L'ultimo giorno di Gesù di Nazaret 8801031726, 9788801031720

Questo libro offre un'esposizione storico-critica d'insieme dell'attività e della Passione di Gesù in Ger

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L'ultimo giorno di Gesù di Nazaret
 8801031726, 9788801031720

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«Se qualcosa viene dai Caldei o dagli Egiziani, sentia­ mo subito un irrefrenabile impulso a conoscerlo... Per­ ché non cerchiamo di comprendere, indagare e verifi­ care con precisione ogni dettaglio di ciò che concerne Gesù, il Dio fatto uomo con una febbre riverente di sa­ pere?». Erasmo da Rotterdam

Questo libro fa rivivere, con una passione e una pre­ cisione scientifica che non ha l'eguale nel panorama della letteratura attuale, il giorno più importante del­ la storia: il giorno della morte di Gesù. Non c'è un giorno della vita di Gesù di cui sappia­ mo di più, ma neppure un altro su cui discutono più accanitamente gli studiosi. • li libro ha un taglio storico, ma questo non signifi­ ca che manca della dimensione teologica. Di nessun altro testo biblico si è tanto spesso abusato come dei racconti della Passione, facendone una "cava" di parole d'ordine antisemite. Il pericolo è attuale. • Questa ricerca vuoi essere comprensibile anche qi non specialisti. Servono a questo oltre 150 strumenti visivi ("media") come compendi testuali, disegni che ricostruiscono luoghi e fatti, grafici, tabelle. Benché sia nata in Israele, questa appassionante in­ dagine non è rivolta solo principalmente a chi fa un viaggio in Israele. l suoi destinatari sono tutti coloro che si accostano in maniera critica ai testi biblici. Anche se un simile approccio non è semplice, esso ripaga tutti quelli che lo provano. L'esegesi critica della Bibbia è un'avventura avvincente, che presenta risposte spesso sorprendenti.

172-0

1 111

Prefazione Introduzione al tema Capitolo l LA

QUESTIONE DELLE FONTI

1. Le fonti extrabibliche in ordine cronologico 2. l Vangeli come fonti decisive

Capitolo Il

L'ULTIMO GIORNO DI GESÙ: UNA CRONOLOGIA IN DISCUSSIONE 1. In ogni caso, un venerdì 2. Preparazione alla Pasqua (14 Nisan} o Pasqua (15 Nisan}? 3. L'anno 30 d.C. come anno probabile della morte di Gesù

Capitolo 111

GERUSALEMME, VENERDÌ DELL'ANNO 30 D.C.

14

NISAN

1. Una ciHà con tre volti 2. Disperatamente sovraffollata 3. Piena di attività frenetica

Capitolo IV 24

ORE DENSE DI DRAMMATICITÀ

1. L'ultimo pasto di Gesù 2. Dalla sala della cena al Getsemani 3. Nel Getsemani

4. Davanti alla giustizia ebraica 5. Davanti a Pilato 6. Dal pretorio al Golgota 7. Crocifissione e morte 8. Sepoltura

Indice bibliografico e delle abbreviazioni

Willibald BOsen è professore di Teologia Pratica e Neotestamentaria nell'Univer­ sità di Bielefeld. È autore di volumi e ar­ ticoli di ricerche bibliche.

In copertina: Ecce Homo di Lovis

1925), Basilea, Kunstrnuseum.

Corinth (1858-

Willibald Bosen

[ultimo giorno di '

di Nazaret

"'

ELLEDICI

Titolo originale: Der letzte Tag des]esus von Nazaret © Verlag Herder, Freiburg im Breisgau Traduzione italiana di ARMIDO RIZZI, a cura del Centro Evangelizzazione e Catechesi «Don Bosco» di Leumann (Torino)

In ricordo e ringraziamento josef Blank (1926-1989)

ZQH l:

VITA - LUCE

Lapide nel cimitero di Spiesen/Saar

© 2007 Editrice ELLEDICI- 10093 leumann TO

Internet: www. elledici.org E-mail: [email protected] ISBN 978-88-01-03172-0

PREFAZIONE

Lidea di questo libro «nacque» a Gerusalemme, per la mancanza di una guida. Quando avevamo letto insieme il testo biblico sui Luoghi Santi, sorge­ va spesso nei partecipanti, dopo un breve attimo di meditazione, la domanda: Cosa è dunque davvero accaduto? Quanto è storico questo posto? Perché ci so­ no tante risposte diverse? «Sul campo» si poneva con urgenza la questione storica. Ciò che da lontano appariva un dettaglio interessante ma poco im­ portante, diventava improvvisamente una «questione vitale» . Qui le solite gui­ de non bastavano, e anche i commentari esegetici potevano servire solo in ma­ niera limitata. Ciò che mancava era un'esposizione storico-critica d'insieme dell'attività e della Passione di Gesù in Gerusalemme, che prendesse in consi­ derazione l'archeologia e la topografia. Questo libro vorrebbe colmare la la­ cuna. + Il libro ha un taglio storico, ma questo non significa che manchi della di­ mensione teologica. Chi ha dei dubbi su una simile impostazione, dovrebbe ascoltare Conzelmann, che afferma che «la ricostruzione storica degli avveni­ menti (ossia della Passione) (è) un compito essenziale, già per la necessità dell'informazione (si pensi alla diffusa perplessità dei parroci contro certi re­ soconti sensazionalistici di carattere pseudo-storico, pubblicati sulle riviste il­ lustrate) » . 1 Ciarlatani abili negli affari, che non rifuggono dal capovolgere i fatti storici/ hanno quindi una chance solamente perché si scontrano con un 1 Conzelmann, Historie, 37. Cfr. anche Sòding, Prozefl, 237.

2

I.:esempio più recente in proposito è il discutibile best-seller dei due giornalisti inglesi M. Baigent - R. Leigh, Verschluflsache ]esus. Die Qumranrollen und die Wahrheit uber das Jruhe Christentum, Gùtersloh 199 1 , che per due anni è riuscito a confondere le idee del pubblico te­ desco con incontrollati voli di fantasia. Della moltitudine di analisi criùche e contributi cfr. per es. B. Schwanck, Die «Verschluflsache]esus» . Die Qumranrolle und ihr Geheimnis, in: EuA 6 (1992) 481-493; ]. A. Fitzmyer, Die]ungste Form der Katholiken-Hetze. Ein Nachruf auf die Verschluflsache]esus, in: BiKi l (1993) 19-24 (cfr. tutto il volume); H.-]. Klauck, Qumran un­ ter Versclufl? Anmerkungen zu einem Bestseller, in: In Land des Herm 46/l (1992) 25-34; Berger, Qumran, Stuttgart 1993; Betz-Riesner, ]esus, Giegen-Freiburg 1993; Stegemann, Essener, Freiburg 1993.

pubblico che difetta delle conoscenze basilari. I gnoranza e scarsa conoscenza sono il terreno fertile su cui prosperano tesi pericolose. Di nessun altro testo biblico si è tanto spesso abusato come dei racconti della Passione, facendone una «cava» di parole d'ordine antisemite. Il pericolo è attuale. + Questa ricerca vuoi essere comprensibile anche ai non specialisti. Servono a questo oltre 150 strumenti visi vi («media») come compendi testuali, disegni che ricostruiscono luo ghi e fatti, grafici, tabelle. Seguendo il biso gno dell'uo­ mo moderno, essi cercano di venire incontro a una rappresentazione grafica vi­ siva. In un periodo in cui alla televisione e nei giornali giornalisti e grafici abi­ li sotto il profilo didattico cercano di illustrare e spiegare contesti sociali, eco­ nomici e sociolo gici difficili servendosi dei cosiddetti grafici informativi, anche la teologia dovrebbe servirsi di quest'arte della rappresentazione e utilizzarla per i propri fini. Molti dei media inseriti qua e là vo gliono «solo» illustrare, ma molti altri vo gliono rendere visivamente comprensibile una questione diffici­ le. Fanno parte di questi ultimi fra l'altro i compendi testuali, che inte grano la sinossi biblica, senza tuttavia sostituirla. Sulla base della loro struttura in bian­ co e nero, tutti i media possono essere facilmente copiati su un fo glio e proiet­ tati sulla parete con un proiettore luminoso, riuscendo così a spiegarli o a ela­ borarli insieme. La ricerca/inda gine vuoi essere comprensibile, senza comunque rinunciare all'esattezza e all'attendibilità scientifica. Non si sono quindi tralasciate note e osservazioni a piè di pagina, che hanno il compito di dare al lettore la possibi­ lità di « fare il punto » dei risultati ra ggiunti, vale a dire di collocarli al loro po­ sto nella discussione scientifica. In tutte le sin gole questioni l'abbondanza del­ la letteratura è un problema, che minaccia di assillare gli interessati fino al punto di scora ggiarli. Per rendere l'apparato scientifico quanto più possibile ri­ stretto e chiaro, ci limitiamo ad alcuni titoli facilmente reperibili e le ggibili. Non si rinuncia a citare titoli in lingua straniera solo dove la discussione lo ren­ de indispensabile. Benché sia nata in Israele, la ricerca/studio non è rivolta solo principal­ mente a chi fa un viaggio in Israele. I suoi destinatari sono tutti coloro che si accostano in maniera critica ai testi biblici. Anche se un simile approccio non è semplice, esso ripa ga tutti quelli che lo provano. resegesi critica della Bibbia è un'avventura avvincente, che presenta risposte spesso sorprendenti. Senza l'aiuto di molti «spiriti validi » questo libro sarebbe diverso e avreb­ be visto la luce molto più tardi. Vorrei rin graziare gli ascoltatori delle mie le­ zioni e conferenze, che con le loro domande critiche mi hanno costretto a ri­ considerare certe tesi e riformulare scrittura e «immagini» . Vorrei rin graziare i miei aiutanti per l'ausilio prestatomi per anni cercando e analizzando la let­ teratura. Vorrei rin graziare la sig.a Gordana Kòllner (Uetersen) e il si g. Klaus-

Peter Husch (Bielefeld) per quasi due dozzine di dise gni di ricostruzione. Senza amare la questione, difficilmente avrebbero trovato la forza di tornare di continuo a occuparsi delle mie richieste di apportare correzioni e migliora­ menti. Vorrei rin graziare di cuore mia moglie Inge Bòsen. Oltre all'aiuto nelle mille solite «piccolezze» mi ha lasciato spazio libero per il mio lavoro intel­ lettuale, prestandomi orecchio con apertura e attenzione e venendomi in aiu­ to con le sue idee. All'Università di Bielefeld sono debitore del finanziamento di una parte dei dise gni di ricostruzione; all'arcivescovo di Paderborn dr. johannes j . Degenhardt esprimo un cordiale rin graziamento per aver genero­ samente so vvenzionato le spese di stampa. Vorrei infine rin graziare il lettore dell'Editrice Herder dr. Bernhard Sp òrlein, che mi ha continuamente incora g­ giato a prose guire in questa esposizione legata a fatti e strumenti moderni. Dedico questo libro sull'ultimo giorno di Gesù a josef Blank, mio maestro e relatore della tesi. Gesù, la Parola di Dio fattasi uomo, era la sua passione, e accostarsi a Lui studiando la Scrittura il compito di tutta la sua vita. Quando pochi giorni prima di una difficile operazione al cuore alla quale non sarebbe sopravvissuto ero stato a visitarlo in ospedale, il nostro colloquio ruotò intor­ no a Dio e alla sua rivelazione nella Bibbia. In precedenza non avevamo mai dialo gato insieme con tanta apertura e profondità. Mi è così suonato come un testamento basato su un'esperienza decennale la frase di congedo pronuncia­ ta soffocando le lacrime: «Chi ha a che fare con la Sacra Scrittura è abbondan­ temente ricompensato ! » . Bielefeld, novembre 1993. Willibald Bosen

« Quando ci arriva una testimonianza sui caldei o sugli egiziani, sentiamo immediatamente un irresistibile desiderio di conoscerla bene. Perché (per quanto attiene a Gesù, il Dio fatto uomo) non cerchiamo di scandagliare con riverente brama di sapere ogni particolare, di indagar/o e di saggiarlo con tutta la precisione possibile? » . Erasmo d a Rotterdam

Introduzione al tema Dai qua ttro an goli del mondo erano arriva ti in cen tinaia di migliaia per fe­ s teggiare la festa di Pasqua nella Ci ttà Santa, e fra di loro c'erano anche Gesù e i suoi discepoli. 1 Quando esa ttamente egli sia arrivato in città (Mc 1 1 ,l-l O par.) non è più ricavabile dai testi, ma molti particolari indicano che ciò ha avu to luo go parecchi giorni prima della festa che durava otto giorni. Gesù usa i giorni che precedono la fes ta per l'annuncio. In concorrenza con altri maes tri e profeti, egli presenta/espone il suo messa ggio del re gno di Dio, che sta per venire, nel portico di Salomone, nell'ala orien tale della vasta area del Tempio (Gv 10,23; cfr. A t 3 , 1 1 ; 5 , 1 2). I.:a tmosfera è piena di eccitazione (cfr. Mc 1 2 par.) e si acuisce in maniera dramma tica allorché Gesù, sullo s tile dei profe ti an tico tes tamentari, scaccia i mercan ti di animali e i cambiavalu te dal padiglione reale sul la to sud (cfr. Mc 1 1 , 15), invitandoli a dis tru ggere il Tempio, affinché egli ne po tesse costruire uno nuovo in tre giorni (Gv 2, 1 8) . Per mol ti è davvero troppo: con la sua pro tes ta nei confron ti del Tempio Gesù fa del suo nome una bandiera che invita alla reazione. Suona credibile la no ti­ zia con tenu ta in Mc 1 1 , 18: « Ed essi (ossia i sommi sacerdo ti e gli scribi) cer­ cavano un'occasione per ucciderlo» . Con la purificazione del Tempio ha inizio quel conto alla rovescia che ra ggiunge la sua fine e il suo apice ne gli avveni­ menti de gli ultimi giorni di Gesù.

1 Ciò che in questa sezione si accenna brevemente (l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, la sua attività in città, in special modo la purificazione del Tempio) è oggetto di un'indagine ap­ profondita, che seguirà nel prosieguo del volume.

Introduzione al tema

Non c'è un giorno della vita di Gesù di cui sappiamo di più, ma neppure un altro su cui discutono più animatamente gli studiosi, giacché il tema è com­ plesso. Il nostro approccio ad esso avverrà in quattro serie di domande: dopo l'inda gine sullefonti, il loro numero e la loro qualità (A) , ci interro gheremo sul­ la cronologia (B) e sui retroscena di questo giorno (C) per rivolgerei infine, nel­ l'ultimo e più importante punto saliente, ai singoli avvenimenti (D) .



la questione delle fonti Gesù vive e opera in un periodo spiritualmente assai vivo (cfr. T 1 ) . In Palestina le scuole di un Hillel e di uno Shammai (vissuti ambedue ca. dal 30 a.C. al lO d.C.) sono in piena fioritura; ad Alessandria d'Egitto vive e scrive, quasi contemporaneo, Filone di Alessandria (ca. 20 a.C. - 50 d.C.). Pochi an­ ni dopo la morte di Gesù nasce a Gerusalemme Giuseppe (37/38 - 1 00 d.C.), secondo Maier/Schafer «il più importante storico giudaico dell'Antichità » . 1 Nel panorama letterario di Roma brillano nel primo secolo post-cristiano no­ mi ben noti come Livio (t 17 d.C.) e Ovidio (t ca. 18 d.C.), Seneca (t 65 d. C.) e Tacito (t intorno al l lO d. C.), Plinio il Giovane (t l l3 d.C.) e Svetonio (t in­ torno al 1 2 1 d.C.). Tutti dovrebbero - come si supporrebbe - «inciampare» in Gesù, ma niente affatto. Di Gesù si interessano solo pochi dei grandi sopra menzionati; per quanto ne sappiamo oggi non più di quattro: 2 oltre allo storico giudaico Giuseppe (cfr. Ant XVIII 3,3, redatto dall'anno 93 d.C.) i colleghi romani Plinio il Giovane (cfr. Epistolae X 96-97, scritte nel l l l d.C.), Tacito (cfr. Ann XV 44,2-3, scritto in1 Cfr. Maier-Schafer, Lexikon, 235.

2

Per un'esatta valutazione di questa situazione non si può trascurare che «l'intera tradi­ zione letteraria dell'età antica ... fino a Tacito e Svetonio» Q. WeiiS,jesus von Nazareth. Mythos oder Geschichte?, 1910, 86) è andata perduta. - Occasionalmente ci si richiama ancora a uno scrittore romano di nome Thallus e a un siro di nome Mara bar Serapion (cfr. Bruce, Zeugnisse, 19s.) come fonti, ma il poco che se ne può ricavare è senza valore, perché dipende dall'inter­ pretazione cristiana.

A. LA QUESTIONE DELLE FONTI

LE FONTI SU GESÙ - VISION E D'INSIEME

Fonti bibliche Fonti extrabibliche LiOvidiviotot1718 ---------sciior a-iliii iiier------------------tscuol 0 Filoneatdi5Shammai 50 Senecat 65 70 Plinioil Vecchiot 79 93: -------------------------------------------- 100 -------------------------------------------111: 116/117: 119/129: 120 0 Pl u ta rc o, t 12 ·-------*

*

------ ANNO O

ANNO O ------

d.C.

-

t -----------------------------------------

MARCO.-

-------------------------- GUERRA GIUDAICA

--------.. GIUSEPPE,

--+ PLINIO, --+TACITO, --+ SVETONIO,

-

-

GUERRA GIU DAICA

-------------------------­

MATTEO.­ LUCA.GIOVANNI.-

ANTIQUITATES

EPISTOLAE ANNALES VITA CLAUDII

--+

.. TALMUD, SANHEDRIN

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Tl

tomo al 1 16- 1 1 7 d.C.) e Svetonio (cfr. Vita Claudii 25, composto negli anni 1 19/120 d.C.). Gesù è menzionato infine anche nel Talmud babilonese, in una Baraita ancora da datare (cfr. Sanh 43a) . Tutt'e cinque le testimonianze non sol­ tanto sono di dimensioni modeste, ma hanno anche una datazione tarda. Fra il racconto di Giuseppe Flavio del 93 d.C., il più antico dei cinque, e il Venerdì Santo di Gesù intercorrono almeno 50 anni, e addirittura 90 per Svetonio. Queste fonti profane sono completate dai quattro Vangeli,3 che rappresen­ tano la nostra fonte di informazione più importante su Gesù e il suo ultimo giorno di vita. Il più antico di essi, quello di Marco, è comunemente datato tra il 60 e il 70 d.C.; Matteo e Luca scrivono con tutta probabilità dopo la Guerra giudaica (66-70 d.C.), fra 1'80 e il 90 d.C., e Giovanni viene datato addirittura solo nell'ultimo decennio del I secolo dopo Cristo. A prima vista, la situazione delle fonti non sembra male: l'insieme di nove testimonianze ben note ha il suo peso. Quanto essa sia però realmente diffici­ le potremo dirlo solo quando chiariremo le informazioni che in concreto sono contenute in essi, da quali fonti attingono i nostri autori e rispettivamente quanto affidabile vadano ritenuti i loro racconti. Iniziamo la nostra indagine con le fonti extrabibliche, iniziando cronologicamente con Giuseppe, la più antica testimonianza profana!

3 Dei pochi accenni presenti nella letteratura epistolare (per es. l Ts 2,15) e negli Atti de­ gli Apostoli (At 2,23; 3,13-17; 4,10 s.) ci occuperemo più avanti.

I. le fonti extrabibliche in ordine cronologico

l. LE FONTI EXTRABIBLICHE

IN ORDINE CRONOLOGICO

l. Il cosiddetto Testimonium Flavianum (93 d.C.)

Giuseppe ben Mattia oppure Giuseppe Flavio/ come si fa chiamare dal 69 d.C. (Bell IV 10,7) , nasce Gerusalemme nell'anno 37/38 d.C. e muore presu­ mibilmente a Roma intorno al 1 10 d.C. o poco dopo. In quanto membro del­ la nobiltà sacerdotale benestante (Vita 1 ) , nella sua gioventù gode di un'ec­ cellente formazione giudaica che, insieme con l'origine aristocratica, gli ga­ rantisce una carriera sulla scena politica (Vita 3ss.). Nel nostro contesto in­ teressa comunque non tanto la sua attività di diplomatico, generale, capo del­ la rivolta e politico (i Giudei lo disprezzano ancor oggi come traditore) ,Z quanto quella di storico e scrittore. Benché sia vanitoso e compiaciuto di sé e appaia orientato al successo e alla fama (Vita 2), Giuseppe «va annoverato fra gli autori di maggior talento della letteratura antica » . 3 I suoi racconti non so­ no solo ricchi di informazioni, ma risultano assai vivaci e avvincenti. Nonostante qualche dubbio,4 egli può rivendicare a se stesso un posto come storico. 5 Delle quattro opere a noi pervenute (fine del 79 d.C.: De Bello Iudaico; 9394: Antiquitates Iudaicae; 102 o 103 d. C . : Vita e Contra Apionem) , è la seconda a rivestire per noi un particolare interesse, perché vi si trova la parte su Gesù, nota come «Testimonium Flavianum>> (Ant XVIII 3,3), 6 su cui la ricerca di­ scute da 200 anni. Ciò che qui si afferma su Gesù in poche righe, suona talvolta come una professione di fede cristiana, tanto che si impone non soltanto al let­ tore critico l'interrogativo se l'autore di questo passo sia Giuseppe o un abile falsario delle file cristiane. La soluzione del problema va effettivamente cerca­ ta nella direzione indicata dallo storico giudaico ] . Klausner già nel 1920 7 e 1 Su Flavio Giuseppe e la sua testimonianza su Gesù c fr. Hamack, josephus, 1038- 1067; Klausner,jesus, 67-75; Blinzler, Prozefl, 47-49; Trilling, Fragen, 53-56; Betz, Probleme, 580-584; Lohse, Umwelt, 1 0 1 - 105; Maier, jesus, 42-47; Flusser, Bericht, 2 1 6-225; Schneemelcher, Apokryphen, l, 387ss.; Liideritz,josephus, Flavius, in: GBL Il, 724s.; Hòhn,]osephus, 61-80. 2 «Se sia stato un traditore del suo popolo - in ogni stadio della sua vita ha pre�tato ad es­ so compiti importanti -, si può discutere» (Hamack,josephus, 105 1). 3 Hòhn,]osephus, 76. 4 I critici ammoniscono che non cita le sue fonti, esagera i numeri fino al ridicolo, stra­ volge la verità quando si tratta della propria persona o del popolo ebreo, ecc. 5 Cfr. Hòhn,josephus, 77. 6 Cfr. Ant XX 9 , 1 , un testo autentico secondo Klausner (Jesus, 75), si può tralasciare, per­ ché qui Gesù è menzionato solo come fratello di Giacomo. 7 Cfr. Klausner, jesus, 75.

A. LA QUESTIONE DELLE FONTI -

-

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presentata dall'esegeta cattolico W Trilling nel l967 come opinione della mag­ gioranza, secondo cui «questo testo contiene un nucleo autentico che provie­ ne dallo stesso Giuseppe, ma alcuni passi sono stati rielaborati e chiariti da una mano cristiana nella linea di una professione di fede cristiana» . 8 Essa è stata di recente confermata dalla scoperta di una versione araba del «Testimonium» , che si rivela scevra dalle aggiunte cristologiche contestate. 9 All'appartenenza della « testimonianza su Gesù» al patrimonio originale delle Antiquitates fanno pensare numerose osservazioni. Chi come Giuseppe, secondo alcune indicazioni, «a circa sedici anni» - vale a dire intorno al 53/54, quando la comunità di Gerusalemme si era consolidata ed era certamente no­ ta nei circoli sacerdotali - ha studiato i «partiti» giudaici nel suo popolo per scegliere per se stesso i migliori (Vita 2) , e chi come lui nel 64 d.C., quindi a 26 anni, si ferma a Roma (Vita 3), quando la città va in fiamme, a quel che si dice, per mano dei cristiani, Io si è sicuramente informato con tanta ampiezza su Gesù, da scrutare le relazioni. Lo conferma infatti anche la notizia - incon­ testabile nella sua autenticità - di Giacomo «fratello di Gesù detto il Messia» (An t XX 9, l ) .u Menzionare il fratello e tralasciare invece lo stesso Gesù «sa­ rebbe un silenzio tendenzioso nel senso peggiore del termine» . 12 Chi contesta il «Testimonium» , deve alla fin fine spiegare anche come mai lo storico giu­ daico informa in modo relativamente dettagliato su Giovanni Battista (Ant XVIII 5,2),0 ma omette Gesù, i cui discepoli nel 90 d.C., l'anno di redazione delle Antiquitates, sono presenti e conosciuti in tutto il mondo, dedicandogli un breve cenno nella notizia su Giacomo. D'altra parte riesce difficile seguire la stessa conclusione di uno storico tan­ to eminente come Harnack, accettando il passo - a prescindere da una breve interpolazionei4 - nella sua interezza come autentico. Nonostante la sua acu­ ta argomentazione, o addirittura sulla base di essa , resta un certo disagio. Sembra dappertutto convincente quella spiegazione che vede in certe aggiun­ te delle interpolazioni di uno scrittore cristiano. Ne fanno parte con ogni pro­ babilità quelle parti di testo che in T 2 sono stampate in corsivo. I5 Vanno ri­ gettate/eliminate certe formulazioni che riducono l'umanità di Gesù nella linea 8 Trilling, Fragen, 54. 9 Cfr. Hohn,]osephus, 79. Io Cfr. Tacito, Annales XV 44; Svetonio, Vita Neronis 16,2. u

Per l'autenticità cfr. Klausner,jesus, 75.

12 Harnack,josephus, 1074. IJ Secondo Schiirer, che ritiene non autentici i passi riguardanti Gesù, non c'è da dubita­

re dell'autenticità di questo testo (cfr. Klausner, jesus, 70s.). I4 Ad Harnack fa difficoltà solo la frase conclusiva, che chiama in causa le apparizioni di Gesù dopo tre giorni secondo le predizioni dei profeti (cfr. Id.,]osephus, 1060). Is Cfr. Klausner,jesus, 68; Hohn, ]osephus, 79.

I. Le fonti extrabibliche in ordine cronologico

Il cosiddetto Testimonium Flavianum «> incomprensibile.

A. LA QUESTION E DELLE FONTI

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L'ANTICO TESTAMENTO COME «SPECCHIO» E COME « FONTE» ZACCARIA

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GEREMIA

PENTATEUCO

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T 18

È compito dello storico chiarire di volta in volta attraverso un'analisi accu­ rata quale direzione gli evangelisti hanno seguito nella loro redazione: se quel­ la da Gesù all'Antico Testamento o viceversa, se l'autore abbia voluto ancora­ re nell'Antico Testamento un dettaglio storico della vita di Gesù o abbia inve­ ce voluto illuminare la sua morte e risurrezione trasferendo su Gesù un tratto dell'Antico Testamento. 9 1 Oggi non abbiamo più bisogno di questa «prova» . Quello che per i primi cristiani era l'Antico Testamento è per noi oggi l'espe­ rienza bimillenaria della Chiesa con Gesù e con il suo Dio. Il fatto che il nome di Gesù sia sopravvissuto in una storia così mutevole e sia ancor oggi per mol­ te persone un esemplare di vita, è nel nostro secolo una «prova» , in questo se­ colo che ha visto la caduta dei suoi tanti poteri e imperi.

b) Con una «occhiata di sbieco» parenetica Un'altra preoccupazione speciale degli evangelisti nei racconti di Passione è quella di esortare e incoraggiare, ammonire e rimproverare i loro lettori. La co­ munità dei discepoli nella seconda metà del primo secolo d.C. appare minac­ ciata dall'esterno, in parte addirittura perseguitata,92 mentre al suo interno si os­ servano «crepe» e « lacerazioni» . Il fuoco degli inizi è spento, molti credenti appartengono alla seconda generazione. A causa della parusia che ritarda, si diffonde la rassegnazione: si è stanchi e delusi. 9 1 Per chiarire il problema con un esempio concreto: molto avanti ci chiederemo se Gesù sia davvero morto gridando «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato» (Mc 15,34 par. Mt) , o se sia stata invece la comunità primitiva a mettergli sulle labbra quest'espressione del Salmo 22, per sottolineare in tal modo la sua umanità. 92 Si pensi alla persecuzione dei cristiani a Roma da parte di Nerone negli anni 60; la co­ munità di Marco potrebbe essere stata composta da questi cristiani. Della comunità di Matteo e di quella di Giovanni sappiamo che hanno avuto nel rinato giudaismo rabbinico un avver­ sario aggressivo (cfr. T 1 1 7).

II. I Vangeli come fonti decisive

In che modo bisogna allora custodire e addirittura attualizzare la tradizio­ ne, così che le persone vi riconoscano se stesse e le loro necessità? Gli evan­ gelisti 93 assolvono a questo difficile compito con grande abilità, intervenendo con discrezione, ma a volte anche con decisione e ampiezza, nei testi esisten­ ti. A chi impara a leggere « tra le righe» , cioè a chi sa interpretare i cambia­ menti, si apre, anche se come a spiragli, la porta sulla vita interna della comu­ nità. aa) Esortazione alla preghiera (Le 22,39-46) Un «carico» di chiara marca parenetica ci offre quella pericope che tutt'e tre i sinottici pongono prima della scena dell'arresto (Mc 14,43-52 e par.) , e che alcune versioni intitolano «la preghiera nel Getsemani» (Mc 14,32-42 e par.). 94 Già Marco intona con forti accordi il tema della preghiera (cfr. T 1 9 ) ,95 Matteo lo dilata e lo approfondisce con due vistosi interventi redazionali (cfr. T 19: Mt 26,42.44) , e Luca lo porta addirittura alla forma compiuta96 (cfr. T 19: Le 22,39-46) . Con una aggiunta redazionale così consistente (cfr. riduzione

UN RACCONTO -TRE VARIAZIO NI SU LLA PREG HIERA Mt

26

Mc 14

36 ARRIVO AL GETS.

32 ARRIVO AL GETS.

37-41 - SCELTA DEI TRE

33-38 - SCELTA DEI TRE

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41-42 - 3' RITORNO - PARTENZA

T 19

93 La parenesi spicca in primo piano soprattutto nel lavoro redazionale di Luca (cfr. Schneider, Passion, 132) 94 Cfr. Sorger, Bibel, 133- 136. 95 Si osservi la preghiera di Gesù al centro della pericope (vv. 35s.), subito dopo l'esorta­ zione alla preghiera (v. 38) , come pure l'accenno alla ripresa della preghiera da parte di Gesù. 96 Cfr. Schnackenburg, Person, 236-244.

A. LA QUESTIONE DELLE FONTI

dell'insieme, montaggio trasparente, abbandono del materiale precedente e al­ lestimento del nuovo) che Grundmann ipotizza addirittura che l'evangelista segua qui una sua propria tradizione,97 Luca dà al racconto una nuova confi­ gurazione, ma in essa e con essa anche una forza espressiva a cui il lettore, se ha appena un po' di sensibilità, non può sottrarsi: + «Pregate per non entrare in tentazione» si legge già all'inizio, al v. 40b. E il versetto finale 46 suona così: «Alzatevi e pregate, per non entrare in tenta­ zione» (anche su questo punto allontanandosi da Marco) . In un appello ripe­ tuto due volte, che racchiude la pericope come un fermaglio, Luca esorta nel modo più incalzante alla preghiera. + Preghiera: è essenzialmente colloquio con un Tu amante. È quanto insi­ nuano tutt'e tre gli evangelisti introducendo unanimemente la preghiera di Gesù con «Abba, Padre» (Mc 14,36) , « Padre mio» (Mt 26,39) e «Padre» (Le 22,42) . Sullo sfondo brilla in maniera inconfondibile il «Padre nostro » (Mt 6,9- 13 par. Le) . Oggetto di questo dialogo è la situazione concreta di sofferen­ za. La richiesta di allontanarla è legittima (Le 22,42a) , ma ogni preghiera cul­ mina alla fine con la frase «Non sia fatta la mia ma la tua volontà» (Le 22,42b) . Lo «spazio della preghiera» è la solitudine. Distanziandosi dal suo documento­ base (cfr. Mc 1 4,35: «un poco» ) , Luca sottolinea (Le 22,41 ) che Gesù si al­ lontana dai discepoli «Un tiro di sasso » . Normalmente nella tradizione ebrai­ ca si prega in piedi/8 invece il discepolo di Gesù piega le ginocchia. Così si de­ ve interpretare almeno la variazione di Le 22,41b rispetto a Mc 14,35 (e il par. Mt) , secondo l'indicazione che viene anche da At 7,60; 9,40; 20,36 e 2 1 ,5, do­ ve «piegando le ginocchia» viene usato come formula tecnica. + Chiamati alla preghiera non sono soltanto - come in Marco e Matteo - i tre discepoli prediletti Pietro, Giacomo e Giovanni (Mc 14,33s.) , che secondo la presentazione di Marco e Matteo accompagnano Gesù fino in fondo al giar­ dino; lo sono invece tutti i discepoli (Le 22,39s.) , e in loro vengono interpel­ lati tutti i membri della comunità senza eccezione. + Tutti sono minacciati dal «peirasmos» (Le 22,40b.46b) , che viene gene­ ralmente tradotto con « tentazione» . Luca inserisce questa voce, a differenza della sua fonte, e lo fa due volte, dando a intendere che egli considera come una minaccia la situazione di difficoltà. Non dice a quali difficoltà concrete egli pensi quando usa «peirasmos» , ma da Le 22,28 e At 20, 1 9 si può desumere 99 97 Cfr. Grundmann, Lukas, 4 1 1 . Ma, d'accordo con Schneider, bisogna partire dal fatto che Luca «racconta in modo nuovo la scena sulla base di Mc 14,32-42» . 98 Cfr. Billerbeck I I 259. 99 Cfr. Bòsen, Jesusmahl, l36s.

II. I Vangeli come fonti decisive

che non si tratti soltanto della «prova escatologica dei discepoli» 100 e ancor meno di tentazioni sessuali. Luca pensa a qualcosa di vicino nel tempo e nel­ la realtà. A minacciare la sua comunità sono le difficoltà quotidiane: all'interno della comunità la delusione, lo scoraggiamento, la rassegnazione, all'esterno le persecuzioni, gli ostacoli, e le ostilità da parte degli avversari. In tutte queste difficoltà i discepoli di Gesù devono cercare aiuto nella preghiera. + Se ascoltiamo la critica testuale, i vv. 4 3 e 44 non appartengono al testo originario. K. e B. Aland vi leggono «una tradizione antica, che risale al se­ condo secolo o . . . forse ancora più indietro» . 10 1 Comunque sia, chi li ha scritti dimostra un grande fiuto per la sensibilità e lo stile di Luca. Alla domanda eterna sull'efficacia della preghiera egli risponde con la prospettiva caratteri­ stica di Luca: in forza della sua insistente preghiera (v. 4 1s.) Gesù sperimenta l'apparizione di un angelo che lo conforta, che gli dà anzi una forza tale da renderlo capace di sopportare l'estremo (v. 43) : « . Caratteristica di questo calendario è che le feste all'interno dei giorni della settimana variano di anno in anno. Così la festa pasquale vie­ ne sempre celebrata il l S di Nisan ma non sempre lo stesso giorno della setti­ mana. Il calendario solare sacerdotale, che gli esseni seguono (su questo non v'è al­ cun dubbio) , 10 è strutturato in maniera rigorosamente matematica: l'anno con­ ta 364 giorni, esattamente 52 settimane di 7 giorni. A differenza del calenda­ rio lunare, tutte le feste ricorrono sempre lo stesso giorno della settimana, mai però di sabato. Così, per esempio, il pasto pasquale viene celebrato sempre la sera del martedì, la festa delle capanne, la terza grande festa del pellegrinaggio in autunno, di mercoledì.1 1 aa) Armonizzazione della cronologia neotestamentaria e ricomposizione della successione degli avvenimenti Se si inserisce l'osservazione sui due diversi calendari nelle riflessioni sul­ le diverse datazioni dei quattro evangelisti, si ottiene automaticamente la se­ guente soluzione (cfr. T 29) : • Gesù celebra effettivamente, come raccontano Marco, Matteo e Luca, un pasto pasquale, non però secondo il calendario lunare ufficiale ma secondo il

7 H. Stegemann, Ein neues Bild des ]udentum zur Zeit ]esu. Zum gegenwartigen Stand der Qumran- und Essener-Forschung, in: HerKorr 4 (1992) 175-180, qui 179.

8 A sostenere l'esistenza di un quartiere degli esseni nella parte sud-occidentale dell'anti­ ca Gerusalemme è P. Bargil Pixner (OSB), Benediktiner auf dem Sion (cfr. T 51). 9 Filone d i Alessandria, Apologia pro Iudaeis, l ; cfr. anche Beli II 8,4. 10 Dimostrato, tra l'altro, dal fatto che i libri dei Giubilei, di Enoch, del Rotolo di Damasco che riportano il calendario non ufficiale sono stati spesso trovati a Qumran (cfr. Maier­ Schubert, Qumran-Essener, 54; Stegemann, Neues Bild, 177; Berger, Qumran, 53. 133). 11 Cfr. Ruckstuhl, Chronologie, 75; Maier-Schubert, Qumran-Essener, 1 23.

II. Preparazione alla Pasqua (14 Nisan) o Pasqua (15 Nisan)?

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I SINOTTICI E GIOVANNI HANNO RAGIONE

14 NISA� MARTEDI 15 NISAN MERCOLEDÌ 16 NISA� GIOVE DI 17 NISA� VENERDI

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GIORNO DELLA SEffiMANA

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T 29

calendario solare sacerdotale. Dal momento che, secondo questo calendario, la pasqua cade sempre il terzo giorno della settimana (il martedì) , Gesù «siede a tavola» con i Dodici già nella notte tra il martedì e il mercoledì «simultanea­ mente alla comunità essenica di Gerusalemme» , 12 e non la sera del giovedì, come si è finora commemorato liturgicamente nella celebrazione del Giovedì santo. 13 Ma anche Giovanni ha ragione. Quando egli scrive che Gesù muore du­ rante la Preparazione della Pasqua, in questa sua esposizione egli segue il ca­ lendario lunare ufficiale, secondo cui la Pasqua dell'anno non ancora appura­ to cade di sabato. + jaubert sintetizza in questa frase il risultato delle sue riflessioni: «Gesù ce­ lebra la Pasqua secondo l'antico calendario sacerdotale. Arresto nella notte tra martedì e mercoledì. Gesù muore il venerdì 14 di Nisan durante la Prepara­ zione della Pasqua secondo il calendario ufficiale» . 14 Secondo questi calcoli, ambedue le datazioni evangeliche sono corrette; la loro differenza dipende dal fatto che gli evangelisti nell'atto della stesura hanno sott'occhio due diversi calendari.

12 Ruckstuhl, Chronologie, 100. 1 3 Testimoniato già dalla monaca spagnola Egeria (attorno al 400 d.C.) (cfr. Jungmann, Karwoche, in: LThK VI 6). 1 4 jaubert, op. cit., 107.

Ancora un altro problema sembra trovare soluzione se si accetta la for­ mula dei due calendari. Negli studi esegetici si fa continuamente riferimento alla successione molto stipata degli avvenimenti nei racconti biblici. Nel qua­ dro di 24 ore si concentrano otto «episodi» in più o meno rapida successione: un pasto pasquale di più ore, il cammino verso il Getsemani, l'agonia e l'arresto in questo luogo, diversi interrogatori da parte del tribunale ebreo, il processo da­ vanti a Pilato, la via crucis e l'esecuzione sul Golgota, la morte e la sepoltura sul posto. Gli avvenimenti si accavallano e portano a una condensazione proble­ matica. Il problema si risolve se accettiamo l'ipotesi dei due calendari. Infatti se Gesù celebra la sua ultima cena già nella notte dal martedì al mercoledì e muo­ re soltanto il venerdì, si apre uno spazio di tre giorni, lungo il quale le otto sce­ ne possono essere distribuite facilmente e con «interspazi» sufficienti 1 5 (cfr. T 30) . Per lo studioso cattolico del Nuovo Testamento E. Ruckstuhl, che da su­ bito ha accettato la tesi di jaubert e ancor oggi la difende coerentemente, 16 c'è ben «poco spazio di dubbio sul fatto che gli episodi della passione di Gesù siano durati più di un giorno» . 17 •

bb) Nessuna possibilità per l'ipotesi dei due calendari Dopo una fase di adesione entusiasta/8 la proposta di soluzione di jaubert si imbatte ben presto nella critica. jeremias, secondo il giudizio di Trilling « uno dei migliori conoscitori della materia» /9 constata laconicamente nel 1962: «Non posso che considerarla una fantasia» . 20 A questa sua valutazione si associano esegeti famosi come H . Braun, j . Blinzler, P. Benoit, E. Lohse, O. Betz, J. Maier, G . Schneider e altri. 21 R. Schnackenburg chiama l'ipotesi «mol­ to problematica»,22 il noto studioso di giudaismo K. Schubert riassume il pro­ prio giudizio in questa frase: «Quest'argomentazione, per quanto affascinante, non è convincente» . 23 Questa valutazione critica non è stata a tutt'oggi abban15 16 17 18

Cfr. Ruckstuhl, Chronologie, 54. Cfr. Ruckstuhl, Chronologie, 1963; Id. , Zur Chronologie, 101-139.141-184. Ruckstuhl, Chronologie, 54. Al di fuori di Ruckstuhl, sono pochi oggi gli esegeti di lingua tedesca che aderiscono al­ la soluzione dei due calendari; tra questi Pixner, Wege, 2 1 1.222s.; Buhlmann,jesus, 1 14s.; du­ bitativo Riesner, in: GBL III 1 109. 19 Trilling, Fragen, 127. 20 Jeremias, Abendmahlsworte, 19. A.B. du Toit nel medesimo anno chiama l'ipotesi «più geniale che convincente» (Abendmahl, in: BHH 17). 21 Cfr. l'indagine accurata e ancora valida di Braun, Qumran, II 43-54.85-1 18; Lohse, Geschichte, 48ss.; Blinzler, Qumran-Kalender, 108-123; Schneider, Passion, 38. 22 Schnackenburg, johannes, III 41. 23 Maier-Schubert, Qumran-Essener, 123.

m

II.

Preparazione alla Pasqua (14 Nisan) o Pasqua (15 Nisan)?

UNA SU CCESSIONE DEG LI EVENTI RICOMPOSTA

CRONOLOGIA DI TRE GIORNI A. JAUBERT

CALENDARIO degli esseni ·-- - - · · - - ··-.

• • •

PASTO PASQUALE G ETSEf'IANI DAVANTI A D A N N A

ORE 6

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• PROCESSO DEL SINEDRIO • CONTATIO CON PILATO .. ... .. ..

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ORE 18

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GIORNO DELLA SETIIMANA VENERDÌ ·

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ORE 6

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ORE 18

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N E L CARCERE R01-"tANO

ORE 6



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ORE 18

ORE 18

* 1 o giorno (12 Nisan secondo il calendario ufficiale, 15 Nisan nel calendario esse­ no): alla sera, presumibilmente nel quartiere esseno di Gerusalemme, celebra la ce­ na pasquale - dopo mezzanotte usdta verso il Getsemani (preghiera agonizzante, arresto) - nella notte procedimento da Anna e rinnegamento di Pietro - al matti­ no primo dibattimento davanti al Sinedrio - da mezzogiorno fino a sera tempo suf­ ficiente per preparare con tutta accuratezza il processo contro Gesù da presentare al procuratore romano e con lui concordare il dibattimento del caso davanti al suo tribunale. ...

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* 2° giorno (13 Nisan secondo il calendario ufficiale, 16 Nisan nel calendario esseno): alla sera, probabilmente nel quartiere esseno di Gerusalemme, celebrazione della ce­ na pasquale - dopo mezzanotte usdta verso il Getsemani (preghiera agonizzante, arresto) - nella notte procedimento da Anna e rinnegamento di Pietro - al mattino pri­ mo dibattimento davanti al Sinedrio - da mezzogiorno fino a sera tempo suffidente per preparare con tutta accuratezza il processo contro Gesù da presentare al procura­ tore romano e con lui concordare il dibattimento del caso davanti al suo tribunale. * 3° giorno (14 Nisan secondo il calendario uffidale, 17 Nisan nel calendario esse­ no): alla sera, probabilmente nel quartiere esseno di Gerusalemme, celebrazione della cena pasquale - dopo mezzanotte usdta verso il Getsemani (preghiera ago­ nizzante, arresto) - nella notte procedimento da Anna e rinnegamento di Pietro ­ al mattino primo dibattimento davanti al Sinedrio - da mezzogiorno fino a sera tempo suffidente per preparare con tutta accuratezza il processo contro Gesù da presentare al procuratore romano e con lui concordare il dibattimento del caso daT 30 vanti al suo tribunale.

B.

L'ULTIMO GIORNO DI GESÙ : UNA CRONOLOGIA IN DISCUSSIONE

donata. Quasi a rappresentare tutti gli altri]. Gnilka formula: «Pur dando l'im­ pressione di una felice sorpresa, quest'ipotesi non riesce a convincere e può es­ sere considerata come liquidata » . 24 Delle molte considerazioni e obiezioni, ne rilevo tre: 25

l) Per gli esseni la faccenda del calendario costituisce «un problema essen­ ziale e decisivo » /6 mentre essa non sembra avere importanza alcuna per Gesù. 27 Sebbene egli «usi formule di grande mordente» , 28 non sfiora neppure questo tema; nel Nuovo Testamento «non c'è una sola parola di Gesù che ri­ guardi il calendario» . 29 Tutto induce invece a pensare che egli abbia adottato il calendario ufficiale. Quando va in pellegrinaggio a Gerusalemme per qualche festa (cfr. Gv 2,13 .23; 4,45: la pasqua di Nicodemo; Gv 5 , 1 : una festa anonima; Gv 7 ,l O . 1 4 .3 7: la festa delle capanne; Gv 10 ,22ss: consacrazione del Tempio) «non può essersi trattato che di giorni festivi del calendario ufficiale» .30 2) La assunzione del calendario festivo presupporrebbe che Gesù avesse un rapporto di amicizia con gli esseni, se non addirittura un'intesa profonda con loro. Secondo Ruckstuhl non si possono sottovalutare i punti in comune tra di loro: «Non è escluso che già i genitori di Gesù celebrassero a volte le fe­ ste ebraiche con gli esseni e non con la maggioranza del popolo» . 31 Queste e analoghe supposizioni 32 non possono essere cancellate, tutt'altro. Ma se si pre­ scinde da pochi punti di contatto, come per esempio nell'escatologia 33 e nella questione della proprietà/4 dopo più di 40 anni di indagine intensa si apre sempre più chiaramente un contrasto incolmabile; le differenze tra Gesù e gli 24 25 26 27 28 29

Gnilka , jesus, 281. Su Gesù e gli esseni cfr. in particolare Betz, Bedeutung, 54-64; Berger, Qumran, 57- 133. Maier-Schubert, Qumran-Essener, 123. Cfr. anche Berger, Qumran, 53.133. Cfr. Lohse, Umwelt, 80; Stegemann, Bedeutung, 14. Braun, Qumran, II 52. Maier-Schubert, Qumran-Essener, 123. 30 Blinzler, Prozess, 1 19 (corsivo dell'autore). A ragione Ritt, Pliidoyer, 189s. si chiede: «Perché il calendario solare degli ambienti qumranici dovrebbe essere stato preferito in que­ sto caso, quando ... negli altri passi del vangelo di Giovanni vale per le singole feste quello lu­ nare, calendario ebraico ufficiale? ». 31 Ruckstuhl, Chronologie, 102. 32 È pure sprovvisto di ogni valore il romanzo del giornalista francese G. Messadié, Un uo­ mo di nome Gesù (1989), il quale afferma che Gesù prima della sua comparsa pubblica avreb­ be soggiornato a Qumran e qui sarebbe stato « istruito» da Giovanni Battista. [autore si è ispi­ rato, per questa tesi fantasiosa, a Lapide, secondo il quale «il Nazareno con ogni probabilità ha trascorso una parte degli "anni nascosti" (tra i dodici e i trent'anni di età) a Qumran o in una delle comunità esseniche in città» (Id., Ist die Bibel richtig ubersetzt, 1986, 130). 33 Cfr. Braun, Qumran, II 90s. 34 Cfr. Braun, Qumran, II 97s.

II.

Preparazione alla _Pasqua (14 Nisan) o Pasqua (_l� N_�san)? _ _ _

esseni sono « fondamentali» . 35 Gesù ha certamente conosciuto questo gruppo interno al giudaismo, ma non ha più cercato di approfondire la comunione con essi in base a differenze di fondo in campo teologico e nell'ambito della prassi. « È del tutto inspiegabile perché i testimoni del Nuovo Testamento do­ vessero passare sotto silenzio una relazione di Gesù con gli esseni se essa ci fos­ se data » /6 dal momento che non vengono taciute le relazioni con i farisei, e neppure quella con Giovanni Battista, che costituiva per la chiesa primitiva un qualche problema. Bastino qui tre esempi per mostrare quale distanza abissa­ le si apra tra Gesù e gli esseni. + Rigida, anzi addirittura disumana appare la prassi essenica del sabato (cfr. T 3 1 . 1). 37 Secondo Giuseppe, «costoro [gli esseni] evitano di lavorare di sabato più scrupolosamente di tutti gli altri ebrei; perciò non solo preparano da mangia­ re il giorno prima, per non dover accendere il fuoco di sabato, ma il giorno di riposo non osano neppure spostare un vaso né fare i loro bisogni» 38 (Beli II 8,9) . Il Rotolo di Damasco vieta esplicitamente ai membri della setta non sol­ tanto offrire aiuto agli animali di sabato ma anche di aiutare un uomo caduto in una fossa, se per farlo è necessario un utensile (Dam XI, 13s. l 6s.). E Gesù? Gli evangelisti non lasciano alcun dubbio sul fatto che egli abbia diverse vol­ te trasgredito in maniera vistosa il comandamento del sabato 39 (cfr. T 3 1 . 1). In particolare gli esseni devono averlo vissuto come uno schiaffo in piena faccia quando egli guarisce di sabato dei malati la cui guarigione poteva essere facil­ mente differita di un giorno. Con una « formula radicalmente anti-essenica» 40 Gesù annuncia per ognuno che sia disposto ad ascoltarlo: « Il sabato è stato fat­ to per l'uomo, e non l'uomo per il sabato » (Mc 2,28 par.). + Qumran, e con esso gli esseni, si caratterizzano per la loro angustia setta­ ria e il loro oscurantismo di gruppo separatista (cfr. T 3 1 .2).41 Per paura del35 36 37 38

Landmann,jesus, 1 13. Blank,jesus, 103. Cfr. Berger, Qumran, 85s. Il fare i propri bisogni significa un doppio lavoro: ci si «svuota» in una buca poco pro­ fonda, che viene scavata con una piccola pala e poi ricoperta. Inoltre è usanza lavarsi alla fi­ ne, come se ci si fosse contaminati. 39 Cfr. Oberlinner, Todeserwartung, 162s.; Pesch, Taten, 28ss.; E. Haag, Sabbat, 1 25-137. Lohse raccoglie in una sola frase il risultato dell'esegesi biblica a tutt'oggi valido: «Fa parte dei tratti più sicuri della tradizione riguardante Gesù il fatto che già egli stesso e non soltanto la comunità primitiva abbia avuto conflitti con le prescrizioni ebraiche del sabato» (cfr. Id.,]esu Worte, 84). 40 Maier-Schubert, Qumran-Essener, 1 25. 41 Cfr. Betz, Bedeutung, 56s.; Berger, Qumran, 73-76.

CONTRASTI INSU PERABILI 1 .•• sul SABATO

1 ' GIORNO - DO M

ESSENI

3' GIORNO - MAR

ROTOLO DI DAMASCO

«Nessuno può dare assistenza di sabato a un parto animale. Se ha partorito in una fossa o in una cisterna, di sabato non lo si può tirar fuori» (XI. 13s.)

«Se un uomo vivo cade i n acqua o altrove, non lo si può tirar fuori con una scala, una fune o un altro attrezzo» (XI, 16s.)

«Non discutere e non litigare con gli uomini della corruzione. Occultare jl consiglio della.legg� . m presenza degh uomm1 dell'ingiustizia» (1 QS IX, 16s.) «Osservanza rigorosa delle regole di purità abluzioni frequenti» (Beli II 8,5. 7 .9.10)

1) I discepoli di sabato

strappano delle spighe per sfamarsi (Mc 2,23-28 parr.) 2) Gesù guarisce di sabato un uomo con la mano disseccata (Mc 3,1-6 parr.) 3) Gesù guarisce di sabato una donna curva (Le 13,10-17) 4) Gesù guarisce di sabato un idropico (Le 14,1-6) 5) Gesù guarisce di sabato un paralitico (Gv 5,1-8) 6) Gesù guarisce di sabato un deco nato (Gv 9,9-12)

Es 20,8-11 Dt 5,12-15

2... sulla purità cultuale «Nessuno mangi o beva qualcosa di loro proprietà né prenda alcunché dalle loro mani» (l QS V, 16)

GESÙ

2' GIORNO - LUN

PUBBLICANI

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Le 7,34

-......_ MALATI Mc 5

DONNE

Le 8,2-3

l

Adeglfianco i emargi delsuo temponati

POVERI Mc 6,34

\

PECCATORI Le 15,2

3... sull'amore al prossimo «(Compito dei membri della comunità è di) amare chi Dio ha eletto e odiare chi EGU ha ripudiato ... »

ODIO PER I N EMICI

« ... odiare tutti i figli delle tenebre, ognuno secondo la sua peccaminosità, nella vendetta di Dio ... » (1 QS l, 4.10, ecc.)

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STRANIERI Mc 7,24-30

-

PROSmUTE Le 7,37

«Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico»

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«Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,43-44}

T 31

II._Pr eya�a!_io� e �Ua_ Pasqua (14 _Nisan) o Pasqua_(15 ��s a!:�F _ _

l'impurità cultuale le regole della setta vietano nel modo più rigoroso ai suoi membri di accettare cibo o bevanda dagli esterni al gruppo ( l QS V, l 6), e non permette neppure di «intrattenersi con gli uomini della corruzione» (l QS IX, l 6s.). Anche su questo punto Gesù appare su una «Sponda» diversa, del tutto opposta a quella di Qumran. Chi lo cerca nella stratificazione sociale del suo tempo, lo trova per lo più e soprattutto al margine estremo della società ebrai­ ca, in mezzo a coloro che sono letteralmente gli emarginati: è l'amico dichia­ rato di pubblicani e peccatori, di malati e poveri, di donne e stranieri (cfr. T 3 1 . 2) . Per renderli partecipi dello shalom del regno di Dio alla fine dei tempi, siede a tavola e mangia con loro: un'idea che per tutti gli esseni non poteva che essere un orrore. La comunità dei discepoli di Gesù rimane aperta a tutto Israele, «perché Gesù vedeva in essa la prefigurazione dell'intero Israele, che sarebbe un giorno appartenuto al regno di Dio».42 + Gesù e gli esseni si trovano inconciliabilmente agli estremi opposti anche nell'ambito dell'etica (T 3 1 .3). Nella sesta e penultima antitesi del Discorso della Montagna Gesù esclama: «Avete inteso che fu detto "Amerai il tuo pros­ simo e odierai il tuo nemico"; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori» (Mt 5,43s.). 43 Si è rimasti a lungo perplessi di fronte alla prima metà di questo detto di Gesù , perché in nessun passo dell'Antico Testamento e neppure negli scritti fariseo-rabbinici è dato trovare un coman­ damento dell'odio al nemico; al contrario, l'Antico Testamento presenta espres­ samente in più testi l'amore ai nemici: 44

«Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino disperso, glielo dovrai ricondurre. Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo» (Es 23, 4s.). «Il forestiero dimorantefra di voi lo tratterete come colui che è nato fra di voi. Tu l'amerai come te stesso» (Lv 1 9,34). «Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico, e non gioisca il tuo cuore quan­ do egli soccombe» (Prv 24, 1 7). «Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare; se ha sete, dagli acqua da bere» (Prv 25,21). Un appello all'odio dei nemici è estraneo all'Antico Testamento, ma lo si tro­ va invece di frequente negli scritti di Qumran. Così nella Regola della setta leggiamo: « (È compito del membro della comunità) amare colui che egli (Dio) ha scelto o odiare colui che ha rifiutato » ( l QS 1 ,4) . E l QS 1 , 1 0 comanda di 42 Lohfink, Wie hat]esus, 40s.45s.86.88. 43 Cfr. Broer, Freiheit, 85-89; Merklein, Botschaft, 103- 1 14.1 14-122. 44 Cfr. Maier-Schubert, Qumran-Essener, 1 23.

«odiare tutti i figli delle tenebre» (cioè tutti coloro che non sono membri del­ la comunità) ; e all'odio del nemico esortano inoltre l QS 2,4s.; 8,6; 9,2 1 .45 Com'è invece diverso l'insegnamento di Gesù ! Nucleo e centro del suo mes­ saggio è l'amore: l'amore a Dio, l'amore al prossimo, l'amore al nemico. Come potrebbe coltivare relazioni con persone che predicano l'odio come gli esseni di Qumran? 3) Infine, anche l'argomento a favore della correzione della successione degli avvenimenti, a ben vedere perde la sua forza d'urto. Secondo jaubert, la sua cronologia distesa su tre giorni avrebbe a disposizione più tempo per un pro­ cesso in buona regola. Resta però da chiedersi se questa deprecabile fretta non sia stata proprio cercata da parte delle autorità ebraiche. Un tempo eccessivo sarebbe rischioso per il progetto dei sommi sacerdoti di eliminare Gesù , in quanto renderebbe possibili ricerche più accurate. Queste potrebbero anche ri­ sultare favorevoli a Gesù , e chiamare in campo anche le masse da ogni parte della Palestina, tra cui presumibilmente molti galilei. Come avrebbero reagito, nessuno lo ipotizza; che esse si schierassero a favore del profeta perseguitato non soltanto non può essere escluso, ma è addirittura probabile. Per cui la fretta fa parte con ogni verosimiglianza del calcolo tattico delle autorità.

1

l'ipotesi di Jaubert sui due calendari non riesce a spiegare i n mamera sodd1sfacente la contraddlZlone tra Smott1c1 e G10vanm. Il problema dunque rimane; l'u nico modo di risolverlo è di riconoscere che ci si trova di fronte a due tradizioni non armonizzabili, e di decidersi per una delle due.

I N SINTESI

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b) Verosimiglianza ridotta anche per i Sinottici La serie degli esegeti che scelgono la cronologia sinottica è lunga,46 e viene capeggiata dal noto teologo di Gottinga j. jeremias. Il suo saggio del l935, ri­ conosciuto a livello internazionale, segnò la ricerca per anni e anni: 47 il pro­ blema dell'ultimo pasto di Gesù apparve finalmente e definitivamente risolto a favore del pasto pasquale. Oggi però, dopo altri 60 anni di esegesi storico-cri­ tica, vale quanto già nel 1966 constatava Trilling: «Le dotte indagini di jeremias non sono riuscite a mettere fuori causa la concezione contraria» .48 Alcune analisi di storia della redazione arrivano persino a far vacillare nella lo­ ro forza dimostrativa i due più importanti argomenti. 45 Cfr. Braun, Qumran, n 95s.; Maier-Schubert, Qumran-Essener, l 23s.; Berger, Qumran, l l l. 46 Cfr. Schmid, Markus, 268-273; Patsch, Abendmahl, 35; Betz, Probleme, 572; Pesch, Markus, n 323-328; Holtz, jesus, l l6; Gnilka, Prozess, 37; ecc. 47 Cfr. jeremias, Abendmahlsworte, 35-56. jeremias raccoglie non meno di 14 argomenti a dimostrazione che l'ultimo pasto di Gesù è stato un pasto pasquale. 48 Trilling, Fragen, 1 29.

'''i'iof'ffiu'·'f''dikW'tJUff"''ikMLJI'b'·'M + Il racconto della preparazione del pasto pasquale (Mc 14, 12- 1 6 par.), che appartiene ai documenti decisivi a favore del pasto pasquale, è tardivo e se­ condario dal punto di vista della storia della tradizione, 9 mentre dal punto di vista della critica letteraria presenta una stretta connessione con la ricerca del­ la cavalcatura per l'ingresso a Gerusalemme (Mc 1 1 , 1 -4) . «Le concordanze più vistose - tutti gli incisi nei vv 13a. l4. 16 concordano alla lettera con 1 1 , 1 .2.3.4.6 -» alludono secondo Ernst a un «modello di fondo comune, che porta l'impronta della predizione profetica ( l Sam l O, 1- 20; l Re 17 ,8- 16; 2 Re 1 ,3s.; l Re 10 [ LXX] ) » .50 «Dal momento che tutto l'episodio manca anche in Giovanni» - così Schweizer - «non si può evitare la conclusione che si tratti di una pagina formatasi più tardi, composta sul modello di 1 1 , lss. come intro­ duzione ai vv 1 7ss. o a un'altra descrizione del pasto» . 5 1 Il racconto è decisa­ mente comandato da una finalità teologica, e vuole presentare Gesù come co­ lui che sa prevedere profeticamente il futuro. Il pasto pasquale serve all'evan­ gelista esclusivamente come mezzo per raggiungere un fine.

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.

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+ Le 22,15, il secondo testo-documento, viene redatto da Luca - com'è pos­ sibile dimostrare52 - sulla scia della sua concezione personale del pasto, in continuità con Le 22, 16- 18, per creare in questo «pasto pasquale» ridisegna­ to una cornice e un punto di aggancio con la istituzione dell'eucaristia che se­ gue immediatamente (Le 22,19-20) ; 53 quell'istituzione che negli altri tre autori - Marco, Matteo e Paolo - è come una costruzione artificiale «senza luogo » , sospesa nell'aria. Per l'idea della «Pasqua» al v. 1 5 l'evangelista ritrova la peri­ cope introduttiva di Mc 14, 1 2-16, e perciò la locuzione non ha alcun valore au­ tonomo di fonte. Con questo risulta chiaro che in se stesso l'ultimo pasto (cfr. Mc 14,22-25 par. l l Cor 1 1 ,23-26) non presenta riferimento alcuno al pasto pasquale. Il ri­ to del pane e quello della coppa si inseriscono interamente nel quadro di un pasto festivo ebraico,5.. le parole sul pane e sulla coppa non si riferiscono a ele­ menti specifici del pasto pasquale come l'agnello, i pani azzimi, le erbe amare: pane e vino sono gli elementi che compongono qualunque pasto festivo. 55 « È ben difficile pensare che la mancata menzione dell'agnello sia un puro caso » .56

-19 Cfr. Schnackenburg, Johannes, Ill 42. 50 Ernst, Markus, 407, rifacendosi a Gnilka, Markus, II 232ss. 5 1 Schweizer, Markus, 169. 52 Cfr. Bosen, Mahlmotiv, 95-1 10. 53 Cfr. a questo proposito Bosen,]esusmahl, 19-36.37-70.71-77. 5 Cfr. Roloff, Neues Testament, 216. 55 Cfr. Roloff, Neues Testament, 216. 56 Reicke, Zeitgeschichte, 135.

..

1.

L:ultimo pasto di Gesù viene chiaramente riplasmato i n pasto pasquale soltanto i n u n m omento successivo. I redattori re­ sponsabili di questa trasformazione, Marco o la comunità, hanno probabi lmente volu­ to dire che il pasto eucaristico va i nteso fin dall'inizio come il n uovo pasto pasquale, i n cui Gesù, il vero agnello pasquale, sostituisce quello dell'antica Pasqua.

IN SINTESI

c) Argomenti favorevoli a Giovanni Dopo il risultato negativo riguardante i sinottici e la loro datazione, tutta l'attenzione si fissa su Giovanni. Non dimentichiamo che in ben tre ( ! ) testi egli indica esplicitamente il giorno dei preparativi per la Pasqua come il venerdì del­ la morte di Gesù (Gv 18,28; 19, 14.2 1 ) . La situazione testuale è così chiara ed evidente che non dovrebbero proprio esservi dubbi. A generare incertezza ci pensa però un vecchio pregiudizio, secondo il quale Giovanni è tra i quattro evangelisti il teologo, guidato nel redigere il suo vangelo da interessi più teo­ logici che storici. Se egli allora scrive di preparativi per la Pasqua, questo rife­ rimento non può che avere un significato più profondo, simbolico: «Si dice so­ litamente: egli ha voluto presentare Gesù come il vero agnello pasquale, che è morto in croce alla stessa ora in cui gli agnelli di Pasqua venivano immolati nel Tempio».57 Ora, se è innegabile che il quarto evangelista ha uno spiccato interesse teo­ logico, è altrettanto indiscutibile, stando alle ricerche soprattutto di C.H. Dodd,58 che nella sua storia della Passione egli testimonia un forte interesse per i fatti storici, nonché per i problemi di ordine giuridico. Soprattutto, ci sor­ prendono sempre di nuovo nel quarto vangelo le conoscenze riguardanti i luo­ ghi,59 come pure la familiarità con le feste ebraiche. Se è vero che non è lecito formulare un giudizio d'assieme senza accurate analisi di dettaglio, non è me­ no vero che dalla molteplicità dei dati topografici e cronologici si possono trarre molti elementi utili: l'ancoraggio degli episodi da narrare nello spazio e nel tempo è importante per l'evangelista. Qui egli supera in fedeltà quanto gli è stato trasmesso dalle proprie fonti. Da una fonte a lui propria, sconosciuta ai sinottici, derivano anche con ogni verosimiglianza i nostri tre testi, che sono al corrente del giorno dei preparativi per la Pasqua come giorno della morte di Gesù. Che per la sensibilità dell'evangelista questi dati abbiano successiva­ mente sollecitato anche un'interpretazione teologica di Gesù è più che ovvio. Si può qui vedere chiaramente che Giovanni interpreta un dato da lui già co57 Schnackenburg, Johannes III 42. 58 Cfr. in particolare C H. Dodd, Historical Tradition in the Fourth Gospel, Cambridge 1963. 59 Cfr. Schwank, Ortshenntnisse, 436ss.; Ritt, Pladoyer, 183-190. ,

'''i'H'fH"'·ii'1Difi.'l'"*f'·'Pik@i'f1t'h'·'M nosciuto, e non viceversa che egli inventi un dato per poterlo interpretare.

Prima c'è il dato temporale, poi viene l'interpretazione. 60 La preparazione alla Pasqua come giorno della morte di Gesù viene confer­ mata tra l'altro 61 anche dagli eventi che sul piano storico diventano verosimi­ li anche a proposito del problematico venerdì. Essi sono, sia nei particolari come nel loro insieme, «ben difficilmente conciliabili con le indicazioni ebrai­ che sul giorno di festa» .62 Sia l'arresto di Gesù da parte di soldati ebrei, sia il suo interrogatorio di notte da parte dei sommi sacerdoti come pure da parte del si­ nedrio al mattino, urtano contro tutte le regole della festa di Pasqua, e mal si concilierebbero con la Legge anche le attività di accusatori davanti a Pilato nonché di testimoni della esecuzione capitale e della morte di Gesù. Tutto sommato, della vera e propria giornata festiva non sarebbe rimasto all'autori­ tà neppure un'ora di gioia senz'ombra: anche durante il pasto pasquale di quat­ tro ore avrebbero dovuto occuparsi dell'arresto di Gesù.

1.

La qualità dei dati topografici e cronologici del IV vangelo, insieme con il presumibi le svolgersi delle vicende, suggerisce di dare la preferenza alla cronologia di Giovan ni rispetto a q uella dei sinottici, conside­ rando la prima più verosimile, 63 o per Blank addirittura quella giusta senz'ombra di dub­ bio. 64 Interessante ma di scarsa rilevanza è il fatto che questa datazione sembra sia sta­ ta accolta all'interno della Chiesa al più tardi all'inizio del III secolo. 65

IN SINTESI

6° Così pure Schnackenburg, johannes, III 42. 61 Ci si rifà molto spesso alla tradizione ebraica nel Talmud, la quale racconta che Gesù sa­ rebbe stato impiccato il giorno dei preparativi alla Pasqua (cfr. Schneider, Passion, 38). Ma co­ me abbiamo mostrato sopra, questa baraita non ha alcun valore documentario. 62 Friedrich in: BHH II 861 ; cfr. anche Schneider, Passion, 38; Blank, johannes, 4/2 2 1 . 63 Per la cronologia giovannea vedi tra altri Klausner, ]esus, 478; Blinzler, Prozess, 229; Reicke, Zeitgeschichte, 134; Friedrich,jesus Christus, in: BHH II 861 ; Schnackenburg,johannes, III 39-43; Blank, ]ohannespassion, 154 A 15; Schneider, Passion, 38; Strobel, Stunde, 43.97; Ogg, Chronologie, in: GBL I 241 ; ecc. 64 Cfr. Blank, ]ohannespassion, 154 A 15. 65 Cfr. Ogg, Chronologie, 241.



III. tANNO 30 D.C. COME ANNO PROBABILE DELLA MORTE DI GESÙ In che anno è morto Gesù? Nella rivista di divulgazione scientifica « Museion 2000 » il direttore Strauli è sicuro che si tratti dell'anno 28 secondo il calendario di Giulio Cesare allora in vigore; 1 secondo Ogg la crocifissione de­ ve aver avuto luogo «dopo la morte di Seiano nell'ottobre del 3 1 , dunque non prima del 3 2 » ; 2 Reicke ritrova in alcune date storiche «dei punti di riferimen­ to a favore del 33 d.C. al più presto» 3• Bastino questi tre esempi per mostrare come la discussione oscilli tra risultati estremi. Essi invitano alla cautela, 4 ma d'altra parte anche al tentativo di precisazione, che è legittima nella misura in cui se ne possa cogliere la verosimiglianza. Secondo calcoli dell'astronomia, che non sono peraltro indiscutibili per la fonte da cui provengono, il 14 Nisan, che abbiamo adottato con Giovanni co­ me la data più probabile della morte di Gesù , nel tempo in cui Pilato è procu­ ratore, quindi negli anni 26-36 d.C., ricorre di venerdì soltanto negli anni 30 e 33 d.C. 5 A una precisazione ulteriore contribuisce Le 3 , 1 , un sincronismo in­ trodotto ad arte,6 in cui Schmid vede «l'unica data esatta nei vangeli» .7 Se le in­ dicazioni qui riportate sono esatte, il Battista inizia la sua predicazione di pe­ nitenza al Giordano «il 15° anno di governo dell'imperatore Tiberio» (Le 3,la) . A seconda che si segua il calcolo siriaco o quello romano, il fatto accade nel­ l'anno 27/28 o nel 28/29 d.C.8 (cfr. T 32). Ora, Gesù è in stretto rapporto con il Battista. Tutt'e quattro gli evangelisti riportano che egli, come molti suoi contemporanei, scende nell'avvallamento del Giordano (Mc 1 ,5 par. Mt) e si fa perfino battezzare da lui (Mc 1 ,9- l l par. ; Gv 3,2 1 ) , per tornare subito dopo, al termine di un soggiorno di 40 giorni nel deserto (Mc 1 , 1 2 par.), in Galilea e iniziare la predicazione del suo messaggio sulla vicinanza del regno di Dio. Se partiamo dal presupposto che ciò avviene all'inizio dell'attività del Battista, l'inizio dell'attività di Gesù va posto, secondo il calcolo siriaco del tempo, alla fine del 27/inizio del 28 d.C., secondo quello romano un anno dopo, fine 28/inizio 29 (cfr. T 32) . Per calcolare l'anno della morte di Gesù non si deve ora fare altro che ag­ giungere il tempo della sua attività (cfr. T 32). 1 2 3 4 5 6 7 8 . ,

Strauli, Herkunft und Bedeutung unseres Kalenders, in: Museion 2000, 4 (1991) 17. Ogg, Chronologie, in: GBL I 241 . Reicke, Zeitgeschichte, 136. Cfr. Gnilka jesus, 3 16. Cfr. Ruckstuhl, Chronologie, 15; Ogg, Chronologie, in: GBL I 241. Cfr. Bòsen, Gali!aa, 135-137. Schmid, Lukas, 94. Cfr. Bòsen, Galilaa, 136 (compendio grafico) . ,

Le 3 , 1 COME AIUTO PER CALCOLARE LA DATA DELLA MORTE DI GESÙ CALCOLO DEL TEMPO

�IE�lÙJ

1' ANNO

2' ANNO

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1' ANNO

147 APRILE NISAN

143 APRILE NISAN

+-

147 APRILE NISAN

-----------

+---------------------------

-----------------------------

-+

143 APRILE NISAN T 32

Solo che su questo punto gli evangelisti non vanno d'accordo. Se per i si­ nottici essa si protrae solo per un anno, per Giovanni abbraccia dai due ai tre anni. 9 Il più vicino alla realtà storica è il quarto evangelista, soprattutto se si as­ sume con lui che Gesù ha battuto diverse volte la strada dalla Galilea a Gerusalemme, per predicare anche in quest'ultimo luogo. Se ora, nel nostro ab­ bozzo grafico, si prolunga la «lista di Gesù» attorno ai due/tre anni (cfr. T 32), nella metà a sinistra (siriana) si trova il 14 Nisan (7 aprile) del 30 d.C. dopo due anni e mezzo, in quella destra (romana) già dopo un anno e mezzo. È quindi valida la tesi di G. Friedrich: « Se Gesù è morto di venerdì, il 14 Nisan, non può essere stato che il 7.4.30, dal momento che in questa data la prepara­ zione della festa di Pasqua è caduta di venerdì» . 10 11 14 Nisan ( 3 aprile) del =

9 Il problema verrà trattato dettagliatamente in una ricerca successiva. 1° Friedrich, jesus Christus, in: BHH II 86ls. A favore dell'anno 30 d.C. anche Trilling, Fragen, 7 1 ; Kuhn, Kreuzesstrafe, 709; Gnilka, jesus, 316: «attorno all'anno 30».

33 d.C., la seconda data indicata dagli studi astronomici, perde ogni probabi­ lità dentro questo calcolo, anche a prescindere interamente dal fatto che si ipotizzi un tempo di attività di Gesù più breve o più lungo (cfr. T 32).

1

Nel prosieguo della nostra i ndagine partiamo dunque dal pre. supposto che Gesù è morto il venerdì 14 Nisan, giorno della pre­ parazione della Pasqua, del 30 d.C., appena tre o quattro ore prima del solenne pasto se­ rale della Pasqua. Delle diverse date possibili ci sembra questa la più probabile. 11 Se si è d'accordo che Gesù è nato tra il 5 e il 7 a.C., alla sua morte il 7 aprile del 30 d.C. ave­ va dai 35 ai 37 anni.

IN SINTESI

11 Trilling parla di «una percentuale considerevole di probabilità» (Fragen, 71) .



Gerusalemme : venerdì 1 4 Nisan dell'anno 30 d. C . Lo scenario dell'ultimo giorno di Gesù è Gerusalemme. Il suo nome è non da oggi noto in tutto il mondo. Plinio il Vecchio (t 79 d.C.) la chiama - pur senza indicare la propria fonte - «la città di gran lunga più famosa non solo della Giudea ma dell'Oriente» . 1 E che egli non stia esagerando è confermato da ricerche di un secolo, i cui risultati in campo archeologico, sociologico, eco­ nomico riempiono quattro volumi. 2 Qui ci limitiamo a rendere conto, e in for­ ma concisa, di quegli aspetti che ci servono a disegnare il fondale informativo per l'ultimo giorno di Gesù; 3 per quanto attiene a una informazione dettaglia­ ta su Gerusalemme, anche come luogo dell'attività di Gesù, rimandiamo a una ricerca successiva.

1 Cfr. Naturalis Historia, 37B: « .. .in qua fuere Hierosolyma longe clarissima urbium orien­ tis, nonjudeae modo ... ». È noto che Plinio attinge volentieri a fonti secondarie. 2 Cfr. a questo riguardo Dalmann, Orte, 286-402; Daniel-Rops, Umwelt, 85-102; Wilkin­ son, Jerusalem, 1978; Otto, ]erusalem, 1 27-148; Mackowski, Jerusalem, 1980; Mazar, Berg, 183-210; Avigad,]erusalem, 1983; Ben-Dov, Shadow, 73-183; Bahat, Atlas, 54-57; Stambaugh­ Balch, Umfeld, 9 1-93. 3 Alle domande, per noi importanti, sul «volto», sulla grandezza, sugli uomini di Gerusa­ lemme, gli evangelisti non rispondono o lo fanno con indicazioni scarse, perché considerano irrilevanti i dati-quadro oppure non li conoscono più.

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l. UNA CITTÀ CON TRE VOLTI l. Una fortezza difesa da una torre

Da qualunque parte ci si avvicini alla elevata città dei due colli (cfr. Beli V 4, 1 ) , questa si presenta come una robusta fortezza. Possenti costruzioni di di­ fesa la circondano su tutti i quattro lati per una lunghezza di 4,5 km; nel 70 d. C. 15 .000 soldati impiegarono attorno ai 1 00 giorni per espugnarla. Queste mura sono rafforzate da 74 torri massicce, a distanza di 90 metri una dall'altra, alte 18 metri quelle sul pendio della montagna, di altezza doppia quelle negli avvallamenti. Iaccesso all'interno è costituito da sette o otto porte principali e da un numero sconosciuto di porte accessorie. Limmagine della città difesa da mura e da torri riempie di stupore anche il sobrio Tacito (55- 120 d.C.), che af­ ferma con entusiasmo: «Stupenda visione! » (Historiae V 1 1) . Di questo splen­ dore non è rimasto nulla. I muri impressionanti della odierna Città vecchia da­ tano soltanto dal XVI secolo, e hanno poco, se non nulla, in comune con la for­ tificazione della Gerusalemme erodiana, sia quanto al tracciato che quanto al­ l'allestimento. 2 . Una kasba orientale Si è conservato fino ad oggi nel bazar della Città vecchia, almeno nei de­ positi, quello che può essere presentato come il secondo «volto» della Gerusa­ lemme di Gesù. + Sul promontorio a sud-est, nella cosiddetta città inferiore (cfr. T 33) si accatastano come in una kasba orientale piccole case, per lo più monolocali, dalla pietra calcarea grezza e con tettoie di argilla e sterpi, accostati e sovrap­ posti. Ogni spazio disponibile è prezioso e viene di fatto utilizzato in molti modi. Qui si vive e si lavora, qui si fanno gli affari. Non c'è posto per un giar­ dino, in pochi cortili basta appena per un albero di fico. Invece che strade, vi sono vicoli stretti e scalinate. Il groviglio di case sul profondo sperone di roccia nella zona sud-est, dove d'estate il calore staziona come in un forno, è l'habitat dei ceti inferiori.1 Vi ap­ partengono vecchi, malati, disoccupati, lavoratori alla giornata, e i molti che da anziani sono venuti da qualsiasi posto della diaspora nella «città santa» per morirvi. Tutti costoro vivono prevalentemente o interamente dell'aiuto di al1 Cfr. jeremias,jerusa!em, 124-135; Stambaugh-Balch, Umfeld, l08s.

I. Una città con tre volti

T 33

Gerusalemme ai tempi di Gesù

In primo piano, su una piccola e sottile lingua di roccia, limitata a est dalla valle del Cedron e a ovest dalla valle del Tiropeion, si trova ai tempi di Gesù la città inferiore. Essa è dominata a nord dal tempio, lo splendido edificio fatto costruire da Erode I (374 a.c. ) e ammirato in tutto il mondo ellenistico. Al di sopra della città inferiore e del tempio si innalza a ovest, su un altipiano di pietra calcarea, la città superiore, un quartiere moderno in stile ellenistico, con strade a scacchiera e piazze, con un tea­ tro, un ginnasio e molti palazzi. Supera tutti in splendore il palazzo di Erode all'an­ golo nord-occidentale, dove a partire dal 6 d.C. abitano i procuratori romani quando soggiornano a Gerusalemme; perciò va cercato qui il «pretorio» biblico, dove Gesù è stato condannato da Pilato. Nell'angolo sud-occidentale della città superiore potreb­ be aver abitato il gruppo degli esseni; ne sarebbe il segno una porta che secondo Giuseppe potrebbe essere stata la «porta degli esseni». Il quartiere più recente della città è costituito dai «mercati» a nord-ovest del tempio. Lì abitavano e lavoravano ai tempi di Gesù - come del resto anche oggi - artigiani e piccoli com mercianti. Nell'angolo nord-occidentale, tra la città superiore e i «mercati» è situato, in una vecchia cava di pietra, il Golgota, dove i romani crocifiggevano ribelli e criminali.

m

tri, sia dell'assistenza sociale, a cui ha diritto ogni ebreo a Gerusalemme, sia delle elemosine dei pellegrini che visitano il Tempio. + A presentare il carattere di una kasba sono pure i mercati (cfr. T 33) , che si estendono a ovest della parte superiore del Tempio. Qui, in questo quartie­ re protetto dal secondo muro, sono di casa artigiani e commercianti: Giuseppe nomina espressamente il mercato della lana, gli artigiani del ferro, e il merca­ to dell'abbigliamento (cfr. Bell V 8 , 1 ) . In piccoli negozi aperti sulla strada co­ storo lavorano e vendono i loro prodotti. Nessuno di loro possiede grandi ric­ chezze, ma almeno una sicura base di sussistenza; il loro numero a quel tem­ po era considerevole. Insieme con gli albergatori, i panettieri, gli artigiani ar­ tistici, i contadini, gli allevatori e altri, essi formano il ceto medio 2 della socie­ tà di Gerusalemme, e vivono tutti direttamente o indirettamente del tempio e dei suoi pellegrini (cfr. T 83) . 3 . Una città ellenistica Ciò che era stato cominciato dai Seleucidi, soprattutto con Antioco IV ( 175163 a.C.), all'inizio del II secolo a.C., lo porta a termine Erode (37-4 a.C.). J Nei 33 anni del suo governo Gerusalemme raggiunge uno splendore enorme, che ne fa - se dobbiamo credere a Plinio il Vecchio (t 79 d.C.) - la prima città dell'Oriente, superiore cioè a Damasco, a Gerasa, a Scitopoli, a Filadelfia (Amman) e a una dozzina di altre città della zona. Alla morte del re poco ama­ to, Gerusalemme dispone di tutti i tipi di edifici di cui si adornano le città el­ lenistiche. + Sebbene del tutto estranei allo stile ebraico di vita, ci sono a Gerusalemme un teatro (Bell IV 6,2) e un ippodromo (Bell II 3 , 1 ) . Mancano ancora delle trac­ ce archeologiche che possano aiutare a localizzarli, ma tutto sembra suggeri­ re che il teatro debba essere cercato sul pendio orientale del colle occidentale, l'ippodromo nel lembo più basso della valle centrale o Tiropeion. Attori greco­ pagani garantiscono in ambedue gli allestimenti un consistente programma culturale secondo lo spirito dell'ellenismo e nella lingua ufficiale universale della Koiné. + Sempre secondo Giuseppe (cfr. Bell V 4,4) , surclassa ogni descrizione il palazzo di Erode sul colle sud-occidentale (cfr. T 1 0 1 ) . Questo gigantesco qua­ drato di m. 300 x 1 20, che è difeso da un apposito muro ad anello, e a nord ad2 Cfr. jeremias, jerusalem , 1 14-124; Stambaugh-Balch, Umfeld, l l3ss. 3 Sulla ristrutturazione di Gerusalemme da parte di Erode cfr. A. Schalit, Konig Herodes. Der Mann und sein Werk, Berlin 1969, 365-397.

I. Una città con tre volti

dirittura da una cittadella a tre torri, è costruito sullo stile persiano-ellenisti­ co e custodisce all'interno delle proprie mura due grossi edifici con camere e sale per cento letti, molti padiglioni, saloni a colonne, cortili interni e boschetti con fontane e !aghetti. + Ma il punto centrale che irraggia su tutto è, nella Gerusalemme del Nuovo Testamento, il tempio restaurato da Erode. Costruito da re Salomone attorno al 950 a.C. (cfr. T 34) nella parte nord della città di Davide (cfr. l Re 5-9) , sulla roccia su cui Abramo stava per sacrificare il figlio Isacco (cfr. Gn 22) , e riedi­ ficato dai rimpatriati dall'esilio babilonese attorno al 5 1 5 a.C., con grandi sfor­ zi e sacrifici, in forma più modesta (cfr. Esd 3-6) , venne restaurato da capo a fondo da Erode (37-4 a.C.) con un lavoro decennale (dal 20/19 al 9 a.C.), 4 «con costi smisurati» (Bell I, 2 1 , 1 ) : «con una capienza molto maggiore e un'al­ tezza molto superiore» (Ant XV 1 1 , 1 ) , e rimodellato con splendore ellenisti­ co, così da essere annoverato tra le più grandi meraviglie del mondo.5 Di fron­ te a questo splendore un rabbino di Babilonia esclama entusiasta: « Chi non ha visto il tempio di Erode non ha mai conosciuto una costruzione veramente bella» (Sukkah 5 1 ,2). + Ma non è soltanto qualche edificio a respirare lo spirito greco: tutto il colle occidentale è disposto secondo la pianta di una città ellenistica. Essendo stato colonizzato soltanto sotto gli Asmonei (167-63 a.C.), si presenta agli in­ novatori addirittura come una colonizzazione modello. Tutto è qui più chiaro e luminoso che negli altri due quartieri. Il centro è formato dalla Agora a est di fronte ai muri del palazzo di Erode, una piazza circondata da deambulatori a colonne. Le strade che girano attorno sono probabilmente disposte a scac­ chiera, ampie e dritte, provviste di un sistema di canali e di marciapiedi. E do­ ve il terreno degrada verso la valle centrale, comode strade a scalinata facilita­ no la discesa. Sul fondovalle esse sfociano su una strada elegante di molti me­ tri di larghezza, con negozi reticolati, locali per riunioni e allestimenti pubbli­ ci su ambedue i lati. 6 Essa è l'arteria vitale di Gerusalemme: in qualunque del­ le tre parti della città si voglia andare, si deve superare la strada a valle. Diventa poi il punto focale ddla vita cittadina sotto l'angolo sud-occidentale del mon­ te del tempio, nella zona dell'odierno Muro del pianto, dove offre molte pos­ sibilità di salita al tempio. Le zone vicine alla spianata calcarea sono piene di 4 La costruzione era sostanzialmente conclusa dopo circa dieci anni, ma migliaia di lavo­ ratori vi furono ancora occupati fino al 64 d.C. 5 Per la descrizione del tempio di Erode abbiamo oggi a disposizione tre fonti: l) Giuseppe (cfr. Ant XV l l e Beli V 2); 2) il trattato della Mishna Middat; 3) l'archeologia. Lo studioso israeliano Mazar è diventato famoso per gli scavi nella zona del tempio (cfr. Id., Berg, 1975). 6 Cfr. Mazar, Berg, 186ss (carte topografiche); Ben-Dov, Shadow, 93.100s.

Il tempio degli Erodi !:antica fortezza dei gebusei, conquistata da Davide attorno al 1000 a.C., con L'aia del gebuseo Araunà al nord, che il giovane re acquistò per 50 sicli d'argento (2 Sam 24,24s.), e su cui Salomone pochi anni dopo costruì il suo tempio Leggendario ( 1 Re 6ss. ).

Nel mezzo di un gigantesco altipiano si innalza su una pedana di circa dieci metri di altezza il santuario vero e proprio, con i suoi atri per uomini, donne e bambini ebrei. Qui secondo la fede ebraica troneggia, in una camera oscura e vuota, JHWH, il Dio di Israele; qui il cielo tocca la terra; perciò non si risparmiano fatiche e rischi per vi­ sitare i n pellegrinaggio Gerusalemme almeno una volta in vita. Ai pagani è vietato con minaccia di morte l'accesso a questa «fortezza di Dio»; per loro sono però aper­ ti l'atrio molto grande e i colonnati che lo circondano, dove domina un variopinto an­ dirivieni sullo stile di un mercato annuale. Profeti, scribi, e pure Gesù, trovano uno spazio protetto da sole, vento e pioggia, riservato alla predicazione e alle discus­ sioni, nel cosiddetto «cortile di Salomone», nella parte orientale della gigantesca area del tempio. Teatro della «purificazione del tempio» potrebbe essere stato i l cortile regale nella zona sud.

'"'·f"''di.i·ii'i'!:!!' T 35

Due dei numerosi tavoli di pietra che sono stati ritrovati con gli scavi condotti nel quartiere ebraico di Gerusalemme. Si ritiene servissero come porta-oggetti nelle camere d'ingresso e nelle sale di rice­ vimento ( l'angolo posteriore del tavolo non era lavorato ) . Quanto alla brocca e alle coppette sul tavolo 1: si tratta di fi ne ceramica aretina ( o terra sigillata) dall'Italia, che soltanto i ricchi potevano permettersi; il tavolo 2 mette in mostra tazze e broc­ che di pietra calcarea di Gerusalemme. Mentre i vasi di pietra conservavano la loro purità rituale, tutto il vasellame di argilla doveva essere rotto e buttato nei rifiuti in caso di impurità rituale.

eleganti ville e palazzi. Come dimostrano gli scavi nella zona della Città vec­ chia ebraica, essi hanno normalmente più piani; i vani abitativi sono raggrup­ pati attorno a un cortile interno, mentre gli spazi economici, i bagni e le ci­ sterne di importanza vitale sono sistemati nel seminterrato. Un esempio di questo tipo di abitazione è la cosiddetta «casa dei signori» (cfr. T 1 00) . Testimoniano la ricchezza dei suoi abitanti pezzi artisticamente lavorati, af­ freschi dai colori vivaci, e numerosi frammenti importati di ceramica aretina (o terra sigillata) (cfr. T 35 a sinistra) . Che si prendano però sul serio le prescri­ zioni religiose viene testimoniato dal gran numero di bagni rituali come pure dal vasellame in pietra per cibi kasher (T 35 a destra). Nei palazzi messi allo scoperto ci è conservato un campione di storia del tempo, che nella sua qua­ lità e autenticità può essere confrontato solo con gli scavi di Pompei in Italia. La città alta, con il suo clima gradevole e il suo bel panorama sul tempio e il deserto è il quartiere abitativo del ceto superiore, relativamente ridotto, forma­ to da sommi sacerdoti, latifondisti, grossi commercianti ed esattori 7 (cfr. T 83) . 7 Cfr. Jeremias,jerusalem, 101-1 14.

II. DISPERATAMENTE SOVRAFFOLLATA All'inizio dell'era nuova Gerusalemme non è che una piccola città. Secondo calcoli attendibili di M. Broshi essa conta attorno ai 40.000 abitanti. 1 Malgrado ciò , è tutt'altro che un angolo di provincia dimenticato: lungo tutto l'anno è strapiena di pellegrini ebrei provenienti da ogni dove. 2 Se calcoliamo tutti in­ sieme il numero di coloro che in un anno passano per Gerusalemme, rag­ giungiamo almeno il mezzo milione. Il punto magnetico che li attira tutti 3 - nell'insieme dai 6 ai 7 milioni di ebrei, proseliti e « timorati di Dio» da ogni parte della terra - si chiama Tempio. La sua bellezza architettonica, il suo splendore e la sua grandezza sono famo­ si in tutto il mondo; ma non sono questi aspetti esterni che attirano le perso­ ne religiose. La forza di risparmiare durante un'intera vita per un viaggio a Gerusalemme e di andare incontro a settimane se non a mesi di fatiche e di pe­ ricoli, viene loro soltanto dalla profondità e dalla solidità della fede cheJHWH è qui vicino all'uomo e qui si manifesta, nel Santo dei Santi del Tempio come in nessun altro luogo (Sal 1 1 ,4; 26,8; 84,2; l32,7. l3s.; l Re 9,3; ecc.) , che qui co­ me in nessun altro luogo viene ripetuta e di nuovo impetrata la salvezza dimo­ strata ai padri; che qui in un culto sacrifi cale unico ed eccezionale si può rea1 Cfr. M. Broshi, La Population de l'anciennejérusalem, in: RB 82 (1975) 5-14. B. arriva al suo risultato moltiplicando la superficie di insediamento con la densità della popolazione; benché nessuna delle due sia indiscussa, esse possono essere determinate per approssimazio­ ne. Già molto prima di Broshi,]eremias,jerusalem, 97s., calcola la popolazione attorno ai 2530 mila abitanti. Il problema della popolazione verrà discusso dettagliatamente in una ricer­ ca successiva. 2 Ai tempi di Gesù, della popolazione ebraica complessiva, di circa sette milioni, soltanto un milione vive in Palestina (cfr. Ben-David, Talmudische Okonomie, 47s.), mentre il resto si di­ vide tra città e territori di tutta l'area mediterranea, in particolare a Roma, Alessandria, Antiochia, nonché nei paesi dell'Eufrate e nell'Oriente più remoto (cfr. l'elenco dei popoli in A t 2,9-1 1). In Beli II 16,4 Giuseppe osserva che «non c'è popolo sulla terra tra il quale non vi­ va un certo numero di appartenenti a questa stirpe» ; e in Ant XIV 7,2 aggiunge: «Gli ebrei si sono diffusi ben presto in ogni città della terra, e non è facile trovare nel mondo un luogo do­ ve questo popolo non abbia messo radici e che non sia sotto il suo controllo» . Nel calcolo bi­ sogna includere un certo numero, non più precisabile, di non-ebrei, che o si sono aggregati al­ l'ebraismo come proseliti o simpatizzano con esso come i cosiddetti timorati di Dio. 3 In ragione del disorientamento prodotto dalla maggior parte dei culti pagani, l'ebrai­ smo con il suo rigoroso monoteismo e la sua etica severa attira molti pagani. Molti vi si ag­ gregano e diventano proseliti; altri, che non hanno il coraggio di convertirsi, vi aderiscono co­ me «timorati di Dio». Gli stessi ebrei, in particolare tra i farisei, contribuiscono a diffondere più ampiamente la loro religione con una intensiva missione tra i pagani. Cfr. in questo con­ testo il grido di dolore in Mt 23,15, con cui Gesù rimprovera scribi e farisei di percorrere ter­ ra e mare «per fare un solo proselito» . Sulla conversione all'ebraismo nell'antichità cfr. Bardy, Menschen, 99-125 .



II. Disperatamente sovraffollata

«QUANTO SONO AMABILI LE TUE DIMORE, SIGNORE» (Sal 84, 2} - Luogo della presenza di Dio e della rivelazione divina - Luogo che rende presenti gli eventi della storia sacra - Luogo preferenziale del ringraziamento e della supplica - Luogo della ricondliazione con Dio nel sacrifido cultuale

T 36

lizzare la riconciliazione con Dio; che ringraziamento e supplica in nessun altro luogo possono raggiungere direttamente Dio (cfr. T 36) . Il Tempio di Geru­ salemme riunisce il popolo di Dio presente in ogni parte della terra; qui il mondo ebraico ha il suo centro; qui per il pio ebreo il cielo tocca la terra. Il movimento si infittisce nelle tre grandi feste di pellegrinaggio, la Pasqua a primavera, la festa delle settimane 50 giorni dopo, e la festa delle capanne in autunno.4 Dal momento che il pasto pasquale può essere celebrato soltanto a Gerusalemme, nella festa della liberazione «una folla possente di persone da tutto il paese, anzi anche dall'esterno» (cfr. Ant XVII 9,3) confluisce nella Città Santa . jeremias valuta il numero dei pellegrini pasquali a più di 1 00 mila visi­ tatori. 5 Poiché il paterfamilias per immolare l'agnello pasquale deve calpesta­ re il cortile interno, gli si richiede una rigorosa purità (cfr. Nm 9,1-4; 2 Cr 30,15-19); puro dev'essere anche chi partecipa al pasto pasquale. Gv 1 1 ,55 porta la traccia di fondo di un resoconto storico quando dice: «Era vicina la Pasqua degli ebrei, e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima del­ la Pasqua per purificarsi » . Soltanto una parte dei pellegrini si raduna in alloggi privati presso amici o parenti, o in locande e alberghi pubblici all'interno delle mura; un'altra par­ te deve ripiegare sui sobborghi di Gerusalemme, e infine un resto si accampa in tende e capanne nei dintorni della città. Giuseppe ricorda tre luoghi di ac­ campamento fuori delle mura della città: «uno a nord del Tempio, un altro a sud presso l'Ippodromo, il terzo a ovest nelle vicinanze del palazzo reale» 4 Sui tre pellegrinaggi festivi cfr. Bòsen, Galilaa, 249s (bibl.) ; J. Cohen, Les pèlerinages au Tempie de]érusalem, in: MB 13 ( 1980) 29-32. 5 Cfr. Jeremias,jerusalem, 89-98; Otto,]erusalem, 148.



(Bell II 3 , 1 ; Ant XVII 1 0,2) . jeremias ipotizza che singoli gruppi di pellegri­ ni abbiano dei loro luoghi fissi di accampamento.6 [amicizia di Gesù con la famiglia di Lazzaro, Marta e Maria (cfr. Gv 1 1 , 1 . 18; 1 2 , 1 ; cfr. Le 1 0,38-42) fa pensare a Betania, il piccolo villaggio ai limiti del deserto di Giudea, che di­ sta da Gerusalemme soltanto un tre quarti d'ora, 7 come a suo alloggio rego­ lare e fisso. [ultima giornata di Gesù si svolge in una Gerusalemme piena di gente, in cui ognuno ha urgenza di raggiungere la propria meta. Le vie e le strade den­ tro e fuori della città sono disperatamente affollate. Chi alloggia nella parte orientale non sa ciò che accade in quella occidentale. In queste ore soltanto po­ che persone legate a Gesù hanno uno sguardo di attenzione per lui. Il suo de­ stino affonda nella massa della gente e delle necessità personali di ognuno.

6 Cfr. Jeremias,Jerusalem, 70. 7 Cfr. Gv 1 1 ,18: «Betania distava da Gerusalemme meno di due mglia (circa tre km.) » .

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III. PIENA DI ATTIVITÀ FRENETICA Nei giorni che precedono la Pasqua Gerusalemme assomiglia a un eccitato alveare, dove nessuno ha tempo. La eccitazione raggiunge il suo punto massi­ mo il 1 4 di Nisan, l'ufficiale «preparazione alla Pasqua» , e fino a sera restano ancora da preparare un sacco di cose. + Risulta difficile trovare uno spazio adeguato in una città così stipata. 1 Poiché soltanto Gerusalemme è il luogo destinato al pasto pasquale, lo spazio va trovato all'interno delle mura della città e deve offrire posto per almeno dieci persone. Per il suo allestimento sono irrinunciabili dei comodi cuscini su cui sedere. Se infatti Israele ha dovuto prendere un tempo questo pasto in fret­ ta e furia e in procinto di partire (cfr. Es 1 2) , al tempo di Gesù si dà prova di tranquillità e rilassatezza: si sta a tavola, comodamente sdraiati, comportandosi pienamente da persone libere. Per poter assegnare a tutte le comunità convi­ viali il posto prescritto di almeno 23 metri quadrati, si è costretti a utilizzare anche cortili e terrazze. Così nella notte di Pasqua si ritrovano compresse, se­ condo stime attendibili, più di 1 00.000 persone, abitanti e pellegrini, in uno spazio adatto al massimo a 50.000. + A richiedere molto tempo per la preparazione è soprattutto il pasto pa­ squale, che secondo il calendario ebraico si svolge dentro le mura di Ge­ rusalemme nelle ore serali del 1 5 di Nisan, fra il tramonto (circa le 19) e mez­ zanotte. Il rituale di questo pasto è abbastanza complicato e, per chi non vi par­ tecipa, difficile da capire a fondo (cfr. T 37). 2 Nell'insieme di quattro parti tut­ to l'accento cade sulla seconda parte, la liturgia pasquale, dove con un raccon­ to pieno di drammaticità viene richiamata alla memoria la vicenda dell'Esodo. Un altro punto di rilievo è costituito dal pasto nella terza parte, con numero­ se portate e piatti ricchi di significato. Racconto e pasto hanno un unico sco­ po: ripetere in una rappresentazione commemorativa 3 quella vicenda del sec. XIII a.C., che rappresenta per Israele «l'evento fondamentale della storia di salvezza» (Deissler) , «l'azione liberatrice di Dio in assoluto» (Schmidt) , «il nucleo di cristallizzazione di tutta la grande narrazione del Pentateuco » (Noth) ; ripetere vuoi dire qui riportare al presente e attualizzare. Il pasto pasquale si distingue da un pasto festivo normale, tra l'altro, per i cibi speciali come le erbe amare, il pane non lievitato (Mazzah), e un agnello 1 Cfr. Billerbeck IV/1 40s;Jeremias,jerusalem, 68-70. 2 Cfr. Billerbeck IV/l 41-74: Das Paschamahl; Betz, Passa, in: GBL III l l32s.; Ernst, Markus, 419s. 3 Cfr. Bòsen,]esusmahl, 66s.

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Un pasto pasquale al tempo di Gesù (in sintesi) I. Introduzione al pasto

IL pasto i nizia con una duplice preghiera di lode (berakah) che il pater familias o chi presiede al pasto conviviale recitano sul giorno e sulla prima coppa di vino («coppa Qiddush»). Dopo aver bevuto la prima coppa, chi presiede al pasto immerge - recitando una berakah - la verdura (prezzemolo, lattuga, sedano ecc.) in acqua salata, ne mangia e porge i doni della tavola a tutti i par­ tecipanti.

II. Liturgia pasquale

Prima di iniziare la liturgia di Pasqua, la parte più im portante e centrale del pasto pasquale, viene portato in tavola l'agnello pasquale e viene servita la seconda coppa (la «coppa Haggada»). 1. Questa parte liturgica viene introdotta dalle domande del convitato più giovane, sul perché delle par­ ticolarità di questa notte: perché i pani azzimi? perché le erbe amare? perché intingere due volte le er­ be? perché si sta in piedi? IL capo della comunità conviviale risponde con la Haggada pasquale, una rac­ colta di testi (da Bibbia, Mishna e Midrash) che raccontano e spiegano l'uscita dall'Egitto. 2. Questa parte di carattere sacramentale viene conclusa recitando i salmi dello Hallel - salmi 113 e 114 - e bevendo la seconda coppa. A questo punto può i niziare i l pasto vero e proprio.

III. Pasto prindpale

1. Dopo che i convitati si sono lavate ritualmente le mani, chi presiede prende nelle mani il pane azzi­ mo (mazzah), recita una duplice preghiera di lode - sedendo diritto su un cuscino -, spezza il pane i n frammenti e l o porge agli altri, poi ne mangia per primo i ndicando in tal modo l'inizio del pasto. 2. IL pasto vero e proprio consiste nell'agnello, nei pani azzimi e nelle erbe amare, in un passato di frut­ ta e nel vino. Su ognuno di questo doni della tavola i partecipanti recitano individualmente la berakah prescritta. Poi si conversa, si ride, si mangia, si scherza: nel ricordo della liberazione si hanno tutte le ragioni per essere allegri. 3. Finito il pasto, ci si lava le mani e ci si raccoglie per la preghiera di ringraziamento, che viene per lo più recitata a nome di tutti dal convitato di maggior prestigio. Seduto diritto sul proprio cuscino, egli af­ ferra con ambedue le mani la terza coppa davanti a lui («coppa della benedizione»), la solleva di un pal­ mo sulla tavola, pronuncia l'azione di grazie e beve, invitando in tal modo i convitati a fare lo stesso.

IV. Conclusione del pasto

Dopo aver cantato o recitato la seconda parte dello Hallel, i salmi 115-118 e 136, si beve la quarta cop­ pa («coppa dello Hallel») - ancora una volta: non senza farlo precedere da una lode - e si scioglie così l'incontro conviviale.

I rabbini e i Loro discepoli dopo La notte pasquale trascorsa vegliando

T 37

III.

Piena di attività frenetica

pasquale. È quest'ultimo a presentare qualche difficoltà: secondo Es 12,5 . 2 1 , dev'essere senza difetto, maschio, nato nell'anno, da pecora o da capra (cfr. Dt 16,2ss.; 2 Cr 30, 18) , dev'essere scelto il lO del mese di Nisan. Se si calcola­ no attorno alle 120.000 persone che festeggiano, e con una media di 10 per­ sone ogni gruppo di festeggianti (cfr. Bell VI 9,3; Tosephta Pesachim 4,3)," vengono utilizzati dai 10.000 ai 15 .000 agnellP Per permettere la loro immo­ lazione nel tempio il pomeriggio del 14 di Nisan (cfr. Bell VI 9,3) e soprattut­ to per concludere puntualmente prima del tramonto, vengono distribuiti i sa­ crificanti in tre gruppi; 6 al loro fianco sta un gruppo di sacerdoti perfettamen­ te organizzato. A casa: l'agnello dev'essere, secondo le prescrizioni, arrostito al fuoco «intero» , cioè senza essere tagliato a pezzi (Es 12,9) . Come bevanda è prescritto per il pasto pasquale il vino , per ogni partecipante una dose di al­ meno quattro bicchieri. Durante il giorno della preparazione tutta la città è contagiata dalla «febbre pasquale» . Gli abitanti di Gerusalemme sfruttano l'occasione e fanno i loro affari. Nella misura in cui non sono occupati con i preparativi, gli ospiti visi­ tano la città con i suoi monumenti, pregano nel Tempio, si edificano spiri­ tualmente. Per Gesù e il suo processo sono soltanto pochi iniziati ad avere un orecchio aperto e un occhio vigile.

4 Una comunità conviviale poteva però contare fino a 100 persone, purché si potesse ga­ rantire che ogni partecipante ricevesse almeno un boccone di agnello pasquale della gran­ dezza di un'oliva, in osservanza alla legge (cfr. Billerbeck IV/1 44). 5 Secondo Giuseppe (Ant XVII 9,3) nella celebrazione della Pasqua «vengono macellati più animali sacrificali che in qualsiasi altra festa». Non si deve però prendere sul serio il nu­ mero qui indicato di 256.500 animali: lo storico ebreo è noto per le sue esagerazioni. 6 Cfr. Billerbeck IV/l 47; Ben-David, Talmudische Okonomie, 42s. la Mishna arriva a rac­ contare che una volta nella ressa tremenda venne calpestato un vecchio (mPes 4,3).

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24 ore dense di drammaticità Gli interrogativi sul quando e sul dove dell'ultimo giorno di Gesù ci hanno dato un piccolo assaggio di quanto ci attende nell'interrogativo di fondo: il che cosa. Ci si apre dinanzi un insieme di otto «scene singolari» , ben attestate ognuna nella sua individualità, ognuna delle quali costituisce da sola un «con­ glomerato » a diversi «strati» incastrati, la cui identificazione e distinzione re­ ciproca assomiglia a volte alla ricostruzione di un giallo. Motivo conduttore in questo compito difficile, a volte scoraggiante, dev'essere un'espressione del grande Erasmo da Rotterdam (t 1 536) nella sua prefazione al Nuovo Testamento: «Quando ci arriva una testimonianza sui caldei o sugli egiziani, sentiamo immediatamente un irresistibile desiderio di conoscerla bene. Perché (per quanto attiene a Gesù , il Dio fatto uomo) non cerchiamo di scandagliare con riverente brama di sapere ogni particolare, di indagarlo e di saggiarlo con tutta la precisione possibile? » . 1

1 Erasmo da Rotterdam, In Novum Testamentum Praefationes (introdotto e corredato di note da G.B. Winkler), 1967, 9-13.

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ORE DENSE DI DRAMMATICITÀ

I. 12ULTIMO PASTO DI GESÙ [ultimo giorno di Gesù inizia con un pasto. Ne sono a conoscenza tutt'e quattro gli evangelisti (Mc 14,22-25; Mt 26,26-29; Le 22,15-20; Gv 13, 1 - 1 5); 1 ne informa anche Paolo (cosa del tutto straordinaria) : in l Cor 1 1 ,23-26 egli riporta una tradizione antica, che risale al Signore stesso.2 Ciò che a prima vista sembra così privo di problemi, mostra ben presto due «volti» fondamentalmente diversi. Mentre per la tradizione sinottico-paolina l'ultimo pasto di Gesù disegna la cornice dell'istituzione eucaristica, in Giovanni offre a Gesù l'occasione per lavare i piedi ai discepoli. La Chiesa com­ memora l'istituzione eucaristica ogni giorno in mille e mille luoghi in tutto il mondo, mentre la lavanda dei piedi viene ricordata soltanto il giovedì santo, ed è la ragione per cui la versione giovannea della cena è anche meno viva. Nelle pagine che seguono studieremo ambedue le tradizioni dal punto di vi­ sta storico, per poter forse in tal modo ripulire da incrostazioni e da false rap­ presentazioni ciò che appartiene al nucleo del messaggio di Gesù. l. I..:ultimo pasto di Gesù nella tradizione paolino-sinottica

a) La documentazione: testi rielaborati in funzione liturgica Malgrado la loro trasmissione eccellente (cfr. Mc 14,22-24 e par. Mt 26,2628; Le 22,19-20; l Cor 1 1 ,23-26) , i quattro testi che raccontano il pasto di Gesù con l'istituzione dell'eucaristia presentano un bel numero di difficili pro­ blemi di critica letteraria e di storia della tradizione. In questa sede dobbiamo limitarci a un brevissimo abbozzo della discussione, che tocca soltanto i pro­ blemi importanti per il nostro contesto. + Tutt'e quattro i testi danno a prima vista l'impressione di essere un'unità linguistico-strutturale (cfr. T 38) . Accanto a un costante vocabolario di base (pane/calice - spezzare/benedire - prendere/dire grazie - corpo/alleanza, ecc.), essi mostrano anche la stessa struttura: gli elementi portanti sono ogni volta il pane e il vino. Alle azioni compiute su di essi - il gesto sul pane da un lato e 1 Su nessun altro tema esiste una bibliografia così abbondante; il che dimostra da un lato l'importanza ma dall'altro anche la difficoltà di interpretare questo complesso narrativo. Per un approfondimento raccomanderei: Patsch, Abendmahl, 1972; H. Feld, Das Verstandnis des Abendmahl, Darmstadt 1976; Pesch, Wiejesus das Abendmahl hielt. Der Grund der Eucharistie, Freiburg 1977; Boses, ]esusmahl, 1980; Id., Vom jesusmahl zur Messe heute, Freiburg 198 1 ; Blank, Herrenmahl, 219-254; Schneider, Zeichen, •1934. 2 Paolo scrive la prima lettera ai Corinzi tra il 53 e il 55 a Efeso, e la tradizione a cui si ri­ fà risale presumibilmente agli anni 30.

I. L'ultimo pasto di Gesù

QUATTRO TESTI PRODOTTI N EL CO RSO DEI DECEN NI E PLASMATI LITURGICAMENTE Le 22 15-18 «PASTO PASQUALE»

Mt 26

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-

- COMMENTO

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22-23 - BENEDIZIONE - GESTI SUL PAN E

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24 27-28 - RINGRAZIAMENTO - RINGRAZIAMENTO - GESTI SUL CAUCE - GESTI SUL CAUCE Il - COMMENTO - COMMENTO 25 LOGION 29 LOGION ESCATOLOGICO ESCATOLOGICO ---------

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19 - GESTI SUL PANE ·········-·······

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- COMMENTO

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- COMMENTO

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24 - BENEDIZIONE - GESTI SUL PANE

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LOGION ESCATOLOGICO 23 ESPOSIZIONE

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n t 26,26-2911 M

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tc 22,15·20

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T 38

quello sulla coppa dall'altro ...,. si fa ogni volta soltanto un breve accenno. Il pun­ to a cui tende il racconto è costituito dalle parole di commento che seguono questi gesti, parole con cui Gesù mette in relazione con se stesso i doni sulla tavola. Paolo fa seguire a ognuna delle due frasi di commento quello che viene chia­ mato il compito di ripetere il suo gesto (l Cor l l , 24b.25b). È quanto tramanda an­ che Luca alla fine delle parole pronunciate sul pane (Le 22, 19b) . - Il testo di Marco e di Matteo conclude con un cosiddetto logion escatologico (Mc 14,25 par. Mt). Lo confermano Luca in Le 22,18, e Paolo con accenni in l Cor 1 1 ,26. + Che questa prima impressione di unità e di uguaglianza sia ingannevole lo avverte ben presto chi esamina più da vicino i quattro testi: accanto alle concordanze cui si è fatto accenno compaiono numerose differenze.3 La vici-

3 Il racconto di Luca (Le 22,15-20: cfr. T 38) è di prima mano. Nella mia dissertazione con questo titolo «Il tema del pasto in Luca. Saggi sulla interpretazione lucana del pasto, con par­ ticolare riferimento a Le 22,14-20>>, Saarbriicken 1976, ho cercato di dimostrare come Luca ab-

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ORE DENSE DI DRAMMATICITÀ

nanza maggiore la troviamo tra Mc l4,22ss. e Mt 26,26ss., ma anche Le 22, 19s. e l Cor l l ,23ss. presentano affinità. Nel complicato processo della tradizione si formano ben preso due linee indipendenti l'una dall'altra: una marciana-mat­ teana accanto a una paolino-lucana (cfr. T 38, la metà sotto) . Gli studiosi si ac­ capigliano su chi sia la più antica. Non è forse vero che tutto parla a favore di Paolo, il primo e più antico dei quattro testimoni della tradizione? Ma non è al­ trettanto vero che anche Marco attinge in maniera documentabile da fonti an­ tiche? Vedremo che è ben difficile dare una risposta semplice. Così, per esem­ pio, si può evidenziare come la parola di commento sul pane nella tradizione marciana-matteana (Mc 14,23 par. Mt) è quanto al tenore più antica della tra­ dizione paolino-lucana ( l Cor 1 1 ,24/Lc 22, l9b) , ma che viceversa la parola di commento sul calice tramandata da Paolo/Luca ( l Cor l 5 ,25b!Lc 22,20b) è da preferire a quella di Marco/Matteo (Mc 14 ,24b par. M t) . + taccostamento di elementi comuni e di tratti diversi proprio in questi quattro testi risulta urtante soprattutto per quella generazione di credenti la cui pietà eucaristica anteriore al Vaticano II ( 1965) è stata educata sulla parola, an­ zi sulla lettera. Per costoro sembrava essere a rischio la «trasformazione» di pa­ ne e vino appena il sacerdote si allontanava dal tenore letterale prescritto. Ma quanto siano ingiustificate queste paure lo dimostra un'occhiata alla storia delle tradizioni. Quello che abbiamo oggi tra le mani in fatto di testi è il pun­ to d'arrivo di una lunga evoluzione. Tutt'e quattro hanno «vissuto » in comu­ nità diverse e differenti. A seconda delle necessità sono state abbreviate o tra­ sformate, precisate o accentuate in riferimento alla comunità. Tutt'e quattro i testi sono configurati in funzione liturgica, nessuno presenta un resoconto storico. Nel loro sforzo di concentrarsi sull'essenziale, non da ultimo anche per ragioni pratiche, la comunità ha lasciato cadere tutto ciò che non era indi­ spensabile. Col risultato che è rimasto indenne soltanto il «nucleo » , !'«impal­ catura » .

Nelle pagine c h e seguono ci i nteressano soltanto d u e i nterrogativi: 1) come s i presen­ tò l'ultimo pasto di Gesù? 2) che cosa gli conferisce il suo significato, al punto che La comunità primitiva Lo abbia ripetuto e ne abbia fatto il Luogo «classico» dell'incontro con Gesù? bia composto quel racconto a partire da Mc 14,22-25 e da l Cor 1 1,23-26 (cfr. Id.,jesusmahl, 1 9-22.37-40). [evangelista scrive questa redazione più ampia per colmare la lacuna delle sue fonti, in concreto la loro presentazione stringata e troppo breve del pasto. Mentre in questi, pasto e istituzione eucaristica sono inestricabilmente collegati e non permettono di riconoscere qua­ le sia il punto di sutura, Luca li divide chiaramente: nella sua esposizione Gesù istituisce l'eu­ caristia (Le 22,19-20) in connessione con il precedente pasto pasquale (Le 22,15-18); cosa che risulta plausibile e che il lettore può cogliere facilmente (cfr. Bòsen,]esusmahl, 22-26.41-45).

b) Come dobbiamo configurarcelo? Se per i credenti del l secolo, che avevano familiarità con la pratica ebraica del pasto, non era difficile riconoscere nella «impalcatura conviviale» dei te­ sti evangelici i tratti essenziali dell'ultimo pasto di Gesù, su di noi che siamo cronologicamente e geograficamente lontani da questo frammento di mondo ebraico questi rudimenti fanno l'impressione di misteriosi geroglifici. Essi di­ schiudono il loro significato soltanto se ne riflettiamo l'immagine sullo sfon­ do conviviale dell'ebraismo ai tempi di Gesù.4 aa) Un vero e proprio pasto e non soltanto due gesti del pasto Dato questo contesto, dobbiamo anzitutto riflettere sul pasto festivo 5 e sul pasto pasquale. 6 Possiamo tranquillamente fare a meno del pasto degli esseni (cfr. Bell ll 8,5ss.; l QS V,l6s.; Vl,4-6. 20) , dal momento che risulta ormai si­ curo che «non è dimostrabile . . . un influsso diretto su Gesù, sulla comunità pri­ mitiva o sulla esposizione letteraria dei racconti della cena nel Nuovo Testa­ mento» . 7 Questo risultato di Patsch viene confermato tra l'altro da Maier­ Schubert nella loro indagine sugli esseni di Qumran. 8 Anche non consideran­ do il pasto degli esseni «un normale pasto comunitario con preghiera sulla ta­ vola» (50) (ha infatti un carattere arcano e si svolge secondo un cerimoniale ri­ gorosamente regolarnentato) , esso non ha «nessun senso sacrale comparabile all'eucaristia cristiana» (5 1 ) . l testi non giustificano che «si ravvisi nel pasto degli esseni un modello dell'eucaristia cristiana» (49) .9 Invece di molte parole di spiegazione, ci sembra illuminante uno schizzo (cfr. T 39) in cui il pasto eucaristico con la sua duplice azione e il suo duplice 4 Per la ricostruzione dell'ultimo pasto di Gesù cfr. Schurmann, Abendmahl, letztes A. ]esu, in: LThK l 27s.; Patsch, Abendmahl, Stuttgart 1972; H. Gese, Die Herkunft des Herrenmahls, in: Id. , Zur biblischen Theologie. Alttestamentliche Vortriige, Munchen 1977, 107. 1 27. 5 Cfr. Billerbeck, IV/2 61 1-639: Ein altjudisches Gastmahl; Bòsen, ]esu letztes Mahi im Lichte derjudischen Mahlpraxis der Zeitenwende, in: Gottes Volk 6 ( 1988) 63-77, qui 66-70. 6 Cfr. Billerbeck IV/l 41-74: Das Paschamahl. - Possiamo qui prescindere dal cosiddetto pasto dei giorni feriali perché non entra in gioco come sfondo dell'ultimo pasto di Gesù (cfr. Billerbeck II 202-206). 7 Patsch, Abendmahl, 33. - Sul pasto degli esseni e sul problema di un loro rapporto con l'ultimo pasto di Gesù cfr. Id., op. cit., 28-34;Jeremias, Abendmahlsworte, 25-30; Flusser, Tage, 59-67; Stegemann, Bedeutung, 13; Berger, Qumran, 78. 8 Cfr. Maier-Schubert, Qumran-Essener, 49-5 l . l22s. 9 Così anche Stegemann, Bedeutung, 13: «I documenti di Qumran ci mostrano con tutta chiarezza che rito e contenuto simbolico dei pasti comunitari degli esseni si svolgevano in mo­ do del tutto differente da come è avvenuto fin dall'inizio nel sacramento cristiano». Così an­ che Berger, Qumran, 78: «Fra i pasti cristiani e alcuni testi di Qumran, che parlano di una ce­ lebrazione del pasto, non vi è alcuna concordanza ... » .

I L PASTO EUCARISTICO N EL LO «SPECCH IO» DEL PASTO FESTIVO E DEL PASTO PASQUALE PASTO PASQUALE PASTO FESTIVO

Il

Il

III

III

IV T 39

commento viene confrontato da un lato con il pasto festivo, dall'altro con il pa­ sto pasquale. Se osserviamo i particolari, vediamo: + . . . che la lode eucaristica e le azioni conviviali si inseriscono senza difficol­ tà sia nel pasto festivo che in quello pasquale, ogni volta all'inizio e alla fine del­ la corrispettiva parte del pasto. Perciò in ambedue i casi Gesù si ricollega a un'usanza ebraica. + . . che per il commento che accompagna le azioni sul pane e sul calice non si ritrova un pendant né nel pasto festivo né in quello pasquale. Qui Gesù opera in maniera originale. Non siamo in grado di capire chi o che cosa lo ab­ bia sollecitato a fare questo commento: non sappiamo se siano state le abi­ tuali espressioni di lode e di ringraziamento, le interpretazioni della hagga­ da pasquale nella liturgia di Pasqua oppure la situazione speciale dell'ora dell'addio. .

+ . . . che qui non si dice nulla del pasto vero e proprio racchiuso tra la pre­ ghiera di lode e i gesti pasquali, la parte del pasto che occupava maggior tem­ po. Per ragioni non ancora chiarite è stato « tagliato fuori» , mentre è rimasto il «nucleo » di un pasto, cioè l'azione introduttiva sul pane e il gesto conclusivo sul calice, di fronte a cui la nostra immaginazione resta senza risposta.

n

I.

L'ultimo pasto di Gesù

Come si sia arrivati a limitare il tutto ai due gesti e ai rispettivi commenti, lo chiarisce un'occhiata alla storia della Chiesa primitiva (cfr. T 40). 10 Immediatamente dopo Pasqua la comunità primitiva celebra ancora il pasto eucaristico nella forma tramandata da Gesù: gesto sul pane e rispettivo com­ mento, gesto sul calice e rispettivo commento racchiudono un'ampia parte del pasto. Ma già due decenni più tardi, dopo il 50 d. C., si può osservare nelle co­ munità paoline una trasformazione importante. Chiaramente per ragioni prati­ che/ 1 si è estrapolata la parte del pasto e la si è collocata prima del pasto euca­ ristico vero e proprio con gli elementi importanti del gesto e commento sul pa­ ne, da un lato, e del gesto e commento sul calice, dall'altro (cfr. l Cor 1 1 ,22-25). Prima di celebrare l'eucaristia ci si rafforza nel cosiddetto pasto fraterno (= àga­ pe). Dieci anni più tardi si può già osservare in Marco (e Matteo e Luca lo se­ guono) come il pasto fraterno non venga più celebrato (o forse lo si pospone al rito liturgico, ma i testi non dicono nulla al riguardo) . La causa potrebbe esse­ re ricercata nella crescita delle comunità, con un numero sempre maggiore di membri, o forse anche in qualche inconveniente. 12 Di fatto, secondo la presen­ tazione fattane dall'apologista e martire Giustino (t 1 68 d.C.), il pasto eucari­ stico alla metà del secondo secolo si limita alla distribuzione dei santi doni; del pasto vero e proprio, neppure in forma di pasto fraterno, non v'è più traccia.

DALL'ULTIMA CENA ALLA MESSA ODIERNA 30-40 COMUNITÀ PRIMITIVA

dal 50 COMUNITÀ PAOLINE

60-100 Mc - Mt - Lc

2000 LA M ESSA OGGI

I

liturgia della parola

II

liturgia eucaristica ---------------

G ESTI SUL PANE

T 40

1° Cfr. Jungmann, Messe, in: LThK VII 321-329. 1 1 Forse in considerazione dei lavoratori e degli schiavi all'interno della comunità, che sol­ tanto dopo la conclusione del lavoro avevano tempo per partecipare alla assemblea liturgica. 12 Cfr. l Cor l l ,20ss.: Quando i membri più poveri della comunità raggiungono l'assem­ blea dopo il lavoro, i primi arrivati hanno già svuotato la tavola e si sono ubriacati.

'P'

Questa situazione si è prolungata fino ad oggi. Il culmine della Messa «a due punte» (I: la liturgia della parola, II: la celebrazione eucaristica) è la cosiddetta transustanziazione, con cui il sacerdote pronuncia sul pane e sul vino quelle pa­ role che Gesù ha detto nella sala dell'ultima cena. Del pasto si ritrova unica­ mente un resto simbolico nella comunione che segue, e l'usanza dell'àgape vie­ ne ripresa soltanto rare volte in feste solenni e in occasioni speciali. bb) Secondo ogni verosimiglianza, non s'è trattato di un pasto pasquale La «antichissima» 13 questione se si sia trattato di un pasto pasquale o festi­ vo, è stata discussa e ha trovato risposta nel quadro della cronologia dell'ulti­ mo giorno di Gesù. Quasi a rappresentare i numerosi autori che competono per una decisione riguardo a tale questione, ricordiamo H. Schiirmann, che ini­ zialmente ha preso posizione in diversi saggi e monografie a favore del pasto di Gesù come pasto pasquale, ma in una ricerca fatta in seguito giunge a que­ sta conclusione: «La documentazione neotestamentaria permette di conclu­ dere con sicurezza soltanto a favore del carattere festivo dell'ultimo pasto di Gesù » . 14 Ma anche se l'ultimo pasto di Gesù non è, con ogni verosimiglianza, un pasto pasquale, potrebbe però essere nato «sotto l'influsso dell'idea pa­ squale» 1 5 ed essere stato celebrato «nell'atmosfera del pasto pasquale» . 16 Di questo risultato bisogna rendere conto attraverso l'interpretazione dei te­ sti eucaristici. Blank consiglia di «non attribuire un particolare valore a un collegamento esterno con la Pasqua degli esseni» , 1 7 e Gnilka raccomanda di «non fare della Pasqua il cardine dell'interpretazione. 18 Questa rinuncia può apparire a prima vista dolorosa, ma non significa affatto - come vedremo una edulcorazione o addirittura uno svuotamento dell'eucaristia. È il caso di constatare con Haenchen che «l'incertezza sul carattere del pasto non è così ne­ gativa come può sembrare a prima vista, perché la cosa più importante è quel­ lo che Gesù ha detto in questo pasto» . 19 Secondo Lohmeyer, «la cornice del pa­ sto pasquale ebraico non ha alcun influsso sul senso dell'ultima cena » ; 20 chi nega quest'influsso «non corre alcun pericolo - secondo Haag - di abbando­ nare un aspetto essenziale dell'ultimo pasto di Gesù» . 21 1 3 Ritt, Pladoyer, 189. 14 H. Schurmann,Jesu Abendmahlsworte im Lichte seiner Abendmahlshandlung, in: Conc 4 (1968) 771.776, qui 771 A 3. 1 5 Schurmann, Abendmahl, in: LThK I 27s. 16 Schelkle, Herrenmahl, 385-402, qui 390 A S. 1 7 Blank, Was heisst?, 9-55, qui 2 1 . 18 Gnilka, Markus, Il 248. 19 Haenchen, Weg, 485. 20 Lohmeyer, Markus, 309. 21 H. Haag, Pascha, 127.

I. L'ultimo pasto di Gesù

Un pasto ebraico ai tempi di Gesù

cc) Ma non s'è trattato neppure di «una cena abituale» (Schurmann) Pur non essendo l'ultimo pasto di Gesù un pasto pasquale, non si svolge tuttavia in forma meno festiva. A una cenafestiva allude l'osservazione conco­ mitante che Gesù «si pone a tavola» (Mc 14, 18 par. Mt 26,20: anakeisthai; Le 22, 14: anapiptein) . Prendere il pasto sdraiati è un'usanza ellenistico-romana, che al tempo di Gesù è penetrata «ampiamente» 22 anche in Palestina.23 I van­ geli la descrivono con un ampio vocabolario, che può essere però capito sol­ tanto nell'originale greco.24 Questa ricchezza sorprende tanto più se si tiene presente che per il resto la terminologia del pasto è piuttosto ridotta e abbrac­ cia un vocabolario molto limitato. 25 «Sdraiarsi a tavola» è la più breve caratte­ rizzazione di un pasto in quanto festivo. 22 Dalman, Orte, 297. [autore rimanda a bBerachot 42a, secondo cui la posizione sdraia­ ta dei partecipanti è un presupposto necessario per un pasto in comune. 2 3 Nel palazzo di Erode - se dobbiamo credere a Giuseppe - vi sono «grandi sale da pran­ zo e letti per riposare per centinaia di ospiti» (Beli V 4,4). 24 Cfr. Mc 2,15; 14,3; Le 7,37: katakeisthai (= stendersi, sdraiarsi) ; Gv 1 2,2; 1 3,23.28: anakeisthai (= stendersi); Mt 9,10; Mc 2,15; Le 7,49: synanakeisthai (= stare insieme a tavo­ la); Le 7,36: kataklinein (= sdraiarsi); Le 1 1 ,37; 22,14; Gv 13,25: anapiptein (= stendersi) . 25 Cfr. Bòsen, Mahlmotiv, 337-34 1 .

D.

24

ORE DENSE DI DRAMMATICITÀ

Sorretti da un cuscino si sta appoggiati sul fianco sinistro e con le gambe stese all'indietro attorno a una tavola bassa in forma di panchetto, e ci si serve con la destra (cfr. T 4 1 ) . 26 I cuscini vengono messi un poco inclinati e in for­ ma di gradini, così che nell'angolo tra tavola e cuscini vi sia posto per tavoli­ netti accessori su cui possono essere posati durante il pasto pani e calice di vi­ no. La disposizione dei posti è fissata rigorosamente: al padrone di casa e/o an­ fitrione spetta il posto centrale del gruppo centrale. Dietro di lui prende posto il secondo in ordine di importanza, davanti a lui il terzo. Il cerchio viene al­ largato secondo la necessità allineando altri tavoli ai lati. A questo rigoroso ordine dei posti si riferisce Gesù in Le 14,8, dove, di fron­ te agli altri ospiti che litigano per i posti d'onore di un pasto festivo nella casa di un fariseo di prestigio, raccomanda: ��Quando sei invitato a nozze da qual­ cuno non metterti al primo posto ! » . Soltanto se si pensa a Gesù appoggiato sulla sinistra e con le gambe stese all'indietro su un cuscino si comprende co­ me la peccatrice di Le 7,37ss. «entrando da dietro di lui» possa bagnargli i pie­ di con le lacrime, asciugarglieli con i capelli e infine ungerli con olio. Soltanto sullo sfondo dello stare a tavola con cuscini disposti a più livelli diventa com­ prensibile il quadro di Gv 13 ,23ss. (T 42) , spesso frainteso, dove il discepolo prediletto - oggetto di tante discussioni - è seduto «al fianco di Gesù», e al cenno di Pietro «si reclina sul petto di Gesù » per interrogare il Maestro a pro­ posito del traditore. Qui si presuppone che Gesù, in qualità di anfitrione, sie­ da sul cuscino centrale, e il discepolo prediletto è disteso sul cuscino davanti a lui. I versetti lasciano trasparire come l'autore sia al corrente dell'usanza con­ viviale del tempo . I..:ultimo pasto di Gesù certamente « non è una cena normale» / 7 il suo ca­ rattere escatologico (vedi avanti) ne garantisce il carattere festivo. Si può con­ getturare uno svolgimento come il seguente: Gesù, seguendo l'usanza ebraica, introduce il pasto prendendo il pane, re­ citando la preghiera di lode prescritta, spezzandolo e distribuendone i pezzi ai discepoli. •

26 Cfr. su questo punto Billerbeck IV/2 6 1 7s.: Ein altjiidisches Gastmahl; Dalman, Orte, 297; Mertens, Handbuch, 370. 27 Schiirmann, Abendmahl, in: LThK I 27. Roloff perviene al seguente risultato: «Non dob­ biamo cercare il quadro di riferimento della tradizione conviviale né nel pasto pasquale né nei pasti cultuali delle sette, ma in un normale pasto festivo ebraico» (Neues Testament, 217) .



I.

L'ultimo pasto di Gesù

Il gesto d'amore di Giovanni

!:arte ha fatto proprio il tema del discepolo prediletto che riposa sul petto di Gesù (Gv 13,23s.) e, interpretando alla lettera il testo evangelico, ha creato opere sug­ gestive di grande intimità. Tra le rappresentazioni più belle e più note della «Johannesminne» (ge­ sto d'amore di Giovanni) va anno­ verata questa scultura prodotta a Oberschwaben nel 1320.

Come nel pasto festivo e in quello pasquale, si conclude qui il pasto ve­ ro e proprio. Se ne fa cenno ancora in l Cor 1 1 ,25 e in Le 22,20, dove si dice che Gesù, «dopo il pasto » prende il calice. I testi non dicono nulla su cosa ab­ biano mangiato come companatico. 28 •

Gesù conclude questa parte più lunga del pasto con la preghiera usuale di ringraziamento sul così detto «calice della benedizione» . Che la reciti egli stes­ so e non la deleghi non è la norma ma non è neppure straordinario. •

Dopo innumerevoli rappresentazioni errate dell'ultima cena, si apre qui per l'arte un campo nuovo e affascinante. 28 Luca parla, è vero, di agnello pasquale in Le 22,15, ma è ben difficile vedere in questa in­ dicazione una reminiscenza storica, dal momento che il v. 15 e tutta l'unità letteraria 22,15-18 so­ no presumibilmente una tardiva redazione lucana (cfr. Bòsen,]esusmahl, 19-35, spec. 26-29).

c) Un pasto carico di profondo significato Il rimprovero ostile fatto a Gesù di essere un «mangione e un beone» (Le 7,34 par. M t) suscita l'impressione di orge scatenate, di eccessi e gozzoviglie. « Ma era soltanto la gioia riconoscente per un poco di pane, di pesce e di vi­ no » 29 a offrire agli avversari di Gesù l'occasione per diffamarlo. Facendo un confronti con i chassidim ebrei, i «mistici gioiosi» del '700 in Galizia - con­ fronto contro cui si possono sollevare obiezioni di metodo e di sostanza S. Landmann richiama comunque l'attenzione su un aspetto su cui sorvoliamo volentieri, o di cui forse non vogliamo neppure accorgerci: i numerosi pasti che Gesù durante il suo ministero celebra con innumerevoli persone in Galilea come pure a Gerusalemme, sono essenzialmente luoghi di gioia escatologica. Colpiti dai «segni» del regno di Dio che sta per venire, ci si distende comoda­ mente a tavola, si gode di cibi e bevande che l'anfitrione offre, ci si diverte, si ride e si scherza.30 Nulla è più lontano dalla verità storica che un Gesù serio da morire, incapace di rallegrarsi, un Gesù a cui il dolore del mondo strozza il ri­ so in gola. Ma in questo giovedì sera il clima è un altro. Lo possiamo coglie in due o tre logia che la comunità primitiva ha «selezionato » tra i tanti pronunciati da Gesù in queste ultime ore e che riporta continuamente alla memoria nella li­ turgia. -

aa) Dentro l'ombra della certezza della morte, ma anche di una fiducia piena di speranza (Mc 14,25/Lc 22, 18) Un detto antico di Gesù, autentico secondo l'opinione di molti studiosi, si presenta nel cosiddetto logion escatologico,3 1 tramandatoci da Marco in Mc 14,25 par. M t e Le e da Luca in Le 22, 18, e a cui sembra alludere anche Paolo in l Cor 1 1 ,26: Mc 14,25 par.

Le 22,18

«Amen, vi dico: a) non berrò più del frutto della vite b) fino al giorno in cui lo berrò di nuovo nel regno di Dio» .

«Poiché vi dico: a) da questo momento non berrò più del frutto della vite b) finché non venga il regno di Dio».

29

Landmann,jesus, 176ss.: pasto festivo e danze nel caso d i Gesù e presso i chassidim.

30 «Gesù e i suoi discepoli non si sono mai abbandonati a. . . estatici giri di danza come fa­

cevano i saddikim e i loro seguaci? » . Per Landmann sarebbe strano «Se Gesù e i suoi amici se ne fossero esclusi» (jesus, 1 78); ma per questa congettura mancano indicazioni e documen­ tazioni anche in campo rabbinico. 31 Cfr. Patsch, Abendmahl, 89-95; Blank, Der «eschatologische Ausblick», 1 33-145; Bòsen, jesusmahl, 19-22 (bibl.); Oberlinner, Todeserwartung, 130-134.

'''"i!..!.i.fhfl%1'1 Non è facile decidere quale delle due versioni sia più originaria. Ma sulla ba­ se dell'osservazione che la traduzione tende piuttosto a dilatare, precisare e completare, va preferita la versione lucana, più breve; il che non esclude che al­ cuni elementi della versione marciana possano senz'altro essere più antichi (per esempio l'«Amen» dell'introduzione) . E anche la formula «da questo mo­ mento» sembra aggiunta da Luca. 32 Il logion a due stichi sembra essere formulato nella lingua dei profeti (Is 25,6) e presenta il carattere di annuncio profetico. Mediante l'introduzione solenne «Amen», esso «acquista la forma di una dichiarazione solenne di in­ tenti, quasi un giuramento» . 33 + Nella prima metà del logion Gesù si impegna solennemente a «non bere più del frutto della vite». «Frutto della vite» può essere qui interpretato come espressione metaforica per «pasto » . « Non più » (ou mé) è, secondo Blass­ Debrunner, «la forma più determinata di negazione riguardante qualcosa di futuro» . 34 Da questo momento Gesù non imbandirà più alcun pasto; con que­ sto pasto egli conclude una prassi che lo aveva caratterizzato. La cena è il pun­ to finale di una lunga serie di comunioni conviviali apportatrici di salvezza (cfr. T 43) . Che cosa sia a spingerlo a questa rinuncia radicale Gesù non lo dice, ma possiamo indovinarlo anche senza fare interpolazioni nel testo. Fiutando la si­ tuazione, egli ha il presentimento, anzi sa fin dall'episodio della purificazione del Tempio che i segni annunciano tempesta, sa di aver attirato su di sé la col­ lera delle autorità, sa di dover fare i conti con una morte violenta. Mc 14 ,25a/

L'U LTIMA CENA - CONGEDO E PROSPETTIVA TEMPO INTERMEDIO

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Mc 2,13·17; le 7,34; Mt 14,13; le 10,38-42

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32 Su Le 22,18 cfr. Bòsen,]esusmahl, 29-33. 33 jeremias, Abendmahlsworte, 201. Thielicke commenta così questo Amen («