La poesia astrologica nel Quattrocento

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BBNEDETTO SOLDATI

JJA POESIA ASTROLOGICA NEL QU.A.TTU.OCENTO

n.IOEROHE E STUDI

IN J.c'JRENZE G. C. SANSONI, Elli'I'ORE

IUOO

I'ROJ'RIBTÀ l E'l''l'KUA 111A

Firenze, 8Uih. 11. CArloOIIII'CChi e ftali - Piazza Ml!ll&llna

A MIA MADRE

INDICE

PaE~J.ZIOIII





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Introduzione . . . CAPIToLO I. - B:asinlo da Parma ,. Il. - r..orenzo Bonincontri da San Miniato . » m. - I due poemi del Bonincoutri . . . . IV. - Giovanni Pontano e la confutazione del Pieo. v. - l poemetti astrologiei del Pontano. Indici dei numi u dcllll collll uotevuli. . . . . .

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PREFAZIONE

Parecchi anni fa, mettendomi a studiare la figura poetica del Pontano, alla quale mi attirava una singolare ammirazione, mi proposi tre ordini di ricerche: la ricostruzione critica del testo di tutti i Cm·mi, il commento letterario e storico delle liriche, l'illustrazione estetica e scientifica dei poemetti astrologici. Al primo proposito . diedi già compimento con l'edizione, condotta sulle stampe originali e sugli autografi, ed uscita per i tipi del Barbèra nel 1902; a soddisfare al secondo, che per sua natura richiede maggior varietà e difficoltà pratica d'indagini, continuo ad attendere, quando le comodità della residenza e dei lib1·i me lo permettono, senza fretta e con fiducia di vederne forse presto la fine; il terzo, in origine assai piu modesto, mi s'è venuto a poco a poco allargando, approfondendo, sf che n'è sorta in ultimo la presente monografia. Alla quale sono arrivato qua.c;;i senza volerlo, ]asciandomi guidare ilalla torza oggettiva dei fatti e dei documenti, che la curiosità critica e lo scrupolo di veder chiaro in ogni questione nuova, venivano accumulando nelle mie carte. Accadde cosi che la ricerca degli au'tecedenti di quel genere poetico, che possiam chiamare astrologico, cioè dei primi anelli di quella catena, della quale il Pontano rappresenta l'estremità a noi piu vi-

VIII

PRIronostico, genitura, oroscopo e simili; qui basti ricordare una delle capitali teorie, la quale insegnava come all'atto della nascita - secondo alcuni, anzi, della concezione -· di ogni uomo, la figurazione del cielo, cioè i rapporti delle posizioni dei pianeti rispetto alle grandi linee del quadrante ed alle costellazioni, segnatamcnte a quelle dello Zodiaco -figurazione che prendeva appunto il nome

  • revisioni iniziali: onde nuovo amttlio di vicende, di correnti, di ambienti morali. Affidiamo al poeta questa enorme quantità di materia umana, con la piena libertà eU pcrcorrcrln in lungo c in largo, sol che di tanto in tanto ci ricltiami alla fonte celeste, cd avremo un nuovo estesissimo campo
  • ocsia; il tonò della quale 11i6 che all' epica, pit\ che alla. lirica, si avvicina c coofomle colla drammatica. Ci rappt·esenterà egli scene lugubri, vite 11rotmUe acl clelitto e nel dolore sotto la mano ferrea del fato f avremo lta tt-agcdia. Amcrtì. 'li }>referenza trascorrere in mezzo aHa infi· nita varietà. Osto non Jlrincil>&le.' Invece al termine ,]j questo intervallo nasce l'indagine scientifica, c si prolunga nella tradizione li! certe scuole filosofiche greche e rreoo-italichc fino ai ]>hi bei tempi della civiltà ellenica. Si pone da principio nella scuola pitagorica il problema delle cosidcttc retrograW..zioni (lei l>ianeti inferiori, il pro· • liAila tracluzlonc el1o G. C&nA dioclc nel 1110 Sfl!}gio tli 1111cdi 1t0pra il carme l'Jsiotleo ecc., In llir1. filol. cla~~~iea, 'l'orino, 1874, 1'· 4~4 ~W· Cfr. 110re s. GvxTIIIR1 GesciMchl• atdilum NaftwrrisMW:ha(l, ll6rdl1Dfcll, 1880, p. 92 !llrlr· • A. Cuun, I.a poilftc alu:at~tfrWic sous l• lroHI pretaia-s Jllo,.,... l'a· ria, 18891 l•· 446; c A. llovclllt-r.art.ERCQ, I/Atclrologic gruqttt, l'ari., 18111, l'· 12 c 76.

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    INTRODUZIONE

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    blcma. cioè che tendeYa. ad una spiega:r.ionc razionale delle anomalie, che si osservavano nel corso z011iaca.le di Mercurio e di Venerc, dato che il centro delle loro orbite si avesse a trovare, come ere(lcvasi comunemente, nella Terra.. Non oc· corre rieonlare che la soluzione pitagorica. (li tal problema venne a rimotare profondamente le idee predominanti, ed ebbe un potente influsso anche sol pensiero di Platone. Giacché Platone nei primi scritti conservava l'opinione antien., assai pio roJigiosa e poetica che filosofica, (l'un sistema geocentrico, nel quale la Terra immobile era creduta trapassata da una spola (li diaml\nte, intorno alla quale, col fuso della Neeessib\, si avvolgevano le otto spole deferenti, che conducevano in giro i corpi celesti. Da questo concetto, che si legge nel Fedone, il grande filosofo era però già passato a concetti meno fantastici e mitologici, esposti specialmente nel decimo libro della Re· pubblica e nel Tinteo, quantunque sempre rimanesse nell' errore di ere(lere il nostro pianeta centro dell'universo. 1 « Ma (10110 cb' ebbe presa cognizione delle dottrine pitagoriche, si senti attratto da quelle, e nelle sue idee cominciò a predominare il moto diurno della Terra, sia rotatorio, come vuole Ari· stotele, sia rivolotivo, come appare da 'l'eofrasto. E tanto giunse a convincersi della verità di questo movimento, che dichiarò l' 011inione contraria essere ingrata agl' Itldii, e appena perdonabile alla (lebolezza ()i quegli uomini, ebe non partecipano alquanto dell'intelligenza dh•ina ~-~ Il uuovo indirizzo trionfava cosi nella scuola del maestro, dove anzi un discepolo lo raccoglieva e perfezionava: era questi Eraclide Pontico, al quale si deve l'aver concepito l 'ipotesi che il centro delle orbite ()i Venero e Mercurio sia il Sole, ehe il Sole sia pure il centro (lelle orbite di Ma.rte, Giove e Saturno, che la Terra abbia un movimento di rotazione intorno al 11roprio asse, è finalmente che la 'l'erra abbia pure un movimento annuo di rivoluzione intorno al Sole. Non mancava che la dimostrazio~e, • E. ZKLLu, Die Philosoplak der Grieclam ira ihr~r geschichtlichfJR }f;Jittoicklung, T.elpzlg, 1880, H, p. 664 sgg. • o. v. ScHr&PAKELLI, I pr~cursori di Ool"'nico nell'mtticlaità, in J»ub. blicae. del R. 088Crvatorio di llrcra, Milano, 1873, Il. 211.

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    INTRODUZION}!

    o l' aft'ermazionc recisa della verità di questa ipotesi ; c qnc· sta s'ebbe nei libri di Aristarco di Samo, discCJlolo cli ENL· cliclc, vissuto sul principio Uro ad entrare in argomento, lliscorrcndosi in )>rimo luogo del cielo pifl ampio, cioè dell'Empireo, dove Iddio ha la sua sede. Detto del J>rimo molJile, si JMlrla l Sull'impressione che riceviamo dalle J111Cine di Cccco mi 11iMie riportare testuale Il qaentu felice ghldizio eli r. BaaloL&, op. elt., l'ClPO l\: c r.' Acerba è, pinttoato elle 1111 paesani o, 11n muaen, nel quale t.11tto '' hnmebllc, lscheletrlto, mnnmliftcato, e solo cii vivo vi I'AIIIIIIfiÌa •'raiMIC!Ieo Stabili :t. t J.o. Sf'era, libri quattro In ottava rima scritti nel Ree. XIY da r. (,110K&RIIO Dn1, eec., ora con due libri 1arima aarhuativi da r. lho. 111. Tm.ORAKI DA CoLLI,. ecc., dati nuovamente In haee clall' avv. o. Galletti, Roma, 18811,

    INTRODUZIONE

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    del cielo stellato, nel quale si raggrtt)lpano le costellazioni, tanto quelle comprese nello Zocliaco, quanto quelle esterne ad esso; quindi partitamcnte si elice di tutti e sette i pianeti e del loro influsso. Come si vecle, il sistema dell'universo, se ne togli certe conclusioni astrologiche, di cui avremo ad occupn.rci, è fondamenta) mente quello scolastico; come scolastiche sono la descrizione degli elementi e le notizie intorno al calendario, che ~mpongono, nella sua parte eBSenziale, il libro secondo. I due libri rimanenti, d'argomento geografico, per quanto intimamente legati col resto dell'opera, non banno intereBSe per noi. Importante è invece il ricercare come l'autore, - che fu dedito alla religione e fratello di Leonardo, genemlc dei Predicatori,• ma non per questo rifuggi, come pare, dal servirsi di fonti ambiche,• - si sia comportato nella questione astrologica, la. pi6 delicata di tutte anche , presso gli scrittori enciclopcdici da noi finora esaminati. L'influsso, adunque, per il Dati, se gli diamo ascolto quaD(lo discorre dell'ottavo cielo, è una proprietà indiscutibile delle stelle fiBSe e dei pianeti, per quanto sia difficile agli uomini il saperlo in molti casi interpretare: Dentro a si grande e tal circumferenza Di stelle sono un numero infinito, E ciascuna produce sua influenza Ne' corpi umani e nel terrestre sito, Benché di poche se n'abbia scienza, Perché sovente rimane smarrito Chi dà giudicio di cose future, Perché di tutte non sa lor nature. 3

    Però questa incertezza, dovuta unicamente all'ignoranza umana, non impedisce logicamente allo scrittore di determinare l'azio_ne l V. Ross1, n QuaUrocmto, clt., p. 167; c, de1lo ate1110, Iczeopo tl'.Albi•J zotto Guitli e il suo inedito poema su Vcnuia, io N • .Archivio 11etlflto,

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    1893, ••• ~t R. NoaD&KsrnoLD, Dt:i

    disegni 111arginali ftfJgli atltic1ti fiiGfiOIIcritti tlella c Sfera:. tld lJati, iu LG Bibliofilia, 111, 2-1, l'ireoM, 1901 1 p. 49, io uota. 3 La Sfera, lib. l, at. 8.

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    IN'fRODUZIONE

    fisica e, in certo senso, morale di ciascun piane&& sulle coee terrene; onde leggiamo di Saturno: Questo pianeta ci fa contemplanti E pensativi o casti e bene astuti; Sottigliezza d'ingegno han tutti quanti, Sono al ben far, siccome al male, acuti ; Chi ~ de' suoi si vedo· per sembianti1 Che sopra gli altri son molto avveduti ; Il uomo fu di uom che D.Rcque in Creta Ed ebbe la natura del pianeta.. l

    Fin qui le cose llrOCedcrebbero dunque assa~ chiare, se non si sollevasse un intop110 improvviso, 'love il pio scrittore, forse pcntito d'essersi lasciato traviare dai suoi ma.eMri saraceni, esce in questa dichiarazione, che tende a salvare il libero arbitrio: Di tutte queste passioa sicura È l'anima, che segue sua natura; 1

    con i quali versi si cerca di scindere il principio i~Mellcttivo dell'uomo dal 'l>rincipio corporeo, in cui si comprendono anche i sensi c le attitudini, diremmo noi, naturali del auo spirito, s in modo cbe 'tu ello sia ritenuto libero dall'influsso, e 'luesto atl esso soggetto. In altri termini, mentre il temperamento nostro, dal quale ri11ctiamo soltanto l'impulso a questa o a quella azione buona o cattiva, sarebbe, per il Dati, opera di stelle, cioè di natura pZattetaria, la nostra ragione, di tta· tura divina, sarebbe libera ne' suoi giudir.t, dominatrice 'Ielle passioni, come Dio è dominatore delle sfere, e quindi rc&J>onsnbilc dei 11r01>ri atti davanti a lui. La soluzione è sen:aa dubbio ortodoiHIA, per quanto sottile, e ci richiama . . . i da vi1

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    lA Sfera., lib. 1, st. 18. La Sfera., llb. l, st. 34.

    a Non a caso, danque, fin da J•rinclpio il Dati &YC\'& lll!ritto ehe rll aetri inftuhreono c no' cor1•l umani e nel terrc~tre alto ... Quanto poi alle tenclenze naturali dello spirito r.on,iderate come Intimamente con..-o col corpo umano, ~riova rlconlare ello Il poeta espre•aanento ai richiama alla dottrina IJ•poeratea dei quattro principali temtMiraaaentl, riftellllo dvi quali 6 coei visibile aerll stati paichicl uoetl'i: Y. La. S(tra., llb. Il, "'· :!8·31!.

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    INTRODUZIONE

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    cino, gettando anzi luce su di esso, il concetto astrologico di Danie. Religiosa del pari, se non nuova, come abbiamo veduto, è nn' altra. teoria, secon(lo la quale il poeta viene interpretando allegoricamente i principali corpi celesti come significazioni degli attributi di Dio, in modo che, per esempio, nella unione di tre elementi distinti, corpo, calore e luce, generati nel me· desimo istante, ma proce(lenti il secondo dal primo, ed il terzo dal primo e dal secondo, cioè nel Sole, che è la pio bella delle creature e la pio degna, vede significato il mistero della divina Trinità: Chiaro splendore e fiamma rilucente, Sopra tutt'altra creatura bella, Di te considerar manca ogni mente, Di te a parlar vien meno ogni favella; O luce, che allumini la gente, Nobile piu che alcuu' altra stella, Tu rendi al mondo figura di Dio Pili ch'alcun' altra cosa, al parer mio. 1

    Parrebbe pertanto, dato il carattere teologico di queste dottrine, che la. Sfera non sia. stata un'opera .di divulgazione semi-popolare, indirizzata soprattutto, come fu oBScrvato da un illustre geografo moderno, 1 agli uomini di mare. Bisogna però avvertire che la parte teorico-religiosa, importante per noi in grazia del punto di vista da coi ci siam messi ad osservarla, nell'economia dell'opera occupa un posto non grande: quanto al· l'astrologia, per esempio, ciò che pio è mcBBo in mostra è l'elenco degl'influssi, non la natura dei medesimi~ L'assetto generale espositivo è inoltre semplice, senza alcuna di quelle visioni, di cui si compiacquero i primi imitatori di Dante, e la for~a è veramente popolare, nel metro piu dolce e nello stesso tempo pili adatto a spezzare come in tanti ca11itoletti simmetrici l'or·· dinatt\ materia. Non mancano poi, accortamente disseminate nella fluidità tutta toscana delle ottave, immagini esteticamente l J..a S(tWa, lib. 1, st. 18. ' E. NoaDUiltiULD, op. loe. eit.

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    INTRODUZIONE

    pregevoli, frasi incisive, miste a certi riconli di versi tlan&e· selli, che rivelano il culto 1lcl grande fiorentino mantenuto vivo io mezzo ai suoi concittl"lini. Si direbbe, tenuto conto della diversità. del tcmtJO, della prcJlarazionc e llcll' arte, che con q•est' operetta si ritorni all'antichissimo spirito didascalico esiodeo, nel quale, acc.'Lnto ai dettami della scienza, la poesia, qua c là intercalata, andava nutrendosi llel vivo sentimento della natura. Si sente nei versi del Dati, senza poter ben Jlrccisarc i punti onde emana, un alito di freschezza c di disinvoltura, ignoto al Medio evo, che preannunzia il fare agile, largo, cosciente dell' Umanesimo. Del resto la piu bella prova del favore iacontrato fra il }lO}lOlo colto dal nostro }locmctto è il numero strngran1lc dci codici, alcuni dci quali accuratamente illustrati, che se ne fecero )Jer tutto il secolo x\', omlc è raro il catalogo di antica biblioteca che non ne elenchi lliu d'uno; 1 ed il numero tmrc notevole Ili edizioni, a cominciare da quella princi)JC, che risale al 1482. 2 Altra prova che anche a distanza di pili d'un secolo esso ancora correva per le mani della gente, sono i libri quinto e sesto, o complemento della trattazione ~co­ grafica, che abbiam visto manchevole, dovuti, sul princÌJlio del secolo XVI, alla }lenna 'li frate Gio. Maria Tolosaui domenicano. 3 Ma già mi accorgo che col nostro discorso ci troviamo snlla soglia del Rinascimento, oltrepassando la quale condurrei il lettore fuori dei confini lli questa mia, ormai troppo lunga, introduzione. Nella quale, concludendo, vorrei c•cr riuscito, senza pretesa d'originalità di ricerche e di giudizi, a rapJlrcscntare come in un quadro i principali periodi della }lOCsia del ciclo antica e medioevale, a lletcrminare le diverse corl E. NoaDIIIBitOLD, op. loc. clt. Tre manoacrlttl 100 reglatraU aolo nell'inventario degli Aahburnbam p0118dutl dalla l.aurenzlana di FlreHC; cioè l ''·' 437, 61'J6, BM, nnoYa setrn.; o nella Vatlcana ICI ne trovano, nei diversi fondi, anclto In magclor copia, o fra gli altri uno ce n' 6 cii notevole valore In quello C."l'l'onlano, aeJfllato rol n.• J;G, sotto Il titolo erro1100 di .tUcHdc itt ottatm riNia, attribuito l'alsa!Uento a l.orcnzo Doulncontri. • o. Ltut, op. elt., II, p. 221. a La S(tra, ed. cit., oolla seconda parte: e D. IIAIIIt, op. elt., p. IIW 111·

    IN'fRODUZIONE

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    rcuti llel pensiero scientifico ed astrologico, c1tc a quella forni la materia, a mettere infine in rilievo quei prcgt d'arte, che anche iu nn genere cosi astruso non vennero molte Tolte a mancare. E \'orrei aver raggiunto il mio scopo, ch'era di preparare quei lettori, che nou fossero versati espressamente nella filologia classica, nella letteratura melliocvale e nella storia della filosofia c della scienza, alla lettura dci poeti astrologici del Quattrocento, dimostrando loro per sommi capi a quuli tradizioni codesti nuovi scrittori si dcbban ricollcgarc.

    Buinio da Parma. l. La ecoperta dei classici dell' aatrooomia nel Riaaacimeoto. Per quali ra· giooi Arato ebbe per il primo uo imitatore ael poeta Duiuio Daeini da !•arma. - Il. A.oalisi dei due libl'i A1tro11omfo' di Buiaio. - Jll, l!'onLi dei medesimi. -IV. Loro valore scieatiOco, letterario e storico. - v. Loro tortuaa.

    l Quando si rafforzò in Italia la Rinasccnza, in fatto di poesia astrologica perdurava fra il popolo colto la tradiaioae medioevale, rappresentata specialmente, come abbiamo veduto, dalla Sfera del Dati ; ma già nella classe erudita, presao la quale s'erano iniziati lo studio c la ricerca delle opere antiche, acquistavano favore i risorti monumenti dell'epoca classica, o almeno taloui dei princi,,ali fra di essi. La corrente volgare era, naturalmente, meglio intesa c llili larga; ma quella dotta aveva il sa1,orc del nuovo c il pregio ti' essere anticn, onde, comc~bé non sem1lrc intesa a tlovere, ebbe per tempo non solo studiosi, ma imitatori, c forse prima imitatori che sert stn· tliosi. Né si ritenga quest'ultima osser\•azioue come sfnggita111i a caso. È un fatto che i poemi astrologici greci c romani prima iSilirarono, nel Quattrocento, i poeti, c poi ebbero commenta· tori : vicenda che nou è, tlcl resto, contraria al logico SV()Iginrcnto tli CO(lesto genero tli fatti estetici, e che 11i riscontra analoga nella storia, per cscmllio, dell' Cl>ica e della lirica, le quali, I,rima di raggiungere la t,crfetta fusione tl~li elementi classici coi medioevali, passarono, in questo periodo, ller ono statlio tli acrvile imitazione. Quanto all'astronomia, non era invero un'imt>rcsa agevole, singolarmente nella 1,rhna

    DASINIO DA PARKA

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    metà del secolo dell' Umnnesimo, che el) be un'impronta tutta artistica e letteraria, penetrare con l'analisi scientifica nelle teorie matematiche codossiane so coi poggiano i poemi di Arato e di Manilio : per arrivare a indagini tanto profonde occorrevano pio anni e maggior maturità, non la fretta, non la febbre di quei primi ricercatori e banditori della bellezza JUI.gaoa. Quanto poi all'astrologia, che usciva appena dalla lotta medioevale contro la Chiesa, non bene affermata o meno purificata dalle volgari misture di magia e d'altre pratiche occulte, essa contava una schiera infinita di cultori, o meglio di gente che ne facea professione ed esercitava il mestiere; ma non ancora aveva raggiunto il grado di elevazione necessario })Cr comprendere a fondo le dottaioe maniliane, nelle quali, come abbiamo dichiarato a suo luogo, ba non piccola parte la filosofia greca, specialmente la stoica. Verrà tempo che gli astrologi nuovi s'atteggeranno a filosofi, intrecciando i loro problemi con quelli delle risorte concezioni del platonismo e dell'aristotelismo non scolastico; allora essi ci daranno i com· menti e le polemiche sugli Astronomici; ma già avremo var· cata la metà del secolo xv. Ho detto adunque che alcuni dei pio notevoli monumenti dell'antica poesia del cielo, finito il Medio evo, rividero la luce: vediamo quali, in che ordine c in che misura. E prima (Jj tutto ricordiamo che qualcuno dei libri astronomici classici s' era conservato anche durante il periodo di mezzo; come l'opera, io prosa, è vero, ma d'argomento e d'origine poetica, di Igino, la materia della quale anche dalle enciclopedie, qua e là, in· negabilmente trapela. Pea·ò le imitazioni di essa sono in co· desta età spesso seeomlarie, sempre timide e scolorite, onde non si può a tale a·iguardo pal'lare di vera azione efficace ; ed è lecito perciò, quando la vediamo usufruita largamente come fonte mitologica di prim'ordine all'inizio del Rinascimento, proclamare la sua risurrezione lettm·na·ia, se non proprio dal sonno, dal torpore in cui era sepolta. l In secondo luogo, il l Un Indizio di notevole dill'ualoue è, per l'opera lglnlaoa, il buon nn· mero cii manoacrltti umaniatlel nel quali è ricopiata, apeaao con numerose Uluatraziooi a p!!IIDa ed a colori ; auchc ltl edizioui piu antiche eon fornite

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    CAPITOLO PRIMO

    poema di Manilio, di cni nel Medio evo s' era perduta ogni notizia, venue ritrovato 11er la prima volta da Poggio Braccio· lini in un veechio·codiec del monastero di San Gallo, fio dall'anno 1416.• È doveroso tutta vi& subito soggiungere, seconclo le osservazioni testé fatte sullo studio dei teo~~ti antichi, che codesta SCOllCrta fn pressoché infruttuosa fin verso la metà del secolo, né ebbe influenza vera e profonda sul pensiero e sull' arte nmnoistica che al tempo del ritrovamento del secondo codice, avvenuto a Monte Cassino per opera del Panormita, come pio innanzi si vedrà. In ter"o lnogo viene Arato, la cni conoscenza in Italia rimonta almeno al 1438, quando il pio notevole codice del Jloema di In i ci venne clall' Oriente colla libreria del Bessarione; mentre con grande probabilità già dovevano essere noti i suoi traduttori. 1 Ora ad Arato, a differenza di quanto accaclecialmente d'Italia: nel Basini è ancora ispirazione sentita. Belli\, abbiamo detto, è la forma. La lingua è pura ; pregio non mediocre, ehi pensi cho il Basini scriveva quando aa>pena at>I>Cna si era toccata la metà piamo ufficialmente avesse mai esercitato, ma che forse era stato il primo passo della sua earriera in gioventu, quando aveva servito nelle bande sforzesehe. Anzi, eurioso ritorno alle prime abitudini, riprendeva ora settuage· nario, e sia pure senza indossar l'armatura, la vita militare, al ségnito del nuovo suo principe. 1 Per il quale si pose a serivere dei presagi celesti non solo, ma un'operetta storiea intorno alla vita di Muzio Attendolo, contemperando eosi la pra· ti ca dell'arte con un piacevole ed utile esereizio letterario. Sennonehé anche il periodo pesarese ebbe nella sua vita breve durata. Moriva nel luglio 14:83, aneor giovane, Costanzo, e gli succedeva Giovanni, presso il quale forse pochi mesi si l L'attestazione sicura trovasi nella famosa lettera di llarailio a Mar· tino Uranio, in Flcnn Opera ci t., p. 936, ovc si legge: c lo aetato vero mea iam matura familiares, noo aoditores •••• Laoreotlus Bonioeontros etc•••• ,, ' Il TI&ABOSCDI, Storia della lett., lllilaoo, 182-1, tomo VI, parto t•, p. 601, riporta l' e3:plicit d' uo codice di Tabvlae tJBCronomicae della Estenso, dovo i nomi del Noatro e del Luoardi compaiono insieme, a Pe~~aro, nel 1480. 11 DILLA Toan, op. cit. p. 682, ci informa dei aaloti dal Bonlucontri •andati al ricino, nello eteuo anno, dal campo.

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    CAPITOLO SECONDO

    tratteneva Lorenzo, 1 elle beo presto volse i passi, come ad ultimo rifugio della sua vecchiaia, verso Roma. La grande ci~à. pontificia, Mgli anni di cui discorriamo, era un porto sicuro a cui traevano volentieri artieti, lottel1\; c l't.z· plicit: c •••• ego r.anrcnth•• Boniucontrias•••. eolle~rl. •.• da10 Ko111ae acl iectloncm alltroloaiac conductus era1n ~>. Yedansl, per l'operetta q1d ei..Ca, le notizie opportune nelaeg. paraarafo. 1•er la e&ttedra universitaria el 1...anci•e la clt. lettua procmiaie alla Vita di Murio AU.dolo. Che di eua JlOI non parli A. BEDTOLOtTI, Pro(et~sori allo Shsdio Ili BOtfta "'' HColo xr, In Bibliofilo, lV, SII llgf., non ~ meravltrlia, rlacck6 qaivi, IMir •pll~i&a di· el1larazione 1lell' autore, la erle dei docenti, dannta da cinque re«lltrl di stipendi, non è completa, anzi di 81111i non si riporta an elenco, IRA INia aem· pliee ICt\lta.

    J.ORF!'NZO RONINCONTJU

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    qui a Roma accolto, come laggh\ tra i platonici, fra gli accaclomici di Pomponio Loto. t Anzi, il 21 d'Aprilo del 1484, colehranclosi noli' Accaclemia la festa ciel Natale eli Uoma, a lui era concessa solennemente la laurea o corona poetica « hn110· sila a collegio po6tarnm, cui Gaspar Blundus praosiclebat, Pom11onio Sulpitio et Potro M.arso consorihns ». 1 Disgraziatamente in quell'anno medesimo moriva il pa11&, a onore del ctnalo il Boniucontri avoa cominciato un libretto d'inni sacri; e por il poeta, cossato lo sovvenzioni, riconainciarono lo angustie. La ca.tteclra paro ronclcsse poco, o la laurea non fruttava che gloria; cl' altra parto crescevano i bisogni cicli' esistenza con l'aggravarsi della voccltiain. Di modo che vccliamo il nostro astrologo ritomaro, con rinnovato slancio, alla compilazione della vita di Mnzio Attondolo, o dcclicar l'opera compiuta al cardinale Ascanio Sforza, clJicdondonc tacitamente un com11cnso (1485). Finalmente, non osscnclo lontano l'ottantesimo anno eli età, tribolato forse eia acciacchi, egli ricorse al cardinale di San Pietro in Vincoli, Giuliano clelia Uovcrc. 11 superbo nipote eli Sisto, il fntnro pa11a Giulio, o 11cr la stima che del Bonincontri aveva, c forse per sim11atia verso di lui, già vigoroso uomo cl'armi e di stmli, ora cadente ma sempre OllOroso, gli accordò la sua diretta protezione, roD(Iendogli tranquilli almeno gli ultimi anni di vita. Presso il roveresco rimase infatti il Nostro fino alla morte, avvenuta nel 1491.3 DBLJ.& Toaa&, op. cit., p. 682. Dice nel eit. Comnae1do ai prnpri poemi, a e. 127 b, il Ronineontri: c at poetea anno 1484 f.'letum est, enm Pallllbus mihi laurea imtiOIIIta est Romac a collegio poiitarum, cui nastl&r BlmulllR ttracsidebat, Pomtlonio Snl· Jtitio et Petro Xarso censoribtJS ~. Per altre attestazioni, v. il eit. mio stnllio, Gl'i-i 1111cri, p. 426, ed A. DELL& Tnaa~~:, J>aolo Marsi da &ciHt&, contril.mto alla storia clell' Accademia PcJmJmlliana, nocca San Casciano, t 91}3, J•· 2li9; 1lnve, a 11. 261, ò pubblicata anclte una brutta elegia dell' tnnaniata nomieo Palladio Snrann, in nuore 1lei nnnvi 110Cti laureati, nella IJuale al Bonincontri son •ledicati i segaeutl dnc diHtiei (vv. 7:1-7T•): Jnter qnos Yates dignisslmns Astrnnomorum se qnoque 1ligna quidem lanrea aerta CllJlit. Cmn tameu a lauro nomen l.aureutins e111et, Cong1·ua Plmehea nomina digna coma.

    • A.

    t

    :a Sulla 11rotezionc ottenuta •lal cardinal Oinliano, e sui laYI)ri per lui comtlluti, v. Il min lllllllio, Gl• itlfti MCri, t•· 40!1. Qnanto alla data della

    180

    CAPITOLO SECOMl>O

    Teneva tuttavia le sue lezioni allo Studio; speeso si ritirava nella sede vescovile del suo protettore, ad Ostia, a stndiarvi gli effetti dci movimenti della Luna sulle maree della foce tiberina; l attendeva ad nn largo commento esplicativo ed autobiografico intorno ai propri dne poemi filosofici, ·e dava l'ultima mano a. quel libretto (l'inni S.'\cri che vedemmo iniziato per Sisto, destinato ora a. Giuliano. Cosi aft'acccnllato, certo con nn senso di Jlrofonda simpatia, dovette rive(lerlo un amico degli anni migliori, il Pontano, 2 il quale poco do}JO, all'annunzio della morte di lui, scri,·eva nn epigramma funerario - quanto diverso dalle lusinghe JlOCticbe del 1450! - pieno del desiderio di quella paee completa, che solo si immagina al di là della tomba: Quid numoras, Miniate ? Nihil numerare nocesse est, Sidera sub pedibus qui modo cuncta. vidos, Cuncta suos agero anfractus, seque ordine snmmo Cogero et errores rito subire suos. Ne numera, Miniate: quies tibi parta; quiete Utero, et hnmn.nis uxue te studiis. Ipsa quies Deus est, Deus ost et vit.'l, bonumqne, Vita bonumqne simul: n toro utroquo simul. 3

    Non credo cbe l'amore, omlc bo com1Jintc le ricerche intorno alla vita del mio astrologo, o la consuctn(line della. lettura delle opere sue, mi facciano velo e m' impediscano (li scorgere intera la verità, qnamlo dalle notizie ora esposte cled~co nn gio(lizio sintetico. Io ritengo cl1e ()ai fatti narrati morte, unico Indizio certo è questo, ello lo ultime notizie sul Bonineontri le abbiamo nel luglio del 1491 : JIOI, piia nulla. a Nel Oomw11to ci t." al suoi JlOcml, a c. 109 b. Jlarla l.orcnso 1lellc marre, c sogghmgc: c ego Rnna cxpcrlull In laoatlo Tihcrl11, caam J,nna ••t ha Orit>ntc aqnae hacit•hmt angcrl, simllitcr in Occidente; eu m vero e~~t J.nna lntcr lleridicm et Llhycmn vcntnm omnino sunt In 1111111110 lleci'C!ICcntiae, ainailltcr llt eum cat intcr Urarmnn et Set•tcntrloncm ... l Qnl'Rto ra IIIIJIJiorrc una lettera, rlfercntc.•i al sogJionao 1lel Pontano in Roma nel 1491, çd alle sue relazioni col cardinal •Iella ltovcrc: Arcl1. 111 Stato 1!1 ••irenzc, lllcdlc. avanti Il prlncip., ftlza Lll, letlcra 1li Pietro Alamannl a J.orcnzo cle' Medici, lloma, 9 febbraio 1491 : c .••. il l'ont:lno desinò 11tanaani col \'lnenla 1>, l l'oanun CJariiiÌtac& cit., 11, l h hflfiWlis l, 25, v. 1-S.

    LORENZO noNINCON1'Rl

    181

    emerga l'importanza di quest' uomo, che visse la vita intellettuale dei tre pio notevoli centri di cultura nel Quattrocento, Napoli, Firenze e Roma; che mantenne attraverso a mille ostacoli, a mille vieemle gloriose e crudeli, costantemente vivo il culto Ilei sapere e (Iella poesia; che mise, IDisse novello, a servigio llell' arte propria una. larga est>erienza degli uomini c delle cose. Egli è davvero, come ho prean· nunziato, la migliore incarnazione dell'idea astrologica, quale abbiamo (lisegnata neii'Umanesimo, sia nel grado pio nobile (li filosofo dell'astrologia., sia come matematico, sia infine, men lodevolmente, come scrittor di pronostici e di giudizi. Ma ciò che sopra tutto a noi importa ora che stiamo per accostarci al suo maggior lavoro, si è il riconoscere che gli atti della vita. di Lorenzo ci confermano l'intera e feconda fede ch'egli ebbe nella realtà dell'influsso. Nei casi del viver suo vedeva. il Nostro l'adempimento d'un destino prestabilito, come nelle vicende della storia. antica. e recente ; e da codesta. visione attingeva l'ispirazione ai propri poemi. Con un passo dei quali voglio chiudere queste note, con un passo autobiografico, che il poet.'\ indirizzava giunto a. maturità a Ferdinando Il' Aragona, ma che noi, senza offesa al vero, ben possiamo estendere a tutta la vita di lui : Sin nascens ortu primo vicina. diei Pulpita lustrarit, faciem tum vulnere foedat ; 1 Nec dubium, coeli calcet si regna seconda, Exilium natis portendere, perdere censum Et quicquid longo f11erit iam tempore parctum. Non et opes quaerent, non illis cura peeiùi, Publica sed tractant rebus causittque gerendis, Praefectique ducum tali sub sidere fiunt. Expertusque meo natali quanta minetur Ille loco, quam multa tuli, quantosque labores, Et qua.m multiplices dederint mea tempora casus. Quos memorare vetat res; et to, maxime regum, Non fallunt nostri casus et vulnera saeva, Quos terra et pelago pro libertato tuenda l l.a 'l(• Sentenea del Oentiloquio attribuito a Tolomeo dice Infatti : « Quicumque Kartem ascendentt•m l1abet, omnlno cicatrieem in facie habebit ...

    132

    CAPITOLO SIWONDO

    Pertulerim, ca~trisqno tni11 nutritus ot aula. Quam varie vitam dnxi qnantisquo porielis Exposihtl!1 )(arti totum rodtlamn~ et astris. l

    Hl. I pregi di forza c vcrsatilitì1. intellettuale, che rendono Lorenzo Donincontri singolarmente degno di osscnazionc fra i poeti dell'astrologia, come tlallc note biografiche, cosi si palesano dalla rassegna delle opere sne: rassegna non meno acccssaria della bingrnfia per riconoscere la sonnnA. operosità c le attitudini molteplici di lui, per quanto non tutte egualmente potenti; 111:1. non meno della biogrAfia lacnnosa c in qualclac parte erratA. Si è ricorso finorA. al Mazzuchelli, 2 il cui elenco comprende tredici scritti non tutti autentici e ne tralasciA. Jlarccclli altri di non Jliecoln importanza: malsicuro fmulamento adtmcJne, al quale troppo s' affidarono i critici piti recenti. 3 Non sarÀ l I..anrcnziano XXXIV, f•2 1 c. J()l; a. MA1.ZUCDEI.LI, Scrittori, Il, parte n·•, p. 2393. 3 ),•errore pii1 1mrio"o in cui Clllllle Il Mazzncbclli é certamente q~~ello cl'avcr scambiata la noti88ima S{«'a di Goro llati JIClr nn poema intitolato: .Atlante in ottava rima, del llonincoutri! Rgli probabilmente - c In ciò alA la sua scusa- non aveva avuto fra le mani il cocl. Vaticano C.pponi li6, nn cliscrcto mano11critto meml1ranacco, di cc. IW, elci ace. xv, contenente APJlllnt(l l' opc~a elci llatl, 11111 foglio anteriore eli guardia elci quale si lctrlrC la fai· lacc inclicazionc: di I-orc11zn Bat•incontri; incllc.uiouc cbc foriiC, iutc•rJ•rc· tata t~t•coudo il vero significato, ci av\·crtc che il fucicolo o atlmHe fu pro· prictà eli J..orcnzo. llcu ph'1 strauo ò Il fatto che qni.'M' errore non aia 11tato corretto dal Suvo Coz7.o nel ano 1~atalo~o elc•i CttppoHÌG,.i, RomA, \"atiMml, 18!!7 1 l'· 47. ScnRRhi le i n Jlarte c) i l llr.u.A 1'oau, OJI. el t., p. GS!l, 11. r. c• ~:;, il •Jnalc, 11icbinranclo eli ficlarHi elci dati alt.rni c clc!lle inelica1loni eli 1•ata· Jogo, rimancla al Cor11iniano 706, unn miRccllanr.a n•al.'nte, O\'C a c. 125a ~i lc~g1• nn a coJtia senza valore dd C3t'l'oniano citato; ma trot•t•o hnjlrnclc•ntc•· mente JtOi se nll valn come eli cosa ttr0\'1\ta 11er KJtie~tArc 1111 llllC4'1111o d' 1111a lcUI!rA del ••icino al Honincontrl. Un Rcconclo errore elc!l Nazzucltl•lli c\ q11ello eli elencare fra lo OJICre elci Nostro 1111 Dc MqiiMtoCHNr, serittc•rello o 1111.'· glio postilla eli drcfl unclicl ri~tlJC, chclRi l~::c a c. 3 a elci cocl. 1Uecardia.1o rutro. miscc•llanco SS7, atnhilcmclonC' l'atlrihnzlonc tllllla III.'IIIJtlil.'e flriUR t

    r-.

    J.OIU~NZO

    BONINCON'l'IU

    188

    quindi il Mazzuchelli - e sia detto con tutta rivcrcnzl\ verso il benemerito erudito - che noi llrcnclcrcmo t>cr guicla. Cominciruulo pertanto ad esporre le nostre indagini per orcline di tcm1>o, l' Ollera che prima non possediamo, ma conoscimno c.Ia attestazioni dirette clell' autore stesso, è tmu raccolta eli elegie amorose, alle quali daremo )>er tlata gli anni che Jlrcccclettero il 1450. 1 Essa inflltti era, secondo il Boniucoutri, un' Olleretta giovuuilc, eli non graJltle valore, una serie tli esercizi metrici c letterari IJrobt\bilmcnte di ah1uanto libera moralità, imitazioni forse ilell' Ermafrodito tlel Bcccadelli, che a tJUCi tempi aveva formata, si può tlire, una lliccola scuola poetica. E atl essa, quasi a costituire un primo gruppo tli scritti tutti tlella stessa natura, faremo seguire quelle altre elegie sparse, delle (JUali non conserviamo che qualche distico suJlerstite nelle citazioni o tlel poeta stesso, o di qualche ignoto trascrittore: l'elegia. già. ricordata, comt>osta J>er accompagnare la cledica tlel primo poema a Lorenzo il .Magnifico, in cui il Bouincontri tesseva la storia dei miseri casi della sua vita; cd un'altra elegia semplicemente elogiativa indirizzata, forse durante il suo soggiorno a Pesaro, ad un verscggiatorc a noi lo!JI'S. ora è bene notare che codesta firma non già al Bonincontri, clusacml'rc ai designò Lawmtim Miniatt~s, quando JIUr non si firmava per disteso cou tutto il coguou1e, ma corrispoudc all' uso abituale di Lorenzo l.orenzi, astrologo floreutino, il quale viveva intorno al 1485 ed era amico intimo eli Ugoliuo e .Uicbcle Veriuo. Di Michele a lui abbiamo Infatti, di quell' auno, 11areechie lettere nei Riccardiaui !IU; c 2621, riK(Jcttivamente originali e tra· dotte da Pietro Crinito, a c. 626, 646, 706 del secondo cocl., Indirizzato a11· IIUnto co11 la designazione sopra rlcorclata (vedi A. LAzz!Ju, Ugoli11o e Mielude Verino, Torino, 18!17, l'· 26, 11. G e tutto il cap. VI). Un terzo errore, c questo uon del Mazzuchelli ma del Bandiui, e riJJetoto dal DKLLA 1'oaat:, op. cit., p. 682, n. 4, riguarda Il cod. J.aureuziauo XXIX, 6, contcnenlc a c. 62a altunc tavole o Stellae fizae veri/icatae i11 annis 1486 prit11ae et "cttndae rnag11itudini1 per me .Laurcndium, cd a c. oh una Tabula lto.roruln ad latitt~dine•a Florentiae, attribui tu al Boniocoutri senz' altro. JICr il Holo indizio di quel nome Lauret~titHII. Ora io vorrol che si badauc al luogo, cioè· t'ircuze, c alla data, cioè Il 1486, anno In cui Il Nostro era a Roma OCCUJiato In ben altro, mentre a Firenze c'era Il Lorenzi, c si vod1..'1SC se non sia il caso di JlrOJICIIderu 1•er l'attribuziouc a quest' ultimo. ' L' attestaziouo è chiara nel ComtlleNto al poemi, a c. G3b, ovc Lorenzo dico di aè: c lnve11tutis telliJIOre foocrit •••• amorum elcgiaa etc. "·

    134

    CAPITOLO SECONDO

    sconosciuto. 1 L'unicA imJ)OrtAnza di questo grupJlO, che senz~' grande rincrescimento per l'arte dobbiam lamentare J>erduto quasi arazione letteraria al libretto senile d'inni sacri, nel quale il distico elegiaco è trattato con piena sicurezza, secondoché vedremo a sno luogo. M.a.
  • ra alcune operette in prosa, nelle quali l'astrologiA tiene il campo in modo assoluto. Riconlerò per· tanto che mentre a NaJ)()Ii, per una certa avvchio11c dci re arago11csi verso gl'indovini di corte, 2 il NOdtro ali• vera c flropria arte 1,are non s~ fosse che molto scarsamente detlicaw, 3 l

    Qul!llta aeeouda elegia, elle ba per titolo:

    lAIU.

    lltHiim:uJttrii lliit&ia-

    tcHBil ad Ca. ClasteZle&IIWffl, e coDJincia col acruentc distico: CU&eUaue, decus cytarae reeonanti• amenae, Orphea &e dico vincere pone lyra,

    ò COIIBCrYBta nel cod. miscellaneo Barberlniano XXX, 1M, degli ultimi aa11i 1lel aee. n, a c. Olia, dove puro ai leggo una notizia del traacrittorc, elle mi fa pensare al soggiorno pcaarcec del Nostro. li:llll& acccnn:' Infatti all' anno 1479, cosi : c qui quldcm Laurcntlos tcmporibua noatrla, vhlcllcet •ccccu:xvnn, quo tcmpore vivebat, crat aatrologua, plllloaophua, tl1eologus et poeta maxhm1a; plura h1 praedlctla composult et Uomac 1licm IUIIDJ oblit ~• R. JlucD&&INI, I codici H~tM~oscritti tlella bibl. oraloriaNa tU Napoli, Napoli-Roma, JSg'l, p. 87. • Qualche oroBCOJIO ancbo a NaJIOII dové pur acri vere, ae lvi 11011 rlfugri dal Jlr&ticarc la mc1lichm utrologlca. Scrive Infatti di lui Il l'ontauo, 1101 ano Colltlllellto Alle Cfftlo Beflttlllc di TolOtlltO, l, aent. g : c 1..1nrontius Jli · ulatua ftamlliarls mc1111 amico 11no doloribua aapltia tJCne quotidie laboranti hna1m.a Arletla lmaelne rcmeclhnn attulit, qnam caclarl in auro foolt, primo Arieti• gradu atlll4mdcnte, Jovc ibi conatituto, nnlllsque lnllelicium atcllamm radlls percu111o, ÌIHIDO Luaa Vouorcque amico lataentibu •·

    LOUENZO BONINCON'l'UI

    HJ6

    11assato a Firenze ctl a Pesaro egli volentieri si awlicò ulht comllilazionc eli manualetti pratici. La preparazione se l'era fatta colla lettura dci numerosi testi classici cd arabici, che gli avcvan fornita. la materia per le lozioni manilianc; l' am· bicnto nuovo, longi dall' ostacolarno l'impresa, era fatto in· vece per favorirla. Ond' ecco il Donincontri non piu sotto lo spoglie del poeta amoroso o filosofico, o dell'erudito, ma in quelle piu umili dell'astrologo di professione, che mette in· sieme anch'egli la sua brava esplicazione del Otmliloquio di Tolomeo. E dico an eh' egli, perché l'opuscolo pseudo-tolcmaico delle cento sentenze divinatorie era stato già aBBai prima il favorito di molti studiosi, di Cecco d'Ascoli per esempio, 1 cd avca in quegli anni stessi attirata l'attenzione di Giovanni Pontano. Il Donincontri adunque ne mise insieme un commento, intessuto in gran parte di citazioni maniliano ed informato alle idee del poeta latino, mentre si trovava a Firenze intento alla esposizione di questo, cioè }Joco prima del maggio 1477, anno in cui l'operetta a11pare copiata nel codice, che ancora ce la conserva. 1 Nell'anno stcBSo, od in quello procedente, egli aveva puro incominciato un altro lavoro di maggiore importanza: s' era proposto lo studio del Qt~adripartito, vale a dire d'una delle piu caratteristiche raccolte classiche cl' astrologia, per buona parte veramente tolomaica, ed aveva imprcsO" a trascegliere in essa i passi piu rilevanti e meglio rispondenti al concetto, ch'egli s'era fatto del pensiero del grande astro· logo antico. Vedremo, discorrendo delle opere senili, quale Jlartito traesse piu talldi lla questi Excerpta raccolti in Firenze. 3 • F. BnJoL&, Oecco d•Ascoli e l'.AC4Wba, Firenze, 1879, p. 55. Il codice ehe contiene questa e l' operetta seguente è il Lanrenziauo XXIX, 3, mlaeellaueo, cartaceo, del sec. xv. f.o acrltto, del quale diaeorro, vi ai trova al n• 41 ed ba per titolo: IA.urentij JJonincotdri Miniatcmsi8 auptW CJentiloquio l'tolomei. Dopo l'explicit vi si legge: TraJ&Bcriptum per 1

    '"' lA.IWM&tium Silvestri c«&nonicum ecelesiae saflcti Laurentii florentiae die X maij 1477 hora 22 et '/~. È da notare, a eonrorto dell' OJllnione 11ia intorno al breve Intervallo rra le due date di OOIDJI081Zione e di truerir:lone, cbe a Jlropoaito della Senteuza 32" l'autore rimanda al pro11rlo OomIReflto manillano, COIIIJliuto, come vedremo, non prlnm del 1476. a Si legrouo al n• 6 del eit. Lanrenziano XXIX, 3, ed l•anuo 11er titolo : Exeerpla per 111e I..aurentium bofliHCOKwum ll(iniateJ&Bem ex quatripartito

    136

    CAPI1'0LO SECONDO

    Intanto, oomc abbiam raccontato, alcuni amti do110 la d~ta tcsté riferita Lorenzo si trovava alla corte sfortcsca di Pe~~aro con un ufticio, cbc naturalmente lo 1mrtava agli stutli pa·&tici dell'astrologia, ed aveva n comtJagno il Lunardi, il quale hen 1•rcsto gli divenne colluboratore. Non ò dllnqac strano se eli questo t cm po dobbiamo registrano In 1•11rtc che il Nostru ebbe nella com)•ilazione di certe 'l'c&btclae astroMoltticae, com1•iutc )lrOJlria.mentc nell'anno 1480. l Come si vede, non &~igua certamente è la serie dci nuwaunlctti bonincontriani, alla quale soo da aggiungere alcuni altri scritterelli, non datati, di dimensioni minori. Intendo riferirmi a. due trattatelli contenuti nello stesso codice miscellaneo della Estense di Modena Il che ci conserva le Tabtclae or ricordate, il primo dci quali, intitolato Expositio super te:etWJ Alcal,tci, deve probabilmente, 11cr analogia sostanziale coi libretti dci quali abbiamo ora discorso, ascrivcn1i al pcrioc.lo fiorentino o al )ICSarese; ed ò molto notevole per l'argomento suo. I~'Alca­ bisso era infatti re)lutato, accanto al QuaclriJ>cwtito e al Oc~t­ loquio,una delle OIJCrc fondamentali 11er la coltum astrologica fin dal 'l'rccento, e come tale veniva es)JOttlo tmbblieamente nelle Univen~itìL: l'espose, per cHClll(lio, lo Stabili a Bolognn, 3 ptlaolo111ei d mexti.

    u:po~itione

    hali coiiiWier&tawns sive porplririj u cap. I

    COIIt·

    • Del cocllco cl1c le contiene, per il •tnalc v. la nota IJeCIICJJtc, il Tuu· ooaca1, Stor. dell11 lett., Milano. 1824, VI, 1•artc 1•, t•· 001, ri)JOrtA l' uplicit seguciJtc : ANfiO Donrixi 1480; pro loto aWio per Nos L,_-mtiiNH

    Rt&oNiftcontrum ltlHaiateNBCm et Magisww.m Oa~ail.._ J,JJ.artl- l'iMtl.· rmsllWI axxo Dortàai saprascripto, nobis ea:isletatibus acl serflitia Ili. Ilo•. C011Bt1rtdii S(ortia. hl queste c hu1tortanti1111hne » tavole, scrive A. BLIIIIIICU, La geogr. alla corte arag., in Na110li nobiliBBima, lSG'l, 1•· 'ICi - c sono contenute minute OIIIIC"azioni da lui (il Don.) fatte 11rima Ìll varil luoghi, e fra lu altro quelle relative alla latitudine c alla lonritJJdia" •Iella città di Napoli». 1 k il eocllec Jo:Ktensc lat. 11. 0 408 1 &eKnato a. Jo'. G, 18, 1uiseellaueo, nel 111111lc il 1•rimo elci nOHiri scritti, cioè l' /ollesse awunto a .l!'irenzc allo Stutlio, o a Pesaro, il Bo11iucontri ; di gni~tt\ che il testo estense 1mò ben ritenersi la bozza tli codeste pubbliche lezioni. 11 se· condo trattatello s'intitola·: De tJi ac 1Jotestate Mentis kumanae lJIIimaeque Motibt~s et eir~s 8'Hbsta,.titf, c t•otrcbbc, in cbi nou lo cottosca, far nascere il so~tt>ctto ch' c~tso ~tia un vero trattato di t•sicologia, JlrObabilmentc astrologica. In realtà è una breve raccolta di definizioni dell'anima c dc' suoi attributi, ronostici, due soli rimasti dci molti che senza tlubbio scrisse Lorenzo nella. sua lunga carriera, c che io qui, non 11er ragioni di cronologia, ché di essi ignoro la data, ma per O)lportunità di trattazione e )ler analogia d'argomento, non voglio tralasciar di segnalare. 1 E passo ad un'altra categoria di lavori bonincontriani, di carat· tcre non Mtrologico, che fruttarono a chi li scrisse il t>ostmno onore d'esser compreso fra gli Script(WeS muratoriani. Di tali scritti il Jlrimo 11er ordine di tempo è quello intitolato AMales, composto da Lorenzo duranie il soggiorno na.J•oletano, e ultimato poco doi>O la morte di re Alfonso. In esso l't\Utorc es110De la storia tl' Italia dal 903 al 1458, a larghi tratti e servendosi di fonti molto note per la t>arte phi antica, mostrando invece ma~gior sicurezza in ciò ohc riguarda il se· colo pid vicino. 1 La materia è distribuita. in dicci libri, i quali per il Bonincoutri formarono in seguito la base c quasi il ma· gazzino della sua. erudizione storica; infatti atl essi egli attinse poi senza csitnnza, quando dalle esigenze cortigianesche era indotto a nuovi lavori. 'l'aie una stm·ia dci re di Na poli· l 1'abulae collicHm ma~~IIBCI"ir)torulft etc. in llibliotheet& zJtJlatitta ViH· tlobofNNBi aaurvt&torrua, Vlmlobouad, 186f-'l3, IV, cuti. 60011, 'l, e VI, cod.

    10650, 6.

    .

    fiJI AMala ai trovano 11er Intero in una copia tarda, cioù nel codice llarlinbeclaiauo-Strozziaao XXV,669. Il Muanoa1, Scripturu, vol. XXI, l'· 1 &gg., ritenendo )a (lrhnn parte IIUll 4erivazfOIIO dn) Villani, 110 pubblieio, da un codieo di San lllalato, solo i libri elae trattano degli auui l:UO·If68. t

    138

    CAPITOLO SECONDO

    c di Sicilia dai Normanni agli Aragonesi, composta durante il regno di Ferdinando, dedicata a'l Antonello Pctrucci. F..-a Iii componeva di no-ve libri; ai quali in appresso, sia per i IDa· tcriali in parte raccolti, sia per i nuovi fatti accad11ti nel Re· gno durante gli anni che tennero dietro alla prima compesizione, lo scrittore ne aggiunse un decimo, a mo' d' appendice.• Cosi il soggiorno alla corte sforzesca di Pesaro spinse il Bo· nincontri a ricorrere agli .A.m1ali, por ripeeoarvi la vita di Muzio Attendolo, Sllarsa in pio capitoli. Volle tuttavia il dcstino che il lavoro di compilazione venisse violentemente interrotto nel 1483, per le ragioni pio sopra ricordate; dimodo· cbé solo dollO il 1484, essendosi il Nostro imbattuto a Uoma nel cugino di Costanzo, cioè nel cardinale Ascanio, legato pon· tifi cio a Bologna, rinacquc in lui l'idea dell'operetta. B la compi, dedicandola al suddetto eardinalc, nell'anno seguente, col titolo di S(orciae tJita. l • Illluanoa•, Scripetwu, XXI, l'· 6, dà i titoli di ciascuno dei uovo libri. I libri V, VI c VII furono Jlubblicati dal Lu11 Deliciae eruclitonu11, Jo'lorcutiae, MllCCxxxax, tomi VI e VIII, sotto il titolo di llisluriartur& Siciliae libri. Quanto al libro X, cile dovrebbe coutcuerc i fatti (tOs&eriori al 1436, non fu Jtubblieato mai, né rintracciato manoscritto. Cile c1110 si dovesse con•J•orre, si desumo da uua promeua CIJ•Iieita dell'autore, il quule scriveva in ftoe tlel libro IX: c Ceterum Alphooai acta alio volumiue iultlreoda curu ceterorum priocipum «eatia dcerevhn81 ~; e cbc M atMo eft'et· tivamente composto ai apprende da un puao rià cit. del Oo.......CO ai due poemi, a e. GSa, dove a proposito di re l!'crdinaodo (del quale oou po.ouo parlare gli .Amsalu, che a• arreatauo al 1468) dice di aé l'autore: c 't'or& e88C vidit, quao aeribit, uti io aua blatoria iotexuit•. t. La Vita si conserva nel codice latino 11088 della Nazionale di Pariri, dal quale traacrl'f'o volentieri la lettera proemiale, pereho ad 811& 11 attingono l criteri per la datazione di quest'operetta non 10lo, 111& 111ehe del JIG88&grio del Nostro da Pcaaro a Roma c del 1ao iosepameH8 romano. IAHWmCij Bo11HtcoHirij Mittiaeettsia poiiCac S(orcio.e wiCa ad IU.• et lt.• in Olwiato pahm et d.;;;;. .Asca,.H&a Jlariam BIJIICIOf"HHR Vili eC JfocbCi in t~tt~cello MarCirut~~ 1Jiaco110 Oard'-aU S(erciac Vi~ BMoltiaequc J.cgtdo lhgftiaaimo.- Statueraao JI&Ucis autea auula, 111.•• et R.•• ABCIIIli, Sforciac avi tui foni11ht1i et l•laeelariBIIDJi 'f'irj rlll «eataa, .d.llflfi~NB HICil lnsertas, in uoum 'f'Oiumeo redirerc ot ad ipalua ot suorum perpetuam IIIC· naoriam lietcrls demandare; aed vercbar uc, reruan ab ae geetanam poudere oppi"CBBUII, iugeulj mci tea1uitatem maria detctrerem, quaan 10lcreia• deu1on· atrareru. Nce mc lattlb3t, at de reb01 111a«•li• loqni eultJIC llber ..•• -'• ita et tememrium, fore comJ•Iurce qui anlhl arropaaeiae vlehHaa in1pouercnt, qui t.111 cxlli atttue eooeiao oracionil lltllo, prat:clari111imi viri 1"011 re-

    ....-upe

    ta••

    LORENZO BONINCONTRI

    139

    Però la breve monografia storica sullo SCorta non ha grande importanza, c costituisce quasi un intermezzo cronologico fra le OlJCre della maturità del Don incontri e quelle della vecchiaia; ò frutto dell' opportunità. llel momento, né dovette distrarre seriamente l'autore dalla composizione dei llid notevoli lavori senili. I quali, in numero di tre, vanno ascritti ai sette anni del soggiorno romano, cioè al termine estremo della vita del Nostro; dalla qual condizione ritraggono naturalmente un' impronta particolare. Hanno essi infatti nn carattere comune, iD quanto ciascuno
  • er ogni sin· gola posizione del cielo determinabile colla teoria delle case, ò possibile l'interpretazione dell'influsso; ciò che da molti era negato. Ma la risposta incerta, come ho detto, lasciò insodtlisfatto anche Lorenzo, il quale presto pensò a rimaneggiare l'opera imperfetta, e compose il Tractatus .,.evolutionw11 anno· rum, HatitJitatum et iHtet"rogationum, detto pure, per distin· guerlo dai due precetlenti, Integtf' tractatus àe revolutionibus nativitatum. È iuta l'ultimo giorno di luglio, c, se anche in questo caso vogliam credere all'autorevole codice Marciano già visto, dedicata a Giovanni Sforza signore di Pesaro. J l Secondo il Mazzucn&ttJ, Scrittori, 11, parte IV•, p. 2393, qucKto acritto bonlncontrlauo fo anebo impresso, acuz• alcuua nota di stampa, in-8° c dc• dicato - dall'editore? - c ad F. Colotiam Rcgium Consiliarlam •· A mc venne fatto di leggcrlo nel codice latino nl7 della Nazloualc di Parigi, una miaccllanea del aoc. xn, dove lo al trova a cc. 178a-22Ja. In un altro manoacritto lo si conserva a Yicnna, co01c ai &Jlprcndc dalle Tabulae codicu• etc., cit., IV, cod. 5503, 14. Fiualn•cntc lo ai Incontra a cc. la-62a elci ricordato Marciano VIli, 7G. L.'l cleaill'nazlonc di It&le!Jt!f' wactattJS apparticuc :d Parigino, il quale nell' e:r.tJiicit ci conacrva pare la dat." clrl 1491, JICro aenza indicazione elci meac. ln,·ccc il Marciano meglio ci inror.. a del· J•cpoCR c elci luogo, non aolo avvertendo che Lorenzo COUIJli J•ottera c Romac, ultima ialii 1491, annmn agcm1 BeCandum et octogcaimutu •, ma in una nota inscguncloci cliC In un codice migliore, cioè in quello, uioutemcuo, eli dedica, ai leggeva l' itteipit In qucati tennlnl: c Otms cximiam cclcbcr· rh•i astronomi domini Lanreutii Bonlacontri miuiatcn11is, acl inclytum Joan· nt.'ln Sfortlam, Piaaurl princlpcm, de rcvolotiouibna etc. • K poiché son dic-

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    CAPITOLO SJo!CONDO

    I..a trattazione vi si svolge in iniouc ereticale, • non ba valore assoluto, né rispeccbia sinceramente l'intima coscienza 'li colui che la scrisse; 1 essa è un'insegna menzogne~ un riparo dalle accuse della censura ecclesiastica, la quale, come sembra, non si compiacque semJ>re di smascherare, a ri· schio di destar degli scandali, tutti gli errori. Bisognerà per· ciò che, lasciando le parole, rivolgiamo lo sguardo alle idee, dove queste si possono cogliere con sufficiente precisione, c prendiamo in esame i passi maniliani piti caratteristici dal punto di vista teorico-astrologico. È ovvio in primo luogo che a metà del primo libro (v. 483 sgg.), dove il poeta stoico vigorosamente attacca la concezione atomistica dell'universo, il commentatore stia per l'assalitore. lovero lo Stoicismo è assai men lontano dalle i'lee cristiane, almeno per ciò cbe si riferisce alla concezione d'nn Dio crea· tore e governatore del mondo, che non l'Epicureismo; ed intenzionalmente, come ·por ora si è detto, il Bonineootri è cri· stiano. Ma nel famoso }lrocmio del libro quarto, dove Manilio con splendide parole, con intonazione quasi sacerdotale, sviluppa c porta alle ultime conseguenze la teoria fatalistica, sostenendola con una serie di esempt, per mezzo dei quali trova l Anche Ceeeo d' Aaeoli, quando al tronva a mal partito, aaeln in frul piene di devozione verso la pronideoza divina, In aperto eontr~tsto con altre BUO all'ermazionl condannato dalla Chiesa. Vedi Q, BorriTO, c De Jl'f'M· cipii1 atrologÌfle, di O. d'A., in Giom•le &torico, Sappi. G•, 1•· 35-36. • Aneho nella ehlaaa del commento bonineontrlano al OetdiloqMio di Tolomeo, contenuto nel eod. Laurenzlano :IXIX, S, da noi ricordato a l'IlO luogo, al legre, a propoalto delle eometo, uni\ dichiarazione, eho è bene truerivere teatualmente, eomo saggio: c lati eometea •••• a11 lmpediant ar· bltrll llbertatem marna quaeatlo oat. Uodo nm fide Cathollea aentlentee dleo&mua eometaa magia eirna 01180 futuroram aeeldentlum quam llloram eansae. Unde bene, pio, luete, 1ancteque vivoatee 11on timent a&nllarum aut eo· metarum lnlluxua, quoolam In anima ratlonali non p018unt qaiequaN ope· rari. Unde ergo dletum et aerlptnm ost : A IÌglli& cadi t10lite ~atucre. Deo iritur laua, honor et rlorla per luftolta 1aeeula saeculorum. Amen ,,

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    LORENZO BONINCONTRI

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    modo di rievocare i pid grnndi avvenimenti della storia ro· mana. dalla. venuta d'Enea alla disfatta di Varo; ma in quel famoso proemio, ove davvero è il nodo della questione morale dell'astrologia, c'era per il pensiero del )finiatcsc la pietra di paragone. Ebbene, in codesta occasione il suo modo di pensare non può essere dubbio: egli sta coi filosofi del Cristianesimo. Egli non si nasconde infatti il rischio a cui si espone trat· tando di quella necessità. dell'influsso, « de qua tam malta nostri tbeologi dispntant »; 1 pare anzi, da certi indizi anche esteriori, 2 cb' egli si circondi d'ogni cautela }ler non cadere nei due estremi, o di venir meno all'ammirazione per Mani· lio, o di scivolare:nell' eresia. Esordisce perciò con una dichiara· zione, che è bene riportare testualmente: « Haec litera est tota aurea et bene camminenda memoriae et non indiget multa expositione.... , sed videamus literam ». 3 Non si pro· nuncia dunque intorno al merito della questione, ma si limita a spiegare oggettivamente il significato letterale del testo, resistendo ad ogni altra seduzimie. Pid sotto, annotando con esempi di parti mostruosi desunti dalla storia o dall'esperienza sua Jlropria, il verso 105 dello stesso libro : Astra novant formas, caelumque inteserit oras,

    dopo essersi indugiato tanto da far dubitare cb' egli accon• senta all' opinion del poeta, concbinde freddamente: « denique conclusio literae est plana». Ed in fine al passo dove la fatalità della espiazione è da .Manilio posta in rapporto con Commento al v. 1° del libro IV. Nell'esemplare da me os:,to, che appartiene alla Nazionale di Firenze e porta la ~egoatora B. S. o.• Jl, si leggono nei margini qua e la delle postille manoscritte, che hanno tutta l'apparenza d' e8118re autografe. Una, per esempio, in calce al vv. 243 sgg. del li b. IV, cosi comincia: c Versna mci Lau. Bonincontri, e riporta l primi dieci versi dell'ultimo libro del secondo poema bonineontriano Intorno ai pianeti. Ora proprio nel margine inrerlore della pagina, dove principia il libro IV, e su quello superiore della seguente, ai trovano una deOnizlone del c fato , di Apulelo ed alcune ouervazlonl di Platone riguardo alla Fortuna: segno che anche dopo edito Il Com· mettto !•autore continuava a raccogliere materiali Intorno a codesto punto e~~~enziale e controverao. • Com~MJtto al v. 88 del libro IV. l

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    CAPITOLO SECONDO

    la fatalità della colpa, ristrettosi alla JIUra parafrasi del testo, rimanda il lettore ad un certo brano ra un aoklgrafo c sotto la sorveglianza diretta dell'autore, e forse tla quest' ultimo dcatina&o in dono ai suo protettor fiorentino.

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    POfo~MI

    DEL BONINCONTRI

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    L' OJ,era bonincontriana ci è però conservata, o tutta o in parte, anche da altri manoscritti, alcuni dci quali sono, per eerte loro earattcristicbe, di somma importanza. ~~ notevole, por esempio, il Vatie:mo latino 2844, cartaceo, scritto con mano corrente, s~nza fregi, il quale comprende per intero i duo poemi nell'ordine naturale, poBSiedc i titoli dei rispettivi libri, meno il primo del secondo poema, c J>re.senta di fronte al Laureriziano qualche minima variante nel tosto. E poiché nella segnatura vatieana è seguito immediatamente dal Commento, che l'autore fece da vecchio all'opera sua poetica, scritto eli pugno dello stesso amanuense, cosi va riportato agli anni 1484-87, ai quali, come abbiamo veduto, è da riferirsi il Oomtnento. Simile, anzi uguale in tutto ad esso, è la copia contenuta a ce. 102a-172a dell'Ambrosiano R. 12. Sup., miscellaneo, cartaceo, di scrittura umanistiea corrente. Quarto ed ultimo dei completi viene il Vatieano-Urbinate 703, che è un elegantissimo codice mcmbranaceo, ricco di iniziali dorate, ornato da una bella arme gentilizia feltresea, listata da una fascia rossa col triregno e le chiavi, che ci fa pensare a Sisto IV, legato di parentela con l'ultima erede dei Montefeltro, per mezzo di suo nipote Giovanni della lwvere. Non ha. grande valore. I due poemi vi son disposti in ordine inverso e tenuti del tutto divisi. Fra i non completi ricorderò primo il MagliabeehianoStrozziuno cl888e VII, cod. 1099, cartaceo, di scrittura non elegante, certamente non autografo, il quale contiene solo il primo poema. Di questo manoscritto ho già avuto occasione di discorrere quando, nella biografia del Bonineontri, mi son riferito a certe postille marginali, le quali formano appunto ciò che in eBBo c'è di piti notevole. Tali postille, scritte in inchiostro rOBBo sui margini, non sono molte ed illustrano il testo negli accenni cronologici, il pio recente dei quali, à c. 12a, si riferisce all' anno 14:72. Il che mi farebbe supporre, tenuto conto altresl elci fatto che qui troviamo solo il J,rimo poema, che il codice sia da aBSegnare agli anni 14:75-76, e che la mano del testo e delle illustrazioni sia di qualche fiorentino amico o uditore di Lorenzo allo Studio. Altri due manoscritti, gli ultimi che io mi conosca, contengono solo il

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    CAPITOLO TEHZO

    secondo poema. Il loro valore è scarsiesimo, essendo l'uno, cioè il eoronta, trovasse il suo campo. Conseguenza llel Jlrimo poema è adunque il secondo, e complemento del tema di quello il dopJlio svolgimento di questo. Doppio invero è lo svolgimento dell'opera dedieata a. Ferdinando d'Aragona., cioè due sono le parti ood' essa risulta, legate fra di loro da un tenue filo interno, il quale però basta a giustificarne l' accostamento poetico. E il filo è questo: che le sfere planetarie, il cielo delle stelle fisse e l'Empireo, di cui si discorre nei libri secondo e terzo, son la sede naturale di Dio e degli angeli, di cui si tratta nel primo. All'infuori di questa unione, nel carattere delle due parti c'è divergenza: la prima è essenzialmente narrativa, direi ~nasi epica; la seconda didattica. Ecco la ragione che ci induce a farne separatamente l'esame. Nella protasi della prima parte molto superbamente l'autore afferma. d' intrapl"endere un canto nuovo, ignoto ai J>oeti a lui anteriori, e chiede a tanto lavoro l'assistenza allegorica della Musa e quella pio prosaica, ma non meno necessaria, del protettore regale: In nova tentantem deducere carmina Musas Atque aperire viam verae rationis et artis, Te, regum Ferrande, precor, iustissime princeps, Qui quondaiJl tanto bellorum turbine pressus Invicta Fortunae ictus virtute tulisti, Fleclle animum, vatemque tuum ne desere. Tuque Nunc meliore lyra, maiori carmine, Virgo, Surge, precor. •

    .JIIa il Bonincontri questa volta non dice tutta la verità, perché l'argomento sacro di questo libro aveva, anche a quel 1 Laurenz. XXXIV, 62, c. 6Ga. Queeta protaai ricorda molto da vicino JbliiLio, ..tlltron., III, l : c In nova aurrenteJU .••• :t.

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    éAPITOLO TERZO

    tempo, una lunga e non oscura tradizione. I poeti della Chiesa, fin dal secolo quarto, avcan preso di mirA nelle loro vcrsificazioni il "l'acconto biblico, le sette giornaic della creazione, i primi fatti clelia storia ebraica, i Vangeli c le leggende intorno alla celeste battaglia fra gli 6ngeli buoni e i cattivi: né io qui ho il tcm11o di citarne i nomi. Ricorderò solt:\nto, perché il lettore sia messo sulla strada c rammenti da sé, la serie clei pocmctti di S. A vito vescovo di Vicnna, del sesto secolo, nella poesia del qu&lc vogliono i critici, non a torto, scor{lcrc alcuni dc' pregi eli f&ntasia, onde sarà lodato pin tardi il 1\lilton; l ricorderò ]m re quell'esteso poema ne l&omiRtcm deificatione, scritto nel secolo decimoterzo in Italia dal benedettino abate Gregorio da Monte Sacro al Gargano, sol quale fu pubblicato uno studio reccntc. 1 Conobbe il Nostro, nonostante la sua dichiarazione in contr&rio, questa trallicionc a lui anteriore f Dalle frasi del Oo,.,.ento, ove si dice, in tono meno reciso, elle il11octa vuoi cantare i mi!lteri della divinità « magnifice plus quam ab aliis fuerit antea fachun et magia religioni nostrae conveniens :., 3 parrebbe che egli di quella letteratura non fosse interamente al buio; d'altra parte non si riescono a scoprire in lui le tracce materiali c lletermin&te dell'imitazione. :l!,orse la verità è qucstesso la supplicava di scendere dal suo carro celeste; ed ella nou scese finché il giovinetto non ebbe, per molti mesi, l>ascolate le candide gregge di lei so pel dorso e le balze del Latmo; questo mito, dico, ben presto nelle scuole alessandrine era stato sottoposto ad una interpretazione C\"C· meristica. Il pastore allegorico era apparso un astrologo, compagno degli antichissimi Atlante, Ermete, Prometeo; 1 ed il suo amore per la Luna non altro che l" oggetto speciale de' fortunati suoi studt, ond' era giunto allo scoprimcnto delle leggi delle fasi c degli ecclissi. Già Plinio conosceva questa. intcrpretazionc,1 che, estesa durante l'età romana imperiale, poté, per il"prevalere delle dottrine ncoplatonichc, sostituire la favola 1>rimitiva. E tale la raccolse, ne' suoi libri sulla religioue pagana, nel secolo quinto, il vescovo l!'ulgenzio, 8 dall'opera del quale Jlassò in quel copioso re11ertorio mitologico, cosi saccheggiato in tutto il secolo decimoquinto, che sono le Ge~~ealogie elci Boccaccio. Scrive adunque messer Giovanni: « Ait idem Fulgentius, quod is Endymion primus ra.tioncm cursus Lnnae invenerit, et obdormuisse XXX annis dicitur, quia stultornm iudicio meditationi vacantcs dormiunt, idest tempus perdunt, seu qui mcditationibns deditus est 1>rofecto non aliter quam si dormiret immiscetur activis OJ>eribus. Quod dc }~ndymioue dictum est, quia nil aliud co vivente, nisi buie mcdi&atioui 01>cram dare peregit .••.• quod ego verum poto; nec sit qui longum temporis miretur SJ>acinm, cum circa Lunae cnrsua1 plurima veniant considcranda, ut ostendit veuerabilis Andalò in sua Tlaeorica plaHetartlfH, 4 Sed quia albos ante greges ' A. Boucuii-LicLHCif, op. clt., p. 676, t PLuill

    11.

    l.

    Nat. /tNt. 11, 9.

    F. P. FuLOIXTU etc. Mytltologian"flll, cap. ulthno, Baailea, 1536, p. HS. lntoruo a queet'opera del DI Negro, Inedia nel cod. Barberfniano IX, 25, v. G. CaocJoiiJ, La ~~taterio deZ « Do""-le ~ etc. cl t., p. 45, n. 4. J

    4

    I POEMI DEL BONINCON'l'Rl

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    paverit, ideo appositum credo ut loci suae meditationis qualitas ostendatur, qui in cuhnine montis illius fuit quod sibi elegit, ut posset libere ele:vationes assumere tanquam expedito loeo, et montium culmina· et potissime eelsa utplnrimum consnevernnt esse nh·osa, quas nivea qnia diu observavit, pastor nivei pecoris dictus est. Qnod autem a Luna deoseulatus sit, ideo fietum reor, quia sicut amantea puellam amoris munus osculum arbitrantur, sic et longae meditationis fuisse Lunae comperisse cursum, et sic sui amoris videtur osculnm suscepisse ». 1 La favola, già bella in sé come racconto amoroso, per la sovrapposizione di quest'allegoria era matura per uno svolgimento poetico, sol che nn vero artista se ne impossessasse. Ora c'era stato bensi un poeta, o un facitor di versi, che se l'era fatta sua intorno al 1460, a Firenze; dico di Matteo Palmieri, che 1>ercorrendo in fantastico viaggio teologico l'universo, guidato dalla Sibili a Cumana, narra del suo incontro nella Luna con l'astrologo-pastore. Ma come poveri e scipiti i versi della Città di vita, dove l'allegoria è rammentata! Et quando questo già non si sapiva Et poco altro del corso della Luna, Nanta anni Endimion co Ile dormiva.: Innamorato tancto di quest' una Sopra ad tucte altre a llu piu bella stella, Non pensa in altro aver miglior fortuna, Et tanto si contenta sol vedella Che, sendo al suo peculio buon pastore, Lascia la mandria et segue retro a ella, Et stando nel dilecto dell'amore Ogni suo moto et ogni corso intese Et sua grandezza et sua forma et colore. l

    Genealogias lo&XInl Boccnu etc., Venetlia, IIICCCCCIIII, l. lV, cap. 16. Codice lllagllab.·Strozzlano II, 11, 41, libro I, cap. 27•, v. 136 agg. Del· l'opera del Palmieri e de' suoi clcmc11ti astrologici avrò occaaioac di occu· parmi più avanti: qui basti citare l'ultimo buou lavoro sull' argomeato, di n. Bormo, l.' eresia di M. P. cittadit1 fiorentino, la Giorn. storico d. lstt. it., XXXVII, p. l agg. l

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    CAPITOLO TERZO

    Toccava invece al Bouincoutri che, se as11ai probabilmente conobbe il racconto del Ccrtaldcse, certo non conobbe il 1)()ema del Fiorentino, di.vnlgato sol tardi e presto uscosto, dopo la morte dell'autore; tocc:wa, dico, a J.orenzo la fortuna di rivestire artisticamente il mito greco, infondendovi un potente soffio di vita soggettiva: Haec inter cupidos Endymiona lusit amantea, C11m non aequali lustraret lampade terras. Dum sequiturque deam, per devia rura vagando, Per loca piena metus, per et ipsa devia montis, }'ervidus insomnis non cepit. nocte quietem. Non illi studium gen1mae, non divitis auri Cura fuit, sed sancta dodm perquirere tempia Et superdm flammas et fervida sydera coeli; Multiplicos Lunae facies miratus ab imo, Terdenos coluit revolutis solibus anno&. Ergo non studium tam longo tempore crinee Pectere, cura f11it dulces non carpere somnos: Sed pluvialis aquae patiens, Aquilonibus orrens, Saepius herboso potuit requiescere lecto. Viderat hanc ignis iuxta con&nia ferri Inter convexum flammae levioris et orbem Stilbontis, varioque globo circumdare terras, Imparibus spatiis lustrantem et concava coeli, lnterdum minimis segnantem cornua flammis Et velut amissam moestum perquirere Olimpum. Incertumque viae, quo cornua flexerat orbis, Nunc oculos mentemque simul super astra ferebat. Omnia scd postquam vicit sollertior usus Et labor et studium, quod per&cit o1nnia, velle et Vim dedit ut motus possot comprehendere oertos, Atque aperire vias omuis, quis diva feratur Tantum illi studium longaevi temporis acre Attulit l - llumano liquit comprehendere sensu Quo ferat orbe rotas. Hic mundi moenia primus Transiluit, magnumquo deao penetravit ad orbem, Et varias vidit vires variosque meatus Multiplicesque illi sub eodem sydere for1nas. Haec via sublime& animos ad sydera vexit, Neo non et doctlu qui quaesivere per artee Naturao causaa., et fronte1n cingere lauro, Castalii latioes ausos contingere fontis ;

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    POJ.~MI Dl~L

    BONINCONTRI

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    Et plures, quos nulla quies deduxit, ab alto Miratos coeli speciem, fragilemque videntes Terrenae faocis tabom, vitamquo fluontom.l l Laurenz. XXXIY, 52, c. 76b-76b. Lo osservazioni, che si leggono a p. 20, valgano anche per la versione seguente :

    Fra' suoi cupidi amanti Endimione Ella derise, con la lampa or viva Or spenta per le terre errando. Ond• egli Che lei an da' sentieri aspri de' campi, E dalle seh•e, nido di paure, E dalle balze impervie de' monti Seguiva con intento occhio bramoso, Vigile, mai non diè le notti al sonno. Vaghezza d'oro o cura di monili r>on ebbe in cuor, ma gli aurei pianeti, Gli astri di fiamma e i palpitanti fuochi Spiò dell'etra, pazrentemeute ; E dall'infima Terra i molti errori Dell'ardua Luna speculando, vide Chiudere il gil•o trenta volte il SOle. Né per tanta stagione ebbe giammai Desio d' unger la chioma o dare al dolce Sonno le membra: tollerò le graYi Piogge e le buffe d'Aquilone, e spesso In letto di selvagge erbe posò. Ma vide egli la Diva, olt•·e la sfera Del fuoco, che la fiamma esile incurva, Di qua dal corso di Stilbonte, tutta Cinger con variante orbe la Terra: Or con mezza la faccia e1·rar pe' cieli, Or con piccole fiamme appena un segno Lasciar delle sue corna, ed or perduta Pel mesto Olimpo taciturna anda1•e. Incerto della via, dove sul mondo Ella sveli il suo raggio, egli levava Sulle sfere, con l'occhio, anche il pensiero. E vinse finalmente il lungo studio, La fatica, l' amor che tutto compie, E il costante voler, si che palese, Senza dubbiezze, gli si fe' ogni moto, E tutte chiare apparvero le vie Dove acorre la Dea. Tanto a lui valse La diuturna indagine profonda! Onde a senso mo1·ta1 Cinzia diede Scoprii• sue fasi e primamente il breve CouUn del mondo superare e, a lei Giunto, mh·are nuove vie. parvenze E forze nuove, in lei, che pur non muta. lllolte per tale amor menti sublimi Si levaro11o n l ciel, molte a• pl"incipl Della Natura attesero, ne' lunghi studi, e molte di lauro orn:lr la chioma, Mentre al castalio umor porgeano il labbro: Ma pid la veglia faticosa addusse Dall'altezza de' cieli a meditare La auperna beltà, della terrena Feccia la tempra fragile ed impura, E il rapido fluir di noatre vitt.

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    CAPITOLO TERZO

    L'originalità di quest'episodio sta in ciò, che mentre nel rac· conto del Boccaccio e degli altri mitografi la favola, secondo il senso letterale, rimane sempre quella del JlAstore innamorato, a cui solo a· guisa di commento segue l'interpretazione evemeristica; nel Bonincontri coecientemcnte scompare ogni traccia di narrazione mitica e sole rimangono la storia e la figura dell'antichissimo astronomo, la cui trasformazione raggiunge cosi il compimento. Né crciò non ci accosteremo, se prima non ne avremo esaminata clcgn•mcnte In prcparacionc c la materia. J,a controversia astrologica, di cui bo fatto cenno, si accese vivamente verso la fine del secolo, e pi6 propriamente intorno al 1494, quando Giovanni Pico della Mirandola s'il· luse cl' a.ver, con un gran colpo, atterrata la secolare avversaria della vera fede cristiana. Però le radici di essa s' hanao da ricercare un poco )>ili in alto, in mezzo ai ragionamenti dci ficiniani; anzi, se le scarse testimonianze pcrveouteci Jnnran sufficienti, nelle dispute cortesi di scienza c tli filosofia cltc per alcun tempo, verso il 1430, si tennero nel convento degli Angeli, intorno ad Ambrogio 'l'raversari. 1 Quivi, come saJ>· t>iamo, convenivano assidui anche Paolo del Pozzo 'foscnnelli, il celebre astronomo, e Matteo Palmieri, lo SJ>cziale dotto cd ardito io materia teologica, elle dopo morto ebbe piti fama dall'eresia che in grazia del valore filosofico c letterario delle ope1·e sue. Il }lritno, cioè il Toscauelli, attendeva quasi esclusivamente a studi di matematica celeste, onde intorno all'astrologia s'era fatta un'opinione Jlinttostu scettica, come a \'remo fra breve occasione di eli mostrare. Ma il Pahnilari, tt96ai p i li proclive alle astrazioni ed agitato dal problema religioso, s'addentrò invece nei misteri dell'influsso, dci qnali s'accese vie maggiormente nelle letture dei Padri greci, che allora il Traversari andava comJ>iendo fra l'attenzione del piccolo eenooolo. Concepi egli allora l'idea della Città di vita, che piti tardi portò a maturazione, fra il 1455 ed il 1464, ma che non \'ollc pubblicar mai, per ragioni delicate di fede. 1 Nella Città di vita la vasta, arida trama si rannoda tutta ad un unico capo: la conciliazione dcll'ioflu•o astrale con la libertà dell'arbitrio; pro)>rio la questione fondamentale dell' astrologia, secondo i teologi. La. divisione dei libri e dei capitoli, le molteJ>lici discussioni fisiche, metafisicbe c Jl8ieologicbe, tutte convergono a questo SCOJlll: e sn tuUt• domina, A. PELLA Torcar, SCoriR dell'.JicCfrdMtill plllltltriCII, ••ire••z•·· IOO'J, p.lll6. VITTORio R01111, Il QNGUrocellto, cit., l'· 177; Il. Dnrr•rn, J,'~~ruia di P. c:tetaclm fior•rtiMto,ln Giornal• stor. della le'l. it., XXXVII, p. 1 l

    t

    M.

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    G. PONTANO E G. PICO

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    elemento nuovo e veramente umanistico, un mito platonico, il quale segna il distacco del poema nostro dalle enciclopedie del Due e Trecento, che pure per altre affinità gli son collegate. 1 Per il Palmieri, come già 110r San Tommaso e per Dante, Lo maggior don che Dio per sua larghezza Fesse creando, ed alla sua bontate Piu conformato, e. quel ch' ei piu apprezza, ~'u della volontà la libertate, Di che le creature intelligenti E tutte e sole furo e son dotate. 1

    )la di questa preziosissi01a dote pochi spiriti, fin dall'inizio del mondo, seppero valersi degnamente. Ciò si vide quando Lucifero si ribellò all'Eterno, ché molte creature angeliche non si schierarono da nessuna delle parti belligeranti ; onde Iddio, che non volle punire eternamente gl'incerti, pensò il modo di fortarli a ritentar la prova della libera scelta fra il male ed il bene. 3 Stabili allora che questi esseri uscissero dalle sedi dell'Empireo per una grande porta fatale, la porta del Cancro, e attraverso ulle sette sfere planetarie ed alle quattro elementari scendessero sulla Terra a diventar uomini: da ogni sfera ritraessero particolari attitudini morali e fisiche, dalle quali fossero istintivamente spinti alle buone od alle cattive azioni, cioè indirizzati verso le diciotto mansioni del vizio oppure su per il colle della virtli: la libertà del giudizio si manifestasse nella scelta della strada migliore, di quella che deve condurre la creatura un' altra volta beata all' Empireo per la porta del Capricorno." Che è dunque, quagghi, la vita? Una lotta fra la ragione e l'istinto, fra la libertà e l'influsso. l Un' ouervazione simile, non però fatta a proposito del mito platonico, già ai trova in E. FRIZZI, La c Cictà di tJita •, poema inedito di M. P., in Propugnatore, 1878, r•nrte l, p. 166. t Paradiso, V, 22. 3 Notlai qnnnto dift'erlaca questa aorte degli angeli neutrali da quella tremendamente bassa &~~egnata loro da Dante, In ln{emo, 111, 87. 4 In queste d ne porte, che altro non sono se nou i due supposti rardini celesti della Via lattea, e uclla via planetaria delle anime, cousiato il mito pur or ricordato, da l'lntunc uarmto, o meglio abbozzato nel X0 della Ilepubblica. Collio di e111o ai siano giovati rli astrologi dell'anticbitl, v. in A. Boucail-LEC:nacq, L' aalt'Ologie grecque, cl t., p. 21.

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    CAPITOLO

    QUAl~TO

    Che sono, lassu, i cieli ? Essi son sedi curiosamente immagi· nate }JCr suggerimento di miti cristiani e pagani, dove le anime attendono l'ora della incarnazione, ed intanto, nell'ozio or breve or lungo, si colorano di SJ>Ceiali temperamenti spirituali e corporei. Prendiamo nn esempio, Satnnto. La sua è la pio ampia delle sedi, ed ha forma di grande valle circolare, qua t>ili colma, là piu depressa, fino ad accostarsi a quella immediatamente piu bassa, di Giove. In detta valle vagano gli spiriti in attesa: Convien ciascun per ongni cerchio freghi El giro ad tondo di ciascuna rota, Et dove inclina qui vi piu si pieghi. , Nella prima mansion si scorge t.ot.a Vicina al seno del magior girante La legion con soctiglieza not.a : Loro intellecto mostra che ragione S' aguzi et pensi, et si an di grande ingegno, Ma varin molto per varia cagione. Secreti calli initian questo rengno, Et vanno e' piu di lor per un boschect.o Ascosi in mirt.o o tec ti d'altro lengno: Per dua valli gli mena lor dilect.o•... L

    Per diverse strade infatti si procede al vizio od alla virti1, onde nella prima valle saturnina s'apprende all'anime il buon influsso del pensiero e della meditazione, si che in Terra esse producano, ove la retta volontà le sorregga, filosofi e sapienti. Ma quell'altre che si cacciano nel secondo vallone, pio numerose ed incaute, ricevono la malvagia impronta della frigidità, della frode, della pazzia.' E come in Saturno, cosi avviene nelle altre sfere, essendo ciascuna, secondo i dettami tradizionali dell'astrologia, fornita d'azione felice e d'azione funesta. Sennonché può nascere un dubbio: di tanti e si vari influssi, quale earà il predominante in ciascun'anima incarnataf Risponde l'autore elle fin da questo grado della sua nuova esistenza l'anima libera· mente sceglie il pianeta, che meglio le garba, per suo fonda• Città eli tiHa, llb. l, cap. 111-, v. 87 agg., aecoado Il codloe llfl. Stroz· ziano Il, IJ, U. • Oiltà fii t1its, llb. l, cap. 111-, v. liO ICI·

    G. PON'fANO E G. PICO

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    mentale informatore, attingendo da tutti gli altri i mezzi onde raggiungere la 11ienezza della sorte preferita. Un'anima, ad esempio, s' invaghisce eli Giove, cioè clelia potensa, ma va por fornendosi del valor militare (Marte), dell'astuzia (Mercurio), della prudenza (Satorno), della bellezza e cortesia (Venere), tutti ottimi coefficienti di riuscita nell'acquisto di quel primo ideale.• Inoltre in ciascuna sede può trovarsi un eccesso d'influsso tale che il bene degeneri in errore, o una deficienza cb c richieda un aiuto; onde gl'influssi dei pianeti limitrofi vengono in buon punto a temperar la violenza o a rafforzar la fiacchezza. Si pensi, ad esempio, alla bellicosa influenza di Martc, coi posson recare grandi vantaggi il sentimento della giustizia (Giove) e la serenità (Sole); e per contro si consideri la retta amministrazione (Giove) e la pace lieta (Sole) de' regni, che senza il puntello delle armi (Marte) non potrebber durare.2 Altre sottigliezze prettamente astrologiche, che si leggono ancora nel nostro poema, son per noi trascorabili. Giacché questo soprattutto ci premeva di mettere in evidenza, che la questione dell'astrologia, non importa se risolta in senso cri· stiano, quale noi la vediamo rispecchiata nell'opera di Matteo Palmieri, si affacciò a Firenze, con carattere nuovo, nelle adunanze del 1430; e che la novità del carattere da essa assunto consiste in certi elementi platonici, sian por· derivati di seconda mano ed interpretati troppo letteralmente. "Tra poco, cioè ancor vivo il Palmieri, ripiglierà. lo stesso problema un amico suo, 3 che del platonismo si farà banditore; e nell'anno stesso della morte di lui verrà a Firenze, a ridestare lo studio dell'astrologia, come abbiamo veduto, Lorenzo da San Miniato. Come la pensasse il Ficino intorno a queste cose, già. avemmo occasione di lasciar capire quando parlammo di certa corrispondenza filosofica, cb' egli ebbe col Bonincontri. Dicevamo allora che l'astrologo, assai perplesso sulla soluzione del pili I, cap. u;o. La scelta della sor" non è teoria immafu rià una trovata di Porftrlo, il noto neoplatonlco conciliatore del libero arbitrio e dell' lnfluBBo, tanto ammirato dai ftloaoft del Rlnatcimento: v. A. BovcRII-LicL&&CQ, op. cit., p. 601. l Oittà di tJittJ, llb. I, cap. no. a A. DcLu Toau, op. cit., p • .&12. l Città di tJittJ, lib. gina~ dal Palmieri, ma

    204

    CAPITOLO QUARTO

    grave (lei problemi della sua scienza, cioè sulla conciliardone voluta fra l'influsso, la Provvidenza divina e il libero arbitrio, a\·eva sottopo~:~ti. al gitHlizio del filosofo i propri risultuti; ed il filosofo aveva risposto approvando con entusiasmo qoellu conciliazione fortata, non già. 1>erché egli sentisse di tronrsi d'accordo con l'interrogante sulla realtà dell' iuflusso o sui segnali celesti, ma perché le conclusioni del Bonincontri, •1>· parentementc conciliative, non turbavano la sua coscienza religiosa. Abbiamo riprodotta a suo luogo la lettera ficiniana, e ad essn rimandiamo il lettore aftinché vi 098ervi la )mtclonza di ehi la scrisse: l cosi lo invitiamo a scorrere un'altra epistola del dotto platonico al Miniatese, nella quale il riserbo non è meno el•idente. Pare infatti che Lorenzo uvcsse per nbitudioe di ricordare uno er sé: « Solos saepeuttmero dicerc, Laurenti, non J>OIMIC bomines impios unquam astrologos veros evadere. Qnod quhlem mihi quoque videtur esse veri&timum. Nam si coelum Dci ipsitUJ c11t tcntplum, consentaneum est 1>rophanos homiues procul a ooolo coelestibusque arcanis ex1>elli. Practerea non solum astrono· miam, vet·um etiam sa11icntiaJn omnem a barbaris deseendi86e, Plato noster eeterique Graecorum sapiente& proeul dubio confitentur. Compertum vero habemus solos a)>nd barbaros aaeer· dotes physicaa, mathematieH metapltyaicasquo scieotias trae· tavi98e, utpote qui sciebant sapientiam J>raeciJmUm Dci donum non nisi mentibus maximc sacris 'livinisque vel debere, vel )lossc concedi. Hae potissimum, nt arbitror, ratione Christus • Vedi qui innanzi a p. 163.

    G. PONTANO E G. PICO

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    vitac magistcr ait sacra misteri& dari quidem volgo velata, electis aotem discipulis revelari ,_ 1 Or quale conclusione trarremo da queste citazioni l Che Marsilio fosse nemico dell'astrologia f Eppure non narrano di lui i biografi piu autorevoli alconi fatti, che ce lo mostrano, per questo riguardo, del tutto diverso l Non si racconta, per esempio, della fiducia ch'ei nutriva nell'oroscopo formulato a lui bambino da due astrologi di Firenze, nel quale si diceva ch'egli avrebbe risuscitato il sapere filosofico degli antichUil Non si descrive la sua continua preoccupazione della salute malferma, ch'egli affermava dillendere dal proprio tema di. genitura, funestato dalla presenza
  • e tuam istam omnium praetiosissimam libertatem tranquillita· temque tnemur :.. Non meravigliamoci di tanta gonfiezza d'e· spressione, e badiamo piuttosto alla sostanza, cioè alla ripro· vazione dell'arte astrologica, e leggiamo ancora un passo, in fine dell'opera, piu semplice e non meno significativo: c Quam l• inftusso la poaizlone geografica, l'eredità famigliare, l'educazione, eec. 4ell' oggetto influenzato i - 4• L'estrema rapidità del moto circolare dei cicli rende difficile, per non dire Impossibile, la determinazione d•'l punto 1•cr l' oroscoJJO i - 5° Non ti possibile stabilire 1• attimo del principio della. \'ita nel bambino. ComP. a ciascuna di queste prop08izlonl, le qnali intaccavano non la scienza, ma la pratica, rlspondes.'ll!ro trionfalmente i soste· nitorl dell'astrologia, vedasi in A. Boucni·I.ICLEilOQ, op. ci t., p. 570 agg.; come di esse al aia aervito anche Il Pico, vedremo a aao tempo. 1 La mia ipotesi, fondata aa d'an p&llllo del Pico che eiterb poche righe phi sotto, riguarda l' identlftcazione del Commttdo alla 11condt1 Enfleade e~m l'opera 00f1Cro gli astrologi, la q naie altrimenti ai dovrebbe ritenere perduta. Il proemio è riportato dal Fielno steseo In una lettera a Francesco Gazoltl, In Optra, ed. eiL, p. 781.

    212

    CAPITOLO QUARTO

    fallaciam (astrologorum) doctissimi quinque astronomi dcprc· bcndcntes, indicia ncglexcrunt. Mitto ceteros mibi ctiam notos. Paulus Florentidus astronomus singularis baec ridere solebat, qui et annos vitae quinquc supcr octoginta implevit, suam tamcn gcnesim diligentissime contcmJllatus, nihil ad actatcm confercns longam potuit invenire Una nuova autorità, il Toscanelli, avea dato ragione a Plotino, le cui conclusioni sotto la penna di Marsilio, dimentica ormai del De vita, si allargavano, diventavano una confutazione generale dell'astro· logia; lo scrupolo religioso aiutava il compimento della con· versione, e del Ficino, intorno al 1492, poteva con ragione scrivere il Mirandolano: c Porro noster Marsilius scripsit acl· versus eos (astrologos}, aperte Plotini vestigia scqnotos. In quo interpretando et enarrando magnopcre rem platonicam iuvit, auxit et illustravit. Quod si vnlctmlini consulcns homi· num aliquando corrogat sibi dc coclo quaechun etiam auxilia, 011tat ille potius itn fieri llOSSC quam ercdat. 1'cstari hominis mentem fidclissimc Jlossum, qno familiaritcr utor, ncc lulhni ad detegendam istam fallaciam qui mc sacpins et efficat'ins allhortnretur ». 2 Infatti non solo Marsilio esorto il Pico a com· batter gli astrologi, ma ne lodò pure il lavoro, qnanclo, nel 1494, lo poté leggere terminato da poco. 3 Concludendo adtm· quc, per noi il l!'icino, nell'ambiente erudito in cai \'Ì\·eva Giovanni Pico a Firenze, rap1nesenta, in raJlporto al prohlema dell'astrologia, la negazione filoaofica e teologica, )lOCO coerente, è vero, ma certo molto recisa. ilo nominato il Toscanclli: ecco un altro fiorentino, l'in· fluenza del quale sol pensiero elci Mirandolano non va tra· scurata. Egli, in verità, o non ebbe alcun contatto personale col giovane conte, o l'ebbe brevissimo e di sfuggita durante la prima venuta eli costui alla città mcdicea; 4 ma rapporti ideali fra i due ci furono, e ciò a noi deve hastare. Ora, ri·

    ».•

    • M. Fumn, Opera, rd. eU., p. 1628. Jo. PICJ etc. Opera, Bulleae, 1101, p. 281. 3 In una lettera al Pollztano, del !IO ago1to 141M, ricordata da A. Toaa1, op. eu., p. 766. 4 A. 1)1LL.t. Toni, op. eit., p. 760. t

    DELLA

    O. PON'rANO E O. PICO

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    guararole, che Manilio è scusabilc de1lc assurdità pronunciate solo perché è J>octa, ed ai l>Oeti tutto si può perdonare, che Firmico Materno (lAdde in errori groS&olani tutte le volte che volle 1>arlar rire alquanto pili chiaramente la sua trama interna, la quale s'impernia tutta sulla prOl>OSizione seguente: - non esistono influssi o segni celesti fisici e morali; ma se anche esistC88Cro, trascenderebbero la scienza degli uomini; inoltre, se fossero a noi accessibili, ci riuscirebbero inutili. Soo perciò tre i gradi della confnt:uionc, ortauza, cioè alla vita quotidiana, ai 1 l'1co 1 ]JiRJIUt. J)i6pHt. • l'1co, Disptd. 4 P1co, ]Jispvt. t PICO,

    l, l. 111, 17.

    l, 1. VI, 16.

    1'•cu, Disput. 11, G, 11, 10; 111, 111; n·, 13; 1 A. Boucu&-LICLHCQ, op. clt., P• 691 1 U, J,

    li

    v,

    1, 4;

    n,

    3.

    G. PONTANO E G. PICO

    219

    casi singolari; l la seconda, che la predizione degli avvenimenti, supposti fatali ed inevitabili, è piuttosto di danno che
  • one non sofismi od atta.ccbi (se si llimcntichi lo scatto iroso del dodicesimo libro De rebtts cotkstibtcS, }>resto domato), ma un J>ro}>rio sistema, J>Ur eBSo d'origine aristotelica, nel quale i migliori elementi dell' aristotelismo, cioè l' indagine sperimentale sia fisica che J>sicologica, }>redominano e costituiscono la teoria astrologica scientifica; integrata da una teoria morale e sociale, cioè dall'astrologia • PoNTANI Aegidiu, l'· 17la: c Quomobrem ftnem bla faclam, 11 pri11 tamen hoe •nbdidcrlm, llominum lllorum uumcrum oppido qum exiruum eue, aniumm qui colant, anhnique arbltntu 11tautnr atque Imperlo. Cu m lllultltudo fore uulvorl& corporl 1it omnino dedita corporei•· qno illoccbrh, ut forta11e matlJOUJ&Ucil iplil por•lttendnm alt laxlulnlia etiam llabenil curroro ad apotoleamata pren11n· ti an da •·

    G. PONTANO Io! G. PICO

    263

    congetturale, in cui soltanto nell'ultimo stadio senile si riscontrano elementi meta fisici c teologici ben definiti. N oo è mia intenzione giudicare a quale dci due sistemi dobbiamo dar mag~~;ior lode: poggiano infatti entrambi sopra basi 11cr noi intc•·aJncnte false, si che un giudizio assoluto non pub non condannarli. Ma se ci è permesso stimaroe il diverso valore dalla maggiore o minore profondità. e modcroitiL ,)i certi clementi, se, fatta astrazione ()al comune 1n·incipio erroneo, hadiamo soltanto nl diverso metmlo loro, non c'è dubbio elle il concetto del Pontano meriti la nostra preferenza. Cbc se poi teniam presente c la larghezza delle vedute di Gioviano, per il quale la verità astrologica forma il centro di nn completo organismo filosofico, c l' ardore col quale egli si tenne fedele, in tutte le manifestazioni della propria vita c dell' arte, a' suoi principi, non possiamo non aggiungere alla preferenza aucbe l'ammirazione. Curiosa scienza la critica storica, che ci permette d'ammirare nnche.... l'astrologia!

    CAPrfOLO QUINTO

    l poomttti astrologici del Pontano. r. Crpnologia. - II. L' Ur11nt11: il primo libro, o del piaoeti. - m. Il circolo dello Zodiaco.- IV. Le coatellazioni extra-zodiacali.- v. corograla aatroiO(ica e la cbiuaa del poema. - VI. Le 1t1teort1. - vrr. Arte e fortuna. l

    l.

    Ci racconta l' umanistn Bartolomeo Fazio, morto nel 1457, che il Pontano « astrologiam, opns multi laboris atqoe ingenii, hexametris versibus exorsus erat »>, 1 cioè che nn poema astrologico il Pontano avea cominciato intorno al 1456, al pili tardi. E siccome non ci par lJossibile, e per le relazioni che lo scrittore ebbe con Gioviano, c per la natura della notizia da lui fornita, mettere in dubbio l'esattezza delle sue parole, cosi dobbiamo credere che in quell' anno il Pontano, trentennc, s' occupasse d'astrologia anche poeticamente. 1\la possiamo chiederci: l'oJHts multi laboris atque iMgenii era l' Urattia? L' Ur·aMia che noi conosciamo, no di certo, per molte ragioni : non l' UrtMia nella redazione definitiva, la quale è data dagli stessi autografi come posteriore al 1490, l e neanche l' UraKia nella prima redal n. Facu De tltrÌB illu,ribNII liber, Florentlac, 1746, p. 6, citAto eia\", Ro11111, Il Qu11Urocctdo, llilano, l'· 433. Notisi, fra Jl&rentl'li, r.Jae per la bibliogmfta, ala dci manoscritti sia delle edizioni, dci poemctti pontanianl, rimando a quanto ebbi ad esporre molto minutAmente in J. J. POIITAin C•r· IIIMaa, testo fondato sulle stampe originali e riveduto B111rli antoarrall, l ntroduziouo bibliografica ed appendice di poesie inedite, Pircnae, 1902, 1, p. x-unm o 1-226; cci avverto cl1e a codesta mia edizione vanno riferiti, lll.'nza elle Jlhi la si ricordi e.pftMIUmcutc, tutti l richiami elci prcwnte l'AJiltolo. ' PoliTANI Cnrminn, l, p. xxv.

    I POEMETTI

    DJo~L

    PONTANO

    255

    zione, la quale 11resto vedremo non risalire oltre il 1475. Quell' opus adunque sarà stato il primo abbozzo d'un' Urania, i cui lineamenti andarono poi interamente pcrili con l'obbligo di rispettare, nella distribuzione della materia, certi determinati raJ>porti verso un altro poema, che prima non esistcva.l Dato pertanto ehc la J>rima opera astrologica del Pontano, cioè le Meteore primitive, fosse sul telaio intorno al 1456, e che qualche anno dopo venisse a compimcnto, lla quest'ultima l Nel libro I del Partenopeo, che data appunto dal tempo dell'amicizia piu intima del Pontano col Bonincontri, e• è nn' elegia, la sa, el1o può gettar luce su questa Ipotetica cronologia. In essa il 1•oeta dichiara di eBBero an· cora tntto intento a seri vere versi d'amore, ma di aspirar già a qnalche composizione Jlili nobile, per esc1nplo ad un carme o ad un poema di ti110 lncrcziaoo. L'argomento del quale dovea essere Jlcr l'apJ•nnto misto di meteorologia, d'astronomia e di geografia, con prevalenza dt•lla primA. Cito 11er disteso i distici che lo enunciano, perché l'importanza loro in favore della nostra supposizione ò assai grande :

    Tunc ego Cast.alias (vivam modo) pronns ad nndas J>erfundam sancto labra liquore se••ex, QuaLuor et referam digesta elementa Oguris, Primum lgnls, post bune ai!1•is esse Jocum, Terra sit ut media mundi regione locata Nixa suis opibus, J•ondere tuta suo, Intervalla tenens distautia parLihus acque, IJrut.a quidem et solido sorti! recepta loco, Quam 11ater Oceanus spumantibu• abluit undia Amplectens, medio dissoeiatque freto; Sint duo praeterea, quorum sullimia ab Arcto, hnus ah opposito dicitur axe polus; Jlos circum immensi volvatur machillft mundi, 1\iec L"lmen hnpositum sentiat axis onns; Denique gignendis qua.tnam sint sentina •·ebus, Unde auos orLus edita quaeque t•·ahaot, Unde pavor cervia, rabies aLque h·a leonum, Jtaucaque cnr coruix, eL b~tlle cantet olor; Quid calidi fontlla himbri, quid noctibus Ammon l'eneaL et medio frigeat usque die; Quem dederit rebus Ooem lSatura creanlo~L

    PONTANO

    257

    fiata, che per sua natura non è determinabile con precisione, dobbiamo Jlrcmler le mosse per ricercare l'inizio dell' Urania. Avvenuto il furto, il Pontano dovette, sccomlo che mi par na· turalc, pensar subito al ricupero per mezzo della memoria c degli appunti superstiti. Sennonché la maggior padronanza del tema e forse il desiderio di novità, flovcttero invogliarlo a rompere i confini della propria concezione c spingcrlo a nuove indagini nel campo dell'astrologia universale. Di qui, necessariamente, un non breve periodo di preparazione, il quale giunge fino al momento in cui il poeta, tlominaudo tutto il materiale llazicntemcnte raccolto, si mise al lavoro della stesura. Questo lavoro - e si prenda il mio asserto colla erfctta in cui tutto il cielo, e quindi anche le costellazioni extrazoosito di ciascuno di essi, in vario ordine, quattro punti fomlamentali. Il primo, il piu semplice, è la descrizione siderale del segno stesso, tratteggiata molto abilmente, cioè senza cadere nella povertà sehematiea c noiosa da noi criticata nel Basini e, prima
  • ecialmente le due prime, secondo la legge seguente: Vita tibi motnsqne animi quaerendus ab ortu, Unde etiam toto lux ipsa efl'unditur orbe; l

    A. Boucot-Lzcuacq, Astrologie grecque, p. f98.

    278

    CAPITOLO QUINTO

    Surgit ab oceasu mors importuna maligno, Qua teoebrae, qua nox nigrantibus advolat alis.J

    Il terzo punto è il particolare influsso astrologico di ciascun segno relativamente alla concezione generale del ma!JtliCs amaus zodiacale. Finalmente il quarto, che a quest'ultimo è strettnmente legato, consiste nella favola mitologica o allegoria, a volte tradizionale, piti spesso, come vedremo, inventata di sana pianta dalla vivace fantasia (}cl poeta. L'elenco comincia col segno dell'Ariete, il primo nell'ordine comune seguito anche da Manilio, che Gioviano però non rifà, come potrebbe 11arcre, se non in piccolissima partc.2 Tradizionale è di qncst~~: costellazione la figura, tradizionale la favola, cioè il mito del Vello d'oro, trasportato in cielo da Martc, il pianeta che ba qui la sua casa; tradizionale 1mre l'influsso assoluto. Secondo il quale i nascenti - tra cui il poeta in un bell'episodio ricorda anche se stesso 3 - ora salgono a grande potenza c SOlJrattutto accmnnlano grantli ricchezze, come il montone che nell'inverno si veste di abbondantissima lana; ed ora perdono ogni cosa, come la povera bestioola che lascia il suo tesoro sotto le forbici avare del padrone. Ma piti interessante è la descrizione dell'influsso storico, o epoca dell'Ariete, quando gli uomini, fatti men rozzi dalla pastorizia, erra vano JlCr i monti coi loro greggi, guardamlo con terrore l' imbrunire e risalutando con inni di gioia il rinascer del Sole: Qua se oceano nox acta forcbat, Carpebant fessi somnos ot membra loeabant, Aut antro tecti, aut nemorum frondentibus umbris. At postquam Sol nigra.ntis discusserat umb1·as, Mirati lucem horriferam et vaga lumina Phoebi, Dlum oculis, illum oro obeunt. Laetum inde canebant Paeana, auricomumque deum clamore ferebant. 4

    l

    Uraraia, 111, v. 658-661. Cfr. De rebus coel., etl. aldina ·delle Opert,

    111, p. 129b. l .1\hKILI

    .dstr011., J V1

    V• 122 11gg.

    Il pauo, se Il lettore so no rammenta, fu Ji1 citato a J•ag. 233. • Urania, Il, v. 2.">0-256.

    3

    l POEMETTI

    DJo~l.

    PONTANO

    279

    Fu questa, dice il ))oeta, l'età (Jhi felice, durante la quale l'umanità per l'innocente licenza, - Per saltus et opaca loca umbrososque recessus Ludebant mistae pueris impune puellae; Ocia mulcebant venerem atque ignavia desesl -

    si moltiplicò, creandosi inconsapevolmente col crescer del nomero nuovi bisogni, e perciò i primi dolori. Onde bisognò ben presto lasciare le sedi montuose dove il vitto cominciava a scarseggiare, e scendere al piano dove l'influsso della seconda costellazione zodiaeale, cioè del Toro, avrebbe insegnato i rudimenti dell'agricoltura. Sennonché anche laggio la fatica si amlava facendo sempre pio penosa, esercitata dalle sole braccia umane, e già i poveri coltivatori sentivano i funesti effetti della miseria, quando venne in loro soccorso una benefica dea, l' Industria.• Era costei l'allegorica figlia del Lavoro e della Povertà, e viveva raminga di capanna in capanna, cercando in tutti i modi un rimedio ai mali che scorgeva in ogni luogo. E tanto s'ingegnò che un giorno raggiunse l'intento. Ella avea veduto saltellare pei prati nn bel giovenco dalla fronte stellata, libero ed inoperoso, se gli era avvicinata e con lusinghe avea tentato domarlo. N'era seguita una graziosissima scena di seduzione : Huic dea nunc viridis ramos et gramina lecta Porrigit invitatque manu, nunc tempora blandis Pertrectat digitis atque ora rigentia mulcet, Nunc frontem variis redimitam fioribus omat, Ac picturatis iutexens cornua sertis M:ollibus hirsutas verbis blanditur ad aures. llle autem tenerae correptus amore puellae Nunc decumbit humi vertitque ad munera frontem Demissa cervice, alte et suspiria ducens llugit, et ipse suas solatur murmure curas; Nunc haeret pendetque oculis ludentis, et ipso Lascivit gressu exsilieus gestitque per haerbas. lusequitur simul et niveis per gramina plantis 1 Urtlttia, 11, v. 2M-266. • Qaeata bella allegoria ritornerà ael versi del Pontano a propoelto della cultura dei giardini e del eedrl 1 in Dc horti1 HeBperidN• Il, v. 407·481.

    280

    CAPITOLO QUIN'fO

    Iusultnt virgo et grossum mox sistit: at ili e ln11ilit. et pedibos cervicem inuectere tontat. Nympha procum nspemata fugitque et lenta momtur Et nudata genu risuque iuvitat amantem; llle autem, blando componens murmnra questu, Affingit teneros motus et fronte corut~ca.t. 1

    Ma già dai vezzi llfOvocatori c dall'inganno è vinto il torello, la sua fronte è stretta in un laccio c la stallA lmia lo attende, donde uscirà. solo per curvarsi sotto il giogo e trarre il plau· stro o l'aratro: Nympha trahit, sequiturque volens et laetus nmator, Ac nigrum sponte admirans defertur in antrum. '

    Questa la favola piena
  • Oema. In capo al terzo, dOJlO qualche nuovo ecuno generale intorno alla distribuzione delle stagioni nel circolo zotliacale, la rnsscgna ò riJ>rcsa col Capricorno, anzi col CaJ>ricorno c l Qm•ato secondo aMpctto dell' h•Onsso dello :-:corpionc, c la rispettiva eta zodlacale, qui &IIPl'll& acccn•mta, non tlerlva11o tla llanllio, ma tla autori medioevali: v, la mia nota 111 I.~tl coda tli Geriotte, in Gior. slor., XJ.I, l'· 87. t Noliai che dell' i110uuo eq11luo del Sagittario lll'condo .araulllo ( Asfron., IV, v. 280-242), il Pontano non ai vale qui, ma altrove, a prOIIOIIto della eoatollazioue tlJ:tra-zodiae;do del Cent:,uro ( Ura11it1, 111, v. 12ll·lll37).

    l POEME'M'I

    I>Jo~J,

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    l'ONTANO

    cou I' Aquario, le due costellazioni ello ospitano il frcd(lo Saturno, nel mezzo elci rigori invernali. La loro favola, doppia solo in apparenza, narra della lotta del ciclo coi Giganti, nella quale il vceehio iddio avrebbe avuto come ministri di guerra un mostro in forma di capra, ed un giovane eroe, che mnni la rocca celeste di canali e fossati. Per OJlera del primo sarebbe perito Ceo, ehe colla sua caduta in mare aVl'ebbe dato origine alle tremende burrascbe, ehe ogni anno _si ripetono nel mese di dicembre; I per il valor del secondo sarcbher precit>itati d:,ll' alto Alfeste e Minante, trasformati in quel frangente da Giove l'uno nella catena nevosa delle Alpi, e l'altro nel corso del Nilo, dalla famosa inondazione periodica. L'allegoria di questa favola non può esser ehe fisica, quantunque questa volta il poeta, anche riguardo all'influsso storico dei due asterismi, non sia molto chiaro. Si direbbe eire la cura letteraria da lni messa nel racconto mitologico, gli abbia fatto perder di vista nn poco il (lisegoo primitivo, a eni non saprà riaeco· starsi neppure trattando dei Pesci. I Pesci son casa di Giove, ma con essi ba llUr relazione strettissima la favola greca (li Venere anadiomene, o caldea della nascita della diva nell'Eufrate, oude il Pontano 11oté fondere i due clementi in un unico mito, alquanto complesso. Nel quale si finge che i due animali marini parlino l'no dopo l'altro: prima quello boreale, per esporre gli èft'etti della dea nata dalle spume del mare sui popoli dell'Oriente; quindi l'occidentale, per descrivere le feste ehe a lei ed a Giove fecero gli abitanti dell'Esperia. Il racconto è lungo e smagliante, c termina con una speciale considerazione intorno al N o d o, cioè a quella striscia ehe lega per le code fra loro i due Pesci, e per un certo tratto fronteggia il capo dell'Ariete cosi (.a vicino ehe quasi lo sfiora. Il Nodo non ha influsso, ma sol· tanto un brevissimo mito o allegoria astronomica del legame d'unione fra l'ultimo ed il primo dci segni, ehe tratta llCreiò di Giove e di Marte, rispettivamente signori delle due estremo costellazioni dello Zodiaco. 1 Per la fonte no11 del mito, ma della notizia llslca, v. ciò che di Arato o di ocrmalllco, a p. 2li.

    A't'

    eletto

    286

    CAPITOLO QUINTO

    IV. Manilio nell'ultimo libro del suo poema CSIJOne l' influsso di 33 costellazioni non zodiaeali, disposte in un certo ordine, qua proeellendo ra11idamente, là imlugiamlosi lli piu, secondo In materia or dilettevole e poetica ed ora mulnmente dottrinale. 1 Il Pontano, dal v. 508 del libro secontlo al \'. 629 llel quarto, cioè per buona parte dell' Urania, discorre delle stesse cose, nello stesso ordine, col medesimo metodo, or trattenen· llosi in larghe e belle deseri~ioni, or seguendo la guida con passo piit frettoloso. Di ciascuno degli asterismi egli ha cura di nnrrnrei la favola, spesso allegorir.a; ma il complesso dei miti non costituisce un cielo omogeneo. R di ciascun influsso, con alquanta monotonia, ci espone i due estremi, eonsideramlo 1' oriente e l'occaso della costellazione onde emana; ma la serie degl'influssi non è collegata né distribuita seeonclo un criterio generale, sociale o storico, come accadde lJer lo Zo· diaeo. Il che non dipende però da insufficienza dello scrittore, ma dallo stesso principio astrologico da lui enunciato, secondo il quale il mondo, creato nell'età planetaria, perfezionato per gralli nell' eti' zodiaeale, continua ad essere governato e dai pianeti e dai segni e dalle altre costellazioni, promiscuamente. Né JlOssiamo negare ebo da questa selva d'influenze, infinitamente mutevoli e curiose, il IJoeta abbia saputo trarre, con buono effetto d'insieme, il quallro della vita molte}llice della umanità a lui contemporanea. E l'abbia variato qua e là di t~pisodi, quasi scene singolari nella pio \'asta scena universale, con arte squisita, valemlosi di fonti diverse e spesso metodo degno di nota - attingendo l'ispirazione dalla pre· sente realtà. Omle nella lettura di tJUesta parte del poema, se noi sapessimo l'rescindere tlalh' vaenitÌ\ fmulamentale del prineitJio astrologico, potremmo anebe a.i nostri tempi provare non piccolo diletto; allo stesso modo ebe noi continuiamo con

    ' crr.



    ss.

    I POEMETTI

    Dl~L

    PONTANO

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    leggero sforzo di astrazione ad ammirare, per la sola eterna virtti clclla poesia, l'Orlando furioso. Ho detto dunque cbe 1\lanilio è la fonte principale di questa parte dell' Urania: aggiungo cbc molte delle Jlio belle pagine di essa banno il loro motivo in qualche verso del poeta latino, c ne son come lo sviluppo, ovc il pensiero o il racconto o l'im· magine riceV"on dall'arte ph\ perfetta lli Gioviano vita e colori piu intensi. E cito a riprova alcuni esempi, non eccezionali né rari: la descrizione del saltatore elci circo, 1 quella del corridore, a quella pU1 estesa della pesca dei tonni, 3 e cento altre. Ma ancora migliori sono i racconti nuovi, nei quali l'in· dole del poeta, per la libertà della scelta, si manifesta spon· tanea e lascia impronta piu tenace, come in quel tremendo quadro dell'uomo colpito dal sinistro influsso di Pro c io n c, cbe muor di rabbia, assetato, vicino alla fontana clonde lo scaccia una implacabile Furia : Forsitan e morsu rabidi canis actaque venia Dira lnes aget in furias illnm ora liquenti Admotantem amni, sitientem, nndasque petentem. Excntiens torrem ambnstum atque e gnrgite Erinnys Jam medio caput attollens fngat horrida, crinemqne Angnineum intendit. Revocat sitientia ab nndis Ora miser faciem avertens, similisque latranti Dat sese retro et spumas ciet ater ad anras. Hinc rnrsum, stimulante siti, convertit ad amnem Approperans, dnbinsque gradn atque enectns ab aestn. !nfestans rnrsnm admota face turbat Erinnys Attonitum, ac nigras vocat ex Acheronte sorores; Donec eum rabie absumptnm vis tetra veneni Vicerit, et miseros solvat cum cot·pore sensns, Quos Procyon Martisqne fnrens incenderit aestns. 4

    Io non credo che alcun altro. poeta del Quattrocento possa vantare nn brano phi eflicace eli questo, nel quale la verità, clelia descrizione è superata soltanto dalla purezza ccl agilità • Urania, 111 1 v. 609·616, e Urunia, III, v. 866-867, e

    .Astron., IV, v. 232. .dstron., v, v. 160. 3 Urattia, IV, v. 420·4GB1 o lblltLt .Astron., V, v. 664·676, • Urania, 111, v. 992-1012.

    l

    MANJLJ

    KlXILJ

    CAPITOLO QUINTO

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    della lingua c del verso, che nessuno direbbe usciti da penna moderna. Eppure non mai come in questo cd in altri passi consimili, il PontAJto si affranca dal solito modello antico, c libero eli ispirato raggiunge, con le proprie forze, l' ccccllcnzn dell'arte. Si leggano ancora questi alta·i versi, a ,,roposito 'leil'influsso delle Plciadi: Sin felix simul iofelixque aspexerit astrum, llle inter cyathos positus patoramque corooans Decumbet leni So1nno vinoqne sepnltus, Purpureove toro recubans et virginis arcto Fusus io amplexu, dum mollia gaudia carpit, Et veous ex imis stillat rosoluta mednllis, Illius in roseis linquet sua fata labellis, Et mora ipsa quidem placidae cognata quieti. l

    Chi, al cospetto di questa scena, non corre col pensiero al \'olume delle liriche pontanianc, nelle quali J>iti direttamente si esplica il temperamento 'lell'autore f Chi non pensa aUe Baie llovc ogni cosa risente di quel calore sensuale, ond' era acceso il poeta f Chi non ricorda le elegie dell'Amor ctmit.gale, dove i sentimenti famigliari piti gentili si mescolano, senza contrasto, ai piaceri del senso f E soprattutto chi non rammenta i Tu,Htdi, nei quali, per quel concetto caratteristico che Gioviano avea dell'oltretomba - non dimentichiamo ciò che s'è detto intorno all'anima, nel capitolo precedente - la morte steBSA si veste dei colori dell'amore, in quanto è un rimpianto di ciò che in vita s'è bramato c goduto f Dopo tali considerazioni non ci meraviglieremo se in parecchi dei J,h\ squisiti episodi
  • ersino il fido cane Asterionc; 4 qui - cbi ne ttoteva dnbitaref - ci si fa innanzi anche SteiiL l

    t

    Uraflia, 111, v. 813·8~. llraHitJ, 111, v. ll70-ll74.

    3 Urt~nit•,

    4

    m,

    v. 1200-1210.

    UraHia, 111, v. IHU-887. Cfr. puro .De .diiiOrt

    c De irrtrNclllilttle, cd. aldina, l, p. :122.

    COIIÌf6!1., Il, l, v. 27-.&S;

    I POEMETTI

    In~I.

    PONTANO

    289

    Siamo nella costellazione
  • ensicro in una favola, non attinta - e qui sta la sua importanza - a nessuno degli autori classici, ma alla tradizione popolare: la favola eli Cola Pesce. È noto, dopo il bello studio del Pitré, come questa leggenda d'origine anticn - pare si tratti nientemeno che elci culto di Nettuno, cristianizzato nel patrocinio di San Nicola di Bari 2 - era viva ai tempi di Gioviano non in Sicilia soltanto, dove anche oggi è dift'usa, ma nel continente c special· mente a Napoli. E raccontnvn, secondo una delle versioni pio accreditate, d'un giovane catanese, chinmnto Cola, il quale fin dalla prima giovcntti ebbe 1ma predilezione cosi curios.'l per il mare, elle fini per spogliarsi quasi del tutto clell'aspeUo umano c vivere nelle onde. Egli abitava per solito nello StreUo, ed era spettacolo meraviglioso agli abitanti clelle cos,e. Ora avvenne cltc a Messina capitasse Federico di Svevia, al e1mlle naturalmente fu presentato lo strano nuotatore. Il monarca lo ricev~ttc durante una festa, bandita. al Faro, sulla rim ciel mare, e volle aver ela lui nn saggio della sua valentia. Gettò pertanto nelle acque una coppa d'oro, cbe s'immerse pro)lrio spettar prr l'Ariosto l' lllnstre critico •li Flrenac. Qnanto 1101 all'Ariosto, mi JIIU probabile che abhia attinto ali• l!raraia, che certo gli era nota c fonr 11iit famigliare che non i Jl3881 htclancschi sopra citali. 1 J1un.1 .Astron., v, v. 398. t o. PtTat, La leggetadtJ di Cola l'esce, in Ribl. delle trtJdilioHi JIOpo· lt.ri siciliafle, vol. XXII, Torino, 1904, p. 89 &«g.; dove pcr6 11011 da flll'e due correzioni : la prima, cl1c am~hc per Il Pontano Cola (\ cataneiC! c non mcnlncsc, come lvi si all'enna a l'· 13 c 30; la 110comla che la forma Oolcm non è già una variazione del nome dcii• eroe (Colano), ma BOIDJIIiccmcnte l'nrcuaalivo della formA trai11Zion31c.

    l POEM ..~1"1'1 DEL PON'l'ANO

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    nel gorbro, dove Cariddi riposa in agguato: dietro la coppa, si lanciò Cola. Ma, ahimè! l'incanto non poté pio riBftlire n galla, ché l'orribile mostro lo fece sua preda. - Questa h~ leggenda, la quale, come ben fu osservato, è il prodotto di due elementi, ono fondamentale cd originario, cioè la credenza nell'uomo murino; l'altro accessorio, cioè la tragica storia del ricupero della eOJIJm. Ad essi il Pontano nel suo racconto, che non si scosta dalla tradizione, dà diversa im11ortaoza, e non a caso. Accettu e svolge il secondo, per dare al sno episodio oo interesse come di novella o di dramma, ma non se oc compiace; si indugia 11er contro sul primo, nel quale trova ad un tempo le ragioni e gli effetti dell' inftosso della costellazione del Pesce: le ragioni, 11erché del favoloso eroe egli fa, con classica metamorfosi, l'origine e la figura, per cosi dire, dell' asterismo; gli effetti, perché narrando di Cola in· tenio elevata, descritte dal poeta senza novità ()i vedute, s ma con molta J>erizia. Si noti l'evidenza della scena seguente, dove lo spettacolo del firmamento c l'ora dell' osservazione non potrebbero esser meglio dipinti: • Meteor., v. 247-251. Meteor., v. 844-358. Puoi vedere qualcoaa di simile in SILLo IuLLco, Puttiche, III, v. 620 llill· 3 Ycdasl come Il BorriTo, OJI. cit., p. 9, riduca ai riustlllmltllo eagerazioni del TuL.t.aJoo, op. cit., JI, p. 5!18, specialmente a proposito dello cauec della luce zodiacale. 1

    I POEXETTI DEL PONTANO

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    Saepe per aestatem coelo si forte silenti Aut carpes iter, aut Xavortia signa secutus Traduces vigilem per iussa silentia noctem, Collucere faces coeloque cadentia cemes Sidera et incensos per sudum albescere tractus.... 1

    La terza parte dell'opera non ba coesione, cioè racchiude argomenti fra loro diversi, come i venti, il terremoto, l'iride, le comete e la Via lattea. I venti son trattati senza alcun rilievo, con l'abbozzo di qualche favola di nessuna importAnza: non hanno neanche valore scientifico. Del terremoto invece si espongono con molta maestria le cause, cioè la reazione violenta dei vapori chiosi nell'interno del globo terrestre; e si fa cenno speciale d'nn grave disastro toccato all'Italia inferiore, forse quello del 1457. 11 Ad esso, con ricordo virgiliano, si aggiunge a mo' d'appendice il fenomeno tellnrico della mafetta d' A.nsanto nel Principato Ulteriore. 8 Curiosa è la favola immaginata per l'Iride, figlia del Sole e dell'Aria, ancella di Giunone; e'l assai. bella artisticamente, per quanto erronea nella sostanza, è la comparazione che tenta spiegarne la causa: Nate, igitur siquando sedens aestate sub altis Porticibus, forte aut nemorum viridante sub umbra, Auratum admoris labris sitientibus amnem, Ne pigeat, simul ac gelidum cratera liquorem Hauseris, ardentem ad Solem atque ad lampada Phoebi Sistere, post altam tua lumina ferra sub umbram; Illicet aspicies Solem laquearibus ipsis Fomicibus sive in mediis altave columna Fulgere, oppositam radius dum fiectit in oram Lubricus eft'usoque super loca lumine lambit: Baud alitar, levi in nube coeloque quieto Obliquus cum se radiorum impegerit ardor Nubila per, conversa acies in fronte resultat, Flectuntur retro radii, fit protinus arcus llle quidem varios ducens e nube colores.'

    l t

    llleteor., v. 507-till. cit., p. 427.

    E. GotBIIlN, op.

    3 Borrlto, op. clt., p. 12. Mdeor., v. 1124-1138.

    4

    808

    CAPITOLO QUINTO

    A proposito delle comete, il passo migliore è il ricordo storico dei funesti presagi avveratisi per due volte, dopo le apparizioni del 1456 e del 1472, che il poeta illustra am11iamente anche nel suo commento al Centiloquio, da noi altro,·e citato.! Viene in fine la Via lattea, prodotta, come le comete, da un vapore cosmico, clte il Pontano impara a conoscere dalla sua solita fonte, per attenersi alla quale logicamente rifiuta la spiegazione e la favola che gli forniva Manilio. Ed eccoci alla quarta ed ultima parte, la quale è meno estesa delle altre e va, a rigore, considerata come una digressione dal tema principale; giacché tratta dell'origine dei fiumi, cioè d'una materia un po' lontana dalla meteorologia. Questa origine, a dir vero, è molto curiosa: le fontane ed i corsi d'acqua in genere nascerebbero, secondo il poeta, dal raffreddamento e relativa condensazione dell'aria penetrata nelle viscere della Terra o aderente alle rupi montane ! Non varrebbe dunque la pena di discorrerne, se, al solito, i pregi d'arte non rifulgesscro, qui forse piu vivi c.he in altri luogbi.2 Qui specialmente ci richiama alle migliori pagine dell' Urania una favola, intitolata dalle Naiadi, che è ad un tempo una descrizione meravigliosa ed una trasparente allegoria. Le Naiadi sono le acque, capaci delle piu strane e repentine trasformazioni: esse cantano sommesse nelle fonti, balzan superbe nelle cascate, corrono, precipitano per le forre, e si stendono quete e quasi dormenti sotto i salici della pianura; esse han nelle l Cf'r. p. 169, in nota. ' Interessante è Il sentire le lodi che al Pontano, poeta dci fiumi c dei monti, tributa P. L1or, Alpinismo, lllilano, 1890, p. 28': c Dopo Dante e Petrarca le solitarie rupi sembrano ricadere nell'oblio. Solo nel poc1ua latino di Pontano apparisce il magnUico quadro d'una caduta d'acque... quadro che ai lascia addietro tutti gl'Immaginarli bozactti melensi degli arcadi, e che credesi descriva l'lmpreBBione provata veramente dinanzi al llJUcello della Morte discendente ln1petuoso ucl lllarone dalle nevi del Gran Sasso d'Italia ~o. Pur convenendo anch'lo In questo giudizio, mi dispiace tuttavia di dover correggere In un punto l'ex-presidente del C. A. I.: Clloviano non cl descrivo In Meteor., v. 1400-IU2, un torrente prccipitoao, ma Il ritmico stillare, goccia a roccia, d• uu di quei fonti che bene l' A•Eaucn, op. elt., p. 222, indicava col vocabolo ted01eo Trop(brurcttetl. L'errore del Lioy sta nell'ncr letto, In una cattiva edizione, c perpetuus tcrror est &tillantibus undla • Invece di c te n or ~o.

    I POEllETTI DEL PONTANO

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    membra il ca.odor cl elle spume, e nell'occhio e nelle trecce l'azzurra ombra delle insenature c dei laghi: Nunc feasae laétas dueunt per prata choreaa Arboribua tectae ac circumvariantibus umbria, Nunc tenuea mulcent gratis concentibus auras, Aut amne in medio ludunt, vitreiaque aub undis Laseivae alternant agiles per brachia motus, Lubricaque intorquent niveis vestigia plantis. Enatat haec levesque manua et brachia monstrat, Aut tenernm latus, aut mollea cum poplite suraa i Desilit illa petens imum, splendetque sub undis Marmoreum foemur et cervi:z: argentea et illae Deducunt coelo divos quae ad furta papillae i Mox resilit flavumque caput nigrantiaque eft"ert Lumina, tum niveo quae purpura fulget in ore. 1

    Non manca qui, come si vede, quell'elemento afrodisiaco ch'è tanto caro al Pontano, quando può dar libero sfogo ai fantasmi che gli brillano nella mente. Ma il pregio migliore di quest'ultima parte sta nella chiusa, che molto abilmente dall'argomento speciale dei fiumi assurge ad ·una sintesi di tutti quei fenomeni meteorici e tellurici, che assiduamente s'affaticano alla trasformazione della crosta del nostro globo. :Mutano le valli e i piani per il lavorio delle acque, come mutano i continenti per l'azione sommata (\i tutte le forze rinnovatrici. Non vedemmo dall'antichità ai nostri giorni cangiata quasi la faccia della Terra ? Attendiamoci adunque di veder sparire anche i monumenti e le memorie della civiltà nostra, che i posteri verranno a scavare negli strati del suolo, come noi facciamo per quelli dei nostri remoti progenitori: 1 Meteo,.., v. 1423-1435. llrll piace dichiarare d'aver fatto mio, a propesito di qut'sti versi, Il commento dell'Axus&cn, p. 223: c Id genns deaeriptioaum, quod est In hoe capite et pleriaque allis praecedentlbua, non aolum eondiunt aevcrltatem harum rerum, ae tedium leetionia levaat, sed arguunt etlam lngenlum auetorla. Fabulas enim exeogltare, et apte rebus lnatltutis accomodare, ut Pontanns faelt, non minorem In poeta commendatlonem ha· bet, qu:\m rea lpsas reete exponere.- Et hoe unum e11e de preelpuls exlatlmo, quae bune poetam vcterlbua aequare vldeantur 11.

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    CAPITOLO QUINTO

    Adveniet lustris properantibus aetas, Cum pelago emerget tellus nova, cum mare tenis Incumbens mole ingenti simul oppida et arces Cultaque sub rapido secum feret hausta profundo. Nullus honos regum tumulis, impuno deorum Tempia ruent, idem fluctus pecudemque Jovemque Auratum afBiget scopulo, exitium omnibus unum, Et clades uno. absumet iuvenesque senesque, Matres atque viros et corpora cara nepotum, Nec natum complexa pareos miserabilis hudis Profìciet lacrimis, clamantem et acerba gementem Coeruleus cano vortex absorbet hiatu, Et vota et pictos secum feret unda penates. Non ullae ultra relliquiae au~ monumento. manebunt, Non rerum labor, aut operum vis edita coelo; :M:aiesto.s ipsa ingeniis, decoro. illa sororum Aonidum, confecta situ atque in nube iacebunt, Cunctaque sub tenebris et opaca nocte tegentur. Parte alia exsurgent immani corpore montes, Et nigra p1imo coelum caligine tingent Fumosis iuga verticibus, nondum aero aperto, Nec sicca tellure satis. Post tempore certo Terra recens, coelumque novum, nova litora, et hudi Labentes passim lymphis crepitantibus amnes lncipient praebere novis alimenta colonia, Paulatimque novus fato instaurabitur orbis. 1

    Questa palingcncsi poetic3, come giustamente la cbiamò il Tallarigo, t ispirata da alcune parole di Aristotele, ha, secondo il Boffito, nn alto valore nella storia della scienza J>&lcontolo· gica; s ed ha per noi, oltre al pregio dell'arte, anche un inte· resse astrologico non trascurabile. Paren. invero che, dopo i primi capitoli di questo libro delle Meteore, il Pontano si fosse scostato dalla teoria astrale, e quasi ci rintorlleva di seguirlo colla nostra critica. Ma né egli, né noi eravamo fnor lli stmda. I fenomeni che avvengono nel regno degli clementi non di· pendono forse dalle influenze delle stelle? non sono forse i mezzi onde i pianeti o le costellazioni agiscono sulla faccia fisica del mondo, sul teatro delle vicende storiche e morali 1

    t

    Meteor., v. IGn-1599.

    T.t.LLnJoo, op. eit., n, p. 603. a BorrrTo, op. eit., p. 14.

    I POEHETTI DEL PONTANO

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    dell'umanità? E questa chiusa non ei Jlrova che il poema, che ne canta il nascere e lo svolgersi, è il necessario complemento dell' Urania? A ragione dunque lo scrittore, nel levar la mano dall'opera, invoca 11er l'ultima Yolta la sua bella amica ce· leste, la Mnsa dell' astrologia.

    VII. Ho detto, discorrendo del Basini, che l'arte sua di poeta, di gran lunga superiore alla perizia di lui scienziato, preannnnziava una perfezione formale, che solo piti tardi, verso la fine del secolo, si sarebbe maturata. 'l'al perfezione, che non trovammo nel Donincontri, troviam nel Pontano, uno dei piti squisiti verseggiatori latini che l'età moderna abbia avuti. Questo giudizio, che non è nuovo alla critica, ha per me piena riconforma dallo studio dei dnc poemi, nei quali la purezza della lingua, l'eleganza delle frasi, la correttezza agile del verso son davvero insuperabili. Qui non si scorge -}l•rlo della reda· zione definitiva - quella indulgenza nell'accoglier vocaboli e costrutti propri ai poeti della decadenza romana (si pensi alla pericolosa famigliarità con Manilio ), che macchiano invece leg· germeute altri scritti. Il modello virgiliano, tante volte esaltato nell'Urania, lascia sempre ed ovunque ammirare la sua benefica influenza, che tempera e rafforza il libero volo della fantasia, e fu una delle cause piu sicure della fortuna e della fama del Nostro presso i contemporanei ed i posteri. La citazione, con la quale comincia questo capitolo, prova infatti che assai presto, vale a dire sin da quando il 11oeta aYeva annunziato d'essersi messo a scrivere d'astrologia in versi, l'attesa intorno a lui era grande. E crebbe naturalmente quando la pubblicazione di altri scritti minori, e S}lecialmente delle liriche, gli procurava nome sempre phi chiaro.! Nessuna • Una prova di questa riputazlone 6 la lanrea poetica conferita a.Gio· viano da Innoeenzo VIII, Il 28 genn. 1486; cfr. E. Ptacoro, .Pcmtcuaia11a, eatr. dagli Studi d. lett. ital., III, 1902, p. 3. Un'altra prova di atlma può essere Il busto In bronzo del lllaaco di Genova (riprodotto nella clt. mia

    812

    CAPITOLO QUINTO

    meraviglia pertanto che poco dopo il1490 i due poemetti, ap· pena copiati in pulito, abbiano avuto divulgnzione anche fuori (li Napoli, o. Firenze, per esempio, dove Pietro Crinito traeva copia dci migliori episodi. 1 Ncll' Accademia poi il lento la· vorio di perfezionamento, onde usci la seconda redazione, dovevo. essere spiato, soprattutto dai giovani, con immenso amore ; cd allorché il testo definitivo fu costituito, intorno al vecchio maestro con quale slancio i quindici discepoli si strinsero ad ascoltarne la lettura o il commento! 2 Non ho mai saputo rappresentarmi questa scena, senza provare un senso di commozione e di rispetto; e spesso, pensaado alla qualità degli ascoltatori, molti dei quali furono in seguito o già eran poeti di grido, m'è venuto spontaneo di paragonarla ad un altro quadro a quei tempi frequente. L'ho avvicinata cioè ad una di quelle botteghe o studi di pittori o scultori, nei quali l'artefice vecchio non sol eva tanto impar· tirc l'insegnamento teorico, quanto lavorare ell illustrare le proprie opere in mezzo ai giovani, che apprcndevan cosi l'ispirazione e la tecnica, l'anima e la maniera del maestro, ritenendo poi sempre, anche dopo nuove vicende c trasfor· mazioui, in sé l'impronta della scuola. Questo avvenne infatti nel nostro caso: il Sannazaro, il Cotta, il Cariteo, l'Ani si o mostrano chiaramente i segni dell' educazion pontaniana; ma piu di tutti n'è imbevuto Scipione Capecc, l'autore del De rwincipiis rerum. s ediz.), ehe io propendo a credere non molto posteriore a questa data, per due ragioni. Sotto Il busto, nell'lserizione, il Pontano ò detto precettore di Atronso duca di Calabria, ehe non era dunque ancora re: ma sulla fronte eli quel pregevole ritratto si notano duo taecbe, destinato senza dubbio ad aa· sicurare la eorona d'alloro della laurea, ehe era dunque gi~ conseguita. • Po:orn:or1 Carmina, Firenze, 1902, I, p. :u:ur. a Traeerlvo qui la postilla ehe Il Borgia premetteva all'UraNia nel eod. Vat. lat. 5175, da me pubblicata In Poxu.'fr Oarmitta, I, p. xuv : c C. l. fe· bruarll 1501 Pontanus legere coeplt suam UraNÌatN in sua aehademia, cui lectlonl fcre aomper quindeeim gonerosi et eruditissimi viri aft"uere; nee vero ipse ego llieronymus nllum unqnam praeteril diem, quln adeasem, et quae potai In margine anotanda curaverim, quae quidem sunt ab eiuadem auctoria oraeulo uprom)Jta :.. Nello ateuo cod. allcggouo altro lodi al poeta, in veral, che pure pubblicai nel luogo citato. a C. T.&LURIOO, op. elt., I, p. 185.

    I POEMETTI DEL PONTANO

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    Morto il Pontano, i poemi dalla stamperia di Aldo nel 1505 si diffondevano per tutta Italia, e fuori. Seguirne il cammino sarebbe una ricerca interessante, ma che sorpasserebbe i limiti dello studio presente. Da noi ne parlò con grandi lodi l'Ariosto, che in qualche cosa ne trasse anche profitto: 1 ma altri ne gin· dicarono forse con una punta d'invidia, sf·che dovette ripren· derli garbatamente Lilio Gregorio Giraldi. 2 Dalla Germania ci venne il commento dell' Amerbach alle Meteore, che noi conosciamo. Nel medesimo tempo, accanto ai critici, sorsero i continuatori, cioè i poeti didascalici, di cui sovrabbonda il Cin· quecento - il Capace stesso, già citato, è di questa schiera i quali tennero il Pontano per loro modello. Non starò ad ad· tlitar le prove di quest'affermazione nell' Augurelli, nef Pa· leario, nel Palingenio ; soltanto rammenterò l'opera, che ar· tisticamente di tutte è la piu bella, del Fracastoro, dove è bene in mostra non solo l'influenza, ma il nome del Nostro. 3 E ricorderò, a. titolo di curiosità, J'·imitazione dell' Urania fatta dal Folengo nel suo bizzarro poema. 4 Nel secolo successivo l'astrologia era viva ancora, e forse manifestava un leggero risveglio, quel risveglio di energie che preannunzia spesso la fine. 5 Inoltre la poesia degenerava in l Cfr. p. 292. ' Gu.a.Lnus, De Poltis, ed. Wotke, p. 14.: c Urania vero, Meteora, Be· spet"idurn horti, Eclogae, Epigram1nata, Elegiae, et cetera Joviani Pontani Umbri carmina et quae plurima pedestri oratione scripsit, facinnt, ut In bis tabularum lmaginlbus lllum inter proceres commemorem, qoln et curo omni fere antiquitate conferam, tametsi non idem, ut qoibosdam videtor, in omnibns praestat (nonnunqnam enim nimis lasclvlre et vagar! videtor) nec piane ubique ae legibus astringlt. Quod lis minus mirum videri poterlt, qui lllum sciverint in magnia regum et principum negotiis diu versatum et modo bellorum modo pacis condiclones et foedera tractasse non minus quam Phoebum et Musas coluiase. Quis tamen eo plura? quls doctius, qois elegantius? quis denlque abaolutius composult? cnucleatius? exquisitlus? Et "ucet eios quidam hoc tempore gloriae parum aequl sint extlmatores, non lllls tamen lpse concedam, ni mellora vel ipsl fecerint vel ab aliis facta attÙ· lerhit, id qood ad banc ipse diem non vldlssu fateor, nisl sl quls fratrem tunm, Juli, Jncobum Sadoletum attulerit, •••.. vel cum fratre tuo Petrun1 Bembnm, etc. •· a Tuua1oo, op. cit., Il, p. 696. 4 B. Zu•a•Kl, L' cutrologia 11 la mitologia nel Pontano 11 nel Folengo, In Rassegna critica della lett. it., n, p. 7. s A. BELLOKt, Il Seicento, Milano, p. 8 e 468.

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    CAPITOLO QUINTO

    quel gusto caratteristico, che dal secolo prese appunto la denominazione, ma che ebbe radici molto piu lontane, nel Quattrocento stesso, in quel genere d'arte nutrita di mitologia, nel quale Gioviano fu sommo. Nulla di pio naturale dunque che nel Seicento l'opera sua fosse in 1negio; ed io mi figuro l' Urania e le Meteore nella libreria d'un ipotetico don Ferrante, al luogo d'onore, fra il De vita propria di Gerolamo Cardano e gl' ldilU di Giambattista Marino. 1 Dopo, dal Settecento ai nostri giorni, per quel ch'io son riuscito a scoprire, il nome del Pontano fu ricordato specialmente 1>er le liriche e per i Dialoghi; i quali destarono, anche in tempi recentissimi, l'ammirazion della critica, alquanto mal disposta verso quegli scritti ove c'entrava l'astrologia. Io non nego l'eccellenza di quelle opere; solo mi lusingo d'esser riuscito a stabilire un po' d'equilibrio nel giudizio comples· sivo, sollevando ai dovuti riguardi le parti migliori, e non son poche, dei due poemi. • Quel ch'lo immagino può aver delle prove. In Casanatenae cl son tre manoscritti, contrassegnati dal n.t 770, 879, 1485, che io ritengo tutti del sec. xvn (il primo porta la data del 1666), contenenti regole, aforismi, t&· vole astrologiche, e sono forse quadernetti di scuola. Orbene nel primo, a pag. 269, c) riportato, accanto a citazioni di Manilio, di Firmieo, del Car· dano, un pauo del De rebus coeleseibus; e nel terzo, che è quasi Iute· ramente un centone poetico, a p. 7, senza nome d'autore, al leggono al· cuoi veni dell' Urania.

    INDICI DEI NOMI E DELLE COSE NOTEVOLI

    A) Iadiee stol'ieo. Abano (d') Pietro pag. 55, 110, 218. Accademia Platonica 127, 152, 218; Pontaniana 125, 226, 200, 812; Romana 129. Agoatino (Sant') e l'astrologia 52, 55, 2"21; e la magia 181, 1Erl; studiato dal Fieino 20i; dal Pontano 250. Albategni 50. Albnmasar 58. Aleabizio studiato dal Bonineontri 186; dal Pontano m; dallo Sta· bill 186. Alcnino 58. Alfagrano 50, 58; noto a Dante 59; e al Pontano 244. Ali~rhleri Dante e l'astrologia 55, 56, 59; sua teoria della Fortuna 61, 248; e la poesia del cielo 5, 11. Alighieri Jaeopo 00, GS. Allegretti (degli) Jaeopo 88. Ambrogini Angiolo Pollziano 126, 1481 218. Amerbaeh Vito 208, 818. Anisio Giano 226, 812. Apollonio da Rodi 81. Apnleio 181. Aquaviva Andrea lllatteo 288. Aragona (d') Alfonso I 120, 12-1. Aragona (d') Alfonso II duca di C&· labria 289. Aragona (d') Ferrante l 123. Aragona (d') Ferrante II 283. Arato da Soli li, 18, 21; e llaulllo 85; divnlllato dal Besaarione 76; imitato dal Basini 93; dal Pontano

    269. Archimede 17. Arezzo (d') Ristoro 581

    6,,

    65.

    Ariosto Ludovieo 1(11, 29'2, 818. Aristareo da Samo 16, 27. Aristotele 161 29; e il Boni neoutri 166, 178; e il Pontano 289 sgg., BOA. Augurelli Glo. Aurelio 811S. Averroé 58-66; e il Bonineontri 173. Avieno Rufo FeRto 24, 76. A\·ito (Sant') 176. Avogario Pietro Bono 110, 113, lH. Barbaro Ermolao 287. Basini Baslnio da Pamta, suoi studi 77-80; sue opere: l'lsotteo 78; la Meleagride 79; l' Esperide 80; gli Argonautici 81; gli Astrono1nici SI, sgg.; e l'astrologia 91. Beeradelll Antonio Panonnlta 121, 188. Bellanti J,uelo 227, 228. Bembo Pietro 248, 318. Beroaldo Filippo 111. Beroso 27. Biondo Gaspare 129. Boccaccio Giovanni 56, 57, 186, 267. Bonatti Ouido 111, 218. Bonineontri Lorenzo da San llliniato, biografia 118 &glf., 131 ; opere : i Poemi 141, 15-1 sgg., 158, 168 Blfg., 174 sgg., 200; il Co111mmto 'a Manilio 145 sgg.; storiche 187, 1SS; minori poetiche 125, 188, 189, 140, 197; minori astrologiche 185-187, 142, 14:1, 153, 237; e il Fieino 201, 206; e il Pico 108, 218; e Il Pontano 282, 256, 258, 003, ~. 274. Borgia Girol11mo 200, 2!)5, 299, 812. Calllppo da Cizico 16. Camara (da) Antonio 114. Camatero Giovanni 47.

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    INDICI

    Canlsio Egidio da \"lterbo 2-iS, 802. Capece Sclplone S12, SlS. Capella .Marziano 49, ~. Cardano Fazio 117. Cardano Girolamo 117, S14. Cariteo (llareth) Benedetto S12. Carneade 210. Catany (di) Giovanni 1~. Catasterismi dello Pseudo-Eratoste· ne 22. Chénier Andrea 8, 11. Cicerone traduttore di Arato 23, 76 i e l'astrologia 280, 9.W, 272. Codice Ambrosiano R. 12 Sup. 155; Barbcrinlano XXX. 104 134; Casa· natense 770, cas. 879, Cas. 1485 SU; Corslnlano 706 182; Estense lat. n.• 408 186, 142i L.1.urenziano medlceo XXIX. 3 135, 150, I.an. m ed. XXIX. 5138, Lau. med. XXXIV. 52 15i, 157; lllagliabcchlano stroz· ziano VII. 1099 12-i, 155, 158, l'ligi. stroz. XXV, 559 187, Mgl. stroz. Il. II. 41187, 202; lllarciano latino VII. 232 ~. Ma r. lat. VIII. 66 287, Ma r. lat. VIII. 76 142, 148; Napoletano (Naz.) VI. C. 23 250; Parigino (Naz.) latino 7417 128, 148, Par. lat. 8342 100, Par. lat. 11088 188; Riccardiano 837 182; Vaticano latino 2833 15G, Vat. lat. 2837 259, Vat. lat. 2838 259, Yat. lat. 2839 280, 288, Vat. lat. 28~0 mfi, Vat. lat. 2844 155, Yat. lat. 2845 141, Vat. lat. 5175 312; Vaticano Capponi 56 182; Vaticano Re~tlna 1115 142 i Vaticano urblnate 703 155. Copernico 2"2S. Coppola Francesco conte di Samo 247. Corsinl Amerigo m5. Cortese Paolo 231. Cossa (del) Francesco 115. Cotta 61ovannl 812. Crinito (do' Ricci) Pietro 148,200, 812. Dagomari (de') Paolo 57, 68. Dati Goro di Staglo 68 sgg., 74, 182. Davalos Fer~llnando mareb. di Pesca· ra 285. Dc Ferrarlls Antonio (IJ Galateo) 228. Della Fonte Bartolomeo 100, 14G. De Petruells Antonello 188. Diogene stoico 250. Empedocle agrigentino 14. Epicuro e l'astrologia 20, 1iS, 217. Eraclide Pontleo 15.

    Eratostene alessandrino 22. Esiodo 7, 14, 19. Eudoaso di Cnldo 16, 17, 27. Fazio Bartolomeo 2M. Flclno Xarsillo o l'astrologia~. 206, 211; e Il Bonincontri 126, 127, 152, 158. Flrmieo (Giulio) llaterno l'astrolo~to 46; e Il Bonincontrl 149i e il Pico 218; o Il Pontano 244. Folengo Teofllo 818. Fracaatoro Girolamo 818. Fulgenzio 186. Galilei Galileo 117. Gallina Tolomeo 121, 147, 282. Gaurlco Luca 115, 117, 1561 198. Gaza Teodoro 78. Gazoltl Francesco 211. Genazzano (da) fra Mariano i48, 802. Germanico (Cesare) 28, 76; e Il Pon· tano 200, 285. Giraldl I.ilio Gregorio 198, 275, S1S. Gregorio (abate) da lllontc Sacro al Gargano 176. Jamblico 46. Igino 9, 24, 49, 75i e Il Baaini 9'2, 94 sgg. In noeen zo VIII SU. Isidoro di Siviglia 48, 49. Keplero 196. Latini Bmnetto 57, 58, 282. Lattanzio 181. Leopardi Giacomo 11. Lorenzi Lorenzo 183. Lucrezlo (T.) Ca1·o 22; e il nonincon· tri 168; e Il Pontano 274, 805. Lunardi Camillo 127, 186. llacroblo 267. lllalatesta Novello signore di Cescna89. :Malatesta Siglsmondo Pandolfo al· gnore di Rimini 88, 88. Manetone 27; Pseudo·JI. 46. Manfredi Bartolomeo 1~, 110. lllanillo lllarco, suo poema In s~rr., 47, 206i auo valore artistico 12, 42; ano pensiero morale 10,30, 40 sgg., 219; edizioni 76, 100, 145, HG; e il Basini 91; e Il nonincontri 121, 1-&6 1 1i5, 188; c Il Crinito 148; e Il Pico 218; e il Pontano i08,244, 281,298,

    287, 200, W'2. Kannzlo Aldo 255, 200, 818. Marino Giambattista 814. Jlarsi Paolo 129. lllarsl Pietro 129.

    INDlCI Marullo Michele 275. :Uedici (de') Cosimo il Vecchio 2a!. Medici (de') Giovanni (Leon X) 205. Medici (de•) Lorenzo il lllagnlftco 125,

    188, 210. Kenandro 12. llliddelburg (di) Paolo 113-117. l'illton Giovanni 182. Monti Vincenzo 11. Miiller Giovanni Regiomontano 115, 116, 145. Neckam Alessandro 58. Negro (di) Andali> 57, 186. Nigidio Figulo 83. Novara Domenico 115. Omero 18i e Il Pontano 2&.\, 295, 299. Ovidio 28, 291. Paleario Aonio 818. Palinreoio Marcello 818. Palmieri Matteo 187, 200 sgg. Pardo Giovanni 251. Parlione Pietro 90. Parmenide 14. Perozzi Baldassarre 115. Petrarca l!'rancesco 56. Pico della Mirandola Giovanni 214, 215, 229i sua confutazione dell' astrologia 198, 215, 216 sgg., 224; e il Bonincontri 198i e il Ficino 2a!, 212i e il l'iarullo 275; e Il Pontano 229. Pico Giovan Francesco 214. Pirovano Gabriele 227. Pitagora 14, 15. Platone 15, 28, 272i e il Bonincootri 152, 100, 171, 172, 195i e il Ficlno 205 sgg.; e Il Palmieri 201; e il Pontano 271, 272, 275. Plinio 186. Plotlno 45, 2a!, 221; e il Flcino 206,

    207. Polemareo 1G. Pontano Adriana 259, 288, 290. Pontano Aurelia 257, 288. Pontano Eugenia 244, 21.\7, 988. Pontano Giovanni Gioviano 79, 281, 283, 286, 251, 811; e l'astrologia 199,227, 229, 252; e Il Bonincontri 128-125, lSOi opere: l' Urania 200, 287, 25i, 26lsgg., 295, 811i le Meteore 287, 255, 261, 902 agg., 811 i gli Orti delle Esperidi 268, 818i le Egloghe 263, SOl, 818 i gli .Amori

    256, SO'.!; l'Amor coniugale 282, 288, 002 i i Tumuli 268, 288, 301,

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    902; le Laudi divitae 250, 21)9, 80"2; le liriche 288, 902, 819i l'Eridatao 290, 29li filosofiche 287, ~. 246, 249, 2i2i astrologiche io prosa 230, 287' 288, 244, 256, 261, 296, 814 i l dialoghi 287, 246, 2·19, 270, 801, 002 Pontano Lucia 257, 258, 288, 800. Pontano Lucio Francesco 2!U,257, 288. Porftrlo 46, 181, 200, 207. Posidoolo 33. Proclo 46. Prodromo Teodoro 47. Pulci Luigi 126. Purbach Giorgio 115. Rabano Mauro 49. Regiomont."lno Giovanni, v. Miiller. Regiomoutano Roberto 116. Rlario Raffaele cardinale 128, 147. Romano (da) Ezelino 56. Rovere (della) Giuliano (Giulio II) 129, 140. Sacrobosco (Aiifax) Giovanni 50, 51. Sadoleto Jacopo cardinale 819. Sannazzaro Jacopo 812. Saasonia (di) Giovanni 49. Savonarola Girolamo 214, 224, 225; e il Pico 214. Sesto Empirico 219. Sforza Ascanio cardinale 129, 188,148. Sforza Costanzo 127. Sforza Francesco 119, 188. Sforza Giovanni 127, 148. Sidrac (il libro di) 58. Silio Italico 806. Siato IV 128, UO. Stabili Francesco (Cecco d'Ascoli) 55, 65 sgg., 186. Stella ferrarese 259, 288, 290i v. Pontano Gio. Sulplzlo Pomponio 129. Summonte Pietro 226. Svevia (di) Federico Il 56, 29"2. Thaon (di) Filippo. 51. Tifernate Gregorio 282. Tolomeo Claudio 29, 45i sue opere 45, 50, 296; e il Bonineootri 185, 148i e il Pico 217i e il Pontaool85, 287i e lo Stabili 185. Tommaso (San) d' Aquino 55, 56, 59. Toseanelll (Del Pozzo) Paolo 115, 117, 145,200, 212i e il Bonincootrl 126; e il Pico 212. Traversari Ambrogio 200. t11erti (degli) Fazio GS-65.

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    INDICI

    Valerio Fiacco 81, 291, 298. Vannucci Pietro Perugino 115. Varazze (da) Jacopo 140. Varrone 88.

    Virgilio e l'astrologia 2'2, 298; e il Pontano 262, 266, 284, 29S, 001. 7.auella Giacomo 10.

    11) Indice astrologico. Adone 200; v. Sole. Allegorie astrologiche medioevali 51, 71; nel Pontano 262 sgg.; v. Miti allegorici. Andromeda (mito di) 19, 40, 290. Angeli neutrali 180, 181, 201; ribelli 178, 100. Antipodi 87. Apollo, v. Sole. Apotelesmatico (metodo divinatorio) 98, 220, 245, 204. Aquario 100, 271, 285; nell'oroscopo del Fieino 205. Ariete 100, 271, 278; nell'oroscopo del Pont.',no 238, 251. Asini (eoRtellazlone degli) 282. Asterione 288; v. Procione. Astroloa-ia presso gli antichi 18, 26, 27, 28, 38, 42, 56; nel Medio evo 48 llflf·i nel IUnaseimento 26, 100, l~ sgg., 112, 115, 200; religione e seien1.a 52, 55, 57, 117; f011te di poesia 12, 115; nomenelatnra e partizionl 81, 86, 248. Calendario (scienza del) 50, 266. Cancro 100, 272, 281, 298. Cl,prieonJO 28, 100, 266, 271, 284. Cassiopea 19, 289. Centauro 28!. Cigno 9i. . Cola Pesce (lc>ggenda di) 29'2. Comete 21, 159, 168, sa:J. Corografia astrologica 261, 295, 200. Delfino 19. Demoni conoscitori dell'astrologia 52. Dragone 200. · Ebone 267; v. Sole. Elezioni (metodo divinatorio delle) ss, 220, 245, ~Endimlone (mito di) 186-188, 25G. Ermeto Trlsmegiato 46, 181, 268. Ercole (mito di) 200, !MI Fetonte (mito di) lGt. Gemelli 100, 272, 2EK), 006. Gesn Cristo (oroscopo di) M, 55, G'l, 195.

    Giano 006; v. Sole. Giove (il cielo) 14, 18, 268, 200; (pianeta) 100, 170, 19-i, 269, 2i1, 275; suo inftusso ~. 285; domiciliato in Sagittario 284, in Pesci 2'35; in congiunzione con Mercurio 264, cou Saturno 195, 100. Giunone (l'aria) 268, 275, 001. Interrogazioni (metodo divinatorio delle) 88. Iride 007. Latona (la terra) 200. Leone 95, 100, 2il, 2&2. Libra 100, 272, 288. Lieio 266; v. Sole. Lucifero, v. angeli ribelli. Luna 169, l iO, 185, 2-10, 268, 272, 275, 8().!; suo domicilio nel Canero 272, :282; patrona della Troa4e 11 delh' Bitinia 298. Xagia 1EK>-182. Karto 100, 170,178, 1EK>, 198, ~. iGS, 271, 275, 278; in eongiuu&loue con Xereurio 2m; domiciliato la Ariete 278, 285, in Scorpione 21M.; nell'oro· scopo del Bonincontrl 1811 del Peeeara 295. Medicina astrologica 82, 1~, 209. Xelotesia astrologica 169, 209, 001. Xereurio(dio)22,191; uccisore di Argo 267, v. Sole; (pianeta) 15, 170, 190, ~. 00&, 272, 275; In conginnzioue con Giove 261&, con Jlartc 26&, con Veucre 261&; suo domlclllo in Ge· melll 28>, In Vergine 982; n eli' oroscopo del Pontano 288. :Meteorologia astro!. 102 agg. llllnerva (la mente) 268. Xlti aatrolo.riel 7, 8, 9, 200 agg., 268. Nodo (eoatellaz. del) ~l'astoro 266; v. Sole. Poeee australe 202. Pesci 100, 271, 285. Pleladi 288. Presepe (nebolosa del) 282. Proclone 287.

    INDICI Profezie astro!. politiche 196. Regolo 282. Sagittario 100, 271, 28-l. Sa turno 169, 170,1!)5, 200, 2i0, 271,275; in congiuoz. con Giove 195, 196; do· miciliato in Capricorno e in Aquario 285; nell'oroscopo del Flciuo 205. Scorpione 100, 271, 288, 284.. Sole 169, 170, 198, 208, 240, 265, 266, 271,275, IlM; dom. io Leone 282. Stella del Magi 196. Stoici (astrologia presso gli) 00, 84.

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    Toro 100, 272, 279. Urania (favola di) 008, 263, 217, 811. Venero 15, 160,170, 191, 192, 200, 2Gi, 26B, 271, 275; In congiunzione eon lllcreurlo 264; domiciliata In Toro 280, in Libra 288; nell'oroscopo del Pontano 288. Vergine 61, 100, 272, 282; (Diche) 7, 19, 2,1; (Erigono) 9, 96; nell'oroscopo di Lucio Pontano 284. VIa lattea 85, 808. Zodiaco 100, 198, 27G.