Le beatitudini. I. Il problema letterario. II. La buona novella [Vol. 1]

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Le beatitudini. I. Il problema letterario. II. La buona novella [Vol. 1]

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JACQUES DUPONT

I

LE BEATITUDINI IL PROBLEMA LETTERARIO LA BUONA NOVELLA

EDIZIONI PAOLINE

Titolo originale dell'opera:

Les Béotitudes.

I. Le problrme littéraire. Lcs deux versions du Sermon sur la montagne et des Béatitudes.

Tome

Tome Il. () by ].

La bonne nouvelle. Gabalda et c•• Editeurs, Parigi, 2' ed. 1969

Versione integrale dal francese di

G.

GANDOLFI e

prima edizione secondo edizione terza edizione quarta edizione

A.

GruANDA,

1972 1973 1976 1979

Imprimatur, Tusculi, die 12- Xl· 1971 l.EoNELLUS RAZZA, Vie. Gen.

C)

by EDIZIONI PAOLINE, ROMA 1979

PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA

L'opera del P. ]acques Dupont osb sulle Beatitudini è apparsa in tre volumi, nell'edizione originale francese: l. Les Béatitudes. Le problème !ittéraire Il. Les Béa­ titudes. La bonne nouvelle - III. Les Béatitudes. Les Évangelistes . . I tre volumi sono un'ampia e approfondita rielabora­ zione di un'opera sullo stesso arg�mento, pubblicata dal· l'autore nel 1 954. Per ragioni di praticità e di economia si è creduto op­ portuno presentare al lettore italiano riuniti insieme i primi due volumi dell'opera originale, i quali co"ispon­ dono alle due parti del presente volume: -

- Parte Prima: Il problema letterario - Parte Seconda: La buona novella. Il terzo volume Gli . evangelisti è stato pubbli­ cato a parte e inserito al n. 1 4 della presente collana « La parola di Dio ». L'EDITORE -

-

Prefazione dell'autore all'edizione italiana

Nel 1954 abbiamo pubblicato un'opera sulle beati­ tudini. Ben presto re ne rese necerraria una seconda edizione; ma non abbiamo potuto deciderci a preparar/a senza intraprendere un esame più approfondito dei te­ sti. Lo studio originario si è così sviluppato in un'opera che c.omprende ben tre volumi, nella lingua originale. L'edizione italiana raccoglie qui insieme i primi due. Il terzo è pubblicato a parte. Le beatitudini di Gesù sono riportate da Matteo e da Luca in due forme notevolmente diverse; inoltre, esse costituiscono l'esordio di un discorro - il Discorro del­ la montagna - giunto a noi in due versioni molto differenti. Queste divergenze sollevano il problema let­ terario, al quale è dedicato il primo volume della nostra opera. Imporribile procedere su questo terreno senza minuziose analisi; impossibile anche, per lo più, rag­ giungere in questo campo conclusioni sicure, che oltre­ parrino il grado della probabilità o della verosimiglian­ za. È stata precisamente la coscienza della fragilità delle nostre analisi letterarie che ci ha indotto, soprattutto, a rimettere in cantiere la nostra primitiva pubblicazione, e non ci nascondiamo che diversi punti di questo primo volume (edito nel 19 58) meriterebbero una ulteriore discussione. Pensiamo tuttavia che si possa trovare in

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LE BEATITUDINI

esso un utile esempio sull'uso dei metodi della crrttca letteraria, indispensabile nello studio scientifico del van­ gelo. Per il lettore un po' allergico al carattere tecnico di questo primo volume, aggiungiamo che non vi sa­ rebbe grave inconveniente ad affrontare direttamente la lettura del secondo volume. Il secondo volume presenta il messaggio dottrinale delle beatitudini, cercando di farne risaltare la portata anzitutto a livello della predicazione di Gesù. Lo studio si limita alle quattro beatitudini comuni alle due ver­ sioni evangeliche e distingue nettamente le prime tre dall'ultima, la beatitudine dei perseguitati, che solleva problemi tutti propri. Partendo dall'ipotesi che le pri­ me tre beatitudini siano state ·effettivamente pronuncia­ te da Gesù, l'interpretazione di questi detti verifica tale ipotesi, mostrando che essa permette di riconoscere nelle beatitudini dei poveri, degli afflitti e degli affamati, l'espressione vigorosa del messaggio centrale di Gesù: la Buona Novella dell'avvento del Regno di Dio e, al tempo stesso, l'affermazione della predilezio �e divina verso tutti i diseredati di questo mondo. Proprio a loro favore Dio -intende esercitare le sue regali prerogative. L'ultima beatitudine si colloca in una prospettiva ana­ loga, ma con uno spostamento di accento, che deriva dal­ la sua precisazione cristologica: coloro che soffrono a causa di Cristo non sono più i perseguitati in generale, ma i cristiani, nella situazione in cui si sono trovati aR.li inizi della Chiesa. Il messaggio delle beatitudini non si limita al loro significato originario, quale risulta dal quadro del mini­ stero di Gesù. Il terzo volume si propone di mostrare come gli evangelisti, Matteo e Luca, cercano di far ri­ saltare le implicazioni contenute nelle beatitudini in ordine alla vita concreta dei cristiani, per i quali la ·

' PREFAZIONE ALL EDIZIONE ITALIANA

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catechesi le ha riprese e precisate. Ci si consenta di esprimere qui la nostra riconoscenza a quanti hanno incoraggiato il nostro lavoro con l'ac­ coglienza che gli hanno riservato e con la raccomanda­ zione che ne hanno fatto nei loro corsi di lezioni o nelle loro recensioni. Tale riconoscenza si estende anche al­ l'editore e ai traduttori i quali, nonostante le difficoltà dell'impresa, hanno voluto rendere quest'opera più fa­ cilmente accessibile ai lettori di una terra, l'Italia, che ci è particolarmente cara. J.D.

OPERE DELLO STESSO AUTORE



Gnosis ».

La conruissance religieuse dans /es �pitres de saint

Pau/

\Univ. Cath. Lovaniensis, Diss. ad gradum magistri in Fac. Theol.,

ser. II, t. 40), Louvain-Paris, 1949; 2 ed., 1960.

Essais sur la Christologie de saint ]ean. ù Christ, PIUole, Lumi�e el Vie. La gioire du Christ, Bruges, 1951. :tùv Xpi.O""tQ. L'union avec le Christ suivant saint Pau/, l. « Avec le Christ » dam la vie future, Bruges-Louvain, 1952. L. Réconciliation dans la théologie de saint Pau/ (Analecta Lovaniensia

Biblica et Orientalia, ser. II, fase. 32), Louvain-Bruges, 1953. ùs Actes des Ap6tres, Traduction et notes. lntroduction de L. CER· FAUX ( La Sainte Bible... de Jérusalem). Paris, 1953, 3 ed., 1964. ù nom d'ap6tres: a-t-il été donné aux Douze par ]ésus, Bruges-Louvain,

1956. Mariage et

Divorce

dans l'�vangile

(Matthieu

I9,J-I2 et parallèles),

Bruges, 1959. ùs sources du Livre des Actes.

Tradotto

in inglese.

�tal de la question, Bruges, 1960.

Le Discours de Milet, testament pastoral de saint Pau/ ( Actes 20,18-36). (Lectio divina, 32), Paris, 1962. Traduzione italiana: Il testamento pastorale di S. Paolo, Edizioni Paoline, Milano, 1967. Studes sur /es Actes des Apotres (Lectio divina, 45). Paris, 1967. Tra­ ruzione italiana: Studi sugli Atti degli Apostoli, Edizioni Paoline,

Roma, 2 ed .. 197}.

ùs Tentations de ]ésus au désert (Srudia Neotestamentica, Studia, 4), Bruges, 1968. Traduzione ita li an a : Le tentazioni di Gesù, Paideia,

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LE BEATITUDINI

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gen 1922.

ABBREVIAZIONI E SIGLE

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Ancient Neor Eost�n Texts reloting lo the Ed. by ]. B. PRITCHARD, Princeton, 1950

Asst:mblées du Seigneur

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Biblico Biblische Zeitschrilt Dictionnaire de la Bible, Supp/ément Expository Times Ephemerides Theologicae Lovanienus Evangelische Theologie Harvard Theological Review ]ournal o/ Biblica/ Litm1ture ]ournal o/ Theological Studies Lexileon /ur Theologie und Kirche Nouve//e Revue Théologique Novum Testamenlum New Tntament Studin Real/exileon /ur Antilee und Christentum Revue Biblique Die Religion in Geschichte und Gegenwart Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuus Revue de QumrJn Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques Recherches de Science Re/igieuse Revue de Théologie et de Philosophie Studia Theo/ogica T heo/ogische Literaturzeitunc Theo/ogiclli Studies Theologisches Worterhuch zum Neuen Testament (Traduzio· ne italiana in corso: Grande Lessico del Nuovo Testa· mento, Paideia, Brescia 1965 e ss). Theologische Zeitschrilt V erbum Domini Zeitschrilt lur dit alttesttJmentliche Wissenschaft Zeitschri/t lur dit neutestamentlicbt Wissenschll/1 Zeitschri/1 fur T heologie und Kirche

PARTE PRIMA

IL PROBLEMA LETTERARIO

le due versioni del discorso della montagna e delle beatitudini

INTRODUZIONE

Il problema

I vangeli di Matteo e di Luca pongono, agli inizi del · ministero pubblico di Gesù, un grande discorso il cui avvio è formato da un elenco di beatitudini : nove in Matteo, quattro in Luca (dove hanno una forma diver­ sa, generalmente più breve, e sono rinforzate da quattro maledizioni corrispondenti). Il discorso stesso, pronun­ ciato sulla montagna secondo Matteo e nella pianur$ secondo Luca, si presenta in due recensioni, le cui so­ miglianze inducono a pensare che si tratti di uno stesso discorso 1 , ma le cui divergenze, numerose e profonde, pongono necessariamente il problema di sapere che cosa questo discorso sia stato all'origine e quali siano state le condizioni della sua trasmissione. l Le circostanze del discorso sono le stesse, purché si tenga conto dei ritocchi redazionali apportati dai due evangelisti. Mat­ teo introduce il discorso con il sommario di 4,23-25, che riunisce i tratti caratteristici di molti sommari di Marco: 1,28.32-34.39; 3,7-12. Sembra trasferire a più tardi gli epi sodi raccontati da Marco (1,21-3,19), e si accontenta di conservare le indicazioni aenerali. La sua intenzione è evidente: vuole anticipare il più possibile il grande discorso inaugurale, programma d'insieme della predicazione di Gesù. Luca non ha questa preoccupazione, avendo già dato, nella predicazione di Nazareth (4,16-30), un primo saggio della predicazione evangelica. Segue abbastanza da vicino l'ordine

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LE BEATITUDINI

Davanti a un problema di tal genere, gli esegeti cre­ denti hanno spesso assunto un atteggiamento puramente apologetico. L'ideale sarebbe stato di trovare, nei van­ geli, parola per parola, la predicazione di Gesù. Si pro­ vava un certo imbarazzo , a volte rurbamento e quasi scandalo, al vedere gli evangelisti riportare con delle vadi Marco, ma, proprio prima del discorso, inverte le due pericopi destinate ad introdurlo: Le 6,12-16 e 17-19 Mc 3,13-19 e 7-12. Trasmesso in un quadro che, con le riserve indicate, è identico, il discorso possiede, nelle due forme evangeliche, una serie di tratti comuni che obbligano a riconoscere che si tratta di uno stesso discorso. La dimostrazione si trova in qualunque commentario: inutile insistere su un punto che in pratica è universalmente am­ messo. Non vogliamo tuttavia ignorare un 'ipotesi secondo la quale il discorso, come si trova in Matteo, risulterebbe dalla fusione di due fonti distinte : una, che Matteo ha in comune con Luca; l'altra, che gli è propria. f: la spiegazione di Streeter che, sotto forme diverse, ritorna sovente presso gli autori anglosassoni; si può trovare una ricostruzione abbastanza simile in: E. HrRSCH, =

Friihgeschichte des Evangeliums, Il. Buch. Die Vorlagen des Lukas und das Sondergut des Matthiius, Tubinga 1941, pp. 77-BB. t troppo presto per discutere queste congetture: ne riparleremo

quando saremo in possesso dei dati che permettano di valutarie. Si può, invece, lasciar cadere la tesi di ]. STAUDINGER, Die Berg­ predigf, Vienna 1957. Questo autore ritiene che si tratti realmen­ te di un unico discorso (pronunciato il 28 maggio su una collina alta 250 metri e situata nei pressi di Cafarnao); ma i dati forniti da Matteo e da Luca sarebbero distinti e dovrebbero essere addi­ zionati. Gesù inizia il suo discorso rivolgendosi alla folla radunata intorno a lui: per essa pronuncia- le prime otto beatitudini di Matteo (5,3-10); poi si volta verso i discepoli e applica a loro in particolare quanto ha appena detto, pronunciando per loro le quattro beatitudini di Luca (6,20-23: l'ultima coincide con quella di Mt 5,11-12). Non si hanno dunque quattro o otto beatitudini, ma dodici; ad esse bisogna aggiungere le quattro maledizioni, che Gesù lancia in seguito contro i suoi nemici (Le 6,24-26). Ritor­ nando poi ai discepoli, Gesù rivolge loro le parole di Mt 5,13-16. Quindi torna di nuovo verso la folla (Le 6,27) per chiarire la sua posizione nei confronti della Legge (Mt 5,17-20), ecc. L'autore dà prova di fervida immaginazione, ma i suoi metodi non hanno evidentemente nulla a che vedere con quelli di una sana esegesi, e l'idea che egli si fa dei testi non tiene conto alcuno del loro genere letterario. Non perdiamo tempo inutilmente.

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rianti una ben precisa parola di Gesù (come le parole che egli pronunciò sul pane e sul vino durante l'ultima cena ) 2 , o un medesimo testo ( come quello del titolo posto sulla croce ) 3• Ci si sforzava di attenuare le diver­ genze e di armonizzare, a qualunque costo, i dati evan­ gelici. Si è finito col rendersi conto che questo modo di affrontare i problemi falsa la prospettiva. Il problema sollevato dalle divergenze fra le redazioni evangeliche è letterario prima che storico 4• Prima di chiedersi che cosa Gesù ha detto o fatto, bisogna rendersi conto delle condizioni nelle quali le sue parole o le sue azioni sono state trasmesse dalla tradizione primitiva e successiva­ mente rédatte dagli evangelisti. Il genere letterario di una pagina del vangelo non è quello di un incartamento processuale. Matteo, Marco e Luca non hanno l'ambi­ zione di conservare per i posteri il resoconto stenografi­ co dei discorsi di Gesù né una relazione ufficiale sui suoi singoli spostamenti. Un « evangelista )), come in­ dica il termine, si propone di annunciare la buona no­ V'ella: sia che parli sia che scriva, egli è sempre un predicatore. Questa predicazione, che si pone nel prolungamento immediato di una tradizione ancora viva, rimane impre­ gnata di ricordi raccolti dai testimoni oculari : però, rie­ vocandoli, non si propone di fare semplicemente della storia; c'è la preoccupaz!one di mettere in evidenza 2 Cfr. Mc 14,22-24; Mt 26,26-28; Le 22,19 -20; lCor 1 1 ,23-25 3 Cfr. Mc 15,26; Mt 27,37; Le 23,38; Gv 19,19. ' Cfr. l'osservazione fatta da L. CERFAUX a proposito di una divergenza fra Marco e Matteo: La mission de Galilée dans la tradition synoptique in ETL 27 ( 1 951), 369-389; 28 (1952). 629-647 (cfr. 642) ; questo articolo è riportato in Recueil Lucien

Cerfaux. Études d'Exégèse et d'Histoire religieuse t. l, Gem­ bloux 1954, pp. 425-469 (cfr. 463).

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LE -BEATITUDINI

allo stesso tempo le incidenze che gli atti e le parole di Gesù hanno nella vita dei cristiani ai quali ci si rivolge. Ciò di cui si parla non appartiene unicamente a un pas­ sato ormai definitivamente chiuso : ciò che Gesù ha detto e fatto rimane « attuale �>, ricco di insegnamenti per la vita quotidiana 5 . 5 Un prolungamento dello stesso atteggiamento lo ritroviamo -ttresso Papia, il quale, all'inizio del secolo II, si interessa più dei ricordi di coloro che hanno udito i testimoni oculari, che di ciò che si trova seri tto nei libri : «Ciò che trovo nei libri non ha per me l'utilità che ha invece ciò che ricevo da una parola viva e per­ manente>> (fr. II,4). Molti cristiani sarebbero, oggi, di parere diverso e, se si trovassero al posto di Papia, darebbero la loro preferenza al testo ispirato piuttosto che a ricordi di seconda mano. Questo punto di vista non è falso, dato che l'ispirazione dà ai testi un'autorità senza pari. Esso è tuttavia unilaterale, e, condannando l'atteggiamento di Papia, rischieremmo di perdere uno dei tratti essenziali del cristial'!esimo. Un esempio chiarirà il nostro pensiero: il medioevo ha preso vivamente coscienza della presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche. Questa presa di coscienza non ha però condotto, come ci si sarebbe potuti atten­ dere, ad una pratica più frequente della comunione. Ci si è fer­ mati al culto dell'ostia: cosa che si può capire, ma che non deve far dimenticare che il pane è consacrato per essere consumato. Certi modi unilaterali di sottolineare il dogma dell'ispirazione potrebbero avere inconvenienti analoghi: far dimenticare che la parola di Dio, come l'ostia, deve nutrire la vita cristiana. Si ve­ dano i ruoli rispettivi di Marco e di Paolo: Marco, che conosce bene le tradizioni di Gerusalemme, apporta un complemento in­ dispensabile alla predicazione di Paolo; il suo ministero resta però subalterno: guello di un ÌntTJPhTJ si pone anzitu tto per il fatto che uno stesso autore ricorre a diversi stili e a diversi tipi di esposizione: si pensi, per esempio, alle enormi differenze fra il trattato del Crisostomo sul sacerdozio e le sue omelie su Matteo; o fra il « Contra Eunomium >> di Gregorio di Nissa e il suo commento al Cantico. Ci sono, da una parte, i diversi livelli dei complessi terminologici con le immagini e i simboli che sono loro uniti; dall'altra parte, i diversi gradi di comples­ sità e di oscurità dogmatiche, i diversi livelli di tensione fra ciò che si è chiamato > e « simbolo >>. Dopo l'Estetica di Benedetto Croce ( 1902) e il suo attacco contro la forma, intesa in senso oratorio, i critici provano un certo imbarazzo quando si vedono costretti a ricorrere a espressioni come >. Certo : queste espres­ sioni devono essere evitate se si intendono nel senso che ogni manifestazione o forma simbolica particolare dev'essere costruita seguendo un sistema di regole definite e coscienti. Ma, almeno nel campo patristico, può essere utile parlare di « forma » in quanto essa comporta un rif11rimento alla siruazione partico­ lare delle condizioni e delle limitazioni concrete ( limitazioni dovute alla tradizione o all'ambiente locale) che concorrono all 'elaborazione del simbolo esterno; esse fanno parte della re· !.azione semantica che esiste fra colui che comunica e colui che interpreta. Queste nozioni sono applicabili anche al Nuovo Testamento: qui, come altrove, la parola scritta è fondamental­ mente ambigua se perde il contatto con la vita e con il con· creta. Tutte queste spiegazioni conducono Musurillo a dare una definizione precisa del suo concetto di « forma » : « This, then, is the meaning I wish to give to "form" in the present discussion: it is th.e result of the entire, particular set of con·

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·

Riconosciamo volentieri quindi che, per noi, non vi è distinzione adeguata tra > . L'unica differenza è che una « forma » indica un mezzo di espressione concreto, una formula di stile crete eire\ mstances and conditions which helped to shape the presentation of the literary work or symbol » . Cosciente del­ l'originalità della propria terminologia, aggiunge subito: « In questo modo, essa non designa un genere letterario nel vecchio senso della parola, e neppure si riferisce alla Form tedesca, così come essa è intesa dalla vecchia scuola della Formgescbicbte ». Quando l'autore distingue così la sua concezione dalla « vec­ chia » nozione di genere letterario e dalla nozione di ' > nozioni sono separate fra loro da un abisso tale che la nozione di genere letterario, per quanto sia vecchia an­ ch'essa, non corre alcun rischio di cadere neii'Entmytbologisie­ rung? Le dotte e profonde spiegazioni, che abbiamo riassunte, non sono riuscite a chiarire completamente il pensiero del nostro censore.

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o meno fissata dall'uso , mentre un « genere lette­ rario )> è caratterizzato da un certo numero di questi mezzi di espressione. Su questo problema di vocabola­ rio, ci troviamo d'accordo con gli autori tedeschi ai quali ci si rimanda 24• Ci avverte comunque il nostro critico che « molti autori cattolici )> usano lo stesso linguaggio. È così del resto che si esprime anche Pio XII neli'en­ ciclica Divino affiante Spiritu, quando si rallegra del fatto che « negli ultimi decenni l'indagine, condotta con maggior cura e diligenza, ha messo in più chiara luce quali fossero in quelle antiche età le forme del dire ado­ perate sia nelle composizioni poetiche, sia nel dettare leggi o le norme di vita, sia infine nel raccontare i fatti della storia )> 25• Un genere letterario non si definisce piU

2•4 L'uso tecnico della parola « forma » sembra derivare dal titolo dell'opera di E. NoRDEN, Agnostos Theos. Untersuchungen zur Formengeschichte religioser Rede, Lipsia 1913. Il termine ri· torna nel titolo del libro-programma di -M. DIBELIUS, Die Fonn· geschichte des Evangeliums, Tubinga 1919 (2 ed. 1933 ) . Norden usa il termine Form nel senso di : formula c ne caratterizza un ceno modo di parlare o di scrivere; vi è una connessione stretta tra Form e Stil. Dibelius fa dello studio delle « forme » l'og­ getto della (Die Ge· schichte der synoptischen Tradition, 2 ed., Gottingen 193 1 , p. 4 ) . La > . � durante questo tempo, almeno, che il lavoro è stato compiuto per i testi del Nuovo Testamento; l'esegesi veterotestamentaria aveva a'">erto la strada già nel periodo anteriore alla prima guerra mondiale (cfr. i la­ vori di H. Gunkd sui salmi ) . 28 Cfr. i l § 559 dell'enciclica. '

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di voler togliere la pagliuzza che è nell'occhio del vicino, non significa che egli consideri materialmente possibile che una trave stia nell'occhio di un uomo. Ugualmente: quando, nelle sue descrizioni escatologiche, Gesù ricor­ re a « clichés » apocalittic� non bisogna prendere mate­ rialmente alla lettera tutti i particolari del quadro che egli traccia 29 • Concediamo a Musurillo che, interpre­ tando cosl le cose, ci mettiamo sulla china pericolosa del­ l'Entmythologisierung. Da ciò concludiamo semplice­ mente che una certa « demitizzazione » è il frutto nor­ male del metodo delle forme o dei generi letterari. Ma ogni forma di « demitizzazione » è forse necessariamen­ te illegittima? Né si vede perché il fatto di essersi messi su questa via debba fatalmente condurre a posizioni che eliminano dai testi ogni forma di soprannaturale. Gli eccessi di alcuni fautori della Formgeschichte superano i limiti del loro metodo : ciò non è però un motivo sufficiente per deprezzare il metodo stesso 30• 29 Si possono trovare molte osservazioni utili sul genere apo­ calittico nel capitolo che Rigaux ha consacrato alla parusia (Saint Pau!. Épitres aux Thessaloniciens, Parigi-Gembloux 1956, pp. 195-280) . 30 « Demitizzazione >> . Pensiamo che occorra evitare questa espressione; essa evoca troppo facilmente l'idea di Bultmann circa I' Entmythologisierung del Nu·ovo Testamento. Il nostro di­ saccordo con Bultmann non riguarda tanto la sua definizione di « forma ::o, quanto piuttosto la sua concezione del > . La determina�ione delle « forme », che rientrano nei diversi generi letterari, è una questione di filologia; altrettanto si dica delle osservazioni che si possono fare suiJ'evoluzione delle forme e dei generi, che procede di pari passo con l'evoluzione dell'ambiente umano in cui sono usati. Su questo piano puramente tecnico, non c'è disaccordo fondamentale. Certo: si può rimproverare ai primi protagonisti della formgeschichtliche Schule di 'avere, al­ cune volte, stabilito le loro classificazioni dei tipi letterari, ba­ sandosi su categorie preconcette ; si deve ugualmente rimprove­ rare loro di minimizzare indebitamente la personalità letteraria degli evangelis ti, che sono ridotti a semplici compilatori. Ma

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lamentela di Musurillo mira forse ad altro. Il metodo della storia delle forme non si caratterizza solo per la sua cura di stabilire una classificazione dei diffeLa

'questa critica riguarda un abuso del metodo, non il metodo stesso. Si è falsato il metodo, usandolo sotto l'influsso dei pre· giudizi di una sociologia (Wundt, Durkheim) oggi sorpassata: il gruppo sociale creerebbe le tradizioni e le forme letterarie di cui ha bisogno la comunità. Si è fatto, della comunità primitiva, uno schermo, un muro, che ci separerebbe irrimediabilmente da Gesù. Una filosofia più sana pone, invece, l'accento sul ruolo essenzialmen te conservatore della collettività nei riguardi delle tradizioni che si riferiscono alle sue origini. Impiegato in una prospettiva più realistica, il metodo della storia delle forme non porta più, dunque, a separare i vangeli da Gesù; fornisce, al contrario, il mezzo per poter risalire, attraverso la tradizione, lino a Gesù stesso. Si commetterebbe un errore se si volesse rifiutare uno strumento di lavoro cosl utile, per il solo fatto che alcuni se ne sono serviti male. Rimane la questione del· l'Entmythologisierung. Bultmann naturalmente spiega che cosa intende con questo termine, partendo dal suo concetto di « mito». Ecco le sue parole: « lo uso il concetto di mito nel senso in cui è abitualmente inteso nelle scienze storiche e reli­ giose. Il mito è il racconto di un avvenimento o di un evento._. nel quale intervengono forze o persone soprannaturali, sovru­ mane (questo racconto, quindi, è spesso definito come una storia di dèi). Il pensiero mitico è l'opposto del pensiero scien­ tifico : esso attribuisce certi fenomeni e certi avvenimenti a po­ tenze soprannaturali, "divine" . Il pensiero scientifico, invece, � in germe in ogni _ riflessione che suppone un mondo chiuso e un circolo di cause e di effetti; esso non è, in fondo, çQe la cor.�clusione radicale di questa riflessione; esso implica che il mondo sia unificato e che tutto ciò che succede vi succeda secondo leggi... » (Zum Problem der Entmythologisierung in Kerygma und Mythos, vol. II: Diskussionen und Stimmen %Um Problem der Entmythologisierung, a cura di H. W. BARTSCH, Arnburgo-Volksdorf 1952, p. 1 80. Cfr. O. LAFFOUCRIÈRE, in R. BuLTMANN, L'interprétation du Nouveau Testament, Parigi 1955, pp. 184s. Per un'esposizione globale del pensiero di Bult­ mann su questo problema; cfr. ·R. MARLÉ, Bultmann et l'in­ terprétation du Nouveau Testament, Parigi 1956, pp. 41-7 1 ) . Il problema è male impostato fi n dall'inizio. S i mutua il concetto di « mito» dalla storia delle religioni ; ma è applicabile, questa categoria, al caso di una rivelazione soprannaturale oggettiva, quale è, per dei credenti, appunto la Bibbia? Non senza sorti· ·

..

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LE BEATITUDINI

renii modi di esprimersi che si trovano nel vangelo, ma assai più per la ricerca dei princìpi secondo cui questi modi di esprimersi si evolvono. Un genere o una forma letteraria non è una realtà immutabile. Manifesta­ zioni della vita sociale di un gruppo umano, i modi di parlare si trasformano a poco a poco , come il gruppo stesso. Li si vedono nascere, svilupparsi, degenerare,· scomparire, lasciarsi assorbire da altre forme letterarie 31 • Nel caso del materiale evangelico, si cerca di precisare le leggi che hanno presieduto alla trasmissione sia delle gliezze, Bultmann riesce a evitare di cadere nel razionalismo classico; ma è proprio da questo razionalismo che e�li mutua un presupposto che lo conduce a eliminare, dal Nuovo Testa· mento, il soprannaturale autentico ( insieme con certe forme di pensiero che sono effettivamente contingenti). Non c'è alcuna difficoltà a riconoscere che gli autori biblici hanno una conce­ zione del mondo che non è mai quella della scienza moderna. La cosmologia biblica non è una cosmologia rivelata (nel senso in cui lo si credeva ai tempi di Galileo ) ; essa fa parte del rive­ stimento umano della rivelazione soprannaturale. Il messaggio della Bibbia non è perciò necessariamente legato a questa co­ smologia; una certa distinzione si impone. Quando si descrive Dio, che siede sul suo trono collocato in un punto materiale dell'universo, altissimo sopra la nostra terra, si tratta evidente­ mente solo di un'immagine: non è affatto necessario che Dio « discenda >> per intervenire nel nostro mondo. Ciò non significa che egli non intervenga, quasi a.rrivando da un altro mondo. Né significa che il « campo » soprannaturale sia « mitico ». Se si vuole parlare di « demitizzazione » in senso accettab ile, occor­ re definire il « mito » in modo diverso da come fa Bultmann. Ma il pericolo di equivoco è troppo grande, ed è quindi meglio evitare questo vocabolario. La fede cattolica non ci impedisce affatto di riconoscere che, nella Bibbia, ci sono forme di pen­ siero e di espressione che sono immaginifiche e che hanno un valore relativo; se Musurillo chiama tutto ciò Entmythologi­ sierung, tale « demitizzazione » non è affatto illegittima; ma se egli intende il termine nel senso usato da Bultmann, non ve­ diamo come possa temere che il nostro metodo porti alla « de­ mitizzazione ». 3 1 Cfr. A. RoBERT, Littéraires (genres) in DBS, 5 (l!J57) pp. 405-42 1 (specialmente 408).

INTRODUZIONE

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parole del Signore, sia dei racconti riguardanti la sua attività, fino alla loro fissazione definitiva nei vangeli canonici. Il campo di indagine, al quale ci limitiamo, è troppo ristretto per permettere di farci un'idea com­ pleta della storia della tradizione. Abbiamo, però, già indicato uno dei tratti più chiari dello sviluppo : la preoccupazione che ha la Chiesa primitiva di · conser­ vare alle parole di Gesù il loro carattere di norma per la vita, e, di conseguenza, la tendenza a sottolineare le incidenze concrete che esse conservano per i cristiani nelle situazioni diverse ormai da quelle del ministero pubblico di Gesù. Si produce, così , un certo adattamento a condizioni nuove 32 • Questo adattamento non va sta­ bilito in base a prindpi aprioristici : sono i testi stessi, con le loro divergenze nella trasmissione delle parole del Signore, che lo impongono alla nostra attenzione. Non si vede quale nozione di « forma » o di « genere l2 « La Chiesa non è una conservatrice di musei : è un am· biente vivo che esprime in una certa forma il contenuto degli « archivi ,. che le sono affidati... Per le parole del Sienore, è più delicato precisare il ruolo giocato dalla Chiesa nella loro tra­ smissione. Non si devono sottrarre al rabbi di Galilea le sen­ tenze di cui gli abbiamo già riconosciuto la paternità; ma resta un fatto: alcune volJe la paternità di queste parole non gli può essere attribuita senza precisazioni. È il caso delle sentenze che ci sono pervenute sotto due forme leggermente diverse, e tutte e due dovute allo stile orale: a quale dare la priorità? quale fu realmente pronunciata da Gesù? Come ha detto Gesù : "beati voi, che siete poveri " o " beati i poveri in spirito " ? Tocca a i critici decidere (per quanto è possibile! ) . I l lettore or· dinario difficilmente sarà in grado di scegliere; potrà però am· mettere facilmente il ruolo attivo della comunità nella forma· zione letteraria progressiva della tradizione. . . La preoccupazione principale degli apostoli non era quella di redigere una biografia, ma di cogliere le affinità di situazioni nella loro vita e in quella del Maestro. La garanzia di storicità non viene principalmente dalla forma del racconto, ma dal quadro generale della tradi­ zione evangelica . . . » (X. LÉON·DUFOUR nella nuova edizione di ]. HuBY, L'Évangile et les évangiles, Parigi 1954, pp. 58-72 ) .

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LE BEATITUDINI

letterario )) potrebbe permettere di sfuggire a queste os­ &ervazioni. Pio XII fa, dello studio dei generi e delle forme let­ terarie, il compito primario che incombe agli esegeti cattolici di oggi 33• Se Musurillo non è d'accordo con D Non crediamo di sopravvalutare l'importanza che l'encicli­ ca attribuisce a questo studio. Ecco , comunque, lo schema di questo documento perché ci se ne possa render conto. Oltre alla prefazione (538) e alla perorazione finale (569), la lettera si compone di due grandi parti. La prima traccia un bilancio di quanto è stato fatto negli ultimi cinquant'anni in campo scrit­ turistico (539-545) ; la seconda abbozza un programma del lavoro esegetico come dovrebbe essere fatto oggi (546-568 ) . Il lavoro dev'essere condotto sui testi originali : di qui l'importanza della conoscenza delle lingue (547) e la necessità della critica te­ stuale (548 ) ; non ci si può accontentare del testo della Vol­ gata (549). Si richiamano poi · i principi generali dell'ermeneu­ tica: importanza primordiale del senso letterale (550-55 1 ) , senza escludere un senso spirituale, che, basato sul senso letterale, lo. inserisce nel quad,ro generale della rivelazione (552-553 ) ; l'ese­ geta deve conoscere le spiegazioni date dai suoi predecessori : Padri della Chiesa ed esegeti moderni (554). Si giunge cosl alle pagine che definiscono, in modo più preciso, i compiti parti­ colari· che incombono all'esegeta di oggi ( 555-56 1 ) : questa con­ segna, affidata agli esegeti, appare come il cubnine del docu­ mento. Si insiste sulla necessità di determinare le formae dicendi dei testi biblici : lavoro indispensabile per cogliere la loro vera portata (è qui che il termine forma .o formae è ripetuto cinque volte, con l'evidente intenzione .di richiamare alla mente degli esegeti qualcosa di ben preciso: il termine è preso in un senso che equivale praticamente a quello di genus litterarium, espres­ sione che si incontra tre volte: perquirat quid dicendi forma seu ·

litterarium genus, ah hagiographo adhihitum, ad veram et ge­ nuinam confera/ interpretationem: 560). L'esposizione sui com­

pi ti attuali dell'esegesi termina con dei rilievi sulle difficoltà esi­ stenti e alle quali occorre trovase delle soluzioni positive (562565). Si danno poi alcuni cons�gli sull'uso della Scrittura per l'istruzione dei fedeli (566-568 ) . Non sembra si forzi il senso dell'enciclica se si afferqJa che essa assegna agli esegeti il com­ pito di esaminare i modi particolari di esprimersi e di scrivere, ai quali hanno fatto ricorso gli scrittori sacri, e che essa fa di questo lavoro il dovere più urgente per l'esegesi attuale. È chiaso che un programma di questa vastità non è realizzabile

INTRODUZIDNE

questo programma 34, ci permetta almeno di condurre le nostre ricerche nel senso che ci è richiesto 35 • 2. J. Staudinger ha scritto recentemente un commen­ to al discorso della montagna 36• Ogni tentativo di ana­ lisi è scartato senza pietà : nessun compromesso con il « campo razionalista » 37• Soprattutto: non si tocchi sa­ crilegamente il testo di Matteo. Sarebbe attentare al in un istante né da una sola persona. Il nostro studio concen­ trerà la sua attenzione sui procedimenti di composizione degli evangelisti e sulle possibilità che ci offrono di scoprire meglio la ricchezza teologica dei testi. Ci sembra che questo sia uno dei lavori che la Chiesa si attende dai suoi esegeti. 34 Cfr. sopra, nota 17. 35 Musurillo è rimasto male impressionato dall'interesse che mostriamo per la magistrale dissertazione di Descamps, per la quale, evidentemente, egli non prova alcuna simpatia. Ma perché supporre e lasciare intendere che il nostro atteggiamento non è che servilità nei confronti di un antico professore? M. Des. camps ha pubblicato la sua tesi nel 1950; la nO'IUB è del 1949. Siamo stati condiscepoli alla scuola di Cerfaux, un maestro in ­ contestato dell'esegesi cattolica contemporanea: vi abbiamo ap­ preso ben altro che l'accettazione compiacente delle tesi del nostro professore. Cerfaux sapeva ascoltare le obiezioni dei suoi alunni, e ne teneva conto con l'umile attenzione di un vero sapiente. Se amiamo riferirei all'opera di Descamps, è perché la consideriamo un buon lavoro; la qual cosa non ci impedisce di distanziarci da alcune sue conclusioni che ci paiono insuffi­ cientemente fondate-: magis amica veritas. La buona intesa fra esegeti può benissimo andar d'accordo con simili contestazioni. Si parla a volte di una > (p. 252. La medesima espressione bellicosa si trova già nelle prime righe dell'opera, p. 1 ) .

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LE BEATITUDINI

dogma dell'ispirazione che garantisce la sua autenticità. L'autore esprime il suo pensiero con estrema chiarezza : « L'ispirazione riposa unicamente sul testo primitivo aramaico. Se la traduzione greca se ne fosse staccata, perderebbe per ciò stesso il suo valore autentico. Tale conseguenza sarebbe ancora aggravata se si ammettesse, come fa Vaganay, che il Matteo greco non è stato uti­ lizzato come modello da Luca. S.e cosl fosse, la ratifica susseguente da parte di un autore ispirato scomparireb­ be , la traduzione greca perderebbe ogni legame con l'ispirazione e sarebbe l'opera puramente privata di un autore sconosciuto. In quest'ipotesi inoltre, bisognerebbe dar torto �dia Chiesa che, fin dalle origini, ha ricono­ sciuto come autentica questa traduzione . Tutte conse­ guenze che si pongono fuori da una concezione catto­ lica » 38 • Si comprende allora come Staudinger, munito di si­ mili principi dogmatici, si senta in dovere di profes­ sare che « il Matteo greco riproduce il testo aramaico fin nelle ultime sfumature e nei punti più delicati del suo senso. Non Io si può separare dal suo modello. Tutti gli indizi in nostro possesso mostrano l'identità sostan­ ziale ( wesentliche ) dei due testi. A ciò aggiungiamo la 38 « Die Inspiration liegt nur auf dem aramiiischen Urtext. Wenn nun die griech. Obersetzung von ihm gelost wird, dann ist damit auch schon ihre authentische Geltung erschiittert. Dies verschaft sich noch, wenn man annimmt, dass der griech. Mt auch von Lk nicht als Vorlage benutzt wurde (So eben wieder Vaganay, Probl. Synopt. 281-3 1 1 ) . Damit fiillt die nachfolgende Bestatigung durch einen inspirierten Autor weg, verliert jene Obersetzung jede Verbindung mit der lnspiration iiberhaupt und wird zu einer blossen Privatarbeit eines unbekannten Autors. Damit wird aber auch die Kirche ins Unrecht gesetzt, die dieser Obersetzung von Anfang an authentische Geltung zuerkannte. Alle Konsequenzen , die bereits jenseits liegen .von katholischem Denken » (p. 315).

INTRODUZIONE

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tradizione della Chiesa, che professa dai tempi pm an­ tichi l'identità sostanziale di questi due testi, e che l'ha sanzionata nella decisione della Commissione Biblica del 1 9 gennaio 1 9 1 1 » 39• Fornito di queste armi, il nostro autore parte in guerra non solo contro il « campo razionalista », ma anche contro i suoi colleghi cattolici, che non sono esen­ ti da contaminazioni 40• Lagrange ha introdotto nel cam­ po cattolico il cavallo di Troia della critica letteraria: per primo, ha osato separare il Matteo greco da quello aramaico e dare la sua adesione alla teoria delle due fonti. Altri, in seguito, si sono fatti rimorchiare: Ba­ tiffol, Mangenot, Camerlynck, Sickenberger, Wikenhau­ ser, Vogels, Kilpatrick 41 , Benoit, Cerfaux, Jones, Va­ ganay, Dupont,. ai quali occorre aggiungere Cladder, Soiron, J. Schmid. Non. ci lamentiamo di vederci posti in ottima compa­ gnia 42• Ma ci preoccupiamo un po' per il presunto dog39 « Diesen Versuchen gegentiber ( i tentativi di dissociare il Matteo greco dal Matteo aramaico) konnten wir immer wieder feststellen, dass der griech. Mt den ursprtinglichen Wortlaut gibt bis in die feinsten Nuancen und Pointen des Sinnes hinab. Alle uns moglichen Proben weisen auf die wesentliche . ldentitiit der beiden Texte. Dazu - kommt die Oberlieferung der Kirche, die seit den iiltesten Zeiten an der wesentlichen Identitat der beiden festhalt und dies auch festlegte in der Entscheidung der Comm. Bibl. v. 19 Janner 1 9 1 1 >> (ibid. ; queste linee precedono imme­ diatamente quelle citate nella nota precedente) . 40 Ultime linee della pagina 3 1 4, con relativa nota; queste righe precedono immediatamente quelle che abbiamo appena ci­ tate e in cui l'autore imparte la sua lezione non ai rappresen, tanti del « campo razionalista >> all'esterno, ma all'insieme degli esegeti cattolici che non temono di adottare i metodi della critica letteraria. Occorre aggiungere la nota 5 della p. 253, unita, per mezzo di un rimando, a quella della p. 314. 41 Kilpatrick è erroneamente citato fra gli autori cattolici. 42 Non si può non rilevare il partito preso di escludere da questo albo d'oro gli esegeti della Compagnia di Gesù, a cui

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LE BEATITUDINI

ma, in nome del quale ci si condanna. La posiZIOne dell'autore si fonda interamente sull'affermazione che riserva il privilegio dell'ispirazione esclusivamente al te­ sto aramaico di Matteo. Il vangelo greco, come tale, non sarebbe ispirato : si potrebbe difendere solo il suo carattere « autentico » , nel senso, pare, in cui il Con­ cilio di Trento dichiara che è « autentica » la Volgata: non ispirata, ma consacrata dall'uso della Chiesa 43 • Non è nostro compito giudicare dell'ortodossia delle opinioni di Staudinger; crediamo tuttavia di poter af­ fermare che la dottrina, in nome della quale egli ci condanna, è formalmente eterodossa, e che essa è in contraddizione con l'insegnamento della Chiesa. Secondo i dottori cattolici e secondo le definizioni dei concili di Firenze, di Trento e del Vaticano I 44, bisogna ricevere appartiene l'autore. Levie si trova annoverato fra i « buoni », perché ha avuto il merito di attaccare il « cattivo » Vaganay ; di fatto, però, le opinioni di Levie sul vangelo greco non sono per nulla diverse da quelle di Wikenhauser, per esempio, o di Schmid. Le posizioni della « li terarkritische Schule » (p. 253) si trovano anche in Vosté; non deve suscitar meraviglia che Staudinger abbia preferito non citare il nome dell'antico segre­ tario della Commissione Biblica. 43 « Haec igitur praecellens Vulgatae auctoritas seu, ut aiunt, authentia non ob criticas praesertim rationes a Concilio (Triden­ tino) statuta est, sed ob illius potissimum legitimum in Ecclesiis usum, per tot saeculorum decursum habitum » (Divino affi. Sp., 549 ) . Questa « autenticità ,. della versione latina ufficiale è evi­ dentemente una cosa molto diversa dalla sua esattezza, che, come tutti sanno, non è senza difetti. Quando Staudinger vuole, a tutti i costi, mantenere l'« authentische Geltung » del Matteo greco, a cui rifiuta l'ispirazione, egli reclama in suo favore non solo l'autenticità « giuridica ,. che il papa riconosce alla Volgata, ma un'autenticità « critica », che implica un'esattezza fin nelle minime sfumature e nei particolari. È un modo di vedere molto diverso da quello che ci insegna il magistero ecclesiastico. 44 Cfr. Enchiridion Biblicum 77 (Vaticano) , che cita 57 (Tren­ to), derivato da 47 (Firenze). ,

lNTilODUZIONE

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come sacri e canonici i libri dell'Antico e del Nuovo Te­ stamento, nel loro insieme e in tutte le loro parti, per­ ché sono stati scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo e come tali sono stati trasmessi alla Chiesa. Il vangelo di Matteo, che la Chiesa ha ricevuto come ispi­ rato e che essa ha iscritto nel suo canone, non è uno scritto aramaico, ma un'opera greca. È questo libro che è canonico : non il prototipo andato perduto. È esso ad essere ispirato 45. Non è affatto necessario conoscere il nome del traduttore per affermare che egli è stato ispi­ rato nel compiere il suo lavoro: e ciò, qualunque sia il modo più o meno libero con cui ha concepito il suo compito. Il suo caso è completamente diverso da quello del traduttore latino, che non è mai stato considerato come ispirato. Il dogma dell'ispirazione, quindi, non riguarda uno scritto sconosciuto, che la Chiesa non possiede ; dobbia­ mo ritenere ispirato il vangelo greco, come la Chiesa lo possiede. La Commissione Biblica, le cui decisioni non sono d'altronde né infallibili né irreformabili 46, ha chiesto, nel 1 9 1 1 , che ci si attenga all'identità > così regolare nel vangelo di Luca, destinato esplicitamente a lettori greci, non può essere dovuta al caso: il suo silenzio su punti che toccano l'osservanza della legge o certi costumi specificamente giudaici e palestinesi non può non essere intenzionale. Si ha dunque il diritto di parlare di omissione. Cfr. LAGRANGE, Le, LVs, LXI II; VAGANAY, 260s. Il caso di Mt 7,15 dev'essere avvicinato . all'avvertimento contro i falsi messia e i falsi_profeti - Mc 13,21-23 e Mt 24,23-25 assente dal passo parallelo di Luca ; si potrebbe confrontare la pericope sul ritorno di Elia: Mc 9,1 1-13; Mt 17,10-13. Piccoli particolari suggestivi mostrano lo scarso interesse di Luca per il colore locale: cosl la casa di Cafarnao coperta di tegole (5,19; cfr. Mc 2,4 : è coperta di un tetto in terra secca) , o il morto di Naim steso in una bara (7,14). 6 Spiegazione di Lor s Y (1, 639), So!RON (Logia, pp. 1 19s), Ru LTMANN (87) , CREED (98), MARRIOTT (59 e 70), MANSON (59), I IAUCK (90s}, RENGSTORF (91 ) , SCHMID (Mt, 150.2 1 1 ; Le, 138s), KNOX (II, 1 1 ) : Luca seguirebbe fedelmente l'ordine di Q, mentre Matteo lo rimaneggerebbe. Bultmann pensa che le sentenze ab­ hiano potuto esistere allo stato isolato (43.44a.44b.45a.45b), ma •arebbero già state raggruppate in Q secondo l'ordine seguito da Luca.

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DISCORSO DELLA MONTAGNA

all'altro del discorso, egli cerca di dare , dell'insegnamen­ to di Gesù, l'im magine più completa possibile , arric­ chendo, con dari attinti ad altri contesti, quelli che gli forniva la sua fonte 7• Nessun motivo plausibile è in grado di spiegare perché abbia scartato qui un materiale che non esita ad accettare più avant i. Si capisce facil­ mente perché, al c. 12, tralasci il paragone delle spine senza fichi: l'aveva già riportato. Ma non si capisce perché, trovando nella sua fonte gli elementi di Luca ( v . 4 5 ) , abbia preferito tramanda di a più tardi ( quando ripeterà una seconda volta il paragone dell'albero e dei suoi frutti ! ) 8• L'ipotesi di un'omissione da parte di Ma t· teo è quindi poco verosimile e dev'essere scartata. 7 Questo atteggiamento di Matteo è ben noto agli esegeti; si vedano, per esempi: P. BENOIT, L'Svan.eile selon saint Mat­ thieu, Parigi 1950, pp. 28s ; A. WIKENHAUSER, Einleitunv in das Neue Testament, 2 ed., Friburgo in Br. 1956, pp. 133s; da se­ gnalare, in particolare, lo studio di E. LÉVESQUE, Quelques procédés lilléraires de saint Matthieu in RB 25 ( 1 916) pp. 5-22, 387-405 ; ne troveremo unn bella mani festazione nel discorso del­ la montagna. Ne abbi�mo già incontrato un'altra prova nel discorso conrro gli scribi e i farisei ; approfittando dell'occasione di un rimprovero di Gesù ai suoi avversari ( tale è, almeno, il senso di Mt 23 ,5b-7a nel suo contesto), l'evangelista vi ag­ giunge (7b, transizione redazionale) varie raccomandazioni ri­ volte ai discepoli (vv. 8- 1 2 ) , poi la lunga serie dei vae ( 1 3-3 1 ), seguita da un raccordo redazionale. (32-33 ) . Si può pensare anche al discorso > ( (< il Padre del cielo »; M t 7, 1 1 : « Vostro Padre che è nei cieli ». È noto il gusto tipicamente semitico per il procedimento dell'inclusione: la fine di un discorso deve rammentare l'inizio. La pericope che stiamo esaminando incomincia­ va precisamente con il « Pater », di cui Matteo ha pro­ babilmente conservato l'invocazione iniziale esatta: « Pa­ dre nostro, che sei nei cieli » 1• Impossibile supporre cona ( « Padre! ,. ) , come si uova in Luca, tuttavia i suoi sostenitori (dr. HAIINACK, p. 65; HAucK, p. 149). Ci sono molte ragioni che inducono ad attribuire la priorità all'invocazione lunga ( « Padre nostro, che sei nei cieli .•) : l) Abbiamo appena segnalato un indizio, fornito da Luca stesso, nel procedimento di inclusione: la pericope sulla preghiera ter­ mina parlando del Padre celeste. Inclusione analoga in Matteo: la terza domanda, termina con le parole « come in cielo, cosl in terra »; la menzione del cielo (o dei cieli: la parola è plurale in aramaico) nella finale del primo gruppo di domande (quelle che riguardano Dio, prima di passare ai bisogni degli uomini; ai potrebbe pensare allo schema : « Dio è in cielo, tu sulla terra », Ec 5,1) richiama, in certo modo, la stessa menzione che è all'inizio della serie. l?. vero che questa terza domanda non si trova in Luca; ma il testo di Luca, molto meno ben ritmato e armonioso di quello di Matteo, sembra accorciato. In Matteo: tre domande semplici, poi tre domande doppie; l'ultima di ogni gruppo è un po' più sviluppata, in modo da marcare la pausa. E proprio dello stile orale (dr. le due serie di tre raccomandal L'invocazione

ha

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DISCORSO DELLA MONTAGNA

che Luca sia interessato a un procedimento stilistico di questo genere. Se nel suo testo c'è un'inclusione, è zioni parallele in Le 1 1 ,9·10 = Mt 7,7-8) ; sotto questo aspetto, il testo di Matteo è più soddisfacente di quello di Luca (cfr. su questo problema M.-E. ]ACQUEMIN, art. cit., p. 62, n. 4 ) . 2 ) Altro indizio, più rivelatore ancora : la testimonianza di Mc 1 1 ,25. Marco non ha conservato il testo del « Pater »; co­ nosce, però, una raccomandazione di Gesù che fa eco alla quima domanda: « Quando state in piedi in preghiera, perdonate, se avete qualcosa contro qualcuno, affinché il Padre vostro che è nei cieli vi perdoni le vostre colpe "· Questo testo certo rie­ cheggia la preghiera cristiana per eccellenza ; è anche il solo luogo in cui Marco usa l'espressione « il Padre che è nei cieli ». Sembra quindi che Marco abbia conosciuto il « Pater » con la sua invocazione iniziale lunga, come la si legge in Matteo (cfr. V. TA YLO R , The Gospel according to St. Mark, Londra 1952, p. 467). - 3) Luca manifesta una evidente prevenzione contro il complemento « che sei nei cieli ». É vero che al contrario Matteo parla molto volentieri dei « cieli » ( LAGRANGE, Mt, p. 127, ha contato 20 volte l'espressione « nei cieli », o un'espressione analoga, contro una volta in Marco e una volta in Luca; cfr. anche ]. C. HAWKINS, Horae Synopticae, pp. 52s ) . Matteo ri­ flette cosl il linguaggio giudaico dell'epoca. Serebbe però un errore concludere che introduce questo linguaggio nel testo. Si costata, comunque, che Luca ha cura di evitare queste espres­ sioni, troppo giudaiche per il suo gusto. Gli esegeti sono con­ cordi nel considerare l'espressione « Regno di Dio >> come una correzione dell'espressione « Regno dei cieli », cara a Matteo. Quando Gesù invita i suoi disceooli a mostrarsi « figli del loro Padre che è nei cieli » (Mt 5,45), Luca sostituisce « figli del­ l'Altissimo » (6,35) , che deriva da un vocabolario che gli è caro (dr. 1 ,32.35.76. Si veda -a questo proposito: G. DA LM AN -

,

Die Worte fesu mit Berucksichtigung des nachkanonischen ;udi­ schen Schrifttums und der Aramiiischen Sprache, vol. I, Lipsia 1898, p. 163). Quando Luca (2,14) scrive: « Gloria a Dio ilei più alto dei cieli (E'J utjJ�O"'tOL> ; poi, continua parlando di ciò che Dio non mancherà di concedere a « coloro che lo pregano »; poiché la frase era alla seconda persona, ci si attenderebbe di leggere : non mancherà di ascoltarvi « se lo pregate » . Il cambiamento di stile mostrerebbe un'intem:ione di separare nettamente gli interlocutori di Gesù, che sono persone cattive, dagli uomini pii che pregano Dio e sono esauditi. In altre parole: gli interlocutori non sono pii, e, se pregano, la loro preghiera non è degna di essere esaudita. Queste considerazioni non reggono. Gesù dice, sl, ai suoi ascoltatori : « voi siete cattivi », ma lo fa ponendo in an­ titesi i padri terreni con il Padre celeste. L'accusa apparente c'è solo per dare più rilievo all'argomento a fortiori : se voi, cattivi come siete, vi mostrate buoni verso i vostri figli, quanto più si mostrerà buono Dio! Che gli uomini - al confronto con la bontà di Dio - siano cattivi, è evidente : ci si può forse meravigliare che lo dica Gesù? Non si tratta di affermare la malizia intrinseca degli ascoltatori, ma di lll A. T. CADOUX,

New

York 1931, pp.

The Parables of ]esus. Their Art and Use, 76s.

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porre in maggior risalto la bontà di Dio 21 . Dopo questa af­ fermazione, Gesù parla - alla terza persona - di « coloro che pregano » Dio (in greco c'è un participio) ; il cambia­ mento indica senza dubbio un ampliamento del pensiero (Dio accorda i suoi benefici a tutti coloro che lo pregano): ma perché volere escludere gli uditori a cui si rivolge Gesù? Non introduciamo, quindi, in questo testo un'intenzione po­ lemica che le espressioni usate non comportano, e non fac­ ciamo di questa pretesa intenzione polemica la base per affermare un'opposizione fra questo logion e la parabola.

4) Unendo i vv. 9-13 alla parabola dell'amico importu­ no - afferma Jeremias - Luca ha voluto fare di essa un'esortazione alla preghiera perseverante. Ma, se si esa­ minano gli elementi che compongono questa pericope, si vede che questa intenzione è loro estranea; estranea certa­ mente ai due elementi principali : la parabola (vv. 5-8) e il paragone del padre e dei suoi figli ( vv. 1 1-13) 22• Vediamo anzitutto la parabola. Gesù, molto abilmente, fa appello alle reazioni spontanee dei suoi uditori : « Chi di voi . . . ? »; mettetevi al posto di quest'uomo: non agireste come lui? Ma chi è il personaggio principale ? Se Gesù avesse voluto inculcare un insegnamento sulla perseveranza nella preghiera, avrebbe dovuto necessariamente porre al centro della scena la figura dell'amico che chiede il favore . Gesù, 21 « Gli uomini sono detti ,. cattivi » in confronto a Dio, che è l'unico ad essere buono (Mc 10,18; Mt 19,17; Le 18,19). Sarebbe arbitrario voler trovare in questo epiteto un'allusione al peccato originale, o alla condizione morale degli uditori, che possono essere tanto i discepoli quanto il popolo. Tutti gli uomini sono chiamati cattivi, cosl come i servi di Dio, altrove, sono detti inutili (Le 17,10 ) . L'antitesi è fra i padri terreni, imperfetti come tutti gli uomini, e il Padre celeste, che è per­ fetto e perfettamente buono » (A. LOISY, I , p. 632). Si può pensare anche a Rm 3,4: Dio è veritiero, mentre gli uomini sono tutti bugiardi. 22 Jeremias non si spiega a proposito dei vv. 9-10. � senza dubbio qui che egli trova un'esortazione alla perseveranza, che avrebbe influito su tutta la pericope. Ritorneremo su questa interpretazione: non ci sembra fondata.

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invece, attira l'attenzione non su di lui, ma sulle reazioni dell'uomo che è in casa e che è disturbato nel cuore della notte. Ancora una volta 23, il titolo che si dà abitualmente alla parabola indica esattamente il co':J.trario di quello che essa vuole insegnare : bisognerebbe chiamarla non la « pa­ rabola dell'amico importuno », ma la « parabola dell'amico importunato ». Costui darà certamente quello che gli si chiede ; contro voglia, ma lo darà : per poter stare in pace! L'insegnamento è evidente: Dio non può non ascoltare la preghiera di coloro che sono nella necessità; ciò che l'amico farà controvoglia, lui lo farà perche è buono 24• L'insegna­ mento è quindi essenzialmente �ì..ap-yupo� \ntapxov'tE> . Una volta di più, connessione per mezzo della parola-aggancio, attribuibile a un documen­ to che rimane assai vicino alla tradizione orale. Alla sentenza di esclusione del v. 27, i vv. 28-29 aggiungono il quadro della disperazione di coloro che 89 Bultmann (p. 137s), seguito da Graesser (loc. cit.) , ritiene che il v. 25 si unisca molto male al v. 24: questi due versetti usano il termine « porta >> in due sensi diversi, e il v. 25 è una composizione redazionale di Luca, transizione fra il logion del v. 24 e quello dei vv. 26-27. Klostermann (Le, 146) vede nel v. 25 una Obergangsbildung di Luca, ma riconosce, allo stesso tempo, che si presenra come un frammento della parabola delle dieci vergini. Ma, in tal caso, si deve ancora parlare di Ober­ gangsbildung? Si è utilizzato un togion esistente per farne una transizione; questa transizione tiene conto solo del fatto mate­ riale deli 'uso di uno stesso termine nel v. 24 e nel v. 25, senza fare attenzione alla coerenza delle immagini: è questo il modo di comporre di Luca? 90 Abbiamo mostrato che queste parole dovevano trovarsi nel logion così come Matteo lo ha conosciuto nella sua documen­ tazione: esse hanno infatti determinato l'inserzione del logion nel discorso della montagna nonostante ci fosse un'evidente dis­ sonanza. Non si può quindi supporre che Matteo le abbia ag­ giunte; è più facile ammettere che Luca le abbia omesse, per evitare la ripetizione di una stessa invocazione a sole due righe di distanza.

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sono stati rigettati e sostituiti, al banchetto della salvez­ za, da convitati chiamati dai quattro punti cardinali. Il logion è inserito da Matteo ( 8 , 1 1 - 1 2 ) nell'episodio del centurione di Cafarnao. Luca, che conosce questo epi­ sodio ( 7 , 1- 1 0 ), non vi ha trovato il logion di cui stiamo parlando : l'omissione da parte sua sarebbe incompren­ sibile 91 • � stato probabilmente Matteo ad aggiungerlo :

91 Gli esegeti di ogni tendenza sono generalmente concordi nel considerare Mt 8,1 1-12 come un'interpolazione dell'evange­ lista nell'episodio del centurione: cfr. Lo!SY, l, 652s; Il, 124; ]. WEiss, I, 279s; LAGRANGE, Mt, 166; Le, 39 1 ; McNEILE, 105; CREED, 186; J. KEULERS, Het Evangelie volgenr Mottheus, Roer­ mond-Maaseik 1950, p. 113; le., De evangelien volgens Marcus en Lucos, 1951, p. 227 ; ]. ScHNIEWIND, 110; ScHMID, Mt, 164; Le, 239; BuLTMANN, 65. 137. 161; assai significativo l'atteggia­ mento di J. ]EREMIAS, che annette grande importanza a questo testo (Jesu Verheissung fur die VOlker, Stoccarda 1956), ma che ne tratta facendo sempre astrazione dal contesto (cfr. pp. 35, 41, 44, 47s, 52-54). HAUCK, 84s, fa gruppo a parte : > . 93 Mc 10,31 e Mt 19,30 pongono il logion subito dopo la pro­ messa fatta da Gesù a coloro che hanno abbandonato tutto per seguirlo. Matteo approfitta di questa occasione per introdurre la parabola degli operai della vigna (20,1-15), dove si parla di « primi » e « ultimi »; -alla fine di questa parabola, ripete ancora una volta il logion. Ciò non prova, evidentemente, che il logion sia stato unito alla parabola in una tradizione anteriore: le è unito solo da un artificio redazionale attribuibile a Matteo. Non c'è quindi da meravigliarsi se non quadra affatto con l'inse· gnamento che deriva spontaneo dalla parabola. La forma che riceve in Mt 20,16 è, d'altronde, chiaramente secondaria. Mc 10,31 e Mt 19,30 non ne fanno una regola generale: « Molti dei primi saranno ultimi, e molti degli ultimi saranno primi »; Mt 20,16 generalizza e trasforma la sentem.a in un principio assoluto: « Gli ultimi saranno i primi, e i primi gli ultimi ». Dal punto di vista del senso, anche se non della forma, Luca concorda con Mc 10,31 e Mt 19,30. Cfr. il nostro articolo: La parabole des ouvriers de la vigne (Mt 20,1-16) in Nouvelle Revue Théologique

79 ( 1957) 785-797.

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La sua unione a Le 1 3 ,28-29 è incontestabilmente fe­ lice; anche se le parole non sono le stesse, le immagini sono però perfettamente parallele 94• La sentenza for­ nisce, al medesimo tempo, la conclusione adatta alla pe­ ricope, i cui elementi sono tutti strettamente legati fra loro. Pericope composita, certamente. E fatta di brani disparati; ma questi brani, Luca li ha trovati già riuniti in un blocco unico. I diversi elementi fofmano un tutto organico, che non è solamente la somma delle sue parti; si vede prendere forma una nuova parabola, quella del­ la porta chiusa, il cui significato generale accoglie in sé quello di ciascuno dei logia qui riuniti 93• Luca non è l'autore di questo mosaico; il suo testo non fa che ri­ produrre, con ritocchi secondari, ciò che una tradizione anteriore aveva già raggruppato e armonizzato. Il nesso dello svolgimento del capitolo 7 di Matteo

è molto meno stretto; il capitolo si presenta come una semplice sequenza di raccomandazioni disparate : non giudicare ( vv. 1-5), non dare le cose sante ai cani (v. 6 ), chiedere per ottenere ( vv. 7-1 1 = Le 1 1 ,9- 1 3 ), fare agli altri ciò che si vorrebbe che gli altri facessero a noi (v. 1 2 ), entrare per la porta stretta ( vv. 13-14 = Le 1 3 ,24), stare in guardia dai falsi profeti ( vv. 1 5-2 1 ) 96 , 94 l vv. 28-29 suppongono che coloro che si trovavano sul posto dovevano naturalmente entrare per primi nella sala del banchetto; essi sono sostituiti da convitati venuti da lontano, che avrebbero dovuto essere gli ultimi. '15 Cfr. JiiucHER, Il, 458s; ]EREMIAS, 74; HAUCK, 184. Bi­ sognerebbe quindi reagire contro la tendenza a cui cedono troppo spesso i commentatori : si lasciano impressionare dal carattere composito del brano (di cui ritrovano gli elementi in vari passi di Ma tteo), e vi vedono più solo una serie di frammenti stac· cati (non accorgendosi che il loro raggruppamento costituisce una nuova unità, che esige di essere interpretata come tale). 96 Unendo il v. 21 alla pericope precedente, vogliamo sempli­ cemente tener oonto della sua condizione sinottica, più che del

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proteste e sentenza di esclusione contro gli indegni ( vv. 22-23 = Le 1 3 ,26-27), parabola delle due case ( vv. 2427 ) . Fra un elemento e l'altro si riesce qualche volta a scorgere un certo legame, ma nell'insieme sarebbe vano cercare una continuità. Una compilazione di questo ge­ nere si presta facilmente all'aggiunta di elementi nuovi, e noi abbiamo già attribuito all'evangelista l'inserzione dei vv. 7-1 1 . Il logion della porta stretta ( vv. 13-14) si presenta sotto una forma molto diversa da quella che ha in Luca ( 1 3,24). Matteo non parla solo di una porta, ma di una strada; o, più esattamente, di due strade e di due porte : « Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta 97 e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! ». In Luca, una sola porta ruolo di questo versetto nel discorso. Si ritrova il suo equiva· lente allo stesso posto in Luca (6,46 ) , mentre i vv. 22-2} costi· tuiscono un logion distinto, trasmesso da Luca in un altro con· testo (Le 13,26-27). 97 Il termine f) 1tv>..TJ è omesso in S* 1355, nei principali testimoni della vetus latina, in Clem. Al., Orig., .l pp., Eus. ; al versetto seguente, f) 1tv>..TJ manca ancora nei minuscoli 544 482 1 1 3 182*, in molti testimoni della vetus latina, in Clem. Al., Tert., lpp., Eus. Non ci sono, invece, esitazioni per l'introduzio­ ne: « Entrate per la porta stretta .. ; non si può quindi eli­ minare completamente l'idea di « porta ». Le testimonianze del testo corto sono molto deboli per il v. 14; sono più fondate per il v. 13b. Di qui la soluzione di Westcott-Hort, che conservano la « porta ,. in Ba e 14a, ma la omettono in 13b. La questione ha poca importanza per noi; l'essenziale è che il testo di Matteo contiene, oltre al tema delle due vie, almeno la menzione della porta stretta, e probabilmente anche quella della porta larga. Bisogna riconoscere che, dopo l'aggettivo del v. 13a che qualifica « &tretta ,. la porta, l'aggettivo « largo "• che costituisce anti­ tesi, si applica meglio a una « porta .. che a una « strada ». Cfr. W. MtCHAELIS, Olì6ç TWNT V, pp. 42- 101 (cfr. 72, n . 100) ; Buzy, Mt, p. 93.

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dà accesso alla sala del banchetto; questa porta è stret­ ta, lascia passare pochi, e presto sarà chiusa : si tratta quindi di fare tutti gli sforzi possibili per entrare in tempo. In Matteo, non si tratta della porta di una sala ( Mpa), ma della porta che dà accesso a una città ( 1tVÀTJ ), immagine che corrisponde a quella della strada 98 • Il tema che oppone una strada all'altra è il tema tradizio­ nale noto delle « due vie >> 99; la menzione delle porte si presenta qui solo come uno svolgimento accessorio del tema corrente. Strettamente parlando, i due logia non possono essere considerati paralleli. Vi sono tutta­ via dei contatti fra loro : non solo l'idea che occorre entrare per una porta stretta, ma allo stesso tempo l'in­ sistenza sul fatto che pochi vi riusciranno. Ci si po­ trebbe chiedere se il testo di Matteo non risulti dalla 98

In 4Esd 7 ,6-8, l'accesso alla città felice è difficile e l'entrata

� stretta; per arrivarvi non vi è che un sentiero, largo quanto j] piede e circondato dall'acqua e dal fuoco. Nel logion evan·

aelico, l'immagine della strada e quella della porta sembrano essere parallele anziché subordinate l'una all'altra. Cfr. LorsY, l, 634s; MICHAELIS, art. cit p . 72. 99 Il tema tradizionale è quello che oppone la « strada che conduce alla vita ,. e quella « che conduce alla perdizione >>, la « via della vita » e la « via della morte ». I primi accenni del tema appaiono nell'Antico Testamento (cfr. Gr 21,8; Dt 1 1,26-28; 30,15-20; SI 1,6; 1 18,29-30 ; 138,24; Pv 2,13.18-19; 4, 18-19; 12,28; 14,12 = 16,25; 15,19; dr.· 8,2 con 9,15; Sp 5,6-7) ; il tema raggiunge il suo pieno sviluppo nella catechesi cristiana di Did. 1-6 e Barn. 18-20 (cfr. Barn. 5,4; 10,10; 1 1 ,7) . La de­ rivazione giudaica di questa catechesi era già riconosciuta da tempo quando la Regola di Qumran ( 1QS III, 13-IV,26) ne ha fornito un nuovo esemplare (cfr. }.-P. AuDET, Af/inités litté­ raires et doctrinales du > (contro Mc 10,21 e Le 18,22 ) .

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1 87

buone, non sembra possa essere eliminato dalla trama del discorso, cosi come esso è giunto agli evangelisti; se questi insegnamenti non compaiono nel discorso di Luca, è probabihnente perché l'evangelista li ha omessi. Questa spiegazione sarà precisata meglio più avanti, quando cercheremo di riconoscere nel testo di Luca certi vestigi delle formulazioni antitetiche del discorso di Matteo. 3. Notiamo, intanto, che il nostro studio dei mate­ riali propri di Matteo perviene a risultati diversi da quelli a cui era giunto lo studio dei materiali propri di Luca. Per Luca non è stato possibile affermare che le aggiunte di elementi nuovi provenivano dall 'evangeli­ sta ; era più probabile che risalissero alla fonte da lui utilizzata. È quindi possibile che la fonte di Luca pos­ sedesse elementi che Matteo non trovava nella sua. Niente di simile per quanto riguarda Matteo: non pare che la fonte di Matteo contenesse elementi che non con­ teneva invece quella di Luca. Sembra che Matteo abbia conosciuto la tradizione del discorso della montagna in una forma più pura che quella sotto cui esso è pervenuta a Luca.

CAPITOLO

III

IL DISCORSO DI

MA TTEO

Lo studio del discorso della montagna non può limi­ tarsi ai passi che si trovano solo in una delle due re­ censioni. Certo: questi passi sono particolarmente adat­ ti a rivelarci certi procedimenti di composizione e l'estensione delle fonti di cui disponevano gli evange­ listi. Abbiamo potuto determinare, con una certa pro­ babilità, la presenza di un buon numero di sovracca­ richi. È però indispensabile concentrare la propria at­ tenzione su ciascuno dei due discorsi presi nel loro complesso, esaminarne lo svolgimento delle idee e la struttura. Questo .J.avoro servirà da complemento e da contro-prova di quello già fatto nei capitoli precedenti. Dovremo scoprire gli elementi di sovraccarico del di­ scorso 1 o le brecce aperte dalle omissioni 2: e ciò non più attraverso il confronto dei testi, quasi dall'esterno, Cfr. LAGRANGE, Mt, 78: « Quando si cerca di stabilire il delle idee in Matteo, ci si accorge che alcuni passi danno l'impressione di aggiunte... (Basta ometterli per costatare che) il discorso, ricostruito in tal modo, ha maggior unità, e, di con­ seguenza, un carattere distintivo più netto ». 2 Si vedano, ad esempio, i rilievi di Lagrange e di Schmid a proposito di Le 6).7, che lega male con 6).6. l

DeSSO

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DISCORSO DELLA MONTAGNA

ma attraverso l'analisi interna. Il metodo è delicato da maneggiarsi : usandolo senza un'estrema prudenza, si cadrebbe facilmente nell'arbitrario. Il rischio merita, comunque, di essere corso: non foss'altro che per pren­ dere posizione verso esegeti che hanno già intrapreso questo studio. È anzitutto il grande discorso trasmesso da Matteo a richiamare la nostra attenzione : incominceremo quin­ di con Matteo, e poi passeremo a Luca. Dopo l'analisi letteraria, cercheremo di precisare il piano del discorso, e termineremo riassumendo le nostre osservazioni più importanti sul modo in cui l'evangelista sembra aver inteso il suo compito di redattore.

l.

1

.

.

.

ANALISI DEL DISCORSO

Il capitolo 5

Il sale della terra e la luce del mondo

Immediatamente dopo le beatitudini (che costituisco­ l'esordio del discorso) vengono quattro versetti ( 1 3 - 1 6 ) che fanno da transizione fra le dichiarazioni ini­ ziali e la grande esposizione · seguente. Questi versetti costituiscono un'unità e sono introdotti da due dichia­ razioni parallele : « Voi siete il sale della terra . . . Voi siete la luce del mondo ... » . Abbiamo costatato il carat­ tere assai artificiale di questo raggruppamento, che riu­ nisce . tre sentenze per farne, non senza una certa vio­ lenza, delle illustrazioni di uno stesso insegnamento: i discepoli devono rivestire, verso il mondo, un ruolo po­ stttvo; ma lo potranno fare solo se la loro condotta è esemplare. Si deve notare che questo insegnamento rino

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vela una preoccupazione leggermente diversa da quella che risulta dall'insieme del discorso, il quale pone l'ac­ cento sui tratti che caratterizzano una vera religione: qui, invece, si parla solo di ciò che i discepoli devono es­ sere per gli altri 3• Semplice mutamento del punto di vista: ciò, però, conferma le indicazioni fornite dalla condizione sinottica delle sentenze 4 ; trasmesse dagli evangelisti in una forma e in contesti diversi, esse non si trovano nel discorso della montagna di Luca, perché Luca, nella sua fonte, non le ha trovate in questo luogo. La nuova giustizia

I vv. 17-20 fanno da introduzione alla lunga serie delle antitesi ( vv. 21-48 ) ; essi enunciano il principio generale a cui le antitesi faranno da illustrazione. Esa­ minandoli più da vicino, ci si accorge che si tratta di quattro sentenze distinte; trattano tutte del valore della legge rispetto al vangelo, ma lo fanno da un punto di vista molto diverso l'una dall'altra. «

l . Il v. 20 sembra trovarsi in posizione eccellente: Se la vostra giustizia non sarà maggiore di quella degli J «

I tre evangelisfi hanno un paragone riguardante il sale

il candel�ere, o la luce _dc;lla lampaqa. Ma solo Matteo ha riu· Dito questi due paragoni lll un umco contesto; ed è ancora e

10lamente Matteo che usa l'apostrofe diretta per paragonare a questi oggetti i discepoli nella loro missione verso gli altri, cioè verso il mondo esterno » (LAGRANGE, Mt, 87 ). La diversità dei punti di vista fra l'insegnamento che deriva da questi ver­ Kt li (che gli uomini vedano le vostre opere buone: v. 16) e la conti nuazione è sorprendente (si vedano le raccomandazioni di 6,1 ·8.16-18: non compiere le opere buone per essere visti dagli uomini) : cfr. ScHMID, Mt, 84ss. 4 Cfr. sopra pp. 121-138 e 174s. Inutile insistere ulteriormente aul fatto che questi quattro versetti costituiscono un sovracca­ rico nel discorso: tutti gli esegeti sono d'accordo su questo

punto.

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scribi e dei farisei, non entrerete nel Regno dei Cieli » . Notiamo anzitutto che uno svolgimento come quello dei vv. 2 1-48 esige normalmente, al suo punto di partenza, un enunciato generale che riassuma il senso di tutte le applicazioni particolari che se ne danno 5• Questo metodo di esposizione è usato nella legislazione giudaica 6 ; lo si ritrova nei libri sapienziali 7, e infine presso i rabbini 8 • Qui era quasi d'obbligo : le antitesi non sono altro che esempi di una regola che richiede di essere spiegata. Vedremo che anche lo svolgimento del c. 6 segue lo stesso procedimento: enunciato generale ( 6 , 1 ), applica­ zioni particolari ( 6 ,2-4.5-6 . 16-18) 9• Il v. 20 adempie eccellentemente il suo ruolo : enun­ cia il principio generale che ci si attende qui. Parla di « giustizia », una giustizia che, nel pensiero giudaico, si definisce essenzialmente in rapporto al precetto divino di cui essa è il compimento : è giusto colui che pratica la legge 10 • All'idea che di questa giustizia si fanno gli

5 Cfr. D. DAUBE, The New Testament and &bbinic Judaism, Londra 1956, pp. 63-66. 6 Cfr. Lv 18,2-5 (enunciato generale); 6-23 ( sedici leggi par· ticolari) ; dr. DAUBE, pp. 63s. 7 Ec 3,1 (enunciato generale) ; 2-8 (applicazioni particolari): citato da DAUBE, p. 63. 8 Numerosi esempi citati da DAUBE, pp. 64-66. 9 Stesso procedimento nello svolgimento delle ultime tre an­ titesi : enunciato generale (34a.39a.44), seguito da applicazioni concrete. IO « Bisogna anzitutto chiedersi che cosa si intenda con questa •giustizia migliore�, (besseren Gerechtigkeit) come traduce Lu­ tero. Non ci può essere alcun dubbio: qui non si parla di una giustizia raggiunta attraverso la fede, di una giustizia che è un dono gratuito di Dio. Si tratta della condotta della vita ( Lebens­ fuhrung) » (K. BoRNHAUSER, Die Bergpredigt. Versuch einer zeitgenosrischen Auslegung, 2 ed., Giitersloh 1927, p. 68) . Da parte sua, ]. SCHNIEWIND, dopo aver citato la traduzione di ]. Weiss ( « Eure Gerechtigkeit muss die der Schriftgelehrten

und Pharisaer iibertreffen » = La vostra giustizia deve superare quella degli scribi e dei farisei), continua: « Dovete prendere

IL DISCORSO DI MA'I"I'EO

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scribi e i farisei, Gesù oppone la sua concezione: questa opposizione è precisamente il tratto caratteristico di tut­ te le antitesi che seguiranno. La giustizia evangelica si oppone alla giustizia dei farisei per la sua pienezza, per la sua « abbondanza » ( 1tEP�O"O"EVO"TI ) . Per il momento, Gesù non ha ancora di mira certe deformazioni della religione farisaica ( 6 , 1 - 1 8 ) : si preoccupa solo della sua insufficienza, del fatto che le manca qualcosa 1 1 • A que­ sta giustizia parziale e incompleta, egli oppone una giu­ stizia completa, piena. È precisamente il punto di vista l'�dempimento della legge ancor più seriamente dei suoi più stretti osservanti » (Mt, p. 56). l testi sono limpidi; il versetto si pone chiaramente dal punto di vista del giudaismo tradizio­ nale e si esprime nel quadro delle formule usuali. Bisogna en­ trare in questa prospettiva per intenderlo come lo intendeva l'autore: « II termine giustizia designa il complesso delle pra­ tiche della vita religiosa del giudeo fedele >> . BoNNARD dà questa definizione riferendosi a Mt 3,15 (fuste in Vocabulaire biblique, Neuchatel·Parigi 1954, pp. 151-153 ) ; la si deve applicare anche a Mt 5,20. Gesù vuole superare questa giustizia; nel frattempo, però, parte dall'idea comune nell'ambiente in cui egli opera, accettando provvisoriamente questo punto di partenza. Sembra possibile un accordo fra esegeti sul piano esegetico, senza bi­ sogno di porre nuovamente questo testo nella prospettiva delle controversie del secolo XVI, che ne travisavano il senso. Ri­ parleremo della « giustizia », di cui si tratta due volte nella versione matteana delle beatitudini (5,6.10). 1 1 Si usa il verbo 'ltEpLCTCTEVW per qualificare la prosperità dei ricchi, coloro che hanno i beni della terra in abbondanza (dr. Le 12,15; Mc 12,44 = Le 2 1 ,4; Mt 25,29; Le 15,17; i pani sono stati moltiplicati da Gesù in sovrabbondanza: Mt 14,20 = Le 9,11� Mt 15,37 = Mc 8,8). A questa abbondanza si oppone la miseria, l'indigenza che manca del necessario (ucrnpÉw: Mc 12,44 = Le 21,4 ; Le 15,14; 22,35). II parallelo, che illumina meglio il nostro testo per contrasto, è la dichiarazione di Gesù al giovane ricco: « Una cosa ti manca » (�v CTE UCT'tEPEt: Mc 10,2 1 ; cfr. Mt 19,20). Egli ha adempiuto tutti i comandamenti: è " giusto » dunque nella stessa misura degli scribi e dei farisei; Gesù esige di più: la giustizia completa, come la intende lui, richiede dal giovane (che è ricco ) il sacrificio di tutti i suoi beni. Ci pare che questo passo costituisca il miglior commento di Mt 5,20.

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da cui si pone lo svolgimento seguente : Gesù esige un superamento della legge presa alla lettera; vuole che si faccia di più 12• Il v. 20 fornisce quindi il principio generale postu­ lato dai vv. 21-48. I punti di vista collimano perfetta­ mente. D'altronde, si spiega facilmente come Luca, pur possedendo questo versetto nella sua fonte, abbia pre­ ferito ometterlo: lo omette come omette abitualmente tutte le opposizioni che definiscono il vangelo in rap­ porto alla legge 13• Sarebbe quindi arbitrario e ingiustifi­ cato scartare questo versetto dalla fonte a cui gli evan­ gelisti hanno attinto !l brano delle antitesi 14• 1 2 « Il concetto quantitativo di una misura straboccante o di una somma eccedente è in relazione con la cqncezione giudaica del rendiconto esatto che si avrà al giudizio finale. Gesù si muove in questo quadro : però ha superato di molto questa vi­ sione » (J. WEISS, l, 248 ) . > ( 23 ,23). In nome della loro tradizione « annullano la parola di Dio >> ( i}xvpwcra:tE: le fanno perdere la sua obbligatorietà : 1 5 ,6 ). Il più grande comandamento del­ la legge è quello che prescrive di amare Dio; ma un secondo gli è simile : amare il prossimo: « Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i pro­ feti » (22,36-40 ) . Intesa in questo contesto 21 , la di­ chiarazione di 5,18 significa che Gesù intende conser­ vare alla legge tutto il suo valore e la sua obbligatorietà, fin nelle più minute prescrizioni . La legge è allora con19 Molti testimoni (9 cp Ir, ecc.) aggiungono « e i profeti ». Variante la cui aut ori t à non è forse molto grande, ma che tradisce un'interpretazione che sembra aver colto bene il pen­ siero de ll evangeli sta , cosl come esso si manifesta nella finale del versetto ( « Si può ritenere che la legge li rappresenti qui tu tti e due [legge e profeti ] , soprattutto se si tiene presente la finale del versetto >> : LAGRANGE, Mt, 94) . zo Cfr. E . ScHWEIZI!R, Mt 5,1 7-20 in Theol. Literaturxeitung, 1952, 48 1 . 2 1 � anche quello a cui si riallaccia 5,19, che si pone però da un punto di vista diverso e ricorre a un altro vocabolario: non è qu in di prudente ch iedere al v. 19 il significato primitivo del v. 18 (contro Schweizer) . '

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siderata non come una raccolta di oracoli · profetici, ma come un codice di vita religiosa. Si comprende anche come una dichiarazione cosl assoluta abbia costituito una grossa difficoltà per un cristiano 22 • Essa sarebbe però giustificata in un contesto polemico, in una discus­ sione di Gesù con i farisei 2.! ; essa conserva ugualmente il suo significato con le spiegazioni che fornisce la con­ tinuazione del c. 5 : Gesù afferma il valore obbligatorio della legge, ma risalendo alle intenzioni che l'hanno det­ tata. Lungi dal volerla abolire, egli la porta alla sua ptenezza. Tolto il ritocco di Matteo, il v. 1 8 si accorda perfet­ tamente con lo svolgimento delle antitesi. Si potrebbe quindi concludere all'antichità del legame che lo unisce a questo svolgimento. Questa conclusione, però, non si impone : l'accostamento potrebbe essere opera del­ l'evangelista, che ha notato la somiglianza di questo logion con il resto del capitolo. L'esame della situazione sinottica del versetto ci orienta nettamente verso questa seconda ipotesi; Le 16,17 mostra, ad ogni modo, che il logion esisteva, nella tradizione, fuori del discorso della montagna. Il contesto in cui si trova in Matteo è certa­ mente molto felice : ciò non significa però necessaria­ mente che il logion facesse tradizionalmente parte del discorso 24 • 22 A meno che la si spieghi « al livello della comunità, come espressione del punto di vista dei giudeo-cristiani intransigenti » (DESCAMPS, 121 ; cfr. ScHWEIZER, art. cit., 481 ; BuLTMANN, 146s; KwsTERMANN, Mt, 40s. Si vedano tuttavia le osservazioni di J. MuNCK, Paulus und die Heilsgeschichte, Aarhus-Copenaghen 1954, pp. 248s ) . 21 Cfr. DEsCAMPS, 1 2 1 . 14 Abbiamo visto che l'accordo degli esegeti è quasi unanime su questo punto. LAGRANGJ;:, che è molto restio ad ammettere ri· maneggiamenti in Matteo, pensa che questo versetto costituisce un sovraccarico : « Il v. 18, posto altrove da Luca, sembra sia stato

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3. Il v. 19 parla dei « più piccoli comandamenti ». L'espressione IJ.�CIV 'tWV Év'toÀ.wv 'tolhwv 'tWV ÉÀ.CIX�CT'tWV fa chiaramente eco a quella del v. 1 8 : i.w'tll EV iì IJ.Lil XEpCii.CI . . . 'tOu v61J.ou ; essa risponde anche allo stesso pro­ blema ( almeno se· non si tiene conto delle ultime parole del v. 1 8 ) : si tratta della gerarchia dei comandamenti della legge. Il punto di vista è quello di Mt 23,23, di cui abbiamo appena parlato : Gesù rimprovera ai farisei di « trascurare le cose più essenziali della legge : la giu­ stizia, la misericordia e la fedeltà >), mentre pagano scru­ polosamente la decima della menta, dell'aneto e del cimino: esempio eccellente di > ( 22 ,36-40) 25• Fra il v. 1 8 e il v. 19 vi è quindi una certa somiglianza di contenuto. Ma vi sono anche differenze assai sensibili. Leggiamo anzitutto il v. 1 9 : « Chi dunque dichiarerà abrogato uno dei più piccoli tra questi comandamenti e insegne­ rà agli uomini a fare cosl, sarà chiamato il più piccolo nel Regno dei cieli; ma colui che li osserverà e avrà in­ segnato a osservarli, sarà chiamato grande nel Regno dei cieli ». Sembra ovvio che gli ascoltatori entreranno nel Regno dei cieli; l'unico problema riguarda il rango 26• Notiamo quest'altra sentenza �he risponde al medesimo ritoccato per essere adattato a 17. Siccome il v. 19 parla di « questi comandamenti », senza che se ne sia parlato ptima, si può supporre che Matteo abbia riunito qui due pensieri espressi da Gesù in « queste " circostanze diverse... II susseguirsi delle immagini sarebbe limpido se si passasse dal v. 17 al v. 20. II v. 18 sembra trovarsi qui come una· transizione fra il v. 17 e il v. 19 >> (Mt, pp. 92 e 94 ) . 25 Sulle preoccupazioni rabbiniche, a cui si riallacciano le di­ scussioni di questo genere, cfr. D. DAUBE, op. cit., pp. 119ss, STRACK-BlLLERBECK, l, 249s, 774; IV, 1 13 ls, 1 138-1143. 26 Daube definisce il v . 19: (Mt 20,26s e par. ) 21• Le persone a cui si rivolge Gesù sono ambiziose. D'altronde non sono persone qualunque; anche su questa terra occupano una posizione preminente: hanno il compito di istruire gli altri. Si tratta di sapere se conserveranno le loro prero­ gative anche nel Regno . Si suppone che siano attenti ai grandi comandamenti; il loro rango dipenderà dalla cura che avranno posto nell'osservare e fare osservare anche i più piccoli. È chiaro che il v. 19 non può significare: se volete entrare nel Regno, è inutile osservare i piccoli coman­ damenti ; vi potete accontentare del principale. È altret­ tanto vero che, nel contesto in cui si trova, il versetto ha l'aspetto di un correttivo 28 • Esso dà questa impressione soprattutto se si tiene presente il v. 20: non solo la legge rimane interamente valida ( v . 1 8 ), ma non è sufficiente per entrare nel Regno (v. 20). Spostando la questione, il v. 1 9 introduce una considerazione più rassicurante : si tratta della classifica nel Regno. La presenza del v. 1 9 in questo contesto evoca irresistibilmente i l ritocco di 19,2 1 : . È la preoccupa­ zione di sfumare affermazioni troppo assolute che sem­ bra giustificare la sua inserzione in mezzo a sentenze r1 Cfr. Mt 1 1 , 1 1 ; 23, 1 1 ; 18,1.4: -rlt; li.pa J.Ull;w\1 to--rt\1 t'li Tii �llO'L">-EL� -rwv ovpll\IW\1; ... ov-r6c; EO'"rW ò J.ULI;W\1 E\1 -rii �llcl'L">.EL� -rwv ovpa\IW\1. 28 « Già il vocabolario è diverso: ">-vELv invece di xa-ra">.vEw; lv1:o">.al invece di v6j.Loc;; ma soprattutto l'idea è di diversa ispi­ razione. L'abrogazione dei piccoli comandamenti non esclude dal Regno, come si potrebbe credere leggendo il v. 18; essa com­ porta solo un certo declassamento >> (DESCAMPS, 121). Si noti anche la difficoltà creata dal pronome dimostrativo « queHi più piccoli comandamenti »: non si vede bene a che cosa lo si possa riferire.

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che rappresentano un punto di vista molto diverso; sta preoccupazione caratterizza la forma mentis l'evangelista più che quella delle sue fonti. Non quindi temerario attribuire a lui l'inserzione del setto in questo contesto 29•

que­ . del­ pare ver­

4. Rimane il v. 1 7 : (G. Dalman, B. H. Branscomb) di Mt 5,17, né di quella che, tenendo conto del vocabolario abi­ tuale di Matteo, suppone che Gesù voglia « compiere » la legge sottomettendosi alle sue prescrizioni . Egli ricusa il metodo di Bultmann che, ricorrendo alla critica delle fonti, divide le sen­ tenze di Mt 5,17-20 in sentenze suscettibili di risalire a Gesù e in massime attribuibili alla comunità giudaico-cristiana. Egli rigetta ugualmente l'interpretazione arbitraria di H. ] . SCHOEPS (Rev. d'Hist. et de Philos. Rel., 1953 ) : Matteo avrebbe com­ preso male l'originale aramaico, il cui vero senso sarebbe: « lo non sono venuto né per abolire la legge né per completarla ». Leggendo élla invece di w•/6, l'evangelista suppone che Gesù voglia completare la legge (l& stessa correzione era stata proposta da Giidemann, H. P. Chajes, ]. Klausner, Baeck: cfr. ScHOEPS, p. 5 , n. 8). Accostando il 1tÌ..7JpWC'!XL del v. 17 all'espressione « finché tutto non sia compiuto » del v. 18, Davies pensa che Gesù annunci una vera abrogazione della legge in favore dei gentili, ma che questa abrogazione supponga come premessa « il compimento » della sua morte e della sua risurrezione. Distingue dunque due tempi : quello del ministero pubblico, durante il quale la legge conserva la sua piena obbligatorietà, e quello che seguirà « il compimento " della croce, in cui la legge cesserà di essere obbligatoria. Soluzione sottile, che usa un metodo trop-

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la sua piena misura, alla sua perfezione 36 ; nello stesso senso in cui si dice, per esempio, che i farisei « col­ mano la misura dei loro padri » (23,32): essi la por­ tano al suo colmo, fanno in modo che sia piena al punto che non vi si possa p1U aggiungere niente. In questa prospettiva, la legge e i profeti sono presi come

po contestabile perché abbia delle possibilità di essere accolta dagli esegeti. J6 Contro DESCAMPS : « L'opposizione fra xa't'!lÀuCTaL e 'ltÀTJPWCT!lL raccomanda per quest'ultimo verbo il senso di osser­ vare fedelmente. Il contrario di abrogare, infatti, è· rispettare, conservare intatto » (Le Christianisme com me iustice, p. 1 7 ; cfr. Les Justes et la Justice pp. 130s) . Descamps appoggia la sua interpretazione sul senso naturale del contesto immediato (vv. 18-19). cadendo cosl nell'errore di metodo che egli rimpro­ vera a Ljungman. Lui stesso, d'altronde, nota che il vocabolario del v. 19 (MEw, Èv't'oì.. aC) non è lo stesso di quello del v . 1 7 (xa't'llMnv, v6tto .;): cfr. Les fustes et la Justice, p . 121. Il contrario di « infrangere » (Àuw) è, sl, « osservare fedelmente »; ma il contrario di « abrogare » (XIl't'llÀUw) sarebbe piuttosto « sanzionare » o, poiché questo verbo non esprime la sfumarura propria di 'ltÀT)pOw, (v. 3 1 ) ; quella d�lla quarta ..

(p. 340). L'opinione assai incerta c piena di esitazioni di Kilpatrick è stata esposta nella nota precedente. 39 Sul sotto fondo rabbinico, che ùà il suo rilievo a tutto questo svolgimento, si vedano soprattutto: D. DAUBE, The N.T. and Rabbinic ]udaism, pp. 55-66. Per la formula « ma io vi dico )), cfr. M. SMITH, Tannaitic Parallels to the Gospels, Fila­ delfia 1 95 1 , pp. 27-30; cfr. anche B. H. BRANSCOMB, }esus and the LAw of Mores, New York 1 930; W. G. KiiMMEL, ]esus und der ;udische Traditionsgedanke in ZNW 33 ( 1 934) p. 126, n . ?.7 ; PERCY, p. 124, n. 3; R. ScHNACKENBURG, op. ctt., p. 62. L m­ terpretazione rigorista, che alcuni passi dei documenti di Qumriìn danno alle prescrizioni della legge, non forniscono che un'analogia molto vaga con la formulazione delle antitesi; questa analogia riguarda soprattutto un atteggiamento generale, definito da H. BR AUN : « L'inasprimento della legge sul fondamento della vi­ cinanza dei tempi escatologici )) (op. cit., Il, p. 135) ; ed essa -non si precisa che in punti particolari, come l'indissolubilità del matrimonio (cfr. ibid., pp. 34-6 1 ) . Vi è forse un po' di esa­ gerazione nelle affermazioni di J . ScHMITT: « Le antitesi, per il loro oggetto, assomigliano molto da vicino al Serek hayyahad e allo Scritto sadoqita. Da una parte e dall'altra si afferma, in termini più o meno diversi, la tendenza a radicalizzare la legge, che si vuole restaurare nella sua purità mosaica e profetica (cfr. Mt 5,17 e IQS 1 ,3 ... ) e precisare per mezzo di un'interpreta­ zione rigorista (cfr. Mt 5,21-48 ) . I due gruppi di testi sono, a questo proposito, di una corrispondenza e, in parte, di una correlazione tale che il loro paragone, da solo, permette all'ese­ geta di misurare in qualche modo la superiorità della morale evangelica sull'ideale sadoqita » (Les écritr du Nouveau Testa­ .

meni et /es textes de Qumran. Bi/an de cinq années de recher­ ches in Rev. des Sctences Religieuses, 29 [ 1 955] 381-401 ; 30

[ 1 956] 55-74 e 261-282; cfr. 269). 40 Cfr. PERCY, 123s, 309s.

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aggiunge un avverbio: > .

5. Nella quinta antitesi ( vv. 38-42 ) Gesù sostituisce alla legge del taglione l'ordine di non opporre resistenza al malvagio; tale ordine è sviluppato in tre applicazioni concrete ( 39b.40.4 1 ) e seguito da una consegna posi­ tiva : al posto di un altro : e noi sappiamo

menti di Qumrin, una concezione specificamente legalist ica della perfezione considerata come conformità agli obblighi della legge, conformità realizzata per mezzo della condotta morale. Se ci si vuole chiarire l'idea che Matteo si fa della perfezione, bisogna investigare in questa direzione (senza accontentarsi di dichia­ rare, come fa BuNDY, p. 194: « L'ideale della perfezione, as­ sunto dalla cristianità posteriore, è greco e non è naturale in una mentalità giudaica come quella di Gesù ». Si veda piuttosto H. BRA UN, op. cit., II, p. 43, n. l ) ; non per niente i due passi, in cui egli usa il termine 'tEÀELOç, presentano esigenze che, pur superando la legge, rimangono però nella stessa linea (5,17-48 e 19,16-22). È nota l'importanza del vocabolario di « perfezione >> nei testi di Qumran; per limitarci alla Regola, si vedano: 1 ,8.13 ;

i ,2 ; 3,3.9; 4,22 ; 8,9.10.18.20.21.25; 9,2.5.6.8.9. 19; 10,2 1 ; 1 1 ,2. 1 1 .1 7 ; Sa 1,17.28; Sb 1,2; 5,22 (si notino in particolare k espres­

sioni « i perfetti di vita », « la perfezione di vita »). L'idea che Matteo si fa della « perfezione » sembra non debba essere se­ parata dalla sua concezione di > . Non è il caso di fermarsi sulla congettura, pu­ ramente gratuita, secondo la quale Luca avrebbe sostituito o(x'tLPIJ.WV a 'tÉÀnoc; (HARNACK, 63 l : O�X'tLpiJ.WV è senza dubbio Wl hapax evangelico, ma è al tempo stesso troppo biblico perché vi si possa vedere un ritocco ellenizzante dell'evangelista greco. A11giungiamo che il vocabolario di Le 6,36 è favorito non solo dalla Bibbia, ma anche dai rabbini. M . BLACK riassume così l dati: « Nel Targum di Levi dello Pseudogionata, XXII, 28, troviamo un parallelo quasi letterale di Le 6,36; esso dice: "Co­ me nostro Padre è misericordioso (rahman l in cielo, cosl sii tu misericordioso sulla terra " . Le paro ie ricorrono in un tratto tipicamente targumico, e qualsiasi ipotesi di dipendenza dai van­ aeli è fantasiosa. Il -detto targumico diventò ben noto; esso viene riferito e citato nel Targum palestinese di Berach V, 3 , 'k , riga 2 5 ; Megilla, IV, 9 , 75c, riga 14. Esso doveva essere fa­ miliarmente citato nel primo secolo .. » (An Aramaic Approach lo the Gospels and Acts, Oxford 1946, p. 138; dr. STRACK­ BI LLERBECK, II, 159l . Non conosciamo, invece, nessun testo rab­ binico che dica che Dio è « perfetto » . Billerbeck potrebbe in­ durre in errore, quando scrive: cc Di Abramo si dice che egli, per mezzo della circonci sione, è diventato perfetto (tmyml come Dio » (l, 386 l ; i testi citati dicono, da una parte, che Abramo è diventato > . - Su tutta la questione, si vedano: M ARR I OTT , 120s; BuLTMANN, 122s; MAN S ON , 60; KLOSTERMANN, Mt, p. 70; ScHMID, Mt, 152; G. D. KlLPATRICK, The Origins, p. 23.

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ciò che io dico » senz'altro preferibile all'espressio­ ne troppo matteana « fare la volontà del Padre mio che è nei cieli » facilita il passaggio da una antitesi al­ l'altra. Non sarebbe, d'altronde; giustificato esigere un parallelismo assoluto fra una raccomandazione e l'esem­ pio che la deve illustrare. Poiché, nella fonte, il v. 2 1 doveva precedere im­ mediatamente la parabola, e non ha alcun legame con ciò che precede, sembra naturale vedervi la raccoman­ dazione a cui la parabola serve da illustrazione. Si spie­ ga meglio la somiglianza di struttura esistente fra il v. 2 1 e i vv. 24-2 7 : all'antitesi fra colui che « dice >> e colui che « fa >> corrisponde l'antitesi dell'uomo che costruisce la casa sulla roccia e di quello che la costrui­ sce sulla sabbia 94• -

-

L'albero e i suoi frutti

I vv. 1 6-20 costituiscono uno svolgimento parabo­ lico : l'albero si riconosce dai suoi frutti 95• In Luca ( 6 ,43-45) 96, questo svolgimento viene immediatamente ·

94 La parabola delle due case éonclude il discorso con un ri· chiamo a mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti; KLOSTER­ MANN (Mt, 71) nota giustamente che questo modo di concludere � assai biblico (la proclamazione della legge termina con be­ nedizioni e maledizioni : Lv 26 e Dt 28) e rabbinico (cfr. gli esempi citati dall'autore) . 95 Abbiamo già studiato i l v. 19, che ci è apparso come un'in­ terpolazione proveniente da 3,10; questo versetto turba chia­ ramente la continuazione normale della pericope. Possiamo quin­ di farne astrazione. Cfr. sopra, pp. 181s. 96 Abbiamo visto che il v. 45 costituisce un sovraccarico ri­ spetto al contesto; ci è parso probabile che fosse già stato inserito nella fonte adoperata da Luca ; la fonte di Matteo, in­ vece, non lo conteneva ancora e, sotto questo aspetto, era più

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dopo la parabola della pagliuzza e della trave (6,4 1-42 = Mt 7,3-5 ) : successione poco naturale, perché evi­ dentemente le due parabole non illustrano lo stesso insegnamento. In Matteo, il paragone dell'albero e dei frutti è introdotto da una messa in guardia contro i vicina alla composizione primitiva. Cfr. sopra, pp. 67-77. Il pa­ rallelismo dei due passi può essere cosi stabilito: Mt 16a = 20 parallelo a Le 44a; Mt 16b è parallelo a Le 44b; Mt 17-18 (due strofe parallele, affermativa la prima, negativa la seconda) pa­ rallelo a Le 43 (una sola strofa, negativa). Il testo è ripreso in Mt 12,33-35, sotto una forma che si avvicina a quella di Luca: Le 43 (strofa negativa) è parallela a Mt 33a (strofa af­ fermativa) ; Le 44a parallelo a M t 33b; Le 44b manca qui in Matteo; Le 45a parallelo a Mt 35; Le 45b parallelo a Mt 34b; Mt 34a proviene da un altro contesto (cfr. Mt 3,7 = Le 3,7; Mt 23,33) . Si vede quanto il problema sia complesso! Secondo BuLTMANN, Mt 7,16a sarebbe un'introduzione redazionale ag­ giunta dall'evangelista (pp. 95 e 99), il v. 17 una « pedantische Neubildung ,. (p. 99), il v. 20 una conclusione redazionale (pp. 94s, 99; cfr. anche ScHMID, Mt, 150s). Queste affermazioni ci sembrano un po' affrettate: M t 7,16a ( 20) si trova tanto in Luca (6,44a) quanto in Matteo ( 12,33b) ; si deve quindi pensare che questo elemento si trovava già nella fonte, o nelle fonti che hanno trasmesso il logion agli evangelisti. Quanto al v. 17 (strofa affermativa), si deve anzitutto notare che se ne trova l'equivalente in Mt 12,33a; inoltre, il suo vocabolario (xap-n:oùc; TCOI.E�v e non xap:rcoùc; ÉVEYXE�V come al v. 18) è facilmente riconoscibile in Le 43, _e se ne ritrova l'eco in M t 12,33a. L'ipo­ tesi di Bultmann urta contro i dati dei testi ; è il risultato di un errore di metodo: analisi di Mt 7 senza tener conto della testimonianza dei testi paralleli. Ritorniamo al v. 16a: « Li ri­ conoscerete dai loro frutti », e osserviamo i due pronomi: !1tl""t" WV, av"touc;. Si ritrovano al v. 20, ma non in Luca. Luca è diverso: lxacr"tov yàp !iÉv!ipov Éx "tou t!itou xap:rcov yLVWcrXE"t!1�; anche qui vi sono due pronomi: i!xaO""toc; e t!i�oc;. Sembrano tutti e due tradire la penna di Luca ; per lxaa"toc; si confronti Le 4,40 con Mc 1,34 e M t 8,16; Le 13,15 con M t 12,1 1 ; per t!i�oc;, con­ frontare Le 6,41 con Mt 7,3; Le 18,28 con Mc 10,28 e Mt 19,27. Non si può quindi pensare di far risalire i due pronomi usati da Luca fino alla fonte da lui adoperata; ma si è in diritto di chiedersi se questi due pronomi, che non sono indispensabili (dr. Mt 12,33b), non debbano essere considerati come un ritocco dell 'evangelista a un testo che in qualche modo li richiamava. =

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DISCORSO DELLA MONTAGNA

falsi profeti: « Guarda tevi dai falsi profeti ; questi tali vengono a voi travestiti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci )) (v. 1 5 ). Questo avvertimento non si trova in Luca; niente di strano : Luca omette regolarmente i tratti di questo genere '�'�. II logion corrisponde d'altron­ de assai bene all'insegnamento che si ricava dalla para­ bola : attenzione ai falsi profeti, essi si presentano sotto false sembianze; viene quindi spontanea la domanda : come riconoscere che si tratta di falsi profeti? La pa­ rabola risponde : li riconoscerete dalle loro opere, come si riconoscono gli alberi dai loro frutti. Nulla giustifica l'ipotesi secondo cui il v. 1 5 sarebbe stato aggiunto da Matteo; si deve pensare che si trovasse allo stesso posto nella fonte; esso dà alla parabola dei VV- 1 6-20 la sua portata immediata e concreta 98• Questi due pronomi di Luca potrebbero quindi cosutmre una testimonianza indiretta in favore del testo, cosl come lo leg­ giamo in Mt 7,16a. I dimostrativi av-twv e av-touc; non avreb­ bero avuto senso in Luca, poiché egli non possiede il v. 15, al quale essi rinviano. Egli non si accontenta di sopprimerli; li sostituisce e suggerisce così che la fonte conteneva qui qual­ cosa. Ammettere che i dimostrativi si siano potuti trovare in questo luogo, significa ammettere che il testo possedeva l'an­ tecedente di questi dimostrativi: il v. 15. Non vogliamo esa­ gerare la portata delle spiegazioni da noi date; ci baseremo su altre considerazioni per concludere che il v. 15 era presente nella fonte. Quanto abbiamo detto qui potrà almeno servire di conferma alla tesi da noi sostenuta. Terminando, notiamo che, se queste spiegazioni sono esatte, la questione di sapere se fxacr-toc; è l'equivalente di txli.npoc; perde molto del suo in­ teresse; la storia del testo può chiarire meglio il suo senso che dotte ipotesi filologiche (cfr. H. SAHLIN, Zwei Lukas-Stellen. Le 6,43-45; 18,7 in Symbolae Bibl. Upsal., IV, Uppsala 1945, p. 5 ; ]. }EREMIAS, p . 128, n . l ) . 'l'l Cfr. sopra, pp. 182ss. 98 Per spiegare la presenza del v. 15, KwsTERMANN (Mt, 69) esamina due ipotesi: a) Matteo ha appena introdotto, nei vv. 1314, l'immagine del cammino (le due vie), che ha potuto richia­ mare quella delle guide, i falsi profeti; b) Matteo cerca di dare un senso preciso all'avvertimento dei vv. 16-20, che gli proviene

IL DISCORSO DI MATI'EO

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Si noti la notevole simmetria dei tre passi che ab­ biamo esaminato. Ogni volta il testo inizia con un av­ vertimento, una messa in guardia; la spiegazione è for­ nita in seguito sotto forma immaginifica, in uno svol­ gimento parabolico. La regolarità delle strutture tria­ diche del discorso ci è diventata familiare; il fatto che il c. 7 si presenti con lo stesso schema, sebbene in una forma un po' diversa, sembra confermare la fondatezza delle nostre osservazioni. Prima di concludere, ci ri­ mane da studiare la sezione centrale del capitolo : i vv. 6- 14.

Sentenze isolate

l . Il v. 6 si presenta come un logion isolato: « Non date le cose sante ai cani, e non gettate le vostre perle ai porci, perché non le pestino coi loro piedi e, rivoltan­ dosi, vi sbranino ». Non si trova nulla di simile in Luca. Si potrebbe pensare che Luca abbia preferito omettere queste immagini poco raffinate; ma abbiamo. già visto che un'altra ipotesi dev'essere presa in considerazione 99: Matteo avrebbe inserito qui il logion per completare il logion precedente, n cui tono troppo assoluto ( (( non giudicate » ) richiedeva delle sfumature. Questa cura delle sfumature, questo modo di correggere una senten­ za con una sentenza complementare, è una caratteristica del nostro evangelista. Dopo quanto abbiamo detto sul­ lo stato fortemente strutturato nel quale il discorso è dalla sua fonte.

La teria ipotesi, che avrebbe poruto essere

esaminata, è quella della presenza del v. 15 nella fonte; è cer­ tamente la spiegazione più semplice: l'omissione da parte di Luca si comprende facilmente. 99 Cfr. sopra, pp. 185s.

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DISCORSO DELLA MONTAGNA

pervenuto a Matteo, non si riesce a vedere come abbia potuto contenere questa sentenza isolata 100• 2. I vv. 7-1 1 corrispondono mirabilmente, per la loro struttura, ai tre svolgimenti fondamentali del c. 7 , e specialmente ai vv. 1 -5. Vi è tuttavia una differenza importante : i vv. 7- 1 1 danno un consiglio positivo : « Chiedete e vi sarà dato . . . », mentre gli altri svolgi­ menti sono delle messe in guardia. Ma soprattutto: que­ sti versetti sono stati trasmessi da Luca in un altro con­ testo, che sembra molto migliore; essi costituiscono la conclusione naturale della parabola dell'amico impor­ tuno. Non si capisce bene perché Luca avrebbe dovuto ometterli, se li avesse trovati nel discorso della mon­ tagna : si tratta, infatti, della preghiera, argomento che gli sta molto a cuore. Luca non ha trovato questo passo too Partendo dall'elenco dei passi propri di Matteo nel di­ scorso (secondo B. H. STREETER, Tbe Four . Gospels. A Study of Origins, Londra 1924, p. 198) , A. M. PERRY (JBL 1935) costata che 7,6 fa seguito a 6,1-8.16-18.34. Il v. 34 si riaUaccia natural­ mente alla sezione 6,19-33, tratta da Q, il logion 7,6 dovrebbe essere unito al gruppo di 6,1-8. 16-18, che proviene da una fonte diversa, quella da cui l'evangelista ha già tratto 5 , 1 7 .20.21-24.2730.33-37. L'autore è condotto cosl a fare di 7,6 la conclusione dei tre avvertimenti 6,2-4.5-6.16-18; egli trova che l 'accordo è eccellente: 7,6 vorrebbe dire, come gli avvertimenti, che non bisogna compiere le opere buone per farsi notare in pubblico. Interpretazione inaspettata, e fondata su un presupposto assai discutibile; è, d'altronde, il metodo dell'autore nel suo com­ plesso che ci pare inaccettabile: non ci si può accontentare di prendere materialmente gli elementi propri di Matteo per cer­ care loro una fonte che Luca non avrebbe conosciuto. Si tratta infatti di insegnamenti che Luca poteva avere interesse a omet­ tere; non è quindi sufficiente che Matteo sia il solo a trasmet­ terli per concludere che provengono da una fonte particolare. Noi pensiamo che 7, 1-5 provenga dalla stessa fonte di 6,1-6.16-18, sebbene solo 7,1-5 abbia un parallelo nel discorso di Luca; 7,6 non si unisce a 7,1-5, né a 6,1-6.16-18 o a 7,7-1 1 . Cfr. SorRON, 1 10 : BuNDY, 1 1 9 ; KNox, I l , 30.34.

IL DISCORSO DI MATTEO

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nel discorso, ma pare che nemmeno Matteo ve lo abbia trovato ; egli lo inserisce come un complemento mu­ tuato da un altro contesto e troncato dei suoi legami naturali 101•

3. I vv. 1 3- 1 4 si ritrovano in Le 1 3 ,23-24 stretta­ mente legati al logion inserito da Matteo in 7,22-23 (Le 1 3 ,26-27 ). La loro redazione ci è già apparsa se­ condaria rispetto a quella di Luca 102• Essi si trovano nel discorso come un elemento staccato, senza alcuna rela­ zione con il contesto. Tutto induce a pensare che, come i vv. 22-23, siano stati introdotti qui solo dall'evan­ adista.

La regola aurea

Il v. 1 2 dev'essere esaminato a parte: « Tutto quanto dunque desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro; poiché questa è la legge e i profeti » . A prima vista, il caso è molto semplice : logion isolato, corpo estraneo in questo discorso dalle strutture sim­ metriche e regolari. Ma vi è Luca : la sentenza si trova anche nel suo discorso della montagna. Siamo quindi costretti a esaminarla più da vicino. Luca riporta la sentenza in una forma leggermente diversa : « E come volete che gli uomini facciano a voi, cosl fate a loro » (6,3 1 ). La cosa importante non è questa diversità di formulazione (che può derivare da ritocchi stilistici da parte dei due evangelisti) 103, ma IOI

1 02

Cfr. sopra, pp. 94-110. Cfr. sopra, pp. 139-152.

IOJ Osserviamo

anzitutto che si tratta essenzialmente di

una

252

DISCORSO DELLA MONTAGNA

il fatto che il logion non si trova allo stesso punto del discorso. Le 6 , 3 1 corrisponderebbe alla finale della quin­ ta antitesi ; spostandolo nel luogo equivalente, in Mt massima sapienziale assai diffusa. Alcuni esempi: Tb 4,15: 13 IJ.Lcni:c;, !J.'llOtvl not"i}crnc; ; B. Schab. 3 1 a : « Ciò che ti è odioso, non farlo agli altri: questa è tutta la legge ; il resto è solo com­ mento >> (sentenza di Hillel, verso il 30 a.C . ) ; la variante « occi­ dentale » di A t 1 5,20.29; Filone, Hypothetica (in Eusebio, Praep. ev., 8,7 ) : li ·ne; m1Dti:v ÉxDaiptL, IJ."Ìl > (nel senso di: io potrei interpretare); poi si introduceva una interpretazione mi­ gliore con la formula: « Ma tu dici ». Colui che fa l'obiezione illustra ordinariamente il testo da spiegare riportando un'altra citazione, oppure facendo valere un argomento teologico. Gesù trasforma le formule introduttorie dicendo anzitutto: « Voi avete udito », e poi 1 4 • Il v. 34 dev'essere quindi considerato una composizione di Luca sulla base dei dati di Mt .5 ,42b. Il suo caso si riallaccia cosl, in certo modo, a quello dei vv. 29-30, ripreso ugualmente dallo svolgi­ mento della quinta antitesi ; ne differisce perché · Luca ha ampliato il dato e gli ha conferito una struttura che permette di allacciarlo bene ai vv. 32-33 . Dopo l'in­ serzione di questo v. 34, si comprende che Luca abbia creduto necessario comporre una transizione ( v . 35a), prima di riportare la conclusione che si trovava nella sua fonte 15 • Cosl, tutto il passo dei vv. 27-36 è solo superficial­ mente omogeneo. Le spiegazioni sul dovere di amare i nemici sono state appesantite da numerose interpola­ zioni redazionali ; e questi rimaneggiamenti, che sono facilmente avvertibili a una lettura attenta, trovano la loro spiegazione alla luce del parallelo meno alterato che ci è stato trasmesso da Matteo. L'amore fraterno

I vv. 37-42 costituiscono una pericope , del cui ca­ rattere composito abbiamo già parlato all'inizio di que­ sto capitolo; eravamo giunti alla conclusione che i tre 1 4 Un ritocco, come tanti altri, che liberano il testo dai suoi legami palestinesi e giudaici. Cfr. l'osservazione di BUNDY, p. 193: • Il sottofondo e la colorazione giudaica del versetto di Matteo sparisce in Luca. Luca usa la parola « peccatori » al posto di « pubblicani » (Mt 5,46) e di > piuttosto che con « poiché "· 27 Questo piano è molto simile a quello di Schmid, da cui si distingue solo per il rifiuto di separare la parabola finale dalle raccomandazioni che precedono immediatamente: Schmid fa, dei vv. 4346, una nuova parte, segu ita dalla conclusione (vv. 4749).

IL DISCORSO DI ·LUCA

289

(6,43-44), invece di illustrare un avvertimento contro i falsi profeti ( Mt 7,1 5 ), diventa una raccomandazione rivolta ai discepoli. Anche le omissioni minori ottengono il medesimo risultato; Luca, ad esempio, sopprime la menzione dei pubblicani e dei peccatori nella sesta anti­ tesi (Mt 5,46-47 ): opponendo la condotta dei cristiani 11 quella dei « peccatori » in generale ( 6,32-34 ) , Luca allarga le prospettive e sgancia gli insegnamenti di Gesù dal loro sfondo giudaico 28• 2. Luca procede solo per omissioni? Non ha anche lui, come Matteo ( sebbene in grado minore ), la preoc­ cupazione di completare la sua fonte con dati prove­ nienti da altri contesti? Si trovano, infatti, nel suo di­ scorso quattro brevi sentenze chiaramente avventizie. Abbiamo però visto che si può fortemente dubitare che si possano attribuire a Luca; il metodo della loro inser­ zione ( parole-aggancio o associazioni di immagini ) invi­ ta a situarle a un livello anteriore della tradizione. È quindi possibile che la fonte di Luca contenesse alcuni clementi che Matteo non trovava ancora nella sua 29• 3 . Luca è relativamente fedele alla sua fonte, fino a permetterei, in più di un caso, di ritrovarne la formu­ lazione ritoccata da Matteo. Ma ciò non è sempre vero. 28 « Sono solo circa sei versetti che Luca ha introdotto nel discorso primitivo deiia montagna ( ? ) , mentre manca in lui l'espo­ sizione dettagliata suila posizione di Gesù riguardo aila legge e alla religiosità dei farisei, che caratterizza lo schema di Matteo. Il discorso deila montagna di Luca appare, cosi, come un com­ pendio deila morale cristiana destinato a cristiani provenienti dal paganesimo >> (P. DAUSCH, Die drei iilteren Evangelien, 4 ed., Bonn 1932, p. 464). 29 Ci si obietta: perché Luca, cosi abile, non ha eliminato que­ sti elementi letterariamente avventizi? L'obiezione non è valida: Luca elimina elementi il cui significato rischierebbe di sfuggire

290

DISCORSO DELLA MONTAGNA

Luca usa spesso di una libertà che può sembrare abba­ stanza grande. I ritocchi apportati alla redazione della parabola finale (6,47-49 ) sono molto anodini e perven­ gono semplicemente a sganciare le immagini dal loro quadro palestinese; il rimaneggiamento è più considere­ vole nei vv. 27 36, dove Luca mescola alla trattazione sull'amore verso i nemici elementi mutuati dalla quinta antitesi, realizzando così un amalgama molto artificiale. Per comporre la · sua nuova pericope, non esita a dare una configurazione assai diversa ai materiali che pos­ siede ; la raccomandazione « non voltare le spalle a chi desidera da te in prestito >> ( Mt 5 ,42b) diventa, nella sua redazione, « e se voi date in prestito a coloro dai quali avete speranza di ricevere, quale merito ne avete? Anche i peccatori danno in prestito ai peccatori per avere altre'ttanto >> (v. 34 ). Sull'idea di « imprestare » Luca ha costruito tutta una frase, ispirandosi al modello fornito da due frasi analoghe della sua fonte. Egli ri­ prende ancora l'idea nel versetto seguente ( v. 35a): « Date in prestito senza sperare niente >> . Si deve ri­ conoscere che il dato iniziale è molto sviluppato e ar­ ricchito ! Luca non è un semplice canale, che trasmette ciò che riceve senza aggiungervi la sua impronta per­ sonale, senza dargli ( quando è necessario) una formula­ zione nuova. Il concetto, che ·egli si fa del suo compito di evangelista, è notevolmente più largo di quello che se ne fanno molti critici moderni. ·

4 . Spogliato della sua nota di opposlZlone al giudai­ smo tradizionale, il discorso della montagna, come ci appare in Luca, riflette un insegnamento molto diverso a lettori greci; non sopprime sentenze che si trovano nella sua fonte, con il semplice pretesto che esse hanno solo un legame molto debole con il contesto.

IL DISCORSO DI LUCA

. 291

da quello che forma l'oggetto del discorso nella sua forma matteana o in ciò che noi possiamo indovinare della sua forma originale. Si trattava, prima di tutto, Ji definire il cristianesimo per mezzo delle esigenze di una giustizia più completa, di una religione più inte­ riore e più pura che quella del giudaismo ufficiale di quel tempo. I ritocchi di Matteo accentuavano le con­ seguenze pratiche di questi insegnamenti ; denotavano la preoccupazione di un'applicazione concreta; ma non modificavano l'orientamento generale del discorso. Le cose si presentano in modo diverso in Luca. Qui non si definisce più il messaggio ew.ngelico per le sue esigenze di perfezione religiosa e morale ; ci si accon­ tenta di porre in rilievo il suo tratto più caratteristico : la carità 30• Attorno a questo tema della carità sono rag­ gruppati tutti gli elementi conservati nella grande parte centrale: dovere di amare i nemici (27-36 ), obblighi della carità fraterna ( 37-42). Su questo tema della carità, Luca non si limita ai dati della sua fonte; i ritocchi che vi apporta mostrano la sua volontà di accentuare gli obblighi concreti di questo comandamento. Abbiamo visto l 'importanza che egli annette all'idea del il discorso della montagna e ciò lo porta a sopprimere la pre­ cisazione -tQ nvEuiJ.a't�; l'espressione di Matteo è, d'altronde, conforme al linguaggio della Bibbia e dei rabbini (pp. 14 1s). Dello stesso avviso è anche DE GRANDMAISON, il quale considera l'espressione di Matteo «più arcaica >> di quella di Luca (op. cit., I, p. 373, n. 1). Il pensiero di de Grandmaison influenza quello di R. THIBAUT (Le sens des paro/es du Christ, Bruxelles-Parigi 1940, p. 47, n. 1) : «La precisazione > (1QH X VIII,14, in Is 61,1). Se Gesù voleva evocare il testo di Isaia (cfr. Le 4,18), avrebbe dovuto fare come il salmista di Qumran: non dare nes­ sun complemento al termine « poveri » per designare i beneficiari della Buona Novella. Aggiungiamo che i testi di Qumran non parlano soltanto di 'anawim, ma anche di 'aniyyim (10 volte nei testi pubblicati finora) 16 e so­ prattutto di 'ebyonim (16 volte) 17• Siamo quindi pienamente d'accordo con J. Schmitt se, parlando di « valore primitivo >> dell'espressione ot 1t-rwxot .,;if! miEVIJ.a.'t"L, intende che essa ha le sue radici nell'ambiente palestinese. Ma ciò non ci avvantaggia molto nel nostro problema, perché sappiamo che il lin­ guaggio di Matteo riflette gli usi palestinesi non meno di quello di Gesù 18•

di Isaia (pubblicato da ALLEGRO, ]BL, 75 ( 1956): cfr. p. 179) è anch'esso lacunoso, ma qui manca il complemento determinativo. L'autore spiega Is 10,34, ma, ql)alche riga più sotto, cita Is 1 1 ,1-4a; probabilmente s'ispira già al testo che sta per citare. 16 l QH 1,36; 11,34; V, l 3.14; 1Q45(bis); CDC VI,16.21;

XIV,14; XIX,9. 17 IQpHab XIII,3.6.10; IQM Xl,9.13; XIII,14; l QH Il,32; III,25; V,16.18.22; fr. 16; CDC VI,21 ; XIV,I4; 4QpP s . 37,1,9; 11,10. Si noterà l'assenza del serek in tutti questi riferimenti; il termine « poveri » non vi si trova, ma la 'anawah vi è conside­

rata come una disposizione d'animo particolarmente desiderabile nei membri della comunità (lQS II,24; Ill,8(bis) ; IV,3; V,3.25; Xl,l). Noi abbiamo trovato il termine ri solo in IQH Il,34; V,l4.20 e non abbiamo incontrato dl (ad eccezione, naturalmente, dei testi biblic1 che ci s1 accontenta di trascrivere). 18 Si pensi, in particolare, all'espressione «Regno dei cieli», che si trova nello stesso versetto.

LE BEATITUDINI PARALLELE

DI MATTEO

.309

Precisazione di Matteo

Ritornando alle due redazioni evangeliche, ci rifiu­ tiamo di spiegarle l'una con l'altra. Ci sembra del tutto inverosimile che Luca, leggendo nella sua fonte l'espres­ sione 'lt"t'WXOL •ii) 'ltVEVJ.I.CL"t'L l'abbia deliberatamente sop­ pressa. Non è neppure necessario pensare che Matteo abbia effettuato la modificazione contraria, trasferendo la nozione di povertà dal piano sociologico al piano re­ ligioso. Sensibile alle risonanze del termine « poveri � nella pietà giudaica, Matteo doveva essere naturalmente portato a precisarle, affinché non sfuggissero ai suoi lettori 19. Cosa vi è di più normale per lui? Egli inse­ risce volentieri queste piccole precisazioni che, a suo avviso, non aggiungono nulla al testo, ma impediscono al lettore di fraintenderlo. Si noti, ad esempio, la sua premura di avvertirci, nella parabola delle due case, che l'uomo che l'ha edificata sulla roccia è « prudente » (7,24) , e colui che l'ha edificata sulla sabbia, « stolto » (7,26) 20• Oppure nell'episodio del paralitico di Cafar­ nao, in cui qualifica come « malvagi » i pensieri dei fa­ risei (9,4)21• Ritroviamo d'altronde più volte nel testo delle beatitudini qt!esta preoccupazione di esplicitare il senso religioso delle formule ; tutto il brano è redatto nello spirito che caratterizza la trasmissione del discorso preso nel suo insieme: Matteo vi vede una catechesi, e si premura di mettere in rilievo le conseguenze prati­ che degli insegnamenti che riporta. Se Luca non ha letto nella sua fonte la precisazione « in spirito », si comprende facilmente che abbia inter19 Cfr. C. 211 Contro

21

W. VoTAw, art. cit., p. 8; G. KITrEL, op. cit., p. 54 Le 6,48.49. Contro Mc 2,8; Le 5,22.

310

.

LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

pretato il termine Tt'twx6c; nel senso che esso ha normal­ mente nel vocabolario greco 22, e che la sua attenzione sia stata attratta sulla portata sociale della sentenza. di Gesù. Per vedere in > l'opposto di « ricchi >> non ha dovuto sopprimere nulla, non ha avuto bisogno di alterare il testo eliminando i termini che gli davano il suo valore propriamente religioso. Le due versioni evangeliche sembrano trovare la loro spiegazione più semplice in un testo di base in cui si parlava di « poveri ». Matteo ha ritoccato il testo, ap­ portandovi una precisazione supplementare. Nel suo pen­ 'Siero, tuttavia, questa precisazione non aggiungeva nulla di veramente nuovo; essa vuole semplicemente esplici­ tare ciò che sembrava essere il senso reale del pensiero di Ge-sù, tenuto conto delle risonanze religiose del ter­ ,mine > sono sovente accostate nel N.T. (cfr. Mt 25,35-44; Gv 6,35; Rm 12,20; 1Cor 4,11; Ap 7,16).

32{)

LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

non ha paralleli in Luca. Bisogna tuttavia esaminarla qui, perché essa è chiaramente inseparabile dall'ultima, più sviluppata ( vv. 1 1- 1 2 ) , della quale si trova l'equiva­ lente in Luca ( 6,22-2 3 ) e che proclama la felicità dei • discepoli perseguitati per Cristo. L'ottava beatitudine non è solo strettamente legata alla seguente, in quanto entrambe si riferiscono ai per­ seguitati, ma è allo stesso tempo connessa alla prima per la ripetizione della medesima promessa : « Poiché vostro è il Regno dei cieli ». Questo riferimento sembra intenzionale; risponde al procedimento di inclusione, caro alla composizione semitica : la fine di una narra­ zione si ricongiunge all'inizio. L'ottava beatitudine ci appare, cosl, come la conclusione della serie di quelle che precedono: tutte molto brevi e costruite sullo stes­ so modello. Ma essa, a sua volta, prepara la nona e ul­ tima, distinta dalle altre per la sua struttura e per il fatto che in essa Gesù si rivolge direttamente ai suoi discepoli. Insieme conclusione e introduzione, l'ottava beatitudine ha dunque un carattere di transizione -40_ - Dopo l'indagine fatta a proposito della quarta beati­ tudine, la nostra attenzione è naturalmente attratta dal­ l'espressione « perseguitati per la giustizia », E\IEXE\1 OLXClLOCTIJVT)c;. Abbiamo visto che la precisazione corri­ spondente, ( 6 ,27b-28 ). Ciò è · sufficiente per concludere che l'espressione di Matteo « e quando vi perseguiteranno » dev'essere con­ siderata come il risultato di un rattoppo redazionale che sostituisce ciò che scrive Luca: > 65•

6l Lo introduce nel monito del discorso escatologico (Le 21,12), mentre non si trova né in Marco (dr. 13,9) né in Matteo (cfr. 10,17; 24,9). 64 Cfr. Mt 10,23; IJ,21 ( = Mc 4,17); Mc 10,30; At 7,52; 9,4.5; 22,4.7.8; 26,1 1 . 14.15. 65 Cfr. G. D. KILPATKICK, op. cii., p. 16; W. NAUCK, art: cii. . p . 73, n. 2 5 ; s i veda anche A . N . WILDEK, art. cii., p . 159.

332

' LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

Oltraggi e cattive parole I due evangelisti parlano concordemente di « oltrag­ gi » ( �I\IE�o(crwow ) ; la provenienza di questo verbo non è un problema: si trovava evidentemente nella fonte 66 • Resta un ultimo genere di maltrattamenti, espresso in maniera del tutto differente in Matteo e in Luca. Se­ condo Matteo : « e diranno falsamente ogni sorta di ma­ le » ( xat d1twcrw 1tciv 1tOVTJpÒv xtti}' ùiJ,Wv �Eu06J..LEv o�); secondo Luca : (< e ripudieranno il vostro nome come infame )) ( xat Éx�ci.À.wcrw 'tÒ OVOIJ.!l ùiJ,Wv wç 1tOVT}p6v ). Cominciamo dall'espressione più chiara. Si sa che le ma­ ledizioni di Luca sono ricalcate sulle beatitudini; l'ul­ tima maledizione è diretta contro coloro di L'lli gli uo­ mini (( parlano bene » : i.hav xaÀ.wç V!J.Iiç Et1twcrw 1tci.V'tEç ol Ci.vi}pw1to� ( 6,26-). Questa espressione è chia­ ramente in antitesi con la beatitudine di Matteo, EL1twcrw 1tciv 1tOVTJp6v, non con quella di Luca, « essi ripudie­ ranno il vostro nome ». Luca testimonierebbe quindi contro se stesso in favore del testo della beatitudine qua­ le lo leggiamo in Matteo. Significa forse che l'espressione di Luca dev'essere considerata come una correzione di quella conservataci da Matteo 67? Non sembra. · Non è pensabile che Luca, volendo tradurre, alla sua maniera, l'idea delle dicerie calunniose di cui parla Matteo, non trovi che una for­ mula assai poco greca 68 e anche strana: l'uso della voce 66 Questo verbo è del resto attestato dal parallelo di 1 Pt 4,14; in Eb 10,33, si trova la formula nominale, lriiE�Iii.CTJ.l.Oç. At 5,41 fornisce una variante: li'I'�IJ.acri!iiva�. 67 Cfr. CREED, 9 1 . 68 HAUCK (p. 84 ) spiega: « b�aÀMw 'I'Ò 5vOJ.l4, classica­ mente per "veriichùith machen, beschimpfen " »; BAUER-ARNDT (p. 236) traducono « disdain, spurn the name ,. e rimandano

LE BEATITUDINI PARALLELE DI MA'ITEO

333

ovoj..l.a. in particolare, suggerirebbe uno sfondo semi­ tico 69• Ciò non vuoi dire che l'ipotesi contraria sia più accettabile : Luca darebbe la traduzione letterale di un originale aramaico, di cui Matteo fornisce un equiva­ lente più intelligibile 70• Poiché la maledizione di Luca suppone questo termine equivalente, come spiegare che non se ne sia già servito nella beatitudine? Il problema è complesso; la sua soluzione dipende principalmente dal senso che si deve attribuire all 'espressione « ripudiare il nome >>. Vari autori vi vedono un sinonimo di scomunica: si radia dalla lista il nome di colui che è escluso dalla co­ munità, lo si proscrive 71• L'idea resta quella già espressa a vari passi classici che usano lo stesso verbo (si veda anche PLUMMER, 181 ; LAGRANGE, Le, 188). Ma Je espressioni sono tal­ mente differenti che questi passi non possono illuminarci : Pla­ tone, Critone, 46B (respingere un argomento); Rep., II, 377C (respingere le favole) ; Sofocle, Ed. a Col., 631 (rifiutare la bene­ volenza di un tale uomo), 636 (respingere i suoi benefici ) , 646 (coloro che mi hanno respinto, esiliato)... Siamo lontani dal­ l'espressione « rigettare il nome »! 69 Almeno per l'estrema facilità con cui è usato. Cfr. H. BIE­ TENHARD, TWNT, V, 242s. 70 Ipotesi avanzata da WELLHAUSEN (Das Evangelium Lucae, Berlino 1904, p. 24) e che si ritrova in molti autori : cfr. W. C. ALLEN, The Aramaic- Background of the Gospels in (Oxford) Studies in the Synoptic Problem, p. 30; KLOSTERMANN, Mt, 38; McNEILE, 53 ; MANSON, 48; M. BLACK, Aramaic Approach, pp. 97s; A. M. HuNTER, Design of Li/e, p. 37. 71 f: l'interpretazione di W. BoussET (Kyrios Christos. Ge­

schichte des Christusglaubens von den Anfangen des Christentums bis Irenaeus, Gottingen 1913, p. 22 ) : « radieranno (dalla lista

della sinagoga) il vostro nome come infame ». HAUCK vi s'avvi­ cina (p. 84) e la si ritrova in ScHMID (Le, 133), KEULERS (De evangelien volgens Marcus en Lucas, Roermond-Maaseik 1951, p. 169), LOHMEYER (p. 95) e BIETENHARD (art. cit., p. 270, n. 189). Può essere confermata dal parallelo di Is 56,5. Abbiamo &ià visto - in Is 56,3 - che lo straniero non sarà « separato » dal popolo del Signore; il Signore dichiara similmente, a pro­ posito degli eunuchi, che darà loro « un nome eterno che non

'.3.34

LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

dal verbo à.cpopi�w. Se è così, non si può certo attribuire Luca questa nuova precisazione : si deve piuttosto farla risalire alla sua fonte 72 • E poiché l'ultima maledizione dimostra che Luca ha pure conosciuto l'espressione di Matteo > e « ripu­ diare il nome », bisogna escludere la precisazione ag­ giunta da Luca : � 'ltOVTJp6v. La difficoltà non è grave : l'eleganza della forma usata da Luca 73 e il fatto che la -a

sarà cancellato •· Si veda anche Is 48,19. I documenti di Qumran ci dimostrano l'importanza delle liste della comunità sulle quali i membri erano iscritti (cfr. soprattutto CIX XIV, 3s); non ci vien detto espressamente che i membri scomunicati sono radiati dalle liste, ma lo si può supporre. Ricordiamo anche la trasposizione celeste di questo genere di liste; Gesù invita i suoi discepoli a rallegrarsi perché i loro nomi « sono scritti nei cieli " (Le 10,20) : è il « libro della vita ,., di cui parlano Paolo (Fil 4,3) e l'Apocalisse (cfr. 3,5). Tutte queste concezioni danno rilievo all'espressione di Le 6,22. 72 Facciamo notare che il termine oVOIJ.I1 figura nei paralleli : liLCÌ "t'Ò ovo� j..LOU (Mc 13,13; Mt 10,17; 24,9; Le 21,17), E\IEXEV "t''V OVOIJ.I1"t'Oc; j..LOU (Le 2 1,12), ÉV OVOIJ.I1"t'L XPLCT"t'OV ( lPt 4,14; si veda anche 4,16 e Gc 2,7 ) . Ma è assai difficile immaginare Luca che parte da queste informazioni _per arrivare all'espressione « si rigetterà il vostro nome ,., 7J Harnack osserva (p. n) che wc; 1tOVT}p6v è un greco ec­ cellente. Le Concordanze di Moulton e Geden pongono il segno 8 prima dell'uso di wc; con un aggettivo o un participio; si vede subito che questo segno si trova una sola volta tra gli. Wc; di Matteo, e una sola volta tra quelli di Marco, nel passo corri­ spondente (Mc 1,22 = Mt 7 ,29). Nessun segno 8 in Giovanni, ma tre in Luca (6,22; 16,1; 23,14) e sei negli Atti ( 3,1 2 ; 17,22; 23,15.20; 27,30; 28,19); esso non è raro nelle lettere paoline: la proporzione è importante soprattutto nella lettera agli Ebrei (6 volte) . Questo per la statistica, già assai indicativa. Se noi esaminiamo ora i testi citati, vediamo che Le 6,22 è il solo caso in cui Wc; precede un semplice aggetti vo, mentre altrove precede sempre un participio. Evidentemente l'eccezione è pura-

LE

BEATITUDINI PARALLELE DI MATTEO

335

precisazione wc; 'lt0VT}p6v non è indispensabile dopo la menzione del nome, inducono a pensare che questo tratto sia da attribuirsi a Luca 74 • In Luca stesso, d'al­ tronde, l'ultima maledizione fa menzione di « belle pa­ role » in antitesi alle « cattive parole » della beatitudine corrispondente. L'aggettivo 'ltOVTJp6v deve dunque rife­ rirsi a « parole » ; avendo omesso il termine « parole » Luca lo riferisce al « nome ». Matteo, invece, omette il « ripudio del nome » come ha omesso l'odio e la « se­ paraziOne » : tutto è riassunto nell'idea di « persecu­ zione » . La spiegazione che abbiamo sviluppata non è del tutto inaccettabile ; bisogna tuttavia riconoscere che è molto complessa. Essa lascia spazio ad una spiegazione più semplice ; bisognerà vedere se questa è soddisfacente. Cominciamo col citare Gc 2,6-7, che allude a dei cattivi modi di agire, che assomigliano molto a quelli mente apparente: il paruap1o non è espresso nel nostro ver­ setto, ma bisogna necessariamente sottintenderlo: « si rigetterà il vostro nome come (essendo) malvagio ». Cogliamo, cosl, nel segno: abbiamo a che fare con una costruzione participiale di tipo classico. B. BoTTE (Grammaire grecque du Nouveau Testa­ meni, Parigi 1933, pp. 73ss) osserva: « Nel greco classico, il senso di certi participj era sottolineato da particelle. Quest'uso è molto limitato nel N.T. Esso è mantenuto solo da w ( 1 4 ,55 ) ; Matteo è quasi identico: « I sommi sacerdoti e il Sine­ drio cercavano una falsa testimonianza ( \jJEUOOJ.I.a.p-rvpia.v) contro Gesù, per farlo morire » ( 26,59 ) . Marco dirà più avanti che le testimonianze apportate erano false ; ma è chiaro che, cercando una grave accusa contro Gesù, i suoi avversari non ci tengono certo a che sia necessa­ riamente falsa; Matteo desidera tuttavia segnalare, fin dall'inizio, che tutte le accuse saranno false. Parlando di « poveri in spirito >> abbiamo già segna­ lato altri ritocchi corrispondenti a una tendenza diffusa un po' ovunque nel vangelo di Matteo :. le riflessioni dei farisei, qualificate come « malvagie )) nell'episodio del ' paralitico di Cafarnao (9,4); i costruttori della parabola, definiti rispettivamente « prudenti » e « stolti )) ( 7 ,24. 26 ). Ritorneremo più avanti sulla circospezione tutta particolare con la quale Matteo sfuma certe esigenze di Gesù : « Cercate prima il Regno >> ( 6,33 contro Le 12,3 1 ) 83, « Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello a

D Citiamo anche la piccola precisazione tlxii in Mt 5,22: 1t� O opyL!;OJ.,LEVOç "t'Q aoùcpQ ctÙ"t'OV Elxij. Questa precisa­ zione pone, anzitutto, un problema di critica testuale. La si ri­ trova nell'insieme della tradizione manoscritta, ma manca in 85*�' .11 48 198, nella maggior parte dei MSS della volgata e delle citazioni di Giustino (?), Tertulliano, Origene, Eusebio, Ilario, Cassiano, Agostino ( « codices enim graeci non haben t "sine causa " », Retract., 1,18). I critici la respingono general­ mente come glossa di uno scriba; certuni credono tuttavia di poterla attribuire a Matteo: egli avrebbe aggiunto questa parola per attenuare una sentenza eccessivamente severa (dr. BuLTMANN, 159; MANSoN, 155; F. Bucu s E L , TWNT, II, 378). Recente­ mente, infine, P. WERNBERG-MOLLER ha proposto una nuova in­ terpretazione, che va di pari passo col carattere originale di questa lezione: A Semitic Idiom in Matt. v. 22 in New Testament

340

LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

che possiedi )) ( 19,21 contro Mc 1 0,20 e Le 18 ,22 ); là dove Luca scrive che è necessario odiare il proprio padre e la propria madre per diventare discepoli di Gesù ( 14,26), Matteo dice con maggior riserbo : > una somma di cui si può fare la ricevuta. Si veda A. DEISSMANN, Licht vom Osten.

Das Neue Testament und die neuentdeckten Texte der helle­ nistisch-rdmischen Welt, 4 ed., Tubinga 1923, pp. 88-90; ] . H. MouLTON-G. MILLIGAN, The Vocabulary o/ the Greek Testament illustrated /rom the Papyri and other non-literary Sources, Lon­ dra 1930, pp. 57s; F. ZoRELL, Lexicon graecum Novi Testamenti, 2 ed., Parigi 193 1, 141 ; BAUER-ARNDT, 84 ; A . VALENSIN e ]. HUBY, Évangile selon Saint Luc, 6 ed., Parigi 1927, p. 1 1 5 , n. l. IO

Si veda anche, con lxw, M t 5,46 (·dva; IJ.LC"Dòv �)';E't'E, che

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38.5

è lasciato influenzare dalla sua fonte usando questo ver­ bo, è probabile che debba ad essa anche l'idea di 46• Stes­ . so rilievo per la dichiarazione di Gesù a Pietro : « Beato sei tu ( IJ.a:xcipLoç El), o Simone, figlio di Giona, perché (lrn) non la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli )) ( Mt 16, 1 7 ) 47 • Queste formule non spiegano le beatitudini di Le 6,2 1 che cominciano con un participio - che sembra essere in terza persona . e continuano con una causale in seconda "'. ·



· -

4S xa:t J.14Xa:pia: T] 1twnvcra:cra: 11-rL ECT-ra:L -rEÀ.ELwCTLc; -ro� À.EÀ.a:À.'I')Ill\I OLc; a:u-rii 1ta:pà Kvp,ov. Si potrebbe anche tradurre: • Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che le è stato annunciato da parte del Signore » . 46 Dt 33,29; Sl 128,2; Ec 10,17. 47 Si noti anche il logion inserito dal codice D prima di Le

6,5: « Avendo visto nello stesso giorno uno che lavorava di sabato gli disse: Uomo, se sai ciò che fai, te beato (J.14XctpLoc; El) ; ma se non Io sai, sei maledetto e trasgressore della legge ». "' La prima beatitudine resta grammaticalmente costruita in terza persona, non essendo la seconda persona introdotta che dal possessivo VIJ.E"rEpa:; ma questo possessivo basta a mutare tutto l'orientamento del pensiero. Bisogna dire qui qualche pa-

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397

Concludiamo questa rapida indagine con i Padri apo­ stolici. Vi abbiamo trovato una ventina di macarismi; la regola è sempre identica: si adopera la terza persona nella beatitudine stessa e, eventualmente, nella propo­ sizione esplicativa indipendente che ne indica la motirola sulla beatitudine, che si presenta in due forme sensibil­ mente diverse in Mt 1 3, 16 e in Le 10,23. Ecco la versione di Matteo: v�v SÈ IJ4Xci.p�o� ot oq>DctÀ.J..Lot èi-n �M"JtOUIT�\1, xcxt -.à. w-.ex VJ..LWV O"T� ci.xovoua-w ; quella di Luca: J..Lctxci.p�OL ot Oq>DctÀ.J..LOL ot �À.É1tOV"TE. Si intuisce facilmente il sentimento di riverenza che induce Luca ad evitare di chiamare direttamente in causa Gesù; il suo testo, in ogni caso, appare secondario e secondaria è anche la sua utilizzazione della seconda persona plurale. 61

The Style a"d Literary Method of Luke, pp. 124-126.

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405

Qualche riga dopo, Gesù risponde a coloro che gli domandano perché non faccia digiunare i suoi discepoli : « Gli amici dello sposo possono digiunare mentre lo sposo è con loro? » ( Mc 2 , 1 9 ) . Stessa risposta in Mt 9 , 1 5 che sostituisce solo > . L'argomento è strano; per proporlo, Lagran­ ge si pone nell'ipotesi che cerca di escludere : Luca tro­ va nella tradizione i vae formulati in seconda persona, e per poterli inserire nel discorso, redige anche le bea­ titudini in seconda persona. Ecco infine la conclusio­ ne 14: « Tutto considerato, sembra più probabile che Gesù stesso abbia aggiunto alle beatitudini dei vae che meglio ne mettevano in rilievo il carattere ». Per giun­ gere a questa soluzione, si può pensare che il secondo ar­ gomento non abbia avuto grande peso per Lagrange, poiché esso indurrebbe piuttosto alla conclusione oppo­ sta ; il ruolo decisivo è senza dubbio sostenuto dal primo argomento : l'autore non riesce a convincersi che Luca I l Le, 12 Le, Il

p. p.

185.

190. P. 191.

14 Ibid. .

·.434

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componga tre versetti per porli in bocca a Gesù 15• Si deve tuttavia riconoscere che i vae sono un elemento aggiunto ; diciamo quindi che è Gesù stesso ad aggiun­ gerlo. Le tergiversazioni di Lagrange sono istruttive 16; esse ,mostrano bene la difficoltà. Lo studio del testo conduce : l'autore verso conclusioni molto simili a quelle di -5chanz. Ma egli ne scorge meglio le conseguenze e in­ ·dietreggia. Vogels ha buon gioco a sorridere di tanta incertezza 17 : « Entrambi hanno ragione : Schanz per il fatto che le maledizioni non appartengono originaria­ mente al discorso, Lagrange per il fatto che le maledi­ zioni non sarebbero state pronunciate da Gesù, ma crea­ te da Luca come il rovescio delle beatitudini. L'evange­ lista è stato meno incerto dei suoi commentatori ! » 18 • Può darsi davvero che Lagrange sia eccessivamente in­ deciso; ciò dipende anche dalle difficili condizioni in cui egli scriveva. Ma noi non siamo del tutto sicuri di non incontrare simili tirnorati anche tra i nostri lettori o recensori. Se si pone il problema nei termini da noi definiti, essi gradirebbero forse scartare a priori l 'ipo­ tesi di un'aggiunta delle maledizioni da parte di Luca, poiché comporta che Luca stesso ne abbia composto il testo. Se l'argomento d'autorità può essere tale da ras­ sicurare gli scrupolosi, diCiamo subito che, da Schanz 15 Cfr. C. PERROT, Cahierr Sioniens, 1955, p. 176. 16 Esse sono sufficienti per trarre in inganno: VAGANAY (p. 299) fa notare che - secondo i principi di Lagrange - Luca avrebbe ripreso le beatitudini da una fonte, che gliele trasmet­ teva in una forma equivalente a quella in cui le troviamo in Matteo ; « ma egli ne elimina qualcuna, ne modifica altre e ag­ giunge le maledizioni " · Lagrange, infatti, non ammette quest'ul­ timo rimaneggiamento; il suo sistema però lo avrebbe normal­ mente condotto ad accettarlo. 17 Art. cit., p. 1 3 1 . 18 « Der Evangelist war wenig ingstlich als seine · Erkliirer " ·

435

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( 1 883) a Schmid ( 1956 ) e a Koch ( 1 957 )

19,

numerosi buoni autori cattolici non hanno trovato alcun incon­ veniente a proporre la spiegazione che li inquieta. Dal punto di vista teologico, domandiamo loro d'ammettere che Luca è ispirato dallo Spirito Santo non per realizzare l'ideale del perfetto giornalista, ma per fare opera di evangelista ; per quanto noi sappiamo, il genere lettera­ rio evangelico non si propone come scopo di riprodurre esattamente le parole del Signore, ma cerca di renderle intelligibili per determinate cerchie di lettori. L'evange­ lista non vuole solo raccontare, ma istruire ; questo in­ tento catechetico autorizza certe libertà, come il preci­ sare e spiegare il senso delle parole trasmesse. Ciò am­ messo, non c'è nulla di strano nel fatto che « Luca, aven­ do voluto sottolineare fortemente l'opposizione tra lo spirito del mondo e lo spirito cristiano, . . . abbia capo­ volto le beatitudini con dei vae . . . » 211 . Dal punto di vista cntlco, infine, riconosciamo volentieri la fedeltà gene­ rale di Luca nei confronti delle sue fonti; ma egli si prende anche, in certi passi, delle libertà che possono sembrare sorprendenti 21 • Non si saprebbe, a priori, af19 Si veda sopra, p. 426, n. l.

20 LAGRANGE, Le, 185 ;

cfr. SCHANZ, loc. cit.; Lo!SY, /oc. cit. ; Vo­ GELS, /oc. cit. ; C. W. Vonw, /oc. cit. ; P. DAUSCH, loc. cit. ( « Luca ha solo quattro beatitudini ; aggiunge però quattro vae che stanno in perfetta antitesi con le beatitudini ,.); A. RoMEO, loc. cit. ( « Le

6,20-22 riferisce solo quattro beatitudini di Mt, facendole se­ guire da quattro maledizioni che, ricalcandole, le interpretano per via di antitesi ,. ) ; F. PRAT, ]érur-Chrirt, l, 547 (i vv. 24-26 « formano il rovescio delle beatitudini e sono, per cosl dire, l'aspetto negativo della medesima idea » ) ; W. MANSON, loc. cit. (le maledizioni • sono semplicemente la forma opposta delle beatitudini » ) . 21 E. OsTY (L'Évangile relon saint Luc, pp. 14s) offre una lista di « aggiunte e ritocchi ,. attribuibili a Luca nei passi pa­ ralleli al testo di Marco. Certuni sono insignificanti, ma altri sono importanti. Prendiamo, ad esempio, il racconto della ua-

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fermare che, in quel dato caso, egli ha necessariamente sc:guito il testo della sua fonte. sfigurazione, in cu i Luca ha tutto un brano (9,3 1·33a) che non ha alcun corrispondente nei paralleli di Marco e Matteo. Marco (9,40) e Matteo ( 1 7,3 ) raccontano che « Mosè ed Elia apparvero è si misero a conversare con Gesù 10. Circa l'argomento di questa conversazione non ci si dice niente; ce Io dice Luca: « Essi parlavano della sua dipartita, che stava per compiersi in Geru· salemme » (v. 3 1 ) . II tema di questa conversazione è quindi quello che in Luca costituirà, più tardi, l'oggetto della predica­ zione apostolica (cfr. Le 24,26-27 ; At 3,18·24; 26,22-23; ecc.). Ma, cosa curiosa, Luca, che è il solo a dare queste indicazioni, è anche il solo a raccontare che, durante questa conversazione, gli apostoli dormivano (v. 32, preparato già dalle aggiunte fatte ai vv. 28 e 29: la scena avviene di notte). Da chi ha saputo di che cosa parlavano Mosè ed Elia, mentre Matteo e Marco non ne parlano e i che saranno « ri­ storati » risponde la maledizione dei « sazi » che « avran­ no fame » . Lo stesso verbo 1tnvaw ( « avere fame » ) in entrambe; ricordiamo in proposito che abbiamo conces­ so rutte le « chances >> al testo di Matteo che menziona la « sete >> insieme alla « fame » . Alla promessa « voi sarete ristorati » ( xop..-aulhicrEO"ì)E) risponde, nella ma­ ledizione, il participio E�'ltE'ItÀ.TJO"IJ.ÉvoL ( « sazi » ) che Luca, senza dubbio, avrà preferito, e che, in ogni caso, risponde al suo vocabolario 24• La beatitudine degli « afflitti » era diventata in Luca beatitudine di « coloro che piangono » , « perché ride­ ranno ». La terza maledizione riprende lo stesso voca­ bolario, ma aggiungendovi il verbo usato da Matteo: « Guai (a voi ) che ora ridete, perché sarete afflitti e pian­ gerete ». La maledizione è ricalcata sulla beatirudine, .-ma Luca la redige tenendo conto del vocabolario che a noi sembra essere stato quello del testo base delle bea­ titudini. L'ultimo vae è più breve della beatitudine corrispon­ dente. All'enumerazione dei maltrattamenti d! cui sa,

!5. 16) ; stesso uso metaforico anche in Mc 9,41 e Mt 10,41(bis).42 (senza parallelo in Luca: non è il caso di tener conto di Le 10,7 in cui il termine è preso in senso proprio: il salario dell'operaio, come in Mt 20,8 ) . 24 Cfr. 1 ,53; A t 14,17. I l verbo semplice �(j.L�À.TJJ..L� s i trova lJ volte nel terw vangelo, 9 volte negli Atti, solo 2 volte in Matteo (nel N.T. si hanno solo questi casi) .

LE MALEDIZIONI

441

ranno v1tttme i discepoli, risponde la menzione di un solo trattamento di favore: « Guai ( a voi) quando tutti diranno bene di voi ». L'espressione usata, xocÀ.wc; Ùl..l.iic; E['ltwaLv, è in antitesi con quella che si trova nell'ultima beatitudine di Matteo : E!1twaw 1tiiv 'ltOVT)pÒv xoci}' ùi..I.Wv ; ancora una volta, la redazione dei vae suppone una for­ mulazione delle beatitudini differente da quella a cui si è attenuto Luca ; essa si avvicina maggiormente al testo di Matteo. Ma allo stesso tempo, la maledizione è stret­ tamente ricalcata sulla beatitudine di Luca. Abbiamo det­ to che nella prima parte della beatitudine, Luca non ave­ va voluto conservare la costruzione impersonale : egli ha introdotto un soggetto : o� &vi}pw'ltOL. Questo sogget­ to è ripreso nella maledizione, accompagnato da un mi:v·uc; del tutto conforme al metodo dell'evangelista 25 : 'ltav-.Ec; o� &vi}pw'ltOL. Anche nella seconda parte della beatitudine, Luca aveva inserito un soggetto: o� 'lt!l'TÉpec; ocu-.wv ; egli lo ha ripreso tale e quale nella maledizione. Per introdurre la seconda parte della sentenza, egli ri­ prende anche la formula adottata per introdurre la bea­ titudine, xoc-.à. -.à. ocu-.,;, yà.p (Matteo: oihwc; yap ) : « Poiché allo stesso modo hanno agito i loro padri nei confronti dei falsi profeti ». ·

Da tutti questi rilievi risulta che il vocabolario dei vae si basa, da una parte, sulla visione delle beatitudini

quale si ti:ova in Luca, coi ritocchi lucani più caratteri­ stici ; dall'altra, su un testo più antico delle beatitudini e del seguito del discorso, che ci è pervenuto nella ver­ sione di Matteo. Queste osservazioni, indubbiamente, non ci illuminano molto sull'origine dei vae. Si deve 2; Si confrontino, ad esempio, Le 6,10. 17.19 con Mc 3,5.7.10; Le 6,30 con Mt 5,42; Le 6,40 con Mt 10,25; Le 8,52 con Mc 5,.38, ecc.

442

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riconoscere, tuttavia, che esse non sono favorevoli al­ l'ipotesi che li suppone mutuati da un altro contesto : il loro vocabolario non avrebbe conservato nulla di que­ sto contesto differente! Il fatto che Luca abbia forte­ mente marcato della sua personale impronta la redazione dei vae non chiarisce la loro provenienza ; se questi vae erano nella sua fonte, è normale che li abbia ritoccati, come ha ritoccato le beatitudini; se non c'erano, li ha composti dopo le beatitudini, utilizzando la propria re­ dazione, ma anche il testo che gli era servito come base.

Lo stile Non si deve tener conto solo del vocabolario; vi è anche lo stile col suo tratto più caratteristico : la co­ struzione in seconda persona plurale È naturale mette­ re questa costruzione in rapporto con lo stile diretto usato da Luca nelle beatitudini. Abbiamo ammesso che non si può attribuire a Matteo una trasposizione dalla seconda alla terza persona; è stato probabilmente Luca a fare la trasposizione inversa. Sarebbe indubbiamente temerario concludere che il ritocco apportato allo stile delle beatitudini testimonia che Luca ha aggiunto i vae ; il desiderio di Luca può essere stato semplicemente quello di armonizzare i due brani antitetici scrivendoli alla stessa maniera. Si deve tuttavia convenire che, co­ statando la modificazione relativamente importante ope­ rata nelle beatitudini, si è facilmente portati a gettare il sospetto sulla presenza delle maledizioni, che sembra legata a questo mutamento. . .

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443

« Ora » Abbiamo sottolineato che i differenti ritocchi appor­ tati da Luca nel testo delle beatitudini tendono a rinvi­ gorire i contrasti tra la situazione in cui « ora " si tro­ vano gli infelici e la felicità di cui godranno « in qud giorno » : coloro che > ( v . 39). Un rimprovero assai simile si ritrova in Matteo, nel grande discorso contro gli seritraduzione del discorso, l'uditorio di Gesù può comprendere uditori ai quali le maledizioni possono essere rivolte diretta· mente. Essendo secondaria la disposizione dell'introduzione, de· v'essere giudicata secondaria anche la presenza dei vae.

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451

bi e i farisei: « Guai a voi , scribi e farisei ipocriti, che purificate l'esterno della coppa e del piatto, mentre l'in­ terno è pieno di rapina e immondezza )) ( 2 3 ,25). Si trat­ ta certo dello stesso logion. Sebbene Luca non lo tra­ smetta sotto forma di vae, lo pone però immediata­ mente prima della serie dei vae, che iniziano col v. 42. È di scarsa importanza che la circostanza indicata da lui corrisponda in Matteo ( 1 5,1-2 ; cfr. Mc 7 , 1 - 5 ) non al di­ scorso dei vae, ma ad una discussione sulla purità, ca­ ratterizzata dalla dichiarazione di Gesù : « Non è ciò che entra per la bocca che contamina l'uomo; ma ciò che esce dalla bocca che contamina l 'uomo » ( Mt 1 5 , 1 0 ; cfr. Mc 7 , 1 5 ). Dopo l'accusa, · un ragionamento: « Insensati! C"lui che ha fatto l'esterno non ha forse fatto anche l'inter­ no? » ( Le 1 1 ,40 ). L'argomento fa appello al modo d'agi­ re del Creatore. La sua precisa portata non è facile da cogliere. Ciò nonostante la maniera di ragionare è tipi­ camente giudaica 40• Il versetto non si ritrova in Mat­ teo, ma non se ne può certo attribuire l'invenzione a Luca; egli non fa che riprodurre la sua fonte � 1 • Dopo il rimprovero e l'argomentazione, una conclu­ sione, che deve normalmente indicare la condotta da seguire per evitare ciò che è stato oggetto di rimpro­ vero. L'insegnamento è limpido nella versione di Mat­ teo: « Fariseo cieco 42 ! Lava prima il di dentro della 40 Cfr. Mt 19,3� e Mc 10,2-9; notare anche Mt 5,45; 6,25· 33 par. 4 1 La version e di Matteo testimonierebbe quindi un minor interesse per una considerazione teologica; l'attenzione si porta esclusivamente sull'insegnamento morale: l'applicazione dell'in· segnamento di Gesù alla vita. Questo spostamento di prospet· tiva è conforme a ciò che si sa dell'atteggiamento generale del primo evangelista (cfr. sopra, p. 223, n. 57; p. 242, n. 89). 42 L'aggettivo « cieco >> caratterizza la redazione di Matteo

452

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coppa e del piatto; sicché anche il di fuori diventi pu­ lito » ( 2 3 ,26). È appunto quello che ci si aspettava : ai farisei, tutti preoccupati della purità esteriore, Gesù rac­ comanda di vegliare, anzitu tto, sulla purità interiore 43• Questa era anche la conclusione della discussione sulla purità, Mt 1 5 ,1 -20 e Mc 7 , 1-23. Luca offre questa conclusione sotto un'altra forma: 'ltÀ:r)v 't lÌ Ev6net o6"tE H.ETJIJ.ocruvT}v, xetì. i.ooù miv"tet xetitetpèL VIJ.LV ECT"tLV ; che si potrebbe tradurre : « Tutta­ via ciò che è all'interno datelo in elemosina ed ecco che tutto sarà puro per voi » ( 1 1 ,41 ) La prospettiva rima­ ne quella di una messa a punto sulla purità ; e Gesù pone l'accento sull'(< interno » ( 'tiÌ EV6V'tet) 44 • Ma che c'entra qui l'elemosina? Come intendere la raccomandazione di « dare ciò che è all'interno » ? Francamente: un buon soggetto per sottili argomentazioni 45! Preferiamo quindi .

(dr. vv. 16.17. 19.24) e precisa il contatto con 1.5,14; si con­ frontino anche i passi dei cc. 1 5 e 23 con i quali Le 1 1 ,37-41 mostra un rapporto. 43_ Noi parliamo del senso generale del versetto, non del suo tenore esatto; la redazione di Luca non dev'essere spiegata par­ tendo da quella di Matteo. C'è la possibilità che il testo assai facile di Matteo fornisca solo l'interpretazione d'un testo meno facile che Luca ha avuto sotto gli occhi. 44 Corrispondente al -r6 Év-roc; di Matteo. 45 CREED si accontenta di dire: « Un verso molto oscuro del quale, cosl come sta, non si riesce a dlU:e alcuna spiegazione soddisfacente " (p. 166 ) . C. F. D. MouLE osserva: (< Un passo disperatamente problematico >> (An Idiom Book of New Testa­ meni Greek, Cambridge 1953, p . 34). LAGRANGE traduce: up(Sw J..LE"tà. 'tWV Èv6v'twv) . Il tra­ duttore aveva quindi scelto bene il suo termine, in cui conti­ nuava l'immagine del v. 39. Sembra, tuttavia, che il termine potesse essere inteso anche in un altro senso. Gli esempi in cui, secondo LIDDELL-SCOTT ( l , 563), 'tà. Èv6V'tCl significa « all things possible >> restano assai lontani dal nostro caso; ma l'antica traduzione latina (molto probabilmente marcionita) , citata da Tertulliano, dimostra che il termine poteva ricevere un'altra accezione (Adv. Mare., IV, 27: CSEL, XLVII, 5 1 3 ) . Dopo aver tradotto il v. 40: « nonne qui exteriora fecit, et interiora fecit? », si continua al v. 41 : « Date quae habetis elemosynam, et omnia munda erunt vobis >>. Stessa interpretazione nel Codex Brixianus (f): > aggiunta al c. 6 con la inserzione dei vae è molto più considerevole. Se bisogna concedere qualche importanza alla quantità, ricordiamo un esempio già cita­ to:. in 7,21 Luca crea tutta una serie di miracoli, unicamen­ te per giustificare la risposta di Gesù agli inviati del Bat­ tista; e se ancora non bastasse, si può aggiungere il v. 20, sdoppiamento del v. 1 9 come il 2 1 lo è del 22. È molto meno grave aggiungere miracoli in serie che introdurre maledizioni contro i ricchi? I n tutto que­ sto, Luca non inventa nulla : i miracoli di cui parla non esistevano nella sua fonte, ma le parole di Gesù li sup­ ponevano; e se non c'erano i vae, vi si trovavano però le beatitudini e le maledizioni : gli bastava trasportare il procedimento antitetico sulle beatitudini stesse, ispi­ randosi ai vae di cui la tradizione gli garalòHiva l'esistenza. I metodi letterari non sono forse sempre quelli lode­ voli in una dissertazione di laurea in storia; ma si deve valutare la sua coscienza di storico col metro dei nostri criteri universitari? Luca cita dei vae pronunciati da Gesù; ciò non basta a garantire che essi gli sono tra­ smessi come tali dalla sua fonte in questa posizione; ma non è immaginabile che si permetta un'arbitraria invenzione. C'è molta differenza tra una pura finzione

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457

letteraria, che gli permetterebbe di porre le proprie idee personali sulle labbra del Salvatore, e un processo di composizione come questo, che gli fa sostituire antitesi senza interesse per i suoi lettori con antitesi nuove ba­ sate sul testo che conserva. Non sono suoi, né il prin­ cipio dell'antitesi, che egli si accontenta di applicare in altro modo, né aleuna idea nuova nel testo: egli non fa che « interpretare le beatitudini, capovolgendole » 50• Dal suo punto di vista, i vae non modificano il tenore della fonte né nella forma né nella sostanza : essi non sono che un puro elemento di sostituzione 51 •

4.

·

Il senso delle beatitudini

Tutte le considerazioni, fatte fino ad ora non resta­ no che alla superficie del testo; esse evitano voluta­ mente di fare appello al senso reale delle sentenze. Ci occuperemo dell'interpretazione nella seconda sezione di quest'opera; non ci si rimprovererà, tuttavia, di segnalare già fin d'ora la conferma importante che queste ricer­ che devono fornire alle nostre conclusioni letterarie. so

-

RoMEO, loc. cii. Cfr. sopra, p. 435, n. 20.

51 Un'altra considerazione meriterebbe forse ancora un poco di attenzione: il gusto di Luca per l'equilibrio delle espressioni, delle sentenze e degli svolgimenti, ciò che R. MoRGENTHALER ha chiamato la legge della Zweigliedrigkeit (Die lukanische

Geschichtsschreibung als Zeugnis. Gesta/t und GehaJt der Kunst des Lukas, 2 voli., Zurigo 1948). L'autore vede nella giustappo­ sizione delle quattro beatitudini e dei quattro vae « un classico

esempio dell'arte di Luca, cioè del suo stile architettonico » (l, 81). L'opera di Morgenthaler è disgraziatamente eccessiva­ mente priva delle sfumature e delle distinzioni necessarie, perché vi si possa trovare un. punto d'appoggio sufficientemente sicuro. Si deve ammettere, tuttavia, che si potrebbe utilmente investi­ gare nella direzione indicata. - Si veda anche l'esempio proposto 8 p. 491 .

p.

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LE DUE VERSIONI DELLE BEATITUDINI

È evidente che le beatitudini, nella versione di Luca, vanno interpretate in stretta relazione con i vae che le raddoppiano: « poveri », nella prima beatitudine, si ri­ ferisce a gente che si trova in una situazione diametral­ mente opposta a quella dei « ricchi » della prima male­ dizione ; cosl, nella beatitudine seguente, gli « affamati » devono definirsi in funzione dei « sazi >> della seconda maledizione; e così via. È altrettanto chiaro che l'orien­ tamento delle beatitudini di Luca, precisato dai vae, è assai differente da quello che assumono le beatitudini di Matteo, che si riferiscono ai « poveri in spirito >> e agli « affamati di giustizia » . La prospettiva di L1.1ca è sociale, quella di Matteo morale 52 • Speriamo di poter dimostrare che questi due orienta­ menti trovano il loro punto di partenza e la loro giu52 Dooo (The Beatitudes, pp. 407-409) mette in rilievo queste differenze d'orientamento. Egli sottolinea, nello stesso tempo, che la redazione di Luca concentra il suo interesse su un capo­ volgimento di situazione tra povero e ricco. Ora, questa è una nota caratteristica del terzo vangelo : la si ritrova nel Magnifi­ cai ( 1 ,48s.51-53) e nella parabola del ricco epulone ( 1 6,19-25), il cui vocabolario è strettamente imparentato con quello della pc­ ricopc lucana delle beatitudini e dei vae. Si ritrova lo stesso tema del rovesciamento delle condizioni sociali nella lettera di Giacomo (2,5; 4,9; 5,1), espresso in un linguaggio che mostra delle coincidenze sorprendenti con la pericope che ci interessa. Appoggiandosi ad ARNOLD TOYNBEE (A Study o/ Hislory, vol. IV, pp. 245-261), Dooo sostiene che questo tema - quello della TI:EpmÉ'tELa è abituale nel mondo ellenistico: Luca non si pone, evidentemente, dal semplice punto di vista di una rivendicazione sociale; la 7tEpmÉ't'na a cui pensa è « etherialized » ; essa non si produce su questa terra, ma in cielo : « Resta tuttavia il fatto che la pericope lucana delle beatitudini e delle maledizioni è concepita secondo la struttura di una idea di TI:EPL1tÉ'tE14 che era familiare in quel tempo ''· Inserita nell'ambito di preoccupa­ zioni ellenistiche, l'antitesi lucana tra i poveri e i ricchi sembra avere poche probabilità di trasmetterei il tenore originale delle beatirudini. Cfr. VoTAW, art. cit., p. 16; W. BARTLET, op. cit., p. 67. -

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stificazione in un testo di base il cui senso non coincide esattamente né con l'una né con l'altra di queste inter­ pretazioni. Queste sono state rese possibili da una certa ambiguità del testo primitivo; ciò non sarebbe avvenu­ to se il testo avesse già contenuto le precisazioni con le quali si esprimono le interpretazioni degli evange­ listi: « in spirito » o « di giustizia » in Matteo; oppo­ sizione tra i « ricchi )) e i e g6yim, « pagani »; Vg: Radices gen­ tium superbarum arefecit Deus) e ha piantato al loro posto gli umili ("'C11tE�'\Iouc;) ». Il latino sviluppa il tema anche con un terzo versetto: Memoriam superborum perdidit Deus, el reliquie memoriam humilium sensu. In opposizione agli « orgogliosi » (lett. « coloro che s'innalzano »), gli 'anawim appaiono naturalmente come umili. Essi praticano la 'anawah, cioè la mitezza umile (cfr. Ed 3,17; 4,8; 10,28; 13,20; 45,4; Sof 2,3; Pv 15,33 = 18,22; 22,4). 45 Cfr. SI 25,9; 34,3; 69,33; 147,6; v«> , « sofferenza », l'altro quella di « sottomissione >> mite e umile. Siamo molto lon· tani da ciò che noi intendiamo abitualmente con « povertà ». - In arabo, anin designa il prigioniero o lo schiavo. 48 Si trova la stessa maniera di esprimersi nei salmi assiri e babilonesi. Per poter essere esaudito, l'orante ricorda che egli è >, >, ecc. Vedi una scelta di testi in H. BIRKELAND, 'Ani und 'Anaw, pp. 102-107. 49 A Qumran, gli 'anawim appaiono come uomini che sono incapaci di difendersi contro nemici potenti, e che attendono solo da Dio il loro aiuto. Vedi come l'espressione di Is 1 1 ,4 viene ripresa in 1QSb 5,22; 4Qpls 10,34; 4QpSl 37,1 1 , e come l'espres­ sione di ls 61,1 è riecheggiata in 1QH 18,14; vedi anche 1QH 5,2 1 . Per l'espressione 'anwe rua� in 1QM 14,7, vedi il nostro

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il quale lo 'any4' non è una figura diversa dallo 'ani 50 ; lo 'inwetan non differisce dallo 'Jnaw st: un uomo umile modesto, dolce e pacifico, paziente nelle umiliazioni, ma anche vittima senza difese di fronte agli oppressori e ai violenti. Mentre la nostra parola >. Il termine appartiene soprattutto al vocabolario sapienziale: lo si trova in Ec 4,14; 5,7; Ed 10,22; 1 3,18; nell'apologo di Natan (2Sm 12,1 . 3.4); nel SI 82,3 (forma verbale in SI 34,1 1 ) ; cfr. yJras in 1Sm 2, 7 (cantico di Anna) e Ed 16,9. Soltanto il caso di 1Sm 18,23 non può essere collegato col genere sapienziale (si tenga conto anche di Gn 45,1 1 ) . 62 Non vi è altro testo dei LXX in cui 11:-.wxoc; traduca ras, eccetto Ecl 10,22. In SI 34,1 1, rus è tradotto con 11:-.wxEuw; ydraJ diventa 11:"tWXEUW in Gdc 14,15 A e Pv 23,21, 11:"tWX't;w in 1Sm 2,7.

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« essere nell'indigenza » 63 • Il verbo e i suoi derivati prendono facilmente una colorazione peggiorativa: l 'in­ digenza del ras viene attribuita alla sua indolenza o alla sua pigrizia. Il bisognoso è un uomo disprezzato 64 • l Proverbi non condividono interamente questo punto di vista; tuttavia sembrano supporlo. L'aramaico non offre alcun termine equivalente CIS_ 4. Miskén ha un posto molto limitato nella Bibbia 66; ma ricorre con frequenza nell'ebraico della Misna e nei targum aramaici 67 • È questo il termine cui ricorrono le versioni siriache per tradurre la prima beatitudine; a questo termine ricorre anche C. F. Burney nella sua re­ troversione aramaica della beatitudine 68• Il termine, presente in Assiria e negli archivi di El­ Amarna, appartiene al gruppo delle lingue aramaiche. Il nome di muskénu si applica concretamente a un 63

Cfr. E. BAMMEL, TWNT VI, 889; A. GEORGE, DBS VII, 388.

64 Cfr. 1Sm 18,23: Saul fa sapere a David che può diventare

suo. genero; David protesta: « Io non sono che un povero e di­ sprezzato, rai weniqlèh ». Altrove, sempre rivolgendosi a Saul, dice di essere un « cane morto >> (24,15; cfr. 2Sm 9,8; 16,9). 65 A. KusCHKE (ZAW 1939, p . 46) accosta ras a htlsér, « mancante di », e ai termini della stessa radice. Certamente un « (uomo) mancante di pane » (dr. 2Sm 3,29; Pv 12,9) non può essere che un indigente. Ma per questa strada non si arriva a un vocabolario che caratterizzi la « povertà » . 66 Ec 4,13; 9,15(bis).l6; Ecl 4,3; 30,14. Il sostantivo astratto miskénut compare una volta, in Dt 8,9. Questi termini non ricorrono nei testi di QUmran. 67 Vedi il dizionario di M . }ASTROW, II, pp. 807-808. 68 The Poetry o/ Our Lord, p. 166. Questo modo di tradurre la beatitudine trascura il suo sostrato biblico. Burney riserva 'inwannayya ( = 'anawim) per la beatitudine dei « miti »; la critica letteraria non invita in alcun modo a distinguere i ter­ mini che caratterizzano le due beatitudini : tutto porta a pen­ sare che la beatitudine dei « miti » sia stata avvicinata alla bea­ titudine dei « poveri in spirito » per sottolineare ulteriormente il suo significato spirituale. •

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543

uomo che appartiene allo strato inferiore della popola­ zione, e si colloca tra i proprietari, cittadini a pieni di­ ritti, e gli schiavi 69• Originariamente, sembra che il ter­ mine designasse >, « umiliarsi dinanzi a qualcuno >> . Cfr. W. GESENIUS· F. BuHL, Hebr. und Aram. Handworterbuch, p. 440; C. BE· ZOLD, Babylonisch-Assyrisches Glossar, Heidelberg 1926, p. 136. - Sul vocabolario della povertà in accadi co, vedi W. G. LAM· BERT, Babylonian Wisdom Literature, Oxford 1960, p. 18, n. l . I termini più correnti sono lapnu e katu, spesso abbinati. V i è anche mulkenu, akuu, lillu, ensu, ulalu, ecc. Lambert sottolinea che la maggior parte di questi termini indicano originariamente persone che soffrono di qualche menomazione o debolezza fisica. 71 Vedi la definizione di Midr. Prov., cap. 22 (}ASTROW, Dictio­ nary, Il, 807 ) : « L'uomo povero è chiamato miskén perché non ha mezzi sufficienti di sussistenza ». Nei testi rabbinici, il miskén appare spesso come un uomo disprezzato e umiliato. L'Ecclesiaste lo contrappone al re: « Meglio un giovinastro povero ma accorto che un re vecchio e stolto » (4,13; cfr. 9,15-16); Ben Sira lo oppone al ricco: « Meglio un povero sano e robusto che un ricco malandato nel corpo » (Ecl 30, 14). 72 Questo senso comunque non va assolutamente escluso, come si può vedere leggendo Ecl 4,3. Ecco il testo secondo l'ebraico: }a Non turbare le viscere dell'oppresso (dak), - 3b e non affiiggere il seno dell' 'ani. 3c Non rifiutare di dare ( qualcosa) al tuo miskén, 4 e non disprezzare le richieste del dal, 5 e non dargli occasione di maledirti. .

·

.

-

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5. J::Iaiik ( paiika' ) non è presente nell'ebraico bibli­ co; lo si trova nell'ebraico misnico ed è particolarmente frequente nei targum aramaici 74• La parola significa esat­ tamente « magro », « emaciato ». Un proverbio citato in un midrai, ne illustra bene il senso 75: « Quando (l'uomo ) grasso ( Semena') diventa magro (paiik ), il ma­ gro è (già ) morto >> . Il proverbio sembra dire, non sol­ tanto che la sventura si abbatte più pesantemente sul povero che sul ricco, ma che il castigo colpisce l'op­ pressore quando è ormai troppo tardi per la sua vit­ tima 76• Utilizzato per tradurre in aramaico la maggior parte delle parole che in italiano vengono tradotte con « povero » ('ani, 'anaw, 'ebyon, dal), balika' si può tra­ durre con « povero » o « infelice » ; il suo punto di vista,

Testo greco: 3a Non accanirti contro un cuore esasperato, - 3b e non tardare a dare ( qualcosa) al bisognoso ( 'l':POO'OEO­ J..L lvou ) . 4a Non respingere chi ti supplica nella sua tribolazione, - 4b e non distogliere il tuo sguardo dal povero ('l':'twxoii ) . 5a Non distogliere i tuoi occhi dal bisognoso ( l'i EOJ..LÉvou), 5b e non dare ad alcuno occasione di maledirti. La corrispondenza tra i due testi è alquanto imperfetta; tut­ tavia sembra che il traduttore abbia visto nel miskén un « bi­ sognoso >>. S i tratta in ogni caso di un uomo che chiede l'ele­ mosina, un mendicante verso i! quale si deve mostrarsi generosi. 73 Il lessico di GESENIUS-BUHL (p. 233) avvicina questo ter­ mine a quello alquanto misterioso di hlkh, che si legge unica­ mente nel SI 10,8.10.14 (tradotto nei LXX 2 volte con 'l':Évl)c;, e l volta con 7':'tWX6c;). Il contesto (vv. 2.9.12) lascia supporre che il suo significato non sia molto diverso da quello di 'ani; ma la sua accezione esatta è sconosciuta. Nella " Bibbia di Gerusalemme �>, R. TouRNAY traduce « le miserable �>; nella « Bib­ bia della Pléiade », E. DHORME propone « le miséreux »; il commento di H.-J. KRAUS opta per sa. È Japhal ciò che non si eleva e non attira lo sguardo : come in latino si chiama humilis ciò che resta a livello del suolo, humus. Applicato a un uomo, iaphal può avere un senso peggiorativo : si tratta in tal caso di colui che si avvilisce, che si rende disprezzabile 79; spesso vie­ ne preso in senso buono, per indicare l 'uomo umile e modesto 80 • Come lo 'anaw si curva senza opporre resi­ stenza, lo saphdl si tiene in basso. Le due immagini, pre­ se insieme, rappresentano bene le due componenti fon­ damentali dell'umiltà : la dolcezza paziente e il nascon­ dimento modesto! Si trovano insieme precisamente nella dichiarazione di Gesù : (SI 9,10; 10,18; 74,21). Sbr è affine ai termini precedenti e sovente viene usato insieme con essi; il verbo significa > che por­ teranno con sé queste calamità 100• Queste descrizioni del giudizio di Dio lasciano già intravvedere il tema apo­ cali ttico che parla della miseria e della ; essi esplicitano perciò che si tratta di un « recupero della vista ». I l i Le due espressioni sono abbinate in SI 34,19: « Jahvè è vicino ai contriti di cuore, e salva gli abbattuti di spirito >>. La formula di Is 6 1 , 1 > è riecheggiata dal SI 147,2-3: « Jahvè ricostruisce Gerusalemme, raduna gli

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usate da Is 6 1 , 1 -3 e dai testi che da esso derivano, ri­ chiamano alla mente una categoria di persone che si trovano in una situazione infelice; ad esse si annuncia che la miseria di cui soffrono sta per finire. Anche la risposta che Gesù fa recapitare a Giovanni Battista si riferisce a Is 6 1 , 1 : > . I « contriti di cuore » (cfr. Gr 23,9; Ez 6,9; SI 51,19; 69,21), nel senso in cui noi parliamo di uomini interiormente « spezzati », affranti, sono « coloro che hanno perduto ogni coraggio » (DHOKME, RB 3 1 , 1922, p. 500) ; il cui cuore è ormai divenuto inerte, prostrato, incapace di reagire, come lo è un arto spezzato. Verso coloro che la sventura ha gettato in questo stato, Dio agisce come il medico di fronte a una gamba o un braccio fratturati: li lega saldamente, li fascia in modo che si rinsaldino. 1 12 Nessuna meraviglia, se la relazione evangelica si unifor­ ma alla versione greca della Bibbia: essa la ricalca già parlando della « buona novella annunciata ai poveri »; può quindi pren­ dere da essa anche un inciso che non si trova nel testo ebraico , né in quello aramaico. L'espressione « i ciechi ricuperano la vista » non si spiega ricorrendo a Is 29,18 (« gli occhi dei ciechi vedranno ») , e neppure a Is 35,5 (« allora si apriranno gli occhi dei ciechi »); Is 6 1 , 1 LXX resta ancora preferibile a Is 42,18: « Sordi, ascoltate, e voi, ciechi, osservate per vedere ,. (civo:·

�À.ÉIJIO:'t'E tliELV).

I POVERI

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di sordi, di ciechi, di 'anawim ( 'lt"t'WXOL) e di 'eby6nim ( a'ltl}ÀmCTJ-LÉVOt ): ' In quel giorno i sordi udranno la parola del libro e, liberati dall'oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno, gli 'anawim proveranno una gioia ognor più gran­ de in Jahvè e gli 'eby6nim tra gli uomini esulteranno nel Santo di Israele, perché il violento non ci sarà più e l'ar­ rogante scomparirà.

L'enumerazione è più lunga nel capitolo 35: i depor­ tati appaiono come gente timorosa e si parla di essi come di ciechi, di sordi, di storpi e di muti: Fortificate le mani deboli, rinfrancate le ginocchia vacillanti. Dite a coloro che hanno il cuore affranto: Siate forti e non temete: ecco il vostro Dio! La vendetta viene, la retribuzione del vostro Dio; ecco che egli viene e vi salverà! Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, e si apriranno le orecchie dei sordi ; allora lo storpio saltellerà come un cervo e la lingua del muto griderà di gioia (vv. 3-6).

Sono queste, alcune profezie da accostare all'oracolo di I s 6 1 , 1 -3 per- cogliere la maniera con cui Gesù in­ tende definire la sua missione di messaggero della buona novella per i « poveri » e coloro che sono nel bisogno. Vi aggiungiamo l'oracolo del capitolo 49, affine a quello del capitolo 6 1 : Tu dirai ai prigionieri: Uscite!

e a coloro che sono nelle tenebre: Venite alla luce ! Essi non avranno più fame e non avranno più sete, il calore e il sole non daranno più loro fastidio, perché Colui che ha pietà di loro li guiderà e li condurrà alle sorgenti d'acqua . . .

,60

BEATI I POVERI

Montagne, erompete in grida di gioia, perché Jahvè consola il suo popolo, egli avrà pietà dei suoi 'aniyyim (49,9-10. 1 3) 1 13• l « poveri » di cui Dio ha pietà sono anche degli af­ flitti che egli ( resusim, 'tEi}pavaJ-LÉvovç), povera gente tenuta sotto il giogo da persone più po­ tenti. Non è temerario pensare che tutti questi infelici, cui bisogna prestare aiuto se si vuole piacere a Dio, non siano realmente diversi dai beneficiari privilegiati della buona novella della salvezza 121 • La Bibbia contiene molti passi che si dovrebbero ac­ costare a quello di Is 58. I I libro di Giobbe ha degli elenchi particolarmente suggestivi. Anzitutto quello in cui Giobbe descrive le ingiustizie che a lui sembrano restare impunite: I malvagi spostano i confini, rubano il gregge e il suo pastore, portano via l'asino degli orfani , prendono i n pegno il bove della vedova. Gli 'ebyonim si scostano dalla strada, gli 'aniyyim del la terra devono tutti nascondersi. Come onagri nel deserto escono in cerca di preda, e pur lavorando fino a sera, non c'è pane per i fig l i! Mietono nei campi fino a notte; vendemmiano nella vigna dell'empio. l21 La raccomandazione che CD 1 3 ,10 rivolge al sorvegliante sembra alludere a Is 58,6: > diviene �< l'anima affamata ». Inutile continuare con le citazioni. Sono numerosi i testi in cui si trovano abbinati il povero e l'afflitto 123, il povero e l'affamato 124, il povero, l'orfano e la vedo­ va 125; come pure quelli che uniscono alla fame ( e alla sete ) la nudità 126• Vedendo che le beatitudini raggrup­ pano insieme i poveri , gli afflitti e gli affamati, non si possono ignorare tutti i termini che servono a desi­ gnare persone che si trovano in una situazione simile. bri della congregazione versino il salario di due gi?rni ogni mese in una cassa comune, dalla quale i superiori attingeranno per le necessità degli orfani, come anche per « portare aiuto all' 'ani e all' 'ebyon, al vecchio che sta per morire, a chi è senza tetto, a chi è condotto prigioniero in una nazione stra­ niera, alla fanciulla che non ha parenti, alla ragazza che non ha pretendenti (?) » (CD 14,14-16) . 123 Cfr. Is 24,4 .6.7; Am 8,6.8; SI 35,10.14; Ed 7,32.34. 124 Secondo Is 32,6-7, l'insensato è colui che > . ( 3 , 1 5 ). Nel v. 19 Dio stesso precisa: « Eccomi all'opera 68 Sulle dipendenze letterarie e il contesto storico (V secolo) di questa promessa, vedi B. RENAUD, Structure et attaches litté­ raires de Michée .IV-V, Parigi 1964.

614

BEATI l POVERI

contro tutti coloro che ti fiaccano ( 'nh). In quel tempo, io salverò la (pecora) zoppicante e raccoglierò quella che era stata scacciata » 69• Dopo aver stabilito la sua residenza in Sion come Re d'Israele, Jahvè intende fare degli oppressi i beneficiari del suo Regno. In questo contesto si ritrova normalmente l'immagine del buon pastore. Essa compare ancora nell'oracolo di Is 40,9- 11 che formula il messaggio di « buona novella » che deve essere proclamato a Gerusalemme e nelle città di Giuda: Ecco il nostro Dio, ecco il Signore Jahvè! Egli viene con potenza, egli domina col suo braccio; ecco, ha con sé il suo salario e la sua ricompensa lo precede Come un pastore egli fa pascolare il suo gregge, raccoglie con le sue braccia e porta in seno gli agnelli e conduce lentamente le pecore che allattano.

.

La venuta escatologica di Jahvè avverrà con uno spie­ gamento di potenza, essa implica una vittoria di Dio sui nemici che opprimono i suoi eletti; ma sarà al tempo stesso la manifestazione della tenera compassione del Signore per i deboli e i vacillanti. Il capitolo 35 sviluppa lo stesso tema : Essi poi vedranno la gloria di Jahvè, lo splendore del nostro Dio. lrrobustite le mani stanche, rinsaldate le ginocchia vacillanti, dite a coloro che hanno il cuore smarrito: Siate forti, non temete, ecco il vostro Dio! Viene la vendetta, la ricompensa di Dio. Egli stesso viene e vi salverà.

Esiste uno stretto rapporto tra Sof 3 ,9-20 e Mie 4·5; B. 103-105) li fa risalire alla stessa epoca e crede preferibile attribuirli a uno stesso autore, pur ritenendo l'anteriorità del testo aggiunto al libro di Michea. 69

RENAUD (op. cii., pp.

I

PROTETII DEL RE

615

Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, le orecchie d ei sordi si spalancheranno, allora lo storpio salterà come un cervo e la lingua del muto griderà di gioia.

e

Là non ci saranno leoni, non vi salirà, né vi si incontrerà la bestia feroce, ma vi cammineranno i riscattati. Coloro che sono stati liberati da Jahvè ritorneranno, e saliranno a Sion con grida di gioia... Spariranno l'afflizione e i gemiti (35,2-10).

Il momento dell'intervento divino vedrà la trionfale rivincita di coloro che soffrono su coloro che li oppri� mevano. Gli 'aniyyim e gli 'eby6nim, la cui lingua è disseccata per la sete, avranno acqua in abbondanza (41,17-18); « colui che è stremato verrà ben presto li­ berato, non morrà in una tetra prigione e non mancherà di pane » (51,14). Dall'imminenza di questi eventi si deve concludere alla prossimità della « giustizia » e del­ la ( 65,25) I grandi beneficiari di questo nuovo stato di cose saranno eviden­ temente i poveri: .

Gli 'anawim si rallegreranno grandemente in Jahvè gli 'eby6nim tra gli uomini esulteranno nel Santo d'Israele. Perché non esisterà più il violento e il malvagio sarà sparito, e saranno sterminati tutti coloro che tramano l'iniquità, che con una parola fanno di un uomo un colpevole, che tendono tranelli a coloro che emettono sentenze alla porta, e se nza ragione rovinano il giusto (29,19-21 ).

e

I salvati canteranno mento :

allora

un

canto di ringrazia­

Tu sei stato un rifugio per il dal, un rifugio per l' 'eby6n in angustie, un riparo contro la pioggia, un'ombra contro il calore. Perché il soffio dei violenti è come una pioggia d'inverno, come il calore in un luogo arido (25,4-5).

Questo canto della Apocalisse di Isaia 70 è seguito da 70 Stato attuale della questione su questo gruppo di testi in: O. ErsSFELDT, Einleitung in das Alte Testament, 2 ed., Tubinga 1956, pp. 389-394. Alla bibliografia (p. 389, n. l) si aggiunga

I PROTETTI DEL RE

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oracolo : « Il Signore Jahvè cancellerà le lacrime da tutti i volti, egli toglierà l'obbrobrio dal suo popolo su tutta la terra, perché Jahvè ha parlato » (ls 25,8). L'espressione è stata ripresa dall'Apocalisse di Giovan­ ni : > ( 6 1 ,6-7 ) . Sem­ bra ovvio che una promessa di « mangiare » sia rivolta a gente che ha fame. L'idea si precisa nella lista del c. 49 : Cosl dice Jahvè, redentore di Israele, il suo Santo, a colui la cui persona è disprezzata, e fa ribrezzo alle nazioni, allo schiavo dei tiranni : I re ti vedranno e si alzeranno in piedi, e i principi si prostreranno ... Nel tempo favorevole ti esaudirò nel giorn o della salvezza ti soccorrerò . . . Di ' ai prigionie ri : Usci te! e a coloro che sono nelle tenebre: Mostratevi ! Essi non saranno più affamati 9, non avranno più sete, il vento soffocante e il sole non li tormenteranno più perché Colui che ha pietà di essi li guiderà e li condurrà alle sorgenti d'acqua . . Monti, date grida di gioia, perché Jahvè consola il suo popolo egli ha pietà dei suoi poveri ( 'aniyy aw) 10 (vv. 7-10.1 3). .

Il popolo di Dio è oppresso : sarà liberato; è nel­ l'angoscia: sarà consolato. Quando tornerà a Gerusalem­ me non avrà da soffrire né la fame, né la sete, né il caldo. 8 Cfr. K. KocH, Was ist Formgeschichte? Neue Wege Bibelexegese, 2 ed., Neukirchen 1967, p. 52.

9 Lo' yir'libu, ou 1tELvciuouaw.

der

IO Finale del v. 13 nei LXX : « Dio ha avuto pietà del suo popolo e ha consolato gli umili ('t"111tELvouc;) del suo popolo ».

LA BUONA NOVELLA ANNUNCIATA Al

POVERI

641

Ricordiamo anche 55,1-3 : •

Voi tutti che siete assetati, venite all'acqua, anche chi non ha denaro; venite! Comprate e bevete, senza denaro e senza pagamento, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane e vi affannate per ciò che non sazia? Ascoltatemi bene� mangiate ciò che è buono; voi stessi potreft procurarvi cibi squisiti. Prestatemi orecchio e venite a me, ascoltatemi e la vostra anima vivrà! Io concluderò con voi una alleanza perpetua la benevolenza fedele promessa a David 1 1 •

L'alleanza nuova che Dio intende concludere con i suoi deve giovare a degli sventurati che mancano del necessario. Essa procurerà loro un ottimo nutrimento e, come gli affamati della beatitudine, essi saranno saziati. Una promessa analoga si legge in 65,13 assieme alla minaccia per coloro che ricorrono agli dèi falsi : Ecco che i miei servi mangeranno, ma voi invece patirete la fame; ecco che i miei servi berranno, ma voi patirete la sete; ecco che i miei servi si rallegreranno, voi invece sarete nella vergogna...

La « consolazione >> che Dio promette al suo popolo sarà al tempo stesso un « saziarsi » : Rallegratevi con Gerusalemme Il Cfr. 4 1 , 1 7 : « I poveri e gli indigenti ('aniyyim we'eby6nim, ol 1t-rwxot xa.t ol ÉVÒEE�c;) cercano acqua e non ne hanno; la loro lingua è arida per la sete. lo, J ahvè, li esaudirò, Dio di Israele, non li abbandonerò; io farò scorrere fiumi sulle aride alture ... » .

642

BEATI I POVERI

ed esultate in lei, voi tutti che l'amate! siate con lei ricolmi di letizia voi tutti che per lei vi eravate afflitti. Affinché siate allattati e saziati al seno delle sue consolazioni, affin ché succhiate e vi dilettiate alla mammella della sua gloria ... (66,10).

Un oracolo inserito nella prima parte del libro di­ chiara che i vantaggi commerciali di Tiro 12 andranno a favore di coloro che stanno davanti a Jahvè « affinché mangino e siano saziati e abbiano splendide vesti » ( 2 3 , 1 8 ) 13•

3.

·

La felicità del poveri

Possiamo ora tornare alle beatitudini. Noi crediamo che le prime due dipendano da Is 6 1 , 1 -3 14 . Ma gli in­ dizi di questa dipendenza non sarebbero probanti se si prendessero isolatamente ; è dalla loro convergenza che acquistano tutto il loro peso. La beatitudine degli af­ famati non ha riferimenti cosi precisi con un passo de­ terminato ; aggiunta alle prime due, si colloca sulla loro stessa linea rievocando più generalmente un'altra forma delle promesse di consolazione contenute nel libro di lsaia. La situazione può paragonarsi con quella della risposta di Gesù agli inviati di Giovanni Battista : Gio­ vanni domandava : « Sei tu colui che viene? ». Gesù riIl Cfr. 60,5-7 : le ricchezze delle nazioni affluiranno a Ge­ rusalemme. 1 3 Vedi inoltre 51,3. 1 1 -14; 57,15; 65,19; 29,18-19. 14 Cfr. G. EICHHOLZ, Auslegung der Bergpredigl, Neukirchen 1965, pp. 33-34 e 38-39.

LA BUONA NOVELLA ANNUNCIATA AI POVERI

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sponde : « Andate a riferire a Giovanni ciò che voi udi­ te e vedete : i ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano e i poveri sono evangelizzati » (Mt 1 1 ,4-5 ; Le 7 ,22 ). L'enumerazione deve . far compren­ dere a Giovanni che il grandioso intervento divino an­ nunciato negli oracoli di Isaia ha avuto inizio. L'inciso finale è anche il più chiaro: « i poveri sono evangeliz­ zati » (o: « la buona novella è annunciata ai poveri » ), e richiama dir,ttamente la formula caratteristica di Is 6 1 , 1 15; essd dà in tal modo la chiave per gli altri elementi le cui allusioni sono meno precise, ma che sup­ pongono lo stesso contesto profetico. l . Is 6 1 , 1 si distingue per la formula che unisce il sostantivo 'anawim/rc'f:wxoi. e il verbo bsr/Eùa:yyE­ À.i.�oiJ.aL. È sufficiente incontrare questa associazione in

un testo posteriore, come M:t 1 1 ,5 oppure 1 QH 1 8, 1 4, per pensare a una allusione all'oracolo di Isaia. Nella prima beatitudine non si trova il verbo EvayyEÀ.i.�oiJ.aL; sarebbe stato d'altronde difficile inserirvelo senza appe­ santire il testo. Si può notare tuttavia che la risonanza di gioia del verbo è presente nell'esclamazione : « Bea­ ti! », e soprattutto che il termine �acnÀ.da, presente ts Vedi il nostro articolo L'ambassade de ]ean-Baptiste, NRT 83 ( 196 1), 805·821 e 943·959 (948-949). L'allusione è ricono­ sciuta da tutti gli esegeti. Eccezione significativa: ]. lliRtNG, Le Royaume de Dieu et sa venue. Etude sur l'espérance de ]ésus et de l'ap6tre Pau/, 2 ed., Neuchiìtel 1959, p. 30. Questo autore si richiama a Is 29,18-19 e 35,5-6, ma ignora Is 6 1 , 1 . La di­ menticanza si spiega vedendo come egli traduce il testo evan­ gelico: « . .. i morti risuscitano e gli 'ebyonim ricevono la buona novella ». I « poveri ,. ai quali viene annunciata la buona novella sono chiamati 'anawim e non 'ebyonim da Isaia. La spiegazione del testo evangelico deve partire dalla sua formulazione greca, non da una ricostruzione congetturale.

644

BEATI I POVERI

nella beatitudine, è precisamente quello che forma l'og­ getto della « buona novella » negli oracoli di consola­ zione del libro di Isaia: il > di Jahvè, di cui il profeta annunzia la « buona novella >>. Torneremo su questo punto nel prossimo paragrafo. Le risonanze dei termini usati permettono di rendersi conto che la for­ mulazione della prima beatitudine è più vicina a quella di Isaia 6 1 ,l di quanto potrebbe sembrare a prima vista. 2. Nella seconda beatitudine, l'associazione tra il ver­ bo « consolare » e « afflitti >> non dà l'impressione di essere molto caratteristica. C'è da notare tuttav-ia che, se la Bibbia presenta a volte persone" « affiitte » da un dolore che altri cercano di « consolare » 16 , in nessun altro passo il rapporto è cosl preciso come nella formu­ lazione di Is 6 1 ,2 : « consolare tu tti gli affiitti » 17 • La si incontra ancora in Ed 48,24, dove si dice del profeta Isaia : « Per una potente ispirazione egli vide la fine dei tempi, e consolò gli affiitti di Sion » 18• È chiaro che Ben Sira allude al passo di cui ci occupiamo, unico testo della Bibbia in cui si parli di « afflitti di Sion ». Le pro­ messe del libro di Isaia sono naturalmente intese da questo autore come riferite alla « fine dei tempi >> ( 'aharlt, 'tà ECTXct'tct). La seconda beatitudine, che accen 16 Cfr. Gn 37,34-35 ; 2Sm 1 3 ,37.39; ICr 7,22.

17 Si potrebbe segnalare Is 57,18 nel testo ebraico. Parlando

del suo Servo, Dio dice: > . Il greco è tutto diverso. Vedi ancora 66,10-13: « Rallegratevi con Gerusalemme ed esultate in essa, voi tutti che l'amate; allietatevi con essa, voi tutti che vi affliggete per causa sua : affinché siate allattati e siate saziati al seno delle sue consolazioni... Come un uomo che è consolato da sua madre, cosl io vi consolerò e cosl sarete consolati in Gerusalemme » . 1 8 « Gli afflitti di Sion » (ebraico); « gli afflitti in Sion » (greco) .

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tua ancor più il punto di vista escatologico, con tutta probabilità prende i suoi termini da Is 6 1 ,2, ma inse­ rendo uno spostamento di accento che si intona perfet­ tamente con la maniera di esprimersi di Gesù : « con­ solare gli affiitti » sarà compito di Dio più che del pro­ feta (Ecl) o del messaggero che ha ricevuto una mis­ sione analoga ( 1QH 1 8 , 1 5 ) 19 • 3. La dipendenza che mostrano la prima e la seconda beatitudine, prese isolatamente, rispetto all'oracolo di Is 6 1 , 1-2, re?de comprensibile il passaggio dall'una al­ l'altra, dai �overi ( 'anawim, 1t">wxoL) agli affiitti ( 'abe­ lim, 1tEvi}oGv-.Eç ). La stessa associazione di termini si trova in 1QH 1 8, 1 4-15, in dipendenza dal testo di Isaia. Non siamo a conoscenza di altri testi in cui que­ sti termini ricorrano insieme in un contesto più o meno simile 20 . 4. Ammessa la dipendenza delle prime due beatitu­ dini da Is 6 1 , 1 -2, non vi è difficoltà a riconoscere che la 19 È solo probabile che l'autore dell'inno si attribuisca la missione di consolatore: una lacuna del manoscritto ha fatto scomparire il verbo _ che esprime la sua azione verso coloro che sono >. Si tratterebbe del « Principe Messia >> di Dn 9,25, nella profezia delle settanta settimane; un richiamo a questo

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Is 52,7 è citato parzialmente anche in Rm 10,15. Il nostro testo è importante perché riunisce in sé il tema della « buona novella » e quello del > e « royaume », di cui l'a. sta discutendo. N.d.T. ] . 43 Cfr. G . DALMAN, Die Worte ]esu, I , p . 89; W . GRUNDMANN, 1tpocrlìÉXOIJ.O:L, TWNT I I ( 1935), 56-57. Buona esposizione com­ plessiva su questa attesa giudaica del Regno escatologico in R. ScHNACKENBURG, Règne et Royaume de Dieu, pp. 26-62. Più breve l'excursus Reich Gottes in }. ScHMID, Das Evangelium nach Markus, Ratisbona 1958, 4 ed ., pp. 31-39 (32-34). 44 Cfr. R . SCHNACKENBURG, op. cit., pp. 13 e 41; N. PERRIN, Rediscovering, p. 55. 45 Cfr. G. DALMAN, Die Worte ]esu, I, p. 88; J. ScHNEIDER, TWNT II ( 1935) , p. 666 ; W. G. Ki.iMMEL, Verheissung und Er/iillung. Untersuchungen zur eschatologischen Verkiindigung ]esu (ATANT 6), 3 ed., Zurigo 1956, pp. 19-29; R. ScHNACKEN­ BURG, Règne et Royaume de Dieu, pp . 135s; S. AALEN, NTS 1961-62, pp. 223-231; N. PERRIN, Rediscovering, pp. 58s.

66� 55 ; oppure « il Regno è preparato �> 56 per qual­ cuno, il Regno LV, è perfet­ tamente chiara : l'aggettivo tyyuc; esprime la vicinanza nello spazio ed è quindi figura della prossimità nel tem­ po 64• Dicendo che il Regno è « vicino » , Luca suppone

62 Per esempio, H. CoNZELMANN, Teologia del Nuovo Testa­ mento, p. 148 (che si richiama curiosamente a Mc 13,29, una spiegazione aggiunta dall'evangelista e che si riferisce alla prossi­ mità della venuta del Figlio dell'uomo, non del Regno). 63 La versione di Matteo: « mediante lo Spirito di Dio >>, sem­ bra conservare meglio il tenore originale, mentre l'espressione di Luca « mediante il dito di Dio ,. è risultato di un ritocco. Vedi, in tal senso, tra gli autori recenti: F. GILs, ]ésus Prophète d'après les évangi!es synoptiques, Lovanio 1957, p. 40; A. Rr­ CHARDSON, An Introduction to the Theology of the New Testa­ meni, Londra 1958, p. 107; C. S. Rooo, Spirit or Finger, ET 72 ( 196 1), 1 57s; J. A. YATES, Luke's Pneumatology and Lk. 11,20, in Studia Evangelica, II. Papers... Oxford 1 96 1 , I (TU 87), Ber­ lino 1 964, pp. 295-299; R. G . HAMERTON-KELLY, A Note on Matthew xii. 28 par. Luke xi. 20, NTS 1 1 ( 1 964-65), 167-169; A. GEORGE, Note sur quelques traits lucaniens de l'expression « Par le doigt de Dieu » (Le 1 1 ,20), io Sciences Ecclés., 18 ( 1966), 461-466.

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che il suo avvento sia imminente; è questo d'altra parte il senso che impone il contesto a questo punto : come, vedendo il fico gettare le gemme, si sa che l'estate è vicina ( v . 30 ), così i segni precursori di cui si è par­ lato nel discorso faranno comprendere che il Regno di Dio sta per venire. Dal punto di vista grammaticale, le altre due for­ mule sono ambigue 65. iiYYLXE\1 anzitutto, significa esat­ tamente (( si è avvicinato ». C. H. Dodd 66, richiaman­ dosi anche al sostrato aramaico, spiega che il senso non è più quello di una venuta prossima, ma di una venuta g� realizzata: l'avvento del Regno è divenuto un fatto èompiuto, che coincide praticamente con la missione di Gesù. Questa interpretazione è stata con-­ futata 67 tante volte che non pare necessario soffermar64 Cfr. Mc 13,28-29 par; Gv 2,13; 6,4; 7,2; 1 1 ,55 ; Ap 1,3; 22,10. Al comparativo : Rm 13,1 1 . 65 Cfr. R. F . BERKEY, Eyy��EW, cplhivEw, and Reali:r.ed Escha­ tology, ]BL 82 ( 1 963), 177-187. 66 C. H. Dono, The Parables of the Kingdom, pp. 4445. Lista di autori che sostengono posizioni analoghe in W. G. KiiMMEL, Verheirsung und Erfullung, p. 1 7 , n. 1 3 . Si deve tuttavia aggiun­ gere onestamente che in seguito Dodd non ha più sostenuto la tesi estremista che aveva difeso nel 1 935. 67 Lo studio migliore ci sembra quello di W. G. KiiMMEL. Verheissung und Erfullung, pp. 13-18; vedi dello stesso autore anche Die Naherwartung in der Verkundigung ]esu, in Zeit und Geschichte. Dankesgabe an R. B ultmann, Tubinga 1964, pp. 3146 (33-36), riprodotto i n Heilsgeschehen und Geschichte. Ge· sammelte Aufsiit:r.e 1933-1964, Marburg 1965, pp. 457470 (458· 461 ) . Conviene almeno ricordare G. DALMAN, Die Worte ]esu, I, pp. 87-88, e H. PREISKER, TWNT II, pp. 329-332. Sono da menzionare inoltre: R. H. FuLLER, The Mission and Achieve­ menl o/ ]erus, pp. 20-27; V. TAYLOR, The Gospel according lo St. Mark, Londra 1952, pp. 166s; A . FEUILLET, in lntroduction à la Bible, II, pp. 776s; R. ScHNACKENBURG, Règne et Royaume de Dieu, p. 1 18 ; J. BECKER, Dar Heil Gol/es, Gottingen 1963, pp . . 199ss; S. S. SMALLEY, The Delay of the Parousia, ]BL 8.3 ( 1 964), 41-54 (43); E. RA s co , Hans Con:r.elmann y la « Historia Salutis », Gregorianum, 46 ( 1 965), 286-319 (310·3 14).

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v1s1. Essa è contraria al modo con cui Luca esprime l'idea in 2 1 , 3 1 e con le espressioni equivalenti che lo stesso evangelista usa in 2 1 ,8.20.28 68 ; l'accordo non è migliore con le formule analoghe che si trovano nelle lettere e che documentano quale significato dovevano attribuire i primi cristiani alle dichiarazioni di Gesù (cfr. Rm 13,1 1-12; Fl 4,5; Eb 10,25; Gc 5,8; lPt 4,7 ; Ap 1 ,3 ; 22,1 0 ). Tale interpretazione inoltre non si ac­ corda né con l'uso dei LXX, né con i verbi corrispon­ denti in ebraico e in aramaico. Infine essa ha il torto di ignorare le radici che il messaggio di Gesù sembra ave­ re nella seconda parte del libro di Isaia, su ciò che vi si legge a proposito di un prossimo intervento· di Dio 69• Per quanto riguarda [cp�a.O"EV, non crediamo che ci si possa limitare a dire che il suo sostrato aramaico coin­ cide con quello di i)yyLXEV 70 . La sentenza di Gesù sup­ pone chiaramente più che una semplice imminenza del Regno 71 • Gesù invita i suoi interlocutori a riconoscere nei suoi esorcismi un effetto della potenza del Regno di Dio; questo suppone che il Regno di Dio è presente, almeno in certa maniera. Diciamo intenzionalmente: in 68 Con G. D. KILPATRICK, Some Notes on Marcan Usage (The Bible Translator, 7, 1956, pp. 51-56: 53), si può accostare lo i\yytxEv di Mc 1,15 con quello che lo stesso evangelista usa in 14,42: « Alzatevi. Andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è molto vicino ». Giuda non è ancora presente, entra in scena al v. 43. 69 Quest'ultimo punto è sottolineato soprattutto da FuLLER e FEU!LLET, loc. cit. 70 Cfr. E. RAsco, art. cit., pp. 313-314. Sul rapporto di questo verbo con �PXOIJ.11t (secondo il Targum di Ez 7,2-4), vedi S. AALEN, NTS 1961-62, p. 320. 71 Riportiamo qui alcune osservazioni già proposte in un no­ stro articolo, L'origine du récit des tentations de Jésus au désert, RB 73 ( 1966), pp. 30-76 (68-69 ), riprodotto nell'opera Les ten­ tations de Jésus au désert, Bruges 1968, pp. 121-122. Un nuovo studio è apparso in seguito: N. PERRIN, Rediscovering, pp. 63-67.

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certa maniera. Le espulsioni dei demoni hanno, infatti, valore di segno e ciò è dovuto al fatto che esse rivelano una potenza propria della Signoria di Dio; sono dun­ que una prima manifestazione di questo Regno, una an­ ticipazione dello spiegamento di potenza che accompa­ gnerà il suo avvento. In certo senso il Regno è già pre­ sente, precorrendo la sua inaugurazione solenne : come all'alba il sole è già presente prima del suo sorgere, con la luce che comincia a rischiarare il cielo. Quando Gesù manda i suoi discepoli ad annunciare che il Regno di Dio è vicino, trasmette loro anche il potere di cacciare i demoni e di guarire i malati (Mt 1 0 , 1 .7-8; Le 9, 1-2.6; 10,9 ). Sorìo--. questi i segni che confermano il messaggio dell'imminenza del Regno : esso è cosl vicino che già si fanno sentire i suoi effetti 72• È evidente che al tempo della sua venuta propriamente detta i segni non saranno più necessari; la presenza che i segni testimoniano è quella di una realtà vicinissima, ma sostanzialmente an­ cora futura 73 • 4. Il messaggio dell'imminente avvento del Regno di Dio non poteva non suscitare riserve, provocare critiche 72 Cfr. H. CoNZELMANN, Gegenwart und Zukunft in der noptischen Tradition, ZTK 54 ( 1 957), 277-296 (287).

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73 Per cogliere nel suo vero senso questa affermazione del­ l'imminenza dell'avvento del Regno di Dio, è necessario ren­ dersi conto che la concezione biblica del « tempo >> non coincide con quella che ci è spontanea. Vedi in proposito l'esposizione molto suggestiva di A. VbGTLE, Zeit und Zeituberlegenheit im biblischen Verstiindnis, comparsa nella raccolta Zeit und Zeit­ lichkeit, Friburgo in Br. 1961 (estratto a parte di 18 pagine). Oltre la nostra maniera quantitativa di concepire il tempo come una durata più o meno lunga, vi è posto per una concezione qua­ litativa per cui il tempo presente trova il suo vero significato in rapporto all'evento verso il quale tende e che esercita già la sua azione su di esso.

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da parte degli uditori di Gesù. Rispondendo alle obie­ zioni che gli vengono mosse, egli ci permette di cogliere ancora meglio il suo messaggio. Si possono ridurre que­ ste obiezioni a una sola: se fosse vero che il Regno di Dio è imminente, le cose andrebbero attualmente come le vediamo? In altre parole, il tempo presente non dà in alcun modo l'impressione di essere alla vigilia del­ l'evento formidabile annunciato da Gesù. Se l'interven­ to escatologico di Dio dovesse accadere domani, sembra che se ne dovrebbero cogliere già oggi i segni pre­ corritori. A questa difficoltà Gesù risponde in due maniere di­ verse. Anzitutto egli fa notare che i segni non mancano, ma che i suoi interlocutori non li sanno comprendere 74 • È precisamente ciò che intende dire la sentenza di cui abbiamo appena parlato : (Mt 12,28; Le 1 1 ,20). C'è anche il vivace rimprovero conservatoci in Le 12,54-56 :

Quando voi vedete una nuvola venire da occidente, ditf. subito che pioverà; e così avviene. E quando soffia il vento da mezzogiorno, dite che farà molto caldo, ed è ciò che succede. Ipocriti ! Voi sapete discernere l'aspetto della terra e del cielo; perché allora non sapete riconoscere que­ sto tempo? La parabola del fico che getta i germogli (Mc 1 3 ,28 par . ) sembra avere avuto originariamente lo stesso si­ gnificato : portare gli uditori di Gesù a discernere nel presente i segni del prossimo intervento di Dio. Si può ricordare anche la risposta data a Giovanni Battista, 74 Riassumiamo qui i risultati di un nostro articolo La para­ bole du figuier qui bourgeonne (Mare XIII,28-29 et paralleles),

RB 75 (1968), 526-548.

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stupito di vedere che il ministero di Gesù rassomigliava cosl poco a un preludio del terribile giudizio di Dio, di cui egli aveva annunciato l'imminenza 75 ; Gesù si richiama alle promesse del libro di Isaia per far com­ prendere a Giovanni che la sua attività benefica prelude al tempo della salvezza ( Mt 1 1 ,2-6 ; Le 7,18-23 ) 76 • Ci sono dei segni, dunque, ma bisogna saperli riconoscere. Un altro genere di risposta è quello rappresentato dalle parabole di contrasto, dette molto impropriamente « parabole della crescita » n . In esse Gesù si pone an­ cor più dal punto di vista dei suoi interlocutori. Egli ammette che il momento presente, il tempo in cui eser­ cita il Sùo ministero - un ministero tanto umile e pieno di tanti insuccessi è senza proporzione con gli spettacolari sconvolgimenti che si verificheranno quando il Regno di Dio verrà con tutta la sua gloria e la sua potenza. Egli però fa notare che anche il seminatore su­ bisce tante perdite quando getta la sua semente; que­ ste perdite, però, non impediscono una splendida messe (Mc 4,3-8 par . ) . Egli ricorda che, dopo la semina, il contadino non si occupa più del campo, lasciando che il -

75 Cfr. K. SMYTH, St. fohn the Baptist, in The Way, 1961, pp. 282-293 (284-286). 76 Vedi il nostro articolo L'ambassade de ]ean-Baptiste, NRT 83 ( 1961) , 805-82 1 e 943-959. n Anche qui, ci limitiamo a esporre sommariamente i · risul­ tati di una esegesi che abbiamo sviluppato altrove: La parabole du Semeur, in Foi et Vie, Cahiers Bibliques, n. 5 ( 1 967), 3-25; La parabole de la Semence qui pousse toute seule, RSR 55 ( 1967), 367-392; Les paraboles du Sénevé et du Levain, NRT 89 ( 1 967), �97-913. Nella conclusione di un altro articolo, scrivevamo : « Non pensiamo che si possa fondare sul Vangelo l'idea che il Regn o non è una real t à perfetta in se stessa, che sarebbe invece sog­ getto al d iven ire e suscettibile di crescita » (« Le Royaume des Cieux est semblable a.. >> , in Bibbia e Oriente, 6 ( 1964), 247-253, p. 253). Pensiamo quindi che non sia felice la denominazi one di .

" parabole della crescita ».

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grano germogli da solo ; vi ritorna soltanto quando è giunto il tempo della mietitura (Mc 4, 26-29 ). Dio non si comporta diversamente: attende la sua ora per inter­ venire, mentre la messe va maturando da sé. Gesù spiega ancora che un grano di senape, minuscolo, produce il più grande degli ortaggi, simile a un albero ( Mc 4,3032 par.), che un pizzico di lievito è sufficiente a far fermentare una grande massa di pasta (Mt· 1 3 ,33 par.). La piccolezza del grano di senape o della manciata di lievito corrisponde bene all'impressione di qualcosa di insignificante che dava il ministero di Gesù. Ma si tratta di un punto di partenza; il seguito sarà grandioso : cioè, l'avvento del Regno di Dio in tutto il suo splendore. Nelle forme più diverse, l'insegnamento rimane iden­ tico : il Regno di Dio è vicino. Il ministero di Gesù co­ stituisce il preludio all'avvento del Regno. Non ha importanza che rassomigli cosl poco a ciò che si attende dalla manifestazione della regalità di Dio; ciò che conta è che Dio, affidando a Gesù la sua missione, ha messo in moto il processo che sfocerà nella venuta gloriosa del suo Regno. Comprendere il ministero di Gesù 78, signifi­ ca riconoscere in esso il primo atto dell'intervento esca­ tologico di Dio, e quindi la garanzia della imminenza degli sconvolgimenti che questo intervento produrrà. Crediamo che sia essenziale porsi in questa prospet­ tiva per intendere nel suo vero senso la promessa della prima beatitudine. Prima di parlarne però si deve an78 Diciamo proprio « il mm1stero ,. di Gesù, in cui la predi­ cazione è inseparabile dai gesti che ne sono la concreta illustra­ zione e ai quali essa garantisce tutto il loro profondo significato. Su questa unità, formata dalle parole e dagli atti, nel ministero di Gesù, come in tutta la rivelazione biblica di Dio, vedi F . MussNER, Die Wunder ]esu. Eine Hinfuhrung, Monaco 1967, pp. 1 1-23; i miracoli come segni della venuta del Regno: pp. 45-57.

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cora dire una parola sulle promesse che sono legate alle due beatitudini seguenti. 5. Promettendo che gli afB.itti « saranno consolati » e che gli affamati « saranno saziati », queste beatitudini si fermano su due particolari aspetti della felicità che recherà con sé l'avvento del Regno di Dio. Non ci sem­ bra temerario riconoscere in esse due concrete applica­ zioni della promessa formulata nella prima beatitudine. Il caso degli afflitti è abbastanza chiaro. La « conso­ lazione » che viene loro promessa, richiama la missione del messaggero di Is 6 1 ,1-2 , incaricato di annunciare la buona �velia ai poveri e di « consolare gli afflitti ». Nella seconda beatitudine, però, sarà Dio stesso l'autore di questa « consolazione » . Questo modo di parlare è in accordo con quello dell'insieme degli oracoli di con­ solazione della seconda parte del libro di Isaia. In 49, 1 3 si legge: « Montagne, lanciate grida di gioia, perché Jahvè consola il suo popolo, ha compassione dei suoi poveri » ; in 57, 1 8 : « Io guarirò (il mio popolo ), lo consolerò, gli darò conforto, a lui e ai suoi afflitti » 79• Abbiamo già veduto che, in questo contesto, si tratta della salvezza escatologica, che coincide con l'inaugura­ zione del Regno -di Jahvè. Nel giudaismo, la parola « con­ solazione �� è quasi tecnica per designare la felicità esca­ tologica 110 : « I tuoi occhi vedranno la consolazione di Gerusalemme » ( Targum Is 33,20 ), « Voi vedrete la Vedi inoltre Is 66,12-13. Cfr. G. DALMAN, Die Worte ]esu, I, pp. 89·90; H. L. STRACK·P. BILLERBECK, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrasch, Il, Monaco 1924, pp. 124-126; O. ScHMITz-G. STAHLIN, "Jtapaxaì.Éw, TWNT V, 1959, p. 790. Si possono trovare, presso questi autori, numerosi esempi della ter­ minologia che noi ci limitiamo soltanto a richiamare. 79. 110

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consolazione di Sion » (Bar syr 44,7). Le 2 ,25 è un'eco di questo vocabolario, quando dice che il vecchio Si­ meone « attendeva la consolazione di Israele »; l'espres­ sione equivale praticamente all'altra in cui si dice che Giuseppe d'Arimatea « aspettava il Régno di Dio » ( Mc 15,43; Le 2 3 ,5 1 ) 81 • Gli affamati > ; saranno dunque saziati. Nel­ lo stesso versetto di Isaia, i LXX aggiungono: « Colui che ha pietà di essi li consolerà )) ; a questa espressione Giovanni sostituisce l'immagine ben più eloquente di Is 25,8: Dio « asciugherà le lacrime da ogni volto )). Questo per la consolazione degli afflitti. Le due immagini sono egualmente abbinate, sebbene in un'altra prospettiva �. nella parabola dell'uomo ricco e del povero Lazzaro. Quest'ultimo, che un tempo « si sareb9e accontentato di sfamarsi con le briciole che ca­ devano dalla tavola del ricco )) ( Le 16,21 ), ora riposa « nel seno di Abramo )) (v. 23 ) cioè ha un posto a ta­ vola vicino a colui che presiede al banchetto 8!1. Ora ha ,

� Il punto di vista della parabola è quello delle compensa­ zioni nell'oltretomba, non delle retribuzioni escatologiche. 88 Cfr. Gv 1 3,23. L'evocazione del banchetto celeste dà tutto il suo valore all'antitesi che oppone la nuova condizione del po. vero rispetto a quella miserabile in cui si trovava sulla terra; parallelamente, il ricco che viveva lautamente soffre la sete più intollerabile (v. 24) . Sul senso di x6À.1toc; in questo contesto,

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tutta la possibilità di saziarsi. Abramo spiega (v. 25) che il povero viene cosl già loro. E Mt 5,10 ripete la stessa affermazione per coloro che sono perseguitati per la giustizia. Questo uso del presente richiede qualche sp1egaz10ne. L'esegesi che faceva all'inizio del secolo Johannes Miiller rischia di farci sorridere 102: 95

Cfr. M t 25,34.

m

Cfr. Mt 24,44; 25,10.

96 Cfr. Mt 19,23-24.29 par.; Le 9,62. !18

M t 5,20; 7,2 1 ; 18,3; 19,23-24 = Mc 10,23-25 e Le 18,24·25; Gv 3,5. Cfr. anche M t 7,13 ; 2 1 ,3 1 ; 23,13; 25,2 1 .23; Le sentenze

raggruppate in Le 13,24-30, ecc. Su questo tema vedi G. DALMAN, Die Worte ]esu, l, pp. 95s; H. WINDISCH, Die Spruche vom Eingehen in das Reich Gottes, ZNW 27 ( 1928), 163-192; J. SCHN E I D E R , TWNT II (1935), 674s; A. GEORGE, La seigneurie de ]ésus dans le Règne de Dieu, d'après les évangiles synoptiques, in Lumière et Vie, n. 57 ( 1962), 2242 (27-29). 99 Mt 8,12; 22,13; 25130; cfr. 13,30.4142.48-50; 25,12. 100 M t 25,34; dr. 19,29 par. Su questo tema vedi G. DALMAN, Die Worte ]esu, l, pp. 102-104; ]. HERRMANN-W. FoERSTER, TWNT III ( 1 938), 766-786; ]. DuPONT, Il testamento pastorale di san Paolo, Edizioni Paoline, 1967, pp. 325-353. IDI M t 5,19; 18,1.4. 102 ]. M liLLER, Die Bergpredigt verdeutsch und vergegenwiir­ ligt, Monaco 1906 (8 ed., 1929). La citazione è fatta sulla base della traduzione francese di S. GoDET, Le Sermon sur la Monta­ gne transposé dans notre langue el pour nolre lemps, 2 ed., Pa­ rigi·Neuchatel, 1913, p. 46.

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Gesù dice espressamente ai poven m spmto: « Il Regno dei cieli è vostro. Non garantisce loro che vi entreranno un giorno, dopo che saranno morti santamente; perché il regno di Dio viene sulla terra, esso appartiene a coloro che lo cer­ cano e si stabilisce in essi. Esso comincia a bussare alle loro anime fin dal momento in cui risuona l'appello alla vita. Non è una promessa, ma un fatto ...

Nessuna meraviglia che C. H. Dodd cerchi in questo presente una conferma alla sua teoria della « escatologia realizzata »; se « il Regno è di essi », significa che è già venuto e forma l'oggetto di una esperienza 103• Più recentemente, H. Conzelmann attira a sua volta l'attenzione sullo (( stile e i tempi delle beatitudini » : essi permetterebbero d i rendersi conto, come dapper­ tutto nella predicazione di Gesù, che (( il punto nevral­ gico si trova nel fatto che l'interlocutore viene immedia­ tamente posto a confronto col Regno di Dio e che in tal modo, fin dal presente, egli fa esperienza della sua sal­ vezza eterna » 104• È vero che per Gesù, come per il suo ambiente, la nozione del Regno di Dio ha anzitutto un · significato escatologico ; ma (( Gesù supera la pro­ blematica apocalittica, quella dei termini (entro i quali devono verificarsi gli eventi), per concentrare (l'atten­ zione) sul significato esistenziale dell'annuncio del Re101 C. H. Dooo, Tbe Parables of tbe Kingdom, p. 47, n. l : l'espressione « di essi è il Regno di Dio >> è « un modo di dire che la venuta del Regno di Dio è realizzata nell'esperienza ». Vedi anche, dello stesso autore, l'articolo The Beatitudes, in Mé­ langes Bibliques rédigés en l'honneur de André Robert, Pa­ rigi 1957, pp. 404-410: l'affermazione « di essi è il Regno dei Cieli » sarebbe del tutto coerente con l'idea di un Regno che già lq��a.CTEV tq�' ùJ-L(ic; (Mt 12,28) e, dopo tutto, tcr"tw è un presente (p. 410). 104 H. CoNZELMANN, art. Reich Gottes (im NT), RGG1 V (196 1 ) , 914-918 (915) . 1os Ibid.

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gno » 105 • (( La sua predicazione non è propriamente una predizione di eventi futuri, ma " Vangelo " : la salvezza è visibilmente vicina » 106• Praticamente, parlando del­ l'imminenza del Regno egli intende dire : « Il tempo, nella misura in cui è nostro, è giunto alla sua fine » 1 07 • (( Infine, · il Regno di Dio non costituisce un fatto me­ tafisica suscettibile di analisi, ma significa che l'uomo ha Dio di fronte a sé » 108 • I l contenuto dell'attesa del Re­ gno è finalmente (( la fede, la certezza che è Dio a dare la salvezza , che " Dio " significa la salvezza che viene, di modo che uno conta interamente e solo su di lui » 109• Se abbiamo ben afferrato il pensiero di Conzelmann, il presente della prima beatitudine sarebbe un indice che autori�a supporre che Gesù parli del Regno di Dio in un sensò esistenziale, facendo di questo Regno il con­ creto equivalente della salvezza di cui il credente fa l'esperienza immediata 1 10 • 106 lbid. 107 Ibid. 108 H. CoNZELMANN, Teologia del Nuovo Testamento, p. 148. 109

lbid. Segnaliamo inoltre le spiegazioni, un po' imbarazzate, pro­ poste da G. E. Lwo, ]esus and the Kingdom ( 1966), pp. 202203 : > (Mc 10,15; Mt 1 9 , 1 4 ; Le 1 8 , 1 6 ). Anche questo testo solleva discussioni 112• Il caso del­ l'ultima beatitudine è forse più illuminante. Rivolta a coloro che soffrono la persecuzione per il Cristo, lancia a loro questo invito: . Sembra difficile contestare che l'espressione del v. 27, èìv iixp�crac; vuole commentare la parola XPLCT"toc; del v. 26. Ma il P. de la Potterie insiste sulla maniera con cui Gesù viene qui designato: « il Santo Servo » di Dio . L'espressione alluderebbe ai Canti del Servo nel Deutero-Isaia, e >, viene attribuita al figlio di David una funzione propriamente pro· fetica : la sua parola è quella di Dio, che realizza sempre ciò che significa. In Is 6 1 , 1 non si tratta più di distruggere i malvagi, ma di annunciare e realizzare la felicità per gli umili e gli sven­ turati; questa missione è ancora quella di un profeta (çfr. Auzou, p. 102 ) . 174 Cfr. H v oN BAER, Der Heilige Geist in den Lukarschri/ten, Stoccarda 1926; Gc W. H LAMPE, The Holy Spiri! in the Writ­ ings o/ Luke, in (D. E . NINEHAM) Studies in the Gospels. Ersays in Memory o/ R. H. Light/oot, Oxford 1955, pp. 1 59·200; E. ScHWEIZER, m�EU(J.Cl, TWNT VI ( 1959), 401413; H. CoNzEL­ MANN, Die Mitte der Zeit, pp. 167-172; H . FLENDER, Heil und Geschichte in der Theologie der Lukas, Monaco 1965, pp. 122-126. 175 Le 9,8 . 19 usa il titolo in dipendenza da Mc 6,15 e 8,28, ma non senza ritocchi significativi ; più significativo ancora è quello che Luca fa in 22,64 per esplicitare l'uso del verbo a pro­ posito di Gesù (cfr. Mc 14,65). Il termine si riferisce indiretta­ mente a Gesù in Le 4,24, corrispondente a Mc 6,4. Matteo in­ troduce il titolo in due passi : 2 1 , 1 1 .46. Lo si trova in quattro passi propri a Luca: Le 7,16.39; 13,33; 24,19. Cfr. F. GILS, Jésus Phophète, pp. 8,29; G. FRIEDRICH, TWNT VI, 842-843; J. DELOBEL, L'onction de Jésus par la pécheresse. La composi­ tion littéraire de Luc VII,36-50, ETL 42 ( 1966), 415475 (440-441 ) . .

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terventi redazionali 176 , e operando quegli accostamenti che, nel suo ministero di profeta escatologico, tendono a fare apparire Gesù come un nuovo Mosè rn e un nuo­ vo Elia 178 • L'elaborazione teologica, documentata dall'opera di :tuca, non fa che sfruttare dati già presenti nella tra­ dizione anteriore. La fonte evangelica comune a Luca e Matteo applicava a Gesù il testo di Is 6 1 , 1 ; lo ve­ diamo chiaramente sia nella risposta agli inviati di Gio176 Vedi, per esempio, Le 10,18.2 1 ; l'insistenza sulla scienza soprannaturale di Gesù (in linea col ritocco fatto in 22,64), ecc. Lunga lista in G. FRIEDRICH, TWNT VI, 845-847 ; cfr. l'opera di F. GrLs, Jésus Prophète. rn Abbiamo già segnalato l'accostamento tra Mosè e Gesù in Le 7,16; 24,19-2 1 ; At 3,22; 7,35.37; si potrebbe facilmente ag­ giungere At 3,13.1 5; 5,21 (cfr. il nostro Studi sugli Atti degli Apostoli, pp. 423-425). Sarebbe possibile scoprire lo stesso ac­ costamento nel ritocco compiuto in Le 9,8.19, secondo M. RE­ SE, Alttestamentliche Motive in der Christologie des Lukas, p. 32 1, come anche nel racconto della Trasfigurazione, Le 9, 28-36, secondo G. Voss, Die Christologie der lukanirchen Scbri/­ ten, pp. 160-167. Vedi inoltre F. GJ Ls Jérus Prophète, pp. 3042"; G. FRIEDRICH, TWNT VI, 848-849. Più generalmente, sull'attesa di un profeta simile a Mosè : ]. GrBLET, Propbétirme et attente d'un Messie propbète dans l'ancien iudaisme, in L'Al· lente du Messie, Bruges 1954, pp. 85- 130; H. M. TEEPLE, The Mosaic Erchatological Prophet, Philadelphia 1 957, pp. 86-88; O. CuLLMANN, Cbristologie du Nouveau Testamenl, Neuchatel­ Parigi 1958, pp. 18-38; R. ScHNACKENBURG, Die Erwartung des " Propbeten » .. . , Berlino 1959, pp. 636-639 ; F. HAHN, Cbristolo­ girche Hobeitstitel, pp. 356ss; A. GEORGE, Note sur quelquer traits lucaniens de /'expression « Par le doigl de Dieu » (Le 1 1,20), in Sciences Ecclér., 18 ( 1 966) , 461 -466. 1 78 Cfr. P. DABECK, " Siehe, es erscbienen Moses und Elias " (Mt 1 7,3), in Biblica, 23 ( 1942 ) , 175- 1 89 ( 180-189 ) ; C. F. EvANS, The Centrai Section o/ St. Luke's Gospel, in (D. E. NINEHAM) Studies in tbe Gospels. Essays in Memory o/ R. H. Light/ool, Oxford 1955, pp. 37-53; I . DE LA PaTTERIE, L'onction du Christ, NRT 1958, pp. 227-229; F. HAHN, Christologiscbe Hobeitslitel, pp. 354-356; R . SWAELES , Jésus, nouvel Élie. dans saint Luc, in Quin:dème Dimancbe après la Pentecote (AssS 69), Bruges 1964, pp. 41-66. ,

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vanni Battista, sia nell'enunciazione delle beatitudini. In questi due casi - di cui l'uno illumina l'altro - tro­ viamo un solido fondamento per poter pensare che Gesù stesso si era riconosciuto in questo testo di Isaia e vi aveva trovato una definizione della sua missione 179 ; sot­ to questo aspetto, il suo atteggiamento non è molto di­ verso da quello dell'autore delle Hodayot 180• Riguardo 179 Cfr. F. HAHN, op. cit., p. 220: > . Se abbiamo ben capito, questa dichiarazione riguarda la prima beatitudine; essa ci conserverebbe dunque l'eco di una parola del Battista e rispecchierebbe preoccupazioni alquanto diverse da quelle che ispiravano Gesù. Ci spiace che Bammel non abbia prestato mag­ giore attenzione al significato delle sentenze che egli attribuisce al Battista e ai circoli che a lui si richiamavano; la buona novella che tali sentenze annunciano, si colloca da un punto di vista che, a quanto possiamo giudicare, è quello stesso del messaggio di salvezza annunciato da Gesù, più che quello di una predicazione carica di minacce che sembra essere stata caratteristica di Giovanni. 1 80 La differenza non è tuttavia trascurabile. Si potrebbe rias­ sumerla nel fatto che Gesù non si presenta semplicemente come il continuatore della buona novella annunciata da Isaia; egli è il punto d 'arrivo di quell'annuncio, colui nel quale l'oracolo trova



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poi alla tradizione, secondo cui Gesù è stato considerato come un profeta, essa è riscontrabile in Mc 6 , 1 5 ; 8 ,28 e non c'è dubbio che essa riflette una impressione che Gesù ha effettivamente creato sui suoi contemporanei durante il suo ministero terreno 181 • Si deve aggiungere che Gesù ha dato adito a questa interpretazione richia­ mandosi a Is 6 1 , l per far comprendere il senso della sua missione : il ministero del messaggero di buona no­ vella, di cui parla questo testo, lo si comprende natural­ mente come quello di un profeta, del profeta la cui missione prelude alla instaurazione del Regno di Dio. Dopo tutte queste spiegazioni, non vi è alcuna diffi­ coltà a rispondere alla questione sulla portata messia­ nica delle beatitudini. Nulla autorizza a pensare che nel proclamare le beatitudini Gesù abbia compiuto un atto da sovrano messianico e che si sia in tal modo presentato come il Messia davidico, erede della promessa fatta a David dal profeta Natan. Nel senso in cui noi parliamo abitualmente del . Siamo meno soddisfatti invece leggendo più avanti : « Col loro carattere paradossale: ora poveri - in futuro signori, qui afflitti - di là consolati, qui affamati - di là saziati, esse corrispondono al tenore fondamentale dell'escatologia di Gesù ». L'aggiunta dell'antitesi « jetzt >> « dort » (di qua - di là) de­ forma il senso originale; distrugge ciò che costituisce propria­ mente la « buona novella » annunciata da Gesù, c cioè che il momento della consolazione è imminente, è giunto: per questo gli sventurati sono proclamati « beati >> . Questo punto, che co­ stiruisce precisamente l'originalità del messaggio di Gesù, viene messo bene in rilievo da E. NEUHAUSLER, Anrpruch und Antwort -

Gotter. Zur Lehre von den W eirungen innerhalb der rynoptischen ]esusverkiindigung, Diisseldorf 1962, p. 144.

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Quando si cerca di sapere per quale ragione i poveri, gli afflitti e gli affamati, godono di un privilegio nel Regno di Dio, i commentatori cercano frequentemente una risposta in considerazioni sulle qualità spirituali e religiose che procurerebbero a queste persone un trat­ tamento di favore. Si suppongono migliori e più pie delle altre; si attribuisce loro una apertura al dono di Dio che non si troverebbe in altri. Il privilegio che viene loro riconosciuto non sarebbe connesso alla loro miseria e alle loro sofferenze, ma alle disposizioni di spirito che meritano a loro la benevolenza divina 185• Questo modo di vedere, secondo noi, falsa il senso delle beatitudini. Non c'è ragione di fare dei poveri, degli afflitti e degli affamati qualcosa di diverso da ciò che dicono le · . parole usate per indicare questi sventu­ rati. Il fondamento del loro privilegio non si trova in essi, ma in Dio e nella maniera con cui Dio intende 1 85 Un esempio particolarmente suggestivo di questa esegesi SI trova in J. WEISS, ]esus im Glauben des Urchristentums, Tu­ binga 1910, pp. 25·27. Questo autore si mostra ancora chiara­ mente sotto l'influsso della teologia liberale quando ritiene che, sulle labbra di Gesù, le beatitudini non potevano riferirsi che a persone particolarmente ben disposte; dispre-aate dai « giu­ sti >> del giudaismo ufficiale, si distinguevano per le loro aspira­ zioni spirituali, radicate in una pietà umile. Solo molto più tardi la comunità cristiana ha inteso queste beatitudini in senso so­ ciale, quando cioè, essa si trovò completamente impoverita, men­ tre la ricchezza coincideva più o meno con l'incredulità e l'osti­ lità verso Gesù. I cristiani si persuadono allora che sono stati scelti da Dio proprio a motivo della loro povertà: questa convin­ zione si trova riflessa nella versione di Luca. Invece di collocare al punto di partenza della tradizione la versione matteana delle beatitudini, e il suo punto di vista moraleggiante, noi partiamo dalla supposizione che il significato originario delle beatitudini sia stato, non « sociale ,. nel senso loro attribuito dalla versione di Luca, ma teologico ed escatologico. Si tratta della fondazione del Regno di Dio e di coloro che saranno, a motivo delle pre>­ messe, i beneficiari privilegiati di questo Regno.

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esercitare il suo potere regale a vantaggio dei deboli e degli sventurati 186• Il presupposto delle beatitudini è una determinata concezione del Regno di Dio e della sua giustizia sovrana, concezione che è quella del Se­ condo Isaia, della rivelazione biblica nel suo insieme e, in generale, dei popoli dell'Antico Oriente . Dio non 186 M . ALBERTZ (Die Botschaft des Neuen Testaments, I, l, Zurigo 1947, p. 74) osserva molto giustamente: « In questi fon· damentali appelli alla salvezza non si tratta mai dell'esposizione di una qualità etica e neppure di un intenso desiderio della sal· vezza messianica. In essi piuttosto viene annunciata, a coloro che secondo la convinzione umana e al suo giudizio sono considerati miserabili, la salvezza nel senso del contrappasso escatologico e il paradosso viene perciò espresso in modo acuto ». E. NEU· HAUSLER (op. cit., pp. 144-145) sviluppa molto bene questa os­ servazione: « Le parole di salvezza o di perdizione di Gesù non si collocano nell'ambito del bene o del male, ma indicano nelle realtà della povertà, della farne e dell'afflizione i presupposti per divenire partecipi del Regno di Dio ... La decisione per l'in­ gresso del Regno di Dio non dipende, nelle beatitudini del di­ scorso della montagna, dall'osservanza o meno dei "dieci co­ mandamenti ", ma dalla esistenza dell'uomo » (vedi anche p. 157). Lo stesso punto di vista viene sottolineato con maggiore insi­ stenza da I. HERMANN ( lnitiation à l'exégèse moderne, Parigi 1967, pp. 126-127) : « Chi è indicato con l'espressione: "voi, poveri " ? Si tratta di coloro che non dispongono né di risorse né di potere? Si! I l testo ci costringe qui a cambiare il nostro pensiero e ad abituarci a un dato fondamentale del pensiero biblico : Dio è dalla parte dei poveri. La salvezza che Gesù an­ nuncia è il messaggio profetico del Dio Santo che consola i poveri, togliendoli dalla polvere e dalla miseria della loro esi­ stenza (SI 1 13,7) e li rianima, perché egli " troneggia " accanto agli afflitti e agli umiliati (Is 57,15; cfr. 49,13 ) . Si può osservare questa sollecitudine di Dio per i poveri attraverso tutto l'An­ tico Testamento. Colui che vuole abituarsi all'immagine biblica di Dio deve accettare la durezza che comporta questa presa di posizione di Dio, per una classe determinata... La religiosità "illuminata ", per la quale i rapporti con Dio sono " pura que­ stione di sentimento" verrà sconvolta dalla concezione biblica, secondo la quale Dio tiene conto della posizione sociale di un uomo. Ma colui che si propone di pensare come la Bibbia dovrà abituarsi al fatto che il rapporto tra l'uomo e Dio non si costruisce che sul fondamento di tutta l'esistenza umana indivisibile... ...

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potrebbe essere il Re ideale senza farsi difensore e pro­ tettore degli oppressi e di coloro che soffrono. È in questione la sua giustizia. Non nel senso che egli sia debitore di qualcosa a questi poveretti; egli è invece debitore verso se stesso di assicurare loro la pace e la felicità. Ecco la ragione precisa per cui l'annuncio della imminente venuta del Regno di Dio non può che riem­ pire di gioia i poveri e gli afflitti : è Dio stesso che sta per prendersi cura di loro, facendone l'oggetto della sua regale sollecitudine. Beati i poveri quando Dio sarà ef­ fettivamente Re sulla terra!

CAPITOLO

IV

IL PRIVILEGIO DEl BAMBINI

Per poter spiegare il privilegio che le beatitudini at­ tribuiscono ai poveri, agli afflitti -e-agli affamati, abbia­ mo dovuto risalire ai presupposti di queste beatitudini. Le radici che esse hanno nelle promesse del libro di Isaia ci hanno consentito di inserirle nel filone del vec­ chio tema tradizionale, secondo cui Dio instaurerà il suo Regno a beneficio di coloro che soffrono. In questo senso, le prime beatitudini ci sono apparse, sulle lab­ bra di Gesù, come una variante della buona novella: « Il Regno di Dio è vicino! )) . In questa prospettiva, la prerogativa dei p-overi in rapporto al Regno che sta per venire, trova il suo fondamento non tanto nelle dispo· sizioni religiose o morali che essi dimostrerebbero, ma nelle intenzioni di Dio, nella sua volontà di fare del suo Regno un Regno di « giustizia )) a vantaggio dei ' deboli e degli sventurati. Bisogna riconoscere che questa esegesi va contro cor­ rente rispetto all'interpretazione più generalmente dif­ fusa, in cui tutta l'attenzione si concentra sulle dispo­ sizioni d'animo che si possono attribuire ai poveri. Dob­ biamo al tempo stesso riconoscere che, in mancanza di

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indicazioni esplicite nel testo, abbiamo dovuto seguire una via che può sembrare molto indiretta: la nostra interpretazione si fonda su quello che noi crediamo il presupposto delle beatitudini. Sembra necessaria quin­ di una controprova. Il Vangelo conosce altri privilegia­ ti nella Basileia: i bambini e i peccatori. Su questo punto esso si stacca nettamente dal pensiero giudaico, molto più che per l'affermazione di un privilegio escatologico dei poveri; non è temerario vedere in ciò un elemento caratteristico dell'insegnamento di Gesù. Nel suo am­ biente non si ignorava che il povero è il protetto di Dio. L'originalità del suo pensiero appare più chiara­ mente in ciò che egli dice della predilezione divina ver­ so i bambini e i peccatori. Dobbiamo chiederci le ragioni di questa predilezione : è dovuta a qualità o disposizioni che sono tipiche dei bambini e dei peccatori, alla coscienza che essi hanno della loro piccolezza e della loro miseria, alla loro aper­ tura al dono di Dio? Oppure si deve ricercarne la spie­ gazione in Dio stesso e nella sua misericordia compas­ si�nevole? La risposta che si dovrà dare a questi inter­ rogativi illuminerà certamente il caso analogo dei po­ veri di cui Gesù proclama la felicità.� Cominciamo con i bambini. Dopo alcune indicazioni sull'atteggiamento dei contemporanei di Gesù a loro ri­ guardo, esamineremo tre dichiarazioni relative ai bam­ bini e a coloro che ad essi rassomigliano 1• La prima l Le prime due sentenze usano la parola 7taL5Lo"V, diminutivo di 1tai:ç, « fanciullo >>. Marco usa unicamente il diminutivo ( 12 volte); Matteo lo preferisce (18 volte), ma usa anche 1tai:> . Infine esamineremo il testo in cui Gesù rende grazie al Padre : > (Mt 1 1 ,25; Le 10,2 1 ) 2 • si

e

At 20,12 (v. 9 � \IEct\ILctç). Secondo l'etimologia, 1tct�ç significa " piccolo », « di scarso interesse » e appartiene al gruppo di ter­ mini relativi a ciò che è « poco >>: -rtctupoc;, pauper, paucus, par· L'us, paulus, puer, ecc. Cfr. E. BoiSACQ, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, 3 ed., Heidelberg-Parigi 1938, 739; A. 0EPKE, 1tct�ç, TWNT V, 1954, 636-653 (637) . La terza dichia­ razione di ·cui dovremmo occuparci, usa il termine vi)moç: si tratta ancora di un bambino piccolo, considerato però come un essere che non gode dell'uso di ragione. Questo significato generale è abbastanza chiaro, qualunque sia la sua etimologia (cfr. BoiSACQ, 669; G. BERTRAM, TWNT IV, 1942, 9 1 3-9 1 4 ) . Non dobbiamo in teressarci direttamente di �pé.rpoç, i l bambino poco prima o poco_ dopo la sua nascita. Neppure abbiamo da fermarci sulla terminologia ebraica, che presenta una gamma as· sai diversa (cfr. TWNT IV, 915-91 8 ; V , 367-368). 2 Non pensiamo di doverci occupare qui dell'episodio dell'cn· trata trionfale di Gesù a Gerusalemme. Secondo Luca ( 19,39-40 ), le acclamazioni dei discepoli in questa occasione hanno provocato l'indignazione dei farisei; Gesù risponde loro: > è considerata nella sua durata. Matteo usa l'in­ finito aoristo, H DEI\1 (in dipendenza dall'imperativo presente: « Non impedite loro di venire »), mostrando di non interessarsi al movimento nella sua durata, ma semplicemente al fatto. La redazione di Marco è più descrittiva; Matteo si cura meno di rendere la scena. Cfr. BoTTE, p. 66; BLASS-DEBRUNNER-FUNK, S 318; A. T. RoBERTSON, A Gro.mmo.r of the Greek New Testa· ment in the Light of Historical Reseo.rch, 3 ed., New York 1919, 856-858 c 890-891 ; M. ZERWICK, Graecitas Biblica exemplis il­ lustratur, 2 ed., Roma 1949, S 184. 3J « Non impedite loro », J..LiJ xwÀ.vnE : imperativo presente, d'obbligo in una proibizione « quando si tratta di un atto che è già iniziato >> (BoTTE, p. 54). Il senso esatto quindi è: « Ces­ sate di impedire loro "· J4 E. ScHWEIZER, Das Evangelium nach Markus, Gottingcn 1967, 1 17. JS E. HAENCH.EN, Der Weg ]esu. Eine Erkliirung des Mo.rkus­ Evangeliums und der kanonischen Parallelen, Berlino 1966, 344. ..

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ai suoi lettori. Lo si avverte già dalla solennità della dichiarazione: « In verità, vi dico ... ». Questo versetto enuncia la condizione requisita per entrare nel Regno: a questo scopo bisogna accoglierlo come un bambino. Il v. 1 4 prepara questa dichiarazione e le è subordi­ nato. Gesù vuole che si lascino i bambini andare a lui; il motivo della sua predilezione per loro è che il Regno di Dio appartiene non propriamente a loro, ma agli adulti che assomigliano a loro. È proprio per questo che bisogna assomigliare a loro nella maniera �on cui si accoglie il Regno. L'attenzione non è puntata su un privilegio dei bambini in rapporto al Regno, ma sulla necessità per gli adulti di rendersi simili ai bambini per entrare nel Regno. Il v. 1 4 deve essere quindi interpretato in funzione del v. 1 5 , che studieremo nel paragrafo seguente. Il senso generale non sembra creare diflicoltà, purché cercando di spiegare il significato delle espressioni usa­ te: essere > ai bambini, accogliere il Regno « co­ me un bambino » non si parta dalle idee che possia­ mo avere noi oggi sull'infanzia. Marco scrive per adulti che provano un certo disprezzo per i fanciulli. Rendersi simili ad essi, significa conformarsi a ciò che essi evo­ cano : esseri insignificanti che non contano granché agli occhi degli uomini. In pratica Marco raccomanda qui ai cristiani la vera umiltà 36• -

2. In Luca, l'episodio dei bambini ( 1 8,15-17) segue

immediatamente la parabola del fariseo e del pubbli­ cano ( 1 8,9-14 ). Più precisamente esso si lega con la sentenza posta da Luca a conclusione di questa parabo:16

Cfr. HAENCHEN, op. cit., 345-346.

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la : > ; in 10, 43-44 : > di tutti, il v. 36 parla di un bambino, per il quale gli adulti provano solamente del disinteresse. 7 1 f: il parere della maggior parte degli autori: commentatori di Marco (E. Klostermann, M.·J. Lagrange, E. Lohmeyer, J. Schmid, V. Taylor, ]. Wellhausen) , di Matteo (Lagrange, Schmid), di Luca (Lagrange, A. R. C. Leaney) , dei tre Sinottici (W. E. Bundy, H. ]. Holtzmann, C. G. Montefiore). Vedi anche R. BULTMANN, Die Gescbichte der syn. Tradition, p. 160; A. DE S · CAMPS , Du discours de Mare IX,J3-50 aux paro/es de ]ésus, in LI Formation des Evangiles. Problème synoptique el Form­ geschichte, Bruges 1957, pp. 1 52-177 ( 1 54-156) ; K. L. ScH MI DT Der Rahmen der Geschichte Jesu, Berlino 1919 ( Darmstadt, 1%4), p. 230; R. ScHNACKENBURG, Mk 9,33-50, in Synoptische Studien A. Wikenhauser, Monaco 1954, pp. 184-206 ( 186) ; W. TRILLING, Das wahre lsrael, 3 ed., Monaco 1964, p. 109; E. L. WENGER, The Marcan Parable of the Child in the Midst, ET 59 (1947-48), 166s, ecc. 72 Sentiamo qualche scrupolo nel presentare in maniera sem­ plificata un insieme di dati che è molto complesso. Dicendo che Mc 9,37b corrisponde a Mt 10,40, si dovrebbe aggiungere al­ meno che Mc 9,41 trova il suo equivalente in Mt 10,42. Si tratta evidentemente di due sentenze che sono state accostate l'una all'altra dalla tradizione. Ma esse testimoniano, al tempo stesso, strane variazioni. In Mc 9,37 si parla di « colui che ac­ coglie uno di questi bambini » ; in 9,41 di « colui che vi offre un bicchiere d'acqua >>. Matteo presenta l'ordine inverso, par­ lando prima di « colui che vi accoglie » (10,40) e poi di « colui che dà un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli » ( 1 0,42). Questo bel caso di « passo incrociato » è stato ben analizzato da E. VON DoBSCHUTZ, Paarung und Dreiung in der evangelischen Veberlie/erung, in Neu/eslamentliche Studien Georg Heinrici, Lipsia 1914, 92-100 (93-94). v.

,

=

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tre brevi frammenti tradizionali, posti semplicemente l'uno accanto all'altro, senza un legame reale tra di loro. 2. Luca ha rielaborato questi versetti di Marco e ne ha fatto un racconto omogeneo, logicamente coerente : Un pensiero si insinuò in loro: Chi potesse essere il più grande tra loro. Ma Gesù conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, lo pose accanto a sé e disse loro: > 100• I n questo senso, è necessario rendersi simili ai bambini per poter entrare nel Regno. Si tratta praticamente dell'umiltà. Noi però, sappiamo troppo bene che l'umiltà è una virtù; ma non è sotto questo aspetto · che essa viene raccomandata. Se il Regno appartiene ai bambini ciò non avviene come ricompensa alla loro umiltà 101, ma a motivo della predilezione che Dio ha per ciò che è piccolo, meschino, .:lisprezzato 102 . Per condividere il privilegio dei bambini, gli adulti de­ vono farsi piccoli, abbassare se stessi, ritenersi un nulla. E ciò non perché l'umiltà sia particolarmente meritoria, ma perché questo atteggiamento corrisponde a quanto sappiamo sulle disposizioni di Dio: « Dio resiste ai su­ perbi, ma dà la -sua grazia agli umili ( 't'> . È necessario S. REHRL, Das Problem der Demut in der profan-griechischen Li(eratur im Vergleich zu Septuaginta und Neuem Testament, Miinster 196 1 ; W. GRUNDMANN, -ra.nEw6c;, TWNT VI I I / l ( 1 965), 1-27; R. LEIVESTAD, Ta.nnv6c;·-rO.TI:ELv6cppwv , NT 8 ( 1 966), 36-47.

!04 Cfr. Le 1 ,48: Maria benedice Dio perché egli ha « chinato gli occhi sulla bassezza della sua serva » . L'espressione fa eco a 1Sm 1 , 1 1 : « Se tu chini gli occhi sulla -ra.nE(vwa-Lc; della tua serva »: si tratta della situazione umiliante che procura ad Anna la sua sterilità. In Gn 29,32 Lia dichiara: « Il Signore ha con­ siderato la mia "tO.TI:ELVWI1Lc;: umiliata perché non è amata dal marito, si vede favorita da Dio che le concede di dare alla luce un figlio. Allo stesso modo, Dio ha > di Giacobbe: trattato dal suocero come uno schiavo, egli è di­ venuto ricco per il favore divino. Gli lsraeliti maltrattati dagli Egiziani, sono ricorsi a Dio ed egli ha « considerato la loro -ra.nE(vwo-Lc; » (Dt 26,7) . Stessa annotazione in 2Re 14,26; Ne 9,9 ; SI 9,13; 25,18; 3 1 ,7; 1 19,153; Lm 1 ,9. La -ra.ndvwo-Lc; di cui parla la Bibbia greca corrisponde alla parola 'oni, « miseria », « angustia ». Dio considera l'angustia di qualcuno quando viene in suo soccorso; e interviene perché l'angustia attira la sua mi­ sericordia, non perché si tratta di ricompensare l'umiltà.

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chiarire questi due punti prima di prendere in conside­ razione il significato del logion nel suo insieme. l . , ri,

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all'uomo che accetta la signoria di Dio 109, si sottomette al suo potere e alla sua Legge; in particolare, essa trova la sua realizzazione nel pagano che si converte 110• La traduzione di · qibbel con OÉXOJ-LCXL piuttosto che con ÀcxJ-L�Iivw o oc!pw 1 11 , può giustificarsi con precedenti biblici 1 12 e con la nozione evangelica del Regno di Dio: porta la spiegazione di Eleazaro ben Azaria (verso il 100) : questa dichiarazione riguarderebbe i comandamenti dati da Dio; pra­ ticandoli, l'Israelita è « come uno che si separa dalla trasgres­ sione e prende su di sé il Regno dei Cieli ,. (Siphra Lev 20,26) . Nello stesso midras (Siphra Lev 18,6) , si trova un pensiero di Simeone ben Jokhai (verso il 150) in cui ricorre 4 volte l'espres­ sione: « E detto " lo sono Jahvè tuo Dio": lo sono Jahvè, e voi avete preso su di voi il mio Regno in Egitto... Poiché avete preso il mio Regno su di voi, accettate anche il mio co­ mandamento: "Tu non avrai altro Dio fuori che me " . Qui è detto: " Io sono Jahvè vostro Dio ". Io sono colui di cui voi avete preso (accettato) il Regno al Sinai . . . Poiché voi avete accettato il mio Regno, accettate anche i miei comandamenti » (stesse spiegazioni in Mekh Ex 20,2: STRACK-BILLERBECK, I , 174 ) . Sem­ pre verso il 150, Jehosua ben Qorha si chiede perché, nella preghiera dello Sema, il passo che comincia con Sema' (Dt 6,4-9) precede quello che comincia con « Quando voi udrete >> (Dt 1 1 , 1 3-2 1 ) . E spiega: . Cfr. BLAss, DEBRUNNER, FUNK, § 380, 3. 1 20 L 'accostamento tra questa sentenza e Mc 10,15 è fatto da W. G. Ki.iMMEL, Verheissung und Erfiillung, 1 18. Per illustrare l'uso del verbo « cercare » in M t 6,33 par., si può ricordare ..

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.: della perla ( Mt 1 3 ,44-46 ), le quali suppongono che si possa « trovare » il Regno senza esserne ancora entrati in possesso 1 21 • Ci sembra quindi che niente si opponga a riconoscere i l linguaggio di Gesù in una espressione che parla di « accogliere il Regno », quando si tratta in concreto della risposta da dare, mediante la fede e la conversio­ ne, al messaggio del Regno annunciato da Gesù 122 • 2 . Rimane la precisazione wç 1tC1�0LOV, (( come un bambino ». È una espressione ellittica; si deve supplire qualche cosa, ma che cosa? Ci troviamo di fronte a tutta una gamma di spiegazioni 123 : a ) Dal punto di vista grammaticale, la costruzione più semplice è. quella che prende 1tCl�OLov per un accu­ sativo. Alcuni autori pensano effettivamente che la sen­ tenza inviti ad « accogliere il Regno come ( si accoglie ) un bambino >> 124 ; un autore recentemente ha anche di­ feso l'idea che si tratterebbe di (a nrezzo della > . 263 Nella recensione babilonese. Testo stabilito da G. D A L MAN Die Worte ]esu, I , 303. La seconda frase della nostra traduzione sarebbe una amplificazione del testo primitivo (Dalman la mette tra cediglie) . La versione palestinese risale probabilmente ad un tempo precedente: « Sii favorevole (re!eh ), Jahvè nostro Dio, e stabilisciti in Sion ; che i tuoi servi possano servirti a Gerusa­ lemme. Benedetto sei tu, Jahvè, affinché ti serviamo con timore ,. ( 16' benedizione: DALMAN, p. 300 ) . ,

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formula « Sia beneplacito dinanzi a te » ( yehi ra�on millephaneka) 264, cioè : « Ti sia gradito ». Cosi comin­ ciava, per esempio, la preghiera che faceva R. Nechonia ben Haqana, verso il 70, quando entrava in scuola 265 : « Sia beneplacito dinanzi a te, Jahvè, Dio mio e Padre mio, che io non mi adiri contro i miei colleghi, e che i miei colleghi non si adirino contro di me >> . R. Johanan ben Zakkai, morto verso 1'80, usa una formula più breve quando, ormai malato, riceve i suoi discepoli che gli chiedono la benedizione: « Sia beneplacito ( yehi ra!on) che il timore dei Cieli sia su di voi 266 ». In aramaico il verbo re'a' (re'ey) ha lo stesso valore di rasah in ebraico, mentre il sostantivo rason trova il suo equivalente in ra'awa' (ra'wa', re'u, re'uta') u7 , che si sostituisce anche a �aphe!, il cui significato è pratica­ mente identico 268. Nel Targum Onkelos di Gn 28, 1 7, Giacobbe non dice soltanto che il luogo in cui egli si trova, Betel, è la casa di Dio, ma più precisamente: 4! un luogo in cui ( vi è) beneplacito ( ra'awa') dinanzi a Jahvè ». In Nm 1 4,8 : « Se Jahvè si compiace ( haphes) in 'noi » viene tradotto . cosi nello stesso Targum : « Se vi è beneplacito versò di noi dinanzi a Jahvè ». Gdc 1 3 ,23 : « Se Jahvè avesse voluto farci morire », nel Tar­ gum diventa: « Se vi fosse stato beneplacito · dinanzi a •••

264 Cfr. G. DALMAN, p. 173; STRACK-BILLERBECK, I, 607 e 786; G. SCHRENK, TWNT Il, 743. 265 p Ber 4,7 d, 28. Cfr. b Ber 19 a Bar: « Ti sia gradevole, Jahvè nostro Dio, circondare di compassione i nostri smarri­ menti e gli smarrimenti di tutto il ruo popolo, la casa d'Israele >>. 266 b Ber 28 b. 267 Cfr. M. }ASTROW, A Dictionary of the Targumin . , II, p . 1486. Vedi anche G. DALMAN, Die Worte ]esu, p. 173; G. SCHRENK, TWNT, II, p . 743. 268 Questo termine richiama l'idea di piacere: GESENIUS-BUHL, Handworterbuch, p. 249. Viene tradotto prevalentemente con bi)..w (44 volte) o &lÀ.T)!J.a. (21 volte ) e con �ouÀ.o!J.a.� (26 volte) . ..

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Jahvè di farci morire >>. I n Is 6 1 ,2 « l'anno di benevo­ lenza ( ra!6n ) di Jahvè » diventa un > ; T. ]os 4,6: « Il Signore non vuole (DO.E�) essere servito nell'impurità, non si compiace (EvSoxE�) negli adulteri ». Si deve ancora notare Salmi di Salomone 3,4 (testo ambiguo: il traduttore greco non sembra aver colto il senso dell'espressione « beneplacito dinanzi ·

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3. Nel Nuovo Testamento ricorre 9 volte tu8oxia. e 20 volte tu8oxÉw. Si tratta del « beneplacito » di Dio; soltanto Paolo usa 3 volte tu8oxia. e 7 volte tu8oxÉw parlando di disposizioni umane. La lettera agli Ebrei, in stretta dipendenza dall'An­ tico Testamento, ricorda che Dio « non si compiace nei sacrifici » ( 1 0,6.8 = Sl 40,7 ), né nell'uomo che si ri­ tira ( Eb l O ,38 = Ab 2 ,4 ). Viene applicata a Gesù la dichiarazione di Is 42 , 1 , dove Dio dice che >. Insufficiente è anche la spiegazione di P. JouoN (Philippiens 2,13, RSR 28, 1938, 3 0 1 s ) « per pura benevolenza >>, e ripresa da J. HUBY (Saint Paul. Les Le!tres de la Captivité, 1 4 ed., Parigi 1 947, 328; cfr. E. HAUPT, Die Gefangenrcha/tr· briefe, Gottingen 1 897, 3• parte, 98 - 1 02 ) . Restano possibili an­ cora due interpretazioni. Noi seguiamo quella che prende \mÈp Eulìox(ac, come un'espressione unitaria e crede di riconoscervi una formula più o meno tecnica della lingua religiosa; ci incon­ triamo così con la spiegazione proposta su una base del tutto diversa (linguaggio "religioso ellenistico) da A. DEISSMANN (Pau­ lus. Eine kultur- und religionsgeschichtliche Skizze, 2 ed., Tu­ binga 1925, 167) e parzialmente intravvista da M . DIBELIUS (An die Thersalonicher I-II. An die Philipper, 3 ed ., Tubinga 1937, 82-83 ) . La maggior parte degli autori segue un'altra strada. Separando i due termini, spiegano che la parola EÙiìox(a, riferita a Dio, indica generalmente in Paolo « il disegno benevolo » di Dio, il suo piano di salvezza; la preposizione Ù1tÉP andrebbe in­ tesa ne! senso : « a vantaggio di », « in vista di >> . Paolo direbbe quindi che Dio opera nei cristiani « in vista di realizzare il suo disegno benevolo >>. Cfr. J. B. LIGHTFOOT, Saint Paul's Epistle to the Philippians, 12 ed., Londra 1908, p. 116; F. PRAT, La Théolo­ gie de saint Pau/, I I , 2 1 ed., Parigi 1937, p. 99, n. 4 : W. MICHAE­ LIS , Der Brief des Paulus an die Philipper, Lipsia 1935, p. 46; G. HEINZELMANN, in H. W. BEYER, P. A LTHA U S ... , Die kleineren

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testo è quello dell'inno angelico in Le 2 , 1 4 : « Gloria Dio nell'alto dei cieli, e pace sulla terra agli uomini della benevolenza ». Alla luce dd vocabolario biblico e giudaico, è chiaro che gli av&pw1to� EVOoxLa.c; non sono tanto uomini ben disposti, > che vengono lasciati da parte, e ai > che ne ottengono i benefici. Essa si riferisce direttamente e propriamente ai > vengono menzionati soltanto per dare mag­ gior rilievo al privilegio concesso ai « semplici » . Gesù dunque ringrazia Dio per il privilegio accor­ dato ai « semplici », e ne cerca la ragione nella EuOox(a. del Padre suo. L'affermazione sembra chiara. Tuttavia basta scorrere i commenti per accorgersi che l'interpre­ tazione può ancora orientarsi in due diverse direzioni 279 Per la prima, la parola EuOoxia, o i suoi corrispondenti semitici ra!on e ra'awa', va intesa come la disposizione benevola che inclina Dio a scegliere i suoi eletti, a con­ cedere ad essi il suo favore e i suoi benefici. Per la se­ conda, si tratterebbe del compiacimento che Dio prova verso gli uomini pii, la cui condotta gli è gradita. Ri­ troviamo cosl il problema sollevato dall'interpretazione delle prime beatitudini : si deve attribuire il privilegio dei poveri e dei semplici a un favore divino puramente gratuito, oppure si deve cercarne la ragione nelle di­ sposizioni spirituali proprie dei poveri e dei semplici? m Cfr. E. VOGT, Bib, 1953, 427-428 ; ]. A. FITZMYER, TS 1958, 225. Questi due autori non si limitano a esporre le due interpretazioni della parola Ev5ox{ct; essi dimostrano anche che solo la prima deve essere accettata: tutta l'iniziativa è dalla parte di Dio, la cui benevola volontà è elezione gratuita, non motivata dalle qualità personali di coloro verso cui è rivolta.

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Gelin scriveva che non vi è alcun merito ad essere poveri ; come non ce n'è alcuno nell'essere semplici. Si deve concludere da ciò che i vfrrt�o� di cui parla Gesù sono dei semplici di cuore? Per illustrare meglio le due opinioni, crediamo di non poter fare di meglio che citare un autore, il P. Lé­ gasse, il quale ha cominciato col proporne una per adot­ tare in seguito l'altra. Nel 1 960 egli scriveva 2BO : A.

Di fronte all'istruzione legalista dei secondi (gli scribi), appare soltanto l'ignoranza dei primi (i vi)1Mt) . . È chiaro che tale ignoranza è soltanto la condizione di qualità reli­ giose e morali ed ha valore soltanto per questa ragione, ma e Ignoranza reale. Ciò che qui viene messo in opposi­ zione è, da una parte, una scienza la quale, benché reale, è dimentica della vera, volontà divina (Mt 23,1-32) e fonte di orgoglio; dall'altra, una ignoranza la quale, grazie al­ l'umiltà che ne deriva, diviene atta ad accogliere l'annuncio messianico in cui brilla l'iniziativa del Padre. Qui non si tratta di merito propriamente detto, ma di disposizioni spi­ rituali che fanno del « semplice » l'oggetto dei favori dal­ l'alto 2111 : egl i soltanto è in grado di ricevere la rivelazione .

2BO RB 1960, 343-344.

28 1 Il P. Ugasse _ci attribuisce questa spiega2ione nella prima edizione di quest'opera. Ma non vi riconosciamo per nulla il nostro pensiero. Nel passo indicato (p. 156) scrivevamo: « Perché questa preferenza per i piccoli ? A motivo della loro umiltà? Pro­ babilmente essi si riconoscono piccoli, una quantità trascurabile, come i « sapienti » immaginano di essere sapienti. Ma non è la coscienza della loro piccolezza che Gesù indica come il motivo delle rivelazioni: egli le attribuisce al beneplacito del Padre (Evliox(a.) . .. Solo perché il Padre si compiace di dare loro questo privilegio, i pi ccoli sono favoriti. � una preferenza del tutto gratuita che egli ha per loro. Non neghiamo che essi siano più atti a ricevere il dono di Dio; esso nondimeno resta un dono assolutamente libero da parte di Dio. Esso non è ricompensa, ma pura liberalità e non dipende che dalla Evliox(a. divina ». Te­ niamo conto della critica di Ugasse: la nostra prima edizione non diceva chiaramente che i vi)-n:tot non sono dei bambini propria-

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dei misteri, riconoscere il Messia nella persona di Gesù, perch é , sprovvisto di sapere umano e accettando coscien­ temente la sua V1J1t�6-rl]c;, non pone alcun ostacolo alla luce necessaria per questo atto 282•

Il vantaggio dei VT)'rtLOL si trova dunque nella loro ignoranza, soltanto nella misura in cui questa è sor­ gente di umiltà, ed è in questa umiltà che si deve 6-

mente detti, ma adulti che per la loro ignoranza meritano questo nome. Speriamo di aver precisato sufficientemente il nostro pen­ siero su questo punto. 282 Vedi anche p. 343, n. 3 : « 'l!. importante non dimenticare che, nel nostro logion, si tratta di adulti e che la mancanza di istruzione deve essere considerata un terreno favorevole alle disposizioni morali. Come la scienza dei Farisei è stata loro no­ civa soltanto a causa dell'orgoglio che ne derivava, cosl l'igno· ranza dd 'll'i)'!t�O� ha valore solo come condizione di qualità mo­ rali >>. In realtà, il testo non parla delle qualità morali dei piccoli, ma della benevolenza divina verso di loro. Da dove si deduce che la benevolenza di Dio non può essere motivata che da qualità morali ? Non è forse la misericordiosa accondiscendenza del Padre verso i piccoli, che provoca l'ammirazione di Gesù, più che la ricompensa assegnata a persone virtuose? Noi preferiamo la -critica che Légasse rivolge (p. 344, n. l ) a H. BRAUN, Spat­ judisch-haretischer und friihchristlicher Radikalismus, I I , 18, n . 3 . A Braun, per il quale « non è l'appartenenza o la non ap­ partenenza alla categoria dei teologi che è decisiva qui, ma la semplicità di cuore e l'assenza di pretese di fronte a Dio », Lé­ gasse risponde: « In realtà, questo punto di vista obbedisce a una tendenza spiritualizzante, che si manifesta anche a proposito della povertà biblica, di cui si riduce a volte eccessivamente l'aspetto fisico >>. La reazione è giusta, ma non ci sembra portata abba­ stanza a fondo . t esatto che l'azione di grazie di Gesù non è sem­ plicemente un invito a mostrarsi semplici di cuore e senza pretese dinanzi a Dio ; ma non si potrebbe certo vedere in ciò una rac­ comandazione dell'ignoranza, considerando la mancanza di istru­ zione come il terreno favorevole a disposizioni morali. L'errore di questa interpretazione sta nell'attenersi al punto di vista mo­ rale, quello delle disposizioni umane, mentre il logion si pone dal punto di vista « teologico », quello delle disposizioni di Dio, della sua predilezione per tutto ciò che è piccolo, debole, povero, miserabile.

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nalmente ricercare la ragione vera della benevolenza del Padre a loro riguardo 2&3. Il vrptLOc; riceve la rive­ lazione dei misteri perché, nella coscienza della sua igno­ ranza, non pone alcun ostacolo alla luce divina. Ma non è questo che dice esattamente il Vangelo : questa rivelazione è accordata ai 'Vi}moL perché tale è il bene­ placito del Padre. L'uso della stessa congiunzione sot­ tolinea lo spostamento di visuale . L'articolo del 1961 non riguarda direttamente il lo­ gian che stiamo esaminando ; ma l'autore pensa mani­ festamente ad esso in ciò che scrive a proposito della prima beatitudine e dei due passi che parlano della Evòox�a. divina 284 : Per interpretare la situazione privilegiata del povero nel Nuovo Testamento e nella mente del Gesù storico, bisogna collocarsi dalla parte di Dio. I poveri sono proclamati beati (Mt 5,3; Le 6,20) perché Dio ha disposto di salvarli. Si può tuttavia procedere oltre nella ricerca e chiedersi : perché Dio intende fare questo? Sembra che la risposta fondamentale sia quella che ci indicano passi come Le 2,14; 1 2,32 : Dio ha deciso di salvarli perché li ama, perché ha pietà di loro, perché - come un tempo verso Efraim deportato - il suo cuore si commuove dentro di lui e tutte le sue viscere fremono (Os 1 1 ,8) ru . La folla sbandata, oggetto della li..

2&3 E. SJOBERG (Der verborgene Menschensohn, pp. 186-187) ritiene che la parola vi)moç, come è stata usata da Gesù, abbia subito nel giudaismo una trasposizione religiosa, per cui designa « le persone pie che Dio circonda con una particolare sollecitu· dine ». Le rivelazioni divine sarebbero privilegio di uomini che praticano una religione interiore. 284 RB 196 1 , pp. 503-504 . 285 Per evitare ogni equivoco, abbiamo omesso la finale della frase : « per quello che c'è, in realtà, di più degno di tenerezza e di compassione ». L'aggettivo > ( ls 37,3 ; Ez 22,24 .30; Sof 1 ,15; Rm 2,5), che « la Collera si compirà » (Dn 1 1,36). All'occasione, si precisa che si tratta della > ( !Ts 1 ,10) . Altri attributi divini esi­ gerebbero rilievi dello stesso genere, particolarmente la Miseri­ cordia (cfr. Tb 6,18 S; Sp 3,9; 4,15; SI 89,14; Le 1,54, ecc.). La Evlìoxta. divina, e la maniera con cui se ne parla, si inserisce quindi in un vasto complesso che rispecchia una riflessione sul­ le proprietà divine.

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non si richiama alle lodevoli disposizioni che possono animare il cuore di questi VTJ1tLOL; tutta la sua atten­ zione è concentrata sulle disposizioni di Dio verso di loro 287 ; sulla benevolenza che egli ha per loro ; sul de­ siderio che ha di salvarli precisamente perché sono vi}1tLOL. Inutile smussare il paradosso: il Dio infinita­ mente grande è vicino a ciò che è piccolissimo; le sue rivelazioni egli preferisce concederle ai semplici piut­ tosto che ai sapienti e intelligenti, e nel capitolo seguen­ te vedremo che egli ha una spiccata predilezione anche per i peccatori. Volere ad ogni costo che i privilegiati della grazia siano uomini migliori degli altri, non signi­ ficherebbe ridurre le vie di Dio agli angusti limiti della ragione umana, imporre alla sua libera e meravigliosa EÙOox�a. dei criteri di cui essa non sa che farsene? Ricordiamo, terminando, che Gesù non ringrazia il Padre perché, in modo generale, egli riserva ( abitual­ mente ) le sue rivelazioni ai « semplici » ; questa azione di grazie, espressa all'aoristo, si riferisce a un avveni­ mento che si è verificato da poco. Non ha molta impor­ tanza che non ci sia stato conservato il ricordo della oc­ casione precisa in cui sono state dette queste parole, perché questa occasione, in ogni caso, sarebbe tipica delle condizioni "in cui Gesù ha esercitato il suo mini­ stero; tanto che si può considerare questo ministero co­ me una manifestazione della predilezione del Padre per i > . .

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loro comprendere il significato della m1ss1one che ha affidato a Gesù. Il presupposto dell'azione di grazie di Gesù è il suo essere cosciente che i disegni segreti di Dio si manifestano nella sua parola e nella sua azione; ma vi si manifestano in maniera tale che i dotti non ne capiscono nulla : alla fede dei > non per l'età ma per le loro capacità intellettuali. Nonostante tutto, conserviamo il nostro titolo. Esso ha il vantaggio di ricordare il pre­ supposto dei due primi logia: il Regno di Dio appar­ tiene anzitutto ai bambini ed è questa la ragione per cui gli adulti devono assomigliare a loro per poter�i entrare. Per quanto riguarda il terzo logion, il nostro titolo corrisponde almeno al primo senso di vi}1tLoc;.

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Un elemento comune ci consente di mettere sullo stesso piano i privilegiati di cui parlano i tre logia : tanto i 1tcu8i� di Mc 1 0, 1 4- 1 5 quanto · i '.ITJ'ItLOL di Mt 1 1 ,25 sono visti dai contemporanei di Gesù come esseri di cui si ta poco conto. Per valere qualcosa negli ambienti religiosi giudaici è necessario possedere l'istru­ zione senza la quale l'osservanza della Legge è impen­ sabile. Nella religione della Legge , tutti i privilegi sono per i dotti, i sapienti e gli intelligenti : per essi, le eventuali rivelazioni divine, perché la loro scienza li ha preparati a riceverle e li ha resi degni di esse ; per essi, almeno prima di ogni altro, le promesse del Regno. Gesù capovolge completamente questo modo di vedere. Sono i semplici, gli ignoranti, coloro ai quali Dio ora accorda la rivelazione dei suoi segreti; ai bambini e a coloro che ad essi assomigliano egli intende riservare i benefici del suo Regno. Bisogna lasciare a questo in­ segnamento tutto il suo carat tere paradossale, senza in­ terpretarlo partendo da una concezione idealizzata del­ l'infanzia o da una osservazione più attenta della psi­ cologia infantile, senza inoltre trasformare la ingenuità dei '.ITJ'ItLOL in una nobile semplicità di cuore. I privile­ giati agli occhi di Dio sono coloro che non contano agli occhi degli uomini. Dalla prima beatitudine sappiamo che il Regno di Dio appartiene ai poveri; ora sappiamo che appartiene anche ai bambini e che è necessario assomigliare ad essi per entrarvi. Accanto ai bambini si possono mettere anche, in certo modo, questi altri privilegiati che rice­ vono la rivelazione dei misteri di Dio: i « semplici » . Hanno qualcosa in comune queste tre categorie : sono formate da persone che, per ragioni diverse, costitui­ scono la parte inferiore della società. Non desterà me­ raviglia se, nel prossimo capitolo, metteremo accanto

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ad essi i peccatori, ultimi paria della società religiosa giudaica. Sono esattamente tutti costoro che, secondo l'insegnamento di Gesù, godono di una sollecitudine tutta particolare da parte di Dio; ad essi è rivolta la promessa della salvezza e della felicità nel Regno che sta per venire. 2. Qual è la ragione del privilegio annunciato da Gesù ? L'azione di grazie riferita in M t 1 1 ,25-26 par. dà la risposta esplicita a questa domanda. · La ragione del privilegio dei vi}1tLOL non va ricercata né nella loro semplicità e ignoranza, né nelle disposizioni interiori che ne deriverebbero; si trova invece nella EÙOoxLCl del Padre, nella sua benevolenza totalmente gratuita a loro riguardo. In conseguenza di questa EÙOoxLCl egli ha concesso a loro una rivelazione, negata all'élite spiri­ tuale di Israele. Il motivo del loro privilegio non va ri­ cercato in essi, ma in Dio, nella tenerezza misericordio­ sa e compassionevole con cui egli gode di circondare i diseredati. Noi pensiamo che le altre due sentenze si debbano spiegare nella stessa prospettiva. Se il Regno di Dio ap­ partiene ai bambini, ciò non è dovuto a disposizioni interiori di cui gli uditori di Gesù non hanno neppure l'idea, ma semplicemente al fatto che Dio si compiace di concedere i suoi benefici a esseri che gli uomini giu­ dicano trascurabili 2118• Per entrare nel Regno anche gli 281 Si potrebbe, allargando la prospettiva, richiamare per esem­ pio ciò che Gesù dice della cura che Dio ha per il nutrimento dei corvi (Le 12,24). Si tratta certamente di piccoli corvi (cfr. SI 147,9; Gb 38,41); contrariamente a P. ScHRUERS (La pater­ nité divine dans Mt V,45 e V/,26-32, ETL 36; 1960, 593-624 : 617), continuiamo a credere che questa menzione dei corvi è preferibile a quella degli « uccelli del cielo » in Mt 6,26: dr.

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adulti devono diventare simili ai bambini. E non arri­ veranno certamente a questo risultato senza l'umiltà; ma la nostra attenzione rion viene attirata verso questi sentimenti umili. Si tratta di assomigliare ai bambini; non alle disposizioni umili che si potrebbero supporre in essi, ma ai bambini quali sono considerati dagli adulti : degli esseri che non hanno importanza 289• A coloro che, nella propria stima e nella stima degli altri, non avran­ no maggiore importanza di un bambino, Gesù promet­ te non una ricompensa per la loro umiltà, ma una parte­ cipazione al privilegio dei bambini, cioè al favore che Dio concede a tutto ciò che è piccolo, meschino e di­ sprezzato. in questo volume p. 1 1 3 n. 36 e E. Fuc H s, Die Verkundigung Jesu. Der 5pruch von den Raben, in (H. RisTow-K. MATTHIAE) Der historische J esu und der kerigmatische Christus. Beitriige :rum Christusverstiindnis in Forschung und Verkundigung, Ber­

lino 1960, 385-388. Perché questi uccelli impuri piuttosto che altri? (Cfr. Lv 1 1 ,1 5 ; Dt 14,14). Perché inoltre i gigli selvatici (Le 12,27-28; Mt 6,28-30) e le erbacce (Le 12,28 ; Mt 6,30 ) , il cui splendore è certamente meno appariscente di quello delle rose di Saron? A. Gelin si domanderebbe di sicuro quale merito particolare dis tingue i piccoli corvi dagli altri uccelli e i gigli selva­ tici dagli altri fiori. Si parla inoltre della provvidenza particolare di Dio verso i passerj , dei quali « se ne vendono cinque per due assi : ma nessuno di essi è dimenticato dinanzi a Dio » (Le 12,6; cfr. Mt 10,29). È chiaro che Gesù sceglie espressamente animali e piante cui nessuno fa caso: Dio invece se ne occupa. È verso gli esseri apparentemente più trascurabili che egli manifesta più chiaramente la sua provvidenza. Il Dio che si prende cura anche delle sue infime creature è lo stesso che si compiace a salvare e rendere felici i poveri, gli sventurati, i bambini e coloro che ad essi rassomigliano. Non perché egli sia loro debitore di qual­ cosa, ma perché egli è ciò che è: un Dio compassionevole e mi­ sericordioso, che china amorosamente il suo sguardo verso ciò che sta in basso (cfr. SI 138,6; Le 1 ,48) . 2B9 Illustrazione pittoresca: Gesù ha moltiplicato i pani per cinquemila uomini (Mc 6,43) e per quattromila (8,9 ) ; Matteo ha cura di precisare ogni volta : « senza contare le donne e i bambini ,. ( 1 4 ,2 1 ; 15,38).

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Ritroviamo cosi, ciÒ che avevamo detto sulla ragione per cui Gesù proclama un privilegio dei poveri dinanzi a Dio: il fondamento di questo privilegio deve essere cercato in Dio, nella sua compassione misericordiosa , nella giustizia regale che egli intende esercitare a van­ taggio degli sventurati. Non diversamente dalla pover­ tà, l'infanzia non è vista come uno stato virtuoso e me­ ritorio; l'attenzione non si concentra sulla psicologia e le disposizioni interiori dei poveri e dei bambini, ma soltanto sulla psicologia e le disposizioni intime di Dio, cioè : la maniera con cui egli intende regnare, la dire­ zione in cui si volge la sua EÙOox(a.. Come le prime beatitudini, anche le sentenze relative ai bambini e ai VT)1tLOL hanno come fondamento essen­ ziale una certa visione di Dio; sono anzitutto una rivela­ zione del cuore di Dio. Per coglierne il vero senso, bi­ sogna entrare in questa visuale superando un punto di vista puramente moraleggiante e antropocentrico. 3. Le prime beatitudini ci sono apparse anche come una espressione della coscienza che Gesù aveva della missione divina ; in questo senso esse hanno una portata cristologica. Mediante l'allusione che egli fa alle pro­ messe del libro di Isaia, Gesù presenta se stesso come l'araldo del Regna escatologico, l'annunciatore della buona novella dell'intervento divino a favore· degli sventurati. Abbiamo visto che l'azione di grazie di Gesù in Mt 1 1 ,25-26 ha delle implicazioni molto simili. La ri­ velazione per cui ringrazia il Padre è stata appena con­ cessa ai piccoli. Non si potrebbe dubitare che tale ri­ velazione ha permesso a questi ultimi di comprendere il significato della missione di Gesù, di riconoscervi la manifestazione del segreto disegno di Dio relativo al-

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l'instaurazione del suo Regno. Ciò equivale a dire che Gesù, in questo logion, dà un'interpretazione della sua missione presentandola come la rivelazione dei segreti di Dio relativi alla fine dei tempi. Il logion di Mc 10,14 non deve essere isolato dal gesto cui fa da commento. La ragione per cui Gesù vuo­ le che si lascino andare a lui i bambini è che il Regno appartiene ad essi; la tenerezza che manifesta verso i bambini è il segno e l'illustrazione . del privilegio di cui essi godono in rapporto al Regno. Ma l'atteggiamento di Gesù verso i bambini non sembra che possa assu­ mere questo significato se non vi è una relazione tra Gesii e il Regno, tra la missione di Gesù e l'avvento del R�gno di Dio. L'accoglienza· che, secondo Mc 1 0, 1 5 , si deve fare attualmente al Regno, non può applicarsi che all'atteg­ giamento da prendere verso il messaggio di Gesù e la missione mediante la quale Dio avvia l'instaurazione del suo Regno. In pratica, l'ingresso nel Regno, quando esso verrà, dipenderà dalla risposta che ciascuno avrà dato alla missione di Gesù. Il punto di vista delle tre sentenze che abbiamo stu­ diato è quindi affine a quello delle prime tre beatitu­ dini, in quanto che l'insegnamento essenzialmente « teo­ logico )> che esse propongono implica una interpretazio­ ne della missione di Gesù . È questa missione che rende attuale il privilegio che attira sui muo�a e sui vrpt�o�. come sui poveri, sugli affiitti e sugli affamati, la solle­ citudine misericordiosa e completamente gratuita che Dio ha verso di loro.

CAPITOLO v

IL PRIVILEGIO DEl PECCATORI

La m1ss1one di Gesù riguarda in modo particolaris­ simo i poveri, gli afflitti, tutti coloro che soffrono. Vi è tuttavia una categoria di diseredati che sembra attirare ancora maggiormente la sua sollecitudine: i peccatori, questi rifiuti di una società ufficialmente dominata dalle esigenze della legge religiosa. Il comportamento di Gesù verso i peccatori contrasta arditamente con quello del suo ambiente; sorprende quanti gli stanno attorno e gli attira le critiche dei benpensanti. Gesù non ignora che lo si chiama « l'amico dei pubblicani e dei pec­ catori )) ( Mt 1 1 , 1 9 ; Le 7,34). Occasioni di chiarire la sua condotta non gli sono mancate e ciò che ha detto sulle ragioni dell'interesse che ha per i peccatori può illuminarci sui motivi della preferenza che accorda ugual­ mente ai poveri e agli sventurati. Il P. Roustang osserva che non ha il valore escatologico che riceve più avanti nel racconto: ma questa osservazione non indebolisce il senso di 2,10 e non ha il torto di supporre che 2,28 facesse parte del gruppo delle controversie? Albertz dice ancora che se Marco avesse raggruppato egli stesso le controversie, non avrebbe omesso quella che egli riferisce un po' più avanti, in 3,22-26: questa ri­ flessione sembra trascurare la differenza che separa gli insegna­ menti di 3,22-26 dai cinque episodi della sezione che stiamo esaminando. 9 Cfr. LÉON-DUFOUR, in Introduction à la Bible, II, pp. 307308; ID., I Vangeli e la storia di Gesù, Edizioni Paoline, 1968, pp. 333-335. lo Cfr. M. DIBELIUS, Die Formgeschichte des Evangeliums, 3 ed., Tubinga 1959, pp. 34-66. n Cfr. R. BuLTMANN, Die Geschichte der synoptischen Tradi­ tion, 3 ed., Gi:ittingen 1958, pp. 39-73. In inglese si parla di « pronouncement-stories >> : V. TAYLOR, The Formation o/ the Gospel Tradition, 2 ed., Londra 1935 (rist. 1949), pp. 63-87. !2 Oltre ai commenti (]. ScHMID, Mk, p. 67-68 ; V. TAY LOR Mk, p. 212), si deve tener conto ora soprattutto della mono­ grafia di A. FEUILLET, La controverse sur le ;eune (Mc 2,18-20; Mt 9,14-15; Le 5,33-35), NRT 90 ( 1 968 ), 1 1 3-136 e 252-277, di cui non è il caso di riportare la bibliografia (p. 1 1 3, n. 1). Come altri autori prima di lui, Feuillet distingue nettamente la ) . Il racconto ricalca esattamente il modello di l ,16-20 16 • Il racconto della vocazione di Levi viene rip.

1 1 1 , n. 6. Rimane ancora un'ultima possibilità: ammettere che il v. 20 non deve essere separato da 19a, perché il tutto risale a Gesù. Questa spiegazione ha numerosi sostenitori: vedere i commenti di F. Hauck, A. E. ]. Rawlinson, J. Schniewind, V. Taylor; E. PE RCY pp. 233-236; E. LOVESTAM, loc. cit. ; F. G. KREMER, Die Fastenansage Jesu. Mk 2,20 und Parallelen in der Sicbt der patrirtischen und scholastischen Exegese, Bonn 1965, 5�. Su questa via s'incammina anche il recente articolo di A. FEUILLET, NRT 1968: per l'autenticità del v. 20, vedi pp. 264266; contro quella del v. 19b (e per la priorità della versione di Matteo, che non ha questo inciso), vedi pp. 120 e 132-136. Segnaliamo infine anche ]. O'HARA, Christian FtJ.Sting. Mk 2,1822, in Scripture 19 ( 1967), 82-95: per salvare l'unità e l'auten­ ticità di tutta la pericope, basta rendersi conto che VI)O"-.EUw può intendersi in senso lato. 15 Cfr. K. L. ScHMIDT, Der Rahmen der Geschichte fesu, ,

Literarkritische Untersuchungen xur iiltesten ]esusuberlieferung, Berlino 1919 (rist. Darmstadt, 1964), p. 82; J. ScHMID Mk, p. 63; V. TAYLOR, Mk, pp. 201s; E. BEST, The Temptation and the Passion, p. 7 1 ; B. M. F. VAN IERSEL, La vocation de Lévi (Mc 11,13·17; Mt IX,9-IJ; Le V,27-32), in De ]ésus aux �van­ giles. Tradition et Rédaction dans les �vangiles synoptiques (Bibl. ETL XXV = Mélanges J. Coppens, Il), Gembloux-Parigi ,

1967, pp. 2 12-232 (220).

16 C fr. M. ZERwiCK, Untersuchungen

xum

Markus-Stil.

Ein

IL PRIVILEGIO DEI PECCATORI

855

ferito qui, invece che con quello della vocazione dei primi discepoli, senza dubbio perché faccia da introdu­ zione all'episodio seguente 17; il procedimento redazio­ nale balza agli occhi con tutta evidenza 18 • A prima vista, i vv. 1 5- 1 7 offrono un magnifico esem­ pio di « sentenza inquadrata � (in un racconto); il rac­ conto è condensato in poche linee schematiche e con­ verge interamente verso la parola di Gesù che ne forma la conclusione. Osservati più da vicino, questi versetti sollevano numerosi problemi ; d'altronde essi hanno dato luogo a una quantità di ipotesi. Il v. 15 colpisce anzitutto per la sua redazione estre­ mamente maldestra. Manca ogni legame con l'informazio­ ne precedente 19 ; Luca ha notato questa lacuna e vi ha rimediato precisando: « E Levi gli offrl un gran ban­ chetto in casa sua » (Le 5 ,29). Marco comincia ex abrup­ to: > (Mt 20, 1 2 ). Gesù non ignora il loro zelo nella pratica della Legge, né la costanza che presuppone la loro assiduità; egli ha tanto meno difficoltà aà ammettere la loro (( giustizia » quanto più desidera mostrare loro la necessità di una più pro.

.

47 Sull'esegesi di questo logion, vedi soprattutto lo studio già segnalato di ]. MousoN, Coli. Mechlin., 1958, pp. 134-139. Agli studi citati in questo articolo, si aggiunga l'articolo, già citato, di ]. ALONSO, Cultura Biblica 1959, pp. 10.12, e W. G. KiiMMEL, Man in the N.T., Londra 1963, pp. 19-21. Non ci fermiamo a discutere l'interpretazione, piuttosto arbitraria, che attribuisce alla parola , cioè convocarli ( Mt 22,3 ) : « Venite, tut­ to è pronto » (Le 14,17). Non si può certo pensare a una chiamata particolare, del tipo di qu�lla di Giacomo e Giovanni, che Gesù « chiama » a seguirlo (Mc 1 ,20) 52. Luca ha ritoccato il logion precisando « ... chiamare i peccatori a penitenza » ( 5,32 ); questa interpretazione dett.ata da preoccupazioni moraleggianti, restringe il si­ gnificato della chiamata 53 • Si penserà piuttosto alla chia­ mata alla salvezz�, cioè, nel contesto della predicazione S I Cfr. W. BAUER, Griechisch-Deutsches Worterbuch zu den Schri/ten des Neuen Testaments und der ubrigen urchristlichen Literatur, 5 ed., Berlino 1958, 788-790; K. L. SCHMIDT, xa'Mw, TWNT, III ( 1 938), pp. 488492. Si potrà consultare anche W. BIEDER, Die Berufung im Neuen Testament, Zurigo 1961 ( i n cui

non viene citato il passo che ci interessa). 52 Cfr. E. ScHWEIZER, Erniedrigung und Erhohung, p. 10. SJ Molti autori tuttavia adottano questa interpretazione, vedi: A. }iiLICHER, Die Gleichnisreden ]esu, t. Il, 2 ed., Tubinga 1910, p. 175; K. L. ScHMIDT, art. cit., p. 489; V. TAYLOR, Mk, p. 207 ; E. BEST, The Temptation and the Passion, p. 138.

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BEATI l POVERI

di Gesù, alla chiamata al Regno 54; questa chiamata, ri­ volta a peccatori, suppone il loro pentimento e la loro conversione, ma va anche oltre : essa offre l'ingresso nel Regno ( cfr. Mt 2 1 ,3 1 ). La chiamata rivolta ai pec­ catori in funzione dell'avvento del Regno non può con­ cepirsi come _un semplice « invito )) 55 ; si tratta di una « convocazione ,. pressante 56: l'ora è arrivata !>1, non la­ sciatevi sfuggire l'occasione propizia! Perché questa chiamata in favore dei peccatori? Più avanti, la parabola del banchetto la presenterà come un effetto della collera di Dio contro i primi invitati che si rifiutano al momento giusto : il loro rifiuto non im­ pedirà a Dio di realizzare il suo piano di salvezza, ma sarà a vantaggio di gente raccolta da qualunque luogo ( Le 14,16-24). Questo non è il punto di vista del logion di cui ci stiamo occupando. Dal fatto che la missione di Gesù non riguarda i giusti non si potrebbe concludere che costoro sono esclusi. La parabola del figlio prodigo e quella degli operai della vigna intendono spiegare pre­ cisamente ai ( vv. 3 e 5 ) ; nella parabola esso si traduce in questa forma: « Ec­ co, sono già tre anni che vengo a cercare frutti da questo fico e non ne trovo : taglialo » (v. 7), « Forse darà frutti 6Z W. R.

FARMEli, fll't. cit., pp. 305-306; vedi anche 3 1 3-316.

172

BEATI l POVERI

in avvenire; altrimenti lo taglierai » ( v. 9). Nel capitolo 1 5 le due brevi parabole hanno come ritornello: « Ral­ legratevi con me, perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta » (v. 6); « Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la mia dramma che avevo perduta » (v. 9 ). Il tema ritorna due volte anche nella parabola più svi­ luppata : , per indicare Gesù in una narrazione, è proprio di Luca ( 1 3 volte) e di Giovanni (5 volte), oltre a due casi nella finale deutero-cano­ nica di Marco (cfr. HAWKINS, pp . 20 e 43). Uìov : alquanto raro in Marco (8 volte), qut:sta parola è usata molto spesso da Luca (56 volte nel Vangçlo e 23 negli Atti), ma anche da Matteo (61 volte). "tà ùmipxov"tCI, « i beni >> : l'espressione non si trova in Marco; ritorna 3 volte in Matteo, 8 volte in Luca e l volta negli Atti; il verbo vmipxw. che si incontra in Matteo solo nei tre casi suddetti, ritorna 15 volte in Luca e 25 volte negli Atti (cfr. HAWKINS, p. 23). Il verbo cruxo> (v. 1 0 ) ISJ_ Come nella parabola dei pesci catturati dalla rete ( 1 3 ,47-50 ) 154, si impone la cernita; tra tutti coloro

150 R. SwAELES parla di una « amplificazione parenetica » (p. 679), W. TRILLING di una « parenesi della comunità,. (p. 255). R. ]. DILLON (pp. 10-11) attribuisce questa interpretazione alla catechesi comunitaria e la ritiene anteriore all'insegnamento po­ lemico di cui il redattore ha fatto il centro principale del rac­ conto. Questa distinzione delle tappe percorse dalla parabola nel periodo della sua trasmissione è forse suggestiva, ma non ha fondamento. 151 Tutti sono d'accordo sul carattere secondario di questi versetti. Vedi per esempio W. TRILLING, BZ 1960, pp. 255-257; C. W. F. SMITH, The Mixed State of the Church in Matthew's Gos r. JBL 82 (1963), 149-168 (156-158). 15 Questa idea, che si deve essere « degni » è tipicamente matteana; per rendersene conto, si confronti Mt 10,11.13.37.38 con i paralleli. Cfr. la nostra opera Mariage et Divorce dans l'Évangile, p. 208, n. 2; W. TRILLING, BZ 1960, p. 258, n. 16; c. w. F. SMITH, ]BL 1963 , p. 156. 153 Vedi per esempio 9,4; 12,34; abbiamo segnalato precisa­ zioni analoghe in Mariage et Divorce, p . 90, n. 7; cfr. SwAELES, art. cit., p. 661, n. 19; TRILLING, art. cit., p. 259, n. 21; C. W. F. SMITH, loc. cit. 154 Cfr. G. BoRNKAMM, Enderwartung und Kirche im MtJJ­

r

thiiusevangelium, in The Background of the New Testament and Its Eschatology ... in hon. C. H. Dodd, Cambridge 1956, pp. 222-

918

BEATI I POVERI

che sono stati radunati, ve ne sono di indegni che de­ vono venire eliminati. Non è sufficiente quindi essere entrati nella sala del banchetto, che raffigura la Chiesa, per essere sicuri di partecipare al banchetto della feli­ cità eterna. Anche i cristiani verranno sottoposti al giu­ dizio di Dio 155• Essi si troveranno tra gli eletti soltanto se avranno la veste nuziale; cioè, come precisa Matteo - e lui solo - alla fine della parabola precedente, se essi portano frutto ( 2 1 ,4 1 .43 ) 156, oppure, come sottoli­ nea la parabola dei due figli, se essi non si accontentano soltanto di dire sl, senza poi compiere la volontà di Dio ( 2 1 ,28-32). II v. 14 forma la conclusione di tutto il brano : non è sufficiente essere stati chiamati per essere eletti 157• In realtà, nessuno dei primi chiamati si trova nel numero degli eletti ; e tra coloro che" sono stati chiamati in se­ guito, vi è ancora un cattivo che deve essere escluso. Presa nel suo insieme, la parabola è un richiamo alla vigilanza rivolto ai cristiani. Se questa prospettiva non corrisponde alla tonalità dominante dei capitoli 2 1-23, 260 (229), riprodotto in G. BoRNKAMM, G. BARTH, H. ]. HELD, Ueberlieferung und Au1legung irn Matthiiu1-Evangelium, Neu­ kirchen 1960, pp. 1347 ( 18); C. W. F. SMITH, art. cit., p. 157. 1 55 Matteo insiste molto su quest'idea. Qui è d'obbligo l'ac­ costamento non solo con la parabola della zizzania ( 13,24-30.36-43) e della rete (13 ,47-50), ma anche con quella delle dieci vergini (25,1-13): cfr. M. SABBE, De parabel van de maagden, in Coli. Brug. et Gand., 5 ( 1959), 369-378 (372s); C. W. F. SMrTH, JBL 1963, p. 158. Vedi anche Mt 18,23-25; 24,42-51; 25,14-30, ecc. 156 Sull'importanza del tema del « frutto » nel primo vangelo, vedi SwAELES, ETL 1960, p. 679; R. ']. DrLLON, Bib 1966, pp. 12-13. Quest'ultimo autore collega il tema alla catechesi primi­ tiva come appare, in specie, nelle lettere paoline: Rm 6,21-22; 7,4-6; Ga 5,22-24; Fl 1 , 1 1 ; Ef 5 ,8-11; Col 1 ,10-13. 157 Cfr. SwAELES, art. cit., pp. 679-680. Il logion è stato ag­ giunto in Mt 20,16: vedi in proposito il nostro studio su Les ouvriers de la vigne (Mt 20,1-16) in AssS 22 (Dirnanche de la Septuagésime), Bruges 1965, pp. 28-51 (46-51).

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tuttavia rievocata in qualche significativo ritocco ope­ rato dall'evangelista, come quelli che insistono sulla ne­ cessità dei frutti in 2 1 ,4 1 .43. è

2. In Luca, la parabola è narrata nel corso di un ban­ chetto in casa di un capo dei fa:risei. La sezione Le 14,1-24 costituisce un'unità letteraria in cui i diversi elementi sono strettamente collegati gli uni agli altri 1511• Il v. l descrive brevemente la scena. Un incidente, la guarigione di un idropico ( vv. 2-6 ) serve da introdu­ zione agli insegnamenti che seguono. Gesù si rivolge anzitutto agli invitati facendo loro una raccomandazione sulla scelta dei posti ( vv. 7-1 1 ), e quindi al padrone di casa per dargli un consiglio sulla scelta dei suoi invitati ( vv. 12-14 ) . La riflessione di uno degli ospiti sulla fe­ licità che vi sarà nel partecipare al banchetto del Regno (v. 1 5 ) introduce la parabola della grande cena, nella quale si parla precisamente di chi parteciperà al ban­ chetto del Regno (vv. 1 6-24). Nel v. 25 un cambiamento di scena indica il passaggio ad un'altra sezione. I primi due insegnamenti sulla scelta dei posti ( vv . 7-1 1 ) e la scelta degli invitati (vv. 1 2- 1 4 ), presentano una redazione strettamente parallela con identiche co­ struzioni nello stesso ordine: ,

( 7 ) Ed egli diceva agli invi­ [ tati... ( 8) Quando tu sei invitato da [qualcuno ... non metterti al primo posto ché forse uno più degno di te ...

( 12 )

E diceva a colui che [l'aveva invitato ... Quando tu dai un pranzo o [una cena ... non, invitare i tuoi amici né i [tuoi fratelli ... ché forse anch'essi ...

1511 Cfr. X. DE MEEUS, Composition de Luc XV et genre sym­ posiaque, ETL 37 (1961), 847-870. Sul genere «conviviale>>, vedi anche }. DELOBEL, L'onction par la pécheresse. La composition littéraire de Luc VII,J6-50, ETL 42 ( 1966) 415-475 (457464).

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BEATI l POVERI

( lO) Ma quando tu sei invitato,

(13) Ma quando tu offri un [banchetto invita dei poveri... ( 14) E tu sarai felice, perché essi non hanno nulla ...

vl a metterti all'ultimo posto.. . Allora vi sarà per te onore.. . perché chiunque...

Il legame tra la seconda e terza istruzione, viene as­ sicurato mediante un procedimento di ripetizione. Al consiglio di invitare alla propria tavola « poveri , stor­ pi, zoppi e ciechi » (v. l3 ) corrisponde l'ordine dato dal padrone della parabola ( v . 2 1 ): « Conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi, gli zoppi ». ,

L'indole e lo scopo delle due prime istruzioni è mani­ festamente parenetico. Il consiglio di scegliere l'ultimo posto a tavola si conclude con una lezione di umiltà : è necessario che l'uomo si abbassi per essere elevato da Dio nel suo Regno ( v. 11) 159• II consiglio di invitare alla propria mensa i bisognosi, sfocia in una promessa a favore dell'ospite generoso: « Questo infatti ti sarà con­ traccambiato alla resurrezione dei giusti » 160• La para­ bola della cena sembra inquadrarsi nella medesima pro­ spettiva. I primi invitati sono definitivamente esclusi dal banchetto escatologico, non precisamente perché si sono mostrati indifferenti ( Mt 2:;!,5 ), o indegni ( 22,8), ma perché l'assillo dei loro affari temporali ha loro im159 Cfr. J. ScHMID, Das Evangelium nach Lukas, 3 ed., Ra­ tisbona 1955, pp. 243; 1. ]EREMIAS, Die Gleichnisse ]esu, pp. 191s; P. SIMSON, Le coJe de bienséance de l'assemblée chrétien­ ne (Le 14,1-11), in Seixième Dimanche après la Pentecote (AssS 70), Bruges 1965, pp. 31-4 1 ; H.-J. DEGENHARDT, Lukas Evan­ gelist der Armen. Besitz und Besitzverzicht in den lukanischen Schriften, Stoccarda 1965, pp. 98-100. 160 Cfr. W. GRUNDMANN, Das Ev. nach Lk., pp. 294-295; H.-J. DEGENHARDT, op. cit., pp. 100-101. S'impone qui il richia­ mo alla descrizione del giudizio finale in Mt 25,31-46 e alle raccomandazioni di Le 6,32-35.

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921

pedito di rispondere alla chiamata; essi avrebbero do­ vuto mostrarsi disposti ad abbandonare tutto piuttosto che trascurare l'invito che veniva loro rivolto. Si com­ prende quindi che la parabola, almeno in linea princi­ pale, intende dare un insegnamento sul distacco ne­ cessario, sulla scelta indispensabile allorché risuona l'in­ vito al Regno. La sezione seguente ( Le 14 ,25-3 3 ) 161 con­ ferma quest'interpretazione proponendo lo stesso inse­ gnamento in maniera più esplicita. Le parabole dell'uo­ mo che costruisce una torre e del re che sta per entrare in guerra illustrano la necessità di abbandonare tutto per seguire Gesù: « Cosi dunque, chi tra voi non ri­ nuncia a tutti i suoi beni non può essere mio discepolo �> (v. 3 3 ) 162• Per determinare il senso che Luca attribuisce alla parabola, non è sufficiente richiamarsi al ·contesto nel quale egli la colloca; è ancora necessario esaminarne il testo. Ci si può render conto in tal modo della conside­ revole importanza del lavoro redazionale dell'evange­ lista. La mano di Luca si rivela al v. 1 6 nell'espressione èivi}pw7t6ç ·nç: è caratteristico di Luca far seguire un sostantivo da ·nç 163. Nel v. 1 7 è ancora Luca che scri­ ve: « all'ora della cena» (wpet seguito da un comple­ mento determinativo 164 ) . Probabilmente si può attribui-

161 Cfr. H.-}. DEGENHARDT, op. cit., pp. 105-1 12.

162 Cfr. in questo volume pp. 101, 133s e 462. Vedi anche Le 9,57-62 o 8,14; vedi in proposito il nostro articolo La parabole du Semeur dans la version de Luc, in Apophore/a. Festschri/t /tir Ernst Haenchen, Berlino 1964, pp. 97-108 ( 105). 163 Cfr. ]. C. HAWKINS, Horae Synopticae, pp. 22 e 47. Que­ sta costruzione si incontra l volta in Matteo, 2 volte in Marco, 38 volte nel vangelo di Luca e 63 volte negli Atti. 164 Questa costruzione non è usata né da Matteo, né da Marco; la si trova 3 volte in Luca (dr. 1,10 e 22,53) e 5 volte. in Atti (2,15; 3,1; 10,3; 1 6,33; 23,23). Cfr. A. HARNACK, Tbe Sayings of ]esus, Londra-New York 1908, p. 121, n. 2.

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BEATI I POVERI

a lui anche l'avverbio ii8TJ 165, che traduce cosi bene la sua concezione della storia della salvezza, altrove ca­ ratterizzata dalla parola O'TH.lEpov 166; d'altra parte, ci si potrebbe anche chiedere se l'introduzione di questa pic­ cola parola non compensi l'omissione della descrizione dei preparativi della cena (Mt 22,4 : « Ecco il mio ban­ chetto è pronto, i miei buoi e i miei animali grassi sono stati macellati )) ) 167. La reazione degli invitati viene riferita sommariamen­ te in Mt 22,5 : « Ma senza curarsi se ne andarono, chi al proprio campo, chi al proprio negozio )). Luca invece sviluppa questo dato in tre versetti ( 1 8-20) enumerando le scuse presentate dagli invitati e qui la parte dovuta al lavoro redazionale raggiunge il massimo. Si deve attri­ buire a Luca l'uso del verbo èipxoJ.LClL seguito dall'infi­ nito 1 68, il duplice uso del verbo Èpw-niw 169, il triplice re

l65 Luca aggiunge questa parola in qualche passo. Vedi so­ prattutto Le 21 ,30b e anche 19,37; 23,44. 166 Ne abbiamo parlato a proposito dell'episodio di Zaccheo (Le- 19,5.9). 167 Questa descrizione, che ricorda Pv 9,2-5 non ha signifi­ cato allegorico. Matteo mostra in genere scarso interesse per elementi pittoreschi di questo genere; se avesse voluto alludere ai Proverbi, avrebbe probabilmente cercato di essere più chiaro. Se l'aggiunta da parte di Matteo non si spiega, si comprende invece facilmente l'omissione da parte di Luca: si trattava di dettagli che potevano sembrare superflui. Egli ha anche abbre­ viato l'inizio della parabola dei vignaioli omicidi, sopprimendo gli accenni alle cure del proprietario per la sua vigna (Le 20,9). Se egli dimostra molto interesse · per quanto riguarda i doveri di ospitalità, esso non arriva fino ai preparativi per il pranw. 168 Costruzione frequente in Marco: 26 volte. Matteo la ri­ porta 6 volte da Marco e la usa in altri 6 casi. Luca riporta solo 2 volte da Marco : sa bene che Marco scrive male. Però la usa 25 volte in proprio (vedi anche At 1 ,1; 2,4; 1 1 ,15; 18,26; 24,2; 27,35). Cfr. G. DALMAN, Die Worte Jesu, l, pp. 21-22; J- W. HuNKIN, Pleonastic lipxoJ-UXL in the New Testament, JTS 25 ( 1924), 390-402; ]. H. Mou LTON-W. F. HoWARD, A Grammar of New Tertament Greek, II/II, Edimburgo 1929, pp. 455-456 ;

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impiego del verbo 'ltC1pllL'tÉOIJ.IlL nel senso di « scusa­ re >> 170, la duplice presenza del pronome E'tEpoc; 171 , il verbo 'ltOpEVOIJ.ClL 172 e l'aoristo attico EYTIIJ.!l 1 73; hanno probabilmente la stessa origine anche le espressioni del v. 1 8 à.'ltò IJ.Liit; 174 ed EXW à.và.yx1}"11 175 . L'impronta di G. BONACCORSI, Primi saggi di filologia neotestamentaria, l, To­ rino 1933, p. 135; W. BAUER, Worterbuch, 225. 169 4 volte in Matteo, 3 volte in Marco, 15 volte in Luca, 7 volte negli Atti. Cfr. Le 4,38 con Mc 1 ,30; Le 8,37 con Mc 5,17; Le 19,31 con Mc 1 1,3.

170 Unico esempio nel Nuovo Testamento. Vedi tuttavia At

25,1 1 . Cfr. G. BoNACCORSI, Primi saggi, l, p. 215.

1 71 Marco non l'usa mai (c'è una volta nella finale: Mc 16,12). Lo si trova 8 volte in Matteo, 33 in Luca, 17 negli Atti. Cfr. HAWKINS, Horae Synopticae, p. 17. 172 28 volte in Matteo, l volta in Marco (ma 3 volte nella finale deuterocanonica) , 50 volte in Luca e 3 7 negli Atti. 173 Questa forma attica dell'aoristo è rara nel N .T. (Mt 22,25; lCo 7,28); di solito è usata la forma ellenistica trli!J.TJCT�. Cfr. G. BoNACCORSI, op. cit., p. 216; E. HAENCHEN, Die Bibel und Wir, p. 145, n. 2 1 . � normale attribuire questo atticismo a Luca.

Si costata inoltre che l'aoristo viene usato nel suo senso antico, per esprimere ciò che si è appena verificato: cfr. J. H. MoULTON A Grommar of New Testament Greek, I, Edimburgo 1906, p. 135; A. T. RoBERTSON, A Grommar of the Greek New Testament in the Light o/ Historical Research, 3 ed., New York 1919, p. 842. ' 74 Espressione ellittica; il sostantivo sottinteso sarebbe nor­ malmente yvW!J.TJc; - (vedi i paralleli citati da ]. ]. WETTSTEIN, Novum Testamentum Graecum, l, p. 753), ma si può pensare anche a yÀ.WcrCTTJc;, ljluxljc;, cpwvi'jc;, ecc. L'espressione ritorna in un papiro del I I I o IV secolo d .C. (PSI IV, 286, 22) e il greco moderno presenta formule equivalenti: cfr. W. BAUER, Worter­ bucb5, 175; G. BoNACCORSI, Primi saggi, I, p. 215; (J. H. MouL­ TON-)N. TURNER, A Grammo� of New Testamenl Greek, III, Edimburgo 1963, p. 18. Però J. WELLHAUSEN ha proposto di ve­ dere in questa espressione una traduzione letterale dell'aramaico min �·da, « subito »: Einleitung in die drei ersten Evangelien, 2 ed., Berlino 191 1, p. 26. Questa ipotesi non ha trovato d'ac­ cordo P. Joi.ioN, L'Évangile de Notre-Seigneur ]ésus-Christ. Tra­ ,

duction et commentaire du text originai grec, compie tenu du substrat sémitique, 3 ed., Parigi 1930, p. 395: « Per quanto posso vedere, questo min �·da, non esiste nell'aramaico giudaico, né nell'aramaico palestinese; in siriaco si ha meiJda nel sen9o

924

BEATI I POVERI

Luca è fortemente rivelata dal vocabolario ; ma la si riconosce anche dalla struttura di questi tre versetti, considerati globalmente. R. Swaeles coglie in essi un procedimento di graduazione 176, analogo a quello otte­ nuto da Luca in 20 , 1 0- 1 2 , parlando dei maltrattamenti inflitti ai servi del padrone della vigna 177 ; lo stesso au-

di subito Del resto questa parola si accorda molto medio­ cremente col contesto . f: molto più probabile quindi che il no­ stro 6.-rto 1..1.uit; sia un grecismo, analogo al latino una, nel senso qui di unanimemente '" · L'ipotesi del semitismo è ripresa da R. H. CoNNOLLY, che pensa di riconoscervi un siriacismo: Syriacisms in Luke, JTS 37 ( 1 936), 374-385 (378), e da J. }EREM!AS, che avvicina l'espressione a t-rtt I..I.Liic; di Enoc 99,9: Beobachtungen •

•.

:r.u neutestamentlichen Stellen an Hand des neugefunden griechi­ schen Henoch-Textes, ZNW 38 ( 1939), 1 15-124 ( 1 18). La si ritrova in M. BLACK, An Aramaic Approach to the Gospel and Acts, 2 ed., Oxford 1954, pp. 82-83; B. C. BuTLER, The Origina­ lity of St. Matthew. A Critique of the Two-Documents Hypothesis, Cambridge 1951, p. 57; ]. }EREMIA S, Die Gleichnisse Jesu, p. 176 ; S . AA LEN , St. Luke's Gospel and the Last Chapters o/ I Enoch, NTS 13 (1966-67), 1-13 (34). Nonostante tutto, E. HAENCHEN ritiene che l'ipotesi di un semitismo non si impone in alcun modo : Die Bibel und Wir, p. 145, n. 2 1 . Se si tiene conto

dello stile lucano del contesto, sembra più normale pensare a un grecismo. 175 Anche qui nulla suggerisce un aramaismo (cfr. M. BLACK, op. cit., p. 164). L'espressione si ritrova in Le 23,17 vi; lCo 7,37; Gd 3; cfr. Eb 7,27 (che non deve essere assimilato ai casi precedenti) e !Co 9,16 (espressione analoga) e non è rara nel greco ellenistico: cfr. W. BAUER, Worterbuch, 104 · G. BoNA C CORSI, Primi saggi, I, pp. 215-2 16; A. HARNACK, The Sayings of ]esus, p. 121, n . 2. Essa traduce bene la preoccupazione per la cortesia che Luca attribuisce al �>rimo invitato e il senso che Luca stesso ha per la buona educazione. 176 R. SwA ELES in AssS 55, pp. 4041 . Cfr. A. LOISY Les l!vangiles synoptiques, Il, Ceffonds 1908, p . 323 ; D. BuzY, Les Paraboles, Parigi 1933, p. 3 14: c'è un « decrescendo nella cor­ tesia ». 177 Il primo servo è bastonato, il secondo è bastonato e co­ perto di insulti, il terzo è ferito e gettato fuori; per Luca, quindi, solo il figlio è ucciso (v. 15). Cfr. X. LÉON-DUFOUR, Studi sul Vangelo, Edizioni Paoline, 2 ed. 1968, p. 442. ·

,

IL PRIVILEGIO DEI PECCATORI

925

tore scopre anche la preoccupazione letteraria che spinge Luca a > ), sembrano confermare tale ipotesi : questo dettaglio, poco verosi­ mile dal punto di vista del racconto parabolico, corri­ sponde a una preoccupazione che Luca manifesta in al­ 1 tri passi 80 • 17B R. SwAELES; p. 4 1 . Per il procedimento lucano cui l'autore allude, vedi le osservazioni di ]. GEWIESS, Die Marienfrage, Lk 1,34, BZ 5 ( 1961 ) , 221-254, in cui il dialogo di Maria con l'angelo viene accostato a diversi altri passi simili dell'opera di Luca, soprattutto negli Atti (pp. 244-248), ma anche nel Van· gelo (pp. 249-251 ) : segnaliamo in particolare Le 20,13, in cui Luca fa parlare il padrone della vigna (cfr. con Mc 12,6 ) ; vedi anche Le 12,51.57; 13,23; 16,5.7; 17,37, ecc. 179 R. SwAELES, art. cit., p. 42. 1 80 Seguita da F. HAHN (Das VerstJndnis der Mission im Neuen Testament, 2 ed., Neukirchen 1965, p. 28, n. l), ETA LINNEMANN pensa che il v. 20 è stato inserito dopo nella para­ bola del banchetto:_ ZNW 1960, pp. 252-253 ; Gleichnirse Jesu, pp. 95, 99 e 162, n. 15. Questo autore individua sei indizi che permettono di dubitare che questo versetto facesse parte della parabola originaria: l . Il v. 20 non contiene la formula di scusa dei vv. 18 e 19. 2. Il v. 20 non ha parallelo in Mt. 3. Non ha neppure un diretto parallelo nel Vangelo di Tommaso. 4. Il Vangelo di Tommaso che presenta quattro esempi di scuse, il­ lustra bene la tendenza naturale che porta a moltiplicare gli esempi. 5. L'aggiunta si comprende facilmente in una utilizza­ zione della parabola a scopo parenetico: la preoccupazione dei beni terreni non è l'unico motivo che impedisca di rispondere alla chiamata di Dio. 6. L'aggiunta crea una inverosimiglianza nel racconto: l'occasione di una compera può creare un impedimento imprevisto per colui che faceva conto di partecipare al banchet­ to; ma questo non è il caso per un invitato che si sposa e che doveva conoscere in anticipo la data della cerimonia. - Que-

926

BEATI I POVERI

Nel seguito del racconto, la saldatura del v. 2 1 , xa.t '?ta.pa.yEvé�voc; è chiai·amente redazionale 181 ; in questo 82 stesso versetto, l'avverbio -ra.xÉwc; 1 come il verbo 83 Etaliyw 1 sono attribuibili all'evangelista , e forse anche ste osservazioni non sono tutte ugualmente valide. La prima va scartata: la formula di scusa dei vv. 1 8 e 19 è tipicamente lucana e non può essere anteriore all'inserzione del v. 20; il v. 20 d'al tronde conclude una gradazione già iniziata nel v. 19. La seconda avrebbe valore se si fosse certi che Matteo non ab­ brevia; ma egli sfronda sovente i dettagli accessori e le parole dei personaggi secondari. La terza non prova molto: Tommaso crea una situazione intermedia tra Mt (il re dà un banchetto di nozze) e Le (l'invitato si sposa) : l'invitato prepara un ban­ chetto nuziale. La quarta è troppo generica; per di più essa non tiene conto dell'importanza del procedimento a struttura ter­ naria, molto frequente nel Vangelo: dr. R. BuLTMANN, Die Geschichte der syn. Trad., p. 207. Alle due considerazioni che rimangono, crediamo di paterne aggiungere altre due. Anzitutto, dal punto di vista letterario, Luca ha cerramente lasciato la sua impronta nel versetto: 1€-tEpo> . In Matteo, i servi del re devono andare « ai crocevia delle strade » e invitare tutti coloro che incontreranno ( v . 9 ); essi dun­ que vanno « per le strade » e radunano tutti coloro che trovano, per cer­ care nuovi commensali (v. 2 3 ) . La maggior parte dei commentatori ritiene che l'aggiunta di questo secondo gruppo di sostituti derivi da un'intenzione allegorica: Luca avrebbe inteso parlare della vocazione dei paga­ ni 192 • In questa prospettiva, è quasi inevitabile che que­ sti versetti appaiano come un complemento secondario. Questo è, in particolare, il parere di E. Haenchen; que­ sto autore cerca di giustificare la sua posizione mediante alcune considerazioni che possiamo ridurre a cinque 193 : stupidi, i pazzi, i fatui, i dementi, i ciechi (lett.: deboli di occhi che non possono vedere) , gli storpi, gli wppi, i sordi, i mino· renni, nessuno di questi entri in seno alla comunità, poiché gli angeli santi (stanno in mezzo ad essa\ ». Riguardo alla parteci· pazione al combattimento escatologico : « Nessun uomo zoppo, cieco o storpio, o affetto da tara irreparabile nella sua carne, o colpito da impurità nella sua carne, nessuno di costoro andrà con essi in battaglia; ... essi saranno perfetti nello spirito e nel corpo » (IQM 7,4·5). Il sottofondo biblico e giudaico dell'espres­ sione di Le 14,21 permette di intuire una intenzione nascosta : coloro che erano stati invitati per primi al banchetto escatologico saranno sostituiti da infermi, cioè da persone nelle quali i de­ stinatari della parabola vedevano soprattutto degli esseri impuri, esclusi dal Tempio e dalle sante assemblee. Proprio a favore di questi impuri Dio realizzerà il suo piano di salvezza! Cfr. O. HoFIUS, ]esu Tischgemeinschaft mit den Sundem, p. 20 e n. 60. 192 Questa interpretazione, già diffusa nell'epoca patristica,

p. 31,

re­ sta la più comune ancor oggi. La si trova nella maggior parte

dei commentatori del Vangelo (ma è rifiutata da Lagrange e da Marchal) ; è anche quella adottata dalla maggior parte dei com­ mentatori delle parabole (Jiilicher, Fonck, Dodd, B. T. D. Smith, Michaelis, Jeremias, Eichholz, ecc.; ma è rifiutata da Buzy, Linnemann, Algisi) , rome pure da numerosi autori che parlano occasionalmente di questa parabola (G. Bornkamm, R. Bult­ mann, H.-}. Degenhardt, F. Hahn, E. Percy, E. Schick, ecc.) . 193 Vedi Die Bibel und Wir, pp. 146-147; è nostra la sche­ matizzazione, e all'occorrenza l'esplicitazione·, di considerazioni che

IL PRIVILEGIO DEI PECCATORI

931

a) Il secondo invio del servo non ha paralleli in Mat­ teo e nel vangelo di Tommaso. A ciò si può rispon­ dere anzitutto che il v. 23 di Luca usa due espressioni caratteristiche che si ritrovano anche in Matteo : è ne­ cessario che il servo « esca per i sentieri », come Mt 22,10 riferisce che i servi del re sono « usciti per i sentieri (di campagna) » ; la volontà del padrone che la sua cui Gesù si rivolge, non pos­ sono rappresentare altro che quella massa del popolo, incurante delle prescrizioni della Legge, che essi chia­ mano « i peccatori ». La situazione che suppone la pa206 Mt 22,5: �E).:i)U11VTEoc; la parola d'aggancio che garantisce la concatenazione dei due « vae >> , 23,27-28 e 23,29-3 1 . Questa osservazione non esclude tuttavia il procedimento della Stichwortdisposition rile­ vata da molti autori: cfr. Th. S oi RO N Die Logia ]esu. Eine li­ terarkritische und literargeschichtliche Untersuchung· 1.um sy­ noptischen Problem, Miinster-W. 1916, 69; ]. SCHM ID , Das Ev. ,

982

BEATI I PERSEGUITATI

scribi e Farisei ipocriti », come lungo tutto questo « discorso » ( 2 3 , 1 3 . 15.23.25.27 ). Il v. 30 probabilmente è solo un'amplificazione del dato trasmesso in Le 47b 76; Matteo fa parlare gli « ipocriti » proprio per mettere in luce l'ipocrisia che egli denuncia con tanto vigore in tutto il discorso 77• Il rimprovero del v. 3 1 si basa su un gioco di parole: dicendo ) 89• L'accordo è molto generale anche nel pre­ ferire Matteo nella lista degli inviati 90 : > di 52,6 sarebbe il parallelo dell'invito a rallegrarsi ed esultare (C). Infine 52,7 aggiunge la prospettiva della > della parabola degli operai della vigna (Mt 20,1-15) proposta da K. WEISS, Die Frohbotschaft ]esu iiber Lohn und Vollkommenheit, Miinster-W. 1927; ristampando il suo studio in Studien zu Antike und Urchristenlum, Monaco 1959, 69-92, ha aggiunto una nota, (p. 89, n. 3 1 ) in cui riconosce che K. Weiss non rappresenta tutta l'esegesi cattolica (fortunatamen­ te! ) e in cui rende omaggio all'opera di W. PESCH, Der Lohnge· danke in der Lehre ]esu (Monaco, 1955), come pure al Com· mento di ]. ScHMID, Das Evangelium nach Matthiius, 3 ed., Ra· tisbona 1956 [ trad. it., Brescia 1957] che contiene un buon excursu s : Der Lohngedanke im Judentum und in der Lehre Jesu (pp. 287-294). Bornkamm avrebbe potuto segnalare anche le pa­ gine dedicate alla questione da R. ScHNACKENBURG in Die sittliche Botschaft des Neuen Testamentes, Monaco 1954, 100-108 [ trad. it. Il messaggio morale del N.T., Edizioni Paoline, 1971, pp. 141149 ] . Bornkamm ha condensato le sue spiegazioni in Jesus von Nazareth, 2 ed., Stoccarda 1957, 126-132. Si consulti inoltre

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lQ55

Non si potrebbe comprenderla correttamente isolandola dal più vasto contesto cui appartiene, quello del « giu­ dizio » di Dio. L'ingresso nel Regno escatologico, la partecipazione alla vita eterna, il conseguimento della salvezza, dipendono per ogni uomo, dal giudizio che Dio emetterà su di lui nell'ultimo giorno. Nel caso degli uditori di Gesù, il giudizio divino riguarderà , più pre­ cisamente, la maniera con cui essi avranno ascoltato l'in­ vito che Dio rivolgeva ad essi per mezzo di Gesù, la loro risposta alle esigenze di questo invito. Dal loro at­ tuale comportamento dipende la loro « ricompensa >> o il loro « castigo » 1 24 - i due termini sono correlati­ L'uomo che si limita ad amare soltanto covi 125 H. BRAUN, Spiitiudisch·hiiretischer und fruhchristlicher Radika­ lismus, I I , Tubinga 1957, 41-61; G. EICHHOLZ, Auslegung der Bergpredigt, Neukirchen 1965, 52-54; G. DE Ru, The Conception of Reward in the Teaching of ]esus, NT 1\ ( 1966), 202-222. Per

rendersi conto dell'ampio accordo che esiste attualmente culla questione tra cattolici e protestanti, si confrontino gli articoli di H. PRE I S KER , TWNT IV ( 1942), 702-710 e 719-736, o quello di E. FASCHER, Vergeltung, RGGl VI ( 1962), 1 347-1349, con quello di W. PESCH, LTK2 X ( 1965), 699-70 1 ; o ancora }.-L. LEUBA, Récompense, in Vocabulaire Biblique, Neuchatei-Parigi 1954, 244-245, con quello di C. WIÉNER, Rétribution. nel Vocabulaire de Théologie biblique, Parigi 1962, 919-925 [ ttad. it. Marietti, Torino] . 114 « � certo che per Gesù Dio ricompensa l'obbedienza fe­ dele; dietro l'esigenza vi è la promessa. .. Egli utilizza inoltre l'idea di retribuzione, sia parlando della ricompensa celeste (Mt 6,19·20 par.; Mc 10,2 1 ; ecc.), sia minacciando il fuoco dell'in­ ferno (Mt 10,28 par.; Mc 9,42.47, ecc.) »: R. BuLTMANN, Theo­ logie des N.T., p. 14. 1 25 Si accosti questo vocabolario a quello relatiVo all'« amore >> di Dio (la sua « benevolenza », « misericordia », > di Dio. Questi sentimenti sono attribuiti a Dio in funzione degli effetti che hanno per l'uomo che ne è l'oggetto. � chiaro che ci troviamo di fronte a imma­ gini e che questo linguaggio, fortemente antropomorfico, si ap . plica a Dio soltanto analogicamf".nte; è importante non perderlo di vista, quando ci si trova din a nzi a termini come « ricompensa ,,

1056

BEATI I PERSEGUITATI

loro che lo amano non dovrà attendersi alcuna ricompen­ sa (Mt 5,46), ma un bicchiere d'acqua fresca dato con vera carità non rimarrà senza ricompensa ( 1 0 , 4 2 ) 126• Colui che, in risposta all'appello di Gesù, avrà distri­ buito tutti i suoi beni ai poveri possiederà un tesoro nei cieli (Mc 10,2 1 ). Dio non si lascia ingannare : gli ipocriti che praticano l'elemosina, la preghiera, il di­ giuno per guadagnarsi la stima degli uomini, non ne avranno alcuna ricompensa da parte di Dio (Mt 6,118) 127• In tutto ciò non vi è alcun posto per diritti che l'uomo potrebbe acquisire di fronte a Dio, o per cal­ coli sull'equivalenza tra meriti e ricompensa; la « ri­ compensa )) dipende dal favore di Dio di cui non si potrà godere senza comportarsi nella maniera che gli è gradita. Al momento del giudizio ultimo, Dio non eserciterà la sua giustizia soltanto a favore degli uomini, la cui condotta gli è stata gradita. Vi sono anche i piccoli, i poveri, gli oppressi, tutti coloro che soffrono, la cui condizione costituisce per se stessa un titolo alla sua particolarissima benevolenza : e questo a motivo della sua· misericordia compassionevole, a motivo anche del modo con cui egli concepisce l'esercizio della sua giu­ stizia sovrana. L'importanza di questa prospettiva ci è sufficientemente apparsa nello studio delle prime tre bea­ titudini; non si potrebbe certo dimenticarla, arrivati al­ l'ultima. L'ostilità degli uomini è sufficiente di per se stessa ad attirare la benevolenza di Dio su coloro che e

« castigo ». Essi permettono di rappresentarci modo humrmo. la condotta di Dio verso gli uomini al « giudizio », ma esp1 1mono questa condotta in modo necessariamente inadeguato. 126 A l momento del giudizio, gli uomini dovranno render con­ to di ogni parola vana che avranno detto: Mt 12,36. 127 Si veda anche Le 14,14, in cui si consiglia di invitare a tavola degli sventurati che non hanno possibilità di contraccam­ biare: « Ciò ti sarà reso alla resurrezione dei giusti » .

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1057

ne sono vittime, e ciò semplicemente perché Dio .è un Re « giusto ,. e intende ristabilire il buon diritto di coloro cui viene fatta violenza. Considerata sotto questo aspetto, la « ricompensa » appare piuttosto come una compensazione 128 per le sofferenze che i perseguitati hanno dovuto sopportare 1�. Il termine J.lt.CTMc;, « ricompensa » , che si dice anzi­ tutto del « salario » 130, qui va inteso evidentemente in un senso molto largo. Le sofferenze non danno un diritto alla felicità del mondo futuro; esse rappresentano un titolo a questa felicità soltanto in forza della predile­ zione con cui Dio si compiace di circondare coloro che soffrono. Si tratta quindi di una immagine, che non si potrebbe interpretare senza tener conto di altre imma­ gini complementari. · Ne abbiamo già incontrate diverse percorrendo i testi in cui la sofferenza è presentata come un motivo di gioia. Se l'idea .di « ricompensa » ( J.l!.O'l}a­ 'ltOOoO'ia) m ritorna in Eb 1 0,35, vi è messa in paral­ lelo con l'idea di « ottenere la promessa » ( È'ltayyEÀ.I.a, v. 36) m_ lPt l ,4-5 parla di una « eredità 1 33 incorrutti1 28 Cfr. S. LÉGASSE, L'appel du riche, p. 181.

129 Questo, purché_ si tenga presente l'altro aspetto nella pre­ cisazione « per causa mia », o « a causa del Figlio dell'uomo » : il fatto di soffrire per Cristo implica, verso di lui, una fedeltà alla quale può collegarsi la ricompensa. 1 30 Cfr. E. BmsACQ, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, 640; H. PREISKER, TWNT IV, 699-700. ll 1 Cfr. Eb 2,2; I l ,6.26. Si veda anche, nel passo citato più sopra, Bar syr 52,7; 54,16 ('agro'). 2Ts 1 ,6 usa av'ta1to6l6w!J.� nel senso di una retribuzione vendicativa (dr. Rm 12,19 e Eb 10,30 = Dt 32,35) ; questo verbo può comprendersi anche in senso favorevole (cfr. Le 14,14; Col 3,24 ), come pure a1to6l6W1J.� (Mt 6,4.6.1 8 ; 16,27; Rm 2,6; 2Tm 4,8; Ap 22,12). Cfr. F. BùcHSEL, TWNT II ( 1935), 170- 1 7 1 . 1 32 Cfr. Gc 1 , 1 2 ; 2,5. 1 33 Tema di ispirazione biblica, abbondantemente testimoniato nel N.T. Lo abbiamo esaminato in Le Discours de Milet, pp. 261-

10.'58

BEATI I PERSEGUITATI

bile . a voi riservata nei cieli �. della >

divina e la condotta dell'uomo; Gesù conserva tuttavia l'im­ magine di « posti » diversi nel Regno, in cui vi saranno dei primi e degli ultimi. Buone osservazioni sul tema della « ricom­ pensa » in J. FALKE, « Eure Namen rind eingeschrieben in den Himmeln ». Besinnung uber Lk 10,17-21, in Bibel und Leben, 7 ( 1 966), 224-228 (227). La dottrina della ricompensa nella teo­ logia del giudaismo è più ricca e più profonda di quanto potreb­ bero far pensare certe presentazioni caricaturali: lo si può co­ statare dalla buona esposizione di M. BROCKE, Tun und Lohn im nachbiblischen Judentum. Ein Diskursionsbeitrag, in Bibel und Leben, 8 ( 1967), 166-178.

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1061

ticolare benevolenza di Dio, ai maltrattamenti sofferti dai perseguitati la meravigliosa felicità che sarà loro donata 146• La « grandezza )) della ricompensa promessa dovrebbe cosi misurarsi in rapporto non a una ricom­ pensa meno grande, ma alle sofferenze sopportate 147. L'aggettivo 1tOÀ.v� esige un'altra osservazione. Esso caratterizza in maniera incisiva il cambiamento di pro­ spettiva che avviene tra le prime tre beatitudini e l'ul­ tima. I poveri, gli afflitti, gli affamati sono proclamati beati perché il momento della loro felicità è arrivato : il Regno di Dio è presente ed essi devono esserne i primi beneficiari. I destinatari dell'ultima beatitudine saranno perseguitati solo in un avvenire più o meno lontano ; al­ lora essi dovranno rallegrarsi non· pensando di posse­ dere immediatamente la loro ricompensa, ma pensando che questa ricompensa - il giorno in cui la riceveran­ no - sarà « grande ))' senza proporzione con ciò che avranno sofferto. Qui non si tratta più della prossimità della ricompensa, ma della sua grandezza. Il presup­ posto dell'ultima beatitudine non è l'annuncio della buo­ na novella: il Regno di Dio è presente, sta per comincia­ re. Ci troviamo invece nella prospettiva di una parenesi che cerca di incoraggiare i perseguitati, assicurandoli che le loro sofferenze- non vanno perdute, che Dio li ricom­ penserà magnificamente.

146 Cfr. ]. SCHMID, Das Ev. nach Matth., p. 82: « una grande, cioè sovrabbondante ricompensa ». Vedi anche W. PF.SCH, Der Lohngedanke, p. 2. 147 Cfr. Sp 3 ,:>: 6À.Lya. 7ta�5EUlttv·w; IJ.Ei"liì.a EVEPYE"TJ!hicrov­ -.a�; 2Co 4,17: « La leggera tribolazione di un istante ci pre­ para oltre ogni misura, una massa eterna di gloria >> ; Rm 8,18. Cfr. ]. A. SANDERS, Sulfering As Divine Discipline in the Old ,

Testament and Post-Biblical ]udaism: Colgate Rochester Dìvi­ nity School Bulletin, 28 ( 1955), pp. 109- U l .

1062

BEATI I PERSEGU1TATI

Conclusione l . L'ultima beatitudine, nel proclamare « beati )) i discepoli perseguitati dall'ostilità degli uomini e invi­ tandoli a (( rallegrarsi ed esultare » al pensiero della sorte privilegiata che ad essi riserverà la fine dei tempi, parla un linguaggio e adotta una prospettiva che corri­ sponde perfettamente a ciò che si trova nel giudaismo e nel cristianesimo primitivo 148•

2 . In quanto fa della sofferenza stessa, sopportata da parte dei persecutori, un motivo di rallegrarsi, questa beatitudine riflette un tema molto diffuso nella catechesi della Chiesa primitiva e del tutto sconosciuto nel giu­ daismo. La grande diffusione di questo tema, l'antichità della sua documentazione e il tono paradossale con cui è formulato si spiegano meglio se si risale a un inse­ gnamento di Gesù stesso, di cui precisamente l'ultima beatitudine ci conserva l'eco. 3 . Il modo con cui questa beatitudine ricorre alla prospettiva della ricompensa escatologica la stacca net­ tamente dal punto di vista delle prime beatitudini. Qui si tratta soltanto della « grandezza )) della ricompensa promessa. Tuttavia la preoccupazione didattica, che que­ sta prospettiva rivela, non è estranea all'insegnamento di Gesù: è riscontrabile, per esempio, in Mt 5,46 e Mc 10,2 1 , passi di cui non si può certo porre in dubbio l'auICI! Durante la stampa della presente opera, è comparso un articolo importante, che ci sarebbe stato prezioso per il no5tro studio su (..l.!l:Xap�o.; (pp. 1019ss), se avessimo potuto conoscerlo tempestivamente: E. LIPIN SKI, Macarismes et psaumes de con· gratulation RB 75 ( 1 968), 321-367.

BEATITUDINE DEI PERSEGUITATI

1063

tenticità 149• Le obiezioni che l'ultima beatitudine solleva provengono dal rapporto che la tradizione ha stabilito fra questa e le beatitudini precedenti; tali obiezioni si risolvono senza fatica se si ammette che il loro acco­ stamento non è originale.

p.

149 Cfr. H. BRAUN, Sp4tiudisch-hiir�tisch�r ... R.tJdikt:dismus, Il,

56 (in nota).

CA PITOLO VIII PERSEGU ITATI PER CAUSA DI CRISTO

La precisazione : ]ésus Prophète d'après ler évangiles synoptiques, Lo­ vanio 1957, p. 1 1 7 ; si veda anche L. E. KECK, NTS 1965-66, p. 357. È vero che noi leggiamo questa finale del v. 9 e il v. 10 secondo I'interpunzione abituale. Questa però è stata contestata con molta ingegnosità da G. D. KILPATRICK, The Gentile Mission

1084

BEATI l PERSEGUITATI

mina il v. 9 riflette dunque una preoccupazione propria del secondo vangelo; essa ripete in altra maniera un dato la cui antichità ci è già apparsa come dubbia in 8,35 e 10,29. Queste osservazioni invitano a dare la priorità alla tradizione conservata in Lè 12 , 1 1 e a vedere nella clau­ sola « per causa mia, a dare testimonianza dinanzi a loro » soltanto una esplicitazione secondaria 33• È prefein Mark and Mark 13/i- 1 1 in Studies in the Gospels. Essays in Memory of R. H. Lightfoot, Oxford 1955, pp. 145-158. Partendo da un suggerimento di F. C. BuRKITT ( insieme a una osserva­ zione di C. H. Turner) , Kilpatrick unisce il v. 10a al v. 9 : « in testimonianza per essi e per tutte le nazioni ,.; il v. 10b diventa l'introduzione al v. 1 1 : « Il Vangelo deve prima essere predicato, e quando sarete condotti . . . >> . Le obiezioni sollevate da A. FARRER (An Examination o! Mark 1 3,10, JTS 7, 1956, pp. 75-79) e da C. F. D. MouLE (nella sua recensione al volume, ibid., p. 281 ) non hanno scosso Kilpatrick, il quale ha dato nuove spiegazioni in un articolo: Mark 13,9·10, JTS 9 ( 1958), pp. 81-86, ed ha perciò inserito la sua spiegaztone nel volu­ me: Mark. A Greek-English Diglot /or the use o! Translators, Londra 1958, p. 34. Questa interpretazione non ha avuto succes­ so : si veda, per esempio: R. G. BRATCHER·E. A. N mn A , A Transla­ tor's Handbook on the Gospel of Mark, Leida 196 1 , pp. 401-402; G. R. BEASLEY·MURRAY, A Commentary on Mark Thirteen, Londra 1957, pp. 40-45. La nostra difficoltà principale al riguar­ do deriva dal fatto che essa non tiene sufficientemente conto del­ la preistoria del testo e della parte da attribuire all'evangelista nella presentazione di questi versetti. Si vedano ora le osserva­ zioni di R. PESCH, Naherwartungen, p. 126. JJ Cfr. C. CoLPE, TWNT VIII, p. 446, n. 308. Le nostre spiegazioni differiscono un po' da quelle che propone R. PESCH, Naherwartungen. La divergenza deriva essenzialmente dal con­ fronto che noi crediamo di poter stabilire con Le 12,11-12: Pesch non ha pensato a questo parallelo e non ha visto quindi l'uti­ lità che se ne poteva trarre. Marco avrebbe desunto da una fonte i Ver/olgungslogien dei vv. 9b, 1 1 e 13b. Nel v. 9b, le parole « per causa mia ,. sarebbero di origine cristiana, ma anteriori a Marco ; costui avrebbe soltanto aggiunto 9c « in testimonianza per essi ,., e il v. 10 (si vedano le pp. 128, 132, 137, 204, 227) . B il confronto con Le 12, 1 1 che ci invita a collegare al v. 9c le parole « per causa mia ,.,

PERSEGUITATI PER CAUSA DI CRISTO

1085

ribile quindi rinunciare a basarsi su Mc 1 3 ,9 e paralleli per far risalire a Gesù le parole > . Il linguaggio è evidentemente quello dei cri­ stiani 49 • Lo stesso logion è riferito da Mt 10,42 in una 47 Non è certo che questo versetto appartenesse originariamen­ te all'episodio dei VV. 38-39: cfr. SCHNACKENBURG, art. L'il., pp 200s; ]. ScHMID, op. cit., p. 180. 48 Cfr. H. BJETENHARD, i:lvoJ..LI1, TWNT V (1954), 242-283 (276). 49 Cfr. ScHNACKENBURG, art. cii., p. 201 ; ]. ScHMID, op. cii., p. 1 8 1 ; W. GRUNDMANN, Dar Ev. nach Markus, p. 194. M.-J. LAGRANGE (�vangile selon saint Mare, p. 234) osserva che il giro di frase è paolino (cfr. Rm 8,9; 1Co 1,12; 3,23; 2Co 10,7) e aggiunge: > 65 • È infine riconoscibile la mano di Marco quando aggiunge > 66 • Rimane ancora la questione letteraria più difficile, che è anche quella che ha conseguenze più importanti : chi è l'essere celeste che deve prendere posizione a fa­ vore o contro colui che si sarà dichiarato per Gesù o l'avrà rinnegato? È il « Figlio dell'uomo », a favore del quale sta l'accordo di Le 1 2 ,8 con Mc 8,38 e i suoi paralleli 67, o si deve preferire l'« io >> di Mt 10,32-33 68, 64

Cfr. F. H AHN loc. cit . ; C. CoLPE, p. 459. Cfr. E. KLOSTERMANN, Das Markusevang!lium, p. 85; E. KASEMANN, Siitze heiligen Rechtes im Neuen Testament, NTS l ( 1954-55), 248-260 (257) Exegetische Versuche und Besinnun­ gen, I I , GOttingen 1964, pp. 69-82 79; PH. VIELHAUER, Fest­ schrift fur G. Dehn, pp. 69s = Aufsiitze 1.um N.T., pp. 77s; H. E. Toor, Der Menschensohn, p. 38; E. }ONGEL, Paulus und ]esus, p. 259; F. HAHN, Christologische Hoheitstitel, p. 33; N . PERRIN, Rediscovering the Teaching of ]esus, Londra 1967, p. 186; C. CoLPE, art. cit., p. 450, n. 331 e p. 459. - Si noti che il verbo antitetico, « dichiararsi per », in Mt 10,32 e Le 12,8 è ÒIJ.oÀ.oyÉw tv, costruzione tipicamente semitica: su questo aramaismo si veda ]. H. MouLTON-W. F. HoWARD, A Grammar of New Testa­ meni Greek, 11/3, Edimburgo 1929, p. 463; A. T. RoBERTSON, A Grammar o/ the Greek New Testament in the Light of Histo­ rical Rerearch, 3' ed., New York 1919, p. 588; F. BLASs-A. DE­ BRUNNER-R. W. FUNK, A Greek Grammar of the New Testament, Chicago 1961, § 220, 2; C. F. D. MoULE, An Idiom Book of New Testament Greek, Cambridge 1953, p. 183; W. BAUER, Griechirch-Deutscher Worterbuch 1.u den Schriften der N .T., 5 ed., Berlino 1958, 1 126; P. JoiioN, L''Evangile de Notre-Seigneur ]ésus-Chrirt, p. 66; N. PERRIN, op. cit., pp. 187s. 66 Cfr. H: E. Toor, Der Menrchenrohn, pp. 40s; C. CoLPE, art. cit., p. 459, n . 383. 67 Si può considerare comune l'opinione che dà la priorità 65

,

=

1 100

BEATI I PERSEGUITATI

oppure vedere queste due formule come esplicitazioni cristiane di una formula primitiva che aveva il verbo al passivo, come in Le 1 2 ,9, e supponeva quindi che si trat­ tasse di Dio stesso 69 ? La risposta a questo problema alla variante « Figlio dell'uomo ». Fra gli autori citati nelle note precedenti, si possono ricordare i nomi di G. Bornkamm, F. Hahn, E. Jiingel, E. Kasemann, W. G. Kiimmel (il quale cita R. Bultmann, C. ). Cadoux, V. Taylor), R . Schnackenburg, H. E. Toot. Segnaliamo ancora E. PERCY, Die Botschaft ]esu (1953), pp. 249s; E . SJèiBERG, Der verborgene Menschensohn in den Evangelien, Lund 1955, p. 180, n . l , e p. 237, n. l ; E. ScHWEI­ ZER, Der Menschensohn (Zur eschatologischen Erwartung ]esu), ZNW 1959 (50), 185-209 ( 1 88) = Neotestamentica, Zurigo 1963, pp. 56-84 (58s); In., Erniedrigung und Erhohung bei ]esus und seinen Nachfolgern, � ed., Zurigo 1962, p. 40; B. RIGAUX, La .

seconde venue de ]ésus, in La Venue du Messie. Messianisme et Eschatologie, Bruges 1962, pp. 1 73-216 (203-205) ; R . E. C. Foa­ MESYN, Was there a Pronominal Connection for tbe ., Bar Nasha » Desig nation? NT 8 ( 1966), 1-15 (21s); M. D. HooKER, The Son o/ Man in Mark. A Study o/ the Background o/ the Term 5

2 1 1 215 317 374 390� 413 495* 496 788* 792 83 1 * 852* 857 858 872 932* 964* 972 974 977 990 995* 1028* 1032. Didachè, 146 252 263 271 398 449 468. DIELS, 1023 1024. DILLERSBERGER, }., 504*. DILLON, R.J., 913* 915-918. D!MITROFF, S., 495*. DINKLER, E., 793*. Diogene, 861 . Diogene Laerzio, 861 . Dione Crisostomo, 861 973 102 1 . Dionigi bar Salibi, 362 364 412. DIRICHLET, G.L., 395* 504* 1020* ·l 022*. DITTENBERGER, G., 1025. DoBSCHUTZ, E. VON, 176* 195* 210* 229* 228* 364 754* 876* 877 932*. DoDD, C.H., 25* 87* 102* 135 140 154 158-160 314* 317 363* 409 429 458 464 468 504* 665* 676* 743* 769* 853* 857 858 930 1028* 1075* 1076 1 100 1 102. DoKTER, T., cf Touw, H.C. Doroteo, 1006 1007. Dosa ben Harkinas, 727. DossiN, A., 495*. DOvE, J.W., 213*. DREYFUS, F., 531* 608*. DRIVER, G.R . . MILES, J.C., 580*.

DUESBERG, H., 1 14* 594* 813* 814. DUMONT, C.-J., 504*. Du PLESSIS, P.J., 976*. DuPONT, ) . , 47 49* 126* 143* 158* 224* 31 3* 355 383* 438* 455* 477 481 519* 538* 569* 597* 643* 647* 648* 666* 668* 669* 672* 675* 697*-699* 706* 710 724* 73 1* 751* 756 761* 762* 765 766* 789 796* 805 8 1 1 * 814 866* 874* 878* 881* 884* 888* 889* 902* 904* 905* 9 1 1 * 913 917 918* 92 1* 927* 93 1* 972 974* 985* 990 996* 997* 1028* 1046* 1057* 1058* 1067* 1069* 1070* 1078* 1080. DuPaNT, J BoNNARD, P., 660* 1059*. DuPONT·SOMMER, A., 729 815. 815. DuPREZ, A., 733*. DuRANo, A., 99, 301 . DJJRKHEIM, E., 41. Du ToiT, A.B., 1013*-1015 1019 1043. DYSON, RA., 176. . •

EBELING, E., 585*. EDLUND, C., 123* 128 129 221 810*. EDMONDS, }.M., 525*. Efrem, 361 861 . EGER, K., 495*. EICHHOLZ, G., 642* 646* 682 715 894* 913* 929 930 938 1029* 1032 1043 1055*. EISSFELDT, 0., 473* 474 616* 652* 1003* 1034*. EJARQUE, R., 504*. Eleazar ben Perata, 336. Eleazaro ben Azaria, 770. Eliano, 102 1 . ELLIGER, K., 815.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI Empedocle, 1024 1026. ENGELMANN, F., 495*. Epicarmo, 1024. Epifanio, 1006. Epitteto, 549 861 973. Erma, 146 398 399 468 995. ERMAN, A., 592* 593* 595. ERNOUT, A.-MEILLET, A., 523*. Erodoto, 1023. Eschilo, 549 1022-1024. Esichio, 1007. Esiodo, 1022 1024. Euripide, 395 1021-1026. Eusebio, 145 252 3 1 3 339. Evandro, 523. EvANs, C.F., 7 10* 878*. EWALD, P., 219. FACCIO, H., 889*. FAHY, T., 176. FALKE, }.. 1013* 1060*. FALKENSTEIN, A., 580*. FARMER, L., 495*. FARMER, W.R., 870* 871 873. FARRER, A., 36 1* 1084*. FASCHER, E., 354* 496* 1055 * . FEINE, P., 224* 302* 322 374 390* 427* 496*. Fellah accusato, 590. FEUILLET, A., 158* 160 197* 650* 654 657* 665 666 788* 792 803- 822 852* 854* ; cf anche ROBERT, A. FEUILLET, G., 504*. FIEBIG, P., 132* 204 241 329 330 336 470 496* 794* 896*. Filodemo, 822. Filone, 252 727 823 1025. Filostrato, 102 1 . FILSON, F.V., 157* 177* 180 215* 235 363 365 412 743 747*. FINDLAY, }.A., 496* 878*. FIRTH, C.B., 158*. FISCHEL, H. A . , 1007*. FITZMYER, }.A., 648* 693* 729* •.

1 123

829* 832* 834. FLENDER, H 657* 709* 990*. FLEssEMANN -·vAN LEER, E., 964*. FLUSSER, D., 646* 647. FoACHES }ACKSON, F.]., 1007*. FOERSTER, W., 675*. FoHRER, G., 617*. FOLLET, R., 582*. FoNcK, L., 504* 879* 930. FoRBES, N. - CHARLES, R.H., 471* 472. FDREMAN, K.}., 504*. FoRMESYN, R.E.C., 1 100* 1 102 1 105. FosTON, H., 504*. Fox, E., 496*. Francesco d'Assisi, 494. FRANKFORT, H., 582*. fRANSEN, l., 496* . FREEDM1,N, D.N., 1034*. FREY, J.B., 301 342. FRIDRICHSEN, A., 176* 229. FRIEDLANDER, G., 496* 1071*. FitiEDRICH, G., 649* 663* 688* 689 692 694 706* 709 710 975* 985 1007 1073*. FRINGS, 581 596. FROER, K., 496*. FROVIG, D. A . , 202. FucHs, E., 221 843* 879* 900* . FULLER, R.H., 655* 657* 665 666 792. FUNK, R.W., 398 683* 697 735* 736 774 799 891 1060 1099. .•

GABRIELLI, A., 522*. GADD, C.]., 581* 582*. GAECHTER, P., 481 * 482 743* 1090*. GAIDE, G., 832. GALBIATI, E., 889* 913*. Galileo G., 42. GA !.LING, K., 1 3 1 . GALLO, S . , 257*-258 496*. Gamaliel II, Rabbi, 769. GANDER, G., 158*.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

1124

GARDEIL, A 504*. GARZANTI, 522*. GASTER, T.H., 832*. GEDEN, A.S. cf MouLTON, W.F. GELDENHUYS, N., 743. GELIN, A., 513 51 4*, 5 1 5 533 537 573 633 835* 843. GEMSER, B., 1028*. GEORGE, P.A., 399* 504* 531 539 ' 540 542 543 657* 658 664* 675* 699* 705 710* 1029* 1030 1038 1 109*. GERHARDSON, B., 788* 808 884*. GERSTENBERGF.R, E., 1028* . GESENIUS, W. - BUHL, F., 531* 532 543 544 826 828 960* 1026*. GEWIESS, }., 925*. Giamblico, 1024. GIBLET, ]., 25* 33* 710* 879*. GIBLIN, C.H., 870* 813. GILBERT, P., 593*. GJLMOUR, MeL., 496*. GILMOUR, S.M., 502*. GILS, F., 354 364* 664* 706* 709 7 10 788 790 792 795 803 853* 978 1083*. GINGR ICH, F.W., cf BAUER, w. GINSBERG, H.L., 587* 588. GJNSBURG, D., 360 402* 682 745 812 1016. GINSBURGER, M., 805*. GIOANINA, L., 879*. Giovanni Crisostomo (S.), 36 548 798. GIRARD, L., 224* 261* 303 306 3 12 427. Girolamo (S.) 196 3 1 3 382 809 823 1002. Giuseppe Flavio, 526 773 802 809 823 1006. Giustino, 339 498 994 1003. GLOEGE, G., 176. GLOMBITZA, 0., 804 911* 912*. GNILKA, ].. 708* 786 788 796 803. .•

GODET, S., 675*. GoFH, T., 176. GoGuEL, M., 976. GoMA CIVIT, I., 1065*. GoMES , M., 496*. GoPPF.LT, L., 3 16-3 18 513 515* 552. GORDON, C.H., 587*. GoRE, C., 496*. GossiP, A.]., 496*. GovETT, R., 496*. GRANT, F.C., 496* 504* 741* 743 748 858 912. GRANT, R.M., 779*. GRAESSER, E., 139* 141 148 4 1 1 699* 953* 1073 1074*. GRAWERT, F., 258* 496*. GREEVEN, H., 176. Gregorio di Nissa rS.), 36 493. GRELOT, P., 474 582*. GRESSMAN, H., 301 1050; cf anche BousSET, W. GRIMM, E., 747. GRossouw, W., d VAN DE RIET, W.A. GRUNDMANN, w., 203* 496* 531* 532 658* 674 679 701 * 732* 733 740 742 747 748" 762* 768* 771-773* 778* 783 787 791 *-794, 803 8 1 1 832 858 864 868 870 874 880* 898 899 901 920 969* 973* 990 1058 1091. GUARDINI, R., 372* 504*. GUDEMANN, 207. GULIN, E.G. , 1 0 1 1 * 1013 1018 1019 1026. GuNDRY, R.H., 984* 987 989 1046* 1053 1058. GUNKEL, H., 39 1028* 1030 1034. GUNN, B., 593*. GuTBROT, W., 203* 804. GuTZWILLER, R., 496*. GuY, H.A., 1097*. ·

HAAG, H., 496* 504*.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI HAAS, J., 850*. HAHN, F., 692* 699 704 706 708·71 1 789 794 795 853* 899 901 904* 925* 930 953* 1007 1081* 1096* 1098·1 102. HAMERTON - KELLY, R.G., 664*. HAMILTON, E.L., 496". HAMMAN, A., 530*. HAMMELSBEEK, 0., 504*. Hammurabi, 580. HANCHEN, E., 55* 61* 465* 702* 704 736*·740 742 745 746 761 771 773 780 781 787 804 894* 913* 923 924 930 933 935-939 956* 964* 973 980* 982 985 986 989992 1 102. HANSE, H., 385*. HARDER, G., 1081 * . HARDICK, L . , 531 . BARE, D.R.A., 957*. Hio:aLE, O. - SoMMER, C. · OR­ LAMUNDER, P. - MEYER, A. C.W., 496*. HARNACK, A., 1 1 * 61 86 97 135 142 143 147 163 170 1 8 1 * 184 202* 208 220 223 224 239 274 277 302 3 1 3 321 334 338 341 346 349 350 352 354 356 381 385 386 391 403 407 408 427 784 786 791·793 796 798 799 812 921 * 924 980 981 990 1074 1076. fiARTMAN, L., 953* 1080* 1081 * 1086*. HASLER, V.E., 205* 913*. HASTINGS, 302 502* 506. HATCH, E., 824. HAucK, F., 1 1* 71 81-85 87 88 95 97 1 12 1 17 1 1 8 123 134 139 140 142-144 151 154 156 160 162* 163 166 168 209 224 255 274 277 278 284* 329 332 333 347 349 350 352 354 355 381 391*

1 125

392 403 408 410 427 437 447 453 454 503* 504 524* 525* 526 531 539 674 740* 747 771 786 793 854 898 899 901 990 1013* 1021 1037 1074. HAUCK, F. - BERTRAM, G., 1028*. HAucK, F. - ScHuLz, S., 682 83 1 * . HAWKINS, J.C., 7 5 80* 8 5 95 98 119 138 140 181 220 253 275 363 427 739 745 755 756 882* 899 900 921 923 926 927 1073 1091 1 101. HEARD, G., 505*. HEIM, K., 496*. HEINEN, A., 496*. HEINRICI, C.F.G., 1 1 * 157* 202 215 239 284 301 318 428 497* 754 1026*. HEINZE, M., 1021 * . HEINZELMANN, G., 497* 831 * . HELD, H.J., 758*. HEMPEL, ]., 1029*. HENDRIKSEN, W., 497*. HENRY, M. L ., 617*. HERDNER, A., 587*. HERING, }., 643* 680. HERMANIUK, M., 1 12* 301* 861 888 889. HERMANN, R., 497* 718* 1072* 1076. HERNTRICH, V., 599-601 . HEIIRMANN, J. - FoERSTER, W., 675*. HERTER, H., 724* 747. HEusCHEN, ]., 157* 180 291 301* 426* 497* 505*. HIGGINS, A.].B., 1 106*. Hillel ' 252. HILO, M., 505*. HIRSCH, E., 22* 267 284 302 427 447 497* 790* 900* 901 928* 977 990. HITZIG, F., 532. -

1 126

INDICE DEGLI AUTORI CITATI 96*

98

HoFius, 0., 856* 866 868 874

}ACQUEMIN,

HOGG,

jACQUJER, E., 702. }AMES, M.R., 690*. }AMESON, ] . G . , 497*. }ANSSENS, L., 50. }ANZEN, W., 1026* 1027 1032*. }ASTROW, MARCUS, 530* 538

930.

497*.

C.F., . WATSON,

J.B.,

HOLSCHER, G., 1041*. HoLTZMANN, H.]., 99 1 56* 1 80 253 301 390* 414 427* 754 1074. HOLTZMANN, 0., 30 1 . HoLZMEISTER, U., 1013*. HONEYMAN, A.M., 170* . HOOKER, M.D., 1 100*. Horologion, 833.

HoRT, F.].A., cf WEsTcoTT, B .F . HosKvNs, E. - DAvEv, F.N., 27 1 *

302.

HowARD, W.F., 922*. HUBER, H., 147* 185* 303 363 367 420 497* 683* 684.

HUBY, J 43* 59* 60 7 1 2 83 1 * ; cf anche VALENSIN, A. HUMBERT, P., 540* 1013 1016* 1017. HUNKIN, }.W., 922*. HUNTER, A.M., 267* 333 341 .•

497* 787* 792 794 803 812 1047*. HuNZINGER, C.H., 832*.

798

IBBEKEN, 497. Ilario (S.), 338 339 341 382 784.

Iliade, 1021 1024. INNITZER, TH., 743. Inno ad Amon-Ré, 594 595. Inno a Nanie, 585. Inno a Shamash, 584 585. Inscr. Gr., 822 1023. Iscr. funer. Antioco di Commagene, 1025. Ippocrate, 822. lppolito, 145 1002. Ireneo (S.), 333 382 784 791 . IsAAC, ]., 203*. Isocrate, 1023. lTALIE, G., 1025.

1065*.

M.-E.,

542-544 550 808 812 8 1 3 828 8 3 3 960* 1052. }ASTROW, MORRIS, 586*. }AUBERT, A., 465*. Jehosua ben Qorha, 770. }EPSEN, A., 1033* . }EREMIAS, } ., 1 1 * 74 83 84 94 98* 101-108 1 1 2 1 14 1 15 1 1 7 1 1 9 122 128 129 132 135 138-140 142 144 148 153 154 158 1 60 162 203* 214* 215* 2 1 6 243 248 327 409 4 1 1 555 596 597 672* 674* 730* 740* 747* 762* 763 765 769 773 775* 778* 779 795 804 808* 832 853* 856 866* 868 874 878* 880* 895 902* 908 915 920 924* 929-932 938940 978* 1007 1 1 00*. }ohanan ben Zakkai; 769 828. }OHNSON, SH.E., 301 634* 741* 916*. }ONES, A., 47 2 1 1 234 301 505*.

)ONES, }ONES, }osé il JouoN,

H.S., cf LJDDELL, H.G. S.E., 497*. Galile.Y, Rabbi, 694. P., 162 239* 282 335

530* 762* 765 797 821 83 1 * 923* 967 992 1027* 1075* 1099. }OUSSE, M., 364*. ]ULICHER, A., 12* 75 81 82 84 86 94 1 12 123 126 135 140 144 1 54 1 57 158 160 161 163 164 861 * 867* 930 933 934 940. }UNGEL, E, 657* 662* 678*

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

782* 880* 953* 1096* 1099 1 100 1 102. jUNKER, H., 1034*. KABISCH, R., 505*. KAHLE, P., cf KITTEL, R. KAHLEFELD, H., 531 * 889* %9*. KALSBACH, A., 53 1 . KAMBYSIS, A., 497*. ICASEMANN, E., 964* 1099* 1 100 1 102 1 103*. KASSER, R., 894* 912*. KEcK, L.E. - MARTYN, J.L., 900*. KELI.ER, C., 1027* 1030 103 1 1033. KEULERS, ]., 99 142* 224 234 301 333* 390. KILPATRICK, G,D., 47 126* 135 179 195 209 212 245 267 302 321 331 364 373 382-384 403 666* 784* 803 808 984* 1083 1084*. KITTEL, G., 302* 309 390* 408* 497*. KITTEL, R . KAHLE, P., 467*. KLAUSNER, }., 203* 207 302*. KLEINE, B., 497*. KLEINE, R., 505*. KLOPPER, A., 505*. KLOSTERMANN, E., 12* 99 1 1 2 1 18 123 126 131* 1 4 1 147 151 157 177 160-182 199 202 2 1 1 215 219 228 229 234 236* 245 246 248 252 274 301 321 333 340 352 360 361 363 368 372 374 390 427 446 452 454 674 741* 743 747 754 793 794 798 853 856 868* 895 898 899 901 952* 972 794 990 1059 1074 1099 1 102 1 105. KNABENBAUER, }., 702 744*. KNEPPER, M., 505*. KNOWIES , H.]., 497*. KNox, W. L . , 12* 61 71 79 99 .

1 127

103 1 17 124 128 154 157 165-169 171 177 183 184 186 195 202 2 1 1 215 224 228 229 234 239 250 253 302 321 428 480 786* 794* 798 855* 657 858 860 898 899 977. KoBERT, R., 833*. KoCH, K., 518 519 640* 716 1029* 1030 1053. . KocH, R., 160 426* 427 435. KOHLER, K., 377* 378 505*. KOEHLER, L., 131 * 229. KoENIG, ]., 6 1 1 * 1027* . KOGEL, ]., 878*. KoscHi.iTZSKI, R. VoN, 497*. KosMALA, H., 1071 * 1090. KossEN, B., 870* 878*. KRAEMER, A., 526*. KIIAMER, S.N., 580* 585*. KRANICH, T., 505*. KRANZ, 1024. KRAUS, H.]., 531 * 544 630* 814 825 1027* 1032. KRAUSS, S., 497*. KREMER, F.G., 854*. KRETSCHMAR, G., 465. KROYMANN, 382*. KausENSTJERMA, A. VoN, 497*. KuHN, K.G 301 * 650* 662* 708* 827 1049*. KiiMMEL, W.G., 203* 212* 228* 659* 660 665* 678* 705 740 743 761 765 769 773-775 782 793 803 853 858* 859 865* 908* 915* 953* 977 985 986* 990 991 993 1083 1085* 1086 1095 1098 1 100-1 102. KUNDZINSH, K., 504. KuscHKE, A., 542. Kuss, 0., 1002*. KuTscH, E., 531 532. .,

LABAT, R., 581*. LABOURT, }., 809*. LACAN, M.-F., 1013*..

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

1 128

LADD, G.E., 657* 677. LAFFOURCRIÈRE, 0., 4 1 . LAGRANGE, M . ]. 12* 47 5 3 59 60 71 73 77 79 81 83 85 95 98 99 1 17 125 126 134 135 142 147 151 154 155 157 163 182 189 191 196 198 199 211 218 224 234 241 243 253 256 258 259 277 279 284 301 314 333 338 340 342 344 346 349 352 356 360 361 363 365 367 382 391 427 431-435 437 448 452-454 461 739 743 754 777* 783 787 788 792 793 798 803 864* 879* 930 940 1091. LAKE, K., 1007*. LAMARCHE, P., 651*. LAMBERT, W.G., 543 584* 585. LAMBRECHT, ]., 1076* 1079* 1080 1086 1087. LAMPE, G.W.H., 637* 709*. LANCELOT, J.B., 497*. LANDSBERGER, B., 582*. LANGKAMMER, H., 1058*. LARIDON, V., 95* 99 878*. LARRDCHE, E., 158*. LARSSON, E., 1046*. LATTEY, C., 531 1041 * . LAUCK, w., 743. LAURIN, R.B., 708*. LAVALLÉE, F., 505*. LAVERGNE, C., 797*. LEANDER, P., cf BAUER, H. LEANEY, A.R.C., 741* 743 754. LEBRETON, ]., 58* 302* 390 429* 497* 498*. LECONTE, R., 324*. LE DEAUT, R., 1059* . LEEMING, B., 176. LEFÈVRE, A., 466* 468 472 1029*. LÉGASSE, S., 534* 733* 788 792 794 803-805 809 8 1 1 * 812 835 836 984-988 990 991 1007 1057-1059 1074 ·

,

1076 1077. LEGG, S.C.E., 406. LEGRAND, L., 703* 926*. LEIPOLDT, }., 203*. LEISEGANG, H., 475* 505* 1025. LEIVESTAD, R., 531 * 535 537 768*. LEMONNYER, A., 375* 505*. LÉON-DuFOUR, X., 26* 28 32* 34 43* 58* 60* 92 95 183* 288* 383* 712* 741* 757 762* 851 * 852 884* 924 993*. Leone Magno (S.), 493. LE SEUR, P., 498*. LETTINGA, }.P., 580*. LEUBA, }.-L., 1055*. LÉVESQUE, E., 72* 99 101 1 17 129 181 235 260 261 . Levi, Rabbi, 692. LEviE, }., 48 181* 183. Libro dei morti, 592. LIDDELL, H.] . - ScoTT, G. - Jo­ NES, H.S. - McKENZIE, R., 12* 1 32 329 454. LIETZMANN, H., 976. LIGHTFOOT, }.B., 132* 471 831 * . LINDARS, B., 696* 703 801 902* . LINDESKOG, G., 68* 73 167 741* 742 752* 757 1088*. LINDSAY, A.D., 498*. LINNEMANN, E., 889 912* 925* 930-932 936 938 939. LIPINSKI, E., 598* 649* 1062*. Lipit-Ishtar, 580. LIVER, ]., 708*. LJUNGMAN, H., 135* 197* 202204 208 216. LoDs, A., 1033*. LOHFINK, N., 602*. LoHMEYER, E., 12* 95* 99 135 156 157 174 215 219 301 319 323 333 340 350-352 356 360 363 364 555 739* 741* 742 744 746 748 754 771 773 853* 856-859 868 973* 1074.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI LoHSE, E., 324* 465* 805* 853* 874* 964*. LoiSY, A., 12* 71 78 79 81 84 88 95 99 106 109 1 15 1 17 1 1 8 128 135 139 142 146 147 154 1 55 157 163 166 174 184 195 196 2 1 1 2 1 5 219 224 233 239 253 275 301 3 1 6 3 1 8 321 340 356 360 367 381 383 390 391 427 432 435 437 447 498* 743 853 879* 895 897 924 950* 977 979 1059. LoRSON, 372 504. LOVESTAM, E., 796* 853* 854. LUEKEN , W., 996* LUETHI, w BRUNNER, R., . 498* . LUNDSTROM, G., 657*. LUNT, R.G., 158*. LYTTELTON, E., 498*. .

. .

MAASS , F., 1028*. McCARTY, D., 652*. MACCHIORO, V., 310* 505* 526*. McCowN, C.C., 505* 578* 579 597. McGaEGOR, W.N., 265* 302 505*. McKENZIE, R., cf LIDDEL, H.G. MAcKINTOSH, R., - 204* 302 505*. MAC MUNN, V.C., 498*. McNEILE, A.H., 12* 99 142 155 182 202 2 1 1 224 228 234 253 301 318 321 333 340 349 352 354 355 364 391 683* 684 736* 741 743 794 798 812. MAERTENS, TH., 505*. MAIER, ]., 680* 728* 820*. MANGENOT, M., 47. MANSON, T.W., 12* 53 61 71 79 81 87 88 94 1 12 1 17 123 124 134 135 140 148 151 154 168 169 176* 215 223

1 129

224 239 245 253 266 302 322 329 333 339 341 346 352 353 361 364 365 375 390 412 428 447 454 515* 730 757 761 787* 792 990 992 1007* 1073. MANSON, W., 127* 262 427* 435 787 792 795. MARCHAL, L., 1 17* 427* 443 777* 930. MARCHEL, W., 796. Marcione, 382 783 799. Marco Aurelio, 527 1023. MARKUS, R., 773. MARLÉ, R., 41 * 656*. MARRIOTT, H., 12* 71-73 79 80 99 117 135 157 184 202 210 215 217 224 239 241 245 253 274 275 279 301 302 319 321 328 341 346 347 349 350 352 364 381 383 385 386 388 391 427 447 461-464 498*. MARSHALL, IH., 1 102*. MARSTRANDER, P., 498* . MARTIN, H., 505*. MARTIN-ACHARD, R., 158*. MARTYN, } .L., cf KECK, L.E. MARXSEN, W., 55* 1073* 1081 1086* 1095* 1096* 1 102. Marziale, 523. MASSAUX, E., 226* 292* 498*. MATTHEWS, C.H. S ., 505*. MAYDIEU, A.]., 505*. MAYER, J.E., 505*. MÉDARD, J., 505*. MEEK, J.T., 580. MEILLET, A., cf ERNOUT, A. MEINERTZ, M., 301* 498* 683*. MEIR, R., 680. Meleagro, 102 1 . Menandro, 525 1025 1026. MERK, A., 274 406 990. MERKEL, H., 853*. MERTENS, H., 792 794 795. METZGER, B.M., 498* 785* 940*. •

1 1 30

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

MEYEII., A., 202* 813*. MEYEII., A.C.W., cf HAII.LE, O. MEYEII., E., 786* 792* 1081 * . MEYEII., R., 203* 674* 976. M I CHAE LIS W., 82* 145*-147* ,

202 498* 791 793* 798 803 805 831 914 916 930. MICHAELS, J .R., 569* . MICHEL, 0., 794* 795 957* %5* 1002* 1007*. MICHELET, M., 505*. M I CHIELS R., 892. MI CH L, J . , 700*. MILES, J .C., �80. MILIK, J.T., 464* 46� 469 473 540 729* 929*. ,

MILLIGAN, G,, cf MouLTON, J.H.

MISSONG, A., 498*.

MoFFATT, J.. 498*. MO LLANO , È., 747*. MoNIEJ., P., 498*. MoNon, L., 498*. MoNTEFIORE, C.G., 139 166*

301 · 3 12 317 321 340 374 391 427 489 498* 741* 747 754 77 1 779 793* 803 953* 978* 990 1047*. MooJ.E, A .L., 1081 *. MoRAN, W.L., 602*. Moli.FILL, 47 1 . MOII.GENTHALEII., R., 443* 4�7* 657* 87�*. MOII.TAII.I, 1 ., 878*. MosBECH, H., 498* . Motu-User, �90. MouLI!, C.F.D., 241 * 4�2* 4�4 4�� 683* 1084 1099*. MouLTON, J.H., 95* 241 506* 683* 797 923* 958*. MouLTON, ]R. MILL IGAN , G., 384* 822*. MouLTON, W.F. GEnEN, A.S . , 334. MousoN, ]., 27* 860* 86� 869 912*. MowiNCKEL, S., 532 �82* 633* -



1029*.

MiiLLER, D.H., 432* 498*. Mii LLEII. , ]., 498* 67�* . MUNCK, ]., 199*. MUII.ILLO, L., 50. MuRI\AY, J.E., �06*. MussNER, F., 660* 670* 949* 999* .

MusuRILLO,

H., 34*-45 52 53.

NAGEL, G., 593*-595 NXGELSBACH, F., 498* 499*. NA UCK, W., 55* 1 3 1 * 132 134

135 326* 331 34 1 343 351 465* 1043* 1045-1048 1050. 1053. NAVONE, ]., 913* 1013*. NEB·RE, 593 594 . Nechonia ben Haqana , 828. NEIL, W., 884*. NEIII.YNCK, F., 176* 759* 832* 1089*. NELLESSEN, E., 700*. NESTLE, E., 3 1 1 940* . NEUHAUSLEII., E., 53 1 * 716* 718 815 878* 1052*. NIDDA, E.A., 1084*. NINEHAM, D.E., 709* 710*. Nuwoon F.A., 927* . NoESGEN, C.F., 303*. NoJ.DEN, E., 38* 791* 792*. NoTH, M., 1033*. NYGREN, A., 499*. ,

Odisseo, 1021 1023 1024 1026 1033.

0EPKE, A., 723* 724* 727 730 747 795 803.

O'HAII.A, ]., 854*. 0HJ.N, A .T., 499*. Omero, 549 1021-1024 1026. Ooli.T, H., 49.�*. 0PPENHEIM, A.L., 582*. Orazio, 523. Or. Gr. Inscr. Sei., 1025. Origene, 145 339 361 362 823 1003 1007.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI Ostracon di Torino, 589 590. Ostracon Gardiner, 595.

OsTY, E., 95 1 13 178* 243 288 3 13* 407 408 435 452. OTT, W., 876*. OTTO, R., 1 1 05*. Ovidio, 523, 1026 1033. PALAZZI, F., 522* 548*. PALMER, C.R., 506*. PALOMERO DIAZ, G., 499*. PAPAGEORGIOS, G., 499*. PAPAKOSTAS, S., 499*. Papia, 24. Papiro Anastasi II, 595. Papiro di Ossirinco, 972 973 1014. Parmenide, 1024. PAULY-WISSOWA, 1025*. PAYNE-SM!TH, R., 1052*. PEACOCK, H.F., 499*. PEDERSEN, S., 913* 914 916 1007*. PEDREIRA DE CASTRO, ].-].. 706. PERCY, E., 12* 195 204 21 1 212 224 229 274 302 305 307 3 1 3 390 415-420 427 506* 540 741* 742 746748 758 761 765 771 773 777 793 853* 854 930 953* 1 100 1 102. PEREZ-RODRIGUEZ, G., 699*. PERLES, F., 133*. PERRIN, N 657* 659 661 666 780* 1 099 1 100 1 1 02. PERll.OT, c . 54* 356 384 387 427* 434* 447 448 480483 490 1082*. PERRY, A.M., 202* 2 1 1 229* 235 250 253 261 267* 499*. PÉRY, A., 531 . PEscH, R., 1055* 1079* 1081 1082 1084 1086 1088. PEscH, W., 6 1 * 226 227 243 321 367 372 426 427 756*759 761 763 769 77 1 775 778 779 830* 879* 915 940 .•

.

1131

953 1054* 1061 1073 1090 1093 1 102. PETERSON, E., 172 195 2 1 1 266* 321 364 499*. PFEIFFER, E., 531 585. PFEIFFER, R.H., 1033*. PFISTER, B., 498*� PFIZENMAIER, 1., 1013*. PICHERY, E., 506*. Pindaro, 395 1023 1024. Pinehas b. Tair, 896. Pio XII, 38 44 48 3 14. PIROT, ].. 1 17* 243 879*. PIROT, L., 302*-304 3 1 1 312 361 390 427 449 506* 533 6 1 1 * 688 743 747 762 777*. Pitagora, 1024. Platone, 333 452 454 860 1022 1023 1025. Plauto, 525. PLUMMER, A., 12* 1 17 333 355 506* 743 Plutarco, 860 861 973 1021 1023. Polibio, 452. Policarpo, 398. PooRTMAN, E.B.A., 499*. PoRTALUPPI, A., 506*. PORTER, }.R., 610*. PRAT, F., 302* 427* 435 476 547 748* 831 . Preghiera ad Amon, 594 595. Preghiera a Bel, 586. Preghiera a Beltiya, 586. Preghiera a Ninurta, 586. PREISIGKE, F., 1025*. PREISKER, H., 158* 654* 665 1055* 1057; d anche WIN­ DISCH, H. PRELLER, H., 499*. PRETE, B., 700* 900*. PREUSCHEN, E., 972*. PRITCHARD, }.B., 13. PRoosDIJ, B.A., 582*. PROOST, K.F., 499*. Pseudo-Ammonio, 772. Ptahmes, 591 .

1 132

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

PuRDY, A.C. , 499*. RABINOWITZ, J_J_, 498*. Racconto del fellah accusato, 590. RACZECK, E. VON, 506*. RAo, G. voN, 1059*. RAGAZ, L., 498*. RAHLFS, A., �)32* 540* 655* 690*. Ramses IV, 588 595. RANSOM, C.L., 590. RANSON, G.H., 506*. RAsco, E., 665* 666 870* 873 876 878 891 892. RAVAROTTO, E., 856*. RAWLINSON, A.E.J., 854. REDPATH, H.A., 824. REGAMEY, P.R., 499*. REHKOPF, F., 902*. REHRL, S., 768*. REICKE, B., 1013*. REITZENSTEIN, R., 345 988. Rekhmire, 591. RENAUD, B., 613* 614 651*. RENGSTORF, K.H., 12* 71 83 85 117 139 157 243 253 275 385* 386* 390* 428 804 879* 912*. RENIÉ, G., 702. REscH, A., 861 * . REsE, M., 699* 701 702 704 7 10. RESEWSKI, }., 506*. REUTER, K., 499*. RICCIOTTI, G., 58* 427* 474* 475. RICHARDSON, A., 664*. RIDDERBOS, HN., 99 203* 499* 663*. RIDDLE, D.W., 953*. RIDOUARD, A., 1013*. RIEDL, ]., 825*. RIESENFELD, H., 55*. RIETHMULLER, 0., 499*. RIGAUX, B., 40* 54* 56* 57 428* 657* 732* 733* 788*

816* 83 1 851 * 995* 996 1047* 1 100* 1 1 02. RisT, M., 792*. RisTow, H. - MATTHIAE, K., 843* . RIVERA, L.F., 176. RoBERT, A., 42* 196* 288 363 398 429 504 650* 657* 676 1028. RoBERT, A. - FEUILLET, A., 741* 851*. RoBERTS, R .E. , 506*. RoBERTsoN, A.T., 736* 745 763* 923* 1099*. RoBINSON, A.W . , 499*. RoBINSON, J.A.T., 1 102. RoBrNSON, J .M., 678*. RoEDER, G., 592*-595. RoHNER, A., 506*. ROLAND-GOSSELIN, M.-D., 506*. RoMANIVK, K., 663*. ROMEO, A., 361 * 426* 435 457 506* 570*. Rooo, C.S., 664*. RousTANG, F., 847 848* 850. RowLEY, H.H., 637* 1033 1083* 1 102. Rov, L., 53 1 . RUNESTAM, A., 499*. RYCKMANS , G., 136* 137. RYLE, H.E. , 690*. .

SABBE, M., 465* 918*. SACHS, A., 586*. SAGGIN, L., 805*. SAHLIN, H., 248*. SALAS, A., 1079*. SALM, W., 938. Salomone, 1 14. SALVONI, F., 302 310* 375* 427 506* 526* 527. SAMAIN, P., 95* 158*. SANDAY, W., 181* 297* 758*. SANDERS, J.A., 1061*. SANDEIIS, JN., 57* 729* 815* . SARAUW, C., 1027*. ScHAFFER, K.TH., 383*.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI ScHANZ, P., 426* 431 432 434 435 46 1 . ScHELER, A., 524*. ScHELKLE, K.H., %3* 965 971 * 994 1019*. SCHENZ, A., 258* 499*. SCHERMANN, TH., 1007. ScHICK, E., 55* 92* 94 99 126 127 135 913* 930 1013*. SCH!EDER, J . , 499*. ScHIERSE, F.]., 500*. SCH!LDENBERGER, ]., 302*. SCHILLE, G., 263* 1002*. ScHILLING, F.A., 775*. SCHIPPERS, R., 995*. SCHLATTER, A., 83 1 15 148* 202 204 255* 303* 500* 507 743 794* 7% 804 810 861 .. 864 868 1059. ScHLIER, H . , 912*. ScHMAUCH, W., 12. ScHMID, ]., 12* 47 48 68 70 71 77 81-84 88 94 95 99 109 1 12 123 129 134 135 139 140 142 147-149 151 154 155 157 160 163 166 168 169 171 177 179-182 186 189 191 195 196 202 209 210 224 228 239 245 247 253 274 275 277 284 288 301 314* 3 16 318 320 321 333 340 346 360 363 367 37 1 374 390* 391 399 412 4 1 4 426 435 437 500* 647 657* 659* 674 724 741 * 743 747 754 756 758* 769 773 778 786 788 791 793 803 851-855 901 920* 940* 974 976 977 980-982 985987 990-992 1054* 1060 1 06 1 1073-1075 1083 10881091 1 102. ScHMIDT, H., 1034*. ScHMIDT, K.L., 95* 301 * 329 754* 782* 854* 855 857 867* 898 959* 977* 989 990 992 1088.

1 133

ScHMIDT, W.H., 587* 588 598* 625. ScHMIEDEL, 0., 990. SCHMITI, }., 212* 303* 306*308 312 394* 464* 466. SCHMITIHENER, A., 506*. ScHMITZ, 0., 500* 671 * 695. ScHNACKENBURG, R., 130* 178 205 208 209 212 302 649* 650 656* 658�60 663 665 672 679 684 706* 710 730* 741 .. 753* 754* 77 1 773 909* 971 * 1054* 1088*1098 1 100- 1 102*. ScHNEIDER, ]., 494 500* 659* 675* 774 858* 88 1 963* 974* 975*. ScHNEIDER, J. - BEIJER, H.W., 500*. ScHNEIDER, P., 500*. ScHNELLER, L., 500*. ScHNIEWIND, ]., 12* 99 142 157 182 192 1% 204 215 234 253 265 301 360 688 741 * 743 747 748* 769 787 793 796 803 854 878*. ScHOEPs, H.]., 170* 197 206* 207* 364* 1007*. ScHRADER, E., 583*. ScHRAGE, W., 972* 973*. ScHRENK, G., 99 204* 206* 3 17 621 805 822 823 826 828 831 832 881 1059. ScHREUERs, P., 842* 849*. ScHUBERT, K., 306* 500* 633*. ScHULLERUS, A., 500*. SCHULZ, A., 1073*. ScHULZ, S., 531 * 682*. ScHilRMANN, H., 491 * 897* 901* 956*. SCHUTZ, R., 224*. SCHWEIZER, E., 170* 196 198* 199 206* 701 702 709* 736* 741 747 781 853* 855* 856 867 879 1 100* 1 102. Scorr, G., cf LIDDELL, H.G. ScoTT, ].A., 506*.

INDICE DEGLI AUTORI CITAn

1 1 34

ScoTT, R .B Y., 1033*. ScoTTI, P., 506*. SÉDIR, P., 500*. SEDLACEK - CHABOT, }.·B., 362*. SEEBERG, A., 1043*. SEEBERG, R., 500*. SEITZ, O.].F., 986*. SELWYN, E.G., 323* 953* 1042* 1043 1047 1052. SEMERIA, G., 506*. Seneca , 523. Senocrate, 1023. Senofonte, 524 549 1022 1023 1025. SERTILLANGES, A.-D., 500*. Sesto Empirico, 1023. SEUX, M.-]., 596 597*. Severo di Antiochia, 493. SHEARS, H., 500*. SrcKENBERGER, J., 47 50 500*. Simeone ben Tokhai, 770. Simmaco, 816 824. StMSON, P., 920*. Sinassario greco, 1007. SJOBERG, E., 123* 128 129 803 810 812 837 849* 853* 902* 1 100* 1 102. SKEZELY, E.B., 500*. SMAILES, F.W., ':>00*. SMALLEY, S.S., 665. SMITH, B.T .D , 853* 930 937*. SMITH, C.W.F., 917* 918 940. SMITH, DH., 500*. SMITH, M., 212* 225* 241 * 244 256 470 697 861*. SMITS, C., 506*. SMYTII , K., 669. SNOY, TH. , 1073. SoDEN, H. VON, 338 382 406. Sofocle, 333 549 772 10221024. SorRoN, TH., 12* 47 71 73 75 83 84 88 99 101 110 1 17 121 122 126 128 129 135 138 147-149 157 166 167 1 7 1 172 177 180 181 185 186 195 202 210 218 234 .

.

243 250 253 255 259 283 301 303 304 312 316 391 420 426 447 459 500* 758* 875* 981 *. SoPI!OCLES, E.A., 962*. SoUBIGOU, L., 375*. SPADAFORA, F., 3 14* 506*. SPEISER, E.A., 543*. SPEYR, A. VON, 500*. SPJCQ, C., 57* 158* 260* 446* 805 963 1002*. SPRENGER, P., 500*. STAAB, K., 743 983*. STAHLIN, W., 507* 67 1* 695. STANGE, C., 500*. STARCKY, J., 394* 474 708*. STAUDINGER, }., 22* 45*·50 99 147 157 176 195 304 312 428 500*. STAUFFER, E., 971 * 989. STEINMANN, A., 302 ':>01 *. STEJNMEYER, F L ., 501 *. STENDAHL, Kr ., 176* 222 223 500* 708* 832. STENNJNG, ].F., 530*. STENZEL, M., 531 . STEPHENS, F.]., 584*. STIASSNY, M.-]., 692* 693. Stobeo, 861 . STOGER, A., 50 1* 969*. STOLL, R., 501 * . STRACK, H.L., 693* 694. STRACK, H.L. - BrLLERBECK, P., 12* 68 79 140 146 176 179 200 206 223 241 252 301 317 329 336 470 661* 671* 688* 692-695 728 769 770 804 822 828 861 * 896* 959* 973 1003. STRAUSS, D.F., 898 990. STRECKER, G., 787 794 889* 940 991*. STREEKERK, N., 913*. STREETER, B.H., 22 169* 181 250* 266* 374* 390 758* 990* 99 1 . STROBEL, A., 1080* 1082. .

INDICE DEGLI AUTOIII CITATI STURZ, F.W., 772*. SUDBRACK, ]., 1075*. Sum, A., 964* 1081*. Suidas, 1024. SuNDWALL, ]., 853* 858* 859 1074*. SussARELLU, B.,- 507*. SuYs, E., 590 591. SviRON, T., 501 *. SwAELEs, R., 7 1 0* 912* 915918 924 925 932 934 941 993*. SzczYGIEL, P., 258* 501*. Tacito, 395. Tahebet, 592. TASKER, J.G., 507*. TAYLOR, V., 98* 1 3 1 * 132 157* 168 177 180 195 202 2 1 1 2 1 5 228 229 239 665 678 741 * 742 748 754 776 851 *854 857 858 867 973 1074 1081 1082 1092 1 100 1 102. Taziano, 382 526 833. TEBBE, w., 507*. TEEPLE, H.M., 7 10* 1 102* 1 106. Teocrito, 525 1021. Teodozione, 824. Terenzio, 1026. Teresa, 506. TERNANT, P., 57* 706*. Tertulliano, 145 HB 339 382 454 527 784 1002 1003. TETZLAFF, E., 501*. THACKERAY, H . S .J . , 773*. THE!SSING, ]., 302* 321 361 363 367 372 385 390 507* 672* 684. THIBAUT, R., 303* 312. THIELICKE, H., 501*. THOLUCK, A., 427* 501*. THOMAS, ]., 1046* . THOMÉ, ]., 50 1*. THOMPSON, E.T., 501 * . THOMSON, D .G . S . , 50 1*. THRALL, M., 981*.

1 135

THUREAU-DANGIN, F., 583* . THURNEYSEN, E., 501*. THUSING, W., 712*. Tibullo, 523. TILING, M. VON, 501 * . TISCHENDORF, C., 361 406. T!SSERANT, E., 474*. Tobiah ben Eliezer, 692. Ti:iDT, H.E., 793* 901 * 902 953* 1098*-1 100 1 102 1 103 1 105. ToLsoN, G.T., 501 * . ToMMASEO, N., 522*. Tommaso d'Aquino, 28 364 506. ToNCELLI, D., 507*. TORREY, C.C., 124 162* 454* 1007*. TouaNAY, R., 544 1028* 1033 1034. Touw, H.C. - DoKTER, T. POORTMAN, E.B.A., 501*. TouzARD, ]., 1027*. TowNSEND, ].T., 805*. TOYNBEE, A., 458. TKAUB, F., 301 349 501 * 658 795 1059*. TRÉMEL, Y.B., 54* 428* 477* 507*. TRENCH, R.C., 501* 524*·526 548. . TKILLING, W., 724* 754* 756 758* 759 761 767 788* 794 803 839 889* 904* 912*" 914*-917 940 956* 982* 985 986 991 993 1090*. TaossEN, C., 747. Tucidide, 1022 1023. TURLINGTON, H.E., 501 *. TURNER, C.H., 1084. TURNER, N., 683* 797* 923* 958*. UBACH, B., 438. Urnammu, 580. Urukagina, 583.

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

1136

VACCARI, A., 176*. VAGANAY, L., 12• 46 47 '57 6 1

7 1 78*-80 83-85 91 92 1 1 7 120 1 3 1 * 138 154 157 168170 172 175 177 178 1 8 1 185 202 2 1 1 215 218 234 24 1 * 277 302 346 354 408 427 434 447 461 501 * 741 * 753 756-759 761 1082 1088• 1089*. VAILLANT, A., 471 •-474. VALENSIN, A. - HuBY, ]., 384•. VALENTi, ].]., 50 1•. Valerio Fiacco, 1026. VAN BOHEMEN, N., 58•. VAN DEN BERGHE, P., 53 1 • 532.

VAN DEN BERG VAN EYSINGA, G., 50 1*. VAN DEN BoRN, A., cf VAN DE RIET, W.A. VAN DEN HURCIC, G., 502 * . VAN DE RIET, W.A., 301 . VAN DE RIET, W.A. - GROS­ SOUW, W. - VAN DEN BoRN, A., 502*. VAN DER KwAAK, H., 991 992•. VAN DER PLOEG, ]., 728. VAN DER WouDE, A.S., 648* 688*-690 709*.

700

704

708*

VAN DoDEWAARD, J.A.E., 1073. Vangelo di Tommaso, 925 926 93 1 935 973.

VANHOYE, A., 1002•. VAN lERSEL, B.M.F., 794* 796 854*-859 993* 1098*.

VAN lMSCHOOT, P., 342*. VAN KASTEREN, ].P., 507*. VAN LEEUWEN, C., 578* 581 584 589 595 597 630.

VAN MANEN, ].]., 526. VANN, G., 507*. VANNUTELLI, P., 302* 507*. VAN RoEY, E., 507*. VANSTEENICISTE, M., 53 1 *. VAN UNNIIC, W.C., 323* 707* 821 * 861 902*.

VARILLON, F., 502* . VATTIONI, F., 53 1 * 539 540 543 568 1030.

580*

588

1027*

VAWTER, B., 176*. VENTRO, F., 502*. VETTER, E., 879*. VIARD, A., 28* 431 * 463*. VIELHAUER, PH. , 662* 953*

1099*-1 103 1096* 1 1 06. VIGOUROUX, F., 50. VIOLET, B., 329 395 398. Virgilio, 395 523 525 1026. VIROLLEAUD, CH., 587*. VISCHER, W., 759* 1027 1033. VITEAU, }., 689-690* 958*. VOGELS, H.]., 47 243* 301 * 341 346 353 408 426 434 435 502* . VOGTLE, A., 667* 787* 1 106*. VOGT, E., 832 834. VoLCKAERT, ]., 158*. VoLz, P., 140* 301 * 662* 1052*. Vos, G., 658*. Voss, G., 699* 7 1 0 1 106*. VosTÉ, ].-M., 48. VoTAW, C.W., 1 1 4 172 223 224 302 309 374 391 427 435 458 502 *. 1095 1 105

WALKER, N., 832. WALLACE, D.H., 1040*. WALLS, A.F., 896*. WALTER, N., 517*. WALTON, B., 530* 692* 1059. WATEYN-WILLIAMS, M., 507*. WATSON, ].B., cf. HOGG , C.F. WAYLEN, H., 502*. WcEu, E.A., 7os•. WEBER, H., 502*. WEBER, H.E., 502*. WEHNERT, B., 502•. WEINEL, H., 302 363 375 502*. WEISER, H., 1030*. WEISS, B., 78* 224 253 301

INDICE DEGLI AUTORI CITATI

374* 380 427* 743 856 898*. WEISS, H., 502*. WEISS, L 12* 99 126 140 142 147 168 184 185 192 194 202 2 1 1 215 224 234 253 301 302 305 312 322 330 340 346 351 353 360 363 365 366 371 372 374 3 8 1 391 392 413 507* 683* 7 17* 743 748 769* 786 857*-859 996* 1035* 1074. WEISS, K., 1054*. WEIZSACKER, C., 322 374. WELLHAUSEN, }., 81 * 139* 202 224 301 321 333* 352* 353 360 363 365 367 390 427 447 454 754 793 853 857* 879* 923* 968 976* 988. WENDLING, E., 179 972* 1088*. WENDT, H.H., 702. WENGER, E.L., 754*. WENKER, W . , 905*. WERNBERG-M 2-3 5 9 10 26,8 11 15 20-23 23 27,6 Il 28,9 1.5 29,26 31,8-9 9 10.14 13 15-16 17-20 35-36 32,2 3 35 ,9 36,.5

825. 1005. 1070. 966, 1005. 550. 1005. 384. 1005. 1002, 1005. 1005, 1070. 813. 966 . 813. 146. 622 . 623. 989. 623. 540. 623. 467. 611. 61 1 . 612. 558. :m . 1005. 1005. 984, 1005. 1004. 1003. 890, 904. 3.51 . 707. 802. 1005. 560. 560. 870. 551, 765. 870. 870, 878. 197. 1005. 1005. 707. 100.5.

1 1 53

1 1 54

INDICE DELLE CITAZIONI BIBLICHE

37,4 15-16 u 18 21

311 ,4 9

15 28

39,14-U 40,1 42,14 43,6 44,7 58,6

100�. 100�. 1002. 1005

.

1 005. 1 005. 100�. 386, 100�. 1005. 1005. 1005. ,H. 812. 812. 904.

LAMENTAZIONI

1,4

" 5

. 9 2,8 11

19 20

3,20

26 33 58-�9

4,4

lJ

5,U

549. 81 2. 768. 551. 81 2. 812. 8 12. 544. 1028. 5H. 606. 81 2. 987. '51.

BARUCH 2 ,18

3 .9 4,4 23

4,4

5,16

�3. 807. 802. }94. 448.

7,7 10 12 26 9,6 14,9

16,23 49

17,6

24 1 8 , 7- 8 7 12-13

12

16-17 16 23 32 20,40

41 21,31 22,24 29 30 24,17 23 34,

4

1 1- 1 �

15-16

16 17-22 20-22 22 23 25-29 27·29 43,27 4*,7

45,20

822. 448. ,8.

818. 53�.

767. 568. 534. 568.

528, H4.

838. 550. 550. 6 1 0. 625, '61 . 61 1 , �61 , 612. 56 1 . 902. 6 12 . 6 12 . �l. . 825 . 998. 813,

890, 904. 903 . 890.

816.

DANIELE

EZECHIELE 1 ,25 2, 10 6,9

66 1 . 66 1 . 838 . 448. 8 1 2. 813, 403. 528, 545. 545, 568 . 554, 568 . 528, 568. �54. 869. 869. 825. 825 . 767 . 838.

1 ,4

9 10.

801, 8 1 1 . 822. 8l l .

1 155

INDICE DELLE CITAZIONI BIBLICHE u

u

17 2,20 21 4' 3,87 4,14 22 29 32 34 5,11 19 21 6, 1 .5 18 29

7,

7 lO 13-14 18 19 2.5 8,4 23 9,2, 27 10,2-3 2 12 11,3 16 36 12,1 7 11 12 13,63 14,1

811. 811. 81 1 . 802. 802. 162. �.5. 802, 10,2. 3�. 1052. 10,2. 10.52. 99.5. 80 1 . 10.52. 10.52. 771. 162 . 10.52. 771 . 346, 1 106. 822. 822. 34.5. 771 . 10.52. 1039. 824, 82.5. 99.5. 648, 693. 1039. '51 . '51 . ,34, 824, 82,, 824, 825. 824, 825, 838. 74,, 1039. 1039. 1039. 820. 771.

4,J

5,11 6,6 7,1 1 8,13 9,1 15 10,.5 8 11,1 8 14,1 lO

GIOELE 1 ,8-10 8 17 2,1 13 16

3,.5

818. 813.

.5.51. .5.50. 3.51. 690. 223. 812. 691 .

AMOS 2,6-7 7 4,1 S,ll 12 16 18 22 8,4 6-8 6 8 IO 9,11-12

624 .536. '28, .529. .541 . .5.51 466 . 825. .528, 64.5. 568. .551, .5.51. 437.

�. �-

.534, 624.

.568.

GIONA

OSEA 2,14 16

''l.

�368. 813. 822, 82.5. 1017. 602. 387, 388, 1017. 387, 388. 8 1 1 , 812. 837. · su. 800.

1,14

42 ,

822. 223.

'51,

1 1 56

INDICE DELLE CITAZIONI BIBLICHE MICHEA

1,8 2,9

4-5

4,6-7 6,7 7 ,2 6 6-7

551. 811, 812. 613, 614, 651. 613, 651. 825. 1086. 1086. 1088.

NAHTJM 1,2 22

u 6-20 3,10

340. 533. 638, 649, 688, 690, 702. 466. 811.

12 9,9 14 10,2 7 12,10 14,9

MALACHIA 1,8 10 13 2,9 1.3 3,1 13 23-24 4,2

ABACUC • .� 2,4 3,14 18

409. 830. 534. 1016, 1018, 1019.

SOFONIA

I,U

2,3 3,9-20 11-13 12 15 19

838. 536. 614. 536. 535, 538. 613. 533, H6, 537, 613.

AGGEO 1,8

825

ZACCARIA 2,14 7,10

693. H4.

838. 1018. 6.'H. . :m . 1018. 387. 651.

825. 825. 825. 545. 826. 652, 692. 824. 988. 351 .

MATTEO 1,17 19 20 22 2,4 11 15 16 17 18 23 3,2 7-10 7 9 10 11 15 16 17 4,2 HO

363. 317. 288. 1%, 205. 803. 136, 137. 205. 722. 205. 384, 386. 205. 153, 663, 478. 69, 247, 805. 69, 181, 663, 983. 663. 193, 205, 704. 791, 830. 383. 491.

674. 838, 983. 246, 478,

315.

INDICE DELLE CITAZIONI BIBLICHE 13 14 16-21 17 21 23-2':i 23 5,1-12 1-2 l 3-7,27 3-16 3-l':i }-12 3-10 }

4

':i-lO 'j 6-8 6

7-10 7-9 7 8 9 10-12 10

11-16 1 1-12

380 20'j_ 262. l':i3, 663, 674. 86. 2 1 , 389, 420. 300 , 772, 1073. ':i03, ':i04, 1065. 389, 420. 3':i0. 2':i5-268. 256. 255, 260 . 256, 257, 259, 261, 263, 363, 480-484. 22. 258, 261, 267, 2993 1 1 , 359-363, 366, 373-376, 424, 458, 4':i9, 476, 479, 504, 526, 538, 647, 677, 68 1 , 837. 258, 267, 306, 364, 373-377, 381-383, . 479, 507' 677. 261, 267. 258, 3 1 1 , 323, 364368, 373-375. 306 193, 20':i, 258, 305, 31 1-319, 373-375, 378, 458, 47o, 479, ':iO), 106, 677. 266. 321, 368-376, 378. 258, 373-375, 504. 258, 3 1 1 , 373-375, 504. 258, 373-375. 306. 193, 205, 225, 258, 3 1 1 , 315, 316, 319325, 350, 364, 365, 372-374, 377, 506, 675, 677, 681. 258. 22, 2':i8, 267, 320-

11 12

13-16

13-14 13

14-16 14-15 14

15 16-20 16

17-6,18 17-48 17-42 17-26 17-24 17-20

17-19 17-18 17

1 157

323, 343, 3':i2-354, 376, 400 , 401' 430, 956. 1 7 1 , 225, 324-348, 3':i0, 364. 68, 175, 2 1 1 , 225, 348. 3':i0-357, 364, 382, 439, 461, 678, 786, 985' 1011, 1051. 22, 138, 17':i, 190, 256, 257' 266, 268, 276, 353, 414, 421, 422, 430, '461. 127, 262. 93, 1 2 1 , 12':i, 126, 129-138, 175, 176, 258, 267, 270, 271, 322, 41 1 , 760, 763. 124-129, 138, 2':i8. 80, 177. 121, 124-127, l}'j, 136, 174-177, 267, 270, 271, 322, 4 1 1 , 861. 93, 121-129, 174177, 270, 3':i4, 861. 267. 126, 127, 174, 17':i, 1 9 1 , 245, 271, 409, 411. 256. 184, 222, 233, 236, 255-259. 447. 447. 258. 266. 22, 1 9 1 , 198, 206, 207. 236, 255-2':i9. 447. 261. 170, 196, 205, 207, 260. 170, 1 7 1 , 175, 183, 184, 197, 200 , 202, 203, 207, 209-212, 222 , 229, 230, 233,

1 1 58

18-20 18-19 18

19-20 19

20-48 .20-30 20-24 20

21-48

21-41 21-37 21-32 21-26 21-24 21-23 21-22 21

22-23 22

23-24 23

INDICE DELLE CITAZIONI BIBLICHE 2�. 261, 26), 267, 274, 447, 448, 461, 1006. 80, 210, 267. 80, 208, 2 1 1 , 261, 268. 93, 166, 167, 170, 171, 195-201, 204207, 210. 183, 195, 209-21 1 , 267, 674. 171, 195, 198, 200202, 204, 20.'5, 208, 211, 675, 683, 1 1 04. 317, 806. 230. 261, 267. 121, 184, 191-195, 201, 204, 210, 2 1 1 , 222, 231, 233, 235, 245, 2.'50, 261-264, 31.'5, 448, 675, 764. 774, 804. )1, 173, 191, 192, 194, 204, 209-212. 236, 2.'56, 2.'57, 259, 261, 3i5. 195, 209. 2.'57. 257. 213, 2.'5.'5, 2.'58. 183, 250, 260, 263. 267. 261. 212, 214, 216, 229, 230. 1.'5.'5, 184, 195, 213, 21.'5, 225, 267, 426, 448. 216. 155, 21.'5-217, 227, 229, 236, 267, 339. 340, 499. l,, 215, 216, 227. 229, 267. 267.

25 26 27-39 27-37 27-32 27-30 27-28

27 28 29-32 29-30 29 30 31-32 31 32-34 32

33-39 33-37

33-35 33-34 33 34-37 34-35 34 3.'5 38-0,34 38-48 38-42 38-41 38-39

267. 80, 93, 148, 1 52157, 215, 227, 229, 267, 268, 270. 68, 242, 287, 4 1 1 . 155. 266. 258. 213, 261. 172, 250, 255, 261, 267, 270. 183, 212, 214, 218, 229, 230, 258, 260, 263, 267. 195, 213, 231. 179, 180, 229, 236, 499 . 268. 177-180, 218, 226, 229, 269, 760. 179. 258. 173, 175, 177, 25.'5, 270. 1 7 1 , 17.'5, 212, 258, 322. 218. 93, 138, 166, 167, 1 7 1 , 172, 175, 176, 186, 236. 183. 2 1 3 , 218, 219, 229, 250. 255. 2'57. 260. 261. 263. 267. 219. 214, 229, 230. 195, 213, 267. 172, 229. 219. 192, 219, 227, 236. 217, 219, 227, 267 257. 2.'57. 2.'58. 213, 21 9-220, 25.'5, 2.'58, 260, 261, 263. 267 . 212.

INDICE DELLE CITAZIONI BBLICHE 38 39

40-41 40 41 42

43-47 43- 44 4} 44-48

44-47 44

45