui non furono mai destinati. Due persone dello stesso sesso non sono l’uno il complemento dell’altro, come Adamo ed Eva. Essi non potrebbero mai divenire « una sola carne » al fine di procreare. Si potrebbe aggiungere che, nel caso della copulazione di un uomo con una bestia, vi sono due specie di carne diverse... Mentre sia l’omosessualità che la bestialità sono perversioni disgustanti, in nessuno dei due casi è infranto il legame coniugale. Esso viene infranto solo da atti che rendano un individuo «una sola carne » con una persona di sesso opposto al proprio o con il proprio coniuge legale.

Per quanto incredibile possa sembrare, Geova [ ispiratore del Corpo Direttivo e principale editore di La Torre di Guardia ]* per un certo tempo seguì una doppia norma: approvava il divorzio da un uomo colpevole di amare la moglie con troppo trasporto, e impediva ad una donna di divorziare da un uomo che la tradiva non con un’altra donna (cosa che in fondo, sarebbe per lo meno stata naturale) ma addirittura con un uomo o forse anche con una bestia! Una norma del genere non riuscì a essere tollerata nemmeno da un popolo ubbidiente e sottomesso come quello dei Testimoni di Geova, per cui nemmeno un anno dopo, ma esattamente sei mesi più tardi, La Torre di Guardia del 1° giugno 1973 modificava il proprio atteggiamento. * Negli atti del processo intentato da Olin R. Moyle, ex avvocato della Società Torre di Guardia, contro Joseph F. Rutherford nel 1940 (pag.795) è trascritta la seguente deposizione: Domanda [dell’avvocato Covington]: « Di conseguenza, chi divenne l’editore della rivista, l’editore principale della rivista Torre di Guardia? ». Risposta [di Fred Franz]: « Il 15 ottobre 1931, a quanto mi è dato ricordare, La Torre di Guardia smise di indicare i nomi del comitato editoriale nella seconda pagina ». Il giudice: « Le è stato chiesto chi ne divenne l’editore ». Fred Franz: « E io l’ho detto »! Il giudice:« Chi divenne l’editore »? Domanda dell’avvocato Covington: « Chi ne divenne l’editore, quando si smise di indicare tali nomi? ». Risposta di Fred Franz: >.

Ancora una volta, obtorto collo, essa era costretta a fare la seguente ammissione:

Che cosa significava por. nei’a per le persone del primo secolo quando Gesù fu sulla terra? E la sincera e attenta investigazione di questo significato richiede una rivalutazione del nostro intendimento su quello che è il motivo scritturale del divorzio? Un approfondito studio del soggetto mostra che por. nei’a si riferisce a ogni forma di immorali relazioni sessuali. E’ un termine ampio, alquanto simile alla parola « pornografia », tratta da por.nei’a o dal verbo affine por.neu’o. I lessici della lingua greca lo mostrano chiaramente... significa questo che le innaturali e pervertite relazioni sessuali come quelle praticate dagli omosessuali sono incluse nel significato di questo termine usato dall’apostolo per scrivere le parole di Gesù? Sì, è così... Qual è dunque il significato dell’uso biblico di questi termini e che cosa rivela riguardo ai validi motivi biblici del divorzio? Mostra che qualsiasi persona sposata che esce dal vincolo matrimoniale e ha immorali relazioni sessuali, sia con qualcuno del sesso opposto che con qualcuno dello stesso sesso, siano esse naturali o innaturali e pervertite, è colpevole di commettere por.nei’a o « fornicazione » nel senso biblico... Comprendendo il vero significato delle parole di Gesù, perciò, quando un coniuge è colpevole di tale seria immoralità sessuale il coniuge innocente può scritturalmente divorziare da lui o da lei, se lo desidera. Chi ottiene il divorzio per tali motivi scritturali è anche scritturalmente libero di risposarsi, non essendo quindi soggetto all’accusa di adulterio. E’ chiaro che questo apporta una correzione nella veduta espressa in precedenti occasioni nelle colonne di questa rivista, ma la fedele attinenza a ciò che dicono effettivamente le Scritture lo richiede.

L’attento lettore della prosa geovista non avrà mancato di osservare la palese incoerenza fra le due posizioni: quella che considera l’omosessualità ragione non sufficiente per divorziare e quella che, invece, ritiene che lo sia. Abbiamo notato che una « sincera e attenta investigazione » aveva fatto comprendere al Corpo Direttivo che la parola porneia si riferisce a ogni forma di pratiche immorali e che, quindi, costituisce una base per il divorzio « scritturale ». Ma non aveva detto la precedente edizione di La Torre di Guardia che il motivo per cui il divorzio non poteva essere concesso non aveva niente a che fare con la porneia? Essa aveva chiaramente spiegato che il legame coniugale «viene infranto solo da atti che rendano un individuo “una sola carne” con una persona di sesso opposto o con il proprio coniuge legale ». 112 - 113

A meno che non sia cambiata la natura stessa delle cose, niente è intervenuto a mutare questa verità biologica, pertanto rimane valido l’assioma esposto in La Torre di Guardia del 1° dicembre 1972 che non viene modificato da quanto spiegato in quella del 1° giugno 1973. Esse, semplicemente, parlano di due cose diverse. Possibile che il Corpo Direttivo non se ne sia accorto? Il trascorrere di altri due anni non apporta cambiamenti significativi alla posizione dell’Organizzazione in merito alla liceità del divorzio per pratiche « licenziose » nell’ambito matrimoniale. La Torre di Guardia del 1 agosto 1975 ribadisce infatti la posizione precedente con la seguente domanda: Le pratiche licenziose da parte di una persona sposata verso il suo coniuge costituiscono per il coniuge offeso una base scritturale per il divorzio? La risposta non apporta significativi cambiamenti alla precedente comprensione dell’argomento, anzi la conferma: In quanto alle dichiarazioni di Gesù sul divorzio, esse non specificano con chi è praticata la « fornicazione » o por.nei’a. Lasciano aperto l’argomento. Por.nei’a si può giustamente considerare come comprendente le perversioni entro la disposizione matrimoniale e questo si vede dal fatto che l’uomo che costringe sua moglie ad avere con lui relazioni sessuali innaturali in effetti la «prostituisce » e la « corrompe ». Così egli si rende colpevole di por.nei’a, poiché l’affine verbo por.neu’o significa « prostituire, corrompere ». Per cui, potrebbero sorgere circostanze per le quali le pratiche licenziose di una persona sposata verso il suo coniuge sarebbero una base scritturale per il divorzio... Al fine di non essere prostituita un’altra volta una moglie cristiana può decidere di ottenere il divorzio. Può stabilire con la congregazione che la vera ragione di questo è por.nei’a e quindi procedere per ottenere il divorzio legale per qualsiasi fondato motivo accettevole alle corti del paese.

Non vi è dubbio che fino a questo momento la posizione del Corpo Direttivo è estremamente chiara: una donna, il cui marito insiste nell’avere con lei certi rapporti coniugali, può chiedere e ottenere senza alcuna difficoltà il divorzio, anche se per tramutarlo in divorzio legale si deve trovare un qualsiasi motivo che vada bene per la giustizia « secolare » che potrebbe non riconoscere valido quello « scritturale ». Fino al 1975, dunque, il tono della Società su questo argomento è assolutorio. Niente fa presagire che le cose di lì a qualche anno sarebbero cambiate. Ma, come è consuetudine della Torre di Guardia, non trascorrono nemmeno tre anni e, giunti all’edizione del 15 luglio 1978, ecco che un « nuovo intendimento » interviene a rimescolare le carte, costringendo così i buoni e bravi Testimoni a ri-ririmodificare la loro comprensione dell’argomento. Ecco le ponderose parole del cambiamento:

In passato apparvero commenti in questa rivista in relazione a certe pratiche sessuali insolite, come la copulazione orale, nell’ambito del matrimonio e queste furono messe sullo stesso piano della grave immoralità sessuale. In base a ciò si pervenne alla conclusione che chi si abbandonava a tali pratiche erotiche era soggetto alla disassociazione se non si pentiva. Si pensava che gli anziani della congregazione avessero l’autorità di investigare e agire in funzione giudiziaria riguardo a tali pratiche nella relazione coniugale. Un ulteriore e attento esame della cosa, comunque, ci ha convinto che, mancando chiare istruzioni scritturali, queste sono cose per cui la coppia di sposi deve assumersi la responsabilità dinanzi a Dio e non spetta agli anziani tentare di controllare queste intimità coniugali né provvedere alla disassociazione se tali cose ne fossero l’unico motivo... Che dire se una persona sposata afferma che certe pratiche erotiche del coniuge sono così indecenti da rientrare nel significato del termine greco por.nei’a usato in Matteo 19,9... Com’è stato mostrato, le Scritture non danno informazioni specifiche che consentano di stabilire chiaramente se certe pratiche erotiche nell’ambito del matrimonio sono — o non sono — porneia... Tale individuo può ritenere che le circostanze costituiscano una base scritturale per il divorzio. In tal caso, egli o essa deve assumersi la piena responsabilità dinanzi a Dio se divorzia. Non ci si può aspettare che gli anziani approvino (scritturalmente) il divorzio se non sono sicuri dei motivi.

Sembra incredibile, ma è la realtà. Esaminiamo il linguaggio di quest’ultimo articolo, confrontandolo con quello dei precedenti: Un ulteriore e attento esame della cosa (cfr. l’articolo del 15 luglio 1978), non può opporsi validamente a un approfondito studio del soggetto (cfr. l’articolo del 10 giugno 1973), altrimenti ci si chiede quanto attento sia l’esame e quanto approfondito sia lo studio. Poi è detto che « Tale individuo può ritenere », ma non era La Torre di Guardia del 1 giugno 1973 che « riteneva » che « chi ottiene il divorzio per tali motivi scritturali è anche scritturalmente libero di risposarsi, non essendo quindi soggetto all’accusa di adulterio »? Come mai adesso gli «anziani » non possono più approvare quello che la Torre di Guardia aveva consigliato di fare? Come si vede, il Geova-pensiero ha fatto una notevole virata nel suo « bordeggiare » e da un’entusiastica approvazione del divorzio per chi si è stufato del sesso con il proprio coniuge, adesso, pur consentendo in extremis di continuare a farlo, lo permette con tanti « distinguo » e così di malavoglia che si capisce che è in vista un nuovo, eclatante cambiamento.

Cambiamento che non si fa troppo attendere. Arriva infatti il 1983 e con esso La Torre di Guardia del 1° settembre. Questa volta, diversamente da tutte le altre, la sede della discussione non è più la rubrica « Domande dai lettori », ma un articolo « secondario », cioè non imposto come studio domenicale a tutte le congregazioni geoviste del mondo. Ancora una volta i « biblisti » della Torre di Guardia si cimentano nell’ormai defatigante esercizio di definire cosa sia la fornicazione. Dopo aver per un’ennesima volta ripercorso le tappe del la terminologia biblica, ecco che giungono al nodo cruciale: Cristiani sposati. E a questo sottotitolo la musica cambia nuovamente: Che dire però se un coniuge vuole o perfino esige che la moglie o il marito partecipi a quella che è chiaramente un’attività sessuale pervertita? I fatti succitati indicano che porneia implica atti sessuali illeciti al di fuori dell’istituzione coniugale. Perciò, se un coniuge impone atti pervertiti, come sesso orale o anale nell’ambito del matrimonio, questo non costituirebbe una base scritturale per ottenere un divorzio che renderebbe entrambi liberi di risposarsi... Con questo viene ampliato e modificato l’intendimento di ciò che è stato pubblicato nella Torre di Guardia del l agosto 1975, pagine 479, 480, e del 15 luglio 1978, pagine 30-32. Coloro che agirono in base a ciò che sapevano a quell’epoca non sono da criticare. Né questo influirebbe sulla condizione di colui che in passato, credendo che la condotta sessuale pervertita del coniuge nell’ambito del matrimonio equivalesse a porneia ha ottenuto il divorzio e si è risposato.

È chiaro il linguaggio del Corpo Direttivo quando dice che non sono da criticare quelli che «agirono in base a ciò che sapevano a quell’epoca ». Sta semplicemente ordinando a tutto il popolo dei Testimoni di non permettersi di criticare il suo « bordeggio ». Se il peccato lo commette il Corpo Direttivo, esso non è peccato, ed in ogni modo egli ne risponde direttamente a Dio. Così può assolvere i Testimoni che vivono, alla luce del nuovo intendimento, in una condizione di adulterio, in quanto il loro attuale stato matrimoniale è irregolare non essendo frutto di un divorzio scritturale». Quanto sia ingiusto e prevaricatore il comportamento del Corpo Direttivo si può illustrare con un fatto realmente accaduto.

Conseguenze In una congregazione geovista della Sicilia orientale si doveva procedere alla celebrazione di un matrimonio fra un « servitore di ministero » di quella congregazione, C.P., e una « pioniera regola re », M.L. Il matrimonio, però, non poteva essere celebrato regolarmente, perché il « servitore di ministero » era già sposato con un’altra donna. Quest’ultima, comunque, aveva tradito C.P. con un altro uomo, il che, dal punto di vista della Torre di Guardia, era considerato porneia e, quindi, causa sufficiente per divorziare e risposarsi. Ma, poiché per ottenere un divorzio legale bisognava attendere troppo tempo, l’Organizzazione aveva aggirato l’ostacolo con un provvedimento definito « Dichiarazione di fedeltà matrimoniale » che, in effetti, avrebbe trasformato i promessi « sposi » in due pubblici concubini. Il comitato giudiziario incaricato di preparare le pratiche per la celebrazione del matrimonio, costituito da tre Testimoni esperti (due sorveglianti di circoscrizione alternativi e un ex sorvegliante di circoscrizione), seguendo pedissequamente le disposizioni dell’Organizzazione, aveva inviato a quest’ultima tutta la documentazione richiesta, che comprendeva, fra l’altro, le « prove » dell’adulterio della moglie di C.P. e il documento rilasciato dal tribunale con il quale si dimostrava che il futuro sposo aveva a suo tempo ottenuto, da almeno un anno, una sentenza di separazione legale. La sede di Roma del Movimento non ritenne sufficientemente provato l’adulterio della moglie di C.P., né ritenne sufficientemente chiaro il documento legale comprovante la separazione. Per cui, ecco cosa scrisse al comitato giudiziario, formato da Testimoni che essa conosceva molto bene e ai quali aveva fino a quel momento affidato incarichi di rilevante delicatezza: Vi scriviamo in relazione alle dichiarazioni di voto di fedeltà matrimoniale di C.P. e M.L. In base alla documentazione inviataci, non possiamo considerare valide dette dichiarazioni per i seguenti motivi: primo, l’adulterio della moglie di C.P. non è sufficientemente provato; secondo, non è stata ottenuta la separazione legale e non è passato un anno dalla sentenza del tribunale. A meno che non possiate provarci che le cose stiano diversamente, dobbiamo concludere che C.P. e M.L. sono colpevoli di adulterio avendo voi assunto una grave responsabilità per tale peccato dinanzi a Dio... Nel caso non esistessero né la prova dell’adulterio né la separazione legale, la situazione è questa: C.P. e M.L. sono colpevoli rispettivamente di adulterio e fornicazione e per questo devono comparire dinnanzi a un comitato giudiziario; voi che avete permesso tale unione siete in parte responsabili di quanto può essere avvenuto e quindi riteniamo che sia necessario prendere in considerazione i vostri requisiti di anziani.* *La lettera che citiamo, identificata con la sigla SCC:SSB, è del 20 dicembre 1978.

Gli « anziani » riuscirono a dimostrare che l’adulterio aveva avuto luogo facendo dichiarare a C.P. che non riconosceva come suo il figlio di sua moglie perché egli non aveva più avuto con lei rapporti sessuali da un tempo sufficientemente lungo ed anche da una serie di appostamenti e pedinamenti che erano stati predisposti in modo da avere la certezza che la moglie di quest’ultimo aveva trascorso una notte in casa dell’amante. Per quanto riguarda il documento del tribunale, tutto si chiarì esaminando meglio date e timbri. Ma un fatto emerge chiaramente da questa vicenda: il Corpo Direttivo avrebbe disassociato senza pietà due persone che non erano colpevoli di nulla se non di aver avuto fiducia negli « anziani » e nella disposizione dell’Organizzazione, che consentiva loro quella sorta di matrimonio-farsa; avrebbe inoltre punito con la rimozione alcuni dei suoi servitori di provata fiducia e lealtà solo perché si supponeva avessero sbagliato a calcolare alcune date su un documento rilasciato dalle Autorità. Quanto diverso è il comportamento che il Corpo Direttivo assume verso se stesso, colpevole di peccati molto più gravi. Esso, dopo aver ammesso di aver concesso il divorzio a chi non poteva ottenerlo, invece di invocare il perdono di Dio per il proprio errore, e quello degli affiliati per averli indotti a vivere in una condizione adulterina, ordina che nessuno si permetta di criticare né la propria decisione né chi ha peccato su suo consiglio e con il suo permesso! Un vero esercizio di dittatura spirituale della specie peggiore, aggravata da un’arroganza senza limiti. Un secondo esempio di come i leader di un movimento religioso alternativo spadroneggiano senza alcun ritegno sugli adepti è offerto, ancora una volta, dal movimento della Torre di Guardia. Un Testimone di Geova, abbandonato dalla moglie, anch’essa di fede geovista, per seguire un altro uomo (e per questo la donna era stata disassociata), aveva deciso di risposarsi, ma poiché non era riuscito a trovare una Testimone disponibile (in quanto aveva ben quattro figli) e poiché non ce la faceva più a sopportare il peso di una vita da single, chiese agli «anziani » il permesso di sposare (sempre con la consueta « Dichiarazione di voto di fedeltà matrimoniale ») una « persona del mondo », cioè una non Testimone. Poiché si trattava di una decisione non condivisa dagli «anziani», questi ultimi scrissero alla sede romana del Movimento, illustrando la situazione, e dicendo che avevano consigliato a quest’uomo di non fare quella determinata scelta. Segue la risposta dei vertici nazionali geovisti:

Cari fratelli, Rispondiamo alla vostra lettera del 18 gennaio con la quale ci ponete alcune domande in relazione alla possibilità che il fratello D.C. firmi una dichiarazione di voto di fedeltà matrimoniale. Dal momento che la moglie del fratello D.C. è stata disassociata per adulterio, egli è libero scritturalmente di risposarsi. Questo perché egli non l’ha perdonata e quindi non ha più avuto con lei rapporti sessuali e, comunque, ella attualmente vive in adulterio. Quindi, essendo passato più di un anno dalla separazione legale e dal momento che deve passare un considerevole tempo prima di ottenere il divorzio che lo rende libero

di risposarsi legalmente è possibile accettare la sua dichiarazione di fedeltà matrimoniale. Come anziani avete fatto bene a scoraggiare l’unione del fratello D.C. con una persona del mondo. Comunque, la vostra responsabilità non può andare oltre ciò. In effetti, accettando la dichiarazione di voto di fedeltà matrimoniale, non siete voi che approvate la decisione del fratello C. di sposare una persona del mondo. Voi semplicemente prendete atto della sua decisione di presentarsi dinanzi alla congregazione cristiana come uomo sposato e voi lo considererete come tale. Ciò di cui dovete accertarvi è che la donna con la quale il fratello C. pensa di unirsi sia libera scritturalmente di sposarsi.* * La lettera è siglata SCB:SSD, datata 24 gennaio 1980.

Essendo stato concesso il « nulla osta », gli « anziani » lo comunicarono all’interessato, il quale diede inizio ai preparativi per il « matrimonio ». Giunto il momento fatidico, fu trasmessa alla filiale romana una copia della documentazione affinché essa la rispedisse indietro con la sua approvazione ma, stupefacentemente, ecco quale fu la risposta che giunse da Roma (e quindi da Brooklyn):

Cari fratelli, Abbiamo ricevuto la vostra lettera del 22 settembre scorso riguardante il caso di D.C. Ci chiedete se egli può firmare la dichiarazione di fedeltà matrimoniale. Egli intende unirsi in una relazione coniugale con una donna del mondo. Siamo molto spiacenti, ma non possiamo approvare che egli firmi la dichiarazione di fedeltà che ci avete mandato. Ciò sarebbe come se approvassimo l’unione del C. con questa donna del mondo, in violazione del principio esposto in I° Corinti 7:39, di « sposarsi solo nel Signore ». Noi potremo accettare la convivenza di queste due persone solo se egli si sposa legalmente davanti a Cesare. Sappiamo che questo non lo può fare finché non ha ottenuto il divorzio, cosa per cui dovrà passare ancora del tempo. Non possiamo dare la nostra approvazione alla violazione di un principio scritturale, lasciando che egli firmi la dichiarazione di fedeltà.

Come è facile rendersi conto, questa fu una doccia fredda per gli « anziani » e per il povero D.C. ormai pronto a convolare a seconde «nozze ». Sperando che il tutto fosse frutto di un malinteso, gli « anziani » scrissero immediatamente ai responsabili nazionale dell’Organizzazione rilevando che, se essi avevano dato l’assenso a quelle nozze, era perché la stessa Organizzazione aveva in precedenza detto: « Come anziani avete fatto bene a scoraggiare l’unione del fratello D.C. con una persona del mondo. Comunque, la vostra responsabilità non può andare oltre ciò. In effetti, accettando la dichiarazione di voto di fedeltà matrimoniale, non siete voi che approvate la decisione del fratello C. di sposare una persona del mondo. Voi semplicemente prendete atto della sua decisione di presentarsi dinanzi alla congregazione cristiana come uomo sposato e voi lo considererete come tale. Ciò di cui dovete accertarvi è che la donna con la quale il fratello C. pensa di unirsi sia libera scritturalmente di sposarsi ». Adesso si diceva esattamente il contrario: com’era possibile? La risposta della Società non tardò ad arrivare ed ecco quanto stabiliva:

Cari fratelli, Desideriamo rispondere alla vostra lettera dell’ 11 ottobre nella quale ci fate notare il contrasto tra ciò che abbiamo detto nella nostra lettera del 24 gennaio 1980 e quella del 7 ottobre 1981. Nei quasi due anni che sono trascorsi da quando vi abbiamo risposto nel gennaio 1980, abbiamo dovuto riconsiderare la questione riguardo al permettere a persone di firmare la dichiarazione di fedeltà matrimoniale quando la loro intenzione era quella di sposare persone del mondo. Ci siamo resi conto che in effetti noi stavamo accettando che questa persona andasse contro le Scritture e ci implicavamo nella cosa poiché eravamo noi ad autorizzare che venisse firmata la dichiarazione di fedeltà. Comprendendo quindi la necessità di aderire strettamente a ciò che l’apostolo Paolo dice in 1 Corinzi 7,39, almeno per quanto dipende da noi, abbiamo dovuto cambiare la disposizione in merito a persone che sposavano qualcuno che non era testimone di Geova. Comprendiamo che questo possa costituire una delusione per D.C., però mentre la luce dell’intendimento diventa sempre più chiara riguardo al come comportarci nelle diverse situazioni di questa vita e di questo sistema di cose, noi dobbiamo aderire costantemente al nuovo intendimento ed illuminazione che Geova progressivamente ci dà riguardo alle sue verità.* * Con la lettera SCC:SSB del 13 ottobre 1981.

In poche parole, la mutevole esegesi del Corpo Direttivo, come un bulldozer, era passata sopra le esigenze vitali del povero D.C., infischiandosene del fatto che a quest’ultimo era stata proprio l’Organizzazione a dare l’autorizzazione a firmare la famosa « dichiarazione di fedeltà ». Ma, ed è la cosa più grave, quando a sconsigliare D.C. di sposare una «persona del mondo » erano stati gli «anziani », l’opinione della Società era: « Non siete voi che approvate la decisione del fratello »; quindi la cosa si poteva fare. Adesso che la Società si era adeguata a come la pensavano già da due anni gli « anziani », ecco che questo « pensiero » diventava « nuovo intendi mento », «illuminazione di Geova ». Detto per inciso, il D.C. non tenne conto del divieto e, sfidando la decisione del Corpo Direttivo, si sposò lo stesso, con il risultato che quel « corpo di anziani », composto di suoi cari amici, fu costretto a disassociarlo se non voleva esso stesso subire le ire del Corpo Direttivo ed essere rimosso dall’incarico. Quell’uomo, che aveva seguito pedissequamente le direttive dei vertici geovisti fino a quando gli era stato possibile e che di fronte ad un diktat che gli avrebbe rovinato la vita aveva disobbedito, era adesso considerato un paria, al quale nessuno avrebbe dovuto più rivolgere la parola: egli era morto per i suoi conservi. Qual era stato il suo peccato, tanto da fargli meritare di essere trattato come un assassino, un adultero, un delinquente? Solo quello di sposarsi con una donna per bene che avrebbe accudito con amore i suoi quattro figli. Gli episodi sopra descritti illustrano che i leader dei movimenti religiosi alternativi non rispondono a nessuno di ciò che fanno, imponendo in modo arrogante la loro mutevole volontà ai succubi adepti.

Attività sessuale nel futuro paradiso terrestre Come abbiamo visto, in quanto a problemi concernenti la disposizione matrimoniale, il Corpo Direttivo geovista non ha mai avuto le idee eccessivamente chiare. E a dimostrazione di questo fatto sta anche un’altra delle vicissitudini che ha travagliato il Geovismo nel corso dei decenni: i risuscitati si sposeranno o no? Se è già imbarazzante sbirciare nelle camere da letto della gente che vive su questa vecchia terra, immaginiamo la difficoltà di farlo riguardo a chi approderà, secondo l’ideologia geovista, nel paradiso terrestre del dopo Armaghedon, ma la Torre di Guardia intrepidamente si è avventurata anche in questa direzione, ed eccone i risultati. Già al tempo di Russell era credenza dei precursori degli odierni Testimoni di Geova che i resuscitati sarebbero state persone dal sesso indefinibile, forse addirittura degli asessuati. Così si esprimeva, per esempio, La Torre di Guardia di Sion (edizione inglese) del 1 settembre 1906: Vi è da dire, comunque, che quando essi sorgeranno dai morti non si sposeranno né saranno dati in matrimonio, ma saranno come gli angeli in cielo, asessuati... Riguardo al mondo che non sarà mutato dalla natura terrestre a quella celeste, esso non subirà l’istantanea trasformazione della resurrezione, ma un cambiamento graduale, progressivo durante i mille anni del « tempo della restituzione ». Avverrà anche che quando essi si troveranno in quel mondo avendo ottenuto la resurrezione dei morti, essi non si sposeranno né saranno dati in matrimonio, ma saranno asessuati. Ciò vuol dire che la restaurata famiglia umana durante il periodo della restituzione perderà la differenziazione sessuale, e alla fine dei mille anni saranno tutti perfetti, come lo era Adamo prima che Eva fosse tratta da una sua costola. È quindi chiaro che agli inizi il Geovismo riteneva che quella che ora viene chiamata « grande folla» non avrebbe avuto il « privilegio » di riprodursi, cioè di procreare figli nel corso dell’imminente millennio. Un primo allontanamento da questa veduta lo troviamo già alcuni anni dopo, nel 1930, nell’edizione inglese del 2 aprile del l’Età d’Oro (periodico che in seguito prese il nome di Svegliatevi!), pag. 446, che rispondeva alla domanda: Marito e moglie vivranno insieme dopo il completamento della resurrezione, se sono entrambi in armonia con Dio?: Le Scritture non rivelano che tipo di relazione esisterà fra uomo e donna alla fine della resurrezione. Ciò che sappiamo è che non nasceranno bambini durante gli ultimi 100 anni del Millennio (Is 65,20), né ne nascerà alcuno dopo di esso, perché gli uomini e le donne non genereranno figli dopo aver raggiunto l’età di 100 anni. Se vi sarà ancora l’identità dei sessi come oggi la conosciamo, non lo sappiamo. In alcune circostanze ben documentate, si è verificato che delle donne sono diventate uomini, ed è possibile che questa trasformazione possa divenire generale e che tutti diverremo fratelli.

Nel 1930, quindi, in base a delle arbitrarie elucubrazioni si fece un passo avanti e si consentì la generazione di figli anche se limitatamente ai centenari e non agli ultracentenari. Il trascorrere di altri Otto anni, portò un’ulteriore chiarificazione del Geova-pensiero su questo argomento. L’opuscolo Di fronte ai fatti, del 1938, presentava la distinzione dei Testimoni di Geova in due classi e per ognuna d’esse indicava i rispettivi compiti. Per quanto riguarda la procreazione esso diceva: « Il fatto che l’ordine divino di “moltiplicare e riempire la terra” fu dato ad Adamo prima che peccasse dimostra conclusivamente che questo ordine dev’essere eseguito unicamente da creature umane giuste, che procreeranno dei bambini nella giustizia e sotto giuste condizioni. Chi, dunque, potrà eseguire quest’ordine? Nessuno di quelli del residuo (Romani 11,5), certamente, poiché sono spirituali e la loro dimora è nel cielo » (pag. 43). Passando, poi, alla condizione dei «Gionadab » (espressione biblica con la quale si indicavano le persone destinate a popolare il paradiso terrestre geovista) nel 1938 veniva suggerito: « Quelli di Gionadab che oggi pensano al matrimonio farebbero bene, evidentemente, ad aspettare alcuni anni, fino a quando il tremendo uragano d’Harmaghedon sia passato; essi potranno allora concludere delle relazioni matrimoniali, e godere delle benedizioni concesse a coloro che contribuiranno a popolare la terra di figli giusti e perfetti ». Ma anche fra i « Gionadab » ci sarebbero state delle differenze. Infatti, quelli fra loro morti prima di Armaghedon non avrebbero goduto del privilegio degli altri e, pur non beneficiando della natura spirituale del « residuo » destinato al paradiso celeste, come questi non avrebbero potuto procreare, non perché di natura spirituale, ma perché così piaceva al Corpo Direttivo dell’epoca. Di essi è detto: « Quelli che sono nella tomba e che saranno resuscitati dovranno aver ampia e propizia opportunità di vivere, ma non avranno nulla a che fare coll’esecuzione dell’ordine divino di riempire la terra ». Ma il trascorrere di soli nove anni portò con sé un cambiamento inspiegabile: nel 1947 vide la luce il libro La verità vi farà liberi che, alle pagg. 365366, conteneva la seguente dichiarazione: In questa benedetta terra sotto la Regola del Regno, quelli delle « altre pecore » provenienti da tutte le nazioni,….. in ubbidienza all’ordine divino, questi retti figliuoli del «Padre eterno, [il] Principe della pace », si sposeranno e produrranno dei figliuoli, non per disturbo o per la guerra mortale, ma per riempire la terra... La verità concernente il mandato o l’ordine divino fu rivelato nel 1938. Sorge adesso la domanda relativamente a quelli delle « altre pecore » che muoiono prima della battaglia di Harmaghedon. Molti di costoro sono già morti o sono stati uccisi nelle nazioni totalitarie e Nazi Fasciste, quali fedeli martiri per l’amore del nome di Geova; molti altri sono morti in altre nazioni a causa di maltrattamenti, persecuzione, prigionia, od altre cause. Ma tutti hanno sostenuto la prova della fedeltà ed hanno preservato la loro integrità verso Iddio e la sua Teocrazia. Parteciperanno costoro nel proseguimento dell’ordine divino nel nuovo mondo? Il fatto è tuttavia ragionevole che Iddio avendo concesso loro di nutrire una tale speranza, ed essendo essi morti fedeli ed irreprensibili verso Geova, ne consegue ch’Egli non rinnegherà loro il privilegio dell’ordine divino.

A sposarsi e a generare figli non sono quindi soltanto le « altre pecore » che passano da vivi nel nuovo sistema paradisiaco, ma anche « quelli delle “altre pecore” che muoiono prima della battaglia di Harmaghedon ». « Egli [Dio] non rinnegherà loro il privilegio dell’ordine divino ». Dal 1947 al 1955 tale veduta rimane immutata. Nell’edizione del 1° giugno 1955 di La Torre di Guardia viene infatti posta la domanda: Qual è il giusto intendimento delle parole di Gesù in Luca 20,34-36? Ripetendo i concetti precedentemente espressi nel libro La Verità vi farà liberi, la summenzionata rivista diceva: È pure ragionevole e ammissibile avere l’idea confortante che quelli che appartengono alle altre pecore che ora muoiono fedeli risorgeranno prima e vivranno nel tempo in cui il mandato della procreazione viene adempiuto e quando le condizioni paradisiache vengono estese a tutta la terra e che essi parteciperanno a questo servizio divinamente concesso. Geova ora estende a loro questa speranza di servizio, e sembra ragionevole ch’egli non la faccia loro mancare a causa di una morte prematura, forse una morte dovuta alla fedeltà verso di lui.

Non vi sono dubbi interpretativi: le « altre pecore » morte prima di Armaghedon parteciperanno al mandato di procreazione. Un’idea del genere è definita « ragionevole e ammissibile ». Trascorre poco più di un anno e tali « ragionevolezza e ammissibilità » cominciano già ad essere messe in dubbio. A gettare il sasso nello stagno è La Torre di Guardia del 15 settembre 1956 che, nella solita « domanda dai lettori » in cui si chiede se un superstite di Armaghedon potrà generare figli con il suo coniuge defunto prima della grande catastrofe mondiale, rileva: Noi non possiamo dire con esattezza come Geova disporrà tali problemi dopo Armaghedon, ma non sembra irragionevole che una tale coppia sia riunita dopo Armaghedon se questo è il desiderio di entrambi. Essi potrebbero nutrire tale speranza... ma in quanto alla procreazione non abbiamo nessuna scrittura definitiva che la sostenga.

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È evidente che questa risposta dovette creare molti problemi a tutti quei Testimoni di Geova che avevano perso il coniuge e attendevano ansiosamente Armaghedon per ricongiungersi con lui in una relazione matrimoniale completa. Furono infatti tantissime le lettere che giunsero alla Società chiedendo ulteriori delucidazioni. Ma ormai si era stabilito che le « altre pecore » risuscitate non potessero più aver figli e non si ritornava indietro. Così La Torre di Guardia del 15 luglio 1962 azzerò le ultime speranze scrivendo: Perciò per coloro che muoiono avendo speranze spirituali, celesti e per coloro che muoiono avendo la speranza del paradiso terrestre, la regola enunciata da Gesù Cristo resta immutata: « Nella risurrezione né gli uomini avranno moglie, né le donne marito, ma saranno come gli angeli di Dio in cielo... La resurrezione promette agli uomini, non di risposarsi, ma di tornare a vivere, sotto il regno di Dio retto da Cristo. Non è questo soddisfacente? Ha qualcuno il diritto di chiedere di più mediante il sacrificio di Cristo? Cristo morì per voi, non affinché vi sposaste, ma affinché viveste! Non ci lasciamo dominare o vincere dal sentimen talismo o dalle emozioni. Certamente una risposta vigorosa, dalla quale si comprende che c’è da vergognarsi per essere così esigenti: non solo la resurrezione, ma anche il matrimonio! Certo, veniva omesso un non trascurabile particolare: se tutti quei Testimoni delusi chiedevano a gran voce un ripensamento del Direttivo al riguardo era perché era stato proprio tale Organo che aveva dato loro una speranza del genere. Prima nel 1947 e poi nel 1955 era stato « Iddio » stesso a concedere tale speranza (vedi supra). L’accusa, quindi, ai Testimoni d’averci creduto proprio da parte di chi glielo aveva insegnato è una caratteristica dell’arroganza e della superficialità dell’Organizzazione Torre di Guardia. Gettata alle spalle questa rogna, il Corpo Direttivo si trovò a cimentarsi con un’altra delle sue periodiche incursioni nel talamo nuziale. Cosa sarebbe accaduto alle coppie sposate, superstiti di Armaghedon, aventi il privilegio di «ripopolare la terra »? Avrebbero dovuto trasformarsi in «pecore da riproduzione »? Una domanda del genere apparve su La Torre di Guardia del 1° gennaio 1957: Che cosa significa un adempimento esemplare del mandato di procreazione? Non sarà il suo adempimento più che esemplare? La grande massa del genere umano, composta di « quelli che hanno praticato il male », verrà introdotta nel nuovo mondo mediante la risurrezione finché parecchio tempo del regno millenario non sia trascorso e le condizioni paradisiache non si siano estese sulla terra, (Giov, 5,28- 29; Luca 23,43, NM). I superstiti di Armaghedon parteciperanno all’adempimento del comando di « crescere e moltiplicare e riempire la terra » con una giusta progenie. Ma il loro adempimento di questo comando non può significare che riempiranno la terra completamente, poiché ciò non lascerebbe spazio per le moltitudini che dovranno essere risuscitate. — Gen. 1,28.

Quindi invece di essere un adempimento completo del mandato di procreazione, sarà un adempimento esemplare. Costituirà un esempio di ciò che Dio può compiere. Esso dimostrerà il potere di Geova di riempire la terra con una razza giusta mediante la procreazione umana, secondo il proposito stabilito al tempo della creazione. Abbiamo un’il lustrazione di tale adempimento esemplare con il numero perfetto delle generazioni di Noè (10 x 7 = 70) dopo il diluvio (Gen. 9,1). Quindi l’atto di riempire la terra da parte delle « altre pecore » che sopravvivranno ad Armaghedon sarà esemplare, cioè rappresenterà o dimostrerà il potere di Geova di adempiere il mandato di procreazione in tal modo, e pertanto può essere chiamato un adempimento rappresentativo o esemplare, ma non un adempimento completo, che non lascerebbe nessuno spazio per la successiva resurrezione di « quelli che hanno praticato il male ».

Quello del «mandato di procreazione » è un argomento che sin dalle origini del Movimento, ha sempre affascinato i Testimoni di Geova che, evidentemente, attribuiscono alle relazioni sessuali un ruolo non indifferente nella loro « teologia ». La Torre di Guardia , in un articolo dell’edizione l settembre 1947, pag. 202, in una lunghissima nota in calce riassumeva la storia del pensiero della Società su tale argomento: Al tempo in cui Charles T. Russell era presidente, editore e direttore della Watch Tower Bible & Tract Society, La Torre di Guardia così rispose alla domanda: « E’ ragionevole ritenere che nessuno della classe del mondo sarà risuscitato dalla tomba se prima le generazioni viventi non abbiano raggiunto un certo grado di elevazione fisica e morale, e fino a che la térra non avrà cominciato a “produrre il suo incremento”... ».

«Il comando di “essere fecondi e moltiplicarsi” è limitato — fino a che la terra non è “ripopolata” (letteralmente “riempita” — Traduzione di Leeser di Gen. 1,28); di conseguenza quando la terra sarà stata riempita, la moltiplicazione e la fecondità dovrebbero cessare secondo la disposizione di Dio... È probabile che la fertilità diminuisca man mano che la razza si avvicina alla perfezione. A volte accade che un albero vecchio e morente fiorisce più abbondantemente e produca una gran quantità di frutti che non riuscirà poi a portare a piena maturità rispetto al tempo della sua giovinezza. Lo stesso accade alla famiglia umana,

all’inizio è caratterizzata da abbondanza di progenie debole, malata e morente sin dalla nascita, e tutto ciò è il marchio della debolezza e dell’imperfezione che fra breve tempo cominceranno a regredire non appena comincerà ad avere effetto l’opera della restituzione e la maledizione sarà tolta. Vedi Gen. 3,16 ». — Citato dalla Torre di Guardia, Vol. 6, n. 7, del marzo 1885, articolo « Sviluppo durante il millennio », paragrafi 8, 16, 17. Ciò che segue fu intitolato «Che moglie dovrà essere? » (paragrafo 12): « Gli angeli sono probabilmente asessuati — né maschi né femmine nel senso che noi attribuiamo a tali termini, sebbene a Dio si faccia in genere riferimento al maschile. L’uomo che originariamente fu creato a immagine di Dio a tal proposito era probabilmente lo stesso, simile agli angeli. Successivamente “egli li creò maschio e femmina” perché essi riempissero la terra. E la deduzione ragionevole è che quando la terra diverrà come il “Giardino dell’Eden” e sarà pienamente popolata, allora il “riempimento della terra” mediante la moltiplicazione della razza cesserà, secondo il compimento del piano di colui che ha formato dal perfetto uomo una coppia perfetta, allo scopo di riempire la terra ». — Citato dalla Torre di Guardia, Vol. 8, n. 7, del marzo 1887. Con il titolo « I figli dei benedetti » è detto (paragrafi 4, 6, 7): « Queste Scritture [Isaia 65,17-25, Leeser] sembrano indicare che la generazione di figli continuerà per un certo tempo, per lo meno fino all’età del Millennio, se non anche per i primi cento anni o fino a quasi al suo termine. Apparentemente ciò può sembrare in conflitto con la dichiarazione del Signore in Luca 20,34-36... Ragionando per analogie, si può pensare che lo stesso accurato Custode del Libro, che ha desiderato riempire la terra di figli umani, ha probabilmente disposto che durante il Millennio, a quelli che non hanno avuto figli durante questo presente sistema malvagio, sarà concesso di generare quelli che prenderanno il posto di quei figli di Adamo che hanno perso la loro elevata posizione, o che a causa del peccato hanno perso addirittura la vita... Certamente sarà una meravigliosa manifestazione dell’amore e del favore di Dio riempire i vuoti creatisi nei ranghi del genere umano che sia per un Suo speciale favore o a causa dell’intervento di Satana si sono resi disponibili. E, inoltre, sotto tale disposizione la manifesta sapienza di Dio sarà dimostrata nelle ordinate condizioni nelle quali avrà luogo la generazione di figli, non nella tristezza, com’è stato sotto le condizioni adamiche sin dal tempo della caduta, ma sotto condizioni benedette, dove ogni caratteristica della maledizione sarà rimossa. Così l’umanità avrebbe un esempio di come la terra sarebbe stata popolata se Adamo ed Eva non avessero peccato... ». — Citato dalla Torre di Guardia, vol. 30 n. 11, del 1 giugno 1909.

Così, fin dal principio, era convinzione della Torre di Guardia che il ripopolamento della terra paradisiaca sarebbe stato equamente diviso fra la procreazione di figli e la resurrezione dei morti. Nel 1963 l’opuscolo Dio sarà re di tutta la terra diceva, alle pagg. 27-28: Nello stesso modo, la battaglia di Har-Maghedon non dissolverà il legame matrimoniale di quelli che sopravvivranno ad essa, ed è ragionevole credere e aspettarsi che i matrimoni dei superstiti di Har-Maghedon non sposati saranno autorizzati dal Re Gesù Cristo, e i loro matrimoni produrranno molti figli... La generazione di figli mediante l’onorevole matrimonio dei superstiti di Har-Maghedon e dei figli che nasceranno dopo Har-Maghedon sarà approvata dal Re evidentemente solo per un limitato periodo di tempo: per quante generazioni non sappiamo. Ma, evidentemente, quest’idea dei molti figli e della nascita di bambini per diverse generazioni cominciò a non piacere più al Corpo Direttivo, il quale nel 1972 cambiò ancora una volta opinione. La Torre di Guardia del 15 ottobre 1972, pag. 623, diceva infatti: « Questa “nuova terra” si espanderà e si estenderà, indubbiamente per mezzo di alcune nascite umane dopo che la grande tribolazione sarà finita ».

Alcune nascite, non più molti figli.

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Sterilizzazione! Un’ultima irruzione in camera da letto il Corpo Direttivo ha voluto farla occupandosi della sterilizzazione. Anche in questa circostanza, la sua « teologia » è stata molto ondivaga, zigzagando tra diverse posizioni, spiegando — di volta in volta — che l’ultima d’esse era scritturale e che quella precedente era contraria alle Scritture, fino a trattare l’argomento per ben sei volte dal 1960 al 1985. Argomento che, come tanti altri, ha una diretta e importante influenza sulla vita delle famiglie, come vedremo. Di seguito esporremo le sei diverse trattazioni che nel corso degli anni La Torre di Guardia ha presentato. Successivamente, ne evidenzieremo i punti salienti: È ammissibile che i cristiani ricorrano alla sterilizzazione per evitare di avere bambini? A questo riguardo possiamo regolarci secondo il principio esposto nella legge data da Dio a Mosé... è assolutamente sbagliato pensare che per essere liberi di compiere il servizio del Regno ed evitare le responsabilità familiari per ciò che riguarda i figli, sia consentito di ricorrere alla sterilizzazione.* *La Torre di Guardia 15 maggio 1960, pagg. 319-320;

È permessa in qualche circostanza la sterilizzazione dell’uomo o della donna, per esempio per proteggere la vita della donna o in caso di notevoli difficoltà economiche? Tutto questo ci dà un’idea di ciò che pensa Dio quando una persona o una nazione dedicata a lui rovina gli organi della procreazione, impedendo il loro normale funzionamento. E’ vero che la legge mosaica fu messa da parte con Cristo, ma Dio non ha mutato il suo atteggiamento circa la sterilizzazione... il cristiano dedicato deve osservare la legge di amare Geova Dio con tutto il cuore, la mente, l’anima e la forza. La forza e l’effetto della sterilizzazione sono contrari ad essa, poiché la sterilizzazione esercita un effetto dannoso sia sul fisico che sulla mente della persona privata degli organi della procreazione. Se un medico afferma che la moglie avendo un bambino, morirebbe, che si può fare? Vi è un altro modo per impedire che concepisca, ciò che metterebbe in pericolo la sua vita, piuttosto che violare la legge di Dio, della quale tutta la sostanza è contraria alla sterilizzazione? * *La Torre di Guardia, 15 dicembre 1962, pagg. 763-764; corsivo nostro.

Vi è qualche obiezione scritturale circa l’uso delle pillole per il controllo delle nascite? ….Il controllo delle nascite e la sterilizzazione non sono la stessa cosa. La sterilizzazione, sia temporanea che permanente, per lo scopo specifico di controllare le nascite sarebbe scritturalmente sbagliata * * La Torre di Guardia, 10 ottobre 1964, pag. 607; corsivo nostro.

Abbiamo ricevuto un buon numero di domande da persone sposate riguardo a questioni sessuali, in seguito a vedute a cui è stata fatta ampia pubblicità da fonti mondane. Queste domande riguardavano atti coniugali, controllo delle nascite, sterilizzazione e aborto. Facciamo di seguito i nostri commenti su tali cose nella misura che ci sentiamo autorizzati a farlo. … Una misura per impedire il concepimento che ha molti sostenitori nel mondo è la sterilizzazione volontaria... sia che venga chiamata « temporanea » o no, qual è il punto di vista biblico della sterilizzazione? Dio non consentiva la sterilizzazione fra gli Israeliti. Al contrario, proibì alla sua nazione di fare eunuchi... È vero che i cristiani non sono sotto le esigenze della legge mosaica. Ma si vuole veramente conoscere ciò che Dio pensa della questione della sterilizzazione? Le suddette informazioni sono l’unica indicazione che abbiamo nella Bibbia. Quelli che sono spiritualmente maturi apprezzano profondamente di conoscere a fondo la veduta di Dio per guidare conformemente i loro passi. E’ vero che la sterilizzazione potrebbe sembrare ad alcuni una condotta che richiederebbe meno padronanza di sé o farebbe evitare i pericoli associati alla gravidanza per la donna di salute cagionevole; ma notate l’attitudine rispecchiata nel Salmo 143,10: « Insegnami a fare la tua volontà, poiché tu sei il mio Dio. Il tuo spirito è buono; mi conduca nel paese della rettitudine ». Oggi i maturi cristiani manifestano questa medesima attitudine quando prendono decisioni.* * La Torre di Guardia, 15 giugno 1970, pagg. 381-384; corsivo nostro.

Che un uomo approvi la sterilizzazione (di sé o di sua moglie) lo squalifica da incarichi di responsabilità nella congregazione? …… Da questo potremmo concludere che la sola condotta in armonia con il proposito di Dio sia di sposarsi e d’avere il maggior numero di figli possibile. Le Scritture, comunque, permettono ancora la decisione personale in questioni relative alle facoltà procreative... In considerazione di questi punti scritturali, si deve comprendere che Dio approva l’avere figli. Quindi sarebbe errato

che un uomo si facesse sterilizzare o approvasse la sterilizzazione della moglie solo perché non ha apprezzamento per il divino dono delle facoltà procreative... Ciò nondimeno, se si tratta di rimanere in salute e di preservare la vita, il cristiano può pensare di potersi coscienziosamente sottoporre a una grave operazione... Questa è un’ulteriore ragione per cui la decisione inerente alla sterilizzazione in simili circostanze deve dipendere dalla coscienza degli interessati... Quanto abbiamo detto sopra non si deve assolutamente prendere come un incoraggiamento a sterilizzarsi, così come non possiamo incoraggiare le coppie che vogliono evitare d’avere figli a usare metodi contraccettivi. La responsabilità di qualsiasi conseguenza o sfavorevole effetto collaterale ne derivi, al presente o in futuro, deve gravare su chi prende la decisione. La sterilizzazione, come un’isterectomia, è un passo grave, giacché la capacità umana di capovolgerne gli effetti è davvero minima. Che l’uomo il quale approva la sterilizzazione perché la moglie è in una condizione pericolosa sia qualificato per avere responsabilità nella congregazione è dunque una cosa che il locale corpo degli anziani deve soppesare alla luce dei princìpi biblici.* * La Torre di Guardia, 10 ottobre 1975, pagg. 605-606.

Visto che, secondo alcune notizie, i medici riescono a volte a ripristinare le facoltà riproduttive, non potrebbero alcuni cristiani scegliere la sterilizzazione volontaria come forma di controllo delle nascite? ……Che cosa troviamo nelle Scritture Greche Cristiane che abbia relazione con questo argomento? Innanzi tutto apprendiamo che i cristiani non sono sotto la Legge mosaica. Inoltre Gesù incoraggiò a espandere il cristianesimo con la predicazione della buona notizia, e non con la procreazione... Quando l’ultima volta si è parlato di sterilizzazione volontaria in questa rubrica, quasi tutti i medici la ritenevano un procedimento irreversibile e quindi permanente. Tuttavia i progressi medici dell’ultimo decennio hanno alquanto mutato la situazione... Dato che le Scritture Greche Cristiane non forniscono indicazioni esplicite su questi argomenti, i cristiani devono decidere di persona per quanto riguarda limitare la grandezza della loro famiglia e controllare le nascite. Circa la sterilizzazione è bene ricordare che, se è vero che una riconversione può in teoria riuscire più facilmente ora che un decennio fa, è anche vero che i medici non possono garantire che si possa ripristinare la facoltà riproduttiva... In ultima analisi è appropriata la dichiarazione di Paolo: « Egli sta in piedi o cade al suo proprio signore [Geova] ».* *

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La Torre di Guardia, 1 maggio 1985, pag. 31

Avete notato la sequenza delle dichiarazioni che si susseguono nelle prime cinque edizioni della rivista? Nel 1960 « è assolutamente sbagliato » ricorrere alla sterilizzazione; nel 1962 « la sterilizzazione esercita un effetto dannoso sulla mente » ed è « una violazione della legge di Dio »; nel 1964 « sarebbe scritturalmente sbagliata »; nel 1975 «sarebbe errato che un uomo si facesse sterilizzare »; infine, nel 1985, « i cristiani non sono sotto la legge mosaica ... devono decidere di persona »: in altre parole, se vogliono, lo possono fare. Quanto abbiamo mostrato sopra non rappresenta, naturalmente, tutto quello che l’Organizzazione dei Testimoni di Geova ha insegnato nel corso degli anni sugli argomenti relativi alla vita matrimoniale e alle relazioni sessuali. Esso però è uno spaccato sufficientemente illustrativo del modo di fare esegesi da parte di gruppi religiosi del genere. Risulta evidente che ciò che sta maggiormente a cuore ai vertici non è il benessere delle persone, né la fedele adesione allo spirito delle Scritture, ma la continua ricerca di interpretazioni che inculchino negli adepti la convinzione ch’esso riceve continuamente nuove « rivelazioni » di « illuminante verità ». Se per un periodo di tempo eccessivamente lungo i leader non rivelassero «nuove verità », ciò creerebbe stati di disagio nella massa degli adepti ormai adusi a questa maniera di fare « teologia ». Un attento esame di quanto abbiamo esposto ci aiuta facilmente a capire che la « legge di Dio », per movimenti di questo tipo, non è realmente la legge di Dio, ma è la propria legge. Difatti se una legge è « di Dio », niente e nessuno potrebbe modificarla, mentre i leader la modificano continuamente. La volontà e l’esegesi dei vertici dottrinali sono quindi la norma cui i fedeli devono guardare con assoluta fiducia. I tristi risultati che ciò ha prodotto sono la conferma delle illuminate parole del profeta Geremia: « Il Signore dice: “Io condanno chi si allontana da me, perché ha fiducia nell’uomo e conta soltanto su mezzi umani”... Nessuno sa scegliere la giusta via, nessuno sa decidere bene per la propria vita » (Geremia 17,5; 10,23). Di grande interesse è lo studio della storia e dei cardini dottrinali che sostengono l’edificio organizzativo dei vari movimenti religiosi alternativi, valutandoli nelle loro manifestazioni e negli sviluppi di specifici modelli di organizzazione religiosa.* * Su questi soggetti, con riferimento ai Testimoni di Geova, si veda A. Aveta, Storia e dottrina dei Testimoni di Geova, Roma 1994. Invero gli sviluppi storici di un movimento religioso sono importanti perché, attraverso questi, si possono individuare cambiamenti e compromessi; con la creazione di un’organizzazione religiosa vengono decise da parte del gruppo le relazioni con il mondo esterno, da queste ultime relazioni dipendono l’atteggiamento da assumere nei confronti di altri gruppi religiosi e il comportamento da manifestare verso gruppi sociali naturali come la famiglia.

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CAPITOLO

QUARTO

L’EFFETTO DI FACCIATA In genere le reazioni sociali nei confronti dei movimenti religiosi alternativi si basano non tanto sulle loro credenze quanto sui loro modelli di comportamento e sulle loro relazioni con la società. Ecco perché tali movimenti religiosi alternativi attribuiscono fondamentale importanza alla «propaganda di facciata » da presentare agli estranei. La nostra società è caratterizzata dall’apparire più che dall’essere: bisogna impressionare gli interlocutori apparendo ai loro occhi più dotati, esperti e competenti rispetto alla realtà. Si tratta di una caratteristica di cui a lungo si è discusso e che ha tanti detrattori quanti sostenitori. In questo contesto i movimenti religiosi alternativi hanno subito compreso i notevoli vantaggi derivanti da una propaganda impostata sulle apparenze e la sfruttano con efficacia. Una delle tattiche consiste nell’accreditare al proprio movimento una « storia » lunga e rispettabile al fine d’incutere rispetto negli interlocutori. Questo è proprio ciò che, per esempio, hanno ripetutamente fatto i Testimoni di Geova allorché si è trattato di impressionare i lettori circa la loro presenza in Italia. Infatti i portavoce del Geovismo hanno spesso dichiarato che « la nostra (dei Testimoni) storia comincia da molto lontano e in Italia siamo conosciuti e apprezzati da 80 anni ». Immaginate l’impatto di simili dichiarazioni sull’opinione pubblica. Ma è proprio vero che i Testimoni di Geova sono « conosciuti e apprezzati » in Italia fin dai primi anni del 1900? No, se dobbiamo credere a quanto racconta una pubblicazione dei Testimoni di Geova a proposito della diffusione del Geovismo in Italia.* * Annuario dei testimoni di Geova 1983, Roma 1983, pag. 150 Infatti, quando C .T. Russell, ideologo di riferimento di ciò che è poi divenuto l’attuale Geovismo, venne in Italia nel 1912, trovò solo una comunità composta da una quarantina di seguaci a Pinerolo (in Piemonte). Resta da chiedersi come faceva a essere apprezzato e conosciuto in tutt’Italia un gruppo così esiguo! Un’altra cosa che i responsabili geovisti italiani cercano di nascondere all’opinione pubblica è che la prima registrazione di una « Società Torre di Guardia » fu fatta nel 1932 alla Camera di Commercio di Milano e tale Società fu iscritta come società per la stampa e la diffusione di libri e trattati biblici. Quindi, i Testimoni di Geova erano noti fin dal 1932 come affiliati a una società commerciale, non come religione, del che i responsabili nazionali non gradiscono far menzione.* *A ben guardare, i vertici nazionali geovisti hanno ammesso, almeno in una occasione, che la « Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania [ già iscritta dall’8 luglio 1946 alla Camera di Commercio di Milano » (si veda la pag. 2 dell’Atto Costitutivo di Associazione della « Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova », redatto il 19 giugno 1985 dinanzi al notaio G. Cardelli di Roma e sottoscritto da V. Farneti, R. Franceschetti, G. Fortugno, A. Caparelli, G. Fredianelli). Per ulteriori informazioni sulle propensioni « imprenditoriali » della Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova, si veda la sezione « Approfondimenti » di questo capitolo.

D’altra parte, questa etichetta commerciale non stupisce chi ha letto gli scritti di C.T. Russell, perché quest’ultimo scrisse nel 1895: « La Società Torre di Guardia di Trattati di Sion è solo un’associazione commerciale... La Società Torre di Guardia di Trattati di Sion non è una società religiosa, bensì commerciale ».* * Watchtower 1/8/1895, vol.4, pag. 1847 delle Ristampe

Proprio in sintonia con questa connotazione commerciale della casa-madre americana, in Italia la rivista La Torre di Guardia, nei primi anni del secolo, veniva venduta dalle principali rivendite di giornali dei capoluoghi di provincia. Nel secondo dopoguerra i propagandisti geovisti poterono sbarcare in Italia al seguito degli eserciti alleati, giustificando la loro presenza in base a trattati di amicizia fra gli Stati Uniti e l’Italia. Negli anni Cinquanta i rappresentanti della Società commerciale americana fecero vari tentativi per farsi riconoscere legalmente dal governo italiano, ma tali iniziative fallirono perché, come ammettono gli stessi Testimoni, la loro organizzazione « era ancora poco conosciuta », d’altra parte nel 1951 i Testimoni attivi in Italia erano poco più di 1.700. Fu solo nel 1976 che la Società Torre di Guardia ottenne l’ambito riconoscimento legale dalle autorità italiane. Tutto questo a dispetto delle trionfalistiche affermazioni circa la notorietà quasi centenaria millantata dai vertici geovisti attraverso i mass media! 138 - 139

La propaganda crea dissonanza Molti movimenti religiosi alternativi addestrano i propri adepti all’uso di una tecnica proselitistica che si fonda sul principio di creare dissonanza cognitiva* negli interlocutori. * L’ipotesi di fondo della teoria della dissonanza cognitiva di Festinger « consiste nella nozione che l’organismo umano tende a stabilire un’interna armonia, coerenza e conformità tra le sue opinioni, atteggiamenti, conoscenze e valori. Esiste cioè una tendenza alla consonanza tra le cognizioni » (L. Festinger, Teoria della dissonanza cognitiva, Milano 1987, pag. 232). Festinger sostituisce al termine « incoerenza » una parola di minore connotazione logica, cioè « dissonanza »; e, invece della parola « coerenza » opta per un termine più neutro, cioè « consonanza »; infine usando l’espressione « dementi cognitivi o cognizioni », Festinger si riferisce alle cose che un individuo sa di se stesso, del suo comportamento, del suo ambiente circostante, quindi alle sue credenze, ai suoi valori, ai suoi atteggiamenti. L’enunciato teorico della teoria di Festinger è: « due dementi cognitivi sono in relazione dissonante se, considerando soltanto questi due dementi, l’inverso di un elemento segue dall’altro » (ibidem). Ciò premesso, se ne deduce che: « l’esistenza della dissonanza, provocando un disagio psicologico, spingerà l’individuo a tentare di ridurla per ottenere la consonanza. Quando la dissonanza è presente, l’individuo oltre a cercare di ridurla eviterà attivamente situazioni e conoscenze che aumenterebbero probabilmente la dissonanza... L’esposizione, forzata o accidentale, a nuove informazioni può creare elementi cognitivi dissonanti con le cognizioni esistenti. L’espressione manifesta di disaccordo in un gruppo conduce all’esistenza di dissonanza cognitiva tra i membri. La consapevolezza che un’altra persona, simile a sé, sostiene una data opinione, è dissonante con l’avere un’opinione contraria » (ivi, pag. 233). Dal momento che la riduzione della dissonanza è un processo primitivo negli uomini, non deve sorprendere il fatto che le sue manifestazioni possono essere osservate in un’ampia varietà di contesti propri di molti movimenti religiosi alternativi.

In altre parole, gli affiliati sono addestrati a creare dissonanza nei loro ascoltatori ponendo costoro di fronte a nozioni ed eventi recepiti come « nuovi » e sulla cui validità e fondatezza le persone non sono, di solito, in grado di operare una completa verifica. Questa sottile tecnica non si limita a contestare le opinioni altrui allo scopo di demolirle, essa prevede anche una presentazione tale da convincere l’ascoltatore ad accettare gli argomenti del propagandista e a pervenire alle medesime conclusioni. Tale risultato si ottiene mediante l’uso di alcuni accorgimenti necessari per imporre le vedute del movimento religioso alternativo. Prima di tutto, l’adepto viene addestrato a stabilire una « base comune » di ragionamento col proprio interlocutore. L’individuazione di questa « base comune » esige che l’adepto esponga i propri argomenti in modo tale che questi facciano presa sull’ascoltatore, proprio partendo dalla «base comune » conquistata. Infatti, la naturale tendenza a evitare completamente il presentarsi

della dissonanza induce una persona ad accettare una discussione solo con un individuo che egli pensa sia d’accordo con lui sul nuovo elemento cognitivo: la persona si aprirà a quelle fonti di informazioni che si aspetta portino nuovi elementi all’aumento della consonanza, ma eviterà sicuramente le fonti favorevoli alla dissonanza. Inoltre, l’adepto prepara in anticipo le risposte alle domande che possono sorgere nella mente dell’interlocutore a causa delle sue convinzioni religiose. Adottando questi accorgimenti il propagandista tiene basso l’iniziale livello di dissonanza dell’interlocutore, che non avverte inizialmente grosse incongruenze fra ciò che egli sa e quello che sostiene l’adepto. Infatti quest’ultimo, in un ambiente cristiano, si presenta di solito come uno «studente della Bibbia » il cui principale intento pare quello di ristabilire l’autorità della Scrittura in un mondo che si è allontanato dalla «autentica pratica del Cristianesimo ». L’adepto sa che, una volta indotto l’interlocutore ad accettare l’offerta del « gratuito studio biblico » (sia esso per corrispondenza o a domicilio), bisogna fare qualcosa affinché l’interlocutore domini il disagio derivante dall’aver messo in discussione la stabilità del proprio credo: disagi e dissonanze si accumulano perché l’obiettivo dello « studio » offerto dal movimento religioso alternativo è quello di indurre l’interlocutore a pensare che le proprie opinioni religiose vanno ristrutturate e le alternative del movimento vanno rivalutate. Nei primi contatti difficilmente l’adepto proporrà, di propria iniziativa, argomenti in netto contrasto con le vedute dell’interlocutore. 140 -141 Premesso tutto ciò, evidenziamo come il processo d’indottrinamento induce dissonanza nell’interlocutore che si è dimostrato interessato: il movimento induce al cambiamento comportamentale della persona e a modifiche inerenti all’ambiente in cui essa opera; perché questo accada, il soggetto deve trovare altre persone d’accordo con lui e che appoggiano la sua nuova posizione. L’acquiescenza si ottiene principalmente mediante la presentazione da parte dell’adepto di due alternative, una sola delle quali gode all’apparenza del « sostegno biblico »; pertanto all’interlocutore — spesso ignaro dei fondamenti della propria fede di nascita — non resta che rassegnarsi senza poter replicare alle argomentazioni settarie del propagandista. In questo modo l’adepto induce dissonanza nell’interlocutore-simpatizzante tra l’insegnamento « biblico » e le sue convinzioni religiose; una volta insorta la dissonanza con le vedute preesistenti, è facile previsione quella di attendersi mutamenti d’opinione da parte dell’interlocutore sprovveduto, in altre parole dovrebbe manifestarsi la tendenza a ridurre la dissonanza col cambiamento di alcune parti del sistema di credenze, preesistente nell’interlocutore-simpatizzante. L’esistenza della dissonanza porta l’individuo, ormai neofito, alla ricerca di appoggio sociale, ecco perché uno dei modi più efficaci per eliminare la dissonanza consiste nello scartare una serie di elementi cognitivi preesistenti in favore di un’altra serie proposta dal movimento, il che però può essere realizzato solo se si riesce a trovare altre persone che concordano sulle cognizioni che si desidera mantenere. A questo punto dell’opera di indottrinamento, il movimento richiede una «prova di lealtà »: incoraggia il neofito a prendere le distanze da parenti e amici che non hanno abbracciato la nuova fede. Il movimento sa che questo cambiamento comportamentale può essere molto penoso, tuttavia si tenta di ridurre la dissonanza causata da questa pretesa invitando il neofito a frequentare regolar mente altre persone che sostengono la sua nuova scelta religiosa.

La decisione di trascurare parenti e amici « oppositori » e di associarsi regolarmente agli adepti del movimento comporta il fatto che, una volta presa questa decisione, il neofito comincerà con l’alterare gli elementi cognitivi, sicché l’alternativa scelta sembrerà molto più attraente di quanto lo fosse prima. Quando la dissonanza de! neofito si situa tra la cognizione corrispondente alla « nuova » opinione e la consapevolezza che gli altri — parenti ed amici compresi — hanno un’opinione contraria, allora il neofito cercherà di ridurre la dissonanza tentando di cambiare le opinioni di quanti non sono d’accordo. Quando gli altri, invece di lasciarsi convincere, presentano informazioni che non si adattano all’opinione del neofito, allora questa ulteriore dissonanza potrà essere ridotta solo discutendo la questione nell’ambito del movimento con persone che sono già d’accordo con le opinioni possedute. Assunto il nuovo ruolo di membro del movimento, il neofito farà anche esperienze mai immaginate prima.

Perché cambiare? I membri di alcuni movimenti religiosi alternativi collocano la Psicologia nel calderone di quelle attività cognitive umane che definiscono conoscenze inutili, dannose o, peggio ancora, attività demoniche. Per esempio, i Testimoni di Geova hanno definito la Psicologia come una «pseudoconoscenza contraddittoria e presuntuosa ».* * La Torre di Guardia del 15/3/1983, pag. 11; si vedano, inoltre, le citazioni di fonti geoviste riportate alla nota n. 82 del secondo capitolo.

Nella loro opera di netta separazione tra moventi demonici e attività rivolte alla salvezza, pare che i movimenti religiosi alternativi di matrice cristiana si rivolgano esclusivamente alla Bibbia; non sono chiari, però, i giudizi — sempre severi — riguardanti attività o competenze, come nel caso della Psicologia, non espressamente contemplate nel testo biblico, anche se esse vengono utilizzate molto spesso. Sulla scorta di quanto abbiamo finora illustrato, esaminiamo — a titolo illustrativo — una serie di articoli sul tema « dovreste cambiare », pubblicata dal quindicinale geovista Svegliatevi! dell’8/7/1991. Il titolo del primo articolo della serie, « Scoprite il vostro vero io », assume a prima vista l’aspetto della più totale neutralità, ma dopo un momento di riflessione ci si può domandare: a quale teoria, nell’universo di teorie che definiscono il termine « io », ci si riferisce? Nel paragrafo introduttivo dell’articolo vengono riportate delle domande che riguardano il comportamento e la personalità; secondo l’anonimo autore, pare che il comportamento sia definito dalla personalità e che certe tendenze siano molto difficili da cambiare. L’articolo precisa che: a) il comportamento dei genitori influenza la personalità dei figli; b) le religioni esistenti non hanno contribuito alla formazione di corretti comportamenti, suscitando così sfiducia in molti. Fino a questo punto l’articolista ha fatto un uso molto particolare della Psicologia: in pratica ha ridotto in frammenti tutto il sistema psicologico che forma l’individuo, demolendo gradualmente tutte le componenti della sua costruzione (genetica, rapporti familiari, rapporti sociali, religione, etc.). Da ciò si comprende la funzione destrutturante svolta dal primo articolo di Svegliatevi! Una volta avvenuta la destrutturazione, che comporta inevitabilmente nell’ignaro lettore una crisi affettiva e cognitiva, il successivo articolo della serie propone il cambiamento, già suggerito nel titolo: « Perché cambiare? ». Il salto logico è subito evidente perché dopo un’analisi razionale si passa all’appello all’immaginazione: « immaginiamo un mondo perfetto dove tutti siano puri... » (pag. 5). L’immaginazione viene stimolata da citazioni sia dell’Antico Testamento che del Nuovo Testamento. Il salto logico verso l’immaginativa non viene però esplicitato, piuttosto viene preso a modello della realtà presente un contesto che risale al profeta Isaia o all’apostolo Pietro. In questo caso la Bibbia non è presentata come testo sacro che serva da stimolo per la fede, ma come

strumento da utilizzare in ogni contesto.* *Il problema dell’analisi del testo biblico non è sostanzialmente diverso dai problemi che si affrontano nell’analisi di altri testi ritenuti sacri in altre tradizioni religiose. Quando gli esponenti di certi movimenti religiosi alternativi consigliano di cercare la risposta nella Bibbia a quasi tutti gli interrogativi dell’uomo contemporaneo, essi non tengono conto che, comunque, è esistito per la stesura del testo biblico anche un contesto in cui sono state formulate le proposizioni o, per essere più esemplificativi, le norme, i divieti e l’organizzazione del sistema cui era diretto quell’insieme di scritti

144 Secondo i redattori di Svegliatevi! l’esempio più calzante all’argomento in discussione è quello dell’apostolo Paolo che « non si arrese a causa di ostacoli o fattori genetici. Non pensava che la sua personalità fosse irriformabile. Ci volle grande impegno da parte sua, ma ricevette molto aiuto — Galati 1,13-16. Da dove venne questo aiuto? » In tre paginette di Svegliatevi! si contano ben 25 punti interrogativi! Ricordiamo, incidentalmente, che nel primo articolo era stato affermato che i fattori genetici e la personalità non potevano cambiare. Il successivo articolo, intitolato « Non sono i modi migliori per cambiare », rappresenta un nuovo salto logico. Si parte dal presupposto che nel mondo esistono solo metodi drastici e violenti per modificare il comportamento. Si inculca nei lettori Testimoni, per i quali Svegliatevi! ha un ruolo normativo, che il mondo sia nelle mani di un potere politico e di una classe medica i quali, adoperando psicochirurgia, farmaci e varie misure repressive, si proporrebbero di limitare il libero arbitrio dei popoli. L’ultimo articolo della serie, dal titolo « Come si può cambiare », esprime il convincimento che per cambiare i modelli comportamentali occorre autocontrollo o padronanza di sé. Quindi, a chi vuole cambiare — cioè rifiutare totalmente quanto il « mondo » gli offre — si indicano i passi da compiere per modificare il proprio comportamento. Il « contesto » cui fare riferimento è la Bibbia, che deve essere lo specchio, dove si legge: « Cambiate la vostra vecchia personalità che è corrotta e adottate una nuova personalità » (cfr. Efesini 4, 22-24). Il messaggio destrutturante continua, riprendendo i temi proposti all’inizio, con il consiglio di «cercare buoni esempi » e dice: « È... seguendo l’esempio di... amici, conoscenti, genitori, insegnanti che avete stabilito il vostro comportamento ». Dopo aver deciso quali mete conseguire, viene espresso l’invito a seguire il proverbio biblico: chi cammina con i saggi diverrà saggio. Quindi, è meglio isolarsi dalla realtà affettiva e sociale per vivere la dimensione congregazionale geovista! Si prende a pretesto l’esempio del Cristo: « il mio giogo è piacevole ed il mio carico è leggero » (Matteo 11,30); in questo caso la libertà di scelta è per un carico più leggero che porta ad assumere meno responsabilità: basterà chiedere « aiuto e guida alla locale congregazione dei testimoni di Geova » (pag. 9). L’articolo continua dicendo che, per molti, i Testimoni di Geova sono « ottimi esempi simili a quello di Cristo »; inoltre, anche se sono persone imperfette, i Testimoni di Geova hanno una « forza spirituale positiva che fa operare la mente» (pag. 9).

145 Quest’ultima espressione suscita molte perplessità, si potrebbe anche pensare che chi non è Testimone o non ha forza spirituale (che è tutta da definire) o ha una forza spirituale negativa, la quale non fa operare la mente. Questo tipo di asserzione tende soltanto a disorientare il lettore che, se poco accorto e disponibile, può soltanto accettare le conclusioni proposte. L’articolo enumera poi i criteri per « trovare la forza per riuscire »; i mezzi sono la preghiera (livello di fede) e lo studio della Bibbia, naturalmente solo con i Testimoni (livello razionale). Tali mezzi creano un senso di disgusto per la vecchia personalità. In queste righe il messaggio è estremamente colpevolizzante e continua con una forma di « lavaggio del cervello » che in precedenza (pag. 6) l’articolista aveva annoverato tra le violenze operate sulle persone dai vari sistemi di potere. In tutta questa argomentazione non c’è la benché minima analisi della realtà e principalmente del contesto, si evidenzia una critica distruttiva ai mass-media e al sistema educativo (pag. 10). Nell’ultimo passo da compiere, suggerito per modificare il comportamento, Svegliatevi! dichiara:

Come si vede, le parole di motivata preoccupazione della risoluzione del Parlamento Europeo trovano un’idonea collocazione nelle espressioni che abbiamo appena menzionato. L’esortazione alla continua vigilanza, la preparazione al sacrificio, l’idea del complotto internazionale, l’odio del mondo,* sono tutti elementi che caratterizzano la mania di persecuzione tipica dei movimenti descritti nel Rapporto Cottrell. *Basti, a titolo esemplificativo, notare la seguente affermazione di J.F. Rutherford, ideologo del Geovismo per un quarto di secolo: « Praticamente ogni giornale e fonte di pubblicità, è lì, pronto a plasmare il pubblico sentimento secondo la volontà di Satana » (J.F. Rutherford, Liberazione, Brooklyn 1926, pag. 256).

Culto pericoloso, quindi? Certamente sì, se si vuol dare ascolto anche a un’altra voce autorevole, quella di un deputato francese, autore anche lui di un « rapporto » su movimenti pericolosi: Alain Vivien. Questi riferisce che secondo l’opinione del commissario di governo della Repubblica di Francia, M. Delon, « le attività dell’associazione [dei testimoni di Geova] non sono conformi all’interesse pubblico » e, inoltre, che il Consiglio di Stato francese negò ai Testimoni il riconoscimento perché « I Testimoni di Geova della Francia.., non posseggono le caratteristiche di associazione di culto ».* * Citato da Mouvements Religieux, n. 63-64 di luglio agosto 1985, a cura del 1’A.E.I.M.R. Sarreguemines, Francia.

Cosa sono, allora, i Testimoni di Geova? Pur se in un contesto di manifesto dissenso verso alcune forme di discriminazione religiosa, L. Weiss, presidente del Tribunale per i minorenni di Venezia, così ha definito il Geovismo: « Una miscela allarmante fra integralismo e proselitismo ».* *« Una miscela allarmante fra integralismo e proselitismo: Testimoni di Geova, libertà di culto, famiglia societas » in « Il diritto di famiglia e delle persone », Giuffré editore, Milano, 4/1992, pagg. 1142-1151.

Perché « allarmante »? Poiché, continua Weiss, l’attività del Testimone ha un talché di frenetico che preoccupa: Una volta convinto, il Testimone diventa un potentissimo veicolo di propaganda; ogni nuovo Testimone ne produce altri ed altri ancora, in una proliferazione senza confini, da far impallidire la progressione geometrica e da assimilarsi alla diffusione d’un virus o all’epidemia della droga: discepolo e discente, contagiato e portatore, drogato e spac ciatore! I Testimoni di Geova si dedicano con continuità e diligenza alla loro « missione », con fervore che non conosce soste, animati dalla certezza di fede di essere destinatari diretti di quell’Ego mitto vos che fu diretto ai primi discepoli della Palestina. Non passa giorno che non si venga importunati dalla solita coppia di propagandisti nel nostro domicilio, ma anche che non se ne veda una intrattenere mal capitati passanti cui vengono copiosamente elargiti ammonimenti e Torri di guardia. Perché tanto attivismo? Perché uno zelo tanto bruciante, stupefacente? La risposta a tale interrogativo è, a nostro avviso, d’importanza capitale perché è anche la risposta agli interrogativi sulle asserite influenze negative nell’ambito familiare e sociale. Abbraccia la sfera personale del Testimone e si riflette in ambiti via via più allargati, sui suoi rapporti familiari — coniugali, ascendenza, discendenza, collateralità — per poi ripercuotersi su quelli sociali. La prima conseguenza, sul piano personale, è elementare: l’adepto-missionario, decine e decine di volte in un giorno, ripete le stesse frasi, espone gli stessi insegnamenti dottrinali; questi diventano per lui una sorta di cappa, un habitus mentale del quale finisce col rimanere interamente prigioniero. Nella mente del seguace-missionario porta a porta non rimane più spazio per una critica, nella sua giornata laboriosa non rimane più una pausa per un ripensamento, il tempuscolo per una riflessione: la sua predicazione per prima retroagisce, ha effetto su di lui, rafforzandone, nutrendone in continuazione quelle convinzioni che egli va propalando, saturandolo e così anche svuotandolo di ogni capacità di districarsi, di liberarsi da una sorta di prigione mentale, le cui muraglie egli stesso continua senza tregua a rinsaldare intorno a sé. Autoipnosi? Plagio? Lavaggio cerebrale self-service? Come si voglia definire il fenomeno poco importa; ma importanti, anzi gravi, possono essere le conseguenze sul piano del rapporto umano... L’adepto, attraverso la sua stessa predicazione, si isola sempre più arroccandosi nella sua missione di apostolato, totalmente assorbito nel suo tempo, nelle

sue forze, nei suoi pensieri, finirà per provocare un invivibile stato di crisi senza vie d’uscita nella cerchia dei congiunti... La famiglia in crisi è una cellula malata, che produrrà altri organismi ammalati e cioè socialmente negativi, perché finiranno col produrre la malattia di una parte o dell’intero tessuto sociale.

Lucida e tremendamente preoccupante analisi, quella di Weiss. Una società nella quale si lascia liberamente proliferare quel tessuto infetto rappresentato da certi movimenti religiosi alternativi, è una società destinata ad ammalarsi. Un movimento religioso alternativo dai connotati che abbiamo delineato in questo scritto, di per sé, rappresenta uno stato patologico; fintantoché esso è, come in uno stato di cisti o di capsula, limitato a un piccolo gruppo, la sua pericolosità è soltanto potenziale; ma quando comincia a espandersi, aggredendo le istituzioni, esigendo ch’esse si conformino alla propria visione della vita e pretendendo d’imporre allo Stato intese, vincoli e legami a suo uso e consumo, in tal caso, il male non è più latente ma nella sua fase di massima letalità. Recentemente il Parlamento Europeo è ulteriormente intervenuto sull’argomento con una «Risoluzione sulle sette in Europa » del febbraio 1996, in cui — pur nel rispetto doveroso della libertà di coscienza, di religione e di pensiero — si raccomanda agli Stati membri di cooperare nella lotta contro le violazioni dei diritti fondamentali della persona di cui si rendono colpevoli certi movimenti religiosi alternativi.

230 - 231

CONCLUSIONE

Indagando con attenzione nel variegato mondo dei movimenti religiosi alternativi, si scopre che diversi adepti rifiutano di ascoltare serene riflessioni critiche, anche quando queste sono motivate dal sincero desiderio di comprendere chi è religiosamente diverso da noi, perché essi seguono ostinatamente la religione « ereditata » e non intendono metterla in discussione; altri affiliati si mostrano attratti da un movimento consono alla propria personalità; altri ancora danno prova di agire in base a una spinta emotiva. Eppure, sempre più di frequente, accade di incontrare o sentir parlare ex seguaci di movimenti religiosi alternativi che hanno rinunciato, in base a meditate ricerche, alle particolari esperienze religiose o pseudo tali, proposte da siffatti movimenti; costoro ammettono di essere stati indotti all’abbandono proprio a seguito di una obiettiva valutazione degli effetti, sperimentati su se stessi o su altri adepti, dell’adesione a quel movimento religioso alternativo. La « conflittualità » che conduce all’abbandono può esprimersi in vari modi: può prendere le mosse da questioni dottrinarie o da questioni relative all’organizzazione della vita interna al movimento; in linea di massima, ogni conflitto ha sostanzialmente a che fare con il « principio di autorità », cioè con la questione del legittimo esercizio del potere d’interpretazione autentica di un determinato sistema di credenza. I sistemi di credenza possono essere paragonati a dei supermercati della memoria collettiva; orbene, la compattezza, la coerenza e la stabilità dei simboli e dei rituali conservati in questi « luoghi » dipendono sostanzialmente dall’esistenza di un’autorità che garantisca la continuità degli stessi nel tempo, ma goda pure del diritto di interpretare i contenuti del sistema di credenza alla luce dei necessari adattamenti. Il conflitto nasce proprio quando si accende una controversia sull’interpretazione di un aspetto del sistema di credenza e si contesta, di conseguenza, l’autorità che fino a quel momento ha certificato la coerenza del sistema. In definitiva, insieme ai simboli del sistema, viene respinta la legittimità del potere degli specialisti fino ad allora riconosciuti come gli unici detentori di una sapienza particolarmente autorevole, incontrastata ed incontestabile. È opportuno chiedersi cosa significhi, in realtà, dirsi un « ex » o essere un « ex » del genere. Questo status è più pesante di quanto possa apparire a un osservatore superficiale, specialmente quando l’abbandono del movimento interviene dopo un’intensa e convinta adesione protrattasi nel tempo. Essere un « ex » vuol dire, da una parte, trovarsi in uno status non ben determinato, dall’altra, provare una sensazione di disagio: il fenomeno è contemporaneamente sociale e psicologico.

Ci è capitato di incontrare ex affiliati a movimenti religiosi alternativi che non riuscivano a sopportare una conversazione avente per tema la loro passata esperienza « religiosa »; in altre occasioni abbiamo incontrato degli « ex » che, invece, parlavano della trascorsa militanza con un diletto « vendicativo »; entrambi gli atteggiamenti non sono di beneficio né per chi parla né per chi ascolta. « Ex » non si nasce, si diventa. Specialmente oggi sono in atto numerosissime sconfessioni e rinnegamenti in ambito non solo religioso, ma anche — soprattutto in Italia — politico. Lo choc derivante da un’esperienza di rinuncia è spesso violento e imprevisto. In campo religioso, le transizioni prevalgono sulle autentiche trasformazioni: alcuni « ex » passano sommariamente all’indifferentismo agnostico e, addirittura, all’ateismo; altri si adagiano in un formale ritorno a una delle religioni storiche. Cosa proporre a chi prende le distanze da un ambiente religioso alternativo dopo averne verificato la vacuità? Per quanto sia disagevole la posizione degli « ex », è indispensabile che costoro comprendano la notevole utilità delle loro individuali denunce, purché documentate ed obiettive, dei totalitarismi religiosi sperimentati di persona: essi sono i custodi della « memoria critica » di tali movimenti religiosi e, in quanto tali, hanno il dovere morale di mettere a disposizione del prossimo il loro bagaglio di esperienze, anche se frutto di cocente disillusione. Offrire le tappe della propria esperienza alla riflessione altrui, consentirà inoltre all’ ex » di rafforzare la convinzione di aver agito sapientemente all’atto del distacco dal movimento, alla cui adesione non furono estranei, spesso, l’euforia e la curiosità dettate dalla novità, la circuizione operata da esperti propagandisti, l’amarezza e il disorientamento, vissuti per svariate cause, nel momento dell’iniziale approccio alla nuova esperienza « alternativa ». Quali prospettive hanno gli affiliati ai movimenti religiosi alternativi di uscirne? Perché tanti possono testimoniare di essersi liberati dal condizionamento mentale esercitato su loro dai movimenti religiosi alternativi? Cosa accade nella mente di un adepto che lo induce a staccarsene? In estrema sintesi, molto spesso gli affiliati abbandonano i movimenti religiosi alternativi perché si rendono conto che questi sono semplicemente dei gruppi e non delle vere e proprie comunità: I gruppi di qualsiasi tipo raramente sono delle vere comunità. In effetti gruppo e comunità non sono due sfumature di uno stesso concetto, bensì due fenomeni completamente diversi. Per definizione una vera comunità non ha niente a che vedere con la psicologia di massa perché incoraggia l’individualità ed è aperta a una gran varietà di punti di vista.* * M. Scott Peck, Vivere di pace. Varese 1988, pag. 56.

È evidente, quindi, che il più grande nemico di una comunità è l’esclusività settaria; come ha osservato qualcuno, la comunità è «un gruppo che ha imparato a trascendere le proprie differenze individuali »* , pertanto un’organizzazione eccessivamente strutturata è l’antitesi di una comunità. * M. Scott Peck, Vivere di pace. Varese 1988, pag. 56

In un movimento religioso alternativo, dove l’esigenza di « restare uniti » è decisamente pressante, l’abbandono comporta il rifiuto della missione trascendente attribuita ai vertici del gruppo e un fardello di esami di coscienza e di sensi di colpa: gli affiliati giungono a decidere per l’abbandono in un certo lasso di tempo mentre continuano a vivere all’interno del movimento. Chi abbandona i movimenti religiosi alternativi è indotto a rendersi conto che, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, una vita equilibrata difficilmente è caratterizzata dall’assenza di crisi; l’equilibrio psicologico di un individuo dipende invece dalla rapidità con la quale egli è capace di reagire alle crisi. La disillusione dell’adepto scaturisce dall’incapacità di comprendersi fra seguace e movimento; d’altra parte occasioni di incomprensioni non sono rare se si considera che i movimenti religiosi alternativi propongono in genere una filosofia universalistica e un codice di comportamento che tocca tutti gli aspetti della vita degli affiliati: attività lavorativa, sessualità, socializzazione e occupazioni intellettuali. Spesso il motivo apparente dell’abbandono è la perdita di fede nel movimento e nella sua missione, ma — a ben vedere — molte perdite di fedeli denotano l’incapacità del sistema di controllo del gruppo di conservare la dedizione dei fedeli in crisi. Il reduce si rende conto che gli adepti si sforzano di mantenere il gruppo estraneo a ogni forma di conflitto, facendone una pseudo comunità tutta sorrisi e gentilezze: non si tratta della finzione malvagia di chi mente sapendo di mentire, piuttosto è un processo inconscio attraverso il quale persone che desiderano essere amabili cercano di esserlo ricorrendo a piccole bugie innocenti, tacendo parte della verità su se stesse e sui propri sentimenti in modo da evitare i conflitti; le regole di tale finzione si possono così sintetizzare: se qualcuno fa o dice cose che ti offendono o ti infastidiscono, reagisci come se niente fosse e fai finta che l’accaduto non ti abbia per nulla toccato; se si manifesta qualche segno di disaccordo, cambia argomento il più rapidamente possibile; non fare e non dire nulla che possa offendere qualcuno. È evidente che, attivando questa ostentazione di buone maniere, un gruppo può funzionare perfettamente, ma a discapito del singolo, della sincerità e dell’intimità: i membri fingono di pensarla tutti allo stesso modo. In tale contesto gli affiliati imparano a parlare per generalizzazioni: ciascuno tiene per sé i propri sentimenti e si arriva perfino ad annuire in segno di assenso, come se l’interlocutore avesse proferito una verità universale. Parlare in termini generali non consente di stabilire un contatto sincero.

Il reduce non accetta più il cosiddetto processo di creazione di un nemico comune, si rifiuta di fabbricare artificialmente questa istintiva reazione coesiva.* * L’esempio più noto di processo di creazione di un nemico comune è quello della Germania nazista in cui il regime di Hitler riuscì a coalizzare la maggior parte dei tedeschi contro la minoranza ebraica. Erich Fromm ha dimostrato che il popolo tedesco fu sottomesso nella misura in cui si arrese a Hitler: non era stato Hitler a sottrarre loro la libertà, erano stati piuttosto i tedeschi ad abbandonarla, come qualcosa da cui fuggire (E. Fromm, Fuga dalla libertà, Milano 1985). Il processo di creazione di un nemico è forse uno dei comportamenti umani più dannosi: quando ci creiamo un nemico, attiviamo un meccanismo autoadempientesi (la minaccia profetizzata, che in realtà non esiste, riceve vita dalla profezia stessa).

È probabile che gli ex affiliati provino una vasta gamma di emozioni potenzialmente distruttive, come la rabbia e il senso di colpa, che dovranno >: Dovrebbero essere incoraggiati ad esprimere la loro rabbia, e scendere a patti con se stessi per cose che hanno fatto quando erano nel movimento, e di cui adesso si pentono, come aver persuaso altri a convertirsi, aver ottenuto soldi con l’inganno o essersi dimostrati insensibili, o addirittura crudeli, nei confronti dei genitori. Ma oltre ad imparare a valutare gli aspetti più negativi, dovrebbero essere incoraggiati a riconoscere senza vergogna gli aspetti positivi della loro esperienza, e a trarne profitto. Possono aver bisogno di aiuto per trovare un’alternativa alle indicazioni, alle motivazioni e alle risposte a problemi fondamentali che il movimento aveva offerto loro. A volte troveranno un’alternativa in una delle religioni tradizionali, altre volte avranno bisogno di aiuto per venire a patti con il fatto di dover vivere senza risposte chiare e precise a questi problemi.* *E. Barker, op. cit., pag. 199.

Chi abbandona un movimento religioso alternativo realizza anche una rivalutazione del dubbio considerandolo una virtù, addirittura una responsabilità: un’autentica crescita spirituale non può evitare la fase del dubbio. Da adepto l’individuo era legalitario, rigido e dogmatico: temeva chiunque la pensasse diversamente e si sentiva responsabile di convertire coloro che non erano «veri credenti »; da ex affiliato la stessa persona comprende la necessità di mettersi in discussione, di chiedersi se l’ideologia del gruppo sia così certa e completa da giustificare la conclusione che tutti gli altri « increduli » non saranno salvati. Da adepto egli non tollerava il dubbio perché dubitare equivale ad ammettere di non sapere e, forse, perfino ammettere che non si riuscirà mai a sapere pienamente; da ex adepto egli comincia ad accettare il dubbio, a capire che non tutto è «bianco o nero », che la realtà ha più dimensioni e spesso significati contraddittori. 236

La ricerca di una comunità o la creazione d’essa è una tappa salutare per chi ha vissuto direttamente o indirettamente l’esperienza di coinvolgimento in un movimento religioso alternativo. Una comunità è un luogo sicuro perché nessuno tenta di convertire gli altri, di « metterli a posto », di cambiarli; anzi i suoi membri si accettano per quello che sono: ognuno è libero di essere se stesso e, grazie a questa libertà, può far cadere la propria maschera, i propri travestimenti, le proprie difese. In questo modo ciascuno è libero di cercare il proprio equilibrio psicologico e spirituale. Quando vediamo la sofferenza, il coraggio, la debolezza e la dignità negli altri, cominciamo veramente a rispettarci l’un l’altro come esseri umani. La comunità è un luogo dove sperimentare nuovi tipi di comportamento. Nel processo di formazione di una comunità i suoi membri imparano ad abbandonare schieramenti e fazioni, imparano ad ascoltarsi e a capirsi l’un l’altro, rispettano gli uni i « doni » degli altri e accettano reciprocamente i rispettivi limiti. Questo non significa che una comunità sia sempre pacifica nel senso comune del termine, anzi a volte i suoi membri si confrontano anche duramente, tuttavia si tratta di uno scontro costruttivo perché basato sull’amore. Una comunità non nasce grazie agli ordini di un capo autoritario, nella comunità si impara pure ad arrendersi e a capire che spesso la vita non è un problema da risolvere, ma un mistero da vivere. Pertanto, affinché un gruppo si trasformi in una comunità, occorre un notevole grado di impegno e, perché essa continui a vivere, deve fondarsi su un nucleo di persone che le si dedichino senza riserve.

Fasi di crescita spirituale Nell’impegno per costruire una comunità è determinante comprendere l’esistenza di vari stadi di sviluppo spirituale, non tutti siamo allo stesso livello sul piano spirituale.

— Primo stadio (spiritualità non sviluppata): gli appartenenti a questo stadio sembrano incapaci di amare il prossimo; mirano a strumentalizzare gli altri e a trarne un vantaggio personale. Alcuni di questi individui, tuttavia, sanno darsi una certa disciplina in nome della propria ambizione e possono arrivare a posizioni di notevole potere, diventando perfino influenti predicatori. Sotto la loro apparenza di « duri », costoro hanno paura di tutto e di tutti. — Secondo stadio (spiritualità formale): in questo stadio si trova la maggior parte dei credenti, i quali manifestano più attaccamento alle forme che ai contenuti della religione; la loro visione di Dio corrisponde a quella di un Essere trascendente ed esterno a loro, che si riserva il potere di punirli. — Terzo stadio (scetticismo): le persone che rientrano in questa fase, per quanto siano individualiste, si impegnano spesso con grande dedizione per le cause sociali; essendo scettici si dedicano con metodo scientifico alla ricerca della verità. — Quarto stadio (misticismo): uomini e donne in questa fase si rivolgono alla religione per avvicinarsi al mistero; costoro sono i più consapevoli che il mondo intero è un’unica comunità e sanno che ciò che divide gli uomini in schieramenti opposti è proprio la mancanza di questa consapevolezza.

Una delle caratteristiche delle grandi religioni (buddismo, cristianesimo, ebraismo, induismo, islamismo) è la loro capacità di rivolgersi alle persone indipendentemente dalla fase di crescita spirituale in cui si trovano; forse è per questo che si tratta di religioni grandi.

Come rileva Peck, «i quattro stadi dello sviluppo spirituale rappresentano anche il paradigma di un sano sviluppo psicologico. In genere, quando nasciamo, siamo naturalmente al primo stadio, ma se la nostra famiglia è stabile e sicura durante l’infanzia diventiamo individui disposti a seguire le leggi e a rispettare le regole. Se poi l’ambiente in cui viviamo sostiene e incoraggia la nostra unicità e la nostra indipendenza, durante l’adolescenza un nascente scetticismo ci porta a mettere in dubbio leggi, regole e miti. E se la paura della condanna da parte della chiesa e dei genitori non è tale da soffocare le forze naturali della crescita che ci hanno spinto al dubbio, dopo un po’ di tempo, diventando adulti, cominciamo lentamente a comprendere il significato e lo spirito sottesi al significato letterale del mito e della legge. Tuttavia è possibile che esistano forze distruttive all’interno della famiglia o dell’ambiente in cui viviamo, che ci “fissano” a uno stadio piuttosto che a un altro ». La comunità non risolve il problema del pluralismo cancellando la diversità, al contrario essa accoglie ogni punto di vista, ingloba gli opposti, ricerca la diversità.

In una vera comunità si arriva alle decisioni solo attraverso il consenso: essere pienamente consapevoli della varietà umana significa riconoscere la nostra dipendenza reciproca. Chi si propone come fine la ricerca della felicità, molto facilmente non la trova. Chi invece cerca di creare e amare senza badare a ciò che ne avrà in cambio, spesso si trova a essere felice per buona parte della sua vita.

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INDICE Presentazione 5 Introduzione 7 I rischi dell’intolleranza 7 Il peso della responsabilità 11 Capitolo primo: Il mito del benessere Perché si aderisce a un movimento religioso alternativo? Coesione di gruppo Fede condivisa Coscienza alterata Approfondimenti Condizionamento mentale Capitolo secondo: Come si vive in un movimento religioso alternativo Il sistema sociale settario Approfondimenti La strategia della «guerra teocratica » Storia della dottrina La menzogna nei tribunali Capitolo terzo: Conseguenze sulla famiglia I giovani e la religione Condizionamento senza età Famiglie divise

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Una vittima illustre 103 Approfondimenti Il Corpo Direttivo entra in camera da letto! « Porneia »: cos’è Conseguenze Attività sessuale nel futuro paradiso terrestre Sterilizzazione! Capitolo quarto: L’effetto di facciata La propaganda crea dissonanza Perché cambiare Stratagemmi dialettici Pena di morte: sì o no

La « mitica » onestà geovista Approfondimenti La Torre di Guardia: ente morale o società commerciale? Capitolo quinto: Il mito del rispetto per le coscienze Neutra1ità Rispetto per la vita . Uno sguardo alle statistiche Il « caso Oneda » Intimidazioni’ Ancora sugli Oneda . Anche i Testimoni di Geova contraggono malattie da sangue infetto Approfondimenti Le regole valgono per tutti? Alla conquista degli ospedali! Jim Jones e David Koresh Capitolo sesto: I movimenti religiosi alternativi e i mass-media 218 Approfondimenti L’impegno del Parlamento Europeo Conclusione Fasi di crescita spirituale NOTIZIE SUGLI AUTORI ACHILLE AVETA, giornalista, vanta tre titoli (il primo dei quali esaurito dopo tre ristampe) nella collana « Religione oggi » delle Edizioni Dehoniane di Roma, oltre a un volume scritto per la Filadelfia Editrice con prefazione del prof. Alfonso M. di Noia. Inoltre, ha curato la traduzione di alcuni testi dall’inglese (il più noto dei quali — R.V. Franz, Crisi di coscienza — è alla terza riedizione). SERGIO POLLINA è autore di alcuni saggi (I nostri amici: i Testimoni di Geova, Edizioni San Paolo 1996 e Il popolo dell’apocalisse Movimento Biblico Cattolico-GR1S, 1993) nonché traduttore di testi inglesi per le Edizioni Dehoniane di Roma e curatore della riedizione di C. Weiss, Testimoni di Geova: testimoni di Dio? Edizioni San Paolo, 1996. Entrambi gli Autori, noti conferenzieri, hanno pubblicato decine di articoli su riviste specializzate e su diversi periodici e partecipano spesso a trasmissioni radio e televisive in qualità di esperti su tematiche connesse all’affiliazione a movimenti religiosi alternativi, con particolare riguardo a quelli di matrice millenarista.