Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Un confronto storico

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Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Un confronto storico

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collana LA BIBBIA NELLA STORIA diretta da t Giuseppe Barbaglio La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle Scritture sacre, ebraiche e cristiane. A questo scopo, i libri biblici, oltre che come documenti di fede, saranno presentati come espressione di determinati ambienti storico-culturali. punti di arrivo di un lungo cammino di esperienze significative e di vive tradizioni, testi incessantemente riletti e re-interpretati da ebrei e da cristiani. Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione. le testimonianze scritte. Più da vicino. ci sem­ bra fecondo criterio interpretativo la comprensione. criticamente vagliata, della Bibbia intesa come fruito della storia di Israele e delle primissime comunità cristiane suscita­ te dalla fede in Gesù di Nazaret e, insieme. parola sempre di nuovo ascoltata e procla­ mata dalle generazioni cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici. Il direttore della collana, i collaboratori e la casa editrice si assumono il preciso impegno di orfrire volumi capaci di abbinare alla serietà scientifica un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico.

Questi i t itoli

programmati:

l. L'ambiente storico-culturale delle Scritture Ebraiche (M. Cimosa: 2001) 2. Le tradizioni storiche di Israele. Da Mosè a Esdra (E. Cortese: 22001) 3. l profeti d'Israele: voce del Dio vive/l/e (G. Savoca: 1985) 4. l sapienti di Israele (G. Ravasi) 5. l canti di Israele. Preghiera e vita di un popolo (G. Ravasi: 1986) 6. La lel/eratura imertestamentaria (M. Cimosa: 1992) 7. L'ambiente storico·cullllrale delle origini cristiane. Una documentazione ragio­ nata (R. Penna: '2006) 8. Le prime comunità cristiane. Tradizioni e tendenze nel cristianesimo delle ori· gini (V. Fusco: 1997) 9. La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (G. Barbaglio: 22001) 9b. Il pensare dell'apostolo Paolo (G. Barbaglio: 22005) 10. Evangelo e Vangeli. Quauro evangelisti, quattro Vangeli, quallro destinatari (G. Sega Ila: ·'2003) Il. Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica (G. Bar bagl i o : 52005) Il b. Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso. Confronto storico (G. Barbaglio: 2006) 12. La tradizione paolina (R. Fabris: 1995) 13. Omelie e catechesi cristiane nel/ secolo (a cura di G. Marconi: 21998) 14. L'Apolimlisse e l'apocalittica nel Nuovo Testamento (B. Corsani: 1997) 15. La Bibbia nell'antichità cristiana (a cura di E. Norelli) l. Da Ge.rù a Origene (1993) Il. Dagli scolari di Origene al V secolo 16. La Bibbia nel Medioevo (a cura di G. Cremascoli- C. Leonardi: 1996) 17. La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea (a cura di R. Fabris: 1992) 18. La leuura ebraica delle Scriuure (a c u ra di S.J. Sierra: 21996) 19. La Bibbia dei pagani./. Quadro storico (G. Rinaldi: 1998) 20. La Bibbia dei pagani. Il. Testi e Documenti (G. Rinaldi: 1998) 21. Donne e Bibbia. Storia ed esegesi (a cura di A. Valeria: 2006)

Giuseppe Barbaglio

GESÙ DI NAZARET E PAOLO DI TARSO Confronto storico

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

Prima edizione: novembre 2006 Ristampa: luglio 2007

Realizzazione editoriale: Prohemio editoriale srl, firenze

"2006 Centro editoriale dehoniano via Nosadella, 6 - 40123 Bologna EDB (marchio depositato) ISBN 978-88-1 0-40272-6 Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 2007

Al carissimo Francisco, germoglio di vita nella nostra casa

Introduzione

Calcolata sui due millenni di presenza del movimento cristiano, la distanza cronologica tra Gesù di Nazaret e Paolo di Tarso appare mini­ ma. Il Nazareno, nato qualche anno prima di Cristo (!), è morto, si ritiene, nel 30 o nel 33. Pochi anni più giovane, l'apostolo ha finito i suoi giorni. attorno al 60. Ma la distanza culturale, sociale e teologica è inversamente proporzionale alla vicinanza di tempo. Ora il confronto tra i due, che ha alle spalle più di un secolo e mezzo di studi e ricerche, ha registrato opinioni contrastanti: si va dagli estremi di totale conti­ nuità e completa discontinuità a soluzioni intermedie proposte sotto il segno evoluzionistico di una storica transizione dall'uno all'altro. La lontananza più estrema è nota sotto la formula assai divulgata di Paolo ; un giudizio così motivato: Paolo «ha fatto del cristianesimo una religione della redenzione». In particolare il con­ fronto è stato condotto sull'immagine che Gesù ebbe e manifestò di sé e la figura divinizzata che Paolo ne tracciò nella sua riflessione. Bousset, autore della monumentale ricerca Kyrios Christos, all'inizio del secolo scorso sostenne che Paolo aveva fatto del Nazareno «Un essere divino però un gradino sotto Dio [ . . . ], un mezzo dio» (Halb­ gort). Anche Bultmann si è fatto paladino della tesi di una netta dis­ sociazione tra il pensiero di Paolo e la predicazione di Gesù: questa per l'apostolo «è irrilevante, almeno nell'essenziale». Agli occhi di autori ebrei in particolare, se ultimamente il Naza­ reno è riconosciuto come «fratello» (Ben Chorin) o «Un mio grande fratello» (M. Buber), e si può parlare di una sua felice «rimpatriata», 1

Gli esatti riferimenti sono indicati all'interno deU'opera, soprattutto al capitolo l. 7

Paolo appare un ebreo andato extra moenia, passato al campo dei gentili e al mondo della cultura greca, insomma un disertore: in lui «l'antica religione teocentrica del giudaismo viene sostituita da una confessione cristocentriea» (Kiausner); ha abbandonato la fede­ emunà per una fede pistis di stampo dogmatico (M. Buber). Giudizi più passionali e meno fondati scorrono sotto la penna di uno studio­ so dei nostri giorni, H. Maccoby, autore di un libro il cui titolo è tut­ to un programma: The Mythmaker (Il creatore di miti): Paolo ; è «l'inventore del cristianesimO>>; la sua teologia è il frutto del . Sull'altra sponda sono numerosi anche gli studiosi che, a vario titolo, riconoscono l'esistenza di una sostanziale continuità tra i due. Già il famoso Harnack dichiarava in Essenza del cristianesimo: Paolo >, di questo così sintetizza i contenuti: (p. 97). Harnack fa un'evidente operazione riduttiva simile a quella mes­ sa in atto già da Baur: ai suoi occhi Gesù è solo un maestro di mora­ le, di una morale altissima, certo, interessato all'interiorità delle per17

sone, alle loro anime: (pp. 100-101). In breve, si tratta >; minaccia concretizzata; ma assolve Paolo perché «ancora molto lontano da questa impostazione (chi chiama Cristo Signore, parla per Spirito Santo), ma è innegabile che l'ordine dei concetti religiosi stabilito dalla sua speculazione ha avuto effetto anche in una direzione erra­ ta>>. «Fare della cristologia il contenuto fondante dell'evangelo è però un errore>> (p. 184 ), che sarà compiuto nel li secolo (pp. 188ss ) . . .

.

18

In una sola formula, la soluzione di Harnack si colloca sotto il segno della particella coordinativa: Gesù e Paolo, questi continuato­ re fedele di quello. Chi lasciò una profonda traccia nella ricerca di quegli anni, susci­ tando adesioni ma anche e soprattutto contrapposizioni,4 fu William Wrede con il suo libro esplosivo Paulus, pubblicato nel 1904.5 Parten­ do dall'immagine di Gesù di Nazaret proposta dall'ottocentesca teo­ logia liberale e confrontandola con Paolo, vi ha visto un'insanabile antitesi: o Gesù o Paolo. Nell'esigenza di un approccio storico, egli si riallaccia chiaramente a Baur: (p. 74). In concreto, l'apostolo si spiega in base a questi due fattori complementari: il carattere decisivo della sua esperienza damascena in cui h a sperimentato l'apparizione di Cri­ sto splendente di gloria divina. e l'influsso determinante esercitato su di lui dall'apocalittica giudaica. Questa era incentrata nella concezio­ ne dei due eoni o mondi, il presente all'insegna del male e della mor­ te e votato alla rovina, e il mondo futuro con al centro la figura cele­ ste e messianica del Figlio dell'uomo che sarebbe apparso sulle nubi del cielo a giudicare la storia. E Paolo ne era preso: (p. 81 ) . Perciò >, ma ritiene che non ci sia «contraddizione• (p. 22). E insiste sulle concordanze tra i due: «Nel superamento di ogni barriera nazional-giudaica Paolo ha lo spirito di GesÙ>>, mentre «nella dottrina della redenzione e della fede in Cristo. Paolo ha con sé la comunità primitiva• (p. 34): se Gesù chiama alla conversione, Paolo alla fede (p. 38): la prospettiva del futuro ulti­ mo è comune (pp. 40-41): così della concezione della grazia di Dio (p. 45): «Nell'etica di Paolo non c'è alcuna diversità essenziale con Gesù• (p. 51). E come spiegazione del­ le concordanze e delle diversità fa appello alla «diversità di situazioni in cui Paolo si è trovato rispelto a Gesù>>: «La morte in croce di Gesù sta in mezzo a loro, non apparte­ neva al vangelo di Gesù• (p. 62). La sua conclusione (pp. 68ss) è che certamente «Pao· lo ha creato un nuovo inizio)), ma non ha sostituito Gesù con il suo Cristo, non ha mes� so la sua fede al posto della religione di Gesù. ' In Das Pau/usbild in ,/er neueren deutschen Forschung, Darmstadt 1969, 1 -97. Su Wrede vedi H. RoLLMANN. «Paulus alienw;: William Wrede on Comparing Jesus and Pau!», in RICHARDSON- HURD (edd.), From Jesus to Pau/, 23-45. lo

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sa gloria della sua esistenza di Risorto, egli lo identificò con il suo Cri­ sto e trasferì senz'altro su Gesù tutte le concezioni che egli aveva già dell'essere celeste, cioè che egli esistette prima del mondo e partecipò alla sua creazione>> (p. 82). Ne consegue che la sua morte e risurrezio­ ne non sono da lui pensate «come esperienze di un uomo, bensì inte­ ramente come esperienze di un essere divino diventato uomo>> (p. 83). Gesù, dice Wrede, aveva un linguaggio semplice, quasi elementa­ re. Anche se molto forti, le sue concezioni religiose erano poche; soprattutto in lui non è riscontrabile (p. 84). Il problema principale è , non !imitandoci a confrontare singoli temi, bensì fissan­ do l'attenzione sul punto centrale che nella predicazione di Gesù . Invece per Paolo , per cui (p. 87). Se misuriamo la distanza che separa i due, abbiamo questo risultato: > (p. 90). Detto in una formula pregnante, Paolo (p. 95). , un processo che Wrede definisce con la categoria di mito {p. 95). La con­ seguenza logica, dice il nostro autore, è > (p. 97).6

2. l

DECENNI

1920-1960

Sono segnati in modo indelebile dalla forte personalità teologica di Rudolf Bultmann:7 la sua presa di posizione fa da spartiacque tra il primo periodo e gli sviluppi più recenti della seconda metà del 1900. Anzitutto, grande oppositore della teologia liberale, ha combattuto con successo la soluzione di Harnack, ma anche ha mostrato i limiti della teoria di Wrede, mettendo a nudo la loro illusione di poter libe­ rarsi dal dogmatismo di Paolo per approdare felicemente alla religio­ ne non dogmatica di Gesù. >. La conseguenza è inevitabile: «Non si può abbandonare Paolo e fare ritorno a Gesù. In Gesù s'incontra lo stesso Dio come in Paolo [ ... ]. Si può solo attraverso Paolo andare a Gesù».8 Il suo studio più puntuale è qui «Il significato del Gesù storico nel­ la teologia di Paolo» del 1929. Con acume distingue tre aspetti del problema che nella discussione troppo spesso apparivano indistinti creando per questo confusione. Al primo quesito: (p. 21 5). E ancora: (p. 2 1 6). Bultmann non vuole essere frainteso: la differenza ; per Paolo si è creato , perché l'evento decisivo si è compiuto: ; > (p. 216).9 Nessun processo evolutivo, come pensava Wrede; ciò che è cambiato non sono le con­ cezioni teologiche, ma la situazione del mondo. >. Non è nep­ pure un modello umano. né un eroe: in Paolo «manca ogni apprez­ zamento della personalità di Gesù>> (p. 222). Con una formula che ha fatto discutere afferma che, per l'apostolo, centrale è il nudo fatto della sua esistenza terrena e del suo annuncio (il dass), non come egli è vissuto (il wie) e ciò che personalmente è stato e ha fatto (il was). Detto altrimenti, centrale nel vangelo di Paolo non è il Gesù terre­ no come storicamente si vorrebbe e si potrebbe immaginare (histo­ risch ) , bensì il (geschichlich ) esistente, morto e risu­ scitato, che segna l'avvicinarsi salvifico di Dio all'uomo e che è oggetto del kerygma cristiano, cioè della predicazione allora di Pao­ lo come della predicazione in ogni tempo della Chiesa. Ed è solo in questa che ogni uomo può incontrare Cristo come attualmente pre­ sente a lui e non come persona del passato. 1 0 Oltre tutto, aggiunge Bultmann, volerla poggiare sul Gesù storicamente conosciuto, come fa per esempio J. Jeremias, vorrebbe dire snaturare la fede che è pura fiducia nel Dio di Gesù Cristo, priva di ogni motivazione e sostegno umani.U Manco a dirlo, Bultmann ha suscitato un forte dibattito. in cui la voce più autorevole in materia mi sembra quella di Werner Georg Kiimmel12 con il suo studio >, apparso in Theologi­ sche Bliitter XIX(1940), 209-231. Seguendo per filo e per segno i tre distinti aspetti del problema segnalati sopra, anzitutto concorda con ,

10 Cosl anche ScHMITHALS, «Paulus und der historische Jesus)), 146: ��Che cosa noi veniamo a sapere in Paolo del Gesù storico? Nulla circa la sua vita. Infatti che egli era un uomo e che morì sulla croce, è da assegnare al "duss" della sua esistenza storica�). 11 a. lo studio citato: «Das Verhiillnis der urchristlichen Christusbotschaft zum historischen Jesus».

12 H. W!NDISCH, Paul11s und Chrisllls. Ein bibliJCh·religionsgeschichtlicher Vergleich,

Leipzig 1934, ha percorso una sua strada paragonando non i due annunci, bensì i due annunciatori visti alla luce del tipo storico-religionistico del theios anér dell'antichità greca. E afferma: Gesù era un inviato. anche Paolo; Gesù era un servo di Dio a servi­ zio del vangelo di salvezza, anche Paolo; Gesù era portatore di Spirito, anche Paolo; Gesù era portatore di dinamica divina nella parola e nell'opera, allo stesso modo Pao­ lo; tuili e due sono santi (pp. 287ss, cit. in BLANK, Paulus und Jesus, 74). 24

lui nel ritenere che (p. 213). Contesta invece l'affermazione di Bultmann che, riducendo al puro fatto di esistere (il dass) l'importanza del Gesù sto­ rico per la teologia di Paolo, presta il fianco all'accusa di cedimento al docetismo negatore della vera umanità di Gesù. In realtà, rileva Kiimmel, l'apostolo è interessato, e non marginalmente, allo spessore umano di Gesù che > (p. 229). E sul piano personale, rileva Kiimmel, la vera differenza sta nel fatto che Gesù si è presentato come il messaggero e il portatore della sal­ vezza, mentre Paolo ; >, diede origine al nazaretanesimo, movimento incentrato nel­ la fede nella risurrezione e nella parusia di Cristo (p. 258). Determi­ nante però fu, poco dopo, Paolo: «Questo Saul è il vero fondatore del cristianesimo come nuova religione e come Chiesa, dopo che era nato qualche anno prima come semplice setta giudaica e una speciale comunità israelitica>> (p. 289). Il suo apporto è consistito soprattutto nel mettere al centro «non il Gesù reale ma quello apparso nello spi­ rito, un superuomo spirituale, un messia spirituale>>. accettato come «salvatore del mondo>> e Signore (p. 408). Ciò che non era riuscito a Pietro e compagni, riuscì a Paolo: «oltrepassare nella sua adorazione

" Vedi anche L. BAECK, oDer Glaube des Paulus». in K.H. RENC.STORF (ed), Das Paulushi/d in der neueren deutschen Forschung, Darmstadl 1 969, 565·590. e più recen­ temente H. MACCOBY, The Mythmaker: Pau/ and the lnvention of Christitmity, London 1986, dove il titolo è già lutto un programma. Ecco la sua lesi così riassunta nel capi­

tolo conclusivo: «Paol� non era primariamente un pensatore», bensì «Un mitologista, più che un teologo»; «E stato Paolo che ha fondato il cristianesimo))� >, > (Mt 2.6; cf. Mie 5,1.3). Del resto non per nulla era chiamalo, e lo è ancora oggi, il Nazareno (Mc 1 ,24; 14,67 ecc.) o anche il Galileo (Mc 14,70). In ogni modo egli visse e operò in Galilea:3 il suo habitat erano i vil­ laggi della bassa Galilea e della pianura lacustre, villaggi di cultura soprattutto agricola e peschereccia sul lago di Tiberiade, ma anche artigianale.• I vangeli menzionano diversi centri da lui frequentati come predicatore itineranle: oltre a Nazaret, Cana di Galilea (Gv 2,1 . 1 1 ; 4,46), Cafarnao e Betsaida (passim) , Corazin (Q: Le 10,13/Mt 1 1,21 ); questi tre villaggi si affacciavano sul lago a nord. Ha fatto anche qualche puntata a est del lago, dalle parti di Dalmanuthà (Mc 8,10), nelle regioni del nord-ovest di Tiro e Sidone (Mc 38: 7,31), come anche nell'estremo nord, nei pressi di Cesarea di Filippo (Mc 8,27), e nella regione di Gadara (Mt 8,28) o Gerasa (Mc 5,1 e Le 8,26), due delle cinque città che formavano la federazione della Pentapoli. Ed è sorprendente rilevare che, secondo le testimonian­ ze evangeliche, non è mai entrato nelle uniche due città della Gali­ lea: Sefforis, che distava pochi chilometri da Nazaret, e Tiberiade, fondata a onore dell'imperatore Tiberio da Erode Antipa che la fece capitale della sua tetrarchia. Certo. è stato pure a Gerusalem­ me, come attesta il Vangelo di Giovanni, centro religioso del giu­ daismo, dove anche la sua vita finì tragicamente, passando attraver­ so la Samaria e Gerico (Mc 10,46), ma la mappa topografica del suo

' Cf. K.H. OsTMEYER, •Annenhaus und Rauberhohle? Galilalea zur Zeit Jesu•. in ZNW XCVI(2005), 147-170. 4 La lavorazione della ceramica era presente in due villaggi della Galilea, Kefar Hanania e Shikhin; cf. S. FREYNE, «Archeology and the Hislorical Jesus», in Galilee and Gospe/s. Co//ected Essays, Tiibingen 2000, 169-170. 40

vivere è tutta galilaica. Si aggiunga la permanenza, più o meno lun­ ga, presso Giovanni il Battista sul confine tra Giudea e Perea, ai margini del fiume Giordano. In breve, non è errato vedere in lui un uomo di paese che si è tenu­ to volutamente lontano dal mondo urbano, prima artigiano di villag­ gio,5 poi predicatore itinerante avendo come base di partenza Cafar­ nao (Gv 2,12) e frequentando i piccoli centri galilaici.6 Paolo invece, nato a Tarso (A t 9,1 1 ; 2 1,39; 22,3), città cosmopoli­ t a e centro di scuole filosofiche,' è un cittadino metropolitano a tut­ ti gli effetti. La sua vicenda infatti si svolge interamente tra diverse città del mondo greco-romano.8 A Damasco ebbe inizio la sua vita di credente e di apostolo di Cristo (At 9,3; Gal 1 , 17); subito dopo si spostò (Gal 1 ,1 7). cioè in Transgiordania nel regno dei nabatei, dove sorgeva Petra; quindi fece ritorno in Siria e in Cilicia. stabilizzandosi per anni nella comunità cristiana di Antiochia di Siria (Gal 1 ,21;At 12,25-13,3). Da qui, secondo la testimonianza degli Atti degli apostoli (cc. 13-14), partì sotto la guida di Barnaba per un viag­ gio missionario prima nell'isola di Cipro, poi nei centri urbani di Antiochia di Pisidia, Iconio, Llstra e Derbe nelle regioni della Pisi­ dia e della Licaonia nel sud-est dell'attuale Turchia. Seguendo sem­ pre il filo narrativo del libro degli Atti (15,36-19,40), sappiamo che poi giunse nella Galazia, regione al centro della penisola, dove sor­ gevano le città di Ancira, Tavio e Pessinunte,9 dando vita ad alcune destinatarie della sua famosa lettera. Quindi, salpando da Troade, giunse in Europa e annunciò con successo il vangelo a Filippi, colonia romana, e a Tessalonica, capitale della pro­ vincia romana di Macedonia, e lasciata Atene, dove non ottenne alcun risultato, creò a Corinto, capitale della provincia romana di ' In Mc 6,3 è dello «il carpentiere» (rektDn ) , ma «il figlio del carpentiere» in Mt . 13,55. 6 Cf. J.D. CROSSA N - I L REED, Excavating Jesus: Beneath the Stones, behind the Tex­ res, San Francisco 2001; soprattutto S. FREYNE, Gesti ebreo di Galilea. Una rileuura del Gesù storico, San Paolo, Cinisello Balsamo 2006. 7 Cf. la testimonianza di Strabone non priva di esagerazioni retoriche: «Tra gli abi­ tanti di Tarso regna un così grande zelo per la filosofia e per ogni ramo della forma­ zione universale. che la loro città supera sia Atene sia Alessandria e ogni altra città, in cui siano scuole e studi di filosofia [ . . . ). Ma . come Alessandria, Tarso possiede scuole per tutte le branche delle arti liberali» (Geogr. 14,5,13). " Cf. J. MuRPHY-O'CoNNOR, «L'archeologia del cristianesimo primitivo», in R. PEN­ NA (ed.), Le origini del cristianesimo: una guida, Carocci, Roma 2004, 261-283. 9 Questo nell'ipotesi nord-galatica, opposta alla teoria sud-galatica, secondo cui Paolo avrebbe scrillo la sua lettera alle comunità di Pisidia e Licaònia, fondate nel pri­ mo viaggio missionario e appartenenti alla provincia romana di Galazia. 41

Acaia, una vivacissima comunità. In seguito centro della sua effica­ ce azione missionaria fu Efeso, capitai� della provincia romana di Asia, da cui tenne continui rapporti - di persona, attraverso i suoi collaboratori più stretti Timoteo e Tito e mediante scambi epistolari - con le sue comunità di Macedonia e di Acaia e con le chiese della Galazia. Concluse la sua avventurosa vita missionaria nella capitale dell'impero, Roma, dopo aver mandato una straordinaria lettera ai credenti deii'Urbe.10 Se Gesù visse dentro i confini di un piccolo mondo/1 Paolo operò nel grande impero romano, più propriamente nel mondo del Medi­ terraneo o dell'olivo, come dice Deissmann,12 escluse le regioni del­ l'Africa settentrionale. Non sappiamo perché abbia evitato l'Egitto, dove peraltro viveva una numerosissima diaspora giudaica, e non si sia fatto missionario ad Alessandria, la grande capitale del mondo ellenistico. Un universo, il suo, unito da grandi linee di comunicazio­ ne, via terra e via mare, che gli hanno permesso di muoversi e copri­ re distanze assai grandi, diverse migliaia di chilometri. E se anche Paolo come Gesù era un arti'giano, esattamente un «facitore di tende>> (skenopoios: At 18,3),'-' ciononostante la diversità tra loro non era poca: il N azareno artigiano di un piccolo villaggio in un ambiente rurale. l'apostolo un artigiano di città, membro di una corporazione di arti e mestieri dotata di grande mobilità, che poteva trovare facilmente lavoro in tutte le città dell'impero. Di fatto, non volendo essere un mantenuto, egli unì l'azione missionaria al lavoro manuale, attento a distinguersi dai molti predicatori itineranti dell'e­ poca e da certi annunciatori cristiani che, dice, «mercanteggiano la parola di Dio>> (2Cor 2,17). E anche l'itineranza dei due era diversa, l'una, di Gesù, in un . ristretto ambito, l'altra, di Paolo, sulle grandi distanze che separavano più province romane.

10 Le testimonianze più antiche sul martirio di Paolo a Roma sono la Lettera di Clemente Romano ai Corinzi, della fine del l sec. (5,5-7), Tertulliano nel 200 (De prae· scriprione haerericorum 36,3), Eusebio (t 339) in Hisr. ecc/. 2,25,8. 1 1 Basti pensare alle dimensioni della Galilea, il teatro della sua vicenda: circa 69 km da nord a sud e circa 49 da est a ovest (C.A. EvANS, •Context, Family and Forma· tion•, in M. BocKMUEHl [ed.), The Cambridge Companion ro Jesus. Cambridge 2001, Il

[11-24)).

12 A. DEISSMANN, Paulus: eine kulrur·und religionsgeschichrliche Skizze, Tiibingen 1925.28 e 31. 13 Cf. R.F HocK, The Social Conrexr of Paul's Ministry. Tenlmaking and Apost/eship, Philadelphia 1980. M. HENGEl, Il Paolo precrisriano, Paideia, Brescia 1992, 63, rileva come il principale acquirente delle tende di cuoio fosse l'esercito romano.

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2. D ISLOCAZIONE

DI LINGUA E DI LJNGUAGGI0 14

Gesù parlava aramaico come tutti i galilei del suo tempo. Gli scritti delle origini cristiane ci hanno tramandato due parole ara­ maiche da lui usate: abbà, padre mio, appellativo con cui si è rivolto con familiarità filiale a Dio (Mc 14,36; cf. Gal 4,6 e Rm 8,1 5),15 e talità koum: , con cui ha interpellato la figlia di Giairo (Mc 5,41 ).16 Che sapesse parlare anche in greco è ipotizzato da alcuni studiosi, ma con argomenti privi di valore. 17 Che poi aves­ se urla qualche conoscenza dell'ebraico, la lingua sacra della Bibbia e della liturgia sinagogale e templare, è ben difficile da sostenere; non sembra che abbia frequentato scuole superiori riservate alle grandi famiglie. Paolo invece era bilingue. In Fil 3,5 dice di essere : vuoi dire che l'ebraico era la sua lingua madre. Ma ha scritto le sue lettere in greco, non il greco classico bensì la lingua franca dell'impero romano, la koinè dialektos che a partire da Ales­ sandro Magno si era diffusa nel bacino del Mediterraneo. Deiss­ mann lo definisce ( Paulus, 71 e 79), la tra­ duzione greca della Bibbia ebraica, perché i suoi scritti ne risentono ed egli ne ha fatto largo uso. come comprovano le numerosissime citazioni presenti nelle sue lettere. Lo si chiama anche greco neote­ stamentario, tipico degli scritti delle origini cristiane. perché mostra caratteristiche proprie: > (2,17); > l «Non voglio che ignoriate>> (per es. 1Cor 12,3; 15,1 e Rm 1 ,13; 1 Cor 1 0,1; 12,1); il motivo del ricordo (mneia) (per es. lTs 1 ,2-3; Rm l ,9) e verbi espressivi di preghiera e richiesta (deomai, paraka/6) (per es. Rm 1 ,10; 12,1). Si aggiunga che alcuni generi epistolari del­ l'antichità greco-romana29 trovano corrispondenza nelle lettere pao­ line, come lo scritto di raccomandazione (systatikos) nel biglietto a Filemone, il genere di consolazione e incoraggiamento (paramythe­ tikos) nella 1Ts, l'ammonizione (nouthetetikos) in 1 Cor 4,14, l'apolo­ gia ( apologetikos) in 2Cor. Oggi però si mette sempre più in evidenza come le lettere di Pao­ lo siano segnate dalla retorica classica. E se non mancano riserve su applicazioni troppo rigide, come rileva il citato Classen, per esempio classificandole tout court secondo i tria genera: giudiziale, deliberati­ vo, epidittico o dimostrativo, i numerosissimi studi sulla retorica degli scritti dell'apostolo hanno dato e stanno dando copiosi frutti di intel­ ligenza del testo. In particolare sulla scia della Retorica di Aristotele se ne è messa in luce la presenza di precise e formali argomentazio­ ni, strutturate secondo lo schema di tesi (propositioneslprotheseis), distinte magari in principali e subordinate, e prove (probationes/ pisteis),30 arricchite a volte da confutazioni (refutationes) e concluse di regola con perorazioni (perorationes) finali e sintetiche:11 Così per esempio nella Lettera ai Romani riscontriamo un'iniziale tesi o pro­ positio di tutto lo scritto: il vangelo «è potenza di Dio per la salvezza per chiunque crede, per il giudeo prima e poi per il greco>> ( 1,16).

29 Lo PsEuoo DEMETRIO. Typoi episto/ikoi elenca 21 generi . tra cui notiamo i seguen­ ti: philikos (di amicizia), systatikos (di raccomandazione). paramythetikos (di consola­ zione e incoraggiamento) . nouthetétikos (di ammonizione), epainitikos (di lode), .> e «teolo­ go argomentante>> e spiega: > e ·tianesimo primitivo nel quadro delle religioni antiche, Garzanti. Milano 1 9 6 1 ; G. CLAUOEI., «L'héritage chrétien de Paul», in J. ScHLOSSER (ed.) . Pau/ de Tarse. Paris 1996. 243-266: J.D. CRoSSAN, The Birth of Christianity: Discovering what Happenend in the Year.• lmmediately after Execution of Jesus, San Francisco 1998: V. Fusco, Le prime comunità cri.stiane. Tradizioni e tendrnze nel cristianesimo delle origini, CED, Bologna 1995; C. GIANOTTO, «Il movimento di Gesù tra la Pasqua e la missione di Paolo• . in R. PENNA (ed.). Le origini de cristianesimo: una guida. Carocci. Roma 2004, 95-127: G. l os­ SA. «Rapporti tra il cristianesimo delle origini e l'ambiente greco-romano», in PENNA (ed.). Le origini del cristianesimo, 51 -69: H. KoESTER, Ancient Christian Gospels. Their History and Deve/opment, London 1990: R. PENNA, «Inizi e primi percorsi della cristo­ logia giudeo-cristiana•. in Ricerche Storico-Bibliche XV(2003)2, 2001 -232: S. C. MIMOU­ NI, Le judéo-christianisme ancien. Essais historiques. Paris 1998: H. RAISANEN, «"The Hel­ lenists'' - A Bridge Between Jesus and Paul?•, in lo. . Jesus, Pau/ an>, all'interno della stessa comunità cristiana di Antiochia a proposito della commensalità tra giudeo-cristiani5 ed 2 Cosi GJANOTIO, « I l movimento di Gesù», 96 e JossA, > che progressivamente si sganciò dal giu­ daismo confessando Gesù come Signore non solo d'Israele, ma anche di tutta l'umanità, e in questo movimento una parte rilevante ebbe Pao­ lo (pp. 175-187). Come si vede, si adombra qui un superamento del sud61

detto schema triadico, perché Harnack accenna a un passaggio dalla comunità primitiva di marca giudaica a una forma cristiana che comin­ cia a rendersi autonoma dal giudaismo già prima di Paolo. Comunque con questo quadro assai semplice ha rotto W. Heitmiiller nel suo studio del 1912, (p. 333); soprattutto l'aver attrib uito il titolo di kyrios (Signore) a Gesù, elevandolo a «una posizione divina», visto che nel giudaismo era l'appellativo di Dio stesso (pp. 333-335). Alla fine una precisazione: lo specifico paolino (p. 337). Solo un anno dopo fu pubblicata la grande indagine di W. Bous­ set: Kyrios Chrisros, con il sottotitolo che, tradotto, recita: «Storia del­ la fede cristiana dagli inizi del cristianesimo fino a Ireneo>> (Tiibingen 1913). Egli ripete in sostanza la tesi di Heitmiiller ma, ponendosi dal punto di vista specifico della cristologia, punta lo sguardo sul cristia­ nesimo di marca pagana e ritiene decisivo l 'influsso delle religioni misteriche del mondo greco-romano. Se nella comunità protocristia.

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na palestinese la concezione di Gesù era espressa con il titolo di mes­ sia-figlio dell'uomo, nella comunità primitiva pagano-cristiana questo titolo messianico ed escatologico è sostituito da quello di kyrios, con cui si esprime una presenza spirituale sperimentabile adesso: in una parola, dal futuro l'accento si sposta al presente. E Paolo dipende da questa (Q: Le 10,13-15/Mt 11,20-24). Agli itineranti erano affiancati credenti che restavano a casa loro, vivevano un ethos meno rigoroso di quelli - per esempio valutavano in termini positivi il matrimonio (Mc 10,2ss) - e li sostenevano eco­ nomicamente, come emerge dai ricordi evangelici: Gesù e il suo grup­ po di seguaci erano graditi ospiti in questa o quella casa di amici: nel­ la casa di Marta e Maria (Le 10,38), in quella di Simone il lebbroso (Mc 14,3s). E vi si parla delle donne che assistevano economicamen­ te il gruppo di Gesù (Le 8,2s). Per non dire delle consegne missiona­ rie che prevedevano di avere come base missionaria questa o quella casa (cf. Le 10,7-9).14 Proprio da questi credenti stanziati dovettero nascere le prime comunità cristiane domestiche in Galilea. Assente il titolo di messia, in primo piano si ha il Figlio dell'uo­ mo, visto secondo una doppia faccia: nella fase terrena la sua pre­ senza è contestata e osteggiata: >, comincia a far­ si valere sulla terra.7 Una concezione che l'uomo moderno con Bultmann chiamereb­ be mitica, perché spiega la presenza del male nella storia chiamando in causa esseri sovrumani. È propria dell'apocalittica giudaica, secon­ do cui tra il mondo superiore e celeste e l'inferiore o terrestre sta «il mondo di mezzo»,8 costituito da angeli e spiriti malvagi al comando di Satana (o di Beliar, di Mastema, del diavolo). Di conseguenza la salvezza dell'uomo dovrà passare per la sconfitta del Satana e del suo esercito di spiriti malvagi, come appare in chiare testimonianze di apocrifi: «Allora il suo regno [di Dio J si manifesterà in tutta la sua creazione. E allora il diavolo giungerà alla fine e la tristezza sarà por­ tata via con lui» (AssMos 10.1); «Ci sarà un solo popolo del Signore e una sola lingua e lì non ci sarà Io spirito d'inganno di Beliar, per­ ché sarà gettato nel fuoco per sempre>> ( TestGiud 25,3); «Allora tut­ ti gli spiriti dell'inganno saranno calpestati e gli uomini domineran­ no gli spiriti malvagi>> (TestSim 6,6); in Giub 10,7-8 Mastema confes­ sa la sua impotenza: «Non posso applicare la potenza della mia volontà nei figli dell'uomo>>.9 Un passo parallelo è attestato nell'A­ poca) isse cristiana: >.

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ascetico e minaccioso il Battista, «mondano>> � solidale con i perdu­ ti GesùY In sintesi, il suo percorso di conversione è stato segnato da queste tre pietre miliari: la prima è la sua sottomissione da penitente al bat­ tesimo di Giovanni; la seconda consiste nell'assunzione di una parte attiva nel movimento del Battista in Giudea, condividendone la pro­ spettiva escatologica e la relativa esigenza di cambiamento di vita: sta per scoccare l'ora del giudizio di Dio. dunque appello alla conversio­ ne morale, unica via di salvezza; la terza e più decisiva è il distacco dal Battista e il ritorno in Galilea come guaritore efficace e, insieme, visionario della disfatta celeste del Satana, con profondo cambia­ mento di prospettiva: questa ora ultima è segnata dall'iniziativa divi­ na di grazia e di misericordia a favore dei malati e degli emarginati (lett. dei poveri). È diventato così un uomo nuovo, l'evangelista del regno liberante di Dio.

2. «NON HO FORSE AVUTO LA VISIONE DI GESÙ, IL SIGNORE NOSTR0?»18 Con questa domanda retorica, dall'evidente risposta positiva, Paolo intende mostrare di essere un vero apostolo di Cristo, da lui

17 Anche la nuova preghiera di gruppo chiesta dai discepoli al maestro che rispon­ de insegnando il Padre nostro è segno della separazione tra Giovanni e Gesù (Le 1 1 ,244), come annota HoLLENBACH, The Conversion ofJesus, 215. '" Cf. C. DIETZFELBINGER, Die Berufung deJ Pau/us aL• Ursprung seiner Theo/ogie, Neuk irchen-Vluyn 1985; T.L. DoNALDSON, «Zealot and Convert. The Origin of Paul's Christ-Torah Antithesis», in CBQ LI( 1989), 655-682;1 OUPONT, «La conversion de Pau l et son influence sur sa conception du salut par la fai», in Foi et .ralut selon S. Pau/� Rome 1970, 62-100; K. HAACKER, «Die Berufung des Verfolgers und die Rechtfertigung des Gottlosen», in ThBeitr VI( 1975), 1 -19; Io., Paulus. Der Werdegang eines Apostels. S tutt­ gart 1 997: HEININGER, Paulus als Visioniir; G. LoHFINK, La com:ersione di san Paolo, Pai­ deia, Brescia 1969; U. LuCK, «Die Bekehrung des Paulus und das paulinische Evange­ lium. Zur Frage der Evidenz in Botschaft und Theologie des Apostels», in ZNW LXX­ VI(1985), 187-208; C.C. N EWMAN , Paul's Glory-Christology: Tradition and Rheloric, Lei­ den 1992; G. PANI, •Vocazione di Paolo, o conversione?», in L. PAoOVESE (ed.). A tti del l Simposio di Tarso su S. Paolo apostolo, Pont. Ateneo Antoniano. Roma 1993, 47-63; H. RAISANEN, «Paul's Conversion and the Development of His View of the Law», in NTS XXXlll(1987), 404-419; REIC HARDT, Psycho/ogische Erkliirung der paulinischen Damaskusvision ?; A.F. SEGAL, Pau/ the Convert. The Apostolate and Apostasy of Pau/ the Pharisee, New Haven-London 1990; Ch. STRECKER, Die limina/e Theologie e/e,, Pau­ lus: Zugiinge zur paulinischen Theologie aus kulturanthropologscher Perspektive, Got­ tingen 1999, 83-157: F. VouoA, Moi, Pau/, Paris-Genève 2005, 45-68 («L'appeh>); U. WILCKENS, «Die Bekehrung des Paulus als religionsgeschichliches Problem», in ZTK LVI ( 1 959), 273-293.

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inviato ( l Cor 9,1). Il riferimento è all'apparizione di Cristo risorto che della missione apostolica è il motivo fondante. Dunque un'espe­ rienza visionaria che è parimenti chiamata e invio, da parte di Cristo, ad annunciare l'evento della sua morte e risurrezione per la salvezza di tutti gli uomini. Della svolta radicale avvenuta in lui, in realtà, par­ lano soprattutto alcuni passi autobiografici delle sue lettere che sono la fonte storica primaria. L'altra. di valore secondario, è una triplice narrazione della sua conversione nel libro degli Atti degli apostoli, la prima in terza persona (c. 9), le altre due autobiografiche davanti ai giudei che volevano linciarlo nell'area del tempio gerosolimitano (c. 22) e poi al cospetto del re Agrippa (c. 26). La ripetizione dice che l'autore vi attribuisce grande importanza: è l'investitura divina del­ l'incaricato di portare l'annuncio evangelico nella capitale dell'impe­ ro. In comune i tre testi hanno il racconto di una scena cristofanica: Paolo è abbagliato da una luce celeste, «più luminosa di quella del sole>> (26,13), e, caduto a terra, una voce lo interpella: , infine alla domanda: riceve questa risposta: . È stata l'epifania del mondo divino e l'autopresentazione di una persona che a questo mondo appartiene. Il persecutore e il persegui­ tato sono l'uno a faccia a faccia dell'altro e in tale incontro quello è illuminato sull'identità dell'apparso: il Crocifisso gli ha parlato, è vivo dunque, non è più sepolto nel regno dei morti, è stato risuscitato da Dio. Ma anche riceve l'investitura apostolica dall'apparso: >, 1 93). HAACKER, «Die Berufung des Verfolgers• parla di •connessione tra bio­ grafia e teologia dell'apostolo Paolo>>. 15 Cf. M. HENGEL, Il Paolo precri.stiano, Paideia, Brescia 1 992. 26 E. HANCHEN, Die Apostelgeschichte, Giittingen 1 965, 249.

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gua greca - è solo la prima a essere presa di mira (8,3); poi si reca a Damasco per trascinare incatenati a Gerusalemme «i seguaci della via>> e punirli (9, 1-2); porta la sua azione persecutoria nelle città stra­ niere (26, 1 1 ); minaccia strage di ·credenti e si accanisce contro di loro (9,1 e 21 ) ; è addirittura un sanguinario: «lo perseguitai a morte que­ sta nuova dottrina>> (22,4); empiamente vuole costringere le sue vitti­ me alla bestemmia (26,11). 27 Non è una cronaca più o meno fedele, ma una che esprime lo stupore del primo cristianesimo per la straordinarietà della vicenda di un grande protagonista delle origini cristiane. stupore misto a lode a Dio, come attesta lui stesso dei credenti di Gerusalemme e della Giudea: (Gal 1 ,22-23). Da parte sua Paolo nelle stesse pagine autobiografiche di conver­ sione presenta brevemente il suo passato remoto sotto un duplice punto di vista: ebreo con un pedigree invidiabile congiunto a perso­ nale irreprensibilità di condotta, e persecutore , due caratterizzazioni connesse tra loro così che la seconda appare la risultante della prima. (Gal 1,13-14). L'azione persecutrice e la sua condizione di giudeo di stretta osser­ vanza sono abbinate con una semplice particella coordinativa, ma il legame appare più incisivo vista la sua qualifica di zelante per le tra­ dizioni dei padri. Paolo allude qui allo zelo di Mattatia, detto M acca­ beo, che nella prima metà del II secolo a.C. alzò la bandiera della dife­ sa, spada in pugno, della fedeltà alla legge mosaica contro il tentativo dello straniero Antioco IV d'imporre una nuova cultura, quella d'im­ pronta ellenistica. ( l Mac 2,21 -22). (v. 26) vuole essere contagioso: > (cf. anche lCor 15,9), con probabilità la comunità cristiana di Damasco,2R con l'intento di sradicarla: ai suoi occhi luccicanti di fanatismo si tratta di devianti che meUono in discussione la centralità della legge mosaica. Positivamente intende difendere, non senza aggressività, la causa del Dio che ha fatto alleanza con il popolo d'Israele e gli ha donato le tavole della Legge da osservare scrupolosamente. Il testo però non precisa in che consisteva esattamente la devian­ za dei perseguitati. Si può supporre dal contesto della Lettera ai Gala­ ti che questi, giudeo-cristiani di lingua greca, accogliendo i gentili sen­ za richiederne la circoncisione e credendo nella morte di Gesù quale sacramento del perdono dei peccati, come si è detto, apparissero ai suoi occhi demolitori del sistema giudaico del nomismo pattuale, secondo la famosa formula di Sanders (Paolo e il giudaismo palesti­ nese): alleanza con Dio, osservanza della Legge, in particolare della circoncisione, penitenza e riti purificatori per ristabilire una fedeltà tradita con le trasgressioni, salvezza finale. E questo anche se della legge mosaica i perseguitati criticavano soltanto i dettami rituali. la circoncisione, il sabato, le norme dietetiche, mantenendosi fedeli all'osservanza dei comandamenti morali. Dice Paolo in Gal 5,2: . Dunque o circoncisione oppure Cristo; l'una esclude l'altro. Il persecutore deve aver avvertito proprio questo dilemma e la sua ade­ sione totale a quella non poteva che porta rio alla difesa dello status quo e alla lotta contro i novatores aderenti a Gesù. 29 Un passo parallelo, ancor più ricco però d'informazioni, è Fil 3, dove egli si confronta polemicamente con non meglio definiti oppo­ sitori giudeo-cristiani che esibivano i loro titoli di vanto, e non teme di misurarsi sul loro stesso terreno: (vv. 4-6). Di nuovo la superiorità sugli altri, ma "' Così appare nella successione di Gal l ,l3-17: persecuzione, apocalisse e chiamata divina, viaggio in Arabia, ritorno a Damasco. Invece gli Alli Io presentano persecuto­ re anzitutto a Gerusalemme. 29 Dunque il motivo della persecuzione non era la fede in Gesù messia: un messia crocifisso, impensabile per i giudei. Si tratta piuttosto del problema di quale requisito si richiede per far parte della comunità di Dio e per entrare nello spazio dei •prede­ stinati» alla salvezza.

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questa è di duplice segno: le prime quattro qualifiche hanno caratte­ re ereditario, invece le ultime tre poggiano sul suo personale impe­ gno. Per nascita egli è un ebreo di puro sangue e di perfetta caratura: circonciso nella data prescritta dalla Legge (cf. Gen 17,12), membro del popolo eletto, appartenente alla tribù di Beniamino, allevato da genitori ebrei ed educato nella lingua ebraica. l titoli di gloria con­ quistati personalmente invece sono: l'adesione al fariseismo che per­ seguiva l'ideale di fare di ogni momento della vita un atto di obbe­ dienz;;� al volere di Dio, manifestato nella legge mosaica scritta, la Tora h, e interpretato dalla tradizione dei grandi maestri, che costitui­ va la Torah orale;J>, antitetica alla giustizia «che ha la sua origine in Dio e nella fede il suo fondamento>> (v. 8). Come si vede, vi si fa luce l'originale teologia paolina dell'uomo che ottiene il suo giusto posto davanti a Dio come credente in Cristo e non da osservante della leg­ ge mosaica e inserito nel patto sinaitico. Con tutta probahilità però essa è maturata sul campo successivamente quando si confrontò con il problema dell'inserimento dei gentili nella comunità cristiana; dif­ ficilmente può risalire al momento della sua conversione;31 non per nulla non appare prima della Lettera ai Galati. 2.2. Il nuovo inizio La rottura con il suo passato è stata radicale: Paolo appartiene a quella categoria di persone le cui vite sono state divise nettamente in due da un evento risolutore che li h a trasformati. Il suo è stato un pas­ saggio senza fasi di oscillazione tra passato e presente, privo di ripen­ sa menti nostalgici. Non un percorso graduale lentamente perfeziona311 Secondo Hengel )"adesione alla «sella>> dei farisei non poteva che essere avve­ nuta in Giudea. a Gerusalemme (l/ Paolo precristiano, 85-86). Jl Non così invece Luck: nella visione del risorto Paolo ha percepito la giustizia di Dio per fede, l'esigenza della missione ai pagani, la fine della Legge ( «Die Bekeh­ rung des Paulusn, 201 ) ; in breve il vangelo paolina ha il suo fondamento nella voca­ zione di Paolo (p. 203). Così anche DIETZFELBINGER, Die Berufung des Paulus e S. KIM, Pau/ and the New Perspective: Second Thoughts on the Origin of PtiUI's Gospel, Ttibin­ gen 2002, rielaborazione di The Origin of Paul's Gospel, Ttibingen 1981: tutta la teo­ logia paolina è nata allora. Invece RAISA.NEN, > (v. 9), apostolo «per grazia di Dio>> (v. 10). Il genere letterario è teofanico: un essere celeste che «si fa vedere>>. In concreto, Gesù, il crocifisso, che egli rifiutava con tutte le sue forze, si è mostrato davanti agli occhi della sua anima vivo, presente, veniente incontro a lui, dunque risuscitato dalla potenza vivificatrice di Dio, che per definizione «è colui che crea vita ai morti (zoopoiountos tous nekrous) e chiama a essere ciò che non è» (Rm 4,17). Non si pensi all'apparizione di un corpo rianima­ to; il risuscitato, vivo di una vita nuova senza tramonti, è stato fatto «signore••: «Se confesserai con la bocca Gesù come signore l e crede­ rai con il cuore che Dio lo ha risuscitato traendolo fuori dal regno dei morti sarai salvato>> (Rm 10,9; cf. anche Al 2,36). (kyrios) 32 Cf. DoNALDSON. «Zealot and Convert»: come fariseo Paolo credette che il mes­ saggio cristiano di salvezza fosse incompatibile con la fede nella Torah e perciò lo com· batté; nell'esperienza di Damasco si convinse che Dio avesse risuscitato Gesù e che dun­ que la salvezza si debba trovare in lui; questa nuova convinzione su Cristo gll diede una nuova prospettiva sull'antitesi Cristo-Torah: se la salvezza è attraverso Cristo non può essere attraverso la Torah (pp. 655-658). Anche Dupont vede nella difesa della legge mosaica il motivo della persecuzione di Paolo preso dal dilemma: o la legge o Cristo. �3 Se si riferisce a una nascita prematura la metafora esprime la straordinarietà e l'anomalia della sua chiamata; se invece vi si parla di feto abortito morto ne sottolinea il carattere di miracolosità e grazia. Su tutta la questione vedi STRECKER, Die limina/e Theologie des Paul11s, 148-155.

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era titolo riservato nelle Scritture ebraiche a Dio stesso; espressivo del potere divino che crea vita, ora è attribuito a Gesù. Vedi anche 1Cor 15,45 dove mette a confronto il primo Adamo con Cristo, l'A­ dam ultimo, cioè l'uomo del tempo della svolta decisiva nella storia: «Il primo uomo Adam è stato fatto un essere vivente di vita caduca e mortale (psyche z6sa ) ; l'ultimo Adam è stato fatto spirito creatore di vita (pneuma zoopoioun)>>, un potere che compete a Dio (cf. Rm 4,17). In breve, Gesù è stato risuscitato come il risuscitatore: la sua risurrezione non è evento ristretto alla sua persona, ma coinvolge anche gli altri; ha un'essenziale dimensione collettiva. In altre parole, non è l'unico, ma il primo a essere liberato dal regno dei morti, il pri­ mo di una serie che verrà: «Ora invece Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti [ . . . ] , primizia Cristo, poi alla sua venuta quelli di CristO>> ( 1 Cor 1 5,20.23). È in questa metamorfosi divinizzante che il Crocifisso gli si è fat­ to vedere, lo ha incontrato in un'esperienza mistica.34 L'apparizione lo ha condotto a riconoscere questa nuova identità di Gesù e a con­ segnarsi con fiducia a lui suo Signore e creator Spiritus, con cui in qualche modo Cristo si identifica; ne fa fede la formula (Fil 3,8). Questo però vale anche di tutti gli uomini: il Risorto (Rm 14,9); ancor più proban­ te la ripetuta espressione , riferita a sé e ai credenti. Se così è, si spiega che egli si senta nello stesso tempo chiamato da Cristo ad annunciare al mondo che questi è il Signore e lo Spirito di vita per tutti. L'evento di Damasco è dunque, insieme, conversione e vocazione apostolica: a Damasco Paolo è nato come credente in Cri­ sto e come apostolo di Cristo. Nella prima figura è prototipo della generale esperienza di fede cristiana, nella seconda appare la sua ini­ mitabile individualità. La seconda attestazione paolina è Gal 1,15-16: .36 L'intento di Paolo è di escludere ogni dipendenza uma­ na: ha ricevuto il vangelo non da un uomo. bensì «per rivelazione (apokalypsis) di Gesù Cristo>>, di cui è stata disvelata l'identità nasco­ sta (Gal 1 , 1 1 -12).37 Non per nulla subito dopo l'evento di Damasco non ha consultato nessuno né si è recato a Gerusalemme a farsi inca­ ricare della missione > di Cristo; invece qui e in altri testi (Fil 3 e 2Cor 4) ((devisioni7za» l'e­ vento di Damasco parlandone come di un'esperienza interiore. ·" Quesla è la propositio che ha la sua probatio lungo i primi due capitoli di Gal. In proposito vedi ultimamente J.N. ALEITI, «Galates 1-2. Quelle fonction el quelle démonstration?». in Bib LXXXV1(2005), 305-323. "' Cf. GLNTVll, alla voce (cc. 645-716), e soprattutto R. PENNA, li mystèrion pao­ lina: traiettoria e col·tiluz.ione, Paideia, Brescia 1978. " Per questo Sandnes sottolinea il carattere profetico della vocazione paolina: il concetto di apostolato di Paolo ha imporlanti punti in comune con i profeti dell'AT. Ma evidenzia anche le differenze tra profeta e apostolo: la teofania da lui vissuta è una cristofania e se i profeti erano mandati da Dio. egli è apostolo di Gesù Cristo (K.O. SANONES, Pau/ - One o[ the Prophets? A Contribution to the Apostle"s Self- Understan­ dillg, Ttibingen 1991, 18).

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sono chiamati a far parte della comunità cristiana da incirconcisi, con­ servando così la loro identità culturale, integrati su piede di parità con i giudeo-cristiani circoncisi. Chiara la densità teologica di questo testo in cui Paolo ricorre a una costellazione di categorie per esprimere le diverse sfaccettature dell'evento di Damasco: elezione addirittura prima di nascere (ho aphorisas), decisione divina contrassegnata da benevolenza (eudoke­ sen). chiamata con gesto di grazia (kalesas dia tes charitos), apocalis­ se dell'identità nascosta di Gesù, figlio di Dio (apokalypsai), invio a portarne i l lieto annuncio ai gentili (euaggeliz6mai). Qui come in l Cor 15 in primo piano abbiamo non la conversione, ma la vocazio­ ne e la missione evangelizzatrice. Ma non vi è per nulla assente la dimensione di cambiamento radicale della persona del missionario: Dio gli ha mostrato Gesù come suo figlio, mediatore di salvezza non solo per i giudei ma anche per i gentili. Il beneficiario di tale apoca­ lisse ha cambialo radicalmente il suo modo di vedere e valutare il Crocifisso. Prima gli appariva nelle vesti di un povero e miserabile illuso. delegittimato dalla sua tragica fine. un maledetto da Dio agli occhi di tutti gli ebrei che conoscevano la Bibbia: .410). Ma ultimamente MARGUERAT, •Paul et la Loi» ha criticato a buon diritto l' unilateralismo del �momismo pattua]e» evi­ denziando come qui il Paolo precristiano rivendichi come sua una giustizia basata sul­ l'appartenenza per nascita al popolo del patto, ma anche sulle sue prestazioni. E con· elude che si dovrebbe parlare di nomismo sinergetico (p. 264): Paolo oppone una giu­ stizia innata e acquisita (il pedigree giudaico-farisaico) a una giustizia ricevuta per espe­ rienza del potere risurrezionale di Dio in Gesù Cristo (p. 271). 4 2 Sul significato di homoi6ma in questo passo vedi U. VANNI, «Homoiòma in Pao­ lo (Rom 1,23;5,14; 6,5; 8,3; Fil 2,7). Un'interpretazione esegetico-teologica alla luce del­ l'uso dei LXX», in Greg LVIII(1977), 321·345 ; 431 ·470.

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Morte del vecchio uomo che è in tutti e vita nuova per partecipa­ zione alla morte e risurrezione di Cristo (Rm 6,6-1 1 ). Infine una preziosa precisazione: (Fil 3,12). Ci permette di chiarire in che senso limitato Paolo è stato il sog­ getto attivo del suo cambiamento di prospettiva: in realtà è Gesù risorto che lo ha afferrato, precedendolo. Egli ha potuto operare la suddetta transvalutazione dei valori perché illuminato sulla valenza salvifica di Cristo. Questo il senso della metafora dell'essere afferra­ to, ghermito: per grazia è stato cambiato il suo io che valuta e decide, di conseguenza cambiano le sue valutazioni e le sue decisioni. In bre­ ve, si è convertito a Cristo perché è stato da lui convertito. Però il testo parla della conversione di Paolo a Cristo come espe­ rienza paradigmatica di quanti giungono a credere; in concreto egli si presenta qui come esempio per i credenti di Filippi confrontati con il pericolo di missionari giudeo-cristiani tradizionalisti che facevano forza, nella loro azione propagandistica, sulla propria gloriosa eredità giudaica. Per risultare convincente egli li attacca con durezza incredi­ bile: «Guardatevi dai cani! Guardatevi dai cattivi operai! Guardatevi dagli evirati! Siamo noi infatti i circoncisi, che mediante lo Spirito di Dio offriamo il nostro culto e ci gloriamo in Cristo Gesù invece di riporre la nostra fiducia in noi stessi» (Fil 3,2-3), soprattutto presenta la sua esemplare esperienza di abbandono del privilegio giudaico e di adesione a Cristo. Questo contesto della sua biografia spiega che qui l'evento di Damasco è presentato come cambiamento di vita, mentre è taciuto il versante della vocazione e missione. Per completezza vorrei richiamare brevemente altri passi in cui Paolo si riferisce o anche solo allude a quella sua esperienza prodigio­ sa di grazia. Nell'indirizzo della Lettera ai Romani ne sottolinea il carattere vocazionale e missionario: «Paolo, schiavo (doulos) di Cristo Gesù, apostolo per vocazione (kletos aposto/os), selezionato (aphori­ smenos) per annunciare il vangelo di Dio [ . . . ). Da lui [Cristo] abbia­ mo ricevuto la grazia di essere apostolo [charin kai apostolen: endia­ de) per suscitare, a onore del suo nome, l'obbedienza della fede tra tut­ ti i gentili» ( 1 . 1 .5). L'origine e il fondamento del suo essere apostolo hanno carattere carismatico (charis); nessuna investitura istituzionale, è l'inviato diretto di Cristo a cui solo risponde e da cui solo dipende in tutto e per tutto: appunto suo schiavo (dou/os), lui che è il suo unico signore. E neppure alcuna autoinvestitura: non si è fatto apostolo, ma lo è per chiamata di Cristo (kletos), scelto (aphorismenos, lo stesso ver98

bo di Gal 1 ,15) per il compito che gli viene assegnato di evangelista del mondo degli esclusi, i gentili. Come apostolo carismatico si presenta pure ai galati: (1,1). In Rm 15,15-16 originale è la metafora cultuale con cui ribadisce quanto ha scritto in apertura della lettera: si è rivolto ai credenti del­ l'Urbe . In l Cor 9,16-17 poi per motivare la scelta di non farsi mantenere dalla comunità di Corinto ricorre al motivo classico del fato, inter­ pretato però in modo nuovo:4J . In breve, è un forzato dell'annuncio evangelico, ma nello stesso tempo è per amore che vi si impegna. Non si tratta dunque di un impulso irresistibile, ma di una chiamata che ha fatto breccia in lui e di cui si sente responsa­ bile: se vi resistesse, assumendo un atteggiamento di rifiuto, su di lui cadrebbe il castigo terribile di Dio (il ).

43 Cf. E. KAsEMANN, «Eine paulinische Variation des "amor fati",., in lo., Ezegeti­ sche Versuche und Besinnungen, Gtillingen 1965. II. 223-239.

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Capitolo V

Tempo e mondo

N ella loro prospettiva religiosa con quali occhi Gesù e Paolo han­ no visto il tempo e il mondo? Non si tratta di andare a scoprirvi teo­ rizzazioni di alcun genere: nessuna speculazione astratta e filosofica; nessun interesse speculativo del tipo > (n. 3): non si può dire che sia qui o là: •Il regno del Padre è diffuso su tu Ila la terra, e gli uomini non lo vedono• (n. 1 1 3).

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n i così da vedere, nella riunione delle tribù, il bene di Israele che Dio preparerà>> (Sa/Sa/ 17,44; cf. 8,6); «Beato quell'uomo o quella donna che vivrà in quel tempo» (OrSib 3,371). I passi giudaici citati sono però al futuro, Gesù invece usa i verbi al presente: la salvezza defini­ tiva irradia la sua luce sull'esperienza (occhi che vedono e orecchi che ascoltano) di quanti gli stanno attorno, beneficiari della sua parola e azione. E oggetto di visione, con gli occhi di fede, probabilmente sono i suoi gesti in cui la sovranità di Dio coglie le persone, e altrettanto vale del suo annuncio. > (61 ,l); «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, le orecchie dei sordi riacquisteranno l'udito, allora lo zoppo salterà come un cer­ vo» (35,5-6); otJ Gottes Verheissungen um Friihjudentum und bei dem Apostel Paulus, Gottingen 1 995. Si noti che il sl di Dio alle sue promesse pronunciato in Cristo coesiste con l'affermazione che in lui le promesse divine sono state rafforzate (bebaioun: Rm IS.H), diremmo rilancia­ te, perché il presente di grazia guarda ancora al futuro della redenzione del mondo. 4 1 Non sembra che si tratti di un nyn escatologico. cr. J. WoYKE, ( (Ez 36,26-27); (GI 3,1). Ora Paolo afferma: (Gal 5,25). In Rm 8 poi ripetuto appare il motivo dell'abitazione dello Spirito di Dio nei credenti: (v. 9). Per questo i credenti possono invocare Dio con l'appellativo filiale di Abbà, padre mio (Rm 8,15 e Gal 4,6). Cittadini del nuovo mondo,57 i credenti però vivono tuttora in questo mondo, non però secondo questo mondo. Nessuna fuga in spa­ zi eremitici, nessuna ascesa ai cieli purissimi, nessuna diserzione dal­ la storia, ma vita quaggiù in terra, membri a tutti gli effetti della società umana, dentro il flusso del tempo, a fianco a fianco con gli altri uomini, partecipi della loro vita sociale, fratelli nella buona e cattiva sorte, egualmente solidali con il comune destino di morte. Non sono a parte, bensì parre della comunità umana. Ai credenti di Corinto che, equivocando su un imperativo di una sua lettera precedente, gli ave­ vano obiettato l'impossibilità di evitare il contatto con le persone immorali della città, risponde chiarendo: ( ICor 5,9- 1 1 ). Paradigmatica la sua esistenza di uomo debole e segnato dalle stimmate: (2Cor 4.1 O); >.61 I l testo paolino espri­ me la tensione dell'esistere a questo mondo e dell'anelare al mondo futuro.

2.3. L'attesa del futuro62 La novità escatologica entrata nella storia umana e sperimentata dai credenti in Cristo non solo è precaria, ma anche imperfetta e par­ ziale. Paolo stesso non è un arrivato: «Non che me ne sia già impa­ dronito o sia ormai diventato un perfetto; al contrario, continuo la cor­ sa per afferrarlo, essendo stato anch'io afferrato da Cristo Gesù [ . . . ]; dimentico di ciò che sta dietro e proteso a quanto sta davanti, corro verso la meta>> (Fil 3,12-13). 61 BARBAGLIO, La Prima ferrera ai Corinzi, 355. Vedi anche D.J. DouoHTY, «The Pre­ sence and Future of Salvation in Corinth», in ZNW LXVI(I 975), 61-90: «Con i"hos me Paolo rigetta sia lo sfruuamento libeninistico del mondo sia la ritirata ascetica dal mondo» (p. 74). 62 Cf. J.-N. ALElTI, •L'apòtre et la parousie de Jésus Christ. L'eschatologie pauli­ nienne et ses enjeux», in RechSR LXXXIV( l 996), 15-41; A . .GJENJUSZ, Romans 8:/830. «Suffering Does Nor Thwart the Future G/ory», Atlanta 1999; W. G. KOMMEL, «Die Bedeutung der Enderwartung ftir die Lehre des Paulus», in Heilsgeschehen und Geschichre, Marburg 1965, 36-47; J.-B. MATAND BULEMBAT, Noyau et enjeux de / 'escha­ rologie paulinienne. De l'apocaliprique juive et de /'escharologie hellénisrique dans quel­ ques argumenlalions de /'aporre Pau/. Erude rhérorico-exégétique de /Co 15,35-58; 2 Co 5,1-10 et Rom 8,18-30, Walter de Gruyter, Berlin-New York 1997;G. NEBE •Hoffnung• bei Paulus. Elpis und ihre Synonyme im Zusammenhang der Escharologie, Goltingen 1983: M. WolTER, «Escatologia paolina», in Protestantesimo LX(2005), 91 -106, 199221. ,

124

Questo mondo, visto in se stesso, resta irredento e anche i creden­ ti, che sono già figli di Dio e possiedono lo Spirito quale primo frutto (aparche) della mietitura (Rm 8,23) o caparra (arrabOn) in vista del saldo finale (2Cor 1 ,22; 5,5), sono in attesa del riscatto (apolytrosis). È il tempo di una comune attesa e di un comune gemito: il mondo attende la sua liberazione e dal vuo­ to che l'avvolge (mataiotes) e ; que­ sti attendono (apolytrosis tou somatos); il mondo creato geme e insieme soffre i dolori del parto, non i ranto­ li della morte, e anche i credenti, pur avendo già la primizia dello Spi­ rito, a loro volta gemono nell'attesa (Rm 8,18ss). Paolo dunque vede una profonda solidarietà tra credenti e il mondo inanimato: l'anelito di quelli diventa anelito. certamente inconscio, di questo verso la libe­ razione: il riscatto dell'uomo comporta il riscatto del mondo, visto come ambiente umano, sua estroflessione. È importante soffermarci: Paolo affronta qui per la prima volta il problema della morte; Cristo ha vinto la propria morte, invece i cre­ denti in lui ne sono ancora vittime. Il corpo che essi sono, non che han­ no (Bultmann, Theologie des NT, 195), è caduco e mortale (thnetos) (cf. Rm 8,11 ), in termini paolini è corpo psichico (soma psychikon ) cioè animato da vita naturale che si corrompe fino a spegnersi, oppo­ sto al corpo spirituale (soma pneumatikon ). Questa formula è una contradictio in terminis secondo il pensiero dualistico greco; in realtà l'apostolo intende un corpo animato dall'energia vitale dello Spirito. Il riscatto atteso consiste in una profonda metamorfosi da corpo psi­ chico a corpo spirituale ( l Cor 15,44-45). È una metamorfosi che avverrà nella risurrezione finale,63 attesa e sperata. Non si tratta di una risurrezione spiritualistica, delle anime per intenderei, equivalente all'immortalità beata degli spiriti. Non è neppure una riassunzione della corporeità terrena e caduca, come fan­ tasticavano alcuni gruppi all'interno del giudaismo.64 È invece risur­ rezione corporea, non fisica, ma di una nuova corporeità che coinvol­ ge tutto l'uomo - non una sua parte - in quanto soggetto essenzial­ mente relazionato a Dio, agli altri, al mondo: relazionalità nuova per­ ché a ttraversata pienamente dallo Spirito, diversa da quella vissuta

,

'·' Cf. BARBAG LIO, La Prima lettera ai Corinzi, 775-866: J HoLLEMAN, Resurrection and Parousia. A Traditio-Historical Study o[ Pau/'s Eschatology in l Corinthians 15, Lei­ den-New York-Koln 1996. 64 Cf. C. MARCHESELLI-CASALE, Risorgeremo, ma come? Risurrezione dei corpi, degli .•piriti o dell'uomo?, EDB, Bologna 1988.

125

ora nella caducità e mortalità e altra, ancor più, da quella «carnale>> che è all'insegna dell'adorazione del mondo invece che del creatore e della sconfessione pratica della fraternità umana. Paolo accumula diverse categorie per esprimere questa duplice corporeità terrena c risorta: corruttibilitàlincorruttibilità; disonore/onore; debolezza/ forza; specialmente «Corpo psichico l corpo spirituale>> (lCor 15,42ss). In realtà, si tratta di due tipi contrapposti di uomo: > (vv. 48-49). In Fil 3,20-21 ritorna la suddetta antitesi: noi credenti aspettiamo la venuta finale del Signore Gesù Cri­ sto, che . È una metamorfosi in discontinuità con la realtà terrena: , Cf. S. ScHREIBER, «Paulus im "Zwischenzustand": Phil 1,23 und die Ambivalenz des Ster­ bens als Provokation>>, in NTS IL(2003). 336-359. "" Cf. W. RADL. Ankunft des Herrn. Zur Bedeutung und Funktion der Parusieauss· agen bei Paulus. Frankfurt a.M. 1981.

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to, Potestà e Potenza, come dice Paolo - e vinta la morte, consegnerà il regno a Dio «affinché Dio sia tutto in ogni cosa>> (I Cor 15,23-28).69

3. GESÙ

E

PAOLO: UN CONFRONTO

Si rileva subito una concordanza di fondo nella loro prospettiva escatologica antitetica allo schema dualistico delle apocalissi che con­ trapponevano questo mondo e il mondo avvenire. Il presente per essi è tempo di grazia - nessun pessimismo radicale -, perché invaso dal­ l'evento escatologico o decisivo, che tuttavia resta futuro nel suo ver­ sante di redenzione del mondo e da attendere con costanza. Anche l'assenza della visione celeste in cui è dato contemplare il disegno nascosto di Dio, fattore qualificante le apocalissi, li esclude dal nove­ ro degli apocalittici:70 Gesù è stato essenzialmente un evangelista del potere regale di Dio, non un visionario apocalittico, e Paolo un annun­ ciatore del vangelo di Gesù morto, risorto e venturo, non un veggente del mondo avvenire. M a non mancano le differenze e non sono né poche né marginali. Gesù aveva al centro della sua attenzione il regno di Dio, il suo pote­ re liberante, mentre punto focale della teologia escatologica di Paolo è l'evento di Gesù morto e risuscitato che era estraneo alla visuale del Nazareno. Il metro di valutazione del tempo e del mondo proprio del­ l'apostolo, infatti, è altro da quello usato dal Nazareno: propulsore del­ la prospettiva escatologica è, da una parte, la fede di Gesù nel Dio del­ le profezie ebraiche, dall'altra la fede di Paolo in Gesù morto, risuscita­ to e venturo. E se Dio ha risuscitato il Crocifisso, come è radicale con­ vinzione di fede dell'apostolo, facendolo Signore del mondo (Fil 2,101 1 ) e (17, 21-22.26-27). È il ritratto di un messia mili­ tante, caratteristica generale del messianismo regale, che distruggerà i nemici d'Israele, i romani, ma sarà pure fonte di purificazione spiri­ tuale per il popolo. Però non era l'unica figura messianica che arricchiva le attese giu­ daiche del tempo. Negli scritti di Qumran è presente l'attesa di tre individualità: il profeta, da intendere come il profeta ultimo al pari di Mosè vaticinato in Dt 18,15, e i due messia di Aronne e di Israele (1QS 9,1 1 ). Altri passi si concentrano sui due messia, sacerdotale e regale, rigorosamente in quest'ordine e con esplicita affermata supe­ riorità del primo sul secondo. > ( 1 Qsa 2,11-12. 14). Il profeta escatologico e il re sono abbinati in 40175: > . le tribù d'Israele ( 13,5ss).

2. LA RETICENZA

DI GEsù6

Riguardo a queste figure messianiche presenti nelle attese del popolo il Nazareno si è mostrato del tutto reticente: non ha mai det­ to di essere il messia regale, né il misterioso figlio dell'uomo, né il profeta dei tempi ultimi, e neppure ha accettato acclamazioni in tal senso da gente che lo circondava o da discepoli che lo seguivano. Certo, Pietro gli ha dichiarato in faccia: (Mc 8,27-33),' una confessione storicamente assai probabile in un ambiente animato da attese i n un messia regale. La reazione di Gesù che comanda di non farne parola - il cosiddetto segreto mes­ sianico - più che risalire a lui è un espediente dell'evangelista non per spiegare il fatto che nella tradizione non c'erano affermazioni del Maestro sulla sua identità messianica, 8 bensì per ridefinirne, alla luce della croce, la messianicità purificandola da connotazioni poli­ tico-militari. Ma è anche possibile che la durissima reprimenda del ' Cf. J.H. CHARLESWORTH, «From Messianology to Christology: Problems and Pro­ spects», in Io. (ed.), The Messiah, 3-35; J.J. CoLLINS, •Jesus and the Messiahs of Israel•, in Geschichte-Tradition-Reflexion (FS M. Hengel), T!lbingen 1 996, 287-302; H.J. DE JoNGE, •The Historical Jesus' View of Himself and of His Mission», in M.C. DE BoER (ed.), From Jesus to John. Essays on Jesus and New Testament Christology (FS M. De Jonge). Sheffield 1993, 2 1 -37; J.D.G. DuNN, «Messianic Ideas and their Influence on lhe Jesus of History», in CHARLESWORTH (ed.), The Messiah, 365-381 ; C. GRAPPE, 41:Jésus: messie prétendu ou messic prétendant?>), in D. MARGIJERAT - E. NoR ELLI J.M. PoFFET, Jésus t/e Nazareth. Nouve/les approches d'une énigme. Genève 1998,26929 1 ; K. HAAKER, •desus. Messias lsraels?•, in EvTh L1(1991), 444-457: M. HENGEL, �Jesus. der Messias lsraels. Zum Streit tiber das "messianische Sendungsbewustsein'' Jesu•. in L. GRONWALO et al. (edd.), Messiah and Christos (FS D. Flusser). Tiibingen 1992, 155-176; G. JossA, Da/ Messia a/ Cristo. Le origini de/la cri.>tologia, Paideia, Bre­ scia 22002; lo., Gesù messia? Un dilemma storico, Carocci, Roma 2006: H. MERKLEIN, ccL'autocomprensione di Gesù)�. in La signoria di Dio nell'annuncio di Gesù, 179-204; R. PENNA, I ritratti originali di Gesù i/ Cristo. Inizi e sviluppi del/a cri.>tologia neote­ stamentaria, /: Gli inizi, San Paolo. Cinisello Balsamo 1996. 1 19-153; G. THEISSEN - A. MERZ, Il Gesù storico. Un manuale, Queriniana. Brescia 1999, 623-688; G. VERMES, (iesù l 'ebreo, Boria, Roma 1983. 97-260; B. WtTHERINGTON III, The Christo/ogy o[ Jesus, Minneapolis 1990. 7 Il parallelo di Le 9,20 non apporta differenze di rilievo: ton christon tou theou, mentre Mt 16.16 vi aggiunge il titolo di ho hyios 1011 theou tou :llntos. In Gv 6,69 abbiamo un passo parallelo: «Tu sei il santo di Dio». 8 Così come ritenne W. WREDE, Il segreto messianico nei vangeli. Contributo alla mmprensione de/ Vangelo di Marco. D'Auria, Napoli 1996, 277-299.

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Maestro a Pietro: > (Mc 14,62). Per la fonte Q si veda Le 1 7,30: come il cataclisma che ha distrutto Sodoma, così sarà quel gior­ no in cui si manifesta (apokalyptetai) il figlio dell'uomo (cf. anche Q 17,24). Di Le 12,8-9 si parlerà subito dopo. 12

Cf. in particolare D. BURKE'IT, The Son of Man Debate. A History and Evalua· tion, Cambridge 1 999: J.H. CHARLESWORTH, «Il figlio dell'uomo, il primo giudaismo, Gesù e la cristologia delle origini», in BoccASSINJ (ed.), Il messia tra memoria e artesa, 87-1 10; C. CoLPE, Ho hyios tou anthropou, in GLNT XIV. 273-472; U.B. MOLLER, «Paru· sie und Menschensohn•, in ZNW XCII(2001). 1- 19; G.W.E. NrcKELSBIIRG, «Son of Man•, in ABD VI, 137-ISO;J. ScHLOSSSER, «Le Fils de l'homme•, in lo., Jésus de Naza­ reth, Paris 1999, 241-258; S. ScHREIBER, «Henoch als Menschensohn. Zur problemati­ schen Schlussidentifikation in den Bilderreden des iithiopischen Henochbuches (iithHen 71,14)•. in ZNW X C1( 2000) , 1-17: A. VùGTLE, Die «Gretchenfrage» des Men· schensohnproblems. Bilanz rmd Perspektive, Freiburg-Basei-Wien 1 994. 13 Le 9,44: «Il figlio dell'uomo sarà consegnato in mani di uomini>) presenta una forma arcaica che potrebbe risalire a Gesù. Cf. J. kREMIAS, Teologia del Nuovo Testa· mento, /: La predicazione di Gesù. Paideia, Brescia 1972, 320-322. Si aggiunga che in Giovanni il figlio dell'uomo è presentato nel duplice movimento discendente e ascen­ dente: catabasi/anabasi (3,13; 6,62), in particolare nella sua gloriosa esaltazione (3,14; 8,28: 1 2,34).

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Ecco dunque l'interrogativo: Gesù si è identificato con il figlio del­ l'uomo? La risposta è quanto mai problematica. Tra le tante ipotesi propongo la mia: gesuani sono soltanto i passi in cui figlio dell'uomo non ha valore di titolo messianico, ma indica in Gesù l'uomo che con­ duceva una vita precaria ed esposta a vicissitudini umilianti - non ha dove posare il capo per il riposo - e un'esistenza di fattiva solidarietà con i disprezzati e i perduti - un mangione e un beone, amico di gabel­ lieri e di peccatori pubblici. Invece risalgono ai primi credenti non solo i passi di annuncio di passione, morte e risurrezione, di cui si è detto sopra, ma anche quelli della sua venuta finale di giudice. Gesù aspet­ tava la venuta finale del regno di Dio, non quella del misterioso figlio dell'uomo. Inoltre se si è attribuito un ruolo attivo nell'irrompere del­ la regalità di Dio nel suo oggi - (Q: Le 1 1 ,201M t 12,28) -, non ha mai detto di avere unafun­ zione operativa nella venuta gloriosa del regno di Dio. 14 Come dun­ que pensare che si sia identificato con il figlio dell'uomo, nel­ l'evento della fine dei giorni?15 D 'altra parte tale identificazione si spiega bene come iniziativa del movimento postpasquale di Gesù: ave­ va sotto gli occhi l'uso. da parte di Gesù, della formula >: l Cor 16,22). In una parola. con questo solo titolo i primi credenti sono stati in grado di esprime­ re tutta la loro fede cristologica e presentare le diverse dimensioni del proprio Signore: il Gesù terreno nella sua duplice veste di itinerante senza fissa dimora e di uomo dotato di autorità, l il Gesù passus l il Cri­ sto risorto e innalzato a gloria divina l il Cristo venturo.

14 Le parole dell'ultima cena: •Non berrò più del frutto della vite fino a quel gior­ no in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio» (Mc 1 4.25) esprimono soltanto la sua cer­ tezza di entrare, dopo morte, nel regno finale di Dio. . " Schlosser fa leva sulla difficoltà psicologica per un uomo di rivendicare per sé una posizione e una funzione celeste, e quale funzione: giudicare il mondo! Difficoltà inesistente se ci si pone nella situazione postpasquale in cui si crede che Gesù risorto s ia stato trasferito nella sfera divina (ScHLOSSER, «Le Fils de l'homme��. 253). Così anche CoLUNS. «Jesus and the Messiahs of lsraeh,, 300: t Che Gesù sa rebb e venuto sulle nubi del cielo difficilmente avrebbe potuto avere molto senso per i suoi seguaci prima del­ la sua morte. quando egli era presente con loro sulla terra. Dopo la sua morte. invece. il paradigma del figlio dell'uomo offrì una via per immaginare come Gesù avrebbe potuto venire di nuovo e adempiere le profezie messianiche abbondantemente incom­ piute durante la sua vita».
> (Rm 15,3); «Abbiate in voi lo stesso sentire che era anche in Cristo Gesù, che essendo di condizio­ ne divina [ . . . J, svuotò se stesso, assumendo la condizione di schiavo [ . . . ], si abbassò facendosi obbediente fino alla morte, dico sino alla morte in croce>> (Fil 2,5-8). 27 Ancora Paolo ricorda l'ultima cena (1 Cor 1 1,23ss) e sa che Gesù aveva alcuni fratelli (1Cor 9,5; Gal l ,19). È tutto, mollo poco: in pratica Paolo non spende una parola sulla sua missione; le tradizioni confluite più tardi nella fonte Q e nel Van­ gelo di Marco, per !imitarci ai due documenti più antichi del materia­ le evangelico, non trovano posto nei suoi scritti. Certo, accentua la cro­ cifissione, disinteressandosi però del cammino storico che ha portato Gesù a tale tragica conclusione della sua vita: contrasti con le autorità sacerdotali di Gerusalemme, prontezza dell'autorità romana, il prefet­ to Ponzio Pilato, a prevenire possibili disordini e sollevazioni durante la Pasqua che vedeva moltissimi pellegrini rifluire nella città santa. l'a­ zione di Giuda il traditore, il processo, la sentenza capitale e la sua ese­ cuzione. ln una parola, nelle sue lettere manca il Gesù biografico, la sua personalità umana e religiosa, e questo vale anche per la sua morte: di fatto non vi ha visto né un esaltante martirio, né la fine del giusto per-

'' In ITs 4.15: •Questo infatti vi diciamo sulla parola del Signore . . . » non c'è rife­ rimento a un detto gesuano. ma piuttosto alla parola di un profeta cristiano che parla­ va in nome del Signore. 26 THOMPSON, C/othed with Christ. individua sempre in Rm 12-15 altri echi deUa parola di Gesù. come 13,8-10: •Non abbiate alcun debito verso nessuno. se non quello di amarvi gli uni gli altri, perché chi ama l'altro ha pienamente compiuto la Legge. Infat­ ti: Non commettere adulterio, Non uccidere, Non rubare. Non essere cupido e ogni altro comandamento si riassumono in questa parola: Amerai il tuo prossimo come te stesso. L"a­ more non fa alcun male al prossimo. Dunque l'amore è la piena altuazione della Legge• (cf. Mc 12.28-3 1 ) e 14,14: «So per certo e sono persuaso nel Signore Gesù che nulla è immondo di per sé, ma se uno ritiene che qualcosa è immondo, per lui lo è» (cf. Mc 7,15). 11 Ma sembra preferibile questa versione di 2,5: «Abbiate in voi il sentire che si addice a chi è in Cristo Gesù».

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seguitato ingiustamente, tanto meno un'atroce sofferenza sopportata con forza d'animo; nessuna attenzione al modo come il protagonista l'ha vissuta e al crimine dei responsabili. Il suo sguardo è tutto rivolto al senso che essa riveste per Dio che ha risuscitato il Crocifisso. Quale la spiegazione?28 Ne era perfettamente a conoscenza, ma non ne ha parlato, oppure l'ignorava del tutto e quindi non poteva parlarne? Da più parti si è congetturato che nella prima predicazione del vangelo egli avesse fatto conoscere le tradizioni gesuane apprese nella Chiesa di Antiochia e dalla viva parola di Pietro e dei primi testi­ moni del Maestro. Ma è una pura ipotesi. Si è poi fatto osservare che il genere delle lettere, interessate ai problemi concreti delle comunità destinatarie, non facilitava il ricorso alla vicenda del Nazareno, oltre­ tutto estraneo culturalmente al mondo metropolitano greco in cui Paolo operava come missionario. È vero, ma resta il fatto che il van­ gelo dell'apostolo suonava con ben altro timbro che non la predica­ zione di Gesù. Si è anche ipotizzato che volutamente abbia messo sot­ to rigoroso silenzio le tradizioni gesuane perché cavallo di battaglia dei suoi oppositori, nelle quali vedeva una riproposizione aggiornata del ruolo centrale della legge mosaica, garantita e interpretata da Gesù, nell'evento deii' iniziativa di grazia del Dio delle Scrit­ ture ebraiche. 29 È possibile e forse anche probabile, ma penso che il motivo vada cercato più in profondità, appunto nella natura stessa del suo vangelo: è nella croce di Cristo, comprendente morte e risurre­ zione, che Dio ha preso la definitiva decisione di salvare l'umanità perduta ed è nel suo annuncio che questo evento coglie al presente in modo indiscriminato giudei e gentili, sollecitati efficacemente ad affi­ darvisi. Quale significato potevano avere le parole e i gesti del Naza­ reno? La loro memoria era di certo priva della forza di cambiare la drammatica situazione spirituale delle persone dominate dal peccato, male oscuro che le tiranneggia costringendole a fare il male che non vogliono e a non fare il bene che vogliono (cf. Rm 7,7ss). E poi ciò che Gesù di Nazaret ha detto e fatto porta uno stigma particolaristico e localistico, essendo l'espressione di un ebreo che, nella sua individua28 THOMPSON, C/othed with Christ, 70·76 stila un elenco ricco di spiegazioni: l ) istru· zione presupposta; 2) natura della paraclesi apostolica; 3) occasionalità delle leltere: 4) mutamento della situazione storica dopo l'evento-Cristo; 5) difficoltà di diretta appli· cazionc di alcuni /ogia;6) centralità della croce e della risurrezione; 7) bisogno di affer· mare la propria autorità apostolica; 8) somiglianza dell'insegnamento di Gesù con quello del giudaismo; 9) evitare il legalismo; IO) cattivo uso della tradizione di Gesù; 1 1 ) differenze sociologiche. 29 Così WEDDERBU.RN, «Pau! and JeSUS», 100.

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lità culturale, può al massimo assurgere a maestro di saggezza morale in linea con i molti sapienti detrantichità, ma non a mediatore salvifi­ co per tutta l'umanità, giudei e greci, schiavi e liberi, maschi e femmi­ ne (cf. Gal 3,28). Paolo ha bisogno di una figura universale e spiri­ tualmente potente che sappia influire su tutti, e questa non può esse­ re il Gesù biografico, ma il Crocifisso risuscitato da Dio e costituito «Spirito creatore di vita».30 Non gli interessa Gesù come da ricordare con venerazione e imitare con fedeltà, ma la «presenza attiva>> di Cristo risorto da sperimentare nella fede. 5. «UN UOMO», «L'UOMO» Mi sembra di poter cosi sintetizzare il passaggio epocale dall'im­ magine che Gesù aveva mostrato di sé a quella configurata da Pao­ lo.31 Non s'intende dire che il Nazareno si sia presentato come un uomo qualunque, tutt'altro; si è visto sopra che ha mostrato il volto di un carismatico dell'irruzione dei giorni della fine nella pic­ cola storia della sua vicenda umana. Paolo lo professa e l'annuncia su scala ecumenica, prototipo dell'umanità nuova. E non si limita a pro­ clamarlo, ma da teologo si domanda, e cerca di rispondervi, come ren­ dere pensabile che un solo uomo, Cristo, determini la condizione e il destino di tutti: il singolare che ha senso universale! L'aiuta la teolo­ gia giudaica: già a proposito di Adamo, il primo uomo, si è verificato che uno solo ha influito su tutta l'umanità adamitica.32 In Sir 25,24 si 30 Direttamente la formula si riferisce alla risurrezione dei morti, ma l'azione del­ lo SJ?irito di cui il Risorto dispone in pienezza si estende al presente. .li Cf. J.D.G. DuNN, «How Controversia! was Paul's Christology?», in M.C. DE BoER (ed.), From Jesus lo fohn, Sheffield 1 993, 148-167; Io.. La teologia dell'apostolo Paolo, Paideia, B rescia 1999. 1 79-321: P. FREDRIKSEN. De Jésus aux Christs. Les origines des représentations de Jésus dans le Nouveau Testament, Paris 1992; lo.. «From Jesus to Chrisl: The Contribution of the Apostle Pau!», in A.E. ZANNONI (ed.), Jews anrl Chri­ stians Speak ofJesus. Minneapolis 1 994, 77-91 ; L. M. HuRTADO, •Paul's Christology», in J.D.G. DuNN (ed.), The Cambridge Companion to St Pau/. Cambridge 2003, 185-198; L. E. KECK, «Christology of the New Testament: What, Then, is New Testament Chri­ stology?», in J. KINGSBLIRY (ed.), Who Do You Say That l A m: Essays on Chriswlogy, Louisville 1999, 185-200: H. MERKLEIN, «Die Auferweckung Jesu und die Anfiinge der Christologie», in Io., Srudien zu Jesus und Paulus, Tilbingen 1 987, 221 -246; R. PENNA, l ritraui originali di Gesù il Cristo. Inizi e sviluppi della ("fisiologia neotestamentaria, 2: Gli sviluppi, San Paolo. Cinisello Balsamo 1999, 89-213; W. THOSING, Goti und Christus in der paulinischen Soteriologie, /: Per Christunr in Deum. Das Verhiiltnis derChristozen­ trik zur Theozentrik, Miinster '1 986. 32 Cf. J.N. ALEm, «Romains 5,12-21. Logique, sens et fonction•, in Bib LXX­ VIII ( I 997); R. BULTMANN, «Adam und Christus nach Rom 5•, in ZNW L(1959), 145165; P. GRELOT, «Pour une lecture de Romains 5,12-21•. in NRTCXVI( 1994), 495-5 12.

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parla di Eva, ma lo schema rappresentativo uno-tutti è identico: «Da una donna [viene) l'inizio del peccato (arche hamartias), e per mezzo di lei tutti moriamo (di' auten apothneskomen pantes)•• . 4Esdra 3,7 così espone il rapporto Adamo-umanità: «A lui desti un solo coman­ damento, lui lo trasgredì, e subito tu istituisti la morte contro di lui e contro la sua discendenza». Si veda anche 7,1 1 8: «Cos'hai fatto, Ada­ mo! Se infatti peccasti, la rovina non è stata solo tua, ma anche di [tut­ ti) noi che siamo discesi da te» (cf. anche 2Baruc 17,2-3 e 23,4). Il caso di Adamo rende pensa bile quello di Cristo, principio attivo di vita per tutti (Rm 5,12ss). «Per la disobbedienza di un solo uomo la moltitu­ dine umana fu costituita peccatrice, così per l'obbedienza di uno solo fu costituita giusta» (v. 19). Il confronto dei due viene stabilito sullo schema uno-tutti: l'atto di un solo uomo determina, ma non meccani­ camente, la situazione di tutti gli uomini e il loro destino ultimo. L'a­ postolo contrappone il regno di giustizia e vita a quello di peccato e morte, ma con un'importante differenza: questo è espresso sempre al passato remoto, un passato superato per grazia; invece il regno di libe­ razione inaugurato da Cristo è espresso con il passato prossimo: >, «Un mezzo dio>> (Halbgott) (p. 180). Ma oggi si tende a escludere l'influsso determinante della reli­ giosità kiriale del mondo greco-romano e si punta sulla creatività del­ la comunità protocristiana di lingua aramaica,39 di cui Paolo si mostra " Cf. W. BoussET, Kyrios Christos: Geschichte des Chrislllsglaubens von den Anfiingiin de.> Chri>tentums bis lrenaeus, Gottingen 1913; A.Y. CoLLINS, «The Worship of Jesus and the Imperia l Culi», in CC NEWMAN - J.R. DAvtLA - G.S. LEwrs (edd.), The Jewislr Roors of Chrisrologica/ Mmwtheism, Leiden 1999, 234-257; R. FABRIS, «Il Cristo kyrios nella tradizione paolina)). in BoccASSINI (ed.), Il messia tra memoria e attesa, 1 1 1123; L.W. HliRTADO, Lord Jesus Ch risi. Devotion to Jesus in Earliest Christianity, Grand Rapids-Cambridge 2003; lo., «Signore», in Dizionario di Paolo e delle sue lettere, San Paolo, Cinisello Balsamo 1999, 1434-1449. " PEN NA , l ritratti originali di Gesù il Cristo, Il, 180. 37 Il figlio dell'uomo che verrà alla fine dei giorni come giudice e salvatore è del tutto assente in Paolo. 38 Cf. D. ZEu.ER, «Zur Transformation des Christos bei Paulus», in JBTh Vlll( l 993), 155-167. "' Cf. in particolare HURTADO, Lord Jesus Christ, ricerca volutamente alternativa all'impostazione di Bousset. Più in generale si vedano S. LEGAssE, «Paul et les mystè­ res», in J. SCHLOSSER (ed.), Pau/ de Tarse, Paris 1996, 223-241 e lo studio di A.J.M. Wr I l · DERBURN, Baptism and Resurrection. Studies in Pauline Theology Again.H /t,\· >: erchou Kyrie Jesou). U n gri­ do che esprime la tensione dei partecipanti alla cena del Signore ver­ so la sua venuta finale. Ma per l'apostolo, che segue qui una tradizio­ ne protocristiana, il titolo signorile non solo proietta Gesù verso il futuro ultimo, ma anche ne indica la presenza, costituito Signore a partire dalla risurrezione: «Perché se con la bocca confesserai che Gesù è Signore e di cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dal regno dei morti, sarai salvatO>> (Rm 10,9; cf. anche Rm 4,24 e 2Cor 4,14). E non teme di applicargli quanto il profeta Gioele in 3,5 attribuiva a Dio: (Rm 1 0 , 13) un passo scritturistico che gli permette di evidenziare la valen­ za salvifica della signoria di Gesù e la sua portata ecumenica inclusi­ va dei diversi e degli esclusi: (Rm 1 0,12). Né si deve passare sotto silenzio che l a sovranità che Dio gli ha dato è potere spirituale, capace di por­ tare a salvamento quanti gli si affidano nella fede, non un potere padrona le d'imporsi a ogni costo, anche controvoglia; in breve nessu­ na tirannia. Signore dei credenti, certo, ma non solo, la sua signoria non cono­ sce alcun limite, come fa fede l'inno cristologico di Fil 2,6-11 di pro­ babile origine prepaolina, fatto proprio dall'apostolo,.w il quale narra una storia (en morphe-i theou) e ugua­ glianza con Dio (isa theò-i), mentre il focus verte sul duplice movi­ mento di discesa e di ascesa, di umiliazione ed esaltazione: il prota­ gonista è passato dalla condizione divina all'assunzione della condi­ zione umana. La conseguente esaltazione è descritta nei vv. 9-1 1 : . Questi dunque non è sempre stato Signore, ma lo è diventato dopo .

40 Cf. la ricerca classica di R. P. MARTIN, Carmen Christi. Phi/ 2,5-11 in Recent lnter­ pretation and in the Setting of Early Christian Worship, Grand Rapids 219R3 e le sinte­ li di G. BARBAGLIO, La teologia di Paolo, EDB, Bologna 2001. 357-365, A.M. BuscEMI, Gli inni a Paolo. Una sinfonia a Cristo Signore, Jerusalem 2000, 17-36 e l'ENNA, l ritrat­ ti originali di Gesù il Cristo, II, 121-137.

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aver scelto di farsi «schiavo>>, cioè uomo mortale tra i mortali. Tutti gli esseri genuflessi e acclamanti però non gli tributano un riconosci­ mento di cuore; la sottomissione è loro imposta a differenza dei cre­ denti che lo scelgono come proprio Signore (cf. Rm 10,9). Un signo­ ria cosmica - Cristo cosmocratore - non disgiunta però da quella di segno soterico e accettata dai credenti, la cui salvezza comporta la liberazione, in forza appunto del Signore Gesù, dall'assoggettamento a poteri terrestri e celesti41 che vi esercitano un influsso nefasto di morte.> (Fil 1,1), (1Ts 1,1). Le Chiese di Dio della Giudea ( 1Ts 2,14). 1 cre­ denti sono figli di Dio perché strettamente uniti a Cristo Gesù (en Christ6-i lèsou ), il Figlio per eccellenza, e così hanno parte alla sua figliolanza divina (Gal 3,26). Una nuova identità che ne relativizza le diversità religioso-culturali, socio-economiche e addirittura la diffe­ renza naturale di genere: «Non c'è giudeo né greco, non c'è schiavo né libero, non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete un solo essere in Cristo Gesù (heis en Christ6-i /esou)>> (3,28). Un passo ana­ logo è 1Cor 7,22: uno schiavo credente, incorporato nel Signore (en kyri6-i), diventa perciò stesso «liberto di CristO>>, e un uomo social­ mente libero credendo ne diventa , ambedue appartenenti totalmente a lui e liberi da qualsiasi padrone di questo mondo.

57 Cf. W. HoRN, «Kyrios und Pneuma», in ScHNELLE - SODING - LABAHN (edd.). Pau­ linische Chrisro/ogie, 59-75; D. MARGUERAT, •La mystique de l'apòtre Paul», in ScHLOS­ SER (ed.), Pau/ de Tarse, 307-329: F. NEuuEBAUER, In Chrisws, en Christo: Eine Untersu." chung zum paulinischen G/aubensverstiìndnis, Berlin 1961: R. PENNA, Lo Spirito di Cri­ �·to. Cristologia e pneumatologia secondo un 'originale formulazione paolina. Paideia, Brescia 1976; D.G. PowERS, Salvation trough Participution. An Examination ofthe Notion ofthe Believers' Corporate Unity with Christ in Early Christian Soteriology, Leiden 2001. '" Neugebauer nella sua monografia ha calcolato che la formula en Christ6-i ricor­ re almeno 40 volte nelle lettere paoline certamente autentiche 19 Bousset rileva che in Paolo sono del tutto assenti le formule einai en the6-i, theos estin en hemin e non vi si trova nulla di simile a quanto si legge in Al 17,28: en aut6-i gar z6men kai kinoumetha kai esmen.

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L'inserimento in Cristo non è impresa autonoma e autosufficien­ te della persona, bensì dono gratuito di Dio: «Ora è per opera sua che voi siete in Cristo Gesù, diventato per intervento di Dio fonte di sapienza per noi. di giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1 ,30). Inoltre il cambiamento che l'unione mistica comporta riguarda le persone in quanto esseri al mondo; dunque non solo è metamorfo­ si dell'esistenza del singolo, ma comporta anche creazione di un nuo­ vo mondo: > (lCor 10, 1 6-17). Cri­ stologia ed ecclesiologia vanno di conserva, ma di tale prospettiva ecclesiale si parlerà in un capitolo successivo.63 .. a. R. I'ENNA,«Battesimo e partecipazione alla morte di Cristo in Rom 6.1-11», in L'a­ postolo Paolo. Studi di esegesi e teologia. Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991, 150-170. 61 Per completezza si veda anche Rm 8,17: figli nel Figlio, i credenti sono -«Coeredi (sygkleronomoi) di Cristo, se è vero che soffriamo con lui (sympaschomen) per essere anche con lui glorificati (syndoxasthomen )». " È riconosciuta originalità del greco ' di Paolo la presenza di questi verbi compo· sii con la preposizione syn. 63 Con la preposizione «con» Paolo descrive anche la sorte ultima dei credenti che saranno uniti a Cristo per l'eternità: «E così saremo sempre con il Signore (syn kyriO­ i)» (1Ts 4,17; cf. 5,10). Nei ceppi e in attesa di giudizio che poteva anche essere di con­ danna capitale, confessa il suo desiderio di «SCiogliere le vele per essere con Cristo (syn

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Parallela è l'immanenza dei credenti nello Spirito: «Se viviamo ani­ mati dallo Spirito, dobbiamo anche essere all'unisono con lo Spirito» (Gal 5,25); >) che risale alla tra­ dizione aramaica dei primi anni. Interessante poi la sua definizione dei credenti come «coloro che invocano il nome del Signore nostro Gesù CristO>> ( I Cor 1 ,2}. Ma la normale e costante preghiera appare rivolta a Dio: sotto forma di ringraziamento nell'incipil delle lettere, ma anche come supplica (cf. 1Ts 3,10; 2Cor 1 ,1 1 ; 9,13s; Fi1 1,4,19; 4,6; Rm 1 ,10; 10,1 ) e glorificazione (Rm 1 ,21; 3,7; 4,20 ecc.). 68 Perciò sem­ bra di poter condividere il giudizio di R. Penna: ), 164 mostra che gli inni cri­ stologici sono inni non a Cristo bensì circa Cristo c che le preghiere sono per mezzo di Cristo piuttosto che a Cristo. Da parte sua P.M. CASEY , «Monotheism, Worship and Christological Development in the Pauline Churches>> rileva l'assenza di un culto sacri­ ficale, di un tempio costruito per lui. di una liturgia vera e propria per venera rio (p. 225); e in base alle poche testimonianze rilevabili sostiene che il culto di Gesù non fu così estensivo da poter fargli risalire lo sviluppo della cristologia (p. 229). Concede tut­ tavia che risale al cristianesimo paolino l'origine storica del culto di Gesù (p. 232). "' PeNNA, l ritratti originali di Ge.> (1,2 1 2-213). Parimenti Giove e Mercurio vengono sulla terra > («Che cos'è Dio?>>), quale la sua natura? Piuttosto l'u­ no e l'altro si sono interessati da vicino e con passione al Deus pro nobis,cioè alla sua azione a favore dell'umanità e del mondo. Comun­ que si tratta di un fare disvelativo del suo essere: un essere, beninte­ so, non chiuso nell'assolutezza di chi esiste in sé e per sé, slegato da 1 È la posizione che intende contrastare W. ScHRAGE: •Theologie un d Christologie bei Paulus und Jesus au( dem Hintergrund der modernen Gottesfrage», in EvTh XXX· Vl(l976), 121-154.

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ogni vincolo condizionante, olimpicamente felice nella sua autosuffi­ cienza, bensì aperto nella relazione costitutiva con l'umanità. Dio uni­ co m a non solitario.2 l. LE IMMAGINI DIVINE DI 0Esù3 Racchiusi dentro il santuario della sua anima, i tratti salienti sono emersi alla luce nel suo modo di comportarsi e soprattutto nelle sue parole, queste e quello attestati nei nostri vangeli e nelle altre fonti delle origini cristiane a nostra disposizione.

1.1. Deus adveniens: l'immagine regale Già nella predicazione del regno Gesù ha manifestato la presen­ za in sé dell'immagine simbolica di un Dio che con il suo potere rega­ le, come si è visto, irrompe nella storia. Dunque un Dio veniente nel­ l'oggi a liberare dal dominio disumanizzante del Satana - simbolo mitico delle forze mortificanti che travagliano l'esistenza e la storia umana -, rendere giustizia a quelli che giustizia non hanno (lett. i poveri) e risanare le piaghe fisiche e spirituali dei malati e dei pecca­ tori. Il tutto però ristretto al piccolo mondo in cui egli si muoveva e 2 Così C. DEMKE, •"Ein Gol! und viele Herren"'. Die VerkOndigung des einen Got· tes in den Briefen des Paulus•, in EvTir XXXVI( l976), 475s [473-484] a proposito di Paolo, ma il rilievo vale anche per Gesù. ' G. BARBAGLIO, Gesù ebreo di Galilea, EDB, Bologna 2002, 567-591; J. BECKER, •Das Goltesbild Jesu und die alleste Auslegung von Ostern», in Jesus Christus in Historie tmd Theologie (FS H. Conzelmann) . Tilbingen 1975, 105-126;J. DuroNT, «Le Dieu de Jésus», in N R T CI X(1987), 321 -344; K. ERLEMANN, Das Bi/d Golles in den synoptischen Gleich· nissen. Stultgart 1988; D. GuTHRIE - R.P. MARTIN, •Dio•. in Dizionario di Paolo e delle sue leuere, San Paolo, Cinisello Balsamo 1 999, 445-468; P. HoFFMANN, «"Er weiss was ihr braucht. .. " (Mt 6,7). Jesu einfache und konkrele Rede von Gott», in N. LoHFINK et al., •lch wi/1 euer Goti werdm•. Bei.>piele bihlischen Redens von Gon, Stuttgart 1 1982, 151· 176; W.G. KUMMEL, «Die GottesverkOndigung Jesu und der Gottesgedanke des Spatju· dentums», in Heilsgesclrehen und Geschichte, Marlmrg l 965, l 07· l 25; G. LoHFINK, «Gott in der Verklindigung Jesu», in M. HENUEL - R. REINHARDT (edd.), Heute von Goti reden, Miinchen-Mainz 1977, 50-65; H. MERKLEIN, •Die Einzigkeit Gottes als die sachliche Grundlage der Botschaft Jesu», in JBTh 11(1987), 13·32; S.J. PATTERSON, /1 Dio di Gwì. Il Ge.'lì storico e la ricerco del signifkato, Claudiana, Torino 2005;S. PEOERSEN, «Die Got· teserfahrung bei Jesus», in STXLI(I987). 127-156; R. PENNA, «Gesù di Nazaret e la sua esperienza di Dio: novità nel giudaismo•. in Vangelo e inculturozione, 1 83-210; H. SmOR­ MANN, . E viene in mente anche l'illusione del capitano Drogo che sugli spalti della fortezza Bastiani in pieno deserto aspet­ ta inutilmente l'attacco dei Tartari sognando l'alba del giorno di un glorioso ed eroico combattimento. In particolare è un Dio veniente che si materializza nella vicenda di Gesù di Nazarel, mediatore della sua iniziativa di grazia a favore degli sfavoriti della vita, degli esclusi dai recinti ben muniti dei privi­ legiati posti in alto e dallo sguardo sprezzante verso chi sta in basso, dei senza qualità privi di ogni titolo di nobiltà religioso-morale, ma anche socio-culturale. Meglio, un Dio che viene incontro ai deprivati nella persona del Nazareno solidale con loro a parole e a fatti. La più convincente attestazione in proposito ci è offerta dalle parabole, un campo tra i più promettenti da dissodare per una solida costruzione storica di Gesù.4 È risaputo che almeno nelle loro valenze significati-

4 Cf. J. DELORME (ed.), Les paraboles évangeliques: perspectives nouve/les, Paris 1 989; J. DuroNT, Il metodo parabolico di GesiÌ, Paideia, Brescia 1978: V. Fusco, Oltre la parabola. Introduzione alle parabole di Gestì. Doria, Roma 1983: IL>. •> terreno agisce da Dio dei perduti e grandemente gioisce per il loro ricupero. E ciò in netta antitesi con le immagini religiose dei critici del Nazareno che in chiusura svela il senso metaforico del rac­ conto della pecora smarrita: in cielo si fa più festa per un peccatore ritrovato che non per novantanove giusti (v. 7). I n realtà Luca parla di peccatore convertito e di giusti che non hanno bisogno di conver­ sione; ma è una sua lettura moralistica della parabola che invece sul­ la bocca di Gesù raffigurava l'inaudita grazia di Dio incarnata in lui «amico dei dazieri e dei peccatori pubblici» (Q: Le 7,34b/Mt 1 1 ,19b). Così infatti era bollato dai perbenisli perché sedeva con loro a tavo­ la in un gesto di commensalità espressiva dell'accoglienza divina: «Un mangione e un beone>>, dicevano (Q: Le 7,34a/Mt 1 1 ,19a). Amico in nome e per conto del proprio Dio che emerge così con la sua stessa identità, dunque anche lui un Dio ." Ancora più scandalosa deve essere apparsa l'immagine di Dio affiorante dalla parabola degli operai assoldati a diverse ore della giornata (Mt 20,1ss). Se, come è probabile, Gesù si è rivolto a quanti gli rimproveravano la familiarità accogliente di notori peccatori sen­ za chiedere previa penitenza, il racconto parabolico appare chiaro: . Anche nei confronti del re israelitico la paternità divina è compresa in senso elettivo; se vi si parla di generazione, si tratta di una metafora del­ l'investitura regale, come appare in queste due battute di dialogo tra Dio e un innominato re israelitico: > (Le 6,36). Questa volta il passaggio dal simbolo religioso paterno a un corrispondente codice di condotta è all'insegna dell'imitazione: far proprio il com-

Brescia 1 968; A STROTMANN, •Mein Vater bist du» (Sir 51,10). Zur Bedeutung der Vater· schaft Gottes in karwnischen unti nichtkanon ischen friihjiidi.,chen Schriften. Frankfurt a.M. 1991. 14 Paolo in Gal 4,5 e in Rm 8,15 fa sua la prassi cultuale delle comunità cristiane aramaiche di Palestina che si rivolgevano a Dio come al proprio abbà, certo in forza del ricordo della invocazione di Gesù. fatta propria. Negli scritti mbbinici, mai però nel­ la Mishna (FtTZMYER, •Abba and Jesus' Relation to God>•, 23). Dio è definito, ma non invocato, come abbà: «Quando la terra aveva bisogno di pioggia, i rabbini solevano mandare da lui [11asid Hanan, nipote di Honi, il Disegnatore di cerchi) dei discepoli; essi, prendendogli lo strascico della tunica, dicevano: "Abbà, Ahbà, mandaci la piog­ gia!". Ed egli pregava: "Signore dell'universo (ecco il suo appellativo], esaudisci costo­ ro che non distinguono l'Abbà che dona la pioggia dall'Abbà che non può farlo"• (b Taan 23b). .

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portamento misericordioso di Dio. In realtà, il Nazareno manifesta la figura di Dio pietoso e compassionevole ereditata da una consolida­ ta tradizione biblico-giudaica. Basti accennare alla frequente formu­ la biblica di definizione di YHWH «misericordioso e pietoso» (Es 34,6; Gl 2,13; Gen 4,2; Sa1 85,15 ecc.), ma non meno probante è la voce del rabbinismo che non solo esalta l'eccedenza della misericordia divina, come si è visto sopra nel Targum d'Isaia 63,16, ma anche atte­ sta un detto parallelo alla parola di Gesù: «Come il Padre nostro cele­ ste è misericordioso, così voi siate misericordiosi sulla terra» (Targum gerosolimitano I di Lv 22,28). Dunque, da questo punto di vista, nien­ te di nuovo sotto il cielo: religiosamente parlando Gesù è figlio del popolo giudaico. Ma è solo una prospettiva generale, mentre nello specifico, lo si vedrà in seguito, il suo orizzonte religioso appare ben più significativo. Sempre nella fonte Q abbiamo la seguente esortazione a quanti, abbandonato tutto, casa, famiglia e averi, lo avevano seguito nella sua vita di itinerante: non devono essere ansiosi per il sostentamen­ to e il vestito (Le 12,22-32/Mt 6,25-34). A giustificazione egli fa appello al mondo animale e alla natura che vede però non con lo sguardo distaccato di uno zoologo e di un naturalista, perché ai suoi occhi si tratta di due finestre aperte sulla presenza di Dio. Basta guardare i corvi della campagna e i fiori del prato: quelli non semi­ nano né raccolgono, eppure Dio li nutre; questi non filano né tesso­ no, eppure Dio li veste magnificamente. E se fa questo per corvi e fiori della campagna, nessun dubbio che procurerà ai discepoli il necessario per vivere. Infatti .15 Si badi " BARBAGLIO, Gesù ebreo di Galilea, 578.

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bene. la paternità divina qui confessata non consiste in una generica e universale provvidenza, oggetto di tutte le credenze religiose del nostro occidente. I l Dio svelato da Gesù è provvidente per quanti hanno condiviso l'eccezionale suo stile di vita: dunque ancora una volta è la presenza di un Dio padre del suo gruppo, da lui sollecitato a darsi anima e corpo alla causa della regalità divina: «Cercate il suo regno e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Q: Le 12,31; Mt 6,33). E a questo Dio provvidente della ramiglia spirituale del Nazareno corrisponde una grande fiducia: per il cibo e il vestito. ma accogliete il vangelo del regno e vivete sulla sua lunghezza d'onda. Simbolo paterno e incondizionata fiducia sono ancora legati in un insegnamento sulla supplica orante. Gesù racconta una breve para­ bola: se un figlio domanda al padre un uovo o un pane, li riceverà ,enz'altro in dono; è impossibile pensare che gli sarà dato invece un serpente o uno scorpione. Il parallelo è condotto con un argomento a fortiori: Dio è un padre ben più generoso dei padri terreni (Q: Le 1 1 ,13/Mt 7.11). Dunque un Dio donante che non si sottrae alle sup­ pliche e motiva uno spirito di fiduciosa preghiera sostenuta da incrol­ labile certezza, come dicono gli imperativi che introducono il suddet­ to racconto parabolico: (Q: Le 1 1 ,9/Mt 7,7). In tutto questo si fa luce il forte sentimento religioso di Gesù, ma anche una tonalità di ingenua e poetica esaltazione, emozionante, certo, ma povera di realismo. Un analogo imperativo è fondato sulla figura di un Dio che prefe­ risce i non-preferiti di questo mondo. Rivolgendosi al che lo segue ed è da lui guidato con premurosa dedizione, Gesù lo esorta alla fiducia nonostante minacce e pericoli, dileggi e riprovazio­ ne persino da parte di familiari. Lui stesso aveva sperimentato un ten­ tativo di sequestro da parte della sua famiglia (Mc 3,21 ). Li deve ras­ sicurare l'efficace protezione di quel Dio che li ha gratificati del suo potere regale liberante e salvante: che fanno vita comune con lui, indifesi in un contesto ostile: se in un vicino passato hanno sperimentato di persona l'amore prefe­ renziale del Padre, questi coerentemente Ii dovrà proteggere. Dunque fiducia nonostante tutto. Peculiare di questo brano però è . 1 6 U na parola simile, ma sotto forma di ringraziamento e di lode, è attestata sempre in Q: «Ti benedico, Padre, signore del cielo e della terra. perché hai manifestato queste cose ai piccoli (nepiois ), mentre sono rimaste nascoste ai sapienti e agli intelligenti. Sì. Padre, perché così ti sei compiaciuto>> (Q: Le 10,21/Mt 1 1,25). Sullo sfondo traluce la sua esperienza pubblica a due facce: evangelista del regno di Dio, aveva incontrato resistenze e opposizioni delle guide religiose e del­ l'élite del popolo giudaico, m a sorprendentemente1 7 anche l'adesione di persone del popolino, prive della saggezza dei maestri e dell'ap­ profondita conoscenza della legge mosaica dei rabbi. Nulla di casua­ le, tutto fa parte dell'iniziativa divina: pura grazia accordata a quelli e riprovazione divina per questi che si sono chiusi nel loro ostinato no all'annuncio di Gesù. La sua figura di Dio padre indica dunque una parzialità scandalosa di grazia a favore degli immeritevoli, incarnata nella propria missione di evangelista del regno. Forse anche M t 23,9 tramanda un suo detto autentico: «Non chia­ mate nessuno padre sulla terra, perché uno solo è il padre vostro, quello celeste>>. I seguaci formano una nuova famiglia fondata non su vincoli di sangue, bensì su legami di comune partecipazione alla pro­ pria speranza nella regalità divina albeggiante nei villaggi di Galilea. Non devono riconoscere alcun padre terreno, essendo tutti figli di un unico Padre celeste. Per Gesù e i suoi discepoli la paternità divina è l'unica che conta; quella del sangue è fortemente declassata. Vi si nota una qualche analogia con la confessione ebraica dell'unico ed esclu­ sivo Dio: «Non avrai altro dio all'infuori di me>> (Es 20,2-3: Dt 5,6-7). Il monoteismo diventa monopatrismo per lui e i suoi. Sono figli del Padre celeste, liberi da ogni patria potestas che nel mondo romano si traduceva in ius vitae necisque ( G LNT lX, 1 125). > ( Gesù, 227). Mi pare che le due posizioni non rendano giustizia ai simboli e alle immagini di Dio presenti nell'esperienza religiosa di Gesù e manifestate nel suo annuncio e nella sua azione. In lui tutto sembra in continuità con il Dio della tradizione biblico-giudaica: è il Dio della creazione (cf. Mc l 0,7-8; Mt 5,45), di Abramo, !sacco e Giacobbe (Mt 8,1 1 ), delle atte­ se escatologiche dei profeti e di importanti filoni del giudaismo del suo tempo (il simbolo del regno). Ma tutto è nuovo, perché il fulcro della sua fede è, per un verso, l'irruzione adesso nella storia del pote­ re liberante e salvifico di Dio, irruzione da lui mediata attivamente, e per l'altro la rivelazione del volto di Dio padre, presente nel mondo e nell'esistenza umana, che include gli esclusi graziando in modo incondizionato. Non senza riserve concordo con la conclusione dello 22

Cit. in KùMMEL, «Die Gottesverkiindigung Jesu», 107. '-' R. BuLTMANN, «Urchristentum und Rebgionsgeschichte•,in ThR IV(l932), 9 [1-21).

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studio di Kiimmel: «Rispetto al tardo giudaismo Gesù non ha porta­ to un nuovo concetto di Dio, ma una nuova realtà di Dio, quella data con la sua persona e il suo agire>>.24 lnvero l'agire di Dio suppone un suo modo di essere. Più articolata la posizione di J. Dupont che mi sembra però minimale: > (v. 26b). Poste le premesse necessarie della prospettiva universalistica in cui egli vive il Dio di Gesù Cristo, ora la sviluppa explicitis verbis (vv. 27-20). Se la giustificazione è sola fide, anzitutto rileva, è escluso che l'ebreo fedele al patto e alla Legge - lo stesso vale evidentemente del convertito all'ebraismo - possa menar vanto davanti a Dio vivendosi privilegiato e diverso dai senza-legge (v. 28). Poi afferma il monotei­ smo ebraico (cf. Es 20.2-3; Dt 5,6-7) in chiave ecumenica, come da tempo era vissuto: l'unico Dio, Dio di tutti i popoli su cui esercita la sua sovranità di creatore (v. 29). M a sul piano salvifico non era lo stes­ so Dio, perché i giudei. membri del suo patto e in possesso della leg­ ge divina, sono i favoriti mentre per i gentili esclusi in quanto tali, l'u­ nica possibilità d'inclusione è farsi ebrei, accettando la Legge e la cir­ concisione, ma rinunciando così alla propria identità culturale. Paolo scardina l'universalismo centripeto della tradizione ebraica di stam­ po mosaico51 e scopre un universalismo centrifugo: > (Gal 3,8; cf. Gen 1 8,18). In Rm 4,1 8 riporta un'altra promessa divina: come innumerevoli sono le stelle del cielo. «Così sarà la tua discendenza» (cf. Gen 15,5).57 n suo interesse primario però è di evidenziare la logica sottesa alla promessa, contrapposta a quella della Legge: unilateralità versus contrattualità bilaterale, gratuità qualificata invece di una qualche forma di apporto umano. D'altra parte la promessa non può essere revocata dalla Legge che è posteriore di 430 anni. E qui per essere più chiaro Paolo ricorre all'exemplum del testamento58 che, espres­ sione di , una volta redatto non può essere revocato e sostituito dal ••sinergismo>> insito nello schema del patto sinaitico e della Legge, per usare le espressioni di Eskola (Gal 3,17). Sono due logiche incompatibili: > (Rm 4,1 7-21 ). 59 I n breve, di fronte ali 'im­ pensabile ha fatto credito alla fedeltà del Dio che mantiene le sue promesse. Una fede, quella abramica, esemplare per i credenti in Dio risuscitatore di Gesù (Rm 4,24), per la quale è simbolo dell'unità di giudei e pagani, letteralmente ••padre della moltitudine delle genti>>, come Dio aveva promesso (Rm 4,16). Il Dio promettente e fedele della vicenda di Abramo mostra lo stesso volto nella vicenda di Cristo, che in Gal 3,15-16 l'apostolo fa beneficiario della promessa divina. Leggendo in modo originale il testo biblico: «Ad Abramo furono giurate da Dio le promesse e alla sua discendenza>>, riferisce questo singolare grammaticale a Cristo che diventa così il vero catalizzatore delle promesse divine. Il lieto annuncio cristiano ha una preistoria, meglio un pre-vangelo in Abra­ mo (cf. Gal 3,8) e una pre-promessa nelle Scritture (cf. Rm 1 ,1 -2). Per dire che Gesù Cristo e il lieto annuncio cristiano non solcano inattesi il cielo della storia, ma segnano il punto culminante del per­ corso iniziato con Abramo. Paolo però non conosce il classico bino­ mio, tipico per esempio di Matteo, di profezia-compimento. In lui centrale è la promessa divina che trova in Cristo il sì concreto di Dio, la prova tangibile della sua fedeltà (2Cor l , 19-20). Non è però che il Dio promettente cessi di essere tale, come se in Cristo la sua pro­ messa si fosse «consumata» e in questo modo venisse meno per sem­ pre la fede come speranza contro ogni speranza umana. La creden­ za cristiana, in realtà, è sempre fede nel Dio promettente e fedele, che in Cristo rilancia e dà forza alle sue promesse salvifiche: a favore di tutte le genti (Rm 15,8-9).6(1 Solo la vittoria sulla morte sarà il pieno compimento della promessa divina (cf. 1Cor 15,23-28).61

" MoxNES, Theology in Conflict, 283 rileva che questa fede in Dio creatore e risu­ scilatore fu applicata nel giudaismo e nell'antico cristianesimo solo ai proseliti; secon­ do Paolo invece concerne giudei e gentili. "' J.C. BEKER, Pau/ che Apostle. The Triumph of God in Life and Thought, Edin· burgh 1980, 148 afferma a buon diritto che Cristo non solo ratifica le promesse dell"AT ma anche le apre di nuovo come speranza, perché in Cristo le promesse hanno ricevu­ to una nuova base. 6 1 La fedeltà divina è tematizzata più volte in Paolo che ricorre all'aggettivo pistos (cf. ICor 1 ,9/ITs 5,24) e ai sostantivi sinonimi pistis e aletheia riferiti di Dio (Rm 3,3.7.25; 15,8).

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E sempre rileggendo la storia biblica di Abramo, Paolo interpre­ ta in modo 62 le due mogli: Sara, la donna libera, e Agar, la schiava; soprattutto i loro rispettivi figli, quello di Sara nato , il figlio della schiava invece venuto alla luce «in conformità alle leggi della natura>> , e applica la Scrittura ai credenti: «Ora voi, fratelii. alla stregua di Isacco siete figli della promessa>>, dunque il frutto della parola promissoria di Dio fedele, ma anche «eredi secondo la promessa>>, destinati a ricevere alla fine dei giorni l'eredità promessa da Dio (Gal 4,22-29).63

2.4. «L'anima del monoteismo» di Paolo64 Data la sua alta cristologia ci si domanda se Paolo sia rimasto un fedele monoteista e in quale misura. L'ebreo Klausner parla di che, pur non inficiando l'affermazione di fondo dell'esistenza di un solo Dio, la indebolisce con l'aggiunta di Gesù, il quale «è il secondo dopo Dio e non una reale divinità>>.65 Si è parlato di un monoteismo cristologico o anche cristoforme."6 Di certo, Paolo è ancora assai distante, come ha riconosciuto Harnack, dalla dottrina trinitaria dell'unico Dio in tre persone uguali e distinte.67 La sua fede è nell'unico Dio (ho theos) rivelatosi come il Padre di Gesù, i l suo figlio per eccellenza - non un suo figlio -. titolo espressivo di vici­ nanza e di coordinazione tra i due, ma anche di subordinazione di questi a quello.68 Dio ha fatto del Nazareno il suo chief agent nella definitiva iniziativa di grazia a favore dell'umanità e del mondo; e se 62 Allegoroumena: sembra che si tratti piuttosto di una tipologia. Cf. A. PrrrA, Let­ tera ai Galati, EDB, Bologna 1996, 283-286. 63 Il Dio fedele alle sue promesse sarà ancora al centro del problema teologico del­ l'Israele che in massa ha rifiutato di aderire a Cristo respingendone l'annuncio evan­ gelico. Ma sarà approfondito nel capitolo finale. .. La formula è di L BAE> santo d'Israele identificato nella congregazione essena. Da parte loro i Salmi di Salomone annunciano la purificazione di Gerusalemme e la creazione di un popolo fedele, esclusi rigorosamente peccatori e inde­ gni: «E riunirà un popolo santo, di cui sarà capo con giustizia e giudi­ cherà le tribù del popolo santificato dal Signore suo Dio: e non per­ metterà che (l']ingiustizia abiti ancora tra loro e non abiterà con loro nessun uomo che conosca il male; infatti li conoscerà perché sono tut­ ti figli del loro Dio. E li suddividerà nel paese delle loro tribù, e immi­ grato e straniero non abiterà più con loro>> (17,26-28). La rappresentatività dei dodici seguaci di Gesù invece appare illi­ mitata, come mostrano le sue esortazioni di segno universalistico, per esempio il comandamento dell'amore dei nemici, e ancor più l'imma­ gine, in lui presente e da lui manifestata, di un Dio Padre che fa sor­ gere il suo sole su buoni e cattivi e fa piovere su giusti e ingiusti (Mt 5,44-45). Costituendo il gruppo de «i dodici>> egli guardava dunque a tutlo Israele, al suo futuro di ricostituzione materiale e spirituale, opponendo al settarismo dei qumraniti un'inclusività indiscriminata.1R 18 E i gentili ne erano esclusi? La loro ammissione appare sull 'orizzonte ultimo. rimandata al giorno finale. Cf. J. DuPONT, «Beaucoup viendront du levant et du cou­ chant ... (M t 8,11-12; Le 13,28-20)•, in ÉIUdes sur /es évangiles synoptiques, 568-582.

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I dodici19 comunque non soltanto rappresentano il popolo riunito per il giorno del riscatto di cui la presenza attiva di Gesù segna l'alba, ma anche gli sono associati nella missione di annuncio e di compi­ mento dei segni di liberazione. Sono mandati a due a due e autorizza­ ti a compiere esorcismi e guarigioni e ad annunciare il lieto messag­ gio; non devono portare nulla, eccetto un bastone (per difendersi): niente pane, niente bisaccia, niente monete nella cintura, calzando però i sandali, rinunciando invece alla seconda tunica, chiedendo ospi­ talità in case accoglienti, in una sola però per ogni località, e in caso di rifiuto del loro messaggio «scuoteranno la polvere dai piedi a testi­ monianza per essi» (Mc 6,6b-13). un gesto di distacco totale e di minaccia. Nella testimonianza di Q (Le 9,2ss; 10,4ss) si specifica che il messaggio verte sul regno di Dio, si prescrive che i missionari non devono prendere nulla (mèden airete), 20 e si sottolinea la prassi di chiedere l'ospitalità di questa o di quella casa. Questo nucleo del suo movimento dice che Gesù si muoveva in una prospettiva sociale e politica, non però militare.21 Il suo messag­ gio avvalorato da gesti carismatici di guarigione e condiviso dai dodi­ ci aveva infatti una valenza pubblica di riforma della vita associata d'I­ sraele. Nella metafora del regno di Dio risuonava un timbro teocrati­ co: l'annuncio gesuano dice che il potere divino comincia a prendere piede nella storia, in concreto dentro i confini del popolo israelitico, e avrà il suo culmine alla fine dei giorni, una data per lui assai vicina. Gesù non è stato un difensore dello status quo. Il suo movimento però non era militante/2 al contrario di diffuse attese messianico-regali del

19 ZEHETBAUER, •Die Bedeutung des Zwolfkreises», 386 annota che Gesù non si è messo dentro il gruppo dei dodici: a lui spettava il compito di riunire il popolo. "' Matteo vi aggiunge la rinuncia ai calzari (10,10) e la prescrizione di compiere la missione gratuitamente ( 10,8b). Nella Did> (17,21-25). Non diversa una voce di Qumran: al messia, chiamato , Dio darà forza e potenza:

( 1 QSb 5,26-29). In Gesù invece il potere regale di Dio da lui annunciato è evento di liberazione per i poveri, quelli cioè che nel popolo giustizia non rie­ scono ad avere: e la conclusione: > intende sintetizzar­ ne l'attività guaritrice (Q: Le 7,22/Mt 1 1 ,5). Si possono anche ricorda­ re le beatitudini: (Q: Le 6,20-21/Mt 5,3-6).23 Il potere regale divino è forza libe­ ratrice dal male fisico, psichico e spirituale: di quello è anticipazione e promessa l'attività di Gesù guaritore, lo si è appena detto; di questi ultimi due vale la sua azione esorcistica e riparativa: (Q: Le 1 1 ,20/Mt 1 2,28); (Mc 2,17), lui (Q: Le 7,34/Mt 1 1 .19).

23 Sui poveri in senso sociale e materiale si veda J. DuPONT, Le beatitudini. Il pro­ blema letterario, la buona novella, Edizioni Paoline, Roma 1972, 521-547.

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2. l SEGUACI

DI

GESÙ, UN GRUPPO ASOCIALE24

La tradizione protocristiana ce ne dà testimonianza anzitutto con racconti di vocazione. Paradigmatiche le chiamate di due coppie di fratelli: la prima. che interessa Simone e Andrea. sottolinea l'iniziati­ va di Gesù vocante e promettente: l e la pronta adesione dei chiamati: ; la seconda, riguardante Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, è una breve annotazione: (Mc 1 ,1620; cf. MI 4,18-20). Il detto-promessa di tenore metaforico sui pesca­ tori d i uomini risale a Gesù che li ha chiamati a seguirlo perché diven­ tassero missionari al pari di lui evangelista itinerante del regno di Dio: si segue infatti uno che è in cammino. Ed è necessario che si abbandonino il lavoro, la famiglia, in particolare il padre, i beni.25 Più ricca è la testimonianza circa le esigenze radicali postulate dal­ la sequela di Gesù, su cui insiste particolarmente la fonte Q nei suoi racconti-quadro o apoftegmi. A un aulocandidato il Nazareno rispon­ de: > (Mc 15,40-41). Luca si fa testi­ mone di una notizia della sua tradizione (sigla L): Gesù andava di vil­ laggio in villaggio ad annunciare il lieto messaggio del regno di Dio, «ed erano con lui i dodici e alcune donne Cl\rate da spiriti cattivi e da malattie: Maria detta Maddalena, da cui erano usciti sette demoni, Giovanna moglie di Cusa, amministratore di Erode, e Susanna e mol­ te altre, le quali li servivano attingendo dalle loro sostanze>> (8,1 3 ) . Con i dodici formavano una comunità unita a Gesù (syn auto-i). La loro funzione peculiare era di procurare da vivere al gruppo che ave­ va a bbandonato famiglia e casa: un ruolo di attiva opera di manteni­ mento economico. In breve, ne costituivano «la costellazione mece­ natica>> (Ebner Jesus ein Weisheits/ehrer?, 103). Nella sequela e nel­ la comunione di vita con lui erano equiparate agli altri seguaci, ma non sembra che fossero state mandate in missione, come invece lo furono i dodici. In ogni modo la loro presenza tra i seguaci costituiva un aspetto non secondario dello scandalo suscitato nell'ambiente e dello stigma che bollava Gesù e i suoi. Per valutare questa aggregazione sociale, perno del movimento del Nazareno, non sembra appropriato il paragone con i profeti esca­ tologici del I secolo d.C., più o meno coevi, come Teuda, !'«egizianO>> e l'anonimo profeta di Samaria, che si trascinavano dietro folle entu­ siaste di seguaci attratti dalla promessa di segni mirabolanti di libe­ razione del popolo. Ce ne ha parlato diffusamente Giuseppe Flavio che sottolinea il motivo della sequela (hepesthai/ akolouthein).28 I -

,

-

28 Al tempo del procuratore Felice (52·60 d.C.) •impostori e lruffatori incitavano la plebe a seguir/i nel deserto; promettendo di mostrare loro indubbi prodigi e segni che sarebbero stati realizzati in annonia del disegno di Dio» (Ani. 20.168). In partico­ lare un certo Teuda solto il procuratore romano Fado (42-44 d.C.) •persuase la mag­ gior parte della folla a prendere le proprie sostanze e a seguir/o fino al fiume Giorda­ no. Affermava di essere un profeta al cui comando il fiume si sarebbe diviso aprendo loro un facile transito» (Anr. 20,168). Non diversi l'egiziano affrontato dal procurato· re romano Felice (52-60 d.C.) (Anr. 20,169-170) e il profeta messianico di Samaria nel 35 (Ani. 18,85). Il procuratore romano Festo (61�2 d.C.) si mosse contro un innomi·

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seguaci di Gesù non erano masse sollecitate con prospettive di sov­ versione politica, sia pure non armata, ma un gruppo ristretto di per­ sone scelte e il loro leader non prometteva «segni di liberazione>> dagli odiati oppressori romani. L'oppositore per lui infatti era il Satana, scaraventato giù dal cielo (Le 10,18) e vinto dai suoi esorcismi (Q: Le 1 1,20/Mt 12,28). Era piuttosto un movimento critico verso la società del tempo e la sua istituzione più sacra, la famiglia; un gruppo asociale che praticava un ethos apolide, ma non si dava al brigantaggio né all'accattonaggio (cf. Theissen, ). Si procura­ va i mezzi di sussistenza chiedendo ospitalità presso amici, simpatiz­ zanti e aderenti: Gesù, scortato dai suoi, fu ospitato nell'abitazione di Pietro, di cui guarì la suocera (Mc l ,29-31 ): entrò gradito ospite nella casa del gabelliere Zaccheo (Le 19,lss); lo invitò un fariseo di nome Simone, fatto oggetto di amorevoli e pentite premure di una peccatri­ ce pubblica (Le 7,36ss); a Betania aveva come punto di appoggio la casa ospitale degli amici Lazzaro, Marta e Maria (Gv 1 1 ,1 -44; 12, 1 -1 1). Il Nazareno era un itinerante rurale, non cittadino. Aveva abban­ donato casa e insieme il lavoro, facendo così mancare alla famiglia l'apporto prezioso delle sue braccia. Un deficit materiale per la sua casa, ma ancor più un deficit morale: un figlio e un fratello che ha abbandonato casa e lavoro e vive da vagabondo era disonorato e insieme disonorava la famiglia di origine. Studi recenti29 hanno sot­ tolineato come l'onore personale e familiare fosse tenuto in sommo conto nella cultura mediterranea di quel tempo. Ci spieghiamo così l'ostracismo decretatogli dal suo villaggio (Mc 6,1ss) e la conseguen­ te sua parola-proverbio: è un profeta (atimos: Mc 6,4 e M t 1 3,57), (timen: Gv 4,44). Il suo comportamento poi appariva sommamente disdicevole: com­ mensale in allegra compagnia con dazieri di non dubbia immoralità (Mc 2,15-17); autoinvitato a casa di un capo gabelliere di Gerico, Zaccheo, strozzino immatricolato (Le 19,1-10); «amico di gabellieri e peccatori pubblici>> che frequentava a tavola: (Q: Le 7,34/Mt 1 1,19); benevolo verso gesti di compromet­ tente gentilezza di una prostituta entrata nella casa del fariseo Simo-

nato impostore (go�s) «che aveva promesso la salvezza e la fine di tumulti, purché lo seguissero [verbo hepesthaiJ nel deserto>> sterminando «l'imbroglione e i suoi seguaci (kai tous ako/outhesanta.l')» (Ant. 20,188). " a. per es. B.J. M ALINA, The Soda/ Gospel ofJesus: the Kingdom of God in Medi­ terranean Perspective, Minneapolis 2001 e B.J. MALINA et al. (edd.), The Social Setting ofJesus and the Gospels, Minneapolis 2002.

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ne (Le 7,36-50) e profeta che osava assicurare l'accoglienza di Dio a peccatori pubblici e prostitute che credevano al suo lieto annuncio (Mt 2 1 .31 -32). Ha detto molto bene Pesce: «Gesù era un itinerante accompa­ gnato da itineranti>> (, 372). I seguaci lo ave­ vano imitato abbandonando casa e lavoro e abbracciandone l'ethos apolide e afamiliare (Theissen, , 77), rompendo pole­ micamente i legami con la società fondata, allora più di sempre, sulla famiglia e la sua stabilità (cf. il citato Guijarro Oporto ). In particola­ re gravissimo era l'abbandono del padre: una rottura generazionale dali 'alto in basso, la messa in discussione del potere del paterfamilias che dominava, vita natura( durante, sui figli anche quando si sposa­ vano restando in casa e partecipando all'economia familiare. Se avve­ niva contro il consenso del padre, l'abbandono assumeva i connotati di aperta ribellione da una parte e di ostracismo dall'altra; se invece c'era consenso, i contrasti erano evitati, ma i seguaci venivano pur 6Cmpre stigmatizzati dall'ambiente.30 Le differenze tra Gesù e il suo gruppo con il maestro di giustizia di Qumran e i suoi adepti sono grandi: comunità monastiche da un lato e persone itineranti dall'altro; comunione dei beni per i qumra­ niti che così risolvevano brillantemente il problema del proprio man­ tenimento, abbandono totale e affidamento alla solidarietà altrui per i seguaci del Nazareno; studio e osservanza scrupolosa della Legge secondo l'ermeneutica del maestro di giustizia, partecipazione alla causa del regno di Dio annunciato da Gesù. Soprattutto inclusione di marginali, impuri e non praticanti nello spazio della salvezza escato­ logica versus l'esclusivismo settario della comunità qumranica. Non fondata appare la teoria moderna che comprende Gesù e il suo gruppo come una variante dei cinici del mondo greco che, dopo lo splendore del IV-III secolo a.C. e la successiva eclisse, nel I secolo d.C. avevano conosciuto una nuova fiorente stagione.31 Già sopra si è rilevato che quelli per mantenersi si affidavano alla solidarietà di ami­ ci e sostenitori, mentre il cinico ricorreva all'elemosina. Li accomuna invece una vita di asocialità e di distacco dai beni tipici della figura 30 EoNER, Jesus - ein Weisheitslehrer?, ba mostrato lo stretto legame tra carisma e stigma. 31 La tesi deUa convergenza è sostenuta per es. da F.G. DowNING, Christ and the Cynics. Jesus and Other Radica/ Prea>, città-porto di Corinto (1 Cor 16,1); si riferisce alle > (charismata),48 e della loro attuazione nel­ le riunioni comunitarie. In 1 Cor 12 afferma che è il medesimo Spiri­ to che li ripartisce (diairoun) tra tutti i credenti, di modo che nessu­ no li possiede tutti e nessuno ne è del tutto privo; e tale elargizione mira all'utilità e alla crescita spirituale della comunità (vv. 4ss). Segue un elenco esemplificativo: parola di sapienza e di conoscenza, fede taumaturgica, capacità terapeutiche e taumaturgiche, profezia, discernimento del vero e del falso carisma, glossolalia o parola incomprensibile pronunciata in stato estatico e dono della sua tra­ duzione. La comunità riunita in assemblea è come un organismo umano caratterizzato da unità () e pluralità delle membra, pluralità diversificata e complementare: le membra diver­ samente concorrono al benessere dell'organismo, tutte necessarie perché le une sono bisognose delle altre secondo la legge della mutua solidarietà: è volere del Creatore che «le une debbano pren­ dersi cura delle altre (hyper al/el6n merimn6sin)>>. Per non dire del­ la condivisione di gioia e sofferenza (vv. 12ss). È su questa base che si può parlare di un solo corpo. Ed ecco la sua valenza metaforica: «Bene, voi siete corpo di Cri­ sto (soma Christou) e membra ciascuno per l a sua parte>> (v. 27). «Voi>>, i credenti di Corinto che formano l' ekklesia locale riunita in assemblea. A differenza della metafora greco-romana qui è Cristo che costituisce il corpo sociale della comunità, che dunque gli appartie­ ne.49 Ma subito dopo Paolo ritorna a sottolineare l'analogia con l'or­ ganismo umano evidenziando la plurale diversità di carismatici: anzi­ tutto apostoli. poi profeti, in terzo luogo maestri (didaskaloi), poi mi­ racoli, quindi doni di grazia per compiere guarigioni, prestazioni assi­ stenziali, azioni di governo (kyberneseis), diversi generi di glossolalia (v. 28). In breve, il corpo sociale dei credenti è multiforme; nessuna

48 Con questo termine probabilmente Paolo si contrappone ai credenti di Corin· to che parlavano di (pneumatika: 1 Cor 12,1; 14,1, o pneumata: 1Cor 14,12), caratlerizzate dal sequestro del nous da parte dello spirito estatico. 49 Interpreto la metafora corporativa in senso sociale, non mistico, come fanno altri studiosi. ultimamente anche PENNA, «La chiesa come corpo di Cristo•.

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reductio ad unum: non può essere che siano tutti apostoli o tutti pro­ feti o tutti maestri, ecc. (vv. 29-30).50 Anche in Rm 1 2 unità e pluralità diversificata sono la base del paragone tra l'organismo umano e il corpo sociale dei credenti inse­ riti in Cristo: (v. 16). Nul­ la di istituzionale; neppure Paolo li ha incaricati; la loro legittimità sca­ turisce dal servizio prestato con dedizione e faticoso impegno. Le gui­ de della comunità di Corinto nascono spontaneamente ed egli dà il suo avallo a queste stato di cose, esortando i fratelli a riconoscerle e seguir­ le. Non è tutto: ]ungi dall'essere un'«autorità>> monocratica. accanto alla famiglia di Stefana ci sono collaboratori (synergoi), anche questi legittimati da duro lavoro. In breve, la diakonia o servizio appare cam­ po aperto a chiunque si fa carico del buon andamento della comunità. Per completezza si aggiunga la brevissima menzione di episkopoi (ispettori) e diakonoi (ministri) presenti nella comunità di Filippi (l .l ), non si sa con quali esatte mansioni. Infine in Rm Paolo menziona Febe, diaconessa (diakonos) della Chiesa di Cenere, e Andronico e Giunia (una donna) «che sono insignì apostoli>> (16,1 e 7). Merita una parola almeno sommaria la presenza della sua auto­ rità apostolica, autorità carismatica a lui conferita direttamente dal­ l'alto.'-' Capomastro che ha gettato il fondamento delle comunità ( 1 Cor 3,11), le segue poi di continuo anche da lontano con cura inde­ fessa. Con particolare insistenza accentua il carisma o dono di Dio e di Cristo che egli comprende come fonte del suo potere. Ai credenti di Roma dice: mediante Cristo «abbiamo ricevuto gratuitamente il dono (charin) dell'apostolato» (l ,5). La formula «il carisma che gli è stato dato da Dio>> (he charis [tou theou] he dotheisa moi) ricorre con inusitata frequenza (Rm 12,3; 1 5 , 1 5; 1 Cor 3,10; Gal 2,9). Jn 1 Cor 5 1 5 poi fa pesare il suo potere apostolico di scomunica di un credente unitosi incestuosamente con la matrigna. 54 Segno visibile di tale cari,

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" Cf. J.N. ALEITl, L'aulorité apostolique de Pau/. Théorie et pratique, in A. VANHOYE (ed.), L'apiJtre Pau/. Personnalité, sty/e et conceptions du ministère, Leuven 1986, 229246; R. BANKS, «Chiesa. ordinamento e governo della». in Dizionario di Paolo e delle sue /el/ere, 226-236; DuNN, La teologia dell'apostolo Paolo, 554-563; B. BANKS, Pau/ and Power. The Structure of Aurhority in the Primitive Church as Reflected in the Pauline Epistles, Lund !978. " Cf. anche 2Cor 4,1: «Perciò, avendo questo servizio (diakonia) per un gesto di misericordia di Dio . . . »; 10. 8: «E se anche mi vantassi un po' di più del potere (exou-

219

sma è la sua fruttuosa e indefessa azione missionaria e pastorale, in cui può vantare una superiorità su missionari concorrenti soprag­ giunti nella comunità di Corinto: «Sono servitori di Cristo? Parlo pro­ prio da folle, io di più; molto di più per le fatiche, assai di più per le prigionie, infinitamente di più per le percosse>> (11,23) e segue un catalogo impressionante della sua via crucis di apostolo. Per concludere, appare interessante il confronto con la metafora di Menenio Agrippa. Se in questa si esprime la subordinazione degli uni agli altri, cioè dei plebei ai senatori, in quella di Paolo si eviden­ zia l'uguaglianza carismatica dei membri della comunità, parimenti dotati di capacità costruttive della sua crescita spirituale e reciproca­ mente solidali. Per questo a ragione vi si è visto una concezione democratica. come dice Lindemann («Die Kirche als Leib>>, 1 53). I nvece dimensione verticale della metafora è l'esperienza fontale dell'inserimento dei credenti nello spazio vitale di Cristo che si rea­ lizza in forza della fede, del battesimo e della cena del Signore. Se quella dà inizio all'incorporamento in Cristo, questi due riti iniziatici lo approfondiscono. > ( lCor 15,45). In Rm 6,3-5 egli afferma che nel battesimo i cre­ denti sono coinvolti partecipativamente nella sua morte e risurrezio­ ne, come è stato evidenziato in un capitolo precedente. La medesima prospettiva è attestata con grande chiarezza in l Cor 10 a proposito della cena del Signore: (v. 16). Il rito eucaristico che i credenti hanno parte. perché fatti parte, alla morte salvante di Gesù. Ne conse­ gue la costituzione del corpo dal pane condiviso: > (v. 13). Si noti l'aggettivo possessivo: ne va di chi gli appartiene come fratello. Un problema analogo appare in Rm 14,1-15,7: >, forse la moglie di Filemone. Il triangolo è unito da legame di fratellanza, fonte di accoglienza amorosa tra i due che erano in pas­ sato padrone e schiavo e che ora, in Cristo, sono diventati fratelli. Un solo cenno alle lettere pastorali, scritte verso la fine del seco­ lo, sufficiente però a mostrare come la metafora familiare sia ripresa in ben altra direzione:66 si passa infatti dai fratelli e sorelle, legati da rapporti di uguaglianza e reciprocità, all'immagine della famiglia, definita (oikos theou: lTm 3,15), gerarchicamente strutturata secondo i principi di potere e di sottomissione tipici della famiglia del mondo circostante. In concreto, vi si esprime una conce­ zione piramidale: al vertice Dio, Paolo il punto fisso della dottrina sana e veritiera che da lui deriva come tradizione intangibile, più sot­ to Timoteo e Tito suoi rappresentanti e trait-d'union con le comunità di Efeso e Creta dopo la sua morte, alla base i capi locali scelti tra i patresfami/ias, capaci di governare la loro casa, e preposti come patres­ familias della comunità: un episkopos, dei diakonoi e dei presbyteroi che devono guidare autorevolmente e ammaestrare i christifideles.

3.4. Solidarietà (koinònia e synergeia)67 Caratteristica, come si è visto, dei rapporti all'interno del corpo di Cristo e della fraternità dei credenti, merita un approfondimento nel­ le sue manifestazioni concrete. Dico subito che è una solidarietà bila­ terale, non a senso unico, costituita dal dare e ricevere, in breve dallo scambio di beni. La forma più semplice appare nella Lettera ai Gala­ ti: > (v. 13) e anche una supplica, santamente invidiosi > (l Ts 3,2), suo messaggero presso la comunità di Corinto (lCor 4,17), meritevole di essere ben ricevuto perché (l Cor 16,10), partecipe con Paolo e Silvano dell'annuncio di Cristo Gesù (2Cor 1 ,19), suo collaboratore (synergos) (Rm 16,21 ) Ma anche Tito è stato al fianco dell'apostolo che gli ha affidato il delicato compito di ricucire i rapporti con la Chiesa di Corinto a cui lo presenta come

(2Cor 8,23). Ma non sono i soli collaboratori: con questo appellati­ vo Paolo menziona la coppia Prisca e Aquila e Urbano (Rm 16,3), Epafrodito (Fil 2,25) e Clemente e gli altri collaboratori della Chie­ sa filippese (4,3), tra cui annovera anche due donne, Evodia e Sinti­ che (4,2). .

" La collaborazione con le sue comunità appare anche in I Cor 5,3-S: da lontano egli intenta un processo di espulsione a un incestuoso della comunità corinzia che con­ voca�r deliberare in merito. Cf. W.H. 0LLROG, Paulus und seine Mitarbeiter. Untersuchungen zu Theorie und Praxis der paulinischen Mission, Neukirchen 1979.

229

Capitolo IX

Discorso della montagna, libertà dello spirito

Né Gesù né Paolo hanno elaborato sistemi di etica articolati in principi generali sul bene e il male, approfondite motivazioni a soste­ gno di prescrizioni e divieti, dettagliati elenchi di sanzioni per i non osservanti. Non si sono neppure attenuti, in linea di massima, al prin­ cipio generale e supremo di osservare la legge di Mosè, espressione della volontà di Dio, magari interpretata dall'insegnamento halakico dei rabbi impegnati a chiarire e specificare prescrizioni e divieti del­ la Torah scritta. Una scelta sorprendente anche confrontata con la congregazione essena tesa a un'osservanza scrupolosa della Torah. Eppure Gesù e Paolo non hanno mancato di sensibilità etica; gli adepti del primo e le comunità del secondo sono stati debitamente responsabilizzati sul piano morale. Ma hanno imboccato strade assai diverse e un'analisi dei loro orientamenti obbliga a presentazioni distinte. In breve, il confronto è tra un elevato insegnamento di mora­ le e una profonda teologia della grazia. l . GESÙ MAESTRO

DI VITA 1

Non è inutile ripercorrere a grandi falcate le fasi della ricerca sto­ rica ed esegetica, a cominciare da C.F. Baur ( Vor/esungen uber neu1 CC. G. BARBAGLIO, Ges1ì ebreo di Galilea, EDB, Bologna 2002, 395-459; J. BEC'KER, Jesus vo11 Nazaret. 276-39!!; M. EBNER. Jesus - ein Weisheitslehrer? Synoptische Wrei· sheit.,Jogien im Traditionsprozess, Freiburg-Basei-Wien 1998; M. HENGEL, «Zur mallhlii· schen Bergpredigl un d ihremjtidischen Hintergrund». in ThR Lll(l987). 327-400; HoFF· MANN - Em,Jesus von Nazareth und eine christliche Mora/, Freiburg i. Br. 1 975; L. D. HuR· ,T, •Ethik of Jesus», in Dictionary ofJesus nnd the Gospe/s, 210·222; H. MERKLEIN, Die Gottesherrschaft als Handlungsprinzip. Untersuchung zur Ethik Jesu, Wtirzburg 11984; In., La signoria di Dio. 1llss; R. RIESNER, Je.>, , «moralità particola­ re autolimitantesi e moralità generale che poggia sull'incondiziona­ tezza della coscienza morale>> (p. 48), esaltando il discorso della mon­ tagna , «il vero nucleo sostanziale del cristianesimo>> (p. 64). Dunque un Gesù maestro di purissima moralità che (p. 124). W. Wrede (Paulus), che ha presentato Paolo in antitesi al Nazareno, ha visto quest'ultimo come (p. 80) e attribuito alla sua predicazione > (71e). Comunque il comandamento di Gesù mostra qualche originalità nella sua motivazione: osservandolo si diventa figli di Dio, lui che nel suo amore benefico di creatore fa sorgere il suo sole e fa piovere, cioè dona le fonti stesse del vivere. L'accento cade sul carattere indiscri­ minato della sua azione a favore di tutti gli uomini, siano essi buoni o cattivi, facciano o meno la sua volontà. E su questo simbolo religioso il Nazareno ha fondato il codice etico dell'amore dei nemici: si tratta, dice, di diventare figli di questo Dio, imitandone l'amore indiscrimi­ nato. Nel cristianesimo delle origini la figliolanza divina era ritenuta realtà posseduta per grazia (cf. Gal 3,26; 4,4-5; Gv 1 ,12-13); nella let­ teratura rabbinica era fatta dipendere dall'osservanza della Torah (Deut Rabba 7,9 a 29,1); per Gesù è un traguardo storico da raggiun­ gere amando non solo gli amici, ma anche i nemici. M a a chi si riferiva parlando di nemici? Si tratta soltanto di nemi­ ci personali o anche di quelli pubblici? È nota la distinzione tra ini· micus e hostis. Credo che non ci sia limitazione alcuna; Gesù chiama di fatto a vincere in se stessi una reazione simmetrica da nemico a nemico, escludendo dalla vita il codice della nemicità.8 Il suo impera­ tivo è: non siate nemici di chiunque è nemico vostro. Non sembra limi­ tarsi ai nemici personali, rivolto non solo al piccolo gruppo dei segua­ ci e degli aderenti attuali, ma anche in prospettiva all'Israele delle reintegrate dodici tribù, centro del suo sogno escatologico.

' Non così per es. ZELLER, Die weisheitlichen Mahn.spriiche bei den Synoptikem, 152: il riferimento è ai nemici personali, �> (Le opere e i giorni 710-711). Toni diversi risuonano nella sapienza babilonese ed egiziana: «Non offendere il tuo avversario; ricambia col bene chi ti fa del male>>; (De ira 2,32,1 ) e Musonio Rufo: > (7,12). Sempre alla ricerca di originalità e superiorità nel­ la parola di Gesù, in passato si puntava sulla forma affermativa della sua regola d'oro, ma oggi si riconosce che la sostanza non cambia. 15 L'«etica>> di Gesù si colloca armonicamente nel quadro della morale del tempo. In Tb 4,15 si legge: «Ciò che tu odi, non farlo a nessuno». Aristea 207 riassume così «l'insegnamento della saggezza»: «Come tu non vuoi che i mali non siano presso di te, mentre vuoi essere parteci· pe di tutti i beni, ebbene fai proprio questo con i sottoposti e quelli che sbagliano». Vedi anche TestNeft ebraico 1 ,6: «Nessuno faccia al suo prossimo ciò che non vuole che gli sia fatto». Soprattutto oggetto di confronto è la regola d'oro di Hillel che arieggia quella del Nazareno nella versione di Matteo: se Shammai ha scacciato un gentile che gli chiedeva di insegnargli tutta la Torah nel tempo che riesce a stare rit­ to su un solo piede, alla stessa richiesta Hillel ha risposto: «Ciò che non ti aggrada, non farlo al tuo prossimo. Questa è tutta la Torah e tutto il resto è pura spiegazione: va' e impara» (bShabb 31a). Il mondo greco­ romano offre testimonianze ancora più antiche. Se divulgata era la massima: «Amare chi ti ama ed essere nemico del nemico» (ton phi­ leonta philein l ton echthron echthairein: cit. in Dihle 32), Pitagora la contraddice: «< tuoi rapporti con gli altri siano tali da non renderti nemici gli amici, bensì da farti amici i nemici» (Diogene Laerzio 8,23). Soprattutto si veda la dichiarazione che Erodoto ha messo in bocca al giusto Meandrio: «lo però non farò, per quanto posso, ciò che rimpro­ vero ad altri» (Storie 3,142,3). E Seneca nella tragedia Phoenissae 494 afferma: «Devi piuttosto soffrire tu stesso che commettere un crimine (patiare potius ipse quam facias scelus)». Infine, non si può tacere del­ l 'insegnamento di Confucio: l'uomo nobile «non fa agli altri quello che non vuole sia fatto a lui» (Dialoghi 5,11). La regola d'oro con proba­ bilità risale a Gesù che può averla accolta dall'ambiente giudaico.

14 Cf. A. DIHLE, Die goldene Regel. Eine Einflihrung in dk Geschichte der antiken und friihchristlichen Vulgardretik, Gottingen 1962. " La slessa Didachè alla fine del l secolo l'attesta in forma negativa: •Tutto ciò che vuoi che non ti si faccia. anche tu non farlo a nessun allro• ( 1,2).

238

Sulla reciprocità dei rapporti si veda anche la celebre metafora evangelica: «Perché guardi alla pagliuzza che sta nell'occhio del tuo fratello, e non fissi lo sguardo sulla trave che è nel tuo? Come puoi dire al fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre non vedi la trave nel tuo occhio? I pocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai chiaro per togliere la pagliuzza che è nel­ l'occhio del tuo fratello>> (Q: Le 6,41-42/Mt 7,3-5).

3. INTERPRETAZIONE OCCASIONALE

DELLA LEGGE MOSAICA 16

Nel terzo quarto del Novecento dominato dalla nuova stagione della ricerca storica su Gesù (la new quest), i rappresentanti più signi­ ficativi, come Kasemann e Bornkamm, imitati più recentemente, per esempio da J. Becker (Jesus von Nazaret), videro negli imperativi del Nazareno una critica di fondo della legge mosaica, considerata come la sua grande originalità rispetto al giudaismo del tempo. Ma molta acqua è passata sotto i ponti: oggi da più parti si ritiene che egli, l un­ gi dal criticare la Torah, abbia dimostrato piena fedeltà al dettato mosaico, e si attribuiscono al cristianesimo di segno ellenistico quei brani di Marco che in forma diatribica l'oppongono a farisei e scribi su alcuni precetti mosaici. Non per nulla la fonte Q è priva di ogni sua parola critica della Legge. In realtà tra le due posizioni estreme si fa largo una posizione intermedia che riflette meglio i dati in nostro pos­ sesso: come afferma il citato Fiedler, egli . D'altra parte è noto che nel giudaismo era presente un atteggiamento di grande libertà interpretativa. 17 Di certo, a differen" Cf. J. BooER (ed.), Jesus und das ji.i.dische Gesetz. Stuttgart-Berlin-Koln 1 992; G. DAUTZENBERG, «Critica della legge e ubbidienza alla legge nella tradizione di Gesù», in K. KERTELGE (ed.), Saggi esegetici s11 La Legge nel Nuovo Testamento, Edizioni Pauli­ ne, Cinisello Balsamo 1990, 41-64; P. F1 EDLER, «La Tora in Gesù e nella tradizione di Gesù», ln KERTELGE, Saggi esegetici su La Legge, 65-Rl; V Fusco, c (Mc 2,27) deve essere studiato in se stesso, avulso dalla cornice narrativa costruita artifi­ cialmente per inquadrarlo (2,23-28). Gesù dovette riferirsi a una non meglio nota situazione in cui era in questione il senso del riposo saba­ tico. Il precetto del decalogo (Es 20,8-1 1 e Dt 5,12ss) fu oggetto lun­ go la storia di precisazioni e delimitazioni, ma anche di accentuazio­ ni come quando Israele, sotto attacco politico e culturale di potenze straniere, lo innalzò a segno di fedeltà al patto, a un identity-marker. Così nella lotta contro Antioco IV Epifane dapprima i combattenti, riuniti attorno ai Maccabei, di sabato si astenevano dal combattere, pagando con la vita una fedeltà a tutta prova ( l Mac 2,38). In seguito però si sentirono in diritto di difendersi con le armi dagli attacchi dei nemici ma non di attaccare per primi (lMac 2,41). Gli esseni ne irri­ gidirono l'osservanza, come attesta Giuseppe Flavio: •Con più rigore di tutti gli altri giudei si astengono dal lavoro nel settimo giorno>> (Beli. 2,147).20 Nella tradizione rabbinica emerge, invece, un'inter-

Dt 24 è privilegio del marito; si aggiunga che il Rotolo det Tempio proibisce, per es., il matrimonio tra zio e nipote (66.15-17), un divieto assente nella Legge. 1" MARGUERAT, «..ésus et la loh) parla di prese di posizione ((di circostanza» e affer­ ma che «Gesù non è stato un halakista» (p. 62). 19 Cf. S.O. BACK, Jesus o[ Na:.areth and the Sabbath Commandment, Àbo 1996; F. NEtRYNCK, «Jesus and the Sabbath. Some Observations on Mk 1 1,27», in J. DuPONT (ed.), Jésus atu: origines de la Citrisrologie, Gembloux 1995, 227·270; R. PESCH, Das Markus·evangelium, Freiburg-Basei-Wien 1976, l, 178-1 87. 20 CD 10,17-1 1.17 estende il campo dei lavori vietati, in particolare decreta che •nessuno aiuti a partorire un animale, il giorno del sabato. E se lo fa cadere in un poz­ zo o in una fossa non lo si tiri su, di sabato [ . . . ) . E ogni uomo vivo che cade in un luo· go d'acqua o in un luogo [ . . . ] , nessuno lo tiri su con una scala, una corda o un utensi· le, nessuno offra nulla sull'altare, di sabato». Cf. anche Giub 2,29-30 e 50,12-13.

240

pretazione all'insegna dell'amore dell'uomo. Rabbi Shimon ben Menasja (180 ca.) afferma: «Il sabato è stato consegnato a voi, non voi al sabato» (Mekilta Es 31 1 3 14) mentre m Yoma 8,6 introduce un'ec­ cezione nel divieto del lavoro di sabato: quando c'è ••pericolo di vita>> (da Dio) con allusione forse a Gen 2,2-3: il Creatore «benedì il settimo giorno e lo santificò>>, e sua rifinalizzazione: è stato fatto a vantaggio dell'uomo che deve riposare dalla fatica del quotidiano lavoro. Il riposo sabatico è subordinato al bene delle persone, non viceversa. Dunque un'interpretazione del pre­ cetto in chiave umanitaria e in prospettiva teologica: Dio lo ha dona­ to all'uomo per il suo bene. A differenza della tradizione rabbinica Gesù non intende introdurre eccezioni; piuttosto ne disvela la vera portata secondo il volere divino. Inoltre la sua parola ha orizzonti uni­ versalistici: se i rabbini parlavano di sabato consegnato ••a voi», cioè ai figli d'Israele, egli afferma che è stato fatto per amore dell'uomo.2.1 ,

-

,

" Cf. anche b Yoma 85b: se di sabato sono permessi il servizio nel tempio e il rito della circoncisione, «3 maggior ragione si possono sospendere le leggi del sabato per salvare una vita umana». 22 Dautzenberg ritiene problematica la sua origine in Gesù e pensa piuttosto, per il suo caratlere illuministico, al giudaismo o giudeo-cristianesimo ellenistico (G. DAUT· ZENBERG. •desus und die Tora•, 354). " Vedi anche Mc 3,1-6 (cf. Mt 12,9-14 e Le 6,6· 1 1 ) incentrato nel detto: «Di sabato è lecito far del bene, salvare una vita», e l'agraphon attestato nel codice Cantabrigense (D) al posto di Le 6,5. «Nello stesso giorno [Gesù] vide un uomo che lavorava di saba· to. Allora gli disse: "Uomo, se tu sai quello che stai facendo, sei beato; ma se non lo sai, sei maledetto e un trasgressore della Legge"•. Se ne discute però l'autenticità gesuana, contestata per es. da H. ScHORMANN, Das Lukas·evangelium, Freiburg-Basei-Wien 1969. I, 304, nota, e difesa da J. JEREMIAS, Gli agrapha di Gesù, Paideia, Brescia 21975, 83-87.

241

3.2. Il tabù dell'impuro «Non c'è nulla che venendo dal di fuori (exothen) dell'uomo ed entrando in lui, lo può contaminare, l bensì è quanto esce dall'uomo che contamina l 'uomo•• (Mc 7,15).24 La versione di Matteo che ne evita il massimalismo - invece di «nulla che può contaminare>> ha (15,1 1) -, si fa preferire, tanto più che concorda con il Vangelo di Tommaso (n. 14). Il quadro narrativo è invece opera di Mar­ co che vi esprime la posizione libertaria di certi ambienti cristiani elle­ nistici, di cui è portavoce lo stesso Paolo (cf. Rm 14,20: ). Ne segue che la suddetta parola non deve essere compresa, come fa Marco, in rapporto al lavarsi le mani prima di mangiare - prassi parti­ colare di alcuni gruppi giudaici, come i farisei, e non compresa tra le norme della legge mosaica -, bensì in una non meglio precisata situa­ zione in cui il Nazareno è stato provocato a pronunciarsi in merito. Secondo i corifei della new quest egli avrebbe annullato tutta la normativa del Levitico in fatto di purità, alfiere di una religione inte­ riore e morale alternativa alla religione giudaica legalistica e rituali­ stica.25 Ma è una caricatura del giudaismo. In realtà il detto ammette due interpretazioni: accento sulla fonte interna della contaminazione, senza escludere quella che viene dall'esterno (exothen), in pratica dai cibi: contaminante non è tanto questo quanto quello, dunque un'anti­ tesi inclusiva o anche dialettica; l'altra lettura, facendo leva sulla for­ ma antitetica del detto, vi vede un'affermazione esclusiva: questo sì che contamina. non quello. A me sembra che l'interesse del Nazare­ no cada tutto sulla contaminazione che viene dal di dentro, non su quella causata dal di fuori. Più che negare la seconda, vuole afferma-

" Cf. J.D.G. Dl!NN, «Jesus and Ritual Purity. A Study of the Tradilion History of Mark 7,15», in À cause de t' tvangile (FS J. Dupont), Paris 1 985. 25 1 -276: C.A. EvANS, desus and the Ritually Impure», in CHJLTON - EvANS, lesu., in Comexl, 353-376; W. G. KOMMEL, «Àussere und innere Reinheit des Menschen bei Jesus•). in Heilgeschehen uml Geschi-chte, Marburg 1971!, Il, 1 1 7- 1 29; J. MARCUS, «Scripture and Tradition in Mark 7», in C.M. TLOCKEIT (ed.), The Scriptures in the Gospels. Leuven 1997. 177- 1 951; J.C. PotRJER, «The lnteriority of True Religion in Mark 7,6-8. With a Note on Pap. Egerton 2>>, in ZNW XCI(2000) , 180-191: P SACCHI, >, in CBQ IL(1987), 268-290: O. HoFJUS, «Das Gesetz des Mose und das Gesetz Christi•, in Pau­ lusstudien, TUbingen 1989, 50-74.

261

no compimento della legge di Cristo è la risultante di una vita solida­ le con i fratelli nella comunità. E ancora una volta, la Legge non costi­ tuisce propriamente la norma etica dei credenti. Infatti l'apostolo non esorta a comportarsi in questo o in quel modo perché così è prescrit­ to, bensì a essere solidali gli uni con gli altri; il compimento della Leg­ ge n e è la conseguenza.

5.3. Agiti dallo spiritof!J Si deve distinguere tra Spirito di Dio, presente e operante nel cre­ dente, e spirito umano da lui creato e continuamente animato, anche se tale distinzione non è sempre chiara nei testi. Ci basti citare Rm 8,16: «Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio». E a scanso di sempre possibili equivoci, si ricordi che Paolo com­ prende lo spirito dell'uomo non come parte spirituale in opposizione alla materia; è invece un dinamismo che muove la persona sulla diret­ trice della pro-esistenza e si contrappone a «Carne••, dinamica di se­ gno egocentrico. Dunque il dualismo di Paolo è ben diverso da quel­ lo ontologico del mondo greco, come apparirà subito. Tra le non poche formulazioni dell'evento salvifico rilevante è nelle sue lettere il motivo del dono dello Spirito di Dio ai credenti. dono permanente che crea in loro appunto uno spirito nuovo, appun­ to un dinamismo nuovo. La liberazione-da infatti riguarda non solo il peccato, la morte e la Legge, ma anche la > (5,24). È una crocifissione avvenuta e che continua ad avvenire nella docilità al dinamismo dello spirito: (5.18). Si noti che Paolo passa indifferentemente da alla Legge, perché tra le due c'è uno stretto legame. Infatti chi mette al centro della sua esistenza la legge mosaica e la sua stretta osservanza è vittima dell'orgogliosa affermazione della sua diversità privilegiata rispetto agli estranei. Quindi ricorrendo a cataloghi abbastanza convenzionali di vizi e virtù, specifica in che direzione si muovono i due dinamismi: «Ora appaiono evidenti le opere della "carne'', che sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, lite, gelosia, accessi di ira, contese, rivalità, faziosità, invidie, ubriachezze, orge e altre cose simili»; (Gal 5,19-23). Se il campo operativo della si identifica con i vizi, quello dello spirito è segnato non da virtù, habitus di comporta­ menti lodevoli autonomamente acquisiti, bensì dagli effetti della sua azione influente. In primo piano abbiamo non il soggetto operante bensì lo spirito fruttificante in lui. L'apostolo ricorre qui alla metafo­ ra botanica: la pianta che produce frutto. E non è senza importanza 61

Cf. per es. tQidd 30b: «Disse il santo, sia lodato, a Israele: Figli miei, io ho crea· la cattiva inclinazione e io ho creato la Tora h come mezzo contro di essa; se voi ave­ te interesse per la Legge non sarete consegnati nelle sue mani [ . . . J se Voi non avete interesse per la Legge, sarete consegnati nelle sue mani. Se tu vuoi puoi dominarla)). " PERROT. «la Loi et son accomplissement selon Ga 5,13-26•, 149: Paolo «è un leO· logo ottimista». to

263

che usi il singolare >. S'impone una precisazione: il dinamismo dello spirito ha una duplice funzione. Anzitutto lo spirito è principio attivo, come appare nelle seguenti formule: lasciarsi condurre dallo spirito (pneumati age­ sthe: Gal 5,18; pneumati theou agontai: Rm 8,14), essere nella sfera d'influsso dello spirito (einai en pneumati: Rm 8,9); > (Paulus, 160); la fede di cui egli molto parla è di (p. 231 ). Klausner è ancor più duro: Paolo ( Von Jesus zu Paulus, 289); avendolo compreso come un essere , >, perché si convinse «che il cri­ stianesimo, come egli l'intendeva, fosse il vero giudaismo e che egli dovesse introdurre i pagani in questo giudaismo senza togliere i giu­ dei dal giudaismo. Di fatto separò i giudeo-cristiani dal giudaismo>> (p. 422). E ancora: «Per lui il cristianesimo era una specie di nuovo giu­ daismo riformato, come in qualche modo lo era l'essenismo>> (p. 423). Comunque Klausner gli rivolge due radicali imputazioni: che costituisce l'essenza stessa del giudaismo: un popolo nella sua terra «a servizio dell'umanità>>, proteso al perfezionamento del mon­ do e di tutta l'umanità (pp. 494 e 495). L'edificio della fede cristiana , si schiera per il secondo corno del dilemma. In ogni modo il suo rapporto con il giudaismo del tempo è all'ordine del giorno negli studi paolini dell'ultimo ventennio, esattamente da quando Sanders in Paolo e il giudaismo palestinese ha dato inizio alla New Perspective della sua teologia, per altro contestato ultimamente con critiche fondate:' comunque ha avuto il merito di liberare il pen­ siero dell'apostolo dalla pregiudiziale luterana.

l . GESÙ PROFETA DEL POPOLO o'ISRAELE6 Anche solo la citazione di alcuni passi evangelici ci dice che egli si è bagnato nel fiume delle tradizioni sacre del popolo ebraico. La testimonianza della fonte Q non lascia alcun dubbio. Dio «veste>> in modo così splendido i fiori del campo che neppure Salomone «in tut­ to il suo splendore si è vestito come uno solo di questi>> (1 2,27). Gesù e la sua azione sono superiori al re Salomone e al profeta Giona: > («>, 50 e 51). Ma è una posizione largamente superata: l'indagine storica ha appurato che di regola Gesù si è dimostrato osservante della legge del Sinai e che la sua interpretazione di alcuni precetti all'insegna di un evidente radicalismo, come si è visto, non vuoi dire affatto abro­ gazione, ma scoperta di un volere esigente di Dio più esteso e più profondo. Del resto se l'antica fonte Q non conosce alcuna critica della Tora h da parte di Gesù, il quale anzi ne accetta in pieno la nor­ mativa, come si è detto sopra. appare difficile pensare il contrario. Allo stesso modo, rileva Sanders, ,7 non è ipotizzabile che sia stato frainteso o, peggio, tradito. Né 7 E. P. SANDERS. «..esus, Paul and Judaism», 427. Dello stesso studioso è nota la tesi:

Gesù

ha assunto un atteggiamento di netta distanza dalla legge mosaica una sola vol­ ta quando rispose a un anonimo che si era candidato a seguirlo ma a condizione di poter prima seppellire il padre: «Lascia che siano i morti e dare sepoltura ai loro mor· ti» (Le 9,60a) (lo., Gesù e il giudaismo, Marietti, Genova 1992, 324·328).

271

oggi si ritiene più che la causa della sua morte orrenda sia stata la pretesa critica dei precetti della legge mosaica; piuttosto vi ha influi­ to la presa di posizione sul tempio di Gerusalemme, fermo restando che la sentenza capitale è stata pronunciata e fatta eseguire dal pre­ fetto romano Ponzio Pilato. Riguardo poi al santuario gerosolimitano,8 centro del culto del popolo ebraico e oggetto di grande venerazione come testimoniano i pellegrinaggi e l'annuale pagamento di mezzo siclo da parte di ogni maschio giudeo adulto,9 le testimonianze evangeliche ci presentano due diversi atteggiamenti di Gesù. Il primo, favorevole, si fa luce in M t 5,23-24: > (3,1). Non è ipo­ tizzabile che i primi credenti della città santa si siano discostati dalla prassi di Gesù che, oltre tutto, non si è rifiutato di pagare la tassa annuale al tempio (cf. Mt 17,24ss). D'altra parte se ne attesta un comportamento critico e si traman­ dano parole profetiche di distruzione. Noto è il suo gesto provocato­ rio compiuto nell'area templare, quando con piglio deciso ne scacciò venditori e compratori (Mc 1 1,15ss e Gv 2,13-17). L'interpretazione più accreditata vi vede l'intento di purificare il santuario, ristabilen­ done la funzione propria di luogo di preghiera - > (Gal 2,7). Forte di questa ferma convinzione. nel foro teologico dei primi decenni del movimento postpasquale di Gesù in cui la questione era fieramente dibattuta, si è fatto strenuo difen­ sore del buon diritto dei gentili di entrare, a parità di condizioni con i giudei, cioè sola fide, con esclusione della legge mosaica, nello spa­ zio di quanti sono incamminati verso la salvezza (siizomenoi) (1Cor 1 ,18) e di aver accesso, come credenti, alla condizione di giustificati davanti a Dio e di benedetti secondo la promessa abramica (Gal 3,6ss). Le lettere ai Galati e ai Romani ne fanno fede. Per questa parificazione soteriologica dei privilegiati giudei e dei deprivati gentili lo si è accusato di negare l'identità religiosa del popo­ lo di Dio, cui pure apparteneva per nascita, lo statuto speciale d'I­ sraele vincolato per grazia al patto sinaitico con Dio e all'osservanza dei comandamenti, per esclusivo privilegio destinato a salvezza eter­ na. La Lettera ai Romani, soprattutto nei cc. 9-1 1, è attraversata da domande che esprimono perplessità e dubbi della comunità romana legata alla tradizione giudaica: non ne va, dicevano, della felleltà di 11 Cf. D. BoYARIN, A Radica/ Jew. Patti and rhe Po/irics of ldenriry. Berkeley 1994; W. D. DAV I ES, •Pau) and lhe People of Israel•, in NTS XXIV(1977s), 4-39; DAVIS - SAN­ DERS, > (44.20-21 ). Non meno esplicito i l libro dei Giubilei: ( Giub 24, 1 1 ) . Si veda anche un testo di Qumran: (CD 3,2). Paolo invece tiene distinti e separati Mosè e Abramo, figure emblematiche e in qualche modo opposte di due sistemi religiosi, l'uno all'insegna del patto bilaterale e della Legge da osservare, l'altro qualificato dalla promessa unila­ terale di Dio a cui affidarsi. 18 I l necessario legame con Abramo ere1' Non per nulla la fede abramica attestata in Gen 15,6 è nel contesto adesione alla promessa divina di un figlio e di una discendenza numerosissima (Gen 15,4-5).

279

dente e padre dei credenti avverrà sulla base della fede, possibilità aperta parimenti a tutti, non nell'osservanza della Legge, tanto meno nell'appartenenza di sangue. Per questo Boyarin se ne dissocia: Pao­ lo finisce per fare dell'umanità unita e solidale il vero Israele (A Radica/ Jew, 257).

2. 1. Diserzione dal mosaismo Il sistema religioso che va sotto il nome e il patrocinio di Mosè, attestato in larga parte nel giudaismo del tempo, ma anche presente in tante pagine delle Scritture ebraiche. che Sanders, seguito da mol­ ti, ha chiamato nomismo pattuale, consiste nello stretto legame tra patto e osservanza della Legge, due grandezze che definiscono la condizione dell'uomo giusto davanti a Dio e lo indirizzano al tra­ guardo finale di una sentenza favorevole del giudice divino. Ora Pao­ lo ha negato che la legge mosaica con i suoi precetti, tra i primi la cir­ concisione - qui si riferisce alla Torah come codice normativo, non quale sacra Scrittura di cui riconosce piena validità -. abbia mai avu­ to una funzione soteriologica. Le sue affermazioni sono di una net­ tezza indisculibile. In Gal 2,16 abbiamo la seguente tesi universale: «Nessun uomo è giustificato da Dio per le opere della Legge, ma solo mediante la fede in Gesù Cristo». Altrettanto vale del dono dello Spirito di Dio: > (v. 1 1 ). Dunque c'è una doppia paternità di Abramo, quella per sangue e quella spirituale per fede: ma la decisiva ai fini dell'eredità. metafora della salvezza, è la seconda: circoncisi come lui, gli israeliti devono seguire (v. 12). I n breve, egli allarga i confini della promessa divina ad Abramo. che chiama anche disposizione testamentaria (diatheke). e ne defini­ sce la portata. Anzitutto la estende ai gentili e poi la collega stretta­ mente con la fede e la grazia sottraendola alla presa della legge mosaica, animato da una prospettiva di «monergismo>> e prendendo le distanze dal «sinergismo>> del patto sinaitico. per usare le formule di Laato (Paulus und das Judentum, 210). La Lettera ai Galati attesta con chiarezza la costellazione unitaria di promessa, grazia. fede. esclu­ sione della Legge: «Un testamento validamente redatto da Dio in antecedenza, la Legge venuta 430 anni dopo [così era calcolato il tem­ po intercorso tra Abramo e Mosè ], non può invalidarlo col risultato di annullare la promessa. Se infatti si ottiene l'eredità in virtù della Legge, non lo è più grazie alla promessa. Invece è per mezzo di una promessa che Dio ne ha fatto dono (kecharistai) ad Abramo>> (3,1718; cf. anche 3,22 e 4,28-3 1 ). Non si pensi che Paolo sia arrivato a queste posizioni attraverso una semplice lettura dei testi della Genesi. Questi erano letti diversa­ mente nella più consolidata tradizione giudaica. È partendo dalla pre­ via convinzione che Cristo è l'unico segno di salvezza per tutti gli uomini a parità di condizioni, che nasce la sua interpretazione. per altro non priva di forzature sul piano storico-letterario, come quando 285

fa leva sul singolare «discendenza», un singolare collettivo per sé, per vederci l'indicazione di Cristo (Gal 3,16) e, ancor più, allorché, sfidan­ do l'ovvio senso letterale del racconto patriarcale, individua nei figli di Sara i credenti in Cristo e in quelli della schiava Agar quanti fanno del­ l'osservanza della legge mosaica il perno della loro vita (Gal 4,21ss). In breve, il Paolo convertito a Cristo, lungi dal rinnegare la sua fede ebraica, l'ha integrata come sviluppo del sistema religioso abra­ mico caratterizzato da respiro universale, uscita dall'etnocentrismo mosaico e inclusione degli esclusi.

2.3. La salvezza di «tutto l'Israele»'211 N on sono stati solo i dubbi dei credenti di Roma ligi alla gloriosa eredità giudaica, ma anche esigenze interne alla sua stessa fede in Cri­ sto ad averlo sollecitato ad affrontare il problema del destino degli israeliti. Questi rivendicano a buon diritto le promesse divine fatte ad Abramo e alla sua discendenza, ma in massa hanno detto di no al van­ gelo precludendosi così l'unica via della salvezza che è Cristo. Sono dunque destinati al fuoco eterno? Se così, si finisce per negare la fedeltà di Dio alle promesse e parimenti mettere in discussione la sua fedeltà ai credenti in Cristo. Le due sono connesse; come sperare se non possiamo contare sulla saldezza della sua parola promissoria?29 111 Cf. J.-N. ALETTI , lsrae/ et /a loi dans fa lfltre aux Romains, 167-174, 267-294, 295296: M. BACHMANN, >, , e come pezza d'appoggio cita la Scrittura: (vv. 26-28; cf. Is 59,20-21). Un quadro prospet­ tico privo di qualsiasi precisazione e che fa nascere molti interrogati­ vi. Come gli ebrei increduli saranno salvati? Accogliendo l'annuncio evangelico della comunità cristiana, oppure credendo in Cristo a loro manifestato in modo straordinario, un po' come è avvenuto di lui stes­ so a Damasco? O ancora, per un intervento specifico e unico di Dio al di fuori di ogni connotazione cristiana? Domande che restano in sospeso; ma ritengo probabile che la via sia quella della fede in Cri­ sto: se sono stati recisi per la loro incredulità, il reinnesto non potrà che avvenire credendo in lui. Comunque la ragione profonda e ultima di tale ardita speranza è la sua fede nella fedeltà divina agli eletti: >, e per se stessa destinata alla rovina, tutto si decide sull'iniziativa di grazia del Padre che ha risu­ scitato il Crocifisso costituendolo campo magnetico delle forze di vita 291

della nuova creazione (he kaine ktisis) e che nell'annuncio evangeli­ co chiama indistintamente tutti ad affidarsi a lui e a «vivere in Cristo». Detto con una formula. al Gesù evangelista del regno di Dio corri­ sponde il Paolo evangelista di Cristo morto, risuscitato e venturo. Ancor più sinteticamente. l'annunciatore è diventato l'annunciato, come ha ben detto Bultmann. Non si pensi però, come pure è stato affermato, che l'apostolo abbia messo tra parentesi Dio, sostituendo­ lo con Cristo, ponendo dunque la cristologia al posto della teologia. Invero, la centralità e il primato di Dio restano ben fissi nell'orizzon­ te del suo pensiero: tutto dipende da Dio che si è mosso nella sua azione salvifica con la mediazione insostituibile di Gesù Cristo. Non minore è il salto di qualità, facilmente registrabile, da ciò che Gesù ha detto di sé a quanto Paolo ha detto di lui. Il tutto può esse­ re così espresso: Gesù si è presentato come un uomo, certo non un uomo qualunque, perché consapevole di essere il mediatore ultimo della definitiva iniziativa di grazia di Dio nella storia, sotto forma però di frammento; Paolo lo ha proclamato l'uomo, prototipo della nuova umanità, che riassume in sé i titoli gloriosi di Figlio primoge­ nito di Dio e di Signore dei morti e dei vivi. Nessun scandalo, tra l'u­ no e l'altro c'era di mezzo la credenza nella risurrezione del Crocifis­ so, che non è affatto pura e semplice rianimazione del cadavere, ma profonda metamorfosi dell'uomo Gesù. un processo di trasformazio­ ne divinizzante. Oltre tutto sembra di dover ammettere che l'aposto­ lo, nella sua insonne meditazione sul mistero del suo Signore, abbia sentito l 'eco di analoghe concezioni del mondo giudaico a proposito della Sapienza e del Logos divini e sia venuto a conoscenza di non dissimili interpretazioni della figura imperiale proprie del linguaggio aulico e del culto politico del mondo romano. Nessun processo di disincarnazione però: Cristo Signore è per identità personale il Gesù di Nazaret che nella risurrezione ha trasceso la sua terrestrità, la sua esistenza caduca e mortale, per assumere una nuova condizione, un 'e­ sistenza pienamente animata dallo Spiritus creator e diffusiva dello stesso Spirito su quanti gli si affidano. Una profonda diversità. ma innestata nel più vasto quadro di una più generale sintonia, appare innegabile nel loro orientamento etico. Ambedue propongono l'amore come regolativo del fare responsabi­ le delle persone, sintesi e somma di ogni esigenza morale, ma per Gesù si tratta del comandamento dell'amore, per Paolo dell'amore frutto dello Spirito che anima e attiva quanti sono in Cristo. Di con­ seguenza l'etica del Nazareno è pur sempre sotto il segno dell'obbe­ dienza a una norma esterna, dunque una morale eteronoma, mentre 292

l'apostolo attribuisce all'interiorità del soggetto, trasformata e potenziata dallo Spirito, l'input autonomo di ogni scelta e comporta­ mento. Tali innegabili discontinuità non fanno però velo a un paio di profonde contiguità. La prima: Gesù e Paolo hanno vissuto e manifestato immagini di Dio che prendono nomi diversi, ma convergono in modo straordina­ rio nella loro valenza espressiva. Il Nazareno ha portato impressa nel­ la sua anima la figura di Dio re e padre, metafore di colui che dal futu­ ro viene incontro al nostro oggi e nello stesso tempo è sempre pre­ sente al mondo e all'umanità. L'apostolo ha sviluppato nella sua teo­ logia la figura di un Dio che si è definito risuscitatore del Crocifisso, promettente e fedele alla sua unilaterale promessa di grazia, giusto e giustificante quanti a lui si affidano nella fede. Ma al di là di queste diverse categorie di linguaggio, per ambedue si tratta di un Dio inclu­ dente gli esclusi, anche se a diversi livelli. Gesù ha dimostrato a paro­ le e a fatti l'inclusività del suo Dio nei confini ristretti del mondo giu­ daico di Palestina, dove chi non si sottometteva al giogo della legge mosaica era rigidamente emarginato, estraniato dallo spazio spiri­ tualmente protetto del patto sinaitico; in breve, ha impersonato l'ac­ coglienza divina dei rifiutati come loro commensale e amico. Da par­ te sua Paolo ha vissuto dentro di sé e manifestato nella riflessione teo­ logica i l Dio che ha risuscitato il Crocifisso impiccato fuori le mura della città santa, dunque l'escluso per eccellenza, e che mediante l'an­ nuncio evangelico include gli esclusi gentili, integrandoli a parità di condizioni nella comunità dei e dei che conduce sul­ la strada della salvezza finale. Se nella sua prospettiva il Nazareno ha abbattuto le barriere erette nella piccola società giudaico-palestinese del tempo, allo stesso modo ha operato l'apostolo, ma su più vasta scala, sul palcoscenico dell'umanità intera e del mondo. L'annuncia­ tore della incondizionata grazia divina in Galilea e il portatore del messaggio di gioia per tutti gli uomini sono stati compagni di strada, Gesù il signore, Paolo il suo schiavo (doulos), come amava presen­ tarsi. Ambedue hanno vissuto e mostrato un Dio libero dai recinti dell'esclusività, Dio dei figli prodighi e dei senza-legge abbracciati con amore donatore di vita: «Colui che fa sorgere il suo sole su buo­ n i e cattivi» (M t 5,45) e «che ha rinchiuso tutti nella disobbedienza per avere di tutti misericordia>> (Rm 1 1 ,32). La seconda concordanza di fondo è la loro prospettiva escatolo­ gica di netta antitesi alla visione dualistica delle apocalissi giudaiche del tempo che contrapponevano questo mondo, intriso di male e 293

destinato a irrimediabile catastrofe, al mondo avvenire già preparato da Dio dall'inizio e che scenderà dal cielo a costituire terra nuova e cieli nuovi. Di conseguenza il presente storico per gli apocalittici era tempo di tenebra e di male, da cui evadere spiritualmente fuggendo in avanti ad attendere il giorno ultimo. Per Gesù e Paolo invece l'og­ gi è tempo di grazia - nessun pessimismo radicale -, perché invaso dall'evento di salvezza. che tuttavia resta futuro nel suo versante di redenzione del mondo. Sono stati parimenti gli annunciatori di gioia del dies salutis, non i profeti di sventura del dies irae.

294

Indice delle fonti

SCRITII GIUDAICI

Canonici (AT) Gen o Gn 1 ,27 249 2,2-3 241 4,1-15 270 4,2 178 1 2 284 12,1-3 88 12,3 279 284 12,7 65 13,15 194 284 15,4-5 279 15,5 194 15,6 52 194 281 279 17,1 65 17,4 284 17,5 88 194 284 17,8 194 284 17,12 91 18,18 194 284 22,18 284 24,7 284 44,20-21 279 49,29 207

Es 3,2 65 4,22 154 4,22-23 176 8,15 81 9,16 287 16,6 1 87 1 9,22 93 20,2-3 180 192 20,8- 1 1 240

20.13 244 20.14 245 21,12 244 21 ,24 237 22,9-10 246 29,27 93 33,19 287 34,6 178

Dt 5,12 240 5,17 245 5,18 244 5,6-7 180 1 92 6,4 1 5 1 7,7-8 176 8,14 1 87 18,15 133 19,21 237 2 1 ,23 65 188 21 ,26 95 24 240 24,1 -4 247 32,35 259 61,12 237

Lv 1 9 234 1 9,18 260 20,25 93 22;28 178 24,17 244 24,20 237 27,21 93

1 Mac 2,21-22 88 2,38 240 2,41 240

2Mac 1 ,27 202 2,18 203 7,9 188 7,14 188 7;23 188 7,26 188 7,28 187

Sal 2,6-7 176 2,7 154 41,10 202 82,1 1 10 85, 1 1 78 85,15 178 1 1 5,5 187 121,2 1 87

Pr

8,22 161 25,21 235 24,29 237 '

Sap

2,18 154 7,21 161 9,10 1 61 16,13 1 87

295

Sir

Dan o Dn

24 162 23,1.4 176 25,24 1 4 5 36,10 202

59,20-21 289 61 1 10 61,1 141 61,2 1 10 62,5 109

36,28 51,10

63,16 176 65,17-18a 105

Os

Ger

13,14

207 154 1 76

Is 1 , 1 6 243 2,12-18 130 5.1 267 6,8-9 155 1 0,22 288 13.9 130 25,8 127 26, 1 9 106 29,16 287 35,4 1 10

1,7 155 7,11 273 3 1 ,9 154 16,1 4-15 187 23,7-8 187 46,10 130

42,8 49,1 52,7

36,26-27 45,1 93 45,4 93

149 94 271

78

7,13-14 134 12,2 106

1 1 ,1 154 1 1 , 1 -5 176

2,13 3,1

178 122

Mie Ab

1 55

127

Gl

5.1.3

Ez l 93 2,3

7

2,4 122

40

48 280

Ag 2,1 1 -14

243

Apocrifi (palestinesi)

Assunzione di Mosè (AssMos) 7,3-10 243 10,1 81 107

Apocalisse di Baruc (2 Baruc) 4,37 202 5,5 202 13,7 103 15,7 103 17,2-3 1 46 23,4 146 30, 1-5 106 32,1 104 40 133 48,8 187 54,15 54 103 54,19 54 103 70 133 72,2 108 83,4 104 85,1 3

296

103

l Enoc o Enoc etiopico 37-71 1 34 48,2-3 1 6 1 50,3 237 4 Esdra

3,7 46 3,22 103 4,30 103 4,35 103 6,20 102 7,31-33 1 06 7,33-34 1 04 7,36 97 7,48 97 7,50 97 7,68 96 7,92 97 7,1 1 3-114 97 7,1 18 97 8,1 96 1 1 -12 14,20

127

96

Libro dei (Giub)

Giubilei

2,29-30 240 10.7-8 81 24. 1 1 279 50.12-13 240

Salmi di Salomone (SalSal) 4,5 246 8,6 109 17,21 -22 110 17,44 109

Testamenti dei Patriarchi Testlss 7,2

246

D an 2,2-3 3,1 -2

245 245

Test Lev 18,12

81

12

Qumran

IOS 1 ,6 246 3,4-8 243 8,10-12 243 9,1 1 138 10,17 237 1 1,14 190 10Sb 5,20-29 5,26-29

3,11 133 3,2b.3b.5b-6

7,18-21 133 10,17- 1 1 ,7 240 12,23-13,1 133 14,19 133 15,1-2 246 20,1 133

40252 5,3-4 133

10M 2,7 203 15,13-14.17-18

133 205

! OH 9,21 -22

CD 3,2 279 4,20-5,2 247

274

llOMelch 11,4-18 1 1 0 2,6 134 2,13 134

81

243

40florilegium (4Q174)

l lOTempl (Rotolo del Tempio) 29,7- 10 274 57,16-19 247

Rabbinismo

Mishna

177 249

Targum

Tosefta

249

Mekilta Es 31,13-14 241

54 176 178

Pesiqta Rabbali 12 [1242) 246 Sanh 43a

39 200 267

Giudaismo ellenistico

Lettera di (Arisl) 207 238 139 244 128 244 142 244 143 244 168 244

Aristea

2 Enoc o Enoc slavo 71,29 133

Filone Al. 147 161 162 1 87 193 1 97

Oracoli (OrSib) 3,371 109

Giuseppe Flavio 40 55 56 201 204 208 236 240 246 272 273

sibillini

Pseudo Focilide

235

SCRITTORI PAGANI

Apollonia 207

di

Aristotele

49-52 216

1iana

Epitteto

237 246 256 237 Aurelio

Cicerone

48

Confucio

238

Musonio Rufo

Diogene Laerzio 200 204 2 1 1 238 244

Omero

57

Pitagora

Esiodo Marco 235

Orazio

151

Platone Plinio

237

162 176 245

238 235

215

Seneca 48 216 237 238 245 Sofocle

235

245

297

Strabone

41

Tacito

57

Svetonio

56

Tito Livio

Velleio Patercolo 216

Virgilio

57

57

SCRITII CRISTIANI

Canonid (NT) Mt 1-2 40 2,6 40 3,3 83 3,7-10 83 3,10 130 3,12 130 3,13 82 3,13-17 82 3,14- 1 5 82 4,18-20 206 5 22 72 139 244 5,3-5 54 5,3-6 205 5,12 251 5,17 240 5,18 72 5,21 233 5,21-22 139 5,21 -22a 245 5,22 130 5,23-24 249 272 5,27-28 139 245 5,31-32 248 5,33-34 139 246 5,34a 246 5,37a 246 5,39-40 236 5,41 46 236 5,43-45 234 5,44 143 5,44-45 203 5,45 181 183 234 293 6,7 168 6,9 182 6,9-13 212 6,10 1 1 1

298

6,19-20 46 6,24 249 6,25-34 178 250 6,26-30 67 6,33 178 179 6,35 234 7,3-5 239

11,19 68 69 137 171 205 209 276 1 1 ,2 1 40 1 1 ,23 130 1 1 ,20-24 68 1 1 ,2 1 40 1 1 ,21 -24 234

7,6 46 7,7 179 7,1 1 179 7,12 238 8,11 183 8,1 1 -1 2 203 276 8,19-20 207 8,19-22 67 8,20 1 37 8,22 207 8,28 40 9,9 206 10,1-4 202 10,5 72 10,7 107 10,11b 204 10,10 204 10,23 1 1 1 10,24 200 10,32-34 139 10,37 200 207 10,39 207 1 1 ,2-6 83 1 1 ,4-5 141 1 1,4b-5 109 1 1 ,5 205 1 1 ,9 84 1 1 ,19a 172 1 1 ,19b 172 1 1 , 1 1 84

1 1 ,25 180 12,9-14 241 1 2,27 80 12,28 80 107 138 1 40 205 209 12,29 80 12,41 234 12,40-42 69 12,41 -42 69 1 40 13.16-17 108 13,24-30 47 13,33 47 174 1 3,44 47 13,44-46 96 13,45-46 47 1 3,47-48 47 13,55 41 13,57 209 15,1 1 242 15,24 268 16,16 135 17,24 272 1 8,23-25 47 251 19,9 248 1 9,28 201 20,1 172 20,1 -16 47 20,16 46 21 .28-31 47 21 ,28-32 47

21,31-32 210 21 ,33-46 275 2 1 ,43 275 22,1-10 47 22,1-14 173 23,8-9 211 23,25-26 243 23,9 180 23,37 9 274 24,20 241 24,37-39 68 24,44 68 24,43-44 47 25,1 - 1 3 47 25,14-30 47 26.64 136 28,16 201 28,16-20 66

Mc

1 ,1 0 82 1 ,14-15 83 106 1 , 1 5 54 1.16-18 200 1 , 1 6-20 206 1 ,2-3 83 1 ,22 200 1 ,23-28 1!0 1 ,24 40 1 ,27 200 1 ,29-31 200 207 1 ,32-34 80 200 1 ,9 82 1 ,9- 1 1 82 2,10 137 200 2,13-14 206 2,15-17 171 209 2,17 44 205 2,18 56 2,18-19 1 09 2 , 1 9 44 2,21 -22 44 2,23-28 240 2,27 240 271 2,28 137 3, 13-19 202 3,14 201 3,1 -6 241 3,21 179

3,31 -32 2 1 1 3,35 44 3,7-12 80 38 40 4.13 80 4,1-9 174 4,21 47 4,26-28 174 4,26-29 47 4,30-32 47 113 174 4,3-8 47 5,1 40 5,1 -20 80 5.41 43 6 , 1 209 6,1 7-29 56 6,3 41 6,4 44 209

11,15-18 56 1 1 .17 273 1 1 .25 1n 12 136 12, 1 - 1 1 47

6,6b-13 204 6,7-13 202 6,8-9 67 6,17-24 56 7,1 56 74 7,15 44 1 43 242 271 7,1 7-23 244 7,1 9 243 7,24-30 80 7,31 40 8,10 40 8,27 40 8,27-33 135 8,28 40

14,18 202 14,21 202 14,25 138 1 1 1 138 14,36 39 168 214 14 ,43 202 14,58 274 14,61 -64 136 14,62 137 14,67 40 14.70 40 15,40-41 208 15.30 274 16,7 66 16,14 193

8,35 207 8,36 44 8,37 44 8,38 139 9,1 111 9,43 130 10,2 68 248 271 10.1 1-12 1 43 10,1 7-22 206 10,25 44 10,28-31 207 10,46 40 10,6-8 249 10,7-8 183 11,1-10 140 1 1 , 1 5 272 1 1,15-17 140

12,1-12 275 12,28-31 143 12,35-37 136 1 3. 1 -2 140 1 3,2 274 13 .26-27 137 13,30 1 1 1 13,32 1 1 1 13.34 47 14,3 68 14, 1 0 202 14.14 200 14,14-15 2 1 1

Le 1-2 40 1,35 155 1,51 -52 1 20 3,17 130 3,21 82 3,21-22 82 3,4-6 83 3,7-9 83 3,9 130 5,27-28 206 6,5 241 6,6- 1 1 241 6,12-16 202 6,20-21 205 6,20b-21 54

299

6,23 251 6,27-28 234 6,27-38 236 6,29 236 6,31 238 6,35 181 234 6,36 177 234 6,40 200 6,41-42 239 7.13 84 7,18-23 83 7,22 109 141 205 7,26 84 7,31-34 84 7,34 68 1 37 171 205 209 276 7,34a 172 7,34b 172

1 1 ,2 1 1 1 177 182 1 1 ,2-4 212 1 1 ,2-44 85 1 1 ,5-8 47 1 1 , 1 1-12 47 1 1 , 1 3 179 1 1 ,19 80 1 1 ,20 80 107 138 140 205 209 1 1 ,21-22 80 1 1 ,27-28 212 1 1 ,30-32 69 1 1 ,32 234 1 1 .39 243 1 1 ,9 179 12,16-21 47 12,22-32 178 250 12,24-28 67

7,35 69 7,36 209 7,36-50 202 7,41-43 47 8,1-3 208 8,2 68 8,2-3 178 8,12 so 8,26 40 9,2 204 9,20 135 9,44 137 9,57-58 207 9,58 137 9,58-60 67 9,60 207 9,60a 271 10,4 204 10,7 143 1 0,7-9 68 107 10,11 10,13 40 274 10,13-15 68 234 10,15 130 274 10,17-18 79 10,18 209 10,21 180 10,23-24 1 08

12,30 178 12,31 179 12,32 179 12,39-40 47 12,40 68 12,54-56 102 12,8-9 137 139 13,1-5 276 13,16 81 13,20-21 47 13,31 56 1 3,34 69 274 1 3,36 68 1 3,6-9 47 14.15-24 173 14,1 6-24 47 14,26 200 207 14,28-32 47 14,31 -32 48 14,8-10 249 15,1 1-32 47 171 250 15,4-10 171 15,8-9 47 16,1-8 47 16,8 46 16,13 249 16,18 248 16,19-31 48 17,20-21 108 17,21 1 8 17,26-27-29 68

10,38 68 10,38-42 178 1 1, 1 177

300

17,30 137 17,33 200 18,2-5 48 19,1 209 19,1-10 209 19,12 48 21,31 107 22,28-30 201 22,3 202 2230 201 22,67-68 136 24,9 201 24.33 201 24,34 65

Gv 1 , 12-13 235 1 ,29-34 82 1,34 82 1,35 83 206 2,1 40 2,1 1 40 2,12 41 2,13-17 140 272 2,19 140 20.1 65 20,24 202 21 66 3,1-21 211 3,25 83 4,1 83 4,2 83 4,3 83 4,44 209 4,46 40 6,7-13 202 6,69 135 6,70 202 6,71 202 8,46 82 1 1 ,1-4 209 12,1-11 209 12,12-19 140 12,25 207 12,31 82

Al 1,8 60 1,13 202

1,14 71 2,36 92 2,42 71 272 2,44 71 2,46 71 3,1 272 6 73 6.1 63 6,3 73 7 73 7,47 73 7,58 39 88 8,1 39 88 8,3 39 88 9 77 86 9,1 e 2 1 89 9,1-2 89 9,11 41 9,29 63 9,3 41 1 1 ,26 60 12,25-13,3 41 13,1-3 74 13-14 41 13,33 146 14,1 1 162 15 227 15,36--19,40 41 17.28 157 1 8.3 42 21,28 267 21 ,39 41 22 77 86 22,3 41 22,4 89 22,20 88 24,5 72 24,14 72 26 77 86 26, 1 1 89 26,28 60 28,22 72

Rm 1,1 95 1 , 1 -2 52 195 1 ,2 284 1,3 147 154 1 ,3-4 152

1,4 152 1,5 277 1,7 156 2 1 3 1 , 9 49 1,10 49 161 1,13 49 1,15-16 281 1,16 53 189 281 1,17 53 1 16 281 1 ,1 8--2,29 54 1,21 161 1 ,25 1 18 1 ,32 53 1 ,3-4 136 2,3-4 268 2,1 1 281 3,3 195 3,7 161 195 3,9 1 16 281 3,19 1 16 3,20 283 3,21 190 3,21-26 1 1 6 3,21-31 189 3,22 1 1 8 281 3,23 116 3,24-25 75 3,24-26 278 3,25 195 3,28 1 90 3,29-30 5 4 4 193 285 287 4,2 284 4,3 53 279 4,11-12 285 4,12 287 4,14 194 4,16 194 195 4,17 88 92 93 187 1 94 4,17-21 195 4,18 194 4,20 161 4,23-24 281 4,24 150 152 195 4,25 75 186 5,1 152 5,1-11 156 197 5,8 198 261 5,9-1 0 128

5,10 55 5,12 54 146 5,12-21 52 1 14 156 5,20 278 283 6 87 156 252 253 6,1-14 258 6,2 1 1 9 6,3-5 97 219 6,4 186 6,6-1 1 98 6,14 259 6,15 257 7 87 219 260 283 7,4 186 222 7,7 144 278 282 8 54 76 122 253 262 8,2 159 8,3 147 153 164 8,3-4 260 8,4 264 8,5 264 8,9 159 264 8,9a 159 8,10 159 8,1 1 125 186 8,11a 159 8,13 264 8,14 159 264 8,14-16 223 8,15 43 122 177 8,15-16 1 59 8,16 262 8,17 158 8,18 125 8,23 125 8,29 222 8,29-30 155 8,31-39 198 9-11 54 130 287 9,2-3 50 9,3-5 147 278 9,5 149 268 10,1 161 10,9 74 92 150 1 5 1 186 10,12 1 1 8 150 281 10,13 74 1 50 161 1 1 ,1 1-14 278 11,13 94 189 277

301

1 1 ,1 7 53 1 1 ,32 293 12 2 1 8 12-15 143 252 265 12,1 49 12,2 121 12,3 219 12,4-8 54 12,10 222 12,14 143 12,19 259 13,13 265 13,8 260 13,8-10 261 14-15 244 14,1-15,7 224 14,8-9 152 14,9 74 93 127 14,20 242 15,3 143 1 5 ,8 54 1 16 195 276 15,8-9 195 287 15,15-16 99 277 15,18 277 1 5 ,20 212 15,25-26 213 15,26 226 15,30-31 267 16,1 2 1 9 16,3 229 16,5 214 16,20b 156 16,21 229 16,23 214 1 Cor 1 ,2 161 2 13-215 226 1 ,3 156 1 ,9 159 195 1 , 1 1 222 1 ,12-2,1 6 120 1 ,1 8 277 1,21 1 15 1 ,26-28 1 19 1 ,30 1 58 2,12 1 1 5 3,10 2 1 9 3,10- 1 1 213 3,1 1 2 1 9

302

3,19 1 1 5 4,8 34 4,9 53 4,14 49 4,14-15 222 4,17 229 4,19-21 48 5,1-5 219 5,3-5 229 5,9- 1 1 122 6 266 6,1-8 223 6,13 152 6,14 186 7,1 49 7,10 143 248 7,19 1 1 8 261 7,22 152 1 57 7,23 152 258 7,25 49 7,29-31 123 7,31 1 1 5 8 55 223 8--10 244 8,1 49 221 8,4 54 151 8,5 123 8,6 54 74 157 1 60 1 97 226 8,11 266 9,1 86 9,5 143 161 9,7 53 9,14 143 9 , 1 6-17 99 9,21 261 9,24 53 10 221 10,1 49 10,12 123 10,16-17 158 10,20a 221 1 1 ,1 6 215 1 1,17 214 221 1 1 ,1 8 214 1 1 ,20 206 1 1 ,23 143 1 1 ,33 222 1 1 ,34 214

12 51 54 217 2 1 8 12-14 215 12,1 49 217 218 12,3 49 153 161 12,13 220 12,28 218 12,31 218 12,39 222 14,1 217 14,8 53 14,12 217 14,23 214 14,26 214 14,40 265 15 51 52 92 95 127 148 15,1 49 1 5 ,2 129 15,3 75 15,3-5 187 15,4-5 65 15,5-7 65 15,7 71 15,8 87 15,9 90 15.15 186 15,20 52 93 187 15,2 1 -22 54 1 1 4 127 15,23 93 156 1 1l7 15,23-28 128 195 1 5,24-28 155 15,42 126 15,44-45 125 1 5,45 93 128 221 280 1 5 .48-49 148 15,49 196 1 5 ,57 156 16.1 214 16,2 215 16,3 224 16, 1 0 229 16,15 219 16,19 214 16,22 43 72 138 150 16,57 48 2Cor 1 ,1 213 214 1 ,2 156

1 , 1 1 161 1 ,15-16 48 1 , 19 154 229 1 ,19-20 54 195 1 ,20 287 1 ,22 125 2,14 53 2,17 42 2,20 1 16 3, 1 - 1 8 282 3,1 2 54 3,17a 159 3,17b 159 4 94 4,1 87 219 4,4 115 196 4,5 152 4,6 87 4,10 122 4,1 1 123 4,14 150 186 5,1-10 126 5,5 125 5,8 159 5,1 7 1 14 154 158 5,17a 129 5,17b 129 5,1 8--6,2 55 1 17 5,21 82 1 64 6,2 129 7,4 54 7,5 123 8,1 2 1 4 8,2 226 8,5 152 8,9 160 164 8,13-15 226 8,18 214 8,23 229 8,24 214 9, 11 226 9,13 161 10,1 25 10,3 53 123 1 1 123 1 1 ,22 278 1 1 ,24 89 1 1 ,28 214 1 2,8-9 160

13,13 156 13,1-4 48 13,4 164 13,5 159 Gal l 91 95 1 ,1 186 1,2 214 1 ,3 75 156 1 ,4 1 15 226 1 ,1 1 -12 94 1 ,13-14 89 1,13-17 90 1,15 99 1,15-16 87 93 154 277 1 ,17 41 1,19 71 143 1,21 41 280 1 ,22 214 2 1 5 1 ,22-23 89 2 65 2,1-10 227 2,2 278 2,7 277 2,9 72 1 18 219 2,1 1 - 14 72 244 2,12 72 2,15 189 2,15-16 97 2,16 120 280 2,19 283 2,1 9-20 1 58 2,20 122 261 2,21 51 3 193 3-4 287 3,1 -18 120 3.2-5 280 3,6 53 194 277 281 284 3,8 88 194 195 284 3,10 278 3,1 1 53 280 3,13 65 1 88 3,13-14 95 3,15 194 3,15-16 195 3,15-18 284

3,16 285 3,17 194 3,18 1 94 3,19 278 283 3,20 54 3,21 280 3,25 283 3,26 !57 222 235 3,28 1 1 8 145 220 3,29 285 4,4 147 160 164 268 4,4-5 74 1 17 !54 235 268 4,4-6 159 223 4,4-7 285 4,5 177 4,6 43 122 4,8-9 1 18 4,10 241 4,13-16 50 4,19 222 4,21 286 4,21 -31 52 4,22-29 1 96 5 54 252 262 5-6 76 252 253 5,1 121 159 255 5,1b 255 5,2 90 280 5,3 260 5,4 280 5,6 261 264 5,13 123 5,13-14 255 256 5,14 260 5,16 123 264 5,17 262 5,18 259 264 5,19-23 263 5,25 1 22 159 5,26-6,10 266 6,2 261 6,14 1 1 8 156 6,15 1 1 8 1 20 129 154 261 6,18 156 Fil 1,1

157 213

303

1,2 156 1,20 54 1 ,21-24 127 1 ,22 123 1 ,23-24 159

4,8 266 4,23 156

2,12

258

1,4,19 161 2 163 2,5-8 143 164 2,6 160 197 2,6- 1 1 150 2,7 97 2,7-8 147 2,8 25 2,8-9 188 2,9-1 1 74 127 2,10-11 128 2,25 53 229 3 90 94 95 3,2-3 98

2,16

241

3,5 43 3,7- 1 1 87 3,8 93 152 3,9 97 3,12 98 3,12-13 124 3,14 53 3,20 122 3,20-21 126

5,9 156 5,10 158 5,24 195 5,28 156

Col

lTm 3,15 225

1Ts 1,1 157 214 215 1 ,2-3 49 1,9 54 1,9-10 74 153 186 1,10 186 2,1-10 50 2,2 54 2,14 157 214 215 2,14-15 286 3,2 229 3,10 161 3,1 1 - 12 160 4-5 252 4,3-8 265 4,9 222 4,14 156 1 87 4,15 143 4,17 158 4,18-25 126 5,8 53

Fm 1,3 156 2 53 8 55 10 222 Eb 4,15

82

1Pt 4,16

60

Gc 5,12

247

Ap 2,16,165 55 12,9-10 81 22,20 150

Apocrifi Vangelo degli Ebioniti 4 82 Vangelo degli Ebrei e

Papiri di Ossirinco 1 ,654 70 1 ,655 70 1224 234

dei Nazarei 5 206 14 82

Scritti palristid

Agostino

123

Eusebio

Clemente

Alessandri-

Ignazio

no

229

42 72 di

Antiochia

Ireneo

Tertulliano

42

60 Didachè

304

62

238

Indice dei nomi

Aasgard R. 222 253 Abramo 50 52 65 79 88 183 186 1 87 1 93196 206 270 276-281 283-290 Achille 245 Agamben G. 1 1 3 1 1 6 118 Aguirre R . 59 Aletti J. N. 44 94 1 1 4 1 2 4 145 188 Allison D.C. 249 Alonso-Schtikel L. 191 Andronico 219 Aquila 214 229 Ascough R.S. 212 Augusto 57 163 Bachmann M. 286 Back S.O. 240 Badiou A. 220 Baeck L. 196 Banks R. 202 219 Barbaglio G. 52 66 76 199 213 215 231 234 237 257 266 282 286 288 Barclay J.M.G. 1 5 251 259 266 Barnaba 41 65 73 162 227 228 Barr J. 43 176 Barth M. 117 Baumgarten J. 1 17 Baur F.Ch. 15-17 1 9 6 1 231 269 Becker J. 107 108 1 28 1 68 231 239 Beker J.C. 120 1 2 1 123 185 195 Ben Chorin Sh. 7 28 268 Billerbeck P. 247

Bindemann W. 1 1 7 Blanck J. 1 5 24 Blanchetière F. 60 Blass F. 43 Boccassini G. 131 132 137 149 Bockmuehl M. 42 Borg M.J. 32 1 1 2 233 Bori P.C. 225 Bornkamm G. 233 239 271 Bormann L. 225 Bousset W. 7 22 62 63 1 1 5 149 157 159 161 185 Bovon F. 75 Boyarin D. 277 280 Branick V.P. 121 Breytenbach C. 1 1 5 117 Broer J. 239 Bruce F.F. 142 Brucker R. 1 10 Buber M. 7 8 28 30 31 129 268 Bultmann R. 7 21 -27 30 32 33 36 44 59 63 66 75 79-81 96 105 1 1 2 125 145 1 83 189 191 232 236 252 255 269 271 292 Buonaiuti E. 121 Burke T.J. 222 Burkett D. 1 1 2 137 B urchard C. l 07 l 08 Camponovo O. 106 Cannobio G. 102 Carbone J.D.G. 286 Carchias G. 121 Casey P.M. 140 161 184 273 Calvino 287 Chialà S. 1 32

Chilton B. 43 54 79 82 106 242 Cimosa M. 187 Collins J.J. 132 135 136 138 Collins A.Y. 149 163 Collins R.F. 212 213 Colpe C. 137 Coulot C. 130 199 207 Craffert P.F. 213 Crossan J.D. 33 41 59 65 1 1 2 199 204 233 Charlesworth J.H. 32 55 1 1 2 132 135 137 139 268 Classen C.J. 44 49 Claudel G. 59 Cullmann O. 102 197 Cuvillier E. 1 1 4 1 18 Dabourne W. 49 Dautzenberg G. 239 241 256 Davies W D. 55 276 277 De Boer M.C. 121 135 De Lorenzi L. 216 Debrunner A. 43 Deidun T.J. 251 260 Deissmann A. 42 43 48 53 152 167 185 Delling G. 186 Delorme J. 46 169 Destro A. 201 222 Dettwiler A. 74 95 114 191 Dietzfelbinger C. 85 91 Dihle A. 238 Donaldson T.L. 85 88 92 Domiziano 72 163 .

305

Doughty D.J. 124 Downing F. G. 32 2 1 0 Dungan D.L. 3 3 142 Dunn D.G. 114 145 161 185 188 1 99 215 218 219 242 251 259 270 277 286 Dupont J. 32 46 85 92 168 169 1 73 ! IlO 184 200 201 203 205 215 240 242 276 Ebner M. 204 208 210 231 Eddy 210 Elliot S.F. 222 Engberg-Pedersen T. 253 Epafrodito 228 229 Epafra 2 1 3 Ernst J . 82 Erode 40 54 56 133 147 208 236 Eskola T. 191 1 94 270 Evans C.A. 42 44 54 55 79 82 Evodia 229 Faust E. 56 1 22 149 273 . Fabris 21l2 Febe 2 1 9 fiedler P. 239 Fitzmyer J.A. 43 176 177 185 286 Fini M. 102 Fleddermann H . T. 107 Flusser D. 31 46 135 270 Franco E. 2225 Frankemolle H. 141 270 27 277 280 Fredriksen P. 145 146 Freyne S. 32 40 41 55 Funk R. 44 Furnish V.P. 15 35 25 1 252 Fusco V. 32 46 59 73 102 169 206 239 Gaio 214

P.R.

R.

306

Gatherco1e S. 191 270 Gerber D. 74 142 Gianantoni L. 222 Gibbs J.G. 1 17 Giacobbe 79 133 183 186 202 270 287 289 Giacomo 60 65 71 72 92 206 208 227 246 Giannoni P. 1 14 Gianotto C. 59 60 7 1 72 Giovanni Battista 4 1 5 6 82-85 109 1 1 0 130 136 1 82 Giuda 1scariota 55 143 201 202 Giunia 2 1 9 Gnilka J. 1 68 226 Goguel M . 8 21 1 1 4 Grappe Ch. 106 130 135 1 39 Grasser E. 184 186 196 232 Grelot P. 145 Griinwald L. 135 Guijarro Oporto S. 199 206 207 210 Gundry R.H. 191 Haacker K. 85 88 Hainz J. 225 Hanchen E. 88 Hanson S.S. 204 Hays R. B. 53 261 Harnack A. 8 17-19 21 32 61 62 196 232 269 Hartung M. 53 Hedrick C. W. 86 169 Heitmiiller W. 22 62 63 Hengel M. 42 54 63 88 91 106 135 1 39 153 1 59 163 161l 206 207 231 239 Heninger B. 73 81 89 Hillel 238 247 Hillert S. 130 Hills J.V. 79 212

Hock R.F. 42 Hoffmann P. 1 68 231 234 248 Hofius O. 261 Holl K. 1 82 1 83 Holleman J. 1 25 Hollenbach P.W 77 79 82 1l4 85 Hoover R. 44 Horn W. 157 159 Horrel D.G. 1 1 8 222 Horsley R.A. 56 Hiibner H. 53 Hultgren A.J. 169 Hurd J.C. 15 1 9 Hurst L.D. 231 Hurtado L.M. 145 149 1 5 1 153 154 lsacco 79 183 186 196 270 279 287 Jehoschua' ben Levi 288 Jeremias J. 24 43 46 109 137 170 173 176 Jossa G. 59 60 135 Joubert S. 226 Jiingel E. 8 27 1 1 3 Jiilicher A . 19 Kaestli J.D. 69 74 95 1 14 191 Kampling R. 226 Karrer M. 200 Kasemann E. 32 99 105 129 190 231 239 252 271 Keck L. 121 145 196 Keller W. 286 Kennedy G. A. 44 Kertelge K. 188 226 239 254 Kingsbury S. 145 196 Klauck H.S. 48 212 K1ausner J. 7 8 28 29 167 181 186 196 268 269 Klumbies G. 184-186 193 Kock D.A. 48 Koester H. 59

Kollmann B. 246 Kraus W. 212 222 Kiimmel W.G. 1 5 1 9 24-27 3 3 87 102 1 24 168 183 1 84 246

Laato T. 191 285 Labahn M. 55 102 107 1 30 141 1 53 1 56 157 251 Lambrecht J. 225 Lapide P. 268 Lichtenberger H. 132

Lietaert Peerbolte L.J. ' 212

Lincoln A.T. 126 188 Lindemann A. 45 127 184 1 86 220

Linnemann E. 102 Lohfink G. 85 168 Loisy A. 199 Longenecker R . N .

195

Mosè

52 65 1 02 133 154 187 1 89 190 193 197231 232 271 278280 282 285 Miille r K.-H. 239 Miiller U.B. 77 128 137

Murphy-0' Connor J. 39 41 48 82 83 152 273

Nauck W. 252 Neirynck F. 41

136

232

Neyrey J.N. 39 Newman C.G. 85 93 Neudecker R. 200 Neugebauer F. 157 236

Nietzsche

Maier S. 132 267 Marcus J. 79 80 242 Marguerat D. l 5 32 45 69 74 95 97 1 1 4 135 157 191 Marrou H. 36 Mattatia 89

Donald

M.Y.

8

35

119

15 32 45 69

135

O' Brien P.T. 204 207 Oegema G.S. 132 Ollrog W. H. 229 Onesimo 50 224 Ostmeyer K.H. 40 56 Padovese L. 85 222 260

205 210 213 2 1 6 218 225 Meier J.P. 82 199 201

Pani G. 85 88 Pedersen S. 168 170

Menenio

Penna R.

Agrippa

2 1 6 220

Merk O. 1 84 Merkel H . 106 1 1 1 Merklein H . 1 06 109 135 136 145 1 68 213 215 231 250 Merz A. 135 Meyer B.F. 82 83 Meyer M. W. 45

256

Pompeo 56 1 10 Poffet J.-M. 15 32 45 69 135

Porter S.E. 43 Prato L. 132 Prisca 214 229 Rad von G. 104 Radi W. 127 Raisanen H. 59 73 85 91 97 259

Rasloin M. 54 Rau E. 59 73 Redalié Y. 225 Refou1é F. 286 Regner F. 1 5 Reichardt M. 7 9 85 Reimarus H.S. 15 Reinhardt R. 1 68 Reisner R. 223 Reiser M. 102 130 234

Rengslorf

1 20 188

Norelli E.

209 232

Perrot C. 259 263 Petermann G.W. 228 Pitta A. 188 1 96 251

273

149

121

Lildemann G. 35 Luck V. 85 88 91 Luz U. 139 239 Maccoby H. 8 28 Malina B.J. 39 43 55

Mac

Meyer R. 141 Michaelis W. 78 Mimouni S. C. 59 201 Monti L. 1 32 Moxnes H . 184 191

172 1 74 41 57 59 94 1 1 6 126 135 148-150 157 158 161 168 1 881 9 1 1 94 Patterson S.J. 168 Pesce M. 200 201 2 1 0 222 272

Pesch R. 240 242 Pericas M. 191 Perrin N. 242

K.R.

28

196

Richardson P. 15 19 Roh T 2 1 1 Rollmann H . 1 9 S. 188 Romanello 283

Rossano P. 265 Sacchi P. 81 132 134 1 5 1 242 244

Srebo M. 104 Sanders E.P. 55

90

105 1 85 1 91 202 231 243 259 268 270 271 273 276 280 2R3 2114 Sandnes K.O. 94 Sass G. 1 1 6 193 277 Schade H.H. 121 Schlosser J. 32 44 4R 59 106 130 138 149 157 273

Schnellc U.

1 14 153

257 251

307

Schneider G. 65 Schmeller J. 206 Schmeller Th. 44 Schmeller T. 206 Schmid A. 55 102 107 130 141

Schmid H.H. 1 60 Schmithals W. 1 5 24 Schottroff W. 206 236 Schrage W. 167 184 193 197 231 233 251 252 255 259 Schriiter J. 45 69 1 1 O Schiirmann H. 79 1 1 3 168 174 231 233 241 257 Schweitzer A. 15 36 63 1 1 1 1 1 2 157 185 188 232 252 Seh weizer E. 216 Schwemer A.M. 64 106 Scott J.M. 117 Schreiber S. 127 137 Segai A.F. 85 88 93 160 Segalla G. 32 141 170 262 273 Senft C. 35

Shimon

ben

Jochai

249

Shimon ben Menasja 241

Shoeps A.J.

25 27 28 157 260 280 Silvano 229 Simeone 72 Simeone b. Yohai 192 Sintiche 229

308

Siiding T.

1 14 153 157 188 216 226 251 273

Standhartinger

A.

225

Steck O.H. 67 Stegemann W. 43 55 232 250

Strack H.L. 247 Strecker Ch. 85 88 92 93

Strecker G. 15 102 Strotmann A. 177 Stuhlmacher P. 189 268 270

Synofizik E. 124 Wander B. 58 Watson F. 97 Weaver W. R. 32 1 1 2 Wear L. 2 1 9 Webb R.J. 82 83 Weder H. 46 102 106 107 1 1 2 1 70 254 257 275

Wedderbum

A.J.M.

1 5 34 142 144 149 Wengst K. 56 57 Wenham D. 33 Weiss J. 1 04 106 Westerholm S. 259 262 266 286 While J.L. 184 222 Wilckens U. 85 88 Wilson S.O. 15 33 Windisch H. 9 24 77

Witherington

III

B.

1 02 1 35 206 Wolter M. 1 1 0 124 Woyke J. 1 16 Wrede W. 7 19-21 23

27 32 61 63 87 135 188 232 Taeger J.N. 239 243 Theissen G. 43 45 55 59 68 1 1 2 1 2 1 135 142 164 165 1 99 204 206 209 210 232 236 237 249 Thiselton A.C. 213 Theobald M. 80 1 84 199 253 254 286 M. 33 Thompson 142-144 Thiising W. 145 1 5 6 188 Timoteo 42 225 229 Tredici F.D. 225 Thckell C.M. 45 67 69 1 18 242 Urbano 229 Vanni U. 97 Vanhoye A. 142 219 251 259 261 Verdoodt A. 43 Vermes G. 135 268 Vollenweider S. 80 254 Vouga F. 48 59 60 64 72 85 1 84 194 Yohanan R. 133 Young N.H. 283 Zannoni A. E. 145 160 Zehetbauer M. 201 204 Zeller D. 59 149 160 163 232 235 Zumstein J. 239

Indice generale

INTRODUZIONE.............................................................. ABBREVIAZIONI DI RIVISTE, ENCICLOPEDIE E COLLEZIONI . ... . . . . . .. . .... .. . .. . . . . . .. .

FONTI: EDIZIONI E TRADUZIONI

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Capitolo { PROBLEMA DEI TEMPI MODERNI l.

2. 3. 4.

LA PRIMA STAGIONE DELLA RICERCA (1831-1920) .. . . . . l DECENNI 1 920-1 960 ..... . . . . . . . . . . . . . ... . . ...... . . . . . . . ... . ... . . . . . . . . . LA QUESTIONE VISTA CON GLI OCCHI DI STUDIOSI EBREI GLI ULTIMI sviLUPPI ................... ........................... .......... .

.

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.

Capirolo Il DISLOCAZIONE: DA UN MONDO A UN ALTRO l. 2. 3.

DISLOCAZIONE GEOGRAFI CA: I L PAESANO GESÙ E IL METROPOLITANO PAOLO . ......... . . . . . ........ . ...... . ......... . DISLOCAZIONE DI LINGUA E DI LINGUAGGIO DISLOCAZIONE SOCIO-RELIGIOSA E POLITICA. ................. .

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Capitolo III TRANSIZIONE DA GESÙ A PAOLO l.

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STORIA DELLA RICERCA

2. IL QUADRO ODIERNO

p.

43 55

59 61

64

309

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2.1. Forme del movimento cristiano in Galilea ... . .. .. 2.2. Le comunità cristiane di Gerusalemme.............. 2.3. La comunità mista di Antiochia..........................

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71 73

Capitolo IV DUE GRANDI CONVERTITI, DUE STRAORDINARI VISIONARI ............................

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85 88 91

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102 105 110 113 1 14 121 124 128

l. 2.

«VEDEVO I L SATANA CHE CADEVA COME FOLGORE DAL CIELO>> . . . . . . .................................... «NON HO FORSE AVUTO LA VISIONE DI GESÙ, IL SIGNORE NOSTRO?» 2.1. Il Paolo precristiano . ..... . ... . ... .. ...... . . . .. ...... . . . . . . . . . . . 2.2. Il nuovo inizio ... ..... . . ... . . ......... ................. ........ . . . . . . . . . . . . . . •• • • • • • • . . . . • . • • • • •...•••••• • • . . . . . . • • • • •

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Capitolo V TEMPO E MONDO .... ................ ...................................... l.

2.

«COME MAl NON SAPETE VALUTARE QUESTO TEMPO?» .. l . l. L'oggi tempo di grazia ... . . . . ..... . . . . . . .... ........... ...... . 1 .2. La prospettiva del domani ultimo .. . ................... L'ORIENTAMENTO DI PAOLO . . . . . . . .......... ......... ......... . . . . . . . . . 2.1. L'evento atteso è accaduto ..... ... . . .. ... ... .. .. . . . . . .

...

.

.

2.2. La condizione presente ........................................ 2.3. L'attesa del futuro ............ .. .... .. ....... ........... ... . . . .. .

3.

.

.

GESÙ E PAOLO: UN CONFRONTO ......................................

Capitolo VI DIVINIZZAZIONE DI GESÙ ....................................... l.

2. 3.

4. 5. 6. 7. 8. 9.

310

.

L E ATTESE GIUDAICHE DEL TEMPO DI GESÙ ................. . LA RETICENZA DI GESÙ ................................................. . GESÙ HA MOSTRATO INDIRE'ITAMENTE COSCIENZA MESSIANICA ? .................... ................. ........... .. NONCURANZA DI PAOLO PER LA BIOGRAFIA DI GESÙ .. . «UN UOMO», «L'UOMO» ................................................. . «IL SIGNORE» «IL FIGLIO DI DIO» ...... ................................................... . CRISTOLOGIA FUNZIONALE ........ ...... .............................. ..

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. . . . . .............................................................

IL CRISTO DIVINIZZATO DI PAOLO ................................. .

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66

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139 142 145 149 153 155 159

Capitolo VIl IL DIO DI GESÙ CRISTO .............................................

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l . LE IMMAGINI DIVINE D I GESù ........................................ l . l . Deus adveniens: l'immagine regale ................... . 1 .2. Deus praesens: l'immagine paterna .................. 1 .3. Figure convergenti e originali ............................ 2. «TEOLOGIA» DI PAOLO .................................................... 2.1. Il risuscitatore del Crocifisso ............................. 2.2. Dio giusto e giustificante per fede .................... 2.3. Dio promettente e fedele ..... ................................ . 2.4. «L'anima del monoteismo» di Paolo ................. . ..

..

.

..

Capitolo VIII «GESÙ ANNUNCIAVA IL REGNO ED È VENUTA LA CHIESA» .......................................

l.

2. 3.

.

« l DODICI>>, SIMBOLO POLITICO ...................................... l SEGUACI DJ GESÌI, UN GRUPPO ASOCIALE .................... LE COMUNITÀ DI PAOLO ................................................. . 3.1. L'ekklesia ............................................................ 3.2. Corpo di Cristo .................................................. . 3.3. Fraternità 3.4. Solidarietà (koinonia e synergeia) .................... ..

..

l.

3.

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174 182 184 186 188 193 1%

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199

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201 206

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231

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231 233 239 241 242

GESÙ MAESTRO D I VITA ................................................. RADIC'ALISMO MORALE ................................................

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INTERPRETAZIONE OCCASIONALE DELLA LEGGE MOSAICA 3 . 1 . Il sabato per l'uomo .......................................... 3.2. Il tabtì dell'impuro ............................................... 3.3. «È stato detto, ma io vi dico» ............................. 3.4. Il divorzio equiparato all'adulterio .................. SGUARDO D'INSIEME ............. . . . . . . .................................... . PAOLO, TEOLOGO DELLA GRAZIA .................................. 5.1. «Etica» della libertà ............................................ 5.2. Etica della grazia, non del comandamento ......

. .

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5.3. 5.4.

168

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4. 5.

168

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. . . . ........... . . . . . . . . . . . . . . . . . . ................. ............

2.

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167

212 213 215 222 225

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Capitolo IX DISCORSO DELLA MONTAGNA, LIBERTÀ DELLO SPIRITO ........................................

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Agiti dallo spirito ................................................ . Pedagogia ............................................................ .

244 247 249 251 254 259 262 265

311

Capitolo X FEDELTÀ EBRAICA ..................................................... l.

GESÙ PROFETA DEL POPOLO D'ISRAELE

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2. PAOLO APOSTOLO DEI GENTILI PER ISRAELE 2.1. Diserzione dal mosaismo ................................... 2.2. Affermazione dell'identità abramica ................. 2.3. La salvezza di «tutto l'Israele» ...........................

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267

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270 277 280 284 286

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291

INDICE DELLE FONTI ................................................. .

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295

INDICE DEI NOMI .........................................................

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305

CONCLUSIONE

312

. . . . . . . . . . . . . ...................... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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