Mescolare un cratere di canti. Pragmatica della poesia epinicia di Pindaro
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CULTIJRE ANTICHE. STIJDI E TESTI Collana diretta da A. PENNACINI, P.L. OONINI,

G.F. GIANOTil 15

Volume pubblicato con il contributo M. U.R.S. T. (cofin. 1999)

In coputina:

Komo• (part.). Stamno a figure rosse firmato da Smicro, databile 5 20-5 1 0 a.C. Bruxelles, Musées Royaux d'An et d'Histoire (A 7 1 7)

ANNA BONIFAZI

Mescolare un cratere di canti Pragmatica della poesia epinicia in Pindaro

Edizioni dell'Orso

0 2001 Copyright by Edizioni dell'Ono s.r.l. 15100 Alessandria, via Rattazzi 47 Tel. 0 1 3 1 -25.23 .49 ·Fax 0131-25 .75.67 E-mail: [email protected] http: //www.ediorso.it Impaginazione a cura di Essegrafica, Torino

È vietata la riproduzione, anclu! pa"liale, non aJ"UÀ.ario'. È significativo che il binomio 'io' -laudalor ' tu ' - laudondu.s sia analizzato come standard comunicativo "paradossale" da Bremer in quanto rappresentativo, sul piano ·

·

'

concreto del l ' esecuzione, di un 'io' collettivo (il coro) e di un 'tu' altrettanto collettivo (la famiglia del vincitore, il clan)39. damentale in

un epinicio,

Il rapporto 'io' - 'tu' si rivela tematicamente fon­

ma il suo valore metaforico generale è generato in ogni caso

dalla forza pragmatica che i referenti u l ti mi di quell' 'io' e di quel ' tu ' sfruttano. Un

discorso analogo può essere fatto per i "pronominal caps" di cui parla Bund y"il . Assegnare un ruolo di spicco

ai

pronomi

di

prima e di seconda persona in ordine alla

loro posizione metrica e al crescendo tematico che precede l a loro formulazione nasconde, secondo noi , la percezione chiara del rilievo pragmatico assunto

da tali

indici deittici. Quello che si vuole mettere in luce, in sostanza, è che l ' uso della deissi della persona negli epinici

pare essere sia s imbolico, sia convenzionale, sia ad oculos;

in tutti questi casi la funzione pragmatica non è contraddetta, perché semplicemente costituisce l ' unica garanzia di verità cui è ancorata la lode nel suo succedersi .

La seconda grande categoria di marche situazionali legate al sistema 'qui, io, ora' è VÙV). L'elenco completo

quella temporale del presente (fonne verbali varie + avverbio

occuperebbe troppo spazio. B asti pensare agli indicativi e i mperativi in prima e i n seconda persona, nonché alle forme i mpersonali, di cui o gni ode è costellata (es. 09, I l 'iEt (yÀ.uruv òtcrtov); 0 1 3 ,94 XPtl ( 13éJ..e a !Capruvetv); P4, I -2 mi!J.Epov . . xp"Tl ... OtÙ!J.Ev; p 1 2,2 9 È1c liÈ tEÀ.E"UtUcrEt . . OU!J.EpoV OOli!(IJV; P4 ,24 7 Wpa 0"\JVWttEt ; P8,29 Etili o' UcrxOÀ.Oç; P9,90 cpctl!i; P l 0,4 lCOI!1lÉw; N4,93 aiVÉo:N, 7tÀ.É!C(IJV ; N5,3 crtii.x ' (e) IÌ1c' Aì.yivaç; N5, 1 4 ailìto�Iat; N5,50 'ilCEtç, ptyEt; N6,28 Eiieuv ' (E), liyE; N8, 1 9 'icrtUI!at; N9,5 npUcrOEtE; N9,54 E"ÙXOI!at; 15,59 aiVÉW. Da sottoli neare è l ' u so topico di vùv come specifico segnale del ritorno al pre­ sente dopo l ' excursus mitico4 1 : è i l caso di 03,34 !Cal vuv; 0 1 0,78 !Cat vuv ; 14,58 vuv li:; 15,48 !(al vuv; 18,6 1 !Cal vùv. .

.

" P er il caso tipico di ÒJ Moì oa cfr. Lefkowi!Z, "T/w! First P.rson. . . 1 99 1 , p. 3 2 n.5 2 e Bremer, 46. Secondo Slaier Pindaro usa spesso questo ed altri vocati vi per ri volgersi a se stesso (Slater, "Futures ... " , p. 87). 39 Cfr. Bremer, p. 43 . 40 Cfr. Bundy, p. 5 n 1 8. " Cfr. Krummen, p. 232n28 e Danielewicz, pp. 1 1 - 1 2. p.

G L I ELEMENTI L I N G U I S TI C I P R I V I LEG I ATI

39

Anche per questa categoria di indici vale il discorso fatto per la deissi della per­ sona. Si può considerare deitùco sia il presente istantaneo che i l presente di tutta la perfomwnce, come anche i l presente generale della festa epinicia. L' insistenza sul­ l ' hic et mmc nasce dalla volontà di allargare i l raggio d' azione di un atto circo­ scritto e occasionale - la lode - alla sfera più ampia della celebrazione che non conosce tramonto, della gloria senza tempo. Il presente puntuale viene a coincidere con un presente permanente e assoluto42. I l terzo aspetto deitùco del sistema che analizziamo, il 'qui ' , è testimoniato in primis dal dimostraùvo oliE, che si qualifica come locativo legato alla sfera di inte­ resse della pri ma persona, prossimale che include il parlante43• 01iE aggetùvo si trova associato a sostanùvi che fanno capo l) alla patria del vinci­ tore o alla comunità di suoi concittadini, presumibilmente presenù al momento della

p e rfo rmance (05 , 1 4 tOVOE oci �ov ttivo' . . . . xcòpav; N3,68, N6,46, I 6,2 1

ti cncòv ; O 1 3 , 27 t O V OE ì.. a ò v ; 0 8 , 2 5 ttivliE - vàaov ; N7,83 Otint:oov . . . to&; 1'9,9 1 , 15,22, 16,65 mlÌ..\V - tavliEf4; 2) al vincitore stesso (N2,3 e 14,70 oo' avitp; 09, 1 1 0 tovo' IÌvÉpa; 1 1 ,34 toùO' civOpòç); 3) ai K�oç che accompagna la celebra­ zione epinicia (0 14, 1 6, 04,9, 08, 1 0 e P5,22 tovliE K�ov), sempre all' interno del cosiddetto "recepùon-moùf'45, vale a dire l ' invocazione iniziale con cui chi canta chiede ascolto e una buona accoglienza; 4) al canto in corso di esecuzione (P2,3 e 67, N4,44 téliE J.IÉ)..oç e N4, 1 5 tCÌJOE l!ilit; U,45 toOOo' ii�vouç e 14,2 1 tévliE ...ii�vov; a queste si aggiungano le indicazioni metaforiche N3,76 téliE IJ.ÉÀ.t; P1 0,65 too' ... iip�a nu:piliwv; Pl 2,5 a�C!JI.la tOO'). Come pronome plurale rimanda alla pro­ babile audience 46 (gli Eumenidi in 02,36; gli abitanù di Stinfalo in 06, 1 02; gli

42 ''There is,

lhcn. a k in d of centripeta! force drawing everything into lhc absolute present o f

lh c ode . Thi s absolute present is anticipate ( v. 42), �av&: viicrov ( v. 5 1 ), tutti riferiti all ' i sola di Tera, dove si trova Medea mentre parla; �iicr& ... xeovòç (07,30, riferito a Rodi ) ; in N l O, 77 �ci>O(E), detto del corpo di Castore che Polluce ha difronte mentre parla; in 0 1 3,68 q,D.. �pov �oli', che indica il filtro consigliato a Bellerofonte secondo le parole di Atena; in 16 àvlìpì �ii>&: (v. 46) e �6&: lìÉpj.!.!l ( v. 47), pronunciati da Eracle di fronte a Telarnone; i l punto zero assunto rispetto al tempo è testimoniato dagli avverbi vùv proferiti (in P8,49 da Anfiarao ; in 16,44 - due volte - e 16,47 da Eracle). L' uso dell' avverbio di luogo &Upo, "qui", che ricorre solo in parti mitiche del c anto, pare ambiguo - forse volutarnente - perché sospeso tra la valenza fantasma­ tica e quella di un ' indicazione ad oculos. In 06,63 è pronunciato da Apollo mentre parla al giovane !arno e allude ad Olimpia; in N l 1 ,35 è riferito a Tenedo; in 08,5 1 è riferito a Egina: tre luoghi in stretto legame con i tre vinci tori lodati nonché potenziali sedi di esecuzione dei rispettivi canti . Le indicazioni in questi casi pos­ sono essere sia ad oculos - qualora il riferimento al luda al luogo di esecuzione sia fantasmatiche - qualora si voglia immaginare vicino a chi ascolta il posto iden­ ti ficato61 . n secondo caso (''La montagna e Maometto restano al loro posto") inquadra un tipo di situazione comunicativa in cui non è né chiesta né voluta alcuna trasposi­ zione. L' interpretazione che diamo pensando agli epinici è che il presente celebra­ ti vo è distinto in modo netto dal passato narrato. Il piano di lontananza codi ficato nel mito contiene coordinate spazio-temporali di una si tuazione ricuperabile non tanto grazie alla "fantasia costruttiva", quanto grazie alla memori a atti va di chi assiste alla performance. La ' montagna' (cioè l ' oggetto del la comunicazione, il passato miti co) resta lontana da 'Maometto' , ma 'Maometto ' (cioè i soggetti che

6 1 L' uso neutro di &Upo è sonolineato anche sul piano della vicinanza/disJ.anZa rispetto al parlante in un contesto di tkmonstralio: a volte funge da prossimale. a volte da mediano (cfr. lo studio di Ricca sui locativi deinici in Aristofane e Platone, pp. 75· 77).

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CA PITOLO

2

partecipano alla comunicazione, chi canta e chi ascolta) ha la possibilità (e la com­ petenza) di avere conoscenza della 'montagna' . La deissi che rivela il piano di distanza costruito prevede in questo caso una totale sospensione dell' origo - !"io' tende a scomparire, a favore dell'uso narrati vo della terza persona62 - e del presente, sostituito dalla marca temporale della distanza per eccellenza, vale a dire l' aoristo. In 06 la lunga sezione miti ca sulla nascita di !amo (vv. 29-70) comprende 23 forme verbali in terza persona, nonché 30 aoristi, cui è affidato il racconto delle 'azioni portanti ' del mito stesso; nel racconto sulla fondazio­ ne di Olimpia (03 , 1 3-34) su 2 1 vv. compaiono 1 2 aoristi in terza persona; la narra­ zione mitica dell'origine di Rodi (07, 20-76) comprende 28 forme aoristiche in terza persona su 56 vv. totali; in P I I il nùto (vv. 1 7-37) contiene I O aoristi in terza persona; 18 ha una sezione mitica di 39 vv. (vv. 2 1 -60) con 19 aoristi in terza persona. Stabilire a livello macrostrutturale un legame dei ssi fantasmatica - sezione mitica non equivale a dire che la funzione fantasmatica della deissi epinicia si esaurisce all' interno del mito. All' uditorio viene chiesto di immaginare situazioni anche in altri momenti del canto. Pensiamo al ricordo delle vittorie precedenti del laudando o dei membri della sua famiglia assenti. L' uso di KÙvoç. sia come agget­ tivo sia come pronome, è a questo proposito interessante: al suo valore anaforico talvolta si sovrappone o si sostituisce un valore dimostrativo per indicare persone 63 che sembrano essere in qualche modo su un piano di alterità rispetto agli astanti. Se analizziamo le classificazioni di Des Places e Slater ci accorgiamo che indi­ rettamente vengono fomiti degli elementi caratterizzanti una possibile funzione pragmatica di KÙvoçM. Tali elementi, sintetizzati, sono: a) un'idea di enfasi; b) la percezione di qualcosa di lontano; c) un senso di riverenza65 . Nelle ricorrenze

62

Krummen conferma il legame narrazi one milica-uso della terza persona (p. 1 4 1 ). In Pindaro il neutro KEÌ v o è decisamente raro . Cfr. Des Places, p. 68: "par la valeur emphalique de la plupan des cas de KÉÌ voç. plus naturelle au genre animé.". 64 Slater (Lexicon . . . , p. 273) inquadra il valore anaforico di KEÌvoç aggettivo ("wilh prior reference"), ma per il suo valore pronominale dice: "pro subs., emphasising some previously menlioned person or lhing" e riporta be n 43 esempi . Des Placc s , sulla base delle osservazioni fatte da Havers e da Humben (W. Havers, Di� J�na-D�i.xi.s. Indogermanische Forschungen 1 9, 1 906, pp. 1 -98, pp. 92-94; J. Humben, pp. 3 3 - 34 ; testi citali da Des Placcs, p. 68), afferma: "il se dégagc un emploi cssentiel, celui d' anaphorique emphaliquc", e c o n ti nu a: "où convergent l ' éloi­ gnement dans le passé, qui peut rendre l ' objet vénérable; l' éloignement dans l ' cspace, si l ' on regarde comme à distance l ' objet qu'on respecte ou que l ' on craint; le rappon à un pronom (per­ sonnel dc la troisièmc personnc ou démonstratif) ou à un nom, parfois largemcnt antérieur, parfois menlionné fon peu auparavant" (Des Places, p. 68 ) . 6' La propensione per una distanza di tipo 'sociale' in senso positivo (rispetto e venerazi one per qualcuno) è per la verit.à è un dato pragmalico non generale, ma lega10 specificatamentc al genere poetico in questione, la lode; in altri generi risulterà più perlincnte porre una distanza ' sociale' in senso ne g ati v o , che esprime disprezzo (cfr. l ' uso tradizionale di mvoç abbinato al nome di Elena in A lceo fr. 283 Voigt. v. 14; in Stesicoro 223 Lobel- Page, v. 3 è riferito ad Afrodite. ma in contesto negativo e comunque legato alla catti va condona delle figlie di Tmdaro). Indipendentemente dall a 'direzione' (positiva o negativa) la marca di distanza resta una connotazione di tipo pragmalico. 63

GLI fLE.MENTI L I N G \J I S TI C I P R I V I I.E G I ATI

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riportate da Slatef>6 i l riferimento fatto nel corso del racconto mitico riguarda divi­ nità, eroi , antenati evocati67; quello fatto all ' i nterno della sezione del presente ri g u arda personaggi mortali e non, comunque centrali nella lode cantata, come divinità protettrici, persone della cerchia del vincitore, e qualche volta il vincitore stesso68. Dal punto di vista pragmatico JCEÌ.voç può avere funzione dimostrati va nel momento in cui determina un referente lontano nel tempo o nello spazio69, c con­ temporaneamente mette in ri lievo o evidenzia - quasi in modo icastico - il ruolo assunto dal referente nel l ' azione descri tta. L' enfasi è frutto di un intento pragmati­ c o : collocare i soggetti su un piano di distanza e di alterità rispetto a chi assiste alla performance, per i solare ed esaltare ad un tempo l a loro nobile fi gura, la loro illu­ stre posizione70. Resta aperta poi la possibilità che tale distanza riguardi non un soggetto imma­ ginato, ma un soggetto concretamente presente ; in altre parole ICEt voç pur riman­ dando in ogni caso ad una realtà lontana, può valere sia come indicazione fanta­ smatica che come indicazione ad oculos (come si è visto anche per &ùpo). Qui sta l ' ambiguità deittica di JCÙvoç. Il lato positivo del l ' incertezza è che in alcuni passi pindarici all ' interpretazione della generica enfasi attribuita all ' uso del dimostrativo può es sere sottesa l ' intenzione precisa di indicare qualcuno o qualcosa presente nell' hic et nunc del canto e lontano solo nello spazio fi sico. Tra gli esempi già cita-

li< Cfr. Slater, Lexicon. . . , pp. 273-274. 6 7 C fr. 07 ,49 ( = a n t i c h i Rodiesi ) ; 0 9 , 5 3 ( = Àao i , le genti ' rocci o s e ' nate da Pirra e

Deucalione); 0 1 0,30 (=i Molioni Cteato ed Eurito uccisi da Eracle); 0 1 0,4 1 (=Augea, re degli Epei); 0 1 3,76 (=il vate Poliido); 0 1 3 ,87 (=Pegaso); P3 ,5 5 (=Asclepio) ; P4,79 (raro caso neutro; =il vello d' oro); P4 , 1 05 (=parenti di Chirone) ; P4, 1 25 (=Giasone ) ; P4, 1 34 (=parenti di Giasone ) ; P4, 1 44 (=Creteo e Salmoneo, nonni d i Giasone e d i Pelia); P 5 , 5 7 (=Batto, fondatore d i Cirene ) ; P9 , 6 8 (unico altro c aso neutro; =nozze Apollo-Cirene); P9,95 (=Nereo) ; P9, 1 23 (=Nomadi, ante­ nati del victor) ; N l ,68 (= Eracle ) ; :--1 5 ,22 (= Eacidi ) ; N 5 , 3 0 (=Peleo); :--1 5,43 (=Pclco); :--1 8 , 1 0 (=Eaco); N l 0, 1 4 (=Anfitrione) ; N 1 0,62 (=Lincco); 1 1 , 1 7 (=Castore e Iolao); 16,3 1 (Telamone) . 68 In 09 , 2 8 sono lodate le Cariti, ispiratrici d e l canto i n corso d i esecuzione; in 15 ,47 sono ricordati gli Eacidi cui va la lode del poeta; in N3 , 1 1 il riferimento è a dei giovani la cui attività è oggetto di attenzi one da parte di chi inizia a cantare; in 06,80 il richiamo è a Ermes, che benedi­ ce il successo del victor; in N 6 , I 7 è indicato Prassidamantc, primo atleta cgineta; in 06,25 ci si ri ferisce alle mule del carro vincitore; in 06 , l 02 sono indicati i parenti del victor Agesi a, in N4,85 il riferimento è a Callide, zio del victor Timasarco, in 18,85 a Nicocle, cugino defunto del victor Cleandro; 08,62 è ricordato il bravo al lenatore Mel esia; in P4,28 1 si al lude al l ' esule Damofilo, personaggio chiave del l ' ultima pane del l ' od e ; infine abbiamo 0 1 , 1 0 1 , 02,99 e P3 , 7 5 , in cui sono indicati i laudandi stessi (rispetti vamente Ierone , Terone, c ancora Ierone) . 69 Anche Hummel, solitamente p i ù attento a l valore anaforico c cataforico dei dimostrati v i , sottolinea in KÈivoç l ' aspetto deittico d i equidistanza ri s petto all ' hic et nunc della comunicazio­ ne; "Les référents détcrrnines par lui sont présentés par le locutcur comme distincts de ceux de I ' énonciation." (p. 1 89). 70 La comparazione di mvoç con il latino il/� viene fatta già da Humben (p. 33).

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C A P nD LO 2

ti in riferimento a KEÌ. voç nella sezione del presente, c i ò può verificarsi potenzi al ­ mente i n 0 1 , 1 0 1 , dove a l ri ferimento a l victor Ierone seguono be n tre ' tu ' a lui rivolù (0 1 , 1 06 n:mç, 1 07 ' IÉprov, 1 1 5 cré )1 1 ; in 06,25 per le mule del carro vinci­ tore ; in 06,80 se il poeta fa riferimento ad un santuario dedicato ad Ermes vicino al luogo di esecuzione; in N3 , 1 1 , dove il richiamo è a q uei veavim nominati al v. 5 che difficilmente non sono coinvolù nella performance i n atto ( anche se i modi della loro partecipazione sono controversi). Se allargh i amo lo sguardo alle altre ricorrenze di KEÌ. voç in S later ( l . "that, those a. with prior reference" e 2. "such a one as that") noti amo altri casi in cui a priori non si può escludere il valore di una i ndicazione gestuale: P l ,42 civOj>a ll' É"yCÌl lCEÌ.vov aivT;crm �owoov, ri ferito al ùranno vie tor Ierone; P5 , 1 07 civOpa KEÌ. vov btawÉov-n cruv e toi , riferito al re victor Arcesilao precedentemente coinvolto con un ' tu ' ; P2,8 KEÌ.vaç ... 7tol lCI.Mx­ viouç ÈOO)J.IlO"O"E 7tOOÀ.Ouç, le puledre con cui aveva vinto Ierone; N 1 ,9 ICri vou aùv avllp6ç OOl)J.ovimç apnmç, con cui è indi c ato il victor Cromio, della cui ospitalità i l poeta ha fatto esperienza ( c fr. N9, 1 9 segg . ) ; 1 4 , 4 3 KEÌ. vov IÌ'Iflll 7tUpcròv U JJ.V W V , con a l l u s i o n e ai fuo c h i probab i l m ente accesi durante l e navvuxim 72• Dovendo fare un parzi ale riepilogo sulla deissi fantasmatica, la prima osserva­ zione è la seguente: la distanza percettiva stabilita da chi canta ri spetto a ciò che è cantato secondo le due modalità delineate permette agli ascoltatori di trasferire la mente o ad una situazione dichiaratamente lontana, i n modo equidistante, dal pre­ sente (vedi uso della terza persona e di locaùvi della lontananza) o ad una situazio­ ne resa ' vicina' dal l ' ancoraggio ad un nuovo 'qui, ora, i o ' . Ancora: la valenza pragmaùca di fondo di 1CEÌ. voç consiste nello stabilire tra persone un rapporto di distanza. Al di là delle spiegazioni fisiche (allontanamento reale o figurato) la distanza ha più in generale un valore ' sociale ' . In positi vo la di stanza crea venerazione ( vedi il caso dei canù di lode), in negaùvo crea disprez­ zo. Perciò i potizziamo che KEÌvoç ri vesta - quantomen o in alcuni casi - la qualifi­ ca, oltre e più di un locativo deitùco, di indice di dei ssi sociale73. Quanto al terzo caso di deissi fantasmatica descritto da Biihler, "la montagna va a Maometto" (deissi fantasmatica con trasferi mento del l ' oggetto), è da chiedersi se e come gli epinici pindarici ne manifestano l ' uso. L' argomento è tanto interessante quanto delicato. Esistono dei casi in cui è lecito ipotizzare all ' interno del l a si tua­ zione di esecuzione la presenza di persone o di oggetti in sé non reale, ma resa reale da indicazioni deittiche specifiche? Questo costituirebbe un modo per "attua­ l i zzare", come direbbe Rosler, per inglobare nello spazio dell ' hic et nunc della

7 1 Il passaggio Kri vo� - " tu ' , lrll l ' altro, rivela secondo noi una muwa direzione dello sguar· do da parte di chi canta, prima vcno l ' uditorio, alla quale viene presenwo "quel pcnonaggio Il", lontano da chi parla c chi ascolta, poi verso i l personaggio slesso, in modo diretto. n Cfr. su quest ' ultimo punto Krummen, pp. 55-59. 73 Cfr. l ' acce n no fatto sopra, a proposito della deissi in generale.

G L I ELEMENTI L I N G C is·ncl P R I V I LEG I ATI

49

lode, usando la "fantasia costruttiva", elementi altrimenti dimenticati o secondari. Evidentemente ciò succede là dove al poeta torna utile tenere come punto fisso di riferi mento la situazione di esecuzione di quella lode. L' analisi testuale di 16 for­ nirà a questo proposito esempi sostenibili. Per ora ci limitiamo ad anticipare che l ' eventuale uso di deissi fantasmatica di tipo oggettivo (in cui la mente trasferisce in un contesto già conosciuto oggetti fino a quel momento assenti , i mmaginandoli presenti) aiuta ad identi ficare in modo concreto un aspetto di teatralità latente insi­ to nel modo di indicare epinicio. La seconda osservazione sulla deissi fantasmatica è una constatazione : il confi­ ne tra uso fantasmatico e uso deittico ad oculos in Pindaro non è preci sabi le. Resta solo ipotetica anche l ' i nterpretazione "spostamento del soggetto" - "spostamento dell ' oggetto", in quanto troppo vago in troppe odi l ' ancoraggio pragmatico ad un luogo di esecuzione inequivocabile. La rappresentazione della realtà, affidata al linguaggio poetico, sembra sfuggire ad un'interpretazione univoca. Si ha la sensa­ zione che stabilire che cosa è reale, che cosa no, e che cosa è meglio che sembri reale, è una questione subordinata ad esigenze superiori, esigenze poetiche di impatto e di efficacia comunicati vi.

Presupposizioni e implicature A l l ' interno di una qualsiasi conversazione i l meccanismo di comprensione passa attraverso la capacità di fare delle inferenze, vale a dire dedurre da quanto è stato detto i n formazioni c h e traspaiono s e n z a es sere e s p l i c i tate n e l testo. L'attribuzione di signi ficato ad un' espressione deittica è - ad esempio - frutto di una precisa inferenza. Implicature e presupposizioni sono i due principali tipi di infercn7.e pragmati­ che possibili. "La nozione di implicatura ( . . . ) fornisce una spiegazione esplicita di come sia possibile intendere (in senso generale) più di quanto si dice effettivamen­ te"74. Nel pensiero di Grice le implicature nascono sempre dal le intenzioni del par­ lante; quelle standard sono dettate dalle massime conversazionali, assunti che stan­ no alla base della cooperazione comunicativa73 . Per fare un esempio semplice, nel caso di una domanda del tipo: "La tua fattoria si estende per 400 acri ?" l ' implica­ tura di cui tener conto per capire le intenzioni del parlante e per ri spondere in modo adeguato è "Non so se è cosl e voglio saperlo"76. Rispetto alle implicature le prcsupposizioni si qualificano come "inferenze che sem brano dipen dere più strettamente dal l ' e ffe ttiva struttura l i n g u i stica delle

74

Levinson, p. 1 35 . l. 76 Esempio trano da Levinson, p .

7 5 Cfr. c ap .

1 44 .

50

CAPf!DLO 2

frasi"n. Come tali sono generate da ' spie' linguistiche, dette attivaJori di presup­ posizioni, quali avverbi iterativi, verbi di giudizio, verbi di cambiamento di stato, frasi scisse e altro. Se dico: "Il disco volante è apparso di nuovo", l' avverbio "di nuovo" atti va la presupposizionc "In precedenza era apparso un disco volante"7 8 . Il mondo delle implicature possibili per ogni frase epinicia rende particolar­ mente ardue e forse improduttive ipotesi precise di lettura, per via del forte caratte­ re interno, soggettivo, dci pensieri inferibili e per via della nostra distanza cultura­ le. Più sondabile sarebbe uno studio sugli attivatori di presupposizioni, fattori più oggettivi perché legati alle strutture grammaticali del testo. In questa sede ci interessa semplicemente sottolineare due fatti di ordine gene­ rale e nominare un possibile esempio di attivaJore di presupposizione. Ulteriori ricerche future potrebbero approfondire l' argomento. Il primo concerne la natura pragmatica delle inferenze, la 'relatività' della loro codificazione, e dunque la soggettività delle espressioni che le sottintendono: "Le presupposizioni che riguardano la relazione tra parlante ed interlocutore espresse dall' uso di un 'tu' semplicemente non riguardano le condizioni di verità"; esse sono inferenze pragmatiche descrivibili come "relazione tra un parlante e l'appro­ priatezza di una frase in un contesto."79 . Il secondo fatto è che i testi pindarici in un'ottica pragmatica sono una fonte quanto mai ricca di processi inferenziali 'commissionati ' agli ascoltatori, e attivano (attivavano) probabilmente parecchie presupposizioni, tutte guidate, non casuali, frutto di precise intenzioni comunicative del parlante. Un esempio può essere riscontrato nell'uso (topico) dei pronomi relativi che intro­ ducono il mito. Essi fungono, a nostro avviso, da attivaJori di presupposizioni, e la presupposizione nella fatti specie potrebbe essere: "Ecco : è arri vato il momento degli eventi del passato, e il personaggio (o il luogo) appena citato è il pretesto cercato". La scelta stessa dei fatti mitici e dei personaggi è occ a sionale e fortemente allu­ siva in virtù di ciò che dal punto di vista verbale è rigorosamente taciuto, vale a dire le implicature generate in chi ascolta, i collegamenti, i paragoni impliciti. Chi canta nomina quel particolare, fa quella descrizione perché gli interessa che chi ascolta colmi i buchi verbali e capisca fino in fondo le sue intenzioni. Atti linguistici Un altro ramo della pragmatica linguistica è costituito dallo studio degli atti linguistici. L' applicazione del concetto all ' uso linguistico pindarico ci è parsa così feconda da meritare una discussione specifica (si veda il prossimo capitolo).

n

Le vinson, p. 2 1 7 .

78 Cfr. pe r l ' esposizione e la discussione degli ambiti di definizione delle presupposuzioni Levinson, pp. 2 1 7-287. L' ultimo esempio citato 79 Le vinson, pp. 228- 229.

è

traUo da p. 234.

GLI ELEM E..'ITI L I � G L: I S TI C I P R I V I LEGIATI

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Qui si richiama solo un ' i dea pragmatica fondamentale, cioè il concetto ' dina­ mico' di forza di una enunciazione. Tra gli assunti lingui stici - e filosofici - che stann o alla base degli studi sulla pragmatica li nguistica va indicaLa la distinzione tra senso e forza assertoria di un enunci ato. Frcge è il pri mo a parlarnc80. Austin asserisce: " ( . . . ) siamo forse ancora troppo inclini a dare queste spiegazioni in termini di "si gni ficati de lle parole " . Certo, possiamo usare l a parola con cui ci riferiamo al significato ( . . . ) anche i n riferimento a l l a forza il locutoria ( . . . ). Ma io voglio distinguere la forza dal signifi­ cato nel senso in cui i l significato è equivalente al senso e al riferimento"8 I . In tempi più recenti si sofferm a in particolare sul concetto di forza pragmatica l..ee c h82. L'atto di enunciazione ha in sé una forza specifica, che è quella di modi fi ­ c a re la realtà, mettere in moto qualcosa che prima non c ' era, provocare degli effet­ ti. Il dire ha la forza di un fare, anzi è un fare.

M e tafore Le metafore sono da noi considerate elementi linguistici pri vi legiati . Non ogni ricorso ad un termine meLaforico, ma sicuramente tutte le metafore relative alla performance in Pindaro suscitano un interesse di tipo pragmatico. Prima di fare esempi e di discutere il livello di metaforicità delle meLafore epinicic (cosa della quale ci occuperemo nel quarto capitolo), riteniamo importante fornire i l quadro entro cui intendiamo muoverei nel momento in cui parliamo di identità e di com­ prensione della metafora, a li vello generale. Nel panorama delle principali teorie sulla metafora c sulla sua natura83 , con l ' andare degli anni ri sulLa sempre più evidente che la complessità del fenomeno metaforico va oltre il grado di falsità o verità del significato letterale delle parole, e perfino oltre la sua codi ficazione linguistica. Da un lato, considerando l a metafora come fenomeno linguistico, viene smenti­ ta la "priorità incondi zionata (data) al significato lettcrale"84, in quanto la com­ prensione di ciò che è metaforico non sempre passa per il riconosci mento e l ' anali-

80 G. Frege, "'Der Gedanke. Eìne logisehe Untersuchung" ', in Beitrtige zur Phi/osophie des dewschen ldealismus l, 1 9 1 8, pp. 58-77; cfr. in pani colare le pp. 7 - I l del medesimo saggio nella

traduzione italiana citata in bibliografia. 8 ! Austin, lez. VIII, p. 75. 82 Leec h, p. 17 e pp. 30-35. 83 Le considerazioni che seguono si basano essenzial mente sulle seguenti antologie di saggi : A. Ortony (a cura di ) , Metaphor and Thought ( 1 979), e C. Cacciari (a cura di), Teorie della ml!taforo ( 1 99 1 ). 114 Cacci ari , Introduzione, p. 6.

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si della cosiddetta ' parte letterale' della metafora (ad esempio nel l ' affe rmazione "nessun uomo è un'isola" il significato ultimo non dipende dalla verità letterale del paragone, che semplicemente nega l ' identità tra il soggetto "uomo" e l ' oggetto "i sol a"85) . Inoltre la veri tà di un' as serzione metaforica non ha a che fare con un' i­ dentità predicata che alla lettera è falsa (si pensi, ad esempio, al la frase "Richard è un gorilla"86). "Vedere la metafora come conoscitiva non signi fica studiarla in ter­ mini di condizioni di verità. ( . . . ) È ovvio che c hi fa metafore, letteralmente parlan­ do mente - e tutti lo sanno. Ma questo problema si ricollega a quello pi ù vasto dello statuto aletico e modale della finzione: come si fa finta di fare as serzioni, e tuttavia si vuole sul serio asserire qualcosa di vero al di là della verità letterale."87 D al l ' altro lato si considera la metafora non più come fenomeno linguistico, ma come testimonianza di processi mentali. La produzione di metafore concerne la lingua solo come proiezione di un concetto, di una figura del pensiero, come viene chi amata da Lakofti!8 Nel l ' e voluzione delle riflessioni sul pensare metaforico, il principio di "parago­ ne", "somiglianza", as sunto fino ad oggi come chiave interpretati va vincente della m e t a fora ( c fr. l a c o s i ddetta teo ria della comparazione 89 ) , appare ri dutti v o . Aristotele, a l cui pensiero attingono i sostenitori della teoria della comparazione, riconduce il procedimento metaforico alla simi l arità che lega terntine metaforizza­ to e termine metaforico, o per analogia, o per specificazione o generalizzazione d e l l ' unico concetto che sta sotto90. Ciò indirizza i l destinatario del messaggio

8 5 Esempio fatto da Black, " M o re a bo u l metaphor", in Ortony, pp. 1 9-43. 86 Cacciari, p. 1 0. 8 7 Eco, p. 1 9 3 .

" Cfr. Lakoff, "Una figura d e l pensiero", in Cacci ari, p p . 2 1 5-228. L'esempio da lui analiz­ zato a dimostrazione della base concettuale delle metafore � l a corrispondenza tra i domini semantici 'amore' e · ..;aggio' (es. nelle frasi: "Non possiamo tornare indietro adesso", oppure: " I l rapporto non sta andando da nessuna parte", oppure: " I l malrimonio è finito sugli scogli", p. 2 1 6) , corrispondenza legata a precise strutture di conoscenza e di ragionamento culturali e deri ­ vate dall ' esperienza. 89 Secondo tale teoria "comprendere una metafora vuoi dire comprendere ciò che i due ter· mini ( d e l l a comparazione metaforica) condividono (growui), la categori a sovraordinata cui e n trambe a p p arte n g o n o e/o l e ra s s o m i g l ianze che li r e n d o n o paragonabi l i " ( C a c c i ari , Introduzione, p. 9 ). 90 I passi aristotelici in cui si parla di metafora sono: P�tica 2 1 , dove compare la celebre definizione dei quattro tipi di metafora: "l ' i mposizione di una parola estranea o da genere a spe­ cie, o da specie a genere, o da specie a specie. o per analogi a" (trad. Lanza), seguita da svariati esempi, tra cui "lo scudo di Dioniso" e "la coppa di Ares": RuJ..i au;; N4,93-94 oÌ.ov aivÉCJJ\/ ICE MEÀT]aiav Èp16a otp�m . l pTj�a�a ltÀÉK(I)V . . . ; N5. 1 - 3 0\ÌK àv6p1av�o1t0\0ç ri �' (. .. ) / ili' ÈltÌ. ltooaç Ò ÀKaoo ç Èv t' IÌKcttqJ, yÀUICEl ' amoo, l an:ìx' àlt' Aly\vaç 6\ay­ ytUo\d ( . .. ) ; N5, ! 4 C 1 6 aÌOCo�m J.LÈ"Ya EÌitEÌV ÉV 6(1CI;l tE �lÌ ICEIC\VIìuVEU�OV (. . . ) �(Ài!J !tOOa èxov quasi proverbialem eximie Schneiderus ex iis illustrat, quae Casaub. Ad Theophrast. Char. 4 collegit: quae cnim conveniunt, dieuntur 1tEpi !tOiia esse"; cfr. Lehnus, p. l 00. 22

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ritmico come real tà metaforizzata (come è comune intendere in 03,5-6 L1.opiq> cprovàv ÈVap�Dçat 1ttiìi À.ql l Ù'yÀ.aoJC�ov), l ' interpretazione del senso cambia: "Sappia il figlio di Sostrato che il favore divino di cui gode si rivela attraverso questo ritmo", dove all'espressione idiomatica si aggiunge la metafora del canto, e m:lìiÀ.ql diventa metafora per "canto di lode". Nell ' analisi di 06 che segue vedre­ mo che il dimostrativo 'tOÙtq> affiancato a ltl:lìiÀ.ql gioca un ruolo non secondario, a favore di quest'ultima interpretazione. Le espressioni metaforiche fanno leva sulla competenza degli ascoltatori , sulla loro "sapienza" interpretati va (croc)li a25) . Rientra nella loro competenza ri conoscere, tramite l a metafora, lo stesso orizzonte di comprensione che il poeta esprime, al di là del significato indicato, che è ben noto a tutti . L' e fficacia pragmatica in questi casi sta nella condivisione dello stesso sapere, non in una novità suggerita. Dove sta dunque l 'originalità pindarica? Un fattore che probabilmente contri­ buisce a definire la marca pindarica è quel 'in più' che Pindaro chiede nella com­ prensione ai suoi ascoltatori dato dal l ' accumulo di metafore e dagli accostamenti creati. Partiamo dal discorso che Stoneman fa a proposito dell' uso metaforico in Pindaro. Egli anzitutto identifica nel periodare metaforico epinicio il meccanismo fonda­ mentale della sostituzione, che fa delle metafore quasi sempre delle metonimic. Un esempio da lui citato è P5 , 1 1 4- 1 1 5 Èv u: Moicrmm 1to'tavòç a1tÒ �a'tpòç c)liÀ.aç, l TtÉc)lav'tai 9' ap�a'tll À.ri 'taç cro$6ç - "sin dal l ' età materna l alato tra le Muse l cd ora esperto si rivela nella guida del carro" (trad. Genti l i ) . Nel l ' espressione "alato tra le Muse" 7tO'tavoç, "alato", rivela una sostituzione: al concetto di "larga fama" Pindaro sostituisce "volo", che è un modo specifico di "andare lontano" 26 . In questo, tra parentesi, l ' autore si attiene strettamente all a classificazione aristote­ lica del 'traslato' "da genere a specie e da spesi e a genere". Stoneman afferma che tale principio va esteso, poiché spesso compaiono negli epinici metafore successive, cioè in una singola unità grammaticale sono contenute due differenti espressioni figurative, come in N l 0,26 JCa't 'tÒV ' Jcr9�oì. JCa't NE�Q: cr'tÈc)lavov, Moicrmai 't' È&olC' apocrm - "ho dato alle Muse la corona all ' Istmo e a Nemea, da arare " , espressione cui è ispirato il titolo dell' articolo. In questo caso le due singole sostituzioni (''corona" per "vittoria" e "arare" per "celebrare") non bastano a spiegare il motivo - c l'effetto - del collegamento tra i due termini metaforici ( l ' analogia, diciamo noi, non spiega l' interazione che si crea tra una metafora e l ' altra). Pindaro non propone metafore strane, dice Stoneman, lui pren­ de metafore tradizionali, automatizzate (e spesso morte) e ne deautomatizza la

25Per Burton croojloi sono, o l tre c h e i produttori di poesie, anche g l i ascoltatori colti (R. W. Burton, PindiJr 's Pyrhian Odes. Essuys on interpretalion, London 1 962, p. 45). 26 Cfr. Stoneman. "Pioughing a garland: Metaphor and M etonimy in Pindar", pp. 1 29- 1 30.

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forza del significato nel momento in cui le abbina27 . Le metafore pindariche riflet­ tono esattamente l' universo valoriale e culturale del l ' atto epinicio e del linguaggio epinicio; sono del tutto familiari agli orecchi degli ascoltatori ; in sé non sovveno­ no, ma confermano l ' ideologia aristocratica di fondo. L'originalità sta nel concen­ trare le mctafore 28 c nel porre enfasi su elementi altrimenti inattivi, molti . Se in 0 1 3, 1 1 4 Pindaro dice ayE 'KO'I)cpmm V ÈKVE'UOOV 1t0al V "su, nuota con piedi leggeri" - la metafora mona "piedi leggeri" per dire "rapidamente" crea un effetto speciale se unita al verbo "nuotare" 29; è una sorta di inconcinnitas che di fatto v alorizza la forza immaginifica della frase e stimola la capacità immaginativa di chi ascolta. Le osserv azioni di Stoneman ci permettono di specificare ulteriormente gli effetti pragmatici delle metafore. La 'novità ' , l ' ori g inalità pindarica non è com­ prensibile se non a panire da una buona competenza di base della dizione epinicia. Dal punto di vista pragmatico il coinvolgi mento degli astanti nasce dall' elabora­ zione di qualcosa di già conosciuto, non dalla ricezione di qualcosa di nuovo. Ciò avviene sostanzialmente in due modi : l ) abbinando più termini metaforici in una stessa frase (provenienti da domini semantici sia uguali che diversi); 2) vivificando metafore morte (o, come dice Black, "metafore dormienti") 30 • Uno dei molti esem­ pi che si potrebbero fare è P l 2,22-24. Dopo aver presentato Atena che trasferisce sull' aula il triste lamento di una delle Gorgoni, il poeta dice: àM.ci IJ.W EÙpoìa' avSpam 9va'toÌc; ÈXElV, l !ÒVUIJ.aOEV ICE«PilÀ.àv 7tOllàv VOIJ.OV, l EÙICÀia3 1 ì..ao aao(J)V IJ.Vaa'tlip' à:yo)v(J)V "La dea la trovò e trovatala l ne fece dono agli uomini mortali, / la chiamò aria dalle molte teste, l glorioso incentivo alle gare l che adunano il popolo" (trad. Gentili). "dare un' aria da avere agli uomini"e "dalle molte teste" fanno di VOIJ.Oc; qualcosa di palpabile, che scavalca la metafora mona VOIJ.oc; come aria, modello di melodia, e sovrappone alla musica lo strumento musicale usato; la metafora "dalle molte teste" già negli scolii risponde a tre possi­ bili spiegazioni diverse (e noi aggiungiamo la risonanza che l'espressione doveva avere dopo il racconto di teste mostruose mozzate) ; EÙK:Àia IJ.Vaa'tlip' ( a) rievoca -

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TI Stoneman, pp. 1 3 5 - 1 3 7 . 'The foregrounding of a traditional metaphor ( . . . ) gi ves more force to stalement !han would the invention of a new image, since it has behind it not only the s hock of inconcinnity, but the depth and satisfactoriness of significance that made i t a hackneyed i mage in the first piace" (lbid., p. 1 36). 2ll "!t is not i!lumination th at makes the odes poeuy; i t i s concentration, the emphasis preci­ sely on what one would expect not lo be emphasized - conventional phraseology" . (lbid., p. 1 37 ) . 29 Esempio fatto da Stoneman, p. 1 30. lO Nannini , a proposito del caso in cui una metafora morta è rivitalizzata, parta di "utenza affatto originale dell ' i mmagine" (Nannini, p. 1 6). J l Riportiamo qui la lezione EIÌKÀÉa, accolta da Gentili, e discordante da quella del l ' edizio­ ne Snell-M aehler (ruKÀEÒ. ).

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ad un tempo il ricordo di cui gode chi ha fama, e il vietar stesso "banditore". da cui l ' accostamento di un oggetto (VOJlOç) ad un ruolo (J.lV!lOTI;p ')32. L' intreccio di metafore a volte complesso, c il concentrato semantico che ne deriva, corrispondono sicuramente a forti basi concettuali comuni che avvicinano parlante e ascoltatori . In virtù di queste basi il pubblico è chiamato a sfruttare quel­ la che Lakoff c Tumer definiscono forza concettuale della metafora poetica, che consiste nella capacità di estendere una metafora convenzionale, elaborare lo sche­ ma concettuale, porre domande, consentire la formazione di metafore composte33 . A proposito delle proiezioni concettuali di una metafora Lakoff sostiene, ad esem­ pio, che sulla base della struttura concettuale amore-viaggio, si possono creare "nuove e fantasiose estensioni della proiezione", le quali diventano "immediata­ mente comprensibili, se si posseggono le corrispondenze ontologiche e altre cono­ scenze sul viaggiare". Lakoff cita il testo di una canzone che recita: "Cavalchiamo la moto a grande velocità sull ' autostrada dell ' amore" ("We ' re going riding in the fast love on the free way of love")34; noi, !ungi dal voler paragonare sul piano qua­ litativo tale frase con le espressioni poetiche di Pindaro, indichiamo, in modo forse un po' ardito, un parallelismo a livello di fenomeno comunicativo. Come chi ascol­ ta la canzone della moto è chiamato ad una elaborazione delle proprie inferenze sul tema amore-vi aggio aumentando il raggio delle possibili sfumature ed "esten­ sioni" implicate, cosi chi ascolta, ad esempio, la frase epinicia che recita: 7ttn m8a çEVi �av èvap�at ne&}..(p 1 àyì..aO K!Ill!o v. 37 Per la presentazione gcner111 e dei concetti di rilevanza e di �ffmo po�tico, cfr. cap. l . Per il valore delle metafore nella Rtl�ana Theory cfr. l a parte finale del cap. 2. 18 Sul ruolo i mpanante delle metafore ( e delle similitudini) nell ' i mpatto emozionale del destinatario dal punto di vista sociolinguistico, cfr. Tann e n, p. 1 84. 16

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dell 'epinicio, e la loro perfetta comprensibilità attraverso gli "effetti poetici" che la loro enunciazione genera. Tali effetti sono: il compito imerpretativo non a senso unico, la conferma degli orizzonti comuni di conoscenza e di memoria, l'esercizio della propria competenza nella ricezione, la condivisione del contesto cxtralingui­ stico di cui poeta e pubblico fanno esperienza durante la performance. Quanto abbiamo detto ri guardo alle metafore del canto da un lato non fa che confermare alcuni dati 'immanenti ' della poesia di Pindaro: la messa a fuoco dei valori attraverso le immagini, la complessità del linguaggio adottato, un rapporto esclusivo con il pubblico. Il taglio di analisi proposto non ha, del resto, la pretesa di smentire tali dati . Piuttosto, a noi interessa vedere le metafore come tecnica comunicativa, come mezzo linguistico in sé significante e in sé produttivo, al di là del significato dei collegamenti specifici che le singole parole innescano. E da questo punto di vista la nostra conclusione è : a fronte della complicazione che siamo soliti recepire nella loro formulazione, queste metafore di fatto facilita­ no la comunicazione; la loro genialità non si misura secondo quanto è criptico il linguaggio, ma secondo la capacità di mandare a buon fine il messaggio. La rappresentazione degli eventi di vittoria e di festa ha nella metafora uno strumento privilegiato. Le metafore sono costituzionalmente presenti in un epini­ cio (e a maggior ragione lo sono le metafore del canto) come mezzi per indicare ad un tempo la verità della poesia c le realtà che la poesia coinvolge. Esse rivelano il mistero che ogni epinicio contiene : la messa a fuoco non tanto di ciò che è oggetti­ vo quanto di atti ed eventi complessi , l 'oscillazione tra concreto e astratto, l ' aper­ tura al simbolico e al realistico, l ' indicazione ad oculos e quella fantasmatica, in una parola l ' ambiguità. Poiché lo spirito che ci muove non è quello di sciogliere l ' ambiguità pindarica ma di valorizzarla, vogliamo continuare la nostra riflessione toccando uno dei pro­ blemi più scottanti per chi studia i fattori concreti legati alla performance epinici a, vale a dire i modi scelti per rappresentare la realtà. Qual è il discrimine tra rappre­ sentazione poetica e descrizione di circostanze reali? Realtà e immaginazione "Realtà e immaginazione" è la citazione del sottitolo che accompagna l ' articolo di Latacz che commenteremo. L' oggetto testuale su cui fermiamo la nostra atten­ zione è l ' uso pindarico della deissi, tra indicazione reale e indicazione fantastica. Nel 1 983 fu pubblicato l ' articolo " Ùbe r Dei xis un d einige Aspekte miindlichen und schri ftlichen Stils in antiker Lyrik" di W. Rosleil9. L'autore rilevava l'impor-

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Cfr. bibliografia.

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CAPITOLO 4

tanza del campo di indicazione biihleriano al l ' interno della lirica arcaica (pronomi di riferimento, avverbi di tempo e di luogo) e valutava l ' uso di deissi fantasmatica come mezzo per la ricostruzione di una situazione ormai perduta, più tipica di carmi scritti che non di carmi eseguiti oralmente40 . In ri sposta alle sue os servazion i , nel 1 985 apparve l ' articolo di J. Latacz "Realitat und Imagination. Eine neue Lyrik-Theorie und Sapphos l)laivEtai JlOl KTivoç-Lied". Dal momento che questo secondo scritto stimola osservazioni sulla distinzione tra deissi ad oculos e deissi fantasmatica, e a livello più generale, tra riferimento reale e riferimento fittizio anche in Pindaro, i s pireremo ad esso i l nostro pensiero. Prima dell' ampia discussione sul celebre incipil del fr. 31 di Saffo, l' autore fa con­ siderazioni di carattere generale, in risposta a quanto sostenuto da Rfisler nell'articolo "Ùber Deixis . . . " e nel volume DichJer und Gruppe. Anzitutto riflette sull'uso prepon­ derante di deissi fantasmatica nell' epos, mezzo indispensabile per una fruizione del racconto basata sul meccani s mo di ricostruzione (da parte degli ascoltatori) degli even­ ti e delle scene narrate . Ricordiamo che noi vediamo altrettanto preponderante l'uso di deissi fantasmatica nelle sezioni mitiche degli epinici, e altrettanto ' specializzata' la ricezione di quelle parti nelle capacità immaginative messe in atto dall' uditorio. A Latacz interessa stabilire che l ) l ' uso fantasmatico non è assente nella lirica arcaica, in virtù delle modalità di racconto dell' epos; 2) l' uso ad oculos è senz' al­ tro presente, non in modo esclusivo, ma semplicemente come elemento di novità, come possibilità linguistica in più rispetto all ' epos41 • Su alcune osservazioni gene­ rali ci troviamo in accordo: il carattere pragmatico della lirica si esprime in una particolarità rispetto all ' epos, la particolarità secondo cui essa non racconta dati assenti, ma discute, analizza dati già esistenti 42; la deissi nella lirica non è unifun40 Il punto di vista di R�sler sulla deissi tra Aklualisierung e RekonstrulcJion è già stato pre ­ sentato nel cap. 2 a proposito della deissi fantasmatica negli epinici . 4 1 Vorremmo notare che i termini nei quali Latacz risponde alla tesi di R�sler sulla "non· Fiktionalit.i!t" dell a lirica arcaica (cfr. R�sler, "Ùber Deixis . . . ") sembrano forzare la presentazio­ ne del problema posto da R�sler. Non ci sembra che ROsler voglia presentare quella che Latacz de fini s ce una "funzione senza eccezioni realistica delle parole indical i " (Latacz, p. 69) quanto piuttosto un rapporto molto stretto (o più stretto di quel che si crede) tra scelta delle parole indi· cali e contesto extral ingui stico legato alla performance. Inoltre l a c o rri s po ndenza posta da Latacz tra deissi fantasmatica e Fiktion ci pare pericolosa a livello di pragmatica testuale. Infatti, come avremo modo di osservare anche in seguito, d al punto di vista comunicati vo non c'è fin· zione - da parte di un poeta lirico arcaico - né nel presentare allusioni ali' hic et n un c né nel far i mmaginare altre coordinate spazial i e tempora l i . Credi amo che R O s l e r stesso intenda con Fiklion un uso consapevole di mezzi linguistici "per far finta" di creare una determinata siruazio· ne, e non semplicemente la scelta di dare indicazioni non corrispondenti al l a realtà. 4 2 "der pragmatische Charaktcr weiter Teile der Frilhgriechischen Ly rik , d. h. ihre oft inter· pretationsentsc heidende Eigenart , ( . . . ) , eine E i g e n art, ( . . ) , die eine S i tuation oder einen Sachverhalt nicht erzi!hlen, sondern besprechen (also nicht erzllhl end ent konstituieren. sondem ah bereits existenten und filr das Publikum physisch wahmehmbaren oder ihm erinnerlichen nur ert!rtem)" (Latacz, p. 68).

GIOCHI D I M I M E.S I

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zionale ma ambigua43 ; l ' ascoltatore di allora poteva decidere quale era demonstra­ tio ad oculos e quale no44; i dialoghi fittizi, pur non essendo reali, sono realizzati poeticamente cd ottengono l ' effetto di coinvol gere il pubblico45 . Quest ' ultimo punto va approfondito. Per dimostrare la presenza di dei ssi fantasmatica nella liri­ c a, Latacz chiama in campo gli "Anrcdcn" che spesso compaiono nei testi saffici , dialoghi immaginati o sognati tra chi parla e una d i vinità o una fanciulla. Eg l i sostiene che in questi casi il compi to affidato a c h i ascolta s i a rappresentarsi men­ talmente la scena, ricostruirla46, c che, nel caso ci si rivolga ad una ragazza, la fun ­ zione s i a far parteci pare le potenziali uditrici immedesimate in quella ragazza. S e l a poesia è poesia del ricordo del l ' amore goduto, o poe s i a del dolore pe r i l di stacco presentito, ecco che Saffo affida a tali dialoghi la forza di rappresentazione di que­ sti sentimenti . Chiediamo scusa al lettore se riferiamo ora le conclusioni del l ' anal i ­ si - d i fatto pragmatica - c h e Latacz fa del l ' incipit d i Saffo fr. 3 1 ; q u e l c h e n e sor­ tisce (dal punto di vista sia di Latacz che nostro) è importante al di là del l ' eseges i saffica. Il dimostrati vo JCT;voç d e l fr. 31 è valutato sostanzialmente come anafori­ co, come aggettivo con un rinvio puramente interno al testo. Il rinvio è alle parole che i n questo caso seguon o , e dunque l a funzione è cataforica, antici patri c e . "Quel l ' uomo" ha significato esclusi vamente in rapporto a òlv11p otnç d e l v . 2, vale a dire "que l l ' uomo c h e siede di fronte a te"47 . Tale relativa è per Latacz u n a relativa restrittiva, il c u i valore informativo, cioè, è indi spensabile per la compren­ sione della principale : "L' uomo che fa quella cosa, è simile agli dei , non un altro". Al termine del l ' analisi la traduzione da lui proposta è : "Es scheint mir derjenige gleich den Giittem l zu sein, der M ann, der gegeniiber Dir l stets seinem S i t z h a t . . . " 48 , " M i pare simile agli d e i quel l ' uomo c h e ha i l s u o posto d i fronte a t e . . . . " nel senso di "raggiunge una posizione divina, è beato, è fortunato colui che ti spo­ serà c che ti siederà di fronte" . KT;voç dunque, anziché indicare una figura maschi­ le già esistente (reale, ma anche i mmaginari a), serve a creare da zero una categori a di persone che fanno una determinata cosa (Latacz dice che con JCT;voç viene sot­ tolineata "die Beliebigkeit der Individualitat", l ' "a piacere" dell ' i ndi vi dualità49) . Sopra abbiamo definito pragmatica l ' analisi d i Latacz, ma fin qui niente l o dimo­ stra. La parte che a noi interessa è la seguente : secondo Latacz, descri vendo gli atti

43 lbid., p. 73. 44

lbid., p. 7 1 . " ( . . . ) ist die Anrede ( . . . ) , wenn auch ftkliv, so doch als mllglich vorstellbar: nichts hindert, den (fikliven) Adressaten tatsl!chlich anzureden und von ihm (fikliv) angehlln zu werden: Die fiktive Dialog kommt - und das ist ja der Sino solcher Dialogfiklionen - ilberall zus1tullk " (p. 80). Il corsivo è nel testo. Al momento del l ' esecuzione un sogno riferito diventa "lebendig", vivo, per i partecipanti alla stessa "Kommunikalionssitualion" (p. 79). 46 lbid., pp. 78-79. 47 lbi d , p. 82. 48 lbid, p. 92. 49 lbid., p. 82. 4�

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della convivenza tra la fanciulla e il futuro marito, Saffo ad un tempo dipinge la distanza e l ' angoscia che quel matrimonio genererà in lei, ma anche assapora il piacere della sua convivenza attuale con la fanciulla: sedersi di fronte e le altre azioni sono dette della fanciulla in compagnia del marito, ma nascondono l' attuale compagnia della stessa Saffo (o comunque dell"io' che piange il distacco immi­ nente). "È beato colui che ti siede di fronte cosl come io adesso ti siedo di fron­ te" 50 . Voler coinvolgere le fanciulle uditrici tramite la strategia del dialogo fittizio, vedere nascosto un predicato dell' 'io' dietro alla descrizione in terza persona del marito, dare un valore pregnante al presente indicativo del v. 2 "colui che siede, sta di fronte a te" ( i cr oavn) 5 1 , sono tratti inevitabilmente pragmatici del testo, dai quali il testo riceve forza, intensità ed efficacia. La conclusione del discorso sulle indicazioni fantasmatiche è che effettivamente il dialogo avrebbe potuto essere realmente instaurato con una delle ragazze del tiaso. A noi sorgono spontanee due osservazioni . La prima è che non è necessario, secondo l'interpretazione data, intendere il presente i cr oavn come praesens visio­ nis, presente della profezia52 , astratto e statico, perché la forza espressiva del sud­ detto verbo può nascere proprio dal suo valore deittico di presente attuale, dietro al quale sta l'indicazione fondamentale dell' atteggiamento amoroso in cui si sta tro­ v ando chi parla in prima persona al momento della performance. La seconda osservazione è su ICilvoç: esattamente in ordine al senso dato da Latacz a quei versi, nulla vieta che ICilvoç sia portatore di un'intenzione di allontanamento da parte della poetessa, cosicchè descri vendo su un piano di alterità 53 la figura maschile nella futura situazione felice, viene rafforzata la complicità e la vicinanza della poetessa alla fanciulla nel presente. In altri termini non si vede la ragione del­ l' affanno di togliere valenza pragmatica deittica a ICilvoç, pur legato anaforica­ mente alla relativa, e pur non indicando ad oculos. Più in generale appare limitativo etichettare come realistica la deissi ad oculos e fittizia la deissi fantasmatica. Ki;voç in S affo fr. 3 1 può avere valore deittico anche se non si ri ferisce ad alcun uomo presente al momento della performance. E non è Fil+infinito, ;tpr\+infinito (S1ater, "Futures ... ", p. 86) - si ritie­ ne sia sotteso questo tipo di informazione, che esprime genericamente il ruolo e l ' azione occa­ sionali del poeta "La valeur moda/e de désir pcul prendre une telle importance, qu'elle rejette au second plan le temps proprement di t. quand le futur indique, soit une volonré personnelk ( positi­ ve ou négative), soit une nécessité impersoMelle (matérielle ou morale). Ces futurs-là. qui sont souvent associés à des subjonctifs , équivalent à des subjonctifs ou à des impératifs." (Humbert, p. 1 5 2). 1 6 Calarne, "Dalla poesia . . . ", pp. 92-93. 1 7 Cfr. IC(I)j1000�m (1'9,88); ICotvaao �m (N3 , 1 2); aivrjooo (N7,63 ); Ènacncrjcroo (N9, 1 0); 91\cro�m ( 1 1 ,3); çEui;oo (1 1 ,6); yapUo- o �m (1 1 ,34) ; àri o o �at (17,39) ; lia!loocrò�Ba (18,8); aù&ioo� (0 1 ,7); lCEÀaOTj oo� (02,2); aivrjooo (07, 1 6); nt�IVOO (09,25) ; KEÀaOllOÒ�Ba (01 0.79); ICEÀaliT\ooo ( 0 1 1 , 1 4 ) ; yv!Òcro �at (0 1 3 ,3). Nei primi versi del l ' ode tale futuro compa­ re 1 1 volte su 1 6.

l

08

CAPITOLO 5

sempre nel corso della stessa ode. Questo tipo di futuro può comparire anche in momenti diversi da quello iniziale del canto, pur nel l ' are a delle sezioni dedicate al presente della lode. Va comunque detto che, pur plausibile in linea teorica, la distinzione netta tra le due possibilità (futuro volitivo/futuro 'deittico' ), guardando le ricorrenze effettive, è in molti casi pressoché impossibile 18 . Nel caso del futuro esterno ci si proietta fuori dal l ' ode, in un tempo posteriore al ' presente allargato ' dell' intera peifonnance, o addirittura posteriore ai festeggia­ menti complessivi in onore del vincitore 19. In tal caso i l ri ferimento allude o al canto che celebrerà una prossima vittoria, o ad una successiva ripresa dell'ode ( ad esempio di un'ode processionale), oppure ad un altro tipo di canto, la cui esecuzio­ ne seguirà quella in corso di svolgimento 20 . Il futuro iniziale di 06,3 è qualificabile come futuro volitivo, inerente all' hic et nunc globale della peifonnance : "nel corso di questo canto costruiremo un edificio mirabile". La forma XP1Ì 6ÉJ.U:V "occorre porre" (v. 4) è una pe ri frasi convenzionale usata per indicare la sfera di competenza della lode, appartiene agli autoriferimenti topi­ ci indicati da Slaterl 1 e fa parte del gruppo di frasi che Schadewaldt battezzò come "XpÉoç- Komplex"22. Secondo le parole di Bundy tali espressioni attestano "the necessity or propriety that determines the relationship between song and merit"23 . Le intenzioni generali e i doveri professionali sono dichiarati , ma l' identità e la

" Forse rimandano più ad un momento puntuale i se gu e nti futuri : àvnjkiao�at ( P2.62); \nto6eiÌOOj.l(Xl. (P2.84) ; ÉpWJ ( 1'5 , 1 08); p. lCOJ!lOOO�m ( 1'9 . 8 8 ) ; cr'tOOOJ.!al (N5 . 1 6); �OJ.!OO. ( N9,43) ; �l:yço�m (0 1 .36); aù&iao�at (02.92): ÈpÉw (08,5 7 ) ; maol=' (0 1 0. 1 2) ; i:y­ yuOaOJ.!Ul (0 1 1 . 1 6 ) ; ljiEÙV!JJ\1 ; ?4,3 oÙpov UllV!JJ\1 ; ?6,7 U!>V!JJ\1 e,.,oaupòç ? 1 0,53 àwtoç UllV!JJ\1 ; N7,8 1 epò o v UllV!JJ\1 ; 14,6 1 SM=43 Boeckh ltUpclÒV U!>V!JJ\1 ; 16,62 !lOÌpav UllV!JJ\1 ; Pea. 1 8,5 U!>V!JJ\1 CJÉÀ.aç fr. 1 9 1 KÉ:Àru8oç UllV!OV; fr. 354 m 6o v UllV!JJ\1 . 30 Indirettamente viene attribuita una forte v alenza pragrnatica al suddetto sintagma in alme­ no due casi. In 1tUpoÒv UllVWV (14,6 1 ) Krummen vede un esplicito riferimento di mostrativo al l e torce e al fuoco accesi durante la festa della n avvuxiç in onore di Eracle ( Kru mmen. pp. 55-56. Il titolo stesso del libro di Krummen cita questa locuzione come ipostasi linguistica dell ' intera­ z i on e tra presente festivo e lode epinicia in Pindaro ) . L' altro caso è UllV!JJ\1 S,.,craupòç (?6,7), espre s s io ne che per Shapiro. assieme a molti altri indizi narrati vi sulle scene mitiche e sulla topografia, attesta lo stretto legame tra P6 e i l te so ro delfico dei Sifni, cosl come doveva apparire alla vista di chi ascendeva la Via Sacra (Shapiro, pp. 1 - 5).

IL C A M PO DI INDICAZIO�E

l� 06 Cl' C A S O A P ERm

lll

tato un generico u�voç. L'uso metaforico può essere direttamente di tipo deittico, pur mantenendo l' ambiguità anaforico/esoforico. In altri termini : la formulazione mlÀ.Clç u�voov genera un campo di indicazione; ma tale campo di indicazione può coincidere sia con l' ambiente fi sico in cui si colloca la performance (valore deitti­ co gestuale), che con la sfera simbolica i ndicata nell ' incipit - l ' architettura come coreferente della performance stessa ( valore deìttico anaforico). In entrambi i casi il sintagma m)Mxç u�voov funge da esplicitazione-dimostrazione definitiva del nesso opera architettonica-canto del professionista. II predicato verbale che ha come oggetto m)Mxç u�voov è XP"TÌ àvruntvctJJ.€V "occ orre aprire" (v. 27). Si noti la ricorrenza, analogamente al v.4, di una formula­ zione appartenente al "X pÉoç-Komplex", che rimanda al compito proprio del lau­ daJor, ma che lascia in ombra, ancora una volta, l' 'io' . Come è ambiguo il termine "porta" cosi è ambigua l ' espressione "aprire le porte": il movimento spaziale introdotto può essere fi nalizzato al l ' entrare-in o all ' uscire-da. Uscire o entrare da/in che cosa? In un' ottica metaforica interna al testo "aprire le porte" può invitare ad entrare nel vivo del canto e dentro i temi più importanti della grande opera artistica, oppure può invitare ad abbandonare la parte introdutti­ va e inaugurare un nuovo percorso che porta lontani dal 'qui' e dall ' 'ora' . L'azione "aprire" e l'oggetto "porte" suggeriscono immagini di movimento forte­ mente presenti anche nei versi precedenti (vv. 22-27, che noi analizziamo in un momento successivo). L' alta frequenza, all ' interno dell'intera strofe (vv. 22-28) di verbi di moto ( JkicroJ.l.€V, v. 24, 'iKWf.lat, v. 24, !l-yE�ovciiam , v. 25, v..eEiv , v. 28) e il richiamo alle mule (1Ì�t6voov, v. 22) per le quali vanno aperte le porte (àvrunt­ vc4-u::v aùtaì.ç. v. 27), suggeriscono un' idea generica di viaggio senza che ne sia precisata la direzione rispetto all'edificio; le parole che seguono al v. 27 fanno riferi­ mento ad un movimento figurato (7tpòç e 7tap ' , v. 28) in cui al rapporto 'geografico' tra i personaggi evocati si sovrappone quello genealogico-temporale; infine la forte marca temporale aliju:pov (v. 28), "oggi", individua il punto spaziale e temporale da cui si parte, che è il presente dell'ode e il 'qui' del famoso edificio. Pur riservandoci di trarre conclusioni sul tipo di operazione pragmatica compiuta solo dopo aver ana­ lizzato i versi che completano il testo della strofe intera, vogliamo qui evidenziare che il percorso temporale dell' enunciazione poetica ed il percorso spazi al e dei temi toccati sono una presentazione del canto sia nei termini ' statici' degli argomenti fis­ sati che nei termini 'dinamici ' dell'esecuzione orale. Inoltre il tema del viaggio ­ importante filo conduttore simbolico di 06 - pare riassumere l 'esperienza cd il punto di vista insieme di chi loda, chi è lodato e chi assiste alla lode. Un 'ultima nota a proposito di 'entrare ' ed 'uscire ' . In teoria vi è una corrispon­ denza duplice del canto-edificio; con il canto intero (tutta la 06) e con la prima parte di esso (vv. 1 -28): 'entrare ' ha senso se si considera tutta l ' ode come grande edificio in cui mano a mano ci si inoltra; viceversa 'uscire' si adatta più ad un'idea introduttiva dell' edificio, una costruzione proemiale che si conclude prima di pas­ sare ad un'altra sezione narrati va.

112

CA PITOLO 5

Nei vv. 1 -4 viene tracc i ato un nesso consequenziale per cui all ' inizio di un'ope­ ra (non meglio specificata) va posta una "facciata". Il corri spettivo metaforizzato di 1tpocr0>1tov viene comunemente individuato nei soli versi di apertura del canto3 1 Però qui anziché la prima parte soltanto, potrebbe essere qui indicata tutta la perfonnance di 06 come preludio, come proemio di un ' altra perfonnance. 06 contiene altri possibili indizi in questo senso; se ne parlerà più avanti . Le evidenze testuali finora analizzate risultano neutre ri spetto alle due ipotesi contrapposte o, per meglio dire, potrebbero far propendere sia per l'una che per l' altra indifferente­ mente. Un 1tpOCJW1tOV da costruire c delle porte da aprire non bastano a descrivere l ' esatto percorso esecutivo seguito, marcano soltanto qualcosa che sta davanti e prima di qualco s ' altro. L' informazione pragmatica spazio-temporale sul canto-edi­ ficio come cosa che sta 'davanti ' l'prima' non consente di disambiguare. Il campo di indicazione resta vago, anche su questo fronte. 06 potrebbe essere stata eseguita davanti o nelle vicinanze di un tempio o di un palazro. L' autodefinizione della poesia nel suo divenire potrebbe avvalersi di dati contestuali extraverbali la cui conoscenza è condivisa dal pubblico che vede con i propri occhi gli oggetti nominati . Ma un forte coinvolgimento percettivo di chi ascolta esiste anche nel caso in cui il poeta costruisce - altra indicazione possibile data da miço� al v. 3 - un' ambientazione assente rispetto alla situazione reale di esecuzione, che fa da nuovo contesto, nuovo campo percetti vo. Potrebbe esserci, cioè, deissi fantasmatica con spostamento dcii' oggetto. Potrebbe essere in gioco una strategia di rappresentazione della realtà in cui "la montagna va a Maometto". L' edificio architettonico è reso presente e vi sibile agli occhi del pubblico perché il canto ha bisogno di quella immagine vincente per quella esecuzione. Che l'edificio ci sia o non ci sia poco importa: l'effetto di coinvolgimento nell' entrata o nell'u­ scita da un qualcosa di grandioso e ben costruito, nel percorso che guida tutti alla glorificazione, è comunque raggiunto. Le reazioni pragmatiche - da parte dell' udi­ torio - su cui il compositore conta molto probabilmente ci sono, e sono buone. alvoç É'tOtj..lo ç: La lode mascherata (vv. 4-2 1 ) 4. 5. 6. 7.

( . . . ) Ei lì ' ci TI � ' Oì..ujJ.moviK:aç, ��Q> 'tE IJ.aYtflllJ 't(liJ.iaç �tòç ÈV ni.m;t, cruvmncrn\p 'tE 'tàv KÀ.Etvàv I:upaKocrcràv, n va lCEV cl>uyot UIJ.Vav !Cii voç avt1p, Èm !CUpcratç Ùc1>B0VWV UCJ'tCÌJV ÈV liJ.EP'taÌç UOlOOÌç;

( ... ) Se c 'é chi sia vittorioso ad 0/impia

31 Cfr. Lehnus, p. 1 00: " .. .prosopon , che nello slittare della similitudine in metafora è insie­ me la "facciata" dell ' auio e i l "preludio" del canto"; Greengard. p.7; Hubbard, TIIe Pindaric. p. 91 con n59.

IL C A M PO D I IND I C A Z I O � E l� 06 [; ,; CASO APERW

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e ministro in Pisa del/ 'ara presaga di Zeus e colono della nobile Siracusa, a qual inno potrebbe sfuggire quell 'uomo incontrando cittadini generosi, tra amabili canti ?

8. 'icrtw yàp Èv tOUtql !U:OtÀ4> Oat�OVtOV no o' EXOJV 9. l:rocrtpcitou uioç. àrivlìuvot àpEtai I O. mitE nap' àvlìpcimv oùt' ÈV vauaì. KOtNll ç I l . ti�tm · ooUoì oc ��vavtm, KaÀ.Òv E'i n novae"i]. 1 2: Aymia, tìv o' alvoç É'toÌ.�oç. ov ÈV Ot!Cq. 1 3 . Wtò yNòcrcraç " Alìpacrtoç �civnv Oi.!CÀ.Eilìav not' Èç A�$tclpT]OV 1 4. cpeqçat', È1tEÌ Katà yaì. ' aùtov tÉ vtv K at cpmoi11aç 'i=ouç EIJ.ap\VEV. Sappia infatti il figlio di Sostratos che in questo calzo.re egli tiene il suo piede favorito dal dio. Imprese senzo. pericolo non hanno onore tra gli uomini nè sulle concave navi; molti invece ricordano, quando il successo arride al cimento. Hagesias, per te è pronta la lode che eloquente Adrastos un giorno, e giustamente, proclamò di Amphiareos, vate figlio d 'Oildes, quando la terra lui e le lucenti cavalle inghiollì.

15. 16. 17. 1 8. 19.

È1ttÙ o' E1tElta 7tUpiiv VE!CpÒN tEÀ.EOSÈVtOJV Taì..ai o vilìaç

EÌ7tEV ÈV erj�m towùtov n (ooç· "no8Éw crtpaniiç 6$8aÀtlòv È�iiç Ù�$c\tEpOV �clvtlV t' àya8ÒV !Cat OOUpt �cipvacr8at". tÒ !Cat

àvlìpì Kw�ou lìEcrnotq. ncipmn I:upaKomq>. oÙtE OUpT]mç ÈÒJv oùt' CÌJv ljltÀ.évtKoç àyav, 20. !Cat �av Op!COV O�Ocrcratç tOÙtO yÉ Ot cracjl€toç 2 1 . �ap ru pT]crw· l.lEÀi$8oyym lì' ÈmtpÉijfovn Moì.crm . Selle pire di corpi s 'eran contate già, e dinanzi a Tebe disse queste parole il Talaionides: "Rimpiango l 'occhio della mia armata: l 'indovino valente e il lancie re prode in battaglia ". Ed è quanto s 'addice al siracusano signore della festa. Di ciò non da rissoso né in cerca di sfide vane, anzi giurando il giuramento grande, gli dò chiara testimonianza. Le Muse approverann o con voce di miele

I versi che intercorrono tra le due metafore architettoniche sulla poesia parlano più diffusamente del vincitore e dei motivi che lo rendono degno dell ' alvoç da parte del poeta, ma in modo indiretto e mascherato. Il periodo ipotetico che segue i mmediatamente i vv. 1-4 mette a fuoco perfetta­ mente la situazione ed i personaggi, ma dal punto di vi sta deittico persiste l ' assolu­ ta mancanza di marche posizionai i. La chiarezza conversazionale sembra derisa, e sicuramente in nome di un particolare effetto cercato. Tutti capiscono che si allude al vincitore, ma non si fa il suo nome né è indicata una sua posizione di vicinanza rispetto a chi canta. Il soggetto della protasi è inde-

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C A PITOLO 5

finito (etll. v. 4), l' apodosi è un' interrogativa diretta espressa in forma di litote concettuale (''quale inno potrebbe fuggire quell' uomo che . . ?" vv. 6-7). Viene san­ cito il 'nullaosta' al processo di celebrazione, attraverso la condizione di cittadini definiti ci�ovm (v. 7) 32 ; essi costituiscono presumibilmente l' audience 33 , ma non sono indicaJi. L' unico ad essere indicato è l' uomo che non può sfuggire alla lode, KEÌ.voc; civTjp; il dimostrativo, al di là della funzione anaforica, enfatizza la posi­ zione illustre del vincitore, ma lo colloca su un piano di distanza. Quanto al canto, l' inno di cui si parla al v. 6 resta indeterminato, non identi ficato (a maggior ragio­ ne essendo accompagnato dall' aggettivo interrogativo nva), eppure senza diffi­ coltà si intende "l 'inno di lode" che il vincitore merita. La situazione nella quale "quell ' uomo" si imbatte (Èmripamç, v. 7) è dettata dalla non-gelosia dei cittadi­ ni Èv tJ.!Ep'tatç ciot&ii c; ( sempre v. 7), espressione purtroppo polivalente, che appare dopo la menzione dell' inno "inevitabile", e lega l ' attività del canto al desi­ derio sessuale (altro tema portante in 06). La pragmatica di questi versi, in sostan­ za, è giocata non tanto sulle indicazioni dei personaggi coinvolti (di cui comunque vengono date informazioni generali molto importanti), quanto su un surplus di attenzione e di collaborazione nella comprensione chiesta agli ascoltatori. La codi­ ficazione del messaggio scelta permette di rafforzare la cooperazione conversazio­ nale richiesta al pubblico e la sua partecipazione all 'evento poetico attraverso infe­ renze pragmatiche necessarie. I mezzi linguistici usati per fare questo sono: la sospensione della deissi dell ' h i c et n une pur parlando dell' atto di lode, che genera negli astanti un effetto di strani amento; il ricorso ad una forma di litote, per lascia­ re al pubblico il compito di trasformare il concetto negativo in affermazione di valori e di verità; l' uso della domanda diretta, come alto linguistico interrogativo. Fermiamoci su quest'ultimo punto. Dal nostro punto di vista non è interessante l ' a­ spetto genericamente retorico della domanda; a noi 06,7 interessa come atto lin­ guistico che esprime rilevanza per l ' ascoltatore anziché per il parlante34. Nel caso considerato il pubblico facilmente inferisce qualcosa del tipo "non c'è un inno cui quell' uomo e i cittadini potrebbero sfuggire", vale a dire "in tutti i casi la situazio­ ne in cui sono coinvolti quell ' uomo e i cittadini merita un inno". L'accento non è sul dovere di circostanza, cui si allude elegantemente, né tanto meno sul canto, ma sulla circostanza, sulla condizione contestuale che rende inevitabile la lode: le qua­ lità di "quell' uomo" e la qualità dei cittadini ciqleovot . E questo lusinga gli spetta­ tori, identificati con detti cittadini . .

32 Sul passo cfr. Goldhill, p. 1 4 7 e Stehle, p. 1 6 1 , la quale individua nei vv. 4-9 un nuovo modo di indirizzarsi al l ' audience: affermando la non-gelosia dei cittadini nei confronti del vicror, il poeta ri vela una sua logica di persuasione. 33 Eva Stehle ritiene che ! " espressione ÈV i�taìç àmlìaìç descriva ! " attività dei cittadini (secondo lei inequivocabilmente stinfalidi) e, come tale, comprovi la loro partecipazione al l " ese · cuzione corale d i 06 (Stehle, p p . 1 60- 1 6 1 ) . ,. Cfr. cap. 3, par. "Atti linguistici interrogati vi".

IL C A M PO DI l� D I CAZIONE l� 06 Ul' CASO A P ERlD

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Al v. 8 inizia l ' anti strofe. 'iatro (v. 8) è u n ' espressione in terza persona, non dei ttica quindi, che rinvia al vieto r. Una maggiore ' vicinanza' al l ' hic et nunc forse viene formu l ata al v. 8 con l ' espre ssione Èv toutq> 7tE1ìD.. q> lìaq;.ovtov noli' ÈXWV. Quanto al complemento Èv toutq> 7tE1ìiì-.q> va ri levato che l ' interpre­ tazione classica metaforica del l ' espressione (''il tuo piede è i n questa posizione felice", "godi del favore divino", sulla scorta di un detto proverbiale del tutto analogo35) si accorda i mplici tamente con u n ' accezione anaforica del dimostrati ­ vo outoç, come ri nvio al le i nsigni qualifiche del vie/or precedentemente nomi­ n ate ( v v. 4-6: 'Oì.. u l!movi lmç, tal!i aç .1-tòç, cruvot Ktcrtr\ p . . . tàv KÀ.Etvàv l:upaKocrcrav) . Viceversa u n ' interpretazione più vicina a q u e l l a l e tterale di 7tEiìiì..q> , "sandalo della danza, ritmo", porta a collegare i l figlio di Sostrato con il song che si sta eseguendo, come se si dicesse "questo è i l canto, questa è la danza epinicia che esalta i l tuo nome"36: i n tal caso outoç viene inteso inequivo­ cabilmente come deittico esoforico, e la sce l ta di outoç piuttosto che o& può dipendere da u n ' attenzione prag matica a c h i ascolta e vede dal l ' e s terno l a perfomumce - "questa danza qui , c h e vedete davanti a voi "37 Sembra continua­ re la scelta poetica di una pragmatica del l a frontalità, del ' davanti ' . C ' è u n ' atten­ zione speci ale per i l pubblico che assiste frontalmente alla performance. La scel­ ta di K:EÌ.voç al v. 7 può essere, a ben guardare, ri velatrice della stessa attenzione: chi canta ' al lontana' i l vinci tore da chi ascolta privi legian do in quel momento l ' hic el nunc del pubblico. La prima menzione chiara del vie/or Agesia coincide con il pri mo vocativo del­ l ' ode (v. 1 2, in apertura del verso) ; Agesi a è finalmente vicino al punto zero di chi canta - anche se non si può per questo dire che Agesia fosse realmente presente - c a lui esplicitamente vanno indiri zzate le parole che seguono. Con tale vocati vo viene introdotta una prima digres sione mitica. La lode centrale e solenne che il poeta fa all ' atleta viene formulata attraverso le parole - citate - con cui Adrasto aveva rimpianto la perdita del vale Anfi arao. Il ' micromi to' che occupa i vv. 1 2- 1 8 contiene i seguenti elementi deittici caratteri stici: i l relati vo-presentativo che inau­ gura il racconto del passato (ov, v. 1 2)38, la dei ssi di un di scorso diretto riportato (totoùtov Ènoç, v. 1 6) e il dimostrativo con Kai (tÒ K:ai, v. 1 7) che assieme al

" Cfr. Lehnus, p. l 00. 36 'The poet must match the subject to the word and theme, and build a tight joint between the laudandus and the particular song Pindar has composed in his honour. ( . . . ) The metaphor of the sandal that fi ts the foot designates the dose match between the subject and the song, the apt­ ness of the one for the other (0.6.8)." (Steiner, p. 5 3 ) . Cfr. inoltre 03,5-6 t.ropiqJ .pwvàv tvarr­ �Oé;m !!Elìiì.Ap l ò:y1..aincro�ov e quanto riportato negli SS a 06 1 2e, 1 2f c 1 4d. ( Dr. l, pp. 1 56-

1 57). 37

In questo senso la sfera di interesse della seconda persona (cfr. Humbert, p. 3 1 ) va assimi­ lata a quella degli ascoltatori, potenziali interlocutori, destinatari diretti del messaggio. " Cfr. Des Places, pp. 48-50 "Relatifs introduisant le mythe". lbid., p. 48: "mythe secondai­ re d' Amphiaraos".

116

C A P ITOLO 5

presente indicati vo mipEcrn (v. 1 8) segna il ritorno all ' attualità. Il parallelo i stitui­ to è chiaro: come Adrasto loda Anfiarao per la sua duplice valenti a di indovino e di combattente (Ùj.U!lO'tEpOV �uivnv çov e dalla menzione del carro delle mule. Si osservi che se la notizia fornita dagli scolii è semplicemente desunta dal testo, è un dato reso oggettivo, non oggettivo in partenza. Di fatto chiamare in causa il vero auriga in persona è funzionale all' ancoraggio del compito poetico alle circostanze della gara agonistica. Rivolgersi ad una secon­ da persona esterna a chi canta (vocativo con nome proprio), che sa compiere l ' a­ zione espressa dalla parte letterale del verbo çE\>çov, è una scelta pragmatica ope­ rata dal poeta. La finalità è quella di appropriarsi del linguaggio agonistico e dei soggetti i m plicati nella vittoria per parlare del canto. Infatti il vocativo si limita ad introdurre una frase su quello che succederà tra breve, serve a puntare i fari sulle prossime mosse di chi esegue l ' ode48. Gli altri due personaggi coinvolti in questi versi si deducono dal campo di indi­ cazione fornito, che avvicina (e, cosl facendo, sostanzialmente sovrappone) oggetti e verbi della sfera atletica49 , a oggetti e verbi della sfera poetica: chi ha vinto e chi canta. L' intercambiabilità delle due figure gioca su oggetti e verbi che possono avere come soggetto semantico sia l ' atleta che il poeta. Anzitutto l ' atto di salire sul carro , area metaforica tradizionale per il poetaso e non metaforica per il vincitore Agesia. In secondo luogo i verbi contemporaneamente metaforici e deittici çE\>çov ( v. 22), �aao� (v. 24) c h:!O!J.at ( v. 24) "aggiogare, salire, raggiungere", verbi professionali sia per l' uno che per l ' altro5 I In terzo luogo le mule, all' inizio citate di passaggio, ma poi unici soggetti attorno ai quali ruota la legittimazione del canto. Pindaro sceglie di renderle protagoniste per almeno tre motivi strategici: l )

4 7 Aloni, "Locuzione ed esecuzione . . ." , p . 397. Cfr. 02, 1 e 1 2 ' Aval;t�p�tyy. Otl(l o-11 Èç tÒV �i a Kaì btavt\Kouaav Èç -nìv l:tù�v oivo�aaEV ò Trj�oç XTjpav. (Pausania, Vlll,22,2). Cfr. RE, lV A, l , 446 e Cfr. S 1 49d,

" Cfr.

450-45 1 .

76 Si ricorda che, secondo l a tradizione, a degli lB!tti di . Cfr. RE IX, l , 689.

Stinfalo

viveva

il ramo

arcadico (e molto antico)

IL

C A M PO DI 1:-ò D I C A Z I O :-< E

l� 06 L:N

CASO A P ER'JU

1 25

enunciativa ( ancoraggio del quale, come abbiamo detto, può esserci e può non esserci spia), quanto la ricerca di coinvolgimento degli ascoltatori tramite termini e immagini. Cerchiamo di chiarire. Cosa emerge dal mito a livello di campo di indi­ cazione? Da un lato una deissi uniformemente di tipo fantasmatico, dall' altro l ato una traduzione in senso reali stico, non figurato, delle metafore del presente. La struttura deittica allontana gli eventi narrati dall ' audience dell' epinicio. Gli indici deittici contenuti nel mito creano una situazione di totale alterità ri spetto a quanto è pronunciato prima e dopo. L' orizzonte delle indicazioni sembra estraniar­ si dalla situazione percettiva delle persone coinvolte nella perfo rmance, lasciando eventi e persone su un piano uniforme decisamente fantasmatico, in cui trasfcrime l' incanto e la straordinarietà. Si fa un uso pressoché costante dell ' aoristo c della terza persona77 come marche di equidistanza spazi al e e temporale dal punto zero di chi enuncia e dalla posizione di chi ascolta. Ad una deissi di tipo fantasmatico sembrano corrispondere anche i due avverbi di luogo i:vea (v. 35 e v. 65), che richiamano alla memoria rispetti vamente il luogo dove crebbe Evadne (madre di !amo) e quello in cui !amo ricevette i doni profetici. A proposito di Ot:ùpo ( v. 63) si è già espresso il valore generale sospeso tra indicazione fantasmatica e indicazione ad oculos 78 . Qui la parola viene pronunciata da Apollo, ed è perciò marca di un luogo vicino, ma vicino relativamente al pun to zero di Apollo che sta parlando. L' avverbio sollecita la fantasia costrutti va degli ascoltatori e costituirebbe indica­ zione ad oculos solo nel caso in cui la performance di 06 avvenisse ad Olimpia, cosa poco probabile visti gli scarsi riferimenti alla città e al contesto della vittoria atletica. L'orizzonte percettivo del testo della sezione mitica unisce tale piano di distan­ za alla resa realistica di spazi c di tempi che nel presente sono solo mctaforizzati. I campi metaforici del viaggio e della profezia, annunciati nell' attualità della lode, ricevono nel mito una consistenza reale. Il viaggio promesso agli ascoltatori si tra­ muta nel concreto spostamento di più personaggi milici ; l ' accenno alle doti profe­ tiche lascia spazio al racconto del l ' 'investi tura' di !amo da parte di Apollo in per­ sona. Ecco i viaggi reali narrati : la piccola Evadne, figlia di Pitana, da un villaggio spartano viene condotta nella cittadina arcadica di Fcsana (vv. 29-34); Epito re di Fesana si reca a Delfi (vv. 36-3 8) e poi torna al suo palazzo (vv. 47-48); i l giovane

77 Sono ben trenta le forme di aoristo registrate , delle quali ventitré in terza persona: J.UX­ eriaa, v. 29; "tEJCÉt!EV, v. 30; x:pU1jiE, v. 3 1 ; ÈICÉÀruaEV, v. 32; avaaat:, v. 34; Àri;(E, v. 34; Èljlaua ', v. 35 v..aa ·. v. 36; mi:amç. v. 37; cirxE-r', v. 38; nx:"tE, v. 4 1 ; 7tapi:a-raa ', v. 42; f\ìJlEV, v. 43; Àii !tE, v. 45; i:OpÉljfav"to, v. 46; 'ix:u', v. 48; ripuo, v. 49; v-n:ç, v. 72; ÈPXOVtcn, v. 73; -n:x:�ai.pu, v. 73), e il rischio di bia­ simo cui il vietar è soggetto (gnome ai vv. 74-76). A ciò fanno seguito due lunghe frasi, una sui benefici che gli avi materni procurano al laudandus, e una sulle qua­ l i tà di chi canta, che proc lama di avere la ninfa stinfalide Metopa come sua �a"tpo�ci:twp. La volontà di ricondurre parallelamente il successo delle proprie azioni agli avi (e agli avi per parte di madre) è piuttosto evidente. Purtroppo molto meno evidente è a quale persona loquens corrisponde il riferimento del secondo legame di s angue enunciato, quello tra chi ha il compito di cantare c la ninfa Metopa. Ma procediamo con ordine all' analisi delle frasi . I due vocativi con i q uali chi canta s i rivolge al vietar ( Ayroia, v. 7 7 e oo m:ii Uoo "tpU"tO\l, v. 80) rendono inequivocabile il soggetto di riferimento per il periodo ipotetico dei vv. 77-8 1 (''Se i tuoi avi . . . hanno onorato Ermes Cillenio, Ermes stesso compirà la tua fortuna", questo il senso complessivo). n discorso è incentrato sugli avi materni del vincitore (�U"tp9É"(lC'tWV ÙOtOàv· ( . . . ) Incita ora i compagni, Aineas, a far risonare Hera Parthenia e a conoscere poi se con detti veraci scampiamo l 'insulto antico: "scrofa beotica ". Tu sei un messo fedele, una scitala delle Muse chiomate, un dolce cratere di canti che suonano alto.

Ciò che segue ai vv. 86-87 è oggetto della massima attenzione da parte dei pin­ daristi. In particolare tali versi sono analizzati dai Choralists e dai Soloysts come testimonianza che suffraga l ' una e l ' altra ipotesi ; curiosamente i l passo in questio­ ne pare diventare prova schiacciante sia per gli uni che per gli altri . Verranno prese i n considerazione per p ri m e le loro opinioni, pe r poi tentare di fare un commento sugli indici pragmatici presenti nel testo. In generale chi propende per l ' i potesi soli stica, e prende 06,87-9 1 come esem­ pio, si preocc u pa di dimostrare che "cantare Era Partenia" ( v. 88) indica un inno

96 Caso diven�o è , secondo il nostro parere, il futuro 00\crw di 16,64 (di cui avremo modo parlare), in cui l ' azione espressa è, appunto, quella del "dar da bere".

di

l 34

C A PITOLO 5

diverso da quello presente (tutta 06), mentre chi sostiene l'ipotesi corale (e fa di 06,87-9 1 un caso dei più evidenti ) spiega come sia necessario far coincidere il canto ad Era Partenia con l ' epinicio in corso di esecuzione. Il perno da cui dipen­ dono l ' una e l ' altra soluzione è costituito dal ruolo assegnalo ad Ainea e ai compa­ gni evocati . Heath97 deduce dai nomi con cui Ainea viene presentato (scitala, cratere, mes­ saggero) che chi esegue il canto è una persona sola, cd è Ainea. "He is Pi ndar's proxy, in the sense of being a soloi sl seni lo Stymphalus for the performance.'-98. Il che significa intendere Ainea sostituto di Pindaro. Inoltre, dal momento che si parla di un i nno a Era ed Era non è menzionata altrove nel testo, Heath ritiene che al v. 88 venga indicato un inno separato dal l ' epinicio, inno che il komos canta quando arriva99 al tempio di Era Partenia a Sti nfalo. Al contrario quello che Ainea canta nelle veci di Pindaro è la vera e propri a 06 eseguila da un solista, è la performance di cui si chiede l ' approvazione da parte del pubblico quando si scon­ giura l ' insulto "scrofa beotica" (v. 90 ) 1 00 . Lefkowitz 101 articola il discorso fatto da Heath su Ainea come diretto esecuto­ re, cantore e danzatore di 06. Quanto testimoniato dagli scolii 1 02 - che cioè Ainea è chorodidaskalos al posto di Pindaro perché la voce di Pindaro è debole (ÌCJX­ v6$ 1itÉ7trov, 94. àpna Jl TJOO�oç, otVtlC(lntçiiV 95 . IÌJlq,Élttl l1riJlatpa A.Euri 1t1tou u: 9uyatpòç Éoptriv 96. Kaì. ZT]vòç Ai tvaiou Kpritoç. aouwyot oc vtv 97. À.Upm JlOÀ.7lat tE ytY!ÒIJ.OV

1"

Nagy,

p. 1 48 .

1 48 Cfr. aì v oç i:toì�oç al

v.

12 d e l l a stessa 06 .

1 44

C A P mJ LO 5

oh co9EV ohcllEVOV, 1 00. llU"tÉp' E"IÌilr\À.OtO Àri1t0Vt' . ApKaOiaç. ayaaaì. oc 1tÉÀ.Ovt' Èv XEtllEPi� l o l . VUICtÌ. ao iiç ÈIC vaòç U1t€0"lctllcll 9m &u. àylrupm. aeoç 1 02. t!ÌN& Krivrov tE KÀ.utàv alaav 7tapÉXOt cllt ÀÉrov. 1 03 . OÉmto ta 1tOVt01lE0oV, EUaùV OC 1tÀ.éOV ICUilUtOJV l 04. ÈICtÒç Èovta oiom, XPUOUÀ.alCUtOlO 1témç 1 05 .' Allcllt tpi taç ( . . . )

99.

Di ' che ricordino Siracusa e Ortygia: Hieron la regge con puro scettro e saggi disegni, onorando Demeter dai piedi di porpora e i riti dellafiglia dai bianchi cavalli e la forza di Zeus A itnaios. Lire e canti la conoscono, voci soavi. Il tempo che avanza non turbi la sua fortuna, lei con amabile impegno d 'amicizia accolga il corteo di Hagesias che viene in patria da patria, dalle mura stinfalie, e lascia la metropoli d 'Arr:adia ricca di greggi. È un bene nella none tempestosa dalla nave veloce aver gettato due àncore. A questi e a quelli assicuri un destino glorioso il dio amico. Signore padrone del mare, concedi una rotta rapida, scevra d 'affanni, o sposo di Amphitrite dal fuso d 'oro ( . . . )

ehov oc 1-!EilViiaam (v. 92) fa da cerniera tra la sezione precedente e quella seguente. EÌ1tov, al pari di Òtpuvov, è un invito rivolto ad Ainea, ed è interessante perché esplicita la natura de li' atto a lui commissionato, cioè la trasmissione di contenuti attraverso la dizione poetica. Il soggetto dell' infinitiva (''di ' che ricordi­ no . . . ") non è espresso, ma potrebbe essere 'i compagni ' come per lCll À.aOTjam e yvrovm. Il 'dire' cui ci si riferisce ha come contenuto la città di Siracusa e la Sicilia. Gli ultimi versi di 06 sono dedicati alla residenza coloniale del patrono. Il vin­ citore ha le sue radici a Stinfalo, m a vive all' interno del circolo siracusano di Ierone 1 49 . In questo modo viene completato il giro delle quattro patrie complessi­ vamente lodate in 06: Siracusa ( patria del vietar vv. 92-97) , Olimpia (luogo della vittoria e sede del primo oracolo degli Iamidi - vv. 4, 26, 64-66), Sti nfalo (città di discendenti degli Iamidi e presumibile luogo della celebrazione della vit­ toria - vv. 84 , 99), e Tebe (patria del laudator Pindaro - vv. 1 6, 85). Alla lode di Ierone signore di Siracusa ( vv. 92-97) segue l ' augurio di un ' acco­ glienza benevola del KÒ>Iloç da parte della città sicula e viene sottolineato il movi-

1 49 Cfr. M ull e n, p. 26.

IL C AM PO D I IND ICAZIONE

1,; 06 c,; CASO A P ER1U

1 45

mento spaziale ("da. . . a") che crea un ponte tra le due patrie (Stinfalo e Siracusa) e le pari fica (v v. 98- 1 00). Emblemi linguisùci del confronto e de l i ' avvicinamento sono: o'i1Co9t:v o'i1Ca&: (v. 99), &u' tiylrupat (v. 1 0 1 ) e tlash, pp. 6 1 -62; Nagy, p. 1 1 3 n 1 64 : 'There are exceptional cases where lhe Pindaric composition was apparenùy meant to be performed on more lhan one occas i on. In Pindar 01ympian 6.98- 1 02, for examp1e, lhe composition cal1s far its performance at two related but di stinct occasions: both at Stymphalos in Arcadia, the nati ve piace o f Hagesias, lhe i mmedirue subject of praise, an d lhe coun o f t h e tyrant Hieron of Syracuse i n ltaly.". 1 5 3 Healh, "Receiving ... ", p. 1 9 1 ; Lehnus, p. 1 05 .

1 46

CAPITOLO

l

06 Nell' insieme. Una pragmatica non al servizio dei dati reali Volendo fare qui un riepilogo delle questioni importanti (per noi) che emergono dalla prima analisi testuale, dividiamo le osservazioni in due parti . Dal momento che l ' obiettivo del capitolo era sollevare dubbi anziché trovare risposte definitive, inizie­ remo con una sorta di pars destruens sugli aspetti sconcertanti degli indici deittici e dei loro rimandi non sempre oggettivi. Nella seconda parte, invece, punteremo i fari sugli elementi 'costruttivi ' che la pragmatica testuale rivela nell 'ode considerata, sulle informazioni date dall' analisi pragmatica a livello di funzionalità del canto. Nella premessa avevamo indicato come costitutivo del linguaggio pragmatico epinicio un misto tra informazioni oggettive ed elementi di fiction . In effetti chia­ mare con un vocativo Ainea significa rivolgersi ad un 'tu' che per definizione non è un 'io' ; eppure il personaggio esterno chiamato in causa può essere fittizio, può essere un modo per tenere nascosto l' 'io' . In tutti i casi noi non crediamo che possa essere fittizio l ' atto di chiedere qualcosa ad Ainea, perché è un atto lingui sti­ co, e come tale conserva la sua forza illocutoria, indipendentemente dalla fi sicità o meno del personaggio Ainea. Nella premessa era stata nominata anche l ' autoreferenzialità costruita in modo non semplice. Le autodefinizioni di chi canta e del canto stesso in 06 sono enigmati­ che. Preparare un Jtp0o(JJ1tOV TI]ÀavyÉç. una facciata che si veda da lontano, non chiarisce se ci riferisce a tutto il canto o al suo inizio; le azioni dell' 'io' espresse al futuro non è detto che alludano solamente alla peifo rmance in corso; ! "io' che canta sembra volersi definire in più di un caso attraverso l ' identità di altri personaggi (attraverso Adrasto che loda Anfiarao, ma anche attraverso Anfiarao stesso, profeta eccellente; appropriandosi della sfera d' azione dell'auriga Fintis, nonché di quella di Ainea), per presentare il proprio compito e/o quello che il canto sta per dire. La deissi delle persone coinvolte nel presente mostra in quest' ode, oserei dire, tutta la sua 'debolezza' semantica. Caso lampante è i l famoso possessivo ÈJ.Là (rife­ rito a J.!.i lìoç aÙTO�clTIIJ KEÀ.ci/ìql; 1 4 , 5 5 - 5 7 " o�, poç . . . oç aÙToÙI nàaav òpeoiamç cìpnàv KaTà pcil}lìov È�paOEV l eearreairov bctrov Àouroìç cìeUpnv: 16,65- 66. 03,2-3

STRAITG I E COMUN I C ATI V E E rn C A C L U >I O S rt; D I O SU 16

1 73

Parte Il

Indici deittic i dell a sezione mitica di 16 Articolazione della sezione L' ode è divisa in tre sezioni. secondo l'uso epinicio consueto: prima e ultima parte sono dedicate al presente fe stivo della lode ; la parte centrale dedicata all ' exemplum mitico. Se il testo non lascia dubbi circa il momento del ritorno al presente (v. 56 ÈIJ.Ot oc micraç < ÙV> clyl1cracr9' àpuciç . . }, il verso di inizio della sezione mitica, invece, appare discutibile. Secondo Privitera la rievocazione del passato eroico comincia al V. 19 (UIJ.IJ.E. 't', ro xpucràpj.la'tot A imci. lìm } e ciò con­ sente di individuare una precisa simmetria numerica all ' interno dell 'ode: 1 8 versi prima del mito, 1 9 dopo il mito, e 38 (il doppio, circa) per il mito stesso. "La sezio­ ne dedicata al mito (vv. 1 9-56) occupa il centro esatto dell'ode ( 1 8+mito+ l 9 versi), ha un'estensione doppia delle altre (38 versi) ed è divisa in due momenti distinti c complementari (vv. 1 9-35+35-56).'>69 . Se da un lato la simmetria numerica e i sog­ getti di riferimento ("E voi, Eacidi .. .'') spingono a vedere il v. 19 come verso di apertura, dall ' altro lato il momento in cui concretamente si inizia a fare memoria delle gesta compiute dagli eroi del passato cade al v. 27 ed è introdotto dal pronome relativo topico distinti vo di questo rituale narrativo ('tÒV v. 2770 ). Anche secondo Glirtner il mito inizia al v. 277 1 . La valutazione di Privitera è in parte giustificata dal fatto che il v. 1 9, primo verso del primo epodo, apre con UIJ.IJ.E. 't', ro xpumipj.lU'tOt ' Atmci. lìm , dove UIJ.IJ.E. è marca di seconda persona che indica (deitticamente) un indirizzo nuovo del discorso. Ma il "voi" messo in primo piano è funzionale, come vedremo, alla tessitura pragmatica del testo più che a quella !ematica. Dal punto di vista tematico, infatti , ad esso segue una frase in cui si autodescrive la necessità di un' azione di lode legata ancora al presente ('tÉ91J.tOV j.lot cj)aj.lt cra.c)IÉcr'ta'tOV EIJ.IJ.E.V l 't MEp6mov 32. ÈBvEa Kaì. tòv l}ou�tav oùpti 'icrov 3 3 . CliÀ.Éypatmv rup!ÌN AÀI(lJ()vT;, cr$[tÉpaç B' où $Eicrato 34. x.rpmv �aplJ$86yyow vrupiiç 35.' HpaKÀÉTJç. ·

( . . . ) Di colui che il figlio di A lcmena condusse nella guerra lieta di bronzi. con le navi insieme ai Tirinzi qual pronto alleato, a Troia travaglio d 'eroi per gli ingann i di Laomedonte. Con lui prese Pergamo, sterminò la stirpe dei Meropi e il bovaro A lcioneo pari a un monte, trovato/o a Flegra. né rispanniò con le mani la sua corda cupamente sonante.

La prima parte vede Eracle nominato al termine di due periodi (vv. 27-30, v. 30 ' AÀKIJ."r\vaç tÉKoç; vv. 3 1 -35, v. 35 ' HpaKÀÉTJç). come soggetto grammaticale di tutte le azioni espresse (àyr v. 28; r'i.ì...E e 7tÉ$VEV v. 3 1 ; où $Eicrato v. 33); terza persona, dunque, e azioni la cui marca temporale è l ' aoristo indicativo. Le uniche informazioni propriamente deittiche potrebbero essere dettate dai due tòv ( v. 27 tòv come pronome riferito a Telamone e v. 32 tòv l}ou�tav, come articolo rife­ rito ad Alcioneo) e dal pronome KEivq> (v. 3 1 , riferito ancora a Telamone) . Per quanto riguarda i due tòv, pur essendo il primo pronome e il secondo articolo, la loro essenza più antica di presentativ P 3 può avere qui qualche riflesso· Al di là della funzione grammaticale essi testimoniano una conoscenza condivisa da chi parla e da chi ascolta di due entità (in questo caso persone, Telamone e Alcioneo) non individuate nella loro precisa collocazione spaziale, ma presenti semplicemen­ te nella memoria. Sono un indice (pragmatico) della memoria collettiva sfruttata dal poeta nel momento in cui la performance si addentra nel racconto mitico. tòv (v. 27) potrebbe sottintendere "proprio quello, che ... (Vi ricordate?) quello famoso

7 3 Humben. a propo11 i to di Oç, fi, t6 nel l ' età omerica, sostiene: "D joue le ròle d ' un d�mon­ stratif faibl�. qui rap,nlk à notre auention un obj�t coMu ( . . . ) tandis que l ' anaphorique propre­ ment di t est toujours vague, le présentatif est précis." (p. 4 1 ; i coni vi sono nel testo).

STRATEG I E C O M t; :-; I C A i l V E EFHCACI C � O S ru D I O S C 16

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che . . . " ; per tòv �ou�otav . . . ' AÀKuovfi vale lo stesso discorso: "quel bovaro Alcioneo, quello che io e voi ben conosciamo". Tutti i pronomi di apertura del racconto mitico potrebbero nascondere dietro la valenza di semplici relativi il significato degli antichi presentativi. Se così fosse ci troveremmo di fronte ad una strategia comunicativa che vivifica elementi della dizione epica per favorire la ricezione del momento mitico.

OÙV KElV(!) (16,3 1 ) KÉiV!.(l (v. 3 1 ) si riferisce a Telamone c si presta ad essere interpretato come semplice pronome anaforico 74 , coreferente di tòv, v. 27. A sua volta tòv riprende Jtatpvmç È1C1tayÀ.Ov ' EvuaÀi.ou'. 55. OOç �pa rimòv aùti.Ka 56. f:çEt'. ,

ed egli levandn al cielo le mani invincibili proniUIZiÒ questo voto: "Se mai, padre Zeus, udisti le mie preghiere volentieri, ora ti supplico, ora, con voti ispirati, di accordare a quest 'uomo da Eriboia un figlio ardito, ospite mio per destino: e nel corpo egli sia infrangibile come questo vello che indosso della .fiera che un tempo, prima mia impresa, uccisi a Nemea: e lo sconi il coraggio ". Aveva parlato così, e il dio gli inviò il re degli uccelli, un 'aquila grande: dolce gioia in petto lo punse, e disse parlandn come fosse indovino: "Avrai, o Telamone, il .figlio che chiedi, e dal nome dell 'uccello comparso tu chiamalo fortissimo Aiace, terribile, nelle fatiche di guerra, tra i popoli". Subito, così avendo detto, sedette. ( . . . )

Se tutta la seconda parte del mito viene chiamata "Heraklesszene"96, i vv. 42ri sultano il culmine di questa seconda parte . S i as si ste ad una progressiva e sempre più marcata ' presenti ficazio n e ' di Erac l e . A l l a gestualità del corpo si aggiunge la gestualità verbale, veicolata dalle parole solennemente pronunci ate nel di scorso mitico e ripronunciate nella performance epi nicia97. Il polo deittico di indicazione raggi unge il grado massimo di spo stamento proprio nella potente enunciazione di un 'qui, ora, io' che completa il crescendo - a livello di demon­ stratio - già notato. Il clou del l ' ode è la preghiera solenne di Eracle98 .

49

96 WOsL, p. 1 97 .

97 "Like Teiresia. in Ne-an l , Henu:les mak e s a declaration an d prophecy, which is really made by the modero poet to a modern audience" (Newman- Newman. pp. 1 1 9- 1 20). 911 "A new energy and excitement come into the song, the sense of something momentous about to be revealed, a glimpse granted by victory of the ceremony and splendor of the heroic age" (Carne - Ross, p. 4 5 ) . L' "energia" di un simile momento si ritiene nasca in primis dalla forza pragmatica della deissi. l i fatto che la seconda parte del discorso diretto di Eracle manchi di una simile forza (parallelamente ad un minor numero di indicazioni extralinguistiche) ha da essere collegato alla posizione privilegiata, al l ' interno della struttura triadica. di cui godono i vv.

STRATEG I E COMt:N ICATI VE Erl'ICACI t: N O S Tt: D IO S U 16

1 83

Il ri lievo del suo discorso è dato da uno stacco oggettivo rispetto al res to del la narrazi one mitica. I due interventi dell ' eroe, riportati in un discorso diretto di I l vv. complessivi , appartengono ad una sequenza dai confini preci si, contraddistinta da una notevole (e improvvi sa) dilatazione del tempo narrativo. Gli indici deittici contenuti sono i seguenti : totoùtov . . . btoç (v. 42), che im me­ diatamente precede l ' inizio del di scorso, CÌJ ZEÙ ltUtEp (v. 42), Ul(OUCJ!lç (v. 43), VÙV ( v. 44), CJE (v. 44), VÙV ( v. 44), ÀlCJCJO�Ill (v. 45), t!Ì)ÒE ( ÙVOpi) ( v. 46), a�ÒV ( = a�tEpoç, v. 46), tòv (v. 46)99, t6& (lìÉp�u) (v. 47), � (v. 47), vùv (v. 47), l(tiivu (v. 48), e, infine, tuùt'(u) (v. 49), che immediatamente segue la fine del discorso. Su 1 5 i n dici totali, 9 esprimono l ' origine deittica del campo di indi cazio­ ne - tre vùv temporali, due i:\liE dimostrati vi di prossimità rispetto a chi parla, un pronome personale (�). un aggetti vo possessivo (a�òv) due verbi (di cui uno al presente indicativo) in prima persona. A livello pragmatico le parole di Erac le circoscrivono : - i l preciso emittente del messaggio ( i l soggetto che compie l ' atto) - l ' atto lingui s tico i l locutorio ÀtCJCJO�Ilt, v. 45 , che descrive il ' fare ' (ufficiale) di quel momento ; - il tempo marcato dal presente istantaneo del l ' invocazione 1 00 ; - lo spazio in cui l ' orientamento comunicati vo tiene conto d i una seconda persona cui ci si ri volge, Zcus (ZEÙ ltUtEp, v. 42; Ul(OUCJuç, v. 43; CJE, v. 44 ), di una terza persona presumibilmcnte vicina a chi parla - Telamone - (àvlìpì. t!Ì)ÒE, v. 46) e, forse, di un 'noi' di riconoscimento collettivo del l ' ospitali tà che si vuole dare al figlio Aiace (l;iivov a�òv. V . 46) 10 l

44-50 (richiesta a Zcus di un figlio per Telamone e invio dell ' aquila); essi costituiscono l ' epodo, e, per di più, il secondo epodo, l ' epodo centrale di un'ode a tre uiadi, come 16. Mullen - nell'ot­ tica di un ' escc u 1ione corale - spiega come l ' epodo rappresenti "a clue to Pindar> chorcography" (p. 90): nel con�o delle strofe l ' audimce segue i movimenti e la musica delle frasi. ma all ' inizio dell' epodo "a special kind of anention would have been engagcd again as its long phrase recei­ vcd a fin�t statement. and therc would have bee n an additional demand for attention deriving from the awareness that this phrase would not be immediately repeated, as the antistrophe imme­ diately repeatcd the stropbe". Forma della danza e contenuto del linguaggi o si accordano: "As ooe sa w the dancen� bloclo: out a special pattem in the spacc reservcd for the epode, one would also experience a special empbasis on the words reserved for it" (p. 91 ) ; il fatto di fermarsi aumenta la solennità, e il poeta nella composizione calcola questo effetto (p. 93). 99 Des Places (p. 3 5 ) ritiene che oç in questo caso abbia funzione dimostrativa 1 00 A proposito del l ' anadiplosi vùv - vìiv nella prima parte del discorso di Eracle (v. 44) Thummer asserisce: "Dic Anadiplosis vìiv - vìiv drilckt hier eine lebhaftc Erregung aus. Die Verdoppelung ist an dieser Stelle besonden! wirlrungsvoll, weil die im Bcdingungssatz liegende Spannung an die Strophengrcnze herangetragcn wurde und sich nunmehr am Beginn der Epode gleichsam enùl!dt." (Thummer, Die lsthmischen Gedichu Il, p. 107). 1 0 1 Secondo Slater Ùjloç è variante di a�·n:poç (cfr. Uxicon . . . , s. v. a�oç). Se si trana di un plurale, potrebbe essere espressa la valenza marca/a della collettività che partecipa al l ' evento epinicio, come da noi sostenuto per la desinenza -�. Il fatto che il sostantivo cui si affianca il

1 84

C A PITOLO 6

A proposito di àvl)pì. 't!Ì>(ÌE va notato che la terza persona riservata a Telamone si accorda con un suo ruolo comunicativo pressoché nullo ed una sua presenza inattiva. Benché nel secondo intervento di Eracle sia l' interlocutore diretto esplici­ tato - CÌJ TEÀ.ajlWV ( v. 52), assieme a KÉKÀ.EU (v. 53) uniche deissi esoforiche dei vv. 52-54 Telamone di fatto non proferisce mai parola, né viene descritta alcuna sua reazione, nemmeno dopo la manifestazione del prodigio inviato. Ciò è da tene­ re in conto per il confronto con la parte del l ' ode che parla del presente. -

Discorso diretto e deissi testuale I due dimostrativi 'tOlOÙ'tOV (v. 42) e 'tUÙ'ta ( v. 49), che non abbiamo ancora analizzato, non rimandano propriamente al soggetto parlante e, a differenza di tutti gli altri, sembrano con una certa sicurezza qualificabili come endoforici anziché esoforici . Ma poiché entrambi (l' uno come pronome, l ' altro come aggettivo) si riferiscono alle parole stesse pronunciate, possono racchiudere in sé una valenza esoforica. Se si suppone una rienunciazione delle p arole di Eracle (come tale esoforica, perché 'esecuzione' ascoltata in un contesto extralinguistico), 'tOlOÙ'tOV Ènoç e 'taÙ'ta possono indicare le parole nella l oro esecuzione ' i n diretta ' , il discorso poetico orale. In tal senso si potrebbe definire dei ssi testuale, più che anafora: "questo che adesso ascolterete" e "questo che adesso avete ascoltato" 1 02 Il passaggio grammaticale dal racconto in terza persona al discorso diretto vuole essere qui interpretato secondo un'ipotesi peifonnativa dell'enunciazione epinicia, come sostituzione di un atto linguistico con un altro atto linguistico. All' atto del racconto delle vicende miti che si sostituisce l ' atto linguistico del "pregare" (l..i cr-

possessivo

a..o v

sia

çù vov

conferma, secondo noi, l ' intenzione di allargare i l punto di vista

dell ' ' i o ' a tutti gli astanti , in quanto la di mensione del l ' ospitalità (in generale, ma in particolare in quest ' ode) genera un forte coinvolgimento di tutti gli uomini (o. meglio. esseri umani, come vedremo) presenti .

È

vero altresl che le ricorrenze di

a..o ç

in Pindaro non sembrano i ndicare se

non il punto di vista di un singolo. In ?3 ,4 1 parla Apollo, e con

è Giasone (1.11\ &m v a..oìç) si

bilmente i l figlio Asclepio; in P4,27 che grazie

ai suoi consigli

ytvoç a..òv indica inequivoca­

a ri volgere l a parola

ai compagni e a specificare

era trascinata l a nave nel deserto. In N3

controversa l ' attribuzione dei versi iniziali ad un parlante specifico ( singolo esecutore o

è molto coro) e

KO\VOO..&ç ; N2, 1 4 oo Tt�olìTJ�; 14,2 oo MÉÀtcrcr '; 15 , 1 8 uÀalcio'. 1 1 1 Kurke, "Fathen ... ", p. 289: "Pindar' s victors ( .. . ) are complete1y enmeshed in a social

system which defines them first as members of a househo1d and a fami1y, and then (often ) as members of a polis. ( . . . ) Pindar ' s victors base their self-definition on identification with tbe family and particularly with the patri l i ne."

STRATEG I E C O M U N ICATI V E E FFl C A C I LJ N O S Tt; O I O Sr.; 16

1 89

58), e Temistio, probabilmente nonno materno dei fratelli (v. 65) 1 1 2, troviamo men­ zionati l ' oh:oç di Temistio (v. 65 ), la patria onorata (tàv . . . mitpav, v. 63), la città abitata (tav& n:oÀ.tv, v. 65). Inoltre il fatto che il canto sia indirizzato a degli Egineti rafforza l ' intenzione di conglobare un'intera comunità nella lode: nelle odi per Egineti "la legge della pertinenza non riguarda in primo luogo il destinatario, ma la sua patria." 1 n Eppure la specifica dedica di I6 al pancraziasta Filacida più che essere deviata sulla lode di un gruppo viene 'stornata' a vantaggio della lode di un solo esponente della famiglia (ovviamente diverso da Filacida). Tale personaggio è Lampone. I6 fa parte di un breve ciclo di odi per i fi gli di Lampone. Tre odi per tre vit­ torie conseguite: in ordine cronologico N5 per Pitea, figlio maggiore (vincitore alle Nemee del 483, probabilmente); I6 per la prima vittoria del figlio minore Fil acida all ' I stmo nel 480 (ma già seconda vittoria personale, avendo vinto anche a Nemea nel 48 1 ) ; I5 per la seconda vittoria del giovane Fil acida all ' Istmo (478 ) 1 1 4 • In particolare la lode per Filacida è condizionata dall 'età del vincitore stesso: come è attestato anche per altri nove epinici, essendo Filacida un "boy vietar", un àyÉvEtoç1 1 � . il contratto di commi ssione doveva essere fatto in sua vece dal padre 1 1 6 , in q u e s t o c a so Lampone, c h e in I6 g i o c a un i n u s u a l e ruo lo d i preminenza1 1 7 È lui il vero punto d i convergenza d e i rapporti di parente l a : Ari�-tn:rovoç . . . yEvEaç, si dice al v. 3 ; Cleonico è nominato come padre di Lampone (Ò KÀ.EOvtiCOU n:mç, v. 1 6 ; gli stessi Filacida, Pitea ed Eutimene sono definiti in rap­ porto a lui (n:al.&ç tE ICaÌ �-tritproç, v. 62). Soprattutto a questo membro della famiglia è riservata la maggiore attenzione tematica da parte del poeta: ai vv. 1 41 6 a lui viene augurata una vecchiaia ed una morte nella gloria, agli estremi confi­ ni della felicità; ai vv. 66-73 viene tessuta una straordinaria lode di questo capofa-

112 I IJ

Stando a N5,50 vincitore nel pancrazio e nel pugilato ad Epidauro. Privitera, p. XXXV !li. 1 1 4 Si capisce cosi perché il cratere di canti in onore della stirpe di Lampone sia il secondo (cfr. v. 2); 16 è la seconda ode di Pindaro per la stessa famiglia. La terza vittoria augurata, quella ad Olimpia, parallela alla terza libagione rituale dedicata a Zeus Soter (ci 11 Iii: 'tpi'tOV l oroTI; pt !tOpoaivovmç Oì..u �.mi qJ Aiywav Ka'ta l ontvoov �tcWOyymç àm&xìç. vv. 7-9) corri­ sponde al terzo successo personale augurato a Filacida, già vinorioso a Nemea e all' Istmo. Cfr. Privitera per la discussione in merito (pp. 7 1 -72). "' Privitera ricorda che in 15,59- 6 1 viene ricordato l ' allenatore di Filacida, il fratello mag­ giore Pitea, "e ciò avviene di solito quando il vincitore non è ancora adulto" (Privitera, p. 72). Nell ' ottava edizione Teubner degli epinici sono intitolati ad un victor !taiòt o àyEvciqJ 08, 0 1 0, 0 1 1 , P I O, P l l , N5, N6, N7, 16 e 18. 1 1 6 Cfr. Kurke, The traffic . . . , p. 2 1 : "Many. . . epinikia may ha ve becn written for boy victors who were not yet old enough to enter imo contracts. In these cases we must assume that the poem was commi ssioned by the head of the household, as representative of the corporale body.". ·

1 90

C A P ITOLO 6

miglia molto potente e stimato 1 1 8 . Glirtner asserisce con convinzione che l' interes­ se principale del poeta è per Lampone, elemento centrale del "sistema dei riferi­ menti" ("Bezugssystem") dell' intera 16, nonché probabile committente dell ' ode 1 1 9• Kurke, in un suo articolo su riferimenti pindarici ambigui a padri e figli lodati, nota come il ri lievo assunto da Lampone emerge nel testo in modo graduale 1 20 Non a caso i vv. l 0- 1 2 ( " Se un uomo, traendo gioia da spese l e faùche, consegue i successi largiti dal cielo l e un dio gli dà a un tempo amabi le gloria") contengono un riferimento al novoç di chi partecipa alle gare e alla &tmiva di chi sovvenzio­ na tale partecipazione; inoltre la pianta della gloria (della fama) - cfr. ttJ'tEUu, v. 1 2 - è segno di successo per tutta la famiglia. Parallelismi apparenti

È curioso come il passaggio graduale da Filacida a Lampone nel presente assomigli a quello da Telamone ad Eracle nel mito. Si assiste ad un processo nar­ rati vo parallelo: il poeta mira ugualmente a spostare l ' attenzione da un personag­ gio - la cui menzione ed esaltazione è tema obbligatorio dell ' epinicio - ad un altro personaggio di fatto molto più glorificato. Il passaggio è da Filacida vietar a Lampone, padre del vietar, cosl come nel mito il passaggio è da Telamone, ante­ nato Eacide, ad Eracle, eroe compagno d' imprese degli Eacidi . Ma la focalizza­ zione sui due personaggi che tra i quattro risultano più esaltati (ri spettivamente Lampone ed Eracle) in qualche modo sfugge, perché deviante rispetto ai termini di un paralleli s mo formale molto più evidente. Infatti il parallelismo più logico, e quello che di fatto viene indicato attraverso il racconto mitico è tra Lampone e Telamone, non tra Lampone ed Eracle. Entrambi sono padri, e ad entrambi viene augurato un e vento felice da parte del l ' 'io-che-prega' ( sdoppiato nel poeta

117

Cfr. Came-Ross, p. 47 e la stessa Kurke, The Traffic . . . , p. 2 l n l 8. Oltre che essere imparentato con atleti famosi, Lampone cura da vicino la formazione atletica dei figli (non sono mai ricordate da Pindaro sue vittorie atletiche), ed è soprattutto uomo misurato e amato dagli stranieri. " ( . . . ) Mettendo zelo l nelle sue azioni , Lampone l onora alta­ mente codesta sentenza di Esiodo, l e consigliandola l ' i ndica ai figli; l per la gloria comune arre ­ cata alla propria città l e per i favori agli stranieri, egli è amato; l seguendo nei pensieri misura. conseguendo mi sura. / la lingua mai fuori dal senno, diresti che come uomo egli sia tra gli atleti l la cote di N asso, più dura del bronzo, tra le altre pietre". (vv. 66-73). 1 1 9 Cfr. Gllrtner, p. 40 e p. 43. Sulla tesi generale del "Bezugssystem" cfr. p. 30. 1 20 "C o m i n g right after the mention o f the I st h mi an victory o f Phylak.ides in line 8 («!)uì..ari oo vucrov�oç) and the prayer for an Olympic victory, the generalizing ri clause of lines 1 0- 1 3 certainly applics to thc vietar himself. But its main refercnce is to the victor 's father Lampon, mentioned at the opening of the elaborate proem ( ri pv!ljl.EV Aci+utwvoç eùatewu yev� ii�. 1 6) . Thus the double reference of lines l 0- 1 3 makes possible a tl1lrulition from son to fath er as the focus of the poet's attention ." ( Kurke, "Fathers . . . ", p. 288). 118

STI!AITG I E C O M C :-I ICATI V E

LI TIC ACl U :'< O S T C D I O S L 16

191

Pindaro e nell ' eroe Eracle) riguardante i ri spettivi figli (per Tel amonc si tratta della nascita stessa di Aiace, mentre per Lampone è in gioco la vittoria olimpica di Fi lacida). Inoltre Lampone e Telamone sono padri singolarmente scelti come esponenti della medesima stirpe gloriosa degli Eacidi. Ora: nel presente il restrin­ gimento del campo da una pluralità di vincitori alla fi gura singola di Lampone s e m b r a fu n z i o n a l e al parag o n e m i ti c o i n d i v i d u a t o nel p e r s o n a g g i o di Telamone 1 2 1 . Ma il mito rivela un secondo e più significativo restringimcnto del campo: Telamone non è praticamente nemmeno considerato se non come compa­ gno d ' imprese di Eracle, e viene taciuto ogni riferimento ad un suo ruolo attivo durante la libagione, mentre viene pronunciata la preghiera solenne a Zcus e per­ fino al momento della mani festazione del prodigio divino ( l ' aquila). Quindi la figura di Lampone si collega tematicamente a quella di Telamone e non a quella di Erac l e ; m a i l paradigma mitico accentra l ' attenzione su Erac le c non su Telamone. Come se non bastasse, c'è un ulteriore sbilanciamento tematico. Il rapporto for­ male tra Eracle e Lampone è fondamentalmente quello tra chi canta 1 22 e chi è can­ tato. Ma, ancora una volta, Pindaro fa saltare la corrispondenza 'paritaria' ; l'ode, per come è costruita (due parti attuali che convergono verso la rievocazione di un passato paradigmatico) in realtà accentra lo sguardo e l ' interesse sugli atti e sulle parole di uno solo dei due poli referenziali, cioè chi canta, la cui controfigura è Eracle. E ancora una volta la deissi aiuta a decifrarne i segnali. Siamo difronte a meccanismi sottili di scarti inferenziali; gli ascoltatori sono guidati dal poeta - su un piano pragmatico di fruizione del testo - a creare collega­ menti tra i vari personaggi e a paragonare ed immaginare le varie figure nella pro­ spetti va che lui indica. Qual è i l rapporto comunicativo instaurato dal l ' 'io' che prega (chi canta + Eracle) con L ampone e Telamone? Nel caso di Lampone (sezione del presente), nonostante i frequenti riferimenti tematici, dal punto di vista deittico emerge una significati va lontananza dal punto zero di chi enuncia il messaggio poeti­ co 1 D Lampone è nominato costantemente in terza persona, c come lui gli altri

121

Cole



u n ' interpretazione 'fuor di metafora' dei due personaggi in chiave storico-milita·

re. Eracle e Telamone sono per lui controfigure dei Tebani che augurano agli Egineti la vittoria

militare contro i Persiani, e la profezia della nascita di Aiace nasconde la promessa di un suppor· per questo, per indicare questa realtà che Pindaro, secondo Cole, si discosta dalla versione originale delle Eoiai di Esiodo (in cui Eracle era già presente alla festa e libava di sua iniziativa) e sottolinea l ' improv visa chiamata alle armi di Eracle per la spedizione contro Troia, motivo per il quale avviene l'incontro tra i due al ban­ chetto. Cfr. Cole, pp. 65-68. 1 2 2 Già in Mezger: '" . . . In Herak.les ein Gegenbild des Dichters selbst erblickt'" (p. 34 1 ) . Ne parleremo diffusamente più avanti . 1 23 '"Th e term 'third person ' is negatively defined with respect to the ' first person ' and 'second person ' : it does not corre l ate with any positive partecipant role'" (Lyons, p. 638). to tebano al la spedizione anti-persiana di Egina. È

1 92

CA PITOLO 6

membri della famiglia di cui si fa menzione 1 24 . Nel caso di Tel amone, invece, il comportamento deittico è diverso, ma, come vedremo, solo funzionale ad una m aggiore plausibilità e ad un maggiore realismo del l a scena mitica centrale rivissuta. Tel amone è al fi anco di Eracle mentre ha luogo l ' i nvocazione a Zeus, e dei tticamente è assorbito nel l ' orbita di pensiero e di azione di Eracle (cfr. àv­ lìpì. t!ii & . forte lch -Deixis al v. 46); ciò collima con la presenza inatti va che lo contraddi stingue. Nel secondo discorso diretto dell ' eroe, Telamone viene chia­ mato direttamente in causa con un 'tu' (cfr. w TEÀUJlWV, v. 52) che lo rende più presente agli occhi sia di chi parla in quel momento, sia dell ' uditorio chiamato a ricostruire la scena. Questa Du -Deixis, per il fatto di trovarsi inserita nella parte del discorso di Eracle meno incisivo ( l ' aquila è già comparsa), meno cor­ ri spondente alla preghiera di inizio del canto (dove l ' evento felice, la terza vit­ tori a, è solo auspicata ) e meno centrale (il secondo epodo è già concluso), ri sulta - di fatto - debole e incidentale. Tale codificazione rappresenta, a ben g u ardare, una sorta di i nversione pragm atica dei rapporti ri s petto a quanto descritto a proposito di Lampone. Lampone è molto lodato, ma in terza persona; di Tel amone si dice poco, ma diventa un 'tu' cui Eracle si ri volge. Eppure l ' ef­ fetto complessivo è uguale; i due pe rsonaggi sono accomunati in nome di una loro scarsa presenza scenica a fronte di un 'io' ben visibile, attante principale. Entrambi assistono ad un ' io' -di scorso; Tel amone come potenziale interlocuto­ re, i destinatari attuali della lode come possibili ascoltatori 1 25 . Quanto finora detto è una conferma del l ' enfasi tematica e deittica data a chi parla in prima persona, e - più in generale - del l ' e ffetto di primo piano assunto con forza dal­ l ' evento centrale della sezione mitica. Un ultimo parallelismo deittico riguardante i vincitori (questa volta reale, non apparente) può essere segnalato come i mportante indizio della funzione portante del mito in !6. L' unica marca che nella sezione attuale segnala la presenza esoforica dei desti­ natari dell'ode a chi canta è rappresentata da UJlJlE, w ' Atarilìm (v. 1 9), espres­ sione con cui inizia il primo epodo. È una Du-Deixis che controbilancia l ' uso siste­ matico della terza persona per la famiglia degli Psalichiadi, e come tale rivela intenzioni comunicative e poetiche in qualche modo già ipotizzate. La forma plu­ rale è coerente con il coinvolgimento - nella lode - del l ' insieme dei vincitori attuali appartenenti al medesimo clan . L' uso della seconda persona, in quanto com-

1 24 Per Lampone cfr. Eli;(E'tat . . . ò IO..Eo vllcou n:aìç ( vv. 1 4- 1 6); Aaj.17UIJV . . . n� (v. 67); ltapatVEÌ. (v. 68); uì..a rilic;t. . . fl� . . . Eùauj.LÉVEt ( vv. 5 7-5 8 ) e i seguenti plurali: apaV'tO (v. 60 ) ; ayÀaoÌ 1taÌ� . . . avà ò' ayayov (v. 62); cipòovn (v. 64); vai01m (v. 66 ) e o!I>E (v. 74) . m L' implicazione del l ' audience nei verbi i niziali (ripvaj.LEV . . . !\Eçaj.LEVOt, vv. 3-4), e la sovrappos izione del l ' atto libatorio con l ' aspersione di rugiada (cfr. il presente cipòovn, v. 64) rendono plausibile la presenza degli Psalichiadi alla �rformance simposiale.

S TI< ATEG I E COMCNICATI V F E FF I C A C I

L � O S TC O I O SC 16

1 93

plessivamente raro in 16, ha la funzione di isolare i relativi referenti 1 26 • L' unico altro 'tu' non riferito a divinità - cfr. w Zcii , v. 3 e w ZE\i miu:p, v. 42 - indica Telamone (TEÀ.aj.J.WV, v. 52), il solo Eacide menzionato nel racconto mitico. Tra UIJ.IJ.E e il vocativo TEÀ.aj.J.WV c ' è un richiamo deittico reciproco. Sono indicate per­ sone che fanno parte del passato e della memoria del popolo egineta. In particolare con Ùj.J.IJ.E, w ' Atmci&u il poeta decide nella sezione della lode attuale di rendere presenti al punto zero di chi canta i soggetti del paragone mitico, e non i discen­ denti attuali, gli Psalichiadi . È una strategia comunicativ a che consente di trasferi­ re l ' immaginazione e la percezione di chi ascolta la performance sul piano del mitot 27 _ L' atto comune della libagione Il rapporto tra laudo.tor e /audandus trova nel mito la sua più lucida ed efficace trasposizione, in quanto viene formulato in quella sede l ' augurio di successo nella form a più solenne e ' vicina' a chi assiste alla celebrazione - il 'tu' riservato a Telamone è da intendere in questo senso -, e l 'efficacia dell' augurio fatto è testi­ moniata dalla concreta manifestazione del favore divino (conferma della futura nascita del figlio, conferma della futura vittoria del giovane Filacida). L' atto di lode si condensa nell' atto linguistico della profezia, la cui forza illocutoria provoca immediatamente l ' effetto desiderato1 28 .

1 26

Si vedano i vocativi

m 7Eù

(v.

3

c v.

42)

e

m Moìcra

(v.

5 7 ) . ci>Cri11ç

(v.

72)

vale rome ' t u '

impersonale e pertan t o n o n è dcittic o .

1 2 7 Anche in 0 1 3 , 1 4 il poeta si ri volge in questo modo ai Corinti figli d i Alates, antenati d e l vietar Senofonte. Nelle a l tre rirorrenze d e l pronome di seconda persona al plurnle, c ' è s pe s s o (in 4 casi su 7) un riferi mento ai destinatari attuali del l ' ode (08, 1 5 Tq.ui crilEVEç. u�� . . . . , dove Ti mostene è il frate l l o del vietar, 12,30 u�ìv . . . m epam:,�uf.', dove Trasibulo è i l figlio del vie­ tar, P2, l - 3 m l:upcilj.l oç: Contcxt and Performance of Epinician", AJPh 1 09, 1 988, pp. 1 80- 1 9 5 . Heath-Lefkowitz M. Heath and M. Lefkowitz, "Epinician Performance", CPh 86, 1 99 1 , pp. 1 73 - 1 9 1 . Herington J. C. Herington, Poetry into Drama: Early Tragedy and the Greek Poetic Traditiora, Univ. of California Press, B erkeley 1 985. Hubbard

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ClJLTURE ANTICHE. STUDI E TESTI Collana diretta da

ADRIASO P!:.SSACI�I. PIER L[;IQI DoNINI, GIA."'i FRASCO G!ASOTTl

«Cultura» come complesso di mode l l i di comportamento che regolano la con ­ dotta indi viduale c sociale, tras messi per mezzo del l ' esempio, per via orale e pe r v i a di scri uura. N e l mondo antico tramite d e l l a cultura e i n sieme strumento di rap­ presentazione, interpretazione c conoscenza de l l a società, dei suoi modelli produt­ ti v i , organi zzati vi c gerarchici fu la letteratura, alla quale per convenzione e per tradi zione s ' i ntende appartenga ogni Lesto verbale orale e seri no. « An tico» defini sce, sia pure i n modo convenzionale, un ' età che si conc lude con un termine cronologico un tem po collocato con certezza nell ' anno della deposizio­ ne dell ' i mperatore romano Romolo Augustolo,

476,

ma che potrebbe anche esten­

dersi fino alla proclam azione del Sacro Romano Impero di Nazione Germanica di Carlo Magno,

anno Domini DCCC. In q u e s to spazio si trova l a cosi ddetta cullura c dai Latini, m a anche ogni altra c u l tura prodotta dagli

clas s i c a, prodotta dai Greci

altri popoli an ti c h i , che per un verso o per u n altro costituiscono le nostre radici , le radic i del l a nos tra cultura europea. Questa serie vuole non solo offrire un luogo dove pubblicare studi attinenti alle culture antiche, m a vuole anche susci tare e attrarre l ' i nteresse degli s tudiosi per questa impostazione di ri cerca.

Nella stessa collana A l'ITONlO MADDALENA, PIER LUIGI DoNINl,

Letture dai Vangeli, 1 98 9

Ethos. Aristotele e il dete nninismo, 1 989

0/NHPII TEYXH. Studi triestini di poesia con>i>iaie, a cura di KLAt:S FAB I AN , EZIO PELLIZER & G ENNARO TEDESCHI, 1 99 1 Retorica e Comunicazione. Teoria e pratica della persuasione nella società contempora ­ ne a, a cura di ADRIANO I'ENN A CINI, 1 993 CAU.IMACO,

Ailia //, testo critico, traduzione e commento di KLA u s FABIAN, 1 992

Le immagini della >irtù. Le strategie metafo riche nelle •Etich e » di A ristotele, 1 994

S ILVI A G A S TALD I .

Ps. ALEsSANDRO o' AFRODISIA, Trattato sulla febbre, edizione critica, traduzione e commen­ to 8 cura di PIE R O TASSINARI, 1 994

DARIA CRISMANI, l/ teatro nel romanzo ellenistico d 'amore e

di avventure, 1 997

Filosofia, storia, immaginario mitologico, a cura di MARCELLA GUGLIELMO e GIAN FRANCO GIANOT!l, 1 997 Apuleio. Storia del testo e interpretazioni, a cura di GI1JSEPPINA MAGNALDI e GIAN FRANCO GIANOT!l, 2000 M A RIO SEITA,

Tra Clio e Melpomene: lettura dell ' •Octa>ia », 200 1

Luoi ANN AEI SENECAE,

De clemenlia libri duo, Prolegomeni, testo critico e commento a

cura di ERMANNO MALASPINA, 200 1

Finito di stampare nel settembre 200 l da Edite! in Torino per conto delle Edizioni del l ' Orso