Le commedie [1, 1 ed.]

Citation preview

Prima edizione

© PROPRIE TÀ LE TT ERARIA RISERVATA Istituto Editoriale Italiano Paao Pordoi,



Milano, Via Privai&

111 ·Stampato in Italia·Printed in ltaly

ISnnJTO EDITORIALE ITAUANO

CLASSICI GRECI

e

Coli•• Jintt•

LATINI

da Raffaele Cantare/la

MENANDRO

-

LE COMMEDIE

volume I

MENANDRI COMOEDIAE

VOLUMEN P RI US

HEROIS , EPITREPONTUM (CUM PAPYRI

DIDOTIANAE

MULIERIS ORATIONEI

PERICIROMENES FABULAE QUAE DICITUR INCERTA GEORGI , THEOPHORUMENES CITHARISTAE , COLACIS CONEAZOMENARUM MISUMENI , PERINTHIAE , PHASMATIS

RELIQUIAS CONTINENS

al mio Maestro Raffaele Cantare/la

Menandro

LE

COMMEDIE volume primo

Edizione a cura

cn"tica e traduzione eli Dario Del Corno

Menandri Comoediae quae exstant Recognovit, adnotatione critica instruxit, /calice nddiclit Dariu.r Dtd Corno

Menandro - Le Commedie Edizione critica t1

e

traduzione

cura di Dario Del Corno

PREFAZIONE

(òurndo MI 1959 fui incari&ato dall'Editore di preparare una nuova

edi.tione di Mmandro, comprnulmte

il

Dyscolos allora apfJmiJ ediiD,

sollllnlo quula commedia e due frammenti di scarsa mtilà (rmo dal Misumenos, e Pap. Hamb. uo) si erano aggiunti ai lesti pubbli­ cati Mila ler.ta edkioM del Kiirte. Ora, a pW di cinqru anni di di­ stan.ta, la .rituatioM è profondamente mutata: altri frammenti di com­ medie

non identifo:ale sono stati pubbli&ali, e si tUIIIUtiCÌano passi della

Samia, dell'Aspis (la cosiddetta Comoedia Fiorentina) e, soprat­ lutl6, gran parte del Sikyonios. Si è dovul6 cosi riwdere il piano del­ [• opera,

e suddivider/a in dw volumi,· ai motivi di spa.tio, determi­

nanti, si ì aggiunl6 ancM il desidnio di non ritardare troppo la pub­ bli&a.tioM di quanl6 già pron16. (blindi, in attesa cM siano resi noti i

papiri ancora iMditi, vengono pubbli&ati in quul6 primo volume i

frammenti gitl compresi nell'edkione KiiriÌllnll, falla ecce-tione per Sa­ mia e Comoedia Florentina-Aspis, ' inoltre per ilfr. Didot II e i

commentari della Hiereia e degli lmbrioi. Qpesti troveranno pos16

nel seeondo volume insieme al Dyscolos, ai minoriframmenti editi .nu:­ cessivammle, e al Sikyonios (senta escludere la sper�a di altre fortunale scoperte). Dato cM per il momen l6 è impossibile traccitzr1

una

.nu:cessione crono­

logi&a (se non per pocM opere) delle commedie mmandree, CM uni&a conuderebbe una loro organi&a disposkioM, spero CM cit) mi assolverà t/411'averle

cosi suddivise seeondo criteri del tutw contingenti, ma non

pW arbitrari di ogni altro. 11

I N D I CA Z I O N I B IB L I O GRA F ICHE

Per le opere piu frequentemente citate nell'Introduzione, nelle Premesse alle singole commedie e nelle Note alle traduzioni di queste, si adottano le abbreviazioni sotto elencate: le cifre rimandano, per quelle specificamente dedicate a Menandro, alla Bibliografia, che si trova a pp. to6-t:JO. Riviste, periodici e simili sono designati con le sigle impiegate nell'Ann� Philologique, o con altre di agevole identificazione ; enciclopedie, collezioni di papiri o di iscrizioni, raccolte di frammenti, con quelle invabe nell'uso. Gli articoli relativi a Menandro, le cui indicazioni appaiono per esteso nella Bibliografia s.e., altrove sono per lo piu contrassegna ti soltanto da­ gli estremi della rivista, in cui furono pubblicati.

ALUNION

C/8.

Bmai!R, Grotk TMater CANTAIU!LLA,

Arbitralo

M. Bti!BI!R, T'M History of 1M Gmk Princeton 1 g61 .

and

R1111an 1 TMater,

Dl/ 4.

CANTAIU!LLA, Prokgumeni

R. CANTARJtLLA, Aristofane. LI Comrntdie. Ediàone eritil:a 1 tradruione a cura di - . Vol. l, Proltgorntni, Milano •949·

CANTAIU!LLA, Arùtofane Il, Il/, ...

R. CANTARI!LLA, Aristofane. LI Commedie. Edi;:iont cri t il:a 1 tradruiont a Cllra di Vol. Il, III, .. . Milano 1 95:J . . . . .

CoPPOLA, Cornmedi6

Cly.

DE FALco, Epitropontu

C 11/yc.

DE FALCO, Stru/i

V. DE FALCO, Napoli • 958.

EDIIONDS

C fu.

jENII!N

C lto.

KORTE

C 16c1•

KOan-THIERPELDER

C 1 6 c1•

Koan, MtfUIIIdros

F / 4.

UPEBVJlE, Fragmmls

C /t

LEPEBvu, Papynu

c l t b. 13

a.

Studi sul ltatro greco,

2• ed.,

LEaxv, GgL

A. LEsBv,

MéAUTII

FI5.

PAOB

Cl/3.

PARATORB, Twro 14tino

Gudaidalt

dtr

gri«hisdam

rtJiur, 2e Aufl., Wien 1 g63 .

E.

Liu­

PARATORB, Slllri4 IUl lulro UJlituJ, Mi­

lano 1 957.

PlCBAilD-CAimlliDOE, DramtJiie FtstiPGb

A. w. PICLUD-CAKBRJDOB, Tlu Dr111111J­ Ii& FulioiJJ.s of Atlwrr.s, Oxford 1 94 3·

PJCKARD-CAimRIDOE, TlrMJlrt of Diorr,1SOJ

A. w. PlCKAJU>-CAimRIDOB, Tlu 1'1walrr of Diorr,1SOJ irr Atlwrr.r, Oxford 1 946 ( 1 956) .

RAIIBBLLI,

G. JlAKBELLJ, ComictJ gr�, Pa­ via 1 957·

Comiea

SUDHA Ili

Cl4b.

ULBRJCHT

EljR.

VAN

l..EBUWEN

CIR,.

WI!BIITZJl, MINIIIIIIr

F/7.

WI!BIITZJl, LtJln Comtd;l

T. B. L. WBBn"ER, Sttuliu irr la14r Gr«k Comtt/,1, Manchester 1 953· T. B. L. WEBn"BR, GrMk TlualTt Produe­ liorr, London 1 956.

WEIDU.I, Molivsttulim

F. WEHRLJ, Molioslwlim IromMil, ZUrich 1 936. c 1116.

14

ZID'

gri«laisela.n

INTRODUZIONE

I

MENANDR01 .. LA VITA E L'UOMO.CHE DI ATENE NIESE ALLA

AL

FINE

2.

L'OPERA.- 3· LE VICENDE STOIU­

TEMPO DI MENANDRO.- 4• LA SOCIETÀ ATE­ DEL SECOLO

IV

A.C. - 5· LA CULTURA.

-

6. LA FILOSOFIA. r. - Una iscri.tione1 attesta che Menandro ateniese, del demo di Cefoia, nacque nell'anno 342-1 a.C., durante l'arcontato di Sosigene. Varie fonti riportano il nome del padre, il nobile e ricco Diopeithes,3 e conosciamo pure quello della madre, Egestrata.' Della sua biografia possediamo poche noti.tie, non tutte attendibili. 5 Sembra inesatto che Alessi, il grande comico della genera-tione precedente, fosse suo .cio pa­ terno;• forse la fonte tramutò in rapporto di parentela quello, testimo­ niato altrove,7 di discepolato e di devota amici-eia, che legò il neofito al vecchio e glorioso drammaturgo. Se Alessi fu dunque suo mtUStro d 'arte teatrale, Menandro frequentò pure il filosofo Teofrasto, di cui

1 ) Le testimonianze antiche intorno a Mcnandro si trovano raccolte in DII FALCO, Epilrept>nJu, pp. 59 -88. c parzialmente in KoRTB-THIERRLDIIR, pp. 1-13: alla numerazione di quest'ultimo si riferiscono le cifre precedute dalla sigla T, mentre per le altre si fa riferimento alla pagina, preceduta dall'indicazione D11 F. Ritengo sufficiente riportarnc il contesto soltanto quando esso presenti particolare interesse. 11) IG XIV t til4 (T3). 3) Anon. IIcpl ICIUI)31ttç (VI CANTARELLA, Prokgommi, p. 117) 1 7 (T2): cfr. Lu. SIMID, M�pot; (Tt), JG XIV 1 184 s.e. , Apollod. Chnm. 244 F 43 F Gr Hist (T 1 4) ; .A.P. V I I 3 70 (Diodoro di Tarso?) (T5g), c altri. Dio­ pcithcs appare in una lista di dicteti nel 3115-4 a.C. (IG 1 11 1926 r. tg) (T4) ; era dunque nato nel 385-4 a.C. 4) Lu. SIMID s.e. 5 ) Per la loro discussi one e valutazione è fondamentale Koan, Merumdros, coli. 707- 7 1 4· 6 ) UJt. SIMID, w.Aì.c�� (T5l· Ma cfr. Koan-THIERPI!LDER, P· 2 ad l. 7) Anon. IIcpl ICfL. s.e. 17

l'erudita Panfila lo di&eva allievo.8 PossiatM anche a&cettare la notizia che lo uuole compagno d'eftbia di Epiçuro,• nato nel suo stesso anno; in un altro testo i due filosofi appaiono legati al poeta da vincoli di ami&izitJ.lD Rappresentd assai giovane la sua prima commedia, Orgè: nel jRR- r a.C. sotto l'arconte Filocle,U quando aveva vent'anni. Alcune fonti, che gli ascrivono già in quest'occasione la prima vittoria,11 suscitano molti dubbi. Il Marmor Parium13 di&hiara che Menandro vinse per la prima volta nel 3r6-s, essendo arconte Democlide. Questa data, prima generalmente a&ctttata, i posta ora in discussione dalla didascalia del Dyscolos, che anti&iperebbe di un anno la vittoria del poeta, riportan­ do/a all'arcontato di Demogene (317-6 a.C.). È stato supposto che il Marmor Parium si riferisca soltanto alla prima vittoria nelle Dio­ nisie, il concorso piu importante, e che questa fosse stata preceduta da una alla Lente, precisamente con il Dyscolos;u oppure da piu di una, se si vuole salvare le testimonianze, di cui alla n. r 2.16 Ma si puiJ anche intendere in altri modi la notizia della didascalia, la quale presenta una corJ'U oppure « LA do11114 di Messene»), Andria ( > ) , Rhapizomene ( « La fan­ ciulla schiqffeggiata»), Samia ( « La donna di Samo»), Sikyonios ( « L'uomo di Sicioru»), Stratiotai ( « I soldati»), Synaristosai ( « Le donne che pr�ano insieme»), Synerosa ( « La fanciulla che ricambia l'amore»), Synepheboi («I compagni d'ifebia»), Titthe («La nutrice»), Trophonios (« Trofonio»54), Hydria (« La brocca»), Hymnis (« Imnide»66), Hypobolimaios o Agroicosl' (« Il supposito» oppure « Il rustico»), Phanion (« Fanion >> ) , Pha­ sma (« L'appari> ( KoaTE­ TamanLDI!R, p. 1 28); cfr. Stlwl. Hom.). 326 e Stra b. VI 1 , 8, da cui ap­ pare che tuttavia il seduttore non sposava poi necessar iamente la ragazza. 54) Nome sia del leggendario fondatore del primo tempio di Apollo a Delli, sia di un famoso oracolo incubatorio beotico, che dava i suoi responsi in un profondissi mo antro presso Lebadea. 55) �ome di cortigiana, come il success ivo Phanion. 56) Nella seconda linea di POx. 2462 si legge AyP, [. Ciò può indicare che si trattava di due commedie divene: il titolo alternativo compare soltanto nel fr. 428 Ko., altrove sempre i l primo. Per questo motivo, sembra difficile che il papiro invertisse l'ordine dei due titoli, come per Auktridts-A"he­ plutros (cfr. n. 42 ). •

25

donna di Calcide»), Chera (« La vedova»), Chreste («L'onesta»), Pseuderacles ( « Il falso Eracle )) ), Psophodees ( «Il pauroso Stn.{a motivo ») . Di questo vasto repertorio noi possediamo soltanto rma commedia intera, il Dyscolos; rma per circa tre quarti, gli Epitrepontes; tre per meno della metà, Perikeiromene, Sikyonios, Samia; brani di varia esten­ sione (dai 20 ai 150 versi) di una dou;ina di altre opere: Aspis, Georgos, Heros, Theophorumene, Kitharistes, Colax, Coneia­ zomenai, Misumenos, Perinthia, Phasma, e due incerte; inoltre circa 450 brevi frammenti, di cui conosciamo l'opera di proven�a, e 500, di cui l'ignoriamo. Un migliaio di versi, contenenti sentenze del­ l'estensione di un singolo verso, sono raccolti nelle cosidtktte Gnomai, dow per/J accanto all'autentico Mmandro vi è molto di spurio, come wdremo. Pure con molta cautela possiamo riconoscere, attraverso alcruu commedie latine di Plauto e di Tertn.{io, gli originali mentl111ei 1T da cui sono deril!ate; ma anche di ci/J tratteremo in seguito. Infine una singo­ lare sopravvil1171.(.a del drammaturgo ateniese è rappresentata da un gruppo di mosaici recentemente scoperti a Mitilene, e in parte tuttora inediti,57 in ciascuno dei quali è rappresentata una scena delle seguenti undici commedie: Plokion, Samia, Synaristosai, Messenia, Theo­ phorumene, Encheiridion, Epitrepontes, Kybc:rnetai, Leuca­ dia, Misumenos, Phasma. Le indic�ioni cronologiche, che permettono di distribuire le commedie di Mmandro nel corso della sua attività creatrice, sono assai poche: conosciamo soltanto quattro date sicure. Del 322-1 è l'Org�, e del 317-6 il Dyscolos, come si è visto; l'Heniochosfo rappresentato nel 31 2,11 e gli Imbrioi l!lnnerO composti nel 302 a.C. 18 Inoltre, bmchi 5 7 ) Cfr. G. DAux, Bull . Corr. Hell. 86 (19611) , pp. 874-876 ; ibid., 87 (1963), pp. 81111-8114; A. DAIN, Maia N.S. 1 5 (1963) , pp. 1190-11911. 58) In IG 111 113113 a, Il. 36-37 (T11 7 ) appare che una commedia coel intito­ lata fu quinta alle Dionisie di quell'anno; il nome del poeta � perduto, ma il titolo � attestato soltanto per Antifane (a tale data probabilmente gil scomparso) e Menandro. 59) Cosi attesta esplicitamente POx. 11135, Il . 103-1o8 (T:z8 ) , aggiungendo che la rappresentazione, programmata alle Dionisie, non avvenne a causa del tiranno Lacare (v. anche n. 74): la commedia fu messa in scena suc­ cessi vamenle, in data non specificata. 26

Menandro rifugga in genere da riferimenti alla vita pubblica del tempo suo,

scarsi accenni consentono qualc/1� altra congettura. Nel Kecry­

phalos (fr. 238) era nominata la magistratura dei gin«onomi, e ciò pnmetterebbe di datare l'opera nn primi anni d'attività del poeta, ante­ riormen te al 317 a.C ., Un'allusione alla morte di Alessandro, figlio di Poliperconte, si trova nella Perikeiromene (vv. 89 ss.), da collo­ carsi dunque intorno al 314 a.C.11 Nel 301 a.C. gli efebi cessarono di prestare servizio fuori di Atene; l'Eunuchos (Ter. Eun. 290) fu dunque anteriore.'2 Ancora, un frammento dell'Olynthia (fr. 297) ricorda il navarca Aristotele, che comandò il contingente atenuse al disastroso assedio di Lmrno nel 314 a.C.11 Nel Colax veniva men­ ,zionato il pancratiaste Astianatte, vincitore nell'olimpiade del 316 a.C.; la commedia, di cui il frammento 4 nomina due etere amate da Demetrio Poliorcete, sarebbe di qualche anno posteriore." Dal fr. 22 dell'H ali eus appare che questa commedia fu composta dopo la morte di Dionisio Eracleota, avvenuta nel 305 a.C. Nel complesso, dunque, non si va oltre pochi e poco importanti riferimenti." •

A generiche dejink,ioni si giunge anche ricorrendo a elementi interni. Una fonte antit:a" dice che le opere del periodo di meuo e della ma­ turità del poeta erano di gran lunga superiori a quelle della giovinezza. Si tratta certo di un criterio troppo vago; ma è lecito ricercare quali fossero le costanti tecniche e sceniche dei diversi periodi, procedendo dalle poche opere a data sicura. Assai utili si rivelano le coppu di com­ medu con argomento simile, quasi repliche l'una dell'altra, tra cui sia possibile riconoscere un rapporto di anteriorità: ciò accade per Perin­ thia e Colax nei riguardi di Andria ed Eunuchos, rispettivamente'7• Cfr. DEL CoRNo, Dioniso 36 ( 1 962 ) , pp. 1 36- 1 4 1 . Cfr. E. SCHWARTZ, Hermes 6 4 ( 1 929) , pp. 3 s. (Gtsomm�lte Schrifttn, Il 1 92 a. ) . V. anche la Prmwsa a questa commedia. Cfr. WBII8TER, MIIUIIIIllr, p. 1 03. Cfr. KoRTB, Mmarulros, col. 7 2 1 . Cfr. WaBITBR, MIIUIII,Illr p . 1 04. V. anche l a Pr�m�ssa alla commedia. Piu complete indagini intorno alla cronologia menandrea si trovano in KoRTB, Mmarulros, coli. 72 1 s., e W!!BITBR, MtniJIIIhr , pp. I 03· 1 o8 . 66 ) [Piut.) CtnrtpM .Arisloph. t i Mm . 853 F (T4 1 ) . 6 7) Cfr. WBBSTBR, Mtnantkr, p. 1 07. V. anche le Prnn�m alle p ri me due.

6o) 61) pp. 62) 63) 64) 65)



21

Le opere postnWri appaiono in effitti piu organiche e rajfinJJte, in una parola piu 11Ulture. Qualche profitto si trae anche da comparazioni con la fase precedente della commedia, e dfJ acceMi della critica antica. Con­ statiamo cosf che nelle prime opere esistevano ancora resti dell'antico 6vo!Lctcrd XW!L(jl3ti:v, sia pure ristretti alla presa in giro di parassiti e simile gente (Orgè, Kecryphalos, e quindi Androgynos, Samia, Methe) . Il trimetro giambico, il cui uso diventa esclusivo nella 1111l· turità degli Epitrepontes, lascia ancora posto a vasti brani in tetra­ metri trocaici nella Samia, nel Dyscolos (dove compare pure un passo in tetrametri giambici cataletti&i) e nella Perikeiromene. Il tono di questi inserti, residui della varietà di metri della commedia antica, è prevalentemente buffonesco, ad eccezione del monologo di Cnemone nel Dyscolos; ed essi riescono a una funzione secondaria nell'economia della commedia. Troviamo termini ed espressioni oscene nella Samia e nella Perinthia, nella Theophorumene e nella Perikeiromene; 1llll il Menandro 1111lturo li rifiuterà rigorosamente. Nel complesso, sembra attendibile il critnW del Webster,18 che parla di « possibility of tracing a chronological sequence of decreasing footing ». Un singolare residuo di sceneggiatura antica è tutto lo sconcertante finale del Dyscolos. In fondo questa commedia, nella incerta condotta dell'azione e nella incom­ piuta motivazione psicologica dei personaggi, offre una relativa conftr1111l del giudkio plutarcheo. La stradfJ che condu"à alla compiuta perfe­ zione artistica degli Epitrepontes è ancora lunga; e non possiamo che deplorare di non individuarne, o piuttosto di non conoscerne le tappe. 3· Quando nacque Menandro, l'ombra della Macedonia e del suo grande sovrano Filippo si proiettava già minacciosa sulla Grecia. Nei sessant'anni precedenti, dopo il crollo dell'impero ateniese nella guerra del Peloponneso, le e.f!imere suprtriiQ.(.ie di Sparla pri1111l e di Tebe poi non avevano avuto la forza di imporsi stabilmente, fiaccate dalle con­ tinue guerre e dfJlle insanabili rivalità intestine. In Atene, prontamente risorta e inseritasi di nuovo nel gioco politico, Demostene prevedeva luci­ damente il conflitto fatale con la nuova potenza in continua espansione, esortando i suoi concittadini e tutti i Greci a prepararvisi. Lo scontro -

68) Menander, p. 107.

28

tkcisivo avvmne quattro anni dopo la nascita del poeta, rul 338 a.C., a Cherorua, t Filippo divenru padroru della Grecia. Quando rul 336 egli mori assassinato, in tutto il paese si levò una ventata di ribellioru t un arulito alla libertà, ma il suo giovanissimo figlio e successore Ales­ sandro inltrvtnnt con fulmirua prontezza contro la prima città insorta, Ttbt, t la rase al suolo, uccidendo o vendendo schiavi tutti gli abi­ tanti. Nell'anno successivo si fece nominare egemoru dell'esercito parul­ ltnico dal sirudrio di Corinto, t parti per la grande impresa d'Asia, lasciando la Grecia, ancora paralizzata dall'orribile esempio della tra­ gedia di Tebt, sotto il controllo di Antipatro, governatore della Mace­ donia. Durante questo periodo ad Altru - dove via via giungevano le trionfali notizie della conquista dello smisurato impero persiano - tmne una posizione di preminenza rul governo dello stato l'oratore Licurgo, della nobilissima famiglia degli Eteobutadi. Questi, datosi alla politica in età già avanzata, era uomo di grande energia t di severo senso morale e religioso. Il predominio macedoru non consentiva piu ad Ateru di avere una propria politica estera; t Licurgo rivolse tutte le sue cure all' ammi­ nistrazioru, riorganizzando le finanze t la milizia, rinforzando e ab­ bellendo la città (a lui si deve il primo teatro in pietra") , diftndtn­ doru l'egemonia culturale (promulgd un testo ujJiciale dei tre grandi tra­ gicz70 per le rappresentazioni di 'ltCXÀClLctL, iniziate fino dal 386 a.C.), i'!firu tentando di restaurare la moralità e il patriottismo degli Ateniesi, con una strie di injftssibili processi contro i disfattisti prima t dopo la battaglia di Cherorua.n Frattanto il partito antimacedoru sollevava sempre piu il capo; e l'affare di Arpalo aveva costretto DemosttTU, espo­ nente della corrente piu moderata, ad andare in esilio, /asciandone la guida all'estremista Iptrith. Improvvisamente, rul 3 23 a.C., mori Alessandro, ancora nelfiore dell'età. Di nuovo, i Greci credettero venuto il momento di riconquistare la li­ bertà. Demosltru tonùJ ad Atene, riconciliandosi con Iptride; fu armato

6g) Cfr. PICXAJU>-CAIIBRIDGE, Theatrt of Dionysos, pp. 134-174 (a p. 137

le testimonianze antiche) . 70) Plut. Vitv tv XCo>f.LIX'Ì> XOP'Ì> · Cfr. L. RADI!RKACHI!R, Excuru �u TMophrasls C/uJrak14rls, M«!langes t. Boi­ sacq I l , Bruxelles 1 938, pp. 203-209. 20) I l primo caso nei tre pusi s.e. alla n . 1 8, il secondo nell'Heros, infine la guardia notturna in POJt. 2329 (vol. XXI I , pp. 78-�h ) , vv . 26 ss . ; cfr. K. LATri!, Gnomon 27 ( 1 955), p. 497 ; A. BARJOAZZJ, Athenaeum N.S. 34 ( 1 956) , p. 348· 2 1 ) Cfr . L. RADERKACHI!R, Drl. cii. , pp. 2o6 s. 22) Le compagnie di giro non potevano permetteni la spesa di aggregani un coro, e l'introduzione del logeion (cfr. p. 45 e n. 4) accentrava in modo esclusivo l'attenzione del pubblico sugli attori. 23) I l RADERKACHER (Drl. cii. , p. 209) pensa di si, e suppone che poi questi canti, piu vicini allo sp irito spregiudicato della commedia antica, fosse ro caduti, in omaggio al pregiudizio che identificava in Menandro il poeta morale per eccellenza. Ma sembra difficile che venusero omess i nell 'edizio­ ne di ArUtofane di Bisanzio, cui risalgono i nostri testi papiracei (cfr. p. 7 1 ) , se essi erano veramente opera del commediografo. Non sarà p i u opportuno ritenere che, se pur v'erano delle parole, queste fossero affatto subordinate alla compoeizione della musica? Vero è che l 'esempio del coro di pescatori, che si trova nel Rudms di Difilo-Plauto, induce a dubitare anche di tale ipotesi ; ma quest'unico esempio non basta ad accertare che vi sia rappre­ sentata la prusi corrente : cfr . E. PARATORI!, RCCM 1 ( 1 959) , p. 3 1 2 n. 5·

49

gimmto della trama. Essa appare ancM legata alla suddivisione in atti, cM Ma ricorre per la prima volta sistematicamente." Qpi lo spunto fu fMse offerto dalla tecnica tragica, con la sua regolare successione di epi­ sodi e stasimi; cosi fu soprattutto la tragedia, in particolare euripidea, a insegnare ai comici della « nea » l'Mgani.u�ione della vicenda dram­ matica. lgnMiamo se gli intermea.i cMali si fossero concentrati in quat­ tro punti, cui venne a corrispondere la divisione in atti, oppure se sia stata questa a provocare l'adattamento del coro alle sue modalità: qua­ lora la coincidenza con il Pluto aristofaneo non rappresenti un caso fortuito, essa farebbe propendere per la prima alternativa. Questi atti appaiono di estensione press'a poco costante.21 La loro ra­ gione costitutiva sembra essere unfattore tempMale. La commedia nuova, cM, come si è visto, osserva l'unità di luogo, segue rigidamente ancM quella di tempo. Lo svolgimento accade in una sola giornata; tutt'al piu, ha ini.tio la sera del giorno precedente. "' Cw comporta, osserviamo per inciso, l'artifo:iosa coincidenza di avvenimenti, cM è uno dei tratti piu tipici della conv�ionalità di questo teatro. Ora, la divisione tra gli atti comporta un'interru.t ione del " tempo " del dramma, 17 la quale corrisponde grosso modo all'ufficio degli stasimi nel tempo continuo della tragedia. All'interno degli atti invece tempo reale e tempo del dramma coincidono. Un altro elemento di deriv�ione tragica, cM entra a fare parte della 2 4) Già il WEBSTER, MtNUitkr, 1 • cdiz . , p. 1 8 1 , aveva sostenuto che nelle opere di Menandro fosse individuabile la divisione i n cinque atti, che si era voluto rivendicare come invenzione romana. Il Dyscows ha definitiva­ mente confennato che tale struttura era presente nella pratica della comme­ dia nuova ; cfr. R. CANTAKELLA, R I L 93 ( 1 959) , p. go n . 56. Ignoriamo se i Greci fossero giunti anche a una regolamentazione teorica (secondo il WzasTER, questa risalirebbe a Teofrasto) ; e forse usando il termine c < atto » in senso moderno si rischia un anacronismo : cfr. l 'acuta distinzione, la quale conserva tutta la sua validità, che fra fdpoç e «lw pone E. PARA­ TORI!:, Teatro laliM, p. 40. 25) Nel Dyseolos, l'unica commedia in cui sia possi bile questo controllo, la lunghezza degli atti l! la seguente : 1 : 49 (prologo) + 1 83 vv. ; II: 1 94 vv. ; I I I : 1 93 vv. ; I V : 1 64 vv. ; V : 1 86 vv . 26) Nell' H1aulonlimonm�t��Ds terenziano, da un originale di Menandro, tra i primi due atti e il terzo passa una notte : cfr. v. 4 1 0. 2 7 ) Cfr. WEBSTER, Mmlllldtr, p. 1 8 1 . 50

struttura della commedia nuova, è il prologo. u nuove trame contene­ vano vicmde assai complesse, in cui l'antefatto presentava grande im­ porta�a. Esso era sovente ignoto ai protagonisti, mentre era �cessano mel� al co"ente il pubblico. Da cit} l'importa�a di questa parte in�iale, generalmente recitata diJ divinità,13 oppure diJ personifica.tioni di concetti astratti, equiparate a quelle." La SUIJ collocaiwuç x.o(at (Aristot. Poct. 1449 a 20 ss.), c!l. Menandro nella sua ma­ turità (Epitrcpontcs) abbandonli, limitandosi all'impiego esclusivo del trimetro giombi&o. L'ado�ione di metri differenti produce un piU sensi­ bile distacco tra le singou scene; e un fenomeno paralulo a questo è la p. 302 n. 17. p. 373 n. 64. p. 325 n. 20. SCHWARTZ, Hennc:s 64 (1929), pp. 3 WEIIST1!R, Mtn�JJ�dlr, pp. 103 e 107.

24) 25) 26) 27)

Cfr. Cfr. Cfr. Cfr.

306

s.;

KoRTE, p. XXXVI;

n�tta demarca;:ion� tra scen� comit:M e scer�� serie.18 Infatti l'elemento buffonesco è circoscritto piuttosto rigidamente in determinati episodi (quel­ lo tra Moschion� e Daoo s.e.; le furie di Sosia e il contrasto tra costui e Davo nei vv. 166-207,· probabilmmte l'assedio all'ini;:io deU'atto III, di cui restano solo gli echi n�lk smanie di Sosia ai vv. 271 ss.); questi d'altronde non interferiscono che in misura assai ridotta sulla vieenda drammatit:a. Una analoga fun;:iou farsesca lumno alt:uni pe;.sonaggi, raffigurati se­ condo precedenti comit:i stereotipi, quali Davo, Sosia, lo stesso Moschio­ n�; essi si pongono quasi programmatieamente su un diverso piano rispet­ to ai personaggi serii: Polemon�, Glit:era e Pateeo. Siamo ancora lon­ tani dalla comit:ità umana e compkssa, CM avvolge OriiSimo, Smierin�, Sirisco n�gli Epitrepontes; in questi, 14 risonan;:a di piu vari affetti e passioni riscatta la macchietta al rango di carattere, ancM se forse pure n�lla nostra commedia qualcM tratto lascia prevedere simile evolu­ ;:ione. Tali, ad esempio, la compassioni di Sosia per l'inftlit:ità del pa­ drone (vv. 166 ss.), e il soliloquio di Moschior11 n�lla sua cameretta (vv. 287 ss.), quasi una parodia consapevole del patetismo e del senti­ mmtalismo CM si vanno insinuando n�l tessuto conven;:ionak della com­ media. Ma l'inser;:ior11 for;:ata del comit:o, in omaggio alla tradi;:ion�, in un contesto drammati&o fondamentalmmte serio non pui! non pro­ durre sfasature; e MlnlliUlro vi rimedierà rinunciando agli ekmenti piu dit:hiiJratammte farseschi 19 e conitJndo un tipo di comicità piu sfu­ mata, rivolta soprattutto a un ekgante humour. Injin� il linguaggio non si è ancora decantato di alcun� crudeue d'e­ spressioni (v. 204, vv. 233- 5), destinate a scomparire affatto n�lle commedie della maturità. Di contro, il pathos della scena del rit:onosci­ mmto (vv. 349-393) è sottolin�ato in modo esteriore, ri&orrendo a una fonnula;:ion� stilistit:a di tipo tragit:o. L'impiego della stit:omitia, l'as­ sen;:a di solu;:ioni, l'eloquio sostenuto provocano uno iato n�l tessuto for­ male, CM si solleva qui a una soleMità ignota alle altre parti della commediiJ. Tutto cw non toglie CM dai resti della Perikeiromene si diffonda un !Z8) Cfr. !Z9) Cfr.

WI!BSTI!R, MtriiUitln, 1111rodur.io111,

p. 17.

p. !Z8. 307

raro fascino. In primo luogo - quantunque sottometterulosi a certi luo­ ghi comuni teatrali, e d'altroruU pure nello squilibrio prodotto dall'intento di inserire in questi il nuovo conlenllto, che urgeoa alla sua fantasia­ MmtJIIIlro imposta la sceneggiatura del dramma con il suo mirabile, innato smso del teatro. I caratteri di entrambi i protagonisti, vividammte presentati nelle thu scene precedenti il prologo di Agnoia, introduce­ vano subito lo spettatore nel cuore della vicmda, stimolandone l'atten­ �ione. Parti serie e parti buffonesche sono sapientemmte altmaate, e i colpi di scena si succedono a ritmo continuo. Alla patetica Diemda d'a­ more di Polemone e Glicera contrasta, producendo un vivace effetto di risalto, l'esuberante, giovanile infatu�ione di Moschione. E la storia si evolve progressivamente con sagace sciolteua, attraverso la peripe�ia e il riconoscimento, fino alla lieta conclusione. Ma la ragione d'essere del dramma si trova nella situ�ione da cui prmcle l1 mosse e in cui si conclude la vicenda, inventata, come sempre nel mi­ gliore Menandro, con profonda audacia innovatrice. Esteriormente, la commedia si fonda su una delle consuete trame di riconoscimento; ma in essa risuonano nuove vibr�ioni, t la favola ormai wcchia ì illumi­ nata da un'originale interpret�ione gr�ie all'interesse etico, sempre vivo presso MmtJIIIlro all'interno delle esig�e spettacolari dell'opera. Agnoia, cleus ex machina per cui si forma il nodo drammotico e che pure contribuirà a scioglierlo, assume valore simbolico circa la morale della storia. Infatti la lieta solu�ione è condi.c:ionata da un approfondi­ mento di conosc�a. Questo, apparentemente, ì costituito dalla riwla­ �ione delle vere origini di Gli&era; ma nell'intima logica delle �ioni, che sono la risultante di affetti, sentimenti, pensieri dei personaggi, l'ele­ mento decisivo è la scoperta di si stessi, che quelli conquistano alla luce delle loro traversie. La rottura della precedente condi.c:ione porta pa­ timento per i protagonisti, ma la soffer�a eleva entrambi a una supe­ riore comprensione: Polemone conosce la profondità irrevocabile del suo amore, Glicera la for�a e il valore perenne di un sentimento, che supera e trascmcle l'atto isolato. Rivive l'antico 1tci&tt l'ci&oç, ma versato ed esemplificato in una nuova forma drammatica, il genere comico. E que­ sto, per i suoi canoni stabiliti dalla tradi�ione, condi�iona l'esito nel senso di un eudemonismo immanente, in fondo congeniale allo scettici­ smo metafisica dell'Atene postaristotelica. 308

Poichi, appunto, la positiva evolrLtione della vicenda non dipende dal. t:aso, se non alla piu epidermica superfiçit (in quanto Pauco rinviene i crepundia dei figli presso Glicera). Entrambi gli innamorati si sono rnerit4ti lo. loro fortuna: Polnnone si è pentito prontammu ed ha suP­ plicato con umiltà Pauco di intercedere per lui presso la fanciulla, Gli­ cera at:cett4 le scuse dell'amo.nu con la nobiltà verammu grtt:a, cM il padre loda in lei (v. 430), e riconosCI l'inkio di buona fortuna t:M l'atto sconsiderato di quello rappresentò per tutti. Ed usa, t:ome prima aveva saputo sat:rijicarsi nell'oscurittl per il fraullo Moschione, ora non inorgoglisce del suo mutamento di soru, bmsl rimane fedele al. proprio mondo sentiment4le, cM per Mtnandro è il valore supremo del­ l'uisten.ttJ umtJna . Tutto questo non è pruent4to in schemi aridamenu progra'1111111Jtici, ma attraverso il libero gioco della fant4sia creatrice del pott4 e del­ l'uomo di teatro. Lo sviluppo della trama riceve artistica motiva.r.ione dalltJ raffigurazione dei persontJggi. Del carattere ellenico di Glicera si è detto sopra: bonttl e prudmza, spirito di sat:rijicio e fedeltà, giwt4 fiereu.a 1 senso dell'onore ne configurano con sobria armonia la gmerostJ indole. Polnnone è il soldato innamorato: una delle vistose fratture CM MtntJndro oper� nelle convenzioni della commedia anteriore, tJVvtU.a al tipo del soldtJto trat:otanu e sensuale, vile e smargiasso. Egli in cid corrisponde a Davo, il stnJo innamorato dell'Heros, cos! come proba­ bilmen,:SS tJnticipa l'altro soldato Trasonide, il piu romantico e pau­ tico amo.nu casto del Misumenos. LA sua figura è modulattJ con fine aru in diversi momenti e atuggiammti: dalla furiosa gelosia inkiale al. doloroso pentimento, dalla sgomenta const4ta.r.ione CM egli non può riconquisttJTe da sé la fanciulla al.la disperat4 confessione del suo tJmo­ re a Pattt:o. QUtJndo Doris gli assicura cM Glicera tornertl da lui, uult4 di gioia; ma al. momento di rivedere l'amata e PtJttt:o, cM ora sa essere il padre della giovane, Polemone non ruisu tJ un improvviso as­ salto di vergogna, e si rifugitJ in castJ: una delle piu fini intukioni umane di Menandro. Il suo è il ctJrattere di un giovane ardente e im­ pulsivo, ma profondamente sincero negli affetti e negli atti. E in realtà l'errore di Polnnone, intorno a cui s'impernia tutta la com30) Cfr. la

PrmusstJ

al

Misummos.

309

media, non � stato «!LiXP't'l)!LIX, bmrl �TVX7JILIX· La sua responsabilità � quindi ridotta, ma non per questo è minore il suo merito �l riconqui­ stare il bene perduto attraverso patimento e conoscenza. L'interpreta­ zio� menandrea del destino umano si conclude cosi con un consolanu messaggio. L'uomo è in baUa del caso, che per l'ignoranza di situa­ zioni isolate o parziali lo conduce all'errore, e al dolore che� consegue; ma egli ha in si la forza morale per assurgere alla conoscenza, che lo salva da entrambi. E la felicità cosi conquistata è bene duraturo e completo.

310

TESTIMONIA

l Scbol. Bemb. ad Ter. Eun. 61 videtur Detonsam Periceiromenen Menandri quacrere, in qua fabula miles suspicione percussus adulterii gla­ dio amatae amputat crines. D

Philostr. Ep. 16 Be.-Fo.

oulit

1-'Eipé:Kiov mp1tKupEv (cf. Athen.

6 TOÙ MEvavlipou noAt!lr.>Y KYa, TÒV tv 8U!ltÀnal MEvé:vlipou KEipavta y?..uKEpoùc; 'rijc; O:Aòxou nAoKé:!louc;,

6nM n po c; n oAt !l r.> Y 1-'1 !-'fJOatO, Kai t6: • Po lié:v OTJc; jl6mpuxa navt6À!-'Oic; XEp a i v tÀTJtaato , KaÌ

tpayiKOÌc;

axtEOOI TÒ Kr.l!liKÒV (pyov 6: !-'EÌijlac;

!lé:ati(E �ali1vijc; c!iljiEa OTJÀUttpTJc;. /;TJÀO!lavtc; TÒ KÒÀaO!la'

ti

yap TÒOOV �ÀIT TJ KOÒpTJ.

d IlE KatOIKl:EÌpEIV �OEÀE TEIPÒ!lEYOV; OXi.TÀIOc;' 6:!-'4pOl:tpouc; lit lilb!layE, !llXPI Kal autou IIAl!l!latoc; tvmfJaac; aTOona jiaOKaviTJV. &U' (1-'l!TJc; TEÀt8EI MIOOÒ!lEYOc;· aut&p (yr.>yE 6uOKOÀOc;, OUK òp6c.>v T�V nEpiKEIPD!llYTJV.

IV

Fronto A.

P. XII 233:

T� V clcK!l�Y 9TJOaupòv (XEI V, Kr.l!l'tllit, VO!l(/;Eic;, ouK Ellit:>c; aò t �v CI>O:a!l a t oc; ò (u t lp TJV ' l!O I{J OEI a' 6 xp6voc; MIOOÙ!lEVOV, dta rEr.>py6v. KaÌ TÒTE !laOTEÙOEic; T� V nEpiKEIPD!li.VTJV.

V

Luc. Dia). mer.

8, 1

tione; lit, Q X pua i , 1-'flTE I;TJÀOTUllEÌ !lfJTE fj ta i!lé:Tia l!Ep1ÉOXI·

òpyii;ETal !-'�TE tpp6:ll10É llOTE fj l!Ep1ÉKE1pEV OEV, ft1 tpam�c; tKEivòc; t an v;

311

I PERSONAGGI DEL DRAMMA•

POLEMONE (chilidru) SOSIA di Polmum6)

(scudino

GLICERA di Polmum6)

(OIIIIIZftU

IGNORANZA'

(v, KM1vlaç. Imaginem luce dcpictam invenica in Bull. Corr. Hell. 87 (tg&s), p. Btg. Scaenam actul aecundi, partim in papyro �ervatam,

llivum Mytilencn�e

435

I PERSONAGGI DEL DRAMMA*

L'INVASATA (f-adls anuJ11J d4 ClilliD) PARMENONE (s&laisw di ClilliD) LI SIA ( llllli&O di Clili iD) CLINIA (tio-) STRATONE (N«IaiD)

•)

Per il ruolo dei penonaggi, soltanto presunto, cfr. Prmr�ssa.

437

L'INVASATA

Sullo sfondo stanno la casa dove abita la giovane, e

una

osteria.

ATIO SECONDO Sulla

SCIM

sono Clinia, Lisia

1

Parmmone, i quali tentano tli parlare

con la giovane, che sta sulla porta tli casa con

una

ctmma in capo, sm.ta

curarsi tli loro.

Dei fJITsi 1-15 restano solamente poche parou: dico (v.

3),

facendo

(v. 6), Lisia (v. 8), accogliere (v. 10), ha (v. 11), si vanta ( v. 13), (Clinia) (v. 14).

)

u ,

mai (v.

INVASATA:

(In tono esaltato) .. . stillanti gli altri dagli occhi - colmai miei doni.1

PARMENONE:

(A Clinia)

Senti? «l miei doni» dice la ragazza, «me li tol­

sero». (All'invasata) Ma cos'è questa cosa che prendesti,• sver­ gognata? E quello che ha dato .... come lo hai conosciuto?

E che cosa il giovane...? Allora, perché hai preso una corona e te ne vai in giro fuori?

1) Causa le condizioni lacunose del testo e l'oscuriti dell'espressione probabilmente voluta, onde riprodurre lo stato d'esaltazione della ragazza -, queste parole riescono incomprensibili. L'lnvasata intende forse parlare dei suoi doni profetici, oppure della sua verginitl; Pannenone, frainten­ Per il signi­ dendo, crede che si tratti di regali fatti a lei da Clinia. ficato della frase, cfr. Eur. Htc. Aul.

187, lph. 439

2) 821 (BARTOLETn).

20

L'I!'i'VASATA LISIA:

(A Ptl1711enone)

Sei pazzo?

PARMENONE: Perché dunque non te ne stai chiusa dentro a- ?3 LisiA:

(C.s.)

Sei pazzo?

CLINIA: (A

Parmenone)

Dici delle sciocchezze. (A

Lisia)

Proprio questa,

Lisia, non � una finzione? LlsiA: Si puo' farne la prova. Se � veramente posseduta, ora (balzerà) in avanti qui, della madre degli dei piu che (i Cori­ banti piena).4

(Si sente dall'interno della casa

Suona il flauto.• Mettiti qui vicino alla porta

si

suono di flauto). dell'osteria. (/ tre

un

spostano davanti alla porta dell'osteria).

CuNIA: Per Zeus, bene, Lisia, benissimo: sono d'accordo. Un bello spettacolo.

30

3) Lo scrupolo di castigatezza verbale proprio di Menandro provoca una caratteristica sospensione del discorso (cfr. WEBSTER, MtntJruitr, p. 51). 4) l Coribanti erano sacerdoti di Rhea (cfr. PremtsstJ, p. 431 n. 2). 5) Que­ sta notazione registica, nel nostro caso inserita nel testo, si trova general­ mente parepigrafa, come in Dysc. 879, Aristoph. Au. 222, etc.

441

L'INVASA TA FRAMMENTI CITATI IN ALTRE FONTI'

Fr.

1

CRATONE: Se un dio venisse a dirmi: «Cratone, dopo la tua morte ricomincerai un'altra vita; e sarai ciò che desideri: cane, pecora, caprone, uomo, cavallo. Tu devi vivere due volte; � fissato dal destino, scegli ciò che vuoi», fammi pure essere qualsiasi cosa, credo che direi subito, tranne che uomo. Solo questa creatura gode di buona o di cattiva sorte non secondo giustizia. Il cavallo migliore� curato con piu attenzione di un altro; se sei un buon cane, sei molto piu pregiato del cane scadente. Un gallo di valore� allevato in maniera particolare, mentre quello vile teme il piu forte. Se un uomo � dabbene, nobile, altamente generoso, non ne trae alcun giovamento tra la gente d'oggi. In ogni cosa il protagonista � l'adulatore, quindi viene il sicofante, terzo � il maligno.' t meglio essere un asino, che vedere i peggiori di sé tenuti in maggior conto.

6) Per il contesto congetturale, in cui questi frammenti ai lasciano inaerire, quando � poaibile, cfr. Prmwsa, p. 432 s. 7) L'espl'elllione greca rical­ ca la terminologia tecnica, con cui si indicavano i tre attori drammatici.

443

IO

L'INVASATA Fr.

2

Chi ha piu intelletto è nello stesso tempo ottimo profeta

e

con­

sigliere.• Fr.

3

E per prima cosa porta subito in giro tra loro una tazza di vino puro.

Fr. 4 Mezzo ubriaco sorbl in un sorso la thericlea.1

Fr.

5

Apparisti come un deus ex machina.10

8) Per la corriapondenza di questo passo con un frammento euripideo, cfr. Prmwsa, p. 433 n. 11. g) Dal nome di Tbericles, famoso vasaio corin­ zio, ai designava cosi un particolare tipo di coppa. 10) Il detto greco ha lo lleao valore dell'espretaione latina divenuta proverbiale anche pres­ so

di noi.

445

KI9APil:THl:

IL CITARISTA

PREMESSA

Un frammento di rotolo papiraceo, conservalo a Berlino, contiene ror versi di queslll commedia. Essi sono divisi su tre colonne, di cui ltJ pri­ mD ( vv. 1-33) è quasi interamente perdulll, tranne poclrt tmninaConi; la seconda ( vv. 34-68) è conservata per intero, mD in condi;;ioni di leg­ gibilità appena discrete; la ter.ea (vv. 6!rror) o.ffre solo la primD metà, all'incirca, dei singoli versi. Pure non esistendo alama cerlll testimo­ nitm.at[3C:.v . . . i>.ij>.u&cx�), mentre la sua donna �sicuramente lontana da lui, in viaggio (cfr. v. 44). Dunque T'ljv &uycxupcx dev'essere la figlia del cita­ rista, che anche secondo altri indizi appare ad Atene. Infatti Moschione non avrebbe fretta di aposarla, se csaa non fosse presente; e pure TCtUT7lY detto da Lachete al v. 100 sembra indicare che la giovane abita già nella casa vicina. Si deve dunque supporre che >.at[3C:.v... T'ljv &uycxnpcz valga quasi come un'incidentale, e che il dimoatrativo si ricolleghi a una precedente menzione della donna di Fania, che si trovava prima del v. 35· Questa soluzione non si può ritenere certa, ma unendo TCXÒ'"lY a &uycznpcx si va in­ 7) A T'ljv iiJ.iJv � da sottin­ contro a una contraddizione inestricabile. • tendere oGalcxv, oppure Fania vuole dire «e di me stesso lei, che�la mia donna»? 8) L'inlegrazione di rcopvo[ �dubbia; Fania afferma forse che egli non intende avere come moglie una donna di strada, o qualcosa di g) La frase aveva tono interrogativo o negativo. 10) I quali simile. potrebbero avere rapito la donna e le 101tanze che portava con �.

461

40

IL CITARISTA Alnco:

Ì.

giusto sentini cosf.

FANIA : Accompagnami dunque in piazza; ascolta anche il re-

60

sto, e dammi un consiglio.

AMico: Va bene. FANIA : (Rivolto

a uno schiavo)11

Portate dentro presto queste cose

via dai piedi. Mentre viene eseguito l'ordine, Fania e l'amico escono da destra.

SCENA SECONDA

Sopraggiunge Ltlehete

dalla

campagna.

UCHE.TE: (A si) E cosa mai potrebbe essere? Fa un atto che non gli è davvero proprio: Moschione mi manda a chi amare dalla cam­ pagna, lui che di solito, se io per caso mi trovavo qui, fug­ giva in campagna, e se io arrivavo là, se ne ritornava indietro a bere. E certo aveva ragione; non c'era il padre brontolone. Non .... poiché anch'io sono stato uno (di quelli che sanno) far diventare piccolo un patrimonio. Non ...mia moglie in questo davvero, ma è figlio mio: quindi non conclude nulla di buono. Ma devo entrare in casa; e

se

non si trova dentro ... andrò in

piazza; là certo lo vedrò in qualche luogo presso le Erme.12

(Entra in

casa).

11) Non aappiamo se uno o piu schiavi scgu.iaero i due amici portando gli oggetti citati al v. 51, oppure se Fania li chiamaue ora dalla casa, dopo avere �to Il lui ste110 la roba. Piu probabile sembra la prima alternativa. 1!1) Le Erme erano busti di Hennes, in pietra o in bronzo, collocati nelle strade e negli incroci. Qui Lachete si riferisce forse al portico delle Enne, nei praai dell'qord {Aeschin. III 183 s.).

463

60

IL CITARISTA SCENA TERZA Moschione sopraggiunge da destra.

MoscHIONE: Allora, mio padre è venuto, oppure devo andare io da lui? Non bisogna assolutamente dare tempo a questa faccenda, nep­ pure un poco.

A partire dal

v.

69 il testo � gravemen te incompleto. Al

v.

73 ì uscito

di casa anche Lachete, che inizia a parlare con il figlio. Dato che il papiro non porta paragraphai, ì impossibile determinare l'attribuzione delle battute fino al

v.

78. Ecco la semplice successione delle parole leg­

gibili, per i singoli versi: Già ...chiedere ...credo che si debba ri­ manere ...attenda ...io intorno a te.Salve ...anche a te ...non dicevo subito ...ma si deve comportarsi da uomini ...quale discorso sempre ... molto intorno a molti... Quindi, dal

v.

79:

MoscHIONE: Vuoi che io sposi...di ponderazione infatti que-

so

sto ...

LACHETE: O Moschione, un'altra ...pronto, se non ...quale bisogna prendere; (tu) stesso ...libera, questo molto ...soltanto secondo ragione, e se ...riguardo alla nascita è ...se vergine appunto prima ...ma se mi chiami a consigliere ... tu stesso avendo scelto ... ciò che invero mi hai dato ... nessuno invano ...

465

eo

IL CITARISTA MoscmoNE: Il resto ascolta ... ad Efeso caddi ... era di Artemide (Efesia) ...una processione di vergini...vidi là una fanciulla di Fania ... Evonimeo.ts

LACHETE: Evonimei anche ... vi sono in Efeso? MoscaroNE: Affari certo ... là. LAcHETE: Dunque ti sei affrettato a prendere questa

verso

la

casa di Fania),

(indieando

la (figlia) del citarista (Fania), che ora

abita vicino a noi? ...

13) Ossia appartenente al demo Evonimo, della tribu Eretteide. 467

100

IL CITARISTA. FRAMMENTI CITATI IN ALTRE FONTI 1c

Fr.

1

lo pensavo che i ricchi, o Fania, i quali non hanno bisogno di fare prestiti, non piangessero le notti né gridassero ahimé, rigirandosi su un fianco e sull'altro, bensf dormissero un sonno dolce e sereno; e che fossero i poveri a fare cosf. Ma ora vedo che anche voi, i cosiddetti beati, soffrite egualmente come noi. Dunque il dolore è qualcosa di connaturato alla vita? .Si trova in una vita ricca, s'accompagna a una vita gloriosa, invecchia insieme a una vita misera.

IO

Fr.

11

FANIA : Ti morde il piU leggero di tutti i mali, la povertà.

Cos'è mai, infatti? Di essa potrebbe facilmente curarti un solo amico, che ti portasse aiuto.

14) Per il contesto congetturale, in cui questi è possibile, cfr. Premtssa, p. 452 s.

quando

469

frammenti si lasciano inserire,

IL CITARISTA Fr. 3 MoscHJONE: Se fuggiremo, padre, le vittime di un'ingiustizia, a chi altro potremmo facilmente portare aiuto?

Fr. 4 L'apprendere a non commettere alcuna ingiustizia,

o

Lachete,

giudico nobile esercizio per la vita.

Fr. 5 (Dicono che) egli sia molto amante della musica, e sempre

istruisca musicanti per il diletto.11 Fr. 6 Non imparziali17 prendi gli ascoltatori.

Fr. 7 Tanto è

c

os a penosa l'attendere. Fr. 8

Quale cosa varia e vagante è la fortuna.

15) Per l'interpretazione di questo difficile frammento, cfr. THIERPELDER, in Koan-THIERFELDER, p. 284. Gli infiniti erano probabilmente retti da un "'bum Jicrndi. r6) Olx6cnToç è chi mangia a aua propria; si vuoi fone dire che il pubblico della penona, cui è rivolta la battuta (Fania?), è composto di parassiti, e dunque il suo giudizio è interessato; cfr. CoP­ POLA, Comn��Jie, p. 28.

471

KOAA=:

L'ADULATORE

PREMESSA

I resti di due rotoli papiracd da Ossirin&o, eire si aggiungonD a otto brevi passi in altre fonti, costituisco"" la tradizione diretta di questa commedia, o.ffrendo 121 versi, purtroppo nella maggior parte piu o mtnD deteriorati. L'attribuzione del primo di essi al Colax i accertata dalla presmta dei vv. 43-45 in una cittU;ione di Stobeo, eire offre il titolo dell'opera. Il secondtJ si collega a questo con le lmnintU;ioni dei 1111. 53-54/ ma la coinci�a termina a partire dal v. 55; da cid si deduce eire il primo e piU importante frammen to proviene da un volume, eire conteneva un'antologia di scene separate.• Ne restanD tre, o forse anclre quattro; Soltanto dopo il Il. 54 si pu/J mOnDSCere eire l'intervallo i segntJto mediante una coronide. 3 Un'importante testimonian.ta intornD al Colax offronD i vv. 3o-3R del prologo dell'Eunuchus di Teren.tio ( T Il), dove l'autore afferma di avere contaminato la commedia omonima, pure di Menandro, con l'in­ ser.tione di due personaggi, il soldato fanfarone e il parasito adulatore, presi dal Colax. Dunque a quest'opera risalgonD le caratteriua.tioni di tali figure nell'Eunuchus, in particolare nella seconda scena del II atto (cfr. an&lre T III) e nelle prime due del III, oltre eire nella WJA 1 (•946), pp. 1-28, nega tuttavia che quCllto papiro ap­ Coliu, pur sempre attribuendolo a Meoandro. 2) QuCllto era gil stato 101pettato dal WtLAMowrrz, che lo deduceva dal­ l'intervallo tra i vv . 13 e 15 (cfr. n. 3), e dalla coronide dopo il v. 5+ La 1) Il KLOTZ, parteocae al

acoperta del secondo papiro non fece che confermare la sua ipotesi.

3) Lo spazio riservato al v. 14 �bianco, e il Wtu.Kowrrz suppose che qui dovcae collocarsi la cesura tra due scene. Altri lo negarono, imputando semplicemente la caduta del verso a cause meccaniche (jBNII!N, p. LI; CoPPOU., Com1111dil, p. 65). Il contesto d'altronde è tanto deteriorato da riuscire irriconoscibile, e non si può pronunciarsi con certezza nell'uno o nell'altro senso. Tra il v. !J8 e il v. gg, appartenenti senz'altro a due scene divene, il papiro presenta una lacuna, che non permette di vedere come foae notata la separazione, e dove intercorresse.

475

scena dell'assedio (settima del IV atto), se pure questo spunto non fu interamente attinto dal Colax.' Si tratta per lo piU. di traUi farseschi, e la vicenda della commedia latiTUJ segue, nelle sue linee generali, quella dell'Eunuchos ;5 anche se talvolta TUJSce il sospetto che Termtio abbia amalgamato piU. strettamente le due a.tioni, cosi diJ rendere dijfi&ile di­ stinguere quanto è dorJUto all'UTUJ o all'altra opera m��IUIrIIIl ea. e Per ricostruire la trama del Colax, l'Eunuchus termtiano presenta ccmwnque UTUJ modesta utilità; né è molto piU. agevole congetturarla, se non nei tratti principali, dai malconci ftammm ti soprav!lissuti. Q;usti appartengono alla prima parte della comm��dia. Infatti, nel primo epi­ sodio rimasto, il giovane Fidia - che abita UTUJ delle case sulla scena, mentre un'altra appartiene a Biante, il mi/es gloriosus,' - presenta la sua situa.tione (vv. r-rs). Egli si lamenta delle ristretteu.e in cui l'ha lasciato l'avaro padre, partendo per un viaggio; e anche se gran parte del monologo è perduta, noi possiamo arguire il motioo del suo malcon­ tento diJ ciò che segue, tanto piU. che si tratta di uTUJ tipica situa.tione comica. Fidia è inTUJmorato di uTUJ fanciulla in proprietà di un lenone, ma non ha i m��u.i per riscattarla; e la sitUtU;ione è aggravata diJl fatto. che l'amata gli è contesa dall'arricchito e borioso mercenario. Tuttavia egli non dimentica i suoi svaghi di giooane ateniese benestante e sfac­ cendato, e parla di uTUJ riunione di amici, probabilm��nte il banchetto di 4) Cfr. WEBSTER, Mtnlll,llln p. 6g; lo stesso osserva, a proposito delle altre characten scene sopra citate: « The Kolu characten supplant the E����h��& in the EIIIIU&h situation ». .•.

5) Cfr. WEHRLI, Motivstudinl, p. 107. 6) Ad esempio, il WEIIIITEa, Mnuwln, p. 70, ritiene che al Q,lax si ispiri il monologo di Antifonte nei vv 539-545, tanto pio che, secondo Donato, que­ sto personaggio fu inserito da Terenzio per variare il lungo soliloquio di Cherea nell'originale menandreo. In effetti i vv 11 ss. del C,lu e la situa· zione del banchetto dei tetradisti (fr. t) possono fondatamente accostarsi a questo passo. 7) Cfr. i vv 34 e 111, inoltre p. 497 n. 16; ma la situazione non è del tutto chiara. Secondo KoaTE, p. 110, vi era anche una terza casa, dove abitava il lenone; mentre per KUIPER, Mnemosyne 58 (1931), pp. 165 ss., e per WEBSTJ!a, Mnuwln, p. 76, la seconda casa appartiene al lenone, e non al soldato. In effetti, dal v. 1110 pare che tra la casa del lenone e quella del soldato vi fosse una certa distanza; tuttavia, sulla base dei due versi sopra citati, mi sembra preferibile ritenere che il vicino di Fidia fosse Biante. .

.

.

476

tetradirti8 nominato tJl fr. 1. Non sappiamo se con il v. 15 initiam un'altra scena, o se continuasse la precedente;• nei 1111. 15·18 pare di riconoscere i resti di una preghiera, che si conclude al 11. 23, la quale forse è ancora detta da Fidia, apostrofato per nome da un altro perso­ naggio tJl v. 20. L'idmtiji&az;ione di costui è incerta; ma la supposi-tione piu probabile è che si tratti del parasito Gnatone, il cui nome rùorre nei v11. 68-6y.10 Egli avverte il giovane che è inutile pregare gli dei, i quali preferiscono sempre aiutare gli indegni. L'esempio è Biante, che da morto di fame qutJL'era, è diventato rùco t potente. La scena si lascia intravtVIdere, pure tra molte lacune,jino tJl v. 54, dove s'interrompe l'an­ tologia. Il testo dell'altro papiro è irrimediabilmente deteriorato; al 11. 68 sembra di rùonoscert l'entrala in scena del Strl/0 Davo, il quale stJluta Gnatone.11 Si continua poi nella massima incerteua fino tJl v. 84, fondandosi sempre sul secondo dei testi papiracei relativi al Colax. A partire dal 11. 85, l'antologia presenta un ditJlogo tra Fidia t il suo 8) l tetradisti (cfr. anche Alex., fr. g58 K.) costituivano un sodalizio, che nel quarto giorno del mese celebrava un banchetto in onore di Mrodite Pandemos, a spese comuni; l'la-ruhwp (v. 111) era l'organizzatore, che of­ friva anche la casa. Anche la funzione di questo convito nella trama non � certa. Secondo alcuni, esso sarebbe offerto dal padrone della ragazza (gli editori GRENFELL e Ht:NT leggevano Bccrn6Tll� al v. 12, tuttavia in una struttura sintattica poco soddisfacente, per la mancanza dell'articolo); ma sembrano smentire questa supposizione i vv 539 11. dell'E111111tluu (cfr. p. 476 n. 6), e l'opportunità di riconoscere nei convitati i turbolenti compagni di Fidia citati al v. 112 (cfr. p. 497 n. 16). .

g) Cfr. p. 475 n. 3· 10) Cfr. jzNIEN, p. Lll; Goaom, JHS 59 (1939), p. 3111; WEBSTEa, Mt­ rumdtr, p. 75· Le incertezze sono aggravate da un'evidente corruzione nel v. 19, che inserisce falsamente il nome Doris. Secondo il Koan:, p. XLIX, invece, ora parla lo schiavo Davo, cui apparterrebbe pure il moraleg­ giante discorso contro gli adulatori, che � nei vv 85-gS. Ma � possibile attribuire allo stesso personaggio le scettiche constatazioni circa l'ingiustizia degli dei, che troviamo nei vv. 117 ss.? Queste non si possono neppure rife­ rire a Fidia, che ha appena pronunciato la sua preghiera. D'altronde non � necessario pensare che al v. 68 Davo saluti Gnatone che sopravviene: può darsi anche il contrario, ossia che lo schiavo, giungendo, ai stupisca di trovare il padrone con il paraaito, e poi saluti costui per nome. Anche la nota parepigrafa allo stesso verso �piu probabile che indichi il personaggio, che fa ora la sua entrata. Cfr. pure p. 489 n. 10. 11) Cfr. la n. 10. .

477

pedagogo (v. 86), generalmente idmti.fo:ato con il Davo tklla scena pre­ cetknte.11 Questi mette in guardia il giovane contro lo. genia malvagia e perni&iosa tki parasiti adulatori; ma Fidia accoglie con IDI certo scetti&ismo l'invettiva. Dopo una nuova interru.cioneP l'ultima scena (dal v. 99) presenta un monologol' tkl lenone clu possietk lo. giovane contesa. Egli è in dubbio se cetkrla al soldato oppure a Fidia, e sop­ pesa il pro e il contro. Ma perchJ vmtkrlo.? .Nokggiandola, egli gua­ dagna moltissimo. D'altrontk potrebbero rapirla per la strada, con il rischio, per lui, di dovere andtJre in giuditio. E su questi dubbi tkl turpe individuo si chiude la nostra trad�ione diretta tkl Colax. Ignoriamo sia attraverso quali peripe� si giungesse allo. solu.cione, in cui il giovane otteneva lo. raga.u;a e verosimilmente lo. sposava, sia il ruolo clu nell'intrigo aveva il personaggio tkl parasito, dtJ cui s'inti­ tola la commedia. Questa figura solleva IDI problema di non facile so­ lu.tione. .Nel fr. /l Biante gli si rivolge con il nome di Strutia, mentre nei vv. 68-69 egli è chiamato Gnatone (lo stesso nome clu avrà poi in Terenzio, il quale muta il nome di Biante in Trasone). Di questa in­ congruen.ca sono state prospettate due diverse spieg�ioni. Secondo la prima, nella commedia vi sarebbero stati due parasiti: Strutia legato a Biante, Gnatone legato a Fidia ed ai suoi amici. l due nomi appaiono anche in Luc. Fugit. 19 (T V);11 nJ si vetk come un solo parasito 11 « utrique rivali, et Bianti et Phidiae, adluJerere et nocere potuerit ». Si è d'altrontk obiettato, forse a ragione, clu nell'Eunuchus di TerenBI) In quanto la tirata di questo personaggio contro gli adulatori presup­ pone che egli abbia visto il suo padroncino a colloquio con Gnatone, come appunto Davo nei vv . 68 u. 13) Cfr. p. 475 n. 3· Quantunque ai ignori l'estensione dei tratti omessi dall'antologia, il contenuto delle due ultime scene rivela che lo svolgimento dell'azione si trova ancora nella fase iniziale. 14) Cfr. p. 495 n. 14. 15) Ma ae ai espunge l'articolo davanti a

l:Tpou&l«v,

che

in

effetti può

CSICI'C aggiunta di un copista che non conoscCSIC la noetra commedia e

che l'avCSIC reintegrato per simmetria con orov IVcz&c,vl81)v, il a dimostrazione della tesi opposta: cfr. ji!.NIEN, p. Lll n. 1.

passo riesce

16) Koan, p. XLIX; quest'interpretazione risale al WILAMOWJTZ, Oxyrll. Pa!J. X (1914), p. 93· Ovviamente Terenzio avrebbe imitato il modello di Strutia, dandogli però il nome dell'altro parasito.

478

.tio compare un parasito solo, che il titolo della commedia meruuulrea è al singolare, infine che in Plauto vi sono esempi di doppi nomi per per­ sonaggi di simile condi-tione.17 Di conseguen.ta, si ì congetturato che Gnatone si alleasse con Fidia per aiutarlo a sottrarre la raga.t.ta al soldato, e che dissimulasse con costui la sua identità sotto il falso nome di Strutia, onde meglio riuscire allo scopo.18 Si tratta Stn{a dubbio di un'ipotesi ingegnosa ed allettante; ma piu di tanto non si può dire. Egualmente, è soltanto una congettura che il parasito si facesse affidare la fanciulla dal lenone per condurla al mercenario, e invece la conse­ gnasse a Fidia,11 e che quindi Biante e i suoi ccnnmilitoni assediassero la casa del giovane per riconquistarla: 10 anche se tutto ciii pulJ ritenersi probabile, e rientra nella maniera comica. Tra i frammenti indiretti, il fr. r e probabilmente il fr. 7 avevano atti­ nen.ta con il banchetto dti tetradisti. Bm quattro, di cui due riprodotti da Term.tio, si trovavano nella scena tra il soldato e l'adulatore, cor­ rispondente alle prime due del III atto dell'Eunuchus: essi sono i frr. R, 3 (cfr. Eun. 498), 4, 8 (cfr. Eun. 426).11 Il fr. 5, se pure era di Mmandro e di questa commedia,12 doveva appartenere a un soli­ loquio del protagonista (cfr. Eun. 238); infine il fr. 6 faceva forse parte della tirata di Davo contro gli adulatori. jaNIEN, p. Lll n. 1, il quale (CDJII. 6g), Curculione-Summano (Curt.

17) Cfr.

cita gli esempi di Erga.silo-Scorto 413), Gela.simo-Miccotrogo (Stich.

242)·

KUJraR, Mnemosyne 58 (1931), pp. Mlllllll#r, p. 75· Egli preferisce valutare il

166 s., approvato da WEBITIIR, ruolo del paruito nell'economia di quest'opera rifacendoai al Fonnione dell'omonima commedia terenziana (da Apollodoro di Cariato), piuttoato che all'Anotrogo del Mius Glllriosus di Plauto.

18)

19) Cfr. KUJPER, Mnemosyne 58 (1931), p. 167, che lo congettura 494-5 deii'Eunudw.

dai vv .

20) Cfr. p. 476 e n. 4· 21) Fone alla atessa scena ai poaono riferire anche i frr. 745 e 746, citati da Plutarco, il quale riporta pure i frr. 2, 3 e 6 della noatra commedia (cf. Koan-THlJIRPELDER, p. 234 a.) 22) La fonte lo attribuisce al Co/IIX di Filemone. Alla noatra commedia � atato aacritto dal MarNEXE, contro cui difende l'attribuzione originaria il Kl.OTZ, WJA 1 (1946), p. 7, riferendo all'originale di Filemone tutto il passo Ter. E1111. 232-264.

479







Nel maTgiM inferiMe della terT)V Cramer



TÒV l:Tpou9(av Ù1tEp�aÀta9aL f>UVC!!EYOL.

An. Graec. Par.

IV

25, 17

Tij) TOU K6Àaxoc; 'Yno!!YfJ!laTL.

481

I PERSONAGGI DEL DRAMMA*

FIDIA (p114111) G::'-lATONE,

DETTO ANCHB

STRUTIA

(JNuasito) l DAVO (snvo, foru p.a,oga di Fidio)1 RUFFIANO BI ANTE (saldsto)

cuoco

• I penonagi sono elencati nell'ordine 11ee0ndo cui ai praentano nei papiri. Gli ultimi tre appaiono soltanto nei frammenti di tradizione in­ diretta. Lo achiavo Soaia, cui ai rivolge il cuoco nel fr. 1, era fone un per­ sonaggio muto. :z) Cfr. Prm��ssa, 1) Cfr. Prmwsa, p. 479 e nn. 17-18. p. 478 e n. I:Z.

483

L'ADULATORE

(Sullo sfondo stanno le due case di Fidia

Non sappiamo a dal

v.

r.

qutde

e

di Biante).'

atto' appartenesse la scentJ conseruata a paTtire

Sta parlanilo Fidia, solo sulla scena. Dei

vv.

11-13 (il

v. r

è dtl tutto perduto) restano soltanto queste parole, per ogni singolo verso:

FmiA: ...dei padri ricordandosi . ..un figlio, come a tutti pare... per certi affari; ...casa a me vuota...schiavetto; egli stesso il vitto...a certi amministratori... sventurato, forse... miseramente cosf tanto...devo fare...una riunione di noi avviene ...e il convitante è6 il...accogliere..a me.

Il

v.

14 manca; è incerto se quanto segue appartenesse alla m�desima

scena.• Dei .

vv.

15-19, dttti ancora da Fidia, restano queste parole:

. . bisogna...splendido o grande per fama... ; se no, per terzo

... ; crudele suvvia...

Al

v.

19 interloquisce Gnatone,7 entrato ora o poco prima:

3) Cfr. Prewwssa, p. 476 e n. 7· 4) Comunque, uno dei primi due: cfr. Premma, p. 478, n. 13. 5) Si allude qui probabilmente al banchetto dei 6) Cfr. Prewwssa, tetradisti nominato nel fr. 1; cfr. Prewwssa, p. 477, n. 8. 7) Cfr. Prmwssa, p. 477 n. 10. La distribuzione delle bat­ p. 4 75 n. 3· tute �gue in parte le indicazioni del papiro, che compaiono ai vv. 19, 20 e 27; per il resto � congetturale.

485

10

L'ADULATORE GNATONE: Ora ...(farsi coraggio), Fidia. FIDIA: Farsi coraggio? A me ...di questa mia importa ...dica

20

una sciocchezza ... Atena (sovrana), salvami. GNATONE:







scrupolosamente gli usi patrii ...gli stessi, cit-

tà ... FwiA: Che dici, sventurato? GNATONE:







ai malvagi gli dei ...... bene facciamo ......

graduato portando egli stesso una volta ...bisaccia, elmo .. . giavellotto, pelle . ..un asino porta ...subitamente Biante8 FIDIA:

(Indica la casa







di Biante) Questo che sta qui ...l'anno

scorso ... GNATONE:







occupazione ... derid(ere) ... cinquanta schiavi

...dietro.

8) Il testo è molto lacunoso, ma il significato è sufficientemente chiaro. Il mercenario una volta era poco piu di un semplice soldato (un BIIJ.Otp(T"I)t;;, che prendeva doppia mercede), e si portava da solo i suoi attrezzi; adesso

è diventato importante, e Ii carica su un asino. Secondo una supposizione del LEo, egli avrebbe anche cambiato nome, assumendo soltanto ora il nome greco di Biante.

487

30

L'ADULATORE FmiA: Sono perduto!' GNATONE:







è calato qui da qualche parte, una città (avendo

40

tradito} o un satrapo o (un esercito) .. . è, evidentemente.

FmiA: Come? GNATONE: Nessuno arricchisce rapidamente essendo giusto. L'uno infatti raccoglie e risparmia per sé, l'altro tende un ag­ guato a chi ha fatto lunghe economie, e si tiene tutto.

FmiA: Come... GNATONE: Lo giuro, per Helios; se non mi fosse venuto dietro (lo schiavo portando) i vasi di vino10,

(e forse)

c'era un sospetto

di ubriachezza, avrei gridato... accostandolo in piazza:

«

Uo-

mo, l'anno scorso eri un pezzente e un morto di fame, mentre ora sei ricco. Dimmi, che mestiere facevi? Questo rispondimi: dove hai preso ciò? Vattene dalla... Perch� insegni il male? Perch� ci fai vedere che si guadagna ad essere ingiusti? ))

g) La

suddivisione delle battute l: assai incerta, per tutto il passo; tanto più che poco aiutano le scarse indicazioni del papiro. Comunque questa esclamazione l: sicuramente di Fidia, il quale ora soltanto ha compreso appieno la potenza del rivale, sentendo parlare di cinquanta servi (cfr. KmPER, Mnemosyne 58 [1931], p. 174). 10) Nei vasi di Taso era con­ servato il vino. Il K'UlPER, Mnemosyne 58 (1931), p. 172, seguito dal WEBSTER, Mnuztllllr, p. 75, suppose che Gnatone si fosse recato al mercato a fare provviste per il banchetto dei tetradisti; cfr. Ter. E1111. 255 •·

489

60

L'ADULATORE

Nei

vv.

55-67

si leggono soltanto poche parole, senta che sia possi­

bile distinguere gli interlocutori:

s( ( v. 55); e ha venduto dunque ( v. sfi); di speranze (u. 57); certo (u. 59); ho, ma l'accusare (u. 6o); che non bisogna (u. 6r); chi usa ( v. 62); sei istupidito da un po' (u. 63); piegando invano (u. 64); questo qui (u. 66); prendere ( v. 67).

Al

v.

68

sopraggiunge Dauo.n DAvo:

(A sé)

11

Non è Gnatone . . . ? ..

) Cfr. Prtmtssa, p. 477

D.

.

(A Gnatone)

10.

491

O Gnatone ..

.

L'ADULATORE

Latu'IIIJ di circa 10 versi. Dei vv. 71-84 si leggono solo queste parole: tenteremo (v. 71); il ruffiano (v. 7R); di tutti. DAvo: molto (v. 73); di un obolo (v. Bo); è (v. Br); vedi (v.BR); infatti (v. 83). Dopo una

lacuna di estensione imprecisata, so110 sulla sct'IIIJ Davo12

e

Fidia.

DAvo:

.t

uno, uno solo, quello per cui

è

in rovina ogni cosa, pa­

droncino, da cima a fondo. Dico ... : quante città ho visto distrutte, le ha rovinate soltanto questa cosa, che io ora ho scoperto per costui.13 Quanti tiranni mai, ogni grande gene-

1�) Cfr. Prm��ssa, p. 478 n. 1� 13) Davo s�mbra al corr�nte di qual­ che atto del parassita, che egli ritiene nocivo agli interessi di Fidia, ma che questi ignora (v. 95 s.). Anche noi siamo del tutto all'oscuro di tale peripezia.

493

90

L'ADULATORE rale, satrapo, capo di guarnigione, fondatore di città, stratego - non ... ma intendo quelli del tutto andati in rovina- ... soltanto ciò li ha fatti sparire, gli adulatori; ...sono ad essi disgraziati.

FmiA:

t

violento questo discorso; ma di cosa mai si tratti, io non

comprendo.

DAvo: Chiunque non ragiona riterrebbe benevolo chi tende insidie.

FmiA: Anche se sia impossibile? DAvo: Ognuno può fare del male.

Dopo una lacuna di estensione imprecisata, è sulla scena il ruffiano, solo.1t

RUFFIANO: ...che di te ...che a forza ....manderà a chiamare altri (commilitoni) ...che terrà d'occhio ...(rovinare) dunque costui

(in-

1.�) Egli si rivolge vivacemente a st! stesso piu di una volta (cfr. v. 104), in seconda penona, e questo aveva inizialmente fatto credere che si trat tasse di un dialogo; ma cfr. CoPPOLA, Cornnredu, pp. 71-2, che esclude la presenza di una paragraphl sotto il v. 105. 495

100

L'ADULATORE dica la casa di

Fidia)

piuttosto che tu. Essendo creduto...nulla

di contrario a ciò che fai... sembrando11 hai l'uomo senza sospetti...di ciò che accade, della casa; nel (modo) che tu vorrai, ti verrà regolata ogni altra

cosa.

.......... evidente,

non affamati .....tenendo nelle mani, e null'altro. La compera il vicino;

ma se

costui lo apprende, 11 verrà insieme a

110

ses-

aanta compagni, quanti andarono a Troia insieme ad Ulisse, ...minacciando: «Se non ti - arnese da frusta...hai venduto a chi aveva piu oro »; ...dunque vendo, per i dodici dei...a causa di questo. Essa da sola prende...dieci, tre mine ogni giorno...dello straniero; e ho perfino paura di prendere cosf. (Per la strada), una volta o l'altra, rapiranno (lei), andrò in giudizio, avrò noie...

15) Il testo qui è assai mal ridotto i non tutto riesce chiaro, ma il significato generale parrebbe questo. Il lenone pensava evidentemente di cedere la ragazza contesa a Fidia, che gliela aveva richiesta. Ma ora, prospettan• dosi le reazioni del soldato e i pericoli che correrebbe, cambia idea. Egli pensa che potd manovrare a suo piacere il mercenario, il quale si fida di lui e non sospetta neppure che egli stia trattando con Fidia i e, quel 16) Altro luogo controveno; ma se si ritiene che piu conta, è ricco. che 6 yc!orwv sia Fidia e l'altro il soldato, si ottiene una inutile ripeti­ zione di quanto gil detto al v. 102. Il ruffiano si figura invece l'opposta alternativa: se egli da\ la ragazza al soldato, Fidia ed i suoi compagni (probabilmente i sodali del banchetto dei tetradisti) verranno da lui con cattive intenzioni. In ogni caso, quindi, avrà dei guai. Dunque 6 ychwv è il soldato: «vicino» non del lenone, ma di Fidia (68c), la cui casa è senz'altro sulla scena (cfr. anche PrnMsstJ, p. 476 e n. 7).

497

120

L'ADULATORE FRAMMENTI CITATI IN ALTRE FONTP7

Fr. 1

Cuoco:

(Solmnemmte)

Libagione.

) Tu passami le vi­ (Solmnemmte) Libagione. (Solmnemmle) Libagione. (Piano)

(Piano,

a un servo

scere, tiemmi dietro; dove guardi?

(Piano,

c.s.

Sta bene. l'Olimpo Prendi la

)

Dammi, o Sosia.

(Solmnemmte) Tutti gli dei e tutte le dee del­ invochiamo - (Piano, porgendo al servo un piatto) lingua in questo. - (Solmnemmte) di dare a tutti

salvezza, salute, molti beni, e il godimento dei beni presenti; questo invochiamo.

Fr. 11 BIANTE: In Cappadocia, Strutia, mi wotai tre volte

un

condio d'oro

che conteneva dieci ciotole,18 ben pieno.

GNATONE

-

SnlJTIA:

Hai bewto piu del re Alessan dro.

17) Per il contesto congetturale in cui si luciano imerire questi frammenti, quando � possibile, cfr. i'mnlsstJ, p. 479· 18) Una ciotola equivaleva circa a 1/5 di litro. Il condio era una groua coppa.

499

L'ADULATORE BIANTE: Non meno, no, per Atena. GNATONE: Gran cosa.

Fr. 3 GNATONE - STRlJTlA: Rido pensando a ciò che dicesti al Cipriota.11

Fr. 4 GNATONE - STRlJTlA: Criside, Corone, Anticira, !scade e la bellissima Nannarion hai posseduto.

Fr. 5 GNATONE{?)

:IO

Ma non riesco a trovare neppure un compagno, benché siano tanti; sono stato preso da solo.

19) Cfr. Ter. Eun. 497-8: (Thr.) �ili rillls? (Gn.) isili& qutHl dizti mtJdo; Et illud u RhDdio dil:tvm qumn in mm11 vmit. La battuta diretta al Rodio è riportata nei vv. 422-6: (Thr.) UruJ in t:OIIIIioio Erlll !ti&, pm dil:o, RlrDdiru tu/uùsuntuhu. Fur� /tsbui seortvm; ca.pit dii id tlllJutUrr Et ru inritUrl. "quill .rW" inqruun lttmaini "input/lrui' L.JN' tu�·s, puljHtmmtum qutllrisl" Il leDIO dell'ul­ tima frue è: «sei tu ateao un bocconcino, e vuoi mangiare lepri?» 20) Cfr. Prrmm11, p. 479 e n. 22.

501

L'ADULATORE Fr. 6 DAvo(?): S'accosta come tranquillamente

un

animale (accarezzando).

Fr. 7 Un chiozzo, tonni, una coda di cane.u

Fr. 8 Bue Ciprio.11

1111) Nome di un pace, come i precedenti. 1212) Secondo il MI!IITI!.Il, queala urebbe la battula ricordai& da Gnatone nel fr. 3, che Terenzio avrebbe mulato del tutto (cfr. p. 501 n. 19). Qui li allude a una cre­ denza, leCOndo la quale i buoi di Cipro mangiavano aterco: l'eapressione equivale dunque a « mangiamerda ».

503

KCNEIAZOMENAI

LE DONNE CHE BEVONO LA CICUTA

PREMESSA

Una scma di questa commedia è tramandata da un breve frammento papiraceo, 1 in cui sono conservati 20 versi mutili delle prime sillabe, oltre che pochi resti di scolii nel margine e gli inizi di qualche verso della colonna successiva. L'identifotJZione è assicurata dalla coincidenza dei vv. r8-2o con una cittJZione di Stobeo, che ne attesta l'app�a alle Coneiazomenai di Mmandro. «Donne che bevono la ci&uta », o meglio progettavano, oppure fingevano di berla, dalo che non si pud sup. porre nella commedia una conclusione letale,· ma diJJ nostro frammento non comprendiamo a quale scopo mirassero. Tuttaaia tale proposito era forse in relatione con una aicenda d'amore, che nel frammento, apparte­ nente alla parte finale dell'opera, vediamo giungere a buon fine. Un personaggio, che è con ogni probabilità un servo, 1 aavisa il gioaane in­ namorato che il padre della fanciulla,• il quale in precedenza si oppo­ neva al matrimonio, ha cambiato idea: egli è ora in colloquio con un ter�o personaggio chiamato Cherea, evidentemente un allealo del gio­ vane. • Questi sulle prime stenta a credere, poi vuole co""' da loro, ma prima di andarsene riconosce, in un breae monologo, di avere sparlato di Tyche a torto, giacchi solo l'intervento della dea lo ha salvato dalle dijfù:oltà in cui si trovava. Della commedia rimangono inoltre una testi­ monianza e un frammento di tradizione indiretta, che non o.lfrono dati util�abili intorno allo sviluppo della trama. Egualmente non esistono elementi che permettano di determinarne la data. 1) Il papiro, ora conservato a Tiflis, precedentemente si trovava a Dorpat, donde il nome di Fraprmtum Dtn'/HJimse, con cui � talvolta designato. :a) A cui si addicono il ruolo di messaggero e il tono scanzonato rivelato dalla battuta sul xpo-rwv, quale traspare nei resti del v. 6.

3) Questa precisazione manca nel testo, ma tale personaggio sembra use­ gnare una dote (v. 3 s.), come poteva fare soltanto il padre della sposa. 4) Non � possi bile determinare con maggiore esattezza i rapporti che le­ gano i due. come pure si � tentato, senza ricorrere ad arbitrarie integra ­ zioni del testo.

507







Come già detto, si è tentillo di riferire tJlle Coneiazomenai ltz Fabula incerta tkl codi&e Cairmse ;1 ma tak proposta, pure presenUztulo ele­ menti di perosimiglianza, urta contro qualche difficoltà. Infatti i vero che nella Fabula incerta l'intmlmto dell'ami&o Cherea vale a fare approvare le noae del giovane Moschione tbJl padre di questi. Ma si osserui che: r) nella Fabula incerta il matrimonio è tlllvenuto (vv. fl7 ss. e 45 ss.), qui è an&ora d4farsi (v. 5)i !l} là era probabilmente Cherea a portare la lieta novella tJl giovane (w. 39-40, cfr. p. 389 n. ro), qui è forse uno schilwo, comunque certamente non Cherea; 3) nella Fabula incerta Cherea convince il padre tkl giovane, mentre qui il suo interlocutore è il padre della fanciulla (cfr. n. 3); 4) la rnm.tione di Tyche non ha senso, se la soluzione deriva d4 Wl intrigo oppure da rua atto di persuasione (come nel caso della Fabula incerta), e non da una agnizione, o comunque d4 rua evento estraneo tJll'a.tione umana . E an&he ammettendo che Cherea in rua primo tempo facesse opera di convincimento con il padre della ragaaa, ossia Cleeneto (e sarebbe il soggetto tkl nostro frammento), e quindi abbindolasse il padre dell'ami&o in una scena successiva (come nella Fabula incerta), si possono risolvere le difficoltà di cui ai pruati 11 e 3; ma le tJltre due rimangono insormontabili, soprattutto perché è impossibile supporre che le noae avvenissero tra l'una e l'tJltra scena (cfr. Fab. inc., v. 45: 7tWL}. Si è quindi preferito, come già detto, mantenere separati i due frammenti, lasciando tJl lettore di attribuire o no la vicenda offerta d4l nostro papiro tJlla commedia s�a nome.

5) Cfr. p. 379

e n.



508

TESTIMONIUM

l Schol. Clem. Al. Protr. 2, 26, I p. 423 Dind. otiToc; (scii. "Eltl!'Evi­ fi!Jc;) tK6:91JpE Tc!rc; 'A9�vac;· �V flt Kpftc; Téjl ytVEI Kal OO�QTaTOc;, oti Kaì Mtvavflpoc; l'ti'V'I)TaL tv Taic; Kc.>vEal;;o�&tvaLc;.

509

LE DONNE CHE BEVONO LA CICUTA Un gioflane primo wrso

e e

un

servo1

sono in colloquio,

a

scena già iniziata;1 il

m��tà ul suecessioo sono perduti.

SERVO: Se stiamo dormendo..... talenti cinque3 insieme..... gioielli.

GIOVANE: Non sono desto.

SERVO: .... .. .onnai prepara le nozze ...(come) un acaro.' GiovANE: Che dici? SERvo: Un acaro; io...(verso) sera ero(-a) presente. GiovANE: E allora? SERVO:

... ..sta

seduto a parlare ...

GIOVANE: .. . SERvo: Con Cherea. GIOVANE: Dove? Voglio ....

1) Cfr. PrmwstJ, p. 507

e n. 2. 2) Lo ZEUTBLI ritenne che vi foue ligia XOPOY immediatamente prima del v. 1 del papiro, quaai inte­ ramente perduto. Ma non 11embra poaibile che il servo condc:naaae in un 10lo verso (l'inizio del v. 2, pure perduto, era detto dal giovane) la notizia che la situazione si era ormai accomodata. 3) Il numerale non va at­ tribuito necessariamente ai talenti, in quanto poteva anche riferini a un 4) Il proverbio, termine caduto nella prima pane del verso aucoesaivo. uaato da Menandro anche nei L«roi, come attesta Zenobio, diceva «aano come un acaro», noi diremmo «come un pesce». Non comprendiamo il motivo della sua menzione; fonc il�ervo vuoi dire che il personaggio che prepara le nozze, evidentemente dopo esseni a lungo opposto ad esse, lo fa tuttavia nel pieno poaeaso deUe sue facoltà mentali. una

511

LE DOXXE CHE BE\"OXO LA CICGTA

SERVO: C'è vicino un'esedra .....certo, a destra; . . GrovANE: Andrò a vedere.

rivolgendosi al pubblico)





.

.

. . .

10

(Si avvia per wcire; poi si arresta,

ingiustamente

a

Tyche...ho parlato

male...sembra che veda qualcosa...con le fatiche facevo ... non avrei ottenuto ... cosicché nessuno, per gli dèi, anche se le cose gli vanno male, si scoraggi mai troppo; forse ciò può diventare premessa di bene.

20

FRAMMENTO NOTO DA ALTRA FONTE

Fr.

1

Il detto «conosci te stesso» significa, se sai la tua situazione e che cosa devi fare.

513

MI:rOYMENO:r

L'ODIATO

PREMESSA

Di qwsta commedia, che era una delle piu note ed apprea.ate di Me­ nandro, restano ben quattro diversi testi papiracei, che si aggiungono ad un cospicuo numero di testimonian;:e e frammmti presso la tradi{wne indiretta. Purtroppo, alla relativa abbondan.;:a fa riscontro il pessimo stato di conserva{ione di tali residui, tanto che il Misumenos riesce tra le opere mmandree a noi note, che offrono il maggior numero di enigmi insoluti o, se si preferisce, risolti con gravi riserve. In ordine cronologico di pubblica{ione, una pagina di codice in vari frammmti, proveniente da Ossirinco, presenta i vv. 72-125; dove periJ solo i gruppi di versi 89-93 e IO!J-114 sono in condi{ioni di discreta leggibilittl. L'aUribll{ione al Misumenos � assicurata dai nomi del soldato Trasonide e del servo Geta, noti dai frommm ti indiretti; ed essa offre a sua volta i nomi di Cratea e Demea, che coincidono con T IV, dove non appare il titolo della commedia. Appunto la sitUQ{ione esposta in qwsta testimonian;:a, ed i nomi di Cratea1 e Geta si incontrano nei resti di una pagina Berlinese, che porta i vv. 49-59, mutili degli inki, e 6o-71. Ancora i nomi di Trasonide e Geta fanno riferire al Misumenos una striscia di colonna, da Ossi­ rinco, dove sono le sillabe inkiali dei vv. r-27. Infine una pagina

mem­

branacea, pure a Berlino, 114 conservato resti quasi del tutto inutilia.a­ bili dei vv. 28-53, saldandosi dunqw con gli ultimi cinqw all'inkw dell'altro papiro Berlinese. Se cerchiamo lumi, piu che da queste disastrose reliquie, dagli accenni contenuti in riferimenti e cita{wni presso altri autori, la situa{wne inkiale, che costituiva il motivo di fondo della commedia e le dava il titolo, risulta su.J!icientemmte chiara. Il valoroso soldato Trasonide pos­ siede una giovane ed avvenente prigioniera, Gratta. Egli ne è ar-

1) Si tratta di un nome piuttosto raro, soprattutto in Attica; cfr. Wn.A· SPAW 36 (•9•8), p. 749; KoRTE, p. LI n. 1.

Yowrrz,

517

dentnnenu innmnortJto, mtZ,jorse per le sue lJtJIIterie belli&M (T 1),1 è venuto in odio tzlltJ rtJgtJU;tJ, cM lo respinge. LtJ ftmeiulltJ StJrebbe co­ munque in suo potere, tutttJuitJ il soldtJto non uuole tJfJProjiltame per piegtJrltJ tJi suoi duideri, e l'luJ nobilmente rispetttJttJ (T III efr. R) . Con grande ejfi&tJCia sceni&tJ, il pubbli&o venivtJ subito introdotto nelltz vi&mdtJ in un ditJlogo, tJnCortJ nel cuore delltJ notu, dello stesso prottJ­ gonisttJ con il fidele smJO GettJ (T Il), cM tJprivtJ ltJ corrunedia. 1 /n esso TrtJSonide ejfondevtJ le sue pene d'tJmore (frr. 1 e R) , giungendo tJ ttJle punto di disper�ione dtJ chiedere untJ sptJdtJ per jtJrltJ jinittJ, e tJdirtJndosi quindi tJl rifiuto del fide/e servitore. A questtJ SCtntJ potreb­ bero tJP/JtJrtenere tJnCM i vv. l·R'f,• dove si pMltJ di «gelositJ »(v. 6), certtJmmu di TrtJSonide. In effetti, dtJlltJ sruldetttJ wtimonitJn.ttJ tJP/JtJre cM il soldtJto ordintJvtJ tJ GettJ di uscire di ctJStJ in pUntJ notu; evi­ dentnnenu il smJO, come Sosia nelltJ Perikeiromene (corrune dia con cui ltJ nostrtJ presenttJ molupli&i tJ.ffinità), twrebbe dovuto controlltJre le moss1 dell'tJmtZttJ. DtJ cid si può tJnCM dedurre CM TrtJSonide, come Polemone, tmevtJ probtJbilmmu tJbbtJndontJto ltJ SUtJ ctJStJ, rectJndosi dtJ un tJmi&o, cM potrebbe essere quel ClinitJ, il cui nome tJP/JtJre in mtJr• gine tJÌ vv. 83 e 84.1 Questi JJbittJlltJ forse in untJ CtJStJ tJCctJIIto, mentre in un'tJitra1 stava Demea, il padre di CrautJ, come vedremo. 11) Cfr. i due frr. 6 e 12; il LEo, PlaulÌIIise/w Forsclum6m, p. 126, adduce a confronto anche Luc. Dilli. mn. 13. Il WEBITER, MmiJIII/n, p. 18, preferisce supporre che la giovane odiasse il soldato, perch� egli l'aveva catturata in guerra. Questo punto non è chiaro: è anche poaibile che Trasonide l'avesse comperata, come fa Stratippocle ndl'Epidiau di Plauto (cfr. VAN LEEUWEN, p. 159 c); ed CÙTùJ�, nel fr. 1, fa forse propendere verso quest'alternativa. 3) Si ricordino le analoghe scene introduttive

deii'Heros e

della

Ptrikeironrme.

4)

Cfr. CoPPOLA, SIFC N.S. 3 (19113), p. 51 u.;jENSEN, p. LVI. Il KliaTE, p. LII, negando la pouibilità di individuame la collocazione, preferisce pubblicare questi veni in fine alla commedia (w . 85-111). 5) Cfr. WEBSTER, Mmander, p. 19 e n. 2. Secondo il KliaTE, p. LII, co­ stui sarebbe piuttosto il rivale del soldato, mentre il ji!NSI!N, p. LVII, pro­ pone che Clinia fosse il padre di Trasonide: ma Clinia è, ndla tradiz.ione comica, nome di giovane.

6)

535 n. g. Evidentemente le case erano tre, come nella Ptriknro­ a differenza di quanto accade in questa, nella nostra commedia Trasonide si era trasferito in una casa sulla scena, da dove usciva con Da,·o all'inizio dell'opera. Cfr. p.

mmt;

ma,

518

Comunque il soldtzlo è geloso, e qualcosa tkue auere destato i suoi so­ spetti. Dunque, tJCcanto al motivo origiM/4 tkllafanciul.la CM odi4 l'in­ namorato, esisteva pure nel Misumenos 11110 tkgli intrighi tipiei tklla c01MIIIdi4 nuooa, dalla cui solfl.(.ione dipentkvtJ in fine ancM l'tJC(;OfM­ dlmrento tkl nodo psicologi&o. Ma tutta la prirM parti tkll'opera, dopo il dUJlogo imroduttiDo, è ormtJi computammle perduta; e dobbi4mo tJC­ conlentarci di sapere CM TrasoniJe mtJ111a 1ao doni all'tll1lllta, e lentarJtJ di impietosirla con canti e preghiere, ottenendo, a quanto parrebbe, un transitorio migliorammto tki loro rapporti (T II) ;7 rM non appare come si artil:olassero queste uiemtk nella suneggi4tura. Frattanto conti­ nuava ancM l'a.cione tkl presunto rioaU, di cui jinalm.enU si puiJ ril:o­ noscere quakM tr� nelu scene offerte dai due papiri berlinesi, d4 collocarsi forse nel III atto.1 Dai primi uersi riusci4mo a rii;QvtJre poco di .sit:uro, se non CM parla una donna, probabilmente la nutril:e di Cratea.' A partire dal 11. 35, uno schi4uo, iJentiji&abiu con Geta, in un discorso assai oscuro nei tkt­ tagli, rMnijesta i suoi timori cM un altro personaggio trami ai d4nni tkl padrone; quindi entra nella dimora di TrasoniJe ad esplorare la situa­ �ione. I seguenti versi (vv. 57-59} sono pronunci4ti da una donna, cM IIÌIII nella casa tkl soldato;1° evitknlemmte la nutril:e di Cratea. (busta non sta uscendo di casa in quel momen to, altrimenti si incontrerebbe con Geta; essa dunque era gUJ sulla scena durante il monologo tkl servo. Ma egli, parlando tra sé, si rivolg111a mentalmente a una ler�a persona, cM aveva visto poc'�i ro�are intorno alla casa tkl padrone, cui sta montando la guardia. t dunque probabile cM questo personaggio fosse in colloquio con la nutril:e, e cM si fosse allontanato all'apparire di Gela, mentre pure la nutril:e si ritirava in disparte: nei vv. 35 ss. Geta 7) La testimonianza � tuttavia assai generica, e potrebbe anche dani che tutto ciò appartenesse all'antefatto. 8) Cfr.

WusnR, IAtn Com��dy, p. 186.

g) Cfr. p. 531 n. 5· 10) t una donna, perch� giura per le due dee (v. 57);

essa inoltre ha vilto raccolte in una stanza tutte le spade che c'erano nei dintorni, di cui anche il fr. 10 commenta la scomparsa. Forse le aveva celate Geta, nel timore di un atto inconsulto del padrone (cfr. T Il), e la donna le aveva viste neUa cameretta deUo schiavo.

519

panebb1 in effetti chiedersi chi fosse l'uomo e che cosa signifieasse fUll

conciliabolo. Passiamo ora alla scma successirHJ, dopo una Mllina di wrsi perduti. (hwta si apr1 con una escltmltl.(.ione di gioia rUlla nutrice, che rielr.iama fuori di casa Cralla. E la fancialltJ si getta Ira li braccia d6l padr�, Dnnea, che ella riwd6

per la prima volla da f[Uilndo gli fu strappata.

Ma improvuisammll compare tJN:he G11a,u il f[Uilll, wdendo i due ab­

bracciati, ,,,u che Dnnea sia il rivale ,Ul pa.drone, 1 lo ilwesll violm­ llmlnll: sulll sue smanie si inlln'omp. il papiro. A questo punto possiamo ritornaTI qualche poco indietro con li noslr1

È 1vid6nll che il misllrioso rivale di Trasonw no n era che il padr1 d6ll'amala; è altrlltanlo evitUnll che la nutrice e soprattutto Cralla, la quale dalla gmerica esclanuv:ione d6ll'altra comprnuk su­ bito la 'Oirità, si atlmtkvano ormai la sua wnuta.11 Questa non pollrHJ essere stata annunciala Imo che dal misllrioso .missario, che parltmdo con la nutrice awva mosso i s osp.tti di Geta: costui non era Dnnea in persona (Geta infatti, f[Uilndo egli appar�, nei vv. 66 s s., non lo /r.a mai visto), ma un suo schiavo (v. 44). Dunque Dnnea era informato d6lla situtLtione d6lla figlia, almmo par�ialmmll, e twerHJ mandato il servo forse per accertarsi d6lla sua identità, e fJTIChe per avwrtirla,· ma ignoriamo se egli fosse rJn�uto d6liberalammll dalla patria a cercarla,11 oppure ne avesse scoperto per caso l'identità (come pa"ebbt da T IV).

congetturi.

La situ�ione dunfJUI è risolta, tuttavia gli enigmi non mtJT�Cano nelll altre due scene rimasti. Nella prima appaiono i nomi di Dnnea, Clinia e Geta; uno d6gli ultimi due sta

narrando

Trasonw, l'altro spia il loro colloquio; lllligibili solo poche parole.

al vecchio li ma

p.ne d 'amore di

di tutta la scma sono in­

Nella seconda, dal v. 1o8 parla Trasonw; prima (vv. 94-107) vi è un

colloquio Ira piri. personaggi, pur� quasi completamenti perduto, in cui rico"ono i nomi di Cralla e un vocativo «padre» (v. 104); lo sllsso risuona poi in bocca al soldato, al v. 110. È stato supposto che questi 11) Cfr. p. 535 n.

g.

Aftruuuler, p. tg n. 3· 13) Come Hanno nel Ponwlw plautino. Il WEBSTER, Mtruuuler, p. 18, pro­ pone che i due fossero di Cipro, sulla base del fr. 5·

12) Cfr. WEBSTER,

520

aDeSse esortalo il proprio padre a perorare la ma

sua

causa presso Demea;1'

sembra strano che un valoroso soldato corru Trasonide fosse accom­

pagnato nell'azione dal padre, tanto piu che si tratta di un caso unico nella tradizione comica.15 Comunque, sulla sua sgommta constatazione che ormai avere la fanciulla è per lui questione di vita o di morte, si chiude il papiro, e insinne la nostra tradì-tione diretta del Misumenos. Ma non è necessaria una esplicita testimonian.ta per essere certi che Cratea appreaava i nobili sentimmti del soldato e si riconciliava con lui, sposandolo. Dell'importan-ta dei testi indiretti per chiarire la situazione ini.tiale del Misumenos si è detto, e si è visto corru appartenessero al patetico colloquio introduttivo fra Trasonide e Geta i fr. I e 2; alla stessa si­ tuazione si potrebbero riferire anche il fr. 4, in cui Geta commmta la

pena sentimmtale del soldato, e il fr. 7, se il tono di questo non è troppo sgarbato per un servo che si rivolge al padrone. Il fr. 3 apparteneva forse alla conclusione, quando Trasonide apprende, sen-ta osare creder­ vi, che Cratea sarà

sua

moglu.18 Il fr. 5, probabilmente appartenente

al prologop allude alle passate glorie di Trasonide, al servi.tio di un re di Cipro; e i f"· 6 e I2 alla sua spacconeria. Del fr. IO abbiamo detto a p. SI9 n. Io; mmtre i f"· 8, 9 e II appaiono piu dijficili da inquadrare. •





L'accenno ai re di Cipro, scomparsi dal jiO a. C., può fornire un in­ dizio per la datazione del Misumenos; infatti, anche se esso non costi­ tuisce un terminus ante quem assoluto, è assai probabile che non ci si debba allontanare molto da questo periodo.ts 14) jENsEN, p. LVII, per cui il padre di Tra.sonide è lo stesso Clinia (ma cfr. p. 518 e n. 5); Koan, p. LII; WEBSTER, MtiiiJIUkr, p. 19 n. 3; Lo.tn Corrudy, p. 186. 15) Cfr. CoPPOLA, SIFC N.S. 3 (1923), p. 57; BARIGAZZI, Due nou mmandree, in Studi in anore di .U.igi Castiglitmi, I, p. 55· Il vocativo del v. 110 può n­ ferini a Demea, suggerito da !tot"t""Ìjp Kpotn[rx� al v. precedente, ed inoltre con grande valore espressivo, come se l'appassionato Trasonide si immagi­ nasse già di fare parte della famiglia dell'amata.

BARJOAZZI, art. cit., p. 53 s. BAJUOAZZI, art. cit., p. 52. 18) Cfr. WEBSTER, MtiiiJIUkr, pp. 1o6

16) Cfr.

17) Cfr.

e

521

108.

Ma la data dilla commedia coirwolge pure un problema di cronologia relativa, che presmta interesse anche per l'interpretu.ione e la r�aluta­ .tione di essa. Infatti l'opera presmta, come si è detto, molti punti in comune con la Perikeiromene; ma soprattutto è idmtico il motioo di base. In mtrambi i casi il soldato innamorato è respinto dalla sua fan­ ciulla, e soffre e patisce, e con la sua sofferm.ta si merita il perdono 1 la comprmsione diii'amata, anche se a cW contribuisce un forlrltuzlo evento esteriore, il ritror�ammto dii padre di essa. Ma questo motioo è r�ariato con sapiml:,a nelle due commedie, 1 inserito in situa.tioni e personaggi sostan.tialmmte dir�t�Tsi, come sono affatto di­ versi i valori etici illustrati dalla wmda. Nella Perikeiromene Pole­ mone si godi come concubina Glicera, pure non tJDtJTUlo nessun diritto su di lei; mmtre Trasonide, che è legittimo padrone di Cralla, si astiene dal farle violnu:.a. E anche la ripulsa dille due giovani nasu da di.fle­ rmti motir�a.tioni. L'improvvisa rea-tione a un singolo sopruso, causato da una gelosia male indiriuata, conduce in disgra.tia Polemone; mm­ lre il profondo baratro dlll'avr�ersione, che Cratea prova per l'innamo­ rato, è scavato da un atteggiammto psicologico costante di quello, la spacconeria; o comunque da un smtimmto radicato da tempo nell'animo dilla giovane.

Queste considlra.tioni sembrano indUTTe a ritmne il Misumenos

un

approfondimmto e un perft.tionamm to dilla Perikeiromene, dor11 i motivi di dialettica morale e di dramma ticità interiore appaiono dlcan­ tati di ogni elemento contingmte, ed esaltati dalla nobiltà di smtimmti e di atti dii protagonista, e da quella sorta di isolammto astratto in cui egli vive la sua passione. Tuttavia a noi sfoggono gli elemmti di indole piu strettammte tecnica, che potrebbero accertare quest'impressione. Nella Perikeiromene abbiamo osservato residui di formule arcaiche, che nel Misumenos non vediamo;11 ma quanto poco vediamo di questa com­

media, tanto suggestiva quanto sfortunata! Non è escluso che anche lo svolgimmto dilla trama, nei suoi dlttagli, riseroasse sorprese: pn fare un esempio, l'equivoco dell'abbraccio a un parmte, scambiato dall'a19) Tutt'al piu, tragica, che

KoRTE, SB

è

nella scena dell'incontro si osserva la stessa Periklirtmt�r�� (mvov,

nel riconoscimento della Leipzig 71 (1919), p. 30.

522

stilizzazione v.

64): cfr.

manie per un riuale, potrebbe d'altro lato ritenersi sviluppato da eu­ mento episodil:o e aecessorio, qual'i nel Misumenos, a nodo promotore dell'a.tione comil:a nella Peri.keiromene.10 Comunque, commedia famosa tra Il mmandru, si dil:eua, ed a ragione, per quel poco chi ne possiamo ril:onoscere. I due passi papiraeei chi ab­ biano un senso intelligibile e certo, pure nella loro brevità, ossia l'in­ contro di Cratea con il padre e Il ultime parole di Trasonide, sono densi della limpida e sobria intensità patetil:a del poeta; e la stessa fascinosa profondità e immedillteua di sentimento I7IIIJIUI dai frammen t i detti dal soldato. Ma piu di questi miseri resti verbali, i il soggetto della com­ media a proporre una delle figure immortali della rivol�ionaria « lut­ manitas » mmandrea: il soldato spaecone e millantatore della lradi­ .tione comil:a diviene appassionato e romantil:o, cosi da pensare di morir d'amore. Nelle sue parole risuona una specie di vergine stupore per l'immanità di questo mutamento; non i piu il personaggio chi medita sul proprio caso, ma Menandro stesso chi constata la paurosa verità dell'amore, quale egli va scoprendo nella vita di ogni giorno.

20) Sulla reciproca posizione cronologica delle due opere, i critici sono di­ visi, pur con la cautela richiesta da una valutazione tanto soggettiva: KoRTE, SB Leipzig 71 (1919), p. 33 e WaHRU, Motivslutiim, p. 112 s., pensano che il Mi.runrmDs sia posteriore; d'opinione opposta � CoPPOLA, Cornnwdil, p. 75·

523

TESTIMONIA

l

Choric. XLII dcci. 1!1 p. 509 Fo.•Ri. (fr.

fiftl&lac; 1tapaAa�C:,v, C:,c; imtpoyK6v

·n

1

Ko.)

fXEL«; lK 'rijc;

Kc.J­

Kai oo�apòv Kal ltoUfJ TLc;

6>-al';ovEia OTpanC:,TTJc; àvfJp. d ne; IÌfi�V Tòv MEvàv&pou 'CXVTà­ l';ETaL 9paoc.>vi&TJV, oT&Ev 8 Atyw· OTpanc.>nKflv yàp 'TJOLV àTJ&iav VOOOUVTa TÒV 4\19pt.l1tOV Elc; àtttX9Eiav aiJTcj) KLVijOal TfJV tpc.>fitVTJV' Kai ytyovEv àfitÀEI 1tpoa,yopla Tcj) &pàfiaTL TOU 9paoc.>vi&ou Tò fiiooc;.

Il

Arr. diss. Epict. IV 1, 19

lSpa li AtyEI Kaì ltOLEi 6 9pCioc.>vi&TJc;,

8c; TOOaUTa OTpaTEUOclcfiEVO«;, lSoa Tclcxa ou&t OÒ, 1tp�TOV fih t�E·

ÀfJÀU9E VUKTÒ«;, lSTE Ò ftTac; OIÌ TOÀfi{i: t�ù.9EiV, Kal';ETo òtt' aòToO n6U' civ

tmKpauy aoac;

àU '

El 1tpoa,vay.

Kaì Tflv mKpàv 5ouAEiav

àltoAocpupclcfiEVoc; �ijÀ9Ev. ETTa TI Atye1; "naL5LOKapLov. nC:,nou."

(fr. 1) . , eTTa �i,oc; alTE i Kaì 1tpòc; TÒV un' EUVO(ac; fifl &166VTa xa­ ÀEttaiVEI KaÌ 5�pa Tfi fiiOOUO!J ltt filtEI Kai fiEiTal KaÌ KÀa(EL, ltclcÀIV .

&t fiLKpà EÒTJfiEpfJoac; tnalpETaL.

III

Diog.

La. VII

130

TÒV youv 9paowvi51JV Ka[ ttep tv

t�ouoic;x

[XOVTa tfJV tpc.>fibiJV li1à TÒ fiLOEio9aL àlttXEo9aL autijc;.

IV Simplic. ad Aristot. Phys. p. 384, 13 Diels (fr.!l Ko.) lStav Atyc.>fiEV lSn àttO tux'lc; � À9 Ev 6 t;t voc; Kaì Aut pwoclcfiE Voc; Tòv alxfiaAc.>tov, c:,c; 6 napà M Ev av& pftl t.TJfitac; tflv KpatELav, àttijÀBEv . . Kalltpa�n .

TOUTO WOltEp J!VEKa TOÒTOU U9wv, KliV fifl 5Là TOUTO 0.9n.

V Iren. contra haer. II 18, 5 p. 770 Migne Menandrum valde amara et odibilis. VI

(Thrasonides) qui est apud

Plu t . Non posse suav. vivi sec. Epic. 13, 1095

D

Kaì 9paoc.>vi∾

TLVàc; KaÌ 9paOUÀtovtac;, ÒÀOÀUYf.LOÙ«; KaÌ KpOt09opu�ouc; ltOIOUV· tac;.

VII

Alciphr. Ep. IV 19,

19

v.

Epitrep. T

524

XII.

VIII IX X

Apth. A. P. Fronto

A. P.

Mart. XIV

218

v.

XII

233

v. Peric. T

214

Non erit in

sed

V

turba

Peric. T III.

Comoedi

IV.

pueri

quisquam MLOOU!JEVOç ista;

poterit quivis esse t.lç �an:atClv.

Xl Scaenam Misumeni nondum tilincme (cf. Introd., p. 26).

publicatam ezhibet opus

525

musivum My­

I PERSONAGGI DEL DRAMMA•

TRASONIDE (soldiJto) GETA (sm>O di Trasonide) NUTRICE DI CRATEA CRATEA (fan&Ìidkz) DEMEA (padre di CraUa) CLINIA (giooQIII)'

Elenca ti nell'ordine in cui ai lasciano riconoscere nei residui giunti a noi. 1) Per la congetturabile presenza di un servo di Demea, cfr. Prmussa,



p. 519

s.

527

L'ODIATO i la CtLftl di TrtLfonide; in altre

(Sullo sfondo

a quanto PMt, Dmua

e

due abitano,

Clinia) .1

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

A questa scma appMtmevano i seguenti frmnmen ti, detti da TrtLfonide in colloquio con Gela. Fr.

1

TRASONIDE: Sono schiavo di una ragazzina da quattro soldi, io, che nes­ suno dei nemici mai -

Fr. TRASONIDE: Infatti l: in sidero questo come

un

casa

!l

p resso di me, l: in

casa

mia, e de­

uomo follemente innamorato, ma non

lo faccio.

Alla stessa scena si possono riferire forse anche i

1-fl7,1

di cui restano solo queste pMole: non piu ( v. r), Trasonide ( v .r), be­ ne ( v. 4), gelos(o) (v. 6), ciò ora (v. 7), duecento (v. g), per Zeus ( v. ro), togli (v. rr) , GETA: dalla ( v. r.r), danno ( v. 14), vv.



2) Cfr. Prewssa, p. 518

3) Cfr. Premma, p. 518

529

n.

4

L'ODIATO cosf

(v. 16),

le parole (v. 19), dicendo

sf, dice (v. 22), sentii (v. 23), buone

( v.

cose

)

J10 ,

diceva (v. :u),

(v. 25),

bene

(v. 27).

Si apre una lacuna di estensione im precisa ta. Il testo riprende probabil­ mente soltanto nell'Atto III;' alla Nutrice, a quanto pare, appartime

il

V.

:HJ.I

NUTRicE: ... mi farai guerra,

povera

mc?

Dei vv. !J!}-34 si riconoscono queste parole, se�a individuare a chi spet-

tino: . . .terribile vita infatti....infatti beato....essendo cosf a voi. ...

Dal

v.

35

(a)

sé stessa.... questo qui....seduto.

sembra che stia parlando Geta:• GETA:

(A sé) ..chi � mai? :t infatti... questo bisbigliare, so io ... io ... hai ...evidente ... ... Quindi, dopo una lacuna di circa 15 versi:

Cfr. Prem�ssa, p. 5•9 5) Il WEBSTER, Later Co'ftlldy, p. •Bs n. Il, rico­ nosce qui la presenza di una donna, fondandosi su T!IÀatv, che il Wn.A· uowrrz, Schiedsgmeht, p. 74, afferma essere sempre detto da personaggi d i leSSO femminile. Una singola eccezione offre Dysc. 438 (Sicone), e in linea generale il principio ai può ritenere valido. Per la ricostruzione della difficile scena, cfr. Prem�ssa, p. 519 s. 6) Cfr. Prem�ssa, p. 519. Suscita qualche perpl�sità il dicolon all'interno del v. 35, ma talvolta è segnata cosi anche una domanda, che il personaggio rivolge a � st�; e il proseguimento lcn1 yàlp sembra suggerire appunto tale situazione.

4)

531

L'ODIATO ... lasciai; erano...all'aspetto essa essendo persona... le don­ ne affinché di fuori vedess(i) ... Dunque questo è uno schiavo che anche sciogliendo . . . di essi l'altro ... l'uomo...o grandis­ simi (dei), con tutti...questo ... bevendo giustamente .. (?) fra la gente... buon ascolto vieni tra noi. Ma perché... torni indietro e di nuovo ti mostri dando i contrassegni, se non ci fai qualcosa di male? ...ordinerò costui quando invita di nuovo a pranzo il padrone;7 è evidente infatti... andrò dentro e tenterò ... me stesso di vedere qualcosa di ciò che ... dentro e nello stesso tempo si dice.

NUTRicE: (A si)

(Entra nella casa di Trasonide).

. . .piu di costui, per le due dee, uno straniero

...vidi; ahi misera; cosa vuole... in camera8 le spade dei vicini...

Dopo una lacuna di circa venti versi, mentre si a�HJ��.ta Demea ( u. 6o).

è

ancora sulla scena la nutrice,

7) Cfr. PrmiiSJIJ, p. 519 s., per un inquadramento compleaivo del dixono dello schiavo, in cui tuttavia rimangono molti punti inspiegabili. Il v. 42 allude forse a un travestimento? E nei vv -t-8-49 Geta allude a tentativi di Demea di entrare nella compagnia di Trasonide? E le del v. 51, gia\ esattamente congetturate dal Wu.Awowrrz, cosa 10no? Qui sono pos­ sibili due soluzioni: o si trattava di contraasegnj, per cui Cratea riconoscesse l'identità del padre, oppure di «poste, contributi» per un pranzo. In questo ultimo caso, Demea sarebbe entrato in possesso di un anello di Trasonide, di cui aervini come laaciapassare per introdurre il suo emissario in casa del soldato: cfr. WE1111TER, LtJ/Ir CDmUy, p. 186, che cita a raffronto Epitr. 328, Luc. Di.al rMr. 7, 1, e il CumdiD plautino (vv. 35o-1), THII!RPELDER, in KoRTE-THIERPELDER, p. 288, il quale tenta di illuminare anche il proble­ matico al v. 49 (.&cv ��Col ai riferilca a Cratea; ma Geta si trovava egli pure, come la fanciulla, in casa del soldato (vv. 54-56). Non vorrt. piuttosto riferini a Demea, che egli non conosce, e che temeva si teneaae naacosto nella casa contigua, per meglio tramare ai danni di Truonide?

535

70

L'ODIATO

Dopo una laeuna di estensione impr«isata, dal personaggio parltul() tra di loro, mentre

v.

72 Dnnea e

un

I primi cinque versi sono qU4Si completammte perduti, quindi nel

sta parlando il terzo: . Dei

vv.

.

.

altro

terzo li ascolta di IIIJScosto.

un

v.

77

ascolteiò chiaramente.

78-89 restano solo queste parole (nei

vv.

Br, 83

e

84

sono indi­

cati gli inlerlocutori): ..strano...per Helios...Geta.. . GETA: .

di arroganza...di uomo prendere.. . CLINJA: .

.





dovrei pren­

dere. . . CLINJA: Demea . . . neppure un poco ... Demea ... io ...queste cose dice...piangendo, supplicando, ascolta una lira. Qpindi il terzo personaggio

( v.

un

asino che

!JO): Passeggerò

anch'io insieme, mi sembra opportuno.

Nei

vv.

91-93 si leggono queste parole:



.

.

questo... di lui ti stimo

degno ... riscattando, essendo il padre. Io certo ... le donne avendo incontrato, Demca.

537

L'ODIATO

Dopo

una

laama di

estensione imprecisata, nei

vv.

94-107

si ri&ono­

scono solo IJUISII parole, senza distinguere gli interlocutori: abbiamo sofferto ( 11.

99); questo ( 11. roo); avendo preso ( 11. ror); perché Cratea ( 11. roR); colui che ha fatto ciò ( 11. 103); ma, padre, (11. 104); tutto ( v. 105); si deve decidere ( v. ro6); vivere bene conviene ( v. 107). Quindi, dal v. ro8: TRASONIDE:

O che....il padre di Cratea ....ora o beato o sventuratissi­ mo, padre, mi farai (divenire) fra tutti i viventi. Se infatti egli non mi concederà la sua approvazione, come gli spetta, e non mi darà la ragazza, Trasonide � finito. Possa non acca­ dere; ma entriamo

Nei

vv.

.

.

.

(Entra in casa di Dnnea).

r 15-125 si ri&onoscono solo pochissime parole inlllligibili.

539

L'ODIATO FRAMMENTI TRAMANDATI IN ALTRE FONTP0

Fr. 3 TRASONIDE: Se vedessi questo,

e

riprendessi di nuovo vita; poiché ora­

ma dove è possibile trovare dèi tanto giusti, o Geta?

Fr. 4 GETA:11 Apollo, hai visto tra gli uomini uno piu infelice? O un amante piu sventurato?

Fr. 5 da Cipro, in grande opulenza; era colà infatti al

servizio

di

uno dei re.

10) Per

la situazione congetturale in cui si lasciano collocare, quando è poaibile, questi frammenti, cfr. Prmressa, p. 521. 11) Cfr. BAJUOAZZI,

ari. eil., p. 52.

541

L'ODIATO Fr.

6

L'ubriachezza svderà presto o tardi questa mia cosa, che è dissimulata e vuole restare nascosta.

Fr.

7

O disgraz iato, perché non dormi? Tu mi dai fastidio, con il tuo passeggiare. Fr.

8

Una chiave laconica, a quanto mi pare, si deve portare con sé.12 Fr.

9

Ora puoi entrare, o fortunato.

12) Le chiavi cosiddette laconiche pennettevano di clùudere un chiavi­ stello dall'esterno, e di venire quindi asportate. Probabilmente se ne era servito Geta, per clùudere la stanza dove aveva nascosto le spade dei vicini (cfr. Prnnessa, p. 519 n. 10). 543

L'ODIATO Fr.

10

Fr.

11

Le spade sono scomparse.

O padre, odiano Trasonide, ma non l'hanno ucciso.

Fr.

1�

Millantare.

545

nEPIN91A

LA DONNA DI PERINTO

PREMESSA

La tradi.tione diretta della Perinthia1 è costituita da un esiguo fram­

mento di volume papiraceo, da Ossirinco, cM ne riporta 23 versi, in discreto stato tranne gli ultimi cinque, di cui restano solo le termina.tioni. L'attribUT)c; f>Eu(upoc;) 1 C!>ao1.1)att MEvavt'>p(ou) c. 250 a. Chr. ..... aol.latl MEv)av5pou] VIU Scaenam actus secundi exh.ibet opus musivum Mytilenense (cfr. In­ trod., p. 26) bis verbis: cJ>aol.latO