Gesù di Nazaret. Annuncio e storia
 9788839405029

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Commentario teologico del Nuovo Testamento A cura di Alfred Wikenhauser t, Anton Vogtle, Rudolf Schnackenburg

Supplementi 3

Paideia Editrice

Joachim Gnilka

Gesù di N azaret Annuncio

e

storia

Edizione italiana a cura di Francesco Tomasoni

Paideia Editrice

Titolo originale dell'opera:

Joachim Gnilka ]esus von Nazaret. Botscha/t und Geschichte Traduzione italiana di Francesco Tomasoni

© Verlag Herder, Freiburg im Breisgau 1990, '1993 © Paideia Editrice, Brescia 1993

ISBN

88.394.0502.X

AI MIEI STIJDENTI DI MONACO

PREMESSA

L'accresciuto interesse per Gesù di Nazaret negli ultimi decen­ ni e negli ultimi anni è sorprendente. Ampi strati di popolazio­ ne, non soltanto cristiana, ne sono stati coinvolti. Sipotrebbe in questo senso dire che l'interesse è volto più a Gesù di Nazaret che alla sua predicazione quale è trasmessa dalla chiesa, sicché bisognerebbe esaminare i motivi di un tale fenomeno. Esso si rivela peraltro anche nel numero considerevole di libri su Gesù pubblicati da non cristiani. Gli ebrei (Sch. Ben-Chorin) risco­ prono in lui il loro fratello; ifilosofi (K. Jaspers) lo proclamano uno degli uomini più determinanti. Al riguardo bisogna tener presente che l'interesse si rivolge al Gesù storico, come si usa dire nel gergo specialistico, quindi all'uomo Gesù, alla sua vita, al suo annuncio e alla sua storia. Ora, rispetto alla possibilità di risalire al Gesù storico e di ri­ costruire il cammino della sua vita, l'esegesi neotestamentaria si è impegnata al riserbo. E ciò si giustifica di fronte alle dz/fi­ coltà che permangono. Tuttavia bisogna anche precisare che l'e­ segesi, almeno quella di lingua tedesca, ha subito negli ultimi decenni l'influsso di R. Bultmann che, pur avendo scritto un li­ bretto su Gesù, giudicò teologicamente irrilevante un approfon­ dimento ulteriore. Ora la situazione è mutata e si avverte la ne­ cessità di riscoprire la continuità della predicazione della chiesa postpasquale con quella di Gesù, una continuità nella disconti­ nuità. Naturalmente è impossibile scrivere una biografia di Gesù. Si può tentare di ricostruirne l'annuncio e di illustrarne l'attività partendo dall'orizzonte politico e religioso-culturale del tempo. L'esposizione assume tratti quasi biografici solo per quanto ri­ J!.Uarda le ultime ore della sua vita, le ore della passione, per le

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Preme.ssa

quali sappiamo che un antico racconto, pur non mancando an­ che di riflessione teologica, li ha conservati. Il lettore non atten­ da dunque dal libro una storia della vita di Gesù, ma lo prenda come iniziazione a colui che per noi cristiani è determinante in modo assoluto. Ci sia consentito rivolgere ancora una parola particolare a quelli che sono addentro nella problematica. Essi conoscono la massa della letteratura esistente che riguarda specialmente que­ stioni particolari. Per alleggerire il discorso ho dovuto impormi dei limiti, per i quali chiedo comprensione. Miinchen, luglio 1990.

}OACHIM GNILKA

PREMESSA ALL'EDIZIONE IN BROSSURA

Sono grato all'editrice Herder che ora pubblica in edizione ta­ scabile il mio libro Gesù di Nazaret. Annuncio e storia, ren­ dendo/o così accessibile a un più esteso pubblico di lettori. In tal modo si soddisfa anche il deszderio che ripetutamente mi è stato espresso da numerosi colleghi e studenti. La questione di Gesù rimane tuttora attuale. Obiettivamente considerata, essa è di perenne attualità. Di fatto negli ultimi anni, per la comparsa di alcuni libri su Gesù, è diventata ancor più attuale. Nella premessa precedente avevo rzlevato il crescen­ te interesse per la questione di Gesù e per la sua personalità nel grande pubblico, anche nel mondo scientifico non teologico, e mi ero riferito in particolare alle opere di due importanti con­ temporanei del nostro secolo, ossia ai libri Die massgebenden Menschen (Le personalità decisive) del filosofo Karl ]aspers e Bruder Jesus (Fratello Gesù) dell'autore ebreo Schalom Ben­ Chorin. Ambedue sono libri che vale la pena leggere e pondera­ re. ]aspers pone Gesù accanto a Socrate, Confucio e Budda che considera le personalità decisive dell'umanità. Ciò che - da os­ servatore a distanza - egli espone nel suo libro appartiene al meglio che sia stato detto su Gesù nel nostro secolo. Col suo li­ bro scritto con coinvolgimento personale e- come egli stesso af

Premessa

II

ferma - ispirato dall'intuizione, Ben-Chorin attesta che nel giu­ daismo si comincia a riscoprire Gesù come appartenente al pro­ prio popolo. Nel frattempo si è raggiunto uno stadio in cui Gesù è diven­ tato un argomento alla moda e a buon mercato. La penna è pertanto guidata non dall'informazione, ma dal sensazionale. Supposizioni non provate, sospetti e notizie lanciate al pubblico vengono mescolate in una poltiglia di nome Gesù che poi è pro­ pagandata sul mercato come l'ultima novità. Proveniente dagli Stati Uniti è approdato a noi un best-seller in cui Gesù è stato definito l'affare segreto. Giornalisti televisivi ne hanno ricavato un giallo. La discussione sembra simile a quella sull'esistenza del cavallo alato. È possibile che tali sviluppi siano animati da sentimenti anticristiani. In parte dipendono anche dal /atto che nel mondo della carta stampata e dei media le notizie sensazio­ nali passano per lo più come buone notizie. Si è recuperata, come dalla riserva, anche la storia di Srinagar secondo cui Ge­ sù, risvegliatosi dalla sua presunta morte apparente, si sarebbe recato in Kashmir e lì dopo aver proseguito nella sua feconda attività sarebbe morto e sarebbe stato sepolto. Perché nessuno­ nei tempi attuali- ha ancora escogitato l'idea che Gesù in gio­ ventù sia andato pellegrino in India e nel Tibet per conoscere il buddismo e poi, tornato in patria, predicare col suo vangelo una dottrina buddistica modificata? C'è un'immagine di Gesù della fede. In proposito sarebbe forse pre/eribile parlare di un'immagine di Cristo. È per lo più l'immagine del Cristo innalzato al cielo. Un rapido sguardo alla storia dell'arte cristiana basta a mostrare come tale immagine possa essere mutata. Dalle catacombe essa giunge, attraverso le varie epoche dell'arte, fino al nostro tempo. Cristo è sempre stato visto in modo diverso, con gli occhi di ciascuna epoca. For­ se si può addirittura a/fermare che ogni cristiano credente ha la sua propria immagine di Cristo, improntata alle esperienze per­ sonali. Alla mente cristiana si è imposta particolarmente l'im­ magine del Cristo crocifisso, favorita dall'arte. La più antica raffi?.urazione del Cristo crocifisso giunta a noi si trova sul por­ tale in legno della chiesa di Santa Sabina (risalente al430 circa)

I2

Premessa

sull'Aventino, a Roma. In determinate epoche come durante il movimento francescano o le crociate assume posizione centrale l'uomo Gesù. L'interesse storico-scientifico per l'uomo Gesù sorge con l'Il­ luminismo. Esso è alimentato da altre fonti e fiorisce inizial­ mente al di fuori o ai margini della chiesa. In questa penetra solo lentamente, ma è osservato a lungo con scetticismo. Mi è parso importante riferire di questi inizi della discussione sulla questione di Gesù (e/r. capitolo primo). Al riguardo si può no­ tare che anche qui le varie epoche hanno influito sulla presenta­ zione dell'immagine di Gesù. Ciò si potrebbe ancor meglio mo­ strare se si andasse al di là della letteratura storica ed esegetica e si includesse nelle riflessioni la letteratura della predicazione delle varie chiese. Gesù come fondatore di un ordinamento, il Gesù liberale, Gesù come rt/ormatore sociale sono aspetti che poterono in certi tempi /arsi valere. Ovviamente è appunto dif ficile, riguardo a questo argomento, distinguere la sfera sogget­ tiva da quella oggettiva. A. Schweitzer ha dichiarato una volta che non c'è impresa storica più personale che quella di scrivere una vita di Gesù e che nei libri su tale argomento si è in/uso tutto l'odio o l'amore di cui si era capaci. Qui non si propone una vita di Gesù. In base alle fonti non è possibile scrivere una vita di Gesù. La nostra prospettiva si ri­ volge all'annuncio e alla storia di Gesù. Tuttavia l'accento sta sull'annuncio. Nei vangeli la storia si concentra sull'attività pubblica di Gesù e assume in particolare una forma concreta nella sua passione. L'elemento storico si afferma anche nella descrizione inclusa della situazione contemporanea, delle condi­ zioni religioso-culturali e sociali. In tal modo possa il libro aiu­ tare il lettore a farsi un'immagine di Gesù che un giorno cam­ biò la storia. Miinchen, gennaio I993·

]OACHIM GNILKA

INDICE DEL VOLUME

Premessa Premessa all'edizione in brossura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo primo. La questione di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . r. Da Reimarus ad oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Il metodo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo secondo. La situazione politica d' Israele al tempo di Gesù 1. Gli imperatori romani Augusto e Tiberio . . . . . . . . . . . . . . . 2. Erode il Grande . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3· I figli di Erode . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4· I governatori romani di Giudea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5. I sommi sacerdoti e il sinedr io . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

47 47 48 51 57 61

Capitolo terzo. La situazione religioso-culturale e sociale d' Israele al tempo di Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I. La situazione religioso-culturale . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. La situazione sociale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

67 67 86

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Capitolo quarto. Gesù nel periodo precedente l'att ività pubblica 97 97 I. Gesù a Nazaret . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102 2. Giov anni Battista e Gesù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo quinto. L 'annuncio della signoria di D io . . . . . . r. Il parlare di Gesù in parabole . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. L'o fferta della salvezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 · Guarig ioni e miracoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4· Futuro, presente, vicinanza della signoria di Dio . . 5· S ignoria di Dio e giudizio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Capitolo sesto. Discepoli, sequela, st ile di vita . . . . 1. Discep olato e sequela . . . . . . . . . . . . . . . . . . .1. Lo stile di vita di Gesù e dei suoi discepoli . . 3· Discepoli, discepole, i Dodici . . . . . . . . . . . .

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Capitolo settimo. Israele, popolo di Dio e chiesa . . . . . . . . . . . . . . 247 .

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Indice del volume

Capitolo ottavo. La dottrina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1. n rapporto dell'uomo con Dio e l'annunc io della signoria di D io 2. La presa d iposiz ione sulla torà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3· L' insegnamento concreto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4· Il compendio dell'etica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Capitolo nono. L 'autor ità di Gesù in quanto inviato .



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Capitolo undicesimo. n processo e la morte . . . . . 1. L'arresto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Gesù d inanz i al tribunale giudaico . . . . . . . 3· Gesù davanti al tr ibunale romano . . . . . . . . 4· Causa martis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .5· La via della croce e l'esecuzione capitale . . .

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Capitolo decimo. Il conflitto e gl i ult im i g o i rn i . . . . . . . . . . . 1. n profilarsi del conflitto nell'attività pubblica di Gesù 2. n v iagg io a Gerusalemme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3· La protesta al tempio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . .. . . 4· L'ult im a cena . . . . .

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Capitolo dodicesimo. Postfa zione pasquale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 407 Appendice. Ges ù, il Cr isto

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Bb i l iografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 421 Indice analitico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 425 Indice de i pass i citati . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . 427 .

CAPITOLO PRIMO LA QUESTIONE DI GESÙ

r.

Da Reimarus ad oggi

«Strano destino quello della ricerca sulla vita di Gesù. Par­ ti per trovare il Gesù storico, pensando di poterlo collocare nel nostro tempo come egli è, come maestro e come salvato­ re. Spezzò le catene che da secoli lo tenevano legato alle rocce della dottrina ecclesiastica, gioì quando la vita e il movimento penetrarono di nuovo la sua figura e quando vide l'uomo sto­ rico Gesù venirle incontro. Egli tuttavia non si fermò, passò davanti al nostro tempo, lo ignorò e ritornò nel suo. La teolo­ gia degli ultimi decenni ne fu scandalizzata e spaventata, per­ ché divenne consapevole che tutte le sue tecniche interpreta­ rive e le sue manipolazioni non erano in grado di trattenerlo nel nostro tempo, ma dovevano !asciarlo andare nel suo. Ed egli vi ritornò con la stessa necessità con cui il pendolo libera­ to si muove per rioccupare il suo posto originario». Con que­ ste parole diventate classiche A. Schweitzer descrisse nell'an­ no I9I3 lo sforzo della cosiddetta ricerca sulla vita di Gesù che aveva impegnato il secolo diciannovesimo, 1 ma nello stesso tempo ne dichiarò il fallimento, che era dipeso dai presuppo­ sti di partenza errati. Seguì un periodo di riflessione in cui si lasciò da parte la questione del ritorno a Gesù e si esaminarono i nostri vange­ li, dai quali proviene l'informazione su Gesù, nel loro genere particolare. Chiarito questo, si è però ora riaperta la possibili­ tà di affrontare tale questione in modo nuovo. In verità R. Bultmann, che iniziò il suo lavoro scientifico dopo la fine del1.

Storia della ricerca sulla vita di Gesù 744 s.

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La questione di Gesù

la ricerca sulla vita di Gesù e scrisse un libro su di lui, si di­ chiarò in fondo non seriamente interessato alla questione sto­ rica. Cosi nell'introduzione a questo libro spiega il suo modo di vedere il problema: se in ogni caso si vuoi porre fra virgo­ lette Gesù accettandolo solo come designazione abbreviata del fenomeno storico del quale ci stiamo occupando, si può farlo benissimo.' Ma in altri libri su Gesù la questione viene ripresa in modo inequivocabile. Cosl M. Dibelius3 si propone nelle sue analisi di stabilire che cosa sappiamo della vicen­ da storica di Gesù. E H. Braun4 introduce le sue spiegazioni ponendo l'interrogativo: chi fu Gesù di Nazaret? Aggiunge quindi che si tratta di una domanda alla quale il suo libretto vorrebbe fornire una risposta. In questo stadio si muovono ora gli studi dopo che si sono ritrovate vie di accesso al Gesù storico. Ci si adopera infatti a determinare i criteri che contri­ buiscano a garantire tali vie e si discute anche dell'importanza e della collocazione teologica della questione di Gesù. Tutta­ via, dopo questa panoramica generale della situazione, dob­ biamo entrare un po' più nei dettagli. Si cominciò dunque con la ricerca sulla vita di Gesù. Essa è figlia dell'Illuminismo e si trovò fin dall'inizio sotto una catti­ va stella. Nell'avviare la separazione tra Gesù e i vangeli essa fu guidata non dalla consapevolezza scientifico-metodologica della realtà dei vangeli come scritti di fede che devono per­ tanto essere letti in quanto tali, ma dal sospetto che il Gesù descrittoci da essi non coincidesse col Gesù storico. Si tratta­ va dunque di liberare quest'ultimo dagli artigli del dogma e di presentarlo come era stato effettivamente. A. Schweitzer' osserva che nella storiografia non c'è impresa più personale che quella di mettersi a scrivere una vita di Gesù: dai libri che al riguardo sono stati scritti traspare tutto l'odio o tutto l'a­ more di cui gli autori sono stati capaci. Così quest'epoca che 2. ]esus 16 (tr. it. ro8).

3· ]esus 9· 4· ]esus ro.

,. Storia della ricerca sulla vita di Gesù 74·

Da Reimarus ad oggi

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indubbiamente ha portato anche ulteriori conoscenze è carat­ terizzata da aggressioni e reazioni apologetiche, da attacchi ai vangeli e dalla loro difesa. La tanto conclamata assenza di pregiudizi raramente fu così trascurata come qui. Le immagi­ ni offerte di Gesù, non da ultimo quelle degli «Illuminati», mostrano in misura considerevole tratti soggettivi. Molti han­ no ritrovato nel presunto Gesù storico l'immagine che essi stessi se ne erano fatta. Può essere significativo in proposito gettare un rapido sguardo alla ricerca sulla vita di Gesù così come si manifesta nella sua evoluzione, nelle sue tendenze e nei suoi più immediati propositi. Già in H.S. Reimarus (t 1768) la ricerca sulla vita di Gesù, da lui inaugurata, assume una delle sue caratteristiche princi­ pali: la spiegazione razionalistica dei fenomeni miracolosi e soprannaturali, tramandati nei vangeli. Le spiegazioni razio­ nalistiche vanno dai racconti di miracoli al titolo di figlio di Dio attribuito a Gesù per giungere fino alla narrazione della risurrezione, da cui Reimarus ricava una specie di giallo con furto del cadavere e inganno del popolo da parte dei discepo­ li. Reimarus si rivolse continuamente agli esponenti di una «religione razionale» o «naturale», della quale si proponeva di difendere i diritti contro la fede ecclesiastica.6 Le esposizio­ ni razionalistiche assunsero tratti grotteschi. Così in K.A. Ha­ se l'aprirsi dei cieli descritto nel contesto del battesimo di Gesù si spiegherebbe con la comparsa casuale di una meteora nel suo splendore o la storia dello statere nella bocca del pe­ sce (Mt. 17,24-27) acquisterebbe un senso razionale in quanto si sarebbe potuto vendere il pesce per uno statere.7 Benché simili tentativi continuino, la ricerca sulla vita di Gesù assume una posizione fondamentalmente nuova con D.F. Strauss (t 1874), che con tutta probabilità è il suo più importante esponente. Egli si sforza di dimostrare che le sto­ rie dei vangeli sono ricolme di materiale che ha i suoi paralleli ndl'Antico Testamento e nella storia delle religioni. Il Gesù 6. 7·

Cfr. Schweitzer, Stono della ricerca sulla vita di Gesù 85·100. Stona della ricerca sulla vita di Gesù I37·

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La questione di Gesù

dei vangeli sarebbe mitologico. In tal senso egli perviene al­ la sua concezione del mito. All'inizio si potrebbe avere l'im­ pressione che il mito equivalga alla leggenda e sia invocato per intaccare l'attendibilità storica dei vangeli, come quando Strauss dice della stella dei magi che è impossibile e di aver rubato le sue figure alle vetrate istoriate della chiesa di Piace Saint-Sulpice, il suo libro ci pone di fronte alla questione del regno di Dio nella vita di Gesù e rappresenta il tentativo di individuare, con l'aiuto della concezione del regno di Dio, una rottura nell'at­ tività pubblica di Gesù. Il regno di Dio costituisce effettivamente un concetto cen­ trale dell'attività pubblica di Gesù ed è anche un argomento che ha suscitato le discussioni forse più accese. Ne è venuto come risultato positivo la convinzione secondo cui il regno di Dio in Gesù debba essere considerato come qualcosa di mes14. E.

Renan, ÙJ vie de fésus, Paris 1863 (tr. it. ÙJ vita di Gesù, Milano 1992).

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Da Reimarus ad oggi

sianico-escatologico. Per quanto ovvia ci possa sembrare ora questa idea, è stato necessario un certo tempo perché si po­ tesse affermare. Infatti l'opinione diffusa era che il regno di Dio fosse un'entità attuale e implicasse un carattere istituzio­ nale a tal punto che non raramente veniva fatto coincidere con la chiesa. Un merito particolare è da riconoscere qui al libro di ]. Weiss, Die Predigt ]esu vom Reiche Gottes (La predicazio­ ne di Gesù sul regno di Dio).'5 Come sia stata sensazionale, an­ zi sconvolgente l'individuazione del carattere escatologico del regno di Dio, è rivelato da un appunto di R. Bultmann sul pe­ riodo in cui era studente. Egli ricorda un'affermazione che ]. Kaftan aveva pronunciato in un suo corso: «Se il regno di Dio è una entità escatologica, è un concetto inutilizzabile per la dogmatica>). Più di questa reazione, dovuta allo shock, coglie nel segno un'altra osservazione: la nuova visione ha posto di fronte alla coscienza in modo conturbante quanto sia estranea a una comprensione imborghesita del cristianesimo la predi!6 caz10ne neotestamentana. Il giudizio di A. Schweitzer sulla qualità del regno di Dio si presenta entro la cornice della problematica della vita di Ge­ sù. Egli ha sviluppato la teoria dell'escatologia conseguente'7 e sostenuto che l'escatologia non è semplicemente la base per tentare un abbozzo biografico dell'attività di Gesù, ma anche l'orizzonte che permette di distinguere due epoche. La cesura sarebbe data dalla missione dei discepoli. Gesù, che ha con­ cepito se stesso come messia e ha atteso il suo insediamento a figlio dell'uomo, era animato da un'intensa attesa della paru­ sia imminente. Con questa attesa avrebbe a che fare il mistero del regno di Dio di cui parla Mc. 4,rr. Il rifiuto sperimentato a Nazaret lo avrebbe indotto a inviare i discepoli. Schweitzer .



15. La prima edizione apparve a Gottinga nel r892, la seconda interamente rifatta nel19oo. 16. Le osservazioni di Bultmann sono state pubblicate nella presentazione della ri· stampa della seconda edizione del libro di J. Weiss, apparsa a Gottinga nel 1964. Sull'ar�omento cfr. il capitolo «Contro l'escatologia» in Schweitzer, Storia della ri· cerca mila vita di Gesù 236-259. 17. Cfr.

Storia della ricerca sulla vita di Gesù 494-55,.

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La questione di Gesù

assume qui e in altri passi come rigorosamente storica la suc­ cessione delle pericopi in Mc. 6,1-13. Mandando innanzi i suoi discepoli nella missione per Israele, Gesù sarebbe stato mosso dalla convinzione secondo cui essi non sarebbero più ritornati da lui in questo eone. In tal senso acquista importan­ za centrale Mt. 10,23: «Infatti in verità vi dico: non avrete fi­ nito di percorrere le città d'Israele prima che il figlio dell'uo­ mo venga>>. Questa profezia, intesa da Schweitzer alla stregua di una chiara scadenza, non si sarebbe adempiuta. I discepoli ritornarono da Gesù e l'apparizione del figlio dell'uomo non avvenne. Tuttavia nel secondo periodo, iniziato con una delu­ sione, Gesù non avrebbe abbandonato la sua opera, ma l'a­ vrebbe intesa in una nuova luce, nella sua disponibilità a re­ carsi a Gerusalemme per Il morire. Si sarebbe dunque con­ vinto della necessità della sua morte per l'avvento definitivo del regno di Dio. Il cosiddetto ritardo della parusia avrebbe determinato per Schweitzer tutta l'evoluzione successiva. Non possiamo qui se non alludere per rapidi cenni alla va­ riopinta tavolozza rappresentata dai risultati della ricerca su Gesù e al loro nesso con le soggettivistiche posizioni di par­ tenza. Se ci sono consentite etichette, possiamo dire che sono state abbozzate le immagini di un Gesù liberale (regno attua­ le, messianismo spiritualizzato in H.]. Holtzmann, B. Weiss, W. Beyschlag ecc.), di un Gesù giudaico (Gesù come disce­ polo di rabbi Hillel in De Jonge), di un Gesù socialista (A. Kalthoff, K.J. Kautsky), di un Gesù germanico ( ! ) (0. Holtz­ mann). Si sono fatti studi psichiatrici su di lui (E. Rasmussen, H. Schaefer, H. Werner) e lo si è perfino dichiarato un caso patologico. Rivolgendo l'attenzione a Gesù come giudeo, si è in verità scoperto un aspetto importante. Partendo da esso, alcuni stu­ diosi sono riusciti a esercitare un'influenza già nel periodo di declino della ricerca su Gesù e hanno prodotto opere tuttore valide o almeno stimolanti, capaci di provocare ulteriori risul­ tati. G. Dalman si adoperò per ricostruire la lingua madre di Gesù, rappresentata, secondo le sue deduzioni, dal dialetto gaWeo dell'aramaico. A. Wiinsche, H.L. Strack, J. Klausner

Da ReimaruJ ad oggi

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cercarono di porre la vita di Gesù in relazione col talmud e il midrash, un lavoro portato poi provvisoriamente a conclusio­ ne da P. Billerbeck con il suo fondamentale commentario al Nuovo Testamento. Del resto con J. Klausner un importante erudito del giudaismo era entrato nella ricerca sulla vita di Gesù, della quale invece non ci si occupò in campo cattolico. Qui l'esegesi doveva farsi innanzi solo in seguito all'affermarsi di un nuovo modo di considerare i vangeli. Questo nuovo modo si collega, come spiegheremo meglio nella sezione seguente, alla scoperta delle leggi e forme o ge­ neri narrativi, determinanti nel processo di genesi, formazione e fissazione dei vangeli e delle tradizioni confluite in essi e im­ plica l'analisi dei vangeli secondo i concetti della critica e del­ la storia delle forme, della redazione e della tradizione. Ne deriva non solo la possibilità di un approccio consono ai van­ geli, ma anche la chiara percezione delle difficoltà che sussi­ stono e delle vie che debbono essere percorse perché ci si possa avvicinare al Gesù storico. Si può dunque affermare che, dopo la fine della cosiddetta ricerca sulla vita di Gesù so­ pra descritta e sostanzialmente conclusasi con A. Schweitzer e dopo lo sviluppo dei nuovi metodi di ricerca scientifica, si è inaugurato un nuovo accesso a Gesù, mentre nel frattempo la situazione in questo campo di studi si era fatta più tranquilla. La nuova epoca comincia col periodo successivo alla seconda guerra mondiale. Sarebbe assolutamente impossibile presen­ tare nei dettagli, anche se in forma concisa, questa letteratu­ ra.'8 Tuttavia uno sguardo complessivo alla produzione scien­ tifica di questo periodo permette di individuare numerosi au­ tori che giustificano metodologicamente le loro esposizioni e in un certo senso scoprono le loro carte allacciandosi alle nuove conoscenze (ad es. H.D. Betz, G. Bornkamm, J. Blank, H. Braun, T. Holtz, E. Schweizer, W. Trilling). Altri invece non lo fanno. Alcuni respingono l'analisi dei vangeli secondo la storia delle forme, come accade assai frequentemente nella letteratura anglosassone. Viceversa in altri l'antica ricerca sul,H. Al ril(uardo cfr. W.G. Kiimmel, 6o), Konigs1ein-Bonn 1985.

DreiJJig fahre ]eJuJ/orschung (I9JO-I98o) {BBB

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lA questione di Gesù

la vita di Gesù sperimenta una sorprendente rinascita con le ben note semplificazioni, fantasie e illazioni soggettive. Dalla massa di impressioni dobbiamo però sceglierne alme­ no alcune che diano una idea al lettore. Una serie di autori parte, come già nell'antica ricerca su Gesù, dalla cornice nar­ rativa del vangelo di Marco, che considerano storica. Se ne ottiene una panoramica dell'attività pubblica di Gesù in cui si susseguono l'attività in Galilea, il ritiro al Nord, il cammino verso Gerusalemme per la pasqua di sofferenza (v. Taylor). Secondo R.H. Fuller la professione messianica di Simon Pie­ tro rappresenta il punto di svolta nell'attività di Gesù, come appunto ci descrive Marco. E. Barnikol vorrebbe ricavare la vita di Gesù da un protovangelo di Marco da lui postulato. In molte opere di esposizione dell'attività di Gesù si mette in primo piano il suo essere giudeo. C'è da rallegrarsi che a questa discussione prendano parte in misura crescente autori ebrei. Cosl Sch. Ben-Chorin ha scoperto in Gesù il fratello ed è stato perfino in grado di scrivere un libro su «Maria secon­ do la prospettiva giudaica». Gesù è designato di regola come un giudeo fedele alla torà, che mai ha violato le leggi mosai­ che o rabbiniche (P.E. Lapide). Sulle orme di questa impo­ stazione D. Flusser considera un'aggiunta secondaria l'episo­ dio in cui si strappano le spighe di sabato in Mc. 2,23 ss., che secondo la sua opinione costituirebbe nella tradizione sinot­ tica l'unica trasgressione della legge. Analogamente G. Ver­ mes, che vede in Gesù un autentico carismatico e un santo taumaturgo, giudica un fraintendimento della tradizione la soppressione della differenza tra cibi puri e impuri (Mc. 7,15) che costitul una considerevole differenza dottrinale rispetto al giudaismo. Il conflitto che condusse alla morte di Gesù è fat­ to risalire da Lapide alle sue presunte intenzioni politiche e militari. Ben-Chorin applica a Gesù l'immagine del fanatico escatologico ricavata, abbastanza spregiudicatamente, dall'e­ scatologia conseguente di Schweitzer. Fra i libri recenti su Gesù non mancano neppure le inter­ pretazioni socialiste o di critica sociale. L'opera più impres­ sionante in questa direzione dovrebbe essere quella prodotta

Da Reimarus ad oggi

dal marxista cecoslovacco M. Machoveè'. Egli si dedica so­ prattutto all'annuncio di Gesù, del quale conserva l'aspetto escatologico senza riduzioni, ma lo spiega nel senso di un fu­ turo vissuto. Gesù avrebbe fatto scendere il futuro dalle nubi del cielo e l'avrebbe reso un affare del presente quotidiano e quindi una cosa nostra. Conformemente alle premesse del­ l'autore che insiste sull'impegno radicale di Gesù per l'uma­ nità e la dignità dell'uomo, si ignora la visione teocentrica e si presenta un Gesù che apertamente non manca di suscitare simpatia nell'ateo. Rispetto a Machoveè' risultano inferiori i li­ bri di A. Holl e M. Craveri, sostenuti dallo stesso interesse. Quest' ultimo si muove ancora in gran parte sulle tracce della ricerca antica su Gesù, mentre Holl presenta con tratti qua­ si caricaturali un «Gesù nella società malvagia». S.G.F. Bran­ don, invece, con un libro che ha destato particolare scalpore nel mondo anglosassone ripropone l'interpretazione di Gesù come zelota. Nessuna delle idee fondamentali degli Zeloti gli sarebbe stata estranea. La sua protesta nel tempio, che sareb­ be stata accompagnata da violenza e saccheggi, dovrebbe es­ sere intesa come un atto rivoluzionario. In tal modo avrebbe provocato l'intervento delle autorità. Gesù avrebbe subito la morte come uno zelota. Da questi egli si sarebbe distinto solo per essersi rivoltato primariamente contro l'aristocrazia sacer­ dotale nella convinzione che questa fosse il maggior ostacolo all'eliminazione dell'egemonia romana. Il prezzo che Brandon deve pagare per sostenere la sua tesi è alto. Deve interpretare il vangelo di Marco, da cui prende le mosse, come un'opera scritta per mascherare in modo cosciente il Gesù zelota, come un'apologia scritta per i cristiani romani sotto l'impressione della vittoria di Tito sugli ebrei. Se un tempo J. Weiss aveva favorito l'affermarsi dell'idea che il regno di Dio fosse qualcosa di messianico-escatologico 1: aveva allora avuto numerosi oppositori, cosl nell'epoca re­ l·�:nte la contestazione della qualità futura del regno ha trovato un esponente rinomato: C.H. Dodd con la sua concezione dell'escatologia già attuata (realized eschatology). Secondo lui tutte le affermazioni e le parabole stÙ regno devono essere ri-

lA questione di Gesù

ferite al presente e interpretate in modo simbolico. Il linguag­ gio immaginifico apocalittico non sarebbe caratteristico di Gesù e le sue affermazioni sul futuro sarebbero da intendere come simboli del regno di Dio che è al di là della storia. Il di­ scorso della venuta del figlio dell'uomo dovrebbe essere preso come una visione della definitiva vittoria degli interessi di Dio su tutte le potenze dell'universo. Oggi è tornata a fiorire per­ sino l'interpretazione psicologica di Gesù. In verità non ci si è più sforzati di penetrare nella psiche della personalità di Ge­ sù. Piuttosto K. Niederwimmer, che ritiene ciò impossibile sulla base dei documenti, esamina la rilevanza psicologica del movimento suscitato da Gesù. I dati decisivi del destino di Gesù assumono il carattere di archetipi. La predicazione del­ l'imminente regno di Dio acquista la funzione di segnalare che l'inconscio è posto immediatamente di fronte a un pro­ cesso di cambiamento. Oppure la passione di Gesù diventa simbolo dell'esistenza umana che soccombe nella lotta per il conseguimento del senso. Infine dobbiamo menzionare ancora un gruppo di studiosi che cercano di illustrare l'attività di Gesù partendo dall'analisi del suo rapporto con i partiti religiosi giudaici del tempo. Così K. Schubert stabilisce che le posizioni di Gesù sulla legge lo invischiarono in una disputa polemica con i Farisei, mentre la sua discussione con l'aristocrazia sadducea del tempio rientre­ rebbe nella storia della passione. Egli personalmente sarebbe stato vicino ai gruppi apocalittici, ma ne avrebbe respinto lo spirito di setta. Mentre G. Baumbach valuta in modo simile l'atteggiamento di Gesù rispetto a Farisei e Sadducei, per W.E. Phipps è assodato che Gesù fu inquadrato come un giu­ deo fariseo. La differenza principale tra lui e i farisei sarebbe consistita nel fatto che egli accolse nella sua compagnia don· ne, pagani e popolo incolto. In tal modo avrebbe dimostrato di essere un profeta tanto ardito da rompere strutture e conce­ zioni della società tradizionale. Anche secondo H. Leroy Gesù è da ricollegare a un fariseismo quale fu sostenuto da rabbi Hillel, rinomato caposcuola contemporaneo. Questa sommaria presentazione di vari libri su Gesù pub-

Da Reimarus ad oggi

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blicati negli ultimi anni mostra come si sia ancora discordi in molte questioni e nelle informazioni che ci trasmettono. In­ dubbiamente alcune tesi sono altamente soggettivistiche, co­ me quella di Brandon intorno al Gesù zelota che sarebbe sta­ to purgato del suo zelotismo dal vangelo di Marco. Certa­ mente alcune interpretazioni non sono sostenibili sulla base della situazione generale degli studi, come quella di Dodd dell'escatologia attuata nella predicazione di Gesù. Tuttavia abbiamo dovuto qui tratteggiare esposizioni su Gesù aperta­ mente differenti e in parte anche insoddisfacenti affinché fos­ se chiara, accanto alla complessità della problematica, la ne­ cessità di aprire una via il più possibile sicura. Ciò non può avvenire senza fatica. Una tale via dev'essere perseguita nella direzione già abbracciata da quegli studiosi sopra nominati che chiariscono il loro approccio metodologico e di conse­ guenza cercano di trasmettere un'immagine di Gesù che ne contenga i diversi aspetti. Dobbiamo tuttavia premettere ancora una parola sull'im­ portanza, anzi la necessità di risalire al Gesù storico e ciò per motivi teologici. Ci fu al riguardo nella scuola di Bultmann una discussione che appare un po' esoterica all'osservatore esterno, in particolare cattolico. Bultmann aveva contestato l'importanza teologica di risalire a Gesù e con una formula difficilmente comprensibile aveva dichiarato di accontentarsi del fatto in sé della sua venuta, articolantesi in ultima analisi nella croce. Egli distinse fra una continuità obiettiva e una continuità storica precisando che la prima bastava a garantire la continuità necessaria, consistente nel conseguimento e nel­ l'appropriazione di una nuova comprensione di sé, provocata dall'accettazione con fede del kerygma di Cristo. E. Kiise­ mann si è opposto energicamente alla distinzione fra conti­ nuità obiettiva e continuità storica ribadendo a ragione che non si può avere l'una senza l'altra.'9 In tal modo egli ha ri19. Sul dibattito cfr. E. Kasemann, Sackgassen im Streit um den historischen ]esus, in Exegetische Versuche und Besùmungen n, Gottingen r964, 31·68 e Das Problem des historischen Jesus, in Exegetùche Versuche und Besinnungen I, Gottingen 1960, 187· 114 (tr. it. Il problema del Gesù stanco, in Saggi esegetici, Casale Monf. 1985, 30·57).

La questione di Gesù

proposto come teologicamente ineludibile la questione del ri­ torno a Gesù. Se da un lato si devono qui approvare sostan­ zialmente i suoi propositi, dall'altro non possiamo condivide­ re la critica radicale propugnata da lui (e inoltre dalla scuola di Bultmann e dai suoi seguaci) nei confronti della possibilità di risalire al Gesù storico. A questo punto dobbiamo chiarire il ruolo spettante alla questione del Gesù storico che affronteremo nel seguito. Se pure si ammette e si riconosce che essa è teologicamente rile­ vante e necessaria, tuttavia non si attribuisce certo ai suoi ri­ sultati un peso dogmatico. Col suo lavoro storico l'esegeta non può dimostrare contenuti di fede vincolanti. I suoi risul­ tati sono sì fondati, ma pur sempre in ultima analisi ipotetici. La nostra fede si rivolge alla testimonianza credente del Nuo­ vo Testamento. Lo scopo del lavoro storico è quello di esami­ nare la connessione tra Gesù e la testimonianza credente del Nuovo Testamento, fra la predicazione di quello e l'annuncio della comunità postpasquale così come si trova nel Nuovo Testamento e in particolare nei vangeli. Per cogliere in questo modo una tangibile continuità con le sue evoluzioni, sviluppi e tensioni, può essere opportuno articolare il percorso in due tappe: anzitutto presentare Gesù nella sua vita, nelle sue pa­ role e nella sua attività, in seguito descrivere almeno i primi orientamenti che si svilupparono in connessione alla sua pa­ rola e opera, le prime spiegazioni legate alla sua persona e ai suoi discorsi. BIBLIOGRAFIA (scelta): A. Schweitzer, Geschichte der Leben-Jesu·For­ schung, Ti.ibingen 1913, '1951 (tr. it. Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Brescia 1986); V. Taylor, The Li/e and Ministry oflesus, London 1955; RH. Fuller, The Mission and Achievement of Jesus (SBT 12), London '1956; W. Grundmann, Die Geschichte Jesu Christi, Berlin 1956; E. Stauffer, ]esus. Gesta/t und Geschichte (D Tb 332), Bern 1957; E. Barnikol, Das Leben Jesu der Heilsgeschichte, Halle 1958; W.G. Ki.immel, Das Neue Testament. Geschichte der Er/orschung seiner Pro­ bleme (OA), Freiburg-Mi.inchen 1958 (tr. it. Il Nuovo Testamento. Sto­ ria dell'indagine scientifica sul problema neotestamentario, Bologna 1976); O. Betz, Was wissen wir von Jesus?, Stuttgart·Berlin 1965; Sch. Ben·Chorin, Bruder ]esus, Miinchen 1967 (tr. it. Fratello Gesù, Brescia

Il metodo

1985); S.G.F. Brandon, Jesus and the Zealots, Manchester 1967 (tr. it. Gesù e gli Zeloti, Milano 1983); D. Flusser, ]esus in Selbstzeugnissen und Btlddokumenten (RoMo), Hamburg 1968 (tr. it. Jesus, Genova 1976); K. Niederwimmer, ]esus, Gottingen 1968; E. Schweizer, Jesus Christus im vielstimmigen Zeugnis des NT, Munchen-Hamburg 1\)68; H. Braun, ]esus (ThTh 1), Stuttgart 1969; M. Craveri, La vita di Gesù, Milano 1966; G. Baumbach,Jesus v. Nazareth im Lichte derjudischen Gruppenbildung (AVTRW 54), Berlin 1971; C. H. Dodd, The Founder o/Christianity, Lon­ don 1971 (tr. it. Il fondatore del cristianesimo, Torino-Leumann 1975); A. Holl, ]esus in schlechter Gesellscha/t, Stuttgart 1971; E. Trocmé, Jésus de Nazareth vu par !es témoins de sa vie (BT), Paris 1971 (tr. it. Gesù diNa­ zaret visto dai testimoni della sua vita, Brescia 1975); J. Blank, ]esus von Nazareth, Freiburg 1972; M. Machovec, Jesus /ur Atheisten, Stuttgart 1972 (tr. it. Gesù per gli atei, Assisi 1973); K. Schubert, ]esus im Lichte der Religionsgeschichte des Judentums, Wien-Munchen 1973; G. Ver­ mes, ]esus the Jew, London 1973 (tr. it. Gesù l'ebreo, Roma 1983); P.E. Lapide, Der Rabbi von Nazareth, Trier 1974; E. Schillebeeckx, Jesus, die Geschichte von einem Lebenden, Freiburg 1975 (tr. it. Gesù. La storia di un vivente, Brescia 1976); W.E. Phipps, Jesus, the Prophetic Pharisee: JES 14 (1977) 17-31; H. Leroy, ]esus (EdF 95), Darmstadt 1978; T. Holtz, Jesus von Nazareth, Berlin 1979; W.G. Kummel, Jesus/orschung seit I965, Nachtrage: ThR 46 (1981) 317-363; 47 (1982) r36-r65. 348383; G. Ghiberti, Uberlegungen zum Stand der Leben-Jesu-Forschung: MThZ 33 (1982) 99-n5.

2. Il metodo

a) Anzitutto dobbiamo dire una parola sulla peculiarità dei nostri vangeli. Ci concentriamo al riguardo sui sinottici Mat­ teo, Marco e Luca. Non c'è dubbio che essi siano sorretti da interessi storici. Ciò vale anche per il vangelo di Giovanni, che pure è chiaramente lontano dai sinottici, anche se in certi contesti dipende da loro o dalla loro tradizione. Ci richiame­ remo perciò al vangelo di Giovanni solo per determinate que­ stioni. L'interesse storico dei sinottici si può già chiaramente riconoscere da un superficiale confronto con la letteratura epistolare del Nuovo Testamento, ad esempio con le lettere Ji Paolo. Se si prescinde da pochissimi esempi, lì non giocano alcun ruolo le affermazioni fatte dal Gesù terreno o che lo ri­ j.luardano. Questo non significa che l'apostolo Paolo non co­ noscesse la tradizione sinottica, questione che qui possiamo

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La questione di Gesù

lasciare aperta. Egli evidentemente, pur nell'eventualità che in qualche modo ne avesse notizia, non l'ha quasi per nulla uti­ lizzata. L'interesse storico dei sinottici ha tuttavia un limite che bi­ sogna tener presente. La loro particolarità in proposito si può ad esempio cogliere nella mancanza di una descrizione conti­ nuativa della vita di Gesù dalla nascita alla morte. Essi rivol­ gono la loro attenzione alla sua attività pubblica dal battesimo per opera di Giovanni fino alla croce. In Marco questa deli­ mitazione è evidente. Essa è ricollegata in Act. 1,21 s. alla ne­ cessità di rendere testimonianza su questo periodo. Se Matteo e Luca pongono all'inizio dei loro vangeli una cosiddetta sto­ ria dell'infanzia e fanno quindi valere un certo intento biogra­ fico, l'attenzione è tuttavia rivolta alla nascita e la narrazione è fortemente impregnata di motivi biblico-teologici. Non sap­ piamo nulla dell'infanzia, dell'educazione, della giovinezza, dell'apprendistato, degli anni della maturità di Gesù. Né ap­ prendiamo nulla di ciò che sarebbe molto significativo per chi è interessato alla biografia, come l'aspetto di Gesù, il co­ lore dei capelli o degli occhi, la corporatura o la maniera di vestire. Questo genere di informazioni è fornito più tardi, so­ prattutto nei vangeli apocrifi, che pure si occupano prevalen­ temente dell'infanzia di Gesù.' Ovviamente si tratta di dati privi di valore storico. Per la comprensione dei vangeli sinottici è importante os­ servare che essi sono composti di singole tradizioni e perico­ pi. Queste, un tempo a sé stanti e trasmesse attraverso la tra­ dizione, mettono in evidenza ciascuna, come in un cono di lur. C&. W. Bauer, Das Leben fesu irn Zeitalter der ntl Apokryphen, Tubingen 1909 (ri­ stampa Darmstadt 1967), JII·HI. Qui si parla dell'aspetto di Gesù, del suo mestie­ re, del suo vestito, delle sue abitudini nel mangiare e bere. Le informazioni sull'a­ spetto di Gesù poggiano su passi biblici dell'Antico Testamento. In conformità a !s. 53,2 s. si afferma dunque che egli non aveva un aspetto tale da attirare lo sguardo, anzi era piuttosto brutto. Al contrario secondo Ex. 2,2 (tipologia di Mosè) si dice che fosse un bell'uomo, cosl gli Atti degli apostoli apocrifi lo chiamano spesso il bel­ lo (Acl. lo. 73 s.). All'origine di tali affermazioni stava non solo la tendenza favolistica dei cristiani, ma anche l'aggressività degli avversari. Origene in Ce/s. 6,75 disputa con Celso sull'aspetto esteriore di Cristo.

Il metodo

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ce, un aspetto particolare e specifico dell'attività di Gesù nei suoi miracoli, nelle sue dispute con vari gruppi del giudai­ smo, nella sua familiarità con i discepoli ecc. L'ordinamento di queste pericopi nei vangeli avvenne spesso secondo punti di vista tematici e teologici anziché cronologici. Non è possi­ bile dedurre dalla loro successione una sequenza di avveni­ menti valida per l'attività di Gesù. L'itinerario della sua vita pubblica nella terra d'Israele è andato per noi perduto, giac­ ché la comunità tradente non vi era interessata. 2 Alcune peri­ copi contengono sì dati topografici (il mare di Galilea, Cafar­ nao ecc.), ma la maggior parte è localizzata solo vagamente quando non lo è affatto. Riconoscibile è solo il centro dell'at­ tività: la Galilea, la regione presso il mare. Secondo i sinottici Gesù durante la sua vita pubblica si reca solo una volta a Ge­ rusalemme per la sua pasqua di passione. Anche questo dato potrebbe essere attribuito di primo acchito a una cornice ar­ tefatta. In effetti nel vangelo di Giovanni vediamo Gesù diri­ gersi più volte a Gerusalemme. Anche qui però non domina il proposito di fornire un itinerario più attendibile, bensì pre­ valgono considerazioni legate al contenuto e alla riflessione teologica, come si evince dall'anticipazione dell'atto di prote­ sta nel tempio agli inizi dell'attività (lo. 2 , 1 3 ss.) . I discorsi che, secondo l'esposizione dei sinottici, Gesù tiene sono com­ posizioni di discorsi. Si tratta di raccolte di singoli logia o di gruppi di logia ordinati secondo i punti di vista del contenuto in modo da facilitarne l'uso nella predicazione e nella cate­ chesi. Un'eccezione significativa sotto questo aspetto è rap­ presentata dal racconto della passione. Questo non soltanto si contraddistingue per l'indicazione di determinati nomi di persona (Caiafa, Pilato, Simone di Cirene, Giuseppe di Ari­ matea, i nomi delle donne sotto la croce) e per i dati topogra­ fici (Getsemani, Litostrato, Golgota), ma ha conservato anche una fedele successione degli avvenimenti, dall'ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, all'arresto, al processo, alla morte fino alla scoperta del sepolcro vuoto. J.

Schmidt, RJJhmen 317.

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La questione di Gesù

Rispetto alla quantità e all'ampiezza del materiale su Gesù bisogna notare che all'inizio di una laboriosa attività di rac­ colta si sviluppò anche un processo di selezione. Sicuramente un tempo erano numerosi i ricordi personali e collettivi su Gesù. Molti non furono tramandati o annotati. Ciò dipende naturalmente anche e in primo luogo dalle capacità e dai li­ miti della memoria umana. Certamente questa era migliore allora che nel tempo attuale, sommerso di stimoli. Inoltre nel­ la trasmissione orale di ampi materiali tradizionali ci si serviva di determinate tecniche apprese, fra cui l'associazione di pa­ role chiave, come si può ancora riconoscere in alcuni contesti sinottici. 3 Soprattutto nella prima fase della tradizione si sce­ glieva tramandando quello che si riteneva importante ed es­ senziale. Ciò vale per lo stadio della trasmissione orale. L'os­ servazione conclusiva del capitolo delle parabole in Mc. 4,33 allude a una selezione che era stata operata: , all'assemblea plenaria della comunità, e poteva poi udire le benedizioni che i sacerdoti proferivano su tutti i «figli della luce>>, ma anche tutte le maledizioni che i !eviti rivolgevano contro tutti i .

Nel patrimonio spirituale della comunità rientrava una par­ ticolare conoscenza della rivelazione che veniva custodita co9· Cfr.

bel/.

2,I29·IJJ. Qui Flavio Giuseppe potrebbe mirare

fro questo rito e i misteri greci.

a

stabilire un paralldo

La situazione culturale e socio/e d'Israele

me esoterica e non poteva essere comunicata a nessuno al di fuori. Essa era stata attinta attraverso uno studio intensivo della legge mosaica e dei profeti. Anche in questo punto la comunità seguiva il Maestro di giustizia che aveva inaugurato questo particolare approfondimento della Scrittura capace di svelarne i misteri. Le interpretazioni scritturistiche della co­ munità si sono conservate fino a noi sicché possiamo farci una chiara idea del loro modo di procedere. Si tratta prima di tut­ to di un commentario al profeta Abacuc che, conformemen­ te al suo metodo interpretativo, è chiamato anche Pesher di Abacuc. In questa spiegazione ogni singolo versetto viene ri­ ferito al presente e in modo tale da vedere prefì.gurati nel pro­ feta gli awenimenti del presente (e del futuro). Abacuc, per esempio, avrebbe già profetizzato sul Maestro di giustizia e sulle insidie che sarebbero toccate a lui e alla sua comunità. Punto di partenza di questa interpretazione della Scrittura è la convinzione che il profeta abbia scritto per il tempo finale nel quale ci si immaginava di trovarsi. Anche questo è un punto di contatto fra la comunità essena e il cristianesimo primitivo. Conseguenze dell'interpretazione scritturistica concernente la legge mosaica erano per esempio peculiari spiegazioni del precetto del sabato, le quali appari­ vano particolarmente severe; di sabato era proibito aiutare una mucca a partorire o, se era caduta in un fosso, tirarla fuo­ ri (CD u , r 3 s.). Inoltre - in antitesi al tempio di Gerusalem­ me - si seguiva il calendario non lunare, ma solare, come ab­ biamo già potuto osservare nel libro di Enoc. L'adozione di un proprio calendario provocava particolare irritazione nella classe sacerdotale di Gerusalemme. Probabilmente sta qui il motivo per cui il sommo sacerdote in carica prese prowedi­ menti contro il Maestro di giustizia. In ogni caso la via alla salvezza passava attraverso la legge anche se questa per essere intesa rettamente, in modo utile alla salvezza, richiedeva quel­ la particolare interpretazione rivelata. L'uomo è visto come essere debole, fatto di polvere, sottoposto al pec­ cato. Su questo sfondo si può ancor più profondamente sperimentare l'opera della grazia di Dio. Al riguardo possediamo incisive affermazio-

La situazione religioso-eu/turo/e

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ni soprattutto nelle Hodajot, salmi sorti nella comunità, che, almeno in parte, riproducono personali esperienze del Maestro. Alcuni di essi so­ no addirittura attribuiti a lui. Tuttavia l'uomo non è solo di fronte a Dio; è inserito in un ordine cosmico in cui sopra la terra dominano due potenze: lo spirito della luce e quello delle tenebre. In verità questo dualismo non spezza il mondo in una parte metafisicamente buona e in un'altra cattiva. La sovranità di Dio rimane valida, infatti J Si potrebbe definire la loro influenza sul popolo, in parti­ colare sulla popolazione di campagna che in gran parte si troaa. Cfr. Hengel, ''·

Zeloten 1'1-234. Hengel, Zeloten 312-318.

L1 sitwn:ione culturale e sociale d'Israele

vava in condizioni sociali di bisogno, con il termine di simpa­ tia crescente. Ma essi finirono per condurre il popolo alla guerra contro Roma, tre decenni e mezzo dopo la morte di Gesù, che per Israele significò la catastrofe.'4 Gli Zeloti aveva­ no in comune con gli Esseni l'idea della guerra santa escato­ logica. Un'alleanza fra loro trova tuttavia espressione tangibile solo nei giorni della guerra. Masada, situata nei pressi di Qumran, è il simbolo della sommossa e della rovina. Anche gli Zeloti non sono menzionati come gruppo nei vangeli, ben­ ché facciano sentire la loro influenza fin nella cerchia dei di­ scepoli di Gesù in cui si trova Simone lo zelota (Le. 6,r5; Act. 1,13).

d) Un quarto gruppo si distingue nettamente da quelli fi­

nora nominati: i Sadducei. Essi ci sono noti attraverso i van­ geli. Benché qui talvolta siano richiamati in stretta concomi­ tanza con i Farisei (Mt. 3,7; r6,r .6.n s.; 22,34), è importante tener presente che abbiamo a che fare con persone ben diver­ se che si comportavano in modo differente già al tempo degli Asmonei, di cui apparivano i fautori a differenza degli hasi­ dim, Esseni e Farisei. Ne facevano parte i notabili e i ricchi, i membri delle famiglie sommosacerdotali e l'aristocrazia, an­ che se queste componenti potevano non essere assolutamente omogenee fra loro. Dal loro interno vennero regolarmente negli ultimi settant'anni dello stato giudaico i sommi sacerdo­ ti in carica che rappresentavano fra i Giudei il più alto grado del potere. La loro autorità, che al tempo di Erode il Grande era stata ancora circoscritta poiché non ne accettavano la po­ litica universale romana, si rafforzò sotto i governatori romani con i quali erano ben disposti a cooperare. Anche per loro Israele era un concetto santo, ma tale santità era garantita dal tempio in cui erano offerti i sacrifici validi, espiatori per il po­ polo e il paese. Uno stato particolare legato al tempio e inclu­ so nei confini del regno che un tempo era appartenuto al re 24.

Secondo Flavio Giuseppe il nome «sicario>> designa il gruppo dei seguaci di Me­ nahem che, dopo il suo assassinio, fuggirono a Masada. Originariamente questo no­ me (- chi combatte col pugnale) fu dato dai Romani, durante il periodo del procura­ tore Felice, ai rivoltosi per il loro modo di combattere. Cfr. Hengel, Zeloten 76.

La s#ll4%ione religioso-culturale

David costituiva per loro l'adempimento delle attese escatolo­ giche.'� Nel loro pensiero teologico si rivelavano conservatori in quanto rifiutavano ogni innovazione e forse riconoscevano co­ me norma solo il Pentateuco. '6 I Sadducei non accettavano le tradizioni interpretative farisaiche, ossia la tradizione degli antichi, né condividevano le speranze escatologico-apocalitti­ che. Non credevano a una sopravvivenza dopo la morte né a una risurrezione dei morti. La salvezza si attuava all'interno della storia. Negavano anche l'esistenza degli angeli e in que­ sto si trovavano in completo accordo con l'«Antico Testa­ mento» nel suo strato primigenio. Riguardo ai Sadducei Flavio Giuseppe riferisce che faceva­ no dipendere il destino dell'uomo unicamente dalla sua vo­ lontà e sostenevano che non fosse determinato da Dio.'7 Si ha l'impressione che egli li presenti ai suoi lettori ellenistici come un gruppo paragonabile agli Epicurei. Nella loro azione essi perseguivano una politica realistica; nei loro atteggiamenti dovevano apparire ai pii come «razionalisti». Nella giurispru­ denza si ispiravano a una pratica del diritto piuttosto rigida. Il loro rapporto con gli Esseni era chiaro, dal momento che questi si erano separati in modo spettacolare dal tempio e quindi annoveravano i Sadducei tra gli ostinati «figli delle te­ nebre». Il loro rapporto con i Farisei è difficile da definire. Ambe­ due i partiti, i Sadducei e i Farisei, erano spesso costretti a mettersi d'accordo giacché i primi avevano il potere e i secon­ di esercitavano un'influenza sul popolo. Così gli uni dovevano aver riguardo degli altri. Il nome di «Sadducei» dev'essere de­ rivato da Sadoq, un importante sacerdote della cerchia di Da­ vid (cfr. 2 Sam. 15,24 ecc.), dal quale era disceso il lignaggio sacerdotale dei sadociti. '8 È possibile che non si siano dati es25. Cfr. R. Meyer, ThWb VII 45· 26. Cfr. Schiirer, Geschichte II 481. 17. Beli. 2,164 ss.; ani. 13,173· zH. Una tarda tradizione rabbinica coUega il nome «sadducei» con Sadoq, un disce­ polo di Antigono di Soko (inizio dd II secolo a.C.). Cfr. Billerbeck IV 343 s.

LA situazione adturale e soda/e d'Israele

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si stessi tale nome, ma che sia stato loro imposto da altri con una sfumatura polemica.'9 BIBLIOGRAFIA (scelta): R. Marcus, The Pharisees in the Light o/ Modern Scholarship: ]R 32 (1952) 153-164; F.M. Cross, The Ancient Library of Qumran and Modern Biblica! Studies, London 1958; M. Hengel, Die Ze­ /oten (AGSU r), Leiden 1961, '1976; M. Weise, Kultuiten und kulti­ scher Bundesschluss in der «Ordensregel» vom Toten Meer (StPB 3), Leiden 1961; K. Schubert, Die judischen Religionsparteien im Zeitalter ]esu, in Idem (Hrsg.), Der historische Jesus und der Christus unseres Glaubens, Wien 1962, 15-roi ; H. Bardtke, Qumran-Probleme, Berlin 1963; G. Jeremias, Der Lehrer der Gerechtigkeit (StUNT 2), Gottingen 1963; ]. Becker, Das Heil Gottes (StUNT 3), Gottingen 1964; A. Fin­ kel, The Pharisees and the Teacher o/ Nazareth (AGSU 4) , Leiden 1964; W. Grundmann, Das palastinische Judentum im Zeitraum zwischen der Erhebung der Makkabaer und dem Ende des Judischen Krieges, in]. Lei­ poldt - W. Grundmann (Hrsg.), Umwelt des Urchristentums r, Berlin 1967, 143-291; P. von der Osten-Sacken, Gott und Belial (StUNT 6), Gottingen 1969; G. Baumbach, Das Sadduzaerverstandnis bei Josephus Flavius und im NT: Kairos 13 (1971) 17-37; ]. Neusner, The Rabbinic Traditions about the Pharisees be/ore 70, 3 voli., Leiden 1971; ]. Le Moyne, Les Sadducéens, Paris 1972; E. Bammel, Saddu:zaer und Sadoki­ den: ETL 55 (1979) 107-II5; ].M. Baumgarten, The Pharisaic-Sadducean Controversy about Purity: ]]S 31 (1980) 157-170; H. Lichtenberger, Stu­ dien :zum Menschenbild in Texten der Qumrangemeinde (StUNT 15), Gottingen 198o; ]. Neusner, Das pharisaische und das talmudische Ju­ dentum, Tiibingen 1984; ]. Maier, Antikes Judentum, in G. Strecker ­ ]. Maier (Hrsg.), Neues Testament - Antikes ]udentum, Stuttgart 1989, 137· 1842.

La situazione sociale

«Lungo il Lago di Genezaret si estende l'omonimo territo­ rio di meravigliosa natura e bellezza. Per la fecondità del suo­ lo esso permette ogni sorta di vegetazione. E i suoi abitanti coltivano di tutto. Il clima temperato si adatta pure ai diversi tipi di vegetali. Le noci, che rispetto ad altre piante richiedo­ no una temperatura particolarmente fresca, crescono lì rigo­ gliose in gran numero. Accanto si ergono palme che hanno bisogno di caldo e ancora, nelle immediate vicinanze, fichi e 29. Cfr. R. Mcyer, ThWb

vn 43 (tr. it. GLNT XI xu6).

La situazione sociale

ulivi per i quali è indicato un clima moderato. Si potrebbe parlare di una gara della natura che s'impegna con forza a raccogliere in un luogo tutti i suoi contrasti o di una nobile lotta delle stagioni nel corso della quale ciascuna cerca di contendersi con decisione questa regione. Il suolo non pro­ duce solo la frutta più varia che difficilmente si potrebbe im­ maginare insieme, ma la fornisce matura per lungo tempo. La più nobile, ossia l'uva e i fichi, è elargita ininterrottamente per dieci mesi; l'altra matura a poco a poco durante tutto l'anno. Infatti alla fecondità della regione contribuisce, oltre che la mite temperatura, anche l'irrigazione da parte di una sorgente molto vigorosa chiamata Cafarnao dagli abitanti . . . ' Tale territorio si estende per 30 stadi di lunghezza e 20 di am2 plezza)). Con queste parole quasi esaltate Giuseppe descrive la re­ gione tra Cafarnao e Magdala, la pianura di Genezaret, che rappresenta il nucleo fecondo della Galilea. Tuttavia le condi­ zioni sociali ed economiche della maggioranza della popola­ zione si presentavano ben diverse. Se in questo senso si vuole avere uno sguardo d'insieme su tutta la popolazione della Palestina che contava circa un mi­ lione di abitanti, bisogna distinguere tra la Galilea (e Sama­ ria) da un lato e la Giudea e Gerusalemme dall'altro. Le atti­ vità economiche che caratterizzavano l'intero paese erano l'a­ gricoltura, cioè la coltivazione dei campi e l'allevamento del bestiame, e inoltre l'artigianato e il commercio, ma è logico che in Galilea predominasse l'agricoltura unita, sul lago, alla pesca, mentre al sud e a Gerusalemme l'artigianato e il com­ mercio. Tuttavia anche in Giudea c'erano pascoli, campi e or­ ti, come in Galilea erano indispensabili determinati artigiani. Fra questi rientravano sarti, fabbricanti di sandali, lavoratori edili (tra cui Giuseppe di Nazaret come -tÉx't"wv, Mt. 13,55), •

r . La regione di Cafarnao è ricca di sorgenti. Flav. Ios., vit. 403 racconta che non lontano da quel luogo era capitato in una palude ed era precipitato giù da cavallo. J. /lcll. J,516 · )21. Lo stadio - la cui misura esatta oscilla fra 177 e 185 metri - equi· v11k· a un tratto che può essere percorso in due minuti. Cfr. O.W. Reinmuth, KP v 1 16 s .

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La situazione culturale e sociale d'Israele

macellai, conciatori (cfr. Mc. 9,3), fornai, maniscalchi, vasai. A Gerusalemme c'erano tessitori. La valle dei formaggiai che vi si trovava a ovest della spianata del tempio indica l'esistenza del relativo gruppo. È inoltre da mettere in conto un numero non trascurabile di disoccupati. Fornire cifre più precise, tut­ tavia, è qui assolutamente impossibile. La stratifìcazione sociale della popolazione mostrava diffe­ renze sempre più gravi. In alto era insediata un'esigua fascia di latifondisti che si potevano permettere di dimorare in un'a­ bitazione cittadina a Gerusalemme. Sotto si trovava la massa dei piccoli contadini e braccianti. Questi ultimi erano nella condizione peggiore. Vivevano giorno per giorno e dovevano quotidianamente aspettare che comp arisse qualcuno disposto ad assoldarli. Se ne stavano quindi oziosi sulla piazza del mer­ cato in attesa degli eventi, come racconta la parabola dei lavo­ ratori nella vigna (cfr. Mt. 2o,r-r6). Essi potevano venire in­ gaggiati non solo per l'agricoltura, ma anche per la pesca e al­ tre attività. Di Zebedeo, padre di Giacomo e di Giovanni, si dice che assumeva salariati per la pesca (Mc. 1 , 20) . La paga ammontava di regola a un denaro. Esisteva però anche uno strato sociale intermedio composto da artigiani, piccoli commercianti, come pure dai sacerdoti comuni (e dai !eviti), che dovevano essere circa 7000. 3 Essi erano assegnati al servizio durante la settimana, ma poiché erano in gran numero l'incarico toccava loro solo raramente, sicché era impossibile che vivessero del tempio ed erano co­ stretti a esercitare un altro mestiere. La maggior parte non si poteva permettere di alloggiare nella capitale. Gerico era con­ siderata una città di sacerdoti. Nella compagine sociale questo strato intermedio dovrebbe aver rappresentato un fattore di stabilità. Come in tutto il mondo antico, anche in Israele c'erano schiavi. Al riguardo bisogna aver presenti nella loro durezza le condizioni cui erano sottoposti gli schiavi. Essere schiavo si­ gnificava essere proprietà di un altro. L'esistenza di schiavi in J.

C&. Foerster, Zeitgeschichte 96 s.

La sit���U.ione sociale

Israele ci è di nuovo confermata indirettamente dalle parabole dei vangeli sinottici. Il vocabolo greco corrispondente, �ou­ Àoc;, dovrebbe essere reso possibilmente con «schiavo» non con «servo», così da non applicare surrettiziamente al tempo di Gesù relazioni sociali posteriori. In verità la situazione de­ gli schiavi, almeno degli schiavi giudaici, era meno dura nella casa giudaica che in una casa greca o romana. Anche il loro numero in tutto il paese non dovrebbe essere stato elevato, se di nuovo si fa un confronto con la Grecia o addirittura con Roma. Lo schiavo giudaico sapeva di essere sotto la protezio­ ne della legge e doveva essere trattato come un salariato che vendeva la sua forza lavorativa. Così poteva arrivare anche a un modesto possesso. Soprattutto doveva essere rimesso in li­ bertà nell'anno sabbatico. Qui si rivela un tratto estremamen­ te umano della legge. Diversamente stavano però le cose per gli schiavi pagani che non godevano dei privilegi giudaici. Non di rado questi si adoperavano per essere ammessi come pro­ seliti nella sinagoga. I contrasti nei rapporti sociali erano accentuati da una ri­ partizione estremamente disuguale della proprietà terriera che era in massa concentrata nelle mani di pochi. Al tempo di Erode il Grande era il re stesso che deteneva la proprietà più estesa. Ma la situazione non cambiò neppure sotto i suoi fìgli. Probabilmente essi si assicurarono le regioni più fertili. Di Erode Antipa sappiamo che ricavava ogni anno dalla Gali­ lea e dalla Perea 200 talenti.4 Quando Archelao fu mandato in esilio, i suoi beni furono venduti. Dei compratori non sappia­ mo nulla, ma furono evidentemente interessati solo quanti potevano disporrre di un capitale.' Poteva inoltre avvenire peraltro già al tempo dei Seleucidi - che il re concedesse in feudo beni terrieri a uomini del suo seguito (ministri, militari) che avessero ben meritato. Uno scorcio interessante sull'amministrazione di questi be­ ni ci è offerto dai papiri di Zenone. Zenone era un incaricato 4·

Flav. los., ani. I?,JI8 ss. ,. Cfr. Theissen, Studien 137 (tr. it. r82).

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La sitlldzione culturale e sociale d'Israele

d'affari di Apollonio, il quale presso il re d'Egitto occupava il posto di ministro delle finanze. Apollonio possedeva in Gali­ lea, a Beth-Anath, un fondo che Zenone nell'anno 260/259, oltre a sbrigare numerosi altri affari, ispezionò con un consi­ 6 derevole gruppo di Greci. Ci è rimasta una lista di consegne riguardante recipienti incerati e boccali impeciati pieni di vi­ no. È presumibile che Apollonio avesse affittato la tenuta a contadini galilei che la lavoravano. Un papiro riferisce degli sforzi compiuti dall'incaricato d'affari per piegare i contadini che cercavano di opporsi alla consegna dei prodottU Ne ri­ sulta un quadro ampiamente concorde con quello che fa da sfondo alla parabola dei vignaiuoli ribelli (Mc. 12, 1-9 parr. ) . Anche qui si tratta di una vigna che un proprietario straniero aveva affittato a vignaiuoli galilei. Alla consegna del fitto que­ sti creavano difficoltà. Riguardo ai contratti di locazione si possono individuare due forme. Nella mezzadria il proprieta­ rio cede il campo o la vigna e incarica un suo fiduciario di vi­ gilare sul raccolto. Il fitto consiste nella consegna di una parte del raccolto stabilita in percentuale. Giacché naturalmente il raccolto varia a seconda degli anni, il proprietario deve essere presente al tempo della messe o farla controllare, come acca­ de nella parabola citata. Nella seconda forma di locazione il fitto è stabilito a priori per appezzamento di terra. C'è inoltre ancora l'economia domestica. In essa un amministratore agi­ sce in nome del proprietario che abita altrove o all'estero. L'amministratore deve provvedere ai lavoratori e agli schia­ vi e ovviamente deve rendere conto al suo signore. 8 Anche l'economia domestica si riflette in alcune parabole (Le. 12,42 s.; r6,r-8; Mc. 13,34 s.). Con l'espandersi del latifondo si sviluppò anche l'esporta6. Rostovtzeff, Die hellenistische Welt I 277. 7· Cfr. M. Hengel, Das Gleichnis von den Weingiirtnem Mc 12,1-12 im Lichte der Ze­ nonpapyri und der rabbinischen Gleichnisse: ZNW 59 (1968) 1-39: 12-14. 8. Cfr. Kippenberg, Klassenbildung 146-152. Kippenberg suppone un conflitto tra l'aristocrazia di antico insediamento, rappresentata nella gerusia o nel sinedrio, e quegli aristocratici impegnati negli appalti statali, giacché questi sembravano favoriti e costituivano anche la nobiltà di censo che si era arricchita di recente e doveva ap­ parire sospetta alla nobiltà di sangue (pp. 133 s.).

LI situazione sociale

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zione/ concernente in primo luogo i prodotti naturali come olio, vino, olive e cereali. La rete stradale, incrementata dai Romani, era relativamente ben sviluppata. Una strada portava da Cesarea, sul mare, a Damasco attraverso la Galilea (via maris). Anche Gerusalemme era collegata alla città portuale mediante una strada. L'espansione del commercio si può ar­ guire anche dalla decisione di Erode il Grande di costruire il porto di Cesarea, che prima era chiamata Torre di Stratone. La fondazione della nuova città cade nell'anno ro a.C. I lati­ fondisti contavano su buone relazioni all'estero. L'impero ro­ mano e la pax Romana favorivano il commercio internaziona­ le. In Act. 1 2,20 si accenna di passaggio alle esportazioni del re, Erode Agrippa, verso le città costiere di Tiro e di Sidone. Queste ricevevano dalla sua terra i generi alimentari. A Geru­ salemme inoltre si tenevano regolarmente vari mercati, quello dei cereali, del bestiame, della frutta, del legno. Si teneva an­ che un'asta durante la quale si esponevano e si offrivano in vendita schiavi e schiave. Dai vangeli ci è noto il mercato an­ nuale che si svolgeva in occasione della festa di pasqua nel cortile esterno del tempio e cominciava circa tre settimane prima della festa. I guadagni dell'esportazione andavano cer­ tamente a vantaggio soprattutto dei proprietari. Si awerava per loro il detto: Ossibile, ma di fatto questa dovrebbe essere considerata una soluzione di comodo.

Io6

Gesù prima dell'attività pubbliCil

attenderebbe di rivelarsi alla fine. Avvicinare il Battista alla cristologia del figlio dell'uomo non significa farlo passare per apocalittico. Tuttavia, tenuto conto dell'ampia influenza del­ l'apocalittica, non ci si dovrebbe meravigliare se anche nella sua predicazione persistono elementi apocalittici. È difficile decidere tra Dio e il figlio dell'uomo. A favore della seconda ipotesi si potrebbe ricordare che nella predica­ zione di Gesù continua ad esserci l'attesa del figlio dell'uo­ mo. Questo sarebbe allora un elemento che Gesù avrebbe at­ tinto dalla predicazione del Battista, in verità non senza mo­ dificarlo. L'obiezione più importante contro una tale identifi­ cazione del battezzatore in Spirito e fuoco col figlio dell'uomo è costituita dal fatto che il battesimo escatologico in Spirito è sempre riferito a Dio. A tale obiezione si può però rispondere che nell'aspettativa escatologica del giudaismo contempora­ neo si riscontrano indubbiamente concezioni che fanno coo­ perare insieme nel modo più stretto Dio e il salvatore escato­ logico fino a far coincidere l'attività di entrambi." Del figlio dell'uomo si dice in Hen. aeth. 49 che possiede la pienezza dei doni dello spirito e al suo cospetto si effonde la sapienza .. come acqua. In Mc. 1,7 parr. si tramanda il detto che esprime la grande umiliazione: ione proposta da Pohlmann

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L'offerta de& salvev.a

assolutamente legittimo che il figlio minore partendo per il suo viaggio all'estero prenda con sé quella parte del patrimo­ nio da lui convertita in denaro liquido. Al riguardo si può ri­ cordare che a quel tempo numerosi giovani preferivano l'emi­ grazione alla permanenza nella loro terra giacché nutrivano la speranza di un futuro migliore. Il figlio maggiore rimane inve­ ce sotto la pbtestas del padre. '4 Il figlio più giovane s'indebita quando prende a condurre una vita dissoluta, sì da sperperare con lampante rapidità il suo denaro che non doveva essere poco. In tal modo ha radi­ calmente vanificato una obiettiva fiducia riposta in lui. L'e­ spressione �wv à:aw'twç (v. 13 in fine) è eccezionalmente aspra e stigmatizza la perversione del suo stile di vita.'' Il giudizio del figlio maggiore sul fratello in termini an­ che qui non eufemistici - non è campato per aria: quello ha >. Ed essa si sposterà. Se avete fede quanto un granello di senapa, potreste dire a questo gelso: «Sradicati e piantati in mare>>. Ed esso vi obbedirebbe.

La questione centrale qui è se l'immagine originaria fosse data dalla montagna o dal gelso. La pianta è da preferire. Tale immagine è originaria e probabilmente è stata coniata di fronte a un gelso sul Lago di Genezaret. La trasformazione dell'immagine primitiva nella fede che sposta le montagne sa­ rebbe dunque avvenuta in seguito e probabilmente per l'as­ similazione di un proverbio (cfr. 1 Cor. 13,2; ev. Th. 48) .43 L'ammaestramento dato dal logion si basa su un incisivo con­ trasto: quello tra piccolo e grande. Il granello di senapa era considerato la cosa più piccola, che l'occhio potesse ancora percepire. Al gelso si attribuiva una particolare forza nelle ra­ dici.44 Dalla cosa più piccola si sprigiona dunque un grande effetto. L'immagine non va intesa alla lettera come se si trat­ tasse di spostare una pianta in mare attraverso un atto magico o di misurare la fede. La vera fede è grande nei suoi effetti, ma è data solo se in essa un uomo si apre a Dio mettendosi a sua disposizione. In tal caso Dio può operare attraverso l'uo­ mo. Ci siamo già imbattuti in un discorso analogo appunto nella pericope della comparsa di Gesù a Nazaret. Lì è stato 43· Diversamente Hahn: ZNW 76 (1985) r56·r58, per il quale l'immagine è data dal monte e dal mare. Cosl è in Mc. u ,2 3· Tuttavia il proverbio è stato introdotto da Marco. Riguardo alla tradizione dei logia in Marco, è facile notare che essa non di rado appare abbastanza spezzata nella sua continuità. Mt. >t,2I dipende da Marco. Matteo riproduce il logion due volte giacché si trovava in Q e in Marco. Su questa discussione cfr. Gnilka, Matthiiusevangelium II 105 s. uo (tr. it. II r6o s. r68); Idem, Markus II 133 (tr. it. 617 s.). Il detto della fede che sposta le montagne è noto anche alla letteratura rabbinica. Cfr. Billerbeck 1 759· 44· Per il gelso il testo usa il termine >. Sulla problematico cfr. Gnilka, Matthiiusevangelium I 489 s. 492 s. (tr. it. I 709 ss. 7I5). In questa parabola potrebbe al massimo trapelare la sorpresa venutasi a creare nella situazione posteriore della comunità alla scoperta della zizzania, cioè del male.

Futuro, presente, viantmza del/a signoria di Dio

Rassicurante, anzi provocatoriamente rassicurante, appare una breve parabola che qui dobbiamo ancora richiamare e al­ la quale si sono dati molti nomi: parabola della semente che cresce da sé, del contadino paziente, del seme (Mc. 4,26-29). Si può leggere soltanto in Marco; Luca non l'ha ripresa e Matteo ha messo al suo posto quella dell'erbaccia, probabil­ mente perché la prima sembrava loro troppo priva di preoc­ cupazioni. Essa racconta la cosa più ovvia del mondo per un contadino galileo, il processo di maturazione del seme: Cosl avviene con la signoria di Dio come con un uomo che gettò il seme in terra. E dorme e si alza, notte e giorno. E il seme germoglia e si al­ lunga senza che egli sappia come. Da se stessa la terra porta frutto, dapprima lo stelo (erbaceo), poi la spiga, poi il chicco ricolmo nella spiga. Quando poi il frutto lo consente, egli manda subito la falce poi­ ché è venuta la mietitura.

Benché tale processo sia ovvio e corrisponda all'esperienza quotidiana, per l'uomo della Bibbia esso nasconde qualcosa d'impenetrabile, quasi un mistero. La maturazione è un pro­ cesso che avviene da sé. In contrasto con esso è presentato con tratti marcati il contadino che dopo aver seminato sembra essersi liberato di ogni compito. Dorme e veglia attendendo fiducioso il frutto. Qui ricompare l'aspetto del tempo accor­ dato dalla basi/eia futura: esso è caratterizzato non da una de­ terminata estensione, ma dall'essere concesso in dono. Lo do­ mina la certezza che la signoria di Dio sia presente e sia desti­ nata a svilupparsi in una prossima mietitura. '3 Proprio il tratto dominante della spensieratezza è appunto una prova del fatto che ci troviamo qui di fronte a una parola risalente a Gesù.'4 c) La signoria di Dio è il tema dominante di un logion in cui Gesù definisce il proprio rapporto con Giovanni Battista 23. Si discute se il v. 29 fosse fin dall'inizio pane integrante della parabola. Compare una citazione di /oe/ 4,19: >. Quello rispose: «Soltanto torna indietro. Infatti che cosa ti ho fatto? ... 3 Poi si alzò, segul Elia ed era al suo servizio (I Reg. 19,19·21). 2. fl raccontO Corrispondente di l..c. 5,1·II è precedutO dalla presentazione dell'inse· gnamento e dell'attività di Gesù a Nazaret e a Cafarnao (4,14·44). In verità, rispetto al testo antecedente di Marco Luca non offre nulla di nuovo e sposta semplicemente le pericopi (cfr. Mc. 6,1-6a; l,2J·J8). L'episodio del rifiuto di Gesù a Nazaret viene intenzionalmente sviluppato e posto all'inizio. 3· Secondo la redazione originaria del racconto Elia non gli permette di congedarsi dai suoi. C&. G. Fohrer, Elia (AThANT 31), Ziirich 1957, 21 s.

Discepola/o e sequela

21 3

Gli elementi che in tutti i casi contraddistinguono la strut­ tura sono l'impressione, suscitata volutamente, che si tratti del primo incontro fra colui che chiama e il chiamato, il lavo­ ro quotidiano durante il quale awiene la chiamata alla seque­ la, l'obbedienza istantanea e il superamento di un ostacolo rappresentato dal distacco dal padre o dai genitori.4 Pur tendendo a plasmare in modo consapevole il raccon­ to secondo una scena ideale/ la tradizione lascia aperti alcu­ ni spiragli sullo sfondo storico. In esso rientrano i nomi dei chiamati e del loro padre, il loro mestiere e in particolare il modo in cui awiene la chiamata da parte di Gesù. Decisiva per accedere alla sua sequela non è la risoluzione del discepo­ lo, ma la volontà elettiva di Gesù. L'iniziativa sta in lui. In questo egli si differenzia dal rapporto maestro-scolaro in uso presso i rabbi giudaici. Ll era lo scolaro che cercava il suo rabbi e di norma sceglieva quello da cui sperava di apprende­ re il massimo. Egli poteva anche passare da uno all'altro. Ge­ sù invece si ricollega alla concezione profetica della sequela. Questa non è awiata e resa possibile per il fatto che Gesù sa­ rebbe un rabbi famoso, ma perché egli chiama con un'autori­ tà carismatica. Il singolare carattere carismatico di questa se­ quela, inoltre, emerge quando si consideri che nel caso di Elia non è in fondo il profeta a chiamare, ma Dio rappresentato attraverso l'atto simbolico del gettar sopra il mantello. In Ge­ sù manca un tale simbolo. Egli chiama attraverso la sua paro­ la. Logia di sequela che sono stati tramandati confermano questa autorità. Volendo ricostruire gli esordi dell'attività di Gesù in rela­ zione alla costituzione di un discepolato, ci si è talvolta chiesti se egli all'inizio non abbia operato per un certo tempo da so­ lo, senza essere attorniato da discepoli.6 A rigore questa pos­ sibilità non si può escludere, ma in ogni caso un tale periodo 4·

La schematizzazione è riconfermata da Mc. 2,14 parr., ossia dalla chiamata del pubblicano. 5· Locuzione di Bultmann, Geschichte 27. 6. Hengel, Nachfolge 8o (tr. it. 127) rileva che nella traclizione più antica Gesù pare spesso operare da solo.

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Discepoli, sequela, stile di vita

dovrebbe essere stato breve, tenuto conto della durata dawero limitata di tutta la sua attività. La chiamata di Gesù ai disce­ poli non veniva da qualcuno a loro sconosciuto.7 Dobbiamo tener presente che alcuni, chiamati da Gesù, erano in prece­ denza appartenuti alla cerchia dei discepoli di Giovanni Bat­ tista (cfr. Io. 1,35 ss.) . È quindi da supporre che questi avesse­ ro già conosciuto Gesù stando vicino al Battista. Gesù inoltre raccolse la sua cerchia di discepoli in Galilea, dove si trovava il centro della sua attività. 8 Un particolare che va oltre la storia della chiamata da parte di Elia è il detto d'incarico proferito da Gesù: «lo vi farò pe­ scatori di uomini». La sua originalità si dimostra nel suo adat­ tamento alla professione finora esercitata da questi uomini e quindi nello sforzo per far loro comprendere che d'ora in­ nanzi dovranno essere «pescatori» in un altro ambito. Rispet­ to all'immagine di pescatori o cacciatori di uomini si possono ritrovare paralleli che hanno soltanto una connotazione nega­ tiva. In tal senso qualora Gesù si fosse riallacciato a un tale uso preesistente, vi avrebbe introdotto il significato positivo.9 È però più probabile la formazione spontanea del detto la cui immagine si sarebbe ispirata al mestiere esercitato. Ne risulta un senso fondamentale della sequela che ci riporta al nucleo centrale dell'attività di Gesù: la proclamazione della signoria di Dio. Gli uomini, infatti, devono essere presi nella signoria di Dio, devono trovare scampo nella salvezza che viene loro offerta. Gesù raccolse attorno a sé discepoli che lo aiutassero nella sua propria attività. w La condizione di discepolo di Gesù è rivolta all'esterno, agli uomini. 7· Se Luca premette alla vocazione altre pericopi e in panicolare anche l'annotazione

secondo cui quanti sarebbero stati chiamati avevano avuto prima occasione di ascol­ tare la predicazione di Gesù (5,1.4), avrà appunto avvenito la difficoltà di presentarli come quelli che obbedivano alla chiamata di uno sconosciuto. Cfr. sopra, n. 2. 8. Non si può dire che Gesù avesse sottratto discepoli al Battista. Evidentemente questi erano ritornati in Galilea e avevano ripreso le loro occupazioni. 9- ler. 16,16; I QH 5,7 s.; 3,26 (giacchio degli empi). Le. 5,10 tramanda il logion in forma mutata: «D'ora innanzi pescherai uomini». Hengel, Nachfolge 85 (tr. it. 1 341 111 fa risalire a una variante aramaica di traduzione. n detto dei pescatori di uomini non è ellenistico, come al contrario ritiene Haenchen, Weg �2, sulla base di un paralldu molto cliscutibile in Aristippo.

Discepolato e sequela

Ma tale condizione è volta anche all'interno, verso Gesù. Questo orientamento è espresso dalla parola sequela, della quale è da supporre che Gesù abbia fatto uso al pari della pa­ rola discepoli. In proposito è da segnalare che mentre nella storia di Elia si dice che Eliseo si mise al suo setvizio, nel van­ gelo si legge: lo seguivano. In tal modo si mostra una caratte­ ristica del tutto nuova dell'essere discepolo di Gesù. Nel rap­ porto rabbinico di scolaro-maestro era affatto usuale che il primo setvisse il secondo, come fa vedere il proverbio: «Uno scolaro deve svolgere per il suo maestro tutti i lavori che uno schiavo presta al suo signore, tranne quello di sciogliergli i sandali» (bKet. 96a) . " Gesù invece dice: a grande impor· tanza. 12. Cfr. O.H. Steck, lsrael und das gewaltsame Geschick der Propheten (WMANT 23), Neukirchen 1967.

Israele, popolo di Dio e chiesa

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ascrivere all'antico logion di Gesù il v. 38 in quanto esplicito annuncio del giudizio. In Mt. u,21-24 l Le. 10,13-15 i destinatari sono Corazin, Betsaida e Cafarnao: Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Poiché se fossero awenuti in Tiro e Sidone i miracoli che sono awenuti presso di voi, già da tempo si sarebbero convenite in sacco e cenere. Ebbene, a Tiro e Sidone toc­ cherà una sone più tollerabile che a voi nel giorno del giudizio. E tu, Cafarnao, tu non fino al cielo sarai innalzata, agli inferi sarai precipi­ tata.'3

Questo logion s'accorda strutturalmente con il detto giudi­ ziario su questa generazione, dal momento che anche qui la riluttanza del pubblico giudeo alla conversione è contrappo­ sta alla disponibilità dei pagani. Il contrasto appare ancor più netto in quanto la disponibilità di Tiro e Sidone, città siria­ che, è solo presupposta, mentre i Niniviti e la regina del Mez­ zogiorno rappresentavano esempi concreti della tradizione bi­ blica. Ancor più: Tiro e Sidone sono considerate dalla tradi­ zione biblica come arroganti ed empie: (17,35). Proprio in rapporto alla vittoria sui nemici il messia assume una statura tale da superare ogni possibilità umana, diventan­ do una figura escatologica sottratta alla storia. Se dunque ri­ spetto alla propria origine il figlio dell'uomo e il messia pos­ sono essere essenzialmente distinti, nell'ambito sopra delinea­ to