La generazione dell'anima nel Timeo
 8870922014

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DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA E POLITICA DELL'ISTITUTO UNIVERSITARIO ORIENTALE DI NAPOLI

DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELL'ANTICHITA DELL'UNIVERSIT A DEGLI STUDI DI SALERNO

CORPUS PLUTARCHI MORALIUM diretto da PAOLO COSENZA, ITALO GALLO e LUIGI TORRACA 37

PLUTARCO

LA GENERAZIONE DELL'ANIMA NEL TIMEO Introduzione, testo critico, traduzione e commento a cura di

FRANCO FERRARI e LA U RA BALDI

M. D'AURIA EDITORE IN NAPOLI

Volume pubblicato con i contributi dd Dipartimento di Filosofia e Politica dell'I.U.O. di Napoli, del Dipartimento di Scienze dell'Antichità dell'Università di Salerno e del Ministero dell'Università e della Ricerca Scien­ tifica e Tecnologica.

In conformità alle norme del Corpus Plutarchi Moralium, il volume è stato posto alla revisione di l!alo Gallo e Paola Volpe Cacciatore.

La costituzione del testo è frullo della collaborazione Ira i due autori. Sono unicamente di Laura Baldi la Premessa al testo, l'apparato critico,l'ap· parato delle fonti, le nole siglate (L.B.) e le parti di nole poste Ira parentesi quadre [].Sono di Franco Ferrari l'Introduzione, la Bibliogra/la,la traduzio· ne e tu Ile le note di commento salvo quelle altrimenti segnalate.

ISBN 88-7092-201-4

© 2002 M. D'AURIA EDITORE Calata Trinità Maggiore, 52 Tel. 0811551.89.63

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Napoli

Fax 0811549.38.27

www.dauria.it [email protected]

INTRODUZIONE

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Il completamento del lavoro è

stato

facilitato

da

un

Forrchungsrtipendium offertomi dalla «Aiexander von Humboldt Stiftung», che mi ha consentito di trascorrere alcuni mesi presso l'Institut fiir Altertumskunde dell'Università di Miinster. Qui ho potuto discutere molti punti del «Commento» con Matthias Baltes, il quale mi ha messo anche a disposizione un suo lavoro non ancora pubblicato. F.F.

IL DE A NIMAE PROCREATIONE IN TIMAEO: STR UTT URA E T EMI* I. STRUTIURA l. l Genere letterario e datazione Le ricerche condotte in questi ultimi anni hanno dimo­ strato come non sia affatto azzardato considerare l'intera ope­ ra filosofica di Plutarco alla stregua di un commento ai dialo­ ghi platonicil. Questo non significa, naturalmente, che tutti gli scritti di argomento filosofico contenuti nel corpus dei Moralia assumano le vesti di un commentario nel senso tecni­ co del termine. In realtà , tra le opere conservateci , solamente due manifestano in modo esplicito la loro natura di scritti esegetici consacrati all'interpretazione dei testi platonici: si t ratta del De animae procreatione, appunto, e delle Platonicae quaestiond. Ma pressoché tutte le opere filosofiche di Plutar· • Per le abbreviazioni utilizz a te in questa «Introduzione» e nel «Com­ mento» si rimanda alla «Bibliografia» (67-81). 1 Cf .• per esempio, DoNINI, Testi e commenti, 5068 ss.; u n ' ampia pano­ ramica sui problemi connessi all a natura degli scritti fùosofico-esegetici di Plutarco si trova in FERMRJ, Letteratura filoro/lca, da cui le considerazioni che seguono dipendono in larga misura. ' Ai quali vanno aggiunte quelle opere i cui titoli sembrano tradire u n riferimento diretto a dialoghi specifici, oppure a singoli passi. A questo secondo gruppo appartiene certamente il trattato contrassegnato dal n. 66 del Catalogo di Lamprla (nEpÌ toù yc, in luogo del platonico Ò.J.lEptcn:ou, Plut. può identificare sen­ za difficoltà l'ousia di 3 5 a 1 con l'elemento indivisibile (appunto: Ò.fi.Epo\>c,) di 3 5 a5-6. Nella composizione psichica architettata da Pla­ tone, infatti, l'ourzà amen.stos di 3 5 al non ha nulla a che vedere con l'elemento indivisibile dell'identico e del diverso richiamato in a5 -6. Non si tratta della stessa entità, bensl di principi posizionalmente ana­ . loghi, ma antologicamente distinti. Sia l'ourzà amenstos che entra nella composizione che dà luogo all'essere mediano, sia le specie indivisibili di identico e diverso che fanno parte delle mescolanze da cui scaturì-

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Commento

scono rispettivamente l'identico mediano e il diverso mediano, sono realtà in divisibili e intelligi bili. Tuttavia sono appunto tre entità distinte. Non così nel caso di Plut., il quale non ammette l'esistenza di identico e diverso mediani, frutto di una precedente mescolanza ( Schoppe, Ideenlehre, 9 1-93 e 1 12 ss. ) , ma m ischia identico e diverso, senza ulteriore specificazione, nel mezzo di ciò che è indivisibile (ameres) e ciò che è divisibile nei corpi, cioè della sostanza mediana precedente­ mente prodotta: per tutto ciò cf. Ferrari, Citazione, 333-34. oùoi.ac, E•uSoc,: eldos (Thévenaz, A me du monde, 40). 6 aù ript: è attestato dai m igliori codici platonici, e da buona parte della tradizione indiretta (accanto a Plut . , cf. Proclo, Eusebio e Stobeo ) . Il sin tagm a è tuttavia assente in Sext. Emp. adv. math. I 30 1 e non viene tradotto da Cic. Tlm. 7,21. Propone l'espunzione, oltre a Bumet, Taylor, Commentary, 107, il quale ne spiega la presenza come ripetizione del sintagma di 35a2. Tale inserzione andrebbe situata, sem­ pre secondo Taylor, nel lasso di tempo che va dalla traduzione di Cicerone al de procreatròne plutarcheo . Sono inclini, invece, a restaurare il testo tràdito Cornford, Cosmology, 60 n . l (sulla base di 20a7 e 24b7), Brisson , Meme et Autre, 270 ss. e Théven az, A me du monde, 40, il quale non considera sufficiente la giustificazione del suo inserimento addotta da Taylor, e soprattutto reputa imbarazzante la presenza del genitivo semplice, cioè senza peri. La conservazione del testo dei codici sembra comunque la soluzione preferibile: cf. Ferrari, Citazione, 330-31. 7 KUl KU1:Ù 1:UU1:U f!EpUTIOU: si tratta del punto piu p roblem a­ tico della citazione plutarchea. Plut. scrive KU1:Ù mum, come Paris . gr. 1807, Vindob. 21 e Stob. ecl I 358, 14, mentre Vindob. 55 (muni) ed Eusebio danno KU1:Ù m\mi, accettato poi da Burnet, Taylor (cf. 108) e Comford. Quest 'ultima lectlo dovette poi essere quella presupposta da C alcidio, il quale traduce eodem modo. Plut. costituisce il piu antico testimone della lect/o KU1:Ù 1:au1:a, che tanta fortuna ha avuto nella tradizione manoscritta e in quella indiretta: Ferrari, Citazione, 33 1-32 e 334. Qui è certamente da preferire per Platone KU1:Ù m\mi, che garan tisce la perfetta simmetria delle tre mescolanze iniziali : (Taylor, 108). .•.

Commento

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Con l'eccezione d i due manoscritti tardi ( m e r) , l'in tera tradizio­ ne plutarchea riporta aùtt']v in luogo del platonico aùtwv. Si tratta dell 'unica attestazione di questa variante, che è del tutto assente sia dalla tradizione m anoscritta platonica, sia dal resto della tradizione indi retta. La variante modifica radicalmente la costruzione sin tattica e il senso della proposizione. Invece di aùtwv dipendente da wu t E , che altrove (3 0d3 ) è detto costituire il modello al quale il cosmo dovrebbe essere reso simile. Plut. accetta l 'assioma generale secondo il quale tutto ciò che diviene imita un modello, che funge dunque da principio, crEws : il sintagma non ricorre in questa forma nel testo platonico, ma può considerarsi una libera interpretazione plutarchea di Tlm. 50b6, dove si parla di una � tà rrcivta crWf.UitU ÒEX_Of!ÉVll · L'espressione viene applicata da Platone all a x(J)pa. che era stata appena assim ilata a una massa d 'oro che può assumere le piu svariate forme, rimanendo però sempre oro. Quanto a rravÒEX_É Plut. riprenderà polem icamente in 1 023 D. Ragionevole mi sembra comunque l 'ipotesi di Baltes, Platonlsmus 6, 264 n. 5 8 , il quale pensa che l ' a l l u s ione p l u tarchea vada riferita a u n ' i n terpretazione pitagorizzante della dottrina di Senocrate, un 'interpretazione in cui la molteplicità , sia nel senso che «beide identisch sind» (Baltes, Platonismus 4, 400 n. 2 ) . La connessio­ ne tra l'ananke del Timeo e la materi a , contro cui Plut . obietta, viene ascritta a Platone dalla fonte di DL III 76-7 7 , e da quella di A et. p la c. I 26,3 ( Dox. Gr. 3 2 1 ) . Essa si trova formulata anche Cale. in Tim . 273 , 1 5 ss., 3 0 1 , 1 7 -20 e viene in qualche modo evocata da N umenio (apud Cale. ibid. N umen. fr. 52 Des Places ) , il quale, pur conside­ rando la silva ( uÀTt ) fluida et sine qualitate, tuttavia non la reputa, al pari degli Stoici, indifferente dal punto di vista assiologico, bensì p lane noxia. L'attri buzione alla materia , assim ilata alla necessità del Timeo, della causa del male e dell'irrazionalità è frequente in tutte quelle ver­ sioni rigidam ente dualistiche della teoria dei principi, nelle quali ess a si contrappone attivamente all a causalità positiva rappresentata dal dio­ intelletto e dalle idee (d. Tun . Locr. 205 ,5 : òOO arùac, ... ,w.. cruJ.l1!llvt w v, v6ov . . . àvclylmer]crtV. 9' Òtalj>op(ìc; àrrcitJ11 c; : cioè dell'irregolarità strutturale, che viene assegnata all' anima in sé (cf. supra, 1 0 1 4 D). Ma qui diaphora ha an ­ che il significato logico di caratterizzazione specifica, ciò di cui la ma­ teria in quanto tale, cioè come mera categoria logica (Rescigno, Mate­ ria, 58 n. 5 6 ) , risulta del tutto priva. S ull'affrancamento dell a m ateria dal ruolo di principio del male cf. anche Del Re, Pensiero meta/isico, 42 e soprattutto Torraca, Teologia plutarchea, 2 1 3 - 1 4 . "' P!. poi. 273b7 -c2 . La citazione è verbatim . Il riferimento d i Platone alla E�tc; E�Ev concerne quasi certamente l'ambito della corporeità, la quale manifesta una sorta di resistenza passiva all ' azione ordinatrice della divinità. Non si tratta, dunque, di un vero e proprio principio attivo che si oppone al dio demiurgico ( B risson, Meme et Autre, 480 ss . ) , come invece lo intende Plut. ., P!. poi. 2 7 3 c6-d l . Anche qui la citazione è verbatim . Plut. intende ovviamente la rraÀalÙ >: Deuse, ibidem . U riferimento è a leg X 896e5 ss. ( cf. anche 897b3 -4 ; 898c4 5 ) anche se Plut. non riproduce fedelmente il testo platonico (cf. an­ che supra, 1 0 1 4 D-E). Interessante il raffronto con /r. et Or. 370 F, dove l'anima che si contrappone a quella generatrice di bene è detta l:vavt'ta m1n1J Ka't twv l:vavti.wv Òll llloupy&;. 102 1l"JXT] (xpxi]: cf. P!. Phdr. 245 c5 -246a2 , dove l'attribuzione 1 00

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Commento

all'anima della qualifica di fonte e principio di movimento è collegata all a dichiarazione della sua immortalità; e cf. anche leg. X 896a5 ss., in cui l'anima viene concepita in termini di 1tfXÙ1:T] yÉvEcrtS Kat KtVTJcrtS· 10l ò yàp 9E (la materia precosmica) e un 'entità cosmica «generatll» (il corpo del mondo). � J.UIKÙ>vw-;: da cf. con 1016 A e adv. Col. 1 123 F, come invita a fare Cherniss, 205e. uùt ò-; Òtoomç, KUt àniKtux; di 30a4-5. Nel movimento precosmico delle particelle elementari, o meglio delle tracce di queste particelle, manca (Taylor, Commentary, 357 ) . La precis�zione relativa all a presenza di tracce (ichne) piuttosto che di veri e propri elementi, cioè somata, si spiega con l'impossibilità di avere corpi elementari prima dell'introduzione delle ftgure geome­ triche che li costituiscono. Queste ultime sono evocate nella loro fun­ zione di strumenti per mezzo dei quali {E'iÒf1cri. tE KUt àpt8J.10-LS) il demiurgo attua il processo di ordinamento del sostrato indeterminato. Si tratta appunto delle figure geometriche (eide) nelle quali si scom ­ pongono i corpi primari , in base al modello teorico descritto a partire da 53c4 . In tale contesto, i numeri dovrebbero identificarsi con i prin­ cipi superiori ai quali le stesse figure geometriche sarebbero ricondu­ cibili secondo la misteriosa dichiarazione di 53 d6-7 . 111

...

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Commento 1n

Pl. Tim. 32a7 -b3 . Plut. non cita verbatim il passo platonico, ma ne riassume il nocciolo teorico. Il fatto che il corpo cosmico non sia una superficie, ma risulti dotato anche di profondità, rende neces­ saria, secondo Timeo , l'introduzione di due medi anziché uno, vale a dire la formazione di una proporzione piu complessa (l'analogia geo­ metrica) . ln luogo del platonico f!EoOtl'\> ( E K) dall a by/e, bensì da un'altra anim a, quella precosmica. 1 46 La stessa strategia complessiva del discorso di Timeo induce a separare chiaramente l ' an ima dall a materia. Quest'ultima, infatti, è sta-

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Commento

ta introdotta nell'ambito dell'esposizione cosmologica di Timeo solo quando il discorso relativo all 'anima era stato portato a termine. Plut. allude qui al fatto che la discussione intorno al terzo genere, quello dello spazio-materia-necessità, viene avviata (47e3 ) dopo che si è con ­ clusa l'intera sezione dedicata alla generazione dell'anima cosmica, nel cui ambito, dunque, questo terzo genere non giocherebbe alcun ruo­ lo. Per irn:6ermc, nel senso di argomento cf. Mansfeld, Prolegomena, 1 8. 1•7 Posid. F 1 4 1 a Edelstein -Kidd 3 9 1 a Theiler. Per Cherniss, 2 1 7 g , come la form ula o't rrrp't tòv Kpavtopa (supra, 1 0 1 2 D e F) andava riferita a Cran tore e ai suoi successori , anche l 'esp ressione LO-lC, 11:Ept n om:tOWVlOV va riferita «both to Posidonius himself and to h is followers>>. La deduzione di Cherniss viene rafforzata dal richiamo a EÀ> (di­ scussione in Kidd Poszdonius, 3 3 8 ss. ) . Posidonio dedicò dunque grande attenzione al Timeo, ne interpretò senza dubbio alcuni passi specifici, tra cui quello relativo all'anima cosmica, ma tutto ciò non comporta automaticamente l'assunzione dell 'ipotesi che egli compose un com ­ mentario vero e prop rio (imÒf!.VTlf.l!l) al dialogo . Theiler, Poseidonios, 3 2 6 , arriva a sostenere che lo scritto in questione fosse in realtà il =

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nrp't tqmrp'tou. I (Brisson, M eme et A utre, 2 90 ) , anche se già nel passo del Tlmeo rela­ tivo alla composizione antologica dell'anima il vocabolo ricorre (35a7 ) in u n senso diverso d a quello di forma trascendente (cf. per tutto ciò Isnardi, Speuslppo, 3 3 6 ss . ) . Una definizione di anima analoga a quella di Posidonio, arricchita però da una coloritura term inologica di chiara origine stoica, viene attribuita a Platone in Dio g. Laert. III 6 7: 'tòÉa =

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Commento

wu n:ci:vt:lJ ÒtEcnwtJ.lmcrr] s àpt8f{wu Kaì Km ' àpt8J.10ùs àpJ.lOvi.av m:ptÉXovt:aECTtW; lo studioso lascia aperta la possibilità, anche a mio modo di vedere meritevole di venire presa in considerazione, che si tratti di una conrcious mirinterpretation . Sull'indisponibilità di Plut . ad accettare un senso geometrico del vocabolo idea cf. ancora Ferrari, Strullura del cosmo, 2 12 - 1 3 . Dal punto d i vista del corredo ontologico, anima e idea s i pre­ sentano come entità opposte. L'una, intesa ovviamente da Plut. come anima in sé, si trova infatti in eterno e incessante movimento, mentre l'altra è per definizione immobile. Inoltre l'idea è «separata>>, vale a dire senza contatto diretto con il sensibile (IÌJ.llYTlC,l . all'opposto del­ l'anima, la quale con la dim ensione della corporeità è in rapporto di coesistenza strutturale anche nella fase precosmica (per te.\> > dipende dal fano che .de idee appaiono far parte dd mondo divino; di conseguen­ za , non è piu possibile enunciare la loro relazione con il dio-demiurgo nei termini di una dottrina fo rmulare che fissi e irrigidisca dogmaticamente la natura dei rapporti delle diverse figure divine>>. In contro tendenza rispetto a questo atteggiamento, presente in modo massiccio anche nel nostro trattato, in 1 023 D assistiamo a una chiara distinzione tra dio e idee, con queste ultime che vengono collo­ cate decisamente al di fuori della divinità o dell'intelletto divino. In questo senso 1 023 D costituisce davvero una «Wiedergabe der traditionellen Drei-Prinzipien-Lehre» (Dorrie, Stel!ung, 44 ) , cioè della concezione cosmologico-causale piu diffu sa nd medioplatonismo ( cf. ad esem pio Al cin . dld. 1 62 ,29 ss.; Aet. plac. I 3 ,2 1 = Dox. Gr. 287-88 ) . L'altro testo significativo in cui Plut. presenta una teoria dei prin­ cipi nella quale dio e idee risultano nettamente distinti dal punto di vista antologico, e svolgono una funzione causale diversa, è rappre­ sentato dall 'ultima parte di QC VIII 2, dove Plut. crede di ricavare dal Tlmeo una concezione in cui la materia svolge la funzione di sostrato, l'idea (cioè la totalità dd mondo eidetico) costituisce u;N rrupa&t"'(}Uhwv KtiÀÀtcrtov, e dio è la migliore delle cause. In tale contesto, la genera­ zione del cosmo viene equiparata all a soluzione di un problema mate­ matico consistente nella costruzione di un 'entità che sia uguale quantitativamente alla materia \tcrov c i;] UÀlJ ) e sim ile form almente al mondo delle idee (IS!J.OtoV c i;! 'tÒÉ�) : 720 B-C; cf. Ferrari, Struttura del cosmo, 1 2 0 ss. , e 2 0 1 , B altes, Platonlsmus 4, 3 60-65 , e Schoppe, Ideenlehre, 1 46 ss. Wam:p CmouÀÉcr�unoc;: in generale il termine può evocare un'idea finalistica, come suggerisce Thévenaz, A me du monde, 25 n. 1 1 2 . Cf. Tlm. 9 1 d5 , 3 7 d3 . Per l'uso stoico all'interno della concezione delle cause cf. SVF II 1 1 8 , 1 3 . IH Non si tratta di una semplice ripetizione dell'argomento pre­ sentato in 1 0 1 3 C-D contro l'identificazione tra anima e n umero so­ stenuta da Senocrate. Il richiamo è ancora un volta al testo di Phd. 92a6 ss. , ma in questo caso risulta funzionale a confutare la posizione

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Commento

di Posidonio. È vero che quest'ultimo non aveva identificato rtncto renru l'anima al numero, bensì a una forma geometrica ( cf. Thévenaz, A me du monde, 67 , con le precisazioni di Cherniss, 223 g ) ; e tuttavia, agli occhi di Plut. la vicinanza con il numero risultava ancora troppo forte, e andava dunque ulteriormente indebolita, con il richiamo alla distinzione tra l'essere numero (ourla ) , e il venire ordinato dal nume­ ro. La formula nnw�VT] urr ' àpt8�. con il verbo usato in senso passivo e il complemento d'agente, tende a sottolineare la provenienza del numero che è estranea ed esterna all ' anima originaria. 1" rrp&; Kpi.vnv: gli avversari qui evocati sono Posidonio, il quale aveva identificato la sostanza divisibile con i limiti , e Senocrate, il quale aveva concepito l'anima in termini di numero. Né nei limiti, né nei numeri si può trovare ciò che è effettivamente p roprio dell 'anima, vale a dire la sua capacità di giudicare il sensibile. 'ixvos nìs 6uvri.!1-fwc,: dynamlr è usato nel senso di Rp. V 477 c l ss. , cioè in generale come facoltà cognitiva. Plut. aveva attribu­ ito a Crantore l'idea che il compito peculiare dell'anima consista nel giudicare gli intelligibili e i sensibili (cf. rupra, 1 0 1 2 F: Chemiss, 225a). Naturalmente (Schoppe, Ideenlehre, 96) . Ill Il dato teorico certo è che l'anima del mondo riceve l'intellet· to e la capacità intellettuale, cioè gli elementi noetici della sua attività, dal rapporto di partecipazione con il principio intelligibile, vale a dire con la ourù1 amerlrtor-amerer. Quest'ultima può venire identificata con il complesso dio-idee. Per Baltes, Anima, 262 , la sentenza plutarchea va ricondotta alla concezione secondo cui dio trasmette all'anima una parte di sé, e per la precisione la parte inferiore, la quale verrebbe così a formare il nour dell'anima del mondo ( cf. anche Ir. et Or. 3 7 1 A ss . ) . [ VOT]t6v: aggiunto da Chemiss che conserva il VOT]t6v dei codici di contro alle inaccettabili correzioni di Tumebus (VOT]ttKov) e Wyttenbach (vDT]mv).] (L.B.) Il termine �8E�tc,, che appartiene al contesto della relazione tra le cose sensibili e la forma intelligibile, viene applicato per estensione anche al rapporto tra l'anima e il piano intelligibile. m ò�ac, f-yytyv 6!1-fvov: il bagaglio di caratteristiche dell'ani· ma, e nello specifico dell'anima del mondo (che possiede dunque una yv wcrttKTÌ toU a'tcrlh-]toiJ ÒUVUJ.UC,: Deuse, Seelenlehre, 20), è tale da . . .

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Commento

non poter esse re ricondotto alle entità aritmetiche e geometriche, come fecero, seppure in forma diversa, Senocrate (monadi numeri) e Posidonio (limiti) . Baltes, Platonlsmus 6, 264 n. 5 8 , avanza l'ipotesi, di per sé interessan te, che assimilando implicitamente i numeri alle monadi, P l u t . «denkt an eine n e u p y t h agoreische I n t e r p retation d er Xenokratische Lehre, nach welcher das p/ethos a u s monades besteht>>. Opinioni e credenza (doxai kai plstels) costituiscono il prodotto del contatto dell'anima con l'elemento sensibile della realtà, cioè con la materia ( Baltes, Anima, 249). Entrambi i term ini appartengono all'epistemologia platonica, e in particolare alla discussione della meta­ fora della linea nel VI libro della Repubblica, dove si trova la trattazio­ ne del parallelismo tra forme cognitive e modalità antologiche. La presenza nell'anima cosmica di opinioni e credenze dipende da lo phantastikon kai pathetikon, vale a dire dalla facoltà rappresen­ tativa e da quella percettiva, la quale consiste nella possibilità di riceve­ re le impressioni prodotte dalle qualità corporee (caldo, freddo, legge· ro, pesante, etc. ) . Nel respingere la tesi che queste caratteristiche pos· sano derivare all ' anima da entità matematiche, Plut. difende in un cer­ to senso l'autonomia di questa entità. [o] : [la lezione o presente in tutti i manoscritti è evidentemente /acilior, rispondendo alla naturale esigenza di un nesso relativo che colleghi la frase precedente con il participio successivo (yytyv 6J.I.fvov; tale nesso può essere sottointeso senza difficoltà. Superflua, perciò, appare la correzione toi:rr ' del Cherniss, mentre è senz'altro preferibile la proposta del Diibner, da noi accolta, di espungerlo dal testo] . (L. B.) Per Eyy\.yv Ea9at cf. infra , 1 024 C con n. 1 70. "7 Cf. Tim . 3 7 a5 -bJ , con omissione dell'ultima parte del passo platonico: K!Ìl rrpò:; tà KUtà urinà fxovm fu:i. (Cherniss, 225f, il qua· le osserva che Plut. lascia però KUÌ. omv Ù\lÉpun:ov in a6) . Sui proble· mi di costruzione sintattica implicati in questo passo cf. Cornford, Cosmology, 94 n. 4. m Il Catalogo Lam p ria riporta il titolo di un 'opera plutarchea dedicata alle 10 categorie: tluiM�lS l!IpÌ. twv ÒÉKa KUtljyoptwv (n . 1 92 86 .2 Di.irrie-Baltes ) . Alcin . did. 1 59,43 -44 vede n el Parmemde Kaì. (v aN..ms le dieci categorie aristoteliche, mentre l'Anonimo com­ mentatore del Teeteto le trova proprio in questo dialogo (in Tht. 68,722): Barnes, Imperia[ Plato, 144 e Baltes, Platonlsmus 3 , 256-5 7 . Al contrario Attico si scaglia contro coloro che introducono le categorie =

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Commento

aristoteliche nell'esegesi di Platone (fr. 2 , 1 3 6-3 8 Des Places) . In gene­ rale, sull'atteggiamento polemico dei platonici nei confronti di questa . dottrina aristotelica cf. Moraux, A n rtotelirmur, 528-63 e Donini, Te­ sti e commenti, 507 5 . Sulla presenza, forse mediata da Eudoro, della logica aristotelica delle categorie nd medioplatonismo d. Dillon, Middle Platonirtr, 1 3 3 ss. e Dorrie, Eudoror, 300. t probabile che Plut. , o la sua fonte ( Eudoro ? ) , si sentisse legit­ timato a vedere nd passo dd Timeo una prefìgurazione delle categorie aristoteliche dall a presenza di riferimenti , oltre che all ' ouria , alla rda­ zione (ltp(X, o ) , al luogo (lSm;] ) , al tempo (òx6u : che però non viene trascritto da Plut . ) , al patire (ruioxnv) e, indirettamente, alla quantità, alla qualità e forse all'agire (Gombocz, Philorophie der A ntllu, 75 ) . " 9 P!. Tim . 37b3 -c5 . Anche in questo caso Plut. opera significa­ tive omissioni: sopprime ÒÈ ò Katà t aùt6v tra Àir(CX:, e àÀT\fh\ precosmici di quest' ultima, e cioè la tangibi­ lità e la visibilità della corporeità (Baltes, Platonismus 4, 2 84 n. 6 ) . L e difficoltà insorgono nell'interpretazione della seconda parte dell'affermazione, in cui viene stabilito un rapporto tra l'anima e gli in telligibili mediato dal kritikon , ovvero dalla facoltà giudicante ( Urteilwermogen : Baltes) . Per evitare di ascrivere all' anim a precosmica una partecipazione vera e propria all ' intelligibile (sebbene èrvu:xoJ.I.ÉVTJ «indique un rapport assez vague de partecipatiom>: Thévenaz, A me du Monde, 28 n. 136) prima di diventare anima del mondo, occorre intendere il riferimento al krittkon nel senso di un ..:Vermogen des Urteils, insofem es sich im Wahmehmungsurteil zeigt, sozusagen das von allen Wah rnehm ungsinhalten befreite allgeimeine und leere Wahmehmen selbst» ( Deuse, Seelenlehre, 2 1 ) . Questa percettività assoluta sarebbe ciò che consente il contatto nello spazio precosmico .

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Comm�nto

con l'intelligibile, o meglio con le tracce di quest'ultimo. Si trarterebbe, dunque, di un kn'tt/wn in sé stesso sprowisto di noeticità. Un'inter­ pretazione di questo tipo verrebbe confermata dal fano che la facoltà giudicante dell'anima del mondo ( Kp'tmc,) possiede due principi, uno dei quali attiene unicamente all' am bito percertivo-sensibile ( 1 024 E), e che non può derivarle che dall'anima in sé (cf. comunque n. 1 7 7 ) . In ogni caso la relazione dell'anima originaria con i noeta sarebbe garan­ tita da questo krittkon e non dal nous, al quale, dunque, essa conti­ nuerebbe a non avere parte (Schoppe, Ideenlehre, 1 66 ) . In questo modo, materia, anima originaria e intelligibile ( m a non intellet to) stabiliscono una qualche relazione anche prima della cosmogenesi. La presenza in funzione di terzo principio dell'anima in sé, dotata di una percettività assoluta, consente all a materia di ricevere le tracce dell'intelligibile, cioè le tracce degli elementi primari. Tuttavia non si tratta di una vera e propria Formung der Maten·e ad opera dell'intelletto, in quanto essa riceve solo immagini provenienti dall'in­ telletto, ma mediate dall'anima in sé. 1 6' Pl. Tim . 52d2 -4 . Per la formula introduttiva adottata da Timeo cf. Comford , Cosmology, 1 97 n. 2. Essa è certamente funzionale a sottolineare l'importanza della concezione (/ogos) che il locutore si appresta a esporre. Dopo avere descritto le caratteristiche e le funzio­ nalità del terzo genere, Timeo ribadisce la sua convinzione nell'esi­ stenza di tre entità assolute (Sallis, Chorology, 125 ) , vale a dire le due già esposte in 27d5 ss . , e «ciò che diviene», alle quali si aggiunge qui lo spazio, che è contemporaneamente ciò in cui ((v � ) avviene la generazione e ciò di cui ( ÈE, ffi>) sono costituite le cose generate. 1 66 L' identificazione della chora, che nel Timeo è defmita anche hedra (52b 1 ) e hypodoche (49a6) , con la hyle risale ad Aristot. phys. 6. 2 . 209b 1 1 - 1 2 (cf. supra, n. 5 9 ) e ai tempi di Plut. doveva costituire un teorema del tutto consolidato all'interno della tradizione platonica: cf. Is. et Os . 372 F; 373 E e Alcin. did. 1 62 ,2 9 ss. 1 6 7 Ancora meno problem i presenta l'assim ilazione dell'essere all'intelligibile. Essa è implicita già in 28a 1 -2 , e viene sostanzialmente affermata in 4 8e6: VOTttÒv Ka't nE't Katà mùtà ov. Sulla p resenza in Plut. di questa identificazione cf. Ferrari, Trascendenxa , 3 84 . 1 "" Molto piu problematica si presenta , invece, l'identificazione del terzo principio evocato da Timeo, cioè la , con l'ani-

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Commento

ma precosmica irrazionale. E d'altra parte, questa identificazione risul­ ta per Plut. del tutto inevitabile, una volta stabilita la totale autonomia antologica dell 'anima in sé. Egli è infatti perfettamente consapevole che solo identificando quest'anima precosmica con una delle tre entità di cui Platone afferma in 52d2-4 l'esistenza prima che il cosmo si generi, può continuare a pretendere di fondare la sua personale inter­ p retazione sul testo platonico. Così facendo, egli legittima in base al riferimento a Platone anche la distinzione tra materia (chora) e anima (ghenesù). Un appiglio in questa direzione gli provenne forse, come ipotizza Cherniss, 232c, dall'appellativo di rrpu'nTj yÉvEcnc; assegnato all'anima in leg. X 896a5 -b l e 899c7 . Resta in ogni caso certo che egli rifiuta la piu owia e naturale delle identificazioni, quella tra questa ghenesis e il ghignomenon di 27d6 {Baltes, Platonùmus 4 , 284 ) . L'anima in s é può essere concepita senza problemi in term ini di sostanza immersa tv J LEta�oÀàic; KUÌ. KtvTJO"Ecn (cf. supra , 1 0 1 5 E ) , essendo il movimento uno dei suoi caratteri costitutivi. L a vera novità, in qualche modo preparata dalla sezione precedente, consiste invece nell'assegnarle una funzione di mediazione tra la sfera intelligibile (wu nmoiJvwc;) e la materia ( w u turrouf!Évou) . L'equiparazione del con­ tatto tra intelligibile e materia a una «impressione» non può conside­ rarsi nuova nella storia del platonismo, dal momento che essa affonda le sue radici proprio nel testo del Timeo, dove si accenna all 'ingresso nell' ÈKJlU)'{to v delle immagini degli esseri eterni, che turrw8Évm àJc' mJtWV tp61rov UVÙ �p> (Cherniss, 249g ) , l' identico non avrebbe avuto quella differenziazione che consente l ' insorgere del movimento e della generazion e, mentre il diverso sarebbe rimasto privo di ordine e non avrebbe potuto dare luogo a processi generativi ordinati, cioè cosmici (systasir kai ghenesir cf. T/m. 48a 1 -2 ) . Se identico e diverso fossero rim asti separati dall'essere indivisibile e da quello divisibile, sarebbero puri concetti logici, del tutto privi di valenza cosmologica ( cf. in/ra, n. 1 96 ) . 1 90 Plut. tenta d i fondare su u n piano metafisica e cosmologico la necessità di int rodurre un ricettacolo «materiale>> tra identico e diver­ so. Egli non esclude che tra questi ultim i si possa determinare un rapporto precosmico di partecipazione recip roca , anzi sembra decisa­ mente propenso ad avvalorare questa eventualità, del resto inevitabile ...

Commento

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i due principi vengono considerati come forme intelligibili, e in par­ ticolare come due dei meghista ghene del So/ista. Tuttavia, osserva che la partecipazione reciproca di identico e diverso non sarebbe produt­ tiva dal punto di vista cosmologico. Ai suoi occhi, infatti «il n'y a de fecondité (yòvqwv) que dans le devenir» (Thévenaz, À me du monde, 7 9 ) , dove questo divenire è la generazione del mondo, vale a dire del cosmo e della sua anima. Plut. sembra dunque distinguere una partecipazione di natura logico-form ale da una partecipazione di carattere «reale», vale a dire cosmologico. Riprendendo la distinzione formulata da Helmer, De procreatione, 40, e ripresa da Schoppe, Ideenlehre, 1 2 1 n. 40, tra una /ormallogische e una reallogische methexis, si può osservare che la partecipazione logico-formale attiene alle idee di identico e diverso nei loro reciproci rapporti, stabiliti sulla base delle indicazioni di soph. 254d4-259b 7, mentre quella reallogische si riferisce alle conseguenze cosmologiche del rapporto tra questi due concetti. Tali conseguenze, tuttavia, si possono verificare solo nel caso in cui identico e diverso entrino in contatto al di fuori del mondo delle idee, cioè nel cosmo, e in particolare nell'an ima, che costituisce secondo Plut. il luogo dove per la prima volta avviene questo contatto ( cf. supra , 1 024 D-E) . Afferm ando in tono così perentorio che la partecipazione reci­ proca di identico e diverso non produce n ulla di fecondo, e che solo l'intervento di un terzo fattore in funzione di ricettacolo materiale rende generativo il loro rapporto, Plut. sembra inequivocabilmente orientato ad accentuare la coloritura cosmologica del suo platonismo, in linea con la tendenza filosofica a lui contemporanea. In questo senso, è corretto affermare con Helmer, lbid. che «dieses Wort [yòvqwc,] ist bezeichnend fi.ir seine Aufassung der Seelenmischung>>, ma occorre probabilmente aggiungere che essa è significativa dell'inte­ ro percorso filosofico del nostro autore. cro�ÉihJKEv: per un uso analogo cf. PQ V, 1 003 F e Arist. de an. A l. 402a8 - 1 0 e metaph. 6. 30. 1 025 a3 0-32 (Chemiss, 250a ) . Thévenaz, À me du monde, 79 n. 2, afferma che «cro�ÉihJKE n ' indique pas un caractère accidental, m ais une conséquence accessoire (qui peut fort bien etre nécessaire) de leur nature» ( corsivi nel testo ) . àÀÀà òr"nat . . . im ' à.fl4>otÉpwv: per l a terminologia occorre natu­ ralmente rimandare a Tim. 4 8e3 -4 9a6, con la gheneseos hypodoche kai tithene che viene appunto concepita in termini di tnton ghenos. se

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Commento

Cherniss, 250c, suggerisce di confrontare anche Arist. metaph. i\ l . 1 069b8-9, dove la hy/e è vista come ti tn.ton para ta enantia. ! '17 Si tratta della croma l:v J.l.É>: cf. Zhmud, Wissenscha/t im Pythagoreirmus, 1 84 . La medesima serie numerica (6, 8, 9 , 1 2 ) viene evocata da Arist . fr. 25 Ross (apud Ps. Plut. de mus. 1 1 3 8 C ss. ) e in essa viene fatta consistere l' «armonia»: d. Burkert, Lore, 3 90 n. 29. L'attribuzione al numero 3 5 dell 'appellativo d i «armonia» dovrebbe dipendere proprio dal fatto che esso comprende i numeri che dann o origine ai rapporti consonan­ ti fondamentali. Per una piu ampia presentazione della stessa sequen­ za numerica cf. Nic. intr. arith. 146,2 -23 . 24' Ai Pitagorici viene fatta comunemente risalire la scoperta dei rapporti numerici corrisponden ti agli intervalli musicali fondamentali ( cf. , per esempio, Ad r. apud Th . exp. rer. math. 56,9 ss. ) . Inizialmente ciò venne provato sul monocordo ( Kavwv) , la cui unica corda veniva bloccata in punti diversi, distanti tra loro in ragione di determinati rapporti. Ma naturalmente il medesimo principio può venire esteso a strumenti dotati di piu corde, nel caso in cui la differente lunghezza delle corde corrisponda ai rapporti numerici fondamentali: d. Burkert, Lore, 369 ss. Questi rapporti sono 9/8 per l'in tervallo del tono, 413 per quello della quarta, 312 per la quinta e il doppio (2/ 1 ) per l'inter­ vallo dell'ottava (cf. anche Th. exp. rer. math. 7 4 ,24 ss. ) . Già l'autore dei Problemata aristotelici si era reso conto che i p rincipali intervalli musicali vengono espress i in rapporti cosiddetti E:mJ.ll'>ptoL, in cui uno dei due termini è uguale all ' altro piu una parte aliquota di quest'ultimo (a = b + bln). La formula generale della proporzione «Superparticol.areo Oat. : superparticularir) risulta dunque la seguente: (n + l ) : n ; essa si adatta ai rapporti del tono, della quarta, della quinta e dell'ottava: cf. Zhmud, Wissenschaft im Pythagoreirmus, 1 85 e Burkert, Lore, 3 8 3 84 , 439 e 47 1 . Ampia trattazione del logos epimon·os i n A dr. apud Th . =

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Commmto

exp. rer. math . 76,2 1 ss. La terminologia utilizza ta da Plut. , ai suoi tempi ormai classica, si spiega in virtU dd fatto che ogni rapporto è esprimibile anche attraver­ so un'addizione: quello cosiddetto J'tJ.U6Àux; (lat.: hemiolius) è uguale a l + 1 /2 ( 3/2 ) ; il rapporto bntpmx; (lat.: sesquitertius) si genera da l + 1 /3 ( 4/3 ), mentre il :>-..&yoc, br&y&xx;, (lat.: sesquioctavus) equiva­ le a l + 1 /8 (= 9/8) : cf. lo schema di Miche!, De Pythagore à Eudtde, 353 . 2% Si conclude l'esposizione delle ragioni per cui il numero 3 5 assunse nella tradizione pitagorizzan te l'appella tivo d i «armonia» ( cf. 1 0 1 7 F). Esso contiene i numeri che costituiscono i rapporti musicali, cioè le consonanze primarie. Sul significato dd numero 2 1 0 come quantità dei giorni della gestazione cf. Mansfeld , Peri Hebdomadon, 1 67 -68. Paralleli in Ps. Iamb. theol. arith. 64 ,.5 - 13 e Macr. in Somn. Scip. I 6, 1 5 - 1 6 . In Ps. A rist. probl 895a2 5 - 3 0 si accenna alla eccezio­ nale irregolarità che caratterizza il periodo di gestazione degli uomini (dai 7 ai lO mesi) rispetto a quello degli altri animali. w Con l'espressione àcf EtÉpac, àpxi'jc, (cf. Th. exp. rer. math. 3 4 , 16: EtÉJXI òè: rrtiÀtv l:crù taE,tc,. .. twv àltò J.Wva&x; rroÀÀruù..ucri.wv àpi.Gp.Wv) Plut. intende richiamarsi all ' inizio dd capitolo precedente, in cui i numeri notevoli venivano trattati per mezzo dell ' addizione. Qui, invece, egli opera per moltiplicazione, che rappresenta certamente un «diverso inizio», nel senso di nuovo, ma anche una diversa procedura. Il vocabolo arche sembra dunque ricorrere in due dei suoi significati principali: come inizio e come principio. Va comunque segnalata la contrapposizione KUtà mJv8Emv-Kutà rroÀÀU1tÀUmu�v. che dove­ va essere abbastanza diffu sa nei trattati aritmologici circolanti nei pri­ mi secoli dell'èra imperiale. 2'8 Infatti il numero 6 è dato dalla somma delle sue parti: l + 2 + 3 6. Plut. riprende e applica la defmizione di numero teleios che si trova in Eucl . elem. VII def. 23 ( 1 05 ,.5 H . S . ) : cf. Seide, Math. Stellen , 99. In questo caso, teleios indica la completezza, nel senso della capa­ cità di com prendere tutte le sue parti. Paralleli in Th. exp. rer. math . 45 , 1 0-22 e 1 0 1 ,6-9, Nicom . intr. arith. 3 9 , 1 4 ss.; altre indicazioni in Cherniss, 278c e M ansfeld, Peri Hebdomadon , 5 1 . L'identificazione tra numero perfetto e numero nuziale viene ri­ cavata da Plut. sulla base del testo di Rp. V I I I , 546b3 ss. , dove vi si allude all'in terno di una discussione sui riferimenti cosmici e geometri=

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Commento

ci dell'eugenetica sociale: cf. anche supra 1017 C e n. 1 3 6 . Il numero perfetto è quello del periodo dell'universo al quale occorre in qualche modo ricondurre i tempi di accoppiamento tra i guardian i (cf. lo stu­ dio analitico di Blossner, Musenrede, 1 1 ss. ) . Il carattere perfetto del numero 6 dipende anche, secondo Plut. , dall a presenza in esso di una mescolanza tra pari e dispari , rappresentati qui rispettivamente dal 2 e dal 3 . Per la medesima ragione, altre fonti attestano come yc:IJ.l.OS il numero 5 che corrisponde alla somma del primo pari con il primo dispari: Alex . Aph. in metaph . 3 9,8 ( Hayduck) e proprio Plut. de E, 388 C e quaest. rom. 288 C (cf. Burkert, Lore, 33 n. 26 e 467 n . 8 ) . Come è noto «pari» e «dispari>> rappresentano i predicati essenziali dei numeri fin dall'aritmetica alto-pitagorica: Eucl. elem. VII def. 5-6 ( 1 03 , 1 0- 12 H.S.) e Th . exp. rer. math . 2 1 ,20 ss. Accenni all 'aritmetica del pari-dispari si trovano in de E, 388 A, dove i numeri vengono divisi appunto in pari e dispari con la monade potenzialmente comune a entrambe le categorie; de/ orac. 429 B e quaest. Rom. 264 A: sulla presenza in Plut. di questo tipo di aritmetica cf. ancora Seide, Math. Stellen, 97 . 2•• Nell'aritmetica greca, e in particolare in quella pitagorica, la monade (o uno) non rappresenta propriamente un numero, bensì il principio dei numeri (àpxl't àpt8�v o àpt8j.I.Ou: de E, 3 9 1 A, da cf. con Ps. Iambl. theol arith. l ,4: J.lOVa>. In effetti, l'hypate fu così ban=ata perché costituiva la prima nota del tetracordo e il termine voleva indicare ciò che è primo (hypatos come punto limite nello spazio o nel tempo) , mentre nete si riferiva alia corda bassa, cioè l'ultima. Queste denominazioni risultano dunque strettamen­ te connesse all'uso degli strumenti a corde, anche se poi sono gradual­ mente passate a indicare le posizioni relative degli elementi di un sistema. Si pensi alia loro applicazione ai pianeti, con Satumo al quale viene assegnata la posizione dell'hypate (nota piu grave: cf. in/ra 1 02 1 A, e posizione piu alta) e la Luna che viene considerata nete (vicina alla Terra . e dunque bassa, ma acuta di grado): per tutto ciò cf. Bélis, A nstoxène, 135-3 7 . M a cf. le diverse corrispondenze riportate in/ra 1 02 8 F- 1 029 A m Perché 2 1 6 61, che è uguale alla somma di 6 superfici, ciascuna delle quali del valore di 61 36: Chemiss, 2 83 d . m I numeri i n questione sono naturalmente quelli della p rima operazione della dlvislo anlmae: cf. supra 1 0 1 7 D . In effetti la somma dei p rimi sei è uguale al settimo: l +2+ 3 +4+8+9 27 ( cf. anche A dr. apud Th. exp. rer. math. 96,5 -8 ) . m Cf. Th . exp. rer. math. 1 3 6 , 1 -3 e Cale. in Tlm . 1 60,9- 1 0 : u t luna quae iuxta cublcum numerum vrglnti e t septem dlebus clrculum suum lustrai. Aul. Gel . NA I 20,6: hulus numeri cubum Pythagoras vlm habere lunaris circuii dlxlt, quod et luna orbem suum lustre! septem et vlglntl diebus et numerus temlo . . . Per l'in dicazione di altri testi paralleli cf. Chemiss, 284a. m La ragione per cui i Pitagorici nominati da Plut. collocarono il tono nel n umero 27 risiede senz'altro nel fatto che esso rappresenta la somma dei numeri della dlvlsio che lo precedono. Plut. si riferisce in generale a e po­ tenzialmente possiede le caratteristiche di ogni tipo di numero (sulle im plicazioni filosofiche di questa posizione cf. N apolitano, Mathesis universalis, 476 ss. ) . Affermando che con l'inclusione dell'unità i n entrambe l e serie , il numero risultante equivale a quello delle decade, Plut. si riferisce al fatto che la somma dei primi dieci numeri dà 55 ( l +2+ 3 +4 . . . . + 1 0 = 5 5 ) , che è il risultato che si ottiene sommando le due serie: l +2+4+8 = 1 5 e 1 +3 +9+27 = 40 ( 1 5 +40 = 5 5 ) . La formula algebrica che con ­ sente di ricavare il numero 1 5 (5 ( 5 + l ) l 2 ) soddisfa la norm a gene­ rale dei numeri triangolari (n (n+ l ) l 2) per n = 5 (cf. supra n . 250) . li carattere notevole del num ero 40 viene, invece, fatto dipen dere dall 'essere somma di 13 e 2 7 , i quali in se stessi possiedono caratteri­ stiche rilevanti dal punto di vista armonico-musicale ( cf. in/ra nota successiva ) . 260 I f.UIGTlf.l!ItlKoi ai quali all u de qui P l u t . sono i Pitagorici ( cf. supra 1 0 1 8 E ) , solitamente contrapposti agl i (cf. m/ra, 1 020 D-F), cioè ai fautori di un approccio piu empirico alle questioni musi­ cali: cf. Cherniss, 287d. Non deve sorprendere piu di tanto la denomi­ nazione di diesis anziché leimma assegnata al numero 1 3 : cf. Cale. in Tim. 94 ,8-9: hemitonium quod dicitur, a veteribus autem dihesis appellabatur, limma cognominavit. Anche A dr. apud Th. exp. rer. math. 5 5 , 1 1 - 1 5 , attribuisce ai Pitagorici l 'uso di chiamare diesis ciò che ora viene definito ('tò viiv ÀC(Òf!EVOV TJf.ll't Òvtov) . Si tratta pro­ babilmente di una denom in az ione alto-pitagorica, forse riconduci­ bile a Filolao (Phil . DK A 26, da cf. con B 6, ma con le riserve di H u ffm a n , Philolaus o/ Croton , 3 64 s s . , condivise da Z h m u d , Wlssenscha/t im Pythagorelsmus, 1 85 n. 1 7 ) , i l quale chiamava appun­ to diesis il semitono minore: maggiori dettagli in Burkert, Lore, 3 95 ss. e ancora Huffman , ibid. 369 ss. Già A rist. metaph. I 2, 1 05 3 b 3 4 ss. considera il diesis l 'unità di misura assoluta nel genere m usicale; in de sensu , 446a2 arriva ad af•



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fermare che il suono tv tij òti:crn, l'in tervallo piu piccolo percepibile, sfugge all'udito, pur essen do potenzialmente coglibile. Per tutto ciò d. Bélis, A n'stoxène, 69 ss. 261 Qui tHpaK1:\x; indica semplicemente il numero 4, an che se non si può escludere un'allusione all a tetra de pitagorica, che era ap­ punto form ata dai p rimi quattro n umeri. Non si tratta in ogni caso della tetrade platonica: cf. Chemiss, 287g e supra, n. 238. 202 La doppia ottava corrisponde al rapporto quadruplo ( 1 6/4 4/ 1 ) e secondo Boezio sarebbe stata aggiunta, insieme all ' ottava piu quinta, alle consonanze fondamentali ad opera di lppaso (Hipp. DK 1 8 A4 ) : cf. Zhmud, Wissenschaft im Pythagorelsmus, 1 84-85 . Curio­ samente Plut. non si sofferma sulla presenza della doppia ottava piu quinta, che è prodotta dal rapporto triplo ( 12/4 3/1 ) , pur avendola precedentemente menzionata ( 1 0 1 8 E-F): cf. Chemiss, 288a. 261 Per il termine tetraletys cf. supra 1 0 1 7 D con nota ad locum (238). La tetrade, cioè la serie dei primi quattro n umeri, costituiva uno dei motivi centrali della riflessione alto-pitagorica. La somma di questi numeri è uguale a 10, il che contribuiva naturalmente ad accrescerne il significato. I Pitagorici erano soliti rappresentare la tetrade in una figura triangolare perfetta, costituita da tre lati di uguale lunghezza. Dal punto di vista fisico, la figura consentiva anche di visualizzare la scansione dimensionale (punto-linea-superficie-solido) e quindi con ­ densava in sé la struttura della realta (Th. exp. rer. ma th 94,4; ulteriori informazioni in Burkert, Lore, 72 ss. ) . D'altra parte, la tetrade posse­ deva anche un importante significato religioso, dal momento che ri­ chiamandosi ad essa i Pitagorici form ulavano il loro giuramento di fedeltà alla setta (Th. ibzd. 94 ,5 - 9 ) . Cf. Delatte, Littérature pythagoric/enne, 249 ss. La superiorità della tetrade platonica nei confronti di quella pitagorica viene caratterizzata da Plut. in due sensi: essa è ltotK!À.WtÉpa e tEÀEtotÉpa, cioè piu versatile, ricca e piu completa. Il primo termine dovrebbe riferirsi al motivo propriamente aritmologico, e alludere al fatto che la tetrade platonica include piu numeri e combinazioni ri­ spetto a quella pitagorica. Infatti, oltre a inglobare i numeri che danno origine ai rapporti consonanti fondamentali, la serie numerica platoni­ ca comprende il 40 (e conseguentemente il 27 e il 1 3 ) il 15 e il 5 5 , cioè la somma dei numeri della decade. La sua maggior completezza do­ vrebbe avere a che fare con la capacità di rappresentare nel modo =

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.

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migliore la scansione dimensionale, cioé il passaggio dal punto al cor­ po, il quale, rappresentando il completamento della serie, viene anche definito t ÉÀ.nov: cf. Cale. in Tim. 88,9: usque- ad per/ectum corpus ( an che Adr. apud Th . exp. rer. mal. 65 ,5 ) . Teone, attingendo molto probabilmente al commento di Adrasto al Timeo, nel presentare diverse serie tetradiche incomincia proprio dalla pitagorica 0 -2 -3 -4 ) e dalla platonica ( 1 -2 -3 -4 -9-8-27 ) , individuan­ done la differenza nel metodo di generazione: per addizione di un'uni­ tà, quella pitagorica , per moltiplicazione, quella platonica (Ad r. apud Th. exp . rer. math. 93 ,25 -96 , 1 2 ) . 2 "' La xwpa. all a quale allude Plut. è i n sostanza l'intervallo tra i n umeri postulati nella prima operazione della divisio animae . Sostendendo che l o spazio tra questi p r im i numeri non è sufficiente per l'inserimento dei medi, egli intende senz'altro dire che non è suffi­ ciente a far sì che i medi corrispondano a numeri interi. La questione dell'«all a rgamen to>> dell' in tera serie con la moltiplicazione per un va­ lore «X» di tutti i termini a comin ciare dal primo, rappresentò uno dei problema/a cui dette luogo la lettura del testo della divisio animae. Esso non potè che essere collegato alla questione della costruzione di una serie formata da soli numeri interi. Per quanto concerne l'allarga­ mento relativo ai medi inseriti tra i sette numeri, sarebbe sufficiente moltiplicare ogni termine per 6. Cf. in/ra 1 02 0 A ; B risson , Méme et Autre, 3 2 0 e piu in generale Ferrari , Commentari specialistici, 2 05 . 26' Si tratta dei due medi in trodotti da Platone tra ciascun inter­ vallo numerico della p rima serie ( 3 5 c2 -3 6a5 ) . Il medio aritmetico è dato d alla form ula algeb rica [a + b l 2 ] , mentre quello armonico ri­ sponde alla legge [2 ab l a + b]; per la presentazione che ne fa Plut. cf. Seide, Math. Stellen , 1 0 1 ss. La matematica greca conobbe undici diversi tipi di medi, ma solo t re appartengono alla tradizione alto-pitagorica e vengono utilizzati da Platone (Miche!, De Pythagore à Euclide, 3 69 ss . ) . Due sono quelli evocati nella divisione dell'anima del mondo, mentre al terzo, il medio geometrico, Platone allude a proposito della proporzione in base alla quale sono legati gli elementi che formano il corpo del mondo ( Tim . 3 1 c2 ss.: Burkert , Lore, 440 ss. e n . 8 1 ) . Il medio geometrico è dato dall a formula Y.h, e corrisponde a un termine che sia di tante volte m aggiore di un estremo quante minore del secondo (ad es. 4 è medio geometrico tra 2 e 8 ) : cf. Zhmud, Wissenscha/t im Pythagoreismus,

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1 62 ss. Porfirio riporta un brano attribuito al de musica di Archita in cui vengono definiti i tre medi. Quello aritmetico è tale da esse re m aggiore di un estremo dello stesso valore numerico in virtu del quale risulta minore dell 'altro. Il medio subcontrario, definito anche armonico, è invece tale da essere superiore a un estremo in base al medesimo rapporto per cui è inferiore all 'altro. I numeri 6-8- 1 2 formano tra di loro una proporzione armonica perché il medio (8) è in rapporto di 4/ 3 con il termine minore (6) e contemporaneamente risulta inferiore al term ine maggiore ( 1 2 ) in ragione del medesimo rapporto, essendo 1 2 4/3 d i 8 ; detto i n altre parole: l a differenza che divide il medio dal­ l'estremo minore rappresenta 1 /3 di questo estremo (2 1 13 di 6 ) , mentre quella che l o divide dall ' estremo m aggiore risulta essere anco­ ra 1 /3 di quest' ultimo (4 1 /3 di 1 2 ) . Cf. com unque Porph. in Pt. harm. 93 ,7 ss. Arch . D K 47B2. Sebbene Plut. qui si serva del termine , per poi essere ribattezzato «armonico>> all 'interno del circolo di Archita e lppaso ( !ambi. in Nic. intr arith. 1 00 ,22 - 1 0 1 5 e 1 1 3 , 1 6-22 : cf. Burkert , Lore, 44 1 ss., e Chemiss, 290b ) . 2 "" Tra ttandosi di serie n u m eriche, i l senso richiede d i sottointendere in entrambi i casi àvaÀcryUx. Infatti, propriamente par­ lando, i numeri in questione non sono termini di medi, bensì di rappor­ ti proporzionali. Per questa distinzione cf. Miche!, De Pythagore à Euclide, 365 -69. 267 Owiamente «by the same fraction of itself» (Chemiss, 2 9 1 c ) , vale a dire dello stesso valore numerico. C i ò viene detto chiaramente in Nicom . intr anth. 1 32 , 1 8-20: 6 J.l.ÉOOS i:mrwii J.l.Épt:t n� crin: f!riswv =

=

=

1:E KUl ÈÀ!inwv 1: WV ÈKU1:Épw9t. 2 68 La proporzione a ritmetica 6-9- 1 2 prevede la medesima diffe ­ renza numerica tra il medio e i due estremi, che è ovviamente uguale alla stessa frazione del medio stesso (3 1 /3 di 9 ) . Mentre nella p ro­ porzione subcontraria 6-8- 1 2 , i due intervalli n um erici (2 e 4 ) corri­ spondono all a medesima frazione dei due estremi (2 1 13 di 6; 4 Il 3 di 1 2 ) . Le ragioni della denomin azione di «Subcontrario>> assegnata a questo medio rim angono abbastanza oscure: cf. Iambl. in Nic. intr. =

=

=

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Commmto

arith. 1 1 0, 1 7 -23 e Nicom . intr. arith. 1 3 2 ,2 1 con la nota d di Cherniss, 291 . 269 I rapporti prodotti dai numeri 6-8- 1 2 corrispondono a quelli delle consonanze musicali fondamentali: 1 2/6 ( 2/1 ) costituisce un'ot­ tava; 1 2/8 ( 3 /2 ) corrisponde all a quinta, mentre 8/6 ( 4/3 ) rappre­ senta il logos della quarta. L'appellativo di «armonico>>, applicato sia alla p roporzione sia al medio, dipenderebbe dalla possibilità di riferire a ciascun rapporto una nota del tetracordo: Burkert , Lore, 44 1 n. 83 : «if one assigns the larger number to the Nete: 6 is Hypate, 12 is Nete, 8 (the harmonic mean ) is Mese, and 9 (the arithmetic mean ) is Paramese>>. È chiaro che in quest'ultimo caso il carattere musicale verrebbe esteso anche al medio geometrico. 17 0 Eudor. fr. 7 Mazzarelli. Eudoro riportava il metodo di forma­ zione dei medi nel suo Ù11:0f!.Vf1J..IO. dedicato al Timeo. È probabile che egli riprendesse, magari semplificandole, le formule degli esegeti pre­ cedenti. Tutto ciò non fa che confermare il suo ruolo di filtro tra i p rimi commentatori e Plut.: Hershbell , Analysis, 2 3 9 e Helmer, De procreatione, 13 n. 1 8 . 27 1 Si potrebbe ancora sottointendere avaÀoytu qui e appena sotto ( bn n1s apt8f111nKf1s l ùmvuvùus avaÀoytu>. Per i numeri derivati da 2 vale l'equazione: M h a/3 + b/2 , mentre per quelli derivati da 3 la formula algebrica è: M h a/2 + b/3 (cf. Seide, Math. Stellen , 1 02 ) . La legge generale (valida per nume­ ri doppi e tripli) per ricavare il medio armonico viene presentata da . Nicom . intr. an th . 1 40,8- 1 3 : e equivale alla formula algebrica: M h [(b-a)a l a+b] +a; cf. anche Th . exp. rer. math. 1 1 9,5 ss. Nessuno di questi autori espone la formula piu semplice che ricava il medio armonico dal doppio del prodotto tra i due estremi =

=

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Commento

diviso per la loro somma: 2 (ab) l a+b ( cf. Chemiss , 296-7a ) . m Terminato l'esame dei medi d a inserire negli intervalli prodotti dai primi numeri della divisio animae, Plut. affronta la seconda que­ stione anticipata in l O 19 B-C, quella dell o spazio (xc.)pa.l tra un nume­ ro e l'altro. Non si può fare a meno di osservare che Plut. , dopo avere utilizzato in senso generico il termine xwpa., gli affianca quello di imoòox.iJ , che secondo Tim 49a6 rappresenta una delle caratteristi­ che del terzo principio, quello spazio-materiale. Entrambi ricorrono qui in un'accezione del tutto diversa da quella del Timeo, ma è curioso constatare come questo trasferimento di ambito sia avvenuto in cop­ pia. L'insufficienza (oi.Jx. 'umvl'Jv) alla quale accenna si riferisce all ' im­ possibilità di formare medi equivalenti a numeri interi partendo dai valori indicati da Platone. Il numero 6 rappresenta invece il primo fattore che consen te l'inserimento di entrambi i medi ricorrendo solo a numeri interi sia per la serie doppia che per quell a tripla: Brisson, Méme et A utre, 320 n. l . Naturalmente per aumentare gli spazi man­ tenendo inalterati i rapporti, è sufficiente moltiplicare per il medesimo coefficiente tutti i membri della compagine. Il soggetto di aUé,ovw; dovrebbero essere i commentatori del Timeo, e in generale tutti coloro che hanno affrontato la quaestio relativa al reperimento del coeffi cente funzionale alla costruzione di un sistema formato da soli numeri interi. m Plut. insiste apparentemente sulle qualità aritmologiche del numero 6, ma è chiaro che in questo contesto il significato del numero dipende dalla funzione di aumentare gli intervalli tra i numeri e rende­ re così possibile l'inserimento di medi «interi>>. Anzi, proprio la con­ statazione che il numero 6 possiede la metà e il terzo esprimibili in numeri interi, indusse a verificare la possibilità che fosse questo il numero in grado di soddisfare l'esigenza richiesta: cf. Procl. in Tim. II 175;1.2 ss. Sulla rrp6j3ams rorò t�a&x, cf. Ps. Iambl. theol. anth. 5 1 ,9 ss.; cf. anche Cale. in Tim. 89;1.2: quia sex numerus /acit unum limitem . . . ; cf. Cherniss, 297e. m L'introduzione negli intervalli prodotti dai medi di due rap­ porti di 9/8 rende del tutto insufficiente la precedente operazione di moltiplicazione. In effetti il numero 6 non possiede una parte di 9/8 esprimibile in interi . Per questa ragione i commentatori furono co­ stretti (Tjv66yyw v hEpOtflopà ( cf. supra, n. 1 99 ) . Questa seconda definizione corrisponde a quella presente in Aristox . elem. harm. 20,20-2 1 , l : òu:lcrtfiJ.ill ò ' Èm:t t ò \mò òOO �80yyw v Ù)plO}l.Évov fllÌ tt']v aùtt']v tamv cy6vtwv e a lui attribuita anche da Porph. in Pt. harm. 9 1 , 1 -3 : Katù ÒÈ t ou Kat li.cn:potc; ÀOyOl Kat dÒTj Kat éutoppoa"t wu Owu f!Évoum (3 75 A­ B). Nel cielo e negli astri i principi e le forme matematiche derivate da dio permangono, e dunque possono esercitare un'azione piu incisiva, mentre a livello terrestre essi si disperdono, anche in virtu dell'influsso determ inato dal principio irrazionale e negativo: Ferrari, Strutlura del cosmo, 1 3 8 ss. Sebbene l'anima del mondo m anifesti la sua azione ordinatrice prevalentemente a livello astrale, anche al di sotto della regione lunare essa esercita in qualche modo la sua dynamls. La regolarità del ciclo delle stagioni, causata anch'essa dal movimento degli astri, costituisce l'emergenza fenomenica piu significativa della presenza di un ordine anche ru:pt tJÌV 'fliv. In Is. et Os. 37 1 A-B l'éutoppmì Kat E'l KC,)v t�tvof!ÉVTI di Osiride, cioè la manifestazione sensibile dell'aspetto noetico-razionale dell'anima (tv 'ITUXi;t voUc; Kat ÀOyoc; ) , si esprime, oltre che tv OÙpaVCÌ> KUl acn:pou;, anche Wpal