Introduzione al mondo culturale della Bibbia
 9788839408792

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Questa introduzione di john Pilch alla civiltà e alla cultura dell'Antico e del Nuovo Testamento in ogni sua manifestazione si propone come utile e agevole strumento di lavoro sia per insegnanti, parmci, animatori dj gruppi biblici, sia per lettori comuni. Intento dell'opera è di consentire al lettore della Bibbia di colmare il divario che separa

la mentalità odierna, in particolare occidentale, da quella che nei tempi antichi fiorì attorno al bacino del Mediterraneo. In uno stile del tutto accessibile e di piacevole lettura, john PHch- autorità internazionalmente r:iconosciuta per i suoi studi sul mondo cultural-e e sociale della Bibbia - guida con mano sicura attraverso i vari ambiti costitutivi della civiltà antica quali si riflettono nei testi biblici. Dal cosmo alla terra, dalla persona alla famiglia, dalla lingua al vissuto umano, da Dio allo svago e al gioco, è tutto un mondo che prende vita nelle pagine di un atJtore che in quest'opera mette a frutto la sua profonda ed estesa conoscenza della ricerca biblica deWul·timo cinquantennio, e insieme fornisce prospettive inedite e afgmnentate, quanto talvolta sorprendenti, rìguardo ai testi ISiblici e alle dviJtà di cui questi sono espressione. John J. Pilch è stato professore di Letteratura Biblica alla John Hopkins Univers'ity dì Baltimora e alla Georgetown University di Washington, la più antka delle università cattoliche e fra le più prestlgiose degli Stati Uniti. Al centm dei suoì interessi sta da sempr,e il mondo dell'Antico e del Nuovo Testamento considerato ed esam.�nato nella prospettiva delle scienze sociali e dell'antropologia culturale. Fra le sue opere maggiori sono da ricordare i volumi dedicati alle visioni e ai viaggi celesti e ad altre esperienze estreme nei testi biblici, oltre che un fortunato Dizionario cultur;r/e

della Bibbia.

SISB 66

t·SBN 978 8839408792

€ 32.00

Introduzione al mondo culturale della Bibbia John ]. Pilch

Paideia Editrice

ISBN

978.88.394.0879·2.

Titolo originale dell'opera: John J. Pilch

A

Cultura/ Handbook to the Bible

Traduzione italiana di Enrico Corti

© Wm. B. Ecrdmans Publishing Company, Grand Rapids, Mich. © Paideia Editrice, Brescia 201 5

�ou

A COLLEGHI E AMICI IN CONTEXT GROUP: A PROJECT ON THE BIBLE IN ITS SOCIO-CULTURAL CONTEXT SOCIAL SCIENCES AND NEW TESTAMENT INTERPRETATION TASK FORCE CAT HOLIC BIBLICAL ASSOCIAT ION OF AMERICA SOCIAL SCIENTIFIC CRITICISM OF THE NEW TESTAMENT SECTION SOCIETY OF BIBLICAL LITERATURE CHE HANNO ISPIRATO INCORAGGIATO E STIMOLATO LA MIA RICERCA E LE MIE PUBBLICAZIONI PER PI Ù DI Q UARANT'ANNI CON PROFONDA RICONOSCENZA E GRATITUDINE

Sommario

Il

Premessa

13

Capitolo 1 Cosmo

38

Capitolo 2. Terra

68

Capitolo 3 Persone

1 1 2.

Capitolo 4 La famiglia

1 5 2.

Capitolo 5 La lingua

187

Capitolo 6 La coscienza umana

2.2.9

Capitolo 7 Dio e il mondo dello Spirito

2. 5 4

Capitolo 8 Gli svaghi

2.89

Elenco delle sigle

2.9 1

Indice analitico

2.94

Indice dei passi citati

307

Indice degli autori moderni

309

Indice del volume

Premessa

Tra il 1993 e il 2006 ogni due mesi ho pubblicato un articolo su The Bible Today (Collegeville, Minn., The Liturgica/ Press) sotto la rubrica celato dietro il mondo visibile. Esso è talvolta chiamato , sebbene con questa espressione si definisca più propriamente il mondo superiore. I rami dell'albero della vi­ ta contengono tutto ciò che esiste all'interno e all'esterno della nostra ga­ lassia. Gli scia mani, o uomini e/o donne santi di ogni cultura, intraprendo­ no viaggi in spirito in stato di trance per visitare questi tre mondi (Pilch IJ

14

Cosmo

2.011, 48-6o). Ezechiele (ad es. Ez. 3,14-15) e Giovanni (ad es. Apoc. 4, 1-2.) sono due uomini santi della tradizione biblica che hanno visitato o l'uno o l'altro di questi mondi (Malina-Pilch 2.000). Gli antropologi fanno prontamente notare che il mondo inferiore non è l 'inferno. Essi sostengono che quella di inferno sia una definizione appar­ sa per la prima volta nelle religioni rurali come il cristianesimo (Goodman­ Nauwald 2.003, 68). Per quanto nella sostanza legittima, questa afferma­ zione è tuttavia da sfumare un po'. Questo è tanto più necessario se tale nozione di inferno comprende anche il fuoco immaginario. Nonostante l'idea di inferno sia assai diffusa [specialmente] nella concezione comune del cristianesimo, non ci sono tuttavia nella Bibbia parole ebraiche che possano essere adeguatamente tradotte con il termine inglese per (he/1), ed è anche da aggiungere che gran parte della portata teologica del termine > (siimaiim, Gen. 1,8), che è stabile e solido come la terra ( Giob. 3 7,1 8 ), anche se il salmista dice che Dio distese i cieli «come una cortina» (Sal. 104,2; v. anche Is. 40,22). Questo cielo è sorretto da colon­ ne (Giob. 26, u ). Il cielo ( Gen. I ,I4- 1 8 ) venne costellato di un'innumerevole quantità di stelle ( Gen. 1 5 ,5) ma il sole e la luna lo attraversavano. Nel cielo c'erano anche finestre (Is. 24, 1 8 ) mediante le quali Dio poteva colmare la terra di doni o di punizioni: pioggia ( Gen. 7,u; Le. 4,25; Atti q, I?), manna (Es. 1 6,14; Sal. 78,24), e anche vento o spirito (Num. u,3 1 ; Giob. 26, 1 3 ; Sal. 1 3 5,7; Ger. 1 0,I3 ; Mt. 3 , 1 6; Atti 2,2; I Pt. 1 ,12). Il cielo funge da mezzo di comunicazione audiovisiva da parte di Dio. « Egli fa segni e prodigi in cielo e in terra » (Dan. 6,27). L'arcobaleno è uno di questi ( Gen. 9,1 2-17). Il tuono, la > (Mt. r 6, I 8 ; v. anche r 8, r 8), l'espressione < > è quindi la versione matteana del «regno di Dio>> degli altri sinottici. Qualsiasi decisione verrà presa da Pietro sarà con­ fermata da Dio. È molto utile avere chiare le differenze fra la Bibbia e la teologia nell'uso della parola «cieli>>. I lettori della Bibbia non possono sbagliare se ogni volta la sostituiscono con , sia per il cielo in senso fisico sia per l'ambito divino, la dimora di Dio e degli spiriti. Quando i teologi con-

2.2.

Cosmo

temporanei parlano di cieli, normalmente intendono lo stato e la condi­ zione umana di gioia e felicità che si fonda sulla visione e il godimento di Dio, in termini tecnici la > . Nella mia città natale, Brooklyn, al campetto i ragazzini erano soliti a giocare a stickball e un inquilino che non avesse diritto d'accesso al cortile dietro casa poteva portarci il cane a fare una passeggiata. Nel quartiere italiano vicino il campetto era anche il luogo in cui si ammucchiava l'uva da cui era stato pressato il mosto per fa­ re il vino. Alla luce di ciò un campetto non era un luogo particolarmente attraente per giocare a qualcosa, tanto meno a baseball, anche se i ragaz­ zini si facevano andar bene il baseball da campetto. I lettori della Bibbia nella civiltà occidentale si trovano di fronte a un problema analogo. Quando i discepoli domandano a Gesù come possano trovare pane per sfamare 4 ooo persone nel deserto (Mt. 1 5 , 3 3 / Mc. 8 , 5 ),

Deserto e lande desertiche

39

un lettore occidentale solitamente immagina un'ampia distesa di sabbia, un sole ardente che brucia i granelli, un luogo senz'acqua. Dove trovare un deserto simile in Palestina ? come vi giunse un numero di persone tan­ to grande? perché vi si recarono, chiaramente senza provviste? I deserti Il deserto qui descritto è chiamato deserto assoluto, ossia una regione nel­ la quale di fatto non piove mai. Nel Medio Oriente un deserto di questo tipo si trova soltanto nel Sahara (la parola araba per > (Num. 21 ,20). Ma la parola indica anche luoghi selvaggi, aridi e privi di insedia­ menti umani, adatti solo alle bestie. « Lo trovò in una terra desertica, in una landa ululante del desertO>> (Deut. 3 2,10). �araba designa una > (Es. q,2T ) . La parola indica anche rovine, co­ me quando Ezechiele (5 ,14) se ne serve per descrivere una Gerusalemme abbandonata. I primi tre vocaboli ebraici possono anche essere resi con , e in molti passi due dei primi tre termini sono appaia­ ti, mostrando così d'essere usati come sinonimi e sono i ntercambiabili. Deserti e dintorni · In ragione della contrapposizione di zone abitate (città e villaggi) e zone disabitate (deserti e lande desertiche), le seconde sono note con i nomi delle città con cui confinano. Quando Davide, ad esempio, si rese conto che Saul stava tramando qualcosa di male contro di lui, si ritirò nella sua roccaforte nel deserto, nella regione collinosa del Deserto di Zif, area roc­ ciosa a sud di Hebron (cf. r Sam. 23,14). Da lì Davide si spostò verso il Deserto di Maon e poi verso quello di En-Gedi (r Sam. 24, 1 ) . Incivili co­ me banditi, delinquenti e ribelli erano cerro costretti a cercare vie di fuga nel deserto o in lande desertiche. Gli abitanti del deserto Oltre a emarginati, altri tipici abitanti del deserto erano fiere, spiriti e bar­ bari. Ai tempi della Bibbia le fiere del deserto annoveravano il gufo (Sal.

Deserto e

lande desertiche

4I

102.,6), lo struzzo (Lam. 4.3 ), l'avvoltoio (o pellicano, l'ebraico non è chia­ ro; Sal. I02.,6), l'asino selvatico ( Ger. 2,24), la volpe (Ez. 1 3 ,4) e lo scia­ callo (o drago, Mal. 1,3). Quando Marco ( 1 , 1 2) osserva che Gesù fu spin­ to dallo spirito nel deserto dove viveva in mezzo alle fiere, delinea una sce­ na usuale e molto familiare. È possibile che Luca e Matteo non menzionino le fiere perché volevano far risaltare l'incontro di Gesù con lo spirito, il demonio. Come era chia­ ro a loro e al pubblico, gli abitanti tipici di luoghi desertici e aridi erano gli spiriti (Mt. 1 2,4 3 l Le. I I ,24-26). I luoghi desertici sono adatti solo a fiere e a spiriti, non a esseri umani (cf. anche Is. 34, r 4 ) . I barbari costituiscono u n caso interessante. Nel mondo mediterraneo antico l'umanità nel suo complesso era divisa in due raggruppamenti: i grecofoni (ossia civilizzati) e i non grecofoni (ossia non civilizzati o bar­ bari). È in questo senso che gli abitanti di Malta sono chiamati barbari in Atti 28,2.4 (RSV: « nativi>> ) . Nella comunità di Corinto coloro che parla­ no una lingua ignota sono ugualmente chiamati barbari (I Cor. 14,T I ) . In quest'ottica Paolo classifica i suoi consimili d'origine etnica che non par­ lano greco come barbari (Rom. r ,r4). Naturalmente nessuno di questi popoli viveva nel deserto o in luoghi desertici, benché sia breve il passo fra quest'idea e la considerazione che tribù barbare, ad esempio i parti, non vivano in regioni veramente civilizzate ma piuttosto nel deserto o in luoghi desertici. Ciò è vero indipendentemente da quanto possa dire la geografia in senso proprio. Il Battista nel deserto Giovanni Battista fa la sua comparsa nel deserto predicando il pentimen­ to (Mc. 1 ,4 ) ed esortando a un battesimo di pentimento per il perdono dei peccati. Pur trovandosi nei pressi del Giordano, Giovanni viene collo­ cato nel deserto. Questo sta a indicare che i deserti non erano considerati aride distese di sabbia. Al contrario, il deserto nel quale Giovanni vive e predica è un'area desolata, non abitata da esseri umani (civilizzati) ma in cui l'acqua poteva esserci ed effettivamente la si poteva trovare. Ciò di cui Giovanni si nutriva (locuste e miele selvatico), inoltre, era cibo selva­ tico, cioè cibo che la gente di città normalmente non mangiava. Il pasto delle folle nel deserto I racconti evangelici comunemente conosciuti come pasto delle folle con «pani e pesci>> (5 ooo, Mc. 6,30-34 l Mt. J4,1 3 - 2 1 l Le. 9,10- 1 7 l Gv. 6, 1 - 1 3 ; 4 000, Mc. 8,1-ro l Mt. 1 5,32-39) narrano che la folla si trovava in un luogo ( 5 ooo) o nel (4 ooo). La medesima parola

42

Terra

greca (eremos, tradotta con «solitario» , «isolato», «deserto>> , ecc.) ricorre in tutti i racconti a eccezione di quello giovanneo. Il sito tradizionale è Hep­ tapegon (arabo Tabgha), circa 3 km a est di Betsaida, molto probabilmen­ te , ma è chiaro che la famiglia immaginata in questi testi non ha nulla a che fare con il rag­ gruppamento occidentale che la parola . La sua funzione socioeconomica era emi­ nentemente di ristabilimento. Ciò significa che il clan metteva in atto una serie di comportamenti o provvedimenti di emergenza che avevano lo sco­ po di ristabilire nella loro autonomia le famiglie che ne erano membri, quando la famiglia stessa non era in grado di farlo. In questo quadro la figura centrale è il go'el, il redentore di parenti e congiunti, colui che assolve a tutta una serie di funzioni di ristabilimento. Il Siracide elogia il padre che educa un figlio nei modi opportuni, con la giusta disciplina fisica, perché un figlio del genere sarà >. Negli studi si osserva che il sistema di valori occidentale connesso con l'individualismo è fonte di divisione e isolamento. E per giunta questo individualismo riguarda soltanto il 20% della popolazione attuale del pianeta. La maggioranza schiacciante delle culture del mondo è collettivista, orientata al gruppo. Il loro sistema di va­ lori è fattore di unità e coesione, come risulta chiaro da ciò che si è detto. Speranze, aspirazioni e sforzi individuali sono sempre subordinati alla sco­ po di preservare il benessere del gruppo. Questo è ciò che distingue un

12.6

La famiglia

da un . I gruppi collettivisti si rimettono alla e ne riconoscono la validità e la normatività. L'autore della seconda ai Tessalonicesi così esor­ ta i credenti: > ), aggressiva ( «Mi batto con te per prevale­ re su di te, di conseguenza mi impadronirò delle tue donne ma protegge­ rò le mie » ) o difensiva ( « Ignorerò le donne di altri gruppi e starò soltanto con quelle del mio>> ). Il periodo patriarcale (r8oo

a. C.): strategia conciliativa

La partner matrimoniale preferita per un ragazzo nel Medio Oriente è sta­ ta per millenni una cugina parallela patrilaterale, la figlia del fratello del padre. Stando a Gen. 24, r 5 , ad esempio, Isacco sposò Rebecca, figlia di un cugino primo, Betuel, che era figlio di Nah or, fratello di Abramo, padre di Isacco. Per distinguere le parentele serve uno schema, ed è molto con­ sigliabile farlo mentre si leggono questi passi della Bibbia. Mogli e figlie potevano d'altra parte essere usate, quando necessario, nell'interesse del patriarca. Questa è una strategia conciliativa. Per aver salva la vita Abra­ mo offre prontamente sua moglie Sara al faraone ( Gen. I 2,ro-2o). Anche in presenza dei loro futuri mariti (Gen. r9,14) Lot metteva a disposizione degli affamati uomini di Sodoma ( Gen. I 9,8) le sue figlie vergini nel tenta-

L'adulterio

I3I

rivo, da bravo padrone di casa, di proteggere i suoi ospiti. Egli si compor­ tava col faraone come Abramo aveva fatto con Abimelek ( Gen. 20,2-1 8), e aveva anche imposto alla moglie di dire al faraone: «Questi è mio fratel­ lo •• (Gen. 2o, q ). Se ciò è affatto vero (cf. Gen. 20,1 2), è anche chiaro co­ me in questo e in altri esempi l'ospitalità sessuale e il sesso extraconiugale siano ben accetti. La norma sociale era di offrire donne specie a uomini di rango sociale più elevato, se ciò contribuiva a tenere sotto controllo la posizione di vantaggio del maschio. Il periodo israelitico (r ooo a. C.): strategia aggressiva Questa strategia è ben illustrata dalle molte mogli di Davide ( I Sam. 2 5 , 3 9-43; 27,3 ; z Sam. 3,2- 5 ) ma soprattutto di Salomone (1 R e u , r ss.). L'idea è di tenere le proprie figlie esclusivamente per sé e al contrario di prendere le donne da altri gruppi. In cambio gli uomini dell'altro gruppo ricevono tutela clientelare, protezione e potere. In questo scenario cultu­ rale l'ospitalità sessuale (sesso extraconiugale) è considerata una condot­ ta infamante perché la donna è profondamente integrata all'onore del ma­ rito (Es. 20,14. 1 7; Deut. 5 , I 8 . 2 1 ) . Questo sesso extraconiugale ora deno­ minato adulterio è una grave violazione dello spazio di un maschio d'ono­ re anch'egli israelita. Un atto del genere rappresenta una sfida negativa e richiede in risposta la vendetta. Dal momento che ne va dell'onore reciproco delle bmiglie, questi accor­ di devono inoltre essere equi ed esenti dai raggiri così frequenti nella cul­ tura mediorientale. La normativa inerente alle «prove di verginità » (Deut. z2, I J -2 I ), ad esempio, non è altro che un mezzo per garantire l'onestà e prevenire lotte e vendette che potrebbero aggravarsi fino alla faida fami­ liare. Ma in quest'ambito il valore simbolico del sangue è ancor più rile­ vante. Il matrimonio non è semplicemente una relazione contrattuale. È anche una relazione di sangue. La moglie «straniera » entra a far parte del­ la famiglia del marito, e se lo disonora deve essere legittimamente messa a morte (Deut. 22,20-21 ). Autorizzare il marito a divorziare da una donna del genere (cf. Deut. 24, 1 ) è molto probabilmente una soluzione di com­ promesso. Il periodo postesilico o giudaita (53 7 a.C.): strategia difensiva L'aggettivo «giudaita» (preferibile all'anacronistico che in Ma­ lachia è sgradito a Dio (2.,I6) è quello fra giudaiti e non fra giudaiti ed esterni, come si stabilisce in Esdra e Neemia. Una decisione simile induce alla monogamia, che si pone chiaramente in contrasto con la strategia ag­ gressiva del periodo israelita precedente. È nel quadro di questa unione (di­ venire « una sola carne», come dice lo Jahvista in Gen. 2.,2.4; cf. Sir. 2. 5 ,2.6) che l'autore sacerdotale riporta l'ordine rivolto da Dio alla prima coppia: ( Gen. 34,2). Tale accezione ( basata sul tema verbale ebraico [pie/] che indica intensità, ripetizione, senso causativo o privative) ritorna in altre occorrenze di questa parola ebraica in contesti di > (v. 3 ) , locuzione che ricorre dieci volte nella Bibbia, in genere dopo l'espressione di un sen-

Lo stupro

I

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so di colpa o di pentimento ( Gen. 34,3; 50, 2 1 ; Giud. 1 9,3, ecc.). Come Sansone, anche Sichem si rivolge al padre, Hamor, perché gliela prenda in moglie (v. 4). Hamor a sua volta espone le sue ragioni nell'interesse del figlio, Sichem, e illustra a Giacobbe e ai suoi figli i vantaggi dell'esogamia. Sichem s'impegna a pagare il prezzo della sposa senza curarsi di quanto potesse essere elevato (cf. Es. 22, 1 5 - 1 6; Deut. 22,29 ). La

risposta dei fratelli

Quando vennero a sapere che cos'era accaduto alla sorella, i fratelli ne restarono indignati e si sentirono vilipesi. L'atto di Sichem era un vero e proprio oltraggio in Israele (Israele in quanto tale ai tempi di Giacobbe non esiste ancora, quindi l'affermazione potrebbe voler dire che si tratta­ va di un oltraggio recato a Giacobbe = Israele). La parola ebraica tradot­ ta con > (v. 1 9 ) . Merita nondimeno osservare come il salmista rivolga i suoi lamenti direttamente a Dio e dia per scontato che questi li sta sentendo (vv. 2.10b.14). Il salmista mostra così di credere di avere ancora un rapporto con Dio. Dio esiste. Il salmista è profondamente consapevole che Dio è il responsabile delle sue sofferenze (vv. 7-9.1 5-19 con la ripetizione di « tU>> e ). Nonostante la consapevolezza della funzione di Dio nella sua vita, il sal­ mista non aveva la ragionevole consapevolezza della presenza di Dio nel­ la quale aveva confidato: «perché mi respingi, Signore? perché mi nascon­ di il tuo volto ?>> (v. r 5 ). Questa è la sua esperienza dell'oscurità divina. Come cerca di rimuoveda ? Ricorrendo alla più potente strategia cultura­ le a sua disposizione: il salmista fa appello al senso dell'onore di Dio. Pro­ spetta l'onta che potrebbe macchiare la reputazione di Dio se egli dovesse morire. I morti non fanno racconti né possono cantare le lodi a Dio per le sue azioni divine c le sue opere buone (vv. r r -1 3 ). È difficile stabilire se Dio abbia risposto alla sua preghiera. Ci aspetteremmo l'aggiunta di un ringraziamento se il salmista fosse stato salvato. D'a ltro canto vi è chi pensa che le lodi di Dio siano celate nei versetti che conserviamo. Un al­ tro salmista che era del tutto consapevole dell'onnipresenza di Dio diceva: «l'oscurità non è oscura per te e la notte risplende come il giorno. L'oscu­ rità e la luce sono una cosa sola » (Sal. 1 3 9,1 2). E aggiungeva: «se giaccio nella sheol, ci sei anche tu,, (Sal. r 3 9,8 ). Forse il nostro salmista pensava cose simili. Per lui allora l'oscurità esiste? sì. Avvertiva l'assenza di Dio ? probabilmente no.

La tenebra divina nella storia Il professor Carol Zaleski ( 2.00 3 ) ricorda che nella storia della teologia e della spiritualità cristiane l'oscurità divina ha conosciuto interpretazioni molto diverse. Teologi e mistici ispirati da scritti dello Pseudo-Dionigi Areopagita, vissuto nel VI secolo (per errore fatto coincidere col personag­ gio nominato in Atti 1 7,34), sostenevano che Dio dimori in una luce inac­ cessibile. Questa è tanto intensa da celare Dio in una tenebrosa > . Quando negli anni 6o il progetto teologico della Georgetown si incar­ nò in un dipartimento, si mise in atto, e fino a oggi si prosegue, l'idea di Murray di un corso imperniato sullo studente. Nelle sue lezioni di Yale, Murray formulò «il problema•• e con la sua analisi mostrò come esso fosse venuto alla luce nella Bibbia ma in seguito fosse stato riformulato e indagato dalla teologia (soprattutto quella pa­ tristica e medievale) e nei tempi a lui contemporanei. In questo capitolo si avanzano spunti sul contributo delle scienze sociali al dibattito contem­ poraneo su Dio, specie su come Dio viene presentato nella Bibbia. La teologia è analogia Riguardo al discorso su Dio, ai filosofi scolastici si deve un assioma: contiene la nozione di punizione corporale, che è ciò che il sapiente prescriveva come modo ade­ guato di crescere un figlio (cf. Prov. 1 3 ,24; 19, r 8 ; 22, r 5 ; 2 3 , r 3 ; 29, 1 5 . 1 7). L'aurore della lettera agli Ebrei si limita a riportare le osservazioni del sa­ piente a proposito di Dio e come i padri allevino i figli per poi « farne teo­ logia•>. Un'interpretazione più precisa di questa lettera potrebbe essere: « Dio vi tratta come un padre mediterraneo tratta i suoi fìgli mediterranei. Qual è il figlio mediterraneo che non riceve una punizione corporale da parre di un padre mediterraneo ? •• . Secondo l'autore della lettera questo è il contesto culturale adeguato per comprendere il modo in cui Dio trattava Gesù. Egli pregò Dio «di salvarlo dalla morte>> (cf. Mc. 1 4,3 2-4 2) e Dio ascoltò la preghiera. Allora l'autore conclude: l figlio, egli imparò l'obbedienza per mez­ zo di ciò che patÌ» (cf. Ebr. 5 ,7; Prov. 3 , l l - I 2). La combinazione di amo­ re e violenza in questa concezione di Dio risulta indubbiamente sgradevo­ le agli occidentali, la cui cultura presenta un modo diverso di considerare l'amore della divinità e il suo comportamento amorevole verso le creatu­ re. Le diverse concezioni culturali della figura del " padre amorevole,, non sono da trascurare. Dio come padre Per essere padre un essere umano deve ovviamente appartenere al sesso maschile e avere organi genitali maschili. Dio tuttavia è uno spirito senza sesso che non possiede organi genitali. Di conseguenza è più appropriato riferirsi a lui come «paterno» più che come padre. Ciò significa che nelle Scritture per gli esseri umani Dio ha un comportamento verso le sue crea­ ture simile a quello di un padre mediterraneo verso il sangue del suo san­ gue. Nell'Antico Testamento il termine parentale specifico «padre» non compare esplicitamente, sebbene vi compaiano termini affini. Isaia, per esempio, riferisce le parole di Dio (43,6): > pubblicamente. Molti di loro chiamano altri a fare lo stesso. Il profeta Isaia esorta gli abitanti di Sela: «Rendano gloria [e br. kab6d] al Signore>> (fs. 42,1 2). Il Gesù di Matteo consiglia ai disce­ poli di fare in modo che gli altri «vedano le vostre opere buone e renda­ no gloria [gr. doxa] al Padre vostro che è nei cieli>> (Mt. 5 , 1 6). I risanati da Gesù normalmente rendevano gloria o lode a Dio: « E subito riacqui­ stò la vista [il cieco di Gerico] e lo [Gesù] seguì, glorificando Dio, e tutta la gente che lo vedeva rendeva lode a Dio>> ( Le. I 8,4 3 ).

Dio nella prospettiva mediorientale

2. 3 3

Nella cultura medi orientale gloria è un altro modo per dire onore, fama o buona reputazione. Altre espressioni per dire > (Mt. 2.7. I I ), si attendeva una risposta esplicita. Rivendicare pubblicamente un ono­ re poteva essere inopportuno e rischioso dal momento che qualcuno fra i presenti avrebbe potuto disporre di informazioni utili a mettere in discus­ sione tale rivendicazione. Di qui la risposta depistante e del tutto oppor­ ·tuna di Gesù: , diceva Gesù al suo pubblico, (I Re 1 9, I I ) . Essi allora trasferirono l'esperienza di questo vento potente su jahvé in modo tipicamente antropomorfo. « Ma è il soffio (ruà'�) nell'uo­ mo, il soffio (n•sama) dell'Onnipotente che lo rende intelligente>> (Giob. 3 2.,8). O ancora, «lo spirito (ruah) di Dio mi ha creato e il soffio (n•sama) dell'Onnipotente mi dà la vita>> ( Giob. 3 3 ,4). Questo parallelismo delle paA

Gli spiriti: persone altrimenti che umane

2.49

role ••soffio» e ccspirito» (ruah) riflette l'estensione semantica dalla parola cc soffio» che arriva a includere cc spirito>> . Il soffio di Dio, la forza vitale di­ vina o ccspirito••, è efficace quanto il ccbraccio>> (Js. 5 1 , 5 ) o la ccmano•• (Deut. 2.,r 5 ) di Jahvé. Il soffio di Dio è una forza vivificante e creatrice: cc Il Signore Dio . . . soffiò nelle narici [della creatura] il soffio di vita, e l'uomo divenne un essere vivente>> (Gen. 2.,7). Significativamente lo spiri­ to, proprio come la mano, indica attività, azione. Si può riconoscere la presenza del vento invisibile dai suoi effetti su suolo, piante, alberi, ani­ mali ed esseri umani. Analogamente anche la presenza degli spiriti si può riconoscere dai loro effetti. Nell'Antico Testamento, inoltre, Dio non è mai rappresentato come spi­ rito o come essere immateriale ( cc spirituale » ). In fin dei conti il vento non è immateriale. Il parallelismo di Is. 3 1 ,3 - ccgli egiziani sono uomini, non dei, e i loro cavalli sono carne, non spirito » - sta tuttavia a indicare che le nozioni di Dio e spirito sono dello stesso tipo. Nella maggior parte dei casi l'autore sacro racconta che Dio ha un certo spirito, che dà lo spirito ed espressioni analoghe. Nell'interpretazione della creazione nel periodo, vento, fuoco e acqua erano considerati liquidi. Lo spirito, anche lo spirito di Dio, è quindi percepito come sorta di sostanza liquida che viene «river­ sata » sugli esseri umani per influenzare i loro rapporti reciproci: ccperché riverserò acqua sul suolo assetato e torrenti sul terreno arido; riverserò il mio spirito sui tuoi discendenti e la mia benedizione sui tuoi posteri » (ls. 44,3 ). In questo passo l'iniziale maiuscola adottata nella RSV per cc Spiri­ tO>> è una lettura anacronistica del concetto di trinità in tempi in cui essa non esisteva. Gli israeliti consideravano lo ccspirito» semplicemente come una forza che discendeva da Jahvé per mezzo della quale egli agiva su tut­ te le creature. Spirito, così come vento, significa attività. Il giudaismo tardo Quantunque studiosi ebrei contemporanei (e altri) arriccino il naso di fron­ te alla locuzione ccgiudaismo tardo » , questa serve propriamente a definire il periodo successivo ad Alessandro Magno e prossimo al passaggio del millennio. In quest'epoca l'autore della Sapienza ( s o a.C. ca.) personifica la sapienza (come in Prov. r ,2o-2.3; Giob. 28, ecc.) non tanto come perso­ na distinta da Dio quanto come funzione di Jahvé. Come si è accennato, la sapienza è un effetto dello spirito di Dio. Con essa ci si riferisce in so­ stanza alla qualità che guida il comportamento interpersonale, quindi al­ l'azione. Nel libro della Sapienza (Sap. 1 ,5 -7; 7,2.2-2.3; 9,17), ad esempio, essa coincide con lo spirito del Signore come principio interno di vita fisi­ ca e morale. Una via che pare aprire alla concezione dello spirito di Dio co­ me persona, in senso tecnico come ipostasi (ossia sostanza personificata ).

Il Nuovo Testamento Benché il Nuovo Testamento prosegua nell'uso della parola greca per spi­ rito nel senso di soffio (2 Tess. 2,8} e di vento (Gv. 3 ,8a), essa è usata più di frequente nelle sue accezioni derivate. Si riferisce tuttavia sempre a feno­ meni analoghi al vento o al soffio che provocano attività, azione, compor­ tamento. Lo spirito, ad esempio, è un principio vitale (Mt. 27,50) che esi­ ste indipendentemente dal corpo (Le. 8,5 5 ). Questo stesso spirito dimora nel cielo (Ebr. 1 2,23; cf. Dan. 1 2,3 ) o negli inferi (1 Pt. 3,19). Il Nuovo Te­ stamento lascia intravedere a poco a poco che lo spirito (o forza) di Dio è una persona, anche se il più delle volte è «qualcosa» (una forza) e non «qualcuno » . Eccezion fatta per il passo presumibilmente trinitario di Matteo (28,19), da nessun altra parte nei vangeli sinottici lo spirito santo è presentato in modo inequivocabile come persona. Anche negli Atti degli Apostoli, tolto Atti 1 5 ,28, esso è principalmente una forza c non una persona. Altre appa­ renti personificazioni (ad es. Atti 8,20; 10, 1 9 ) possono essere considerate retoriche. Come si diceva, molto spesso Paolo si attiene all'uso veterotestamenta­ rio e talvolta non distingue lo spirito da Cristo. In Rom. 8,9- u, ad esem­ pio, Paolo adopera l'espressione 8: 69

7,34: I I 5

1,}2: 207

n,�9: 69

7,37: " 5

�.36: �07, �46

� 3 , I 6: 97

�.38: �46

�3.�7= 68

3,7: 1 77

l. j , I 0 - 1 2 : 68

8,1-2: I 27

3 , 1 0: 1 97

�6: �07

8,7- I I : I 27

4.�4' '3

161I I : 2 1 4

9, 5 : 99

4>36: 99

2.6, 1 2- ! 8: 2 1 3

6,5: I09

S.

7, 38: "5 s.

7>39' I 34

2.6, 1 3 : l.Oj, 2 1 4

9 · ' 5' � i!7 9,I7: >77

7.55-56: � · �

2.8,2: 4 1

9,>4: �77

7,56: I 9

�8.4: 4 I

9.>5: �77

8 , 1 - 3 : 2. I 4

Romani

9.�7= �77

8,4-8: 8 5

1 , 1 : 2. 1 6

10,24: 127

8,14-�4: I 60

I , I 4: 4 1

I 1 1 I : 220

8 , I 4- I 5 : 8 5

I,29·J2: 162

1 2,4-6: 250

8,I6: s 5

5 · 1 ·5 : �50

I J 1 I 2.:

8 , 1 7: 85

j,8: 2.2.0

1 4, 1 1 : 4 1

8,2.0: 2.50

j 1 1 4 ·2 1 : 1 16

I4,�6-�7= �60

8,�6-40: I 5 7

6,•7= I 7 5

1 5·5' 99

9= �07

8,9-1 I : 250

I 5,8-9: � ' 3. u8

7 , 5 8 -8 , I : 2 1 4

9.�6: �77 s.

62.

9,1: 1 1 4

8, 1 4- 1 7: 150

l

9,3-•9= 2 1 3

B,J I -3 2.: 2.10

1 5,50·56: >27

5117: 207

9,J : 205, 2 1 4

9,1 3 : >86

T j1jO- j l: 2. 1 0 S .

9,10: 216

I 1,4: 1 90

1 5,5 I : 30, 106

9,27: 2 1 6

I I , I I : 93

I 5,57' I 7 5

10,9 · I 6: '44> I 89

I 1,2.4: 222

1 6,2o: 177

10,10: 197

q,8-I o : 1 59

30 3

Indice dei passi citati

3 04 2

Corinti

1

Tessalonicesi

1

Pietro

111: 216

1,1: 219

I , J -6: 22.0

l ,6-?: 2 2. 1

r,2: 72, Bo

1 , 2. 1 -2.2.: 2.50

2,1?: 1 9 3

1 , 3 : 72, So

},I7: 248

J , I - 6 : 2. 1 9

1 , 1 2: 19

4,6: 2.1 J, 2 1 8 s , r : 2. 1

J, IO: 1 9 3

1 , 1 4: 72., Bo r , 1 7: 72, So

1 1 1 ; 72, 78

6114·7, 1 : I J4

4,16: 2. 1 2 4 , 1 7 : 2 1 2.

1,23: 72, So

1 1 124-25: 2 I J

s , r o: 22.0

2,2.: 72., 8o

1 1 ,26: 39

5,26: l 77

1 2, 1 ·4: 2 1 7

2

1 2,2: 2 1 , z.o8

2.,5: So

Tessa/onicesi

1,8: 250

12,J: 2. 1

2.,1 1 - 1 2.: 243

1 2.,7: 2 1 )1 2. 1 7

1, 1 5 : 1 2.6

l J , I l.: 1 77 I )11 J: 250

1

I,S: 277

1 -2.: 2.2.]

1 ,9-1

1 ,1 : 2. 1 6, 2. 1 8, 12.1

J,l.: 1 1 5 , 1 2. 2.

116· 1 2.: 1 2. 1

4 , I : 27 8

I,S-9: I67

5·9= 1 1 5, 1 2.2. 2

1,12: 216 1 1 1 5·16: 21)1 2 1 7

I,I5: 216

l ,I 6 · 1 7: 2. 1 6 t , r 8: 99, 2. 1 6 1,1 1 - 1 4: 99 J110

SS.:

17 l

4.4·6: 2}2 4 > I 4: I 8 2 j,l.- 1 2.: 2 2 1 j 1 1 2: 2 2. 1 j , I 6: 220 5,22.-z.3: :u.o

Efesini 2.,6: 2.1 2,19·22.: 71 2,19: 69 j 1 l. I ·6,9: 1 22.1 1 2.6 6,2. 1 : 109

S.

1 62

Timoteo

1 , 5 : 1 20, 244 2., 1 ? · 1 8 : 2.43 2,2.J: 243 S.

} , I -9: 243

} , 1 4 · 1 5 = 24 4 3 , 1 6 : 243

},I 6: 79 } , I 7: 79 ) , 1 9 : 250 4,1 : ? 2., 80 4 , 1 2. - 1 3 : 71, So 4 > I 4 : 79 4, 1 5 : 79 •j,I 6: 79

5 1 1 2- 1 3 : So

1,2.: 2.39 1 1 1 2- I J : 89 ) 1 1 2; 109

5 , 1 2: 7S · s , I J = 7s 5 , I 4: I77

Ebrei },I-}: 1 26 ) 1 1 I - I l.: I62. 4 , I s : 244

z

Giovanni

12: I93

5 , 5-10: I 62. 5 . 7-IO: 239

J

5,s: 1 26

Apocalisse

5,7: 23 I

s.

1 1,1: 277

s.

Colossesi 1 , 1 6: 2.0 ) , 1 8-.:hl: 1 22.1 1 2.6

J , I J : 79

5,9: So

Tito

r z., I : 2.77

) 12.0: 2. 1

2.,2.5: 72, 8o },9: 79

5 , 1 : 72., Bo

3·5·6: ! 1 6

J , I J : 277 } , I 4 : 277 s.

z.,1 8-5,5: So

5 , 1 -4: 71, So

4·7' 277

8 , 1 1 : 69

J 1 I 2: 2. 1 ) 1 2 1 8

2,12: 79 2, 1 J- J , I 2.: 1 2.2, 1 2.6

4 , 1 7 : So

4·7·8: 2.2.2

Filippesi 2,10: 23 2 , 1 6 : 22.2 } , 5 : 96

2,1 r: 72, 7 8

2., 1 7: So

Galati

I,Il: 217

2,ro: 72, 8o

2, I 4 ' 79

Timoteo r:

2,9: 74

Giovanni

14' 193

I , I o: 26, 6o, 1 9 1 , 2.03

1 11 )- I I : 1 6 2. 1 2,5·7: l. J I

2-3 : 6 1 41 I · I I : 3 1

S.

4,1-2 : 1 4, 19, z.o8, 1 1 7 4 1 I : Z.I I

1 2,23: 2 5 0

4,2: 2.6, 3 3 , 6o, 1 9 1 , 2.03 4.4: 2.0

Giacomo

4,6-7: 34

1 ,2.2-24: 63

4,6: 65

2,S- I J : },7: 53

I 59

s.

4,8: 259 4,10: 2.0

Indice dei passi citati IApoc.I 4,I I : 1 5 9

l 1 , 1 6: 2.0

5· 3 ' 1J, 159

1 2.: 57. 6 1

16: 57

J,j: 2.0 j,6: 20, 6 t

I l.,I ·6: 6 I

I 7 1 J : 2.6, 6 0 , 1 9 1 , Z.Oj

j,8: 2.0

1 2,7

3 o5

q,1: 66

1 2 ,4 : 5 8

19,4= 2.0

ss.: 2 1

20: 57

j , I I : 20

1 2,7-9: 3 5 , 6o

2.1 ,J: 2. 5

j , I 2 : 259

1 2,9: 54· 5 7, 59. 1 69

2. 1 ,4 : 25

5 , 1 } : 259

1 2, 1 3 - 1 7: 6 1

2. r ,ro: 26, 6o, 1 9 1 , 2.03, 1 1 7

j , I 4 : 20, 2 59

1 21 l j : 6o

] , I : 1.3 ] , 1 1 : 20 7 , 1 J: 2.0

1 z., 1 8: 6o

2 I , I I : 66 2.2., 1 : 66

1 } : 57

22,J: 1 7 1

1 3,1 : 6 5

2.2.,1 5 : 1 7 1

1 1 , 1 2: 2 1 , 2. 1 2.

1414; I 14 S.

SCRITII RABBINICI E QUMRANICI Mishna

'Erubin

Ba/w batra

1 93 : 1 7

4,8: 237

Ketubbot

Regola della Comunità

4·4' 254

7, 1 5 - r 6: 18o

FILONE ALESSANDRINO E FLAVIO GIUSEPPE Filone

9,177-29 1 : 81

De Specialibus Legibus

xo,s , z. : 7 1

1,2J2·2 J S : 8 3

1,44"45' 209

1 2, 1 : 7 1

3,374-37 5 : 1 6

r 8,29-30: 8 3

1 6,4: 4 4

Giuseppe

20,1 r 8 - r 3 6 : 8 3

Bellum Iudaicum

Antiquitates ludaicae 3·5·4' 1 5 9

s.

LETIERATURA CRISTIANA ANTICA Acta loannis

Constitutiones Apostolornm

Gerolamo

94•97= 26!

2,57: 1 78

Epistulae

8 , 1 I : 1 78

2.2.,}0: 1 9 2.

Acta Pauli J , I : t H z. J,Z.: 1 8 2.

Acta Thomae I , j ss.: 2. 5 6

Ambrogio Hexaemeron I ,8,z.S: 49 Chronicon Paschale -: 1 09 r

C/ementis

Detti dei padri : 192

-

s.

Epifanie di Salamina Panarion

1 , 5,2: 236

Giovanni di Gerusalemme Mystagogiae 5 ,6: 16o

4>3"4' 109

Giustino Manire

Eusebio

Apologia

Historia Ecclesiastica , , r 8,I >, 285

2.89

Elenco delle sigle

2.91

Indice analitico

2 94

Indice dei passi citati

307

Indice degli autori moderni