Retorica e poetica nei proemi di Marziale

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Retorica e poetica nei proemi di Marziale

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STUDI LATINI Collana diretta da Fabio e Giovanni Cupaiuolo

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RETORICA E POETICA NEIPROEMIDI MARZIALE

ANTONELIA BORGO

RETORICA E POETICA NEI PROEMI DI MARZIALE

LOFFREDO EDITORE - NAPOLI

2003

PubbliclllOcon il contributodr/ Dipartimmto di FilologiaClassicadrll'l./nit'n'Sitàekgli Studi di Napoli •FednicoII~

Proprietàletterariariservata

LOFFREDO EDITORE S.P.A.

Via Consalvo,99 H (P.coS. Luigi is. D) 80126 Napoli http:llwww.loffeedo.it E-mail: [email protected]

L'inizio è il luogoletterarioper eccellenza (I. Calvino)

INTRODUZIONE

1. «La letteratura latina non è solo un dialogo coi predecessori, ma anche col lettore»1• Con queste parole von Albrecht sottolinea un carattere evidente ma troppo spesso trascurato di una produzione letteraria della quale si preferisce privilegiare il rapporto, più stimolante sul piano culturale, con quanto precede, i modelli e gli auctores,dimenticando che un'opera letteraria è anche (per l'autore soprattutto e specialmente in determinati periodi) un prodotto indirizzato a un pubblico e sottoposto al destino di un qualsiasi altro genere di consumo non primario, la ricerca e l'assecondamento del gusto della più vasta cerchia possibile di 'consumatori'. Per il letterato latino, soprattutto per il poeta, ne derivava innanzitutto l'esigenza di dedicare ogni sua nuova produzione a una figura di rilievo nel panorama culturale e politico di Roma, capace di offrirgli concreto appoggio ma anche di assicurare credibilità culturale all'opera, da un lato conferendo all'autore prestigio sociale, dall'altro rappresentando il più ampio pubblico al quale essa era diretta. In secondo luogo gli si presentava la necessità di illustrarne la genesi e le tecniche adottate per proporne nel modo più invitante possibile il contenuto, oltre alla necessità di renderne seducente l'aspetto, come da un certo momento in poi incomincia a divenire evidente dall'insistenza di certi poeti, anche di Marziale, sul motivo della descrizione esteriore dell'oggetto libro. Il liber, dunque, inteso, soprattutto in età imperiale, anche come prodotto commerciale, passato dalla condizione di munus, di segno di omaggio nei confronti del potente destinatario, a oggetto di acquisto e a volte di regalo, fonte di sussistenza per l'autore che doveva puntare per la sua promozione su un carattere di non sempre facile richiamo per il pubblico come il contenuto. Non facile soprattutto per il carattere composito della platea dei lettori che a Roma, accanto al personaggio scelto dall'autore come destinatario, a volte per affinità culturali e ideologiche, spesso per le esigenze sempre più pressanti di natura economica dalle quali era stretto, comprendeva innanzitutto gli amici con i quali si condividevano certe scelte in fatto di poetica o dei quali si accettavano gli orientamenti politici, poi i committenti, dalla formazione culturale non 1

M. VoN ALBRECHT, Storiadella letteraturalatina, I, Torino 19952 , p. 24.

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necessariamente omogenea, infine il principe, presentato sempre più come supremo ispiratore e critico della produzione d'arte, circostanza non troppo lontana dalla realtà per la funzione di controllo diretto o indiretto da lui esercitata sull'attività letteraria. Al di là di essi si prospettava un nuovo pubblico dai contorni e dai caratteri indefiniti, di formazione culturale media o addirittura bassa, che non frequentava e a volte non conosceva neanche l'autore ed era per questo meno soggetto all'influenza esercitata dai suoi autorevoli protettori: a questo pubblico era possibile attingere nuovi lettori (e acquirenti di libri) a condizione di offrire loro un prodotto letterario subito fruibile e, soprattutto nelle occasioni di festa, 'leggero' ma non privo di qualche pretesa culturale, capace, attraverso lo sfruttamento in forma polemica o parodica di moduli appartenenti alla tradizione letteraria elevata, di gratificarli sollevandoli al nuovo ruolo di fruitori del1'opera letteraria. Ali' atto della pubblicazione di una nuova opera se ne rendeva perciò necessaria una presentazione mirata, una prefazione che potesse contenere tutte queste esigenze spesso anche contrastanti tra di loro, l'omaggio al personaggio influente e l'orgoglio del letterato che ha coscienza di aver compiuto un'opera innovativa pure nel solco di una tradizione, l'espressione di autonomia creativa e la necessità di inseguire il successo, fino all'invito esplicito ali'acquisto. Complessità, dunque, di esigenze ma anche una sostanziale uniformità di temi e di motivi caratterizzano la letteratura proemiale di età imperiale, il che rende possibile seguirne l'uso e l'evoluzione da Marziale a Stazio, da Plinio il Vecchio a Plinio il Giovane, da Fedro a Persio, da Valerio Massimo a Floro e a Gellio, con estensione e consapevolezza di volta in volta diverse e anche in modo indipendente dai generi visitati, dai contenuti e dalle finalità dell'opera prodotta, nell'ineludibile obiettivo di renderla appetibile al pubblico al quale la si presentava sollecitandone con tecniche e strategie sempre più scoperte l'interesse e l'attenzione. Tematiche e lessico diventano perciò utilizzabili, seppure con motivazioni e finalità differenziate, in gran parte di questa letteratura proemiale perché quale che sia l'opera che introducono, la storiografia aneddotica di Valerio Massimo, l'erudizione consultabile di Plinio il Vecchio, la poesia epigrammatica di Marziale o quella altrettanto d'evasione di Stazio, queste prefazioni sono accomunate dall'appartenenza a un genere letterario levise dalla loro destinazione a un pubblico che, composito ali'origine, aveva fatto della cultura un fenomeno di distinzione sociale e della letteratura un gioco alla moda riservandosi con il proprio gradimento o col rifiuto la possibilità di determinarne la fortuna o l'insuccesso editoriale. È per questo che anche topoi legati per il passato alla fase del concepimento e della nascita dell'opera e all'individualità del1'autore (la motivazione della propria decisione, la difesa della disciplina scelta, la professione di modestia e l'espressione di dubbi più o meno sinceri sull'op8

portunità di produrre un'opera letteraria), nonché la dichiarazione delle strategie compositive e strutturali adottate (il criterio di ordinamento dei componimenti all'interno dei libri, la scelta del titolo dell'opera, l'eventuale inserimento di lemmi con funzione di indice), vengono indirizzati alla fase della pubblicazione del libere piegati alle esigenze del pubblico che sembrano spesso essere diventate prioritarie. 2. Più facile e insieme più difficile si presentava il compito per chi, come Marziale, si misurasse in un genere che non offriva una tradizione letteraria riconosciuta: più facile perché gli si aprivano strade molteplici e diverse sul piano sia contenutistico che formale, e la possibilità di spendere la propria attività poetica per fini redditizi anche nell'immediato; più difficile perché queste scelte, dettate a volte da circostanze occasionali, andavano spiegate a un pubblico che, condizionato anche dalla politica culturale ufficiale, era abituato ad avere a che fare con una tradizione letteraria di antica data e di diverso orientamento e con modelli di indiscussa autorità. AH'epigrammista non rimaneva altro che inventarsi una tradizione maneggiando e spostando motivi da un genere ali'altro, fondando sulla propria originalità e sul proprio senso di misura e su un gusto che, mentre si andava formando non senza difficoltà, doveva contemporaneamente ingegnarsi a formare quello del pubblico. Indubbiamente, ne riusciva sollecitata la sua coscienza critica, in rapporto al nuovo genere e a quelli codificati dalla tradizione, che assumeva inevitabilmente un colore polemico nello sforzo dell' autodifesa e nella volontà di dichiarare la propria identità di poeta. Tutto questo confluisce nelle prefazioni di Marziale, che nella formulazione epistolare denunciano la richiesta mirata di sostegno anche economico, nella forma prosastica l'esigenza di richiamare un'attenzione diversa per i temi trattati rispetto a quella prestata ai componimenti poetici. Di lunghezza e di argomento variabili, brevi bigliettini di tono amichevole, dediche formali al principe, ringraziamenti ad amici potenti, prefazioni vere e proprie per i loro contenuti teorici e per lo sforzo speso nel delimitare caratteri, temi e modelli di un genere al quale il poeta desiderava acquistare dignità, le sue prefazioni mirano a riscattare la contingenza di certi componimenti offrendo la chiave di lettura di una poesia che poteva apparire disimpegnata ma che Marziale intendeva presentare fondata su solide basi culturali. Lo sforzo di autoriflessione che si esprime in queste prefazioni segna il modo diverso da lui seguito nel produrre poesia epigrammatica, divertimento non più estemporaneo e verbale ma meditato e scritto, non sfogo soggettivo ma espressione e rappresentazione della realtà, poesia non più concepita per la formulazione in componimenti sciolti ma ordinata a costituire un libro. Il tentativo di fondare una teoria dell'epigramma nasce anche dall'esigenza di indicare a un pubblico più vasto le innovazioni apportate a una forma di svago che andava assumendo i contorni di un genere letterario. 9

3. Se l'inizio di un'opera è il luogo letterario per eccellenza, il luogo delle parole e del finito rispetto a quello del silenzio e dell'infinito 2 , al di fuori e prima del quale c'è il mondo del vissuto, questo è tanto più vero per Marziale la cui poesia sceglie di dare consistenza letteraria alla realtà e a un mondo tanto più concreto di quello che costituiva l'oggetto della poesia di contenuto e di tono tradizionali. Dall'epigrammista in particolare le prefazioni sono chiamate a svolgere una funzione di cornice, a unificare la molteplicità e la frammentarietà delle situazioni poetiche ed esistenziali offrendo, nel contempo, un'immagine attendibile della società in cui gli epigrammi sono nati e alla quale sono diretti. La cornice diventa però anche lo spazio nel quale si situa il discorso sulla poesia. Minore è lo scarto tra le due società, quella che si riflette nella cornice e quella rappresentata nei componimenti che seguono, più limitata diventa la funzione di schermo assolta dalla prefazione rispetto ali'opera vera e propria, come avviene nelle Silvaedi Stazio. In Marziale, nei cui versi è rappresentata una società spesso misera, avvilita, in qualche caso risibile, le prefazioni fungono anche da filtro letterario attraverso il quale sia possibile mediare la contingenza a volte degradata del mondo che vi è descritto. Attraverso la prefazione il poeta situa storicamente la poesia che sta per presentare a un pubblico al quale chiede di identificarsi staccandosi dalla massa dei possibili pubblici, operando scelte che motivino, situandola nella storia e nella letteratura, una forma di poesia talmente legata al contingente da potere esservi confusa e assorbita. [epigramma riflette cosl su se stesso, spiega i meccanismi interni e il funzionamento di una forma di divertimento che, una volta messo per iscritto e perso il carattere dell'estemporaneità, non sempre riesce a raggiungere (o forse non lo pretende) i vertici dell'arte. Nel contempo il poeta epigrammatico, messosi di fronte alla propria opera, definisce la direzione di sviluppo che vuole imporle delimitando i confini del genere al quale essa appartiene, o piuttosto costruendo il genere al quale assegnarla. Di qui l'adozione frequente di topoi proemiali e nel contempo il loro intenzionale rovesciamento, l'attenzione per moduli poetici di provenienza diversa e il loro utilizzo a scopo propagandistico; da un lato la ripresa dei modelli del genere epigrammatico, dei quali Marziale non manca di fornirci l'elenco, per quanto esiguo, come era in certa tradizione proemiale, dall'altro il superamento dei limiti del genere con l'attingere a modelli appartenenti a una produzione poetica di più alta levatura, quegli stessi che, costituendo un precedente importante anche sul piano dei rapporti con i potenti, avrebbero potuto nobilitare il genere e la posizione stessa del poeta. 2

Secondo una delle definizioni che dell'incipit letterario offre A. tique de l'incipit, «Poétique» 94, 1993, pp. I 3 I- I 54.

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DEL LUNGO,

Pour une poé-

4. La storia di ogni letteratura è anche una storia di gerarchie, non solo nel rapporto dell'autore con il potere politico ed economico ma anche, al suo interno, in quello tra i generi, gli uni dominanti in determinati periodi sugli altri secondo la loro maggiore o minore capacità di esprimere e di adattarsi alle esigenze della classe dirigente e alle aspettative del pubblico. La prima necessità per un poeta antico che avesse imparato la lezione dei grandi modelli del passato consisteva nell'affermare la propria individualità di autore dichiarando l'appartenenza a un genere e collocandosi all'interno di una tradizione: modelli espliciti di Marziale, nominati subito fino dalla prima praefatio,sono i precedenti latini, a dir la verità non troppo numerosi, dell'epigramma, Catullo, Domizio Marso, Albinovano Pedone e Cornelio Lentulo Getulico. Ma accanto ad essi gli spazi proemiali, e non solo, dei suoi libri sono affollati da auctores non dichiarati ma di innegabile prestigio come i poeti augustei, sentiti ormai come 'classici'3 ma capaci allo stesso tempo di attivare un rinnovato rapporto con il pubblico dei lettori; i più adatti, inoltre, a offrire al poeta esempi di comportamento ora ironico ora trasgressivo nei confronti del potere, e credibilità e spessore culturale alla sua opera in rapporto a un pubblico anche esigente. A questo pubblico Marziale affidail compito di cogliere nel corso dei suoi libelli anche quello che non era stato esplicitamente detto in sede proemiale confermandone con il proprio gradimento l'ingresso nell'ambito universo della poesia latina. La presenza dei modelli poetici augustei si avverte soprattutto nella seconda sezione con la quale Marziale sceglie di aprire i suoi libri, quella degli epigrammi proemiali che, di numero di volta in volta variabile, dilatano il discorso teorico delle prefazioni calandolo in una realtà più concreta, adatta alle situazioni presentate all'interno dei libri e ai personaggi ai quali erano dedicati. Il procedimento allusivo che riporta ai loro testi, seppure non esplicitato, funge già da «minimo manifesto poetico»4, nel senso che al suo lettore il poeta presenta un testo già ricco delle competenze acquisite nello studio e nella frequentazione di specifici prodotti letterari: da Orazio Marziale apprende soprattutto la riflessione, spesso ironica, sulla propria poesia e sul proprio ruolo di intellettuale; in misura maggiore Ovidio aveva aperto la strada, non solo in sede proemiale, al rapporto con l'esterno e al colloquio con il pubblico, un pubblico disposto a 3

Divenuti subito 'classici', gli augustei costituirono la linea di confine che delimitava 'a valle' anche quando con Frontone e Gellio un gran numero di antiquioresdivenne gli scriptoresc!Assici punto di riferimento per i diversi generi letterari: cf. M. CITRONI,/ canonidi autori antichi:alle in Cultureeuropeee tradizionelatina.Atti del Conv. lnternaz. di studi, originidel concettodi classico, Cividale del Friuli, Fondaz. Niccolò Canussio, 16-17 novembre 2001, Trieste 2003, pp. 1-22. 4 Traggo l'espressione dal primo capitolo, di carattere introduttivo, di un volume che raccoglie una serie di studi sull'intertestualità greca e latina di Maria Grazia BONANNO,L'allusione necessaria.Ricerche intertestuali sulla poesia greca e latina, Roma 1990, p. 23.

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seguirlo nelle innovazioni che introduceva nella tradizione del genere elegiaco e sufficientemente affezionato da potergli offrire, almeno nelle sue aspettative, qualche forma di sostegno in circostanze particolarmente difficili della sua vita. Anche il pubblico di Marziale andava sollecitato e guidato ad apprezzare, accanto ai generi tradizionali, una produzione poetica come quella epigrammatica che, per quanto innovativa nella forma e nei contenuti, non era intenzionata a tagliare i legami con la grande tradizione letteraria ma neanche a subirne passivamente l'influenza: in questo senso i poeti augustei poterono fungere per lui da modello offrendogli temi e motivi da riconvertire, a volte ironicamente, agli scopi di intrattenimento della sua poesia, oltre ad aprirgli la strada a quella riflessione sulla propria produzione poetica che era condizione ineludibile per l'acquisizione di una nuova coscienza artistica e professionale. Discutendo per la prima volta di teoria epigrammatica, della lingua, dei contenuti, delle tecniche adottate, Marziale scopre l'intenzione di diventare a sua volta modello, fondando un elooçpoetico proprio come avevano fatto i poeti augustei5 che, in questa prospettiva, sembrano rappresentare per lui più di Catullo il paradigma poetico. Infine, e al di là delle riflessioni teoriche, se è vero che «il testo che cita vuole diventare a sua volta citabile» e che «il poeta che ama i suoi predecessori ... vuole in realtà essere amato almeno altrettanto dai suoi lettori»6, attraverso le riprese terminologiche e con l'adozione di certe formule poetiche Marziale offre al suo pubblico indicazioni su come utilizzare i suoi testi e sul rispetto da assegnare a una poesia che fondava la sua autorevolezza anche sul fatto di essere una letteratura al secondo grado7 •

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Sull'argomento cf. F. CUPAIUOLO,Trapoesiae poetica.Su alcuni aspetti culturali della poesia latina nell'età augustea, Napoli 1966 (I 980 2), spec. pp. 20 ss. 6 È la 'convenienza' che G. B. CONTEe A. BARCHIESI individuano nella passione dello scrittore per l'allusione letteraria: cf. Imitazione e arte allusiva.Modi e funzioni dell'intertestualità,in Lo s~azioletterariodi Roma antica, l, Roma 1989, pp.81-114 {la citaz. è di p. 81). Come recita il sottotitolo di G. GENETTE,Palinsesti.La letteratura al secondo grado, trad. it., Torino 1997, dedicato alle relazioni ipertestuali in letteratura. 12

LE EPISTOLE PREFATORIE 1. Funzione e destinatari. Cinque dei quattordici libri di epigrammi di Marziale, il primo, il secondo, l'ottavo, il nono e il dodicesimo, si aprono con una prefazione in prosa redatta in forma di epistola il cui destinatario è anche dedicatario, benché non necessariamente l'unico, del libro 1• Malgrado il poeta dichiari aprendo la praefatio all'ottavo libro che, indipendentemente dalle dediche ufficiali, tutta la sua produzione deve considerarsi destinata a Domiziano, il nome del principe, corredato di tutta la titolatura ufficiale, ricorre solo in questa circostanza: imperatori Domitiano CaesariAugustoGermanicoDacicoValeriusMartialiss. I dedicatari degli altri libri, e destinatari delle altre epistole prefatorie, sono il filosofo stoico Deciano per il secondo ( ValeriusMartialis Decianosuo saL),Toranio per il nono (l'intestazione della lettera è sostituita da un più sbrigativo Have, mi Torani,ftater carissime),Terenzio Prisco per il dodicesimo ( ValeriusMartialis Priscosuosalutem)2 , personaggi altolocati ma meno irraggiungibili del principe dai quali evidentemente, malgrado qualche momento di freddezza nei rapporti interpersonali 3, il poeta sperava di poter ottenere con maggiore prontezza l'aiuto del quale aveva bisogno. La prima motivazione di queste epistole infatti, anche se non sempre esplicitamente dichiarata, consiste nella necessità del poeta di essere sostenuto, se non sul concreto piano economico, certamente su quello dell'accoglienza e della diffusione dell'opera che ne costituivano l'indispensabile premessa. E anche quando il poeta discute di questioni teoriche, 1

Per il rapporto tra queste prefazioni di Marziale e la situazione personale e artistica dei destinatari e, soprattutto, sui caratteri della loro prosa, in stretta connessione con la tecnica vcracercade laprosade Marcial sifìcatoria, cf. P. U. GoNzALEs DE LACALLE,Aigunasobservaciones «Emerita» 3, 1935, pp. 1-31. 2 Un caso a parte è costituito dalla prefazione al primo libro, priva di un destinatario, sulla quale vd. oltre. 3 Ali'amico Dcciano destinatario dcli' epistola prcfatoria al secondo libro Marziale rivolge poco più avanti un epigramma di tono alquanto polemico nel quale lo rimprovera di farsi a volte negare al poeta che va a trovarlo: saq,e domi non es; cum sis quoque, saepe negaris(2, 5, 5). D'altronde la salutatiorientrava tra gli obblighi del cliente a lui più invisi.

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difendendo le scelte operate sul piano contenutistico o della lingua, interrogando se stesso e l'interlocutore sul modo di organizzare la disposizione del materiale e perfino sull'opportunità che i propri versi siano pubblicati, appare per lo più evidente il timore che un insuccesso di pubblico possa tradursi anche in difficoltà di ordine economico 4. [atteggiamento è comune a Stazio che dà inizio a tutti e cinque i libri delle sue Silvaecon un'epistola prefatoria indirizzata a personaggi che appartengono allo stesso elevato ambiente sociale e culturale dei dedicatari di Marziale o godono del particolare favore del principe. Naturalmente, l'influenza reciproca e il desiderio di acquisire credito presso l'imperatore e gli altolocati funzionari a lui vicini5 dovettero contribuire non poco alla creazione e alla diffusione di quella che divenne nell'età dei Flavi una vera e propria moda letteraria, alla quale neanche un personaggio della condizione sociale di Plinio il Vecchio riusci a sottrarsi; ma un uso cosl ampio testimonia anche della mutata condizione nella quale versavano gli intellettuali, da un lato costretti dalla mancanza di un istituto più o meno ufficiale come il mecenatismo a uno stato costante di necessità economica che ne condizionava le scelte letterarie in rapporto agli altolocati destinatari 6 , dall'altro già proiettati in una sorta di mercato librario che li costringeva a guardare alle esigenze di un pubblico non solo 'alto' ma anche

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Questa funzione dell'epistola prefatoria fu operativa almeno fino a tutto il '700; solo quando, agli inizi del XIX secolo, si fece meno impellente la necessità di acquisire per suo tramite un protettore la funzione della dedica di un'opera incominciò a sconfinare in quella di una prefazione in senso moderno: cf. G. GENETTE,Soglie.I dintorni del testo, a c. di C. Cederna, trad. it., Torino 1989, pp. ll5 ss. 5 Sono due delle quattro motivazioni indicate da T. JANSON,Latin proseprefaces.Studits in literaryconvmtions,Stockholm-Goteborg-Uppsala 1964, p. 112, per la scelta di questo tipo di prefazioni, accanto all'abitudine degli autori di accompagnare una prima redazione dell'opera con lettere private e al loro desiderio di marcare in modo sensibile la differenza tra testo e premessa. Sulle modalità e per una breve storia di questa forma di dedica nel mondo greco-latino La dedicadelleopereletterarieantichefino all'etàdei Flavi,in Saggidi ktcf. anche D. AMBAGLIO, ttraturae storiografiaantiche,Como 1983, pp. 7-52, che la definisce un «sintomo essenziale del rappono tra il potere e gli intellettuali» (p. 44). 6 Altolocati ma non nobili. Osserva S. D'ELIA, Appunti su Marziak e la civiltàletterariadell'etàflavia, in Lttttraturt comparate.Problemi e metodo. Studi in onore di Ettore Paratore, Bologna 1981, pp. 647-666, per Marziale pp. 656 ss., che tramontata l'antica aristocrazia e la magnificmtiache l'aveva caratterizzata i nuovi patroni, di provenienza equestre, municipale e provinciale, o perfino liberti e parvmus dalle ricchezze improvvisate, concedono ai letterati loro clienti aiuti solo occasionali che non bastano ad assicurare loro un'esistenza dignitosa. Per W. BELARDI, Cultura e linguaggioall'epocadi Vespasiano, in Atti del Congr. Internaz. di Studi Rieti sett. l 979, I, Rieti 1981, pp. l 95-22 l, spec. p. 20 l, il mecenatismo di età flaVtspasianei, via era degenerato, rispetto al periodo augusteo, in una sorta di moda «appariscente piuttosto che concludente» e in affettazione mondana.

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medio e perfino basso7; da un lato a temere la critica di lettori esperti, dall'altro a soddisfare le richieste occasionali di un pubblico che ne aveva trasformato l'inclinazione poetica in mestiere. Malgrado gli scoperti intenti adulatori sono significative a proposito di una destinazione 'coltà della sua poesia le prefazioni di Stazio che invariabilmente definisce i destinatari dei suoi libri versati in tutti i campi della letteratura e competenti al punto da emettere giudizi oculati sulla sua produzione8; ma anche Marziale, se non nello spazio delle prefazioni, riserva più di una volta nei suoi epigrammi a patroni e dedicatari l'epiteto di doctuso doctissimulin quanto intenditori di poesia raffinata o poeti essi stessi, mentre nella prefazione al secondo libro accetta senza discutere da Deciano il consiglio di limitarne l'estensione e in quella al dodicesimo subordina al giudizio di Terenzio Prisco la decisione di procedere alla pubblicazione dell'ultima sua fatica letteraria 1°.Allo stesso modo Plinio il Vecchio, mentre si dichiara fiducioso della tolleranza che Tito eserciterà nell'accogliere la sua storia naturale, si mostra intimorito dai 7

Sull'allargamento e la varietàdella stratificazione sociale del pubblico del I sec. d. C. si vedaLibro e cultura scritta, in Storia di Roma, IV, a c. di A. Momigliano e A. no G. CAVALLO, Schiavone, Torino 1989, pp. 693-794, spec. pp. 712 ss., e M. CITRONI,I destinataricontemporanei,in Lo spazioktterariodi Roma antica, III, Roma 1990, pp.53-116, panialmente rifluito in Poesiae latori in Roma antica. Forme della comunicazione letteraria, Roma-Bari 1995, pp. 475 ss.; sulla formazione e lo sviluppo del mercato librario a Roma cf. T. l• • al}' . . 7• L 1nv10 amico ............................. 8. Dello stesso autore ........................... . 9. I rischi del poeta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1O. La presentazione dell'autore ..................... . 11. Alcuni congedi .............................. .

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Indicazionibibliografiche .............................. Indicedegliautori moderni ............................ Indicedei luoghicitati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .....

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2003 presso la litografia Graficarte Via Castelbelvedere, 221 - Marano (NA)