Dopo il primo volume dedicato alle Tragedie, questo nuovo tomo, il secondo dei quattro previsti per completare "Tut
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Italian Pages 2376 [2372] Year 2015
Table of contents :
Cover......Page 1
Collana......Page 2
Contributi......Page 0
Frontespizio......Page 3
Copyright......Page 4
SOMMARIO......Page 5
WILLIAM SHAKESPEARE - TUTTE LE OPERE secondo l’edizione Oxford......Page 7
Introduzione di Franco Marenco -Shakespeare e la commedia......Page 9
Tutte le opere di William Shakespeare - II - Le commedie......Page 49
I due gentiluomini di Verona......Page 51
Nota introduttiva......Page 53
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA......Page 71
La bisbetica domata......Page 249
Nota introduttiva......Page 251
LA BISBETICA DOMATA......Page 273
La commedia degli errori......Page 487
Nota introduttiva......Page 489
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI......Page 511
Pene d’amor perdute......Page 659
Nota introduttiva......Page 661
PENE D’AMOR PERDUTE......Page 683
Sogno di una notte di mezza estate......Page 907
Nota introduttiva......Page 909
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE......Page 927
Le allegre comari di Windsor......Page 1093
Nota introduttiva......Page 1095
LE ALLEGRE COMARI DI WINDSOR......Page 1115
Molto rumore per nulla......Page 1327
Nota introduttiva......Page 1329
MOLTO RUMORE PER NULLA......Page 1347
Come vi piace......Page 1545
Nota introduttiva......Page 1547
COME VI PIACE......Page 1565
La dodicesima notte......Page 1759
Nota introduttiva......Page 1761
LA DODICESIMA NOTTE......Page 1775
I due nobili congiunti......Page 1967
Nota introduttiva......Page 1969
I DUE NOBILI CONGIUNTI......Page 1989
NOTE......Page 2219
I due gentiluomini di Verona......Page 2221
La bisbetica domata......Page 2232
La commedia degli errori......Page 2242
Pene d’amor perdute......Page 2254
Sogno di una notte di mezza estate......Page 2267
Le allegre comari di Windsor......Page 2275
Molto rumore per nulla......Page 2283
Come vi piace......Page 2294
La dodicesima notte......Page 2307
I due nobili congiunti......Page 2322
INDICI......Page 2345
Indice dei nomi citati nelle introduzioni e nelle note......Page 2347
Indice dei nomi citati nelle commedie......Page 2361
PROFILI BIOGRAFICI DEI CURATORI......Page 2365
William Shakespeare BOMPIANI
CLASSICI DELLA LETTERATURA EUROPEA Collana diretta da Nuccio Ordine
TUTTE LE OPERE VOLUME II
LE COMMEDIE coordinamento generale di Franco Marenco
TESTI INGLESI A CURA DI JOHN JOWETT, WILLIAM MONTGOMERY, GARY TAYLOR E STANLEY WELLS
CLASSICI DELLA LETTERATURA EUROPEA Collana diretta da
NUCCIO ORDINE
TUTTE LE OPERE di William Shakespeare Volume secondo
Le commedie
Coordinamento generale di Franco Marenco Testi inglesi a cura di John Jowett, William Montgomery, Gary Taylor e Stanley Wells Traduzioni, note introduttive e note ai testi di Attilio Carapezza, Antonio Castore, Rossella Ciocca, Rocco Coronato, Mario Domenichelli, Massimiliano Morini, Viola Papetti, Alessandra Petrina, Teresa Prudente, Ilaria Rizzato
BOMPIANI
William Shakespeare, The Complete Works, Second Edition was originally published in English in 2005. This bilingual edition is published by arrangement with Oxford University Press. William Shakespeare: The Complete Works, Second Edition. Author: William Shakespeare; Editors: Stanley Wells, Gary Taylor, John Jowett and William Montgomery © Oxford University Press 1986, 2005
ISBN 978-88-587-7189-1 © 2015 Bompiani/RCS Libri S.p.A. Via Angelo Rizzoli 8 - 20132 Milano Redazione Luca Mazzardis Realizzazione editoriale a cura di NetPhilo Srl I edizione digitale 2015 da edizione Classici della Letteratura Europea novembre 2015
SOMMARIO Piano dell’opera Introduzione di Franco Marenco
VII IX
Tutte le opere di William Shakespeare Volume II. Le commedie The Two Gentlemen of Verona / I due gentiluomini di Verona Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Ilaria Rizzato
3
The Taming of the Shrew / La bisbetica domata Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Rossella Ciocca
201
The Comedy of Errors / La commedia degli errori Testo inglese a cura di Gary Taylor Nota introduttiva, traduzione e note di Antonio Castore
439
Love’s Labour’s Lost / Pene d’amor perdute Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Mario Domenichelli
611
A Midsummer Night’s Dream / Sogno di una notte di mezza estate Testo inglese a cura di Gary Taylor Nota introduttiva, traduzione e note di Viola Papetti
859
The Merry Wives of Windsor / Le allegre comari di Windsor Testo inglese a cura di John Jowett Nota introduttiva, traduzione e note di Alessandra Petrina
1045
TUTTE LE OPERE DI WILLIAM SHAKESPEARE
Much Ado About Nothing / Molto rumore per nulla Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Massimiliano Morini
1279
As You Like It / Come vi piace Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Attilio Carapezza
1497
Twelfth Night / La dodicesima notte Testo inglese a cura di Stanley Wells Nota introduttiva, traduzione e note di Rocco Coronato
1711
The Two Noble Kinsmen / I due nobili congiunti Testo inglese a cura di William Montgomery Nota introduttiva, traduzione e note di Teresa Prudente
1919
Note
2171
Indice dei nomi citati nelle introduzioni e nelle note
2299
Indice dei nomi citati nelle commedie
2313
Profili biografici dei curatori
2317
WILLIAM SHAKESPEARE TUTTE LE OPERE secondo l’edizione Oxford
PIANO DELL’OPERA I volumi sono divisi per generi, che nei testi originali sono spesso mescolati, ma restano empiricamente utili. All’interno di ciascun volume le opere sono disposte secondo l’ordine di composizione, ad eccezione dei drammi storici, ordinati secondo la successione dei re. VOLUME I: LE TRAGEDIE Tito Andronico (1592); Romeo e Giulietta (1595); Giulio Cesare (1599); Amleto (1600-1601); Otello (1603-1604); La Storia di Re Lear (1605-1606); Timone d’Atene (1606); Macbeth (1606); Antonio e Cleopatra (1606); Coriolano (1608); La Tragedia di Re Lear (1610). VOLUME II: LE COMMEDIE I due gentiluomini di Verona (1589-1591); La bisbetica domata (1590-1591); La commedia degli errori (1594); Pene d’amore perdute (1594-1595); Sogno di una notte di mezza estate (1595); Le allegre comari di Windsor (15971598); Molto rumore per nulla (1598-1599); Come vi piace (1599-1600); La dodicesima notte (1601); I due nobili congiunti (1613). VOLUME III: I DRAMMI STORICI Re Giovanni (1596); Edoardo III (1594); Riccardo II (1595); Enrico IV, parti 1 e 2 (1596-1598); Enrico V (1598-1599); Enrico VI, parti 1, 2, 3 (1590-1592); Riccardo III (1592-1593); Tommaso Moro (1603-1604); Enrico VIII (1613).
VII
TUTTE LE OPERE DI WILLIAM SHAKESPEARE
VOLUME IV: POEMI, SONETTI, TRAGICOMMEDIE E DRAMMI ROMANZESCHI POEMI E SONETTI
Venere e Adone (1592-1593); Lucrezia violata (1593-1594); Sonetti (15931603); Il pellegrino appassionato e Poesie occasionali (1593-1616); La fenice e la tortora (1601); Lamento di un innamorato (1603-1604). TRAGICOMMEDIE
Il mercante di Venezia (1596-1597); Troilo e Cressida (1602); Misura per misura (1603-1604); Tutto è bene ciò che finisce bene (1606-1607). DRAMMI ROMANZESCHI
Pericle, Principe di Tiro (1607); Il racconto d’inverno (1609-1610); La tempesta (1610-1611); Cimbelino (1610-1611).
VIII
Introduzione di Franco Marenco Shakespeare e la commedia
Che cos’è una Commedia? “Che cos’è una commedia?” chiede sbigottito il povero calderaio Christopher Sly, al colmo di una burla organizzata ai suoi danni: appena sveglio dopo l’abituale sbornia si ritrova sontuosamente abbigliato, al fianco di una graziosissima moglie (un paggio travestito), in un meraviglioso castello, di fronte a una tavola piena di prelibatezze e con uno stuolo di servitori che lo riveriscono come un gran signore, e gli propongono di assistere appunto a una “commedia”: naturalmente, si tratta proprio dello spettacolo cui assisteranno insieme a lui, al di là della burla, gli spettatori della Bisbetica domata. Lo sprovveduto Sly non sa cosa sia una commedia, tanto che storpia pure la parola, da comedy in comonty: ma lo intuisce a modo suo, cercando nelle pieghe della sua cultura – infima cultura popolare – e azzarda: si tratta forse di “una giga natalizia” (Christmas gambol) o di qualche “baldoria di saltimbanchi” (tumbling-trick)? “No – gli risponde il paggio – è roba più piacevole … è una specie di storia (history)” (Prologo II, 134-138). Danza, canto, chiasso, acrobazie, sberleffi – insomma, “festa” – contro “storia”, narrazione: due componenti del paradigma comico, una sprovveduta e una più riflessiva e consapevole, che valgono esperienze divergenti se non opposte, e tuttavia complementari. Quello fra Sly e il paggio è uno scambio ingenuo, apparentemente inessenziale, che emerge tuttavia da uno sfondo di indagini secolari, accanite, da Aristotele fino a Freud, Bergson, Bachtin, Eco e oltre, sul significato e la portata di quella semplice parola “commedia” e della sua gemella, il “riso”. Ciascuna epoca, ciascuna svolta nella storia della civiltà e del gusto ha cercato una risposta a che cosa siano la commedia e il riso di cui è garante, e l’ha data adatIX
INTRODUZIONE
tando e spesso modificando le soluzioni date prima. E non è per caso che Shakespeare, e una parte del Rinascimento inglese con lui, siano arrivati a costruire la loro stringendo insieme, in così poche battute, quella che appare come una dicotomia, ma non lo è: non, almeno, nella patria di Falstaff libertino gabbato e mazziato, di Mab mondanissima fata, del folletto Puck dispensiere di sortilegi, di Bottom che sfoggia la sua bella testa d’asino, e poi di Lance che “dialoga” con il cane Crab, il “botolo più ringhioso della terra”, e Touchstone, Jaques, Feste, e l’anonimo Matto indispensabile compagno di Re Lear, insomma di tutta la progenie di clown che sono la specialità del Bardo. Una storia è quella che racconta un narratore in piazza, o un libro nella biblioteca, o l’intreccio di uno spettacolo, un film, uno sceneggiato TV, ovvero è una narrazione dotata di un filo più o meno continuo, una concatenazione di fatti ed eventi distinguibile di scena in scena; mentre la festa, il ballo, la baraonda, la stravaganza – o come diavolo vogliamo tradurre quella fantasia di danze, canti, capitomboli e stramberie evocate dal binomio Christmas gambol / tumbling-trick – sono passatempi in cui il divertimento è qualcosa di indeterminato e disorganico, dominato dall’improvvisazione individuale che sovverte ogni regola e sfrena il desiderio di chi partecipa: sono, se vogliamo dirlo in modo aggiornato, dei “testi” anche quelli, di origine rituale, dove però la continuità narrativa è appena residuale, e ribelle a qualsiasi convenzione o codice predeterminato, quindi realizzata inventandosi di volta in volta – nello spettacolo in sé e per sé. La “storia” è, pur con tutte le variazioni possibili, un testo che aspira alla stabilità e alla permanenza, mentre le fasi e le azioni di una “festa” rappresentano un testo effimero, modificabile da chi vi prende parte; che conserva quella memorabilità che Socrate (nel Fedro di Platone) negava alla scrittura, poi tecnica privilegiata della narrazione. In termini tassonomici, quest’ultima è esemplare della tradizione che chiamiamo colta, quelle altre appartengono a una tradizione che chiamiamo folcloristica, popolare, pensiero anonimo e collettivo come lo definirebbe il nostro Gianni Celati, che si ingegna a conservarlo in questi tempi smemorati. Una storia porta i segni di un autore e di un periodo, mentre una festa la percepiamo come parte di una pratica collettiva aperta all’estemporaneo, quando non fuori dal tempo; un evento che “sprona la gioventù al divertimento, e sveglia lo svelto e spavaldo spirito del buonumore; melanconia sia spedita ai funerali, pallida comX
SHAKESPEARE E LA COMMEDIA
pagna non adatta al nostro splendore!” (Sogno di una notte di mezza estate, I, 1, 11-15). “Festa” e “storia” non costituiscono una vera dicotomia: quando le due forme e tradizioni interagiscono, e come nei sogni diventano tutt’uno, e il moto di liberazione assume la forma di un intreccio, e il rituale si converte nel fiabesco, e il provvisorio reclama permanenza, e il collettivo si traduce in una tipologia, in più caratterizzazioni, e il riso prende il sopravvento, allora nasce la commedia, in particolare la commedia shakespeariana. Nella Bisbetica la storia della bella e fiera (un po’ troppo) Caterina di Padova e dell’intraprendente Petruccio di Verona non nasconde, anzi esibisce la sua matrice nella commedia umanistica italiana, a sua volta debitrice, per l’intreccio, del teatro terenziano; ma poi sfrutta comicamente, e fino in fondo, la mitologia di una figura, quella della shrew, la “bisbetica” appunto, che è tipica del folklore britannico e nordico. Il mythos rituale dell’incontro fra i sessi si colora così dello scontro per la supremazia, forgiando e portando in primo piano gli ethea – i tratti individuali – della caparbietà e della resistenza, del calcolo economico e della prodigalità, della buona creanza e della volgarità, in un continuo tumulto di ruoli capovolti, di confusioni carnevalesche che aprono ampi spazi alla comicità slapstick (splendidamente sfruttati da Zeffirelli nel suo film del 1967). E si noti la duplice prospettiva che questo disegno comporta: la storia della Bisbetica è addirittura doppia, perché doppio è il pubblico cui si rivolge, quello degli spettatori nel teatro e quello del calderaio Sly che, finzione nella finzione, vi assiste in posizione esterna, cioè metateatrale, e come in un “sogno” – ciò che ci introduce a una ulteriore dimensione dello spettacolo shakespeariano, sempre legato a qualche magia onirica senza la quale risulterebbe irraggiungibile l’intera illusione comica. E non c’è fine ai riflessi della realtà nel sogno, e del sogno nella realtà. L’arco della produzione comica di Shakespeare si apre con le parole di Sly: “sto forse sognando? O ho sognato finora?” (Prologo II, 67-68); e si chiude con quelle di Prospero, a nome di tutti i personaggi e di noi stessi: “siamo la materia di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita è circondata dal sonno” (La tempesta, IV, 1, 157-158). Nemici titolati e amici anonimi Nel testo della Bisbetica la coppia “storia”/”festa” entra un po’ di soppiatto, in un dialogo confinato nella cornice metateatrale, ed è per artificio XI
INTRODUZIONE
ermeneutico che l’abbiamo assunta come falsariga. Non è però azzardato dire che quella stessa coppia ricompare poi, come vedremo e pur con nomi diversi, in buona parte della riflessione moderna sulla straordinaria produzione comica di cui ci stiamo occupando. Tanto non vale però per la riflessione e le teorie dei contemporanei, per i quali “commedia” era principalmente quella dei classici, e poi dell’Umanesimo e del Rinascimento continentale: la Commedia antica di Aristofane, la Commedia nuova di Menandro, la latina di Plauto e Terenzio, l’italiana di Ariosto e Bibbiena – ma soprattutto quella non teatrale ma narrativa di Boccaccio, Bandello, Giraldi Cinzio – da cui gli inglesi traevano tutto l’elemento “storia”, mentre l’elemento “festa” era riserva autoctona, pur se non poteva mancare uno sguardo verso la commedia dell’arte – “europea”, data la diffusione in tutto il continente di quei contagiosissimi archetipi – a sua volta tutta farsa e poca storia, o meglio storia improvvisata di volta in volta. Ma proprio qui, nella inconfessabile vitalità sovversiva del genere si celavano le ragioni di un’accanita resistenza, mossa sul suolo inglese da gruppi di potere divergenti per identità politica e ispirazione ideale, ma ugualmente temibili come avversari, e ugualmente determinati a sradicare dal teatro e da ogni spettacolo la comicità “bassa”, popolare ed eroticamente esplicita che ne era la più evidente caratteristica: da un lato i soloni della letteratura “alta”, teorici ispirati dalla frequentazione dei testi, e talora delle corti, del continente; e dall’altro lato gli ecclesiastici “riformati”, intenti a imprimere una nuova austerità e castigatezza su società e coscienze. In quanto radicato nel costume invece che nei libri, il teatro comico era relegato ai piani bassi della coscienza letteraria del tempo: ai piani alti troneggiava l’ascendente dei modelli classici, variamente depurati e assiduamente giustificati. Del resto, l’ignoranza di Sly a proposito del genere, e la storpiatura in comonty che gli sentiamo pronunciare, sembrano messe lì proprio per marcare la distanza fra la tradizione del teatro colto e l’incultura del popolino, dal canto suo ben lieto di correre in direzione contraria, dietro alle sue gighe e baldorie: le commedie di Plauto e Terenzio, matrici dei primi intrecci shakespeariani, erano patrimonio degli alfabetizzati, ossia degli strati sociali medio-alti; venivano studiate nelle migliori scuole (fra cui quella di Stratford-on-Avon frequentata da Shakespeare), e occasionalmente rappresentate nei circoli esclusivi dei palazzi nobiliari o dei collegi degli avvocati, le Inns of Court. Fra le XII
SHAKESPEARE E LA COMMEDIA
commedie recitate a corte c’erano quelle di John Lyly, di cui basterà rammentare qualche titolo – Campaspe (1584) da Plinio il vecchio, Sapho and Phao (1584) da Ovidio, Endimion (1591) ancora da Ovidio – per capire a quale tradizione si rifacessero, insieme a tutta la letteratura, la pittura e l’architettura di quell’ambiente. La teoria elisabettiana della commedia – almeno, quel poco di teoria che emerge da sparse discussioni in materia – era di derivazione classica (da Cicerone e Quintiliano soprattutto), attraverso i contemporanei aristotelici italiani, con l’aggiunta di svariate accuse di superficialità, se non di volgarità, dettate da un pregiudizio estetico confuso con un’antipatia di stampo aristocratico, cioè classista: per loro, così com’erano concepite e presentate, le commedie erano un articolo plebeo, volgare per definizione, e come tale da evitare. Lo diceva la maggiore autorità del tempo, Sir Philip Sidney, riprendendo quasi verbatim la Poetica di Aristotele – e Francesco Robortello e Lodovico Castelvetro con lui – ma leggendovi anche un di più di moralistica condanna: “la commedia è imitazione degli errori comuni della nostra vita, che vengono riprodotti nella forma più ridicola e sprezzante possibile, in tal modo che chiunque vi assista non possa sentirsi indotto a compierli”. La dicotomia creata da questa intransigenza non era più formale – fra “storia” e “festa” – ma era morale – fra “decoro” e “impudenza” – sotto cui si agitavano ulteriori preclusioni; e non mancava che la biasimevole commedia trascinasse a fondo tutto il teatro pre-shakespeariano: Tutti i drammi [inglesi] non sono né vere tragedie né vere commedie, perché mescolano i re con i villani, e senza che l’argomento lo richieda si ingozzano a crepapelle di quei loro buffoni, e gli fanno recitare una parte in storie più grandi di loro, senza coerenza né discrezione, per cui da queste tragicommedie bastarde non può derivare né ammirazione né commiserazione, né tanto meno un sobrio divertimento. […] E allora capita che, non potendo contare su un genuino spirito comico, questa parte delle tragedie non sia altro che una serie di scurrilità indegne di orecchie pudiche, o una interminabile sfilza di sciocchezze, magari capaci di indurre a una grassa risata ma nient’altro. Una commedia dovrebbe essere per tutta la sua durata piena di diletto, mentre una tragedia dovrebbe essere mantenuta su un livello costante di ammirazione (Sidney, An Apology for Poetry, composta ca. 1580, pubblicata postuma nel 1595).
XIII
INTRODUZIONE
Un passo simile ci fa capire come a infastidire il severo censore fosse proprio l’essenza del teatro cui si sarebbe appassionato il pubblico negli anni successivi, e cioè l’ibridismo, la mescolanza dei generi, peraltro raccomandata da uno dei principali fornitori dei suoi intrecci, Giambattista Giraldi Cinzio. Ma si trattava di una pratica consolidata: per un Thomas Preston che annunciava il suo King Cambises (1569 ca.) come “Tragedia dolorosa intercalata da piacevoli facezie”, c’era un George Whetstone, soldato e conoscitore del teatro italiano, che nella prefazione a Promos and Cassandra (1578) – tragicommedia derivata dagli Ecatommiti di Giraldi Cinzio, e fonte a sua volta di Misura per misura di Shakespeare – così denunciava quell’andazzo: [I commediografi inglesi] non considerano che se la gente ride, ride per disprezzo delle loro sciocchezze. Più volte, solo per far ridere, di un clown fanno il compagno di un re, fanno parlare i matti nei loro più gravi consigli, anzi assegnano un unico stile a tutti i personaggi: una sconveniente mancanza di decoro, perché il corvo imita male l’usignolo.
Sappiamo però che Shakespeare stesso – agli occhi di un collega invidioso il “corbaccio” che pretendeva di insegnare come si canta a tutti gli usignoli – non era alieno dall’applicare tali ricette, anzi deve averle adocchiate in più occasioni, per esempio accompagnando Re Lear al suo Matto, o introducendo una allegra compagnia di clown musicali nel momento più triste di casa Capuleti, quando tutti si disperano per la morte apparente di Giulietta (IV, 4): una scena oggi generalmente considerata “inopportuna”, ma creata apposta per mettere a frutto un ingrediente indispensabile per uno spettacolo ben riuscito, il clown – Will Kempe in quel caso –. Per loro e nostra fortuna, i drammaturghi non si preoccupavano di teorie, e pescavano i loro effetti lì dove sapevano che gli spettatori li attendevano, cioè nel divertimento, nella risata di cuore, nell’emozione che deriva dallo scompenso e dalle attese tradite. Ma come abbiamo anticipato, a insidiare il genere e le sue più radicate tradizioni era anche un’altra parte della società elisabettiana, che andava imponendo una radicale rivoluzione non tanto nella letteratura quanto nel costume di cui il teatro era ed è più che mai espressione: era il clero protestante, era il vigoroso movimento di opinione orientato dalla sua predicazione, che nel giro di pochi decenni avrebbe spazzato via ogni XIV
SHAKESPEARE E LA COMMEDIA
nostalgico residuo della Merry England e dei suoi “alberi di maggio” – gli appuntamenti stagionali della festa comunitaria, prossimi parenti del Carnevale – e le pratiche religiose “idolatriche” – ovvero “cattoliche”, avversate per il culto delle immagini sacre che una nuova, fedele e rigorosa lettura della Bibbia condannava (con il primo dei Comandamenti!) –, e con esse ogni segno di mimesi teatrale. Non aveva torto Stephen Gosson, un rappresentate della nuova iconoclastìa, a dire che “i teatri londinesi hanno saccheggiato in lungo e in largo le più immorali commedie in latino, francese, italiano e spagnolo” (Plays Confuted in Five Actions, 1582). A imprimere urgenza alle campagne di moralizzazione era la rapida espansione di un’economia bisognosa di impegno e regolarità nei processi di lavoro, di certezza nei tempi, e quindi di una giornata sgombra da tentazioni come gli spettacoli, che nelle arene pubbliche si svolgevano di pomeriggio; ed era il maturare dell’orgoglio civico di una nuova borghesia, che trovava nella sobrietà e nella moderazione il segno distintivo della propria ascesa. A un identico scopo repressivo serviva tra l’altro il pregiudizio antiteatrale che animava lo spirito ecclesiastico, dai padri della Chiesa fino agli energici paladini della Riforma. Nel 1564, l’anno di nascita di Shakespeare e Marlowe, così scriveva il vescovo di Londra Edmund Grindal al primo consigliere della regina, William Cecil, lamentando i segni di disordine sociale che si andavano diffondendo nel paese: Di questi tempi, nulla ha più contribuito a rinnovare il nostro disagio che la popolarità di certa gente sfaccendata, che la sana politica ha sempre messo al bando: voglio dire questi Histriones, questi volgari teatranti, che quotidianamente, ma specialmente nei giorni di festa, tirano su i loro trespoli, intorno ai quali si affollano precipitosamente i giovani, incuranti dell’infezione cui si espongono: e si aggiunga che dalle loro bocche impure la parola del Signore viene profanata, e beffardamente trasformata (in L. Salingar, 262).
La “popolarità” di quella “gente sfaccendata” fu la ragione di vita del teatro più felicemente esuberante della pre-modernità – per non dire della modernità stessa –. E si ha un’idea dello stigma sociale che colpiva quella forma d’arte dalla risposta che le autorità londinesi diedero nel 1584 alla richiesta dei Queen’s men, la compagnia della regina (!), di poter recitare XV
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davanti alla sovrana gli stessi drammi che avevano ottenuto successo in provincia: “non è appropriato che a Sua Maestà siano presentate le stesse commedie viste nei teatri pubblici, davanti a tutti i più volgari spettatori di Londra e del Middlesex” (in Salingar, 263). Più tardi il divieto sarebbe stato sollevato per la fortuna di compagnie più avvertite come quella per cui scriveva e recitava Shakespeare, che sembra fornisse regolarmente spettacoli a corte nel periodo natalizio. In generale, però, l’intolleranza delle autorità civili restava viva, fino a diventare definitiva con l’avvento del Commonwealth dei puritani, che abbatté la monarchia, decapitò il re e bandì per un lungo ventennio ogni forma di spettacolo profano. Il rito sociale della festa Come ben sapevano quelle repressive autorità, il vento impetuoso del divertimento spirava dal basso verso l’alto, non viceversa: dal popolo che affollava le arene pubbliche e le sale private, e che garantiva ai teatranti una più che onorevole esistenza, deprecata da tanti censori ma rimasta spavaldamente in piedi fino alla sua brusca estinzione – salvo riprendere vita al ritorno della monarchia con il consolidamento dell’egemonia aristocratica, ma in condizioni culturali tutte diverse, depauperate dell’originale esuberanza e impudenza. Uno dei grandi paradossi di quel momento culturale fu che l’emergere – anzi l’esplodere – di una vitalissima forma di arte popolare si manifestava proprio quando la parte teoricamente più consapevole dei letterati operava una perentoria stretta del gusto e dei valori estetici, mettendosi al passo della norma neoclassica. Da qui le amnesie e le riscritture che sfigurarono la produzione shakespeariana per almeno un secolo e mezzo dopo la morte dell’autore, e la sua riscoperta all’insegna del “genio spontaneo, barbaro e gotico”, libero dal peso di ogni erudizione, che fu opera un po’ goffa del proto-romanticismo, e poi del romanticismo pieno: goffa perché riuscì a oscurare per almeno un altro secolo come quel teatro combinasse impareggiabilmente elementi plurimi e diversissimi non da una, ma da più tradizioni, colte e incolte, poi non più conciliabili. L’incursione del soffio vitale e liberatorio della festa comunitaria, e delle forme di incanto che la accompagnano, in intrecci derivati dall’immenso patrimonio della narrativa occidentale (e quindi essi stessi già fatti propri in gran parte dalla cultura popolare) è un tratto caratteristico del Bardo, che trova radi riscontri negli autori coevi. Ma la sua è una singolarità paXVI
SHAKESPEARE E LA COMMEDIA
radossale, che si apre all’universalità: è esplorando la commedia shakespeariana che la cultura moderna è pervenuta a una visione generale della commedia tout court. Un processo che ha stentato a farsi luce: fino alla metà del secolo scorso la critica otto e novecentesca, preoccupata com’era di esaltare una grande poesia, di esprimere giudizi morali, di far vivere i personaggi oltre la loro esistenza testuale, ha trascurato un nodo così complesso. Fu la piega antropologica assunta dagli studi letterari a determinare la svolta che portò a interrogare il rapporto fra “la forma drammatica e il rito sociale della festa”: ripetiamo qui il titolo del libro di un americano, C. L. Barber, che fu il primo a esplorare questo rapporto e i suoi sviluppi, basandosi sul principio per cui “in una cultura consapevole di sé, l’impronta di un rito è tenuta viva da un’arte che gli conferisce valore in quanto modo di percepire e di esprimersi. L’artista rivitalizza esteticamente il motivo rituale attraverso la scoperta delle sue manifestazioni nei frammentari ed incompleti gesti della vita di ogni giorno”. La commedia medievale, e per una certa parte quella rinascimentale del Nordeuropa, diventava così erede diretta del saturnale romano. In definitiva, l’operazione di Barber era quella di spostare la considerazione del canone shakespeariano dall’asse diacronico del suo concreto formarsi all’asse sincronico di una essenzialità permanente e universale; e di introdurre la distinzione fra un genere comico legato alla tradizione orale e comunitaria, e un genere tragico più marcatamente debitore del sostrato individualistico della cultura occidentale. Su un solco parallelo, con un interesse spiccato per la struttura letteraria e per gli archetipi culturali studiati da C. G. Jung si mosse un influente critico canadese, N. Frye, per il quale l’intreccio-base della commedia del Bardo – e quasi esclusivamente di quella, vedremo perché – “è assimilabile al tema rituale del trionfo della vita e dell’amore sulla terra desolata... secondo il costante movimento ritmico dal mondo normale al mondo verde [della naturalità e dell’innocenza], e viceversa”. Più importante ancora, “le sue composizioni ci avvicinano alla tradizione orale con le sue instabili e caleidoscopiche varianti, i mutevoli temi e motivi, la tolleranza per le imitazioni, il distacco dall’ideale di un testo unico e stabile”. È in virtù della fedeltà alla tradizione orale che Shakespeare eccelle sui contemporanei. Fra questi Frye sceglie, per contrasto, Ben Jonson, autore anche lui di commedie di successo, ma più di Shakespeare erudito e moraleggiante, legato all’osservanza del “decoro” secondo i XVII
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precetti dei classici, e costruttore di intrecci plausibili, indifferenti a illusioni, sogni, magie – se non quelle false dei ciarlatani e gabbamondo che infestano le sue opere, e che vengono regolarmente smascherati. Jonson è il perfetto autore satirico, che mette in scena i macroscopici difetti di una società ridicola in quanto vanitosa, pretenziosa, e soprattutto disposta a tutto per il denaro. Per lui Shakespeare mancava di “arte”, era cioè colpevole di creare spettacoli incolti, troppo corrivi nei confronti del gusto popolare. A Shakespeare, invece, il pessimismo che cova sotto ogni satira non fu mai congeniale, forse perché gli impediva quegli slanci di simpatia per un’umanità profondamente “sua”, festosa più che ridicola, generosa invece che meschina, quindi necessariamente ottimista, naturalmente protesa a sovvertire le convenzioni, a coltivare una vigorosa libertà, e celebrare i riti della solidarietà. Nelle sue commedie è inutile cercare la verosimiglianza, né tanto meno il realismo che avrebbe segnato le commedie dei secoli successivi (v. la Comedy of Manners); in esse tutto ha autorità, non c’è appello a una razionalità superiore, e la loro stessa illusorietà non è che uno strumento del racconto: “al pubblico [Shakespeare] non chiede di accettare un’illusione, ma di ascoltare una storia”, non importa quanto fantasiosa; ciò che importa è che funzioni, e convinca, e costruisca rapporti. Così, secondo Frye, “la vocazione arcaicizzante collegò il teatro shakespeariano a una tradizione drammaturgica universale. Shakespeare si lascia alle spalle tutto ciò che è locale e specialistico nel teatro dei suoi tempi, per scoprire la struttura del dramma primigenio, che qualunque pubblico in qualsiasi situazione può comprendere”. Era l’inizio di una serie di indagini sulla tradizione comica che avevano come centro la produzione del Bardo, ma che spaziavano dall’Attica di Aristofane alla Roma di Plauto alla Lione di Rabelais alle piazze della commedia dell’arte, spingendosi presto verso la Madrid di Cervantes e la Parigi di Molière, in cerca di radici lontane dalle studiatissime fonti erudite, e affondate invece nel terreno immaginoso e inesplorato dei grandi cicli delle festività popolari. Frutto di questo orientamento fu un comprensivo studio di L. Salingar sull’antirealismo del teatro delle origini ed oltre: “le convenzioni d’intreccio che i drammaturghi del Rinascimento ereditarono da Plauto e Terenzio non erano imitazioni di eventi comuni ma schematici episodi tratti dai romanzi o da miti semplificati, o versioni stilizzate di comunisXVIII
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sime facezie”; valevano come modelli gli spettacoli farseschi, la figura del folle innalzata al di sopra di ogni altra autorità, la parodia di ogni cosa ufficiale, la contesa verbale a suon di ingiurie e spergiuri, il capovolgimento dei ruoli, il declino e il rinnovamento della vita cadenzati dalle stagioni, il matrimonio come simbolo dell’armonica congiunzione con l’ordine cosmico, e infine gli indispensabili momenti di magia naturale, che a quell’ordine hanno il compito di richiamare ogni arroganza e ingiustizia, ogni fasto ed eccesso di orgoglio. L’inverosimile era tollerato, anzi ricercato: “per i finali delle sue commedie Shakespeare preferiva il meraviglioso al probabile. Se le circostanze straordinarie che trovava nella storia non erano sufficienti […] lui provvedeva a inventarle”, senza tuttavia approdare a semplici “cronache del folclore”, ma obbedendo invece a “qualcosa di più distante dalla vita pratica, ovvero a esperienze legate ai libri e all’immaginazione letteraria”; più ancora che negli autori rinascimentali italiani, in Shakespeare sono evidenti i saldi e vitali legami con gli autori classici. Era la rivincita di quella che abbiamo chiamato “storia”, in quanto distinta dalla “festa”: era cioè la tradizione letteraria che riaffermava i propri requisiti stilistici e formali aggiungendoli agli aspetti spontanei e irriflessi del comico; e che in ossequio al magistero dei retori classici e dei loro epigoni, da Cicerone fino a Baldassar Castiglione, si consegnava a una visione irrigidita e ingentilita di ciò che era lecito dire e rappresentare, in cui non è esagerato vedere un riflesso della divisione della società in classi, e di una egemonia aristocratica in via di consolidamento (c’è del resto chi, come R. W. Maslen, sostiene che “per gli elisabettiani la storia della commedia in teatro era inseparabile da quella della lotta di classe”). Ma la grande sintesi e sistemazione delle tematiche connesse alla cultura del riso e della commedia premoderna era nata alcuni anni prima che il resto d’Europa vi avesse accesso, in Russia piuttosto che nel mondo anglosassone, e nella ricerca su Rabelais piuttosto che in quella su Shakespeare. Composta durante la seconda Guerra mondiale, ma pubblicata solo nel 1965, l’opera di M. Bachtin divenne ben presto un punto di riferimento indispensabile per gli studi sulla variegata cultura degli strati bassi delle società del Medioevo e del Rinascimento, con la scoperta del Carnevale come fenomeno centrale nell’immaginazione popolare, e del mondo doppio – dell’ordine e del disordine, dell’autorità e della sovversione – che quel fenomeno ha perennemente celebrato. Il suo motto poXIX
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trebbe essere “il dramma della storia si è sempre svolto dinanzi al coro del popolo che ride”. Lo spazio di libertà che questo riso consentiva, l’affiorare irrefrenabile del linguaggio della strada, l’ininterrotto sogno dell’affrancamento e del banchetto riparatore, la proiezione iperbolica delle virtù e dei difetti del corpo, il bisogno e la fame trasfigurati in eroicomica avidità e furbizia, la bassezza della materia e degli istinti glorificati al di sopra degli ideali e delle qualità intellettuali, e soprattutto il rovesciamento dei ruoli consuetudinari in periodi dell’anno eccezionali, dedicati alla sregolatezza e alla licenziosità: sono elementi che ricompaiono, puntuali sebbene dirozzati, nella produzione comica di Shakespeare, in ciò sperimentatore contemporaneo e fratello – quando non ispiratore – dei maggiori umoristi della prima modernità. Ancora dal continente europeo, e poi da quello americano, sono venuti altri importanti approfondimenti di questa linea di ricerca: voltando le spalle al formalismo letterario e alla storia delle idee, il tedesco R. Weimann ha messo al centro dell’indagine le condizioni materiali e tecniche della rappresentazione, le cui radici stavano tutte nel teatro popolare del Medioevo, un fenomeno sociale complesso, da lui studiato con gli strumenti della sociologia, della linguistica e dell’analisi delle pratiche di regìa e di recitazione, dalle più rudimentali alle più raffinate. La forma e la concezione stessa del palcoscenico elisabettiano, con un proscenio, una piattaforma centrale, un vestibolo retrostante e una loggia collocata in alto, dà adito a una vera e propria teoria della messinscena, e della distribuzione degli spazi fra le differenti funzioni attoriali. Fondamentale è la distinzione fra locus e platea, il primo calato nel mondo immaginario abitato dai personaggi, il mondo della narrazione cui il pubblico era chiamato a partecipare; la seconda espressiva delle riflessioni e dei commenti esterni, oggettivi, che hanno per fonti privilegiate solo alcuni personaggi-chiave: questi dialogano col pubblico e lo inducono a complicare, sospendere, confermare il giudizio sull’azione, sugli altri personaggi, sulla lingua che usano, e, moralizzando, sull’intera umanità. Così gli attori si distribuivano, con le singole parti, anche le posizioni da cui recitare, la più interessante essendo quella liminare fra la finzione scenica e il realissimo pubblico, una posizione dialogante di solito occupata dai buffoni, dai clown che acquistano così un’importanza fondamentale, come commentatori volta a volta dentro e fuori della storia rappresentata. XX
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Dall’America si sono segnalati studi innovativi sul piano della storiografia teatrale, con Shakespeare come figura centrale. In materia “comica” va menzionato quello di M. D. Bristol sui sempre instabili rapporti fra il teatro e il potere, ovvero sulle forme fluide e cangianti di critica che gli spettacoli esercitavano nei confronti delle autorità civili e religiose, valendosi della semiotica carnevalesca propria della cultura popolare, anzi, come scrive lo studioso, “plebea”. Secoli di tradizione teatrale nelle piazze e sui sagrati, e l’eterogeneità sociale del pubblico che giornalmente assisteva alle rappresentazioni, plasmavano modi ed accenti di opposizione, di rivalsa e di sfida la cui caratteristica era la mutevolezza, i cento volti del disagio e della protesta: un’offensiva dissimulata e giocosa che si adattava freneticamente al moltiplicarsi dei provvedimenti repressivi. Sotto l’ombrello protettivo della festa e della satira di costume venivano parodiati i fondamenti ideologici della nazione: i privilegi, la concezione gerarchica della società, l’acquisizione di terre da parte dei potenti, i mille soprusi che subivano gli umili, spesso ricalcando le antiche attese di umanissimi stati utopici, di soddisfazione materiale, di appagamento dei più disparati desideri – motivi inizialmente tradizionali se non arcaici, dei quali però Bristol valorizza la portata di innovazione, e alla fine di destabilizzazione di ogni autorità. È invece la scuola francese delle annales a ispirare il volume in cui F. Laroque esamina minutamente il vasto panorama di occasioni festive che punteggiavano le stagioni dell’anno, e gli intensi rapporti che stabilivano con la scena teatrale (vengono illuminate in questo modo non solo le commedie, ma altresì le tragedie shakespeariane, dove l’elemento comico può assumere coloriture torbide e sinistre). Ad emergere è un fenomeno sociale di irripetibile complessità, inizialmente legato alle tradizioni religiose ma via via convertito a un programma tutto politico e laico di omaggio all’autorità, civica e regale; tracce di questa conversione si manifestarono presto e massicciamente nella mentalità collettiva, confinando in spazi ristretti gli antichi riti della piazza, e inducendo a forme di culto più individuali e austere: “la crescita della spettacolarità coincise con l’interiorizzazione del sacro”. La grande voga degli spettacoli andò diradandosi nei centri periferici, lasciando il primato a Londra, e a quell’estensione dei fasti londinesi che erano i progresses regali in provincia. Il tradizionale rapporto fra città e campagna venne profondamente alterato da questi sviluppi: se la straordinaria urbanizzazione dell’InghilXXI
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terra cinquecentesca propiziava un movimento delle feste dall’esterno rurale all’interno urbano, la loro origine nei riti della fertilità conservava anche per i nuovi ceti cittadini una forte attrattiva, ma ideale e nostalgica piuttosto che profondamente coinvolgente. Il sentimento individuale aveva la meglio su quello comunitario. Similmente, venne alterato il tradizionale calcolo del tempo: rimaneva in piedi il calendario, ma le ventiquattro ore del giorno venivano suddivise in unità dotate ciascuna di un particolare significato: tra le altre, “la notte sembra adatta alla festa, essa stessa essendo una sorta di maschera che provoca illusione, stimola l’immaginazione, e costituisce un naturale invito alla simulazione”. Oltre il sociale: apoteosi del “matto” Rito incondizionato della festa e normalizzazione imposta dalla cultura “superiore”: la forma della commedia rimase a lungo sospesa fra questi estremi, volgendosi ora all’uno ora all’altro, in varie, spericolate combinazioni – all’origine di quella che i critici moderni come J. Creaser o E. Berry chiamano “l’instabilità del genere comico”. Non fu però così per la sua teoria, fin dall’inizio fondata sul precetto aristotelico per cui la commedia è genere quant’altri mai “basso”, “imitazione di persone più volgari dell’ordinario” (Poetica, 1449 a) e degli “errori comuni della vita”, che vengono corretti riducendo al ridicolo le loro personificazioni. Sotto la lente sociologica è facile scorgere in tali formulazioni il principio per cui, ridendo alle spalle dell’umanità più rozza, marginale e superstiziosa, le classi dominanti affermavano i loro valori di virtù, di buonsenso ed eleganza – uno schema che, come vedremo, Shakespeare avrebbe complicato fino a sovvertirlo con le infinite risorse di un’arte sopraffina –. Fu però la predilezione neoclassica per un riso che ispira separazione e rivalsa sociale – il riso della satira – a cancellare dalla storiografia letteraria, per alcuni secoli, la visione originaria e popolare. Questa, nei confronti dell’inferiorità e marginalità della plebe, non era penalizzante ma al contrario celebrativa: il soggetto comico non era un bersaglio da colpire, ma un modello da ammirare; era il veicolo di uno sconvolgimento agognato, era “l’eroe comico”: “La visione perennemente riflessa nelle commedie è quella del poveraccio invincibile, per il quale l’acutezza dell’ingegno, uno scilinguagnolo pronto o una temibile linguaccia possono servire quali armi (quando non ci siano altri mezzi a disposizione) contro un ordine sociale pronto a negarne l’individualità, relegandolo in XXII
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una condizione permanentemente inferiore, o persino subumana. Se lui non sarà capace di alterare o sovvertire quell’ordine ostile, riuscirà almeno a raggirarlo”. Sono parole di un teorico della “visione alternativa” della commedia, R. M. Torrance, che prende spunto da Freud – “l’impulso elementare dell’ umorismo come atto di ribellione e liberazione” – da Jung – “la figura del trickster del mito primitivo, essere insieme subumano e superumano” – e da Bachtin – “il mondo doppio, dell’ordine e del disordine, dell’autorità e della sovversione” – per costruire una galleria di eroi: tra gli altri Ulisse, gli umili litigiosi di Aristofane, il Lucio di Apuleio, la volpe Renard, Falstaff, Tom Jones, Jaques il fatalista, Leopold Bloom, Felix Krull, ecc. Eroi dell’umanità bassa, cui è però giusto riconoscere un’unica matrice: è il Matto, il fool o clown, cioè il buffone, degno e indispensabile compagno di savi, re e principi, senza il quale l’autorità somma e la razionalità stessa sarebbero monche, diminuite a caricature di se stesse. Il Matto è scheggia di una civiltà arcaica ma ancora vitale, quintessenza del mondo “interiore/inferiore” che sovverte e completa il mondo “esteriore/superiore”, mostrando la vuotezza delle sue ambizioni e delle sue pretese – e in questo modo mantenendolo all’onor del mondo –. E il saliente della sua dimostrazione, il primo obiettivo ad essere demolito, è il linguaggio dell’autorità, il secondo essendo “l’ordine della parola”, cioè il linguaggio stesso. In un teatro che è per sua stessa natura cultura orale, il Matto detiene un rilievo centrale: nella Dodicesima notte il Matto Feste si definisce un “corruttore di parole” (III, 1, 34), cioè un prestigiatore abile nei giochi linguistici che disorientano gli altri personaggi sulla scena, e provocano il riso del pubblico, contro se stesso e contro l’autorità della norma: di una tale nomea sembra andasse fiera un’intera categoria di attori dell’epoca, specializzati nel ruolo. Fu Shakespeare a sfruttare fino in fondo questa figura a un tempo beffardamente folle e profondamente saggia, cui si deve in gran parte la perdurante fortuna di Pene d’amor perdute (dove si contendono il ruolo Zuccone “il clown”, Don Armado lo “smargiasso spagnolo”, e Pagliuzza “il suo paggio”), del Sogno di una notte di mezza estate (con Bottom e gli zotici artigiani teatranti), delle Allegre comari di Windsor (con Sir John Falstaff alla sua terza stagione, dopo l’Enrico IV in due parti dove compariva con la sua allegra compagnia di codardi: un personaggio troppo cospicuo per non pretendere una commedia tutta per lui), di Come vi piace (con ben due XXIII
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“Matti”, Paragone tipico buffone di corte ma da essa alienato, e perciò pronto a invadere la sfera della satira, e ancor di più quella del satiro; e il “viaggiatore” – nel senso di “estraneo” – Jaques, che al ruolo di buffone aspira senza raggiungerlo, ciò che lo precipita nell’eterno circuito degli umori, e soprattutto della malinconia), della Dodicesima notte (con Feste, la più fulgida incarnazione della missione sovversiva di tutti i matti, capaci di fingere follia per poter dire le verità più scomode), di Re Lear (tanto la sua “Storia” quanto la “Tragedia” ci offrono il matto più celebre di tutti, il buffo saggio che accompagna il re – massimo simbolo di razionalità e insieme massimo esempio di follia – e sragionando ne corregge e redime la miserevole, dignitosissima, tragica demenza). Per non dire dei molti personaggi comici di minore spicco, ma di non minor peso, che non vestono la livrea del buffone di corte ma con lui collaborano a rovesciare il senso comune e le sue convenzioni: sono i popolani ignoranti, le guardie imbranate, i secondini sprovveduti, i preti saccenti, i furbi delinquenti, le megere che abitano il sottobosco sociale del Mercante di Venezia (Lancillotto Gobbo), di Molto rumore per nulla (Dogberry, Verges), di Misura per misura (Lucio, Froth, Mistresss Overdone, Elbow), del Racconto d’inverno (Autolico), della Tempesta (Calibano, Trinculo, Stefano), ecc.: tutte figurine bizzarre, ritagliate ai margini della società, non di rado un po’ mostruose, apparentemente trascurabili, eppure cariche di una loro positività, e portatrici di verità uniche, irraggiungibili dagli altri – figurine che Molto rumore per nulla definisce “quella manica di stupidi che ha portato alla luce quanto la saggezza dei loro superiori non è riuscita a scoprire” (V, 1, 225-227) –. Le loro verità sono necessarie per lo scioglimento degli intrecci, sono spezzoni di storie sotterranee che, non diversamente dai Sileni di Platone e di Erasmo, emergono alla fine come sostanza più profonda ed essenziale dello spettacolo, quella che offre “lo specchio alla vita”, quella per cui “tutto il mondo è teatro”. E tutte quante rispondono alla definizione che Viola dà di Feste: Il compare è abbastanza saggio da fare il matto, e saperlo fare bene richiede davvero ingegno: deve osservare l’umore di quelli di cui si fa beffe e il carattere delle persone, rispettare il tempo e come un falco selvatico tuffarsi su ogni piuma che gli si agita davanti agli occhi. È una professione che richiede tanta fatica quanto l’arte di un saggio: e la follia che egli mostra con saggezza non passa mai XXIV
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il segno, mentre i saggi caduti nella follia deturpano il loro ingegno (La dodicesima notte, III, 1, 53 sgg.).
O al paradosso che Maria, scaltra dama al seguito di una principessa, e di lei non meno spregiudicata, enuncia a fondamento di quel ruolo: “La follia del folle non tocca mai la nota acuta che risuona nella follia del savio cui si rimbambisce l’ingegno, poiché ogni sua facoltà si applica ingegnosamente a provare quanto savia sia la follia” (Pene d’amor perdute, V, 2, 75 sgg.). Di tale paradosso è intessuta la triste vicenda di Re Lear, e con essa la simbiosi di ogni re con ogni matto: è il “mondo doppio” di Bachtin che si fa modello, figura, personaggio. Come già argomentava Thomas Middleton: “Nel teatro non c’è nulla che valga un clown. / Se davvero sa il suo mestiere, lui diventa ciò che ci vuole. / Il re ci farà la sua bella figura, ma lui supererà il re” (Hengist, King of Kent, or the Mayor of Queenborough, V, 1; ca. 1615). Ancora, non possiamo dimenticare gli elementi buffoneschi che abitano i grandi dominatori della scena tragica, buoni e cattivi insieme, da Enrico III ad Amleto, da Iago a Timone a Edgar … Non è improbabile che la forma ibrida poi variamente chiamata tragicommedia, commedia problematica, dramma dialettico, dark comedy ecc., cui Shakespeare si affezionò nella seconda parte della sua produzione, dipendesse dalla convenienza di fornire alle compagnie in cui militò le battute e i lazzi dei grandi professionisti di quel ruolo. Del resto, anche i jongleurs di Gargantua et Pantagruel, nel distribuire le parti, affidavano quelle dello sciocco (sot) e del pazzerello (badin) all’attore “più esperto e perfetto della compagnia” (Rabelais, Tiers livre, cap. XXXVII). In Inghilterra, la matrice di questa speciale attrazione stava nel teatro medievale e del primo Cinquecento: era la figura del vice, il “vizio”, ossimorico veicolo della birbanteria truffaldina e del desiderio di libertà e di gioco che coesistono in ogni essere umano, e che negli spettacoli perveniva alla funzione di una vera e propria regia interna, a dettare e manipolare le reazioni del pubblico; sua era quella collocazione liminare fra scena e platea che sarebbe poi stata del fool suo successore, e che avrebbe materialmente plasmato i palcoscenici elisabettiani. Un mestiere arduo e selettivo, che richiedeva tirocinio ed esperienza; e un ruolo non trasferibile da un attore all’altro, come avveniva per la pratica del doubling: quella era una parte esclusiva, come le qualità di chi la impersonava. Ed XXV
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era anche una professione sociologicamente marcata: il nome che più spesso lo contraddistingue nella drammaturgia shakespeariana è quello di clown, cioè di “contadino”, certo il contadino tipico a confronto con la mentalità metropolitana, che sotto ogni latitudine è dotato di ingenuità ma anche di sagacia, quando non di astuzia sopraffina – non possono non venire in mente eroi comici come il Ruzante, o Sancho Panza, o Simplicissimus – un villano che parla ai villani appena inurbati, li vezzeggia e li sferza, gli fa dimenticare il disorientamento patito nei grandi esodi dalle campagne alle città che conobbe l’Europa fin quasi ai nostri giorni. Nello stesso maltrattamento dell’inglese che compiono imperterriti i Bottom, i Dogberry e gli Elbow, o un Sir Hugh Evans “molto gallese” o un Dr. Caius “molto francese”, si riconosce il flessibile conglomerato di lingue, dialetti e gerghi professionali che deve avere investito Londra a cavallo fra Cinque e Seicento. È da questo campo di eteroglossia – per non dire di multiculturalismo – che proveniva la serie dei popolarissimi clown shakespeariani, sempre rappresentati in preziose xilografie con i loro strumenti tradizionali – piffero, tamburello e sonagli ai polsi e ai polpacci, la “divisa” della morris dance, che l’intera Europa riconosceva all’istante per le affinità con le varie “moresche” continentali –. Il primo fu Richard Tarlton, grande improvvisatore di versi e barzellette, e per un periodo buffone della regina Elisabetta I. Tarlton gettò le basi di una “maniera” comica longeva, ma scomparve nel 1588, proprio quando Shakespeare si affacciava alla scena londinese. Gli successe Will Kempe, che il pubblico reclamava a gran voce ad ogni occasione, tragica o comica che fosse. Era già celebre come showman indipendente specializzato in jigs, spettacolini comici in cui si mescolavano recitazione, canto e danza, il più famoso dei quali fu quello che lo portò danzando per nove giorni (e per circa 160 km!) da Londra a Norwich, dove esiste ancor oggi un cippo che celebra l’impresa. Ma il clown più influente sulla drammaturgia shakespeariana fu Robert Armin, più che buffone un comico evoluto e “intellettuale”, autore lui stesso di una commedia e di dialoghi mordaci, che perfezionò il contrappunto fra la vicenda rappresentata e la riflessione dello spettatore, sospingendo l’una e provocando l’altra con sofisticata maestria. Fu per sfruttare appieno il suo talento che Shakespeare cominciò a creare delle trame secondarie espressamente concepite per lui. I personaggi di Paragone (Come vi piace), di Feste (La dodicesima notte) e del Matto accanto XXVI
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al re (Lear) sono il risultato evidente dell’incontro fra la tematica dei drammi, spesso letteraria, fantastica e artificiosa, e il concreto repertorio comico della scena inglese. Per afferrare la filosofia di questa figura, a metà fra estetica dell’abbigliamento, culto della libertà individuale e licenza del discorso, bisogna dare ascolto a chi la desidera ardentemente ma non sa se potrà mai raggiungerla: JAQUES
Ah, fossi anch’io un matto! Come vorrei portare la loro uniforme! […] È la mia unica richiesta, purché voi estirpiate dal vostro sano intelletto la malerba del pregiudizio che io sia saggio. Inoltre, come si concede ai matti, devo godere di una libertà illimitata, come il vento che può soffiare su chi vuole; e quelli a cui più brucerà la mia follia, dovranno riderne di più. […] Conferitemi l’investitura dell’abito da arlecchino. Datemi licenza di dire ciò che penso; ed io saprò purgare da capo a piedi il corpo sudicio di questo mondo infetto, purché tutti mandino giù pazientemente la mia medicina (Come vi piace, II, 7, 12 sgg.).
Ecco pienamente rivendicata la carica rinnovatrice e catartica del riso: purga del mondo infetto, forza inesauribile eppure impermanente, che si accompagna alla malinconia, che non raggiunge certezze ma solo speranze, che provoca dubbi nel bel mezzo di una franca risata, insomma che rinnova continuamente il mistero di un genere polivalente, instabile, che non risolve ma prolunga, decantandolo, il caos della vita… Polisemie Se, come ci assicura il consenso della critica, la commedia shakespeariana è un genere “instabile”, ciò non deriva soltanto dall’eterno confronto fra la licenza della festa e la costrizione normativa delle istituzioni civili; deriva anche e soprattutto dalla libertà, dall’intelligenza e perizia di chi manipola questi ingredienti; è insomma un fenomeno d’arte. È arte la mescolanza di realismo e sogno, è arte l’alternarsi di scherno e empatia, di localismo ed esotismo, è arte il confronto fra prospettive multiple, l’incertezza degli esiti, l’accanita interrogazione delle identità, il rispecXXVII
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chiarsi l’una nell’altra delle fila del discorso, il gioco dei paradossi e dei doppi sensi, l’esplodere del “gran banchetto dei linguaggi” (Pene d’amor perdute, V, 1, 36) … Insomma è arte, e arte sopraffina, il raggiungimento di una costante polisemia, l’apertura di una singola parola, di intere frasi e situazioni a più significati, che si intrecciano fino a spalancare ulteriori porte su nuovi significanti – fino a creare un tessuto, compatto e sfuggente insieme, composto di proliferanti sottotesti, di molteplici trame, di imprevedibili variazioni. A questo fenomeno è ora opportuno dedicare qualche accenno. Il teatro-nel-teatro. Non esiste un drammaturgo più di Shakespeare consapevole di scrivere per la rappresentazione di storie davanti a un pubblico, meglio se si tratta di storie già conosciute, che abbiano una lunga tradizione da mettere a confronto con l’opera nuova, e che procurino così l’approvazione tutta intellettuale, e il piacere tutto emotivo, di una riscoperta dell’universalità dell’esperienza mimetica, di una lettura che reinventa se stessa e va oltre se stessa, rinnovandosi di rappresentazione in rappresentazione e facendo risaltare la propria novità oltre la singola messinscena, richiamando altre citazioni, riletture e adattamenti, e così all’infinito. È un atteggiamento che autori come il Bardo hanno fondato e trasmesso a generazioni di scrittori, attori e registi, se pensiamo agli strampalati rifacimenti settecenteschi delle sue commedie e tragedie, a novelle ottocentesche come Il ritratto di Mr W. H. di Oscar Wilde, a testi come quello di Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard, o a film come Commedia sexy in una notte di mezza estate di Woody Allen o Shakespeare in Love di John Madden. Certo non si tratta di una semplice, meccanica riproduzione di temi e situazioni già esperite; per Shakespeare si tratta della riflessione sui propri mezzi e sui mezzi tramandati dalla storia del suo mestiere, da riattualizzare per una e per mille volte successive; una riflessione nel profondo sul valore di ciò che io drammaturgo sto facendo in questo momento, e staranno facendo i miei successori in tutti i momenti in cui la mia creazione verrà replicata. L’esempio più fulgido del valore che Shakespeare attribuiva alla sua professione si ha naturalmente nell’Amleto, quando l’accertamento di come sia finito l’Amleto padre – se veramente è stato ucciso del fratello – viene demandato a una recita improvvisata dagli attori giunti a Elsinore. The play’s the thing dice Amleto (II, 2, 606), e XXVIII
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non c’è altro mezzo: è solo attraverso il teatro che la verità può essere scoperta, e portare conseguenze. Teatro, cioè finzione preparata (Amleto sottopone gli attori a un tirocinio preventivo), studiata e compiuta al meglio delle abilità mimetiche di una compagnia di attori, che diventa strumento epistemologico, di ricognizione e verifica della stessa Storia di Danimarca; ovvero, che aggiunge all’azione cui stiamo assistendo il discorso ulteriore di un’arte che si vuole fulcro di civiltà. L’offerta di un teatro nel teatro era piuttosto comune nei drammi elisabettiani: Thomas Kyd aveva dato l’esempio in una famosa Spanish Tragedy (ca. 1587), portando sulla scena addirittura due gruppi di spettatori fittizi: il primo è costituito da un “coro” formato dal ”Fantasma di Andrea” e da “Vendetta”, che aprono e chiudono l’azione, osservandone muti lo svolgimento; il secondo gruppo è costituita dalla corte di Spagna, che assiste a una tragedia nella tragedia, Solimano e Perseda, composta dal personaggio che sarà autore della vendetta finale, Hieronimo. Si prospettano così tre spettacoli in uno: il maggiore cui assiste il pubblico del teatro, il mediano cui assiste il coro, e il minore cui assistono i personaggi. A questi ultimi viene rappresentata come finzione quella che è rimasta per tutto lo svolgimento del dramma la sua realtà, cioè il desiderio di vendetta, la sostanza più intima e inconfessabile delle passioni. Ciò che il mondo della finzione – la corte di Spagna – ha finora represso, ritorna in virtù di una finzione alla doppia potenza – una tragedia che sgomenta i cortigiani mentre appaga il pubblico reale. La versione comica di questo schema prende forma in una delle primissime commedie shakespeariane, La bisbetica domata, alla quale assistiamo insieme a un personaggio che già conosciamo, l’ubriacone ignorante collocato sulla balconata che sovrasta il palcoscenico: a lui viene fatto credere di essere un gran signore, di avere una signora moglie e di meritare l’eccellente spettacolo che si svolge sotto i suoi e i nostri occhi. Si evidenziano subito motivi come la manipolazione dell’identità, il mascheramento, lo scambio fra finzione e realtà, il rovesciamento dei ruoli sessuali (con le parti femminili sempre impersonate da ragazzi), e delle convenzioni sociali – presupposti tutti cruciali per la comprensione e il godimento del testo. Più importante ancora, l’intera azione viene rivissuta come un sogno dal nostro malcapitato compagno che dirà alla fine di Una bisbetica del 1594, testo simile ma di incerta attribuzione: “Signoriddio, ho fatto il sogno più ardito di cui tu abbia mai sentito in XXIX
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vita tua…” (Aggiunte al testo, E, 11-12). L’intero intreccio resta così fortemente complicato. Le cose chiare dell’inizio si trasformano sotto i nostri occhi in dubbi e problemi: i personaggi non sono mai del tutto quel che sembrano, e le loro trasformazioni richiamano continuamente una recita teatrale. La vicenda di Petruccio e Caterina, di Bianca e dei suoi pretendenti è ciò che noi vediamo rappresentato concretamente sulla scena, ma nello stesso tempo è ciò che un poveraccio sta vivendo come verità altra e inconcepibile, il parto di una fantasia iperbolicamente beffarda. Insomma, una serie continua di riflessi e coinvolgimenti ci rimanda all’infinito da un episodio all’altro, dal finto al vero, dall’autentico al recitato, e ci invita a immergerci nel sogno altrui, sapendo che è fatto della stessa pasta della nostra realtà. Ma Shakespeare non si ferma a questi preliminari: una risorsa delle commedie successive è spesso la recita messa in piedi da personaggi minori e popolani, miseri imitatori della cultura superiore. Per le orecchie raffinate i risultati sono atroci, però individuano un filone parallelo alla trama centrale, che introduce una nota di inaspettata dignità. È il caso del Sogno di una notte di mezza estate, dove dei bifolchi-artigiani improvvisano la storia di Piramo e Tisbe (affine a quella del coevo Romeo e Giulietta). Non si contano gli equivoci e gli svarioni che la scalcinata squadra del tessitore Bottom riesce a infilare, ma fra le picche e ripicche della corte di Atene, le goffaggini e le beghe di fate e folletti, le affettate ripulse dei signori, quei poveri plagiari danno prova di ciò che manca al resto di un mondo di pura invenzione: l’umiltà, la generosità, l’ottimismo per cui “tutto filerà liscio” (V, 1, 185). Con tutti i limiti che gli si voglia attribuire, sono loro ad avere il senso e la misura di dove debba o non debba, possa o non possa arrivare l’illusione magica del teatro, e di suggerirlo agli spettatori reali. “Non generoso, né cortese né gentile” è ancora il trattamento riservato dai nobili spettatori fittizi alla parata dei Nove Prodi preparata dai guitti-buffoni di Pene d’amor perdute (V, 2, 622). L’esibizione non comincerà mai perché costoro – il pedante [Oloferne], lo sbruffone [don Adriano de Armado], il prete ignorante [Nataniele], il buffone [Zuccone], e il paggio [Pagliuzza]: “quando mai al mondo uscirà di nuovo una cinquina così, ognuno nella propria vena!” (V, 2, 537) – si mettono a disputare sulla natura della finzione scenica, ma in modo strampalato, avviando tra l’altro un’improbabile ermeneutica della faccia di Oloferne, che vieXXX
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ne paragonata a “una mandola, la capocchia di uno spillone, un teschio in un anello, l’elsa della spada di Cesare, un San Giorgio di profilo” ecc. ecc. (V, 2, 603 sgg.). Ma dietro la “faccia” così crudamente bersagliata c’è ovviamente l’”espressione” – anch’essa una “faccia”, non fisica ma linguistica – del pedante fanatico delle citazioni in latino, del tardo umanista che deturpa la tradizione credendo di mettersela all’occhiello; e c’è altresì lo spettacolo stesso, la commedia da assaporare insieme alla sua critica. Predestinato alla canzonatura, Oloferne si ribella dignitosamente, si ravvede, e così facendo rimanda a un più corposo eccesso linguistico e a un più risolutivo ravvedimento, quello di Biron, principale motteggiatore e inventore di parole e dell’intera pièce, che sarà finalmente rintuzzato con la qualifica di “spiritaccio irridente, il cui potere si genera nella stolta compiacenza concessa agli sciocchi da chi li ascolta, e facilmente ride. La fortuna di una battuta sta nell’orecchio di chi ascolta, non sulla punta della lingua di chi la dice” (V, 2, 844-849). È questa la degna conclusione di ogni commedia che voglia causare riflessione su se stessa e sull’arte che la anima. La parata dei Nove Prodi, e con essa il dissidio su cosa significhi “rappresentare” si interrompono sul più bello, perché un messo dall’esterno porta la notizia di una morte eccellente, ciò che tronca d’un sol colpo l’azione, mettendo una volta per tutte sullo stesso piano quei cinque attori dilettanti e i professionisti che il pubblico reale ha di fronte. Innumerevoli sono poi le pose da grandi mattatori della scena in cui si lasciano sorprendere questi personaggi comici, da Orsino che apre La dodicesima notte atteggiandosi a snervato melomane, all’impareggiabile Falstaff che nelle Allegre comari di Windsor millanta maliziose sicurezze sulle proprie doti di seduttore, a Benedetto e Beatrice di Molto rumore per nulla, una coppia di emeriti sprezzatori dell’amore, loro che si innamorano alla prima occasione… Il fuoriclasse della recitazione, che si infervora in una solenne tirata e presto si ferma, dubbioso sulla logica o sul valore di quanto sta dicendo, era ieri com’è oggi uno dei momenti più succosi della comicità shakespeariana. Il travestimento. Ma il trionfo del “fare come se”, del rispecchiarsi nell’”altro” che è in sé, liberandolo da un primitivo rifiuto, e superando tutte le distanze che la civiltà frappone – ovvero, l’affiorare dall’intimo di una finzione che fonda e rivendica un dialogo col mondo reale che quell’inXXXI
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timo ha dimenticato – si raggiunge specialmente nel travestimento. È questa una strategia che il teatro di tutti i tempi e di tutti i continenti ha adottato, prima che l’estetica del realismo la oscurasse del tutto. Ed è il cavallo di battaglia della commedia shakespeariana, capace di appassionare anche il pubblico nostro contemporaneo. Un esempio straordinariamente complesso si ha in Come vi piace. L’intreccio si basa sulle opposizioni che stanno al centro della cultura rinascimentale: maschile contro femminile, ideale contro concreto, legittimo contro illegittimo, civile contro selvaggio, cortigiano contro pastorale – e sulla conciliazione di tutto quanto appare opposto in prima istanza. Il culmine del metateatro sta nell’episodio in cui la protagonista, impersonata da un ragazzo ma da ragazzo travestita, insiste perché il suo innamorato la corteggi per finta, e poi per finta la sposi – e poi, come una (benché falsa) vera innamorata, invoca la morte non appena l’illusione svanisce (IV, 1, 25 sgg.). La trasformazione da uno stato all’altro, la confusione dei ruoli, l’equivoco sessuale, la recitazione elevata a dignità d’invenzione sono i passi obbligati perché la trama completi il proprio tragitto verso la pace, l’unione, la felicità, sempre dopo aver toccato il polo opposto dell’esperienza – la guerra, il tradimento, l’infelicità. Quella straordinaria fantasia d’amore inventata da Rosalinda giunge così a rappresentare simbolicamente sia la costruzione dell’identità individuale, sia la fruizione della sensibilità collettiva che chiamiamo commedia, il genere che vive di questi passaggi e di queste metamorfosi. Rosalinda ne è l’agente e l’incarnazione, e non soltanto come donna aristocratica, padrona di sé, libera e spregiudicata, ma anche, paradossalmente, come uomo della foresta, sperduto, incerto, innamorato. Tutte le nature convergono in quest’unica natura teatrale, che tutte le deve sperimentare e tutte esprimere. Lei è l’eroina comica per eccellenza, quella che agisce e trionfa senza mai dimenticare la propria natura di personaggio, e anzi alludendo sempre alla parte che sta recitando, e sottolineando la sua efficacia risolutiva. Il travestimento di Rosalinda conosce due stadi e due scopi: il primo è la ricerca della libertà che le manca alla corte dello zio, il secondo è di ottenere l’amore del suo uomo. Per altri personaggi femminili il travestimento serve soltanto al secondo scopo, mentre non cambia, e anzi si rafforza, la loro funzione di creatrici e registe di una mimesi che sempre si rinnova, e alla fine insegna la via dell’amore anche ai più distratti, incostanti o resistenti partner: è il caso di Giulia nei Due gentiluomini di XXXII
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Verona, anche lei travestita da ragazzo per inseguire il volubile Proteo, e autrice nel finale di un colpo di scena assai ironico, che addirittura ribalta l’onere morale del travestimento, chiedendo a lui di “arrossire per questa mascherata! Ti devi vergognare tu che io abbia indossato queste vesti immodeste, se vi è motivo di vergogna nel travestirsi per amore. Quanto all’immodestia, è meno da rimproverare una donna che cambia il proprio abito, di un uomo che cambia i propri sentimenti!” (V, 4, 100108). Ed è il caso di Viola nella Dodicesima notte, che assume l’identità di Cesario, e come Cesario provoca il nodo di passioni che si scioglie solo alla fine, ma che dà luogo a dialoghi come questo: OLIVIA VIOLA
(come Cesario)
OLIVIA VIOLA
(come Cesario)
OLIVIA VIOLA
(come Cesario)
Fermatevi. Ditemi, vi prego, che pensate di me. Che voi pensate di non essere quel che siete. Se penso questo, lo stesso penso di voi. Allora pensate bene: io non sono quel che sono. Vorrei che voi foste quel che io voglio. E sarebbe meglio, signora, di quel che sono? Mi auguro proprio di sì, giacché ora sono solo il vostro sciocco (III, 1, 136-142).
È un modo per fronteggiare il confronto fra identità e alterità, mantenendolo drammaticamente in sospeso: sta poi alla conclusione comica il compito di riportare tutte le individualità nell’alveo della loro identità reale. La prova a contrario la troviamo nel puritaneggiante Malvolio, che viene indotto da un raggiro a sentirsi novello vagheggino ed a coltivare un aspetto leccato e pomposo, che porta a galla tutto il libertinaggio e la strafottenza di cui è capace: verrà giustamente escluso dalla rigenerazione finale che investe tutti gli altri. Ben due mascherate cercano di annullarsi a vicenda in Pene d’amor perdute: i cavalieri si mascherano da dignitari russi per corteggiare le rispettive dame, mentre queste si scambiano le acconciature per confondere i pretendenti e mantenersi libere. Né l’uno né l’altro mascheramento funziona davvero, perché non riguarda in fondo l’oggetto del corteggiamento, né quello del diniego: riguarda invece soprattutto il soggetto che se ne serve, cioè il corpo di chi lo indossa: i gentiluomini nascondono a se stessi la sconfitta dei loro propositi virtuosi, e le gentildonne nascondono il naturale impulso a concedersi. XXXIII
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Un procedimento inverso a quello del travestimento è seguito nella Commedia degli errori, con la presenza di due coppie di sosia composte da diversi che non sospettano di avere dei simili. I due nomi – uno vero e uno falso – con cui si presenta il/la travestito/a nelle altre commedie qui improvvisamente si convertono e materializzano in due persone distinte, fiere della propria unicità, tanto orgogliosa quanto irreale per chi assiste allo spettacolo: per ciascuno di essi, e per i personaggi che li contornano, l’altro non può manifestarsi che come inconcepibile sorpresa, comica perché inconcepibile. Allo stesso significante giungono così a corrispondere due significati diversi e in guerra fra loro, provocando infinite sorprese ed equivoci, mostrando tutta la fragilità dell’identità individuale, e suscitando un generale senso di smarrimento: “Io al mondo sto come una goccia caduta nell’oceano per ritrovarne un’altra: e che, trasparente agli sguardi, aggirandosi inquieta, nella ricerca del simile finisce per smarrire se stessa” (I, 2, 35-38). È dalla elusività dell’identità che l’opera trae la sua saldezza e la sua forza comica. Intrecci multipli. Alla polisemia si intona un’altra tecnica compositiva, la combinazione di intrecci solo in apparenza slegati che reciprocamente si arricchiscono scoprendo intense nervature simboliche. A individuare per primo questo procedimento fu uno dei più brillanti critici del Novecento, l’inglese William Empson, che avvicinò il “doppio intreccio” alla struttura del music-hall, la successione senza un ordine apparente di “numeri” comici e musicali, che “negli elisabettiani, grazie a certe connessioni astruse, riesce a dare un senso della vita nella sua complessità”. Empson si riferiva al teatro, ma gli elisabettiani usavano questa strategia anche in opere miste di poesia, prosa e struttura drammatica come la prima Arcadia del già citato Philip Sidney, che la utilizzò per far dialogare spezzoni di racconto indipendenti, e suggerire così una sottile complessità di significati. Del resto, music-hall a parte, la ricerca di significati comuni in storie lontane per collocazione temporale e ambientale darà il suo frutto più singolare in un romanzo del Novecento, Il maestro e Margherita del grande drammaturgo e romanziere Michail Bulgakov, con l’accostamento di una satira sulla burocrazia nella Mosca post-rivoluzionaria e il racconto evangelico della Passione di Gesù Cristo. Un tipico accumulo di “connessioni astruse” è il doppio intreccio di Molto rumore per nulla, dove procedono parallelamente due storie miranti XXXIV
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entrambe al trionfo dell’amore, ma sviluppate attraverso le convenzioni di due generi difficili da accostare, la commedia romantica e la tragedia della calunnia foriera di morte. Nell’una l’amore viene ostacolato dall’immaturità sentimentale (di Beatrice e Benedetto), e nell’altra dalla gelosia malvagia (Ero e Claudio divisi dalla falsa accusa di Don Juan). Ad accostarle provvede un ambiente consapevole delle complicazioni d’amore e della minaccia della morte, e a conciliarle provvede, come spesso succede nel registro comico, la provvidenziale incoscienza dei personaggi marginali (Dogberry). Ma molto diverse restano le tematiche, gli stili e gli stessi linguaggi impiegati, a cominciare dalla differenza fra la poesia in cui si esprimono i protagonisti dello sviluppo tragico, e la prosa cui è affidato il “contrasto” fra gli innamorati che devono maturare (c’è chi sostiene come tale differenza segnali l’abbandono delle convenzioni del romanzo medievale – che era sempre in versi – per collaudare la novità e la brillantezza di una nuova prosa d’amore). Il testo rappresenta dunque un ardito esperimento di ibridazione di elementi disparati – molto criticato per questo da G. B. Shaw – portati a convergere grazie a un senso sopraffino della costruzione drammaturgica. Lo testimoniano, tra l’altro, le scene che nei due intrecci sono imperniate sull’ascolto, voluto o non voluto, di conversazioni sui sentimenti, scene che segnano l’inizio (nel caso degli innamorati inconsapevoli) o la fine (provvisoria, nel caso degli innamorati vittime della calunnia) delle rispettive vicende amorose. E lo testimoniano passi come il dialogo fra Beatrice e Benedetto in cui lei, ancora esitante a riconoscersi innamorata, impone a lui una prova suprema, l’uccisione di Claudio per l’ingiustificato abbandono di Ero (IV, 1, 258 sgg.): un colpo di scena che è anche una clamorosa invasione di una storia nell’altra, e che approfondisce da una parte il dramma del tradimento, e dell’altra la psicologia della donna, che intuiamo sospesa fra l’amicizia per Ero e il desiderio di una definitiva dimostrazione d’amore. Più intricati ancora sono altri nodi e intrecci di intrecci: ben cinque ne porta in gioco Come vi piace, tutti socialmente caratterizzati e differenziati. Il mondo contadino esprime gli alti e bassi del rapporto fra Silvio e Febe e l’impossibile passione di Febe per Rosalinda travestita, ma anche l’incontro col mondo cortigiano nella vicenda di Audrey e Paragone; tutta di corte è la scoperta reciproca di Celia e Oliviero, mentre la coppia centrale di Rosalinda e Orlando – ambedue ingiustamente spodestati da posizioni privilegiate – appartengono a una terra di mezzo, a un XXXV
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ceto ancora indistinto e in divenire, al quale però la commedia offre le chiavi del futuro. Dunque una vera e propria casistica d’amore, che tale resterebbe se non venisse a complicarla una simmetrica casistica della malinconia, teorizzata da Jaques: La mia non è la malinconia invidiosa dello studioso, né quella stravagante del musico, non è quella altezzosa del cortigiano, né quella ambiziosa del soldato, non è quella astuta dell’avvocato, né quella capricciosa della gentildonna, né quella dell’innamorato che le comprende tutte; ma è una malinconia soltanto mia, fatta di molti elementi derivati da materie diverse, soprattutto dalle molteplici riflessioni sui miei viaggi la cui frequente rievocazione mi ammanta di una tristezza densa di umori (IV, 1, 10-19).
Amore e malinconia arrivano a rappresentare due prismi con mille facce e infinite rifrazioni, che l’arte di Shakespeare accosta e confronta, senza mai esaurirle. Un’efficace variante della commistione degli intrecci è rappresentata dall’aggiunta di una semplice farsa alla struttura comica portante, come succede nella Dodicesima notte che ci riporta a quel binomio di festa e narrazione dal quale siamo partiti: merito di personaggi come Ser Toby Belch e Ser Andrew Aguecheek, due burloni rabelaisiani che fanno a pezzi ogni regola della buona società, che litigano e si ingannano a vicenda e sembrano esistere solo per ordire beffe crudeli (non a caso: lo spettacolo venne allestito a corte per la festa dell’Epifania, la “dodicesima notte” dopo quella di Natale). A sistemare tutto nella misura della commedia è il grande Feste cui è affidata la preghiera del Matto: “Ingegno, se tale è la tua volontà, disponimi a fare per bene il matto! Quei furboni che credono di averti si rivelano spesso dei folli, e invece io che sono certo di non averti potrei passare per saggio. […] ‘Meglio un folle ingegnoso che un ingegno folle’” (I, 5, 29-33), dove si mescolano schegge di filosofia socratica e proverbi biblici, immergendo nell’autoironia l’intera creazione shakespeariana.
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Il linguaggio della commedia FESTE
VIOLA
FESTE
Oh, che tempi! Per un ingegno acuto una frase è un guanto di capretto: quanto è facile rivoltar la parte sbagliata! Già, proprio vero. Coloro che maliziosamente si divertono con le parole rischiano di corromperle. […] È proprio vero che le parole sono diventate delle povere disgraziate da quando se ne andò in malora ogni vincolo […] sono diventate così false che mi trattengo dal servirmene per ragionare (La dodicesima notte, III, 1, 11-24).
Per il lettore moderno, battute come quelle che precedono non possono non suonare come un invito, divertente anche se oscuro, a partecipare a una polemica sulla lingua. Viene da pensare che l’autore, attraverso i suoi personaggi, deprechi gli eccessi dell’ornamento e della retorica cui poi abbiamo dato il nome di “barocco”, per auspicare un dettato sobrio e obbediente a certi “vincoli” che lui sente troppo spesso violati. Ora, questa percezione fa riferimento, in qualsiasi letteratura moderna, a codici fondamentalmente stabili, con stili e regole prestabilite, attive anche quando vengono trasgredite; ma se una simile stabilità fosse stata alla portata di mano degli elisabettiani non troveremmo, appena dieci versi sotto quelli appena citati, l’ammissione di Feste di essere lui stesso un “corruttore di parole” (III, 1, 34), ovvero un severo censore del costume linguistico, pronto a riconoscersi esposto alla sua stessa severa censura. Certo Feste è un buffone, e come tale gode del privilegio di giocare con le parole, di capovolgerne il senso e di contraddirsi; ma proprio nelle sue contraddizioni scopriamo qui un’ironia totale, che coinvolge lui per primo, ma insieme a lui come portavoce dell’autore, come personaggio, Matto e manipolatore di parole, l’intero edificio espressivo nel quale ha un ruolo centrale, un edificio che cerca il suo particolare assetto attraverso l’esperimento, la sorpresa e la sfida alla tradizione. Ovvero, scopriamo perché Feste apra il suo discorso critico denunciando i “tempi” nella loro interezza; è quello che, sul versante opposto dei generi drammatici, fa anche Amleto alle prese con il farfallone Osric:
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Lui, come tanti altri della covata per cui stravede questa indegna età, hanno imparato solo le parole di moda e le formule esteriori della conversazione, una sorta di repertorio schiumoso che permette di attraversare indenne le opinioni più aperte e meditate; ma prova a soffiarci sopra, e le bolle svaniscono (Amleto, V, 2, 147-154).
I tempi… l’indegna età…: è il sistema linguistico e letterario dell’Inghilterra cinquecentesca che provoca insoddisfazione – soprattutto se confrontato con i modelli d’oltre Manica – e viene criticato da chi si deve orientare in una selva di possibilità povere, insoddisfacenti. Basta del resto leggere qualcuno dei locali trattati “sulla poesia”, che poi sono sempre sulla letteratura in generale – da George Gascoigne (1575) a Thomas Lodge (1579), Philip Sidney (ca. 1580), George Puttenham (1589), Samuel Daniel (1603) – per scoprire che essi si affidano a una struttura unica e ripetitiva: tutti guardano all’esempio eccellente dei latini e dei greci, ma in patria non trovano altro che minimi riscontri nelle glorie del passato, e per il resto solo un deserto, non una vera e propria tradizione cui rifarsi (e Shakespeare viene menzionato incidentalmente da, rara avis, Francis Meres in uno sconclusionato zibaldone del 1598, che deve aver lasciato del tutto indifferente qualsiasi lettore, in primis il Nostro). Per avvicinarci a una comprensione di questo garbuglio converrà esaminare gli accorgimenti portati in gioco in Pene d’amor perdute, cominciando con il solenne impegno di ascesi e severa astinenza – la negazione stessa dello spirito della commedia – cui, in avvio di spettacolo, il re di Navarra obbliga i suoi nobili compagni di eremitaggio: La fama, che ognuno cerca in vita, viva incisa nel bronzo dei nostri sepolcri e, in disgrazia di morte, grazia a noi faccia; e dal tempo, cormorano che tutto divora, ci salvi alito di parola or vivo in noi, e onore a noi conquisti che ottunda della falce fatale la lama affilata, e dell’eternità ci renda eredi. Perciò, bravi conquistatori – questo voi siete che guerra portate contro le vostre passioni e le infinite schiere delle brame terrene – il nostro recente editto resta in pieno vigore. Sia Navarra la meraviglia del mondo, e la nostra corte un’accademia di quieto studio dell’arte di vivere (I, 1, 1-14).
Non poteva, la nostra traduzione, che trasmettere tutto l’artificio, la sofisticazione retorica, l’orgoglioso dispiegamento di figure che si accumulaXXXVIII
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no in questa straordinaria apertura. Contro la quale si consideri l’”addio alle armi” cui si impegna invece un personaggio clownesco dello stesso testo, Don Adriano de Armado, considerando che questo “smargiasso spagnolo pieno d’affettazione” giunge per conto suo, già alla seconda scena, al ravvedimento cui la commedia costringerà, ben più faticosamente, i nobili della corte navarrena: Addio valore, arrugginisci fioretto, taccia il tamburo: colui che vi era padrone è in amore; sì, egli ama. Che il dio della rima improvvisa mi assista, poiché io certo mi volgerò al sonetto. Aguzzati ingegno, e tu penna scrivi, poiché mi vien voglia di riempire interi volumi, e in folio (I, 2, 172-176).
Ah! La forza disarmante dell’amore! Ah! La sua scanzonata parodia! Armati fanfaroni trasformatevi in amanti, fate l’amore e non la guerra, andate a riempire volumi di poesia – e le sale dei teatri, quando sono di turno le commedie! – Armado porta in sé dei semi di comicità che germogliano nel simmetrico contatto con i livelli più alti dell’eloquenza, e un epilogo che anticipa il trionfo dei sentimenti ovvero della natura – significativamente associata alla cultura libresca – contro l’eccesso retorico dei superiori e contro le loro velleità di malintesa virtù. Ciò che importa è il passaggio dalla solennità formale di quel primo giuramento all’autoironia, se non al sarcasmo liberatorio, qui prestato al solito inatteso e indebito risolutore di nodi drammatici complessi – e che tale risolutore sia il più buffo di tutti –. In un passo come questo distinguiamo l’autore intento a disporre dialetticamente le sue pedine compositive, secondo un programma che si è fatto finalmente articolato: il testo ci sta dicendo che il virtuosismo linguistico, non meno che il virtuosismo morale, incontrano necessariamente la propria sconfitta, ma non tutto finisce lì, perché la sconfitta viene ricompresa, inglobata in un discorso dove una componente, la grande arte oratoria pubblica, resterebbe manchevole senza l’altra, la sua nemesi comica – l’anima della commedia, appunto. È dunque sull’immensa tavola delle strutture drammaturgiche e degli usi e abusi dell’espressione che viene allestito quello che il paggio Pagliuzza definisce “un gran banchetto delle lingue”, con un menu dove il latino maccheronico si mescola con il francese ugualmente storpiato e con l’inglese demotico, che seda i bollenti spiriti. Sono di scena Oloferne XXXIX
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il pedante e Nataniele il curato, ed entrano gli altri buffi, Don Armado, Pagliuzza e Zuccone: NATANIELE OLOFERNE
(a Pagliuzza) OLOFERNE (a Nataniele) ARMADO
ARMADO OLOFERNE PAGLIUZZA
ZUCCONE
(a parte a Zuccone)
(a parte a Pagliuzza)
Videsne quis venit? Video et gaudio. O messere! Quare ‘messere’ e non ‘signore’? Uomini di pace, ben incontrati! Signor militarissimo, saluti! Questi qui son stati a un gran banchetto delle lingue, e si son fregati gli avanzi. Eh, quanto a parole, questi hanno campato un bel po’ dal cestino degli avanzi. Mi meraviglia che il tuo padrone non ti abbia ancora pappato scambiandoti per una parola, visto che ti manca la testa per esser lungo come honorificabilitudinitatibus. Andresti giù meglio di un chicco d’uva passita nel rum flambé (V, 1, 30-42).
L’immagine del banchetto, di evidente origine rabelaisiana, in cui tutto esiste e tutto viene divorato – qui dall’onnivora bocca, stomaco e budella della recitazione e del pubblico che l’asseconda, e ne è famelico – esprime come meglio non si potrebbe il coacervo sperimentale che aggredisce lo spettatore. L’esame dei dialoghi che precedono, e che Pagliuzza giocosamente stigmatizza, ci mette di fronte a una colata di metafore e metonimie, giochi di parole, doppi sensi, bisticci, sottintesi, calembour, allusioni oscene, citazioni più o meno fedeli, neologismi, arcaismi che danno alla lingua shakespeariana il suo inimitabile, ricchissimo corpo; un corpo in continua espansione, che abbraccia e fagocita tutta la letteratura a lui contemporanea, con tutti i suoi generi e sottogeneri dal lirico al cronachistico al burocratico al religioso al giuridico al cerimoniale, e con tutta la sua faticosa aspirazione a misurarsi con i fulgidi esempi del passato. Se ne trova un assaggio eccellente nella terza scena dell’atto quarto, quando i nobili sottoscrittori dell’antico patto virtuoso – e innaturale – di autocontrollo imposto si avvicendano sul palcoscenico ignorando la presenza l’uno dell’altro, e recitano le composizioni – sognanti “soXL
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netti” di varia estensione – che attestano la passione senza attenuanti che ciascuno ha concepito per la rispettiva dama, e dunque il generale tradimento dei propositi originari. L’aristocratica cultura di cui ciascun innamorato si fa vanto serve così a sospingere una comune storia di comica semplicità, come rileva Biron: “Tutti a giocare a nascondino, quel gioco da bambini! E io, come un semidio, seduto in cielo [sta su un albero], a guardar dall’alto i segreti di questi poveri dementi! E ce n’è ancora di grano per il mulino! Oddio […] così ce n’è quattro di beccacce nel piatto!” (IV, 3, 79). Non sa, Biron, che i clown Zuccone e Jaquenetta verranno presto a smascherare pure lui, più degli altri ardente cultore di Cupido, e a provocare una sua confessione di “colpevolezza” per aver pensato di sottrarsi a un comune destino di passione. Ma il ritorno degli utopisti nei ranghi dell’umanità comune non può darsi senza una presa di posizione sulla lingua praticata da loro tutti, e in loro tutti ora da emendare. Parla per tutti il solito Biron: Non m’affiderò mai più a discorsi frutto del lavoro di penna […] e non tornerò in maschera dalla mia amica, né a corteggiarla in rima, come nel canto d’un arpista cieco, a coniar frasi di taffetà, parole di seta, precise e triplicate iperboli, affettazioni in ghingheri, pedanterie verbali: son queste le mosche estive che m’han gonfiato di verminosa ostentazione. Rinnego tutte queste cose, e giuro qui, su questo guanto bianco, e se bianca sia la mano solo Dio può sapere, che d’ora innanzi l’amor mio sarà espresso in semplici sì color della ruggine, e no d’onesta lana [gli abiti del popolino]. Tanto per cominciare, ragazza, lo giuro, Dio m’è testimone, l’amor mio per te è sincero, sans crepe e difetti (V, 2, 402-415).
Una dichiarazione di sincerità cui Rosaline, la destinataria, aggiungerà una ulteriore, necessaria correzione: “E sans sans, vi prego” (416) – ovvero cominciamo subito, senza prenderci in giro… Lo scambio è caratteristico del rapporto fra la componente maschile e quella femminile in tutto il testo, che fa parte integrante della discussione sulla lingua. Al cortigiano Boyet, esperto di versi fioriti e voli pindarici, la principessa oppone il senso della misura di cui Feste, all’inizio di questo capitolo, sentiva il bisogno: Buon Boyet, anche se la mia beltà è modesta, non ha bisogno degli abbellimenti dipinti dalle vostre lodi. La bellezza sta negli occhi di chi guarda, non la si XLI
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acquista a buon mercato sulla lingua del banditore. Importa meno a me sentire che ne fate pregio, di quanto importi a voi farne lode ingegnosa per averne fama di saggio (II, 1, 13-19).
Una rivendicazione di autonomia e dignità, che nasconde un complimento ai gusti del pubblico (sono i suoi gli occhi che guardano lo spettacolo), e una riflessione sugli ornamenti della letteratura. Ecco come il Teatro si appropria dell’alta cultura, la soppesa, e la trasforma in oggetto di meraviglia e di consumo popolare, insieme a, se non alla pari con, le burle sgangherate dei buffoni. Alla fine, il dialogo fra cavalieri e dame sembra aprirsi alla comprensione e all’armonia: come in una danza le coppie sono finalmente di fronte sorridenti, ma non riescono a muovere un passo: un messaggero interviene con una notizia di morte, e tutto viene rimandato. Lo spettatore non conoscerà mai davvero come va a finire la storia, perché sarebbe vano voler mantenere nel tempo un punto di equilibrio così magicamente raggiunto. La felicità è a portata di mano, ma deve essere guadagnata oltre il palcoscenico, nella vita. Riguardo alla cultura che lo ispira, il genere della commedia realizza la figura dell’ossimoro, che tiene insieme, in dialogo serrato, gli opposti del serio e del parodico, dell’elaborato e del semplice, dell’aulico e del plebeo, del narrativo e del drammatico, del vero e del falso. Abbiamo raggiunto il centro strutturale di una particolare commedia, e, insieme a quella, di tutte le commedie di Shakespeare, forse di tutta la sua opera: esso sta nel continuo avvicendamento di registri alti e registri bassi, di rispetto e ironia nei confronti della tradizione e della propria creazione, di teatro e metateatro, in cui prendono corpo infinite e intensissime polisemie, inducendo in chi ascolta delle sempre rinnovate consapevolezze.
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SHAKESPEARE E LA COMMEDIA
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Questi riferimenti completano quelli che compaiono nel primo volume alle pagine
LXI-LXIV.
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Tutte le opere di William Shakespeare II Le commedie
The Two Gentlemen of Verona I due gentiluomini di Verona Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di ILARIA R IZZATO
Nota introduttiva
I due gentiluomini di Verona è la commedia-laboratorio, la fucina in cui uno Shakespeare vulcanico ma non ancora del tutto padrone dei propri mezzi espressivi sperimenta forme innovative, fonde insieme generi disparati, gioca con le parole e con i mille volti dell’amore. Ne scaturisce una commedia ricca ma diseguale, in cui tra gli scompensi della struttura drammatica e le asperità della psicologia dei personaggi si distinguono passi di fine lirismo e di luminosa comicità. Lirismo e comicità che lasciano presagire i successi delle più fortunate commedie romantiche, adombrati dai nodi più faticosi della commedia, da alcuni ritenuti indegni dello stesso Shakespeare. Ma grazie anche a questi contrasti l’opera conserva il fascino dell’ambivalenza: gli ambiziosi temi delle fonti si misurano con la loro parodia, il verso aulico subisce un sovvertimento ironico, il sentimento serio incontra la propria negazione comica. E proprio in questa doppiezza, in questa instabilità spesso censurata dalla critica in quanto segno dell’assenza della sublime solidità dell’edificio drammatico shakespeariano, è da ravvisarsi la forza di un testo che proprio nell’ambiguità, nello squilibrio, nella continua metamorfosi verbale e psicologica trova la sua linfa vitale. Data e trasmissione del testo La data di composizione dei Gentiluomini non è riportata in alcun documento di cui si abbia conoscenza, ed è dunque destinata a restare in un ambito congetturale. La prima edizione a stampa è quella dell’in-folio del 1623; prima di allora, la commedia viene menzionata soltanto nel trattato Palladis Tamia, pubblicato nel 1598, in cui Francis Meres elenca 5
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA
le opere di Shakespeare. Qui l’opera compare come prima di sei commedie, in un catalogo che comprende anche La commedia degli errori, Pene d’amor perdute, Pene d’amore conquistate (poi perduta), Sogno di una notte di mezza estate e Il Mercante di Venezia. È possibile che Meres l’abbia posta in cima alla sua lista perché la riteneva la prima opera del Bardo, ma di questo non vi è certezza. Sembra invece significativa di una prossimità compositiva la vicinanza nell’elenco alla Commedia degli errori. L’analogia di linguaggio e di contenuti l’associa altresì alla Bisbetica domata, e la presenza di alcuni dettagli in comune con Romeo e Giulietta induce a non distanziare eccessivamente le due opere nella cronologia. Tutto questo fa dunque propendere per una datazione che si attesti tra il 1590 e il 1594. Pare non esistano, come per la Commedia degli errori, edizioni a stampa antecedenti al 1623, anno della prima edizione in-folio e dell’inserimento del titolo nello Stationer’s Register, il registro della corporazione dei librai, in data 8 novembre, insieme a quelli di altri quindici drammi di Shakespeare i cui diritti non erano ancora stati assegnati ad alcun autore. Nell’in-folio del 1623, i Gentiluomini occupano il secondo posto della sezione dedicata alle commedie, e precisamente le pagine dalla 20 alla 38. Il testo sembra il risultato dell’accorpamento di brutte copie non definitive e non riviste, come si evince dalle notevoli incongruenze e inesattezze di cui l’opera è disseminata. Pare pertanto che il manoscritto all’origine della pubblicazione a stampa non sia stato preparato dall’autore, bensì da Ralph Crane, amanuense avvezzo agli interventi sugli scritti a lui affidati, con criteri piuttosto personali. A Crane viene attribuita la suddivisione in atti e in scene, e l’indicazione all’inizio di ogni scena dei nomi di tutti i personaggi che vi avrebbero preso parte, compresi quelli che sarebbero entrati ad azione inoltrata: un’usanza insolita, forse ispirata dal teatro classico, specialmente da quello terenziano. Altra peculiarità è l’elenco dei personaggi della commedia posto alla fine del testo, come avviene anche per La tempesta e per Misura per misura. L’intervento di Crane dava al testo una forma ordinata, e corretta dal punto di vista della versificazione; molti tuttavia erano ancora gli ambiti che avrebbero necessitato di un attento labor limae. Prima tra tutti la coerenza geografica, che tradisce l’incorporazione acritica di alcune fonti e l’indecisione dell’autore circa l’ambientazione definitiva da assegnare alla vicenda. Milano diventa prima Padova (II, 2) e poi Verona (III, 1), e 6
NOTA INTRODUTTIVA
persino Mantova fa capolino in modo ingiustificato in più di un’occasione (IV, 3 e V, 2). Per spostarsi tra le varie città, i personaggi attendono la marea propizia per imbarcarsi, quasi che si trovassero su una costa… E queste sono solo alcune delle incongruenze presenti. Scarsa è l’autorità delle edizioni successive dell’in-folio, del 1632 (F2), 1664 (F3) e 1685 (F4), che non presentano varianti significative. Fonti Diversamente da tanta parte delle opere del canone, i Gentiluomini non sembrano basarsi su una fonte unica, ma attingono a diversi generi letterari, e s’ispirano a temi pervasivi della cultura contemporanea o della tradizione. Il principale tema dell’opera è l’amicizia maschile, che si intreccia con quello della rivalità in amore. Le sue radici affondano nell’epoca classica, e una linfa vigorosa proviene da secoli di riscritture e rielaborazioni, fornendo a Shakespeare una grande varietà di spunti ed episodi, da cogliere e immettere nei propri copioni. Dal poema Teseida del Boccaccio deriva il modello degli amici rivali Palamone e Arcite, filtrato anche dalla versione in rima di Geoffrey Chaucer nel suo Knight’s Tale, cui il Bardo ispirerà il più tardo dramma romanzesco I due nobili congiunti (1613), tornando ai materiali acquisiti negli anni giovanili. Numerose sono le analogie di situazione, ambientazione e linguaggio che identificano come fonte di ispirazione per i Gentiluomini altre storie di amicizia maschile. Tra queste, la vicenda di Tito e Gisippo, tratta dall’ottava novella della decima giornata del Decameron di Boccaccio, rappresenta un modello assai credibile, in quanto s’incentra sia sui rapporti di amicizia tra uomini, sia sul sentimento amoroso per la donna. E l’uso del singolare non è casuale, dal momento che Tito s’innamora della fanciulla promessa all’amico Gisippo e che quest’ultimo, per salvare Tito, rinuncia all’amata. Proprio questo episodio è all’origine di riverberi verbali molto chiari nei Gentiluomini, derivati dalla versione che della storia aveva elaborato Sir Thomas Elyot nel suo Boke named the Gouernor (1531), dal quale Shakespeare attinse a piene mani per più di un’opera. Altre storie ispiratrici sono quelle di Diana e Sireno, e Don Felis e Felismena, narrate nel romanzo Diana enamorada del portoghese Jorge de Montemayor, conosciuto e apprezzato nell’intera Europa, che giunse a Shakespeare probabilmente attraverso un dramma inglese ormai perdu7
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to, The History of Felix and Felismena (1585). Molte sono le similitudini con l’intreccio di Proteo e Giulia: l’accettazione poco calorosa, da parte di Felismena, della lettera che la sua ancella le porta da Felis, il fatto che quando il padre gli impone di partire lei lo segua in abiti maschili, la serenata di Felis alla rivale cui Felismena assiste insieme all’oste, e l’impiego della fanciulla come paggio con il compito di perorare la causa amorosa di Felis. Tra le fonti certe anche la storia di Damone e Pizia, ancora sull’amicizia maschile, volta in tragicommedia da Richard Edwards nel 1564, che continuerà a esplorare il tema con un dramma simile su Palamone e Arcite, presentato a Oxford nel 1566 davanti a Elisabetta I, e ora perduto. Non va dimenticato l’Euphues di John Lyly (1578), celeberrimo romanzo che impose un modello di stile alla nascente letteratura elisabettiana: l’eufuismo, per l’appunto. Anch’esso poggia sul racconto di un’inossidabile amicizia, quella tra Euphues e Philautus, turbata dall’amore di entrambi per Lucilla, e rinsaldata alla fine dell’opera. Sempre di Lyly è la commedia Midas (1588-89), il cui dialogo tra i paggi Licio e Petulo offre a Shakespeare un chiaro modello per il catalogo di vizi e virtù dell’innamorata di Lancia (II, 1), nonché per la descrizione che Dromio dà della sguattera Luce nella Commedia degli equivoci (III, 2); ben più antica la tradizione comica popolare cui attingono i personaggi dei due servitori, Lancia e Svelto. Lyly sembra offrire un’ulteriore fonte di ispirazione con la commedia Endymion, the Man in the Moon (1591), la cui scena di apertura, in cui Eumenide rimprovera all’amico Endimione di essere schiavo di un amore impossibile, presenta forti analogie con il dialogo tra Valentino e Proteo della prima scena. Ulteriori echi presenti nei Gentiluomini provengono dall’Arcadia di Sir Philip Sidney, in cui Pyrocles si traveste da amazzone col nome di Zelmane per avvicinare l’amata Philoclea, reclusa dal padre; dalla leggenda di Robin Hood, che ispira le figure dei fuorilegge; e infine dal poema narrativo di Arthur Brooke The Tragicall Historye of Romeus and Juliet (1562), che ovviamente ispirò in modo più diretto la vicenda di Romeo e Giulietta. Nei Gentiluomini l’ambientazione veronese delle prime scene, l’esilio di Valentino, l’incontro presso la cella di Fra’ Patrizio e soprattutto la scelta del nome Giulia per l’eroina femminile sono tutti elementi che ripropongono in modo inequivocabile situazioni e luoghi del Romeus. 8
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Il titolo inoltre richiama la commedia di Anthony Munday The Two Italian Gentlemen, nota anche come Fidele and Fortunio, rappresentata con grande successo presso la corte inglese tra il 1580 e il 1584. Si tratta di un rifacimento della commedia erudita Il Fedele del veneziano Luigi Pasqualigo, apparsa in edizioni diverse nel 1576 e 1579, che narra della rivalità tra due amici inseparabili che si contendono la stessa donna, sposa tutt’altro che fedele del povero Cornelio, dal nome rivelatore. Munday sostituisce alla donna sposata una fanciulla casta e arguta, e alle situazioni boccaccesche trame più abbottonate. Il fortunato adattamento di un modello continentale ai gusti della corte elisabettiana aveva dato origine a un nuovo genere, in seguito definito “romantico”, che per quella corte venne a coincidere con la commedia italiana. In definitiva Shakespeare riprese questa fonte, considerata espressione eccellente di quel modello, arricchendola di elementi romanzeschi tratti da fonti autoctone. La vicenda La commedia si apre con un dialogo sull’amore tra Valentino, che libero da vincoli è in procinto di partire per Milano, e Proteo, desideroso di restare a Verona per corteggiare l’amata Giulia, nonostante la riprovazione dell’amico (I, 1). Uno speculare dialogo sull’amore è quello tra Giulia e la sua cameriera Lucetta, in cui quest’ultima consiglia alla padrona di accettare la corte di Proteo, consegnandole una sua lettera; Giulia, nel timore di apparire impudica, la straccia, ma poi se ne pente e, nell’atto di raccoglierne i frammenti, rivela di ricambiare i sentimenti di Proteo (I, 2). Antonio, padre di Proteo, decide che questi debba abbandonare l’ozio veronese e raggiungere Valentino, ordinandogli di partire subito (I, 3). Nel frattempo, a Milano, Valentino si è innamorato di Silvia, figlia del Duca, che dimostra di ricambiarlo escogitando uno stratagemma poetico-epistolare, che sta al servo spiegare al poco esperto padrone (II, 1). Proteo si congeda da Giulia promettendo di amarla con costanza e suggella il tutto con uno scambio di anelli e con un bacio (II, 2); Lancia, servo di Proteo, racconta il suo esilarante commiato dalla famiglia, mentre il servo del padre, Pantino, lo incalza affinché s’imbarchi (II, 3). Ricongiuntosi con Proteo a Milano, Valentino gli spiega che il Duca della città vuole sposare l’amata Silvia al ricco Turio, e che per questo intende fuggire con Silvia, e sposarla in segreto (II, 4); anche Proteo, tuttavia, s’innamora di Silvia, giustifica la rottura del patto d’amore con Giulia, e 9
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ordisce un piano per togliere di mezzo Valentino e avere Silvia tutta per sé (II, 6). Intanto, a Verona, Lucetta aiuta Giulia a travestirsi da paggio perché possa raggiungere Proteo senza correre i pericoli che spesso insidiano una donna sola (II, 7). Proteo rivela le intenzioni di Valentino al Duca, che finge di scoprirne da solo le trame, e bandisce Valentino con effetto immediato da Milano; Lancia viene mandato a chiamare Svelto per fargli raggiungere il padrone in partenza, e i due servi si attardano a commentare l’elenco comico e sagace dei vizi e delle virtù della donna di Lancia (III, 1). Il Duca invita Proteo a far dimenticare Valentino alla figlia e ad instillare in lei l’amore per Turio; a tal fine, Proteo suggerisce a Turio di scrivere poesie e intonare serenate all’amata, a incominciare da quella sera stessa (III, 2). Sulla via dell’esilio, Valentino subisce l’agguato di una banda di fuorilegge, ma grazie alla sua istruzione di nobiluomo viene ben presto eletto loro capo e intraprende insieme a loro una vita da bandito nei boschi (IV, 1). Giulia, sopraggiunta a Milano in abiti maschili, ritrova Proteo e assiste alla serenata che questi intona a Silvia (in teoria a vantaggio di Turio, ma in pratica a proprio beneficio); Proteo si dichiara a Silvia, che rifiuta con decisione le sue profferte, e gli concede solo un suo ritratto, chiedendogli di mandarlo a ritirare l’indomani (IV, 2). Mentre Silvia concorda con Aglamoro di fuggire alla volta di Valentino (IV, 3), Proteo assolda Giulia, nelle vesti del paggio Sebastiano, affinché ritiri il ritratto di Silvia; quest’ultima riceve Sebastiano e gli chiede notizie di Giulia, e al racconto dei suoi patimenti d’amore si dimostra benevola e solidale nei suoi confronti (IV, 4). Dopodiché, Silvia parte con Aglamoro e si dirige verso i boschi (V, 1). Accortosi della fuga della figlia, il Duca chiede a Proteo, a Turio e a Sebastiano di aiutarlo a ritrovarla (V, 2). Nel frattempo, Silvia viene catturata dai fuorilegge, che sono in procinto di condurla al loro capo (V, 3). Proteo riesce però a sottrarla alla loro custodia e, rimasto solo con lei nel bosco, si accinge a violare la fanciulla (V, 4). Sopraggiunto in quel momento, Valentino ferma Proteo e, indignato, lo accusa di tradimento. Di fronte al pentimento e alla contrizione dell’amico, tuttavia, lo perdona, dichiarandosi addirittura disposto a cedergli Silvia. A queste parole Sebastiano sviene, e al suo risveglio si tradisce, rivelando la sua vera identità. Ritrovata Giulia, Proteo si ravvede, e le promette fedeltà e costanza. Intanto giungono alcuni fuorilegge, che recano il Duca e Turio in ostaggio. Valentino ordina di liberarli e il Duca, riconoscendo l’integrità e il coraggio del giovane, lo riammette a Milano 10
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e gli concede la mano della figlia, in un finale che prelude a un doppio matrimonio celebrato tra sontuosi festeggiamenti. Prospettive critiche L’elemento che accomuna le diverse espressioni della critica novecentesca ai Gentiluomini è una certa insoddisfazione per la commedia, percepita come un esperimento non sempre riuscito, forse tra i meno felici del canone. Così E. K. Chambers ravvisa nella commedia una scarsa maturità drammatica; S. A. Tannenbaum ne coglie le imperfezioni nella trama e nella tecnica scenica; S. A. Small le trova nel finale; S. Wells, pur riconoscendone i numerosi meriti, intitola significativamente il suo saggio “The Failure of The Two Gentlemen of Verona”; E. M. W. Tillyard reputa i Gentiluomini uno dei drammi shakespeariani meno amati; J. D. Wilson parla di “macchinario che scricchiola”; N. Sanders individua una fonte di difficoltà nella drammatizzazione dei generi non drammatici del romance e della pastorale. Se le principali imperfezioni dei Gentiluomini sembrano risiedere nell’architettura drammatica, nella caratterizzazione e nella tecnica scenica, sul piano più propriamente linguistico molti v’intravvedono i germi del migliore Shakespeare comico, se non addirittura alcune espressioni già piene e mature del suo estro compositivo. Nel sopracitato articolo di Wells, ad esempio, si loda l’efficacia della versificazione, sia lirica sia drammatica, nonché della prosa comica. Quest’ultima sembra essere l’elemento maggiormente apprezzato anche dal già menzionato Wilson, che identifica in Lancia il personaggio più riuscito, per via del suo humour “immortale”. Proprio l’ottima resa dei buffoni Lancia e Svelto sembra incontrare il favore di tanta parte della critica. Su questo aspetto dell’opera, ad esempio, s’incentra la lettura di H. F. Brooks, che sottolinea l’esito felice di una scelta insolita: quella di mettere in scena non il singolo buffone della tradizione comica, ma ben due − un rischio che ripaga con gli interessi l’autore, grazie alla complementarità dei ruoli e alla duplicazione delle situazioni comiche. Ancora più insolita, ma altrettanto riuscita, la figura del cane Crab, per noi Ringhio, unico personaggio animale del canone, che con il suo muto cipiglio fa da contrappunto al sovrabbondante padrone Lancia e alla sua spassosa narrazione delle canine malefatte. Dello shakespeariano botolo W. Farnham esalta l’elemento grottesco, che emerge ora dalla sua silente presenza in scena mentre ne viene de11
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precata l’incapacità di elevarsi agli standard umani, ora dalla confusione della sua identità con quella di Lancia, ad opera proprio di quest’ultimo (II, 3): “Questo cappello è Nannina, la serva, e io sono il cane. No, il cane è se stesso, e io sono un cane. Ah, il cane sono io, e io sono io”. Se si pensa che, dopo tale immedesimazione con un cagnaccio senza cuore né pedigree, alla fidanzata Lancia attribuisce più qualità di uno spaniel d’acqua, il suo catalogo dei pregi e dei difetti assume i contorni di una straordinaria e profonda dichiarazione d’amore. Anche R. Weimann pone l’accento sul valore positivo dell’elemento buffonesco, che ha il merito di esaltare la partecipazione del pubblico alla rappresentazione della commedia. Se i due clown condividono quest’ultimo aspetto, diverse, tuttavia, sono le rispettive funzioni in quest’opera. I commenti a parte di Svelto che assiste al colloquio tra Valentino e Silvia, ad esempio, sono sì per l’audience, con cui si crea complicità e proficua interazione, ma sprigionano il proprio potenziale comico a spese dei due amanti, di cui viene derisa l’acritica accettazione delle stucchevoli convenzioni dell’amor cortese. Il Lancia del discorso di commiato, invece, ride di sé e dei propri natali, esercita la comicità a proprie spese, e dunque ride insieme al pubblico, condividendone appieno il punto di vista; la sua adesione ai valori del pubblico popolare accresce in modo notevole la sensazione di comunione tra il personaggio e gli spettatori, e mina con tanta più credibilità il prestigio e la serietà di quanto espresso dalle controparti cortesi (in questo caso, il Proteo che si congeda da Giulia in un mare di lacrime). In Lancia si fondono con estrema efficacia due antiche tradizioni comiche popolari. La prima è quella del buffone che si rivolge direttamente al pubblico e improvvisa rispondendo ai suoi spunti, richiamata più volte nell’opera dai direct addresses (ad esempio con I’ll show you the manner of it, con cui il servo introduce la propria descrizione del pianto dei suoi genitori). La seconda è quella dei morality plays, e in particolare della raffigurazione del Vizio, eroe farsesco e allegorico ben noto al pubblico elisabettiano, che si ritrova anche nella Commedia degli equivoci e in Pene d’amor perdute. Sempre secondo Weimann, Svelto e Lancia contribuiscono a plasmare la prospettiva comica, facendo da contraltare alla vicenda dei padroni. In questo senso forniscono altresì un rinforzo architettonico di grande utilità a una commedia non sempre solida sul piano strutturale. Simile a quella dei due buffoni è la funzione di Giulia/Sebastiano che, oltre ad acquisire, con il suo travestimento 12
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da paggio, una spiccata connotazione clownesca, a differenza degli altri attori fruisce della situazione comica insieme al pubblico − una consapevolezza del proprio ruolo che dà valore e spessore al personaggio. Se l’apparato comico gode del generale plauso della critica, qualche perplessità viene sollevata dal finale dell’opera, e in particolare dalla discussa “concessione” di Valentino all’amico: “E per dimostrarti quanto sia sincero e incondizionato il mio amore, tutto ciò che era mio in Silvia lo cedo a te” (V, 4, 83-84). La troppo magnanima offerta, pronunciata di fronte a una Silvia e a una Giulia stranamente mute e per nulla propense a ribellarsi, e a favore di un Proteo che ha appena tentato di usare violenza a Silvia, da sempre mette in difficoltà il pubblico e gli interpreti, tanto che alcuni tra questi ultimi sono giunti ad attribuire i versi in questione variamente a Turio o a Giulia, o a ipotizzare interpolazioni o errori nel testo. I più hanno tuttavia accettato la presenza del distico, tentando di spiegarla o di individuarne gli elementi problematici. A detta di Small, per esempio, il finale appare debole perché non rispetta le convenzioni amorose, e perché Valentino, fino a quel momento un amante e un amico impeccabile, non riconosce l’affronto reso a Silvia. Wilson tenta di dar senso all’inattesa profferta identificandone la probabile fonte nel sopracitato Gouernor di Elyot, in cui Gisippo, in nome dell’amicizia inossidabile che lo lega a Tito, rinuncia all’amata contesa con queste parole: Here I renounce to you clearly all my title and interest that I nowe haue or mought haue in that faire mayden. In altri termini, il tributo al motivo letterario tradizionale dell’amicizia maschile in grado di superare ogni ostacolo prevarrebbe sulle esigenze dell’impalcatura drammatica. Anche I. S. Ewbank annovera il tema della costanza nell’amicizia tra i motivi di questa scelta, ma lo ritiene insufficiente a spiegare appieno l’inatteso colpo di scena. Propone invece un’interessante analogia tra la commedia nel suo insieme e il sonetto shakespeariano, e in particolare il sonetto 40, che è altresì tematicamente vicino all’oggetto dei due versi. A questo proposito, afferma che nei Gentiluomini la tecnica è eminentemente verbale più che drammatica, caratteristica che avvalora una lettura poetica del testo; e che, tra le varie similitudini con il sonetto, ci sia il fatto che spesso il distico finale ribalti quanto affermato nei dodici versi precedenti. La profferta di Valentino avrebbe dunque la funzione di destare stupore e sorpresa, proprio come un final couplet che sovverta l’edificio poetico costruito in precedenza. 13
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Il ribaltamento nel discusso finale riguarda altresì i personaggi femminili, che fino all’ultima scena hanno dato prova di tutte le qualità di cui perlopiù difettano i due eroi della commedia: coraggio, spirito d’avventura, lealtà e costanza. Grazie a queste virtù, che conferiscono loro un rilievo non comune rispetto alla commedia tradizionale, a partire dagli anni ottanta Giulia e Silvia hanno letteralmente rubato la scena a Proteo e Valentino, complice l’avvento degli studi femministi e di genere, tra cui quelli di C. R. S. Lenz, G. Greene e C. T. Neely, e di M. Shapiro. In particolare, la figura di Giulia viene a porsi saldamente sotto i riflettori. Con il suo travestimento, infatti, compie una metamorfosi che non è seconda a quella di Proteo per potenziale narrativo e drammatico: si pensi ad esempio al dialogo con Silvia, in cui, nei panni del paggio Sebastiano, racconta alla rivale di aver interpretato in una recita il ruolo femminile di Arianna, indossando per l’occasione proprio gli abiti di Giulia − un involuto gioco mimetico che dà vita a uno dei momenti di più sincera intensità del play. L’ ambiguità di genere, tuttavia, non è territorio esclusivo della fanciulla veronese. Secondo J. Masten, Proteo e Valentino si pongono in un tessuto testuale di amicizia omoerotica fin dalle battute di apertura. W. C. Carroll ricorda altresì che le produzioni teatrali hanno in più occasioni dipinto Proteo come un giovane dai connotati sessuali incerti, che pare attratto non solo da Giulia e Silvia, ma anche dall’amico Valentino. E Wells, che in Shakespeare, Sex and Love ricollega la lettura in chiave omosessuale ad altre opere del Bardo, sostiene che tali ambiguità permeano il testo dei Gentiluomini senza mai essere rese del tutto esplicite. D’altra parte la mancanza di confini netti e ben definiti, non solo nell’identità sessuale, ma anche in quella ideologica e relazionale, è insita nel nome stesso di Proteo, la divinità marina la cui forza risiede proprio nella capacità di mutare forma e pensiero: la negazione, insomma, della costanza, incarnata in amore (pur con una significativa eccezione) da Valentino. Riconducendo la commedia al sostrato mitico che la anima, la critica recente ha dato voce a risonanze che schiudono il testo a una nuova molteplicità di significati. Così Proteo si confonde con Priapo, divinità la cui potenza fallica è seconda solo a quella verbale, e che nella tenzone con l’antagonista Amore/Valentino non ha rivali, in quanto “così fa il vero amore: non sa parlare, perché la verità preferisce i fatti alle parole” (R. Coronato). E parimenti Proteo appartiene all’ovidiana 14
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metamorfosi, “epica dello stupro” che funge da antecedente mitico alla tentata violenza nei confronti di Silvia (violenza dettata, secondo R. Girard, dal “desiderio mimetico”), e la inscrive in una fitta cornice intertestuale cui partecipa, come atto di prevaricazione maschile su una donna, anche la discussa offerta di Valentino (W. C. Carroll). La metamorfosi che muta Proteo sul piano amoroso all’inizio della commedia (“tu, Giulia, tu hai provocato in me la metamorfosi”, I, 1, 66), nel corso dell’opera lo trasforma in un machiavellico villain che mira a sovvertire gli equilibri della vita di corte; infine, richiamato da Valentino allo stato iniziale di innamorato di Giulia, Proteo viene ricondotto alla forma originaria, subendo il mutamento circolare caratteristico dello schema classico del mito (A. Scuderi). L’individuazione di un’ossatura mitica fa affiorare nell’opera aspetti reconditi che gettano una luce nuova sulla commedia, e permettono di apprezzarne maggiormente i meriti. Il filtro interpretativo fornito dalla figura di Proteo-Priapo, infatti, consente di identificare elementi connaturati a questa pièce che un’analisi incentrata unicamente sulle strutture drammatiche classiche o sulle convenzioni di genere letterario difficilmente riuscirebbe a mettere in luce. L’archetipo della trasformazione, del desiderio mimetico, della priapesca mutevolezza permea l’intera opera in tutti i suoi aspetti, non ultimo quello linguistico, in cui il senso stesso delle parole è soggetto alle repentine mutazioni dettate dall’equivoco, dal bisticcio, dal doppio senso, dalla metafora. Con questi strumenti, i concetti si fondono, evolvono, cambiano forma, spesso mostrando sfaccettature insolite e creando risonanze impreviste. In altre parole, la metamorfosi, insieme allo stupore per l’improvviso cambiamento, per la subitanea manifestazione di doppiezza, pervade il testo e ne rappresenta una fondamentale chiave di lettura. La sua azione non si limita al piano puramente lessicale. Al contrario, permea l’opera a tutti i livelli, ed è in parte responsabile di quell’incertezza strutturale che talvolta fa tremare l’edificio drammatico. L’analogia istituita da Ewbank tra la commedia e il sonetto, con la “cessione” di Silvia a Proteo che funge da surprise couplet, è illuminante in questo senso. Più calzante, tuttavia, sembra un parallelismo con la struttura non di singolo sonetto, ma di un’intera sonnet sequence, che con la sua pluralità organizzata di componimenti eleva a regola il cambiamento repentino e l’improvviso sovvertimento. 15
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Ancora più adatta, a nostro avviso, a illuminare quest’opera ambigua e multiforme, è l’analogia con il mito di Proteo, con la natura improvvisa, continua e ciclica della trasformazione, con l’elemento sovversivo e sorprendente insito nel cambiamento. Un concetto che, come si è detto, giustifica tante scelte verbali, ma che ancor più rappresenta l’humus in cui germogliano tante repentine virate drammatiche. In linea con questa interpretazione sono la brusca inversione di tendenza sull’amore da parte di Valentino; il giuramento di fedeltà a Giulia e l’istantaneo innamoramento per Silvia da parte di Proteo. E ancora, il tentativo di stupro e l’immediato pentimento; l’indignazione dell’amico e il susseguente perdono, con tanto di “donazione” di Silvia; l’improvvisa benevolenza del Duca verso il pretendente poco prima esiliato e vituperato, nonché il suo novello spregio delle sostanze di Turio. Non solo: all’insegna del subitaneo capovolgimento sono anche, e soprattutto, gli interludi comici. Il monologo di Lancia sulla propria partenza sovverte e satireggia il romantico addio tra Proteo e Giulia della scena immediatamente precedente; il catalogo dei pregi e dei difetti della fidanzata di Lancia (rudimentale ode o sonetto all’amata) contrasta con gli stereotipi amorosi di cui sono intrisi i consigli di Proteo a Turio nella scena successiva, e in generale le esternazioni di amor cortese convenzionale di cui pullulano gli intrecci “gentili” della commedia; l’altro monologo di Lancia, che per lealtà al proprio cane briccone subisce in sua vece la punizione ad esso dovuta, è una variazione sul tema dell’amicizia che si contrappone alla slealtà appena manifestata da Proteo e che prelude alla fedeltà verso l’amato di cui Giulia darà prova di lì a poco. Il tempo di una battuta, e l’universo del personaggio e della commedia cambia, muta, si ribalta. Segno che le trasformazioni non avvengono per gradi, non procedono secondo i principi e i vincoli imposti dalla logica umana, ma proprio sovvertendo tali principi e vincoli erompono con tutta la forza del nuovo e del sorprendente. In questo senso, le drastiche inversioni di marcia sono rappresentative a livello strutturale e testuale della metamorfosi stessa: non preparata, ingiustificata, sbalorditiva. Creatrice a livello macrotestuale di quella meraviglia che il teatro barocco persegue anche nel minimo dettaglio retorico e linguistico. La fortuna sulle scene e sullo schermo La fortuna sulle scene è strettamente collegata alla vicenda critica: l’opera non sempre entusiasma, e fatica a trovare un suo spazio in car16
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tellone rispetto alle più affermate manifestazioni del canone. Delle eventuali rappresentazioni ai tempi di Shakespeare non sappiamo nulla, benché l’eredità di Proteo nel Volpone (1606) di Ben Jonson, nel Philosophaster (1606) di Robert Burton, nell’Inconstance d’Hylas (1632) di Mareschal, nell’Illusion comique (1635) di Corneille faccia presupporre che la commedia abbia esercitato un certo fascino presso i contemporanei. La prima metà del XVIII secolo vede i Gentiluomini subire il destino di oblio che l’accomuna, in questo periodo, alle altre commedie giovanili e che non risparmia nemmeno la vivacissima Pene d’amor perdute. La prima rappresentazione attestata risale quindi al 1762, anno in cui Benjamin Victor propone un rifacimento che adatta senza troppi scrupoli l’opera al gusto e ai principi etici settecenteschi. Nel 1790 John Philip Kemble mette in scena l’originale shakespeariano con scarso successo ma, recuperato e ulteriormente emendato l’adattamento del Victor, lo ripropone con miglior fortuna nel 1808. Nel 1821 Frederic Reynolds trasforma la commedia in opera, nuova forma che incontra il favore del pubblico e riesce a coinvolgere le celebrità del tempo, tra cui William Macready (1841) e Charles Kean (1846 e 1848). In linea con lo spirito vittoriano, l’amore romantico viene esaltato a spese del tema dell’amicizia e della comicità, la nobiltà di Valentino viene posta in contrasto con la meschinità di Proteo, e si ricerca un maggior realismo sia nell’ambientazione, rievocando un’Italia credibile, che nulla ha a che vedere con quella shakespeariana, sia nella verosimiglianza delle situazioni: nella versione di Kemble, ad esempio, Aglamoro non si dilegua di fronte al pericolo, ma combatte alacremente fin quasi alla morte, meritando di assistere al lieto fine. Ambiguità e allusioni oscene sono ridotte ai minimi termini, con grave detrimento dei brani comici. E naturalmente, il verso cruciale “E per dimostrarti quanto sia sincero e incondizionato il mio amore, tutto ciò che era mio in Silvia lo cedo a te” viene perlopiù eliminato. Pur nel clima di rivalutazione delle commedie che si respira all’inizio del XX secolo, i Gentiluomini continuano a essere trascurati, con poche eccezioni come quella di Robert Atkins (1925) e quella di Iden Payne (1938). La produzione di Denis Carey dell’Old Vic di Bristol, nel 1952, ritorna alle origini, infondendo un senso di leggerezza e di integrazione tra elementi verbali, musicali e coreutici che incanta il pubblico e la critica. Punta invece sul contrasto tra un Proteo byroniano e un Valentino 17
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shelleyano la messa in scena dell’Old Vic di Londra del 1957, che si avvale di costumi e scenografie memorabili. La Royal Shakespeare Company è discontinua nel riproporre i Gentiluomini al suo pubblico. Lo fa con Peter Hall nel 1960, con scarsi risultati; con Robin Phillips nel 1970, dando alla storia un’ambientazione moderna e assegnando a Helen Mirren la parte di Giulia; con John Barton nel 1980, che presenta un testo dai forti tagli e volto a enfatizzare la componente adolescenziale dei due protagonisti; con David Thacker nel 1992, la cui direzione agile e ben riuscita esalta l’imperscrutabilità del cane Crab e lo sfondo anni trenta prescelto. Il notevole ruolo assegnato a canzoni quali Night and Day, In the Still of the Night e Blue Moon, che si fanno portatrici di una visione moderna dell’amore, fa emergere per contrasto l’ambivalenza del testo shakespeariano rispetto alle convenzioni dell’amor cortese. Nel 2014 la commedia torna sul palco principale di Stratford dopo quarantacinque anni. Diretta da Simon Godwin, questa versione richiama nell’abbigliamento e nelle ambientazioni l’Italia degli anni sessanta, ottenendo un buon successo di pubblico e di critica, che sembra preludere a una meritata rivalutazione. Per le versioni in video, si ricorda quella di Don Taylor (1983) per la BBC, fedele nelle scenografie e nei costumi all’origine elisabettiana. Non può mancare, infine, una menzione del film Shakespeare in Love (1998) di John Madden, che da questa commedia trae notevole ispirazione. Nella sceneggiatura di Marc Norman e Tom Stoppard, infatti, i Gentiluomini sono l’opera che il giovane Shakespeare sta mettendo in scena, sul palco compaiono Proteo, Valentino, Lancia e il cane, e Giulia, benché assente, viene evocata dal personaggio della protagonista, che come lei veste panni maschili per seguire l’amato. ILARIA R IZZATO
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NOTA INTRODUTTIVA
R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Fonti G. BULLOUGH (cur.), Narrative and Dramatic Sources of Shakespeare, 8 voll., 1957-1975, I, Early Comedies, Poems, Romeo and Juliet, London, Routledge & Kegan Paul; New York, Columbia U. P., 1966. Letteratura critica Fra le maggiori edizioni inglesi e americane segnaliamo quelle a cura di G. BLAKEMORE EVANS, Riverside, 1974; W. BOND, Arden, 1906; W. C. CARROLL, Arden, 2004; B. EVANS, Signet, 1964; B. A. W. JACKSON, Pelican, 1964; C. LEECH, Arden, 1969; A. QUILLER-COUCH e J. DOVER WILSON, Cambridge, 1921; N. SANDERS, Penguin, 1968; S. WELLS, Oxford, 1986; K. SCHLUETER, New Cambridge, 1990. Fra le edizioni italiane, segnaliamo quella a cura di G. BALDINI, Rizzoli, 1963; G. CARCANO, Hoepli, 1875; A. COZZA, Garzanti, 1996; C. V. LODOVICI, Einaudi, 1960; G. MELCHIORI (cur.), Mondadori, 1990. M.C. BRADBOOK, Courtier and courtesy: Castiglione, Lyly and Shakespeare’s The Two Gentlemen of Verona, in J. R. MULRYNE e M. SHREWING (cur.), Theatre of the English and Italian Renaissance, London, Macmillan, 1991; H. F. BROOKS, “Two clowns in a comedy (to say nothing of the dog): Speed, Launce (and Crab) in The Two Gentlemen of Verona,” Essays and Studies, XVI, 1963; W. C. CARROLL, “And love you ‘gainst the nature of love”: Ovid, rape, and The Two Gentlemen of Verona, in A.B. TAYLOR (cur.), Shakespeare’s Ovid, Cambridge, Cambridge U. P., 2000; E. K. CHAMBERS, Shakespeare: a Survey, London, Sidgwick & Jackson, 1925; R. CORONATO, The emergence of Priapism in The Two Gentlemen of Verona, in C. DENTE, G. FERZOCO, M. GILL e M. SPUNTA (cur.), Proteus. The Language of Metamorphosis, Aldershot, Ashgate, 2005; M. CHARNEY, Love doctrine in the comedies e Love enemies, in Shakespeare on Love and Lust, New York, Columbia U. P., 2000; I. S. EWBANK, “Were man but constant, he were perfect”: constancy and consistency in The Two Gentlemen of Verona, in M. BRADBURY e D. J. PALMER (cur.), Shakespearian Comedy, London Arnold, 1972; W. FARNHAM, Falstaff and the codes of high endeavor, in The Shakespearean Grotesque, London, Oxford U. P., 1971; R. GIRARD, Shakespeare: il teatro dell’invidia, Milano, Adelphi, 2012 (I 19
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA
ed. 1998); C. R. S. LENZ, G. GREENE e C. T. NEELY (cur.), The Woman’s Part, Urbana, Illinois U. P., 1983; A. LOMBARDO (cur.), Shakespeare a Verona e nel Veneto, Verona, Fiorini, 1987; T. MAC FAUL, Male Friendship in Shakespeare and his Contemporaries, Cambridge, Cambridge U. P., 2007; J. MASTEN, Textual Intercourse: Collaboration, Authorship, and Sexualities in Renaissance Drama, Cambridge, Cambridge U. P., 1997; J. E. R IVLIN, Mimetic service in The Two Gentlemen of Verona, in H. BLOOM (cur.), William Shakespeare: Comedies, New York, Infobase, 2009; J. SCHLUETER (cur.), The Two Gentlemen of Verona: Critical Essays, New York, Garland, 1996. A. SCUDERI, Il paradosso di Proteo, Roma, Carocci, 2012; ID., Desiderio, seduzione, violenza: wrestling with Proteus, Between, III: 5, 2013; M. SHAPIRO, Bringing the page onstage: The Two Gentlemen of Verona, in Gender in Play on the Shakespearean Stage, Ann Arbor, Michigan U. P., 1994; S. A. SMALL, “The ending of The Two Gentlemen of Verona”, PMLA, XLVIII, 1933; S. A. TANNENBAUM, “The New Cambridge Shakespeare and the Two Gentlemen of Verona”, Shakespeare Association Bulletin, XIII, 1938; E. M. W. TILLYARD, Shakespeare’s Early Comedies, London, Athlone Press, 1965; D. A. TRAVERSI, Shakespeare: the Early Comedies, London, Longmans, Green & Co, 1960; R. WEIMANN, Shakespeare e la tradizione del teatro popolare (1978), Bologna, Il Mulino, 1989; S. WELLS, “The Failure of The Two Gentlemen of Verona”, Shakespeare Jahrbuch, XCIX, 1963; ID., Shakespeare, Sex and Love, Oxford, Oxford U. P., 2010; F. P. WILSON, Shakespeare’s comedies, in H. GARDNER (cur.), Shakespearian and Other Studies, London, Oxford U. P., 1969.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA THE PERSONS OF THE PLAY
DUKE of Milan SILVIA, his daughter
JULIA, beloved of Proteus LUCETTA, her waiting-woman
PROTEUS, a gentleman of Verona LANCE, his clownish servant VALENTINE, a gentleman of Verona SPEED, his clownish servant THURIO, a foolish rival to Valentine
HOST, where Julia lodges EGLAMOUR, agent for Silvia in her escape OUTLAWS
ANTONIO, father of Proteus PANTHINO, his servant
Servants, musicians
SIGLE F: l’in-folio del 1623; F2 l’in-folio del 1632 (F2); F3 l’in-folio del 1664. Il testo-guida di questa edizione è necessariamente F, con sporadici confronti in F2 e F3. La trascrizione dell’ed. Oxford è modernizzata. Si segnalano solo gli emendamenti più evidenti.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA PERSONAGGI DELLA COMMEDIA
DUCA di Milano SILVIA, sua figlia
GIULIA, amata da Proteo LUCETTA, sua cameriera
PROTEO, gentiluomo di Verona LANCIA, suo servitore e buffone VALENTINO, gentiluomo di Verona SVELTO, suo servitore e buffone TURIO, stolto rivale di Valentino ANTONIO, padre di Proteo PANTINO, suo servitore
OSTE, che ospita Giulia AGLAMORO, che aiuta Silvia a fuggire FUORILEGGE
Servitori, musicisti
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter Valentine and Proteus
VALENTINE
Cease to persuade, my loving Proteus. Home-keeping youth have ever homely wits. Were’t not affection chains thy tender days To the sweet glances of thy honoured love, I rather would entreat thy company To see the wonders of the world abroad Than, living dully sluggardized at home, Wear out thy youth with shapeless idleness. But since thou lov’st, love still, and thrive therein – Even as I would, when I to love begin.
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PROTEUS
Wilt thou be gone? Sweet Valentine, adieu. Think on thy Proteus when thou haply seest Some rare noteworthy object in thy travel. Wish me partaker in thy happiness When thou dost meet good hap; and in thy danger – If ever danger do environ thee – Commend thy grievance to my holy prayers; For I will be thy beadsman, Valentine.
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VALENTINE
And on a love-book pray for my success? PROTEUS
Upon some book I love I’ll pray for thee.
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VALENTINE
That’s on some shallow story of deep love – How young Leander crossed the Hellespont. PROTEUS
That’s a deep story of a deeper love, For he was more than over-shoes in love. VALENTINE
’Tis true, for you are over-boots in love, And yet you never swam the Hellespont.a
26. Swam: emend. Oxford; in F swom, arcaico. 24
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
I, 1
Entrano Valentino e Proteo1
VALENTINO
Non cercare di convincermi2, mio caro Proteo3; la gioventù che passa il tempo tra le mura domestiche ha sempre una mente angusta. Se non fosse per il sentimento che lega la tua giovane età ai dolci sguardi dell’amore che onorevolmente coltivi, ti pregherei di venire con me a scoprire le meraviglie del mondo4, invece di stare a casa a crogiolarti nell’ozio e a sciupare la tua giovinezza in un’ignavia informe. Ma poiché sei innamorato, continua ad amare e goditi questa felicità, come farei io se dovessi innamorarmi. PROTEO
Tu parti? Caro5 Valentino, ti saluto; pensa al tuo Proteo, se mai vedrai qualcosa di raro e bello sul tuo cammino. Rendimi partecipe della tua gioia se avrai buona sorte; e in caso di pericolo (se mai ti ci troverai) raccomandati alle mie devote preghiere, perché io, Valentino, intercederò per te6. VALENTINO
Pregando per me su un libro d’amore7? PROTEO
Pregando per te su un libro che amo. VALENTINO
Ossia sulla storia superficiale di un amore profondo, come quella del giovane Leandro8 che attraversò l’Ellesponto. PROTEO
Quella è la storia profonda di un amore ancora più profondo, tant’è che Leandro si immerse nell’amore fino al collo. VALENTINO
Vero, e tu vi sei immerso fino al naso, anche se non ti sei mai bagnato nell’Ellesponto.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
PROTEUS
Over the boots? Nay, give me not the boots. VALENTINE
No, I will not; for it boots thee not. What?
PROTEUS
VALENTINE
To be in love, where scorn is bought with groans, Coy looks with heart-sore sighs, one fading moment’s mirth With twenty watchful, weary, tedious nights. If haply won, perhaps a hapless gain; If lost, why then a grievous labour won; However, but a folly bought with wit, Or else a wit by folly vanquishèd.
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PROTEUS
So by your circumstance you call me fool. VALENTINE
So by your circumstance I fear you’ll prove. PROTEUS
’Tis love you cavil at. I am not love. VALENTINE
Love is your master, for he masters you, And he that is so yokèd by a fool Methinks should not be chronicled for wise.
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PROTEUS
Yet writers say ‘As in the sweetest bud The eating canker dwells, so doting loveb Inhabits in the finest wits of all.’ VALENTINE
And writers say ‘As the most forward bud Is eaten by the canker ere it blow, Even so by love the young and tender wit Is turned to folly, blasting in the bud, Losing his verdure even in the prime, And all the fair effects of future hopes.’ 43. Doting: emend. Oxford; in F eating = “che divora”. 26
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
PROTEO
Il naso? Sei tu a non dovermi prendere per il naso! VALENTINO
No, no. A fiuto9, direi che non fa per te. PROTEO
Che cosa? VALENTINO
L’amore, in cui il disprezzo si compra coi lamenti, gli sguardi schivi con i sospiri del cuore afflitto, l’allegria di un attimo fugace con cento lunghe notti insonni e tetre; e se per un gradito caso vinci, la tua conquista può rivelarsi un premio ingrato; se perdi, guadagni invece un penoso tormento; in ogni caso, non si tratta che di pazzia procurata dalla mente, o di una mente vinta dalla pazzia. PROTEO
Dunque, per come vedi le cose, io sarei un pazzo. VALENTINO
Dunque, per come stanno le cose, temo che tu stesso me ne darai prova. PROTEO
Ma tu vai cavillando sull’amore, e io non sono l’amore. VALENTINO
L’amore che ti domina è il tuo padrone; e chi subisce il giogo di un folle non credo si debba annoverare tra i savi. PROTEO
Eppure gli scrittori dicono: come nel più tenero bocciolo si annida il tarlo corruttore, così l’amore dimora nella mente più acuta e la corrompe. VALENTINO
Gli scrittori dicono anche: come il bocciolo più precoce viene corroso dal tarlo prima di fiorire, così la mente giovane e tenera viene indotta alla follia dall’amore: distrutta in boccio, perde la verde freschezza proprio nel fiore degli anni, e tutti i bei germogli delle
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
But wherefore waste I time to counsel thee That art a votary to fond desire? Once more adieu. My father at the road Expects my coming, there to see me shipped. PROTEUS
And thither will I bring thee, Valentine.
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VALENTINE
Sweet Proteus, no. Now let us take our leave. To Milan let me hear from thee by letters Of thy success in love, and what news else Betideth here in absence of thy friend; And I likewise will visit thee with mine.
60
PROTEUS
All happiness bechance to thee in Milan. VALENTINE
As much to you at home; and so farewell.
Exit
PROTEUS
He after honour hunts, I after love. He leaves his friends to dignify them more, I leave myself, my friends, and all, for love.c Thou, Julia, thou hast metamorphosed me,d Made me neglect my studies, lose my time, War with good counsel, set the world at naught; Made wit with musing weak, heart sick with thought.
65
Enter Speed SPEED
Sir Proteus, save you. Saw you my master? PROTEUS
But now he parted hence to embark for Milan. SPEED
Twenty to one, then, he is shipped already, And I have played the sheep in losing him.
65. Leaue: emend. tardo (Pope); in F loue = “amo”. 66. Metamorphosed: emend. Oxford; in F metamorphis’d. 28
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
speranze future. Ma perché perdo tempo a dare consigli a te, votato a un desiderio folle? Ancora una volta ti saluto: mio padre mi aspetta all’imbarco10 per salutarmi. PROTEO
Ti accompagno, Valentino. VALENTINO
No, caro Proteo; congediamoci adesso. Scrivimi a Milano e parlami delle tue sorti in amore e di ciò che ti accade qui in assenza del tuo amico; io farò altrettanto con le mie lettere. PROTEO
La fortuna sia con te a Milano. VALENTINO
E con te in patria; arrivederci.
Esce
PROTEO
Lui insegue gli onori, io l’amore; lascia gli amici affinché si sentano sempre più fieri di lui; io per amore abbandono me stesso, gli amici e tutto il resto: tu, Giulia, tu hai provocato in me la metamorfosi11: mi hai indotto a trascurare gli studi, a perdere tempo; a osteggiare i buoni consigli, a pensare che il mondo non conti nulla; per causa tua il mio animo è pervaso di inquietudine, il mio cuore affetto da ansie ed afflizioni. Entra Svelto SVELTO
Signor Proteo, salve. Avete visto il mio padrone? PROTEO
È appena andato a imbarcarsi per Milano. SVELTO
Venti a uno, allora, che è già salpato, e che a perderlo ho fatto la figura del caprone12.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
PROTEUS
Indeed, a sheep doth very often stray, An if the shepherd be a while away.
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SPEED
You conclude that my master is a shepherd, then, and I a sheep? PROTEUS I do. SPEED
Why then, my horns are his horns, whether I wake or sleep. PROTEUS A silly answer, and fitting well a sheep. SPEED This proves me still a sheep. PROTEUS True, and thy master a shepherd. SPEED Nay, that I can deny by a circumstance. PROTEUS It shall go hard but I’ll prove it by another. SPEED The shepherd seeks the sheep, and not the sheep the shepherd. But I seek my master, and my master seeks not me. Therefore I am no sheep. PROTEUS The sheep for fodder follow the shepherd, the shepherd for food follows not the sheep. Thou for wages followest thy master, thy master for wages follows not thee. Therefore thou art a sheep. SPEED Such another proof will make me cry ‘baa’. PROTEUS But dost thou hear: gav’st thou my letter to Julia? SPEED Ay, sir. I, a lost mutton, gave your letter to her, a laced mutton, and she, a laced mutton, gave me, a lost mutton, nothing for my labour.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
PROTEO
Più che altro della pecorella, che spesso si perde, soprattutto se il pastore si allontana. SVELTO
La vostra conclusione è dunque che il mio padrone sia un pastore e io una pecora? PROTEO
Sì. SVELTO
Allora le mie corna sono le sue corna13, che io sia sveglio o dorma. PROTEO
Una risposta sciocca, degna di un caprone. SVELTO
Il che dimostra che sono un caprone. PROTEO
Ti vedo meglio come pecora, e il tuo padrone come pastore. SVELTO
No, questa è una cosa che posso confutare con un ragionamento. PROTEO
È difficile che io non la dimostri con un altro. SVELTO
Il pastore cerca la pecora, non la pecora il pastore. Invece io cerco il mio padrone, ma il mio padrone non cerca me. Quindi non sono una pecora. PROTEO
La pecora cerca il pastore per mangiare, mentre il pastore per mangiare non cerca la pecora. Tu cerchi il tuo padrone per la paga, mentre il padrone per la paga non cerca te. Quindi sei una pecora. SVELTO
Un’altra dimostrazione così e mi metto a belare: “beee”! PROTEO
Ma senti: hai dato la mia lettera a Giulia? SVELTO
Sì, signore. Io, un montone smarrito, ho dato la vostra lettera a lei, una montona coi fiocchi14, e lei, una montona coi fiocchi, a me, un montone smarrito, non ha dato niente per il disturbo.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
PROTEUS Here’s too small a pasture for such store of
muttons. SPEED If the ground be overcharged, you were best stick
her.
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PROTEUS Nay, in that you are astray. ’Twere best pound
you. SPEED Nay sir, less than a pound shall serve me for
carrying your letter. PROTEUS You mistake. I mean the pound, a pinfold.
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SPEED
From a pound to a pin? Fold it over and over ’Tis threefold too little for carrying a letter to your lover. PROTEUS But what said she? SPEED (nods, then says) Ay. PROTEUS Nod-ay? Why, that’s ‘noddy’. SPEED You mistook, sir. I say she did nod, and you ask me if she did nod, and I say ‘Ay’. PROTEUS And that set together is ‘noddy’. SPEED Now you have taken the pains to set it together, take it for your pains. PROTEUS No, no. You shall have it for bearing the letter. SPEED Well, I perceive I must be fain to bear with you. PROTEUS Why, sir, how do you bear with me?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
PROTEO
Il pascolo è troppo piccolo per tutti questi montoni. SVELTO
Se il terreno è sovraccarico, vi conviene farvela allo spiedo15. PROTEO
No, no, sei fuori strada. Meglio se impalànco16 te. SVELTO
No, signore, mi basta meno di una palanca per consegnare la vostra lettera. PROTEO
Non hai capito. Ti chiudo in una palancata, un recinto17. SVELTO
Da una palanca a una palancata? Questo recinto mi sta un po’ stretto come compenso per aver portato la lettera alla vostra innamorata. PROTEO
Ma lei che ha detto? SVELTO
Ah, (annuisce, poi dice) no18! PROTEO
Ah, sì, no? Viene “asino”. SVELTO
Avete capito male, signore. Stavo dicendo che aveva annuito, voi mi avete chiesto se ha detto “ah”, e ho risposto di no. PROTEO
E mettendo tutto assieme viene “asino”. SVELTO
Se vi siete preso la briga di metterlo assieme, tenetevelo per il disturbo. PROTEO
No, no. Devi prendertelo tu per aver portato la lettera. SVELTO
Eh, credo che dovrò rassegnarmi a portare questo fardello19 per voi. PROTEO
In che senso portare il fardello per me?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 1
SPEED Marry, sir, the letter very orderly, having nothing
but the word ‘noddy’ for my pains. PROTEUS Beshrew me but you have a quick wit. SPEED And yet it cannot overtake your slow purse. PROTEUS Come, come, open the matter in brief. What said she? SPEED Open your purse, that the money and the matter may be both at once delivered. PROTEUS (giving money) Well, sir, here is for your pains. What said she? SPEED Truly, sir, I think you’ll hardly win her. PROTEUS Why? Couldst thou perceive so much from her? SPEED Sir, I could perceive nothing at all from her, no, not so much as a ducat for delivering your letter. And being so hard to me, that brought your mind, I fear she’ll prove as hard to you in telling your mind. Give her no token but stones, for she’s as hard as steel. PROTEUS What said she? Nothing? SPEED No, not so much as ‘Take this for thy pains’. To testify your bounty, I thank you, you have testerned me; in requital whereof, henceforth carry your letters yourself. And so, sir, I’ll commend you to my master.
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[Exit] PROTEUS
Go, go, be gone, to save your ship from wreck, Which cannot perish having thee aboard, Being destined to a drier death on shore.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 1
SVELTO
Accidenti, signore, ho portato la lettera tutto diligente, e per il disturbo mi sono preso solo dell’asino. PROTEO
Accipicchia se sei lesto d’ingegno. SVELTO
Eppure non riesco a superare20 voi che siete così lento di portafogli. PROTEO
Dai, su, vuota il sacco senza tante storie. Lei cos’ha detto? SVELTO
E voi, vuotate il portafogli, sì che i soldi e le parole possano scaturire all’unisono! PROTEO (dà i soldi) Ecco qua, per il disturbo. Che cosa ha detto? SVELTO
In tutta onestà, signore, penso sarà dura conquistarla. PROTEO
Come? Le hai carpito così tanto? SVELTO
Signore, non le ho carpito un bel niente, no no, nemmeno un ducato per averle portato la lettera. E se è stata tanto dura con me, che le ho fatto da messaggero, temo lo sarà altrettanto con voi quando a parlarle sarete voi. Come pegno d’amore datele solo pietre, perché è dura come il ferro. PROTEO
Ma che ha detto? Niente? SVELTO
No, neanche “Tenga questo per il disturbo”. Avete davvero le mani bucate, grazie: mi avete dato un soldo bucato21; e di fronte a cotanta generosità, d’ora in avanti portatevi da solo le vostre lettere. E detto questo, signore, porterò i vostri saluti al mio padrone. [Esce] PROTEO
Va’, va’, sparisci; va’ a proteggere dai naufragi la tua nave, che non può affondare se a bordo ci sei tu, che sei destinato a restar secco sulla
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
I must go send some better messenger. I fear my Julia would not deign my lines, Receiving them from such a worthless post. 1.2
145 Exit
Enter Julia and Lucetta
JULIA
But say, Lucetta, now we are alone – Wouldst thou then counsel me to fall in love? LUCETTA
Ay, madam, so you stumble not unheedfully. JULIA
Of all the fair resort of gentlemen That every day with parle encounter me, In thy opinion which is worthiest love?
5
LUCETTA
Please you repeat their names, I’ll show my mind According to my shallow simple skill. JULIA
What think’st thou of the fair Sir Eglamour? LUCETTA
As of a knight well spoken, neat, and fine, But were I you, he never should be mine.
10
JULIA
What think’st thou of the rich Mercatio? LUCETTA
Well of his wealth, but of himself, so-so. JULIA
What think’st thou of the gentle Proteus? LUCETTA
Lord, lord, to see what folly reigns in us! JULIA
How now? What means this passion at his name? LUCETTA
Pardon, dear madam, ’tis a passing shame That I, unworthy body as I am, Should censure thus on lovely gentlemen.
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15
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
terraferma 22. Devo trovarmi un messaggero migliore. La mia Giulia disprezzerà le mie lettere se a portarle è un corriere tanto indegno. Esce Entrano Giulia e Lucetta23
I, 2 GIULIA
Ma dimmi, Lucetta, adesso che siamo sole: mi consigli di concedermi all’amore? LUCETTA
Sì, signora, così capitolerete, ma non per distrazione. GIULIA
Del bel consesso24 di uomini che ogni giorno accorrono per parlare25 con me, secondo te chi sarebbe l’amante più degno? LUCETTA
Ripetetemene i nomi, di grazia, e io vi darò un parere secondo le mie abilità semplici e modeste. GIULIA
Che ne pensi del bel Ser Aglamoro26? LUCETTA
Un cavaliere eloquente, elegante e raffinato, ma al posto suo non me lo prenderei. GIULIA
Che ne pensi del ricco Mercazio27? LUCETTA
Penso bene dei suoi soldi, ma di lui, così così. GIULIA
Che ne pensi del gentile Proteo? LUCETTA
Oh Signore, quale follia regna in noi! GIULIA
Ma come? Perché ti scaldi tanto a sentirlo nominare? LUCETTA
Perdonatemi, cara signora; è una grandissima 28 vergogna che io, una creatura indegna, possa dare giudizi su gentiluomini tanto prestanti.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
JULIA
Why not on Proteus, as of all the rest?
20
LUCETTA
Then thus: of many good, I think him best. JULIA Your reason? LUCETTA
I have no other but a woman’s reason: I think him so because I think him so. JULIA
And wouldst thou have me cast my love on him?
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LUCETTA
Ay, if you thought your love not cast away. JULIA
Why, he of all the rest hath never moved me. LUCETTA
Yet he of all the rest I think best loves ye. JULIA
His little speaking shows his love but small. LUCETTA
Fire that’s closest kept burns most of all.
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JULIA
They do not love that do not show their love. LUCETTA
O, they love least that let men know their love. JULIA
I would I knew his mind. LUCETTA (giving Proteus’ letter)
Peruse this paper, madam. JULIA
‘To Julia’ – say, from whom? LUCETTA
That the contents will show. JULIA
Say, say – who gave it thee?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
GIULIA
Ma perché non su Proteo, e sugli altri sì? LUCETTA
Se proprio lo volete sapere, tra tanti buoni, lo reputo il migliore. GIULIA
Per quale ragione? LUCETTA
Nessuna, se non le ragioni di una donna: per me è così perché per me è così 29. GIULIA
E secondo te dovrei gettarmi tra le sue braccia30? LUCETTA
Sì, se non le pare di gettarsi via. GIULIA
Mah, tra tutti, non si è mai fatto notare31. LUCETTA
Eppure, tra tutti, credo sia quello che vi ama di più. GIULIA
Che parli poco è segno di poco amore. LUCETTA
Il fuoco tenuto al chiuso brucia di più. GIULIA
Non ama chi non mostra il proprio amore32. LUCETTA
Ah, ama meno chi ne fa sfoggio con tutti. GIULIA
Vorrei sapere che cosa pensa. LUCETTA (le dà la lettera di Proteo) Leggete questa lettera, signora. GIULIA
“A Giulia” – di chi è? LUCETTA
Ve lo dirà il contenuto. GIULIA
Ma dimmi: chi te l’ha data?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
LUCETTA
Sir Valentine’s page; and sent, I think, from Proteus. He would have given it you, but I being in the way Did in your name receive it. Pardon the fault, I pray. JULIA
Now, by my modesty, a goodly broker. Dare you presume to harbour wanton lines? To whisper, and conspire against my youth? Now trust me, ’tis an office of great worth, And you an officer fit for the place. There. Take the paper.
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She gives Lucetta the letter See it be returned, Or else return no more into my sight. LUCETTA
To plead for love deserves more fee than hate. JULIA
Will ye be gone? LUCETTA
That you may ruminate.
Exit
JULIA
And yet I would I had o’erlooked the letter. It were a shame to call her back again And pray her to a fault for which I chid her. What fool is she, that knows I am a maid And would not force the letter to my view, Since maids in modesty say ‘No’ to that Which they would have the profferer construe ‘Ay’. Fie, fie, how wayward is this foolish love That like a testy babe will scratch the nurse And presently, all humbled, kiss the rod. How churlishly I chid Lucetta hence When willingly I would have had her here. How angerly I taught my brow to frown When inward joy enforced my heart to smile. My penance is to call Lucetta back
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
LUCETTA
Il paggio del signor Valentino, mandato da Proteo, presumo. L’avrebbe consegnata a voi, ma trovandomi da quelle parti l’ho presa al vostro posto33. Vi prego di perdonarmi. GIULIA
Ah, alla faccia della modestia, una mezzana bella e buona! Come osi accettare una missiva impudica? Sussurrare e cospirare ai danni della mia castità? Proprio un bel lavoro, e tu la persona più adatta per farlo! Tieni, riprenditi la lettera. Dà la lettera a Lucetta Fa’ in modo che torni al suo padrone, o non tornare mai più in mia presenza! LUCETTA
Perorare la causa dell’amore merita più alto compenso dell’odio. GIULIA
Te ne vuoi andare? LUCETTA
Così vi lascio rimuginare. Esce GIULIA
E però vorrei leggerla, quella lettera. Adesso ci sarebbe da vergognarsi a richiamare Lucetta per chiederle di commettere proprio lo sbaglio per cui l’ho sgridata. Che sciocca è stata a non impormi di guardare quella lettera, pur sapendo che sono da sposare! Si sa che le fanciulle per modestia dicono “no”, ma vorrebbero che l’offerente capisse “sì”. Ah, quanto capriccioso e sciocco è l’amore: come un bambino stizzoso graffia la balia, e un attimo dopo, sottomesso, bacia la verga34 con cui è stato punito! Che villana sono stata a sgridare Lucetta e a mandarla via, quando in realtà la volevo tanto qui! Con quanta rabbia ho indotto il mio volto al cipiglio, quando l’intima gioia imponeva al mio cuore di sorridere! Per penitenza
41
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
And ask remission for my folly past. What ho! Lucetta!
65
Enter Lucetta LUCETTA
What would your ladyship?
JULIA
Is’t near dinner-time? I would it were, That you might kill your stomach on your meat And not upon your maid.
LUCETTA
[She drops and picks up the letter] JULIA
What is’t that you
Took up so gingerly?
70
LUCETTA Nothing. JULIA Why didst thou stoop then? LUCETTA
To take a paper up that I let fall. JULIA
And is that paper nothing? LUCETTA
Nothing concerning me.
75
JULIA
Then let it lie for those that it concerns. LUCETTA
Madam, it will not lie where it concerns, Unless it have a false interpreter. JULIA
Some love of yours hath writ to you in rhyme. LUCETTA
That I might sing it, madam, to a tune, Give me a note. Your ladyship can set. JULIA
As little by such toys as may be possible. Best sing it to the tune of ‘Light o’ love’.e
83. O’ Loue: emend. tardo (Theobald); in F O, Loue = “Oh amore”. 42
80
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
richiamerò Lucetta e le chiederò perdono per la mia follia. Ehi, Lucetta! Entra Lucetta LUCETTA
Desiderate, signora? GIULIA
Non è quasi ora di cena? LUCETTA
Vorrei che lo fosse, così vi riempireste la bocca di cibo, e non di rimproveri per la vostra cameriera35! [Fa cadere la lettera e la raccoglie] GIULIA
Cos’è che hai raccolto così circospetta? LUCETTA
Niente. GIULIA
Perché ti sei chinata allora? LUCETTA
Per raccogliere un foglio che ho fatto cadere. GIULIA
E quel foglio non è niente? LUCETTA
Niente che mi riguardi. GIULIA
Allora lasciala lì36 per chi di dovere. LUCETTA
Signora, lì dov’è farà il suo dovere, a meno che non trovi un cattivo interprete. GIULIA
Un tuo innamorato ti ha scritto una poesia? LUCETTA
Che possa cantarla, signora, metterla in musica: datemi la nota37. Vossignoria sa dirigere. GIULIA
Il meno possibile per simili bazzecole. Meglio cantarla sull’aria di “In ginocchio da te”38! 43
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
LUCETTA
It is too heavy for so light a tune. JULIA
Heavy? Belike it hath some burden, then?
85
LUCETTA
Ay, and melodious were it, would you sing it. JULIA
And why not you? LUCETTA
I cannot reach so high.
JULIA
Let’s see your song. [She tries to take the letter] How now, minion! LUCETTA
Keep tune there still. So you will sing it out. And yet methinks I do not like this tune. JULIA You do not?
90
LUCETTA
No, madam, ’tis too sharp. JULIA
You, minion, are too saucy. LUCETTA
Nay, now you are too flat, And mar the concord with too harsh a descant. There wanteth but a mean to fill your song.
95
JULIA
The mean is drowned with your unruly bass.f LUCETTA
Indeed, I bid the base for Proteus. JULIA
This bauble shall not henceforth trouble me.g Here is a coil with protestation. She tears the letter and drops the pieces
97. Your: così in F2; in F you = “te”. 99. Bauble: così in F (babble = “cicaleccio”). 44
100
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
LUCETTA
Il tono si alza troppo per un simile motivetto. GIULIA
Si alza troppo? Sarà dunque facile cadere in fallo? LUCETTA
Sì, ma sarebbe melodiosa se la cantaste voi. GIULIA
E perché non tu? LUCETTA
Io non posso arrivare tanto in alto. GIULIA
Vediamo la canzone. [Prova a prendere la lettera] Allora, screanzata! LUCETTA
A tenere così la nota vi spolmonerete! Eppure direi che questa musica non mi piace39! GIULIA
No? LUCETTA
No, signora, è troppo acuta. GIULIA
Scostumata, sei troppo insolente. LUCETTA
No, siete voi ad essere troppo piatta, e a guastare l’armonia con toni troppo aspri. Ci vorrebbe il giusto mezzo per dar corpo alla vostra canzone40. GIULIA
Il giusto mezzo è soffocato dai tuoi toni bassi e sregolati. LUCETTA
Però è una musica che suono per Proteo. GIULIA
Queste chiacchiere mi hanno stufata. Tanto chiasso per una dichiarazione! Straccia la lettera e fa cadere i pezzi a terra
45
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 2
Go, get you gone, and let the papers lie. You would be fing’ring them to anger me. LUCETTA (aside) She makes it strange, but she would be best pleased To be so angered with another letter. Exit JULIA
Nay, would I were so angered with the same. O hateful hands, to tear such loving words; Injurious wasps, to feed on such sweet honey And kill the bees that yield it with your stings. I’ll kiss each several paper for amends.
105
She picks up some of the pieces of paper Look, here is writ ‘Kind Julia’ – unkind Julia, As in revenge of thy ingratitude I throw thy name against the bruising stones, Trampling contemptuously on thy disdain. And here is writ ‘Love-wounded Proteus’. Poor wounded name, my bosom as a bed Shall lodge thee till thy wound be throughly healed; And thus I search it with a sovereign kiss. But twice or thrice was ‘Proteus’ written down. Be calm, good wind, blow not a word away Till I have found each letter in the letter Except mine own name. That, some whirlwind bear Unto a ragged, fearful, hanging rock And throw it thence into the raging sea. Lo, here in one line is his name twice writ: ‘Poor forlorn Proteus’, ‘passionate Proteus’, ‘To the sweet Julia’ – that I’ll tear away. And yet I will not, sith so prettily He couples it to his complaining names. Thus will I fold them, one upon another. Now kiss, embrace, contend, do what you will. Enter Lucetta LUCETTA
Madam, dinner is ready, and your father stays. 46
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130
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 2
Vattene via, e lascia stare quei pezzetti di carta! Ci metteresti le mani solo per mandarmi in collera! LUCETTA (a parte) Finge di arrabbiarsi, ma sarebbe ben contenta di farsi mandare in collera da un’altra lettera! Esce GIULIA
No, vorrei farmi mandare in collera dalla stessa! Mani odiose che avete stracciato parole tanto affettuose! Vespe ingiuriose, che vi siete saziate di un miele tanto dolce per poi pungere a morte le api che ve lo hanno offerto! Per riparare bacerò ciascun pezzetto di carta. Raccoglie le carte sparse Ma guarda, qui c’è scritto “Gentile Giulia” – crudele Giulia! Per vendicare la tua ingratitudine, scaglierò il tuo nome contro le pietre più dure, calpestando con sdegno la tua boria! E qui c’è scritto “Proteo ferito per amore”. Povero nome ferito, ti accoglierò in grembo come in un letto, finché la ferita non guarirà del tutto; e ci passo sopra con un bacio sublime. Ma “Proteo” era scritto due o tre volte. Piano, buon vento, non portare via neanche una parola, finché non avrò trovato ogni lettera della lettera, eccetto il mio nome. Che un turbine lo scaraventi in un precipizio spaventoso e lo faccia inghiottire dal mare in tempesta. Ecco, qui in un verso il suo nome è scritto due volte: “Povero Proteo disperato” e “Proteo appassionato”… “Alla dolcissima Giulia”: questo lo strappo. E invece no, dacché con tanta grazia lo accoppia ai suoi appellativi addolorati. Li piegherò così, uno sull’altro; e ora baciatevi, abbracciatevi, lottate, fate un po’ quel che volete. Entra Lucetta LUCETTA
Signora, la cena è pronta, e vostro padre vi attende.
47
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 3
JULIA Well, let us go. LUCETTA
What, shall these papers lie like telltales here? JULIA
If you respect them, best to take them up. LUCETTA
Nay, I was taken up for laying them down. Yet here they shall not lie, for catching cold.
135
JULIA
I see you have a month’s mind to them. LUCETTA
Ay, madam, you may say what sights you see. I see things too, although you judge I wink. JULIA Come, come, will’t please you go? 1.3
Exeunt
Enter Antonio and Panthino
ANTONIO
Tell me, Panthino, what sad talk was that Wherewith my brother held you in the cloister? PANTHINO
’Twas of his nephew Proteus, your son. ANTONIO
Why, what of him? He wondered that your lordship Would suffer him to spend his youth at home While other men, of slender reputation, Put forth their sons to seek preferment out – Some to the wars, to try their fortune there, Some to discover islands far away, Some to the studious universities. For any or for all these exercises He said that Proteus your son was meet, And did request me to importune you To let him spend his time no more at home, Which would be great impeachment to his age In having known no travel in his youth.
PANTHINO
48
5
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15
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 3
GIULIA
Bene, andiamo. LUCETTA
Ma come, questi pezzetti di carta restano qui a spiattellare tutto? GIULIA
Se ci tieni tanto, meglio riprenderli. LUCETTA
No, sono già stata ripresa41 per averli lasciati. E però non resteranno qui a prendere freddo. GIULIA
Vedo che ti stanno molto a cuore42. LUCETTA
Sì, signora, dite pure quel che vedete. Anch’io vedo, anche se pensate che mi giri dall’altra parte. GIULIA
Su, forza, ti vuoi muovere? Escono I, 3
Entrano Antonio e Pantino
43
ANTONIO
Dimmi, Pantino, con quali mesti discorsi mio fratello ti ha intrattenuto nel chiostro? PANTINO
Su suo nipote Proteo, vostro figlio. ANTONIO
Ebbene, che ha detto? PANTINO
Non capisce perché vossignoria tolleri che lui trascorra la sua giovinezza a casa, mentre altri uomini di minor reputazione mandano i figli lontano a migliorarsi44: alcuni in guerra, a tentarvi la sorte, altri a scoprire isole lontane, altri ancora a studiare all’università. Ha detto che Proteo, vostro figlio, è adatto a ciascuna di queste attività, se non a tutte, e mi ha chiesto di spronarvi a non lasciarlo più restare a casa, perché sarebbe per lui deplorevole, in tarda età, non aver conosciuto il mondo in gioventù.
49
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 3
ANTONIO
Nor need’st thou much importune me to that Whereon this month I have been hammering. I have considered well his loss of time, And how he cannot be a perfect man, Not being tried and tutored in the world. Experience is by industry achieved, And perfected by the swift course of time. Then tell me, whither were I best to send him?
20
PANTHINO
I think your lordship is not ignorant How his companion, youthful Valentine, Attends the Emperor in his royal court. ANTONIO I know it well.
25
PANTHINO
’Twere good, I think, your lordship sent him thither. There shall he practise tilts and tournaments, Hear sweet discourse, converse with noblemen, And be in eye of every exercise Worthy his youth and nobleness of birth.
30
ANTONIO
I like thy counsel. Well hast thou advised, And that thou mayst perceive how well I like it, The execution of it shall make known. Even with the speediest expedition I will dispatch him to the Emperor’s court.
35
PANTHINO
Tomorrow, may it please you, Don Alfonso, With other gentlemen of good esteem, Are journeying to salute the Emperor And to commend their service to his will. ANTONIO
Good company. With them shall Proteus go. Enter Proteus with a letter. He does not see Antonio and Panthino And in good time. Now will we break with him. 50
40
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 3
ANTONIO
Non serve che mi solleciti a compiere un gesto a cui penso con insistenza da un mese. Ho pensato molto al fatto che spreca il suo tempo e che, non avendo esperienza e conoscenza del mondo, non può dirsi un uomo compiuto. L’esperienza si acquisisce facendo, e si perfeziona con il rapido scorrere del tempo. Pertanto dimmi, dove mi conviene mandarlo? PANTINO
Immagino vostra signoria non ignori che il suo amico, il giovane Valentino, si trova presso la corte dell’imperatore45. ANTONIO
Sì, certo, lo so. PANTINO
A mio parere sarebbe bene mandarvi anche Proteo. Potrà cimentarsi in giostre e tornei, ascoltare discorsi forbiti, conversare con persone di rango e avere a disposizione tutte quelle attività che più si addicono alla sua giovane età e al suo alto lignaggio. ANTONIO
Mi piace il tuo suggerimento. Mi hai consigliato bene, e per dimostrarti quanto l’apprezzi, ne darò subito pubblico annuncio, e manderò Proteo alla corte dell’imperatore con la massima sollecitudine. PANTINO
Domani, con il vostro permesso, Don Alfonso e altri stimati gentiluomini si recheranno a salutare l’imperatore e a offrirgli i loro servigi. ANTONIO
Un’ottima compagnia: Proteo andrà con loro. Entra Proteo con una lettera. Non si avvede di Antonio e Pantino Arriva a proposito: ora glielo diciamo.
51
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 1 SCENE 3
PROTEUS Sweet love, sweet lines, sweet life!
Here is her hand, the agent of her heart. Here is her oath for love, her honour’s pawn. O that our fathers would applaud our loves To seal our happiness with their consents. O heavenly Julia!
45
50
ANTONIO
How now, what letter are you reading there? PROTEUS
May’t please your lordship, ’tis a word or two Of commendations sent from Valentine, Delivered by a friend that came from him. ANTONIO
Lend me the letter. Let me see what news.
55
PROTEUS
There is no news, my lord, but that he writes How happily he lives, how well beloved And daily gracèd by the Emperor, Wishing me with him, partner of his fortune. ANTONIO
And how stand you affected to his wish?
60
PROTEUS
As one relying on your lordship’s will, And not depending on his friendly wish. ANTONIO
My will is something sorted with his wish. Muse not that I thus suddenly proceed, For what I will, I will, and there an end. I am resolved that thou shalt spend some time With Valentinus in the Emperor’s court. What maintenance he from his friends receives, Like exhibition thou shalt have from me. Tomorrow be in readiness to go. Excuse it not, for I am peremptory. PROTEUS
My lord, I cannot be so soon provided. Please you deliberate a day or two. 52
65
70
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO I SCENA 3
PROTEO
Dolce amore, dolci parole, dolce vita! Ecco la sua mano, agente del suo cuore. Ecco il suo giuramento d’amore, il suo pegno d’onore. Se solo i nostri padri approvassero il nostro amore, suggellando la nostra felicità con il loro consenso! Oh, divina Giulia! ANTONIO
Che c’è, che lettera stai leggendo? PROTEO
Con il permesso di vossignoria, sono due parole di saluto da Valentino, portatemi da un amico inviato da lui. ANTONIO
Fammi vedere la lettera. Sentiamo che notizie ci manda. PROTEO
Nessuna, mio signore, dice solo che è contento, molto amato e che ogni giorno l’imperatore lo degna di qualche segno della sua benevolenza; e che mi vorrebbe lì con lui, partecipe della sua fortuna. ANTONIO
E come ti poni di fronte a questo suo desiderio? PROTEO
Come uno che dipende dal volere di vossignoria e non dal desiderio dell’amico. ANTONIO
Il mio volere coincide con il suo desiderio. Non pensare che agisca d’impulso, perché voglio quel che voglio senza sentir ragioni46. Ho deciso di farti trascorrere qualche tempo con Valentino alla corte dell’imperatore. Per il tuo sostentamento, ti darò la stessa somma47 che lui riceve dai suoi amici. Domani sii pronto a partire. Niente scuse, perché questo è un ordine. PROTEO
Mio signore, non riesco a prepararmi così in fretta. Vi prego di concedermi un altro paio di giorni.
53
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
ANTONIO
Look what thou want’st shall be sent after thee. No more of stay. Tomorrow thou must go. Come on, Panthino. You shall be employed To hasten on his expedition.
75
Exeunt Antonio and Panthino PROTEUS
Thus have I shunned the fire for fear of burning And drenched me in the sea where I am drowned. I feared to show my father Julia’s letter Lest he should take exceptions to my love, And with the vantage of mine own excuse Hath he excepted most against my love. O, how this spring of love resembleth The uncertain glory of an April day, Which now shows all the beauty of the sun, And by and by a cloud takes all away.
80
85
Enter Panthino PANTHINO
Sir Proteus, your father calls for you.h He is in haste, therefore I pray you go. PROTEUS
Why, this it is. My heart accords thereto, And yet a thousand times it answers ‘No’. 2.1
Enter Valentine and Speed
SPEED (offering Valentine a glove)
Sir, your glove. VALENTINE Not mine. My gloves are on. SPEED
Why then, this may be yours, for this is but one.
88. Father: così in F2; in F Fathers = “padri”. 54
90 Exeunt
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
ANTONIO
Tieni presente che ciò che ti serve ti verrà inviato quanto prima. Niente più indugi: domani devi andare. Vieni, Pantino: tu ti adopererai per affrettare i preparativi per la partenza. Escono Antonio e Pantino PROTEO
E così, per scansare il fuoco che temevo mi bruciasse, mi sono immerso in mare, e adesso annego. Non ho mostrato la lettera di Giulia a mio padre perché temevo si opponesse a questo mio sentimento, e proprio la scusa che ho accampato gli ha consentito di opporvisi nel modo più assoluto. Ah, quanto assomiglia questa primavera d’amore all’incerto splendore di un giorno di aprile, in cui ora il sole mostra in tutto il suo fulgore, e d’un tratto una nuvola rovina tutto! Entra Pantino PANTINO
Signor Proteo, vostro padre vi manda a chiamare. Vi prego di andare perché ha molta fretta. PROTEO
Be’, questo è quanto. Il mio cuore è d’accordo, e tuttavia dice mille volte “no”. Escono II, 1
Entrano Valentino e Svelto48
SVELTO (porge un guanto a Valentino)
Signore, il vostro guanto. VALENTINO
Non è mio. Ne ho già indosso un paio49. SVELTO
E invece credo proprio sia vostro: è spaiato.
55
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
VALENTINE
Ha, let me see. Ay, give it me, it’s mine – Sweet ornament, that decks a thing divine. Ah, Silvia, Silvia! SPEED Madam Silvia, Madam Silvia! VALENTINE How now, sirrah? SPEED She is not within hearing, sir. VALENTINE Why, sir, who bade you call her? SPEED Your worship, sir, or else I mistook. VALENTINE Well, you’ll still be too forward. SPEED And yet I was last chidden for being too slow. VALENTINE Go to, sir. Tell me, do you know Madam Silvia? SPEED She that your worship loves? VALENTINE Why, how know you that I am in love? SPEED Marry, by these special marks: first, you have learned, like Sir Proteus, to wreath your arms, like a malcontent; to relish a love-song, like a robin redbreast; to walk alone, like one that had the pestilence; to sigh, like a schoolboy that had lost his ABC; to weep, like a young wench that had buried her grandam; to fast, like one that takes diet; to watch, like one that fears robbing; to speak puling, like a beggar at Hallowmas. You were wont, when you laughed, to crow like a cock; when you walked, to walk like one of the lions. When you fasted, it was presently after dinner; when you looked sadly, it was for want of money. And now you are metamorphosed with a mistress, that when I look on you I can hardly think you my master.
56
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
VALENTINO
Ah, fa’ vedere. Sì, dai qua, è mio davvero. Dolce ornamento, che adorna una mano divina! Ah, Silvia, Silvia! SVELTO
Signora Silvia, signora Silvia! VALENTINO
Che fai, villano? SVELTO
Non può sentirci, signore. VALENTINO
Ma chi ti ha detto di chiamarla? SVELTO
Vossignoria50, se non sbaglio. VALENTINO
Be’, corri troppo come al solito. SVELTO
Strano, l’ultima volta sono stato ripreso perché troppo lento. VALENTINO
Ma smettila! Dimmi, piuttosto, conosci la signora Silvia? SVELTO
Colei di cui vossignoria è innamorato? VALENTINO
Be’, ma tu come sai che sono innamorato? SVELTO
Perdiana, da questi segni particolari: innanzitutto avete appreso, come il signor Proteo, a mettervi a braccia conserte come chi porta il broncio; ad apprezzare una canzone d’amore come un pettirosso; ad andare in giro da solo come un appestato; a sospirare come uno scolaretto che abbia scordato l’ABC; a piangere come una fanciulletta al funerale del nonno; a digiunare come chi si è messo a dieta; a guardarvi intorno vigile come chi teme di essere derubato; a parlare in modo lamentoso come un mendicante a Ognissanti 51. Una volta, quando ridevate, pareva di sentire il canto del gallo; nell’incedere ricordavate un leone. Se vi mettevate a digiuno, era subito dopo pranzo; se avevate un’aria triste, era perché eravate senza un soldo. E ora per una donna avete subito una tale metamorfosi 52 che quando vi guardo stento a riconoscere il mio padrone. 57
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
VALENTINE Are all these things perceived in me? SPEED They are all perceived without ye. VALENTINE Without me? They cannot. SPEED Without you? Nay, that’s certain, for without you
were so simple, none else would. But you are so without these follies that these follies are within you, and shine through you like the water in an urinal, that not an eye that sees you but is a physician to comment on your malady. VALENTINE But tell me, dost thou know my lady Silvia? SPEED She that you gaze on so as she sits at supper? VALENTINE Hast thou observed that? Even she I mean. SPEED Why sir, I know her not. VALENTINE Dost thou know her by my gazing on her, and yet know’st her not? SPEED Is she not hard-favoured, sir? VALENTINE Not so fair, boy, as well favoured. SPEED Sir, I know that well enough. VALENTINE What dost thou know? SPEED That she is not so fair as of you well favoured. VALENTINE I mean that her beauty is exquisite but her favour infinite. SPEED That’s because the one is painted and the other out of all count.
58
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
VALENTINO
E tutte queste cose si notano in me? SVELTO
Si notano tutte al di fuori 53 di voi. VALENTINO
Al di fuori di me? È impossibile. SVELTO
E invece sì, eccome, perché fuori di voi siete candido come nessun altro. Ma siete tanto fuori di voi che queste follie ve le portate dentro, e vi si vedono in trasparenza come il liquido in un contenitore per le urine: chiunque vi veda è un medico che diagnostica la vostra malattia54. VALENTINO
Ma dimmi, conosci la mia Silvia? SVELTO
Colei che fissate intensamente la sera a cena? VALENTINO
Lo hai notato? Sì, intendo proprio lei. SVELTO
Be’, no, signore, non la conosco55. VALENTINO
Sai che la fisso intensamente, ma non la conosci? SVELTO
Non è proprio una Venere56, vero, signore? VALENTINO
Ragazzo, non è bella quanto degna di venerazione. SVELTO
Signore, lo so bene. VALENTINO
Che cosa sai? SVELTO
Che ancor più che bella, è da voi venerata. VALENTINO
Voglio dire che la sua bellezza è squisita, ma la sua venerabilità infinita. SVELTO
È perché la prima è dipinta57 e la seconda incalcolabile58. 59
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
VALENTINE How painted? And how out of count?
55
SPEED Marry, sir, so painted to make her fair that no man
counts of her beauty. VALENTINE How esteem’st thou me? I account of her
beauty. SPEED You never saw her since she was deformed.
60
VALENTINE How long hath she been deformed? SPEED Ever since you loved her. VALENTINE I have loved her ever since I saw her, and still
I see her beautiful. SPEED If you love her you cannot see her. VALENTINE Why? SPEED Because love is blind. O that you had mine eyes, or your own eyes had the lights they were wont to have when you chid at Sir Proteus for going ungartered. VALENTINE What should I see then? SPEED Your own present folly and her passing deformity; for he being in love could not see to garter his hose, and you being in love cannot see to put on your hose. VALENTINE Belike, boy, then you are in love, for last morning you could not see to wipe my shoes. SPEED True, sir. I was in love with my bed. I thank you, you swinged me for my love, which makes me the bolder to chide you for yours.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
VALENTINO
In che senso dipinta? E incalcolabile? SVELTO
Diamine, signore, è talmente dipinta per fare figura che nessun uomo può rendere conto della sua bellezza. VALENTINO
Ma per chi mi hai preso? Io tengo in gran conto la sua bellezza. SVELTO
Non l’avete più vista da quando è deforme. VALENTINO
E da quando sarebbe deforme? SVELTO
Da quando avete preso ad amarla. VALENTINO
L’amo da quando l’ho vista, e la vedo sempre bellissima. SVELTO
Se l’amate, non potete vederla. VALENTINO
E perché? SVELTO
Perché l’amore è cieco. Oh, se aveste i miei occhi, o se i vostri occhi ci vedessero ancora bene come quando avete rimproverato il signor Proteo perché andava in giro con le brache slacciate! VALENTINO
E che cosa vedrei? SVELTO
La vostra attuale follia e la sua deformità momentanea; perché lui, innamorato com’era, non ci vedeva ad allacciarsi le brache, e voi, innamorato come siete, non ci vedete nemmeno a infilarvele, le brache. VALENTINO
Ma allora, caro mio, sei innamorato anche tu, perché ieri mattina non ci vedevi a pulirmi le scarpe. SVELTO
Sì, è vero, signore. Ero innamorato del letto. Vi ringrazio di avermi ripreso per il mio amore, il che mi dà il coraggio di rimproverarvi per il vostro. 61
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
VALENTINE In conclusion, I stand affected to her. SPEED I would you were set. So your affection would
cease.
81
VALENTINE Last night she enjoined me to write some lines
to one she loves. SPEED And have you? VALENTINE I have.
85
SPEED Are they not lamely writ? VALENTINE No, boy, but as well as I can do them. Peace,
here she comes. Enter Silvia SPEED (aside) O excellent motion! O exceeding puppet!
Now will he interpret to her.
90
VALENTINE
Madam and mistress, a thousand good-morrows. SPEED (aside) O, give ye good e’en! Here’s a million of
manners. SILVIA
Sir Valentine and servant, to you two thousand. SPEED (aside) He should give her interest, and she gives it
him.
96
VALENTINE
As you enjoined me, I have writ your letter Unto the secret, nameless friend of yours; Which I was much unwilling to proceed in But for my duty to your ladyship. He gives her a letter SILVIA
I thank you, gentle servant. ’Tis very clerkly done. VALENTINE
Now trust me, madam, it came hardly off; For being ignorant to whom it goes I writ at random, very doubtfully.
62
100
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
VALENTINO
In altre parole, sono caduto vittima del sentimento59. SVELTO
Vorrei che vi rialzaste, così il sentimento cesserebbe di esistere. VALENTINO
Ieri sera mi ha chiesto di scrivere due righe per un suo innamorato. SVELTO
E le avete scritte? VALENTINO
Sì. SVELTO
Ma almeno sono scritte male? VALENTINO
No, ho fatto del mio meglio. Zitto, eccola che arriva. Entra Silvia SVELTO (a parte)
Ah, che magnifica burattinata! Che marionetta favolosa! Ora sentiamo il commento60. VALENTINO
Mia signora e padrona, mille volte buongiorno. SVELTO (a parte)
Eh, sì, buonanotte! Pronti per un milione di convenevoli! SILVIA
Signor Valentino, mio fedelissimo, a voi duemila. SVELTO (a parte)
Dovrebbe darle l’interesse, e invece è lei a darglielo. VALENTINO
Come mi avete chiesto, ho scritto per voi la lettera al vostro amico segreto e senza nome, ma l’ho fatto molto a malincuore, solo per dovere verso vostra signoria. Le dà una lettera SILVIA
Vi ringrazio, mio cortese servitore. È scritta con mano esperta. VALENTINO
Credetemi, signora, mi è venuta a fatica perché, non sapendo a chi fosse diretta, l’ho scritta a tentoni, in modo molto incerto. 63
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
SILVIA
Perchance you think too much of so much pains?
105
VALENTINE
No, madam. So it stead you I will write – Please you command – a thousand times as much. And yet… SILVIA
A pretty period. Well, I guess the sequel. And yet I will not name it. And yet I care not. And yet, take this again.
110
She offers him the letter And yet I thank you, Meaning henceforth to trouble you no more. SPEED (aside) And yet you will, and yet another yet. VALENTINE
What means your ladyship? Do you not like it? SILVIA
Yes, yes. The lines are very quaintly writ, But since unwillingly, take them again.
115
She presses the letter upon him Nay, take them. Madam, they are for you.
VALENTINE SILVIA
Ay, ay. You writ them, sir, at my request, But I will none of them. They are for you. I would have had them writ more movingly. VALENTINE
Please you, I’ll write your ladyship another. SILVIA
And when it’s writ, for my sake read it over, And if it please you, so. If not, why, so. VALENTINE
If it please me, madam? What then?
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120
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
SILVIA
Non ne potrete più di tutto questo sforzo… VALENTINO
No, signora. Per voi, se me lo comandate, sono pronto a scriverne altre mille. Eppure… SILVIA
Mmm, una bella frase. Mah, il resto lo indovino. Eppure non lo dico. Eppure non m’importa. Eppure riprendetevela. Gli porge la lettera Eppure vi ringrazio, e d’ora in poi non intendo arrecarvi altro disturbo. SVELTO (a parte) Eppure lo farete, eppure un altro eppure. VALENTINO
Che intendete, mia signora? Non vi piace la lettera? SILVIA
Sì, sì, le parole sono molto ben scritte, ma a malincuore, perciò riprendetele. Gli porge la lettera con insistenza Davvero, riprendetele. VALENTINO
Mia signora, sono per voi. SILVIA
Sì, certo, le avete scritte su mia richiesta, ma non le voglio. Sono per voi. Vorrei che le aveste scritte con più sentimento. VALENTINO
Se volete, mia signora, vi scriverò un’altra lettera. SILVIA
E quando l’avrete scritta, rileggetela per me, e se vi piace, bene. Se no, beh, pace. VALENTINO
Se mi piace, signora? Che devo fare?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 1
SILVIA
Why, if it please you, take it for your labour. And so good morrow, servant. Exit SPEED (aside) O jest unseen, inscrutable, invisible As a nose on a man’s face or a weathercock on a steeple. My master sues to her, and she hath taught her suitor, He being her pupil, to become her tutor. O excellent device! Was there ever heard a better? – That my master, being scribe, to himself should write the letter. VALENTINE How now, sir – what, are you reasoning with yourself?i SPEED Nay, I was rhyming. ’Tis you that have the reason. VALENTINE To do what? SPEED To be a spokesman from Madam Silvia. VALENTINE To whom? SPEED To yourself. Why, she woos you by a figure. VALENTINE What figure? SPEED By a letter, I should say. VALENTINE Why, she hath not writ to me. SPEED What need she, when she hath made you write to yourself? Why, do you not perceive the jest? VALENTINE No, believe me. SPEED No believing you indeed, sir. But did you perceive her earnest?
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133. What, are you reasoning with yourself?: emend. Oxford; in F what are you reasoning with yourself? = “di che cosa parli da solo?”; la punteggiatura di F è plausibile, ma altrove Shakespeare sembra usare to reason with solo come verbo intransitivo. 66
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 1
SILVIA
Be’, se vi piace, tenetevela per il disturbo. Arrivederci, mio servitore. Esce SVELTO (a parte)
Ah, scherzo imperscrutabile, invisibile, misterioso, Come banderuola su una torre o sul volto il naso! Il padrone la corteggia e lei insegna al suo corteggiatore, Che è suo allievo, a farsi suo istruttore. O trucco sublime! Ve ne fu mai uno migliore? Che a Valentino vada la lettera, benché ne sia lo scrittore. VALENTINO
Che succede, messere? Parli da solo? Di che ragioni? SVELTO
No, componevo dei versi. Sta a voi ragionare61. VALENTINO
Di cosa? SVELTO
Di essere portavoce della signora Silvia. VALENTINO
Presso di chi? SVELTO
Voi stesso. Insomma, vi corteggia in codice. VALENTINO
Quale codice? SVELTO
Una lettera, direi. VALENTINO
Ma non mi ha scritto nessuna lettera. SVELTO
Perché doveva, se ve ne ha fatta scrivere una proprio a voi? Ma come, non capite lo scherzo? VALENTINO
No, credimi. SVELTO
È proprio da non crederci, signore. Ma non vedete ciò che vi ha dato in pegno? 67
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 2
VALENTINE She gave me none, except an angry word. SPEED Why, she hath given you a letter. VALENTINE That’s the letter I writ to her friend.
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SPEED And that letter hath she delivered, and there an
end. VALENTINE I would it were no worse. SPEED I’ll warrant you, ’tis as well.
For often have you writ to her, and she in modesty Or else for want of idle time could not again reply, Or fearing else some messenger that might her mind discover, Herself hath taught her love himself to write unto her lover. – All this I speak in print, for in print I found it. Why muse you, sir? ’Tis dinner-time. VALENTINE I have dined. SPEED Ay, but hearken, sir. Though the chameleon love can feed on the air, I am one that am nourished by my victuals, and would fain have meat. O, be not like your mistress – be moved, be moved! Exeunt 2.2
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Enter Proteus and Julia
PROTEUS
Have patience, gentle Julia. JULIA
I must where is no remedy. PROTEUS
When possibly I can I will return. JULIA
If you turn not, you will return the sooner. She gives him a ring Keep this remembrance for thy Julia’s sake.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 2
VALENTINO
Vedo solo che si è impegnata a prendermi a male parole. SVELTO
Ma se vi ha dato una lettera! VALENTINO
Quella l’ho scritta io per il suo amico. SVELTO
E lei l’ha consegnata al destinatario: fine della storia. VALENTINO
Vorrei che non ci fosse di peggio. SVELTO
Vi garantisco che va bene così. Infatti le avete scritto spesso, e lei vuoi per modestia vuoi per mancanza di tempo, o magari perché temeva che il messaggero scoprisse i suoi sentimenti, non ha potuto rispondere. E così ha incaricato l’amato di scrivere all’amante, cioè a se stesso. Tutto questo è nero su bianco, perché così lo vedo. Perché rimuginate, signore? È ora di cena. VALENTINO
Ho già mangiato. SVELTO
Sì, ma ascoltate, signore: benché l’amore, come il camaleonte, si nutra d’aria62, io sono di quelli che si nutrono di cibo, e preferirei mettere qualcosa sotto i denti. Su, non fate come la vostra amata, muovetevi a pietà – o muovetevi e basta! Escono II, 2
Entrano Proteo e Giulia
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PROTEO
Rassegnatevi, gentile Giulia. GIULIA
Per forza, dato che non c’è alternativa. PROTEO
Non appena possibile, tornerò. GIULIA
Se non mi lasciaste64, fareste ritorno prima. Gli dà un anello Serbate questo ricordo per amore della vostra Giulia. 69
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 3
PROTEUS
Why then, we’ll make exchange. Here, take you this. He gives her a ring JULIA
And seal the bargain with a holy kiss. [They kiss] PROTEUS
Here is my hand for my true constancy. And when that hour o’erslips me in the day Wherein I sigh not, Julia, for thy sake, The next ensuing hour some foul mischance Torment me for my love’s forgetfulness. My father stays my coming. Answer not. The tide is now. (Julia weeps) Nay, not thy tide of tears, That tide will stay me longer than I should. Julia, farewell. Exit Julia What, gone without a word? Ay, so true love should do. It cannot speak, For truth hath better deeds than words to grace it.
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Enter Panthino PANTHINO
Sir Proteus, you are stayed for. PROTEUS Go, I come, I come. – Alas, this parting strikes poor lovers dumb. Exeunt 2.3
Enter Lance with his dog Crabj
LANCE (to the audience) Nay, ’twill be this hour ere I have
done weeping. All the kind of the Lances have this very fault. I have received my proportion, like the prodigious son, and am going with Sir Proteus to the Imperial’s court. I think Crab, my dog, be the sourest-natured dog that lives. My mother weeping, my father wailing, 0. Lance: emend. Oxford; in F Launce: “Forse si tratta del nome di battesimo Lance, forma abbreviata di Lancelot, o forse significa lance nel senso di arma o di strumento chirurgico” (Schäfer); non vi è dunque motivo di conservare la grafia di F. 70
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 3
PROTEO
Allora facciamo uno scambio: ecco, prendete questo. Le dà un anello GIULIA
E suggelliamo il patto con un sacro bacio65. [Si baciano] PROTEO
Eccoti la mia mano, in segno di fedeltà e costanza. E se un giorno mi sfuggirà un’ora senza che io sospiri per te, Giulia, l’ora successiva possa una tremenda sventura tormentarmi per aver scordato il mio amore. Mio padre mi aspetta. Non dire nulla. Ora la marea è propizia. (Giulia piange) No, non la marea66 delle tue lacrime, che mi trattiene più del dovuto. Arrivederci, Giulia. Esce Giulia Come, se n’è andata senza dire una parola? Già, così fa il vero amore: non sa parlare, perché la verità preferisce i fatti alle parole. Entra Pantino PANTINO
Signor Proteo, vi aspettano. PROTEO
Vai pure, arrivo. Ahimè, separarsi fa ammutolire noi poveri amanti. Escono II, 3
Entra Lancia con il cane Ringhio67
LANCIA (al pubblico)
Ah, mi ci vorrà un’ora per smettere di piangere! Tutta la stirpe dei Lancia ha questo difetto. Ho bevuto l’amaro salice, come il figliol prologo68, e me ne vado col signor Proteo alla corte dell’imperatore. Secondo me, Ringhio69, il mio cane, è il botolo più ringhioso della terra. Mia madre che piange, mio padre che geme, mia sorella
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 3
my sister crying, our maid howling, our cat wringing her hands, and all our house in a great perplexity, yet did not this cruel-hearted cur shed one tear. He is a stone, a very pebble-stone, and has no more pity in him than a dog. A Jew would have wept to have seen our parting. Why, my grandam, having no eyes, look you, wept herself blind at my parting. Nay, I’ll show you the manner of it. This shoe is my father. No, this left shoe is my father. No, no, this left shoe is my mother. Nay, that cannot be so, neither. Yes, it is so, it is so, it hath the worser sole. This shoe with the hole in it is my mother, and this my father. A vengeance on’t, there ’tis. Now, sir, this staff is my sister, for, look you, she is as white as a lily and as small as a wand. This hat is Nan our maid. I am the dog. No, the dog is himself, and I am the dog. O, the dog is me, and I am myself. Ay, so, so. Now come I to my father. ‘Father, your blessing.’ Now should not the shoe speak a word for weeping. Now should I kiss my father. Well, he weeps on. Now come I to my mother. O that she could speak now, like a moved woman. Well, I kiss her. Why, there ’tis. Here’s my mother’s breath up and down. Now come I to my sister. Mark the moan she makes. – Now the dog all this while sheds not a tear nor speaks a word. But see how I lay the dust with my tears.
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Enter Panthino PANTHINO Lance,
away, away, aboard. Thy master is shipped, and thou art to post after with oars. What’s the matter? Why weep’st thou, man? Away, ass, you’ll lose the tide if you tarry any longer. LANCE It is no matter if the tied were lost, for it is the unkindest tied that ever any man tied. PANTHINO What’s the unkindest tide? LANCE Why, he that’s tied here, Crab my dog.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 3
che strepita, la serva che si dispera, la gatta che si contorce, tutta la casa in gran subbuglio, e questo cagnaccio crudele non ha versato una lacrima. È di pietra, un vero e proprio sasso, e non ha più pietà di un cane. Persino un ebreo70 avrebbe pianto a vederci partire. Diamine, mia nonna, che non ha occhi, pensate, si è accecata a furia di piangere alla mia partenza. Sì, sì, vi faccio vedere come. Questa scarpa è mio padre. No, la scarpa sinistra è mio padre. No, no, la scarpa sinistra è mia madre. No, non può essere neanche così. E invece sì, è giusto, è sfondata di sotto71. Questa scarpa col buco è mia madre, e quest’altra mio padre. Accidenti a loro, stavolta ci siamo. Poi, questo bastone è mia sorella, perché, badate, lei è bianca come un giglio e minuta come un fuscello. Questo cappello è Nannina, la serva, e io sono il cane. No, il cane è se stesso, e io sono un cane. Ah, il cane sono io, e io sono io. Ma sì, insomma. Adesso vado da mio padre. “Padre, la tua benedizione”. E la scarpa non riesce a dire una parola per il gran piangere. Adesso do un bacio a mio padre. E lui, avanti a piangere. Ora vado da mia madre. Ah, se ora la scarpa potesse parlare come una donna commossa! Ebbene, la bacio. Eh, sì, è proprio lei: l’alito72 di mia madre, tale e quale! E giungo a mia sorella: sentite che lamenti! E per tutto questo tempo il cane non versa una lacrima né dice una parola. E io che annaffio la polvere con il mio pianto! Entra Pantino PANTINO
Lancia, forza, sali a bordo! Il tuo padrone si è imbarcato, e ti toccherà inseguirlo a forza di remi. Che ti succede? Perché piangi? Dai, somaro, se aspetti ancora un po’ non ci sarà più un cane73 che ti porti a destinazione! LANCIA
Non importa se non ci sarà più, perché è il più ingrato che si sia mai visto. PANTINO
Ma di chi parli? LANCIA
Ovvio, di questo qui, Ringhio, il mio cane.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
PANTHINO Tut, man, I mean thou’lt lose the flood, and
in losing the flood, lose thy voyage, and in losing thy voyage, lose thy master, and in losing thy master, lose thy service, and in losing thy service – Lance puts his hand over Panthino’s mouth Why dost thou stop my mouth?
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LANCE For fear thou shouldst lose thy tongue. PANTHINO Where should I lose my tongue? LANCE In thy tale. PANTHINO In thy tail!k
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LANCE Lose the tide, and the voyage, and the master, and
the service, and the tied? Why, man, if the river were dry, I am able to fill it with my tears. If the wind were down, I could drive the boat with my sighs. PANTHINO Come, come away, man. I was sent to call thee. LANCE Sir, call me what thou darest. PANTHINO Wilt thou go? LANCE Well, I will go. Exeunt 2.4
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Enter Valentine, Silvia, Thurio, and Speed
SILVIA Servant! VALENTINE Mistress? SPEED (to Valentine) Master, Sir Thurio frowns on you.
49. In thy Taile: così in F; emend. tardo (Hanmer): my tail = “la mia coda”. 74
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
PANTINO
Ma smettila, intendevo che perderai l’imbarco, e perdendo l’imbarco, perderai la nave, e perdendo la nave, perderai il padrone, e perdendo il padrone, perderai il lavoro, e perdendo il lavoro… Lancia con la mano chiude la bocca a Pantino Ma perché mi tappi la bocca? LANCIA
Avevo paura che perdessi la lingua. PANTINO
E dove dovrei perderla? LANCIA
Tra le tue chiappole74. PANTINO
Tra le tue chiappe? LANCIA
Perdere l’imbarco, e la nave, e il padrone, e il lavoro, e il cane? Guarda, buon uomo, se il fiume fosse a secco, potrei riempirlo di lacrime, e se il vento calasse, potrei mandare avanti la nave a furia di sospiri. PANTINO
Dai, vieni via, compare, mi hanno mandato a chiamarti. LANCIA
Messere, chiamami come ti pare. PANTINO
Allora, ti decidi? LANCIA
Sì, sì, vengo. Escono Entrano Valentino, Silvia, Turio e Svelto75
II, 4 SILVIA
Mio cavaliere! VALENTINO
Signora? SVELTO (a Valentino)
Padrone, il signor Turio vi guarda male.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
VALENTINE Ay, boy, it’s for love. SPEED Not of you.
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VALENTINE Of my mistress, then. SPEED ’Twere good you knocked him. SILVIA (to Valentine) Servant, you are sad. VALENTINE Indeed, madam, I seem so. THURIO Seem you that you are not?
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VALENTINE Haply I do. THURIO So do counterfeits. VALENTINE So do you. THURIO What seem I that I am not? VALENTINE Wise.
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THURIO What instance of the contrary? VALENTINE Your folly. THURIO And how quote you my folly? VALENTINE I quote it in your jerkin. THURIO My ‘jerkin’ is a doublet. VALENTINE Well then, I’ll double your folly.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
VALENTINO
Sì, ragazzo, è per amore. SVELTO
Non per amor vostro. VALENTINO
Della mia amata, dunque. SVELTO
Sarebbe bene mandarlo al tappeto. SILVIA (a Valentino)
Mio cavaliere, siete triste. VALENTINO
In effetti, mia signora, così sembro. TURIO
Sembrate ciò che non siete? VALENTINO
Forse. TURIO
È quello che fanno i falsari76. VALENTINO
È quello che fate voi. TURIO
Che cosa sembro che invece non sono? VALENTINO
Intelligente. TURIO
E qual è la prova del contrario? VALENTINO
La vostra dabbenaggine. TURIO
E dove la vedete? VALENTINO
Nei vostri insulsi abiti. TURIO
I miei abiti sono fatti su misura. VALENTINO
Dunque anche la dabbenaggine è a misura vostra.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
THURIO How! SILVIA What, angry, Sir Thurio? Do you change colour? VALENTINE Give him leave, madam, he is a kind of cha-
meleon.
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THURIO That hath more mind to feed on your blood than
live in your air. VALENTINE You have said, sir. THURIO Ay, sir, and done too, for this time. VALENTINE I know it well, sir, you always end ere you begin. SILVIA A fine volley of words, gentlemen, and quickly shot off. VALENTINE ’Tis indeed, madam, we thank the giver. SILVIA Who is that, servant? VALENTINE Yourself, sweet lady, for you gave the fire. Sir Thurio borrows his wit from your ladyship’s looks, and spends what he borrows kindly in your company. THURIO Sir, if you spend word for word with me, I shall make your wit bankrupt. VALENTINE I know it well, sir. You have an exchequer of words, and, I think, no other treasure to give your followers. For it appears by their bare liveries that they live by your bare words. SILVIA No more, gentlemen, no more. Here comes my father. Enter the Duke
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
TURIO
Che cosa! SILVIA
Ma come, andate in collera, signor Turio? Cambiate colore? VALENTINO
Concedeteglielo, mia signora: è un po’ camaleonte. TURIO
Che preferisce bere il vostro sangue piuttosto che vivere della vostra stessa aria77. VALENTINO
L’avete detto voi, signore. TURIO
Sì, l’ho detto, e con questo concludo, per questa volta. VALENTINO
Eh, lo so bene, signore: finite sempre prima di cominciare. SILVIA
Una bella raffica di parole, signori, esplosa a gran velocità. VALENTINO
È vero, mia signora; ringraziamo chi l’ha iniziata. SILVIA
E chi sarebbe, mio cavaliere? VALENTINO
Voi, dolce signora: voi avete dato il fuoco. Il signor Turio prende a prestito l’ingegno dai vostri sguardi, e spende a piene mani in vostra compagnia quel che gli prestate. TURIO
Signore, se vi mettete a far commercio di parole con me, la vostra loquela resterà in bancarotta. VALENTINO
Lo so bene, signore. Avete un forziere di parole e nessun altro tesoro da dare ai vostri seguaci: è evidente dalle loro misere livree che vivono del vostro misero verbo. SILVIA
Basta così, signori. Ecco mio padre. Entra il Duca
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
DUKE
Now, daughter Silvia, you are hard beset. Sir Valentine, your father is in good health, What say you to a letter from your friends Of much good news? VALENTINE My lord, I will be thankful To any happy messenger from thence.
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DUKE
Know ye Don Antonio, your countryman? VALENTINE
Ay, my good lord, I know the gentleman To be of worth, and worthy estimation, And not without desert so well reputed. DUKE Hath he not a son?
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VALENTINE
Ay, my good lord, a son that well deserves The honour and regard of such a father. DUKE You know him well? VALENTINE
I knew him as myself, for from our infancy We have conversed, and spent our hours together. And though myself have been an idle truant, Omitting the sweet benefit of time To clothe mine age with angel-like perfection, Yet hath Sir Proteus – for that’s his name – Made use and fair advantage of his days: His years but young, but his experience old; His head unmellowed, but his judgement ripe. And in a word – for far behind his worth Comes all the praises that I now bestow – He is complete, in feature and in mind, With all good grace to grace a gentleman.
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DUKE
Beshrew me, sir, but if he make this good He is as worthy for an empress’ love As meet to be an emperor’s counsellor. Well, sir, this gentleman is come to me 80
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
DUCA
Silvia, figlia mia, ti vedo cinta d’assedio. Signor Valentino, vostro padre sta bene. Che ne direste di una lettera dai vostri amici, piena di belle notizie? VALENTINO
Mio signore, sarò grato a chiunque mi porti buone nuove da casa. DUCA
Conoscete il vostro concittadino don Antonio? VALENTINO
Certo, mio buon signore, e so che è un gentiluomo di sostanza e degno di stima, e che non a caso è tanto apprezzato. DUCA
Non ha un figlio? VALENTINO
Sì, mio buon signore, un figlio che a giusto titolo merita l’onore e la stima di cotanto padre. DUCA
Lo conoscete bene? VALENTINO
Come me stesso, perché sin dall’infanzia siamo amici e stiamo sempre insieme. E se io sono stato un fannullone e uno sfaticato, e ho perso le mie buone occasioni di adornare il mio percorso di sublimi allori, invece Proteo – perché così si chiama – ha fatto buon uso del suo tempo: benché giovane di età, è vecchio di esperienza, e benché di mente acerba, il suo giudizio è maturo. In una parola – perché le mie lodi sono ben lungi dal rendere giustizia al suo merito – è perfetto nel corpo e nello spirito, con tutte le doti che ha in dote un gentiluomo. DUCA
Càspita, signore, se è in gamba come dite, merita l’amore di un’imperatrice quanto di far da consigliere a un imperatore78. Ebbene, questo signore è giunto a me con la raccomandazione dei più alti
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
With commendation from great potentates, And here he means to spend his time awhile. I think ’tis no unwelcome news to you. VALENTINE
Should I have wished a thing it had been he.
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DUKE
Welcome him then according to his worth. Silvia, I speak to you, and you, Sir Thurio; For Valentine, I need not cite him to it. I will send him hither to you presently.
Exit
VALENTINE
This is the gentleman I told your ladyship Had come along with me, but that his mistress Did hold his eyes locked in her crystal looks.
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SILVIA
Belike that now she hath enfranchised them Upon some other pawn for fealty. VALENTINE
Nay, sure, I think she holds them prisoners still.
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SILVIA
Nay, then he should be blind, and being blind How could he see his way to seek out you? VALENTINE
Why, lady, love hath twenty pair of eyes. THURIO
They say that love hath not an eye at all. VALENTINE
To see such lovers, Thurio, as yourself. Upon a homely object love can wink. SILVIA
Have done, have done. Here comes the gentleman. Enter Proteus VALENTINE
Welcome, dear Proteus. Mistress, I beseech you Confirm his welcome with some special favour.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
potentati, e qui intende restare per qualche tempo. Credo che la notizia non vi sia sgradita. VALENTINO
Se avessi espresso un desiderio, sarebbe stato questo. DUCA
Dunque accoglietelo come merita. Lo dico a te, Silvia, e a voi, signor Turio; quanto a Valentino, non ce n’è bisogno. Ve lo mando subito qui. Esce VALENTINO
È il gentiluomo, mia signora, che vi dissi sarebbe venuto con me se la sua amata non ne avesse catturato gli occhi con i suoi sguardi adamantini. SILVIA
Forse ora glieli ha liberati in cambio di altri pegni di fedeltà79. VALENTINO
Non credo proprio: penso li tenga ancora prigionieri. SILVIA
Ma allora sarebbe cieco, e se così fosse, come avrebbe potuto vederci per venirvi a trovare! VALENTINO
Ah, mia signora, l’amore ha cento paia d’occhi. TURIO
Dicono che non ne abbia neanche uno. VALENTINO
Per vedere amanti come voi, Turio. Se si tratta di soggetti mediocri, li può anche chiudere. SILVIA
Basta così. Ecco che arriva. Entra Proteo VALENTINO
Benvenuto, caro Proteo. Mia signora, vi prego di consolidare il benvenuto con un segno di speciale favore.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
SILVIA
His worth is warrant for his welcome hither, If this be he you oft have wished to hear from.
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VALENTINE
Mistress, it is. Sweet lady, entertain him To be my fellow-servant to your ladyship. SILVIA
Too low a mistress for so high a servant. PROTEUS
Not so, sweet lady, but too mean a servant To have a look of such a worthy mistress.
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VALENTINE
Leave off discourse of disability. Sweet lady, entertain him for your servant. PROTEUS
My duty will I boast of, nothing else. SILVIA
And duty never yet did want his meed. Servant, you are welcome to a worthless mistress.
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PROTEUS
I’ll die on him that says so but yourself. SILVIA
That you are welcome? PROTEUS That you are worthless. [Enter a Servant] [SERVANT] Madam, my lord your father would speak with you. SILVIA
I wait upon his pleasure. [Exit the Servant] Come, Sir Thurio, Go with me. Once more, new servant, welcome. I’ll leave you to confer of home affairs. When you have done, we look to hear from you.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
SILVIA
Il suo valore è garanzia di benvenuto, se questo è il gentiluomo di cui spesso avete chiesto notizia. VALENTINO
Signora, è proprio lui. Prendetelo, con me, al servizio di vostra signoria. SILVIA
Una padrona troppo modesta per cotanto servo. PROTEO
No, dolce signora, semmai un servo troppo vile per ricevere anche un solo sguardo da una padrona tanto sublime. VALENTINO
Basta parlare di inadeguatezze. Dolce signora, prendetelo al vostro servizio. PROTEO
Mi vanterò della mia devozione, e di nient’altro. SILVIA
E la devozione non ha mai preteso alcun compenso. Mio servitore, siete il benvenuto presso un’indegna padrona. PROTEO
Mi batterò all’ultimo sangue con chiunque lo dica all’infuori di voi. SILVIA
Che siete il benvenuto? PROTEO
No, che siete indegna. [Entra un servitore]80 [SERVITORE]
Signora, il mio padrone vostro padre vorrebbe parlarvi. SILVIA
A sua disposizione. [Esce il servitore] Venga, signor Turio, venga con me. Ancora una volta, mio novello servo, benvenuto. Vi lascio a discorrere delle vostre faccende. Quando avrete finito, sarò lieta di avere vostre notizie.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
PROTEUS
We’ll both attend upon your ladyship. Exeunt Silvia and Thurio VALENTINE
Now tell me, how do all from whence you came?
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PROTEUS
Your friends are well, and have them much commended. VALENTINE
And how do yours? PROTEUS
I left them all in health.
VALENTINE
How does your lady, and how thrives your love? PROTEUS
My tales of love were wont to weary you. I know you joy not in a love-discourse.
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VALENTINE
Ay, Proteus, but that life is altered now. I have done penance for contemning love, Whose high imperious thoughts have punished me With bitter fasts, with penitential groans, With nightly tears and daily heart-sore sighs. For in revenge of my contempt of love Love hath chased sleep from my enthrallèd eyes, And made them watchers of mine own heart’s sorrow. O gentle Proteus, love’s a mighty lord, And hath so humbled me as I confess There is no woe to his correction, Nor to his service no such joy on earth. Now, no discourse except it be of love. Now can I break my fast, dine, sup, and sleep Upon the very naked name of love. PROTEUS
Enough. I read your fortune in your eye. Was this the idol that you worship so?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
PROTEO
Verremo entrambi a farvi visita. Escono Silvia e Turio VALENTINO
E ora dimmi, come stanno tutti? PROTEO
I tuoi amici stanno bene e ti mandano i loro saluti. VALENTINO
E i tuoi? PROTEO
Li ho lasciati tutti in salute. VALENTINO
E la tua bella? Come va il vostro amore? PROTEO
Una volta le mie storie sentimentali ti venivano a noia. So che non ti diverti a parlare d’amore. VALENTINO
Ah, Proteo, la mia vita ormai è cambiata. Ho pagato per aver disprezzato l’amore, i cui pensieri alti e imperiosi mi hanno punito con amari digiuni, lamenti da penitente, lacrime notturne e diurni lamenti del cuore. Perché per ripicca verso di me che l’ho disprezzato, l’amore ha bandito il sonno dai miei occhi soggiogati per costringerli a contemplare le pene del mio stesso cuore. Ah, gentile Proteo, l’amore è un sovrano potente, e mi ha umiliato a tal punto che, ti confesso, non vi è al mondo dolore più grande del suo castigo, né gioia più grande dell’essere suo servo. E adesso, nessun discorso che non sia d’amore. Ora posso far colazione, pranzo, cena e dormire solo col nudo nome dell’amore. PROTEO
Basta così. Ti leggo la sorte negli occhi. Era questo l’idolo che adori a tal punto?
87
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
VALENTINE
Even she; and is she not a heavenly saint? PROTEUS
No, but she is an earthly paragon. VALENTINE
Call her divine. I will not flatter her.
PROTEUS
145
VALENTINE
O flatter me; for love delights in praises. PROTEUS
When I was sick you gave me bitter pills, And I must minister the like to you. VALENTINE
Then speak the truth by her; if not divine, Yet let her be a principality, Sovereign to all the creatures on the earth.
150
PROTEUS
Except my mistress. Sweet, except not any, Except thou wilt except against my love.
VALENTINE PROTEUS
Have I not reason to prefer mine own? VALENTINE
And I will help thee to prefer her, too. She shall be dignified with this high honour, To bear my lady’s train, lest the base earth Should from her vesture chance to steal a kiss And, of so great a favour growing proud, Disdain to root the summer-swelling flower, And make rough winter everlastingly.
155
160
PROTEUS
Why, Valentine, what braggartism is this? VALENTINE
Pardon me, Proteus, all I can is nothing To her whose worth makes other worthies nothing. She is alone. PROTEUS Then let her alone. 88
165
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
VALENTINO
Proprio lei; non è una creatura celestiale? PROTEO
No, ma è un modello senza pari sulla terra. VALENTINO
Di’ che è divina! PROTEO
Non voglio blandirla. VALENTINO
Oh, blandisci me! L’amore adora le lusinghe. PROTEO
Quand’ero malato mi hai dato amare pillole, e ora ti devo somministrare la stessa medicina. VALENTINO
Allora di’ la verità sul suo conto: se non è divina, ponila almeno tra gli angeli, sovrana di tutte le creature della terra. PROTEO
Eccetto la mia amata. VALENTINO
Caro mio, eccetto nessuna, eccetto che tu non voglia eccepire della mia bella. PROTEO
Non ho motivo di preferire la mia? VALENTINO
E anch’io ti aiuterò a preferirla. Verrà insignita del grande onore di reggere lo strascico alla mia amata, affinché la vile terra non abbia occasione di rubare un bacio alla sua veste e, gloriandosi di un tale privilegio, disdegni di accogliere i fiori estivi e renda immortale il rude inverno. PROTEO
Ma Valentino, che millanteria81 è questa? VALENTINO
Perdonami, Proteo, tutto questo è nulla al confronto di colei il cui merito rende nulli tutti gli altri: lei è la sola. PROTEO
E allora lasciala sola.
89
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 4
VALENTINE
Not for the world. Why man, she is mine own, And I as rich in having such a jewel As twenty seas, if all their sand were pearl, The water nectar, and the rocks pure gold. Forgive me that I do not dream on thee Because thou seest me dote upon my love. My foolish rival, that her father likes Only for his possessions are so huge, Is gone with her along, and I must after; For love, thou know’st, is full of jealousy. PROTEUS But she loves you?
170
175
VALENTINE
Ay, and we are betrothed. Nay more, our marriage hour, With all the cunning manner of our flight, Determined of: how I must climb her window, The ladder made of cords, and all the means Plotted and ’greed on for my happiness. Good Proteus, go with me to my chamber In these affairs to aid me with thy counsel.
180
PROTEUS
Go on before. I shall enquire you forth. I must unto the road, to disembark Some necessaries that I needs must use, And then I’ll presently attend you. VALENTINE Will you make haste? PROTEUS I will. Exit Valentine Even as one heat another heat expels, Or as one nail by strength drives out another, So the remembrance of my former love Is by a newer object quite forgotten. Is it mine eye, or Valentine’s praise,l Her true perfection, or my false transgression
185
190
195
194. Mine eye, or: emend. tardo (Theobald); in F mine, or = “le mie, o le lodi di Valentino”. 90
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 4
VALENTINO
Neanche per sogno. Mio caro, lei è mia, e io nell’avere un tale gioiello sono ricco come se fossi padrone di cento mari, la cui sabbia fossero perle, l’acqua nettare e gli scogli oro puro. Perdonami se non mi sono dato pensiero per te perché, come vedi, sono preso dal mio amore. Il mio stupido rivale, che piace a suo padre solo perché ha un patrimonio vastissimo, se ne è andato con lei, e io devo seguirli; perché l’amore, come sai, è gelosia. PROTEO
Ma lei ti ama? VALENTINO
Sì, e siamo fidanzati. Anzi, ti dirò di più: sono decisi anche il momento delle nozze e un astuto piano di fuga: come mi arrampicherò fino alla sua finestra, la scala di corda, e tutti gli altri mezzi pensati e predisposti per darmi la felicità. Buon Proteo, vieni con me in camera mia, per aiutarmi in quest’impresa con il tuo consiglio. PROTEO
Vai avanti tu, ti raggiungo in un attimo. Devo andare al molo a prendere alcune cose che mi servono, e poi sono subito da te. VALENTINO
Fai presto? PROTEO
Sì. Esce Valentino Proprio come un fuoco allontana un altro fuoco, o come con forza chiodo scaccia chiodo, il ricordo del mio primo amore è spodestato da qualcosa di nuovo. Saranno i miei occhi o le lodi di Valentino, la sua alta perfezione o il mio basso tradimento a farmi ragionare
91
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 5
That makes me, reasonless, to reason thus? She is fair, and so is Julia that I love – That I did love, for now my love is thawed, Which like a waxen image ’gainst a fire Bears no impression of the thing it was. Methinks my zeal to Valentine is cold, And that I love him not as I was wont. O, but I love his lady too-too much, And that’s the reason I love him so little. How shall I dote on her with more advice, That thus without advice begin to love her? ’Tis but her picture I have yet beheld, And that hath dazzled my reason’s light. But when I look on her perfections There is no reason but I shall be blind. If I can check my erring love I will, If not, to compass her I’ll use my skill. 2.5
200
205
210 Exit
Enter Speed, and Lance with his dog Crab
SPEED Lance, by mine honesty, welcome to Milan.m LANCE Forswear not thyself, sweet youth, for I am not
welcome. I reckon this always, that a man is never undone till he be hanged, nor never welcome to a place till some certain shot be paid and the hostess say ‘Welcome’. SPEED Come on, you madcap. I’ll to the alehouse with you presently, where, for one shot of five pence, thou shalt have five thousand welcomes. But sirrah, how did thy master part with Madam Julia? LANCE Marry, after they closed in earnest they parted very fairly in jest. SPEED But shall she marry him? LANCE No. SPEED How then, shall he marry her? LANCE No, neither. 1. Milan: emend. tardo (Pope); in F Padua = “Padova”. 92
6
10
15
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 5
così, senza ragione? Lei è bella, ma lo è anche Giulia, che amo – anzi, che amavo, perché ormai il mio amore si dissolve e, come una figura di cera accanto al fuoco, non reca più segni di ciò che era. Penso che la mia devozione a Valentino si sia raffreddata e di non volergli più bene come un tempo. Ah, ma la sua donna l’amo fin troppo, ed ecco perché lui l’amo così poco! Ma come potrò darle la mia considerazione, se ho iniziato ad amarla da sconsiderato? Finora ho contemplato solo la sua immagine, che mi ha abbagliato il lume della ragione. Ma se il mio sguardo si posa sulla sua perfezione, non c’è ragione che io non ne sia accecato. Se riuscirò a frenare il mio amore sbagliato, bene; altrimenti, per conquistarla, userò tutte le mie arti. Esce II, 5
Entrano Svelto e Lancia con il cane Ringhio82
SVELTO
Lancia, in tutta onestà, benvenuto a Milano. LANCIA
Non sbugiardarti, caro giovanotto, perché non sono il benvenuto. Penso sempre che un uomo non sia finito finché non pende dalla forca, né benvenuto in un posto finché non abbia pagato i suoi conti e l’ostessa non gli abbia detto “benvenuto”. SVELTO
Dai, mattacchione! Andiamo subito all’osteria, dove pagando un conto di cinque soldi ne avrai cinquemila di benvenuti. Ma, ragazzo, come si è separato il tuo padrone dalla signora Giulia? LANCIA
Be’, gli abbracci se li sono scambiati sul serio e poi si sono separati per finta. SVELTO
Ma lei lo sposerà? LANCIA
No. SVELTO
Ma allora lui sposerà lei? LANCIA
No, nemmeno. 93
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 5
SPEED What, are they broken? LANCE No, they are both as whole as a fish. SPEED Why then, how stands the matter with them? LANCE Marry, thus: when it stands well with him it
stands well with her.
21
SPEED What an ass art thou! I understand thee not. LANCE What a block art thou, that thou canst not! My
staff understands me. SPEED What thou sayst?
25
LANCE Ay, and what I do too. Look thee, I’ll but lean,
and my staff under-stands me. SPEED It stands under thee indeed. LANCE Why, stand-under and under-stand is all one. SPEED But tell me true, will’t be a match?
30
LANCE Ask my dog. If he say ‘Ay’, it will. If he say ‘No’,
it will. If he shake his tail and say nothing, it will. SPEED The conclusion is, then, that it will. LANCE Thou shalt never get such a secret from me but
by a parable. SPEED ’Tis well that I get it so. But Lance, how sayst thou
that my master is become a notable lover? LANCE I never knew him otherwise.
94
35
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 5
SVELTO
Come mai? Hanno rotto? E stanno male? LANCIA
No, no, sono entrambi sani come un pesce83. SVELTO
Ma allora come stanno le cose tra loro? LANCIA
Càspita, stanno così: se sta bene a lui, sta bene anche a lei84. SVELTO
Ma che asino che sei! Non ti seguo. LANCIA
E tu che testone sei, che non ce la fai! Anche il mio bastone riesce a venirmi dietro. SVELTO
Che cosa dici? LANCIA
Sì, in cosa dico e anche in cosa faccio. Guarda qua, io lo impugno, e lui viene. SVELTO
Eh, sì, guarda lì come viene. LANCIA
Certo, vengo io e viene pure lui. SVELTO
Ma a parte gli scherzi, il matrimonio si farà? LANCIA
Chiedi al mio cane. Se dice “sì”, si farà. Se dice “no”, si farà. Se scodinzola e non dice nulla, si farà. SVELTO
La conclusione, dunque, è che si farà. LANCIA
Non saprai mai da me un tale segreto se non per allegorie. SVELTO
Meglio così. Ma Lancia, come fai a dire che il mio padrone è diventato un vero Romeo?85 LANCIA
Che io sappia, non è mai stato altrimenti.
95
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 6
SPEED Than how? LANCE A notable lubber, as thou reportest him to be.
40
SPEED Why, thou whoreson ass, thou mistak’st me. LANCE Why, fool, I meant not thee, I meant thy master. SPEED I tell thee my master is become a hot lover. LANCE Why, I tell thee I care not, though he burn himself
in love. If thou wilt, go with me to the alehouse. If not, thou art an Hebrew, a Jew, and not worth the name of a Christian.n SPEED Why? LANCE Because thou hast not so much charity in thee as to go to the ale with a Christian. Wilt thou go? SPEED At thy service. Exeunt 2.6
47
50
Enter Proteus
PROTEUS
To leave my Julia shall I be forsworn; To love fair Silvia shall I be forsworn; To wrong my friend I shall be much forsworn. And e’en that power which gave me first my oath Provokes me to this threefold perjury. Love bade me swear, and love bids me forswear. O sweet-suggesting love, if thou hast sinned Teach me, thy tempted subject, to excuse it. At first I did adore a twinkling star, But now I worship a celestial sun. Unheedful vows may heedfully be broken, And he wants wit that wants resolvèd will To learn his wit t’exchange the bad for better. Fie, fie, unreverent tongue, to call her bad Whose sovereignty so oft thou hast preferred With twenty thousand soul-confirming oaths.
5
10
15
45. Wilt: emend. tardo (Knight); in F. wilt = “se verrai con me all’osteria”. 96
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 6
SVELTO
Cioè? LANCIA
Un vero babbeo, come dici tu. SVELTO
Ma vai va’, figlio di buona donna, non mi hai capito. LANCIA
Non te, scemo, intendevo il tuo padrone. SVELTO
Ti dico che il mio padrone è diventato un focoso Romeo. LANCIA
Ebbene, ti dico che non m’importa neanche se si ustiona per amore. Se ti va, vieni con me all’osteria. Altrimenti, sei un ebreo, un giudeo, e non meriti di essere chiamato cristiano. SVELTO
E perché mai? LANCIA
Perché non sei abbastanza caritatevole da dare da bere a un cristiano assetato86. Vieni? SVELTO
Al tuo servizio. Escono II, 6
Entra Proteo87
PROTEO
Lasciare la mia Giulia è da spergiuro; amare la bella Silvia è da spergiuro; tradire il mio amico è ancor più da spergiuro. E proprio quella forza che un tempo mi ha indotto a promettere, mi induce a questa triplice bestemmia. L’amore mi ha fatto giurare, e ora mi fa spergiurare. O amore seducente, se hai peccato, insegna a me, tuo suddito caduto in tentazione, il perdono! All’inizio adoravo una stella lucente, ma ora venero un sole celestiale. È cosa avveduta rompere una promessa disavveduta, e non ha cervello chi manca della risolutezza necessaria per imporre88 al proprio cervello di sostituire il peggio con il meglio. Vergogna, lingua irrispettosa, che hai definito “peggio” colei che spesso chiamavi sovrana, e preferivi a tutte a suon di giuramenti sulla tua stessa anima! Non pos97
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 7
I cannot leave to love, and yet I do. But there I leave to love where I should love. Julia I lose, and Valentine I lose. If I keep them I needs must lose myself. If I lose them, thus find I by their loss For Valentine, myself, for Julia, Silvia. I to myself am dearer than a friend, For love is still most precious in itself, And Silvia – witness heaven that made her fair – Shows Julia but a swarthy Ethiope. I will forget that Julia is alive, Rememb’ring that my love to her is dead, And Valentine I’ll hold an enemy, Aiming at Silvia as a sweeter friend. I cannot now prove constant to myself Without some treachery used to Valentine. This night he meaneth with a corded ladder To climb celestial Silvia’s chamber-window, Myself in counsel his competitor. Now presently I’ll give her father notice Of their disguising and pretended flight, Who, all enraged, will banish Valentine; For Thurio he intends shall wed his daughter. But Valentine being gone, I’ll quickly cross By some sly trick blunt Thurio’s dull proceeding. Love, lend me wings to make my purpose swift, As thou hast lent me wit to plot this drift. 2.7
20
25
30
35
40
Exit
Enter Julia and Lucetta
JULIA
Counsel, Lucetta. Gentle girl, assist me, And e’en in kind love I do conjure thee, Who art the table wherein all my thoughts Are visibly charactered and engraved, To lesson me, and tell me some good mean How with my honour I may undertake A journey to my loving Proteus. 98
5
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 7
so smettere di amare, eppure smetto, e proprio là dove più dovrei amare. Giulia la perdo, e Valentino pure. Se decido di non perderli, devo perdere me stesso. Se li perdo, in compenso trovo per Valentino me stesso, per Giulia, Silvia. Io a me stesso sono più caro di un amico, l’amore è preziosissimo di per sé, e Silvia – mi è testimone il cielo che l’ha creata bella e luminosa – fa sembrare Giulia una scura etiope89. Mi scorderò che Giulia è viva, ricordando che il mio amore per lei è morto, e Valentino lo considererò un nemico, puntando all’amicizia più dolce di Silvia. Non posso dimostrarmi costante verso me stesso senza tradire in qualche modo Valentino. Stasera vuole arrampicarsi su una scala di corda fino alla finestra della celestiale Silvia, con la mia complicità segreta90. Avvertirò subito dei loro piani di fuga suo padre, che, infuriato, bandirà Valentino dalla città, perché vuole che sia Turio a sposare sua figlia. Ma una volta che Valentino se ne sarà andato, in men che non si dica sventerò i goffi piani di quello stolto di Turio. Amore, dammi le ali per coronare in fretta i miei piani, come mi hai dato l’ingegno per ordire questa trama. Esce Entrano Giulia e Lucetta91
II, 7 GIULIA
Consigliami92, Lucetta. Cara fanciulla, aiutami, e anche in amore, ti prego, tu che sei la tavola su cui tutti i miei pensieri sono scritti e impressi, insegnami un modo decoroso per raggiungere il mio amato Proteo.
99
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 7
LUCETTA
Alas, the way is wearisome and long. JULIA
A true-devoted pilgrim is not weary To measure kingdoms with his feeble steps. Much less shall she that hath love’s wings to fly, And when the flight is made to one so dear, Of such divine perfection as Sir Proteus.
10
LUCETTA
Better forbear till Proteus make return. JULIA
O, know’st thou not his looks are my soul’s food? Pity the dearth that I have pinèd in By longing for that food so long a time. Didst thou but know the inly touch of love Thou wouldst as soon go kindle fire with snow As seek to quench the fire of love with words.
15
20
LUCETTA
I do not seek to quench your love’s hot fire, But qualify the fire’s extreme rage, Lest it should burn above the bounds of reason. JULIA
The more thou damm’st it up, the more it burns. The current that with gentle murmur glides, Thou know’st, being stopped, impatiently doth rage. But when his fair course is not hinderèd He makes sweet music with th’enamelled stones, Giving a gentle kiss to every sedge He overtaketh in his pilgrimage. And so by many winding nooks he strays With willing sport to the wild ocean. Then let me go, and hinder not my course. I’ll be as patient as a gentle stream, And make a pastime of each weary step Till the last step have brought me to my love. And there I’ll rest as after much turmoil A blessèd soul doth in Elysium. 100
25
30
35
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 7
LUCETTA
Ahimè, la strada è lunga e faticosa. GIULIA
Il pellegrino davvero devoto non si stanca di misurare interi regni con i suoi deboli passi. Ancor meno la donna che abbia le ali dell’amore per volare, tanto più se vola da un uomo diletto e di perfezione divina come Proteo. LUCETTA
Meglio aspettare che Proteo torni. GIULIA
Ah, non sai che i suoi sguardi sono cibo per la mia anima? Abbi pietà per l’inedia in cui mi struggo per aver desiderato quel cibo tanto a lungo. Se solo sapessi come l’amore ti attanaglia dentro, preferiresti accendere il fuoco con la neve che cercare di spegnere il fuoco dell’amore con le parole. LUCETTA
Non cerco di spegnere il fuoco ardente del vostro amore, ma di smorzarne la furia estrema, che non divampi oltre i limiti della ragione. GIULIA
Più lo argini, più brucia. Come sai, il torrente che scorre con un lieve mormorio, se trova un ostacolo, infuria impaziente. Ma se il suo placido corso non viene impedito, produce una soave musica con le pietre smaltate, posando un lieve bacio su ogni giunco che lambisce nel suo pellegrinaggio. Così, tracciando numerose anse, vaga vivace e divertito fino all’oceano tumultuoso. Lasciami dunque andare, e non ostacolare il mio cammino. Sarò paziente come un fiume pacifico, e ogni faticoso passo sarà un divertimento, finché l’ultimo non mi porterà dal mio amore. E lì mi fermerò come fa, dopo tanto penare, un’anima benedetta nell’Eliso93.
101
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 7
LUCETTA
But in what habit will you go along? JULIA
Not like a woman, for I would prevent The loose encounters of lascivious men. Gentle Lucetta, fit me with such weeds As may beseem some well-reputed page.
40
LUCETTA
Why then, your ladyship must cut your hair. JULIA
No, girl, I’ll knit it up in silken strings With twenty odd-conceited true-love knots. To be fantastic may become a youth Of greater time than I shall show to be.
45
LUCETTA
What fashion, madam, shall I make your breeches? JULIA
That fits as well as ‘Tell me, good my lord, What compass will you wear your farthingale?’ Why, e’en what fashion thou best likes, Lucetta.
50
LUCETTA
You must needs have them with a codpiece, madam. JULIA
Out, out, Lucetta. That will be ill-favoured. LUCETTA
A round hose, madam, now’s not worth a pin Unless you have a codpiece to stick pins on.
55
JULIA
Lucetta, as thou lov’st me let me have What thou think’st meet and is most mannerly. But tell me, wench, how will the world repute me For undertaking so unstaid a journey? I fear me it will make me scandalized. LUCETTA
If you think so, then stay at home, and go not. JULIA Nay, that I will not.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 7
LUCETTA
Ma con che abiti viaggerete? GIULIA
Non quelli di una donna94, onde evitare le profferte immorali degli uomini lascivi. Cara Lucetta, preparami degli abiti che si addicano a un paggio di buon livello. LUCETTA
Ma allora vossignoria dovrà tagliarsi i capelli. GIULIA
No, ragazza, li legherò con nastri di seta in nodi di vero amore dalle forme elaborate. Essere stravagante si conviene anche a un giovane di età maggiore di quella che dimostrerò io. LUCETTA
Signora, come devo fare i pantaloni? GIULIA
Che è un po’ come dire “Di grazia, buonuomo, quanto portate larga la sottana?” Falli come vuoi tu, Lucetta. LUCETTA
Dovete per forza portarli con la braghetta95, signora. GIULIA
No, dai, Lucetta. Non sta bene… LUCETTA
Le braghe a sbuffo, signora, al giorno d’oggi non valgono uno spillo, se non avete una braghetta puntaspilli96. GIULIA
Lucetta, se mi vuoi bene, procurami quel che pensi sia più adatto e dignitoso97. Ma dimmi, fanciulla, cosa penseranno di me per aver intrapreso un viaggio tanto azzardato? Temo di dare scandalo. LUCETTA
Se la pensate così, non partite: restatevene a casa. GIULIA
No, non ci penso proprio.
103
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 2 SCENE 7
LUCETTA
Then never dream on infamy, but go. If Proteus like your journey when you come, No matter who’s displeased when you are gone. I fear me he will scarce be pleased withal.
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JULIA
That is the least, Lucetta, of my fear. A thousand oaths, an ocean of his tears, And instances of infinite of love Warrant me welcome to my Proteus.
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LUCETTA
All these are servants to deceitful men. JULIA
Base men, that use them to so base effect. But truer stars did govern Proteus’ birth. His words are bonds, his oaths are oracles, His love sincere, his thoughts immaculate, His tears pure messengers sent from his heart, His heart as far from fraud as heaven from earth.
75
LUCETTA
Pray heaven he prove so when you come to him. JULIA
Now, as thou lov’st me, do him not that wrong To bear a hard opinion of his truth. Only deserve my love by loving him, And presently go with me to my chamber To take a note of what I stand in need of To furnish me upon my longing journey. All that is mine I leave at thy dispose, My goods, my lands, my reputation; Only in lieu thereof dispatch me hence. Come, answer not, but to it presently. I am impatient of my tarriance.
104
80
85
Exeunt
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO II SCENA 7
LUCETTA
E allora non pensate neanche al disonore e andate. Se a Proteo farà piacere il vostro arrivo, non importa chi sia dispiaciuto della vostra partenza. Temo però che non ne sarà molto contento. GIULIA
Lucetta, questo è l’ultimo dei miei timori. Mille giuramenti, un oceano delle sue lacrime e i segni di un amore infinito mi assicurano che il mio Proteo mi darà il benvenuto. LUCETTA
Sono tutte armi ad uso dei seduttori. GIULIA
Uomini vili, quelli che le usano per tali vili scopi. Ma stelle più fidate hanno presieduto alla nascita di Proteo. Le sue parole sono vincoli, i suoi giuramenti oracoli, il suo amore sincero, i suoi pensieri immacolati, le sue lacrime messaggeri puri inviati dal cuore, il suo cuore lontano dall’inganno come il cielo dalla terra. LUCETTA
Preghiamo il cielo che sia così, quando arriverete. GIULIA
Ora, se mi vuoi bene, non fargli il torto di nutrire una pessima opinione della sua lealtà. Meritati il mio amore amando lui, e vieni subito con me nella mia stanza, a prendere nota di quello che mi serve per questo viaggio che tanto desidero. Tutto ciò che è mio lo metto a tua disposizione: i miei beni, le mie terre, la mia fama; basta che in cambio tu mi faccia partire di qui. Su, niente commenti, ma datti da fare. Non sopporto più questi indugi! Escono
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
3.1
Enter Duke, Thurio, and Proteus
DUKE
Sir Thurio, give us leave, I pray, awhile. We have some secrets to confer about. Exit Thurio Now tell me, Proteus, what’s your will with me? PROTEUS
My gracious lord, that which I would discover The law of friendship bids me to conceal. But when I call to mind your gracious favours Done to me, undeserving as I am, My duty pricks me on to utter that Which else no worldly good should draw from me. Know, worthy prince, Sir Valentine my friend This night intends to steal away your daughter. Myself am one made privy to the plot. I know you have determined to bestow her On Thurio, whom your gentle daughter hates, And should she thus be stol’n away from you It would be much vexation to your age. Thus, for my duty’s sake, I rather chose To cross my friend in his intended drift Than by concealing it heap on your head A pack of sorrows which would press you down, Being unprevented, to your timeless grave.
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DUKE
Proteus, I thank thee for thine honest care, Which to requite command me while I live. This love of theirs myself have often seen, Haply, when they have judged me fast asleep, And oftentimes have purposed to forbid Sir Valentine her company and my court. But fearing lest my jealous aim might err, And so unworthily disgrace the man – A rashness that I ever yet have shunned – I gave him gentle looks, thereby to find That which thyself hast now disclosed to me. And that thou mayst perceive my fear of this, 106
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
Entrano il Duca, Turio e Proteo98
III, 1 DUCA
Ser Turio, vi prego, lasciateci soli per un momento. Abbiamo delle questioni private di cui parlare. Esce Turio E adesso dimmi, Proteo, che cosa volevi? PROTEO
Gentile signore, ciò che vorrei rivelare le leggi dell’amicizia mi impongono di nasconderlo. Ma se ripenso a tutti i favori che mi avete fatto, per quanto ne fossi indegno, il dovere mi spinge a dire ciò che altrimenti nessun bene terreno potrebbe cavarmi di bocca. Sappiate, nobile principe, che il mio amico Valentino stanotte intende rapire vostra figlia. Io sono stato messo al corrente di questa trama. So che avete deciso di dare la vostra gentile figlia in sposa a Turio – che lei non sopporta – e, se ve la portassero via in tal modo, per un uomo della vostra età sarebbe un grande dolore. È dunque per senso del dovere che ho scelto di impedire il piano del mio amico piuttosto che addossarvi, occultandolo, un carico di patimenti che, se non scongiurati, vi precipiterebbero anzitempo nella tomba. DUCA
Proteo, ti ringrazio della tua sincera preoccupazione, per la quale ti sarò debitore finché avrò vita. Questo loro amore l’ho notato tante volte, ad esempio quando mi credevano addormentato, e spesso mi sono proposto di bandire Valentino dalla sua compagnia e dalla mia corte. Temendo però di essere indotto in errore dalla gelosia, e dunque di rovinare un uomo ingiustamente – gesto impulsivo che ho sempre cercato di evitare – ho continuato a trattarlo con benevolenza allo scopo di scoprire ciò che tu adesso mi hai rivelato. E per renderti partecipe dei miei timori, sapendo quant’è facile
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
Knowing that tender youth is soon suggested, I nightly lodge her in an upper tower, The key whereof myself have ever kept; And thence she cannot be conveyed away.
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PROTEUS
Know, noble lord, they have devised a mean How he her chamber-window will ascend, And with a corded ladder fetch her down, For which the youthful lover now is gone, And this way comes he with it presently, Where, if it please you, you may intercept him. But, good my lord, do it so cunningly That my discovery be not aimèd at; For love of you, not hate unto my friend, Hath made me publisher of this pretence.
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45
DUKE
Upon mine honour, he shall never know That I had any light from thee of this. PROTEUS
Adieu, my lord. Sir Valentine is coming.
Exit
Enter Valentine DUKE
Sir Valentine, whither away so fast?
51
VALENTINE
Please it your grace, there is a messenger That stays to bear my letters to my friends, And I am going to deliver them. DUKE Be they of much import?
55
VALENTINE
The tenor of them doth but signify My health and happy being at your court. DUKE
Nay then, no matter. Stay with me awhile. I am to break with thee of some affairs That touch me near, wherein thou must be secret.
108
60
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
tentare99 una giovane fanciulla, di notte la faccio dormire in cima a una torre, in una stanza la cui chiave conservo sempre personalmente; nessuno, dunque, può portarmela via. PROTEO
Sappiate, nobile signore, che hanno escogitato un sistema che permetterà a Valentino di raggiungere la finestra della sua stanza e di farla discendere con una scala di corda, che il giovane innamorato è andato a prendere e con cui ora si dirige da questa parte, dove se vorrà potrà incrociarlo. Ma mio buon signore, sia accorto: non gli faccia indovinare il mio contributo100 in tutto questo; mi sono fatto delatore di questo inganno per amor vostro, non per odio del mio amico. DUCA
Sul mio onore, non saprà mai che sei stato tu a rivelarmelo. PROTEO
Arrivederci, mio signore. Arriva Valentino. Esce Entra Valentino DUCA
Valentino, dove vai così di fretta? VALENTINO
Con il vostro permesso, c’è un messaggero che aspetta che gli consegni le lettere da portare ai miei amici. DUCA
Sono molto importanti? VALENTINO
Dicono solo che alla vostra corte sto bene e sono contento. DUCA
E allora niente di urgente: rimani con me per un po’. Vorrei confidarti alcune questioni che mi riguardano da vicino e di cui non
109
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
’Tis not unknown to thee that I have sought To match my friend Sir Thurio to my daughter. VALENTINE
I know it well, my lord; and sure the match Were rich and honourable. Besides, the gentleman Is full of virtue, bounty, worth, and qualities Beseeming such a wife as your fair daughter. Cannot your grace win her to fancy him?
65
DUKE
No, trust me. She is peevish, sullen, froward, Proud, disobedient, stubborn, lacking duty, Neither regarding that she is my child Nor fearing me as if I were her father. And may I say to thee, this pride of hers Upon advice hath drawn my love from her, And where I thought the remnant of mine age Should have been cherished by her child-like duty, I now am full resolved to take a wife, And turn her out to who will take her in. Then let her beauty be her wedding dower, For me and my possessions she esteems not.
70
75
VALENTINE
What would your grace have me to do in this?
80
DUKE
There is a lady of Verona hereo Whom I affect, but she is nice, and coy, And naught esteems my agèd eloquence. Now therefore would I have thee to my tutor – For long agone I have forgot to court, Besides, the fashion of the time is changed – How and which way I may bestow myself To be regarded in her sun-bright eye.
85
81. Of Verona: emend. tardo (Halliwell); in F in Verona = “a Verona”. Probabilmente Shakespeare è responsabile dell’anomalia, residuo di una stesura precedente. 110
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
devi dire nulla a nessuno. Per te non è una novità che sto cercando di far sposare mia figlia con il mio amico Turio. VALENTINO
Lo so bene, mio signore; e di certo sarebbe un matrimonio prospero e onorato. Inoltre, si tratta di un uomo di virtù, ricchezza, valore e qualità cui si addice una moglie come la vostra bella figlia. Vostra grazia non l’ha convinta ad accettarlo? DUCA
No davvero. È irascibile, astiosa, intrattabile, superba, disobbediente, testarda, irrispettosa, e non si comporta da figlia né mi teme come si teme un padre. E ti dirò, questa sua superbia l’ha giustamente allontanata dal mio amore, e se prima pensavo che quanto mi resta da vivere dovesse essere allietato dal suo affetto di figlia, adesso sono assolutamente deciso a prender moglie, e a mandar lei via da chi se la pigli. E che la sua bellezza sia la sua unica dote, dacché non tiene in alcun conto né me né le mie sostanze. VALENTINO
E vostra grazia che parte mi riserva in tutto questo? DUCA
Qui c’è una donna di Verona per cui nutro un sentimento, ma che è timida e ritrosa, e non subisce il fascino della mia eloquenza di uomo maturo. Vorrei perciò che mi insegnassi − avendo scordato da tanto come si corteggia, ed essendo cambiati i tempi – come mi devo comportare per attirare il suo sguardo luminoso come il sole.
111
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
VALENTINE
Win her with gifts if she respect not words. Dumb jewels often in their silent kind More than quick words do move a woman’s mind.
90
DUKE
But she did scorn a present that I sent her. VALENTINE
A woman sometime scorns what best contents her. Send her another. Never give her o’er, For scorn at first makes after-love the more. If she do frown, ’tis not in hate of you, But rather to beget more love in you. If she do chide, ’tis not to have you gone, Forwhy the fools are mad if left alone. Take no repulse, whatever she doth say: For ‘Get you gone’ she doth not mean ‘Away’. Flatter and praise, commend, extol their graces; Though ne’er so black, say they have angels’ faces. That man that hath a tongue I say is no man If with his tongue he cannot win a woman.
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100
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DUKE
But she I mean is promised by her friends Unto a youthful gentleman of worth, And kept severely from resort of men, That no man hath access by day to her. VALENTINE
Why then I would resort to her by night.
110
DUKE
Ay, but the doors be locked and keys kept safe, That no man hath recourse to her by night. VALENTINE
What lets but one may enter at her window? DUKE
Her chamber is aloft, far from the ground, And built so shelving that one cannot climb it Without apparent hazard of his life.
112
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
VALENTINO
Conquistatela con i regali se non dà ascolto alle parole. Spesso i muti gioielli, nel loro silenzio, fan colpo su una donna più di tante belle parole. DUCA
Eppure ha disprezzato un mio regalo. VALENTINO
La donna talvolta disprezza quello che più le piace. Mandategliene un altro. Non datele tregua, ché chi dapprima disprezza poi ama più intensamente. Se vi tiene il broncio, non è per odio, bensì per accendere in voi ancora più amore. Se vi rimprovera, non è per allontanarvi, perché queste sciocche smaniano se le si lascia sole. Non accettate rifiuti, checché vi dica, perché con “levatevi dai piedi” lei non intende “andate via”. Lusingate e lodate, elogiate, esaltatene le virtù; per quanto brutta, dite che ha il volto di un angelo101. L’uomo che abbia la lingua non è un uomo, a parer mio, se con la lingua102 non riesce a conquistare una donna. DUCA
Ma mi dicono che è stata promessa dai suoi amici a un giovane nobiluomo di rango, e che viene tenuta ben a distanza dal consorzio umano, sicché di giorno nessuno la può avvicinare. VALENTINO
Allora andrei da lei di notte. DUCA
Certo, ma le porte sono chiuse e le chiavi tenute al sicuro: non la si può vedere neppure di notte. VALENTINO
Che cosa vi vieta di entrare dalla finestra? DUCA
La sua stanza è in posizione elevata e impervia, e aggetta in tal modo che non la si può raggiungere se non a evidente rischio della vita.
113
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
VALENTINE
Why then, a ladder quaintly made of cords To cast up, with a pair of anchoring hooks, Would serve to scale another Hero’s tower, So bold Leander would adventure it.
120
DUKE
Now as thou art a gentleman of blood, Advise me where I may have such a ladder. VALENTINE
When would you use it? Pray sir, tell me that. DUKE
This very night; for love is like a child That longs for everything that he can come by.
125
VALENTINE
By seven o’clock I’ll get you such a ladder. DUKE
But hark thee: I will go to her alone. How shall I best convey the ladder thither? VALENTINE
It will be light, my lord, that you may bear it Under a cloak that is of any length.
130
DUKE
A cloak as long as thine will serve the turn? VALENTINE
Ay, my good lord. Then let me see thy cloak, I’ll get me one of such another length.
DUKE
VALENTINE
Why, any cloak will serve the turn, my lord. DUKE
How shall I fashion me to wear a cloak? I pray thee let me feel thy cloak upon me. He lifts Valentine’s cloak and finds a letter and a rope-ladder
114
135
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
VALENTINO
Be’, allora una scala di corda bella robusta, da lanciare in alto, che si ancori a due uncini, basterebbe a scalare un’altra torre di Ero, se un audace Leandro103 si arrischiasse. DUCA
Tu che sei un vero gentiluomo, dimmi dove posso trovare una scala così. VALENTINO
Ditemi, vi prego, quando vorreste usarla. DUCA
Stanotte stessa, ché l’amore è come un bimbo, che brama tutto quello che gli viene sottomano. VALENTINO
Per le sette ve la farò avere. DUCA
Ascolta, però: io da lei ci voglio andare da solo. Qual è il modo migliore per portare la scala? VALENTINO
Mio signore, sarà abbastanza leggera da portarla sotto un mantello di una certa lunghezza. DUCA
Uno come il tuo servirà allo scopo? VALENTINO
Sì, mio buon signore. DUCA
Allora fammi vedere il tuo mantello, così me ne procuro uno di lunghezza simile. VALENTINO
Be’, ne andrà bene uno qualunque, mio signore. DUCA
Ma come dovrò indossarlo? Ti prego, fammelo provare. Solleva il mantello di Valentino e vi trova una lettera e una scala di corda
115
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
What letter is this same? What’s here? ‘To Silvia’? And here an engine fit for my proceeding. I’ll be so bold to break the seal for once. (Reads) ‘My thoughts do harbour with my Silvia nightly, And slaves they are to me, that send them flying. O, could their master come and go as lightly, Himself would lodge where, senseless, they are lying. My herald thoughts in thy pure bosom rest them, While I, their king, that thither them importune, Do curse the grace that with such grace hath blessed them, Because myself do want my servants’ fortune. I curse myself for they are sent by me, That they should harbour where their lord should be.’ What’s here? ‘Silvia, this night I will enfranchise thee’? ’Tis so, and here’s the ladder for the purpose. Why, Phaëton, for thou art Merops’ son Wilt thou aspire to guide the heavenly car, And with thy daring folly burn the world? Wilt thou reach stars because they shine on thee? Go, base intruder, over-weening slave, Bestow thy fawning smiles on equal mates, And think my patience, more than thy desert, Is privilege for thy departure hence. Thank me for this more than for all the favours Which, all too much, I have bestowed on thee. But if thou linger in my territories Longer than swiftest expedition Will give thee time to leave our royal court, By heaven, my wrath shall far exceed the love I ever bore my daughter or thyself. Be gone. I will not hear thy vain excuse, But as thou lov’st thy life, make speed from hence. Exit 116
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
Cos’è questa lettera? Come? “A Silvia”? E uno strumento perfetto per i miei intenti. Stavolta avrò l’ardire di rompere il sigillo. (Legge) “La notte i miei pensieri dimorano da Silvia104, e mi sono schiavi, ché io li libro in volo. Ah, se il loro padrone potesse muoversi con altrettanta leggiadria, dimorerebbe insieme a loro, che ignorano di avere un tale onore. I miei araldi si riposano sul tuo casto grembo, mentre io, loro re, che ordino loro di venire da te, maledico la grazia che con tanta grazia li ha inondati, perché io stesso invidio la sorte dei miei servi. Mi maledico perché li mando io, a dimorare dove dovrebbe stare il loro padrone”. E che altro abbiamo? “Silvia, stanotte ti libererò”? Allora le cose stanno così, ed ecco la scala che serve allo scopo. Ebbene, Fetonte105, da bravo figlio di Merope, aspiri a guidare il carro celeste, e a bruciare il mondo con la tua sventata follia? Vuoi arrivare alle stelle solo perché t’illuminano col loro splendore? Vattene, vile intruso, schiavo presuntuoso, riserva i tuoi sorrisi servili ai tuoi pari, e bada che è la mia pazienza, più che il tuo merito, a concederti il privilegio di potertene andare. Ringraziami per questo più che per tutti gli altri favori che incautamente ti ho elargito. Se però ti tratterrai nei miei territori più del tempo strettamente necessario per lasciare questa corte, il cielo mi è testimone che la mia ira supererà di gran lunga tutto l’amore che abbia mai avuto per mia figlia o per te. Vattene, non me ne starò a sentire le tue insulse scuse; se ci tieni alla vita, sbrigati a lasciare questo posto. Esce
117
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
VALENTINE
And why not death, rather than living torment? To die is to be banished from myself, And Silvia is my self. Banished from her Is self from self, a deadly banishment. What light is light, if Silvia be not seen? What joy is joy, if Silvia be not by – Unless it be to think that she is by, And feed upon the shadow of perfection. Except I be by Silvia in the night There is no music in the nightingale. Unless I look on Silvia in the day There is no day for me to look upon. She is my essence, and I leave to be If I be not by her fair influence Fostered, illumined, cherished, kept alive. I fly not death to fly his deadly doom. Tarry I here I but attend on death, But fly I hence, I fly away from life.
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Enter Proteus and Lance PROTEUS Run, boy, run, run, and seek him out. LANCE So-ho, so-ho! PROTEUS What seest thou?
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LANCE Him we go to find. There’s not a hair on’s head
but ’tis a Valentine. PROTEUS Valentine? VALENTINE No. PROTEUS Who then – his spirit? VALENTINE Neither. PROTEUS What then? VALENTINE Nothing. LANCE Can nothing speak?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
VALENTINO
E perché non la morte, invece di un vivo tormento? Morire è esser bandito da me stesso, ma Silvia e me stesso sono la stessa cosa. Bandirmi da lei è bandire me stesso da me, un esilio mortale! Che luce è la luce, se non si vede Silvia? Che gioia è la gioia, se Silvia non è con me? A meno di non pensare che sia vicina, e nutrirsi dell’ombra della perfezione. Se non sono con Silvia di notte, non c’è musica nel canto dell’allodola. Se non guardo Silvia di giorno, per me non c’è giorno da guardare. È la mia essenza, e smetto di esistere se non sono sostenuto, illuminato, vezzeggiato, tenuto in vita dalla sua leggiadra influenza. Non sfuggo alla morte per sfuggire al suo destino mortale. Se resto qui mi concedo semplicemente alla morte, ma se fuggo di qui, sfuggo alla vita. Entrano Proteo e Lancia PROTEO
Corri, ragazzo, corri e scovalo. LANCIA
Ha, ha106! Dagli alla lepre! PROTEO
Che cosa vedi? LANCIA
Quello che cercavamo. Non c’è la lepre, ma c’è Valentino. PROTEO
Valentino? VALENTINO
No. PROTEO
Chi allora – il suo spirito? VALENTINO
Neanche. PROTEO
Chi dunque? VALENTINO
Nessuno. LANCIA
Nessuno può parlare? 119
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
He threatens Valentine Master, shall I strike?
200
PROTEUS Who wouldst thou strike? LANCE Nothing. PROTEUS Villain, forbear. LANCE Why, sir, I’ll strike nothing. I pray you – PROTEUS
Sirrah, I say forbear. Friend Valentine, a word.
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VALENTINE
My ears are stopped, and cannot hear good news, So much of bad already hath possessed them. PROTEUS
Then in dumb silence will I bury mine, For they are harsh, untuneable, and bad. VALENTINE
Is Silvia dead? No, Valentine.
PROTEUS
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VALENTINE
No Valentine indeed, for sacred Silvia. Hath she forsworn me? PROTEUS No, Valentine. VALENTINE
No Valentine, if Silvia have forsworn me. What is your news? LANCE Sir, there is a proclamation that you are vanished. PROTEUS
That thou art banished. O that’s the news: From hence, from Silvia, and from me thy friend.
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VALENTINE
O, I have fed upon this woe already, And now excess of it will make me surfeit. Doth Silvia know that I am banishèd?
120
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
Minaccia Valentino Padrone, gliele suono? PROTEO
A chi le vuoi suonare? LANCIA
A nessuno. PROTEO
Lascia perdere, mascalzone! LANCIA
Ma, signore, non picchierei nessuno. Vi prego! PROTEO
Ho detto lascia perdere, villano! Valentino, amico mio, una parola. VALENTINO
Ho le orecchie chiuse, che non sentono buone notizie, tante sono le cattive che se ne sono impadronite. PROTEO
Allora seppellirò le mie in un profondo silenzio, perché sono dure, spiacevoli e pessime. VALENTINO
Silvia è morta? PROTEO
Macché, Valentino! VALENTINO
Esatto: macché Valentino, per l’adorata Silvia. Mi ha tradito? PROTEO
Macché, Valentino! VALENTINO
Macché Valentino, se Silvia mi ha tradito. Insomma, che notizie? LANCIA
Signore, c’è un proclama che siete svanito107. PROTEO
Che sei bandito. È questa la notizia: bandito da qui, da Silvia e da me, il tuo amico. VALENTINO
Ah, di questo dolore ne ho già mandato giù parecchio – tanto da averne la nausea. Silvia sa che mi hanno bandito?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
PROTEUS
Ay, ay; and she hath offered to the doom, Which unreversed stands in effectual force, A sea of melting pearl, which some call tears. Those at her father’s churlish feet she tendered, With them, upon her knees, her humble self, Wringing her hands, whose whiteness so became them As if but now they waxèd pale, for woe. But neither bended knees, pure hands held up, Sad sighs, deep groans, nor silver-shedding tears Could penetrate her uncompassionate sire, But Valentine, if he be ta’en, must die. Besides, her intercession chafed him so When she for thy repeal was suppliant That to close prison he commanded her, With many bitter threats of biding there.
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230
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VALENTINE
No more, unless the next word that thou speak’st Have some malignant power upon my life. If so I pray thee breathe it in mine ear, As ending anthem of my endless dolour. PROTEUS
Cease to lament for that thou canst not help, And study help for that which thou lament’st. Time is the nurse and breeder of all good. Here if thou stay thou canst not see thy love. Besides, thy staying will abridge thy life. Hope is a lover’s staff. Walk hence with that, And manage it against despairing thoughts. Thy letters may be here, though thou art hence, Which, being writ to me, shall be delivered Even in the milk-white bosom of thy love. The time now serves not to expostulate. Come, I’ll convey thee through the city gate, And ere I part with thee confer at large
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
PROTEO
Sì, sì; e a questa condanna che, se non viene revocata, andrà ad effetto, ha offerto un mare di perle disciolte, che alcuni chiamano lacrime. Le ha offerte ai rozzi piedi del padre108, umiliandosi in ginocchio e torcendosi le mani, il cui candore calzava loro a pennello, quasi che fossero sbiancate per il dolore. Ma né le ginocchia a terra, né le candide mani protese, né i tristi sospiri o i profondi gemiti, né i fiotti di lacrime argentee sono valsi a smuovere l’impietoso padre: se viene preso, Valentino dovrà morire. Inoltre, le sue suppliche di concederti la grazia l’hanno fatto infuriare a tal punto che l’ha fatta rinchiudere in un’angusta prigione, sotto la dura minaccia di lasciarvela per sempre. VALENTINO
Adesso basta, a meno che la prossima parola che dirai non abbia il potere di porre fine alla mia vita. In questo caso sussurramela all’orecchio, a mo’ di canto funebre per il mio eterno dolore. PROTEO
Smetti di lamentarti di ciò per cui non c’è rimedio, e cerca rimedio a ciò di cui ti lamenti. Il tempo è nutrice e balia di ogni cosa buona. Se resti qui non potrai vedere il tuo amore. Inoltre restare ti accorcerà la vita. La speranza è il bastone dell’amante: allontanati di qui, appoggiatici, e brandiscilo contro i pensieri disperati. Le tue lettere saranno qui, anche se non ci sarai tu, perché se le indirizzerai a me io le consegnerò proprio nel grembo bianco come il latte della tua amata. Ora non è il momento di recriminare. Vieni, ti accompagno oltre le porte della città, così prima di separarci parleremo di tutto
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
Of all that may concern thy love affairs. As thou lov’st Silvia, though not for thyself, Regard thy danger, and along with me.
255
VALENTINE
I pray thee, Lance, an if thou seest my boy Bid him make haste, and meet me at the North Gate. PROTEUS
Go, sirrah, find him out. Come, Valentine. VALENTINE
O my dear Silvia! Hapless Valentine.
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Exeunt Proteus and Valentine LANCE I am but a fool, look you, and yet I have the wit
to think my master is a kind of a knave. But that’s all one, if he be but one knave. He lives not now that knows me to be in love, yet I am in love, but a team of horse shall not pluck that from me, nor who ’tis I love; and yet ’tis a woman, but what woman I will not tell myself; and yet ’tis a milkmaid; yet ’tis not a maid, for she hath had gossips; yet ’tis a maid, for she is her master’s maid, and serves for wages. She hath more qualities than a water-spaniel, which is much in a bare Christian.
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He takes out a paper Here is the catalogue of her conditions. ‘Imprimis, she can fetch and carry’ – why, a horse can do no more. Nay, a horse cannot fetch, but only carry, therefore is she better than a jade. ‘Item, she can milk.’ Look you, a sweet virtue in a maid with clean hands.p
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271. Catalogue: in F Cate-log, in genere ritenuto un gioco di parole sul nome della fanciulla (“Kate-log, catalogo di Kate”), seguendo Bond. Tuttavia la ragazza non viene più nominata, e di log con questo significato non vi sono attestazioni fino al 1679, nell’espressione log book, e fino al 1825 come termine indipendente. La C maiuscola e il trattino di F possono derivare dalla composizione o dalla scrittura amanuense. 124
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
ciò che riguarda questo tuo amore. Non per te, ma perché ami Silvia, guardati dal pericolo e seguimi. VALENTINO
Ti prego, Lancia, se vedi il mio ragazzo, digli di far presto e di incontrarmi alla porta settentrionale. PROTEO
Presto, zuccone, va’ a cercarlo! Vieni, Valentino. VALENTINO
Oh Silvia cara! Infelice Valentino! Escono Proteo e Valentino LANCIA
Non sarò che un povero scemo, sapete, eppure ho abbastanza testa per pensare che il mio padrone è una specie di canaglia. Ma è lo stesso, se è la stessa canaglia109. Non c’è nessuno al mondo che sappia che sono innamorato, eppure è così, ma neanche una pariglia di cavalli riuscirà a cavarmelo fuori, e nemmeno di chi sono innamorato; eppure è una donna, ma non sarò io a dire che donna; eppure è la ragazza che porta il latte; eppure non è più una ragazza110, perché sul suo conto se ne son dette tante; eppure è una ragazza, perché è la ragazza che porta il latte per il lattaio, e si fa pagare per farlo. Ha più qualità di uno spaniel d’acqua, il che non è poco per una cristiana nuda e cruda111. Estrae un foglio Ecco l’elenco delle sue doti112: “Imprimis, sa prendere e portare” – be’, un cavallo non sa fare di meglio. Anzi, un cavallo non sa prendere, ma solo portare, quindi lei è meglio di una giumenta113. “Item, sa mungere”. Però, una grande virtù in una ragazza con le mani pulite.
125
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
Enter Speed SPEED How now, Signor Lance, what news with your
mastership? LANCE With my master’s ship? Why, it is at sea. SPEED Well, your old vice still, mistake the word. What news then in your paper? LANCE The blackest news that ever thou heard’st. SPEED Why, man, how ‘black’? LANCE Why, as black as ink. SPEED Let me read them. LANCE Fie on thee, jolt-head, thou canst not read. SPEED Thou liest. I can. LANCE I will try thee. Tell me this: who begot thee? SPEED Marry, the son of my grandfather. LANCE O illiterate loiterer, it was the son of thy grandmother. This proves that thou canst not read. SPEED Come, fool, come. Try me in thy paper. LANCE (giving Speed the paper) There: and Saint Nicholas be thy speed. SPEED ‘Imprimis, she can milk.’ LANCE Ay, that she can. SPEED ‘Item, she brews good ale.’
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
Entra Svelto SVELTO
Allora, signor Lancia, quali nuove del suo padrone114? LANCIA
La nave del mio padrone? È in mare. SVELTO
Ecco, di nuovo il tuo vecchio vizio115 di fraintendere le parole! Quali novità su quel foglio? LANCIA
Le più nere che tu abbia mai sentito. SVELTO
Ma come, amico, perché “nere”? LANCIA
Nere come l’inchiostro. SVELTO
Fammi leggere. LANCIA
Neanche per sogno, zuccone, tu non sai leggere! SVELTO
Bugiardo. Sì che sono capace. LANCIA
Ti metterò alla prova. Dimmi un po’: chi ti ha generato? SVELTO
Diamine, il figlio di mio nonno. LANCIA
Oh, gingillone analfabeta! È stato il figlio di tua nonna. Il che prova che non sai leggere. SVELTO
Dai, scemo. Fammi provare con il foglio. LANCIA (dà il foglio a Svelto)
Ecco: e che San Nicola ti protegga116. SVELTO
“Imprimis, sa mungere”117. LANCIA
Ah sì, su questo non c’è dubbio. SVELTO
“Item, sa fare della buona birra”. 127
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
LANCE And thereof comes the proverb ‘Blessing of your
heart, you brew good ale’. SPEED ‘Item, she can sew.’ LANCE That’s as much as to say ‘Can she so?’ SPEED ‘Item, she can knit.’ LANCE What need a man care for a stock with a wench when she can knit him a stock? SPEED ‘Item, she can wash and scour.’ LANCE A special virtue, for then she need not be washed and scoured. SPEED ‘Item, she can spin.’ LANCE Then may I set the world on wheels, when she can spin for her living. SPEED ‘Item, she hath many nameless virtues.’ LANCE That’s as much as to say ‘bastard virtues’, that indeed know not their fathers, and therefore have no names. SPEED Here follows her vices. LANCE Close at the heels of her virtues. SPEED ‘Item, she is not to be broken with fasting, in respect of her breath.’q LANCE Well, that fault may be mended with a breakfast. Read on. SPEED ‘Item, she hath a sweet mouth.’
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316. Be broken with: emend. Oxford (Taylor); in F be = “non deve saltare i pasti”; emend. Rowe: be kissed = “non va baciata quando digiuna”. La nostra lettura presuppone un gioco di parole con breakfast. 128
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
LANCIA
E di qui il proverbio “Chi beve birra campa cent’anni”. SVELTO
“Item, sa scopare”118. LANCIA
Che poi è come dire “sa ramazzare”. O no? SVELTO
“Item, sa fare la maglia”. LANCIA
A che serve farsi ammaliare da una ragazza se lei ti sa fare la maglia119? SVELTO
“Item, sa strigliare e ripassare”120. LANCIA
Virtù squisita, così non ha bisogno di una strigliata e di una ripassata. SVELTO
“Item, sa filare”121. LANCIA
Dunque tutto filerà alla grande, se per guadagnarsi da vivere può sempre filare. SVELTO
“Item, ha molte virtù innominate”122. LANCIA
Che è come dire “virtù bastarde”, che non hanno conosciuto il padre e per questo non hanno nome. SVELTO
Seguono i vizi. LANCIA
Alle calcagna delle virtù. SVELTO
“Item, non bisogna farle saltare i pasti123, ché le viene l’alito cattivo”. LANCIA
Be’, a questo si rimedia con un pranzo. Continua. SVELTO
“Item, ha una bocca di rosa”124.
129
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
LANCE That makes amends for her sour breath. SPEED ‘Item, she doth talk in her sleep.’ LANCE It’s no matter for that, so she sleep not in her talk.r SPEED ‘Item, she is slow in words.’ LANCE O villain, that set this down among her vices! To
be slow in words is a woman’s only virtue. I pray thee out with’t, and place it for her chief virtue.s SPEED ‘Item, she is proud.’ LANCE Out with that, too. It was Eve’s legacy, and cannot be ta’en from her. SPEED ‘Item, she hath no teeth.’ LANCE I care not for that, neither, because I love crusts. SPEED ‘Item, she is curst.’ LANCE Well, the best is, she hath no teeth to bite. SPEED ‘Item, she will often praise her liquor.’ LANCE If her liquor be good, she shall. If she will not, I will; for good things should be praised. SPEED ‘Item, she is too liberal.’ LANCE Of her tongue she cannot, for that’s writ down she is slow of. Of her purse she shall not, for that I’ll keep shut. Now of another thing she may, and that cannot I help. Well, proceed. SPEED ‘Item, she hath more hair than wit, and more faults than hairs, and more wealth than faults.’
327
330
335
342
323. Talke: così in F3; in F2 take = “così non perde la presa” con un pun tra so she sleep not e so she slip not. 325. Villaine: così in F3; in F2 villanie = “scelleratezza”. 130
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
LANCIA
Il che compensa l’alito cattivo. SVELTO
“Item, parla mentre dorme”. LANCIA
Quello non importa, così non dorme mentre parla. SVELTO
“Item, parla poco”. LANCIA
Ah, scellerato chi l’ha scritto tra i vizi! Parlare poco è l’unica virtù di una donna. Per favore cancellalo e scrivilo come prima virtù! SVELTO
“Item, è orgogliosa”125. LANCIA
Cancella pure questo. È l’eredità di Eva, e non gliela si può togliere. SVELTO
“Item, è senza denti”. LANCIA
Non m’importa neanche di questo: a me piacciono le croste. SVELTO
“Item, è bisbetica”126. LANCIA
Be’, la cosa positiva è che non ha denti per mordere. SVELTO
“Item, apprezza molto il liquore”. LANCIA
Se il liquore è buono, fa bene. Se non lo fa lei, ci penso io, perché le cose buone vanno apprezzate! SVELTO
“Item, è troppo generosa”. LANCIA
Di lingua non è possibile, perché c’è scritto che parla poco. Di borsa non lo sarà, perché gliela terrò ben chiusa. Poi può esserlo in un altro senso, ma per quello non posso farci niente. Procedi pure. SVELTO
“Item, ha più capelli che cervello127, e più difetti che capelli, e più soldi che difetti”. 131
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 1
LANCE Stop there. I’ll have her. She was mine and not
mine twice or thrice in that last article. Rehearse that once more. SPEED ‘Item, she hath more hair than wit’ – LANCE ‘More hair than wit.’ It may be. I’ll prove it: the cover of the salt hides the salt, and therefore it is more than the salt. The hair that covers the wit is more than the wit, for the greater hides the less. What’s next?t SPEED ‘And more faults than hairs’ – LANCE That’s monstrous. O that that were out! SPEED ‘And more wealth than faults.’ LANCE Why, that word makes the faults gracious. Well, I’ll have her, and if it be a match – as nothing is impossible – SPEED What then? LANCE Why then will I tell thee that thy master stays for thee at the North Gate. SPEED For me? LANCE For thee? Ay, who art thou? He hath stayed for a better man than thee. SPEED And must I go to him? LANCE Thou must run to him, for thou hast stayed so long that going will scarce serve the turn.
347
353 355
361
365
349. It may be. I’ll prove it: emend. tardo (Theobald); in F It may be ile prove it = “Forse lo dimostrerò”. 132
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 1
LANCIA
Férmati un attimo. La voglio! In quest’ultimo item l’ho presa e lasciata due o tre volte: rileggimelo di nuovo. SVELTO
“Item, ha più capelli che cervello…” LANCIA
“Più capelli che cervello”. Può essere. Ora lo dimostro: il coperchio del sale nasconde il sale, e pertanto è più grande di quest’ultimo. I capelli che coprono il cervello sono più grandi di quest’ultimo, perché ciò che è più grande nasconde ciò che è più piccolo. Che altro? SVELTO
“E più difetti che capelli…” LANCIA
È mostruoso. Come vorrei che non fosse vero! SVELTO
“E più soldi che difetti”. LANCIA
Ah, quella parola rende i difetti gradevoli. Ebbene, la voglio, e se l’unione si farà, ché niente è impossibile… SVELTO
Allora che farai? LANCIA
Beh, allora ti dirò che il tuo padrone ti aspetta alla porta settentrionale. SVELTO
Me? LANCIA
Te? Sì, perché, chi ti credi di essere? Ne ha aspettati di più degni, di uomini. SVELTO
Quindi devo andare da lui? LANCIA
Devi correre da lui, perché ti sei attardato così tanto che andare non basterà.
133
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 2
SPEED Why didst not tell me sooner? Pox of your love
letters! Exit LANCE Now will he be swinged for reading my letter. An unmannerly slave, that will thrust himself into secrets. I’ll after, to rejoice in the boy’s correction. Exit 3.2
Enter the Duke and Thurio
DUKE
Sir Thurio, fear not but that she will love you Now Valentine is banished from her sight. THURIO
Since his exile she hath despised me most, Forsworn my company, and railed at me, That I am desperate of obtaining her.
5
DUKE
This weak impress of love is as a figure Trenchèd in ice, which with an hour’s heat Dissolves to water and doth lose his form. A little time will melt her frozen thoughts, And worthless Valentine shall be forgot.
10
Enter Proteus How now, Sir Proteus, is your countryman, According to our proclamation, gone? PROTEUS Gone, my good lord. DUKE
My daughter takes his going grievously? PROTEUS
A little time, my lord, will kill that grief. DUKE
So I believe, but Thurio thinks not so. Proteus, the good conceit I hold of thee – For thou hast shown some sign of good desert – Makes me the better to confer with thee.
134
15
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 2
SVELTO
Ma perché non me l’hai detto prima? Al diavolo te e le tue lettere d’amore! Esce LANCIA
Adesso lo sistemeranno per aver letto la mia lettera. Un servo maleducato, chi ficca il naso nei segreti altrui. Seguo a ruota, per godermi la lavata di capo. Esce Entrano il Duca e Turio128
III, 2 DUCA
Signor Turio, non temete: vi amerà ora che Valentino è bandito dalla sua vista. TURIO
Dacché lui è in esilio lei mi disprezza, mi evita e mi tratta a pesci in faccia a tal punto che ormai dispero di conquistarla. DUCA
La debole impressione dell’amore è come una figura scolpita nel ghiaccio, che con un’ora di calore si dissolve in acqua e perde forma. Un po’ di tempo scioglierà il gelo dei suoi pensieri e l’indegno Valentino verrà dimenticato. Entra Proteo Dunque, Ser Proteo, se n’è andato il tuo concittadino, come vuole il nostro editto? PROTEO
Sì, mio buon signore. DUCA
Mia figlia è tanto addolorata per la sua partenza? PROTEO
Signore, un po’ di tempo sopprimerà il dolore. DUCA
Lo credo anch’io, ma non Turio. Proteo, l’ottima opinione che ho di te, che hai dimostrato di meritartela, m’induce a consultarti.
135
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 2
PROTEUS
Longer than I prove loyal to your grace Let me not live to look upon your grace.
20
DUKE
Thou know’st how willingly I would effect The match between Sir Thurio and my daughter? PROTEUS I do, my lord. DUKE
And also, I think, thou art not ignorant How she opposes her against my will?
25
PROTEUS
She did, my lord, when Valentine was here. DUKE
Ay, and perversely she persevers so. What might we do to make the girl forget The love of Valentine, and love Sir Thurio?
30
PROTEUS
The best way is to slander Valentine With falsehood, cowardice, and poor descent, Three things that women highly hold in hate. DUKE
Ay, but she’ll think that it is spoke in hate. PROTEUS
Ay, if his enemy deliver it. Therefore it must with circumstance be spoken By one whom she esteemeth as his friend.
35
DUKE
Then you must undertake to slander him. PROTEUS
And that, my lord, I shall be loath to do. ’Tis an ill office for a gentleman, Especially against his very friend.
40
DUKE
Where your good word cannot advantage him Your slander never can endamage him. Therefore the office is indifferent, Being entreated to it by your friend. 136
45
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 2
PROTEO
Meglio morire e sparire dalla vostra vista piuttosto che venir meno alla fedeltà nei vostri confronti. DUCA
Sai quanto mi stanno a cuore le nozze tra Turio e mia figlia? PROTEO
Sì, mio signore. DUCA
E immagino altresì tu non ignori quanto lei si opponga al mio volere. PROTEO
Si opponeva, signore, quando c’era Valentino. DUCA
Sì, e persevera su questa via perversa. Che cosa possiamo fare per farle dimenticare l’amore di Valentino e farle amare Turio? PROTEO
Il modo migliore è accusare Valentino di falsità, codardia e infimi natali, tre caratteristiche che le donne odiano a morte. DUCA
Sì, ma penserà che sia l’odio a dettare queste parole. PROTEO
Sì, se è il nemico a pronunciarle. Bisogna quindi che a dirle, con scaltrezza, sia qualcuno che lei reputa amico di Valentino. DUCA
Allora sta a te accusarlo. PROTEO
La cosa, signore, mi ripugna. È un compito ingrato per un gentiluomo, soprattutto se ai danni del suo migliore amico. DUCA
Laddove una tua buona parola non può favorirlo, le tue calunnie non possono certo danneggiarlo. Perciò è un compito neutro, tanto più che a supplicartene è un tuo amico.
137
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 3 SCENE 2
PROTEUS
You have prevailed, my lord. If I can do it By aught that I can speak in his dispraise She shall not long continue love to him. But say this weed her love from Valentine, It follows not that she will love Sir Thurio.
50
THURIO
Therefore, as you unwind her love from him, Lest it should ravel and be good to none You must provide to bottom it on me; Which must be done by praising me as much As you in worth dispraise Sir Valentine.
55
DUKE
And Proteus, we dare trust you in this kind Because we know, on Valentine’s report, You are already love’s firm votary, And cannot soon revolt, and change your mind. Upon this warrant shall you have access Where you with Silvia may confer at large. For she is lumpish, heavy, melancholy, And for your friend’s sake will be glad of you; Where you may temper her, by your persuasion, To hate young Valentine and love my friend.
60
65
PROTEUS
As much as I can do, I will effect. But you, Sir Thurio, are not sharp enough. You must lay lime to tangle her desires By wailful sonnets, whose composèd rhymes Should be full-fraught with serviceable vows.
70
DUKE
Ay, much is the force of heaven-bred poesy. PROTEUS
Say that upon the altar of her beauty You sacrifice your tears, your sighs, your heart. Write till your ink be dry, and with your tears Moist it again; and frame some feeling line That may discover such integrity; 138
75
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO III SCENA 2
PROTEO
Avete vinto, mio signore. Se riuscirò a parlare a suo sfavore, Silvia non continuerà ad amarlo a lungo. Ma se in tal modo si estirperà l’amore per Valentino, non ne consegue che amerà Ser Turio. TURIO
Quindi, mentre allentate il nodo dell’amore tra lei e Valentino, per evitare che s’imbrogli e non serva più ad alcuno, dovete fare in modo di appuntarlo a me, lodandomi nella stessa misura in cui denigrerete Ser Valentino. DUCA
Proteo, ci permettiamo di fidarci di te in questa impresa perché sappiamo, stando alle parole di Valentino, che sei già devoto seguace di Amore, e non puoi cambiare idea tutt’a un tratto. Con questa garanzia avrai il permesso di conferire a piacimento con Silvia. Perché è triste, depressa e malinconica, e in virtù della tua amicizia con Valentino sarà contenta di vederti; tu invece, con le tue doti di persuasore, la indurrai a odiarlo e ad amare il mio amico. PROTEO
Farò tutto il possibile. Ma voi, signor Turio, non siete abbastanza astuto. Per imbrigliare i suoi desideri dovete spargere il vischio di sonetti accorati, i cui versi devono essere colmi di promesse di servirla e riverirla con tutta l’anima. DUCA
Già, grande è la forza della sublime poesia. PROTEO
Ditele che sull’altare della sua bellezza offrite le vostre lacrime, i vostri sospiri, il vostro cuore. Scrivete finché non si secchi l’inchiostro, e riannacquatelo con il vostro pianto; e forgiate versi tanto intensi da rivelare la vostra totale devozione. Ché il liuto di Orfeo129,
139
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 1
For Orpheus’ lute was strung with poets’ sinews, Whose golden touch could soften steel and stones, Make tigers tame, and huge leviathans Forsake unsounded deeps to dance on sands. After your dire-lamenting elegies, Visit by night your lady’s chamber-window With some sweet consort. To their instruments Tune a deploring dump. The night’s dead silence Will well become such sweet-complaining grievance. This, or else nothing, will inherit her.
80
86
DUKE
This discipline shows thou hast been in love. THURIO
And thy advice this night I’ll put in practice. Therefore, sweet Proteus, my direction-giver, Let us into the city presently To sort some gentlemen well skilled in music. I have a sonnet that will serve the turn To give the onset to thy good advice. DUKE About it, gentlemen.
90
PROTEUS
We’ll wait upon your grace till after supper, And afterward determine our proceedings. DUKE
Even now about it. I will pardon you. Exeunt Thurio and Proteus at one door, and the Duke at another 4.1
Enter the Outlaws
FIRST OUTLAW
Fellows, stand fast. I see a passenger. SECOND OUTLAW
If there be ten, shrink not, but down with ’em.
140
95
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 1
per corde, aveva nervi di poeta, il cui aureo tocco scioglieva il ferro e la pietra, domava le tigri, e portava i mastodontici leviatani dagli abissi insondati a danzare a riva. Dopo aver scritto le vostre elegie lamentose, presentatevi nottetempo alla finestra dell’amata con dei musicisti, e intonate al suono dei loro strumenti una melodia bassa e accorata. Il silenzio ferale della notte sarà uno sfondo perfetto per un simile dolce lamento. Se non questo, nient’altro la conquisterà. DUCA
Tutta questa saggezza è segno che sei stato innamorato. TURIO
E stanotte metterò in pratica i vostri suggerimenti. Pertanto, caro Proteo, mia guida, andiamo subito in città a cercare qualche esperto nell’arte della musica. Ho un sonetto che fa al caso mio per dare il la al vostro buon consiglio. DUCA
A voi, signori! PROTEO
Attenderemo vostra grazia fin dopo l’ora di cena, dopodiché passeremo all’azione. DUCA
Procedete pure subito. Io vi scuserò. Escono Turio e Proteo da una porta, e il Duca da un’altra IV, 1
Entrano i fuorilegge130
PRIMO FUORILEGGE
Fermi tutti, compagni: vedo un viandante. SECONDO FUORILEGGE
Fossero anche dieci, niente paura, e addosso!
141
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 1
Enter Valentine and Speed THIRD OUTLAW
Stand, sir, and throw us that you have about ye. If not, we’ll make you sit, and rifle you. SPEED (to Valentine) Sir, we are undone. These are the villains That all the travellers do fear so much. VALENTINE (to the Outlaws) My friends.
5
FIRST OUTLAW
That’s not so, sir. We are your enemies. SECOND OUTLAW Peace. We’ll hear him. THIRD OUTLAW Ay, by my beard will we. For he is a proper
man.
11
VALENTINE
Then know that I have little wealth to lose. A man I am, crossed with adversity. My riches are these poor habiliments, Of which if you should here disfurnish me You take the sum and substance that I have. SECOND OUTLAW Whither travel you? VALENTINE To Verona. FIRST OUTLAW Whence came you? VALENTINE From Milan. THIRD OUTLAW Have you long sojourned there? VALENTINE
Some sixteen months, and longer might have stayed If crooked fortune had not thwarted me. FIRST OUTLAW
What, were you banished thence? I was.
VALENTINE
142
15
20
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 1
Entrano Valentino e Svelto TERZO FUORILEGGE
Fermo là, messere, e dateci tutto quello che avete, o ci penseremo noi a fermarvi131 e a spogliarvi di tutto. SVELTO (a Valentino) Signore, siamo spacciati. Sono i banditi che tutti i viandanti temono tanto. VALENTINO (ai fuorilegge) Amici miei! PRIMO FUORILEGGE
Nossignore, noi siamo vostri nemici. SECONDO FUORILEGGE
Silenzio: sentiamo quel che ha da dire. TERZO FUORILEGGE
Sì, per la mia barba, ascoltiamolo: è un brav’uomo. VALENTINO
Allora sappiate che ho ben poco da perdere. Sono un uomo vessato dalle avversità. Le mie ricchezze sono questi poveri abiti, e se me li prendete, mi togliete tutto ciò che possiedo. SECONDO FUORILEGGE
Dove andate? VALENTINO
A Verona. PRIMO FUORILEGGE
E da dove venite? VALENTINO
Da Milano. TERZO FUORILEGGE
Vi avete soggiornato a lungo? VALENTINO
Sedici mesi circa, e vi sarei rimasto di più se la sorte avversa non me l’avesse impedito. PRIMO FUORILEGGE
Perché, vi hanno bandito? VALENTINO
Precisamente.
143
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 1
SECOND OUTLAW
For what offence?
VALENTINE
For that which now torments me to rehearse. I killed a man, whose death I much repent, But yet I slew him manfully, in fight, Without false vantage or base treachery.
25
FIRST OUTLAW
Why, ne’er repent it, if it were done so. But were you banished for so small a fault?
30
VALENTINE
I was, and held me glad of such a doom. SECOND OUTLAW Have you the tongues? VALENTINE
My youthful travel therein made me happy, Or else I had been often miserable. THIRD OUTLAW
By the bare scalp of Robin Hood’s fat friar, This fellow were a king for our wild faction.
35
FIRST OUTLAW
We’ll have him. Sirs, a word. The Outlaws confer SPEED (to Valentine)
Master, be one of them. It’s an honourable kind of thievery. VALENTINE Peace, villain. SECOND OUTLAW
Tell us this: have you anything to take to?
40
VALENTINE Nothing but my fortune. THIRD OUTLAW
Know, then, that some of us are gentlemen Such as the fury of ungoverned youth Thrust from the company of aweful men.u
44. Awfull: così in F; tuttavia questa lettura non è coerente con il senso del verso, e il suggerimento di Hawkins, lawful, può essere corretto, in quanto dà the company of lawful men = “la compagnia degli uomini rispettosi della legge”. 144
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 1
SECONDO FUORILEGGE
Per quale reato? VALENTINO
Un reato che mi tormenta raccontare. Ho ucciso un uomo132, e me ne pento; ma l’ho ucciso da uomo, in duello, senza favoritismi né inganni. PRIMO FUORILEGGE
Be’, se è andata così non dovete pentirvene. Ma vi hanno bandito per così poco? VALENTINO
Sì, e mi ritengo soddisfatto di questa sorte. SECONDO FUORILEGGE
Conoscete le lingue? VALENTINO
In questo mi hanno favorito i viaggi giovanili, altrimenti me la sarei passata spesso male. TERZO FUORILEGGE
Per lo scalpo lucente di quel grassone del frate di Robin Hood133, questo qui sarebbe un re per la nostra banda! PRIMO FUORILEGGE
E sia! Signori, una parola. I fuorilegge si consultano SVELTO (a Valentino)
Padrone, unitevi a loro: si tratta di ladroneria di nobile fatta! VALENTINO
Zitto, birbante. SECONDO FUORILEGGE
Diteci una cosa: avete delle risorse? VALENTINO
Niente al di fuori della mia sorte. TERZO FUORILEGGE
Sappiate allora che alcuni di noi sono gentiluomini che una gioventù indomita e sventata ha sottratto al consorzio umano. Io pure
145
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 1
Myself was from Verona banishèd For practising to steal away a lady, An heir, and near allied unto the Duke.v
45
SECOND OUTLAW
And I from Mantua, for a gentleman Who, in my mood, I stabbed unto the heart. FIRST OUTLAW
And I, for suchlike petty crimes as these. But to the purpose, for we cite our faults That they may hold excused our lawless lives. And partly seeing you are beautified With goodly shape, and by your own report A linguist, and a man of such perfection As we do in our quality much want –
50
55
SECOND OUTLAW
Indeed because you are a banished man, Therefore above the rest we parley to you. Are you content to be our general, To make a virtue of necessity And live as we do in this wilderness?
60
THIRD OUTLAW
What sayst thou? Wilt thou be of our consort? Say ‘Ay’, and be the captain of us all. We’ll do thee homage, and be ruled by thee, Love thee as our commander and our king.
65
FIRST OUTLAW
But if thou scorn our courtesy, thou diest. SECOND OUTLAW
Thou shalt not live to brag what we have offered. VALENTINE
I take your offer, and will live with you, Provided that you do no outrages On silly women or poor passengers.
70
47. An heire and neere: emend. tardo (Theobald); in F And heire and Neece = “ed ereditiera e nipote”. 146
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 1
sono stato bandito da Verona per aver tentato di rapire una signora, un’ereditiera imparentata con il Duca. SECONDO FUORILEGGE
E io da Mantova, per via di un nobile che, in un momento di rabbia, ho pugnalato al cuore. PRIMO FUORILEGGE
E io, per altri crimini minori come questi. Ma andiamo al dunque… parliamo delle nostre colpe per giustificare la nostra vita da fuorilegge. E vedendo che siete di bell’aspetto, e per vostra stessa ammissione un poliglotta, e un uomo che ha le doti che tanto ci mancano nel nostro ambiente… SECONDO FUORILEGGE
In realtà è più che altro perché siete un bandito che trattiamo con voi. Sareste contento di farci da generale, facendo di necessità virtù e vivendo alla nostra maniera in questa landa incontaminata? TERZO FUORILEGGE
Che dite? Sarete della banda? Dite di sì e sarete il capitano di tutti noi. Vi renderemo omaggio, vi obbediremo e vi ameremo come il nostro comandante e nostro re. PRIMO FUORILEGGE
Ma se respingerete il nostro gesto di cortesia, morrete. SECONDO FUORILEGGE
Non vivrete per vantarvi della nostra offerta. VALENTINO
Accetto l’offerta, e vivrò con voi, a patto che non assaliate donne indifese o viandanti poveri.
147
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
THIRD OUTLAW
No, we detest such vile, base practices. Come, go with us. We’ll bring thee to our crewsw And show thee all the treasure we have got, Which, with ourselves, all rest at thy dispose. Exeunt 4.2
Enter Proteus
PROTEUS
Already have I been false to Valentine, And now I must be as unjust to Thurio. Under the colour of commending him I have access my own love to prefer. But Silvia is too fair, too true, too holy To be corrupted with my worthless gifts. When I protest true loyalty to her She twits me with my falsehood to my friend. When to her beauty I commend my vows She bids me think how I have been forsworn In breaking faith with Julia, whom I loved. And notwithstanding all her sudden quips, The least whereof would quell a lover’s hope, Yet, spaniel-like, the more she spurns my love, The more it grows and fawneth on her still. But here comes Thurio. Now must we to her window, And give some evening music to her ear.
5
10
15
Enter Thurio with Musicians THURIO
How now, Sir Proteus, are you crept before us? PROTEUS
Ay, gentle Thurio, for you know that love Will creep in service where it cannot go.
20
THURIO
Ay, but I hope, sir, that you love not here. 72. Crewes: così in F; emend. tardo (Singer): caves = “caverne”. Questa seconda lettura sembra più plausibile in quanto il plurale di crew, inteso come “banda di fuorilegge”, appare superfluo. 148
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
TERZO FUORILEGGE
No, noi odiamo certe azioni vili e indegne. Forza, venite con noi: vi porteremo dai nostri e vi mostreremo tutti i nostri tesori che, come noialtri, sono a vostra disposizione. Escono 134
IV, 2
Entra Proteo
PROTEO
Sono già stato falso con Valentino, e adesso devo essere altrettanto sleale verso Turio. Col pretesto di lodarlo, ho la possibilità di favorire il mio amore. Ma Silvia è troppo onesta, sincera e integra per farsi corrompere dai miei doni indegni. Quando dichiaro la mia totale lealtà nei suoi confronti, mi rimprovera la falsità verso il mio amico. Quando prometto di votarmi alla sua bellezza, mi ricorda che sono stato spergiuro a tradire la fiducia di Giulia, che dicevo di amare. E nonostante m’incalzi di risposte piccate, la più blanda delle quali basterebbe a soffocare le speranze di qualunque amante, più lo respinge, più il mio amore cresce e, come un cagnolino, la riempie di feste. Ma ecco che arriva Turio: ora dobbiamo andare alla finestra di Silvia, e porgere al suo orecchio un po’ di musica notturna. Entra Turio con i musicisti TURIO
Ma come, Ser Proteo, vi siete insinuato fin qui senza che vi vedessimo! PROTEO
Sì, nobile Turio, perché come sapete l’amore s’insinua dove non può andare. TURIO
Sì, ma spero, signore, che il vostro amore non sia qui.
149
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
PROTEUS
Sir, but I do, or else I would be hence. THURIO
Who, Silvia? PROTEUS
Ay, Silvia – for your sake.
THURIO
I thank you for your own. Now, gentlemen, Let’s tune, and to it lustily awhile.
25
Enter the Host, and Julia dressed as a page-boy. They talk apart HOST Now, my young guest, methinks you’re allycholly.
I pray you, why is it? JULIA Marry, mine host, because I cannot be merry. HOST Come, we’ll have you merry. I’ll bring you where
you shall hear music, and see the gentleman that you asked for. JULIA But shall I hear him speak? HOST Ay, that you shall. JULIA That will be music. HOST Hark, hark. JULIA Is he among these? HOST Ay. But peace, let’s hear ’em.
31
35
Song Who is Silvia? What is she, That all our swains commend her? Holy, fair, and wise is she. The heaven such grace did lend her That she might admirèd be.
150
40
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
PROTEO
E invece sì, signore, altrimenti me ne andrei. TURIO
Ma chi è, Silvia? PROTEO
Sì, Silvia… ma per amor vostro. TURIO
E per il vostro amore vi ringrazio. E adesso, signori, diamoci dentro con la musica! Entrano l’oste e Giulia vestita da paggio. Parlano a parte OSTE
Mio giovane ospite, mi sembrate allinconico135. Perché, di grazia? GIULIA
Accidenti, oste mio, perché non riesco a essere allegro. OSTE
Suvvia, vi rallegreremo noi. Vi porterò dove potrete ascoltare la musica e vedere il gentiluomo di cui avete chiesto. GIULIA
Ma lo sentirò parlare? OSTE
Sì, certo. GIULIA
Quella sì che sarà musica. OSTE
Ascoltate! GIULIA
È tra questi? OSTE
Sì, ma silenzio: ascoltiamoli. Canzone Chi mai è Silvia136, quale mistero Spinge ciascuno ad amarla? Tale bellezza le ha dato il cielo Che ognuno non può che ammirarla.
151
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
Is she kind as she is fair? For beauty lives with kindness. Love doth to her eyes repair To help him of his blindness, And, being helped, inhabits there.
45
Then to Silvia let us sing That Silvia is excelling. She excels each mortal thing Upon the dull earth dwelling. To her let us garlands bring.
50
HOST How now, are you sadder than you were before?
How do you, man? The music likes you not. JULIA You mistake. The musician likes me not.
55
HOST Why, my pretty youth? JULIA He plays false, father. HOST How, out of tune on the strings? JULIA Not so, but yet so false that he grieves my very
heart-strings. HOST You have a quick ear. JULIA Ay, I would I were deaf. It makes me have a slow heart. HOST I perceive you delight not in music. JULIA Not a whit when it jars so. HOST Hark what fine change is in the music. JULIA Ay, that ‘change’ is the spite. HOST You would have them always play but one thing?
152
60
65
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
Oltre che bella è di gran cuore, In lei ogni virtù trova un porto. Nei suoi occhi alberga Amore Che cieco ne trae conforto. A Silvia dunque s’intonino cori In lode alla sua grandezza E a lei si portino fiori In omaggio alla sua bellezza. OSTE
Com’è che siete più triste di prima? Perché mai, ragazzo? Non vi piace la musica? GIULIA
Vi sbagliate. Sono io che non piaccio al musicista. OSTE
E perché, mio buon giovane? GIULIA
Mi suona falso137, padre. OSTE
In che senso, le corde stonano? GIULIA
No, ma suona tanto falso da far male alle corde del mio cuore. OSTE
Avete un orecchio fino. GIULIA
Sì, ma vorrei essere sordo. Il cuore mi si gonfia di tristezza. OSTE
Vedo che non amate la musica. GIULIA
Neanche un po’ quando stride tanto. OSTE
Ascoltate la fine variazione della musica! GIULIA
Sì, è proprio la “variazione” che dà fastidio! OSTE
Vorreste che suonassero sempre la stessa musica?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
JULIA I would always have one play but one thing. But
host, doth this Sir Proteus that we talk on often resort unto this gentlewoman? HOST I tell you what Lance his man told me, he loved her out of all nick. JULIA Where is Lance? HOST Gone to seek his dog, which tomorrow, by his master’s command, he must carry for a present to his lady. JULIA Peace, stand aside. The company parts.
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PROTEUS
Sir Thurio, fear not you. I will so plead That you shall say my cunning drift excels.
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THURIO
Where meet we? PROTEUS
At Saint Gregory’s well. Farewell.
THURIO
Exeunt Thurio and the Musicians Enter Silvia, above PROTEUS
Madam, good even to your ladyship. SILVIA
I thank you for your music, gentlemen. Who is that that spake? PROTEUS
One, lady, if you knew his pure heart’s truth You would quickly learn to know him by his voice. SILVIA Sir Proteus, as I take it. PROTEUS
Sir Proteus, gentle lady, and your servant.
154
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
GIULIA
Vorrei che uno in particolare suonasse sempre la stessa musica. Ma ditemi, oste, questo Ser Proteo di cui abbiamo parlato, ci viene spesso a trovare questa gentildonna? OSTE
Vi dirò quello che racconta il suo servo Lancia: l’ama in modo smisurato. GIULIA
Lancia dov’è? OSTE
È andato a cercare il suo cane, che domani, per ordine del suo padrone, deve regalare alla sua dama. GIULIA
Silenzio, e fatevi da parte. La compagnia se ne va. PROTEO
Ser Turio, non temete. Sarò tanto convincente che riconoscerete l’eccellenza del mio ingegno. TURIO
Dove c’incontriamo? PROTEO
Al pozzo di San Gregorio138. TURIO
A più tardi. Escono Turio e i musicisti Entra Silvia, in alto PROTEO
Signora, buona sera a voi. SILVIA
Vi ringrazio per la musica, signori. Chi ha parlato? PROTEO
Un uomo, signora, che imparereste presto a riconoscere dalla voce, se conosceste la sincerità e la purezza del suo cuore. SILVIA
Ser Proteo, mi pare. PROTEO
Ser Proteo, gentile signora, servo vostro. 155
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
SILVIA
What’s your will? That I may compass yours.
PROTEUS SILVIA
You have your wish. My will is even this, That presently you hie you home to bed. Thou subtle, perjured, false, disloyal man, Think’st thou I am so shallow, so conceitless To be seducèd by thy flattery, That hast deceived so many with thy vows? Return, return, and make thy love amends. For me – by this pale queen of night I swear – I am so far from granting thy request That I despise thee for thy wrongful suit, And by and by intend to chide myself Even for this time I spend in talking to thee.
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PROTEUS
I grant, sweet love, that I did love a lady, But she is dead. JULIA (aside) ’Twere false if I should speak it, For I am sure she is not burièd. SILVIA
Say that she be, yet Valentine, thy friend, Survives, to whom, thyself art witness, I am betrothed. And art thou not ashamed To wrong him with thy importunacy?
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PROTEUS
I likewise hear that Valentine is dead. SILVIA
And so suppose am I, for in his grave, Assure thyself, my love is burièd.
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PROTEUS
Sweet lady, let me rake it from the earth. SILVIA
Go to thy lady’s grave and call hers thence, Or at the least, in hers sepulchre thine. JULIA (aside) He heard not that. 156
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
SILVIA
Qual è il vostro desiderio? PROTEO
Riuscire a ottenere il vostro. SILVIA
L’avete esaudito. È infatti mio desiderio che ve ne andiate subito a casa a dormire. Tu139, uomo viscido, spergiuro, falso e infedele, mi credi tanto stupida e senza cervello da farmi sedurre dalla tua piaggeria e dalle tue promesse, che tante hanno ingannato? Torna dalla tua amata a chiedere perdono. Quanto a me, giuro davanti a questa pallida regina della notte140 che sono tanto lontana dall’acconsentire alla tua richiesta da disprezzarti per la tua ignobile corte, anzi mi rimprovero già solo di aver trascorso a parlare con te questo poco tempo! PROTEO
Ammetto, mio dolce amore, che un tempo amavo una donna, ma è morta. GIULIA (a parte) Sarebbe falso anche se lo dicessi io, ché sono sicura che non è sepolta. SILVIA
Metti pure che lo sia, ma il tuo amico Valentino è vivo, e a lui – tu stesso ne sei testimone – sono promessa. Non ti vergogni di fargli torto con le tue molestie? PROTEO
Ho sentito che anche Valentino è morto. SILVIA
Dunque lo sono anch’io, perché nella sua tomba, sta’ pur certo, è sepolto il mio amore. PROTEO
Dolce signora, lasciate che lo dissotterri. SILVIA
Va’ sulla tomba della tua signora a evocare il suo, o almeno sotterra il tuo nel suo sepolcro. GIULIA (a parte) Da quest’orecchio non ci sente.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 2
PROTEUS
Madam, if your heart be so obdurate, Vouchsafe me yet your picture for my love, The picture that is hanging in your chamber. To that I’ll speak, to that I’ll sigh and weep; For since the substance of your perfect self Is else devoted, I am but a shadow, And to your shadow will I make true love. JULIA (aside) If ’twere a substance, you would sure deceive it And make it but a shadow, as I am.
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SILVIA
I am very loath to be your idol, sir, But since your falsehood shall become you well To worship shadows and adore false shapes, Send to me in the morning, and I’ll send it. And so, good rest. Exit PROTEUS As wretches have o’ernight, That wait for execution in the morn. Exit JULIA Host, will you go? HOST By my halidom, I was fast asleep. JULIA Pray you, where lies Sir Proteus? HOST Marry, at my house. Trust me, I think ’tis almost day. JULIA
Not so; but it hath been the longest night That e’er I watched, and the most heaviest.
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Exeunt
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 2
PROTEO
Mia signora, se il vostro cuore è tanto crudele, concedetemi almeno un vostro ritratto in nome del mio amore, quello che sta appeso nella vostra stanza. A quello parlerò, a quello sospirerò e piangerò: essendo la sostanza del vostro essere perfetto devota ad altri, io non sono che un’ombra, e alla vostra ombra141 rivolgerò il mio sincero amore. GIULIA (a parte) Se fosse una sostanza, di certo la tradireste, trasformandola in un’ombra, come me! SILVIA
Mi ripugna assai essere il vostro idolo, signore, ma dacché alla vostra falsità ben si addice venerare ombre e adorare immagini false, mandatemi qualcuno domattina, e ve lo invierò. E dunque buon riposo. Esce PROTEO
Sì, come il riposo di quegl’infelici che attendono di essere giustiziati l’indomani. Esce GIULIA
Oste, vogliamo andare? OSTE
Per tutti i santi142, mi ero proprio addormentato! GIULIA
Di grazia, dove sta Ser Proteo? OSTE
Perbacco, da me. Da non crederci: qui si sta facendo giorno. GIULIA
Non proprio; ma è stata la notte più lunga che io abbia mai visto, e la più gravosa. Escono
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 3
4.3
Enter Sir Eglamour
EGLAMOUR
This is the hour that Madam Silvia Entreated me to call, and know her mind. There’s some great matter she’d employ me in. Madam, madam! Enter Silvia [above] Who calls? Your servant, and your friend. One that attends your ladyship’s command.
SILVIA
EGLAMOUR
5
SILVIA
Sir Eglamour, a thousand times good morrow! EGLAMOUR
As many, worthy lady, to yourself. According to your ladyship’s impose I am thus early come, to know what service It is your pleasure to command me in.
10
SILVIA
O Eglamour, thou art a gentleman – Think not I flatter, for I swear I do not – Valiant, wise, remorseful, well accomplished. Thou art not ignorant what dear good will I bear unto the banished Valentine, Nor how my father would enforce me marry Vain Thurio, whom my very soul abhors.x Thyself hast loved, and I have heard thee say No grief did ever come so near thy heart As when thy lady and thy true love died, Upon whose grave thou vowed’st pure chastity. Sir Eglamour, I would to Valentine, To Mantua, where I hear he makes abode; And for the ways are dangerous to pass I do desire thy worthy company, Upon whose faith and honour I repose. 17. Abhors: emend. tardo (Hanmer); in F abhor’d = “detestavo”. 160
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 3
Entra Ser Aglamoro143
IV, 3
AGLAMORO
È l’ora in cui la signora Silvia mi ha chiesto di presentarmi per farmi sapere cos’ha in mente. Mi vorrà affidare un incarico importante. Signora, signora! Entra Silvia [in alto] SILVIA
Chi mi chiama? AGLAMORO
Il vostro servo e amico. Uno che esegue gli ordini di vossignoria. SILVIA
Ser Aglamoro, mille volte buon giorno! AGLAMORO
Altrettanto a voi, nobile signora. Come da vostro ordine, sono venuto la mattina presto per sapere quale compito sia vostro desiderio comandarmi. SILVIA
Oh Aglamoro, sei un gentiluomo valente, saggio, sensibile e di ottime maniere, e non pensare sia adulazione, perché ti giuro che non lo è. Tu non ignori quanto bene io voglia a Valentino, ormai bandito, e che mio padre voglia costringermi a sposare quello sciocco di Turio, che detesto con tutta l’anima. Tu stesso hai amato, e ti ho sentito dire che nessun dolore ti è mai entrato nel cuore quanto la morte della tua donna, del tuo grande amore, sulla cui tomba hai fatto voto di castità assoluta. Ser Aglamoro, vorrei andare da Valentino, a Mantova144, dove mi dicono dimori; e poiché le strade sono pericolose, desidero la tua compagnia degna, leale e onorevole, di cui mi fido ciecamente. Non tirare in ballo l’ira di mio
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
Urge not my father’s anger, Eglamour, But think upon my grief, a lady’s grief, And on the justice of my flying hence To keep me from a most unholy match, Which heaven and fortune still rewards with plagues. I do desire thee, even from a heart As full of sorrows as the sea of sands, To bear me company and go with me. If not, to hide what I have said to thee That I may venture to depart alone.
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EGLAMOUR
Madam, I pity much your grievances, Which, since I know they virtuously are placed, I give consent to go along with you, Recking as little what betideth me As much I wish all good befortune you. When will you go? SILVIA This evening coming.
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EGLAMOUR
Where shall I meet you? At Friar Patrick’s cell, Where I intend holy confession.
SILVIA
EGLAMOUR
I will not fail your ladyship. Good morrow, gentle lady.
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SILVIA
Good morrow, kind Sir Eglamour. 4.4
Exeunt
Enter Lance and his dog Crab
LANCE (to the audience) When a man’s servant shall play
the cur with him, look you, it goes hard. One that I brought up of a puppy, one that I saved from drowning when three or four of his blind brothers and sisters went to it. I have taught him, even as one would say precisely ‘Thus I would teach a dog’. I was sent to deliver him as a present to Mistress Silvia from my master, and I came no sooner into the dining-chamber 162
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
padre, Aglamoro, ma pensa al mio dolore, il dolore di una donna, e a quanto sia giusta la mia fuga, se mi salva da un matrimonio del tutto sacrilego, che il cielo e la sorte ripagano sempre con qualche flagello. Desidero che tu, benché il tuo cuore sia colmo di dolore come il mare di sabbia, mi tenga compagnia e venga con me; e che, se rifiuti, tu mantenga il segreto, così che possa partire da sola. AGLAMORO
Signora, mi spiace molto per le vostre sofferenze, e sapendole di origine virtuosa, accetto di accompagnarvi; e se di quel che mi accadrà m’importa ben poco, mi auguro tanto che a voi tocchi ogni fortuna. Quando partirete? SILVIA
Questa sera stessa. AGLAMORO
Dove v’incontrerò? SILVIA
Alla cella di Fra’ Patrizio, dove intendo confessarmi145. AGLAMORO
Non mancherò. Buon giorno, nobile signora. SILVIA
Buon giorno, gentile Aglamoro. Escono IV, 4
Entra Lancia con il cane Ringhio146
LANCIA (al pubblico)
Quando un servo si comporta da cane147 col suo padrone, è dura, credetemi. Uno che ho tirato su fin da cucciolo, che ho salvato dall’annegamento quando tre o quattro dei suoi fratelli ciechi han fatto quella brutta fine! Gli ho insegnato tante cose e adesso le sa fare: insomma, uguale preciso al modo di dire “questa cosa la sa fare un cane”148! Mi hanno detto di portarlo dalla signora Silvia come regalo del mio padrone, e appena entrato in sala da pranzo
163
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
but he steps me to her trencher and steals her capon’s leg. O, ’tis a foul thing when a cur cannot keep himself in all companies. I would have, as one should say, one that takes upon him to be a dog indeed, to be, as it were, a dog at all things. If I had not had more wit than he, to take a fault upon me that he did, I think verily he had been hanged for’t. Sure as I live, he had suffered for’t. You shall judge. He thrusts me himself into the company of three or four gentleman-like dogs under the Duke’s table. He had not been there – bless the mark – a pissing-while but all the chamber smelled him. ‘Out with the dog,’ says one. ‘What cur is that?’ says another. ‘Whip him out,’ says the third. ‘Hang him up,’ says the Duke. I, having been acquainted with the smell before, knew it was Crab, and goes me to the fellow that whips the dogs. ‘Friend,’ quoth I, ‘you mean to whip the dog.’ ‘Ay, marry do I,’ quoth he. ‘You do him the more wrong,’ quoth I, ‘’twas I did the thing you wot of.’ He makes me no more ado, but whips me out of the chamber. How many masters would do this for his servant? Nay, I’ll be sworn I have sat in the stocks for puddings he hath stolen, otherwise he had been executed. I have stood on the pillory for geese he hath killed, otherwise he had suffered for’t. (To Crab) Thou think’st not of this now. Nay, I remember the trick you served me when I took my leave of Madam Silvia. Did not I bid thee still mark me, and do as I do? When didst thou see me heave up my leg and make water against a gentlewoman’s farthingale? Didst thou ever see me do such a trick?
38
Enter Proteus, with Julia dressed as a page-boy PROTEUS (to Julia)
Sebastian is thy name? I like thee well, And will employ thee in some service presently. JULIA
In what you please. I’ll do what I can. 164
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
mi si butta sul vassoio e si frega una coscia di cappone. Ah, che cosa brutta quando un figlio di cane non si sa comportare in società! Preferirei uno che, come si dice, se è un cane faccia il cane, che sia, per così dire, un cane in tutto quello che fa. Se non avessi avuto più presenza di spirito di lui a prendermi la colpa al posto suo, sicuro che lo impiccavano. Com’è vero che sono al mondo, la pagava cara. Giudicate voi: mi si lancia in mezzo a tre o quattro cani di nobile lignaggio sotto il tavolo del Duca. Non c’è rimasto (sia benedetto il sacro segno149) il tempo di una pisciatina, che tutta la stanza ne sente l’odore. “Fuori quel cane!” dice uno. “Che cagnaccio è quello?” dice l’altro. “Via a frustate!” fa il terzo. “Impiccatelo!” dice il Duca. Io, che avevo già conosciuto quell’olezzo, sapevo che era Ringhio, e me ne vado da quello che frusta i cani. “Amico mio,” gli dico, “vuoi frustare il cane?” “Accidenti se lo voglio frustare,” fa lui. “Gli fai un gran torto,” gli dico, “ché sono stato io a fare quello che sai”. Non mi fa aggiungere altro, e mi caccia dalla stanza a frustate. Quanti padroni lo farebbero per il proprio servo? Be’, giuro che mi hanno messo in catene per la salsiccia che aveva rubato, se no lo ammazzavano. Sono stato alla gogna per le oche che ha fatto fuori, altrimenti non la scampava. (A Ringhio) Tu adesso non ci pensi. No, ma io mi ricordo lo scherzo che mi hai fatto quando mi sono congedato dalla signora Silvia. Non ti avevo detto di stare attento e fare come facevo io? E quando mai mi hai visto sollevare la gamba e fare pipì sulla crinolina di una gentildonna? Mi hai mai visto giocare un tiro del genere? Entra Proteo, con Giulia vestita da paggio PROTEO (a Giulia)
Ti chiami Sebastiano150? Mi piaci, e presto ti assegnerò qualche lavoretto. GIULIA
Tutto quello che volete: farò del mio meglio.
165
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
PROTEUS
I hope thou wilt. – How now, you whoreson peasant, Where have you been these two days loitering? LANCE Marry, sir, I carried Mistress Silvia the dog you bade me. PROTEUS And what says she to my little jewel? LANCE Marry, she says your dog was a cur, and tells you currish thanks is good enough for such a present. PROTEUS But she received my dog? LANCE No indeed did she not. Here have I brought him back again. PROTEUS What, didst thou offer her this from me? LANCE Ay, sir. The other squirrel was stolen from me by the hangman boys in the market place, and then Iy offered her mine own, who is a dog as big as ten of yours, and therefore the gift the greater.
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PROTEUS
Go, get thee hence, and find my dog again, Or ne’er return again into my sight. Away, I say. Stay’st thou to vex me here? Exit Lance with Crab A slave, that still on end turns me to shame. Sebastian, I have entertainèd thee Partly that I have need of such a youth That can with some discretion do my business, For ’tis no trusting to yon foolish lout, But chiefly for thy face and thy behaviour, Which, if my augury deceive me not, Witness good bringing up, fortune, and truth. Therefore know thou, for this I entertain thee. Go presently, and take this ring with thee. Deliver it to Madam Silvia. She loved me well delivered it to me.
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54. Hangman boyes: emend. tardo (Singer); in F Hangmans boyes = “gli aiutanti del boia”; non vi sono tuttavia prove che i cani venissero impiccati dal boia. 166
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
PROTEO
Lo spero. Allora, brutto figlio di buona donna, dove sei stato negli ultimi due giorni? LANCIA
Diamine, signore, ho portato alla signora Silvia il cane che mi avete detto. PROTEO
E che cosa dice del mio gioiellino? LANCIA
Diamine, dice che è una bestiaccia pulciosa, e che un pulcioso151 ringraziamento è quel che ci vuole per un regalo del genere. PROTEO
Ma si è tenuta il mio cane? LANCIA
A dire il vero no. Eccolo qui: l’ho riportato. PROTEO
Che? Le hai offerto questo qui da parte mia? LANCIA
Sì, signore. Quell’altro scoiattolo152 me l’hanno rubato dei ragazzacci153 al mercato, e allora le ho offerto il mio cane, che è dieci volte il vostro, e quindi un regalo dieci volte più grande. PROTEO
Vattene subito, e ritrova il mio, o non farti mai più rivedere! Vattene, ho detto! Lo fai apposta per irritarmi? Esce Lancia con Ringhio Mi fa sempre fare brutta figura, questo servo! Sebastiano, ti ho preso a mio servizio un po’ perché ho bisogno di un giovane che segua i miei affari con discrezione, ché non ci si può fidare di quello zotico incapace, ma soprattutto per il tuo aspetto e il tuo comportamento, che, se non m’inganno, sono segno di buona educazione, fortuna e lealtà. Sappi che per queste ragioni ti ho voluto con me. Prendi quest’anello, e portalo subito alla signora Silvia. Colei che me l’ha regalato mi amava molto.
167
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
JULIA
It seems you loved not her, to leave her token. She is dead belike? PROTEUS Not so. I think she lives. JULIA
Alas. PROTEUS Why dost thou cry ‘Alas’? JULIA
I cannot choose but pity her.
75
PROTEUS
Wherefore shouldst thou pity her? JULIA
Because methinks that she loved you as well As you do love your lady Silvia. She dreams on him that has forgot her love; You dote on her that cares not for your love. ’Tis pity love should be so contrary, And thinking on it makes me cry ‘Alas’.
80
PROTEUS
Well, give her that ring, and therewithal This letter. (Pointing) That’s her chamber. Tell my lady I claim the promise for her heavenly picture. Your message done, hie home unto my chamber, Where thou shalt find me sad and solitary.
85 Exit
JULIA
How many women would do such a message? Alas, poor Proteus, thou hast entertained A fox to be the shepherd of thy lambs. Alas, poor fool, why do I pity him That with his very heart despiseth me? Because he loves her, he despiseth me. Because I love him, I must pity him. This ring I gave him when he parted from me, To bind him to remember my good will. And now am I, unhappy messenger, To plead for that which I would not obtain; 168
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
GIULIA
Pare che voi non l’amaste, se date via il suo pegno. È forse morta? PROTEO
No, penso sia viva. GIULIA
Ahimè. PROTEO
Perché dici così? GIULIA
Non posso far altro che compatirla. PROTEO
Perché mai dovresti? GIULIA
Perché credo che vi amasse come voi amate la vostra signora Silvia. Lei sogna uno che ha dimenticato il suo amore, mentre voi stravedete per una cui del vostro amore non importa nulla. È una sfortuna che l’amore debba essere tanto avverso, e a pensarci mi viene da dire “Ahimè”. PROTEO
Beh, dalle l’anello insieme a questa lettera. (Indica) La sua stanza è quella. Di’ alla signora che le chiedo di mantenere la promessa di concedermi il suo ritratto celestiale. Una volta consegnato il messaggio, torna immediatamente nelle mie stanze, dove mi troverai triste e solitario. Esce GIULIA
Quante donne recapiterebbero un simile messaggio154? Ahimè, povero Proteo, hai incaricato la volpe di fare da pastore ai tuoi agnelli. Ahimè, povera sciocca, perché ho pietà di uno che mi disprezza con tutto il cuore? Poiché la ama, mi disprezza. Poiché amo lui, devo averne pietà. Questo anello gliel’ho dato quando ci siamo separati, per indurlo a ricordare i miei sentimenti. E adesso, infelice messaggero, devo invocare ciò che non vorrei avere, devo portare
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
To carry that which I would have refused; To praise his faith, which I would have dispraised. I am my master’s true-confirmèd love, But cannot be true servant to my master Unless I prove false traitor to myself. Yet will I woo for him, but yet so coldly As, heaven it knows, I would not have him speed.
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Enter Silvia Gentlewoman, good day. I pray you be my mean To bring me where to speak with Madam Silvia. SILVIA
What would you with her, if that I be she? JULIA
If you be she, I do entreat your patience To hear me speak the message I am sent on. SILVIA From whom?
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JULIA
From my master, Sir Proteus, madam. SILVIA O, he sends you for a picture? JULIA Ay, madam. SILVIA Ursula, bring my picture there.
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[An attendant brings a picture] Go, give your master this. Tell him from me One Julia, that his changing thoughts forget, Would better fit his chamber than this shadow. JULIA
Madam, please you peruse this letter. She gives Silvia a letter Pardon me, madam, I have unadvised Delivered you a paper that I should not. She takes back the letter and gives Silvia another letter This is the letter to your ladyship.
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
ciò che vorrei venisse rifiutato; devo lodare la sua lealtà, quando vorrei screditarla. Sono il vero amore del mio padrone, ma non posso essere la sua serva fedele a meno di tradire me stessa155. E tuttavia farò la corte per lui, ma con tale gelo che, lo sa Iddio, non colpirà nel segno. Entra Silvia Gentile signora, buon giorno. Vi prego di aiutarmi, indicandomi dove posso trovare la signora Silvia. SILVIA
Che cosa vorresti da me, se io fossi lei? GIULIA
Se voi foste lei, vi chiederei di avere la pazienza di ascoltare il messaggio per cui mi hanno mandato. SILVIA
Da parte di chi? GIULIA
Del mio padrone, Ser Proteo, signora. SILVIA
Ah, ti manda a prendere un ritratto? GIULIA
Sì, signora. SILVIA
Orsola156, portami il ritratto. [Una serva porta un ritratto] Portalo al tuo padrone, e digli da parte mia che una certa Giulia, che il suo volubile pensiero dimentica, starebbe assai meglio nella sua stanza che non quest’ombra157. GIULIA
Signora, vi prego di leggere questa lettera. Dà a Silvia una lettera Perdonatemi, signora, vi ho consegnato inavvertitamente un foglio che non avrei dovuto158. Si riprende la lettera e ne dà un’altra a Silvia Ecco la lettera a vossignoria.
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
SILVIA
I pray thee, let me look on that again. JULIA
It may not be. Good madam, pardon me. SILVIA
There, hold. I will not look upon your master’s lines. I know they are stuffed with protestations, And full of new-found oaths, which he will break As easily as I do tear his paper.
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She tears the letter JULIA
Madam, he sends your ladyship this ring. She offers Silvia a ring SILVIA
The more shame for him, that he sends it me; For I have heard him say a thousand times His Julia gave it him at his departure. Though his false finger have profaned the ring, Mine shall not do his Julia so much wrong. JULIA She thanks you. SILVIA What sayst thou?
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JULIA
I thank you, madam, that you tender her. Poor gentlewoman, my master wrongs her much. SILVIA Dost thou know her? JULIA
Almost as well as I do know myself. To think upon her woes I do protest That I have wept a hundred several times.
140
SILVIA
Belike she thinks that Proteus hath forsook her? JULIA
I think she doth; and that’s her cause of sorrow. SILVIA Is she not passing fair?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
SILVIA
Ti prego, fammi vedere di nuovo quell’altra. GIULIA
Meglio di no. Mia buona signora, perdonatemi. SILVIA
Ecco, tieni. Non leggerò le parole del tuo padrone. So che sono farcite di dichiarazioni e cariche di promesse nuove di zecca, che romperà con la stessa facilità con cui io straccio questo pezzo di carta. Straccia la lettera GIULIA
Signora, le manda questo anello. Offre un anello a Silvia SILVIA
A sua maggior vergogna se lo manda a me, che gli ho sentito dire mille volte che la sua Giulia gliel’ha regalato quando è partito. Benché il suo dito traditore abbia già profanato questo anello, il mio non si macchierà nei confronti di Giulia di un torto altrettanto grave. GIULIA
Lei vi ringrazia. SILVIA
Che cosa dici? GIULIA
Vi ringrazio, signora, che vi preoccupiate per lei. Povera gentildonna, il mio padrone le fa gran torto! SILVIA
La conosci? GIULIA
Quasi quanto me stesso. Vi giuro che a pensare alle sue pene ho pianto centinaia di volte. SILVIA
Lei crede forse che Proteo l’abbia abbandonata? GIULIA
Penso di sì, e quella è la ragione del suo dolore. SILVIA
Non è di eccezionale bellezza? 173
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 4 SCENE 4
JULIA
She hath been fairer, madam, than she is. When she did think my master loved her well She, in my judgement, was as fair as you. But since she did neglect her looking-glass, And threw her sun-expelling mask away, The air hath starved the roses in her cheeks And pinched the lily tincture of her face, That now she is become as black as I. SILVIA How tall was she?
150
JULIA
About my stature; for at Pentecost, When all our pageants of delight were played, Our youth got me to play the woman’s part, And I was trimmed in Madam Julia’s gown, Which servèd me as fit, by all men’s judgements, As if the garment had been made for me; Therefore I know she is about my height. And at that time I made her weep agood, For I did play a lamentable part. Madam, ’twas Ariadne, passioning For Theseus’ perjury and unjust flight; Which I so lively acted with my tears That my poor mistress, movèd therewithal, Wept bitterly; and would I might be dead If I in thought felt not her very sorrow.
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165
SILVIA
She is beholden to thee, gentle youth. Alas, poor lady, desolate and left. I weep myself to think upon thy words. Here, youth. There is my purse. I give thee this For thy sweet mistress’ sake, because thou lov’st her. Farewell. Exit
170
JULIA
And she shall thank you for’t, if e’er you know her. – A virtuous gentlewoman, mild, and beautiful. I hope my master’s suit will be but cold, 174
177
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO IV SCENA 4
GIULIA
È stata più bella di quanto non sia ora. Quando credeva che il mio padrone l’amasse, a mio parere era bella quanto voi. Ma da quando ha messo da parte lo specchio e gettato via la maschera che la riparava dal sole159, l’aria le ha avvizzito le rose delle gote e illividito il candore di giglio del volto, tanto che ora è divenuta scura come me. SILVIA
Quanto è alta? GIULIA
Più o meno come me; tant’è vero che alla Pentecoste, quando per divertimento si inscenavano delle recite, i giovani mi hanno assegnato una parte femminile, e vestito con gli abiti della signora Giulia, che a detta di tutti gli uomini mi calzavano a pennello, quasi che fossero stati fatti su misura per me. Perciò so che è alta più o meno come me. E a quei tempi l’ho fatta piangere molto, recitando un ruolo triste. Era quello di Arianna160, signora, che si struggeva per il tradimento e l’indegna fuga di Teseo, e le mie lacrime l’hanno reso tanto credibile in scena, che la mia povera padrona, commossa, si è messa a piangere amaramente; e potessi morire se dentro di me non ho sentito il suo stesso dolore. SILVIA
È in debito di gratitudine con te, giovane cortese. Povera donna, infelice e abbandonata! Viene da piangere anche a me a pensare alle tue parole. A te, mio caro giovane: eccoti la mia borsa. Te la consegno in nome della tua gentile padrona, perché le vuoi bene. Arrivederci. Esce GIULIA
E lei ve ne ringrazierà, se mai la conoscerete. Una nobildonna virtuosa, dolce e bella. Spero che la corte del mio padrone sia inef-
175
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 1
Since she respects ‘my mistress’ love so much. Alas, how love can trifle with itself. Here is her picture. Let me see, I think If I had such a tire, this face of mine Were full as lovely as is this of hers. And yet the painter flattered her a little, Unless I flatter with myself too much. Her hair is auburn, mine is perfect yellow. If that be all the difference in his love, I’ll get me such a coloured periwig. Her eyes are grey as glass, and so are mine. Ay, but her forehead’s low, and mine’s as high. What should it be that he respects in her But I can make respective in myself, If this fond love were not a blinded god? Come, shadow, come, and take this shadow up, For ’tis thy rival.
180
185
190
She picks up the portrait O thou senseless form, Thou shalt be worshipped, kissed, loved, and adored; And were there sense in his idolatry My substance should be statue in thy stead. I’ll use thee kindly, for thy mistress’ sake, That used me so; or else, by Jove I vow, I should have scratched out your unseeing eyes, To make my master out of love with thee. Exit 5.1
195
200
Enter Sir Eglamour
EGLAMOUR
The sun begins to gild the western sky, And now it is about the very hour That Silvia at Friar Patrick’s cell should meet me. She will not fail; for lovers break not hours, Unless it be to come before their time, So much they spur their expedition.
176
5
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 1
ficace, visto che lei rispetta tanto “la mia padrona”. Ahimè, come l’amore può prendersi gioco di se stesso! Ecco il suo ritratto. Vediamo: secondo me, se avessi la medesima acconciatura, questo mio volto sarebbe in tutto e per tutto grazioso quanto il suo. E però il pittore le ha concesso qualche lusinga, a meno che non sia io a lusingarmi troppo. Lei ha i capelli rossi e io li ho biondi. Se è tutta lì la differenza per lui, mi prenderò una parrucca di quel colore! Lei ha gli occhi come il cristallo, e io pure. Sì, ma lei ha la fronte bassa, mentre la mia è ampia. Ma cosa mai dovrebbe vederci di speciale in lei, che io non potrei fargli vedere in me, se quel pazzo del dio amore non fosse cieco? Vieni, ombra, e veditela con quest’altra ombra161, che è la tua rivale! Solleva il ritratto O forma insensibile, tu verrai venerata, baciata, amata e adorata; e se la sua idolatria avesse un senso, la mia sostanza sarebbe il suo idolo, non tu! Sarò gentile con te per riguardo alla tua padrona, che lo è stata con me; altrimenti, per Giove, giuro che ti avrei cavato questi occhi senza vista per far disinnamorare di te il mio padrone! Esce V, 1
Entra Ser Aglamoro162
AGLAMORO
Il sole inizia a ricoprire d’oro il cielo d’occidente, ed è quasi giunta l’ora in cui Silvia deve incontrarmi alla cella di Fra’ Patrizio. Non mancherà di venire, perché gli innamorati non sbagliano l’ora se non per arrivare in anticipo, tanto l’impazienza li sprona.
177
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 2
Enter Silvia See where she comes. Lady, a happy evening! SILVIA
Amen, amen. Go on, good Eglamour, Out at the postern by the abbey wall. I fear I am attended by some spies.
10
EGLAMOUR
Fear not. The forest is not three leagues off. If we recover that, we are sure enough. 5.2
Exeunt
Enter Thurio, Proteus, and Julia dressed as a pageboy
THURIO
Sir Proteus, what says Silvia to my suit? PROTEUS
O sir, I find her milder than she was, And yet she takes exceptions at your person. THURIO
What? That my leg is too long? PROTEUS
No, that it is too little.
5
THURIO
I’ll wear a boot, to make it somewhat rounder. JULIA (aside)
But love will not be spurred to what it loathes. THURIO
What says she to my face? PROTEUS
She says it is a fair one. THURIO
Nay, then, the wanton lies. My face is black. PROTEUS
But pearls are fair; and the old saying is, ‘Black men are pearls in beauteous ladies’ eyes’. JULIA (aside) ’Tis true, such pearls as put out ladies’ eyes, For I had rather wink than look on them.
178
10
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 2
Entra Silvia Eccola che viene. Signora, felice sera! SILVIA
Così sia! Presto, buon Aglamoro, andiamo subito alla posterla vicino al muro dell’abbazia. Temo di avere delle spie alle calcagna. AGLAMORO
Non temete. La foresta dista meno di tre leghe: raggiungendola, saremo al sicuro. Escono 163
V, 2
Entrano Turio, Proteo e Giulia vestita da paggio
TURIO
Ser Proteo, che dice Silvia del mio corteggiamento? PROTEO
Be’, signore, la trovo più ben disposta di prima, e tuttavia ha ancora qualcosa da ridire su di voi. TURIO
Che cosa? Che ho le gambe troppo lunghe? PROTEO
No, troppo sottili. TURIO
Mi metterò gli stivali, per farle sembrare più tornite. GIULIA (a parte)
Ma non basterà a spingere l’amore verso ciò che detesta. TURIO
Che dice del mio volto? PROTEO
Che è luminoso. TURIO
Ma allora la civetta mente. Ho la faccia scurissima! PROTEO
Ma le perle sono luminose, e il proverbio dice “I mori sono perle agli occhi delle belle”164. GIULIA (a parte) Vero, certe perle abbagliano la vista alle donne. Preferisco chiudere gli occhi che guardarle!
179
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 2
THURIO
How likes she my discourse?
15
PROTEUS
Ill, when you talk of war. THURIO
But well when I discourse of love and peace. JULIA (aside) But better indeed when you hold your peace. THURIO
What says she to my valour? PROTEUS
O sir, she makes no doubt of that.
20
JULIA (aside)
She needs not, when she knows it cowardice. THURIO
What says she to my birth? PROTEUS
That you are well derived. JULIA (aside) True: from a gentleman to a fool. THURIO
Considers she my possessions?
25
PROTEUS
O ay, and pities them. THURIO Wherefore? JULIA (aside)
That such an ass should owe them. PROTEUS
That they are out by lease. Here comes the Duke.
JULIA
Enter the Duke DUKE
How now, Sir Proteus. How now, Thurio. Which of you saw Eglamour of late?
180
30
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 2
TURIO
E le piace la mia conversazione? PROTEO
Non tanto, quando parlate di guerra. TURIO
Ma allora le piace quando parlo di amore e pace. GIULIA (a parte)
Mai come quando la lasci in pace165. TURIO
Che dice del mio coraggio? PROTEO
Ah, signore, non lo mette in dubbio. GIULIA (a parte)
Non ne ha bisogno, sapendo che non esiste. TURIO
E che ne dice dei miei natali? PROTEO
Che siete di ottima discendenza. GIULIA (a parte)
Vero: disceso da gentiluomo a idiota. TURIO
Le interessano le mie proprietà? PROTEO
Ma certo, ed è dispiaciuta166 per loro. TURIO
E come mai? GIULIA (a parte)
Perché appartengono a un tale somaro. PROTEO
Perché sono affittate167. GIULIA
Ecco il Duca. Entra il Duca DUCA
Buon giorno, Ser Proteo! Salve, Turio. Qualcuno di voi ha visto Aglamoro di recente? 181
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 2
THURIO
Not I. PROTEUS Nor I. DUKE PROTEUS
Saw you my daughter? Neither.
DUKE
Why then, she’s fled unto that peasant Valentine, And Eglamour is in her company. ’Tis true, for Friar Laurence met them both As he in penance wandered through the forest. Him he knew well, and guessed that it was she, But being masked, he was not sure of it. Besides, she did intend confession At Patrick’s cell this even, and there she was not. These likelihoods confirm her flight from hence; Therefore I pray you stand not to discourse,z But mount you presently, and meet with me Upon the rising of the mountain foot That leads toward Mantua, whither they are fled. Dispatch, sweet gentlemen, and follow me.
35
40
45 Exit
THURIO
Why, this it is to be a peevish girl, That flies her fortune when it follows her. I’ll after, more to be revenged on Eglamour Than for the love of reckless Silvia.
[Exit]
PROTEUS
And I will follow, more for Silvia’s love Than hate of Eglamour that goes with her.
51 [Exit]
JULIA
And I will follow, more to cross that love Than hate for Silvia, that is gone for love.
[Exit]
42. I pray you stand not to discourse: così in F2; in F I pray you stand, not to discourse = “vi prego di alzarvi, anziché parlare”. 182
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 2
TURIO
Io no. PROTEO
E nemmeno io. DUCA
Avete visto mia figlia? PROTEO
Nemmeno. DUCA
Dunque è fuggita da quel farabutto di Valentino, e Aglamoro è con lei. Dev’essere così, perché Fra’ Lorenzo li ha incontrati mentre vagava nella foresta per penitenza. Lui l’ha riconosciuto subito, e ha immaginato chi fosse lei, ma non ne era sicuro perché era mascherata. Per di più, doveva confessarsi stasera alla cella di San Patrizio, ma non si è presentata. Questi indizi confermano la sua fuga; vi prego pertanto di non restare qui a discorrere, ma di montare subito in sella e di raggiungermi ai piedi di quelle alture che portano a Mantova, verso cui sono fuggiti168. Sbrigatevi, miei nobili signori, e tenetemi dietro. Esce TURIO
Be’, dev’essere una ragazza proprio viziata, se rifugge la fortuna che le corre dietro169. Lo seguirò più per vendicarmi di Aglamoro che per amore della sventata Silvia. [Esce] PROTEO
E io più per amore di Silvia che per odio di Aglamoro che è fuggito con lei. [Esce] GIULIA
E io più per ostacolare questo amore che per odio di Silvia, che è fuggita per amore. [Esce]
183
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 3
5.3
Enter the Outlaws with Silvia captive
FIRST OUTLAW
Come, come, be patient. We must bring you to our captain. SILVIA
A thousand more mischances than this one Have learned me how to brook this patiently. SECOND OUTLAW Come, bring her away. FIRST OUTLAW
Where is the gentleman that was with her?
5
THIRD OUTLAW
Being nimble-footed he hath outrun us; But Moses and Valerius follow him. Go thou with her to the west end of the wood. There is our captain. We’ll follow him that’s fled. The thicket is beset, he cannot scape.
10
Exeunt the Second and Third Outlaws FIRST OUTLAW (to Silvia)
Come, I must bring you to our captain’s cave. Fear not. He bears an honourable mind, And will not use a woman lawlessly. SILVIA (aside) O Valentine! This I endure for thee. 5.4
Exeunt
Enter Valentine
VALENTINE
How use doth breed a habit in a man! This shadowy desert, unfrequented woods I better brook than flourishing peopled towns. Here can I sit alone, unseen of any, And to the nightingale’s complaining notes Tune my distresses and record my woes. O thou that dost inhabit in my breast, Leave not the mansion so long tenantless Lest, growing ruinous, the building fall And leave no memory of what it was.
184
5
10
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 3
Entrano i fuorilegge con Silvia prigioniera170
V, 3
PRIMO FUORILEGGE
Su, su, abbiate pazienza: dobbiamo portarvi dal nostro capo. SILVIA
Mille altre sventure più grandi di questa mi hanno insegnato a sopportare con pazienza. SECONDO FUORILEGGE
Dai, portala via. PRIMO FUORILEGGE
Dov’è il gentiluomo che stava con lei? TERZO FUORILEGGE
Era molto veloce e ci è sfuggito171; ma Mosè e Valerio lo stanno inseguendo. Tu va’ con lei al limite occidentale della foresta: il capo è lì. Noi daremo la caccia al fuggitivo. Il bosco è cinto d’assedio: non può sfuggirci. Escono il secondo e il terzo fuorilegge PRIMO FUORILEGGE (a Silvia)
Venite, devo condurvi alla grotta del capo. Non temete: è un uomo di alti principi, e non farebbe mai del male a una donna. SILVIA (a parte) Ah Valentino! Sopporto tutto questo per te! Escono V, 4
Entra Valentino172
VALENTINO
Ah, come l’abitudine è figlia dell’uso! Questi boschi deserti, ombrosi e disabitati mi piacciono più delle città fiorenti e popolose. Qui me ne posso stare da solo, nascosto da tutti, e alle note elegiache dell’usignolo posso accordare le mie afflizioni e intonare le mie sofferenze. O tu che dimori nel mio petto, non abbandonare questa magione tanto a lungo inabitata, o l’intero edificio andrà in rovina e crollerà, cancellando ogni memoria di ciò che è sta-
185
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
Repair me with thy presence, Silvia. Thou gentle nymph, cherish thy forlorn swain. What hallooing and what stir is this today? These are my mates, that make their wills their law, Have some unhappy passenger in chase. They love me well, yet I have much to do To keep them from uncivil outrages. Withdraw thee, Valentine. Who’s this comes here?
15
He stands aside. Enter Proteus, Silvia, and Julia dressed as a pageboy PROTEUS
Madam, this service I have done for you – Though you respect not aught your servant doth – To hazard life, and rescue you from him That would have forced your honour and your love. Vouchsafe me for my meed but one fair look. A smaller boon than this I cannot beg, And less than this I am sure you cannot give. VALENTINE (aside) How like a dream is this I see and hear! Love lend me patience to forbear awhile.
20
25
SILVIA
O miserable, unhappy that I am! PROTEUS
Unhappy were you, madam, ere I came. But by my coming I have made you happy.
30
SILVIA
By thy approach thou mak’st me most unhappy. JULIA (aside) And me, when he approacheth to your presence. SILVIA
Had I been seizèd by a hungry lion I would have been a breakfast to the beast Rather than have false Proteus rescue me. O heaven be judge how I love Valentine, Whose life’s as tender to me as my soul. 186
35
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
to. Restaurami con la tua presenza, Silvia. Ninfa gentile, consola il tuo pastore solitario! Ma che c’è oggi, perché questo chiasso e questi strepiti? Saranno i miei compagni, per cui ogni capriccio è legge, che inseguono qualche malcapitato. Mi vogliono bene, ma ho sempre un bel da fare per evitare che compiano qualche gesto da selvaggi. Nasconditi, Valentino. Chi è che viene? Rimane a parte. Entrano Proteo, Silvia e Giulia vestita da paggio PROTEO
Signora, anche se per voi le azioni del vostro servo non contano nulla, questo servigio l’ho fatto per voi: ho rischiato la vita per salvarvi da chi vi avrebbe certo violata nell’onore e nell’amore. Concedetemi a titolo di ricompensa un solo sguardo benevolo. Non posso elemosinare alcunché di più piccolo, e meno di così son certo che non potete dare. VALENTINO (a parte) Ma quel che vedo e sento è un sogno! Amore, dammi la pazienza per reggere ancora un po’. SILVIA
Ah, infelice, disgraziata che sono! PROTEO
Signora, eravate infelice prima che venissi io, ma il mio arrivo vi ha resa felice. SILVIA
Venendomi dietro173 mi avete resa infelicissima. GIULIA (a parte) E anch’io sono infelicissima a vedere che vi sta dietro. SILVIA
Se mi avesse catturata un leone affamato, avrei preferito fargli da pranzo piuttosto che farmi salvare da Proteo il traditore. Il cielo mi è testimone di quanto ami Valentino, la cui vita mi è più cara
187
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
And full as much, for more there cannot be, I do detest false perjured Proteus. Therefore be gone, solicit me no more.
40
PROTEUS
What dangerous action, stood it next to death, Would I not undergo for one calm look! O, ’tis the curse in love, and still approved, When women cannot love where they’re beloved. SILVIA
When Proteus cannot love where he’s beloved. Read over Julia’s heart, thy first, best love, For whose dear sake thou didst then rend thy faith Into a thousand oaths, and all those oaths Descended into perjury to love me. Thou hast no faith left now, unless thou’dst two, And that’s far worse than none. Better have none Than plural faith, which is too much by one, Thou counterfeit to thy true friend. PROTEUS In love Who respects friend? SILVIA All men but Proteus.
45
50
PROTEUS
Nay, if the gentle spirit of moving words Can no way change you to a milder form I’ll woo you like a soldier, at arm’s end, And love you ’gainst the nature of love: force ye.
55
SILVIA
O heaven! PROTEUS (assailing her) I’ll force thee yield to my desire. VALENTINE (coming forward)
Ruffian, let go that rude uncivil touch, Thou friend of an ill fashion. PROTEUS Valentine! VALENTINE
Thou common friend, that’s without faith or love, For such is a friend now. Treacherous man, Thou hast beguiled my hopes. Naught but mine eye 188
60
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
della mia stessa anima. E nella stessa misura, perché di più non si dà, detesto Proteo, traditore e spergiuro! Perciò vattene, e smettila d’importunarmi! PROTEO
Quale impresa spericolata, dovessi rischiare la morte, non tenterei per un solo sguardo di approvazione! Ah, ecco che ritorna la maledizione dell’amore: una donna, quando è amata, non sa amare! SILVIA
Proteo, quando è amato, non sa amare. Leggi in cuore a Giulia, il tuo primo e vero amore, per la quale hai frantumato la tua fede in mille promesse, poi scadute nello spergiuro di amare me. Ora non ti è rimasta alcuna fede, a meno che tu non ne abbia due, il che è ben peggio di nessuna. Meglio nessuna fede che più di una, perché una è di troppo: tu, traditore del tuo amico fedele! PROTEO
Ma in amore, chi guarda in faccia agli amici174? SILVIA
Tutti tranne Proteo. PROTEO
Be’, se non sono riuscito a rendervi più docile con la gentilezza e coi discorsi, vi corteggerò come fa un soldato, con la spada175, e vi amerò contro la natura stessa dell’amore: con la forza. SILVIA
Oh cielo! PROTEO (la assale)
Ti costringerò a cedere al mio desiderio! VALENTINO (avanza) Canaglia, molla quella presa rozza e incivile, amico della peggior specie! PROTEO
Valentino! VALENTINO
Tu, un amico come tanti, senza fede né amore: ecco come sono gli amici al giorno d’oggi. Tu, essere infido, hai tradito le mie speranze! Se non ti avessi visto coi miei occhi non ci avrei mai creduto!
189
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
Could have persuaded me. Now I dare not say I have one friend alive. Thou wouldst disprove me. Who should be trusted, when one’s right hand Is perjured to the bosom? Proteus, I am sorry I must never trust thee more, But count the world a stranger for thy sake. The private wound is deepest. O time most accursed, ’Mongst all foes that a friend should be the worst! PROTEUS My shame and guilt confounds me. Forgive me, Valentine. If hearty sorrow Be a sufficient ransom for offence, I tender’t here. I do as truly suffer As e’er I did commit. VALENTINE Then I am paid, And once again I do receive thee honest. Who by repentance is not satisfied Is nor of heaven nor earth. For these are pleased; By penitence th’ Eternal’s wrath’s appeased. And that my love may appear plain and free, All that was mine in Silvia I give thee.aa
65
70
75
80
JULIA
O me unhappy! She faints PROTEUS
Look to the boy.
Why, boy! Why wag, how now? What’s the matter? Look up. Speak. JULIA O good sir, my master charged me to deliver a ring to Madam Silvia, which out of my neglect was never done. PROTEUS Where is that ring, boy? VALENTINE
85
83. In Silvia: così in F; e’en Silvia = “persino Silvia” è una possibile interpretazione, avvalorata dal fatto che F pone il sintagma tra due virgole. 190
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
Ormai non oso più dire di avere un amico al mondo: ci sei tu a smentirmi. Di chi ci si può fidare, se è la tua mano destra a trafiggerti il petto? Proteo, mi spiace ma non potrò mai più fidarmi di te, e per colpa tua il mondo intero sarà per me un estraneo! La ferita più intima è la più profonda. O tempi maledetti, che di tutti i nemici proprio un amico debba essere il peggiore! PROTEO
Vergogna e colpa mi dilaniano. Perdonami, Valentino! Se una sentita contrizione ti ricompensa a sufficienza per l’offesa, te ne faccio offerta. La mia sofferenza è grande quanto il male che ho fatto. VALENTINO
Dunque mi considero ripagato, e ti riaccolgo tra le persone che ritengo oneste. Chi non si accontenta del pentimento non è creatura né del cielo né della terra. Ché questi sono soddisfatti, e con la penitenza si placa l’ira dell’Eterno. E per dimostrarti quanto sia sincero e incondizionato il mio amore, tutto ciò che era mio in Silvia lo cedo a te176. GIULIA
O me infelice! Sviene PROTEO
Soccorrete il ragazzo! VALENTINO
Ehi, birba177, che hai? Ragazzo, che cosa mi combini? Svegliati! Parla! GIULIA
Buon signore, il mio padrone mi aveva incaricato di consegnare un anello alla signora Silvia, che per mia negligenza non le ho mai dato178. PROTEO
Dov’è l’anello?
191
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
JULIA Here ’tis. This is it.
90
She gives Proteus the ring PROTEUS How, let me see!
Why, this is the ring I gave to Julia. JULIA
O, cry you mercy, sir, I have mistook. She offers Proteus another ring This is the ring you sent to Silvia. PROTEUS
But how cam’st thou by this ring? At my depart I gave this unto Julia.
95
JULIA
And Julia herself did give it me, And Julia herself hath brought it hither. PROTEUS How? Julia? JULIA
Behold her that gave aim to all thy oaths And entertained ’em deeply in her heart. How oft hast thou with perjury cleft the root? O Proteus, let this habit make thee blush. Be thou ashamed that I have took upon me Such an immodest raiment, if shame live In a disguise of love. It is the lesser blot, modesty finds, Women to change their shapes than men their minds.
100
105
PROTEUS
Than men their minds! ’Tis true. O heaven, were man But constant, he were perfect. That one error Fills him with faults, makes him run through all th’ sins; Inconstancy falls off ere it begins. What is in Silvia’s face but I may spy More fresh in Julia’s, with a constant eye? VALENTINE Come, come, a hand from either. Let me be blessed to make this happy close. ’Twere pity two such friends should be long foes. 192
110
115
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
GIULIA
Eccolo, è questo. Dà l’anello a Proteo PROTEO
Che? Fa’ vedere! Ma questo è l’anello che ho dato a Giulia! GIULIA
Oh, perdonatemi, signore, mi sono sbagliato. Offre a Proteo un altro anello È questo l’anello che avete inviato a Silvia. PROTEO
Ma dove avete preso quell’anello? L’ho dato a Giulia alla mia partenza. GIULIA
Giulia in persona me l’ha affidato, e Giulia in persona l’ha portato qui. PROTEO
Come? Giulia? GIULIA
Guarda colei che era il bersaglio179 delle tue promesse, e le accoglieva nel profondo del cuore. Quante volte hai colpito nel segno con i tuoi spergiuri? Proteo, sei tu che devi arrossire per questa mascherata! Ti devi vergognare tu che io abbia indossato queste vesti immodeste, se vi è motivo di vergogna nel travestirsi per amore. Quanto all’immodestia, è meno da rimproverare una donna che cambia il proprio abito, di un uomo che cambia i propri sentimenti. PROTEO
I sentimenti! È vero. O cielo, se solo fosse costante, l’uomo sarebbe perfetto! Quest’unico errore lo inonda di difetti, gliene fa fare di tutti i colori; l’incostanza ha già chiuso prima ancora di cominciare. Che cosa c’è nel volto di Silvia che io non possa scorgere più vivido in quello di Giulia, guardandola con gli occhi della costanza180? VALENTINO
Su, datemi entrambi la mano: a me il privilegio di pronunciare questo lieto fine. Sarebbe un peccato se due amici così restassero nemici a lungo.
193
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
Julia and Proteus join hands PROTEUS
Bear witness, heaven, I have my wish for ever. JULIA
And I mine. Enter the Outlaws with the Duke and Thurio as captives OUTLAWS
A prize, a prize, a prize!
VALENTINE
Forbear, forbear, I say. It is my lord the Duke.
120
The Outlaws release the Duke and Thurio (To the Duke) Your grace is welcome to a man disgraced, Banishèd Valentine. DUKE Sir Valentine! THURIO
Yonder is Silvia, and Silvia’s mine. VALENTINE
Thurio, give back, or else embrace thy death. Come not within the measure of my wrath. Do not name Silvia thine. If once again, Verona shall not hold thee. Here she stands.ab Take but possession of her with a touch – I dare thee but to breathe upon my love.
125
THURIO
Sir Valentine, I care not for her, I. I hold him but a fool that will endanger His body for a girl that loves him not. I claim her not, and therefore she is thine.
130
DUKE
The more degenerate and base art thou To make such means for her as thou hast done, And leave her on such slight conditions.
135
127. Verona: così in F; pare necessario emendare con Milan = “Milano”. Con ogni probabilità, indica che non vi è stata revisione, come già in III, 1, 81. 194
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
Giulia e Proteo si danno la mano PROTEO
Il cielo mi sia testimone che i miei desideri si avverano per sempre. GIULIA
E così i miei. Entrano i fuorilegge con il Duca e Turio prigionieri FUORILEGGE
Ostaggi! VALENTINO
Fermatevi. È il Duca, il mio signore. I fuorilegge liberano il Duca e Turio (Al Duca) A vossignoria il benvenuto di un uomo caduto in disgrazia, il bandito Valentino. DUCA
Ser Valentino! TURIO
Laggiù c’è Silvia, e Silvia è mia. VALENTINO
Turio, fatti da parte, o preparati a incontrare la morte. Non ti arrischiare a chiederti fin dove può arrivare la mia ira. E non dire che Silvia è tua un’altra volta, o a Verona non metterai più piede. Eccola lì: ti sfido a provare a toccarla… anche solo a sfiorarla! TURIO
Ser Valentino, non m’importa di lei e reputo uno sciocco chi mette a rischio la propria vita per una fanciulla che non l’ama. Non la voglio, e quindi è tutta tua. DUCA
Sei tanto più disonesto e vile ad aver smaniato tanto per lei come hai fatto, per poi abbandonarla per motivi tanto futili. Sull’onore
195
THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
Now by the honour of my ancestry I do applaud thy spirit, Valentine, And think thee worthy of an empress’ love. Know then I here forget all former griefs, Cancel all grudge, repeal thee home again, Plead a new state in thy unrivalled merit, To which I thus subscribe: Sir Valentine, Thou art a gentleman, and well derived. Take thou thy Silvia, for thou hast deserved her.
140
145
VALENTINE
I thank your grace. The gift hath made me happy. I now beseech you, for your daughter’s sake, To grant one boon that I shall ask of you. DUKE
I grant it, for thine own, whate’er it be. VALENTINE
These banished men that I have kept withal Are men endowed with worthy qualities. Forgive them what they have committed here, And let them be recalled from their exile. They are reformèd, civil, full of good, And fit for great employment, worthy lord.
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DUKE
Thou hast prevailed. I pardon them and thee. Dispose of them as thou know’st their deserts. Come, let us go. We will include all jars With triumphs, mirth, and rare solemnity. VALENTINE
And as we walk along I dare be bold With our discourse to make your grace to smile. What think you of this page, my lord?
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DUKE
I think the boy hath grace in him. He blushes. VALENTINE
I warrant you, my lord, more grace than boy. DUKE What mean you by that saying?
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I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
dei miei antenati, applaudo il tuo spirito, Valentino, e ti ritengo degno dell’amore di un’imperatrice181. Sappi pertanto che qui mi dimentico di ogni offesa passata, cancello ogni rancore, ti richiamo a corte, e ti conferisco un nuovo rango per i tuoi meriti insuperati, che formulo così: Ser Valentino, sei un gentiluomo di ottima discendenza. Prenditi la tua Silvia, perché l’hai meritata. VALENTINO
Ringrazio vossignoria. Il dono mi rende felice. Ora vi prego, per amore di vostra figlia, di concedere il favore che mi accingo a chiedervi. DUCA
Lo concedo, per amor tuo, qualunque cosa sia. VALENTINO
I banditi cui mi sono aggregato sono dotati di grandi qualità. Perdonate loro i reati che hanno commesso qui e revocate il bando che li esilia. Sono pentiti, civili, colmi di buoni propositi e adatti a grandi incarichi182, nobile signore. DUCA
Hai vinto. Perdono loro e te. Assegnerai loro mansioni diverse secondo i meriti, tu che li conosci. Su, andiamo. Porremo fine ad ogni contesa con feste e spettacoli. VALENTINO
E mentre procediamo, avrò l’ardire di far sorridere vossignoria. Che ne pensate di questo paggio, signore? DUCA
Penso che il ragazzo abbia della grazia: arrossisce pure. VALENTINO
Vi garantisco, signore, che è più la grazia che il ragazzo. DUCA
Che cosa intendete così dicendo?
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THE TWO GENTLEMEN OF VERONA, ACT 5 SCENE 4
VALENTINE
Please you, I’ll tell you as we pass along, That you will wonder what hath fortunèd. Come, Proteus, ’tis your penance but to hear The story of your loves discoverèd. That done, our day of marriage shall be yours, One feast, one house, one mutual happiness.
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170 Exeunt
I DUE GENTILUOMINI DI VERONA, ATTO V SCENA 4
VALENTINO
Se volete, strada facendo vi racconterò accadimenti che vi lasceranno a bocca aperta. Vieni, Proteo: la tua penitenza è sentir rivelare la storia dei tuoi amori. Dopodiché, il giorno del nostro matrimonio sia anche quello del tuo: una festa, una casa, una sola felicità. Escono
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The Taming of the Shrew La bisbetica domata Testo inglese a cura di STANLEY WELLS Nota introduttiva, traduzione e note di ROSSELLA CIOCCA
Nota introduttiva
La geografia di questa commedia giovanile, composta da due scene di prologo e cinque atti di vicenda principale, appare a primo impatto antitetica. L’incipit è nordico, vi si evocano scene di caccia nell’alba umida della brughiera e notti lunghe e fredde. Riparo e ristoro vengono offerti da luoghi popolari e rissosi come la locanda o austeri come il maniero di un signorotto locale. Si tratta di un preludio intriso delle memorie ancora fresche del Warwickshire natale del giovane drammaturgo, con nomi e nomignoli che richiamano l’Inghilterra rurale, aspra e vivace, animata da dinamiche sociali conviviali e nondimeno ruvide. E poi, attraverso un doppio rimando parentetico, metateatrale ma forse anche onirico, si assiste all’apertura di una più solare scena cittadina, costruita sugli stilemi della convenzione rinascimentale del bel vivere italiano. La città di Padova con le sue storie di corteggiamenti e spasimanti, travestimenti e duelli verbali, arguzie e furbizie, malizie e commerci nuziali. Con l’arrivo della compagnia di attori itineranti, si chiude il prologo (o cornice amputata?), e si apre la commedia vera e propria: “una specie di storia” come la definisce il paggio Bartolomeo, in cui il sonno/sogno dello spettatore Sly si sovrappone alla mise en abîme dello spettacolo nello spettacolo, in una raddoppiata dislocazione antinaturalistica. Ma la duplicità strutturale e l’apparente contrasto di clima e atmosfera rivelano invece una economia unitaria di modi e di temi a costruire un serrato dispositivo comico basato sulla moltiplicazione dei modelli di ispirazione e su una spavalda libertà dalle costrittive unità formali. Secondo una strategia aggiuntiva, che della commedia shakespeariana diventerà tipica, gli immaginari si addizionano, e, nell’ordito di una trama 203
LA BISBETICA DOMATA
intessuta di rimandi tematici, l’unitarietà della visione emerge a suggellare una stagione espressiva acerba e allo stesso tempo pienamente felice. I tre plots di Sly, Bianca e Caterina si richiamano a vicenda. Le piacevolezze del castello offerte al calderaio, raffigurate dai dipinti doviziosamente descritti, sono ad esempio evocate attraverso l’immaginario classico di un umanesimo esotico e di maniera, di ispirazione continentale, mentre il motivo centrale dell’addomesticamento, che pesca nel repertorio misogino del folklore nordico, riaggancia tematicamente il plot di Sly, modellato sul desiderio maschile di consumo alimentare e sessuale, al tema patriarcale della Comedy e ancora al motivo della scommessa dell’epilogo che coinvolge tutte le altre coppie. Ma il più insistito dispositivo unificante della vicenda del calderaio e della più mondana scena padovana, è quello del sovvertimento degli schemi, e di un clima carnevalesco innescato dal travestimento e dallo scambio di ruoli. Scambi tra povero e ricco, come nell’avventura dell’ubriacone trasformato in Lord, e di nuovo tra padrone e servitore, quando lo schema dei Suppositi viene piegato al subplot cittadino. Non a caso una delle riproposizioni meglio riuscite del dramma nel Novecento come il film di Franco Zeffirelli sceglierà come cornice situazionale della commedia proprio l’irrompere di una festa dei folli. Della festa, della sosta rituale che riconferma lo status quo, il dramma shakespeariano esplora le potenzialità. Non tanto per avvalorarne il modello alternativo ma per cavarne, al momento della ricomposizione della norma, uno strascico o una suggestione, anche solo un dubbio, capace di incrinare la solidità dell’ordine restaurato. La dinamica relazionale tra uomo e donna e soprattutto tra donna e società sono esplorati nel contesto della legge patriarcale ma nell’atmosfera festiva si esplica la messa in discussione e quasi la decostruzione del modello. Quando il codice verrà ripristinato un interrogativo (“Con licenza, c’è da domandar se domar si sia lasciata” V, 2, 194) aleggerà a domandare se la sottomissione al marito-padrone sia solo tattica o se, strategica, risponda al mandato di un aggiustamento mimetico, che mentre ripropone (scimmiottandolo?) il sistema, dal di dentro finisce per eroderlo e svuotarlo di significato. Intanto, la fitta trama dei colpi di scena e dei tafferugli farseschi, la competizione verbale e il movimento vorticoso dei corpi che, tra danza e lotta, scombinano le geometrie sociali e di genere, creano un vortice di energia che il dato letterale dell’epilogo del dramma non sarà in grado di spegnere o soffocare del tutto. Il 204
NOTA INTRODUTTIVA
carattere performativo di un play legato, più di ogni altro forse, alla sua dimensione recitata e molto meno a quello testuale, consegna allo spettatore un finale chiuso nella dizione e totalmente aperto all’esecuzione attoriale. Gli accenti e gli sguardi possono fare, e faranno, la differenza. Nella fortuna del dramma, una ben lunga scia di sequels e di versioni “aggiornate” cominceranno, da subito e fino a giorni nostri, a convalidarne la natura aperta e la sua peculiare traducibilità interpretativa. La modernità coglierà implicazioni complesse, nuclei tematici profondi e spinosi, di rilevanza ideologica e psicologica, a riconferma che persino le opere più giovanili e immature di Shakespeare sono nondimeno pienamente capaci di dialogare con il futuro o almeno di sostenerne le intelocuzioni. Talvolta anche le più invadenti. Ma fondamentalmente e primariamente questa commedia convince e continua a divertire perché vera macchina da guerra teatrale, piena di ritmo e di brio espressivo in grado, nello spazio del sottinteso più che dell’esplicitato, di coinvolgere lo spettatore in una corrente di simpatia scanzonata e impertinente, mai veramente malevola. La visione esistenziale, ancorchè disincantata, appare limpida, la prospettiva che la inquadra è frontale e non ellittica, il sole, se pur intercambiabile per gioco retorico con la luna (IV, 5) è alto e illumina a pieno; l’allegria non è ancora velata dalla malinconia e tutti i personaggi sono ben saldamente piantati in un contesto sociale e culturale che conoscono e che li riconosce. Abitare l’universo evocato dalla storia non è facile né particolarmente agevole, ma il retroterra classico richiamato a celebrare il trionfo umanistico dell’individuo e il diradarsi delle nebbie del medioveo, costituisce una cornice che ancora tiene prima delle nuove atmosfere umbratili e incerte del barocco. Nel cosmo sociale della Bisbetica le donne e gli uomini si fronteggiano; il controllo della comunità è marcato ma non puritano; le generazioni si succedono nella continuità e in un rinnovamento privo di cesure violente; senza ombre, né crisi identitarie ed epistemiche, oggetto queste ultime di ben altre sperimentazioni drammaturgiche. Dramma giovanile, The Taming of the Shrew combina tradizione colta e popolare, matrici narrativo-letterarie e rituali-festive, per allestire una scena dove il mondo è ancora un posto stabile, se gira lo fa solo per chi soffre di vertigini (V, 2, 20), e la vita, nella sua erasmiana follia, è un po’ più lieta se affrontata con la leggerezza e la saggezza di una risata.
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LA BISBETICA DOMATA
Data e trasmissione del testo L’unico testo certo e attendibile è quello che compare nell’in-folio del 1623, collocato tra le commedie come undicesimo dramma del volume. Derivato presumibilmente da un manoscritto dell’autore, o da una sua successiva trascrizione, quel testo è sicuramente la fonte di una edizione in-quarto che compare nel 1631, recante l’intestazione A Wittie and Pleasant Comedie Called The Taming of the Shrew. As it was acted by his Maiesties Seruants at the Blacke Friers and the Globe. Successivamente la storia testuale del dramma si deve confrontare con una lunga serie di adattamenti anche abbastanza radicali, che si allontanano nettamente dall’originale shakespeariano. Abbastanza stranamente dunque abbiamo un in-quarto posteriore all’in-folio, e nessuna pubblicazione in-quarto precedente, se non un testo quasi omologo, depositato presso lo Stationers’ Register il 2 Maggio 1594 e composto, se si tengono presenti le citazioni dal Doctor Faustus di Marlowe che contiene, presumibilmente non prima del 1593. Si tratta ovviamente del ben noto The Taming of a Shrew chiaramente collegato al testo shakespeariano da una qualche relazione, sulla cui natura la critica si è a lungo interrogata. Una prima possibilità considerava a Shrew come fonte di the Shrew la cui datazione veniva, quindi, collocata tra il 1594 e il 1598, anno in cui Francis Meres nel suo Palladis Tamia citava un misterioso Love Labours Wonne identificato da alcuni studiosi proprio con La bisbetica domata. In realtà, negli ultimi decenni, tale ipotesi appare del tutto tramontata a favore di quella che vede in a Shrew una sorta di bad quarto, non tanto però nel senso di un testo ricostruito a memoria da uno o più attori che avevano partecipato alla sua messa in scena, quanto una vera e propria copia pirata, una sorta di plagio che avrebbe, forse, anche impedito all’originale una sua circolazione a stampa. Le molte analogie e le sostanziali divergenze tra i due drammi hanno portato alla conclusione che il primato di composizione spetta al dramma poi confluito nell’in-folio del 1623. In entrambe le pièces figura, in effetti, un intreccio principale in cui si realizza l’addomesticamento di Caterina, che attingendo però a repertori sia testuali che folklorici molto diffusi, non indica una chiara priorità cronologica. In entrambi gli intrecci il marito-addomesticatore si comporta in maniera eccentrica e irriverente durante le nozze; la moglie è ridotta alla fame, i servi sono mal206
NOTA INTRODUTTIVA
trattati; compaiono un sarto e un merciao; la moglie è costretta a dichiarare che il sole è la luna e che un vecchio è, in realtà, una giovanetta. In entrambe le opere, a conclusione, i mariti scommettono sull’obbedienza delle proprie consorti. Talvolta ci sono delle convergenze testuali. Ma complessivamente l’opera di addomesticamento appare nella commedia shakespeariana di natura più sottile e la natura del vincolo affettivo più credibile e meno schiacciato sul cliché antico-medievale della riconduzione all’obbedienza attraverso un atto di sottomissione brutalmente fisica. L’intreccio secondario, derivato dall’Ariosto dei Suppositi, invece, nel dramma shakespeariano appare più fedele alla fonte ed intimamente più coerente che non in a Shrew, dove alcune incongruenze indicherebbero un rapporto non diretto. Per quanto riguarda le differenze, in a Shrew tutti i personaggi, tranne Caterina, hanno nomi diversi, l’azione è ambientata ad Atene, ci sono tre sorelle e tre corteggiatori. Il prologo diventa una vera e propria cornice con Cristopher Sly che interviene in quattro occasioni a commentare lo svolgimento della rappresentazione e ricompare in un epilogo in cui, di nuovo addormentato, è rivestito con i suoi stracci e trasportato fuori alla locanda dove viene trovato al mattino da un taverniere (non dall’ostessa). Sly al risveglio conclude di aver sognato tutto e, pur rimpiangendo di non essere più un Lord, si consola affermando di aver imparato come affrontare, al suo ritorno a casa, le probabili ire della moglie avendo appreso now how to tame a shrew. La mancata ripresa della vicenda di Sly in funzione di cornice ha ovviamente incuriosito e sfidato la capacità degli esegeti a trovare una spiegazione plausibile. Quattro le principali ipotesi: 1) La ripresa esisteva anche nel dramma di Shakespeare ma è andata persa prima della stampa o era caduta in disuso perché risultava complicato per gli attori, che già figuravano tutti in scena nella conclusione, rientrare nei panni di Sly e compagni. 2) La chiusura con Sly era affidata all’improvvisazione degli attori e non presupponeva un testo scritto. 3) Per motivi squisitamente artistici Shakespeare aveva fatto cadere la vicenda di Sly in funzione di cornice per evitare un anticlimax dopo la conclusione della commedia vera e propria. 4) La vicenda di Sly aveva esclusiva funzione di prologo e come tale non necessitava di essere ripresa come avveniva in numerosi altri drammi che nel teatro elisabettiano e giacomiano presentavano un Prologo ma non un epilogo corrispondente. 207
LA BISBETICA DOMATA
Attraverso il raffronto, comunque, tra i due testi e una serie di altri elementi di contestualizzazione storica, con la prevalenza della tesi di a Shrew come bad quarto, progressivamente la datazione del testo shakespeariano si è andata spostando indietro nel tempo fino a postulare che possa essere stato composto tra il 1590 e il 1592. Qualcuno (B. Morris) si spinge a sostenere che l’opera sia stata scritta addirittura nel 1589 non solo come prima commedia, anteriore dunque anche alla Commedia degli errori, con cui condivide la fonte ariostesca, ma addirittura come primo dramma in assoluto, come il vivido fondale del Warwickshire testimonierebbe. Tale ultima ipotesi dona una luce e un interesse particolare al testo, che come prima prova professionale (o comunque tra le prime), del giovane drammaturgo, ne metterebbe a fuoco, pur nel suo carattere ancora immaturo, modi e spessori, non solo di sicura originalità e riconoscibilità, ma già pienamente geniali. Le fonti Il discorso sulle fonti shakespeariane si articola in genere in una doppia ricognizione. Da un lato la ricerca delle effettive tracce di filiazione testuale, e dall’altro lato, invece, l’ampia indagine su la complessa galassia di motivi e modi che pongono la commedia shakespeariana al centro di un vastissimo panorama di repertori che comprendono ascendenze classiche e popolari autoctone: dalla matrice narrativo-testuale al folklorico medievale cristiano, dagli stilemi cortigiani rinascimentali alla drammaturgia popolare del sacro e del profano, dalla satira sociale e dei tipi di modello latino alla radice mitico-rituale della greca commedia antica, passando per il fiabesco e il leggendario sia nordico che mediterraneo che medio-orientale. Tale congerie di tratti e di archetipi, saldando il teatro di Shakespeare a un mondo di storie e di pratiche, finisce per far corpo con l’identità culturale stessa dell’Occidente, nella sua variegata stratificazione primo-moderna. In particolare, nel caso della Bisbetica c’è un’unica fonte testuale certa per l’intreccio secondario del corteggiamento di Bianca, consistente nel dramma di Ariosto I suppositi (1509 in prosa, 1528-31 in versi) per il probabile tramite della libera, come usava allora, traduzione di George Gascoigne del 1566, The Supposes. Ispirata, a sua volta ai modelli latini di Terenzio e Plauto, la commedia degli equivoci di Ariosto fornisce, tra altri, il motivo dello scambio tra giovin signore e servitore, i travestimenti dei due corteggiatori, la trovata del falso padre. 208
NOTA INTRODUTTIVA
Per quanto riguarda il Prologo (Induction) la ricostruzione del contesto rurale con i suoi mestieri, relazioni e abitudini sociali appartiene invece alla diretta esperienza dell’autore e al suo recente passato nel territorio di Stratford e dintorni. Ambito in cui il drammaturgo sceglie di innestare il motivo del “dormiente risvegliato”, appartenente a una tipologia diffusa su tutto il territorio europeo e limitrofo e ben conosciuta negli studi sul folklore anche come “L’uomo che crede di essere stato in paradiso”, descritta nei termini ricorrenti dell’ubriacone trovato da un signore che lo fa rivestire di tutto punto e gli fa servire cibo e bevande prelibate (n. 1531 nella categorizzazione di Aarne-Thompson). Versioni note di tale canovaccio compaiono in contesti molto distanti come, ad esempio, nelle Mille e una notte, in cui è il califfo Haroun Al Rashid a mettere in opera lo scherzo, o nell’opera di Heuterus De Rebus Burgundicis (1584), ma anche in tanti testi medievali e in una serie di ballate di epoca coeva come The Waking Man’s Dreame o The Frolicksome Duke, or the Tinker’s Good Fortune che, pur non essendo con certezza precedenti alla commedia shakespeariana, attestano comunque l’evidente popolarità del tema. Analogamente, l’intreccio principale dell’“addomesticamento” si riconnette a un rizoma tematico esteso tra l’Europa e i Balcani ma riscontrato anche in India e nelle Americhe (n. 901 della categorizzazione di Aarne-Thompson). Il motivo prevede più sorelle, di cui una bizzosa e scorbutica, un consorte che uccide un animale per spaventare la moglie e ricondurla alla docilità, una pubblica prova di tale ravvedimento e la scommessa tra mariti sull’obbedienza delle rispettive mogli. Si contano più di quattrocento versioni di tale nucleo narrativo e, in particolare, ne esistono alcune, anonime, che Shakespeare potrebbe aver conosciuto anche in forma diretta. La prima, A Shrewde and Curste Wyfe, in versi, prevede due sorelle di cui una bisbetica, un padre che mette in guardia il pretendente di quest’ultima, una moglie che, dopo il matrimonio, si rifiuta di svolgere i lavori domestici e maltratta il marito. Un marito che allora fa uccidere e scuoiare il suo vecchio cavallo, chiamato Morrel, e dopo aver picchiato violentemente la moglie la rinchiude, priva di sensi, nella pelle dell’animale. Al suo risveglio la donna terrorizzata promette di comportarsi bene e ottiene la liberazione; nel finale il ravvedimento della bisbetica viene esibito ad una riunione di famiglia. Un’altra versione compare nella ballata The Wife Wrapt in a Wether’s Skin. In un racconto incompleto, in prosa, dal titolo The Handsome Lazy Lass la si209
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tuazione è simile ma risolta però attraverso un escamotage di tipo diverso. Per contrastare la neghittosità della avvenente ma pigra consorte il marito fa servire ai domestici il cibo migliore con la motivazione che essi, lavorando, hanno diritto a nutrirsi in modo adeguato. La possibilità di accedere a una dieta più sostanziosa convincerà la moglie a diventare più docile e collaborativa. Altri testi di epoca Tudor, tra cui due interludi Johan Johan (1533-1534) e Tom Tyler and his Wife (1561), costruiti su forme di “addomesticamento” che prevedono l’uso della violenza fisica, potrebbero esser stati conosciuti direttamente da Shakespeare. In realtà a prescindere dalla singola rilevanza di possibili letture di prima mano da parte del drammaturgo, la figura della donna bizzosa apparteneva non solo a un repertorio letterario tradizionale molto diffuso: dalla Santippe di Socrate, alla moglie di Noè nelle rappresentazioni dei “Miracoli” medievali, dal personaggio della vecchia in Jean De Meung, alla comare di Bath in Chaucer, ma anche ad un immaginario più ampiamente culturale fatto di microstorie, aneddotiche locali e pratiche di controllo sociale esercitato dal basso. Tipiche dei contesti rurali e articolate nel linguaggio delle consuetudini e della cronaca semiufficiale, alcune forme di public shaming o shaming rituals (G. Schneider) erano quasi di esclusiva pertinenza femminile. La contravvenzione delle norme di genere che prevedevano un contegno ossequioso verso il maschio e la continenza verbale e sessuale erano le principali forme di “anormalità” da svergognare e punire pubblicamente. Lo skimmington, o skimmington ride, rievocato nel testo shakespeariano dal gioco di parole tra court e cart e ancora dal riferimento alla figura dello zimbello (I, 1, 54-57) ad esempio, consisteva in parate rumorosamente denigratorie in cui le vittime, a volte sostituite da effigi o da compaesani travestiti, venivano trascinate in corteo ed esposte al pubblico ludibrio. Il cucking o ducking stool, usato talvolta anche contro commercianti disonesti, era di prassi impiegato per punire donne particolarmente irrequiete e aggressive o colpevoli di condotta sessuale licenziosa. Più violenta della cosiddetta berlina, la famigerata sedia su cui la donna veniva legata e ripetutamente calata nell’acqua gelida di qualche fiume o torrente, verrebbe oggi classificata come vera e propria strumento di tortura. La più spettacolare e brutale forma di riconduzione rituale all’obbedienza si ha comunque con il cosiddetto scolds’ bridling che consisteva nell’applicare alla donna ribelle e linguacciuta una museruola di ferro con tanto di morso e 210
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briglie. Il morso aveva generalmente delle punte che tendevano a configgersi sia sulla lingua che sul palato quando le briglie di chi portava in giro la vittima venivano tirate. Ridotta alla stregua di un cavallo o di un asino (come già nelle ballate citate), la donna viene non solo ridotta al rango di bestia da soma ma letteralmente ridotta al silenzio, essendo, per sotterranea logica maschilista, la libertà di parola associata a una ancor più temuta potenziale sfrenatezza sessuale. Il combinato in Shakespeare di loquacità e carica erotica troverà esiti del tutto inusitati, ma non sembra in ogni caso fuor di luogo collocare il testo della Bisbetica, al di là delle questioni di specifica derivazione, di fatto all’interno di un grande dispositivo dialettico e ideologico, testuale rituale e normativo, di codifica e rappresentazione della condizione di subalternità delle donne e delle norme di controllo esercitate dalla società patriarcale nei confronti di un femminile avvertito come connaturalmente pericoloso. La posizione e la disposizione assunte dal dramma shakespeariano in questo articolato apparato discorsivo e intertestuale sono ancora oggi oggetto di acceso dibattito e di scelte interpretative, in ambito sia critico che teatrale, ampiamente diverse e talvolta radicalmente opposte. La vicenda La bisbetica domata sfrutta il meccanismo metateatrale del teatro nel teatro. C’è un prologo costruito su un dispositivo di mascheramento che si aprirà a sua volta su una recita costituita da due intrecci ciascuno dei quali è imperniato su simulazioni, camuffamenti e rappresentazioni di ruoli e copioni preordinati. Il dramma si apre con un Prologo, in cui l’ubriacone Sly è cacciato via dalla locanda da un’ostessa che si pone come prima antagonista femminile; addormentatosi all’addiaccio il calderaio viene trovato da un Lord al rientro dalla caccia. Il signorotto, disgustato dallo stato di abbrutimento del dormiente, decide di fargli uno scherzo e ordina ai suoi servi di trasportarlo nel proprio palazzo. Sly verrà rivestito come un nobile, gli si offriranno raffinati cibi e bevande e il conforto di una bella moglie, nella persona di un paggio travestito. Il tutto per convincerlo che al suo risveglio i suoi cari lo hanno finalmente ritrovato guarito dalla grave malattia che lo aveva afflitto, facendogli credere per lunghi anni di essere un povero calderaio. Al tentativo di Sly di accompagnare il godimento delle ricche pietanze con quello di un “legittimo” connubio sessuale, in alternativa gli viene offerto il piacere 211
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di uno spettacolo proposto da una compagnia di attori itineranti istruiti all’uopo. Si apre così, nella finzione della beffa a Sly, la recita della commedia vera e propria. A Padova Battista decide di non concedere la mano della corteggiata Bianca prima che si sia trovato un marito anche per la sorella maggiore, altrettanto bella ma rinomata per il cattivo carattere. Intrecciate le due trame, quella di Bianca e dei suoi spasimanti e quella del matrimonio di Caterina, si dipaneranno lungo una serie di ulteriori travestimenti e assunzioni di false identità. Con l’arrivo di Lucenzio che si scambia di posto con il suo servitore Tranio, il numero dei corteggiatori di Bianca sale a quattro: Gremio, un vecchio Pantalone, e Tranio, sotto le mentite spoglie di Lucenzio, che si sfideranno in una contesa a chi offre la migliore dote, e sotto la copertura dei ruoli di musico e precettore, Ortensio e Lucenzio cercheranno di conquistare segretamente il favore di Bianca, la quale fingendo abnegazione e rassegnazione approfitta della situazione per flirtare con i due e scegliere lo spasimante più gradito. Quando il falso Lucenzio avrà bisogno di un falso Vincenzo che, in qualità di padre, possa convalidare la proposta matrimoniale, si aprirà un nuovo fronte degli equivoci. Un pedante convinto con l’inganno a recitare il ruolo del finto padre si troverà al cospetto del vero Vincenzo, nel frattempoo arrivato anche lui a far visita al figlio, al posto del quale trova ovviamente il servitore camuffato da padrone, scatenando un parapiglia. Nel frattempo l’arrivo in città di una specie di cacciatore di dote, giunto per ammogliarsi “riccamente a Padova; se riccamente, allora felicemente a Padova” (I, 2, 74-5), sblocca l’impasse matrimoniale di tutti e quella esistenziale di Caterina, isolata e rabbiosa nella sua condizione di bisbetica che nessuno ama. Petruccio, determinato a prendersela come moglie, decide di adottare un complesso copione di corteggiamento tale da assicurargli non solo la mano ma anche il rabbonimento della futura consorte. Nella prima fase, che coinciderà con una lunga e concitata scena di wit combat (contrasto verbale), Petruccio decide di prendere in contropiede la ragazza, sovvertendone le aspettative, decantandone le virtù di mitezza e cortesia, mentre lei lo riempie di improperi, e accogliendo il suo rifiuto come un invito a stabilire la data delle nozze (II, 1). Nella seconda fase, che inizia con la mascherata buffonesca del matrimonio e si conclude con una luna di miele fatta di privazioni e esasperanti, sadiche solerzie con cui quasi riesce ad “uccidere una 212
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moglie con la gentilezza” (IV, 1, 194), Petruccio mette in atto la sua “cura speculare”, recitando il ruolo del bisbetico tirannico, volubile e capriccioso, mostrando a Caterina gli effetti perniciosi della prepotenza e della eccessiva umoralità. Il culmine viene raggiunto quando, dopo averle prospettato il rientro in famiglia, Petruccio minaccia di riportare “Kate” nella sua dimora degli orrori se lei non lo asseconderà nelle sue acrobazie verbali e definitorie. Si tratta della famosa scena in cui il sole è chiamato luna e il vecchio Vincenzo appellato come una giovinetta (IV, 5). Caterina, vicina al punto di rottura, sembra a questo punto intuire che non vi è via di uscita se non nella recita di una totale compiacenza e accetta di seguire il marito nei suoi funambolismi retorici, sotto la minaccia di quei rope-tricks decantati da Grumio (I, 2) come arma offensiva del suo padrone. L’epilogo vede riunite le coppie di sposi finalmente attorno a un vero banchetto nuziale (V, 2), Ortensio con una vedova con cui decide di accasarsi quando capisce che Bianca gli preferisce il finto precettore di latino; la stessa Bianca con Lucenzio, scelto come marito ma già messo sull’avviso che non gli sarà concesso di assumere una posa da consorte-padrone; Petruccio e Caterina, con quest’ultima più loquace che mai e apparentemente a proprio agio nella dialettica esibizione di devozione muliebre che suscita ovviamente l’invidia e la meraviglia, piuttosto scettica, degli altri mariti. A questo punto, come si è visto, la mancata ripresa di Sly come spettatore aggiunge altre domande: la scomparsa della cornice metateatrale è un modo per “naturalizzare” la scelta remissiva di Kate, sottraendola alla doppia virgolettatura dell’artificio della recita nella recita e restituendola a una sorta di chiusura in chiave più “realistica”; o piuttosto, se si tende a considerare la prestazione di Kate come decisamente “iper-performata” e di natura eminentemente retorica, si preferisce prendere atto del fatto che alla fine Sly disappears as Lord but Kate keeps talking (K. Newman)? Le risposte della critica Se è vero che per il crocevia testuale shakespeariano, a partire soprattutto dal Novecento, sono transitate tutte le svolte interpretative fondative di nuovi approcci teorici, La bisbetica domata è tra quei drammi che più di altri hanno assunto la funzione di pietre miliari del sistema critico contemporaneo. Quasi al pari di una tragedia maggiore e di una commedia romantica tra le più famose, questo dramma ha non solo catalizzato 213
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l’attenzione della critica e dello sperimentalismo teatrale ma ha partecipato a definire svolte ermeneutiche vere e proprie. Intanto, in chiave estetica, il giudizio di valore è stato spesso agganciato alla questione autoriale. Fino all’edizione Arden del 1904, ad esempio, materia preliminare di discussione per il curatore era stabilire “quanto della commedia si dovesse a Shakespeare” (R. W. Bond). E ancora nel 1930 E.K. Chambers riteneva che in questo dramma il drammaturgo avrebbe potuto avere, eccezionalmente, un collaboratore. Per molto tempo, la vulgata prevedeva una decisa disparità di valore tra l’intreccio principale, col suo linguaggio arguto e spumeggiante, e quello di derivazione italiana, spesso giudicato troppo fiacco e convenzionale, tanto da metterne in dubbio l’attribuzione. Più recentemente invece sembra decisamente tornato in auge il giudizio di Samuel Johnson che riteneva l’intreccio di Caterina e quello di Bianca così ben amalgamati da non poterli quasi chiamare due “senza nuocere all’arte con cui sono intrecciati”. In realtà lo stesso A. Quiller-Couch, tra i primi a privilegiare l’ipotesi dell’unico autore, nel 1928, certo non considerava la commedia un capolavoro. Egli parla di “roba primitiva, quasi brutale”, di “struttura sfilacciata”, per concludere icastico “chiamare La bisbetica un capolavoro vuol dire … piegare la critica alla piaggeria, e all’idolatria nei confronti di un nome”. Altri invece, inaspettatamente, creano una disparità di giudizio tra il Prologo e l’intero dramma. Anna Luisa Zazo parla convintamente di “scarto di qualità, di raggiunta maturità e libertà creativa, tra il Prologo e la commedia vera e propria”. Il primo viene considerato già una testimonianza di esperta, sofisticata raffinatezza metateatrale e di problematicità di levatura quasi amletica, mentre il resto scorrerebbe su “binari troppo di comodo”, ispirandosi a temi considerati facili e di maniera. Una chiave che ha spesso orientato le interpretazioni del dramma è quella economica, e anche qui non mancano le divergenze di veduta. Una tale prospettiva si concentra generalmente su quei passi testuali che tematizzano il matrimonio come contratto commerciale (ben evidenziati da S. Perosa): dalle considerazioni su Caterina come merce improduttiva se immobilizzata, all’asta annunciata da Battista per cedere Bianca al miglior offerente (II,1), alla rivendicazione da parte di Petruccio del suo diritto di padrone nei confronti di una Caterina assimilata alle altre sue proprietà: “Lei è ogni mio bene, le mie cose, la mia casa, le mie masserizie, il mio campo, il mio fienile, il mio cavallo, il mio bue, il mio asino, il 214
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mio tutto” (III, 3, 102-4). Attraverso la ricostruzione dei contesti culturali tardo rinascimentali, Petruccio è, di volta in volta, visto come utente entusiasta, o contestatore ironico, delle politiche matrimoniali coeve. L. E. Boose (in L. Marvel) lo definisce un social climber, un arrampicatore sociale oltre che cacciatore di dote. Viceversa, per B. Evans l’unione di Kate e Petruccio, vista come libera scelta elettiva e sincera comunione di cuori, rappresenterebbe una denuncia della visione affaristica del matrimonio prevalente a Padova. Concentrandosi invece sul ruolo sociale della moglie come lavoratrice domestica, l’enfasi viene posta sulle affinità e le differenze del testo shakespeariano rispetto alle varie ballate in cui la bisbeticità muliebre è primariamente legata alla pigrizia. Citando la ballata The Wife Wrapped in a Whether’s Skin, in cui la moglie si rifiuta di to brew, bake, wash, card, or spin, cioè di compiere tutti gli atti domestici riservati alla donna, N. Korda sostiene che tradizionalmente uno degli scopi del taming era di convincere casalinghe riottose a lavorare, mentre nel caso di Kate si consumerebbe una diversa forma di ammansimento e depotenziamento del femminile. In chiave borghese, infatti, la moglie trasformata da lavoratrice a mantenuta verrebbe con maggiore efficacia reclusa nella sfera della casa dove “al sicuro ed al calduccio” non potrà certo sottrarsi all’obbligo della riconoscenza nei confronti di un marito che per il suo mantenimento si espone “per mare e per terra alla fatica dello sforzo” (V, 2, 153-6). L’addomesticamento diverrebbe dunque un caso letterale di riconduzione all’ambito domestico: “da una Ketty selvaggia a una Ketty docile come le altre gattine della casa” (II, 1, 271-2). È evidente che la critica di tutti i tempi non ha potuto evitare il confronto con la tematica di genere. Per questo il testo è stato a lungo considerato urticante: G. B. Shaw ne trovava l’epilogo “disgustoso per la sensibilità moderna”, e secondo Quiller-Couch “con quei colpi di frusta [era] tedioso e …oltraggioso”. Ma, abbastanza sorprendentemente, una lettura in chiave revisionistica ha finito per prendere piede e prevalere. Graham Holderness, forse il maggior esperto contemporaneo del dramma, ricostruisce gli ultimi trenta anni di critica intorno al binomio di Gender and Power, individuando varie periodiche “ortodossie”. L’ottica revisionistica sembra imporsi tra gli anni settanta e ottanta, riuscendo a insinuare negli interstizi del dramma un paradigma femminista, “ottimista e di sinistra”, di deviazione dal modello patriarcale rigido. 215
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Sono questi gli anni delle letture di G. Greer, che riteneva la relazione turbolenta tra Kate e Petruccio tutto sommato paritaria, e comunque preferibile alla proiezione sessista realizzata nella docilità di Bianca; di C. Kahn, che nella farsa vedeva satirizzata l’infantile attitudine maschile all’onnipotenza nei confronti delle donne; di R. Nevo, che leggeva una chiara complicità nella coppia dei protagonisti; di J. Dusinberre, che vi intravedeva una nuova morale coniugale protestante basata sì su una volontaria sottomissione, ma in cambio di un “obbligo reciproco”; di L. Jardine, che propendeva per una lettura in chiave decisamente ironica del monologo finale di Caterina; di K. Newman che, enfatizzando tutti i meccanismi antinaturalistici del dramma, spiegava la tattica di Kate come esempio di mimetismo culturale tipico del femminile. La sua tirata sul dovere di obbedienza non sarebbe rivolta al pubblico maschile ma alle altre spose presenti, cui indicherebbe la strada per conservare un potere di presenza e di parola all’interno di quel contesto patriarcale accettato solo formalmente. Letture di questo tipo si sono così saldate a una impostazione molto attenta alla dimensione performativa, mettendo in luce lo spazio di libertà che, from page to stage, si veniva a creare nei confronti della qualità omiletica del monologo di Caterina, la cui recita fin troppo diligente poteva diventare caricaturale e di totale smentita. Il nesso cruciale era comunque, in chiave anti-lacaniana, quello tra femminile e parola: per quanto Kate possa apparire convertita, nel finale non solo altre due bisbetiche si palesano in Bianca e nella vedova – a perpetuare la guerra tra i sessi! – ma soprattutto Caterina al centro della scena continua a parlare e a detenere l’iniziativa verbale, con Petruccio silente. In tal senso J. Fineman, ispirandosi a J. Derrida, arriva a ipotizzare nel dramma “uno scontro di linguaggi”: il linguaggio letterale e dell’identico, che sarebbe proprio dell’uomo contro quello figurato, della diversità e della proliferazione dei significati, che sarebbe proprio delle donne. La pericolosità di Kate non emerge tanto nella sua facondia quanto nell’eccesso di significazione delle sue parole, spesso aperte allo slittamento e allo sdoppiamento semantico (qualità peraltro condivisa da Petruccio). A partire invece dagli anni novanta, il paradigma prevalente sembra tornare quello della denuncia della familiarità, anche se in forma attenuata, del dramma shakespeariano con il complesso dispositivo discorsivo epocale, funzionale al predominio di genere. In un influente saggio di 216
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L. E. Boose, ad esempio, si riprende in chiave più agguerrita la critica al sottofondo patriarcale della storia. Facendo riferimento alla scena del cavallo che rovina addosso a Kate e alla menzione delle briglie, Boose legge questo episodio, insieme ad altre ricorrenze testuali, come traslato benigno delle più brutali pratiche evocate sia nelle ballate che vedevano la bisbetica intrappolata in una pelle di animale, sia nell’usanza di imbrigliare ed esporre al pubblico ludibrio le donne considerate ribelli, immobilizzandone la lingua con morso e museruola. Sulla stessa linea, G. Schneider afferma che se la public shame era un potente mezzo di controllo delle donne, anche alcune forme private di mortificazione potevano sortire lo stesso effetto. Nell’ultimo atto, il monologo di Caterina non farebbe che esibirne la raggiunta domesticità, e il teatro stesso diventerebbe luogo deputato all’esercizio del controllo sulle donne. Coniugando l’ottica di genere con la lettura in chiave psicologica, invece, altri critici hanno evocato nel taming una sorta di strategia manipolatoria delle emozioni, simile a quella che, nella cosiddetta Sindrome di Stoccolma, lega le vittime ai loro carnefici. Mentre altri hanno addirittura visto all’opera un meccanismo coercitivo di annullamento della volontà della vittima, trovando affinità con le pratiche di tortura psicologica proprie dei regimi totalitari e delle istituzioni totali (S. Perosa). D’altra parte, utilizzando il medesimo framework di riferimenti testuali ma in chiave più ottimistica, è sembrato invece possibile interpretare la relazione Petruccio-Caterina come quella che lega un terapeuta al suo paziente e delineare nel dramma un percorso di guarigione basato su ben note tecniche relazionali, dalla decostruzione delle rigidità comportamentali in Caterina tramite la smentita “paradossale” delle sue aspettative prima del matrimonio, alla successiva assunzione del sintomo da parte di un Petruccio “rinkettinito” (III, 3, 117) in funzione omeopatica (R. Ciocca). In una sorta di lettura etologica, infine, basata soprattutto sulla insistita imagery animalesca, nella domesticazione del vigoroso maschio-Alfa, M. West ha visto un focoso rituale sessuale di corteggiamento, e nella “capitolazione consenziente” della femmina una “acquiescenza alle esigenze e alle gioie del sesso”. Come sempre in tutte le interpretazioni, le felici intuizioni si combinano a elementi di forzatura. In definitiva però non si può negare che il dramma sollevi realmente questioni relative al rapporto tra genere e potere, 217
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che faccia riflettere sul mimetismo femminile come forma di resistenza, o sull’isteria femminile come forma di rivolta. È d’altronde innegabile che esso informi sul valore di scambio della sposa nel contratto matrimoniale, sulla storicamente difficile solidarietà tra donne, e che alluda, anticipando i drammi romanzeschi, al tema del rapporto padre-figlia. Nella farsa di maniera sembra celarsi un nucleo tematico compresso, che dovrà aspettare ancora alcuni anni di maturazione e perfezionamento per dispiegarsi nella sua completa portata problematica. Intanto già da questo precoce esperimento, Shakespeare assembla un dispositivo teatrale formidabile. Dramma energetico, allegro, turbolento, il passo della farsa è lo stesso di una danza popolare, che mette in scena il desiderio e ne stilizza le movenze. L’attrazione fisica, come sempre nello Shakespeare comico, è posta a servizio del sentimento coniugale senza rinunciare alla verve della malizia e della forza inebriante della lussuria verbale. Il dramma si configura come vera e propria esaltazione della carica erotica della parola, e costruisce sulla perizia retorica dell’eros e sul motto di spirito come succedaneo dell’atto sessuale la sua dinamica più originale e creativa. L’amore è preso in giro bonariamente nei suoi stilemi più convenzionali, nelle contaminazioni con l’interesse e la mercificazione, ma è anche inteso seriamente come forza che fa muovere il mondo e può redimere caratterialità isolate e dispotiche accomunandone l’anima a uno spirito affine in un nodo di attrazione fisica e complicità anticonformista. Questa è la vicenda di una conquista ma anche di un incontro, di una convergenza di due personalità, che non sfidano le convenzioni sociali ma sembrano semmai piegarle di volta in volta al proprio gioco comunicativo.Un gioco di spiazzamenti e continui rilanci in cui lo stile, sia comportamentale che espressivo, è performance a favore di più pubblici. Quello degli spettatori, ma anche quello della cerchia di parenti, amici, servitori e soprattutto quello rappresentato per ognuno dall’altro. Un gioco a rimpiattino in cui Caterina e Petruccio si squadrano, si soppesano, si metteno alla prova, si sfidano e, adottando tattiche di depistamento e mascheramento, danno vita a qualcosa di simile a un incontro di wrestling, un po’ serio e un po’ cialtrone, che a chiusura di sipario, mentre si allontanano sornioni, appare ancora in pieno svolgimento.
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La fortuna sulle scene e sullo schermo La bisbetica domata è in assoluto uno dei drammi shakespeariani più riadattati e riscritti. L’originale, accantonato sulle scene, per lungo tempo funge da modello per una serie di variazioni sul tema. John Fletcher ne propone un sequel, The Woman’s Prize; or, The Tamer Tamed (circa 1611), in cui il matrimonio vede un deciso rovesciamento dei ruoli. Dopo la Restaurazione seguiranno vere e proprie riscritture, in cui generalmente il Prologo cade e il monologo finale verrà accorciato o distribuito tra i due protagonisti, con aggiunte di personaggi e di scene farsesche, talvolta grossolane, come in Sauny the Scott: or, The Taming of the Shrew (rappresentato nel 1667), di John Lacey; o A Cure for a Scold (1735) di James Worsdale. Due drammi, di due compagnie rivali, riprendono invece nel 1716 l’Induction con lo stesso titolo di The Cobbler of Preston, da cui nel 1817, espunti alcuni riferimenti politici e con l’aggiunta di una trama sentimentale, verrà derivata un’omonima farsa musicale. Nel 1754 David Garrick produce il più longevo e fortunato rifacimento teatrale, Catherine and Petruchio, che dominerà le scene per un quasi un secolo e sarà trasformato a sua volta da Frederic Reynolds in un’opera con overture di Rossini nel 1828. Il dramma nella sua versione originale verrà riesumato solo nel 1844, riprendendo però da a Shrew la chiusura della cornice di Sly, come tante volte ancora accadrà in una pratica scenica molto più disinvolta rispetto a quella critica. Ma la storia dei remake continua nel Novecento con il famoso musical del 1948, Kiss Me Kate, musicato da Cole Porter, in cui due attori, un tempo sposati, si trovano a recitare ne La bisbetica domata, dando vita, tra entrate e uscite, a una concitata riconciliazione condita in salsa gangster. Sempre in ambito teatrale cominciano nella seconda metà del secolo le grandi revisioni registiche. Nel 1978 Michael Bogdanov ne dirige una versione della Royal Shakespeare Company in cui Jonathan Pryce impersona sia Sly che Petruccio mentre l’attrice protagonista interpreta sia l’ostessa che Kate. Il prologo è sostituito da un alterco in platea tra Sly, ubriaco, e l’ostessa che cerca di cacciarlo. La natura teatrale dell’incidente diventa evidente solo quando Sly sale sul palco e comincia a distruggere una scenografia di ambientazione rinascimentale con fondali dipinti. Su una scena ridotta a un’impalcatura di tubi inizia la rappresentazione volta a rendere le contiguità tra l’etica mercantilistica della Padova primo-moderna e la mentalità affaristica del capitalismo inglese a noi 219
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contemporaneo, tra l’oppressione della donna ai tempi di Shakespeare e il moderno sfruttamento del sesso, tra la divisione in classi nel XVI secolo e la persistente diseguaglianza economica nel XX (G. Holderness). L’ottica è quella di Jan Kott: la storia una serie ininterrotta di ingiustizie e violenze, Shakespeare inscenabile solo come nostro contemporaneo. In realtà una lettura ancor più iconoclasta era già stata realizzata nel 1973 da Charles Marowitz in chiave sperimentale. La sua versione collage assemblava abilmente citazioni dal testo, riproducendo il contesto patriarcale del dramma con una violenza di tipo fisico molto più insistita, fino alla rappresentazione di scene di tortura e stupro. Petruccio vi appare come una sorta di psicotico sadico, e Kate come una bambola meccanica, nella scena finale vestita con una divisa da istituzione totale, davanti a un tribunale dove è obbligata a recitare la sua sottomissione. Negli anni più recenti, il tono indignato e l’impronta sinistramente nichilista appaiono consegnati alla storia. Tornano a prevalere allestimenti più fedeli e rassicuranti in cui il politicamente corretto si esplica in chiave più ironica e giocosa. In una brillante versione del 2014, Andrej Konchalowsky porterà in scena un simpatico Petruccio traffichino, tipo commendatore sovrappeso, che chiederà a una affascinante quanto vissuta Caterina di leggere da un foglio la famigerata tirata finale – operazione ovviamente eseguita con pronunciata mimica facciale, tra l’ilare e il canzonatorio. Al cinema si contano ben diciotto versioni per lo schermo, tra cui un buon numero di muti. Nel 1929 Hollywood produce il primo tra gli Shakespeare talkies puntando su una coppia celebre, quella di Mary Pickford e Douglas Fairbanks. Esperimento ripetuto da Franco Zeffirelli nel 1966 con la scelta di due star come Richard Burton e Elizabeth Taylor, legate da un burrascoso rapporto da rotocalco. Sullo sfondo di paesaggi dipinti, in una Padova pittoresca, la coppia dà vita a una cinestetica da farsa (J. J. Jorgens), tutto un rompere, spezzare, mandare in frantumi, cascare, claudicare, mentre la superfice agonistica dell’azione presagisce la presenza di un’attrazione fisica irresistibile, e di un’intesa che non può che farle seguito. In televisione prevarrà invece la chiave libertaria e post liberazione sessuale (D. E. Henderson). Tra il 1976 e il 1986 sui network nord-americani ne andranno in onda ben cinque versioni, in particolare un tv movie del 1981 con Meryl Streep e Raúl Juliá seguiti mentre si preparano a 220
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presentare il dramma nel consueto festival “Shakespeare in the Park”. Emblematicamente intitolato Kiss me, Petruchio, il film sostiene la tesi per cui la sostanziale molla per la conversione di Kate è fatta scattare dall’appeal erotico di Petruccio. Nel film-documentario le scene dal testo sono filmate a teatro mentre la cornice è data dalle reazioni del pubblico, montate in giustapposizione alle interviste ai protagonisti che si confrontano con le proprie parti. Durante le ultime battute del monologo Caterina-Streep trascina via Petruccio-Julia mettendogli una mano sul sedere e portandoselo a letto. ROSSELLA CIOCCA
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THE TAMING OF THE SHREW THE PERSONS OF THE PLAY
In the Induction CHRISTOPHER SLY, beggar and tinker A HOSTESS A LORD BARTHOLOMEW, his page HUNTSMEN SERVANTS PLAYERS In the play-within-the-play BAPTISTA Minola, a gentleman of Padua KATHERINE, his elder daughter BIANCA, his younger daughter PETRUCCIO, a gentleman of Verona, suitor of Katherine GRUMIO his servants CURTIS
}
GREMIO, a rich old man of Padua, suitor of Bianca HORTENSIO, another suitor, who disguises himself as Licio, a teacher LUCENTIO, from Pisa, who disguises himself as Cambio, a teacher TRANIO his servants BIONDELLO VINCENTIO, Lucentio’s father A PEDANT (schoolmaster), from Mantua A WIDOW A TAILOR A HABERDASHER An OFFICER SERVINGMEN, including NATHANIEL, PHILIP, JOSEPH, and PETER Other servants of Baptista and Petruccio
}
SIGLE F: l’in-folio (1623). Q 1631: un’edizione in-quarto quasi sicuramente derivata dal Folio (1623). Il testo-guida di questa edizione è F (raramente F1; F2), con sporadiche integrazioni da Q 1631. In qualche caso si farà riferimento a edizioni successive. Segnaliamo in nota solo varianti con significati alternativi, non le didascalie comunque variabili da un’edizione all’altra.
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LA BISBETICA DOMATA PERSONAGGI DELLA COMMEDIA
Prologo CHRISTOPHER SLY, un povero calderaio OSTESSA SIGNORE BARTOLOMEO, il suo paggio CACCIATORI SERVITORI ATTORI Commedia BATTISTA Minola, un gentiluomo di Padova CATERINA, sua figlia maggiore BIANCA, sua figlia minore PETRUCCIO, un gentiluomo di Verona, pretendente di Caterina GRUMIO servitori di Petruccio CURZIO
}
GREMIO, un ricco vecchio di Padova, pretendente di Bianca ORTENSIO, un altro pretendente che si traveste da istruttore col nome di Licio LUCENZIO, un pisano che si traveste da istruttore col nome di Cambio TRANIO servitori di Lucenzio BIONDELLO VINCENZO, padre di Lucenzio PEDANTE, un maestro di scuola di Mantova VEDOVA SARTO MERCIAIO GUARDIA SERVITORI VARI, tra cui NATANIELE, FILIPPO, GIUSEPPE e PIETRO Altri servi di Battista e Petruccio
}
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THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 1
Induction 1
Enter Christopher Sly the beggar, and the Hostess
SLY I’ll feeze you, in faith. HOSTESS A pair of stocks, you rogue. SLY You’re a baggage. The Slys are no rogues. Look in
the Chronicles – we came in with Richard Conqueror, therefore paucas palabras, let the world slide. Sessa! HOSTESS You will not pay for the glasses you have burst? SLY No, not a denier. Go by, Saint Jeronimy! Go to thy cold bed and warm thee. HOSTESS I know my remedy, I must go fetch the headborough. Exit SLY Third or fourth or fifth borough, I’ll answer him by law. I’ll not budge an inch, boy. Let him come, and kindly.
5
13
He falls asleep. Horns sound. Enter a Lord from hunting, with his train LORD
Huntsman, I charge thee, tender well my hounds. Breathe Merriman – the poor cur is embossed – And couple Clowder with the deep-mouthed brach. Saw’st thou not, boy, how Silver made it good At the hedge corner, in the coldest fault? I would not lose the dog for twenty pound.
15
FIRST HUNTSMAN
Why, Belman is as good as he, my lord. He cried upon it at the merest loss, And twice today picked out the dullest scent. Trust me, I take him for the better dog.
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LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 1
Prologo, 1
Entrano Christopher Sly, un poveraccio, e l’ostessa1
SLY
Parola mia, ora ti sistemo. OSTESSA
Alla gogna furfante! SLY
Bagascia, gli Sly non sono furfanti. Guarda nelle Cronache, siamo venuti con Riccardo il Conquistatore2. Perciò, paucas palabras3, che il mondo vada in malora. Sciò! OSTESSA
E i bicchieri che mi hai rotto? Non li paghi? SLY
No, neanche un centesimo4. Va con Dio, vai5! Vai nel tuo letto freddo e cerca di scaldarti. OSTESSA
Lo so io che devo fare. Ora vado a chiamare il caporal maggiore. Esce SLY
Il maggiore, il minore, il superiore6, venga pure e in pompa magna. Gli terrò testa parola per parola, a termini di legge. Si addormenta. Suono di corni. Entra un signore che torna dalla caccia col suo seguito SIGNORE
Capocaccia, mi raccomando, occupati dei miei cani, per bene. Fai riposare il Vispo7 – poveraccio è sfiancato – e accoppia Nuvolo con la bracca dalla voce roca. Hai visto com’è stato bravo Argento all’angolo della siepe, quasi a traccia persa? Non darei via quel cane neanche per venti sterline. PRIMO CACCIATORE
Se è per questo mio signore, Campanaro vale quanto lui. Ha continuato ad abbaiare anche a pista fredda e due volte oggi ha recuperato l’usta. Fidatevi, tra i due il migliore è lui.
227
THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 1
LORD
Thou art a fool. If Echo were as fleet I would esteem him worth a dozen such. But sup them well, and look unto them all. Tomorrow I intend to hunt again. FIRST HUNTSMAN I will, my lord. LORD (seeing Sly) What’s here? One dead, or drunk? See, doth he breathe?
25
SECOND HUNTSMAN
He breathes, my lord. Were he not warmed with ale This were a bed but cold to sleep so soundly.
31
LORD
O monstrous beast! How like a swine he lies. Grim death, how foul and loathsome is thine image. Sirs, I will practise on this drunken man. What think you: if he were conveyed to bed, Wrapped in sweet clothes, rings put upon his fingers, A most delicious banquet by his bed, And brave attendants near him when he wakes – Would not the beggar then forget himself?
35
FIRST HUNTSMAN
Believe me, lord, I think he cannot choose.
40
SECOND HUNTSMAN
It would seem strange unto him when he waked. LORD
Even as a flatt’ring dream or worthless fancy. Then take him up, and manage well the jest. Carry him gently to my fairest chamber, And hang it round with all my wanton pictures. Balm his foul head in warm distillèd waters, And burn sweet wood to make the lodging sweet. Procure me music ready when he wakes To make a dulcet and a heavenly sound, And if he chance to speak be ready straight, And with a low submissive reverence Say ‘What is it your honour will command?’ 228
45
50
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 1
SIGNORE
Non dire sciocchezze! Se Eco fosse lesto uguale, per me varrebbe dieci volte tanto. Ma fai far loro una buona mangiata e accudiscili a uno a uno. Domani voglio cacciare di nuovo. PRIMO CACCIATORE
Come volete, padrone. SIGNORE (vedendo Sly)
Ma chi c’è qui? Un morto o un ubriaco? Guarda se respira. SECONDO CACCIATORE
Respira, mio signore. Se non si fosse riscaldato con la birra, sarebbe bello freddo questo letto per dormirci così profondamente. SIGNORE
Ma che bestia immonda! Lì disteso come un porco! Schifosa morte, quanto sconcia e repellente è la tua immagine! Signori, voglio divertirmi a spese di quest’ubriacone. Che ne direste se lo portassimo in un letto vero, avvolto in vesti profumate, anelli infilati alle sue dita, un delizioso banchetto servito accanto a lui. E servi solerti pronti al suo risveglio... Non si dimenticherebbe allora di essere un pezzente? PRIMO CACCIATORE
In fede mia signore, non avrebbe tanto da scegliere8. SECONDO CACCIATORE
Una volta sveglio tutto gli sembrerà ben strano. SIGNORE
Sì, come un sogno menzognero o una fantasia fasulla. Bene, tiratelo su e procedete per bene nella burla. Adagio, portatelo nella mia camera più bella e ornatela con i miei quadri più licenziosi, tamponategli quella sudicia testa con tiepide acque profumate, e bruciate legno odoroso per rendere l’ambiente più accogliente. Che sia pronta della musica quando si sveglia, a creare un’armonia dolce e celestiale. E se per caso parlasse, siate lesti con l’inchino più servile a chiedere: “Cosa comanda sua Eccellenza?” Che uno gli porga un
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THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 1
Let one attend him with a silver basin Full of rose-water and bestrewed with flowers; Another bear the ewer, the third a diaper, And say ‘Will’t please your lordship cool your hands?’ Someone be ready with a costly suit, And ask him what apparel he will wear. Another tell him of his hounds and horse, And that his lady mourns at his disease. Persuade him that he hath been lunatic, And when he says he is, say that he dreams, For he is nothing but a mighty lord. This do, and do it kindly, gentle sirs. It will be pastime passing excellent, If it be husbanded with modesty.
55
60
65
FIRST HUNTSMAN
My lord, I warrant you we will play our part As he shall think by our true diligence He is no less than what we say he is. LORD
Take him up gently, and to bed with him; And each one to his office when he wakes.
70
Servingmen carry Sly out Trumpets sound Sirrah, go see what trumpet ’tis that sounds. Exit a Servingman Belike some noble gentleman that means, Travelling some journey, to repose him here. Enter a Servingman How now? Who is it? An’t please your honour, playersa That offer service to your lordship.
SERVINGMAN
75. An: spesso usato al posto di if, “se”. Da qui non più segnalato. 230
76
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 1
catino d’argento colmo d’acqua di rose e cosparso di fiori, un altro porti la brocca, il terzo una salvietta, dicendo “Sua Signoria vuol rinfrescarsi le mani?” Qualcuno sia pronto con un abito lussuoso, e gli domandi cosa voglia indossare. Qualcun altro gli parli dei suoi cani e del cavallo, e della sua dama che per lui si affligge. Persuadetelo che abbia avuto un accesso di pazzia, e se dicesse di esserlo ora, semmai, pazzo, ditegli che sta sognando e che lui altri non è che un gran signore. Fate così, e siate naturali gentili signori. Sarà un meraviglioso passatempo se saprete procedere con discrezione. PRIMO CACCIATORE
Mio signore, vi assicuro che reciteremo le nostre parti con tanta diligenza da convincerlo di essere non meno di quello che gli diciamo che sia. SIGNORE
Sollevatelo con garbo e mettetelo sul letto, e ognuno al suo risveglio sia pronto al proprio ruolo. Sly viene portato via Squilli di tromba Ragazzo, vai a vedere cos’è questa tromba. Esce un servitore Potrebbe essere un nobiluomo in viaggio che intenda riposarsi qui. Entra un servitore E allora? Di chi si tratta? SERVITORE
Se vi fa piacere, eccellenza, sono commedianti a disposizione di vostra signoria9.
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THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 1
Enter Players LORD
Bid them come near. Now fellows, you are welcome. PLAYERS We thank your honour. LORD
Do you intend to stay with me tonight? A PLAYER
So please your lordship to accept our duty.
80
LORD
With all my heart. This fellow I remember Since once he played a farmer’s eldest son. ’Twas where you wooed the gentlewoman so well. I have forgot your name, but sure that part Was aptly fitted and naturally performed.
85
ANOTHER PLAYER
I think ’twas Soto that your honour means. LORD
’Tis very true. Thou didst it excellent. Well, you are come to me in happy time, The rather for I have some sport in hand Wherein your cunning can assist me much. There is a lord will hear you play tonight; But I am doubtful of your modesties Lest, over-eyeing of his odd behaviour – For yet his honour never heard a play – You break into some merry passion, And so offend him; for I tell you, sirs, If you should smile he grows impatient.
90
95
A PLAYER
Fear not, my lord, we can contain ourselves Were he the veriest antic in the world. LORD (to a Servingman) Go, sirrah, take them to the buttery And give them friendly welcome every one. Let them want nothing that my house affords. Exit one with the Players 232
100
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 1
Entrano degli attori SIGNORE
Digli di farsi avanti. Amici siate i benvenuti. ATTORI
Vi ringraziamo, eccellenza. SIGNORE
Intendete restar qui da me stanotte? UN ATTORE
Se farà piacere a vossignoria accettare i nostri servigi. SIGNORE
Di vero cuore. Questo compare me lo ricordo, una volta fece la parte del primogenito di un fattore. Era quando corteggiavate così bene quella gentildonna... Ho dimenticato il vostro nome, ma, per davvero, in quella parte eravate perfetto e così naturale! UN ALTRO ATTORE
Deve essere la parte di Soto10 quella cui si riferisce vostra signoria. SIGNORE
Giustissimo, la faceste in modo eccellente... Bene, capitate a proposito, ho proprio per le mani uno scherzo in cui la vostra abilità può essermi di grande aiuto. C’è un signore che vorrebbe vedervi recitare stasera; ma ho qualche dubbio sulla vostra capacità di autocontrollo, temo che stupendovi per il suo contegno bizzarro – dato che Sua Signoria non ha mai assistito a uno spettacolo – voi possiate prorompere in qualche eccesso d’allegria e in tale modo offenderlo. Poiché devo dirvelo, signori miei, se vi capita di sorridere, quello poi si arrabbia! ATTORE
Non temete, mio signore, sapremo controllarci, fosse anche l’uomo più ridicolo del mondo. SIGNORE (a un servitore) Vai, ragazzo, portali in dispensa e offri amichevole accoglienza a tutti quanti. Che non gli manchi nulla di quanto dispone la mia casa. Esce un servitore con gli attori
233
THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 1
(To a Servingman) Sirrah, go you to Barthol’mew, my page, And see him dressed in all suits like a lady. That done, conduct him to the drunkard’s chamber And call him ‘madam’, do him obeisance. Tell him from me, as he will win my love, He bear himself with honourable action Such as he hath observed in noble ladies Unto their lords by them accomplishèd. Such duty to the drunkard let him do With soft low tongue and lowly courtesy, And say ‘What is’t your honour will command Wherein your lady and your humble wife May show her duty and make known her love?’ And then with kind embracements, tempting kisses, And with declining head into his bosom Bid him shed tears, as being overjoyed To see her noble lord restored to health, Who for this seven years hath esteemèd him No better than a poor and loathsome beggar. And if the boy have not a woman’s gift To rain a shower of commanded tears, An onion will do well for such a shift, Which, in a napkin being close conveyed, Shall in despite enforce a watery eye. See this dispatched with all the haste thou canst. Anon I’ll give thee more instructions.
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Exit a Servingman I know the boy will well usurp the grace, Voice, gait, and action of a gentlewoman. I long to hear him call the drunkard husband, And how my men will stay themselves from laughter When they do homage to this simple peasant. I’ll in to counsel them. Haply my presence May well abate the over-merry spleen Which otherwise would grow into extremes. Exeunt 234
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LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 1
(A un servitore) Ehi tu, vai dal mio paggio Bartolomeo e fallo agghindare in tutto e per tutto come una dama. Dopo di che conducilo alla camera dell’ubriacone, chiamalo “Signora” e fagli la riverenza. Digli di farmi il piacere di comportarsi col decoro che ha osservato nelle nobildonne verso i propri signori. Tali ossequi egli renda all’ubriaco, con toni dolci e sommessi e profondi inchini, dicendo: “Cosa comanda la Vostra Signoria, in che cosa la vostra signora e umile sposa può servirvi e mostrare tutto il suo amore?” E poi con abbracci affettuosi e baci tentatori, poggiando il capo sul petto di lui, offrirgli lacrime versate, come per troppa gioia, al veder il suo nobile signore restituito alla salute, dopo che per sette anni si era creduto nient’altro che un misero straccione ripugnante. E ove mai il ragazzo non possedesse il dono femminile di far piovere scrosci di lacrime a comando, una cipolla basterà a ottenere tale effetto: avvolta in un fazzoletto e avvicinata all’occhio l’obbligherà a piangere per forza. Vedi di sbrigar la cosa più in fretta che puoi, subito dopo ti darò altre istruzioni. Esce un servitore So che il ragazzo saprà bene impossessarsi della grazia, la voce, l’andatura e la gestualità di una gentil dama. Non vedo l’ora di sentirlo chiamar ‘marito’ l’ubriacone e i miei uomini trattenersi dal ridere mentre omaggiano quello sciocco di un villano. Entrerò a dirigerli. Magari la mia presenza servirà a contenere il loro umore sovreccitato11, che rischia altrimenti di traboccare. Escono
235
THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 2
Induction 2
Enter aloft Sly, the drunkard, with attendants, some with apparel, basin, and ewer, and other appurtenances; and Lord
SLY For God’s sake, a pot of small ale! FIRST SERVINGMAN
Will’t please your lordship drink a cup of sack? SECOND SERVINGMAN
Will’t please your honour taste of these conserves? THIRD SERVINGMAN
What raiment will your honour wear today?
4
SLY I am Christophero Sly. Call not me ‘honour’ nor
‘lordship’. I ne’er drank sack in my life, and if you give me any conserves, give me conserves of beef. Ne’er ask me what raiment I’ll wear, for I have no more doublets than backs, no more stockings than legs, nor no more shoes than feet – nay, sometime more feet than shoes, or such shoes as my toes look through the over-leather. LORD
Heaven cease this idle humour in your honour. O that a mighty man of such descent, Of such possessions and so high esteem, Should be infusèd with so foul a spirit. SLY What, would you make me mad? Am not I Christopher Sly – old Sly’s son of Burton Heath, by birth a pedlar, by education a cardmaker, by transmutation a bearherd, and now by present profession a tinker? Ask Marian Hacket, the fat alewife of Wincot, if she know me not. If she say I am not fourteen pence on the score for sheer ale, score me up for the lying’st knave in Christendom. What, I am not bestraught; here’s –
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THIRD SERVINGMAN
O, this it is that makes your lady mourn. SECOND SERVINGMAN
O, this is it that makes your servants droop.
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25
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 2
Prologo, 2
Entrano nella galleria12 l’ubriacone Sly con dei domestici, alcuni con abiti, catino e brocca, e altri oggetti d’uso personale; e il Signore13
SLY
Una bella birretta14, per Dio! PRIMO SERVITORE
Non gradirebbe vossignoria un calice di vin secco15? SECONDO SERVITORE
Farebbe piacere a sua eccellenza provare queste conserve di frutta16? TERZO SERVITORE
Che abito desidera indossare oggi sua eccellenza? SLY
Io sono Christophero17 Sly, non chiamatemi ‘eccellenza’ né ‘vossignoria’. Non ho mai bevuto vin secco in vita mia. Se proprio mi volete dare delle conserve, datemi conserve di manzo. E non chiedetemi quale abito voglio mettere, non ho più farsetti che schiene, né più calze che gambe, né più scarpe che piedi... anzi, certe volte ho avuto più piedi che scarpe, o certe scarpe che dalla tomaia le dita si affacciavano a guardar fuori. SIGNORE
Che il cielo faccia cessare questo vano umore18 in vostra eccellenza! Oh, che un signore di sì alto lignaggio, tali possedimenti e cotanta reputazione debba essere posseduto da uno spirito tanto indegno! SLY
Cosa, volete farmi impazzire? Non sono forse Christopher Sly, figlio del vecchio Sly di Burton Heath19, per nascita venditore ambulante, per apprendistato cardatore, per trasmutazione guardiano d’orsi ballerini e per attuale professione calderaio? Domandatelo a Marianna Hacket, la grassa ostessa di Wincot, se non mi conosce. Se dice che non le devo quattordici soldi in conto di sola birra, contatemi pure come la più bugiarda canaglia della Cristianità. Eh via, non ho mica perso la tramontana! Ecco... TERZO SERVITORE
Oh, è questo che tanto affligge vostra moglie! SECONDO SERVITORE
Oh, è questo che tanto opprime i vostri servi!
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THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 2
LORD
Hence comes it that your kindred shuns your house, As beaten hence by your strange lunacy. O noble lord, bethink thee of thy birth. Call home thy ancient thoughts from banishment, And banish hence these abject lowly dreams. Look how thy servants do attend on thee, Each in his office, ready at thy beck. Wilt thou have music? Music Hark, Apollo plays, And twenty cagèd nightingales do sing. Or wilt thou sleep? We’ll have thee to a couch Softer and sweeter than the lustful bed On purpose trimmed up for Semiramis. Say thou wilt walk, we will bestrew the ground. Or wilt thou ride, thy horses shall be trapped, Their harness studded all with gold and pearl. Dost thou love hawking? Thou hast hawks will soar Above the morning lark. Or wilt thou hunt, Thy hounds shall make the welkin answer them And fetch shrill echoes from the hollow earth.
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FIRST SERVINGMAN
Say thou wilt course, thy greyhounds are as swift As breathèd stags, ay, fleeter than the roe. SECOND SERVINGMAN
Dost thou love pictures? We will fetch thee straight Adonis painted by a running brook, And Cytherea all in sedges hid, Which seem to move and wanton with her breath Even as the waving sedges play wi’th’ wind.
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LORD
We’ll show thee Io as she was a maid, And how she was beguilèd and surprised, As lively painted as the deed was done.
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LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 2
SIGNORE
Ecco perché i vostri parenti disertano la vostra casa, allontanati come sono dalla vostra ben strana follia. O nobile signore, pensa al tuo rango, richiama i tuoi adusi pensieri dal loro esilio, e bandisci queste vane e abbiette fissazioni. Guarda come i tuoi servi sono a tua disposizione, ognuno pronto a un tuo cenno a svolgere il proprio compito. Vuoi della musica? Suona una musica Ascolta, Apollo20 suona, e venti usignoli in gabbia cantano. Desideri dormire? Ti condurremo a un’alcova, più soffice e accogliente del voluttuoso letto apparecchiato apposta per Semiramide21. Di’ che vuoi camminare e cospargeremo di fronde il tuo cammino. O vorresti cavalcare? I tuoi destrieri verranno bardati con finimenti tempestati d’oro e perle. Ti piace la falconeria? Tu possiedi falchi in grado di svettare più alti dell’allodola. O vorresti cacciare? I tuoi segugi faranno risuonare la volta del cielo ed echeggiare stridori dalla cava terra 22. PRIMO SERVITORE
Di’ che vuoi cacciare a cavallo: i tuoi levrieri son veloci quanto i più resistenti cervi, sì, e più svelti del capriolo. SECONDO SERVITORE
Ti piacciono i quadri? In un istante ti porteremo Adone dipinto accanto a un ruscello, e Venere23 nascosta tra giunchi, che sembrano muoversi e palpitare al respiro di lei come quando ondeggiano agitati dal vento. SIGNORE
Ti mostreremo Io24 quand’era fanciulla, e come fu ingannata e presa di soppiatto, dipinta così veracemente come quando il fatto accadde.
239
THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 2
THIRD SERVINGMAN
Or Daphne roaming through a thorny wood, Scratching her legs that one shall swear she bleeds, And at that sight shall sad Apollo weep, So workmanly the blood and tears are drawn. LORD
Thou art a lord, and nothing but a lord. Thou hast a lady far more beautiful Than any woman in this waning age.
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FIRST SERVINGMAN
And till the tears that she hath shed for thee Like envious floods o’errun her lovely face She was the fairest creature in the world; And yet she is inferior to none.
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SLY
Am I a lord, and have I such a lady? Or do I dream? Or have I dreamed till now? I do not sleep. I see, I hear, I speak. I smell sweet savours, and I feel soft things. Upon my life, I am a lord indeed, And not a tinker, nor Christopher Sly. Well, bring our lady hither to our sight, And once again a pot o’th’ smallest ale.
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SECOND SERVINGMAN
Will’t please your mightiness to wash your hands? O, how we joy to see your wit restored! O that once more you knew but what you are! These fifteen years you have been in a dream, Or when you waked, so waked as if you slept.
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These fifteen years – by my fay, a goodly nap. But did I never speak of all that time?
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SLY
FIRST SERVINGMAN
O yes, my lord, but very idle words, For though you lay here in this goodly chamber Yet would you say ye were beaten out of door, And rail upon the hostess of the house, 240
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LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 2
TERZO SERVITORE
O Dafne25 mentre vaga in una spinosa selva con le gambe così graffiate da far giurare che sanguini davvero; lacrime e sangue riprodotti con tale maestria da far piangere il triste Apollo a quella vista. SIGNORE
Tu sei un signore e nient’altri che un signore. Tu hai una signora molto più bella di ogni altra donna di questa decadente età26. PRIMO SERVITORE
E fino a quando le lacrime ch’ella ha versato per te non le inondarono, come invidiosi flutti il volto leggiadro, lei era la più bella creatura al mondo, e ancora adesso non è inferiore a nessuna. SLY
Sono un signore e possiedo una tal dama? Sto sognando? Oppure ho sognato finora? Non sto dormendo. Vedo, ascolto, parlo. Sento dolci profumi e tocco soffici oggetti. Per la mia vita, sono davvero un signore, non un calderaio né Christopher Sly. Bene, allora portate qui la signora al nostro cospetto e, di nuovo, una birretta leggera 27. SECONDO SERVITORE
Gradirebbe sua magnificenza di lavarsi le mani? Oh, come gioiamo nel vedervi restituito il senno! Oh, che nuovamente voi sappiate chi siete! Questi quindici anni 28 li avete trascorsi in un sogno. E quando vi svegliavate era come se continuaste a dormire. SLY
Questi quindici anni? In fede29 mia, un bel30 sonnellino. Ma non ho mai parlato, in tanto tempo? PRIMO SERVITORE
Oh sì, mio signore, ma con parole vane, poiché nonostante vi trovaste in questa confortevole stanza, pure dicevate di esser stato buttato fuori, e inveivate contro l’ostessa della casa, dicendo che
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THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 2
And say you would present her at the leet Because she brought stone jugs and no sealed quarts. Sometimes you would call out for Cicely Hacket. SLY Ay, the woman’s maid of the house. THIRD SERVINGMAN
Why, sir, you know no house, nor no such maid, Nor no such men as you have reckoned up, As Stephen Sly, and old John Naps of Greet, And Peter Turf, and Henry Pimpernel, And twenty more such names and men as these, Which never were, nor no man ever saw.
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SLY
Now Lord be thankèd for my good amends. ALL Amen. SLY I thank thee. Thou shalt not lose by it.
Enter Bartholomew the Page, as Lady, with attendants BARTHOLOMEW SLY
How fares my noble lord? Marry, I fare well, For here is cheer enough. Where is my wife?
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BARTHOLOMEW
Here, noble lord. What is thy will with her? SLY
Are you my wife, and will not call me husband? My men should call me lord. I am your goodman. BARTHOLOMEW
My husband and my lord, my lord and husband; I am your wife in all obedience. SLY
I know it well. (To the Lord) What must I call her? Madam.
LORD
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105
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 2
l’avreste trascinata in tribunale31 perché vi serviva boccali di terraglia invece di quarti col sigillo32. A volte chiamavate una certa Cecilia Hacket33. SLY
A sì, la cameriera della taverna. TERZO SERVITORE
Suvvia signore, voi non conoscete né la taverna né la cameriera, e nemmeno i tali che nominavate, come Stefano Sly, o il vecchio Giovanni Naps di Greet34, o Pietro Turph e Enrico Pimpernell, o una ventina d’altri tipi come questi che nessuno ha mai visto né sentito nominare. SLY
Allora che sia lodato Iddio per la mia buona guarigione! TUTTI
E così sia. SLY
Ti ringrazio, non ci rimetterai35. Entrano il paggio Bartolomeo travestito da dama e degli inservienti BARTOLOMEO
Come si sente il mio nobile signore? SLY
Bello sazio36 in verità! Qui non manca certo il cibo37. Dov’è mia moglie? BARTOLOMEO
Qui, nobile signore. Cosa desideri da lei? SLY
Sei mia moglie e non mi chiami marito? I miei servi mi devono chiamare signore, ma per te sono il tuo sposo38. BARTOLOMEO
Mio marito e mio signore, mio signore e marito, e io vostra moglie devotissima. SLY
Lo so bene. (Rivolto al Signore) Come devo chiamarla? SIGNORE
Madama. 243
THE TAMING OF THE SHREW, INDUCTION 2
SLY Al’ce Madam or Joan Madam? LORD
Madam, and nothing else. So lords call ladies. SLY
Madam wife, they say that I have dreamed, And slept above some fifteen year or more.
110
BARTHOLOMEW
Ay, and the time seems thirty unto me, Being all this time abandoned from your bed. SLY
’Tis much. Servants, leave me and her alone. Exeunt [Lord and] attendants Madam, undress you and come now to bed. BARTHOLOMEW
Thrice-noble lord, let me entreat of you To pardon me yet for a night or two, Or if not so, until the sun be set, For your physicians have expressly charged, In peril to incur your former malady, That I should yet absent me from your bed. I hope this reason stands for my excuse. SLY Ay, it stands so that I may hardly tarry so long. But I would be loath to fall into my dreams again. I will therefore tarry in despite of the flesh and the blood.
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120
Enter a Messenger MESSENGER
Your honour’s players, hearing your amendment, Are come to play a pleasant comedy, For so your doctors hold it very meet, Seeing too much sadness hath congealed your blood, And melancholy is the nurse of frenzy. Therefore they thought it good you hear a play And frame your mind to mirth and merriment, Which bars a thousand harms and lengthens life.
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125
130
LA BISBETICA DOMATA, PROLOGO 2
SLY
Madama Alice o Madama Gianna39? SIGNORE
Madama e basta, così i signori chiamano le dame. SLY
Madama moglie, dicono che ho sognato e dormito per una quindicina d’anni o più. BARTOLOMEO
Già, e a me ne son sembrati trenta, per tutto questo tempo bandita dal vostro letto. SLY
È un bel po’! Servi lasciateci da soli. Escono [il Signore e] i servitori Signora svestitevi e venite subito a letto. BARTOLOMEO
O tre volte nobile signore, lasciate che io vi preghi di scusarmi per una notte o due, o almeno finché non cali il giorno. I vostri medici hanno espressamente raccomandato, pena il rischio di una ricaduta nella vostra vecchia malattia, di assentarmi ancora dal vostro letto. Io spero che questa ragione stia su a mio buon diritto. SLY
Certo, sta su tanto diritto40 che a stento posso aspettare ancora! Ma mi seccherebbe molto ricadere nei miei sogni un’altra volta. Aspetterò quindi, a dispetto della carne e del sangue. Entra un messaggero MESSAGGERO
I comici di vostra eccellenza, sentendo della vostra guarigione, sono venuti a recitare una piacevole commedia. I vostri medici vivamente la consigliano. Visto che l’eccessiva mestizia vi ha congelato il sangue e che la malinconia fa da nutrice alla pazzia, essi hanno pensato che vi farà bene ascoltare una recita e disporre l’animo ad allegria e letizia, cose che evitano mille mali e allungano la vita.
245
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
SLY
Marry, I will let them play it. Is not a comonty A Christmas gambol, or a tumbling trick? BARTHOLOMEW
No, my good lord, it is more pleasing stuff.
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SLY
What, household stuff.’ It is a kind of history.
BARTHOLOMEW SLY
Well, we’ll see’t. Come, madam wife, sit by my side And let the world slip. We shall ne’er be younger. Bartholomew sits 1.1
Flourish. Enter Lucentio and his man, Tranio
LUCENTIO
Tranio, since for the great desire I had To see fair Padua, nursery of arts, I am arrived fore fruitful Lombardy, The pleasant garden of great Italy, And by my father’s love and leave am armed With his good will and thy good company, My trusty servant, well approved in all, Here let us breathe, and haply institute A course of learning and ingenious studies. Pisa, renownèd for grave citizens, Gave me my being, and my father first – A merchant of great traffic through the world, Vincentio, come of the Bentivolii. Vincentio’s son, brought up in Florence, It shall become to serve all hopes conceived To deck his fortune with his virtuous deeds. And therefore, Tranio, for the time I study, Virtue and that part of philosophy Will I apply that treats of happiness By virtue specially to be achieved. Tell me thy mind, for I have Pisa left
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5
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
SLY
Perdiana, va bene. Facciamogliela recitare. Che roba è una commentia41, una giga di Natale o una baraonda di saltimbanchi? BARTOLOMEO
No, mio signore, si tratta di roba più piacevole. SLY
Cosa? Roba casareccia? BARTOLOMEO
È una specie di storia. SLY
Vabbè, vediamo. Vieni, madama moglie, siediti accanto a me e lascia che il mondo vada dove vuole, tanto nel frattempo noi non diventeremo più giovani. Bartolomeo si siede I, 1
Squilli di tromba. Entrano Lucenzio e il suo servitore Tranio42
LUCENZIO
Tranio, il gran desiderio di vedere la bella Padova43, culla delle arti, mi ha condotto nella fiorente Lombardia44, ameno giardino della grande Italia, e dato che l’affettuoso congedo di mio padre mi ha provvisto del suo benestare e della tua buona compagnia, servo mio fedele e fidato in ogni cosa, sostiamo qui e proviamo ad allestire un programma di studio e di ingegnoso apprendimento. Pisa, conosciuta per la serietà dei suoi cittadini, ha dato i natali a me e, prima ancora, al padre mio Vincenzo, disceso dai Bentivoglio, mercante con affari in tutto il mondo. Al figlio di Vincenzo, allevato a Firenze, si converrà di soddisfare tutte le aspettative concepite per adornare la sua buona sorte con azioni virtuose. E dunque, Tranio, al momento io studio la virtù, approfondendo quella branca della filosofia che tratta della felicità acquisita proprio grazie alla pratica della virtù45. Dimmi che ne pensi, poiché io ho lasciato Pisa e son
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
And am to Padua come as he that leaves A shallow plash to plunge him in the deep, And with satiety seeks to quench his thirst. TRANIO
Mi perdonate, gentle master mine. I am in all affected as yourself, Glad that you thus continue your resolve To suck the sweets of sweet philosophy. Only, good master, while we do admire This virtue and this moral discipline, Let’s be no stoics nor no stocks, I pray, Or so devote to Aristotle’s checks As Ovid be an outcast quite abjured. Balk logic with acquaintance that you have, And practise rhetoric in your common talk. Music and poesy use to quicken you; The mathematics and the metaphysics, Fall to them as you find your stomach serves you. No profit grows where is no pleasure ta’en. In brief, sir, study what you most affect.
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LUCENTIO
Gramercies, Tranio, well dost thou advise. If, Biondello, thou wert come ashore, We could at once put us in readiness And take a lodging fit to entertain Such friends as time in Padua shall beget. But stay a while, what company is this? TRANIO
Master, some show to welcome us to town.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
venuto a Padova come colui che abbandona un pantano paludoso per tuffarsi in acque profonde e, appagato, placar la sete. TRANIO
Mi perdonate46, gentile padron mio. In tutto e per tutto son disposto come voi, lieto nel vedervi confermare la salda decisione di suggere il nettare della mielata filosofia. Solo, buon padrone, mentre osserviamo questa virtù e questa disciplina morale, non siamo né stoici né stolidi, vi prego! O così devoti ai precetti di Aristotele da rendere Ovidio un reietto rinnegato! La logica esercitatela con i vostri conoscenti, e la retorica praticatela nel vostro parlare quotidiano. Musica e poesia usatele per ravvivarvi, e alla matematica e alla metafisica dedicatevi quando ne avete lo stomaco. Nessun profitto deriva dall’assenza di piacere. In breve, signore, studiate ciò che più vi aggrada. LUCENZIO
Merci beaucoup47! Tranio, tu bene mi consigli. Se anche tu, Biondello48, fossi sbarcato49, potremmo da subito attrezzarci e prendere un alloggio adatto a intrattenere gli amici che il soggiorno a Padova ci procurerà. Ma, aspetta un momento, che compagnia è questa? TRANIO
Padrone, qualcuno si fa avanti a darci il benvenuto qui in città.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
Enter Baptista with his two daughters, Katherine and Bianca; Gremio, a pantaloon; Hortensio, suitor to Bianca. Lucentio and Tranio stand byb BAPTISTA
Gentlemen, importune me no farther, For how I firmly am resolved you know: That is, not to bestow my youngest daughter Before I have a husband for the elder. If either of you both love Katherina, Because I know you well and love you well Leave shall you have to court her at your pleasure.
50
GREMIO
To cart her rather. She’s too rough for me. There, there, Hortensio. Will you any wife? KATHERINE (to Baptista) I pray you, sir, is it your will To make a stale of me amongst these mates?
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HORTENSIO
‘Mates’, maid? How mean you that? No mates for you Unless you were of gentler, milder mould.
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KATHERINE
I’faith, sir, you shall never need to fear. Iwis it is not half-way to her heart, But if it were, doubt not her care should be To comb your noddle with a three-legged stool, And paint your face, and use you like a fool.
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HORTENSIO
From all such devils, good Lord deliver us. GREMIO And me too, good Lord. TRANIO (aside to Lucentio)
Husht, master, here’s some good pastime toward. That wench is stark mad or wonderful froward.
47. Katherine: in F il nome compare in 4 versioni diverse, a seconda dei diversi compositori: Katerina, Katherina, Katerine e Katherine. 250
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
Entrano Battista con le sue due figlie Caterina e Bianca; Gremio, un pantalone50 , e Ortensio, corteggiatore di Bianca. Lucenzio e Tranio rimangono a guardare BATTISTA
Signori, smettetela di importunarmi, poiché sapete quanto fermamente io sia deciso a non concedere la mano della mia figlia minore finché non abbia trovato un marito alla maggiore. Se uno di voi due amasse Caterina, dato che vi conosco bene e che vi apprezzo entrambi, avrebbe il mio permesso di corteggiarla a proprio piacimento. GREMIO
Di scorrazzarla piuttosto, menandola alla berlina51. Troppo ruvida per me. Via, via, Ortensio, la vuoi tu una moglie? CATERINA (a Battista) Di grazia, signor padre, volete farmi fare da zimbello, mettendomi in mezzo fra questi due compari52? ORTENSIO
Compari, ragazza? Che ti sei messa in testa? Nessun compare per voi se non diventerete di pasta più gentile e malleabile. CATERINA
In fede mia signore non avete nulla da temere. Non è certo53 un desiderio che mi sfiori da lontano54. Ma se pur lo fosse, non dubitate che cura mia sarebbe di pettinarvi la zucca con un trespolo, imbrattarvi la faccia e trattarvi come un allocco. ORTENSIO
Da simili diavolesse Iddio ci scansi! GREMIO
E scansa anche me, mio Signore! TRANIO (a parte a Lucenzio)
Sssh, padrone, da qui in avanti ci si potrà divertire. Quella donzella è matta da legare o bizzosa55 da morire.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
LUCENTIO (aside to Tranio)
But in the other’s silence do I see Maid’s mild behaviour and sobriety. Peace, Tranio. TRANIO (aside to Lucentio) Well said, master. Mum, and gaze your fill.
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BAPTISTA
Gentlemen, that I may soon make good What I have said – Bianca, get you in. And let it not displease thee, good Bianca, For I will love thee ne’er the less, my girl. KATHERINE A pretty peat! It is best Put finger in the eye, an she knew why.
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BIANCA
Sister, content you in my discontent. (To Baptista) Sir, to your pleasure humbly I subscribe. My books and instruments shall be my company, On them to look and practise by myself. LUCENTIO (aside to Tranio) Hark, Tranio, thou mayst hear Minerva speak.
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HORTENSIO
Signor Baptista, will you be so strange? Sorry am I that our good will effects Bianca’s grief. GREMIO Why will you mew her up, Signor Baptista, for this fiend of hell, And make her bear the penance of her tongue?
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BAPTISTA
Gentlemen, content ye. I am resolved. Go in, Bianca. And for I know she taketh most delight In music, instruments, and poetry, Schoolmasters will I keep within my house Fit to instruct her youth. If you, Hortensio, Or, Signor Gremio, you know any such, Prefer them hither; for to cunning men I will be very kind, and liberal 252
90 Exit Bianca
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
LUCENZIO (a parte a Tranio)
Ma nel silenzio dell’altra io vedo il segno di virginale mansuetudine e contegno. Zitto, Tranio. TRANIO (a parte a Lucenzio) Ben detto padrone. Silenzio e riempitevi gli occhi. BATTISTA
Signori, a conferma di quanto ho detto... Bianca, su, rientra in casa. Che non ti spiaccia, da brava, non ti vorrò certo meno bene, bimba mia. CATERINA
Ma che smorfiosa56! Meglio ancora sarebbe mettersi a frignare57, se solo sapesse perché! BIANCA
Sorella accontentati del mio scontento. (A Battista) Signore, al vostro volere umilmente mi sottometto. I miei libri e i miei strumenti saranno la mia compagnia, al loro studio ed esercizio mi dedicherò. LUCENZIO (a parte a Tranio) Ascolta Tranio, non ti pare di udire Minerva che parla! ORTENSIO
Signor Battista, che modi bizzarri! È spiacevole che le nostre buone intenzioni procurino dolore a Bianca. GREMIO
Davvero la volete segregare58, Signor Battista, per colpa di questo diavolo infernale, e farle pure sopportare la pena della sua linguaccia? BATTISTA
Signori, rassegnatevi. Ho deciso. Bianca entra in casa. Bianca esce E dato che io so quant’ella sia appassionata di musica, strumenti e poesia, assumerò degli insegnanti che a casa istruiscano la sua giovinezza. Se voi, Ortensio, o anche voi signor Gremio, ne conoscete, presentatemeli: sarò generoso con uomini di talento, e liberale
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
To mine own children in good bringing up. And so farewell. Katherina, you may stay, For I have more to commune with Bianca. Exit KATHERINE Why, and I trust I may go too, may I not? What, shall I be appointed hours, as though belike I knew not what to take and what to leave? Ha! Exit GREMIO You may go to the devil’s dam. Your gifts are so good here’s none will hold you. Their love is not so great, Hortensio, but we may blow our nails together and fast it fairly out. Our cake’s dough on both sides. Farewell. Yet for the love I bear my sweet Bianca, if I can by any means light on a fit man to teach her that wherein she delights, I will wish him to her father.c HORTENSIO So will I, Signor Gremio. But a word, I pray. Though the nature of our quarrel yet never brooked parle, know now, upon advice, it toucheth us both – that we may yet again have access to our fair mistress and be happy rivals in Bianca’s love – to labour and effect one thing specially. GREMIO What’s that, I pray? HORTENSIO Marry, sir, to get a husband for her sister. GREMIO A husband? – a devil! HORTENSIO I say a husband. GREMIO I say a devil. Think’st thou, Hortensio, though her father be very rich, any man is so very a fool to be married to hell?
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106. Their love is not so great: espressione non molto chiaramente riferita. In Q 1631: there love is not so great. Successive edizioni emendano in There! Love is not so great. Nella traduzione si è optato per: “Quest’amore non è un granché”. 254
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
nell’assicurare alle mie figlie una buona educazione. E così addio. Caterina, tu resta pure, perché ho ancora da discutere con Bianca. Esce CATERINA
Ah sì, ma confido di poter andare anch’io o no? Che! non mi si vorranno per caso imporre degli orari come se non sapessi cosa prendere e cosa lasciare? Eh! Esce GREMIO
Ma vattene pure al diavolo59; le tue qualità son tali che di certo qui nessuno ti trattiene. Quest’amore non è un granché, Ortensio! Mi sa che ci toccherà soffiarci sulle unghie60 e rimanere entrambi a stecchetto. La nostra torta non vuole lievitare61. Addio. Comunque per l’amore che porto alla mia dolce Bianca, se dovessi in qualsiasi modo imbattermi in qualcuno adatto ad istruirla nelle cose che la dilettano, lo raccomanderò a suo padre. ORTENSIO
E così anch’io, signor Gremio. Ma ancora una parola, vi prego. Sebbene la natura della nostra contesa non abbia finora tollerato trattative, saprete ora, riflettendoci sopra, che tocca a entrambi – per aver di nuovo accesso alla nostra bella innamorata e ritornare felici rivali nell’amore di Bianca – di impegnarci ad ottenere una cosa in particolare. GREMIO
E cioè, di grazia? ORTENSIO
Diamine, signore, trovare un marito a sua sorella! GREMIO
Un marito? Un demonio! ORTENSIO
Un marito, vi dico. GREMIO
E io dico un demonio! Ma voi credete, Ortensio che, per quanto sia ricco suo padre, un uomo possa essere così stolto da sposarsi con l’inferno?
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
HORTENSIO Tush, Gremio. Though it pass your patience
and mine to endure her loud alarums, why, man, there be good fellows in the world, an a man could light on them, would take her with all faults, and money enough. GREMIO I cannot tell, but I had as lief take her dowry with this condition: to be whipped at the high cross every morning. HORTENSIO Faith, as you say, there’s small choice in rotten apples. But come, since this bar in law makes us friends, it shall be so far forth friendly maintained till by helping Baptista’s eldest daughter to a husband we set his youngest free for a husband, and then have to’t afresh. Sweet Bianca! Happy man be his dole. He that runs fastest gets the ring. How say you, Signor Gremio? GREMIO I am agreed, and would I had given him the best horse in Padua to begin his wooing that would thoroughly woo her, wed her, and bed her, and rid the house of her. Come on.
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Exeunt Hortensio and Gremio. Tranio and Lucentio remain TRANIO
I pray, sir, tell me: is it possible That love should of a sudden take such hold?
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LUCENTIO
O Tranio, till I found it to be true I never thought it possible or likely. But see, while idly I stood looking on I found the effect of love in idleness, And now in plainness do confess to thee, That art to me as secret and as dear As Anna to the Queen of Carthage was, Tranio, I burn, I pine, I perish, Tranio, If I achieve not this young modest girl. Counsel me, Tranio, for I know thou canst. Assist me, Tranio, for I know thou wilt. 256
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
ORTENSIO
Basta, Gremio! Anche se sopportare i suoi strepiti eccede la vostra pazienza, e anche la mia, ci saranno pure al mondo dei bravi cristiani che qualcuno possa scovare, disposti a prendersela con tutti i suoi difetti, e un bel gruzzolo in aggiunta! GREMIO
Non saprei. Per parte mia, preferirei esser frustato ogni mattina sulla piazza del mercato62 piuttosto che prendermi una dote da lei. ORTENSIO
Va bene, come dite voi, fra le mele marce c’è poca scelta63. Ma venite, dato che questa messa al bando ci rende amici, rispettiamola in amicizia fino a quando, aiutando la maggiore a trovar marito, noi riusciamo a render libera per un marito anche la minore; e a quel punto ricominciamo daccapo. Dolce Bianca! Che vinca il migliore64! Chi corre più veloce infilerà l’anello65. Che ne dite, signor Gremio? GREMIO
Ci sto, e volentieri darei a colui che avesse iniziato a corteggiarla il miglior cavallo di Padova per convincerlo a completare l’opera di farle la corte, sposarla, portarsela a letto e liberar la casa dalla sua presenza. Escono Gremio e Ortensio. Tranio e Lucenzio restano TRANIO
Vi prego, signore, ditemi, è mai possibile essere così presi dall’amore, all’improvviso? LUCENZIO
Oh Tranio, finché non ho scoperto quanto fosse vero, non l’avrei creduto possibile, né probabile. Ma vedi, mentre oziosamente me ne stavo lì a guardare, nell’ozio l’amore ho visto sbocciare66, ed ora confesso candidamente a te, che sei per me tanto intimo e caro, come lo fu Anna per la regina di Cartagine67: Tranio, io brucio, io languo, io muoio, Tranio, se non ottengo questa pudica giovinetta. Consigliami, Tranio! Perché so che puoi. Assistimi, Tranio! Perché so che vuoi.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
TRANIO
Master, it is no time to chide you now. Affection is not rated from the heart. If love have touched you, naught remains but so – Redime te captum quam queas minimo.
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LUCENTIO
Gramercies, lad. Go forward, this contents. The rest will comfort, for thy counsel’s sound. TRANIO
Master, you looked so longly on the maid Perhaps you marked not what’s the pith of all. LUCENTIO
O yes, I saw sweet beauty in her face, Such as the daughter of Agenor had, That made great Jove to humble him to her hand When with his knees he kissed the Cretan strand.
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TRANIO
Saw you no more? Marked you not how her sister Began to scold and raise up such a storm That mortal ears might hardly endure the din?
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LUCENTIO
Tranio, I saw her coral lips to move, And with her breath she did perfume the air. Sacred and sweet was all I saw in her. TRANIO (aside) Nay, then ’tis time to stir him from his trance. (To Lucentio) I pray, awake, sir. If you love the maid, Bend thoughts and wits to achieve her. Thus it stands: Her elder sister is so curst and shrewd That till the father rid his hands of her, Master, your love must live a maid at home, And therefore has he closely mewed her up Because she will not be annoyed with suitors.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
TRANIO
Padrone, non è questo il momento dei rimproveri; la passione dal cuor non si bandisce con le prediche. Se l’amore ti ha toccato non resta che dir questo: Redime te captum quam queas minimo68. LUCENZIO
Merci beaucoup69, ragazzo. Continua così che mi piace. Il resto mi aggraderà poiché consigli saggiamente. TRANIO
Padrone, avete tanto indugiato sulla fanciulla che forse vi è sfuggito il punto. LUCENZIO
Oh sì! Ho visto una dolce bellezza sul suo viso, pari a quella della figlia di Agenore, per la cui mano il grande Giove si umiliò, baciando con le ginocchia la spiaggia di Creta70. TRANIO
Non avete visto altro? Non vi accorgeste che sua sorella prese ad inveire sollevando una tempesta tale che orecchi umani a stento ne reggevano il frastuono? LUCENZIO
Tranio, ho visto muoversi le sue labbra coralline, e il suo alito profumare l’aria. Sacro e dolce è tutto ciò che vidi in lei. TRANIO (a parte) Allora è tempo di scuoterlo dal sogno. (A Lucenzio) Vi prego signore, svegliatevi. Se amate la fanciulla, ingegnatevi per conquistarla. Il caso sta in questi termini: la sorella maggiore è talmente pestifera71 e bisbetica che fin quando il padre non se ne sbarazzerà, la vostra amata, signore, resterà in casa a viver da zitella, chiusa in gabbia per non farla importunare dagli spasimanti.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
LUCENTIO
Ah, Tranio, what a cruel father’s he! But art thou not advised he took some care To get her cunning schoolmasters to instruct her?
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TRANIO
Ay, marry am I, sir, and now ’tis plotted. LUCENTIO
I have it, Tranio. Master, for my hand, Both our inventions meet and jump in one.
TRANIO
LUCENTIO
Tell me thine first. You will be schoolmaster And undertake the teaching of the maid. That’s your device. LUCENTIO It is. May it be done? TRANIO
190
TRANIO
Not possible; for who shall bear your part, And be in Padua here Vincentio’s son, Keep house, and ply his book, welcome his friends, Visit his countrymen, and banquet them?
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LUCENTIO
Basta, content thee, for I have it full. We have not yet been seen in any house, Nor can we be distinguished by our faces For man or master. Then it follows thus: Thou shalt be master, Tranio, in my stead; Keep house, and port, and servants, as I should. I will some other be, some Florentine, Some Neapolitan, or meaner man of Pisa. ’Tis hatched, and shall be so. Tranio, at once Uncase thee. Take my coloured hat and cloak. When Biondello comes he waits on thee, But I will charm him first to keep his tongue. TRANIO So had you need. [They exchange clothes]
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200
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
LUCENZIO
Ah Tranio che padre crudele è questo! Hai notato però che s’industriava di procurarle dei precettori sapienti al fine di istruirla? TRANIO
Si certo, diamine, signore... ho già in mente un piano! LUCENZIO
Ho già capito, Tranio. TRANIO
Padrone, mi ci gioco una mano, i nostri stratagemmi convergono in un unico intendimento. LUCENZIO
Dimmi prima il tuo. TRANIO
Diventerete precettore e prenderete l’incarico di educare la ragazza... Questo è il vostro piano. LUCENZIO
Ci hai preso. Si può fare? TRANIO
Non si può. Poiché chi farà la vostra parte qui a Padova, come figlio di Vincenzo? Tenendo casa e studiando con zelo i suoi libri, accogliendone gli amici, visitando i concittadini e banchettando con loro? LUCENZIO
Basta72, stai calmo. Ci ho già pensato. Non ci hanno ancora visti in alcuna casa, né ci si distingue dalle facce come padrone e servitore. Ne consegue questo... Tu sarai il padrone, Tranio, al posto mio, e manterrai casa, stile di vita e servi come farei io; io sarò qualcun altro, un qualche fiorentino, un napoletano o un pisano di più umile condizione. Il piano ha rotto il guscio e ora nascerà. Svelto, Tranio spogliati, prendi il manto e il cappello con i miei colori73. Quando arriverà Biondello si metterà al tuo servizio; ma prima, dovrò ungerlo un po’ per farlo stare zitto. TRANIO
Sarà il caso. [Si scambiano i vestiti]74
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 1
In brief, sir, sith it your pleasure is, And I am tied to be obedient – For so your father charged me at our parting, ‘Be serviceable to my son,’ quoth he, Although I think ’twas in another sense – I am content to be Lucentio Because so well I love Lucentio.
210
215
LUCENTIO
Tranio, be so, because Lucentio loves, And let me be a slave t’achieve that maid Whose sudden sight hath thralled my wounded eye. Enter Biondello Here comes the rogue. Sirrah, where have you been? BIONDELLO Where have I been? Nay, how now, where
are you? Master, has my fellow Tranio stolen your clothes, or you stolen his, or both? Pray, what’s the news? LUCENTIO
Sirrah, come hither. ’Tis no time to jest, And therefore frame your manners to the time. Your fellow Tranio here, to save my life Puts my apparel and my count’nance on, And I for my escape have put on his, For in a quarrel since I came ashore I killed a man, and fear I was descried. Wait you on him, I charge you, as becomes, While I make way from hence to save my life. You understand me? BIONDELLO I sir? Ne’er a whit.
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LUCENTIO
And not a jot of Tranio in your mouth. Tranio is changed into Lucentio. BIONDELLO
The better for him. Would I were so too.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 1
In breve, signore, dato che così volete, ed essendo io tenuto all’obbedienza... poiché così mi comandò vostro padre alla partenza, “mettiti a disposizione di mio figlio” , disse lui, anche se credo intendesse altro... Beh! io son contento di diventar Lucenzio, per l’amore che nutro per Lucenzio. LUCENZIO
Siilo Tranio! Poiché Lucenzio ama. E che io diventi schiavo, per conquistare la fanciulla la cui improvvisa vista ha soggiogato l’occhio mio ferito75. Entra Biondello Ecco arriva il furfante. Messere76, dove siete stato? BIONDELLO
Dove sono stato io? Ma come, dove siete voi piuttosto. Padrone, il mio compare Tranio ha rubato i vostri vestiti, o voi i suoi, o tutt’e due le cose? Di grazia che succede? LUCENZIO
Signore, avvicinatevi. Non è tempo di scherzare, e perciò adeguate i vostri modi alle circostanze. Il tuo compagno Tranio, qui, per salvarmi la vita ha preso i miei abiti ed assunto la mia identità, ed io per trovar scampo ho preso i suoi. Poiché in un litigio appena sbarcato ho ucciso un uomo e temo di essere stato identificato. Tu servi lui, te lo ordino, come si conviene, mentre io fuggo per salvarmi la vita. Mi stai capendo? BIONDELLO
Io signore? Nemmeno un po’. LUCENZIO
E che non ti scappi di bocca il nome Tranio. Tranio è diventato Lucenzio. BIONDELLO
Buon per lui. Magari lo fossi anch’io.
263
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
TRANIO
So could I, faith, boy, to have the next wish after – Thai Lucentio indeed had Baptista’s youngest daughter. But sirrah, not for my sake but your master’s I advise You use your manners discreetly in all kind of companies. When I am alone, why then I am Tranio, But in all places else your master, Lucentio.d LUCENTIO Tranio, let’s go. One thing more rests that thyself execute – To make one among these wooers. If thou ask me why, Sufficeth my reasons are both good and weighty.
240
245
Exeunt The presenters above speak FIRST SERVINGMAN
My lord, you nod. You do not mind the play. SLY Yes, by Saint Anne do I. A good matter, surely.
Comes there any more of it? BARTHOLOMEW My lord, ’tis but begun.
250
SLY ’Tis a very excellent piece of work, madam lady.
Would ’twere done. They sit and mark 1.2
Enter Petruccio and his man, Grumio
PETRUCCIO
Verona, for a while I take my leave To see my friends in Padua; but of all My best-belovèd and approvèd friend Hortensio, and I trow this is his house. Here, sirrah Grumio, knock, I say. GRUMIO Knock, sir? Whom should I knock? Is there any man has rebused your worship?
242. Your: in F1 you. 264
5
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
TRANIO
Così potessi io, ragazzo, esprimere il prossimo desiderio della lista... che Lucenzio abbia la minore delle figlie di Battista. Comunque, messere, non per me ma per riguardo al tuo padrone, io ti consiglierei di osservare la massima discrezione in ogni tipo di compagnia. Quando sono solo, allora sono Tranio ma, in tutte le altre circostanze, il tuo padrone Lucenzio. LUCENZIO
Andiamo Tranio. Ti resta da eseguire solo un’altra cosa, di entrare anche tu nel novero dei pretendenti. E se mi chiedi perché, ti basti di sapere che ho ragioni buone e di gran peso. Escono I personaggi del prologo parlano dalla galleria
77
PRIMO SERVITORE
Mio signore, vi appisolate. Non seguite la recita. SLY
Ma come no, per Sant’Anna! Una bella roba, proprio. Ce n’è ancora? BARTOLOMEO
Mio signore, è appena iniziata. SLY
È un gran bel pezzo d’opera, madama signora. Magari fosse già finita. Continuano a guardare, seduti I, 2
Entrano Petruccio e il suo servitore, Grumio78
PETRUCCIO
Eccoci per un poco lontani da Verona; voglio veder gli amici a Padova e in special modo Ortensio, il mio più amato e comprovato amico. Ecco, questa mi pare la sua casa. Su, avanti, Grumio, picchia, te lo ordino. GRUMIO
Picchiare, signore? Chi dovrei picchiare? C’è qualcuno che ha abusato a vostra signoria79?
265
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
PETRUCCIO Villain, I say, knock me here soundly. GRUMIO Knock you here, sir? Why, sir, what am I, sir,
that I should knock you here, sir?
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PETRUCCIO
Villain, I say, knock me at this gate, And rap me well or I’ll knock your knave’s pate. GRUMIO
My master is grown quarrelsome. I should knock you first, And then I know after who comes by the worst. PETRUCCIO Will it not be? Faith, sirrah, an you’ll not knock, I’ll ring it. I’ll try how you can sol-fa and sing it.
15
He wrings him by the ears. [Grumio kneels] GRUMIO Help, masters, help! My master is mad. PETRUCCIO Now knock when I bid you, sirrah villain.
Enter Hortensio HORTENSIO How now, what’s the matter? My old friend
Grumio and my good friend Petruccio? How do you all at Verona?
22
PETRUCCIO
Signor Hortensio, come you to part the fray? Con tutto il cuore ben trovato, may I say. HORTENSIO Alla nostra casa ben venuto, molto onorato signor mio Petruccio. Rise, Grumio, rise. We will compound this quarrel. Grumio rises GRUMIO Nay, ’tis no matter, sir, what he ’leges in Latin.
If this be not a lawful cause for me to leave his service – look you, sir: he bid me knock him and rap him soundly, sir. Well, was it fit for a servant to use his master so, being perhaps, for aught I see, two-andthirty, a pip out?
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26
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
PETRUCCIO
Brigante, ti dico, picchiami qui, forte. GRUMIO
Picchiarvi qui signore? Perché mai signore, chi sono io per picchiarvi qui, signore? PETRUCCIO
Ti dico, picchiami a questo portone, lestofante, e battimi con forza o ti pesto io quella zucca da furfante. GRUMIO
Il mio padrone vuole attaccar briga. Ma se picchio io per primo, so bene chi avrà la peggio poi. PETRUCCIO
E allora, non ti muovi? Parola mia, se tu non picchi, allora suono io. Ti faccio provare il solfeggio e pure il canto. Lo prende per le orecchie. [Grumio si inginocchia]80 GRUMIO
Aiuto, che qualcuno mi aiuti! Il mio padrone è matto. PETRUCCIO
E ora picchia quando te lo dico, manigoldo. Entra Ortensio ORTENSIO
Ehi, ehi, che succede? Il mio vecchio amico Grumio e il mio caro amico Petruccio? E come mai tutti a Verona? PETRUCCIO
Signor Ortensio, a placare la mia lite sei arrivato? Posso allora dirti: Con tutto il cuore ben trovato81. ORTENSIO
Alla nostra casa benvenuto, molto onorato signor mio Petruccio82. Alzati, Grumio, alzati. Comporremo questa contesa. Grumio si alza GRUMIO
Beh, non mi impressiona anche se disputa in latino83. Voglio vedere se questa non è una legittima causa per lasciare il suo servizio... Guardate, signore: mi dice di picchiarlo e di batterlo per bene. E allora, signore ditemi voi, era il caso per un servo di trattare così il suo padrone, che a quanto pare era forse un po’ sballato già di suo84? 267
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
Whom would to God I had well knocked at first, Then had not Grumio come by the worst.
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PETRUCCIO
A senseless villain. Good Hortensio, I bade the rascal knock upon your gate, And could not get him for my heart to do it. GRUMIO Knock at the gate? O heavens, spake you not these words plain? ‘Sirrah, knock me here, rap me here, knock me well, and knock me soundly’? And come you now with knocking at the gate?
42
PETRUCCIO
Sirrah, be gone, or talk not, I advise you. HORTENSIO
Petruccio, patience. I am Grumio’s pledge. Why this’ a heavy chance ’twixt him and you, Your ancient, trusty, pleasant servant Grumio. And tell me now, sweet friend, what happy gale Blows you to Padua here from old Verona?
45
PETRUCCIO
Such wind as scatters young men through the world To seek their fortunes farther than at home, Where small experience grows. But in a few, Signor Hortensio, thus it stands with me: Antonio, my father, is deceased, And I have thrust myself into this maze Happily to wive and thrive as best I may. Crowns in my purse I have, and goods at home, And so am come abroad to see the world.
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55
HORTENSIO
Petruccio, shall I then come roundly to thee And wish thee to a shrewd, ill-favoured wife? Thou’dst thank me but a little for my counsel, And yet I’ll promise thee she shall be rich, And very rich. But thou’rt too much my friend, And I’ll not wish thee to her.
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60
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
Ma volesse il cielo lo avessi colpito allora, così Grumio la peggio non avrebbe avuto ora. PETRUCCIO
Che idiota di villano! Buon Ortensio, avevo ordinato al manigoldo di picchiare al tuo portone, ma di farglielo fare non c’è stato verso. GRUMIO
Picchiare al portone? O cielo, non avete detto, testuali parole: “Messere, picchiami qui, bussami qui, colpiscimi bene, picchiami forte”? E ve ne venite ora con “picchiare al portone”? PETRUCCIO
Canaglia, vattene o stai muto, è meglio per te. ORTENSIO
Calma Petruccio, me ne faccio io garante. Suvvia, è solo un brutto equivoco questo tra te e il tuo vecchio e fidato servo Grumio, un bontempone85. Ma dimmi ora, amico diletto, qual buon vento ti porta qui a Padova dall’antica Verona? PETRUCCIO
Quel vento che sparpaglia i giovani pel mondo, a cercar fortuna più in là che non a casa, dove di poco cresce l’esperienza. Ma, in breve, signor Ortensio, il mio caso è questo: Antonio, mio padre, è deceduto ed io, in questo intrico, mi sono spinto a cercare felicemente moglie e prosperare al meglio. Monete nella borsa ne ho, e beni a casa mia. Così me ne vado in giro, per vedere il mondo. ORTENSIO
Petruccio, posso allora parlarti francamente e proporti una moglie sgradevole e bisbetica? Certamente non avresti molto da ringraziarmi per questo mio consiglio, eppure ti garantisco che sarà ricca, veramente ricca. Anche se tu sei troppo amico mio per augurarti a una come lei!
269
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
PETRUCCIO
Signor Hortensio, ’twixt such friends as we Few words suffice; and therefore, if thou know One rich enough to be Petruccio’s wife – As wealth is burden of my wooing dance – Be she as foul as was Florentius’ love, As old as Sibyl, and as curst and shrewd As Socrates’ Xanthippe or a worse, She moves me not – or not removes at least Affection’s edge in me, were she as roughe As are the swelling Adriatic seas. I come to wive it wealthily in Padua; If wealthily, then happily in Padua. GRUMIO (to Hortensio) Nay, look you, sir, he tells you flatly what his mind is. Why, give him gold enough and marry him to a puppet or an aglet-baby, or an old trot with ne’er a tooth in her head, though she have as many diseases as two-and-fifty horses. Why, nothing comes amiss so money comes withal.
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81
HORTENSIO
Petruccio, since we are stepped thus far in, I will continue that I broached in jest. I can, Petruccio, help thee to a wife With wealth enough, and young and beauteous, Brought up as best becomes a gentlewoman. Her only fault – and that is faults enough – Is that she is intolerable curst, And shrewd and froward so beyond all measure That, were my state far worser than it is, I would not wed her for a mine of gold.
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PETRUCCIO
Hortensio, peace. Thou know’st not gold’s effect. Tell me her father’s name and ’tis enough, For I will board her though she chide as loud As thunder when the clouds in autumn crack. 72. As rough: Q 1631; in F is as rough. 270
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
PETRUCCIO
Signor Ortensio, tra amici come noi bastano poche parole; e dunque, se tu conosci una ricca abbastanza da diventare la moglie di Petruccio – essendo la ricchezza il bordone della mia danza di corteggiamento – fosse pure brutta come l’amata di Florenzio86, decrepita come la Sibilla, o bisbetica e pestifera come la Santippe di Socrate, o anche peggio, lei non mi smonta, o almeno non smussa la punta del mio affetto, fosse pure agitata come le onde dell’Adriatico. Son qui per ammogliarmi riccamente a Padova; se riccamente, allora felicemente a Padova. GRUMIO (a Ortensio) Ecco, signore, vi sta dicendo, papale papale, quello che ha in mente. Dategli oro quanto basta e potrete fargli sposare una marionetta o una pupattola di pezza, o una vecchia megera senza denti in bocca, anche se avesse tante malattie quante cinquantadue cavalli messi insieme. Niente viene male, finché il denaro segue appresso. ORTENSIO
Petruccio, dato che ci siamo spinti fin qui, continuerò quello che avevo iniziato per gioco. Potrei Petruccio agevolarti con una moglie, ricca a sufficienza, giovane e bella, allevata come si conviene a una gentildonna. Il suo unico difetto... ma è un difetto bello grande... è che è un’intollerabile bisbetica; pestifera e bizzosa così oltre misura che, mi trovassi in condizioni anche peggiori delle mie, non la sposerei neanche per una miniera d’oro. PETRUCCIO
Ortensio, placati. Tu non conosci l’effetto dell’oro! Dimmi il nome di suo padre e tanto basterà. Poiché io l’abborderò, anche se strepitasse come il tuono quando squarcia le nuvole in autunno.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
HORTENSIO
Her father is Baptista Minola, An affable and courteous gentleman. Her name is Katherina Minola, Renowned in Padua for her scolding tongue. PETRUCCIO
I know her father, though I know not her, And he knew my deceasèd father well. I will not sleep, Hortensio, till I see her, And therefore let me be thus bold with you To give you over at this first encounter, Unless you will accompany me thither. GRUMIO I pray you, sir, let him go while the humour lasts. O’ my word, an she knew him as well as I do she would think scolding would do little good upon him. She may perhaps call him half a score knaves or so. Why, that’s nothing; an he begin once he’ll rail in his rope-tricks. I’ll tell you what, sir, an she stand him but a little he will throw a figure in her face and so disfigure her with it that she shall have no more eyes to see withal than a cat. You know him not, sir.f
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HORTENSIO
Tarry, Petruccio, I must go with thee, For in Baptista’s keep my treasure is. He hath the jewel of my life in hold, His youngest daughter, beautiful Bianca, And her withholds from me and other more, Suitors to her and rivals in my love, Supposing it a thing impossible, For those defects I have before rehearsed, That ever Katherina will be wooed. Therefore this order hath Baptista ta’en: That none shall have access unto Bianca Till Katherine the curst have got a husband.
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111. Rope-tricks; qualche edizione successiva emenda in rhetorics, “retorica”. 272
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
ORTENSIO
Suo padre è Battista Minola, un gentiluomo affabile e cortese. Lei si chiama Caterina Minola, famosa a Padova per la sua lingua sprezzante. PETRUCCIO
Conosco suo padre, ma non lei, e lui conosceva bene il mio defunto genitore. Non chiuderò occhio, Ortensio, finché non l’avrò vista. Perciò, perdona la sfrontatezza di lasciarti subito a questo primo incontro, a meno che tu non mi ci voglia accompagnare. GRUMIO
Vi supplico signore, lasciatelo andare finché gli dura l’estro. Parola mia, se lei lo conoscesse come lo conosco io capirebbe quanto poco possono gli improperi su di lui. Potrebbe pure dargli del furfante una mezza dozzina di volte. Beh, non gli farebbe effetto alcuno, e se invece cominciasse lui ad imprecarle contro, con tutto l’armamentario retorico87... ve lo garantisco io signore: se lei appena si provasse a tenergli testa, lui le getterebbe in faccia una delle sue figure tanto da sfigurarla e lasciarla mezza cieca come una gatta88. Voi non lo conoscete, signore. ORTENSIO
Aspetta Petruccio, devo venire con te, poiché Battista custodisce il mio tesoro. Lui tiene in serbo il gioiello della mia vita, la sua figlia minore, la bella Bianca, che tiene lontana da me e da altri pretendenti, miei rivali in amore, ritenendo cosa impossibile, per le pecche che ti ho rappresentato, che mai Caterina venga corteggiata. E dunque Battista ha così ordinato: che nessuno abbia accesso a Bianca finché quella peste di Caterina non abbia trovato un marito.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
GRUMIO Katherine the curst –
A title for a maid of all titles the worst. HORTENSIO
Now shall my friend Petruccio do me grace, And offer me disguised in sober robes To old Baptista as a schoolmaster Well seen in music, to instruct Bianca, That so I may by this device at least Have leave and leisure to make love to her, And unsuspected court her by herself.
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Enter Gremio with a paper, and Lucentio disguised as a schoolmaster GRUMIO Here’s no knavery. See, to beguile the old folks,
how the young folks lay their heads together. Master, master, look about you. Who goes there, ha? HORTENSIO
Peace, Grumio, it is the rival of my love. Petruccio, stand by a while.
140
GRUMIO
A proper stripling, and an amorous! Petruccio, Hortensio, and Grumio stand aside GREMIO (to Lucentio)
O, very well – I have perused the note. Hark you, sir, I’ll have them very fairly bound – All books of love, see that at any hand – And see you read no other lectures to her. You understand me. Over and beside Signor Baptista’s liberality, I’ll mend it with a largess. Take your paper, too, And let me have them very well perfumed, For she is sweeter than perfume itself To whom they go to. What will you read to her? LUCENTIO
Whate’er I read to her, I’ll plead for you As for my patron, stand you so assured, As firmly as yourself were still in place – 274
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
GRUMIO
Quella peste di Caterina... Non vi è titolo peggiore per una signorina. ORTENSIO
Ora il mio amico Petruccio mi farà il favore di presentarmi travestito in sobri abiti da precettore al vecchio Battista, di modo che, come esperto di musica, possa istruire Bianca e, con questo stratagemma, aver licenza e agio di parlarle d’amore e, insospettato, corteggiarla in casa sua. Entrano Gremio con un foglio89 e Lucenzio travestito da istitutore GRUMIO
Senza alcuna malizia eh? Guarda come, per beffare i vecchi, i giovani se la intendano tra loro. Padrone, padrone, guardatevi attorno. Ehi, chi va là? ORTENSIO
Calma, Grumio, è il mio rivale in amore. Petruccio, facciamoci da parte. GRUMIO
Ma che giovanottello compunto, e pure innamorato! Petruccio, Ortensio e Grumio si mettono in disparte GREMIO (a Lucenzio)
Oh, molto bene. Ho scorso la nota. Badate, signore, li voglio finemente rilegati – che siano tutti libri d’amore mi raccomando – e abbiate cura di non impartirle altre lezioni. Ci siamo intesi. E oltre alla disponibilità del signor Battista potrete contare anche sulla mia generosità. Riprendetevi l’elenco, e che i libri siano ben profumati, perché colei alla quale andranno è più soave del profumo stesso. Che cosa le leggerete? LUCENZIO
Qualsiasi cosa le leggerò, siatene certo, sarà per spalleggiarvi, quale mio mecenate, e con tale forza come se voi stesso foste al posto mio,
275
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
Yea, and perhaps with more successful words Than you, unless you were a scholar, sir.
155
GREMIO
O this learning, what a thing it is! GRUMIO (aside)
O this woodcock, what an ass it is! PETRUCCIO Peace, sirrah. HORTENSIO
Grumio, mum. (Coming forward) God save you, Signor Gremio.
160
GREMIO
And you are well met, Signor Hortensio. Trow you whither I am going? To Baptista Minola. I promised to enquire carefully About a schoolmaster for the fair Bianca, And by good fortune I have lighted well On this young man, for learning and behaviour Fit for her turn, well read in poetry And other books – good ones, I warrant ye.
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HORTENSIO
’Tis well, and I have met a gentleman Hath promised me to help me to another, A fine musician, to instruct our mistress. So shall I no whit be behind in duty To fair Bianca, so beloved of me.
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GREMIO
Beloved of me, and that my deeds shall prove.
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GRUMIO (aside) And that his bags shall prove. HORTENSIO
Gremio, ’tis now no time to vent our love. Listen to me, and if you speak me fair I’ll tell you news indifferent good for either. Here is a gentleman whom by chance I met, Upon agreement from us to his liking Will undertake to woo curst Katherine, Yea, and to marry her, if her dowry please. 276
180
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
sì... ma con parole forse più efficaci, a meno che non siate anche voi un erudito, signore. GREMIO
Oh la cultura, che grande cosa è! GRUMIO (a parte)
Oh questo merlo, che gran somaro è! PETRUCCIO
Zitto, tu. ORTENSIO
Taci Grumio. (Venendo avanti) Che Dio vi guardi, Signor Gremio. GREMIO
Bentrovato a voi, Signor Ortensio. Sapete dove sono diretto? Da Battista Minola. Avevo promesso di cercare con cura un precettore per la bella Bianca, e per fortuna mi sono imbattuto in questo giovanotto che, per dottrina e contegno, fa proprio al caso suo, esperto di poesia e altre buone letture, ve lo garantisco. ORTENSIO
Oh bene, ed io ho incontrato un gentiluomo che mi ha promesso di procurane un altro, un fine musicista, per istruire la nostra dama. Così non resterò indietro di un passo nei servigi resi alla bella Bianca, che tanto amo. GREMIO
Che io tanto amo, come proverò con i fatti. GRUMIO (a parte)
Come proverà con i quattrini. ORTENSIO
Gremio, non è questo il momento per sbandierare il nostro amore. Ascoltatemi, e se sarete leale con me vi rivelerò delle notizie buone per entrambi. Qui c’è un gentiluomo che ho incontrato per caso, che se troviamo un accordo di suo gradimento, si metterà a corteggiare Caterina la peste, sì, fino a sposarla, se la dote lo soddisfa.
277
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
GREMIO So said, so done, is well.
Hortensio, have you told him all her faults?
185
PETRUCCIO
I know she is an irksome brawling scold. If that be all, masters, I hear no harm. GREMIO
No, sayst me so, friend? What countryman? PETRUCCIO
Born in Verona, old Antonio’s son. My father dead, his fortune lives for me,g And I do hope good days and long to see. GREMIO O sir, such a life with such a wife were strange. But if you have a stomach, to’t, a’ God’s name. You shall have me assisting you in all. But will you woo this wildcat? PETRUCCIO Will I live!
190
195
GRUMIO
Will he woo her? Ay, or I’ll hang her. PETRUCCIO
Why came I hither but to that intent? Think you a little din can daunt mine ears? Have I not in my time heard lions roar? Have I not heard the sea, puffed up with winds, Rage like an angry boar chafèd with sweat? Have I not heard great ordnance in the field, And heaven’s artillery thunder in the skies? Have I not in a pitchèd battle heard Loud ’larums, neighing steeds, and trumpets’ clang? And do you tell me of a woman’s tongue, That gives not half so great a blow to hear As will a chestnut in a farmer’s fire? Tush, tush – fear boys with bugs. GRUMIO For he fears none.
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190. His fortune: in F my fortune, che non producendo senso è un probabile errore. 278
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
GREMIO
Sì, detto fatto... Ortensio gli avete detto tutti i suoi difetti? PETRUCCIO
So che è una megera bizzosa e attaccabrighe. Se questo è tutto, non vedo pericoli. GREMIO
Ma davvero, amico? Da dove venite? PETRUCCIO
Sono nato a Verona, figlio del vecchio Antonio. Una volta morto mio padre, dispongo dei suoi averi e spero di vivere a lungo e felicemente. GREMIO
Signore, una tal vita con una tale moglie mi pare improbabile. Ma se ne avete lo stomaco, fatevi sotto in nome di Dio! Potrete contare sulla mia completa assistenza. Ma veramente corteggerete quella gatta selvatica90? PETRUCCIO
Com’è vero che son vivo! GRUMIO
Se lui la corteggerà? Spero proprio, altrimenti la impiccherò io. PETRUCCIO
Per cos’altro sarei venuto allora? Pensate forse che un po’ di strepito possa spaventare le mie orecchie? Non ho ai miei tempi udito i leoni ruggire? Non ho udito il mare, sollevato dai venti, infuriare come un cinghiale schiumante di rabbia? Non ho udito le cannonate sul campo di guerra e l’artiglieria del cielo rimbombare dall’alto? E al colmo dello scontro non ho udito allarmi assordanti, il nitrire dei destrieri e il clangore delle trombe? E mi venite a parlare di una lingua di donna, che non produce metà del rumore di una castagna che scoppietta sul fuoco del fattore? Via, via andate a spaventare i bambini col Gatto Mammone91. GRUMIO
Tanto lui non lo spaventa nessuno!
279
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
GREMIO Hortensio, hark.
This gentleman is happily arrived, My mind presumes, for his own good and ours.h HORTENSIO
I promised we would be contributors, And bear his charge of wooing, whatsoe’er.
215
GREMIO
And so we will, provided that he win her. GRUMIO
I would I were as sure of a good dinner. Enter Tranio, brave, as Lucentio, and Biondello TRANIO Gentlemen, God save you. If I may be bold, tell
me, I beseech you, which is the readiest way to the house of Signor Baptista Minola? BIONDELLO He that has the two fair daughters – is’t he you mean? TRANIO Even he, Biondello.
220
GREMIO
Hark you, sir, you mean not her to – TRANIO
Perhaps him and her, sir. What have you to do?
225
PETRUCCIO
Not her that chides, sir, at any hand, I pray. TRANIO
I love no chiders, sir. Biondello, let’s away. LUCENTIO (aside)
Well begun, Tranio. Sir, a word ere you go. Are you a suitor to the maid you talk of – yea or no?
HORTENSIO TRANIO
And if I be, sir, is it any offence? GREMIO
No, if without more words you will get you hence.
213. Ours: in F yours. 280
230
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
GREMIO
Sentite Ortensio, mi par di capire che questo gentiluomo sia giunto a proposito, sia per il suo bene, che per il nostro. ORTENSIO
Gli ho promesso che ci accolleremo le spese del corteggiamento, quale ne sia l’ammontare. GREMIO
Certamente lo faremo, se la conquista a casa riuscirà a portare. GRUMIO
Magari fossi così sicuro a cena di mangiare92! Entrano Tranio in ghingheri travestito da Lucenzio e Biondello TRANIO
Signori che Dio vi assista. Se posso osare, ditemi, vi prego, qual è la via più breve per la casa del Signor Battista Minola? BIONDELLO
Quello che ha due belle figlie, volete dire quello? TRANIO
Proprio quello, Biondello. GREMIO
Ehi, signore, non vorrete dire quella... TRANIO
Forse quello e quella, signore. A voi cosa importa? PETRUCCIO
Non quella che sbraita, comunque, signore, vi prego. TRANIO
Non mi piace chi sbraita, signore. Biondello andiamo via. LUCENZIO (a parte)
Buon inizio, Tranio. ORTENSIO
Signore, una parola prima che andiate. Siete un pretendente della fanciulla in questione... sì o no? TRANIO
E se anche fosse, signore, qualcosa non va? GREMIO
No, se senza altre parole sloggerete via da qua.
281
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
TRANIO
Why, sir, I pray, are not the streets as free For me as for you? GREMIO But so is not she. TRANIO
For what reason, I beseech you? GREMIO
For this reason, if you’ll know – That she’s the choice love of Signor Gremio.
235
HORTENSIO
That she’s the chosen of Signor Hortensio. TRANIO
Softly, my masters. If you be gentlemen, Do me this right, hear me with patience. Baptista is a noble gentleman To whom my father is not all unknown, And were his daughter fairer than she is She may more suitors have, and me for one. Fair Leda’s daughter had a thousand wooers; Then well one more may fair Bianca have, And so she shall. Lucentio shall make one, Though Paris came, in hope to speed alone.
240
245
GREMIO
What, this gentleman will out-talk us all! LUCENTIO
Sir, give him head, I know he’ll prove a jade. PETRUCCIO
Hortensio, to what end are all these words?
250
HORTENSIO
Sir, let me be so bold as ask you, Did you yet ever see Baptista’s daughter? TRANIO
No, sir, but hear I do that he hath two, The one as famous for a scolding tongue As is the other for beauteous modesty.
282
255
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
TRANIO
E perché mai signore, non sono libere le strade per voi come per me? GREMIO
Sì, ma è lei che non lo è. TRANIO
Per quale motivo, prego? GREMIO
Per questo, se proprio volete saperlo... che lei è la prescelta del Signor Gremio. ORTENSIO
Che lei è stata scelta dal Signor Ortensio. TRANIO
Piano, signori. Se siete gentiluomini usatemi la grazia di ascoltare con pazienza. Battista è un nobile signore cui mio padre non è affatto sconosciuto, e se sua figlia fosse ancora più bella di quel che è potrebbe avere altri pretendenti, e me fra loro. La bella figlia di Leda93 aveva mille innamorati; quindi la bella Bianca può averne uno in più. E li avrà, Lucenzio sarà quell’uno in più, venisse pure Paride94 con la speranza di restare solo lui. GREMIO
Cosa! Questo signore vuol farci fuori a suon di chiacchiere. LUCENZIO
Signore, dategli briglia... e si rivelerà un ronzino. PETRUCCIO
Ortensio, a che pro tutte queste parole? ORTENSIO
Signore, lasciatemi l’ardire: avete mai visto la figlia di Battista? TRANIO
No, signore, ma sento che ne ha due: la prima tanto famosa per la sua linguaccia quanto la seconda per la sua leggiadra modestia.
283
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 1 SCENE 2
PETRUCCIO
Sir, sir, the first’s for me. Let her go by. GREMIO
Yea, leave that labour to great Hercules, And let it be more than Alcides’ twelve. PETRUCCIO
Sir, understand you this of me in sooth, The youngest daughter whom you hearken for Her father keeps from all access of suitors, And will not promise her to any man Until the elder sister first be wed. The younger then is free, and not before.
260
TRANIO
If it be so, sir, that you are the man Must stead us all, and me amongst the rest, And if you break the ice and do this feat, Achieve the elder, set the younger free For our access, whose hap shall be to have her Will not so graceless be to be ingrate.
265
270
HORTENSIO
Sir, you say well, and well you do conceive; And since you do profess to be a suitor You must, as we do, gratify this gentleman, To whom we all rest generally beholden. TRANIO
Sir, I shall not be slack. In sign whereof, Please ye we may contrive this afternoon, And quaff carouses to our mistress’ health, And do as adversaries do in law – Strive mightily, but eat and drink as friends.
275
GRUMIO and BIONDELLO
O excellent motion! Fellows, let’s be gone.
280
HORTENSIO
The motion’s good indeed, and be it so. Petruccio, I shall be your ben venuto.
284
Exeunt
LA BISBETICA DOMATA, ATTO I SCENA 2
PETRUCCIO
Signore, signore, la prima è per me, giù le mani! GREMIO
Sì, lasciamo la fatica al grande Ercole: sarà la peggiore tra le dodici dell’Alcide95. PETRUCCIO
Signore, lasciate che vi spieghi una cosa: la figlia minore, che voi bramate, il padre la tiene lontana da ogni spasimante e non la concederà ad alcun uomo finché la maggiore non si sia maritata. Allora la più giovane sarà libera, non prima. TRANIO
Se è così, signore, se voi siete l’uomo che ci trarrà tutti d’impaccio, compreso me, rompendo il ghiaccio e compiendo l’impresa di conquistar la grande e a noi liberare il campo per la minore, allora il fortunato che la farà sua non sarà così scortese da dimostrarsi ingrato. ORTENSIO
Dite bene, signore, e bene ragionate; e poiché vi dichiarate un pretendente, dovete, come noi, ricompensare questo gentiluomo, cui tutti restiamo debitori. TRANIO
Signore, non mi tirerò indietro. E a riprova di ciò v’invito ad ingannare il pomeriggio tracannando brindisi alla salute della nostra amata, e fare come gli avversari in un processo, che prima si combattono allo spasimo, ma poi mangiano e bevono insieme come amici. GRUMIO e BIONDELLO
Eccellente proposta! Andiamo, compari. ORTENSIO
Buona davvero, ne sono compiaciuto, Petruccio andiamo, voglio darti il benvenuto96 . Escono
285
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
2.1
Enter Katherina and Bianca, her hands bound
BIANCA
Good sister, wrong me not, nor wrong yourself To make a bondmaid and a slave of me. That I disdain, but for these other goods, Unbind my hands, I’ll pull them off myself, Yea, all my raiment to my petticoat, Or what you will command me will I do, So well I know my duty to my elders.
5
KATHERINE
Of all thy suitors here I charge thee tell Whom thou lov’st best. See thou dissemble not. BIANCA
Believe me, sister, of all the men alive I never yet beheld that special face Which I could fancy more than any other.
10
KATHERINE
Minion, thou liest. Is’t not Hortensio? BIANCA
If you affect him, sister, here I swear I’ll plead for you myself but you shall have him.
15
KATHERINE
O then, belike you fancy riches more. You will have Gremio to keep you fair. BIANCA
Is it for him you do envy me so? Nay, then, you jest, and now I well perceive You have but jested with me all this while. I prithee, sister Kate, untie my hands. KATHERINE (strikes her) If that be jest, then all the rest was so.
20
Enter Baptista BAPTISTA
Why, how now, dame, whence grows this insolence? Bianca, stand aside. – Poor girl, she weeps. – Go ply thy needle, meddle not with her. 286
25
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
Entrano Caterina, e Bianca con le mani legate97
II, 1 BIANCA
Buona sorella, non farmi torto e non farlo a te, trattandomi da schiava e prigioniera. Questo non riesco a sopportarlo, ma per quanto riguarda gli ornamenti, scioglimi le mani e me li toglierò da sola. Sì, tutto ciò che indosso fino alla sottoveste, oppure farò tutto quello che comandi, so bene quali siano i miei doveri verso i maggiori. CATERINA
Di tutti i tuoi spasimanti, dimmi, te lo ordino, quale ti piace di più? Vedi di non barare. BIANCA
Credimi sorella, tra tutti gli uomini del mondo, non ho ancora visto quel volto speciale che potrebbe colpirmi più degli altri. CATERINA
Ipocrita, tu menti. Non è Ortensio? BIANCA
Se lui ti piace sorella, ecco lo giuro, implorerò io stessa per fartelo ottenere. CATERINA
Ah! Allora forse preferisci i quattrini. Prenderai Gremio, per far la bella vita. BIANCA
E allora è per lui che m’invidi tanto? No, dai, mi prendi in giro! Anzi ora mi accorgo che mi hai presa in giro tutto il tempo. Ti prego sorella Ketty98, slegami le mani. CATERINA (colpendola) Se finora ti ho presa in giro, ora prenditi anche il resto. Entra Battista BATTISTA
Ehi ehi! Da dove viene quest’insolenza? Bianca scansati. – Poverina, sta piangendo. – Vai, torna a ricamare e lasciala stare quella. (A
287
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
(To Katherine) For shame, thou hilding of a devilish spirit, Why dost thou wrong her that did ne’er wrong thee? When did she cross thee with a bitter word? KATHERINE
Her silence flouts me, and I’ll be revenged. She flies after Bianca BAPTISTA
What, in my sight? Bianca, get thee in.
Exit Bianca
KATHERINE
What, will you not suffer me? Nay, now I see She is your treasure, she must have a husband. I must dance barefoot on her wedding day, And for your love to her lead apes in hell. Talk not to me. I will go sit and weep Till I can find occasion of revenge.
31
35 Exit
BAPTISTA
Was ever gentleman thus grieved as I? But who comes here? Enter Gremio, Lucentio as a schoolmaster in the habit of a mean man, Petruccio with Hortensio as a musician, Tranio as Lucentio, with Biondello his boy bearing a lute and books GREMIO Good morrow, neighbour Baptista. BAPTISTA Good morrow, neighbour Gremio. God save you,
gentlemen.
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PETRUCCIO
And you, good sir. Pray, have you not a daughter Called Katherina, fair and virtuous? BAPTISTA
I have a daughter, sir, called Katherina. GREMIO
You are too blunt. Go to it orderly. PETRUCCIO
You wrong me, Signor Gremio. Give me leave. (To Baptista) I am a gentleman of Verona, sir, 288
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
Caterina) Vergogna, diavolessa che non sei altro, perché bistratti lei che non ti ha mai trattato male? Quando mai ti ha contrariato con una parola dura? CATERINA
Lei mi provoca col suo silenzio, e io mi voglio vendicare! Rincorre Bianca BATTISTA
Come? Sotto i miei occhi? Bianca, entra dentro. Bianca esce CATERINA
Non mi sopporti vero? E certo, lo vedo bene, è lei il tuo tesoro, lei deve avere un marito! Io devo ballare a piedi nudi il giorno delle nozze e, per far piacere a te, guidare un corteo di scimmie fino all’inferno99. No, non mi parlare. Me ne starò seduta a piangere. Finché non troverò un’occasione di vendetta. BATTISTA
Ma ci fu mai un uomo afflitto come me! Chi arriva adesso? Entrano Gremio, Lucenzio travestito da precettore povero, Petruccio con Ortensio travestito da maestro di musica, Tranio travestito da Lucenzio, con Biondello il suo paggio che porta un liuto e dei libri GREMIO
Buona giornata, vicino Battista. BATTISTA
Buona giornata, vicino Gremio. Salute a voi, signori. PETRUCCIO
E anche a voi, buon signore. Scusate, non avete per caso una figlia di nome Caterina, bella e virtuosa? BATTISTA
Ho una figlia, signore, e si chiama Caterina. GREMIO
Siete troppo esplicito. Abbiate più tatto. PETRUCCIO
Mi fate torto, Signor Gremio. Consentitemi. (A Battista) Io sono un gentiluomo di Verona, signore, che avendo appreso della sua bel-
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
That hearing of her beauty and her wit, Her affability and bashful modesty, Her wondrous qualities and mild behaviour, Am bold to show myself a forward guest Within your house to make mine eye the witness Of that report which I so oft have heard, And for an entrance to my entertainment I do present you with a man of mine (presenting Hortensio) Cunning in music and the mathematics To instruct her fully in those sciences, Whereof I know she is not ignorant. Accept of him, or else you do me wrong. His name is Licio, born in Mantua.i
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BAPTISTA
You’re welcome, sir, and he for your good sake. But for my daughter, Katherine, this I know: She is not for your turn, the more my grief. PETRUCCIO
I see you do not mean to part with her, Or else you like not of my company.
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BAPTISTA
Mistake me not, I speak but as I find. Whence are you, sir? What may I call your name? PETRUCCIO
Petruccio is my name, Antonio’s son, A man well known throughout all Italy. BAPTISTA
I know him well. You are welcome for his sake. GREMIO
Saving your tale, Petruccio, I pray Let us that are poor petitioners speak too. Baccare, you are marvellous forward. PETRUCCIO
O pardon me, Signor Gremio, I would fain be doing. 60. Licio: in F viene indicato 4 volte come Lisio e 3 volte come Litio. 290
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
lezza e intelligenza, della sua affabilità e schiva modestia, delle sue eccezionali virtù e mansuetudine, ha l’ardire di presentarsi quale ospite sfacciato in casa vostra per render testimoni i propri occhi di ciò che tanto spesso gli è stato riferito. Quale pegno per la mia accoglienza vi offro un mio servitore (presenta Ortensio), esperto di musica e matematica, per rifinirne l’istruzione in quelle discipline, di cui so ella non essere a digiuno. Accettatelo, non mi offendete, si chiama Licio e viene da Mantova. BATTISTA
Siate il benvenuto, signore, e anche lui per rispetto a voi. Ma per quanto riguarda mia figlia, Caterina, già so che non fa al caso vostro, con mio sommo dispiacere. PETRUCCIO
Vedo che non intendete separarvi da lei, oppure è la mia compagnia che non vi aggrada. BATTISTA
Non mi fraintendete, parlo per quel che so. E voi, da dove venite signore? Come posso rivolgermi a voi? PETRUCCIO
Mi chiamo Petruccio, figlio di Antonio. Un uomo conosciuto in tutta Italia. BATTISTA
Lo conosco bene. Siete il benvenuto per rispetto a lui. GREMIO
Tirate un po’ il fiato Petruccio, vi prego, fate parlare anche noialtri questuanti. Arretrati100! Tu ti spingi troppo avanti101. PETRUCCIO
Scusatemi, signor Gremio, ma vorrei arrivare fino in fondo.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
GREMIO
I doubt it not, sir. But you will curse your wooing. (To Baptista) Neighbour, this is a gift very grateful, I am sure of it. To express the like kindness, myself, that have been more kindly beholden to you than any, freely give unto you this young scholar (presenting Lucentio) that hath been long studying at Rheims, as cunning in Greek, Latin, and other languages as the other in music and mathematics. His name is Cambio. Pray accept his service. BAPTISTA A thousand thanks, Signor Gremio. Welcome, good Cambio. (To Tranio) But, gentle sir, methinks you walk like a stranger. May I be so bold to know the cause of your coming?
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TRANIO
Pardon me, sir, the boldness is mine own That, being a stranger in this city here, Do make myself a suitor to your daughter, Unto Bianca, fair and virtuous. Nor is your firm resolve unknown to me In the preferment of the eldest sister. This liberty is all that I request: That upon knowledge of my parentage I may have welcome ’mongst the rest that woo, And free access and favour as the rest. And toward the education of your daughters I here bestow a simple instrument, And this small packet of Greek and Latin books. If you accept them, then their worth is great. BAPTISTA
Lucentio is your name – of whence, I pray? TRANIO
Of Pisa, sir, son to Vincentio.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
GREMIO
Non ne dubito, signore. Ma potreste pentirvi dell’affondo! (A Battista) Caro vicino, questo è un dono assai gradito, ne son certo. Per esprimere uguale cortesia, io, che più di tutti ho goduto del vostro affetto, voglio rendervi l’omaggio di questo giovane studioso (presentando Lucenzio), che a lungo ha studiato a Reims, tanto esperto in greco, latino ed altre lingue quanto l’altro lo è in musica e matematica. Il suo nome è Cambio102. Prego, accettate i suoi servigi. BATTISTA
Mille grazie, Signor Gremio. Benvenuto, buon Cambio. (A Tranio) Ma, mio signore, a vedervi mi sembrate forestiero. Posso osare domandarvi la causa della vostra venuta qui? TRANIO
Perdonatemi, signore, l’ardire è tutto mio visto che, da straniero qui in città, mi propongo a vostra figlia... a Bianca, quella bella e virtuosa. Né mi è ignota la vostra ferma decisione di dar la precedenza alla maggiore. La mia richiesta è solo questa: dopo aver appreso dei miei natali che io possa, insieme agli altri spasimanti, essere accolto e aver libero accesso e, come gli altri, esser benvenuto. Per l’educazione delle vostre figlie io offro un semplice strumento, e questi pochi libri di greco e di latino. Se vorrete accettarli, il loro valore sarà grande. BATTISTA
Lucenzio vi chiamate… e da dove venite? TRANIO
Da Pisa, signore, sono figlio di Vincenzo.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
BAPTISTA
A mighty man of Pisa. By report I know him well. You are very welcome, sir. (To Hortensio) Take you the lute, (to Lucentio) and you the set of books. You shall go see your pupils presently. Holla, within!
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Enter a Servant Sirrah, lead these gentlemen To my daughters, and tell them both These are their tutors. Bid them use them well.
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Exit Servant with Lucentio and Hortensio, [Biondello following] (To Petruccio) We will go walk a little in the orchard, And then to dinner. You are passing welcome – And so I pray you all to think yourselves. PETRUCCIO
Signor Baptista, my business asketh haste, And every day I cannot come to woo. You knew my father well, and in him me, Left solely heir to all his lands and goods, Which I have bettered rather than decreased. Then tell me, if I get your daughter’s love, What dowry shall I have with her to wife?
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BAPTISTA
After my death the one half of my lands, And in possession twenty thousand crowns. PETRUCCIO
And for that dowry I’ll assure her of Her widowhood, be it that she survive me, In all my lands and leases whatsoever. Let specialties be therefore drawn between us, That covenants may be kept on either hand.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
BATTISTA
Un notabile di Pisa. Di fama lo conosco bene. Siate il benvenuto, signore. (A Ortensio) Voi prendete il liuto, (a Lucenzio) e voi i libri. Andrete subito a conoscere le vostre allieve. Ehi, di casa! Entra un servo Tu accompagna questi gentiluomini dalle mie figlie, e di’ a entrambe che sono i loro precettori. Raccomandati di trattarli bene. Esce il servo con Lucenzio e Ortensio, [Biondello li segue] (A Petruccio) Noi andremo a fare una passeggiata in giardino, e poi a cena. Siete più che benvenuto... E così vi prego di considerarvi tutti. PETRUCCIO
Signor Battista, il mio affare urge. Non posso certo venir tutti i giorni a corteggiare! Conoscevate bene mio padre e, tramite lui, me, unico erede di ogni terra e bene, il cui valore ho incrementato piuttosto che sciuparlo. Ora ditemi, se conquisto l’amore di vostra figlia, che dote otterrò sposando lei? BATTISTA
Dopo la mia morte metà delle mie terre e, in contanti, ventimila corone. PETRUCCIO
E per questa dote, in caso di vedovanza, se mai dovesse sopravvivermi, io le assicurerò tutte le mie terre e rendite. Formalizziamo tra di noi gli accordi, così che gli impegni siano da entrambi rispettati.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
BAPTISTA
Ay, when the special thing is well obtained – That is her love, for that is all in all. PETRUCCIO
Why, that is nothing, for I tell you, father, I am as peremptory as she proud-minded, And where two raging fires meet together They do consume the thing that feeds their fury. Though little fire grows great with little wind, Yet extreme gusts will blow out fire and all. So I to her, and so she yields to me, For I am rough, and woo not like a babe.
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BAPTISTA
Well mayst thou woo, and happy be thy speed. But be thou armed for some unhappy words. PETRUCCIO
Ay, to the proof, as mountains are for winds, That shakes not though they blow perpetually.
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Enter Hortensio with his head broke BAPTISTA
How now, my friend, why dost thou look so pale? HORTENSIO
For fear, I promise you, if I look pale. BAPTISTA
What, will my daughter prove a good musician? HORTENSIO
I think she’ll sooner prove a soldier. Iron may hold with her, but never lutes.
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BAPTISTA
Why then, thou canst not break her to the lute? HORTENSIO
Why no, for she hath broke the lute to me. I did but tell her she mistook her frets, And bowed her hand to teach herfingering, When, with a most impatient devilish spirit,
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
BATTISTA
Sì, ma quando la cosa fondamentale sia stata garantita. E cioè il suo amore, perché la questione è tutta lì. PETRUCCIO
No, ma quello è niente! Poiché vi dico, padre mio, che per quanto lei sia fiera io sono caparbio, e quando due roghi violenti si incontrano consumano ciò che alimenta la loro furia. Se un piccolo incendio è rinfocolato da un vento leggero, un uragano spegne ogni focolaio. Tale io sarò per lei e lei mi cederà, perché io sono un duro, e non corteggio certo come un bamboccio. BATTISTA
Auguri al tuo corteggiamento e ti arrida la fortuna103. Ma preparati a qualche mala parola. PETRUCCIO
Sì, sarò saldo come un monte contro i venti, che non si smuove per quanto quelli soffino in eterno. Entra Ortensio con la testa rotta BATTISTA
Che c’è amico mio perché siete così pallido? ORTENSIO
È la paura, ve lo assicuro, che mi fa pallido. BATTISTA
E allora mia figlia, diventerà una brava musicista? ORTENSIO
La vedo meglio come soldato. Le armi forse le resistono, non certo i liuti. BATTISTA
Cosa? Allora non siete riuscito a dischiuderla all’arte del liuto? ORTENSIO
Beh, no è piuttosto lei che ha dischiuso il liuto su di me! Le avevo solo detto che stava sbagliando il capotasto e mentre le piegavo le dita per insegnarle la diteggiatura lei mi dice, furente come un’in-
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
‘Frets, call you these?’ quoth she, ‘I’ll fume with them,’ And with that word she struck me on the head, And through the instrument my pate made way, And there I stood amazèd for a while, As on a pillory, looking through the lute, While she did call me rascal, fiddler, And twangling jack, with twenty such vile terms, As had she studied to misuse me so.
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PETRUCCIO
Now, by the world, it is a lusty wench! I love her ten times more than e’er I did. O, how I long to have some chat with her! BAPTISTA (to Hortensio) Well, go with me, and be not so discomfited. Proceed in practice with my younger daughter. She’s apt to learn, and thankful for good turns. Signor Petruccio, will you go with us, Or shall I send my daughter Kate to you?
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PETRUCCIO
I pray you, do.
Exeunt all but Petruccio I’ll attend her here, And woo her with some spirit when she comes. Say that she rail, why then I’ll tell her plain She sings as sweetly as a nightingale. Say that she frown, I’ll say she looks as clear As morning roses newly washed with dew. Say she be mute and will not speak a word, Then I’ll commend her volubility, And say she uttereth piercing eloquence. If she do bid me pack, I’ll give her thanks As though she bid me stay by her a week. If she deny to wed, I’ll crave the day When I shall ask the banns, and when be marrièd. But here she comes, and now, Petruccio, speak.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
demoniata: capotasto dici? Ma il capo te lo tasto io! E in quella, colpendomi alla testa, mi trapassa il cranio con lo strumento. Per un po’ son rimasto tramortito, come alla gogna, con il liuto di traverso a guardar dall’altra parte, mentre lei mi insultava con mille improperi come mascalzone, imbroglione e strimpellatore da strapazzo, quasi se li fosse studiati per maltrattarmi meglio! PETRUCCIO
Caspita, bella energica la ragazza! Mi piace ancora più di prima. Non vedo l’ora di scambiarci due parole. BATTISTA
(ad Ortensio) Va bene, venite con me e non arrendetevi, passate con la pratica alla minore. Lei è disponibile ad imparare e riconoscente verso le buone maniere. Signor Petruccio, volete seguirmi o vi mando qui la mia Ketty? PETRUCCIO
Vi prego mandatemela. Escono tutti tranne Petruccio La aspetterò qui, e appena arriva la corteggerò a modo mio. Diciamo che sbraiti, beh le dirò che la sua voce è melodiosa come quella d’un usignolo. Diciamo che si aggrotti, le dirò allora che ha l’aspetto disteso di una rosa del mattino, fresca di rugiada. Diciamo che sia muta e che non spiccichi parola, beh allora apprezzerò il suo estro e dirò che si esprime con acutissima eloquenza. Se m’inviterà a sloggiare, la ringrazierò come se mi avesse invitato a stare con lei per una settimana! Se rifiuta di sposarmi, implorerò di fissare il giorno per le pubblicazioni e la data precisa delle nozze. Ma sta arrivando, e allora dai Petruccio, parla!
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
Enter Katherina Good morrow, Kate, for that’s your name, I hear. KATHERINE
Well have you heard, but something hard of hearing. They call me Katherine that do talk of me. PETRUCCIO
You lie, in faith, for you are called plain Kate, And bonny Kate, and sometimes Kate the curst, But Kate, the prettiest Kate in Christendom, Kate of Kate Hall, my super-dainty Kate – For dainties are all cates, and therefore ‘Kate’ – Take this of me, Kate of my consolation: Hearing thy mildness praised in every town, Thy virtues spoke of, and thy beauty sounded – Yet not so deeply as to thee belongs – Myself am moved to woo thee for my wife.
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KATHERINE
Moved? In good time. Let him that moved you hither Re-move you hence. I knew you at the first You were a movable. PETRUCCIO Why, what’s a movable?
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KATHERINE
A joint-stool. PETRUCCIO
Thou hast hit it. Come, sit on me.
KATHERINE
Asses are made to bear, and so are you. PETRUCCIO
Women are made to bear, and so are you.
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KATHERINE
No such jade as you, if me you mean. PETRUCCIO
Alas, good Kate, I will not burden thee, For knowing thee to be but young and light. KATHERINE
Too light for such a swain as you to catch, And yet as heavy as my weight should be.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
Entra Caterina Buon giorno, Ketty, così ti chiami, sento. CATERINA
Sentire avrai sentito, ma mi sa che hai sentito male104. Mi chiama Caterina chi vuol parlar di me. PETRUCCIO
Mentite, in fede mia! Perché vi chiamano semplicemente Ketty. Ketty la gagliarda105 e qualche volta Ketty la pestifera, ma Ketty, la più carina della Cristianità, Ketty di Castel Ketty, la mia super delicata Ketty, perché le delizie son tutte delicate, e quindi deliKetty! Ascoltami Ketty, o mia consolazione, avendo udito in ogni città lodar la tua mitezza, dire delle tue virtù e proclamare la tua bellezza, anche se non così a fondo quanto meriti, io stesso mi son sentito mosso a chieder la tua mano. CATERINA
Mosso? Ah, alla buon’ora! E allora colui che fino a qui ti ha mosso, da qui al più presto te ne ri-muova. L’ho capito al volo che eri un mobile! PETRUCCIO
Perché, cos’è un mobile? CATERINA
Uno sgabello. PETRUCCIO
Ci hai azzeccato. Vieni, sieditici sopra. CATERINA
I somari son fatti per portare pesi, e questo sei tu. PETRUCCIO
Le donne son fatte per portare pesi106, e questo sei tu. CATERINA
Mica un brocco sfiancato come te, se è a me che pensi. PETRUCCIO
Ma no, buona Ketty, non ti peserò troppo, sapendo quanto sei giovane e leggera. CATERINA
Certamente troppo leggera per essere acchiappata da un bifolco come te, eppure non meno pesante di quanto mi si addica107.
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
PETRUCCIO
Should be? – should buzz. KATHERINE
Well ta’en, and like a buzzard.
PETRUCCIO
O slow-winged turtle, shall a buzzard take thee? KATHERINE
Ay, for a turtle, as he takes a buzzard. PETRUCCIO
Come, come, you wasp, i’faith you are too angry. KATHERINE
If I be waspish, best beware my sting.
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PETRUCCIO
My remedy is then to pluck it out. KATHERINE
Ay, if the fool could find it where it lies. PETRUCCIO
Who knows not where a wasp does wear his sting? In his tail. KATHERINE In his tongue. PETRUCCIO Whose tongue? KATHERINE
Yours, if you talk of tales, and so farewell.
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PETRUCCIO
What, with my tongue in your tail? Nay, come again, Good Kate, I am a gentleman. KATHERINE That I’ll try. She strikes him PETRUCCIO
I swear I’ll cuff you if you strike again. KATHERINE So may you lose your arms. If you strike me you are no gentleman, And if no gentleman, why then, no arms.
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220
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
PETRUCCIO
Di quanto non si addica ad un... insetto108? CATERINA
Ben detto, calabrone! PETRUCCIO
O lenta colombella, ti farai acchiappar da un calabrone? CATERINA
Guarda che la colombella, il calabrone se lo mangia. PETRUCCIO
Ma come sei aggressiva! Sei peggio di una vespa. CATERINA
Se somiglio ad una vespa, stai attento al pungiglione. PETRUCCIO
Ho pronto già un rimedio: te lo stacco! CATERINA
Sì! Come se lo stolto sapesse dove sta. PETRUCCIO
E chi non sa dove una vespa ha il pungiglione? Nella coda! CATERINA
Nella lingua! PETRUCCIO
La lingua di chi? CATERINA
Quella tua, con le tue ciance senza capo né coda109, perciò addio. PETRUCCIO
Come, con la mia lingua nella tua coda?... Dai, torna indietro, buona Ketty, sono un gentiluomo! CATERINA
Questo lo vedremo! Lo colpisce PETRUCCIO
Ti giuro che ti pesto, se solo ci riprovi. CATERINA
Se lo fai, sarai tu a restare disarmato! Se mi picchiate non siete un gentiluomo, e se non lo siete: sul blasone niente armi110!
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
PETRUCCIO
A herald, Kate? O, put me in thy books. KATHERINE What is your crest – a coxcomb? PETRUCCIO
A combless cock, so Kate will be my hen. KATHERINE
No cock of mine. You crow too like a craven.
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PETRUCCIO
Nay, come, Kate, come. You must not look so sour. KATHERINE
It is my fashion when I see a crab. PETRUCCIO
Why, here’s no crab, and therefore look not sour. KATHERINE There is, there is. PETRUCCIO Then show it me.
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KATHERINE Had I a glass I would. PETRUCCIO
What, you mean my face? Well aimed, of such a young one.
KATHERINE PETRUCCIO
Now, by Saint George, I am too young for you. KATHERINE
Yet you are withered. PETRUCCIO
’Tis with cares.
KATHERINE
I care not.
PETRUCCIO
Nay, hear you, Kate. In sooth, you scape not so. KATHERINE
I chafe you if I tarry. Let me go.
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235
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
PETRUCCIO
Oh, una Ketty araldica! Dai mettimi nei tuoi registri. CATERINA
E qual è il tuo stemma? Una cresta di gallo da buffone111? PETRUCCIO
Un gallo sì112, ma senza cresta, e Ketty sarà la mia gallina. CATERINA
Non il mio gallo, tu gracchi piuttosto come un cappone. PETRUCCIO
Dai, Ketty, dai. Non fare quella faccia acida! CATERINA
Mi succede sempre davanti a una mela aspra113. PETRUCCIO
Beh, qui non ce ne sono, perciò via quell’aria inacidita. CATERINA
Ci sono, ci sono. PETRUCCIO
E dove, fammi vedere. CATERINA
Se avessi uno specchio te lo farei vedere. PETRUCCIO
Ah, allora vuoi dire la mia faccia? CATERINA
Che perspicacia, il ragazzino! PETRUCCIO
E certo, per tutti i santi114, sono troppo giovane per te. CATERINA
Eppure sei avvizzito. PETRUCCIO
È per le troppe cure! CATERINA
Io non me ne curo affatto. PETRUCCIO
Ehi, sentimi bene, Ketty. Non te la scappotti certo. CATERINA
Se resto poi ti irrito. Lasciami andare!
305
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
PETRUCCIO
No, not a whit. I find you passing gentle. ’Twas told me you were rough, and coy, and sullen, And now I find report a very liar, For thou art pleasant, gamesome, passing courteous, But slow in speech, yet sweet as springtime flowers. Thou canst not frown. Thou canst not look askance, Nor bite the lip, as angry wenches will, Nor hast thou pleasure to be cross in talk, But thou with mildness entertain’st thy wooers, With gentle conference, soft, and affable. Why does the world report that Kate doth limp? O sland’rous world! Kate like the hazel twig Is straight and slender, and as brown in hue As hazelnuts, and sweeter than the kernels. O let me see thee walk. Thou dost not halt.
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KATHERINE
Go, fool, and whom thou keep’st command. PETRUCCIO
Did ever Dian so become a grove As Kate this chamber with her princely gait? O, be thou Dian, and let her be Kate, And then let Kate be chaste and Dian sportful.
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KATHERINE
Where did you study all this goodly speech? PETRUCCIO
It is extempore, from my mother-wit. KATHERINE
A witty mother, witless else her son. PETRUCCIO
Am I not wise? KATHERINE
Yes, keep you warm.
PETRUCCIO
Marry, so I mean, sweet Katherine, in thy bed. And therefore setting all this chat aside, Thus in plain terms: your father hath consented That you shall be my wife, your dowry ’greed on, 306
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
PETRUCCIO
No, non credo proprio. Ti trovo cortesissima. Mi era stato riferito che eri ruvida, scontrosa e anche musona, ma scopro che erano voci menzognere. Perché tu sei garbata, giocosa e gentilissima. E, anche se non sei troppo lesta di lingua, sei comunque dolce come i fiori a primavera. Non ti accigli, non guardi di traverso, non ti mordi il labbro, come fanno le ragazze indispettite, né ami contraddire chi ti parla, anzi soavemente intrattieni i tuoi corteggiatori, discorrendo con delicatezza, cortesia e affabilità. Ma perché mai il mondo dice che Ketty è zoppa115? O mondo calunnioso! Ketty è dritta e slanciata come un ramo di nocciolo, colorita come il frutto e più dolce della nocciola stessa. Lascia che ti guardi camminare. Non zoppichi affatto! CATERINA
Vattene, scemo, e gli ordini dalli a chi ti è servo! PETRUCCIO
Ha mai Diana abbellito un boschetto quanto Ketty questa stanza con la sua regale andatura? O sii tu Diana, e lei sia Ketty, e che poi Ketty sia la casta e Diana quella allegra. CATERINA
E dove li hai imparati questi bei discorsi? PETRUCCIO
Sono estemporanei, dal senno di mia madre. CATERINA
Madre assennata, ma figlio scimunito. PETRUCCIO
Non sono saggio? CATERINA
Sì, stai fresco116! PETRUCCIO
No, meglio al caldo nel tuo letto, dolce Ketty. E quindi, tralasciando le chiacchiere e parlando chiaro: tuo padre ha consentito a farti diventar mia moglie, la tua dote è concordata, e tu lo voglia o non
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
And will you, nill you, I will marry you. Now, Kate, I am a husband for your turn, For by this light, whereby I see thy beauty – Thy beauty that doth make me like thee well – Thou must be married to no man but me,
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Enter Baptista, Gremio, and Tranio as Lucentio For I am he am born to tame you, Kate, And bring you from a wild Kate to a Kate Conformable as other household Kates. Here comes your father. Never make denial. I must and will have Katherine to my wife. BAPTISTA Now, Signor Petruccio, how speed you with my daughter? PETRUCCIO How but well, sir, how but well? It were impossible I should speed amiss.
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BAPTISTA
Why, how now, daughter Katherine – in your dumps? KATHERINE
Call you me daughter? Now I promise you You have showed a tender fatherly regard, To wish me wed to one half-lunatic, A madcap ruffian and a swearing Jack, That thinks with oaths to face the matter out.
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PETRUCCIO
Father, ’tis thus: yourself and all the world That talked of her have talked amiss of her. If she be curst, it is for policy, For she’s not froward, but modest as the dove. She is not hot, but temperate as the morn. For patience she will prove a second Grissel, And Roman Lucrece for her chastity. And to conclude, we have ’greed so well together That upon Sunday is the wedding day. KATHERINE
I’ll see thee hanged on Sunday first.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
lo voglia, io ti sposerò. Sì, Ketty, sono io il marito che fa per te, e per questa luce che illumina la tua bellezza, bellezza che io apprezzo assai, tu me dovrai sposare e nessun altro. Entrano Battista, Gremio e Tranio travestito da Lucenzio Perché son io quello nato per domarti, Ketty, e trasformarti da una Ketty selvaggia a una Ketty docile come le altre gattine della casa117. Ecco, arriva tuo padre. Mi raccomando nessun diniego. Io devo avere, ed avrò, per moglie Caterina. BATTISTA
Dunque, signor Petruccio, come procedono le cose con mia figlia? PETRUCCIO
E come se non bene, signore, come se non bene? Era impossibile che facessi fiasco. BATTISTA
E allora Caterina, cos’è questo muso lungo? CATERINA
E mi chiamate pure figlia? Avete dimostrato proprio una tenera premura paterna a volermi dare in sposa a questo mezzo matto, questo balordo farabutto e zotico bestemmiatore, che crede a furia di imprecare di ottenere ciò che vuole. PETRUCCIO
Padre la questione è in questi termini: tutti quanti, compreso voi, nel parlare di lei l’avete mal compresa. Se fa la peste lo fa per strategia, poiché in realtà non è bizzosa, ma remissiva come una colomba. Non è impulsiva ma placida come il mattino. Per pazienza una seconda Griselda, una Lucrezia romana per castità118. Insomma in conclusione, ci siamo intesi così bene, che per domenica è fissato il giorno delle nozze. CATERINA
Ti vedrò impiccato prima, domenica!
309
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
GREMIO Hark, Petruccio, she says she’ll see thee hanged
first.
296
TRANIO
Is this your speeding? Nay then, goodnight our part. PETRUCCIO
Be patient, gentlemen. I choose her for myself. If she and I be pleased, what’s that to you? ’Tis bargained ’twixt us twain, being alone, That she shall still be curst in company. I tell you, ’tis incredible to believe How much she loves me. O, the kindest Kate! She hung about my neck, and kiss on kiss She vied so fast, protesting oath on oath, That in a twink she won me to her love. O, you are novices. ’Tis a world to see How tame, when men and women are alone, A meacock wretch can make the curstest shrew. Give me thy hand, Kate. I will unto Venice, To buy apparel ’gainst the wedding day. Provide the feast, father, and bid the guests. I will be sure my Katherine shall be fine.
300
305
310
BAPTISTA
I know not what to say, but give me your hands. God send you joy, Petruccio! ’Tis a match.
315
GREMIO and TRANIO
Amen, say we. We will be witnesses. PETRUCCIO
Father, and wife, and gentlemen, adieu. I will to Venice. Sunday comes apace. We will have rings, and things, and fine array; And kiss me, Kate. We will be married o’ Sunday. Exeunt Petruccio and Katherine, severally GREMIO
Was ever match clapped up so suddenly?
310
320
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
GREMIO
Senti senti, Petruccio, dice che prima vuole vederti impiccato. TRANIO
Meno male che filava tutto liscio! Sì, buonanotte! PETRUCCIO
Pazienza, signori miei. Io l’ho scelta per me. Se a noi va bene così, a voi cosa importa? Abbiamo pattuito, quand’eravamo soli tra di noi, che continuasse in pubblico a fare la scontrosa. Vi dico che è incredibile quanto lei mi ami. O, amabilissima Ketty! Mi si appendeva al collo tempestandomi di baci, profferendomi mille giuramenti, tanto che il suo amore mi ha vinto in un baleno. Voi non siete che principianti. È uno spettacolo vedere, tra uomo e donna a tu per tu, come un poveraccio sprovveduto possa domare la più pestifera delle bisbetiche. Dammi la mano, Ketty. Andrò a Venezia ad acquistare gli abiti per il giorno delle nozze. Padre organizzate la festa e invitate gli ospiti. Mi assicurerò che la mia Caterina sia soddisfatta. BATTISTA
Non so che dire, ma datemi le vostre mani. Che dio vi benedica, Petruccio! Affare fatto. GREMIO e TRANIO
E così sia, diciamo noi. Vi faremo da testimoni. PETRUCCIO
Padre, moglie, signori, addio. Parto per Venezia; domenica si avvicina in fretta. Avremo anelli, orpelli e begli addobbi. E tu baciami, Ketty mia. Domenica saremo sposi. Escono Petruccio e Caterina separatamente GREMIO
Ma si è mai visto un accordo concluso così in fretta?
311
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
BAPTISTA
Faith, gentlemen, now I play a merchant’s part, And venture madly on a desperate mart. TRANIO
’Twas a commodity lay fretting by you. ’Twill bring you gain, or perish on the seas.
325
BAPTISTA
The gain I seek is quiet in the match. GREMIO
No doubt but he hath got a quiet catch. But now, Baptista, to your younger daughter. Now is the day we long have lookèd for. I am your neighbour, and was suitor first
330
TRANIO
And I am one that love Bianca more Than words can witness, or your thoughts can guess. GREMIO
Youngling, thou canst not love so dear as I. TRANIO
Greybeard, thy love doth freeze. But thine doth fry. Skipper, stand back. ’Tis age that nourisheth.
GREMIO
335
TRANIO
But youth in ladies’ eyes that flourisheth. BAPTISTA
Content you, gentlemen. I will compound this strife. ’Tis deeds must win the prize, and he of both That can assure my daughter greatest dower Shall have my Bianca’s love. Say, Signor Gremio, what can you assure her?
340
GREMIO
First, as you know, my house within the city Is richly furnishèd with plate and gold, Basins and ewers to lave her dainty hands; My hangings all of Tyrian tapestry. In ivory coffers I have stuffed my crowns, In cypress chests my arras counterpoints, 312
345
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
BATTISTA
In fede mia signore ora a me tocca la parte del mercante, che si avventura follemente in un’impresa disperata. TRANIO
Quella era merce che in magazzino si deteriorava. Ora vi porterà guadagno, o colerà a picco. BATTISTA
Il guadagno che io cerco è un’unione senza intoppi. GREMIO
Senza intoppi è già stata la cattura, senza dubbio. Ma ora Battista veniamo alla vostra figlia minore. È arrivato il giorno che aspettavamo, io sono il vostro vicino e il suo primo pretendente. TRANIO
E io sono uno che l’ama più di quanto le parole possano dire o la mente concepire. GREMIO
Sbarbatello, amare caramente non puoi certo come me. TRANIO
Barbagrigia, il tuo ardore è raggelato. GREMIO
Sì, ma il tuo frigge. Bamboccio119 fatti in là. È l’età a dare sicurezza. TRANIO
Ma a fiorire nello sguardo delle dame è la giovinezza. BATTISTA
Chetatevi signori. Comporrò questa contesa. I premi si vincono con i fatti, e colui, di entrambi, che assicurerà a mia figlia la dote più cospicua otterrà l’amore della mia Bianca. Signor Gremio, dite, cosa le potete garantire? GREMIO
Anzitutto, come sapete, la mia casa di città è ben provvista di vasellame prezioso: bacili e brocche per lavare le sue tenere manine. I miei arazzi vengono tutti da Tiro. In forzieri d’avorio son stipati i miei zecchini, in cassoni di cipresso le mie trapunte francesi, abi-
313
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
Costly apparel, tents and canopies, Fine linen, Turkey cushions bossed with pearl, Valance of Venice gold in needlework, Pewter, and brass, and all things that belongs To house or housekeeping. Then at my farm I have a hundred milch-kine to the pail, Six score fat oxen standing in my stalls, And all things answerable to this portion. Myself am struck in years, I must confess, And if I die tomorrow this is hers, If whilst I live she will be only mine.
350
355
TRANIO
That ‘only’ came well in. Sir, list to me. I am my father’s heir and only son. If I may have your daughter to my wife I’ll leave her houses three or four as good, Within rich Pisa walls, as any one Old Signor Gremio has in Padua, Besides two thousand ducats by the year Of fruitful land, all which shall be her jointure. What, have I pinched you, Signor Gremio?
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365
GREMIO
Two thousand ducats by the year of land – My land amounts not to so much in all. That she shall have; besides, an argosy That now is lying in Marseilles road. What, have I choked you with an argosy?
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TRANIO
Gremio, ’tis known my father hath no less Than three great argosies, besides two galliasses And twelve tight galleys. These I will assure her, And twice as much whate’er thou off’rest next. GREMIO
Nay, I have offered all. I have no more, And she can have no more than all I have. If you like me, she shall have me and mine.
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
ti di lusso, tendaggi e baldacchini, biancheria fine, cuscini turchi tempestati di perle, drappi veneziani ricamati d’oro, peltro e ottone e tutto ciò che serve al corredo di una casa e al suo mantenimento. Inoltre nella tenuta di campagna, ho cento mucche da latte a mungitura e nelle stalle centoventi buoi grassi e tutto il resto in proporzione alla proprietà. Io, lo ammetto, sono avanti negli anni, e se morissi domani tutto questo andrebbe a lei, a patto che, mentre son vivo, lei accettasse di essere soltanto mia. TRANIO
Quel “soltanto” viene a proposito. Signore, ascoltate me, io sono l’erede e il solo figlio di mio padre. Se otterrò vostra figlia come moglie, le lascerò, dentro le mura della ricca Pisa, tre o quattro case non meno belle di quelle che il vecchio Gremio possiede a Padova, oltre a una rendita da terre fertili di duemila ducati l’anno, il tutto intestato a lei in caso di mia morte. Che, vi ho punto Signor Gremio? GREMIO
Duemila ducati di rendita terriera l’anno... Tutte le mie terre non ammontano a tanto. Beh lei avrà questo e inoltre un mercantile ora alla fonda nella rada di Marsiglia. Che, il mercantile vi è andato di traverso? TRANIO
Gremio, come è risaputo, mio padre possiede non meno di tre grandi mercantili oltre a due grandi navi armate e dodici velieri leggeri. Le garantirò queste e il doppio di qualsiasi cosa tu le possa offrire. GREMIO
No, ho già offerto tutto, non ho altro e lei non può certo avere più di quanto è in mio possesso. Se vi piace lei avrà me e tutto ciò che è mio.
315
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 2 SCENE 1
TRANIO
Why then, the maid is mine from all the world. By your firm promise Gremio is out-vied.
380
BAPTISTA
I must confess your offer is the best, And let your father make her the assurance, She is your own. Else, you must pardon me, If you should die before him, where’s her dower?
385
TRANIO
That’s but a cavil. He is old, I young. GREMIO
And may not young men die as well as old? BAPTISTA Well, gentlemen,
I am thus resolved. On Sunday next, you know, My daughter Katherine is to be married. (To Tranio) Now, on the Sunday following shall Bianca Be bride to you, if you make this assurance; If not, to Signor Gremio. And so I take my leave, and thank you both.
390
GREMIO
Adieu, good neighbour. Exit Baptista Now I fear thee not. Sirrah, young gamester, your father were a fool To give thee all, and in his waning age Set foot under thy table. Tut, a toy! An old Italian fox is not so kind, my boy. Exit
396
TRANIO
A vengeance on your crafty withered hide! Yet I have faced it with a card of ten. ’Tis in my head to do my master good. I see no reason but supposed Lucentio Must get a father called supposed Vincentio – And that’s a wonder; fathers commonly Do get their children, but in this case of wooing A child shall get a sire, if I fail not of my cunning.
400
405
Exit 316
LA BISBETICA DOMATA, ATTO II SCENA 1
TRANIO
Beh, allora la fanciulla spetta a me e a me soltanto. Nel rispetto delle vostre condizioni, Gremio è sconfitto. BATTISTA
Devo ammetterlo: la vostra offerta è la migliore, se vostro padre se ne farà garante, lei sarà vostra. Altrimenti, perdonatemi, nel caso voi doveste morire prima di lui, che fine farebbe la sua dote? TRANIO
Ma si tratta di un cavillo. Lui è vecchio, io sono giovane. GREMIO
Perché non capita anche ai giovani di morire come ai vecchi? BATTISTA
Bene, signori ho così deciso. Domenica prossima, come sapete, si sposa mia figlia Caterina. (A Tranio) La domenica successiva, se mi offrirete le garanzie, Bianca sarà vostra, in caso contrario andrà al Signor Gremio. E con ciò mi congedo e grazie a tutte e due. GREMIO
Addio mio buon vicino. Esce Battista No, non mi fai paura, giovinastro imbroglione, tuo padre sarebbe bello scemo a darti tutto ora, e in tarda età divenire lui ospite al tuo desco. Beh, caro mio! Una vecchia volpe italiana non è così gentile, te lo dico io. Esce TRANIO
Accidenti a te, furbone dalla pelle vizza! Certo ci ho messo sopra un bel carico da novanta. L’ho fatto di testa mia per avvantaggiare il mio padrone. Non vedo ora alcun motivo per cui il supposto Lucenzio non possa procurarsi un supposto Vincenzo120. Sarebbe un bel prodigio... di solito sono i padri a generare i figli, ma in questo caso, un padre, il mio talento, genererà al figlio, per il corteggiamento. Esce
317
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 1
3.1
Enter Lucentio with books, as Cambio, Hortensio with a lute, as Licio, and Bianca
LUCENTIO
Fiddler, forbear. You grow too forward, sir. Have you so soon forgot the entertainment Her sister Katherine welcomed you withal? HORTENSIO
But, wrangling pedant, this Bianca is, The patroness of heavenly harmony. Then give me leave to have prerogative, And when in music we have spent an hour Your lecture shall have leisure for as much.
5
LUCENTIO
Preposterous ass, that never read so far To know the cause why music was ordained! Was it not to refresh the mind of man After his studies or his usual pain? Then give me leave to read philosophy, And while I pause, serve in your harmony.
10
HORTENSIO
Sirrah, I will not bear these braves of thine.
15
BIANCA
Why, gentlemen, you do me double wrong To strive for that which resteth in my choice. I am no breeching scholar in the schools. I’ll not be tied to hours nor ’pointed times, But learn my lessons as I please myself; And to cut off all strife, here sit we down. (To Hortensio) Take you your instrument, play you the whiles. His lecture will be done ere you have tuned.
20
HORTENSIO
You’ll leave his lecture when I am in tune? LUCENTIO
That will be never. Tune your instrument. Hortensio tunes his lute. Lucentio opens a book 318
25
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 1
III, 1
Entrano Lucenzio travestito da Cambio con dei libri, Ortensio travestito da Licio con un liuto, e Bianca121
LUCENZIO
Basta, menestrello. Stai diventando troppo audace, signorino. Hai già scordato il benvenuto che ti ha dato sua sorella Caterina? ORTENSIO
Ma, saccente attaccabrighe, non vedi? Bianca è la signora dell’armonia celeste. Dammi precedenza e quando con la musica sarà trascorsa l’ora, la tua lezione uguale tempo avrà a disposizione. LUCENZIO
Somaro sconclusionato122 che non hai neanche idea del fine per il quale fu la musica inventata! Non fu per ritemprar la mente degli umani, dopo gli studi e gli sforzi quotidiani? Dammi licenza allora di studiar filosofia, e quando faccio pausa, servile pure la tua armonia. ORTENSIO
Messere, non tollererò queste tue insolenze. BIANCA
Su, signori, mi fate un doppio torto a litigare su ciò che è di mia scelta. Non sono certo una scolaretta da bacchettare, non mi farò imporre orari e turni. Imparerò come mi aggrada, e per sedare ogni contesa, ecco sediamoci qui insieme. (A Ortensio) Voi prendete lo strumento e cominciate a suonare. Prima che l’abbiate accordato la lezione sarà già finita. ORTENSIO
Abbandonerete la lezione quando avrò il tono giusto? LUCENZIO
Cosa che mai accadrà. Accordate lo strumento. Ortensio accorda il liuto. Lucenzio apre un libro
319
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 1
BIANCA Where left we last? LUCENTIO Here, madam.
(Reads)
‘Hic ibat Simois, hic est Sigeia tellus, Hic steterat Priami regia celsa senis.’ BIANCA Construe them. LUCENTIO ‘Hic ibat’, as I told you before – ‘Simois’, I am Lucentio – ‘hic est’, son unto Vincentio of Pisa – ‘Sigeia tellus’, disguised thus to get your love – ‘hic steterat’, and that Lucentio that comes a-wooing – ‘Priami’, is my man Tranio – ‘regia’, bearing my port – ‘celsa senis’, that we might beguile the old pantaloon. HORTENSIO Madam, my instrument’s in tune. BIANCA Let’s hear. (Hortensio plays) O fie, the treble jars. LUCENTIO Spit in the hole, man, and tune again.
30
36
Hortensio tunes his lute again BIANCA Now let me see if I can construe it. ‘Hic ibat
Simois’, I know you not – ‘hic est Sigeia tellus’, I trust you not – ‘hic steterat Priami’, take heed he hear us not – ‘regia’, presume not – ‘celsa senis’, despair not.
43
HORTENSIO
Madam, ’tis now in tune. LUCENTIO
All but the bass.
HORTENSIO
The bass is right, ’tis the base knave that jars. (Aside) How fiery and forward our pedant is! Now, for my life, the knave doth court my love. Pedascule, I’ll watch you better yet.
320
45
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 1
BIANCA
Dove c’eravamo lasciati? LUCENZIO
Qui signora. (Legge) ‘Hic ibat Simois, hic est Sigeia tellus, hic steterat Priami regia celsa senis.’123 BIANCA
Traducete. LUCENZIO
‘Hic ibat’, come vi stavo dicendo… ‘Simois’, mi chiamo Lucenzio... ‘hic est’, sono figlio di Vincenzo di Pisa... ‘Sigeia tellus’, travestito in questo modo per ottenere il vostro amore... ‘hic steterat’, e quel Lucenzio che si presenta come corteggiatore... ‘Priami’, è il mio servitore Tranio... ‘regia’, che indossa i miei vestiti... ‘celsa senis’, per ingannare il vecchio pantalone124. ORTENSIO
Signora, ho accordato lo strumento. BIANCA
Sentiamo. (Ortensio suona) Macché, la corda alta stona. LUCENZIO
Sputa nel buco e accordalo un’altra volta. Ortensio si rimette ad accordare il liuto BIANCA
Ora vediamo se posso tradurlo io. ‘Hic ibat Simois’, io non vi conosco... ‘hic est Sigeia tellus’, e non mi fido di voi... ‘hic steterat Priami’, attento che non ci senta… ‘regia’, non fatevi illusioni... ‘celsa senis’ non perdete la speranza. ORTENSIO
Signora, ora è accordato. LUCENZIO
Sì, ma non il basso. ORTENSIO
Il basso è a posto, è quel furfante che bassamente stona. (A parte) Quanto focoso e sfacciato è quel pedante. In fede mia il furfante fa il filo alla mia amata. Saccente125, ti terrò d’occhio.
321
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 1
BIANCA (to Lucentio)
In time I may believe; yet, I mistrust. LUCENTIO
Mistrust it not, for sure Aeacides Was Ajax, called so from his grandfather.
50
BIANCA
I must believe my master, else, I promise you, I should be arguing still upon that doubt. But let it rest. Now Licio, to you. Good master, take it not unkindly, pray, That I have been thus pleasant with you both. HORTENSIO (to Lucentio) You may go walk and give me leave awhile. My lessons make no music in three parts.
55
LUCENTIO
Are you so formal, sir? Well, I must wait. (Aside) And watch withal, for but I be deceived Our fine musician groweth amorous.
60
HORTENSIO
Madam, before you touch the instrument To learn the order of my fingering, I must begin with rudiments of art, To teach you gamut in a briefer sort, More pleasant, pithy, and effectual Than hath been taught by any of my trade; And there it is in writing, fairly drawn.
65
He gives a paper BIANCA
Why, I am past my gamut long ago. HORTENSIO
Yet read the gamut of Hortensio. BIANCA (reads)
‘Gam-ut I am, the ground of all accord, A – re – to plead Hortensio’s passion. B – mi – Bianca, take him for thy lord, C – fa, ut – that loves with all affection. 322
70
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 1
BIANCA (a Lucenzio)
Col tempo potrò credervi, ma ancora non mi fido. LUCENZIO
Non diffidate… per certo l’Eacide era Aiace, così chiamato per via del nonno126. BIANCA
Devo credere al mio maestro, altrimenti, ve lo assicuro, continuerei a discutere su questo punto. Ma lasciamo stare. Ora Licio, a voi. Buon maestro, non prendetevela per favore se ho scherzato con entrambi. ORTENSIO (a Lucenzio) Intanto voi potete allontanarvi e darmi agio. Le mie lezioni non prevedono un terzo incomodo. LUCENZIO
Come siete scrupoloso, signore. Bene, aspetterò. (A parte) Con gli occhi ben aperti, poiché non credo di sbagliarmi, il nostro fine musico si è messo a fare il cascamorto. ORTENSIO
Signora, prima di metter mano allo strumento, per imparare la diteggiatura, è meglio cominciare con i primi rudimenti, per insegnarvi la scala in modo più veloce, più piacevole, conciso ed efficace di quanto non sia stato mai insegnato da quelli del mio mestiere. Ed eccolo ben redatto per iscritto. Le dà un foglio BIANCA
Ma la scala l’ho già imparata da tanto. ORTENSIO
Tuttavia leggete la scala di Ortensio127. BIANCA (legge) “Do – io son la base di ogni spartito, Re – per perorare d’Ortensio la passione. Mi – Bianca prendi lui per marito, Fa – che ti ama con
323
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 2
D – sol, re – one clef, two notes have I, E – la, mi – show pity, or I die.’ Call you this gamut? Tut, I like it not. Old fashions please me best. I am not so nice To change true rules for odd inventions.j
75
Enter a Messenger MESSENGER k
Mistress, your father prays you leave your books And help to dress your sister’s chamber up. You know tomorrow is the wedding day.
80
BIANCA
Farewell, sweet masters both. I must be gone. LUCENTIO
Faith, mistress, then I have no cause to stay. Exeunt Bianca, Messenger, and Lucentio HORTENSIO
But I have cause to pry into this pedant. Methinks he looks as though he were in love. Yet if thy thoughts, Bianca, be so humble To cast thy wand’ring eyes on every stale, Seize thee that list. If once I find thee ranging, Hortensio will be quit with thee by changing. 3.2
85
Exit
Enter Baptista, Gremio, Tranio as Lucentio, Katherine, Bianca, and others, attendants
BAPTISTA (to Tranio)
Signor Lucentio, this is the ’pointed day That Katherine and Petruccio should be married, And yet we hear not of our son-in-law. What will be said, what mockery will it be, To want the bridegroom when the priest attends
5
79. Odd: in F old. 80. Messenger: in F la battuta è attribuita a Nicke, probabile riferimento all’attore Nicholas Wilkinson, alias Tooley (1582-1623) che aveva cominciato a recitare come boy-actor sotto la guida di Richard Burbage. 324
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 2
estrema devozione. Sol – una chiave e due note io ho, La, Si – abbi pietà, oppure morirò.” E me la chiamate scala? Bah! Non mi piace. Preferisco le vecchie maniere. Non sono così accomodante da cambiare solide regole per invenzioni strambe. Entra un messaggero MESSAGGERO
Signora, vostro padre vi prega di accantonare i vostri libri e aiutare ad addobbare la camera di vostra sorella. Come sapete domani è il giorno delle nozze. BIANCA
Miei cari maestri, addio a entrambi. Devo andare. LUCENZIO
Quand’è così, signora, non ho motivo di restare. Escono Bianca, il Messaggero e Lucenzio ORTENSIO
Ma io ho motivo invece per spiare questo pedante. Mi sa che ha l’aria di uno innamorato. E però Bianca, se i tuoi pensieri son tanto vili da essere attratti da qualunque richiamo128, ti prenda chi voglia. Se ti vedo all’improvviso che hai una distrazione, anche Ortensio fuggirà, cambiando direzione. Esce III, 2
Entrano Battista, Gremio, Tranio travestito da Lucenzio, Caterina, Bianca, e altri, servitori129
BATTISTA (a Tranio)
Signor Lucenzio, oggi è il giorno fissato per lo sposalizio di Petruccio e Caterina, eppure nostro genero non si fa vivo. Che dirà la gente, che beffa sarà mai se a mancare sarà lo sposo quando il prete
325
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 2
To speak the ceremonial rites of marriage? What says Lucentio to this shame of ours? KATHERINE
No shame but mine. I must forsooth be forced To give my hand opposed against my heart Unto a mad-brain rudesby full of spleen, Who wooed in haste and means to wed at leisure. I told you, I, he was a frantic fool, Hiding his bitter jests in blunt behaviour, And to be noted for a merry man He’ll woo a thousand, ’point the day of marriage, Make friends, invite them, and proclaim the banns, Yet never means to wed where he hath wooed. Now must the world point at poor Katherine And say ‘Lo, there is mad Petruccio’s wife, If it would please him come and marry her.’
10
15
20
TRANIO
Patience, good Katherine, and Baptista, too. Upon my life, Petruccio means but well. Whatever fortune stays him from his word, Though he be blunt, I know him passing wise; Though he be merry, yet withal he’s honest.
25
KATHERINE
Would Katherine had never seen him, though. Exit weeping BAPTISTA
Go, girl. I cannot blame thee now to weep. For such an injury would vex a very saint, Much more a shrew of thy impatient humour. Enter Biondello BIONDELLO Master, master, news – old news, and suchl
news as you never heard of.
31
BAPTISTA Is it new and old too? How may that be?
30. Old news: non presente in F ma reso necessario dal successivo verso 32. 326
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 2
è già pronto a celebrare i riti delle nozze? Che ci dice Lucenzio di quest’onta? CATERINA
L’ onta è solo mia! Costretta a malincuore come sono a dare la mia mano ad un matto scapestrato pieno d’ubbie, che ha corteggiato in fretta ma per sposarsi se la prende comoda. Ve l’avevo detto io che era un pazzo delirante, che nascondeva dietro modi spicci le sue crudeli beffe e, per far la parte di quello divertente, ne corteggia mille, fissa la data delle nozze, invita gli amici, fa le pubblicazioni, poi non si sposa laddove ha corteggiato. Ora il mondo punterà il dito a Caterina dicendo: guarda poveretta c’è la moglie di quel matto di Petruccio, caso mai avesse voglia di venirsela a sposare! TRANIO
Siate paziente, buona Caterina, e anche voi Battista. Ve lo assicuro: Petruccio ha intenzioni serie. Qualunque sia il motivo che gli impedisce di tener fede alla parola data, anche se ha modi spicci, io lo so che lui è saggio; anche se è un buontempone nella sostanza è onesto. CATERINA
Meglio sarebbe non averlo mai incontrato! Esce piangendo BATTISTA
Vai ragazza, non posso biasimarti se ora piangi. Una tale ingiuria offenderebbe anche una santa, figuriamoci una bisbetica impaziente come te. Entra Biondello BIONDELLO
Padrone, padrone, novità… vecchie novità, ma di tal tipo che di simili non ne avrete mai sentite. BATTISTA
Novità che sono vecchie? Com’è possibile?
327
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 2
BIONDELLO Why, is it not news to hear of Petruccio’s
coming?m BAPTISTA Is he come? BIONDELLO Why, no, sir. BAPTISTA What then? BIONDELLO He is coming. BAPTISTA When will he be here? BIONDELLO When he stands where I am and sees you there. TRANIO But say, what to thine old news? BIONDELLO Why, Petruccio is coming in a new hat and an old jerkin, a pair of old breeches thrice-turned, a pair of boots that have been candle-cases, one buckled, another laced, an old rusty sword ta’en out of the town armoury with a broken hilt, and chapeless, with two broken points, his horse hipped, with an old mothy saddle and stirrups of no kindred, besides, possessed with the glanders and like to mose in the chine, troubled with the lampass, infected with the fashions, full of windgalls, sped with spavins, rayed with the yellows, past cure of the fives, stark spoiled with the staggers, begnawn with the bots, weighed in the back and shoulder-shotten, near-legged before and with a halfcheeked bit and a headstall of sheep’s leather which, being restrained to keep him from stumbling, hath been often burst and now repaired with knots, one girth six times pieced, and a woman’s crupper of velour which hath two letters for her name fairly set down in studs, and here and there pieced with packthread. BAPTISTA Who comes with him?
33. To hear: Q 1631; in F heard. 328
35
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61
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 2
BIONDELLO
Perché non è una novità sapere dell’arrivo di Petruccio? BATTISTA
Perché è arrivato? BIONDELLO
Beh, no signore. BATTISTA
E allora? BIONDELLO
Sta arrivando. BATTISTA
E quando sarà qui? BIONDELLO
Quando dal mio posto sarà lui a vedervi lì. TRANIO
Ma dicci, quali sono le tue vecchie novità? BIONDELLO
Allora, Petruccio se ne viene con un cappello nuovo e un vecchio farsetto, un paio di vecchie brache rivoltate tre volte, degli stivali buoni da buttarci i mozziconi, uno con le fibbie, un altro con i lacci, una vecchia spada arrugginita presa all’arsenale del paese, con l’elsa spezzata e il fodero senza puntale, e due legacci rotti; il suo cavallo è sciancato, con una sella mangiata dalle tarme e le staffe scompagnate, in più è preso dal cimurro e con la schiena a pezzi, ha perso i denti, è pieno di ulcere e coperto di galle, stremato dall’artrosi ai garretti, sfigurato dall’itterizia, soffocato dalle pustole, barcollante per le vertigini, divorato dai vermi, col quarto posteriore sbilanciato e slogato ad una spalla, le zampe anteriori incurvate e il morso spezzato in due, con una cavezza di pelle di pecora che a forza di tirarla per non farlo inciampare, si è rotta infinite volte e ora è tenuta insieme dai nodi, un sottopancia riparato sei volte, una bardatura da donna, di velluto con le iniziali ricamate bellamente con le borchie, qui e lì rappezzata con lo spago. BATTISTA
Chi viene con lui?
329
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 2
BIONDELLO O sir, his lackey, for all the world caparisoned
like the horse, with a linen stock on one leg and a kersey boot-hose on the other, gartered with a red and blue list; an old hat, and the humour of forty fancies pricked in’t for a feather – a monster, a very monster in apparel, and not like a Christian footboy or a gentleman’s lackey. TRANIO
’Tis some odd humour pricks him to this fashion; Yet oftentimes he goes but mean-apparelled.
70
BAPTISTA
I am glad he’s come, howsoe’er he comes. BIONDELLO Why, sir, he comes not. BAPTISTA Didst thou not say he comes? BIONDELLO Who? That Petruccio came?
75
BAPTISTA Ay, that Petruccio came. BIONDELLO No, sir. I say his horse comes with him on his
back. BAPTISTA Why, that’s all one. BIONDELLO
Nay, by Saint Jamy, I hold you a penny, A horse and a man Is more than one, And yet not many.
80
Enter Petruccio and Grumio, fantastically dressed PETRUCCIO Come, where be these gallants? Who’s at
home? BAPTISTA You are welcome, sir.
330
86
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 2
BIONDELLO
Oh signore, il suo lacchè, bardato tale e quale al suo cavallo. Con una calza di lino su una gamba e un calzerotto di lana grezza sull’altra, una giarrettiera rossa e l’altra blu, un vecchio cappello, e ogni sorta di svolazzi infilzati a mo’ di piuma... un mostro, un vero mostro addobbato, non certo un paggio a modo o il lacchè di un gentiluomo. TRANIO
Sarà un qualche umore balzano che lo spinge a questo. Comunque spesso va in giro malvestito. BATTISTA
Come che sia, son contento che stia venendo. BIONDELLO
Beh, signore, mica sta venendo. BATTISTA
Ma non avevi detto che stava venendo? BIONDELLO
Chi? Che Petruccio stava venendo? BATTISTA
Sì, che Petruccio stava venendo. BIONDELLO
No, signore. Che il suo cavallo stava venendo con lui in groppa. BATTISTA
E non è la stessa cosa? BIONDELLO
No, per San Giacomino130! Ci scommetto131 su un quattrino, Che un uomo e il suo ronzino Fanno più di un sol tapino Pur se fanno non tantino. Entrano Petruccio e Grumio vestiti in modo strampalato PETRUCCIO
E allora, dove sono questi galantuomini? Chi c’è in casa? BATTISTA
Signore, siete il benvenuto.
331
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 2
PETRUCCIO And yet I come not well. BAPTISTA And yet you halt not. TRANIO
Not so well apparelled as I wish you were.
90
PETRUCCIO
Were it not better I should rush in thus – But where is Kate? Where is my lovely bride? How does my father? Gentles, methinks you frown. And wherefore gaze this goodly company As if they saw some wondrous monument, Some comet or unusual prodigy?
95
BAPTISTA
Why, sir, you know this is your wedding day. First were we sad, fearing you would not come; Now sadder that you come so unprovided. Fie, doff this habit, shame to your estate, An eyesore to our solemn festival.
100
TRANIO
And tell us what occasion of import Hath all so long detained you from your wife And sent you hither so unlike yourself? PETRUCCIO
Tedious it were to tell, and harsh to hear. Sufficeth I am come to keep my word, Though in some part enforcèd to digress, Which at more leisure I will so excuse As you shall well be satisfied withal. But where is Kate? I stay too long from her. The morning wears, ’tis time we were at church.
105
110
TRANIO
See not your bride in these unreverent robes. Go to my chamber, put on clothes of mine. PETRUCCIO
Not I, believe me. Thus I’ll visit her. BAPTISTA
But thus, I trust, you will not marry her.
332
115
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 2
PETRUCCIO
Eppure non vengo tanto bene. BATTISTA
Eppure non zoppicate. TRANIO
Anche se non proprio agghindato come vorrei che foste. PETRUCCIO
Non sarebbe meglio se mi affrettassi comunque?... Ma dov’è Ketty? Dov’è la leggiadra sposa? Come va padre mio? Carissimi, mi sembrate accigliati. E perché mi fissa questa bella compagnia come se vedesse qualche straordinario portento, una cometa o un insolito prodigio? BATTISTA
Ma signore, sapete che oggi è il giorno delle nozze. Prima, temendo che non veniste, eravamo tristi, ora che vi presentate così malmesso lo siamo ancor di più. Vergogna! Via quest’abbigliamento, che fa onta al vostro rango ed è un pugno nell’occhio alla nostra solenne cerimonia. TRANIO
E diteci, quale grave circostanza vi ha tenuto così a lungo lontano da vostra moglie, facendovi arrivare così diverso da voi stesso? PETRUCCIO
Tedioso sarebbe raccontarlo e spiacevole ascoltarlo. Vi basti che io sia qui a mantenere la mia parola, pur se costretto a discostarmene un pochetto, cosa di cui farò con più agio ammenda, tanto da rendervi soddisfatti tutti. Ma dov’è Ketty? È troppo che le sto lontano. La mattinata sta passando, dovremmo essere in chiesa. TRANIO
Ma non presentarti da tua moglie così conciato. Vai nelle mie stanze, metti dei vestiti miei. PETRUCCIO
Ah no, non io. La visiterò così, credetemi. BATTISTA
Ma così, voglio sperare, che non la sposerete.
333
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 3
PETRUCCIO
Good sooth, even thus. Therefore ha’ done with words. To me she’s married, not unto my clothes. Could I repair what she will wear in me As I can change these poor accoutrements, ’Twere well for Kate and better for myself. But what a fool am I to chat with you When I should bid good morrow to my bride, And seal the title with a lovely kiss!
120
Exit [with Grumio] TRANIO
He hath some meaning in his mad attire. We will persuade him, be it possible, To put on better ere he go to church.
125
[Exit with Gremio] BAPTISTA
I’ll after him, and see the event of this. 3.3
[Exeunt]
[Enter Lucentio as Cambio, and Tranio as Lucentio]
TRANIO
But, sir, to love concerneth us to add Her father’s liking, which to bring to pass, As I before imparted to your worship, I am to get a man – whate’er he be It skills not much, we’ll fit him to our turn – And he shall be Vincentio of Pisa, And make assurance here in Padua Of greater sums than I have promisèd. So shall you quietly enjoy your hope, And marry sweet Bianca with consent. LUCENTIO
Were it not that my fellow schoolmaster Doth watch Bianca’s steps so narrowly, ’Twere good, methinks, to steal our marriage,
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5
10
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 3
PETRUCCIO
Ebbene, in fede mia, proprio in tal guisa. È me che lei sposa, non la mia divisa. E basta chiacchiere! Potessi riparare ciò che di me consumerà, così come cambiare questo mio equipaggiamento, bene per lei sarebbe, e meglio ancor per me. Ma che balordo sono a cianciare qui con voi, quando il buon dì dovrei dare alla mia sposa e suggellarne il nome con un amoroso bacio. Esce [con Grumio] TRANIO
Deve avere qualche scopo quel suo folle aspetto. Cercheremo di convincerlo, se mai sarà possibile, di migliorarlo un poco prima d’andare in chiesa. [Esce con Gremio] BATTISTA
Lo seguirò, per vedere come va a finire. [Escono] III, 3
[Entrano Lucenzio travestito da Cambio e Tranio da Lucenzio132]
TRANIO
Ma, signore, all’amore dovremo aggiungere il consenso di suo padre, per ottenere il quale, come ho già spiegato a vostra signoria, ho da scovare un uomo – chiunque egli sia, non è che importi molto, lo addestreremo noi ai nostri fini – lui farà Vincenzo di Pisa qui a Padova ed offrirà garanzie di somme anche maggiori di quella da me promessa. Così in tranquillità vi godrete la speranza che la dolce Bianca venga in sposa a voi concessa. LUCENZIO
Se non fosse che il maestro, mio compare, segue Bianca dappresso e non la molla; sarebbe meglio, io credo, in gran segreto celebrare il
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 3
Which once performed, let all the world say no, I’ll keep mine own, despite of all the world.
15
TRANIO
That by degrees we mean to look into, And watch our vantage in this business. We’ll overreach the greybeard Gremio, The narrow-prying father Minola, The quaint musician, amorous Licio, All for my master’s sake, Lucentio.
20
Enter Gremio Signor Gremio, came you from the church? GREMIO
As willingly as e’er I came from school. TRANIO
And is the bride and bridegroom coming home? GREMIO
A bridegroom, say you? ’Tis a groom indeed – A grumbling groom, and that the girl shall find.
25
TRANIO
Curster than she? Why, ’tis impossible. GREMIO
Why, he’s a devil, a devil, a very fiend. TRANIO
Why, she’s a devil, a devil, the devil’s dam. GREMIO
Tut, she’s a lamb, a dove, a fool to him. I’ll tell you, Sir Lucentio: when the priest Should ask if Katherine should be his wife, ‘Ay, by Gog’s woun’s,’ quoth he, and swore so loud That all amazed the priest let fall the book, And as he stooped again to take it up This mad-brained bridegroom took him such a cuff That down fell priest, and book, and book, and priest. ‘Now take them up,’ quoth he, ‘if any list.’ TRANIO
What said the vicar when he rose again? 336
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35
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 3
matrimonio, ché una volta ch’è officiato, s’opponga pure il mondo, contro tutto il mondo, io il mio me lo terrei. TRANIO
Questo con calma lo valuteremo, cercando in questo affare l’occasione adatta. Gremio, il barbagrigia, noi lo gabberemo, insieme al padre ficcanaso Minola, allo strano musicista, lo spasimante Licio, e tutto a vantaggio del mio padron Lucenzio. Entra Gremio Signor Gremio, venite dalla chiesa? GREMIO
Ancor più volentieri di quando uscivo dalla scuola. TRANIO
E la sposa e lo sposo stanno tornando? GREMIO
Lo sposo, voi dite? Un vero stalliere133 piuttosto, e piuttosto bizzoso, la ragazza se ne accorgerà. TRANIO
Più pestifero di lei? No, è impossibile. GREMIO
Sì è un diavolo, un diavolo, un vero demonio. TRANIO
Ma è lei che è un demonio, un diavolo, la madre del diavolo! GREMIO
Macché, rispetto a lui è una pecorella, una colomba, un’allocca. Vi dico, signor Lucenzio: quando il prete gli ha chiesto se voleva Caterina come moglie, ‘E certo! Per Cribbio in croce’134, ha risposto lui, bestemmiando così ad alta voce, che il prete frastornato ha lasciato cadere il messale e mentre poi si chinava per raccoglierlo, questo matto scervellato dello sposo gli assesta una tale sberla, che giù ruzzola il prete e il libro e poi il libro e di nuovo il prete. “E ora”, dice lui, “li raccatti chi ne ha voglia!” TRANIO
E che disse il curato quando si rimise in piedi?
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THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 3
GREMIO
Trembled and shook, forwhy he stamped and swore As if the vicar meant to cozen him.n But after many ceremonies done He calls for wine. ‘A health,’ quoth he, as if He had been aboard, carousing to his mates After a storm; quaffed off the muscatel And threw the sops all in the sexton’s face, Having no other reason But that his beard grew thin and hungerly And seemed to ask him sops as he was drinking. This done, he took the bride about the neck And kissed her lips with such a clamorous smack That at the parting all the church did echo, And I seeing this came thence for very shame, And after me, I know, the rout is coming. Such a mad marriage never was before.
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Music plays Hark, hark, I hear the minstrels play. Enter Petruccio, Katherine, Bianca, Hortensio as Licio, Baptista, Grumio, and others, attendants PETRUCCIO
Gentlemen and friends, I thank you for your pains. I know you think to dine with me today, And have prepared great store of wedding cheer. But so it is my haste doth call me hence, And therefore here I mean to take my leave.
60
BAPTISTA
Is’t possible you will away tonight? PETRUCCIO
I must away today, before night come. Make it no wonder. If you knew my business, You would entreat me rather go than stay. And, honest company, I thank you all 39. Vicar: in F wench, ma probabile errore. 338
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 3
GREMIO
Tremava tutto quanto, mentre l’altro pestava e bestemmiava come se quello intendesse defraudarlo. Poi, dopo una serie di altre sceneggiate, chiede lo spumante, “Alla salute!” Brinda come se fosse a bordo di una nave a festeggiare con la ciurma la fine di una tempesta; poi tracanna il vino e butta le briciole inzuppate135 tutte in faccia al sagrestano, senz’altro motivo che la sua barbetta rada da affamato quasi sembrava chiedergli i resti dei cantucci mentre lui beveva. Fatto questo, afferra la sposa per il collo e la bacia sulla bocca con uno schiocco così sonoro che quando si staccano la chiesa ne risuona per intero. A questa vista, per la vergogna me ne son venuto e dietro a me, lo sento, segue tutta la congrega. Un matrimonio così pazzo non s’è mai visto! Si sente della musica Sentite, sentite, suonano i menestrelli. Entrano Petruccio, Caterina, Bianca, Ortensio travestito da Licio, Battista, Grumio, e altri, servitori PETRUCCIO
Signori e amici, vi ringrazio per il disturbo. So che pensate di pranzare con me oggi, ed avete preparato grandi messe di libagioni nuziali. Ma è tale la prescia che mi urge, che subito da voi intendo prendere congedo. BATTISTA
Possibile che vogliate partire questa sera? PETRUCCIO
Devo allontanarmi oggi, prima che scenda notte. Non vi stupite. Se conosceste i miei impegni, mi esortereste ad andare piuttosto che a restare. Stimati ospiti io vi ringrazio per avere assistito al dono di
339
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 3
That have beheld me give away myself To this most patient, sweet, and virtuous wife. Dine with my father, drink a health to me, For I must hence; and farewell to you all.
70
TRANIO
Let us entreat you stay till after dinner. PETRUCCIO
It may not be. GREMIO
Let me entreat you.
PETRUCCIO
It cannot be. KATHERINE
Let me entreat you.
PETRUCCIO
I am content. KATHERINE
Are you content to stay?
PETRUCCIO
I am content you shall entreat me stay, But yet not stay, entreat me how you can.
75
KATHERINE
Now, if you love me, stay. PETRUCCIO
Grumio, my horse.
GRUMIO Ay, sir, they be ready. The oats have eaten the
horses. KATHERINE
Nay, then, do what thou canst, I will not go today, No, nor tomorrow – not till I please myself. The door is open, sir, there lies your way. You may be jogging whiles your boots are green. For me, I’ll not be gone till I please myself. ’Tis like you’ll prove a jolly, surly groom, That take it on you at the first so roundly. PETRUCCIO
O Kate, content thee. Prithee, be not angry.
340
80
85
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 3
me stesso a questa pazientissima, dolce, virtuosa moglie. Pranzate con mio padre e fate un brindisi alla mia salute perché io devo allontanarmi. Addio a tutti voi. TRANIO
Restate almeno fino a dopo il pranzo. PETRUCCIO
Non può essere. GREMIO
Lasciate che io vi preghi. PETRUCCIO
Non può essere. CATERINA
E se vi prego io? PETRUCCIO
Ne sono lieto. CATERINA
Siete lieto di restare? PETRUCCIO
Sono lieto che mi preghiate di restare, ma non resterò, per quanto mi preghiate. CATERINA
Su, se mi amate, rimanete. PETRUCCIO
Grumio, i cavalli. GRUMIO
Sì, signore. Son pronti. Le biade hanno i cavalli mangiato136. CATERINA
E va bene allora, fa ciò che vuoi, io oggi non mi muovo, no e neanche domani, non fino a quando ne avrò voglia. La porta è aperta, signore, la via è da quella parte. Trottate pure fin che vi durano gli stivali nuovi137. Per quanto riguarda me io non mi muovo, se non quando ne avrò voglia. Mi sa che sarete proprio un bel marito dispotico138, se già da ora volete decidere tutto voi. PETRUCCIO
Oh, Ketty, fai la brava, ti prego, non ti arrabbiare.
341
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 3 SCENE 3
KATHERINE
I will be angry. What hast thou to do? Father, be quiet. He shall stay my leisure. GREMIO
Ay, marry, sir. Now it begins to work.
90
KATHERINE
Gentlemen, forward to the bridal dinner. I see a woman may be made a fool If she had not a spirit to resist. PETRUCCIO
They shall go forward, Kate, at thy command. Obey the bride, you that attend on her. Go to the feast, revel and domineer, Carouse full measure to her maidenhead. Be mad and merry, or go hang yourselves. But for my bonny Kate, she must with me. Nay, look not big, nor stamp, nor stare, nor fret, I will be master of what is mine own. She is my goods, my chattels. She is my house, My household-stuff, my field, my barn, My horse, my ox, my ass, my anything, And here she stands, touch her whoever dare. I’ll bring mine action on the proudest he That stops my way in Padua. Grumio, Draw forth thy weapon, we are beset with thieves. Rescue thy mistress if thou be a man. Fear not, sweet wench. They shall not touch thee, Kate. I’ll buckler thee against a million. Exeunt Petruccio, Katherine, and Grumio BAPTISTA
Nay, let them go – a couple of quiet ones! GREMIO
Went they not quickly I should die with laughing. TRANIO
Of all mad matches never was the like. 342
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110
LA BISBETICA DOMATA, ATTO III SCENA 3
CATERINA
Ma certo che mi arrabbio. E tu che vuoi? Padre, state tranquillo, resterà a mio piacimento. GREMIO
Ah, ecco, ora va come deve andare. CATERINA
Signori procediamo verso il banchetto. Vedo bene che una donna viene ridotta a uno zimbello, se non ha la forza di resistere. PETRUCCIO
E procederanno al tuo comando, Ketty. Obbedite alla sposa, voi del seguito. Andate alla festa, gozzovigliate e fate baldoria, trincate a garganella per la sua verginità. Siate folli e allegri, o andate ad impiccarvi. Ma la mia bella Ketty deve venir con me. E niente indignazione, niente strepiti, occhiatacce, scatti d’ira. Io sarò il padrone di ciò che mi appartiene. Lei è ogni mio bene, le mie cose, la mia casa, le mie masserizie, il mio campo, il mio fienile, il mio cavallo, il mio bue, il mio asino, il mio tutto. Eccola qui e vediamo chi oserà toccarla. Se la vedrà con me il temerario che tentasse di fermarmi a Padova. Grumio, sfodera la spada! Siamo assediati da ladroni. Salva la tua padrona, se sei un uomo. Non temere, dolce fanciulla. Non ti toccheranno, Ketty. Ti farò da scudo contro un milione. Escono Petruccio, Caterina e Grumio BATTISTA
Meglio lasciarli andare... Che coppia pacifica! GREMIO
Se non fossero andati via alla svelta, sarei morto dal ridere. TRANIO
Mai vista un’accoppiata matta come questa!
343
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
LUCENTIO
Mistress, what’s your opinion of your sister?
115
BIANCA
That being mad herself she’s madly mated. GREMIO
I warrant him, Petruccio is Kated. BAPTISTA
Neighbours and friends, though bride and bridegroom wants For to supply the places at the table, You know there wants no junkets at the feast. Lucentio, you shall supply the bridegroom’s place, And let Bianca take her sister’s room.
120
TRANIO
Shall sweet Bianca practise how to bride it? BAPTISTA
She shall, Lucentio. Come, gentlemen, let’s go. Exeunt 4.1
Enter Grumio
GRUMIO Fie, fie on all tired jades, on all mad masters, and
all foul ways. Was ever man so beaten? Was ever man so rayed? Was ever man so weary? I am sent before to make a fire, and they are coming after to warm them. Now were not I a little pot and soon hot, my very lips might freeze to my teeth, my tongue to the roof of my mouth, my heart in my belly ere I should come by a fire to thaw me. But I with blowing the fire shall warm myself, for considering the weather, a taller man than I will take cold. Holla! Hoa, Curtis!
10
Enter Curtis CURTIS Who is that calls so coldly? GRUMIO A piece of ice. If thou doubt it, thou mayst slide
from my shoulder to my heel with no greater a run but my head and my neck. A fire, good Curtis! CURTIS Is my master and his wife coming, Grumio?
344
15
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
LUCENZIO
Signora, che ne pensate di vostra sorella? BIANCA
Che da matta qual è fa coppia con un matto rifinito. GREMIO
Ma è Petruccio, ve lo assicuro, che si è rinkettinito! BATTISTA
Vicini e amici, anche se sposo e sposa mancheranno a tavola, al banchetto non mancheranno le leccornie. Lucenzio, voi occuperete il posto dello sposo, e Bianca prenderà quello di sua sorella. TRANIO
La dolce Bianca farà pratica da sposa? BATTISTA
Certamente, Lucenzio. Venite signori, andiamo. Escono IV, 1
Entra Grumio139
GRUMIO
Accidenti a tutti i ronzini sfiancati, a tutti i padroni pazzi e a tutte le strade infangate. Ma si è mai visto uno peggio ridotto? Uno tanto inzaccherato e pure stanco morto? Mandano avanti me ad accendere il fuoco per poi venire a riscaldarsi loro. Se non fossi un pentolino che subito si scalda140, le labbra per il gelo mi si azzeccherebbero ai denti, la lingua al palato e il cuore alla pancia prima di trovare un fuoco che mi sciolga. Ma io soffiando sopra al fuoco riuscirò a scaldarmi, considerando questo tempaccio, uno un po’ più alto si prenderebbe un accidente. Ehilà! Ehi! Curzio! Entra Curzio CURZIO
Chi è che chiama così freddamente? GRUMIO
Un pezzo di ghiaccio. Se ne dubiti, puoi sempre scivolarmi dalla spalla fino al calcagno senza altra rincorsa che tra capo e collo! Un fuoco, buon Curzio! CURZIO
Il padrone e sua moglie stanno arrivando, Grumio?
345
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
GRUMIO O ay, Curtis, ay, and therefore fire, fire! Cast on
no water. CURTIS Is she so hot a shrew as she’s reported? GRUMIO She was, good Curtis, before this frost; but thou
know’st, winter tames man, woman, and beast, for it hath tamed my old master, and my new mistress, and myself, fellow Curtis. CURTIS Away, you three-inch fool. I am no beast.o GRUMIO Am I but three inches? Why, thy horn is a foot, and so long am I, at the least. But wilt thou make a fire, or shall I complain on thee to our mistress, whose hand – she being now at hand – thou shalt soon feel to thy cold comfort, for being slow in thy hot office. CURTIS I prithee, good Grumio, tell me – how goes the world? GRUMIO A cold world, Curtis, in every office but thine. And therefore fire, do thy duty, and have thy duty, for my master and mistress are almost frozen to death. CURTIS There’s fire ready, and therefore, good Grumio, the news. GRUMIO Why, ‘Jack boy, ho boy!’, and as much news as wilt thou. CURTIS Come, you are so full of cony-catching. GRUMIO Why, therefore fire, for I have caught extreme cold. Where’s the cook? Is supper ready, the house trimmed, rushes strewed, cobwebs swept, the servingmen in their new fustian, the white stockings, and every officer his wedding garment on? Be the Jacks fair within, the Jills fair without, the carpets laid, and everything in order? CURTIS All ready, and therefore, I pray thee, news.
23. Curtis: Q 1631; in F Grumio. 346
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
GRUMIO
Sì, sì, Curzio, sì, e perciò fuoco, fuoco! Ma non gettate acqua141! CURZIO
Ma lei ha i bollenti spiriti come dicono? GRUMIO
Una volta, buon Curzio, prima del gelo; lo sai che l’inverno doma l’uomo, la donna e pure la bestia, e infatti ha domato il mio vecchio padrone e la mia nuova signora, e pure me, collega Curzio. CURZIO
Sciò, nanerottolo di tre dita, io non sono una bestia! GRUMIO
Io di tre dita? Le tue corna sono lunghe almeno un piede, e io non son meno di quelle142. Ma lo vuoi accendere questo fuoco o dovrò lagnarmi di te con la padrona, la cui mano – ora che man mano si avvicina – ti offrirà una consolazione da brivido143 per essere così lento a riscaldarci. CURZIO
Ti prego, buon Grumio, dimmi: come va il mondo? GRUMIO
Freddamente, Curzio, in ogni lavoro tranne che il tuo. Perciò fuoco, fai il tuo dovere ed avrai il dovuto, perché i miei padroni sono quasi stecchiti per il gelo. CURZIO
Ma il fuoco è pronto, dai, buon Grumio, fuori le nuove. GRUMIO
E allora ‘nessuna nuova, buona nuova’144 lo conosci il detto no? CURZIO
Eh dai, sempre con i tuoi trucchetti145. GRUMIO
E allora, su, il fuoco, che ho preso troppo freddo! Dov’è il cuoco? La cena è pronta, la casa rassettata, le stuoie stese, spazzate le ragnatele, i servitori hanno la livrea nuova, le calze bianche, i lacchè sono vestiti a nozze? Che servi e boccali siano puliti dentro, e coppe e servette146 lo siano di fuori, le coperture147 son messe, e tutto è in ordine? CURZIO
È tutto a posto, e allora, ti prego, novità? 347
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
GRUMIO First, know my horse is tired, my master and
mistress fallen out. CURTIS How? GRUMIO Out of their saddles into the dirt, and thereby hangs a tale. CURTIS Let’s ha’t, good Grumio. GRUMIO Lend thine ear. CURTIS Here. GRUMIO (cuffing him) There. CURTIS This ’tis to feel a tale, not to hear a tale. GRUMIO And therefore ’tis called a sensible tale, and this cuff was but to knock at your ear and beseech listening. Now I begin. Inprimis, we came down a foul hill, my master riding behind my mistress. CURTIS Both of one horse? GRUMIO What’s that to thee? CURTIS Why, a horse. GRUMIO Tell thou the tale. But hadst thou not crossed me thou shouldst have heard how her horse fell and she under her horse; thou shouldst have heard in how miry a place, how she was bemoiled, how he left her with the horse upon her, how he beat me because her horse stumbled, how she waded through the dirt to pluck him off me, how he swore, how she prayed that never prayed before, how I cried, how the horses ran
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LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
GRUMIO
Per prima cosa sappi che il mio cavallo è stanco, e il padrone e la padrona hanno perso le staffe148. CURZIO
Come? GRUMIO
Cadendo dalle selle giù nel fango, e da qui parte una lunga storia. CURZIO
Raccontala, buon Grumio. GRUMIO
Tu porgimi l’orecchio. CURZIO
Eccomi. GRUMIO (colpendolo)
Eccoti! CURZIO
Ma questo è sentire una storia, non udirla! GRUMIO
Perché si tratta di una storia di sentimenti, questo colpo ha bussato al tuo orecchio per implorare ascolto. Ora comincio. Inprimis149, scendevamo da una collina fangosa, il mio padrone cavalcando dietro la mia padrona. CURZIO
Sullo stesso cavallo? GRUMIO
Perché, cosa significa per te questo? CURZIO
Beh, un cavallo. GRUMIO
Allora dilla tu la storia. Ma se non mi avessi interrotto, avresti appreso come il cavallo di lei cadesse, e lei sotto di lui; avresti saputo in che razza di pantano finisse, e come lei si inzaccherasse da capo a piedi, come lui l’abbia lasciata lì col cavallo addosso, e come abbia picchiato me perché il cavallo di lei aveva inciampato; come lei si trascinasse nella mota per strapparmi alle sue grinfie, come lui imprecasse, come lei pregasse, come mai aveva pregato prima, come io frignassi, come i cavalli son scappati, le briglie di lei spezzate, 349
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
away, how her bridle was burst, how I lost my crupper, with many things of worthy memory which now shall die in oblivion, and thou return unexperienced to thy grave. CURTIS By this reckoning he is more shrew than she. GRUMIO Ay, and that thou and the proudest of you all shall find when he comes home. But what talk I of this? Call forth Nathaniel, Joseph, Nicholas, Philip, Walter, Sugarsop, and the rest. Let their heads be sleekly combed, their blue coats brushed, and their garters of an indifferent knit. Let them curtsy with their left legs and not presume to touch a hair of my master’s horse-tail till they kiss their hands. Are they all ready? CURTIS They are. GRUMIO Call them forth. CURTIS (calling) Do you hear, ho? You must meet my master to countenance my mistress. GRUMIO Why, she hath a face of her own. CURTIS Who knows not that? GRUMIO Thou, it seems, that calls for company to countenance her. CURTIS I call them forth to credit her.
75
85
90
Enter four or five servingmen GRUMIO Why, she comes to borrow nothing of them. NATHANIEL Welcome home, Grumio! PHILIP How now, Grumio?
350
95
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
come io ho perso la groppiera, e tante altre cose degne di memoria che ora periranno nell’oblio, lasciando te ignorante ritornare alla tua tomba. CURZIO
A sentir questo, lui pare più bisbetico di lei. GRUMIO
Esatto, e appena lui arriva a casa, tu e tutti gli altri impuniti ve ne accorgerete. Ma perché mi perdo in chiacchiere? Chiama Nataniele, Giuseppe, Nicola, Filippo, Gualtiero, Giulebbe e tutti gli altri. Fagli lisciare i capelli e spazzolare le uniformi, che le giarrettiere siano appaiate. Fagli fare l’inchino con la sinistra e che per carità non tocchino un pelo della coda del cavallo del padrone prima di essersi baciate le mani150. Sono tutti pronti? CURZIO
Lo sono. GRUMIO
Chiamali. CURZIO (chiama)
Ehi, sentite? Dovete ricevere il padrone per far buon viso alla padrona. GRUMIO
Perché mai? Lei il suo viso già ce l’ha. CURZIO
E chi lo mette in dubbio? GRUMIO
Tu, a quanto pare, che chiami a raccolta per farle buon viso. CURZIO
Ma io li chiamo a prestarle omaggio. Entrano quattro o cinque servitori GRUMIO
Perché? Non viene certo a chieder prestiti151. NATANIELE
Bentornato a casa, Grumio! FILIPPO
Coma va, Grumio?
351
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
JOSEPH What, Grumio? NICHOLAS Fellow Grumio! NATHANIEL How now, old lad! GRUMIO Welcome you, how now you, what you, fellow
you, and thus much for greeting. Now, my spruce companions, is all ready and all things neat? NATHANIEL All things is ready. How near is our master? GRUMIO E’en at hand, alighted by this, and therefore be not – Cock’s passion, silence! I hear my master.
102
105
Enter Petruccio and Katherine PETRUCCIO
Where be these knaves? What, no man at door To hold my stirrup nor to take my horse? Where is Nathaniel, Gregory, Philip? ALL SERVANTS Here, here sir, here sir. PETRUCCIO
Here sir, here sir, here sir, here sir! You logger-headed and unpolished grooms, What! No attendance! No regard! No duty! Where is the foolish knave I sent before?
110
GRUMIO
Here, sir, as foolish as I was before. PETRUCCIO
You peasant swain, you whoreson, malthorse drudge, Did I not bid thee meet me in the park And bring along these rascal knaves with thee?
116
GRUMIO
Nathaniel’s coat, sir, was not fully made, And Gabriel’s pumps were all unpinked i’th’ heel. There was no link to colour Peter’s hat, And Walter’s dagger was not come from sheathing.
352
120
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
GIUSEPPE
Ehi, Grumio! NICOLA
Compare Grumio! NATANIELE
Come va, vecchio? GRUMIO
Bentrovato a te, come stai tu, ehilà a te, e compare mio, e questo è quanto per i saluti. E ora, signorini miei, tutto è pronto e a posto? NATANIELE
Tutto a posto. Quanto manca all’arrivo del padrone? GRUMIO
Sta arrivando, ormai sarà sceso da cavallo, e perciò mi raccomando... Cribbio santo152, silenzio! Lo sento che viene. Entrano Petruccio e Caterina PETRUCCIO
Dove sono quei furfanti? Che, nessuno alla porta a tenermi la staffa e a prendermi il cavallo? Dov’è Nataniele, e Gregorio, e Filippo? TUTTI I SERVI
Qui, qui signore, qui signore. PETRUCCIO
Qui signore, qui signore, qui signore, qui signore! Teste di rapa e zotici screanzati. Che? Nessuna accoglienza, nessun riguardo, nessun servizio! Dov’è quel lestofante scimunito che ho mandato innanzi? GRUMIO
Qui, signore, scimunito come innanzi. PETRUCCIO
Tu villano screanzato, figlio di buona donna, brocco153da fatica, non t’avevo detto di venirmi incontro al parco e di portarti dietro quei furfanti cialtroni? GRUMIO
La giubba di Nataniele, signore, non era ancora rifinita, e agli scarpini di Gabriele mancavano le impuntature sul calcagno154, non c’era il nerofumo per tingere il cappello di Pietro, e il pugnale di Gualtiero non veniva via dal fodero. Gli unici presentabili erano 353
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
There were none fine but Adam, Ralph, and Gregory. The rest were ragged, old, and beggarly. Yet as they are, here are they come to meet you. PETRUCCIO
Go, rascals, go and fetch my supper in.
125 Exeunt servants
(Sings)
‘Where is the life that late I led? Where are those –’ Sit down, Kate, and welcome. Soud, soud, soud, soud.p Enter servants with supper
Why, when, I say? – Nay, good sweet Kate, be merry. – Off with my boots, you rogues, you villains. When? (Sings) ‘It was the friar of orders gray, As he forth walkèd on his way.’ Out, you rogue, you pluck my foot awry. (Kicking a servant) Take that, and mend the plucking of the other. Be merry, Kate. (Calling) Some water, here. What, hoa!
131
135
Enter one with water Where’s my spaniel Troilus? Sirrah, get you hence, And bid my cousin Ferdinand come hither – One, Kate, that you must kiss and be acquainted with. (Calling) Where are my slippers? Shall I have some water? Come, Kate, and wash, and welcome heartily.
140
[A servant drops water] You whoreson villain, will you let it fall? KATHERINE
Patience, I pray you, ’twas a fault unwilling.
128. Soud, soud, soud, soud: F ; si preferisce per la traduzione l’emendamento di Wilson in Food, food, food, food, “Cibo, cibo, cibo, cibo”. 354
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
Adamo, Raffaele e Gregorio, il resto tutti vecchi, sbrindellati e pezzenti. Ma così com’erano pure sono venuti ad accogliervi. PETRUCCIO
Andate, manigoldi, e portatemi la cena. Escono i servi (Canta)
‘Dov’è la vita che una volta io menavo? Dove son quei...155 Siediti Ketty, sii la benvenuta. Cibo, cibo, cibo, cibo’156. Entrano dei servi con la cena E allora? Ci diamo una mossa? Su dolce mia Ketty, stai allegra! E voi, cialtroni, cavatemi gli stivali. Presto, farabutti! (Canta) Con ‘sta pioggia e con ‘sto vento, chi è che bussa al mio convento157? Ahia! furfante, non vedi che mi storci il piede? (Dando un calcio a un servo) Toh, prendi e vedi di cavar meglio l’altro! Stai allegra, Ketty! (Chiama) Dell’acqua, presto. E allora? Arriva? Entra un servo con dell’acqua Dov’è Troilo, il mio cane. Via di qua, lazzarone, e vai a chiamare mio cugino Ferdinando158. Ah, mia Ketty devi proprio conoscerlo e dargli un bacio! (Chiama) Dove sono le pantofole? E allora l’acqua? Vieni, sciacquati Ketty, e benvenuta di cuore. [Un servo fa cadere dell’acqua] Che fai figlio di puttana? La fai cadere? CATERINA
Pazienza, ti prego, non l’ha fatto apposta!
355
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
PETRUCCIO
A whoreson, beetle-headed, flap-eared knave. Come, Kate, sit down, I know you have a stomach. Will you give thanks, sweet Kate, or else shall I? What’s this – mutton? FIRST SERVINGMAN Ay. PETRUCCIO Who brought it? PETER I.
145
PETRUCCIO
’Tis burnt, and so is all the meat. What dogs are these? Where is the rascal cook? How durst you villains bring it from the dresser And serve it thus to me that love it not? There, (throwing food) take it to you, trenchers, cups, and all, You heedless jolt-heads and unmannered slaves. What, do you grumble? I’ll be with you straight.
150
He chases the servants away KATHERINE
I pray you, husband, be not so disquiet. The meat was well, if you were so contented.
155
PETRUCCIO
I tell thee, Kate, ’twas burnt and dried away, And I expressly am forbid to touch it, For it engenders choler, planteth anger, And better ’twere that both of us did fast, Since of ourselves ourselves are choleric, Than feed it with such overroasted flesh. Be patient, tomorrow’t shall be mended, And for this night we’ll fast for company. Come, I will bring thee to thy bridal chamber.
160
Exeunt
Enter servants severally NATHANIEL Peter, didst ever see the like? PETER He kills her in her own humour.
356
165
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
PETRUCCIO
Bastardo, testa di legno159, somaro di un brigante! Vieni Ketty, siediti, avrai fame. Vuoi recitare tu il Ringraziamento160 o lo faccio io? Che roba è questa? Montone? PRIMO SERVITORE
Sì. PETRUCCIO
Chi l’ha portato? PIETRO
Io. PIETRUCCIO
È bruciato, come tutta l’altra carne. Ma che razza di cani! Dov’è quel farabutto del cuoco? Come osate, lestofanti, portarmi questa roba dalla dispensa e servirmela quando sapete che non mi piace. Via (buttando via il cibo) riprendetevi tutto, piatti161, boccali, tutto! Mascalzoni scervellati e servi screanzati che non siete altro. Che? Mugugnate? Ora v’aggiusto io! Fa per rincorrere i servi CATERINA
Vi prego, marito mio, non v’inquietate, la carne era buona, se solo vi foste accontentato. PETRUCCIO
Ti dico, Ketty, che era bruciata e rinsecchita, ed io ho l’esplicito divieto di toccarne, poiché ingenera la collera e fomenta la rabbia, e meglio sarebbe per noi due, che siamo già di indole collerica162, di digiunare, piuttosto che alimentarla ancor di più con carne troppo abbrustolita. Sii paziente, domani rimedieremo ma per stasera ci terremo compagnia con il digiuno. Vieni, ti condurrò alla camera nuziale. Escono Entrano dei servi da varie parti NATANIELE
Pietro, hai mai visto nulla di simile? PIETRO
Quello l’accoppa col suo stesso umore163.
357
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 1
Enter Curtis, a servant GRUMIO Where is he? CURTIS In her chamber,
Making a sermon of continency to her, And rails, and swears, and rates, that she, poor soul, Knows not which way to stand, to look, to speak, And sits as one new risen from a dream. Away, away, for he is coming hither. Exeunt
171
Enter Petruccio PETRUCCIO
Thus have I politicly begun my reign, And ’tis my hope to end successfully. My falcon now is sharp and passing empty, And till she stoop she must not be full-gorged, For then she never looks upon her lure. Another way I have to man my haggard, To make her come and know her keeper’s call – That is, to watch her as we watch these kites That bate and beat, and will not be obedient. She ate no meat today, nor none shall eat. Last night she slept not, nor tonight she shall not. As with the meat, some undeservèd fault I’ll find about the making of the bed, And here I’ll fling the pillow, there the bolster, This way the coverlet, another way the sheets, Ay, and amid this hurly I intend That all is done in reverent care of her, And in conclusion she shall watch all night, And if she chance to nod I’ll rail and brawl And with the clamour keep her still awake. This is a way to kill a wife with kindness, And thus I’ll curb her mad and headstrong humour. He that knows better how to tame a shrew, Now let him speak. ’Tis charity to show. Exit
358
175
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190
196
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 1
Entra Curzio, un servo GRUMIO
Ma lui dov’è? CURZIO
Nella camera di lei a farle un predicozzo sulla continenza. Inveisce, impreca, strepita, mentre lei, poveretta, non sa come mettersi, dove guardare, cosa dire, e sta lì come appena ridestatasi da un sogno. Ma via, via sta arrivando lui. Escono Entra Petruccio PETRUCCIO
Così con l’astuzia ho inaugurato il mio regno e confido di procedere fino alla fine con successo. La mia falchetta164 è ora affamata165 e a pancia vuota, e finché non si piega, a stecchetto deve rimanere, altrimenti più non cercherebbe l’esca166. Un altro modo poi ho di ammansire la mia indomita pennuta167, perché risponda e accorra al richiamo del suo padrone, e cioè di farla stare sveglia, come si fa con gli sparvieri che frullano le ali e rifiutano di obbedire. Oggi non ha toccato cibo e non ne toccherà. La scorsa notte non ha chiuso occhio e anche stanotte non dormirà. Come con la carne, qualche pecca immaginaria troverò nel modo in cui è stato fatto il letto. Da un lato butterò il cuscino, dall’altro il capezzale168, da qui il copriletto da lì le lenzuola, sì, e in mezzo al parapiglia fingerò di farlo per suo tenero riguardo. In conclusione: veglierà tutta la notte e ove mai si appisolasse comincerò a strillare e sbraitare così che col fracasso la sveglierò di nuovo. Questo è il modo di uccidere una moglie con la gentilezza169. In questo modo, quel suo matto e ostinato umore io lo stroncherò. Parli ora, chi sappia come meglio si possa una bisbetica domare. Sarebbe un atto di clemenza volerlo dimostrare170. Esce
359
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 2
4.2
Enter Tranio as Lucentio, and Hortensio as Licio
TRANIO
Is’t possible, friend Licio, that Mistress Bianca Doth fancy any other but Lucentio? I tell you, sir, she bears me fair in hand. HORTENSIO
Sir, to satisfy you in what I have said, Stand by, and mark the manner of his teaching.
5
They stand aside. Enter Bianca, and Lucentio as Cambio LUCENTIO
Now, mistress, profit you in what you read? BIANCA
What, master, read you? First resolve me that. LUCENTIO
I read that I profess, The Art to Love. BIANCA
And may you prove, sir, master of your art. LUCENTIO
While you, sweet dear, prove mistress of my heart.
10
They stand aside HORTENSIO
Quick proceeders, marry! Now tell me, I pray, You that durst swear that your mistress Bianca Loved none in the world so well as Lucentio.q TRANIO
O despiteful love, unconstant womankind! I tell thee, Licio, this is wonderful. HORTENSIO
Mistake no more, I am not Licio, Nor a musician as I seem to be, But one that scorn to live in this disguise
13. None: in F me. 360
15
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 2
IV, 2
Entrano Tranio travestito da Lucenzio e Ortensio nei panni di Licio171
TRANIO
È possibile, amico Licio, che madonna Bianca prediliga qualcuno che non sia Lucenzio? Vi dico, signore, che mi porta in palmo di mano! ORTENSIO
Signore, per dimostrarvi quanto vi ho detto, mettetevi in disparte e osservate come lui le insegni. Si pongono in disparte. Entrano Bianca con Lucenzio travestito da Cambio LUCENZIO
Allora, padrona, traete profitto da ciò che leggete? BIANCA
Prima ditemi, maestro, voi cosa leggete? LUCENZIO
Io leggo quello che professo: L’arte di amare172. BIANCA
Possiate esser, signore, maestro nella vostra arte. LUCENZIO
E voi, mia cara, possiate esser padrona del mio cuore. Si mettono in disparte ORTENSIO
Caspita, procedono veloci! E ora, vi prego, che dite voi che giuravate che madonna Bianca non amava al mondo altri che Lucenzio? TRANIO
O amore spregevole, o sesso incostante! Vi dico, Licio, è da non crederci! ORTENSIO
Basta con gli inganni, io non son Licio, né un musicista come sembro, ma uno che disdegna di viver camuffato per una che a un
361
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 2
For such a one as leaves a gentleman And makes a god of such a cullion. Know, sir, that I am called Hortensio.
20
TRANIO
Signor Hortensio, I have often heard Of your entire affection to Bianca, And since mine eyes are witness of her lightness I will with you, if you be so contented, Forswear Bianca and her love for ever.
25
HORTENSIO
See how they kiss and court. Signor Lucentio, Here is my hand, and here I firmly vow Never to woo her more, but do forswear her As one unworthy all the former favours That I have fondly flattered her withal.
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TRANIO
And here I take the like unfeignèd oath Never to marry with her, though she would entreat. Fie on her, see how beastly she doth court him! HORTENSIO
Would all the world but he had quite forsworn. For me, that I may surely keep mine oath I will be married to a wealthy widow Ere three days pass, which hath as long loved me As I have loved this proud disdainful haggard. And so farewell, Signor Lucentio. Kindness in women, not their beauteous looks, Shall win my love; and so I take my leave, In resolution as I swore before.
35
40
Exit
TRANIO
Mistress Bianca, bless you with such grace As ’longeth to a lover’s blessèd case. Nay, I have ta’en you napping, gentle love, And have forsworn you with Hortensio. BIANCA
Tranio, you jest. But have you both forsworn me?
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45
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 2
gentiluomo preferisce un simile babbeo e ne fa un dio. Sappiate, signore, che io mi chiamo Ortensio. TRANIO
Signor Ortensio, avevo udito spesso della vostra totale dedizione a Bianca, ma dato che i miei occhi sono testimoni della sua leggerezza, se la cosa vi fa piacere, anche io, come voi, rinuncerò per sempre a lei ed al suo amore. ORTENSIO
Guardate come si sbaciucchiano e amoreggiano! Signor Lucenzio, questa è la mia la mano, io qui fermamente giuro di non farle più la corte, e la ripudio come indegna di tutti quei favori con cui l’avevo scioccamente lusingata. TRANIO
E anch’io sinceramente faccio lo stesso voto di non sposarla mai, neanche se implorasse. Vergogna, guardate com’è sfacciata con lui! ORTENSIO
Tranne lui, che tutto il mondo la possa ripudiare. Per quanto mi concerne, prima di tre giorni, per tenere fede al giuramento, io sarò sposato a una ricca vedova, la quale mi ama da tanto quanto io ho amato quell’altezzosa civetta. E dunque addio, Signor Lucenzio. La bontà delle donne, e non il bell’aspetto, d’ora in poi otterrà il mio amore, e con questo mi congedo, fedele a quanto ho già giurato. TRANIO
Padrona Bianca, che tu sia benedetta dalla grazia che arride a un’amante ricambiata. Certo, vi ho colta in fallo, cara mia, e vi ho con Ortensio parimenti ripudiata. BIANCA
Tranio, stai scherzando? Mi avete entrambi ripudiata?
363
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 2
TRANIO
Mistress, we have. LUCENTIO
Then we are rid of Licio.
TRANIO
I’faith, he’ll have a lusty widow now, That shall be wooed and wedded in a day. BIANCA God give him joy. TRANIO Ay, and he’ll tame her. BIANCA He says so, Tranio.
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TRANIO
Faith, he is gone unto the taming-school.
55
BIANCA
The taming-school – what, is there such a place? TRANIO
Ay, mistress, and Petruccio is the master, That teacheth tricks eleven-and-twenty long To tame a shrew and charm her chattering tongue. Enter Biondello BIONDELLO
O, master, master, I have watched so long That I am dog-weary, but at last I spied An ancient angel coming down the hill Will serve the turn. TRANIO What is he, Biondello?
60
BIONDELLO
Master, a marcantant or a pedant, I know not what, but formal in apparel, In gait and countenance surely like a father. LUCENTIO And what of him, Tranio?
65
TRANIO
If he be credulous and trust my tale, I’ll make him glad to seem Vincentio And give assurance to Baptista Minola
364
70
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 2
TRANIO
Ebbene sì, padrona. LUCENZIO
Quindi ci siamo liberati di Licio! TRANIO
Credetemi, ora si prende una vedova gagliarda che si farà corteggiare e maritare in un sol giorno. BIANCA
Che dio lo benedica. TRANIO
Sì, e lui la domerà! BIANCA
Questo lo dice lui, Tranio. TRANIO
Ma sì, è andato alla scuola per domatori! BIANCA
Scuola per domatori... esiste un posto simile? TRANIO
Certamente, padrona: Petruccio ne è il maestro. Lui di trucchi ne impartisce a iosa, affatturandone la lingua, sa domare una scontrosa. Entra Biondello BIONDELLO
Padrone, padrone, sto di guardia da tanto che sono stracco morto. Ma infine ho scorto un angelo attempato scendere dal colle e fare al caso nostro. TRANIO
Ma chi è Biondello? BIONDELLO
Non so padrone, un mercante o un pedante, ma di aspetto severo, portamento e contegno ne fanno un padre perfetto. LUCENZIO
E che ci facciamo Tranio? TRANIO
Se sarà credulone e berrà la mia storia, lo renderò ben lieto di impersonare Vincenzo e offrire garanzie a Battista Minola, come se
365
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 2
As if he were the right Vincentio. Take in your love, and then let me alone. Exeunt Lucentio and Bianca Enter a Pedant PEDANT
God save you, sir. And you, sir. You are welcome. Travel you farre on, or are you at the farthest?
TRANIO
PEDANT
Sir, at the farthest for a week or two, But then up farther and as far as Rome, And so to Tripoli, if God lend me life.
75
TRANIO
What countryman, I pray? PEDANT
Of Mantua.
TRANIO
Of Mantua, sir? Marry, God forbid, And come to Padua careless of your life!
80
PEDANT
My life, sir? How, I pray? For that goes hard. TRANIO
’Tis death for anyone in Mantua To come to Padua. Know you not the cause? Your ships are stayed at Venice, and the Duke, For private quarrel ’twixt your Duke and him, Hath published and proclaimed it openly. ’Tis marvel, but that you are but newly come, You might have heard it else proclaimed about.
85
PEDANT
Alas, sir, it is worse for me than so, For I have bills for money by exchange From Florence, and must here deliver them. TRANIO
Well, sir, to do you courtesy This will I do, and this I will advise you. First tell me, have you ever been at Pisa? 366
90
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 2
fosse il Vincenzo vero. Rientrate con il vostro amore e lasciatemi solo. Escono Lucenzio e Bianca Entra un Pedante173 PEDANTE
Dio vi benedica, signore. TRANIO
Anche voi, signore. Siate il benvenuto. Proseguite per molto o siete giunto alla meta? PEDANTE
Alla meta, signore, per una settimana o due, ma poi mi spingerò fino a Roma e se Dio vorrà, fino a Tripoli. TRANIO
Da dove venite, di grazia? PEDANTE
Da Mantova. TRANIO
Da Mantova, signore? Oh Cielo! Dio ne scampi! E venite a Padova a sprezzo della vita? PEDANTE
Della vita, signore? Ma come, di grazia? La faccenda è così seria? TRANIO
C’è la pena di morte per chiunque venga a Padova da Mantova. Non ne conoscete la ragione? Le vostre navi sono bloccate a Venezia, e il Doge, per una lite privata tra lui e il vostro Duca, ha proclamato ufficialmente il bando174. È sorprendente... se non fosse che siete appena arrivato lo avreste udito e proclamato ovunque. PEDANTE
Oh, signore per me è molto peggio: ho delle lettere di cambio da Firenze e dovrei incassarle qui. TRANIO
Beh, signore, per venirvi incontro posso far questo: darvi un consiglio. Ma prima, ditemi, siete mai stato a Pisa?
367
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 2
PEDANT
Ay, sir, in Pisa have I often been, Pisa renownèd for grave citizens.
95
TRANIO
Among them know you one Vincentio? PEDANT
I know him not, but I have heard of him, A merchant of incomparable wealth. TRANIO
He is my father, sir, and sooth to say, In count’nance somewhat doth resemble you. BIONDELLO (aside) As much as an apple doth an oyster, and all one.
100
TRANIO
To save your life in this extremity This favour will I do you for his sake, And think it not the worst of all your fortunes That you are like to Sir Vincentio. His name and credit shall you undertake, And in my house you shall be friendly lodged. Look that you take upon you as you should. You understand me, sir? So shall you stay Till you have done your business in the city. If this be courtesy, sir, accept of it.
105
110
PEDANT
O sir, I do, and will repute you ever The patron of my life and liberty.
115
TRANIO
Then go with me to make the matter good. This, by the way, I let you understand – My father is here looked for every day To pass assurance of a dower in marriage ’Twixt me and one Baptista’s daughter here. In all these circumstances I’ll instruct you. Go with me to clothe you as becomes you.
368
120 Exeunt
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 2
PEDANTE
Certo, signore, ci son stato spesso: Pisa rinomata per i suoi probi cittadini. TRANIO
E tra questi conoscete un certo Vincenzo? PEDANTE
Non direttamente signore, ma ne ho sentito parlare, un mercante d’incomparabile ricchezza. TRANIO
È mio padre, signore, e a dire il vero di aspetto in qualche modo vi rassomiglia. BIONDELLO (a parte) Sì, come una mela a un’ostrica, tale e quale! TRANIO
Per salvarvi la vita in questo brutta circostanza, per rispetto a lui vi farò questo favore, e non pensiate che sia una fortuna da poco la vostra somiglianza con il signor Vincenzo. Assumerete il suo nome ed il suo rango, e troverete ospitale alloggio a casa mia. Guardate di recitare bene la parte, mi avete capito, vero? Così potrete restare qui in città finché non abbiate sbrigato i vostri affari. Se la ritenete un’offerta cortese, accettatela, signore. PEDANTE
L’accetto, signore, e vi riterrò per sempre protettore della mia vita e della mia libertà. TRANIO
Allora venite con me ad attuare il piano. Questo, comunque, vorrei sapeste: mio padre è atteso qui da un giorno all’altro per garantire una dote nuziale tra me e la figlia di un certo Battista. Vi spiegherò ogni cosa, intanto seguitemi che vi devo abbigliare come si conviene. Escono
369
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
4.3
Enter Katherine and Grumio
GRUMIO
No, no, forsooth. I dare not, for my life. KATHERINE
The more my wrong, the more his spite appears. What, did he marry me to famish me? Beggars that come unto my father’s door Upon entreaty have a present alms, If not, elsewhere they meet with charity. But I, who never knew how to entreat, Nor never needed that I should entreat, Am starved for meat, giddy for lack of sleep, With oaths kept waking and with brawling fed, And that which spites me more than all these wants, He does it under name of perfect love, As who should say if I should sleep or eat ’Twere deadly sickness, or else present death. I prithee, go and get me some repast. I care not what, so it be wholesome food. GRUMIO What say you to a neat’s foot?
5
10
15
KATHERINE
’Tis passing good. I prithee, let me have it. GRUMIO
I fear it is too choleric a meat. How say you to a fat tripe finely broiled?
20
KATHERINE
I like it well. Good Grumio, fetch it me. GRUMIO
I cannot tell, I fear ’tis choleric. What say you to a piece of beef, and mustard? KATHERINE
A dish that I do love to feed upon. GRUMIO
Ay, but the mustard is too hot a little. KATHERINE
Why then, the beef, and let the mustard rest.
370
25
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
IV, 3
Entrano Caterina e Grumio175
GRUMIO
No, no, per carità, ci tengo alla mia vita! CATERINA
Più subisco, più mi mostra il suo disprezzo! Ché, mi ha sposata per farmi far la fame? I mendicanti che alla porta di mio padre chiedono l’elemosina subito l’ottengono, o sennò la troveranno altrove. Ed io, che mai ho saputo supplicare e, soprattutto, mai ho dovuto supplicare, son stremata dalla fame, barcollo per il sonno, vengo tenuta sveglia dalle promesse e nutrita dagli improperi. E quel che m’indigna più delle privazioni è il fatto che tutto questo lui dice di farlo in nome dell’amore più assoluto come se, nel caso dovessi dormire o mangiare, me ne incorrerebbero malattia letale o improvvisa morte. Vi prego, andate a prendermi un boccone, non importa cosa, basta che sia commestibile! GRUMIO
Che ne direste di uno stinco di maiale176? CATERINA
Ottimo! ti prego, fammelo avere. GRUMIO
Temo che sia carne che infiamma la bile177. Vi andrebbe della trippa ben grigliata? CATERINA
Mi piace molto. Buon Grumio portamela! GRUMIO
Non saprei, mi sa che surriscalda pure questa. Che ne direste di un bel pezzo di manzo con la senape? CATERINA
Uhm! È un piatto che gradisco molto. GRUMIO
Sì ma la senape mi pare un po’ troppo calorosa. CATERINA
Va bene, allora prenderò il manzo senza la senape.
371
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
GRUMIO
Nay, then I will not. You shall have the mustard, Or else you get no beef of Grumio. KATHERINE
Then both, or one, or anything thou wilt. GRUMIO
Why then, the mustard without the beef.
30
KATHERINE
Go, get thee gone, thou false, deluding slave, (Beating him) That feed’st me with the very name of meat. Sorrow on thee and all the pack of you, That triumph thus upon my misery. Go, get thee gone, I say.
35
Enter Petruccio and Hortensio, with meat PETRUCCIO
How fares my Kate? What, sweeting, all amort? HORTENSIO
Mistress, what cheer? KATHERINE
Faith, as cold as can be.
PETRUCCIO
Pluck up thy spirits, look cheerfully upon me. Here, love, thou seest how diligent I am To dress thy meat myself and bring it thee. I am sure, sweet Kate, this kindness merits thanks. What, not a word? Nay then, thou lov’st it not, And all my pains is sorted to no proof. Here, take away this dish. KATHERINE I pray you, let it stand.
40
PETRUCCIO
The poorest service is repaid with thanks, And so shall mine before you touch the meat. KATHERINE I thank you, sir. HORTENSIO
Signor Petruccio, fie, you are to blame. Come, Mistress Kate, I’ll bear you company. 372
45
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
GRUMIO
No, non è possibile o prendi anche la senape o niente manzo da Grumio. CATERINA
Allora tutti e due, o uno solo, o quello che vuoi tu! GRUMIO
D’accordo allora, la senape senza il manzo. CATERINA
Vattene, sparisci! Servo infido e ingannatore (picchiandolo), che mi dai in pasto solo parole. Accidentacci a te e a tutta la tua cricca che godete così delle mie disgrazie. Vai, vattene ti dico. Entrano Petruccio e Ortensio con del cibo PETRUCCIO
Come sta la mia Ketty? Cosa? Tesoruccio, tutta mogia178? ORTENSIO
Padrona, come state179? CATERINA
A stecchetto! PETRUCCIO
Su con lo spirito, fammi un sorriso! Guarda, amore, vedi come sono stato bravo a prepararti io stesso il pranzo e a portartelo? Son sicuro, dolce Ketty, che mi vorrai ringraziare! Cosa? Neanche una parola! Ah, ma allora non ti piace, allora ho faticato invano! Ecco, portatevi via il piatto. CATERINA
Vi prego signore, lasciatelo qui. PETRUCCIO
Anche il servigio più umile esige un ringraziamento, e così il mio, prima che tu possa toccare cibo. CATERINA
Vi ringrazio, signore. ORTENSIO
Signor Petruccio, vergogna, siete esagerato! Venite, signora, vi terrò compagnia.
373
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
PETRUCCIO (aside)
Eat it up all, Hortensio, if thou lov’st me. (To Katherine) Much good do it unto thy gentle heart. Kate, eat apace; and now, my honey love, Will we return unto thy father’s house, And revel it as bravely as the best, With silken coats, and caps, and golden rings, With ruffs, and cuffs, and farthingales, and things, With scarves, and fans, and double change of bravery, With amber bracelets, beads, and all this knavery. What, hast thou dined? The tailor stays thy leisure, To deck thy body with his ruffling treasure.
50
55
60
Enter Tailor with a gown Come, tailor, let us see these ornaments. Lay forth the gown. Enter Haberdasher with a cap What news with you, sir? HABERDASHER
Here is the cap your worship did bespeak. PETRUCCIO
Why, this was moulded on a porringer – A velvet dish. Fie, fie, ’tis lewd and filthy. Why, ’tis a cockle or a walnut-shell, A knack, a toy, a trick, a baby’s cap. Away with it! Come, let me have a bigger.
65
KATHERINE
I’ll have no bigger. This doth fit the time, And gentlewomen wear such caps as these. PETRUCCIO
When you are gentle you shall have one, too, And not till then. HORTENSIO (aside) That will not be in haste. KATHERINE
Why, sir, I trust I may have leave to speak, And speak I will. I am no child, no babe. 374
70
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
PETRUCCIO
Mangiate tutto voi, Ortensio, se mi volete bene. (A Caterina) Che ti possa rincuorare gentile Ketty, mangia svelta, e ora, mio dolce amore, torneremo da tuo padre a fare festa, in ghingheri e alla grande. Con soprabiti e cuffie di seta, e preziosi anelli, collari, manicotti, gonne a balze ed altri orpelli. Con sciarpe, ventagli, un doppio cambio di ornamenti, bracciali d’ambra, perline, e tanti altri abbellimenti. Allora, hai mangiato? Il sarto sta aspettando l’agio tuo, per addobbarti con fronzoli fruscianti da par suo. Entra il sarto con una veste Venite, sarto, vediamo queste decorazioni. Mostrateci la veste. Entra il merciaio con un cappello Che novità ci portate signore? MERCIAIO
Questa è la cuffia che vossignoria ha richiesto. PETRUCCIO
Che? Ma questa è stata modellata su una ciotola... una scodella di velluto! Vergogna! È una vera schifezza! Una specie di vongola o un guscio di noce, una cianfrusaglia, un giocattolo, un travestimento, una cuffietta da neonato! Buttatela via! Ne voglio una più grande! CATERINA
Non la voglio più grande! Questa è alla moda. Le gentildonne indossano cappellini come questi. PETRUCCIO
Quando sarai gentile, anche tu ne avrai una. Ma non fino a quel momento. ORTENSIO (a parte) Allora non sarà tanto presto. CATERINA
Insomma, signore, credo bene di poter parlare, e infatti parlerò. Non sono una marmocchia, né un’infante. Gente più importante di
375
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
Your betters have endured me say my mind, And if you cannot, best you stop your ears. My tongue will tell the anger of my heart, Or else my heart concealing it will break, And rather than it shall I will be free Even to the uttermost as I please in words.
75
80
PETRUCCIO
Why, thou sayst true. It is a paltry cap,r A custard-coffin, a bauble, a silken pie. I love thee well in that thou lik’st it not. KATHERINE
Love me or love me not, I like the cap And it I will have, or I will have none.
85 [Exit Haberdasher]
PETRUCCIO
Thy gown? Why, ay. Come, tailor, let us see’t. O mercy, God, what masquing stuff is here? What’s this – a sleeve? ’Tis like a demi-cannon.s What, up and down carved like an apple-tart? Here’s snip, and nip, and cut, and slish and slash, Like to a scissor in a barber’s shop. Why, what o’ devil’s name, tailor, call’s! thou this? HORTENSIO (aside) I see she’s like to have nor cap nor gown.
90
TAILOR
You bid me make it orderly and well, According to the fashion and the time.
95
PETRUCCIO
Marry, and did, but if you be remembered I did not bid you mar it to the time. Go hop me over every kennel home, For you shall hop without my custom, sir. I’ll none of it. Hence, make your best of it.
81. A: Q 1631; assente in F. 88. Like a: Q 1631; in F like. 376
100
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
voi ha dovuto sopportare che dicessi la mia. Se voi non ci riuscite, tappatevi le orecchie! La mia lingua darà sfogo alla rabbia che ho nel cuore, o il mio cuore, a trattenerla, esploderà. Ma piuttosto che ciò accada voglio sentirmi libera, fino alle estreme conseguenze, di dire quello che mi garba. PETRUCCIO
Brava, dici giusto! È una cuffia da nulla, una specie di teglia, uno sbuffo, una frittella di seta! Ti amo proprio perché non ti piace. CATERINA
Che tu mi ami o non mi ami... a me la cuffia piace e quella voglio avere, o nessun’altra. [Esce il merciaio] PETRUCCIO
E il vestito? Già, su sarto, faccelo vedere. O misericordia, Dio mio, che costume da carnevale è questo? E questa cos’è? Una manica? Sembra una bombarda! Sopra e sotto, fatta a fette come una torta di mele? Tutta tagli e tagliuzzi, e squarci, e sbreghi e fessure. Come passata dalle forbici di un barbiere. Ma, in nome del diavolo, sarto, come la chiami questa roba? ORTENSIO (a parte) Mi sa che non avrà né cappello né vestito. SARTO
Mi avete detto di fare un bel lavoro, in accordo con la moda e con la voga. PETRUCCIO
E sì perdinci, ma se ben ricordi non ti ho detto di straziarlo con la voga. Vai vattene a casa, schivando tutti i fossi, che a me d’ora in poi come cliente mi dovrai schivare! Non lo voglio, fila via e fanne quel che vuoi.
377
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
KATHERINE
I never saw a better fashioned gown, More quaint, more pleasing, nor more commendable. Belike you mean to make a puppet of me. PETRUCCIO
Why true, he means to make a puppet of thee. TAILOR She says your worship means to make a puppet
of her.
106
PETRUCCIO
O monstrous arrogance! Thou liest, thou thread, thou thimble, Thou yard, three-quarters, half-yard, quarter, nail, Thou flea, thou nit, thou winter-cricket, thou. Braved in mine own house with a skein of thread! Away, thou rag, thou quantity, thou remnant, Or I shall so bemete thee with thy yard As thou shalt think on prating whilst thou liv’st. I tell thee, I, that thou hast marred her gown.
110
TAILOR
Your worship is deceived. The gown is made Just as my master had direction. Grumio gave order how it should be done.
115
GRUMIO
I gave him no order, I gave him the stuff. TAILOR
But how did you desire it should be made? GRUMIO Marry, sir, with needle and thread.
120
TAILOR
But did you not request to have it cut? GRUMIO Thou hast faced many things. TAILOR I have. GRUMIO Face not me. Thou hast braved many men. Brave
not me. I will neither be faced nor braved. I say unto thee I bid thy master cut out the gown, but I did not bid him cut it to pieces. Ergo thou liest. TAILOR (showing a paper) Why, here is the note of the fashion, to testify. 378
127
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
CATERINA
Non ho mai visto una veste tagliata meglio, più elegante, più gradevole o più consona. Forse intendi fare di me una pupattola. PETRUCCIO
E certo! Lui vuol far di te una pupattola. SARTO
Lei dice che vossignoria vuol far di lei una pupattola! PETRUCCIO
O mostro d’arroganza! Tu menti, tu filo, tu ditale, tu metro, decimetro, centimetro e millimetro180, tu unghia, tu pulce, tu pidocchio, grillo d’inverno, tu. Insultato a casa mia da un gomitolo di filo! Via! Straccio, scampolo, rimasuglio, o ti misuro181 io con il tuo metro, così fin che campi ci penserai prima di blaterare. Te lo dico io, che le hai stravisato l’abito. SARTO
Vostra signoria s’inganna. La veste è stata fatta secondo le istruzioni ricevute dal mio padrone. Grumio ha dato l’ordine su come andava fatta. GRUMIO
Io gli ho dato la stoffa, mica l’ordine. SARTO
Ma come volevate che fosse fatta? GRUMIO
Diamine messere, con ago e filo! SARTO
Ma non avete richiesto il taglio? GRUMIO
Tu hai rivoltato182 molte cose. SARTO
Sì, certo. GRUMIO
Ma non rivolterai me! Tu hai acconciato183 molti uomini. Ma non conci per le feste me! Io non sarò né conciato né rivoltato. Ti dico che ordinai al tuo mastro di tagliare la veste ma non gli dissi di farla a pezzi. Ergo184 tu menti. SARTO (mostrando una nota) Ehi, qui c’è l’ordine del modello che lo prova. 379
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
PETRUCCIO Read it.
130
GRUMIO The note lies in’s throat if he say I said so. TAILOR (reads) ‘Imprimis, a loose-bodied gown.’ GRUMIO Master, if ever I said loose-bodied gown, sew me
in the skirts of it and beat me to death with a bottom of brown thread. I said a gown. PETRUCCIO Proceed. TAILOR (reads) ‘With a small compassed cape.’ GRUMIO I confess the cape. TAILOR (reads) ‘With a trunk sleeve.’ GRUMIO I confess two sleeves. TAILOR (reads) ‘The sleeves curiously cut.’ PETRUCCIO Ay, there’s the villany. GRUMIO Error i’th’ bill, sir, error i’th’ bill. I commanded the sleeves should be cut out and sewed up again, and that I’ll prove upon thee though thy little finger be armed in a thimble. TAILOR This is true that I say. An I had thee in place where, thou shouldst know it. GRUMIO I am for thee straight. Take thou the bill, give me thy mete-yard, and spare not me. HORTENSIO Godamercy, Grumio, then he shall have no odds. PETRUCCIO
Well, sir, in brief, the gown is not for me.
380
135
140
146
150
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
PETRUCCIO
Leggilo. GRUMIO
L’ordine mente per la gola se lui dice che ho detto così. SARTO (legge)
“Imprimis185, una veste succinta186.” GRUMIO
Padrone, se ho mai detto una veste succinta, cucitemi nella sottoveste e percuotetemi a morte con un rocchetto di filo marrone. Ho detto: “una veste”! PETRUCCIO
Procedi. SARTO (legge)
“Con una mantellina a campana.” GRUMIO
Confesso la mantellina. SARTO (Legge)
“Con la manica a sbuffo.” GRUMIO
Confesso due maniche. SARTO
“Le maniche tagliate fantasiosamente”. PETRUCCIO
Ah, ecco l’infamia! GRUMIO
Errore nell’appunto, signore, errore nell’appunto187. Io ho ordinato che le maniche fossero tagliate e poi cucite un’altra volta, e questo lo proverò contro di te, fosse anche il tuo mignolo armato di ditale! SARTO
Ciò che dico è vero, e se tu fossi dove dico io, te lo farei vedere! GRUMIO
Sono pronto. Impugna l’appunto e dai a me l’asta del metro, e fatti sotto. ORTENSIO
Misericordia divina, Grumio, così non avrà scampolo188! PETRUCCIO
Comunque, signore, tagliamo corto, la veste non è per me. 381
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 3
GRUMIO You are i’th’ right, sir. ’Tis for my mistress. PETRUCCIO (to the Tailor)
Go, take it up unto thy master’s use. GRUMIO (to the Tailor) Villain, not for thy life. Take up my mistress’ gown for thy master’s use! PETRUCCIO Why, sir, what’s your conceit in that? GRUMIO O, sir, the conceit is deeper than you think for. ‘Take up my mistress’ gown to his master’s use’ – O fie, fie, fie! PETRUCCIO (aside) Hortensio, say thou wilt see the tailor paid. (To the Tailor) Go, take it hence. Be gone, and say no more. HORTENSIO (aside to the Tailor) Tailor, I’ll pay thee for thy gown tomorrow. Take no unkindness of his hasty words. Away, I say. Commend me to thy master. Exit Tailor
155
161
165
PETRUCCIO
Well, come, my Kate. We will unto your father’s Even in these honest, mean habiliments. Our purses shall be proud, our garments poor, For ’tis the mind that makes the body rich, And as the sun breaks through the darkest clouds, So honour peereth in the meanest habit. What, is the jay more precious than the lark Because his feathers are more beautiful? Or is the adder better than the eel Because his painted skin contents the eye? O no, good Kate, neither art thou the worse For this poor furniture and mean array. If thou account’st it shame, lay it on me, And therefore frolic; we will hence forthwith To feast and sport us at thy father’s house. Go call my men, and let us straight to him, And bring our horses unto Long Lane end.
382
170
175
180
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 3
GRUMIO
E ci credo, signore, è per la mia padrona! PETRUCCIO (al sarto)
Vai, tirala su e dalla al tuo padrone, che la usi lui. GRUMIO (al sarto)
Non ci provare, delinquente! Tirare su la veste della mia padrona per l’uso del tuo padrone! PETRUCCIO
Ehi, messere, che vai insinuando? GRUMIO
O, signore qualcosa di più profondo di quel che pensate! Tirar su la veste della mia padrona per l’uso del suo padrone... o, vergogna, vergogna! PETRUCCIO (a parte) Ortensio, digli che il conto sarà pagato. (Al sarto) Sciò, va via! Sparisci e chiudi il becco. ORTENSIO (a parte al sarto) Sarto, ti pagherò per la tua veste domani. Non prendertela per le sue parole brusche. Vai, ti dico, e raccomandami al tuo padrone. Il sarto esce PETRUCCIO
Bene, vieni Ketty. Andremo da tuo padre con questi abiti umili ma onesti. Avremo le borse gonfie e i vestiti poveri, perché è la mente che rende ricco il corpo, e come il sole filtra dalle nuvole più scure così l’onore spunta attraverso l’abito più vile. È forse la ghiandaia più preziosa dell’allodola perché più bello è il suo piumaggio? O è la vipera migliore dell’anguilla perché la sua pelle variopinta compiace l’occhio? O no, buona Ketty, neanche tu sarai svilita da questo povero guardaroba e dall’umile assortimento. Se te ne vergogni, dai la colpa a me. E dunque: allegra! Partiremo subito per festeggiare e divertirci alla casa di tuo padre. Vai189, chiama gli uomini e partiamo subito, portateci i cavalli alla fine del sentiero lun-
383
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 4
There will we mount, and thither walk on foot. Let’s see, I think ’tis now some seven o’clock, And well we may come there by dinner-time.
185
KATHERINE
I dare assure you, sir, ’tis almost two, And ’twill be supper-time ere you come there. PETRUCCIO
It shall be seven ere I go to horse. Look what I speak, or do, or think to do, You are still crossing it. Sirs, let’t alone. I will not go today, and ere I do It shall be what o’clock I say it is. HORTENSIO (aside) Why, so this gallant will command the sun. 4.4
190
Exeunt
Enter Tranio as Lucentio, and the Pedant dressed like Vincentio, booted and bare-headed
TRANIO
Sir, this is the house. Please it you that I call? PEDANT
Ay, what else. And but I be deceived, Signor Baptista may remember me Near twenty years ago in Genoa – TRANIO
Where we were lodgers at the Pegasus. – t ’Tis well, and hold your own in any case With such austerity as ’longeth to a father.
5
Enter Biondello PEDANT
I warrant you. But sir, here comes your boy. ’Twere good he were schooled.
5. TRANIO: Where we were lodgers at the Pegasus, F. In altre edizioni questa battuta è attribuita al Pedante. Pronunciata da Tranio essa mostra come il discorso fosse stato preparato in precedenza e allo stesso tempo pare fare il verso alla petulanza dell’anziano. 384
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 4
go. Lì monteremo dopo esserci arrivati a piedi. Vediamo, penso che siano all’incirca le sette, e magari potremmo arrivare per il pranzo. CATERINA
Vi assicuro, signore, che son quasi le due; sarà ora di cena prima ancora di arrivare. PETRUCCIO
Saranno le sette prima che monti a cavallo. Qualunque cosa dica, o faccia, o pensi di fare, continui a contraddirmi! Signori, lasciate perdere, oggi non andrò, e prima che io vada sarà di certo l’ora che dico io. ORTENSIO (a parte) E sì! questo bellimbusto darà ordini anche al sole! Escono IV, 4
Entrano Tranio travestito da Lucenzio, il Pedante travestito da Vincenzo, con gli stivali e a capo scoperto190
TRANIO
Signore, la casa è questa. Volete che bussi? PEDANTE
Sì, certo. Se non sbaglio, il signor Battista potrebbe riconoscermi: circa vent’anni fa a Genova... TRANIO
Dove entrambi alloggiavamo al Pegaso... Va tutto bene, in ogni caso mantenete il contegno con l’austerità che compete a un padre. Entra Biondello PEDANTE
State tranquillo. Ma signore, sta arrivando il vostro servo. Sarebbe meglio se venisse istruito.
385
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 4
TRANIO
Fear you not him. Sirrah Biondello, Now do your duty throughly, I advise you. Imagine ’twere the right Vincentio. BIONDELLO Tut, fear not me.
10
TRANIO
But hast thou done thy errand to Baptista? BIONDELLO
I told him that your father was at Venice And that you looked for him this day in Padua. TRANIO (giving money) Thou’rt a tall fellow. Hold thee that to drink. Here comes Baptista. Set your countenance, sir.
15
Enter Baptista, and Lucentio as Cambio TRANIO
Signor Baptista, you are happily met. (To the Pedant) Sir, this is the gentleman I told you of. I pray you stand good father to me now. Give me Bianca for my patrimony.
21
PEDANT
Soft, son. (To Baptista) Sir, by your leave, having come to Padua To gather in some debts, my son Lucentio Made me acquainted with a weighty cause Of love between your daughter and himself, And for the good report I hear of you, And for the love he beareth to your daughter, And she to him, to stay him not too long I am content in a good father’s care To have him matched, and if you please to like No worse than I, upon some agreement Me shall you find ready and willing With one consent to have her so bestowed, For curious I cannot be with you, Signor Baptista, of whom I hear so well.
386
25
30
35
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 4
TRANIO
Non abbiate paura di lui. Messer Biondello, adesso fa bene il tuo dovere, ti avverto. Fai conto che lui sia il vero Vincenzo. BIONDELLO
Ma certo, non temete. TRANIO
Hai svolto la tua commissione da Battista? BIONDELLO
Gli ho riferito che vostro padre era a Venezia e che lo attendevate a Padova in giornata. TRANIO (dandogli del denaro) Sei in gamba. Tieni, fatti un goccetto. Ecco che arriva Battista. Datevi un contegno, signore. Entrano Battista e Lucenzio travestito da Cambio TRANIO
Signor Battista, felice di incontrarvi. (Al Pedante) Signore, questo è il gentiluomo di cui vi ho parlato. Vi prego adesso fatemi da buon padre. Fatemi aver Bianca in cambio dei miei averi. PEDANTE
Piano, ragazzo. (A Battista) Signore, consentitemi, essendo venuto a Padova per riscuotere alcuni crediti, mio figlio Lucenzio mi ha messo a parte di una ponderosa causa d’amore tra lui e vostra figlia; e per la buona reputazione di cui godete, e per l’amore che egli porta a vostra figlia, ed ella a lui, per non farlo attender troppo a lungo, io sono contento, con paterna sollecitudine, di vederlo ammogliato; e se a voi piacerà non meno che a me, discusso qualche accordo, mi troverete pronto e desideroso, in mutuo accordo, di avere lei così concessa, poiché difficoltoso non posso essere con voi, di cui sento dire tanto bene.
387
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 4
BAPTISTA
Sir, pardon me in what I have to say. Your plainness and your shortness please me well. Right true it is your son Lucentio here Doth love my daughter, and she loveth him, Or both dissemble deeply their affections. And therefore if you say no more than this, That like a father you will deal with him And pass my daughter a sufficient dower, The match is made, and all is done. Your son shall have my daughter with consent.
40
45
TRANIO
I thank you, sir. Where then do you know best We be affied, and such assurance ta’en As shall with either part’s agreement stand? BAPTISTA
Not in my house, Lucentio, for you know Pitchers have ears, and I have many servants. Besides, old Gremio is heark’ning still, And happily we might be interrupted.
50
TRANIO
Then at my lodging, an it like you. There doth my father lie, and there this night We’ll pass the business privately and well. Send for your daughter by your servant here. My boy shall fetch the scrivener presently. The worst is this, that at so slender warning You are like to have a thin and slender pittance.
55
60
BAPTISTA
It likes me well. Cambio, hie you home And bid Bianca make her ready straight, And if you will, tell what hath happened – Lucentio’s father is arrived in Padua – And how she’s like to be Lucentio’s wife. [Exit Lucentio]
388
65
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 4
BATTISTA
Signore, concedetemi quanto ho da dirvi: apprezzo molto il vostro parlar chiaro e l’andare al sodo. È vero: vostro figlio qui ama mia figlia, ed ella lo ricambia, oppure entrambi sono bravi a simulare i loro sentimenti. E quindi se anche vi limiterete a dire che vi comporterete come padre con lui accordando a mia figlia una dotazione soddisfacente, l’unione è concordata, e tutto è deciso. Vostro figlio avrà mia figlia ed il consenso. TRANIO
Vi ringrazio signore. Allora dove pensate che sia meglio firmare il contratto di fidanzamento e scambiarci garanzie che soddisfino entrambe le parti? BATTISTA
Non a casa mia, Lucenzio, poiché sapete che le mura hanno orecchi191 ed io ho molti servitori. Inoltre il vecchio Gremio è sempre all’erta e rischieremmo192 di essere interrotti. TRANIO
Allora nel mio appartamento se vi aggrada. Lì alloggia mio padre e lì stasera discuteremo il nostro affare in privato e a soddisfazione. Fate chiamare vostra figlia qui dal servo. Il mio paggio andrà subito a prendere lo scrivano. Il peggio che può succedere è che, con così scarso preavviso rischiate che la cena sia scarsa e inadeguata. BATTISTA
A me sta bene. Cambio, corri a casa e di’ a Bianca di prepararsi subito e, per favore, raccontale quanto è successo, che il padre di Lucenzio è arrivato a Padova, e come lei stia per diventare la moglie di Lucenzio. [Esce Lucenzio]
389
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 5
BIONDELLO
I pray the gods she may with all my heart. TRANIO
Dally not with the gods, but get thee gone. [Exit Biondello] Signor Baptista, shall I lead the way? Welcome. One mess is like to be your cheer. Come, sir, we will better it in Pisa. BAPTISTA I follow you. 4.5
70 Exeunt
Enter Lucentio and Biondello
BIONDELLO Cambio. LUCENTIO What sayst thou, Biondello? BIONDELLO You saw my master wink and laugh upon
you? LUCENTIO Biondello, what of that?
5
BIONDELLO Faith, nothing, but he’s left me here behind to
expound the meaning or moral of his signs and tokens. LUCENTIO I pray thee, moralize them. BIONDELLO Then thus: Baptista is safe, talking with the deceiving father of a deceitful son. LUCENTIO And what of him? BIONDELLO His daughter is to be brought by you to the supper. LUCENTIO And then?
390
10
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 5
BIONDELLO
Prego dio che così sia, con tutto il mio cuore. TRANIO
Non perder tempo con dio, e sbrigati. [Esce Biondello] Signor Battista, vi faccio strada? Siate il benvenuto. Mi sa che a tavola vi dovrete accontentare di una portata sola. Venite, signore, ci rifaremo a Pisa. BATTISTA
Vi seguo. Escono IV, 5
Entrano Lucenzio e Biondello193
BIONDELLO
Cambio! LUCENZIO
Cosa c’è, Biondello? BIONDELLO
Avete visto il mio padrone mentre ammiccava e vi faceva l’occhiolino? LUCENZIO
E allora, Biondello? BIONDELLO
Beh, niente, ma mi ha lasciato qui per spiegarvi il significato, ovvero la morale, dei suoi cenni e dei suoi segni. LUCENZIO
Vi prego, moralizzatemeli194. BIONDELLO
Dunque, Battista è sistemato: sta parlando con il padre imbroglione di un figlio ingannatore. LUCENZIO
E con ciò? BIONDELLO
Voi dovrete scortare sua figlia per la cena. LUCENZIO
E quindi?
391
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 6
BIONDELLO The old priest at Saint Luke’s church is at your
command at all hours.
16
LUCENTIO And what of all this? BIONDELLO I cannot tell, except they are busied about a
counterfeit assurance. Take you assurance of her cum privilegio ad imprimendum solum – to th’ church take the priest, clerk, and some sufficient honest witnesses. If this be not that you look for, I have no more to say, But bid Bianca farewell for ever and a day. LUCENTIO Hear’st thou, Biondello? BIONDELLO I cannot tarry, I knew a wench married in an afternoon as she went to the garden for parsley to stuff a rabbit, and so may you, sir, and so adieu, sir. My master hath appointed me to go to Saint Luke’s to bid the priest be ready t’attend against you come with your appendix. Exit
21
LUCENTIO
I may and will, if she be so contented. She will be pleased, then wherefore should I doubt? Hap what hap may, I’ll roundly go about her. It shall go hard if Cambio go without her. Exit 4.6
Enter Petruccio, Katherine, Hortensio, and servants
PETRUCCIO
Come on, i’ God’s name. Once more toward our father’s. Good Lord, how bright and goodly shines the moon! KATHERINE
The moon? – the sun. It is not moonlight now. PETRUCCIO
I say it is the moon that shines so bright.
392
31
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 6
BIONDELLO
Il vecchio prete della chiesa di San Luca è a vostra disposizione in ogni momento. LUCENZIO
E che vuol dire? BIONDELLO
Non saprei, se non che loro son tutti indaffarati attorno a una falsa garanzia e voi vedete di garantirvi lei cum privilegio ad imprimendum solum195… in chiesa portatevi il prete, il chierico e qualche testimone presentabile. Se invece non è questo quello che cercate, altro non ho da dire, ma voi date il vostro addio a Bianca ora e per sempre. LUCENZIO
Biondello, mi ascolti? BIONDELLO
Non posso trattenermi; conoscevo una ragazza sposata in un pomeriggio mentre andava nell’orto a raccogliere il prezzemolo per farcirci il coniglio, e così possiate fare voi, signore, e dunque addio, signore. Il mio padrone mi ha ordinato di andare alla chiesa di San Luca per dire al prete di tenersi pronto per quando arriverete voi con la vostra appendice. Esce LUCENZIO
Io posso e lo farò, se lei ne sarà lieta. Lei sarà contenta, perché dovrei dunque dubitare? Accada quel che accada, con lei mi butterò. Se Cambio non la ottiene, io pur ne soffrirò196. Esce IV, 6
Entrano Petruccio, Caterina, Ortensio e dei servitori197
PETRUCCIO
Andiamo! in nome del Signore. Si torna dal padre nostro. Buon Dio, come risplende, luminosa e bella, la luna! CATERINA
La luna? Il sole. Non siamo mica al chiaro di luna! PETRUCCIO
Io dico che è la luna che splende luminosa.
393
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 6
KATHERINE
I know it is the sun that shines so bright.
5
PETRUCCIO
Now, by my mother’s son – and that’s myself – It shall be moon, or star, or what I list Or ere I journey to your father’s house. Go on, and fetch our horses back again. Evermore crossed and crossed, nothing but crossed. HORTENSIO (to Katherine) Say as he says or we shall never go.
10
KATHERINE
Forward, I pray, since we have come so far, And be it moon or sun or what you please, And if you please to call it a rush-candle Henceforth I vow it shall be so for me.
15
PETRUCCIO
I say it is the moon. KATHERINE
I know it is the moon. PETRUCCIO
Nay then you lie, it is the blessèd sun. KATHERINE
Then God be blessed, it is the blessèd sun, But sun it is not when you say it is not, And the moon changes even as your mind. What you will have it named, even that it is, And so it shall be still for Katherine.u
20
HORTENSIO
Petruccio, go thy ways. The field is won. PETRUCCIO
Well, forward, forward. Thus the bowl should run, And not unluckily against the bias. But soft, company is coming here. Enter old Vincentio
23. Still: Q 1631, in F so. 394
25
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 6
CATERINA
Io so che è il sole che splende luminoso. PETRUCCIO
Oh insomma! Per il figlio di mia madre... e cioè me stesso, sarà luna o stella o quel che voglio io prima che si ritorni a casa di tuo padre. Via, riportate indietro i cavalli. Sempre contraddetto e contraddetto! Non fa che contraddirmi! ORTENSIO (a Caterina) Dite come dice lui o non partiremo mai. CATERINA
Suvvia, vi prego, visto che siamo giunti fin a qui, che sia la luna o il sole o quel che più vi aggrada, se anche vi piacesse di chiamarlo candela di sego, da ora in poi vi giuro sarà tale anche per me. PETRUCCIO
Io dico che è la luna. CATERINA
Io so che è la luna. PETRUCCIO
E no, allora menti, è il sole benedetto. CATERINA
Allora, che sia benedetto il Signore, si tratta del sole benedetto, ma non sarà più il sole quando tu dirai che non lo è, e anche la luna cambierà secondo il tuo parere. Come vorrete che sia chiamato, così si chiamerà, e così sarà anche per Caterina198. ORTENSIO
Petruccio, avanza! Il campo è conquistato199. PETRUCCIO
Bene, avanti, avanti. Così la boccia deve rotolare: secondo il peso e non contro l’abbrivio200. Ma silenzio, qualcuno si avvicina. Entra il vecchio Vincenzo
395
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 6
(To Vincentio) Good morrow, gentle mistress, where away? Tell me, sweet Kate, and tell me truly too, Hast thou beheld a fresher gentlewoman, Such war of white and red within her cheeks? What stars do spangle heaven with such beauty As those two eyes become that heavenly face? Fair lovely maid, once more good day to thee. Sweet Kate, embrace her for her beauty’s sake. HORTENSIO A will make the man mad to make the woman of him.v
30
35
KATHERINE
Young budding virgin, fair, and fresh, and sweet, Whither away, or where is thy abode? Happy the parents of so fair a child, Happier the man whom favourable stars Allots thee for his lovely bedfellow.
40
PETRUCCIO
Why, how now, Kate, I hope thou art not mad. This is a man, old, wrinkled, faded, withered, And not a maiden as thou sayst he is.
45
KATHERINE
Pardon, old father, my mistaking eyes That have been so bedazzled with the sun That everything I look on seemeth green. Now I perceive thou art a reverend father. Pardon, I pray thee, for my mad mistaking.
50
PETRUCCIO
Do, good old grandsire, and withal make known Which way thou travell’st. If along with us, We shall be joyful of thy company. VINCENTIO
Fair sir, and you, my merry mistress, That with your strange encounter much amazed me, My name is called Vincentio, my dwelling Pisa, 36. A: colloquiale per he, “egli” o “lui”. 396
56
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 6
(A Vincenzo) Buon giorno, gentile signora, dove vi recate? Dimmi, dolce Ketty, parla sinceramente, hai mai visto una gentildonna così in boccio? E un tale contrasto tra bianco e rosso sulle guance? Quali stelle di pari bellezza trapuntano il cielo così come i suoi occhi il suo volto celestiale? Bella, amabile pulzella. Ancora una volta ti auguro buon giorno. Dolce Ketty, abbracciala per la sua beltà. ORTENSIO
Lui farà ammattire l’uomo, facendone una donna! CATERINA
Verginella in fiore, bella, soave e fresca, dove ti rechi o dov’è la tua dimora? Felici i genitori di cotale bella figlia, e ancor più lieto l’uomo cui gli astri benigni concederanno te come amorevole sposa. PETRUCCIO
Ma che dici, Ketty, spero che non ti sia ammattita! Questo è un uomo, vecchio, grinzoso, appassito, rinsecchito, e non certo una donzella come dici tu! CATERINA
Perdonate, vecchio padre, i miei occhi fallaci, così abbagliati dal sole da farmi apparire ogni cosa nel suo fulgore201. Ora vedo che siete un reverendo padre. Vi prego perdonate il mio errore balzano. PETRUCCIO
Fatelo, buon vecchio nonno, e diteci in che direzione viaggiate. Se nella stessa nostra, saremo felici di accompagnarci a voi. VINCENZO
Bel signore, e voi mia allegra signora, che mi avete sbalordito con il vostro strano saluto, il mio nome è Vincenzo, sono di Pisa e mi
397
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 4 SCENE 6
And bound I am to Padua, there to visit A son of mine which long I have not seen. PETRUCCIO
What is his name? Lucentio, gentle sir.
VINCENTIO PETRUCCIO
Happily met, the happier for thy son. And now by law as well as reverend age I may entitle thee my loving father. The sister to my wife, this gentlewoman, Thy son by this hath married. Wonder not, Nor be not grieved. She is of good esteem, Her dowry wealthy, and of worthy birth, Beside, so qualified as may beseem The spouse of any noble gentleman. Let me embrace with old Vincentio, And wander we to see thy honest son, Who will of thy arrival be full joyous.
60
65
70
He embraces Vincentio VINCENTIO
But is this true, or is it else your pleasure Like pleasant travellers to break a jest Upon the company you overtake? HORTENSIO
I do assure thee, father, so it is.
75
PETRUCCIO
Come, go along, and see the truth hereof, For our first merriment hath made thee jealous. Exeunt all but Hortensio HORTENSIO
Well, Petruccio, this has put me in heart. Have to my widow, and if she be froward, Then hast thou taught Hortensio to be untoward.
80 Exit
398
LA BISBETICA DOMATA, ATTO IV SCENA 6
sto recando a Padova per far visita a un mio figliolo che non vedo da tanto. PETRUCCIO
Come si chiama? VINCENZO
Lucenzio, cortese signore. PETRUCCIO
Felice incontro, e ancor più felice a causa di tuo figlio. Ora per legge, oltre che per la veneranda età, io posso rivolgermi a te come benevolo padre. In questo momento tuo figlio è già sposato con la sorella di mia moglie, questa gentildonna. Non meravigliarti e non ti crucciare. È ragazza stimata, la sua dote è ricca ed è di nascita nobile, ha inoltre qualità che la fanno degna sposa di un qualunque gentiluomo. Vecchio Vincenzo fatevi abbracciare e andiamo a visitare il tuo onesto figliolo; lui del tuo arrivo sarà più che lieto. Abbraccia Vincenzo VINCENZO
Ma è vero tutto ciò o vi divertite, da allegri viandanti, a farvi beffe di coloro che incontrate? ORTENSIO
Vi assicuro, padre, è tutto vero. PETRUCCIO
Venite, andiamo e vedrete con i vostri occhi. Il nostro scherzare di prima vi ha reso sospettoso. Escono tutti tranne Ortensio ORTENSIO
Bene, Petruccio, tutto ciò mi ha rincuorato. Andrò dalla mia vedova, e se sarà irascibile, beh, tu hai insegnato ad Ortensio come essere intrattabile. Esce
399
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
5.1
Enter Biondello, Lucentio, and Bianca. Gremio is out before
BIONDELLO Softly and swiftly, sir, for the priest is ready. LUCENTIO I fly, Biondello; but they may chance to need
thee at home, therefore leave us. BIONDELLO Nay, faith, I’ll see the church a’ your back
and then come back to my master’s as soon as I can. Exeunt Lucentio, Bianca, and Biondello GREMIO
I marvel Cambio comes not all this while.
6
Enter Petruccio, Katherine, Vincentio, Grumio, with attendants PETRUCCIO
Sir, here’s the door. This is Lucentio’s house. My father’s bears more toward the market-place. Thither must I, and here I leave you, sir. VINCENTIO
You shall not choose but drink before you go. I think I shall command your welcome here, And by all likelihood some cheer is toward.
10
He knocks GREMIO They’re busy within. You were best knock louder.
Vincentio knocks again. The Pedant looks out of the window PEDANT What’s he that knocks as he would beat down
the gate? VINCENTIO Is Signor Lucentio within, sir? PEDANT He’s within, sir, but not to be spoken withal. VINCENTIO What if a man bring him a hundred pound or
two to make merry withal?
400
15
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
V, 1
Entrano Biondello, Lucenzio e Bianca. Gremio entra per primo202
BIONDELLO
Fate piano e fate presto, signore, il prete è pronto. LUCENZIO
Volo, Biondello, ma a casa potrebbero aver bisogno di te, vai, lasciaci. BIONDELLO
No, in fede mia, prima voglio vedervi uscire dalla chiesa 203, e poi me ne tornerò in tutta fretta dal mio padrone. Escono Lucenzio, Bianca e Biondello GREMIO
Mi meraviglio che Cambio non arrivi ancora. Entrano Petruccio, Caterina, Vincenzo, Grumio con seguito PETRUCCIO
Signori, ecco la porta. Qui abita Lucenzio. Mio padre sta più verso la piazza del mercato. Io lo devo raggiungere e quindi vi lascio, signore. VINCENZO
Non potete andarvene senza bere un bicchiere. E credo di potere farvi dare il benvenuto qui, sembra che ci sarà un po’ di bisboccia. Bussa GREMIO
Sono indaffarati lì dentro. Dovreste bussare più forte. Vincenzo bussa di nuovo. Il Pedante si affaccia alla finestra PEDANTE
Chi è che bussa come se volesse abbattere il portone? VINCENZO
È in casa il signor Lucenzio, signore? PEDANTE
In casa c’è, signore, ma non gli si può parlare. VINCENZO
Neanche se uno gli portasse cento o duecento cocuzze204 per farlo stare allegro?
401
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
PEDANT Keep your hundred pounds to yourself. He shall
need none so long as I live.
21
PETRUCCIO (to Vincentio) Nay, I told you your son was well
beloved in Padua. (To the Pedant) Do you hear, sir, to leave frivolous circumstances, I pray you tell Signor Lucentio that his father is come from Pisa and is here at the door to speak with him. PEDANT Thou liest. His father is come from Padua and here looking out at the window.w VINCENTIO Art thou his father? PEDANT Ay, sir, so his mother says, if I may believe her. PETRUCCIO (to Vincentio) Why, how now, gentleman? Why, this is flat knavery, to take upon you another man’s name. PEDANT Lay hands on the villain. I believe a means to cozen somebody in this city under my countenance.
26
33
Enter Biondello BIONDELLO (aside) I have seen them in the church together,
God send ’em good shipping. But who is here? Mine old master, Vincentio – now we are undone and brought to nothing. VINCENTIO (to Biondello) Come hither, crackhemp. BIONDELLO I hope I may choose, sir. VINCENTIO Come hither, you rogue. What, have you forgot me? BIONDELLO Forgot you? No, sir, I could not forget you, for I never saw you before in all my life.
40
45
27. From Padua: F; apparente controsenso, a meno che non si intenda che il Pedante voglia celare il vero luogo di provenienza perché memore della (falsa) proscrizione che colpisce i mantovani. Generalmente altre edizioni emendano in to Padua, o from Mantua. 402
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
PEDANTE
Tenetevi le cento cocuzze, signore. Finché campo io, non ne avrà bisogno. PETRUCCIO
(A Vincenzo) vedete? Vi avevo detto che vostro figlio era benvoluto a Padova. (Al Pedante) Signore, bando alle ciance, vi prego, dite al Signor Lucenzio che suo padre è giunto da Pisa ed è qui alla porta in attesa di incontrarlo. PEDANTE
Mentite. Suo padre è giunto dalla stessa Padova ed è qui affacciato alla finestra. VINCENZO
Siete voi suo padre? PEDANTE
Certo, signore, così afferma sua madre, se posso crederle! PETRUCCIO (a Vincenzo) Ehi, che succede? È una carognata bella e buona farsi passare per un altro! PEDANTE
Bloccate la canaglia. Credo voglia truffare qualcuno qui in città facendosi passare per me. Entra Biondello BIONDELLO (a parte)
Li ho visti insieme in chiesa. Che Dio gliela mandi buona 205! Ma chi c’è qui? Il mio vecchio padrone, Vincenzo... ora siamo smascherati e rovinati. VINCENZO (a Biondello) Vieni qui, pendaglio da forca. BIONDELLO
Preferirei di no, signore, potendo scegliere. VINCENZO
Vieni qui, furfante. Che? Ti sei dimenticato di me? BIONDELLO
Dimenticato? No, signore. Non avrei potuto dimenticarvi visto che non vi ho mai incontrato prima.
403
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
VINCENTIO What, you notorious villain, didst thou never
see thy master’s father, Vincentio? BIONDELLO What, my old worshipful old master? Yes, marry, sir, see where he looks out of the window. VINCENTIO Is’t so indeed?
50
He beats Biondello BIONDELLO Help, help, help! Here’s a madman will murder
me.
Exit PEDANT Help, son! Help, Signor Baptista! Exit above PETRUCCIO Prithee, Kate, let’s stand aside and see the end of this controversy.
55
They stand aside. Enter Pedant with servants, Baptista, Tranio as Lucentio TRANIO (to Vincentio) Sir, what are you that offer to beat
my servant? VINCENTIO What am I, sir? Nay, what are you, sir? O immortal gods, O fine villain, a silken doublet, a velvet hose, a scarlet cloak, and a copintank hat – O, I am undone, I am undone! While I play the good husband at home, my son and my servant spend all at the university. TRANIO How now, what’s the matter? BAPTISTA What, is the man lunatic?
404
63 65
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
VINCENZO
Cosa? Tu, canaglia matricolata, non hai mai visto Vincenzo, padre del tuo padrone? BIONDELLO
Chi? Il mio anziano, venerabile, vecchio padrone? Sì, certo, signore, eccolo lì affacciato alla finestra. VINCENZO
Ah, davvero? Picchia Biondello BIONDELLO
Aiuto, aiuto, aiuto! C’è un matto che mi vuole assassinare! Esce PEDANTE
Aiuto, figliolo! Aiuto, signor Battista! Rientra PETRUCCIO
Ti prego Ketty, mettiamoci in disparte e vediamo come va a finire la contesa. Si mettono in disparte. Entrano il Pedante con dei servitori e Tranio travestito da Lucenzio TRANIO (A Vincenzo)
Signore, chi siete voi che volete picchiare il mio servo? VINCENZO
Chi sono io, signore? Chi siete voi, piuttosto, signore! Santi numi! Che canaglia rifinita! Farsetto di seta, brache di velluto, mantello scarlatto, cappello a pan di zucchero206! Sono rovinato! Sono rovinato! Mentre a casa faccio economie, all’università mio figlio e il mio servo spandono e spendono. TRANIO
Ma insomma, che succede? BATTISTA
Quest’uomo, sarà mica pazzo?
405
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
TRANIO Sir, you seem a sober, ancient gentleman by your
habit, but your words show you a madman. Why sir, what ’cerns it you if I wear pearl and gold? I thank my good father, I am able to maintain it. VINCENTIO Thy father! O villain, he is a sailmaker in Bergamo. BAPTISTA You mistake, sir, you mistake, sir. Pray what do you think is his name? VINCENTIO His name? As if I knew not his name – I have brought him up ever since he was three years old, and his name is Tranio. PEDANT Away, away, mad ass. His name is Lucentio, and he is mine only son, and heir to the lands of me, Signor Vincentio. VINCENTIO Lucentio? O, he hath murdered his master! Lay hold on him, I charge you, in the Duke’s name. O my son, my son! Tell me, thou villain, where is my son Lucentio? TRANIO Call forth an officer.
71
76
83
Enter an Officer Carry this mad knave to the jail. Father Baptista, I charge you see that he be forthcoming. VINCENTIO Carry me to the jail? GREMIO Stay, officer, he shall not go to prison. BAPTISTA Talk not, Signor Gremio. I say he shall go to prison. GREMIO Take heed, Signor Baptista, lest you be cony-catched in this business. I dare swear this is the right Vincentio. PEDANT Swear if thou dar’st.
406
86
90
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
TRANIO
Signore, all’apparenza sembrate un gentiluomo anziano ed assennato, ma parlate come un folle. Cosa importa a voi se indosso perle e oro. Grazie al mio buon padre, posso permettermelo. VINCENZO
Tuo padre? Ma che canaglia! Lui cuce vele a Bergamo207! BATTISTA
Vi sbagliate, signore, vi sbagliate. Vi prego come credete che si chiami? VINCENZO
Come si chiama? Come se non lo sapessi! L’ho cresciuto da quando aveva tre anni. Si chiama Tranio. PEDANTE
Via, via, stupido somaro. Lui si chiama Lucenzio, è il mio unico figlio ed erede delle terre che appartengono a me: il signor Vincenzo! VINCENZO
Lucenzio? Oddio! Ha assassinato il suo padrone! Acciuffatelo, ve lo ordino, nel nome del Duca. Mio figlio, mio figlio! Dimmelo, farabutto, dov’è mio figlio Lucenzio? TRANIO
Chiamate una guardia. Entra una guardia Portate questo pazzo furfante in prigione. Battista, padre mio, provvedete a farlo processare. VINCENZO
Portarmi in prigione? GREMIO
Ferma, guardia! Lui non andrà in prigione. BATTISTA
Zitto voi, signor Gremio. Io dico che ci andrà, in prigione. GREMIO
Attento, signor Battista, non vi fate abbindolare208 in questa storia. Ci giurerei che questo è il vero Vincenzo. PEDANTE
E allora giuratelo! 407
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
GREMIO Nay, I dare not swear it.
95
TRANIO Then thou wert best say that I am not Lucentio. GREMIO Yes, I know thee to be Signor Lucentio. BAPTISTA Away with the dotard. To the jail with him.
Enter Biondello, Lucentio, and Bianca VINCENTIO Thus strangers may be haled and abused. O
monstrous villain!
100
BIONDELLO O, we are spoiled and – yonder he is. Deny
him, forswear him, or else we are all undone. Exeunt Biondello, Tranio, and Pedant, as fast as may be LUCENTIO (to Vincentio) Pardon, sweet father.
He kneels VINCENTIO Lives my sweet son? BIANCA (to Baptista) Pardon, dear father.
105
BAPTISTA
How hast thou offended? Where is Lucentio? LUCENTIO
Here’s Lucentio, right son to the right Vincentio, That have by marriage made thy daughter mine, While counterfeit supposes bleared thine eyne. GREMIO
Here’s packing with a witness, to deceive us all. VINCENTIO
Where is that damnèd villain Tranio, That faced and braved me in this matter so?
408
110
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
GREMIO
Beh! No, di giurarlo non oso. TRANIO
Perché in quel caso fareste meglio a dire che io non sono Lucenzio. GREMIO
Ma sì, io so che sei il signor Lucenzio! BATTISTA
Basta col vecchio rimbambito. E quell’altro, in prigione! Entrano Biondello, Tranio e Bianca VINCENZO
Così si maltrattano e si ingiuriano gli stranieri! Che mostruoso farabutto! BIONDELLO
Oh, siamo rovinati! Eccolo là. Rinnegatelo, sbugiardatelo altrimenti siamo fritti! Biondello, Tranio e il Pedante escono a gambe levate. LUCENZIO (a Vincenzo)
Perdono, diletto padre. Si inginocchia VINCENZO
Vive, dunque, il mio diletto figlio? BIANCA (a Battista)
Perdono, caro padre. BATTISTA
In qual modo tu mi hai offeso? Dov’è Lucenzio? LUCENZIO
Ecco Lucenzio, figlio vero del vero Vincenzo, che con le nozze ha reso sua tua figlia, mentre impostori camuffati 209 ti gettavano la polvere negli occhi 210. GREMIO
Questo è un’ammucchiata fraudolenta, non c’è dubbio, per menarci tutti per il naso! VINCENZO
Dov’è quel maledetto furfante di Tranio? Che mi ha sfidato e svillaneggiato in questo modo.
409
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
BAPTISTA
Why, tell me, is not this my Cambio? BIANCA
Cambio is changed into Lucentio. LUCENTIO
Love wrought these miracles. Bianca’s love Made me exchange my state with Tranio While he did bear my countenance in the town, And happily I have arrived at the last Unto the wishèd haven of my bliss. What Tranio did, myself enforced him to. Then pardon him, sweet father, for my sake. VINCENTIO I’ll slit the villain’s nose that would have sent me to the jail. BAPTISTA But do you hear, sir, have you married my daughter without asking my good will? VINCENTIO Fear not, Baptista. We will content you. Go to, but I will in to be revenged for this villainy. Exit BAPTISTA And I to sound the depth of this knavery. Exit LUCENTIO Look not pale, Bianca. Thy father will not frown.
115
120
125
Exeunt Lucentio and Bianca GREMIO
My cake is dough, but I’ll in among the rest, Out of hope of all but my share of the feast. Exit KATHERINE (coming forward) Husband, let’s follow to see the end of this ado. PETRUCCIO First kiss me, Kate, and we will.
410
130
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
BATTISTA
Ma come, ditemi, questo non è il mio Cambio? BIANCA
Cambio si è trasformato in Lucenzio. LUCENZIO
L’amore ha fatto questi miracoli. L’amore di Bianca mi ha fatto cambiare di posto con Tranio, mentre lui si faceva passare per me in città. E felicemente son così approdato all’agognato porto della mia delizia. Ciò che Tranio ha fatto glielo ho ordinato io. Quindi perdonatelo, padre caro, per amor mio. VINCENZO
Gli taglierò il naso a quel gaglioffo che voleva mandarmi in prigione! BATTISTA
Sentite un po’, signore, avete sposato mia figlia senza chiedere il mio consenso! VINCENZO
Non temete Battista. Andate, noi vi accontenteremo. Ma io entro in casa per vendicarmi di questa mascalzonata. Esce BATTISTA
Ed io andrò a sondare la profondità di questa canagliata. Esce LUCENZIO
Non aver paura, Bianca. Tuo padre non ti terrà il muso. Escono Lucenzio e Bianca GREMIO
La mia torta non è cresciuta 211, ma entrerò col resto, non avendo più speranze non mi resta che la festa. Esce CATERINA (venendo avanti )
Marito mio, seguiamoli per veder come va a finire questo putiferio. PETRUCCIO
Prima dammi un bacio, Ketty, e poi andiamo.
411
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
KATHERINE What, in the midst of the street?
135
PETRUCCIO What, art thou ashamed of me? KATHERINE No, sir, God forbid; but ashamed to kiss. PETRUCCIO
Why then, let’s home again. Come sirrah, let’s away. KATHERINE
Nay, I will give thee a kiss. Now pray thee love, stay. They kiss PETRUCCIO
Is not this well? Come, my sweet Kate. Better once than never, for never too late. 5.2
140 Exeunt
Enter Baptista, Vincentio, Gremio, the Pedant, Lucentio and Bianca, Petruccio, Katherine, and Hortensio, Tranio, Biondello, Grumio, and the Widow, the servingmen with Tranio bringing in a banquet
LUCENTIO
At last, though long, our jarring notes agree, And time it is when raging war is donex To smile at scapes and perils overblown. My fair Bianca, bid my father welcome, While I with selfsame kindness welcome thine. Brother Petruccio, sister Katherina, And thou, Hortensio, with thy loving widow, Feast with the best, and welcome to my house. My banquet is to close our stomachs up After our great good cheer. Pray you, sit down, For now we sit to chat as well as eat. They sit PETRUCCIO
Nothing but sit, and sit, and eat, and eat. BAPTISTA
Padua affords this kindness, son Petruccio.
2. Done: in F. come. 412
5
10
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
CATERINA
Come? In mezzo alla strada? PETRUCCIO
Perché ti vergogni di me? CATERINA
No, signore, che Dio ne scampi, ma mi vergogno di baciare. PETRUCCIO
Ah, bene, allora torniamocene a casa. Su messere, andiamo via. CATERINA
No, te lo darò un bacio! E ora ti prego amore, restiamo. Si baciano PETRUCCIO
Non è bello questo? Vieni, dolce Ketty. Meglio tardi che mai, perché tardi non è mai 212. Escono V, 2
Entrano Battista, Vincenzo, Gremio, il Pedante, Lucenzio e Bianca, Petruccio, Caterina, e Ortensio, Tranio, Biondello, Grumio e la vedova, Tranio con dei servitori che portano un banchetto213
LUCENZIO
Dopo un bel po’, le nostre stridenti note alla fine si armonizzano. Ora che non infuria più la guerra è giunto il tempo di sorridere delle traversie e dei pericoli scampati. Mia bella Bianca dà il benvenuto a mio padre mentre io, con pari affetto, accolgo il tuo. Fratello Petruccio, sorella Caterina e tu Ortensio con la tua devota vedova, unitevi alla festa e siate i benvenuti a casa mia. Il mio banchetto suggellerà il divertimento colmandoci lo stomaco. Vi prego, sedetevi per discorrere piacevolmente mentre mangiamo. PETRUCCIO
Sempre sedere e sedere e poi mangiare e mangiare. BATTISTA
Petruccio, figlio mio, Padova offre di queste piacevolezze.
413
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
PETRUCCIO
Padua affords nothing but what is kind. HORTENSIO
For both our sakes I would that word were true.
15
PETRUCCIO
Now, for my life, Hortensio fears his widow. WIDOW
Then never trust me if I be afeard. PETRUCCIO
You are very sensible, and yet you miss my sense. I mean Hortensio is afeard of you. WIDOW
He that is giddy thinks the world turns round.
20
PETRUCCIO Roundly replied. KATHERINE Mistress, how mean you that? WIDOW Thus I conceive by him. PETRUCCIO
Conceives by me! How likes Hortensio that? HORTENSIO
My widow says thus she conceives her tale.
25
PETRUCCIO Very well mended. Kiss him for that, good
widow. KATHERINE
‘He that is giddy thinks the world turns round’ – I pray you tell me what you meant by that. WIDOW
Your husband, being troubled with a shrew, Measures my husband’s sorrow by his woe. And now you know my meaning. KATHERINE
A very mean meaning. WIDOW
414
Right, I mean you.
30
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
PETRUCCIO
Padova non offre altro che piacevolezze. ORTENSIO
Vorrei che fosse vero! Per tutti e due. PETRUCCIO
Caspita! Mi sa proprio che Ortensio ha paura 214 per la sua vedova! VEDOVA
Impaurita io! Non pensatelo nemmeno. PETRUCCIO
Per quanto assennata, non avete inteso il senso215. Volevo dire che Ortensio ha paura di voi. VEDOVA
Chi ha le vertigini pensa che sia il mondo a girargli intorno. PETRUCCIO
Ben rigirato216 per davvero! CATERINA
Signora, cosa volete dire? VEDOVA
Quel che il suo intento mi induce a concepire. PETRUCCIO
La induco a concepire217! Che ne dice Ortensio? Se ne compiace Ortensio? ORTENSIO
La mia vedova dice che, in cotal modo, lei concepisce la sua storia. PETRUCCIO
Ben rimediato! Buona vedova, dategli un bacio! CATERINA
‘Chi ha le vertigini pensa che sia il mondo a girargli intorno’... Vi prego ditemi cosa intendevate con ciò. VEDOVA
Vostro marito, essendo tormentato da una bisbetica, misura l’afflizione del mio col metro del suo sconforto. E ora conoscete il mio intendimento. CATERINA
Un intendimento veramente meschino. VEDOVA
Certamente, dato che intendevo voi. 415
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
KATHERINE
And I am mean indeed respecting you. PETRUCCIO To her, Kate!
35
HORTENSIO To her, widow! PETRUCCIO
A hundred marks my Kate does put her down. HORTENSIO That’s my office. PETRUCCIO
Spoke like an officer! Ha’ to thee, lad. He drinks to Hortensio BAPTISTA
How likes Gremio these quick-witted folks?
40
GREMIO
Believe me, sir, they butt together well. BIANCA
Head and butt? An hasty-witted body Would say your head and butt were head and horn. VINCENTIO
Ay, mistress bride, hath that awakened you? BIANCA
Ay, but not frighted me, therefore I’ll sleep again.
45
PETRUCCIO
Nay, that you shall not. Since you have begun, Have at you for a better jest or two. BIANCA
Am I your bird? I mean to shift my bush, And then pursue me as you draw your bow. You are welcome all. Exit Bianca with Katherine and the Widow PETRUCCIO
She hath prevented me here, Signor Tranio. This bird you aimed at, though you hit her not. Therefore a health to all that shot and missed.
416
50
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
CATERINA
Ed io sono meschina218 veramente se rispetto voi. PETRUCCIO
Attacca, Ketty! ORTENSIO
Attacca, vedova! PETRUCCIO
Cento soldi che la mia Kate se la mette sotto! ORTENSIO
Quello veramente spetterebbe a me. PETRUCCIO
Giusta la spettanza 219. Alla tua salute, ragazzo! Beve alla salute di Ortensio BATTISTA
Che ne dice Gremio, di questi spiritosoni? GREMIO
Credetemi, signore, davvero un bel testa a testa. BIANCA
Testa a testa? Uno lesto di battuta direbbe testa e corna220! VINCENZO
Ah, signora sposa, la cosa vi ha destata? BIANCA
Sì ma non mi ha spaventata, perciò torno a dormire. PETRUCCIO
No, non potete. Visto che avete cominciato, vi prenderete anche voi una frecciata o due. BIANCA
E che sono il vostro uccello221? Allora cambio frasca, inseguitemi pure mentre tendete l’arco. Prego, accomodatevi. Escono Bianca, Caterina e la Vedova PETRUCCIO
Quell’uccello a cui voi, signor Tranio, miraste senza prenderlo, stavolta ha anticipato anche me. E allora alla salute di tutti quelli che tirarono e fecero cilecca!
417
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
TRANIO
O sir, Lucentio slipped me like his greyhound, Which runs himself and catches for his master.
55
PETRUCCIO
A good swift simile, but something currish. TRANIO
’Tis well, sir, that you hunted for yourself. ’Tis thought your deer does hold you at a bay. BAPTISTA
O, O, Petruccio, Tranio hits you now. LUCENTIO
I thank thee for that gird, good Tranio.
60
HORTENSIO
Confess, confess, hath he not hit you here? PETRUCCIO
A has a little galled me, I confess, And as the jest did glance away from me, ’Tis ten to one it maimed you two outright. BAPTISTA
Now in good sadness, son Petruccio, I think thou hast the veriest shrew of all.
65
PETRUCCIO
Well, I say no. – And therefore, Sir Assurance,y Let’s each one send unto his wife, And he whose wife is most obedient To come at first when he doth send for her Shall win the wager which we will propose. HORTENSIO Content. What’s the wager? LUCENTIO Twenty crowns. PETRUCCIO Twenty crowns! I’ll venture so much of my hawk or hound, But twenty times so much upon my wife. LUCENTIO A hundred, then.
70
75
67. Sir Assurance: “Signor Sicumera”; dato che si ritiene improbabile che, nel rivolgersi a Battista, Petruccio voglia essere irriverente, nella traduzione si è scelto di adottare F2, for assurance: “per sicurezza”. 418
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
TRANIO
Eh, signore, Lucenzio mi ha sguinzagliato come suo segugio, io correvo ma la preda era per il mio padrone. PETRUCCIO
Buona e lesta similitudine, anche se un po’ da cani... TRANIO
Buon per voi, signore, che cacciaste per voi stesso. Però la vostra cerva 222 sembra tenervi a bada. BATTISTA
Oh, oh, Petruccio. Adesso Tranio colpisce te. LUCENZIO
Ti ringrazio per lo strale, buon Tranio. ORTENSIO
Ammettetelo, non ha forse colpito nel segno? PETRUCCIO
Ebbene ammetto, mi ha sfiorato. Ma visto che la battuta mi è rimbalzata addosso, dieci a uno che si è andata ad abbattere proprio su voi due. BATTISTA
Beh, è triste dirlo, Petruccio, figlio mio, ma penso proprio che la più bisbetica sia toccata a te. PETRUCCIO
E io dico di no. Perciò, per sicurezza, mandi ognuno a chiamare la sua sposa, e colui che ha la moglie più obbediente, da venire non appena la si chiami, vincerà la posta che ora proporremo. ORTENSIO
Ci sto. Qual è la posta? LUCENZIO
Venti corone. PETRUCCIO
Venti corone? Le scommetterei sul mio falco o il mio segugio, ma venti volte tanto su mia moglie! LUCENZIO
E allora, cento corone.
419
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
HORTENSIO Content. PETRUCCIO A match, ’tis done. HORTENSIO Who shall begin?
80
LUCENTIO That will I.
Go, Biondello, bid your mistress come to me. BIONDELLO I go.
Exit
BAPTISTA
Son, I’ll be your half Bianca comes. LUCENTIO
I’ll have no halves, I’ll bear it all myself.
85
Enter Biondello How now, what news? Sir, my mistress sends you word That she is busy and she cannot come.
BIONDELLO PETRUCCIO
How? She’s busy and she cannot come? Is that an answer? GREMIO Ay, and a kind one, too. Pray God, sir, your wife send you not a worse. PETRUCCIO
I hope, better. HORTENSIO Sirrah Biondello, Go and entreat my wife to come to me forthwith. Exit Biondello PETRUCCIO
O ho, ‘entreat’ her – nay, then she must needs come. HORTENSIO
I am afraid, sir, do what you can,
420
90
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
ORTENSIO
Ci sto. PETRUCCIO
Affare fatto. ORTENSIO
Chi comincia? LUCENZIO
Sarò io. Va Biondello, di’ alla tua padrona di venire da me. BIONDELLO
Vado. Esce BATTISTA
Figliolo, scommetto a mezzo con voi che Bianca arriva. LUCENZIO
Non farò a mezzo con nessuno. La posta è tutta mia. Entra Biondello E allora, che notizie? BIONDELLO
Signore, la mia padrona vi manda a dire che è occupata e che non può venire. PETRUCCIO
Come, come? È occupata e non può venire? È questa la risposta? GREMIO
Certo, ed è anche gentile. Pregate dio, signore, che vostra moglie non ve ne mandi una peggiore. PETRUCCIO
Migliore, spero io! ORTENSIO
Messer Biondello, pregate mia moglie di venire subito da me. Esce Biondello PETRUCCIO
Oh oh... “pregatela”, allora verrà sicuramente! ORTENSIO
Mi dispiace per voi signore, non credo che la vostra si lascerà pregare.
421
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
Enter Biondello Yours will not be entreated. Now, where’s my wife? BIONDELLO
She says you have some goodly jest in hand. She will not come. She bids you come to her.
96
PETRUCCIO
Worse and worse! She will not come – O vile, Intolerable, not to be endured! Sirrah Grumio, go to your mistress. Say I command her come to me. Exit Grumio
100
HORTENSIO
I know her answer. PETRUCCIO
What?
HORTENSIO
She will not.
PETRUCCIO
The fouler fortune mine, and there an end. Enter Katherine BAPTISTA
Now by my halidom, here comes Katherina. KATHERINE (to Petruccio)
What is your will, sir, that you send for me?
105
PETRUCCIO
Where is your sister and Hortensio’s wife? KATHERINE
They sit conferring by the parlour fire. PETRUCCIO
Go, fetch them hither. If they deny to come, Swinge me them soundly forth unto their husbands. Away, I say, and bring them hither straight. Exit Katherine LUCENTIO
Here is a wonder, if you talk of wonders. HORTENSIO
And so it is. I wonder what it bodes.
422
110
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
Rientra Biondello Allora? Dov’è mia moglie? BIONDELLO
Lei dice che forse vi va di scherzare. Lei non verrà, lei dice: piuttosto andate voi da lei. PETRUCCIO
Peggio che peggio! Lei non verrà... che cosa indegna, intollerabile, insopportabile! Messer Grumio, va dalla tua padrona e dille che le ordino di venire. Esce Grumio ORTENSIO
So la sua risposta. PETRUCCIO
Cioè? ORTENSIO
Non verrà. PETRUCCIO
Tanto peggio per me, la cosa finirà lì. Entra Caterina BATTISTA
Per la madonna 223! Ecco che viene Caterina. CATERINA (a Petruccio) Che comandate, mio signore, che mi avete chiamata? PETRUCCIO
Dove sono tua sorella e la moglie di Ortensio? CATERINA
Sedute a chiacchierare in salotto, vicino al caminetto. PETRUCCIO
Vai, valle a prendere. E se rifiutano, trascinale a frustate dai loro mariti. Vai, ti dico, e portale qui subito. Esce Caterina LUCENZIO
Questo sì che è un portento, se si parla di prodigi. ORTENSIO
Proprio così. Mi chiedo cosa annunci. 423
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
PETRUCCIO
Marry, peace it bodes, and love, and quiet life; An aweful rule and right supremacy, And, to be short, what not that’s sweet and happy. BAPTISTA
Now fair befall thee, good Petruccio, The wager thou hast won, and I will add Unto their losses twenty thousand crowns, Another dowry to another daughter, For she is changed as she had never been.
116
120
PETRUCCIO
Nay, I will win my wager better yet, And show more sign of her obedience, Her new-built virtue and obedience. Enter Katherine, Bianca, and the Widow See where she comes, and brings your froward wives As prisoners to her womanly persuasion. Katherine, that cap of yours becomes you not. Off with that bauble, throw it underfoot.
125
Katherine throws down her cap WIDOW
Lord, let me never have a cause to sigh Till I be brought to such a silly pass. BIANCA
Fie, what a foolish duty call you this?
130
LUCENTIO
I would your duty were as foolish, too. The wisdom of your duty, fair Bianca, Hath cost me a hundred crowns since supper-time. BIANCA
The more fool you for laying on my duty. PETRUCCIO
Katherine, I charge thee tell these headstrong women What duty they do owe their lords and husbands. WIDOW
Come, come, you’re mocking. We will have no telling. 424
136
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
PETRUCCIO
Perdiana, annuncia pace, e amore e vita quieta, il timore della legge e la giusta autorità 224. A farla breve tutte cose piacevoli, che rendono felici. BATTISTA
Ti arrida la fortuna, buon Petruccio, la posta tu l’hai vinta, ed io aggiungerò alle loro puntate altre ventimila corone. Un’altra dote per un’altra figlia, perché lei si è mutata in ciò che non è mai stata. PETRUCCIO
No, voglio guadagnarmi ancora meglio la mia posta e mostrare altri segni della sua obbedienza, della sua obbedienza e della sua or ora acquisita virtù. Entrano Caterina, Bianca e la Vedova Guardate come riporta le vostre riottose mogli, incatenate dalla sua persuasione muliebre. Caterina, quella cuffia non ti dona affatto! Togliti quella cianfrusaglia e pestala sotto i piedi. Caterina butta giù la sua cuffia VEDOVA
Dio mio, risparmiami ogni cruccio, almeno fin quando non mi riduca a diventare così scema! BIANCA
Vergogna, che stolta devozione è questa? LUCENZIO
Vorrei che la vostra fosse altrettanto stolta, la saggezza della tua devozione, dalla cena a ora, mi è già costata cento corone! BIANCA
Ancora più stolto tu a scommetterci sopra. PETRUCCIO
Caterina, te lo ordino, ricorda a queste due testarde quali doveri le obbligano verso i loro mariti e signori. VEDOVA
Via, via ci state prendendo in giro, noi non vogliamo sermoni.
425
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
PETRUCCIO
Come on, I say, and first begin with her. WIDOW She shall not. PETRUCCIO
I say she shall: and first begin with her.
140
KATHERINE
Fie, fie, unknit that threat’ning, unkind brow, And dart not scornful glances from those eyes To wound thy lord, thy king, thy governor. It blots thy beauty as frosts do bite the meads, Confounds thy fame as whirlwinds shake fair buds, And in no sense is meet or amiable. A woman moved is like a fountain troubled, Muddy, ill-seeming, thick, bereft of beauty, And while it is so, none so dry or thirsty Will deign to sip or touch one drop of it. Thy husband is thy lord, thy life, thy keeper, Thy head, thy sovereign, one that cares for thee, And for thy maintenance commits his body To painful labour both by sea and land, To watch the night in storms, the day in cold, Whilst thou liest warm at home, secure and safe, And craves no other tribute at thy hands But love, fair looks, and true obedience, Too little payment for so great a debt. Such duty as the subject owes the prince, Even such a woman oweth to her husband, And when she is froward, peevish, sullen, sour, And not obedient to his honest will, What is she but a foul contending rebel, And graceless traitor to her loving lord? I am ashamed that women are so simple To offer war where they should kneel for peace, Or seek for rule, supremacy, and sway When they are bound to serve, love, and obey. Why are our bodies soft, and weak, and smooth, Unapt to toil and trouble in the world, 426
146
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170
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
PETRUCCIO
Avanti, ti dico, e comincia proprio da lei. VEDOVA
Non lo farà. PETRUCCIO
Io dico che lo farà e comincerà da lei. CATERINA
Su, su, spiana quella fronte aggrottata e minacciosa e non lanciare dagli occhi quegli sguardi sprezzanti per ferire il tuo signore, il tuo re, il tuo governatore. Questa cosa rovina la tua bellezza, come il gelo che morde i prati, offusca la tua immagine come il turbine che scuote i bei boccioli, e in nessun modo risulta decorosa o amabile. Una donna alterata è come una fonte intorbidita: fangosa, opaca, sgradevole, priva di bellezza, e fintanto che è così nessuno, per quanto riarso o assetato, si degnerà di berne o toccarne una sola goccia. Lo sposo è il tuo signore, la tua vita, il tuo custode, il tuo capo, il tuo sovrano, uno che si prende cura di te e del tuo sostentamento, esponendosi per mare e per terra alla fatica dello sforzo, vegliando nelle notti di tempesta o nelle giornate di freddo, mentre a te che a casa resti al sicuro ed al calduccio, lui non chiede altro che affetto, amabilità e una devozione sincera. Un prezzo irrisorio per un debito così grande. La moglie deve al marito la stessa obbedienza che si deve al principe, e quando lei è scorbutica, lamentosa, immusonita, acida e ribelle all’onesto volere di lui, cosa diventa se non un suddito vile, infame e traditore del suo amorevole sovrano225? Io mi vergogno quando le donne sono così ottuse da far la guerra quando dovrebbero implorare la pace, o quando vogliono il governo, la supremazia, l’autorità laddove sono invece tenute a servire, amare ed obbedire. Perché mai dovrebbero i nostri corpi essere soffici, fragili e delicati, inadatti agli sforzi e agli affanni del
427
THE TAMING OF THE SHREW, ACT 5 SCENE 1
But that our soft conditions and our hearts Should well agree with our external parts? Come, come, you froward and unable worms, My mind hath been as big as one of yours, My heart as great, my reason haply more, To bandy word for word and frown for frown; But now I see our lances are but straws, Our strength as weak, our weakness past compare, That seeming to be most which we indeed least are. Then vail your stomachs, for it is no boot, And place your hands below your husband’s foot, In token of which duty, if he please, My hand is ready, may it do him ease.
175
181
PETRUCCIO
Why, there’s a wench! Come on, and kiss me, Kate. They kiss LUCENTIO
Well, go thy ways, old lad, for thou shalt ha’t.
186
VINCENTIO
’Tis a good hearing when children are toward. LUCENTIO
But a harsh hearing when women are froward. PETRUCCIO Come, Kate, we’ll to bed.
We three are married, but you two are sped. ’Twas I won the wager, though (to Lucentio) you hit the white, And being a winner, God give you good night. Exit Petruccio with Katherine HORTENSIO
Now go thy ways, thou hast tamed a curst shrew. LUCENTIO
’Tis a wonder, by your leave, she will be tamed so. Exeunt
428
190
LA BISBETICA DOMATA, ATTO V SCENA 1
mondo, se non perché la nostra naturale tenerezza e i nostri cuori ben si accordino al nostro aspetto esteriore? Su, su, vermiciattoli 226 inermi e bizzosi, anch’io son stata orgogliosa come voi, il mio cuore altrettanto superbo, il mio intelletto ancora di più, pronta a ribattere parola per parola e restituire cipiglio per cipiglio. Ma ora mi accorgo che i nostri strali non sono che pagliuzze, la nostra forza troppo debole e la nostra debolezza infinita, a cercar tanto di sembrare ciò che invero siamo molto poco. Allora abbassate la cresta, tanto a nulla serve e allo scopo di mostrar sottomissione, se gli fa piacere, stendete sotto al piede suo la mano vostra, così che a conforto dello sposo, pronta, come la mia, essa sia posta. PETRUCCIO
Ehi ma che ragazza!Vieni qui Ketty e dammi un bacio. Si baciano LUCENZIO
E tu compare, vai per la tua strada, che ormai la via è per te spianata. VINCENZO
È bello da sentire quando i figli son docili e obbedienti. LUCENZIO
È brutto da sentire se le mogli son bisbetiche e saccenti. PETRUCCIO
Vieni Ketty, andiamo a letto. Siam tutti e tre sposati, loro due però sono spacciati. (A Lucenzio) Tu hai colto il bianco del bersaglio227, io ho fatto centro pieno e, da vincitore della puntata, auguro a tutti voi una felice nottata. Escono Petruccio e Caterina ORTENSIO
Vai, va’ per la tua strada, hai domato una bisbetica invasata. LUCENZIO
Con licenza, c’è da chieder228 se domar si sia lasciata. Escono
429
THE TAMING OF THE SHREW, ADDITIONAL PASSAGES
ADDITIONAL PASSAGES
The Taming of A Shrew, printed in 1594 and believed to derive from Shakespeare’s play as performed, contains episodes continuing and rounding off the Christopher Sly framework which may echo passages written by Shakespeare but not printed in the Folio. They are given below.
A. The following exchange occurs at a point for which there is no exact equivalent in Shakespeare’s play. It could come at the end of 2.1. The ‘fool’ of the first line is Sander, the counterpart of Grumio. Then Sly speaks SLY Sim, when will the fool come again? LORD He’ll come again, my lord, anon. SLY Gi’s some more drink here. Zounds, where’s the
tapster? Here, Sim, eat some of these things. LORD So I do, my lord. SLY Here, Sim, I drink to thee. LORD My lord, here comes the players again. SLY O brave, here’s two fine gentlewomen.
430
5
LA BISBETICA DOMATA, AGGIUNTE AL TESTO
AGGIUNTE AL TESTO
Il testo di Una bisbetica domata stampato nel 1594 e presumibilmente derivato dalla versione recitata in teatro contiene degli episodi che riprendono il personaggio di Christopher Sly fino al completamento della cornice che lo vede protagonista. In tali passi si potrebbe riscontrare l’eco di una scrittura shakespeariana di cui però l’in-folio non reca traccia. Essi sono riportati qui di seguito.
A. Il seguente scambio avviene in un punto per cui non c’è esatta corrispondenza nel dramma shakespeariano. Potrebbe collocarsi alla fine di II, 1. Il ‘buffone’ del primo verso è Sanders, il corrispettivo di Grumio. Interviene Sly SLY
Sim229, quand’è che torna il buffone? SIGNORE
Torna subito eccellenza. SLY
Ehi dateci da bere qua. Cribbio dov’è il taverniere? Tieni, Sim, mangia un po’ di questa roba. SIGNORE
La mangio, la mangio, mio signore. SLY
A te, Sim, bevo alla tua salute. SIGNORE
Mio signore, stanno di nuovo entrando gli attori. SLY
Grande! Ecco due belle gentildonne.
431
THE TAMING OF THE SHREW, ADDITIONAL PASSAGES
B. This passage comes between 4.5 and 4.6. If it originates with Shakespeare it implies that Grumio accompanies Petruccio at the beginning of 4.6. SLY Sim, must they be married now? LORD Ay, my lord.
Enter Ferando and Kate and Sander SLY Look, Sim, the fool is come again now.
C. Sly interrupts the action of the play-within-play. This is at 5.1.102 of Shakespeare’s play. Phylotus and Valeria runs away. Then Sly speaks SLY I say we’ll have no sending to prison. LORD My lord, this is but the play. They’re but in jest. SLY I tell thee, Sim, we’ll have no sending to prison,
that’s flat. Why, Sim, am not I Don Christo Vary? Therefore I say they shall not go to prison. LORD No more they shall not, my lord. They be run away. SLY Are they run away, Sim? That’s well. Then gi’s some more drink, and let them play again. LORD Here, my lord. Sly drinks and then falls asleep
432
5
LA BISBETICA DOMATA, AGGIUNTE AL TESTO
B. Questo scambio si colloca tra IV. 5 e IV. 6. Se fosse di Shakespeare implicherebbe che Grumio accompagna Petruccio all’inizio di IV. 6. SLY
Sim, ora che fanno, si sposano? SIGNORE
Sì, mio signore. Entrano Ferando [Petruccio], Caterina e Sander [Grumio] SLY
Guarda Sim, è tornato il buffone.
C. Sly interrompe l’azione del dramma nel dramma. Nel dramma shakespeariano questo si collocherebbe in V. 1. 102. Phylotus [il Pedante] e Valeria [Tranio] scappano. Sly interviene SLY
Io dico che in galera non ci si manda nessuno. SIGNORE
Mio signore, ma non è che una commedia. Fanno finta. SLY
E io ti dico che in galera non ci deve andare nessuno, è chiaro? Sono o non sono Don Cristo Vario230? Quindi io dico che nessuno va in galera. SIGNORE
Ma certo che non ci andranno, se la sono data a gambe! SLY
Se la sono data a gambe, Sim? Tanto meglio. Allora versami da bere e falli recitare ancora. SIGNORE
Ecco, mio signore. Sly beve e poi cade addormentato
433
THE TAMING OF THE SHREW, ADDITIONAL PASSAGES
D. Sly is carried off between 5.1 and 5.2. Exeunt omnes Sly sleeps LORD
Who’s within there? Come hither, sirs, my lord’s Asleep again. Go take him easily up And put him in his own apparel again, And lay him in the place where we did find him Just underneath the alehouse side below. But see you wake him not in any case.
5
BOY
It shall be done, my lord. Come help to bear him hence. Exit
E. The conclusion. Then enter two bearing of Sly in his own apparel again and leaves him where they found him and then goes out. Then enter the Tapster TAPSTER
Now that the darksome night is overpast And dawning day appears in crystal sky, Now must I haste abroad. But soft, who’s this? What, Sly! O wondrous, hath he lain here all night? I’ll wake him. I think he’s starved by this, But that his belly was so stuffed with ale. What ho, Sly, awake, for shame! SLY Sim, gi’s some more wine. What, ’s all the players gone? Am not I a lord? TAPSTER
A lord with a murrain! Come, art thou drunken still?
434
5
LA BISBETICA DOMATA, AGGIUNTE AL TESTO
D. Sly è portato via tra V. 1 e V. 2 Escono tutti. Sly dorme SIGNORE
Chi è in casa? Ehi voi, venite qui, il mio signore si è di nuovo addormentato. Prendetelo piano piano e rimettetegli i suoi vestiti, e poi lasciatelo di nuovo dove lo abbiamo raccolto, proprio all’angolo sotto la taverna. Ma badate bene di non svegliarlo. SERVO
Signore, sarà fatto. Su, aiutatemi a portarlo via. Esce
E. Conclusione Entrano due che portano Sly di nuovo con i suoi vestiti e lo lasciano dove l’avevano trovato, poi escono. Entra il taverniere TAVERNIERE
Ora che l’oscura notte è ormai trascorsa e l’albeggiante giorno appare nel cielo cristallino… allora devo proprio uscire231. Ma, piano, chi è questo? Cosa? Sly? Che miracolo! È stato qui tutta la notte? Lo sveglierò. Se non fosse stato così pieno di birra, a quest’ora sarebbe morto di fame. Ehi, oh, Sly sveglia! Vergogna! SLY
Sim, ancora un po’ di vino. Cosa? Spariti tutti gli attori? E io non sono un signore? TAVERNIERE
Sì un signore con la rogna232! Sei ancora ubriaco?
435
THE TAMING OF THE SHREW, ADDITIONAL PASSAGES
SLY
Who’s this? Tapster? O Lord, sirrah, I have had The bravest dream tonight that ever thou Heardest in all thy life.
11
TAPSTER
Ay, marry, but you had best get you home, For your wife will course you for dreaming here tonight. SLY
Will she? I know now how to tame a shrew. I dreamt upon it all this night till now, And thou hast waked me out of the best dream That ever I had in my life. But I’ll to my Wife presently and tame her too, An if she anger me. TAPSTER
Nay, tarry, Sly, for I’ll go home with thee And hear the rest that thou hast dreamt tonight. Exeunt omnes
436
20
LA BISBETICA DOMATA, AGGIUNTE AL TESTO
SLY
Ma chi è? Il taverniere? O signoriddio, ho fatto il sogno più ardito che tu abbia mai sentito in vita tua. TAVERNIERE
Sicuramente, ma faresti meglio a tornartene a casa, sai come ti corre dietro tua moglie per essere stato qui stanotte a sognare! SLY
Ah, sì? Ma ora so come domare una bisbetica. L’ho sognato tutta la notte e tu sei venuto a svegliarmi dal migliore sogno della mia vita. Ma ora vado da mia moglie e domo pure lei se mi fa girare le scatole. TAVERNIERE
No, aspetta, Sly, voglio venire con te e ascoltare il resto del tuo sogno di stanotte. Escono tutti
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The Comedy of Errors La commedia degli errori Testo inglese a cura di GARY TAYLOR Nota introduttiva, traduzione e note di ANTONIO CASTORE
Nota introduttiva
La commedia degli errori occupa un posto particolare all’interno del canone shakespeariano. Scritta per il ristretto e colto pubblico delle scuole di giurisprudenza londinesi, deve a questa sua origine alcune delle sue caratteristiche più peculiari: non solo l’ambientazione giuridica, ma anche l’impianto classico e la compattezza della scena, insolitamente concentrata intorno ad un solo luogo, la piazza di Efeso. Unico caso insieme a La tempesta a rispettare anche le altre “unità”, di tempo e di azione, La commedia degli errori è il dramma più breve di Shakespeare e si annuncia da subito come richiamo e prolungamento della tradizione. Al centro di ogni sviluppo drammatico, come più tardi nella Dodicesima notte, il tema dei gemelli e degli “errori” indotti dall’estrema somiglianza. Immediatamente riconoscibili al pubblico elisabettiano sono tanto il modello da cui è tratto quel tema, i Menaechmi di Plauto, quanto il virtuosismo con cui Shakespeare, introducendo una seconda coppia di gemelli identici, complica il meccanismo degli scambi di persona. Il gioco di ripresa e superamento della tradizione, con l’implicito invito al pubblico a riconoscere l’operazione, aveva certo un ruolo importante nella costruzione dell’effetto scenico. Tuttavia il lavoro di rimodellamento della materia da parte di Shakespeare è complesso e raffinato, sicché il rapporto con le fonti antiche, persa l’immediatezza del riconoscimento e cambiati, con il contesto culturale, il gusto e le convenzioni estetiche, ha per lunghi anni pesato negativamente nella valutazione del dramma. Interpretata per lo più come farsa, La commedia degli errori è stata ora svalutata ora esaltata per la “convenzionalità” dei suoi meccanismi e del comico in essa prodotto, ma solo in anni relativamente recenti restituita alla complessità che le è propria. 441
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
“Procedi, Solino, chiudi la parabola della mia caduta; e col giudizio capitale poni fine alle mie pene e a ogni cosa.” Questa la battuta di apertura de La commedia degli errori: a pronunciarla è il vecchio Egeone, sotto processo per aver violato il divieto di approdo a Efeso, dove è giunto alla ricerca del figlio e dove infine ritroverà, con questi, anche il resto della famiglia da cui era stato diviso, anni addietro, da un infausto naufragio. Da un punto di vista strutturale il suo ruolo non è dissimile a quello del Prologo dei Menaechmi: come questi, egli deve raccontare l’antefatto, introdurre i personaggi che di lì a poco si agiteranno sulla scena, dare avvio all’azione. Eppure il tono – grave – delle parole di Egeone infonde da subito alla materia scenica una piega diversa, che parrebbe contrastare con la giocosità annunciata nel titolo. Già qui è la commedia tutta ad annunciare la propria diversità dai modelli della tradizione. Questo inizio che invoca, immediata, la fine; il senso di latente tragedia che apre e accompagna il corso della commedia; il suo tempo, diviso tra il narrativo, lineare, “procedere” e l’azione che di continuo si ingorga, divaga, rimanda, secondo la tecnica che la retorica del tempo conosce come “amplificazione” (K. Cartwright); sono queste solo le prime di tante contraddizioni che popolano il testo. Altre e più potenti se ne apriranno con l’ingresso in scena delle due coppie di gemelli identici, che getterà il mondo di Efeso nello scompiglio e metterà in scena, insieme alla ricerca dell’altro, il dramma dell’identità, individuale e sociale: “Io al mondo sto come una goccia caduta nell’oceano per ritrovarne un’altra; che, trasparente agli sguardi, aggirandosi inquieta, nella ricerca del simile finisce per smarrire se stessa” (I, 2, 35-38), dirà Antifolo di Siracusa, personaggio “desiderante” per eccellenza, in cerca di completamento. Con il tempo altro degli errori, si inaugura quello dell’azione, del rovesciamento carnevalesco e del comico farsesco; ma anche, al tempo stesso, dell’inganno dei sensi e della ragione, dello smarrimento di sé. La confusione dilaga, “simpatetica” e contagiosa, in ogni ambito, strutturando tanto le relazioni dei personaggi in scena, quanto il loro linguaggio e i temi che in esso prendono corpo, sino alla risposta stessa del pubblico. Così il gioco astratto e meccanico dei fratelli scambiati l’uno per l’altro si tinge di realismo psicologico, soprattutto quando è messo a reagire con il tema d’amore, quando cioè è la persona amata a rivelarsi diversa da quello che appare. D’altra parte, se alla fine il gioco delle identità, delle divisioni, degli errori, verrà decifrato; se arriverà “dopo tanto dolore [...] l’ora della festa” (V, 442
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1, 409), tuttavia la ricomposizione finale lascia intravedere sottili crepe, quasi a tradirsi incompleta, “provvisoria” (J. Bate). Ma allora, come la critica più recente sottolinea, proprio questi spazi di contraddizione non risolta rappresentano il più raffinato meccanismo drammatico messo in opera da Shakespeare nella Commedia degli errori, e il suo tratto distintivo rispetto alle fonti. La coesistenza di opposti principi, l’oscillare tra “religione e superstizione, identità e confusione, morale ed eccessi” (T. S. Dorsch), tra l’ilarità della farsa e lo spaesamento perturbante dell’incubo o dell’incantamento (B. Freedman, K. Cartwright), con l’invito allo spettatore ora a godere del proprio punto di vista distante e onnisciente, ora a immedesimarsi con l’erranza dei personaggi, con il loro smarrirsi. Data e trasmissione del testo A differenza di molte altre opere shakespeariane, La commedia degli errori non solleva grandi problemi di datazione. Gli studiosi sono concordi nel considerare il 28 dicembre del 1594 come data della prima rappresentazione. Non altrettanto unanime è invece il parere circa la data di composizione, avvenuta secondo alcuni espressamente per l’occasione; per altri invece il testo sarebbe da collocare tra i primi dell’intero canone shakespeariano, e dunque intorno al 1588: l’ambientazione classica sarebbe indizio di una prova sostanzialmente scolastica, in seguito ripresa per la messa in scena di cui è giunta traccia sino a noi. La scelta del soggetto, tuttavia, si giustifica ampiamente pensando all’uditorio ristretto, giovane e colto, delle scuole di giurisprudenza londinesi, le Inns of Court, per cui fu scritta, mentre l’efficacia del congegno drammatico e l’abilità con cui Shakespeare combina fonti diverse e invenzione personale in un tutto fluido e compatto difficilmente si accordano con l’ipotesi di una scrittura agli esordi. Le notizie della rappresentazione del 1594, tramandate dalle Gesta Grayorum, le cronache della Gray’s Inn, ci riportano ad un clima di festa di tipo carnevalesco, tipico del periodo tra il Natale e l’Epifania, in cui era consuetudine organizzare intrattenimenti di vario genere presso le diverse Inns of Court. Se si presta fede al puntiglioso resoconto che di quell’anno recano le Gesta, i festeggiamenti del giorno degli Innocenti, il 28 dicembre, furono memorabili. Si racconta di come parte dello spettacolo previsto non poté aver luogo a causa del grande tumulto provocato da un accalcarsi di “lord, dame ed eccellentissimi personaggi” sul palco, 443
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tale da non lasciare spazio agli attori. Indispettito per l’inconveniente, il rettore di una scuola amica, l’Inner Temple, invitato per l’occasione, avrebbe abbandonato i festeggiamenti, che continuarono con una rappresentazione “simile al Menechmus di Plauto. Così quella notte cominciò e proseguì sino alla fine in nient’altro che Confusione ed Errori, per cui da allora in poi venne sempre chiamata La Notte degli Errori”. Sappiamo inoltre che, a dieci anni esatti dagli eventi narrati nelle Gesta, il 28 dicembre 1604, Giacomo I, succeduto l’anno precedente a Elisabetta, fece rappresentare The Plaie of Errors di “Shaxberd”. Anche dal punto di vista filologico e testuale, la Commedia non solleva particolari problemi e si presta ad una ricostruzione relativamente semplice. L’8 novembre 1623 viene iscritta, insieme ad altre trentasei tra “commedie, drammi storici e tragedie”, sullo Stationers’ Register, il registro dei librai londinesi, in quanto parte della prima grande raccolta di testi shakespeariani, nota come primo in-folio. Il testo deve essere stato composto per la stampa direttamente a partire da un manoscritto autografo, probabilmente utilizzato anche come testo di scena (prompt book) per la rappresentazione alla Gray’s Inn, sul quale si intravedono pochi interventi esterni. Non essendo stato, a quanto risulta, pubblicato in precedenza o separatamente – verosimilmente perché poco adatto, per la breve durata e il tipo di scena richiesta, a rappresentazioni pubbliche nei teatri – il testo del primo in-folio rimane tuttora l’unica fonte attendibile per le edizioni moderne. Gli editori dell’in-folio del 1632, così come del 1663 o del 1685, infatti, se da un lato correggono alcuni errori del primo in-folio, da un altro ne aggiungono di nuovi. L’in-folio divide la commedia in cinque atti, mentre la suddivisione in scene si deve alla critica settecentesca. Le fonti La principale fonte della Commedia degli errori sono i Menaechmi di Plauto, da cui Shakespeare trae l’impianto generale della vicenda, alcuni personaggi e alcuni riferimenti geografici. Se è facile che l’autore abbia avvicinato il testo già negli anni della formazione presso la grammar school di Stratford, per altro verso va detto che la commedia di Plauto veniva spesso rappresentata, sia in latino che in adattamenti in inglese. Proprio nel 1594, inoltre, veniva iscritta nello Stationers’ Register la prima traduzione inglese a noi nota, ad opera di William Warner, che certamente 444
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Shakespeare tenne presente nella stesura della sua commedia. In Plauto è il giovane mercante di Siracusa Maenechmus a porsi insieme al servo Messenio alla ricerca del gemello scomparso: al termine di una lunga serie di equivoci causata dall’estrema somiglianza dei giovani (e dall’identità dei loro nomi) lo ritroveranno nella città di Epidamno, dove egli vive da tempo. In Shakespeare due sono le coppie di gemelli, perfettamente speculari: quella dei padroni e quella dei servi, giacché ciascuno dei fratelli Antifolo ha al proprio servizio uno dei due fratelli Dromio – anch’essi indistinguibili tanto nel nome quanto nell’aspetto. Nella commedia plautina l’identità dei nomi trova spiegazione nell’antefatto della vicenda, narrato nel Prologo, non tradotto da Warner e non presente neanche in Shakespeare: Maenechmus prende infatti il nome del fratello, partito all’età di sette anni con il padre alla volta di Taranto e poi rapito durante una fiera da un mercante di Epidamno. Morto di dolore il padre, sarà il nonno, in memoria del nipote scomparso, a trasferirne il nome al fratello rimasto con lui. In Shakespeare si accenna solo di sfuggita al fatto che Antifolo di Siracusa, pur avendo perso il fratello, ne “aveva conservato il nome”: si deve invece al naufragio narrato nella prima scena dal padre dei gemelli, Egeone, la separazione delle coppie. Una didascalia spuria sembra tuttavia recare memoria dell’antefatto plautino, laddove Adriana viene annunciata come “moglie di Antipholus Sereptus”, ovvero “rapito”. Dei Maenechmi rimangono nella Commedia degli errori anche l’ambientazione marittima e commerciale, che Shakespeare svilupperà ulteriormente. L’introduzione della seconda coppia di gemelli da parte di Shakespeare rappresenta un’innovazione importante sia dal punto di vista drammatico che da quello dei temi e significati: le occasioni di scambio di persona e relativi equivoci si moltiplicano, influenzando così l’orchestrazione dei tempi, delle entrate e delle uscite di scena dei diversi personaggi; al tempo stesso il continuo gioco di composizione e scomposizione di coppie finisce infatti per porre al centro il tema della relazione, e in particolare del vincolo coniugale, del rapporto d’amore e del legame familiare, trattati con una sensibilità e una profondità assenti nella fonte latina. Acquistano di conseguenza nuova importanza un vasto numero di personaggi minori, primi tra tutti i personaggi femminili (Adriana, Luciana, la cuoca Nella, la cortigiana) e i genitori dei gemelli Antifolo, Egeone ed 445
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Emilia. Proprio il maggior spazio riservato a figure femminili, insieme al ridimensionamento del ruolo della cortigiana – e con essa del tema erotico – costituiscono altra importante innovazione. Accanto ai Maenechmi un altro testo di Plauto, l’Amphitruo, è da annoverare tra le fonti della Commedia degli errori, soprattutto per la prima scena del terzo atto, in cui magistralmente Shakespeare condensa il materiale di due lunghi atti della commedia latina. Da qui, inoltre, egli trae probabilmente anche l’idea della doppia coppia di gemelli. In Plauto, infatti, la vicenda vede il generale Amphitruo, di ritorno dalla guerra contro Tebe, e il servo Sosia – inviato da questi ad annunciare alla moglie Alcmena il trionfale ritorno a casa – duplicati per intervento divino da Giove e Mercurio. I quali, prese le sembianze del condottiero e del suo uomo, e anticipatone l’arrivo a casa, possono occuparne il posto: Giove godrà così dei favori di Alcmena mentre Mercurio sorveglierà la porta, impedendo l’ingresso ai veri pretendenti, minacciando a parole e gesti il suo omologo Sosia e gettando questi e il suo padrone in una profonda crisi d’identità e di ruolo. Fatta eccezione per l’origine soprannaturale della somiglianza e per l’elemento erotico – che Shakespeare attenua facendone solo un’immotivata ragione di gelosia e onore ferito – la situazione si ripete nella Commedia degli errori: con la differenza che qui non c’è inganno, nessuno è artefice degli scambi di persona ma tutti ne sono vittime inconsapevoli, ognuno intrappolato in una rete di equivoci e false apparenze. La parte iniziale – ovvero la prima scena – e quella finale della Commedia degli errori, che costituiscono una sorta di cornice all’azione più propriamente ispirata ai modelli plautini, traggono invece ispirazione dal romanzo alessandrino di Apollonio di Tiro e dai suoi rifacimenti medievali e rinascimentali, in particolare dalla Confessio amantis di John Gower (1386-1390) e dalla versione che Laurence Twine ne dà nel suo Pattern of painful adventures (1576). Più in generale la cornice, in cui, per voce del vecchio Egeone, si raccontano le peripezie per mare, il naufragio e la separazione dei membri della famiglia, ricalca il gusto dell’avventura tipico del genere del romance, che andava affermandosi nel teatro elisabettiano. È opinione diffusa l’idea che Shakespeare abbia avuto il testo di Gower come fonte diretta, sebbene la sua abitudine di usare come fonti testi di recente pubblicazione faccia pensare piuttosto all’opera di Twine, che proprio nel 1594 vide una seconda edizione. 446
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All’opera di Twine, così come a quella di Gower, Shakespeare tornerà a guardare per la stesura di un romance della sua tarda produzione, Pericle principe di Tiro (1607). Reminiscenze di diverse letture si ritrovano comunque nella commedia: il nome Antifolo, ad esempio, è quello di un personaggio dell’Arcadia di Sidney, mentre il riferimento al duca Menafone, zio di Solino (V, 1), richiama il titolo del romanzo pastorale di Robert Greene, Menaphon. Un ruolo importante ricoprono i riferimenti biblici – attraverso la Bibbia di Ginevra del 1560 – ed in particolare gli Atti degli apostoli e le Lettere di San Paolo, dove Shakespeare deve aver trovato ulteriore conforto alla scelta dell’ambientazione in Efeso. Negli Atti, in cui si narrano i viaggi di Paolo di Tarso e la prima predicazione del Vangelo, non solo vengono nominate quasi tutte le località citate nella Commedia degli errori, ma la stessa città di Efeso, ostile alla parola di Paolo, riceve la caratterizzazione di luogo pieno di “confusione”. La Lettera agli Efesini, invece, e in particolare i capitoli 4, 5 e 6, in cui Paolo raccomanda il rispetto e l’amore reciproco tra uomo e donna ed enuncia una serie di precetti di condotta familiare e coniugale, tra cui la sottomissione della moglie al marito, fanno da palinsesto al dialogo tra Adriana e Luciana nel secondo atto. La vicenda La vicenda si svolge ad Efeso, nello spazio ristretto che si apre sulla piazza del mercato, tra la casa di Antifolo (la Fenice), la locanda (il Centauro), la casa della cortigiana (il Porcospino) e l’abbazia. L’azione prende avvio in medias res, con la condanna a morte del mercante siracusano Egeone, colpevole d’avere violato il divieto di approdo ad Efeso. Concesso ad Egeone il privilegio di raccontare le ragioni del suo azzardo, il duca Solino si impietosisce per le sfortunate vicende del mercante e della sua famiglia dispersa in mare, e concede di rinviare l’esecuzione sino al tramonto, in modo che egli possa raccogliere la somma necessaria al riscatto. Nel lungo monologo di Egeone, che occupa quasi per intero la prima scena, si narra della prodigiosa nascita (delle due coppie) di gemelli simillimi, del naufragio che porta alla separazione dalla moglie Emilia e da uno dei figli, della partenza dell’altro figlio, compiuto il diciottesimo anno d’età, alla ricerca del fratello e della madre, e infine dei propri viaggi intrapresi per ritrovare l’uno e gli altri, sino all’ultimo approdo, ad Efeso. 447
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Dal secondo atto ha inizio l’azione vera e propria, con l’ingresso di Antifolo e del servo Dromio di Siracusa, cui da subito viene dato consiglio di tener celata la propria provenienza, vista l’inimicizia tra la loro città e quella di Efeso. Inizia così la progressiva perdita d’identità e il relativo, crescente, smarrimento dei due. Poco dopo ha luogo un primo scambio di persona, laddove al Dromio di Siracusa, appena uscito di scena, subentra il gemello di Efeso che, convinto di parlare al proprio padrone, cerca di convincere Antifolo a rientrare per il pranzo. Nel frattempo (II, 1) Adriana, tormentata dalla gelosia, lamenta con Luciana i continui ritardi e l’assenza del marito, Antifolo di Efeso, e confessa che volentieri rinuncerebbe alla catena promessale in dono dal marito, purché egli si dimostri fedele al vincolo che li lega. Antifolo di Siracusa intanto ritrova il suo Dromio (II, 2) con il quale intavola una comica diatriba pseudofilosofica sul Tempo, poi interrotta dall’ingresso di Luciana e Adriana. Dopo una scenata di gelosia (rivolta all’Antifolo sbagliato), Adriana invita la coppia di Siracusa a tornare a casa, convinta di aver recuperato il marito per il pranzo e il servo per far da guardia al portone. Sorpresi d’esser chiamati per nome, temendo d’esser vittime di sortilegi e forze soprannaturali, i due, incerti sul comportamento da tenere, accettano. Il terzo atto si apre con una scena ricalcata sul modello plautino dell’Amphitruo, che dà plastica evidenza a uno dei motivi fondamentali della commedia, la dialettica unità/separazione. Compresenti sulla scena – e tuttavia invisibili l’una all’altra – si riuniscono ora per la prima volta le due coppie di gemelli, senza per altro che il reciproco riconoscimento (l’agnizione) possa aver luogo. A dividere le due coppie, la porta di casa, sorvegliata da Dromio di Siracusa. Le parti sono infatti invertite e così, fuori, si trovano coloro che di diritto dovrebbero essere dentro: Antifolo di Efeso e il servo Dromio, accompagnati da un gruppo di amici invitati per il pranzo. Infuriato e ferito nell’orgoglio di marito e di ospite, il padrone di casa va via, ripromettendosi di regalare alla cortigiana la catena d’oro ordinata all’orefice per la moglie. Dentro casa, intanto (III, 2), Luciana – credendo di parlare con il cognato – richiama Antifolo ai suoi doveri di marito, invitandolo a mantenere intatta almeno l’apparenza della fedeltà coniugale. Questi però si dichiara ammaliato dalla sua bellezza, più che dalla petulante Adriana, sua sorella. Uscita Luciana, entra Dromio, in fuga dalla grassa cuoca Nella, che lo reclama come suo promesso sposo e dimostra di conoscerlo intimamente. Servo e padrone 448
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decidono che è tempo di fuggire dalla città e, mentre Dromio si reca al porto per assicurarsi la prima imbarcazione in partenza, Antifolo si imbatte nell’orefice Angelo che, con sua enorme sorpresa, gli consegna una catena d’oro, rimandando ad altro momento il pagamento della stessa. Sarà la pressione di un debito da saldare a indurre lo stesso orefice, di lì a poco (IV, 1), ad esigere il proprio compenso... dalla persona sbagliata, il gemello Antifolo di Efeso, il quale per altro giura di non aver ricevuto alcuna catena. Angelo lo fa dunque arrestare. Dromio (di Siracusa), intanto, ritorna dal porto con le istruzioni per una fuga che vede ormai imminente, ma trova Antifolo inspiegabilmente legato, sorvegliato a vista dalla guardia: viene dunque spedito in malo modo da Adriana, per recuperare il denaro della cauzione. Questa, nel frattempo, è fuori di sé dalla rabbia: Luciana infatti le ha appena raccontato di come Antifolo abbia tentato di sedurla (IV, 2). Ottenuto il denaro, Dromio torna da Antifolo (IV, 3), che ritrova inaspettatamente libero. Diretti verso il porto, servo e padrone incontrano la cortigiana, che pretende in dono la catena che Antifolo porta al collo. Convinti che ella sia una creatura diabolica, scappano. Dal canto suo, la cortigiana prende i due per pazzi e va da Adriana, per riferirle dello stato del marito e ottenere ciò che le spetta. Anche la coppia di Efeso si riunisce finalmente (IV, 4), allorché Dromio torna dal padrone, ancora sotto arresto. Sopraggiungono Adriana e Luciana, convocate dalla cortigiana e accompagnate dall’esorcista Pizzico, al quale decidono di affidare servo e padrone. Poco dopo però entra in scena l’altra coppia di Antifolo e Dromio (di Siracusa) a spade sguainate, mettendo tutti in fuga. Il quinto atto vede confluire gradualmente tutti i personaggi di nuovo sulla scena: Angelo l’orefice, che attende d’essere pagato, si imbatte in Dromio e Antifolo (di Siracusa), che porta disinvolto la catena al collo; Adriana, con Luciana, la cortigiana e altri personaggi tentano di catturare servo e padrone (che credono sfuggiti a Pizzico). Questi trovano riparo in un’abbazia, dalla quale esce Emilia, la badessa, in loro difesa. Adriana decide di appellarsi al duca – che nel frattempo marcia con il condannato Egeone verso il luogo dell’esecuzione – per riavere suo marito. Arriva però la notizia che Antifolo e Dromio, da tutti visti entrare nell’abbazia, si sono liberati della sorveglianza di Pizzico. Nell’incredulità generale, la coppia di Efeso spunta sulla piazza dalla parte opposta all’abbazia: ricordando la fedeltà e i servigi prestati al duca, Antifolo chiede a sua volta 449
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giustizia del disonore arrecatogli da un ingiusto arresto e dalle colpevoli porte di casa sbarrate al suo arrivo. In breve intorno al duca si istituisce una sorta di processo spontaneo, in cui ognuno chiede giustizia dei torti subiti, senza che il sovrano riesca a dipanare l’intricato garbuglio. La situazione si risolve solo con il nuovo ingresso in scena di Emilia, la badessa, vera dea ex machina, che conduce fuori dall’abbazia l’altra coppia di gemelli, permettendo così, nello stupore collettivo, l’agnizione finale, il riconoscimento reciproco. Ricostituito, con l’aiuto di tutti, l’ordine logico degli eventi, l’unità inizialmente perduta è finalmente ricomposta e si apre il tempo della festa. Prospettive critiche Inizialmente accantonata, insieme a gran parte delle commedie, tra le opere minori di Shakespeare, La commedia degli errori per lungo tempo ha attirato l’attenzione della critica quasi esclusivamente intorno alla questione delle fonti e del genere. Così, se inizialmente lo studio dell’influenza dei Menaechmi e dell’Amphitruo vale anche ad affrancare Shakespeare dal giudizio di Ben Jonson sul suo “poco latino” (T. W. Baldwin), successivamente lo studio delle fonti si concentra sull’uso che Shakespeare ne fa, sui cambiamenti di funzione dei personaggi, d’ambientazione, di enfasi (G. Bullough e K. Muir): Plauto è visto non solo più come fonte ma come tradizione, insieme a Terenzio, come insieme di caratteri-tipo (il servo astuto, il vecchio, la cortigiana), di situazioni paradigmatiche (il figlio smarrito), di strutture ricorrenti (prologo, l’epitasi, l’agnizione finale) e convenzioni retorico-stilistiche. Per N. Frye (1965) la Commedia pone al centro la riunificazione di Egeone ed Emilia e non dei gemelli, e sviluppa il motivo dell’asino e delle sue varianti metaforiche come segno di una discesa nel mondo dell’illusione. Nuova attenzione è data alle fonti non plautine, in primo luogo la Bibbia di Ginevra, gli Atti degli apostoli e le Lettere di Paolo (T. W. Baldwin, P. Milward) e ai temi ad esse legati, il legame tra marito e moglie (Milward), la grazia, la pazienza (J. Sanderson), l’errore e il perdono (R. C. Hassel); ma anche a livello stilistico e strutturale alla tradizione medievale ed elisabettiana delle sacre rappresentazioni e delle omelie (A. F. Kinney, 1988), che valgono a leggere come segno d’intervento provvidenziale il movimento che dalla farsa iniziale conduce a “un senso di commedia simile a quello della Commedia di Dante, in cui lo spaesamento e l’er450
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rore invitano alla contemplazione della grazia”. Lo studio delle fonti si intreccia con la discussione sul genere soprattutto in era romantica, che si divide tra chi apprezza la mescolanza di forme in un tutto “organico” (A. W. Schlegel), e chi ritiene la commedia priva di originalità (W. Hazlitt). Chi la interpreta come farsa, la considera per lo più triviale, ad eccezione di S. T. Coleridge che ne accentua a un tempo la particolarità del linguaggio e la convenzionalità del meccanismo drammatico, definendola unico esemplare di “farsa poetica” in lingua inglese. Nel Novecento si evidenziano elementi più tetri e inquietanti, la “stranezza” della commedia (G. R. Elliott), la “comicità scura”, gli elementi legati al mondo della magia e dell’illusione, visti anche come immagine duplicata della finzione drammatica (B. Evans, K. Cartwright). Si attraversa tutto lo spettro che va dalla quasi-tragedia, “riscattata da Dromio” (G. Williams) e dall’attualizzazione brechtiana (H. Levin), alla “farsa mancata” (E. Dowden), perché complicata da elementi che vi si oppongono, come i “molti episodi dalla carica umana” (S. Wells); la più recente rivalutazione della farsa non manca di sottolineare la sua capacità di “produrre idee attraverso l’azione” (R. McDonald), in un medium “surrealistico”, che molto deve al “discontinuo” e all’inconscio (B. Freedman). Alla critica psicanalitica e post-strutturalista spetterà approfondire il tema della separazione e riunione delle coppie come dramma del soggetto diviso (W. T. MacCary) e del linguaggio (B. Freedman), anch’esso erratico, già sempre dislocato e molteplice, secondo la lezione di Derrida e Lacan. Anche l’analisi linguistica sposta l’iniziale giudizio negativo sulla commedia verso un maggiore apprezzamento: la varietà della versificazione (G. L. Kittredge, S. Wells) e degli stili (K. Muir), l’affinità con il mondo musicale (T. S. Dorsch), dimostrano “il virtuosistico dispiegamento delle potenzialità del linguaggio” (B. O’Donnell), mentre l’attenzione alla retorica rivela l’importanza del pun come equivalente, sul piano verbale, della doppiezza dei gemelli su quello drammaturgico (E. Grennan). Sempre il linguaggio è al centro di un altro filone di studi che, a partire da Wilson Knight, estende la nozione di stile a comprendere la creazione e circolazione attraverso il testo di immagini ricorrenti: è il caso del binomio tempesta-musica, del mare (N. Frye), del cibo come figura del desiderio (J. Candido), delle variazioni sul tema della catena, come correlativo del vincolo affettivo e sociale (R. Henze, A. V. F. Petronella).
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D’altra parte il linguaggio, a nostro avviso, informa davvero di sé l’intera commedia: fornisce a un tempo lo schema – astratto – del gioco combinatorio dei nomi e dei corpi, dall’altro si incarna nelle dolenti o giocose parole dei protagonisti; infine struttura il mondo – reale e illusorio – di Efeso, dà vita alle sue contraddizioni. La commedia si apre in un modo per certi versi paradossale: con un inizio che immediatamente invoca la fine. È il mercante siracusano Egeone a esortare il duca Solino affinché pronunci la sentenza definitiva: giunga a fine il processo, la sua vita, il suo dolore, ogni cosa (I, 1, 1-2). Vi si oppongono le leggi della commedia, che non possono tollerare l’immediatezza della fine e impongono al tempo una curvatura particolare. La fine, che incombe minacciosa sul personaggio e sulla rappresentazione, andrà rinviata – per quanto possibile –, nella speranza che gli eventi possano ordinarsi diversamente, e possa celebrarsi un lieto finale. È il tempo “sospeso” della commedia – in cui risiede la vera ideologia del genere –, il tempo dell’“intrattenimento”, della carnevalesca confusione, fatta di equivoci ed errori, cui segue – come a ogni festa – il ritorno al tempo ordinario e, con la ricomposizione finale, a una normalità rinnovata. Il Tempo assume un’importanza centrale; e se dell’esecuzione non si sentirà più parlare sino all’ultimo atto, tutti i riferimenti temporali sparsi nella commedia, il rintocco delle campane, l’invito per il pranzo, i continui ritardi o la fretta dei personaggi, rinviano a quell’ultimo, invalicabile, termine. Il tempo è dispositivo drammaturgico e presenza figurale, allegorica: per Dromio è il “vecchio padre Tempo”, spelacchiato e sifilitico, un dio pagano che non val la pena adorare; eppure, secondo Luciana, la sua è l’unica signoria a cui l’uomo si sente soggetto; mentre per Egeone il tempo – simile alla Morte nell’iconografia medievale – ha “mani deformi” che deturpano i volti rendendo le proprie fattezze irriconoscibili persino alle persone più care. Diverse, e per certi versi opposte, le concezioni del divenire, della vita e in ultima istanza della rappresentazione, come condensate nella lunga diatriba pseudo-filosofica del secondo atto tra Antifolo e Dromio di Siracusa. Antifolo riprende il servo per i suoi scherzi inopportuni, cita il detto dell’Ecclesiaste: “c’è un tempo per ogni cosa”, e intende che c’è un tempo per il riso e le facezie e un tempo serio che non può esser messo in burla. Dromio, muovendosi sul filo del paradosso e con sottile inversione dei termini, sostiene che al contrario non per tutto c’è tempo, tant’è vero che 452
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“non c’è tempo per riavere indietro i capelli” per chi è calvo di natura (II, 2, 74-75). Dietro la tesi di Antifolo non è difficile scorgere l’idea del tempo della commedia come tempo dell’intrattenimento, in cui ogni scompiglio, confusione, ribaltamento o errore trova senso e legittimazione all’interno di un movimento di ciclico e mitico rinnovamento, come “ri-creazione”. Dall’altro lato la confutazione di Dromio mira a presentare il tempo nella sua dimensione lineare, inesorabile e progressiva, tutta terrena e legata all’umana finitezza: non è possibile alcun ciclico ritorno, né c’è tempo per ogni cosa, giacché la natura segna il nostro destino e la fine incombe. Per l’uomo, per la rappresentazione. Nella tensione tra questi due poli si sviluppa la commedia. Nell’ultimo atto le due prospettive convergono, dando però, in qualche modo, ragione ad Antifolo: il tempo dato in proroga a Egeone è infatti ormai prossimo a scadere – e con esso quello della commedia; tuttavia, in ultimo, egli riesce ad avere salva la vita. C’è (un) tempo per ogni cosa, verrebbe dunque da dire. Ancor più: l’agnizione finale restituisce un senso al tempo sospeso degli errors e prepara il terreno per festeggiare la ricomposta unità. Emilia può così invitare i presenti a celebrare un nuovo “battesimo” (gossip’s feast, V, 1, 407), la nascita a una nuova vita, a una rinnovata identità: la fine dunque prelude a un nuovo inizio, del quale tuttavia, come vedremo, restano vaghi i contorni. Altre strutture concorrono, insieme a quella temporale, a definire le dinamiche interne della commedia, delle relazioni tra i personaggi, della produzione dei significati. Basterebbe il nome di Efeso a volerle chiudere in un sol nodo: è lo spazio, con le sue leggi, la sua economia, i suoi confini. Efeso appartiene a una geografia letteraria e simbolica, in cui confluiscono elementi antichi e moderni, mitologia pagana e cristiana. La sua cifra, come ha mostrato Maguire, è il doppio. Vi aleggia il ricordo delle Lettere di San Paolo apostolo e dei suoi viaggi, dove è presentata come luogo pieno di “confusione”, abitato da “esorcisti” e “stregoni” dediti a “strane arti”, parole che riecheggiano in quelle di Antifolo di Siracusa: “Si dice che questa città sia piena di inganni, di abili prestigiatori che confondono i sensi, di loschi negromanti che sconvolgono la mente” (I, 2, 97-99). Nello stesso modo, tutto il dialogo tra Adriana e Luciana (II, 1) sul matrimonio rimanda alle raccomandazioni dell’Apostolo agli Efesini sui rapporti tra mariti e mogli. E non è escluso, nota Whitworth, che simile derivazione abbia l’immagine di Efeso come centro di fervente attività artigianale e commerciale. 453
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
Ambientazione certo familiare all’Inghilterra elisabettiana del grande sviluppo mercantile legato ai grandi viaggi di esplorazione, il mondo dei commerci, con i suoi protagonisti, i suoi spazi, i suoi valori investe l’intera città di Efeso. Non a caso il centro della scena è costituito dalla piazza del mercato, luogo d’incontri e scambi – di parola, di beni, ma anche di persona – mentre altro luogo significativo, più volte evocato è il porto, con le sue brezze e le navi sempre pronte a salpare. L’intera vita della città è regolata da leggi incentrate su valori economici e sulla reciprocità di scambio: ne sono esempio l’inimicizia di Efeso con Siracusa, la condanna e il riscatto di Egeone, l’arresto per debiti di Antifolo; persino i rapporti più intimi e personali, come quello tra coniugi, sono considerati sotto l’ottica del loro riverbero sociale e, in ultima istanza, economico (come mostrano di sapere Baldassarre e Antifolo in III, 1, 86-89, e la stessa Adriana, II, 1, 110-114). La stessa insistenza sull’oro come immagine di ogni valore e sulla catena come correlativo del vincolo d’amore e d’amicizia parla da sé. L’arrivo della coppia di gemelli da Siracusa introduce un elemento di disturbo in questo mondo di Efeso fondato su un sistema di equivalenze, azioni e ritorsioni, valori e controvalori, beni e ricompense. Le corrispondenze saltano, e con esse si rompe la “catena” del dare e dall’avere, la circolazione dei “valori” diventa erratica, la comunicazione non raggiunge più il giusto destinatario. Persino la distinzione debitore-creditore si fa dubbia, trovandosi tutti in “debito” e contemporaneamente (credendosi) in “credito” verso qualcun altro; la condizione di “debito universale”, di mancanza, di desiderio, con il continuo “rinvio” del(l’ap) pagamento, domina la scena e costituisce la causa prima di ogni movimento drammatico. All’ambientazione mercantile si lega strettamente il motivo romanzesco del viaggio e quello simbolico-figurale del mare, presente in quest’opera come in poche altre di Shakespeare. Elemento indomito (“le profondità marine, serve fedeli del vento” I, 1, 62), opportunità e vincolo (bond) per i mercanti, il mare è causa della separazione della famiglia di Egeone; nelle parole di Antifolo di Siracusa diviene figura potente, a significare il suo smarrimento, la crisi d’identità: “Io al mondo sto come una goccia caduta nell’oceano per ritrovarne un’altra; che, trasparente agli sguardi, aggirandosi inquieta, nella ricerca del simile finisce per smarrire se stessa” (I, 2, 35-38). L’immagine sembra fondere in sé due idee, forse 454
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generate da due modi di dire idiomatici: la somiglianza, l’essere “simili come due gocce d’acqua” e il perturbante rapporto con la dismisura, l’essere non più che “una goccia nell’oceano”. L’idea del Sé dai confini incerti, fragili e permeabili tornerà, sintomatica, nelle parole di Adriana, in tutt’altro contesto. La stessa con-fusione – che lì era “smarrimento” – ora si piega a dire l’unione, quasi mistica, del matrimonio (II, 2, 127-132), in cui gli sposi – come San Paolo raccomanda proprio agli Efesini – formano “una carne sola” (Efesini 5:31): di qui l’oltraggio dell’infedeltà che, macchiando l’una parte di quel solo corpo, rende infetta, avvelenandola contagiosa, anche l’altra. Mare e amore ritornano, strettamente legati ma con un’ulteriore sfumatura, nella dichiarazione di Antifolo a Luciana, che egli – incantato – ritiene essere una sirena, la mitica creatura ammaliatrice. Le profondità marine, misteriose e insondabili, sono qui segno di sensuale abbandono all’inconoscibile, a quell’unione di eros e thanatos che è a un tempo estasi e perdita di sé (III, 2, 47-53). Efeso è anche teatro della legge e dell’autorità, incarnata in primo luogo dal duca. In modo ora esplicito, ora dissimulato e parodico, ora in presenza ora denunciando la propria scomparsa, il potere della legge condiziona non solo l’azione, ma anche la parola in scena. Così se in apertura di commedia essa deve sottostare ai rituali del processo, che al tempo stesso la limitano e garantiscono, con l’uscita del duca, con l’eclissarsi del potere e del suo apparato, ogni garanzia svanisce: la parola sprofonda nella soggettività estrema, i segni mostrano il loro statuto di arbitrarietà. Da un lato il discorso acquisisce sfumature che gli erano precluse, i registri si mescolano, il comico fa breccia. Al tempo stesso, non potendo più alcun personaggio vantare una visione oggettiva e una parola “autorevole”, il mondo di Efeso diviene improvvisamente teatro di scontro tra tante frammentarie e contrastanti verità, che solo lo spettatore è in grado di ricomporre in un quadro coerente e unitario (Evans). Gli equivoci, generati dall’arrivo della seconda coppia di gemelli, si moltiplicano nel frenetico scambio di una parola ormai priva di garanzie. E non è un caso che, affinché lo scioglimento finale possa avvenire, sarà necessario il nuovo ingresso in scena del duca e la presenza di un’altra figura d’autorità, la badessa: nella cornice del nuovo “processo” che spontaneamente viene celebrato attorno al duca, in cui ognuno chiede giustizia, di fatto ognuno contribuisce con la propria parziale verità a fare giustizia al linguaggio, restituito alla possibilità di significare. 455
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
Eppure la chiosa istituzionale si dimostra, a una lettura più attenta, effetto di superficie: il tempo dell’errore può dirsi solo in apparenza e provvisoriamente superato, impossibile da cancellare. Il linguaggio ha mostrato la sua doppiezza, il simile la sua insopprimibile differenza, il familiare il suo volto oscuro, il matrimonio la distanza tra il suo involucro esteriore, la sua realtà e il suo sogno romantico (“Ad altre concedete il braccio? A noi mostrate almeno la manica della vostra camicia”, III, 2, 23); l’ordine simbolico ha mostrato la sua violenza, che – come non smettono di ricordare i due Dromio – riproduce, iscrivendola come “inchiostro” su “pergamena” (III, 1, 13), la disuguaglianza dei reali rapporti di potere. Come spesso sottolineano le messinscena più recenti, nessun segno di evidente riconciliazione si ha alla fine tra Adriana e Antifolo, né i due Antifolo si scambiano parola. Il soggetto, direbbe Lacan, non può mai dirsi completo, né definitivamente riunificato; ma tra tutti i personaggi viene rinegoziata, al di la del “muro del linguaggio”, degli errors e del malinteso, una nuova modalità comunicativa. Al termine della commedia, il soggetto avrà preso “coscienza delle sue relazioni, [...] con tutti quegli Altri che sono i suoi veri interlocutori, e che non ha riconosciuto”. La fortuna sulle scene e sullo schermo Dopo le rappresentazioni del 1594 e del 1604, di cui ci è giunta precoce notizia attraverso la documentazione del tempo, la Comedy of Errors pare scomparire dai teatri per lungo periodo, sino almeno alla metà del XVIII secolo, quando riemerge in alcune produzioni, seppure in forma spesso mutila, fortemente alterata. Rappresentata talvolta come farsa, talaltra edulcorata in forma di stucchevole storia d’amore, viene raramente recuperata nella versione originale; al contrario, il testo è sottoposto da un lato a radicali tagli, dall’altro all’inserzione di nuovo materiale e di interventi musicali. Del 1716 è la farsa Every Body Mistaken, il cui testo era probabilmente solo vagamente ispirato a quello shakespeariano. Nel 1734 si registra al Drury Lane la prima di una commedia in due atti dal titolo See If You Like It or ’Tis All A Mistake, replicata anche al Covent Garden e, nel 1762, un altro libero “adattamento”, ad opera di Thomas Hull. Il problema del genere del testo originario, con l’insolita combinazione di elementi caratteristici della commedia, della farsa e del romance, rimane centrale in tutti gli adattamenti; così mentre W. Woods, con il suo The Twins, or Which is Which? del 1780, punta con456
NOTA INTRODUTTIVA
sapevolmente su un’azione concentrata in tre soli atti che possa mettere in risalto il carattere farsesco della performance, su un altro versante Hull, in una nuova riscrittura, per la prima volta cerca di liberare il testo dall’interpretazione dominante, monocorde e tutta schiacciata sulla comicità meccanica e clownesca della slapstick comedy. Circa trent’anni dopo, nel 1808, quello stesso testo sarà alla base della messinscena di John Philip Kemble. Intanto, fuori dall’Inghilterra e precisamente in Austria, a Vienna, il testo subiva altro genere di trasformazione e, nelle mani capaci di Lorenzo Da Ponte e del compositore anglo-italiano Stephen Storace, amico e allievo di Mozart, nel 1786 veniva adattata a opera buffa con il titolo Gli equivoci. Il connubio tra azione scenica e accompagnamento musicale rappresenta una caratteristica importante che accompagnerà la commedia per lungo tempo (del 1938 è il musical di Broadway The Boys of Syracuse); nell’Ottocento sarà fondamentale per incontrare il gusto del pubblico contemporaneo. Così, nel 1819, Frederick Reynolds dà vita a un imponente spettacolo musicale, in cui la Comedy of Errors diviene una sorta di contenitore pronto ad ospitare “canzoni, duetti ... e cori tratti dai drammi, dai poemi e dai sonetti di Shakespeare”. Bisognerà aspettare la seconda metà del secolo e la meritoria opera dell’attore e impresario Samuel Phelps per assistere, nel 1864 presso il Princess Theatre, a una messinscena rispettosa del testo originale, epurato degli interventi musicali e recuperato pressoché integralmente. Nel 1882 la commedia è rappresentata Shakespeare Memorial Theatre a Stratford, per la regia di Edward Compton; il testo è ormai quello integrale, ma ancora una volta è presentato come “Farsa”. Nel 1938 si registra, sempre a Stratford, l’importante produzione del regista russo Theodor Komisarjevky, in cui nuova attenzione viene posta, attraverso espedienti scenografici, ai luoghi – la piazza, le diverse case con le rispettive insegne – e al tema del tempo – con l’imponente presenza della torre dell’orologio; l’atmosfera di comica anarchia, che pervade l’azione, diverrà da questo punto in avanti tratto saliente di gran parte delle produzioni del Novecento. Nel 1962 la messinscena di Clifford Williams metterà in evidenza alcune sfumature sino ad allora inesplorate del testo, soprattutto nei passi di tono più serio. Gli ultimi trent’anni del Novecento vedono, in parallelo, l’intensificarsi del lavoro critico sul testo e una costante presenza della commedia sui palcoscenici, in Inghilterra e altrove. Soltanto a Stratford, degne di nota le messin457
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
scena: del 1976 di Trevor Nunn; del 1983 di Adrian Noble; del 1990 di Ian Judge; del 1996 di Tim Supple; del 2000 di Lynne Parker. Del 1984, la versione televisiva per la BBC, con Michael Kitchen (nella parte di entrambi gli Antifolo) e Roger Daltrey (Dromio). ANTONIO CASTORE
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R IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI
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THE COMEDY OF ERRORS THE PERSONS OF THE PLAY
Solinus, DUKE of Ephesus EGEON, a merchant of Syracuse, father of the Antipholus twins ANTIPHOLUS OF EPHESUS twin brothers, ANTIPHOLUS OF SYRACUSE sons of Egeon
}
twin brothers, and DROMIO OF EPHESUS bondmen of the DROMIO OF SYRACUSE Antipholus twins
}
ADRIANA, wife of Antipholus of Ephesus LUCIANA, her sister NELL, Adriana’s kitchen-maid
ANGELO, a goldsmith BALTHASAR, a merchant A COURTESAN Doctor PINCH, a schoolmaster and exorcist MERCHANT OF EPHESUS, a friend of Antipholus of Syracuse SECOND MERCHANT, Angelo’s creditor EMILIA, an abbess at Ephesus Jailer, messenger, headsman, officers, and other attendants
SIGLE F: edizioni in-folio (F1: 1623, F2: 1632, F3: 1663). Il testo-guida di questa edizione è F1, integrato da F2, F3 e più in generale da ogni variante delle edizioni successive valida a emendare i refusi e le imprecisioni. Segnaliamo in nota solo varianti con significati alternativi, non le didascalie più volte rivedute. Le trascrizioni sono sempre modernizzate.
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI PERSONAGGI DELLA COMMEDIA
Solino, DUCA di Efeso EGEONE, mercante di Siracusa, padre dei due gemelli Antifolo fratelli gemelli, ANTIFOLO DI EFESO ANTIFOLO DI SIRACUSA figli di Egeone
}
fratelli gemelli, e DROMIO DI EFESO servi dei gemelli DROMIO DI SIRACUSA Antifolo
}
ADRIANA, moglie di Antifolo di Efeso LUCIANA, sorella di Adriana NELLA, donna di servizio di Adriana
ANGELO, un orafo BALDASSARRE, un mercante Una CORTIGIANA Dottor PIZZICO, un maestro ed esorcista MERCANTE DI EFESO, amico di Antifolo di Siracusa SECONDO MERCANTE, creditore di Angelo EMILIA, badessa ad Efeso Carceriere, messaggero, carnefice, guardie e altri del seguito
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 1
1.1
Enter Solinus, the Duke of Ephesus, with Egeon the Merchant of Syracuse, jailer, and other attendants
EGEON
Proceed, Solinus, to procure my fall, And by the doom of death end woes and all. DUKE
Merchant of Syracusa, plead no more. I am not partial to infringe our laws. The enmity and discord which of late Sprung from the rancorous outrage of your Duke To merchants, our well-dealing countrymen, Who, wanting guilders to redeem their lives, Have sealed his rigorous statutes with their bloods, Excludes all pity from our threat’ning looks. For since the mortal and intestine jars ’Twixt thy seditious countrymen and us, It hath in solemn synods been decreed, Both by the Syracusians and ourselves, To admit no traffic to our adverse towns. Nay more: if any born at Ephesus Be seen at Syracusian marts and fairs;a Again, if any Syracusian born Come to the bay of Ephesus – he dies, His goods confiscate to the Duke’s dispose, Unless a thousand marks be levièd To quit the penalty and ransom him.b Thy substance, valued at the highest rate, Cannot amount unto a hundred marks. Therefore by law thou art condemned to die.
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EGEON
Yet this my comfort: when your words are done, My woes end likewise with the evening sun.
17. Seen at: così in emend. moderni; in F seene at any = “vista in una qualunque”. 22. Ransome: così in F2; in F1 to. 464
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 1
Entra Solino1, duca di Efeso, con Egeone il mercante di Siracusa, una guardia e altri del seguito2
I, 1
EGEONE
Procedi, Solino, chiudi la parabola della mia caduta3; e col giudizio capitale4 poni fine alle mie pene e a ogni cosa5. DUCA
Mercante di Siracusa, basta con le orazioni. Non per simpatia infrangerò le nostre leggi. Inimicizia e discordia – scatenate in ultimo dalle violenze del vostro rancoroso duca verso i concittadini nostri – bandiscono6 ogni pietà dai nostri sguardi minacciosi: bravi mercanti7 che, non avendo di che pagare8 per la propria salvezza9, hanno siglato col sangue i vostri statuti. Da quando tra i tuoi concittadini riottosi e noi sono sorte mortali contese fratricide10, da entrambe le parti – a Siracusa come qui – si è deciso in solenni assemblee di non consentire più alcuno scambio tra le nostre città avverse. E ancor più, se un Efesino è avvistato in una fiera o in un mercato di Siracusa – e inversamente: se un Siracusano è visto approdare ad Efeso – costui sarà messo a morte e i suoi beni saranno confiscati per il tesoro del duca. A meno che questi non riscatti la propria vita pagando mille marchi11. Valutate al miglior tasso, le tue sostanze non arrivano a cento marchi; perciò la legge ti condanna a morte. EGEONE
Eppure, questo pensiero mi è di conforto: concluse le tue parole, anche le mie sofferenze giungeranno a termine, come il sole a sera.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 1
DUKE
Well, Syracusian, say in brief the cause Why thou departed’st from thy native home, And for what cause thou cam’st to Ephesus.
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EGEON
A heavier task could not have been imposed Than I to speak my griefs unspeakable. Yet, that the world may witness that my end Was wrought by nature, not by vile offence, I’ll utter what my sorrow gives me leave. In Syracusa was I born, and wed Unto a woman happy but for me, And by me happy, had not our hap been bad.c With her I lived in joy, our wealth increased By prosperous voyages I often made To Epidamnum, till my factor’s death,d And the great care of goods at random left, Drew me from kind embracements of my spouse, From whom my absence was not six months old Before herself – almost at fainting under The pleasing punishment that women bearHad made provision for her following me, And soon and safe arrivèd where I was. There had she not been long but she became A joyful mother of two goodly sons; And, which was strange, the one so like the other As could not be distinguished but by names. That very hour, and in the selfsame inn, A mean-born woman was deliverède Of such a burden male, twins both alike. Those, for their parents were exceeding poor, I bought, and brought up to attend my sons.
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38. Me happy: così in ed. Oxford; in F1 me; in F2 me too. 41. Epidamnum: così in emend. moderni; in F Epidamnium. Identica correzione anche in I, 1, 62; I, 2, 1; IV, 1, 85; IV, 1, 94; V, 1, 361/41, 62, 159, 1001, 1010, 1706, 1710. 54. Meane born: così in ed. Oxford; in F1 meane; in F2 poor meane. 466
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 1
DUCA
Ma dunque, Siracusano, dicci in breve perché hai lasciato la tua terra e per quale ragione sei giunto ad Efeso. EGEONE
Compito più gravoso non mi potrebbe essere imposto, che dire le indicibili mie pene. Ciononostante, affinché il mondo sia testimone che natura12 è artefice di questa mia fine, e non vile ostilità, dirò tutto ciò che il dolore mi concederà di dire. A Siracusa sono nato, e vi ho sposato una donna capace di rallegrarsi solo per me – e con me, se solo la sorte non ci fosse stata avversa. Vivevo con lei in letizia, le nostre sostanze crescevano grazie ai miei frequenti e redditizi viaggi verso Epidamno. Poi, la morte del mio procuratore e la preoccupazione per le merci che avevo in giro mi strapparono ai dolci abbracci della mia sposa. Non ancora sei mesi contava la mia assenza che lei, sempre più debole per quella pena che le donne piacevolmente portano, era già pronta a raggiungermi, e presto arrivò lì dove io ero, sana e salva. Non passò molto che, radiosa di gioia, divenne madre di due bei figlioli, così somiglianti tra loro – che stranezza! – da non poterli distinguere che per nome13. In quella stessa ora, e nella medesima locanda, una donna di umili origini fu sollevata da un simile fardello, due gemelli maschi, l’un l’altro assai somiglianti. Essendo14 i genitori estremamente poveri, comprai i due gemelli e li crebbi perché rimanessero a servizio dei
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 1
My wife, not meanly proud of two such boys, Made daily motions for our home return. Unwilling, I agreed. Alas! Too soon We came aboard. A league from Epidamnum had we sailed Before the always-wind-obeying deep Gave any tragic instance of our harm. But longer did we not retain much hope, For what obscurèd light the heavens did grant Did but convey unto our fearful minds A doubtful warrant of immediate death, Which though myself would gladly have embraced, Yet the incessant weepings of my wife – Weeping before for what she saw must come – And piteous plainings of the pretty babes, That mourned for fashion, ignorant what to fear, Forced me to seek delays for them and me. And this it was – for other means was none: The sailors sought for safety by our boat, And left the ship, then sinking-ripe, to us. My wife, more careful for the latter-born, Had fastened him unto a small spare mast Such as seafaring men provide for storms. To him one of the other twins was bound, Whilst I had been like heedful of the other. The children thus disposed, my wife and I, Fixing our eyes on whom our care was fixed, Fastened ourselves at either end the mast, And floating straight, obedient to the stream, Was carried towards Corinth, as we thought. At length the sun, gazing upon the earth, Dispersed those vapours that offended us, And by the benefit of his wishèd light The seas waxed calm, and we discoverèd Two ships from far, making amain to us:
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 1
miei figli. Mia moglie, non poco orgogliosa di due figlioli così, premeva ogni giorno affinché tornassimo a casa. Accettai mal volentieri. Ahimè! Troppo presto ci imbarcammo! Ad una lega dalle coste di Epidamno15 ecco le profondità marine, serve fedeli del vento, darci tragica anticipazione della nostra sciagura. Più in là non giunse la nostra speranza. La poca luce che il cielo nero dispensava non faceva che infondere in noi, atterriti ed incerti, il presagio della morte ormai prossima. Morte che di buon grado avrei abbracciato, se le lacrime incessanti di mia moglie – che vedeva avvicinarsi il disastro – e i lamenti strazianti dei piccolini – che, non capendo il pericolo, si lagnavano a imitazione di lei – non mi avessero mosso a ritardarne l’arrivo, per me e per loro. Così andarono le cose, né avremmo potuto fare altrimenti. I marinai cercarono salvezza sulla scialuppa e abbandonarono a noi la nave prossima ad affondare: mia moglie, presasi cura dell’ultimo nato, lo aveva assicurato ad un piccolo albero di scorta16, come fanno i marinai in caso di tempesta, e a lui aveva legato uno degli altri due gemelli17, mentre io con altrettanta attenzione mi preoccupavo degli altri. Sistemati così i bambini, io e mia moglie, lo sguardo puntato su coloro cui si appuntava la nostra premura, assicurammo noi stessi ognuno ad un capo d’albero, e scivolando sui flutti corremmo trasportati dalla corrente verso Corinto. O così pensavamo. Pian piano il sole, occhieggiando sulla terra, disperse le nebbie che ci molestavano e alla sua luce, tanto attesa, tornato calmo il mare, vedemmo far rotta verso di noi due navi, l’una di Corinto, l’altra
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 1
Of Corinth that, of Epidaurus this.f But ere they came – O let me say no more! Gather the sequel by that went before.
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DUKE
Nay, forward, old man; do not break off so, For we may pity though not pardon thee. EGEON
O, had the gods done so, I had not now Worthily termed them merciless to us. For, ere the ships could meet by twice five leagues, We were encountered by a mighty rock, Which being violently borne upon,g Our helpful ship was splitted in the midst, So that in this unjust divorce of us Fortune had left to both of us alike What to delight in, what to sorrow for. Her part, poor soul, seeming as burdenèd With lesser weight but not with lesser woe, Was carried with more speed before the wind, And in our sight they three were taken up By fishermen of Corinth, as we thought. At length another ship had seized on us, And, knowing whom it was their hap to save, Gave healthful welcome to their shipwrecked guests, And would have reft the fishers of their prey Had not their barque been very slow of sail; And therefore homeward did they bend their course. Thus have you heard me severed from my bliss, That by misfortunes was my life prolonged To tell sad stories of my own mishaps. DUKE
And for the sake of them thou sorrow’st for, Do me the favour to dilate at full What have befall’n of them and thee till now. 93. Epidarus: così in F; in altri emend. moderni Epidamnus. 102. Upon: così in emend. moderni; in F1 up; in F2 up upon. 470
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 1
di Epidauro18. Ma prima che ci raggiungessero... O, concedetemi di non proseguire! Intuite voi stesso il seguito a partire da ciò che ho detto sin qui. DUCA
Su, avanti, vecchio. Non interrompere così il tuo racconto; sebbene noi non possiamo perdonarti, possiamo però avere compassione. EGEONE
L’avessero avuta gli dei! Non sarei qui a dirli spietati, e con ragione! Infatti, prima che le navi riuscissero a coprire le dieci leghe che ci separavano, ci trovammo contro uno scoglio possente. La nostra nave – sino ad allora nostro riparo – ci andò a cozzare violentemente e si spaccò nel mezzo19, sicché la Sorte lasciò ad entrambi noi, in questo ingiusto divorzio, di che gioire e di che soffrire. La parte su cui lei si trovava, come gravata da minor peso – povera anima – benché non da minor dolore, sospinta dal vento fu più veloce; così, sotto i nostri occhi, quelli che credevamo pescatori di Corinto20 li caricarono a bordo. Più tardi un’altra barca raggiunse noi: riconoscendo chi avevano in sorte di salvare, costoro diedero ai naufraghi loro ospiti un benvenuto salvifico; e avrebbero pure tolto ai pescatori la preda, se solo la loro imbarcazione non fosse stata tanto lenta di vela. Cambiarono dunque rotta, ripiegando verso casa. Avete così ascoltato come fui diviso dalla mia gioia, la vita protratta dal fato avverso al solo scopo di raccontare le tristi storie della mia sventura 21. DUCA
Ma, in nome di coloro che ti stanno a cuore, sii gentile, raccontaci più distesamente ciò che è stato di te e di loro sino a questo momento.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 1
EGEON
My youngest boy, and yet my eldest care, At eighteen years became inquisitive After his brother, and importuned me That his attendant – so his case was like, Reft of his brother, but retained his name – Might bear him company in the quest of him; Whom whilst I laboured of a love to see, I hazarded the loss of whom I loved. Five summers have I spent in farthest Greece, Roaming clean through the bounds of Asia, And coasting homeward came to Ephesus, Hopeless to find, yet loath to leave unsought Or that or any place that harbours men. But here must end the story of my life, And happy were I in my timely death Could all my travels warrant me they live.
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DUKE
Hapless Egeon, whom the fates have marked To bear the extremity of dire mishap, Now trust me, were it not against our laws – Which princes, would they, may not disannul –h Against my crown, my oath, my dignity, My soul should sue as advocate for thee. But though thou art adjudgèd to the death, And passèd sentence may not be recalled But to our honour’s great disparagement, Yet will I favour thee in what I can. Therefore, merchant, I’ll limit thee this day To seek thy health by beneficial help.i Try all the friends thou hast in Ephesus: Beg thou or borrow to make up the sum,
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143-144. Which ... disanull, / Against ... dignity: così in emend. Theobald; in F l’ordine delle proposizioni è invertito: Against ... dignity, / Which ... disanull. 151. Health: così in emend. moderni; in F helpe = “aiuto” è evidente ripetizione. 472
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 1
EGEONE
L’ultimo dei miei figli 22 – prima tra le mie attenzioni – compiuti i diciotto anni iniziò, inquieto, a domandare del fratello e a voler partire. E insisteva che ad accompagnarlo nella ricerca fosse il suo servitore, che simile sorte aveva patito: suo fratello gli era stato strappato, ma ne conservava il nome23. E così, mentre mi struggevo dal desiderio di rivedere un figlio, ho messo a rischio l’altro, lasciando che partisse. Ho trascorso cinque estati nelle più lontane regioni della Grecia, vagando ai confini con l’Asia; di costa in costa poi, veleggiando verso casa, sono giunto ad Efeso, ormai privo di speranza, eppure riluttante ad andar via senza aver cercato anche in questo luogo, così come in ogni altro ove sia traccia d’uomini. Qui però termina la storia della mia vita 24. La morte che mi aspetta mi vedrebbe persino felice, se solo fossi certo, dopo tutti i miei viaggi, che loro sono in vita. DUCA
O sventurato Egeone, che sino alla fine sopporti la nera sorte che ti è stata assegnata, credimi, non fosse contrario alle nostre leggi – che noi principi, anche a volerlo, non possiamo ignorare – alla mia corona, al mio giuramento, al mio ruolo, con il cuore prenderei le tue parti. Eppure, benché ormai penda su di te giudizio di morte ed io non possa – senza svilire la mia sovranità – annullare alcuna sentenza, ti verrò incontro in ciò che posso. Ti concederò tempo sino al termine del giorno per trovare salvezza nel generoso aiuto di qualcuno. Prova presso tutti i tuoi amici ad Efeso, sollecita, chiedi in
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 2
And live. If no, then thou art doomed to die. Jailer, take him to thy custody. JAILER I will, my lord.
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EGEON
Hopeless and helpless doth Egeon wend, But to procrastinate his lifeless end. 1.2
Exeunt
Enter [from the bay] Antipholus of Syracuse, j Merchant [of Ephesus], and Dromio of Syracusek
MERCHANT [OF EPHESUS]
Therefore give out you are of Epidamnum, Lest that your goods too soon be confiscate. This very day a Syracusian merchant Is apprehended for arrival here,l And, not being able to buy out his life, According to the statute of the town Dies ere the weary sun set in the west. There is your money that I had to keep. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE (to Dromio) Go bear it to the Centaur, where we host, And stay there, Dromio, till I come to thee. Within this hour it will be dinner-time. Till that I’ll view the manners of the town, Peruse the traders, gaze upon the buildings, And then return and sleep within mine inn; For with long travel I am stiff and weary. Get thee away.
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DROMIO OF SYRACUSE
Many a man would take you at your word, And go indeed, having so good a mean.
Exit
0. 1. From the bay: così in questa edizione; non in F. 0. 2. Merchant [of Ephesus]: così in ed. Oxford; in F A Merchant; in emend. moderni. Questi emendamenti danno conto dell’esigenza di distinguere questo mercante da quello che entra in scena in IV, 1, 0, /916, 1. Nelle indicazioni delle parti, in I, 2, 24/182 e I, 2, 32/190 in F è E. Mar E.= “Ephesus” o “Epidamnum”. 4. Arrival: così in F2; in F1 a rivall = “un rivale”. 474
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 2
prestito, metti insieme la somma, e avrai salva la vita; altrimenti, la tua condanna è segnata. Guardia, portalo via, sotto la tua custodia. GUARDIA
Agli ordini, mio signore. EGEONE
Così Egeone se ne va, senza speranza né sostegno; senza vita ormai, a rinviare la sua fine. Escono I, 2
Entrano [provenienti dalla baia] Antifolo, un Mercante [di Efeso] e Dromio di Siracusa25
MERCANTE [DI EFESO]
Perciò, se non volete che i vostri beni vi siano subito confiscati, date a credere che venite da Epidamno. Oggi stesso hanno arrestato un mercante di Siracusa, per il solo fatto di essere sbarcato qui. E non avendo di che pagare il riscatto sarà messo a morte, come vogliono le leggi cittadine, prima che lo stanco sole si posi ad occidente. Ecco il denaro che vi dovevo custodire. ANTIFOLO DI SIRACUSA (a Dromio) Dromio, portalo al nostro albergo all’insegna del Centauro26, e aspettami lì finché non arrivo. Manca un’ora al pranzo27: nell’attesa voglio vedere le usanze del posto, interrogare i mercanti, ammirare i palazzi. E poi me ne tornerò alla locanda a riposarmi, ché sono stanco morto dopo tanto viaggiare. Adesso va’, sparisci! DROMIO DI SIRACUSA
Oh, sarebbe da prendere in parola e sparire – chi non lo farebbe, con così buon argomento28! Esce
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 2
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
A trusty villain, sir, that very oft, When I am dull with care and melancholy, Lightens my humour with his merry jests. What, will you walk with me about the town, And then go to my inn and dine with me?
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MERCHANT [OF EPHESUS]
I am invited, sir, to certain merchants Of whom I hope to make much benefit. I crave your pardon. Soon at five o’clock, Please you, I’ll meet with you upon the mart, And afterward consort you till bedtime. My present business calls me from you now.
25
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Farewell till then. I will go lose myself, And wander up and down to view the city.
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MERCHANT [OF EPHESUS]
Sir, I commend you to your own content.
Exit
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
He that commends me to mine own content Commends me to the thing I cannot get. I to the world am like a drop of water That in the ocean seeks another drop, Who, falling there to find his fellow forth, Unseen, inquisitive, confounds himself. So I, to find a mother and a brother, In quest of them, unhappy, lose myself.m
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Enter Dromio of Ephesus Here comes the almanac of my true date. What now? How chance thou art returned so soon? DROMIO OF EPHESUS
Returned so soon? Rather approached too late. The capon burns, the pig falls from the spit. The clock hath strucken twelve upon the bell;
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40. Unhappie: così in F2; unhappie a in F1; in emend. moderni unhappy, ah. 476
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 2
ANTIFOLO DI SIRACUSA
Il mio furfante di fiducia, signore: quando sono di cattivo umore, malinconico o in pena per qualcosa, mi allevia l’animo con i suoi allegri giochetti. Che ne direbbe di accompagnarmi in città per un giro, e poi di andare alla locanda dove albergo e di pranzare insieme? MERCANTE DI EFESO
Signor mio, mi hanno invitato alcuni mercanti con i quali spero di fare un buon affare; vi prego di scusarmi. Ma alle cinque, se ne avete voglia, potrei raggiungervi in piazza e farvi compagnia fino a notte: adesso gli affari mi chiamano, e mi costringono a lasciarvi. ANTIFOLO DI SIRACUSA
A dopo, allora. Vado a perdermi per le strade di questa città, la visiterò errando di qua e di là, sino a smarrirmi 29. MERCANTE DI EFESO
Messere, vi auguro piena soddisfazione. Esce ANTIFOLO DI SIRACUSA
Colui che mi augura piena soddisfazione mi augura ciò che non posso avere. Io al mondo sto come una goccia caduta nell’oceano per ritrovarne un’altra30: e che, trasparente agli sguardi31, aggirandosi inquieta32, nella ricerca del simile finisce per smarrire se stessa. Così io, per trovare madre e fratello, perdo me stesso, in questo mio cercare infelice. Entra Dromio di Efeso Ecco che arriva la memoria vivente dei miei anni33. E bene? Per quale accidente sei tornato così presto? DROMIO DI EFESO
Tornato così presto? Direi piuttosto che vi ho trovato troppo tardi: il cappone sarà bruciato, il maiale già caduto dallo spiedo, l’orologio ha già battuto dodici colpi, e un altro me lo ha rifilato a me
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 2
My mistress made it one upon my cheek. She is so hot because the meat is cold. The meat is cold because you come not home. You come not home because you have no stomach. You have no stomach, having broke your fast; But we that know what ’tis to fast and pray Are penitent for your default today.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Stop in your wind, sir. Tell me this, I pray: Where have you left the money that I gave you? DROMIO OF EPHESUS
O – sixpence that I had o’ Wednesday last To pay the saddler for my mistress’ crupper? The saddler had it, sir; I kept it not.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I am not in a sportive humour now. Tell me, and dally not: where is the money? We being strangers here, how dar’st thou trust So great a charge from thine own custody?
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DROMIO OF EPHESUS
I pray you, jest, sir, as you sit at dinner. I from my mistress come to you in post. If I return I shall be post indeed, For she will scour your fault upon my pate. Methinks your maw, like mine, should be your clock,n And strike you home without a messenger.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Come, Dromio, come, these jests are out of season. Reserve them till a merrier hour than this. Where is the gold I gave in charge to thee? DROMIO OF EPHESUS
To me, sir? Why, you gave no gold to me. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Come on, sir knave, have done your foolishness, And tell me how thou hast disposed thy charge. 66. Clocke: così in emend. moderni; in F cooke “cuoco”. 478
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 2
la mia signora. A lei le son venuti su i bollori perché il pranzo s’è freddato. Ma il pranzo s’è freddato perché voi non siete a casa. E voi non siete a casa perché non avete appetito, e non l’avete perché avete già rotto il digiuno34. Noi altri, però, che digiunare e pregare sappiamo che cos’è, oggi ci tocca penitenza per la mancanza di Vossìa. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Frena le raffiche, amico e dimmi questo, per favore: dove hai lasciato il denaro che ti ho dato? DROMIO DI EFESO
Oh dunque, i sei pence che ho avuto mercoledì scorso per pagare al sellaio il para-culo35 della mia signora? Li ha il sellaio, non li ho certo io. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non sono in vena di trastulli adesso. Dimmi, e non girarci attorno: dov’è il denaro? Siamo stranieri qui e tu, che avevi l’importante compito di custodirlo, ti permetti di perderlo di vista? DROMIO DI EFESO
Vi prego, signore, si scherza meglio con le gambe sotto la tavola. È la signora a mandarmi qui da voi e ambasciator non porta pene, ma se riporto niente indietro, ambasciata e pene me le scolpisce lei sulla zucca36. Credo che se anche a voi – com’è per me – la pancia vi facesse da orologio37, di filato ve ne andreste a casa, e senza messaggeri. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Su, Dromio, davvero non è tempo di far giochetti. Riservali per un momento più lieto di questo. Dov’è l’oro che ti ho dato da tenere? DROMIO DI EFESO
A me, signore? A me non avete dato oro. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Suvvia, messer furfante, il tuo giro da buffone l’hai fatto e adesso dimmi che ne è di ciò che avevi in consegna.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 1 SCENE 2
DROMIO OF EPHESUS
My charge was but to fetch you from the mart Home to your house, the Phoenix, sir, to dinner. My mistress and her sister stays for you.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Now, as I am a Christian, answer me In what safe place you have bestowed my money, Or I shall break that merry sconce of yours That stands on tricks when I am undisposed. Where is the thousand marks thou hadst of me?
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DROMIO OF EPHESUS
I have some marks of yours upon my pate, Some of my mistress’ marks upon my shoulders, But not a thousand marks between you both. If I should pay your worship those again, Perchance you will not bear them patiently.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Thy mistress’ marks? What mistress, slave, hast thou? DROMIO OF EPHESUS
Your worship’s wife, my mistress, at the Phoenix: She that doth fast till you come home to dinner, And prays that you will hie you home to dinner.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
What, wilt thou flout me thus unto my face, Being forbid? There, take you that, sir knave! He beats Dromio DROMIO OF EPHESUS
What mean you, sir? For God’s sake, hold your hands! Nay, an you will not, sir, I’ll take my heels.o Exit ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Upon my life, by some device or other The villain is o’er-raught of all my money. They say this town is full of cozenage, As nimble jugglers that deceive the eye,
94. An: spesso usato invece di if = “se”; non più segnalato. 480
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO I SCENA 2
DROMIO DI EFESO
Mia consegna era solo di venire a prendervi al mercato e portarvi all’insegna della Fenice – vostra dimora – per pranzo. La mia signora e sua sorella sono in attesa. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Adesso, com’è vero che sono cristiano, mi devi rispondere: qual è questo luogo sicuro dove avresti riposto le mie monete? Devo forse romperti quel testone giocondo che ti ritrovi, che continui a burlarti di me quando non sono dell’umore? Ne hai ben prese mille da me; dove sono? DROMIO DI EFESO
Ne ho prese, da voi, alcune sulla cocuzza, e dalla mia signora alcune sulle spalle, ma tra tutti e due non arriviamo a mille38. E se per caso le dovessi restituire quali sono alla signoria vostra, voi non sareste altrettanto paziente nel prendervele. ANTIFOLO DI SIRACUSA
La tua signora? E quale signora sarebbe la tua, servo? DROMIO DI EFESO
La moglie della signoria vostra, mia signora alla Fenice. Colei che, finché voi non andate a casa a mangiare, digiuna, e che vi prega di affrettarvi a casa, per mangiare. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Cosa? Mi sbeffeggi così, come niente? Credi di poterlo fare? Prenditi questa, signor furfante! Colpisce Dromio DROMIO DI EFESO
Che dite, signore?! Bontà divina, tenete buone le mani! E se no, io me la batto. Esce ANTIFOLO DI SIRACUSA
C’è da giurarci: al burlone – con un trucco o con un altro – gli han giocato tutti i miei soldi. Si dice che questa città sia piena di inganni, di abili prestigiatori che confondono i sensi, di loschi ne-
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 1
Dark-working sorcerers that change the mind, Soul-killing witches that deform the body, Disguisèd cheaters, prating mountebanks, And many suchlike libertines of sin. If it prove so, I will be gone the sooner. I’ll to the Centaur to go seek this slave. I greatly fear my money is not safe. 2.1
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Exit
Enter [from the Phoenix] Adriana, wife ofp Antipholus of Ephesus, with Luciana, her sister
ADRIANA
Neither my husband nor the slave returned That in such haste I sent to seek his master? Sure, Luciana, it is two o’clock. LUCIANA
Perhaps some merchant hath invited him, And from the mart he’s somewhere gone to dinner. Good sister, let us dine, and never fret. A man is master of his liberty. Time is their mistress, and when they see timeq They’ll go or come. If so, be patient, sister.
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ADRIANA
Why should their liberty than ours be more?
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LUCIANA
Because their business still lies out o’ door. ADRIANA
Look when I serve him so, he takes it ill.r LUCIANA
O, know he is the bridle of your will. ADRIANA
There’s none but asses will be bridled so.
0. 1. From the Phoenix: così in ed. Oxford; non in F, come tutte le indicazioni di direzione in entrata ed uscita. 8. Mistress: così in ed. Oxford; in F Master = “padrone”, probabilmente condizionato dalla riga precedente. 12. Ill: così in F2; in F thus = “così”. 482
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 1
gromanti che sconvolgono la mente, di streghe che rubano l’anima e storpiano i corpi, di imbroglioni travestiti, di ciarlatani chiacchieroni e di molte altre simili diavolerie39. Se davvero è così, in quattro e quattr’otto io me la filo. Ma prima vado al Centauro e ripesco il furfante: temo proprio che il mio denaro non sia al sicuro. Esce II, 1
Entrano [dalla Fenice] Adriana, moglie di Antifolo di Efeso, con sua sorella Luciana40
ADRIANA
Avevo mandato in tutta fretta il servo a cercare mio marito. E non sono tornati, né l’uno né l’altro. Intanto, Luciana, si saranno fatte di certo le due. LUCIANA
L’avrà invitato un mercante e se ne sarà andato a mangiare da qualche parte. Sorella mia, pranziamo e non tormentarti: l’uomo è padrone della sua libertà. Loro, soltanto dal tempo si lasciano comandare; e quando vedono che il tempo è giunto, se ne vanno o se ne tornano. Se così è, sii paziente, sorella. ADRIANA
Perché mai dovrebbe essere maggiore della nostra, la loro libertà41? LUCIANA
Perché gli affari loro se li fanno fuori casa, giù in città. ADRIANA
Ma se faccio io così con lui, vedi come se la piglia. LUCIANA
Oh, ma lo sai che al tuo volere ha messo la sua briglia. ADRIANA
Simili briglie le accettano le bestie, gli asini soltanto.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 1
LUCIANA
Why, headstrong liberty is lashed with woe. There’s nothing situate under heaven’s eye But hath his bound in earth, in sea, in sky. The beasts, the fishes, and the wingèd fowls Are their males’ subjects and at their controls. Man, more divine, the master of all these, Lord of the wide world and wild wat’ry seas, Indued with intellectual sense and souls, Of more pre-eminence than fish and fowls, Are masters to their females, and their lords. Then let your will attend on their accords.
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ADRIANA
This servitude makes you to keep unwed. LUCIANA
Not this, but troubles of the marriage bed. ADRIANA
But were you wedded, you would bear some sway. LUCIANA
Ere I learn love, I’ll practise to obey. ADRIANA
How if your husband start some otherwhere?
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LUCIANA
Till he come home again, I would forbear. ADRIANA
Patience unmoved! No marvel though she pause: They can be meek that have no other cause. A wretched soul, bruised with adversity, We bid be quiet when we hear it cry. But were we burdened with like weight of pain, As much or more we should ourselves complain. So thou, that hast no unkind mate to grieve thee, With urging helpless patience would relieve me. But if thou live to see like right bereft, This fool-begged patience in thee will be left. LUCIANA
Well, I will marry one day, but to try. 484
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 1
LUCIANA
Già, e l’ostinata libertà al frustino risponde con il pianto. Non c’è cosa posta sotto l’occhio del cielo che in terra, nel mare o nell’aria non abbia il suo vincolo: gli animali, i pesci e le creature alate sono soggette ai loro maschi e al loro controllo. Gli uomini, più simili a Dio, signori tra gli esseri tutti, dominatori del vasto mondo e delle indomite distese d’acqua dei mari, dotati d’anima e d’intelletto, ben più nobili di pesci e uccelli, sono signori e padroni delle loro femmine. Dunque, fa che la tua volontà si adegui al loro piacere. ADRIANA
È questa sudditanza a trattenerti dall’esser sposa. LUCIANA
No, è che il letto di nozze si trasforma in un travaglio senza posa. ADRIANA
Già, ma se fossi sposata ne avresti di potere; non saresti senza. LUCIANA
Prima di imparare cos’è amore, avrò già fatto pratica d’obbedienza. ADRIANA
E se ad imparare, tuo marito, iniziasse altrove? LUCIANA
Sopporterei, fintanto che ritorna a casa. ADRIANA
Oh imperturbabile pazienza! Ma non mi sorprende tuttavia questa sua quiete. È facile essere miti, se non si hanno ragioni di lagnarsi. Quando sentiamo che un’anima afflitta, prostrata dalle avversità, si dispera, la invitiamo a calmarsi; ma se poi tocca a noi portare un simile fardello di dolore, ci lamentiamo nello stesso modo, se non di più. Così tu, che non hai compagno ingrato che ti ferisca, vuoi che mi consoli con l’impotente pazienza. Ma se dovessi mai, anche tu, subire tali ingiustizie, questa tua pazienza sciocca non l’avresti più. LUCIANA
Be’, un giorno mi sposerò, così per prova.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 1
Enter Dromio of Ephesus Here comes your man. Now is your husband nigh. ADRIANA
Say, is your tardy master now at hand? DROMIO OF EPHESUS Nay, he’s at two hands with me, and
that my two ears can witness.
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ADRIANA
Say, didst thou speak with him? Know’st thou his mind? DROMIO OF EPHESUS
I? Ay, he told his mind upon mine ear. Beshrew his hand, I scarce could understand it. LUCIANA
Spake he so doubtfully thou couldst not feel his meaning? DROMIO OF EPHESUS Nay, he struck so plainly I could too well feel his blows, and withal so doubtfully that I could scarce under-stand them.
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ADRIANA
But say, I prithee, is he coming home? It seems he hath great care to please his wife.
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DROMIO OF EPHESUS
Why, mistress, sure my master is horn-mad. ADRIANA Horn-mad, thou villain? DROMIO OF EPHESUS
I mean not cuckold-mad, but sure he is stark mad. When I desired him to come home to dinner, He asked me for a thousand marks in gold.s ‘’Tis dinner-time,’ quoth I. ‘My gold,’ quoth he. ‘Your meat doth burn,’ quoth I. ‘My gold,’ quoth he. ‘Will you come home?’ quoth I. ‘My gold,’ quoth he;t ‘Where is the thousand marks I gave thee, villain?’ ‘The pig’, quoth I, ‘is burned.’ ‘My gold!’ quoth he.
60. Thousand: così in F2; in F1 hundred = “cento”. 63. Come home: così in emend. moderni; in F come = “venire”. 486
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 1
Entra Dromio di Efeso Ma ecco che arriva il servo. Segno che tuo marito è nei paraggi. ADRIANA
Dì un po’: è finalmente a portata di mano, il tuo padrone42? DROMIO DI EFESO
Oh, l’ha portata, la mano, e anzi tutte e due – su di me. Le mie orecchie possono testimoniare. ADRIANA
Allora, gli hai parlato? Cos’ha per la testa, lo sai? DROMIO DI EFESO
Io? Beh, quel che aveva in testa l’ha scaricato sulle mie orecchie – quella sua manaccia! – ma io ci ho capito ben poco43. LUCIANA
Parlava in modo così ambiguo, che non l’hai compreso? DROMIO DI EFESO
Perdinci, se le ho prese, fin troppo; era così diretto, che le ho prese tutte, le sue botte; eppure tutto era così ambiguo che non le ho mica comprese, quelle botte. ADRIANA
Ma dimmi, ti prego, sta rincasando? Si dà gran pensiero per sua moglie, non c’è dubbio. DROMIO DI EFESO
In verità, signora, il padrone è matto come un caprone44. ADRIANA
Matto come un caprone? Brutto villano! DROMIO DI EFESO
Non dico caprone per dir becco, ma matto forte. Quando l’ho pregato di venire a casa per la cena, mi ha chiesto mille marchi in oro. “È ora di cena” gli dico; e lui: “Il mio oro!”, e io: “L’arrosto si brucerà”, e lui: “Il mio oro!”. E io: “Su, viene a casa?”; “Il mio oro!”, dice lui. “Dove sono i mille marchi che ti ho dato?”. “Il maiale” gli dico, “si è bruciato”, e lui dice: “Il mio oro!”. “La mia signora, padrone”,
487
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 1
‘My mistress, sir – ’ quoth I. ‘Hang up thy mistress! I know thy mistress not. Out on thy mistress!’ LUCIANA Quoth who? DROMIO OF EPHESUS Quoth my master. ‘I know’, quoth he, ‘no house, no wife, no mistress.’ So that my errand, due unto my tongue, I thank him, I bare home upon my shoulders; For, in conclusion, he did beat me there.
71
ADRIANA
Go back again, thou slave, and fetch him home. DROMIO OF EPHESUS
Go back again and be new beaten home? For God’s sake, send some other messenger.
75
ADRIANA
Back, slave, or I will break thy pate across. DROMIO OF EPHESUS
An he will bless that cross with other beating,u Between you I shall have a holy head. ADRIANA
Hence, prating peasant. Fetch thy master home.
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She beats Dromio DROMIO OF EPHESUS
Am I so round with you as you with me, That like a football you do spurn me thus? You spurn me hence, and he will spurn me hither. If I last in this service, you must case me in leather. Exit LUCIANA (to Adriana)
Fie, how impatience loureth in your face! ADRIANA
His company must do his minions grace, Whilst I at home starve for a merry look. Hath homely age th’alluring beauty took From my poor cheek? Then he hath wasted it. 78. Beating: così in emend. moderni; non in F. 488
85
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 1
gli dico, “Si impicchi, la tua signora. Non la conosco, la tua signora. Al diavolo la tua signora!” LUCIANA
Dice chi? DROMIO DI EFESO
Dice il mio padrone. “Non conosco”, fa lui, “né casa, né moglie, né signora”. E così, il messaggio45, invece di averlo sulla punta della lingua, grazie a lui, me lo porto sulle spalle, giacché alla fine, mi ha bastonato proprio lì. ADRIANA
Vai, galeotto d’un servo, ritorna da lui e riportalo a casa. DROMIO DI EFESO
Sì, ritorno da lui per farmi rispedire a casa a bastonate? Per carità, mandate un altro messaggero. ADRIANA
Va’ da lui, o ti rompo la testa in quattro46. DROMIO DI EFESO
Lei mi ci fa il segno della croce e lui lo benedice con altre botte. Dovrei avere una capa santa, tra tutti e due. ADRIANA
Via, ciarlatano bifolco! Riporta a casa il tuo padrone. Picchia Dromio DROMIO DI EFESO
Parlate chiaro e tondo47, non c’è dubbio: ma pensate forse che anch’io sia tondo, come una palla da scalciare? Voi mi scalciate là e lui mi ricalcia qua. Se duro al vostro servizio, mi dovrete rivestire in cuoio. Esce LUCIANA (a Adriana)
Ohi, come danza l’impazienza sul tuo volto! ADRIANA
Lui se ne sta a vezzeggiare le sue favorite, e io a casa mi struggo per uno sguardo gentile. Il matrimonio ha forse privato il mio viso di ogni seducente bellezza? Se è così, è lui ad averlo guastato! Sono
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 1
Are my discourses dull? Barren my wit? If voluble and sharp discourse be marred, Unkindness blunts it more than marble hard. Do their gay vestments his affections bait? That’s not my fault: he’s master of my state. What ruins are in me that can be found By him not ruined? Then is he the ground Of my defeatures. My decayèd fair A sunny look of his would soon repair. But, too unruly deer, he breaks the pale, And feeds from home. Poor I am but his stale.
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LUCIANA
Self-harming jealousy! Fie, beat it hence. ADRIANA
Unfeeling fools can with such wrongs dispense. I know his eye doth homage otherwhere, Or else what lets it but he would be here? Sister, you know he promised me a chain. Would that alone o’ love he would detain, So he would keep fair quarter with his bed. I see the jewel best enamellèd Will lose her beauty. Yet the gold bides stillv That others touch; and often touching willw Wear gold, and yet no man that hath a namex By falsehood and corruption doth it shame. Since that my beauty cannot please his eye, I’ll weep what’s left away, and weeping die.
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LUCIANA
How many fond fools serve mad jealousy! [Exeunt into the Phoenix]
109. Her: così in ed. Oxford; in F his = “sua”, di lui. 110-111. Wear: così in emend. moderni; in F where = “dove”. 111. And yet: così in ed. Oxford; in F and. 490
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 1
noiosi i miei discorsi? Spento il mio spirito? Se il mio conversare, vivace ed acuto, è ridotto a poca cosa, le sue scarse attenzioni lo rendono più piatto di una tavola di marmo. Le vesti sgargianti di quelle adescano il suo amore? Non sono io in difetto, è lui sovrano del mio stato48. Cosa c’è in me, che tu veda in rovina, che non sia stato lui a rovinare? E allora è lui, alla base del mio disfacimento. Eppure alla mia bellezza in declino un solo sguardo dei suoi, radiosi, renderebbe lo splendore di un tempo. Ma lui è un cervo troppo inquieto, che rompe il recinto e pascola lontano da casa. Mentre io non sono che il suo zimbello. LUCIANA
Basta! Con questa gelosia è te stessa che tormenti. ADRIANA
Solo gli insensibili, i folli, posso convivere con simili offese. So che il suo sguardo rende altrove i propri omaggi; cos’altro, se no, gli impedisce di essere qui? Sorella, tu sai che mi ha promesso una catena. Se la tenesse pure quella prova d’amore, ma si mantenga leale ai suoi doveri di marito. So che i gioielli perdono il loro splendore, anche se smaltati al meglio. Solo l’oro rimane intatto, anche se toccato da altri. Eppure anche l’oro si macchia, se lo si tocca di continuo. Nessun uomo lascia che falsità e corruzione rovinino il proprio nome. Se al suo sguardo la mia bellezza non riesce più gradita, ciò che di essa resta consumerò nel pianto, e piangerò sino a morirne. LUCIANA
Quanti pazzi innamorati tiene a servizio la folle gelosia! [Escono ed entrano nella Fenice]
491
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
2.2
Enter Antipholus of Syracuse
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
The gold I gave to Dromio is laid up Safe at the Centaur, and the heedful slave Is wandered forth in care to seek me out. By computation and mine host’s report, I could not speak with Dromio since at first I sent him from the mart! See, here he comes.
5
Enter Dromio of Syracuse How now, sir, is your merry humour altered? As you love strokes, so jest with me again. You know no Centaur? You received no gold? Your mistress sent to have me home to dinner? My house was at the Phoenix? – Wast thou mad, That thus so madly thou didst answer me?
10
DROMIO OF SYRACUSE
What answer, sir? When spake I such a word? ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Even now, even here, not half an hour since. DROMIO OF SYRACUSE
I did not see you since you sent me hence Home to the Centaur with the gold you gave me.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Villain, thou didst deny the gold’s receipt, And told’st me of a mistress and a dinner, For which I hope thou felt’st I was displeased. DROMIO OF SYRACUSE
I am glad to see you in this merry vein. What means this jest? I pray you, master, tell me.
20
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Yea, dost thou jeer and flout me in the teeth? Think’st thou I jest? Hold, take thou that, and that. He beats Dromio DROMIO OF SYRACUSE
Hold, sir, for God’s sake – now your jest is earnest! Upon what bargain do you give it me? 492
25
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
II, 2
Entra Antifolo di Siracusa49
ANTIFOLO DI SIRACUSA
L’oro che avevo affidato a Dromio è al sicuro, ben riposto al Centauro; e il servo, zelante, se ne è andato in giro a cercarmi. Fatti due conti, e a quel che dice l’oste, non potevo comunque parlare con Dromio, dal momento che, giù al mercato, l’ho spedito via50! Ma eccotelo lì che arriva. Entra Dromio di Siracusa E allora, signor mio, il vostro buon umore s’è guastato? Ma se è vero che vi piace prenderle, continuate pure a scherzare con me. Non sapete cos’è il Centauro, no? E nessuno mai vi ha affidato dell’oro, giusto? E la vostra padrona vi ha mandato a cercarmi perché tornassi a casa? Alla Fenice? Ma eravate impazzito, forse, a rispondere a quel modo? DROMIO DI SIRACUSA
Rispondere, signore? Quando avrei detto simili cose? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Proprio ora, proprio qui, nemmeno mezzora fa. DROMIO DI SIRACUSA
Non vi vedo da quando mi mandaste con l’oro al Centauro. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Buffone, negavi di aver preso il denaro, parlavi di un pranzo, di una padrona – E io non ho affatto gradito, come spero tu abbia afferrato. DROMIO DI SIRACUSA
Mi fa piacere, signore, di vedervi in vena di scherzare. Ma spiegatemi, vi prego, il significato di queste vostre facezie. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Cosa? Ti fai beffe di me così sfacciatamente? Credi che stia scherzando? Prendi questo! E questo! Picchia Dromio DROMIO DI SIRACUSA
Fermatevi, signore, per Dio! È piuttosto serio, adesso, questo vostro scherzo. Cosa ho fatto per guadagnarmi tutto ciò?
493
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Because that I familiarly sometimes Do use you for my fool, and chat with you, Your sauciness will jest upon my love, And make a common of my serious hours. When the sun shines, let foolish gnats make sport, But creep in crannies when he hides his beams. If you will jest with me, know my aspect, And fashion your demeanour to my looks, Or I will beat this method in your sconce. DROMIO OF SYRACUSE ‘Sconce’ call you it? So you would leave battering, I had rather have it a head. An you use these blows long, I must get a sconce for my head, and ensconce it too, or else I shall seek my wit in my shoulders. But I pray, sir, why am I beaten? ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Dost thou not know? DROMIO OF SYRACUSE Nothing, sir, but that I am beaten. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Shall I tell you why? DROMIO OF SYRACUSE Ay, sir, and wherefore; for they say every why hath a wherefore.
30
40
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
‘Why’ first: for flouting me; and then ‘wherefore’: For urging it the second time to me.
45
DROMIO OF SYRACUSE
Was there ever any man thus beaten out of season, When in the why and the wherefore is neither rhyme nor reason? – Well, sir, I thank you. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Thank me, sir, for what? DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, for this something that you gave me for nothing.
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51
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
ANTIFOLO DI SIRACUSA
Forse perché a volte mi piace vederti fare il buffone o intrattenermi con te familiarmente, tu e la tua insolenza vi fate gioco del mio buon cuore e rendete triviali le mie ore più serie. Finché brilla il sole nel cielo, sciamino pure liberi per l’aria i moscerini, ma quando il sole ritira i suoi raggi è bene ch’essi tornino a nascondersi in silenzio nei loro bui anfratti. Se vuoi scherzare con me, impara a leggere il mio volto e a conformare i tuoi gesti al mio umore. Altrimenti, queste regole, te le scolpisco in zucca a bastonate. DROMIO DI SIRACUSA
La chiamate “zucca”? Non venisse sbatacchiata più, certo una testa sarebbe meglio: ma se la prendete a botte ancora a lungo, la testa davvero me la infilo in una zucca... e me la filo51. O il mio ingegno andrò a cercarlo nelle spalle. Ma vi prego, ditemi perché mi picchiate. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non lo sai? DROMIO DI SIRACUSA
So soltanto che mi picchiate. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Devo spiegarti la ragione? DROMIO DI SIRACUSA
Certo, e anche il motivo, giacché si dice che non c’è ragione senza motivo52. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Prima di tutto la ragione: per avermi preso in giro; e poi il motivo: per aver continuato a farlo. DROMIO DI SIRACUSA
Non si è mai visto picchiare così un cristiano, quando non è né tempo né stagione, né c’è ragionevole ragione53. Ma signore, comunque, vi ringrazio. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Ringrazi me, messere? E per cosa? DROMIO DI SIRACUSA
Per tutto questo che mi avete dato, pur non avendo io fatto niente.
495
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE I’ll make you amends next, to
give you nothing for something. But say, sir, is it dinner-time? DROMIO OF SYRACUSE No, sir, I think the meat wants that I have. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE In good time, sir. What’s that? DROMIO OF SYRACUSE Basting. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Well, sir, then ’twill be dry. DROMIO OF SYRACUSE If it be, sir, I pray you eat none of it. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Your reason? DROMIO OF SYRACUSE Lest it make you choleric and purchase me another dry basting. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Well, sir, learn to Jest in good time. There’s a time for all things. DROMIO OF SYRACUSE I durst have denied that before you were so choleric. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE By what rule, sir? DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, by a rule as plain as the plain bald pate of Father Time himself. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Let’s hear it. DROMIO OF SYRACUSE There’s no time for a man to recover his hair that grows bald by nature. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE May he not do it by fine and recovery?
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70
75
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
ANTIFOLO DI SIRACUSA
Farò di meglio in seguito, non ti darò niente in cambio di tutto quello che farai. Ma dimmi, è ora di pranzo? DROMIO DI SIRACUSA
No, signore. Penso che l’arrosto abbia bisogno di quel che io ho già saggiato. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Di grazia, messere, cos’è? DROMIO DI SIRACUSA
Una ripassata54. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Beh, signore, allora dovrà farne a meno. DROMIO DI SIRACUSA
Non mangiatene, allora, ve ne prego. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E per quale ragione? DROMIO DI SIRACUSA
Non vorrei vi guastasse l’umore; che poi voi venite a cercare me, per un’altra ripassata. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E allora, signor mio, impara a scherzare a tempo debito: c’è un tempo per ogni cosa. DROMIO DI SIRACUSA
Non foste così collerico, oserei contraddirvi. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Su quali basi? DROMIO DI SIRACUSA
Basi lisce quanto la pelata del vecchio padre Tempo. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Sentiamo. DROMIO DI SIRACUSA
Per un uomo, destinato per natura alla pelata, non c’è tempo per riavere indietro i suoi capelli. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non potrebbe ottenerne il riscatto su cauzione55?
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
DROMIO OF SYRACUSE Yes, to pay a fine for a periwig, and
recover the lost hair of another man. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Why is Time such a niggard of
hair, being, as it is, so plentiful an excrement? DROMIO OF SYRACUSE Because it is a blessing that he
bestows on beasts, and what he hath scanted men in hair he hath given them in wit. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Why, but there’s many a man hath more hair than wit. DROMIO OF SYRACUSE Not a man of those but he hath the wit to lose his hair. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Why, thou didst conclude hairy men plain dealers, without wit. DROMIO OF SYRACUSE The plainer dealer, the sooner lost. Yet he loseth it in a kind of jollity. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE For what reason? DROMIO OF SYRACUSE For two, and sound ones too. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Nay, not sound, I pray you. DROMIO OF SYRACUSE Sure ones, then. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Nay, not sure, in a thing falsing. DROMIO OF SYRACUSE Certain ones, then. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Name them. DROMIO OF SYRACUSE The one, to save the money that he spends in tiring; the other, that at dinner they should not drop in his porridge.y
99. Tiring: così in emend. moderni; in F trying = “provare”. 498
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
DROMIO DI SIRACUSA
Potrebbe forse comprare una parrucca su cauzione e così riacciuffare i capelli caduti a un altro. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Perché mai il Tempo, tanto prodigo in escrementi, è così spilorcio coi capelli? DROMIO DI SIRACUSA
Perché questa è una benedizione di cui gratifica le bestie; mentre all’uomo, quel che ha lesinato in peli, ha dato in ingegno. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Ma se conosco molti, che son più pelosi che ingegnosi! DROMIO DI SIRACUSA
Non uno che s’ingegni di perdere i capelli. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Tu, quindi, sostieni che chi ha peli sulla testa è senza ingegno, anche se si comporta onestamente. DROMIO DI SIRACUSA
Già, e che quanto più onestamente ci dà dentro, tanto prima perde tutto. Almeno però lo perde – direi quasi – con letizia56. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E per quale ragione? DROMIO DI SIRACUSA
Per due, sonanti, ragioni. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Ti prego, non far rumore. DROMIO DI SIRACUSA
Palpabili ragioni, allora. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Nemmeno. Sento odor d’inganno. DROMIO DI SIRACUSA
Diciamo allora per delle certe ragioni. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Dì quali. DROMIO DI SIRACUSA
La prima, che uno risparmia quel che spenderebbe ad acconciarsi; la seconda che non ti cadono peli nella minestra, a cena.
499
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE You would all this time have
proved there is no time for all things. DROMIO OF SYRACUSE Marry, and did, sir: namely, e’en no time to recover hair lost by nature. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE But your reason was not substantial, why there is no time to recover. DROMIO OF SYRACUSE Thus I mend it: Time himself is bald, and therefore to the world’s end will have bald followers. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE I knew ’twould be a bald conclusion.
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Enter [from the Phoenix] Adriana and Luciana But soft – who wafts us yonder? ADRIANA
Ay, ay, Antipholus, look strange and frown: Some other mistress hath thy sweet aspects. I am not Adriana, nor thy wife. The time was once when thou unurged wouldst vow That never words were music to thine ear, That never object pleasing in thine eye, That never touch well welcome to thy hand, That never meat sweet-savoured in thy taste, Unless I spake, or looked, or touched, or carved to thee. How comes it now, my husband, O how comes it That thou art then estrangèd from thyself? – Thy ‘self’ I call it, being strange to me That, undividable, incorporate, Am better than thy dear self’s better part. Ah, do not tear away thyself from me; For know, my love, as easy mayst thou fall A drop of water in the breaking gulf, And take unmingled thence that drop again Without addition or diminishing, As take from me thyself, and not me too. How dearly would it touch thee to the quick 500
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
ANTIFOLO DI SIRACUSA
E secondo te, con tutti questi giri, avresti dimostrato che non per ogni cosa c’è il suo tempo. DROMIO DI SIRACUSA
Certo, signore; e in particolare che non c’è tempo per recuperare i capelli persi per via naturale. ANTIFOLO DI SIRACUSA
La tua spiegazione del perché non c’è tempo di recuperare è senza fondamento. DROMIO DI SIRACUSA
Corro subito ai ripari: il Tempo stesso è spelacchiato e per questo, al giorno del giudizio, vuol che ci arrivino, con lui, solo teste senza un pelo. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Lo sapevo: non un pelo di saggezza in questa conclusione. Entrano [dalla Fenice] Adriana e Luciana Ma piano – chi ci fa cenno di laggiù? ADRIANA
Oh, sì, Antifolo, prendi pure quell’aria strana ed accigliata. I dolci sguardi tuoi li ha catturati qualche altra; non sono più io, Adriana, non tua moglie. Un tempo avresti giurato, senza che ti fosse richiesto, che nessuna parola era musica alle tue orecchie, né visione gradevole ai tuoi occhi, né contatto piacevole alla tua mano, né vivanda dolce al tuo palato se non ero io a parlare, io a guardarti, io a toccarti, io a prepararti il pranzo. E adesso, che succede mai, che cosa, da renderti così straniero a te stesso? Dico a te stesso, perché sei estraneo a me, che – inseparabile da te, dalla tua stessa carne – sono meglio della miglior parte di te. Ah, non strapparti a me! Perché, amor mio, potresti più facilmente lasciar cadere una goccia d’acqua nel mare impetuoso57 e recuperare quella medesima goccia, integra, senza ad essa togliere o aggiungere alcunché, che non portar via te stesso da me, senza portar via anche me. Non ti sentiresti toccato sul vivo, se solo ti giungesse
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
Shouldst thou but hear I were licentious, And that this body, consecrate to thee, By ruffian lust should be contaminate? Wouldst thou not spit at me, and spurn at me, And hurl the name of husband in my face, And tear the stained skin off my harlot brow, And from my false hand cut the wedding ring, And break it with a deep-divorcing vow? I know thou canst, and therefore see thou do it! I am possessed with an adulterate blot; My blood is mingled with the crime of lust. For if we two be one, and thou play false, I do digest the poison of thy flesh, Being strumpeted by thy contagion. Keep then fair league and truce with thy true bed, I live unstained, thou undishonourèd.z
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Plead you to me, fair dame? I know you not. In Ephesus I am but two hours old, As strange unto your town as to your talk, Who, every word by all my wit being scanned, Wants wit in all one word to understand.
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LUCIANA
Fie, brother, how the world is changed with you! When were you wont to use my sister thus? She sent for you by Dromio home to dinner. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE By Dromio? DROMIO OF SYRACUSE By me?
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ADRIANA
By thee; and this thou didst return from him – That he did buffet thee, and in his blows Denied my house for his, me for his wife. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Did you converse, sir, with this gentlewoman? What is the course and drift of your compact? 149. Unstain’d: così in emend. moderni; in F distain’d = “scolorito”. 502
160
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
voce di una mia condotta licenziosa, o che questo mio corpo, che ho consacrato a te, si sia contaminato spinto dal volgare piacere? Non mi sputeresti addosso, non mi ripudieresti a calci, non mi rinfacceresti urlando d’esser mio marito, e non graffieresti via dal mio volto di sgualdrina questa macchia che mi segna, e non strapperesti dalla mano spergiura l’anello, per romperlo con voto solenne di separazione? So che potresti. E perciò: fallo! Mi sono macchiata d’adulterio; il mio sangue si è mischiato con la colpa della lussuria: perché se noi due siamo una cosa sola e tu ti dimostri falso, la putredine della tua carne io l’assimilo – è un contagio, il tuo, che fa di me una puttana. Tieni fede al tuo letto e riportavi pace. Io conserverò la mia purezza, tu il tuo onore. ANTIFOLO DI SIRACUSA
È con me che lamentate le vostre pene, bella signora? Io non vi conosco: ad Efeso non sono che da due ore, straniero alla vostra città quanto al vostro discorso. Il quale, con tutto il lume del mio ingegno, mi rimane alquanto oscuro. LUCIANA
Vergogna, cognato, che rivoluzione è mai questa! Da quando avete preso a trattare in questo modo mia sorella? Vi aveva mandato Dromio, affinché vi chiamasse per il pranzo. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Dromio? DROMIO DI SIRACUSA
Me? ADRIANA
Proprio te; e tu mi dicesti che lui ti aveva preso a ceffoni e, tra una botta e l’altra, negava di aver per casa casa sua e me per moglie. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Avete conversato con questa gentildonna, messere? Siete forse d’accordo?
503
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
DROMIO OF SYRACUSE
I, sir? I never saw her till this time.
165
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Villain, thou liest; for even her very words Didst thou deliver to me on the mart. DROMIO OF SYRACUSE
I never spake with her in all my life. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
How can she thus then call us by our names? – Unless it be by inspiration.
170
ADRIANA
How ill agrees it with your gravity To counterfeit thus grossly with your slave, Abetting him to thwart me in my mood! Be it my wrong you are from me exempt, But wrong not that wrong with a more contempt. Come, I will fasten on this sleeve of thine. Thou art an elm, my husband; I a vine, Whose weakness, married to thy stronger state,aa Makes me with thy strength to communicate. If aught possess thee from me, it is dross, Usurping ivy, brier, or idle moss, Who, all for want of pruning, with intrusion Infect thy sap, and live on thy confusion. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE (aside) To me she speaks, she moves me for her theme. What, was I married to her in my dream? Or sleep I now, and think I hear all this? What error drives our eyes and ears amiss? Until I know this sure uncertainty, I’ll entertain the offered fallacy.ab
175
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LUCIANA
Dromio, go bid the servants spread for dinner.
190
178. Stronger: così in F4; in F1 stranger = “[di] straniero”. 189. Offered: così in emend. Capell; in F free’d = “liberato”; in emend. Walker sured = “assicurato”. 504
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
DROMIO DI SIRACUSA
Io, signore? Non l’ho mai vista prima d’ora. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Furfante, tu menti; quel che lei dice ora è esattamente quel che tu mi hai riferito al mercato. DROMIO DI SIRACUSA
Io non le ho mai parlato in tutta la mia vita. ANTIFOLO DI SIRACUSA
È ispirata da un dio, allora, che ci chiama per nome? ADRIANA
Oh, quanto poco si addice alla tua serietà, far sceneggiate così triviali, far da spalla al tuo servo per beffarti della mia sofferenza! Sarà per mio errore se tu mi sei lontano, ma non far gravare su quell’errore anche il peso del tuo disprezzo. Vieni, su, voglio aggrapparmi al tuo braccio: tu sei l’olmo, mio marito, ed io la vite58, ed è la mia fragilità, unita alla tua salda natura, a far le mie parole forti: a portarti via da me, non può essere che erbaccia, edera infestante, rovi, o muschi sterili, da sradicare prima che s’insinuino ad infettare la linfa e prosperino nel disordine del tuo cuore. ANTIFOLO DI SIRACUSA (a parte) È proprio a me che parla, sono io al centro dei suoi discorsi. Ma allora, l’ho sposata forse in sogno? O ancora adesso sogno e credo di sentire tutto ciò? Quale imbroglio svia l’udito e la vista? Farò così: ingannerò a mia volta questo inganno manifesto, fintanto che l’unica certezza rimane l’incertezza. LUCIANA
Dromio, va a casa e ordina ai servi che apparecchino per cena.
505
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 2 SCENE 2
DROMIO OF SYRACUSE (aside)
O, for my beads! I cross me for a sinner. This is the fairy land. O spite of spites, We talk with goblins, oafs, and sprites.ac If we obey them not, this will ensue: They’ll suck our breath or pinch us black and blue. LUCIANA
Why prat’st thou to thyself, and answer’st not? Dromio, thou drone, thou snail, thou slug, thou sot.ad DROMIO OF SYRACUSE (to Antipholus) I am transformèd, master, am not I?
196
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I think thou art in mind, and so am I. DROMIO OF SYRACUSE
Nay, master, both in mind and in my shape.
200
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Thou hast thine own form. DROMIO OF SYRACUSE
No, I am an ape.
LUCIANA
If thou art changed to aught, ’tis to an ass. DROMIO OF SYRACUSE [to Antipholus]
’Tis true she rides me, and I long for grass. ’Tis so, I am an ass; else it could never be But I should know her as well as she knows me.
205
ADRIANA
Come, come, no longer will I be a fool, To put the finger in the eye and weep Whilst man and master laughs my woes to scorn. (To Antipholus) Come, sir, to dinner. – Dromio, keep the gate. – Husband, I’ll dine above with you today, And shrive you of a thousand idle pranks. – Sirrah, if any ask you for your master,
193. Oales: così in emend. moderni; in F owles = “gufo”, “civetta”. 197. Drone: così in emend. Theobald; in F Dromio. 506
210
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO II SCENA 2
DROMIO DI SIRACUSA (a parte)
Oh per tutti i grani del rosario! Qui c’è da farsi il segno della croce, questo paese è stregato – diavolo d’un diavolo! – Si incontrano gnomi, spiriti ed elfi: tu non gli obbedisci, e loro – stanne certo – ti risucchiano l’anima o ti fanno cambiare colore a pizzicotti. LUCIANA
Ma cosa brontoli tra te, invece di rispondere! Dromio, fannullone, lumacone, invertebrato, ubriacone! DROMIO DI SIRACUSA (ad Antifolo) Ho subito metamorfosi, padrone, non è vero? ANTIFOLO DI SIRACUSA
La tua mente, temo proprio di sì, e così la mia. DROMIO DI SIRACUSA
La mente e la figura, signore: entrambe. ANTIFOLO DI SIRACUSA
L’aspetto tuo è quello di sempre. DROMIO DI SIRACUSA
No, sono un macaco. LUCIANA
Ammesso che tu sia cambiato, sei un somaro, ecco cosa sei. DROMIO DI SIRACUSA [ad Antifolo]
Vero. Lei mi opprime e io non chiedo che riposo. Sono un somaro, verissimo. Altrimenti saprei chi è lei almeno quanto lei sa chi sono io. ADRIANA
Ah basta, basta, non vi farò più da giullare, io sciocca che mi metto il dito negli occhi e piango59– mentre padrone e servo se la ridono ai miei lamenti. (Ad Antifolo) Signor mio, venite a tavola. Dromio, resta di guardia al portone. Andiamo di sopra, marito mio, oggi ceneremo insieme e vi farò confessare le vostre mille scappatelle. Ohi voi, se qualcuno
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
Say he dines forth, and let no creature enter. – Come, sister. – Dromio, play the porter well. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE (aside) Am I in earth, in heaven, or in hell? Sleeping or waking? Mad or well advised? Known unto these, and to myself disguised! I’ll say as they say, and persever so, And in this mist at all adventures go.
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DROMIO OF SYRACUSE
Master, shall I be porter at the gate?
220
ADRIANA
Ay, and let none enter, lest I break your pate. LUCIANA
Come, come, Antipholus, we dine too late. Exeunt [into the Phoenix] 3.1
Enter Antipholus of Ephesus, his man Dromio, Angelo the goldsmith, and Balthasar the merchant
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Good Signor Angelo, you must excuse us all. My wife is shrewish when I keep not hours. Say that I lingered with you at your shop To see the making of her carcanet, And that tomorrow you will bring it home. – But here’s a villain that would face me down He met me on the mart, and that I beat him, And charged him with a thousand marks in gold, And that I did deny my wife and house. Thou drunkard, thou, what didst thou mean by this?
5
DROMIO OF EPHESUS
Say what you will, sir, but I know what I know – That you beat me at the mart I have your hand to show. If the skin were parchment, and the blows you gave were ink, Your own handwriting would tell you what I think.
508
11
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
chiede del padrone, dite che sta mangiando e non lasciate entrare nessuno. Vieni anche tu, sorella. Dromio, sii buon guardiano. ANTIFOLO DI SIRACUSA (a parte) Dove mi trovo, in terra o in cielo? O non, piuttosto, all’inferno? Sogno o son desto? Sono impazzito o ragiono? Ben noto a loro, a me stesso sono irriconoscibile! Asseconderò tutto ciò che dicono e avanti così, nella nebbia, di avventura in avventura. DROMIO DI SIRACUSA
Padrone, devo proprio stare di guardia al portone? ADRIANA
Certo, e che nessuno entri, se non vuoi che ti rompa la testa. LUCIANA
Su, Antifolo, vieni: è già tardi per mangiare. Escono [ed entrano nella Fenice] III, 1
Entrano Antifolo di Efeso, il servo Dromio, l’orefice Angelo e il mercante Baldassarre60
ANTIFOLO DI EFESO
Mio buon signor Angelo, ci deve scusare. Se non rispetto gli orari, mia moglie diventa intrattabile. Ditele che mi sono trattenuto da voi in bottega per vedervi lavorare alla sua collana e che domani la porterete a casa voi stesso. – Ma ecco che arriva quello sbruffone sfrontato che sostiene di avermi incontrato in piazza, che l’avrei picchiato e gli avrei chiesto conto di mille marchi in oro, e che avrei rinnegato mia moglie e la mia casa. Razza di ubriacone, cosa andavi dicendo? DROMIO DI EFESO
Dite pure quel che vi pare, signore, ma io so quel che so – Che me le avete suonate in piazza, lo dimostra la vostra stessa mano: guardate qui. Fosse pergamena, la mia pelle, e le legnate vostre inchiostro, vi trovereste scritto di vostro pugno ciò che penso.
509
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I think thou art an ass. Marry, so it doth appear By the wrongs I suffer and the blows I bear. I should kick being kicked, and, being at that pass, You would keep from my heels, and beware of an ass.
DROMIO OF EPHESUS
15
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
You’re sad, Signor Balthasar. Pray God our cheer May answer my good will, and your good welcome here.
20
BALTHASAR
I hold your dainties cheap, sir, and your welcome dear. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
O, Signor Balthasar, either at flesh or fish A table full of welcome makes scarce one dainty dish. BALTHASAR
Good meat, sir, is common; that every churl affords. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
And welcome more common, for that’s nothing but words.
25
BALTHASAR
Small cheer and great welcome makes a merry feast. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Ay, to a niggardly host and more sparing guest. But though my cates be mean, take them in good part. Better cheer may you have, but not with better heart. But soft, my door is locked. (To Dromio) Go bid them let us in. DROMIO OF EPHESUS (calling) Maud, Bridget, Marian, Cicely, Gillian, Ginn!
30
[Enter Dromio of Syracuse within the Phoenix]ae
31. 0. Enter ... Phoenix: così in ed. Oxford; non in F, che invece segnala l’entrata di Nell e Adriana, nonostante esse si trovino chiaramente dentro la casa. 510
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
ANTIFOLO DI EFESO
Quel che penso io è che tu sei un somaro. DROMIO DI EFESO
Perbacco, con i torti e le bastonate che sopporto, sembrerebbe proprio che io lo sia. Per i calci che prendo, dovrei iniziare anch’io a scalciare e, a quel punto, per voi sarebbe meglio tenervi alla larga da questo somaro. ANTIFOLO DI EFESO
Signor Baldassarre, non siate triste. Se Dio vuole, un’allegra tavolata vi darà prova che noi siamo buona gente e che voi qui siete il benvenuto. BALDASSARRE
Qualsiasi manicaretto è povera cosa, signore, a confronto del vostro benvenuto, che mi è assai più caro61. ANTIFOLO DI EFESO
O, signor Baldassarre, non di solo benvenuto vive l’uomo. Che sia carne oppure pesce, se il piatto piange poi rincresce62. BALDASSARRE
Un buon pranzo, signore, non è cosa rara a trovarsi: nemmeno tra’ villani ve lo farebbero mancare. ANTIFOLO DI EFESO
Sì, ma salamelecchi e complimenti sono ancora meno rari. Nient’altro che parole, sono. BALDASSARRE
Un pranzo alla buona e una grande accoglienza, sono quel che ci vuole per stare in allegria. ANTIFOLO DI EFESO
Ah sì, se il padrone di casa è taccagno e se l’ospite si accontenta. Spero comunque che gradiate la nostra mensa, per quanto modesta. Magari altrove trovereste miglior cibo, ma non più amichevole compagnia. Un attimo, però, il portone è sprangato. (a Dromio) Va’ a dire che ci aprano. DROMIO DI EFESO (chiama, gridando) Carme’, Brigitta, Maria, Cecilia, Luigia, Ginetta! [Entra Dromio di Siracusa, all’interno della Fenice]63
511
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix)af
Mome, malt-horse, capon, coxcomb, idiot, patch! Either get thee from the door or sit down at the hatch. Dost thou conjure for wenches, that thou call’st for such store When one is one too many? Go, get thee from the door. DROMIO OF EPHESUS
What patch is made our porter? My master stays in the street. DROMIO OF SYRACUSE (within) Let him walk from whence he came, lest he catch cold on’s feet.
36
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Who talks within there? Ho, open the door! DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) Right, sir, I’ll tell you when, an you’ll tell me wherefore. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Wherefore? For my dinner – I have not dined today. DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) Nor today here you must not. Come again when you may.
41
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
What art thou that keep’st me out from the house I owe? DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) The porter for this time, sir, and my name is Dromio. DROMIO OF EPHESUS
O villain, thou hast stol’n both mine office and my name. The one ne’er got me credit, the other mickle blame. If thou hadst been Dromio today in my place,
46
32. 0. Within the Phoenix: così in ed. Oxford; non in F; within = “dentro” in altre edizioni moderne. 512
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice)
Buffone, bestione, eunuco, damerino, idiota, coglione! Allontanati dalla porta, va’ via, e chiudi quella boccaccia64. Cosa ti chiami a raccolta tutte ’ste donne, che una è già di troppo? Va’ via, togliti dal portone. DROMIO DI EFESO
Il portiere è uscito pazzo? Il padrone è qui fuori. DROMIO DI SIRACUSA (dentro) Che se ne torni da dove è venuto, prima che gli prendano i geloni. ANTIFOLO DI EFESO
Chi è che parla, là dentro? Ohi, apri il portone! DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Va bene, signore. Voi mi dite perché e io vi dirò quando. ANTIFOLO DI EFESO
Perché? Devo mangiare... Oggi non ho pranzato! DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Non mangerete qui, non oggi. Ripassate un’altra volta. ANTIFOLO DI EFESO
Chi saresti tu, da impedirmi d’entrare in casa mia? DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Sono il guardiano del portone, per questa volta, signore, e il mio nome è Dromio. DROMIO DI EFESO
Farabutto! Non mi hai rubato solo il lavoro, ma pure il nome. Sappi che il primo non mi ha mai assicurato onori, l’altro solo ingiurie a volontà. Se vuoi essere Dromio al posto mio, quest’oggi, devi esser
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
Thou wouldst have changed thy pate for an aim, orag thy name for an ass. Enter Nell within the Phoenix NELL (within the Phoenix)
What a coil is there, Dromio? Who are those at the gate? DROMIO OF EPHESUS
Let my master in, Nell. NELL (within the Phoenix) Faith no, he comes too late; And so tell your master. DROMIO OF EPHESUS O Lord, I must laugh. Have at you with a proverb: ‘Shall I set in my staff?’ NELL (within the Phoenix) Have at you with another – that’s ‘When? Can you tell?’ DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) If thy name be called Nell, Nell, thou hast answered him well.ah [ ] ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Nell) Do you hear, you minion? You’ll let us in, I hope? NELL (within the Phoenix) I thought to have asked you. DROMIO OF SYRACUSE (within) And you said no.
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DROMIO OF EPHESUS
So, come help. [He and Antipholus beat the door] Well struck! There was blow for blow.
47. Pate: così in ed. Oxford; in F face = “faccia”. An ame: così in emendam. moderni; in F a name = “un nome”. 53-55. Well. / [ ... ] / ANTIPHOLUS: così in ed. Oxford; ~. / Anti. in F. 514
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
pronto a fare della tua zucca un tiro a segno e del tuo nome quello di un somaro65. Entra Nella, all’interno della Fenice NELLA (dentro alla Fenice)
Cos’è questo baccano, Dromio? Chi sono questi giù al portone? DROMIO DI EFESO
Nella, lascia entrare il padrone. NELLA (dentro alla Fenice)
No davvero, è arrivato troppo tardi. Diglielo pure al tuo padrone. DROMIO DI EFESO
O Signore, questa è bella. Sai come si dice dalle nostre parti in questi casi: devo tirar fuori l’attrezzo66? NELLA (dentro alla Fenice) Sai come dalle nostre? Se ci riesci, tra un mese e mezzo67! DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Se è vero che ti chiami Nella... beh, Nella, gli hai risposto per le rime. [....................................................................................]68 ANTIFOLO DI EFESO
Mi senti, bellina mia? Ci fai entrare, voglio sperare. O no? NELLA (dentro alla Fenice)
Credevo di averlo chiesto io a voi. DROMIO DI SIRACUSA (dentro)
E voi avete detto: no. DROMIO DI EFESO
Su, venite a dar manforte. [Lui ed Antifolo battono alla porta] Ben fatto! Rispondiamo colpo su colpo.
515
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Nell)
Thou baggage, let me in. NELL (within the Phoenix) Can you tell for whose sake? DROMIO OF EPHESUS
Master, knock the door hard. NELL (within the Phoenix)
Let him knock till it ache.
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
You’ll cry for this, minion, if I beat the door down.
60
NELL (within the Phoenix)
What needs all that, and a pair of stocks in the town? Enter Adriana within the Phoenix ADRIANA (within the Phoenix)
Who is that at the door that keeps all this noise? DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix)
By my troth, your town is troubled with unruly boys. ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Adriana)
Are you there, wife? You might have come before. ADRIANA (within the Phoenix)
Your wife, sir knave? Go, get you from the door. Exit with Nell DROMIO OF EPHESUS (to Antipholus)
If you went in pain, master, this knave would go sore. ANGELO (to Antipholus)
Here is neither cheer, sir, nor welcome; we would fain have either. BALTHASAR
In debating which was best, we shall part with neither. DROMIO OF EPHESUS (to Antipholus) They stand at the door, master. Bid them welcome hither. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
There is something in the wind, that we cannot get in.
516
65
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
ANTIFOLO DI EFESO (a Nella)
Fammi entrare, tu, bagascia. NELLA (dentro alla Fenice)
E per la bella faccia di chi? È lecito sapere? DROMIO DI EFESO
Padrone, bussate forte. NELLA (dentro alla Fenice)
Che bussi pure finché la mano gli si rompe. ANTIFOLO DI EFESO
Sgualdrinella, se butto giù la porta, ti faccio piangere. NELLA (dentro alla Fenice)
Che bisogno c’è, non ci son già ceppi e gogna in piazza? Entra Adriana, all’interno della Fenice ADRIANA (dentro alla Fenice)
Chi c’è alla porta, da far tutto questo rumore? DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice)
In fede mia, la vostra città è infestata da ragazzacci scapestrati. ANTIFOLO DI EFESO (ad Adriana) Sei tu, moglie mia? Avresti potuto scendere prima. ADRIANA (dentro alla Fenice) Vostra moglie, signor cialtrone? Ma andate via. Esce insieme a Nella DROMIO DI EFESO (ad Antifolo)
Se per voi eran già dolori – padrone – c’è qui un cialtrone che prenderà frustate69. ANGELO (ad Antifolo) Qui, per noi, signore, non si dà né pranzo né benvenuto; prepariamoci a non vedere né l’uno né l’altro. BALDASSARRE
Dopo tanto dibattere se fosse meglio questo o quello, ce ne andiamo senza niente. DROMIO DI EFESO (ad Antifolo) Padrone, questi signori aspettano. Fateli accomodare. ANTIFOLO DI EFESO
C’è qualcosa nell’aria che mi dice che non ci lasceranno entrare.
517
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
DROMIO OF EPHESUS
You would say so, master, if your garments were thin. Your cake here is warm within: you stand here in the cold. It would make a man mad as a buck to be so bought and sold.
72
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Go fetch me something. I’ll break ope the gate. DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix)
Break any breaking here, and I’ll break your knave’s pate.
75
DROMIO OF EPHESUS
A man may break a word with you, sir, and words are but wind; Ay, and break it in your face, so he break it not behind. DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) It seems thou want’st breaking. Out upon thee, hind! DROMIO OF EPHESUS
Here’s too much ‘Out upon thee!’ I pray thee, let me in. DROMIO OF SYRACUSE (within the Phoenix) Ay, when fowls have no feathers, and fish have no fin. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Well, I’ll break in. – Go borrow me a crow.
81
DROMIO OF EPHESUS
A crow without feather? Master, mean you so? For a fish without a fin, there’s a fowl without a feather. (To Dromio of Syracuse) If a crow help us in, sirrah, we’ll pluck a crow together. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Go, get thee gone. Fetch me an iron crow. BALTHASAR
Have patience, sir. O, let it not be so! Herein you war against your reputation, And draw within the compass of suspect Th’unviolated honour of your wife. 518
85
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
DROMIO DI EFESO
Padrone, sono parole queste di chi è rimasto in camiciola. Voi qui fuori al freddo, e dentro la cuccagna, bella al caldo. Roba da far imbufalire, esser gabbati in questo modo70. ANTIFOLO DI EFESO
Va’ a prendermi qualcosa. Scassiniamo la serratura e apriamo. DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice)
Prova a scassinare con scasso e io ti scasso la cocozza, manigoldo. DROMIO DI EFESO
Scambiar parola con voi, messere, è come scorreggiare al vento; a scassarvi la faccia mi risparmio di scassarvi anche il didietro71. DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Si direbbe tu piaccia scassare, ed esser scassato. Via, va’ al diavolo! DROMIO DI EFESO
Beh, “Al diavolo” no: questo è troppo. Su, lasciami entrare. DROMIO DI SIRACUSA (dentro alla Fenice) Sì, certo, quando ci saranno uccelli senza penne e pesci senza pinne. ANTIFOLO DI EFESO
Basta, io entro a forza... Procurami un piede di porco72. DROMIO DI EFESO
Con le penne o con le pinne, padrone? Tra pesci senza pinne e uccelli senza penne, ci sarà pure un porco con le penne o con le pinne. (A Dromio di Siracusa) Ma giuro che se poi il porco riesce a farci entrare, qualcun altro rimarrà spennato. ANTIFOLO DI EFESO
Muoviti, è un attrezzo di metallo che devi portarmi. BALDASSARRE
Signor mio, pazientate. Non fate così! È alla vostra reputazione che movete guerra, trascinando nel cerchio del sospetto l’onore senza macchia di vostra moglie.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 1
Once this: your long experience of her wisdom,ai Her sober virtue, years, and modesty, Plead on her part some cause to you unknown;aj And doubt not, sir, but she will well excuse Why at this time the doors are made against you. Be ruled by me. Depart in patience, And let us to the Tiger all to dinner, And about evening come yourself alone To know the reason of this strange restraint. If by strong hand you offer to break in Now in the stirring passage of the day, A vulgar comment will be made of it, And that supposèd by the common rout Against your yet ungallèd estimation, That may with foul intrusion enter in And dwell upon your grave when you are dead. For slander lives upon succession, For ever housed where once it gets possession.ak
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
You have prevailed. I will depart in quiet, And in despite of mirth mean to be merry. I know a wench of excellent discourse, Pretty and witty; wild, and yet, too, gentle. There will we dine. This woman that I mean, My wife – but, I protest, without desert – Hath oftentimes upbraided me withal. To her will we to dinner. (To Angelo) Get you home And fetch the chain. By this, I know, ’tis made. Bring it, I pray you, to the Porcupine,al For there’s the house. That chain will I bestow – Be it for nothing but to spite my wife – Upon mine hostess there. Good sir, make haste:
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90. Her wisdome: così in ed. Oxford; in F wifedome = “esser moglie”. 92. Her: così in emend. moderni; in F your = “tua/o”. 107. Once: così in F2; non in F1. 117. Porcupine: così in ed. Oxford; in F Porpentine. 520
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 1
Considerate questo: è una donna avveduta – e ne avete lunga prova. La moralità mai ostentata, gli anni e la sua modestia, suggeriscono a sua discolpa una qualche ragione a voi sconosciuta. Non dubitate, signore, lei stessa vi spiegherà perché, a quest’ora, l’ingresso vi è negato. Lasciatevi guidare da me: venitevene via tranquillo, andiamocene a mangiare alla Tigre e poi, verso sera, ve ne tornate da solo e cercate di capire la ragione di questo strano divieto. Se date a vedere di voler entrare a forza, adesso, nel concitato andirivieni del giorno, la gente comincerà a commentare, e il sospetto, radicato tra i più, contro la vostra reputazione ora integra, si insinuerà maligno e prenderà dimora, voi morto, sulla stessa vostra tomba. La calunnia, se solo attecchisce, si riproduce all’infinito. ANTIFOLO DI EFESO
Avete vinto. Me ne andrò senza scenate e, a dispetto della gioia stessa, vedrò di essere allegro. Conosco una giovane, è una splendida conversatrice, carina, spiritosa; è esuberante e tuttavia non manca di garbo. Ceneremo da lei. È una donna, questa di cui parlo, per la quale mia moglie più di una volta – ma senza motivo, giuro! – mi ha rimbrottato73. È da lei che andremo. (Ad Angelo) Andate alla bottega e prendete la catena. Dovrebbe essere pronta, a quest’ora. E poi, vi prego, portatela al Porcospino: è lì che abita. Non foss’altro che per far dispetto a mia moglie, questa catena voglio regalarla a lei, che ci ospiterà.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
Since mine own doors refuse to entertain me, I’ll knock elsewhere, to see if they’ll disdain me. ANGELO
I’ll meet you at that place some hour hence. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Do so. [Exit Angelo] am This jest shall cost me some expense. Exeunt [Dromio of Syracuse within thean Phoenix, and the others into the Porcupine] 3.2
Enter [from the Phoenix] Luciana with Antipholus of Syracuse
LUCIANAao
And may it be that you have quite forgot A husband’s office? Shall, Antipholus, Even in the spring of love thy love-springs rot? Shall love, in building, grow so ruinous?ap If you did wed my sister for her wealth, Then for her wealth’s sake use her with more kindness; Or if you like elsewhere, do it by stealth: Muffle your false love with some show of blindness. Let not my sister read it in your eye. Be not thy tongue thy own shame’s orator. Look sweet, speak fair, become disloyalty; Apparel vice like virtue’s harbinger. Bear a fair presence, though your heart be tainted: Teach sin the carriage of a holy saint. Be secret-false. What need she be acquainted? What simple thief brags of his own attaint? ’Tis double wrong to truant with your bed, And let her read it in thy looks at board.
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124. 0. Exit Angelo: così in ed. Oxford; non in F. 124. 1-2. Dromio ... Porcupine: così in ed. Oxford; non in F. Con questa indicazione di scena, questa edizione fa sì che i personaggi escano in tre diverse direzioni. 1. LUCIANA: così in emend. moderni; in F Iulia. 4. Building: così in emend. moderni; in F buildings = “edifici”. 522
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
Fate in fretta, signore. Se a casa mia non sono ben accetto, busserò altrove, dove forse non sarò altrettanto disprezzato. ANGELO
Ci vediamo lì, tra un’oretta. ANTIFOLO DI EFESO
Va bene. [Esce Angelo] Questo scherzetto mi costerà una cifra. Escono [Dromio di Siracusa dentro la Fenice, e gli altri dentro il Porcospino] III, 2
Entrano [dalla Fenice] Luciana e Antifolo di Siracusa74
LUCIANA
È mai possibile che tu abbia dimenticato cosa comporti l’essere sposati? Possibile mai che al primo fiorir d’amore i fiori del tuo amore appassiscano? Che la giovane costruzione di un amore mostri già segni di rovina? Se è per i suoi beni che hai sposato mia sorella, dovresti avere maggior cura del suo bene; oppure, se trovi piacere altrove, fallo furtivamente: camuffa il tuo amore bugiardo, rendi muti i tuoi occhi, affinché mia sorella non legga l’inganno nel tuo sguardo. E non sia la tua stessa lingua a declamare la tua vergogna. Mostrati gentile, comportati bene con lei: rendi gradevole l’infedeltà. Travesti il vizio da araldo della virtù; e, per quanto il tuo animo si sia macchiato, conduciti con fare onesto. Al peccato insegna il passo di un santo immacolato. Sii segretamente doppio: a che serve che lei sappia? Quale ladro è tanto sciocco da sbandierare in giro le sue imprese? Sei due volte in difetto, se scantoni dal letto nuziale a sera, per poi lasciare che lei a tavola lo legga nei
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
Shame hath a bastard fame, well managèd; Ill deeds is doubled with an evil word. Alas, poor women, make us but believe – aq Being compact of credit – that you love us. Though others have the arm, show us the sleeve. We in your motion turn, and you may move us. Then, gentle brother, get you in again. Comfort my sister, cheer her, call her wife:ar ’Tis holy sport to be a little vain When the sweet breath of flattery conquers strife.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Sweet mistress – what your name is else I know not, Nor by what wonder you do hit of mine. Less in your knowledge and your grace you show not Than our earth’s wonder, more than earth divine. Teach me, dear creature, how to think and speak. Lay open to my earthy gross conceit, Smothered in errors, feeble, shallow, weak, The folded meaning of your words’ deceit. Against my soul’s pure truth why labour you To make it wander in an unknown field? Are you a god? Would you create me new? Transform me, then, and to your power I’ll yield. But if that I am I, then well I know Your weeping sister is no wife of mine, Nor to her bed no homage do I owe. Far more, far more, to you do I decline. O, train me not, sweet mermaid, with thy note To drown me in thy sister’s flood of tears.as Sing, siren, for thyself, and I will dote. Spread o’er the silver waves thy golden hairs, And as a bed I’ll take them, and there lie,at 21. But: così in emend. moderni; non in F. 26. Wife: così in F2; in F1 wise = “saggia”. 46. Sisters: così in F2; in F1 sister = “sorella”. 49. Bed: così in F2; in F1 bud = “bocciolo”. Them: così in emend. moderni; in F thee = “te”. 524
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
tuoi occhi. Un comportamento accorto può dissimulare un’azione vergognosa75, ma basta una parola crudele e le cattive azioni ingigantiscono. Ah, povere donne che siamo! Tutte fiducia, lasciateci almeno credere al vostro amore per noi. Ad altre concedete il braccio? A noi mostrate almeno la manica della vostra camicia76. Ci muoviamo nella vostra orbita, come a voi più piace. Perciò, mio buon cognato, rientrate da mia sorella, confortatela, fatela sorridere, chiamatela moglie. Se il dolce alito della lusinga può sedare la discordia, una piccola finzione sarà gradita agli dei. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Amabile signora, non conosco il vostro nome né so quale magia vi abbia consentito di indovinare il mio. Per sapienza e grazia mostrate di essere un miracolo in terra, creatura divina più che terrena. Insegnatemi quel che sia da pensare o dire, dischiudete al mio rozzo intelletto umano, avvolto nell’errore, debole, insicuro, traballante, il senso riposto nelle vostre oscure parole. Perché mettete alla prova la verità semplice che serbo nell’animo e mi fate errare in terre sconosciute? Siete una dea? Volete fare di me un uomo nuovo? Trasformatemi, allora, e cederò di fronte al vostro potere. Ma se io son quel che sono, allora so bene che la vostra sorella piagnona non è mia moglie, e che nessun omaggio devo al suo letto nuziale. E poi, cosa di gran lunga più importante, io di gran lunga preferisco voi a lei. Dolce sirena, non portarmi con il tuo canto ad annegare nel mare di lacrime di tua sorella: canta, maliarda, ma per te stessa, ed io mi perderò per te: spandi i capelli d’oro sulle argentee onde, ne farò un talamo e vi giacerò, pensando – glorioso sogno – che la morte
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
And in that glorious supposition think He gains by death that hath such means to die. Let love, being light, be drownèd if she sink.
50
LUCIANA
What, are you mad, that you do reason so? ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Not mad, but mated – how, I do not know. LUCIANA
It is a fault that springeth from your eye.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
For gazing on your beams, fair sun, being by. LUCIANA
Gaze where you should, and that will clear your sight.au ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
As good to wink, sweet love, as look on night. LUCIANA
Why call you me ‘love’? Call my sister so. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Thy sister’s sister. That’s my sister. No, It is thyself, mine own self’s better part, Mine eye’s clear eye, my dear heart’s dearer heart, My food, my fortune, and my sweet hope’s aim, My sole earth’s heaven, and my heaven’s claim.
LUCIANA
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
60
LUCIANA
All this my sister is, or else should be. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Call thyself sister, sweet, for I am thee. Thee will I love, and with thee lead my life. Thou hast no husband yet, nor I no wife. Give me thy hand.
57. Wher: così in emend. moderni; in F when = “quando”. 526
65
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
è un dono, se è questa la via che vi conduce. E se tornerai a inabissarti, trascina con te l’amore mio alato77. LUCIANA
Ti sei forse ammattito, che fai certi discorsi? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Sono abbagliato78, più che ammattito, e senza sapere come. LUCIANA
Si vede bene, nel luccicore del tuo sguardo. ANTIFOLO DI SIRACUSA
È lo sguardo di chi, mio sole, fissa troppo a lungo i tuoi raggi. LUCIANA
Tu rivolgi lo sguardo a chi devi, e ti si schiarirà di nuovo la vista. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Sì, come a chi tiene gli occhi serrati, mio dolce amore, o a chi li apre nella notte più scura. LUCIANA
Perché mi chiami amore? Chiama così mia sorella. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Piuttosto, la sorella di tua sorella. LUCIANA
Cioè mia sorella. ANTIFOLO DI SIRACUSA
No. Sei tu, che di me stesso rappresenti la miglior parte, dei miei occhi l’iride chiara, del mio cuore ciò che vi è di più caro, mio alimento, mia fortuna e centro di ogni mia speranza, solo cielo della mia terra e mia sola preghiera al cielo. LUCIANA
Tutto ciò è già mia sorella – o dovrebbe essere. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Sii tu, tua sorella, mia delizia, giacché io sono te. È te che voglio amare e con te che voglio vivere. Tu non hai marito, così come io non ho ancora moglie. Vieni, concedimi la tua mano.
527
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
O soft, sir, hold you still; I’ll fetch my sister to get her good will.
LUCIANA
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Exit [into the Phoenix] Enter [from the Phoenix] Dromlo of Syracuse ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Why, how now, Dromio! Where
runn’st thou so fast? DROMIO OF SYRACUSE Do you know me, sir? Am I Dromio?
Am I your man? Am I myself? ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Thou art Dromio, thou art my
man, thou art thyself.
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DROMIO OF SYRACUSE I am an ass, I am a woman’s man,
and besides myself. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What woman’s man? And how
besides thyself?
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DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, besides myself I am due
to a woman: one that claims me, one that haunts me, one that will have me. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What claim lays she to thee? DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, such claim as you would lay to your horse; and she would have me as a beast – not that, I being a beast, she would have me, but that she, being a very beastly creature, lays claim to me. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What is she? DROMIO OF SYRACUSE A very reverend body; ay, such a one as a man may not speak of without he say ‘sirreverence’. I have but lean luck in the match, and yet is she a wondrous fat marriage. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE How dost thou mean, a fat marriage?
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
LUCIANA
Ohi, piano: aria! Sta’ buono: vado a cercare mia sorella, c’è bisogno del suo assenso. Esce [ed entra nella Fenice] Entra [dalla Fenice] Dromio di Siracusa ANTIFOLO DI SIRACUSA
Chi si vede, Dromio! Dove corri tanto in fretta? DROMIO DI SIRACUSA
Signore, mi riconscete? Sono Dromio, io? Sono al vostro servizio? Sono me medesimo? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Tu sei Dromio, sei al mio servizio, sei te medesimo. DROMIO DI SIRACUSA
Sono un somaro, sono al servizio di una donna e sono fuori di me. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Come sarebbe a dire, al servizio di una donna? E in che senso, fuori di te? DROMIO DI SIRACUSA
Perdio, signore, fuori di me a causa di una donna: che mi reclama, mi dà la caccia, mi vuole prendere. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Quali diritti avanza? DROMIO DI SIRACUSA
Diamine, signore, diritti che lei potrebbe avanzare sul suo cavallo; vuole prendermi come una bestia... non che io sia la bestia e che lei mi cerchi per questo, ma che mi vuol possedere, bestia di una creatura! ANTIFOLO DI SIRACUSA
E che roba è, una così? DROMIO DI SIRACUSA
È un corpo di tutto rispetto, tanto che nessuno ne parla senza poi aggiungere: “...ma con rispetto parlando”79. Ho avuto ben magra fortuna a fare un simile incontro, eppure sarebbero nozze fantasticamente grasse. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Cosa intendi dire con “grasse nozze”? 529
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, she’s the kitchen wench,
and all grease; and I know not what use to put her to but to make a lamp of her, and run from her by her own light. I warrant her rags and the tallow in them will burn a Poland winter. If she lives till doomsday, she’ll burn a week longer than the whole world. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What complexion is she of? DROMIO OF SYRACUSE Swart like my shoe, but her face nothing like so clean kept. For why? – She sweats a man may go overshoes in the grime of it. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE That’s a fault that water will mend. DROMIO OF SYRACUSE No, sir, ’tis in grain. Noah’s flood could not do it. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What’s her name? DROMIO OF SYRACUSE Nell, sir. But her name and threequarters – that’s an ell and three-quarters – will not measure her from hip to hip. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Then she bears some breadth? DROMIO OF SYRACUSE No longer from head to foot than from hip to hip. She is spherical, like a globe. I could find out countries in her. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE In what part of her body stands Ireland? DROMIO OF SYRACUSE Marry, sir, in her buttocks. I found it out by the bogs. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where Scotland? DROMIO OF SYRACUSE I found it by the barrenness, hard in the palm of her hand.av
124. Her hand: così in ed. Oxford; in F the hand = “[nel]la mano”. 530
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
DROMIO DI SIRACUSA
Orca, signore, è la sguattera, tutto grasso che cola; eppure, da non saper che farci, se non forse sego per candele, sì, da far luce mentre ce la si dà a gambe. Giuro, unti come sono, gli stracci che porta addosso, darebbero fuoco anche a un inverno polacco: e se campa fino al giorno del Giudizio, finito il mondo continuerà a far luce per una settimana buona. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E che razza di pelle ha? DROMIO DI SIRACUSA
Scura, come le mie scarpe... e fosse almeno la sua faccia pulita tanto quanto quelle. Perché? Suda da impantanarti fino alle caviglie. ANTIFOLO DI SIRACUSA
È una colpa, questa, che un po’ d’acqua può lavare. DROMIO DI SIRACUSA
No, signore: quello è il suo impasto. Non basterebbe il diluvio di Noè. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Il suo nome? DROMIO DI SIRACUSA
Nella80, signore, ma dovrebbero chiamarla: Nella-Misura-In-CuiNon-Bastano-Due-Braccia81 per cingerle i fianchi. ANTIFOLO DI SIRACUSA
È quel che si dice una gran donna, o sbaglio? DROMIO DI SIRACUSA
Ah, sì, grande da capo a piedi non più che da fianco a fianco. Praticamente sferica, come un mappamondo. E potrei scovarci paesi e paesi. ANTIFOLO DI SIRACUSA
In che parte del suo corpo si trova l’Irlanda? DROMIO DI SIRACUSA
Per la miseria, signore, tra le chiappone. Lì ci trovi paludi e pantani. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E la Scozia? DROMIO DI SIRACUSA
L’ho riconosciuta per l’aridità, è nel duro palmo delle sue mani.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where France?
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DROMIO OF SYRACUSE In her forehead, armed and reverted,
making war against her heir. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where England? DROMIO OF SYRACUSE I looked for the chalky cliffs, but I
could find no whiteness in them. But I guess it stood in her chin, by the salt rheum that ran between France and it. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where Spain? DROMIO OF SYRACUSE Faith, I saw it not, but I felt it hot in her breath. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where America, the Indies? DROMIO OF SYRACUSE O, sir, upon her nose, all o’er embellished with rubies, carbuncles, sapphires, declining their rich aspect to the hot breath of Spain, who sent whole armadas of carracks to be ballast at her nose. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Where stood Belgia, the Netherlands? DROMIO OF SYRACUSE O, sir, I did not look so low. To conclude, this drudge or diviner laid claim to me, called me Dromio, swore I was assured to her, told me what privy marks I had about me – as the mark of my shoulder, the mole in my neck, the great wart on my left arm – that I, amazed, ran from her as a witch. And I think if my breast had not been made of faith, and my heart of steel, she had transformed me to a curtal dog, and made me turn i’th’ wheel. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Go, hie thee presently. Post to the road. An if the wind blow any way from shore,
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
ANTIFOLO DI SIRACUSA
E dov’è la Francia? DROMIO DI SIRACUSA
Sulla fronte, là dove i capelli si attaccano al capo: un campo di battaglia, tanti i caduti e pochi i fedeli al capo82. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E l’Inghilterra? DROMIO DI SIRACUSA
Cercavo le bianche scogliere, ma di bianco non ho trovato nulla83. Tuttavia sospetto che si trovi nel mento, giacché tra questo e la Francia scorre un gran rivo salmastro. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E dove si trova la Spagna? DROMIO DI SIRACUSA
Vederla, non l’ho vista. Ma l’ho sentita: nel suo caldo alito vinoso. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E dove sta l’America, le Indie? DROMIO DI SIRACUSA
Sopra il naso, signore, tempestato di rubini carbonchi e zefiri, protèso con tutta quest’abbondanza verso il vento caldo di Spagna, da cui intere flotte di galeoni fan vela in attesa di essere zavorrate al suo promontorio. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Dove si trovano il Belgio e i Paesi Bassi? DROMIO DI SIRACUSA
Per carità, signore, così in basso non ho guardato. Ma in conclusione, questa sguattera o fattucchiera avanza pretese, mi chiama per nome, giura che le sono promesso, mi parla dei segni più intimi del mio corpo, come la voglia che ho sulla spalla, o il neo sul collo, o la grossa verruca sul braccio sinistro. Tanto che io, sbigottito, sono scappato via come da una strega. E credo proprio che se il mio petto non fosse temprato dalla fede e se non avessi un cuore d’acciaio84, mi avrebbe già trasformato in cane, mozzato la coda e messo a girare lo spiedo85. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Su, prendi un cavallo e mettiti in strada, all’istante. Se spira anche un solo alito di vento da terra, stanotte non intendo rimanere in 533
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 3 SCENE 2
I will not harbour in this town tonight. If any barque put forth, come to the mart, Where I will walk till thou return to me. If everyone knows us, and we know none, ’Tis time, I think, to trudge, pack, and be gone.
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DROMIO OF SYRACUSE
As from a bear a man would run for life, So fly I from her that would be my wife.
160 Exit [to the bay]
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
There’s none but witches do inhabit here, And therefore ’tis high time that I were hence. She that doth call me husband, even my soul Doth for a wife abhor. But her fair sister, Possessed with such a gentle sovereign grace, Of such enchanting presence and discourse, Hath almost made me traitor to myself. But lest myself be guilty to self-wrong, I’ll stop mine ears against the mermaid’s song.
165
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Enter Angelo with the chain ANGELO
Master Antipholus. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Ay, that’s my name. ANGELO
I know it well, sir. Lo, here’s the chain. I thought to have ta’en you at the Porcupine. The chain unfinished made me stay thus long. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE (taking the chain) What is your will that I shall do with this? ANGELO
What please yourself, sir. I have made it for you. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Made it for me, sir? I bespoke it not.
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO III SCENA 2
questa città. Se una qualche imbarcazione è prossima a salpare, vieni ad avvisarmi al mercato: aspetterò lì il tuo ritorno. Noi non conosciamo nessuno, eppure tutti conoscono noi: è ora – credo – di fare i pacchi, alzare i tacchi e filare. DROMIO DI SIRACUSA
Come da un orso se la batte chi ha cara la pellaccia, così io, da quella che vuol essere mia sposa, me la batto di gran corsa. Esce [verso la baia] ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non ci sono che streghe, a vivere, in questo posto. Dunque è proprio ora che me ne vada via. Colei che mi chiama suo marito, non la vorrei per moglie, né in spirito né in corpo. Ma sua sorella, così bella, con quell’adorabile grazia regale, con la sua incantevole presenza e le sue incantevoli parole, per poco non mi portava a tradire me stesso. E prima di pentirmi per essermi fatto torto da solo, farò bene a turare le orecchie al suo canto di sirena. Entra Angelo con la catena ANGELO
Messer Antifolo... ANTIFOLO DI SIRACUSA
Ehi, questo è il mio nome. ANGELO
Lo so bene. Ecco, questa è la catena. Pensavo di trovarvi ancora al Porcospino, ma ho fatto tardi per ultimare la catena. ANTIFOLO DI SIRACUSA (prendendo la catena) Cosa desidera che ne faccia? ANGELO
Ciò che a lei più aggrada. È per lei che l’ho fatta. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Per me? Ma io non l’ho mica ordinata.
535
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 1
ANGELO
Not once, nor twice, but twenty times you have. Go home with it, and please your wife withal, And soon at supper-time I’ll visit you, And then receive my money for the chain.
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ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I pray you, sir, receive the money now, For fear you ne’er see chain nor money more. ANGELO
You are a merry man, sir. Fare you well.
Exit
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
What I should think of this I cannot tell. But this I think: there’s no man is so vain That would refuse so fair an offered chain. I see a man here needs not live by shifts, When in the streets he meets such golden gifts. I’ll to the mart, and there for Dromio stay. If any ship put out, then straight away! 4.1
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190 Exit
Enter Second Merchant, Angelo the goldsmith, and an Officer
SECOND MERCHANT (to Angelo)
You know since Pentecost the sum is due, And since I have not much importuned you; Nor now I had not, but that I am bound To Persia, and want guilders for my voyage. Therefore make present satisfaction, Or I’ll attach you by this officer.
5
ANGELO
Even just the sum that I do owe to you Is growing to me by Antipholus, And in the instant that I met with you He had of me a chain. At five o’clock I shall receive the money for the same. Pleaseth you walk with me down to his house, I will discharge my bond, and thank you too.
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 1
ANGELO
No, non una volta, non due, ma venti volte me l’avete chiesta. Prendetela e portatela a vostra moglie, le farà piacere, io passerò verso l’ora di cena86 a farvi visita e allora mi pagherete, per la catena. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Signor mio, vi prego, prendete adesso i vostri soldi, perché temo che altrimenti non vedrete più né soldi né catena. ANGELO
Siete uno spirito allegro, signore. Vi auguro ogni bene. Esce ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non so che cosa dovrei pensare di tutto ciò. Ma una cosa la penso: nessuno è tanto sciocco da ricevere una catena così bella in dono, e rifiutarla. Si direbbe che qui per campare uno non deve arrabattarsi, dal momento che per strada incontri chi ti fa preziosi omaggi. Andrò al mercato e lì rimarrò in attesa di Dromio. E se una qualche nave salpa stasera, allora, si parte! Esce IV, 1
Entrano il secondo mercante87, Angelo l’orefice, e la guardia88
SECONDO MERCANTE (ad Angelo)
È da Pentecoste89 che mi dovete questa somma, lo sapete, e da allora io non vi ho certo importunato. Né lo avrei fatto ora. Gli affari però mi obbligano a partire per la Persia e ho bisogno di denari per il viaggio. Rendetemi dunque ora ciò che mi dovete, o dovrò denunciarvi a questa guardia. ANGELO
La somma che devo a voi corrisponde esattamente a ciò che devo avere da Antifolo. Un attimo fa gli ho consegnato una catena e alle cinque90 dovrebbe pagarmi. Vi prego, accompagnatemi da lui, così che io possa liberarmi del mio obbligo verso di voi e al tempo stesso ringraziarvi.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 1
Enter Antipholus of Ephesus and Dromio of Ephesus from the Courtesan’s house (the Porcupine) OFFICER
That labour may you save. See where he comes. ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Dromio)
While I go to the goldsmith’s house, go thou And buy a rope’s end. That will I bestow Among my wife and her confederatesaw For locking me out of my doors by day. But soft, I see the goldsmith. Get thee gone. Buy thou a rope, and bring it home to me.
15
20
DROMIO OF EPHESUS
I buy a thousand pound a year, I buy a rope.
Exit
ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Angelo)
A man is well holp up that trusts to you! I promisèd your presence and the chain, But neither chain nor goldsmith came to me. Belike you thought our love would last too long If it were chained together, and therefore came not.
25
ANGELO
Saving your merry humour, here’s the note How much your chain weighs to the utmost carat, The fineness of the gold, and chargeful fashion, Which doth amount to three odd ducats more Than I stand debted to this gentleman. I pray you see him presently discharged, For he is bound to sea, and stays but for it.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I am not furnished with the present money. Besides, I have some business in the town. Good signor, take the stranger to my house, And with you take the chain, and bid my wife Disburse the sum on the receipt thereof. Perchance I will be there as soon as you.
17. Her: così in emend. moderni; in F their = “loro”. 538
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 1
Entrano Antifolo di Efeso e Dromio di Efeso dalla casa della cortigiana (il Porcospino) GUARDIA
Potete risparmiarvi la fatica. Guardate laggiù, sta arrivando. ANTIFOLO DI EFESO
Mentre io vado dall’orefice, tu vammi a comprare un pezzo di corda, ché voglio fare un pensierino a mia moglie e alla sua combriccola per avermi sprangato in faccia le porte di casa mia, in pieno giorno. Ma piano, vedo arrivare l’orefice. Adesso va’. Compra la corda e portamela a casa. DROMIO DI EFESO
Prima i mille marchi, adesso mi vado a comprare il cappio91. Esce ANTIFOLO DI EFESO (ad Angelo)
È proprio in buone mani92, uno che voglia fidarsi di voi! Avevo promesso non solo la vostra presenza, ma anche la catena93, e invece non ho visto né orefice né catena. Ma forse temevate che vi incatenassi alla nostra amicizia94, e così avete deciso di non venire. ANGELO
Con rispetto per il vostro spirito allegro, eccovi il conto: il peso della catena fino all’ultimo carato, la qualità dell’oro e i costi per la lavorazione95. Il tutto ammonta a tre ducati in più rispetto al debito che mi lega a questo gentiluomo. Vi prego dunque di congedarlo immediatamente con quanto dovete a me, giacché si è trattenuto qui per questo, ma il suo viaggio per mare lo reclama. ANTIFOLO DI EFESO
Al momento non ho contanti a sufficienza. E oltretutto devo recarmi in città per alcuni affari. Buon amico, andate in compagnia di questo straniero a casa mia, portate con voi la catena, e dite a mia moglie di corrispondervi la somma indicata sulla fattura. Magari farò in tempo a raggiungervi lì.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 1
ANGELO
Then you will bring the chain to her yourself?
40
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
No, bear it with you, lest I come not time enough. ANGELO
Well, sir, I will. Have you the chain about you? ANTIPHOLUS OF EPHESUS
An if I have not, sir, I hope you have; Or else you may return without your money. ANGELO
Nay, come, I pray you, sir, give me the chain. Both wind and tide stays for this gentleman, And I, to blame, have held him here too long.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Good Lord! You use this dalliance to excuse Your breach of promise to the Porcupine. I should have chid you for not bringing it, But like a shrew you first begin to brawl. SECOND MERCHANT (to Angelo) The hour steals on. I pray you, sir, dispatch. ANGELO (to Antipholus) You hear how he importunes me. The chain!
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Why, give it to my wife, and fetch your money. ANGELO
Come, come, you know I gave it you even now. Either send the chain, or send me by some token.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Fie, now you run this humour out of breath. Come, where’s the chain? I pray you let me see it. SECOND MERCHANT
My business cannot brook this dalliance. Good sir, say whe’er you’ll answer me or no; If not, I’ll leave him to the officer. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I answer you? What should I answer you?
540
60
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 1
ANGELO
Quindi la portate voi stesso, la catena? ANTIFOLO DI EFESO
No, tenetela voi e portatela, nel caso io dovessi tardare. ANGELO
Va bene, signore, facciamo così. Ce l’avete qui, ora? ANTIFOLO DI EFESO
No, signore, e dato che io non l’ho, spero che l’abbiate voi. O che mettiate in conto di rinunciare al vostro denaro. ANGELO
Suvvia, signore, datemi questa catena. Brezza e marea attendono questo gentiluomo96 che, per mia responsabilità97, si è trattenuto qui già troppo a lungo. ANTIFOLO DI EFESO
Signoriddio! Usate questi giochini per farvi perdonare di non essere venuto, come avevate promesso, al Porcospino? Avrei dovuto rimbrottare io voi, per non aver portato lì la catena, e invece voi, proprio come una bisbetica98, attaccate per primo a brontolare. SECONDO MERCANTE (ad Angelo) Il tempo è ladro, signore, vi prego di arrivare ad una conclusione. ANGELO (ad Antifolo) Ma non vedete com’è pressante, quest’uomo? Su, la catena! ANTIFOLO DI EFESO
Cos’ha la catena? Consegnatela a mia moglie, e prendete i vostri soldi. ANGELO
Ma suvvia, sapete bene che ve l’ho data poco fa! Rendetemi la catena o fornitemi delle garanzie. ANTIFOLO DI EFESO
Ah, basta! Ogni bel gioco dura poco99, dov’è la catena? Vi prego di mostrarmela. SECONDO MERCANTE
I miei affari non possono star dietro a questa commedia. Signor mio, dite solo se pensate di darmi soddisfazione oppure no. Se no, consegnerò quest’uomo alle guardie. ANTIFOLO DI EFESO
Certo! Cosa desiderate? 541
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 1
ANGELO
The money that you owe me for the chain. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I owe you none till I receive the chain. ANGELO
You know I gave it you half an hour since.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
You gave me none. You wrong me much to say so. ANGELO
You wrong me more, sir, in denying it. Consider how it stands upon my credit. SECOND MERCHANT
Well, officer, arrest him at my suit. OFFICER (to Angelo)
I do, and charge you in the Duke’s name to obey me. ANGELO (to Antipholus) This touches me in reputation. Either consent to pay this sum for me, Or I attach you by this officer.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Consent to pay thee that I never had? Arrest me, foolish fellow, if thou dar’st.
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ANGELO
Here is thy fee: arrest him, officer. I would not spare my brother in this case If he should scorn me so apparently. OFFICER (to Antipholus) I do arrest you, sir. You hear the suit. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I do obey thee till I give thee bail. (To Angelo) But, sirrah, you shall buy this sport as dear As all the metal in your shop will answer. ANGELO
Sir, sir, I shall have law in Ephesus, To your notorious shame, I doubt it not.
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 1
ANGELO
Il denaro che mi dovete per la catena. ANTIFOLO DI EFESO
Finché non avrò ricevuto la catena, non vi dovrò alcunché. ANGELO
Sapete che ve l’ho data mezz’ora fa. ANTIFOLO DI EFESO
Non mi avete dato nulla e mi fate gran torto a dir questo. ANGELO
E voi me ne fate uno maggiore a negarlo. Ne va del mio onore, pensateci. SECONDO MERCANTE
Bene. Guardia, vi chiedo di arrestare quest’uomo. GUARDIA (ad Angelo)
Vi arresto e vi intimo nel nome del duca di obbedirmi. ANGELO (ad Antifolo) Qui mi si tocca nella reputazione. Accettate di pagare questa somma a nome mio o vi farò arrestare da questa guardia. ANTIFOLO DI EFESO
Accettare di pagarti ciò che non mi hai dato? Fammi arrestare, mentecatto, se ne hai il coraggio! ANGELO
Ecco quel che meriti: arrestalo, guardia. Non risparmierei neanche mio fratello in simile circostanza, se si prendesse tanto apertamente gioco di me. GUARDIA (ad Antifolo) Siete in arresto, signore. L’accusa l’avete sentita. ANTIFOLO DI EFESO
Ti seguo, ma solo in attesa di pagarti la cauzione. (Ad Angelo) A voi, però, messere100, questo scherzo costerà più caro di quanto non valga tutto l’oro della vostra bottega! ANGELO
Signor mio, io non dubito della giustizia di Efeso, e l’otterrò, con vostro pubblico disonore.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 1
Enter Dromio of Syracuse, from the bay DROMIO OF SYRACUSE
Master, there’s a barque of Epidamnum That stays but till her owner comes aboard, And then she bears away. Our freightage, sir,ax I have conveyed aboard, and I have bought The oil, the balsamum, and aqua-vitae. The ship is in her trim; the merry wind Blows fair from land. They stay for naught at all But for their owner, master, and yourself.
85
90
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
How now? A madman? Why, thou peevish sheep, What ship of Epidamnum stays for me? DROMIO OF SYRACUSE
A ship you sent me to, to hire waftage.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Thou drunken slave, I sent thee for a rope, And told thee to what purpose and what end. DROMIO OF SYRACUSE
You sent me for a ropës end as soon. You sent me to the bay, sir, for a barque. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
I will debate this matter at more leisure, And teach your ears to list me with more heed. To Adriana, villain, hie thee straight. Give her this key, and tell her in the desk That’s covered o’er with Turkish tapestry There is a purse of ducats. Let her send it. Tell her I am arrested in the street, And that shall bail me. Hie thee, slave. Be gone! – On, officer, to prison, till it come. Exeunt all but Dromio of Syracuse
87. She: così in emend. moderni; in F sir she = “signore lei”. 544
100
105
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 1
Entra Dromio di Siracusa, dalla baia DROMIO DI SIRACUSA
Padrone, c’è un’imbarcazione di Epidamno sul punto di salpare, in attesa solo dell’arrivo del comandante. Ho già trasportato a bordo il nostro carico, ed ho comperato olio, balsamo ed acquavite. La nave è in buono stato e un’allegra brezza soffia propizia da terra: non aspettano altro, a partire, che il comandante; e voi, signore. ANTIFOLO DI EFESO
E questo, adesso, chi è? Un pazzo furioso? Razza di barbone scervellato, di che barcone parli101? DROMIO DI SIRACUSA
Il barcone che mi avete spedito a noleggiare. ANTIFOLO DI EFESO
Tu bevi troppo, ti avevo detto di cercare una corda e ti avevo anche spiegato a che scopo mi serviva. DROMIO DI SIRACUSA
Presto la corda me la metteranno al collo, a causa vostra. Mi avete mandato alla baia, signore, in cerca di una nave. ANTIFOLO DI EFESO
Continueremo il dibattito quando saremo più a nostro agio, così ti insegnerò a darmi retta quando parlo. Adesso, furfante, va’ da Adriana, di filato, dalle questa chiave e dille che nello scrittoio coperto dal tappeto turco c’è una borsa di ducati. Che te la dia: dille che sono stato arrestato per strada e che quella serve per la cauzione. E ora va’ via, servo, sbrigati! Guardia! Su, in prigione finché non torna. Escono tutti tranne Dromio di Siracusa
545
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 2
DROMIO OF SYRACUSE
To Adriana. That is where we dined, Where Dowsabel did claim me for her husband. She is too big, I hope, for me to compass. Thither I must, although against my will; For servants must their masters’ minds fulfil. 4.2
110
Exit
Enter [from the Phoenix] Adriana and Luciana
ADRIANA
Ah, Luciana, did he tempt thee so? Mightst thou perceive austerely in his eye That he did plead in earnest, yea or no? Looked he or red or pale, or sad or merrily? What observation mad’st thou in this caseay Of his heart’s meteors tilting in his face?az
5
LUCIANA
First he denied you had in him no right. ADRIANA
He meant he did me none, the more my spite. LUCIANA
Then swore he that he was a stranger here. ADRIANA
And true he swore, though yet forsworn he were.
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LUCIANA
Then pleaded I for you. ADRIANA
And what said he?
LUCIANA
That love I begged for you, he begged of me. ADRIANA
With what persuasion did he tempt thy love? LUCIANA
With words that in an honest suit might move. First he did praise my beauty, then my speech.
5. Case: così in F4; in F1 ~ ? 6. Of: così in F2; in F1 Oh = “oh”. 546
15
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 2
DROMIO DI SIRACUSA
Da Adriana? Ma è dove abbiamo pranzato, e dove Dulcibella102 mi reclama come suo sposo! Il mio compasso si inceppa di fronte ad una tale circonferenza103. Eppure devo andarci, sebbene contro voglia, ché i servi fanno la volontà di lor padroni. Esce IV, 2
Entrano [dalla Fenice] Adriana e Luciana104
ADRIANA
Seriamente105, Luciana, ha cercato di sedurti? Cosa hai visto nei suoi occhi, lo sguardo di chi implora seriamente, dimmi: si o no? In volto era pallido o accalorato? Aveva l’aria triste o euforica? Quali tracce delle tenzoni del cuore gli hai letto in volto? LUCIANA
Per cominciare ha negato ogni tuo diritto su di lui. ADRIANA
Per umiliarmi ancor più, lo dice. LUCIANA
Poi ha giurato che lui qui è straniero. ADRIANA
È uno spergiuro, ma è vero quel che dice. LUCIANA
Allora l’ho implorato io a tuo nome. ADRIANA
E lui cosa ha detto? LUCIANA
Che l’amore che io chiedevo a nome tuo, lo implorava lui da me. ADRIANA
Con quali argomenti ha tentato di conquistare il tuo amore? LUCIANA
Con parole che forse mi avrebbero vinta, se proferite onestamente. Ha lodato la mia bellezza innanzitutto, poi il mio modo di parlare.
547
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 2
ADRIANA
Didst speak him fair? LUCIANA
Have patience, I beseech.
ADRIANA
I cannot, nor I will not, hold me still. My tongue, though not my heart, shall have his will. He is deformèd, crookèd, old, and sere, Ill-faced, worse-bodied, shapeless everywhere, Vicious, ungentle, foolish, blunt, unkind, Stigmatical in making, worse in mind.
20
LUCIANA
Who would be jealous, then, of such a one? No evil lost is wailed when it is gone. ADRIANA
Ah, but I think him better than I say, And yet would herein others’ eyes were worse. Far from her nest the lapwing cries away. My heart prays for him, though my tongue do curse.
25
Enter Dromio of Syracuse running DROMIO OF SYRACUSE
Here, go – the desk, the purse! Sweet now, make haste! LUCIANA
How? Hast thou lost thy breath? DROMIO OF SYRACUSE
By running fast.ba
30
ADRIANA
Where is thy master, Dromio? Is he well? DROMIO OF SYRACUSE
No, he’s in Tartar limbo, worse than hell. A devil in an everlasting garment hath him, One whose hard heart is buttoned up with steel; A fiend, a fairy, pitiless and rough; A wolf, nay worse, a fellow all in buff; A back-friend, a shoulder-clapper, one that countermands
30. How?: così in ed. Oxford; in F ~. 548
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 2
ADRIANA
E tu? Lo hai incoraggiato? LUCIANA
Ti prego, calmati. ADRIANA
Non posso star buona, no, e non voglio nemmeno. Al mio cuore è negato ciò che desidera? La mia lingua, almeno, sarà libera di dire. Lui è deforme, storpio, vecchio e rinsecchito, brutto di faccia e peggio di corpo, sgraziato in ogni cosa, vizioso, scortese, rozzo, villano, segnato nel fisico106 e peggio nell’animo. LUCIANA
Non saresti così gelosa, se fosse come lo descrivi. Quando ci si libera dal male, non se ne piange la mancanza. ADRIANA
Ma sì, io lo reputo migliore di quanto non dico, ma vorrei che altri occhi si ingannassero. Il mio è il grido della pavoncella a difesa del nido107. La mia lingua può ferire, ma il mio cuore trepida per lui. Entra, correndo, Dromio di Siracusa DROMIO DI SIRACUSA
Presto, su... lo scrittoio, la borsa! Dolcezza, adesso, in fretta! LUCIANA
Che ti prende, che non hai più fiato sotto la lingua? DROMIO DI SIRACUSA
Ho corso a perdifiato. ADRIANA
E il tuo padrone, Dromio, dov’è? Cosa gli è accaduto? DROMIO DI SIRACUSA
È caduto nel limbo tartaro, peggio che all’inferno108! Un demonio vestito d’eterno ce l’ha in custodia: quel che si dice un tipo abbottonato, dal cuore duro, ben asserragliato dentro la giubba109; diabolico, stregonesco, spietato e rude; un lupo – ma no, peggio – un tipaccio imbufalito. È uno che fa l’amico, dà pacche sulla spalla110,
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 2
The passages of alleys, creeks, and narrow launds; A hound that runs counter, and yet draws dryfoot well; One that before the Judgement carries poor souls to hell. ADRIANA Why, man, what is the matter?
40
DROMIO OF SYRACUSE
I do not know the matter, he is ’rested on the case. ADRIANA
What, is he arrested? Tell me at whose suit. DROMIO OF SYRACUSE
I know not at whose suit he is arrested well, But is in a suit of buff which ’rested him, that can I tell. Will you send him, mistress, redemption – the money in his desk?
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ADRIANA
Go fetch it, sister.
Exit Luciana [into the Phoenix] This I wonder at,bb That he unknown to me should be in debt. Tell me, was he arrested on a bond? DROMIO OF SYRACUSE
Not on a bond but on a stronger thing: A chain, a chain – do you not hear it ring?
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ADRIANA
What, the chain? DROMIO OF SYRACUSE
No, no, the bell. ’Tis time that I were gone: It was two ere I left him, and now the clock strikes one. ADRIANA
The hours come back! That did I never hear.
47-48. Wonder at, / That: così in F2; in F wonder at. / Thus = “dubito. Così”. 550
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 2
e ti vien dietro, sempre alle calcagna111, ovunque: vicoli, ruscelli o pantani. Insomma è un cane, fiuta e dà la caccia e, ancor prima del giudizio, traghetta povere anime all’inferno. ADRIANA
Ma qual è la questione? Non capisco. DROMIO DI SIRACUSA
Non so qual è la questione, so che è stato arrestato112. ADRIANA
Cosa? È stato arrestato? E in che veste? DROMIO DI SIRACUSA
In che veste sia stato arrestato lui, non so dire, ma so che l’ha arrestato un tizio rivestito in cuoio. Signora, riscatto, chiede: il denaro dallo scrittoio113! Pensate di darglielo? ADRIANA
Va’ a prenderlo, sorella. Esce Luciana [entrando nella Fenice] Ciò che mi sorprende, è che egli avesse debiti, e che io ne fossi all’oscuro. Ma dimmi, in che cosa è mai incappato? Qualcuno l’ha forse preso al laccio114? DROMIO DI SIRACUSA
Più che un laccio è una catena. Una catena!... Ma non sentite? Sta suonando. ADRIANA
Cosa, la catena? DROMIO DI SIRACUSA
Ma no, la campana. È ora che vada, anzi è tardi: l’orologio della torre non si ferma, eccolo che rintocca: eran le due che l’ho lasciato, e adesso... l’udite? Ancora... una...115. ADRIANA
Questa non l’avevo ancora sentita: tornano indietro, adesso, le ore?
551
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 3
DROMIO OF SYRACUSE
O yes, if any hour meet a sergeant, a turns back for very fear.
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ADRIANA
As if time were in debt. How fondly dost thou reason! DROMIO OF SYRACUSE
Time is a very bankrupt, and owes more than he’s worth to season. Nay, he’s a thief too. Have you not heard men say That time comes stealing on by night and day? If a be in debt and theft, and a sergeant in the way,bc Hath he not reason to turn back an hour in a day?
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Enter Luciana [from the Phoenix] with the money ADRIANA
Go, Dromio, there’s the money. Bear it straight, And bring thy master home immediately. [Exit Dromio] Come, sister, I am pressed down with conceit: Conceit, my comfort and my injury.
65
Exeunt [into the Phoenix] 4.3
Enter Antipholus of Syracuse, wearing the chain
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
There’s not a man I meet but doth salute me As if I were their well-acquainted friend, And everyone doth call me by my name. Some tender money to me, some invite me, Some other give me thanks for kindnesses. Some offer me commodities to buy. Even now a tailor called me in his shop, And showed me silks that he had bought for me, And therewithal took measure of my body. Sure, these are but imaginary wiles, And Lapland sorcerers inhabit here. 60. A be: così in emend. moderni; in F I be = “fossi”. 552
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 3
DROMIO DI SIRACUSA
Certo, per paura d’incontrare le guardie, preferiscono voltarsi indietro e filarsela. ADRIANA
Come se il tempo avesse debiti non saldati. Certo che sei proprio una testa matta! DROMIO DI SIRACUSA
È pieno di debiti, il tempo. E quel che ha, è più di quel che meriti116. Ed è anche ladro. Non avete mai sentito quanta gente, giorno e notte, improvvisamente si ritrova senza tempo? C’è da stupirsi allora se il tempo, debitore incallito e ladro, alla vista di una guardia, si sgraffigna un’ora e se ne torna sui suoi passi? Rientra Luciana [dalla Fenice] con il denaro ADRIANA
Qui c’è il denaro, Dromio. Vai subito a portarglielo, e fa in modo che il tuo padrone torni immediatamente a casa. [Esce Dromio] Sorella, vieni. Tutto questo pensare mi opprime: è la mia forza e la mia sciagura. Escono [verso la Fenice] IV, 3
Entra Antifolo di Siracusa, con la catena al collo117
ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non c’è persona che incontri che non mi saluti come fossimo amiconi. Tutti mi chiamano per nome, alcuni mi offrono denaro, altri mi invitano a casa loro, o mi ringraziano per una qualche cortesia. C’è chi mi propone merci a prezzi stracciati o chi, come il sarto poco fa, mi chiama nella sua bottega, mi fa vedere la seta acquistata per me, e in men che non si dica è già lì che mi prende le misure. Questi sono inganni della mia immaginazione, ne sono certo. E questa deve essere la terra degli stregoni lapponi.
553
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 3
Enter Dromio of Syracuse with the money DROMIO OF SYRACUSE Master, here’s the gold you sent me
for. What, have you got redemption from the picture of old Adam new apparelled?bd ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
What gold is this? What Adam dost thou mean?
15
DROMIO OF SYRACUSE Not that Adam that kept the
Paradise, but that Adam that keeps the prison – he that goes in the calf’s skin, that was killed for the Prodigal; he that came behind you, sir, like an evil angel, and bid you forsake your liberty. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE I understand thee not. DROMIO OF SYRACUSE No? Why, ’tis a plain case: he that went like a bass viol in a case of leather; the man, sir, that when gentlemen are tired gives them a sob and ’rests them; he, sir, that takes pity on decayed men and gives them suits of durance; he that sets up his rest to do more exploits with his mace than a Moorish pike. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE What, thou mean’st an officer? DROMIO OF SYRACUSE Ay, sir, the sergeant of the band: he that brings any man to answer it that breaks his bond; one that thinks a man always going to bed, and says ‘God give you good rest.’ ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Well, sir, there rest in your foolery. Is there any ships puts forth tonight? May we be gone? DROMIO OF SYRACUSE Why, sir, I brought you word an hour since that the barque Expedition put forth tonight, and then were you hindered by the sergeant to tarry for the hoy Delay. Here are the angels that you sent for to deliver you.
13. Redemption from: così in ed. Oxford; non in F. 554
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 3
Entra Dromio di Siracusa con il denaro DROMIO DI SIRACUSA
Padrone, eccovi l’oro che mi avete mandato a prendere. Ma dite, quel ritratto ritoccato del vecchio padre Adamo vi ha già dato l’assoluzione? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Che oro è mai questo? E di che Adamo vai parlando? DROMIO DI SIRACUSA
Non il custode del Paradiso, ma quello della prigione; quello intabarrato nella pelle di vitello, il vitello grasso ammazzato per il prodigo figliolo118; quello che vi seguiva, signore, come un diavolo custode e vi suggeriva di dire addio alla vostra libertà. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non capisco cosa dici. DROMIO DI SIRACUSA
Possibile? È tutto molto semplice: si tratta di quel bellimbusto che pare un violoncello, nella sua custodia in cuoio; quel tale che se ti pesca un po’ in affanno ti fa tirare il fiato – e ti porta in gabbia a riposare119; e che, signore, se sei ridotto male, caritatevole com’è, provvede a darti sistemazione sicura e duratura. Farebbe di tutto, quello, pur di roteare la sua mazza. Neanche fosse una picca turca120. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Ma tu stai parlando di una guardia, o sbaglio? DROMIO DI SIRACUSA
Ma certo, signore, il sergente della ronda, che mette dentro chi non tira dritto oppure sbanda. Uno che gli altri li vorrebbe sempre pronti per la nanna: ‘Riposa in pace’ ti fa, sempre. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Va bene, adesso però riposati tu e finiscila con queste scempiaggini. Hai visto se ci sono navi in partenza? Possiamo filarcela? DROMIO DI SIRACUSA
Beh, un’ora fa, signore, vi ho riferito che la Espedita era prossima a salpare; ma poi è arrivato il sergente a trattenervi – e ora dobbiamo intrattenerci finché non parte quella chiatta, la Tardona. Ecco quel che volevate: gli angeli che vi libereranno121.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 3
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
The fellow is distraught, and so am I, And here we wander in illusions. Some blessèd power deliver us from hence. Enter a Courtesan [from the Porcupine] COURTESAN
Well met, well met, Master Antipholus. I see, sir, you have found the goldsmith now. Is that the chain you promised me today?
45
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Satan, avoid! I charge thee, tempt me not! DROMIO OF SYRACUSE Master, is this Mistress Satan? ANTIPHOLUS OF SYRACUSE It is the devil.
50
DROMIO OF SYRACUSE Nay, she is worse, she is the devil’s
dam; and here she comes in the habit of a light wench. And thereof comes that the wenches say ‘God damn me’ – that’s as much to say, ‘God make me a light wench.’ It is written they appear to men like angels of light. Light is an effect of fire, and fire will burn. Ergo, light wenches will burn. Come not near her.
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COURTESAN
Your man and you are marvellous merry, sir. Will you go with me? We’ll mend our dinner here. DROMIO OF SYRACUSE Master, if you do, expect spoon-meat, and bespeak a long spoon.be ANTIPHOLUS OF SYRACUSE Why, Dromio? DROMIO OF SYRACUSE Marry, he must have a long spoon that must eat with the devil.
61. And: così in emend. moderni; in F or = “o”. 556
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 3
ANTIFOLO DI SIRACUSA
Il giovanotto è turbato, e lo sono anch’io. Siamo persi in un mondo d’illusione122. Ah, venisse una creatura dal cielo a portarci via da qui! Entra una cortigiana [dal Porcospino] CORTIGIANA
Salve, mastro Antifolo, ben trovato. A quanto vedo alla fine vi siete incontrati, voi e l’orafo. È questa la catena che mi avevate promesso, oggi a pranzo? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Vade retro, Satana123! Ti avverto, non mi tentare! DROMIO DI SIRACUSA
Padrone, è una Satanassa, questa? ANTIFOLO DI SIRACUSA
È il diavolo in persona. DROMIO DI SIRACUSA
Anzi, è anche peggio: è una diavolessa, un diavolo di donna, in abito leggero di fanciulla un po’ leggera. Per questo le fanciulle si dannano per diventare donne, vogliono far le indiavolate, leggere, tutte foco. Sta scritto che all’uomo si manifestano come angeli di luce. Ma la luce è un effetto del fuoco e il fuoco brucia. E loro scottano124. Tenetevi alla larga. CORTIGIANA
Siete un vero spasso, voi e il vostro servo. Mangiamo insieme, questa sera? Potremmo rimediare una cena qui da me125. DROMIO DI SIRACUSA
Se accettate, signore, preparatevi a mangiare pinzimonio, e assicuratevi di aver con voi le pinze. ANTIFOLO DI SIRACUSA
E perché mai, Dromio? DROMIO DI SIRACUSA
Diamine, è da prender con le pinze un invito a cena dal diavolo in persona126.
557
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 3
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE (to Courtesan)
Avoid, thou fiend! What tell’st thou me of supping?bf Thou art, as you are all, a sorceress. I conjure thee to leave me and be gone.
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COURTESAN
Give me the ring of mine you had at dinner, Or for my diamond the chain you promised, And I’ll be gone, sir, and not trouble you.
70
DROMIO OF SYRACUSE
Some devils ask but the parings of one’s nail, A rush, a hair, a drop of blood, a pin, A nut, a cherry-stone; But she, more covetous, would have a chain. Master, be wise; an if you give it her, The devil will shake her chain, and fright us with it. COURTESAN (to Antipholus) I pray you, sir, my ring, or else the chain. I hope you do not mean to cheat me so?
75
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Avaunt, thou witch! – Come, Dromio, let us go. DROMIO OF SYRACUSE
‘Fly pride’ says the peacock. Mistress, that you know. Exeunt Antipholus of Syracuse and Dromio of Syracuse COURTESAN
Now, out of doubt, Antipholus is mad; Else would he never so demean himself. A ring he hath of mine worth forty ducats, And for the same he promised me a chain. Both one and other he denies me now. The reason that I gather he is mad, Besides this present instance of his rage, Is a mad tale he told today at dinner Of his own doors being shut against his entrance.
65. Thou: così in F4; in F1 then = “allora”. 558
81
85
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 3
ANTIFOLO DI SIRACUSA (alla cortigiana)
Vade retro, demonio! Non provare a parlarmi di cene e pinzimonio. Non sei altro che una fattucchiera, come tutti quanti, qui. E io ti ordino di andartene, e di lasciarmi in pace. CORTIGIANA
Me ne vado, signore, né vi darò più noia, se mi restituite l’anello col diamante che vi ho dato a pranzo. O, altrimenti, datemi in cambio la catena come avevate promesso. DROMIO DI SIRACUSA
Ci sono diavoli che si accontentano di un’unghia tagliata, di un capello, di un filo di paglia, una goccia di sangue, uno spillo, un guscio di noce, un nocciolo di ciliegia. Lei invece vi chiede una catena: piuttosto avida, direi. State attento, padrone: se le consegnate la catena, sarete perseguitato dal suo diabolico tintinnio! CORTIGIANA (ad Antifolo) L’anello, signore, vi prego. Oppure la catena. Non cercherete mica di imbrogliarmi, spero. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Va’ via, strega!... Su, Dromio, andiamocene. DROMIO DI SIRACUSA
“Il piacere è tutto mio”, come dice il pavone127. E voi, Signora, conoscete il detto. Escono Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa CORTIGIANA
Antifolo è pazzo, non ci sono più dubbi. Altrimenti non farebbe simili scene così meschine. Prima si prende il mio anello da quaranta ducati promettendomi in cambio una catena, e ora mi nega sia l’una che l’altro. E un altro segno che è impazzito, oltre allo scoppio di furore di poco fa, è anche quella storia assurda che raccontava oggi a pranzo, delle porte di casa sua sprangate, al suo arrivo, per
559
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
Belike his wife, acquainted with his fits, On purpose shut the doors against his way. My way is now to hie home to his house, And tell his wife that, being lunatic, He rushed into my house, and took perforce My ring away. This course I fittest choose, For forty ducats is too much to lose. 4.4
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95 Exit
Enter Antipholus of Ephesus with the Officer
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Fear me not, man, I will not break away. I’ll give thee ere I leave thee so much money To warrant thee as I am ’rested for. My wife is in a wayward mood today, And will not lightly trust the messenger That I should be attached in Ephesus. I tell you ’twill sound harshly in her ears.
5
Enter Dromio of Ephesus with a rope’s end Here comes my man. I think he brings the money. – How now, sir? Have you that I sent you for? DROMIO OF EPHESUS
Here’s that, I warrant you, will pay them all.
10
ANTIPHOLUS OF EPHESUS But where’s the money? DROMIO OF EPHESUS
Why, sir, I gave the money for the rope. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Five hundred ducats, villain, for a rope? DROMIO OF EPHESUS
I’ll serve you, sir, five hundred at the rate. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
To what end did I bid thee hie thee home? DROMIO OF EPHESUS To a rope’s end, sir, and to that end
am I returned.
560
15
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
non farlo entrare. Sarà stata sua moglie – dico io – che sapendo dei suoi attacchi di pazzia l’avrà chiuso fuori di proposito. Ed io farei bene, adesso, ad andare proprio da sua moglie, per dirle che lui, in preda a un raptus, è venuto da me e mi ha portato a forza via l’anello. Farò così, è la via migliore, questa, per non perdere i miei quaranta ducati. Esce IV, 4
Entra Antifolo di Efeso con la guardia128
ANTIFOLO DI EFESO
Niente paura, amico, non ho intenzione di scappare. Non me ne andrò prima di averti consegnato, in garanzia, tanto denaro quanto mi è addebitato a ragione del mio arresto. Purtroppo oggi mia moglie ha la luna storta, e non sarà facile convincerla che sono stato arrestato, proprio qui ad Efeso. Stanne pur certo: l’ambasciata non sarà gradita alle sue orecchie. Entra Dromio con un pezzo di corda Ecco il mio servo che torna. Dovrebbe portare il denaro... E allora? Avete ciò che vi avevo chiesto? DROMIO DI EFESO
Ho tutto, e vi garantisco, daremo a ciascuno il suo. ANTIFOLO DI EFESO
Ma dov’è il denaro? DROMIO DI EFESO
Me lo chiedete, signore? L’ho dato in cambio della corda. ANTIFOLO DI EFESO
Disgraziato, cinquecento ducati per una corda? DROMIO DI EFESO
Cinquecento corde per quei ducati, se volete, signore. ANTIFOLO DI EFESO
C’era un motivo stringente per cui ti ho mandato a casa, te lo sei scordato? DROMIO DI EFESO
Più stringente di una corda, signore... Ho anche stretto i denti e a stretto giro son tornato129.
561
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
And to that end, sir, I will welcome you. He beats Dromio OFFICER Good sir, be patient. DROMIO OF EPHESUS Nay, ’tis for me to be patient: I am
in adversity.
21
OFFICER Good now, hold thy tongue. DROMIO OF EPHESUS Nay, rather persuade him to hold his
hands. ANTIPHOLUS OF EPHESUS Thou whoreson, senseless villain! DROMIO OF EPHESUS I would I were senseless, sir, that I
might not feel your blows.
27
ANTIPHOLUS OF EPHESUS Thou art sensible in nothing but
blows, and so is an ass. DROMIO OF EPHESUS I am an ass indeed. You may prove
it by my long ears. – I have served him from the hour of my nativity to this instant, and have nothing at his hands for my service but blows. When I am cold, he heats me with beating. When I am warm, he cools me with beating. I am waked with it when I sleep, raised with it when I sit, driven out of doors with it when I go from home, welcomed home with it when I return. Nay, I bear it on my shoulders, as a beggar wont her brat, and I think when he hath lamed me I shall beg with it from door to door. Enter Adriana, Luciana, Courtesan, and a schoolmaster called Pinch ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Come, go along: my wife is coming yonder.
562
40
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
ANTIFOLO DI EFESO
E io ti stringo tra le braccia a mo’ di benvenuto. Picchia Dromio GUARDIA
Signor mio, dovreste avere più pazienza! DROMIO DI EFESO
Sono io, che devo esercitare la pazienza: io mi trovo nelle avversità130. GUARDIA
Adesso basta, tieni a bada quella lingua. DROMIO DI EFESO
Questa poi! Convincete prima lui a tenere a bada le mani. ANTIFOLO DI EFESO
Grandissimo figlio di puttana! Razza di bifolco invertebrato! DROMIO DI EFESO
Fossi davvero invertebrato131, signor mio, non avrei la schiena rotta a suon di legnate. ANTIFOLO DI EFESO
Solo le legnate capisci tu, proprio come un mulo132. DROMIO DI EFESO
E infatti sono un asinaccio: le mie orecchie la dicono lunga133... È da quando sono al mondo, che lo servo e riverisco, e come ricompensa, dalle sue mani, non ricevo altro che legnate. Legnate per riscaldarmi, quando è freddo. Legnate per farmi passare i bollori, se fa caldo. Se pensa sia ora di svegliarmi, legnate; per invitarmi ad alzare il culo dalla panca, legnate. E ancora legnate se mi vuole congedare e altrettante per darmi il benvenuto al mio ritorno. Me le porto tutte sulle spalle, ’ste legnate, come una mendicante il suo marmocchio. E anzi, credo che finirò proprio a mendicare, di porta in porta, quando mi avrà sciancato ben bene a bastonate. Entrano Adriana, Luciana, la cortigiana e un maestro chiamato Pizzico134 ANTIFOLO DI EFESO
Va bene, ma adesso assecondami: arriva mia moglie.
563
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
DROMIO OF EPHESUS (to Adriana) Mistress, respice finem –
respect your end – or rather, to prophesy like the parrot, ‘Beware the rope’s end’.bg ANTIPHOLUS OF EPHESUS Wilt thou still talk?
45
He beats Dromio COURTESAN (to Adriana)
How say you now? Is not your husband mad? ADRIANA
His incivility confirms no less. – Good Doctor Pinch, you are a conjurer. Establish him in his true sense again, And I will please you what you will demand.
50
LUCIANA
Alas, how fiery and how sharp he looks! COURTESAN
Mark how he trembles in his ecstasy. PINCH (to Antipholus) Give me your hand, and let me feel your pulse. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
There is my hand, and let it feel your ear. He strikes Pinch PINCH
I charge thee, Satan, housed within this man, To yield possession to my holy prayers, And to thy state of darkness hie thee straight: I conjure thee by all the saints in heaven.
55
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Peace, doting wizard, peace! I am not mad. ADRIANA
O that thou wert not, poor distressèd soul.
60
43. To prophesie: così in emend. moderni; in F the prophesie = “la profezia”. 564
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
DROMIO DI EFESO (ad Adriana)
Respice finem, padrona – o, come ama profetizzare il pappagallo: “Respice funem”, occhio alla fune, o rischiate una brutta fine135. ANTIFOLO DI EFESO
Ancora? Vuoi tacere una buona volta? Picchia Dromio CORTIGIANA (ad Adriana)
Che cosa mi dite adesso? Non è completamente impazzito? ADRIANA
Non c’è dubbio, a giudicare dalla brutalità dei suoi modi. Caro dottor Pizzico, voi che conoscete le arti magiche, rendetegli il senno. Vi ricompenserò con ciò che volete. LUCIANA
Cielo, che sguardo terribile! CORTIGIANA
Guardate! È tutto un fremito di furore136! PIZZICO (ad Antifolo) Porgetemi la mano, voglio sentirvi il polso. ANTIFOLO DI EFESO
Ecco qui la mano, porgetemi orecchio che vi faccio sentire io. Dà uno schiaffo a Pizzico PIZZICO
Ti ordino, o Satana che in quest’anima alberghi, di cedere alle mie sacre invocazioni: abbandona la tua preda e torna subito al tuo regno di tenebre. Per tutti i santi del paradiso: te lo ordino! ANTIFOLO DI EFESO
Basta, rimbecillito d’uno stregone, basta! Non sono pazzo! ADRIANA
Ah, povera anima smarrita, se solo fosse vero!
565
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
You minion, you, are these your customers? Did this companion with the saffron face Revel and feast it at my house today, Whilst upon me the guilty doors were shut, And I denied to enter in my house?
65
ADRIANA
O husband, God doth know you dined at home, Where would you had remained until this time, Free from these slanders and this open shame. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Dined at home? (To Dromio) Thou villain, what sayst thou? DROMIO OF EPHESUS
Sir, sooth to say, you did not dine at home.
70
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Were not my doors locked up, and I shut out? DROMIO OF EPHESUS
Pardie, your doors were locked, and you shut out. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
And did not she herself revile me there? DROMIO OF EPHESUS
Sans fable, she herself reviled you there. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Did not her kitchen-maid rail, taunt, and scorn me? DROMIO OF EPHESUS
Certes she did. The kitchen vestal scorned you.
76
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
And did not I in rage depart from thence? DROMIO OF EPHESUS
In verity you did. My bones bears witness, That since have felt the vigour of his rage. ADRIANA (aside to Pinch) Is’t good to soothe him in these contraries?
566
80
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
ANTIFOLO DI EFESO
E tu, verginella, sono questi i tuoi clienti? È in compagnia di questo tale dalla faccia zafferano che quest’oggi facevi baldoria e festeggiavi, lasciando me fuori, dopo aver sbarrato le colpevoli porte? ADRIANA
Oh marito mio, tu hai pranzato a casa, lo sa Iddio, e avresti fatto bene a restarci: non ti saresti dato in pasto ai pettegolezzi e alla pubblica vergogna. ANTIFOLO DI EFESO
Pranzato a casa? (a Dromio) E tu, farabutto, non dici nulla? DROMIO DI EFESO
A dire il vero, signore, non avete pranzato a casa. ANTIFOLO DI EFESO
E le porte di casa, non erano forse sprangate? Ed io, non sono rimasto chiuso fuori? DROMIO DI EFESO
Pardieu, le porte di casa vostra erano sprangate, e voi siete rimasto chiuso fuori. ANTIFOLO DI EFESO
E non è stata lei in persona a caricarmi di improperi, lì davanti a casa? DROMIO DI EFESO
Sans fable, è stata lei in persona a caricarvi di improperi, lì davanti a casa. ANTIFOLO DI EFESO
E la sua sguattera, non continuava forse ad offendermi, a provocarmi e farsi beffe di me? DROMIO DI EFESO
Ça va sans dir. La vestale delle cucine si faceva beffe di voi. ANTIFOLO DI EFESO
E non me ne sono dunque andato via, infuriato? DROMIO DI EFESO
In verità, sì, ve ne siete andato. Che poi eravate infuriato – e pure forte – sono testimoni le mie ossa. ADRIANA (a parte, a Pizzico) Faremo bene ad assecondarlo in queste sue fantasie? 567
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
PINCH (aside to Adriana)
It is no shame. The fellow finds his vein, And, yielding to him, humours well his frenzy. ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Adriana) Thou hast suborned the goldsmith to arrest me. ADRIANA
Alas, I sent you money to redeem you, By Dromio here, who came in haste for it.
85
DROMIO OF EPHESUS
Money by me? Heart and good will you might, But surely, master, not a rag of money. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Went’st not thou to her for a purse of ducats? ADRIANA
He came to me, and I delivered it. LUCIANA
And I am witness with her that she did.
90
DROMIO OF EPHESUS
God and the ropemaker bear me witness That I was sent for nothing but a rope. PINCH (aside to Adriana) Mistress, both man and master is possessed. I know it by their pale and deadly looks. They must be bound and laid in some dark room. ANTIPHOLUS OF EPHESUS (to Adriana) Say wherefore didst thou lock me forth today, (To Dromio) And why dost thou deny the bag of gold?
95
ADRIANA
I did not, gentle husband, lock thee forth. DROMIO OF EPHESUS
And, gentle master, I received no gold. But I confess, sir, that we were locked out. ADRIANA
Dissembling villain, thou speak’st false in both.
568
100
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
PIZZICO (a parte, ad Adriana)
Non sbagliamo. L’umore della pazzia deve seguire il suo corso e, non contrastato, tende poi a volgere al meglio. ANTIFOLO DI EFESO (ad Adriana) L’hai sobillato tu, l’orefice, affinché mi facesse arrestare? ADRIANA
Ma come, se non ho esitato un attimo a mandarti il denaro per la cauzione, quando il qui-presente Dromio è venuto a chiedermelo di gran premura! DROMIO DI EFESO
Denaro? E l’avreste dato a me? Magari! Giuro, signore: non il becco di un quattrino. ANTIFOLO DI EFESO
Scusa, non sei andato da lei per la borsa con il denaro? ADRIANA
È venuto, e io gliela ho consegnata. LUCIANA
E io posso testimoniare che gliela ha data. DROMIO DI EFESO
E Dio stesso con il cordaio possono testimoniare che mi avete mandato a prendere una fune, e nient’altro. PIZZICO (a parte, ad Adriana) Signora, sono posseduti entrambi, padrone e servo. Il colorito pallido e lo sguardo spento ne sono chiara prova. Sarebbe opportuno legarli e farli rinchiudere in qualche buia stanza137. ANTIFOLO DI EFESO (Ad Adriana) Dì un po’, perché oggi mi hai fatto chiudere fuori? (A Dromio) E perché hai negato il denaro della borsa? ADRIANA
Mio gentile marito, io non ti ho chiuso fuori casa. DROMIO DI EFESO
E, mio gentile padrone, io non ho ricevuto un soldo. In compenso, signore, garantisco che ci hanno chiuso fuori. ADRIANA
E tu menti, brutto imbroglione, su una cosa e sull’altra.
569
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Dissembling harlot, thou art false in all, And art confederate with a damnèd pack To make a loathsome abject scorn of me. But with these nails I’ll pluck out those false eyes,bh That would behold in me this shameful sport.
105
[He reaches for Adriana; she shrieks.] Enter three or four, and offer to bind him. He strives ADRIANA
O, bind him, bind him. Let him not come near me. PINCH
More company! The fiend is strong within him. LUCIANA
Ay me, poor man, how pale and wan he looks. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
What, will you murder me? – Thou, jailer, thou, I am thy prisoner. Wilt thou suffer them To make a rescue? OFFICER Masters, let him go. He is my prisoner, and you shall not have him.
110
PINCH
Go, bind his man, for he is frantic too.bi They bind Dromio ADRIANA
What wilt thou do, thou peevish officer? Hast thou delight to see a wretched man Do outrage and displeasure to himself?
115
OFFICER
He is my prisoner. If I let him go, The debt he owes will be required of me. ADRIANA
I will discharge thee ere I go from thee. Bear me forthwith unto his creditor,
105. Those: così in emend. moderni; in F these = “questi”. 114. His: così in emend. moderni; in F this = “questo”. 570
120
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
ANTIFOLO DI EFESO
E tu, ruffiana imbellettata, menti su tutto: sei d’accordo con quella dannata gentaglia, all’indegno riprovevole scopo di rendermi ridicolo. Ma io adesso, quei tuoi occhi bugiardi, così desiderosi d’assistere allo spettacolo della mia vergogna, te li strappo con le mie stesse mani. [Si protende verso Adriana, che lancia un grido.] Entrano tre o quattro persone138 che cercano di legare Antifolo. Lui si dimena ADRIANA
Bloccatelo! Legatelo! Tenetemelo lontano! PIZZICO
Presto, serve aiuto! Il demone che è in lui è possente. LUCIANA
Ahimè, fa una pena, così pallido e smorto! ANTIFOLO DI EFESO
Volete ammazzarmi, per caso? Ehi, guardia, io sono tuo prigioniero. Vuoi permetter loro di portarmi via? GUARDIA
Signori, lasciatelo. È mio prigioniero, e voi non lo avrete. PIZZICO
Lega anche il servo, ché delira pure lui. Legano Dromio ADRIANA
E ora che pensi di fare, cocciuta d’una guardia? Ci provi gusto a vedere un povero derelitto fare torto a se stesso e al proprio onore? GUARDIA
Quest’uomo è mio prigioniero. Se lo lascio andare, dovrò rispondere io del suo debito. ADRIANA
Mi occuperò io della cosa. Portami dal suo creditore, che possa
571
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
And, knowing how the debt grows, I will pay it. – Good Master Doctor, see him safe conveyed Home to my house. O most unhappy day! ANTIPHOLUS OF EPHESUS O most unhappy strumpet!
125
DROMIO OF EPHESUS
Master, I am here entered in bond for you. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Out on thee, villain! Wherefore dost thou mad me? DROMIO OF EPHESUS
Will you be bound for nothing? Be mad, good master – Cry, ‘The devil!’ LUCIANA
God help, poor souls, how idly do they talk!
130
ADRIANA
Go bear him hence. Sister, go you with me. Exeunt [into the Phoenix], Pinch and others carrying off Antipholus of Ephesus and Dromio of Ephesus. The Officer, Adriana, Luciana, and the Courtesan remain (To the Officer) Say now, whose suit is he arrested at? OFFICER
One Angelo, a goldsmith. Do you know him? ADRIANA
I know the man. What is the sum he owes? OFFICER
Two hundred ducats. ADRIANA
Say, how grows it due?
135
OFFICER
Due for a chain your husband had of him. ADRIANA
He did bespeak a chain for me, but had it not. COURTESAN
Whenas your husband all in rage today Came to my house, and took away my ring – The ring I saw upon his finger now – Straight after did I meet him with a chain. 572
140
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
sentire la ragione di questo debito, e lo pagherò io. Mio buon dottore, signor maestro, assicuratevi che mio marito sia condotto a casa, sano e salvo. Ah, giorno sciagurato! ANTIFOLO DI EFESO
Ah, sciagurata baldracca! DROMIO DI EFESO
Padrone, adesso mi sento davvero legato a voi139. ANTIFOLO DI EFESO
Smettila, imbecille! Vuoi farmi ammattire anche tu? DROMIO DI EFESO
Almeno si saprà perché siamo così legati. Su, fate il matto, gridate anche voi: ‘Il diavolo!’ LUCIANA
Mio Dio aiutaci! Povere anime, senti che discorsi sconnessi! ADRIANA
Su, portatelo via. E tu, sorella, vieni con me. Escono [ed entrano nella Fenice], Pizzico ed altri portando via Antifolo di Efeso e Dromio di Efeso. Restano la guardia, Adriana, Luciana e la cortigiana (alla guardia) Adesso potete dirmelo: chi l’ha fatto arrestare? GUARDIA
Tale Angelo, un orefice. Lo conoscete? ADRIANA
So chi è. Quant’è il debito? GUARDIA
Duecento ducati. ADRIANA
E dite. Perché glieli deve, questi soldi? GUARDIA
Vostro marito ha avuto da lui una catena. ADRIANA
So che gli aveva ordinato una catena per me, ma l’orefice non gliel’aveva ancora consegnata. CORTIGIANA
Oggi, poco dopo essere venuto da me tutto infuriato ed essersi portato via il mio anello – quello stesso anello che gli ho visto adesso al dito – l’ho incontrato di nuovo, e con sé aveva una catena. 573
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 4 SCENE 4
ADRIANA
It may be so, but I did never see it. Come, jailer, bring me where the goldsmith is. I long to know the truth hereof at large. Enter Antipholus of Syracuse (wearing the chain) and Dromio of Syracuse with their rapiers drawn LUCIANA
God, for thy mercy, they are loose again!
145
ADRIANA
And come with naked swords. Let’s call more help To have them bound again. OFFICER Away, they’ll kill us! All but Antipholus and Dromio run out, as fast as may be, frighted ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I see these witches are afraid of swords. DROMIO OF SYRACUSE
She that would be your wife now ran from you. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Come to the Centaur. Fetch our stuff from thence. I long that we were safe and sound aboard. DROMIO OF SYRACUSE Faith, stay here this night. They will surely do us no harm. You saw they speak us fair, give us gold. Methinks they are such a gentle nation that, but for the mountain of mad flesh that claims marriage of me, I could find in my heart to stay here still, and turn witch. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I will not stay tonight for all the town. Therefore away, to get our stuff aboard.
574
Exeunt
150
157
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO IV SCENA 4
ADRIANA
Può darsi, ma io non l’ho mai vista. Su, guardia, portami dall’orefice. Desidero sapere tutta la verità. Entrano Antifolo di Siracusa (con indosso la catena) e Dromio di Siracusa, con le spade sguainate LUCIANA
Bontà divina, si sono liberati! ADRIANA
E vengono qui a spade sguainate. Chiediamo aiuto, bisogna legarli di nuovo. GUARDIA
Via, scappiamo! O ci uccideranno tutti! Tutti, tranne Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa, scappano terrorizzati, il più velocemente possibile ANTIFOLO DI SIRACUSA
Queste streghe dunque temono le spade. DROMIO DI SIRACUSA
Adesso anche la vostra presunta moglie se ne scappa. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Andiamo al Centauro e prendiamo la nostra roba. Vorrei fossimo già a bordo, sani e salvi. DROMIO DI SIRACUSA
Perdio, no, rimaniamo qui, stanotte. Di certo non ci faranno del male. Avete visto voi stesso con che garbo si rivolgono a noi, ci fanno persino regali in oro. La gente di questa città è così ospitale che, se non fosse per quella montagna di carne impazzita, penso che non disdegnerei fermarmi e, chissà, farmi anch’io stregone. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Non mi fermerei un’altra notte neanche se me la regalassero intera, la città. Perciò, andiamo e portiamo la nostra roba a bordo. Escono
575
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
5.1
Enter Second Merchant and Angelo the goldsmith
ANGELO
I am sorry, sir, that I have hindered you, But I protest he had the chain of me, Though most dishonestly he doth deny it. SECOND MERCHANT
How is the man esteemed here in the city? ANGELO
Of very reverend reputation, sir, Of credit infinite, highly beloved, Second to none that lives here in the city. His word might bear my wealth at any time.
5
SECOND MERCHANT
Speak softly. Yonder, as I think, he walks. Enter Antilpholus of Syracuse, wearing the chain, and Dromio of Syracuse again ANGELO
’Tis so, and that self chain about his neck Which he forswore most monstrously to have. Good sir, draw near to me. I’ll speak to him. – Signor Antipholus, I wonder much That you would put me to this shame and trouble, And not without some scandal to yourself, With circumstance and oaths so to deny This chain, which now you wear so openly. Beside the charge, the shame, imprisonment, You have done wrong to this my honest friend, Who, but for staying on our controversy, Had hoisted sail and put to sea today. This chain you had of me. Can you deny it?
10
15
20
ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
I think I had. I never did deny it. SECOND MERCHANT
Yes, that you did, sir, and forswore it too. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Who heard me to deny it or forswear it? 576
25
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
V, 1
Entrano il Secondo Mercante e Angelo, l’orefice140
ANGELO
Sono spiacente d’avere ritardato la vostra partenza, ma – per quanto il disonesto continui a negarlo – ve lo assicuro: io, la catena, gliela ho data141. SECONDO MERCANTE
Qual è la reputazione di quest’uomo, in città? ANGELO
Di persona assai rispettabile, signore. Gode di una stima senza limiti, è amato ed apprezzato come nessun altro in città. La sua parola vale più di tutti i miei beni. SECONDO MERCANTE
Parlate piano. Mi sembra di vederlo, laggiù. Rientra Antifolo di Siracusa, con indosso la catena, insieme a Dromio di Siracusa ANGELO
È proprio lui, e quella che porta al collo è la stessa catena che negava spudoratamente di avere ricevuto. Avvicinatevi, mio buon signore. Intendo dirgliene quattro... Signor Antifolo, mi sorprendete: mi avete messo in una situazione difficile e di grande imbarazzo – e vi siete esposto voi stesso al rischio dello scandalo – tergiversando e giurando di non aver mai ricevuto la catena che ora indossate con tanta disinvoltura. E non si tratta solo della spesa, e della vergogna per l’arresto: avete fatto torto anche a questo onest’uomo amico mio che, issate le vele, si sarebbe già messo in mare, se non fosse stato per noi. Questa catena, voi, l’avete avuta da me. Come potete negarlo? ANTIFOLO DI SIRACUSA
Certo non posso, né l’ho mai fatto. SECONDO MERCANTE
Eccome, se l’avete negato, e sotto giuramento. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Qualcuno forse mi ha sentito negare o giurare il falso?
577
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
SECOND MERCHANT
These ears of mine, thou know’st, did hear thee. Fie on thee, wretch! ’Tis pity that thou liv’st To walk where any honest men resort. ANTIPHOLUS OF SYRACUSE
Thou art a villain to impeach me thus. I’ll prove mine honour and mine honesty Against thee presently, if thou dar’st stand.
30
SECOND MERCHANT
I dare, and do defy thee for a villain. They draw. Enter Adriana, Luciana, Courtesan, and others [from the Phoenix] ADRIANA
Hold, hurt him not, for God’s sake; he is mad. Some get within him, take his sword away. Bind Dromio too, and bear them to my house.
35
DROMIO OF SYRACUSE
Run, master, run! For God’s sake take a house. This is some priory – in, or we are spoiled. Exeunt Antipholus of Syracuse and Dromio of Syracuse to the priory Enter [from the priory] the Lady Abbess ABBESS
Be quiet, people. Wherefore throng you hither? ADRIANA
To fetch my poor distracted husband hence. Let us come in, that we may bind him fast, And bear him home for his recovery. ANGELO
I knew he was not in his perfect wits. SECOND MERCHANT
I am sorry now that I did draw on him. ABBESS
How long hath this possession held the man?
578
40
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
SECONDO MERCANTE
Io, ti ho sentito, e lo sai bene, con queste mie orecchie. Vergogna, pidocchioso! Uno come te dovrebbe non dovrebbe calcare la stessa terra delle persone per bene. ANTIFOLO DI SIRACUSA
Insolente, come osi accusarmi in questo modo? Difenderò il mio onore e la mia onestà contro le tue villanie, adesso, se non le ritratti. SECONDO MERCANTE
Non ci penso nemmeno. Dimostrerò quello che vali. Estraggono le spade. Entrano Adriana, Luciana, la cortigiana e altri142 [dalla Fenice] ADRIANA
Fermo, in nome di Dio, non fategli del male! È pazzo, la sua anima è posseduta. Toglietegli la spada. Legateli, lui e Dromio, e portateli a casa nostra. DROMIO DI SIRACUSA
Scappiamo, padrone! Correte! Cerchiamo rifugio, per tutti i Santi! Questa deve essere un’abbazia... Presto, entriamo o ci scuoiano vivi. Escono Antifolo di Siracusa e Dromio di Siracusa verso l’abbazia Entra [dall’abbazia] la signora Badessa BADESSA
Calmatevi, signori. Perché vi accalcate davanti alle porte della mia abbazia? ADRIANA
Cerchiamo il mio povero marito, che è fuori di senno. Lasciateci entrare, il tempo necessario per bloccarlo, e ricondurlo a casa per le cure. ANGELO
Lo dicevo io, che non era del tutto a posto. SECONDO MERCANTE
Ora mi pento di aver alzato la spada contro di lui. BADESSA
Da quanto tempo è in preda al delirio?
579
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
ADRIANA
This week he hath been heavy, sour, sad, And much, much different from the man he was;bj But till this afternoon his passion Ne’er brake into extremity of rage.
45
ABBESS
Hath he not lost much wealth by wreck at sea?bk Buried some dear friend? Hath not else his eye Strayed his affection in unlawful love – A sin prevailing much in youthful men, Who give their eyes the liberty of gazing? Which of these sorrows is he subject to?
50
ADRIANA
To none of these, except it be the last, Namely some love that drew him oft from home.
55
ABBESS
You should for that have reprehended him. ADRIANA
Why, so I did. ABBESS
Ay, but not rough enough.
ADRIANA
As roughly as my modesty would let me. ABBESS Haply in private.
60
ADRIANA And in assemblies too. ABBESS Ay, but not enough. ADRIANA
It was the copy of our conference. In bed he slept not for my urging it. At board he fed not for my urging it. Alone, it was the subject of my theme. In company I often glancèd it. Still did I tell him it was vile and bad.
46. Much much: così in F2; in F1 much. 49. At: così in F2; in F1 of = “di”. 580
65
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
ADRIANA
Da una settimana si comporta in modo molto strano: è così diverso dall’uomo che conoscevo – d’umore tetro, malinconico, irritabile – eppure sinora mai i turbamenti del suo animo143 erano esplosi in simili accessi d’ira144. BADESSA
Forse un qualche disastro per mare145 l’ha privato dei suoi beni? O gli è morto un caro amico? Oppure il suo spirito – sviato dagli occhi inquieti – è stato irretito da un amor non lecito? È la disinvolta libertà dello sguardo, che nei giovani uomini spesso porta al peccato. Quale di queste pene lo affligge? ADRIANA
Nessuna di queste, se non forse l’ultima: un qualche amore che spesso lo conduce via di casa. BADESSA
Avreste dovuto rimproverarlo. ADRIANA
Ma l’ho fatto. BADESSA
Non siete stata abbastanza dura, allora. ADRIANA
Dura quanto è consentito ad una donna. BADESSA
In privato, forse en passant. ADRIANA
E anche in pubblico. BADESSA
Già, ma non abbastanza. ADRIANA
Era il solo copione di tutte le nostre conversazioni146. A forza di pungolarlo su questo, non gli lasciavo prendere sonno. E a tavola, insistevo al punto di fargli passare l’appetito. Se eravamo soli, non parlavo d’altro. In compagnia, vi accennavo spesso per allusioni. Sempre e comunque gli rinfacciavo la sua cattiveria e la sua viltà.
581
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
ABBESS
And thereof came it that the man was mad. The venom clamours of a jealous woman Poisons more deadly than a mad dog’s tooth. It seems his sleeps were hindered by thy railing, And thereof comes it that his head is light. Thou sayst his meat was sauced with thy upbraidings. Unquiet meals make ill digestions. Thereof the raging fire of fever bred, And what’s a fever but a fit of madness? Thou sayst his sports were hindered by thy brawls. Sweet recreation barred, what doth ensue But moody and dull melancholy, Kinsman to grim and comfortless despair, And at her heels a huge infectious troop Of pale distemperatures and foes to life? In food, in sport, and life-preserving rest To be disturbed would mad or man or beast. The consequence is, then, thy jealous fits Hath scared thy husband from the use of wits.
70
75
80
85
LUCIANA
She never reprehended him but mildly When he demeaned himself rough, rude, and wildly. (To Adriana) Why bear you these rebukes, and answer not?
90
ADRIANA
She did betray me to my own reproof. – Good people, enter, and lay hold on him. ABBESS
No, not a creature enters in my house. ADRIANA
Then let your servants bring my husband forth. ABBESS
Neither. He took this place for sanctuary, And it shall privilege him from your hands Till I have brought him to his wits again, Or lose my labour in essaying it. 582
95
LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
BADESSA
Ma allora si comprende la causa della sua pazzia. Le continue rimostranze di una donna gelosa sono veleno mortale, peggio del morso di un cane rabbioso. Le tue scenate gli impedivano il sonno, a quanto dici; questo spiega la sua mente sia così svanita. Dici che le pietanze le condivi a lamentele: ma mangiare agitati è causa certa di cattiva digestione, e questa del divampare della febbre. E la febbre stessa cos’è, se non un accesso di follia? Dici che i tuoi strepiti gli impedivano di svagarsi. Ma se lo privi dei suoi passatempi, lo dai in pasto alla malinconia capricciosa e triste, parente prossima della disperazione torva e senza conforto, con il suo codazzo contagioso di malanni spettrali nemici della vita. Diventano furiosi tanto gli uomini quanto le bestie, se disturbati nel godersi il cibo, la quiete ristoratrice o il piacere. È chiaro dunque che sono i tuoi attacchi di gelosia a mettere in fuga il senno di tuo marito. LUCIANA
Se l’ha ripreso, l’ha fatto sempre con dolcezza, mentre lui era rozzo, scortese e rude. (Ad Adriana) Perché accetti questi rimproveri senza dire niente? ADRIANA
Le sue parole riescono a farmi sentire in colpa. Su, gente, entriamo e prendiamolo. BADESSA
No. Questa è casa mia: qui non entra nessuno. ADRIANA
Allora fatelo portare fuori dai vostri servi. BADESSA
Neppure. La sacralità di questo luogo gli garantisce protezione, e così sarà finché non lo avrò riportato alla ragione o le mie cure si riveleranno vane.
583
THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
ADRIANA
I will attend my husband, be his nurse, Diet his sickness, for it is my office, And will have no attorney but myself. And therefore let me have him home with me.
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ABBESS
Be patient, for I will not let him stir Till I have used the approvèd means I have, With wholesome syrups, drugs, and holy prayers To make of him a formal man again. It is a branch and parcel of mine oath, A charitable duty of my order. Therefore depart, and leave him here with me.
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ADRIANA
I will not hence, and leave my husband here; And ill it doth beseem your holiness To separate the husband and the wife.
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ABBESS
Be quiet and depart. Thou shalt not have him. [Exit into the priory] LUCIANA (to Adriana)
Complain unto the Duke of this indignity. ADRIANA
Come, go, I will fall prostrate at his feet, And never rise until my tears and prayers Have won his grace to come in person hither And take perforce my husband from the Abbess.
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SECOND MERCHANT
By this, I think, the dial point’s at five.bl Anon, I’m sure, the Duke himself in person Comes this way to the melancholy vale, The place of death and sorry execution,bm Behind the ditches of the abbey here. ANGELO Upon what cause? 119. Point’s: così in questa edizione; in F points = “punta”. 122. Death: così in F3; in F1 depth = “profondità”. 584
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
ADRIANA
Mi occuperò io di lui, lo curerò, lenirò i suoi mali, perché questo è mio dovere di moglie: e non intendo delegare nessuno. Lasciate, dunque, che torni con me. BADESSA
Dovrete avere pazienza, perché non lo lascerò andare se non dopo avere tentato, con i miei rimedi più efficaci – benèfici sciroppi, essenze e sacre invocazioni – di restituirlo alla natura d’uomo che gli è propria. È parte del mio voto, un dovere di carità prescritto dall’ordine cui appartengo. Perciò andate, e lasciatelo qui da me. ADRIANA
Non me ne andrò via di qua senza mio marito. E mal si addice alla santità del vostro abito di separare marito e moglie. BADESSA
Cercate di calmarvi e andate via, perché non potete portarlo via. [Esce verso l’abbazia] LUCIANA (ad Adriana)
Questa è un’ingiustizia di cui dovresti lamentarti con il duca. ADRIANA
Hai ragione, vieni con me. Mi getterò ai suoi piedi e vi rimarrò finché, con lacrime e preghiere, non avrò convinto sua Grazia a venire di persona e ad ordinare alla badessa di rendermi mio marito. SECONDO MERCANTE
Credo che ormai la meridiana segni le cinque147. So che tra non molto il duca in persona passerà proprio di qui, diretto verso il vallone delle lacrime, quel triste luogo di morte in cui hanno corso le esecuzioni, qui dietro il fossato dell’abbazia. ANGELO
Quale causa lo muove?
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
SECOND MERCHANT
To see a reverend Syracusian merchant, Who put unluckily into this bay Against the laws and statutes of this town, Beheaded publicly for his offence.
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ANGELO
See where they come. We will behold his death. LUCIANA
Kneel to the Duke before he pass the abbey.
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Enter Solinus Duke of Ephesus, and Egeon the merchant of Syracuse, bareheaded, with the headsman and other officers DUKE
Yet once again proclaim it publicly: If any friend will pay the sum for him, He shall not die, so much we tender him. ADRIANA (kneeling) Justice, most sacred Duke, against the Abbess! DUKE
She is a virtuous and a reverend lady. It cannot be that she hath done thee wrong.
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ADRIANA
May it please your grace, Antipholus my husband, Who I made lord of me and all I had At your important letters – this ill day A most outrageous fit of madness took him, That desp’rately he hurried through the street, With him his bondman, all as mad as he, Doing displeasure to the citizens By rushing in their houses, bearing thence Rings, jewels, anything his rage did like. Once did I get him bound, and sent him home, Whilst to take order for the wrongs I went That here and there his fury had committed. Anon, I wot not by what strong escape, He broke from those that had the guard of him, 586
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
SECONDO MERCANTE
Assisterà alla pubblica decapitazione di un rispettabile mercante di Siracusa, malauguratamente approdato in questa baia, contro le leggi e gli statuti della città. ANGELO
Guardate. Stanno arrivando. Assisteremo anche noi all’esecuzione. LUCIANA
Inginocchiati quando il duca passerà davanti all’abbazia. Entrano Solino duca di Efeso ed Egeone, il mercante di Siracusa, a capo scoperto, con il boia e altre guardie DUCA
Proclamiamo pubblicamente, ancora una volta, che se qualche amico vorrà pagare a nome di quest’uomo l’ammenda, noi – per la simpatia che gli portiamo – concederemo che egli viva. ADRIANA (inginocchiandosi ) Giustizia, Sua Eccellenza! Chiedo giustizia nei confronti della badessa. DUCA
La badessa è donna molto rispettabile e di grandi qualità morali. Non può averti fatto torto. ADRIANA
Di grazia, Vostra grazia148, mio marito Antifolo, il quale ho eletto signore della mia persona e padrone di ogni mio bene con il Vostro consenso149, da questo brutto giorno è caduto in preda a un violento attacco di follia. In compagnia del suo servo – pazzo quanto lui – si è dato a folli scorribande per la città, molestando i nostri concittadini, entrando a forza nelle loro case e portando via anelli, gioielli, e tutto ciò che in quel delirio lo attirava. Già una volta l’ho fatto legare – perché lo portassero a casa – mentre io nel frattempo cercavo di rimediare ai torti ch’egli aveva commesso qua e là in preda al furore. Dopo poco, chissà con che brutalità, lui e il suo folle aiutante si sono liberati dei loro custodi, e pieni d’ira, a spade
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
And with his mad attendant and himself, Each one with ireful passion, with drawn swords, Met us again, and, madly bent on us, Chased us away; till, raising of more aid, We came again to bind them. Then they fled Into this abbey, whither we pursued them, And here the Abbess shuts the gates on us, And will not suffer us to fetch him out, Nor send him forth that we may bear him hence. Therefore, most gracious Duke, with thy command Let him be brought forth, and borne hence for help. DUKE [raising Adriana] Long since, thy husband served me in my wars, And I to thee engaged a prince’s word, When thou didst make him master of thy bed, To do him all the grace and good I could. – Go, some of you, knock at the abbey gate, And bid the Lady Abbess come to me. I will determine this before I stir.
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Enter a Messenger [from the Phoenix] MESSENGER (to Adriana)bn
O mistress, mistress, shift and save yourself! My master and his man are both broke loose, Beaten the maids a-row, and bound the Doctor, Whose beard they have singed off with brands of fire, And ever as it blazed they threw on him Great pails of puddled mire to quench the hair. My master preaches patience to him, and the while His man with scissors nicks him like a fool; And sure – unless you send some present help – Between them they will kill the conjurer.
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ADRIANA
Peace, fool. Thy master and his man are here, And that is false thou dost report to us.
168. 0. Messenger: così in F2; non in F1. 588
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
sguainate, ci sono venuti incontro, mettendoci in fuga con un fare da pazzi. Solo dopo aver chiamato altri in soccorso abbiamo tentato di riacciuffarli. Ma loro si sono rifugiati nell’abbazia, fin dove li abbiamo rincorsi. Ed ecco che la badessa ci impedisce d’entrare, non tollera che si vada a prenderli, né lei vuole condurli fuori e consegnarceli. Per questo, Vostra Grazia, una vostra parola servirebbe a restituire mio marito alle cure dei suoi. DUCA [aiutando Adriana ad alzarsi ] Tuo marito anni fa ha combattuto al mio servizio; e quando di lui hai fatto il signore del tuo letto, io stesso ho impegnato la mia parola di principe che mi sarei prodigato per il suo bene... Su, qualcuno di voi bussi alla porta dell’abbazia e ordini alla Signora Badessa di venire al mio cospetto. Intendo chiarire come stanno le cose prima di proseguire. Entra un messaggero [dalla Fenice] MESSAGGERO (ad Adriana)
Signora, signora, al riparo, scappate! Mettevi in salvo! Il padrone e il suo servo si sono liberati: alle serve gliele hanno suonate ben bene, il dottore l’hanno legato, e con tizzoni ardenti gli hanno bruciacchiato la barba. E siccome poi questa è andata a fuoco, per spegnerla l’hanno preso a secchiate d’acqua melmosa. E adesso, mentre il padrone gli predica l’arte della sopportazione, il servo armato di forbici lo concia come un giullare150. Statene certa, se non mandate subito qualcuno in suo soccorso, gli fanno la pelle, tra tutti e due, all’esorcista. ADRIANA
Taci, buffone! Padrone e servo sono qui dentro, quel che racconti è falso!
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
MESSENGER
Mistress, upon my life I tell you true. I have not breathed almost since I did see it. He cries for you, and vows, if he can take you, To scorch your face and to disfigure you. Cry within Hark, hark, I hear him, mistress. Fly, be gone!
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DUKE (to Adriana)
Come stand by me. Fear nothing. Guard with halberds! Enter Antipholus of Ephesus and Dromio of Ephesus [from the Phoenix] ADRIANA
Ay me, it is my husband! Witness you That he is borne about invisible. Even now we housed him in the abbey here, And now he’s there, past thought of human reason. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Justice, most gracious Duke, O grant me justice, Even for the service that long since I did thee, When I bestrid thee in the wars, and took Deep scars to save thy life; even for the blood That then I lost for thee, now grant me justice! EGEON (aside) Unless the fear of death doth make me dote, I see my son Antipholus, and Dromio.
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ANTIPHOLUS OF EPHESUS
Justice, sweet prince, against that woman there, She whom thou gav’st to me to be my wife, That hath abusèd and dishonoured me Even in the strength and height of injury. Beyond imagination is the wrong That she this day hath shameless thrown on me. DUKE
Discover how, and thou shalt find me just.
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
MESSAGGERO
Dico il vero, signora, lo giuro. Sono rimasto senza fiato a vedere quelle scene: lui che impreca contro di voi e fa voto di sconciarvi il volto, se vi prende, e di rifarvi nuova nuova... Grida dall’interno Attenta, attenta, signora! È lui, non sentite? Scappate! DUCA (ad Adriana)
Non temere: restami vicino. Alabardieri, in guardia! Entrano Antifolo di Efeso e Dromio di Efeso [dalla Fenice] ADRIANA
Povera me, è mio marito! Mi siete testimoni, ha il dono di scomparire e riapparire: poco fa era intrappolato qui dentro all’abbazia, ed ora è laggiù. Oh, disfatta dell’umana ragione! ANTIFOLO DI EFESO
Giustizia, o graziosissimo duca, rendimi giustizia! Per i servigi che in anni passati ti ho reso, per le guerre in cui ti ho soccorso e per quando, a costo di profonde ferite, ti ho salvato la vita; per il sangue che ho versato per te, adesso ti chiedo giustizia. EGEONE (a parte) O l’approssimarsi della morte mi sconvolge la mente, o quello è mio figlio Antifolo, con Dromio. ANTIFOLO DI EFESO
Giustizia, mio dolce sovrano, contro quella donna! Colei che Tu stesso mi desti in sposa, mi ha oltraggiato e disonorato, arrecandomi grandissima offesa. Al di là di ogni immaginazione è il torto che questa sfrontata oggi mi ha inflitto. DUCA
Racconta cosa è accaduto, troverai giustizia.
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
ANTIPHOLUS OF EPHESUS
This day, great Duke, she shut the doors upon me While she with harlots feasted in my house.
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DUKE
A grievous fault! – Say, woman, didst thou so? ADRIANA
No, my good lord. Myself, he, and my sister Today did dine together. So befall my soul As this is false he burdens me withal.
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LUCIANA
Ne’er may I look on day nor sleep on night But she tells to your highness simple truth. ANGELO (aside) O perjured woman! They are both forsworn. In this the madman justly chargeth them. ANTIPHOLUS OF EPHESUS
My liege, I am advisèd what I say, Neither disturbed with the effect of wine, Nor heady-rash provoked with raging ire, Albeit my wrongs might make one wiser mad. This woman locked me out this day from dinner. That goldsmith there, were he not packed with her, Could witness it, for he was with me then, Who parted with me to go fetch a chain, Promising to bring it to the Porcupine, Where Balthasar and I did dine together. Our dinner done, and he not coming thither, I went to seek him. In the street I met him, And in his company that gentleman.
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He points to the Second Merchant There did this perjured goldsmith swear me down That I this day of him received the chain, Which, God he knows, I saw not. For the which He did arrest me with an officer. I did obey, and sent my peasant home For certain ducats. He with none returned. 592
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LA COMMEDIA DEGLI ERRORI, ATTO V SCENA 1
ANTIFOLO DI EFESO
Quest’oggi, gran duca, costei mi ha sbarrato l’ingresso di casa, mentre con un gruppo di laidi figuri151 lei, dentro, si dava a gran feste. DUCA
È una colpa assai grave!... Donna, parla, davvero hai fatto questo? ADRIANA
No, mio buon sovrano. Abbiamo addirittura pranzato insieme: io, lui e mia sorella. Sull’anima mia, queste accuse sono tutto un falso. LUCIANA
Se questa non è la pura semplice verità, possa io non rivedere più la luce del giorno né dormire di notte! ANGELO (a parte)
Oh, sfrontatezza femminile! Spergiurano, l’una e l’altra: e benché pazzo, ha ragione lui nell’accusarle. ANTIFOLO DI EFESO
Mio signore, so quel che dico: non sono stordito dal vino, né sono per natura avventato, e non parlo mosso dall’ira incalzante, per quanto i torti che ho dovuto patire porterebbero alla pazzia uomini più assennati di me. Questa donna mi ha chiuso fuori, all’ora di pranzo. E se non fosse in combutta con lei, l’orefice potrebbe testimoniare che è andata così, perché c’era anche lui. Ci siamo poi separati, con l’impegno da parte sua che mi avrebbe raggiunto con una catena al Porcospino, dove nel frattempo io e Baldassarre avremmo pranzato. Non vedendolo arrivare, a pranzo concluso, sono andato a cercarlo. L’ho incontrato per strada, in compagnia di questo signore. Addita il secondo mercante Ed ecco che inizia a giurare, questo spergiuro d’un orafo, di avermi consegnato la catena, che io – Dio mi è testimone – nemmeno ho visto. Così mi fa arrestare da una guardia. Io non faccio resistenza, ma invio il mio servo a recuperare certi ducati, a casa. Siccome questo mi ritorna a mani vuote, suggerisco gentilmente alla guardia di
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THE COMEDY OF ERRORS, ACT 5 SCENE 1
Then fairly I bespoke the officer To go in person with me to my house. By th’ way, we met my wife, her sister, and a rabble more Of vile confederates. Along with them They brought one Pinch, a hungry lean-faced villain, A mere anatomy, a mountebank, A threadbare juggler, and a fortune-teller, A needy, hollow-eyed, sharp-looking wretch, A living dead man. This pernicious slave, Forsooth, took on him as a conjurer, And gazing in mine eyes, feeling my pulse, And with no face, as ’twere, outfacing me, Cries out I was possessed. Then all together They fell upon me, bound me, bore me thence, And in a dark and dankish vault at home There left me and my man, both bound together, Till, gnawing with my teeth my bonds in sunder, I gained my freedom, and immediately Ran hither to your grace, whom I beseech To give me ample satisfaction For these deep shames and great indignities.
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ANGELO
My lord, in truth, thus far I witness with him: That he dined not at home, but was locked out.
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DUKE
But had he such a chain of thee, or no? ANGELO