Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma: Censimento, confronti ed ipotesi interpretative 9781407355078, 9781407356358

Il presente volume prende avvio dalle riflessioni generate dall'analisi di tutti gli affreschi nelle catacombe cris

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma: Censimento, confronti ed ipotesi interpretative
 9781407355078, 9781407356358

Table of contents :
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Dedication/Epigraph
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Contents
Prefazione e ringraziamenti
1. Introduzione
2. La storia delle c.d. gammadiae: da Antonio Bosio a Joseph Wilpert
3. Le c.d. gammadiae e gli studi contemporanei
4. Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica
5. Le c.d. gammadiae nelle catacombe romane
6. Le scene Veterotestamentarie
7. I miracoli e alcuni episodi evangelici
8. Le guarigioni
9. Il Collegio Apostolico
10. Le introduzioni dei defunti
11. Le croci gammate nelle catacombe romane: intenti decorativi o simboli militari
12. Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni
13. Esame topografi co: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma
14. Esame stilistico delle c.d. gammadiae sulla base dei dati topografici
15. Le c.d. gammadiae perdute, incerte o ipotizzabili nelle catacombe romane
16. Le c.d. gammadiae sui vetri dorati: raffi gurazioni cristiane e profane
17. Le tre lastre incise con c.d. gammadiae dalle catacombe romane
18. Le testimonianze tessili
19. Le c.d. gammadiae, la sinagoga di Dura Europos e quella di Huqoq: due casi a confronto
20. Le c.d. gammadiae nel bacino del Mediterraneo
21. Le c.d. gammadiae in alcuni casi profani
22. Segni di “inquadratura”, non gammadiae
23. Clavi angolari sulle vesti
24. Le c.d. gammadiae nelle basiliche subdiali e in altri ambienti cimiteriali cristiani ipogei: proseguimento del loro utilizzo e mutazioni semantiche
25. Note sull’evoluzione delle c.d. gammadiae in contesto cristiano
26. Croci gammate sulle lastre incise di Monastero
27. Conclusioni
Piante
Bibliografia
Appendice 1. Elenco generale delle c.d. gammadiae
Appendice 2. Suddivisione tipologica
Appendice 3. Il database GMS (Gammadiae Management System): introduzione alle schede di catalogo
Appendice 4. Schede tratte dal GMS (Gammadiae Management System)
Appendice 5. Grafi ci di distribuzione topografi ca delle c.d. gammadiae
Appendice 6. Grafi ci di associazione gammadia-personaggio
Appendice 7. Tecnica di esecuzione per ogni gammadia
Appendice 8. Grafi co globale delle c.d. gammadiae esaminate in GMS
Appendice 9. Indice per soggetto o scena

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2019

Il presente volume prende avvio dalle riflessioni generate dall’analisi di tutti gli affreschi nelle catacombe cristiane di Roma, per identificare e catalogare le c.d. gammadiae, rappresentate sul lembo del pallio dei personaggi, e provando a comprenderne il significato attraverso una suddivisione per temi iconografici e un inquadramento topografico. Per raggiungere questo obiettivo, non è possibile fermarsi alle sole testimonianze presenti nei cimiteri romani, ma è anche necessario “viaggiare” attraverso l’Egitto e Israele, scoprendo i reperti tessili, toccando l’affascinante mondo dei sarcofagi-ritratto, così come quello degli affreschi della sinagoga di Dura Europos e, infine, esaminando i mosaici cristiani, profani e giudaici. Il volume, con un ricco catalogo di 209 schede, si propone come un punto di partenza per ricerche più approfondite, costituendosi anche come un importante passo per far sì che si indaghi su un tema iconografico che è sempre stato considerato estremamente intricato. This book analyses all the frescoes in the Early Christian Roman catacombs to identify and catalogue the so-called gammadiae, represented on the hem of the pallium of the characters. It interrogates their meaning through a thematic subdivision of iconographic themes and a topographical overview. The study explores beyond evidences found in the Roman cemetery: “travelling” through Egypt and Israel to discover textile finds; touching the fascinating world of the portrait-sarcophagi, as well as that of the frescoes in the synagogue of Dura Europos; and finally, examining Christian, profane and Jewish mosaics. This book, with a rich catalogue of 209 forms, is a starting point for further research, but it is also an important contribution to investigate an iconographic theme that has always been considered extremely intricate. ‘Dr. Cumbo has created an exceptional database of examples, covering all possible media (painting, mosaic, gold-glass images, textiles, sculpture, etc.) in an attempt to answer this question. There is no other treatment of the topic that is even close to being as comprehensive. She has, almost literally, left no possible stone unturned.’ Prof. John Osborne, Carleton University ‘This volume is the first monograph on the subject and it is also the first attempt at gammadiae catologuing. It makes a significant contribution to studies in iconography, archaeology, and art history for both early Christianity and Antiquity.’ Dr Luca Avellis, Università degli studi di Bari Aldo Moro

BAR  S2947  2019  CUMBO  Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 2 9 4 7

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 2 9 4 7

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Censimento, confronti ed ipotesi interpretative

Cristina Cumbo è Dottore di ricerca in Archeologia Cristiana. Si è laureata presso l’Università di Roma Tre discutendo una tesi in Iconografia Cristiana sul profeta Balaam. Successivamente ha conseguito il Dottorato presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana. È autrice di vari contributi, soprattutto iconografici ed epigrafici. Cristina Cumbo graduated from the Roma Tre University with an iconographic thesis about the prophet Balaam. She obtained her Ph.D. in Early Christian Archaeology at the Pontifical Institute of Christian Archaeology. She is author of various papers about iconography and epigraphy.

CRISTINA CUMB O

2019

B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 2 9 4 7

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Censimento, confronti ed ipotesi interpretative

CRISTINA CUMB O

2019

Published in by BAR Publishing, Oxford BAR International Series Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma paperback e-for mat https://doi.org/ . / A catalogue record for this book is available from the British Library © Cristina Cumbo San Paolo, Catacombe di Domitilla, Roma. Sottarco centrale, nicchia della parete di fondo nel cubicolo del fossore Diogene (tratto da J. Wilpert, Le pitture delle catacombe romane, Roma 1903, tav. 182). The Author’s moral rights under the UK Copyright, Designs and Patents Act are hereby expressly asserted. All rights reser ved. No par t of this work may be copied, reproduced, stored, sold, distributed, scanned, saved in any for m of digital for mat or transmitted in any for m digitally, without the written per mission of the Publisher.

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Alla mia famiglia e all’immenso affetto che ci tiene uniti; ai giovani colleghi archeologi perché il futuro è nelle loro mani; a chi ha deciso di voltarmi le spalle nel mezzo di una strada ripida e tortuosa; a chi è riuscito a risollevarmi da quel baratro in cui mi trovavo, restituendomi il sorriso e la speranza. *** «C’è una forza motrice più forte del vapore, dell’elettricità e dell’energia atomica: la volontà.» Albert Einstein

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BAR International Series 2874

Contents Prefazione e ringraziamenti .......................................................................................................................................... viii 1. Introduzione ...................................................................................................................................................................1 2. La storia delle c.d. gammadiae: da Antonio Bosio a Joseph Wilpert.........................................................................3 3. Le c.d. gammadiae e gli studi contemporanei ..............................................................................................................8 4. Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica ...........................................12 5. Le c.d. gammadiae nelle catacombe romane ..............................................................................................................20 6. Le scene Veterotestamentarie......................................................................................................................................22 7. I miracoli e alcuni episodi evangelici..........................................................................................................................24 8. Le guarigioni.................................................................................................................................................................27 9. Il Collegio Apostolico ...................................................................................................................................................29 10. Le introduzioni dei defunti ........................................................................................................................................31 11. Le croci gammate nelle catacombe romane: intenti decorativi o simboli militari ...............................................34 12. Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni.................................................................................................36 13. Esame topografico: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma ......................................44 Cimiteri della via Salaria vetus .....................................................................................................................................44 Catacomba di S. Ermete/Bassilla .............................................................................................................................44 Cimiteri della via Salaria nova ......................................................................................................................................44 Cimitero dei Giordani/di S. Alessandro ...................................................................................................................44 Catacomba anonima di via Anapo ............................................................................................................................44 Catacombe di Priscilla ..............................................................................................................................................45 Cimiteri della via Nomentana .......................................................................................................................................45 Cimitero Maggiore ...................................................................................................................................................45 Cimiteri della via Tiburtina ...........................................................................................................................................45 Catacomba di Novaziano..........................................................................................................................................45 Catacombe di Ciriaca/S. Lorenzo.............................................................................................................................45 Cimiteri della via Labicana ...........................................................................................................................................45 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino ....................................................................................................................45 Cimiteri della via Latina................................................................................................................................................46 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni ...................................................................................................................46 Cimiteri della via Appia ................................................................................................................................................46 Complesso delle catacombe di S. Sebastiano...........................................................................................................46 Ex Vigna chiaraviglio ...............................................................................................................................................47 Cimitero di Pretestato ...............................................................................................................................................47 Catacombe di S. Callisto ..........................................................................................................................................47 Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: .................................................................................................47 Cimiteri della via Ardeatina ..........................................................................................................................................47 Catacombe di Domitilla............................................................................................................................................47 Cimiteri della via Ostiense ............................................................................................................................................49 Catacombe di Commodilla .......................................................................................................................................49

v

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Catacombe di S. Tecla: .............................................................................................................................................49 Cimiteri della via Portuense ..........................................................................................................................................49 Catacomba di Generosa:...........................................................................................................................................49 Cimitero di Ponziano:...............................................................................................................................................49 Ambienti non cimiteriali ...............................................................................................................................................49 Confessio – Basilica dei SS. Giovanni e Paolo ........................................................................................................49 “Cappella cristiana” sotto l’ospedale S. Giovanni Addolorata.................................................................................50 14. Esame stilistico delle c.d. gammadiae sulla base dei dati topografici ....................................................................51 15. Le c.d. gammadiae perdute, incerte o ipotizzabili nelle catacombe romane .........................................................56 16. Le c.d. gammadiae sui vetri dorati: raffigurazioni cristiane e profane .................................................................60 17. Le tre lastre incise con c.d. gammadiae dalle catacombe romane ..........................................................................65 18. Le testimonianze tessili ..............................................................................................................................................67 19. Le c.d. gammadiae, la sinagoga di Dura Europos e quella di Huqoq: due casi a confronto ...............................73 20. Le c.d. gammadiae nel bacino del Mediterraneo .....................................................................................................77 21. Le c.d. gammadiae in alcuni casi profani .................................................................................................................82 22. Segni di “inquadratura”, non gammadiae ...............................................................................................................86 23. Clavi angolari sulle vesti............................................................................................................................................88 24. Le c.d. gammadiae nelle basiliche subdiali e in altri ambienti cimiteriali cristiani ipogei: proseguimento del loro utilizzo e mutazioni semantiche ..............................................................................................89 Altre testimonianze cimiteriali cristiane .......................................................................................................................89 Testimonianze cristiane monumentali del sopratterra ...................................................................................................90 25. Note sull’evoluzione delle c.d. gammadiae in contesto cristiano ............................................................................92 26. Croci gammate sulle lastre incise di Monastero ......................................................................................................94 27. Conclusioni .................................................................................................................................................................96 Piante...............................................................................................................................................................................101 Catacombe di S. Ermete ..............................................................................................................................................103 Catacombe dei Giordani..............................................................................................................................................104 Catacomba anonima di via Anapo...............................................................................................................................105 Catacomba di Priscilla.................................................................................................................................................106 Coemeterium Maius ....................................................................................................................................................107 Catacomba di Ciriaca ..................................................................................................................................................108 Catacomba dei SS. Pietro e Marcellino.......................................................................................................................109 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni ......................................................................................................................110 Complesso monumentale di S. Sebastiano..................................................................................................................111 Catacomba dell’Ex Vigna Chiaraviglio.......................................................................................................................112 Catacomba di Pretestato ..............................................................................................................................................113 Catacomba di S. Callisto .............................................................................................................................................114 Catacomba dei SS. Marco e Marcelliano ....................................................................................................................115 Catacomba di Domitilla ..............................................................................................................................................116 Catacomba di Commodilla..........................................................................................................................................117 Catacomba di S. Tecla .................................................................................................................................................118 Catacomba di Generosa...............................................................................................................................................119 Catacomba di Ponziano ...............................................................................................................................................120 Oratorio di Pammachio sotto la Basilica dei SS. Giovanni e Paolo............................................................................121 Cappella cristiana sotto l’Ospedale San Giovanni Addolorata ...................................................................................122 vi

Contents Bibliografia .....................................................................................................................................................................123 Appendice 1. Elenco generale delle c.d. gammadiae ...................................................................................................148 Appendice 2. Suddivisione tipologica ...........................................................................................................................154 Appendice 3. Il database GMS (Gammadiae Management System): introduzione alle schede di catalogo ............158 Appendice 4. Schede tratte dal GMS (Gammadiae Management System) ................................................................160 Appendice 5. Grafici di distribuzione topografica delle c.d. gammadiae ..................................................................229 Appendice 6. Grafici di associazione gammadia-personaggio ....................................................................................236 Appendice 7. Tecnica di esecuzione per ogni gammadia .............................................................................................241 Appendice 8. Grafico globale delle c.d. gammadiae esaminate in GMS....................................................................242 Appendice 9. Indice per soggetto o scena.....................................................................................................................243

vii

Prefazione e ringraziamenti Dietro una ricerca, non c’è sempre e solo l’autore, ma anche il “contesto” in cui vive. Quando subentrano i numerosi momenti di sconforto e le difficoltà aumentano, è allora che la famiglia e gli amici corrono in soccorso perché non c’è nulla di più rassicurante delle parole buone, degli abbracci e dei momenti trascorsi con le persone care.

ora presso l’Istituto Archeologico Germanico di Roma esaminando con me tutti gli affreschi della catacomba di Domitilla alla ricerca dei miei complessi simboli, coinvolgendomi nella conferenza ITAR del 19 novembre 2015 presso l’École Française de Rome e tornando a discutere sulle mie ipotesi riguardanti le c.d. gammadiae nella catacomba di cui si è occupato più a lungo.

Prima di ogni altro, ringrazio mio padre, Salvatore, e mia madre, Donatella, perché senza il loro supporto morale ed economico, non avrei mai potuto arrivare fin qui, né andare oltre. Ringrazio mio fratello Fabio che è stato il mio personale ingegnere informatico, co-autore del database GMS, uno strumento fondamentale per lo sviluppo della tesi dottorale da cui deriva il presente volume; mia sorella Roberta, con un animo di gran lunga più scientifico, che non si è mai tirata indietro quando si trattava di sostenermi durante le mie prime conferenze; mia sorella minore, Valentina Angela, paziente futuro architetto, che si è avvicinata all’arte accompagnandomi ovunque, mettendo a mia disposizione, pur di aiutarmi, tutte le sue conoscenze apprese durante gli anni di liceo classico e disegnando infine le planimetrie in allegato a questo libro. A tutto ciò, si aggiunge l’affetto costante di mia zia Susanna e di mia nonna Annita, che hanno sempre seguito il mio tormentato percorso archeologico.

Un ringraziamento è dovuto alla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra per avermi concesso la consultazione dell’Archivio Fotografico Storico e Moderno, oltre che l’accesso ad alcune catacombe per le opportune verifiche, all’epoca in cui questo lavoro era destinato alla discussione di tesi dottorale. Un pensiero finale lo rivolgo ai docenti del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana e a quanti di loro si sono susseguiti in questi anni, contribuendo alla mia formazione. Quella presso l’Istituto è stata un’esperienza intensa, di crescita intellettuale e di confronto con il mondo accademico, costellata innegabilmente anche di rilevanti difficoltà, talvolta di momenti di profondo sconforto che hanno però contribuito a farmi diventare quella che sono oggi. Questo rapporto spesso “conflittuale” con le gammadiae è iniziato tantissimi anni fa, quando ero solo una laureanda triennalista all’Università degli Studi di Roma Tre. Mi piace ricordare ogni singolo evento accaduto in questo arco di tempo e quante cose siano mutate con il trascorrere di giorni, mesi e anni. Mai avrei pensato di poter giungere alla pubblicazione di una più ampia ricerca tra le cui pagine sono racchiuse molte riflessioni personali.

Ringrazio inoltre gli amici e i colleghi che mi sono stati vicini, ascoltandomi e consigliandomi, tra i corridoi dell’Università di Roma Tre, sugli scavi, nelle aule e nella biblioteca del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, nei cubicoli delle catacombe e sui tetti delle basiliche. In particolare, un pensiero è rivolto alle mie amiche più care, Paola Serata e Irene Maniscalco, cui si aggiungono tutte quelle persone che ho conosciuto, specialmente negli ultimi anni, e che ringrazio sentitamente, pur non potendo redigere un lunghissimo elenco di nomi.

Avrei desiderato solamente poter pubblicare molte più immagini di corredo essendo questa una ricerca prevalentemente iconografica, ma purtroppo senza alcun tipo di finanziamento è difficile riuscire a pagare le rispettive somme previste dalle varie normative sul copyright, soprattutto se si tratta di cifre elevate. I lettori, perciò, mi perdoneranno se, per comprendere ogni confronto, dovranno trascorrere qualche ora in biblioteca a cercare le gammadiae tra le pagine dei singoli volumi citati.

Un ringraziamento particolare è rivolto al collega Maciej Szymaszek, mio precursore nell’aver affrontato il complesso tema delle c.d. gammadiae, per avermi fornito alcuni suoi articoli in anteprima in modo che potessi comprendere le sue idee in merito. Questa è stata però una ricerca che, per argomenti e materiali, mi ha permesso di conoscere molti studiosi, in ogni parte dell’orizzonte accademico e scientifico, coinvolgendomi in interessanti e fitti scambi di email. Tra di essi, mi preme ricordare il dott. Eldad Keynan con le sue conoscenze della cultura ebraica; il prof. Rabb. Carl Kinbar per le spiegazioni sulla Mishnah e sulle tradizioni rabbiniche; la prof.ssa Jodi Magness che conduce gli scavi nella magnifica sinagoga di Huqoq; la dott.ssa Orit Shamir per le sue analisi sui tessuti israeliani. Non posso dimenticare il dott. Norbert Zimmermann che, con infinita pazienza e cortesia, ha trascorso qualche

Ad ogni modo, forse questa analisi non si presenterà come risolutiva in tutte le sue sfaccettature. Su questi simboli c’è ancora molto da lavorare per comprenderne appieno il fenomeno di diffusione, ma anche per capirne totalmente il loro significato. Eppure, questo si vuole costituire come un primo tassello, una base da cui cominciare per far sì che la ricerca proceda sempre a testa alta, superando gli ostacoli e inseguendo la luce della verità. C viii

C

1 Introduzione Abstract: La breve introduzione riguarda l’etimologia del termine “gammadia” partendo dal Liber Pontificalis. The brief introduction concerns the etymology of the term “gammadia”, starting from the Liber Pontificalis. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, history of studies, frescoes, mosaics, symbolism

Non appare semplice rispondere al quesito riguardante le c.d. gammadiae che si tramanda nella storia dell’iconografia cristiana. Se da un lato individuarle nelle raffigurazioni non costituisce di per sé un problema, dall’altro invece comprenderne il significato simbolico, la logica di attribuzione e l’origine sembra ancora creare una certa confusione.

stessi tramite tessere musive era stato un procedimento complesso, non sempre preciso. Fu così che alcune appendici e dettagli furono ridotti, fin quasi a scomparire, e il simbolo simile alla I mutò facilmente in un Γ nelle esecuzioni musive. Trascorsero secoli, tra dubbi, equivoci ed ipotesi. Gammadia o gammadion avrebbe perciò indicato nulla più che “segno dalla forma di gamma”, ma le ambivalenze e le confusioni non tardarono ad arrivare. I segni notati sulle vesti di un gran numero di personaggi rappresentati nei mosaici basilicali furono assimilati a quelli osservati sul pallio di Cristo, di santi e di apostoli anche nelle catacombe romane. Fu proprio questo il procedimento che indusse gli studiosi a legare il termine gammadia ai simboli presenti ai quattro angoli del pallio nell’antichità ma, mentre nei mosaici esistevano segni che ricordavano effettivamente la lettera greca Γ, negli antichi cimiteri cristiani essi erano totalmente assenti.

È allora forse opportuno iniziare questa ricerca proprio dal principio, indagando sull’utilizzo del termine gammadia/ ae, che non appare nelle fonti antiche, bensì in quelle medievali a partire dal Liber Pontificalis e, nello specifico, nelle biografie dei papi Leone III (795-816), Pasquale I (817-824), Gregorio IV (827-844), Sergio II (844-847), Leone IV (847-855) e Benedetto III (855-858)1. Con questo vocabolo sembra si intendesse indicare alcuni particolari tipi di doni: talvolta si tratta di ricami su tovaglie, tende o vesti liturgiche con croci spezzate che si configurano come quattro gamma; in altri casi, invece, le gammadiae appaiono come veri e propri oggetti in argento dalla morfologia e destinazione d’uso non specificata2.

Il termine iniziò ad essere usato in maniera impropria perdendosi, in tal modo, la sua connotazione originale. Addirittura, a partire dal XII secolo d.C., in un contesto totalmente cristiano e pienamente medievale, Teodoro Balsamone, patriarca di Antiochia, nel suo Meditata sive responsa3, citerà la gammadia, intendendo indicare

Nell’arco dei secoli, il termine gammadia o gammadion si è venuto a sovrapporre a un altro concetto riferito, in realtà, a quei simboli dalla forma di gamma che gli studiosi osservarono in particolar modo sull’orlo delle vesti di vari personaggi ritratti nelle scene musive delle basiliche, soprattutto romane e ravennati. I mosaici subirono però molti rimaneggiamenti e restauri, che comportarono la modifica dei simboli originali; inoltre, l’esecuzione degli

T .B , Meditata (PG 138, coll. 1025-1028 A): Kἀντεῦθεν οὐδὲ ἒχει τις ἒτερος οἰκείῳ δικαίῳ ὲνορίαν, ἤ ἄλλο τι δικαιον ἱερατικόν·ἄλλ’ἐκεῖνο καὶ μόνον τὸ μέρος τῆς διοικήσεως ἱερατικῶς ἐνεργεί, τὸ δοθὲν αὐτῷ παρἀ τῆς πατριαρχικῆς θείας μεγαλειότητος. Ὃθεν ὡς ἀποστελλόμενοι παρὰ πατριαρχῶν, καὶ ἀναπληροῦντες τὸν τόπον τῶν θείων καὶ ἀγίων ὰποστόλων, ἀποστολικῶν μὲν προνομίων ὴξίωνται (δεσμοῦσι γἀρ καὶ λύσυσι κατ’ αὺτοὺς καὶ χειροτονίας ποιοῦσι, καὶ τὴν ἀναίμακτον θυσίαν, προσάγουσι) πατριαρχικῶν δὲ δικαἰων οὐ κατηξίωνται. Oὔτε γὰρ σάκκους, oὔτε πολυσταύρια ἐνδιδύσκονται· οὔτε μετὰ γραμμάτων καὶ τριγωνίων στιχάρια. Tαῦτα δὲ οὔτω γίνεται, ὄτι καὶ τῶν ἀγίων ἀποστόλων ἡ θεία ὁμήγυρις τὸ τοῦ μαρτυρίου στάδιον τρέχουσα, χειροπέδαις μὲν καὶ φραγγελἰῳ καθυποβἐβληται, καὶ πόδας μαθητῶν δεὰ λεντἰου ἀπέσμηξε, καὶ ἐνεδιδύσκετο κατὰ Ἀαρὠν τὴν ἐπωμίδα, καὶ τὸν ποδήρη, καὶ τὁ ἐφιὐδ, τὰ τὸ ἀρχαῖον σημαίνοντα κὠδιον τοῦ Ἀδαμιαίου φυράματος· αἷμα δὲ καὶ ὓδωρ ἐκ τῆς πλευρᾶς αὐτῶν οὐ κατέρρευσεν, ὤν ἀναπληρούσι τόπον τὰ τῶν στιχαρίων γαμμάτια. Oὐδὲ τὴν χλαῖναν τῆς ὔβρεως ἐνεδύσαντο; LBG, s.v. γαμμάτιον, τό, p. 308: gammaförmiges Zeichen (= segno dalla forma di gamma), ediz. 1996; BLG, s.v. γαμμάτιον, τό: gammaförmiges Ornament (ornamento dalla forma di gamma), ediz. 2012-2016. 3

1 Sul termine gammadia nel Liber Pontificalis, si vd. S 2013a, pp. 119-147. 2 LP, II, 98, 6, p. 2; II, 98, 9, p. 3; II, 98, 30, p. 9; II, 98, 65, p. 17; II, 98, 83, p. 26; II, 98, 97, p. 30; II, 100, 6, p. 30; II, 100, 13, p. 55; II, 100, 19-20, p. 57; II, 103, 18, p. 79; II, 103, 16, p. 76; II, 103, 22, p. 78; II, 103, 28, p. 79; II, 104, 35-36, p. 96; II, 105, 10, p. 108; II, 105, 42, p. 116; II, 105, 35, p. 114; II, 105, 36, p. 114; II, 105, 36, p. 114; II, 105, 37, p. 114; II, 105, 37, p. 114; II, 105, 43, p. 116; II, 105, 44, p. 116; II, 105, 64, p. 122; II, 105, 76, p. 125; II, 105, 76, p. 125; II, 105, 8788, p. 128; II, 105, 104, p. 132; II, 106, 25, pp. 145-146; II, 106, 28, p. 146; II, 106, 28, p. 146. Sul termine gammadia nel Liber Pontificalis, si vd. S 2013a, pp. 119-147; sui tessuti nominati nel Liber, si vd. P 1984, pp. 37-46; D 1998, pp. 123-141. Si rimanda anche ad: A .B ., Hist. de vitis Romanorum Pontificum (PL 127, 128, 129).

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma non più il simbolo in sé, ma la veste stessa decorata con croci spezzate che ricordavano la lettera Γ, alludendo a indumenti liturgici del tutto simili a quelli ancora oggi usati dal clero ortodosso. Tuttavia, quello di proseguire a utilizzare nell’ambito di questo studio il termine gammadia/ae, in via del tutto convenzionale, appare come una meditata scelta, una volta chiarita la duplicità del termine. Sarebbe imprecisa l’adozione del termine “segmenta”4, così come pure una definizione generica che limiti le gammadiae a semplici decorazioni. Le gammadiae, proprio a causa della complessità che le riveste e dei rispettivi problemi che si riproposero nel corso degli studi, necessitavano di un’analisi sistematica e specifica, applicabile almeno alle prime testimonianze cristiane di Roma. Il database GMS (Gammadiae Management System), da cui sono state tratte le 209 schede in appendice, è nato proprio al fine di poter catalogare ed esaminare con criterio il materiale d’indagine5. Nonostante ciò, la realtà delle gammadiae cimiteriali romane non può essere ritenuta come una manifestazione a se stante, né come un fenomeno esclusivamente cristiano. Esse devono infatti inquadrarsi in un orizzonte più ampio riguardante l’importanza del vestiario nell’antichità e, di conseguenza, le testimonianze materiali che costituiscono tracce preziosissime per la ricostruzione di determinati significati simbolici associati.

Un’idea ben chiara della differenza tra c.d. gammadiae e segmenta è possibile averla confrontando i simboli in esame con le altre decorazioni presenti sulle vesti, dagli orbicoli ai ricami con disegni geometrici. Rimando a un recente contributo in merito: M 2017, pp. 231-233. 5 Per una spiegazione circa il funzionamento del GMS, si vd. C. C , F. C 2019, pp. 145-154. 4

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2 La storia delle c.d. gammadiae: da Antonio Bosio a Joseph Wilpert Abstract: Da Antonio Bosio a Joseph Wilpert, il problema iconografico delle gammadiae ha sempre suscitato incertezze. La storia degli studi vuole proporre una panoramica riguardo le opinioni degli studiosi sin dale prime analisi condotte sulle pitture nelle catacombe romane. From Antonio Bosio to Joseph Wilpert, the iconographic question of the gammadiae has always been very uncertain. The history of these studies proposes an overview of the opinions of scholars since the first analysis conducted on the paintings of the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, history of studies, frescoes, mosaics, symbolism, Antonio Bosio, Joseph Wilpert

fino all’epoca contemporanea nacquero proprio così, generate da interpretazioni approssimative, fin quando gli acquerelli di Joseph Wilpert, confluiti nel monumentale repertorio Le pitture delle catacombe romane7, rifletterono finalmente la realtà in maniera molto più dettagliata.

Le c.d. gammadiae, come ben si può immaginare, furono oggetto di studio e curiosità sin dagli albori dell’archeologia cristiana1. Le osservazioni di Antonio Bosio, confluite nella Roma Sotterranea2, costituirono solo il principio di una serie di riflessioni originatesi dall’analisi delle pitture catacombali. Se infatti lo studioso maltese proponeva collegamenti simbolici tra le presunte lettere sulle vesti – che non chiamò mai gammadiae3 – e concetti sacri, coloro che gli succedettero furono attratti non tanto dalle sue parole, quanto dalle raffigurazioni presenti all’interno dell’opera ed eseguite dai tre copisti Giovanni Angelo Santini4, Sante Avanzini5 e Francesco Fulcaro. Mentre la riproduzione dei segni sulle vesti risultava spesso involontariamente imprecisa – probabilmente per una questione di visibilità limitata, dovuta alla scarsa illuminazione e alle incrostazioni superficiali che interessavano le pitture già all’epoca – ciò che determinò l’essenziale confusione a livello interpretativo consistette nel fatto di non aver mai verificato di persona la reale forma ed esistenza dei simboli in esame. Gli studiosi successivi al Bosio, infatti, si basarono esclusivamente sulle riproduzioni pubblicate nella Roma Sotterranea, senza scendere in catacomba ad esaminare direttamente gli affreschi, avendo raramente la possibilità di osservarle dal vivo6. Le varie ipotesi avanzate

Nella Roma Sotterranea, perciò, quei simboli, talvolta ambigui e dalle caratteristiche non ben definite, furono assimilati alle lettere T, X, I e H. Mentre le ultime due, come si vedrà più avanti, pur non essendo propriamente segni alfabetici, sono effettivamente rappresentate frequentemente in un gran numero di casi pittorici, le presunte T e X costituiscono il risultato di evidenti “corruzioni visive” e conseguentemente interpretative. Nello specifico, la prima di esse, deriva, infatti, dall’affresco del palliato raffigurato nel sottarco del cubicolo Nr31, denominato “di David”, nelle catacombe di Domitilla, dove il simbolo al margine del pallio appare eseguito con lʼappendice superiore ondulata e leggermente più lunga rispetto a quella della base, tanto da essere associata dal Bosio alla lettera greca τ. In tal modo, era riferita dallo studioso, nellʼaccezione cristiana, al legno della croce, nonché alla lettera ricamata sulla veste della personificazione della filosofia descritta da Boezio8. Seguendo il medesimo ragionamento, la lettera X sarebbe stata connessa con la croce decussata, ricollegata dal Bosio

Per la storia degli studi, si rimanda a: C 2017, pp. 515-539. 2 Antonio Bosio dedicò alle c.d. gammadiae un intero capitolo, il 38, denominato Delle lettere nelle vesti: B 1632, pp. 656-657. 3 Lo studioso aveva evidentemente ben chiara la differenza tra il significato attribuito ai termini nominati nel Liber Pontificalis e i simboli raffigurati nelle catacombe, avendo certamente notato la totale assenza di segni simili alla lettera greca Γ. 4 Si vd. G 2001, pp. 27-56; G 2015, pp. 117-149. 5 Ibidem. 6 È il caso del Perret cui venne data la possibilità di scendere in catacomba insieme al copista Petit. Le opere di quest’ultimo erano incredibilmente attinenti al vero, tuttavia le riproduzioni pubblicate nell’opera finale del Perret furono estremamente semplici. Questo meccanismo fu probabilmente causato da una spiacevole disputa che si era venuta a creare tra lo studioso francese e i responsabili della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Padre Giuseppe Marchi e Giovan Battista De Rossi, su una questione di copyright e di monopolio sull’accessibilità delle catacombe, nonché sulla divulgazione del loro 1

contenuto artistico relativo all’arte del primo cristianesimo. Nell’analisi delle schede e nei paragoni avanzati con i singoli repertori si dovrà tener conto di questo aspetto. Si rimanda allo studio di: M 2013, pp. 89-102. 7 W 1903. 8 In realtà le parole di Boezio si riferiscono alla lettera greca Θ, non τ. Cfr. B ., Phil. Consol., I, 1 (CSEL 67, p. 2): […] Vestes erant tenuissimis filis subtili artificio indissolubili materia perfectae, quas, uti post eadem prodente cognomi, suis minibus ipsa texuerat; quarum speciem, veluti famosas immagine solet, caligo quaedam neglectae vetustatis obduxerat. Harum in extremo margine Π Graecum, in supremo vero Θ legebatur intextum atque in utrasque litteras in scalarum modum gradus quidam insigniti videbantur, quibus ab inferiore ad superius elementum esset ascensus.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma È proprio qui che si avverte quel sospetto riguardante l’imprecisa metodologia di indagine applicata: come già accennato, nel corso della storia, gli studiosi non distinsero i simboli presenti nelle catacombe da quelli visibili nei mosaici, senza conseguentemente considerare cronologie, restauri, ricostruzioni e integrazioni che interessarono i monumenti del sopratterra.

al simbolo di SantʼAndrea e notata sul pallio di Cristo che opera la guarigione del lebbroso, rappresentata ancora una volta nel cubicolo Nr31 delle catacombe di Domitilla9. Nonostante venga riportata nelle raffigurazioni della Roma Sotterranea, il Bosio non parlò mai della lettera Y, presente sul pallio di Cristo in atto di moltiplicare le ceste di pane e affrescato sulla parete destra del cubicolo Nr31 nelle catacombe di Domitilla10. Ancora una volta, in realtà, è rappresentata una c.d. gammadia (27), con lʼestremità superiore curva, elemento che trasse in inganno più di uno studioso. Qualche anno più tardi, fu infatti il Bottari11 a ritenere che si potesse trattare di una lettera T e sulla stessa linea di pensiero si pose il Garrucci12, riportandola nella tavola ed entrando in contraddizione con la sua stessa descrizione nella quale invece parlava di una Y13.

Se le difficoltà con Antonio Bosio erano state limitate a una mancata individuazione di un collegamento ben saldo tra simbolo e significato, nei periodi storici successivi i dubbi aumentarono, alimentati da confronti musivi certamente pertinenti, ma cronologicamente ed esecutivamente differenti. Nel 1677 si giunge alle ipotesi del Macri17, che si riveleranno fortemente condizionanti, in quanto considerate come riferimento per chiunque si volesse cimentare nell’analisi delle c.d. gammadiae. Lo studioso legò definitivamente il termine gammadia a quella figura simile alla lettera greca Γ osservabile nei mosaici e a quei simboli delle antiche pitture romane visivamente corrotti nella Roma Sotterranea; utilizzò poi lo stesso vocabolo sia per indicare una tipologia di veste analoga alla pianeta indossata dai vescovi greci e decorata con segni dalla forma di Γ, posti in modo da comporre alcune “croci spezzate”18, sia per riferirsi a un inserto dalla forma della greca H rovesciata che avrebbe sottolineato il nome di Gesù; in alternativa, secondo lo studioso, le stesse lettere sarebbero state corrispondenti allʼiniziale del nome dei santi che indossavano il pallio19.

Il Bosio non giunse mai a una conclusione definitiva riguardo questi complessi simboli, così come gli studiosi che lo seguirono. Nel 1657 fu il Suares14 a proporre una tesi differente: le lettere sulle vesti di Cristo e degli apostoli in catacomba avrebbero potuto corrispondere alle iniziali dei rispettivi nomi15. Tuttavia, lʼipotesi sembrava non possedere basi abbastanza solide: se infatti la c.d. gammadia (27) trovava collocazione anche sul pallio degli apostoli e non solo del Cristo, la logica del Suares – secondo cui la avrebbe indicato il nome di Iesus in latino, oppure Ἰησοῦς in greco – non risultava applicabile. Nel 1665 il Rubenio16 tentò di tornare sull’argomento, nel suo De re vestiaria veterum praecipue de lato clavo libri duo, chiamando i simboli in esame σημεῖα. Si trattava, a suo avviso, non di clavi ricamati sulle vesti, ma chiaramente di lettere:

Il Macri riassunse perciò in unʼunica definizione la totalità delle riflessioni fino ad allora effettuate20. Ecco quindi come il termine gammadia usato nel Liber Pontificalis si confuse definitivamente con lo stesso vocabolo connesso ai simboli sulle vesti dei personaggi santi.

«Poi io credo che i σημεῖα, quelli che erano intessuti sui pallii, non fossero clavi come abbiamo descritto, ma lettere inserite ai margini/orli dei pallii […] Conosco tuttavia non solo le γαμμάτα, ma anche altre lettere intessute di solito sui pallii, come è possibile osservare nelle pitture degli antichi cimiteri, che mostra Bosio nella Roma Sotterranea, dove spesso vediamo la lettera I, talvolta la H (eta), spesso Y, oppure X, o altre lettere sempre intessute sul bordo dei pallii, come anche nel mosaico del Triclinio Leoniano, sul pallio di Pietro la L (lambda), sui pallii di altri sono scritte altre lettere con un colore rosso».

17 M 1677, ff. 271-272: Vestis sacra cum figuris forma literae Grecae Γ contexta qua utebantur etiam Latini, ut in Musivi set antiquis Romae picturis conspicitur, ad praefuns autem in planetis utuntur Graeci Episcopi, etc. Quae figurae simul unitae multas Cruces formant […]. Igitur hoc vocabulum nedu vestem, sed etiam textile bisce charecteribus angularibus formatum significant, ad denotandum, ut Balsamon inquit, quod Christus sit angularis lapis. Item in paramentis figuratur etiam litera Greca Eta hoc pacto H, quae nomen IESU denotat. In Musivis Latinorum picturis (ut iam diximus) leguntur etiam prima elementa denotantia principium nominis alicujus Sancti depositi. 18 È chiaro il riferimento alle parole di Balsamone. Come il Macri, così fece D B 1869, p. 333; sullʼopera postuma del Passeri, si vd. G 1759, p. 16; M 1806, p. 673. 19 Gli studiosi successivi al Macri riprendono spunto dalla sua definizione, come notò anche lʼAvellis nel suo articolo, cfr. A 2010, pp. 221-225. 20 Di poco precedente al Macri e a cui lo studioso, in parte, fece riferimento, fu il Codino che si interrogò sulle c.d. gammadiae nel Liber Pontificalis, analizzando nello specifico la biografia di papa Leone III (795-816) e ritenendo che queste gammadiae fossero segni ricamati sulle vesti ecclesiastiche antiche e altomedievali, intendendo alludere a quelle croci spezzate che paiono composte da quattro segni angolari dalla forma di Γ: C 1625, p. 175. Al Macri seguirono invece numerosi altri studiosi, tra i quali si ricordano: G 1697, capp. 23-24, pp. 10011003; S 1716, p. 41; p. 91; p. 249; S 1767, p.44; M 1767, p. 927; M 1865, p. 285; M 1896, pp. 5859.

9 B 1632, p. 638: «La lettera X, crederei parimente che significasse la Croce, che chiamano Decussata; come quella, nella quale fu crocifisso S. Andrea». Cfr. scheda 68.9. 10 Cfr. scheda 27.72. 11 B 1737-1754, II, tav. LXVI; descrizione alle pp. 35-38. 12 G 1872-1881, tav. 26,2; descrizione a p. 30. 13 In maniera incoerente, probabilmente il Garrucci si riferiva alla tavola del Bosio, pur non riportando la stessa iconografia nella tavola presente all’interno della sua opera. 14 S 1652, p. 2 e ss. 15 Alle teorie del Suares, fa riferimento anche A 1757, p.13. 16 R 1665, I, cap. X, p. 63. Il discorso del Rubenio proseguiva facendo riferimento al consueto Boezio, così come a Balsamone nel sinodo del Trullo (T . B ., Can. XXVII, Conc. in Trullo: PG 137, pp. 601-604).

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La storia delle c.d. gammadiae: da Antonio Bosio a Joseph Wilpert Nel 1690 fu la volta del Ciampini, che dedicò a questo tema un intero capitolo del suo Vetera monimenta21, indicando anche alcune fonti antiche22: riprendendo il pensiero del predecessore Macri ma puntando su una interpretazione delle gammadiae come iniziali dei nomi, citò il Mellini23 e aggiunse una propria ipotesi, considerando questi simboli allusivi alle iniziali dei nomi degli artefici di pitture e mosaici24. Le considerazioni cronologiche venivano di nuovo “superate”, fino ad annullarsi: gli artisti attivi in catacomba e quelli che operarono sui mosaici, infatti, non furono certamente gli stessi; le c.d. gammadiae invece si ripetono, spesso uguali tra loro, in entrambe le tipologie monumentali e non potrebbero perciò corrispondere alle iniziali dei medesimi esecutori.

Tra il 1737 e il 1754 venne pubblicata lʼopera Sculture e pitture sagre estratte dai cimiterj di Roma di Bottari, in cui una prima riflessione28 si rivolse verso lʼaffresco dei SS. Marcellino, Pollione e Pietro nel cimitero di Ponziano29: «Sullʼestremità del mantello di S. Pollione è un H, ma su quello di S. Marcellino un I, benché può essere, che fosse una lettera simile, e che il tempo lʼabbia mezza consumata. Anche in altri mosaici antichi si osservano sulle vesti queste lettere, che alcun dubitò, che fossero fatte daʼ pittori per contraffare i marchi deʼ panni […]». È ancor più evidente come il Bottari si riferisca a un contesto musivo basilicale e non cimiteriale. Forse non troppo convinto dellʼipotetica spiegazione che provò a dare relativamente all’affresco del cimitero di Ponziano, lo studioso effettuò un ulteriore tentativo, descrivendo il Collegio Apostolico30 affrescato nel cimitero Maggiore31, ma anche in questo caso non riuscì ad emergere da un circolo chiuso che prevedeva l’esclusivo confronto con i mosaici basilicali, conducendolo verso una “strada senza uscita”. Piuttosto interessante, però, apparve una sua osservazione in merito a un piccolo reperto: si trattava di un diaspro rosso intagliato con la rappresentazione di un atto teatrale32 – probabilmente riferita a una commedia di Menandro – in cui il personaggio centrale e più anziano riportava sul pallio una evidente gammadia dalla forma di (79). Bottari si limitò a nominarlo e a segnalarne la presenza, nonostante invece la gemma rappresenti – come si vedrà – un importante tassello per quel che riguarda le testimonianze profane, scarsamente considerate dagli antichi studiosi convinti che le c.d. gammadiae fossero di esclusiva pertinenza cristiana.

Nel 1716 Filippo Buonarroti25 si dedicò a un’analisi delle c.d. gammadiae in un ambito più specifico, quello dei vetri dorati. Ne esaminò in particolare uno perduto proveniente dalle catacombe di Ponziano26, la cui decorazione prevedeva la figura di SantʼAgnese orante tra i SS. Pietro e Paolo. Tuttavia, lo studioso apparve poco chiaro nel suo ragionamento: se in un primo momento preferì riferire quelle “lettere” ai segni dei rispettivi tessitori27, subito dopo si orientò verso un significato numerico ad esse collegato e trattato dai Padri della Chiesa. Proprio in questʼultimo ambito, sostenne che fossero stati gli stessi vescovi a ordinare ai pittori di riprodurle, finendo per considerare quei segni come decorazioni, senza simbolismi correlati, inseriti per puro “capriccio”. La ricerca di un filo logico che potesse unire la totalità delle testimonianze si rivelava complessa, spesso difettosa. Le difficoltà, di non scarso rilievo, portarono a credere che le c.d. gammadiae fossero semplici decorazioni senza alcun significato particolare abbinato.

Il Bottari non si arrese e riprovò un’ultima volta con l’esame di una pittura relativa al cimitero dei Giordani33, impropriamente attribuita al cimitero di Priscilla34. Purtroppo a nulla valsero le ulteriori riflessioni, conducendolo alla sola conclusione che le lettere considerate non potessero essere legate ad alcun simbolismo alfabetico.

C 1690, p. 95. P ., Naturalis Historia, 35, cap. 62: […] Opes quoque tantas adquisiuit, ut in ostentatione earum Olympiae aureis litteris in palliorum tesseris intextum nomen suum ostentaret. 23 Il Ciampini citava letteralmente il Mellini, il quale vide il mosaico di S. Andrea in Catabarbara raffigurante sette personaggi stanti. Cristo era centrale tra sei Apostoli, sopra il monte con i quattro fiumi del Paradiso. Sulle vesti i santi avevano ricamata la lettera Γ (chiamata gammata), mentre Cristo la H, sulla parte inferiore del pallio. Anche il Mellini riprendeva la comune concezione che le gammadiae fossero le quattro parti di una croce, quella stessa che il clero greco porta sulla casula. Proseguiva sostenendo che le gammadiae si trovassero anche nel mosaico dei SS. Cosma e Damiano, S. Maria Nova. S. Teodoro e S. Prassede, ma non ne forniva una spiegazione perché sulle gammadiae «si sono affaticati molti nobili ingegni per trovarne la vera spiegazione» ma nessuno di essi è riuscito ad essere convincente e a svelare lʼenigma. Cfr. C 1690, pp. 98-102; MS. Vat. Lat. 11905, ff. 216v-218v; G -A 2010, pp. 340-342. 24 Parte del pensiero del Ciampini, viene citato nel CSHB, II, p. 538. Unʼultima importante nota riguarda una sua testimonianza visiva. Egli infatti, ricordava di aver notato una gammadia a forma di lettera greca Γ anche sulla casula del pontefice rappresentato, con cardinali e presbiteri, nellʼoratorio scomparso di San Tommaso, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, cfr. C 1693, p. 14. 25 B 1716, pp. 89-90. 26 Cfr. schede 79.41, 79.42, 79.43; B 1716, tav. 14, 1. Del vetro dorato rinvenuto nel 1687, parlò per primo il Fabretti (F 1702, pp. 593-594). Il manufatto venne poi pubblicato con relativa tavola dal G 1864, III, tav. 21. 27 LʼAssemani riporta anche questa teoria tra i vari riferimenti a lui precedenti, cfr. A 1755, pp. 17-19. 21 22

Con il proseguire degli studi e delle esplorazioni, si comprese come la presenza delle c.d. gammadiae non fosse limitata alla sola Roma, ma anche ad altri territori. Alessio Aurelio Pelliccia35, infatti, provò ad ampliare lʼanalisi verso le catacombe napoletane, notando la presenza dei simboli nell’affresco dei SS. Paolo e Lorenzo nel cimitero B 1737-1754, I, tav. XLVI; descrizione alle pp. 207-208. Cfr. schede 27.40; 50.1. 30 B 1737-1754, III, tav. CXLVI; descrizione alle pp. 65-66. 31 Cfr. 85.15. 32 Si vd. il catalogo T -V 1990, n. 79, p. 172; p. 221; C 2019a, pp. 497-522. 33 Cfr. scheda 701; B 1737-1754, III, tav. CLXII; descrizione a p. 106. 34 Si vd. F 1972, pp. 173-297; F 1984, pp. 93-111. 35 Dalla descrizione fornita dal Pelliccia, potrebbe trattarsi della lunetta di fondo dellʼarcosolio laterale destro nel cubicolo A22 delle catacombe di San Gennaro a Napoli, si vd. P 1795, pp. 168-170. 28 29

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di San Gennaro36 e rimarcando il legame di queste “lettere” con quelle già osservate nella Roma Sotterranea.

ricamare ornamenti cruciformi o lettere sulle tuniche, in alternativa a clavi e calliculae.

La fine del Settecento sembra registrare un rallentamento delle riflessioni in merito alle gammadiae, ma a partire dagli anni Venti dellʼOttocento si riprende un’accesa discussione. Ormai consapevole del fatto che le gammadiae non fossero rappresentate solo a Roma ma anche altrove, Giulio Ferrario37, cimentandosi nello studio dei mosaici milanesi, avanzò una critica nei confronti delle ipotesi proposte dal Ciampini: le c.d. gammadiae non potevano, a suo avviso, essere marchi apposti dagli artisti sui monumenti perché, in tal caso, essi sarebbero stati autori di vari mosaici cronologicamente distanti. Il Ferrario portava l’esempio dei programmi decorativi di San Vittore in Cielo Aureo e della cappella di Sant’Aquilino, ma esattamente come per i monumenti milanesi il ragionamento poteva – e doveva – essere applicato a tutte le opere analizzate. Appariva finalmente necessario rendersi conto, a livello metodologico, di quanto fosse importante considerare la cronologia anche nell’operare semplici confronti.

Le riflessioni dello studioso si limitarono a quelle poche pagine, abbandonando questo complesso argomento in favore di altri interessanti approfondimenti. Da questo momento in poi, la definizione di gammadia confluirà spesso allʼinterno dei dizionari di antichità cristiane, tra le quali quella vergata dal Mackenzie43, risalente al 1868 e riguardante i fossori, indicati come operai, la cui veste specifica era curiosamente segnata da gammadiae. Chi ben conosce le catacombe sa anche che lo studioso si era evidentemente basato sulla più nota rappresentazione di fossore, quella di Diogene, affrescato nel cimitero di Domitilla e osservato nella sua interezza per lʼultima volta dal Boldetti44, prima del distacco parziale e disastroso45. Diogene fu quindi considerato il prototipo di fossore e la sua tunichetta da lavoro con croci gammate – probabilmente non simboliche, ma decorative, come quelle del Pastor di Generosa – venne a rappresentare per il Mackenzie una sorta di “divisa” degli operai delle catacombe.

Nel 1856, quindi, il Garrucci pubblicò postuma lʼopera Hagioglypta, sive Picturae et sculpturae sacrae antiquiores praesertim quae Romae reperiuntur di Jean lʼHeureux38, noto come Iohannes Macarius, la cui opinione riguardo le gammadiae si era basata, ancora una volta, sulle parole di Boezio, osservando poi come alcuni segni fossero collocati «sul lembo della toga», sia nelle pitture cimiteriali, sia nei mosaici39 e la gammadia (79) contrassegnasse spesso la veste di Cristo. Probabilmente dopo aver riflettuto sullʼargomento durante il processo di pubblicazione dellʼopera di Macario, il Garrucci40 contribuì, appena due anni più tardi, esponendo il suo punto di vista, esaminando e catalogando i vetri dorati, sui quali i simboli – da lui spesso chiamati «cifre» – apparivano un discreto numero di volte. Lo studioso si soffermò in particolare sulla diffusione della gammadia (79), considerata unʼevoluzione della zajin fenicia e corrispondente perciò alla lettera Z. Quelli erano però anche gli anni della piena attività di Giovanni Battista De Rossi41, che si occupò marginalmente della questione e, nello specifico, in occasione della descrizione del Pastor raffigurato nelle catacombe di Generosa. Tale personaggio, che presenta sulla tunichetta due croci gammate, la cui superficie appare costellata di circoletti bianchi forse alludenti a perline42, fu interpretato dal De Rossi come personificazione del Buon Pastore, giustificando di conseguenza la presenza delle croci come usanza dei cristiani di IV secolo d.C. nel farsi

Più tardi, nel dizionario curato dagli studiosi Smith e Cheetham nel 1893, fu il Reverendo Edmund Venable a redigere la voce “gammadia”46, riferendosi sia al Liber Pontificalis, che alle lettere osservate nei mosaici e negli affreschi paleocristiani, senza tuttavia approfondire questʼultima categoria di cui – specificava – non conosceva il significato simbolico47. Lo stesso studioso ritornò in unʼaltra voce del medesimo dizionario, “lettere sulle vesti”48, a parlare delle gammadiae. Consapevole del fatto che esistessero personaggi affrescati nelle catacombe o raffigurati nei mosaici basilicali i quali indossavano vesti marcate da «una o più lettere o monogrammi al margine oppure sullʼestrema piega», il Venable ribadì come, spesso, molte di esse sembrassero appartenere allʼalfabeto greco, nonostante non apparisse comunque possibile fornire una spiegazione esaustiva in merito. In conclusione, pur facendo riferimento al Bosio e agli studiosi che lo avevano preceduto, si rese conto di una sostanziale confusione intorno ai complessi simboli in esame, terminando con la seguente asserzione: «Sebbene sia impossibile credere che la scelta delle lettere nelle raffigurazioni cristiane fosse stata interamente un capriccio, bisogna confessare che non

M 1868, p. 287. La stessa idea venne ripresa dal R 1876, pp. 36-39 e poi dal M C 1891a, p. 409; M C 1891b, p. 423. 44 Cfr. B 1720, tavola a p. 60. 45 Si rimanda agli studi di Z 2011, pp. 119-151. 46 V 1893a, p. 709. 47 «Not gammas alone but other letters also are frequently seen embroidered on the borders of the robes of the sacred personages represented in early Christian mosaics and frescoes, especially H. I. T. X. The precise meaning of these marks has not been satisfactorily determined». Il Venable basò questa sua nota osservando esclusivamente le raffigurazioni pubblicate nella Roma Sotterranea del Bosio. Cfr. ibidem. 48 V 1893b, p. 980. 43

A 1936, taf. 41. F 1824, pp. 169-179. 38 LʼH (M ), ed. 1856, pp. 26-28. 39 Per un breve contributo sulla storia delle gammadiae e un approfondimento sulla presenza di queste ultime nella Nubia cristiana, nello specifico nella cattedrale di Faras, si vd. B 1985, pp. 15-19. 40 G 1858, p. 41. 41 D R 1868, pp. 87-91. 42 L’osservazione dettagliata di queste croci gammate fa sì che, invece, esse possano effettivamente non legarsi ad alcun simbolismo particolare, soprattutto se confrontate con altre croci della stessa tipologia riscontrate nelle catacombe romane. 36 37

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La storia delle c.d. gammadiae: da Antonio Bosio a Joseph Wilpert esista ancora una spiegazione esaustiva su di loro, e che il tema richieda ulteriori delucidazioni49».

preferì concludere le sue riflessioni considerando le c.d. gammadiae come elementi puramenti ornamentali54.

Nonostante le varie ipotesi, le discussioni, le riflessioni e le pause, gli studi sulle gammadiae proseguivano a confondere chiunque provasse a rivolgere loro le proprie attenzioni. Si pensò quindi di riprendere dal principio, tornando al Liber Pontificalis. Nel 1891 il McClintock definiva le polystauria come vesti liturgiche decorate con segni dalla forma di gamma volti ad inquadrare una piccola croce centrale50. I “gamma”, esclusivamente in questo caso, sarebbero stati posti come parti costituenti di una “cornicetta spezzata”, in questo modo: .

Gli studiosi successivi non dedicarono, solitamente, approfondimenti riguardo questi segni. Talvolta ne segnalarono la presenza nellʼambito di altre analisi, riservando loro un significato puramente decorativo; in alternativa, le gammadiae spesso e ignorarono anche nella semplice descrizione delle pitture, probabilmente per evitare di intraprendere un discorso lungo, avvolto nella fitta cortina dell’incertezza e delle possibili critiche. Eppure, gli acquerelli Tabanelli-Wilpert avevano già costituito un grosso passo avanti, riproducendo minuziosamente gli affreschi, includendo le c.d. gammadiae tracciate senza alcuna imprecisione e in maniera del tutto attinente al reale. Un’osservazione dettagliata del repertorio, così come ovviamente degli affreschi in situ, avrebbe certamente condotto gli studiosi a “spezzare” una tradizione passata che preferiva ritornare sulle rappresentazioni barocche della Roma Sotterranea del Bosio. Questo però non avvenne, giungendo ai maggiori studi contemporanei, cui seguirono le prime scoperte archeologiche in Israele e in Egitto che muteranno la visione complessiva di tali simboli, espandendo all’estero quella che era stata una ricerca esclusivamente condotta in ottica romana, poco aperta ad altri ambiti territoriali.

Tuttavia, non si riusciva a trovare una soluzione definitiva al quesito. Si era intanto giunti agli inizi del Novecento e, finalmente, nel 1903 vide la luce una grande opera: Le pitture delle catacombe romane, a cura dellʼiconografo tedesco Joseph Wilpert. Erano stati esaminati tutti gli affreschi degli antichi cimiteri romani e, in tale ambito, fu inevitabile tornare a trattare anche delle c.d. gammadiae che apparivano di frequente sulle raffgurazioni cimiteriali. Lo studioso rilevò la loro totale assenza sul pallio prima del III secolo d.C., definendo infine le lettere «H, I, P, T, X, Γ, Z»51 come «decorazione ordinaria»52, mancando però di suddividere la loro comparsa in ordine cronologico53. Non era evidentemente possibile segnalare ulteriori connessioni tra le lettere e gli schemi iconografici che ne erano interessati, tanto che infine anche il Wilpert

49 V 1893b, p. 980: «Although it is impossibile to believe that the selection of the letters in the Christian representations was entirely capricious, it must be confessed that no satisfactory explanation of them has yet been given, and that the subject requires further elucidation». 50 M C 1891c, p. 429. Il Lowrie, invece, sosteneva che le c.d. gammadiae fossero poste a decorazione di tende, in particolare di palazzi e chiese antiche, come ad es. nel caso dei clavi angolari raffigurati sulle tende del Palazzo di Teodorico, rappresentato nella navata centrale della basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. Cfr. L 1901, p. 370. 51 Come sarà spesso ricordato nellʼambito di questo lavoro, sono state considerate alcune lettere in realtà non esistenti poiché gli studiosi continuavano a basarsi sulla Roma Sotterranea di Bosio in cui esse erano riportate in maniera erronea. Allo stesso modo il Wilpert dichiarava lʼesistenza di lettere come la X e la T che non compaiono nel sottosuolo cimiteriale romano, ma che sono facilmente assimilabili a corruzioni visive di croci gammate e di segni dalla forma di I con apici irregolari, e la lettera Γ, visibile solo nei mosaici a partire dal V secolo d.C., ancora una volta confusa con una I con apici mal definiti. Egli elencava, nellʼindicazione delle tavole, solo gli affreschi con la gammadia . Negli acquerelli le gammadiae sono però riportate correttamente (es. la lettera sul lembo del pallio del profeta nel sottarco dellʼarcosolio destro nel cubicolo di David Nr31, p.125, a Domitilla, appare come una I, ma il Bosio ed altri studiosi esaminati in precedenza la considerano T). 52 Il Wilpert si riferisce alla tav. 54,1 = parete di fondo del cubicolo Nr31, p. 125; tav. 57 = sottarco dellʼarcosolio destro nel cubicolo Nr62, pp. 59-60; tav. 60 = parete di fondo nel cubicolo Nr69, pp. 61-62; tav. 68, 2 = parete dʼingresso a sinistra del cubicolo Nr15, p. 51; tav. 68,3 = parete dʼingresso a destra del cubicolo Nr15, p. 51; tav. 93 = parete dʼingresso a destra del cubicolo Nr58, pp. 58-59; tav. 98 = parete dʼingresso a sinistra e a destra nel cubicolo Nr64, p. 60; tav. 101 = parete dʼingresso a destra e a sinistra nel cubicolo Nr57, p. 58. In nota inserisce anche “ecc.”, segno evidente che non potesse scrivere il riferimento ad ogni tavola poiché le c.d. gammadiae in catacomba sono molto numerose. 53 La P, infatti, compare sul pallio di Pietro solo nellʼaffresco della Traditio Clavium nella c.d. basilichetta di Commodilla, cfr. scheda 65.1.

Wp, p. 89. Sulla linea del Wilpert si pose, ad esempio, il Grossi Gondi: G G 1923, pp. 241-242: «Gli ornamenti, fin qui descritti, sono tutti a forma di strisce (si riferisce ai clavi, n. d. A.) più o meno lunghe; altri invece non erano che ritagli, detti quindi propriamente segmenta, a forma circolare (orbiculi, rotae); o quadrata (tabulae) o a forma delle lettere H, I, P, T, X, Γ, A, Z; quali rettangolari a più insieme o parallele, o poste, raramente a croce gammata, una sola volta a croce greca». Per il Collegio Apostolico della catacomba anonima di via Anapo, si vd. J 1928, p. 174. 54

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3 Le c.d. gammadiae e gli studi contemporanei Abstract: In questo capitolo saranno analizzate le opinioni di Antonio Quacquarelli sulle gammadiae. Infatti, egli fu il maggior studioso in merito, trattando tale argomento da un punto di vista patristico. Dopo di lui, non ci furono altri grandi studi sulle gammadiae, sino alle ultime analisi condotte da Maciej Szymaszek. In this chapter Antonio Quacquarelli’s opinions about the gammadiae are analysed. In fact, he was the major scholar who studied this argument from a patristic point of view. After him, there were no other major studies about gammadiae, until the recent analysis by Maciej Szymaszek. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, history of studies, frescoes, mosaics, symbolism Verso la fine degli anni ʽ60 fu E. R. Goodenough a pubblicare una monumentale opera, suddivisa in 13 volumi, sull’arte giudaica nel periodo greco-romano. Trattando della sinagoga di Dura Europos, si soffermò su alcuni specifici segni, dalla particolare forma di striscia dalle terminazioni dentate o bipartite, visibili sulle vesti dei personaggi ritratti sulle pareti del santuario, dedicando loro un intero paragrafo e ponendo confronti sia con le testimonianze dell’Egitto romano, che con quelle cristiane1. Lo studioso giunse a un’importante intuizione, forse da rivalutare: essi avrebbero indicato una forza simbolica intrinseca ai personaggi che indossavano le vesti contrassegnate. Profeti e patriarchi di Dura – era opportuno sottolineare per il Goodenough – erano abbigliati alla maniera greca e le loro vesti prevedevano la presenza di questi segni2.

che si occupò delle gammadiae tra gli anni ʽ70 e ʽ80 del secolo scorso, fu quello preponderante almeno fino agli anni Duemila. Lo studioso pugliese non effettuò una vera e propria catalogazione delle gammadiae, bensì un’indagine generale svolta proponendo una serie di ipotesi riguardo il loro significato e leggendo quei “segni” in chiave cristologica, numerologica e patristica6. Quacquarelli era convinto che a un simbolismo letterario se ne dovesse legare uno figurativo e viceversa, fondando su questa riflessione la corrispondenza numerologica7 e l’interpretazione degli scritti patristici al fine di poter inquadrare il fenomeno delle gammadiae, talvolta indicate con il termine “monogrammi cristologici”. L’esame riguardò le c.d. gammadiae Z, H, I, L/Γ, con brevi accenni alle lettere Φ, Θ, K e N, mentre quello di comprendere l’utilizzo della gammadia A8 rimase un puro proposito, non più affrontato. I suoi approfondimenti presero il via dallo studio della gammadia Z9, associato secondo una pura corrispondenza numerica con l’alfabeto greco, al numero 7, cui fu applicata una conseguente lettura in chiave patristica: il 7 è il numero legato all’Antico Testamento, che non può esistere se non in funzione del Nuovo, simboleggiato dal numero 8, l’ogdoade, indicato a sua volta dalla gammadia H10. La gammadia Z si collegava al termine greco Zωή (= vita), richiamando il termine Φῶς

Il panorama ebraico inizia, perciò, ad essere indagato e ad emergere, a non rimanere più confinato in quel settore orientale che pochi, eccezion fatta per alcuni studi specialistici e mirati, ricollegavano a una manifestazione artistica più ampia e comprensiva delle varie influenze reciproche. Con il Wessel3, l’orizzonte di ricerca si espanse, dunque, ai ritrovamenti in Israele. Nel Reallexicon la voce gammadia, curata dallo studioso, fu proposta sotto forma di elenco, in cui erano brevemente esaminati i monumenti nei quali si riscontrava la presenza di tali simboli, fino a giungere alle scoperte tessili effettuate da Yigael Yadin4 nella Grotta delle Lettere e a Masada.

6 Lo studioso era consapevole del fatto che alcuni filologi e archeologi condannassero a priori la simbologia dei numeri. Tuttavia – egli specificava – che nonostante non si riuscisse pienamente a comprendere certe dinamiche, per i cristiani antichi il linguaggio simbolico era importante, conosciuto e molto in uso, cfr. Q 1976, pp. 1718. 7 «Il numero non rappresenta per l’antico un mezzo o addirittura un oggetto di scoperta scientifica, ma piuttosto una via che conduce all’approfondimento della realtà sovrumana già posseduta nel fondo dello spirito. La ricerca da parte nostra dei valori numerici, quando essi veramente esistono, nei monumenti dell’antichità, ci permette di penetrare nello spirito che gli autori dei monumenti hanno voluto trasmettere alla storia», cfr. Q 1971, p. 382. 8 Q 1981a, p. 22. 9 Q 1978, pp. 5-31. 10 Si vd. Q 1977a, pp. 298-299; Q 1979a, pp. 5-26.

La corrente di pensiero prevalente rimase però quella relativa all’iconografia catacombale, forte di una certa tradizione di studi. Il pensiero di Antonio Quacquarelli5, 1 Si vd. G 1953-1968, vol. XI, figg. 95, 127, 130, 132, 135, 145, 155, 156, 157, 158. 2 G 1953-1968, vol. XII, pp. 164-165. 3 W 1971, coll. 615-620. 4 Y 1963; Y 1966; G -T 2006, pp. 113-131. 5 B 2001-2002, pp. 333-334; O 2001, pp. 217-221; O 2002, pp. 19-33; S 2002, pp. 5-17.

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Le c.d. gammadiae e gli studi contemporanei (= luce), parole intercambiabili poiché disposte a forma di croce nel corporale di Gregorio Magno facente parte del tesoro di Monza11.

del battistero dell’antica basilica di Santa Tecla a Milano. A tutto ciò, lo studioso collegava curiosamente l’actio20, espressa con la loquela digitorum.

Tenendo conto delle cronologie, purtroppo imprecise, che si riferirono al repertorio del Wilpert12, secondo Quacquarelli, la gammadia Z comparve durante il IV secolo negli affreschi delle catacombe di Domitilla13, mentre in quelle di S. Gennaro a Napoli nel V secolo d.C.14

Proseguendo il ragionamento di corrispondenza numerologica, la gammadia I avrebbe indicato il numero 10, che racchiudeva in sé il decalogo21, richiamando la Legge e i Vangeli, ma allo stesso tempo riferendosi all’apex del segno della croce e all’iniziale del nome di Gesù (Iesus)22. Le gammadiae Z, H e I, corrispondenti ai numeri 7, 8, 10 si configuravano perciò come consecutive. La lettera Θ, mancante nella rassegna delle gammadiae e corrispondente al numero 9, venne considerata come iniziale della parola Θαναθος; alludendo a un concetto negativo, sarebbe stata quindi assorbita dalla H e dalla I.

Seguendo il ragionamento effettuato per la gammadia Z, allo stesso modo la H avrebbe indicato il numero 8, la resurrezione del Cristo, l’ogdoade, la cui beatitudine è gloria eterna, così come specificava Gregorio Magno15. Il numero 8 era legato poi logicamente alla domenica, giorno del sole pagano che, nell’ideologia cristiana, si sarebbe trasformato nel sole di giustizia, l’astro di Cristo. Quello dell’ogdoade fu un tema molto caro ad Antonio Quacquarelli, che vi dedicò un intero articolo relazionandolo anche all’architettura16, tornandovi successivamente in un contributo di più ampio respiro sulla simbologia applicata alla planimetria delle strutture ecclesiastiche, in particolare dei battisteri17 dalla forma ottagona18 e connessa al simbolismo ambrosiano, soprattutto per l’iscrizione in distici19 presente all’interno

Le gammadiae L e Γ si presentavano come strettamente correlate tra loro, essendo l’una il ribaltamento morfologico dell’altra23. La L non era infatti una lettera latina, bensì un Γ rovesciato. I due segni avrebbero indicato, ugualmente, Cristo pietra angolare, associato al concetto di tempio di Dio, secondo la Lettera agli Efesini 2, 19-22, così come al punto di incontro tra due pareti, quella del Vecchio e del Nuovo Testamento, in riferimento al passo di Isaia 28, 16. Per questa gammadia in particolare, Quacquarelli riportava una citazione tratta dai Dialoghi di Sant’Agostino24. Il vescovo di Ippona narrava di un terremoto distruttivo avvenuto nel 419 a Sitifis in Mauretania, odierna Sétif in Algeria. Molte persone si rifugiarono in campagna e ne vennero battezzate circa 2.000. A Gerusalemme i battezzati ammontarono al numero di circa 7.000, tra questi molti giudei e pagani. Sembra che sulle vesti dei giudei battezzati fosse apparso “il segno del Cristo”. Lo studioso collegava perciò le parole di Agostino al fenomeno delle gammadiae, domandandosi quale tra il chrismon, lo I e il Γ fosse comparso, propendendo per quest’ultimo poiché connesso, secondo il suo ragionamento, alla conversione e al battesimo.

V 1966, p. 76. Wp. 13 Wp 181, 2, cubicolo 19. 14 A. Quacquarelli si riferiva in particolare alle pitture riguardanti Nicatiola e Cominia, datate però attualmente a fine V-inizi VI secolo d.C. Il Fasola notò, nella descrizione dell’arcosolio, la gammadia Z ripetuta per due volte, ma la definì «misteriosa decorazione a lettere dell’alfabeto che si trova spesso nella pittura e nel mosaico antico», cfr. A 1936, tav. 22; F 1975, p. 102; fig. 70; tav. VII. Si notino anche l’arcosolio laterale destro del cubicolo A22 con l’affresco di Paolo, con due gammadiae a forma di I e S. Lorenzo che gli porge la corona, con una gammadia I sul pallio; oppure l’arcosolio laterale sinistro del medesimo cubicolo in cui è raffigurato S. Gennaro, con doppia gammadia I, che presenta a S. Pietro la corona del martirio (F 1975, fig. 69; tav. VI b). 15 G .M , Hom. In Ez. 2, 4, 2 (CCL 142, p. 258): […] Huius octonarii numeri causa est, quod post Sabbatum Dominus voluit a morte resurgere. Dies quippe Dominicus, qui tertius est a morte Dominica, a conditione dierum numeratur ocatavus, quia septimum sequitur. Unde et ipsa vera Redemptoris nostri passio, et vera resurrectio, figuravit aliquid de suo corpore in diebus passionis suae. Sexta enim ferria passus est, Sabbato quievit in sepulcro, Dominico autem die resurrexit a morte. […] Sed Sabbato quasi in sepulcro quiescimus, quia requiem animae post corpus invenimus. Dominico vero die, vide licet a passione tertio, a conditione ut diximus octavo, iam corpore a morte resurgimus, et in gloria animae etiam cum carne gaudebimus. 16 Q 1973, pp. 9-110. Il tema è stato recentemente ripreso e nuovamente esaminato: C 2018, pp. 259-276. 17 Q 1974, pp. 1-16; Q 1975, pp. 1125-1137. 18 Le motivazioni architettoniche sono sicuramente più complesse rispetto al pensiero esposto da A. Quacquarelli. Molto probabilmente non fu la simbologia a influenzare l’architettura, bensì il contrario. Si rimanda ai più moderni studi: B 2006, pp. 221-227; B 2012; L et alii 2003. 19 L’iscrizione in distici, che era collocata nel monumento, citava il numero 8 relazionandolo all’ottagono, forma che i battisteri riportano in un gran numero di casi, e ponendo in collegamento la numerologia con il sacramento che veniva conferito: Octachorum sanctos templum surrexit in usus/ Octagonus fons est munere dignus eo./ Hoc numero decuit sacri batismatis aulam/ Surgere, quo populis vera salus rediit/ Luce resurgentis Christi qui claustra resolvit/ Mortis et e tumulis suscitat examines/ Confessosque reos maculoso crimine solvens/ Fontis periflui diluit inriguo./ Hic quicumque volunt probrosa(e) crimina vitae/ Ponere, corda lauent, pectora munda gerant./ Huc veniant alacres:/ 11

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Qualche anno più tardi, Quacquarelli tornò alle sue ulteriori riflessioni sul Γ, legandolo non più alla pietra quamvis tenebrosus adire/ Audeat, abscedet candidior nivibus./ Huc sancti properent: non expers ullus aquarum/ Sanctus, in his regnum est consiliumque Dei,/ Gloria iustitiae. Nam quid divinius isto,/ Ut puncto exiguo culpa cadat populi?. Nell’ottica ambrosiana l’architettura sembra adattarsi alla simbologia, pur essendo a mio avviso il solo risultato di un’esigenza liturgica. 20 Q 1970a, pp. 199-224; Q 1977b, p. 238; Q 1976, pp. 18-19; Q 1979a, pp. 5-26. 21 Q 1986, pp. 5-19. 22 La gammadia I rientra tra quelle, talvolta, non chiare alla lettura. Ciò dipende molto dall’esecuzione, dai supporti e dai restauri subiti, oltre che dalle condizioni di conservazione. 23 Q 1977a, pp. 299-300; Q 1981a, pp. 5-32; Q 1984, pp. 5-26. 24 A .H ., Serm. 19, 6 (CCL 41, p. 258): […] Terrae motus magni de orientalibus nuntiantur. Nonnullae magnae repentinis collapsae sunt civitates. Territi apud Hierosolimam qui inerant Iudaei, pagani, catechumini, omnes sunt baptizati. Dicuntur fortasse baptizati septem millia hominum. Signum Christi in vestibus Iudaeorum baptizatorum apparuit. Relatu fratrum fidelium constantissimo ista nuntiantur. Sitifensis etiam civitas gravissimo terrae motu concussa est, ut omnes forte quinque diebus in agris manerent, et ibi baptizata dicuntur fere duo millia hominum.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Fu per tale motivo che lo studioso tornò sul concetto, provvisoriamente abbandonato, di monogramma. La presenza del Π e del Θ sulla veste della filosofia33 sarebbe stata giustificata con la raffigurazione geminata34 delle gammadiae ravvisabile sia negli affreschi catacombali che nei mosaici di Roma, Ravenna e Milano, ipotizzando perciò un’influenza delle questioni trinitarie sia su Boezio, che sulle stesse gammadiae. Questa medesima fonte sembra fosse stata perciò considerata da Antonio Quacquarelli come prova dell’esistenza delle gammadiae e del loro utilizzo. Completando la panoramica sulle teorie elaborate da Quacquarelli, tra le righe dei vari articoli erano menzionate anche altre gammadiae, alle quali non fu dedicato uno studio specifico. La lettera K, collegata al termine condemnatus – in latino arcaico kondemnatus – e calumniator, fu riferita al milite calunniatore, mai presente nelle testimonianze fino ad ora conosciute35. Mentre la lettera Θ – come anticipato – sarebbe stata indicatrice di morte36, il Φ avrebbe richiamato il fuso della porpora filata da Maria per il tempio, alludente agli eventi futuri. Il Quacquarelli si rivolgeva in particolare all’unico caso di gammadia, a suo avviso simile a un fuso, presente sul pallio di S. Paolo nel mosaico del battistero degli Ariani37. Abbinato al santo, il Φ campito avrebbe indicato la luce e perciò il Cristo inviato dal Padre, come aveva profetizzato Isaia, secondo la fede ariana38. La lettera N avrebbe indicato il numero 50, la Pentecoste, che cade appunto cinquanta giorni dopo la Pasqua e sarebbe stata l’iniziale di ναῦς e di νίκη39. Negli studi di Antonio Quacquarelli, brevemente analizzati in questa sede, traspaiono però anche alcune forzature interpretative, effettuate nel tentativo di trovare un nesso tra le c.d. gammadiae, la numerologia e la patristica. L’esame condotto non fu sistematico e questo comportò certamente alcuni problemi: furono esaminate al contempo le pitture cimiteriali romane e napoletane più famose, alcuni mosaici romani e ravennati, senza considerare restauri e ricostruzioni, a discapito dei vetri dorati, oppure di affreschi meno conosciuti. È pur

angolare e ai suoi significati battesimali, ma al numero 3, seguendo l’alfabeto greco, e di conseguenza alla Trinità25 che, precedentemente, aveva preferito connettere alla lettera A26, riferendosi nello specifico alla volta musiva del battistero di Albenga in cui essa è raffigurata per tre volte27. Ma il discorso del Γ appariva più complesso poiché era doveroso notarne la concentrazione sulle vesti dei santi facenti parte della decorazione musiva relativa al battistero degli Ariani e alla basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. Per pura similitudine morfologica, le gammadiae ortodosse furono assimilate a quelle ariane28, ipotizzando però che proprio esse fossero il riflesso delle lotte cristologiche svolte attorno alla figura del Cristo29. Anche se non vi è traccia esplicita nei testi, traspare un’evoluzione del pensiero dello studioso e, forse, qualche ripensamento riguardo la considerazione delle c.d. gammadiae: mentre il contributo del 1977 iniziava con il termine “gammatiche”30, gli articoli del 1978 e del 1979 vennero introdotti da “Il monogramma cristologico…”; in quelli del 1981 e del 1986 si trova “Lettera cristologica”, anche se poi in un contributo su Boezio31, Antonio Quacquarelli tornava a nominare il concetto di monogramma. In quest’ultimo studio, si concentrò in particolare sul Π e sul Θ che Boezio32 immaginò di scorgere sulla veste della filosofia personificata in una donna dal nobile portamento. Le due lettere descritte non sarebbero state una vicina all’altra, bensì unite da una specie di scala, formando un unico nesso e indicando la gradatio per le diverse tonalità che possiedono le discipline. Q 1995, p. 268. Probabilmente quest’affermazione è dovuta al passo di P . N ., Carm. 19 vv. 640-655 (CSEL 30, p. 140): Has inter medio coeuntibus insita puncto virga quasi sceptrum regale superbius extat significans regnare deum super omnia Christum, qui cruce dispensa per quattuor extima ligni quattuor adtingit dimensum partibus orbem, ut trahat ad vitam populos ex omnibus oris. Et quia morte crucis cunctis deus omnia Christus extat in exortum vitae finemque malorum, alpha crucem circumstat et ω, tribus utraque virgis littera diversam trina ratione figuram perficiens, quia perfectum est mens una, triplex vis. Tramite la croce, Cristo diventa alfa e omega, inizio e fine, così come specificato nell’Apocalisse. 27 Q 1981a, p. 22. Sembra opportuno, a tal proposito, notare come la gammadia A, presente sulle vesti di S. Simone nell’arco trionfale della basilica eufrasiana di Parenzo (VI sec. d.C.) e sugli abiti di S. Vitale, S. Apollinare e S. Vincenzo nella teoria ravennate di S. Apollinare Nuovo (VI sec. d.C.), sia completamente differente per simbologia da quella del battistero di Albenga in cui la lettera A è associata all’Ω, nel loro significato di “inizio e fine” in ottica apocalittica. 28 A tal riguardo, desidero precisare che, in realtà, le gammadiae del battistero Neoniano e quelle del battistero degli Ariani non sono identiche. Mentre le prime presentano le terminazioni a doppio dente, le seconde sono segnate come semplici lettere in capitale quadrata. Si tratta forse di una questione di stile, di una scelta o di alterazioni dovute ai restauri che si sono succeduti. Cfr. Q 1979b, pp. 313-324; Q 1981a, pp. 5-32; Q 1984, pp. 5-26. 29 Q 1981a, p. 16. 30 Q 1977a, pp. 293-301. 31 Q 1981b, pp. 5-44 (in particolare, cap. 6). 32 B ., Phil. Consol., I, 1 (CSEL 67, p. 2): […] Vestes erant tenuissimis filis subtili artificio indissolubili materia perfectae, quas, uti post eadem prodente cognomi, suis minibus ipsa texuerat; quarum speciem, veluti famosas immagine solet, caligo quaedam neglectae vetustatis obduxerat. Harum in extremo margine Π Gaecum, in supremo vero Θ legebatur intextum atque in utrasque litteras in scalarum modum gradus quidam insigniti videbantur, quibus ab inferiore ad superius elementum esset ascensus. Il passo di Boezio, con traduzione italiana allegata, verrà analizzato nel capitolo dedicato alle fonti. 25 26

Lo studioso operava un breve confronto con il mosaico di Piazza Armerina, ritenendo che le gammadiae fossero lettere di cui faceva largo uso anche il mondo classico-pagano, cfr. Q 1977a, pp. 300301. 34 Come si vedrà successivamente, in realtà non esiste il fenomeno della geminazione delle gammadiae. Esse sono infatti ricamate e/o rappresentate – a seconda del manufatto considerato – sui quattro lembi del pallio. Sono tutte identiche tra loro e non si registra variazione di forma. 35 Q 1984, p. 18. 36 Tuttavia è proprio questa lettera ad essere indicata nel sogno di Boezio. Anche qui la teoria del Quacquarelli contrasta con le sue ipotesi riguardo l’influenza di Boezio e il significato della lettera Θ. Si vd. Q 1986, p. 18. 37 Q 1977a, pp. 297-298; Q 1977b, p. 237; Q 1995, p. 262. Occorre comunque ricordare l’influenza degli interventi di restauro sui mosaici. È probabile, quindi, che attualmente la gammadia non somigli alla lettera greca in questione, ma che in origine fosse proprio quella stessa ad essere stata raffigurata. A tal proposito, è necessario effettuare analisi sui processi integrativi svolti sulla superficie musiva, facendo riferimento alle tavole del Ricci: R A -Z 1930-1937. 38 Purtroppo anche questa apparve come una forzatura. La gammadia del mosaico in questione si presenta attualmente con apici arrotondati e un circoletto campito staccato dalla sommità. Cfr. con la gammadia n. 1 del catalogo. 39 Q 1977a, p. 300; Q 1977b, p. 243. 33

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Le c.d. gammadiae e gli studi contemporanei Egitto, Sudan, Giordania, Israele, Siria ed Iraq; sono state inoltre distinte tre tipologie morfologiche: una striscia con entrambe le terminazioni “dentate”, un angolo retto con terminazioni bipartite e, infine, cinque quadrati che ricordano il motivo di una scacchiera47. La catalogazione ha permesso di notare come il 15% delle rappresentazioni registrate risulti di carattere “non-cristiano”. Le conclusioni cui lo studioso è giunto si riferiscono a una diffusione di utilizzo delle c.d. gammadiae in tutto l’impero già dal I secolo d.C. Non appare, a suo avviso, possibile attribuir loro alcun significato simbolico o religioso, essendo esse presenti sia su testimonianze profane, sia su quelle ebraiche, sia, com’è noto, su quelle cristiane. Lo Szymaszek termina proponendo che si possa trattare esclusivamente di motivi decorativi che proseguono ad avere una certa continuità di utilizzo48. Come si evince da questo breve capitolo, i tentativi interpretativi degli studiosi contemporanei sono stati numerosi: qualcuno si è dedicato a redigere concentrati contributi all’interno di dizionari, altri invece si sono occupati di esami più dettagliati. Ma è proprio prendendo atto dei progressi effettuati nel corso del tempo che è stato possibile intraprendere ulteriori analisi e giungere a qualche nuovo risultato nell’ambito delle catacombe romane e del cristianesimo dei primi tempi.

vero che, all’epoca, Antonio Quacquarelli non si poté avvalere degli strumenti analitici e informatici che, al giorno d’oggi, siamo abituati ad usare per visualizzare informazioni e immagini in maniera più chiara e, soprattutto, simultanea. È per tale motivo che lo studio del professore pugliese risulta, tutt’oggi, sempre apprezzabile e coraggioso, avendo egli affrontato le difficoltà che una simile analisi, quasi priva di fonti, poteva presentare. Tuttavia, Quacquarelli si concentrò esclusivamente sul panorama italiano, non tenendo conto delle scoperte che erano state effettuate negli anni appena precedenti al suo approccio con le c.d. gammadiae. Per tornare quindi a un panorama più esteso anche agli importanti rinvenimenti tessili, si dovrà attendere il breve contributo risalente al 1996 e firmato dal Welch e dal Foley40, che concentrarono la propria attenzione sui tessuti ritrovati a Masada, di nuovo sulle pitture della sinagoga di Dura Europos, sulla presenza di una c.d. gammadia sull’abito di un defunto in rilievo su un sarcofago di Palmira e su altre testimonianze egiziane, considerando perciò gli studi del Goodenough, includendo e collegando inoltre a questa tematica i mosaici cristiani del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli e quelli di Ravenna. Agli anni 2000 risale la compilazione della voce “gammadia” da parte di Danilo Mazzoleni41, all’interno del dizionario di iconografia paleocristiana. Erano presentati, in maniera riassuntiva, gli studi di Antonio Quacquarelli che, all’epoca, costituivano il più completo e conosciuto contributo a riguardo. Nello stesso dizionario iconografico, Mara Minasi descriveva le vesti relative all’antichità, citando le lettere ricamate alla base dei pallii42, mentre nel 2004 vi ritornava la Martorelli43 in un breve paragrafo del suo articolo riguardante le influenze religiose sulla scelta dell’abito e, infine, Massimilano Ghilardi44 nel Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane. Nel 2010 fu Luca Avellis a riaprire la questione delle gammadiae, provando a reintrodurre il discorso a partire dall’antichità pre-cristiana, ricollegandosi agli studi effettuati negli anni ʽ70 dal Wessel e aggiungendo una sezione di ricerca indirizzata alle scarse fonti scritte disponibili45. Da ultimo, è tornato sugli studi in maniera molto approfondita Maciej Szymaszek46, sia nella sua ricerca dottorale, che in altri contributi. Dopo aver riassunto il punto di vista di alcuni studiosi nel corso della storia, lo Szymaszek ha provato a risalire all’origine di questi segni, registrando numerosi frammenti di tessuto databili tra il I e il III secolo d.C. in una porzione di territorio compresa tra W -F 1996, pp. 253-258. M 2000, pp. 185-186. 42 M 2000a, pp. 296-300. 43 M 2004, pp. 237-240. Alle gammadiae, considerate dalla Minasi nel dizionario del 2000, la Martorelli aggiunse la W che, curiosamente risulta essere assente sia in pittura che in mosaico. 44 G 2006-2007, coll. 2054-2056. 45 Si vd. A 2010. 46 Si vd. S 2013b, pp. 2415-2425; S 2013a, pp. 119147.

Lo Szymaszek classifica questo marchio come gammadia. In realtà, lo Yadin è chiaro nel suo report: si tratta di un segno appartenente ai sarti, consistente in pochi centimetri di ricamo per quel che riguarda i ritrovamenti della Grotta delle Lettere. Un motivo identico – con il riquadro centrale rosso e gli altri 4 neri – è stato ritrovato anche a Palmira ed è in lino, così come a Dura Europos. A mio avviso, non risulta opportuno assimilarlo alle gammadiae. Cfr. S 2013b, pp. 2415-2425; S -C et alii 2000, taf. 49c = scheda 271, p. 151; Y 1963, pl. 69. 48 S 2013b, pp. 2415-2425; S 2014.

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4 Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica Abstract: Le gammadiae sono rappresentate sul pallio dei personaggi santi nelle catacombe e in altre pitture. Questo capitolo si focalizzerà sul ruolo e l’importanza del vestiario nell’antichità. The gammadiae are represented on the pallium of the saint characters in the catacombs and in other depictions. This chapter focuses on the role played by clothing and its importance in antiquity. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, mosaics, symbolism, Ebraism Per affrontare un tema complesso come quello delle c.d. gammadiae, appare necessario considerare un discorso globale sul simbolismo identitario della veste nell’antichità.

quei particolari simboli purpurei fossero distintivi di specifico pregio, evidenziando perciò non la totalità degli indossatori, ma una piccola parte di essi che possedevano specifiche caratteristiche. Allo stesso modo, nella Roma repubblicana e imperiale vi erano alcuni particolari capi di vestiario che prevedevano l’uso della porpora. È il caso del laticlavio e dell’augusticlavio, così come della trabea, con strisce purpuree e ricami dorati, indossata inizialmente dai sovrani e successivamente da àuguri, consoli e cavalieri durante le cerimonie5. Indicativa, a tal proposito, sembra essere la testimonianza di Eusebio di Cesarea6 nel descrivere l’ingresso di Costantino al concilio di Nicea:

È noto come l’abito ricoprisse il ruolo di specchio sociale1, di generatore di rispetto, oltre ad essere relazionato al senso del pudore e a rivestire il semplice compito di “protezione fisica”. La veste era parte di un complicato sistema connesso, in un certo senso, a un linguaggio simbolico2: ornamenti, clavi, ricami erano “accessori” funzionali a sottolineare il grado di agiatezza, superiorià e rango. Le vesti stesse erano addirittura correlate a un rituale diplomatico: il loro dono, infatti, stabiliva un rapporto di interdipendenza di entrambe le parti contraenti questo “contratto” simbolico. Si tratta di una acquisizione “figurata” della cultura altrui che avveniva, per l’appunto, tramite questi donativi specifici. L’usanza, attestata sin dal periodo omerico, si sarebbe affermata durante il periodo Classico, poi nell’Ellenismo e infine nella società romana vera e propria a partire dal periodo repubblicano per proseguire in quello imperiale3.

«Dato l’avviso dell’ingresso del sovrano, tutti si levarono ed egli passò loro in mezzo quasi come un angelo di Dio; colpiva la vista di tutti lo splendore dell’abito che brillava di rosse strisce; era pure ornato di oro e di pietre preziose». L’abito di Costantino era perciò di un colore purpureo7 e allo stesso tempo era clavato, con ornamenti in oro e pietre preziose che ne tempestavano la superficie.

Focalizzando l’indagine sulle c.d. gammadiae che, spesso, si presentano in color porpora, è interessante però sottolineare come gli ufficiali e la corte di Alessandro Magno, così come i diadochi suoi successori, fossero definiti purpurati, indossando vesti, per l’appunto, purpuree soprattutto durante le occasioni pubbliche, in modo da poter ostentare il ruolo sociale ed elevato ricoperto4. Da questo fatto si inizia a percepire come

Questi ultimi sarebbero stati dei doni molto regali per i Macedoni. Cfr. P ., Vita Eumenis, 8, 12: Οἱ δ’ ἐπείθοντο καὶ τιμὰς ἠγάπων παρ’ αὐτοῦ λαμβάνοντες ἃς οἱ φίλοι παρὰ τῶν βασιλέων· ἐξῆν γὰρ Εὐμενεῖ καὶ καυσίας ἁλουργεῖς καὶ χλαμύδας διανέμειν, ἥτις ἦν δωρεὰ βασιλικωτάτη παρὰ Μακεδόσι. Allo stesso modo, Marziale informa riguardo il dono di vesti e mantelli (lacernae), tra cui alcuni rossi, durante i banchetti: M ., Epigr., 14, 124-138, in particolare 131: Lacernae coccinae: Si veneto prasi nove faves, quid coccina sumes? Ne fias ista transfuga sorte vide. Sulla tematica, si vd. R 2016, pp. 29-33. 5 Claudiano spera che Stilicone possa indossare la trabea, segno della dignità consolare, cfr. C ., De cons. Stilich. 2, 256 e ss.; R 2016, pp. 104-107. 6 E ., De Vita Costantini, 3, 10, 43-44 (PG 20, col. 1065): Πάντων δ’ ἐξαναστάντων ἐπὶ συνθήματι, ὃ τὴν βασιλέως εἴσοδον ἐδήλου, αὐτὸς δὴ λοιπὸν διέβαινε μέσος οἷα θεοῦ τις οὐράνιος ἄγγελος, λαμπρὰν μὲν ὥσπερ φωτὸς μαρμαρυγαῖς ἐξαστράπτων περιβολήν, ἁλουργίδος δὲ πυρωποῖς καταλαμπόμενος ἀκτῖσι, χρυσοῦ τε καὶ λίθων πολυτελῶν διαυγέσι φέγγεσι κοσμούμενος. 7 Il parallelo cristiano dell’imperatore in abito purpureo sarà, logicamente, il Cristo vittorioso e apocalittico, abbigliato in abiti per l’appunto purpurei e seguito dalla schiera di suoi seguaci che indossano abiti di lino bianco. Uno dei riferimenti principali è sicuramente Ap 19, 11-13. Si vd. N 2002, p. 32.

R 2009, p. 307. Nell’antichità greca, così come in quella medio orientale e addirittura indiana, la veste è intesa addirittura metaforicamente come corpo stesso che ricopre e protegge l’anima. Per la tematica filosofico-metaforica, si rimanda a: N 2002, pp. 11-18. 3 La Rollason intraprende un discorso generico sul ruolo della veste nell’antichità introducendo poi la più ampia e specifica tematica dell’usanza relativa al dono delle vesti, argomento su cui è incentrato il suo dettagliato studio. Si veda in particolare R 2016, pp. 5-6. 4 Plutarco, nella Vita Eumenis, specifica che Eumene era benvoluto nel sinedrio (consiglio) e usava donare cappelli e mantelli di porpora. 1 2

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Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica della parola. Sulla seconda valva, compare ancora al di sotto dell’edicola circolare, stavolta con un rotolo chiuso in mano, abbigliato nella stessa maniera, ovvero con una lunga clamide, appuntata sulla spalla destra tramite l’utilizzo di una spilla, a coprire una tunica manicata e le bracae.

Non da meno sembrano essere gli abiti dei suoceri di Stilicone, genitori di Serena, descritti da Claudiano nel De Consulatu Stilichonis8. La scena del matrimonio di Stilicone viene riportata così: «Accompagnata dai genitori vestiti di porpora esce la fanciulla: da una lato stava il padre adorno dei suoi trofei; dall’altro la regina compiva il suo pio ufficio di madre, fermandole il flammeo9 con gemme pesanti».

Ancora più evidente, la ricchezza si manifesta nelle vesti femminili, come Serena precedentemente, così anche per l’ipotetica Ariadne, imperatrice moglie di Zenone e successivamente di Anastasio. Su una tavoletta eburnea, un tempo parte di un pentadittico conservato presso il Museo del Bargello a Firenze12, è raffigurata la donna, in piedi su un suppedaneo e collocata sotto un’edicola dove sono appese due tende raccolte. Indossa la tunica manicata, sovrastata da una mantello i cui bordi sono tempestati di perle e un tablion, il quale include il ritratto di un imperatore con il diadema, la trabea, lo scettro. Non da meno è la decorazione che ne impreziosisce il volto: il diadema gigliato con perle e gemme, lunghi fili di perle pendenti dalla corona, la collana massiccia. Tra le mani tiene le insegne del potere imperiale, scettro e globo crucigero. Il tripudio di gemme, perle, oro, ricami e vesti preziose è percepibile anche solo nell’acromo avorio, ma non è difficile immaginarne i colori e lo scintillio, anche confrontando il ritratto dell’ipotetica Ariadne con i celebri mosaici di San Vitale, dove Teodora e Giustiniano sono raffigurati con la rispettiva corte13.

Non appare difficile immaginare questo tripudio di ricchezza sulle vesti, in quanto i dittici imperiali e consolari mostrano esattamente l’elaborato abbigliamento dei personaggi rappresentati sulle loro superfici, proprio come accade nel dittico d’avorio di Stilicone10. Sulle valve del manufatto, al di sotto di edicole identiche, sono ritratti tre personaggi appartenenti alla stessa famiglia. Sulla prima vi è una donna, Serena, moglie di Stilicone, accanto al piccolo figlio Eucherio, abbigliato con clamide appuntata e tunica manicata, mentre è nel gesto dell’adlocutio e tiene nella mano sinistra un piccolo codice. Sua madre, invece, indossa abiti ricchi, impreziositi da orecchini pendenti, una collana di perle e da una cintura gemmata che stringe in vita la veste, composta da una tunica manicata cui è sovrapposta la dalmatica, mentre la palla è drappeggiata. Nella mano destra tiene un fiore, una rosa probabilmente. La capigliatura elaborata riflette la cronologia del manufatto. Sull’altra valva è raffigurato Stilicone, dall’aspetto austero, statuario, i capelli a calotta sulla fronte e la barba corta a incorniciare il volto. È abbigliato in foggia militare, per mostrare la sua potenza, con una tunica manicata e lunga, stretta in vita da una cintura sulla quale sono visibili alcune figure femminili, forse personificazioni di province imperiali; le gambe sono coperte dalle bracae, mentre la clamide è appuntata sulla spalla destra, lasciando scoperta la spada infoderata al fianco. Mentre con la mano destra tiene eretta la lancia, con la sinistra sorregge lo scudo rinforzato.

Lo stesso Stilicone sarà abbigliato riccamente, secondo l’immaginazione di Claudiano14, con la veste consolare intessuta d’oro e di porpora dalla dea Roma e da Tritonia con il filo di Lachesi, designando così un futuro glorioso per la sua discendenza: «Benché tu non possa essere corrotto da alcun regalo, ammira contento e, pur armato, prendi anche questi doni, che per te io e Tritonia abbiamo fabbricato col pettine divino: insieme abbiamo raccolto dai pennecchi e abbiamo filato con lo stesso oro, con cui Lachesi intesse per me sotto di te i secoli aurei, tessuti dipinti ripetutamente con la porpora».

L’abito è quindi simbolico: da una parte la ricchezza ostentata da Serena, dall’altra la potenza militare, la forza e l’imbattibilità rappresentata da Stilicone. Sulla stessa linea, si pone un altro dittico, quello di Novara o “del patrizio”11, in cui un personaggio maschile, probabilmente il committente stesso, è raffigurato stante sotto un’edicola circolare, resa dal tetto in tegole e coppi, sostenuta da colonne con capitelli corinzi, tra le quali sono posizionate due tende. L’uomo, dal volto allungato e barbato, mostra una capigliatura aderente al capo, databile verso l’età medio teodosiana; la mano destra è nel gesto

Anche dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’usanza della porpora come caratteristica imperiale proseguì da parte dei barbari, eredi di quella civiltà che li aveva preceduti e di cui loro si nominavano successori15. Le c.d. gammadiae si possono perciò inquadrare internamente a un panorama più ampio, quello

Z 2007, pp. 248-249. B 2002, pp. 25-50. 14 C . De cons. Stilich. 2, 330-335: «[…] Hos etiam, quamvis corrumpi munere nullo, te certum est, mirare libens ac suscipe cinctus, quos tibi divino mecum Tritonia duxit pectine. Tincta simul repetito murice fila contulimus pensi set eodem nevimus auro, aurea quo Lachesis sub te mihi saecula texit». 15 Vitige, in un discorso successivo alla morte di Teodato, fa palese riferimento alla porpora di cui un goto come lui avrebbe dovuto vestirsi, cfr. P ., De Bello Gothico, 29. 12

C ., De cons. Stilich. 1, 80-83: «[…] comitata parentibus exit Purpureis virgo: stabat pater inde trophaeis inclitus, inde pium matris regina regebat obsequium gravibus subnectens flammea gemmis». 9 Velo di colore rossiccio. 10 Il ritratto ha un carattere puramente celebrativo. Si assiste, accanto alla sussistenza del ritratto marmoreo, all’esplosione del ritratto su materiale prezioso. In questa categoria rientrano i dittici. Si vd. S C 2007, pp. 80-81. Per Stilicone in particolare: V 2007, pp. 220-222. 11 G 2007, pp. 216-219; S C 2007, pp. 80-81. 8

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma dell’autorappresentazione16 e del simbolismo del vestiario, non necessariamente religioso; tuttavia, è bene ricordare come sembra fosse stato il giudeo-cristianesimo ad attribuire alle gammadiae un determinato simbolismo, facendo sì che il loro utilizzo si perpetuasse nel corso dei secoli fino a radicarsi nel cristianesimo vero e proprio.

dell’abito, dei conseguenti ulteriori ornamenti, letti in chiave simbolica o meno, e delle c.d. gammadiae. Nel I secolo d.C. Plinio il Vecchio, all’interno della sua Naturalis Historia libro 35, cap. 6221, parlava del pittore Apollodoro, iniziatore dell’arte della pittura, seguito da Zeuxis di Eraclea, il quale:

Nonostante la toga fosse la sopravveste romana per eccellenza, le c.d. gammadiae sono collocate invece sul pallio, la veste filosofica17, l’abito dell’elevazione spirituale, l’ἱμάτιον greco, sia nelle rappresentazioni profane, che in quelle ebraiche e cristiane. Consisteva in un mantello di lana dalla forma rettangolare o quadrata, avvolto intorno alla vita e poggiato su una spalla in modo che ricadesse su un braccio. I quattro lembi visibili sarebbero stati perciò posti due davanti e due sul retro18.

«Mise insieme tanto denaro che, per ostentazione, a Olimpia andava mostrando il suo nome intessuto a lettere d’oro sulle tessere, o riquadri, dei suoi mantelli». Dalle parole dell’autore, sembra che sul mantello, da interpretare forse in maniera più opportuna come pallio, fossero ricamati riquadri entro cui era tessuto in lettere dorate il nome del proprietario; il capo di vestiario era perciò personalizzato.

Le c.d. gammadiae sul pallio sono associate alla tunica clavata19. A tal proposito, è bene ricordare come la larghezza dei clavi fosse relazionata al rango dell’indossatore: in un primo momento, infatti, i senatori dovevano presentare clavi più ampi, seguiti da quelli dei cavalieri più sottili e infine da quelli dei ragazzi. Nel periodo tardo, a partire almeno dal III secolo d.C., come testimoniato dai ritratti provenienti dall’Egitto ellenistico-romano, dagli affreschi di Dura Europos, dalle pitture e dai mosaici cristiani, sembra non esistere più una differenziazione di questo tipo20.

Un’altra importante testimonianza, a tal proposito, la troviamo in Apuleio22 (II secolo d.C.) e, nello specifico, all’interno delle Metamorfosi. Psiche, uscendo dal tempio di Cerere, déa che aveva respinto la sua richiesta di nasconderla dall’ira di Venere, prosegue a camminare nella valle, scorgendo un altro bellissimo tempio dove si reca a pregare: «[…] A vedersi respingere in quel modo, Psiche, che neanche se l’aspettava, sentì dentro raddoppiar l’ambascia. Tornando sui propri passi scese nella valle e qui, nella penombra del bosco, intravide un tempio di stupenda bellezza. Decisa a non lasciare nulla d’intentato che potesse farla sperare in meglio, e desiderosa che non restasse divinità, cui essa non si fosse raccomandata, si appressò alle sacre soglie. C’erano qui dei magnifici doni votivi e, tra l’altro, dagli alberi e dai battenti delle porte pendevano dei festoni di stoffa su cui era ricamato in oro il nome della dea, a cui erano dedicati con l’attestazione della grazia ricevuta».

È bene però esaminare alcune, seppur esigue, fonti per provare a tracciare un quadro generale sulla questione

16 Sul tema dell’autorappresentazione, si annoverano numerosi contributi. Si rimanda solo ad alcuni di essi e alla rispettiva bibliografia: G 2001; S 2009, pp. 769-803; B 2016a, pp. 35-83. 17 T ., De pallio, VI (CSEL 70, p. 95): Grande pallii beneficium est, sub cuius recogitatu improbi mores vel erubescunt. Viderit nunc philosophia, quid prosit. Nec enim sola mecum est. Habeo et alias artes in publico utiles; de meo vestiuntur, et primus quidem informator litterarum, et primus edomator vocis, et primus numero rum harenarius, et Grammaticus, et Rhetor, et Sophista, et Medicus, et Poeta, et qui Musicam pulsat, et qui stellarem coniectat, et qui volaticam spectat: omnis liberalitas studiorum quatuor meis angulis tegitur. 18 W 1898-1899, pp. 29-31; M 2004, p. 233. 19 La veste clavata si distingue dalla veste picta, la quale presenta invece varie figure, fiori, stelle, nomi e simili ricamati. La clavata aveva come caratteristica i clavi, per l’appunto, che potevano essere in oro, porpora, dalle estremità rotonde o quadrate, i quali potevano essere inseriti nelle vesti come emblemata, ma anche rimossi per essere trasferiti su un altro indumento e quindi adattati. I ricamatori erano chiamati plumarii. Nell’editto di Diocleziano (XIX, 6, 20, 36; XXIX, 12, 13; XX, 1-4) si fa riferimento alla plumatura a lana incorporata nei vestiti, in particolare per le bordature. Cfr. W 2000, pp. 209-213; W 2015, p. 45. Inoltre, sembra che il termine fosse esteso anche a coloro che ricamavano i tappeti di Babilonia e, in generale, gli arazzi. Per quel che riguarda la lavorazione della porpora, sappiamo che nel mondo antico erano presenti i purpurarii i quali, come riporta Plinio, sembra svolgessero la loro attività prevalentemente in Africa settentrionale, in Grecia e a Pozzuoli (Nat. Hist. 35, 26, 45). La notizia è stata confermata dagli scavi svolti a Timgad, Thuburbo Maius, Tiddis, Cuicul, Cartagine, Leptis Magna, Sabratha, Meninx, Thamusida, Euesperides/Berenice per l’Africa settentrionale, dove sono stati ritrovati centri di lavorazione del murice e fulloniche, cfr. W 2004, pp. 155-164. Dalle testimonianze epigrafiche si evince invece che questi personaggi erano spesso liberti o schiavi affrancati. Cfr. H 2007, pp. 87-92; L L 2014, pp. 260-278. 20 D G 2002a, p. 933.

Di nuovo siamo in presenza di stoffe, di tipologia non specificata, ricamate però con iscrizioni devozionali23, in quanto gli ex voto presentavano il ringraziamento del dedicante e il nome della divinità24. È in un contesto sicuramente più elevato, riferito in questo caso a Giunio Messalla, che ritroviamo l’ennesima P ., Nat. Hist., 35, 62: Opes quoque tantas adquisivit ut in ostentationem earum Olympiae aureis litteris in palliorum tesseris intextum nomen suum ostentaret. 22 A ., Metamorph., 6, 3: […] Contra spem suam repulsa Psyche et afflicta duplici maestitia iter retrorsum porri gens inter subsitae convallis sublucidum lucum prospicit fanum sollerti fabrica structum nec ullam vel dubiam spei melioris viam vloens omittere, sed adire cuiuscumque dei veniam, sacratis foribus proximat. Videt dona pretiosa ac lacinias auro litteratas ramis arborum postibusque suffixas, quae cum gratia facti nomen deae, cui fuerant dicata, testabantur. 23 Nella Grecia classica i doni agli déi sono ben visti come simbolo di armonia tra la stessa divinità e la polis. Non sono rari i donativi composti da vesti e portati nei rispettivi templi. Cfr. R 2016, pp. 28-29. 24 Intere iscrizioni sono testimoniate su frammenti di tessuto appartenenti a vesti. Un esempio è riscontrabile in Nubia, cfr. B -N S 1975, pl. 62,2. 21

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Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica testimonianza di vesti con iscrizioni riferite al nome proprio. Vopisco (IV secolo d.C.)25 ce ne parla nell’Historia Augusta26:

agli Atrabati e inoltre mantelli Canosini e Africani: una ricchezza mai vista prima sulla scena». Si tratta perciò sempre di vesti pictae, con iscrizioni ricamate. Alla stessa tipologia si può assimilare l’abito della personificazione della filosofia nominato da Boezio (VI secolo d.C.) nel I libro del suo De consolatione philosophiae32. In questo caso si parla di due singole lettere ricamate, metaforiche iniziali della filosofia pratica e di quella teoretica33:

«Questo passo dovrebbe leggerlo Giunio Messalla27 che io non esito a biasimare apertamente. Quello infatti elargì il suo patrimonio agli attori, negandolo agli eredi: ha donato28 la tunica della madre a un’attrice/ mima, il mantello del padre a un attore/mimo: e passi il fatto che un attore tragico indossi, al posto del costume, il mantello d’oro e di porpora di sua nonna. Inoltre il nome della moglie di Messalla è stato scritto sul pallio purpureo del flautista, di cui egli va fiero come fosse un trofeo strappato alla nobiltà. Che dire delle stoffe di lino importate dall’Egitto?29 Che dire di quelle importate da Tiro30 e Sidone31, tanto trasparenti quanto sottili, splendenti di porpora, pregiatissime per la difficoltà di ricamarle? Regalò i mantelli richiesti

«Le sue vesti erano sapientemente intessute di fili sottilissimi, fatti di materia indistruttibile, e le aveva tessute con le sue mani, come poi venni a sapere da lei stessa. La loro bellezza, come capita alle pitture esposte al fumo, era offuscata da una certa caligine, propria dell’antichità trascurata. Al margine inferiore era tessuto un Π, in alto un Θ, e tra l’uno e l’altro si vedevano come i gradini di una scala, tramite i quali si poteva passare dalla parte inferiore alla superiore. Peraltro quella veste l’avevano lacerata uomini violenti, e ognuno di loro ne aveva portato via tutti i pezzetti che poteva. La destra reggeva dei libri, la sinistra uno scettro».

F . V ., Historia Augusta, 6, Vita Carini: […] Legat hunc locum Iunius Messala, quem ego libere culpare audeo. Ille enim patrimonium suum scenicis dedit, heredibus abnegavit: matris tunicam dedit mimae, lacernam patris mimo: et recte si aviae pallio aurato atque purpurato, pro fyrmate tragoedus uteeretur. Inscriptum est adhuc in choraulae pallio tyrianthino, quo ille velut spolio nobilitatis exultat, Messalae nomen et uxoris. Iam quid lineas petitas Aegypto loquar? Quid Tyro et Sidone tenuitate perlucidas, micantes purpura, plumadi difficultate pernobiles? Donati sunt Atrebaticis birri petiti, donati birri Canusini, Africanae opes in scena non priùs visae. La traduzione in italiano è operata dall’Autrice. 26 Sul ruolo e sulla tipologia di vesti nominate nell’Historia Augusta, si veda l’approfondimento di: H 2005, pp. 143-153 (su Giunio Messalla, si vd. nt. 12, p. 153). 27 Magistrato di cui non si specifica il ruolo. Qualcuno ha provato a identificarlo con il console del 280 d.C. 28 Per la donazione delle vesti nell’Historia Augusta, si vd. R 2016, pp. 46-47. 29 L’Egitto era sicuramente uno dei paesi mediterranei dove era concentrata l’industria manifatturiera tessile. Qui, infatti, si trasferì anche manodopera straniera, come dimostra un papiro di III secolo d.C. È testimoniato, inoltre, che sin dal I secolo d.C. in Egitto si lavorasse il lino. Si vd. D G 2002a, p. 933. 30 Le sete provenienti da Tiro sono certamente alcune delle più pregiate, caratterizzate da tinte purpuree, ottenute sia tramite il murice che tramite la cocciniglia, nominata anche da Plinio tra i prodotti italiani: P ., Nat. Hist., 37, 204: Rerum autem ipsarum maximum est pretium in mari nascentium margaritis; extra tellurem crystallis, intra adamanti, smaragdis, gemmis, myrrinis; e terra vero exeuntibus in cocco, lasere in fronde nardo, Sericis vestibus, in arbore citro, in frutice cinnamo, casia, amomo, arboris aut fruticis suco in sucino, opobalsamo, murra, ture, in radicibus costo […] in tergore pellibus, quas Seres inficiunt, et Arabiae capra rum villo, quod ladanum vocavimus; ex iis, quae terrena et maris, conchyliis, purpurae. Nel Liber Pontificalis sono menzionate le stoffe di Tiro, così come quelle in holovero, la quale corrisponderebbe a una tinta imperiale della seta. Cfr. D G 2002b, pp. 936-937. Procopio, inoltre, parla nello specifico del luogo in cui si confezionavano le vesti di seta, ovvero a Berito e a Tiro, città della Fenicia, il cui prezzo era aumentato sotto Giustiniano: ίμάτια τὰ ἐκ μετάξης ἐν Βηρυτῷ μὲν Tύρῳ πόλεσι ταῖς ἐπὶ Φοινίκης ἐργἀζεσθαι ἐκ παλαιοῦ εἰώθει. Lo stesso imperatore si ritrovò a dover porre un calmiere: P ., Le inedite, 25. Allo stesso modo, è invece risaputo che la qualità della lana di Tiro era nettamente superiore. Ce ne parla Marziale: M ., Epigr. 14, 156: Lanae Tyriae: Nos Lacedaemoniae pastor donavit amicae: deterior Ledae purpura matris erat. Rinomata per lino, lana e stoffe era in realtà anche l’Italia secondo le parole di Plinio: P ., Nat. Hist., 37, 77: […] Quidquid est quo carere vita non debeat, nusquam est praestantius: fruges, vinum, oleum, vellera, lina, vestes, iuvenci. 31 Marziale, trattando di un tale ricco Zoilo, malato, nomina i suoi pregiati averi, tra i quali figurano il letto egiziano e le coperte purpuree di Sidone che emanano un odore particolare e solitamente tinte con la cocciniglia: M ., Epigr., 2, 16: Zoilus aegrotat: faciunt hanc stragula febrem. Si fuerit sanus, coccina quid facient? Quid torus a Nilo, quid Sidone tinctus olenti?[…]. 25

Le vesti appaiono quindi personalizzabili, con iscrizioni devozionali, con il nome proprio o addirittura, nel caso sepolcrale, con una breve presentazione biografica, come è possibile osservare nel ritratto a encausto del giovane Eutyche, definito “liberto di Kasianos”34; sono decorate, segnalano lusso e vanità, ricoprendo inoltre il ruolo di distintivo sociale nel contesto quotidiano. Il cristianesimo, almeno teoricamente, tende invece a ristabilire una certa mentalità umile: è opportuno, infatti, che la veste non sia eccessivamente colorata, né decorata35. Tertulliano sottolinea questo concetto nel suo trattato, De cultu feminarum. In tale sede, oltre ad esortare le donne che si preparavano alla vita coniugale a sottomettersi ai

B ., Phil. Cons. 1 (CSEL 67, pp. 1-3): […] Vestes erant tenuissimis filis subtili artificio indissolubili materia perfectae, quas, uti post eadem prodente cognomi, suis minibus ipsa texuerat; quarum speciem, veluti fumosas immagine solet, caligo quaedam neglectae vetustatis obduxerat. Harum in extremo margine Π Graecum, in supremo vero Θ legebatur intextum atque in utrasque litteras in scalarum modum gradus quidam insigniti videbantur, quibus ad inferiore ad superius torum quorundam sciderant manus et particulas, quas quisque potuit, abstulerant. Et dextra quidem eius libellos sceptrum vero sinistra gestabat. 33 Si è anche supposto che la lettera Θ fosse iniziale di θάνατος, “morte”, in allusione alla condizione di Boezio che scrisse l’opera in carcere dopo essere stato condannato a morte da Teodorico, per poi essere giustiziato nel 525 d.C. Si vd. G 2007, pp. 141-152. Si desidera specificare che la citazione di questa fonte non è volta a giustificare la presenza delle c.d. gammadiae, ma solo ad esplicare il fenomeno della decorazione delle vesti e i relativi simbolismi che, talvolta, si generano (n. d. A.). 34 Cfr. W et alii 1997, p. 116; D 1995, pp. 32-33. Per la questione dell’iscrizione, si vd. B 1996, p. 151; B 1998, p. 49. 35 Gli ornamenti, soprattutto nel caso delle donne, ma nel discorso sono inclusi anche gli uomini, erano visti come qualcosa che non aggiungeva bellezza al corpo, anzi spesso erano sconsigliati. Cfr. N 2004, pp. 223230; M 2004, p. 232. 32

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma propri mariti, occupandosi della filatura della lana36 e della gestione della casa, le consigliava in questo modo:

«Vuoi sapere quali ornamenti cerca in te il Signore? Sii prudente, giusto, temperante, forte. Non uscir fuori da questi limiti celesti. Saranno queste virtù, quasi una quadriga che ti porterà rapidamente alla meta, come un cocchiere di Cristo. Non esiste cosa più preziosa di questo ornamento, più elegante di questa varietà di gemme. Esse ti rendono bello sotto ogni aspetto, e ti sono come una cintura di protezione. Ti sono ornamento e difesa: sono gemme che diventano il tuo scudo»42.

«Vestitevi della seta dell’onestà, del bisso37 della santità, della porpora della pudicizia. Così decorate, avrete Dio come amante»38. L’importanza conferita al bisso, tessuto bianco e pregiato, è sottolineata anche da Giovanni nell’Apocalisse (19, 8) nel momento in cui la donna, personificazione dell’Ecclesia, si prepara a contrarre il matrimonio mistico con l’Agnello. In generale, il cristianesimo mostra una spiccata predilezione per le vesti bianche, alludenti alla purezza, all’immortalità e incorruttibilità39. Di nuovo in Ap 6, 9-11, ritroviamo i martiri che indossano abiti bianchi, al momento dell’apertura del quinto sigillo.

Sulplicio Severo nella Vita Martini propone un’ulteriore testimonianza del fatto che la veste candida fosse quasi un elemento che avvicinava il fedele alla divinità. In questo caso, Claro, un nobile giovane che aveva lasciato tutti i suoi averi per seguire Martino, riceve la visita di un tale Anatolio, ritiratosi in romitaggio non lontano dal monastero. Egli andava dicendo di riuscire a intrattenere colloqui con gli angeli, esprimendo la volontà di essere considerato un profeta. Dichiarò infine che il Signore si sarebbe manifestato donandogli dal cielo un abito candido, segnalando la sua appartenenza a un livello superiore. Una notte, infatti, furono avvistati lampi provenienti dalla sua cella e fu avvertito un forte tremore nel terreno, finché Anatolio non uscì con indosso una veste bianca che «era di estrema morbidezza, d’un eccezionale candore, di sfolgorante splendore43, e tuttavia non si riusciva a capire di quale specie e vello fosse il tessuto; tuttavia ad esaminarlo con curiosità, al tatto o alla vista non sembrava che una veste comune»44. L’episodio si conclude sottolineando come questo fosse un inganno del diavolo scongiurato da Martino, ma ciò che interessa evidenziare in tale sede è proprio la questione della veste, quale dono di Dio, di un bianco accecante. Questo colore è inteso come allusivo alla divinità, tant’è che gli abiti degli antichi sacerdoti egiziani, di quelli nominati nell’Antico Testamento, dei monaci, di Dio stesso, di Cristo, degli apostoli, dei santi, dei vegliardi e infine degli angeli, specialmente in contesto apocalittico, sono bianchi. L’abito bianco riflette la condotta morale e perciò un’anima candida45.

Agostino40 considerava le vesti di lana come simbolo della carnalità, poiché indossate sopra le altre e quindi più esterne. Il candido bisso sarebbe stato, per il vescovo di Ippona, riferito alla confessione, mentre la porpora – da sempre caratterizzante le vesti imperiali – in ottica cristiana avrebbe simboleggiato la gloria della sofferenza. Ancora, Girolamo esortava a “vestirsi di umiltà”, considerando le proprie virtù come miglior ornamento del proprio abito, simbolicamente inteso come corpo. In particolare, viene espresso questo concetto nella lettera al sacerdote Nepoziano41, nipote del vescovo Eliodoro (394 d.C.): 36 La seta costituiva una fibra molto costosa e rara, mentre la lana occupava un ruolo di spicco nell’ambito del settore vestiario dell’antica Roma. La lavorazione di questo materiale costituiva parte dell’educazione delle giovani ragazze, per far sì che esse si preparassero al loro ruolo di mogli e madri dopo il matrimonio. L’abito per la cerimonia nuziale, conosciuto come tunica recta, era di lana e di color bianco, cucito dalla stessa sposa, così come il reticulum per i capelli. Costituiva la prova che la sposa fosse pronta ad assumere il nuovo ruolo di moglie e di responsabile delle vesti e del focolare domestico. Sono presenti alcune epigrafi, nelle quali è specificata l’attività delle donne legate alla lana, in un periodo compreso tra l’epoca repubblicana e quella imperiale. Si ricordi, inoltre, che le donne sono simbolicamente caratterizzate dagli strumenti utilizzati per la tessitura. Cfr. L L 2008, pp. 229-236; W 2003b, pp. 162-163. 37 Il bisso era in realtà una fibra di origine animale, ottenuta dalla secrezione di alcuni molluschi e chiamata “seta marina”. I Greci usavano il termine per indicare una tipologia di tessuto molto fine proveniente dall’Egitto e dall’India. Cfr. D G 2002c, p. 922. 38 T ., De cultu feminarum II, 13,7 (CSEL 70, p. 95): Vestite vos serico probitatis, byssino sanctitatis, purpura pudicitiae. Taliter pigmentatae Deum habebunt amatorem. (La traduzione italiana del testo è di S. Isetta, Biblioteca Patristica 6, Firenze 1986). 39 Cfr. N 2002, p. 75. 40 A ., Serm. 37,6 (CCL 41, p. 452): Inveniens lana set linum, fecit utile manibus suis. Lanificam et linificam matronam istam sanctus sermo describit. Quaeritur autem a nobis quid sit lana, quid sit linum. Lanam carnale aliquid puto, linum spiritale. Hoc conicere audeo ex ordine vestimento rum nostro rum. Interiora sunt enim linea vestimenta, lanea exteriora. Quidquid carne operamur, in promptu est; quidquid spiritu, in secreto; 37,18 (CCL 41, p. 463): De bisso et purpura vestimenta sibi, vestimenta fecit et sibi. Non enim decebat matronam tanti viri, vel nudam incedere vel pannosam. Fecit de bisso et purpura vestimenta sibi. De bisso, candida confessione; de purpura, gloriosa passione. Huius bissum, cum oramus, agnoscimus; huius purpuras in martyribus mane laudavimus. 41 H ., Ep. LII (CSEL 54, pp. 413-441): Vis scire, quales Dominus quaerat ornatus? Habeto prudentiam, iustitiam, temperantiam, fortitudinem. His plagis caeli includere, haec te quadriga velut aurigam

Nonostante le ammonizioni e i numerosi consigli dei Padri della Chiesa ad adottare come propria unica veste l’umiltà, i cristiani però, specialmente coloro appartenenti a ceti più altolocati, non badavano a spese, né alla limitazione delle apparenze46. Pur di sembrare più religiosi di altri, gli Christi ad metam concitum ferat. Nihil hoc monili pretiosius, nihil hac gemmarum varietate distinctius. Ex omni parte decoraris, cingeris atque protegeris; et ornamento tibi sunt et tutamini: gemmae vertuntur in scuta. (La traduzione italiana è tratta da S. Cola, Città Nuova Editrice, Roma 1961, p. 442). 42 Lo stesso concetto è ripreso da P . N ., Ep. XXII, 1-2 (CSEL 29, pp. 154-155). 43 S . S ., Vita Martini, 23,1: […] micanti purpura. È tradotto, in tale sede, come “sfolgorante splendore”, intendendo lo scintillare della regalità associata al potere. È probabile però che si facesse allo stesso tempo riferimento a ornamenti e/o elementi purpurei ricamati sulla veste e alludenti comunque alla concezione di potere e dignità regale. 44 S . S ., Vita Martini, 23, 1: […] Erat autem summa mollitie, candore eximio, micanti purpura, nec tamen cuius esset generis aut velleris poterat agnosci; curiosis tamen oculis aut digitis adrecta non aliud quam vestis videbatur. 45 N 2002, p. 75. 46 Si vd. W 2003a, pp. 233-243.

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Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica quotidianità in cui non erano certamente distinguibili da tutti gli altri cittadini romani.

uomini e le donne di quel tempo erano disposti a indossare ricchi abiti, commissionando il ricamo di scene tratte dalle Sacre Scritture. I clavi erano suddivisi in vere e proprie “vignette” con raffigurazioni di Cristo, di santi e talvolta con scene evangeliche47, come testimoniano le parole del vescovo Asterio di Amasea nel IV secolo d.C. Nella sua Omelia I48 attaccava coloro i quali «caratterizzano se stessi, le loro mogli e bambini con vesti colorate vivacemente con un migliaio di figure. […] Quando essi si mostrano in pubblico vestiti in questa maniera, appaiono come muri dipinti per coloro che li incontrano […]. Ci sono persone che, abbondano di ricchezze e volendo apparire religiose, propongono ai tessitori dei loro abiti argomenti del Vangelo[…]. È possibile vedere le nozze di Galilea con le giare d’acqua, il paralitico che porta il suo letto sulle spalle, il cieco curato per mezzo dell’argilla, la donna che perde sangue che afferra l’orlo (della veste di Cristo, n. d. A.), la peccatrice che cade ai piedi di Gesù, Lazzaro che torna in vita dalla sua tomba. Facendo ciò essi si considerano religiosi per aver indossato vestiti che sono gradevoli a Dio».

Le testimonianze dei Padri della Chiesa in merito alla tematica del vestiario, soprattutto dal punto di vista spirituale, sono quindi innumerevoli. Quelle appena esaminate hanno rivestito il ruolo di introduzione a un fenomeno importante in cui erano coinvolti anche i primi cristiani, soprattutto in riferimento teorico ad alcune credenze e rituali ebraici cui la stessa religione cristiana risultava ancora legata per certi aspetti. Nell’ebraismo la veste rientrava tra i fattori di modifica al proprio aspetto fisico, insieme alla capigliatura e alla presenza dei tatuaggi53. Questi principi erano in passato, e sono tuttora, regolati dalla Bibbia e dalla legge Talmudica54, la halakhah, (letteralmente, “legislazione”)55, consistenti in espressione di sacralità o rispetto verso Dio, modestia, apparenza onorevole o festiva, di distinzione tra giudei e gentili56. Girolamo, in una lettera a Fabiola57, descriveva, ad esempio, il significato delle vesti sacerdotali ebraiche58. Queste ultime prevedevano la presenza di pietre preziose e lamine dorate sulle quali erano incisi i nomi dei Patriarchi e le singole lettere, mettendo in luce come esistesse una doppia valenza simbolica connessa sia al nome che alla pietra59.

Ma basti osservare, tra le testimonianze figurative più note e di pregio, il mosaico di Teodora e delle sue dame nella basilica ravennate di San Vitale per trovare riscontro nelle parole di Asterio. L’imperatrice indossa un mantello purpureo, sopra una tunica bianca con clavi angolari aurei e gemmati, sul quale sono ricamati in oro i Magi che portano i doni49.

Mentre i sacerdoti costituivano però un’élite e quindi un gruppo specifico di persone, uomini e donne comuni indossavano gli stessi abiti dei cittadini romani, nonostante le leggi giudaiche regolassero alcune caratteristiche delle

Anche le prescrizioni sul colore delle vesti sembrano rivestire un ruolo abbastanza teorico. Nonostante Tertulliano esortasse a limitarne l’uso, le pitture delle catacombe dimostrano che gli abiti indossati dai cristiani non erano di certo esclusivamente bianchi. I santi, gli apostoli e Cristo sono abbigliati con tunica clavata e pallio candido50; i defunti invece indossano palla o dalmatica, tunichette da lavoro orbicolate, mantelli e tuniche. I loro abiti sono perciò colorati e identici a quelli dei comuni cittadini51. In fin dei conti, era stato lo stesso Tertulliano, nella sua Apologia del Cristianesimo52, a sottolineare come i cristiani fossero diversi solo nello spirito, non nella

Le seguenti definizioni ebraiche sono tratte dall’aggiornato glossario compilato dalla Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia Onlus: http://www.beniculturaliebraici.it/ e soprattutto da S 2008. 54 Talmud vuol dire “dottrina”. È un’opera complessa, in parte legislativa e in parte narrativa, composta dalla Mishnah e dalla Gemarah. Sono presenti due Talmud: si tratta di quello Gerosolimitano o Palestinese, composto tra il IV e il V secolo dell’Era Volgare, ed è incompleto; l’altro è il Talmud Babilonese, redatto tra V e VII secolo dell’Era Volgare, autoritativo (n. d. A.). 55 Il grado di osservanza halakhica poteva variare da luogo a luogo sia nelle terre di Israele che in quelle delle Diaspora – in maniera particolare Babilonia – secondo la vicinanza locale ai centri di studi del Talmud (n. d. A.). 56 La convivenza di diverse realtà religiose con uno stesso substrato ellenistico-romano fece sì che la tipologia di abito – toga o pallio – non fosse considerato un elemento di differenziazione specifico (n. d. A.). 57 H ., Ep. LXIV (CSEL 54, p. 602): In utroque umero habet singulos lapide clusos et adstrictos auro, qui Hebraice vocantur “soom”, ab Aquila et Symmacho et Theodotione onychini, a Septuaginta zmaragdi: Iosephus sardonychas vocat cum Hebraeo Aquilaque consentiens. Ut vel colorem lapidum vel patriam demonsstraret in singulis lapidibus sena patriarcharum nomina sunt, quibus Israheliticus populus dividitur: in dextro umero maiores filii Iacob, in laevo minores scripti sunt, ut pontifex ingrediens Sancta Sanctorum populu, pro quo rogaturus est Dominum, portet in umeris. (La traduzione in italiano è tratta da S. Cola, Città Nuova Editrice, Roma 1962, pp. 160-161). 58 Il concetto di ripresa cristiana dal passato giudaico è sottolineato anche in M 2004, p. 245. 59 Una descrizione minuziosa degli indumenti sacerdotali ebraici si ritrova, in realtà, anche in Es 28, 15-39 e in Es 39, 1-31. La comune veste dei sacerdoti è sempre composta di fibre vegetali, ovvero di lino, e bianca; quella del gran sacerdote, come visto nella descrizione, è particolare. Scrissero a tal proposito, interpretando metaforicamente gli elementi compositivi della sua veste, Filone, Flavio Giuseppe, Clemente Alessandrino e Origene. Si rimanda a N 2002, pp. 30-31; 216-246. 53

47 D M et alii 1989, pp. 31-32 e figg. 29-30; pp. 139143. 48 A .A ., Hom. I (PG 40, p. 168). 49 In questo caso, la raffigurazione dei Magi deve essere relazionata anche al ruolo ricoperto da Teodora nel mosaico in cui è rappresentata: i Magi si trovano in una processione per portare un dono, esattamente come lei stessa entrando nell’edificio di culto. Cfr. B 2002, p. 48. 50 Il bianco quasi accecante della veste di Cristo viene rimarcato soprattutto nell’episodio della Trasfigurazione; sono uguamente vestiti di bianco gli angeli che scortano Cristo nell’episodio dell’Ascensione. Sull’importanza della veste di Cristo e sulla simbologia correlata, si vd. T 2014, pp. 51-80. 51 Questa osservazione viene approfondita in M 2004, pp. 236-237. 52 T ., Apologeticum, 42, 1-3(CCL 1, p. 350): Sed alio adhuc iniuriarum titulo postulamur, et infructuosi negotis dicimur. Quo pacto nomine vobiscum degentes, eiusdem victus, habitus, instructus, eiusdem ad vitam necessitatis? […] Itaque non sine foro, non sine macello, non sine balneis, tabernis, officinis, stabulis, nundinis vestris uterisque commerciis cohabitamus hoc saeculum. Navigamus et nos vobiscum et vobiscum militamus et rusticamur et mercamur; proinde miscemus artes, operas videmur negotis vestris, cum quibus vivimus, nescio.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma vesti. L’osservazione che Tertulliano aveva operato nel caso specifico dei cristiani appare applicabile anche alla categoria ebraica. Nonostante ciò, gli ebrei sembrano comunque portare più attenzione ad alcune caratteristiche, come ad esempio il colore delle veste o la composizione della stessa. Sappiamo infatti che, mentre gli uomini erano in dovere di indossare l’abito bianco, le donne invece erano destinate a quello colorato60. Era proibito, inoltre, indossare vesti tessute con fibre miste, mentre quelle consentite erano di solo lino, oppure di sola lana61. Le vesti di lino, considerate pure, potevano infine essere ornate, ma limitatamente62.

J. “Ma in connessione con una camicia/veste, [se è stata rattoppata] dall’alto, è un connettore. [Se rattoppata] da sotto, non è un connettore”67. È interessante – e ovviamente non casuale – notare la convergenza di idee legate a ritualità tipicamente ebraiche riguardanti, in questo specifico caso, la presenza di una particolare toppa dalla forma di Γ, la quale conferisce un certo grado di purezza se cucita in un determinato modo. Un altro interessante passo è tratto dalla Tosefta, Shabbath 12,1 dove il discorso della purezza pare legato alla questione della veste, disposta e cucita in un certo modo, in cui compare anche un certo “gamma”:

A tal proposito, sembrerebbe interessante esaminare alcuni passi della letteratura ebraica. Carl Kinbar, in una sua analisi comparativa tra la Mishnah63 e la Tosefta64, si occupò di sottolineare le divergenze di opinione dei rabbini sulle vesti65. Nella Mishnah Kelim 28:7 abbiamo, infatti, due differenti punti di vista tra i saggi, il Rabbi Aqiba e il Rabbi Judah:

«Colui che cuce due fili sopra il gamma [si legga. ‫םג‬ per ‫ ]סג‬e sopra lo ‘imrah68, poi è legato [a portare un’offerta di espiazione dalla colpa]; R. Eliezer dice: Anche uno. Colui che cuce due fili sopra la cimosa69 [per] la larghezza di tre fili di ordito, è legato»70.

A. “Tre per tre [dita trasverse] riguardanti ciò che hanno detto” – B. “è esclusivo del bordo”. [Queste sono] le parole di Rabbi Simeon. C. Ma i Saggi dicono, “Tre per tre [dita trasverse] esattamente”. D. Se uno è rattoppato da uno dei suoi lati, non è un connettore. E. [Se uno è rattoppato] dai due lati, questo opposto a quello, è un connettore. F. Se uno la fa [la toppa] come un gamma – G. Rabbi Aqiba lo dichiara impuro. H. Ma i Saggi lo dichiarano puro. I. Disse Rabbi Judah, “Secondo quali circostanze? In connessione con un mantello”66.

Questo passo venne interpretato dal Rab Hai Ga’on – vissuto nell’XI secolo d.C. – in questa maniera: «Si tratta di un elemento colorato e piegato (‫)סוקמ‬, come un gamma greco, un filo (cioè, un braccio) verso questa direzione, l’altro nell’altra direzione, in modo da formare un segno, sia sullo ‘imrah che sull’ornamento (schema, motivo, figura = ‫ )רויצ‬che è come voler dire, che egli (il tessitore) quando tesse, compone ornamenti simili a lettere, ovvero come se egli stesse scrivendo (T. P. Shabbath, 105a)»71. Indipendentemente dai rituali e dalle varie opinioni rabbiniche, la questione della purezza della veste è molto cara all’ebraismo: non è un caso che il gran sacerdote debba cambiare le sue vesti prima di lavarsi quando entra nel Santo dei Santi il giorno dell’Espiazione, oppure che l’uomo che brucia le vittime offerte in sacrificio per il peccato debba prima lavare i propri abiti e poi lavare

60 Come già visto per i cristiani, anche per i giudei i precetti sembrano non venir rispettati letteralmente, tant’è che nella sinagoga di Dura Europos si ritrovano uomini che indossano vesti colorate (n. d. A.). 61 Un tessuto in fibra mista di chiama Sha’atnez, la cui proibizione è ribadita in Deu. 22, 9-11 e la cui questione è affrontata anche nella Mishnah Zeraim. 62 Y 2012, pp. 71-94. 63 La Mishnah costituisce l’insegnamento orale elaborata dalle autorità rabbiniche all’inizio del’Era Volgare e il suo conseguente apprendimento. Essa contiene la legge religiosa della tradizione orale, ovvero la halakah. La Mishnah è divisa in sei parti principali-ordini, o sedarim, l’ultima dei quali si chiama Tohoroth suddivisa a sua volta in 30 capitoli. Essa riguarda la purezza e Kelim è il primo trattato della Tohoroth. Quando si parla della Mishnah per eccellenza si intende una raccolta effettuata da rabbi Jehudah ha-Nasi, risalente al 200 circa E.V. Si crede che la Mishnah derivi direttamente da Mosè stesso (n. d. A.). 64 La Tosefta è un’appendice della Mishnah, una specie di commento ad essa, che riporta la sua stessa suddivisione in ordini. Risale al I-II secolo dell’Era Volgare (n. d. A.). 65 Al contempo si tenga a mente che Mishnah e Tosefta, pur essendo molto antiche, subirono con il tempo una rabbinizzazione, così come la Bibbia usata dai cristiani subì una cristianizzazione sotto molti aspetti. Cfr. P 1987, pp.7-21. 66 “Cloak” nella traduzione inglese del prof. Kinbar. Spesso con il termine equivalente a mantello in italiano, si intende invece il pallio (n. d. A.).

La traduzione in italiano è stata fatta dall’Autrice basandosi sul testo in inglese riportato in K 2011, p. 84. 68 Il termine è utilizzato per indicare nella letteratura mishnaica l’orlo della veste, nello specifico dell’haluq, corrispondente alla tunica. Nonostante ciò, Yadin crede che in alcuni casi con il termine ‘imrah si debbano intendere i clavi. Cfr. Y 1963, pp. 209-211. 69 Si intende ugualmente l’orlo della veste. 70 La traduzione italiana è stata effettuata dall’Autrice sulla base del testo inglese riportato in Y 1963, nt. 72, p. 231: «He who weaves two threads upon the gamma [read. ‫ םג‬for ‫ ]סג‬and upon the ‘imrah, then he is bound [to bring a guilt offering]; R. Eliezer says: Even one. He who weaves two threads upon the selvedge [for] the width of three warp threads, he is bound». 71 La traduzione italiana è stata effettuata dall’Autrice sulla base del testo inglese riportato in Y 1963, pp. 232: «This is a coloured, bent place (‫)סוקמ‬, like a Greek gamma, one threads (i.e. arm) to this direction, the other to the other direction, which forms a sign, or on the ‘imrah or on the ornament (pattern = ‫ )רויצ‬that i sto say, that he [the weaver] when he weaves, he forms ornaments like letters, that i sto say, as if he is found to be writing». Lo studioso sostiene che la citazione gli fu suggerita a suo tempo dal prof. S. Lieberman. Purtroppo non è stato possibile riuscire a ritrovarla nella sua forma originale. 67

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Il ruolo della veste e dei suoi ornamenti nell’antichità profana, cristiana ed ebraica se stesso (Lev 16, 23-28). Come definisce Carla Noce72 proprio in merito al discorso ebraico: «L’unione tra la veste e la persona è considerata talmente intima da rendersi inevitabile la purificazione di entrambe». Il legame tra veste e corpo è perciò molto forte sia nel contesto antico in generale che, nel caso specifico, all’interno della religione ebraica e risulta certamente stimolante, alla luce della Mishnah, poter pensare a queste toppe come ad elementi determinanti una distinzione o un grado di purezza a livello, perciò, simbolico. Non è da escludere che, proprio quest’ultima accezione relativamente alle c.d. gammadiae fosse confluita in maniera diretta nel cristianesimo, legandosi indissolubilmente alla tunica clavata e al pallio, indumenti diffusi in tutto l’impero. Il simbolismo, quindi, muterà, come vedremo, a seconda del contesto, pur mantenendo un “filo rosso” conduttore. Appare tuttavia complesso tracciare uno schema chiaro e lineare circa l’utilizzo di questi elementi. Oltre al problema delle scarse o generiche fonti a riguardo, una delle principali difficoltà è costituita certamente dal fatto che i reperti materiali e tessili giunti fino a noi siano spesso stati musealizzati, “ritagliati” dalle tuniche in epoca coloniale ed estrapolati dal contesto di ritrovamento73, fino a terminare il loro percorso all’interno di magazzini o esposti dietro teche di vetro nelle quali una generica didascalia recita un formulario cronologico eccessivamente ampio, solitamente compreso tra IV e VII secolo d.C. Nonostante tutto, si è provato ad effettuare uno studio iconografico, tentando di ricostruire sulla base di dati statistici e di schemi specifici le percentuali di comparsa che indicano l’identità e le caratteristiche degli indossatori. È per tale motivo che appare opportuno spostarsi nelle catacombe romane, dove le c.d. gammadiae trovano diffusione e sviluppo, legandosi inoltre a una particolare simbologia. Qui la veste, infatti, riveste non solo il ruolo di identificatore sociale, ma anche e, più propriamente, di mezzo espressivo di una determinata autorità spirituale, manifestata tramite il pallio74, che si configura talvolta come sede stessa della potenza divina75.

N 2002, p. 28. Questo problema è sottolineato parzialmente anche dalla Rollason nel suo studio sui doni delle vesti, cfr. R 2016, p. 90 e dalla Renner, specificando come molte tombe tardo antiche e copte d’Egitto vennero scavate nel XIX secolo. Le stoffe, considerate come rarità, confluirono in collezioni sparse. Spesso i motivi decorativi venivano tagliati, escludendo e perdendo di fatto tutto il resto della veste. Il contesto ovviamente non venne studiato in rapporto ai ritrovamenti, danneggiando per sempre la ricostruzione storica. Cfr. R 1981, p. 285. 74 Per la veste sacra e il pallio, si vd. R 2016, pp. 136-146. 75 È il caso del noto episodio dell’emorroissa che intende toccare le frange, o il bordo, dell’abito del Signore per poter guarire. Si vd. N 2002, pp. 297-300; B 2014, pp. 1-32 . 72 73

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5 Le c.d. gammadiae nelle catacombe romane Abstract: Nelle catacombe romane sono numerose le scene con presenza di gammadiae. Il presente capitolo costituisce un’introduzione verso l’analisi di ogni scena in cui appaiono le gammadiae sul pallio dei personaggi santi. In the Roman catacombs there are numerous scenes with the presence of the gammadiae. This chapter is an introduction to the analysis of each scene in which the gammadiae appear on the pallium of the holy characters. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials Allo stato attuale delle ricerche, nel contesto cimiteriale romano è possibile stabilire alcuni “schemi” di comparsa all’interno dei quali le c.d. gammadiae sembrano caricarsi di significato.

catalogazione delle stesse, possono essere condotte alcune interessanti osservazioni. Le c.d. gammadiae furono da sempre interpretate come lettere. Il loro aspetto sembrerebbe, effettivamente, non tradire questa considerazione eppure, analizzando i più antichi simboli dalla terminazione dentata, orientati sia in verticale che in orizzontale, e confrontandoli con quei frequenti segni in catacomba morfologicamente simili a lettere I o H, è possibile pensare a una loro semplice evoluzione e reinterpretazione. L’esecuzione delle c.d. gammadiae in catacomba varia spesso: dalla metà del III secolo fino all’avanzata metà del IV secolo d.C., il pallio dei personaggi è contrassegnato da segni morfologicamente simili alle lettere I, H e alla croce gammata.

L’esame totale degli affreschi ha permesso di poter osservare quali siano i personaggi indossatori di vesti “contrassegnate”. Si tratta di Cristo, degli apostoli, dei santi e dei martiri legati, spesso, a determinati episodi. Ritroviamo perciò Cristo, abbigliato con il pallio dal lembo segnato dalla c.d. gammadia, mentre effettua un miracolo (resurrezione di Lazzaro, miracolo di Cana, moltiplicazione dei pani, guarigioni), oppure assiso tra gli apostoli e i santi, anch’essi con il pallio marchiato. Ci sono poi le introduzioni dei defunti, nelle quali i santi svolgono la funzione di accompagnatori, di “garanti” per la salvezza dell’uomo o della donna che affiancheranno presentandoli al cospetto di Cristo stesso, della Madonna, oppure genericamente conducendoli nell’aldilà1.

Esclusivamente nell’ipogeo di via Dino Compagni, a partire dalla seconda metà del IV secolo d.C., si registra l’aggiunta di un segno morfologicamente simile a una L e di una c.d. gammadia piuttosto singolare (31), probabilmente esito di una interpretazione erronea da parte dell’artista che lavorò all’affresco.

Si tratta comunque di personaggi di una determinata levatura morale, superiori ai comuni fedeli. I primi cristiani sembrano esprimere la volontà di effettuare una distinzione, riconoscendo figurativamente coloro che sono collocati nella sfera divina o prossima ad essa. Per farlo, utilizzano le c.d. gammadiae, probabilmente perpetuando una tradizione simbolica tramandata dall’ebraismo, seppur introdotta in un panorama più ampio, come dimostra la sinagoga di Dura Europos, sulle cui pareti sono i personaggi “giusti”, ovvero uomini che si distinguono per il loro operato legato alla sfera spirituale, a indossare il pallio con strisce dalle terminazioni dentate2.

Le grandi variabili morfologiche si registrano a partire dal V secolo d.C., a Roma, ma soprattutto a Ravenna nei grandi mosaici basilicali, spesso conseguenza di restauri e ricostruzioni. In catacomba, perciò, le varianti per così dire “primordiali” sono solamente due. La loro differente esecuzione ha dato vita a forme più o meno longilinee, dai contorni spessi e marcati. Nelle catacombe romane si registra un solo caso di striscia verticale dalle terminazioni dentate: si tratta del generico palliato con virga rappresentato sulla volta del c.d. cubicolo di Milziade3. Tutte le rimanenti testimonianze sono invece affrescate in maniera più affine alla morfologia delle lettere.

Studiando sistematicamente il susseguirsi di queste particolari testimonianze in catacomba ed effettuando una

1 Rimando al recente contributo di F. Bisconti riguardanti i ritratti di defunti nell’antichità in associazione con le scene di introduzione: B 2015, pp. 27-46. 2 Cfr. G 1953-1968, vol. IX, pp. 124-174; K 1956, passim.

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Cfr. scheda 32.1.

Le c.d. gammadiae nelle catacombe romane Appare, a mio avviso, piuttosto evidente come per i pittori fosse più semplice, ma anche più logico affrescare segni conosciuti. Per ottenere quelle strisce dentate, sarebbe stato necessario tracciare due segni paralleli – orizzontali o verticali, a seconda del verso di lettura – e uno perpendicolare ad essi. Il più delle volte questi segni assumono le sembianze della lettera I la quale, tuttavia, presenta spesso una strana forma compressa, con le estremità superiori e inferiori più spesse. Lo schema di evoluzione (fig. 1) potrà, figurativamente, produrre una maggiore chiarezza in merito. Stabilito ciò, è possibile ora comprendere più nitidamente come le c.d. gammadiae non siano monogrammi, né iniziali dei nomi dei personaggi indossatori del pallio contrassegnato, ma semplicemente segni, che subirono una certa evoluzione e interpretazione, ai quali è legato un concetto di santità e superiorità, di autorevolezza in senso morale all’interno dell’ambito iconografico catacombale e cristiano, ma di conseguenza – come già accennato – anche ebraico.

Fig. 1. Schema relativo al cambiamento morfologico delle c.d. gammadiae (elaborazione dell’Autrice).

anteriormente. Questi ultimi, spesso, si posizionavano in modo da pendere dalle braccia piegate a loro volta. Non vi è perciò alcun simbolismo numerico legato all’apparente duplicazione delle gammadiae. Stabiliti questi punti fondamentali, sarà possibile esaminare gli affreschi cimiteriali con una consapevolezza diversa, leggendo le scene senza alcun “timore misterico” connesso alle gammadiae, ma soltanto con uno più specifico spirito critico e di osservazione4.

La corruzione di tali segni, dovuta all’abilità degli esecutori – pittori nel caso di affreschi, o lapicidi nel caso delle lastre incise – fece sì che essi assumessero posizioni inclinate, eccessivamente compresse, oppure che fossero mancanti di estremità sommariamente tracciate. Si generarono, involontariamente, alcune varianti che, spesso, confusero gli studiosi. A partire dal V secolo d.C. i mosaici, prevedendo l’impiego di tessere, risultarono talvolta ancora più approssimativi. Quei segni dalla forma di I persero alcune estremità, o le ridussero al minimo, somigliando a Γ longilinei e dai tratti imprecisi, fino a giungere ai secoli successivi quando, probabilmente, esse muteranno secondo criteri ancora sconosciuti, assumendo solo in questa fase l’aspetto di lettere, orbicoli o elementi simili a foglie. Rimase però un fattore: la consapevolezza di dover attribuire questi simboli solo ai personaggi santi. È opportuno, perciò, effettuare un’ulteriore osservazione, da tenere presente nell’ambito dello studio delle c.d. gammadiae. Il confronto con i tessuti frammentari, ma soprattutto con le rare tuniche intere, spesso provenienti dall’Egitto il cui clima è stato favorevole alla loro conservazione, ha permesso di comprendere come questi segni non si trovino esclusivamente su un solo lembo della veste. Essi caratterizzano, infatti, tutti i quattro angoli del pallio. Potrebbe sembrare un elemento di scarso valore, ma in realtà è proprio questo a scongiurare la possibilità di un ulteriore simbolismo legato a quella che, più volte, è stata considerata una “geminazione delle gammadiae”. La totalità dei personaggi indossa il pallio con quattro gammadiae collocate sugli angoli. Il fatto che se ne vedano soltanto uno o due, più raramente tre, quasi mai quattro è legato esclusivamente a una questione di prospettiva scelta dall’artista. Il pallio era indossato ripiegandolo, mentre due lembi scendevano posteriormente e gli altri due

4 Per queste sezioni, saranno inserite informazioni bibliografiche essenziali. Si rimanda direttamente alle singole schede GMS nominate, con bibliografia propria, per evitare ulteriori ripetizioni.

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6 Le scene Veterotestamentarie Abstract: Il presente capitolo riguarda le scene con la presenza di gammadiae estrapolate dalla narrazione del Vecchio Testamento e rappresentate nelle catacombe romane. This chapter is about the scenes where gammadiae are present, extracted from the narration of the Old Testament and represented in the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, Old Testament

Il corpus Veterotestamentario costituisce, per i primi cristiani, un punto di riferimento, in cui la nuova dottrina affonda le proprie radici. Il rapporto religioso con il passato ebraico non scompare con l’avvento del cristianesimo, ma permane, sviluppandosi e costituendo un gancio verso il passato. Gli eventi descritti nel Vecchio Testamento sono letti come anticipatori di ciò che avverrà nel Nuovo, nel quale le profezie si avverano con la nascita di Cristo e il suo operato.

difficile comprendere il motivo di questa scelta, essendo stato il primo profeta ad enunciare un oracolo messianico indicando nello specifico una stella; la sua figura venne quindi utilizzata dai primi cristiani per creare una sorta di “ponte” tra il Vecchio e il Nuovo Testamento. Questa sua caratteristica venne perciò considerata come fondamentale per attribuirgli un fattore distintivo di autorevolezza e di legame spirituale, affrescando quindi la gammadia sul suo pallio.

In iconografia è frequente il richiamo ad articolati episodi, sintetizzati utilizzando vere e proprie chiavi di lettura. È, ad esempio, il caso delle scene di profezia che ritroviamo, per ben tre volte, nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino, e riferibili in particolare al profeta Balaam1, la cui storia si sviluppa in vari passaggi nel libro di Numeri. I cristiani estrapolano esclusivamente gli episodi funzionali alla spiegazione: il profeta fermato dall’angelo, presente però solo nell’ipogeo di via Dino Compagni, e ancora il profeta mentre indica l’astro luminoso di Cristo.

Allo stesso modo, sulla volta del cubicolo Nr53 del medesimo cimitero, un uomo di spalle indica una stella che splende sulla destra. Il personaggio è ancora ammantato in tunica e pallio e sul lembo della veste si distingue una gammadia4, così come accade nel cubicolo Nr62, dove all’interno di un riquadro definito da una tripla cornice rosso-verde, si installa la figura del profeta in movimento, con il braccio disteso a indicare l’astro5. Uno degli episodi maggiormente rappresentati all’interno delle catacombe romane è certamente il miracolo della sorgente operato da Mosè per la sua spiccata allusione battesimale, la cui iconografia sarà oggetto di ripresa quando, verso la seconda metà del IV secolo d.C., si cominceranno a raffigurare scene petrine e, in particolare, il battesimo dei due carcerieri6. Il patriarca, durante la fuga dall’Egitto, venne chiamato a dissetare il popolo d’Israele, battendo la rupe d’Oreb con il bastone, da cui sgorgherà dell’acqua. Com’è noto, la trasposizione figurativa dell’episodio prevede una sintesi, con l’elusione degli Israeliti e la sola rappresentazione di Mosè che, rivolto di profilo, più giovanile o barbato, tende la propria virga verso la roccia dalla quale scorrono rivoli d’acqua. In un numero considerevole di casi7, l’uomo indossa tunica e pallio contrassegnato da una gammadia.

Uno dei settori in cui è suddivisa la decorazione dell’arcosolio Nr46, c.d. di Balaam2, prevede la raffigurazione dell’uomo, dal volto non ben definito, in tunica e pallio, mentre indica una stella a otto punte che brilla luminosa nel cielo. La storia di questa pittura è particolare: in passato una macchia, infatti, oscurava la stella, facendo sì che la rappresentazione somigliasse a un Mosè in procinto di ricevere la Legge. Joseph Wilpert3 provò una pulitura dell’affresco scoprendo la presenza dell’astro. Dopo la rimozione dello strato di incrostazione, Mosè tornò quindi ad essere Balaam e a simboleggiare l’avverarsi della profezia messianica. Pur essendo un personaggio considerato per molti versi negativo a causa della controversa storia che lo caratterizza, Balaam indossa un pallio con gammadia. Non sarà

È raro invece trovare la figura di Mosè che riceve la Legge con il lembo del pallio marchiato. Nelle catacombe

1 Sulla figura di Balaam e sulla tematica della profezia, si vd. M 2000b, pp. 132-134; C C 1988, pp. 65-87; C G 1994, pp. 141-174; C 2013, pp. 421-434; C 2016, pp. 67-88. 2 Nr46, pp. 55-56; scheda 27.63. 3 Wp volume testo, pp. 184-185.

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Nr53, p. 57; scheda 27.82. Nr62, pp. 59-60; scheda 79.29. N 2000, pp. 216-219; V M 1964, pp. 222-230. Si rimanda direttamente alle schede GMS in appendice.

Le scene Veterotestamentarie romane, infatti, il caso registrato è uno soltanto8 e riguarda il cimitero di Ciriaca, nello specifico l’arcosolio di Zosimiana, dove nella porzione contrapposta dell’arcosolio stesso9 si svolge l’episodio di Mosè che si slaccia i calzari prima di entrare nel roveto ardente e in cui l’uomo indossa nuovamente il pallio con gammadia10.

Nr2, p. 43; scheda 79.11. Nr2, p. 43; scheda 79.12. 10 Per una panoramica sulla figura di Mosè e sul simbolismo collegato al cristianesimo, si vd. U 2000a, pp. 223-225. 8 9

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7 I miracoli e alcuni episodi evangelici Abstract: Il presente capitolo riguarda le scene con presenza di gammadiae estratte dalla narrazione del Nuovo Testamento, in particolare i miracoli e altri episodi evangelici, rappresentati nelle catacombe romane. The present chapter is about the scenes where gammadiae are present, extracted from the New Testament, in particular miracles and other evangelical episodes, represented in the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, New Testament, miracles

Il Nuovo Testamento riveste un ruolo fondamentale nella composizione dei programmi figurativi cimiteriali cristiani. I vari episodi e i sentimenti da essi evocati alludono alla salvezza, in vista della resurrezione finale. I cristiani li estrapolano dalla narrazione, focalizzando l’attenzione esclusivamente su un aspetto della storia raccontata dai testi evangelici, leggendoli quindi in chiave simbolica e usandoli per ornare la domus aeterna al fine di evocare – in un certo senso – il messaggio in essi contenuto.

termine dello stesso. Uno dei più antichi casi esemplari da considerare è certamente l’affresco del nicchione Nr14 nella catacomba anonima di via Anapo2. Un Cristo giovanile e imberbe, indossante tunica e pallio, punta la virga verso sinistra, fino a toccare con la punta la mummia di Lazzaro contenuta nel sepolcro architettonico a doppio spiovente. La c.d. gammadia sul pallio di Cristo sembra assumere la morfologia di una lettera Z che, a una migliore osservazione, si presenta invece come una inclinata e compressa (27)3.

I temi Neotestamentari sembrano vertere intorno a un nucleo, quello cristologico, motore del cosmo cristiano, sottolineando l’operato di Gesù: miracoli, guarigioni e altre tipologie di prodigi diventano rappresentazioni iconiche, spesso immediatamente leggibili, quanto talvolta necessarie di interpretazione a seconda del loro inquadramento contestuale.

Se il fenomeno non sembra forse ben comprensibile in via Anapo, certamente l’osservazione sistematica degli affreschi della catacomba di Domitilla chiarirà i dubbi in merito. Una delle raffigurazioni riguardanti la resurrezione di Lazzaro presenta proprio questo fenomeno dell’inclinazione delle gammadiae. Si tratta della scena riportata sulla fronte del c.d. arcosolio rosso del secondo piano4: Cristo imberbe e giovanile, indossa tunica e pallio, mentre usa la virga per sfiorare la piccola mummia di Lazzaro, inserita in un sepolcro architettonico del quale si distinguono il tetto a doppio spiovente in tegole, i grossi blocchi che compongono i muri, le colonne terminanti con capitelli che sorreggono il timpano triangolare e, infine, le scale di accesso. Del pallio di Cristo sono ben visibili i due lembi – uno anteriore e uno posteriore – contrassegnati da gammadiae che potrebbero somigliare a una Z. Un’osservazione più attenta e mirata potrà sottolineare la sola inclinazione dell’asse che segue le pieghe della veste, mentre le due estremità sono parallele. Si tratta, ancora una volta, di una (27), tracciata in maniera prospettica, senza subire l’appiattimento frontale.

Si osservano prevalentemente scene di guarigione e resurrezione, che riguardano il piano della salvezza spirituale e fisica, senza dimenticare altre tipologie attinenti il simbolismo eucaristico, quali le moltiplicazioni dei pani o il miracolo di Cana. Sporadiche raffigurazioni si riferiscono alla samaritana al pozzo, episodio che si inserisce nella linea battesimale. Le gammadiae, nell’ambito di questa tematica iconografica, rivestono un ruolo importante, andando spesso a segnare il pallio di Cristo, volendo rimarcare la straordinarietà dei suoi gesti, l’autorevolezza di cui è investita la sua figura, il suo animo elevato a una sfera differente rispetto a quella dei comuni fedeli. Tra gli episodi più interessati dalla presenza di gammadiae, abbiamo sicuramente la resurrezione di Lazzaro1 la cui sussistenza si registra almeno dal primo IV secolo fino al

Particolare è sicuramente l’episodio rappresentato sulla fronte dell’arcosolio di Orfeo nella catacomba dei SS.

Nr14, p. 20; scheda 25.3. La medesima esecuzione si riscontra nella scena di Mosè che opera il miracolo della fonte e della moltiplicazione dei pani nello stesso nicchione. 4 Nr50, p. 128; scheda 27.28. 2

Sulla figura di Lazzaro, si vd. G 2000, pp. 201-203. Sulla tipologia dei sepolcri rappresentati nella plastica funeraria, si vd. R 1997, pp. 341-370. Su alcuni affreschi catacombali riguardanti la resurrezione di Lazzaro, si vd. P 1993. 1

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I miracoli e alcuni episodi evangelici Pietro e Marcellino5: Cristo, dagli occhi grandi e dalla chioma riccioluta, indossa tunica e pallio e, come di consueto, tocca con la virga la mummia di Lazzaro, collocata all’interno di un sepolcro cui non è stata resa la profondità. È infatti stato rappresentato sinteticamente solo l’ingresso, con colonne tortili, timpano triangolare e scalette d’accesso. L’elemento singolare è invece costituito dal cristogramma sul lembo del pallio: il monogramma costantiniano si pone laddove si trovano le c.d. gammadiae, simboli di autorevolezza, ricoprendo in qualche modo il loro stesso ruolo6. Il simbolo ha perciò, probabilmente, una doppia valenza: un inno al trionfo del cristianesimo che, al contempo, sottolinea il concetto di Cristo come luce e vita in associazione all’episodio della resurrezione di Lazzaro. È un’idea complessa che, d’altronde, avrebbe potuto essere specifica solo di una determinata e agiata committenza.

Sono solo due, invece, le rappresentazioni del miracolo di Cana nelle quali sono incluse le gammadiae. Il primo caso si registra nelle catacombe di Pietro e Marcellino, nel c.d. cubicolo doppio, dove nella lunetta dell’arcosolio destro si innesta una composizione complessa: un sontuoso banchetto presieduto da commensali maschili si svolge intorno a un tripode, sul quale è poggiato un piatto con un pesce; una servitrice, individuabile sulla sinistra, si avvicina cautamente con una portata; al lato opposto, sulla destra, è invece Cristo che, in tunica e pallio, effettua il miracolo di Cana, puntando la virga sugli otri contenenti acqua e mutandola in vino. È sottile il simbolismo che si intende comunicare tramite questa unione figurativa: da un lato, vi è l’accostamento “miracolo di Cana-banchetto” poiché, nella narrazione evangelica, il prodigio avvenne durante un banchetto di nozze; dall’altro, invece, sembra trapelare la volontà del committente di far assistere, al proprio banchetto celeste, lo stesso Cristo, evocandone la presenza.

Come si diceva inizialmente, l’arte cristiana si riferisce anche al tema eucaristico, scorgendone le allusioni in alcuni episodi evangelici che non necessariamente devono rifarsi a scene di banchetto in ricordo dell’Ultima Cena. Viene perciò sinteticamente estrapolato il solo personaggio, Cristo, con l’oggetto simbolico dell’episodio. Nella raffigurazione della moltiplicazione dei pani7, spesso, egli si colloca centralmente o di profilo, mentre dirige la virga verso alcune delle ceste, solitamente divise tra i suoi lati.

L’altra raffigurazione si trova ancora nello stesso cimitero, nel cubicolo Nr48, nel sottarco dell’arcosolio della parete di fondo10. L’affresco non è ben conservato, ma si distinguono i tratti del volto di Cristo leggermente inclinato, la tunica e il pallio con una gammadia purtroppo frammentaria, la virga puntata verso le anfore distinguibili dalle anse.

Sulla volta del cubicolo Nr43 della catacomba dei SS. Pietro e Marcellino8, all’interno di una lunetta di ripartizione, si innesta la figura del Cristo, abbigliato in tunica clavata e pallio, mentre punta la virga verso quattro ceste di pane alla sinistra dell’osservatore. Le altre tre sono collocate a destra e appare interessante studiarne la morfologia: i cesti viminei sono quasi sormontati da una grossa pagnotta, simbolica del contenuto. Cristo, imberbe e giovanile, dalla chioma riccioluta e corta, ha lo sguardo ispirato, sottolineato dalla grandezza degli occhi. Il tratto, con il quale viene affrescata l’intera scena, è molto marcato, così come la gammadia, dai contorni spessi e scuri, caratteristiche queste che inquadrano un range cronologico riferibile alla seconda metà del IV secolo d.C.

Tra gli episodi evangelici, si ricorda anche quello della negazione di Pietro, il Ter Negabis, raffigurato solo nelle catacombe di Commodilla, con presenza di gammadiae11. Lo sfondo architettonico prevede in primo piano lo svolgersi del celebre episodio: Cristo, accompagnato da un generico apostolo, sta parlando con Pietro, avvisandolo del fatto che lo avrebbe rinnegato per tre volte “prima che il gallo cantasse”, mentre il volatile sulla colonnina anticipa gli eventi che accadranno a breve. La lunetta è molto frammentaria, specie nella porzione comprendente Cristo e l’altro apostolo, le cui vesti risultano danneggiate. È perciò probabile che la gammadia – sicuramente presente almeno sul pallio di Cristo – non sia più visibile. Tuttavia, del pallio di Pietro sono affrescati due lembi, entrambi contrassegnati da gammadiae.

Un’altra variante la troviamo nell’esemplare del sottarco sinistro dell’arcosolio Nr46 nelle catacombe di Domitilla9, ancora della seconda metà del IV secolo d.C. Cristo è qui ritratto di profilo, mentre punta la virga sulla pila di ceste. La gammadia è sempre lì, sul lembo del pallio, a rimarcarne la santità.

Infine, tra le scene non allusive direttamente al simbolismo soterico rientra quella della samaritana al pozzo12. In ambiente cimiteriale e con presenza di gammadiae, esso si trova esclusivamente nell’ipogeo di via Dino Compagni, nello specifico nel cubicolo di Sansone13, dove tuttavia il pallio di Cristo risulta molto danneggiato14 e la gammadia labilmente visibile. Curiosamente, il Cristo con gammadia in presenza della samaritana si ritrova, verso la fine del IV secolo d.C., in uno dei panelli affrescati in un ambiente

Nr79, p. 64; scheda 66.1. Si vd. B -B 2015, p. 538. Riguardo il monogramma costantiniano raffigurato sui tessuti, in particolare quelli egizi, si è soffermata in un breve articolo R. Pillinger, ponendo come confronto anche l’affresco della catacomba dei SS. Pietro e Marcellino: P 2014b, pp. 51-74. 7 M 2000b, pp. 220-221. 8 Nr43, p. 55; scheda 79.16. 9 Nr46, p. 127; scheda 27.73. 5 6

Nr48, p. 56; scheda 27.79. Nr5, pp. 142-143; scheda 79.26. 12 G 2000a, pp. 275-276. 13 Nr6, pp. 78-79; scheda 27.54. 14 Per gli interventi di restauro operati sul cubicolo di Sansone e in particolare sull’arcosolio della Samaritana, si vd. M 1999, pp. 4573; M 2000a, scheda 12. 10 11

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma non cimiteriale, la c.d. cappella cristiana sotto l’Ospedale S. Giovanni Addolorata, di genere devozionale15. L’episodio della samaritana, così come quello dell’emorroissa – trattato più avanti – sottolinea l’avvicinamento di Gesù alle donne, tanto più che il personaggio femminile della narrazione evangelica era, per l’appunto, parte della gente di Samaria con la quale i Giudei intrattenevano rapporti difficili e ostili. Cristo si avvicina agli emarginati, ai più deboli; allo stesso modo, il cristianesimo, che dal suo operato avrà origine, si rivolgerà a tutte le classi sociali, trovando terreno fertile prima tra i ceti umili, poi conquistando anche l’aristocrazia come dimostra forse la samaritana di via Dino Compagni, che non è più una generica figura iconica, ma un ritratto della defunta abbigliata secondo la moda di allora, con orecchini, collana, sandali e la sua acconciatura al passo con i tempi.

15

Scheda 79.52.

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8 Le guarigioni Abstract: Il presente capitolo riguarda le scene con presenza di gammadiae estrapolate dal testo del Nuovo Testamento, in particolare guarigioni, rappresentate nelle catacombe romane. The present chapter is about the scenes where gammadiae are present, extracted from the text of the New Testament, in particular healings, represented in the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, New Testament, healing

I Vangeli sono costellati di episodi in cui Cristo è la luce per i più deboli, per gli abbandonati, per le anime afflitte e scartate dalla società: egli ha restituito speranza agli ammalati, agli indemoniati, ai poveri, alle donne e ai bambini, diventando emblema di salvezza eterna.

Nella catacomba di Domitilla, si predilige, invece, una croce gammata come gammadia sul pallio di Cristo, forse per riprendere il concetto di “Cristo-luce”6. Sulla parete d’ingresso del cubicolo di David, fa la sua comparsa un riquadro rosso che si inserisce all’interno di quello schema lineare rosso-verde, frequente nel panorama cimiteriale romano soprattutto nei primi secoli. Cristo, il cui volto sfregiato appare, ancora una volta, essere stato vittima del periodo controriformista7, è in piedi sulla destra, in tunica e pallio, sul cui lembo sembra di scorgere una X. Un esame più dettagliato farà sì, invece, che si riesca a distinguere un uncino, terminazione di uno dei segmenti che compongono il segno, il quale indica la presenza di una croce gammata. Cristo alza la mano destra verso un personaggio in ginocchio, i cui contorni sono quasi completamente sfumati, rendendone difficoltosa la lettura. È in atto una scena di guarigione e l’episodio di riferimento è il miracolo del lebbroso8 nel quale, leggiamo chiaramente nei Vangeli, l’uomo si prostrò davanti a Gesù chiedendo di essere purificato.

Ebbene, il miracolo della guarigione del cieco1 si inquadra proprio all’interno di un distinto processo simbolico determinato, nelle catacombe, dall’adozione di alcuni esemplari episodi neotestamentari allusivi a un messaggio soterico. Nel cimitero dei SS. Pietro e Marcellino ritroviamo ben due casi di raffigurazione di Cristo che, contrassegnato da una c.d. gammadia, opera questa guarigione. Sulla porzione destra della parete d’ingresso del cubicolo Nr282 si inserisce, internamente a una cornice rossa, la figura di Cristo, imberbe e dai capelli corti, che indossa i sandali e una tunica clavata con gammadia, mentre tende la mano verso gli occhi di una figura maschile, ritratta in dimensioni minori e già orante. Proprio quest’ultimo espediente, ovvero, l’expansis manibus alludente alla condizione salvifica3, è importante e necessaria nell’adozione di tale episodio neotestamentario all’interno del programma figurativo catacombale. Il cieco nato viene salvato dall’oscurità eterna tramite l’intervento del Cristo che è fede e speranza; allo stesso modo, l’anima del fedele, persa nel buio generato dal peccato, seguendo la luce della fede, troverà la salvezza.

La stessa gammadia si ritrova nell’ambito di un’altra guarigione, quella del paralitico9, affrescata sul loculo Nr610 del cimitero dei Giordani. Cristo, avvolto in tunica e pallio, fa il gesto della benedizione verso un giovane uomo, in tunichetta corta che, con un bastone in una mano e il lettino in spalla, sembra quasi correre via, felice di aver ritrovato la libertà di movimento che sembrava perduta per sempre. La fede, che l’uomo possedeva, aveva fatto sì che Gesù stesso gli rimettesse i peccati, per poi operare il miracolo con la nota frase “Alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”.

L’impostazione della scena che ritroviamo nel cubicolo Nr154 è la medesima, ma Cristo presenta un elemento in più rispetto alla precedente figurazione: in una mano tiene la virga5, mezzo e simbolo del prodigio stesso che, tuttavia, nell’ambito della guarigione del cieco non verrà utilizzata.

La croce gammata, infatti, ricopre da tempi molto antichi il significato simbolico solare. Si rimanda a: S 2007, pp. 75-86. 7 Il danneggiamento del volto di Cristo è indicativo del fatto che l’intero affresco non fosse chiaro nemmeno nell’antichità, probabilmente a causa delle condizioni di conservazione. Proprio queste spinsero gli artefici della devastazione a sfregiare anche la figura di Cristo. 8 B 2000b, p. 203. 9 M 2000d, pp. 241-243. 10 Nr6, p. 14; scheda 68.6. 6

R 2000, p. 200; S 1979, pp. 77-85. Nr28, p. 53; scheda 27.7. 3 Per una panoramica sull’atteggiamento d’orante, si vd. B 1980, pp. 17-27. 4 Nr15, p. 51; scheda 27.68. 5 U 2000a, pp. 300-302. 1 2

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Cristo, però, era anche molto vicino alle donne, considerate spesso inferiori nella società antica. L’episodio della guarigione dell’emorroissa diventerà – come spiega Myla Perraymond11 – «emblema della fede nella divinità taumaturgica del Maestro». Sulla porzione destra della parete d’ingresso del cubicolo di Orfeo nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino12, Gesù è affrescato sulla sinistra, in tunica e pallio, con in mano una sottile virga, mentre una donna dall’aria affranta è in ginocchio e gli tocca il lembo della veste13. L’emorroissa indossa una tunica clavata, di un colore tendente al rosato, forse proprio alludente al colore del sangue che, secondo il Vangelo, perdeva da dodici anni. Per guarire aveva speso tutti i suoi averi e riponeva la sua unica speranza in Gesù, di cui tocca il lembo della veste senza che egli, in un primo momento, se ne accorga. È questo, forse, un elemento importante per quel che riguarda l’analisi sulle c.d. gammadiae poiché il lembo del pallio costituisce il “limite” del tessuto che ricopre un corpo, in tal caso santo. E sarà proprio la veste a trasferire la santità dello stesso corpo a chi la tocca. Ma c’è di più, perché l’episodio dell’emorroissa – così come tutti gli altri eventi che riguardano propriamente la vita di Cristo – è ambientato nel mondo giudaico. Gesù, in quanto ebreo osservante, doveva indossare una veste con gli tzitzit ai quattro angoli, i quali costituivano nella simbologia ebraica il nome stesso di Dio. Nelle raffigurazioni paleocristiane, in ambiente romano, si perde questa fedele rappresentazione della veste ebraica in favore della raffigurazione del pallio, molto più noto grazie alla moda ellenistica in voga a Roma14. L’emorroissa, perciò, tocca volutamente il lembo del pallio di Cristo in quanto è un “nodo” intriso di potere e, probabilmente, non è un caso allora che le c.d. gammadiae si trovino proprio collocate ai quattro angoli della veste.

I pittori hanno perciò il compito di tracciare la gammadia sulla sua veste, segnalando la sua levatura morale superiore, la sua santità, la sua giustezza.

Il cieco nato, il lebbroso, il paralitico, l’emorroissa: personaggi accomunati dall’emarginazione15 generata da evidenti malattie corporee, ma anche dalla grande fede che serbano nell’animo. Cristo riveste, invece, il ruolo di personificazione del sentimento salvifico, indossando gli abiti della filosofia16. P 2000, pp. 171-172. Nr64, p. 60; scheda 27.46. 13 Il gesto è molto importante per distinguere questo episodio da quello della guarigione della figlia della cananea. Cfr. P 1986, pp. 147-174. Si rimanda anche al recente studio di F. Bisconti in riferimento all’emorroissa del cubicolo di Nicerus nella catacomba dei SS. Pietro e Marcellino: B 2017, pp. 7-48. 14 Nel suo approfondimento sulla figura dell’emorroissa, sia Barbara Baert che Emma Sidgwick si soffermano a lungo sulla funzione del lembo della veste di Cristo, legandola anche all’importante discorso sul significato nel giudeo cristianesimo e sul flusso di potere che transita da Cristo alla donna. Si vd. B 2014, pp. 1-32 (in particolare pp. 11-13); S 2014, pp. 357-392. 15 In realtà, almeno per quel che riguarda l’emorroissa le riflessioni di Mary R. D’Angelo hanno evidenziato come la donna non fosse definita un’emarginata, in quanto il vangelo di Marco non sottolinea la sua impurità, ma la sua malattia. Per un’analisi più dettagliata, si vd. D’A 2014, pp. 81-106. 16 Il pallio è l’abito della filosofia, la veste santa, superiore ad ogni altro indumento. Il pallio infatti genera rispetto alla sola vista di esso perché automaticamente si penserà alla filosofia: T ., De pallio (CSEL LXXVI, pp. 104-125); B 2008, pp. 257-270. 11

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9 Il Collegio Apostolico Abstract: Il presente capitolo riguarda le scene con presenza di gammadiae estratte dal testo del Nuovo Testamento, in particolare la rappresentazione del Collegio Apostolico nelle catacombe romane. The present chapter is about the scenes where gammadiae are present, extracted from the text of the New Testament, in particular the representation of the Apostolic college in the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, New Testament, Apostles

I pilastri portanti della religione cristiana furono sicuramente gli apostoli, i Dodici, tramite la cui opera di predicazione, venne compiuta l’evangelizzazione dei popoli. Cristo, assiso tra loro, è maestro e nucleo della dottrina cristiana, la cui posizione, allo stesso tempo, riprende quella dell’imperatore, illuminato e immutabile, seduto in consesso1.

apostolo generico ad indossare il pallio marchiato. Sono effettuate scelte ponderate per le quali, probabilmente, non è possibile trovare una spiegazione totalmente esaustiva, né uno schema di applicazione globale. Uno dei Collegi Apostolici più noti è certamente quello che ricopre il sottarco del nicchione Nr8 della catacomba anonima di via Anapo2, datato verso la prima metà del IV secolo d.C. Gli apostoli sono disposti su due file intorno a Cristo, assiso centralmente. Sono tutti abbigliati in tunica clavata e pallio, ma solo il lembo degli uomini in primo piano risulta ben visibile e marchiato con gammadiae scure. Cristo, giovanile e imberbe, è nel gesto della parola e gli sguardi dei suoi discepoli sono puntati verso di lui, eccezion fatta per due di essi: l’ultimo apostolo sulla destra in secondo piano alza lo sguardo al cielo, forse pensoso, mentre il secondo apostolo barbato sulla sinistra in primo piano ha gli occhi bassi e l’aria ugualmente riflessiva. Proprio quest’ultimo è l’unico ad avere una gammadia differente riportata sul pallio, corrispondente alla croce gammata. È ipotizzabile che questa non sia una scelta casuale: gesti, sguardi, simboli potrebbero far parte di una precisa idea del committente. La croce gammata sembrerebbe alludere a un significato cristologico, trovandosi esclusivamente sul pallio di Cristo nelle altre rappresentazioni cimiteriali. Per tale motivo, si potrebbe tentare un’ipotetica identificazione dell’apostolo con Pietro, come colui che proseguirà a diffondere il pensiero di Gesù, divenendo il primo tra gli apostoli; allo stesso modo, egli appare seduto al fianco di un giovane apostolo, forse Giovanni, il quale osserva Cristo con un’espressione di venerazione. Nella prima metà del IV secolo d.C. Pietro non era infatti ancora stato caratterizzato e quello della gammadia potrebbe essere un espediente, per l’appunto, identificativo.

Se da una parte perciò la rappresentazione dei dodici uomini fedeli a Gesù allude alle colonne sulle quali si fondò la Chiesa e al concilio celeste, dall’altra sembra abbastanza scontato il paragone con un episodio importante del Nuovo Testamento, che si inquadra nella Passione di Cristo: l’Ultima Cena. È quest’ultimo, infatti, il momento in cui gli apostoli si trovano riuniti attorno al Signore, prima del compimento degli eventi che condussero alla crocifissione. Quello del Collegio Apostolico è uno schema iconografico complesso, che riunisce in sé vari elementi simbolici e narrativi. Gli apostoli non sono spesso riconoscibili, eccezion fatta per Pietro e Paolo, talvolta ben caratterizzati. Dei due, Paolo – come ben si sa – non fu uno dei Dodici; venne incluso figurativamente all’interno del gruppo apostolico per la sua attività di predicazione rivolta alle Genti, per i miracoli compiuti, per visioni e rivelazioni, ma soprattutto per essere stato scelto dal Signore. I principes apostolorum sono perciò raffigurati comunemente al lato di Cristo, quali rappresentanti dell’Ecclesia ex circumcisione, quindi dei Giudei, e di quella ex gentibus, ovvero dei Gentili. Le gammadiae non trovano un’applicazione omogenea nel caso di questo particolare schema iconografico. Come sarà possibile esaminare, talvolta sono tutti gli apostoli ad essere marcati da questi segni sulle vesti, mentre in altre ne è insignito solo Cristo e, in un unico caso, è un singolo

1

M

Sul tema del Collegio Apostolico, si vd. T 2000c, pp. 124-126.

Diversamente accade per il Collegio Apostolico affrescato nel lucernario del cubicolo dei sei santi nelle catacombe

1963, pp. 230-300;

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di Domitilla3. Purtroppo le condizioni di conservazione non permettono una lettura ottimale della scena, ma si scorgono le sagome degli apostoli, in tunica e pallio, disposti intorno a Cristo, assiso centralmente, con i piedi poggiati su un suppedaneo. Gli apostoli non sembrerebbero caratterizzati, così come Cristo, giovane e imberbe. Esclusivamente sul lembo del suo pallio è tracciata una gammadia, probabilmente per una sola questione prospettica. Osservando infatti, difficoltosamente, i contorni delle sagome degli apostoli, si nota la struttura della costruzione schematica in cui le vesti degli uomini si vanno a sovrapporre, nascondendo così il lembo del pallio.

come indicano i gesti delle loro mani, mentre i piedi si incrociano suggerendo il movimento e una certa vitalità. Curiosamente, il solo pallio dell’ultimo apostolo sulla sinistra è segnato da una gammadia marcata, peraltro rappresentata sul lembo sbagliato, elemento che farebbe pensare a un errore effettuato dal pittore. L’osservazione del pallio degli altri apostoli fa sì che si possa intuire come nessuno di loro, pur mostrando il lembo giusto della veste, non abbia gammadiae a contrassegnarli. Non appare perciò possibile nemmeno considerare la questione prospettica, come invece era accaduto per le raffigurazioni precedenti. Si tratta quindi di una eccezione, di una pura, semplice (e probabile) valutazione errata. Siamo forse in presenza di un artista che aveva già eseguito raffigurazioni di questo genere inserendo questi particolari simboli che, ormai per “abitudine”, commette un errore, nel quale non si ripete. Si arresta, lasciando immacolato il pallio di tutti gli altri componenti del Collegio.

Simile, seppur maggiormente sofisticato per esecuzione, risulta il Collegio Apostolico collocato alla base del lucernario tra il cubicolo degli apostoli e il suo vestibolo nelle catacombe di S. Tecla4. I volti degli apostoli non appaiono dissimili, eccezion fatta per i due seduti sulla destra, immediatamente accanto a Cristo: il primo sembra essere Paolo, con la barba lunga, scura e appuntita; quello al suo fianco, dalla barba corta e bianca potrebbe essere Pietro. Risulterebbe comunque abbastanza atipica la loro collocazione. Per quel che riguarda Cristo, non è purtroppo possibile conoscerne il volto, a causa delle percolazioni provenienti dal lucernario che hanno comportato la perdita del pigmento pittorico. Si distingue però, seppur labilmente, una gammadia sul lembo del pallio, esattamente come si era visto per il precedente caso da Domitilla. Non si tratta di una scelta simbolica, bensì di una esecuzione prospettica delle vesti degli apostoli.

L’iconografia del Collegio Apostolico ha dimostrato come gli apostoli siano parte di una sfera morale superiore e prossima a quella divina, meritevoli di essere insigniti con la gammadia esattamente come Cristo.

Nel cubicolo dei fornai a Domitilla, verso lo scorcio del IV secolo d.C., uno dei catini del monumentale ambiente viene di nuovo affrescato con il Collegio Apostolico5. Cristo è seduto centralmente, su una cattedra con suppedaneo; davanti a sé vi è una capsa colma di rotoli. È il Cristo maestro, imperatore e giudice che presiede un consesso composto dai Dodici, solo due dei quali rappresentati seduti su selle curuli6. Le gammadiae sono ben visibili, tracciate in nero e marcate, sia sul pallio di Cristo che su quello di alcuni apostoli. Ancora una volta non è stata effettuata una selezione semantica, ma semplicemente prospettica. Infine, nonostante la datazione precedente al cubicolo dei fornai, si tratterà del Collegio raffigurato nel Cimitero Maggiore poiché si presenta differente. Innanzitutto, gli anonimi apostoli sono numericamente sei. È stata evidentemente effettuata una reductio simbolica, una “sineddoche figurativa”: il numero 6 sta per il 12. Cristo e i suoi discepoli sono disposti a sigma lunato, compresi tra due capsae di rotoli chiuse; stanno colloquiando, Nr39, p. 126; scheda 79.25. Nr2, p. 144; scheda 79.54. 5 Nr74, pp. 131-132; schede 85.11, 85.12, 85.13, 85.16. 6 L’unico apostolo dall’aspetto molto differente dagli altri è il primo collocato a lato di Cristo, sulla destra dell’osservatore. L’uomo si presenta stempiato, con il volto tondeggiante. Difficile assimilarlo alla figura di Pietro o Paolo per i quali è stato riservato il posto sulle selle curuli. 3 4

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10 Le introduzioni dei defunti Abstract: Questo capitolo riguarda le scene con presenza di gammadiae, in particolare le rappresentazioni dell’introduzione dei defunti cristiani da parte di santi o apostoli, nelle catacombe romane. This chapter is about the scenes where gammadiae are present, in particular the representation of the introduction of the deceased Christians by the saints or apostles, in the Roman catacombs. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, New Testament, dead people

Sulla stessa linea, si pone l’affresco, ancora una volta, frammentario, della parete d’ingresso sinistra del cubicolo Nr57 nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino. Il generico e giovanile santo dai capelli corti si staglia sulla sinistra, in tunica e pallio, sul cui lembo si distingue una c.d. gammadia dai contorni abbastanza incerti, che potrebbero farla somigliare a un piccolo quadrato. Tuttavia, tramite la sua osservazione specifica è possibile distinguerne le estremità curve, mentre il corpo principale del segno è avvolto da una macchia, probabilmente di umidità che ne corrompe la sagoma. Il giovane santo stende il braccio presentando la defunta, la cui figura è purtroppo in gran parte perduta. La donna, orante e a piedi nudi, indossa una tunica dorata con clavi neri, dipinti con un tratto molto spesso. Al lato opposto, si può ipotizzare la presenza di un altro santo – del tutto simile a quello esaminato – così come proponeva Joseph Wilpert in una sua ricostruzione3.

L’accesso alla domus aeterna, luogo di beatitudine e di pace dopo la burrascosa navigatio vitae era per i cristiani un punto focale o, per meglio dire, l’obiettivo della vita spirituale. Per giungere davanti al Cristo, giudice e maestro, alcuni fedeli preferirono adottare uno degli espedienti devozionali maggiormente diffusi: farsi ritrarre insieme a santi generici, eponimi del cimitero, oppure ai Principi degli apostoli. Solo in questo modo, avrebbero garantito uno status salvifico alla propria anima una volta varcata l’incerta soglia dell’aldilà. Nel repertorio figurativo catacombale abbiamo perciò quelle scene di “introduzione” nelle quali, spesso, il defunto o la defunta1 sono raffigurati centrali e oranti – in una prolessi salvifica – affiancati da personaggi santi, spesso in numero di due. Nell’ambito di questa tipologia di scene, in un discreto numero di casi, i santi indossano il pallio contrassegnato dalle c.d. gammadiae.

Uno dei confronti più appropriati, seppur più tardo e databile verso la fine del IV secolo d.C., è certamente l’ormai noto pannello affrescato nel restaurato cubicolo di Lazzaro4, nelle catacombe di Priscilla. Mentre la porzione sinistra riguarda l’introduzione di una giovane defunta da parte di S. Pietro e di un giovane santo – Felice o Filippo, secondo la più recente ipotesi di Fabrizio Bisconti5 – la porzione destra prevede, specularmente, l’accompagnamento di un defunto nell’aldilà da parte di S. Paolo e di un altro giovane santo, il quale si può supporre fosse ancora Felice o Filippo. I due giovani oranti sono perciò affiancati rispettivamente da due santi, forse due martiri sepolti nel cimitero di Priscilla, e dai due Principi degli apostoli. Lo sfondo sembra riprodurre una suddivisione architettonica che richiama i sarcofagi a colonne, mentre al centro si staglia un clipeo, dalla doppia cornice blu e dorata, contenente il ritratto di un’altra defunta orante e dal capo velato. Appare chiaro come quest’ultima possa essere identificata come una madre con i suoi due figli,

Uno degli schemi iconografici più comuni è costituito dall’affresco del cubicolo dell’orante2 nelle catacombe dei Giordani. La scena è frammentaria, ma si può osservare chiaramente la figura centrale della defunta orante, dallo sguardo ispirato e rivolto verso l’alto, il capo velato, i piedi nudi, mentre indossa una tunica bianca con spessi clavi scuri. Sulla sinistra dell’osservatore, sono ancora visibili i piedi con sandali del santo accompagnatore e parte della sua veste, consistente in tunica clavata e pallio, sul cui lembo si distingue nettamente una c.d. gammadia, marcata e morfologicamente assimilabile a una (27). Tra i due personaggi si scorge un arbusto, mentre il piano di calpestio risulta coperto da un soffice manto erboso. La scena è ambientata en plein air, alludendo probabilmente proprio all’aldilà paradisiaco. La porzione destra del pannello è perduta, ma risulta abbastanza semplice immaginare una speculare figura di santo che avrebbe accompagnato l’anonima defunta.

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Nr9, p. 16; scheda 27.42.

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Wp, volume di testo, p. 178. Nr23, p. 26; schede 85.9, 85.8, 85.10. B 2013a, pp. 51-58.

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di nuovo, come indicatori di santità nell’ambito simbolico cristiano10.

sepolti nei tre loculi sottostanti. Ci troviamo perciò davanti a un quadro famigliare, devozionale e di speranza in un aldilà che appare quasi assicurato dalla presenza di Pietro, Paolo e dai due probabili figli della vedova Felicita. Le gammadiae sono ben visibili sul pallio di tutti i santi, eccezion fatta per Pietro, la cui veste è purtroppo piuttosto rovinata proprio sui lembi.

Eppure, le introduzioni assumono talvolta schemi particolari o, per meglio dire, più completi. Mentre nei precedenti casi viene in qualche modo elusa la figura del Cristo giudice, nella lunetta affrescata dal cimitero di S. Ermete11 questo non accade. Nonostante i volti dei personaggi siano stati sfregiati e completamente cancellati dall’opera controriformista, i corpi e il contesto ci introducono in una scena di giudizio che conferisce, per l’appunto, il nome all’arcosolio. In primo piano, una figura orante e giovanile indossa una bianca tunica clavata, mentre ai suoi lati sono due uomini, entrambi in tunica e pallio contrassegnato da gammadia, che distendono il braccio presentandolo al cospetto di Cristo, seduto su di un trono collocato in posizione elevata e raggiungibile tramite gradini. Purtroppo, le condizioni di conservazione della pittura e i volti ormai scomparsi non ci permettono di dedurre altre informazioni, soprattutto quelle riguardanti la caratterizzazione dei quattro personaggi.

Appare opportuno prendere in esame anche un affresco, comunemente riferito all’episodio di Susanna tra i seniores6, presente all’interno delle catacombe ad duas lauros. In un’atmosfera en plein air, caratterizzata da un paio di longilinei arbusti verdi, si inquadra una donna orante, abbigliata con una tunica dorata e clavata, dal capo velato e dalla particolare acconciatura che prevede i capelli raccolti sulla nuca con una treccia e due ciocche che ne incorniciano il volto7. Ai suoi lati sono rappresentati due uomini, entrambi giovanili, con i capelli ondulati e corti che, apparentemente, sembrano incedere verso di lei: mentre il personaggio di sinistra ha un braccio teso e l’altro coperto nel risvolto del pallio, quello di destra sembra essere nel gesto della parola. Eppure i due uomini non appaiono minacciosi: il volto dalle linee tondeggianti è disteso e pacato, gli occhi grandi sono rivolti verso la donna, mentre sono ritratti di tre quarti. È una rappresentazione prospettica, resa soprattutto dalla gamba dell’uomo di destra, che sembra fuoriuscire dal quadro, annullando quella piatta dimensione che si era venuta a creare. Ecco perciò che la concezione cambia8: i due uomini non incedono frettolosamente verso un’atipica Susanna, ma sono rivolti verso di lei, presentandola, esattamente nella posa già riscontrata negli affreschi precedentemente esaminati. I due uomini in tunica e pallio, il cui lembo è contrassegnato da una c.d. gammadia, sono due santi che introducono la defunta in un aldilà paradisiaco, confermando l’ipotesi avanzata in passato dalla Cecchelli9. Le c.d. gammadiae appaiono,

Appaiono particolari due introduzioni dalle catacombe di Domitilla. La prima lunetta affrescata riguarda il cubicolo degli Apostoli piccoli12: all’interno di una spessa cornice rossa, ripartita in riquadri, si innestano le figure di Pietro e Paolo che introducono una defunta. Pietro, dal volto ben caratterizzato, con barba bianca e corta, è ritratto sulla sinistra, in tunica e pallio contrassegnato da gammadia; al suo opposto, si scorge Paolo, stempiato e con la barba appuntita, abbigliato nella stessa maniera. Entrambi tengono tra le mani un rotolo chiuso, mentre si posizionano ai lati della defunta, la cui silhouette è tracciata in bianco sul riquadro dallo sfondo nero. La donna orante indossa una tunica manicata e ha il capo velato, ma i dettagli non sono ben distinguibili. In asse con la figura della defunta è tracciato in bianco un cristogramma. È evidente che si tratti di una sepoltura privilegiata, in primis per la particolare dettagliata esecuzione e, inoltre, per i due santi che accompagnano la donna nell’aldilà. Si tratta di una scelta ponderata, avendo rappresentato Pietro e Paolo, i Principi degli apostoli, verso i quali l’ambiente cristiano romano provava una profonda venerazione.

Nr51, p. 57; schede 27.14, 79.17. In questo caso il Bosio aveva avuto un’intuizione interessante, non definendo la donna come Susanna, ma come orante, quindi defunta. Nella didascalia dell’incisione riporta “Donna orante con la mitra matronale”, cfr. B 1632, p. 381. 8 La “nuova” interpretazione dell’affresco è derivata dall’analisi statistica svolta tramite il GMS. Nell’ambito cristiano catacombale, infatti, appare chiaro il carattere delle gammadiae utilizzate per indicare i personaggi santi. 9 Cfr. C T 1987, pp. 3-31. Il Wilpert dichiarava un’elevata percentuale di confusione tra l’episodio di Susanna e quello dell’introduzione di una defunta, ritenendo però che, nel caso della pittura del cimitero dei SS. Pietro e Marcellino, si dovesse pensare comunque all’episodio biblico, sottolineando che i due vecchioni avanzavano frettolosi verso di lei. Giustificava quest’ultimo fatto notando la gamba scoperta dell’uomo raffigurato sulla destra che, nel mentre, sembra anche fare il gesto della parola, si vd. Wp, volume di testo, p. 336. La differenza tra l’episodio di Susanna e una comune introduzione si può comunque notare negli affreschi che sono sicuramente corrispondenti all’episodio Veterotestamentario, come quello affrescato nel cimitero di Gordiano ed Epimaco, in cui la scena prevede Susanna nuda davanti alla vasca nel giardino dove si era recata per fare il bagno, mentre i due uomini ai lati cercano di insidiarla (Nr1, p. 72; F 1974, p. 185), oppure a El Bagawat, nella cappella dell’Esodo in cui la donna compare seduta tra i due uomini di profilo che la insidiano (Z 2005, pp. 42-43; 82-83). 6 7

Nel caso invece della lunetta del c.d. arcosolio dell’orante con S. Pietro13, l’introduzione della defunta – rappresentata, A tal proposito, un ottimo confronto è costituito dall’affresco che interessava una tomba dalla necropoli di Thessaloniki, ora conservato presso il Museum of Byzantine Culture (BT 17 A-B), e datato al primo V secolo d.C. Susanna è centrale e orante, abbigliata in dalmatica clavata; ai lati, sono i due seniores, in tunica e pallio, che osservano la donna, mentre il braccio ripiegato termina con una mano nel gesto dell’adlocutio. Gli uomini non si avvicinano, né presentano le c.d. gammadiae. La parte inferiore si mostra come una recinzione affrescata con un motivo a pelte. Cfr. A 2008, p. 380. Si rimanda anche al sito del Museo dove è possibile avere una visione in alta definizione del monumento: http:// mbp.gr/en/object/wall-panting-sosannah-and-jewish-judges. 11 Nr4, p. 3; schede 27.1; 79.1. 12 Nr18, p. 123; schede 27.20, 27.21. Per i recenti studi in merito, si vd. G 2017, pp. 103-119. 13 Nr38, p. 126; scheda 79.50. 10

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Le introduzioni dei defunti come di consueto, orante, con il capo velato e indossante una tunica clavata – avviene per opera di un solo santo, Pietro. Quest’ultimo, collocato nella porzione sinistra dell’arcosolio, internamente a una doppia cornice verde, è in tunica e pallio segnato da una gammadia nera, mentre tiene in mano un rotolo. Centralmente vi è una nicchia, purtroppo completamente perduta. Particolare, risulta invece la scena rappresentata nel c.d. arcosolio degli oranti piccoli14, dove si innesta una megalografia di un Buon Pastore, attorniato dal gregge, mentre in secondo piano compaiono due personaggi: sulla sinistra, si scorge una defunta orante, mentre sulla destra ecco apparire una figura maschile, in tunica e pallio con clavi rossi, il cui lembo è segnato da una gammadia. Quest’ultima, a mio avviso e basandomi sulle statistiche di comparsa risultanti dal lavoro svolto con il GMS, segnalerebbe proprio la presenza di un santo, conducendo l’interpretazione verso un carattere più simbolico15: il santo – purtroppo anonimo – introduce la defunta, al cospetto del Buon Pastore, guida e riferimento delle anime cristiane. Si giunge, infine, al noto affresco di Turtura nelle catacombe di Commodilla16. Siamo ormai alla metà del VI secolo d.C., quando la vedova è ritratta insieme ai santi eponimi del cimitero, Felice e Adautto, che la introducono al cospetto della Vergine in trono con Bambino. Le figure sono iconiche, “bizantineggianti”, eppure l’usanza di apporre la gammadia sul pallio dei santi non si è persa. Adautto, che pone quasi affettuosamente le mani sulle spalle di Turtura, ha la veste coperta dalla sagoma della donna, ma invece il lembo del pallio di Felice è perfettamente visibile ed è possibile notarvi una gammadia, di dimensioni più ridotte rispetto a quelle già osservate di IV secolo. Certamente da quanto esaminato, emerge un fattore molto significativo: i personaggi santi sono identificati, contrassegnati, marcati da questi simboli, quasi come a voler eludere ogni dubbio interpretativo sul ruolo di quelle stesse figure nell’ambito della rappresentazione. I defunti non sono soli nel loro viaggio verso l’aldilà, bensì accompagnati da uomini il cui animo ha ormai abbracciato la sfera divina.

Nr70, p. 130; scheda 79.50. Differente appare la lettura di Barbara Mazzei, che preferirebbe identificare l’uomo palliato come un altro defunto orante, marito della donna: M 2015, pp. 35-68. 16 Nr3, pp. 140-142; scheda 21.1. 14 15

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11 Le croci gammate nelle catacombe romane: intenti decorativi o simboli militari Abstract: Le croci gammate non sono simboli cristiani, eppure si ritrovano anche in catacomba, rappresentate sul pallio di alcuni personaggi. Prendendo in considerazione il discorso delle gammadiae, si cercherà di analizzare il perché della loro presenza in simile contesto. The gammate crosses are not Christian symbols, yet they are also represented in catacomb on the pallium of some characters. Considering the question of the gammadiae, this chapter analyses why they are present in this context. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, decorations, military symbols, gammata cross, swastika

Alcuni segni sono suscettibili di una mutazione semantica a seconda del contesto figurativo. La croce gammata è un elemento che ha origine in epoca molto antica, in ambienti orientali con significato prevalentemente solare1. Lo ritroviamo, però, anche in ambiente cristiano, sia in campo epigrafico che in campo iconografico nei quali sembrerebbe comunque alludere a un significato cristologico2. Spesso, come gammadia, è collocata sul pallio di Cristo e, due volte soltanto ma nella medesima raffigurazione, sul pallio dell’arcangelo Raffaele3. Tuttavia, questo segno si riscontra sulle vesti di tre personaggi particolari in catacomba, con intento simbolico certamente differente da quello prettamente cristiano.

defunto ritratto; in secondo luogo, l’analisi delle croci gammate potrà rivelare alcuni puntini bianchi affrescati sulla superficie scura, come a voler indicare la presenza di perline o comunque di decorazioni ricamate. Le croci gammate non assumono, in questo caso, la funzione di gammadiae con ruolo simbolico, ma di semplici decorazioni tessute sulle veste del pastore. Allo stesso modo, potrebbe a mio avviso essere interpretata la figura del fossore Diogene7 di cui il Boldetti tramandò la rappresentazione ancora integra. Attualmente, sono rimasti solo alcuni frammenti conservati ai Musei Vaticani8, nei quali purtroppo non si percepisce la totalità della veste, bensì esclusivamente della parte superiore dove, all’altezza della spalla, è rappresentata una croce gammata. Nell’incisione del Boldetti, così come per il pastore di Generosa, è possibile osservare la presenza di altre due croci gammate sul lembo sinistro e destro della corta tunichetta da lavoro.

Il primo caso è quello del Pastor delle catacombe di Generosa. Sul lato destro del sepolcro Nr14, è rappresentato un pastore, in tunica manicata e cinta in vita, con alicula. Egli è poggiato a un pedum, sul quale si adagia incrociando mollemente le gambe, mentre tiene in una mano la siringa. Ai suoi lati sono rappresentati due ovini, immersi in un contesto bucolico creato tramite la raffigurazione di arbusti. Sulla spessa cornice rossa, vi è infine l’iscrizione dipinta che recita Pastor.

Nonostante si possa pensare effettivamente a una indicazione cristologica, leggendo la figura del fossore come fortemente simbolica9 e non come esclusivamente di mestiere, a mio avviso sarebbe forse più appropriato pensare a croci gammate utilizzate come decorazioni della tunichetta indossata dall’uomo, tanto più che esse sono in numero di tre, con i bracci spesso scomposti.

In passato, il personaggio venne comunemente interpretato come il Buon Pastore e le due croci gammate come allusive a un significato cristologico5. I più recenti studi6 invece si orientano verso una lettura più profana e, forse, più logica, in concordanza con alcuni elementi: in primis, l’iscrizione Pastor si configura come una vera didascalia, piuttosto anomala per una raffigurazione di Buon Pastore, ma forse più verosimile per il nome o la professione del

Infine, la croce gammata si riscontra sul mantello militare del soldato con la lancia che, insieme al compagno, si sta giocando le vesti di Cristo, rappresentato nell’arcosolio Nr11 dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni10. Come si vedrà in maniera più specifica nelle sezioni seguenti, la croce gammata sembra essere visibile in più casi di raffigurazioni di soggetti militari, tra i quali si ricordano

Per uno studio completo sulla croce gammata e i suoi significati, anche nelle religioni orientali, si vd. S 2007, pp. 75-86. 2 B 2011. 3 Schede 68.6; 68.7. 4 Nr1, p. 146; scheda 68.3. 5 Cfr. D R 1868, pp. 87-91; D R 1877, pp. 667-670. 6 B -B 2012a, pp. 238-239. 1

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Nr19, p. 123; schede 68.5, 69.2; B Si vd. Z 2011, pp. 119-151. C G 1979. Nr11, pp. 81-82; scheda 69.1.

1720, p. 60.

Le croci gammate nelle catacombe romane: intenti decorativi o simboli militari un soldato nel mosaico della Grande Caccia della Villa del Casale in Piazza Armerina11, oppure sulla tunica di uno dei due fratelli soldati ritratti a encausto su legno12. La presenza ripetuta di questo elemento su indumenti militari farebbe pensare a una decorazione o alla segnalazione di un determinato grado nell’esercito romano che, al momento, non si è però in grado di specificare.

C 1964, p. 16. Il manufatto è conservato al Museo di Il Cairo ed è proveniente da Sheikh Abadeh (Antinoopolis). Si vd. E 1905, n. 33.267, p. 107 e pl. XLIII; D 1995, foto nel frontespizio; S 2015, fig. 8, p. 174. 11

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12 Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni Abstract: L’ipogeo anonimo di via Dino Compagni, collocato sulla via Latina, è un cimitero di diritto privato le cui pitture rivelano scene particolarmente interessanti e un’elevata concentrazione di gammadiae. Nel presente capitolo saranno analizzate le singole raffigurazioni per poter comprendere la scelta esistente nell’inserimento di tali simboli. The anonymous hypogeum of Via Dino Compagni, located on Via Latina, is a private cemetery whose paintings reveal particularly interesting scenes and a high concentration of gammadiae. In this chapter each representation is analysed in order to understand the decision to insert these symbols. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, hypogeum, via Latina Sono stati effettuati molti studi sul piccolo cimitero di via Dino Compagni, eppure da quelle pitture e da quei cubicoli scavati nel tufo prosegue ad emergere sempre qualche nuovo dato1.

Dell’ultimo pannello non rimane molto, risultando perciò impossibile stabilirne una ricostruzione seppur ipotetica. Sulla parete d’ingresso8, a sinistra, abbiamo Daniele, nudo e orante, tra i leoni nella sua consueta iconografia (Dan 6, 17-23), mentre nel riquadro sottostante vi è un uomo palliato, su una kline, con un kantharos in mano, accanto a una botte e a un cesto, identificabile con Noè ebbro (Gen 9, 20-21)9.

L’ipogeo anonimo di via Dino Compagni risulta composto da una serie di ambienti – da A ad O – scavati in sequenza a partire dalla metà del IV secolo d.C.2 Il programma decorativo è davvero singolare per la scelta degli episodi raffigurati sulle pareti dei suoi cubicoli3, che presentano un alto tasso di concentrazione di gammadiae.

Sulla parete destra, invece, sono perfettamente distinguibili Adamo ed Eva (Gen 3, 1-7), mentre al di sotto “sopravvive” la singola figura di un leone10. La parete nord-orientale, ovvero quella sinistra, riporta sulla fronte dell’arcosolio due scene del ciclo di Giona: il profeta gettato in mare e ingoiato dal pistrice (Gion 1, 15-16; 2, 1) e Giona rigettato dal mostro marino (Gion 2, 11). Lo zoccolo è decorato con puttini, quaglie e pavoni. La lunetta di fondo11, occupata dalla cena di Isacco, è solo la prima delle tante scene Veterotestamentarie che costellano l’ipogeo. Stranamente Isacco, in questo affresco, non presenta il pallio contrassegnato da alcuna gammadia, pur essendo un uomo “santo” nella tradizione giudaico-cristiana. In generale è però tutto il cubicolo A a non possedere alcuna raffigurazione di questi segni, certamente per una motivazione specifica che, al momento, non siamo in grado di poter dare, a meno di non pensare a una corrente diversa all’interno dello stesso cristianesimo di cui facevano parte le persone qui sepolte e che, evidentemente, non seguivano la tradizione figurativa e simbolica delle gammadiae.

Il primo ambiente, il cubicolo A4 – collocato sulla sinistra, scendendo la ripida scala che si scorge sollevando la grata sul marciapiede – apre la rassegna delle pitture con un mostro marino5, simile al pistrice di Giona, affrescato al di sotto di un personaggio sovrapposto a un quadrupede, immediatamente sulle pareti del vano d’ingresso. La superficie della volta – da sempre soggetta a infiltrazioni di umidità, che genera purtroppo condizioni di conservazione precarie – presenta alcuni affreschi in sequenza6: centralmente vi è il Buon Pastore, motore del cosmo, contornato dalla scena dell’Annunciazione, dall’adorazione dei Magi e da una raffigurazione probabilmente riferibile a un episodio apocrifo, ovvero il momento in cui Maria e Giuseppe sono costretti dal sinedrio a bere le acque amare per provare la verginità della Madonna (Protovangelo di Giacomo 16, 1-3)7.

1 I riferimenti principali per questo monumento rimangono: F 1960; F 1990. 2 Cfr. T 1986, pp. 6-17; p. 22; C et alii 1994. 3 Per la descrizione e interpretazione del programma figurativo in relazione ai temi pagani e cristiani presenti, si rimanda invece allo studio di S 1971, pp. 125-153. Si veda soprattutto la pianta tematica a p. 126. 4 Per l’analisi dettagliata dell’intero cubicolo A, si rimanda a: Z 2002, pp. 68-70; B 2003. 5 F 1960, p. 41; F 1990, pp. 40-41. 6 F 1960, pp. 41-43; F 1990, pp. 41-42. 7 Si vd. B 2003, p. 48.

Proseguendo, l’arcosolio destro12 presenta sulla fronte altri due episodi del ciclo di Giona, ovvero il profeta in riposo

F 1960, pp. 43-44; F 1990, pp. 42-45. Cfr. F 1990, p. 44. 10 È più probabile si tratti una decorazione generica poiché la scena di Daniele orante tra i leoni è già trattata nello stesso cubicolo. 11 F 1960, pp. 45-46; F 1990, p. 48. 12 F 1960, pp. 46-47; F 1990, pp. 51-52. 8 9

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Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni La metà esatta della volta21 di quest’ultimo cubicolo è perduta a causa del crollo dell’intonaco. Era però divisa in quattro spazi decorati di cui rimangono visibili la scena del diluvio universale (Gen 6, 11-22), di Assalonne pendente dalla quercia (II Sam 18, 9-30) e di un Sansone che strozza il leone (Gdc 14, 1-9), purtroppo quasi svanito.

sotto il pergolato (Gion 4, 6) e ancora l’uomo seduto sotto l’arbusto ormai secco (Gion 4, 7-8). La lunetta di fondo di questo arcosolio è interessata solo da una generica scena agro-bucolica, con due ovini e alcuni arbusti simile a canne, mentre l’intradosso è decorato con i tre giovani ebrei oranti nella fornace di Babilonia (Dn 3, 19-26), con la scena riferita al discorso di Mosè agli Israeliti sulla sinistra (Deut 1-29) e infine con la figura di Mosè che disseta il suo popolo (Nm 20, 8-10)13.

La parete d’ingresso22 è occupata da due scene particolari: il raro Tobiolo col pesce (Tob 6, 1-5)23, e l’unicum costituito da Zamri e Cozbi infilzati nel giaciglio da Finees, figlio del sacerdote Eleazaro (Nm 25, 6-8)24. Nell’intradosso dell’arcosolio sinistro25 cominciano a svolgersi una serie di episodi biblici: la cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden (Gn 3, 9-24), i protogenitori mesti insieme a Caino e Abele26 con le offerte (Gen 4, 1-4), Mosè salvato dalle acque (Es 2, 1-9), Giuseppe davanti ai fratelli in Egitto (Gen 43, 24-34). La lunetta presenta l’arrivo di Giacobbe e dei figli in Egitto su alcuni carri trainati dai buoi (Gen 46, 1-7), Sansone che lancia tre volpi nei campi dei Filistei (Gdc 15, 1-8)27 e Lot che fugge da Sodoma (Gen 19, 1-26).

Il clou del cubicolo è costituito dall’arcosolio di fondo, decorato sulla fronte da un magnifico Collegio Apostolico14, in cui i discepoli, fisicamente non caratterizzati, sono seduti su un lungo banco a forma di sigma lunato15. Centralmente vi è Cristo, imberbe e giovanile, assiso in cattedra, ai cui piedi è raffigurata una cesta di rotoli. La lunetta di fondo16 è occupata da una donna in tunica e palla a coprirle il capo tra due giovani uomini, in un contesto en plein air sommariamente indicato da alcuni arbusti. Purtroppo, un loculo scavato proprio sul fondo e in un secondo momento ha causato la perdita della pellicola pittorica centrale, eliminando la gestualità ed eventuali altri elementi che avrebbero potuto giocare un ruolo importante nell’identificazione certa di quella scena che prosegue a suscitare alcuni dubbi interpretativi. Il motivo ternario di una donna tra due uomini inseriti in un ambiente aperto evoca il celebre episodio di Susanna insidiata dai due seniores (Dn 13, 1-64)17, eppure, in chiave più “profana” – com’è accaduto per l’ipogeo degli Aureli18 e di Trebio Giusto19 – si potrebbe anche pensare a una defunta accompagnata da due uomini, forse santi, apostoli, o membri della sua stessa famiglia. Il sottarco risulta, invece, molto generico e decorato da ovini e capridi, così come da un kantharos.

Già in questo piccolo settore, la presenza delle gammadiae si registra sulle vesti di Abele28, Sansone29 e Lot30. È lecito domandarsi perché esse non siano invece raffigurate sugli abiti di Mosè, Giacobbe o Giuseppe. La spiegazione più lineare, e certamente quella più logica, deriva dal fatto che la rappresentazione dell’episodio non permetteva la visione completa delle vesti, in particolare del lembo del pallio dove è solitamente collocata la gammadia; ovviamente, nel caso di Mosè neonato, il problema non è nemmeno da porsi, poiché il bambino viene rappresentato nella sua nudità. È interessante però concentrarsi su quei personaggi che, proprio grazie alla loro posizione, mostrano il lembo della veste contrassegnato dai simboli in questione. La figura di Abele costituisce una prefigurazione cristologica31, così come quella di Sansone. Lot è invece l’uomo eletto dal Signore per salvarsi dalla distruzione di Sodoma e Gomorra32. Sono quindi tre personaggi che assumono un significato particolare, sia per la tradizione giudaica che per quella cristiana, emblemi di elevazione rispetto al resto del popolo perché scelti dal Signore e perciò abbigliati con vesti contrassegnate dalla gammadia (85). Sono

Come è stato possibile notare, nessuna delle pitture ivi riportate presenta le gammadiae e questo non appare come un fatto di scarsa importanza, soprattutto poi, se proseguendo il cammino e scendendo la scala, si entrerà in un nuovo ambiente decorato e costellato di gammadiae, con architetture in negativo intagliate nel tufo: il cubicolo B20, anticamera dell’ambiente C.

F 1960, pp. 47-48; F 1990, p. 52. F 1960, pp. 48-49; F 1990, pp. 52-56. 23 Cfr. cimitero dei Giordani, loculo Nr6, p. 14; cimitero di Trasone, Nr5, p. 11 (è presente solo Tobia con il pesce); catacombe di Domitilla, Nr31, p. 125 (il pesce appare distrutto). Per l’iconografia dell’episodio di Tobia e Tobiolo si vd. P 1988, pp. 141-154. 24 Si vd. F 1957-1959, pp. 107-116; F N 2007, p. 1973; C 2013, pp. 428-429. 25 F 1960, pp. 51-53; F 1990, pp. 59-63. 26 Si vd. C 1988, pp. 169-189. 27 Si vd. P 1998, pp. 643-667. 28 Scheda 85.5. 29 Scheda 85.3. 30 Scheda 85.2. 31 Come sottolinea la Calcagnini, Abele è il “giusto” la cui offerta e persona sono gradite a Dio, ed è inoltre la vittima innocente uccisa dal fratello. Cfr. C 1988, p. 185; C 2000a, pp. 91-92. 32 Si vd. D’A 2000, pp. 204-205. Lot è definito “uomo giusto” da Pietro (Pietro 2, 7-8). 21 22

A tal proposito, è doveroso notare come i due bibentes indossino la clamide esattamente come i due carcerieri di Pietro. L’iconografia, spesso, si viene a sovrapporre: alcune caratteristiche, nate per identificare particolari episodi, vengono invece inserite in altri analoghi, generando piccole confusioni. Nel caso dell’intradosso dell’arcosolio in questione possiamo essere quasi certi che si tratti di Mosè, essendo in parallelo con la scena del discorso agli Israeliti. 14 F 1960, p. 44; F 1990, p. 45. 15 Per un excursus sull’iconografia del Collegio Apostolico e della sua evoluzione, si vd. T 1963, pp. 230-300; M 2000c, pp. 124126. 16 F 1960, p. 46; F 1990, pp. 48-51. 17 Si vd. B 2003, p. 35. 18 Per l’ipogeo degli Aureli, si vd. B 2011, pp. 135-163; L 2011, pp. 165-172. 19 Cfr. R 2004, passim; B 2011a, pp. 209-220. 20 Si vd. Z 2002, pp. 70-73. 13

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma con un rotolo in mano43. La volta44 del cubicolo ospitava un Cristo docente in cattedra, con due capsae di rotoli ai lati, ma purtroppo la figura centrale era scomparsa già all’epoca degli studi di Padre Ferrua.

uomini avvolti da una certa “aura sacra”, quasi creature divine perché il Signore ha posto la sua protezione su di loro. L’arcosolio opposto33 presenta, invece, nella lunetta di fondo la scena del ratto d’Elia (II Re 2, 1-11), riconoscibile dal carro che si libra in aria. Nel sottarco, a partire da sinistra, si distinguono la benedizione di Efraim e Manasse (Gen 48, 1-22), i sogni di Giuseppe l’ebreo (Gen 41, 1-31), la visione di Mambre (Gen 18, 1-33), la scala coeli nell’episodio di Giacobbe (Gen 28, 12). Proseguendo verso l’interno, ancora da sinistra, si avrà Balaam34 fermato dall’angelo (Nm 22, 22-35) contrapposto alla cena di Isacco (Gen 27, 1-46). Si ritrovano nuovamente le gammadiae sulle vesti di personaggi particolari: Efraim e Manasse35, l’angelo di Balaam36, i tre uomini/angeli della visione di Mambre37 e Giacobbe nella cena di Isacco38.

I due nicchioni riproducono ancora due episodi relativi a Mosè45: sulla sinistra il discusso mix della colonna di fuoco e del recupero delle ossa di Giuseppe (Es 13, 1922), dall’altra invece il passaggio del Mar Rosso (Es 14, 15-31)46. Nel sottarco del nicchione sinistro si distingue anche il sacrificio di Isacco, mentre l’episodio di Mosè che si slaccia i calzari prima di entrare nel roveto ardente (Es 3, 1-6) costituisce la scena di proseguimento decorativo del nicchione destro. Di fronte a quest’ultimo, ecco invece Giobbe47, con il corpo costellato di pustole, accanto a sua moglie (Giob 2, 7-9). Il fondo del cubicolo48 accoglie la sepoltura più importante, probabilmente quella di una defunta, raffigurata orante e contrapposta ad Adamo ed Eva. Nel sottarco sono due gli episodi del ciclo di Giona: il rigetto del profeta da parte del pistrice e ancora il profeta sotto la pergola. La volta infine è occupata da un clipeo contenente la figura di un pastorello con il pedum e la siringa.

Efraim è il secondogenito di Giuseppe che invece ricevette da Giacobbe, suo nonno, la primogenitura: egli, infatti, incrocia le mani effettuando la benedizione. Da Efraim discenderà la più grande tribù del regno settentrionale d’Israele; Manasse, il primogenito, sarebbe stato invece, per diritto, il destinatario della benedizione. L’angelo di Balaam è un messaggero divino, anche se in alcuni punti della storia di Numeri sembra essere quasi una diretta emanazione di Dio39, mentre i tre uomini della visione di Mambre sono stati considerati a volte tre angeli, a volte invece una prefigurazione della Trinità. Giacobbe40 è colui che riceve la primogenitura da Isacco al posto del fratello gemello e maggiore Esaù.

Le gammadiae sono ancora una volta ben marcate. I pittori appaiono molto attenti a non rappresentarle laddove, per via della postura assunta dal personaggio, il lembo del pallio che le accoglie non si vedrebbe. Mosè che batte la rupe è contrassegnato quindi da una gammadia (79)49, così come il giovane palliato anonimo di fronte50 – forse un santo – mentre il Mosè dell’episodio della colonna51 presenta invece la variante più allungata e sottile, la (27).

La gammadia (85) è visibile su entrambi i lembi del pallio dell’angelo di Balaam, su quello dei tre uomini di Mambre, e sulla veste di Giacobbe. Diversa invece è la gammadia sul lembo del pallio di Efraim che è una (68), contrapposta alla gammadia (85) di Manasse. Questa non sembra costituire una scelta casuale, come si vedrà più avanti in questa analisi.

Effettuando qualche passo indietro, si procede immediatamente verso un corridoio sulla destra, dove la figura di un fossore, con la dolabra52 e la lucerna, è a “guardia” dell’altra appendice dell’ipogeo.

Il cubicolo B si configura perciò come un’anticamera del sontuosamente decorato cubicolo C41, cronologicamente collocabile verso il primo venticinquennio del IV secolo d.C. Sulla colonna di passaggio si nota Mosè che batte la rupe42, cui si affronta un personaggio giovanile e palliato

Si giunge all’ambiente D53, decorato con motivi ornamentali, figurine femminili e maschili. È un luogo di ingresso verso i due cubicoli affrontati, E ed F, profondamente differenti per tematiche iconografiche che sembrano riflettere un diverso orientamento religioso e databili verso gli anni ʽ60 del IV secolo d.C.

F 1960, pp. 49-51; F 1990, pp. 56-59. Si vd. M 2000b, pp. 132-134. 35 Scheda 68.4; 85.19. 36 Scheda 85.1. 37 Scheda 85.6. 38 Scheda 85.4. 39 Appare interessante l’osservazione del Wilpert, ripresa poi dal Fasola in particolar modo per via Dino Compagni, in cui l’angelo barbato è ritenuto non come un “protettore”, ma come Dio stesso. Cfr. W 1932, II, p. 262; F 1985a, nt. 34, p. 15. Sarebbe infatti proprio la barba a sottolineare questa distinzione tra semplice messaggero ed emanazione divina, cfr. E 1997, pp. 3-10. 40 Si vd. N 2000, pp. 188-190. 41 Si vd. Z 2002, pp. 73-79. 42 F 1960, p. 53; F 1990, p. 64.

Ibidem. F 1960, p. 54; F 1990, p. 68. 45 F 1960, pp. 54-55; F 1990, pp. 68-72. 46 Si vd. C A 1961-1962, pp. 111-118; G 1994, pp. 283-301; D R 2000, pp. 154-155. 47 F 1960, p. 56; F 1990, pp. 73-74. Per l’iconografia di Giobbe, si vd. P 2002. 48 F 1960, p. 56-57; F 1990, p. 74. 49 Scheda 79.4. 50 Scheda 79.5. 51 Scheda 27.2. 52 Si vd. D A D’O 1937, pp. 179-185. 53 F 1960, pp. 57-59; F 1990, pp. 75-77. Per gli ambienti D-O, si vd. Z 2002, pp. 91-99.

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Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni Mentre sul fondo del totalmente profano cubicolo E54 si staglia la Tellus nimbata, contornata da vittorie alate sulle pareti e da una Gorgone al centro della volta55, il cubicolo F – sfigurato da un palo di cemento armato centrale – prevede un programma che si attiene nuovamente alle Sacre Scritture.

scorge solo un’ombra sbiadita nelle foto d’archivio64 e, attualmente, anche quel minimo residuo di pigmentazione risulta quasi scomparso65. Tuttavia, considerando il personaggio, è altamente probabile che fosse connotato dalla gammadia (27). Questa volta è invece Sansone a non presentare alcuna lettera, nonostante il lembo del pallio sia raffigurato nel verso corretto per mostrare l’eventuale gammadia. Si tratta di una scelta, a mio avviso, ben ragionata: Sansone sta compiendo un gesto violento che non si addice a una figura scelta dal Signore. Sarebbe apparso un controsenso connotare un personaggio come “santo”, o meglio “giusto”, mentre compiva una simile atrocità. Il programma figurativo dell’intero cubicolo si data agli anni ʽ70 del IV secolo d.C.66.

Il primo arcosolio sulla destra presenta, ancora una volta, nella lunetta di fondo, l’episodio di Balaam fermato dall’angelo56, seguito dall’arcosolio di mezzo con Sansone che uccide i Filistei tramite la mascella d’asino (Gdc 15, 15)57, chiudendo la decorazione con la lunetta del Cristo e la samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4, 4-42)58. Lungo le pareti i defunti si affacciano da grossi portali, quelli che introducono direttamente nell’aldilà59. Una gammadia particolare è collocata sul pallio dell’angelo di Balaam60. Essa, infatti, somiglia molto a una (27), con alcuni trattini orizzontali nel mezzo. Si può ipotizzare che lo spunto per un simbolo simile fosse stata la lettera ebraica samekh , indicante letteralmente “sostenere”, “difendere”, “proteggere”. Il perimetro nella sua forma ‫ס‬ caratterizza Dio, il Protettore; il centro invece allude ad Israele stesso, al Tabernacolo, al luogo dove dimora Dio, il “Santo dei Santi”, secondo il pensiero ebraico61. Sul pallio dell’angelo di Balaam che, come si diceva, in alcuni tratti della narrazione sembra essere non tanto un messaggero, quanto una diretta emanazione di Dio, potrebbe proprio significare “protettore di Israele”. In alternativa e forse in maniera più lineare, si potrebbe ipotizzare che sia una semplice gammadia (27), malamente compresa dal pittore62.

Seguendo il corridoio dal soffitto, affrescato con fiori esplosi all’interno di riquadri che conferiscono un effetto cassettonato, si giunge a un nuovo grande ambiente la cui volta, sulla quale compaiono uomini maschili e palliati, è stata deturpata da un nuovo palo di cemento armato. Sulle pareti sono raffigurati ancora alcuni uomini palliati, di cui due giovanili e uno più anziano, che sembrano introdurre verso i rispettivi ambienti. Ad attrattre e sorprendere sono certamente i due grossi arcosoli. Nella lunetta di fondo del primo è affrescata una Maiestas Domini, con Cristo centrale seduto in cattedra con il subsellio, tra Pietro e Paolo67. Pietro è invisibile a causa di uno dei numerosi pali di cemento presenti nell’ipogeo che ne oblitera quasi completamente la sagoma. Sulle pareti sono raffigurati un uomo e una donna oranti, certamente i defunti, al di sotto di tende aperte. E ancora si vedono Mosè che si slaccia i sandali e Giobbe con la moglie, riproducendo l’esatta decorazione relativa al cubicolo C, dove i due episodi erano similmente affrontati. Nell’arcosolio di fronte abbiamo la c.d. “lezione di medicina” affrescata sulla lunetta di fondo68. Un uomo anziano, vestito alla cinica, è assiso centralmente. Intorno a lui siedono una schiera di uomini più giovani e più maturi, con barba o senza. Uno di essi indica con una virga un uomo nudo sul cui ventre è praticato un foro69. Nelle due pareti laterali del sottarco sono raffigurati un amorino e una vittoria alata. Il cubicolo Ib, la cui entrata si apre sull’ambiente I, è invece totalmente intonacato, ma non dipinto, pur prevedendo una sepoltura ad arcosolio che non venne mai usata. Permane perciò la stranezza suscitata dall’assenza di decorazione per questo cubicolo e per i cubicoli A1, 2a ed Ia, in un

Un’altra gammadia era presente sul pallio di Cristo nell’episodio della samaritana63. Purtroppo però se ne

F 1960, pp. 59-61; F 1990, pp. 77-83. Si vd. S 1998, pp. 257-278. 56 F 1960, pp. 62-63; F 1990, pp. 83-87. Per l’iconografia del profeta Balaam nell’ipogeo, si vd. M 2000b, pp. 132-134; C 2013, pp. 427-429; C 2016, pp. 67-88. 57 F 1960, pp. 63-65; F 1990, pp. 87-90. Per l’iconografia di Sansone, si rimanda a P 1998, pp. 643-667. Nell’ambito del discorso sull’ipogeo di via Dino Compagni, mi pare opportuno ricordare un contributo del Kenfield. L’autore pensava che le pitture dello stesso ipogeo potessero avere un’origine alessandrina o egiziana, ipotesi questa che non escluderei considerando la presenza delle gammadiae su testimonianze egiziane che saranno esaminate nei capitoli seguenti. In particolare, lo studioso notava alcune somiglianze tra Sansone e il leone e l’Ercole e il leone Nemeo in una variante alessandrina. Cfr. K III 1975, pp. 179-192. 58 F 1960, pp. 65-66; F 1990, pp. 90-93. Si vd. B 1989, pp. 161-172; I 1999, pp. 39-59. 59 Si vd. G 1998, pp.197-236. Per altre famose scene d’ingresso studiate in anni recenti, cfr. B 2011, pp. 135-163. 60 Scheda 31.1. Si veda anche l’opinione del D R 1867, pp. 299300; pp. 317- 321. 61 Cfr. L 1961, pp. 125-135 (in particolare, pp. 130-132). 62 Il Testa riconduceva la samek alla lettera E e da lì al simbolismo numerico che, a mio avviso, può essere però escluso dal discorso sulle gammadiae. Più sensata, in tale contesto, può essere invece l’allusione al termine “Salvatore/Sefer”. Cfr. T 1969, pp. 133-135. Ad ogni modo, il simbolismo alfabetico giudeocristiano è attestato sicuramente, come ad esempio in una tomba a Nazaret di cui dava notizia Padre Bagatti, cfr. B 1967, pp. 7-14. 63 Scheda 27.54. 54 55

Cfr. F 1960, tav. CIII. L’intonaco dipinto nella zona adiacente alla gammadia era crollato. Venne effettuata una stuccatura – non idonea – nel 1955-1956, prima del restauro del 1997 con cui invece si integrarono frammenti caduti, rimuovendo lo strato di stucco dove possibile, cfr. schema in M 1999, p. 58. Questo processo intaccò certamente la gammadia che, con il tempo e l’umidità, si è quasi cancellata completamente. Si vd. M 1999, pp. 45-73; M 2000a, scheda 12; B -M 1999, pp. 45-73. 66 B 1999b, pp. 60-73. 67 F 1960, pp. 69-70; F 1990, pp. 99-101. 68 F 1960, pp. 70-71; F 1990, p. 101. 69 Per il De Bruyne si trattava del fegato in cui era contenuta l’anima per gli antichi, cfr. D B 1970, pp. 191-192. 64 65

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma ipogeo in cui ogni minimo angolo è affrescato, tanto da suscitare meraviglia anche in padre Ferrua70.

la gammadia (85), di certo non meno importante perché investito dalla grazia del Signore dal principio, essendo egli il primogenito. Egli sarà però anche il rappresentante del popolo giudaico protetto da Dio, ma in “declino”, in favore del cristianesimo nascituro77. Purtroppo con gli interventi di restauro entrambe le gammadiae sono andate perse, risultando fortunatamente ancora visibili nella foto in bianco e nero pubblicata dal Ferrua78.

È proprio in questo cubicolo che bisogna soffermarsi a riflettere sulla complessità delle scene che lo interessano, in cui si rivela apparentemente una contrapposizione “cristianesimo-paganesimo”. La sepoltura con la Maiestas Domini apparteneva con buona probabilità a una coppia di defunti, ritratti oranti all’interno di due riquadri sulle pareti dell’arcosolio. Allo stesso tempo, solamente Cristo71 e Paolo72 presentano sul lembo del proprio pallio una gammadia, rispettivamente la (68) e la (86). Sul pallio di Pietro – osservabile difficilmente tramite uno specchio – non vi è l’ombra di alcun simbolo. Si nota un ulteriore dettaglio: Cristo si rivolge verso Paolo. A mio modo di vedere, questa particolarità non costituisce una semplice dimenticanza, ma sembrerebbe rivelare una scelta ben precisa effettuata dai committenti73 che decidono di non contrassegnare Pietro74. È un fatto piuttosto strano poiché si tratterebbe comunque del “primo” tra gli apostoli. Eppure sembra quasi che tramite l’apposizione della gammadia sul pallio di Paolo e lo sguardo indirizzato da Cristo verso quest’ultimo, si voglia dare rilievo all’apostolo delle Genti75. Passando ad esaminare invece il piano specificamente simbolico, l’utilizzo delle gammadiae (68) e (86) appare, allo stesso tempo, non casuale. La svastica rotante verso sinistra, allude certamente al segno della croce, pur essendo allo stesso tempo un segno antico, utilizzato già prima dell’avvento del Cristianesimo e indicante un simbolismo solare76 attribuito a Cristo quale sole, luce e verità. È in tal modo che è possibile spiegare anche la presenza della gammadia (68) sul pallio di Efraim nel cubicolo B: egli costituisce una prefigurazione cristologica, investito da quella “luce” che sarà propria del Sol Iustitiae, Cristo, poiché da Efraim discenderà la tribù d’Israele. Manasse, invece, presentava

La gammadia sul pallio di Paolo nella Maiestas Domini costituisce, effettivamente, una nuova “entrata” all’interno del panorama cristiano catacombale. Essa è visibile infatti sul pallio di un altro generico personaggio internamente allo stesso cubicolo79 e si ritroverà, ormai nel VII secolo, nelle catacombe di Commodilla, dopo aver superato tutta la fase della riproduzione musiva delle c.d. gammadiae. Proseguendo con il programma decorativo80, un altro palliato più anziano è collocato esattamente di fronte a quello con il pallio contrassegnato dalla gammadia (86). Un tempo forse il suo pallio presentava, ugualmente, una gammadia della quale si scorge ancora l’ombra dell’estremità superiore, probabilmente cancellatasi con il tempo. Non è possibile esprimere un giudizio sugli altri due palliati poiché il lembo della loro veste non è raffigurato nella parte prospetticamente visibile. La presenza di questi simboli farebbe escludere direttamente l’identificazione con i defunti, secondo la mia opinione derivante dai dati statistici che confermano l’apposizione di gammadiae in catacomba solo per i personaggi santi abbigliati in pallio. Sull’arcosolio della c.d. “lezione di medicina” si è scritto molto e si è riflettuto altrettanto. Personalmente, rimarrei orientata verso una posizione più profana e meno simbolica81 – condividendo l’opinione del Ferrua82 – interpretando la scena come rappresentazione del mestiere del defunto, quello di medico, di taumaturgo, forse di stampo greco a giudicare dal suo abbigliamento. Tale lettura concorderebbe, inoltre, con il programma che interessa la volta83, purtroppo danneggiata, suddivisa in spicchi. Sono rimasti due personaggi contrapposti: dal lato della “lezione di medicina” abbiamo un uomo, dalla corta barba, nel gesto della parola, che indossa un pallio alla cinica; dall’altra, in corrispondenza della Maiestas, vi è invece una figura maschile – il cui volto è deteriorato – che indossa tunica e pallio, mentre in mano tiene un codex, aperto e scritto. Tra i due si colloca una capsa rossa contenente alcuni rotoli avvolti. Il centro, infine, è

Cfr. F 1960, p. 38; F 1990, p. 34. Scheda 68.8. 72 Scheda 86.1. 73 Nel caso dell’ipogeo di via Dino Compagni non mi pare che la gammadia dalla forma di L possa essere un’interpretazione errata della più comune I, poiché quest’ultima è conosciuta e largamente utilizzata nella maniera corretta. Quella di inserire la L sembrerebbe proprio una scelta ponderata. 74 Diversamente accade per il battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli in cui Pietro e Paolo presentano entrambi una gammadia (27) dorata, ma siamo ormai in un ambito monumentale e totalmente cristiano che ha “accettato” entrambi gli apostoli. Cfr. F 2013, pp. 17-27. 75 È probabile, ma non purtroppo dimostrabile, basandosi sulla presenza delle gammadiae e sugli altri dettagli iconografici descritti, che i defunti qui sepolti fossero convertiti al cristianesimo paolino. Per tale ragione avrebbero, forse, figurativamente dato rilievo proprio a Paolo e non a Pietro. 76 Come giustamente viene fatto notare da Natale Spineto, la croce è essenzialmente un segno semplice da riprodurre, presente in molte culture in epoche differenti. Non si può attribuire ad essa un significato universale. La croce si viene a costituire come una sorta di “contenitore” di significati che mutano a seconda del substrato culturale di riferimento. Così il cristianesimo userà la croce latina per alludere al supplizio di Cristo, l’ankh egizio alluderà invece al concetto di vita, e così via. Certo è che, nell’ambito di una ricerca come questa, si debba porre attenzione alle rispettive influenze e derivazioni della componente antropica che, ovviamente, inciderà sul significato attribuito a vari simboli. La croce gammata rientra pienamente all’interno di questo discorso. Si pensi che le croci uncinate sono documentate in diverse culture dall’Estremo Oriente fino alla cultura celtica. Cfr. S 2007, pp. 75-87. 70 71

Si vd. C 2000, pp. 169-170; K B 1976, pp. 74-76. 78 Cfr. F 1960, tav. XXV. 79 Cfr. scheda 86.2. 80 F 1960, pp. 68-69; F 1990, pp. 95-96. 81 Il contrasto tra Cristo e la filosofia, in associazione a un parallelismo effettuato con il mosaico di Socrate di Apamea, è particolarmente evidenziato da D B 1970, pp. 173-193. Cfr. U 2013, pp. 213-229. 82 Cfr. F 1960, nt. 1, pp. 70-71. Tuttavia la scena, come specifica Fabrizio Bisconti, genera ancora qualche dubbio, cfr. B 1999b, p. 455; B 2011, p. 153. 83 F 1960, pp. 67-68; F 1990, pp. 94-95. 77

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Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni di mantelli, probabilmente militari93. È possibile perciò che, nel caso strettamente collegato all’ambito militare, la croce gammata – rotante in ogni verso – non abbia una simbologia specifica legata alla fede, ma sia invece – come anticipato – una sorta di grado dell’esercito romano.

occupato da un giovane, ritratto in clipeo, il cui volto è frammentario e quasi completamente perduto a causa del cemento; il corpo è invece ben modellato, reso tramite un gioco di ombreggiature che ne sottolineano i muscoli del braccio scoperto. Indossa un pallio alla cinica e tiene tra le mani un rotolo chiuso, mentre sulla sinistra campeggia un codex, chiuso anch’esso. La tipologia ritrattistica evoca somiglianze con la lunetta del sepolcro di Trebio Giusto in cui il defunto è raffigurato contornato dagli oggetti che occorrono per il suo lavoro: rotoli, tavolette cerate, calamaio e volumen84.

L’intradosso accoglie invece i due episodi del ciclo di Giona, quello in cui il profeta riposa sotto la pergola e l’altro in cui è pensoso e triste. Dalla parte opposta94, si nota chiaramente la lunetta con Adamo ed Eva, mentre del sottarco si conserva solo la pittura relativa a Giona gettato dai marinai in pasto al pistrice. L’altra scena, ormai non più apprezzabile, doveva presumibilmente completare il ciclo del profeta con il pistrice che lo rigettava.

Ci si avvia perciò verso gli ultimi ambienti. L’anticamera L, priva di sepolture, presenta sulle pareti due scene nuovamente Veterotestamentarie85: il sacrificio di Abramo e Isacco (Gen 22, 1-18) da un lato e Sansone e il leone dall’altro86. Nessuno di essi indossa vesti contrassegnate da gammadiae: di Abramo non conosciamo il lembo del pallio poiché l’intonaco è caduto proprio in quella zona; Sansone indossa il pallio, ma la gammadia non è visibile poiché presente nel verso opposto del lembo, nascosto dalla gamba posta in avanti.

Una volta quadrilobata, ricca di amorini e ghirlande, copre un ambiente totalmente profano: l’arcosolio di sinistra accoglie nella lunetta Admeto morente contornato dalla sua famiglia, mentre sulla sinistra vi sono Ercole e Atena in concordia95; sulla parete opposta, Ercole uccide un nemico nudo e steso a terra, mentre nell’arcosolio destro vi è l’eroe che riconduce Alcesti dall’Ade, seguito dalla scena di Ercole in combattimento contro l’idra sulla sinistra e che infine ruba i pomi delle Esperidi sulla parete destra96. Non vi è un solo elemento spiccatamente cristiano e la mitologia classica è qui sfoggiata in tutta la sua bellezza97. I defunti erano presumibilmente “pagani” e il loro ambiente sepolcrale precede quello di una giovane cristiana. Il passaggio è ornato con le figure di due donne98: una è simile a Cerere e all’abbondanza, con un mazzo di spighe in una mano, una torcia nell’altra e le anfore accanto, facendo pensare alla personificazione del commercio; l’altra, invece, è senza velo, ma indossa tunica e palla, tenendo in entrambe le mani altri fasci di spighe.

Il carattere totalmente cristiano della stanza successiva è sottolineato dalla presenza di una scena particolare tratta dalla Passione, ovvero l’episodio relativo ai due soldati che si giocano la veste di Cristo (Gv 19, 23-24)87, rappresentato sulla lunetta di fondo dell’arcosolio sinistro. Gli scudi sono posati vicino ai muretti, mentre sul fondo si staglia il sepolcro architettonico. In primo piano sono evidenti i due soldati: quello di sinistra sembra esortare, con il movimento del braccio, quello di destra, mentre quest’ultimo stringe il manico di un’anfora, dall’interno della quale escono due dadi e la lancia nell’altra mano. È proprio lui a presentare la gammadia (69) sulla veste88. Non si tratta del pallio, bensì della clamide, il mantello militare. La croce gammata è stavolta rivolta verso destra, in maniera completamente opposta al Cristo della Maiestas nell’ambiente I, ma i due elementi non sembrano essere collegati dalla stessa simbologia, come deducibile grazie alla catalogazione di un discreto numero di vesti e testimonianze precedenti al IV secolo d.C. nelle quali appare evidente che alcuni soldati, come si vedrà in seguito, riportino il simbolo della croce gammata o svastica sulla clamide. È così per il nobile sepolto a Durostorum89, per il militare ritratto nel mosaico di Piazza Armerina90, per un sarcofago dall’Egitto ellenistico91, per il ritratto “dei due fratelli soldati”92. Tramite le testimonianze tessili, inoltre, questa teoria sembra trovare conferme, poiché il ricamo dalla forma di croce gammata è presente su frammenti

L’ultimo ambiente, il cubicolo O99, stupisce sempre per la magnificenza conferita dalle sue architetture e, soprattutto, dalla sontuosa decorazione. La volta a botte è ornata con serti fioriti, volti di putti e due donne sedute, una con un fascio di spighe e il tirso in mano, mentre l’altra con un sottile bastone e un grappolo d’uva. La lunetta del nicchione destro100 presenta un grande affresco in cui è riprodotto il passaggio del Mar Rosso. Mosè, giovane e imberbe, presenta sul pallio una gammadia (68)101 marcata con il colore nero. Ancora una volta è un messaggio sottile quello che viene comunicato: Mosè è un “giusto”, un precursore di Cristo, “portatore” della “luce cristiana”, quella che sarà la nuova fede, passando per quella ebraica. Per il frammento tessile conservato presso il Benaki Museum, si vd. T 2007, fig. 23.2, p. 144; Per le grotte di Al-Tar, si vd. F S -I 1993, pp. 109-133, (in particolare, pl. 2b per la svastica). 94 F 1960, p. 74; F 1990, pp. 105-108. 95 F 1960, pp. 77-78; F 1990, pp. 113-115. 96 F 1960, pp. 78-80; F 1990, pp. 115-119. 97 Costituisce, a mio avviso, una forzatura leggere un’iconografia spiccatamente profana e mitologica in chiave cristiana e simbolica. Per la rilettura cristiana di miti pagani, si vd. F 2011, pp. 209-222. 98 F 1960, pp. 80-81; F 1990, pp. 119-122. 99 Si vd. Z 2002, pp. 103-112. 100 F 1960, pp. 81-82; F 1990, pp. 122-124. 101 Cfr. scheda 68.1. 93

Si vd. B 2004, pp. 133-147; B 2011a, pp. 209-220. F 1960, pp. 72-73; F 1990, pp. 103-105. 86 Si vd. P 1998, pp. 643-667. 87 F 1960, pp. 74-75; F 1990, pp. 108-110. 88 Scheda 69.1. 89 F 1943; A 2007, p. 456. 90 G 1959, tav. XXXIII. 91 E 1905, n. 33.210, pl. XXX. 92 E 1905, n. 33.267, pl. XLIII; D 1995, foto nel frontespizio; S 2015, fig. 8, p. 174. 84 85

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Veterotestamentarie come se una nutrita componente fosse giudaica110, o meglio, convertitasi al cristianesimo111 dal giudaismo.

È lui che riceve la Legge ed è ancora a lui che è affidato il compito di tramandarla insegnandola. Forse non è un caso che in questo quadro sia anche presente una stella nel cielo, ad avvalorare il carattere anticipatorio dell’episodio messianico. Ai lati sono raffigurati un egizio in armatura e un ebreo in tunica.

Considerando le pitture e la loro distribuzione, le scene di carattere profano sono concentrate prevalentemente nel cubicolo E, ma distribuite anche nell’ambiente N112, nella lunetta con la “lezione di medicina” e sulla volta del cubicolo I. Caratteri esclusivamente cristiani sembrano averli gli ambienti M e A – anche se quest’ultimo con qualche dubbio connesso all’interpretazione di scene già esaminate precedentemente –, mentre i cubicoli B, C, D, I ed O presentano alcune scene Neotestamentarie e, soprattutto, una moltitudine di episodi particolari113 ispirati al Vecchio Testamento. Quest’ultimo fatto potrebbe far ulteriormente pensare a una componente giudaica convertita al cristianesimo. Mi pare interessante citare una delle intuizioni del Cagiano de Azevedo114 riguardo il programma figurativo dell’ipogeo:

Contrapposto vi è un affresco102 che risulta imitatorio di quello del cubicolo B precedentemente esaminato. La raffigurazione è infatti bipartita: in alto vi è Mosè che riceve le Tavole della Legge ed è anche rappresentata una colonna, alludendo all’episodio biblico (Es 13, 21); in basso e megalografico vi è Cristo che resuscita Lazzaro, riprendendo però l’iconografia del Mosè del cubicolo B, risultando quindi seguito da una moltitudine di persone che assistono103. Purtroppo un loculo ha tagliato proprio il lembo del pallio sul quale, è probabile, fosse affrescata una gammadia (27) o una (79), seguendo i dati statistici derivati dal database GMS. Ai lati vi è Daniele tra i leoni e una scena di profezia, con l’uomo palliato che indica una stella, presumibilmente identificabile con Balaam (Nm 24, 17)104.

«Assalonne, Tobiolo, Finees non sono personaggi che eccitino la fantasia religiosa di un latino, specie se di origine pagana, così come i sogni, che la Chiesa occidentale non poteva vedere di buon occhio perchè troppo affini a una mantica da lei non accettabile».

Si prosegue giungendo alla fine del cubicolo con la figura di Noè orante nell’arca contrapposto a un’orante femminile, cui seguono le raffigurazioni di una moltiplicazione dei pani e dei tre fanciulli ebrei della fornace105. È proprio Cristo della moltiplicazione a indossare un pallio contrassegnato dalla gammadia (68)106, per la seconda 107 volta presente nello stesso cubicolo . Un tripudio di serti floreali, amorini e vittorie alate conducono alla nicchia in cui è raffigurato un magnifico pavone, simbolo della vita eterna. Sulla piccola volta dell’arcosolio, vi è una fanciulla dallo sguardo ispirato, il cui busto è contenuto in un clipeo composto da ghirlande. È lei la defunta sepolta nell’arca, verso cui l’intero percorso dell’ipogeo sembra condurre. Forse si tratta proprio dell’ultima giovane rappresentante di quella modesta comunità locale che ha creato un luogo funerario, e al contempo paradisiaco, a qualche metro di profondità dalla superficie108.

Come sostenne lo studioso, molte sono le scene e troppo particolari i personaggi Veterotestamentari scelti al fine di arricchire la decorazione dell’ipogeo per poter pensare a un programma totalmente latino, o meglio, commissionato esclusivamente da fedeli cristiani di provenienza profana. Si deve quindi distinguere in maniera più precisa la componente religiosa ivi sepolta: cristiani di ceppo paolino e perciò convertiti dal “paganesimo”; probabilmente giudeocristiani, ovvero individui che hanno accolto la religione cristiana con la volontà di mantenere alcune delle loro tradizioni ebraiche di provenienza115; infine, “pagani”116. della Scortecci che legava il programma figurativo alla setta degli Ofiti, partendo dall’esame della figura della Tellus: S 1998, pp. 257278. 110 Il Tronzo non potè fare a meno di notare alcune somiglianze con il programma decorativo della sinagoga di Dura Europos, ribadendo che giudei e cristiani fossero “fisicamente” molto vicini. Cfr. T 1986, pp. 71-78. 111 Sul concetto delle conversioni proprie della comunità di via Dino Compagni, fu molto chiaro il Fasola, proprio in riferimento all’ipogeo. Si vd. F 1965, pp. 13-14; P 1986, p. 343. 112 Il Cagiano De Azevedo ipotizzò che N e O fossero cubicoli di una stessa famiglia nella quale alcuni membri tornarono al paganesimo. Mentre è certamente possibile che i membri appartenessero a uno stesso nucleo familiare, sono convinta invece che essi fossero semplicemente di fede mista, come sostenne d’altro canto il Ferrua. È possibile che le generazioni più giovani avessero adottato il cristianesimo, mentre i genitori o parenti più anziani fossero rimasti al paganesimo. Cfr. C D A 1969, p. 47; F 1990, p. 139. Da ultimo, è tornato con una riflessione in merito F. Bisconti: B 2018a, pp. 54-55. 113 Si vd. C D A 1969, p. 45. 114 Si vd. C D A 1972, pp. 140-141. 115 Si vd. C D A 1972, p. 46. Anche Fabrizio Bisconti riprese l’ipotesi del Cagiano De Azevedo, cfr. B 1999b, p. 50. 116 Il Ferrua propose di interpretare le figure mitologiche legate al repertorio classico in una chiave simbolica e cristiana, cfr. F 1990, p. 139.

Si giunge quindi alle riflessioni. È evidente che le pareti dell’ipogeo siano decorate da scene di carattere misto109, ma soprattutto è forte l’imposizione di scene F 1960, pp. 82-83; F 1990, pp. 124-125. Si vd. G 1994, pp. 283-301. 104 Si vd. T 1986, p. 65; C 2013, pp. 428-429. 105 F 1960, pp. 84-85; F 1990, pp. 128-131. 106 Scheda 68.2. 107 Sono solo altri due i casi di Cristo con gammadia a forma di svastica sul pallio: uno nel nel cimitero dei Giordani, loculo Nr4, p. 14, in cui la rappresentazione, quasi identica a quella di via Dino Compagni, è deteriorata e la gammadia risulta non ben distinguibile, soprattutto per il verso di rotazione; l’altra scena è collocata nelle catacombe di Pretestato, sul loculo decorato Nr18, p. 95 e riguarda una resurrezione di Lazzaro (scheda 68.10). 108 Si vd. B 2013a, pp. 53-84. 109 Il Ferrua sostenne di poter collocare in 325 sepolture 400 persone, si vd. F 1990, p. 136. Fabrizio Bisconti propose si trattasse di sepolture di un gruppo di liberti vicini alla cerchia senatoriale, oppure che ne emulavano idee e comportamenti. Si vd. B 1999b, p. 47. Il Tronzo notava caratteri affini ai sepolcri ellenistico-alessandrini: T 1986, pp. 18-20. Abbastanza complessa, appare invece la teoria 102 103

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Il caso dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni I committenti dell’ipogeo erano perfettamente consapevoli del programma figurativo che desideravano fosse affrescato nella propria domus aeterna, che rivela – alla luce del discorso sulle gammadiae – ancor maggiormente una coesistenza di membri con un diverso substrato culturale117 e non si può escludere, come propose all’epoca il Cagiano De Azevedo, che fossero inoltre di provenienza microasiatica118. Alla fine dell’analisi mirata sull’ipogeo di via Dino Compagni, sembra rafforzarsi l’ipotesi che il segno (27)/ (79)/ (85) non alludesse al nome di Cristo, né a un numero come pensava Antonio Quacquarelli, bensì alla santità e alla giustezza di cui sarebbero investiti gli autorevoli personaggi Vetero e Neotestamentari.

117 Ph. Pergola ha sottolineato questo fatto anche per quanto riguarda la catacomba di Domitilla, cfr. P 1986, pp. 341-342. La medesima opinione si trova nello scritto di Toynbee, in cui si accetta la coesistenza di correnti differenti cristiane e pagane, forse di una stessa famiglia. Cfr. T 1993, pp. 212-215. Diversamente Schumacher leggeva le scene pagane in ottica differente, considerandole usate dagli stessi cristiani per alludere ai temi della morte e resurrezione. Secondo lo studioso, l’ipogeo sarebbe stato quindi totalmente cristiano, mentre i temi profani sarebbero stati unicamente adottati dai proprietari dello stesso luogo di sepoltura. I confronti adoperati con l’ipogeo di via Dino Compagni erano quelli dei mosaici pavimentali della villa di Hinton St. Mary nel Dorset e di Frampton, in cui temi pagani sono accostati a simbolismi cristiani. Cfr. S 1971, pp. 125-153 (in particolare, pp. 149-150). 118 Si vd. C D A 1972, p. 45.

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13 Esame topografico: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma Abstract: L’analisi sistematica di tutte le gammadiae rappresentate nei cimiteri cristiani di Roma ha offerto un quadro più preciso sulla loro distribuzione. Nel presente capitolo saranno elencate le singole scene esaminate, i cimiteri e il riferimento alle schede in appendice. The systematic analysis of all the gammadiae represented in the Early Christian cemeteries of Rome offers a more precise picture of their distribution. This chapter lists the individual scenes examined, the cemeteries and the reference to the forms in the appendix. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, topography

Cimiteri1 della via Salaria vetus

Cubicolo dell’orante Nr9, p. 16:

Catacomba di S. Ermete/Bassilla:

• Parete destra: defunta con santo intercessore = scheda 27.42

Arcosolio Nr4, p. 3: Arcosolio Nr10, p. 16: • Lunetta dell’arcosolio: Introduzione di una defunta (le gammadiae sono rappresentate sul pallio dei santi, generici o eponimi)2 = schede 27.1; 79.1 • Sottarco dell’arcosolio: miracolo della rupe; resurrezione di Lazzaro = schede 79.2; 79.3

• Fronte, a sinistra: miracolo della rupe effettuato da Mosè/Pietro = scheda 79.6 Loculo decorato Nr11, p. 16:

Cimiteri della via Salaria nova

• Volta della galleria: miracolo della rupe effettuato da Mosè = scheda 70.1

Cimitero dei Giordani/di S. Alessandro: Loculo decorato Nr12, p. 16: La concentrazione di gammadiae si sviluppa in direzione N-E su più piani.

• Registro superiore: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.43

Loculo Nr6, p. 14: Lastra incisa con Traditio Legis = scheda 43.1 • Parete, registro inferiore: moltiplicazione dei pani; guarigione del paralitico; Tobia con l’arcangelo Raffaele = schede 25.6; 68.6; 68.7

Incerti sono i casi presenti all’interno del cubicolo dell’Esodo3, resi non verificabili dal rovinoso crollo della volta. Catacomba anonima di via Anapo: • Nicchione Nr8, p. 18: le gammadiae sono presenti sul pallio dei componenti del Collegio Apostolico. Il nicchione è collocato a N-E = schede 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9.; 79.10 • Nicchione Nr14, p. 20: le gammadiae sono presenti nelle scene della moltiplicazione dei pani, del miracolo della rupe, della resurrezione di Lazzaro. Il nicchione è collocato a S-E = schede 25.2; 25.3; 25.4

Per i cimiteri inaccessibili nel territorio romano, le verifiche non sono ovviamente state effettuate. Per questa unica categoria di monumenti, le analisi si sono basate sul repertorio fotografico e sugli articoli pubblicati. Le datazioni relative agli affreschi sono riportate direttamente all’interno delle schede. In questo capitolo saranno inseriti soltanto i cimiteri in cui compaiono le gammadiae, senza per questo escludere che tutte le rimanenti catacombe non siano state analizzate, includendo gli ipogei profani per verificare la presenza dei simboli. Le note bibliografiche saranno essenziali, rimandando direttamente alle singole schede GMS. Inoltre, per comprendere appieno e in maniera riassuntiva, ma efficace, lo sviluppo delle catacombe, anche in relazione alla distribuzione delle c.d. gammadiae, si rimanda a F N 2000, pp. 341-362. 2 Wp, pp. 363-364 (volume di testo). 1

3

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B

1998b, pp. 81-108.

Esame topografico: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma del cubicolo B5, e di un vetro dorato con S. Agnese orante che presenta sulla veste due gammadiae (scheda 79.58), collocato nella galleria 96 e ormai perduto7.

I nicchioni sono topograficamente collocati ai poli opposti. Il binomio dei nicchioni Nr8 e Nr9 è collegato al gruppo di cui fa parte il Nr14 tramite una galleria perpendicolare alla matrice.

Catacombe di Ciriaca/S. Lorenzo: È incluso l’affresco staccato e conservato al Museo Civico del Castello Ursino di Catania rappresentante un miracolo della rupe = scheda 25.5

Arcosolio Nr2, p. 43. I piano (detto di Zosimiano o Zosimiana): • Fronte, in alto, a sinistra: Mosè che riceve la Legge = scheda 79.11 • Fronte, in alto, a destra: Mosè si scioglie i calzari = scheda 79.12 • Lunetta di fondo: Maiestas Domini = scheda 27.83

Catacombe di Priscilla: L’unico caso di gammadiae si registra all’interno del cubicolo di Lazzaro. Nonostante i numerosi affreschi presenti in catacomba, non vi sono scene che prevedano gammadiae.

Per quanto riguarda questa catacomba, risulta una sola testimonianza con gammadia relativa all’arcosolio Nr2, collocata in un’appendice del cimitero a S-E, cronologicamente databile al pieno IV secolo d.C.

Cubicolo Nr23, pp. 25-26 (c.d. cubicolo di Lazzaro): • Parete d’ingresso, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 85.7 • Volta, a sinistra: scena di introduzione di una defunta e di un defunto con Paolo e santi eponimi (Felice e Filippo). Curiosamente Pietro sembra non presentare la gammadia, che però potrebbe essere andata perduta4 = schede 85.8; 85.9; 85.10

Cimiteri della via Labicana Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino:

Cimiteri della via Nomentana

Il raggruppamento delle gammadiae è qui molto evidente nell’area S-O con presenze sporadiche distribuite. È possibile effettuare una divisione per gruppi di cubicoli:

Cimitero Maggiore:

Cubicolo Nr3, p. 50:

Cubicolo Nr7, p. 33: • Volta: resurrezione di Lazzaro = scheda 79.55

• Volta: Cristo con i Santi Tiburzio, Gorgonio, Pietro, Marcellino, Pietro e Paolo = schede 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13; 79.13

Cubicolo Nr16, pp. 34-35:

Cubicolo Nr15, p. 51:

• Volta: miracolo della rupe = scheda 27.5

• Parete d’ingresso, a destra: guarigione del cieco nato = scheda 27.68 • Parete d’ingresso, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 27.69

Cubicolo Nr17, p. 35: • Volta: miracolo della rupe = scheda 27.4 • Arcosolio di fondo, sottarco: Cristo tra sei apostoli e due capsae di rotoli = scheda 85.15

Cubicolo Nr28, p. 538:

Lastra incisa con orante femminile tra un santo e un personaggio maschile = scheda 82.1

• Parete d’ingresso, a sinistra: sacrificio di Abramo e Isacco = scheda 27.6 • Parete d’ingresso, a destra: scena della guarigione del cieco nato = scheda 27.7

Cimiteri della via Tiburtina Cubicolo Nr42, p. 55: Catacomba di Novaziano: • Volta: miracolo della rupe = scheda 27.78 Non si registra la presenza di gammadiae in pittura. È certo il ritrovamento di un vetro dorato frammentario con gammadia, riguardante l’incoronazione da parte di Cristo dei SS. Pietro e Paolo (scheda 79.56), rinvenuto tra le terre

Il riferimento topografico è relativo alla pianta pubblicata in F 1929, pp. 179-239. La notizia del ritrovamento è data alla p. 221 dello stesso articolo. 6 J 1934, p. 207. 7 C 2019b, pp. 55-56. 8 Secondo N. Zimmermann, il pittore che eseguì l’apparato decorativo nel cubicolo Nr28 era lo stesso che operò all’interno degli ambienti Nr10 e Nr27. Si vd. Z 2002, pp-163-241. 5

4 È visibile infatti, proprio sul lembo del pallio, un distacco della pellicola pittorica risarcita con gli ultimi restauri. Si rimanda alla scheda relativa.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Cubicolo Nr43, p. 55. Regione delle vecchie agapi:

Cubicolo Nr57, p. 5811:

• Volta: moltiplicazione dei pani = scheda 79.16 • Volta: resurrezione di Lazzaro = scheda 79.15 Cubicolo Nr44, p. 55. Regione delle vecchie agapi:

• Parete d’ingresso, a destra: miracolo della rupe = scheda 27.44 • Parete d’ingresso, a sinistra: introduzione di defunta = scheda 27.61

• Sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 79.21

Cubicolo Nr58, pp. 58-59:

Cubicolo Nr45, p. 55:

• Parete d’ingresso, a destra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.67

• Parete d’ingresso, a sinistra: resto di personaggio in tunica e pallio. È visibile solo la gammadia9 = scheda 27.65

Cubicolo doppio Nr62, pp. 59-60: • Arcosolio della parete destra, sottarco a destra: Balaam che indica la stella = scheda 79.29 • Arcosolio della parete destra, lunetta: agape e miracolo di Cana = scheda 27.70

Arcosolio Nr46, pp. 55-5610: • Sottarco, a destra: Balaam indica la stella = scheda 27.63 • Sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 27.50 • Lunetta: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.26

Cubicolo di Orfeo Nr64, p. 60: • Parete d’ingresso, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 27.45 • Parete d’ingresso, a destra: scena dell’emorroissa = scheda 27.46

Cubicolo Nr48, p. 56: • Arcosolio della parete di fondo, sottarco a destra: miracolo di Cana = scheda 27.79

Cubicolo Nr69, pp. 61-62: Cubicolo Nr51, p. 57: • Sottarco, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.62 • Parete di fondo: miracolo della rupe = scheda 79.22

• Arcosolio della parete di fondo, sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 27.15 • Tromba del lucernario: resurrezione di Lazzaro = scheda 79.14 • Arcosolio della parete di fondo, lunetta: defunta tra santi (comunemente considerata Susanna tra i vecchioni) = schede 27.14; 79.17

Cubicolo Nr78, pp. 63-64. Regione delle Nuove Agapi: • Volta: battesimo di Cristo; miracolo della rupe; resurrezione di Lazzaro; moltiplicazione dei pani = schede 79.18; 79.19: 79.20; 79.33

Arcosolio Nr52, p. 57: Arcosolio di Orfeo Nr79, p. 64. I piano: • Sottarco, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.64 • Sottarco, al centro: Cristo tra due capsae di rotoli = scheda 27.80

• Fronte, a destra: resurrezione di Lazzaro = scheda 66.1 Cimiteri della via Latina

Cubicolo Nr53, p. 57:

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni:

• Volta: moltiplicazione dei pani; Balaam che indica l’astro = schede 27.81; 27.82

Per l’ipogeo in questione si rimanda al capitolo apposito trattato precedentemente. Non è comunque possibile effettuare un’analisi topografica delle gammadiae in quanto esse sono diffuse in quasi ogni ambiente. È invece necessario considerare i temi interessati e i personaggi che costituiscono un’ottima chiave di lettura anche per il resto delle testimonianze cimiteriali.

9 Questa è la definizione del Nestori, l’unica in tutto il repertorio per cui venne usato il termine gammadia: «Resto di personaggio in tunica e pallio con gammadia, motivi decorativi lineari e a fiori stilizzati». Si vd. Nr45, p. 55. 10 Gli stessi pittori operano in questo cubicolo e negli ambienti Nr48, 62, 69. Si vd. Z 2002, pp. 163-241.

Sono state individuate somiglianze strutturali e decorative tra gli ambienti Nr56, 57, 58, 64. Si vd. Z 2002, ppp. 163-241.

11

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Esame topografico: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma Cimiteri della via Appia

galleria occupata da sepolture ad arcosolio su entrambi i lati.

Complesso delle catacombe di S. Sebastiano: Cubicolo Nr14, pp. 104-105 (c.d. cripta di Milziade): Mausoleo di S. Quirino – Platonia: • Volta del cubicolo, a sinistra: personaggio in tunica e pallio con virga = scheda 32.1

• Lunetta occidentale: Coronatio = scheda 27.16 Nella Coronatio la gammadia è affrescata sul pallio di un santo, forse Quirino.

Cubicolo Nr27, p. 107: • Sottarco, a destra: resurrezione di Lazzaro = scheda 79.28

Mausoleo detto “Domus Petri”: • Parete esterna dell’arcosolio destro: miracolo della rupe = scheda 79.34

Arcosolio Nr36, p. 108: • Sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 79.53

Ex Vigna chiaraviglio: Cubicolo Nr45, p. 109: Topograficamente le testimonianze pittoriche interessate da gammadiae non si trovano vicine l’un l’altra. Finarello, F12:

• Lunetta: bibens che si abbevera (beato nel refrigerio) = scheda 27.17 • Sottarco, a destra: miracolo della rupe = scheda 79.24

• Abbraccio Pietro e Paolo = schede 24.1; 24.2

Arcosolio Nr51, p. 109:

Arcosolio di Paulus, Eu:

Fronte: miracolo della rupe = scheda 27.18

• Angelo = scheda 79.23 • Cristo in cattedra con il libro dei Vangeli fra due santi acclamanti in tunica e pallio che offrono corone (la gammadia si trova sul pallio di un santo) = scheda 27.31

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: Cubicolo Nr3, pp. 115-116 (cubicolo delle colonne):

Cimitero di Pretestato:

• Sottarco, centro: santo che sale una scala = scheda 27.53 • Sottarco, a destra: sacrificio di Abramo = scheda 27.32

Arcosolio Nr5, p. 91:

Cubicolo Nr7, p. 116 (cubicolo dei canefori):

• Fronte, a sinistra: Liberio = scheda 27.51 • Sottarco, a sinistra: Paolo = scheda 27.16

• Sottarco, a destra: miracolo della rupe = scheda 27.55 Le gammadiae sono presenti in due cubicoli lontani l’uno dall’altro, entrambi al II piano.

Cubicolo Nr7, p. 92: • Arcosolio di fondo, sottarco: Cristo giudice = scheda 27.52

Cimiteri della via Ardeatina Catacombe di Domitilla:

Loculo Nr18, p. 95: Le gammadiae sono concentrate in due zone: nell’appendice con “grappolo” di cubicoli a S-O (I piano) e nella zona a S-E (I piano).

• Resurrezione di Lazzaro = scheda 68.10 Catacombe di S. Callisto:

Cubicolo Nr18, p. 123 (cubicolo degli Apostoli Piccoli): Le poche gammadiae presenti in un cimitero così esteso sono concentrate nel II piano della catacomba e distribuite longitudinalmente in maniera regolare.

• Arcosolio destro, lunetta: Pietro e Paolo = schede 27.20; 27.21

Le gammadiae la cui presenza è certa si dispongono all’interno di cubicoli che si dipartono dall’arteria centrale (Nr14, Nr27, Nr45), eccetto l’arcosolio Nr51 che si installa in un nucleo di cubicoli “a grappolo” collocati ad O, mentre l’arcosolio Nr36 si colloca nella regione Liberiana, in una

Cubicolo Nr19, p. 123 (cubicolo del fossore Diogene): • Nicchia della parete di fondo, sottarco, al centro: Pietro = scheda 27.22

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma • Nicchia della parete di fondo, sottarco, al centro: Paolo = scheda 27.23 • Nicchia della parete di fondo, lunetta: fossore Diogene = schede 68.5; 69.2 • Nicchia della parete di fondo, sottarco, a destra: miracolo della rupe = scheda 27.24 • Nicchia della parete di fondo, sottarco, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.75

Arcosolio Nr50, p. 128 (c.d. arcosolio rosso del II piano): • Lunetta: Pietro = scheda 27.27 • Fronte, in alto, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.28 • Fronte, in alto, a destra: miracolo della fonte = scheda 27.29 Arcosolio Nr54, p. 128 (c.d. arcosolio basso presso la cripta di Ampliato):

Cubicolo Nr31, p. 125 (cubicolo di David nella regione dello scalone del 1854):

• Arcosolio distrutto con Madonna, Bambino e profeta = scheda 27.60

• Arcosolio parete destra, sottarco, al centro: palliato con libro aperto = scheda 27.25 • Parete di fondo: santi con rotolo = schede 27.47; 27.48 • Parete destra: moltiplicazione dei pani = scheda 27.72 • Parete d’ingresso: guarigione del lebbroso = scheda 68.9

Arcosolio Nr67, pp. 129-130: • Sottarco a destra: miracolo della rupe = scheda 79.32 Cubicolo Nr69, p. 130:

Arcosolio Nr38, p. 126: • Volta: miracolo della rupe = scheda 85.14 • Volta: moltiplicazione dei pani = scheda 85.20

• Lunetta: Pietro e defunta orante = scheda 27.49 Cubicolo Nr39, p. 126 (cripta dei sei santi):12

Arcosolio Nr70, p. 130 (c.d. arcosolio degli oranti piccoli):

• Arcosolio sinistro, fronte: Collegio Apostolico = scheda 79.25 • Arcosolio di centro, fronte: Cristo al centro fra tre donne e tre uomini acclamanti = scheda 79.30 • Arcosolio sinistro, fronte: Cristo in trono che parla con una donna = scheda 79.31

• Sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 79.49 • Sottarco, al centro: santo orante = scheda 79.50 • Sottarco, a destra: resurrezione di Lazzaro = scheda 79.51

Arcosolio Nr42, p. 126:

Arcosolio Nr73, p. 131 (c.d. arcosolio di fronte ai piccoli oranti):

• Sottarco a sinistra: moltiplicazione dei pani = scheda 27.56

• Sottarco, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.58

Arcosolio Nr43, pp. 126-127:

Cubicolo Nr74, pp. 131-132 (cubicolo dei fornai):13

• Fronte, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.57

• Nicchione destro, calotta absidata: Collegio Apostolico = schede 85.11; 85.12; 85.13; 85.16 • Nicchione sinistro, fronte a destra in alto/ Nicchione destro, fronte a sinistra in alto: miracolo della rupe = scheda 85.17

Cubicolo Nr45, p. 127 (cubicolo di Orfeo): • Arcosolio di fondo, fronte, a sinistra: Michea/Paolo = scheda 27.71

Arcosolio Nr75, p. 132: Arcosolio Nr46, p. 127: • Sottarco, a sinistra: miracolo della rupe = scheda 85.18 • Sottarco, a sinistra: moltiplicazione dei pani = scheda 27.73 • Sottarco, a destra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.74

13 Lo studio condotto da N. Zimmermann sulle officine che lavorarono nelle catacombe di Domitilla, in particolar modo di quelle che si occuparono di affrescare la regione dei mensores (cubicoli 64-75), evidenzia come questa parte cimiteriale sia un nucleo a se stante per caratteristiche decorative e architettoniche. Maestranze e committenti sembrano aver lavorato a stretto contatto, ideando i programmi decorativi ed eseguendoli; inoltre, i principali pittori potrebbero essere stati fondamentalmente due se si considerano gli ambienti Nr68, 69, 70, 71, 72, 74, 75. I defunti erano probabilmente accomunati da un legame di tipo famigliare. Si rimanda direttamente allo studio dettagliato: Z 2002, pp. 126-154.

12 Secondo gli studi della Yamada, quello “dei sei santi” è un cubicolo molto simile a quello dei mensores. I personaggi raffigurati sarebbero i membri della famiglia del committente del cubicolo. Cfr. Y 2008, pp. 473-504.

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Esame topografico: distribuzione delle c.d. gammadiae nei cimiteri cristiani di Roma Arcosolio Nr77, p. 132. I piano (c.d. arcosolio dei tre magi):14

del cimitero risalente alla seconda metà del IV secolo d.C. e collocata ad E.

• Fronte, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.66

Catacombe di S. Tecla: Vestibolo Nr2, p. 144:

Arcosolio a mosaico: • Sottarco, a sinistra: resurrezione di Lazzaro = scheda 27.19

• Arcosolio destro, sottarco, al centro: Cristo in cattedra = scheda 59.1 • Fronte, in alto: Collegio Apostolico = scheda 79.54

Cimiteri della via Ostiense

Cubicolo Nr3, p. 144 (cubicolo degli apostoli):

Catacombe di Commodilla:

• Parete d’ingresso, a destra: miracolo della fonte operato da Pietro = scheda 21.2 • Arcosolio di fondo, lunetta: sacrificio di Abramo = scheda 27.77

Basilichetta Nr3, pp. 141-142: • Loculo decorato: affresco della defunta Turtura tra Felice e Adautto al cospetto della Vergine in trono con Bambino = scheda 21.1 • Nicchia sinistra, parete di fondo: Felice e Adautto con capsa di rotoli = scheda 27.30 • Loculo decorato: Traditio Clavium = schede 36.1; 37.1; 41.1; 53.1; 65.1 • Pilastro destro: S. Luca = scheda 52.1

La presenza di gammadiae si registra soltanto nell’appendice composta dagli ambienti Nr2 e Nr3. Cimiteri della via Portuense Catacomba di Generosa: Arcosolio in muratura Nr1, p. 146:

Arcosolio Nr4, p. 142: • Fianco destro: pastore (Buon Pastore?) = scheda 68.3 • Timpano decorato: S. Emerita tra Felice e Adautto = scheda 104.1

Cimitero di Ponziano:

Cubicolo di Leone Nr5, pp. 142-143. II piano:

Cubicolo Nr3, p. 147:

• Fronte, a sinistra in basso: Felice = scheda 27.33 • Arcosolio di fondo, lunetta: Maiestas Domini = schede 27.34; 27.35; 27.36 • Arcosolio parete destra, lunetta: Ter Negabis = scheda 79.26 • Arcosolio di sinistra, lunetta: miracolo della fonte operato da Pietro = scheda 27.37 • Arcosolio parete destra, sottarco, a sinistra: santo = scheda 27.38 • Arcosolio di fondo, sottarco, a sinistra: santo taumaturgo = scheda 79.27

• A sinistra: miracolo della rupe = scheda 27.39 Cubicolo Nr7, p. 148: • Santi Milix e Pumenio = scheda 27.59 • Santi Marcellino, Pollione e Pietro = 27.40; 50.1 Vetro dorato con S. Agnese tra i SS. Pietro e Paolo = schede 79.41; 79.42; 79.43 Ambienti non cimiteriali Confessio – Basilica dei SS. Giovanni e Paolo

Lastra incisa con defunta orante tra Felice e Adautto = scheda 25.7

Non è possibile effettuare un esame topografico essendo le gammadiae site in una confessio di carattere privato, probabilmente appartenente al senatore Pammachio. È possibile che i personaggi ai lati della nicchia – contenente presumibilmente un reliquiario con resti santi – fossero Pietro e Paolo. Tuttavia, appare incerta l’identità dei due personaggi a causa del deterioramento dell’affresco pervenutoci già mancante della parte superiore. Attualmente, solo il palliato di destra presenta sul bordo della veste una gammadia (27)15. Le pitture sono datate

Le gammadiae appaiono concentrate prevalentemente nella “basilichetta”, in un periodo cronologico compreso VI e VII secolo (eccezion fatta per la nicchia della parete di fondo). L’altro polo principale di aggregazione delle gammadiae è costituito dal cubicolo di Leone, il Nr5, l’ultima appendice

14 Sembra che la bottega che operò nell’ambiente Nr33 di San Callisto e quella che si occupò della decorazione dell’arcosolio Nr77 in Domitilla fosse la stessa. Cfr. Z 2002, pp. 155-162.

La cronologia, fissata alla fine del IV – inizi del V secolo d.C., ci fa comprendere come, in questa “cerniera cronologica”, le gammadiae

15

49

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma • Serie di miracoli effettuati da Cristo ed episodi Neotestamentari (episodio della samaritana e del battesimo di Cristo) • Miracolo della rupe operato da Mosè o Pietro • Storie di Mosè • Collegio Apostolico • Santi singoli affermati (come Pietro e Paolo) o eponimi della catacomba • Prefigurazioni cristologiche Veterotestamentarie e/o entità divine (es. angeli)

agli ultimi decenni del IV – inizi del V secolo d.C. Si tratta dell’unico santuario urbano nominato nella Notitia Ecclesiarum Urbis Romae. Le schede corrispondenti sono le 27.41; 27.84. “Cappella cristiana” sotto l’ospedale S. Giovanni Addolorata Si tratta di una cappella che avrebbe riutilizzato tre vani contigui degli ambienti di servizio nel complesso di edifici degli horti di Domizia Lucilla, madre o nonna di Marco Aurelio. La fase cui si attribuisce l’inserimento degli affreschi con le scene evangeliche e auto rappresentative nei vani A e B è da collocare nella seconda metà del IV secolo d.C.; una seconda fase sarebbe stata relativa al V secolo in cui vi è l’inserimento di due pannelli con le scene riconducibili all’incoronazione di Eudoxia e Valentiniano III da parte di Cristo, e ancora al Cristo che versa da un rython la forza dello Spirito Santo sul S. Vito, accompagnato dai SS. Modesto e Crescenzia. Purtroppo, questi ambienti subirono alcuni danneggiamenti a causa di una fornace tardo medievale e dalla costruzione della galleria delle salme, corridoio di ampliamento dell’ospedale, che finì per attraversarli.

Per quanto riguarda invece la distribuzione da un punto di vista topografico, si è potuta notare una concentrazione delle gammadiae in alcune particolari zone di tre cimiteri, due dei quali comunitari – quello di Domitilla e dei SS. Pietro e Marcellino – e uno di diritto privato – quello anonimo di via Dino Compagni. Molte pitture con gammadiae sono relative a cubicoli o ad arcosoli e si tratterebbe perciò di sepolture famigliari. Appare lecito supporre la presenza di gruppi ristretti, legati con ogni probabilità a una specifica tradizione che prevedeva l’utilizzo dei simboli in esame.

È possibile che, a partire dalla seconda metà del IV secolo d.C., l’area fosse passata direttamente sotto proprietà ecclesiastica, spiegando così la presenza della cappella cristiana. Come per il precedente monumento però, non è possibile effettuare uno studio topografico in collegamento con la diffusione delle gammadiae essendo questo un monumento indipendente, non sepolcrale ma devozionale. Sono due i pannelli interessati dalla presenza di gammadiae e, rispettivamente, quello con l’episodio della samaritana al pozzo (scheda 79.52) in cui Cristo indossa un pallio con la gammadia (79), e quello con la cosiddetta infusione, compiuta da Cristo tramite un rhyton verso un altro personaggio maschile e palliato, forse un apostolo o un vescovo16 (schede 79.59; 79.60). In quest’ultimo caso, che costituisce un’eccezione a livello iconografico, sia Cristo che l’altro personaggio indossano il pallio con la stessa gammadia, la (79)17. È possibile quindi rimarcare la presenza di alcuni schemi fissi per la presenza delle gammadiae nel sottosuolo romano:

fossero ormai entrate nel comune utilizzo cristiano, tanto da emergere poi nel V secolo d.C. in mosaici basilicali. 16 Questa è l’ipotesi di identificazione avanzata da Moretti (M 2006a, pp. 101-103) nella sua analisi delle pitture, avvalorata dalla presenza della gammadia che farebbe dell’uomo palliato un personaggio moralmente elevato. Si potrebbe trattare, con molta probabilità, di un apostolo o di un santo/martire, senza escludere la proposta di vedere in lui un vescovo, considerando oltretutto il gesto compiuto da Cristo, forse un’unzione simbolica. 17 Le gammadiae sono visibili più nettamente nella fotografia in bianco e nero, pubblicata ancora in M 2006a, p. 104).

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14 Esame stilistico delle c.d. gammadiae sulla base dei dati topografici Abstract: L’analisi sistematica di tutte le gammadiae rappresentate nei cimiteri cristiani di Roma ha offerto un quadro più preciso, oltre che sulla loro distribuzione, anche sulla loro morfologia. Nel presente capitolo saranno elencate le singole scene esaminate, i cimiteri, il riferimento alle schede in appendice e la forma di gammadia più frequentemente riscontrata in ogni catacomba. The systematic analysis of all the gammadiae represented in the Christian cemeteries of Rome offers a more precise picture of their distribution, as well as their morphology. This chapter lists the individual scenes examined, the cemeteries, the reference to the forms in the appendix and the morphology of the most frequently gammadia found in each catacomb. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, pictorial style

A livello stilistico, si possono notare afferenze tra gammadiae, non solo all’interno della stessa catacomba, ma anche in cimiteri diversi. I seguenti dati sono estrapolati dall’osservazione di ogni affresco interessato da gammadiae e catalogato in GMS. All’interno della seguente sezione, si è deciso di citare solo alcuni casi esemplificativi, redigendo il testo sulla base del secolo e della somiglianza stilistica, considerando lo spessore del tratto, le dimensioni del simbolo e varie caratteristiche riscontrabili di volta in volta.

comprensibile sia nell’acquerello del Wilpert, sia in situ a causa delle pessime condizioni in cui versa l’affresco. L’evidente somiglianza si riscontra tramite il confronto con le due gammadiae, della stessa tipologia rotanti verso sinistra, affrescate nel loculo Nr6, p. 14 (schede 68.6; 68.7) e collocate sul pallio dell’arcangelo Raffaele. In quest’ultimo si nota, inoltre, l’utilizzo di una gammadia dalla forma mutevole, la (25) del catalogo. La sua forma richiama alla mente la lettera Z, ma in catacomba può presentarsi in più modi:

Cimitero di S. Ermete

• Con l’asta verticale dritta e le estremità brevi, innestate ad angolo retto • Con l’asta verticale dritta e le estremità brevi, innestate ad angolo retto, di cui quella inferiore presenta una grazia rivolta vero il basso • Con l’estremità superiore leggermente curva e quella inferiore molto breve • Nella forma classica di Z, “compressa”, tanto da apparire a volte quasi come una macchia di colore

Sono state censite due tipologie di gammadiae appartenenti al gruppo (27) e (79), risalenti alla seconda metà del IV secolo d.C. nello stesso arcosolio, Nr4, p. 3. Quella del gruppo delle (79) (schede 79.1; 79.2; 79.3) è una tipologia molto diffusa ed estremamente semplice. La (27) (scheda 27.1) risulta affrescata come una lettera capitale, ben definita nelle grazie e nell’asta verticale che presenta un leggero spessore.

È proprio in quest’ultima forma che la gammadia presenta nel loculo in questione (scheda 25.6).

Cimitero dei Giordani Sono sette le tipologie di gammadiae evidenziate in questa catacomba. Nella volta della galleria Nr11, p. 16 si registra l’unicum, databile verso la metà del IV secolo d.C., nella scena relativa al miracolo della sorgente operato da Mosè, il quale presenta sul pallio la gammadia (70) (scheda 70.1). I tratti sono sottili, ben delineati e scuri, l’asta centrale leggermente curva verso l’alto, molto probabilmente esito della velocità con cui è stata tracciata tramite il pennello.

(25) si

Nel cubicolo Nr9, p. 16 il tratto della gammadia inizia a diventare più spesso. Siamo verso la metà del IV secolo d.C. e ci troviamo di fronte a una gammadia (27) (scheda 27.42). Lo stesso avviene per l’arcosolio Nr10, p. 16 con la gammadia (79) (scheda 79.6), mentre nel loculo Nr12, p. 16 la gammadia (27) (scheda 27.43) permane nella sua “forma classica”, con tratto abbastanza sottile e dalla silhouette ben delineata. Tra i casi rari, si annovera la lastra incisa e ora custodita nel convento delle suore di Anagni, su cui è rappresentata la Traditio Legis. Il Marangoni, che la trovò, narrava di averla reperita in una galleria sotto la Villa Gangalandi,

Nel loculo Nr4, p. 14 abbiamo un caso di gammadia dalla forma di svastica affrescata sul pallio di Cristo in atto di moltiplicare i pani, il cui verso non è però ben 51

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di ricevere la Legge, sia su quello dello stesso patriarca prima di entrare nel roveto ardente (fronte dell’arcosolio Nr2, p. 43).

collocata all’altezza dell’incrocio tra via Taro e via Salaria. Sul pallio di un acclamante Paolo, è incisa la gammadia (43) (scheda 43.1), con le estremità ben definite, come fosse una lettera capitale.

Catacombe di Novaziano Catacomba anonima di via Anapo Quello di Novaziano sembra essere l’unico caso in cui le gammadiae sono rappresentate esclusivamente su due vetri dorati, rispettivamente con la coronatio dei SS. Pietro e Paolo da parte di Cristo (scheda 79.56) e con Sant’Agnese orante tra due arbusti (scheda 79.58). La tipologia raffigurata è la (79) in entrambi i casi.

Della stessa tipologia registrata nel cimitero dei Giordani, ritroviamo la gammadia (25), a cavallo tra la fine del III e gli inizi del IV secolo d.C., nel nicchione affrescato Nr14, p. 20, in cui essa compare per ben tre volte (schede 25.2; 25.3; 25.4). Il tratto è di medio spessore e di color marrone, riprendendo i toni cromatici dei clavi.

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Una grande concentrazione di gammadiae si registra invece nel nicchione Nr8, p. 18, nella raffigurazione del Collegio Apostolico, in cui questi simboli sono neri e molto marcati, assumendo tratti spessi e dimensioni notevoli. L’ambito cronologico si riferisce alla prima metà del IV secolo d.C. (schede 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9; 79.10). Catacombe di Priscilla

La totalità delle gammadiae presenti in questo cimitero sono appartenenti alla categoria (27) e (79), eccetto un solo caso, che costituisce un unicum nel contesto romano: si tratta della (66) (scheda 66.1), un cristogramma2, dal tratto sottile e ben definito con un’asta che presenta due grazie, così come il P, collocato sul pallio di Cristo in atto di operare la resurrezione di Lazzaro (arcosolio Nr79, p. 64).

Le gammadiae appartengono agli affreschi, di scoperta recente, nel cubicolo Nr23, p. 26. La tipologia adottata è la stessa per ogni personaggio. Nello specifico è possibile osservare la gammadia (85), di piccole dimensioni, con tratto nero/marrone. Talvolta appare non ben delineata, forse a causa delle condizioni di conservazione (schede 85.7; 85.8; 85.9; 85.10).

Nel cimitero della via Labicana, nel cubicolo Nr43, p. 55 (schede 79.15; 79.16) e nel Nr44, p. 55 (scheda 79.21) la gammadia (79) si presenta affrescata in dimensioni notevoli, con tratto molto spesso di colore bruno/rossiccio. Nel cubicolo Nr64, p. 60, invece, è ancora una (27) a possedere i medesimi tratti, sebbene le estremità non siano ben definite (scheda 27.46).

Cimitero Maggiore

All’interno di tre cubicoli differenti – Nr57 e Nr58, p. 58 e il Nr15, p. 51 – si riscontra un’affinità stilistica: la gammadia (27) sembra assumere caratteristiche incerte, diventando quasi quadrata e di dimensioni ridotte, con le estremità appena ricurve. Le varie parti che compongono il simbolo si fondono (schede 27.44; 27.61; 27.69). Il periodo cronologico è compreso tra gli ultimi anni del III secolo d.C. e l’inizio del successivo.

La tipologia di gammadia marcata si riscontra anche in questo cimitero della via Nomentana, verso la seconda metà del IV secolo d.C. Si nota la presenza di gammadiae dal tratto spesso e di grandi dimensioni nel cubicolo Nr16, pp. 34-35 (scheda 27.5) e nel cubicolo Nr17, p. 35 (scheda 27.4 e scheda 85.15 – leggibile come oppure come obliqua). Diversamente, la gammadia (79) sul pallio di Cristo nella resurrezione di Lazzaro affrescata sulla volta del cubicolo Nr7, p. 33, appare con le estremità curve (scheda 79.55).

Nella stessa “parentesi cronologica”, la gammadia (27), nel cubicolo Nr28, p. 53 (scheda 27.7), presenta un tratto scuro e sottile, con l’estremità superiore affilata e un po’ ricurva, mentre quella inferiore è tracciata a metà.

Dal cimitero Maggiore proviene anche l’epigrafe incisa con una donna orante tra un santo1 – identificabile per via delle gammadiae – e un altro palliato. Ebbene, i segni in questione appartengono alla tipologia (82), dalla forma di Z, con corpo principale dritto, in modo da formare un angolo retto con le estremità (scheda 82.1).

Nel cubicolo Nr64, p. 60, invece, la gammadia (27) (scheda 27.45), in pieno IV secolo d.C., presenta l’asta verticale leggermente inclinata, l’estremità superiore definita e quella inferiore totalmente mancante. Una gammadia simile si trova all’interno dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni, nel cubicolo Nr3, pp. 76-77 (C), precisamente sul pallio di Mosè, in cui l’estremità

Catacombe di Ciriaca Nel cimitero della via Tiburtina, la c.d. gammadia (79) è ancora interessata dal “fenomeno” di ispessimento dei tratti (schede 79.11; 79.12) sia sul pallio di Mosè in atto

1

Tale cristogramma è stato classificato tra le gammadiae poiché si trova nell’esatta posizione in cui si troverebbero le lettere sacre. Si deve comunque considerare il monogramma costantiniano come un insieme di due lettere sacre. Il fatto di aver inserito tale monogramma in quella posizione non è di certo casuale, bensì volontario, dovuto alla conoscenza precisa del punto in cui le lettere venivano ricamate sulle vesti.

2

ICUR VIII, 21730a.

52

Esame stilistico delle c.d. gammadiae sulla base dei dati topografici Catacomba di Pretestato

superiore appare regolare, al contrario di quella inferiore quasi inesistente (scheda 27.2).

Nella seconda metà del IV secolo d.C., nel cubicolo Nr5, p. 91 vi è una sola gammadia, ancora una (27), ben definita, scura, con estremità brevi (scheda 27.16).

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni (79), Nel cubicolo Nr3, pp. 76-77 (C) la gammadia affrescata sul pallio di Mosè, presenta i tratti ben marcati e spessi (scheda 79.4), così come l’altra, della stessa tipologia, affrescata su un apparente generico palliato (forse un santo) nel medesimo ambiente. Quest’ultima però, forse per un errore del pittore, possiede una sporgenza appuntita che si erge dall’asta verticale verso destra (scheda 79.5). La gammadia (85) nel medesimo ipogeo di diritto privato compare numerose volte in un unico cubicolo, il Nr2, pp. 75-76 (B). In un solo caso la gammadia (85) sembra essere affrescata con tratto sottile – sul pallio di Abele (scheda 85.5) – mentre negli altri il tratto centrale è molto fino e i due esterni “portanti” molto spessi (schede 85.1; 85.2; 85.3; 85.4; 85.6).

Catacombe di S. Callisto Nonostante sia uno dei più vasti complessi cimiteriali, al suo interno si registra una bassa concentrazione di c.d. gammadiae. Verso la fine del III secolo d.C., nel cubicolo Nr14, pp. 104-105 (cripta di Milziade) vi è affrescato un unicum, costituito dalla gammadia (32) (scheda 32.1), la quale si presenta a forma di striscia con doppio dente superiore e inferiore. Nelle catacombe romane sembra essere l’unico caso, ma la tipologia è molto antica, riscontrabile, con tratto più spesso, a Dura Europos, sui tessuti, o sui sarcofagi-ritratto, nominando solo qualcuno dei numerosi esempi.

Le croci gammate (68) e (69) sono tracciate con linee sottili e dimensioni variabili: mentre nel cubicolo Nr13, pp. 83-84 (O) abbiamo due (68) (schede 68.1; 68.2) i cui tratti sono sottili e scuri ma di dimensioni regolari, nel cubicolo Nr11, pp. 81-82 (M), sulla veste del soldato, la dimensione della (69) è molto esigua (scheda 69.1).

Nella seconda metà del IV secolo si annoverano le gammadiae del cubicolo Nr45, p. 109 – una (27) (scheda (79) (scheda 79.24) – che sono scure e 27.17) e una marcate, mentre è molto sottile la gammadia (27) sul pallio di Mosè affrescato sulla fronte dell’arcosolio Nr51, p. 109 (scheda 27.18), seppur databile alla fine del IV secolo d.C.

È da segnalare anche la gammadia (68) nel cubicolo Nr2, pp. 75-76 (B) che appariva con tratti molto sottili, quasi evanescenti (scheda 68.4). Purtroppo il restauro, sul pallio di Efraim – come si è visto – ha cancellato totalmente le tracce della lettera.

Cimitero di Domitilla Si registra un elevato numero di gammadiae appartenenti alla categoria (27) nelll’arco di tutto il IV secolo, tuttavia alcune di loro presentano tratti particolari. Mi riferisco in primis alla gammadia (27) affrescata nel cosiddetto cubicolo di David Nr31, p. 125 (scheda 27.25) che si presenta come un simbolo ben marcato e nero, dall’estremità superiore ondulata. Tale caratteristica non si riscontra nelle altre due gammadiae all’interno dello stesso cubicolo (schede 27.47; 27.48), che appaiono semplici e lineari.

Nel vano Nr9, pp. 79-81 (I) sono presenti ben due gammadiae della stessa tipologia – la (86) – in contesti differenti. Una ha i tratti più marcati e le estremità arrotondate (scheda 86.2); l’altra (scheda 86.1), sul pallio di Paolo, presenta tratti sottili. Nell’ipogeo è visibile anche un unicum: si tratta della gammadia (31) nel cubicolo Nr6, pp. 78-79 (F), riscontrabile sul pallio dell’angelo che ferma Balaam. È infatti composta da un’asta verticale dritta che termina con estremità leggermente curve, ed è attraversata da quattro aste orizzontali, due delle quali più lunghe, mentre le mediane più corte.

Sono però visibili similitudini in altri due luoghi. Il primo, risalente alla seconda metà del IV secolo d.C., è l’arcosolio Nr50, p. 128, in cui la gammadia (27) è tracciata con l’estremità superiore curva verso l’alto (scheda 27.29); l’altro è l’arcosolio Nr43, pp. 126-127, della metà del IV secolo, in cui entrambe le estremità sono curve (scheda 27.57). Nell’arcosolio Nr70, p. 130 si registra per 3 volte la variante (79) ben marcata (schede 79.49; 79.50; 79.51).

Regione dell’ex Vigna Chiaraviglio

A Domitilla si affermano altre particolarità stilistiche. In ben cinque casi la gammadia (27) appare inclinata verso destra, incredibilmente somigliante alla (21), a causa dell’incompiutezza dell’estremità superiore. Per ben due volte questa caratteristica è presente nell’arcosolio Nr50, p. 128 (schede 27.27 e 27.28), nel Nr77, p. 132 (scheda 27.66) e nel cubicolo del fossore Diogene Nr19, p. 123 (schede 27.22 e 27.24) nella seconda metà del IV secolo d.C.

Si riscontra il tratto spiccatamente marcato nel tratto della gammadia (24), affrescata in colore bruno/rossiccio sul pallio dei SS. Pietro e Paolo (schede 24.1; 24.2). L’ambito cronologico è orientato verso la seconda metà del IV secolo d.C.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Nell’arcosolio Nr39, p. 126 la gammadia si presenta più spessa al centro, con le estremità più sottili (scheda 79.25), mentre nel Nr42, p. 126 l’asta verticale è spessa e scura e le estremità sono quasi non definite (scheda 27.56). Appaiono sottili la gammadia dell’arcosolio Nr38, p. 126 (scheda 27.49), quella del Nr19, p. 123 (scheda 27.23) e quella del Nr73, p. 131 (scheda 27.58). L’arcosolio a mosaico presenta l’unica gammadia in catacomba realizzata con questa tecnica, con tessere di colore rosso (scheda 27.19).

superiore (scheda 41.1) sul pallio di S. Felice. Di nuova (53) – che si presenta introduzione è la gammadia come una N capitale quadrata, spessa e marcata, nel verso opposto (scheda 53.1) sul pallio di S. Paolo – cui si aggiunge la (65), scura e di dimensioni ridotte, con l’occhiello dalla terminazione ondulata (scheda 65.1) sul pallio di S. Pietro. Per terminare, durante la metà del VII secolo d.C. è introdotta la gammadia (52) che si presenta, sul pallio di S. Luca, come una lettera a metà tra la H e la N, il cui tratto obliquo è rivolto verso sinistra (scheda 52.1).

(68) Diverse per categoria apparivano le gammadiae e (69) nel cubicolo Nr19, p. 123 (schede 68.5; 69.2), un tempo affrescate sulla figura – in parte perduta – del fossore Diogene, tuttavia da considerare di carattere decorativo e non simbolico.

Catacomba di Santa Tecla Si registra la presenza di sole quattro gammadiae. La prima nel vestibolo (Nr2, p. 144) è la (59) (scheda 59.1). Costituisce un unicum, probabilmente esito di qualche incomprensione. Si presenta con una forma a uncino, rivolta verso sinistra, con una grazia finale.

L’ispessimento della gammadia (85) si riscontra, verso la seconda metà del IV secolo d.C., nel cimitero della via Ardeatina, nei cubicoli Nr69, p. 130 (schede 85.14, 85.20) e Nr74, pp. 131-132 (scheda 85.11, 85.12, 85.13, 85.16, 85.17), così come nel sottarco dell’arcosolio Nr75, p. 132 (scheda 85.18), dove tale tipologia si confonde a tratti con una semplice striscia scura a causa del tratto molto spesso con cui è tracciata. Quest’ultima appare come una peculiarietà del cimitero di Domitilla.

La seconda gammadia è collocata invece sul pallio di Cristo centralmente rappresentato nel Collegio Apostolico che si dispiega sulla fronte d’entrata del cubicolo degli Apostoli (79.54).

Catacomba di Commodilla

Le altre due sono interne al cubicolo degli Apostoli (Nr3, p. 144), la prima delle quali, collocata sul pallio di Pietro che effettua il miracolo della fonte, si presenta scura e di ridotte dimensioni, con grazia, appartenente alla categoria (21), già con elementi che si riscontrano invece nel VI secolo a Commodilla (scheda 21.2); la seconda, è situata sul pallio di Abramo, raffigurato nella lunetta dell’arcosolio di fondo (scheda 27.77).

Le gammadiae riferibili alla seconda metà del IV secolo sono quasi esclusivamente quelle contenute nel cubicolo di Leone (Nr5, pp. 142-143), appartenenti alla categoria (27) e (79). Il colore è orientato sul bruno/rossiccio (schede 27.33; 27.34; 27.35; 27.36; 27.37; 27.38; 79.26; 79.27). Se ne registra un’altra nella c.d. basilichetta (Nr3, pp. 140142) databile verso gli anni del pontificato di Damaso, collocata sul pallio di S. Felice nella nicchia sinistra della parete di fondo. Si tratta di una gammadia (27), piccola, non ben definita alle estremità (scheda 27.30).

Catacomba di Generosa Si registra solo un affresco con croci gammate, risalente alla seconda metà del IV secolo d.C. in relazione all’iscrizione del 374 d.C. di Vincentia3. Si tratta delle due (68) (scheda 68.3), presenti sulla veste del pastore nell’unico arcosolio affrescato. Sono di colore bruno/rossiccio e di dimensioni abbastanza contenute, con l’interno decorato da orbicoli bianchi. Quest’ultima caratteristica farebbe intendere le croci gammate come decorative.

Le altre gammadiae affrescate in questo cimitero sono ascrivibili a un’epoca successiva, tra il VI e metà del VII secolo d.C. Si può notare come vengano introdotte altre tipologie e come le preesistenti subiscano modifiche tramite l’aggiunta di alcuni particolari. In quest’ultima categoria, rientra il caso della gammadia (21) (scheda 21.1) affrescata sul pallio di S. Felice nella scena dell’introduzione della vedova Turtura, in cui viene aggiunta una grazia rivolta verso il basso. Il tratto è rossiccio e marcato, le dimensioni ridotte.

Cimitero di Ponziano Una sola gammadia risale al IV secolo ed è ancora una (27), scura e marcata, con tratti non particolari, sul pallio di Mosè, nel cubicolo Nr3, p. 147 (scheda 27.39).

La gammadia (36) (scheda 36.1), scura e marcata, è accompagnata dalla sua “gemella” rivolta nel verso opposto, con aggiunta di grazie superiori e inferiori (scheda 37.1) sul pallio di S. Stefano, venendo a costituire un’evoluzione della (86).

Risalgono invece alla metà del VI secolo d.C. due gammadiae (27) (scheda 27.40; 27.59 – in quest’ultima la gammadia non è ben definita) e una (50) sottile, con grazie (scheda 50.1).

Un’altra variante della (86) è costituita dalla (41) che presenta un tratto terminante con orbicolo nell’estremità

Si vd. D R 1893, p. 607; M 3

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1868, p. 28; D R 1877, pp. 667-670; A 1903a, p. 80; ICUR II, 4750.

Esame stilistico delle c.d. gammadiae sulla base dei dati topografici Essendo stato incluso nella schedatura, sarà considerato anche l’unico santuario del sopratterra nominato nella Notitia Ecclesiarum, quello di Pammachio, attualmente sotto la basilica dei SS. Giovanni e Paolo al Celio (Titulus Byzantis et Panmachi). Sul pallio di un santo, forse Pietro oppure Paolo, presenta la diffusissima gammadia (27) sottile e bruna, di piccole dimensioni, esattamente come quella scomparsa sul pallio dell’altro apostolo (schede 27.41; 27.84) nell’ambito di un programma decorativo di fine IV-inizi V secolo d.C. Infine, rivolgiamo la nostra attenzione verso la “cappella cristiana” sotto l’ospedale S. Giovanni Addolorata nella zona del Laterano. È proprio qui, infatti, che il pannello con la riproduzione dell’episodio della samaritana al pozzo presenta una gammadia (79), raffigurata sul pallio dorato di Cristo. Si presenta di colore scuro, tendente al nero, mentre l’asta centrale è sottile, con dalle estremità marcate (scheda 79.52). Identica è quella raffigurata ancora una volta sul pallio di Cristo (scheda 79.59) nel pannello con la presunta unzione avvenuta tramite il rhyton nei confronti di un personaggio palliato santo, apostolo, martire o vescovo, contrassegnato anch’esso con la gammadia (scheda 79.60).

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15 Le c.d. gammadiae perdute, incerte o ipotizzabili nelle catacombe romane Abstract: A causa delle pessime condizioni di conservazione, alcune pitture che – secondo i dati statistici – avrebbero potuto presentare le gammadiae, sono andate perdute, almeno in parte. Nel presente capitolo si propone una ricostruzione delle porzioni mancanti degli affreschi e dell’ipotetica gammadia raffigurata. Due to the poor conditions for preservation, some frescoes that – according to statistical data – could have presented the gammadiae have been lost, at least in part. This chapter proposes a reconstruction of the missing parts of the frescoes and of the hypothetical gammadia. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials

Frequentemente a causa delle condizioni di conservazione e dell’umidità, gli affreschi sono stati ricoperti da patine, di diversa entità e natura, oppure hanno subito distacchi. Questi procedimenti hanno intaccato, talvolta, anche alcune rappresentazioni in cui erano presenti le c.d. gammadiae. Raramente, è accaduto che successivamente agli interventi di restauro questi simboli siano scomparsi a causa di dinamiche o scelte che, in questa sede, non si è in grado di specificare.

moltiplicazione dei pani6, sia Balaam in atto di indicare l’astro della profezia7 indossano un pallio contrassegnato. Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino, pannello sinistro della parete d’ingresso del cubicolo Nr578 (ipotesi Wilpert): attualmente la sola figura integra è il giovane santo anonimo di sinistra, mentre la parte inferiore della dalmatica della defunta e il suo braccio destro rivelano la posizione di orante assunta dalla donna. Il Wilpert, per simmetria, ricostruiva la scena posizionando sulla parte destra e perduta un altro santo, identico a quello di sinistra, con la stessa gammadia (27)9.

Tuttavia, le fotografie storiche, gli acquerelli, gli antichi disegni, i resti pittorici e i dati statistici, se opportunamente esaminati, possono aiutare nell’individuazione – a volte ipotetica – di quelle gammadiae scomparse. La seguente sezione, al fine di evitare ripetizioni all’interno del testo, sarà strutturata come un elenco.

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni, cubicolo Nr210, arcosolio della parete destra, I settore, sottarco, a sinistra: le foto storiche testimoniano la presenza della gammadia (85) sul pallio di Manasse, contrapposta alla gammadia (68) su quello di Efraim11. Le gammadiae apparivano evanescenti già nelle foto del Ferrua. Ad ogni modo, nonostante gli affreschi siano stati interessati da restauri conservativi, non si è in grado al momento di affermare quando queste svanirono completamente.

Cimitero di San Saturinino/via Yser, sottarco destro dell’arcosolio Nr51: è probabile che sul pallio del Cristo in atto di resuscitare Lazzaro fosse presente una gammadia2. Purtroppo però l’acquerello del Wilpert riproduce già una rappresentazione frammentaria e tagliata proprio nella parte inferiore, così come accade per la foto pubblicata dal Partyka3. Al momento non sarebbe comunque possibile verificare a causa dell’inaccessibilità del sito.

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni, cubicolo Nr612, arcosolio della parete sinistra: l’arcosolio fu oggetto di crolli e stuccature ed è probabilmente in quelle occasioni che la gammadia (27) sul pallio di Cristo nell’episodio della Samaritana sia andata in gran parte perduta. Attualmente si scorge una silhouette labile e piuttosto confusa13.

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino, volta del cubicolo Nr534: si segnala, invece, la probabile presenza di una gammadia (27)/ (79) sul pallio del Cristo maestro che si trova nel clipeo all’apice del programma figurativo5, motore di quest’ultimo. Vi è un’elevata possibilità che essa fosse realmente presente in quanto sia il Cristo nella

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Nr5, p. 11. La supposizione è fondata su base statistica. Wp 164,2; P 1993, fig. 65. Nr53, p. 57. Wp 165.

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Scheda 27.81. Scheda 27.82. Nr57, p. 58; scheda 27.61. Wp, fig. 15, p. 178 (volume testo). Nr2, pp. 75-76. Schede 68.4; 85.19. Nr6, pp. 78-79. Scheda 27.54.

Le c.d. gammadiae perdute, incerte o ipotizzabili nelle catacombe romane Ipogeo anonimo di via Dino Compagni, cubicolo Nr914: un anziano palliato con un rotolo tra le mani, dalla corta barba bianca, collocato sulla fronte sinistra dell’entrata al cubicolo Ia, presenta sul lembo del pallio una macchia dai dubbi contorni che potrebbe somigliare a una gammadia cancellata. La pellicola pittorica appare scolorita in quel punto, così come la linea di definizione del pallio che è interrotta.

rotoli avvolti. Il giovane palliato, raffigurato sulla destra, sembra colloquiare con Cristo le cui estremità del pallio non sono purtroppo visibili, esattamente come quelle del personaggio dietro la cattedra. Si scorge invece il lembo della veste del palliato interlocutore. A un’attenta osservazione, sotto le patine che ricoprono tenacemente l’affresco tardo, sembra di notare alcuni tratti orizzontali, in pigmento marrone, somiglianti a una gammadia (79). Purtroppo al momento, non è possibile analizzare in maniera più dettagliata e certa l’intero affresco (fig. 37).

Cimitero dei Giordani, sepolcro di Metilenia Rufinia15, registro superiore: l’affresco è attualmente in uno stato di conservazione precario che non permette di scorgere i dettagli. Tuttavia, nell’acquerello del Wilpert si nota Cristo che opera una moltiplicazione dei pani, indossante un pallio con gammadia, certamente una croce gammata, di cui non si riesce a percepire il verso di rotazione16.

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso, lunetta di fondo del c.d. “cubicolo delle colonne”20 (ipotesi Wilpert): è attualmente visibile solo un’esigua striscia affrescata con i piedi dei personaggi che un tempo dovevano spiccare stanti nella loro interezza. Si notano infatti i piedi di due uomini a destra e sinistra, uniti ma in visione laterale, inseriti in un paio di sandali. Rimane molto poco della porzione delle vesti – tunica e pallio – che si scorgono nell’acquerello del Wilpert. Centralmente vi è una donna, dalla lunga veste, che sembra quasi arrivare fino a terra. Il Wilpert, nel suo disegno ricostruttivo, ipotizzò, verosimilmente, la presenza di una defunta tra due santi locali21, sul cui pallio inserì la gammadia (27). Lo studioso disegnò i rotoli nelle loro mani, risultando però non troppo preciso nella ricostruzione: i due santi furono infatti rappresentati frontalmente, quando invece avrebbero dovuto essere leggermente voltati verso la defunta22.

Catacombe di S. Callisto, sottarco sinistro dell’arcosolio Nr2817: all’interno di un riquadro dalla doppia cornice, inserito in un contesto di ghirlande e colombe che becchettano da un piatto ricolmo, si installa quella che è stata considerata la scena di Daniele che accusa i seniores salvando Susanna (Dn 13, 52-59)18. Il profeta è qui raffigurato come un giovinetto, dai capelli boccolosi lunghi fino alle spalle, in tunica clavata e pallio, in piedi su un piedistallo. Egli tende la mano destra fino a toccare la spalla dell’anonimo uomo palliato. Accanto, vi è una donna dai capelli raccolti, in dalmatica, che rivolge lo sguardo verso il personaggio sul piedistallo, la cui mano destra è posta nel gesto della parola, mentre la sinistra posata sul petto. L’altro uomo, sulla destra, sembra quasi allontanarsi. Indipendentemente dall’interpretazione su cui, forse, bisognerebbe nuovamente riflettere, sia il presunto Daniele, sia il primo uomo palliato presentano alcuni elementi sul margine del proprio pallio: sulla veste del profeta, infatti, il segno potrebbe essere la base di una gammadia (27) o (79); su quello dell’uomo sembra invece essere affrescato un elemento decorativo quadrato.

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso, lunetta del nicchione di fondo, c.d. cubicolo delle colonne23 (ipotesi Wilpert): nell’affresco residuo si notano i piedi di Mosè, la cui gamba destra è sollevata e posata su un masso, nella tipica iconografia che lo ritrae di profilo mentre sta per entrare nel roveto ardente. Parte del pallio è visibile, ma il punto in cui avrebbe potuto essere raffigurata la gammadia è andato perduto. Anche qui il Wilpert inseriva una gammadia (27) nella sua ricostruzione24.

Catacombe di S. Callisto, lunetta di fondo dell’arcosolio Nr3819: si nota una composizione ternaria inserita su uno sfondo azzurro e incorniciata da due fascioni rossi, uno più sottile e scuro, l’altro più spesso e brillante. Centralmente vi è Cristo, dagli occhi grandi e dallo sguardo ispirato, seduto in cattedra e nimbato, nel gesto della parola. La pettinatura, con boccoli che cadono fino alle spalle, fa presupporre una datazione vicina all’età teodosiana. Dietro la cattedra di Cristo, vi è un personaggio palliato, giovanile e imberbe, che quasi timidamente si inserisce all’interno del quadro. Alle estremità sono collocate due capsae rosse e aperte che lasciano scorgere alcuni

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso, sottarco, c.d. cubicolo delle colonne25 (ipotesi Wilpert): mentre il lato sinistro dell’affresco è abbastanza conservato da poter distinguere un generico palliato – interpretato come angelo – che sale la scala coeli nel mezzo di un campo di spighe, in riferimento all’episodio della visione di Bethel26, all’apice del sottarco vi è era il busto di una figura che il Wilpert ricostruiva come quello di Cristo, basandosi sulla somiglianza schematica con un affresco del cimitero Maggiore27. La parte destra è completamente perduta, ma Nr3, pp. 115-116. Gli affreschi relativi al cubicolo delle colonne dovevano essere megalografici, confrontabili con altre rappresentazioni della stessa epoca all’interno di domus aristocratiche. Si veda il recente studio di P 2016, pp. 1953-1973. 22 Wp 215,1 (di cui dettaglio in 216,3). 23 Nr3, pp. 115-116. 24 Wp 215,1 (di cui dettaglio in 216,3). 25 Nr3, pp. 115-116. 26 Scheda 27.53; S -R 1999, p. 104; P 2016, 1956-1957. 27 Wp 164,1. 20 21

Nr9, pp. 79-80. Loculo Nr4, p. 14. 16 Considerando i dati statistici, è molto probabile che la svastica fosse rappresentata in rotazione verso sinistra. Cfr. scheda 68.2. 17 Nr28, p. 107. 18 Wp 86. 19 Si vd. Wp, fig. 15, p. 178 (volume testo); D R 1877, p. 252; R 1879-1881, XII, pl. LXXXIV con descrizione alle pp. 279-284; T 1963, pp. 254-255; C C 1979, pp. 99-113. 14 15

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma clipeo, incorniciato da una fascia con ghirlanda, contenente la figura di un Cristo maestro, seduto in cattedra. Attorno sono ritratti due oranti maschili e due femminili (una si è persa a causa dell’intonaco decoeso già all’epoca del Wilpert) tra due ovini. Vi sono poi, disposti all’interno di riquadri, alcuni generici palliati. Di questi ultimi, quello di destra e quello in alto sembrano presentare sul margine del pallio, ancora una volta, una striscia che appare come un “non finito”, come la base di una gammadia che poi non è stata affrescata nella sua totalità38 o che comunque appare frammentaria.

lo studioso supponeva potesse trattarsi di un santo che saliva la scala in maniera speculare e identica a quello di sinistra, alludendo alla visione, narrata nella Passio, che ebbe la santa Perpetua, martire di Cartagine insieme a Felicita, Saturo, Revocato, Saturnino e Secondino sotto Settimio Severo (203 d.C.)28. Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso, sottarco destro, c.d. cubicolo delle colonne29: l’affresco quasi completamente perduto riproduceva un sacrificio di Isacco. Attualmente si nota, vicino alla frattura alta dell’affresco, nella sezione relativa al lembo del pallio di Abramo, metà gammadia (27)30.

Catacombe di Commodilla, sepolcro a forno Nr439 (ipotesi Wilpert): del giovane Adautto si conserva la testa nimbata e la parte inferiore del busto, quindi anche uno dei lembi del pallio su cui si nota una gammadia molto simile alla (27) con una particolare appendice orbicolata, catalogata come variante (104)40. Il Wilpert, nella sua ricostruzione, inseriva le mani velate del personaggio che sorreggono la corona del martirio e sull’altro lembo una nuova gammadia. San Felice venne curiosamente rappresentato con una gammadia sola, pur presentando la stessa posa del suo compagno di martirio41.

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso, sottarco a sinistra del nicchione sinistro, c.d. cubicolo delle colonne31: le scene tagliate quasi integralmente32 e riconoscibili solo per la posizione dei piedi e della parte inferiore del corpo, consistevano nel miracolo della rupe – presumibilmente operato da Pietro, considerando l’abbigliamento di un bibens – e nella moltiplicazione dei pani sulla parete sinistra. La presenza di gammadiae sul pallio è molto probabile sia da quanto emerge dai dati statistici, sia dalla sussistenza delle stesse in alcuni affreschi facenti parte dello stesso ambiente.

Catacombe di Commodilla, fronte in basso a destra del cubicolo Nr542: è da segnalare la possibile presenza di una gammadia – presumibilmente (27)/ (79) – sul pallio di Adautto, per simmetria con Felice. Solitamente, nella totalità delle raffigurazioni integre dei due santi riscontrabili all’interno della catacomba di Commodilla, entrambi indossano vesti contrassegnate da queste lettere.

Catacombe di Domitilla, arcosolio a mosaico: il riquadro contrapposto alla resurrezione di Lazzaro33 doveva, con ogni probabilità, contenere un miracolo della sorgente operato da Mosè. Tramite l’osservazione della piccola porzione residua, si riesce a scorgere una parte del pallio su cui era presumibilmente tracciata una gammadia, con ogni probabilità la (27), di cui rimangono poche tessere residue.

Confessio sotto la basilica dei SS. Giovanni e Paolo (ambito non cimiteriale): il Wilpert faceva riprodurre in acquerello la confessio. Sulla parete di fondo, sono raffigurati certamente i due Principi degli apostoli, il cui busto è però stato tagliato dall’asportazione di un altare che era stato collocato in quel punto43. Non sappiamo quindi chi fosse Pietro e chi Paolo. È certo però che l’apostolo di sinistra presenti ancora una gammadia (27) sul pallio, mentre l’altro attualmente ne indossi uno completamente bianco. Il Wilpert mostra invece un’altra visione di quest’ultimo in quanto due gammadiae (27), dagli apici allungati, appaiono anche sulla veste dell’apostolo di sinistra44. Esaminando dettagliatamente la pittura, sembra che l’intonaco dipinto sia, in quel punto, deteriorato, forse assottigliato, o intaccato da fattori esterni45. Nel 1955 venne eseguito un intervento conservativo sugli affreschi dell’oratorio da parte dell’ISCR, così come più tardi, nel 1999, dalla Soprintendenza Archeologica di Roma che agì sull’intero complesso46. Effettivamente, prima del 1955, la

Cimitero della Nunziatella, parete d’ingresso sinistra del cubicolo Nr434: tramite l’acquerello del Wilpert35 è possibile scorgere una rappresentazione di un giovane palliato, sbarbato, con capelli ondulati e corti, bocca e naso abbastanza piccoli inseriti in un volto dalle linee tondeggianti. Una mano è velata, l’altra regge un rotolo chiuso e sembra avanzare verso destra. Sul lembo del pallio si nota una striscia corta e spessa, di un colore brunorossiccio. È plausibile pensare che fosse la parte rimanente di una gammadia, forse una (27) o una (79), della quale era residuo solo il margine inferiore36. Lo studioso pensava che il palliato fosse un santo e datava l’affresco verso la seconda metà del III secolo d.C. Cimitero della Nunziatella, volta del cubicolo Nr437: all’interno di una suddivisione lineare rosso-verde, vi è un 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37

Wp fig. 43 p. 446 (volume di testo). Nr3, pp. 115-116. Scheda 27.32. Nr3, pp. 115-116. Wp 216,1; 216,2; 216,3. Scheda 27.19. Nr4, p. 139. Wp 40,1. Attualmente non è possibile verificare. Nr4, p. 139.

Wp 75. Nr4, pp. 140-142. 40 Scheda 104.1. 41 Cfr. WMM 150, 1. 42 Nr5, pp. 142-143. 43 La notizia viene riferita dal Di Stanislao, cfr. D S 1894, p. 319. 44 Si vd. WMM, II, pp. 631-652 (volume di testo); Wp 131. 45 La verifica è stata effettuata personalmente nel mese di febbraio 2016. 46 Si vd. R 2006, pp. 108-110. 38 39

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Le c.d. gammadiae perdute, incerte o ipotizzabili nelle catacombe romane gammadia era ancora lì e venne documentata, oltre che dal Wilpert, anche dal Gasdìa il quale pubblicò una foto in b/n. Proprio in quest’ultima si distingue un evanescente segno47. Si tratta di una (27), anche se poi lo studioso fu travolto dal dubbio che si potesse trattare di una lettera L, o addirittura di un Π inclinato per far sì che corrispondesse all’iniziale del nome Παῦλος nella convinzione che un palliato fosse Paolo e l’altro Giovanni48. È evidente invece che le due gammadiae fossero identiche ed entrambe corrispondenti alla (27), così come è altamente probabile che i due santi non fossero Giovanni e Paolo, ma semplicemente Pietro e Paolo ai lati della nicchia49. Cappella cristiana sotto l’ospedale San Giovanni Addolorata: si segnala la presenza di una evanescente gammadia sul pallio dell’uomo indicato nella didascalia come Genovius, la cui leggibilità è stata purtroppo compromessa quasi completamente dai restauri. Si deve, allo stesso modo, supporre che una gammadia fosse presente sul pallio di Cristo in atto di compiere la resurrezione di Lazzato, il cui lembo della veste è andato completamente perduto e integrato a rigatino.

G 1937, fig. 105; pp. 494-497. Diversamente il Dufourcq ipotizzava che ai lati della nicchia potessero trovarsi i SS. Pietro e Paolo in figura di intercessori, cfr. D 1900, I, p. 151. 49 Dal contributo della Vlad Borrelli si apprende che, prima dell’intervento del 1955, venne effettuato un intervento precedente, purtroppo non datato e di cui non viene fornita indicazione bibliografica. È probabile che, proprio in quell’occasione – in un periodo compreso quindi tra il 1916 e il 1955 – le gammadiae sul pallio del santo di sinistra fossero scomparse. Considerando che nel 1937, secondo la foto pubblicata dal Gasdia, la gammadia era evanescente ma ancora visibile, l’intervento si deve collocare dopo questa data. Cfr. G 1937, fig. 105; V B 1956, pp. 58-71. 47 48

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16 Le c.d. gammadiae sui vetri dorati: raffigurazioni cristiane e profane Abstract: I vetri dorati costituiscono alcuni dei più interessanti reperti provenienti dalle catacombe. Purtroppo la grande maggioranza di essi sono confluiti all’interno di collezioni senza che fosse documentata la collocazione topografica specifica all’interno della catacomba di provenienza. Tuttavia, è possible esaminare le scene raffigurate sulla loro superficie e le singole gammadiae presenti. The gold glasses are some of the most interesting finds from the catacombs. Unfortunately, a lot of them converged into collections and we do not know the original specific topographical location inside the provenant catacomb. However, it is possible to examine the scenes depicted on their surface and the individual gammadiae present on them. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, gold glasses Sono spesso considerati oggetti di ordine minore, ma in realtà i vetri dorati costituiscono importanti testimonianze in diversi campi: quello strettamente collegato agli schemi iconografici riscontrabili prima nelle pitture delle catacombe, e poi in ambito monumentale; quello riguardante il campo agiografico, per la diffusione di determinati culti relativi ad alcuni martiri e santi; quello relativo alla ritrattistica funeraria e, infine, ai mestieri praticati nella tarda antichità.

la gammadia (79) sul proprio pallio raffigurata in rosso scuro, esattamente come i clavi. Sono gli unici particolari ad essere stati differenziati dal resto, totalmente eseguito in sfoglia dorata. I due santi, dal volto quasi identico, tengono tra le mani un rotolo chiuso, mentre un altro rotolo, sormontato da una palmetta, da un cristogramma e da una corona, è collocato nello spazio tra di essi. L’iscrizione che corre in circolo sul bordo riporta: Hilarius vivus cum tuis feliciter semper refrigeri sim pace Dei.

Per quanto concerne la raffigurazione e la diffusione delle gammadiae, è doveroso notare la discreta presenza di questi segni sulle vesti dei personaggi ritratti in sfoglia dorata. Allo stato attuale delle ricerche, non è stato logicamente possibile poter catalogare i vetri nella loro totalità, essendo decontestualizzati e conservati in vari musei internazionali1. Tuttavia, tramite l’esame di quelli individuati si può notare come numerose volte compaia la gammadia (79), mentre una sola volta la gammadia (84) nonostante quest’ultima sia rappresentata su un manufatto non verificabile, forse un falso2 e comunque perduto; le gammadiae (87) e (88) sono raffigurate insieme e speculari una volta soltanto; la gammadia (93) costituisce un unicum, così come la (95) e la speculare (86).

Conosciamo il nome del defunto, Ilario, sul cui sepolcro era affisso il vetro dorato. Su di esso sono perciò evidenti i simboli che li indicano come vittoriosi martiri: le due palme, la corona e il monogramma. Il defunto è invisibilmente presente: è indicato il suo nome, mentre i due santi, Lorenzo e Cipriano, lo introducono nell’aldilà al cospetto del Signore. Torna di nuovo il tema dell’introductio del defunto che si affida a un santo o a una coppia di essi, affinchè la sua anima venga accolta nell’eden paradisiaco. Nella medesima posa ritroviamo i santi Sisto e Timoteo4. I volti appaiono quasi identici tra loro, con una distinzione che può essere effettuata solo mediante la lettura delle rispettive didascalie. I due personaggi tengono un rotolo chiuso tra le mani. Sulla sinistra di Sisto viene raffigurato un altro rotolo della stessa tipologia, mentre tra i due uomini appare nuovamente una corona lemniscata. Ancora una volta è molto chiaro il carattere martiriale. Nella composizione spiccano certamente le due nere gammadiae (79), dello stesso colore del clavus. L’iscrizione era

I santi martiri Lorenzo e Cipriano, rappresentati su un vetro dorato3 conservato ai Musei Vaticani, presentano entrambi 1 Si vd. P 1981, pp. 30-35. Per confronti e informazioni aggiornate riguardo i vetri dorati presenti nel Museo Sacro Vaticano, si vd. V 2006, pp. 749-765; V 1995, pp. 1247-1250. 2 L’analisi dei vetri dorati deve tener conto della questione della falsificazione, non solo contemporanea, ma anche relativa ai secoli passati. Si vd. P 1984. 3 Schede 79.35; 79.36; B 1716, tav. XX,2 e descrizione alle pp. 142-145; G 1858, tav. CLXXXIX,6; G 1864, tav. XX,6; G 1872-1881, tav. 189, 6 e descrizione alle pp. 167-168; Z R 1969, n. 168, p. 146; I 1902, tav. X,3; M 1959,

n. 36, tav. VI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare, pp. 204205). 4 Schede 79.37; 79.38; B 1720, pp. 192-196; G 1858, tav. XXIV,3 e descrizione a p. 52; G 1864, tav. XX,6; G 1872-1881, III, tav. 193,3 e descrizione a p. 173; Z R 1969, n. 158, p. 137; I 1902, tav. XI,6, e descrizione a p. 47; M 1959, n. 55, tav. IX.

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Le c.d. gammadiae sui vetri dorati: raffigurazioni cristiane e profane essere Paolo, per via della barba appuntita, mentre l’altro, in gran parte perduto, dovrebbe essere Pietro. Si notano alcune lettere di un’iscrizione frammentaria, ricostruibile con i nomi degli apostoli e con quello di Cristo, nel seguente ordine, Petrus, Cristus, Paulus.

certamente collocata lungo il bordo fratturato e perduto, che non può perciò fornire altre informazioni importanti, come il nome del defunto e la formula invocatoria. La gammadia (79) si ritrova anche sulla veste di Cristo che opera il miracolo di Cana su un vetro dorato appartenente alla collezione del Museo Oliveriano di Pesaro5. La gammadia (79) e il clavo sono entrambi tracciati in rosso. Cristo, giovanile e frontale, è circondato da sette idrie, mentre piccole piante ed erbe decorano lo sfondo6. La formula, di una tipologia molto diffusa sui vetri dorati, recita: Dignitas amicorum viva sim pace Dei zeses.

Il cimitero di Novaziano si distingue però grazie a ben due particolarità: per la prima e, al momento, unica volta abbiamo un caso di vetro dorato10 con gammadiae, purtroppo perduto, di cui conosciamo la collocazione precisa; inoltre lo stesso esemplare presenta una santa contrassegnata da questi particolari simboli. Il loculo in questione, infatti, chiuso tra tre tegoloni11, era affiancato sulla sinistra da un vetro dorato con il ritratto di Santa Agnese orante tra due arbusti, la cui identità è rimarcata da un’iscrizione vicino al suo capo, AGNE quindi Agnetis in forma abbreviata. La donna indossa una veste con clavi rossi e gammadiae dello stesso colore sui due lembi dell’abito, una collana dalle grosse perle e ha il capo velato. Attualmente questo vetro dorato, individuato da Enrico Josi12 nella catacomba di Novaziano, è il primo e unico caso riguardante una santa distinta con le gammadiae e questo costituisce un dato, a mio avviso, molto significativo13. Agnese viene elevata al livello dei santi, degli apostoli, dei martiri e dello stesso Cristo, forse proprio per la sua purezza d’animo e per quell’accostamento all’agnello, evocativo dell’Agnus Dei. Il suo culto sarà molto radicato a Roma14 sin dall’epoca di Damaso. Si ricordi che nel 336 d.C. la Depositio Martyrum testimoniava la venerazione di Agnese sulla Nomentana il 21 gennaio (XII Kal. Feb. Agnetis, in Nomentana). È quindi sottile il filo simbolico che lega la martire a un discorso più complesso, quello sulle gammadiae che, ancora una volta, si propongono come marchio di una determinata categoria di personaggi.

La gammadia (79) è, ancora una volta, rappresentata sulla veste di Cristo in un vetro dorato conservato presso il Gabinetto delle Medaglie della Biblioteca Nazionale di Parigi7. Sono ben evidenti i ritratti dei due defunti coniugi, Gioconda e Ciriaco, raffigurati a mezzo busto. La donna, sulla sinistra, presenta un’elaborata acconciatura che prevede una treccia di capelli usata come “cerchietto”, veste una tunica manicata, indossa un paio di grossi orecchini e una collana; l’uomo, sulla destra, è invece abbigliato in tunica clavata con pallio e tiene una mano aperta davanti a sé. Cristo, inserito tra i due defunti, è rappresentato in dimensioni più ristrette, non per minore importanza, bensì per una questione di spazio. Molto probabilmente l’artista lavorò in un primo momento ai ritratti, per poi aggiungere la figura di Cristo in seconda battuta. Egli tiene nelle mani due corone che pone rispettivamente sul capo dei coniugi. Il volto è apollineo, incorniciato dai boccoli che scendono fino alle spalle, denotando una cronologia affine all’epoca teodosiana. La gammadia è ancora una volta collocata sul lembo del pallio a ricordarci l’importanza del personaggio, Cristo stesso8.

Esaminando perciò il vetro dorato – rinvenuto nel 1687 nel cimitero di Ponziano – si noterà come, nuovamente, una gammadia si collochi sulla veste di una santa. Si tratta ancora una volta di Agnese, tra Pietro e Paolo15, ma il vetro dorato è purtroppo perduto e la rappresentazione non può essere verificata. Il disegno schematico del Garrucci prevedeva la santa in posizione centrale e orante, abbigliata in tunica e palla che le copre il capo, mentre la gammadia

Allo stesso modo, in uno schema iconografico identico e molto diffuso, Cristo torna ad avere una gammadia (79) sulla veste, mentre incorona i SS. Pietro e Paolo in un vetro dorato frammentario ritrovato nel cimitero di Novaziano9 e perduto. Cristo, in tunica clavata e pallio, è rappresentato in dimensioni minori in posizione centrale ed elevata, mentre tiene in entrambe le mani due corone. Lateralmente si scorgono i ritratti dei Principi degli apostoli, entrambi stempiati. Il santo di destra potrebbe

Scheda 79.58. Josi specifica che il secondo tegolone era segnato da un bollo per il quale inseriva il riferimento al CIL XV, 762 a. cfr. J 1934, p. 206. 12 J 1934, pp. 206-207; M 1959, n. 226, p. 40; n. 226, tav. XXV; C 2019b, pp. 55-56. A livello di committenza, invece, sarà interessante ricordare come, accanto al vetro con la raffigurazione della santa, ne fosse inserito un altro, la cui superficie era ricoperta da un’iscrizione in greco seguita da una palmetta tracciata in orizzontale: Zηςαις αλυπως Δια βιου. È quindi possibile che la persona sepolta fosse di derivazione orientale. Cfr. J 1934, p. 206; M 1959, n. 227, pp. 40-41; n. 227, tav. XXV. 13 Tuttavia, lo stesso Josi ricordava come esistessero almeno altri due vetri dorati, conservati ai Musei Vaticani, in cui la santa era rappresentata secondo lo stesso schema, rimandando a G 1858, tav. XXI, 2; 5; descrizione alle pp. 48 e 49. Inoltre piuttosto noto è il caso del vetro dorato con S. Agnese orante conservato ancora in situ nel cimitero di Panfilo, cfr. B 2013b, pp. 109-113. 14 Si vd. F 2001, pp. 11-37; F ’ C 1899; V -Z 1942, p. 17. 15 Schede 79.41; 79.42;79.43. 10 11

5 Scheda 79.39; O A 1781, p. VI, tav. 1,2; G 1858, tav. VII,2 e descrizione a p. 22; G 1864, tav. VII,2; G 1872-1881, III, tav. 176,2 e descrizione a p. 138; I 1902, tav. XI,6, e descrizione a p. 47; Z R 1969, fig. 19, p. 51; F 1963a, fig. 2, tav. VII e descrizione a p. 38. 6 In tal caso, è usato l’espediente della raffigurazione del dito di Cristo allungato come se fosse un virga, o comunque fusa con essa. Questo particolare iconografico si riscontra anche in altre esemplari di vetri dorati, come notato da U 2000b, p. 80, che lo definisce “dito di Dio”. 7 Scheda 79.40; G 1858, tav. XXIX,1 e descrizione a p. 58; G 1864, tav. XXIX,1; G 1872-1881, vol. III, tav. 198,1 e descrizione a p. 182; I 1902, tav. XV,2, e descrizione alle pp. 5859; M 1959, n. 397, tav. XXXIII e descrizione p. 65; F 1978, p. 1035. 8 Cfr. G 1858, tav. XXIX , p. 58; F -T 1992, p. 10. 9 Scheda 79.56.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma visibili parzialmente ai lati del gruppo in primo piano. Il vetro si presenta purtroppo frammentario sui bordi, tagliando una buona porzione della raffigurazione25. I recenti studi di Susan Walker fanno sì che il vetro dorato possa essere datato all’epoca teodosiana, quindi avanzato IV secolo d.C. circa26.

(79) è ricamata sul lembo dell’abito. Ai suoi lati sono i due Principi degli apostoli ancora non caratterizzati dal tipico ritratto: appaiono infatti come due giovani, in tunica e pallio con la gammadia (79), con i rotoli chiusi tra le mani. Il Buonarroti16 specificava l’appartenenza di tale reperto alla collezione del Fabretti17, che a sua volta aveva rilevato le antichità del Cardinal Carpegna18. Nonostante, quindi, non sia possibile verificare la corrispondenza tra il disegno del Garrucci e il reperto, è d’altra parte lecito poter considerare come verosimile la documentazione grafica opera dello studioso, in quanto l’esemplare da Novaziano non fa altro che avvalorare la probabilità che anche la S. Agnese del vetro di Ponziano potesse presentare la gammadia sulla veste.

Non è identificabile il personaggio “proprietario” della gammadia (79) su un frammento di vetro dorato la cui provenienza e attuale collocazione sono ignote27 e di cui dava notizia solo il Garrucci28. Si nota chiaramente una gammadia (79), segnata in rosso o nero, sul bordo di un pallio. È ipotizzabile che si trattasse di Cristo o di un santo (Pietro, Paolo, Sisto, Timoteo, Lorenzo, Cipriano tra i più diffusi sui vetri dorati).

Diversa è la situazione che riguarda un vetro dorato e conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology ad Oxford19, sul quale sono presenti numerose gammadiae (79), la gammadia (95) e la (85)20. La scena in questione è quella di un particolare Collegio Apostolico, che sembra riunire in sé una Traditio Legis e un’introductio di alcuni santi21. La totalità dei personaggi presenti, Cristo compreso, indossano tunica clavata e pallio; inoltre, nessuno di essi sembra essere caratterizzato in volto. Solamente il personaggio sulla sinistra di Cristo, si presentava stempiato e simile a Paolo nel disegno del Garrucci22, probabilmente in una sua ipotetica ricostruzione, poiché in un disegno opera del Marini23 la figura del santo era già parzialmente perduta. La didascalia appare invece chiara nell’indicare la figura di Pietro, che stringe un rotolo; dalla parte opposta, invece, doveva trovarsi Paolo, che riceveva un rotolo aperto, con un’iscrizione volutamente illeggibile e disposta su sette righe. Sul basamento sul quale Cristo, seduto in cattedra, poggia i piedi, vi è un’iscrizione che riporta una lista di santi: Timoteus, Sustus, Simon, Florus24. È probabile che due di essi siano i santi seduti sulle cattedre rosse in primo piano, senza rotolo tra le mani; gli altri due sono presumibilmente da identificare con coloro che si trovano intorno a Cristo. Si segnalano, inoltre, altri due santi,

Alquanto singolare appare invece il vetro dorato riportato ancora una volta dal Garrucci29, la cui prima menzione si trova però nel volume del Marangoni30, successivamente in quello del Passeri31 e del Vopel32. Si tratta di un manufatto proveniente da un cimitero sulla Salaria, anche se non è possibile stabilire con certezza quale tra quello di Saturnino/Trasone o via Yser, ritrovato il 1 marzo 1743. La scena riprodotta sul vetro dorato sembrerebbe riferirsi al mestiere del defunto Avianon, oste o venditore di vino. Si scorge infatti una bottega, con un bancone cui è seduto un uomo che ha appena consumato il pasto e sembra “presentare” il personaggio in primo piano. Un grosso recipiente è raffigurato sulla destra e si vedono alcuni scaffali con cinque coppe. Il defunto (o la defunta secondo l’interpretazione del Passeri, per via delle sembianze effeminate33 e per la diversa lettura dell’iscrizione) tiene in una mano una brocca, mentre nell’altra un calice decorato con una palmetta. La veste drappeggiata è ricamata nella parte inferiore da quattro stelle, sul cui bordo è visibile una lettera S34. I piedi del personaggio fuoriescono dal clipeo per andare ad intaccare la cornice formata da archetti. L’iscrizione riporta: Avianon vivas, oppure secondo l’interpretazione del Passeri Avia non vivas, la quale però non avrebbe alcun senso non possedendo un significato salvifico, tipico dell’arte cristiana35. Non conoscendo, sfortunatamente, l’attuale collocazione del

Cfr. B 1716, pp. 89-90. Si vd. F 1702, p. 594. 18 Si vd. B 1716, tav. XIV,1 e descrizione alle pp. 86-92; G 1858, tav. XXI,3 e descrizione a p. 48; G 1864, tav. XXI,3; G 1872-1881, III, tav. 190,3 e descrizione a p. 169. 19 Si ringraziano Susan Walker e Ilaria Perzia dell’Ashmolean Museum per le preziose informazioni riguardanti l’esatta collocazione del reperto AN 2007.11 e per avermi fatto visionare la scheda tecnica in anteprima. Attualmente le notizie storiche, iconografiche e relative alle analisi scientifiche sono pubblicate in W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159. Inoltre, si vd. U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215). 20 Schede 79.44; 79.45; 79.46; 79.47; 79.57; 86.3; 95.1. 21 La scena sembra costituire un unicum tra i vetri dorati, anche se è possibile ne esistesse un altro, attualmente presso il Victoria and Albert Museum di Londra, di cui si conserva solo la figura di Timoteo. Cfr. W et alii 2017, p. 158. 22 Cfr. G 1864, tav. XVIII,4. 23 La riproduzione grafica fu probabilmente commissionata dall’antiquario siciliano Alessio Recupero tra il 1770 e il 1800. Si vd. W et alii 2017, pp. 59-61. 24 Per il Garrucci, i due santi in primo piano potrebbero essere Simone e Floro in colloquio tra loro, Timoteo sarebbe il personaggio dietro Simone (sulla sinistra), mentre l’ultimo Sisto. Cfr. G 1858, p. 41; M 1959, n. 364, tav. XXXI; W et alii 2017, pp. 158-159. 16 17

Si vd. G 1858, tav. XVIII,4 e descrizione alle pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII,4; G 1872-1881, III, tav. 187,4 e descriz. pp. 187-188. 26 W et alii 2017, pp. 158-159. 27 Scheda 79.48. 28 Si vd. G 1858, tav. XXXIX,9 e descrizione a p. 82; G 1864, tav. XXXIX,9; G 1872-1881, III, tav. 203,10 e descrizione a p. 197. 29 Si vd. G 1858, tav. XXXIII,2, e descrizione a p. 63; G 1864, tav. XXXIII, 2; G 1872-1881, III, tav. 202,2 e descrizione a p. 191. 30 Si vd. M 1744, pp. 370-374. 31 Si vd. P 1750, pp. 289-290. 32 Si vd. V 1899, p. 37. 33 Nell’incisione del Marangoni, il volto è più mascolino e tracciato rozzamente rispetto a quello riportato dal Garrucci. Cfr. M 1744, p. 374. 34 Scheda 84.1. 35 L’unica immagine disponibile è il disegno pubblicato dal Marangoni, poi ripreso dagli studiosi successivi. È probabile, come ritenne Padre Ferrua, che la lettera I di Avianon non fosse tale. Secondo il celebre epigrafista, venne omessa un’asta alla terza lettera, che divenne una I. Il 25

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Le c.d. gammadiae sui vetri dorati: raffigurazioni cristiane e profane Tutti questi casi di vetri dorati, con particolare riferimento a quelli sicuramente provenienti da sepolcri cristiani, fanno comprendere come sia importante considerare questi manufatti specialmente in rapporto alla committenza. I vetri, infatti, appaiono come oggetti personali e di pregio e il fatto che su un piccolo numero di essi compaiano le c.d. gammadiae dovrebbe far riflettere. I cristiani proprietari dei sepolcri volevano far apporre quei vetri con gammadiae, desiderando che quei simboli fossero visibili.

vetro, non risulta nemmeno possibile trovare riscontri con il disegno pubblicato dal Garrucci. La veste ricamata di stelle e l’ambiguità del personaggio, così come la lettera S potrebbe far sorgere il dubbio che si tratti di un falso, se non fosse che il Marangoni sembrava essere certo del giorno e del luogo del ritrovamento. Se il vetro dorato fosse quindi un manufatto autentico, la gammadia (84) costituerebbe al momento un unicum. Particolare appare il vetro dorato conservato ancora una volta presso i Musei Vaticani36 in cui è centralmente raffigurato un uomo, dai capelli corti e dai grandi occhi a mandorla, abbigliato con una lunga tunica manicata stretta in vita da un cinturone e un mantello purpureo su cui sono raffigurate le gammadiae (87) e (88) in oro37. Tiene in una mano la palma della vittoria, mentre nell’altra il flauto doppio. Sul lato sinistro vi è una colonnina sulla quale sono impilate cinque corone d’alloro. A destra invece vi è una maschera da commedia che sovrasta un’erma. Sulla colonnina è riportata un’iscrizione: Ilia Capitolia. Appena al di sotto della sottile cornice aurea corre un’altra iscrizione frammentaria: Invicta Rom[(a)] Ilioror[...].

Tuttavia, sarà bene specificare a scanso di equivoci, che questa intuizione potrebbe non valere universalmente per tutti i vetri dorati. Come dimostrato da Umberto Utro41 nell’esaminare alcuni esemplari conservati ai Musei Vaticani, infatti, numerosi piccoli medaglioni dorati potevano far parte, come nella nota patena di S. Severino da Colonia, di un unico manufatto, suddividendo in tal modo l’iconografia degli episodi Vetero e Neotestamentari. Nel caso dei vetri dorati esaminati finora per le c.d. gammadiae, la tipologia di manufatto originario sembrerebbe differente, in quanto non si tratterebbe di “piccoli medaglioni”, ma di vetri più grandi che, nonostante ciò, avrebbero potuto ricoprire il ruolo di fondo di coppe o di altri vasi/ contenitori i cui proprietari giacevano evidentemente all’interno dei sepolcri su cui essi, staccati dal manufatto di appartenenza, venivano apposti. Appare suggestivo poter pensare a quali oggetti potessero accogliere i vetri dorati con gammadiae finora individuati,: mentre alcuni di essi presentando immagini di santi ed episodi miracolosi potrebbero ricondurre a una committenza legata alla sfera ecclesiastica e quindi far supporre la loro appartenenza a oggetti liturgici (es. piatti o coppe, ma anche patene)42, i vetri riguardanti raffigurazioni degli stessi defunti – come nel caso di Giocondo e Ciriaca incoronati da Cristo – farebbero d’altra parte propendere per un ambito privato (es. doni di un certo prestigio). In ogni caso, questi oggetti sembrerebbero riconducibili a persone di un ceto sociale piuttosto elevato43.

È molto probabile che si tratti del defunto, un istrione, che si cimentava in qualche rappresentazione tragica/ musicale38. Questa rappresentazione, dal contesto originario ignoto, non deve essere però letta in ottica cristiana. Come si vedrà, le assonanze con il mondo della recitazione potrebbero far pensare a quel simbolismo profano che associava le c.d. gammadiae al personaggio più illustre nella rappresentazione teatrale. Uno dei vetri dorati più noti è certamente quello con la raffigurazione di Pietro in atto di far scaturire l’acqua dalla rupe39, anche questo conservato presso i Musei Vaticani. Pietro è rappresentato di profilo, verso destra, in tunica clavata e pallio, con la gammadia (93) sul bordo40. Tiene la virga con cui batte la rupe da cui fuoriesce un rivolo d’acqua segnato con il pigmento azzurro. Pietro è presentato stempiato, con la barba di media lunghezza. È un ritratto abbastanza atipico e più affine al volto di Paolo, nonostante elementi e didascalia denuncino perfettamente la sua reale corrispondenza con Pietro.

Tuttavia, è difficile trovare certezze riguardo questo argomento, in quanto le domande che si possono generare dall’esame di simili oggetti sono numerose, ma altrettanto molteplici sono le risposte che non troveranno, almeno al momento, una solida base su cui fondarsi, non essendo noi in possesso di dati fondamentali quali la provenienza U 2000b, pp. 53-84 (in particolare, p. 56). Tra i numerosi esempi e ritrovamenti avvenuti in catacomba, cito il frammentario fondo in vetro verdolino di piatto o coppa rinvenuto nel cimitero di S. Agnese con la rappresentazione di un personaggio palliato, seduto su uno sgabello con cuscino, nel gesto della parola, rivolto a un altro personaggio perduto sulla sinistra. Tra i due è raffigurato un cristogramma inserito in un clipeo. Stando alla didascalia, l’uomo dovrebbe essere Felice. Considerando l’iconografia potremmo essere in presenza della raffigurazione di un binomio di santi. Il lembo della veste perduta non fornisce eventuali informazioni sulla rappresentazione o meno di gammadiae. Si vd. S 1978, pp. 129-130. 43 I vari studi condotti anche su vetri conservati in musei di livello internazionale ha fatto sì che si potesse ricondurre a un’ipotetica produzione dei vetri dorati in 3 principali luoghi, in un periodo compreso tra il IV secolo a.C. e il V secolo d.C.: Grecia, Mediterraneo orientale (Egitto, Israele, Giordania, Siria, Libano, Cipro), Roma, Veneto e Renania, come indicato nella fig. 2.10 in C 2018, p. 41. Tali vetri sono comunque considerati oggetti di lusso. 41

nome del defunto potrebbe perciò variare. Si vd. F 1950, pp. 224225. Cfr. S -R 1938, pp. 319-329. 36 Si vd. G 1858, tav. XXXIV,1 e descrizione alle pp. 65-67; G 1864, tav. XXXIV,1; M 1959, n. 25 (a colori), tav. IV (b/n), descrizione a p. 7; I 1902, tav. XVII,2 e descrizione alle pp. 64-65. 37 Schede 87.1; 88.1. 38 Si vd. B 1720, pp. 206-207; G 1858, pp. 65-66. Per un recente studio riguardante le gammadiae in ambito profano e soprattutto in contesto teatrale, rimando a: C 2019a, pp. 497-522. 39 Si vd. B 1720, pp. 200-201; G 1858, tav. X,9 e descrizione a p. 32; G 1864, tav. X,9; G 1872-1881, III, tav. 179,9 e descrizione alle pp. 145-146; Z R 1969, fig. 49 e descrizione alle pp. 171-172, n. 200; C 1959, pp. 38-46; I 1902, tav. VI,8 e descrizione a p. 33; C 1937, pp. 18-19; U 1996, scheda 114, p. 247. 40 Scheda 93.1.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma cimiteriale e l’indicazione del sepolcro su cui erano apposti. È perciò bene esaminare comunque tali oggetti, riflettendo e tenendo presente l’azione della mente, della persona, della possibile committenza44 – l’unica vera artefice della continuità d’uso delle c.d. gammadiae – dietro una determinata scelta iconografica, operando ogni volta un ragionamento preciso, senza ricondurre tutto a una mera generalizzazione.

44 Lo studio condotto da Susan H. Auth su alcuni manufatti vitrei provenienti dalla Nubia e dall’Egitto ha evidenziato come, la combinazione di iscrizioni in lingua greca con l’iconografia possa far pensare a una lavorazione riconducibile ad Alessandria d’Egitto e a una committenza particolare che richiedeva tali oggetti per un uso specifico sia in vita, che per destinazioni funerarie. Nel dettaglio, lo studio si focalizzarebbe sulla formula Pie zeses, diffusa anche sui vetri dorati profani, ebraici e cristiani provenienti da Roma. Si vd. A 1996, pp. 103-113. Interessante, al fine di questo approfondimento sui vetri dorati, è il contributo di Paola Filippini che, redigendo una catalogazione di un determinato gruppo di manufatti, riflette sulle produzioni vitree nell’antichità e, quindi, sul commercio: F 1996, pp. 113-128.

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17 Le tre lastre incise con c.d. gammadiae dalle catacombe romane Abstract: Le gammadiae sono molto diffuse in pittura, mentre sono più rare su altri tipi di reperti. In catacomba sono solo tre le lastre incise con scene figurate che presentano anche questi particolari simboli. Gammadiae are widespread in paintings, while they are rarer on other types of finds. In the catacombs there are only three figurative tombstones with engraved scenes, that also present these particular symbols. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, inscriptions, epigraphs Il censimento effettuato sulle pitture nelle catacombe romane, è stato esteso anche alle lastre incise, sempre così ricche di simbolismi e significati. Allo stato attuale delle ricerche, ne sono state individuate 3, provenienti da cimiteri differenti.

di un solo santo e probabilmente del marito della stessa, forse già defunto precedentemente. In quanto tale, le gammadiae non sarebbero presenti sul palliato di destra, non trattandosi di un personaggio con aura di santità nella concezione cristiana.

La prima lastra proviene dal Coemeterium Maius1, suddivisa in almeno 7 frammenti e mutila in più punti. Nello spazio, compreso tra l’ultima riga e il termine inferiore della lastra, sono incise tre figure. La centrale appartiene a una donna, orante, in tunica e palla, con il capo velato che tuttavia lascia intravedere la capigliatura incisa in maniera sommaria; gli occhi sono grandi e spalancati, non realistici, così come le mani che appaiono piegate e rivolte verso l’esterno, quando invece dovrebbero mostrare i palmi in una visione frontale. La donna, evidentemente la defunta, è affiancata da due uomini in tunica e pallio. Quello di destra, parzialmente frammentario, indossa vesti dai lembi sollevati come mossi dal vento, tiene una mano nascosta dentro le pieghe della tunica e l’altra sporgente con le dita rivolte verso l’alto2.

L’altra lastra anepigrafe4, datata alla fine del IV secolo d.C. (390 circa), attualmente conservata presso la Sala delle Lapidi del Monastero delle suore oblate cistercensi di Anagni e proveniente dal Cimitero dei Giordani “sotto la villa Gangalandi”, presenta un motivo iconografico più elevato. Fu ritrovata dal Marangoni e da lui stesso trasferita in un primo momento nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano ad Anagni, poi nell’odierna collocazione5. È certamente più nota rispetto a quella del Maius perché oggetto di svariati studi, soprattutto per l’iconografia della Traditio Legis incisa sulla superficie. Cristo è centrale, barbato e nimbato, stante sulla roccia, mentre di fronte a lui, in posizione assiale, vi è inciso l’Agnus Dei posizionato sul monte da cui sgorgano i quattro fiumi paradisiaci. Con la sinistra, Cristo, in tunica e pallio, consegna un rotolo svolto a Pietro, proteso verso il Signore, con la croce astile in mano. La sua fisionomia è ben fissata con folti capelli e la barba corta. Si può dire lo stesso di Paolo, dalla parte opposta, anch’egli in tunica e pallio, stempiato e con la barba lunga. Egli è acclamante, mentre con la mano sinistra tiene il lembo del pallio su cui è chiaramente incisa una gammadia (43)6.

Quello di sinistra, invece, è conservato in maniera migliore. Si notano i capelli ricci, corti e ondulati, un paio di occhi grandi e spalancati, naso e bocca di dimensioni piccole. Tiene tra le mani un rotolo chiuso, raffigurato in posizione verticale. È proprio sui lembi della sua veste che compaiono due gammadiae speculari della tipologia (82)3 che indicano la sua santità, a differenza dell’altro che, curiosamente, non le presenta. Appare piuttosto evidente come sia stata effettuata una scelta ponderata riguardo l’inserimento di questi simboli. Non si tratterebbe quindi, a mio avviso, di una scena di introductio da parte di due santi, bensì di accompagnamento della defunta da parte

Sono due le palme dattilifere che inquadrano la scena, ma solo quella dalla parte di Paolo – come di consueto – ha una fenice nimbata posata su uno dei rami.7. Dalle città turrite, Betlemme e Gerusalemme celesti escono gli ovini, in rappresentanza dei dodici apostoli.

ICUR VIII, 21730a; EDB 35997. L’Armellini vide una lucerna pendente dalle mani del personaggio maschile sulla destra della defunta orante che, come si può verificare tramite l’osservazione della lastra, non è presente. Tra l’altro nella tavola allegata l’elemento non è riportato. Si vd. A 1880, p. 67; p. 95; tav. III. 3 Scheda 82.1. 1 2

ICUR IX, 24303. M 1740, pp. 42-44; S p. 21. 6 Scheda 43.1. 7 Cfr. B 1979, pp. 21-40. 4 5

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,K

,T

1996, n. 185,

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Il Testini8 pensava ad uno stretto collegamento tra la lastra di Anagni e il mosaico con la Traditio Pacem del Mausoleo di Costanza proprio per via delle nuvole e della gammadia, avanzando poi confronti certamente pertinenti9, ma non connessi con il tema delle gammadiae che lo studioso preferì non approfondire in favore dell’esame iconografico della più nota Traditio Legis10. È da notare però come la gammadia in questione non sia la stessa: mentre nel mosaico del mausoleo Paolo presenta sul pallio una gammadia di tipologia (27) su entrambi i lembi, il Paolo della lastra incisa ha invece una gammadia (43), appartenente alla tipologia oggetto dei pochi studi sull’argomento e che, a causa della sua morfologia, è stata considerata la gammadia per eccellenza11. La terza lastra incisa12 proviene dalla catacomba di Commodilla sulla via Ostiense. Venne scoperta durante gli scavi condotti dalla PCAS tra il 1903 e il 1906. Il Wilpert – giudicandola della fine del IV-inizi del V secolo d.C. – pensò che dovesse essere posta a copertura del loculo di Merita13, ma le misure verificate non corrisposero a quelle della tomba a forno. Allo stesso modo non concordava nemmeno la datazione dell’affresco. Purtroppo i frammenti, al momento del ritrovamento, non vennero documentati, perdendosi così l’originale provenienza topografica. Tramite confronti, lo studioso propose anche una ricostruzione di coronatio di Santa Emerita, soprattutto in riferimento alla pittura di VII secolo d.C. del suddetto sepolcro a forno. Una recente rilettura di Agnese Pergola14 ha evidenziato – tramite un nuovo posizionamento dei frammenti – come la scena si riferisse in realtà a una defunta orante tre i due santi eponimi della catacomba, Felice e Adautto. Di Felice è possibile notare la corta barba, la tunica, il pallio e il rotolo tra le mani; per associazione, l’altro dovrebbe essere Adautto. È proprio sul pallio di Felice ad essere incisa la gammadia (25). Il Wilpert, arbitrariamente, propose nella sua ricostruzione grafica15, inoltre, il posizionamento di una gammadia (27) sul pallio di Adautto. La lastra non venne catalogata nelle ICUR, ma le caratteristiche stilistiche permettono di datarla verso la fine del IV secolo d.C. Di nuovo siamo in presenza di manufatti personali, in tal caso lapidi. La funzione rivestita dalle raffigurazioni incise è la stessa degli affreschi e dei vetri dorati: altamente personale e diretta al defunto, su specifica volontà del gruppo committente. Le c.d. gammadiae, ove presenti, sembrerebbero perciò implicare una corrente culturale o di pensiero seguita da un ristretto numero di fedeli all’interno della stessa comunità cristiana di Roma.

T 1973-1974, pp. 718-740 (in particolare, p. 731). Cfr. M 1959, p. 19; n. 78, tav. XIII. 10 Si vd. WMM 1916, p. 104 (volume di testo); C 2013, pp. 623-646. 11 Cfr. G 1872-1881, VI, tav. 484,14. 12 Scheda 25.7. 15 Cfr. WMM, fig. 447, p. 944 (volume di testo); B 1936, pp. 9-10. 8 9

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18 Le testimonianze tessili Abstract: Gammadiae e vestiario sono strettamente collegati. Questo è un fenomeno riscontrabile sia nella pittura, che nei reperti materiali. Infatti, le prime testimonianze in assoluto riguardanti le gammadiae si riscontrano sui frammenti tessili provenienti da Israele e dall’Egitto. Nel presente capitolo sarà condotto un excursus su questo tema, partendo dai ritrovamenti effettuati a Masada. Gammadiae and clothing are closely linked to each other. This is a phenomenon verifiable both in catacomb frescoes and in material finds. In fact, the original evidence concerning the gammadiae are the textile fragments from Israel and Egypt. The present chapter analyses these as an excursus, starting from the finds from Masada. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, textiles, clothing invece, era appartenente a un pallio in lana rosata, sul quale era visibile parte di un motivo dalla forma di striscia dalle terminazioni dentate color porpora5. Entrambi i reperti presentavano una “filatura a S”6. Questi tessuti non furono rinvenuti all’interno di sepolture: appartenevano a persone che li avevano indossati fino a poco prima che i Romani di Flavio Silva entrassero all’interno della roccaforte7; non erano quindi vesti funerarie specifiche, con funzione simbolica destinata all’aldilà8. Si trattava piuttosto di indumenti di carattere quotidiano, con un simbolismo legato alla vita di tutti i giorni. Furono condotte analisi successive sui reperti e quelli tessili non fecero eccezione, anzi, i rispettivi risultati si rivelarono piuttosto interessanti, in quanto nessuno dei frammenti di tessuto combinava lana – nello specifico, di capra, forse proprio allevata nello stesso sito di Masada – con lino9, rispettando i precetti del

Le c.d. gammadiae sembrano racchiudere un simbolismo ben preciso, deducibile dalla loro sistematicità di comparsa sulle vesti di determinati personaggi, almeno nelle prime testimonianze cristiane. Tuttavia, come anticipato, non è soltanto il contesto cristiano ad essere interessato da questo fenomeno simbolico. Il giudaismo è certamente l’ambito culturale più affine a quello cristiano ed è proprio in esso che risulta opportuno analizzare le testimonianze materiali presenti, sin dal I secolo d.C. Si tratta di reperti tessili che sembrano costituire tasselli fondamentali ai fini della ricostruzione storica relativa all’usanza delle c.d. gammadiae. Erano gli anni ʽ60 del secolo scorso e l’archeologo israeliano Yigael Yadin portava avanti le indagini all’interno della rocca di Masada1, ultima fortezza ad aver ceduto all’intervento militare di Roma nel 73 d.C., ricordata soprattutto per il suicidio di massa effettuato dalla popolazione giudaica che si era rifugiata tra le sue mura dopo la fuga da Gerusalemme2.

nel testo – hanno dimostrato invece che tessuti di questo tipo erano indossati sia da uomini che da donne, cfr. S et alii 1994, pp. 198201. Figurativamente si hanno riscontri anche in teli funebri e sarcofagi ritratto dall’Egitto greco-romano, come si vedrà in seguito. 5 Venne ritrovato insieme a pochi altri frammenti di buona qualità nella terrazza inferiore del Palazzo Settentrionale, non lontano da un uomo, una donna e un bambino non sepolti che giacevano lì. Gli studiosi hanno quindi ipotizzato che durante la conquista Romana, il livello inferiore del Palazzo non fosse stato toccato. Cfr. S et alii 1994, pp. 238-241. 6 La differenza tra la filatura a S oppure a Z consiste nella diversità di direzione con cui viene effettuato il ricamo: mentre quella a S si svolge dall’angolo superiore sinistro verso l’inferiore destro, quella a Z consiste nell’opposto, ovvero dall’angolo basso sinistro all’angolo superiore destro. Inoltre, questo è determinato da alcuni luoghi produttivi, cfr. S 2016, p. 240. 7 Lo stesso vale per altre località, come Mons Claudianus, Murabba’at, ʽEn-Boqeq, Dura Europos. Diverso è il caso della Grotta delle Lettere, in cui molti tessuti furono trovati all’interno di sepolture. Cfr. S et alii 1994, p. 238. 8 Tutti gli oggetti personali, vennero dati alle fiamme poiché nulla sarebbe dovuto cadere in mano romana. Alcuni dei frammenti di vesti sono stati ritrovati proprio nei residui dei focolari in una camera delle mura a casamatta. Si vd. Y 1966, pp. 140-154. 9 Il lino presente in alcuni altri frammenti era invece di pessima qualità, cfr. S et alii 1994, p. 160. Interessanti appaiono i recenti studi riguardanti la porpora: sembra infatti che Masada e Murabba’at fossero stati tinti con vera porpora, al contrario di altri numerosi tessuti di epoca romana ritrovati in Palestina: S 2016, p. 241.

Fu proprio in questo affascinante sito che l’équipe archeologica portò alla luce alcuni frammenti di tessuto insieme ad altri oggetti gettati tra le fiamme prima che ogni famiglia di Masada terminasse i suoi giorni. Furono ritrovati brandelli di pregevole tessuto di lana, tra cui alcuni relativi a pallii con elementi dalla forma angolare o di striscia dentata color porpora3, del tutto simili alle gammadiae. In particolare, il frammento 28 (M) riguardava una porzione di pallio color crema, senza alcuna traccia di pigmento, con il ricamo di un motivo angolare e scuro dalle terminazioni dentate4; il 7 (M), S et alii 1994, p. 153. Alla fig. 27 l’autore pensava a un mantello quadrato con quattro gamma dentati agli angoli che venivano quindi “rinforzati”. Lo Szymaszek crede invece che non ci sia alcun motivo “tecnico” dietro il ricamo delle gammadiae sugli angoli, quindi che non fossero usate per rinforzare i bordi, cfr. S 2013b. 4 Yadin pensò in un primo momento che questi tipi di tessuto con gamma angolari fossero lavorati dalle donne e indossati dagli uomini. I successivi ritrovamenti in Nubia – analizzati dettagliatamente più avanti 3

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma frammenti tessili16, uno dei quali sembrerebbe appartenere a un mantello con un ricamo dalla forma di H o Γ – nella misura di 6 cm – disposto agli angoli17.

Talmud e la Sha’atnez (Deu. 22, 9-11)10, nonostante alcuni casi di vestiti fossero in lana cuciti con fili di lino. La maggioranza delle vesti, seguendo logicamente gli eventi storici, appartenevano ad ebrei.

Proseguendo lungo la fascia medio-orientale, si giunge al Rockefeller Museum di Gerusalemme dove Orit Shamir e Naama Sukenik hanno esaminato alcuni frammenti di tessuto registrati erroneamente18 come provenienti dalle grotte di Qumran con la classificazione QCC (Qumran Christmas Cave). La Christmas Cave, grotta di origine carsica collocata a sud del sito di Khirbet Qumran, deve questa denominazione al giorno della sua scoperta, il 25 dicembre del 1960, effettuata da John Marco Allegro. I ritrovamenti dell’epoca consistettero in una moneta di bronzo del periodo di Bar-Kokhba, frammenti ceramici di epoca romana, pezzi di cuoio e di tessuto di svariati colori. Alcuni mesi dopo quella stessa scoperta, lo studioso condusse alcuni scavi nella grotta, ma i frammenti tessili non furono purtroppo oggetto di pubblicazione. Venne redatta una lista sommaria, senza alcuna foto di riferimento; infine, i reperti furono inviati al Rockefeller Museum e registrati come appartenenti alle Grotte di Qumran.

A questa importante scoperta seguì quella effettuata nei pressi della Grotta delle Lettere11, a Nahal Hever12, nuovamente durante una spedizione di Yigael Yadin. Furono ritrovati, infatti, ulteriori frammenti tessili, databili al II secolo d.C. I brandelli di stoffa riportavano sulla propria superficie il ricamo di bande colorate, spesso scure e dalla terminazione dentata; alcune di esse presentavano una forma di gamma rivolto verso sinistra, mentre altre erano costituite da semplici strisce13. I tessuti non risultarono prodotti in situ, ma indossati dai ribelli fuggiti e qui rifugiatesi in un periodo compreso tra il 120 d.C. circa e il 135 d.C., anno quest’ultimo ricordato per la rivolta guidata da Simon Bar-Kokhba. Eccezion fatta per un mantello ritrovato integro, molti erano strappati malamente e frammentari; altri invece consistevano in brandelli che presentavano anche i marchi dei tessitori14. Siamo di nuovo di fronte a tessuti indossati da un determinato gruppo di matrice religiosa, fuggito da Gerusalemme, per i quali il 135 d.C. rappresenta un terminus ad quem15. Masada e la Grotta delle Lettere costituiscono due di alcuni importanti siti in cui è registrata la presenza di questa tipologia di frammenti tessili. Spesso si tratta di luoghi che hanno subìto un’occupazione militare, come anche ʽEn Rahel in Israele, dove sono stati registrati 87

Vi erano però sostanziali differenze funzionali, materiali e di colore tra i tessuti ritrovati a Qumran e quelli della Christmas Cave. Fu Bélis a occuparsi per primo di stabilire questa diversità; nel 2007 furono poi effettuati nuovi scavi nella grotta, determinanti per stabilire che la Christmas Cave non apparteneva effettivamente al sito di Qumran19. Anche questa grotta, come Masada e la Grotte

È indispensabile precisare che costituiva Sha’atnez, quindi era proibito, solo l’accostamento di fibre di lana di pecora con il lino. Usare fibre miste come lana di cammello, cotone o altro era consentito. Tuttavia, durante l’occupazione romana, è necessario considerare la difficoltà di reperimento delle materie tessili, quindi la presenza di fibre miste sia a Masada che nella Grotta delle Lettere può essere spiegata in tale maniera; inoltre, è bene precisare che la Sha’atnez non valeva per i sacerdoti, le cui vesti dovevano assolutamente essere filate in lino e lana. Si vd. S 2017, pp. 164-172. 11 Si rimanda al report di Y 1963, pp. 188-240 e ai più recenti studi di G -T 2006, pp. 113-131. 12 Si tratta precisamente del sito di Nahal Hever, dove dal 124 d.C. ad oltre il 135 d.C., era stanziata la cohors I Tracum sin dal 124 d.C. La grotta è collocata verso la sorgente del fiume insieme alla c.d. “grotta degli orrori”, in cui furono ritrovate prove archeologiche della rivolta di Bar Kokhba. Il sito venne scoperto intorno agli anni ʽ50 del secolo scorso da Y. Yadin e analizzato nei primi anni ʽ60. Cfr. Y 1963. 13 Yadin pensò che la forma di gamma fosse un adattamento angolare delle bande dentate e che questi elementi caratterizzassero il pallio, così come i clavi erano peculiari delle tuniche. Non riusciva però a spiegarsi come mai gli elementi a forma di gamma o di striscia dentata non fossero neppure nominati nella letteratura Talmudica, nonostante avesse trovato una menzione, forse ad esse riconducibile. Cfr. Y 1963, pp. 231-232. 14 Non si fa riferimento alle c.d. gammadiae, ma a segni precisi, come quello dalla forma di lettera H tessuto internamente a un motivo quadrato, oppure quello morfologicamente simile a una scacchiera. Questi marchi dei tessitori sono tutti molto piccoli, appena 1,5-2 cm. Mi preme specificare che non possano essere assimilati alle c.d. gammadiae per questioni morfologiche e dimensionali. Cfr. Y 1963, pp. 225227; pl. 69. 15 Cfr. Y 1963. Altri reperti tessili di simile tipologia sono stati trovati recentemente presso il villaggio di Silwan, nella Gerusalemme vecchia, all’interno di sepolture del I secolo d.C. La dott.ssa Shamir li assimila a quelli rinvenuti nella Grotta delle Lettere, Dura Europos, Palmyra, Masada, En Rahel, Murabba’at, Meroe, etc., cfr. S 2007, pp. 77-80.

16 ʽEn Rahel subì l’occupazione militare dal II secolo a.C. al I secolo d.C. Per la precisione ne sono stati registrati e studiati almeno 87. I tessuti appaiono composti di fibre di lana di capra e di cammello. Le bande rosse decorative sugli indumenti di lana sono del tutto simili a quelle della Grotta delle Lettere, Masada e Dura Europos. Cfr. S 1999, p. 100; S 2006, pp. 175-194. 17 S 1999, p. 100 e fig. 8 a colori. 18 In un primo momento anche loro stesse erano state tratte in inganno: http://www.biblicalarchaeology.org/daily/biblical-artifacts/dead-seascrolls/qumran-clothing-suggests-scroll-authors-were-essene/ . La notizia è stata verificata tramite uno scambio di email con Orit Shamir, che ringrazio della disponibilità. 19 È questa una notizia di fondamentale importanza per lo studio dei tessuti. Gli studiosi ipotizzano che i tessuti in uso a Qumran fossero stati acquistati da centri ebraici specializzati nell’estremo nord d’Israle, come Beth She’an. Gli esseni, infatti, si differenziavano nel vestiario, costituito da fibre di lino, cfr. S 2016, p. 235. Secondo gli studi di Orit Shamir e Naama Sukenik, sembra che gli abitanti di Qumran fossero in realtà una comunità stabile, non rifugiata da Gerusalemme e non composta da soli uomini come si è per lungo tempo creduto, soprattutto seguendo le fonti antiche. Ciò sembrerebbe avvalorato dal fatto che l’attività di tessitura al telaio fosse un’attività femminile (cfr. S -S 2011, pp. 220-222; http://www.biblicalarchaeology. org/daily/biblical-artifacts/dead-sea-scrolls/qumran-clothing-suggestsscroll-authors-were-essene/; http://www.livescience.com/17123-deadsea-scrolls-writers-textiles.html). Questi recenti studi collidono con le fonti – come si diceva – soprattutto con Plinio il Vecchio che parlava della comunità essena: «A occidente del Mar Morto gli esseni si tengono lungi dalle rive, tanto sono nocive. È un popolo unico nel suo genere e ammirevole nel mondo intero più di tutti gli altri; non ha donne, ha rinunziato interamente all’amore, è senza denaro, amico delle palme. Di giorno in giorno rinasce in egual numero, grazie alla folla di nuovi venuti. Affluiscono infatti in gran numero coloro che, stanchi delle vicissitudini della fortuna, la vita indirizza all’adozione dei loro costumi. E così, per migliaia di secoli, incredibile a dirsi, vi è un popolo eterno e nel quale nessuno nasce: talmente è fecondo per essi il pentimento che hanno gli

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Le testimonianze tessili riscontra in un altro forte romano23, Didymoi, nel deserto orientale d’Egitto, in cui alcuni frammenti di tessuto con gammadiae – spesso appartenenti a pallii – furono ritrovati nell’antica spazzatura del sito. Anche stavolta, dovevano essere parti di indumenti, ormai consunti e donati agli schiavi24.

delle Lettere, venne utilizzata dai rifugiati ebrei in fuga dai romani alla fine della rivolta che portò alla distruzione del Tempio nel 70 d.C., e poi di nuovo durante la rivolta di Bar-Kokhba nel 135 d.C.20. Solo questi dati sembrerebbero proporre un’ipotesi di utilizzo dei tessuti con gammadiae della tipologia a terminazione dentata da parte di rifugiati ebrei. La domanda da porsi e per cui, al momento, non si è in grado di rispondere è la seguente: chi tra i membri di questi gruppi indossava vesti con gammadiae e perché? È lecito pensare, dato il percorso simbolico che questi segni svolgono nel cristianesimo, riscontrato poi anche nella sinagoga di Dura Europos – come si vedrà – che possano caratterizzare gli indumenti di uomini, forse anche donne, di una certa levatura, non necessariamente in ambito religioso. È certo che i soli reperti materiali, senza alcuna fonte apparentemente utile, possano narrare dati al momento ancora troppo confusi. Ma è comunque opportuno proseguire il percorso per poter avere una visione il più completa possibile dei frammenti tessili interessati da questi curiosi simboli.

I tessuti con gammadiae sembrano far parte di pallii i cui proprietari originari non sono identificabili e dei quali conosciamo soltanto quelli secondari, gli schiavi, che li riutilizzavano. L’iniziale significato simbolico di queste vesti prosegue perciò a rimanere avvolto da una nube di incertezza. I tessuti, come si diceva precedentemente, furono spesso oggetto dei “saccheggi” di epoca coloniale, tagliati dei più bei ricami e gettati, mentre le scene figurate oppure simboliche divenivano reperti da collezione; in quanto tali, erano condotti altrove, terminando – nei migliori casi – dietro le teche di vetro di musei internazionali. È così che alcuni frammenti tessili con la medesima tipologia di gammadia dentata angolare sono conservati presso il Kelsey Museum of Archaeology e schedati in un database liberamente consultabile25. Questi preziosi reperti vennero rinvenuti durante gli scavi condotti dall’Università del Michigan a Karanis26, nel bacino del Fayyum, tra gli

È sul Mons Claudianus, sito importante per le cave di granito, collocato tra Qena e Hurghada nei pressi del Mar Rosso, che si colloca infatti uno dei ritrovamenti datati alla prima metà del II secolo d.C. sulla base di papiri e ostraka: si tratta di un frammento tessile con un Γ, appartenente a un pallio riutilizzato. La maggioranza dei tessuti frammentari qui rinvenuti era parte di tuniche oppure di pallii bianchi o del colore naturale della lana, decorati con clavi in rosso, porpora o blu che, secondo gli studiosi, non appartenevano ai soldati – dei quali sono stati ritrovati anche i particolari copricapi – ma agli schiavi21, cui venivano donate come indumenti reimpiegati22. Una situazione quasi identica si

una occupazione antropica permanente; si rimaneva, infatti, lo stretto necessario. Oltre a una nutrita comunità di schiavi, sono documentati – tramite gli ostraka di II secolo d.C. – 59 soldati, 1 centurione, 351 cavatori civili (pagani) e 388 operai (familia) cui si devono aggiungere amministratori, architetti, donne (la maggioranza delle quali prostitute) e bambini. Cfr. M 2006, pp. 149-159. Come sito, il Mons Claudianus dipendeva per approvvigionamenti alimentari, ceramici e lignei dalla Valle del Nilo e dal Mar Rosso, si vd. T 1996, p. 39-42. 23 Altri siti da cui provengono frammenti tessili interessanti sono ʽAbu Sha’ar e Myos Hormos (sito portuale), in cui l’esiguo numero di clavi e di Γ potrebbe essere dovuto al limitato uso delle tuniche in lana sui siti costieri. Cfr. J 2004a, p. 93; J 2007, pp. 27-35. I tessuti ritrovati ad ʽAbu Sha’ar ammontano al numero di circa 1000 unità, cfr. J 2006, pp.161-163. L’occupazione militare del sito sembra essere terminata in un momento imprecisato del IV secolo d.C. Poco dopo il 400 d.C., arrivarono monaci ed eremiti cristiani che vissero pacificamente fino al VII secolo, cfr. J 2007, pp. 27-35. 24 I frammenti di tessuto esaminati sono differenti da quelli appartenenti alle vesti utilizzate esclusivamente dai soldati. Grazie ad ulteriori ritrovamenti, anche nella stessa Didymoi, e a corrispondenze iconografiche presenti di nuovo a Dura Europos nel tempio degli dei Palmireni e nella domus III di Brigetio (Ungheria), si può affermare che le vesti militari fossero ornate con particolari clavi terminanti con una punta “di freccia” triangolare. Essi erano indice della diversità di rango ed era una tradizione di origine siriana, secondo gli studi esposti in P .S -P -S 2013, pp. 190-210. Un simile motivo è presente su un rilievo da Palmyra e al contempo su un frammento tessile proveniente dallo stesso sito, cfr. S -C et alii 2000, taf. 49ab. 25 Il database del Kelsey Museum è consultabile al seguente indirizzo: http://quod.lib.umich.edu/k/kelsey2ic?page=index. 26 Il sito di Karanis si configura come un luogo “chiave” per gli studi tessili, poiché si sono conservati reperti rari e preziosi che ci permettono di conoscere l’abbigliamento quotidiano nell’antichità. I tessuti risultano usati e riutilizzati dagli stessi abitanti. Karanis era un sito popolato da una piccola comunità agricola e di allevatori, con una notevole quantità di membri dell’esercito. La totalità dei tessuti ritrovati dalla spedizione dell’Università del Michigan sono datati al periodo romano e nei secoli successivi. La gran parte di essi sono totalmente in lana, oppure con minime decorazioni; più raramente si trovarono tessuti misti in lana e lino. Cfr. T 2006, pp. 135-147; S 2016, p. 238.

altri della vita passata! Al di sotto di essi (a sud) vi era la città di EinGedi, che per fertilità e palmizi era seconda solo a Gerusalemme, e oggi è un secondo cumulo di macerie» (Naturalis Historia V, 17,4). Secondo alcuni studi, sembra che gli esseni non fossero stabili solo a Qumran, ma che fossero diffusi in tutto il paese; alcuni di essi, dopo l’abbandono del sito, confluirono a Masada, si vd. A G 2015, p. 57; D V 1959, pp. 87-110. 20 Dello stesso periodo sembrano essere alcuni dei ritrovamenti effettuati presso le grotte nel deserto giudaico del Nord. I tessuti sono molto frammentari e, almeno nel materiale pubblicato, non vi è traccia di decorazioni simili alle gammadiae che, tuttavia, non sono da escludere considerando il contesto e la cronologia. Cfr. S -B 2002, pp. 241-255. 21 In tale contesto, appare quindi opportuno introdurre le figure dei centonarii, fabbricanti di stoffe che si occupavano di rammendare capi di vestiario di seconda mano, ruolo che nella villa di Livia era ricoperto proprio da schiavi o liberti. Si vd. R 2016, pp. 10-11. Alle dipendenze di Livia compaiono anche i/le sarcinatores/sarcinatrices. Si trattava di schiavi o liberti impiegati nel solo ruolo del rammendo per riparare le vesti, molti dei quali di sesso femminile, cfr. T 1975, pp. 48-77. Per le analisi chimiche effettuate sui tessuti provenienti dai praesidia di Maximianon, Didymoi e Krokodilô, si vd. C et alii 2004, pp. 145-154. 22 Le indagini sono state svolte negli anni 1987-1993. La Jørgensen, durante gli studi svolti per il progetto Mons Claudianus, notò che nella località egiziana erano presenti comunità di schiavi impiegati presso una cava. Le tuniche clavate dovevano essere usate prevalentemente da uno spettro di popolazione di ceto medio, non di certo dagli schiavi, ma probabilmente date ad essi e quindi riutilizzate. Si spiega anche il reimpiego del mantello con gammadia, che doveva appartenere a uno schiavo. Cfr. J 2004a, pp. 92-97. Presso il sito non è registrata

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma è infatti notevole, tanto che alcuni di essi appaiono quasi rettangolari, con denti larghi e l’insenatura molto ridotta. Interessante è notare come su uno dei “motivi angolari” sia dipinta un’iscrizione in greco34, di cui non è specificata la datazione, che potrebbe essere successiva al motivo angolare, forse eseguita appositamente per scopi funerari35.

anni 1924 e 1931. I due frammenti di tessuto in lana27 presentano rispettivamente un segno angolare dalle terminazioni dentate tendente al nero e uno tendente al rosso scuro. Entrambi sono stati datati in un periodo compreso approssimativamente tra il I a.C. e il II d.C. Ancora presso il Kelsey Museum of Archaeology è conservato un frammento di lana gialla decorata con una gammadia blu dalla forma di H28. Il reperto, proveniente ancora da Karanis, era impiegato curiosamente a protezione di una statuetta29, assumendo perciò una funzione secondaria rispetto a quella originaria.

Nonostante il discorso nubiano necessiti di maggiori approfondimenti per essere trattato più nello specifico, mi sembra interessante citare altri due ritrovamenti, entrambi ormai decontestualizzati. Il primo riguarda un tessuto rettangolare in cotone che presenta due svastiche sui toni del blu rivolte verso sinistra, proveniente dal sito di Gebel Adda, nella bassa Nubia, e conservato presso il Royal Ontario Museum36. Il tessuto frammentario sembrerebbe di manifattura elevata, diversamente da quanto visto in precedenza per Faras-Gamai, tant’è che nello studio specifico condotto dalla Yvanez, si tende a sottolineare come fosse dispendiosa la coltivazione del cotone in un paese arido come la Nubia. Di conseguenza, si ipotizza che il cotone fosse privilegio delle classi più elevate. Tornando propriamente al tessuto, in ogni caso, mi è parso opportuno inserirne una menzione per operare un confronto: il motivo decorativo a svastiche – in questo caso rappresentato all’interno di una sezione delimitata da fasce sui toni del blu – non è assimilabile alle c.d. gammadiae, come si vedrà nel paragrafo dedicato alle testimonianze provenienti dall’Egitto, nonostante siano innegabili gli influssi ricevuti dal mondo ellenistico che rivelano, inoltre, un sincretismo tra varie correnti culturali: quella Africana e Sahariana, l’Egiziana-Kushita e la Greco-Romana. Diversamente, invece, deve essere considerata la stele funeraria in pietra arenaria ritrovata nella tomba 275 del cimitero di Karanog (I-III secolo d.C.), da cui provengono anche numerosi frammenti tessili, e conservata attualmente presso il Museo di Il Cairo37. Si tratta di un reperto funerario sulla cui superficie sono rappresentate due figure umane: una donna sulla sinistra, dai capelli scuri e corti sormontati da una piccola coda o treccina, è a torso nudo con il seno pronunciato, in mano tiene forse una ghirlanda e indossa, a coprirle bacino e gambe una gonna ripiegata e composta da due strati di tessuto su cui è raffigurata una croce gammata nera rivolta verso sinistra; al suo fianco, è invece un ragazzo giovane, probabilmente il figlio, dai capelli ricci, rappresentato in nudità com’era usanza, anch’egli con quella che appare come una piuma. Entrambi sono collocati al di sotto di un arco composto da due colonnine

Diverso è il caso dei ritrovamenti effettuati nel territorio compreso tra Nubia e Sudan, corrispondente all’antico Regno di Meroe, che proseguì ad intrattenere rapporti commerciali via Nilo con l’Egitto da cui si era reso indipendente. I tessuti di nostro interesse furono ritrovati da una missione scandinava in un contesto totalmente funerario, composto da 168 tombe collocate in un’area tra Faras e Gamai. La gran parte dei frammenti tessili, datata al periodo meroitico (100-600 d.C.)30 grazie soprattutto allo studio dei reperti ceramici presenti all’interno delle sepolture, mostrava segni di riutilizzo consistenti in rattoppamenti. Da ciò si può dedurre che i tessuti non fossero probabilmente destinati a uno scopo prettamente funerario, ma a un utilizzo quotidiano. Il gruppo, che presentava motivi dalla forma di gamma o di striscia dentata, era composto da un numero abbastanza esiguo di pezzi, essenzialmente provenienti da un unico sito, il 25. Si trattava di frammenti tessili in lana di cammello e di pecora, prodotti localmente in fibra mista31; i motivi gammati o a striscia dentata erano distribuiti ai quattro angoli32 dei mantelli/scialli frangiati, presentandosi solitamente di un colore rossastro, con alcune varianti di pigmento blu scuro33. La morfologia di questi motivi a forma di striscia dalle terminazioni dentate appare molto particolare: lo spessore

27 Cfr. W 1933, n. 77 corrispondente alla scheda del database 0000.01.2623; l’altro manufatto non ha riferimenti bibliografici, ma corrisponde alla scheda del database 0000.01.2689a. 28 T 2006, fig. 4, p. 141. 29 All’interno della stanza B, casa C62 furono trovate numerose statuine in bronzo e terracotta, presumibilmente associate a pratiche devozionali. Cfr. T 2006, p. 141. 30 Cfr. B -N -S 1975. In realtà gli autori specificano una datazione approssimativa tra gruppo meroitico e gruppo X, ovvero tra 100 e 850 d.C., quindi un periodo cronologico veramente ampio. 31 Gli autori confrontano i loro ritrovamenti con i reperti individuati dallo Yadin nella Grotta delle Lettere, con gli affreschi della sinagoga di Dura Europos, con i mosaici cristiani romani, ravennati e napoletani. Cfr. B -N -S 1975. 32 Ciò è testimoniato da un reperto trovato integro, tessuto in lana di cammello mista a quella di pecora, cfr. B -N S 1975, pl. 61. Della stessa tipologia, è un pallio integro conservato al Louvre, che presenta ricamati quattro H dal tratto spesso agli angoli. La provenienza è purtroppo sconosciuta, ma si può supporre la provenienza egiziana o comunque da siti collocati lungo la valle del Nilo e nei pressi del Maro Rosso, cfr. B 2006, p. 116; fig. 17. 33 Quelli in blu sono 15 frammenti, in lana di cammello, provenienti dalle tombe 25/6, 133; 63/5. Cfr. B -N -S 1975.

Proviene dalla tomba 25/6. L’iscrizione è frammentaria e appare, al momento, impossibile ricostruirla. Cfr. B -N S 1975, pl. 74. 35 Le tuniche sembrano presentare, talvolta, proprio iscrizioni in greco, in varie posizioni. Si veda, ad esempio, il ritratto del liberto Eutiche, cfr. D 1995, fig. 30. In questo caso, l’iscrizione che recita “Eutyches, liberto di Kasianos” si trova proprio sulla tunica clavata, vicino al bordo del collo, così come nel caso di Claudiane, cfr. D 1995, n. 94, p. 152. Le iscrizioni, in questi casi, riflettono forse, a mio avviso, un’usanza funebre. 36 Y 2018, p. 90; fig. 6, p. 88. 37 Y 2018, p. 85 e p. 90; fig. 4, p. 87 (= JE40229, Cairo Museum). Un confronto può essere effettuato con un’altra stele, proveniente dallo stesso sito, conservata presso il Penn Museum: E7079 (https://www. penn.museum/collections/object/166560). 34

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Le testimonianze tessili Britannia, durante la campagna di scavo del 1985-1988. In questo caso, infatti, non siamo in presenza di una vera e propria applicazione di una gammadia ricamata, ma la trama sembra essere tessuta diversamente assumendo la forma di un Γ rovesciato e dentato, somigliando così a un vero e proprio rattoppamento. Nonostante lo Wild43 abbia affermato che fosse stata l’industria tessile britannica o comunque del nord Europa a produrre la totalità dei tessuti ritrovati durante le varie campagne di scavo, il frammento in questione – T.545 – emerse infatti dall’indagine, distinguendosi dalla categoria produttiva britannica.

dorate terminanti con foglie acquatiche e da un elemento superiore caratterizzato dal Sole alato, in allusione al dio Rha. Il motivo dalla forma di croce gammata non appare qui solo come decorativo, ma le dimensioni e il ruolo di primo piano potrebbero effettivamente conferirgli una particolare importanza simbolica, forse in allusione a una più comune simbologia solare, nonostante non si possano escludere altri significati che necessitano però di ulteriori studi e approfondimenti, in specifico riferimento al regno di Meroe e al cimitero di Karanog, senza i quali non sembra opportuno avanzare ipotesi che non troverebbero basi solide.

Dalla breve panoramica tessile effettuata, appare evidente l’esistenza di una vera e propria industria di pallii con gammadiae, probabilmente collocata nella zona compresa tra l’Egitto e Israele44, che prevedeva fitti scambi commerciali45; al contempo, si deve forse considerare la presenza dei tessuti riutilizzati dagli schiavi specialmente nei presidi militari romani46. Non è perciò possibile assimilare la totalità dei reperti al medesimo utilizzo e quindi alla stessa categoria di proprietari: mentre per i siti Israeliani, quali Masada, la Grotta delle Lettere e la Christmas Cave, così come per quelli della Nubia seppur di epoca successiva, abbiamo indossatori di status non servile e quindi, per così dire, originari, per i siti relativi a presidi militari i frammenti tessili appartengono invece a vesti consunte e rattoppate, quindi di utilizzo secondario. È forse improbabile che appartenessero ai soldati, ma invece che fossero stati distribuiti da questi ultimi agli schiavi come esito del documentato commercio di abbigliamento di seconda mano47, che aveva le sue rotte proprio lungo le sponde del Mar Rosso, giungendo infine nei porti per

Proseguendo nell’ambito funerario, vicino a Kharga nella valle del Nilo e più precisamente a qualche chilometro dal cimitero cristiano di Bagawat, la fortezza di El Deir, datata al III secolo d.C., prevedeva un antico tempio tolemaico e 5 cimiteri, di cui uno, quello ad ovest, cristiano. Quest’ultimo, datato tra IV e V secolo d.C. grazie ai reperti ceramici38, accoglieva la sepoltura di un uomo abbigliato con un mantello in lana non tinto, che presentava verso il bordo inferiore motivi dalle estremità dentate color porpora, parzialmente verdi verso la sezione superiore. Il defunto era poi avvolto in altre due tuniche, una più lunga e l’altra più corta, di cui una riutilizzata e rammendata. Curiosamente era sepolto anche con una pelle di montone, analogamente a un altro uomo ritrovato in una tomba di Meroe, nonostante il vello in questione fosse notevolmente più piccolo, appena 16×9 cm. e posizionato sulle gambe39. Ancora, simili tessuti furono ritrovati nella necropoli di El-Bagawat40, in quella a ovest di Palmyra41, oppure in Iraq nelle Grotte di Al-Tar42, 30 km a S-E di Kerbela. Un’eccezione “territoriale” è, infine, costituita da un frammento di mantello di lana ritrovato a Vindolanda, in

W 1977, pp. 3-41; W 1993, pp. 76-90. È certo che la Palestina romana costituisse uno dei centri tessili maggiori sia per il lino (insieme all’Egitto), che per la lana. Segue che i tessuti fossero prodotti localmente. A sostegno di ciò, l’analisi delle fibre dimostra che la pressoché totale assenza di tessuti con fibra mista in lana e lino sia dovuta al rispetto della legge di Sha’atnez. I tessuti erano perciò prodotti probabilmente da ebrei. Cfr. S 2016, p. 238; 242. 45 L’Editto de pretiis del 301 d.C. fornisce molte informazioni sui prezzi e sul commercio anche nell’ambito dei tessuti. Dal documento frammentario si deduce, infatti, che i filati in lino provenissero da Scitopoli di Siria, da Tarso in Cilicia, da Biblo e Laodicea di Siria, ma anche e soprattutto da Alessandria d’Egitto da cui venivano esportate stoffe imitative di quelle di Tarso. Un intero capitolo, il XIX, è dedicato ai tessuti in lana, mentre il XXIV a quelli in lana con parti in porpora nonostante alcune sezioni siano andate perdute. Per un approfondimento sull’Editto, si vd. M 2004, pp. 55-78; per ulteriori studi generici sui tessuti provenienti dall’Egitto in un periodo compreso tra IV e VII secolo d.C., si vd. B 1959. In una lettera scritta da un ufficiale romano a Bosra, in Siria, alla madre, stabile a Karanis, viene espressa la volontà di spedire alla donna stoffe di Tyro, cfr. T 2006, pp. 142-143. Inoltre, ancora da Ossirinco proviene una lista doganale di II-III secolo d.C. in cui si registra il dazio pagato per le vesti, tuniche, mantelli (pallia) e coperte da esportare. I pallia e le coperte erano molto probabilmente di lana; le tuniche di lana o lino. Cfr. W 2015, p. 46; P 1981, pp. 231-237; D 1995, pp. 34-38; R 1996, pp. 50-56. Sulla produzione e sul commercio dei tessuti, si veda anche: V 2001, passim. 46 Per l’analisi delle fibre tessili, si vd. S 2016, p. 240. 47 Durante la metà del I secolo d.C., è appunto documentato un commercio di abiti di seconda mano, trasportati lungo le vie carovaniere. La merce giungeva nei porti, come ad esempio Avalitês e Malaô (odierne Assab e Berbera), cfr. C et alii 2011, pp. 197-214 (in particolare pp. 205-207); M 2014, pp. 121-129; D -K -P . S 2014, pp. 221-223. 43 44

38 Le analisi sui tessuti al radiocarbonio devono ancora essere effettuate presso Il Cairo. La notizia risale al 2015. 39 Gli studiosi si pongono quindi molte domande riguardo l’identità del defunto, considerando anche che El Deir non era un centro di allevamento ovino, almeno da quanto riportano le scarse fonti disponibili. È probabile, infatti, che la lana fosse importata. Cfr. B N -S 1975, p. 139; L -W 2014, pp. 49-56; L -W 2015, pp. 26-37. 40 Provengono dal sito 32 tessuti con motivi dalla forma angolare con terminazioni dentate, 15 con striscia dentata simile alla lettera H e 2 con croce uncinata. Cfr. K 2006, pp. 95-112 e in part. nt. 35. 41 Alcuni presentano l’intera scriscia dentata o parte di essa: S C et alii 2000, taff. 46, a; 46, b; 47, a; 47, b = Fabertaf. III, b; altri la gammadia angolare In porpora dalle terminazioni dentate: S -C et alii 2000, taf. 51, a; un reperto appare curiosamente presentare una gammadia usata come toppa: S -C et alii 2000, taf. 51, c; Fabertaf. III, d. 42 L’Iraq costituisce una delle zone del limes orientale, con presidi militari Romani. Cfr. S 1938, pp. 62-66. Si tratta di 400 grotte scavate dall’uomo e indagate da una delegazione archeologica giapponese dell’Università di Kokushikan a partire dal 1971. Venne ritrovato, in particolare, un frammento di tessuto purpureo con ricamata una svastica gialla puramente ornamentale (F -S -I 1993, pl. 2b), oltre che frammenti con motivo a forma di banda dentata, spesso definita simile a una lettera H. Ci si riferisce alla grotta 16, colle C, e i reperti furono datati tra I e III secolo d.C. Si rimanda a F S -I 1993, pp. 109-133. Per indagini svolte su tessuti trovati a Zenobia e confrontati con quelli di Palmyra e Dura Europos, si vd. P 1951, pp. 49-68.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma lo smercio. Erano, in pratica, abiti usati che i militari distribuivano agli schiavi operativi negli accampamenti. Questi motivi a forma di gamma dentato o di striscia dalla terminazione bipartita non corrispondevano a clavi, previsti invece sulle tuniche; non erano nemmeno toppe, ma piuttosto elementi applicati su un pallio integro, per un intento certamente simbolico che, al di fuori del contesto propriamente iconografico e inquadrato in un determinato contesto culturale, ovvero quello ellenistico, prosegue a tracciare labili tracce difficilmente ricostruibili, collegate forse solo in un secondo momento al pensiero religioso. Come si vedrà, in ambito profano sono i giudici e gli anziani, le muse e i filosofi a indossare il pallio contrassegnato; in ambito ebraico, sono i patriarchi e i giusti; in contesto cristiano, sono i santi, gli apostoli e Cristo. Nell’Egitto ellenistico è forse più complesso evidenziare un collegamento analogo al momento. Tuttavia, nulla vieta in futuro di condurre studi più approfonditi e mirati. Quel che possiamo dire è che, probabilmente, le c.d. gammadiae contrassegnassero nella realtà48 uomini e donne che ricoprivano un determinato ruolo sociale. Come il laticlavio caratterizzava le tuniche dei senatori, così la gammadia sia dalla forma angolare che dalla forma di striscia sarebbe stata indicativa di una categoria di persone. Erano probabilmente filosofi, oppure eruditi, insegnanti. Dalle testimonianze sembra infatti emergere una tangenza con le materie culturali, moralmente elevate, forse da attribuire per l’appunto a filosofi o ai cosiddetti grammatici, quindi ai sacerdoti oppure a membri certamente autorevoli. Quel che è certo e da tenere, a mio avviso, presente è comunque il fatto che questi motivi non siano utilizzati in maniera omogenea nell’Orbis antiquus. Sono percentualmente poche le testimonianze finora conosciute ad essere interessate dalle c.d. gammadiae, sia che si parli di tessuti, di mosaici o di pitture. La loro usanza sembra essere ristretta a un limitato gruppo di persone.

48 Gli ebrei non indossavano infatti abiti diversi dal resto della popolazione del mondo greco-romano. Oltre ad essere un fatto dimostrato – come abbiamo brevemente visto – dalle prove materiali, lo è anche dalla lettura delle fonti. La Shamir riporta infatti un passo interessante, tratto dai testi talmudici (Talmud Yerushalmi, Shabbath 16, 5; Talmud di Babilonia, Shabbath 120a), in cui è chiaro che siano previste tunica, pallio/mantello e altri indumenti comuni. Cfr. S 2016, p. 242.

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19 Le c.d. gammadiae, la sinagoga di Dura Europos e quella di Huqoq: due casi a confronto Abstract: Alcune delle più interessanti raffigurazioni delle gammadiae compaiono in due particolari sinagoghe: quella di Dura Europos e quella di Huqoq. Nel presente capitolo saranno poste a confronto, soprattutto considerando la distanza cronologica di qualche secolo. Some of the most interesting depictions of the gammadiae appear in two particular synagogues: that of Dura Europos and that of Huqoq. In the present chapter they are compared, considering particularly the chronological distance of some centuries. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, synagogue, Dura Europos, Huqoq, clothing

Una importante testimonianza iconografica non cristiana riguardante la presenza delle c.d. gammadiae è costituita dalla sinagoga1 di Dura Europos, sulle cui pareti sono affrescati alcuni personaggi, sia maschili che femminili, che indossano vesti marchiate da questi particolari simboli.

di Ezechiele, Elia, Esther, Davide, Samuele, Mosè e altre tratte dalla tradizione biblica6. In passato, si è pensato spesso ai segni sulle vesti come elementi distintivi dei costumi maschili e femminili, seguendo il precetto nominato nel Deut. 22,5 in cui si specifica come le donne non fossero autorizzate a indossare abiti maschili e viceversa. Fu proprio Yigael Yadin7 a ipotizzare, dopo i ritrovamenti avvenuti nel corso dei suoi scavi, che le strisce dentate fossero caratteristiche degli abiti maschili, mentre “la striscia angolare” dalla forma di Γ greco fosse il segno femminile.

La struttura – originariamente un’abitazione privata come la vicina domus ecclesiae cristiana2, trasformata poi in luogo di culto tra il 165 e il 200 d.C. – era collocata in un insieme residenziale nei pressi del muro ovest della città. Nella sua prima fase di “vita” non era provvista di decorazioni, a differenza di quanto accadrà in seguito nel III secolo d.C. L’ultima fase risale, infatti, al 244-245 d.C. sotto l’arcisinagogo Samuele, secondo quanto riportato da un’iscrizione aramaica, mentre l’ultima frequentazione del sito è datata al 256 d.C., momento in cui l’assedio sasanide determinò il suo abbandono, conservando un contesto “sigillato”3.

pp. 309-328; M 1939, pp. 140-154; A -Y 1973, p. 128. Il Gutmann pensò, invece, che gli artisti di Dura Europos si fossero ispirati alle versioni ellenistiche della storia biblica, ovvero fonti rabbiniche midrashiche o letteratura giudeo-ellenistica: G 1975, pp. 210232; G 1989, pp. 91-194 e pp. 1334-1337; M 2010, pp. 135-166 (soprattutto per la lettura delle pitture in una chiave interpretativa collegata alle fonti ebraiche e a similutidini semantiche con la catacomba ebraica di Beth Shearim). 6 Il caso di Dura Europos sembra un’eccezione dal punto di vista figurativo, considerando la questione aniconica. Tuttavia, l’arte ebraica seguiva i precetti aniconici prima del 70 d.C. (distruzione del Tempio), mentre dal III appare registrata una proliferazione artistica. Cfr. A Y 1961, p. 42; F 2000, pp. 183-194. È possibile, invece, che la scelta delle rappresentazioni aniconiche o meno sia condizionata dalle diverse abitudini di sottogruppi all’interno della comunità giudaica locale. Presumibilmente i giudei della diaspora, quali erano i frequentatori di Dura Europos, così come quelli delle catacombe ebraiche romane, non seguivano i precetti aniconici, cfr. M 1975, p. 290. Tuttavia, eccezion fatta per la sinagoga di Ostia, ci sono pervenute solo sinagoghe in un periodo compreso tra il III e il V secolo d.C., non precedenti, e delle quali si registrano spesso pavimenti musivi, decorati sia con la consueta menorah, sia con motivi geometrici, animali e alcune scene tratte dall’Antico Testamento. Si vd. R 1996, pp. 67-95; B et alii 1956, pp. 322-402. 7 Cfr. Y 1963, pp. 227-232; H 1998, p. 142; S 2013, pp. 331-332. Effettivamente, l’impressione di Yadin potrebbe sembrare corrispondente con la realtà, soprattutto confrontando i reperti più antichi, oltre ai frammenti di tessuto, ma sono i sarcofagi ritratto e i teli funebri dall’Egitto greco-romano a dimostrare come questi elementi vengano attribuiti indistintamente a uomini e donne. Si veda la nota seguente per la bibliografia di riferimento.

L’edificio, composto di una singola stanza, presentava un santuario per la Torah (Aron ha-qodesh) centralmente incavato nel muro ovest, mentre lungo le pareti correvano delle panche4. Si accedeva alla sinagoga tramite un cortile aperto e circondato da stanzette, di utilizzo della comunità. Le pitture5, invece, appaiono organizzate lungo fasce orizzontali in ordini sovrapposti che presentano le storie 1 La sinagoga di Dura Europos costituisce una vera e propria eccezione. Non sono numerose le rappresentazioni ebraiche con personaggi umani, soprattutto con scene ispirate alla Bibbia. Tutto ciò deriva dall’aniconismo adottato dal giudaismo, originato fondamentalmente dalla timore di ricadere nell’idolatria di cui il popolo ebraico era stato vittima durante l’Esodo (Es 32, 1-35). Il precetto cui si rifanno gli ebrei è contenuto nel Levitico (Lev 19, 4-14). Altre raffigurazioni si trovano soprattutto in pavimenti musivi relativi a sinagoghe antiche, in cui sono prevalentemente presenti motivi neutrali o riferiti allo zodiaco. Altro caso raro è costituito dal pavimento della sinagoga di Beth-Alpha di fine V secolo d.C., in cui è presente un sacrificio di Isacco. 5 Per la questione riguardante l’ispirazione delle maestranze che lavorarono a Dura Europos da Bibbie miniate, si vd. K 1956, pp. 392-398; W 1971a, pp. 201-231; W 1971b,

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma una certa importanza spirituale dei personaggi indossatori dei pallii contrassegnati13, che si configurerebbero perciò come “giusti”14.

Tale ipotesi, apparsa in un primo momento plausibile, si rivelò ben presto non applicabile grazie ai nuovi studi e alle scoperte effettuate nell’Egitto greco-romano8. Sembra invece più opportuno, nonostante non tutti i personaggi lo possiedano, distinguere le vesti maschili dalla presenza degli tzitzit, ovvero di frange cucite ai quattro angoli della veste ( = tallit) in osservanza del Talmud e del passo riportato in Nm 15, 38-399.

In un ambito specificamente religioso com’è quello della sinagoga di Dura Europos, il legame tra gammadiae, personaggi e scene è davvero molto forte, apparendo in tal modo necessario leggere la presenza di tali segni in chiave simbolica. Non per questo, però, le c.d. gammadiae devono essere necessariamente considerate come “invenzioni” giudaiche.

Si pensò quindi che la differenziazione di genere non fosse dovuta alla presenza di strisce dentate o di segni angolari sulle vesti, ma al colore delle stesse: gli uomini avrebbero dovuto indossare abiti bianchi, mentre le donne esclusivamente quelli colorati, secondo i precetti ebraici. Nemmeno questa ipotesi apparve però applicabile a Dura Europos, dove infatti molti uomini indossano il pallio colorato con banda dentata affrescata al margine10.

Tuttavia, appare opportuno riflettere: le gammadiae appaiono solo nella sinagoga di Dura Europos, non nella domus ecclesiae cristiana nonostante, a partire dalla fine del III e per tutto il IV secolo d.C. siano proprio i personaggi cristiani ad accoglierle all’interno delle catacombe15. Questo potrebbe apparire come un dato rilevante e riguardante il filone che avrebbe condotto il simbolismo di santità, di giustezza e di levatura spirituale applicato in una particolare corrente giudaica – quella dei frequentatori di Dura Europos – all’utilizzo simbolico totalmente cristiano.

Sembrava certo, a questo punto, come le c.d. gammadiae non fossero distintivi di genere, nonostante proseguisse a sfuggire – e tutt’oggi sfugga – ancora la differenza di attribuzione tra gli elementi angolari e quelli a forma di striscia. L’unico elemento che appare piuttosto certo è poter pensare ad essi come indicatori del carattere “sacro” e autorevole dell’indossatore.

I cristiani potrebbero aver adottato, perciò, questo simbolismo solo in un periodo immediatamente successivo a quello di Dura Europos, il che spiegherebbe anche l’assenza delle gammadiae sul pallio dei personaggi affrescati nella domus ecclesiae. La trasmissione di questi sottili significati, volti a identificare figurativamente i personaggi giusti, e quindi santi, sarebbe potuta avvenire tramite quei giudei ellenizzati della Diaspora16 confluiti all’interno del cristianesimo17. Si sta perciò parlando non

Tuttavia, nel corso degli anni, gli studiosi maturarono opinioni diverse in merito alle gammadiae di Dura Europos: il Kraeling11 le considerò puramente decorative, esprimendo il suo punto di vista soprattutto nella descrizione della singola figura di Mosè che riceve la Legge; il Goodenough12 dedicò loro un intero capitolo, ponendo confronti con le testimonianze egiziane e quelle cristiane, fino a giungere all’ipotesi generica che si trattasse di elementi d’eccezione, indicanti una forza simbolica e

G 1953-1968, vol. XII, pp. 164-165. Nelle fonti ebraiche, Talmud compreso, i Giusti sono definiti hasidim o tzadikim (al singolare rispettivamente, hasid e tzadik). Sono figure cui vengono attribuite virtù di carità, giustizia e generosità. Cfr. K 2005. Il concetto di “giusto” è esteso anche alle due donne rappresentate nella scena di infanzia di Mosè, considerate non peccatrici e quindi esterne alla colpa di Eva. Nel caso della madre di Mosè ne parla direttamente il Talmud Babilonese, Sotah 11a-12b, R, cfr. S 2008, p. 352; H 2012, pp. 95-120. 15 Singolare, a tal proposito, appare la riflessione del Tronzo riguardo le affinità tra i programmi figurativi dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni e la sinagoga di Dura Europos, nonostante si debba considerare la tipologia di scena: mentre per il panorama cristiano abbiamo singoli episodi esemplificativi di un messaggio, il panorama ebraico punta alla narrazione esposta tramite la raffigurazione di episodi contigui. Cfr. T 1986, pp. 1-3; pp. 51-70. Goodenough invece proponeva una diretta origine dell’arte cristiana da quella ebraica, in maniera forse un eccessivamente generica in quanto molte sono le tangenze con l’arte profana: G 1971, pp. 185-199. 16 Importante a tal proposito appare la riflessione della Jørgensen che, durante i suoi studi, ha notato la comparsa di clavi e segni angolari/ strisce dentate soprattutto nei paesi del Mediterraneo di lingua greca, cfr. J 2004a, pp. 87-99; J 1966, pp. 1-15; J 2004, pp. 51-69. È noto che la popolazione giudaica avesse vissuto al fianco della popolazione greca; da ciò segue che le influenze siano state inevitabili, cfr. S 2016, p. 232. 17 Come spiega Mauro Pesce, la predicazione paolina si inserisce in un contesto formato da comunità cristiane che coesistono e sono in stretto collegamento con quelle ebraiche della Diaspora. Per il discorso del giudeo cristianesimo e del rapporto con il cristianesimo vero e proprio, si rimanda a: P 1987, pp. 7-21; P 1989, pp. 307-326; S 1987, p. 49; T 1978, pp. 34-44; H 1998, pp. 410-425; T C S. P 1945, pp. 85-152. Si vedano anche: H ., Ad Augustinum, Epist. CXII, 13-14 (PL 22, 924); Epist. CXV, 15 13 14

8 Cfr. G 1953-1968, vol. XI, fig. 132; figg. 135 e 156; E 1905, n. 33.154 pl. XXI; n. 33.155 pl. XXI, 33.209 pl. XXIX; n. 33.126 pl. VII; n. 33.272, pl. XLV; n. 33.274, pl. XLV; T 2013a, fig. 6 p.18; T 2013b, fig. 7, p. 275; W et alii 1997, n. 6, pp. 33-34. 9 È interessante, a tal proposito, riportare una notizia riguardante lo scavo della Grotta delle Lettere. Yadin sosteneva che all’interno delle sepolture maschili gli tzitzit non fossero presenti perché volutamente rimossi essendo il corpo di un defunto divenuto impuro per gli ebrei, seguendo il trattato di Berakhot 18a nel Talmud di Babilonia (in cui si parla in particolare del contesto funerario), che sarebbe tuttavia in contrasto con il trattato di Menakhot 41a in cui si stabilisce che lo tzitzit debba essere inserito solo se si indossa un indumento con quattro angoli. Cfr. Y 1963, p. 221. 10 V 1987, pp. 192-208. 11 K 1956, p. 230. Secondo O. Shamir, la differenza tra il vestiario maschile e quello femminile si percepisce proprio qui a Dura Europos, poiché gli uomini vestono pallii bianchi o semi-bianchi, mentre le donne indossano abiti colorati. In realtà, ci sono anche uomini con abiti colorati, ad esempio nella scena in cui Samuele unge David. Per quanto riguarda le gammadiae, non viene espressa un’opinione strettamente personale, riportando solo il fatto che alcuni studiosi le abbiano considerate decorative dopo aver forse originariamente avuto un significato di marchio legato alle gilde di tessitori, o semplicemente non abbiano alcun significato particolare. Cfr. S 2013, pp. 330-332. 12 Si vd. G 1953-1968, vol. XI, figg. 95; 127; 130; 132; 135; 145; 155; 156; 157; 158 (quest’ultimo è lo stendardo Romano-Egizio, conservato allo State Museum of Fine Arts di Mosca, in cui compaiono segni identici ai simboli dalla forma angolare con terminazioni dentate, da assimilare in maniera piuttosto evidente a parti di una cornice volta a inquadrare la Vittoria alata).

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Le c.d. gammadiae, la sinagoga di Dura Europos e quella di Huqoq la leggibilità. Il primo registro presenta due gigantografie: un personaggio anziano e palliato con gammadia è affrontato a un comandante militare. L’uomo palliato alza il braccio destro per fermare la schiera di combattenti che lo sta seguendo, tutti abbigliati in tunica e pallio con gammadia. Alcuni hanno già sguainato le spade, pronti a scontrarsi con la fazione avversaria. Sulla destra vi è un comandante militare, barbato, che accenna quasi a un inchino, mentre alle sue spalle vi è l’esercito con i soldati schierati, due elefanti da guerra21 e un toro, offerto come sacrificio. È stata stipulata la pace tra i due comandanti.

di “origine dell’utilizzo delle c.d. gammadiae” attribuito alla religione giudaica, ma di “utilizzo simbolico” in chiave religiosa che accomunerebbe sia la concezione giudaica che quella cristiana a partire almeno dalla metà del III secolo d.C. In un succedersi cronologico, immediatamente dopo l’intensiva parentesi cristiana delle catacombe romane, tra la fine del IV e gli inizi del V secolo d.C. le gammadiae ritornano in un contesto ebraico, nella sinagoga di Huqoq18 collocata tra Magdala e Cafarnao. Il mosaico pavimentale, oggetto d’interesse, venne scoperto pochi anni fa dall’équipe guidata da Jodi Magness.

Nel secondo registro, vi è un porticato con lucerne accese sopra gli archi in muratura che contengono ognuno una singola figura. Sono visibili cinque giovani uomini, in tunica e pallio con gammadia, che impugnano le spade ancora contenute nei foderi. Sono gli stessi che erano stati ritratti nel primo registro, qui raffigurati in posa quasi statuaria. Centralmente si trova il personaggio anziano che, nel primo registro, guidava la spedizione: è seduto su un trono, tiene tra le mani un rotolo chiuso e sulla veste clavata che indossa sono raffigurate due gammadiae speculari a forma di H.

Una prima parte di esso vide la luce nel luglio del 2012, seguita da nuove porzioni di mosaico nei mesi di gennaio-febbraio 2013 e nell’estate 2015, mostrando sin dal principio alcune particolarità. Le scene riflettevano episodi riferiti a Sansone – il lancio delle volpi nei campi dei Filistei (Gdc 15,4-5) e Sansone che porta via il portone di Gaza (Gdc 16,3) – il quale però si presentava come un gigante19, a differenza della descrizione biblica tradizionale. È probabile, secondo il parere degli studiosi partecipanti alle indagini archeologiche, che il programma figurativo della sinagoga di Huqoq fosse il riflesso di tradizioni popolari ebraiche circolanti esternamente ai circoli rabbinici, probabilmente in riferimento a speranze apocalittiche e messianiche fiorite nella Galilea orientale.

L’ultimo frammentario registro conteneva la rappresentazione di un uomo trafitto da una spada, di un elefante ucciso e del toro, forse lo stesso del primo registro. Gli scavi archeologici diretti da Jodi Magness proseguono ancora oggi, si spera con nuove importanti scoperte che potranno far luce su una situazione atipica. Gli studiosi, al momento, sembrano abbastanza incerti riguardo l’interpretazione del programma iconografico. La Magness ha ipotizzato che gli elefanti da guerra possano essere riferiti con ogni probabilità all’esercito greco22 e nello specifico a un particolare episodio leggendario, probabilmente mai avvenuto, e narrato sia da Flavio Giuseppe che dalla letteratura rabbinica23 (in versioni differenti): quello riferito all’incontro tra Alessandro Magno e il gran sacerdote ebreo Ieddòa, o Jaddua24 (Ant. Iud. XI, 326-339) oppure, Simone il Giusto e il suo seguito di illustri uomini, seguendo la Megillat Ta’anit, III, testo di I secolo d.C. circa. Mentre nella versione in cui si parla di Ieddòa, è quest’ultimo – abbigliato con le vesti pontificali – ad aprire le porte di Gerusalemme per far entrare Alessandro Magno, dopo aver ricevuto quest’ordine dal Signore stesso in sogno25, nella seconda fonte con Simone il Giusto è il gran sacerdote a muoversi da Gerusalemme e

Durante la campagna di scavo del 2016, sono state scoperte altre porzioni di mosaico, tra cui si distinguono l’episodio dell’attraversamento del Mar Rosso, con un particolarissimo soldato che viene ingoiato da un pesce gigantesco, e l’arca di Noè20. La porzione di mosaico, che occupava la navata orientale dell’edificio, risultava suddivisa in tre registri orizzontali contenenti scene figurate. Attualmente è interessata da due grosse lacune che, fortunatamente, non ne compromettono

(PL 22, 942); Com. in Ep. Ad Gal., II, 3, 13-14 (PL 26, 387). Girolamo parla di questi giudeocristiani che, pur credendo nello stesso Cristo dei cristiani romani, frequentavano comunque le sinagoghe: «Non fanno loro cristiani, quanto piuttosto noi giudei»; «Mentre vogliono essere giudei e insieme cristiani, non possono essere né giudei né cristiani». Giovanni Crisostomo si scagliò contro i giudeocristiani (Adv. Jud. VII, 3-5, in PG 48, pp. 920-925). 18 M et alii 2014a, pp. 327-347. 19 Sansone viene rappresentato in dimensioni gigantesche solo in un monumento di Mopsuestia, considerato dagli studiosi sia sinagoga che chiesa. Si vd. B 2014, p. 352. 20 Altre notizie possono essere consultate sui siti web, in costante aggiornamento, che hanno seguito la scoperta del mosaico di Huqoq: http://jodimagness.org/; Biblical Archaeology Society, articolo di J. Magness: http://members.bib-arch.org/publication.asp?PubID=BSB A&Volume=39&Issue=5&ArticleID=9; The Times of Israel, articolo di I. B. Zion: http://www.timesofisrael.com/stunning-mosaic-foundat-ancient-galilee-synagogue/; The Huffington Post, articolo di M. Benneth-Smith: http://www.huffingtonpost.com/2013/08/31/ancientmosaics-uncovered-israeli-synagogue_n_3845753.html?utm_hp_ ref=religion#slide=1388597; The Bible and Interpretation, articolo di P. V. M. Flesher: http://www.bibleinterp.com/articles/fle368009. shtml; National Geographic, articolo di A. R. Williams: http://news. nationalgeographic.com/2016/07/mosaic-synagogue-huqoq-israelmagness-archaeology/.

Considerando la dimensione delle orecchie, K. Britt pensa all’impiego di elefanti indiani, più piccoli, rispetto agli africani di statura notevolmente maggiore, dalle orecchie più grandi e dalle zanne più lunghe e affilate, vd. B 2014, p. 354. 22 Il comandante e i soldati indossano le vesti militari romane perché, all’epoca, erano le uniche conosciute dalle maestranze. 23 Nel testo haggadhico, tratto dal Talmud Babilonese, Alessandro Magno incontra il giudeo Shimon/Simone il Giusto (o Simeone il Giusto) che operò intorno al 200 a.C., si vd. Talmud Babilonese, Joma 69a. Il testo è identico a quello riportato nella Megillat Ta’anit, III che costituì probabilmente la fonte per il racconto narrato nel Talmud. 24 C 1832a, p. 543. 25 C 1832b, pp. 38-39. 21

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di inserirle sulle vesti di questi personaggi non è casuale, bensì dettata dal rispetto che il popolo nutriva nei loro confronti29.

ad andare incontro ad Alessandro. In entrambi i casi, però, Alessandro Magno si prostra di fronte al gran sacerdote, facendo sì che questo episodio possa essere inteso comunque come un’occasione salvifica e di pace26.

Nuovamente le gammadiae vanno a caratterizzare non i soldati, ma gli “eroi” ebraici investiti dell’aura di autorevolezza e giustezza, sia che essi siano identificati con Simone il Giusto e il suo seguito, sia che invece si tratti dei fratelli Maccabei.

Nella Megillat Ta’anit possono essere sottolineate alcune interessanti informazioni riguardo il vestiario adottato dagli Ebrei: «Quando i Samaritani ebbero ottenuto il permesso da Alessandro di distruggere il Tempio di Gerusalemme, il gran sacerdote Simone il Giusto, abbigliato con le sue vesti pontificali e seguito da un numero considerevole di illustri Giudei, uscì per incontrare il conquistatore, e lo raggiunse ad Antipatris, sulla frontiera Nord. Alla vista di Simone, Alessandro cadde prostrato ai suoi piedi, e spiegò ai suoi compagni attoniti che l’immagine del gran sacerdote Ebreo era sempre stata con lui in battaglia, combattendo per lui e conducendolo alla vittoria. Simone colse l’opportunità di giustificare il comportamento dei suoi connazionali, dichiarando che, lontani dall’essere dei ribelli, offrivano preghiere nel Tempio per il benessere del re e il suo dominio. Alessandro fu così impressionato che consegnò tutti i Samaritani al suo seguito nelle mani degli Ebrei, che li legarono alle code dei cavalli e li trascinarono sulle montagne di Gerizim; poi gli Ebrei ararono la montagna [demolirono il tempio Samaritano]»27. Si parla perciò di vesti rigorosamente bianche e di «illustri Ebrei» al seguito di Simone il Giusto. Un’altra ipotesi riguardava una attribuzione della scena alla rivolta dei Maccabei contro il seleucide Antioco IV Epifane, fusa con l’episodio del loro martirio e del miracolo, eventi tradizionalmente celebrati collettivamente durante la festività di Hannukkah e descritti nei libri apocrifi giudaici dei Maccabei. Questi testi sembrerebbero contenere numerose storie di eroismo giudaico da porre in connessione con la battaglia degli elefanti (1 Macc 3, 32-36; 6, 28-46; 2 Macc 11, 1-12; 13, 1-17; 15, 2028), nonostante questi animali non compaiano mai nella Bibbia Ebraica. Quest’ultimo dato ha condotto gli studiosi a pensare che l’episodio non fosse riferito a una storia biblica, ma narrata nella tradizione orale28. Le gammadiae sugli abiti sono comunque volte chiaramente a indicare un grado di superiorità morale rivestito da questi uomini che, agli occhi degli stessi Ebrei, era necessario sottolineare, in quanto meritevoli di una certa considerazione spirituale e storica. La scelta 26 Intendo ringraziare ancora una volta il dott. Eldad Keynan per le sue esaustive spiegazioni riguardanti le fonti ebraiche considerate. Le sue ipotesi sono inoltre riportate in un testo inserito sul portale Academia. edu: K 2018. 27 La traduzione dal testo inglese è stata operata dall’Autrice. L’originale inglese è tratto da: http://www.jewishencyclopedia.com/articles/1120alexander-the-great. 28 M et alii 2014b. Nel caso in cui si trattasse effettivamente dei Maccabei, è forse opportuno considerare che essi furono venerati dagli Ebrei, ma successivamente anche dai Cristiani (n.d.A.).

Attualmente gli studiosi pensano che le gammadiae possano indicare lo status, esattamente come le decorazioni sontuose presenti sul pallio: http://news.nationalgeographic.com/2016/09/mysterious-mosaicalexander-the-great-israel/ (articolo del 9/09/2016 di A. R. Williams su National Geographic).

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20 Le c.d. gammadiae nel bacino del Mediterraneo Abstract: Ricollegandosi al cap. 18, il presente capitolo espone in forma di elenco tutti quei ritrovamenti considerati rilevanti per la presenza di gammadiae. Si tratta di frammenti tessili conservati nei musei, oppure di sarcofagi-ritratto, di affreschi e avori. Linking back to chap. 18, this chapter presents in list form all those important finds due to the presence of gammadiae. These are textile fragments preserved in museums, or sarcophagiportraits, frescoes and ivories. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, clothing, textiles, ivories, portraits, sarcophagi

Come anticipato più volte nel corso di questo “viaggio” al seguito delle gammadiae, appaiono piuttosto consistenti le testimonianze sparse nel bacino del Mediterraneo sia che si tratti di documenti cristiani, sia che invece essi siano profani. Non si può negare la concentrazione di reperti provenienti dall’Egitto che vede nei sarcofagi/ritratto1 e nei teli funebri alcune importanti rappresentazioni, certamente da considerare per un esame globale del discorso simbolico annesso alle c.d. gammadiae. Non mancano però alcuni frammenti di tessuto sparsi nei musei internazionali, così come vari reperti e affreschi sicuramente attribuibili alla tradizione cristiana.

nocciola incorniciato dai riccioli neri. Su uno sfondo architettonico, che richiama i templi egizi, l’uomo appare circondato dalle nere braccia del dio Anubi che lo prende con sé per giudicarne il cuore, affiancato a sua volta da Osiride, dio dell’oltretomba il cui volto è somigliante a un ritratto. L’elemento di spicco è certamente quella decorazione dalla forma di sottile striscia dentata nera che compare all’altezza del femore del defunto3. • Telo funebre in lino, proveniente da Saqqara, datato al 140-180 d.C. e conservato presso il Louvre di Parigi4: il defunto, abbigliato alla maniera greca, tiene nella stessa mano una ghirlanda e una piuma ed è collocato tra Osiride e Anubi. Lo sfondo allude all’entrata di un tempio egizio, mentre ai lati quattro piccole figure a mezzo busto rappresentano i vasi canopi. Sul pallio, immediatamente verso il bordo e sotto la mano, vi è una sottile striscia dentata. • Lenzuolo funebre, proveniente dall’Alto Egitto, datato al IV secolo d.C. circa, conservato ad Houston (Texas) 5: il ritratto è eseguito a tempera e riproduce una giovane donna con capelli neri scriminati, indossante un paio di orecchini con perle a triplice pendente6, un’alta collana intrecciata con un medaglione con Medusa, larghi bracciali e alcuni grossi anelli. È abbigliata con un chitone manicato con larghi clavi scuri; nella mano destra tiene una coppa piena, mentre nella sinistra una ghirlanda. Sulla spalla destra è posata una colomba, mentre sulla sinistra forse un falco; intorno alla vita è avvolta un’altra veste con una decorazione che sembra effettivamente una gammadia dentata, più nello specifico la (89).

È per tale ragione che la seguente sezione sarà strutturata nella forma di elenco, in modo che ogni documento possa essere brevemente analizzato e chiaramente inquadrato in un’ampia ottica che vede il mondo simbolico delle c.d. gammadiae superare i limiti del cristianesimo, entro cui era stato impropriamente confinato, per abbracciare una cultura collettiva, evidenziando inoltre i diretti cambiamenti morfologici che interessano questi specifici segni. • Lenzuolo funebre, risalente al terzo quarto del II secolo d.C. con ritratto maschile, proveniente da Saqqara, conservato a Mosca presso lo State Pushkin Museum of Fine Arts: il defunto, in tunica e pallio, a piedi nudi, con rotolo tra le mani, ricorda molto i celebri volti del Fayyum2, con l’ispirato sguardo color

1 La Jørgensen osserva come i ritratti di mummie rappresentino egiziani e greco-egiziani, peregrini, non cittadini. Questo significa che le tuniche clavate erano comunemente indossate da questi abitanti dell’Egitto Romano, cfr. J 2004b, pp. 69-75; B 1995, pp. 229-233. 2 L’oasi del Fayyum era abitata da una cospicua componente immigrata dall’est greco in età ellenistica. È certo che sia avvenuta una commistione di greci ed egizi, influenzati ovviamente dalla moda romana. Dopo la morte di Alessandro, nel Fayyum si trasferirono essenzialmente mercenari greci che si sposarono con nativi del luogo. Cfr. B 2009, pp. 67-75; B 1997, pp. 17-20; N 1968, pp. 58-59; N 1979, pp. 75-86; M 1939, pp. 293-310.

3 Impropriamente chiamato “clavus ad angolo” perché non viene considerata la piega della veste: B 2009, pp. 310-311; D 1995, fig. 14. Si confronti con i ritratti maschili in clipeo sorretti da vittorie alate nel c.d. ipogeo dei tre fratelli a Palmira, cfr. K 1961-1962, tavv. I-XVI, pp. 13-18; P 2000, pp. 170-181; S 2015, fig. 7, p. 173.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma • Lenzuolo funebre, provenienza sconosciuta, conservato al British Museum di Londra, datato al 190-220 d.C. circa7: la giovane ritratta indossa una tunica rosata e clavata, con larghe maniche e gammadia nera sul risvolto frontale della veste. Tiene in mano una coppa, mentre lo sfondo sembra riprodurre una decorazione composta da déi egizi – si distingue, ad esempio, Thot dalla testa di ibis – alludendo forse a un sarcofago. • Ritratto maschile a encausto su tavola, proveniente dal Fayyum, datazione non specificata, conservato presso il seminario dell’Università di Monaco8: l’uomo è barbato, dagli occhi grandi e forse leggermente sproporzionati rispetto al viso, lo sguardo profondo, le rughe d’espressione sulla fronte gli conferiscono un aspetto malinconico e riflessivo. Le folte sopracciglia scure si uniscono in un arco, mentre i capelli corti ricadono in ciocchette ordinate. Le ombre sul collo sono evidentemente ricavate dal segno di uno stilo, producendo quasi l’impressione che siano ottenute tramite l’utilizzo della moderna tecnica della china. Il defunto indossa tunica clavata e pallio. Sulla spalla sinistra – a destra dell’osservatore – si nota chiaramente parte di un’estremità dentata di una gammadia, probabilmente orizzontale, della tipologia (92). • Ritratto maschile a encausto su tavola, proveniente da Er-Rubayat, datato al II secolo d.C., conservato presso il Paul Getty Museum di Malibu (U.S.A.)9: il giovane uomo, in tunica clavata e pallio, presenta capelli ricci e scuri, marcate sopracciglia e labbra piene incorniciate da corti barba e baffi. Gli occhi, dalla conformazione a mandorla, racchiudono uno sguardo intenso rivolto verso l’esterno della tavola. Proprio nell’angolo inferiore destro della sua veste si vedono emergere le due terminazioni dentate di una gammadia dalla forma di striscia. • Ritratto maschile a encausto su tavola, forse proveniente da Ossirinco, datato al 150-200 d.C. circa., conservato presso il Paul Getty Museum di Malibu (U.S.A.) 10: il giovane uomo si presenta con la testa rasata, eccetto due ciuffetti sulla fronte e uno laterale tenuto con un fermaglio dorato; il collo è ornato con un monile simile a un torques in cuoio da cui pende una piastrina d’oro. Veste alla greca, in tunica e pallio clavato. Proprio su quest’ultimo, all’altezza della spalla, verso l’estremità destra del ritratto, si intravede la parte dentata di una probabile gammadia. • Coperchio di sarcofago-ritratto, datato al II secolo d.C. circa, conservato presso il Museo di Il Cairo11: il giovane ragazzo di nome Herakleon ha il capo sormontato da capelli corti che lasciano cadere una treccina laterale sulla destra; lo sguardo è intenso e indossa una tunica











clavata con una sciarpa12 che gli avvolge il collo, sulla quale sono raffigurate due gammadiae rosse e speculari a banda con terminazione dentata. Coperchio di sarcofago-ritratto decorato in stucco, datato al II secolo d.C. circa, proveniente dalla necropoli di Arsinoe (Hawara), conservato presso il Manchester Museum della University of Manchester, inv. 217913: le mani e il viso dell’uomo sono dorate, gli occhi sottolineati dal kohl, lo sguardo fisso, i baffi e una rada barba resi tramite sottili linee che corrono sul labbro superiore e nell’ombreggiatura del labbro inferiore, i capelli crespi e neri disposti a calotta. L’uomo indossa tunica e pallio alla greca sul quale si nota una striscia dentata all’altezza della spalla. In una mano tiene una candela, nell’altra invece una ghirlanda. Nella parte inferiore, sono raffigurate le statue di due divinità egizie non ben distinguibili. Coperchio di sarcofago-ritratto, datazione e provenienza non specificata, conservato presso il Museo di Il Cairo14: la donna ritratta indossa una delle tipiche parrucche egizie con treccioline volte a coprire parzialmente i capelli suddivisi in una pettinatura a “spicchi di melone”. Il volto è serio e gli occhi sono ben definiti dal kohl. L’abito drappeggiato lascia fuoriuscire i polsi arricchiti da bracciali. Anch’essa ha il capo poggiato sull’abito drappeggiato color porpora, su cui sono raffigurate due gammadiae angolari dalla terminazione dentata. Coperchio di sarcofago-ritratto, proveniente da Balansourah (Egitto), datazione non specificata, conservato presso il Museo di Il Cairo15: la donna presenta un aspetto certamente poco realistico. Si riscontra qui l’utilizzo marcato del kohl. Le sopracciglia sono molto evidenti e la bocca immobile ha gli angoli rivolti verso l’alto, somigliando al “sorriso arcaico” delle statue etrusche. Sulla veste, drappeggiata e disposta dietro il capo, sono presenti le gammadiae angolari dalle estremità dentate delle quali si ipotizza la presenza su entrambi i lati, risultando il sinistro scrostato. Coperchio di sarcofago-ritratto, proveniente da Tuna el-Gebel (Egitto), datato al II secolo d.C. circa16: la defunta Teüris tiene tra le mani una ghirlanda. Le gammadiae sono rivolte verso l’esterno. Coperchio di sarcofago-ritratto, proveniente da Hawara (Egitto), datazione non specificata, conservato al Museo di Il Cairo17: la donna, riccamente abbigliata,

Il Cecchelli notava come il bordo di questa “sciarpa” avesse una frangia. Cfr. C 1951, XII, 1, pp. 784-785. 13 Cfr. D 1995, fig. 73; p. 137. Durante gli scavi del Flinders Petrie fu ritrovato anche un rotolo di papiro relativo al II libro dell’Iliade sotto la testa della mummia di una giovane donna. Questo dimostra che gli abitanti di Arsinoe avevano molto interesse per la letteratura greca. 14 E 1905, n. 33.155, p. 43 e pl. XXI; G 1953-1968, vol. XI, fig. 135. 15 E 1905, n. 33.209, pp. 65-66 e pl. XXIX; G 19531968, vol. XI, fig. 156. 16 K 2000, taf. D2. 17 E 1905, n. 33.126, pl. VII. Simile a questo esemplare è il sarcofago-ritratto femminile conservato al British Museum di Londra. La donna indossa una tunica rosata e clavata. È datato al I secolo d.C. Si vd. W et alii 1997, n. 9, pp. 35-36; S 2015, fig. 9, p. 174. 12

W et alii 1997, n. 114, pp. 118-119. Z 1961, taf. 40. 9 Databile al 150-170 d.C. per: C et alii 2011, fig. 12, p. 206; W et alii 1997, n. 84, p. 94; databile al 161-180 d.C. per: D 1995, fig. 38. Allo stesso modo, la gammadia si nota per metà su un ritratto maschile al Museo di Il Cairo, cfr. G 1953-1968, vol. XI, fig. 157. 10 B 1996, taf. 19; W et alii 1997, n. 109, pp. 113-114. 11 E 1905, n. 33.154, pp. 42-43 e pl. XXI; G 19531968, vol. XI, fig. 132. 7 8

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Le c.d. gammadiae nel bacino del Mediterraneo indossa invece una tunica clavata e manicata, coperta a sua volta da un mantello che le circonda il capo arrivando fino a terra. Il volto è squadrato, con gli occhi grandi dalle pupille ovali e nere in tinta con i capelli. • Frammento di tenda figurata, proveniente dall’Egitto (località non specificata), datato tra il 379 e il 543 d.C. tramite utilizzo del 14C23 e conservato presso l’AbeggStiftung di Riggisberg: il primo e importante elemento visibile su questa tenda frammentaria è l’iscrizione didascalica che permette l’identificazione dei due personaggi barbati: HLICCEOC, Eliseo, ed HΛΙΑC, Elia. Eliseo indossa una tunica clavata e pallio rosso con una gammadia dalla forma di H, mentre l’altra è forse assimilabile a una I o a una piccola croce in colore nero o blu scuro; Elia è in piedi sulle ruote di un carro trainato da un cavallo e indossa una tunica clavata in arancione con pallio quadrettato e una gammadia dalla forma di H. I due tengono insieme, rispettivamente, con la mano destra e con la sinistra, quello che sembrerebbe un vessillo di colore scuro, quasi nero, con una croce rossa. A destra di Elia, si nota la Manus Dei che sporge da un motivo geometrico, alludente alle nuvole. La raffigurazione si riferisce chiaramente al passo di II Re, 2, 1-18, in cui avvenne l’ascensione di Elia davanti gli occhi di Eliseo. L’apparente vessillo è in realtà il mantello che Elia arrotola e usa per far aprire le acque del Giordano, successivamente utilizzato anche da Eliseo per lo stesso scopo. Purtroppo il tessuto è molto frammentario, anche se si può certamente ricavare la suddivisione in quattro registri, di cui appunto quello centrale occupato a destra dalla scena di Elia ed Eliseo, mentre a sinistra da due cavalieri. L’elemento di separazione è costituito da un albero, probabilmente una palma, molto stilizzata. Nel terzo registro, è possibile osservare sulla sinistra due uomini sbarbati che tengono un bastone cui è appeso un curioso elemento scuro con circoletti arancioni che farebbe ipotizzare una scena di ritorno dalla caccia. Centralmente invece sono affrontati, quasi come in uno schema araldico, un leone e un’antilope davanti a una croce suddivisa in motivi geometrici. All’interno delle due rientranze superiori della croce, sono raffigurati una colomba sulla sinistra e forse un pavone sulla destra. Il quarto registro è quasi totalmente perduto: all’estrema sinistra, si nota quello che potrebbe essere un cane, mentre all’estrema destra un gallo, di cui si distingue chiaramente la cresta rossa. Il primo registro risulta molto frammentario esattamente come l’ultimo, ma si scorge una colomba sulla destra e la suddivisione in arcate. Non ci è dato purtroppo conoscere il resto del contenuto. • Frammento di tenda figurata, proveniente probabilmente dall’Egitto, datato tra il V e il VI secolo d.C., conservato presso il Museo di Mosca dal 1926 (precedentemente

con parrucca, collana di pietre, anelli e bracciali dalla forma di serpente, indossa un abito egizio che lascia scoperte le braccia a partire dal gomito, mentre il capo è parzialmente velato da una sciarpa ricadente sulle maniche con una gammadia dalla foma di striscia dentata. • Coperchio di sarcofago, proveniente da Palmira (Siria), datazione non specificata18: il coperchio di sarcofago, della tipologia a klìne, presenta un defunto semisdraiato, con una tunica19 che, all’altezza del ginocchio, ha una raffigurazione di un simbolo dalle estremità dentate. Il volto dell’uomo non è ravvisabile, poiché probabilmente frammentario. Il letto funebre appare invece riccamente decorato con motivi floreali, mentre il cuscino presenta una fascia nel cui interno figurano dei clipei contenenti animali e personaggi umani. Purtroppo, al momento, l’unica testimonianza consiste in un disegno abbastanza dettagliato del reperto, riportato nel volume IX del Goodenough20. Lo studioso sostenne di non essere a conoscenza di altri esemplari di tale ornamento su monumenti palmireni, ma era sicuro di averlo notato su cinque frammenti di tessuto provenienti da sepolture dello stesso periodo. • Frammento di tessuto, proveniente dall’Egitto (decontestualizzato; località non specificata), conservato presso lo Staatlichen Museen di Berlino21: si nota una gammadia dentata, della tipologia (87), associata a un orbicolo, che si viene a collocare nello spazio creato dalla sua forma angolare, riprendendo il modello delle gammadiae / (48/49). Tuttavia è difficile stabilire l’appartenza del segno alle gammadiae poiché si tratta di un reperto eccessivamente frammentario, che potrebbe anche essere parte di un semplice elemento angolare racchiudente una decorazione più ampia (per esempio una cornice). • Frammento di tenda figurata, proveniente da un monastero ad Antinoe (Egitto), conservato presso il Benaki Museum di Atene22, datato tra IV e V secolo d.C.: la tenda frammentaria, tessuta in lino e lana, presenta il ricamo di due personaggi oranti sotto una struttura architettonica sostenuta da capitelli probabilmente compositi. È visibile un’iscrizione, di discussa interpretazione, che indica l’identità del personaggio maschile, Apa Makare, santo monaco, rappresentato con barba e baffi neri, in tunica rossa con clavi verdi, coperta da un pallio azzurro su cui sono rappresentate due rosse gammadiae (79). La donna, con ogni probabilità una defunta – Hetume, figlia di Ciriaco, secondo quanto accennato nell’iscrizione didascalica – 18 G 1953-1968, vol. IX, p. 151; XI, fig. 145. Al momento, date le condizioni nelle aree di crisi internazionali, non è possibile fornire informazioni più dettagliate. Il sito di Palmira è stato infatti colpito, nel 2015, da bombardamenti volontari. Molti reperti sono certamente andati perduti, forse per sempre. 19 Di simile tipologia sono i ritratti di defunti scolpiti su stele funerarie da Kom Abou Bellou (necropoli di Therenouthis, oggi El-Tarrana), che mostrano tratti misti greco-egizi. Cfr. A 1949, pp. 55-88; W -E E 2011, pp. 371-384. 20 Ibidem. 21 W -V 1926, n. 9583, p. 4 (con relativa immagine a p. 41). 22 T 2007, fig. 23.5, p. 144; C 2008, n. 180, p. 424.

23 Si vd. S 2004, n. 7, p. 47. La Pillinger rileva le gammadiae H, rappresentate in maniera molto evidente, pensando che possano essere inserite sui mantelli di Eliseo ed Elia come iniziali dei rispettivi nomi, ipotesi che però escluderei poiché sono presenti anche le didascalie. La gammadia H riveste un evidente valore simbolico. Cfr. P 2014a, p. 62. La Rollason interpreta il gesto come un segno del trasferimento del potere spirituale da Elia a Eliseo: R 2016, pp. 145-146.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma collezione Gosfond)24: il reduce personaggio della figurazione è Apa Silvano25 orante, ricamato in lana su lino. Il personaggio appare abbigliato in tunica clavata manicata e pallio, ritratto in maniera stilizzata – come Elia ed Eliseo nel frammento descritto precedentemente – presentando il volto barbato. La particolarità consiste certamente nella comparsa di gammadiae dalla forma di H ripetute per tre volte, due delle quali sui lembi della veste e una sul braccio sinistro. Si notano decorazioni con croci greche affiancate, fiori e orbicoli nella parte superiore, volti probabilmente ad inquadrare un registro di cui non rimane null’altro. • Clavus frammentario, proveniente da Achmim (Egitto), datato genericamente tra il VI e il VII secolo d.C.26: dubbia è la presenza di una gammadia dalla forma di L sulla veste di un personaggio nimbato rappresentato all’interno del manufatto frammentario. Il Wulff e il Volbach esprimono, nel loro volume, un certo grado di incertezza nello stabilire se la figura possa essere o meno una santa. Sembrerebbe in realtà piuttosto difficile, se non impossibile, comprendere dettagli più specifici; quel che è certa è la presenza della gammadia. • Tunica intera clavata, datata tra il II e i primi anni del IV secolo d.C. (130-340 d.C.), proveniente da Akhmim Panopolis (Egitto), conservata presso il Victoria and Albert Museum di Londra27: si tratta di un’ampia tunica in lino, probabilmente appartenente a una donna, con clavi in lana di color porpora e fili dorati. La particolarità è dovuta a una piccola striscia, non assimilabile ai clavi28, inserita in basso, verso l’angolo sinistro frontale della tunica. • Tunica intera in lana con decorazioni in lino, datata al IV-V secolo d.C., proveniente da Akhmim-Panopolis (Egitto)29, conservata presso i Musei Vaticani30: l’indumento apparteneva a un bambino come dimostrano le misure. La decorazione prevede piccoli

clavi dalle linee rosse e verdi con foglia anch’essa verde. Interessanti per l’indagine sulle gammadiae sono quei simboli che si trovano all’altezza delle spalle e delle ginocchia che si configurano come un cerchio giallo con un punto rosso su fondo bianco e all’esterno, alle due estremità, due foglie verdi dalla forma di cuore31. Alcune altre testimonianze sono da rilevare in pittura e nelle miniature. I frammenti esaminati relativi a Elia ed Eliseo e, soprattutto, quella riferibile ad Apa Silvano, sembrano riprodurre in tessuto motivi iconografici tratti direttamente dalla pittura, o comunque affini ad essa. Già con alcuni frammenti tessili si è potuto notare come le c.d. gammadiae vadano a interessare anche un’altra sfera del cristianesimo, quella monastica. Le testimonianze pittoriche non fanno eccezione, infatti, in Egitto, nel monastero di El Bawit32 sulla sponda sinistra del Nilo, all’interno della cappella XXVI, sono raffigurati otto monaci, distinti con didascalie. Almeno tre di questi – Apa Foibamon detto Silvano33, Apa Silvano e Apa Pietro – indossano una tunica senza maniche (κολòβιον) e pallio con alcune gammadiae dalla forma di H 34. Ancora relativamente a rappresentazioni di tipo monastico, si ricorda l’affresco con i SS. Pisentios e Apakir nel Monastero dei Siriani a Deir el-Surian35, piuttosto tardo e databile verso l’VIII secolo d.C. San Pisentios presenta, sul lembo della sua veste un simbolo assimilabile a una gammadia dalla forma di H. Si ravvisano altre affinità iconografiche con la raffigurazione della pentecoste nell’Evangelario di Rabbula, conservato in un codice della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze. Il documento, risalente al VI secolo d.C. (terminato di scrivere nel mese di shebat dell’anno 897 di Alessandro = 586 d.C.), e compilato nel monastero di S. Giovanni di Bet Zagba, in Siria a nord-est di Apamea, presenta alcune pagine contenenti miniature che sembra fossero destinate a un Nuovo Testamento, non a un tetravangelo, e non facenti parte delle medesima unità. Nello specifico, nella scena dell’Ascensione, f. 13b, i SS. Pietro e Paolo presentano una gammadia dalla forma di H ricamata sul pallio, mentre sulle vesti degli altri apostoli si notano quelle striscette orizzontali che già a Dura Europos

Si vd. S 1967, fig. 75 e fig. 139 con breve descrizione. Notizie di un certo Apa Silvano si apprendono nella vita di Apa Samuele, padre della comunità santa della Vergine sul monte Kalamon nel distretto del Fayyum, scritta dall’asceta Apa Isaac. Apa Silvano si ritrova ancora tra i discepoli di Samuele, insieme ad Apa Apollo e apa Giogioi, ordinato sacerdote dopo la costruzione della chiesa costruita a Kalamon e consacrata da Apa Giuseppe, vescovo del Fayyum, cfr. O -C 1984, pp. 234-268. 26 W -V 1926, n. 4588, p. 96 (con relativa tavola). 27 W et alii 1997, n. 227, pp. 178-179. 28 Non si tratta infatti di un clavus, nonostante il materiale utilizzato per il ricamo – lana e fili dorati – sia lo stesso. La spiegazione di questo si deve molto probabilmente – e logicamente – al fatto che fosse antiestetico ricamare i clavi in un modo e la striscia in un altro. Il sito del Victoria and Albert Museum considera la presenza della piccola striscia come un segno, indicativo forse di un mestiere sebbene non sia possibile specificarlo (http://collections.vam.ac.uk/item/O100912/tunicunknown/) . Sembrerebbe della stessa tipologia sottile riscontrata già in sarcofagi ritratto e teli funebri, sia maschili che femminili. Cfr. W et alii 1997, n. 9, p. 35; n. 105, p. 111; E 1905, n. 33.272, pl. XLV; D 1995, fig. 13; E 1905, n. 33.272, pl. XLV; E 1905, n. 33.274, pl. XLV. Tuttavia, questi simboli credo possano essere assimilati a quelli più spessi, sia dalla forma di striscia dentata che dalla forma angolare, trovandosi nella medesima posizione e non corrispondendo ai più comuni clavi. 29 Akhmim costituisce uno tra i centri di produzione tessile più importanti dell’Alto Egitto (K 2015, p. 265; W et alii 1997, p. 178) e ciò è confermato dagli ostraka, cfr. W 2015, p. 46. 30 V 1942, T. 92 (1441) pag. 32 e tav. XXIV. 24 25

La particolare decorazione è stata inserita nell’elenco generale delle gammadiae con il numero 6 perché somigliante alle gammadiae 1 e 7 della medesima classificazione. È possibile che rientri in una loro evoluzione stilistica, considerando anche il secolo di riferimento. 32 W 1996, pp. 281-336; W 2009, pp.143-150. 33 Questo è uno dei rari casi in cui è riportato il nome originale dell’individuo – Foibamon – e quello assunto da monaco – Silvano. 34 Per la precisione sulla veste del primo se ne vedono 3, di cui due sulle spalle e una sul bordo inferiore, sulla veste del secondo se ne notano 4, sulla veste del terzo ne è rappresentata una sola associata a una croce su una spalla. Si vd. C 1904, pp. 133-147 con tavv. LXXXVILXXXVII; M -G 2004, pp. 153-167 (in particolare, fig. 3); I 2000; G 2007, p. 317. 35 C 2009, tav. 24. 31

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Le c.d. gammadiae nel bacino del Mediterraneo certamente la datazione piuttosto avanzata al VII secolo. Nelle catacombe romane gli affreschi – mi riferisco in particolare a quelli di Commodilla, già di metà VI secolo – indicano come non sia più in uso la gammadia riscontrata in tutto l’arco del IV secolo, ma come fioriscano vere e proprie lettere, difficilmente attribuibili a un significato preciso, eccezion fatta forse per la lettera latina P, presente sul pallio di Pietro40. Per concludere il discorso sull’avorio, che pure meriterebbe ulteriori riflessioni, certamente la posizione del Π non è casuale: è ormai ben consolidato il fatto che i personaggi santi siano connotati da simboli inseriti sul lembo del pallio, ma la forma è mutata, spesso adottando vere e proprie lettere. Nell’avorio di Grado l’obiettivo primario è quello di identificare Pietro con la sua iniziale, inserendo la lettera laddove la tradizione vuole che i personaggi santi “mostrino” la gammadia41, con lo scopo di distinguerlo dall’Evangelista Marco del quale comunque costituisce un superiore, un maestro, insieme all’altro princeps apostolorum Paolo e, in questo caso, un intermediario che comunica la parola di Dio.

era possibile visionare sugli abiti dei personaggi santi che non rivestivano un ruolo centrale36. Esattamente come in Rabbula, così anche nell’Evangelario di Etchmiadzin, più tardo – dell’VIII secolo (989 d.C.) – nel fol. 6r.37 Cristo siede su un trono gemmato tra due apostoli, entrambi in tunica e pallio con la gammadia dalla forma di H, e ancora nel fol. 7r.38 del medesimo manoscritto due santi anonimi, con il codice in una mano velata e l’altra nel gesto della parola indossano tunica clavata e pallio marchiato dallo stesso simbolo. Infine è opportuno inserire in questa sezione un manufatto, in avorio, conservato presso il Victoria and Albert Museum di Londra39, datato al VII secolo d.C. (630-640 circa) e lavorato ad Alessandria d’Egitto o a Costantinopoli. Si tratta del pannello eburneo – noto come avorio di Grado – con la rappresentazione di San Pietro che detta il Vangelo a San Marco in presenza di un arcangelo che stringe uno scettro. La scena è ambientata nella città di Roma, come riporta l’iscrizione in greco e visibile sull’architrave poggiata sulle due colonne tortili coronate da capitelli corinzi: Πολις Ρωμη.

Ci accorgiamo ora, avendo un quadro più globale delle c.d. gammadiae, come non sia possibile applicare sempre lo stesso metro interpretativo: è certamente percepibile quel filo rosso che connette ogni testimonianza, ma è pur vero che non si possa ignorare il contesto cronologico, culturale e religioso per poter leggere correttamente un discorso simbolico che attraversa secoli di storia.

Mentre Marco, seduto sulla destra su una sella curulis, è intento a scrivere con uno stilo le pagine del Vangelo, Pietro sulla sinistra, seduto su un trono con i braccioli dalla forma di delfino, riceve l’ispirazione divina infusa dall’arcangelo e detta le parole all’Evangelista. Pietro è ben caratterizzato, con barba e capelli corti e riccioluti, esattamente come Marco, che sembra riprendere il prototipo di Paolo, con una profonda stempiatura e un ciuffetto di capelli, la barba più lunga e suddivisa in due ciocche. È Pietro, però, a presentare sul pallio una lettera, la greca Π, all’altezza del ginocchio. È opportuno domandarsi se si tratti di una gammadia o meno. Nonostante la lettera si collochi sulla veste di un personaggio santo, a mio avviso, non ci troviamo in presenza di una gammadia vera e propria. L’iscrizione riguardante Roma è vergata in greco e nella stessa lingua si ritrova incisa la lettera sul pallio di Pietro che, invece, non è presente su quello di Marco. Già questo indizio dovrebbe essere indicativo del fatto che quel Π sia stato inserito appositamente, in assenza di ulteriori didascalie, per distinguere l’apostolo Pietro. La lettera Π sarebbe perciò, in questo caso, iniziale del nome del Principe degli apostoli. Inoltre, elemento non meno importante, è 36 Le ridipinture e i restauri sembrano non aver intaccato le gammadiae che costituiscono un caso unico all’interno dell’intero manoscritto. Ovviamente le opinioni sembrano essere discordanti sul simbolismo da esse rivestito o meno. La miniatura dell’Ascensione, insieme a quella della Crocifissione, delle donne al sepolcro e del Noli me tangere sembrano essere qualitativamente superiori. Cfr. B 2008, pp.108110; B -F -G 2008, pp. 129-130; C 1959, pp. 71-72; S 1959, pp.85-91; W 1977, pp. 101-102. 37 MS 2374, fol. 6r; M 2008, fig. 6, p. 357; M K 2016, p. 108. 38 MS 2374, fol. 7r; M K 2016, p. 108. 39 Il reperto faceva parte di un gruppo di 6 pezzi, conservati presso il Castello Sforzesco di Milano, con scene dedicate alla vita di San Marco. L’avorio con la rispettiva scheda è consultabile sul catalogo del Victoria and Albert Museum, Num. 270:1-1867: http://collections.vam.ac.uk/ item/O129999/st-peter-dictating-the-gospel-panel-unknown/ . Si vd. W 2010, n. 9, pp. 56-59.

Scheda 65.1. In realtà, questo discorso è talvolta applicabile anche nell’arco dello stesso IV secolo in catacomba solo in occasione di casi particolari, come il cristogramma sul pallio del Cristo che opera la resurrezione di Lazzaro nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino (scheda 66.1), o del Mosè che opera il miracolo della rupe nel cimitero dei Giordani e indossa il pallio con una croce greca sul lembo (scheda 70.1).

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21 Le c.d. gammadiae in alcuni casi profani Abstract: Le gammadiae non sono presenti soltanto in contesti di tipo religioso, cristiani o ebraici. Nel presente capitolo saranno esaminate quelle testimonianze profane, non riconducibili alla sfera di santità, ma a un significato differente. The gammadiae are not only part of religious contexts, either Christian or Jewish. The present chapter examines secular evidence attributable not to the sphere of holiness, but to a different meaning. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, clothing, textiles, mosaics, profane Per rimanere in tema, in Bulgaria e precisamente a Silistra, l’antica Durostorum, ancora nel IV secolo d.C.5, alcuni segni particolari interessano una tomba a camera6, con copertura a botte e le pareti interamente decorate da 11 pannelli comprensivi dei due candelabri ai lati dell’entrata. La sepoltura è collocata nel settore della necropoli meridionale di Durostorum, zona frequentata tra il II e il IV d.C., in cui si concentrarono sepolcri di un certo rango. Il tutto è inquadrato in un programma composto da pavoni, candelabri, uccelli e motivi fitomorfi. I due coniugi della tomba dipinta sono rappresentati centralmente sulla parete di fondo, mentre ai lati si dispiega una processione di servi che portano abiti e doni7, in un intento di mostrare la ricchezza del proprio signore. Il tutto è inquadrato in un programma composto da pavoni, candelabri, uccelli e motivi fitomorfi. È proprio sul mantello – forse un sagum più lungo – indossato dal defunto, probabilmente appartenente all’aristocrazia militare8, che tiene tra le mani un rotolo chiuso, a notarsi una croce gammata9. È di una tipologia particolare poiché delineata tramite l’utilizzo di un tratto molto spesso, fin quasi a confondersi con un quadrato10, non fosse per le rientranze dovute ai bracci

Quello delle c.d. gammadiae non sembra essere un fenomeno molto diffuso, ma piuttosto limitato all’area mediterranea, con alcuni picchi di concentrazione tra Israele ed Egitto. Tuttavia, le testimonianze che ne sono interessate rivelano caratteristiche piuttosto particolari. Tra i monumenti profani se ne annoverano alcuni che sarà bene esaminare singolarmente per comprendere in quali casi si possa parlare di gammadiae e in quali invece di altre simbologie. Piuttosto noto è il mosaico pavimentale della Grande Caccia nella lussuosa Villa del Casale di Piazza Armerina (320-330 d.C. circa)1. Sulla corta tunica militare2 di un personaggio con scudo quadripartito che impartisce l’ordine di catturare un leone alle prese con un’antilope, è posizionata una croce gammata in rotazione verso sinistra. Non è di certo in ottica cristiana che potrà essere interpretata l’intera scena, tipicamente connotata dalla caccia; eppure, come si accennava precedentemente, non è questo il solo caso di soldato con la tunica contrassegnata dalla croce gammata. Si ricordi, ad esempio, come nell’ipogeo di via Dino Compagni uno dei militari che si gioca le vesti di Cristo3 presenti lo stesso simbolo sulla tunica. È così che, in presenza di raffigurazioni militari, credo che la croce gammata debba essere piuttosto letta come un grado o una decorazione relativa all’esercito4.

La critica più recente sembra propensa a datare verso gli anni di Costantino e dei suoi figli. Cfr. S 2013, p. 116. 6 F 1943; M 2011, pp. 797-808; S 2013, pp. 113-122. 7 A 2007, p. 452. 8 Si ricorda che lungo il Basso Danubio, tra IV e V secolo d.C., era stanziata l’XI Legione Claudia. Silistra costituiva uno dei poli militari, insieme ad Oescus (Gigen) – dove era la V Legio Macedonica trasferita da Potaissa – Novae Sexaginta Prista (Rusé) e Carsium. Cfr. A 2007, p. 458; J 2009, pp. 91-92; P 2010, pp. 11-42; I R. 1996, pp. 161-171; I T. 1996, pp. 183-186; A 2007, pp. 452-453. 9 L’Atanasov sostenne che la svastica sul mantello fosse in realtà un tablion, indicante il rango elevato. L’osservazione potrebbe essere corretta se il motivo fosse totalmente rettangolare o quadrato e in porpora, cosa che effettivamente non è, trattandosi chiaramente di una svastica raffigurata con tratti molto spessi. Cfr. A 2007, p. 456. È possibile invece che indichi un grado militare. 10 Una testimonianza materiale relativa a una decorazione con una svastica della stessa tipologia riprodotta a Silistra è costituita da un frammentario scialle in lana e lino conservato presso il Museo Benaki di Atene, proveniente dall’Egitto e databile al IV secolo d.C., cfr. T 2007, fig. 23.2, p. 144. Identico frammento con frange preservate fa parte della collezione Bouvier ed è custodito presso il 5

G 1959, tav. XXXIII. Cfr. D 1995, foto nel frontespizio; S 2015, fig. 8, p. 174; E 1905, n. 33.267, p. 107 e pl. XLIII; E 1905, n. 33.210, pp. 66-67 e pl. XXX. 3 Scheda 69.1. 4 Il Carandini, nel suo volume sulla Villa del Casale, la chiama segmentum a forma di svastica, ponendo confronti con l’ipogeo anonimo di via Dino Compagni (si riferisce alla scena dei soldati che si giocano le vesti di Cristo nell’ambiente Nr11, pp. 81-82, scheda 69.1 e al passaggio del Mar Rosso affrescato nel cubicolo Nr13, pp. 83-84, scheda 68.1) e al loculo affrescato nel cimitero dei Giordani (si riferisce alle scene relative all’episodio di Tobiolo con l’angelo: loculo Nr6, p. 14, scheda 68.7), cfr. C 1964, p.16. Secondo lo studioso, la comparsa della svastica sarebbe databile alla seconda metà del IV secolo d.C. Tuttavia, è da precisare come, almeno nell’ambito delle catacombe romane, la svastica compaia sulle vesti già verso la metà del III secolo d.C. (si vd. scheda 68.9 riferita al cubicolo di David nelle catacombe di Domitilla) rimanendo per tutto il IV secolo d.C. 1 2

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Le c.d. gammadiae in alcuni casi profane della croce gammata11. Il medesimo motivo si trova su un altro mantello che uno dei servitori – rappresentato in tunica exigua, con un copricapo – porta al cospetto dei coniugi. L’uomo sembra voler mostrare questo mantello che tiene steso con entrambe le mani, sul quale è affrescata anche una fibula12.

ha deciso anche di porre la gammadia sul suo abito per far sì che gli fosse conferita superiorità. In maniera singolare, anche alcuni mosaici, relativi alla casa del Menandro di Mytilene17, datati comunemente verso la seconda metà del III secolo d.C., presentano scene tratte dalle commedie del celebre autore ateniese con personaggi che indossano abiti contrassegnati da gammadiae, della tipologia (79)18. In alcuni atti delle rappresentazioni teatrali è sempre il personaggio più anziano e autorevole, colui che è “munito di giudizio” grazie forse alla sua saggezza dovuta all’età, a indossare il pallio con gammadiae. Esistono confronti musivi per questo genere di raffigurazioni ancora relativamente alle commedie di Menandro: nella casa del Dioniso a Chania (Creta) il pavimento della domus riporta un pannello che immortala un atto della commedia Πλοκίον19; o ancora, in un pavimento musivo rinvenuto a Daphne, nei pressi di Antiochia, vi è la rappresentazione della commedia Φιλάδελφοι20, che prevede la stessa impostazione; infine, a Ulpia Oescus, nei pressi di Gigen, in Bulgaria21, l’unica rappresentazione musiva conosciuta della Aχαιοί22, in cui viene dato risalto al momento del litigio tra Agamennone – sulla sinistra – e Achille – sulla destra – riguardo l’ancella Briseide23, mentre l’uomo con la gammadia dovrebbe essere Nestore, il saggio re di Pylos, che tenta di operare una riconciliazione tra i due uomini.

Quelli presentati sono due casi di raffigurazioni totalmente profane con segni che non sembrano rivestire quella simbologia singolare che accomuna diverse sfere culturali. Sia nel caso di Piazza Armerina che in quello di Silistra ci troviamo di fronte a segni che non alludono alla spiritualità e all’elevazione morale dei rispettivi personaggi; siamo invece al cospetto di uomini con indosso abiti militari con croce gammata probabilmente corrispondente a un grado o a un ruolo rivestito all’interno dell’esercito e di cui, attualmente, non è possibile comprendere molto di più. Diversamente deve, invece, essere inquadrato il mosaico pavimentale conservato al Museo di Gafsa in Tunisia, proveniente dal frigidarium di Talah e datato tra la fine III e il primo quarto del IV secolo d.C. Sulla superficie sono rappresentate le varie prove agonistiche, comprendenti giochi atletici (corsa, salto in lungo, lancio del disco), e pankration (un misto di lotta e pugilato), scandite in registri sovrapposti13. Si farà caso, in particolare, alla presenza delle gammadiae sulle vesti di specifici personaggi che rivestono una certa importanza: i giudici14 e l’evergete che ha offerto lo spettacolo, commissionando poi il mosaico per immortalare la sua munificenza. Le gammadiae sono tutte identiche tra loro: nere, angolari e dentate15. La rispettiva collocazione non appare casuale: si trovano infatti sulle vesti di personaggi che rivestono un certo ruolo autorevole16: il giudice ha un carattere quasi “sacro” dovuto al suo ruolo, con levatura morale superiore agli atleti; l’evergete è l’ideatore, probabilmente colui che

Particolare appare certamente un reperto prezioso e poco conosciuto: si tratta di un diaspro rosso, conservato presso il deposito del Museo Archeologico Nazionale di Firenze24, trattato marginalmente da alcuni studiosi25, intagliato con una scena teatrale di cui sono protagonisti tre attori, dei quali quello centrale e, apparentemente, più anziano abbigliato con pallio e gammadia. Si tratterebbe, a mio avviso, di un oggetto personale e lavorato su commissione specifica del proprietario, il quale espresse in tal modo la volontà di ricordare e affermare la propria professione, quella di attore teatrale. La gammadia è di nuovo usata per indicare, come nei mosaici teatrali precedentemente citati, qualità di saggezza e autorevolezza rivestite logicamente dall’uomo più anziano.

Museé d’art et d’histoire de Fribourg. Era forse appartenente allo stesso tessuto del frammento conservato ad Atene, cfr. S 1991, fig. 5, pp. 77. 11 Identica forma si ritrova su una maschera di gesso maschile dipinta da Deir el-Bahri, a ovest di Tebe. L’uomo, barbato, con il capo sormontato da una folta chioma riccioluta, indossa una tunica clavata, sulla manica è presente la svastica, in un color rosso scuro, dai tratti molto spessi. Il defunto tiene in mano un kantharos e un arbusto, forse una palmetta con datteri (o una ghirlanda fiorita). Al collo, è rappresentata una collana con un pesante ciondolo dorato. Si vd. W et alii 1997, n. 175, pp. 156157. 12 B 1998a, p. 43; C 2002, pp. 50-51. 13 Rimando direttamente alle tavole e alla descrizione in: B et alii 1995, pp. 173-175; B A 2006, pp. 128-129. 14 Uno dei giudici (quello del terzo registro all’estrema destra) indossa invece una veste alla cinica, che lascia scoperta spalla e petto. Tiene la virga e la palma del vincitore che assegna a uno degli atleti “sfiorandolo” con i rami dell’arbusto. È evidente che la gammadia possa essere rappresentata solo sul pallio che si configura come un “mantello” da indossare sopra la tunica, spesso clavata. Si consulti anche K 2005, nt. 10. p. 306. 15 Riferimento alla gammadia 87 del catalogo. 16 È possibile effettuare un confronto tematico con due mosaici di III secolo d.C. con scene di circo provenienti da Roma e conservati a Madrid. Anche qui sono presenti due arbitri/giudici, individuati persino da didascalie, abbigliati in tunica clavata e pallio. Non sono presenti però le gammadiae, indice che, presumibilmente, il loro utilizzo facesse parte di una determinata tradizione relativa ai committenti o agli artisti. Cfr. B R 1996, p. 251.

L’arte teatrale cede il posto alla mitologia. L’analisi si dirige perciò a Paphos (Cipro)26 nella c.d. villa di Teseo, probabilmente appartenuta a un proconsole romano. L’erezione dell’abitazione risale alla fine del III secolo d.C.; durante il secolo successivo, sono registrate

C et alii 1970. Rimando al mio studio: C 2019a, pp. 497-522. 19 G -Ç 2012, p. 580. 20 G -Ç 2012, p. 590. 21 P 2010, pp. 11-42; J 2009, pp. 91-92. 22 I 1954; I 1958; V 1995, p. 251. 23 Cfr. I 1958. 24 T -V 1990, n. 79, p. 172: p. 221; M 2009, n. 635, p. 138. 25 G 1731-1732, pp. 102-103; tav. XXXXIV, n. VIII; Z 1831, vol. II, pp. 28-29, n. 2; R 1895, pl. 22, n. 44, 8; B 17371754, tav. CXLVI, t. III; descrizione alle pp. 65-66. 26 Sulla produzione musiva cipriota e le influenze, si vd. M 1989, pp. 272-292. 17 18

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Erato, la Musa della lirica e della poesia amorosa, tiene tra le mani una lira e indossa ancora un paio di orecchini pendenti. Il suo abito – al contrario di quello delle sorelle – è colorato. La tunica clavata è affrescata nei toni del verde scuro, mentre la palla è dipinta con sfumature di giallo. Quest’ultima è insignita di gammadiae. Infine vi è Saffo, l’umana poetessa di Lesbo che si aggiunge alle Muse, divenendo di fatto la decima. La sua umanità è indicata dall’assenza della piuma sul capo, tuttavia ella indossa l’abito filosofico con gammadiae e tiene tra le mani un rotolo chiuso33. Ad Efeso, si comprende, in maniera ancor più netta, come le gammadiae diventino un attributo per indicare il possesso di un animo elevato in ambito profano. La poesia, arte delicata ed evocativa, attraverso la quale i sentimenti riescono ad emergere con l’abile uso delle parole, diventa quasi “erede” della filosofia34. Ecco che ogni cosa sembra tornare al suo posto: le gammadiae, la cui origine rimane ancora misteriosa, sono usate per contrassegnare gli abiti della filosofia, per indicare coloro che si occupavano di materie che elevavano l’animo umano a una sfera altra, irrigandolo con la cultura.

distruzioni dovute ai terremoti, seguite da ricostruzioni tra il V e il VI secolo d.C. e, infine, da una fase di distruzione e abbandono causata dalle invasioni arabe del VII secolo d.C. Il mosaico pavimentale della sala principale (esordi del V secolo d.C.), usata forse per le udienze, riporta la rappresentazione del primo bagno di Achille27. Mentre Teti è sdraiata centralmente su una klìne, Peleo è seduto a destra, con lo scettro in mano e il capo cinto da una corona. Achille è neonato, nudo, e tenuto in braccio da una nutrice sulla sinistra, mentre una serva si avvicina con una brocca d’acqua per fargli il bagno28. A destra invece la scena è occupata da un trio, quello delle Parche o Moire, i cui nomi sono indicati da didascalie: Cloto, Lachesi e Atropo. La prima tiene in mano il filo della vita avvolto in un rocchetto; la seconda stringe un ago con cui filerà il destino di ognuno; la terza infine ha lo sguardo opposto a quello delle altre e tiene un rotolo svolto, dove leggerà il destino. L’unica delle tre Parche che presenta una gammadia è la prima, Cloto, sulla cui veste è chiaramente raffigurata la gammadia (79). Vi è di nuovo una ponderata scelta semantica dietro l’attribuzione di questo simbolo che caratterizza esclusivamente una delle Parche, colei che riveste il ruolo di “custode” del filo della vita, investita dunque da un’aura quasi sacra.

È quindi ad Apamea di Siria sull’Oronte35 che troviamo l’ultima testimonianza musiva e profana con presenza di gammadiae fino ad ora individuata. Il pavimento a mosaico decorava la sala principale di un edificio – presumibilmente dipendente dalla basilica est36 – databile entro la fine del IV secolo d.C.37, forse sede della scuola filosofica. La struttura è stata ritrovata sotto la basilica orientale di epoca bizantina a pianta quadrilobata nel quartiere occidentale di fronte all’acropoli di Apamea. Il mosaico – realizzato sicuramente dopo il 355 d.C. – si presenta purtroppo lacunoso nella parte inferiore.

Cloto non è però l’unico personaggio femminile a presentare la gammadia sulla veste per quel che riguarda l’arte profana. Tra mitologia ed esaltazione delle arti, si arriva dunque all’unità 3 della seconda casa a terrazza di Efeso29, in cui una stanza prevede sulle sue pareti lo svolgimento di un programma decorativo – databile al rifacimento di III secolo d.C.30 – alludente ai temi dell’elevata cultura personificatasi nelle Muse. All’interno di riquadri delineati in rosso, sono raffigurate le dee delle arti, figlie di Zeus e Mnemosine, capeggiate da Apollo, loro guida. Solo quattro di esse indossano abiti con gammadiae. Calliope, la più anziana e la più celebre, Musa della poesia epica, tiene nella mano sinistra un rotolo in parte svolto. I capelli, raccolti sulla nuca, sono coronati da un diadema con una piuma verde31, attributo che le nove sorelle presentano indistintamente. Indossa tunica clavata e palla, sui cui bordi sono tracciati le gammadiae (79) in pigmento scuro. Allo stesso modo è abbigliata Thalia, Musa della commedia e della poesia pastorale idillica, che tiene nella mano destra la maschera comica, mentre con la sinistra – coperta dalla palla – sostiene il pedum dall’estremità ricurva. Anch’ella ha i capelli raccolti e la stessa piuma verde; le orecchie sono impreziosite da orecchini32.

Si distinguono chiaramente sette personaggi maschili e adulti seduti su di una panca a forma di sigma lunato. Appare nitido il loro carattere filosofico, sottolineato dall’abbigliamento, dalla barba lunga e dal rotolo chiuso che essi tengono tra le mani. Tutti gli uomini sono vestiti in tunica e pallio, eccetto l’uomo centrale e quello alla sua destra che indossano il pallio alla cinica, lasciando scoperta una spalla e il torace. L’uomo centrale, calvo con la barba lunga, è identificato dalla didascalia: Σωκρατης38. Sul lembo del pallio del secondo filosofo da sinistra e sul Z - L 2011, pp. 97-101. Si confronti il programma decorativo con quello del triclinio 19 della Casa del Bracciale d’oro a Pompei (Ins. Occ.), in cui sono presenti le Muse in un contesto figurativo ricollegabile al IV stile pompeiano, cfr. B 19902003, pp. 63-67; C 2006, pp. 102-119. 34 Il tema delle Muse in associazione con i filosofi si riscontra nelle testimonianze plastiche di III secolo d.C., cfr. S 1998, pp. 34-37; M 1979-1995, pp. 51-57; K -S 1982, figg. 260263; W 1966. Per l’iconografia delle Muse e i rispettivi attributi, si vd. P 1966-1967, pp. 15-39. 35 D B 1936, pp. 331-338; H 1951, pp. 205-233; IGLS 1955, tomo IV, n. 1341, pp. 74-75; B 1972, pp. 106-109; Z 2000, pp. 407-412; T 2005, 331-344; F 2012, p. 124125. 36 L 1941, pp. 115-121; B 1969, pp. 75-78. 37 Il mosaico in questione faceva parte dello stesso pavimento in cui erano altri due mosaici, uno con la rappresentazione della “Bellezza”, l’altro con le c.d. Muse o Therapenidi, cfr. H 1951, pp. 205-207. 38 J -M et alii 1955, pp. 74-75. 33

27 M 1987a, p. 44; G 1997, p. 241. Per l’iconografia delle scene riguardanti Achille, si vd. G 1958-1959, pp. 42-53 (sul battesimo in particolare, pp. 45-46); G 2001, pp. 58-73. 28 D 1988, pp. 72-76; M 1987b, p. 247. 29 T 2007, pp. 81-86. 30 P 1997, p. 596; Z -L 2011; Z 2014, p.732. 31 Le piume sul capo sono un attributo che presentano anche le Sirene, le quali vengono talvolta assimilate alle stesse Muse. Cfr. D R 1864, tav. XXX, 5 e pp. 344-345; R 1890, II, p. 154 n.141; K 1963, pp. 71-100; B 1994, pp. 53-80; M 2007, scheda n. 9, pp. 118-119; C 2015, pp. 45-64. 32 Rimando a: C 2019a, pp. 497-522.

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Le c.d. gammadiae in alcuni casi profane primo da destra sono visibili due gammadiae marcate a forma di H, che molto probabilmente dovevano essere raffigurate anche sulle vesti degli altri componenenti del gruppo e perse a causa dell’estesa lacuna.

una sfera superiore. Quella del Virgilio Vaticano è forse la prova che le gammadiae non indichino qualcosa di “materiale”, bensì di più nobile e nascosto nello spirito, un’elevazione invisibile agli occhi, ma percepibile tramite un avvicinamento alla filosofia, alle arti, alla poesia, mentre la saggezza acquisita con il passare del tempo nutre l’animo, rendendolo autorevole.

Socrate, uno dei maestri filosofici maggiori, è seduto centralmente, con le dita della mano destra poste nel gesto della parola, contornato dai discepoli o, come qualcuno ha ipotizzato, da sei dei sette saggi o sapienti39, simbolo dell’immortalità intellettuale40.

Le gammadiae, nelle rappresentazioni profane, sembrano ancora una volta, rivestire l’importante funzione di distintivo di quei personaggi collocati un gradino più in alto rispetto alle comuni persone. Nuovamente, è ben evidente come non sia possibile generalizzare una lettura di questi particolari simboli che rivestono un valore specifico in ogni singolo contesto figurativo, che dev’essere invece oggetto di riflessioni e di osservazioni accurate. Mentre però nell’ebraismo e nel cristianesimo lo “scatto” verso l’alto determinato dall’attribuzione delle gammadiae dipende dall’aura di santità e di approssimazione alla sfera divina, nell’ambito profano il compito di elevare l’animo delle persone è lasciato ad altre discipline, come la filosofia, la poesia, il teatro e al complesso ruolo di giudice.

Non è allora una caso che le gammadiae dentate siano infine presenti sul pallio del latino Virgilio seduto in cattedra con una capsa di rotoli alla sua sinistra e un leggio alla sua destra, rappresentato sul codice manoscritto Virgilio Romano, datato tra V e VI secolo d.C. e conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana41. Il ritratto è collocato tra la I e la II ecloga e costituisce una delle tre miniature che raffigurano il poeta. Il palliato tiene in mano un rotolo e le sue gammadiae si presentano morfologicamente come strisce dentate orientate in verticale42. Proseguendo in ultima analisi con un manoscritto, ancora conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana43, si giunge infine al Virgilio Vaticano44, datato al V secolo d.C.45 che prevede all’incirca 280 illustrazioni cui lavorarono, secondo gli studiosi, almeno 3 artisti. Sul f. 57r46 è rappresentato l’episodio dell’anima del defunto Anchise che accompagna Enea e la Sibilla alla porta d’avorio. L’anziano Anchise, con indosso tunica e pallio a velare il capo, presenta una gammadia (27) leggermente inclinata, che appare quindi come una (21). Enea è invece in abiti militari, con la Sibilla al suo fianco: entrambi sono in procinto di varcare uno dei due archi. Sembra essere questa l’unica illustrazione in cui compare una gammadia. Si tratta, a mio avviso, di un fatto indicativo: Anchise è anziano, ma non è questa l’unica raffigurazione in cui un uomo indossa il pallio. Non pare quindi essere la sola anzianità a costituire elemento di attribuzione del segno, bensì il fatto che ormai non sia più l’Anchise “terreno” a fare la sua comparsa davanti al figlio Enea, ma la sua anima. È perciò l’animo di Anchise ad essere elevato ad

È allora che forse è possibile risalire ai committenti di queste magnifiche opere, pensando ad essi come a personaggi colti, grammatici, filosofi riuniti in scuole, specifici attori o, più in generale, corporazioni vicine alla sfera culturale. Quell’attività riflessiva che la filosofia e le arti generano all’interno dell’animo umano fanno sì che l’uomo non sia più soltanto tale, ma involucro di uno spirito superiore che riesce a comprendere il funzionamento di questo mondo, avvicinandosi al contempo a una sfera divina che, forse, non riesce a capire appieno, ma alla quale si approssima, percependola e studiandola. È in tal modo che si configurano questi segni, ormai convenzionalmente chiamati gammadiae: essi generano una distinzione visiva, ponendosi apparentemente come decorazioni, eppure rivestendo un carattere simbolico strettamente legato alla funzione e al ruolo del personaggio indossatore.

A 1958-1997, pp. 223-255. L’Hanfmann prende in considerazione due possibilità: se vogliamo vedere il mosaico secondo un aspetto storico, i filosofi intorno a Socrate potrebbero essere sei dei suoi allievi migliori; se vogliamo leggerlo genericamente, Socrate potrebbe essere circondato da sei saggi a lui precedenti. Ancora migliore appare la visione secondo cui non sia raffigurato nessun episodio particolare della vita di Socrate, ma la sua sola attività, ovvero l’insegnamento della disciplina filosofica. Cfr. H 1951, pp. 212-219. 41 Cod. Vat. Lat. 3867; G 1858, p. 41; W 1977, pp. 11-13; B 1981b, pp. 38-39. 42 Il Goodenough provò a spiegare l’abbigliamento di Virgilio pensando al fatto che, al tempo di Platone, i poeti fossero considerati dei profeti, uomini ispirati, per la connessione tra poesia e immortalità. Cfr. G 1953-1968, vol. IX, p. 140; vol. XI, fig. 127. 43 Cod. Vat. Lat. 3225. 44 Si rimanda alla pubblicazione interamente dedicata al Virgilio Vaticano con le rispettive riproduzioni: W 1993. 45 I confronti, avanzati in particolare con i mosaici della basilica di S. Maria Maggiore a Roma, fanno pensare a una datazione anteriore al 428430 d.C., cfr. W 1993, pp. 84-89. 46 W 1993, pp. 58-59. 39 40

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22 Segni di “inquadratura”, non gammadiae Abstract: Molto spesso alcuni segni decorative squadrati, in letteratura, sono stati confuse con le gammadiae. In realtà la differenza è ben chiara e, nel presente capitolo, si cercherà di evidenziare il criterio di attribuzione. Frequently, some square decorative signs have been confused, in literature, with the gammadiae. In reality, the difference is very clear, and this chapter tries to highlight the attribution criterion. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, clothing, textiles, square

Dopo aver analizzato nel dettaglio il simbolismo rivestito nei vari contesti, profani, cristiani ed ebraici, appare necessario differenziare le c.d. gammadiae da alcuni segni angolari, la cui funzione non sembra però quella di alludere a significati altri. Essi rivestono, infatti, il semplice ruolo di cornice, volta a inquadrare particolari elementi centrali.

due bande scure, tendenti al nero, affiancate ai quattro angoli da simboli dalla forma di gamma con le estremità dentate. All’interno di questi ultimi troviamo quattro stelle a otto punte ottenute tramite l’incrocio di due quadrati. Al centro del reperto, due bande sottili e colorate, come il resto delle decorazioni descritte, racchiudono un quadrato con motivi geometrici interni. Quei simboli ai quattro angoli appaiono di nuovo come segni di riquadro contenenti le altre decorazioni geometriche. Il tessuto risale al IV-V secolo d.C.

È questo il caso del famoso stendardo rosso proveniente dall’Egitto e conservato al Pushkin State Museum of Fine Arts di Mosca1, datato tra la fine del II e gli inizi del III secolo d.C. Centralmente è raffigurata una Nike dorata, in piedi su un globo che tiene in mano una corona lemniscata e una palma della vittoria. I quattro elementi angolari dorati appaiono morfologicamente simili a gammadiae dentate, come quelle viste a Dura Europos e con le quali Goodenough2 poneva il confronto, ma è necessario sottolineare come sia evidente l’intento di canalizzare l’attenzione dell’osservatore sul personaggio centrale. Quei segni, che non si trovano sulla veste della Nike, bensì agli angoli dello stendardo, non sono perciò gammadiae, ma semplici motivi di inquadratura.

Un famoso esempio, facente parte di questa categoria molto ricca, è costituito certamente da due mosaici ravennati, quello con il sacrificio di Abele e Melchisedech nella basilica di S. Vitale e quello con il sacrificio di Abele, Melchisedech, Abramo e Isacco nella basilica di S. Apollinare in Classe. Mentre nel primo mosaico i segni angolari con estremità allungata e terminante con un orbicolo inquadrano una stella a otto punte centrale – di questa tipologia ۞ – della tovaglia bianca posta a copertura dell’altare, nel secondo mosaico i segni sono più numerosi e differenti. Si trovano infatti in oro sulle tende che accolgono nella loro cavità un quadrato della stessa tonalità5, e ancora sulla tovaglia bianca volti a inquadrare il calice e i pani poggiati sulla mensa nella parte superiore, mentre a incorniciare di nuovo una stella a otto punte nella parte frontale.

Stessa situazione si presenta nel caso di alcuni ossari giudaici di II secolo d.C.3: simboli a forma di angolo decorano le quattro estremità, stavolta con l’aggiunta ulteriore di una foglia cuoriforme. Al centro si nota una doppia circonferenza che accoglie all’interno un fiore a dodici petali (o una stella a dodici raggi, a seconda delle interpretazioni). Così come per il vessillo, è a mio avviso opportuno pensare a segni volti soltanto ad inquadrare un più importante motivo centrale, configurandosi quindi come cornice. E ancora nella medesima categoria rientra un tessuto con frange conservato ai Musei Vaticani4. Lo sfondo è in giallo oro, tendente all’arancio, sul quale sono collocate diverse decorazioni. Specularmente troviamo

Stesso motivo incornicia un quadrato centrale nella tovaglia sistemata a copertura della mensa a sigma lunato intorno alla quale Gesù e i dodici consumano l’Ultima Cena in uno dei pannelli musivi della parete destra nella basilica di S. Apollinare Nuovo.

G , 1953-1968, IX, pp. 124-174. Ibidem. 3 Riguardo gli ossari, si rimanda a: B 1954, pp. 163-168; B 1952-1953, fig. 17, p. 163; p. 184; M 1977, pp. 41-52; B 2004, pp. 49-60. 4 R 1982, pp. 37-38 e tavola a colori II (Kat. 2). 1

Cfr. S 2004, fig. 34, p. 114; fig. 176, p. 372; B 1969, p. 177; N 1989, Fach 74 Taf. 58, descrizione VII.95a p. 98; Wandvitrine Taf. 59, descrizione VII.94 p. 97-98; Wandvitrine Taf. 59, descrizione VII.245 p. 182; Fach 71 Taf. 57, descrizione VII.243 p. 180; Fach 42 Taf. 43, descrizione VII.124 p. 116-117.

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Segni di “inquadratura”, non gammadiae Nonostante le somiglianze con le gammadiae presenti nei programmi figurativi basilicali ravennati, credo sia evidente la loro diversa destinazione d’uso e perciò la totale assenza del carattere simbolico legato a questi segni6.

6 Non si dimentichi nella categoria musiva anche i motivi angolari che accolgono alcuni quadrati raffigurati sulle tende centrali del palazzo di Teodorico rappresentato nella basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna.

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23 Clavi angolari sulle vesti Abstract: Esattamente come le decorazioni angolari, anche alcune tipologie di clavi sono state confuse con le gammadiae. In questo breve capitolo si cercherà di chiarirne la differenza. Just like the corner decorations, some types of clavi have also been confused with the gammadiae. This short chapter tries to clarify the difference. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, clothing, textiles, clavus

di carattere cosmico-stagionale e di caccia, intervallate da colonnine tortili con capitelli corinzi. Il bordo è seguito da lunette con l’interno decorato da palmette. Le estremità del clavo sono allungate e terminanti con un motivo a forma di goccia nel cui interno si scorge un animaletto accovacciato che sembra avere le caratteristiche di un leone piuttosto fantastico. La datazione risale al V-VII secolo d.C. A tal proposito, un confronto musivo pertinente si può osservare nel pavimento da Thougga risalente al III secolo d.C., ora conservato al Museo del Bardo di Tunisi6. Si tratta di una scena in cui sono rappresentati due servitori biondi e di enorme statura, che portano sulle spalle un’anfora. Essi versano il liquido ad altri due servi che poi lo presenteranno agli ospiti. Il servo di sinistra è abbigliato proprio con una corta tunica caratterizzata da clavi scuri, sia nella parte superiore che in quella inferiore, e uniti tra loro con le terminazioni dentate.

Diversi dalle c.d. gammadiae per funzione, nonostante alcuni siano somiglianti per aspetto, sono i clavi angolari1, il cui intento non appare simbolico, ma esclusivamente decorativo. Spesso però nella letteratura contemporanea riguardante i tessuti alcuni esemplari vengono assimilati a gammadiae, anche se la differenza di utilizzo appare piuttosto chiara. Il primo tessuto che si andrà ad analizzare riguarda un frammento di probabile tunica, datata tra IV e VII secolo d.C., proveniente dall’Egitto ed esaminato da Sabine Schrenk2 nel suo catalogo. La superficie presenta un segno dalla forma di L dentata, decorata internamente con motivi a forma di corda di una tonalità rossa, associata a un quadrato e a una banda frammentaria con gli stessi motivi. Le estremità terminano con un prolungamento nero e un orbicolo internamente rosso. Nonostante si possa notare la somiglianza morfologica, anche il solo fatto di prevedere ulteriori motivi ornamentali interni, le fa escludere dall’assimilazione alle c.d. gammadiae che appaiono invece sempre monocrome. Si tratta invece di clavi angolari, esattamente come la tunica integra conservata presso l’Ägyptisches Museum di Berlino3, datata genericamente tra IV e V secolo d.C. Quest’ultima presenta un grande clavus angolare frammentario4 terminante con orbicoli. Il suo interno è finemente decorato con motivi fitomorfi, mentre accoglie nello spazio angolare un quadrato, decorato in maniera identica e una stella a otto punte.

I casi tessili o figurativi sono innumerevoli, ma perfettamente distinguibili dalle vere e proprie gammadiae. Simile per aspetto a queste ultime è, ad esempio, il clavo angolare ricamato sul frammento di tessuto in lana e lino conservato al museo di Cleveland7, internamente decorato con tre busti della medesima donna abbigliata riccamente con corona e gioielli, rappresentata anche nel riquadro contenuto dalla banda angolare. Questo personaggio femminile è stato interpretato come personificazione della Terra, pensando in particolar modo a un simbolismo connesso con le anatre disposte simmetricamente ai lati del busto femminile e identificate con l’elemento dell’acqua. I clavi angolari, dunque, nonostante possano sembrare simili alle gammadiae per aspetto, sono spesso più grandi di diversi centimetri e decorati internamente. Le c.d. gammadiae sono monocrome, sia in tessuto che nelle raffigurazioni, collocate sul pallio e coesistenti con i clavi della tunica. La differenza, alla luce di svariati confronti materiali, appare ora molto più chiara.

Un altro esempio è costituito da un frammento centrale di una tunica di lana con un clavo a forma di C squadrata e rivolta verso il basso5. Il suo interno è decorato da scene 1 Per la definizione dell’elemento “clavus” nei tessuti si vd. J 2011, pp. 75-81. 2 S 2004, n. 176 p. 372. Molto simile è anche il n. 34, p. 114. 3 D 1924, Taf. II, Abb. 4. L’autore, nella relativa descrizione della tavola, nota come nel cristianesimo le gammadiae si trovino sui pallii di figure avvolte da un’aura di santità e come alcune di esse, per esempio la svastica, rivestano forse un valore simbolico. 4 La sua frammentarietà potrebbe far pensare a due elementi differenti, ovvero come due clavi angolari affrontati. 5 S 2004, n.69, p. 202. Similmente N 1989, Wandvitrine Taf. 61, descrizione VII.244 p. 181.

Y 1993, pp. 134-135, fig. 100 p. 208; B et alii 1995, tavv. 212-213 e rispettiva descrizione. 7 D M et alii 1989, p.13 e fig. 11; V 1958, pp. 107-110. Numerose stoffe frammentarie di questo genere sono distribuite in vari musei internazionali. 6

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24 Le c.d. gammadiae nelle basiliche subdiali e in altri ambienti cimiteriali cristiani ipogei: proseguimento del loro utilizzo e mutazioni semantiche Abstract: Il presente capitolo costituisce una base per le future ricerche sulle gammadiae. Oltre alla catalogazione effettuata per le catacombe romane, nel corso degli studi sono state individuate altre testimonianze sia in catacomba che nelle basiliche, che meritano di essere censite e analizzate. This chapter provides a basis for future research on gammadiae. In addition to the cataloguing done for the Roman catacombs, other evidence has been identified, both in catacombs and in the basilicas, that deserves to be surveyed and analysed. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, mosaics, frescoes, symbolism, clothing, basilicas Dopo questa lunga parentesi profana e l’approfondimento riguardante il settore tessile, si torna infine alla presenza delle gammadiae nel mondo cristiano, ormai emerso in superficie, trovando la sua massima espressione nelle raffigurazioni basilicali e, più in genere, monumentali.

posteriore del pallio di Paolo, su quello di Pietro e su quello di Cristo. Napoli, Catacombe di S. Gennaro2: • Cubicolo A47 detto della Traditio Legis (VI secolo d.C.): la gammadia (79) è affrescata sul pallio di Paolo raffigurato sulla fronte dell’arcosolio, a sinistra. • Arcosolio di Cerula (VI secolo d.C.): la gammadia (79) è affrescata sul pallio di Paolo raffigurato sulla fronte dell’arcosolio, a sinistra3. • Arcosolio laterale sinistro del cubicolo A22 con S. Gennaro che porta la corona del martirio a Pietro (VI secolo d.C.): la gammadia (27) è collocata sul pallio di S. Gennaro, sia sul bordo anteriore che su quello posteriore. Per motivi di prospettiva, quelle di Pietro non sono visibili (il lembo del pallio risulta infatti piegato verso l’interno). • Arcosolio laterale destro del cubicolo A22 con S. Lorenzo che porta la corona del martirio a Paolo (VI secolo d.C.): la gammadia (27) è visibile sia sul pallio di Paolo che su quello di Lorenzo. • Arcosolio di Cominia e Nicatiola (VI secolo d.C.): sono visibili le gammadiae (24) e (25) sulla veste di S. Gennaro, mentre su quella della defunta Cominia sono inseriti due staurogrammi, presenti nell’elenco generale delle gammadiae (67) per via della loro posizione sulla veste. • Corridoio principale, cubicolo sinistro, affresco del pastore (fine V-inizi VI secolo d.C.): sono presenti due croci gammate (68) sulla tunichetta del pastore. • Cubicolo del sottoscala, Mosè che batte la rupe (IV secolo d.C.): sul bordo inferiore del pallio di Mosè è visibile una gammadia (91).

Già verso gli anni ʽ40 del IV secolo d.C. le gammadiae trovano applicazione nel mausoleo di Costanza e, in particolare, sul pallio di Paolo nella scena della Traditio Legis. Ma lo stacco definitivo dal panorama funerario sotterraneo si effettua nel V secolo d.C. quando le gammadiae fanno ormai parte del patrimonio culturale propriamente cristiano, entrando a pieno titolo nel linguaggio figurativo. Dalla lettura delle testimonianze degli illustri studiosi che hanno provato ad occuparsene nel corso dei secoli, si evince ora come la gammadia più popolare fosse proprio la lettera Γ, vista più volte nei mosaici basilicali, molto più accessibili rispetto alle catacombe; conseguentemente, ne derivò l’utilizzo dell’ambiguo termine gammadia, ovvero dalla forma di lettera Γ. In particolar modo nel caso delle basiliche, lo scoglio maggiore da superare nei futuri approfondimenti consisterà certamente nella preliminare analisi dei restauri e delle integrazioni musive per comprendere il cambiamento morfologico delle gammadiae presenti. Al momento, ci si è limitati al semplice elenco, con una bibliografia essenziale, certi che la curiosità a la perseveranza dei futuri studiosi potrà proseguire con un’analisi certamente faticosa, ma altrettanto affascinante. Altre testimonianze cimiteriali cristiane Grottaferrata, Catacombe Ad Decimum: • Arcosolio di Biator o della Traditio Legis (fine IV- inizi V secolo d.C.)1: le gammadiae sono visibili sul lembo

2 1

WMM 132.

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A B

1936. 2011b.

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

• Scena d’incoronazione/Affresco della vergine Adeodata (V secolo d.C.)7: la gammadia (27) è visibile sul pallio di Cristo, così come su quello dei due santi laterali.

• VIII secolo d.C.: Chiesa di S. Maria Antiqua, Cappella di Teodoto20 • IX secolo d.C.: Triclinio Lateranense; Basilica di S. Prassede, mosaico del catino absidale, arco absidale e arco trionfale; Basilica di S. Cecilia in Trastevere, mosaico del catino absidale; Basilica dei SS. Nereo ed Achilleo alle terme di Caracalla, mosaico dell’arco absidale; Basilica di S. Marco, mosaico del catino absidale e arco absidale21 • XII secolo d.C.: Basilica di S. Clemente al Laterano, mosaico dell’arco absidale; Basilica di S. Maria in Trastevere, mosaico del catino e dell’arco absidale; Basilica di S. Maria Nova, mosaico del catino absidale • XIII secolo d.C.: Basilica di S. Giovanni in Laterano, mosaico di J. Torriti (1291); Basilica di S. Maria Maggiore, abside e storie della Vergine, opera di J. Torriti (1295-1296) • Fine XIII-inizi XIV secolo d.C.: Basilica di S. Maria Maggiore, mosaico nella loggia di facciata, opera di F. Rusuti (1294-1308) • XX secolo d.C.: Chiesa di S. Maria Addolorata in piazza Buenos Aires, mosaico absidale di Giambattista Conti-Marco Tullio Monticelli (1959)22

Verona, Ipogeo di S. Maria in Stelle:

Ravenna23:

• Collegio Apostolico (fine del IV secolo d.C.)8: le gammadiae della tipologia (27) sono visibili sul pallio degli apostoli e di Cristo.

• V secolo d.C.: Battistero degli Ortodossi, mosaici e stucchi; Mausoleo di Galla Placidia; Cappella Archivescovile • VI secolo d.C.: Basilica di S. Apollinare Nuovo; Battistero degli Ariani; Basilica di S. Vitale; Chiesa di S. Michele in Afracisco, mosaico del catino absidale (oggi al Bode Museum di Berlino)

Napoli, Catacombe di S. Gaudioso: • Arcosolio di Pascentius (VI secolo d.C.)4: le gammadiae sono affrescate sul pallio di Pietro e su quello di Paolo. Mentre il primo mostra, sia sui lembi anteriori della veste che su quello posteriore, 3 gammadiae appartenti alla tipologia (96) e (97), il sul pallio del secondo sono visibili 3 gammadiae della tipologia (98). Napoli, Catacombe di S. Efebo: • Ambiente B1, lunetta dell’arcosolio di fondo (V secolo d.C.)5: le gammadiae sono rappresentate su entrambi i lembi del pallio di Sant’Efebo e di San Gennaro che compaiono ai lati di una figura femminile identificata come Santa Prima. Le gammadiae sono della tipologia (79)6. Siracusa, Catacombe di S. Giovanni:

Testimonianze cristiane monumentali del sopratterra Roma9: • IV secolo d.C.: Mausoleo di Costanza, mosaico con Traditio Legis10 • V secolo d.C.: Basilica di S. Maria Maggiore, navata mediana e arco trionfale11; Basilica di S. Pudenziana, catino absidale12; Basilica di S. Paolo f. l. m., arco trionfale13; Chiesa di S. Agata dei Goti • VI secolo d.C.: Chiesa di S. Andrea in Catabarbara14; Basilica dei SS. Cosma e Damiano, mosaico del catino absidale15; Basilica di S. Teodoro al Palatino, mosaico del catino absidale16; Basilica di S. Lorenzo f.l.m., arco trionfale17 • VII secolo d.C.: Cappella di S. Venanzio, Battistero Lateranense, mosaico del catino absidale e dell’arco absidale18 • Fine del VII secolo d.C.: Basilica dei SS. Cosma e Damiano, mosaico dell’arco trionfale19

Milano: • V secolo d.C.: Basilica di S. Lorenzo, Collegio Apostolico nel sacello di Sant’Aquilino (fine del V secolo d.C.)24; Basilica di S. Ambrogio, Sacello di San Vittore in Cielo Aureo25 Poreč: • VI secolo d.C.: Basilica Eufrasiana (interno e facciata)26

Si vd. M -A 1987, I, pp. 138-147 e la recentissima pubblicazione A -B -M 2016. 21 Per le opere di Pasquale I, si vd. M -A 1987, I, pp. 158-172. 22 http://www.chiesargentina.com/chiesargentina2013/storia.html. 23 Si vd. R -A -Z 1930-1937; B 2002; R 2013, pp. 37-51; I 1987, pp. 179-208. Altre informazioni sono desumibili dalla Banca Dati Mosaico (http://www.mosaicocidm.it/ Mosaico/). 24 B 1970, pp. 61-82. 25 B 1969, pp. 71-80. 26 P 1959; P 1986. 20

M 2012, pp. 413-423. 6 Fabrizio Bisconti, nell’indicare la presenza delle gammadiae, le definisce «segmenta scuri del tipo delle gammadie», cfr. B 2018b, p. 53. 7 A 1995, p. 487. 9 Per comprendere quali porzioni dei mosaici siano restaurati o meno, si rimanda – per ogni monumento romano – a M 1967. 16 M -A 1987, I, pp. 81-83. 17 M -A 1987, I, pp. 84-85. 18 M -A 1987, I, pp. 88-90. 19 M -A 1987, I, pp. 90-92. 4

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Le c.d. gammadiae nelle basiliche subdiali e in altri ambienti cimiteriali cristiani ipogei Durazzo (Albania): • Prima metà del VII secolo d.C.: Cappella di Sant’Asteio nell’anfiteatro romano, mosaico con la Madonna Regina27 Napoli: • V secolo d.C.: Battistero di S. Giovanni in Fonte, mosaici della cupola28 Cipro: • VI secolo d.C.: Chiesa della Panagia Angeloktistos, mosaico del catino absidale29 Egitto: • V secolo d.C.: El Bagawat, Cappella della Pace30 • VI secolo d.C.: El Bawit, Museo Copto, Nicchia 17, n. 6, visione di Ezechiele31 • VII secolo d.C.: El Bawit, Monastero copto di Apa Apollo, Cappelle XVII e XXVI32 • VIII secolo d.C. circa: Deir el-Surian, Monastero dei Siriani, affresco con i SS. Pisentios e Apakir33 Israele: • V-VI secolo d.C: Beth Gavrin, Chiesa di Marat el-Urdi, pavimento con scene frammentarie del ciclo di Giona34

27 http://www.progettodurres.unipr.it/albania/Storia%20e%20 monumenti4.htm; le gammadiae (46) e (101) sono presenti sul pallio di Santo Stefano. 28 F 2013. 29 M -S 1963, taf. IV. 30 Le gammadiae sono visibili sul pallio di Noè e su quello di Abramo. Si tratta sempre della gammadia (27). Cfr. Z 2005, pp. 95-132; C 2008. 31 M 2016, pp. 149-151. 32 Si vd. C 1904, tavv. XLI; LXXXVI; LXXXVII con relative descrizioni; I 2000. 33 C 2009, tav. 24. 34 La gammadia della tipologia (79)/ (85) è visibile sul pallio di Giona recumbente sotto la pergola, vicino a una grossa lacuna. Cfr. F 1978, pp. 289-294 (in particolare, si veda la fig. 1); B 1972, pp. 130-147.

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25 Note sull’evoluzione delle c.d. gammadiae in contesto cristiano Abstract: L’osservazione sistematica delle gammadiae nelle catacombe romane ha permesso di avere un quadro più completo sulla loro evoluzione morfologica e sul rispettivo utilizzo. The systematic observation of the gammadiae in the Roman catacombs has allowed us to have a more complete picture about their morphological evolution and their respective use. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, mosaics, frescoes, symbolism, morphology

Le c.d. gammadiae non hanno sempre mantenuto un’unica forma. Mentre nelle rappresentazioni catacombali la mutazione morfologica è risultata essere minima, in quelle monumentali si registra un gran numero di varianti, fenomeno questo testimoniato, tra gli esempi più celebri, nella teoria dei santi che riveste la parete destra della navata mediana nella basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. • Dalla semplice osservazione dei mosaici e delle rappresentazioni pittoriche finora elencate, si deducono i seguenti cambiamenti nel corso del tempo: • Alle gammadiae (36) e (86) viene aggiunto, in alcuni casi, un altro elemento. Si può trattare di un circoletto, così da ottenere la gammadia (78), oppure un elemento dalla forma di Θ con i tratti spigolosi, (42). È ciò che accade rispettivamente nell’arco trionfale di S. Lorenzo f.l.m. e di S. Paolo f.l.m. • Alle gammadiae dalla forma di Γ, ovvero le (43), (44), (93), (94), sono aggiunti piccoli orbicoli oppure quadrati campiti. Si ottengono perciò le gammadiae (48), (49), (96), (97). Un esempio di questo tipo è visibile nell’arcosolio di Pascentius nella catacomba di S. Gaudioso a Napoli, sul pallio di Pietro, Paolo e altri apostoli nell’affresco della Pentecoste del monastero di El-Bawit, oppure sul pallio del solo Pietro nell’affresco della visione di Ezechiele conservato nel Museo Copto di Bawit. • Alla semplice gammadia a banda dentata, ovvero la (32), verticale oppure orizzontale, si aggiungono alcuni orbicoli alle estremità. È, ad esempio, ancora il caso del simbolo presente sul pallio di Paolo nell’arcosolio di Pascentius nella catacomba di S. Gaudioso a Napoli. Gli orbicoletti appaiono staccati dal corpo principale della gammadia. • Alle gammadiae dentate, sia dalla forma di banda che dalla forma di Γ, vengono aggiunte delle appendici terminanti con orbicoli. È, ad esempio, il caso delle gammadiae sul pallio degli apostoli nella teoria della cupola del battistero degli ortodossi a Ravenna. • Alle comuni gammadiae che abbiamo conosciuto nelle catacombe romane, se ne aggiungono altre che sono

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morfologicamente identiche alle seguenti lettere: A, C, D, E, F, R, N, ω, T, P. Un posto particolare spetta al Γ, da cui deriva l’erroneo nome “gammadia”, mai presente negli affreschi catacombali romani. Tale lettera compare, infatti, verso la fine del IV-inizi del V secolo, registrata su un vetro dorato1 e una lastra incisa2, per poi proseguire con i mosaici di S. Maria Maggiore in Roma, quelli ravennati, ciprioti e così via. Alle vere e proprie lettere, con tratto più o meno spesso, in oro, rosso o nero, si aggiungono altri simboli che assumono le forme più varie: sono frequentemente foglie, o forme polilobate dalle sembianze floreali. È, ancora una volta, il caso della teoria dei santi in S. Apollinare Nuovo a Ravenna, oppure dello stesso arco trionfale di S. Maria Maggiore. Sono introdotte gammadiae particolari, alcune delle quali assumono forme tondeggianti, con appendici circolari o con segmenti. Nel IX secolo d.C. si riscontra una notevole somiglianza tra una delle gammadiae raffigurate sul pallio di Cristo, Pietro e Paolo nel mosaico del catino absidale della basilica di S. Cecilia in Trastevere e alcuni simboli che si ritrovano sulle vesti di Cristo, angeli e santi in un particolare documento: l’Exultet. Si tratta nello specifico dell’Exultet 3 di Troja (XI-XII secolo d.C.)3 e dell’Exultet Vat. Lat. 98204 (X secolo d.C.)5. Sul pallio di alcuni dei personaggi citati si nota un simbolo a forma di quadrato dal doppio contorno (oppure di un quadrato in un quadrato) da cui fuoriesce un segmento terminante con orbicolo e rivolto verso destra. Data la differenza cronologica, si può ipotizzare che una certa tradizione, iniziata a Roma nel IX secolo – e che qui non ebbe successo poiché non presente altrove – si fosse mantenuta e conseguentemente tramandata grazie ad alcuni artisti, in particolare miniaturisti, che volgono lo sguardo al passato romano carolingio. Nell’XI-XII secolo nei mosaici sono riprese le prime forme di gammadiae, in particolare quelle somiglianti alle lettere I ed L, che a questo punto assumono una conformazione ambigua. È probabile che, ormai, il loro Scheda 93.1. Scheda 43.1.

Note sull’evoluzione delle c.d. gammadiae in contesto Cristiano inserimento sul pallio di determinati personaggi sia compiuto in maniera meccanica e non se ne conosca più l’effettivo significato, né la differenza riguardo l’utilizzo dell’una rispetto all’altra. Con il trascorrere dei secoli, perciò, esse mutano forma e spesso vengono ottenute strane lettere che presentano caratteri prevalenti di una, ma dettagli di un’altra. Le committenze e i maestri musivari sono consapevoli di dover apporre questi simboli sul pallio dei santi, ma sembrano non conoscere più quale sia realmente il loro significato originario. Si perde perciò quell’accezione iniziale insita nelle gammadiae trasmesse da una tradizione simbolica ben più antica. Mentre per le gammadiae “catacombali”, usate almeno fino alla seconda metà del IV secolo, si è forse riuscito a comprendere, nell’arco di questo studio, il simbolismo religioso ad esse applicato, per quelle di epoca successiva dalle forme differenti, occorre certamente un’analisi altrettanto sistematica prima di poterne stabilire il carattere semantico. A una prima e superficiale osservazione, sembra che esse non perdano la connessione con i personaggi di levatura morale superiore, ma che invece mutino forma avvicinandosi agli orbicoli e alle lettere. Quale sia la funzione e il perché di questo cambiamento non è possibile al momento stabilirlo. Molto probabilmente, supposizioni basate sulla numerologia oppure sulla corrispondenza con i testi patristici non farebbero altro che aumentare la confusione in merito, non rispondendo peraltro agli interrogativi riguardanti la presenza di elementi particolari dalla forma di foglia o di elementi più complessi.

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26 Croci gammate sulle lastre incise di Monastero Abstract: Come esaminato nel cap. 11, le croci gammate sono presenti in catacomba con significato diverso. Nel presente capitolo saranno esaminate le lastre incise provenienti da Monastero che costituiscono un caso a se stante. As examined in chap. 11, the gammate crosses present in the catacombs have a different meaning. This chapter examines the particular case of figurative tombstones from Monastero. Keywords: Gammadia, iconography, catacombs, Early Christianity, pallium, frescoes, symbolism, burials, decorations, military symbols, gammata cross, swastika

Dal centro di Monastero1, provengono alcune lapidi funerarie incise che presentano elementi assimilabili a croci gammate. Analizzate da numerosi studiosi, le lastre non sono però state raccolte in un catalogo complessivo di cui si lamenta l’assenza. Le analisi operate su questi manufatti hanno condotto al rilevamento di alcune caratteristiche principali: si registra la presenza, quasi costante, dell’orante maschile o femminile, mentre frequenti sono il parapetasma, le stelle e i candelabri. L’apparato decorativo sembra infatti costituire una parte fondamentale per le epigrafi aquileiesi, la maggior parte delle quali ascrivibili a un periodo temporale compreso tra il IV e la metà del V secolo d.C.2.

è riccamente abbigliato, in tunica manicata e clamide che riporta una decorazione a forma di svastica rivolta verso sinistra incisa all’interno di un riquadro. Proseguendo l’esame, la lastra successiva è quella di Caricus6, simile alla precedente e anche questa rinvenuta a Monastero nel 1889. Il defunto, così come Didas, morì a circa sessant’anni. Il testo è disposto tenendo in considerazione l’incisione con la raffigurazione del defunto orante, ai cui piedi sono due colombi caratterizzati dal collare. Il volto è allungato e la pettinatura a casco con capelli lisci rimanda ancora all’età costantiniana. La crux gammata, rivolta verso sinistra, si trova collocata internamente a un quadrato7. Il nome Caricus indica l’origine etnica, probabilmente riferibile all’antica regione dell’Anatolia, la Caria8.

Interessante ai fini di questo studio risulta la lastra di Maximus3, defunto a soli 26 anni. Il formulario, molto comune, è disposto intorno alla figura dell’orante centrale, sormontato da una corona lemniscata con il cristogramma interno. L’uomo appare riccamente abbigliato con una tunica manicata e clamide con calliculae e croci gammate, forse quattro contenute all’interno di riquadri. Il volto barbato e i tratti, in sintonia con la capigliatura liscia e a caschetto, rimandano all’età costantiniana.

La lastra di Largius9 si presenta invece mutila, nonostate l’incisione sia ben visibile. L’epitaffio è molto fitto e concentrato nella parte superiore, mentre il ritratto del defunto si viene a collocare in basso, con la testa compresa tra l’A, una croce e l’Ω minuscolo. Ai lati del personaggio orante, vi sono una colomba e un agnello, i cui dettagli sono resi tramite minuscole incisioni volte a indicare, rispettivamente, piume, penne e manto lanoso. Largius10 è abbigliato con tunica manicata e clamide sopra la quale è segnata una grossa svastica che ruota verso sinistra. Solo in questo caso, il Vergone sottolineò come si potesse pensare a un richiamo alle gammadiae, da lui considerate «ornamenti geometrici, talora allusivi ai principali misteri della fede cristiana».

La seconda lastra è quella del defunto Didas4, rinvenuta a Monastero durante le indagini del Maionica nel 1889. Dal formulario, piuttosto comune, si apprende che Didas, il cui nome potrebbe essere di origine egiziana, morì a circa sessant’anni. Il defunto non venne rappresentato orante come la gran parte degli esempi incisi, ma sembra piuttosto che il suo braccio destro sia piegato. A mio parere, è possibile che il sinistro, non ben delineato, possa trovarsi nella stessa posizione, mostrando solo il polso5. L’uomo

incisione tra la parte inferiore del mantello e l’inizio del braccio, cfr. V 2007, p. 149. 6 V 2007, cat. n. 96, pp. 225-226; B 1962, cat. n. 167, p. 49 (non viene indicata la presenza della croce gammata); B 1987, p. 297. 7 Il Wilpert la notò, paragonandola alla lastra del defunto Maximus che però, differentemente, aveva altre decorazioni. La ritenne invece identica per la crux gammata a quella di Didas. Cfr. W 1894, pp. 50-51. 8 S 2003, pp. 658-659; ILCV III, p. 34. 9 V 2007, cat. n. 149, pp. 312-313. 10 Riferito ai cognomina relazionati con le qualità morali, per cui largus sarebbe “generoso”: K 1982, p. 256.

F T 1962, pp. 5-8. Per una panoramica sulle iscrizioni di Monastero, si vd. V 2007, pp. 21-55. 3 V 2007, cat. n. 17, pp. 100-103; B 1962, cat. n. 91, p. 40; B 1987, pp. 292-293. 4 V 2007, cat. n. 45, pp. 149-150; B 1962, cat. n. 117, p. 44 (non viene indicata la presenza della croce gammata). 5 Il Vergone sostenne invece che il braccio sinistro fosse nascosto sotto il mantello, probabilmente perché non viene indicato lo stacco di 1 2

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Croci gammate sulle lastre incise di Monastero Infine vi è la lastra di Inginianus11, mutila sul lato destro e ritrovata nel 1896 sotto piazza S. Giovanni ad Aquileia. Il defunto visse cinquantuno anni, abbastanza longevo per l’epoca, esattamente come Caricus e Didas. Il formulario si dispone e si comprime intorno all’incisione centrale che vede il defunto orante tra due tende aperte, sorrette da un sistema timpanato e composto da colonne tortili terminanti con capitello corinzio. Il velo è da interpretare come parapetasma che separa la vita terrena dall’aldilà. Nonostante il volto non appaia ben caratterizzato, il defunto indossa la tunica manicata e la clamide sulla quale, ancora una volta, è rappresentata una svastica, di dimensioni abbastanza grandi, rivolta verso sinistra e incisa internamente a un riquadro. Queste sono dunque cinque lapidi figurate in cui compaiono le croci gammate, probabilmente corrispondenti a quelle viste dal Ferrario12. È possibile, tuttavia, che ne siano presenti altre nel territorio aquileiese. Come si è visto nella sezione dedicata ai tessuti e ai mosaici profani, le croci gammate – se si escludono quei pochi esemplari simbolici presenti in catacomba – sembrerebbero associate alle vesti militari. Anche nel caso di Aquileia, le croci gammate sono collocate sulla clamide dei defunti rappresentati oranti che potrebbero configurarsi come gradi di ordine militare, al momento non meglio specificabili. Oltre alle testimonianze tessili e ritrattistiche dall’Egitto, infatti, mi preme ricordare la già citata croce gammata presente sulla veste del soldato nel mosaico della Grande Caccia a Piazza Armerina, oppure quella raffigurata sul mantello del nobile defunto a Durostorum.

V 2007, cat. n. 150, pp. 314-315. Riguardo il cognomen, esso corrisponde al significato di “nato libero” classificandosi quindi all’interno dei cognomina riferibili all’ambito sociale: K 1982, p. 314. 12 F 1824, pp. 169-179. 11

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27 Conclusioni Nonostante sia ancora impossibile comprendere appieno la genesi e il simbolismo originario delle c.d. gammadiae che spinse gli antichi ad utilizzarle “imprimendole” sul vestiario, sono stati fissati, nel corso di questo studio, alcuni punti fondamentali.

situ: la cieca fiducia nella Roma Sotterranea di Antonio Bosio e nelle sue tavole fece sì che fossero avanzate numerose “traballanti” teorie, confondendo in tal modo gli studiosi, giungendo infine a tralasciare del tutto la ricerca sui simboli che tanto li avevano incuriositi nel corso di secoli; allo stesso tempo, ipotesi e teorie non trovavano seguito, in quanto erano analizzati affreschi e mosaici senza tenere conto delle rispettive cronologie, di restauri e integrazioni subite.

Prima di tutto, le c.d. gammadiae non furono inventate dai cristiani. Si è visto, infatti, come le prime testimonianze siano quelle ebraiche e profane, con particolare riferimento all’Egitto greco-romano. Quando questi simboli appaiono nell’arte cristiana, prima in catacomba e successivamente esplodendo nei mosaici basilicali per un lungo periodo di tempo, proseguono comunque ad essere utilizzati, seppur senza una fitta concentrazione, nell’ambito di contesti profani ed ebraici. Lo dimostrano i mosaici con le commedie di Menandro, gli affreschi nelle case a terrazza di Efeso, oppure il mosaico della sinagoga di Huqoq.

Eppure quegli affreschi catacombali sono ancora lì, a ricordare ad ogni studioso che le c.d. gammadiae erano usate e conosciute dagli antichi, rivestendo un significato simbolico particolare che li spingevano a volerle rappresentare nella loro domus aeterna. L’analisi topografica delle catacombe romane ha mostrato essenzialmente come questi simboli fossero particolarmente concentrati in alcuni specifici nuclei cimiteriali (Piante I-XVIII). Appare possibile evidenziare tale fenomeno soprattutto in tre cimiteri ricchi di affreschi: quello di Domitilla, dei SS. Pietro e Marcellino e dell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni. Mentre per l’ultimo però si possono sottolineare particolari scelte tematiche, cui vengono associate le c.d. gammadiae, risultando complesso comprendere una vera differenza tra committenze, per il cimitero della via Ardeatina e per quello della via Labicana la questione sembra invece essere molto più chiara.

Apparentemente tutte queste testimonianze sembrerebbero distinte: non vi è infatti una religione che le accomuni, ma non è forse dal punto di vista strettamente religioso che bisogna interpretarle. Un filo rosso le collega tutte quante, basandosi sul messaggio che un simile marchio vuole trasmettere: la c.d. gammadia posta sulla veste allude a un’aura di solennità, di elevazione morale, di saggezza e di rispetto, sia che si tratti di testimonianze profane, sia che si tratti di testimonianze specificamente religiose. I vari confronti che sono stati posti possono dimostrarlo: mentre nel cristianesimo sono i santi, gli apostoli e Cristo ad indossare la veste contrassegnata, nell’ebraismo sono i patriarchi, i profeti e i personaggi considerati giusti ad essere “marchiati”, fino a giungere alle testimonianze profane in cui giudici, anziani, muse sono abbigliati con tunica e pallio particolari.

Nelle catacombe di Domitilla si costituiscono veri e propri grappoli di pitture che includono le gammadiae: si tratta nello specifico della regione dei mensores, ma anche di quella intorno alla cripta di Ampliato, con sporadiche presenze in altri cubicoli e arcosoli. Se da una parte è possibile pensare a una stessa bottega che operò, nel corso di vari anni, all’interno del medesimo cimitero – come gli studi di Norbert Zimmermann1 hanno dimostrato – dall’altra è necessario domandarsi perché questi presunti pittori avrebbero dovuto segnare solo alcuni affreschi con tali simboli, posti in maniera del tutto ponderata. Sono infatti, come si diceva, esclusivamente i personaggi santi a presentarli sul pallio e, soprattutto, nonostante siano ripetute talvolta le stesse scene, non è la totalità di esse a venirne interessata. Per portare un esempio, sono numerose le scene di miracoli in catacomba, ma non tutte presentano Cristo con un pallio contrassegnato da gammadia. Questo fenomeno è perciò localizzato in alcuni ambienti. La stessa caratteristica

Non esistono distinzioni di genere: uomini e donne indossano l’abito della filosofia con le c.d. gammadiae che si presentano sia in forma di striscia dentata, sia angolare. Le scoperte archeologiche, che si sono susseguite nel corso degli anni, hanno fatto sì che l’ipotesi più diffusa e avanzata da Yadin negli anni ʽ60 venisse superata da nuove percezioni. Questo però è un lavoro che si è basato essenzialmente sulle catacombe romane e che ha considerato le ulteriori testimonianze per ottenere confronti e per provare a far crollare quei muri che dividevano l’arte cristiana propriamente detta da quella profana. Si è visto come il termine gammadia sia stato usato in maniera impropria e come ne sia derivata una generale confusione nata soprattutto da controlli non effettuati in

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Conclusioni può essere evidenziata nel cimitero dei SS. Pietro e Marcellino nell’arco di tutto il IV secolo d.C.

tra gli egiziani che popolavano alcuni dei maggiori centri produttori di stoffe, fino a giungere in Nubia.

L’impressione che ne deriva è che le c.d. gammadiae non fossero inserite sul pallio di questi personaggi in maniera casuale, oppure perché facenti parti del repertorio standard di alcune botteghe, ma piuttosto che questi simboli fossero stati “ereditati” da una tradizione seguita solo da determinate persone, quegli stessi che desideravano porli sul pallio dei santi e di Cristo rappresentati sui pregiati vetri dorati. È quindi sui committenti che ricade l’attenzione: sono questi stessi infatti a decidere il programma decorativo che dovrà ricoprire i loro sepolcri, seguendo un determinato ragionamento simbolico che privilegerà alcune scene piuttosto che altre2, e saranno le maestranze ad eseguirne le direttive3.

Si può parlare dunque di cristiani ellenisti? Oppure, effettuando un’ipotesi forse un po’ azzardata per mancanza di prove assolutamente certe, di giudeo-cristiani sepolti all’interno delle catacombe4, considerando anche il fatto che a Dura Europos fosse solo la sinagoga a presentare gammadiae a differenza della domus ecclesiae cristiana? Entrambi i quesiti potrebbero essere possibili, ma non possedendo null’altro che affreschi corredati da simboli che comunicano a noi archeologi solo una piccola parte di storia, tutto è destinato – almeno per il momento – a rimanere nel campo ipotetico, prendendo però atto delle ulteriori considerazioni che l’analisi sistematica, effettuata con l’ausilio indispensabile del GMS, ha contribuito a poter fissare.

L’ipogeo anonimo di via Dino Compagni fornisce forse qualche particolare in più rispetto ai due grandi cimiteri comunitari già nominati. In quest’ultimo, infatti, si nota una spiccata scelta nei temi adottati che non fanno riferimento esclusivo al Nuovo Testamento, bensì in gran parte al Vecchio, evidenziando una compenetrazione della cultura di stampo giudaico con la sua diretta discendente cristiana. L’ipogeo di via Dino Compagni mostra, inoltre, uno stile elevato che riprende quelle caratteristiche grecoellenistiche che non possono essere ignorate nell’ambito di una ricerca simile. Le gammadiae costellano l’ipogeo, sono poste sul pallio di personaggi illustri per il giudaismo e per il cristianesimo, mentre si evita di utilizzarle per quelli relativi alla mitologia pagana, alle probabili scene di vita quotidiana – se si legge il quadro della c.d. lezione di filosofia/medicina come rappresentazione del reale e non come una raffigurazione metaforica – oppure nell’ambito della sola scena cruenta, quella di Sansone che uccide i Filistei con la mascella d’asino.

Nell’ambito dell’analisi topografica sarà bene specificare un ulteriore elemento: la presenza delle gammadiae non appare relazionata in alcun modo all’estensione della catacomba. Lo dimostrano le catacombe di San Callisto o di Pretestato che, nonostante siano composte di centinaia di gallerie e di più piani, presentano pochissimi esemplari di gammadiae; un altro caso è la catacomba di Priscilla, il cui unico cubicolo con i simboli in esame è quello di Lazzaro, a conferma del fatto che essi si diffondano a partire certamente da un determinato periodo cronologico, ma che al contempo la loro diffusione non sia influenzata dalla numerosa presenza di affreschi e dall’espansione dello spazio cimiteriale. Si è detto che il filo rosso che collega le varie testimonianze corrisponda al significato simbolico alludente alla sfera del sacro, al valore morale, all’elevazione spirituale di cui sono investiti determinati personaggi. Logicamente, nel cristianesimo tutto ciò corrisponde alla caratteristica di santità ed è perciò che Cristo, gli apostoli e i martiri indossano l’abito filosofico per eccellenza – tunica e pallio – adornato con gammadiae. I vetri dorati, facenti parte delle c.d. “arti minori”, rimarcano tanto più il legame tra santità e apposizione della gammadia sull’abito.

Ritorna evidente un ragionamento, una scelta dietro l’apposizione dei nostri curiosi simboli, ma soprattutto è possibile forse pensare a un substrato culturale preciso che ha accomunato le manifestazioni artistiche dell’Egitto greco-romano, con quelle ebraiche e infine con quelle delle catacombe romane: l’ellenismo. Le persone sepolte nelle catacombe romane che decisero di inserire le c.d. gammadiae seguivano una tradizione sviluppatasi secoli prima, tra gli ebrei della Diaspora e

Ma le gammadiae corrispondono a lettere? Oppure sono clavi particolari senza alcun significato abbinato? La risposta a queste due domande fondamentali sarà “né l’una, né l’altra”. Come abbiamo visto, vi è una sostanziale differenza tra clavi e gammadiae. Si percepisce visivamente quale sia la diversità tra decorazioni angolari, che presentano frequentemente ulteriori motivi al loro interno, e le vere e proprie gammadiae, il cui riempimento risulta

2 Come dimostrato dal breve studio di Verena Fugger, l’attenta analisi delle pitture disposte nei cubicoli riconduce a precise scelte operate dai committenti e proprietari dell’ambiente funerario: F 2017, pp. 6974. 3 Per citare Paola De Santis: «[…] le decorazioni sono rivolte soprattutto ai committenti stessi e al ristretto gruppo di riferimento, cioè a coloro che potevano avere libero accesso alle camere, spesso provviste di sistemi di chiusura». Cfr. D S 2017, pp. 717-739 (in particolare p. 734). Frequentemente la decorazione è fine a se stessa, rivestendo uno scopo augurale e simbolico, senza dover essere osservata da ogni utente del cimitero. La catacomba, infatti, è uno spazio cimiteriale di uso pubblico, non un vero e proprio monumento da rivestire con scene che lo elevino a una determinata magnificenza, come invece potrebbe essere una basilica del sopratterra.

Si tratta, a mio avviso, di un’ipotesi da non scartare in quanto è attestato il fenomeno delle frequentazioni miste degli spazi sepolcrali. Si vd. D S 2017, pp. 717-739. I giudeocristiani erano forse più vicini ai cristiani che non agli ebrei, i quali a un certo punto si differenziano utilizzando cimiteri propri. 4

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma semplice, in rosso scuro, blu o nero. Le gammadiae inoltre non corrispondono a lettere, almeno nella loro parte di storia più “antica”. Dal I al III secolo d.C. sui frammenti di tessuto egiziani e israeliani, sui teli funebri, sulle maschere, sui sarcofagi e sui ritratti egiziani, così come negli affreschi della sinagoga di Dura Europos le c.d. gammadiae assumono una forma angolare o di striscia dalle terminazioni dentate o bipartite, con un profilo piuttosto spesso, eccetto pochissimi casi in Egitto che appaiono più sottili. Curiosamente, a Roma, l’unica gammadia appartenente alla “vecchia” categoria dentata sembra al momento consistere in quella rappresentata nel cubicolo di Milziade nelle catacombe di S. Callisto. A Roma, perciò, le c.d. gammadiae mutano forma. Sono gli artisti a interpretarle diversamente: una striscia dentata tracciata velocemente finisce per assomigliare a una I dagli apici grandi e spessi, fino ad essere considerata una lettera e affrescata come tale. La stessa gammadia segue talvolta l’inclinazione del pallio del personaggio in movimento: gli apici, già assottigliati, si accorciano perché proseguono sul lembo del pallio piegato e l’asta principale si inclina, diventando obliqua. Ecco come si ha l’impressione che quella stessa gammadia diventi improvvisamente una lettera Z rivolta verso destra, mentre è solo una “illusione ottica” involontaria. La gammadia, nei primi secoli dell’arte cristiana, è una sola: quella dalla forma di striscia dentata che a Roma è stata ridotta a un simbolo somigliante a una I.

Le gammadiae hanno definitivamente abbandonato le catacombe, già dal V secolo, per esplodere figurativamente nei mosaici delle basiliche del sopratterra, non solo a Roma, ma anche a Milano e soprattutto a Ravenna, dove nella teoria dei santi nella basilica di Sant’Apollinare Nuovo ancora ci osservano. Sono mutate, somigliando a lettere, a foglie, a simboli di varia forma e, come tali, rimangono al momento incomprese e inspiegabili. L’usanza delle gammadiae rimarrà all’interno del cristianesimo fino ancora al XIV secolo d.C., in pieno Medioevo, per poi abbandonare per sempre il mondo della simbologia ed essere curiosamente ripresa nel XX secolo, in un revival paleocristiano. Un elemento però permane costante in tutta la loro lunghissima “vita” iconografica: il criterio di scelta con cui sono state assegnate ai personaggi moralmente elevati, spiritualmente superiori e autorevoli. Nel corso di questo studio sono stati chiariti alcuni dubbi e forse rischiarati alcuni aspetti, come quello del presunto raddoppiamento o geminazione delle gammadiae sul pallio. Quest’ultimo fenomeno, considerato talvolta simbolico, appartiene in realtà a una semplice questione prospettica. Il pallio di questa tipologia prevedeva quattro gammadiae ai rispettivi angoli ed è possibile verificarlo confrontando alcune testimonianze materiali fortunatamente conservate. Nelle rappresentazioni, a seconda della posizione assunta dal personaggio, può essere visibile una gammadia, altre volte ne vediamo due, raramente tre soprattutto quando le figure sono ritratte di tre quarti, come avviene ad esempio nei mosaici della cupola dei battisteri ravennati. Un’attenta osservazione potrà rivelare come sullo stesso pallio non siano mai presenti gammadiae differenti – eccezion fatta, allo stato attuale di questi studi, per il pallio di S. Stefano nella cappella dell’anfiteatro di Durazzo in Albania, nel primo VII secolo d.C. – ma si tratterà sempre di simboli identici tra loro, a volte ribaltati lungo l’asse verticale per questioni prospettiche. È proprio a questo punto che, riprendendo un’osservazione già fatta relativamente all’episodio dell’emorroissa5, non si può fare a meno di notare come le c.d. gammadiae siano collocate ai quattro angoli esattamente come gli tzitzit nella tradizione ebraica. È possibile pensare a una trasposizione, almeno dal giudaismo al cristianesimo, del simbolismo del vestiario che non si è perso, ma è mutato figurativamente: mentre gli ebrei – inclusi i patriarchi della sinagoga di Dura Europos – indossano la tunica con gli tzitzit, Cristo, i santi e gli apostoli sono avvolti dal pallio seguendo la tradizione romano-ellenistica. Lo tzitzit quindi scompare, mantenendo però la concentrazione simbolica e il “potere” ai quattro angoli, il quale viene perciò segnalato dalle c.d. gammadiae.

Al fianco di questa unica gammadia si accosta il simbolo della svastica rotante verso sinistra apposta raramente sul pallio di Cristo e, in un solo caso, su quello dell’arcangelo Raffaele, nel cimitero dei Giordani. Verso la seconda metà del IV secolo d.C. fa la sua comparsa, o per meglio dire, ricomparsa, il segno angolare interpretato in catacomba come lettera L. Lo vediamo in due soli casi nell’ipogeo anonimo di via Dino Compagni e in nessun altro cimitero, finché le gammadiae emergono e i mosaici accolgono nuovamente tipologie che sembravano abbandonate per sempre: sul mosaico dell’arco trionfale della basilica romana di Santa Maria Maggiore, Pietro e Paolo presentano sul proprio candido pallio due gammadiae dalla forma angolare e dalle estremità dentate. Mentre in superficie le gammadiae subiscono un’evoluzione e, probabilmente, una perdita progressiva della morfologia iniziale, in catacomba esse ritornano verso la metà del VI secolo d.C. nel cimitero di Commodilla e, nello specifico, nell’affresco con la Traditio Clavium. Ormai la tipologia medievale si sta affermando e le gammadiae prevedono alcune appendici terminanti con un piccolo orbicolo; compare addirittura la lettera P sul pallio di Pietro, forse alludendo all’iniziale del suo nome. Nello stesso periodo, abbiamo le gammadiae nel cimitero di Ponziano, sul pallio dei SS. Marcellino e Pollione e quella sul pallio di Felice con l’affresco di Turtura ancora a Commodilla. Verso la metà del VII secolo, si registrano le ultime testimonianze in catacomba con il ritratto di San Luca nella basilichetta di Commodilla e con il sepolcro affrescato di Merita.

In sintesi si può dire come le c.d. gammadiae abbiano ricoperto un ruolo di indicatore di santità e di giustezza

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B

2014, pp. 11-13.

Conclusioni rispettivamente nella religione cristiana e giudaica, mentre in campo profano fossero usate per indicare personaggi autorevoli e dalla moralità elevata, giudici, anziani in relazione con rappresentazioni teatrali e quindi afferenti il campo culturale, o particolari divinità. Il come e il perché esse siano nate rimane comunque un mistero, al momento irrisolvibile. Forse gli studi archeologici, iconografici, tessili e antropologici potranno in futuro svelare completamente il mistero della genesi di questi simboli, dissipando la nebbia che ancora parzialmente le avvolge. Desidero terminare questo studio con una frase di Antonio Quacquarelli, ricordandolo ancora una volta per aver affrontato, nonostante tutto, un simile difficoltoso tema, quasi privo di fonti e suscettibile di numerose critiche: «Il cammino della scienza è irto di difficoltà, di pericoli e di enormi ostacoli. Per percorrerlo bisogna partire dall’umiltà»6.

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1970b, p. 332.

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Appendice 1 Elenco generale delle c.d. gammadiae Il seguente catalogo venne ideato e redatto in occasione di un primo studio intrapreso per la redazione della tesi di Licenza consegnata presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana nel 2013, durante il quale vennero considerate anche le testimonianze musive per riuscire a comprendere quali e quanti cambiamenti morfologici fossero stati effettuati nel corso dei secoli. Lo scopo di quello studio era, infatti, quello di fornire un primitivo quadro generale e completo sul problema delle gammadiae, senza soffermarsi su casi specifici.

Gammadia n. 1111

Gammadia n. 1212

Gammadia n. 1313

Gammadia n. 1414

Con il proseguimento del lavoro, confluito nella tesi di Dottorato e poi nel presente volume, la catalogazione degli affreschi catacombali e una più approfondita conoscenza di ulteriori monumenti, è stato possibile ampliare quell’elenco fino a comprendere 104 varianti morfologiche. Si è voluto però specificare quali fossero i monumenti interessati da determinate gammadiae, indicando questi dati in nota, e ponendo un asterisco laddove i simboli debbano essere considerati diversamente.

Gammadia n. 1515

Gammadia n. 1616

Gammadia n. 1717

Gammadia n. 11

Gammadia n. 1818

Gammadia n. 22

Gammadia n. 1919

Gammadia n. 33

Gammadia n. 2020

Gammadia n. 44

Gammadia n. 2121

Gammadia n. 55

Gammadia n. 2222

Gammadia n. 66

Gammadia n. 2323

Gammadia n. 77

Gammadia n. 2424

Gammadia n. 88

Gammadia n. 2525

Gammadia n. 99

Gammadia n. 2626

Gammadia n. 1010

Gammadia n. 2727

148

Appendice 1

Gammadia n. 2828

Gammadia n. 4848

Gammadia n. 2929

Gammadia n. 4949

Gammadia n. 3030

Gammadia n. 5050

Gammadia n. 3131

Gammadia n. 5151

Gammadia n. 3232

Gammadia n. 5252

Gammadia n. 3333

Gammadia n. 5353

Gammadia n. 3434 Gammadia n. 5454 Gammadia n. 3535 Gammadia n. 5555 Gammadia n. 3636 Gammadia n. 5656 Gammadia n. 3737 Gammadia n. 5757 Gammadia n. 3838 Gammadia n. 5858 Gammadia n. 3939 Gammadia n. 5959 Gammadia n. 4040 Gammadia n. 6060 Gammadia n. 4141 Gammadia n. 6161 Gammadia n. 4242 Gammadia n. 6262 Gammadia n. 4343 Gammadia n. 6363 Gammadia n. 4444 Gammadia n. 6464 Gammadia n. 4545 Gammadia n. 6565 Gammadia n. 4646

*

Gammadia n. 6666 Gammadia n. 4747

*

149

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

Gammadia n. 6767

Gammadia n. 8686

Gammadia n. 6868

Gammadia n. 8787

Gammadia n. 6969

Gammadia n. 8888

Gammadia n. 7070

Gammadia n. 8989

Gammadia n. 7171

Gammadia n. 9090

Gammadia n. 7272

Gammadia n. 9191

Gammadia n. 7373

Gammadia n. 9292

Gammadia n. 7474

Gammadia n. 9393

Gammadia n. 7575

Gammadia n. 9494

Gammadia n. 7676

Gammadia n. 9595

Gammadia n. 7777

Gammadia n. 9696

Gammadia n. 7878

Gammadia n. 9797

Gammadia n. 7979

Gammadia n. 9898

Gammadia n. 8080

Gammadia n. 9999

*

Gammadia n. 8181

Gammadia n. 100100

Gammadia n. 8282

Gammadia n. 101101

Gammadia n. 8383

Gammadia n. 102102

Gammadia n. 8484

Gammadia n. 103103

Gammadia n. 8585

Gammadia n. 104104

*

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Appendice 1 Pallio di S. Paolo, cupola del battistero degli Ariani a Ravenna. Pallio di S. Mauro, catino absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 3 Pallio del X Apostolo dopo S. Paolo, cupola del battistero degli Ariani a Ravenna. 4 Pallio del X Apostolo dopo S. Paolo, cupola del battistero degli Ariani a Ravenna. 5 Pallio di S. Bartolomeo, S. Andrea e S. Giovanni, arco absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 6 Tunica di bambino proveniente da Achmim Panopolis, Musei Vaticani. Cfr. V 1942, tav. XXIV. 7 Pallio di S. Bartolomeo, cupola del battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio di uno dei tre personaggi nimbati nella visione di Mambre, basilica di San Vitale a Ravenna. 8 Pallio di S. Giovanni, S. Ursicino e S. Sebastiano, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 9 Veste dell’uomo dietro Caifa nella scena di Cristo che si dirige verso il Calvario e sulla veste del Fariseo nel pannello relativo alla nota parabola, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 10 Pallio di S. Clemente e di S. Proto, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 11 Pallio di un arcangelo nella scena dell’Annunciazione, arco trionfale di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di un angelo sull’arco absidale della basilica di S. Michele in Afracisco di Ravenna. 12 Pallio di un arcangelo nella scena dell’Annunciazione riportata sull’arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. 13 Pallio di S. Policarpo e di S. Giovino, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 14 Pallio di S. Giovanni Battista, pannello singolo tra le finestre dell’abside della basilica Eufrasiana di Parenzo; pallio di S. Pietro e forse su quello di S. Ciriaco, cappella di S. Teodoto nella Chiesa di S. Maria Antiqua a Roma. 15 Pallio di S. Bartolomeo, battistero degli Ortodossi a Ravenna. 16 Pallio di S. Cassiano, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 17 Pallio di S. Giuda, arco absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 18 Pallio di S. Vitale, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 19 Pallio di S. Apollinare e di S. Vincenzo, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 20 Pallio di S. Simone, arco absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 21 Pallio del filosofo accanto ad Afrodisio di Sotine e pallio di Cristo nella medesima scena, arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Cristo bambino in trono nella scena dell’Adorazione dei Magi, arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Mosè nella scena della consegna della Legge, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Giosuè nella scena della lotta contro gli Amaleciti, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Mosè nella scena delle acque di Mara, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Lot nella scena della separazione da Abramo, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Abramo e dell’angelo a destra nella visione di Mambre, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di San Giovanni Evangelista, mosaico dell’abside del Torriti della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di S. Giacomo Minore, abside della basilica di S. Giovanni in Laterano; pallio di un profeta nelle girali di vite, volta della nicchia nel mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di S. Paolo, Collegio Apostolico di S. Aquilino a Milano; pallio di S. Pietro, catino absidale della basilica di S. Maria in Trastevere a Roma. È registrata la presenza di questa gammadia anche in catacomba. 22 Pallio del IX apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna. 23 Pallio del VI apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna. 24 Pallio di un apostolo, mosaico della Dormitio Virginis di Torriti nell’abside della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È registrata la presenza di questa gammadia in catacomba, sia in ambito romano che in ambito napoletano. 25 Pallio di Cristo, catino absidale della basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di Abramo nel sacrificio di Isacco, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di S. Pietro, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio di Cristo nella Maiestas Domini di Rusuti, facciata della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. Questa gammadia è registrata in catacomba sia in ambito romano che in ambito napoletano. 26 Pallio di S. Giovanni, battistero degli Ortodossi a Ravenna. 27 Pallio di due apostoli sopra la lunetta di S. Lorenzo, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di un apostolo nella lunetta sopra il sarcofago, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di S. Paolo nella lunetta con Pietro e Paolo, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio del profeta nella volta sopra il sarcofago con racemi di vite, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di Abramo nel registro inferiore della visione di Mambre, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma;

pallio di S. Pietro, del II apostolo dopo Paolo e dell’ultimo apostolo dalla parte di Paolo, Collegio Apostolico di S. Aquilino a Milano; pallio di Cristo e di S. Paolo, basilica dei SS. Cosma e Damiano a Roma; pallio di S. Giacomo Maggiore, abside della basilica di S. Giovanni in Laterano; pallio dei profeti in mosaico, pareti del battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio di S. Protasio, S. Demetrio e S. Crisogono, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di Abramo e di Noè, volta della cappella della pace nel monastero di El-Bagawat; pallio dell’apostolo nel pannello sud del tamburo del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli; pallio dell’angelo seduto nell’annuncio della Resurrezione alle pie donne nel pannello sud-ovest del tamburo del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli; pallio dell’apostolo nel pannello ovest del tamburo del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli; dal pallio di Cristo nel pannello con la Samaritana al pozzo nella cupola del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli. È la gammadia più diffusa in ambito catacombale romano, oltre che in quello napoletano e siracusano. È presente anche nell’ipogeo di S. Maria in Stelle a Verona. 28 Pallio di S. Lorenzo, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di S. Paolo nella lunetta con i SS. Pietro e Paolo, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio dei SS. Felice, Nabore, Protasio e Gervasio, sacello di S. Vittore in Cielo Aureo a Milano; pallio di S. Lorenzo, S. Paolo, S. Pietro e S. Clemente, arco absidale della basilica di S. Clemente al Laterano a Roma; pallio di S. Pietro, mosaico absidale della basilica di S. Maria in Trastevere a Roma. 29 Pallio di S. Paolo, cappella di Teodoto in Santa Maria Antiqua a Roma. 30 Pallio di Cristo, Triclinio Lateranense in Roma. 31 Questa gammadia costituisce un unicum ed è tratta dal pallio dell’angelo che ferma Balaam nel cubicolo F dell’ipogeo di via Dino Compagni in Roma. 32 Pallio di Abramo e dell’angelo centrale nella visione di Mambre, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; veste di San Giovanni Battista, mosaico dell’abside del Torriti della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Giuda Zelota, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio dell’angelo centrale nella visione di Mambre, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di S. Paolo, Cristo e S. Pietro, mosaico absidale della basilica di S. Teodoro a Roma; pallio dei SS. Bartolomeo e Matteo, abside della basilica di S. Giovanni in Laterano. Compare una sola volta nelle catacombe romane. 33 Tratta da sarcofagi dell’Egitto alessandrino precedentemente analizzati e da vari mosaici ravennati nei quali però è spesso rappresentata per metà. 34 Pallio dei SS. Iacopo e Filippo, arco absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 35 Pallio di due apostoli, Triclinio Lateranense a Roma; pallio di un apostolo, arco trionfale della basilica di S. Prassede a Roma; pallio di S. Paolo e di S. Pietro, abside della basilica di S. Cecilia in Trastevere a Roma. 36 Pallio di S. Paolo a lato del trono dell’Etimasia, arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Cristo, abside della basilica di S. Pudenziana a Roma (anticamente era una I); pallio di S. Pancrazio, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di cinque angeli, arco absidale della basilica di S. Michele in Afracisco di Ravenna; pallio di S. Pietro, pennacchio destro del Triclinio Lateranense a Roma; pallio dei SS. Andrea e Pietro, abside della basilica di S. Maria Nova a Roma; probabilmente presente sul pallio di vari apostoli sia nella chiesa di S. Agata dei Goti a Roma che in quella di S. Andrea in Catabarbara. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Stefano nella basilichetta di Commodilla. 37 Pallio di S. Pietro, arco trionfale della basilica di S. Paolo f. l. m. a Roma; probabilmente rappresentata sul pallio di vari apostoli nelle decorazioni musive di S. Agata dei Goti e S. Andrea in Catabarbara a Roma. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Stefano nella basilichetta di Commodilla. 38 Pallio di Simone Cananeo, battistero degli Ortodossi a Ravenna. È presente anche sulle vesti delle due donne, precedentemente esaminate, nella scena di Mosè salvato dalle acque nella sinagoga di Dura Europos. 39 Pallio dei SS. Pietro, Giovanni, Simone Cananeo e Matteo, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio dell’Arcangelo Gabriele nella scena di Annunciazione nella basilica Eufrasiana di Parenzo; pallio di S. Proietto, arco absidale della basilica Eufrasiana di Parenzo. 40 Pallio del III e dell’VIII apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani di Ravenna; pallio di due apostoli, Triclinio Lateranense a Roma. 41 Pallio dei due arcangeli, abside della basilica Eufrasiana di Parenzo; pallio del II e dell’VIII apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio dei SS. Felice e Ippolito, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di due apostoli, Tricilinio Lateranense a Roma. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Felice nella basilichetta di Commodilla.

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma 42 Pallio di S. Paolo, arco trionfale della basilica di S. Paolo f. l. m. a Roma. 43 È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Paolo nella lastra incisa conservata ad Anagni. 44 Pallio di Pietro, mosaico dell’abside del Torriti della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di un profeta nella girale vitinea, mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; pallio di Cristo, abside della basilica di S. Michele in Afracisco di Ravenna; pallio di un angelo, presbiterio della basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio dei SS. Gervasio e Lorenzo, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio dei SS. Pietro e Paolo, arco trionfale della basilica di S. Prassede a Roma. 45 Pallio di Abramo nella scena di separazione da Lot, basilica di S. Maria Maggiore a Roma. 46 Pallio di un angelo, presbiterio della basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di S. Stefano nel mosaico della basilica di S. Asteio a Durazzo. Viene utilizzata anche sulle mense d’altare e sulle tende nei mosaici come decorazione angolare. 47 Allo stato attuale delle ricerche, sembra essere stata utilizzata unicamente come decorazione angolare sulle mense d’altare e sulle tende nei mosaici. Ho ritenuto opportuno mantenerla nel catalogo poiché è probabile che, in altre testimonianze a me al momento sconosciute, possa essere presente. 48 Pallio di S. Pietro, S. Paolo e vari altri apostoli, monastero di ElBawit; pallio di Pietro, nicchia 17, n. 6, Museo Copto di Bawit. 49 Opposta alla 48. Al momento non è registrata la sua presenza nei monumenti considerati. 50 Pallio del I apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio del V profeta, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di tre angeli, arco absidale della basilica di S. Michele in Afracisco di Ravenna; pallio dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista, oratorio di S. Venanzio presso il Battistero Lateranense. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Pollione nelle catacombe di Ponziano. 51 Pallio del III, V e VII apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio di S. Elpidio, abside della basilica Eufrasiana di Parenzo; pallio di S. Paolo e due apostoli, Triclinio Lateranense a Roma; pallio di un apostolo, arco trionfale della basilica di S. Prassede a Roma. 52 L’unica testimonianza è registrata in catacomba sul pallio di S. Luca nella basilichetta di Commodilla. 53 Pallio dei SS. Cornelio e Cipriano, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Paolo nella basilichetta di Commodilla. 54 Pallio di S. Eleuterio, abside della basilica Eufrasiana di Parenzo; pallio di S. Pietro, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio dei SS. Cipriano e Paolo, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di S. Anastasio, oratorio di S. Venanzio presso il Battistero Lateranense a Roma. 55 Pallio di due apostoli, Triclinio Lateranense a Roma. 56 Pallio di Cristo, abside della basilica di S. Prassede a Roma; pallio dei SS. Pietro e Paolo, arco trionfale della basilica di S. Prassede a Roma. 57 Pallio di due apostoli, Triclinio Lateranense a Roma. 58 Pallio di tre apostoli, Triclinio Lateranense a Roma; pallio dei SS. Pietro e Paolo, abside della basilica di S. Prassede a Roma; pallio di S. Pietro, cappella di S. Teodoto nella Chiesa di S. Maria Antiqua a Roma. 59 Si tratta di un unicum presente solo in catacomba sul pallio di Cristo nel vano precedente il cubicolo degli apostoli nella catacomba di S. Tecla. 60 Pallio di S. Sisto, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 61 Pallio di S. Sisto, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 62 Pallio di un apostolo, Triclinio Lateranense a Roma. 63 Pallio di S. Sabino, basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna; pallio di S. Pietro, abside della basilica di S. Giovanni in Laterano. 64 Pallio di un apostolo, Triclinio Lateranense a Roma. 65 È presente una sola volta in catacomba sul pallio di S. Pietro nell’affresco della basilichetta di Commodilla. 66 Pallio di S. Paolo, oratorio di S. Venanzio presso il Battistero Lateranense; pallio di un apostolo, di Pietro e Paolo, arco trionfale della basilica di S. Prassede a Roma; pallio di S. Pietro, arco trionfale della chiesa dei SS. Nereo ed Achiello alle Terme di Caracalla; pallio di Cristo, mosaico del Torriti nell’abside della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È presente una sola volta in catacomba sul pallio di Cristo nelle catacombe dei SS. Pietro e Marcellino. 67 È presente sulla veste della defunta Cominia nell’arcosolio di Cominia e Nicatiola nelle catacombe di S. Gennaro a Napoli. 68 Si trova solo nelle testimonianze catacombali romane esaminate e sulle vesti militari. 69 Si trova solo nelle testimonianze catacombali romane esaminate. 70 Pallio di un israelita nella scena della consegna della Legge a Mosè, basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È presente una volta soltanto in catacomba, nel cimitero dei Giordani.

71 Questo simbolo è stato registrato come gammadia in quanto collocato nella stessa posizione delle lettere sacre e in quanto anche a Ravenna si trovano numerose testimonianze di gammadiae dalle più svariate forme. È collocato sulla veste di una delle donne nel pannello con la strage degli innocenti sull’arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. 72 Si vd. la nota precedente per il motivo dell’inserimento nel catalogo. È collocato sulla veste di un soldato al seguito di Afrodisio di Sotine sull’arco trionfale della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È però un elemento da considerare, più probabilmente, come decorazione, poiché è stato ritrovato, ad esempio, su un frammento di tessuto, datato tra III e V secolo d.C. della collezione Bouvier, conservato presso il Museé d’art et d’histoire de Fribourg, cfr. S 1991, fig. 4, p. 76. 73 Si vd. le note precedenti per il motivo relativo al suo inserimento nel catalogo. Questo simbolo si trova sull veste di un anziano al seguito di Caifa nel pannello in cui Cristo viene condotto verso il Calvario nella navata mediana della basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna. 74 Nonostante si tratti di un semplice quadrato riempito, ho personalmente preferito inserirlo poiché presente spesso sulla veste di personaggi nelle scene della Passione e dei miracoli/parabole rappresentate nella navata mediana della basilica di S. Apollinare Nuovo a Ravenna (nello specifico: sulla veste di un uomo nell’episodio della cattura di Cristo; sulla veste dell’uomo con il mantello rosso dietro a Cristo nel momento in cui quest’ultimo è condotto davanti a Caifa; sulla veste di un anziano al seguito di Caifa quando Cristo è condotto al cospetto di Pilato; sulla veste dei due discepoli sulla via di Emmaus; sulla veste del pubblicano nel pannello relativo alla parabola; sulla veste del paralitico; dorato sulla veste del Vergine in trono). 75 Pallio di S. Marco Evangelista, pannello singolo nella basilica di S. Vitale a Ravenna. 76 Pallio di S. Paolo e di Giuda Zelota, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio di 3 arcangeli, cappella Arcivescovile di Ravenna; pallio di due arcangeli, abside della basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di Mosè che riceve la Legge, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di Mosè che entra nel roveto ardente, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio del profeta Geremia, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di un angelo, presbiterio della basilica di S. Vitale a Ravenna; in S. Apollinare Nuovo a Ravenna si trova: sul pallio di Cristo e di Pietro nella scena della pesca miracolosa; sul pallio dell’apostolo d’accompagnamento nella scena della Samaritana al pozzo; sul pallio di Cristo nella scena della guarigione dei ciechi; sul pallio dell’apostolo di accompagnamento nella scena della guarigione dell’emorroissa; sul pallio di Cristo nella scena della guarigione dell’ossesso di Gerasa; sul pallio di Cristo e dell’apostolo d’accompagnamento nella scena della guarigione del paralitico di Cafarnao; sul pallio di Cristo nella scena dell’obolo della vedova; sul pallio dei due apostoli nella scena della moltiplicazione dei pani; sul pallio dell’apostolo di accompagnamento nella resurrezione di Lazzaro; sul pallio dell’apostolo nella scena della guarigione del paralitico di Bethesda; sul pallio di Cristo nella scena del Ter Negabis; sul pallio di Pietro nella scena di Cristo sul monte degli ulivi; sul pallio di Pietro nella scena del bacio di Giuda; sul pallio di Cristo nella scena della sua cattura; sul pallio di Giuda nella restituzione dei 30 denari; sul pallio di Pietro nella scena dell’incredulità di Tommaso; sulla veste di tre arcangeli e su quella di Gesù Bambino in braccio alla Vergine in trono; sul pallio dei quattro arcangeli ai lati di Cristo in trono; sulle vesti di svariati profeti nella fascia più alta tra le finestre della navata mediana (solo uno di essi è sprovvisto della gammadia). Era forse presente sul pallio dell’angelo di S. Matteo nella basilica di S. Vitale a Ravenna (se ne vede solo metà) e vale lo stesso per Mosè che pascola il gregge e Abramo nel sacrificio di Isacco. 77 Pallio di Giacomo di Zebedeo e di Matteo, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio di un arcangelo, cappella Arcivescovile a Ravenna; nella basilica di S. Vitale a Ravenna è presente sul pallio di: Mosè che riceve la Legge; forse sul pallio dell’Evangelista Giovanni (se ne vede solo metà); sul pallio di S. Matteo; nella basilica di S. Apollinare Nuovo è riscontrabile sul pallio di: Cristo nella scena della Samaritana al pozzo; di Cristo nella resurrezione di Lazzaro; dell’apostolo nella scena della guarigione dei ciechi; di Cristo nella guarigione dell’emorroissa; dell’apostolo nella guarigione dell’ossesso; dell’apostolo nella scena dell’obolo della vedova; di Cristo nella scena della moltiplicazione dei pani; dell’apostolo nella scena delle nozze di Cana; di Cristo nella scena della guarigione del paralitico di Bethesda; di Pietro nella scena del Ter Negabis; di Cristo davanti a Caifa; di Cristo davanti a Pilato; di Cristo verso il Calvario; di Cristo sulla via di Emmaus; di Cristo nell’Ultima Cena; di Cristo sul monte degli ulivi; di Cristo e dei due apostoli nella scena del bacio di Giuda; di Tommaso nella scena della sua incredulità; di un arcangelo a lato della Vergine in trono con Bambino; di vari profeti nella fascia tra le finestre. 78 È presente un solo caso sul pallio di S. Lorenzo nell’arco trionfale della basilica di S. Lorenzo f. l. m. a Roma.

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Appendice 1 79 Pallio del I apostolo dopo S. Paolo, battistero degli Ariani a Ravenna; pallio dell’Arcangelo Gabriele e Michele, abside della basilica di S. Michele in Afracisco di Ravenna; pallio del personaggio nimbato di sinistra nella visione di Mambre, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di S. Luca Evangelista, basilica di S. Vitale a Ravenna; pallio di S. Paolo, fronte dell’arcosolio di Cerula nelle catacombe di S. Gennaro a Napoli. È sicuramente una delle più diffuse in ambito catacombale. 80 Allo stato attuale delle ricerche, è riferibile esclusivamente alle decorazioni di tende e mense. È probabile però che esistano altre testimonianze, al momento a me sconosciute, che le presentino. 81 Si vd. la nota precedente. 82 Pallio dei profeti in stucco, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio del II apostolo da sinistra, di Cristo e S. Paolo, Collegio Apostolico di S. Aquilino a Milano; pallio dei personaggi al lato di Giosuè che riceve l’ordine di combattere e nella lotta contro gli Amaleciti, navata mediana della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Mosè nel ritorno degli esploratori di Canaan, navata della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di S. Pietro e di altri apostoli, mosaico della Dormitio Virginis del Torriti nell’abside della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; veste di Simeone e lembo del pallio di Giuseppe, mosaico della presentazione di Gesù al Tempio del Torriti nell’abside della basilica di S. Maria Maggiore a Roma; pallio di Paolo, mosaico dell’abside del Torriti della basilica di S. Maria Maggiore a Roma. È presente un solo caso nelle testimonianze catacombali romane, ovvero sulla lastra incisa proveniente dal Cimitero Maggiore. 83 Pallio di un profeta in stucco, battistero degli Ortodossi a Ravenna; pallio di Cristo, Collegio Apostolico di S. Aquilino a Milano. 84 Costituisce un unicum ed è presente su un vetro dorato proveniente dalle catacombe romane (scheda 84.1). 85 Vesti di tre monaci nell’affresco della cappella XXVI, monastero di El-Bawit; pallio di S. Pietro, cappella di S. Teodoto nella Chiesa di S. Maria Antiqua. Presente numerose volte in ambito catacombale romano. 86 È raramente presente nel sottosuolo cimiteriale romano. 87 Appartiene alla categoria delle gammadiae dentate che si ritrovano sui tessuti e sulle testimonianze funerarie dell’Egitto alessandrino. Si ritrova anche sul pallio di un apostolo nel pannello ovest del tamburo della cupola del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli. 88 È presente sulla veste delle due donne nella scena di Mosè salvato dalle acque nella sinagoga di Dura Europos. Fa parte delle prime testimonianze riscontrabili inoltre su tessuti e su reperti funerari dell’Egitto alessandrino. Si ritrova anche sul pallio di un apostolo nel pannello sud del tamburo della cupola del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli. 89 Ibidem. 90 Ibidem. 91 È presente in catacomba sul pallio di Mosè che batte la rupe nel cubicolo del sottoscala nelle catacombe di S. Gennaro a Napoli. È inoltre visibile sul pallio di numerosi personaggi biblici rappresentati nelle scene della sinagoga di Dura Europos. 92 È presente sul pallio di numerosi personaggi biblici nelle scene della sinagoga di Dura Europos. 93 È presente una sola volta su un vetro dorato di provenienza romana con Mosè nell’atto di battere la rupe (scheda 93.1). 94 Sagum del Cristo soldato, Cappella Arcivescovile di Ravenna. 95 È presente su un vetro dorato di provenienza romana (scheda 95.1). 96 Pallio di S. Pietro nell’arcosolio di Pascentius, catacombe di S. Gaudioso a Napoli. 97 Ibidem. 98 Pallio di S. Paolo nell’arcosolio di Pascentius, catacombe di S. Gaudioso a Napoli. 99 Pallio dei SS. Pietro e Paolo nella scena dell’Ascensione, Evangelario di Rabbula; si riscontra anche la sua presenza sul pallio di due santi anonimi e di due apostoli, forse Pietro e Paolo, nell’Evangelario di Etchmiadzin. 100 Pallio di Cristo, Pietro e Paolo, abside della basilica di S. Cecilia in Trastevere. È visibile sul pallio di Cristo e di arcangeli in alcune miniature dell’Exultet di Benevento (Cod. Vat. Lat. 9820) e dell’Exultet di Troja. 101 Pallio di S. Giacomo, arco trionfale della chiesa dei SS. Nereo ed Achilleo alle Terme di Caracalla; pallio di S. Stefano nel mosaico della basilica di S. Asteio a Durazzo. 102 Pallio di S. Clemente, arco absidale della basilica di S. Clemente al Laterano; pallio di S. Pietro, abside della basilica di S. Maria in Trastevere; pallio del profeta Isaia, arco absidale della basilica di S. Maria in Trastevere; pallio dei SS. Giovanni e Giacomo, abside della basilica di S. Maria Nova a Roma. 103 Vi è un solo caso di questa gammadia probabilmente realizzata tramite una inesatta visione di una (27) o di una (102) e si trova sul pallio di S. Paolo nel mosaico della Traditio Legis nella cupola del battistero di S. Giovanni in Fonte a Napoli, cfr. F 2013, tav. 22.

Ravvisabile sul pallio di Adautto nell’ambito dell’affresco sul sepolcro di Merita nella catacomba di Commodilla, cfr. scheda 104.1. 104

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Appendice 2 Suddivisione tipologica Gammadia 27

Gammadia 28

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Appendice 2 Gammadia 36

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Gammadia 21

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Gammadia 22

Gammadia 23

Gammadia 26

Gammadia 1

Gammadia 6

Gammadia 7

Gammadia 75

Gammadia 2

Gammadia 5

Gammadia 8

Gammadia 3

Gammadia 4

Gammadia 10

Gammadia 71

Gammadia 72

Gammadia 103

Gammadia 17

Gammadia 18

Gammadia 19

Gammadia 20

Gammadia 9

Gammadia 73

Gammadia 74

Gammadia 100

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Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

Gammadia 11

Gammadia 55

Gammadia 68

Gammadia 69

Gammadia 12

Gammadia 13

Gammadia 15

Gammadia 16

Gammadia 56

Gammadia 57

Gammadia 60

Gammadia 61

Gammadia 66

Gammadia 67

Gammadia 65

Gammadia 62

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Gammadia 14

Gammadia 58

Appendice 2 Gammadia 63

Gammadia 64

Gammadia 84

Gammadia 70

Schema evolutivo delle gammadiae principali Gammadia 92

Gammadia 33

Gammadia 79

Gammadia 27

Gammadia 91

Gammadia 32

Gammadia 85

Gammadia 50

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Gammadia 21

Gammadia 94

Appendice 3 Il database GMS (Gammadiae Management System): introduzione alle schede di catalogo Il database GMS1, ovvero Gammadiae Management System2, nasce nel 2014 come supporto all’attività di studio e catalogazione delle gammadiae. Fu ideato come strumento di analisi informatico per la catalogazione, statistica e iconografica al fine di comprendere il reale significato delle gammadiae nelle prime testimonianze cimiteriali cristiane.



Allo stato attuale degli studi, il database risulta composto da 209 schede relative alla presenza delle gammadiae nelle catacombe romane e in altri due ambienti, ovvero la confessio sotto la basilica dei SS. Giovanni e Paolo e la “Cappella Cristiana” sotto l’ospedale S. Giovanni Addolorata, inclusi nella catalogazione in quanto importanti per i confronti precedentemente esaminati.

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L’analisi si è indirizzata alla totalità degli affreschi delle catacombe e dei due monumenti citati, ai quali si aggiungono i vetri dorati, le 3 lastre incise e 1 mosaico catacombale.

• •

Il database è stato progettato per una ipotetica prosecuzione degli studi in merito.



Le schede sono state quindi suddivise nei seguenti campi: • • Numerazione: il campo è determinato dal corrispondente numero in elenco, attribuito per corrispondenza morfologica, separato con un punto dal numero progressivo di scheda. • Monumento/Documento3: è previsto l’inserimento del cimitero/monumento/documento su cui o in cui è presente la gammadia. • Tecnica: viene indicata la tecnica di realizzazione della gammadia in esame (affresco, mosaico, etc.). • Datazione: è indicato il secolo di riferimento. • Numero di gammadiae raffigurate: viene stabilito se sulla veste dei diversi personaggi in questione siano visibili una o più gammadiae. • Collocazione: è indicato il luogo specifico all’interno del cimitero, ovvero cubicoli, arcosoli, loculi, etc.

• • • •

Inoltre è qui associato il riferimento ai maggiori repertori pittorici e/o fotografici. Pianta4: la sezione prevede l’inserimento delle piante tratte dal volume di A. Nestori, di quelle redatte dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra o da altri enti sulla quale è segnata la collocazione specifica della gammadia in questione nella catacomba. Nei casi in cui vi siano reperti decontestualizzati, il campo si presenterà logicamente vuoto, mentre nell’eventualità di monumenti non cimiteriali le piante inserite saranno tratte da volumi rispettivamente indicati. Gammadia secondo il catalogo: il campo accoglie l’immagine relativa all’elenco. Personaggio: è indicato il personaggio che indossa la veste con gammadia. Scena: viene specificata la scena di cui fa parte il suddetto personaggio o di cui il soggetto è protagonista. Descrizione della scena: sono analizzati i singoli elementi che compongono la scena in esame, con riferimenti agli episodi Vetero o Neotestamentari. Descrizione della gammadia: sono indicati composizione e forma della gammadia. Commenti: è riportata l’opinione degli studiosi in merito nel corso dei secoli, comprese le eventuali impressioni dello schedatore ove necessarie. Restauri e conservazione: sono indicati gli interventi di recupero e/o l’eventuale stato di degrado del monumento/documento. Bibliografia consultata Foto del dettaglio Foto della scena5 Gammadiae correlate: sono indicate le gammadiae morfologicamente collegate a quella in esame.

Per effettuare la ricerca all’interno del database, è possibile effettuare una scelta multipla tramite un form, selezionando uno o più campi insieme tra i seguenti: • • • • •

Numerazione Monumento/documento Tecnica Datazione certa o supposta Count ripetizioni (= quante gammadiae sono visibili sulla veste del personaggio) • Personaggio • Scena

1 Copyright © Cristina Cumbo e Fabio Cumbo; C. C , F. C 2019, pp. 145-154. 2 Lo sviluppo informatico è stato affidato a Fabio Cumbo, senza il cui aiuto non avrei potuto destreggiarmi nell’ambito dei linguaggi di programmazione informatici. L’ideazione dell’intero progetto, comprensivo di database e schede, della loro suddivisione, dei moduli di ricerca, della compilazione e dell’elaborazione dei dati è opera dell’Autrice. 3 Il campo è stato creato con una tale duplice dicitura per includere anche i vetri dorati, spesso decontestualizzati, e le lastre incise.

In un eventuale futuro e, al momento, solo ipotetico, ampliamento del progetto è prevista la geolocalizzazione dei dati mediante tecnologia GIS per permettere una più precisa collocazione delle gammadiae all’interno dei complessi monumentali.

4

158

Appendice 3 Le schede pubblicate in questo volume consistono in una rielaborazione delle originali pensate invece per esclusivi scopi di ricerca e analisi. Come si vedrà, le schede saranno introdotte da una breve descrizione della c.d. gammadia che si andrà ad esaminare, mentre la bibliografia inserita sarà costituita dai riferimenti essenziali che permettano allo studioso di poter approfondire la tematica relativa al documento in questione. Il catalogo ricopre un ruolo di appendice necessaria alla comprensione dello studio esplicato nell’intero volume, ma allo stesso tempo costituisce un apparato a se stante e consultabile in maniera indipendente. Si differenzia pertanto dal database GMS vero e proprio, strutturato invece come uno strumento di ricerca ampliabile nel caso in cui, ipoteticamente, si desideri riprendere il progetto, incrementandone la schedatura e inserendo dati relativi ad altre testimonianze esistenti oltre quelle cimiteriali cristiane, per poter tracciare conseguentemente una mappatura completa della distribuzione delle c.d. gammadiae nell’antichità.

159

Appendice 4 Schede tratte dal GMS (Gammadiae Management System) Scheda 21.1

verso destra e tiene la virga virtutis con la quale fa scaturire l’acqua dalla roccia. Sul lembo del suo pallio è raffigurata una gammadia (21). Dalla sorgente, si abbevera un uomo in abiti militari, con il berretto pannonico. Il riferimento è indirizzato ai due carcerieri di Pietro che, nella tradizione di VI secolo derivata dalla Passio medievale, diventeranno i SS. Processo e Martiniano.

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: metà del VI secolo d.C. (D et alii 1994: seconda metà del VII secolo d.C., Costanzo II oppure Costantino IV)

Bibliografia essenziale: S 1980, pp. 103-132; V M 1964, pp. 221-251; M 2010b, pp. 3387.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Pannello di Turtura, c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano; = D et alii 1994, taf. 8 = WMM 136

Scheda 24.1 Monumento/Documento: (S. Sebastiano)

Ex

Vigna

Chiaraviglio

Personaggio: San Felice Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Introductio della defunta Datazione: Fine del IV secolo d.C. Descrizione: La scena si riferisce all’introduzione della defunta e vedova Turtura al cospetto della Vergine in trono con il Bambino. La donna è accompagnata dai santi venerati nella catacomba, Felice e Adautto, il primo dei quali presenta, sul lembo del pallio, la gammadia (21).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Finarello F12 Personaggio: Pietro

Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 13-17; D 65; M 1997, pp. 65-94; M I, pp. 120-121.

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 61-A 1987,

Scena: Abbraccio tra Pietro e Paolo Descrizione: L’affresco si riferisce all’abbraccio tra i due Principi degli apostoli, Pietro e Paolo, rappresentanti delle due Chiese, quella degli Ebrei e quella dei Gentili. Pietro, con barba e capelli corti e bianchi, è raffigurato sulla sinistra, mentre Paolo, calvo, con barba lunga, scura e appuntita, è sulla destra. Gli apostoli, intervallati da palme, acclamano. Sul lembo del pallio di Pietro è tracciata una gammadia (24) dai tratti molto spessi.

Scheda 21.2 Monumento/Documento: Catacombe di S. Tecla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Bibliografia essenziale: F 1930, pp. 167-200; B 2000c, scheda 15; P 2006a, pp. 194196; B 2011a, pp. 249-269.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: C.d. cubicolo degli apostoli, parete d’ingresso a destra, Nr3, p. 144 = WP 234,3

Schede correlate: 24.2 Scheda 24.2

Personaggio: Pietro Monumento/Documento: Ex Vigna Chiaraviglio (S. Sebastiano)

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena, affrescata nel pannello destro della parete d’ingresso, si riferisce all’episodio del miracolo della fonte eseguito da Pietro. Egli è di profilo, rivolto

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. 160

Appendice 4 Numero di gammadiae raffigurate: 1

ff. 8-13 = W 1891, tav. III). Nelle riproduzioni del De Winghe, si notano quattro affreschi nello stesso foglio: quello del perduto Paulus pastor, quello del Collegio Apostolico nel nicchione Nr8, i tre fanciulli ebrei nella fornace di Babilonia con la particolare rappresentazione del medesimo nicchione e infine l’affresco, ormai totalmente frammentario, del fossore Trofimo. In tal caso, nell’unica rappresentazione corredata di gammadiae, ovvero quella del Collegio Apostolico, il De Winghe non si attiene alla realtà, non riportandole e ritraendo sommariamente gli apostoli intorno al Cristo giovanile e centrale (Cod. Vall. G 6, ff. 10-11 = W 1891, tav. VII).

Collocazione: Finarello F12 Personaggio: Paolo Scena: Abbraccio tra Pietro e Paolo Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 24.1. Sul lembo del pallio di Paolo si registra la raffigurazione della gammadia (24) dai tratti molto spessi, e simile a quella di Pietro.

Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Bibliografia essenziale: F 1930, pp. 167-200; B 2000c, scheda 15; P 2006a, pp. 194196; B 2011a, pp. 249-269.

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Schede correlate: 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9; 79.10 Schede correlate: 24.1 Scheda 25.2 Scheda 25.1 Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Tecnica di esecuzione: Affresco Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. (D alii 1991: tetrarchica-prima età costantiniana)

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana)

et

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Piedritto sinistro, nicchione Nr14, p. 20 = D et alii 1991, Farbtaf. 22a

Collocazione: Sottarco del nicchione Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf. 17; Farbtaf. 5

Personaggio: Cristo Personaggio: Cristo Scena: Moltiplicazione dei pani Scena: Collegio Apostolico Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo, imberbe, dalla capigliatura a calotta, è qui raffigurato lateralmente, rivolto verso sinistra. Nella mano destra tiene la virga. Le sette ceste di pane sono suddivise, cinque davanti al Cristo e due dietro di lui. Egli indossa una tunica clavata e la mano sinistra è avvolta nel pallio. Sul lembo del pallio è (25). raffigurata una gammadia

Descrizione: La scena, che si svolge al di sotto del nicchione, riguarda un Collegio Apostolico. Gli apostoli sono seduti, palliati, ristretti in uno spazio non adeguato alle loro dimensioni, disposti in una sorta di proto prospettiva, alcuni barbati in un tentativo di caratterizzazione. Non abbiamo elementi favorevoli alla loro identificazione. Cristo, centrale, è imberbe, nel gesto della parola e volge lo sguardo alla sua destra. Le gammadiae sono visibili sul pallio di Cristo e degli apostoli in prima fila (si rimanda alle schede correlate). Sulla veste del Cristo è tracciata una gammadia (25).

Commenti: In un unico riquadro, il Ciacconio riportava l’affresco rappresentante il miracolo della moltiplicazione dei pani operato da Cristo e quello della sorgente operato invece da un quasi identico Mosè (nicchione Nr14, ovvero il primum sacellum). Entrambi nella realtà indossano un pallio corredato da una gammadia simile alla che invece nella raffigurazione del Ciacconio non è presente. Lo stesso vale per il Cristo in atto di resuscitare Lazzaro, affrescato ancora nel medesimo nicchione (Cod. Vat. Lat. 5409, ff. 8-13 = W 1891, tav. I).

Commenti: Chacón rappresentò le scene inserite sia nel nicchione Nr8 (quartum sacellum) che nel Nr9 (quintum sacellum) a partire dal Collegio Apostolico, proseguendo con le storie di Giona, con il sacrificio di Abramo e Isacco, con l’orante femminile, i tre ebrei della fornace di Babilonia, il Buon Pastore, Daniele tra i leoni. Nessuno dei personaggi che compongono il Collegio Apostolico presenta le gammadiae sul pallio (Cod. Vat. Lat. 5409, 161

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 17). Mosè si presenta imberbe, dalla chioma a calotta, in piedi davanti alla rupe rocciosa battuta dalla sua virga per farne scaturire dell’acqua. Si nota la somiglianza con il Cristo della moltiplicazione dei pani e della resurrezione di Lazzaro (cfr. schede 25.2; 25.3), collocati nello stesso nicchione, probabilmente eseguiti dallo stesso pittore. Mosè presenta sul lembo del pallio la gammadia (25).

Tecnica di esecuzione: Affresco

Commenti: Si vd. la scheda 25.2.

Bibliografia essenziale: D 90; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

et alii 1991, pp. 841928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Scheda 25.3

Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. (D alii 1991: tetrarchica-prima età costantiniana)

Bibliografia essenziale: D 90; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

et

Numero di gammadiae raffigurate: 1

et alii 1991, pp. 841928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Scheda 25.5

Collocazione: Registro superiore della lunetta, nicchione Nr14, p. 20 = D et alii 1991, Farbtaf. 23b Personaggio: Cristo

Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Scena: Resurrezione di Lazzaro

Tecnica di esecuzione: Affresco

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, con i capelli a calotta. Tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro, a sinistra. Lazzaro, con il corpo quasi totalmente avvolto dalle bende, si trova all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio spiovente. La gammadia (25) è rappresentata sul lembo del pallio.

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Commenti: Si vd. la scheda 25.2.

Scena: Miracolo della rupe

Bibliografia essenziale: D et alii 1991, pp. 84-90; J 1922, pp. 120-128; J 1928, pp. 167-227; F 1985b, pp. 329-343; P 1993, p. 47; pp. 165-166; C 2006, pp. 143-148; G 2007, pp. 277-316.

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 17). Mosè è in piedi davanti alla rupe rocciosa, raffigurata alla sua sinistra e battuta dalla virga per farne scaturire dell’acqua. Egli indossa tunica clavata e pallio. Appare imberbe, con capigliatura riccioluta sui toni del grigio. Gli occhi sono grandi e rivolti verso l’alto. La gammadia, collocata sul lembo del pallio, non si distingue perfettamente a causa delle condizioni di conservazione. Si riconoscono i tratti (25), tracciata in maniera incompleta di una gammadia e mancante della base.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Distaccato e conservato presso il Museo del Castello Ursino di Catania Personaggio: Mosè

Scheda 25.4 Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. (D alii 1991: tetrarchica-prima età costantiniana)

Bibliografia essenziale: A C 2006, pp. 143-148; B

et

1928, pp. 369-370; 2011a, pp. 1-32.

Scheda 25.6

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani

Collocazione: Piedritto sinistro, faccia interna, nicchione Nr14, p. 20 = D et alii 1991, Farbtaf. 22b

Tecnica di esecuzione: Affresco Personaggio: Mosè Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Scena: Miracolo della rupe Numero di gammadiae raffigurate: 1

162

Appendice 4 Collocazione: Registro inferiore, c.d. sepolcro con la scena dell’Epifania, Nr6, p. 14, IV piano = WP 212

Collocazione: Lunetta del c.d. arcosolio con la scena del giudizio, Nr4, p. 3, III piano = WP 247

Personaggio: Cristo

Personaggio: Santo

Scena: Moltiplicazione dei pani

Scena: Introductio della defunta

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo, imberbe, dalla capigliatura a calotta, è qui raffigurato frontalmente, mentre punta la virga – tenuta nella mano destra – su quattro delle sette ceste di pane. Indossa una tunica clavata e la mano sinistra è avvolta nel pallio. Sul lembo del pallio è rappresentata una gammadia (25).

Descrizione: La scena affrescata nella lunetta di fondo dell’arcosolio presenta il giudizio di una defunta al cospetto di Cristo giudice, seduto sulla sommità di una scalinata. La donna orante è accompagnata da due santi, in tunica e pallio che tengono rispettivamente un rotolo in mano. Il santo, sulla sinistra dell’osservatore, presenta sul lembo del pallio una gammadia (27).

Bibliografia essenziale: F

Commenti: Il Bosio supponeva che si potesse trattare di un’ordinazione sacerdotale, oppure di Cristo che imponeva la mano sulla testa di un bambino (B 1632, tav. I, p. 565). L’Aringhi pose la gammadia unicamente sul pallio del santo di sinistra, preferendo l’ipotesi dell’ordinazione (A 1659, II, tav. I p. 153; descrizione a p. 152, t. II). Il Roller segnalava la presenza della gammadia unicamente sul pallio del santo di sinistra, sostenendo che si potesse trattare di un abito indicante onore e ascesi, indossato dai dignitari della Chiesa che avevano «la pretesa di sostituire i filosofi profani e di perorare la causa del nuovo pensiero» (R 1879-1881, II, pl. LXIV, 1; descrizione alle pp. 106-107, vol. II). Il Bottari rimase sulla linea di pensiero dell’Aringhi nell’interpretare la scena come sacra ordinazione, soprattutto per via della cattedra che a lui parve episcopale. Si accorse della gammadia sul pallio di entrambi i santi (B 1737-1754, III, tav. CLXXXVI; descrizione alle pp. 160-161). D’Agincourt sostenne che si potesse trattare di un’ordinazione ecclesiastica operata dal Cristo o da un vescovo. Non menzionava le gammadiae, anche se nella tavola è presente la gammadia (27) sul pallio del santo di sinistra (D’A 1825, VI, tav. XII, 19; descrizione a p. 18). Per Garrucci, si trattava del giudizio di un defunto accompagnato dai santi Proto e Giacinto, venerati nel cimitero, al cospetto della statua di S. Ermete su un alto piedistallo. Non riportava alcuna gammadia sia nell’incisione, che nella descrizione (G 1872-1881, I, tav. 83,1; descrizione a p. 90). Il Lefort, invece, ritenne che il personaggio seduto in cattedra non fosse una statua, bensì un vivente come gli altri tre. Tra le due interpretazioni del Bosio, allo studioso sembrava accettabile quella riguardante l’ordinazione: il papa sarebbe stato assiso sul seggio episcopale, mentre il sacerdote da ordinare, raffigurato tra due accoliti, sarebbe stato voltato verso la folla ipotetica, con lo scopo di farsi conoscere dal suo popolo (L 1885, p. 55). Le tavole del Wilpert mostrano chiaramente come i volti nella scena di giudizio siano stati tutti sfregiati, probabilmente esito del periodo controriformista. La scena è interpretata come giudizio di una defunta (Wp, tavv. 240,3; 247; descrizione a p. 364).

1972, pp. 273-297.

Schede correlate: 68.6; 68.7 Scheda 25.7 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Lastra incisa Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Catacombe di Commodilla = WMM, fig. 447, p. 944 (volume di testo) Personaggio: San Felice Scena: Introductio della defunta Descrizione: La lastra, scoperta durante gli scavi condotti dalla PCAS tra il 1903 e il 1906, presenta una scena incisa con l’introduzione di una defunta orante tra i due santi eponimi della catacomba, Felice e Adautto. Il primo indossa tunica e pallio, tiene il rotolo tra le mani ed è caratterizzato da una corta barba. Della raffigurazione di Adautto non è rimasto molto, essendo in gran parte frammentaria. Sul lembo del pallio di Felice si nota la gammadia (25). Bibliografia essenziale: D et alii 1994; WMM, pp. 942-945 (in particolare, p. 944); B 1936, pp. 9-10; P 2013, pp. 579-600. Scheda 27.1 Monumento/Documento: Catacombe di S. Ermete Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Bibliografia essenziale: Wp, pp. 363-364; S pp. 211-215; S 2005, pp. 61-65.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 163

2001,

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Schede correlate: 79.1

Personaggio: Apostolo

Scheda 27.2

Scena: Collegio Apostolico

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1. Sul lembo del pallio del primo apostolo sulla sinistra dell’osservatore è rappresentata una gammadia (27).

Tecnica di esecuzione: Affresco Commenti: Si vd. la scheda 25.1. Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta, nicchione della parete sinistra, cubicolo Nr3, pp. 76-77

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Schede correlate: 25.1; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9.; 79.10 Personaggio: Mosè Scheda 27.4 Scena: Resurrezione delle ossa di Giuseppe Monumento/Documento: Cimitero Maggiore Descrizione: L’affresco si compone di tre episodi presenti in Esodo: Mosè che riceve la legge, gli Israeliti che seguono la colonna di fuoco e Mosè che recupera le ossa di Giuseppe l’ebreo (Es 13, 17-22). La rappresentazione ha generato molte divergenze d’opinione, poiché lo schema iconografico appare identico a quello della resurrezione di Lazzaro. La differenza fondamentale riguarda l’assenza della salma del defunto che esce dal sepolcro e la presenza di una moltitudine di persone che assiste all’evento. Data l’associazione con le scene superiori, è parso più logico abbinare la rappresentazione a un atipico recupero delle ossa di Giuseppe l’ebreo.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del c.d. cubicolo di Cristo tra sei santi, Nr17, p. 35 = WP 171 Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe

Mosè è qui raffigurato con aspetto giovanile, indossa tunica e pallio ed è alla testa di un nutrito gruppo di soli uomini che osservano incuriositi. Egli stende davanti a sé la virga virtutis, verso il sepolcro a forma di edicoletta. Sul lembo del pallio presenta una gammadia (27).

Descrizione: All’interno del riquadro evidenziato da una doppia cornice rossa e azzurra, si trova la rappresentazione di Mosè che opera il miracolo della sorgente (Es 17, 17). Mosè è imberbe, con la chioma a calotta, rivolto verso sinistra dove è collocata la rupe, da cui fuoriesce un rivolo d’acqua. La gammadia (27) è affrescata sul lembo del pallio.

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 55 ; C D A 1961-1962, pp. 111-118; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, pp. 70-72; P 1993, p. 47; G 1994, pp. 283-301; D R 2000, pp. 154-155; M 2006a, pp. 149-153.

Commenti: La tavola del Bosio riproduce la volta del cubicolo, composta da varie scene: Adamo ed Eva ai lati dell’albero della conoscenza, Giona in riposo sotto la pergola, un’orante femminile e Mosè che batte la rupe. Al centro, internamente a un clipeo, vi è rappresentato il Buon Pastore. Agli angoli sono invece alcune lunette contenenti colombe e rametti, mentre cantari colmi di frutta sono affrescati negli spazi tra i riquadri. La gammadia (27) compare sul pallio di Mosè (B 1632, tav. I, p. 455). L’Aringhi, invece, non riporta questo dettaglio (A 1659, II, tav. I, p. 85; descrizione a p. 84, t. II). Il Bottari segnalava la presenza della gammadia: «Moisè, che percuotendo la rupe provvede di acqua l’assetato popolo eletto, è vestito di tunica, e pallio, e sopra di quella ha le due strisce di porpora come il consueto, e sull’estremità di esso pallio ha questo segnale I» (B 1737-1754, III, tav. CXLV; descrizione a p. 62). Allo stesso modo, il Garrucci

Scheda 27.3 Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco del nicchione, Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf. 17; Farbtaf. 5 164

Appendice 4 notava il segno sul pallio di Mosè: «Mosè imberbe cava l’acqua dalla rupe. Egli è involto nel pallio, sopra la cui falda si legge il carattere I» (G 1872-1881, II, tav. 63; descrizione a p. 67). La tavola del Wilpert riproduce la gammadia sul pallio di Mosè che appare leggermente compressa, al contrario della realtà in cui invece sembra essere più longilinea (Wp, tav. 171).

Mosè (L 1885, p. 74). Con il Wilpert, la gammadia si distingue perfettamente perché marcata (Wp, tav. 168).

Bibliografia essenziale: N 1933, pp. 7-16.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Bibliografia essenziale: N 1933, pp. 7-16.

2006a, pp. 11-15; J

Scheda 27.6

2006a, pp. 11-15; J

Scheda 27.5

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Cimitero Maggiore Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del III secolo d.C. (D , S , M 1987: tardo costantiniana; Z 2002: 340-360 d.C.)

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, cubicolo Nr28, p. 53, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 20 a = WP 129,1

Collocazione: Volta del c.d. cubicolo del Cristo docente o dell’agape, Nr16, pp. 34-35 = WP 168

Personaggio: Abramo Personaggio: Mosè Scena: Sacrificio di Isacco Scena: Miracolo della rupe Descrizione: L’affresco, inserito in un riquadro a sinistra della parete d’ingresso del cubicolo, si riferisce all’episodio del sacrificio di Abramo (Gn 22, 1-19). Sulla destra si staglia l’uomo, dall’aspetto giovanile, leggermente inclinato verso sinistra, raffigurato con la gamba leggermente sollevata per alludere al movimento. Egli tiene nella mano destra il coltello, dalla forma triangolare, mentre la sinistra è avvolta nel risvolto del pallio. Davanti a lui, è Isacco, di dimensioni minori, curvo, definito in maniera meno dettagliata, mentre si prepara a ricevere il colpo. Sulla sinistra arde il fuoco del sacrificio sull’ara, con accanto il montone che verrà sacrificato al posto del giovane Isacco. Lo sfondo è completamente bianco, senza alcuna connotazione paesistica. Sul pallio di Abramo si distingue la gammadia (27).

Descrizione: Internamente al riquadro evidenziato da una tripla cornice composta da un fascione rosso mattone e da due più sottili strisce azzurre, si colloca la scena del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 17). Il volto di Mosè non è ben distinguibile a causa delle condizioni di conservazione dell’affresco. Il personaggio è in piedi davanti alla rupe da cui scaturisce dell’acqua evidenziata da un rivolo azzurro. La gammadia (27) è rappresentata sul lembo del pallio, in pigmento scuro, così come il clavus. Commenti: La volta del cubicolo, rappresentata nella Roma Sotterranea, appare suddivisa in riquadri contenenti varie scene: il miracolo del paralitico, Mosè che si scioglie i calzari, la resurrezione di Lazzaro e il miracolo della rupe, mentre al centro vi è Cristo giudice. Mosè, intento a far sgorgare l’acqua dalla roccia, indossa il pallio segnato da una gammadia (B 1632, tav. I, p. 445). L’Aringhi non riportava la gammadia, mentre la volta del cubicolo presenta anche oranti maschili e femminili tra due ovini e vasi con motivi vegetali (A 1659, II, tav. I, p. 81; descrizione a p. 80, t. II) La tavola del Roller è tratta direttamente dall’opera del Bosio (R 1879-1881, II, pl. LXIV, 3; descrizione a pp. 110-111). Il Bottari preferì soffermarsi sul contesto iconografico generale della volta (B 1737-1754, III, tav. CXL; descrizione alle pp. 45-53). Il Garrucci riteneva che la volta appartenesse alla catacomba di S. Agnese. Riguardo Mosè, notava il suo aspetto giovanile e il segno I sul lembo del pallio (G 1872-1881, II, tav. 61; descrizione a p. 65). Il Lefort notava semplicemente la lettera I sul pallio di

Bibliografia essenziale: S V W 214-255; B 1980, pp. 17-27; D M 1987, pp. 241-243.

1961, pp. ,S ,

Scheda 27.7 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del III secolo d.C. (D ,S ,M 1987: tardo costantiniana) Numero di gammadiae raffigurate: 1

165

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma loro opposti. Ognuno è accompagnato da una didascalia con il rispettivo nome. Tutti i santi indossano tunica e pallio contrassegnato da gammadiae. Sul lembo della veste di Paolo si distingue una gammadia (27).

Collocazione: Parete d’ingresso a destra, cubicolo Nr28, p. 53, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 20 a = WP 129,1 Personaggio: Cristo

Commenti: Nella tavola del Garrucci, i dettagli sono precisi, distinguendosi infatti le varianti morfologiche delle gammadiae e (G 1872-1881, II, tav. 58; descrizione a p. 62). Il Roller inseriva, nel suo volume, una foto, segnalando la presenza delle lettere I sul pallio di ognuno e non considerandole come simbolo di preminenza (R 1879-1881, II, pl. LXXXV, 3; descrizione alle pp. 283-285, vol. II). Nell’acquerello del Wilpert le gammadiae sono ben visibili, eccetto quella sul pallio di Cristo (Wp, tav. 252).

Scena: Guarigione del cieco nato Descrizione: La scena, affrescata sulla destra della parete d’ingresso del cubicolo, si riferisce all’episodio della guarigione del cieco nato (Gv 9, 1-41). Cristo, rappresentato sulla destra in dimensioni maggiorate, ha un volto giovanile, capelli corti a calotta e indossa tunica e pallio contrassegnato dalla gammadia (27). Mentre la mano sinistra è avvolta nel pallio, la destra tocca il volto del cieco. Quest’ultimo, raffigurato con dimensioni minori rispetto al Cristo seguendo la tipologia iconografica più antica, è orante e indossa una tunica manicata e clavata. Bibliografia essenziale: S B 1980, pp. 17-27; D 1987, pp. 241-243.

Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190.

1979, pp. 77-85; , S , M

Schede correlate: 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13; 79.13

Scheda 27.8

Scheda 27.9

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252

Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252

Personaggio: Paolo

Personaggio: Pietro

Scena: Maiestas Domini

Scena: Maiestas Domini

Descrizione: L’affresco che ricopre la volta del cubicolo è diviso in due registri. Nel primo, è rappresentato centralmente un Cristo in Maiestas Domini, vestito di porpora, seduto su un subsellio con suppedaneo, tra le lettere alfa e omega. È nimbato, barbato, e tiene nella sinistra un codice aperto. A destra dell’osservatore è collocato Pietro, acclamante, nella sua tipica fisionomia con barba bianca e corta, mentre al suo opposto è Paolo, stempiato, con barba appuntita e scura. In asse con Cristo, si trova l’Agnus Dei nimbato, segnato da uno staurogramma, sul monte da cui sgorgano i quattro fiumi paradisiaci. Nel secondo registro sono raffigurati i santi venerati nella catacomba che acclamano l’Agnus. Sulla sinistra è collocato Gorgonio, dal volto giovanile e dalla capigliatura a casco, insieme a Pietro, più anziano, con la fisionomia che riprende quella del Principe degli apostoli. A destra sono invece Tiburzio e Marcellino la cui fisionomia è quasi identica a quella dei

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8. La figura di Pietro, inserita sulla destra di Cristo, indossa tunica e pallio contrassegnato da una gammadia (27). Commenti: Si vd. la scheda 27.8. Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190. Schede correlate: 27.8; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13; 79.13

166

Appendice 4 Scheda 27.10

Nel registro inferiore, si individua San Pietro, martire eponimo della catacomba, raffigurato accanto a Gorgonio, con il lembo del pallio segnato dalla gammadia (27).

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Commenti: Si vd. la scheda 27.8. Tecnica di esecuzione: Affresco Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana) Numero di gammadiae raffigurate: 1

Schede correlate: 27.8; 27.9; 27.10; 27.12; 27.13; 79.13 Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252

Scheda 27.12

Personaggio: San Gorgonio

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scena: Maiestas Domini

Tecnica di esecuzione: Affresco

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

Gorgonio, affrescato nel registro inferiore sulla sinistra dell’osservatore, indossa tunica e pallio contrassegnato da una gammadia (27).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252

Commenti: Si vd. la scheda 27.8. Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190.

Personaggio: San Tiburzio Scena: Maiestas Domini Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8.

Schede correlate: 27.8; 27.9; 27.11; 27.12; 27.13; 79.13 Scheda 27.11 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Nel registro inferiore, sulla destra dell’osservatore, è riconoscibile San Tiburzio, martire venerato nella catacomba, con il lembo del pallio segnato dalla gammadia (27).

Tecnica di esecuzione: Affresco

Commenti: Si vd. la scheda 27.8.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252

Schede correlate: 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.13; 79.13

Personaggio: San Pietro (martire ad duas lauros)

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scheda 27.13

Scena: Maiestas Domini Tecnica di esecuzione: Affresco Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

167

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma e due ciocche a incorniciarle il volto. Indossa una lunga tunica clavata, mentre ai suoi lati sono rappresentati due uomini, giovanili e quasi identici tra loro, dalla chioma riccioluta, in tunica e pallio. I due personaggi sembrano avanzare verso la figura femminile presentandola. La scena è ambientata all’aperto, effetto reso tramite la raffigurazione di arbusti. Sul pallio dell’uomo collocato sulla sinistra dell’osservatore è affrescata una gammadia (27).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 2 = WP 252 Personaggio: San Marcellino Scena: Maiestas Domini

Commenti: Nell’incisione del Bosio gli uomini presentano la gammadia (27); nella realtà solo il personaggio di sinistra presenta la (27), mentre quello di destra la sua variante morfologica (79) (B 1632, tav. I, p. 381) =A 1659, II, tav. I, p. 45; descrizione a p. 44, t. II). Il Bottari si soffermava sulle vesti e sull’acconciatura della donna, senza attribuirle il ruolo del personaggio Veterotestamentario di Susanna (B 1737-1754, II, tav. CXXIII; descrizione alle pp. 162-164). Il Garrucci riportava la scena di Susanna tra i due vecchioni, notando il pallio «insignito della lettera I» (G 1872-1881, II, tav. 53, 2; descrizione a p. 57). Lo stesso notava il Lefort (L 1885, p. 63). L’acquerello del Wilpert è perfettamente aderente alla realtà (Wp, tav. 232, 3).

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8. Nel registro inferiore, sulla sinistra e vicino a Tiburzio, si distingue San Marcellino, martire eponimo della catacomba, con il lembo del pallio segnato dalla gammadia (27). Commenti: Si vd. la scheda 27.8. Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; D ,S ,M 1987, pp. 199-201; B 1995, pp. 247-292; M 2009a, pp. 184-185; M 2006b, pp. 188-190. Schede correlate: 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 79.13

Bibliografia essenziale: Wp, p. 336; C 1987, pp. 3-31; D , S , M 281-284.

Scheda 27.14

T 1987, pp.

Schede correlate: 79.17

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scheda 27.15 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Arcosolio della parete di fondo, lunetta, cubicolo Nr51, p. 57, I piano= D , S , M 1987, Lau Farbtaf. 30 b = WP 232,3

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Arcosolio della parete di fondo, sottarco a sinistra, cubicolo Nr51, p. 57, I piano = D , S , M 1987, Lau Fabertaf. 32b part. = WP 186,2

Personaggio: Santo Scena: Introductio della defunta1 Descrizione: La scena affrescata nella lunetta di fondo, comunemente interpretata in connessione con l’episodio di Susanna insidiata dai due seniores (Dn 13, 1-44), potrebbe invece riferirsi, alla luce dei recenti studi sulle gammadiae, in una scena di introductio di defunta. Quest’ultima è raffigurata centralmente, già orante, abbigliata come una matrona romana. È velata, con i capelli raccolti sulla nuca

Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena, inserita in un riquadro segnato da una cornice rossa più spessa e da una più sottile, riguarda il miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Mosè, barbato, punta la virga verso la superficie rocciosa sulla sinistra da cui sgorga dell’acqua. Egli indossa tunica e pallio, contrassegnato sul lembo da una gammadia (27).

1 Come per gli affreschi catacomba di Domitilla (schede 79.50; 85.17), l’intepretazione è legata in particolare ai dati risultanti dal GMS. Le gammadiae, in ambito cristiano catacombale, indicano – a mio avviso – i personaggi santi, abbigliati in tunica e pallio.

168

Appendice 4 Commenti: Nel sottarco, Mosè, intento a far scaturire l’acqua dalla rupe, presenta una gammadia (27) sul pallio, sia nell’illustrazione del Bosio che nella realtà (B 1632, tav. I, p. 381 = A 1659, II, tav. I, p. 45; descrizione a p. 44, t. II). Il Bottari riportava la scena, senza pronunciarsi sulla gammadia (B 1737-1754, II, tav. CXXIII; descrizione alle pp. 162-164). Il Garrucci, riportando la scena del sottarco, sosteneva che si potesse leggere la lettera I, senza correlare però alcuna ipotesi in merito (G 1872-1881, II, tav. 53, 2; descrizione a p. 57). Allo stesso modo, il segno veniva notato dal Lefort (L 1885, p. 63). Nella tavola del Wilpert, l’affresco del sottarco non si scorge, a causa della prospettiva centrale puntata solo sulla lunetta di fondo con la presunta scena di Susanna tra i seniores (Wp, tav. 232, 3). Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 281-284.

, S

Personaggio: Bibens (generico) Scena: Beati che si abbeverano Descrizione: La scena riporta, in posizione centrale, il Buon Pastore, attorniato da un ariete e da una pecora, mentre alle sue spalle si configura un paesaggio bucolico. Sulla destra e sulla sinistra sono rappresentati due uomini palliati che si abbeverano a due fonti che sgorgano dalle rocce. Accanto ai due personaggi sono ancora raffigurati degli ovini. Solo la gammadia del palliato di sinistra è visibile poiché collocata sul lembo del pallio frontale. Commenti: L’incisione è costituita da un insieme di scene collocate all’interno dell’ambiente. Il Bosio spiega di aver voluto far rappresentare solo quelle meno rovinate. La raffigurazione è quindi composta dalla scena centrale con una moltiplicazione dei pani relativa al sottarco a sinistra della nicchia della parete di fondo; a sinistra, vi è Mosè che si scioglie i calzari, scena che in realtà si trova nel medesimo posto a destra; per terminare, sulla destra, vi è invece il miracolo della sorgente effettuato da Pietro, con uno dei carcerieri che si abbevera (B 1632, tav. X, p. 281 = A 1651, tavola alla p. 589 =A 1659, I, tav. X, p. 331; descrizione a p. 330 =B 1737-1754, II, tav. LXXXIII; descrizione alle pp. 80-82). Nella riproduzione dell’affresco operata dal Perret, l’autore si limita a fornire un’idea dello schema iconografico, tracciando i contorni e quasi mai i dettagli (P 1851-1855, I, pl. XXIV; descrizione alle pp. 30-31). Il Garrucci riprodusse le varie scene affrescate attenendosi alla realtà, inserendo le gammadiae e menzionandole nella descrizione, senza tuttavia esprimere il suo pensiero in merito (G 1872-1881, tav. 18,2; descrizione a p. 22). De Rossi forniva una riproduzione dell’intero cubicolo in cui si scorge, sulla parete di fondo, l’affresco con i due bibentes e il Buon Pastore centrale. Nella descrizione non si parla delle gammadiae (D R 1877, III, tav. IX; descrizione alle pp. 70-73). Il Roller non riportava, né menzionava alcuna lettera sulla veste del bibens di sinistra, nel riquadro 1 (R 1879-1881, I, pl. XXXIV, 2; descrizione alle pp. 235-236).

, M

Scheda 27.16 Monumento/Documento: Catacombe di Pretestato Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, c.d. arcosolio di Celerina, Nr5, p. 91, I piano = WP 181,1 Personaggio: Paolo Scena: Paolo (figura singola) Descrizione: Il frammentario affresco, che interessa il sottarco dell’arcosolio di Celerina, riporta la raffigurazione di Paolo stante, a sinistra, in tunica e pallio, sormontato dalla didascalia che indica il suo nome. Doveva essere associato a un altro santo, di cui si scorge qualche minimo particolare, come visibile dall’acquerello Wilpert. Sul lembo del pallio di Paolo è rappresentata una gammadia (27). Bibliografia essenziale: G

Negli acquerelli del Wilpert le gammadiae sono riportate precisamente e le scene del cubicolo separate correttamente (Wp, tav. 236).

1978, pp. 229-263.

Scheda 27.17

Bibliografia essenziale: Wp, pp. 389-390.

Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto

Scheda 27.18

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Collocazione: Lunetta, nicchia della parete di fondo, c.d. cubicolo delle pecorelle, Nr45, p. 109, II piano = WP 236

Numero di gammadiae raffigurate: 1

169

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.20

Collocazione: Fronte a destra, arcosolio c.d. dell’erbivendola, Nr51, p. 109, II piano = WP 143,2

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Personaggio: Mosè Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Miracolo della rupe Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Descrizione: L’affresco è collocato sulla fronte dell’arcosolio, a destra. Si scorge Mosè che opera il miracolo della sorgente (Es 17, 1-7). Egli è barbato, ritratto di profilo, in tunica e pallio, contrassegnato da una gammadia (27).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio, parete destra del c.d. cubicolo degli Apostoli piccoli, Nr18, p. 123, II piano = WP 154,1

Commenti: Il De Rossi forniva una descrizione dell’intero arcosolio. Individuava l’evidente figura di Mosè che batte la rupe sulla fronte del monumento, in alto a destra. Per lo studioso, il personaggio avrebbe indossato una tunica listata e un pallio segnato da una lettera T, non riportata nella tavola a colori in appendice. Tuttavia la gammadia T in catacomba non esiste. Si tratta invece di una gammadia (27) (D R 1877, tav. XIII, 2; descrizione a p. 79).

Personaggio: Pietro Scena: Introductio della defunta Descrizione: La lunetta di fondo riporta la rappresentazione dell’introduzione di una defunta da parte di Pietro e Paolo. L’immagine della donna orante risulta tracciata in bianco su fondo scuro. In asse con la silhouette si nota un piccolo chrismon. Pietro si staglia a sinistra, con barba corta e bianca, rotolo tra le mani e indossa tunica e pallio contrassegnato dalla gammadia (27). Paolo è raffigurato sul lato opposto, con la fisionomia da filosofo, la barba appuntita e scura, anch’egli in tunica e pallio.

Bibliografia essenziale: D R 1877, p. 79; B 2000a, pp. 189-190; B 1981a, pp. 38-43. Scheda 27.19 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Bibliografia essenziale: M G 2010, pp. 53-80; G

Tecnica di esecuzione: Mosaico

2009b, pp. 181-182; 2017, pp. 103-119.

Schede correlate: 27.21

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (pontificato di Damaso, 366-384 d.C.)

Scheda 27.21 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Collocazione: Sottarco, arcosolio a mosaico Tecnica di esecuzione: Affresco Personaggio: Cristo Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Descrizione: La scena, relativa al sottarco d’arcosolio eseguito in mosaico, si riferisce all’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-46). Cristo è giovanile, in tunica e pallio, nimbato d’azzurro. La virga è stesa davanti a sé, verso Lazzaro sulla destra, il quale emerge dal sepolcro architettonico avvolto nelle bende, eccetto il capo. Il defunto, dall’espressione meravigliata, sembra avere il nimbo composto di tessere gialle. La gammadia (27) è raffigurata sul lembo del pallio di Cristo in tessere rosse.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio, parete destra del c.d. cubicolo degli Apostoli piccoli, Nr18, p. 123, II piano = WP 154,1 Personaggio: Paolo Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 27.20.

Bibliografia essenziale: M 1744, p. 462; C 1944, p. 196; F 1960-1961, pp. 209224; G 1978, pp. 229-263; M -A 1987, I, pp. 67-68; F 1991, pp. 24-26; P 1993, p. 47; pp. 178-179; B 2001, pp. 517-528; P 2006, pp. 175-178.

Sulla destra, è raffigurato Paolo, in tunica e pallio contrassegnato dalla gammadia (27). Bibliografia essenziale: M G 2010, pp. 53-80; G Schede correlate: 27.20

170

2009b, pp. 181-182; 2017, pp. 103-119.

Appendice 4 Scheda 27.24

Scheda 27.22 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 2

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Sottarco centrale, nicchia della parete di fondo, c.d. cripta di Diogene, Nr19, p. 123, II piano = WP 181,2

Collocazione: Sottarco destro, nicchia della parete di fondo, c.d. cripta di Diogene, Nr19, p. 123, II piano = WP 181,2

Personaggio: Pietro

Personaggio: Pietro

Scena: Maiestas Domini

Scena: Miracolo della rupe

Descrizione: L’affresco, frammentario e mancante della figura di Cristo centrale, riguardava una Maiestas Domini. Sulla sinistra si nota Pietro, di cui rimane solo parte del pallio, i cui lembi sono contrassegnati dalla gammadia (27), tracciata in maniera obliqua seguendo l’inclinazione della veste. Sulla destra è invece Paolo, con barba appuntita e scura, un rotolo in mano, affiancato a una capsa colma di rotoli.

Descrizione: Nel sottarco destro della nicchia di fondo è affrescato un frammentario episodio del miracolo della sorgente operato da Pietro, riconoscibile per via della presenza del personaggio che, inginocchiato, si abbevera. La figura di Pietro è fortemente lacunosa, ma sul lembo del pallio si individua la gammadia (27), i cui tratti seguono le pieghe della veste.

Bibliografia essenziale: Wp, p. 253; M 182-183; Z 2011, pp. 119-151.

Bibliografia essenziale: Wp, p. 253; M 182-183; Z 2011, pp. 119-151.

2009c, pp.

2009c, pp.

Scheda 27.25 Schede correlate: 27.23 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Scheda 27.23 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 1 Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Collocazione: Sottarco, arcosolio della parete destra, cubicolo c.d. di David, Nr31, p. 125, II piano = WP 40,2

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco centrale, nicchia della parete di fondo, c.d. cripta di Diogene, Nr19, p. 123, II piano = WP 181,2

Personaggio: Palliato

Personaggio: Paolo

Descrizione: Nel sottarco è rappresentato un uomo, in tunica e pallio, barba corta e bianca che segue la tipologia del ritratto petrino. Il braccio destro è disteso e la mano aperta nel gesto della parola; la sinistra tiene invece un rotolo svolto che presenta dei segni alludenti alla scrittura. Il lembo della veste è contrassegnato dalla gammadia (27) con il segmento superiore tracciato in maniera ondulata.

Scena: Santo (generico)

Scena: Maiestas Domini Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.22. Sul lembo del pallio di Paolo è tracciata una gammadia (27) in pigmento scuro. Bibliografia essenziale: Wp, p. 253; M 182-183; Z 2011, pp. 119-151.

Commenti: Nella tavola del Bosio, il personaggio barbato, in tunica, con un libro aperto nella mano è considerato un Mosè con la Legge sia dal Bosio, che dall’Aringhi. La gammadia raffigurata sul pallio è una lettera T. La confusione morfologica è dovuta alla

2009c, pp.

Schede correlate: 27.22 171

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.27

particolare conformazione dell’estremità superiore della 1632, gammadia (27) realmente rappresentata (B tav. V, p. 247 = A 1651, tavola a p. 555 = A 1659, I, tav. V, p. 319; descrizione a p. 314). Il Bottari supponeva che si potesse trattare di Gesù benedicente che mostrava la Legge Evangelica al mondo. Egli notava la lettera T sul pallio, come la riportava il Bosio, anche se non la menzionava nella relativa descrizione (B 1737-1754, II, tav. LXVII; descrizione alle pp. 3839). Il Garrucci interpretava il palliato come un profeta indossante una veste contrassegnata da una T e la tavola è identica a quella del Bosio. Egli sosteneva che potesse trattarsi di un «uomo barbato con capelli dritti sulla fronte come i Profeti, vestito in tunica porpora e cinto di pallio, insignito al lembo della cifra T, sta ritto in piedi e parla» (G 1872-1881, II, tav. 28; descrizione a p. 33). Sulla stessa linea di pensiero si poneva il Lefort (L 1885, p. 27). L’acquerello del Wilpert si attiene alla realtà, con la gammadia finalmente rappresentata in maniera esatta su cui lo studioso non si pronuncia. Tuttavia, egli considerava il personaggio come un Cristo (Wp, tav. 40,2). Bibliografia essenziale: F

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Lunetta del c.d. arcosolio rosso del secondo piano, Nr50, p. 128, II piano = WP 248 Personaggio: Pietro Scena: Maiestas Domini Descrizione: La lunetta del c.d. “arcosolio rosso del secondo piano” presenta quel che rimane di una Maiestas Domini, ovvero Pietro sulla sinistra e una parte di cattedra di Cristo, seduto centralmente e ormai scomparso. Anche Paolo non è più visibile a causa di un grosso distacco. Sui lembi del pallio di Pietro è affrescata la gammadia (27), tracciata in maniera inclinata, seguendo la direzione della veste.

2011.

Scheda 27.26

Bibliografia essenziale: F

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

2011.

Scheda 27.28 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio Nr46, pp. 55-56, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 33a = WP 159,1

Collocazione: Fronte in alto a sinistra, c.d. arcosolio rosso del secondo piano, Nr50, p. 128, II piano = WP 248

Personaggio: Cristo

Personaggio: Cristo

Scena: Resurrezione di Lazzaro

Scena: Resurrezione di Lazzaro

Descrizione: Nella lunetta è affrescato l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo, giovanile, in tunica e pallio, tende la mano destra con la virga virtutis verso la salma di Lazzaro che sembra fuoriuscire dal sepolcro architettonico sulla sinistra. La gammadia è raffigurata sul pallio di Cristo, ma ne rimane solo una labile traccia individuabile nell’estremità superiore e in parte di quella inferiore. È comunque assimilabile alla tipologia (27).

Descrizione: Sulla fronte dell’arcosolio, in alto a sinistra, si riconosce l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo, giovanile, punta la virga verso la mummia nel sepolcro architettonico. Sono visibili entrambi i lembi del pallio, sui quali è rappresentata la gammadia (27), tracciata con un andamento obliquo che segue quello delle pieghe della veste.

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 270-271.

, S

Bibliografia essenziale: F

2011.

Scheda 27.29

, M

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco 172

Appendice 4 Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Fronte in basso al centro del c.d. arcosolio di Paulus, Nr2, p. 88

Collocazione: Fronte in alto a destra, c.d. arcosolio rosso del secondo piano, Nr50, p. 128, II piano = WP 248

Personaggio: Santo

Personaggio: Mosè/Pietro

Scena: Santo (generico)

Scena: Miracolo della rupe

Descrizione: L’affresco risulta molto rovinato. Tuttavia si distingue Cristo, seduto centralmente in cattedra, con il libro dei Vangeli nella mano sinistra. Ai suoi lati sono due santi, in tunica e pallio, acclamanti, che offrono le corone. La gammadia (27) si distingue sulla veste del santo di sinistra.

Descrizione: Sulla fronte dell’arcosolio, in alto a destra, è raffigurato il miracolo della rupe. È dubbia l’identificazione del personaggio: se la sua fisionomia può infatti rimandare al ritratto di Pietro, l’assenza dei due carcerieri (o di uno solo di essi) che si abbeverano suggerisce che si tratti di Mosè. L’uomo indossa tunica e pallio, sul cui lembo è raffigurata una gammadia (27). Bibliografia essenziale: F

Bibliografia essenziale: F P 2006b, pp. 202-205; B 270; P 2005, pp. 99-128.

1930, pp. 167-200; 2011a, pp. 249-

2011. Scheda 27.32

Scheda 27.30 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: epoca damasiana)

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco destro, nicchione sinistro del c.d. cubicolo delle colonne o cappella sepolcrale dei SS. Marco e Marcelliano, Nr3, pp. 115-116, II piano = WP 216,2

Collocazione: Nicchia sinistra, parete di fondo della c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, taf. 15a = WMM 130

Personaggio: Abramo Personaggio: San Felice Scena: Sacrificio di Isacco Scena: Acclamazione del cristogramma Descrizione: La scena, raffigurata nel sottarco destro del c.d. cubicolo delle colonne, si riferisce all’episodio del sacrificio di Abramo (Gn 22, 1-19). L’affresco è purtroppo in gran parte perduto, ma ricostruibile. Sulla destra si staglia Abramo, in tunica e pallio, rivolto verso sinistra, con una gamba tesa a indicare il movimento. Davanti a lui, sulla sinistra, è Isacco, di dimensioni minori, abbigliato con una tunichetta corta fino al ginocchio sui toni del rosso, mentre si prepara a ricevere il colpo. Le condizioni di conservazione non permettono di effettuare altre osservazioni. Sul bordo del lembo del pallio di Abramo, si nota la parte inferiore della gammadia (27), tagliata anch’essa a metà.

Descrizione: La parete di fondo della basilichetta, luogo dove con ogni probabilità furono sepolti i martiri Felice ed Adautto, è affrescata con una scena di acclamazione del cristogramma. I due santi eponimi della catacomba sono ai lati di una capsa di rotoli. Solo San Felice presenta una gammadia sul lembo del pallio. Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M D et alii 1994, pp. 71-76 .

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66;

Scheda 27.31 Monumento/Documento: Ex Vigna Chiaraviglio (S. Sebastiano)

Bibliografia essenziale: W 1903, pp. 43-58; M 1903b, pp. 122-125; M 1905a, pp. 191-230; S R 1981, pp. 209-251; S R 1983, pp. 411-423; S R 1999, pp. 97-104; S R 2001, pp. 207-211; P 2016, pp. 1953-1973.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. – inizi V secolo d.C. 173

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.33 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Schede correlate: 27.35; 27.36

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Scheda 27.35 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Tecnica di esecuzione: Affresco Collocazione: Entrata del c.d. cubicolo di Leone, fronte esterna a sinistra, in basso, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, taf. 20

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Personaggio: San Felice

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Scena: San Felice (figura singola)

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, taf. 22b

Descrizione: Il riquadro, in basso a destra sulla parete frontale del cubicolo, contiene la raffigurazione di San Felice. Il personaggio è rappresentato di profilo, barbato, con la corona del martirio tra le mani. La didascalia indica il suo nome, mentre sul lembo del pallio è raffigurata la gammadia (27) in parte deteriorata.

Personaggio: Cristo Scena: Maiestas Domini Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.34.

Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Sul lembo del pallio di Cristo è affrescata una gammadia (27).

Scheda 27.34 Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco

Schede correlate: 27.34; 27.36 Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Scheda 27.36

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, taf. 22b

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Personaggio: San Felice Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scena: Maiestas Domini Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, taf. 22b

Descrizione: La scena della parete di fondo del cubicolo di Leone si compone di un grosso riquadro con una particolare Maiestas Domini. A sinistra è rappresentato Adautto, in tunica e pallio, acclamante; al centro vi è Cristo, nimbato, barbato, con codice aperto, nel gesto della parola; a destra vi è Felice, specularmente acclamante. Quest’ultimo presenta sul lembo del pallio una gammadia (27).

Personaggio: San Adautto Scena: Maiestas Domini Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.34.

174

Appendice 4 Descrizione: Nel sottarco sinistro dell’arcosolio destro vi è un riquadro ospitante la figura di un generico santo giovanile, nimbato, in tunica e pallio. È probabile che si possa trattare di Adautto, purtroppo non identificabile tramite una didascalia. Sul lembo del pallio si nota la gammadia (27).

Sul lembo del pallio di Adautto è affrescata una gammadia (27), ormai piuttosto deteriorata. Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Schede correlate: 27.34; 27.35 Scheda 27.37

Scheda 27.39

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio sinistro, cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, taf. 26b

c.d. Collocazione: C.d. cubicolo ai piedi della scala, a sinistra, Nr3, p. 147 = WP 173,2 = WP 173,3

Personaggio: Pietro

Personaggio: Mosè

Scena: Miracolo della rupe

Scena: Miracolo della rupe

Descrizione: La scena, affrescata nell’arcosolio sinistro, si riferisce all’episodio del miracolo della sorgente operato da Pietro. Egli è di profilo, rivolto verso destra e tiene la virga virtutis con la quale fa scaturire l’acqua dalla roccia. Si abbeverano due uomini in abiti militari, con il berretto pannonico, considerati i due carcerieri di Pietro, Processo e Martiniano. Sul lembo del pallio di Pietro è raffigurata una gammadia (27).

Descrizione: L’affresco si riferisce a un deteriorato episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è sbarbato, in tunica e pallio e con la virga batte la rupe davanti a sé. Sul lembo della veste è tracciata una gammadia (27). Bibliografia essenziale: R

2006, pp. 213-219.

Scheda 27.40 Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano Tecnica di esecuzione: Affresco

Scheda 27.38 Datazione proposta: Metà del VI secolo d.C. Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Numero di gammadiae raffigurate: 1 Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Collocazione: Parete di fondo, parte alta, sepolcro di Pollione e dei SS. Milix e Pumenio, , Nr7, p. 148 = WP 255,2

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: San Marcellino

Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio della parete destra, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano =D et alii 1994, taf. 33

Scena: San Marcellino – San Pollione – San Pietro Descrizione: All’interno del pannello sono affrescati tre personaggi, stanti, ieratici, in stile ormai altomedievale. Sono i Santi Marcellino, Pollione e Pietro, i cui nomi sono indicati da una didascalia. Marcellino è raffigurato sulla sinistra, in tunica e pallio, nimbato, con rotolo e mano nell’atto della parola; centralmente vi è Pollione, nimbato,

Personaggio: Santo Scena: Santo (generico)

175

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma in tunica e pallio con la corona del martirio in mano; infine,vi è Pietro (martire associato a S. Marcellino), nimbato, in tunica e pallio con rotolo. Solo i SS. Marcellino e Pollione riportano sulle proprie vesti le gammadiae. Sul pallio del primo è raffigurata una gammadia (27).

Scena: Pietro/Paolo (figura singola) Descrizione: Ai lati di una cavità (improprio chiamarla fenestella) usata forse proprio per la custodia e quindi venerazione delle reliquie dei SS. Giovanni e Paolo, che si trovano due figure tagliate a metà. La loro parte superiore è infatti perduta e si conserva solo la metà inferiore. Entrambi i personaggi indossano tunica e pallio; probabilmente erano acclamanti (verso le reliquie) e quasi certamente si doveva trattare di Pietro e Paolo. Tuttavia, non essendo presente alcuna didascalia e senza poter distinguere i due personaggi dalla fisionomia, non è possibile identificarli con certezza. Sul lembo del pallio del santo di destra è possibile notare una gammadia (27).

Commenti: Nella tavola del Bosio, si notano le gammadiae (27) e (50) riportate rispettivamente sul pallio dei SS. Marcellino e Pollione (Bosio 1632, tav. IV, p. 135 = A 1659, I, tav. IV, p. 229; descrizione alle pp. 227-229). Il Bottari si espresse in maniera molto estesa sulle gammadiae descrivendo proprio questo affresco e sostenendo che tali segni non si trovassero solo in pittura, ma anche nei mosaici. La lettera H era considerata, «da chi ha voluto trovare del mistero», simbolo della vita ultraterrena, della beatitudine e della resurrezione in riferimento al numero 8 (B 1737-1754, I, tav. XLVI; descrizione alle pp. 207-208). Nella tavola del D’Agincourt, la gammadia sul pallio di Marcellino appare come una C in capitale quadrata, mentre quella sul pallio di Pollione è raffigurata in maniera corretta (D’A 1825, VI, tav. X,4; descrizione a p. 14). Il Perret riporta questo affresco in una tavola a colori, in cui le gammadiae sono segnate distintamente (P 1851-1855, III, pl. LVIII; descrizione a p. 91). Curiosamente la tavola del Garrucci riproduce S. Marcellino con una gammadia dalla forma di croce, mentre è corretta quella sul pallio di S. Pollione. La raffigurazione non corrisponde però alla descrizione dell’affresco poiché il Garrucci sostenne di aver notato il pallio del primo santo contrassegnato dalla lettera I (G 1872-1881, II, tav. 87,2; descrizione alle pp. 97-98). Il Roller menzionò il Bosio che nella sua incisione riportava le lettere I ed H rispettivamente sul pallio di Marcellino e Pollione (R 1879-1881, II, pl. XCVIII,3; descrizione a p. 347). Il Lefort non vide alcuna gammadia sul pallio dei due santi (L 1885, p. 97). L’acquerello del Wilpert si attiene invece alla realtà, riportando correttamente entrambe le gammadiae (Wp, tav. 255,2). Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 17-29; P 2006, pp. 103-105; M 2012, pp. 567-579; M A 1987, I, pp. 117-119.

Bibliografia essenziale: WMM, II, pp. 631-652 e tav. 131; K 1924, pp. 27-43; K 1927, pp. 259287; W 1937, pp. 517-522; G 1937; V B 1956, pp. 58-71; B 1995, pp. 169-205; R 2006, pp. 108-110; A 2014, pp. 80-135. Schede correlate: 27.84 Scheda 27.42 Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete destra, c.d. cubicolo dell’orante, Nr9, p. 16, III piano Personaggio: Santo Scena: Introductio della defunta Descrizione: L’affresco frammentario riguarda una scena

-

Schede correlate: 50.1 Scheda 27.41 Monumento/Documento: Confessio, Basilica dei SS. Giovanni e Paolo Tecnica: Affresco Datazione: Fine del IV secolo d.C. – inizi V secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Confessio, muro di fondo di intercessione di una defunta orante dallo sguardo

Personaggio: Pietro/Paolo 176

Appendice 4 Numero di gammadiae raffigurate: 1

ispirato accompagnata da due santi. La donna, in tunica e palla clavata, è posizionata centralmente. Dei due santi, rimane soltanto qualche frammento di quello di sinistra, il quale indossa tunica e pallio, dal lembo contrassegnato da una gammadia (27). Bibliografia essenziale: F S 2005, pp. 89-93.

Collocazione: Parete d’ingresso a destra, cubicolo Nr57, p. 58, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Fabertaf. 36b part. = WP 101 Personaggio: Mosè

1972, pp. 273-297; D

Scena: Miracolo della rupe Scheda 27.43 Descrizione: La scena, in parte frammentaria, si riferisce all’episodio del miracolo della sorgente operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è giovane, imberbe e in piedi, davanti alla rupe rocciosa, mentre batte la virga virtutis per far scaturire l’acqua. Sul lembo del pallio è raffigurata una gammadia (27).

Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Commenti: Mosè che batte la rupe, raffigurato in un quadro differente rispetto alla scena dell’introduzione della defunta (cfr. scheda 27.61), mostra la gammadia (27) sul proprio pallio (B 1632, tav. II, p. 389 = A 1659, II, tav. II, p. 47; descrizione a p. 46, t. II = B 1737-1754, II, tav. CXXVI; descrizione alle pp. 166-168). Nella tavola del Garrucci, l’affresco con il miracolo della rupe operato da Mosè, in tunica e pallio con gammadia (27), è rappresentato correttamente. Lo studioso, però, ancora una volta, riteneva che l’autore del prodigio fosse Cristo indicante il suo operato (G 1872-1881, II, tav. 55,2; descrizione a p. 59). La gammadia sul pallio di Mosè risulta perfettamente visibile nell’acquerello del Wilpert (Wp, tav. 101).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Registro superiore del c.d. sepolcro di Marciana, Nr12, p. 16, II piano Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco presenta la scena della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo, la cui figura è lacunosa, si rivolge – come di consueto – verso il sepolcro architettonico contenente la mummia di Lazzaro. Una lacuna interessa il busto di Cristo, ma si scorge il lembo del suo pallio sul quale è rappresentata la gammadia (27).

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 295-297.

Commenti: Il Lefort presentava Cristo, in atto di compiere il miracolo della resurrezione di Lazzaro, con il pallio segnato da una lettera I (L 1885, p. 51). Giovanni Battista De Rossi riportava la pittura tra le nuove scoperte effettuate nell’ambito del riordinamento topografico della zona della Salaria Nuova. Viene detto della pittura: «Sopra il pastore a mala pena si ravvisa il noto tipo della risurrezione di Lazzaro: sul lembo del pallio del Salvatore è visibile il segno I, usitissimo in siffatto luogo e modo nei monumenti dei secoli terzo e quarto […]» (D R 1873a, p. 19; tav. I). Bibliografia essenziale: D R P 1993, p. 47; p. 163; M

, S

, M

Scheda 27.45 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: fine età tetrarchica – prima età costantiniana; Z 2002: 295-320 d.C.)

1873a, pp. 19-20; 2013, pp. 547-558.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, c.d. cubicolo di Orfeo, Nr64, p. 60, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Fabertaf. 42b part. = WP 98

Scheda 27.44 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Personaggio: Mosè Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Miracolo della rupe Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: fine dell’età tetrarchica – prima età costantiniana; Z 2002: 295-320 d.C.)

Descrizione: All’interno di un riquadro definito da una sottile cornice rossa, si inserisce l’episodio del miracolo della sorgente operato da Mosè (Es 17, 1-7). Mosè è in 177

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma piedi davanti alla rupe rocciosa che viene battuta dalla sua virga per farne uscire dell’acqua. Egli è giovane, imberbe e indossa un pallio sul cui lembo è raffigurata una gammadia (27), mancante della base. Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 309-312.

, S

in tunica e pallio, con rotolo in mano. Sulla sua veste è rappresentata una gammadia (27). Centralmente, tagliata per la metà superiore da un loculo, vi era la scena relativa ai tre giovani ebrei della fornace di Babilonia. Per ultimo, speculare al primo, vi è un altro santo, presumibilmente con rotolo, tagliato anch’esso per la metà superiore da un loculo successivo.

, M

Commenti: L’affresco con il santo di sinistra è riprodotto dal Van Der Winghe insieme alle raffigurazioni della parete destra con la samaritana e del Cristo che moltiplica i pani relativi alla parete destra. Si nota chiaramente il palliato con la gammadia dalla forma di lettera L, ribaltata verso sinistra, affrescata sul lembo inferiore del pallio (Cod. Vat. Lat. 10545, f. 190v = O 2011, fig. 4, p. 108). Nella tavola del Bosio la parete è suddivisa in riquadri tramite la tipica linearità rosso-verde. Centralmente, sembrano apparire strane raffigurazioni somiglianti a rocce con tentacoli, coincidenti in realtà alle cavità infiammate della fornace relativa all’episodio dei tre giovani ebrei di Babilonia. Ai lati, ancora all’interno di riquadri, sono raffigurati due palliati, considerati erroneamente due dei tre giovani ebrei della fornace. Anche attualmente, il personaggio di sinistra è apprezzabile nella sua interezza, mentre quello di destra è lacunoso. I due palliati presentano rispettivamente la gammadia (27), che corrisponde effettivamente a quella affrescata. Secondo il Bosio, il palliato di sinistra teneva le mani incrociate, ma non vide l’evidente rotolo che stringeva (B 1632, tav. II, p. 241). Nella tavola dell’Aringhi, invece, nessuno dei due palliati presenta la gammadia (A 1651, tavola a p. 549 = A 1659, I, tav. II, p. 317; descrizione a p. 316). Il Bottari riprese l’interpretazione e l’incisione del Bosio, considerando i palliati come due dei tre ebrei della fornace, elemento rappresentato centralmente. Le gammadiae sono riportate precisamente nella tavola, ma non sono menzionate nella descrizione (B 17371754, II, tav. LXIV; descrizione a p. 33). Nella tavola del Garrucci, finalmente, il palliato di sinistra tiene un rotolo tra le mani, rispecchiando la realtà. Viene nominata solo la gammadia sul pallio del santo di sinistra – chiamata “cifra I” – mentre è rappresentata, ma non considerata nella descrizione, quella sul pallio del santo di destra. I due personaggi non sono più interpretati come facenti parte della composizione dei tre fanciulli ebrei della fornace (G 1872-1881, II, tav. 26,1; descrizione a p. 30). Nell’acquerello del Wilpert le gammadiae sono presenti sulle vesti di entrambi i personaggi (Wp, tav. 54,1).

Scheda 27.46 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: fine età tetrarchica – prima età costantiniana; Z 2002: 295-320 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete d’ingresso a destra , c.d. cubicolo di Orfeo, Nr64, p. 60, I piano = WP 98 Personaggio: Cristo Scena: Guarigione emorroissa Descrizione: La scena, inserita in una sottile cornice rossa, si riferisce all’episodio della guarigione dell’emorroissa (Mc 5, 21.43; Lc 8, 43-48; Mt 9, 20-22). Una donna, abbigliata con una tunica clavata dai toni purpurei, è inginocchiata sulla destra e si avvicina al Cristo, toccandone la veste per essere guarita. Bibliografia essenziale: P D ,S ,M

1986, pp. 147-174; 1987, pp. 309-312.

Scheda 27.47 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete di fondo, c.d. cubicolo di David, Nr31, p. 125, II piano = WP 54,1

Bibliografia essenziale: F

2011.

Schede correlate: 27.48 Personaggio: Santo Scheda 27.48 Scena: Santo (generico) Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Descrizione: Sul fondo del cubicolo, all’interno di una ripartizione composta da uno schema lineare rossoverde, si innestano alcune figure. A sinistra, rappresentata singolarmente, troviamo una figura di santo, generica,

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. 178

Appendice 4 Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Parete di fondo, c.d. cubicolo di David, Nr31, p. 125, II piano = WP 54,1

Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio Nr46, pp. 5556, I piano; D ,S ,M 1987, Lau Taf. 33b = WP 159,3

Personaggio: Santo Personaggio: Mosè Scena: Santo (generico) Scena: Miracolo della rupe Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.48.

Descrizione: L’affresco, notevolmente deteriorato, presenta l’episodio relativo al miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è imberbe, raffigurato di profilo, indossa tunica e pallio sul cui lembo è rappresentata una gammadia (27).

Il santo, raffigurato sulla destra, di cui rimane solamente la parte inferiore del corpo, risulta abbigliato in tunica e pallio, il cui lembo è contrassegnato da una gammadia (27).

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 270-271.

Commenti: Si vd. la scheda 27.48. Bibliografia essenziale: F

2011.

, S

, M

Scheda 27.51

Schede correlate: 27.48

Monumento/Documento: Catacombe di Pretestato

Scheda 27.49

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Collocazione: Fronte a destra, c.d. arcosolio di Celerina, Nr5, p. 91, I piano = WP 251

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Personaggio: Liberio Collocazione: Lunetta del c.d. arcosolio dell’orante con S. Pietro, Nr38, p. 126, I piano = WP 154,2

Scena: Liberio (figura singola)

Personaggio: Pietro

Descrizione: Sulla fronte dell’arcosolio di Celerina si articola un programma decorativo che, tuttavia, non è più apprezzabile nella sua integrità. A destra doveva essere raffigurato un personaggio barbato, di cui rimangono poche tracce, forse Ippolito. A sinistra invece vi è la figura di un certo Liberius, indicato dall’iscrizione dipinta. L’uomo è sbarbato, con i capelli bianchi e corti, in tunica e pallio. La gammadia (27), di cui rimane una piccola porzione riferibile all’estremità inferiore, si scorge sul lembo destro del pallio di Liberio.

Scena: Introductio della defunta Descrizione: La lunetta di fondo dell’arcosolio si presenta gravemente danneggiata da distacchi pittorici. Tuttavia sono distinguibili due personaggi. Sulla sinistra è visibile Pietro, con il rotolo tra le mani, abbigliato in tunica e pallio con gammadia (27). Dall’altra vi è invece la defunta, velata, introdotta dal santo. Bibliografia essenziale: B

2017, pp. 40-41.

Bibliografia essenziale: F 1991, pp. 15-20; G 1978, pp. 229-263; C -P 2002; S 2004, pp. 251-256; B 2005, pp. 21-52.

Scheda 27.50 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scheda 27.52 Monumento/Documento: Catacombe di Pretestato

Tecnica di esecuzione: Affresco Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 179

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.54

Collocazione: Sottarco dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo alto della “spelunca magna”, Nr7, p. 92, I piano = WP 49

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Personaggio: Cristo Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Cristo giudice Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Descrizione: All’interno di uno schema lineare rosso verde, che include elementi zoomorfi volti a riferirsi a un tema cosmologico, è raffigurato Cristo giudice all’interno di un clipeo dalla cornice rossa e seghettata. L’affresco è purtroppo interessato da una grossa lacuna, ma si riescono a distinguere i piedi e il lembo del pallio, sul quale si nota che lo cancella quasi completamente. Si vedono i piedi e la base del pallio, sul quale a sinistra si nota una gammadia (27), dall’estremità superiore curva. Bibliografia essenziale: S

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio sinistro, cubicolo F, Nr6, pp. 78-79 Personaggio: Cristo Scena: Samaritana al pozzo Descrizione: L’affresco della lunetta si riferisce all’episodio della samaritana al pozzo (Gv 4, 1-42). Sulla sinistra vi è la donna, che mostra una capigliatura con ciocche raccolte. Indossa orecchini ed è abbigliata con una tunica manicata clavata. La raffigurazione atipica potrebbe far pensare a una sorta di auto rappresentazione della defunta che si “immedesima” nella samaritana. Ella sta tirando un’anfora biansata fuori dal pozzo di Sichem, somigliante a un grosso orcio parzialmente interrato. Cristo è sulla destra, con i capelli corti alla “costantiniana” e un volto giovanile. Veste tunica clavata e pallio ed è nel gesto della parola. Sul lembo inferiore del pallio è tracciata una gammadia (27), in toni scuri, purtroppo quasi svanita.

2004, pp. 117-122.

Scheda 27.53 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco del c.d. cubicolo delle colonne o cappella sepolcrale dei SS. Marco e Marcelliano, Nr3, pp. 115-116, II piano = WP 215 (in dettaglio WP 153,1)

Bibliografia essenziale: D R 1867, pp. 299-300; 317-321; F 1960, p. 65; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 90; B -M 1999, pp. 45-73; M 2000a, scheda 12; M 2006, pp. 154-157

Personaggio: Angelo Scena: Visione di Bethel

Scheda 27.55 Descrizione: Il sottarco si compone di una decorazione a fascia che prevede il busto di Cristo, nimbato e barbato, all’interno di un clipeo centrale con cornice rossa e blu. Ai lati comparivano due scene, molto probabilmente identiche e speculari. Di quella rimanente, si scorge un personaggio che sale una scala, mentre in basso si notano alcune spighe e un uomo recumbente. La scena, interpretata dal Wilpert in riferimento alla visione di Perpetua, martire di Cartagine, fu riletta, in maniera più opportuna, dal Saint Roch come la visione di Bethel (Gen 28, 10-13). L’uomo sdraiato sarebbe perciò Giacobbe, mentre il personaggio che sale la scala un angelo, con il pallio contrassegnato da una gammadia (27).

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, c.d. cripta dei canefori, Nr7, p. 116, II piano = WP 244,2 Personaggio: Mosè

Bibliografia essenziale: W 1903, pp. 43-58; M 1903b, pp. 122-125; M 1905a, pp. 191-230; S R 1999, pp. 38-40; 97-104; S R 1981, pp. 209-251; S R 1983, pp. 411-423; P 2016, pp. 1953-1973.

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: Internamente al riquadro è affrescato l’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è barbato, in piedi davanti alla rupe rocciosa raffigurata sulla destra, da cui scaturisce un rivolo 180

Appendice 4 d’acqua. Sul lembo del pallio è tracciata una gammadia (27).

a doppio spiovente. La gammadia (27), con l’appendice superiore curva, è collocata sul lembo del pallio di Cristo.

Bibliografia essenziale: W 1903, pp. 43-58; M 1903b, pp. 122-125; M 1905a, pp. 191-230; S R 1981, pp. 209-251; S R 1983, pp. 411-423; S R 1999, pp. 108-110; S 1999, pp. 92-94.

Bibliografia essenziale: Assente.

Scheda 27.56 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, c.d. arcosolio del battesimo, Nr42, p. 126, I piano = WP 228,1 Personaggio: Cristo Scena: Moltiplicazione dei pani Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo, imberbe, dalla capigliatura a calotta, è qui raffigurato lateralmente, rivolto verso sinistra. Nella destra tiene la virga. Davanti a lui sono sette ceste di pane, rappresentate sommariamente una sopra l’altra. Sul lembo della veste è tracciata la gammadia (27). Bibliografia essenziale: Assente. Scheda 27.57 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica: Affresco Datazione: Metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Fronte del c.d. arcosolio con Noè, Nr43, pp. 126-127, I piano = WP 227 Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: La porzione sinistra dell’arcosolio è occupata dalla rappresentazione del miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, con i capelli a calotta, gli occhi convergenti, il viso allungato. Tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la mummia di Lazzaro, all’interno del sepolcro architettonico con tetto 181

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.60

Scheda 27.58 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Datazione proposta: Seconda metà del III secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Sottarco a sinistra, c.d. arcosolio di fronte ai piccoli oranti, Nr73, p. 131, I piano = WP 192

Collocazione: C.d. arcosolio basso presso la cripta di Ampliato, Nr54, p. 128, I piano = WP 83,1= WP, fig. 14, p. 175

Personaggio: Cristo Personaggio: Profeta Scena: Resurrezione di Lazzaro Scena: Profezia Descrizione: Internamente a una spessa cornice doppia color rosso mattone e bianca, si inserisce l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, in tunica e pallio; tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro, sulla sinistra, totalmente avvolto nelle bende all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio spiovente. La gammadia (27) compare sul lembo del pallio di Cristo. Bibliografia essenziale: Z M 2015, pp. 35-68.

Descrizione: L’affresco, estremamente frammentario, fu ricostruito dal Wilpert come scena di profezia. La scena è composta dalla figura della Madonna, seduta in cattedra, con il Bambino, e di un profeta, palliato e in piedi, davanti a loro. Il profeta sembra indicare qualcosa, forse una stella che non è però rappresentata. Lo schema iconografico si rifà a quello della celebre scena nell’arenario delle catacombe di Priscilla. Tra i frammenti è presente parte del pallio dell’uomo, su cui si scorge la porzione inferiore della gammadia (27).

2002, pp. 126-154;

Scheda 27.59

Commenti: Il Wilpert ritrovò la pittura in frantumi nell’aprile 1902. La ricostruzione diede vita all’ipotesi di un vaticinio, in maniera del tutto simile alla scena della famosa Virgo Lactans nell’arenario delle catacombe di Priscilla. La raffigurazione doveva occupare la lunetta dell’arcosolio, componendosi probabilmente con la figura di un profeta e della Madonna seduta con il Bambino in braccio e vestito di tunica. Nel disegno ricostruttivo il Wilpert ipotizzava che il profeta indicasse qualcosa, ovviamente per confronto con il già citato affresco di Priscilla. I frammenti ricomposti furono anche riportati ad acquerello nel volume delle tavole.

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del VI secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete destra, sepolcro di Pollione e dei SS. Milix e Pumenio (santuario della galleria sbarrata), Nr7, p. 148 = WP 255,1

Nel disegno il profeta indossa il pallio con una gammadia (27) sul lembo. Nell’acquerello si nota, chiaramente, soltanto un residuo della parte inferiore del simbolo, difficilmente distinguibile (Wp, volume di testo fig. 22, p. 248 con descrizione).

Personaggio: San Pumenio Scena: San Milix – croce gemmata – San Pumenio Descrizione: Internamente al pannello sono affrescati due personaggi, stanti, ieratici, in stile ormai altomedievale. Sono i SS. Milix e Pumenio, corredati di didascalia indicante il rispettivo nome. Milix è raffigurato sulla sinistra. È nimbato, con rotolo tra le mani, abbigliato in tunica, pallio e clamide. Centralmente vi è una croce gemmata. A destra, invece, è Pumenio, nimbato e barbato con rotolo sigillato tra le mani. Veste tunica e pallio, sul cui lembo è raffigurata una gammadia (27). Bibliografia essenziale: F 2012, pp. 567-579.

Bibliografia essenziale: Wp, p. 175. Scheda 27.61 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: fine età tetrarchica

1963b, pp. 17-29; M

182

Appendice 4 – prima età costantiniana; Z d.C.)

2002: 295-320

alcuna gammadia (A 1659, II, tav. II, p. 47; descrizione a p. 46, t. II). Il Bottari considerò curiosamente i due santi come servitori della donna, i quali sostengono le sue braccia (B 1737-1754, II, tav. CXXVI; descrizione alle pp. 166-168). Così come il Bosio, anche il Garrucci riportava sul pallio di entrambi gli uomini una gammadia dalla forma di X ritenendo che i due giovani sostenessero la donna per i gomiti o che mostrassero di volerla sostenere. In realtà, la sovrapposizione delle mani dei due santi con le maniche della defunta in dalmatica è solo un primordiale effetto prospettico, per indicare una “presentazione” della loro protetta, come spesso accade nelle raffigurazioni di giudizio. Il pittore, in questo caso, dovette anche fare i conti con una questione di spazio. Il Garrucci, inoltre, criticava il Bottari – il quale sosteneva che si trattasse di una ricca matrona e dei suoi giovani servi o liberti – ritenendo che due servitori non sarebbero mai stati rappresentati come apostoli in tunica e pallio (G 1872-1881, II, tav. 55,2; descrizione a p. 59). Il Roller giunse a ipotizzare che si trattasse di una defunta orante tra due santi. Data la presenza delle lettere “X” alla base dei loro pallii, pensava addirittura ad apostoli. L’illustrazione è tratta direttamente dal Bosio (R 1879-1881, I, pl. L; descrizione a p. 296). Nella tavola del Wilpert viene mostrata la situazione attuale, in cui l’affresco è ormai deteriorato e lacunoso nella parte destra. La gammadia sul pallio del santo di sinistra appare come un segno scuro, tendente alla forma quadrata (Wp, tav. 101; volume di testo a p. 178). Bibliografia essenziale: Wp 1903, p. 178; D S ,M 1987, pp. 295-297.

,

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scheda 27.62 Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, cubicolo Nr57, p. 58, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 36a part. = WP 101 = WP fig. 15, p. 178.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Personaggio: Santo

Tecnica di esecuzione: Affresco

Scena: Introductio della defunta

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana)

Descrizione: È possibile ricostruire ipoteticamente la scena, così come fece il Wilpert. L’affresco riproduceva l’introduzione di una defunta presumibilmente da parte di due santi, dei quali rimane solo quello di sinistra. Il personaggio è in tunica e pallio, sul cui lembo è tracciata una gammadia (27) dai contorni non ben specificati.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, c.d. cripta della Madonna, Nr69, pp. 61-62, I piano = D ,S , M 1987, Lau Farbtaf. 51c part. = WP inedito n. 297

Commenti: La rappresentazione costituisce un’importante documentazione precedente al tragico crollo dell’intonaco che comportò la perdita, quasi totale, della scena. Si notava perciò una defunta, centrale e orante in tunica e palla, mentre due santi erano ai suoi lati. Nell’incisione del Bosio i due personaggi maschili sembrano trattenerla per le vesti, all’altezza dei gomiti. La gammadia sul pallio del santo di sinistra assume la forma di X, quando in realtà si tratta di una gammadia (27) compressa e dalle dimensioni molto piccole (B 1632, tav. II, p. 389). Nella tavola dell’Aringhi, al contrario, non è riportata

Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco, inserito in una sottile cornice rossa, riproduce l’episodio del miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, ha i capelli boccolosi, e tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro. Quest’ultima è collocata all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio 183

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma spiovente. La gammadia (27), rappresentata sul lembo del pallio di Cristo, appare attualmente molto deteriorata, quasi invisibile. Bibliografia essenziale: P 145; D ,S ,M

1993, p. 47; pp. 1441987, pp. 324-329.

Scheda 27.63 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scheda 27.64

Collocazione: Sottarco a destra, arcosolio Nr46, pp. 5556, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 33b. = WP 159,3

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Personaggio: Balaam

Tecnica di esecuzione: Affresco

Scena: Balaam indica l’astro

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana – fine età costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Descrizione: L’affresco riproduce il momento in cui Balaam, nel suo quarto oracolo, predice l’avvento di Cristo, tramite l’astro nascente (Nm 24, 17-19). Il profeta è ritratto di tre quarti, mentre indica la stella. È abbigliato in tunica e pallio, sul cui lembo è presente la gammadia (27).

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio Nr52, p. 57, I piano = WP inedito n. 396

Commenti: Nella tavola del Bosio è raffigurato l’intero arcosolio. Nel sottarco, si poteva notare la scena relativa al miracolo della rupe, con Mosè dal pallio contrassegnato dalla gammadia (27), attualmente scomparsa. Inoltre, era riportata la scena di Mosè che riceve la Legge, con stessa gammadia sul pallio (B 1632, tav. II, p. 393 = A 1659, II, tav. II, p. 49; descrizione a p. 48, t. II). Il Bottari copiò l’incisione del Bosio, senza alcune aggiunte (B 1737-1754, II, tav. CXXVIII; descrizione a p. 174). Il Garrucci rilevava le stesse scene del Bosio, riportando rispettivamente le gammadiae (G 1872-1881, II, tav. 57,1; descrizione a p. 61). Il Wilpert riportava nell’acquerello l’affresco post intervento. Come visibile nei repertori a lui precedenti, la scena si mostrava come un Mosè che riceve la Legge, a causa della cattiva leggibilità dovuta a incrostazioni e patine che la ricoprivano. È il Wilpert a narrare l’episodio di pulitura, effettuato da lui stesso, restituendo la figura del profeta Balaam e della sua stella (Wp, tav. 159,3; volume di testo p. 184).

Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: La rappresentazione si compone di due scene, in parte quasi sovrapposte. Sulla sinistra compare Mosè con la virga tesa a battere la rupe. Sulla destra invece si innesta la resurrezione di Lazzaro, della quale si nota distintamente il sepolcro architettonico con le scale esterne. La gammadia (27) si scorge sul pallio di Cristo. Bibliografia essenziale: P 40, fig. 49; D ,S 287.

1993, p. 47; scheda n. ,M 1987, pp. 285-

Scheda 27.65 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Bibliografia essenziale: Wp, pp. 184-185; D , S ,M 1987, pp. 270-271; C 2016, pp. 67-88.

Tecnica di esecuzione: Affresco

184

Appendice 4 Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: tarda età costantiniana; Z 2002: 340-360 d.C.)

– prima età costantiniana; Z d.C.)

2002: 295-320

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, c.d. cripta del tricliniarca, Nr45, p. 55, I piano

Collocazione: Parete d’ingresso a destra, cubicolo Nr58, pp. 58-59, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 43a = WP 93

Personaggio: Palliato

Personaggio: Cristo

Scena: Scena non definibile

Scena: Resurrezione di Lazzaro

Descrizione: Della raffigurazione rimane ben poco. Già il Nestori nel suo repertorio, denunciava la sola presenza (27). della gammadia, assimilabile alla categoria L’affresco è inedito.

Descrizione: Seppur le condizioni dell’affresco non siano di certo ottimali, si riesce a distinguere una resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Sulla sinistra si nota Cristo, imberbe, in tunica e pallio, che rivolge la virga verso la mummia di Lazzaro davanti a lui, sulla destra. L’edicola funeraria non è rappresentata. Sul lembo del pallio di Cristo si scorge una gammadia (27).

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 266-270.

, S

, M

Scheda 27.66

Bibliografia essenziale: P 1993, p. 142, fig. 50; D ,S ,M 1987, pp. 297-300.

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Scheda 27.68 Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Numero di gammadiae raffigurate: 2

Tecnica di esecuzione: Affresco

Collocazione: Fronte a sinistra, c.d. arcosolio dei tre magi, Nr77, p. 132, I piano = WP 239

Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Personaggio: Cristo Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scena: Resurrezione di Lazzaro Collocazione: Parete d’ingresso a destra, cubicolo Nr15, p. 51, I piano = WP 68,3

Descrizione: La porzione sinistra della fronte dell’arcosolio presenta l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-46), con un Cristo giovanile che rivolge la virga virtutis verso il sepolcro architettonico in cui si trova il defunto, Lazzaro, avvolto nelle sue bende. Interessante è il particolare delle ante del sepolcro aperte. Cristo indossa tunica e pallio, i cui lembi sono contrassegnati da due gammadiae (27), tracciate in maniera obliqua e seguendo l’inclinazione del personaggio. Bibliografia essenziale: P

Personaggio: Cristo Scena: Guarigione del cieco nato Descrizione: La scena raffigurata a destra della parete d’ingresso si riferisce all’episodio della guarigione del cieco nato (Gv 9, 1-41). Cristo è sulla destra, in tunica e pallio, volto giovanile e capelli corti a calotta. La mano sinistra è avvolta nel pallio e stringe la virga, mentre la destra tocca il volto del cieco. Quest’ultimo, già orante in tunica manicata e clavata, è raffigurato in dimensioni minori rispetto a Cristo, secondo la tipologia iconografica più antica. Il lembo del pallio di Cristo presenta una gammadia (27).

1993, p. 47; p. 109.

Scheda 27.67 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco

Commenti: Nella tavola del Bosio, la gammadia è correttamente rappresentata sul pallio di Cristo, nonostante le estremità appaiano curve (B 1632, tavola unica, p. 343 = A 1659, II, tavola unica p. 33; descrizione alle pp. 32-33, t. II). Il Bottari considerava la scena come

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: fine età tetrarchica

185

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.70

la benedizione di un fanciullo. Non parla comunque di gammadiae (B 1737-1754, II, tav. CIII; descrizione alle pp. 133-134). Il Garrucci, invece, interpretava la rappresentazione come il miracolo della guarigione del cieco e, nella tavola, la gammadia è presente sul pallio di Cristo (G 1872-1881, II, tav. 44,3; descrizione a p. 52). L’acquerello del Wilpert si attiene alla realtà, ma lo studioso non si riferisce espressamente a questa gammadia (Wp, tav. 68,3). Bibliografia essenziale: S B 1980, pp. 17-27; D 1987, pp. 217-219.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo

1979, pp. 77-85; , S , M

Scheda 27.69 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. (D S ,M 1987: età medio costantiniana)

,

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, cubicolo Nr15, p. 51, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 11b = WP 68,2

d.C. (D , S costantiniana; Z

Personaggio: Mosè

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Scena: Miracolo della rupe/Consegna della Legge

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio della parete destra, cubicolo c.d. doppio, Nr62, pp. 59-60, I piano = WP 57

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7), che ha qui un aspetto giovanile, con capigliatura corta e a calotta. Indossa tunica e pallio e batte la rupe davanti a sé con la virga tenuta nella mano destra. L’affresco si presenta deteriorato. L’ipotesi più probabile è che si tratti per l’appunto del miracolo sopra descritto, ma nulla vieta che invece fosse la consegna della Legge. Sul lembo del pallio del personaggio è presente una gammadia (27).

, M 1987: età medio 2002: 320-340 d.C.)

Personaggio: Cristo Scena: Miracolo di Cana Descrizione: La lunetta di fondo dell’arcosolio è interessata da una scena composita. Mentre in secondo piano si svolge un’agape con i commensali seduti lungo il tavolo a sigma lunato e nel mezzo si nota chiaramente un tripode, sulla sinistra in primo piano vi è una servitrice, con un piatto tra le mani. Sulla destra invece è raffigurato Cristo, in tunica e pallio, che tramite la virga effettua il miracolo di Cana, avendo davanti a sè rappresentate sei otri d’acqua (Gv 2, 1-11). Sul lembo del suo pallio è presente una gammadia (27).

Commenti: La scena, interpretata come miracolo della rupe, presenta Mosè con la gammadia correttamente raffigurata sul pallio, nonostante le estremità appaiano curve (B 1632, tav. unica, p. 343 = A 1659, II, tavola unica p. 33; descrizione a pp. 32-33, t. II). Il Bottari si limitò a riportare la scena nella sua tavola (B 1737-1754, II, tav. CIII; descrizione alle pp. 133-134). Curiosa appare l’interpretazione del Garrucci, per il quale si sarebbe trattato di un giovane con i sandali, forse addirittura del Cristo, che mostrava l’acqua sgorgante dalla rupe. Il personaggio presentava sul pallio la (27) (G 1872-1881, II, tav. 44,2). L’acquerello del Wilpert si attiene alla realtà (Wp, tav. 68,2).

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 304-307.

, S

, M

Scheda 27.71 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 217-219.

, S

, M Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. 186

Appendice 4 Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Cristo

La seconda pittura era quindi considerata dallo studioso come un miracolo della manna, quand’è evidente che si trattasse di una moltiplicazione dei pani, mentre la terza era considerata come la raffigurazione di Cristo con il pane dei poveri. Nessuno dei due studiosi riporta la gammadia che, come invece si vedrà, è presente almeno sul pallio del Cristo centrale (Cod. Vall. G. 6, f. 4 = W 1891, tav. XIX). Il Van Der Winghe rilevava la samaritana al pozzo, in tunica clavata e cinta in vita, che tiene la corda con la quale solleva il secchio, mentre sulla destra vi è Cristo, con la gammadia, in atto di moltiplicare le sette ceste di pane (Cod. Vat. Lat. 10545, f. 190v = O 2011, fig. 4, p. 108). Nella tavola del Bosio, Cristo tende la virga verso le ceste di pane suddivise – quattro alla sua destra e tre alla sua sinistra – mentre il volto non è riportato nel disegno a causa del taglio di un loculo. La gammadia che il Bosio notò è davvero particolare, rappresentata come una Y. Inquadrati in fasce rosso-verdi, sono raffigurati anche la samaritana al pozzo e un uomo che porta alcuni pani nel risvolto del pallio, interpretato come Cristo (B 1632, tav. IV, p. 245 = A 1651, tavola a p. 553 = A 1659, I, tav. IV, p. 319; descrizione a p. 318). Il Bottari interpretava la scena del miracolo della moltiplicazione dei pani come un Mosè con la manna; inoltre, lo studioso pensava che la lettera Y, osservata dal Bosio, fosse invece una T (B 1737-1754, II, tav. LXVI; descrizione alle pp. 35-38). Il Garrucci interpretava la scena come moltiplicazione dei pani tuttavia, mentre nella tavola viene riprodotta la gammadia dalla forma di T, nella descrizione si parla di Y. È evidente che lo studioso facesse comunque riferimento al Bosio (G 1872-1881, tav. 26,2; descrizione a p. 30). Nell’acquerello del Wilpert si distingue chiaramente la gammadia a forma di lettera I sul pallio di Cristo nell’atto di moltiplicare le ceste di pane. Il Wilpert, basandosi sulla testimonianza del Bosio, inseriva le sagome dei personaggi mancanti nelle lacune, restituendo integrità all’affresco. Notava la lettera I sul pallio di Cristo (Wp, tav. 54,2; volume di testo p. 270).

Scena: Moltiplicazione dei pani

Bibliografia essenziale: Assente.

Collocazione: Fronte dell’arcosolio di fondo , c.d. cubicolo di Orfeo, Nr45, p. 127, I piano = WP 229 Personaggio: Profeta Michea/Paolo Scena: Profezia/Paolo e Tecla Descrizione: La scena, che presenta difficoltà interpretative, è collocata sulla porzione sinistra della fronte dell’arcosolio. Secondo il pensiero comune, si tratterebbe della profezia di Michea che prevede, per l’appunto, il profeta sulla sinistra, e la Madonna in trono con il Bambino sulla destra. N. Zimmermann propone invece di identificare l’uomo con Paolo poiché, a suo avviso, si scorgerebbero la fronte alta e la barba appuntita. Il personaggio presenta comunque una gammadia (27) sul lembo del pallio. Bibliografia essenziale: C Z 2010, pp. 671-681; Z 2009, pp. 601-640.

2000b, p. 216; -T

Scheda 27.72 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete destra del c.d. cubicolo di David, Nr31, p. 125, II piano; WP 54,2

Descrizione: L’affresco, lacunoso a causa dell’apertura di un loculo, si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Il busto di Cristo è perduto, ma rimane la parte inferiore della raffigurazione, di cui si distinguono le quattro ceste di pane sulla sinistra e tre sulla destra. Egli indossa il pallio sulla cui estremità è raffigurata la gammadia (27), con l’appendice superiore ricurva.

Scheda 27.73 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Commenti: Nel manoscritto individuato dal Wilpert, Ciacconio ritrasse la samaritana al pozzo, un Cristo in atto di moltiplicare i pani e un palliato, variamente interpretabile, con alcuni pani nella piega della veste. Le didascalie indicano “Foemina Samaritana” per la prima pittura, “Moses manna exhibes”, “Christus panibus paucis satians quinque millia hominu”.

Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio Nr46, p. 127, I piano = WP 228,3 Personaggio: Cristo Scena: Moltiplicazione dei pani Descrizine: L’affresco, inserito in un riquadro definito da una spessa cornice rossa e da una più sottile e nera, 187

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma si riferisce all’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo è qui raffigurato lateralmente, rivolto verso sinistra, dove sono le sette ceste di pane. Egli indossa tunica e pallio sul cui lembo è raffigurata la gammadia (27).

nota la gammadia (27), tracciata seguendo l’inclinazione della veste.

Bibliografia essenziale: Assente.

Monumento/Documento: Catacombe di S. Sebastiano

Bibliografia essenziale: Z

2011, pp. 119-151.

Scheda 27.76

Scheda 27.74

Tecnica: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Datazione: Fine del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Collocazione: Mausoleo di S. Quirino – Platonia, lunetta occidentale

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Personaggio: Santo Collocazione: Sottarco a destra, arcosolio Nr46, p. 127, I piano = WP 228,4

Scena: Coronatio

Personaggio: Cristo

Descrizione: La scena, di difficile interpretazione a causa del deterioramento della pellicola pittorica, è stata letta come una Traditio Clavium oppure, più recentemente, come una Coronatio. La gammadia (27) si nota sul pallio del santo collocato sulla destra dell’osservatore.

Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco, inserito in un riquadro definito da una cornice spessa e rossa, e da una più sottile e nera, si riferisce all’episodio del miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, con i capelli a calotta, tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro, sulla sinistra, all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio spiovente. Sul lembo del pallio di Cristo è raffigurata la gammadia (27). Bibliografia essenziale: P

Commenti: Padre Giuseppe Marchi pubblicò nella tavola, in appendice alla sua opera, un’incisione in cui delineava le silhouettes dei due personaggi interni alla lunetta, i quali non apparivano caratterizzati poiché, per stessa ammissione dello studioso, l’affresco risultava eccessivamente rovinato da rivoli d’acqua (M 1844, tav. XLI; descrizione alle pp. 210-212). Nella tavola del Perret, viene rappresentato, sulla sinistra, Pietro, in atto di ricevere le chiavi da Cristo raffigurato centralmente, in busto, tra un banco di nuvole. A destra è invece Paolo con la gammadia (27) sulla veste. In realtà il Perret interpretò malamente gli elementi che Cristo consegna al santo di sinistra, i quali invece non sono chiavi, ma una corona (P 1851-1855, I, pl. VII; descrizione a p. 25). Il Garrucci pubblicò la copia dell’affresco di un certo Bossi. Nella raffigurazione si nota chiaramente la consegna della corona a un santo, che non è connotato come Pietro. Viene perciò anticipata la recente intuizione che muta l’interpretazione in coronatio. La gammadia sulla veste dell’altro santo non è, tuttavia, riprodotta (G 1872-1881, II, tav. 89; descrizione a p. 100).

1993, pp. 105-106.

Scheda 27.75 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Nicchia della parte di fondo, sottarco a sinistra, c.d. cripta di Diogene, cubicolo Nr19, p. 123, II piano = WP 181,2

Bibliografia essenziale: C M 1916, pp. 5-61; M N 2005-2006, pp. 275-320; N ss.

Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco, che un tempo riguardava la resurrezione di Lazzaro, è oggi distrutto. Rimane, in situ, solo l’edicola con la mummia di Lazzaro. Cristo, sbarbato, in tunica e pallio, fu staccato ed è oggi conservato presso il Collegio di Propaganda Fide. Sul pallio di Cristo si

1909, pp. 51-61; 1917, pp. 47-87; 2009, p. 229 e

Scheda 27.77 Monumento/Documento: Catacombe di S. Tecla Tecnica di esecuzione: Affresco 188

Appendice 4 Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo degli Apostoli, Nr3, p. 144 = WP 235

Collocazione: Arcosolio della parete di fondo, sottarco a destra, c.d. cripta del miracolo di Cana, Nr48, p. 56, I piano = D ,S ,M 1987, Lau, Taf. 34a part.; Lau, Taf. 34c = WP 186,1

Personaggio: Abramo Scena: Sacrificio di Isacco

Personaggio: Cristo

Descrizione: La lunetta dell’arcosolio di fondo accoglie l’affresco relativo al sacrificio di Isacco (Gn 22, 1-19). Sulla destra, accanto all’ara e in cima a una montagnola, vi è l’ariete che sarà sacrificato. Centralmente si vede Abramo, in tunica e pallio, con gammadia (27). Per mano tiene il figlio Isacco. Bibliografia essenziale: A tav. X ; Wp, p. 327; S 2010b, pp. 33-87.

Scena: Miracolo di Cana Descrizione: La scena si riferisce all’episodio del miracolo di Cana, riconoscibile grazie alle anfore colme d’acqua (Gv 2, 1-11). Cristo, giovanile, punta la virga verso i contenitori. Sul lembo del pallio si nota, seppur difficoltosamente, la gammadia (27).

1890, pp. 259-272 e 1980, pp. 103-132; M

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 273-275.

Scheda 27.78 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

, S

, M

Scheda 27.80 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana – tarda costantianiana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del cubicolo Nr42, p. 55, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 15; WP 158,2

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Mosè

Collocazione: Sottarco al centro, arcosolio Nr52, p. 57, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 43c

Scena: Miracolo della rupe

Personaggio: Cristo

Descrizione: Internamente al riquadro definito da una cornice rossa, è rappresentata la scena riferita al miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7), il quale è barbato, in tunica clavata e pallio. Batte la rupe davanti a sé con la virga per farne scaturire l’acqua. La gammadia (27) è raffigurata sul lembo inferiore del pallio.

Scena: Cristo Magister

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 260-262.

, S

Descrizione: Nell’apice del sottarco è collocata la rappresentazione del Cristo, internamente a un clipeo. Egli è imberbe, seduto in cattedra, con due capsae di rotoli ai lati, una per parte. Con la mano destra fa il gesto della parola, mentre con la sinistra tiene un rotolo aperto. Indossa tunica e pallio, sul cui lembo si nota la gammadia (27).

, M

Scheda 27.79

Bibliografia essenziale: W 1900, pp. 85-97 e tav. I; K 1932, pp. 17-36; J 1918-1919, pp. 78-87; D ,S ,M 1987, pp. 285-287.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco

189

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 27.81

Bibliografia essenziale: N 1981, pp. 87-112 (in particolare p. 106); D ,S ,M 1987, pp. 287-289; C 2016, pp. 67-88.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scheda 27.83 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe di Ciriaca Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del cubicolo Nr53, p. 57, I piano = WP 165

Collocazione: Fronte in alto a sinistra, c.d. arcosolio di Zosimiana o Zosimiano, I piano, Nr2, p. 43 = WP 205

Personaggio: Cristo Scena: Moltiplicazione dei pani Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo, imberbe, dai capelli corti e ondulati, è qui raffigurato lateralmente, rivolto verso sinistra. Nella destra tiene la virga. Le ceste di pane sono suddivise, due sulla sinistra dell’osservatore e cinque sulla destra. La gammadia (27) appare sul lembo estremo del pallio, nonostante non sia perfettamente distinguibile. Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 287-289.

, S

, M Personaggio: Cristo

Scheda 27.82 Descrizione: La lunetta di fondo dell’arcosolio di Zosimiana prevede una Maiestas Domini, con Cristo centrale tra due santi, seduto su un trono a lira. Egli ha il capo cinto da un nimbo azzurro e mostra la mano destra nel gesto della parola. Accanto a lui, sulla destra dell’osservatore, vi è una capsa colma di rotoli. Il santo seduto sulla destra, per via della stempiatura e della barba appuntita, potrebbe sembrare Paolo. L’altro santo sulla sinistra non è identificabile, a causa del volto rovinato. I due santi siedono su cattedre dall’alto schienale. La raffigurazione è inserita all’interno di una spessa cornice rosso mattone, cui fa seguito una più interna di colore verde e subito dopo una sottile linea rossa. Sul pallio di Cristo si scorge, seppur con difficoltà, la gammadia (27).

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del cubicolo Nr53, p. 57, I piano = WP 165 Personaggio: Balaam

Commenti: La rappresentazione proposta dal D’Agincourt presenta l’arcosolio nella sua interezza, ma i dettagli appaiono molto confusi (D’A 1825, III, V, tav. IX,8), tanto che De Rossi ne denunciava le dimensioni eccessivamente ridotte (D R 1876, p. 145). Perret dedicava due tavole all’arcosolio: la prima si riferisce unicamente alla lunetta di fondo, ma non fu rilevata la gammadia sul pallio di Cristo, essendo i personaggi tracciati in maniera approssimativa; la seconda si riferisce al solo Cristo nimbato in cattedra nel sottarco destro (P 1851-1855, III, pl. XLIII-XLIV; descrizione a

Scena: Balaam indica astro Descrizione: In uno dei riquadri in cui è divisa la volta del cubicolo, è racchiusa la scena di Balaam che indica l’astro della profezia messianica. L’uomo è raffigurato di spalle, mentre indica una stella. Sul lembo del pallio, alla sinistra dell’osservatore, si scorge la gammadia (27).

190

Appendice 4 p. 87). La tavola del De Rossi riporta l’intero programma iconografico dell’arcosolio. La fronte, divisa in pannelli, presenta Mosè che riceve la Legge, Giona in riposo sotto la pergola e Mosè che si slaccia i calzari per entrare nel roveto ardente. Entrambe le figure di Mosè, attenendosi al reale, indossano un pallio segnato dalla gammadia. La lunetta di fondo, invece, accoglie la scena di una Maiestas Domini. Cristo, nimbato, è seduto tra due santi, la cui fisionomia somiglia molto a quella di Pietro e Paolo. La gammadia sul pallio di Cristo non è riportata (D R 1876, tavv. VIII-IX; descrizione alle pp. 145-149). Il Wilpert suddivise la raffigurazione dell’arcosolio in due tavole. La prima di esse riporta il monumento nella sua interezza. Le gammadiae sul pallio di Mosè, in entrambe le scene, sono ben visibili e marcate. Diversamente, la gammadia sul pallio di Cristo non è percepita, indice che probabilmente, già in quel periodo, le pitture non si trovavano in uno stato di conservazione ottimale.

Bibliografia essenziale: WMM, II, pp. 631-652 e tav. 131; K 1924, pp. 27-43; K 1927, pp. 259287; W 1937, pp. 517-522; G 1937; V B 1956, pp. 58-71; B 1995, pp. 169-205; R 2006, pp. 108-110; A 2014, pp. 80-135.

Nella seconda tavola, invece, sono riportate le scene contenute nel sottarco destro e sinistro. Non viene documentato il Buon Pastore tra gli ovini al centro dell’intradosso, così come nemmeno il parapetto con le erme, visibile nella raffigurazione del De Rossi (Wp, tavv. 205-206; volume di testo, p. 349). Infine abbiamo il Marucchi, la cui tavola sembra essere l’esatta copia di quella del De Rossi (M 1905b, p. 304).

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio destro, cubicolo F – Nr6, pp. 78-79

Schede correlate: 27.41 Scheda 31.1 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Angelo Scena: Balaam fermato dall’angelo Descrizione: La scena riguarda il profeta Balaam sulla sua asina fermato dall’angelo del Signore (Nm 22, 23). Balaam è colocato sulla sinistra, in tunica e pallio, con il bastone in una mano somigliante a una sottile virga, che usa per spronare l’animale a proseguire. Il suo sguardo è rivolto verso sinistra, esterno alla scena, sottolineato da sopracciglia marcate e da occhi maggiorati. Indossa un paio di sandali, fino alla caviglia, forse perones, così come il suo avversario. L’asina è immobile, quasi statuaria, leggermente sproporzionata. Sembra infatti più piccola rispetto al suo cavaliere. L’angelo veste tunica clavata e pallio. La mano destra è coperta nel risvolto della veste, mentre la sinistra impugna la spada, che si configura come un pugnale. È barbato e il suo sguardo si rivolge in senso totalmente opposto a quello di Balaam, verso destra, anch’esso al di fuori della scena. Sull’estremità del pallio è tracciata la particolare gammadia (31).

Bibliografia essenziale: D R 1876, pp. 145-149; A 1893, pp. 296-297; Wp, p. 349; M 1905b, p. 304. Scheda 27.84 Monumento/Documento: Confessio, Basilica dei SS. Giovanni e Paolo Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. – inizi V secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Bibliografia essenziale: D R 1867, pp. 299-300; 317-321; F 1960, pp.62-63; C D A 1969, pp. 31-48; F 1985a, pp. 5-16; F 1990, pp.87-90; B -M 1999, pp. 45-73; M 2000a, scheda 12; M 2006c, pp. 154-157; C 2016, pp. 67-88.

Collocazione: Confessio, muro di fondo Personaggio: Pietro/Paolo Scena: Pietro/Paolo (figura singola) Contesto iconografico: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.41.

Scheda 32.1 Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto

Sul lembo del pallio del personaggio di sinistra vi era una gammadia (27), di dimensioni ridotte, ormai perduta per via dei restauri che si sono succeduti. Essa è visibile solo in una foto storica in b/n, pubblicata dal Gasdìa e visibile nell’acquerello del Wilpert (cfr. WMM 131).

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del III secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 191

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Collocazione: Volta del c.d. cubicolo di Milziade, Nr14, pp. 104-105, II piano = WP 128,1

figura di Merita, abbigliata come una matrona bizantina, rovinata a causa del distacco di intonaco; vi è poi Adautto, purtroppo totalmente perduto; segue Pietro che incede, mani velate, verso Cristo; Cristo è seduto sul globo come Pantocrator, mentre tiene in mano le chiavi e un codice gemmato; alla destra vi è Paolo, con le mani velate; la penultima figura è San Felice, con la corona del martirio tra le mani; infine vi è Santo Stefano orante. Tutti i personaggi sono corredati dalla didascalia che riporta i loro nomi. Stefano presenta sui lembi del pallio una gammadia (36).

Personaggio: Palliato Scena: Santo (generico) Descrizione: La volta del cubicolo di Milziade è interessata da una linearità rosso-verde che la suddivide in spicchi concentrici convergenti verso la figura del palliato. Egli è stante, e con la mano destra tiene una virga che indirizza alla sua sinistra. Sul lembo del pallio è affrescata la gammadia (32). Prima dei restauri del 1992, si credeva che vi fosse rappresentata la resurrezione di Lazzaro a causa della presenza di una macchia sulla sinistra che trasse più volte in inganno.

Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 29-33; D 57; P 2006, pp. 93-98.

Commenti: Nella tavola del Garrucci il palliato con virga era considerato Cristo in atto di resuscitare il defunto Lazzaro. Viene persino riportato il sepolcro architettonico che, in realtà, non era mai stato affrescato. La gammadia però è sempre presente e raffigurata come una lettera H molto “compressa” (G 1872-1881, II, tav. 12; descrizione a p. 17). Allo stesso modo il Lefort sosteneva che fosse rappresentata una resurrezione di Lazzaro con un Cristo indossante il pallio, contrassegnato da una lettera I all’altezza della coscia sinistra (L 1885, p. 39). Il Tabanelli, pittore del Wilpert, venne tratto ugualmente in inganno dalla macchia scambiata per il sepolcro di Lazzaro o per la stessa mummia del defunto. Tuttavia, la gammadia sul pallio di Cristo è facilmente distinguibile (Wp, tav. 128,1). Bibliografia essenziale: C P 1993, p. 47; p. 113.

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 50-

Schede correlate: 37.1; 41.1; 53.1; 65.1 Scheda 37.1 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: VI secolo d.C. (D et alii 1994: primo strato damasiano; secondo strato datato a non prima del V secolo d.C.; terzo strato datato alla seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Loculo decorato, c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano; D et alii 1994, Farbtaf. 6; WMM 148-149

1992, pp. 141-168;

Scheda 36.1

Personaggio: Santo Stefano

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Scena: Traditio Clavium

Tecnica di esecuzione: Affresco

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 36.1.

Datazione proposta: VI secolo d.C. (D et alii 1994: primo strato damasiano; secondo strato datato a non prima del V secolo d.C.; terzo strato datato alla seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV)

Sul lembo destro del pallio di S. Stefano, la morfologia della gammadia è assimilabile alla categoria (36). Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 29-33; D 57; P 2006, pp. 93-98.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Loculo decorato, c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 6 = WMM 148 = WMM 149

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 50-

Schede correlate: 36.1; 41.1; 53.1; 65.1

Personaggio: Santo Stefano

Scheda 41.1

Scena: Traditio Clavium

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Descrizione: La superficie del loculo decorato presenta un affresco in cui è rappresentata la Traditio Clavium, ovvero la consegna delle chiavi a Pietro. Da destra abbiamo la

Tecnica di esecuzione: Affresco

192

Appendice 4 Commenti: Il Marangoni sosteneva di aver rinvenuto la lastra in una galleria sotto villa Gangalandi, identificando la cavità come parte della catacomba di Priscilla. La villa è in realtà collocata all’incrocio tra via Salaria e via Taro, proprio lì dove è posizionata la catacomba dei Giordani. Fu il Marangoni stesso a portare la lastra ad Anagni dove, in un primo momento, fu conservata all’interno della chiesa dei SS. Cosma e Damiano, poi nel Convento delle Suore Cistercensi. La lastra è rappresentata in maniera verosimile (M 1740, descrizione e tavola a p. 42). Il Perret riprese la rappresentazione del Marangoni, copiando anche la stella al posto della fenice e un solo fiume che sgorga dal mons su cui è in piedi Cristo. Lo studioso non nominava la gammadia nella descrizione (P 1851-1855, V, pl. III; descrizione a p. 142, t. VI). Con il Garrucci, la lastra appare riprodotta in maniera verosimile, sia per quanto riguarda la gammadia presente sul pallio di Paolo che per la fenice sulla palma di sinistra, così come per i tre fiumi che fuoriescono dal piccolo mons dell’Agnus Dei (G 1872-1881, VI, tav. 484; descrizione a p. 142). Il De Rossi fece riferimento al Garrucci, sostenendo di aver tratto il calco della lastra quando la lapide era conservata nella chiesa dei SS. Cosma e Damiano (D R 1887, pp. 28-29). Di nuovo il Wilpert si riferiva ancora al Garrucci (WMM, volume di testo, fig. 31, p. 104).

Datazione proposta: VI secolo d.C. (D et alii 1994: primo strato damasiano; secondo strato datato a non prima del V secolo d.C.; terzo strato datato alla seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Loculo decorato, c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 5d = WMM 148-149 Personaggio: San Felice Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 36.1. Sul lembo del pallio di San Felice che, nimbato, procede verso il Cristo in trono tenendo tra le mani velate la corona del martirio, è visibile una gammadia (41) tracciata in maniera stilizzata. Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 29-33; D 57; P 2006, pp. 93-98.

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 50-

Bibliografia essenziale: ICUR IX, 24303; T 1974, pp. 718-740; S , K , T 185; C 2013, pp. 623-646.

Schede correlate: 36.1; 37.1; 53.1; 65.1 Scheda 43.1

19731996, n.

Scheda 50.1

Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Tecnica di esecuzione: Lastra incisa

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Metà del VI secolo d.C.

Collocazione: Decontestualizzata; conservata presso la sala delle lapidi, Monastero delle Suore Cistercensi della Carità di Anagni

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Paolo

Collocazione: Parete di fondo, parte alta, sepolcro di Pollione e dei SS. Milix e Pumenio, Nr7, p. 148 = WP 255,2

Scena: Traditio Legis

Personaggio: San Pollione

Descrizione: La lastra incisa presenta una scena di Traditio Legis che molto probabilmente si ispira, come intuì il Testini, a una rappresentazione figurata monumentale. La raffigurazione è racchiusa tra due palme dattilifere, di cui quella a sinistra sormontata da una fenice nimbata. In basso e su entrambi i lati, sono rappresentate le città celesti dalle quali escono gli agnelli. A sinistra vi è Paolo acclamante, mentre al centro è Cristo, barbato e nimbato, che porge il rotolo della Legge a Pietro, sulla destra, con asta crucifera. In asse con Cristo sul mons, vi è l’Agnus Dei, con nimbo crucisignato, collocato su un piccolo mons da cui fuoriescono i fiumi paradisiaci (qui in numero di (43) è incisa sul pallio di Paolo. tre). La gammadia

Scena: San Marcellino – San Pollione – San Pietro Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 27.40. Sul pallio di Pollione, raffigurato centralmente, è visibile (50). la gammadia Commenti: Si vd. la scheda 27.40. Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 17-29; P 2006, pp. 103-105; M 2012, pp. 567-579. Schede correlate: 27.40 193

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 29-33; D 57; P 2006, pp. 93-98.

Scheda 52.1 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 50-

Tecnica di esecuzione: Affresco Schede correlate: 36.1; 37.1; 41.1; 65.1 Datazione proposta: Metà del VII secolo d.C. (D et alii 1994: seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV)

Scheda 59.1 Monumento/Documento: Catacombe di S. Tecla

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Tecnica di esecuzione: Affresco Collocazione: Pilastro destro, c.d. basilichetta, Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 17 = WMM 147

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: San Luca Collocazione: Sottarco al centro dell’arcosolio destro, vestibolo d’ingresso al c.d. cubicolo degli Apostoli, Nr2, p. 144

Scena: San Luca (figura singola) Descrizione: Internamente al singolo riquadro affrescato sul pilastro destro, è rappresentato S. Luca, indicato dalla didascalia e da un attributo peculiare consistente nella borsetta rossa da medico. Tra le mani tiene un rotolo chiuso. Su un lembo del pallio è riportata la gammadia (52), un unicum nelle catacombe romane.

Personaggio: Cristo Scena: Cristo Magister Descrizione: Un Cristo magister, imberbe e sommariamente affrescato, siede su una cattedra a lira. Sulle gambe tiene un rotolo svolto. Accanto a lui vi è una capsa con rotoli o un lectorium verso cui Cristo tende il braccio destro. La gammadia (59) è affrescata sul lembo del pallio, ma risulta poco visibile. Una definizione migliore si percepisce da uno schizzo dell’Armellini (A 1890, tav. IX).

Bibliografia essenziale: M 1904, pp. 41-160; W 1904, pp. 161-170; M 1905c, pp. 5-66; F 1963b, p. 17; D et alii 1994, pp. 83-85; P 2006, pp. 93-98; B 2000d; C 19841985, pp. 129-143; M -A 1987, I, p. 121. Scheda 53.1

Bibliografia essenziale: A S 1980, pp. 103-132; M

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco

1890, pp. 259-272; 2010b, pp. 33-87.

Scheda 65.1

Datazione proposta: VI secolo d.C. (D et alii 1994: primo strato damasiano; secondo strato datato a non prima del V secolo d.C.; terzo strato datato alla seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV)

Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: VI secolo d.C. (D et alii 1994: primo strato damasiano; secondo strato datato a non prima del V secolo d.C.; terzo strato datato alla seconda metà del VII secolo d.C., sotto Costanzo II oppure Costantino IV)

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Loculo decorato, c.d. basilichetta Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 5b = WMM 148-149

Numero di gammadiae raffigurate: 2

Personaggio: Paolo

Collocazione: Loculo decorato, c.d. basilichetta Nr3, pp. 140-142, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 5a = WMM 148-149

Scena: Traditio Clavium Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 36.1.

Personaggio: Pietro Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 36.1.

Sul lembo visibile del pallio di Paolo, è affrescata una (53). gammadia

194

Appendice 4 Personaggio: Mosè

Su lembi del pallio di Pietro, sono visibili due gammadiae (65) con la base definita.

Scena: Attraversamento del Mar Rosso Bibliografia essenziale: M W 1904, pp. 161-170; M F 1963b, pp. 29-33; D 57; P 2006, pp. 93-98.

1904, pp. 41-160; 1905c, pp. 5-66; et alii 1994, pp. 50-

Descrizione: L’affesco si riferisce all’episodio dell’attraversamento del Mar Rosso (Es 13,17-14,29). La scena appare suddivisa in due parti: a destra gli Israeliti in fuga e a sinistra gli Egiziani a cavallo, con le lance sguainate, che affogano terrorizzati. Centrale si erge Mosè, con dimensioni maggiorate, d’aspetto giovanile, abbigliato in tunica e pallio. La mano sinistra è velata, mentre con la destra impugna la virga tramite cui compie la separazione delle acque del Mar Rosso. Nel cielo bianco splende una stella a otto raggi. Sul margine del pallio di Mosè compare (68). la gammadia

Schede correlate: 36.1; 37.1; 41.1; 53.1 Scheda 66.1 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco

Bibliografia essenziale: F 1960, pp. 81-82; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, pp. 122-124; Z 2002, pp. 103-112.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età valentiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Scheda 68.2

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Collocazione: Fronte del c.d. arcosolio di Orfeo, Nr79, p. 64, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Fabertaf. 65a

Tecnica di esecuzione: Affresco Personaggio: Cristo Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Scena: Resurrezione di Lazzaro Numero di gammadiae raffigurate: 1 Descrizione: Sulla fronte dell’arcosolio, si distingue la rappresentazione dell’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è giovanile, dalla capigliatura riccioluta, in tunica e pallio e tende la mano destra con la virga virtutis verso la mummia di Lazzaro con il volto scoperto, ma non definito. Il sepolcro architettonico è composto da una scaletta esterna e da un tetto a doppio spiovente. Le colonne sono interessate da linee curve che alludono alla caratteristica tortile. Sul lembo del pallio di Cristo è visibile la gammadia (66).

Collocazione: Sottarco a sinistra dell’arcosolio della parete di fondo, cubicolo O, Nr13, pp. 83-84 Personaggio: Cristo Scena: Moltiplicazione dei pani Descrizione: La scena si riferisce all’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; 15, 3239; Mc 6, 30-44; 8, 1-10; Lc 9, 10-17; Gv 6, 1-14). Cristo è giovanile e imberbe, in tunica e pallio. Nella mano destra tiene la virga con cui compie il miracolo, rivolgendola a sette ceste di pane. Lo sfondo sembra essere architettonico, anche se molto semplice. Sull’estremità della veste è riportata la gammadia (68).

Bibliografia essenziale: F 1968, pp. 29-78; P 1993, p. 47; p. 147; P 2014b, pp. 5174; B -B 2015, pp. 535-555 (in particolare p. 538); D ,S ,M 1987, pp. 348-350. Scheda 68.1

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 84; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, p. 128; Z 2002, pp. 103-112.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni Tecnica di esecuzione: Affresco

Scheda 68.3 Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Monumento/Documento: Catacombe di Generosa Numero di gammadiae raffigurate: 1 Tecnica di esecuzione: Affresco Collocazione: Lunetta del nicchione della parete destra, cubicolo O, Nr13, pp. 83-84

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. 195

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Numero di gammadiae raffigurate: 2

Bibliografia essenziale: D R 1868, pp. 87-91; D R 1877, pp. 667-670; A 1893, p. 607; M 1903a, p. 80; J 1939, pp. 323-330; B B 2012a, pp. 238-239.

Collocazione: Fianco destro, c.d. arcosolio con la scena del pastore col gregge o di Vincentia, Nr1, p. 146 = WP 112,3

Scheda 68.4 Personaggio: Buon Pastore Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Scena: Buon Pastore Descrizione: Il riquadro, delimitato da una spessa cornice rosso mattone, racchiude la figura di un pastore che si poggia al pedum e tiene nella mano destra una sirinx, mentre ai lati sono rappresentati due ovini. Il personaggio è sormontato dalla didascalia Pastor (ICUR II, 4750) e ai margini inferiori della tunichetta del pastore, sono . Al loro interno si raffigurate due croci gammate

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, I settore, arcosolio della parete destra, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76 Personaggio: Efraim Scena: Efraim e Manasse Descrizione: La scena si riferisce all’episodio della benedizione da parte di Giacobbe di Efraim e Manasse (Gn 48, 1-22). Sul capo del primo viene posta la mano destra di Giacobbe, mentre sul capo del secondo viene posta la sinistra. Tutti e tre i personaggi sono palliati, ma Efraim (68). Attualmente il segno non è presenta la gammadia più visibile, forse a causa di interventi di restauro. Bibliografia essenziale: F 1960, p. 50; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; K -B 1976, pp. 74-76; F 1990, pp. 56-58; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135. Schede correlate: 85.19 Scheda 68.5

scorgono dei circoletti bianchi, forse alludenti a un motivo a perline. Tale fattore farebbe pensare a una valenza non simbolica, ma totalmente decorativa dei due elementi in questo singolo caso.

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco

Commenti: Nella tavola del De Rossi è riportato il pastore in piedi, con le gambe incrociate, un ovino a sinistra e una macchia a destra che costituisce l’altro ovino accovacciato. Il personaggio tiene la sirinx in mano e vi è una didascalia sopra la cornice a indicare “Pastor”. Sull’orlo della tunica del personaggio sono raffigurate due croci gammate. Lo studioso lo interpretava come il Buon Pastore (D R 1868, tav. I, p. 74; descrizione alle pp. 87-88). Il Garrucci riportava il giovane pastore con le gambe incrociate, in piedi tra due ovini (G 1872-1881, II, tav. 85,4; descrizione alle pp. 94-95), mentre il Roller faceva riferimento al De Rossi, notando le evidenti croci gammate che considerava monogrammi (R 1879-1881, II, pl. XCIV,2; descrizione a p. 331). La tavola del Wilpert è perfettamente aderente alla realtà e lo studioso non si pronunciò in merito alle croci gammate (Wp, tav. 112,3).

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Diogene, Nr19, p. 123, II piano Personaggio: Fossore Diogene Scena: Fossore Descrizione: La lunetta di fondo del cubicolo trae il nome dal defunto rappresentato in affresco. Si tratta del fossore Diogene, con gli strumenti del suo lavoro accanto e in mano la dolabra fossoria. Il personaggio è ormai completamente 196

Appendice 4 Scheda 68.6

perduto a causa di un tentato distacco mal riuscito. Nell’illustrazione pubblicata dal Boldetti si nota il fossore abbigliato con una tunichetta corta da lavoro e tre croci gammate: una sulla spalla (68), e due in basso, la e il suo opposto, la (68 e 69). Sembra molto probabile che non si tratti di gammadiae in senso simbolico ma, come visto per il pastore di Generosa (cfr. scheda 68.3), di decorazioni, date le loro eccessive dimensioni, ravvisabili nel frammento di affresco conservato presso la sezione di Arte Sacra dei Musei Vaticani.

Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Registro inferiore, c.d. sepolcro con la scena dell’Epifania, IV piano, Nr6, p. 14 = WP 212

Commenti: Nella tavola del Boldetti, riferimento di tutti gli studiosi successivi, si nota ancora il fossore Diogene nella sua interezza, prima che fosse completamente asportato e frantumato. Tre croci gammate compaiono sulla spalla destra e all’estremità della veste. Forse un’altra doveva essere nascosta dal lembo del mantello che è fissato sulla spalla sinistra. Il Boldetti si cimenta nella descrizione delle croci gammate presenti sulla veste del fossore, riferendosi al semplice segno della croce e pensando che molti cristiani volessero averla ricamata sulla propria veste per poterla venerare in qualsiasi momento (B 1720, tavola a p. 60 = B 1737-1754, tavola a p. 126; R 1879-1881, I, p. VI = G 1872-1881, II, tav. 41,1; descrizione a p. 50). L’incisione del D’Agincourt corrisponde esattamente a quella del Boldetti. Di Diogene si dice: «Monumento sepolcrale in memoria di un antico becchino, fossor, specie di lavoranti che nelle catacombe venivano impiegati a scavare le sepolture, e a deporvi i morti: è questi rappresentato nel suo abbigliamento e mestiere, tenendo con una mano una zappa e coll’altra la lampada che serviva a illuminarlo ne’ suoi tenebrosi lavori; a’ suoi piedi stanno dei badili, un compasso, ed altri stromenti necessarj alle sue operazioni; l’iscrizione posta al dissopra non lascia alcun dubbio sul di lui nome ed impiego. Sopra la spalla, ed ai lembi del suo vestito osservansi delle croci formate da quattro Γ, gamma, intrecciati, e simili per la forma a quelli già da noi riportati alla tavola VIII, n° 29 della sezione di Scultura. Questa pittura è tratta dalla catacomba di san Calisto» (D’A 1825, VI, tav. XII,1; descrizione a p. 17). Il Perret non fornisce alcuna informazione aggiuntiva rispetto alla semplice descrizione visiva del fossore, evidentemente osservato ancora dalla tavola del Boldetti, la cui incisione è praticamente identica (P 18511855, I, pl. XXX; descrizione alle pp. 32-33).

Personaggio: Cristo Scena: Guarigione del paralitico Descrizione: La scena affrescata si riferisce all’episodio della guarigione del paralitico di Cafarnao (Mc 2, 1-12). Il paralitico è in piedi sulla sinistra, con la tunichetta corta, i calzari e in mano tiene un bastone. Sulle spalle ha il lettuccio ed è rappresentato nell’atto di camminare. Cristo si trova sulla destra, in tunica e pallio, con i capelli corti, la sinistra avvolta nel pallio e la destra alzata verso il paralitico. Non sembra tenere la virga virtutis, anche se un taglio provocato dall’apertura di un loculo non permette di distinguere nitidamente la parte superiore. Sul lembo del (68). pallio è visibile la gammadia Bibliografia essenziale: F S 2005, pp. 89-93.

1972, pp. 273-297; D

Scheda 68.7 Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Registro inferiore, c.d. sepolcro con la scena dell’Epifania , Nr6, p. 14, IV piano = WP 212 Personaggio: Angelo Scena: Tobia e angelo

Il Lefort specificava che la testa del fossore era stata staccata e portata «al museo cristiano della biblioteca Vaticana» (L 1885, p. 88). L’acquerello del Wilpert documenta la situazione successiva ai distacchi (Wp, tav. 180).

Descrizione: La scena si riferisce all’episodio narrato nel libro di Tobia 6, 1-9. L’angelo è sulla sinistra, fermo a riva, in atto di parlare con Tobia. Quest’ultimo si trova immerso nell’acqua del fiume Tigri, con le gambe distese in atto di nuotare. Tiene in una mano il pesce e nell’altra un bastone. Sul lembo del pallio dell’angelo è visibile la gammadia (68).

Bibliografia essenziale: B 1720, p. 60; Wp, pp. 478-479; C G 1979, pp. 24-27; Z 2011, pp. 119-151.

Commenti: L’affresco è indicato come proveniente dal cimitero di Trasone o di S. Saturnino.

Schede correlate: 69.2

197

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio sinistro, cubicolo I, Nr9, pp. 79-81 Personaggio: Cristo Scena: Maiestas Domini

Si nota chiaramente il segno labile, volto a riprodurre soltanto lo schema iconografico principale. A destra vi è Tobia, nudo, con solo un panno avvolto intorno ai fianchi. In una mano tiene una canna e nell’altra un pesce che porge all’angelo. Quest’ultimo è in tunica e pallio, su cui si nota una croce gammata (P 1851-1855, III, pl. XXVI; descrizione a p. 79). Nella tavola del Garrucci, la parete affrescata è riportata nella sua totalità, tuttavia ogni gammadia realmente presente non è raffigurata (G 1872-1881, II, tav. 73,2; descrizione alle pp. 79-80). Il Roller riporta la tavola del Perret, comparandola con una foto dell’affresco. Alla croce gammata dedica un intero paragrafo (R 1879-1881, II, pl. LV, 2; pl. VI, 3; descrizione alle pp. 26-33). L’acquerello del Wilpert riporta, nella sua totale interezza, la parete affrescata con diverse scene. Quella di Tobia e l’angelo è collocata (68) compare nel registro inferiore e la gammadia effettivamente sul pallio dell’angelo. Il Wilpert notava la croce gammata e sottolineava la mancata registrazione di quest’ultima da parte del Garrucci (Wp, tav. 212; volume di testo pp. 274-275; 356). Bibliografia essenziale: P F 1972, pp. 273-297; D S

Descrizione: La scena è composta da un trio di personaggi: sulla sinistra, in tunica e pallio con gammadia, vi è Paolo che tiene in mano il rotolo e ha la fisionomia ben definita; sulla destra vi è Pietro, anch’egli in tunica e pallio, coperto purtroppo da un pilastro di fondazione in cemento armato; centralmente vi è Cristo barbato e nimbato, nel gesto della parola, seduto su una cattedra con suppedaneo. Sul lembo (68). del pallio di Cristo è raffigurata una gammadia

1988, pp. 141-154; 2005, pp. 89-93.

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 69; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, p. 99; Z 2002, pp. 61-125.

Scheda 68.8 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Schede correlate: 86.1 Scheda 68.9

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco 198

Appendice 4 Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

la parte inferiore del corpo del defunto avvolto dalle bende e i lati della struttura. Soltanto grazie alla testimonianza del Wilpert (si veda anche, Wp, volume testo, p. 289) è possibile scorgere alcuni residui degli uncini in rotazione (68). verso sinistra, appartenenti perciò alla gammadia

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete d’ingresso a destra, c.d. cubicolo di David, Nr31, p. 125, II piano

Bibliografia essenziale: Wp, p. 289. Personaggio: Cristo Scheda 68.11 Scena: Guarigione del lebbroso Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Descrizione: L’affresco, notevolmente danneggiato, presenta l’episodio della guarigione del lebbroso (Mt 8, 1-4; Mc 1, 40-45; Lc 5, 12-16). Cristo è in piedi, sulla destra, in tunica e pallio, contrassegnato da una gammadia molto rovinata, tanto da sembrare una semplice X. Una più attenta osservazione permetterà però di scorgere un uncino (68). appartenente alla gammadia

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana) Numero di gammadiae raffigurate: 1

Commenti: L’affresco venne individuato già in passato. Bosio e, successivamente, Aringhi considerarono la scena come una guarigione del paralitico. La gammadia venne interpretata come una X (B 1632, tav. VI, p. 249; A 1651, tavola a p. 557; A 1659, I, tav. VI, p. 319). Bottari ipotizzò che il personaggio inginocchiato davanti a Cristo fosse Pietro. Non menzionò la gammadia (B 1737-1754, II, tav. LXVIII). Garrucci sottolineava come l’affresco fosse deteriorato. Scorgeva un personaggio calvo con la barba, ipotizzando che fosse Pietro. Nella tavola è riportata la gammadia dalla forma di X (G 1872-1881, II, tav. 29,4). Il Wilpert sostenne che la pittura dovesse essere già quasi svanita quando l’Avanzini effettuò la copia per il Bosio. Dedusse ciò, dal fatto che il lebbroso era già quasi completamente calvo, con barba lunga e tunica succinta (Wp, p. 205). Bibliografia essenziale: T

Collocazione: Sottarco del nicchione Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf. 17; Farbtaf. 5a Personaggio: Apostolo Scena: Collegio Apostolico Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1. Sul lembo del pallio del secondo apostolo da sinistra vi è la gammadia (68). Commenti: Si vd. la scheda 25.1. Bibliografia essenziale: D et alii 1991, pp. 54-63; J 1922, pp. 120-128; J 1928, pp. 167-227; C 2006, pp. 143-148; G 2007, pp. 277-316.

2009, pp. 25-46.

Scheda 68.10 Schede correlate: 25.1; 27.3; 79.7; 79.8; 79.9.; 79.10 Monumento/Documento: Catacombe di Pretestato Scheda 69.1 Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Tecnica di esecuzione: Affresco

Collocazione: Loculo decorato, c.d. sepolcro con Lazzaro, Nr18, p. 95, I piano = WP 87,2

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Cristo Collocazione: Lunetta dell’arcosolio sinistro, cubicolo M, Nr11, pp. 81-82

Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco, che doveva riprodurre l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44), è parzialmente leggibile a causa di un crollo dell’intonaco. Si nota Cristo sulla sinistra, in tunica e pallio, il quale si rivolge verso il sepolcro architettonico di Lazzaro, sulla destra. Si scorge

Personaggio: Soldato Scena: Soldati che si giocano la veste di Cristo

199

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio dei soldati che si giocano a dadi la veste di Cristo (Gv 19, 23-24). Entrambi i militari indossano il berretto pannonico e il sagum, con tunica corta cinta in vita. Ai lati della scena sono deposti i due scudi, mentre sullo sfondo si erge una costruzione, con scalette, tetto spiovente e colonne, forse il tempio. Il soldato di destra tiene una lancia, mentre con la mano destra rovescia su una tavola un grosso otre da cui cadono i dadi. Sul mantello del soldato di destra si nota (69), assimilabile apparentemente a la croce gammata una gammadia. Tuttavia, confronti con altre testimonianze – dall’Egitto, dalla Bulgaria e da Piazza Armerina – dimostrano come sul mantello dei soldati sia presente tale raffigurazione che, forse, si configura come un segno di riconoscimento in ambito militare o come un grado dell’esercito.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta della galleria, loculo, c.d. sepolcro delle grandi oranti, Nr11, p. 16, I piano = WP 122,1 Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena si riferisce al miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è in piedi davanti alla rupe rocciosa, da cui sgorgano alcuni rivoli d’acqua. Sul lembo del suo pallio è tracciata una gammadia (70). Commenti: Il Perret collocava tale affresco nel cimitero di Priscilla. Nella tavola, Mosè risulta ben caratterizzato in volto, con tratti quasi realistici, mentre batte la rupe. Sull’estremità del pallio vi è una croce greca. Lo studioso non ne parla però all’interno della descrizione (P 1851-1855, III, pl. VI; descrizione a p. 74). Il Garrucci osservava, invece, Mosè che operante il miracolo della rupe, indicando la presenza di un unicum sul pallio, ovvero di una gammadia dalla forma di croce greca (70). La scena del miracolo della sorgente è collocata in alto a destra ed è parte di una composizione formata da Giona in riposo sotto la pergola e Giona rigettato dal pistrice, mentre al di sotto sono affrescate due grandi figure di oranti femminili (G 1872-1881, II, tav. 73,1; descrizione a p. 79). Il Roller collocava l’affresco nel cimitero di S. Saturnino, datandolo verso la fine del III secolo d.C. Notava la gammadia a forma di croce, scrivendo: «[…] non è precisamente una croce greca, ma piuttosto una croce gammata» (R 1879-1881, I, pl. XXXIV, 1; descrizione a p. 235, vol I). Più avanti, in un’altra tavola (R 1879-1881, I, pl. XLVI) riportava la parete affrescata nella sua totalità, ma Mosè indossava un pallio senza più la croce sul lembo. Il Wilpert riportava la riproduzione in acquerello nel suo piccolo volume Un capitolo di storia del vestiario, citando le lettere notate in altre pitture catacombali – L, I, H, X, Z – considerate dallo studioso come ornamenti, e sottolineando per Mosè la presenza della croce: «Un pallio crocesegnato indossa Mosè in una nota pittura della prima metà del secolo IV nel cimitero di San Trasone» (W 1898-1899, fig. 23, p. 30; descrizione a p. 30).

Bibliografia essenziale: F 1960, pp. 74-75; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, pp. 108-110; G 2000b, pp. 279-280; M 2002, pp. 38-48; Z 2002, pp. 61-125. Scheda 69.2 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Diogene, Nr19, p. 123, II piano Personaggio: Fossore Diogene Scena: Fossore Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 68.5. La croce gammata sulla destra può essere assimilata alla tipologia (69), anche se probabilmente l’intento non è in questo caso simbolico, ma decorativo. Commenti: Si vd. la scheda 68.5.

Bibliografia essenziale: W Bibliografia essenziale: B 1720, p. 60; Wp, pp. 478-479; C G 1979, pp. 24-27; Z 2011, pp. 119-151.

1898-1899, p. 30.

Scheda 79.1 Monumento/Documento: Catacombe di S. Ermete

Schede correlate: 68.5 Tecnica di esecuzione: Affresco Scheda 70.1 Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani Numero di gammadiae raffigurate: 1 Tecnica di esecuzione: Affresco 200

Appendice 4 Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Lunetta del c.d. arcosolio con la scena del giudizio, Nr4, p. 3, III piano = WP 247

Collocazione: Sottarco del c.d. arcosolio con la scena del giudizio, Nr4, p. 3, III piano = WP 240, 2 = WP inedito n. 230

Personaggio: Santo Scena: Introductio della defunta

Personaggio: Cristo Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.1.

Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Sulla sinistra è visibile la salma di Lazzaro, avvolta nelle bende, mentre sulla destra Cristo, in tunica e pallio. Non è presente il sepolcro architettonico. Sul lembo del pallio di Cristo si scorge la gammadia (79). La conservazione dell’affresco è precaria. È possibile visionarlo tramite l’acquerello del Wilpert in cui, già all’epoca, la pittura appariva molto rovinata. Non si distinguono infatti il volto e parte delle spalle del Cristo.

Il santo, sulla destra dell’osservatore, presenta sul lembo del pallio una gammadia (79). Commenti: Si vd. la scheda 27.1. Bibliografia essenziale: Wp, pp. 363-364. Schede correlate: 27.1 Scheda 79.2

Bibliografia essenziale: Assente.

Monumento/Documento: Catacombe di S. Ermete

Scheda 79.4

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Tecnica di esecuzione: Affresco Collocazione: Sottarco del c.d. arcosolio con la scena del giudizio, Nr4, p. 3, III piano = WP 240,2 = WP inedito n. 230

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Mosè Collocazione: Piedritto destro, ingresso, cubicolo C, Nr3, pp. 76-77

Scena: Miracolo della rupe

Personaggio: Mosè

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Mosè è in piedi davanti alla rupe rocciosa, che viene battuta dalla sua virga per farne uscire dell’acqua. Il lembo del pallio è segnato dalla gammadia (79). La conservazione dell’affresco è precaria. È possibile visionarlo tramite l’acquerello del Wilpert in cui, già all’epoca, la pittura appariva molto rovinata.

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena si riferisce al miracolo della rupe effettuato da Mosè (Es 17, 2-7; 33, 6), barbato, di profilo, (79) sul lembo. Tiene in tunica e pallio con gammadia nella mano destra la consueta virga con la quale batte la roccia per farne scaturire dell’acqua, resa con rapide pennellate azzurre.

Commenti: Nell’opera del Bosio, si nota una gammadia (27) sul pallio di Mosè che compie il miracolo della rupe (B 1632, tav. I, p. 565).

Bibliografia essenziale: F 1960, pp. 53-54; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, pp. 64-68; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 73-79; M 2006a, pp. 149-153.

Bibliografia essenziale: Assente. Scheda 79.3

Scheda 79.5

Monumento/Documento: Catacombe di S. Ermete

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco 201

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Sottarco del nicchione, Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf 17; Farbtaf. 5a

Collocazione: Piedritto sinistro, ingresso, cubicolo C, Nr3, pp. 76-77

Personaggio: Apostolo

Personaggio: Palliato

Scena: Collegio Apostolico

Scena: Santo (generico)

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1.

Descrizione: L’affresco sembra rappresentare un generico uomo in tunica e pallio, segnato dalla gammadia (79). I suoi capelli sono a calotta, secondo la moda costantiniana. Con la mano destra tiene il risvolto del pallio, mentre con la sinistra stringe un rotolo. Non presenta elementi peculiari che possano permettere la sua precisa identificazione.

Commenti: Si vd. la scheda 25.1.

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 53; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; F 1990, p. 64; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 73-79; M 2006a, pp. 149-153.

Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Sul lembo del pallio del terzo apostolo sulla sinistra dell’osservatore, seduto accanto al Cristo, si registra una gammadia (79).

Scheda 79.6

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Schede correlate: 25.1; 27.3; 68.11; 79.8; 79.9.; 79.10

Monumento/Documento: Catacombe dei Giordani

Scheda 79.8

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 1 Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana)

Collocazione: Fronte a sinistra del c.d. arcosolio di Silvestra, Nr10, p. 16, I piano = WP 120,3

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Personaggio: Mosè Collocazione: Sottarco del nicchione, Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf 17; Farbtaf. 5a

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe effettuato da Mosè (Es 17, 2-7; 33, 6). Egli è imberbe, di profilo, in tunica e pallio contrassegnato (79). Tiene nella mano destra la con la gammadia consueta virga con la quale batte la rupe. Sulla sua testa sembra essere raffigurato un ovale posto per orizzontale, configurandosi come una sorta di aureola o di nube. Bibliografia essenziale: F S 2005, pp. 89-93.

Personaggio: Apostolo Scena: Collegio Apostolico Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1. Nell’ambito del Collegio Apostolico affrescato nell’intradosso del nicchione, è presente una gammadia (79) sul lembo del pallio del terzo apostolo sulla destra dell’osservatore, seduto accanto al Cristo.

1972, pp. 273-297; D

Scheda 79.7 Commenti: Si vd. la scheda 25.1. Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana)

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Schede correlate: 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.9.; 79.10 202

Appendice 4 Scheda 79.9

(79) sul lembo del pallio del primo apostolo sulla destra dell’osservatore.

Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Commenti: Si vd. la scheda 25.1.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana)

Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Schede correlate: 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9

Collocazione: Sottarco del nicchione, Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf 17; Farbtaf. 5a

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Scheda 79.11 Monumento/Documento: Catacombe di Ciriaca

Personaggio: Apostolo Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Collegio Apostolico Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Nell’ambito del Collegio Apostolico affrescato nell’intradosso del nicchione, si nota una gammadia (79) sul lembo del pallio del secondo apostolo sulla destra dell’osservatore.

Collocazione: Fronte in alto a sinistra, c.d.arcosolio di Zosimiana o Zosimiano, Nr2, p. 43, I piano = WP 205

Commenti: Si vd. la scheda 25.1.

Scena: Consegna della Legge

Bibliografia essenziale: D 63; J 1922, pp. 120-128; J F 1985b, pp. 329-343; C G 2007, pp. 277-316.

Personaggio: Mosè

et alii 1991, pp. 541928, pp. 167-227; 2006, pp. 143-148;

Descrizione: La scena, affrescata sulla fronte dell’arcosolio, si riferisce all’episodio della consegna della Legge a Mosè (Es 31, 1-18; 34, 1-28), il quale è rivolto verso sinistra, indossa i calzari, è abbigliato in tunica e pallio che sono mossi dal vento. Il suo volto così come la manus Dei non sono più visibili poichè tagliati da un’apertura di loculo successiva alla stesura dell’affresco. Sul lembo della veste si nota una gammadia (79) dal tratto spesso.

Schede correlate: 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.10 Scheda 79.10 Monumento/Documento: Catacomba anonima di via Anapo

Commenti: Si vd. la scheda 27.83. Bibliografia essenziale: S 1876, pp. 145-149; A M 1905b, p. 304.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D et alii 1991: età costantiniana)

2004, p. 179; D R 1893, pp. 296-297;

Scheda 79.12

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Catacombe di Ciriaca

Collocazione: Sottarco del nicchione Nr8, p. 18 = D et alii 1991, Anp Taf 17; Farbtaf. 5a

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Personaggio: Apostolo Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scena: Collegio Apostolico Collocazione: Fronte in alto a destra, cd arcosolio di Zosimiana o Zosimiano, Nr2, p. 43, I piano = WP 205

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 25.1.

Personaggio: Mosè Nell’ambito del Collegio Apostolico affrescato nell’intradosso del nicchione, è visibile una gammadia

Scena: Mosè si slaccia i sandali 203

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Numero di gammadiae raffigurate: 1

Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio in cui Mosè si slaccia i calzari prima di entrare nel roveto ardente (Es 3, 1-20). Mosè è rivolto verso sinistra, con la gamba destra alzata e poggiata su un masso in modo da potersi slacciare le calzature. Davanti a lui è rappresentata dell’erba. Il volto del personaggio non è più visibile, così come la parte sinistra della scena a causa di un taglio da loculo successivo alla realizzazione dell’affresco. Sul lembo del pallio, è visibile la gammadia (79) dal tratto spesso. Bibliografia essenziale: S 1876, pp. 145-149; A M 1905b, p. 304.

Collocazione: Tromba del lucernario, cubicolo Nr51, p. 57, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 30a = WP 232,2 Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo ha un aspetto giovanile e i capelli scriminati sulla fronte. Il suo sguardo è ispirato e lontano dalla scena, rivolto dalla parte opposta. Egli indossa tunica e pallio e tende la mano destra con la virga virtutis verso Lazzaro. Il defunto è poco definito, tanto da somigliare a un “bozzolo di farfalla”. Anche il sepolcro architettonico si distingue solo per il tetto. Sul lembo del pallio di Cristo è visibile la gammadia (79).

2004, p. 179; D R 1893, pp. 296-297;

Scheda 79.13 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 281-284.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: prima età teodosiana)

, S

, M

Scheda 79.15 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: C.d. cripta dei Santi, volta del cubicolo, Nr3, p. 50, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Fabertaf. 2 = WP 252

Tecnica di esecuzione: Affresco

Personaggio: Cristo

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: tarda età costantiniana; Z 2002: 340-360 d.C.)

Scena: Maiestas Domini Numero di gammadiae raffigurate: 1 Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.8.

Collocazione: Volta del cubicolo Nr43, p. 55, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 17c

Sul lembo del pallio di Cristo, centralmente assiso, è tracciata la gammadia (79) in toni scuri.

Personaggio: Cristo

Commenti: Si vd. la scheda 27.8.

Scena: Resurrezione di Lazzaro

Bibliografia essenziale: F 1963b, pp. 8-10; M 2006b, pp. 188-190; M 2009a, pp. 184-185; D ,S ,M 1987, pp. 199-201.

Descrizione: La raffigurazione riguarda l’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo ha qui un volto giovanile e tondeggiante, con una capigliatura a calotta, corta e riccioluta. Indossa tunica e pallio e tende la virga verso la salma del defunto, purtroppo non apprezzabile a causa del distacco di intonaco. Proprio quest’ultimo fatto confuse il Kirsch, il quale lesse in maniera erronea l’affresco, pensando a un miracolo della rupe operato da Mosè. Sul lembo del pallio di Cristo si distingue una gammadia (79) dai tratti molto spessi

Schede correlate: 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13 Scheda 79.14 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Bibliografia essenziale: K 1932, pp. 17-36; J 1918-1919, pp. 78-87; P 1993, pp. 148-149; D ,S ,M 1987, pp. 262-264.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

204

Appendice 4 Scheda 79.16

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 27.14.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

È possibile distinguere la gammadia (79) sul pallio dell’uomo raffigurato sulla destra dell’osservatore.

Tecnica di esecuzione: Affresco Commenti: Si vd. la scheda 27.14. Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D ,S ,M 1987: tarda età costantiniana; Z 2002: 340-360 d.C.)

Bibliografia essenziale: Wp, p. 336; C 1987, pp. 3-31; D , S , M 281-284.

T 1987, pp.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Schede correlate: 27.14 Collocazione: Volta del cubicolo Nr43, p. 55, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf. 17a

Scheda 79.18

Personaggio: Cristo

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Scena: Moltiplicazione dei pani Tecnica di esecuzione: Affresco Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio relativo alla moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo si trova in posizione centrale, tra due gruppi di tre cesti (in numero totale di 6). Egli giovanile, imberbe, con i capelli corti e ricci, lo sguardo ispirato e lontano. Nella destra tiene la virga con cui compie il miracolo. Indossa tunica e pallio, (79). sul cui lembo è raffigurata la gammadia Bibliografia essenziale: K 1918-1919, pp. 78-87; D pp. 262-264.

,S

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del c.d. cubicolo delle due agapi, Nr78, pp. 63-64, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 58b

1932, pp. 17-36; J ,M 1987,

Personaggio: Giovanni Battista

Scheda 79.17

Scena: Battesimo di Cristo

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Descrizione: La scena si riferisce al sacramento del battesimo, probabilmente quello di Cristo, nonostante non sia presente la colomba dello Spirito. Giovanni Battista è rappresentato in dimensioni maggiori in tunica e pallio, volto giovanile, capigliatura a calotta. È proteso verso il basso in avanti e pone la mano sulla testa di Cristo; nella mano sinistra tiene la virga. Cristo è immerso nell’acqua ed è nudo, di dimensioni minori. Nel repertorio topografico delle pitture, opera del Nestori, la scena non è indicata come battesimo di Cristo, ma come generica scena battesimale. Tuttavia la presenza della gammadia (79), sul lembo del pallio di Giovanni Battista, spingerebbe verso l’identificazione dell’episodio con quello Neotestamentario (Mt 3, 13-17; Mc 1, 9-11; Lc 3, 21-22; Gv 1, 19-34).

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Lunetta dell’arcosolio di fondo, cubicolo Nr51, p. 57, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Farbtaf 30b = WP 232,3 Personaggio: Santo

Bibliografia essenziale: F 1968, pp. 29-78; S 1985-1986, pp. 259-275; D ,S , M 1987, pp. 343-348.

Scena: Introductio della defunta2

Scheda 79.19 2 Come per gli affreschi catacomba di Domitilla (schede 79.50; 85.17), l’intepretazione è legata in particolare ai dati risultanti dal GMS. Le gammadiae, in ambito cristiano catacombale, indicano a mio personale avviso, i personaggi santi, abbigliati in tunica e pallio.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

205

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 79.21

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 1 Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. (D , S ,M 1987: età medio – tardo costantiniana; Z 2002: 340-360 d.C.)

Collocazione: Volta del c.d. cubicolo delle due agapi, Nr78, pp. 63-64, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 59b

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Personaggio: Mosè Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio di fondo, c.d. cubicolo interrato di nuovo, Nr44, p. 55, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 29a

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Mosè è imberbe, con una capigliatura corta, a calotta e riccioluta, gli occhi grandi e spalancati. Indossa tunica e pallio e batte la rupe davanti a sé da cui fuoriesce l’acqua. Sul lembo della veste lembo è raffigurata la gammadia (79).

Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è imberbe, con una capigliatura corta, riccioluta. Indossa tunica e pallio e batte la rupe davanti a sé da cui esce

Bibliografia essenziale: F 1968, pp. 29-78; D ,S ,M 1987, pp. 343-348. Scheda 79.20 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.) Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del c.d. cubicolo delle due agapi, Nr78, pp. 63-64, I piano = D ,S ,M 1987, Lau Taf. 59b Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: La scena si riferisce all’episodio legato alla resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è giovanile, con i capelli scriminati sulla fronte e boccolosi. Veste tunica e pallio e tende la mano destra con la virga virtutis verso la salma di Lazzaro dal volto scoperto. Il sepolcro architettonico è ben definito con scaletta esterna e acroteri. Nonostante alcune lacune, la gammadia (79) si distingue nettamente. Bibliografia essenziale: F P 1993, p. 47; p. 146; D 1987, pp. 343-348.

l’acqua con la virga, tenuta nella mano destra. Sul lembo del pallio si distingue la gammadia (79). Bibliografia essenziale: K 1918-1919, pp. 78-87; D pp. 265-266.

1968, pp. 29-78; ,S ,M

,S

1932, pp. 17-36; J ,M 1987,

Scheda 79.22 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino 206

Appendice 4 Tecnica di esecuzione: Affresco

Collocazione: Piedritto destro, registro inferiore, cd arcosolio di Paulus, Nr2, p. 88

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana)

Personaggio: Angelo Scena: Angelo

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Descrizione: La fronte dell’arcosolio è quasi totalmente perduta nella parte sinistra. In corrispondenza della sommità dell’arco si conserva un lacerto di frammento con un corpo animale di profilo, verso sinistra, individuabile in un Agnus Dei, o comunque con un ovino, forse, in quest’ultimo caso, simmetrico a un altro. A destra sono due registri sovrapposti in cui trovano collocazione due personaggi in tunica e pallio acclamanti. Quella inferiore è identificabile tramite la didascalia Angelus, così come forse pure quello superiore, nonostante rimanga solo la parte terminale della sua iscrizione “LUS”. La gammadia in questione, la (79), è meglio identificabile nella ricostruzione grafica effettuata da Cecilia Proverbio e Agostina Appettecchia in riferimento all’Angelus inferiore.

Collocazione: Parete di fondo, in alto a sinistra, c.d. cripta della Madonna con i due magi, Nr69, pp. 61-62, I piano = D ,S ,M 1987, Lau, Taf. 50a = WP 60 Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: L’affresco si riferisce al miracolo della rupe effettuato da Mosè (Es 17, 1-7), il quale è imberbe, con una capigliatura corta e riccioluta. Indossa tunica e pallio e batte la rupe davanti a sé da cui esce l’acqua con la virga. Sul lembo del pallio è visibile una piccola gammadia (79).

Bibliografia essenziale: F F 1950, pp. 236-239; P P 2006b, pp. 202-205; P 65.

Commenti: La tavola del Bosio è qui attinente al reale ed evidentemente più chiara di quanto non lo sia adesso. Si tratta di una serie di scene in sequenza, inserite all’interno di spicchi, intervallati da pavoni su piedistalli dalla forma di calici floreali da cui si dipartono motivi fitomorfi. Sono quindi affrescate le scene del sacrificio di Isacco, dei tre fanciulli ebrei della fornace di Babilonia, Noè nell’arca che riceve la colomba, il miracolo della rupe operato da Mosè e infine una moltiplicazione dei pani. È Mosè (85) sul lembo del pallio a presentare la gammadia (B 1632, tav. I, p. 231 = A 1651, tavola a p. 539 = A 1659, tav. I, p. 313; descrizione a p. 312 = B 1737.1754, II, tav. LIX; descrizione alle pp. 2325; R 1879-1881, II, pl. LXIV,2; descrizione alle pp. 108-110). Nella tavola del Garrucci, il simbolo sul pallio di Mosè non fu compreso perfettamente e il risultato fu uno strano segno con tre aste verticali. Nella descrizione lo studioso riportava la presenza di una lettera H, in maniera incoerente rispetto alla raffigurazione (G 18721881, II, tav. 24; descrizione a p. 27). Con la tavola del Wilpert, l’affresco è perfettamente riprodotto. Lo studioso non si esprime riguardo la gammadia (Wp, tav. 196,1). Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 324-329.

, S

1930, pp. 167-200; 2005, pp. 99-28; 2007, pp. 63-

Scheda 79.24 Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, nicchia della parete di fondo, c.d. cubicolo delle pecorelle, Nr45, p. 109, II piano = WP 237,2 = WP 238 part Personaggio: Pietro Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La rappresentazione si compone di due scene differenti. Partendo da sinistra, Mosè si scioglie i calzari prima di entrare nel roveto ardente. Egli è imberbe e giovanile, mentre la Manus Dei fuoriesce dalle nuvole (Es 3, 1-6). Verso destra, vi è la raffigurazione del miracolo della rupe genericamente attribuito, in questo contesto, a Mosè (Es 17, 1-7). Tuttavia bisogna notare che il personaggio, a differenza della scena precedente, è barbato e più anziano, sul pallio presenta una gammadia (79), mentre colui che si abbevera indossa la tunichetta corta e la clamide, mantello facilmente attribuibile a un militare. Quest’ultimo è identificabile come uno dei carcerieri di Pietro, seppur senza il berretto pannonico. La raffigurazione è quindi riferita a Pietro che opera il miracolo della fonte nel Tullianum.

, M

Scheda 79.23 Monumento/Documento: Ex Vigna Chiaraviglio (S. Sebastiano) Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. – inizi V secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 207

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Collocazione: Tromba del lucernario, c.d. cubicolo dei sei santi, Nr39, p. 126, I piano = WP 126 Personaggio: Cristo Scena: Collegio Apostolico Descrizione: La scena riguarda il Collegio Apostolico che si dispiega lungo un catino absidato presente nel cubicolo stesso. Cristo è centrale, seduto, nel gesto della parola, imberbe, in tunica e pallio, sul cui lembo appare una gammadia (79). Gli apostoli lo attorniano. Bibliografia essenziale: Y

Commenti: La scena è rappresentata insieme alle altre meno rovinate del cubicolo. La gammadia è riportata correttamente sul pallio del personaggio considerato Mosè (B 1632, tav. X, p. 281 = A 1651, tavola alla p. 589 = A 1659, I, tav. X, p. 331; descrizione a p. 330). Il Bottari, nella descrizione testuale, notava la I sul pallio del presunto Mosè, sostenendo soltanto che fosse segnata come in altre tavole (B 1737-1754, II, tav. LXXXIII; descrizione alle pp. 80-82). La riproduzione del Perret è sommaria, senza dettagli definiti (P 18511855, I, pl. XXIV; descrizione alle pp. 30-31). Il Garrucci riproduce la gammadia sul pallio del personaggio e la menziona nella descrizione, pur senza esprimere opinioni a riguardo (G 1872-1881, tav. 18,4; descrizione a p. 22). Il De Rossi forniva una riproduzione dell’intero cubicolo, senza menzionare le gammadiae nella descrizione (D R 1877, III, tav. IX; descrizione alle pp. 70-73). Il Roller descriveva la pittura, segnalando la lettera I sul pallio del Mosè nel riquadro 2, usandola come indicazione per la datazione (R 1879-1881, I, pl. XXXIV, 3; descrizione alle pp. 235-236). Il Lefort interpretava colui che fa sgorgare l’acqua dalla rupe come un Mosè con i tratti di Pietro, notando la lettera I segnata sul pallio (L 1885, p. 61). L’acquerello del Wilpert si attiene, infine, alla realtà (Wp, 237,2). Bibliografia essenziale: B F 1980, pp. 46-60.

1999a, pp. 129-148;

Scheda 79.25 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

208

2008, pp. 473-504.

Appendice 4 Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436.

Scheda 79.26 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla

Scheda 79.28

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana)

Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 2 Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Collocazione: Lunetta dell’arcosolio destro, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 27b

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Pietro

Collocazione: Sottarco a destra, arcosolio Nr27, p. 107, II piano = WP 137,2

Scena: Ter Negabis

Personaggio: Cristo

Descrizione: La scena, che occupa la lunetta dell’arcosolio destro, si riferisce all’episodio del Ter negabis (Mt 26, 34; Mc 14, 30; Lc 22, 61; Gv 13, 38), la negazione di Pietro. Lo sfondo architettonico di un arco porticato inquadra Pietro, a sinistra, nella sua tipica fisionomia, affrontato a una colonna sulla cui cima spicca il gallo, prolessi dell’episodio. Cristo si rivolge a Pietro, con la mano nel gesto della parola, profetizzando ciò che sarebbe accaduto. Vicino al Cristo vi è un apostolo generico. Sui lembi del pallio di Pietro compaiono due gammadiae (79). Bibliografia essenziale: D et alii 1994, pp. 89104; F 1958, pp. 5-56; P 2006c, pp. 168174; P 2012, pp. 425-436. Scheda 79.27 Monumento/Documento: Catacombe di Commodilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. (D et alii 1994: tarda epoca damasiana) Scena: Resurrezione di Lazzaro Numero di gammadiae raffigurate: 1 Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). La pellicola pittorica appare molto deteriorata. Si intuisce, infatti, solo la silhouette di Cristo in tunica e pallio. Di fronte a lui vi è il sepolcro architettonico con la mummia di Lazzaro. Si intravede la gammadia (79).

Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio di fondo, c.d. cubicolo di Leone, Nr5, pp. 142-143, II piano = D et alii 1994, Farbtaf. 32b Personaggio: Santo Scena: Santo taumaturgo (figura singola)

Bibliografia essenziale: P 117, fig. 29.

Descrizione: Nel sottarco sinistro del nicchione di fondo vi è un riquadro il cui interno riporta la figura di un santo nimbato, non identificabile. Sembra avere una barba lunga e tenere in mano una virga, motivo per il quale è stato considerato un “santo taumaturgo”. Sul lembo del pallio si nota la gammadia (79) .

1993, p. 47; pp. 116-

Scheda 79.29 Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino Tecnica di esecuzione: Affresco 209

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Collocazione: Fronte dell’arcosolio sinistro, c.d. cubicolo dei santi, Nr39, p. 126, I piano = WP 125

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Personaggio: Cristo Collocazione: Lunetta dell’arcosolio destro, c.d. cubicolo doppio, Nr62 , pp. 59-60, I piano = D ,S , M 1987, Lau Taf. 43b = WP 57

Scena: Maiestas Domini Descrizione: La scena è costituita da soli due personaggi rimanenti. A destra si scorge un Cristo in trono, in tunica e

Personaggio: Balaam Scena: Balaam indica astro Descrizione: Inserito in un riquadro rettangolare, vi è la figura di un uomo, con la veste mossa dal vento, che indica una stella. Il personaggio sembra in movimento. Per confronti, è stato interpretato come Balaam o come un generico profeta che indica la stella. L’uomo indossa tunica e pallio, il cui lembo presenta una gammadia (79). Bibliografia essenziale: D , S 1987, pp. 304-307; C 2016, pp. 67-88.

, M

Scheda 79.30 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 pallio, nel gesto della parola. Verso di lui, incede una donna, anch’essa nel gesto della parola. Al suo seguito dovevano essercene altre, probabilmente due, le stesse che saranno rappresentante sulla fronte dell’arcosolio di centro. Sul lembo del pallio di Cristo è visibile la gammadia (79).

Collocazione: Fronte dell’arcosolio di fondo, c.d. cubicolo dei sei santi, Nr39, p. 126, I piano = WP 125 Personaggio: Cristo

Bibliografia essenziale: M Y 2008, pp. 473-504.

Scena: Maiestas Domini Descrizione: Sulla parete di fondo si dispiega la scena che prevede Cristo centrale, assiso in trono, abbigliato in tunica e pallio, verso cui si dirigono due processioni. Da destra provengono tre santi che porgono la corona; da sinistra invece incedono tre donne alla stessa maniera. Sul lembo del pallio di Cristo è rappresentata la gammadia (79).

1902, pp. 93-100;

Scheda 79.32 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Bibliografia essenziale: M Y 2008, pp. 473-504.

1902, pp. 93-100; Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, c.d. arcosolio col togato, Nr67, pp. 129-130, I piano = WP 200,3

Scheda 79.31 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Personaggio: Mosè Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Miracolo della rupe Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. 210

Appendice 4 Descrizione: La scena si riferisce al miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Egli è imberbe, indossa tunica e pallio e batte la rupe davanti a sé da cui scaturisce dell’acqua. Sul lembo del pallio si distingue una gammadia (79), seppur deteriorata. Bibliografia essenziale: Z

rivestita di stelle a otto punte bianche su fondo azzurro. In basso si nota una transenna che racchiude un giardino in cui si vedono palme e uccelli. I tredici assi verticali della transenna sono sormontati da hermulae. Sulla parete esterna dell’arcosolio, si distingue Mosè che fa scaturire acqua dalla rupe e alla base della sua veste è la gammadia (79).

2002, pp. 126-154.

Scheda 79.33

Bibliografia essenziale: C M 1916, pp. 5-61; N A 1991, pp. 41-82.

Monumento/Documento: Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino

1909, pp. 51-61; 2006b, pp. 195-197;

Scheda 79.35 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Vetro dorato Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. (D , S , M 1987: età medio costantiniana; Z 2002: 320-340 d.C.)

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta del cubicolo Nr78, pp. 63-64, I piano =D ,S ,M 1987, Lau Taf. 61 Personaggio: Cristo

Collocazione: Decontestualizzato, conservato presso la sezione Arte Sacra dei Musei Vaticani; provenienza Collezione Chigi, 1756

Scena: Moltiplicazione dei pani

Personaggio: San Lorenzo

Descrizione: L’affresco riguarda l’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mt 14, 13-21; 15, 3239; Mc 6, 30-44; 8, 1-10; Lc 9, 10-17; Gv 6, 1-14). Cristo è giovanile e imberbe, in tunica e pallio. Nella mano destra tiene la virga con cui compie il miracolo, rivolgendola a quattro ceste di pane sulla sinistra, mentre le altre tre si trovano sul lato opposto. Sul lembo del pallio si distingue una gammadia (79) tracciata in toni scuri.

Scena: Santi

Bibliografia essenziale: D 1987, pp. 343-348.

, S

Descrizione: Sono raffigurati due santi stanti, Lorenzo e Cipriano, in tunica e pallio. La fisionomia è la stessa e sono distinguibili solo grazie alla didascalia che ne indica i rispettivi nomi, Laurentius e Criprianus. Entrambi tengono in mano un rotolo. Tra loro campeggia un cristogramma sormontato da una corona lemniscata, mentre in basso è visibile un altro rotolo. Intorno alla scena centrale, corre un’iscrizione: Hilarius vivus cum tuis feliciter semper refrigeris im pace Dei. Com’è evidente, sono presenti errori di trascrizione nelle iscrizioni.

, M

Scheda 79.34 Sul lembo del pallio di Lorenzo si registra una gammadia (79).

Monumento/Documento: Catacombe di S. Sebastiano Tecnica di esecuzione: Affresco

Bibliografia essenziale: G 6; G 1864, tav. XX, 6; G 189,6 e descriz. pp. 167-168; Z p. 146; I 1902, tav. X, 3; M U 2001-2002, pp. 204-205.

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Parete esterna a sinistra dell’arcosolio destro, mausoleo detto Domus Petri

1858, tav. CLXXXIX, 1872-1881, tav. R 1969, n. 168, 1959, n. 36, tav. VI;

Schede correlate: 79.36 Scheda 79.36

Personaggio: Mosè Monumento/Documento: Vetro dorato Scena: Miracolo della rupe Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Descrizione: Il programma decorativo si compone di un giardino paradisiaco con fiori, alberi, uccelli in rappresentanza dell’Eden. La volta dell’arcosolio è

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

211

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Collocazione: Decontestualizzato, conservato presso la sezione Arta Sacra dei Musei Vaticani; provenienza Collezione Chigi, 1756

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso la sezione Arte Sacra dei Musei Vaticani

Personaggio: San Cipriano Personaggio: San Sisto Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 79.35. Sul pallio di Lorenzo si registra una gammadia Bibliografia essenziale: G 6; G 1864, tav. XX, 6; G 189,6 e descriz. pp. 167-168; Z p. 146; I 1902, tav. X, 3; M U 2001-2002, pp. 204-205.

Scena: Santi Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 79.38.

(79).

1858, tav. CLXXXIX, 1872-1881, tav. R 1969, n. 168, 1959, n. 36, tav. VI;

Sul lembo del pallio di Sisto, si nota una gammadia (79). Bibliografia essenziale: B 1720, pp. 192-196; G 1858, tav. XXIV, 3, descriz. p. 52; G 1864, tav. XX, 6; G 1872-1881, tav. 193,3 e descriz. p. 173; Z R 1969, n. 158, p. 137; I 1902, tav. XI, 6, descriz. p. 47; M 1959, n. 55, tav. IX.

Schede correlate: 79.35 Scheda 79.37 Monumento/Documento: Vetro dorato

Schede correlate: 79.38

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Scheda 79.39

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Monumento/Documento: Vetro dorato

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso la sezione Arte Sacra dei Musei Vaticani

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: San Timoteo Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso il Museo Oliveriano di Pesaro

Scena: Santi Descrizione: Sono raffigurati due santi stanti, Timoteo e Sisto, in tunica e pallio. La fisionomia è la stessa e risultano distinguibili solo per la didascalia, che riporta Timoteus e Sustus. Entrambi tengono in mano un rotolo. Tra loro campeggia una corona lemniscata, mentre sul lato sinistro è visibile un altro rotolo. Sul pallio di Timoteo si segnala la presenza di una gammadia (79).

Personaggio: Cristo Scena: Miracolo di Cana Descrizione: Al centro di un clipeo dorato si inserisce la figura di Cristo, imberbe e giovanile, in tunica e pallio. Curiosamente e contrariamente alle raffigurazioni pittoriche catacombali, Cristo non impugna la virga per operare il miracolo di Cana, ma utilizza il dito indice della mano destra. È attorniato da sette idrie, mentre lo spazio libero è occupato da arbusti. Un’iscrizione corre intorno alla figura di Cristo: Dignitas amicorum vivas im pace Dei zeses. Sul lembo del pallio si distingue una gammadia (79).

Bibliografia essenziale: B 1720, pp. 192-196; G 1858, tav. XXIV, 3, descriz. p. 52; G 1864, tav. XX, 6; G 1872-1881, tav. 193,3 e descriz. p. 173; Z R 1969, n. 158, p. 137; I 1902, tav. XI, 6, descriz. p. 47; M 1959, n. 55, tav. IX. Schede correlate: 79.38

Bibliografia essenziale: O A 1781, p. VI, tav. 1,2; G 1858, tav. VII, 2, descriz. p. 22; G 1864, tav. VII, 2; G 1872-1881, tav. 176,2 e descriz. p. 138; Z R 1969, fig. 19, p. 51; I 1902, tav. XI, 6, descriz. p. 47; F 1963a, fig. 2, tav. VII, descriz. p. 38.

Scheda 79.38 Monumento/Documento: Vetro dorato Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

212

Appendice 4

Monumento/Documento: Vetro dorato

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XXI, 3, descriz. p. 48; G 1864, tav. XXI, 3; G 1872-1881, tav. 190,3 e descriz. p. 169.

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Schede correlate: 79.42; 79.43

Scheda 79.40

Scheda 79.42

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso il Gabinetto delle Medaglie della Biblioteca Nazionale di Parigi

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Personaggio: Cristo

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Scena: Coronatio

Collocazione: Decontestualizzato e, al momento, perduto

Descrizione: All’interno del vetro dorato sono raffigurati i busti di due defunti, identificabili tramite la didascalia che indica i rispettivi nomi, Iucunde (Gioconda) e Curace (Ciriaco). La defunta indossa orecchini e collana. Cristo è centrale tra i due busti, in tunica e pallio, con gammadia (79) sul lembo. Egli tiene nelle mani due corone che pone sul capo dei defunti. L’iscrizione corre unicamente nella parte superiore e riporta appunto un augurio, traslitterato dal greco in latino: Iucunde Curace zeses.

Personaggio: Pietro

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XXIX, 1, descriz. p. 58; G 1864, tav. XXIX, 1; G 1872-1881, tav. 198,1 e descriz. p. 182; I 1902, tav. XV, 2, descriz. p. 58-59; M 1959, n. 397 tav. XXXIII e descriz. p. 65; F 1978, p. 1035.

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XXI, 3, descriz. p. 48; G 1864, tav. XXI, 3; G 1872-1881, tav. 190,3 e descriz. p. 169.

Scheda 79.41

Scheda 79.43

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Scena: Pietro – Santa Agnese – Paolo Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 79.41. Sul lembo del pallio di Pietro, è segnata una gammadia (79).

Schede correlate: 79.41; 79.43

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano

Monumento/Documento: Catacombe di Ponziano

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Tecnica: Vetro dorato

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Datazione: Prima metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Decontestualizzato e, al momento, perduto

Collocazione: Decontestualizzato e, al momento, perduto

Personaggio: Santa Agnese

Personaggio: Paolo

Scena: Pietro – Santa Agnese – Paolo

Scena: Pietro – Santa Agnese – Paolo

Descrizione: All’interno di un riquadro, la scena si compone di tre personaggi. Centralmente vi è Sant’Agnese, in tunica e palla, orante. È uno dei rari casi in cui la (79), compare gammadia, assimilabile alla tipologia su un personaggio femminile e cristiano. Ai suoi lati sono Pietro e Paolo, in tunica e pallio, con un rotolo in mano. Il volto non è caratterizzato e, se il disegno di Garrucci fosse veritiero, questo costituirebbe uno degli elementi di datazione iconografica. L’iscrizione è composta solo dalle didascalie identificative: Petrus – Paulus – Ane (Agnes).

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 79.41. Sul lembo del pallio di Paolo, è segnata una gammadia (79). Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XXI, 3, descriz. p. 48; G 1864, tav. XXI, 3; G 1872-1881, tav. 190,3 e descriz. p. 169.

213

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Schede correlate: 79.42; 79.43

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Scheda 79.44 Monumento/Documento: Vetro dorato

Personaggio: Paolo

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Scena: Collegio Apostolico

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 79.44.

Numero di gammadiae raffigurate: 2 Paolo, stempiato e collocato sulla sinistra, vicino al Cristo, presenta sul lembo del pallio una gammadia (79).

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4, descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare, p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159.

Personaggio: Cristo Scena: Collegio Apostolico Descrizione: La scena, che si compone all’interno del vetro dorato riguarda, un Collegio Apostolico. Si riconosce Cristo centrale, dal volto giovanile e imberbe, seduto in cattedra con suppedaneo, che porge un rotolo chiuso con la mano destra a Pietro e uno aperto con la sinistra a Paolo, ispirandosi all’iconografia della Traditio Legis. (79). Egli indossa tunica e pallio con due gammadiae Intorno siedono altri sei personaggi santi che appaiono tutti identici tra loro. I due in primo piano siedono su una cattedra e centralmente si legge una didascalia inserita in quella che potrebbe somigliare alla riproduzione di un’iscrizione: Timoteus Sustus Simon Florus. Tutti i personaggi indossano il pallio segnato da gammadiae, eccetto quello frammentario sulla sinistra la cui estremità della veste appare coperta dalla cattedra.

Schede correlate: 79.44; 79.46; 79.47; 79.57; 86.3; 95.1 Scheda 79.46 Monumento/Documento: Vetro dorato Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Il santo, rappresentato sulla destra e purtroppo acefalo, presenta sul lembo del pallio una gammadia (79).

Personaggio: Pietro

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4, descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159.

Scena: Collegio Apostolico Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 79.44. Pietro, seduto sulla destra, accanto a Cristo, presenta sul lembo del pallio la gammadia (79). La sua figura è purtroppo quasi completamente perduta.

Schede correlate: 79.45; 79.46; 79.47; 79.57; 86.3; 95.1 Scheda 79.45

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4, descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159.

Monumento/Documento: Vetro dorato Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Schede correlate: 79.44; 79.45; 79.47; 79. 57; 86.3; 95.1 Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scheda 79.47 Monumento/Documento: Vetro dorato 214

Appendice 4 Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

dipinta intorno al corpo della tazza e non sul fondo, come comunemente avviene per i vetri dorati.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XXXIX, 9, descriz. p. 82; G 1864, tav. XXXIX, 9; G 1872-1881, tav. 203, 10 e descriz. p. 197.

Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Scheda 79.49 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Personaggio: Santo Tecnica di esecuzione: Affresco Scena: Collegio Apostolico Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 79.44.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Il santo, seduto in primo piano sulla sinistra dell’osservatore, presenta su un lembo del pallio la gammadia (79), mentre sull’altro la (cfr. 86.3).

Collocazione: Sottarco a sinistra, c.d. arcosolio degli oranti piccoli, Nr70, p. 130, I piano = WP 190 Personaggio: Mosè

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4, descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159.

Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena si riferisce all’episodio del miracolo della sorgente operato da Mosè (Es 17, 1-7), giovanile e imberbe, in tunica e pallio. Rivolge la virga verso sinistra, poggiandola sulla rupe da cui sgorga un rivolo d’acqua. Sul lembo della veste, si scorge una gammadia (79).

Schede correlate: 79.44; 79.45; 79.46; 79.57; 86.3; 95.1 Scheda 79.48

Bibliografia essenziale: Z M 2015, pp. 35-68.

2002, pp. 126-154;

Monumento/Documento: Vetro dorato Scheda 79.50 Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Datazione proposta: IV secolo d.C. (la datazione è proposta genericamente sul range di presenza di gammadiae nell’arte cimiteriale cristiana e, nello specifico, sui vetri dorati. Gli elementi, infatti, sono troppo esigui per poter proporre una cronologia certa).

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco centrale, c.d. arcosolio degli oranti piccoli, Nr70, p. 130, I piano = WP 190

Collocazione: Decontestualizzato; luogo di conservazione ignoto

Personaggio: Santo Personaggio: Santo (generico) Scena: Introductio della defunta3 Scena: Scena non definibile Descrizione: Nel sottarco centrale dell’arcosolio un Buon Pastore, di dimensioni maggiorate, costituisce il cuore della scena. Accanto a lui sono due ovini e dietro ad essi si scorgono due personaggi. La defunta è rappresentata a sinistra, in tunica e palla, orante. L’altro personaggio orante sulla sinistra, veste tunica e pallio su cui è tracciata

Descrizione: Il frammento di vetro dorato lascia distinguere soltanto parte di un pallio con una gammadia (79) di colore rosso/porpora, come specificato da G 1858, p. 82. La scena non è definibile. È solo ipotizzabile la presenza di un personaggio, preferibilmente maschile, forse Cristo, un santo/apostolo. Il Garrucci sostenne di averlo disegnato direttamente dall’originale Kircheriano e che questo sarebbe l’unico caso di figura

3 Come per l’affresco della catacomba dei SS. Pietro e Marcellino (schede 27.14; 79.17) e quello di Domitilla (85.17), l’intepretazione è legata in particolare ai dati risultanti dal GMS.

215

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma una gammadia (79). Proprio quest’ultimo particolare potrebbe far pensare, con buona probabilità, alla figura di un santo.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Bibliografia essenziale: Z M 2015, pp. 35-68.

Collocazione: Ambiente B, parete est

Numero di gammadiae raffigurate: 1

2002, pp. 126-154;

Personaggio: Cristo Scheda 79.51 Scena: Samaritana al pozzo Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Descrizione: L’affresco si riferisce all’episodio della samaritana al pozzo (Gv 4, 1-42). Sulla sinistra vi è la samaritana, abbigliata con una tunica rosata listata in toni marroni. La donna ha una capigliatura dell’epoca che prevede le ciocche raccolte, mentre il viso è in parte deteriorato. Entrambe le mani sono impegnate a tirare in superficie il secchio dopo averlo immerso nel pozzo. Cristo, sulla destra, è in tunica e pallio dorato. È sbarbato e i capelli sono lunghi fino alle spalle e boccolosi, denotando un’età teodosiana della pittura. La mano sinistra è velata e stringe un rotolo chiuso, mentre la destra – affrescata in sovrapposizione con quella della samaritana – è nel gesto della parola. Sul lembo inferiore del pallio è tracciata una gammadia (79) in toni scuri.

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, c.d. arcosolio degli oranti piccoli, Nr70, p. 130, I piano = WP 190 Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: La scena, inquadrata in una cornice bianca e rossa, con sfondo giallo, si riferisce al miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, con i capelli a calotta, tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro, a sinistra, all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio spiovente. Sul lembo del pallio si notava la gammadia (79), ora non più visibile a causa del degrado pittorico pre-restauro.

Bibliografia essenziale: S M S 1978, pp. 470-482; S M S 1975-1976, pp. 377391; S M S 1989, pp. 2201-2220; S M S 1995, pp. 215-241; C 2002, pp. 397-418; M 2006a, pp. 97-104; M 2006b, pp. 243-250. Schede correlate: 79.59; 79.60.

Bibliografia essenziale: Z M 2015, pp. 35-68.

2002, pp. 126-154;

Scheda 79.52 Monumento/Documento: Cappella l’Ospedale S. Giovanni Addolorata

cristiana

sotto

Tecnica di esecuzione: Affresco

216

Appendice 4 Scheda 79.53

apprezzabile nella sua interezza (D R XXXVII, 2; descrizione alle pp. 253-257).

1877, tav.

Monumento/Documento: Catacombe di S. Callisto Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, c.d. arcosolio col pastore che pascola il gregge davanti ad una siepe di canne, Nr36, p. 108, II piano Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: La scena affrescata si riferisce al miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). La pittura è molto deteriorata a causa delle percolazioni d’acqua, tuttavia si riesce a distinguere la sagoma di Mosè in tunica e pallio che tende la mano verso sinistra. Si notano le dita strette intorno a quella che doveva essere la virga virtutis, ormai invisibile. Dal poco che si riesce a percepire, Mosè appare giovanile, con i capelli corti. La gammadia (79), ormai quasi svanita, si scorge sul lembo del pallio, a destra, visibile solo tramite un’osservazione diretta a distanza ravvicinata e in foto con contrasto aumentato. La datazione si basa sulla collocazione topografica, trovandosi l’arcosolio nella regione Liberiana.

Bibliografia essenziale: D R 260, tav. XXXVII, 2.

Commenti: Il De Rossi fornisce, nella riproduzione della sua tavola, una descrizione parziale dell’intero arcosolio. Della fronte non è visibile la parte superiore, al contrario della parte inferiore, in cui si distingue, a destra, il pastore poggiato al pedum, con le gambe incrociate, in tunichetta corta, purtroppo acefalo; centralmente, invece, l’intonaco è dipinto con un motivo a graticcio e alcuni arbusti. Della lunetta di fondo dell’arcosolio non rimane nulla, essendo crollato l’intonaco già all’epoca del De Rossi, tanto che alcuni frammenti vengono disegnati internamente al loculo: «Veniamo all’arcosolio 10; la cui parte superiore, tutta la lunetta, due terzi e più della volticella sono demoliti. Nella parte superstite del sottarco a sinistra scorgo le vestigia di una figura in piedi tunicata, palliata; sembra Mosè percotente la rupe». Nel sottarco sinistro appare Mosè, in tunica e pallio, giovanile, senza barba e con capelli corti, che tende la mano con virga verso sinistra, dove è la rupe. La scena è inquadrata in una cornice rossa e abbastanza spessa. Il De Rossi non rilevava la gammadia, ma bisogna evidenziare che la prospettiva con la quale è tracciato il disegno non permetteva sicuramente una visuale completa. Date le condizioni dell’intero monumento all’epoca e le parole del De Rossi, è assai probabile che l’affresco in questione fosse coperto di patine già in passato e che quindi non risultasse

217

1877, pp. 253; 257-

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 79.55

Scheda 79.54 Monumento/Documento: Catacombe di S. Tecla

Monumento/Documento: Cimitero Maggiore

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Datazione proposta: Metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Fronte in alto, vestibolo d’ingresso al c.d. cubicolo degli Apostoli, Nr2, p. 144

Collocazione: Volta del cubicolo Nr7, p. 33 Personaggio: Cristo

Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Scena: Collegio Apostolico Descrizione: La scena si riferisce al miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Cristo è imberbe, con i capelli corti, il volto tondeggiante, tiene nella destra la virga con cui si rivolge verso la salma di Lazzaro, a sinistra, all’interno del sepolcro architettonico con tetto a doppio spiovente. L’affresco non è molto particolareggiato e risulta molto deteriorato. Sul lembo del pallio di Cristo è presente una gammadia (79), difficilmente distinguibile.

Descrizione: Sulla fronte d’entrata al c.d. cubicolo degli apostoli, è affrescato un Collegio Apostolico. Sono sei i personaggi assisi rispettivamente a sinistra e a destra del Cristo centrale, tutti abbigliati con tunica clavata e pallio. Si nota la gestualità, si distinguono le calzature, purtroppo non molto bene i volti che, tuttavia, non

Bibliografia essenziale: Assente. Scheda 79.56 Monumento/Documento: Cimitero di Novaziano Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Terre del cubicolo B nel cimitero di Novaziano (rif. pianta F 1929) Personaggio: Cristo Scena: Coronatio Descrizione: Il vetro dorato frammentario, ritrovato nel cimitero di Novaziano e ormai perduto, presenta uno schema iconografico molto diffuso. Cristo è in posizione centrale ed elevata, di minori dimensioni, abbigliato in tunica e pallio con gammadia (79) sul lembo della veste, mentre tiene nelle mani le corone destinate ai Principi degli apostoli. Lateralmente sono raffigurati i busti dei SS. Pietro e Paolo, entrambi stempiati. Il ritratto integro è quello di destra, caratterizzato da una barba appuntita, presumibilmente appartenente a Paolo. Pietro, invece, è frammentario e quasi completamente perduto. Rimane parte di un’iscrizione a lato della testa di Paolo, di cui si leggono le lettere U, L, S, quasi certamente rimanenza di Paulus. Sopra la testa di Cristo, secondo quanto riportato dall’ing. Fornari, vi era la didascalia Cris, abbreviazione o rimanenza di Cristus.

appaiono caratterizzati, eccezion fatta per l’uomo sulla destra di Cristo con barba appuntita e scura, identificabile con Paolo. Purtroppo le condizioni di conservazione di alcuni tratti dell’affresco, non permettono di distinguere chiaramente eventuali decorazioni sul lembo delle vesti, tranne che per quella di Cristo. Si riescono, infatti, a scorgere chiaramente i contorni di una gammadia (79), tracciata in pigmento scuro. Bibliografia essenziale: A S 1980, pp. 103-132; M

1890, pp. 259-272; 2010b, pp. 33-87.

218

Appendice 4 Bibliografia essenziale: F 1929, p. 221; M 1959, n. 51, p. 13; n. 51, tav. VIII; C 2019b, pp. 5556.

collana di grosse perle e ha il capo velato. La didascalia indica il suo nome abbreviato AGNE.

Scheda 79.57

Bibliografia essenziale: M 1959, n. 226, p. 40; n. 226, tav. XXV; J 1934, pp. 206-207 (in particolare p. 207); C 2019b, pp. 55-56.

Monumento/Documento: Vetro dorato

Scheda 79.59

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Monumento/Documento: Cappella l’Ospedale S. Giovanni Addolorata

cristiana

sotto

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Tecnica di esecuzione: Affresco

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Personaggio: Santo

Collocazione: Ambiente B, parete est

Scena: Collegio Apostolico

Personaggio: Cristo

Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 79.44.

Scena: unzione

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Descrizione: La scena frammentaria riporta la raffigurazione del Cristo che, sulla sinistra, con il capo avvolto dal nimbo azzurro, e indossante il pallio con gammadia (79), tiene in mano un rhyton da cui fuorisce un liquido terminante sul capo di un personaggio maschile collocato sulla destra. Quest’ultimo è palliato e il lembo della sua veste presenta una gammadia (79) identica a quella di Cristo. Si è ipotizzato che potesse trattarsi dell’unzione di un apostolo o di un vescovo, elemento avvalorato dalla presenza delle gammadia sul pallio. L’uomo, dalla sconosciuta identità, potrebbe quindi essere un apostolo, un santo, un martire o un vescovo, contrassegnato dalla gammadia in quanto moralmente autorevole, qualità confermata ulteriormente dal gesto compiuto da Cristo nei suoi confronti.

Il santo, rappresentato sulla destra e purtroppo acefalo, presenta sul lembo del pallio una gammadia (79). Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4 e descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159. Schede correlate: 79.44; 79.45; 79.46; 79.47; 86.3; 95.1 Scheda 79.58 Monumento/Documento: Vetro dorato

Bibliografia essenziale: S M S 1978, pp. 470-482; S M S 1975-1976, pp. 377391; S M S 1989, pp. 2201-2220; S M S 1995, pp. 215-241; C 2002, pp. 397-418; M 2006a, pp. 97-104; M 2006b, pp. 243-250.

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Cimitero di Novaziano, galleria 9, pila 6, loculo 3 (rif. pianta J 1934)

Schede correlate: 79.52; 79.60. Scheda 79.60

Personaggio: Santa Agnese

Monumento/Documento: Cappella l’Ospedale S. Giovanni Addolorata

Scena: Santa Agnese orante Descrizione: Il vetro dorato è perduto, nonostante si conosca la collocazione precisa nella catacomba di Novaziano grazie alla relazione di Enrico Josi. È possibile osservare la rappresentazione di S. Agnese orante tra due arbusti, abbigliata con una veste clavata e due gammadiae (79) su entrambi i lembi. Indossa una della tipologia

cristiana

sotto

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

219

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Collocazione: Ambiente B, parete est

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Palliato

Collocazione: Decontestualizzato, luogo di conservazione ignoto

Scena: unzione Personaggio: Defunto Descrizione: Per la descrizione generale si vd. la scheda 79.59. Il palliato, la cui figura è purtroppo molto (79) frammentaria, presenta sul pallio una gammadia in toni scuri.

Scena: Scena di mestiere Descrizione: La scena riprodotta sul vetro dorato sembra riferirsi al mestiere del defunto Avianon. Si può osservare, infatti, una bottega con un bancone cui è seduto un uomo che ha appena consumato il suo pasto e sembra “presentare” il personaggio in primo piano. Un grosso recipiente è raffigurato sulla destra e si vedono degli scaffali con cinque coppe. Il defunto (o la defunta secondo l’interpretazione del Passeri, per via delle sembianze effeminate e per la diversa lettura dell’iscrizione, P 1750, pp. 289-290) tiene in una mano una brocca, mentre nell’altra un calice decorato con una palmetta. Il pallio è ricamato nella parte inferiore da quattro stelle e all’estremità vi è una lettera, la S, in posizione di gammadia. I piedi del personaggio fuoriescono dal clipeo per andare ad intaccare la cornice formata da archetti. L’iscrizione riporta: Avianon vivas, oppure secondo l’interpretazione del Passeri Avia non vivas (la quale però non avrebbe senso non possedendo un significato salvifico, tipico dell’arte cristiana). Non essendo sfortunatamente a conoscenza dell’attuale collocazione del vetro, non è quindi possibile trovare riscontri con il disegno effettuato dal Garrucci. La veste ricamata di stelle e l’ambiguità del personaggio, così come la lettera S potrebbe far sorgere il dubbio che si tratti di un falso, se non fosse che il Marangoni sostenne il suo ritrovamento nel cimitero di Saturnino/Trasone/Yser (vi è il dubbio topografico) il 1 marzo 1743 (M 1744, pp. 370-374). Se ogni elemento fosse quindi veritiero, sarebbe un caso particolare di vetro dorato con scena di mestiere. Il Vopel pensava al personaggio come a un oste o a un venditore di vino (V 1899, p. 37).

Bibliografia essenziale: S M S 1978, pp. 470-482; S M S 1975-1976, pp. 377391; S M S 1989, pp. 2201-2220; S M S 1995, pp. 215-241; C 2002, pp. 397-418; M 2006a, pp. 97-104; M 2006b, pp. 243-250. Schede correlate: 79.52; 79.59. Scheda 82.1 Monumento/Documento: Cimitero Maggiore Tecnica di esecuzione: Lastra incisa Datazione proposta: IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Cimitero Maggiore Personaggio: Santo Scena: Introductio della defunta Descrizione: La singolare scena si trova incisa su una lastra marmorea di chiusura di un loculo. È rappresentata un’introduzione di una defunta. La donna, in tunica e palla, con capo velato, è orante nel mezzo. Ai suoi lati sono due uomini in tunica e pallio, non identificabili. Quello di destra ha una mano velata, mentre l’altra è raffigurata “a conca” con le dita verso l’alto. Quello di sinistra è inciso frontalmente e tiene tra le mani un rotolo. È proprio quest’ultimo l’unico a presentare le gammadiae (82) sul suo pallio, motivo per cui è molto probabile che si tratti di un santo. La scena prende evidentemente ispirazione dalle pitture.

Bibliografia essenziale: M 1744, pp. 370374; P 1750, pp. 289-290; G 1858, tav. XXXIII, 2, descriz. p. 63; G 1864, tav. XXXIII, 2; G 1872-1881, tav. 202, 2 e descriz. p. 191; V 1899, p. 37; F 1950, pp. 224-227. Scheda 85.1 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Bibliografia essenziale: ICUR VIII, 21730a; EDB 35997; A 1880, pp. 66-68; pp. 90-95.

Tecnica di esecuzione: Affresco Scheda 84.1 Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Monumento/Documento: Cimitero di Trasone/Saturnino/ via Yser

Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Sottarco a sinistra, II settore, arcosolio destro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: IV secolo d.C. 220

Appendice 4 Personaggio: Angelo

Tecnica di esecuzione: Affresco

Scena: Balaam fermato da angelo

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Descrizione: La scena si riferisce all’episodio del profeta Balaam che, in sella alla sua asina, viene fermato dall’angelo del Signore (Nm 22, 23). Balaam indossa tunica e pallio, è barbato e impugna un bastone che usa per spronare l’animale a proseguire. L’asina è immobile, con una zampa alzata e l’occhio grande fisso sull’angelo barbato che brandisce quello che sembra essere un bastone, rappresentato invece della spada. Anch’egli è in tunica e (85). La pallio sul quale compaiono due gammadiae scena è ambientata en plein air, come denotano gli arbusti.

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, II settore, arcosolio sinistro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76 Personaggio: Sansone Scena: Sansone lancia le volpi nei campi dei Filistei Descrizione: L’affresco riguarda l’episodio di Sansone che lancia le volpi, con le fiaccole attaccate alle code, nei campi dei Filistei (Gdc 15, 4-5). Sansone è in tunica e pallio, con gammadia (85). È barbato e alza la mano sinistra per indicare il movimento di liberazione verso le volpi che scappano agilmente nei campi. Gli animali hanno sembianze più simili a quelle di conigli con la coda lunga. L’elemento reticolato indica probabilmente i vigneti.

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 51; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 59; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135; C 2016, pp. 67-88. Scheda 85.2

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 53; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 63; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni Tecnica di esecuzione: Affresco

Scheda 85.4

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a destra, II settore, arcosolio sinistro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76

Tecnica di esecuzione: Affresco

Personaggio: Lot

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C.

Scena: Fuga di Lot da Sodoma

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Descrizione: La scena rappresenta si riferisce alla fuga di Lot da Sodoma (Gn 19, 1-26). Lot è barbato, in tunica clavata e pallio, con gammadia (85) sul lembo della veste. Tiene per mano le sue due figlie, abbigliate in maniera identica con tunica clavata. Entrambe portano una capigliatura fortemente datante, con un nodo di capelli sulla fronte. La figlia di destra indossa anche gli orecchini. Sullo sfondo si intravedono delle montagne. A destra, gravemente rovinata doveva essere la città di Sodoma in fiamme e forse la moglie di Lot trasformata in statua di sale.

Collocazione: Sottarco a destra, II settore, arcosolio destro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76 Personaggio: Giacobbe Scena: Cena di Isacco

Scheda 85.3

Descrizione: La scena si riferisce alla cosiddetta cena di Isacco (Gn 27, 1-46), il quale ormai vecchio e cieco, è sdraiato su un letto tricliniare. Davanti a lui, sono i figli Giacobbe a sinistra ed Esaù a destra. Giacobbe è in tunica (85), abiti “buoni” di Esaù che e pallio con gammadia la madre gli aveva fatto indossare, mentre tiene in mano il capretto, cena per il padre. Esaù invece indossa la tunichetta corta da lavoro e una mantellina. Tiene in mano un bastone che rivolge verso il fratello, indice probabilmente della sua desiderata vendetta per la mancata benedizione. Il tutto è ambientato en plein air, connotato da arbusti ed erba.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 51; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 59;

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 53; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 64; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135.

221

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M pp. 131-135.

2006a,

visione. Di fronte sono i tre uomini – angeli, o comunque emanazioni divine perché rappresentano Dio stesso e sono tre come prefigurazione del concetto trinitario – nel gesto della parola, palliati con gammadia (85).

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 50; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 56; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006b, pp. 131-135.

Scheda 85.5

Tecnica di esecuzione: Affresco

Scheda 85.7

Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

Monumento/Documento: Catacombe di Priscilla

Collocazione: Sottarco a destra, I settore, arcosolio sinistro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76

Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Personaggio: Abele Numero di gammadiae raffigurate: 1 Scena: Offerte di Abele e Caino Collocazione: Parete d’ingresso a sinistra, c.d. cubicolo di Lazzaro, Nr23, p. 26, I piano

Descrizione: In affresco sono raffigurati Adamo ed Eva tristi, mentre Caino ed Abele si presentano con le loro offerte (Gn 4, 1-7). Sulla sinistra sono rappresentati i protogenitori, entrambi vestiti con pelli animali, che siedono su grossi massi. A destra sono i figli, Abele e Caino. Il primo avanza con la sua offerta, un agnello, alludente alla sua occupazione di pastore e alla sua morte innocente. Abele indossa tunica e pallio con gammadia (85). Caino è abbigliato con una veste corta e tiene in mano i frutti dei campi, essendo agricoltore.

Personaggio: Cristo Scena: Resurrezione di Lazzaro Descrizione: La scena presenta il miracolo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-44). Sulla destra è visibile la salma di Lazzaro, avvolta nelle bende, mentre sulla sinistra un Cristo imberbe e giovanile, in tunica e pallio, opera la resurrezione tramite la virga. I due personaggi appaiono molto vicini a causa di esigenze di spazio. La gammadia (85) si trova all’estremità destra del pallio, di dimensioni piccole rispetto al consueto, difficilmente leggibile e abbastanza confusa.

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 51; C D A 1969, pp. 31-48; C 1988, pp. 169189; F 1990, p. 60; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135. Scheda 85.6

Bibliografia essenziale: P 1993, pp. 168-169; B -M -G 2013; B 2014b, pp. 95-147.

Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Scheda 85.8 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe di Priscilla Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 3 Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Collocazione: Sottarco a destra, I settore, arcosolio destro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: Angeli

Collocazione: Volta, c.d. cubicolo di Lazzaro, Nr23, p. 26, I piano = WP 219,1

Scena: Visione di Mambre Personaggio: San Felice/Filippo Descrizione: La scena è la trasposizione figurata dell’episodio relativo alla visione di Mambre (Gn 18, 1-16). Abramo è seduto su un masso a sinistra, in tunica e pallio, barbato, nel gesto della parola. È affiancato da un vitello, prefigurazione del pasto che egli offre ai tre uomini della

Scena: Introductio del defunto Descrizione: La scena riguarda l’accompagnamento nell’aldilà di un giovane defunto affiancato da S. Paolo, a 222

Appendice 4 sinistra, e da un santo non specificato a destra. Il defunto è orante e indossa una tunica clavata con orbicula. Paolo ha assunto la fisionomia caratteristica con la barba scura e appuntita, il volto da filosofo stempiato; indossa tunica e pallio. L’altro santo, ancora in tunica e pallio, non ha caratteristiche fisiche che possano identificarlo con certezza. Lo sfondo sembra architettonico, quasi a volersi ricollegare con i sarcofagi a porte di città. L’ultima ipotesi di F. Bisconti ricollega l’identità dei due santi ai poli estremi come Felice e Filippo, figli di Felicita, sepolti nelle catacombe di Priscilla e qui venerati. Sul lembo del pallio del santo, è raffigurata una gammadia (85). Bibliografia 2013; B

essenziale: B 2014b, pp. 95-147.

-M

Collocazione: Volta, c.d. cubicolo di Lazzaro, Nr23, p. 26, I piano = WP 219,1 Personaggio: Paolo Scena: Introductio del defunto Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 85.8 Paolo, sulla sinistra del defunto orante, indossa tunica e pallio, sul cui lembo è tracciata una gammadia (85), difficilmente distinguibile, che appare ormai come una macchia scura.

-G

Bibliografia 2013; B

Schede correlate: 85.9; 85.10 Scheda 85.9

essenziale: B 2014b, pp. 95-147.

-M

-G

Schede correlate: 85.8; 85.9

Monumento/Documento: Catacombe di Priscilla

Scheda 85.11

Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Collocazione: Volta, c.d. cubicolo di Lazzaro, Nr23, p. 26, I piano = WP 219,1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Personaggio: San Felice/Filippo

Collocazione: Calotta absidata, nicchione destro, c.d. cubicolo dei fornai, Nr74, pp. 131-132, I piano = WP 193

Scena: Introductio della defunta

Personaggio: Cristo

Descrizione: La sezione sinistra della fascia, che si svolge nella volta del cubicolo, accoglie al proprio interno l’introduzione di una giovane defunta. Ai suoi lati sono Pietro e un altro santo dall’identità non ben definita, che F. Bisconti ha ricollegato a S. Felice o a S. Filippo, i due figli di Felicita, sepolti e venerati nelle catacombe di Priscilla. Proprio quest’ultimo personaggio, all’estrema sinistra del pannello, indossa tunica e pallio, sul cui lembo è raffigurata la gammadia (85), dai tratti purtroppo confusi a causa del degrado che subì l’affresco prima del recente restauro.

Scena: Collegio Apostolico

Bibliografia 2013; B

essenziale: B 2014b, pp. 95-147.

-M

Descrizione: La scena, che occupa la volta absidata del c.d. cubicolo dei fornai, riguarda un Collegio Apostolico. In posizione centrale vi è Cristo, imberbe e giovanile, seduto in trono, nel gesto della parola. Ai suoi piedi vi è una capsa colma di rotoli. Alla sua destra e alla sua sinistra sono rappresentati due gruppi formati da sei apostoli. Forse solo il primo a destra è riconoscibile con Pietro per via della barba bianca, mentre il primo a sinistra dovrebbe essere Paolo, nonostante non sia caratterizzato. Entrambi siedono sulla sella plicatilis. In alto campeggia l’iscrizione tracciata da Antonio Bosio. Sul lembo del pallio di Cristo (85). si distingue una marcata gammadia

-G

Schede correlate: 85.8; 85.10 Commenti: L’incisione della Roma Sotterranea presenta il Collegio Apostolico, con i due apostoli ai fianchi di Cristo «in atto di disputare». Sul pallio di Cristo e del primo apostolo alla sua destra sono individuate le gammadiae (85) (B 1632, tav. I, p. 221; A 1651, I, tav. II, p. 309; B 1737-1754, II, tav. LIV; R 18791881, II, pl. LXXIV,3). D’Agincourt interpretava la scena come Gesù tra gli apostoli oppure disputante tra i dottori. Nell’incisione non rilevava gammadiae (D’A 1825, VI, tav. XII,9). Garrucci notava la lettera H sul pallio

Scheda 85.10 Monumento/Documento: Catacombe di Priscilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 223

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma di Cristo e, nella sua raffigurazione, è presente inoltre la gammadia sulla veste del primo apostolo a sinistra, ma non quella sul pallio dell’altro apostolo (G 18721881, II, tav. 21,2). L’acquerello del Wilpert riproduce fedelmente le tre gammadiae presenti, nonostante lo studioso parlasse poi unicamente della lettera H sul pallio di Cristo (Wp, tav. 193; volume di testo pp. 227-228).

Personaggio: Apostolo

Bibliografia essenziale: P 1990, pp. 167-184; Z 2002, pp. 126-154; M 2006, pp. 179180; P 2009, pp. 389-407; M 2010a, pp. 8198; G P 2013 et alii, pp. 155-168; M 2017a, pp. 123-177.

Commenti: Si vd. la scheda 85.11.

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 85.11. Sul pallio dell’apostolo in piedi, vicino al presunto Paolo, è riconoscibile la gammadia (85).

Bibliografia essenziale: P 1990, pp. 167-184; Z 2002, pp. 126-154; M 2006, pp. 179180; P 2009, pp. 389-407; M 2010a, pp. 8198; G P et alii 2013, pp. 155-168; M 2017a, pp. 123-177.

Schede correlate: 85.12; 85.13; 85.16

Schede correlate: 85.11; 85.12; 85.16

Scheda 85.12

Scheda 85.14

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Tecnica di esecuzione: Affresco

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Collocazione: Calotta absidata, nicchione destro, c.d. cubicolo dei fornai, Nr74, pp. 131-132, I piano = WP 193

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Volta, cubicolo Nr69, p. 130, I piano = WP 196,1

Personaggio: Paolo

Personaggio: Mosè

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 85.11.

Scena: Miracolo della rupe Sul pallio dell’apostolo in piedi, sulla sinistra rispetto al Cristo, identificabile presumibilmente con un non (85). caratterizzato Paolo, è riconoscibile la gammadia

Descrizione: La raffigurazione si riferisce all’episodio del miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7), il quale è imberbe, dalla chioma a calotta, in piedi davanti alla rupe rocciosa che viene battuta dalla sua virga per farne scaturire dell’acqua. La gammadia (85) è collocata sul lembo del pallio.

Commenti: Si vd. la scheda 85.11. Bibliografia essenziale: P 1990, pp. 167-184; Z 2002, pp. 126-154; M 2006, pp. 179180; P 2009, pp. 389-407; M 2010a, pp. 8198; G P et alii 2013, pp. 155-168; M 2017a, pp. 123-177.

Bibliografia essenziale: Z M 2017b, pp. 188-189.

2002, pp. 126-154;

Scheda 85.15 Schede correlate: 85.11; 85.13; 85.16 Monumento/Documento: Cimitero Maggiore Scheda 85.13 Tecnica di esecuzione: Affresco Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Tecnica di esecuzione: Affresco Numero di gammadiae raffigurate: 1 Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Collocazione: Sottarco, arcosolio parete di fondo, c.d. cubicolo di Cristo tra sei santi, Nr17, p. 35 = WP 170

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Calotta absidata, nicchione destro, c.d. cubicolo dei fornai, Nr74, pp. 131-132, I piano = WP 193

Personaggio: Apostolo

224

Appendice 4 Scena: Collegio Apostolico

affrescata. La gammadia si presenta molto marcata, in nero, e ben definita (Wp, tav. 170).

Descrizione: La scena si riferisce alla rappresentazione di un Collegio Apostolico ridotto. Nessuno degli apostoli è riconoscibile tramite particolari caratteristiche o didascalie. Cristo è seduto centralmente. È imberbe e i capelli sono mossi e lunghi fino alla spalla. Davanti a lui vi è un suppedaneo. Tutti i personaggi indossano tunica e pallio, l’abito filosofico. La rappresentazione è racchiusa tra due capsae di rotoli chiuse. L’unico apostolo (85) sul lembo del pallio è il primo da con gammadia sinistra, raffigurato nel gesto della parola.

Bibliografia essenziale: Assente. Scheda 85.16 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C.

Commenti: Nell’incisione del Bosio, il simbolo sul pallio dell’apostolo più esterno è molto ambiguo: sembrerebbe una lettera I con l’estremità superiore troppo lunga rispetto a quella inferiore (B 1632, tav. II, p. 457); l’Aringhi, invece, non lo riporta (A 1659, II, tav. II, p. 85; descrizione a p. 84, t. II ). Il Bottari si espresse, riguardo questo affresco, con una descrizione apposita: «Sul lembo dell’ultimo Apostolo, posto alla destra di Gesù Cristo è una lettera, che pare una T, ma io credo, che sia un errore di chi ha inciso il rame, o di cha ha disegnato la pittura, e

Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Calotta absidata, nicchione destro, c.d. cubicolo dei fornai, Nr74, pp. 131-132, I piano = WP 193 Personaggio: Apostolo Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 85.11. Sul pallio dell’apostolo in piedi, sulla destra di Cristo (è difficile stabilire se si tratti invece del suo vicino), è riconoscibile la gammadia (85). Commenti: Si vd. la scheda 85.11. Bibliografia essenziale: P 1990, pp. 167-184; Z 2002, pp. 126-154; M 2006, pp. 179180; P 2009, pp. 389-407; M 2010a, pp. 8198; G P et alii 2013, pp. 155-168; M 2017a, pp. 123-177. Schede correlate: 85.11; 85.12; 85.13 Scheda 85.17 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Fine del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1

che piuttosto debba essere un L, o un H, che son le lettere che più comunemente si vedon sulle vesti ne’ mosaici» (B 1737-1754, III, tav. CXLVI; descrizione alle pp. 65-66). Nella tavola del Garrucci, l’apostolo, rappresentato sulla sinistra di Cristo, non posa il piede sul suppedaneo ma lo tiene dietro di esso. L’ultimo apostolo sulla sinistra presenta sul lembo del pallio una gammadia che il Garrucci notava nella descrizione e riporta automaticamente nella sua raffigurazione (G 1872-1881, II, tav. 64,1; descrizione a p. 67). Lagréze, autore di una piccola guida sulle catacombe romane, presenta la gammadia sul pallio dell’apostolo in maniera verosimile (L 1889, fig. 35, p. 95). L’acquerello del Wilpert si attiene alla realtà

Collocazione: Fronte in alto a destra, nicchione sinistro, c.d. cubicolo dei fornai, Nr74, pp. 131-132, I piano = WP 142,2 Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe Descrizione: Il personaggio in questione è sempre stato interpretato come Mosè in atto di compiere il miracolo della rupe (interpretazione ripresa ultimamente anche da B. Mazzei, cfr. M 2017a, p. 172), finchè si credette di riuscire a scorgere un pezzo di pane nella sua mano. 225

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 85.18

Ph. Pergola lo interpretò come il panettiere con la pagnotta lavorata tenuta in mano, linea di pensiero su cui si orientò anche F. Bisconti in una seconda lettura. Tuttavia, la presenza della gammadia (85) – sommariamente tracciata – sul pallio permette di essere più certi di trovarsi di fronte a un personaggio santo. Il confronto con il Mosè del cubicolo dell’introductio potrebbe risolvere i dubbi in merito, in quanto la posizione, la gestualità, l’abito (eccezion fatta per il colore dei clavi, color rosso mattone nel cubicolo dei fornai e tendenti al nero nel cubicolo dell’introductio) fanno sì che le due figure siano completamente identiche. Questo confronto è stato possibile effettuarlo dopo i recenti restauri che ne hanno permesso una lettura più chiara.

Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, arcosolio Nr75, p. 132, I piano = WP 198 Personaggio: Mosè Scena: Miracolo della rupe

Commenti: Insieme agli affreschi del cubicolo di Orfeo, il Ciacconio riportava la rappresentazione di due personaggi relativi al cubicolo dei fornai. Il riquadro, a destra del megalografico uomo con il modius, è occupato da un Cristo in atto di resuscitare Lazzaro il quale si trova nell’edicoletta. Cristo effettua il prodigio senza la virga virtutis, indicando solamente con la mano disposta nel gesto della parola. Il riquadro successivo, quello dell’uomo con il modius, è invece interpretato come una donna orante con un curioso abbigliamento “a campana”, errore questo che si perpetuerà per molto tempo ancora (Cod. Vall. G. 6, f. 22 = W 1891, tav. XX). La prima tavola del Bosio dal “cimitero sull’Appia” è in realtà appunto riferita al cubicolo dei fornai. Bosio propose di vedere un Mosè in atto di compiere il miracolo della rupe il cui pallio presentava una gammadia, dalla forma simile a una (79) oppure al suo ribaltamento, la (85), affrontato a Mosè con i pani nell’episodio della manna, e affiancato a una donna, con una veste molto discutibile (B 1632, tav. IV, p. 227 = A 1651, tavola a p. 535 = A 1659, I, tav. IV p. 311; descrizione a p. 310 =B 1737-1754, II, tav. LVII; descrizione a p. 21). Il Garrucci interpretò il personaggio come Mosè che batte la rupe, con un pallio contrassegnato da un simbolo non ben compreso, tanto da non essere citato nella descrizione. La scena affrontata era ancora interpretata come miracolo della manna, mentre il personaggio centrale sarebbe stato quello di una matrona con un largo mantello abbottonato sul petto e il capo coperto da un velo avvolto a turbante, che abbracciava un grande moggio di grano, sostenuto da tre piedi a zampa di leone (G 1872-1881, II, tav. 20; descrizione a p. 24). Gli acquerelli del Wilpert risultano abbastanza precisi, incoerentemente dalla descrizione che sembra piuttosto influenzata dalle opinioni precedenti. Tuttavia, in un primo momento egli credette di trovarsi davanti l’immagine di un fornaio; dopo la pulitura effettuata con acido diluito, si convinse della presenza di un miracolo della rupe (Wp, tav. 142,2; volume di testo, p. 254).

Descrizione: La scena rappresentata riguarda il miracolo della rupe operato da Mosè (Es 17, 1-7). Mosè è barbato, indossa tunica e pallio e batte con la virga la rupe davanti a sé da cui esce dell’acqua. Sul lembo del pallio si può osservare, seppur difficoltosamente, la gammadia (85). Bibliografia essenziale: Z M 2015, pp. 35-68.

2002, pp. 126-154;

Scheda 85.19 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni Tecnica di esecuzione: Affresco Datazione proposta: Prima metà del IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 1 Collocazione: Sottarco a sinistra, I settore, arcosolio destro, cubicolo B, Nr2, pp. 75-76 Personaggio: Manasse Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 68.4. Manasse presentava, sul lembo del proprio pallio, la gammadia (85), ormai non più visibile. Bibliografia essenziale: F 1960, p. 50; C D A 1969, pp. 31-48; D B B 1971, pp. 91-98; K -B 1976, pp. 74-76; F 1990, pp. 56-58; Z 2002, pp. 66-67 e pp. 70-73; M 2006a, pp. 131-135. Schede correlate: 68.4

Bibliografia essenziale: B 1981a, pp. 38-43; P 1990, pp. 167-184; B 2000a, pp. 262265; Z 2002, pp. 126-154; P 2009, pp. 389-407; M 2010a, pp. 81-98; G P et alii 2013, pp. 155-168; M 2017a, p. 172.

Scheda 85.20 Monumento/Documento: Catacombe di Domitilla

226

Appendice 4 Tecnica di esecuzione: Affresco

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Collocazione: Parete destra, II parte in basso, cubicolo I, – Nr9, pp. 79-81

Collocazione: Volta, cubicolo Nr69, p. 130, I piano = WP 196,1

Personaggio: Palliato

Personaggio: Cristo

Scena: Santo (generico)

Scena: Moltiplicazione dei pani

Descrizione: Si tratta, apparentemente, della raffigurazione di un generico uomo in tunica e pallio con gammadia (86). I suoi capelli sono a calotta, secondo la moda costantiniana. Con la mano destra tiene il risvolto del pallio, mentre con la sinistra stringe un rotolo. Non presenta elementi peculiari che possano mettere in risalto un’identificazione precisa, a parte la gammadia identica a quella di Paolo nello stesso ambiente. È ritratto di profilo verso sinistra.

Descrizione: La raffigurazione si riferisce all’episodio della moltiplicazione dei pani (Mt 14, 13-21; Mc 6, 34-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-14). Cristo è imberbe, dalla chioma a calotta, contornato da cinque ceste di pane da un lato e tre dall’altro. Punta la virga mentre effettua il miracolo. (85) è collocata sul lembo del pallio, La gammadia visibile distintamente dopo i recenti restauri. Bibliografia essenziale: Z M 2017b, pp. 188-189.

2002, pp. 126-154;

Bibliografia essenziale: F 1960, pp. 68-69; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, pp. 95-99; Z 2002, pp. 61-125.

Scheda 86.1 Scheda 86.3 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Monumento/Documento: Vetro dorato

Tecnica di esecuzione: Affresco

Tecnica di esecuzione: Vetro dorato

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Datazione proposta: Seconda metà del IV secolo d.C.

Numero di gammadiae raffigurate: 1

Numero di gammadiae raffigurate: 2

Collocazione: Lunetta dell’arcosolio sinistro, cubicolo I, Nr9, pp. 79-81

Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology, Oxford (AN2007.11)

Personaggio: Paolo Personaggio: Santo Scena: Maiestas Domini Scena: Collegio Apostolico Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 68.8.

Descrizione: Per la descrizione generale, si vd. la scheda 79.44.

Sul lembo del pallio di Paolo è visibile la gammadia (86).

Il santo, rappresentato sulla sinistra, seduto in primo piano, presenta su un lembo del pallio la gammadia (cfr. 79.47), mentre sull’altro è presente la (86).

Bibliografia essenziale: F 1960, p. 69; C D A 1969, pp. 31-48; F 1990, p. 99; Z 2002, pp. 61-125.

Bibliografia essenziale: G 1858, tav. XVIII, 4, descriz. pp. 40-41; G 1864, tav. XVIII, 4; G 1872-1881, tav. 187, 4 e descriz. pp. 187-188; M 1959, n. 364, tav. XXXI; U 2001-2002, pp. 195-219 (in particolare p. 215); W et alii 2017, pp. 59-61; 158-159.

Schede correlate: 68.8 Scheda 86.2 Monumento/Documento: Ipogeo anonimo di via Dino Compagni

Schede correlate: 79.44; 79.45; 79.46; 79.47; 79.57; 95.1.

Tecnica di esecuzione: Affresco 227

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Scheda 87.1 Monumento/Documento: Vetro dorato Tecnica di esecuzione: Vetro dorato Datazione proposta: IV secolo d.C. Numero di gammadiae raffigurate: 2 Collocazione: Decontestualizzato; conservato presso la sezione di Arte Sacra dei Musei Vaticani Personaggio: Defunto Scena: Scena di mestiere Descrizione: Il personaggio centrale potrebbe essere il defunto, un istrione, rappresentato vittorioso. Egli tiene nella mano destra una palmetta, mentre nella sinistra due lunghi flauti. È riccamente abbigliato e indossa un mantello con gammadiae contrapposte. Sulla sinistra vi è una colonnina con cinque corone d’alloro impilate; sulla destra si vede una maschera tragica che sovrasta una colonnina su cui è riportata l’iscrizione Ilia Capitolia. La didascalia dorata è interrotta perché il vetro è frammentario: Invicta Rom[...] Ilioror[...]. Sul lembo destro del mantello si nota (87). Si sottolinea come questa non sia la gammadia una scena di carattere prettamente cristiano, ma di auto rappresentazione; di conseguenza le gammadiae sembrano mutare e riprendere la tipologia già osservata nei mosaici con scene teatrali (cfr. C 2019a). Bibliografia essenziale: B 1720, pp. 204-205; G 1858, tav. XXXIV,1 e descriz. pp. 65-67; G 1864, tav. XXXIV,1; M 1959, n. 25 (a colori), tav. IV (b/n), descriz. p. 7; I 1902, tav. XVII, 2 e descriz. pp. 64-65; C 2019a, pp. 497-522.

228

Appendice 5 Grafici di distribuzione topografica delle c.d. gammadiae Catacombe di S. Ermete: 27.1; 79.1; 79.2; 79.3

Catacombe dei Giordani: 25.6; 27.42; 27.43; 43.1; 68.6; 68.7; 70.1; 79.6

Catacomba anonima di via Anapo: 25.1; 25.2; 25.3; 25.4; 25.5; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.9; 79.10

229

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Catacombe di Priscilla: 85.7; 85.8; 85.9; 85.10

Cimitero Maggiore: 27.4; 27.5; 79.55; 82.1; 85.15

Catacombe di Ciriaca: 27.83; 79.11; 79.12

230

Appendice 5 Cimitero di Novaziano: 79.56; 79.58

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.6; 27.7; 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13; 27.14; 27.15; 27.26; 27.44; 27.45; 27.46; 27.50; 27.61; 27.62; 27.63; 27.64; 27.65; 27.67; 27.68; 27.69; 27.70; 27.78; 27.79; 27.80; 27.81; 27.82; 66.1; 79.13; 79.14; 79.15; 79.16; 79.17; 79.18; 79.19; 79.20; 79.21; 79.22; 79.29; 79.33

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 27.2; 27.54; 31.1; 68.1; 68.2; 68.4; 68.8; 69.1; 79.4; 79.5; 85.1; 85.2; 85.3; 85.4; 85.5; 85.6; 85.19; 86.1; 86.2

231

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Catacombe di S. Sebastiano: 27.76; 79.34

Ex Vigna Chiaraviglio (S. Sebastiano): 24.1; 24.2; 27.31; 79.23

Catacombe di Pretestato: 27.16; 27.51; 27.52; 68.10

232

Appendice 5 Catacombe di S. Callisto: 27.17; 27.18; 32.1; 79.24; 79.28; 79.53

Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: 27.32; 27.53; 27.55

Catacombe di Domitilla: 27.19; 27.20; 27.21; 27.22; 27.23; 27.24; 27.25; 27.27; 27.28; 27.29; 27.47; 27.48; 27.49; 27.56; 27.57; 27.58; 27.60; 27.66; 27.71; 27.72; 27.73; 27.74; 27.75; 68.5; 68.9; 69.2; 79.25; 79.30; 79.31; 79.32; 79.49; 79.50; 79.51; 85.11; 85.12; 85.13; 85.14; 85.16; 85.17; 85.18; 85.20

233

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Catacombe di Commodilla: 21.1; 25.7; 27.30; 27.33; 27.34; 27.35; 27.36; 27.37; 27.38; 36.1; 37.1; 41.1; 52.1; 53.1; 65.1; 79.26; 79.27; 104.1

Catacombe di S. Tecla: 21.2; 27.77; 59.1; 79.54

Catacombe di Generosa: 68.3

234

Appendice 5 Catacombe di Ponziano: 27.39; 27.40; 27.59; 50.1; 79.41; 79.42; 79.43

Confessio sotto la basilica dei SS. Giovanni e Paolo: 27.41; 27.84

“Cappella cristiana” sotto l’ospedale S. Giovanni Addolorata: 79.52; 79.59; 79.60

235

Appendice 6 Grafici di associazione gammadia-personaggio

236

Appendice 6

Gammadia 31: un solo caso sul pallio dell’angelo che ferma Balaam1.

Gammadia 50: un solo caso sul pallio di San Pollione7. Gammadia 52: un solo caso sul pallio di San Luca8.

Gammadia 32: un solo caso sulla veste di un generico palliato2.

Gammadia 53: un solo caso sul pallio di San Paolo9.

Gammadia 36: un solo caso sulla veste di S. Stefano in associazione con la gammadia 373.

Gammadia 59: un solo caso sul pallio di Cristo10. Gammadia 65: un solo caso presente su entrambi i lembi del pallio di San Pietro11.

Gammadia 37: un solo caso sul pallio di Santo Stefano in associazione con la gammadia 364.

Gammadia 66: un solo caso sul pallio di Cristo12. Gammadia 41: un solo caso sul pallio di San Felice . 5

Gammadia 43: un solo caso sul pallio di San Paolo in una lastra incisa6. 1 2 3 4 5 6

Scheda 31.1. Scheda 32.1. Scheda 36.1. Scheda 37.1. Scheda 41.1. Scheda 43.1.

7 8 9 10 11 12

237

Scheda 50.1. Scheda 52.1. Scheda 53.1. Scheda 59.1. Scheda 65.1. Scheda 66.1.

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

Gammadia 70: un solo caso sul pallio di Mosè13.

13

Scheda 70.1.

238

Appendice 6

Gammadia 95: un solo caso su entrambi i lembi del pallio di uno dei santi al cospetto di Cristo, rappresentato su un vetro dorato19.

Gammadia 82: un solo caso su entrambi i lembi del pallio di un generico santo su lastra incisa14. Gammadia 84: un solo caso sulla veste di un personaggio non ben definito su un vetro dorato perduto15.

Gammadia 104: un solo caso sul pallio di Sant’Adautto nell’affresco relativo al sepolcro a forno nella catacomba di Commodilla, in associazione a Santa Emerita e San Felice20.

Gammadia 87: un solo caso sul mantello di un defunto rappresentato come istrione su un vetro dorato, in associazione alla gammadia 8816.

Le 212 gammadiae in affresco corrispondono a 184 schede.

Gammadia 88: un solo caso sul mantello di un defunto rappresentato come istrione su un vetro dorato, in associazione alla gammadia 8717.

Le 26 gammadiae in sfoglia dorata corrispondono a 21 schede, ma i vetri dorati esaminati sono 12.

Gammadia 93: un solo caso sul pallio di Pietro rappresentato su un vetro dorato18.

Le 4 gammadiae incise su lastra corrispondono a 3 schede relative a 3 lastre incise. L’unica gammadia in mosaico corrisponde a 1 scheda.

14 15 16 17 18

In totale sono state redatte 209 schede in GMS, ma le gammadiae singole totali sono 243.

Scheda 82.1. Scheda 84.1. Scheda 87.1. Scheda 88.1. Scheda 93.1.

19 20

239

Scheda 95.1. Scheda 104.1.

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma

240

Appendice 7 Tecnica di esecuzione per ogni gammadia

241

Appendice 8 Grafico globale delle c.d. gammadiae esaminate in GMS

242

Appendice 9 Indice per soggetto o scena Abbraccio tra Pietro e Paolo

Consegna della Legge

Ex Vigna Chiaraviglio: 24.1; 24.2

Catacombe di Ciriaca: 79.11

Acclamazione del Cristogramma

Coronatio

Catacombe di Commodilla: 27.30

Cimitero di Novaziano. Vetro dorato: 79.56

Angelo (figura singola)

Complesso di S. Sebastiano. Mausoleo di S. Quirino (Platonia): 27.76

Ex Vigna Chiaraviglio: 79.23 Vetro dorato: 79.40 Attraversamento del Mar Rosso Cristo Magister Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 68.1 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.80 Balaam fermato dall’angelo Catacombe di S. Tecla: 59.1 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 31.1; 85.1 Cristo giudice Balaam indica l’astro Catacombe di Pretestato: 27.52 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.63; 27.82; 79.29

Efraim e Manasse

Battesimo di Cristo

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 68.4; 85.19

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 79.18

Fossore

Bibens (generico)

Catacombe di Domitilla: 68.5; 69.2

Catacombe di S. Callisto: 27.17

Fuga di Lot da Sodoma

Cena di Isacco

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 85.2

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 85.4

Guarigione del cieco nato

Collegio Apostolico

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.7; 27.68

Catacomba anonima di via Anapo: 25.1; 27.3; 68.11; 79.7; 79.8; 79.10

Guarigione del lebbroso Catacombe di Domitilla: 68.9

Cimitero Maggiore: 85.15 Guarigione del paralitico Catacombe di Domitilla: 79.25; 85.11; 85.12; 85.13; 85.16 Cimitero dei Giordani: 68.6 Catacombe di S. Tecla: 79.54 Guarigione dell’emorroissa Vetro dorato: 79.44; 79.45; 79.46; 79.47; 79.57; 86.3; 95.1 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.46

243

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Mausoleo c.d. Domus Petri. Complesso di S. Sebastiano: 79.34

Introductio del defunto Catacombe di Priscilla: 85.8; 85.10

Catacombe di S. Callisto: 27.18; 79.24; 79.53 Introductio della defunta Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: 27.55 Catacombe di S. Ermete: 27.1; 79.1 Cimitero dei Giordani: 27.42

Catacombe di Domitilla: 27.24; 27.29; 79.32; 79.49; 85.14; 85.17; 85.18

Catacombe di Priscilla: 85.9

Catacombe di Commodilla: 27.37

Cimitero Maggiore: 82.1 (lastra incisa)

Catacombe di S. Tecla: 21.2

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.14; 27.61; 79.17

Catacombe di Ponziano: 27.39 Vetro dorato: 93.1

Catacombe di Domitilla: 27.20; 27.21; 27.49 Miracolo della rupe/Consegna della Legge Catacombe di S. Tecla: 21.1; 25.7 (lastra incisa) Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.69 Liberio (figura singola) Miracolo di Cana Catacombe di Pretestato: 27.51 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.70; 27.79 Madonna con Bambino e profeta Vetro dorato: 79.39 Catacombe di Domitilla: 27.60 Moltiplicazione dei pani Maiestas Domini Cimitero dei Giordani: 25.6 Catacombe di Ciriaca: 27.83 Catacomba anonima di via Anapo: 25.2 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.8; 27.9; 27.10; 27.11; 27.12; 27.13; 79.13

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.81; 79.16; 79.33

Ex Vigna Chiaraviglio: 27.31 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 68.2 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 68.8; 86.1 Catacombe di Domitilla: 27.56; 27.72; 27.73; 85.20 Catacombe di Domitilla: 27.22; 27.23; 27.27; 79.30; 79.31 Mosè si slaccia i sandali Catacombe di Commodilla: 27.34; 27.35; 27.36 Catacombe di Ciriaca: 79.12 Miracolo della rupe Offerte di Abele e Caino Catacombe di S. Ermete: 79.2 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 85.5 Cimitero dei Giordani: 70.1; 79.6 Paolo (figura singola) Catacomba anonima di via Anapo: 25.4; 25.5 Catacombe di Pretestato: 27.16 Cimitero Maggiore: 27.4; 27.5 Pastore Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.15; 27.44; 27.45; 27.50; 27.78; 79.19; 79.21; 79.22

Catacombe di Generosa: 68.3

Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 79.4

Pietro – Santa Agnese – Paolo Vetro dorato: 79.41; 79.42; 79.43 244

Appendice 9 Pietro/Paolo (figura singola)

San Felice – Sant’Adautto – Santa Emerita

Confessio sotto la Basilica dei SS. Giovanni e Paolo (ambiente non cimiteriale): 27.41; 27.84

Catacombe di Commodilla: 104.1 San Lorenzo

Profezia/Paolo e Tecla Vetro dorato: 79.35 Catacombe di Domitilla: 27.71 San Luca (figura singola) Recupero delle ossa di Giuseppe Catacombe di Commodilla: 52.1 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 27.2 San Marcellino – San Pollione – San Pietro Resurrezione di Lazzaro Cimitero di Ponziano: 27.40; 50.1 Catacombe di S. Ermete: 79.3 San Milix – croce gemmata – San Pumenio Cimitero dei Giordani: 27.43 Cimitero di Ponziano: 27.59 Catacomba anonima di via Anapo: 25.3 Sansone che lancia le volpi nei campi dei Filistei Catacombe di Priscilla: 85.7 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 85.3 Cimitero Maggiore: 79.55 San Sisto Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.26; 27.62; 27.64; 27.67; 66.1; 79.14; 79.15; 79.20; 79.51

Vetro dorato: 79.38

Catacombe di Pretestato: 68.10

San Timoteo

Catacombe di S. Callisto: 79.28

Vetro dorato: 79.37

Catacombe di Domitilla: 27.19 (mosaico); 27.28; 27.57; 27.58; 27.66; 27.74; 27.75

Santo (generico) Catacombe di Domitilla: 27.25; 27.47; 27.48; 79.50

Sacrificio di Isacco Catacombe di Commodilla: 27.38 Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.6 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 79.5; 86.2 Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: 27.32 Catacombe di S. Callisto: 32.1 Catacombe di S. Tecla: 27.77 Santo (taumaturgo) Samaritana al pozzo Catacombe di Commodilla: 79.27 Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 27.54 Santa Agnese orante Cappella cristiana sotto l’Ospedale S. Giovanni Addolorata (ambiente non cimiteriale): 79.52

Vetro dorato: 79.58

San Cipriano

Scena di mestiere

Vetro dorato: 79.36

Vetro dorato: 84.1; 87.1; 88.1

San Felice (figura singola)

Scena non definibile

Catacombe di Commodilla: 27.33

Catacombe dei SS. Pietro e Marcellino: 27.65 Vetro dorato: 79.48

245

Le c.d. gammadiae nelle catacombe cristiane di Roma Soldati che si giocano la veste di Cristo Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 69.1 Ter Negabis Catacombe di Commodilla: 79.26 Tobia e angelo Cimitero dei Giordani: 68.7 Traditio Clavium Catacombe di Commodilla: 36.1; 37.1; 41.1; 53.1; 65.1 Traditio Legis Lastra incisa: 43.1 Unzione Cappella cristiana sotto l’Ospedale S. Giovanni Addolorata (ambiente non cimiteriale): 79.59; 79.60 Visione di Bethel Catacombe dei SS. Marco, Marcelliano e Damaso: 27.53 Visione di Mambre Ipogeo anonimo di via Dino Compagni: 85.6

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