Marsilio Ficino lettore di Apuleio filosofo e dell'Asclepius - Le note autografe nei codici Ambrosiano S 14 Sup. e Riccardiano 709
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CoJiana di studi, edizioni

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Questo volume offre la prima edizione integrale delle note di Marsilio Ficino agli opuscoli filosofici di Apuleio (De deo Socratis, De Platone et eius dogma/e, De mundo) e all'Asclepius nei due manoscritti- in gran parte autografi- Milano, Biblioteca Ambrosiana, S 14 sup. e Firenze, Biblioteca Riccardiana, 709. Tali note, apposte da un Ficino poco più che ventenne, costituiscono una preziosa testimonianza del suo apprendistato filosofico e una tappa fondamentale della fortuna di Apuleio filosofo nell'epoca rinascimentale.

ISBN 978·88-6274-706-6

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€ 16,00

Vo lum e p u b b lica to con i l con tribu to de l Dipartim ento di Studi Umanistici del! 'Università degli Studi di Torino

I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scienttfica

Matteo Stefani

Marsilio Ficino lettore di Apuleio filosofo e dell'Asclepius Le note autografe nei codici Ambrosiano S 14 Sup. e Riccardiano 709

Edizioni dell 'Orso Alessandria

©20 16 Copyright by Edizioni del l 'Orso s.r.l. 1 5 12 1 Alessandria, via Rattazzi 4 7 Te!. O 13 1.252349 Fax O 1 3 1.257567 E-mail: [email protected] http: //www.ediorso.it -

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ta, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L 'illecito sarà penalmente persegui bi/e a norma del/ 'art. 171 della Legge n. 633 del 22.04.1941

ISBN

978-88-6274-706-6

Ai miei genitori, Mario e Lidia

Indice

Introduzione

Capitolo I. I manoscritti

3

Milano, Biblioteca Ambrosiana, S 14 Sup.

3

Firenze, Biblioteca Riccardiana, 709

4

Collocazione stemmatica

7

Capitolo II. Marsilio Ficino critico del testo

13

Annotazioni di carattere testuale

13

Contributo dei codici ficiniani alla constitutio textus del De deo Socratis e del De Platone

15

lnterpunzione

21

Capitolo III. Marsilio Ficino studioso delle fonti latine sul platonismo

25

Capitolo IV. Trascrizione delle note autografe di Ficino

39

Avvertenze generali

39

Marginalia e interlinearia al De deo Socratis nel ms. Milano, Biblioteca Ambrosiana S 14 Sup.

42

Marginalia e interlinearia alt'Asclepius, al De Platone et eius dogmate e al De mundo nel ms. Firenze, Biblioteca Riccardiana 709

75 1 33

Bibliografia VII

INDICE

Indice dei manoscritti citati

1 39

Indice degli excerpta e dei passi citati

141

VIII

Ringraziamenti

Questo volume è nato nell 'ambito di una ricerca sul contributo dei marginalia medievali e umanistici allo studio della ricezione di Apuleio filosofo. Essa è stata realizzata grazie alla Fondazione di Studi Ettore Paratore di Roma, che ha finanziato i viaggi per la collazione autoptica dei manoscritti apuleiani con una borsa di perfezionamento annuale in Filologia Classica. Ferma restando la mia esclusiva responsabilità per incsattczze c/o omissioni, desidero ringraziare il comitato scientifico della Fondazione per aver scelto il mio progetto, in particolare nelle per­ sone del Presidente, professar Emanuele Paratore, e del professar Leo­ poldo Gamberale, che ha costantemente supcrvisionato la ricerca. Il lavoro si è giovato del continuo confronto con i professori Giusep­ pina Magnaldi, Tommaso Braccini c Luigi Silvano dell'Università degli Studi di Torino, i cui consigli sono stati fondamentali per il suo svolgi­ mento c per la presentazione dci risultati. Preziosi suggerimenti ho rice­ vuto anche dal professar Denis J.-J. Robichaud (Univcrsity of Notrc Dame - Indiana), che mi ha messo gentilmente a disposizione anche del materiale inedito, dal dottor Rocco Di Dio c dai partecipanti al Semina­ rio Filologico del Dipartimento di Studi Umanistici - UniTo, docenti c dottorandi a cui ho esposto alcuni temi di questa ricerca nella seduta del 2 1 aprile 20 1 6. Infine, la mia gratitudine va ai bibliotecari dcll 'Ambrosiana di Mila­ no e della Riccardiana di Firenze per la gentilezza con cui mi hanno messo a disposizione i codici su cui si fonda questo studio.

IX

Introduzione

I margina lia di epoca umanistica e rinascimentale reperibi l i nei manoscritti di Apuleio filosofo forniscono una testimonianza preziosa sul ruolo rivestito da De dea Socratis, De Platone et eius dogmate e De mundo e dal i ' Asclepius pseudo-apuleiano per la conoscenza di Platone e del platonismo tra Quattrocento e Cinquecento. In due contributi, P . Arfé ( 1 999 e 2004) h a analizzato le annotazioni marginali che compaio­ Bruxelles, Bibliothèque no nel manoscritto più importante, cioè B Royale Albert tcr, 1 0054-56 (sec. JXiny Esse risalgono alla mano di Nicola Cusano e a quella del suo segretario Giovanni Andrea Bussi, che fu anche l ' editore principe di Apuleio con la stampa degli opera omnia uscita a Roma nel 1 469. In particolare, le note di Cusano si intrecciano significativamente con alcune sue opere e permettono di evidenziare il debito da lui contratto con Apuleio filosofo e, soprattutto, con l ' Ascle­ pius. =

1 l testi di Arfé sulle note ad Apuleio filosofo di Cusano e Bussi hanno costituito un esempio tenuto costantemente presente nel corso della mia ricerca sulle note ficiniane e in generale in tutta la ricerca di codici apuleiani con annotazioni marginali significative per la storia della ricezione. Già nel 20 14, durante la stesura della tesi di laurea magistrale sul De mundo di Apuleio, avevo potuto collazionare autopticamente il codice 8 e ricontrollare tutte le note diligentemente annotate da Arfé. L 'analisi mi ha permesso di identificare una nota evanida tralasciata nell ' elenco di Arfé ( 1 999, 56) ed ascrivibile alla mano di Bussi (82). Al f.6v, nel margine sinistro, si legge infatti: verba et o.ffì­ ciorum nomina l equisitio a boue et se l sequa dicatur. Il testo, mutilo per la rifilatura del margine laterale della carta, indica un interesse lessicale ed etimo­ logico per Socr. 129 sulla divinità che deve curare il suo gregge umano velut pastor ve! equiso [equisitio 8] ve! busequa ceu balantium ve! hinnientium ve! mugientium. La nota potrebbe essere exempli grafia così integrata: [ ...] verba et officiorum nomina equisitio, a bave et se< qui bu>sequa dicatur. Sono grato al vice-conservatore del Dipartimento Manoscritti della Biblioteca Reale del Belgio, dott. M ichiel Verwej , per aver ricontrollato e confermato la lettura qualche mese dopo i l mio soggiorno a Bruxelles.

INTRODUZIONE

Sulla base di questo precedente così rilevante2, ho esaminato altri codici apuleiani alla ricerca di marginalia particolarmente significativi per lo studio della fortuna di Apuleio. Tra i numerosi codices descripti, trascurati in quanto tali dagli editori, l 'attenzione è caduta su due mano­ scritti in gran parte autografi di Marsilio Ficino, copiati negli anni 1 45 5 - 1 45 6 e fittamente annotati. Essi erano già noti agli studiosi, ma nessuno aveva finora approfondito la lettura ficiniana di Apuleio filo­ sofo e dell'Asclepius da essi testimoniata. Lo scopo del mio contributo è trascrivere integralmente, descrivere c analizzare queste note, regi­ strando anche, per chiarezza, i passi cui sono riferite. Come si vedrà, esse rappresentano sia un momento cruciale della fortuna di Apuleio fi losofo c del l ' Asclepius nella cultura occidentale sia uno dei primi approcci di F i c ino alla fi l o s o fia p l aton ica, c h e , suc c e s s i vamente approfondita con la lettura dci testi in lingua originale, lo condurrà alla stesura delle opere più importanti3.

2 E del l e ricerche su alcuni manoscritti apu leiani annotati da Coluccio Salutati (F Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, S . Marco 284 sec. Xl111· ; L Firenze, B iblioteca Medicea Laurenziana, pluteo 76.36 sec. XII; Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. Sopp. J.IX.39 - sec. XII-XIII), s u cui cfr. Ul lman 1 960, 1 8- 1 9 ; 1 96 3 , 15 5 , 1 74 e 2 1 5 -2 1 6 ; De Robertis­ Tanturli-Zamponi 2008, 325-3 2 8 . 3 Per l ' importanza di u n a ricerca s u l debito contratto d a Ficino con diversi autori antichi (tra cui Apuleio ), tardoantichi e medievali che trasmettono noti­ zie sulla filosofia platonica, cfr. Allen 1 987, 425 n.60. =

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2

Capitolo I I manoscritti

Milano, Biblioteca Ambrosiana, S l 4 Sup.

Il più antico dei due manoscritti ficiniani contenenti Apuleio fi lo­ s o fo e l ' As clep ius è M i l a n o , B i b l ioteca Ambro s i ana, S 1 4 S u p. (Ambr)1: si tratta di un codice cartaceo di 1 72 ff., interamente copiato e annotato dal giovane Ficino tra il febbraio e i l marzo del 1 4552 • Il suo contenuto è il seguente: ff. 5 r-98v - Calcidio, Commentario al Timeo di Platone; ff. 99r- 1 45r - Leonardo Bruni, traduzione latina del Gorgia di Platone; f. l 45v - Agostino d ' Ippona, De civitate Dei, estratto dal cap. 8 . 6 sul l ' idea di D i o presso i filosofi platonici ; ff. 1 46r- 1 5 8v - Apulcio, De dea Socratis3 ; ff. 1 5 9r- 1 7 1 r - Cicerone, Topica; ff. 1 7 1 v- 1 72r - serie di citazioni sparse da opere presenti nel manoscritto o da altre ad esse attinenti.

1 I l codice s i trova desc ritto in Kristeller 1 9 6 3 , 3 7 2 e 1 9 8 7 , 9 3 - 94; Klibansky-Regen 1 993, 89; Huglo 2008, 2 1 7; Venier 2008, 23 1 -237 (con alcu­ ne analisi sulle note alla traduzione di Leonardo Bruni del Gorgia di Platone). 2 Pare che la data riportata nella nota di possesso al f.l 72r, in cui compare anche lo stemma araldico di Ficino stesso («una spada tra due stelle, entro un ovale» - Gentile-Niccoli- Viti 1 984, 1 6), sia in stile fiorentino, corrispondente al 1 45 5 in stile moderno. La nota di possesso recita: Hic liber est Marsi/ii Magistri Fecini et ipse Marsilius eum scripsit mense februarii et martii anno

1454. 3 Luci) Apulei medauriensis platonici de dea Socratis liber incipit (f.I 46r) ­ Luc(j Apulei medauriensis platonici de dea Socratis liber explicit (f.l58v).

3

' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEPIUS

Tutto il codice, e in particolare il De dea Socratis, è vergato in una «scrittura latina, una minuta corsiva, molto caratteristica e facilmente riconoscibile» (Gentile 20 1 3 , 1 3 9), che si distende in maniera ordinata sulla pagina, riservando ampi spazi bianchi sui margini alle annotazioni e presentando alcune iniziali maiuscole decorate con stilizzazioni geo­ metriche, fitomorfe o antropomorfe4• I cataloghi e le schede del manoscritto non forniscono informazioni storiche riguardo alle vicende che hanno portato all 'Ambrosiana il codi­ ce ficiniano. Sembra comunque possibile che sia lì pervenuto durante le grandi campagne di acquisto del primo Seicento sotto la guida del car­ dinale Borromeo, che acquisì alcuni fondi con manoscritti di epoca umanistica (cfr. Parcdi-Rodella 1 992, 54).

Firenze, Biblioteca Riccardiana, 709

La raccolta delle opere fi losofiche apuleiane venne terminata da Ficino poco tempo dopo, nel maggio del 1 45 65, con la copiatura del l ' al­ tro codice cartaceo esaminato in questa sede : F i renze, Biblioteca Riccardiana, 709 (Ric)6. Il manoscritto, di 1 8 8 fogli più quattro di guar­ dia all ' inizio c quattro alla fine, è mutilo della parte iniziale, dove alcu­ ni fogli bianchi (ff. 1 v-9v) appaiono aggiunti al momento della rilegatu­ ra a salvaguardia della sua già precaria integrità. Il manoscritto contie­ ne : f. 1 r - estratti da autori vari; ff. l v-9v - bianchi con indice di mano recente al f. l v;

4 Sulla scrittura del Ficino cfr. inoltre Gentile 1 987, 34 1-342 e 20 1 3 , 1 59 e il più datato e ormai rivisto nei suoi risultati Sicherl 1 977. 5 Anche in questo caso il codice riporta una nota di possesso accompagnata dallo stemma al f.l 90r: Yesus. Hic liber est Marsi/ii Fecini Fiorentini et ab eo scriptus mense mai) l 456. S u 1 1 ' i mportanza b i ografi c a de l 1 ' aggiunta d i 'Fiorentini ' , cfr. Gentile 20 13, 140. 6 Per una descrizione dettagliata del codice, cfr. Kristeller 1 96 3 , 1 98 e 1 987, 85-86; Gentile 1 98 3 , 73-77 (che presenta una descrizione ricchissima di dettagl i codi c o l o g i c i e pal eografi c i ) ; Genti l e-N i c c o l i - Viti 1 9 8 4 , 1 5 - 1 7; Klibansky-Regen 1 99 3 , 77-78; De Robertis-Miriello 1997, 3 8- 3 9; Genti le­ Gilly 200 1 2, 95-98; Gentile 20 1 3 , 148 .

4

l. l MANOSCRITTI

ff. l Or- 1 2r - Ps. -Apuleio, Asclepius (da §36 - de caelo, terra et elementisf; ff. l 2r- 1 2v - estratti da Agostino, Cicerone e Lattanzio su Ermete Trismegisto; ff. l 3r-3 5r - Apuleio, De Platone et eius dogmate8; ff. 3 5v-42v - Apuleio, De mundo9; ff.43r-5 8v - Seneca, Consolatio ad Marciam; ff. 5 8v-72v - Seneca, De brevitate vitae; ff.72v-84r - Senca, De providentia; ff. 84r-96v - Seneca, De constantia sapientis; ff. 96v- 1 0 1 v - Martino di Bracara, Formula honestae vitae; ff. l 02r- 1 1 3v - Cicerone, De finibus bonorum et malorum, estratti con un ' appendice finale da Lattanzio unita ad appunti ficiniani sul l ' opera ciceroniana; ff. l l 4r- 1 27v - Ps.-Agostino, Principia dialecticae; ff. l 28r- 1 3 1 v - Altividius, estratti; ff.132r- 1 3 3v - pagine bianche o con sparute annotazioni di carat­ tere lessicale; ff. l 34r- 1 83r - Ambrogio Traversari, traduzione latina del Theo­ phrastus di Enea di Gaza, con la lettera dedicatoria del traduttore ad Andreolo Giustiniani. A differenza del codice milanese, il Riccardiano non è interamente

7 Manca l' incipit- Explicit Hermes trimegistus tiisei[JI:tll:t!J fJMffliiÌ!J de natu­ ra divinitatis et deorum (f. l 2r). L ' importanza del l ' espunzione di discipulus Platonis risiede nel fatto che essa sembra avvenuta in un momento successivo, contemporaneamente all ' aggi unta delle citazioni sottostanti di Cicerone e Lattanzio (su cui cfr. infra pp. 30-32): infatti , tanto i puntini che segnalano la cancellazione delle due parole quanto questi passi sono scritti «con un inchio­ stro più chiaro, di tonalità grigia» (Genti le 1 983, 74). Tale intervento sembra comunque non troppo posteriore alla fase della copi atura: infatti , le note mostrano le sezioni in greco ancora sostituite da puntini. 8 Yesus. ApuleU medaurensis platonici liber de nativivitate et habitudine et disciplina platonis (f. l 3r) Explicit Apuleius platonicus de platone et eius doctrina (f.3 5 r). 9 Apulei de mundo (f.35v) - Finis apuleU de dea quem de verbo ad verbum ab aristotele furatus est ex libro eius de mundo (f.42v - primo copista; sul significato di questo explicit, cfr. Gaisser 2008, 1 48 ) . -

5

' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEPJUS

autografo, ma è stato trascritto da Ficino con l ' aiuto di altri due copisti, «il primo dei quali si è alternato con il Ficino nella trascrizione delle cc. 26r-42v, mentre il secondo ha copiato le cc. 43r-74r, con un solo breve intervento del filosofo a c. 59r. [ . . . ] Di sua [scii. di Ficino] mano sono le numerose postille marginali, le graffe, i caratteristici segni di richia­ mo [ . . . ] , la m a n i c u la a c . 2 0 r, la n u m e r az i o n e d e i c ap i t o l i del l ' Asclepius» (Gentile-Niccoli-Viti 1 984, 1 5 ) . Quindi, per quanto riguarda le opere che interessano questa ricerca, occorre notare che alcune parti del secondo libro del De Platone e del De mundo sono state vergate in collaborazione con il primo copista. Al suo intervento si devono le sezioni dal f.26r, 1.8 (nam si quis . . .) al f.27v, 1.4 (. .. iunctus est voluptatis), dal f.3 3v, l. l (civilis gubernator . . . ) al f.34r, 1.4 ( ... negli­ gentiam sinit), dal f.37r, 1.8 (erant inter . . . ) al f.37v, 1.23 ( . . . usque ad) e infine dal f.39v (bellorum pacta . . . ) al f.42v con la fine del De mundo10. Nel complesso, il codice appare scritto più frettolosamente rispetto ali ' Ambrosiano: la grafia è più disordinata, gli spazi interlineari sono ridotti e il testo risulta compresso sulle pagine, al margine delle quali i segni di attenzione sembrano scarabocchiati più che accuratamente disegnati. Tuttavia, pure in questo manoscritto le note ficiniane, auto­ grafe anche nelle sezioni ricopiate dal primo copista, sono numerose e rivelatrici di un ' attenta lettura del l ' Asclepius e del De Platone, mentre si riducono ad un solo segno di attenzione nel De mundo 1 1 • Per quanto riguarda le vicende storiche del codice, dopo la morte di Ficino nel 1 499, esso giunse nella collezione della nobile famiglia dei Macingi 1 2 e da lì passò al libraio Anton Maria Piazzini, che il 1 3 feb-

10

Sullo ' s crittoio' ficiniano e sui copisti che vi hanno preso parte, cfr. Gentile 1987 e 2006. 11 « Del De mundo invece il Ficino mostrò di preferire un' altra versione, quella più letterale di N iccolò Siculo, e a questo proposito si fa presente che nel ms. Riccardiano, nella parafrasi apuleiana è inserito, al posto del testo greco del­ l ' inno ortico a Zeus, proprio la traduzione che ne diede N iccolò, e, in calce alla parafrasi stessa, l ' annotazione: "Finis Apuleii de deo quem de verbo ad verbum ab Aristotele furatus est ex libro eius de mundo"» (Gentile-N iccoli-Viti 1984, 16- 1 7 ; su alcune peculiarità del l ' inno orfico nel codice ficiniano, cfr. Gentile 1 98 3 , 62 e n. l e 2006, 159-161 e Robichaud 20 1 4, 99- 1 00). Sulla sostituzione del frammento greco, cfr. infra il relativo excerptum alle pp. 1 31- 1 32 . 12 L a circostanza è provata dalla nota d i possesso al f. l v : Manfredi ex 6

l. l MANOSCRITTI

braio del l 732 lo vendette a Gabriello Riccardi in un lotto di 86 volumi (cfr. Bartoletti 20 1 1 ; Gentile 20 1 3 , 1 42).

Collocazione stemmatica

Un primo problema posto dai due manoscritti è la loro collocazione entro il complesso stemma codicum di Apuleio filosofo. Per tentare di chiarirla, occorre dare una sintetica descrizione dei risultati raggiunti finora dalle ricerche sui rapporti stemmatici tra i manoscritti comune­ mente utilizzati dagli editori, cioè P. Thomas ( 1 908), A.D. Nock e A . -J. Festugière ( 1 945), J. Beaujeu ( 1 973 ) e C. Moreschini ( 1 99 1 ) 1 3. I manoscritti vengono di solito inseriti in uno stemma bifido compo­ sto da due famiglie, a e 3. Nella prima famiglia un posto di assoluto rilievo spetta al codice B Bruxelles Bibliothèque Royale Albert l cr, l 0054-56 (sec . IXin"), a cui si affiancano i manoscritti V Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. Lat. 3 3 8 5 (sec. X) e M Miinchen, Bayerische Staatsbibliothek, Clm. 62 1 (sec . Xllin"), entram­ bi discendenti da uno stesso antigrafo J1 e gravemente lacunosi nel De mundo. =

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Macigniorrum fam. 237. Il numero è quello assegnato al manoscritto entro la biblioteca della famiglia, mentre Manfredi Macigni viene identificato da G. B artoletti (20 I l , 426) con un personaggio di questo nome nato nel 1 5 7 2 . Tuttavia, lo studioso (ibid. ) segnala anche l ' esistenza di u n Manfredi Macigni più vecchio, nato nel 1 48 7 e morto nel 1524, la cui cronologia sarebbe più adatta a spiegare il passaggio dei codici ficiniani ai Macigni. 1 3 Sullo stemma di Apuleio filosofo e per una descrizione più dettagliata dei codici e per alcune divergenze nelle datazioni proposte, cfr. Rohde 1 8 8 2 ; Thomas 1 907 e 1 908, V-XIV; Nock-Festugière 1 945, 2 59-264; Beaujeu 1 973 , XXXV-XLV I ; Reynolds 1983 ; Moreschini 198 5 , 2 6 9 - 2 8 8 e 1 99 1 , III-IX; Klibansky-Regen 1 99 3 ; Magnaldi 20 1 3 , 348; Stover 20 1 5 e 20 1 6, 1 2- 1 8 e 5 1 59). Le lezioni e i dati testuali citati dai vari manoscritti sono tratti dalle edizio­ ni critiche di Apuleio filosofo e dell 'Asclepius citate nel testo e soprattutto dalla collazione autoptica di tutti i principali testimoni da me effettuata (e in parte ancora in corso) per la tesi di laurea magistrale sul De mundo e per la ricerca di dottorato sull 'Asclepius. Per citare i passi, si farà costante riferimen­ to a Moreschini 1 991 . 7

' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEPIUS

La seconda famiglia è composta dal codice F Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, S. Marco 286 (sec. Xlm·), che reca numerose lec­ tiones singulares spesso accolte dagli editori nel testo, e da quattro Leiden, m a n o s c r i tt i d i s c e n d e n t i da un u n i c o a n t i g r a fo v: N Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Vossianus Lat. Q. l O (sec. Xlm-), P Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 6634 (sec. Xlm·), L Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.76. 3 6 (sec. XII) e V Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Urb. Lat. 1 1 4 1 (sec. xmm·), anch'esso con qualche interpolazione. A questi manoscritti, nel corso del tempo ne sono stati aggiunti altri, citati sistematicamente o saltuariamente negli apparati critici, di cui si terrà conto qui per rintracciare la genealogia dei manoscritti di Ficino e commentare gli excerpta con le sue note. Il più importante fra loro è R Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Reg. Lat. 1 572 (sec.XIII;"·). Si tratta di un codice dalla collocazione stemmatica quanto mai incerta. Il primo a focalizzare l ' attenzione sul suo valore è stato Moreschini ( 1 98 5 , 278-2 82) che lo ritiene un codice di famiglia o affine a F, ma contaminato con lezioni di a. Questa ipotesi sembra reggere per quanto riguarda l' Asclepius, ma meno per gli altri opuscoli filosofici, dove il testo condivide con a nonsensi ed errori congiuntivi che spingo­ no a credere che la contaminazione sia avvenuta in senso opposto a quello ipotizzato dallo studioso . Tuttavia, recentemente J . A . Stover (20 1 5 e 20 1 6, 1 2- 1 8 e 5 1 -59) ha messo in luce particolari lezioni che a suo giudizio proverebbero l ' indipendenza di R, esponente di un terzo ramo dello stemma, (j), direttamente discendente dal l ' archetipo. Ciò sembra suggerito anche da alcune peculiarità di R nella trasmissione dei testi greci del De mundo, sebbene gli errores coniunctivi tra R e a inducano a considerare con grande cautela l ' ipotesi della sua indipen­ denza stemmatica. Alla famiglia a, ma parzialmente contaminata con il ramo o, appar­ tengono i codici A Paris, Bibliothèque Nationale de France, Lat. 8624 e G Wolfenbiittel, Herzog August Bibliothek, Gudianus Lat. 4° 1 68 (scc.XIIm·) discendenti di un antenato comune, y: A contiene solo il De deo Socratis e una parte del primo libro del De Platone, G solo il De deo Socratis e l ' Asclepius. Il quadro è infine completato da due codici con testo-base discen­ dente da N, che recano tracce di un lavoro ' editoriale' risalente allo sto­ rico medievale William di Malmesbury ( 1 095 ca. - 1 1 43 ca.) : si tratta dei codici, entrambi privi dell ' Asclepius, H Lo n don, British Library, =

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l. l MANOSCRITTI

Harley 3 969 (sec. XIII/XIV) e C= Cambridge, Corpus Christi College, 71 (sec. XIII), portatori di alcune lezioni che anticipano congetture for­ mulate da editori e studiosi moderni. Entro questo quadro, i due manoscritti ficiniani sembrano avere col­ locazioni stemmatiche differenti , segno che i l filosofo utilizzò due esemplari diversi per allestire le sue copie. L ' Ambrosiano presenta lezioni che si accordano con vari manoscritti della tradizione e i dati non sono sempre tra loro conciliabili. Certo è, tuttavia, che sono nume­ rosi i casi di accordo in errore o in lezione esatta con AGR14: Socr. 140 enim semper] semper enim AGRAmbr l 147 ac deos] et deos AGRAmbr l ill possident AGRAmbr: possideant cett. l ili diverse­ tur AGRAmbr: diversatur cett.

Ma si riscontrano anche affinità con i soli AG e altre, di segno oppo­ sto, con il solo R. Socr. l 09 quia lapidem B: que alipedem AGAmbr, quae illic pedem R. qui alipedem cett. l 145 splendore] et splendore AGAmbr l ill poste­ riorum] posterorum AGAmbr Socr. l 06 aborta] suborta RAmbr l 140 terrestre B3: semper terrestre RAmbr, per terrestre cett. l ili enim utrimque RAmbr: enim utrum­ que cett. l 147 ut et ira RAmbr: ut ira F, et ira cett. l ili precantur] precamur RAmbr, precatur B() l ili humano B2: suo RAmbr, numero cett. l ili et arboreru RAmbr: arborum ve! arbores cett.

14 Le lezioni del De deo Socratis, del De Platone e del De mundo sono trat­ te tutte da sezioni che compariranno negl i exce1pta, mentre la sopravvivenza della sola parte finale dell'Asclepius hanno imposto l ' inclusione di lezioni trat­ te da passi che non saranno riportati nella seconda parte di questo volume. Le lezioni del De deo Socratis sono talvolta condivise con qualche altro mano­ scritto della tradizione, ma ciò avviene in maniera del tutto saltuaria e non sistematica, tanto da non inficiare la validità delle conclusioni, comunque par­ ziali, a cui si può giungere a proposito dell 'Ambrosiano. Per la storia di R cfr. in particolare Pellegrin et al. 1978, 294-296, per quelle di F e degli altri codici qui citati cfr. la bibliografia indicata supra p. 2 n. 2 e p. 7 n. 13 .

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MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL' ASCLEPIUS

A questo elenco vanno aggiunte alcune varianti annotate in interli­ nea e marg i n e che sembrano e s s ere affi n i a l testo del c o d i c e A. Tuttavia, stante che con ogni probabilità nessuno dei tre manoscritti era a disposizione di Ficino e che vi sono accordi (numericamente inferiori, ma comunque probanti) con il gruppo v o con B2, occorrerà ipotizzare che il codice da cui discende l 'Ambrosiano fosse affine a AGR, ma rac­ cogliesse anche lezioni da altri codici, come spesso accade nei recentia­ res di molte tradizioni manoscritte . Ciò sembra confermato anche da una lezione singolare dell'Ambrosiano, che in Sacr. 1 46 offre spante natura, unendo le lezioni concorrenti natura di AGRP e spante degli altri codici. In assenza di una collazione completa di tutta la tradizione manoscritta di Apuleio filosofo, non è possibile spingersi oltre sul pro­ blema della collocazione stemmatica dell 'Ambrosiano 1 5 • Nessun dubbio sussiste invece per il Riccardiano, che è discendente di F, diretto o per mezzo di qualche intermediario. Con F, che ali ' epoca di Ficino si trovava già a Firenze da tempo ed era passato per le mani di Coluccio Salutati e di altri dotti , il manoscritto ficiniano condivide molte decine di concordanze in errore o in scritture peculiari . Queste appaiono le più probanti : Asci. 3 6 aut cursus] e t cursus FRic l 37 quantis] tantis FRic l quod aliis quae colenda] quae colenda aliis FRic l 3 8 amica quasi] quasi amica FRic Plat. _1_22 recti num paribus ve/ sim.] recti non paribus angulis FRic l 206 caelestis ve/ sim.] caelestibus a FRic l 225 incumbere sed etiam] sed etiam incumbere FRic l 226 appl icat ante luxuriam FRic, ante voluptatum cett. l 229 quo BR: a quo FRic, quod cett. l 244 ad delin­ quendum Goldbacher: l iquido FRic, linquendum ve/. sim. cett. l 247 a pueris] a puero FRic l 256 augeant dum Beau.: eidem FRic, ad eundem cett. 1262 promulgata] promulgata iudicio FRic

15 Si può ancora aggiungere che, nel caso il codice usato da Ficino come antigrafo fosse stato parente di G ed A, ciò giustificherebbe l ' adozione in un secondo momento di un altro manoscritto per trarre le altre opere filosofiche, poiché il ramo dello stemma del Guelferbitano e del Parisino trasmette la rac­ colta in forma parziale, con il solo De deo Socratis completo (A infatti manca dell'Asclepius e G della prima parte del De Platone). E questo infatti è accadu­ to con la ricopiatura, successiva e da altro antigrafo, del Riccardiano.

IO

l. l MANOSCRITTI

mund. 358 ordinibus] ordines FRic

È vero che alcune lezioni singolari del codice sono condivise con altri manoscritti contro F e che talvolta si registrano casi di R + Ric, H + Ric o 82 + Ric contro F. Tuttavia, anche B e H come R non erano sicuramente a Firenze nel XV sec. e tali casi, tutt'altro che sistematici, possono essere facilmente giustificati come ritocchi effettuati da Ficino o dal copi sta dell ' antigrafo sulla base del senso e della sintassi. Tali scritture possono essere affiancate ad altre lezioni singolari di entrambi i manoscritti ficiniani che, come si vedrà nel prossimo capitolo, costi­ tuiscono anticipi di congetture formulate in epoca successiva da editori e viri docti.

Il

Capitolo II Marsilio Ficino critico del testo

Annotazioni di carattere testuale

Una volta chiarita, con maggiore o minore grado di probabilità, la collocazione stemmatica dei due manoscritti, si può ora passare all ' ana­ lisi delle note ficiniane che in essi compaiono. In questo capitolo verrà esaminata la prima delle due tipologie in cui possono essere suddivise. Essa consiste nell ' inserimento, principalmente in interlinea, di numero­ se annotazioni di carattere testuale, che mostrano come Ficino, giovane non solo filosofo, ma anche filologo, avesse a cuore la correttezza del testo che stava affrontando, una correttezza senza la quale la compren­ sione del contenuto filosofico poteva risultare compromessa. Numerosi studi negli ultimi decenni (cfr. in particolare Berti 1 996 e 200 1 ; Carlini 20062; Di Dio 20 1 3 ; Robichaud 20 1 4 e in stampa con relative bibliografie) hanno permesso l ' individuazione in alcuni codici platonici di Ficino di specifici interessi rivolti a problemi linguistici e testuali, come testimonia l ' aggiunta di varianti e altri dati di collazione, spesso in fasi di studio indipendenti e antecedenti rispetto alla riutiliz­ zazione di tali materiali nelle sue versioni latine dei testi greci o nelle sue proprie opere. In particolare, D . J.-J. Robichaud (20 1 4, 1 00- 1 08) ha commentato una congettura ape ingenii di Ficino a Plat. Leg. 7 1 6C, mostrando in maniera del tutto evidente la stretta relazione sussistente tra l 'attività critico-testuale e quella di studio filosofico. Gli interventi sul testo apuleiano esaminati in questo breve capitolo e poi riportati estesamente nelle trascrizioni ai §§4.2 c 4.3 contribuisco­ no a chiarire ulteriormente questo ritratto di Marsilio Ficino filologo: essi appaiono particolarmente interessanti perché compaiono in un testo latino e non greco e soprattutto perché permettono di rintracciare già nel giovane Ficino un ' attenzione al dato testuale che permarrà durante tutta la sua esistenza. Come si vedrà a proposito delle note di argomen­ to strettamente fi losofico, così anche sul piano degli studi filologici, Apuleio appare il punto di partenza di un interesse culturale che col tempo non verrà sopito, ma anzi giungerà a maturazione. 13

' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEP/US

Una breve panoramica delle note testuali mostra che nella maggior parte dei casi si tratta della correzione di errori o del ripristino di parole o sezioni di testo omesse durante la copiatura. Dal momento che tali correzioni e integrazioni si riferiscono a un testo deturpato da un errore di copiatura, esse risultano conformi alle lezioni della maggioranza degli altri codi c i , e ciò rende impossibile capire se Ficino le abbia desunte da una seconda lettura più attenta del modello oppure da un altro manoscritto. Tuttavia è importante segnalare che egli ha cura di inserire in l inea e poi ripetere davanti alla correzione un segno di rimando che contribuisce a indicare, senza alcun dubbio possibile, il luogo a cui il ritocco va riferito. In altre circostanze, più numerose nell ' Ambrosiano e più rare nel Riccardiano, la nota riporta una lezione preceduta dalle abbreviazioni di a/iter o ve!, segno che essa viene considerata non una correzione, ma una variante vera e propria, concorrente con quella presente a testo. Che Ficino leggesse tali varianti in un codice diverso dal modello appare probabile, poiché alcune (in verità poche) di esse sono del tutto incon­ grue e spesso, anziché emendare, peggiorano ulteriormente il testo . Pertanto se ne può giustificare l ' inserimento solo ipotizzando che siano state reperite in una fonte che Ficino ritenesse di una qualche affidabi­ lità1• Questa non sembra coincidere con nessuno dei codici comune­ mente usati nelle edizioni critiche. Alcune varianti al De deo Socratis, come risulta evidente dal confronto con un ' edizione critica degli excerpta inclusi nella seconda parte di questo volume, corrispondono a lezioni di A, ma la coincidenza è tutt' altro che sistematica e il mano­ scritto non ha mai lasciato la Francia (cfr. Klibansky-Regen 1 993, l001 O l). È perciò escluso che Ficino possa averle tratte direttamente dalla collazione di questo testimone e probabilmente occorrerà ipotizzare l ' a­ nalisi di diverse fonti e di una circolazione orizzontale di varianti e con­ getture (cfr. Berti 1996, 146- 1 47; 200 1 , 375-377 c Di Dio 2013 , 73 -74).

1 Sull ' uso di queste abbreviazioni cfr. Robichaud in stampa, dove la sigla a/iter è segnalata come indicazione di ritocchi al testo congetturati dallo stesso Ficino. Tuttavia, il fatto che nei manoscritti apuleiani queste lezioni appaiano poco coerenti con il contesto, mi spinge a ritenere che esse siano state tratte da Ficino in altri testimoni e non da lui stesso elaborate. Andrà quindi forse ipo­ tizzata una variabilità diacronica nell ' uso di questi segni.

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Il. MARSILIO FICINO CRITICO DEL TESTO

È infine interessante segnalare come vi sia spesso una diversità del colore dell ' inchiostro tra i l testo e gli interventi testuali e anche tra una nota e l ' altra: questo dettaglio, comune a tutte le annotazioni, prova che Ficino ha operato sul testo più e più volte, non solo durante la copiatu­ ra, ma anche in momenti ad essa successivi, ritornando ad Apuleio filo­ sofo con una prolungata attenzione2. Con trib u to dei codici jicin iani a lla constitutio textus del De deo Socratis e del De Platone

Nel l ' ambito degli interventi testuali qui esaminati, vi sono alcuni casi particolarmente rilevanti per lo studioso della tradizione di Apuleio filosofo poiché in essi pare lecito rintracciare, in linea o nelle annota­ zioni, un inedito contributo ficiniano alla costituzione del testo del De dea Socratis e del De Platone. Nel commento che segue si cercherà di fornire tutti i dati critico-testuali indispensabili alla comprensione del­ l ' intervento ficiniano. Per avere un quadro completo è comunque consi­ gliabile far riferimento alla sintesi dello s temma (§ 1 . 3 ) , ai relativi excerpta con il testo moderno di riferimento (§§4. 2 e 4.3) e agli appara­ ti critici delle edizioni . G i à S . Genti l e ha segnalato che ai ff. 1 3 v - 1 4r d e l manoscritto Riccardiano ( Plat. 1 86 - Moreschini 1 99 1 , 90, 1.7), Ficino prima scri­ ve ad Teodorum Cyrenas, ut geometriam disceret est profectus et astro­ logiam adusque Egiptum fuit petitum, ut inde prophetarum etiam ritus adisceret e poi modifica in ad Teodorum Cyrenas, ut geometriam disce­ ret et astrologiam, est projèctus et adusque Egiptum fuit petitum, u t inde prophetarum etiam ritus adisceret, «facendo studiare a Platone geometria c astrologia a Circne presso Teodoro e facendolo andare in Egitto solo per studiare 'i riti dei profeti ' » (Gcntile-Gilly 200 1 2, 97). =

2 La situazione appare quindi del tutto analoga a quella dei manoscritti fici­ niani del Filebo, dove «non tutte le varianti autografe aggiunte dal Ficino in uno o nel l ' altro manoscritto greco sono state da lui scelte nel corso dell ' opera­ zione della traduzione : il Ficino leggeva e correggeva i manoscritti greci anche per altri motivi e probabilmente in tempi diversi» (Berti 1 996, 1 4 7). Cfr. anche Di Dio 20 1 3 , dove si legge una dettagliata analisi del metodo filologico di un

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' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEP/US

Tale riferimento all ' istruzione di Platone, con l ' identica collocazione delle materi e , si trova anche in alcuni passi del l ' epistola De vita Platonis a Francesco Bandini, sicuramente debitori del l ' opuscolo di Apuleio (e non solo dell 'esplicitamente menzionato Girolamo)3: Hinc Cirenem profectus Theodorum mathematicum audivit. Atque inde in l t a i i a m ad P y t h a g o r e a s P h i l o l au m et A r c h i t a m T a r e n t i n u m Eurytumque concessit. A b h i s i n Aegyptum a d prophetas e t sacerdotes se recepit (Ficino 1 5 76, 764). Unde divus Hieronymus inquit, Plato Aegyptum et Architam Taren­ tinum eamque oram ltaliae quae quondam Magna Graecia vocabatur, laboriosissime peragravit (Ficino 1 5 76, 769)4•

Ficino già maturo che, «durante la lettura e lo studio del testo del X libro della Repubblica, traduce alcuni lemmi, elabora schemi interpretativi e attua proce­ dimenti di collazione [ . . . ] in un momento che sembra prescindere dallo speci­ fico impegno versorio» (ivi, 88). È impossibile assegnare una datazione certa alle note dei codici apuleiani, sebbene sia certa la prossimità alla copiatura dei codici per quelle in inchiostro identico al testo e per quelle che presentano parti in greco omesse o erroneamente trascritte (cfr. supra p. 5 n. 7). 3 Che il passo apuleiano suscitasse l ' interesse di Ficino è provato anche dalla notizia, collocata qualche riga sopra a quelle citate, secondo cui Platone avrebbe studiato presso i Pitagorici: infatti «Apuleius, De Platone et eius dog­ mate 1 . 3 , insists on Plato ' s dependence on the Pythagoreans; and the view became a Neoplatonic commonplace» (Allen 1 987, 4 1 8 n . 40). 4 «Spostatosi da qui a Cirene, ascoltò le lezioni del matematico Teodoro. E da lì se ne andò in Italia dai pitagorici Filolao, Archita di Taranto e Eurito. Da costoro si spostò in Egitto dai profeti e dai sacerdoti » . «Come dice san Girolamo, Platone viaggiò instancabilmente in Egitto, da Archita di Taranto e su quelle coste dell ' Italia che un tempo si chiamavano Magna Grecia». Le tra­ duzioni dei passi ficiniani sono di chi scrive, mentre i testi provengono dalle più recenti edizioni disponibili: si tratta per il primo libro dell ' epistolario del­ l' edizione a c. di S. Gentile ( 1 990), per la Theologia Platonica di quella a c. di J. Hankins e M . J.B. Allen in sei volumi (di cui si citano i volumi Hankins­ Allen 2003 , 2004 e 2005 ), per i l Pimander di quella a c. di M . Campanelli (20 1 1 ). Per i passi per cui non si dispone ancora di simili edizioni, ho fatto riferimento agli Opera omnia di F icino usciti a Basilea nel 1 5 76 ( Ficino 1 5 76). Gli editori adottano criteri diversi nella resa della grafia ficiniana (in particolare per quanto riguarda il trattamento dei dittonghi): nelle varie citazio­ ni ci si è attenuti al testo di riferimento di volta in volta utilizzato e ciò spiega la diversità riscontrabile tra una citazione e l ' altra. =

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Il. MARSILIO FICINO CRITICO DEL TESTO

Ma l ' esame attento delle note e del testo dei due manoscritti mette in luce molti altre lezioni degne di attenzione. Nel manoscritto Ambro­ siano, relativamente al De deo Socratis, un passo degno di interesse si trova al f. 1 48v ( Socr. 1 23 - Moreschini 1 99 1 , lO, ll. 1 4- 1 5) dove si parla delle caratteristiche degli dèi, le cui nature sono, tra le altre cose, secondo la lezione del manoscritto, a corporis contagiane suaque natu­ ra remotas. Gli editori stampano unanimemente il testo come cor­ poris con tagian e suap te na tura remotas dove suap te è ritocco di I . Floridus, mentre corporis è congettura d i C . Liitjohann, editore ottocentesco del De deo Socratis. Ma già il manoscritto ficiniano pre­ senta tale ritocco testuale, poiché il testo richiedeva chiaramente una preposizione che rendesse esplicito il complemento di separazione pre­ supposto da remotas . Dal momento che a corporis contagiane si legge in linea e senza alcun intervento correttivo, questa lezione (così come le altre dei due manoscritti che hanno tale caratteristica) potrebbe essere giunta per tra­ dizione dall' antigrafo al codice ficiniano oppure essere stata apposita­ mente inserita dal filosofo in l inea durante la copiatura. Indubbia in ogni caso è la buona qualità del lavoro filologico di Ficino : il numero di lezioni che sanano passi problematici indica infatti che, nel caso fosse vera la prima ipotesi, egli aveva cercato e trovato un testo 'migliore ' (cioè con interpolazioni linguisticamente e logicamente accettabili) di quello del resto della tradizione manoscritta, oppure, nel caso fosse vera la seconda, si era ingegnato egli stesso per sanare alcuni loci vexati. Quest 'ultima ipotesi è sicuramente vera laddove, come vedremo, la cor­ rezione si legge sul manoscritto stesso, segno che essa proviene con un alto grado di probabilità dalla riflessione di Ficino sul testo da lui esem­ plato5. =

5 Occorre prudenza nell ' attribuire gli interventi testuali a Ficino e non alla tradizione che egli leggeva, come giustamente suggerisce A. Carlini: «È stata da tempo riconosciuta l ' abilità diagnostica di Ficino che riconosce l ' errore che si annida nel testo tramandato e propone la sua correzione, ma alcune correzio­ ni a lui attribuite si ritrovano già nelle sue fonti . La presenza di Ficino negli apparati di alcune edizioni del passato è dunque talvolta 'abusiva ' » (20062). Credo che la cautela qui adottata nell ' attribuzione a Ficino degli anticipi di congettura offerti dai due manoscritti, abbinata ad alcuni dati che permettono di collocare stemmaticamente i codici e distinguere di conseguenza ciò che è 17

MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL' ASCLEPIUS

Questa modalità di intervento s i legge al f. 1 49r (= Socr. l26 Moreschini 1 99 1 , 1 2, 11.3-4 ). Qui l 'Ambrosiano riporta sed nunc non de errorum disputatione, sed de nature distributione disserimus, con disse­ rimus che è lezione, comunemente accettata dagli editori, del solo codi­ ce fortemente interpolato H e congettura di L Mercerus (che pubblica l ' edizione di Socr. nel 1 625). Però, anche Ficino nel suo codice inizial­ mente aveva scritto il presente disserimus, che poi corregge nel futuro disseremus in conformità con il resto della tradizione: ciò suggerisce che egli abbia inserito il presente per semplice influsso del vicino nunc c che poi l ' abbia corretto durante la rilettura del suo modello, ritenen­ dolo una semplice svista. Particolarmente significativa è la lezione che il codice trasmette al f. 1 49v (= Socr. 128 - Moreschini 1 99 1 , 1 3 , 11. 3 -6), dove si spiega come non vi sia alcun tipo di rapporto tra la divinità e gli uomini. Il passo nel codice ficiniano recita: Nam ut idem Plato ait, nullus deus miscetur hominibus. Sed hoc precipuum sublimitatis eorum specimen est, quod nulla contrectatione nostra contaminantur. Solitamente gli editori stam­ pano adtrectatione quale lezione unanime di tutta la tradizione mano­ scritta, perfettamente accettabile nel senso di ' commercio ' , ' scambio ' . Da dove giunge allora la lezione ficiniana contrectatione dal significa­ to, sovrapponibilc a quello della voce originale, di ' contatto '? Essa si ritrova nei codici di Agostino, che in Civ. Dei 9. 1 6 scrive un passo sulle caratteristiche delle divinità secondo i Platonici largamente debitore di questo passo apuleiano. Poiché il testo dei codici di Apuleio è perfetta­ mente dotato di senso, la lezione contrectatione non sembra avere altra origine e giustificazione se non ipotizzando che essa sia stata adottata a seguito di un confronto operato con il testo agostiniano6. Al f. 152v (= Socr. 1 46 - Moreschini 1 99 1 , 22, ll.9- 1 4), sull ' assenza di turbamenti e passioni nei demoni celesti, Apuleio afferma numquam illis nec ad dolorem versus nec ad voluptatem finibus suis pellitur [sci l . status mentis]. Qui l 'Ambrosiano h a g i à in linea l 'emendamento versus,

tradizione e ciò che è stato inserito ape ingenii nella catena delle copie, si col­ lochi in linea con tale suggerimento. 6 Anche l ' abitudine al confronto tra i codici e la tradizione indiretta di un' opera sembra originarsi dagli studi apuleiani per poi passare a quelli plato­ nici: cfr. Carlini 20062, 47-52 e rel ativa bibliografia. 18

Il. MARSILIO FICINO CRITICO DEL TESTO

solitamente attribuito all ' edizione leidense del 1 600 di B. Vulcanius, contro l ' errore usus del resto della tradizione manoscritta7• E ancora al f. 1 54r ( Socr. 154 - Moreschini 1991, 27, 11 .1-2), in cor­ rispondenza della pericope che gli editori stampano come verum haec omnis distributio eorum daem onum fui t, qui quondam in corpore huma­ n o f u e re , al p o s t o d e l l a c o rr e z i o n e in c orp ore hum a n o di B 2, nell' Ambrosiano compare la lezione corporum numero che qui sostitui­ sce il già insoddisfacente in corpore numero del resto della tradizione manoscritta: Ficino cancella corporum numero e scrive in corpore suo, dando alla alla frase il senso, accettabile, di 'nel loro corpo '. Tuttavia, va ricordato che presenta la lezione in corpore suo anche il codice R, che mostra, come si è detto, alcune affinità con l 'Ambrosiano. Non è perciò improbabile che questa lezione sia giunta a Ficino per mezzo di un confronto tra codici. Più problematica, ma degna comunque di segnalazione, è la scrittura dell' Ambrosiano al f. 1 5 3 v ( Socr. l50- Moreschini 1991, 25, 1 . 6). Il verso virgiliano qui citato, a prova del fatto che l ' animo umano sia un demone, compare nei codici, compreso quello ficiniano, come diine hunc ardorem M. A. (Aen. 9.184) . G l i editori ripri stinano men tibus addunt, come già facevano un correttore di P e l ' editio princeps Romana del 1469. Ficino, probabi lmente ingannato dal fatto che il testo non chiarisce che si tratta di una citazione poetica ( l 'autore non è nomi­ nato), cancella l ' abbreviazione M. A. e scrive anima igitur, ritocco diffi­ cilmente giustificabile quanto a senso e a sintassi, poiché così le due parole aggiunte risultano collegate al periodo successivo e lasciano il verso ametrico c privo di verbo8. =

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7 Il ritocco è comunemente ascritto dagli apparati critici a G.G. Scaligero, che, secondo una notizia tarda diffusa a partire dal l ' edizione Oudendorp 1 823, avrebbe posto mano ali ' edizione apuleiana uscita a Leida nel 1 600. In questa, tuttavia, non si legge mai il nome di Scaligero, mentre sul frontespizio è chiara la dicitura per Bon. Vulcanium, che va quindi ritenuto unico vero artefice del­ l ' edizione e delle congetture in essa presenti. Su questo problema, cfr. Stefani 20 1 4, 69-7 1 . 8 Il tentativo di sanare il passo trova un parallelo n eli ' interpolazione, più sensata, animum mortalibus addunt del codice A, che figura anch' esso tra i codici affini ali ' Ambrosiano.

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' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEP/US

Altrettanto numerosi sono gli interventi testuali degni di nota pre­ senti nel manoscritto Riccardiano, tutti riguardanti il De Platone et eius dogmate. In un caso il codice ficiniano presenta un ritocco congetturale c h e c o mpare a n c h e n e l m a n o s c ritto H : al f. 2 3 r ( Pla t . 2 2 8 Moreschini 1 99 1 , 1 1 6, 11. 1 1 - 1 3 ), dove si definiscono le cause dell' auda­ cia e del timore, si legge audacia quidem confidentie fit abundantia, metus vero vitium dejìcientis audacie. Fit è lezione che gli editori (che ritoccano anche vitium in vitio) desumono da H e dal i ' edilio princeps al posto di sit del resto della tradizione. Si dovrà ora aggiungere anche il codice Riccardiano di Ficino. In un 'altra circostanza, il testo mostra un lieve ritocco ad un dimostrativo condiviso soltanto con il codice C, affi­ ne a H (così poi Vulcanius) : al f. 35r ( Plat. 262 - Moreschini 1 99 1 , 1 45 , 11.6-8) viene descritta l 'origine della tirannide, che oritur cum is qui leges contumacia sua ruperit eqs. Ficino corregge giustamente in is l ' errore his dell 'archetipo. In due altri passi il ritocco trova corrispondenza soltanto in una con­ gettura molto successiva. Al f.27r (=Plat. 239 - Moreschini 1 99 1 , 1 26, 1.9), in un passo che descrive come le anime raffinate desiderino anime affini alla loro indole, si legge ille vero qu� facete et urbane sint animas bon orum deamare, et studere. Gli editori stampano illas vero facetae et urbanae sint, animas bonorum deamare et studere, e indica­ no in apparato l ' accusativo illas, soggetto dell ' infinitiva, come lezione di B e R e come c o n gettura di F. O u dendorp ( Lugduni Batavorum 1 823). In realtà il relativo era già stato aggiunto nell ' interli­ nea del manoscritto Riccardiano. A differenza degli altri, questo inter­ vento è dovuto senza alcun dubbio non a Ficino, ma al copista che ha collaborato nella redazione della copia ficiniana: l 'affinità della grafia del testo con quella del relativo aggiunto è del tutto evidente. Ai ff.28r-28v ( Plat. 243 - Moreschini 1 99 1 , 1 29, 11.1-2), in cui si tratta dell' amore corrotto per i corpi, che spinge ad amare non i fisici atletici c abbronzati dalla permanenza sotto il sole, ma quelli pallidi per l ' inattività all ' ombra, si legge coloratos sole aut exercitatione solidatos sed opacos umbra, dove sed opacos, normalmente accolto come con­ gettura di 1. Bosscha, è già presente in linea nel codice ficiniano (si trat­ ta quindi di un ritocco già presente nel l ' antigrafo o inserito da Ficino stesso al momento della copiatura) al posto di et opacos del resto della tradizione. Infine, sul testo dell'Asclepius va sottolineata la numerazione dei capitoli (si leggono, nella sezione rimanente, i numeri da 26 a 29), =

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I l . MARSILIO FICINO CRITICO DEL TESTO

apposta con un inchiostro diverso e quindi in un momento successivo alla copiatura. Questo uso non si ritrova nelle altre opere, dove però è frequente che la fine di una porzione di testo corrispondente pressappo­ co a un capitolo moderno compaia a metà del rigo e il seguito del testo venga ricopiato a capo in quello successivo. Anche da questa accortezza nella impaginazione e nella capitolazio­ ne, oltre che dagli emendamenti sopra descritti (con la già ricordata cautela nei confronti di quelli che appaiono in linea), appare chiaro che durante la copiatura o in fase di rilettura Ficino ha considerato con la massima attenzione il testo, intervenendo con tutte le cure necessarie per renderlo più leggibile e correggerlo laddove presentasse qualche problema. Il suo lavoro di natura critico-testuale su alcuni di questi passi appena commentati merita sicuramente di essere ricordato nella storia della tradizione e negli apparati critici di Apuleio filosofo. E ai due manoscritti apuleiani si adatta perfettamente quanto E. Berti scrive a proposito delle cure filologiche di Ficino al testo platonico: L ' idea tradizionale che Marsi li o Ficino, tutto intento a tradurre com­ mentare e filosofare, non si sia abbassato al livello della minuta gram­ matica ed abbia trascurato di impegnarsi nei problemi propriamente cri­ tico testuali, incomincia ormai ad apparirci troppo riduttiva dell ' artico­ lazione dei suoi studi platonici. [ . . . ] Marsilio Ficino ha letto a più ripre­ se le opere di Platone, in tempi e per circostanze diverse: nella maniera in cui ha utilizzato una pluralità di fonti greche, nelle sue correzioni e congetture, nella ricerca e documentazione di varianti alternative al testo, nelle sue stesse incertezze e ripensamenti testual i, è possibile intravedere un aspetto particolare della sua maniera di avvicinarsi alle opere di Platone, un interesse specifico in cui il testo greco dei dialoghi non risulta più essere soltanto l ' ovvio presupposto de li ' impresa del la traduzione, ma incomincia ad essere assunto ad oggetto diretto dello studio. È un atteggiamento ancora poco maturo e insufficientemente sistematico, certo, ma è un atteggiamento sicuramente da filologo (Berti 200 1 , 352-3 5 3 ) .

Interpunzione

N o te e ritocchi al testo non sono l 'unica testimonianza che questi codici offrono in merito ali 'attenzione filologica di Ficino per gli opu­ scoli apuleiani. Un ulteriore elemento per ottenere un testo intellegibile e utilizzabile a fini di ricerca filosofica è un ' interpunzione funzionale 21

MARSJLIO F J C JNO LETTORE DI APULEJO FILOSOFO E DELL ' ASCLEPIUS

alla comprensione corretta della logica del discorso. E proprio all ' inter­ punzione Ficino sembra dedicarsi con particolare cura. Egli utilizza tre segni interpuntivi principali: linea obliqua (/), punto sul rigo (.), i due segni combinati insieme (./). A questi si aggiunge i l punto interrogativo realizzato in maniera simile a l segno attuale (?) . La sua posizione talvolta è differente dall'uso moderno : in un caso si trova dopo un verbo d ' interrogazione che regge una interrogativa indiretta; altrove segue il verbo del l ' interrogativa diretta anche se questa è com­ pletata da una o più subordinate da essa dipendenti . Queste ultime ini­ ziano dopo il punto interrogativo senza la maiuscola e si chiudono con un punto. Nes sun segno invece indica spec i ficamente l ' inizio d e l discorso diretto. Si tratta quindi di u n sistema ancora semplice e desti­ nato a cedere il passo alle teorizzazioni e agli usi che verranno diffusi dalla nascente stampa (cfr. Richardson 2008, 228-231 ), ma, grazie al suo impiego sistematico nei due codici, esso è in grado di fornire una testimonianza preziosa su come Ficino lavorasse approfonditamente sui testi durante il suo apprendistato filosofico. La corrispondenza fra i tre segni principali e quelli moderni non è univoca, ma si possono identificare alcune costanti valide nella maggior parte dci casi : la linea-virgula obliqua l corrisponde generalmente ad una interpunzione lieve e raramente ad una forte; al contrario, il punto sul rigo . indica generalmente una interpunzione forte c raramente una debole (nella distinzione aiuta, sebbene non in tutti i casi, anche la pre­ senza subito di seguito di una lettera maiuscola o minuscola); il segno ./, risultante dalla combinazione dei due precedenti, ha un uso più circo­ scri tto e non s istematico c sembra e s sere usato in sostituzione d i entrambi g l i altri. Va segnalato che i segni l c . vengono impiegati (a volte solo uno dei due, altre volte in alternanza) anche per separare graficamente gli elementi di un elenco o per segnalare la contrapposizione tra due o più termini, frasi o parti di frasi. Al di là delle possibili equivalenze istituibili tra i segni di Ficino e quelli moderni, risulta evidente che Ficino adotta un ' interpunzione logi­ co-sintattica e non una cmotivo-intonativa: lo scopo è quello di rendere chiara l ' articolazione del pensiero al fine di comprenderlo a fondo nel suo svolgimento e nelle sue sfumature. Per questo motivo tali segni separano sempre due o più frasi coordinate (anche se tra esse è presente una congiunzione), la frase principale dalle subordinate (anche nel caso delle completive) oppure gli elementi di un elenco. In ciò l ' interpunzio22

I l . MARSILIO FICINO CRITICO DEL TESTO

ne risulta efficace e, salvo alcune eccezioni, accettabile anche per un occhio abituato agli usi attuali (il rispetto della costruzione logico-sin­ tattica del testo porta Ficino ad interpungere in molti casi nello stesso luogo in cui lo fanno anche gli editori moderni). Proprio sulla base di queste considerazioni si è deciso di conservare negli excerpta l ' interpunzione ficiniana mediante l 'utilizzo di appositi segni imitativi, preferendola a quella moderna con la ragionevole cer­ tezza che proprio l ' interpunzione costituisca un 'ulteriore prova dell ' at­ tenzione con cui il giovane filosofo si è accostato a questi testi, corre­ dandoli di tutte le cure testuali necessarie per faci litarne la lettura, la comprensione e lo studio. Il confronto con il testo di riferimento ren­ derà possibile l ' orientamento del lettore nei s i ngoli excerpta e una prima raccolta di dati per chi intendesse confrontare questi codici di Ficino con altri per ricercare delle costanti nei suoi usi interpuntivi.

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Capitolo III Marsilio Ficino studioso delle fonti latine sul platonismo

La seconda tipologia di note, più numerose e collocate sistematica­ mente a margine 1 , comprende quelle di lettura e studio filosofico, che costituiscono una prez i o s i s s i m a testimonianza del ruolo avuto da Apuleio filosofo e dall 'Asclepius nella formazione del pensiero platoni­ co del giovane Ficino. Alcune di queste annotazioni si limitano all ' apposizione di caratteri­ stici segni di interesse a margine dei passi e delle frasi notevoli: si tratta di due trattini simili ad un uguale che hanno al di sopra e al di sotto una lineetta diritta o ondulata che scende o sale in verticale. Sicuramente sono segni da riferirsi al contenuto, perché non si trovano mai in corri­ spondenza di interventi testuali o correzioni, mentre sono sempre legati a passi contenenti una sententia o un argomento rilevante, talvolta accompagnati da un ' altra nota più ampia nelle vicinanze. Altri segni particolari sono utilizzati in apertura e chiusura delle note vere e proprie, soprattutto di quelle collocate nei margini alti e bassi dei fogli, e appaiono avere una funzione tanto estetica quanto separativa delle note stesse dal testo vero e proprio. La redazione di alcune di queste note può essere collocata in un momento successivo alla copiatura dei due manoscritti, come dimostra l ' inchiostro differente con cui sono vergate, ma non troppo in là nel tempo, poiché al loro interno sono sistematicamente saltati i passi e i termini greci e nessun ripristino viene tentato al posto delle citazioni greche malamente trascritte nel testo. Ficino dunque ancora non cono­ sce il greco, che inizierà a studiare in anni appena successivi a quelli

1 Alcune, come sarà indicato nella trascrizione completa nell 'appendice di questo contributo, sono collocate nel margine alto o basso di ciascun foglio: questa scelta è talvolta giustificata dalla lunghezza delle note, molto più spesso dal fatto che una nota con questa posizione permette di rintracciare più facil­ mente una pagina contenente un argomento di interesse.

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MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FI LOSOFO E DELL'ASCLEP/US

della copiatura dei due codici, intorno al 1 457. Contro questo dato non possono essere opposti i riferimenti alle opere greche presenti in alcune sue annotazion i : infatti i testi greci menzionati sono Pitagora e Orfeo, il Fedro e la Repubblica di Platone (con una citazione interna da Esiodo), Massimo di Tiro e Achille Tazio. Di essi circolavano già delle traduzio­ ni (per es. il Fedro nella traduzione di Leonardo Bruni) oppure F icino poteva averne una conoscenza indiretta2. Venendo al contenuto delle note, un 'analisi puntuale e alcuni echi nelle opere ficiniane, sia giovanili che della maturità, confermano e pre­ ci sano il ruolo ri levante che è già stato riconosciuto ai manoscritti Ambrosiano e Riccardiano quali punti di partenza per lo studio della filosofia platonica ed ermetica approfondita negli anni successivP. Tali annotazioni sono varie per lunghezza c per contenuto . Si va dalla già ricordata capitolazione del l ' Asclepius a rubriche stilate per

2 Cfr. Vasoli 1 997, 379, dove, a difesa della datazione al 1 45 7 del De divi­ no furore contestata da alcuni sulla base delle fonti greche incompatibili con la rudimentale conoscenza del greco che Ficino allora possedeva, si afferma pro­ prio che «i testi di Platone qui usati sono soprattutto il Timeo, il Fedro ed il Fedone, questi ultimi nella versione del Bruni, mentre i richiami ad Ermete e ad Orfeo sono del tutto compatibili con le conoscenze testual i del filosofo nella data indicata». Cfr. anche Carlini 20062, 52-53 e Berti 20 1 2, 41 dove compaio­ no delle rassegne di opere platoniche conosciute da Ficino in traduzione latina; inoltre, si deve a Robichaud (20 1 6) un esame che mette in luce l ' importanza del pensiero pitagorico nel giovane Ficino. 3 Inoltre, essi furono i principali mediatori di tale conoscenza finché egli non apprese il greco per poter leggere i testi in lingua originale: «La presenza [nel ms. Riccardiano] deii 'Asclepius e deii 'Altividius, rimasta inosservata sino a tempi recenti, acuisce notevolmente l ' importanza di questo ms. agli occhi degli studiosi del Ficino. Fu tramite l'Asclepius difatti che il filosofo poté avvi­ cinare, prima di conoscere il greco, gli scritti ermetici, ed operare quell ' acco­ stamento tra l ' insegnamento del Trismegisto - sulla cui antichità lo informava­ no i passi di Cicerone, Agostino e Lattanzio, che egli copiò in calce al dialogo - e quello di Platone, che gli consentirà, già nel Di Dio et anima - fondandosi sulla 'conformità ' della dottrina platonica rispetto a quella ermetica - d'inter­ pretare l ' una servendosi del l ' altra e viceversa. [ . . . ] Un autore che ebbe un ruolo fondamentale fu Apuleio, e proprio il De Platone, con il suo carattere d' epitome, costituì certamente una fonte primaria per l ' aspirante 'platonico ' » (Gentile-Niccoli-Viti 1 984, 1 6; cfr. anche Gentile 1 98 3 , che si sofferma lunga­ mente sul Riccardiano, e Vasoli 1 997, 379).

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III. MARSILIO FICINO STUDIOSO DELLE FONTI LATINE SUL PLATONISMO

identificare rapidamente i contenuti del testo, dalla semplice menzione degli autori citati nel testo apuleiano a definizioni estese su alcuni punti che Ficino riteneva particolarmente significativi. Questi ultimi sono spesso arricchiti da citazioni di altre fonti antiche, inizio di un percorso di ricerca che, successivamente arricchito con ulteriori letture, giungerà a maturazione nelle opere maggiori. Tra le note contenenti citazioni , nell ' Ambrosiano spiccano quella al f. 1 45v con uno spezzone dal De civitate Dei agostiniano sulle opinioni dei filosofi antichi riguardo alle caratteristiche della divinità (che può essere collegato tanto al testo del Gorgia che precede quanto al De dea Socratis che segue) e quella ai ff. l 5 3 v- 1 54r riferita a Socr. 1 50- 1 52 e contenente una menzione di Mercurio, Orfeo, Pitagora, Platone, Esiodo, Massimo di Tiro e Manilio sul carattere divino e immortale dell ' animo umano. È significativo che gran parte di questi autori trovi spazio nelle opere ficiniane in relazione al medesimo tema : nell ' epistola De divin o furore, «un ' operetta [ . . . ] intensamente platonica e ricca di riferimenti impliciti ad Apuleio e a Macrobio» (Vaso li 1 997, 3 79) e prossima alla copiatura dei manoscritti, Ficino fa già ricorso al mito del Fedro per la descrizione dell ' anima che prima della nascita vive nelle sedi celesti e dopo la morte vi ritorna, citando anche Mercurio Trismegisto: Censet igitur i Ile [scii. P lato] animum nostrum priusquam in corpora laberetur - ut etiam Pythagoras, Empedocles atque Heraclitus antea disputaverant - in caelestibus sedibus extitisse, ubi veritatis contempla­ tione, ut Socrates in Phedro inquit, nutriebatur atque gaudebat; cumque ii quos paulo ante memoravi philosophi, Deum summum fontem que­ rendam ac lumen - in quo rerum omnium exemplaria, quas ideas nomi­ nant, elucescant - esse a Mercurio Trismegisto Aegyptiorum omnium sapientissimo didicissent, necessarium fore putabant animum aetemam Dei mentem assidue contemplantem, rerum quoque omnium naturas clarius intueri . Videbat igitur animus - inquit Plato - ipsam iustitiam, videbat sapientiam, videbat harmoniam et quandam divinae naturae mirabilem pulchritudinem; atque has omnes tum ideas, tum divinas essentias, tum primas naturas, quae in aetema Dei mente sint, nominat, quarum perfecta quadam cognitione hominum mentes, quandiu illic degunt, feliciter nutriantur. Cum vero ob terrenarum rerum cogitatio­ nem appetitionemque animi ad corpora deprimuntur, tunc qui prius ambrosia ac nectare, id est Dei cognitione perfectoque gaudio, nutrie­ bantur, continuo in ipsa descensione flumen Letheum, id est oblivionem divinorum, haurire dicuntur; nec prius ad superos, unde terrenae cogita­ tiones pondere deciderant, revolare, quam divinas illas quarum oblivio27

' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEP/US

nem susceperant naturas recogitare coeperint. Id autem duabus virtuti­ bus, ea videlicet quae ad mores, ea insuper quae ad contemplationem pertinent, assequi nos philosophus ille divinus existimat, quarum alte­ ram communi vocabulo iustitiam, alteram vero sapientiam nominat. Quapropter geminis - inquit - alis (has mea quidem sententia virtutes intelligens) animos ad superos evolare, easque duabus similiter philo­ sophiae partibus, activa s c i l icet et contemplativa, consequi nos in Phaedone Socrates disserit; unde ipse idem in Phaedro: «sola - inquit ­ philosophi mens recuperat alas»; in hac autem ipsa alarum recuperatio­ ne abstrahi a corpore illarum vi animum Deoque plenum ad superos trahi ac vehementer anniti. Quam quidem abstractionem ac nixum Plato divinum furorem nuncupat (Genti le 1 990, 20-2 1 ; cfr. anche l ' analisi del passo in Gentile 1 98 3 , 39)4•

4 «Platone ritiene dunque che il nostro an imo, prima di discendere nel corpo (come in precedenza avevano argomentato anche Pitagora, Empedocle ed Eraclito), sia esistito nelle sedi celesti, dove veniva nutrito e godeva della contemplazione della verità, come dice Socrate nel Fedro. E questi filosofi appena menzionati sopra appresero da Mercurio Trismegisto, il più sapiente di tutti gli Egiziani, che il Dio sommo è la fonte e la luce da ricercare, in cui si manifesta il modello di ogni essere, cioè quella che chiamano l ' idea. Sulla base di questo insegnamento, essi ritenevano necessario che l ' animo contemplasse assiduamente la mente divina e che la natura di tutte le cose venisse osservata con maggiore chiarezza. Dunque l 'animo in precedenza vedeva - dice Platone - la giustizia in sé, la sapienza, l ' armonia e la mirabile bellezza della natura divina; ed egli definisce tutte queste cose talvolta idee, talaltra divine essenze, talaltra ancora nature prime che sono nella mentre eterna di Dio, dalla cui per­ fetta conoscenza le menti umane sono ben nutrite finché rimangono là. E si dice che, quando gli animi scendono nei corpi a causa del pensiero e del desi­ derio delle cose terrene, essi, che prima erano nutriti con l ' ambrosia e il netta­ re, cioè con la conoscenza di Dio e la gioia perfetta, subito nella discesa stessa si dissetano nel fiume Lete, che provoca l ' oblio delle cose divine. E non ritor­ nano nei cieli, da cui i pensieri terreni li avevano separati con il loro peso, prima di aver ricominciato a ripensare a quelle nature divine di cui si erano dimenticati. E quel divino filosofo ritiene che noi dobbiamo comprendere ciò con due virtù, una legata alla moralità, l ' altra alla contemplazione, cioè con quelle che comunemente vengono definite rispettivamente giustizia e sapienza. Per questo motivo Socrate nel Fedone afferma che gli animi volano nei cieli con due ali gemelle così le chiama, intendendo a mio parere queste due virtù e che noi le otteniamo in maniera simile con due parti della filosofia, l ' attiva e la contemplativa. Perciò nel Fedro egli dice: «solo la mente del filosofo recupera 28

III. MARSILIO FICINO STUDIOSO DELLE FONTI LATINE SUL PLATONISMO

Successivamente, in Theologia Platonica 15.5, Ficino discute sulle modalità con cui l ' anima sia viva nel corpo per poi ascendere al cielo verso la divinità e chiama in causa lo stesso passo del Fedro (247b6248a9) a cui si riferisce nella nota, e poco oltre menziona l ' autorità degli astronomi, tra cui figura proprio Manilio5 : Quamvis ergo tota anima adsit corpori, non tamen corpus toti adest ani­ mae, sed parti infimae solum, id est vitali. Quod hinc confirmari vide­ tur, quia cum anima sit virtute longe maior corpore et a virtute motus amplificatioque proveniat, oportet animam non modo toti adesse corpo­ ri, verum etiam secundum praesentiam, ut placet Iamblicho, corpus excedere. Et quia est indivisibilis, ubicumque est, illic est tota. Corpus autem, sicut non toti aequatur virtuti animae, sic non aequatur toti eius praesentiae. Id sensit Plato in Timaeo, quando dixit mundi opificem cor­ pus in anima statuisse. lterum in l ibro decimo De republica, ubi inquit mundi corpus inter necessitatis genua volvi, id est infima caelestis ani­ mae parte regi atque moveri. In Phaedro etiam anima affirmavit supra caelum caput extollere. [ . . . ] Qua in re Ptolemaeus quoque et Albumasar et Zaeles et Manilius ceterique praecipui auctores astronomiae nobi­ scum sentire videntur, quando videlicet affirmant caelestia corpora esse divinis animabus mentibusque praedita ac tamquam animalis quaedam divina ipsi deo omnium rectori parere (Hankins-Allen 2005 , 70-72)6.

le ali»; in questo stesso recupero delle ali, grazie alla loro forza, l ' animo viene separato dal corpo e, pieno di Dio, viene portato e trascinato con forza nei cieli. Platone definisce divino furore tale separazione e tale ricongiungimento». 5 Inoltre il tema del l ' estasi celeste ritorna nella preghiera finale ali ' Ascle­ pius, sulla cui interpretazione ficiniana cfr. Allen 1 984, 207-208 . 6 «Sebbene tutta l ' anima sia presente nel corpo, tuttavia il corpo non è pre­ sente in tutta l ' anima, ma solo in una piccolissima parte, cioè quella che dà vita. Ciò appare confermato dal fatto che, poiché l ' anima è per virtù di gran lunga migliore del corpo e dalla virtù proviene il movimento e l ' accrescimen­ to, occorre non solo che l ' anima sia presente in tutto il corpo, ma che essa anche ecceda il corpo stesso nella sua presenza. E poiché essa è indivisibile, essa è tutta là dovunque si trova. Invece il corpo, come non coincide con tutta la virtù del l ' anima, così non coincide con tutta la sua presenza. Questo afferma Platone nel Timeo, quando dice che il creatore del mondo ha collocato il corpo nell ' anima. E nuovamente nel decimo libro della Repubblica, quando dice che il corpo del mondo ruota tra le ginocchia della necessità, cioè viene sorretto e mosso dalla parte più bassa del l ' anima celeste. Nel Fedro affermò anche che l ' anima innalza il capo sopra il cielo. [ . . . ] Su questo punto anche Tolomeo, 29

MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL' ASCLEPIUS

Più in generale, tutta l ' annotazione incentrata sul l ' anima buona come divinità e demone sembra contenere in sé i semi della complessa teoria del Ficino maturo sullo statuto antologico intermedio del l ' anima umana che ha lo scopo di innalzarsi, spinta da un 'appetito naturale ' , fino a partecipare della visione divina (cfr. Hankin-Allen 2 004, 242, dove si cita anche Asci. 6 per enunciare la teoria secondo cui l ' anima buona «in Deum transeat, quasi ipse [sci/. homo] sit deus»f. Altre lunghe citazioni da Cicerone, Lattanzio e Agostino sono quelle riportate nella nota conclusiva all'Asclepius ai ff. 1 2r-v del codice Ric­ c a rd i a n o 8 . C o m e r i c ordat o , l ' i n tere s s e del g i o v a n e F i c i n o p e r l'Asclepius conduce già nel De divin o furore e nel De Dio e t anima a «un primo accostamento tra l ' insegnamento del Trismegisto e quello di Platone» (Vasoli 1 997, 379; c fr. anche Gentile 1 98 3 , 40-4 1 e Allen 1 984, 207-208). Inoltre, il tema specifico della nota, cioè la genealogia e la corretta identificazione di Ermete Trismegisto, trova un ' identica corri spondenza nel l'Argumentum in librum Mercurii Trism egisti ad Cosmum Medicem premesso alla traduzione latina del Pimander ad opera di Ficino stesso: Eo tempore, quo Moyses natus est, floruit Atlas astrologus, Promethei physici frater ac maternus avus maioris Mercuri i , cuius nepos fu it Mercurius Trismegistus. Hoc autem de ilio scribit Aurelius Augustinus, quamquam Cicero ac Lactantius Mercurios quinque per ordinem fuissse volunt quintumque fuisse illum qui ab Egyptiis Them, a Grecis autem Trismegistus appellatus est. Hunc asserunt occidisse Argum, Egypti is prefuisse eisque leges ac literas tradidisse. [ . . . ] Primus igitur theologie appellatus est auctor. Eum secutus Orpheus secundas antiquae theologie partes obtinuit; Orphei sacris initiatus est Aglaophemus; Aglaophemo successit in theologia Pythagoras, quem Philolaus sectatus est, divi

Albumasar, Zaele e Manilio e i restanti maggiori autori di astronomia sembra­ no essere d 'accordo con noi quando affermano senza alcun dubbio che i corpi celesti sono dotati di anime e menti divine e come particolari animali divini essi obbediscono a Dio stesso, reggitore de li ' universo». 7 Per un ' ampia ed esaustiva trattazione de l l ' onto l o g i a fi c i n i ana, c fr. Kristeller 1 95 3 , in particolare sull ' anima le pp. I l 4- 1 1 8 . B E negli stessi anni in cui Ficino ricopiava il suo manoscritto, anche G.A. Bussi inseriva a margine del f. I 6v del codice B una nota con l ' identica citazio­ ne da Agostino su Trismegisto. 30

III. MARSILIO FICINO STUDIOSO DELLE FONTI LATINE SUL PLATONISMO

Platonis nostri praeceptor. Itaque una prisce theologie undique sibi con­ sona secta, ex theologis sex miro quodam ordine contlata est, exordium sumens a Mercurio, a divo Platone penitus absoluta (Campanelli 20 1 1 , 3-4 ) 9 •

9 «In quel tempo in cui nacque Mosè, fiorì l ' astrologo Atlante, fratello del fisico Prometeo e materno avo del M ercurio più vecchio, i l cui nipote fu Mercurio Trismegisto. Questo scrive riguardo a lui Aurelio Agostino, sebbene Cicerone e Lattanzio affermino che nell ' ordine vi furono cinque Mercuri e che il quinto fu quello chiamato dagli Egizi Them, dai Greci invece Trismegisto. Essi affermano che fu costui ad uccidere Argo, a governare sugl i Egiziani e ad aver trasmesso loro le leggi e la scrittura. [ . . . ] Dunque egli viene definito il primo autore di teologia; dopo essere stato suo allievo, Orfeo ottenne la secon­ da parte de li ' antica teologia. Aglaofemo venne iniziato ai riti sacri di Orfeo e ad Aglaofemo successe nella disciplina Pitagora, che ebbe per allievo Filolao, il precettore del nostro divino Platone. E così vi è un ' unica scuola de li ' antica teologia, ovunque identica a sé: essa venne accresciuta con una successione ammirevole di sei teologi, prendendo le mosse da Mercurio e venendo portata interamente a compimento dal divino P latone». Campanel l i stesso (20 I l , XXVIII-XXXIII) rileva il collegamento tra questo Argumentum e la nota appo­ sta in calce ali 'Asclepius nel manoscritto Riccardiano (per il cui testo comple­ to, cfr. infra pp. 78-79), sottolineando la prossimità cronologica tra l ' aggiunta delle citazioni e la copiatura del testo nel codice e alcuni significativi dettagli che questo passo presenta alla luce di un confronto con le tre citazioni : il flo ­ ruit al posto del meno espressivo fuisse perhibetur e l ' aggiunta del poco chiaro epiteto physicus al nome di Prometeo; la scelta della variante prefuisse tra­ smessa dai codici ciceroniani al posto del corretto pro.fugisse di Lattanzio per rendere Ennete non profugo in Egitto, ma sovrano di quel luogo; la presenza delle stesse citazioni da Agostino, Cicerone e Lattanzio in tre manoscritti del Pimander. Va ancora aggiunto che, se è possibile che Ficino sia «risalito al De natura deorum partendo da Lattanzim> (ivi, XXXI), poiché questo cita quello e non viceversa, il Riccardiano chiarisce anche un 'altra parte del percorso di stu­ dio di Ficino: infatti la citazione dal De civitate Dei è scritta con lo stesso inchiostro del testo, segno che essa è contestuale alla sua copiatura, mentre le altre sono posteriori . Quindi è da questa prima notizia dalla fonte agostiniana, il cui ricordo emergeva forse con più immediatezza nella memoria del giovane studioso, che Ficino inizia la ricerca sul nome e la figura di Ermete, solo suc­ cessivamente completata attraverso le informazioni di Cicerone e Lattanzio, le uniche che gli permettono di ritornare su l i ' explicit cancellando la dicitura del discepolato di Trismegisto da Platone (sul fatto che l ' espunzione e l ' aggiunta delle citazioni siano avvenute dopo la copiatura del testo, cfr. supra p. 5 n. 7) e

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' MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL ASCLEP/US

Qui le notizie sul Trismegisto vengono presentate con le stesse paro­ le, appena rielaborate, di Agostino e Cicerone: i due autori, insieme a Lattanzio, sono citati esplicitamente quali fonti delle notizie sulla figura d e l d i o - fi l o s o fo . E s p l i c ita è p o i la c o l l ocazione crono lo g i c a d e l Trismegisto ali ' origine della speculazione teologica e d i una genealogia intellettuale e spirituale che, attraverso Orfeo, Pitagora, Filolao, giunge infine a Platone. Quest ' ultimo risulta quindi più recente rispetto a Trismegisto. Da un analogo ragionamento scaturisce l ' espunzione che nel l ' explicit del ! ' Asclepius nel Riccardiano colpisce la definizione di discipulus Platonis attribuita inizialmente a Trismegisto 1 0• Sul tema dell 'antologia e della gerarchia degli esseri, già esaminato a proposito delle citazioni del Fedro platonico, particolare interesse rivestono anche l e d e fi n i z i o n i d i demone, dio e uomo a l f. l 5 3 v dcll' Ambrosiano. Ciascun essere viene descritto sulla base d i uno sche­ ma che ripete e sintetizza la definizione di demone in Socr. 1 4 8 e la paragona a quelle del dio e del! 'uomo con il riferimento a solo quattro caratteristiche bi- o tripartite: animale razionale/irrazionale, etereo/ae­ reo/terrestre, soggetto/non soggetto a passioni, immortale/mortale. In questo modo Ficino può completare la nota procedendo con un ragiona­ mento definitorio che elenca tre differenze e due affinità che il demone presenta rispettivamente con Dio e con l 'uomo. Implicitamente tutti e tre gli esseri sono accomunati dalla caratteristica della razionalità che li distingue da tutti gli altri (c rende possibile il già citato innalzamento del! ' uomo verso Dio grazie alla contemplazione), mentre esplicitamen­ te essi vengono differenziati sulla base della combinazione delle altre tre qualità. Di queste ultime sembra particolarmente significativa quella

di redigere in seguito un più completo Argumentum al Pimander. Su Ficino e Agostino cfr. anche Robichaud 20 1 4. 10 Il tema della prisca theologia con la successione cronologica degli autori della materia riveste particolare importanza nelle riflessioni di Ficino e dei filosofi suoi contemporanei . Ficino in seguito rivedrà la 'genealogia ' collocan­ do al Ermete Trismegisto secondo posto e sostituendovi al primo Zoroastro. Il manoscritto Riccardiano costituisce quindi un' importante prova del l ' interesse che, fin dagli anni giovanili, Ficino ha rivolto a questo problema, su cui riflet­ terà costantemente nel corso della sua esistenza. Per un primo inquadramento generale della questione della prisca theologia, cfr. Monfasani 20 1 3 , in part. pp. 57-59 e relativa bibliografia. 32

III. MARSILIO FICINO STUDIOSO DELLE FONTI LATINE SUL PLATONISMO

tra Dio etereo, demone aereo e uomo terrestre che corrisponde perfetta­ mente alla suddivisione aristotelico-tolemaica del cosmo in etere, regio­ ne sublunare e Terra. Come è noto, la demonologia occupa un posto rilevante nel pensiero ficiniano. Anni dopo la copiatura di Apuleio, Ficino si dedica alla tra­ duzione latina del De operatione daem onum erroneamente attribuito a Michele Psello : si tratta di un ' ulteriore prova della contiguità tra queste note demonologiche apuleiane e gli interessi del l ' ormai maturo Ficino traduttore dal greco e filosofo neoplatonico, lo stesso che in Theologia Platonica l 0 . 2 inserisce una dettagliata descrizione de re rum ordine dove tutti gli esseri (da Dio agli animali, passando attraverso i demoni e gli esseri umani) trovano una precisa collocazione e definizione nella gerarchia de !l ' universo: Pura vero corpora sunt apud Platonem duodecim ipsae mundi sphaerae, caeli octo et elementa sub caelo quattuor. Quinetiam partes quaedam in iis sphaeris singulis pretiosissimae . Animae itaque rationales sphaeris omnibus insunt, gradatim pro sua dignitate dispositae. Sed ipsam unam unius machinae animam lovem nuncupat Plato, animas autem duode­ cim sphaerarum duodecim vocat deos Iovis pedissequos. Sphaerarum partibus purioribus similiter attribuit animas mentis participes, stellis scil icet et planetis, quos etiam vocat deos. lgnis partibus daemones heroesque igneos, aeris dari aereos, aeris caliginosi aquaticos daemones atque heroes. Purioribus postremo terrae partibus mentes copulat, quae humi habitantes homines appellantur. lnterdum etiam daemones heroes­ que in terra ponuntur. Neque sub luna tantum, sed etiam in caelis ultra stellas daemonum heroumque turbas quamplurimas collocat. Sed in omnibus sphaeris ultra daemones heroesque principes animas ponit par­ ticulares, sive daemonicas heroicasque sive humanas . Quae non semper aetema sequantur ut principes illi, sed aetema temporaliaque vicissim et corpora vitamque mutent, tum ascendendo in melius, tum in deterius descendendo . Proinde quot stellae sunt, totidem subesse daemonum, heroum animarumque turbas (Hankins-AIIen 2003 , 1 1 8- 1 20, ma cfr. in generale anche tutto il resto del capitolo) 1 1 •

1 1 «Secondo Platone, i corpi puri sono le dodici sfere de li ' universo, gli otto cieli e i quattro elementi sotto il cielo. Inoltre, in queste sfere singole vi sono certe parti preziosissime. E così le anime razionali sono presenti dentro a tutte le sfere, disposte gradualmente ciascuna secondo la sua dignità. Ma Platone definisce G iove unica anima de l i ' unica struttura, mentre chiama le anime delle 33

MARSILIO FICINO LETTORE DI APULEIO FILOSOFO E DELL' ASCLEPIUS

In questo caso l 'universo è organizzato secondo le dodici sfere pla­ toniche, che vengono esplicitamente menzionate anche in un 'altra nota ontologico-cosmologica dell 'Ambrosiano, quella al f. 1 48v relativa a Socr. 1 23 dove si cita nuovamente Plat. Leg. 246e4-248a9. Purtroppo, la perdita di gran parte dell' Asclepius nel codice Riccar­ diano non permette un ulteriore confronto della cosmologia e della demonologia ficiniana 1 2 con le note che molto probabilmente il filosofo aveva vergato a margine delle numerose sezioni del dialogo ermetico che trattano di argomenti affini a questo. Non va poi dimenticato l ' interesse che suscita in Ficino Socr. 1 37- 1 3 8 (= Moreschini 1 99 1 , 1 7, Il. 1 1 - 1 4) contenente l ' aneddoto sull' esistenza di animali che vivono nel fuoco : commentato al f. l 5 1 r dell' Ambrosiano con la semplice dicitura «viventia in igni», l ' informazione tratta dal l ' Hi­ storia animalium di Aristotele (552b l 0), ritorna ne In Platini epitome, commentaria et ann otationes, dove tanto il filosofo di Stagira quanto il retore di Madaura sono chiamati in causa a sostegno dell' esistenza di questi esseri così particolari, che proverebbe la perfetta corrispondenza tra il numero degli clementi e quello delle specie animali : Nam e t ignea quaedam animalia esse comprobat Apuleius hoc Aristo­ teli s testimonio. In fornacibus ardentibus, quaedam animalia propria

dodici sfere come i dodici dèi sottomessi a Giove. In modo simile alle parti più pure delle sfere assegna anime partecipi della mente: si tratta delle stelle e dei pianeti, anche questi da lui definiti dèi . Nelle parti infuocate colloca demoni ed eroi ignei, in quelle aeree quelli aerei, in quelle umide quelli acquatici. Infine alle parti più pure della terra collega delle menti che sono chiamate uomini perché abitano la terra. Talvolta anche demoni ed eroi sono collocati sulla terra. Egli pone numerose schiere di demoni ed eroi non solo sotto la luna, ma anche nei cieli al di là delle stelle. Ma in tutte le sfere, oltre ai demoni e agli eroi eminenti , stabilisce delle anime individuali, demoniche, eroiche o umane. Esse non sempre seguono le realtà eterne come gli esseri eminenti, ma passano dal le realtà eterne a quelle temporali e mutano corpi e vita, tanto ascendendo verso una condizione migliore, tanto discendendo verso una peggiore. Di con­ seguenza quante sono le stelle, tante sono le schiere di demoni, eroi e anime che vi sono racchiuse» . 12 Per una sintesi delle teorie demonologiche ficiniane e su alcuni loro aspetti debitori di Apuleio e di altri autori platonici antichi e tardoantichi, cfr. Allen 1 984, 3 -40. 34

III. MARSILIO FICINO STUDIOSO DELLE FONTI LATINE SUL PLATONISMO

visa sunt volitare pennulis apta, quae totum aevum suum diversantur in igne: cum eo exoritur, cum eo pariter extinguntur (Ficino 1 5 76, 1 7 1 5 ) 1 3 •

Oltre a notizie di tipo naturalistico-scientifico, Apuleio fornisce a Ficino numerosi aneddoti biografici su Socrate e su Platone, anch ' essi utilizzabili come prove a sostegno di teorie e considerazioni filosofiche. Ciò avviene ad esempio in merito alla capacità profeti ca dell 'uomo: ai ff. 1 5 5 v- 1 56r (= Socr. 1 62 - 1 66 - Moreschini 1 99 1 , 30-3 3 ) Ficino segna­ la l ' importanza di questa ampia sezione di testo con due note sui «Socratis presagia», sottolineando come «Socrates voce oculis signis cogitatione presagium sumebat». E di essa si ricorderà in Theologia Platonica 1 3 .2, dove Apu1eio ed altri autori sono chiamati a testimoni della notizia secondo cui la capacità profetica di Socrate era ispirata dal demone che abitava nel pensatore ateniese come in qualsiasi altro esse­ re umano: Sed et hi [sci/. melancholici] quando numine rapiantur, tanto caeteris concitatiores fi unt, quanto corpora densa; si accedantur, ferventius urunt quam corpora rara. Hac ratione Socrates, quem Aristoteles melan­ cholicum i udicavit, daemonis famil iaris inspiratione multa praesen­ tiebat, cuius rei testes sunt P l ato, Xenophon, Antipater Maximus, Apuleius (Hankins-Allen 2004, 1 62 ) 1 4 •

Infine, numerose annotazioni riguardano temi etico-morali e civili : anche a questo proposito si possono rintracciare dei collegamenti tra queste note giovanili e le opere del Ficino maturo. Alcune brevi annota­ zioni ai ff.23v-25r del codice Riccardiano sono riferibili al tema della

13 «Apuleio fornisce la prova, sulla scorta della testimonianza di Aristotele, che vi siano alcuni animali legati al fuoco. Nelle fornaci ardenti si osservano volare alcuni peculiari animali dotati di piccole ali. Essi trascorrono tutta la loro esistenza nel fuoco: con questo nascono, con questo allo stesso modo mumono». 1 4 «Ma anche questi malinconici, quando vengono rapiti da un demone, divengono più eccitati degl i altri tanto quanto i loro corpi sono densi : se si infiammano, bruciano in modo più fervente dei corpi rari . Per questa ragione Socrate, che Aristotele ha definito un malinconico, presentiva molte cose in anticipo grazie ali ' i spirazione del demone familiare. Di questo fatto sono testi­ moni Platone, Senofonte, Antipatro, Massimo e Apuleio». 35

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giustizia trattato in Plat. 229-235 ( Moreschini 1 99 1 , 1 1 7- 1 2 1 ). Come già si è visto, Ficino procede per distinzioni e definizioni: la giustizia si suddivide in universale e particolare; quest'ultima a sua volta è suddivi­ sa in commutativa e distributiva (cfr. nota al f.23v), a cui si aggiunge la giustizia nomotetica, etichetta che non compare esplicitamente nel testo apuleiano, ma che Ficino sembra usare per annoverare, come terza tra le forme di giustizia, la virtù politica/civi /itas legislativa e giudiziaria, menzionata in una nota appena sottostante alla precedente (cfr. note al f.24v). Infine, un 'annotazione al f.25r sottolinea come la giustizia alber­ ghi in ciascuna delle tre parti dell'anima umana. Si tratta di un primo approccio al tema della giustizia che verrà ripreso in forma più ampia ed approfondito con la lettura delle opere platoniche vere e proprie, tanto che echi di queste distinzioni si ritrovano nelle epitomi dello spu­ rio, ma per Ficino autentico, Teagete e del primo libro della Repub­ blica : =

Officia duo [scii. civitatis] , leges condere et conditas exequi . lllud per prudentiam nomotheticam, hoc per iustitiam legalem et iudiciariam agit (Ficino 1 5 76, 1 1 3 1 ). Virtus autem animae iustitia est, iniustitia vero vitium . Quapropter per iustitiam perfecte consulit, et gubemat, vivitque feliciter. Sublata vero iustitia, contra (ivi, 1 3 98) 1 5 •

Proprio i n quella stessa sintesi del Teagete viene menzionato il tema del demone di Socrate, subito lasciato da parte a causa della sua lun­ ghezza e poiché «Maximus Tyrius et Hermias et Apuleius de hoc abun­ de disseruerunb> (ivi, 1 1 32). Questi pochi esempi dimostrano chiaramente il rilievo che le note di Ficino agli opuscoli filosofici apuleiani e pscudo-apulciani possiedono per la storia della loro fortuna nell 'età deli 'Umanesimo c indicano in tali opere una tappa iniziale del cammino speculativo ficiniano che, nel

15 «Due sono i compiti dello Stato : stabilire le leggi e applicarle una volta stabilite. Il primo compito si realizza per mezzo della saggezza nomotetica, il secondo per mezzo della giustizia legale e giudiziaria» . «La giustizia è una virtù dell' anima, l ' ingiustizia un suo vizio. Per questo motivo per mezzo della giustizia s i prendono ottime dec i s i o n i , s i governa e s i v i v e fe l icemente . Eliminata invece la giustizia, avviene il contrario». 36

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tempo arricchitosi di più numerose e approfondite letture, giungerà infi­ ne a compiere un rinnovamento «delle dottrine di Platone, e degli anti­ chi Platonici [ . . . ], di una tradizione che era stata per secoli estinta o aveva almeno perso la sua efficacia diretta» (Kristeller 1 95 3 , 7).

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Capitolo IV Trascrizione delle note autografe di Ficino

Avvertenze generali

In questa sezione vengono per la prima volta edite tutte le note ad Apuleio fi losofo e all'Asclepius redatte da Ficino nei due manoscritti qui esaminati . Prima di presentare l ' edizione, sembra opportuna una breve introduzione che chiarisca i principi seguiti nella trascrizione del testo e delle note e nella loro presentazione al lettore. Il testo delle opere apuleiane viene riportato sotto forma di excerpta, adottando dei tagli redazionali per tralasciare le sezioni dove non com­ paiono interventi ficiniani o vi sono solo correzioni ad evidenti sviste commesse durante la copiatura. Ciascun excerptum è suddiviso in quattro sezioni : - Titolo dell' excerptum : esso comprende, nell 'ordine, il foglio del manoscritto contenente l ' excerptum, la pagina d e l i ' edizione Oudendorp 1 823 (che gli editori sono soliti indicare al posto di una vera e propria paragrafazione; fa eccezione l ' Asclepius per cui è consuetudine dare una più razionale divisione in capitoli), gli estremi della sezione di testo secondo l ' edizione Moreschini 1 99 1 e infine un breve titolo redazionale, da me aggiunto per chiarire non solo il contenuto dell ' excerptum, ma anche e soprat­ tutto il contesto in cui è inserito 1 • Qualora l ' intitolazione sia pre­ ceduta da un asterisco, s ' intende che il testo e le correzioni in seri bendo di quell ' excerptum non sono autografe di Ficino, a cui vanno invece attribuite le annotazioni marginali e le varianti annotate nell ' interlinea con la sigla al ' (cfr. supra p. 1 4).

1 Tale titolo redazionale è omesso nel caso delle note poste prima o dopo l ' inizio di un' opera. In questi stessi casi, al posto del testo e della trascrizione si riporta solamente l' incipit o l' explicit del manoscritto.

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T e s t o d e l l ' ex cerp t u m s e c o n d o l ' u l t i m a e d i z i o n e c n t t c a (Moreschini 1 99 1): ciò consentirà di operare un primo confronto tra il testo fissato da questa edizione e quello di Ficino2. Trascrizione dell' excerptum secondo il manoscritto ficiniano. In questa sezione, tra parentesi tonde, in corrispondenza del luogo esatto a cui sono riferite, vengono indicate correzioni, varianti e integrazioni eseguite da Ficino in linea, a margine o in interlinea. Note di Ficino. La collocazione sul foglio di ciascuna annotazio­ ne è indicata al fondo della stessa con le abbreviazioni mg. sup. linf/dx.lsx. I segni caratteristici che rinviano al testo, che aprono e/o chiudono alcune note o che da soli indicano passi notevoli sono stati trascritti diplomaticamente con appositi segni ' imitativi ' . Per l ' indicazione di correzioni, integrazioni e altri interventi di Ficino valgono gli stessi criteri relativi alla trascri­ zione dell ' excerptum3• Sia per il testo ficiniano sia per le note sono stati adottati peculiari criteri editoriali4 che tentano di dare conto degli usi grafici del giovane Ficino: i dittonghi non sono segnati; si sono rispettate la grafie ficiniane per la presenza/assenza di h e per l ' alternanza ily; per adeguarsi all ' uso ormai in valso fra gli editori di testi umani­ stici, si è introdotta la distinzione grafica tra u e v; nello scioglimento delle parole abbreviate e nei preverbi si è adottata la grafia con assimilazione, poiché questo è l 'uso più

2 La complessità dei problemi critico-testuali di alcuni passi ha sconsigliato l ' allestimento di un vero e proprio apparato critico, per cui si preferisce riman­ dare, sia per questa sezione contenente gli excerpta, sia per il §2 sugli interven­ ti testuali di Ficino, agli apparati del l ' edizione di riferimento e di quelle ad essa precedenti (Thomas 1 908, Nock-Festugière 1 945 e Beaujeu 1 973). 3 Quest' ultima sezione con le note di lettura è omessa in alcuni exce1pta, qualora essi siano corredati solo da interventi testuali (che si ritrovano, come detto, nel testo, tra parentesi). 4 Per la definizione e l ' adozione di questi criteri, si è tenuto conto di quelli esposti in Gentile 1 990, CCXC-CCXCI.

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IV. TRASCRIZIONE DELLE NOTE AUTOGRAFE DI FICINO

diffuso che si riscontra sui manoscritti; fanno eccezione ab, ab e sub davanti a tutte le consonanti e ad davanti a s, m, n e v: in que­ sti casi l ' assimilazione non è quasi mai presente e pertanto essa non è stata adottata; nel caso di termini tecnici, nomi propri e grecismi si è rispettata l ' ortografia ficiniana, ma si è ripristinata l ' iniziale maiuscola secondo gli usi moderni (e i titoli di opere letterarie appaiono in corsivo); la punteggiatura è stata conservata mediante l 'utilizzo di appositi segni di trascrizione diplomatica (/ ./ . e ?)5. Contestualmente, per l ' uso delle maiuscole/minuscole ad inizio periodo si è rispet­ tato il dettato dei due manoscritti, cercando così di fornire dati i mportanti per l ' analisi dell ' interpunzione ficiniana. Per le sue peculiarità, le corrispondenze di questi segni con quelli moderni e le ragioni di questa scelta editoriale, cfr. supra pp. 2 1 -23 . In ogni caso, il confronto con il testo di riferimento faciliterà la let­ tura anche nei rari casi in cui la punteggiatura dei due manoscritti più si discosta dall 'uso moderno. Un discorso specifico meritano le citazioni da altre opere inserite in alcune note : Ficino spesso modifica il testo, cambiando l ' orda verbo­ rum, inserendo qualche ritocco o omettendo sezioni di testo più o meno ampie. Ciò non produce quasi mai un testo insensato e quindi non si è proceduto ad alcun intervento editoriale, né all ' indicazione di tutte le modifiche; invece, sono state segnalate, sempre tra parentesi nel testo, le omissioni di sezioni in greco o in latino indispensabili per una corret­ ta intellegibilità del passo. In corrispondenza di ciascuna citazione, tra parentesi quadre si indicano autore, opera e capitolazione secondo l ' uso moderno.

5 È opportuno ricordare i l triplice uso del punto : esso vale, a seconda dei casi, come finale di periodo, indicazione di pausa lieve (raramente, in sostitu­ zione di /, qui segnalata dal fatto che dopo non viene adottata la maiuscola) e segno di separazione tra gli elementi di un elenco (in quest ' ultimo caso si è tra­ scritto separato dalla parola precedente e da quella seguente con uno spazio; talvolta viene usato con un identico significato l ' altro segno /). 41