La letteratura italiana. Storia e testi. Dal Muratori al Cesarotti. Politici ed Economisti del primo Settecento [44.5]

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La letteratura italiana. Storia e testi. Dal Muratori al Cesarotti. Politici ed Economisti del primo Settecento [44.5]

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LA LETTERATURA ITALIANA STORIA E TESTI DIRETTORI RAFFAELE MATTIOLI • PIETRO PANCRAZI ALFREDO SCHIAFFINI VOLUME

44 ·

TOMO V

DAL MURATORI AL CESAROTTI TOMO V POLITICI ED ECONOMISTI DEL PRIMO SETTECENTO

DAL MURATORI AL CESAROTTI TOMO V

POLITICI ED ECONOMISTI DEL PRIMO SETTECENTO A CURA DI R. AJELLO - M. BERENGO - A. CARACCIOLO E. COCHRANE - E. LESO - R. PACI - G. RICUPERATI S. ROTTA - F. VENTURI

RICCARDO RICCIARDI EDITORE MILANO · NAPOLI

TUTTI I DIRITTI RISBRVATI • ALL RIGHTS RESERVED PRINTBD IN ITALY

DAL MURATORI AL CESAROTTI TOMO V POLITICI ED ECONOMISTI DEL PRIMO SETTECENTO

INTRODUZIONE

ADALBERTO RADICATI DI PASSERANO

IX 3

MARCO FOSCARINI

169

GIROLAMO TARTAROTTI

317

ANTONIO COCCHI

393

GIOVANNI LAMI

451

GIUSEPPE MARIA BUONDELMONTI

S37

LIONE PASCOLI

571

GIROLAMO BELLONI

643

ALESSANDRO RICCARDI

697

COSTANTINO GRIMALDI

741

PAOLO MATTIA DORIA

837

CARLO ANTONIO BROGGIA

97 1

NOTA AI TESTI

1157

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

u61

INDICE

II9I

INTRODUZIONE

Per comprendere appieno il significato e la portata delle proposte che emergono da questa antologia è necessario richiamare sia pur brevemente le condizioni della società cui, almeno nella maggior parte, questi intellettuali reagirono e si contrapposero. Dobbiamo ritornare per un momento ai problemi che caratterizzarono la realtà italiana all'interno della crisi del XVII secolo. 1 Anche se esiste una certa divergenza di opinioni fra gli storici sul momento culminante di essa (comunque da collocarsi fra gli anni Venti e Quaranta), appare comunque certo che le conseguenze si protrassero a lungo, continuando a caratterizzare l'economia e lo stesso sviluppo sociale nei primi decenni del XVIII secolo. 2 Un primo elemento da evidenziare: la progressiva diminuzione dell'attività industriale-artigianale, soprattutto nel settore tessile. È un discorso che non riguarda solo le zone che producevano principalmente materie prime (lana e seta grezze), e che non avevano mai avuto una fiorente struttura produttiva di pezze lavorate, come il Meridione, ma anche la Toscana, Venezia e la Lombardia. 3 La decadenza delle arti della seta e della lana in quest'ultima regione era ancora un dato da cui partiva il giovane Pietro Verri negli anni Cinquanta del Settecento.4 Alla crisi delle attività produttive (e quindi alla perdita di prestigio dei gruppi sociali legati a tali attività) aveva corrisposto in quasi tutta Italia il ritorno alla terra, che è per esempio così evidente in Lombardia e nel Veneto. In quest'ultima regione il patriziato cittadino della Dominante si era impadronito tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento di oltre la metà della Terraferma. Non si trattava però di una scelta 1. Gurno QUAZZA, La • Decadenza italiana• nella storia europea. Saggi ml Sei-Settecento, Torino, Einaudi, 1971. 2. ALBERTO CARACCIOLO, Storia eco11omica, in AA.VV., Storia d'Italia, 111, Dal Pn'mo Settecento all'Unità, Torino, Einaudi, 1973, pp. 511-33. Cfr. anche CARLO MARIA CIPOLLA, Il declino economico dell'Italia, in Storia dell'economia italia11a, a cura dello stesso, Torino, Einaudi, 1959; RUGGIERO ROMANO, L'Italia nella crisi del secolo XVII, in « Studi storici», a. IX (1968), fase. 3-4, pp. 723-41, ora in Tra c/r,e crisi. L'Italia del Rinascimento, Torino, Einaudi, 1971. 3. G. QuAZZA, La • Decade11za italiana• nella storia europea ecc., cit., rispettivamente Lo stato cittadi110: Venezia, pp. 35-51; Il ritorno alla terra: Milano, pp. 52-62. 4. P1BTRO VERRI, Considera•ionì ml commercio dello Stato di Milano, a cura di C. A. Vianello, Milano, Bocconi, 1939.

X

POLITICI ED ECONOMISTI DEL PRIMO SETTECENTO

che fosse in grado di spostare verso la terra capitali ed energie nuove. Quasi sempre era piuttosto un tipo di investimenti parallelo a quello, distorto e tipico di un'economia malata, rivolto agli arrendamenti e agli appalti in genere. 1 Nessun cambiamento produttivo. Semmai si aggravavano le condizioni dei contadini che pagavano anche questa fase subendo un maggiore sfruttamento. Erano evidenti nelle campagne italiane i segni di una degradazione delle strutture produttive, dove alla ricomposizione dei latifondi corrispondevano - puntuali - l'arretramento del seminativo a favore del pascolo, il dominio dell'agricoltura estensiva, le conseguenze di una ricerca di rendita senza impiego di capitali. Un altro dato aveva caratterizzato la società italiana tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo : la crescita delle forze centrifughe all'interno degli stati. È un dato abbastanza paradossale. Nella misura in cui si rafforza e diventa assoluto, lo stato della Controriforma subisce una contemporanea perdita di identità rispetto al potere della Chiesa e soprattutto delle aristocrazie locali. Esiste - parallelo - anche un altro processo sociale che si manifesta nella progressiva emarginazione dei ceti professionali. Ne è insieme sintomo e causa l'accentuarsi della pratica della venalità delle cariche, 2 che si diffonde in quasi tutti gli stati italiani, determinando un reclutamento del personale politico in cui la competenza - o meglio la cultura professionale quale si poteva acquisire nelle facoltà di legge - non è più un requisito rilevante. Ma la crisi che colpisce le università italiane va ben oltre le facoltà giuridiche. Investe in realtà contemporaneamente arti, medicina e teologia. 3 Stati e Chiesa impediscono di organizzare come in passato quella ricerca e quella libera trasmissione del sapere che erano stati l'antico orgoglio dell'università. Non a caso nei settori universitari dominati dalla necessità di rispondere anche ai problemi delle libere professioni (la Tra due crisi. L'Italia del Rinascimento, cit., pp. 186-206. Ivo COMPARATO, Società e uffici a Napoli (I600-z647), Firenze, Olschki, 1974; ENRICO STUMPO, La vendita degli uffici nel Piemonte del Seicento, in 11Annuario dell'Istituto storico italiano per l'età moderna 1. R. ROMANO, 2. Cfr. V1TTOR

e contemporanea», XXV-XXVI (1973-1974), pp. 175-263; VITTORIO SclUTI Russi, Aspetti della venalità degli uffici in Sicilia, in « Rivista storica italiana», LXXXVIII (1976), pp. 342-55. 3. Cfr. a questo proposito G1uSEPP6 RICUPERATI, L'università di Tori,io nel Settecento. Ipotesi di ricerca e primi risultati, in «Quaderni storici», XXIII (1973), pp. 576-98. Cfr. ora AA.VV., Ricerche sull'università di Torino, in « Bollettino storico bibliografico subalpino», a. LXXVI ( 1978), fase. I, pp. 5-278.

INTRODUZIONE

XI

preparazione di avvocati e di medici) erano emersi - altrettanto soffocanti - i poteri corporativi dei collegi professionali. Questo non poteva non avere un drammatico riflesso sugli intellettuali, che perdevano ogni autonomia e capacità di intervenire con un ruolo autonomo e critico sulla realtà. Non a caso il Seicento era stato il secolo delle accademie, gli spazi fittizi dove gli intellettuali nascondevano la loro perdita di prestigio con le forme morte di una democrazia ludica e mistificante. 1 La Controriforma aveva spento progressivamente ogni creatività, se non altro nell'àmbito della ricerca scientifica, e di conseguenza interrotto ogni comunicazione con quell'Europa che aveva prodotto il pensiero di Bacone, Cartesio, Gassendi e Spinoza e si preparava a mettere in circolazione quello di Locke, Leibniz e Newton. L'Italia, che pur aveva avuto Galileo, era rimasta sostanzialmente estranea alla cultura della rivoluzione scientifica. Nella seconda metà del Seicento c'erano stati i segni di una ripresa, anche se il quadro economico di fondo non sembra essere molto mutato. Prima di tutto gli stati. Il modello assolutistico di Luigi XIV non fu affatto una meteora isolata. Trovò una serie di corrispondenze e di coincidenze anche negli spazi italiani. Basti pensare al Mezzogiorno. La rivolta di Masaniello aveva rappresentato un trauma troppo forte perché lo stato spagnolo non ripensasse ai suoi modi di amministrare. È vero che nello schiacciare la rivolta popolare la feudalità più potente si era rivelata una forza risolutiva,2 ma fu altrettanto facile per i governanti spagnoli capire che l'aumento di potere dell'aristocrazia era stato a sua volta una causa determinante della rivolta. 3 Così progressivamente lo stato aveva cominciato a prendere le distanze e a cercare di controllare le forze centrifughe. Si tratta di un processo lento, ma signifìcativo.4 Se rispetto alla Chiesa la risposta fu quella di rispolverare un pii1 fermo atteggiamento giurisdizionalistico, nei confronti della feudalità lo stato spagnolo nel Meridione compì una scelta pii1 complessa. La base di reclutamento del personale politico, infatti, venne allargata ai ceti professionali, in particolare agli avvocati, Cfr. ALnERTO AsoR RosA, La cultura della Controriforma, Bari, Laterza, 2. Cfr. RosARIO VILLARI, La rivolta antispagnola a Napoli. Le origini (r585-1647), llnri, Latcrza, 1967. 3. Cfr. GIUSEPPE GALASSO, Napoli spagnola dopo Masaniello, Napoli, E.S.I., 1972. 4. Cfr. SALVO MASTELLONE, Pe,isiero politico e vita culturale a Napoli nella seconda metà del Seicento, ~lcssina-Firenze, o•Anna, 1965. 1.

1974.

XII POLITICI ED ECONOMISTI DEL PRIMO SETTECENTO

l'avanguardia di quel «ceto civile» che si stava affermando come gruppo intermedio fra aristocrazia e plebe nelle città e particolarmente a Napoli. La grande cultura giuridica del Seicento (da Grozio a Pufendorf) forniva a questo personale togato un'ideologia complessa in cui al diritto feudale e comunque alla preminenza del diritto privato si contrapponeva uno spazio sempre più allargato del diritto pubblico. 1 A questa nuova prospettiva corrispondeva una diversa concezione giurisdizionalistica, non più appoggiata al tradizionale regalismo, all'idea che il sovrano avesse diritti sulla Chiesa nazionale in quanto sacerdote. 2 Si affermava piuttosto il concetto ben più moderno che lo stato dovesse difendere le proprie giurisdizioni in nome della sua natura pubblica, per assicurare la felicità dei suoi soggetti. Tale apertura significava un ben più profondo e autonomo senso di responsabilità dei funzionari nei confronti dei diritti dello stato, un minor timore delle rappresaglie ecclesiastiche. Il fenomeno non era soltanto legato alle condizioni particolari del Mezzogiorno, dove la crescita dei «togati» nella seconda metà del Seicento aveva un notevole legame con la vivacità della cultura locale e una traduzione immediata non solo nella letteratura, ma perfino nella pittura, dove è possibile trovare nobili che omaggiano - con ruoli ormai del tutto rovesciati rispetto alla tradizione - giudici e avvocati. 3 In realtà - per fare un altro esempio - dopo una lunga crisi politica, istituzionale e sociale che coincise con le guerre civili e la prima Reggenza, anche il Piemonte conobbe nella seconda metà del Seicento il tentativo di rinnovamento di Carlo Emanuele 11. 4 Assolutismo in politica e mercantilismo in economia saranno del resto le linee direttrici delle riforme realizzate nel primo Settecento da Vittorio Amedeo II. C'è una profonda interazione fra questa ripresa dello stato - di cui Luigi XIV e il colbertismo erano in qualche modo i prototipi giganteschi e ossessivi - e la volontà degli intellettuali di avere un ruolo nuovo. Per fare un esempio, non è un caso che a Napoli uno dei 1. lvi, pp. 24-38 e passim. 2. Cfr. LINO MARINI, Pietro Giannone e il giannonismo a Napoli nel Settecento, Bari, Latcrza, 1950; AcosTI:'110 LAURO, Il giurisdizionalismo pregiannoniano nel regno di Napoli. Problema e bibliografia (I563-z723), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1974. 3. G. GALASSO, Napoli spagnola dopo Masaniello, cit., pp. 224-5. 4. G. QuAZZA, La « Decadenza italiana,, nella storia europea ecc., cit., in particolare Assolutismo e società: lo Stato sabaudo, pp. 22-34, dove esamina i luvori di Luigi Bulfcretti, i propri e di Stuart J. Woolf.

INTRODUZIONE

XIII

protagonisti dell'ascesa del ceto civile, Francesco D'Andrea, 1 maestro della generazione di Vico, ma soprattutto di Giannone e Grimaldi, sia stato uno dei primi funzionari ad orientare le proprie scelte politiche in senso >, b et Christ repondit alors aux Pharisiens que le dit règne étoit parmi eux, parce qu'il leur a) Ad. Galat.,

111,

13. 1

b) Luc.,

)\."VII, 20, 21. 2

Nel testo inglese (p. 28) viene riportata in margine la citazione: « Christus nos redemit de maledictione legis ». 2. Nel testo inglese (p. 30) Radicati riporta in margine la citazione: • lnterrogatus autem a Pharisacis quando venit regnum Dei? non vcnit regnum Dei cum observatione, neque dicent, ecce hic, aut ecce illic, ecce enim regnum Dei intra vos est». 1.

SERMON PRECHÉ DANS L'ASSEMBLÉE DES QUAKERS

149

enseignoit les loix de nature qui viennent immédiatement de Dieu. C'est pourquoi les Pharisiens pouvoient entrer sur-le-champ dans le royaume de Dieu en embrassant la doctrine de Jésus-Christ. Si Adam n'eut pas péché, ni lui ni ses descendans n'eussent point été obligés de travailler pour vivre; Jésus, ayant remis les hommes dans l'état de grace, les a aussi délivrés de la peine du travail, camme il l'a positivement déclaré à ses disciples, leur disant: «Ne vous tourmentez point pour savoir si vous aurez à manger et à boire. Voyez les oiseaux qui sont dans les airs, qui ne sèment, ni moissonnent, ni font de récolte; et cependant Dieu les nourrit; n'etes-vous pas au-dessus d'eux? Et pourquoi vous inquiétez-vous pour savoir si vous aurez des habits? Regardez camme les lis croissent aux champs sans filer et sans travailler; néanmoins ils sont mieux habillez que Salomon dans sa plus grande magnificence. a Or si la nature habille si bien les fleurs, qui sont si peu de chose à votre égard, n'habillera-t-elle pas d'autant plus vous? O hommes insensés et de peu de foi! Ne vous inquiétez donc point, disant "que mangerons-nous, ou que boirons-nous ?". Car c' est les infidelles qui ont ces inquiétudes, parce qu'ils sont encore esclaves du péché, mais vous ne les devez point avoir, qui etes rachetez. Votre Père céleste1 ne sait-il pas ce qu'il vous faut, et ne vous l'accorde-t-il pas par sa bonté infinie? souhaitez et cherchez donc premièrement le règne de Dieu et sa justice, et vous aurez tout ce qu'il vous faut».h C'est-à-dire, souhaitez et cherchez d'entrer dans l'état de nature, où la justice règne, personne ne jouissant du superftu, mais seulement de ce qui lui est a) Jésus dit cela pour faire connoitre aux hommes la beauté et la perfection de In nature et la grande félicité dont jouissent toutes les créatures qui vivent sous ses douces et très sages loix: bonheur dont les hommes sont privés depuis qu'ils se sont follement assujettis à une infinité de choses que la nature humaine ne demandoit point, qui lui sont fort à charge et très nuisibles. b) Matth., VI, 25. 2 1. Nel testo inglese (p. 31) si trova la nota seguente: • lt is proper to observe that Christ often caUs men the sons of God in an allegorical sensc, just as hc often calls himself the son of God. And this is true if understood in that sense. For all beings deriving from one first being commonly stilcd God and sometimes Nature, we may justly call ourselves his children. See Luke, xx, 36, Mat., VI, 14 etc. et alibi passim•· 2. Rectius Matti,., 6, 25-33.

ADALBERTO RADICATI DI PASSERANO

nécessaire pour se conserver en vie, et vous ne manquerez de rien. Dans l'état d,innocence les hommes devoient etre tous égaux, et chacun devoit librement jouir des fruits et des autres productions de la nature: pareillement Christ commanda à ses disciples l'égalité et la communion des biens. 11 Les hommes étant sans ambition dans l'état de nature, et ayant abondamment le nécessaire, n,étoient point en dissention; car elle est toujours causée par la richesse et par l'indigence, et celles-ci dérivent de l'inégalité qu,il y a parmi les homrnes; parce que les uns ayant trop, et les autres peu ou rien, l'ambition et l'inhumanité des premiers, et l'envie et la dure nécessité des seconds, causent tous les désordres. Or dans une société, où l'égalité règne en tout et par tout et où le nécessaire ne manque point, il doit aussi par conséquent y règner la paix et le repos. N,en déplaise à notre bon ami le savant Thomas Hobbs, qui a prétendu prouver que les hommes, dans l'état de nature, sont toujours aux prises entre eux,b parce qu'il a posé un faux principe, supposant une multitude déjà corrompue par l'idée du mien et du tien et par conséquent par le luxe et par l'ambition; au lieu de supposer une multitude simple qui suivroit les très justes loix de nature. Car, où il n,est point d,inégalité, a) Luc., xiv, 33, XXII, 24 et seq. 1 b) De Cive, sub tit. libert., cap. 1, §

12. 2

1. Nel testo inglese (p. 31) la nota è: u "Sic ergo omnis ex vobis, nemine excepto, qui non renuntiat omnibus guae possidet, non potest meus esse discipulus"'. Luc., XIV, 33, xxn, 24 etc. and in many other passages quoted in my first and second Discourses ». 2. Nel testo inglese (p. 32) la nota è come segue: « "Negari non potest quin status hominum naturalis, antequam in societatem coiretur, bellum fuerit, nequc hoc simpliciter sed bellum omnium in omnes". De Cive, tit. Libertat., cap. 1, sect. 12. By the word societas we may see that Hobbes did not thouroughly consider the state of nature, for he supposes that men, who have no form of civil government among them, are unsociable in the same manner as if each of them were of a different species. But this is the thing in which he is mistaken, because savages and brutes of the same specics, that follow thc )aws of nature only, are more sociable among thcmselves than men that are civilized, since they live together with great kindncss and cordiality and observe thc laws of equity in every thing, each enjoying the fruits of the earth and their females and suffering the rest to do so without cnvy or ambition, being all equal and having every thing in common. They dcfend each other in a body when attacked and charge their enemics or fty all together, according to the occasion. Whereforc this word societas, that is unio, belongs as well or better to savages and brutes of the same species than to men that live under civil governments, as I shall prove in my tenth Discourse li,

SERMON PRECHÉ DANS L'ASSEMBLÉE DES QUAKERS

151

il n'est point d'émulation ou d'envie; et où il n'y a point d'envie, il n'est point d'ambition; et où l'on vit sans ambition, il n'est point de dissentions: de sorte que le repos d'une telle multitude ne pourroit jamais etre troublé qu'au cas que le nécessaire leur vint à manquer; et cela pourroit effectivement arriver, si cette multitude étoit confinée dans un petit coin de ce globe, par une stérilité de la terre ou par un rude et excessif froid, ou par une extreme chaleur ou sécheresse, ou par une inondation etc. En ce cas, comme les vivres ou le nécessaire manqueroit à ces hommes, et qu'ils ne sauroient sortir de cet endroit pour l'aller chercher ailleurs, il est très certain que la disette les forceroit tous à se précautionner contre la faim, et que la nécessité de cette précaution produiroit parmi eux un pillage, et celui-ci les querelles et tout ce qui s'ensuit. Mais si nous entendons, par ce mot multitude, toute une espèce, c'est-à-dire tout le genre humain, qui auroit en partage toute la terre, et que chaque homme eut droit de la parcourir toute pour y chercher et trouver son nécessaire, de meme qu'il est permis à tous les autres animaux chacun selon son espèce; nous verrons que la seule cause qui pouvoit engendrer les querelles parmi eux ne subsiste plus. Car Dieu 1 par ses éternelles et immuables loix a si bien pourvu à toutes choses que jamais il n'arrive une stérilité générale; si bien que quand la terre est stérile une année dans un endroit, elle est féconde dans un autre, de sorte que ce qui manque dans un lieu se trouve abondamment dans un autre; et le superflu qu'ont ceux qui se trouvent dans le pays fertile, est très suffisant pour nourrir ceux qui ont eu la stérilité, ou quelques uns de ces autres accidens dont j'ai parlé, dans le leur; parce qu'ils ne peuvent absolument pas etre universels. Carla raison qu'allèguent ceux qui se sont injustement emparés du nécessaire des autres hommes, que la terre ne produit pas suffisamment pour tous, cette raison, dis-je, est très ridicule, très mauvaise et impie. Elle est ridicule et d'aucune force, vu qu'elle a l'expérience contre; puisque jamais l'on a appris qu'il y ait eu une disette dans un endroit, qu'on n'ait appris en meme tems qu'il y avoit eu ailleurs une grande abondance. Elle est impie, parce qu'elle renverse la providence et la bonté infinie de Dieu, en supposant qu'il a créé des etres uniquement pour les faire 1.

Car Dieu: nel testo inglese (p. 34): « For Nature•·

152

ADALBERTO RADICATI DI PASSERANO

souffrir. Oui, je soutiens qu'elle est impie contre le sentiment de ces docteurs, qui prétendent que Dieu puisse faire ce que bon lui semble de ses créatures, en abusant de ce passage de Paul, où il a comparé Dieu à un potier et les hommes à ses pots, disant que comme il est permis au potier de faire de la meme terre des pots qui servent à d'usages honorables, et d'autres à d'infames, ainsi Dieu peut créer des hommes pour les sauver et d'autres pour les perdre, afin d'avoir des sujets sur lesquels il puisse décharger sa colère, exercer sa misericorde et manifester sa toute-puissance.• Mais si ces docteurs eussent bien voulu examiner les intentions de Paul dans cette comparaison, ils auroient compris qu'il a entendu toute autre chose; parce qu'il n'est pas possible que ce bon apotre qui, dit-on, étoit inspiré, et qui avoit été ravi au troisième ciel, meme jusqu'à l'Empyrée, à ce que lui-meme nous assure, b et qui par conséquent devoit avoir des idées justes, ou du moins raisonnables, de la divinité, eut pu faire une comparaison si basse et si peu convenable à la majesté divine, comme prétendent ces docteurs par le mauvais sens qu'ils lui donnent. Car, quelque absolu que soit le pouvoir de Dieu, il ne peut cependant pas faire des choses qui répugnent à ses attributs et qui soient contradictoires en elles-memes et incompatibles. Par exemple, il ne peut pas faire qu'un triangle soit un carré; qu'un globe soit une pyramide; qu'un baton soit sans bouts; que le feu gèle et la giace brule; que le vin soit du sang ou qu'une mie de pain soit un homme; qu'une grosse balle de cent livres puisse etre divisée en trois balles dont chacune ait la meme dimension et la meme pesanteur de la grosse, et que ces trois ensemble ne pèsent ensuite que cent livres et qu'elles ne soient qu'une seule balle: quel étrange galimatias I Dieu ne peut pas fai re, vous dis-je mes frères, que le tout soit plus petit que sa partie; que le a) ad Rom., IX, 17. 1 b) Ep. 2 ad Corinth.,

1, 2,

3, 4. 2

1. Rectius Rom., 9, 14-8. 2. Recte Il Co,., 12, 2-4. E nel testo inglese (p. 35): • "Scio hominem in Christo ante annos quatuordecim raptum huiusmodi usque ad tertium coelum et scio huiusmodi hominem quo raptus est in paradisum et audivit arcana verba quae non licct homini loqui". 2 Cor. 1, 2, 3; 4. As for myself, I make no difficulty of bclieving him upon his word, provided that our modern astronomcrs will give me leave».

SERMON PRftCHE DANS L'ASSEMBLÉE DES QUAKERS

153

contenu soit plus spacieux que son contenant; qu'un effet précède sa cause etc. etc. etc. 1 Pareillement Dieu ne peut rien faire que soit contraire à sa bonté et à sa justice infìnie, comme ces docteurs prétendent par la fausse interprétation qu'ils donnent aux paroles de Paul, par laquelle ils profanent la majesté de Dieu et anéantissent la divinité en détruisant ses attributes ou perfections. Car selon le sentiment d'un ancien chrétien,• si Dieu n'est point unique et parfait comme il doit etre, il n' est point; parce que nous trouvons plus de dignité à n'etre point qu'à etre autrement que nous le devons. C'est ce que je vai prouver en examinant la comparaison de l' Apotre suivant le mauvais sens que ces docteurs lui donnent. En premier lieu, mes chers frères, je vous dirai que c'est une très grande profanation que de comparer Dieu, qui est un etre très parfait, à l'homme, qui est un animai rempli de défauts; et une grande absurdité que de mettre en comparaison le Créateur avec la créature. En effet ne seroit-il pas absurde et ridicule de comparer le potier à ses pots ? En second lieu, j'ajouterai que si le potier vouloit remplir une partie de ses pots d'ordures et une autre partie des plus précieux parfums de l' Asie, ou bien s'il vouloit briser les uns et laisser en entier les autres, quoique tous faits d'une meme terre, il lui seroit permis de le faire, car cela ne dérogeroit point à sa qualité de potier, et les pots ne sentiroient pas plus de plaisir ou de peine pour etre employés à d'usages honorables ou infames, pour etre brisés ou pour rester en leur entier, parce qu'ils sont des etres insensibles. Mais si Dieu eiìt voulu créer des hommes pour les rendre heureux et d'autres pour Ics rendre malheureux, afin de faire éclater sa toute-puissance, je soutiens qu'il auroit été injuste et cruel, et par conséquent qu'il ne seroit point ce Dieu infiniment juste et bon que nous adorons. Car où pouvoit-il mieux exercer sa justice et sa bonté infinie que sur cette créature qu'il avoit créé a) Tertull., Co,it. Mare., lib. I, cap. 3.2 1. Nel testo inglese (p. 36) si legge la seguente nota: •As it is said that the light proceded the two great luminaries whereby it was to be produced. Light being created the first day, and the other two the fourth. Gen. 1. 3, 4, 5, 16, 17, 18, 19 ». 2. Ln nota del testo inglese (p. 36) fornisce il passo dell' Advernu Marcionem: • Deus, si non unus est, non est, quia dignius crcdimus non esse quodcunque non fuerit ut esse debebit ».

154

ADALBERTO RADICATI DI PASSERANO

à son image, 1 douée d'une qualité divineb et pour qui il avoit créé tout le reste ?e Comment pouvoit-il mieux fai re éclater sa bonté et sa justice infinie qu'en rendant pour toujours heureuse la plus parfaite de ses créatures ?1 Et comment auroit-il mieux pu faire connoitre sa cruauté et son injustice qu'en rendant pour jamais misérables des créatures qu'il pouvoit rendre toujours heureuses? Je sai que les sectateurs du frane arbitre me répondront que Dieu n'a rendu malheureux les hommes que pour les punir de leurs méchancetez ;2 mais cela ne lève point la difficulté. Car que dirions-nous d'un père qui mèneroit au bord d'un précipice ses enfans et les verroit précipiter sans leur donner le moindre secours, les pouvant sauver; et qui ensuite les puniroit sévèrement parce qu'ils se seroient cassé les bras et les jambes en se précipitant? Nous dirions que c'est un très méchant père qui mériteroit d'etre puni à la rigueur pour avoir été l'unique et volontaire cause du malheur de ses enfans. De meme Dieu pouvoit créer Adam sans ce principe de désobéissance et sans aucun germe de méchanceté. Il le pouvoit faire parce qu'il est tout-puissant; et le devoit faire parce qu' étant très parfait, ses ouvrages le devoient aussi etre; et étant infiniment bon, sa bonté devoit principalement s'étendre sur le plus parfait de ses ouvrages. Et qu'on ne me dise pas qu'il étoit nécessaire qu'il y eut du mal pour que Dieu put manifester sa justice. Car ne seroit-il pas un cruel monstre ce prince qui forceroit ses sujets à faire du mal pour faire éclater sa justice en les chatiant? seroit-il permis à un habile médecin d'empoisonner toute une nation pour3 lui faire connoitre qu'il peut guérir de toute sorte de poisons? Non, il n'est point permis aux hommes de faire un mal pour en obtenir a) Gen.,

1,

27.

b) L'immortalité de I'ame. 4 e) Gen., I, 28, 29, 30. Nell'edizione inglese (p. 38) una nota a questo punto dice: 11 If I say the most perfect it is in complaisance to the reigning opinion, which is not mine. For I shall shew in my tenth Discourse that men in generai are more defcctive and bave less reason than any other animals 11. 2. Je sai que ••• 111écl1ancetez: il testo inglese (p. 38) reca: ((To this, I know, it will be answered that God has made men miserables only to punish them for their wickedness ». 3. porlr: correggiamo il par dell'originale. 4. Nell'edizione inglese (p. 37) la nota era: e, Thc immortality both of soul and body after the generai resurrection, as our divincs will persuade us to bclieve ». I.

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un bien, mais il n'est pas possible à Dieu de le commettre, étant très parfait. C'est pourquoi ce seroit une très grande impiété de dire que l'~tre Supreme eut pourvu avec tant de bonté le nécessaire aux autres animaux et en eut privé l'homme; et on croiroit une chose fort contradictoire en elle-meme, si l'on croyoit que le tout eut été créé pour le service de l'homme et que le nécessaire puis lui manquat, lorsque Dieu ne le laisse pas manquer aux autres créatures qui lui sont beaucoup inférieures. À présent que j'ai justifié Paul contre les calomnies de ces docteurs, je reviens à mon propos. Si Hobbs donc eut bien examiné cette importante matière, je suis sur qu'il auroit changé d'opinion. Témoin les anciens peuples des Iles Canaries qui avoient toujours été dans le bienheureux état de nature avant qu'ils fussent découverts par les chrétiens. On nous assurea que les anciens habitans de ces iles se nourrisa) Sir Thom. Herbert's Travels into Persia and the East lndies, lib. I. l È difficile dire se Radicati ha tratto questa descrizione delle isole Canarie prima della conquista spagnola dal testo inglese o dalla versione francese dell'opera che qui egli cita. Il titolo dato fa pensare tuttavia alla versione pubblicata a Parigi nel 1663 da Jean Du Puis: Relation du voyage de Perse et des b1des Orienta/es di Thomas Herbert (1606-1682). L'originale inglese si intitolava infatti Some Yeares Travels i11to Africa and Asia the Great. Especially Describing the Famous Empires of Persia and lndustant as a/so Divers Other Ki11gdoms i11 the Orientall l11dies and lsles Adjacent by Tho. Herbert Esq., London, Jacob Blome and Richard Bishop, 1638. N cl testo inglese del Sermo11 (p. 40) la citazione è identica: « Sir Thomas Herbert's Travels into Persia and the East-lndies, book I ». Radicati lesse dunque probabilmente quest'opera in francese e ne tradusse il titolo in inglese, e il traduttore dall'inglese in francese di questo Sermon (con ogni probabilità lo stesso Radicati) lasciò la citazione come la trovò. Ecco il passo al quale Radicati sì ispirò: « Lorsque ces isles furcnt découvertes leurs habitans ne connoissoient point d'autre dieu que la nature. Ils n'avaient point l'usage du feu. Ils ne se rasoient qu'avec des pierres à fuzil et les femmes, au lieu de nourrir leurs enfans, les faisoient nourrir par des chèvrcs. 11s ne labouroient la terre qu'avec des cornes de breuf. Ils avoient dc l'horreur pour ccu:x qui tuoicnt les b~tes parce qu'ils croyoient quc l'on ne pouvoit point nommer innocens ceux qui trempent tous Ics jours leurs mnins dnns le sang et ils se scrvoient de leurs femmes en commun comme Ics betcs et comme telles ils vivoicnt dans les bois, se nourrissans d'hcrbes et couchans sur les fcuilles. Ils nvoient une grande pente à la superstition [veramente il testo inglese diceva: Some glimmering they had of supcrstition] [ ...] Aujourd'huy ils sont chrétiens, mais les Espagnols y ont l'lnquisition qui empèche plusieurs honnestes gens d'y aller dcmeurer [...] ». Il testo inglese diceva esplicitamente che gli abitanti delle Canarie non avevano «no mermi tuum ». I.

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soient d'herbe et de fruit, qu'ils couchoient sur des feuilles dans les forets, qu'ils alloient nuds et que )es femmes et le tout étoit parmi eux en commun. 11s ne craignoient point les inclémences du tems parce qu'ils s'y accoutumoient en naissant. Ils ne gatoient point leurs estomacs par la diversité des viandes, des boissons et par l'excès. 11s n'augmentoient point chaque jour leurs nécessitez comme font les hommes corrompus par le luxe, mais suivant les simples loix de nature ils jouissoient d'un doux repos et vivoient contens. C'est là le véritable portrait de l'état d'innocence dans lequel Adam se trouvoit avant son péché. Plusieurs autres peuples de l' Afrique et de l'Amérique1 nous peuvent aussi servir d'exemple. Ces peuples étoient heureux parce qu'ils suivoient quasi les loix de nature, et leur bonheur dureroit peut-etre encore si les chrétiens ne fussent pas allez troubler leur repos pour satisfaire leur ambition et leur avarice extreme. D'ailleurs, l'expérience nous apprend que les habitans des bois et des montagnes sont beaucoup plus humains que ceux des villes, parce qu'i)s ne sont pas entièrement éloignés de la simplicité de nature comme les autres. La vérité est, dit un auteur moderne, a que ces déserts reculez, les rochers, les bois et les neiges entre lesquels les Lapons habitent, sont inaccessibles aux chagrins, aux craintes et aux maladies. L'injustice en est bannie, et par conséquent les procès. On n'y connoit ni juges, ni avocats, ni médecins, ni pretres dans ces lieux reculés. Ces gens-là se tiennent sur la frontière et ne sont visités par les Lapons qu'au tems et à l'occasion de foires et cela seulement par ceux qu'y portent leurs marchandises ou celles de leurs voisins, et qui s'en retournent plus rusés et moins équitables. On y suit la loi de nature dans sa simplicité; on n'y remarque partout d'autre sorte d'amour que celui que diete cette loi. On y pratique le premier commandement de l'Éternel à l'égard de la multiplia) La Motraye, dans ses Voyages, tom.

II

fol. pag. 364. 2

I. Nel testo inglese (p. 40) Radicati aggiungeva in nota: «See Dampicr's Description of Africa; Bartholomeo de las Casas, Destruycion de las lndias; Rochefort, Hist. des isles Antilles, lib. 2., chap. 13 ». 2. Cioè Aubry de La Mottraye (1674 ?-1743), Voyages [...] en Europe, Asie et Afrique ecc., La Haye, T. Johnson et J. Van Duren, 1727, II, p. 364 (si tratta di un viaggio a Pescomarka, in Lapponia). Il passo è citato da Radicati con insignificanti modificazioni, ed è omesso nell'edizione inglese.

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cation sans en avoir jamais entendu parler. Cet amour joint les deux sexes selon leur penchant. 1 Enfin, témoin nos anciens Bretons, qui étoient d'un si bon tempérament, que plusieurs vivoient jusqu'à six-vingt ans. Leur sobriété et leur tempérance contribuoient à leur conserver si longte1ns la vie, plus que l'air du pays. L'usage des habits étoit presqu' inconnu dans l'ile. Il n'y avoit que les habitans des cotes méridionales qui couvrissent leur nudité par le moyen de certaines peaux qu'ils ajustoient sur leurs corps sans aucune façon, plutot pour ne pas offenser les yeux des étrangers qui trafiquoient avec eux que pour se garantir du froid. Leurs habitations étoient dans les bois sous des huttes couvertes de peau, de branches ou de gazon. 11s se nourrissoient ordinairement du lait de leurs troupeaux et du gibier qui se trouvoit en abondance dans les bois et dans les campagnes. Cette vie si simple et si éloignée du luxe des autres nations n'empechoit pas qu'ils n'eussent l'esprit vif et meme plus pénétrant que les Gaulois leurs voisins. Diodore Sicilien n'a pas fait difficulté de les préférer aux Romains par rapport à l'integrité des mceurs. Ils avoient une coutume particulière qui paroissoit affreuse aux autres nations, quoique pour eux ils la crussent très innocente: c'est qu'ils se mettoient dix ou douze familles ensemble dans une meme habitation, où les femmes étoient en commun meme entre les frères. Cette coutume se conserva longtems panni eux. D'ailleurs les Bretons étoient braves et alloient au combat avec beaucoup d'intrépidité. Ils étoient d'un naturel fort doux et fort humain; il est vrai qu'ils étoient cruels envers leurs prisonniers de guerre, car ils les sacrifioient à Andate déesse de la victoire, • a) Rapin Thoyras, Hist. d'Angl., tom

I,

pag. 6. 2

pe11chant: correggiamo il significativo lapsus de!Poriginale, pechant. 2. Probabilmente cita dall'Abrégé de l'histoire d'A11gleterre, La Haye, C. de Rogissart et sc:eurs, 1730, in dieci volumi, di Rapin de Thoyras (1661-1725), storico e viaggiatore. (Anche in questo caso il titolo dell'opera, evidentemente letta dnl Radicati nel testo francese, è stato tradotto in inglese nei Discourses, p. 42, nota marginale: a Rapin's History of England. Tome 1, p. 6 etc.»). Ln citazione del Radicati è spesso quasi letterale. Leggiamo infatti nell'originale, tra l'altro: 1[.. .] il y en avoient beaucoup qui vivoient jusqutà six-vingt ans. Apparemment la sobriété et la tempérance contribuoient nutant et plus que l'air du pays à leur conserver si longtems la vie. L'usage des habits étoit presque inconnu dans l'isle [ •.. ] ». Anche la polemica finale contro i Druidi non manca nell'originale: « La religion ne leur fournissoit pas seulement un prétexte de prcndre part au gouverne1.

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mais s,ils étoient coupables d'une telle cruauté, c'est qu'ils avoient eu le malheur de se laisser infatuer par les Druides leurs pretres, comme ont fait presque tous les peuples de la terre. Ce que je viens de dire nous doit convaincre que les hommes sont fort heureux lorsqu'ils suivent les loix de nature, et très malheureux dès qu'ils les abandonnent. Par ces motifs Jésus-Christ dit: « Bienheureux vous qui avez le cceur pur, car vous verrez Dieu.a Bienheureux vous qui etes pauvres, car le royaume de Dieu vous appartient. b Mais malheur à vous riches, parce que vous avez votre consolation »;e ainsi vous n'entrerez point dans le royaume de Dieu, d'autant que vous ne sauriez etre serviteurs de Dieu, étant esclaves des richesses. Jésus vous commande d'etre humbles et charitables, et vous etes au contraire superbes et cruels. C'est par ces loix que Christ a voulu remettre les hommes dans l'état d'innocence; et il n'a rien commandé qui répugne aux loix naturelles, comme plusieurs croient, parce qu'il ordonna de pardonner les offenses. Car il fit ce commandement pour déraciner du cceur des hommes la haine et la vengeance auxquelles ils étoient incités par la loi écrite en punition du péché origine!. Jésus voulut clone par ce précepte les délivrer de l'esclavage de la loi, comme il paroit évidemment par ses paroles: « Vous savez » dit-il «que Moise vous commandad d'hair vos ennemis, mais je vous ordonne de les aimer».e Ce a) Matth., v, 8. b) Luc., e) Matth., v, 43, 44. 1

VI, 20.

e) lbid.,

24.

d) Levit., XIX, 18.

ment, ils prétendoient encore qu'elle les autorisoit à se meler des affaires des particuliers. [...] Les ecclésiastiques chréticns n'ont que trop imité cn cela les anciens Druides ». 1. Nell'edizione inglese (p. 43, nota) alla citazione di Matteo fa seguito questa lunga aggiunta: alt is generally said and thought that Christ abolished not the written law because he says: "Think not I am come to destroy the Law and prophets, I am not come destroy them butto fulfil them,,. Mat., v, 17. But if we considcr Christ's motives for this declaration and examine his actions, wc shall think quite otherwise. For Christ, for two reasons dcclared he intended not to abolish the law: first, because he knew he should have been put to dcath as an enemy to the state if he had declarcd that hc intended to overturn thc rcligion and the established laws, and should havc had no time to spread his doctrine. Sccondly, because he was acquainted with the maxims that ali refonners must observe in order to bring about their designs, which is that whoever would reform the government of a state, must always leavc the appearance of the antient laws whilst he is sctting up new. For, tho, the)' may be quite contrary to the old thcy still will be agrcablc and well rcccivcd by the people, if thcy perceivc no alteration, they being ever fond of the old

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commandement est conforme aux intentions de Jésus: car, comme il avoit par sa mort remis l'homme dans l'état de nature, où il n' est point de dissention, meme selon le sentiment de Paul, a il voulut par ce précepte guérir la corruption de son creur pour le pouvoir maintenir dans cet état. Ce précepte convient aussi à la nature humaine parce que l'homme, étant doué de raison, s'il veut s'en servir, ne fera jamais à autrui ce qu'il ne voudroit qu'on lui fit, ainsi que Jésus-Christ le lui a commandé,b afin qu'il put de nouveau se servir de la faculté de raisonner dont il avoit éte privé par sa transgression. Dans l'état de nature Adam avoit les loix de Dieu gravées dans son creur. Dans celui de grace, comme nous l'apprend Paul,c Jésus a replacé les loix de Dieu dans l'esprit des hommes, et par sa mort Christ abolit l'inimitié, c'est-à-dire la loi des commandemensd qui causoit les inimitiez, parce qu'elle étoit imparfaite: car si les loix de l' Ancien Testament eussent été sans défauts, nous n'eussions pas eu besoin, comme le déclare le bon Apotre, des loix du Nouveau,e lesquelles sont parfaites et placées dans le creur humain parce que ce sont celles de nature. a) Ad Rom., IV, 15. b) Matth., VII, 12. e) Ad Heb., d) Ad Ephes., II, 14, 15, 16. e) Ad Heb., VIII, 7. 1

VIII, 10.

ones, not that they are apprized of the goodness or usefulness of them, but only because they are accustomed to them. Macchiav., Disc. I, chap. 25. It was upon these two cogent reasons that Christ declared that he intended not to abolish the law, tho' at the bottom and in reality hc has turned it topsy-turvy, as we may perceive by bis actions. For he commanded us to forgive our encmies, and the law commanded their extennination. Deut., xxxi, 5. Hc flighted the Sabbath-day, by working upon it himself, and approvcd his disciples actions, who had prophaned it. Mat., xn, I etc., Luke, XIII, 10 etc., Jolm, v, 5 etc. And yet the keeping holy the Sabbath was cxpressly enjoined by the law, Ex., xx, 10, X.XI, 13. In a word, Christ abolishcd all the prccepts, ali the ceremonies and all the sacrifices instituted by l\1oses undcr very severe penalties, Deut., x.x.x, I s etc. by declaring the whole law consisted in loving God above ali things and our neighbour as our sclf. 1~1at., XXII, 37 etc.». Il passo dei Discorsi di Machiavelli citato dal Radicati suona: « Colui che desidera o che vuole riformare uno stato d'una città, a volere che sia accetto e poterlo con satisfazione di ciascuno mantenere, è necessitato a ritenere l'ombra almanco de' modi antichi, acciò che a' populi non paia avere mutato ordine, ancoraché in fatto gli ordini nuovi fossero al tutto alieni dai passati; perché lo universale degli uomini si pascono così di quel che pare come di quello che è: anzi molte volte si muovono più per le cose che paiono che per quelle che sono» ecc. 1. Nel testo inglese (p. 44, nota) si legge: I'( 11 Nam si illud prius culpa vacasset, non utique secundi locus inquireretur". Heb., vin, 7 ».

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C'est par le moyen de ces loix que Christ voulut rendre aux hommes la félicité qu'ils avoient perdue; puisqu'en commandant la pauvreté, l'humilité et le pardon des offenses, il éteignit dans le cCEur de ses véritables disciples l'envie qu'ils avoient de s'enrichir, l'ambition et la vengeance qui causent tous les maux; et les remit dans l'état d'innocence, en les délivrant de la malédiction des loix de Moise qui avoient rendu les hommes ravissans, ambitieux et vindicatifs, pour les punir de la faute d' Adam, à ce que Paul nous assure disant que la loi fut donnée en chitiment des transgressions, jusqu'à ce que Jésus vint, afin qu'elle fut notre guide pour nous conduire à lui; mais à présent que Christ est venu, nous ne sommes plus sous la loi, car nous sommes tous enfans de Dieu par la foi en Jésus: 8 c'est-à-dire, nous sommes enfans de Dieu en obéissant aux loix naturelles qu'il donna à Adam et à toute sa postérité, avant sa prévarication, auxquelles nous devons obéir étant rentrés dans l'état de grice par Jésus-Christ. Telles furent les loix de Jésus semblables à celles de nature, par lesquelles il a voulu établir parmi les hommes une démocratie parfaite, sachant que c'étoit l'unique moyen qu'il put pratiquer pour rendres les hommes heureux.h Pour cet effet il introduisit la communion des biens parmi eux, il en chassa le luxe et les richesses et ordonna qu'aucun homme ne fut distingué d'un autre; parce qu'il savoit que dans un gouvernement réellement populaire les hommes doivent avoir le tout en commun et etre tous égaux. Un père ne doit point connoitre son fils, ni le fils son père, vu que cette supériorité et cette connoissance seroient incompatibles avec la communion des biens et avec l'égalité, qui sont les fondemens de la république. Car l'envie ou l'empressement qu'ont les hommes d'accumuler et de devenir puissans, ne procède pas tant de l'amour propre que de celui qu'ils ont pour leurs enfans et neveux; et de celui-ci il en nait l'émulation et l'envie entre les familles; parce que toutes, ayant intention de laisser leurs enfans à leur aise, travaillent pour acquérir des richesses; mais toutcs les famila) Ad Galat., 111, 19, 24, 25, 26. b) C'est un quaker qui parle. 1 I. Il testo inglese (p. 45) sostituisce la presente nota con quest'altra, collocata poche righe sotto, in corrispondenza di autre: • See the first Discourse upon the precept of humility •·

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les ne peuvent pas en acquérir également. Au contraire, comme fort peu deviennent riches et que la plus part restent pauvres, cette inégalité fait que les riches, toujours ambitieuses, veulent se distinguer des autres, et cette ambition de vouloir etre plus que les autres se va augmentant à proportion que s'augmentent les richesses, de manière que la démocratie se change en peu de tems en oligarchie, car les familles pauvres, qui sont en grand nombre, deviennent craintives et humbles, et les riches, en petit nombre, deviennent courageuses et arrogantes, parce qu'avec leur argent elles achètent les suffrages du peuple et empechent la liberté des élections. Par ce moyen elles s' emparent toujours des premières dignitez et de toute l'autorité par conséquent de la république. Or quoique le gouvernement s'appelle toujours populaire, néamnoins il n'est plus tel, mais oligarchique, dès que toute l'autorité réside dans un petit nombre de familles plus puissantes qui sacrifient le bien public à leur propre intéret et qui tiennent toutes les autres familles dans leur dépendance. 1 C'est par ces très importantes raisons que dans un gouvernement démocratique les hommes doivent etre tous égaux: ils doivent entrer dans la magistrature, exercer les emplois, avoir part aux honneurs et jouir de toutes les prérogatives chacun à son tour; les enfans ne doivent point connoitre d'autres pères que la république ou les pères de la patrie. Véritez qui furent fort bien connues de Jésus, puisqu'il dit à ses disciples: il suffit au disciple

1. Nel testo inglese (p. 47) segue: «Witness the republics of Swizzerland and Geneva, which, notwithstanding their intention of setting up a popular govemment, have never been able to accomplish it, they never having employed the proper means for it. And whenever it happens, as necessarily it must, that one of these chief men in the state grows above the rest in riches and power, the oligarchy generally turns to a tyranny. For, this chief man endeavouring to distinguish himself from the other chiefs, who are not so rich as himself, he at last by his power makes himself nbsolute master of the commonwealth, as did Caesar at Rome, and Cosmo of Medicis at Florence ». E in nota: « Cosmo of Medicis, the founder of the grandeur of his family, grew into such reputation by his own abilities and thc stupidity of his fellow-citizens that he began to make himself formidable to the commonwealth. l\tlachinv., Discourse, lib. I, chap. 33,, (che è quello intitolato: Quando w,o i11co1me11iente è cresciuto o in uno stato o co,rtro a u110 stato, è piiì salutifero partito temporeggiarlo che tlrtarlo). Una seconda nota riguarda Cesare: ct Tit. Liv., Decad. 12 1 lib. 6. Sueton. in Julio Caesaren. Una terza ancora Cosimo: ctMachiav., History of Florence, lib. 6 and 7. See also Bodinus, De republica, lib. S, cap. 4 )). Il

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d'etre autant que son maitre, et au valet autant que son seigneur;• car qui est maintenant plus que vous, sera dans la suite moindre que vous;b et ailleurs, n'appellez point, dit-il, par le nom de père aucun homme sur la terre, parce que Dieu seul est votre père et vous etes tous frères. e Telle est la véritable forme du gouvernement démocratique parfait, dans lequel Ies hommes doivent commander et obéir tour à tour; et où les pères ne doivent point connoitre leurs propres enfans, afin de les pouvoir aimer tous également; ni les enfans doivent connoitre leurs propres pères, afin de les pouvoir aimer et respecter tous indistinctement. Par ces motifs le sage législateurd de Sparte fit élever en commun tous les enfans de Lacédémoniens afin qu'ils portassent, à la république qui les avoit élevés, tout l'amour et tout le respect qu'ils auroient porté à leurs propres pères s'ils les eussent connus; et pour que les pères, ne connoissant point leurs propres enfans, les aimassent tous sans partialité. Voilà le seul lien qui peut maintenir la concorde ou la paix entre les hommes d'une société; au lieu qu'on ne voit regner que l'envie, la haine et l'inhumanité là où la communion des biens et l'égalité ne sont point établies. D'ailleurs, mes chers frères, cette connoissance seroit contraire non seulement au système de Jésus, c'est-à-dire à la démocratie parfaite qu'il a voulu établir parmi les hommes, mais elle répugneroit aussi à sa morale, qui consiste dans la charité et dans l'amour que chacun doit avoir pour son prochain. Car comment sera-t-il possible qu'un homme puisse aimer et assister son prochain, comme Jésus le lui ordonne,e quand son amour et sa charité s'étendront seulement sur ses enfans, neveux et parens? L'expérience nous en apprend l'impossibilité, vu que les hommes disent qu'ils ne pouvent secourir leur prochain parce qu' ils doivent assister leurs familles; et comme cette assistance est toujours sans bornes, elle cause parmi ]es hommes un horrible pillage par l'insatiable avidité qu'ils ont tous d'enrichir leurs familles et par les moyens injustes et toujours pernicieux au public a) Matth., x, 25. b) Id., XXIII, I I, e) Id., ib., 8, 9. d) Plutarch. in Lycurgo. e) «Diliges proximum tuum sicut te ipsum ». Matti,., xxn, 39.

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qu'ils emploient pour la contenter. De sorte que l'on peut dire avec toute vérité que cette connoissance et la propriété des biens sont les causes qui ont rendu les hommes ambitieux, avares et par conséquent inhumains, comme nous voyons, envers leur prochain. C'est donc ici qu'on peut dire fort à-propos gens contra gente,n ou bellum omnium in omnes, et point en parlant de l'état de nature comme l'a prétendu Hobbs et le prétendent ceux qui ne se défont point de leurs préjugés avant que d'examiner les choses. Christ, qui connoissoit tous ces inconvéniens et qui avoit intention de remettre, par ses loix, les hommes dans l'état d'innocence où étoit Adam avant son péché, déclara que personne ne pourra etre son disciple, c'est-à-dire que nul ne pourra entrer dans l'état de nature, s'il ne hait ces" noms de père, de mère, de femme, d'enfans, de frères et de sreurs,b parce qu'ils éteignent dans le creur des hommes l'amour réciproque qu'ils doivent se porter selon les institutions de Jésus et répugnent absolument à la nature du gouvernement populaire. C'est pourquoi Christ, voulant nous servir d'exemple, ne voulut point reconnoitre sa mère et ses frères, mais montrant ses disciples, il dit: Voici ma mère et mes frères. Car celui qui obéira à Dieu, en suivant Ics loix de nature, dont il est l'auteur, sera mon véritable frère, ma sreur et ma mère. 1 Jésus parla en ces termes pour nous faire entendre que ces degrés de parenté et ces distinctions de famille sont celles qui nous empechent de nous aimer tous cordialement; chacun fixant son amour sur ses enfans ou parens, ne sauroit avoir assez de tendresse ni assez d'humanité pour son prochain. Ce qui est incompatible avec le devoir de chrétien: car Christ nous commande absolument de nous aimer réciproquement les uns les autres, comme il nous a aimé, afin que chacun connoisse par-là que nous sommes ses vrais disciples.c Bienheureux sont Ics animaux de chaque espèce qui vivent si amiablement entre eux; il semble qu'ils soient tous bons enfans a) Luc., XIV, 16.2 b) Ce n'est que les noms, car puisque nous devons aimer nos ennemis, à plus forte raison aimerons-nous ceux qui nous ont donné l'etre. e) Jol,an., XIII, 34, 35. 1.

mais montrant ••• mère: cfr. Matth.,

12.,

49-50.

2. Rectius Luc., 14, 26.

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d'un seul tendre père; et cela parce qu'ils n'ont point parmi eux ni mien ni tien, ni distinction de famille: délivrés de toute tyrannie, superstition, avarice et ambition ils passent heureusement leur vie. 1 Ohi que j'envie votre sort heureux, brutes; malgré que les hommes vous méprisent par un effet de leur orgueil, et que vous privent injustement de la raison dont vous faites mille fois meilleur usage que ceux qui prétendent que vous n'etes que des automates. En un mot, cette distinction des familles, bien loin d'etre le lien de la société, en est le sujet de division, puisqu'elle nous rend étrangers les uns aux autres, quoiqu' habitans d'une meme ville et professant une meme religion. En effet si un chrétien anglois eut besoin d'un mauvais chapeau, quelque reste de boutique pour se couvrir la tete, et qu'il n'eut point d'argent pour l'acheter, il auroit aussi beau jeu de l'aller demanderà un marchand juif de Madrid, ennemi juré de sa religion et de sa patrie, que de le demander à un marchand chrétien de Londres, car il y a un million à parier contre un qu'il ne l'obtiendroit ni de l'un ni de l'autre. Concluons donc, mes chers frères, que Jésus à rétabli les loix de nature auxquelles Adam obéissoit étant innocent. Voilà par conséquent les loix de Dieu, auxquelles nous devons obéir étant rentrés dans l'état de grace par la mort de Jésus-Christ. Heureux les hommes s'il les eussent observées! Mais par leur malheur extreme ils les ont désobéies, et par cette nouvelle désobéissance ils ont rendu comme inutile la mort de Christ, de sorte qu'ils ont renouvelé et beaucoup augmenté leurs misères. L'Esprit, qui s'est servi de ma bouche jusqu'à présent pour Da questo punto alla fine il testo inglese (pp. s1-2) riassume così: « In a word, this distinction of families, far from being the bond of society, is a perpetuai occasion of division to them, since it makes us strangers to one another, tho' inhabitans of the same city and professing the same religion. And indeed if an englishman, tho' a christian, wanted a dinner, but had no money to buy it, he might as wcll ask a spanish jcw, the sworn enemy of his religion and country, as the christian his ncighbour for it, for 'tis a million to one that neither of them would give it to him. These are the laws of nature reestablished by Jesus Christ, which Adam, whilst innocent, obeyed. These consequently are the laws of God, which we, bcing again in a state of grace by the dcath of Christ, ought to obey. Happy had mankind been, had they observed them! But, to their grcat misfortune, they have disobcycd them, and by this ncw disobcdicnce made the death of Christ of no effect. So that they havc renewcd and greatly encreascd their misery •· I.

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vous annoncer ces importantes véritez, vient de me quitter, ainsi je finis mon sermon, vous exhortant, mes chers frères et surtout vous mes bonnes sreurs, de faire tous vos effort pour bannir pour jamais de vos creurs l'ambition, l'avarice, la vengeance et tout autre vice, afin que vous puissiez vous appeler à juste titre disciples de Jésus et vrais quakers.

MARCO FOSCARINI

NOTA INTRODUTTIVA

Rassegnata indifferenza nei confronti della politica e della cultura, disincantato scetticismo verso le sorti della Repubblica: sembravano questi, nei decenni centrali del Settecento, gli stati d'animo dominanti presso la maggior parte del patriziato veneziano; e ce lo confermano, in momenti diversi e con diverso animo, un ancor giovane patrizio veneziano di grande avvenire come Andrea Tron e un dotto e diplomatico celebre come il non veneziano cardinale Domenico Passionei. Il primo, scrivendo al cugino Andrea Querini dall'Aia, dove si trovava come ambasciatore, affermava, nel 1743, che« La repubblica ha più credito fuori che dentro della patria», ribadendo: « La repubblica non è così poco stimata dagli altri come ci stimiamo noi stessi»; il secondo, dieci anni dopo, scrivendo da Roma a Foscarini per lodare la sua opera Della letteratura veneziana, ironizzava, tra divertito e sarcastico, sui patrizi, anzi sui «Pantaloni» di Venezia, che «amano meglio di star sotto le cottole delle donne, che sopra dei libri». E veramente, nel più vasto quadro di una progressiva decadenza economica, anche carenza di volontà politica, disinteresse culturale, fiacchezza morale si venivano impadronendo di molta parte della classe dirigente veneziana, con sempre più chiara evidenza almeno a partire dall'ultimo scacco internazionale subìto dalla Repubblica, la pace di Passarowitz del 1718. In questa situazione, allora, l'elemento che più spiccatamente, e subito, segnala una personalità come quella di Marco Foscarini, è la nettezza di una vocazione politica e culturale ferma e precocissima. Nato a Venezia il 4 febbraio 1695 da Niccolò e da Eleonora Loredan, Marco Foscarini apparteneva a una famiglia di antichissima nobiltà e da sempre, si può dire, attivamente impegnata nella direzione della vita pubblica. Anche aprescindere, sia pure con veniale arbitrio, poiché ad essi molto spesso si richiamerà e si ispirerà il F oscarini nelle sue opere giovanili e mature, dagli antenati più antichi e più illustri, vanno qui ricordati almeno un prozio di l\llarco, l'erudito cavaliere e procuratore Sebastiano Foscarini, ministro plenipotenziario della Serenissima all'Aia dal 1709 al 1711, e lo stesso padre, cavaliere, procuratore e ambasciatore straordinario alla corte francese. In Francia aveva accompagnato il padre anche il ventenne Marco, che cosi era stato

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MARCO FOSCARINI

iniziato, in veste di giovane spettatore, alla pratica della diplomazia. Ma di problemi e di discussioni politiche il giovane Marco era partecipe, prima e dopo del viaggio in Francia, anche nella sua casa veneziana, dove usavano darsi convegno, intorno alla biblioteca di famiglia, uomini politici di rilievo e di varia dottrina. In tale ambiente veniva così formandosi per il giovane Foscarini una vera e propria scuola, ben più importante, si deve credere, del collegio dei nobili S. Francesco Saverio di Bologna, presso il quale egli aveva intrapreso i primissimi studi. Non a caso il primo lavoro di F oscarini, un discorso Sulla necessità della storia e della facoltà di ben dire per gli uomini di repubblica, fu recitato al padre alla presenza di quei patrizi, come non a caso le altre sue produzioni giovanili, l'inedito trattato Della perfezione della Repubblica Veneta e l'incompiuto saggio Della improvvisa eloquenza, furono dedicati a due di essi, Marco Ruzzini e Michiel Morosini, con i quali il giovane Marco aveva parlato dei suoi studi e dei suoi interessi e dai quali aveva ricevuto incoraggiamento e consiglio. Questi lavori, certo diversi per la qualità dei risultati ma tutti importanti per delineare la primissima fisionomia culturale di Foscarini, cosi vicina del resto, nei suoi tratti fondamentali, a quella del Foscarini maturo, furono composti tutti e tre prima dell'inizio della sua carriera politica, inaugurata con l'elezione a Savio agli ordini il 18 settembre del 1721. In essi c'è il frutto di un lungo lavoro di biblioteca, compiuto fin da allora con quella passione per il libro e per il documento, che avrebbe poi portato Foscarini a mettere insieme una delle più ricche e celebrate biblioteche veneziane; c'è l'eco di una sistematica e meditata serie di letture soprattutto orientata, almeno per allora, nel senso della storia, greca e latina e veneta, della trattatistica politica e della trattatistica retorica; e c'è, con importante evidenza, il riflesso delle discussioni che si tenevano in casa Foscarini. È qui il primo contatto di Foscarini con la politica, approccio ancora indiretto, mediato dai libri e filtrato attraverso esperienze altrui, ma già chiaramente indirizzato secondo impressioni, intuizioni, convincimenti che avrebbero accompagnato tutta la vita di Foscarini e improntato tutta la sua azione politica: precisandosi, beninteso, attenuandosi, approfondendosi, ma conservando insomma una sostanziale continuità. Basta confrontare, per esempio, l'ultimo lavoro di Foscarini, la celebre orazione del 1762 per

NOTA INTRODUTTIVA

la correzione del Consiglio dei Dieci, con il primo, il già citato discorso Sulla necessità della storia e della facoltà di ben dire, per accorgersi che ci si muove all'interno di un àmbito ideologico · uniforme e fondamentalmente immutato. Questa fedeltà naturalmente, non solo teorica ma anche, come vedremo, pratica e politica, fa fede sulla fondata saldezza delle opinioni giovanili. Le quali si incentrano tutte su una premessa di base, su una scelta originaria derivata da un legame profondo con le tradizioni veneziane, che Foscarini vive, prima che sui libri, nel diretto impegno culturale e politico del suo ambiente familiare: la scelta, cioè, della carriera politica come «sola ragione di vita», come dovere che Foscarini si sente imposto dalla stessa consapevolezza che egli ha di « ciò che alla sua fortuna, alla sua nascita, e alla domestica sua condizione s'appartiene». C'è qui, oltre alla perentoria affermazione di una precoce e quasi pacifica vocazione politica, il nucleo di una idea-forza della successiva azione foscariniana: il recupero, dalla migliore tradizione dell'aristocrazia veneziana, e proprio come antidoto a quella carenza di volontà politica di cui si è detto all'inizio, della concezione della politica come servizio, come accettazione di un dovere inerente alla condizione patrizia in quanto tale. Grato dovere, d'altra parte, se Venezia era, come veniva insegnato a tutti i giovani patrizi, la « più famosa repubblica che giammai fosse». Anche F oscarini proclamava questa vulgata "verità", indulgeva e dava spazio a questo mito, tanto vigente quanto inoperante, della perfezione della Repubblica. Ma non era, la sua, accettazione passiva, conformistica; egli sentiva già non certo il dubbio incredulo, che mai lo avrebbe toccato, ma indubbiamente la necessità di una personale verifica. Poiché « non è alcuno» argomentava nel trattato Della per/ezione della Repubblica Veneta >. 1 Se così parla e crede un gentile della verità, consideri ognuno come parlare e creder ne degg'io che son cattolico e che so che la stessa verità si è il nostro vero eterno lddio.

De,tam., 3 22

COROLLARIO LXXXIII

Delle feste comandate.

Pareva che nel savio e dotto pontificato di Benedetto XIV dar si volesse qualche regola a queste feste e vi si era quasi cominciato, ma poi non si è saputo il perché sia stata sospesa, sebben proseguito se ne sia per qualche tempo il discorso con vari progetti, dei quali uno essendo stato il mio, credo non mi si ascriverà a mancamento il renderlo adesso, a chi non lo seppe allora, manifesto.2 lo per me direi che osservar inviolabilmente si dovessero tutte le domeniche, le Pasque, alcune feste della Madonna, tutte quelle degli apostoli e quella di S. Gio. Battista ed in tutte l'altre udir si dovesse la messa con pena di peccato mortale a chi non l'udisse e che potesse quindi ognuno impunemente lavorare per dar così diviso il suo luogo al culto divino ed all'umano esercizio: «oportere dividi sacros et negotiosos dies quis divina colarentur et humana non impedirent »,3 fu sentimento anche di Tacito. Noi però non deggiamo in ciò prendere né norma né esempio da lui ed io l'ho sol per pura erudizione citato. In tal guisa si osserverebbero più esattamente e con più esemplar divozione le feste, perché dalla frequente moltitudine delle cose ne nasce sempre il disprezzo e così non si sentirebbero i casi atroci che per lo più seguono nelle feste, nelle quali udendosi solamente la semplice messa e consumandosi per lo più il rimanente del giorno nell'osterie, nelle bet1. «Ringrazio la provvidenza degli dei immortali, che mai permisero che la verità fosse a tal punto sopraffatta da non spiccare ancor più attraverso i suoi vestigi». 2. Sulle discussioni circa l'opportunità di ridurre nei paesi cattolici le feste di precetto vedasi FRANCO VENTURI, Settecento riformatore. Da M11ratori a Beccaria, Torino, Einaudi, 1969, pp. 136-61. 3. Ann., XIII, XLI, con « colerent » in luogo di co/arent11r.

An., lib. 13

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LIONE PASCOLI

tole, ne' giuochi e ne, bordelli, che tutti riscaldando la mente, il sangue, il fervor, l'appetito inducono a quegli eccessi ai quali neppur penserebbero se Io stare alle botteghe non fosse lor proibito ed il lavorare si permettesse, essendo l'ozio quell'inimico mortale che c>istiga a mal fare e ci tradisce: «Otio prodimur », dice Plinio nel suo Panegirico. 1 COROLLARIO LXXXVII

De' poveri. Meritano i poveri ogni maggior compassione ed io, che ne ho avuta e ne ho per loro quanto chicché sia, credo d'aver soddisfatto a qualunque obbligo di carità coll'aver suggeriti tali modi di soccorrerli nell'ottantasettesima proposizione del Testamento che non si dovessero lamentare di me quando le si desse esecuzione. Ma considerando più poveri assai di questi, onde vengo di favellare, i contadini, che faticano più degli stessi buoi e cavalli e faticano ancora per alimentarli e far loro la servitù che non fanno a sé stessi, perché dormono e mangiano peggio assai di loro, senza vino quasi sempre, senza pane il più delle volte, mai mai la carne a riserva delle Pasque e la semplice erba cotta mal condita ben sovente. Or di questi, che sostentano tutti i viventi colla coltivazione della terra, niun ne tien conto, niuno li considera, niun ne ha compassione. In tante disposizioni testamentarie niuno, almen che sappia, se n'è ricordato: tutti i legati pii a favore d'ogni altro, quando niun altro ha bisogno più di loro d'essere per gratitudine e per obbligo sostentato. Io dunque riformando parte d'alcuni legati meno importanti e quelli specialmente che han prodotti e tutta via van producendo effetti contrari alle menti de' testatori, direi ch,erger si dovesse con questi un monte ed uno spedale in ogni città dello Stato ed in Roma particolarmente, sebben più d'un ve ne sia, perché a Roma conviene piucché a tutte l'altre d'animarli a venirvi coi buoni trattamenti e tenerveli con ogni maggior cura fino al totale ristabilimento delle indisposizioni e sovvenir d'un testone il giorno i sani che lavorar non potessero ne' piovosi ed altri impeditivi del lavoro. Parlo così di la miserabile condizione peggiore cli tutte l'altre perché, essendomi trattenuto qualche non 1.

Paneg.,

LXXXII,

9.

CODICILLO DEL TESTAMENTO POLITICO

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breve tempo in un mio casin di campagna dopo il ritorno dai miei viaggi, ho avuta occasione di vederla. E quel che vedeva, che più mi spaventava d'ogni altra cosa, si era l'opperato che dava speranza di copiosa raccolta ed a cui per ridurvelo faticato vi avevano molti mesi, quindi disfatto o per una brina, o per un gelo, o per una grandine, o per una nebbia, o per un vento, o per simile altra avversità in pochi momenti. Senza che, qual religione1 vi è, per mendica ed austera ch'ella sia, che non abbia ogni giorno immancabilmente la sua minestra, la sua pietanza, quando privar non se ne voglia volontariamente per astinenza, il suo necessario vestito, e che suggetta sia a tante fatiche, a tali disgrazie ? Credo perciò che l'università di costoro popoli più d'ogni altra il Paradiso, perché a trattarli vi si vede nella maggior parte la piena sofferenza e la total remissione alla volontà del Signore. E maggiormente lo credetti allorché, andando un giorno a caccia per certi colli, vidi su d'un poggio a sedere un pastorello che amaramente piangeva la morte improvisa d'una sua pecorella. A vvicinatomiglisi più di presso e procurato di consolarlo, intesi che non solo posto avea il nome alla morta, ma a tutte l' altre che ben trenta esser potevano e tutte tutte le riconosceva. Era il meschino scalzo e mezzo nudo ed in tutto il giorno, che stava quasi per cadere, mangiato sol aveva certe rape crude ed i torzi d'alcune cime di cavolo che portava seco per dovere servir di cena a tutta la casa. Nel dargli in partire alcune piccole monete, mi chiese del pane che, giusto per sua ventura, l'aveva chi era meco; e lo baciò nel prenderlo cento volte ed invece poi di mangiarne subito parte, com'io credeva, lo portò tutto a casa per mangiarlo in compagnia de' fratelli e de' genitori. Or riflettendo per istrada alla virtù del misero garzoncello che, di fitto verno e sul bel della sera essendo in quello stato, dovea morire di freddo, riflettei ancora all'immancabile aiuto della divina Providenza che idea d'un perfetto e virtuoso stato. Diviso in tre parti: cfr. Lettere e ragionamenti varj, Perugia [Napoli] 1741, II, pp. 691-9. La divisione in tre parti fu mantenuta, ma il titolo fu opportunamente abbreviato dagli editori: Idea di una perfetta rep11bblica. Così la nominano tutti i contemporanei, con una sola eccezione, le «Memorie,, veneziane, che l'intitolano: Idea di una vera e libera repubblica (a Memorie per servire all'istoria letteraria,,, tomo I, parte VI, Venezia, Valvasense, 1753, p. 54). L'abbreviazione era stata suggerita, del resto, dallo stesso autore: «Se Iddio mi darà grazia, come ne lo prego, di pubblicare questo sistema da tutti intelligibile, basterà leggerlo per prenderne le norme di una perfetta repubblica» (Narrazione di un libro inedito fatto affi,re di preservare e difendere le nrm,erose sue opere da quell'obblio nel quale tentano di seppellirle gli suoi co11trarj, Napoli, Angelo Vocola, 1745, pp. 229-30, 241). Il Trattato, non menzionato nel catalogo delle opere inedite del 1737 (Ragionamenti e poesie varie, Venezia 1737, pp. 321-43) e neppure in quello premesso alle Lettere e ragionamenti varj, cit. (1, pp. I -15) è stato steso o portato a termine verosimilmente nel corso del 1741. Doveva nei progetti formare il secondo di tre volumi, che avrebbero contenuto: il primo, le Considerazioni geometriche, logiche e metafisiche sopra gli Elementi d' E11clide (BNN, Ms. branc. v.D.xn); il terzo, una raccolta di Ragio11amenti e lettere metafisiche, fisiche e pratiche: Il vero penitente, L 1 i11dole11te accidioso, Saggi di morale del signor Nicolio; il Ragionamento m Plutarco, le Considerazioni e annotazioni: tutte opere che si conservano manoscritte. Sull'impianto dell'opera il Doria è esplicito: cc In questo sistema vi si contiene l'idea d'una repubblica, o sia d'uno stato perfettissimo, dedotta dalla filosofia platonica e tutto ad un tempo praticabile, a differenza di quella di Platone ch'è tutta ideale e non praticabile». Il metodo seguito era diverso da quello che usa Platone nel Timeo anche se ad esso non ripugnante: cc Platone dalle idee delle perfezioni che devono regnare negli ordini morali e politici che compongono la repubblica deduce le idee degli ordini che regnano nelle forme che compongono l'universo; io all'incontro dagli ordini, dalle proporzioni e dalle leggi di moto che regnano nelle forme che compongono l'universo deduco le perfezioni che devono regnare negli ordini che compongono In repubblica». Il trattato era destinato a esplicitare i fondamenti metafisici della Vita civile, di lettura perciò tanto più difficile. L'opera, un mnnoscritto di 464 fogli, era divisa nel modo seguente. Nella primn parte il Doria spiegava «l'armonia e le proporzioni che regnano nelle forme che compongono l'universo•· Nella seconda prescriveva, "le istituzioni, gli ordini e le leggi valevoli a formare una virtuosa e libera società ., ; e dava « minutissimamente le idee di tutti gli uffici che devono fare i diversi ordini

IDEA DI UNA PERFETTA REPUBBLICA II

Pag. 43. Se le infinite forme sostanziali che Dio crea in atto non servissero a Dio come di tanti specchi, ne' quali egli ravvisa le sue infinite perfezioni, lddio parrebbe vivere ozioso, contemplando etc. [T] di persone di cui è composta la repubblica,,_ Di conseguenza • ho dato• diceva cc le norme con le quali ogni ordine di persone deve praticare il proprio ufficio, ho dato così l'idea del perfetto senatore, del perfetto sacerdote, del perfetto capitano, del perfetto padre di famiglia, del perfetto soldato e della perfetta educazione de' figli; ho prescritto le leggi che devono governare i matrimoni; ho dato le idee ed il metodo coi quali si devono insegnare le diverse scienze; ho proposto l'istituzione di certi collegi per i diversi ceti ed ordini di persone [...] •· Nella terza infine, siccome non si può mai dire che una repubblica sia praticabile se non si dimostra quale sia la forma di governo con la quale questa repubblica lo sia a differenza delle altre con le quali non lo è», aveva esaminato quale fosse la forma di governo • più propria a formare quella virtuosa e libera società che in questo mio Trattato ho istituito,, (Considerazioni e annotazio11i [1741], ff. 85r-89r, in BNN, Ms. branc. v.D.v; E. VIDAL, Il pensiero ecc., cit. nella bibliografia, pp. 77-8). Stampato, toccò le 43S pagine o poco più. Ma chi mai aveva promosso l'edizione? Il Doria, nei suoi ultimi giorni - il 19 gennaio I 746 -, si era fatto restituire la scrittura dalla Biblioteca di S. Angelo a Nido (più tardi Brancacciana) presso la quale aveva depositato i suoi manoscritti. Pensava di pubblicarla egli stesso quando la morte lo colse di lì a poco, il 25 febbraio. Il manoscritto restò nelle mani del suo avvocato, Giuseppantonio Macrì, il quale - subito che avesse riscosso dal cugino del Doria, M::arcantonio, V principe d' Angri, i seicento ducati che costui gli doveva - aveva robbligo di avviare la stampa dell'opera, i cui utili di vendita sarebbero andati per disposizione testamentaria nl vecchio cameriere di Paolo l\!Iattia, l'allora sessantottenne Nicolino dc Bellis. Il principe non fu così pronto a sciogliere il suo debito come il cugino aveva creduto. Dei seicento ducati che doveva, il Macrì riuscì a strappargliene dopo sei anni meno della metà: tanti quanti ne bastavano, a ogni modo, per iniziare l'impressione. Stampatore fu Angelo Vocola, dal 1729, da quando aveva aperto la sua stamperia a Fontana Medina, l'editore di fiducia del Doria. Al principio di quello stesso anno, al fine si direbbe - di ridestare l'interesse del pubblico, costui oveva messo fuori, con una dedica a Gaetano Buoncompagni Ludovisi, una nuova edizione la quinta - della Vita civile. Il manoscritto non gli fu però consegnato tutto insieme: giorno per giorno il Vocola riceveva dall'avvocato i fogli da stamparsi e, appena li aveva composti, glieli restituiva. Il Macrl era uomo coscienzioso. Secondo una pratica corrente in Napoli, per facilitare ai revisori il compito e per garantire ad un tempo che l'opera stampata non fosse in nulla dissimile dn quella sottomessa al loro esame, si preferì presentare ai censori l'intero volume in bozze. Il primo destinato alla revisione fu il trentasettenne Giovan Tommaso Taglialatela, canonico dell'arcivescovado e da poco nominato lettore di istituzioni canoniche nello Studio napoletano. Francesco Longano, che lo ebbe in quell'anno 1753 maestro di teologia, lo giudicò • uomo di costume irreprensibile ed amante del proI(

so

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PAOLO MATTIA DORIA

III

Pag. 44. L'anima umana ha amato per tutta l'eternità di vivere in Dio, le divine perfezioni contemplando. [T] Pag. 69. L'eterna natura dell'anima. [T] fitto de' giovani, sfornito al tutto di comunicativa»: in una parola, «infelice» (Illuministi italiatri, tomo v, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli, Ricciardi, 1962, p. 350 e nota 1). Suddiacono nella cattedrale di Napoli nel 1764, sarà nominato nel gennaio del 1765 vescovo di Sora e vi morirà due anni dopo. Appena fatto vescovo, il 15 giugno 176 5, si pronuncerà in favore della Chiesa di Utrecht da poco staccatasi da Roma. Sarà il primo tra gli italiani a compiere un gesto del genere (DOMENICO AMBRASI, I giansenisti napoletani e la chiesa di Utrecht, in « Quaderni contemporanei», Salerno, n°. 4, s. d. [1971 ?], pp. 96-8). Un filo-giansenista dunque. Costui eseguì il suo incarico e presentò «riservatamente» al re l'estratto dell'opera: tanto riservatamente, che copia ne giunse quasi subito nelle mani dello Zaccaria il quale si affrettò a pubblicarne alcune proposizioni come a saggio di quel molto più veleno che racchiudea tutta l'opera» («Storia letteraria d'Italia», vn, Modena 1755, pp. 202-5). Una copia integrale di tali censure è stata da me rinvenuta a Londra (British Library, Add. Mss. 20.646, ff. 301r307v; S. ROTTA, Idee di riforma nella Genova settecentesca, cit. nella bibliografia, pp. 227-8, nota). Il I febbraio dalla reggia di Caserta il reggente della Vicaria ricevette l'ordine del re di sequestrare l'opera stampata e il manoscritto. Obbedì prontamente. Il 5 febbraio sei balle contenenti tutti gli esemplari, incompleti ancora di alcuni fogli che stavano per stamparsi, dell'edizione che avrebbe dovuto essere di 1.100 copie («Memorie per servire all'istoria letteraria», tomo I, parte VI, cit., p. 54) insieme al manoscritto tolto al Macrì furono confiscati. Il Vocola fu incarcerato; e, per maggior precauzione, il reggente trattenne anche il de Bellis. L'opera fu quindi affidata all'abate generale dei canonici lateranensi Benedetto Latilla, non potendo (e forse non volendo) Celestino Galiani, cappellano maggiore del Regno, « per li suoi acciacchi» sobbarcarsi alla fatica della revisione. Il Latilla era anche lui professore universitario: insegnava teologia nello Studio napoletano. Lasciò anzi proprio al Taglialatela il suo incarico l'anno seguente, quando fu nominato vescovo d'Avellino. Ma era persona tutta diversa dal collega. Affiliato alla loggia fondata con patenti del Gran Maestro di Sangro in casa del conte Felice Gazzola, anzi oratore di essa fin dal 1751, era da buon massone uomo di mondo (CARLO FRANCOVICH, Storia della massoneria in Italia, Firenze, La Nuova Italia, 1975, p. 205). Persona grata alla corte, soprattutto al Tanucci, riceverà da quest'ultimo la carica di confessore del giovanissimo Ferdinando. Il reggente sperava che egli sarebbe riuscito a sbarbicare dall'animo dell'erede al trono i princìpi «gesuitici» depostivi dal suo precettore, il padre Cardel. Il La tilla ne profittò per condurre vita gioconda. Si era fatto riservare, con scandalo di tutti, un palco al San Carlo (ROMEO DE MAI0, Società e 'Vita religiosa a Napoli nell'età moderna, Napoli, E. S. I., 1971, pp. 256-7). Comunque sia, anch'egli, per motivi tutti diversi, un nemico dei Gesuiti. Eppure l'uno e l'altro si indigneranno o faranno finta d'indignarsi (la cosa non c'interessa) a leggere le espressioni irriguardose usate dal Doria nei confronti della Compagnia. Le speranze nutrite dai vecchi amici del Doria - tra questi Francesco Valletta e lo stesso principe d'Angri - che il nuovo revisore

IDEA DI UNA PERFETTA REPUBBLICA

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Pagg. 87, I8I, 24,I, 242, 262, 388. Dopo che l'anima umana è entrata nel corpo. [T] Sostiene che l'anima umana, quale egli sempre chiama a Dio consustanziale, non si crea da Dio nella generazione del corpo, ma essendo in Dio esistente, se non bramasse di vestirsi di corpo, si rimarrebbe nella felicità della pura intelligenza e dell'amore. [L] IV

Pagg. 59 e 60. S'insinua il sentimento di Platone della trasmigrazione dell'anime e che, castigando Dio l'anime ree come amofosse più indulgente di quanto non fosse stato il puntiglioso e austero Taglialatela andarono deluse. Se il primo aveva giudicato l'opera «infetta• da cima a fondo, altrettanto disse il Latilla, che se un merito ebbe fu quello di riferire più diffusamente e fedelmente le idee doriane di quanto non avesse fatto il suo predecessore. Riconosceva sì il candore dell'autore; ma giudicava l'opera «incorreggibile» proprio per il suo carattere sistematico. Il Do ria si era preso - diceva - un'eccessiva libertà parlando da «filosofo• di problemi teologici. Inaccettabile soprattutto gli appariva il suo plato• nismo: «la S. Chiesa» concludeva «condannò le opere di Origene perché piene degli errori stessi della platonica filosofia, che similmente detestò in Clemente Alessandrino ed in moltissimi eretici che li seguitarono, delle di cui eresie, al dire di Tertulliano, la platonica filosofia fu il condimento ». A parer suo il monarca doveva dunque «assolutamente proibire che una tal opera vegga la luce delle stampe col condannare ad un perpetuo oblio l'originale e li fogli stampati». Cosi concludeva la sua relazione che porta la data del 28 febbraio 1753. L'8 marzo re Carlo trasmise al reggente della Vicaria l'ordine di far bruciare pubblicamente per mano del boia mano• scritto e fogli stampati. Il 13 marzo «in ora che stavano uniti tutti i tribu• nali ne' loro rispettivi appartamenti la sentenza fu eseguita» (P. ZAMBELLI, Il rogo postumo di P. M. Doria, cit. nella bibliografia, pp. 147.98). Era il «primo esempio nella storia» come scrisse quel giorno stesso Ferdinando Galiani a Lorenzo Mehus «d'un libro bruciato per mano del carnefice e che non era ancora stato letto da niuno » (Biblioteca Riccardiana, Firenze, Ms. 3494, f. 4T; cfr. pure Matteo Angiolo di Napoli ad Angelo Maria Bandini, Napoli 3 aprile 1753, in Biblioteca Marucelliana, B. 1. 27, f. 281r). Ogni ricerca di qualche esemplare sfuggito al rogo è quindi inutile. Non resta che ricostruire lo scritto sulla scorta di quanto ne dicono i due revisori con l'aiuto delle altre opere doriane. Il testo del Latilla, a differenza di quello del Taglialatcla, non è diviso in proposizioni (P. ZAMBELLI, op. cit., pp. 193-8). Ho giudicato più comodo frantumarlo per confrontare su ciascun punto i due pareri, uniformandomi alla numerazione adottata dal Taglialatela che segue, tant bien que mal, l'ordine progressivo delle pagine dell'opera stampata. Naturalmente, non tutti gli argomenti toccati dal Doria interessarono i revisori, ma soltanto quelli che riguardavano religione e politica: tutto ciò che il filosofo diceva dell'arte medica, della scultura, della pittura, della poesia, della musica non lo degnarono di considerazione. Del resto, anche per noi non è questa la parte più piccante dell'opera.

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roso padre, si può sperare che il gastigo a lungo andare termini nella felicità. [T] Dice che per lume naturale le anime dopo la dissoluzione del corpo debbano andare ad informare altri corpi, ne' quali prendono forma di creature intelligenti eteree o buone o ree secondo hanno menato virtuosa o viziosa vita nel corpo che hanno informato. Pertanto dice che Platone non abbia potuto pensare che Dio condannasse a pena eterna le anime de' reprobi e con ciò cessasse in Dio l'attributo della misericordia, quando in Dio gli attributi sono eterni e infiniti; aggiungendo che, se mai Platone dice che le suddette pene sieno eterne, altro non intenda che pene lunghe, questa essendo la forza della voce (Lettres philosophiques, v111). Il Doria non lo negava. Fin qui Voltaire si era mostrato u solamente inimico del dispotismo». Dove non poteva assolutamente seguirlo era nell'elogio del processo e condanna di Carlo I. «Après tout, I.

IL COMMERCIO MERCANTILE

mi potrebbe in questo tempo nel quale la verità è troppo abborrita cagionare molte inquietudini e molte persecuzioni. Dovrebbero dunque gli uomini riconoscer sé stessi e dimandare ai principi di voler esser governati da uomini e non da bestie, e dimandare a Dio Signor nostro qualche modo per liberarsi dalla tirannia. Ma qui dirà taluno: Come mai si può sperare che in un tempo che tutti gli uomini della terra sono nell'ignoranza e ne' vizi sommersi possano da lor medesimi riconoscer sé stessi ed emendarsi ? Platone istesso ha insegnato che non può conoscer il falso e 1'errore quell'uomo che non conosce il vero, e ciò perché essendo il falso l'opposto al vero, se l'uomo non conosce il vero non può conoscer il falso, onde poi gli uomini non possono conoscere di esser governati ad uso di bestie. Dunque in questo nostro tempo, mentre poco men che tutti gli uomini son sepolti nell'ignoranza per modo che non conoscono il vero, non si può sperare che gli uomini da sé stessi conoscano sé stessi e si ravvedano. Qui invece regardez d'un coté Charles }cr vaincu en bataille rangée, jugé, condamné dans \.Vestminster, et de l'autre l'Empereur Hcnri VII empoisonné par son chapelain en communiant, Henri III assassiné par un moine ministre de la rage de tout un parti, trente assassinats médités contre Henri IV, plusieurs exécutés, et le dernier privant enfin la France de ce grand roi. Pesez ces attentats, et jugez ». Dunque: «è meglio decapitare il re per sentenza che lasciarlo esposto ad esser assassinato da' sudditi»? Per il Doria la risposta non è dubbia: « si può egli far paragone fra un delitto universale d'un regno il quale distrugga il fondamento della dignità regale mentre la sottomette a' suoi vassalli medesimi e quelli particolari eccessi che commettono li particolari, i quali non offendono positivamente il rispetto e l'obbedienza che tutti li vassalli devono al loro re, mentre l'universale non ha parte all,orrendo delitto de' congiurati?». Gli attentati o gli assassinii individuali di sovrani possono anche avere un effetto salutare: « Iddio toglie alcune volte il lume ad alcuni particolari scelerati uomini acciò i principi si ricordino che Dio li ha eletti al principato non già perché soggioghino i popoli ma perché li governino e proccurino la loro felicità». Ma non si può trascinare il sovrano legittimo in tribunale: la dignità regale è stata istituita da Dio col carattere di sovrana autorità. Bisogna dunque tollerare il tiranno?« Io non pretendo però già di decidere questa gran questione, cioè se il tiranno si possa o no deponere, perché invece il tiranno è decaduto dalla natura di principe; ma dico che [...] i principi però non si possono mai costituire avanti un magistrato, esaminare e condannare con forma di giudicio in quella guisa che si condannano tutti li rei né si possono deponere senza l 1 universale consenso d 1 un popolo il quale voglia negare al tiranno l'ubbidienza» (Lettere e ragionamenti varj, cit., II, pp. 161-3). Ora appare chiaro il senso delle citazioni evangeliche: il Cristo ha ordinato di obbedire ai sovrani anche scellerati, non ai tiranni. Non vi sono dubbi di sorta: per abbattere l'assolutismo il Doria sogna un grande movimento di disobbedienza civile.

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bisogna dire quello che ha detto Platone, cioè che nel suo tempo era più difficile cosa accomodare il mondo che fare che un moro divenga bianco. Con tutto ciò però io voglio più imitare un detto del signor Giovanni Le Clerc1 che questo di Platone. Il signor Giovanni Le Clerc, in un luogo della sua «Biblioteca antica e moderna>> il quale ora non mi sovviene, dice che li cattolici romani hanno ragione di rimproverare ai protestanti la gran varietà di opinioni e la gran varietà di sètte che sieguono, ma che egli si fidarebbe di unirle tutte in una e rimediare a questo disordine; ma dice poi ch'egli non palesa questo suo modo perché il secolo ingrato non lo merita. Dello stesso modo dico io che mi fidarei, com'ho detto poc'anzi, di proponer cosa colla quale malgrado tutta la corruzione universale del presente mondo, il mondo si potesse almeno in gran parte ridurre a virtù e accomodare. Ma perché l'esperienza mi ha fatto conoscere nei fatti che si leggono nelle storie ed anco in quello che è accaduto a me nelle nuove invenzioni che ho pubblicate, utilissime alla sapienza, perché l'esperienza, dico, mi ha fatto conoscere che quando si vuol giovare al popolo il popolo ingrato sacrifica alla tirannia dei tiranni il loro benefattore e sacrifica alle calunnie ed alle persecuzioni de' loro contrari gli autori di utilissime invenzioni, mi astengo di palesare al mondo questi progetti da me formati, valevoli ad accomodare il mondo riducendolo a quella virtù ed a quella felicità che l'uomo può sperar d'ottenere in questo mondo.

1. Jean Le Clerc, teologo protestante, nato a Ginevra nel 1657, morto ad Amsterdam nel 1736. A Saumur, dopo la lettura degli scritti religiosi di Grozio, fu attratto dall'anninianesimo. Nel 1684 era stato chiamato a professare filosofia ed ebraico nel Collegio Arminiano di Amsterdam. Fu al centro di una grande quantità di controversie teologiche. Importante la sua attività di giornalista letterario. Aveva esordito nel 1686 con In «Bibliothèque universelle et historique •, durata fino al 1694. Dal 1703 al 1713 aveva pubblicato la «Bibliothèque choisie» e quindi-dal 1714 al 1727- la a:Bibliothèque ancienne et moderne». Su quest'ultima (v, 1716, pp. 54-125) aveva recensito favorevolmente la Vita civile. Su di lui cfr. ANN1E BARNES, J. Le Clerc et la Répr1blique des lettres (thèse), Paris 1938.

CARLO ANTONIO BROGGIA

NOTA INTRODUTTIVA

Fondarsi sull'esperienza, ma rifiutarsi di accettarla come un dato immodificabile; combattere il comodo partito di chi prende « quel che è per quello che dovrebbe essere e quello che si fa per quello che dovrebbe farsi»: questo il programma che Carlo Antonio Broggia indicò ed a cui si attenne durante una lunga vita. Come si sa, quell'istanza ideale facilmente si traduce nel1' errore, già attribuito da Galilei a Simplicio, di figurarsi «le cose quali bisognerebbe ch'elle fussero », piuttosto che accomodare i : e tuttavia dovevano distinguersi dai meri tradizionalisti anche per potersi validamente difendere dalle critiche, incomprensioni ed ironie che ad essi non risparmiavano i sostenitori dei moderni, drappello minuscolo, ma agguerrito e per certi aspetti potente, poiché aveva esponenti e protettori negli alti gradi del ministero togato, forte anche a Vienna, ed il sostegno dei giovani, sempre inclini a seguire le novità e le soluzioni più in voga. Tutto ciò si risolveva, per Doria, Vico, Broggia in una situazione d'isolamento, di cui, per altro, si compiacevano, la esageravano come prova di superiorità rispetto alle opinioni comuni (e per essi volgari), la interpretavano come segno della loro originalità, genialità e capacità di esser al di là del loro tempo. Gli anni in cui Broggia realizzò il proprio orientamento filosofico e culturale costituirono un periodo cruciale per la vita civile napoletana: un intero ciclo fu descritto, dal tentativo di reazione del viceré cardinale d' Althann, al trionfo dei novatori durante i governi successivi e poi nel clima fervido della ricostruzione seguito all'avvento di Carlo di Borbone. Nel marzo del 1723 Pietro Giannone aveva pubblicato l'Istoria dvi/e. La furibonda opposizione che l'opera suscitò negli ambienti curialistici ed anche in quelli genericamente moderati, la persecuzione a cui dette luogo da parte degli ecclesiastici, furono il segno della rottura di un precario equilibrio e prodromo all'avvento di tempi peggiori. Più tardi Giannone espose sinteticamente il metodo del pensare suo e dei «moderni», che tanto scandalo aveva dato, e che era stato dai suoi avversari indicato mediante la formula sommaria di cartesianismo: «in filosofia niuno dee astringersi a militare sotto un particolar duce, ma l'unica sua scorta e guida, in investigando l' opre stupende di natura, dover essere la sola ragione e l' esperienza. E d,allora in poi» aggiunge Giannone, indicando il carattere recettivo ed eclettico che sempre è stato attribuito alla cul-

NOTA INTRODUTTIVA

975 tura meridionale di questi decenni, «stimai leggerezza o vanità il seguitare il partito o di Gassendo o di Cartesio o di qualunque altro filosofo; ma doppo un maturo esame ed esatto scrutinio, appigliarsi a quella dottrina, che troverà più conforme alla ragione ed all'esperienza». Appena un anno dopo la pubblicazione dell'Istoria civile, Paolo Mattia Doria dava inizio ad una vera e propria campagna contro la cultura moderna, pubblicando i Discorsi critici filosofici intorno alla filosofia degli antichi e de' moderni, ed in particolare intorno alla filosofia di Renato Des Cartes, un'opera che contiene in germe tutta la sua polemica successiva, anche contro la filosofia di Locke. Secondo Francesco Maria Spinelli, Doria, con quel libro, >. Nelle successive revisioni è adottata la formula definitiva, comunicata in seguito anche a Muratori, e perciò nota: La vita civil economica, con sottotitoli via via diversi: o sia l'abbondanza del peculio procurata allo Stato, in alcuni manoscritti; o sia il vero essere del sapere e del potere, in altri; o sia il più Ì1itimo naturale necessario sicuro princi.pio e fondamento del buon governo, in un altro ancora. È possibile, in questa occasione, indicare solo i temi dominanti in un così ricco ed esteso complesso di scritti, da cui fu estratto il Trattato de' tributi·, pubblicato nel 1743, e che rispecchia c01nplessivamente, nei suoi aspetti validi come in quelli più deboli, la personalità dell'autore. L'opera aveva inizio con una trattazione

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CARLO ANTONIO BROGGIA

pesantemente precettistica e moralistica, che lo stesso Broggia giudicò più tardi «vana». Tuttavia, se una serie di considerazioni sull'avarizia, prodigalità, libertà, carità, felicità attiva, fortuna buo-na e rea e sulla morte apparvero davvero ed opportunamente all'economista, dopo il 1740, «cose indigeste, nate nei primi anni, e meritevoli di miglior stile, ordine, metodo ed erudizione», fermi rimasero nella sua mente i canoni e le interpretazioni di fondo : innanzi tutto, il primato dell' «utilità spirituale», ossia il rapporto utilità-onestà («l'utile, per esser vero, dev'esser onesto. E quando non è onesto, non è utile, ma perdita») e la concezione sociale dell'« utilità materiale» (« quanto più è generale l'utile materiale in tutti i privati, tanto più è felice la repubblica e tanto più è potente e glorioso il principe»). Centrale e costante è l'insegnamento di Vico e di Doria, che rappresentano, nel sistema di Broggia, il momento della sintesi, dell'equilibrio fra gli estremi. La vita civil economica è, appunto, l'espressione broggiana di tale equilibrio. Gli estremi sono rappresentati da un lato da Aristotele, che «è inteso a costituire una vita soverchiamente colta, spreggiatrice della fatica e dell'industria», dall'altro dal pensiero epicureo e libertino, che Broggia ritiene prevalente presso i contemporanei, e che vedrà espresso specialmente dal Saggio politico sul commercio di Jean-François Melon e dall'anonimo trattato Della moneta di Ferdinando Galiani. La polemica contro gli ultimi due, anzi con-tro l'economista francese e contro Bartolomeo Intieri, che Broggia si ostinò a considerare non solo l'ispiratore, ma il vero e proprio autore del trattato di Galiani, occuperà una parte centrale nella meditazione broggiana successiva al 1735, gli offrirà una completa e puntuale conferma dei suoi primi orientamenti e della necessità di opporsi al pensiero dei «moderni», lo porterà ad un definitivo, ostinato, litigioso irrigidimento. Per Broggia il teorico della >. Il punto di arrivo a cui era pervenuto il pensiero economico ed etico-politico ad opera di Mandeville e di Melon non costitul, naturalmente, per chi aveva già intuito il senso ed il significato delle correnti tendenzialmente materialistiche ed ateistiche, comunque cc particolaristiche», una novità. Ma fece aprire gli occhi a molti, determinò nella cultura italiana un'ulteriore frattura, e rafforzò le preclusioni e le insofferenze verso il pensiero transalpino. Vico e Doria, le conseguenze ultime del pensiero di Descartes, di Spinoza e di Bayle le avevano, in fondo, previste. E Broggia, anche se scrisse che il «farsi incontro», ossia ropporsi all'Essai di Melon fu «l'occasione» ed cdl massimo motivo» che l'indusse a

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CARLO ANTONIO BROGGIA

scrivere un trattato sul lusso, mai pubblicato, in realtà già nelle prime redazioni di La vita civil economica, precedenti la lettura di quell'opera, dedicò al tema del lusso ampi excursus. A malincuore l'economista riconosceva nel 1738 che il Soggfo di Melon aveva « preso qualche voga, e intorno al lusso piace molto a tutti coloro che con tanto errore nel solo piacere si fondano, non combinandolo ternariamente » con altri valori, innanzi tutto con la virtù. Si senti, perciò, tenuto ad una confutazione puntuale, pagina per pagina, di un libro che considerava tanto stimolante, brillante, in definitiva importante, quanto pericoloso, deviante, empio. D'altra parte, la pubblicazione, nel 1751, dell'anonimo trattato Della moneta confermò Broggia nelle sue posizioni critiche e rinnovò la polemica, che divenne, per motivi personali, anche più acrimoniosa. Gli argomenti con cui il nostro economista confutò le due opere sono, per molti versi, analoghi, almeno quelli di fondo, e perciò se ne fa cenno qui, per economia di spazio, congiuntamente. Come si è accennato, Broggia attribuì il Della mo,zeta ad Intieri, si affrettò a scrivere contro quel trattato un ponderoso brogliaccio di considerazioni critiche, che, nelle sue speranze, avrebbero dovuto costituire un'opera da pubblicare ed atta a cancellare persino il ricordo di quella a cui si opponeva; ed anche più tardi, quando divenne a tutti noto che dietro l'anonimato si celava Ferdinando Galiani, non volle credervi, ritenne che questi fosse solo un prestanome in difesa del vecchio matematico, eh' egli non a torto considerava il patrono, protettore e maggior esponente, a Napoli, di tutto un indirizzo di pensiero. L'avversione contro la filosofia dei cc moderni » si era tradotta, con il passare del tempo, in un odio feroce contro la stessa persona d'Intieri. Questi, che già prima dell'avvento di Carlo di Borbone, aveva una posizione di prestigio nella città (amico e collaboratore di Celestino Galiani nell'Accademia delle Scienze, era legato al gruppo romano corsiniano e corrispondente di Bottari, banchiere della Nunziatura napoletana, agente del granducato di Toscana ed amministratore dei possedimenti medicei nel Regno), rafforzò la sua influenza quando a Napoli, nel 1734, si creò la nuova corte, a cui, probabilmente grazie all'appoggio di Bartolomeo Corsini, fu ammesso come amico personale di Santisteban, e specialmente di Montealegre. Neppure la disgrazia e partenza dell'uno nel 1738, dell'altro nel 1746 pose

NOTA INTRODUTTIVA

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in crisi il successo d'Intieri; infatti, se cresceva il potere di Tanucci, che l'odiava, si andava sempre più affermando il >. A questo punto s'inserisce il primo, datato 29 marzo 1746, degli scritti broggiani inediti che qui si pubblicano: esso sviluppa una dura polemica non tanto contro Muratori, che si era esplicitamente posto fuori di quel vespaio, ma contro l'avvocato Ascanio Centomani quale autore della scrittura antigesuitica (edita all'inizio dell'anno) e specialmente quale giurista che difendeva l'eredità del nobile Ottavio Falces contro gli ecclesiastici. In effetti Broggia investe della sua critica tutto l' establishment, sia sul piano culturale (i cc letterati superbi [...] col capo pieno di pedanteria»), sia su quello economico (la «falsa nobiltà e civiltà» che vive di rendita), e salva dalle sue accuse solo la Chiesa di Roma. Che, almeno nel caso specifico, i due oggetti della sua polemica, pedanteria giuridica e rendita parassitaria, non s'identificassero pienamente nella persona di Ascanio Centomani, è dimostrato dall'epilogo di quell'episodio: l'avvocato finì in galera, la sua bella scrittura contro la manomorta ecclesiastica non era certo una prova di conformismo verso il potere. La replica di Muratori, datata Modena, 19 maggio 1746, fu, se non breve, essenziale, lucida, equilibrata ed incisiva; e fu, in un certo senso, anche definitiva perché chiuse, in sostanza, il carteggio fra i due, lasciando pochissimo adito ad ulteriori speranze di appoggio, almeno sul piano letterario. Il testo integrale, tratto dall'originale pervenuto a Broggia, fu edito da M. SCHIPA, con la data errata del 19 marzo (op. cit., pp. 78-80); la minuta, mancante di due brani particolarmente importanti - uno di essi è riportato nella Nota introduttiva (qui a p. 1018) - fu pubblicata prima dal Campori (MuRATORI, Epistolario, cit., XI, pp. 4952 sgg., n. 5283) e poi da L. DAL PANE (op. cit., pp. 654 sgg.). Muratori si pronunziava, in quell'occasione, non solo sulla lettera che gli era stata scritta da Broggia il 29 marzo, ma anche sui fogli che gli erano stati inviati 1'11 dicembre precedente: vi aveva trovato «belle et utili massime, ma altre insieme che sono ineseguibili, come il levar le primogeniture, fidei-

LETTERE A MURATORI E FONTANESI

1105

commissi etc., il ridurre i ricchi e potenti alla mediocrità, e simili. Chi formasse di pianta una repubblica o monarchia,, aggiungeva «potrebbe proporre somiglianti consigli. Ma da che il mondo ha preso altro sistema, è impossibile mutarlo [...] invano si può sperare che l'uomo fatichi solamente per amore di virtù». Ad esempio, «volesse Dio [... ] si potesse ottenere» dai frati - come chiedeva Broggia - che insegnassero gratuitamente «ai figli della plebe. [...] Ma questi son desideri vani >1. Certo i Gesuiti sono tali che u veramente niuno arriva ad esser sì utile pel bene spirituale come essi»: ma la stessa cosa non può dirsi per « altri ordini religiosi troppo scaduti» ed anzi - Muratori aveva scritto poche righe prima - «sarebbe più tosto da pensare ad abolir quelle religioni che a nulla servono oggidì, se non anche servono di scandalo>>. In definitiva quei fogli di Broggia non eran cc tali da pubblicare, non perché quivi non si contengano documenti utili e saggi, ma perché non v'è metodo, e son più tosto riflessioni scritte senza ordine alcuno. Io dunque li terrò>> concludeva «alla disposizione sua, e ne farò quello che a lei piacerà». Broggia rispose, probabilmente alla fine di giugno, con una lettera ch'è andata perduta: poco dopo, nel luglio 1746, i (ivi, A). La seconda parte del carteggio con Fontanesi ebbe inizio nell'agosto del 1764. Durante l'esilio in Sicilia, Broggia aveva interrotto ogni corrispondenza epistolare, come egli stesso scrisse più tardi, « con tutti, a riserba della sola famiglia e di qualche ministro [ ...] per togliere ogni cagione di anfibologia e di pretesto, [e] per non dare impostura» (busta cit., n. 5, AE, 22 febbraio 1766). Per di più i suoi rapporti col marchese De Curtis, pur non essendo fonnahnente rotti, si erano guastati da quando questi aveva cercato di farlo riappacificare con il suo .."V, XXXVI, XXXVIII,

700,

835-968•,972,973,974,975,976, 977,979,983,986,988,990,991, 993, 995, 996, 997, 998, 1006, 1010, 1015, 1024, 1034, 1040 n., 1062, 1080 n., 1086 n., IIJ I e n. Doria Teresa, 837 Doria-Lamba (famiglia), 838 Doria Spinola }\Ilaria Cecilia, 838 Dormiglia (abate), 35 e n. Drake Samuel, 473 e n. Duggan Alfred Leo, 423 n. Du Hamel Jean-Baptiste, 519 e n. Dumont Louis, 1012 Duns Scoto Giovanni, 325 Du Pin Louis Ellies, xx:11, 702, 758, 791 n., 808 e n. Dupront Alphonse, xv e n., xxvn n. Du Puis Jean, 155 n. Duranti Bartolomeo, 517

Edoardo VI Tudor, re d'Inghilterra, 280 n. Egidio Romano, vedi Colonna Egidio Egizio Matteo, 873 n. Eguia Ruiz Costancio, 1092 n. Ehrard Jean, 1033 Ehud, 116 Einaudi Luigi, 29, 646, 652 Elbeuf (d') Emmanuel-Maurice, 948 n. Elia, 730 e n. Eliogabalo (imperatore), 1047 Elisabetta I Tudor, regina d'Inghilterra, 404 n., 850, 1126 Elisabetta Romanov, zarina di Russia, 962 n. Elisabetta Farnese, regina di Spagna,

21, 1119

n.,

I 133

n.

Elisabetta Carlotta d'Orléans, duchessa di Lorena, 539 Elizalde (de) Michel, 782 e n. Ellis Robert Lcslie, 560 n.

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Ellul Jacques, 965 n. Elwall Edward, 26, 146 n. Emanuele Filiberto, duca di Savoia, 238 n., 243 e n., 249 Empedoclc, 414 e n. Enea, 487 Enrico II di Valois, re di Francia, 825 e n. Enrico III di Valois, re di Francia, 117, 876 n., 967 n. Enrico IV di Borbone, re di Francia, 117, 424 n., 876 n., 967 n., 1126

Enrico IV di Franconia (imperatore), 467 n. Enrico VII di Lussemburgo (imperatore), 967 n. Enrico VI di Lancaster, re d'Inghilterra, 404 n. Enrico VII Tudor, re d'Inghilterra, 669 e n. Enrico VIII Tudor, re d'Inghilterra, 9, 14, 20, 22, 60 e n., 779 n., 793 n. Enrico, arcivescovo senonense, 792 e n. Epaminonda, 116 Epicuro, 332, 420, 744, 759, 938, 976, 978, 1020, 1049,

I

126

Erasistrato, 432 e n., 438 e n. Erasmo da Rotterdam, 45 e n., 325, 553 n., 793 n., 822 n. Ernout Alfrcd, 1053 n., I 116 n. Erode Attico, 526 n. Erodiade, 374 Erofilo di C::ilcedonia, 432 e n. Esculapio, 399, 438 e n., 947 n. Esopo, 1134 e n. Espen (Zcger van) Bernard, 702 Este (d') Aurelia, duchessa di Limatola, 849 Este (famiglia), 292 Estevan Francesco Saverio, 978, 1034

Euclide, 408 e n., 928 n. Eudoxe, 746 Eufemo Cario, 358, 359 n. Eugenio, diacono, 534 e n. Euripontidi (dinastia spartana), 939 n. Eusebio di Cesarea, 146 n. Eustachi, o Eustachio, Bartolomeo, 440 e n., 442 e n., 443 n. Evennett Henry, 509 n.

1171

Fabbrini Giovannantonio, 647 Fabbrucci Stefano, 524 e n. Fabretti Giuseppe, 588 Fabretti (Fabrettius) Raffaele, 484 n. Fabri Honoré, 782 e n. Fabricius Johann Albert, 290 e n. Fabroni Angelo, 401,429 n., 430 n., 444 n., 464, 502 n., 523 n., 524

n., 541 Facciolati Jacopo, 386 e n., 387 Falces Andrea, 1114 n. Falces Ottavio, 1104, 1112 n. Falco Giorgio, XVII n., xxvn n., XXXIV n. Falqui Enrico, 416 n. Farnese (famiglia), 948 n. Farsetti Giuseppe, 189, 198 Fattorello Francesco, 471 n. Favorino di Arles, 526 e n. Fazzi Francesco, 505 n. Febe, diaconessa di Cenere, 852 Fedele Fortunato, 441 n. Federici Fortunato, 273 n. Federico I (Barbarossa) di Svcvia (imperatore), 333 Federico II di Hohenzollem, re di Prussia, 797 n., 1122 n. Federico III Wettin, detto il Saggio, elettore di Sassonia, 48 e n. Fedro, 407 Fénelon (de Salignac de La Mothe) François, 854, 860, 956 n., 985 Ferdinando Gonzaga (cardinale), duca di Mantova, 223 n. Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli, XXXIII n., 830 n., 930 n., 1091

n.

Ferdinando V d'Aragona, detto il Cattolico, re di Spagna, 56 e n., 63, 718 n., 1047, n26 Ferdinando II de' l\1edici, granduca di Toscana, 423 n., 430 e n., 441 e n. Fernel Jean, 825 e n. Ferrante Matteo, 1058 n. Ferrari Filippo, 379 n. Ferraro Giovanni, 833 Ferrini Luca, 470 n. Ferro Marco, 250 n., 253 n. Festo, Sesto Pompeo, 483 Ficino Marsilio, 825, 843 Filadelfo Roberto (Giuseppe Valletta), 744, 745

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Filastasio Arrigo (Filippo Anastasio), 744, 745 Filastrio di Brescia (santo), 357, 358 n. Filioli Niccolò, 812 Filippo Neri (santo), 274 n., 458 Filippo II, re di Macedonia, 427 n. Filippo II d'Asburgo, re di Spagna, 212 e n., 284 n., 725 n., 865, 1046 Filippo IV d'Asburgo, re di Spagna, 210 e n. Filippo V di Borbone, re di Spagna, XXVI, 21, 207 n., 210 n., 212 e n., 217, 572, 716 n., 720, 852, 941 e n., 1063, 1066 Filippo di Neuburg, elettore palatino, S43 n. Filopemene, 116 Filostrato Flavio, detto l'Ateniese, 825 n. Fiorio Daniele, 199 Firpo Luigi, 77 n., 198 Flangini Lodovico, 199 Fleury Claude, 12, 287 e n., 457, 504 e n., 704, 791 e n., 797 e n., 798, 948 n., 985, 990, 991, 992 Florcke Johann Ernst, 369 e n., 370, 371 Foggini Pier Francesco, 458, 499 e n., 514 n., 515 n., 532 n. Fogliani d'Aragona Giovanni, 1017, 1027, 1035, 1061, 1091 e n., 1108, 1119 e n., 1120, 1124 e n. Fogolari Gino, 380 n. Fohe, vedi Fu-Hsi Folena Gianfranco, 267 n. Fontanesi Giuseppe, 1006, 1031, 1092 n., I 101, I 105, I 106, I 107, 1108, 1109, I 110, li I l , I l 18 n., 1122 n., 1125, 1152 e n., 1155 n. Fontani Francesco, 464 Fontanini Giusto, 186, 318, 386 e n., 387, 388, 582, 873 n. Fontenclle (Le Bovier de) Bcrnard, 21, 829 e n., 983, 984, 988, 997 Forlosia Basilio, 707, 708, 710, 711 Forlosia Nicolò, 707, 708,709,710, 711 Forti Fiorenzo, xvu n., xxvn n. Fortini Vincenzio, 517 Fortis Alberto, 199 Foscarini Giovanni, 180 Foscarini Marco, doge di Venezia,

167-314•, 318,320, 387, 1157, n58 Foscarini Michele, 276 n., 293 e n. Foscarini Niccolò, 169 Foscarini Piero, 281 Foscarini Sebastiano, I 69 Foscarini Sebastiano, 180, 195, 198 Foscarini-Loredan Eleonora, 169 Fossi Ferdinando, 463 Foxius Morzillus, Sebastianus, 944 n. Fracassi Egidio, 337, 386 n., 389 n. Fracastoro Girolamo, 273 n. Fraggianni Niccolò, XXXIII, 765, 791 n., 817 e n., 1035, 1036, 1061, 1114 n., 1135 n., u38 e n., 1140 Franceschi Pietro, 294 n. Francesco d'Assisi (santo), 38, 56 Francesco di Sales (santo), 423 n. Francesco I Stefano (imperatore), III duca di Lorena, granduca di Toscana, 400, 445, 446 e n., 447, 543 n., 555 n., 558 Francesco III d'Este, duca di Modena, 1120 e n. Franchini Vittorio, 590 Franco (dos Reys) Gaspar, 828 e n. Francone Paolo, marchese di Salcito, 849 Francovich Carlo, 402, 465, 930 n. Franklin Julian H., 503 n., 542 Frascani Paolo, 1034, 1041 n. Frascogna Francesco, 814, 815, 818 Fréret Nicolas, 490 n. Friend J ohn, 395 Frizzi (famiglia), 321 Fromm Eric, 1032, 1034 Frommann J oannes Christianus. 824 e n. Frova Giuseppe, 531 n. Fu-Hsi (mitico ~mperatore cinese), 121 e n. Fulbert dc Chartres, S34 n. Fulvii Fulvio, 573 Fusco (di) Nicola Maria, 873 n. XXVII, XXXVIII,

Gabbiani Anton Domenico, 582 Gabriele (arcangelo), 77 Gabriele Sionita, 348 e n. Gaddi Iacopo, 4 70 e n. Gaeta (de) Muzio, 812 e n. Gaisford Thomas, 498 n. Galanti Giuseppe Maria, 900 n.,

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

902 n., 1070, 1073, 1112 1130 n., 1154 n.

Galasso Giuseppe,

XI

n.,

n., xn n.,

n., 871, 899 n., 902 n., 1139 n., 1140 n. Galeno Claudio, 431 n., 433 e n., 440 e n., 442 e n., 443 XXVIII

Galerio Massimiano (imperatore), 895

Galiani Celestino,

XXIV

e n.,

XXIX,

648,772, 813 e n., 814, 817 n., 873 n., 930 n., 978, 984, 987, 1016, 1034, 1058 n., u35 n., u38 n., 1139 e n., 1140 Galiani Ferdinando, xxxvi, 401, 559 n., 647, 648, 813 n., 868, 93 I n., 972, 1006, 1013, 1016, 1017, 1024, 1033, 1041 n., 1054 n., 1056 n., 1063, 1107, 1129 e n., 1130 e n., u32 n., u35 e n., 1136 e n., n37, u38, 1139, 1140, 1141 n., 1142 n., 1143 Galilei Galileo, XIII, 275 n., 288 n., 394, 408, 416, 420 n., 425, 429, 430 n., 520 e n., 538, 846, 971, 1033 Galizia Nicola, 700, 843, 844 XXXIII, XXXVIII,

Galluzzi Riguccio, 544 n., 548 n. Galves, conte, 207 Gamba Bartolomeo, 200, 280 n., 293 n., 294- n., 299 n., 311 n. Gambarin Giovanni, 62 n. Gandino Francesco, 200, 201 Gar Tommaso, 175, 183, 187, 197, 200, 201, 203 n., 239 n., 250 n., 274 n., 279 n., 281 n., 285 n., 292 n. Garavelli Mortara Bice, 955 n. Garboe Axel, 441 n. Garelli Pio Niccolò, X.XXI, 705, 707, 708, 710, 71 I, 712 Garibaldo Ignazio, 853 Garibotto Celestino, 821 n. Garin Eugenio, 1033, 1131 n. Garofalo Bernardo, 831, 832, 833 Garofalo Biagio, 762, 1058 n. Garrison Benjamin, 431 n. Garrison Fielding H., 440 n. Garzoni Pietro, 175, 227 n., 293

e n. Gaspare Orazio, 810, 811 Gaspari Giovambatista, 196, 294 n. Gasperoni Gaetano, 339 n.

1173

Gassendi Pierre, Xl, XIII, 420 n., 519 e n., 745, 7S4, 829 e n., 934 n., 974, 975, 976, 1033

Gatta Diego, 1114 n. Gavellà conte di, 214 e n. Gazier Augustin, 533 n. Gazzola Felice, 930 n. Geanakoplos Deno John, 509 n. Gedeone, 116 Gelaste Mastigoforo (pseudonimo di Francesco Adami), 460 Gellio Aula, 423 n., 482 e n., 483 e n., 526 n. Gendre (le) Louis, 287 e n. Genghiz Khan, 565 Gennari Giuseppe, 199 Genovesi Antonio, XXIX n., xxxv e n., XXXVI, 859, 909 n., 910 n., 1017, 1033, 1054n.,1129 n., 1130 n., u31 n., 1139 e n., 1140 e n., 1142 n. Gentili Alberigo, 539 Gentilotti Giovanni Benedetto, 705 Gérard Balthasar, 117 Gerardo da Cremona, 382 n. Geremia, 527 n. Geroboamo I, re di Israele, 1048 n. Gerson (Le Charlier de) Jean, 66 e n., 799 n., 809 e n. Gesù Cristo, 11, 12, 21, 24, 25, 26, 36, 41, 46, 48, 49, 51, 52, 61, 66, 9on., 121,122,123, 146 e n., 14;, 148, 149 e n., 150, 152 n., 158 e n., 159 e n., 160, 161, 162, 163, 164 e n., 165, 325, 333, 355, 379, 456, 494, 497, 508 n., 5 IO, 513 e n., 530 e n., 531 n., 734, 944, 946, 955 n., 964, 965, 966, 1042 Getto Giovanni, 267 n. Ghelli Elena Maria, 901 n. Ghisalberti Alberto lvlaria, 589 Giacca Bernardo Maria, 977, 1034 Giacobbe, 1042, 1048, 1116 n.

Giacomo I Stuart, re d'Inghilterra e di Scozia, 407 n. Gian Gastone de, Medici, granduca di Toscana, 423 e n., 446 n., 451,502 n., 512 e n., 539, 543 e n., 544 n., 545 e n., 549 n., 553 n., 554, 555 n., 556, 558 Giani Arcangelo, 529 n. Giannetti Pascasio, 519 e n., 524

e n. Giannone Pietro, XII n.,

XIII,

xv, XXI

1174 e n.,

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

XXIV n., XXVIII e XXXII, XXXIV, XX.'C.Vll, 3,

n., 9,

XXXI, 16, 21,

29,493 n., 510 e n., 650,697,700, 705,706,707,711,712,741,742, 749,752,760,761,762,763,769, 770, 774, 791 n., 811 n., 830 n., 844, 910 n., 973, 974, 1034, 1061 Giansenio Cornelio (J annsen Cornelis), 744, 7 52 Gibson Edmund, 18, 23 Gimma Giacinto, 186 Ginguené Pierre-Louis, 200 Giobbe, 528 e n. Giordano Carlo, 83 1, 832, 833 Giordano Domenico, 818 Giorgio I di Hannover, re di Gran Bretagna, 47 Giorgio II di Hannover, re di Gran Bretagna, 18 Giovanna (moglie di Chusa, procuratore di Erode Antipa}, 852 Giovanna (papessa leggendaria), 381 e n. Giovanna III d'Albret, regina di Navarra, 850 Giovanni Battista (santo), 631 Giovanni Crisostomo (santo), 382 n., 479 n. Giovanni Damasceno (santo), 407 Giovanni il Digiunatore, patriarca di Costantinopoli, 732 n. Giovanni Evangelista (santo), 123 n., 159 n., 163, 312 n., 452, 500 e n., SII, 530 e n., 531 n. Giovanni Gualberto (santo), 467 e n., 468 Giovanni Hesronita, 348 e n. Giovanni da Parma, 382 e n. Giovanni Giorgio Il, principe elettore di Sassonia, 828 e n. Giovanni Guglielmo di Neuburg, elettore palatino, S43 n. Giove, 111, 417 e n., 476 Giovenale Decimo Giunio, 825 e n., 826 Giovio Paolo, 822 e n. Girolamo (santo}, 351 e n., 360, 361 Giuba Il, re di Mauritania, 423 e n. Giuditta, 116 Giuliano l'Apostata (imperatore), 479 n. Giuliari Giovanni Battista Carlo, XXIII n.

Giulio II Della Rovere (papa), 281, 636 Giuseppe, figlio di Giacobbe, 1116 e n. Giuseppe I d'Asburgo (imperatore), 724 e n. Giuseppe II d'Asburgo-Lorena (imperatore), 28 Giuseppe Emanuele di Braganza, re di Portogallo, 690 e n., 692 Giustiniani Lorenzo, 699, 712, 807 n., 1093 n., 1115 n., u38 n. Giustiniani Nicolò Antonio, 274 n. Giustiniani Pietro, 280 e n. Giustiniano I (imperatore d'Oriente), 342, 513 n., 879 Giustino Marco Giuniano, 407 Giusto Sincero (pseudonimo), vedi Buondelmonti Giuseppe Maria Given (cavaliere), 43 e n., 72 e n. Gizzio Pier Marco, 749 Glaire Jean-Baptiste, 498 n. Gobbi Ulisse, 589 Go betti Piero, 3, 29 Godelmann J ohann Georg, 372 e n., 373 Goldoni Carlo, 175, 192 1 200, 469 n. Gonsalvius Montanus, Reginaldus, 795 e n. Gonzalez Tellez, Manuel, 730, 731 n., 737 e n., 738 e n. Goodspeed Edgar J., 498 n. Gordon Thomas, 2 I Gori Anton Francesco, 455, 474 e n., 475 e n., 476 e n., 478 e n., 479, 481 e n., 484, 486, 488, 489 n., 495 n., 948 n. Gotti Antonio Domenico, 394 Gozzi Gaspare, 173, 183, 199, 200 Gracco Caio Sempronio, 189, 190 Grandi Guido, 394, 421 n., 451, 499 n., 513 e n., S14 n., 520 n., 524 e n., 537, 872, 919 n. Grandini Ridolfo, 748, 784 n. Granito Angelo, 700 s' Gravesandc (van) \Villem-Jacob, 984 Gravina Gian Vincenzo, XXIV, XXXVI, XXXVII, 540, 697, 698, 699, 700, 712, 849 Greco Domenico, 746 Gregorio I Magno (papa, santo), 728 e n., 732 e n., 733, 793 e n.

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Gregorio Nazianzeno (santo), 704, 726 e n. Gregorio Nisseno (santo), 399 Gregorio IX dei conti di Segni (papa), 731 n., 738 n. Gregory David, 408 e n. Gregory Tullio, 420 n. Grillo Ginevra, marchesa di Trevico, 850 Grimaldi Costantino, x111, xxn, XXIV, XXVII, XXXII, XXXIV, XXXVI,

702,703,712,739-834•,843,973, 976, 977, 980, 984, 988, 994, 1034, 1137 n. Grimaldi Francesco Maria, 782 e n. Grimald.i Ginesio, 770, 771, 772, 773, 830 n., 833 Grimaldi Gregorio, 748, 762, 773, 784 e n., 791 n., 821 n., 830 n., 831 e n., 832, 833, 834 Grimaldi (famiglia), 771, 830 n. Grimani Gian Battista, 253 e n. Grimani Giovanni, patriarca cli Aquileia, 280 e n. Grimani Marino, doge di Venezia, 286 Grimani Piero, 265 n. Grimani Vincenzo (cardinale), viceré di Napoli, 747, 748 Griselini Francesco, 183, 190, 200 Gronow (Gronovius) Jacob, 484 n. Grozio Ugo (van Grooth Huigh), XII, 409, 539, 540, 541, 561 e n., 562 e n., 564 e n., 565 e n., 566 n., 847, 855, 968 n. Gru ber J oannes Daniel, 792 n. Grueber Giovanni, 424 n. Guadagni Leopoldo, 537, 538 Guadagno Vincenzo, xx.-xvn Gualdo Paolo, 275 e n., 289 Gualterucci Carlo, 277 e n., 278 e n. Gualtieri Filippo Antonio, 57 I Gualtieri Giovanni Paolo, 506 e n., 523 e n. Gualtieri Niccolò, 506 n. Guanzelli Giovanni !Viaria, 387 e n. Guarnieri Giovanni Lorenzo, 401 Guerci Luciano, 1129 n., 1132 n., 1136 n., 1141 n. Guglielmo III d'Orange, re d'Inghilterra, 47 Guglielmo I principe d'Orange, detto il Taciturno, 1 17 Guicciardini Francesco, 222 e n.

1175

Guindazzo (marchese), 815 Guisa (duca di) Enrico I di Lorena, 876 e n. Gilnther Johann, 414 n. Guyénot Émile, 416 n. Hadley George, 350 n. Haller (von) Albrecht, 395, 400, 435 n. Hamann J ohann Georg, 28 Hanggi Anton, 503 n. Hannover (elettori di), 865 Haro conte di, 207 Harrach (von) Alois Thomas, viceré di Napoli, 712, 762, 774, 911 n., 916 n. Harvey William, 414 e n., 416 e n., 434 e n. Hastings Theophilus, conte di Huntingdon, 395 Heath Douglas Denon, 560 n. Heeckeren (de) Émile, 652 Hegel Georg Wilhelm Friedrich, 1034 Heidenberg (von) Johannes, vedi Tritemio Heinecke Johann Gottlieb, 513 e n. Helmont (van) Jan Baptiste, 371 e n., 416 n. Henschen Godefroid, 504 e n. Herbert Thomas, 155 e n. Hertz (stampatore), 431 n. Hexter J. H., 468 n. Hibbert Julian, 498 n. Hillebrandt Giovanni, 1112 n. Hobbes Thomas, 150 e n., 155, 163, 561 e n., 563 e n., 745, 938, 1020 Holbach (Thiry, barone d') PaulHenri, X.XVIII Holstein-Gottorp (duchessa di) Anna Petrovna Romanov, vedi Anna Petrovna Romanov, duchessa di Holstein-Gottorp Holstein-Gottorp (duca di) Carlo Federico, vedi Carlo Federico, duca di Holstein-Gottorp Hopper Daniel, 873 n. Horkheimer l\lla."'IC, 1026, 1034 Horne, o Hoorhn (van) Jan, 443 e n. Huet Pierre-Daniel, 755, 756 Hume David, 1026, 1054 n. Hurter Friedrich, 197 Innnaccone Domenico, 1136 n.

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Ifigenia, 45 lgea, 438 e n. Ignazio di Loyola (santo), 780 Incontri Francesco Gaetano, 499 e n., 528 n. Innocenzo III dei conti di Segni (papa), 738 e n., 798 n. Innocenzo VIII de' Migliorati (papa), 799 n.

Innocenzo XI Odescalchi (papa), 441 n., 585, 606 n., 730 Innocenzo XII Pignatelli (papa), 624 n. Innocenzo XIII Conti (papa), 502 n., 574 Institoris Henricus (Kramer Heinrich), 374 n., 799 e n., 801 lntieri Bartolomeo, XXXVI, 401, 402, 648, 872, 919 n., 972, 973, 984, 988, 1033,

1006, 1016, 1017, 1030, 1067, 1107, II 10, 1129

e n., 1130, 1133, 1135 e n., 1136, 1137 e n., 1140 e n., n41 e n., I 142 n., 1143 lntorcetta Prospero, 949 n. Ippocrate, 399, 414 e n., 431 n., 432 e n., 433 e n., 440 n., 442, 677

Ippofilo Fiorentino (pseudonimo di Giovanni Lami), 451, 485 n., 495, 527 e n., 528 n. Ippolito (d') Vincenzo, 700, 711, 712, 752, 843

Isabella la Cattolica, regina di Castiglia, 850, 1047 Isacco, 1042, 1048 Isaia, 529 e n. Isocrate, 1050 e n.

Janning,

o

J anninck,

Konrad,

504 e n.

Jannucci Giovan Battista, 1054 n. J edin Hubert, 509 n. Jefte, 44 Jehu, 116 J emolo Arturo Carlo, 464 Juvara Filippo, 581 Kang-xi (imperatore cinese), 956 n. King Lester S., 435 n. Kircher Athanasius, 822 e n., 826 e n., 960 n. Kisch Guido, S53 n. Koenig Georgius Matthias, 290 e n.

Kriimer Heinrich, vedi Institoris Henricus Kunkel Johann, 828 e n.

La

Barre (de) de Beaumarchais Antoine, 19 Labieno Tito (oratore), 788 e n. Labrada Joseph, 651 Labriolle-Rutherford (de) M. R., 1013, 1034

La Bruyère Jcan, 985 La Condamine (de) Charles-Marie, 460

La Curne (de) de Sainte-Palaye Jean-Baptiste, 461 Laderchi Iacopo, 502 n. Lama Bernardo Andrea, xxiv e n., 29 La Mettrie (Offroy de) Julien, 1033 Lami Anton Francesco, 516, 517, 520

Lami Lami Lami Lami Lami Lami

Benedetto, 515, 516 Carlo, s I S Carlo Felice, 515 Domenico, 518 Genezio, 5 16 Giovanni, XXVIII, xxxv, 189,

397, 399, 401, 402, 424 n., 429 n., 451-534•,537,538,540,541,582, 589, 948 n., 949 n. Lami Giuseppe, 516 Lami Baldacci Chiara Stella, 515

Lamindo Pritanio, vedi Muratori Lodovico Antonio Lamo (di) Michele, 515 La Mothe (dc) Le Vayer François, 756, 759

La Mottraye (de) Aubry, 156 e n. Lampredi Giovan Maria, 538, 540 Lampridi Antonio, vedi Muratori Lodovico Antonio Lana Nicolò, 654 e n. Lanfredini Giacomo (cardinale), 458 Lanzi Luigi, 473 n. Lapi Iacopo, 519, 520 n. La Rocca Girolamo, 1072 Lascaris Janus, 399, 468 e n., 469 n. Las Casas (de) Bartholomeo, 156 n. Lostri Marco, 463, 464, 467 n. La tilla Benedetto, 868, 869, 871, 930 n., 931 e n., 932, 933, 93S, 936, 937, 938, 939, 940 e n., 941, 943, 944, 946 e n., 947 Lattnnzio Firmiano, 703 Laud William, 2,2,

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Launoy (de) Jean, 381 e n., 504 e n., 531 e n. Lauro Agostino xn n., 712, 713 n., 773 Lavagnoli Bartolommeo, 199 Law John, 6 Lazzari Varese (stampatori), 585 Lazzarini Domenico, 3 19 Lebonius, o Lcboino (diacono), 467 e n. Le Brun Pierre, 801 e n., 808, 809 e n. Lecce Giuseppe, n37 e n., n38, I 139, l 140 Le Clerc Jean, 452, 508 n., 751, 794 n., 854, 873 n., 874 n., 968 e n. Le Cointe Charles, 808, 809 n. Le Comte Louis-Daniel, 953 e n. Le Conte Jean, 416 n. Ledesma Giuseppe, 901 n. Lcede marchese dc, generale, 214 n. Leeuwenhoeck (van) Antony, 416 n., 981, 984 Le Gobien Charles, 954 n. Leibniz Gottfried Wilhelm, XI, XIV, 387 e n., 459, 846 Lemos (de Castro, conte di) Pedro Fcrnandez, viceré di Napoli, 945 n. Leonardo da Vinci, 442 n. Leone IV (papa, santo), 381 e n. Leone X Medici (papa), 276 n., 277, 281, 440 e n., 509 n., 559 e n. Leopoldo I d'Asburgo (imperatore), 203 n., 207 e n., 236 e n., 852 Leopoldo Il d'Asburgo-Lorena (imperatore), 463, 541 Lcschassier, o Lechassier, Jacques, 291 e n. Leso Erasmo, 196 Leto Pomponio, 287 n. Levi Cesare Augusto, 201 Lewis \Vilmarth Sheldon, 402 Libanio, 479 e n. Libri Leonardo, 573 Licinia (moglie di Claudio Asello), 376 Licurgo (legislatore spartano), 24, 25, 26, 27, 28, 162, 946 n. Limborch (de) Philippe, 791 n., 794 n. Limiers (de) Henri-Philippe, 47 n. Lino (papa). 59 n. Littré (editore), 414 n.

1177

Livio Tito, 161 n., 363 e n., 477 e n., 484 n., 856, 926 e n. Lobkowitz (principe di) Giovanni Giorgio Cristiano, 832 n. Locke John, Xl, xiv, xxiv, xxix, 17, 44 e n., 189,410 n., 459,508,537, 539, 540, 561 n., 649, 650, 758, 975, 976, 977, 978, 983, 1013, 1020

Lollino Luigi, 276 n., 289 e n., 290 Lombardo Pellegrino, 339 n. Lomi Giulio, 524 e n. Longano Francesco, 929 n. Longo Alfonso, 949 n. Lopez Pasquale, 712 Loredan Marco, 259 e n. Lorena (duchessa di) Carlotta, vedi Elisabetta Carlotta d'Orléans, duchessa di Lorena Lorenzi Costantino, 336 Loys de Bochat Charles-Guillaume, 474 n. Luca (evangelista, santo), 148, 149 n., 150, 158, 159 n., 163 e n., 355, 503 n., 530 n., 734 n., 852, 964 n. Luca (pittore fiorentino), 531 n. Lucina Giuseppe, 746, 843 Lucius Sempronius (pseudonimo di Adalberto Radicati cli Passerano), 24 Lucrezia, 989, 990 Lucrezio Caro, Tito, 45, 332, 421 n. Ludovico V di \Vittelsbach, elettore palatino, 48, 49 n. Luigi IX, re di Francia (santo), 731 e n. Luigi XIV di Borbone, re cli Francia, XI, XII, XVII, xxxv e n., 3, 9, 14, 46, 47 e n., 235 n., S59 n., 572, 587, 614 e n., 716 n., 845, 854, 864, 914, 933 n., 984, 1034, I 103 Luigi XV di Borbone, re di Francia, 791 n. Lupi di Parma Bonifazio, marchese di Soragna, 556 e n. Luserna conte di, 236 n. Lutero Martino, S, 48, 49 n., 89 n., 332, 364 n., 799 n., 865, 966 n. Mabillon Jean,xv, 504 e n., 527,531 e n., 751, 760, 792 e n., 936 n. Maccabei (fratelli), 116, s10 e n. Maccioni Miglioretto, 538

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Macchia (Gambacorta. principe di} Gaetano, xx, 701 Machiavelli Niccolò, xxi, xxxiv, 15, 20, 24, 48, 53 e n., 67 e n., 159 n., 161 n., 230 n., 306 n., 409 e n., 419 n., 462, 468 n., 469 n., 480 n., 856, 872, 876, 926 e n., 933, 938, 939 n., 942 Macrì Giuseppantonio, 929 n., 930 n. Macrobio, 359 l\1adrignani Carlo Alberto, 41 s n. Madruzzo Cristoforo, 380 e n., 383 Maestrini Gaetano, 518 Maestrini Maciano, s18 Maffei Domenico, 542 Maffei Scipione, XIX, xx.111 e n., XXXII, 177, 197, 318, 319, 331,

337, 339 n., 381, 382 n., 386 n., 401, 452, 453, 470 n., 474 e n., 47S e n., 482, 484, 697, 708, 709, 710, 761, 762, 766, 767, 768, 770, 821 n., 863, 948 n. Magalotti Lorenzo, 416 n., 423 n., 424 e n., 425 n., 453, 469 n., 502 n., 516 n., 519, 520 n., 956 n. Magioco Antonio, 707 Magliabechi Antonio, xv e n., XVI, 470 e n., 555 e n., 773, 1129 n. Magnati Vincenzo, 845 Magrino Giuseppe, 746 Maiello Carlo, 698, 699, 704, 723 n., 726 n. Maier Bruno, 283 n. Maìllard de Tournon Carlo Tommaso (cardinale), 5 Maillard de Tournon (famiglia), S Maine (di Borbone, duca del) Louis-Auguste, 953 n. Maio (di) Muzio, 705 Malanirna Paolo, 465 Maldonado Juan, 782 e n. Malebranche (de) Nicolas, 757, 759 Malipiero Pier Antonio, 193, 195, 295 n. Malispini, o Malespini, Ricordano, 501 n. Malpighi Marcello, 425 e n., 430 e n., 433 n., 442 e n., 823 n., 842,981 Malthus Thomas-Robert, 647 Mamachi Tommaso Maria, 767 Mandeville (de) Bernard, 21, 983, 997, 998, 1013, 1014, 1015, 1026, I0J3, 1034, I 150 n.

Manetti Saverio, 401 Manfrè Giovanni, 198 Manfredi Eustachio, 583 Mann Horace (Sir), 396,402, 473 n. Manni Domenico Maria, 424 n., 458, 468 n., 469 n., 531 n. Manuzio Aldo il giovane, 285 e n. Manuzio Aldo il vecchio, 272 n., 278, 283 n. Manuzio Paolo, 283 e n. Maometto, 17, 77, 79, 90, 121, 122, 124

Maometto IV, sultano ottomano, 293 n. Maradei Francesco, 748, 784 e n. Maranda J acques, 6 Maranini Giuseppe, 250 n. Marca (de) Pierre, 702,703,730 e n. Marcello Antonio, 293 Marcello Jacopo, 293 Marchetti Alessandro, 420 n., 421 n. Marconcini Federico, 646, 652 Marcuse Herbert, 1026, 1034 Marescotti G. A., 3 3 8 Margherita Luisa d'Orléans, granduchessa di Toscana, 424 n. Maria Vergine, 57, 500 n. Maria Amalia di Sassonia, regina di Napoli e Sicilia, poi di Spagna, 1112 e n. Maria Carolina d'Asburgo-Lorena, regina di Napoli, 830 n. Maria Teresa d'Asburgo (imperatrice), xxv, XX.XIV, 203 n., 336, 830 n., 832 n., 833 e n., I 120 n. Mariana (de) Juan, 348 e n., 782 e n. Mariani Andrea, 430 n. Marini Lino, XII n., XIII n., 712,912 n. Marino Giovanni Battista, 522 e n. Mariotti Annibale, 588, 590 Marmi Anton Francesco, 555 n., 556 n., 873 n. Marmi Giuseppe Ermenegildo, 919 n. Marsilio Giovanni Battista, 518 Marsollier Jacques, 791 n., 792 e n., 793 e n., 794 e n. Marte, 292 e n., 363 e n. Martello (del) Pietro, 230 n. Martini Antonio, 462 Martini Martino, 957 n. Marx Karl, 1013

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Marziale Marco Valerio, 634 Marziale Niccolò (Tommaso Cornelio), 743, 745 Marzio Niccolò, 831, 832 Masaniello, vedi Aniello Tommaso Massari Bartolomeo, 430 n. Massimiliano I d'Asburgo (imperatore), 320 Massolo Lorenzo, 277 n. Masson André, 91 1 n., 948 n. Mastellone Salvo, XI n., XIII n., xv n., xx n., 775 n., 901 n., 912 n. Mastraca (corrispondente del Gozzi), 199 Mastrillo Giuseppe, 813 Matilde di Canossa, 467 n., 468 n. Matta (de) Carlo Felice, 829 e n. Matteo (evangelista, santo), 10, 41, 122 n., 146 n., 149 e n., 158 e n., 159 e n., 162, 163 n., 500 n., 964 n. Mauri Carlo, 1071 Mazza Clemente, 533 e n. Mazzacara Tommaso, 700 Mazzali Ettore, 273 n. Mazzarino Giulio Raimondo (cardinale), 418 n. Mazzocchi Alessio Simmaco, 474 e n., 488 e n. Mazzolini da Prierio Silvestro, 363, 364 n., 374, 799 e n. Mazzuchelli Giammaria, 189, 288 n., 452, 541, 652, 741, 742, 747, 765, 773, 783 n., 791 n., 826 n., 830 e n., 834 n.

Mead Richard, 395, 396, 399 l\1ears \\7illiam, 18, 95 n. Méautis Gcorges, 415 n. Medici (de') Anna l\1aria Luisa, elettrice palatina, 543 n. Medici (de') Cosimo il Vecchio, 161 n.

Medici (de') Leopoldo (cardinale), 426 n., 430 n., 469 n. Medici (de') Lorenzo il Magnifico, 222 e n., 419 n., 468 n. Medici (de') (famiglia), XIV, 465, 468, 469

Medinaceli (de la Cerda, duca di) Luis Francisco, viceré di Napoli, 843, 844, 845, 846, 87 I

Medinaceli (famiglia), 844 Mehus Lorenzo, 189, 45S, 464, 931 n.

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Meijer Comelius Janszoon, 585, 586, 606 e n. Melantone Filippo, 332 Melgar (Enriquez de Cabrera, conte di) Juan Tomas, 838, 839 Melis Federigo, 1107 Mellarède Pietro, 74 e n. Mellet François, 11, 7 5 n. Melon Jean-François, XXXIV, 983, 998, 1006, 1016,

1012, 1014, 1019, 1020, 1022,

1015, 1025,

1026, 1034, 1041 n., 1051 e n., 1054 n., 1056 n., 1093 e n., n02, II03, IIO7, I II I e n., II22 n., 1124 e n. Melosio Francesco, 522 e n. Melpignano Andrea, 1138 n. Memmo Andrea junior, 291 n. Memmo Andrea senior, 290 e n. Memnone, 825 e n., 826 e n. Mencke Otto, 189, 198 Menéndez Pelayo Marcelino, 795 n.

Mercy (conte di) Claude-Florimondt 210 n., 215 e n., 239 n. Merenda Giovanni, 37 Merola Alberto, 1132 n. Mesme Laurent (pseudonimo: Neuré Mathurin), 829 n. Mesmer Giambattista (cardinale), 628 e n., 659 e n. Messere Gregorio, 700, 843 Metastasio, Pietro Trapassi, detto, 839, 949 n., 1141 n. Meylan Philippe, 561 n. Michaud Louis-Gabriel, 590 Michelesio Domi nico, 199 Micheli Everardo, 446 n. Micheli Pierantonio, 398, 411 n. Michiel Francesco, 236 n. Migliorucci Lazzaro Benedetto, 523 e n. Migne Jacques-Paul, 360 n., 534 n., 727 n., 728 n., 729 n., 731 n., 73S

n., 787 n., 792 n., 793 n., 796 n. Milanesi Carlo, 197 Milton John, 399, 537 l\rlincuzzi Rosa, XXXIII n., 830 n., 1091 n. Minosse, 111, 1126, 1144 Miranda Ponce de Le6n José, duca di Losada, 1061 Mirto (di) Giuseppe, 1 n4 n. Mitridate VI Eupatore, re del Ponto, 423 e n.

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INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Mocenigo Piero, 265 n. l\1olesworth Wiltiam, 563 n. l\llolin Girolamo Ascanio, 290 n. Molina (de) Luis, 496 n. l\1olini Francesco, 196 Molino Sebastiano, 199 Moltò Cristoforo, 588 Momigliano Arnaldo, 455 Mommsen Theodor, 486 n. J\,lonconys (de) Balthasar, 826 e n. Mondino dei Liucci, 440 n. Monforte Antonio, 742, 844, 845, 846 Moniglia Gaetano, 537 Montaigne (de) Michel, 794 e n. Montalte (de) Louis, 746 Montanari (famiglia), 319 Montealegre (marchese di) J osé Joaquin, duca di Salas, 831 n., 1016, 1017, 1037, 1065, 1066, 1068, 1088 n., 1118 e n., I I 19 n. 1 1120 n., 1124 e n., 1133 e n., 1134 e n., 1135 e n. Montelatici Ubaldo, 411 n. Monte Santo (Villasor, conte di) Joseph, 207 e n., 214, 217 Montesquieu (de Secondat, barone di) Charles-Louis, xxxi e n., 3,183, 189 1 201, 202, 230 n., 540, 541, 542,560 e n., 562 e n., 566 n., 649, 652, 856, 872, 911 n., 916 n., 940 n., 948 n., 949 n., 960 n., 1041 n., 1047 n., 1122 n. Montfaucon (de) Bernard, 531 n. Monti Michel' Angelo, 523 e n. Morelli Emilia, 652 Morelli Maria Maddalena (Corilla Olimpica), 401 Morelli Timpanaro Augusta, XXXIII

n. Moréri Louis, 759,794 e n., 797 e n. Morgagni Giovan Battista, 399,400 Morgan Joseph, 18, 95 n. Morosini Andrea, 177, 276 n., 285 e n., 288 e n., 289 e n., 290 e n., 292 Morosini Michiel, 170, 265 n. Morosini Paolo, 289, 292 e n. Morpurgo Emilio, 184, 196, 197, l 98, 200, 294 n. Moscati Ruggero, 1063 Moschini Giannantonio, 200 Mosè, 17, 19, 108 n., 116, 121, 122, 158, 159 n., 160, I 126

Mosheim (von) Johann Lorenz, 28, 409 n. Mouy Paul, 408 n. Mozzi (de') Marc'Antonio, 429 n. Muir Dickson Peter Gcorge, 1083 n. Muley-Ben-Hamed, 78 n. Mumford Lewis, 1034 Muratori Lodovico Antonio, xv e n., XVII e n., XVIII, XIX, XXI, XXII e n., xxv e n., XXVI e n., XXVII e n., XXVIII, XXIX e n., XXXI, XXXII e n., XXXIII, xxxv, XXXVII, 57 n., 201,319,321,322,324,328,337, 385, 389 e n., 418 n., 452, 455, 457, 465, 468 n., 542, 590, 631 n., 649,650,741,748,751,752,754, 755,756,758,759,760,761,762, 766,772,773,863,872,980,994, 1005, 1013, 1018, 1031, 1032, 1034, 1041 n., 1092 n., l 101, I 102 1

l 103,

I 104,

I 105,

I 106,

1107, 1110, 1111 e n., 1117 n., 1119 n., 1120 e n., 1121 n., 1122 n., 1129 n., 1132 n., 1135 e n., 1142 n., I I 52 n., I I 55 n. Murena Lucio Licinio, 485 n. Murcsc Pompeo, 810, 811, 812 Musitano Carlo, 746 Musschenbroek (van) Pieter, 984 Mutinelli Fabio, 250 n.

Nani Giovanni Battista, 227 e n., 276 n., 293 e n., 1007 Narsete, 879 Naudé Gabricl, 756, 757, 759, 768 Nava Antonio, 814, 815, 818, 820 Navagcro Andrea, 272 e n., 273 e n., 274 n., 275 e n., 276, 293 Navngero Bernardo, 282 e n. Navarino di San Sebastiano Violante, 3 Nazareno, vedi Gesù Cristo Nazari Francesco, xv, 737 n. Nefetti Francesco, 1129 n., 1130 n. Negri Francesco, 200, 273 n. Negri Giulio, 470 e n. Nelli Giovanni Battista Clemente, 539 Neri Pompeo, x.xv, 456, 538, 541, 556 n., 647, 652 Nero Bertoldo, vedi Schwarz Berthold Nerone (imperatore), 1047

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Neuburg (di) Filippo, vedi Filippo di Ncuburg, elettore palatino Neuburg (di) Giovanni Guglielmo, vedi Giovanni Guglielmo di Ncuburg, elettore palatino Neuré Mathurin (pseudonimo), vedi Mesme Laurent Newcastle (Pelham-Holles, duca di) Thomas, 18 Newton Isaac, Xl, XXIV, XXIX, 395, 408, 425, 459, 846 Niccolai Alfonso, 458, 462 Niccolini Antonio, 396, 538, 772, 1137 n. Niccolini Giovambatista, 196 Niccolò I (papa, santo), 733 n. Niccolò III Orsini (papa), 119 Niccolò V Parentucelli (papa), 41 n. Niccolò da Cusa (Cusano), 732 e n. Niceta di Eraclea, 508 e n. Nicocle, re di Salamina di Cipro, 1050 e n. Nicodemo, 531 e n. Nicole Pierre, 857, 928 n., 979, 993, 994 Nicolini Domenico, 286 Nicolini Fausto, x.x1v n., xxvn1 n., 509 n., 711, 910 n., 1034, 1040 n., 1092 n., I I 14 n., I I 16 n., 1119 n., I I 29 n., I I 37 n., I I 39 n. Nider Johann, 799 n., 807 e n. Nieupoort Vlillem Hendrik, 513 e n. Nina Luigi, 590 Nobile (cappuccino), 1103 Noè, 489 n. Noel Alcxandre, 457, 503 e n., 527, 751

Noris Enrico (cardinale), 339 n., 453, 457

Nuccia Oscar, 651, 1032 Numa Pompilio, 65, 1144 N uzzi Leonardo, 573 Oligoro Luigi (Francesco D' Andrea), 743, 745, 776 e n. Olivieri degli Abbati-Giordani Annibale, 199 Omero, 417 e n., 422 e n. Onorio Flavio (imperatore), 45 e n. Orazio Fiacco, Quinto, 407 Orfeo, 486 Oribasio, 399 Origene, 703, 788, 789 e n., 869, 931 n.

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Orio Alessandro, 199 0rléans (duca d') Gaston, 424 e n, 0rléans (d') Margherita Luisa, vedi Margherita Luisa d'Orléans, granduchessa di Toscana 0rmea (Ferrero di Roasio, marchese di) Carlo Vincenzo, xxv, 10, 19, 41 n., 182, 248 n., 581 Ornstein Martha, 426 n. Orobio de Castro lsaac-Balthasar, 794 e n., 797 e n. Oropeza conte di, 207 Orseolo Pietro Il, doge di Venezia, 263 n. Orsi Agostino Giuseppe, 764 Ortes Giammaria, xxxvi, I 131 n. Ortolan Théophile, 383 n. Ortolani Giuseppe, 200 0ssuna, o 0suna (Téllez Gir6n, duca di) Pedro, marchese di Penafield, viceré di Napoli, 722 n. 0thniel, 1 I 6 Otto Daniel, 5 13 e n. Otto Everhard, 513 e n. Ottoboni Antonio, 191 0ttolini Angelo, 201 Ottolini Otto lino, 3 17, 319, 328, 329, 338, 339 e n., 387e n., 389 e n. Ottolini (famiglia), 319 Paci Renzo, 495 n., 588 Paciaudi Paolo Maria, 452 Pacomio (santo), 788 e n. Pagi Antoine, 504 e n. Pagliarini (stampatori), 645, 651, 662, 771

Pngnini Giovanni Francesco, 647 Pala Alberto, 1033 Paleario Aonio (Antonio Della Paglia), 332, 336 Pallante Giovanni, 711, 1062, 1085 n. Palla vicini Gianluca, marchese, 45 1, 513 n. Pallavicini Paolo Gerolamo, 842 Pallnvicino Pietro Sforza (cardinale), 287 e n. Pallavicina Tommaso Adalberto, marchese, 3 Pallottino Massimo, 479 n. Palmieri Giuseppe, 864 Panizza Augusto, 343 n. Pansuti Saverio, 698, 700, 843 Panzieri Saijn Giuseppina, 966 n.

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INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

Paoli Sebastiano, 765, 973, 1034 Paolino, vescovo di Nola (santo), 727 e n., 735 Paolo (apostolo, santo), 32, 52, 147, 152 e n., 153, 155, 159, 160, 498 e n., 508, 528, 529 n., 530 n., 628 e n., 723 e n., 852, 966 n. Paolo della Croce (santo), 461 Paolo di Tebe (santo, eremita), 360 e n., 361 Paolo Il Barbo (papa), 287 n. Paolo III Farnese (papa), 804 n. Paolo IV Carafa (papa), 503 n. Paolo V Borghese (papa), 1 118 n. Paolo Veronese (Paolo Caliari), 280 n. Papa Egidio, 712 Papenbroeck (van) Daniel, 504 e n., 782 e n. Papias, 360 n. Pappacoda Eleonora, principessa di Geraci, 849 Pappacoda Federico, 700, 842, 843, 844 Paracelso (Philipp Aureol Theophrast Bombast von Hohenheim), 371 n. Pardies lgnace-Gaston, 782 e n. Parinetto Luciano, XXXII e n., 337, 338, 766, 767, 773, 791 n., 821 n., 826 n. Paris (de) François, 507 e n., 532 Parmigiano Domenico, 810, 811, 812 Parrino (stampatori), 749 Partington James Riddick, 413 n. Paruta Giovanni, 286 Paruta Paolo, 177, 276 n., 281, 285 e n., 286 e n., 288, 289 Pascal Blaise, 532 n., 773 Pascoli Alessandro, 571, 588, 758 Pascoli Celso, 572, 588 Pascoli Giandomenico, 571 Pascoli Lione, 452, 495 e n., 496 n., 500, 571-639• Pascoli Mariottini Maria Ippolita, 571 Pasquale II Raniero di Bieda (papa), 468 n. Pasquali Giovambattista, 327, 328, 766, 933 n. Passavanti Iacopo, 372 e n., 373 Passeri Giovanni Battista, 474 e n. 1 488, 489 e n.

Passionei Domenico, 169, 177, 178, 189, 197, 198, 220 e n., 318, 320, 582, 1158 Pasteur Louis, 416 n. Pastor (von) Ludwig, 384 n., 509 n., 59° Patrizi Lucalberto, 585 Pausania, 358, 825 e n., 826 Pazzini Adalberto, 440 n. Pecchio Giuseppe, 652 Pedio Tommaso, I 1 12 n. Pelagio (eretico), 727 Pelham Henry, 1083 n. Pellegrini Carlo, 464 Pelli Giuseppe, 463 Pelopida, 1 16 Penzi Giovanni Pietro, detto Giano Pirro Pincio, 379 e n., 384 e n. Pepe Francesco, 770, 771, 1103 Perelli Tommaso, 445 n., 555 n. Perelli Zanobi, 540 Pereyra Benito, 782 e n. Pérez de la Riva J., 962 n. Pericle, 559 n., 858 Perlas de Vilhena Raimondo, marchese di Rialp, 208 e n., 212, 214 Perrelli Pietro, 1138 n. Pescione Raffaele, 1 139 n. Petau Denis (Petavius), 457,782 e n. Petraccone Claudia, 911 n. Petrarca Francesco, 321, 522, 523 n. Petrella Angelo, 814, 815, 818, 819 Petrie Charles Alcxander, 941 n. Pezzi Johann, 28 Piano Mortari Vincenzo, 542 Piatti Girolamo (Platus Hicronymus), 493 n. Pico Galeotto Il, signore di Mirandola, 348 n. Pico Gianfrancesco Il, signore di Mirandola, 347 e n., 352, 364 e n. Pictet Bénédict, 93 n. Pieri Antonio Francesco, 538 Pietrasanta (de) Pietro Gerardo, 1078 n. Pietro (apostolo, santo), 36, 52, 61, 323,499n.,514, 515 n., 734,966 n. Pietro di Alcantara (santo), 764 Pietro da Verona (santo), 379 e n., 797 e n. Pietro III re di Aragona, I re di Sicilia, 119 Pietro I Romanov, zar di Russia,

INDICE DEGLI AUTORI E DEI PERSONAGGI

detto il Grande, 9, 14, 20, 670 e n., 1126, 1144 Pietro III di Holstein-Gottorp, zar di Russia, 865 1 962 n. Pietro Leopoldo d' Asburgo-Lorena, granduca di Toscana, vedi Leopoldo II (imperatore) Pignatelli Faustina, marchesa di Colubrano, 850 Pignatelli Francesco Antonio (cardinale), 698, 712, 810 e n. Pignatelli Francesco Giacomo, 369 e n., 806 e n. Pignatelli Luise, 841 Pignon del Carretto Isabella, duchessa d'Erce, 849 Pignoria Lorenzo, 289 e n. Pilati Leopoldo, 333, 378 n. Pilato Ponzio, 123, 531 n. Pincio Filippo, 360 n. Pincio Giano Pirro, vedi Penzi Giovanni Pietro Pinelli Giovanni Vincenzo, 275 e n. Pintucci Niccolò, 462 Pio V Ghislieri (papa), 501 n. Pio VI Braschi (papa}, 577, 578, 590, 649 Pio VII Chiaramonti (papa), 590 Pisani Alvise, doge di Venezia, 386 e n. Piscitelli Enzo, 590 Pitagora, 415, 527 e n., 961 Pitcairne Archibald, 436 n., 443 n., 444 n. Pittanico, 771 Planco Lucio Munazio, 779 Platina, Bartolomeo Sacchi, detto il, 287 e n. Platone, 421, 526, 527, 677, 928 n., 93 I, 932, 947 n., 950 n., 95 I n., 961, 962 e n., 964, 967, 968, 991 Plinio il Giovane, 632 e n. Plinio il Vecchio, 360 e n., 376, 423 e n., 478 e n., 486 e n., 770, 779, 825 e n., 951 n. Plutarco di Cheronea, 25, 47, 65, 162, 498 e n., 526 n., 928 n., 939 n., 962 e n. Poccianti Michele, 470 e n. Poggi Snlani Teresa, 956 n. Poggiali Cristoforo, 468 n. Poitiers (de) Dinne, 825 n. Poleni Giovanni, 189

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Polibio di Megalopoli, 228 e n., 229, 468 n., 469 n., 483 e n. Poliziano Angelo, 538 Pollione Asinio, 779 Pomponazzi Pietro, 753 Ponginibbi Gianfrancesco (Ponzinibio), 363, 364 n., 369 e n., 376 Pontas Jean, 375 e n. Ponziano (papa, santo), 381 e n. Pope Alexander, 3, 537 Porfirio di Tiro, 527 n. Portocarrero (de) Joaquin Fernandez {cardinale), viceré di Napoli, 712, 771, 772, 839 Porzio Lucantonio, 845, 846, 849 Possevino Antonio, 782 e n. Postel Guillaume, 332 Pouchet Féli."