Le età del mondo

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Vedo più che mai non bisogna giudicar nulla secondo la sua grandezza apparente Voltaire

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MICROMEGAS Collana diretta da Fulvio Tessitore

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FRIEDRICH WILHELM JOSEPH SCHELLING

LE ETÀ DEL MONDO a cura di Carlo Tatasciore

Guida editori

Titolo originale: Die Weltalter. Bruchstiìck (Aus dem handschriftlichen Nachlafi), in Sdmmtliche Werke, Vili, Stuttgart u. Augsburg, Cotta, 1861, pp. 195-344.

Traduzione di Carlo Tatasciore

Copyright 1991 Guida editori Napoli

Grafica di Sergio Prozzillo

Introduzione

0 passato, abisso del pensiero! (Schelling, WA, 218)1

I. Le Età del mondo (Die Weltalter) costituiscono una grande opera incompiuta di Schelling. Essa si colloca in quegli anni cen­ trali della vita del filosofo, che giustamente Luigi Pareyson ha

definito di «assestamento e di maturazione»2: di assestamento, sia per il lato privato che pubblico, di maturazione, per quello metafisico. La prima traccia del progetto di Schelling risale alla

fine del 1810; da un’altra fonte del 1814 si apprende che egli nu­ triva la speranza, anzi la convinzione, di lavorare ad un’opera

che avrebbe costituito un «classico» nel suo genere, a cui non

bisognasse più aggiungere né togliere alcunché: un’opera che do­ veva contenere non soltanto un compiuto sistema metafisico, ma

1 Si indica con la sigla WA il volume: F.W.J. Schelling, Die Weltalter. Fragmente in den Urfassungen von 1811 und 1813, hrsg. von Manfred Schrdter, Miinchen, Beck, 19792 (1* ed. Miinchen, Biederstein und Leibniz, 1946). Oc­ corre subito sottolineare che l’esame comparativo di queste due prime reda­ zioni (Druck I e Druck II) del libro sul Passato con la terza versione del 181415 (v. oltre) ha messo in luce che la prima metà del Druck I è stata poi rielabo­ rata e trasfusa in modo diverso nelle due altre versioni, mentre la seconda (WA, pp. 53-107) è stata quasi del tutto abbandonata. Di qui il valore filologicamente più ricco del Druck I e di qui anche un ulteriore merito del lavoro di Schrbter, che per la prima volta ne ha fatto conoscere i contenuti: tra gli altri, una «ge­ nealogia del tempo» (WA, 75) e una speculazione trinitaria sul «mistero dell’e-sistenza», affrontata basandosi sul simbolo della paternità. Nel volume vennero inoltre presentati: una serie di fogli sparsi sul tema, l’inizio del secondo libro (Presente) delle Età del mondo, e l’abbozzo per la prosecuzione del dialogo Clara (v. oltre), in cui il figlio di Schelling aveva riconosciuto delle idee per il terzo libro (Futuro). 2 L. Pareyson, Schelling. Presentazione e antologia, Milano, Marietti, 197P, p. 54.

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INTRODUZIONE

una prospettiva filosofica capace di «innestarsi nella vita»3. Ciò poteva servire a ribadire che il vero fondamento della filosofia, trascurato dai moderni, doveva essere la natura, la realtà, la vita stessa con le sue forze. Ma qui bisogna soprattutto riconoscere, nelle intenzioni di Schelling, l’idea del ritorno della filosofia dalla separatezza del mondo speculativo al «mondo della vita» degli uomini, che egli aveva anche condiviso con Hegel, ai tempi del «Kritisches Journal», quando insieme auspicavano, con «la vera palingenesi di tutte le scienze attraverso la filosofia»4, il su­ peramento di tutte le scissioni. Non sarebbe difficile dimostrare come questa preoccupazione nei confronti del «mondo della vita» abbia caratterizzato costantemente il lavoro filosofico di Schelling, fin dalle sue prime origini: il mito5, l’arte o la scienza (filosofia) assumono di volta in volta questo ruolo. Tra il 1810 e il 1814-15 il progetto relativo ai Weltalter ri­ sulta definitivamente stabilito e infatti l’introduzione rimane pressoché immutata nelle tre differenti versioni che Schelling ne stese: in essa è delineata la prospettiva finale di un nuovo epos speculativo, di una narrazione filosofica, che può ricordare lo stile dei poemi sulla natura dei presocratici, o di un Lucrezio. È però Platone il filosofo al quale Schelling mostra in questo mo­ mento di richiamarsi maggiormente. Le Età del mondo si vedono assegnate il compito di aprire almeno la strada verso quella meta, operando con un metodo anamnestico-dialettico. Se Schel­ ling si richiama a Platone come ad un modello, sicuramente tiene presente anche Hegel, ma alla dialettica non è disposto ad attribuire un valore che permetta di andare oltre la necessità le­ gata all’umana finitezza. ’ Schelling und cotta, Briefwechsel 1803-1849, hrsg. von Horst Fuhrmans und Liselotte Lohrer, Stuttgart, Klett, 1965, p. 87. 4 Dall’annuncio del «Kritisches Journal der Philosophie», dicembre 1801: v. Schelling, Briefe und Dokumente, Bd. I, hrsg. von H. Fuhrmans, Bonn, Bouvier, 1962, p. 252. 5 In proposito, nel libro di Peter Lothar Oesterreich, Philosophie, Mythos und Lebenswelt (Frankfurt-Bern-New York-Nancy, P. Lang, 1984), è svolta una suggestiva lettura parallela della Introduzione alle Età del mondo e del cosid­ detto Più antico programma di sistema dell’idealismo tedesco, il problematico frammento risalente probabilmente al 1796, redatto da Hegel, ma, per il conte­ nuto, attribuito anche a Schelling, a Hegel stesso, a Hòrderlin o a un quarto ignoto (cfr. tr. it. nel volume Arturo Mossolo, Urbino, Quattroventi, 1986, pp.

19-21).

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INTRODUZIONE

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Proprio mentre Schelling lavora penosamente al progettato sistema del mondo e «dei tempi», ovvero alla storia di Dio, delVUrwesen, senza alla fine pubblicare nemmeno la parte relativa­ mente ultimata sul Passato, vede invece la luce, nel 1812, il primo libro della Scienza della logica di Hegel, nella cui Introdu­ zione si leggono questi tre noti enunciati:

La logica è [...] da intendere come il sistema della ragione pura, come il regno del puro pensiero. Questo regno è la verità, come essa è in sé e per sé senza velo (Hiille). Ci si può quindi esprimer così, che questo contenuto è la esposizione di Dio, com'egli è nella sua eterna essenza prima della creazione della natura e di uno spirito finito6. Sia Schelling che Hegel parlano della scienza in senso forte e di una verità disvelata^ ricordando entrambi probabilmente il mito schilleriano del viandante di Sais7; sia Schelling che Hegel richiamano il valore degli ultimi sviluppi della filosofia tedesca in questa direzione; sia Schelling che Hegel parlano di un «Dio prima della creazione». Ma se per Hegel la scienza si fonda sul sapere assoluto, sul «concetto saputo», risultato del percorso della Fenomenologia dello spirito, c’è per Schelling invece qual­ cosa che irrompe e si impone sempre più alla ragione. In una frase: «Dio è per Schelling “ciò che vuole essere”»8. Nelle Età del mondo egli parte esplicitamente dalla defini­ zione: «Scienza è secondo il significato stesso della parola, storia (laropta)»9; la narrazione sarebbe allora la forma veramente ade-

6 G.W.F. Hegel, Scienza della logica, I, tr. it. di A. Moni riv. da Claudio Cesa, Roma-Bari, Laterza, 1978, p. 41. 7 Tra i manoscritti dei Veltalter pubblicati da Schroter, quello che riporta i primi appunti, le prime idee di Schelling sull’argomento, inizia con un ri­ chiamo aH'immaginc velata di Iside nel tempio di Sais, introdotta come meta­ fora della finitezza dell’umana conoscenza da Schiller: