Lo scetticismo antico. Vol. I [1, 1 ed.]

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LO SCETTICISMO ANTICO ATTI DEL CONVEGNO ORGANIZZATO DAL CENTRO DI STUDIO DEL PENSIERO ANTICO DEL C.N.R . ROMA 5-8 NOVEMBRE 1980

A

cura

di

GABRIELE GIANNANTONI

VOLUME I

BIBLIOPOLIS

Proprietà letteraria riservata

Copyright © «

C.N.R., Centro diretto

1981 by

di s tu d i o del pensiero antico»

da GABRIELE GIANNANTONI

INDICE

VOLUME I Avvertenza

p.

9

GABRIELE GIANNANTONI: Pirrone, la scuola scettica e il si­ stema delle «successioni»

»

11

GUIDO CALOGERO: Socratismo e scetticismo nel pensiero antico

»

35

»

47

VAI.ERIO VERRA: Hegel

dei tropi

e

lo scetticismo antico: la funzione

ENRICO BERT I: La critica allo scetticismo nel IV libro della

»

61

GIOVANNA SILLITTI : Aristotele e un'argomentazione scettica contro il numero

»

81

FERNANDA DECLEVA CAIZZI: Prolegomeni ad una raccolta delle fonti relative a Pirrone di Elide

»

93

GIUSEPPE MARTANO: Platone tra pitagorismo e critica scettica

»

129

ANNA MARIA IOPPOLO: Il concetto di « eulogon» nella filo­ sofia di Arcesilao

»

1 43

MARGHERITA LANCIA: Arcesilao e Bione di Boristene

»

163

LINDA M. NAPOLITANO: Arcesilao, Carneade e la cultura ma­ tematica

»

179

EVA DI STEFANO: Antioco di Ascalona e la crisi dello scetti­ cismo nel I secolo a. C.

»

195

ALDO BRANCA CCI : La filosofia di Pirrone e le sue relazioni con il cinismo

»

211

GIOVANNI R EA LE : Ipotesi per una rilettura della filosofia di Pirrone di Elide

»

243

GIAN ARTURO FERRARI: L'immagine dell'equilibrio

»

337

PAOLO COSENZA : oùOÈ'J [Un.).o')

»

371

RENATO LAURENTI: Epitteto e lo scetticismo

»

377

BARBARA FAES DE MOTTONI: Isidoro di Siviglia e gli Acca­ demici

»

393

CARMELA BAFFIONI: Per l'ipotesi di un influsso della scepsi sulla filosofia islamica

»

415

Metafisica

INDICE

8 STEFANIA NONVEL PI ERI : Due relativismi a confronto: Pirro­ niani e Accademici, di nuovo, nelle Ipotiposi di Sesto Empirico

»

435

FRANCESCO AD ORNO: Sesto Empirico: metodologia delle scien­ ze e «scetticismo» come metodo

»

447

VINCENZA CELLUPRICA: "0'l]'t6,, e a:t�i .. �.9nc!t.t��:l.�nj� E qui, chi fosse interessato al problema - anche in vista del nostro tema presente, cioè quello del rapporto fra socrati smo e scetticismo nell'Accademia - dovrebbe rileggersi col' cura almeno la seconda metà del libro VII della Repubblica, ben inteso, nell'originale greco. Nella maggior parte delle tradu7.ioni moderne , infatti, continua ancora a sopravvivere largamef'�e la tendenza ad interpretare nel senso di ciò che tanti secoli rtopo significò « dialettica » ( p . es . in HegeI ) tutte le espressioni. che __

. .

..

__

o

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GUIDO

CA LOGERO

in questo greco di Platone, anche quando egli fa parlare So­ crate di OLa.)."EX"tLXl) [l-Éeoooc:; o di oLa)."Ex"tLXl) 1tOpELa o di oLa)."Ex"tLXT) e oLa).,Ex"tLxec:; sostantivati, indicano invece sempre quella fondamentale OUVa[l-LC:; "tou oLa).,ÉYEO"eaL e di À.6yov OL­ oevaL xal. OÉXEO"eaL, cioè quella disposizione ed attitudine a di­ scutere con altri ogni problema con attenzione critica, e non con mero intento eristico di vittoria nel dibattito. Tale infatti è l 'exetazein che Socrate non solo mise in atto tutta la vita, ma che attirò su di lui la condanna a morte quando dichiarò che non vi avrebbe rinunciato mai . Ora il punto fondamentale, qui - anche per intendere il nesso di questa « dialettica » in senso autentico con la futura « scepsi » è che tale dYnamis tou dialéghesthai della Repub­ blica, tale « potenza del dialogare » - ma che meglio do­ -

vrebbe tradursi « apertura al discutere », o « disposizione al dialogo » - non sia affatto all'inizio, ma viceversa al termine, al culmine del processo educativo auspicato da Socrate e da Platone per la classe dirigente del perfetto stato . All'inizio, in­ vece, o almeno in una fase propedeutica , essa avrebbe dovuto essere collocata, qualora non sua caricatura polemica ma suo positivo esempio, fosse stata la cosiddetta « esercitazione dia­ lettica » che chiude il Parmenide platonico . Circa esso, infatti , va ormai sia pure a poco a poco affermandosi la tesi - ai miei primi tempi ancora di strettissima minoranza - che tale stra­ ordinario dialogo è appunto solo quel « laboriosissimo gioco » - pragmatei6tes paidia che dice esso stesso di essere : ossia una formidabile dissoluzione di quella dialettica zenoniana del si e del no da Platone combattuta proprio perché oppostagli dai megarici : così che nel dialogo la sola battuta non ironica è la soluzione soggettivistica che il giovane Socrate, in uno dei suoi scarsi interventi iniziali, vi propone dell'argomento, appunto megarico, del terzo uomo , anche se egli è poi troppo ben edu­ cato per contestare le successive e alquanto discutibili obiezioni ontologizzanti del vegliardo Parmenide . Perciò stesso - se posso estendere ancora per un momento questa digressione, che suggerisce un altro problema di ricerca - bisognerà bene tor-

S OCRAT I S MO E S CETTICI S MO NEL PEN S IERO ANTICO

41

nare a distinguere con ogni cura, anche negli altri due cosiddetti dialoghi « dialettici» del tardo Platone, quelli a cui Socrate quasi soltanto assiste, perché protagonista vi è invece l 'Ospite di Elea, cioè il Sofista e il Politico : a distinguervi, ripeto, il poco che Socrate avrebbe potuto accettare, dal molto che è evidente ironizzazione polemica di Platone . Quando mai, di fatto, il So­ crate platonico altrove adotta, nel suo exetazein maieutico, il metodo di classificazione fondato su quelle diairéseis, su quelle divisioni dicotomiche che erano appunto care a Zenone di Elea? Anche qui bisognerà distinguere, insomma, dove Platone fa sul serio e dove soltanto ironizza, probabilmente, su metodi me­ garici di ottenere definizioni di idee. Così nel Timeo il pro­ blema sarà in primo luogo quello di distinguere in esso il con­ tenuto platonico da quello della tradizione pitagorica, giacché di propriamente socratico non vi sopravvive quasi nulla. Vi­ ceversa, in un altro di q"esti dialoghi tardi, il Filebo, Socrate torna ad essere protagonista, perché il problema del rapporto tra il piacere e il bene è, da sempre, il suo problema di fondo . Ma torniamo a quel che dicevamo della dialettica ( o meglio « dialogica ») della Repubblica. Nel lungo curriculum di quella cultura, insieme umanistica e scientifica, di cui i futuri dirigenti debbono appropriarsi, tale « capacità di dialogo », lungi dall'es­ sere qualcosa di propedeutico, come una sorta di alfabeto lo­ gico necessario per accedere a tale cultura, ne presuppone vi­ ceversa la lenta acquisizione ed esperienza, affinché si possa in­ fine esercitare la dynamis tou dialéghesthai senza che in essa lo spirito eristico della contesa rischi più di sopraffare quello critico ed etico della comprensione. Del grande edificio dei mathémata, le cose da apprendere , essa è cosi il thrink6s : non il fondamento, cioè, ma il fastigio, il culmine . Ciò corrisponde all'idea che lo haptesthai ton 16gon, 1'« uso dei discorsi » da parte dei giovani impazienti rimanga spesso al livello eristico dell'an tilég hein pur se i loro maestri dovranno essere già ab­ bastanza dialogici con loro affinché i loro insegnamenti vengano accolti non per costrizione ma con gusto. Di qui il fatto che solo a tren t 'anni i migliori giovani, raggiunta dopo così lunghi ,

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GUIDO CALOGERO

studi quella maturità culturale onde il synoptik6s è divenuto

dialektik6s (e non viceversa), debbano durante un intero altro quinquennio esercitarsi esclusivamente in tale più vero dialé­ ghesthai, per poter poi durante addirittura un altro quindi­ cennio, dimostrare attraverso cariche intermedie dell'ammini­ strazione civica di sempre meglio saper capire ed equamente ri­ spondere, alle esigenze dei cittadini, e infine, a cinquant'anni. diventare eleggibili. a turno, ai supremi posti di governo . D'al­ tronde, chi si rilegga questa famosa ipotiposi che, verso la fine del VII libro della Repubblica platonica. Socrate offre della for­ mazione della classe politica nel suo stato ideale, ricorderà certo anche la parallela descrizione che il vecchio Platone dà nel­ l'excursus della Settima lettera circa il metodo della ricerca scientifica, delle continue analisi personali e reciproche infor­ mazioni che i vari ricercatori debbono acquisire e comunicarsi quanto ai nomi e alle definizioni e alle raffigurazioni e alle pre­ sunte nature reali degli oggetti delle loro indagini. Ora, in tale continuo sforzo e scambio ermeneutico tutte quelle esperienze tanto più potranno generare l'improvvisa illuminazione della scoperta quanto maggiore sarà lo zelo con cui esse saranno

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