I vangeli dell'infanzia di Cristo. La verità del Natale al di là dei miti. Esegesi e semiotica. Storicità e teologia [3 ed.] 8821517144, 9788821517143

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I vangeli dell'infanzia di Cristo. La verità del Natale al di là dei miti. Esegesi e semiotica. Storicità e teologia [3 ed.]
 8821517144, 9788821517143

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René Laurentin

I Vangeli dell'infanzia di Cristo La verità del N atale al di là dei miti esegesi

e

semiotica , storicità e teologia

Prefazione del card. ]oseph Ratzinf!.er

EDIZIONI

PAOLINE

Titolo originale dell'opera: Les Évangiles de l'En/ance du Christ. Vérité de Noel au-delà des mythes. Exégès et sémiotique - histonaté et théologie © by Desclée, Paris 19842 ·

Traduzione dal francese

di Carlo Danna Terza edizione 1989

lmpnmatur

Frascati 1.2.85

Mons. Carlo Meconi, Vie Gen. .

© EDIZIONI PAOLINE S.R.L., 1986 Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) Distn.buzione: Commerciale Edizioni Paoline s.r.l. Corso Regina Margherita, 2 10153 Torino -

PREFAZIONE

A partire dal secolo dei lumi i racconti dell'Infanzia e della Risurrezione di ('risto - che costituiscono l'inizio e la fine dei vangeli - sono divenuti il centro della critica storica. Non c'è da meravigliarsene, perché gli uni e gli altri si collocano radicalmen­ te al di fuori della normale verosimiglianza storica e pongono noi uomini di fronte a una azione immediata di Dio che giunge fino al corporeo. Lo scuotimento che la continuità della Tradizione ha subìto, nella Chiesa cattolica, col Vaticano I I, ha fallo scoppiare in tut­ ta la loro acutezza le questioni qui poste sul tappeto anche nella teologia cattolica e nella predicazione del Vangelo. È divenuto ormai chiaro che l'apologetica praticata fino ad allora procedeva illusoriamente per una via troppo facile, quando si opponeva al­ l'applicazione dei metodi della critica letteraria al tenue tessuto dei Vangeli dell'Infanzia, aggrappandosi così a un realismo in­ genuo, squalificato da conoscenze ormai acquisite. ln conseguen­ za di ciò si è assistito per qualche anno alla quasi completa capi­ tolazione di fronte a schemi di pensiero provenienti dal secolo dei lumi. I Vangeli dell'Infanzia furono considerati come dei theologoumena, dietro i quali non bisognava cercare una realtà storica, ma soltanto delle sceneggiate che esprimevano alcune idee-forza della cristologia degli evangelisti. Per la coscienza cri­ stiana il Mistero ricadeva così nel mito, la cui bellezza sognata non poteva certo sostituire la realtà perduta .

. René Laurentin, che già nel 19 56 ci aveva dato un libro ec­ cezionale sui primi due capitoli di Luca, si è accinto ora a stu-

6

Prefazione

diare ambedue i Vangeli dell'Infanzia, Matteo e Luca, con la solidità scieniifica, l'acribia nell'informazione e la profonda pe­ ne/razione spirituale che gli sono proprie e che caratterizzano i suoi lavori. Egli ha messo in opera gli strumenti della critica mo­ derna con tutte le loro risorse. A un realismo ·ingenuo e superfi­ ciale ha sostituito un nuovo realismo dell'intelligenza che fa ri­ salire la relazione specifica tra /'evento e il linguaggio e che sco­ pre, proprio nella correlazione fra l'uno e l'altro, la ricchezza .della realtà. Egli ci mostra come 'il vario simbolismo dei testi si apra a una verità la cui ricchezza supera l'immediata apparenza, e come la diversa esperienza di ciascun evangelista interpreti l'avvenimento con una profondità che un semplice racconto non sarebbe in grado di raggiungere. Con questo libro i Vangeli dell'Infanzia ci sono restituiti co­ me nuo vi. Valeva la pena passare attraverso il fuoco della criti­ ca per poter cogliere molto di più di ciò che l'apologetica da sola era in grado di assodare. Laurentin ci insegna di nuovo la medi­ tazione cristiana, guidandoci a leggere i testi evangelici con gli evangelisti stessi. Nutro un sentimento di gratitudine per questo libro, che mo­ stra le migliori possibilità della moderna teologia. Possa esso trovare lettori attenti che imparino a scoprire di nuovo la ric­ chezza e il realismo della fede cristiana. Roma Natale ..

1983

JosEPH Card. RATZINGER

COME LEGGERE QUESTO LIBRO?

Seicento e più pagine e il contenuto pluridisciplinare dell 'indice possono spaventare. Gli esegeti non hanno bisogno di consigli. l « non iniziati » desiderano una guida. L'autore ha pensato in modo particolare ad essi e ha cercato di evitare, nei limiti del possibile, il vocabolario tecnico delle varie di4 scipline. Tenendo presenti le loro necessi tà , le parti più difficili o meno ne­ cessarie sono stampate in caratteri piccoli, le parti essenziali e più accessibili in caratteri grandi . Il lettore frettoloso o desideroso di evitare le difficoltà si conten­ terà di leggere queste ultime e ridurrà della metà il tempo e la fatica necessari per leggere questo grosso volume. Potrà ad ogni buon conto dare un 'occhiata alle Note fuori testo il cui titolo gli risulti interessante : Gesù, Figlio di Dio- Il Cristo Si­

gnore- Maria è figlia di Davide?- Maria fonte di Le 1-2?- La ,grep­ pia e i pannolini La notte del Natale. Se si soffermerà a leggerle, -

non rimarrà deluso. Il lettore non specializzato , se avrà avuto la possibilità di portare felicemente a termine la lettura (in condizioni buone, quali raramen te il nostro mondo frenetico offre ), proverà forse i l desiderio di adden­ trarsi maggiormente nel volume e di esplorare le parti in corpo picco­ lo e le note. Giunto a questo punto, non avrà più bisogno di consigli e saprà trovare da solo il suo bene . . . inesauribile a livello esegetico e culturale e, soprattutto, al livello della fede, più utile della cultura per capire queste pagine. È l 'esperienza dell'autore : egli ha sempre avuto la sensazione di farsi capire facilmente da quanti vivevano nella luce della fede. Quan­ to alla ricchezza inesauribile dei vangel i dell 'infanzia, egli non ha mai

8

Come leggere questo libro?

ripreso il loro studio senza scoprtrvt novità sorprendenti, che non aveva inizialmente percepito e che appartengono all'oggettività del testo, indipendentemente da applicazioni allegoriche e spirituali, che non sono lo scopo di questo lavoro e vengono lasciate alla libertà di ogni lettore. N.B. Quanti dispongono d'un tempo limitatissimo potranno ridurre ulterior­ mente la lettura. Se non dispongono che di due o tre ore, potranno leggere l'introduzione, le pagine che presentano il dittico dell'annunciazione, Matteo 1-2 e la conclusione. Con qualche ora di più potranno aggiungere le pagine sulla dinamica e sul genere letterario, dare una scorsa alla semiotica, alle sorprendenti genealogie e alle pagine relative alla storicità.

INTRODUZIONE

I vangeli dell'infanzia occupano un posto importante nel cri­ stianesimo. Il Natale rimane la festa più popolare, cosa che esso deve a questi vangeli. Una questione ineluttabile

Matteo 1-2 e Luca 1-2 innovano rispetto all'evange lizzazione primitiva (il cherigma), cl)e cominciava con il « battesimo di Gio­ vanni » (At l , 22; cf 2, 17.36; 10, 37-43); essi si spingono oltre, per rispondere a domande ineluttabili sulle origini di Gesù Cristo. Da dove ven i va egli? . Non esisteva un modello per rispondere a una domanda del genere. La cosa più ovvia per la mentalità del tempo sarebbe stata quella di dire che Cristo « era disceso dal cielo », formula molto frequente sotto la penna di Giovanni evangelista 1• Ma la realtà storica si opponeva a questa soluzione culturalmente allettante. La realtà, per poco che uno vi si addentrasse, si presentava in maniera diversa. Il vangelo della vita pubblica non aveva potuto tacere che il Messia era nato senza clamore a Nazaret. Ma come spiegare questo infortunio? E poiché il titolo messianico decre­ tato a Gesù dalle folle era quello di « Figlio di Davide » 2, che l GESù DISCESO DAL CIELO: Gv 3, 1 .3; 6, .3.3.38.41 .42.50..51 .58; cf Ef 4, 16 : la discesa escatologica dopo la discesa agli inferi (4, 9). E la discesa dello Spirito Santo nel battesimo : Le 3, 22; Gv l , 32; d At l , 8. Qui Giovanni, per il quale tutto prende l'avvio dall'incarnazione ( 1 , 13-14), concorda con Paolo: Ef 4,· 9-10; l Ts 4, 16 (cf At 7, 34 e 14, 1 1 , dove Paolo è preso per un >.

Vi sono degli esempi di questo processo in l, 42, dove le versioni siriache, sinaitica e peshitto, hanno aggiunto «a Maria». Similmente in l, 56 alcuni mano­ scritti sostituiscono con lei con : con Elisab,tta. Per amore di chiarezza qualche manoscritto ha potuto « aggiungere Elisabetta dopo Maria: Et ait Maria Elisa­ beth », altri «copisti han potuto pensare che uno dei due termini era di troppo e preferire Elisabetta per le ragioni che provocano le critiche moderne », conclude M. ]. LAGI.ANGE, Luc, 1927, p. 45. Cf SDB, Il, 1272.

Critica testuale

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inchiostro, lo si deve all'attrattiva della novità e al successo di qual­ siasi polemica implicante la Vergine. Le passioni spiegano la proli­ ferazione smisurata di questa vana controversia. Critica interna

L'ipotesi Elisabetta, sprovvista di ogni serio fondamento �ul pia­ no della critica esterna, h� cercato una giustificazione nella critica in­ terna. Non è un buori metodo cambiare un testo per delle ragioni logi­ che, in mancanza d'una tradizione manoscritta. Ma la tenacia della controversia invita a esaminare questi argomenti, a cominciare dai migliori. l. Il caso di Elisabetta vecchia e sterile è analogo a quello di Anna, il cui cantico di ringraziamento per la nascita insperata di Samuele (l Sam 2, 1-10) ispira il Magnificai. Ma se l'autrice fosse Elisabetta, ella avrebbe dovuto riprendere all'inizio la menzione della sterilità ( l Sam 2, 5), cosa che del resto fa, non nel Magnificai, ma nell'azione di grazie che conclude la prima annunciazione in l , 25: Elisabetta disse : « Ecco ciò che ha fatto per me il Signore in questi giorni, nei quali ha volto su di me lo sguardo, per togliere la mia vergogna tra gli

uomini».

Questo breve cantico di Elisabetta esclude che le venga attribuito il secondo ( il Magnificai). In tal caso non avremmo soltanto un dop� pione (Le l, 42-45, quindi l, 46-56), ma una triplice ripetizione (con l , 25). Bisogna essere veramente prevenuti per sovraccaricare a questo punto Elisabetta e ridurre Maria al silenzio! 2. La menzione della tapeinosis ( povertà) conveniva a Elisabetta, non alla Vergine Maria, si è ancora detto. Ciò significa dimenticare che il contesto oppone Maria, situata nel luogo basso (2, 51: katebe) e disprezzato di Nazaret ( 1, 26), a Elisa­ betta, situata nella « regione montagnosa» della Giudea (l , 39; 2, 4 ), vicino a Gerusalemme verso cui si sale (2, 42), e nelle alte sfere della casta sacerdotale (1, 5 ) . Dal semplice punto di vista semiotico (qui analizzato da A. Gueuret ), parlare di bassezza o di umiltà (l, 47; cf l, 52) si addice a colei che abita il luogo basso e non può avvalersi di alcuna ascendenza glorificante: alla giovane Maria abitante in un vil­ laggio e non alla sposa del sacerdote, ella stessa di stirpe sacerdotale ( l, 6).

Il çontesto ulteriore manifesta la povertà non di Elisabetta, ma di

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Luca 1-.?

Maria, senza alloggio a Natale (2, 7) e ridotta all'offerta dei poveri alla presentazione (Le 2, 24 ; cf Lv 1 2 , 8 ) . Infine la verginità (l, 27) non era un titolo di gloria ed aveva una reputazione negativa nel contesto culturale dell 'Antico Testamento. Così la figlia di Iefte, votata all 'im­ molazione rituale, chiede al padre una breve dilazione per « piangere la propria verginità » , lo stato incompiuto della donna senza figli , pri­ ma di essere da l ui sacrificata (Gdc 1 1, 37 ) . L'Antigone d i Sofocle (9 1 6-91 8) piange a sua volta d'essere « strappata alla vita senza aver conosciuto le nozze e le sue gioie .. . , senza aver nutrito alcun neonato>>. La voce inedita, che diceva di « non conoscere uomo » ( l , 34 ), non era affatto onorata. 3 . La ripetizione del nome di Maria dopo il Magnificai ( l , 56), per indicare la sua partenza dopo tre mesi di soggiorno, sembra anormale, poiché ella è già stata nominata in testa al cantico (l , 46) , si è ancora detto. Ma tra l, 46 e l, 56 ci sono dieci versetti, che richiedono il richia· mo del soggetto per amore di chiarezza. Gl i angeli , nominati i n testa al brevissimo cantico del Gloria ( un solo versetto : 2, 14 ) , sono di nuovo menzionati nel versetto successivo indicante la loro partenza. Si tratta dello stesso schema usato per indicare la partenza di Maria dopo il suo cantico, la qual cosa annulla questo terzo argomento 13• Infine il ruolo di Maria è quello princip ale in questa sequenza , e l ' evi de nza che questo cantico contiene qui a lei ha talmente imbaraz· zato i sostenitori d'Elisabetta che alcuni hanno proposto di trasferire il Magnificab dopo l , 25 ( ove Elisabetta pronuncia già un cantico breve ) o dopo l , 4 1. Un ' ipo tes i tanto gratuita non fa che rivelare il carattere disperato della causa 14, così come l ' i pote si di Sahlin, il quale attri­ buisce il Magnificai a Zaccaria e il Benedictus alla profetessa A nna 15•

13 Secondo Loisy e Harnack il versetto conclusivo l, 56: cc Maria rimase con lei» rinvierebbe a Elisabetta, autrice del Magnificai (l, 46-55). Mgr Ladeuze e R. E. Brown ( p. 345 ) vedono qui una traccia del fatto che il Magnificai sarebbe

stato aggiunto in un secondo tempo, in un contesto in cui il versetto finale, ve­ nendo dopo l, 45, non richiedeva di menzionare di nuovo Elisabetta. Si tratta di un indizio ben tenue. È più normale supporre che Luca abbia ripetuto il nome di Maria perché ciò era necessario dopo un sì lungo cantico, esattamente come in l, 34 e 1, 39. Perché non ha scritto esplicitamente «con Elisabetta» (come fanno le versioni siriaca, sinaitica, peshitto )? Forse per non ripetere il nome di Elisabetta, che apre subito dopo ( l , 57 ) il racconto glorioso del parto. Ma Luca non rifugge da ripetizioni (per il nome di Elisabetta: l, 41 ) . Questo versetto non ha mai creato equivoci. 14 M. ]. LAGRANGE, Évangile selon saint Luc, Paris 1927, p. 45. 15 H. SAHLIN, Der Messias, 1945, p. 66 ( dove intercala il Magnificai: l, 46-56 tra l, 64 e l, 65 ) e pp. 68-69 ( ove intercala il Benedictus: l, 68-79 tra 2, 38 e 2, 39 ).

Critica testuale

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4. Secondo Harnack il kai indicherebbe che la stessa persona (Eli­ sabetta ) continua a parlare. Se Maria prendesse la parola, ci sarebbe voluto il de, assicura egli. Questo argomento è smentito da Le l , 18.19.30; 2, 10.49, dove il kai introduce un nuovo interlocutore 16 •

5. Se Maria avesse pronunciato questo cantico, ci sarebbe voluta la menzione dell'ispirazione dello Spirito Santo come per Zaccaria in l, 67, si è ancora detto. Solo Elisabetta, « ricolma di Spirito Santo », è abilitata a profetizzare. Ma ciò significa dimenticare che Maria è stata la prima ad essere posta in riferimento allo .Spirito Santo nel contesto più ampio di Le l, 35: « Lo Spirito Santo verrà su di te» (d Lagrange, p. 45 ), e che questa prima manifestazione dello Spirito, espressa da Luca negli stessi termini di quella della Pentecoste ( A t l, 8 ) , è presentata come punto di partenza o addirittura .come fonte delle seguenti . Elisabetta attribuisce al saluto di Maria l ' effusione dello Spirito ( l , 43 ), di cui ella e suo figlio ( l , 42 e l, 15) sono stati gratificati. 16 Sarebbe strano che Elisabetta parli due volte di seguito per due profezie, la seconda a propria gloria, senza che parli Maria, che è al centro della scena e non è un personaggio muto (1, 34 e 38). D'altra parte, se il discorso di Elisabetta di l , 42-45 continuasse nel versetto 46, sarebbe inutile ripetere la formula di l, 42: «Ella disse». Tuttavia Le 4, 2 3-24 (dove eipen è seguito da de); 18, 1-6 ( ancora de) e 21, 8-1 0 (dove un tote segna una cesura ) ·ripete , cari a una lunga tradizione culturale e a J ules Romains, ma degli « uomini che Dio ama » , dei « bene reshon6 •> , dei figli della sua benevolenza, secondo l'espressione attestata a Qumra n ( tQH IV 32-3 3 ; 1 1 , 9 ). E Ciò corrisponde alla grazia di Dio su Maria Kecharitomené ( 1 , 28 ), allo Spiri to San to ( l , 3 5 ) e allo sguardo di Dio posato su di lei ( l , 48 } e su Elisabetta ( l , 25 ) : in breve, alla gratuità del suo amore, fonte di « grandi cose )) O , 49 ) . Cf } . FITZMYER, Lk 1 -9 , 1 98 1 , pp. 4 1 1 -4 12.

Luca 1 -2

32

Quantitativamente : 2 versetti per la nascita di Giovanni 20 per quella di Gesù e, al contrario : 2 1 per la circoncisione di Giovanni uno solo per quella di Gesù. - Qualitativamente questi parallelismi hanno la funzione di manifestare una gradazione e nello stesso tempo un contrasto tra Giovanni il Precursore e Gesù Messia. È questo che sottende i testi ulteriori del vangelo (3 , 1 5- 1 6; 7 , 1 8-23 ; 1 6 , 1 6) e degli Atti degli Apostoli ( l , 5 . 22 ) . Questa preoccupazione fu stimolata dal fatto che Giovanni Battista fu oggetto di un culto indipen­ dente da quello di Cristo . Paolo lo incontrò nelle sue missioni, ed è precisamente mediante Luca, suo compagno, che noi lo sap­ piamo: At 1 8 , 25 e 19, 3-4. a.

I due annunci

Sono le due annunciazioni a presentare il parallelismo più preciso secondo le fasi seguenti : Fasi

Presentazione dei personaggi Manifestazione di Gabriele Timore dell'interlocutore « Non temere » Annuncio della nascita Grandezza e m i s sione del bambino Domanda-obiezione Risposta delrangelo Conclusione

Giovanni 1, 5-7

1 , 8-1 1

1, 1 2 l, 13 l, 13-14 l, 15-17 1, 18 1, 19-20 l, 21-25

Gesù l, 26-27 l, 26.28 1 , 29 1 , 30 1 , 31 l , 32-33 1 , 34 l , 35-37 1 , 38

Pure in questa prima sezione del parallelismo Giovanni-Gesù, ove la simmetria è massima, le dissimmetrie e i contrasti non man­ cano e sono essenziali al senso del racconto. La sproporzione è sorprendente fin dalle prime righe. Le l, 5-10 C'era al tempo di Erode, re della Giudea, un sacerdote di nome Zaccaria

Le l,� 26----------------------(C'era ... ) in una città della Galilea una Vergine concessa in matrimonio • un uomo di nome Giuseppe ----

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Critica letteraria della classe di Abia. Sua moglie apparteneva alla discendenza di Aronne e si chiamava. Elisabetta. Ambedue erano giusti agli occhi di Dio, osservando in modg irreprensibile tutti i comandamenti e i precetti del Signore, ma non avevano figli : Elisabetta infatti era sterile e tutti e due erano in età avanzata. Avvenne però che mentre egli esercitava le sue funzioni sacerdo­ tali davanti a Dio nel turno della su a classe, gli toccò i n sorte, secondo l'u­ sanza del servizio sacerdotale, di entra­ re nel santuario per offrire l'incenso. Intanto tutto il popolo stava fuori in preghiera, nel l'ora dell'offerta dell'in­

della casa di Davide. E il nome della Ve rgine era Maria.

,

censo.

Due coppie sono presentate : Zaccaria-Elisabetta, anziani; Ma­ ria e Giuseppe, fidanzati nel senso ebraico di questo termine, cosa che indica la giovinezza. La prima coppia sembra aver maggior valore quantitativamen· te e qualitativamente. Ciò che anzitutto colpisce è il lungo elogio, che l'evangeiista fa della loro condotta, elogio senza parallelo da parte di Giuseppe e Maria. Stesso vantaggio sul piano delle situazioni e funzioni. Zaccaria si trova nel luogo alto della capitale, nel santuario unico; Maria in una provincia e in un villaggio disprezzati ( Gv l , 46; 7 , 4 1 .52 ). Zaccaria è tratto a sorte (vale a dire scelto da Dio stesso : cf At l , 24-25 ) per esercitare la più alta funzione mediatrice tra Dio e il popolo in preghiera. Egli si presenta in tutta la sua gloria, in con­ trasto con questi umili abitanti d'un villaggio che sono Maria e Giuseppe. Stesso vantaggio sul piano sociologico: Zaccaria è di pura razza sacerdotale, cosl come la sua sposa ( l , 5 ). Maria invece non è qualificata da alcuna discendenza. Contrasto molto vivo, perché dei quattro personaggi presentati in questo inizio, ella è la sola orfana: Giuseppe è altamente qualificato come discendente del re Davide. E tuttavia Maria, l'orfana, è posta in un risalto che capovolge il parallelismo iniziale. È nominata per prima, davanti a Giusep­ pe, contrariamente alle precedenze normali, rispettate nel caso di Zaccaria e Elisabetta. Ella è menzionata due volte in questo stesso

Luca 1 -2

34

versetto 27 . Nella nostra sinossi dei due annunci ella si trova la prima volta in parallelo con Zaccaria, il personaggio supremo ( un sacerdote, una vergine ), e la seconda volta con Elisabetta sua sposa. Giuseppe sembra passare in secondo piano tra queste due menzioni di Maria . E ciò prepara il seguito, in cui ella sarà in parallelo con Zaccaria, destinatario dell 'annuncio. La precedenza maschile è capovolta . Mentre Luca comincia a dissociare la seconda coppia Maria· Giuseppe , insiste sull 'unità della prima : ambedue ( l , 6 .7 ). Punto comune : le due coppie sono senza figli . Si tratta di una frustrazione per la prima , caratterizzata da una sterilità senza speranze. Ciò potrebbe sembrare un « non ancora » per la gio· vane coppia , se la ripetizione insistente del termine « vergine » non preparasse già un'altra cosa . . . Ma il contrasto più evidente è quello che rompe il parallelismo fin dalle prime parole del racconto e ci obbliga a cominciare la colonna di destra con dei punti di sospensione : l'angelo appare a Zaccaria solo dopo sei versetti (elogiativo in Le l , l O ), mentre nel caso di Maria si manifesta subito, prima ancora eh)ella sia pre· senta/a, e le sue prime parole contribuiscono a presentarla : Manifestazione dell'angelo l, Il

Gli apparve l'angelo del Signore stando alla destra dell'altare dell'incenso

l , 26

Al sesto mese

fu inviato

l 'angelo Gabriele

da parte di Dio ( . . . ) Entrò verso di lei ( Maria )

Il sacerdote si sposta per incontrare l'angelo, mentre qut e

l'angelo che si sposta per andare da Maria in quella provincia malfamata : « Il più piccolo va verso il più grande » , commenta A. Gueuret nella sua tesi semiotica. Tale contrasto comincia a delineare un capovolgimento paradossale di valori in favore dei poveri , con una decentralizzazione del sacro che prepara Gv 4, 2 4 : il culto escatologico non più a Gerusalemme o sul Monte Garizim , ma ovunque vi sono degli adoratori in spirito e verità . L'annuncio a Zaccaria avviene nel tempio, dimora di Dio (cf l , 2 e 2 , 49 ) ; l'annuncio a Maria in una provincia marginale e disprez­ zata.

35

Critica lett eraria

Nel caso di Zaccaria si tratta di una visione. Nel caso di Maria viene specificata la sola audizione . E ciò introduce un'apostrofe laudativa dell 'angelo, senza parallelo nell'annuncio a Zaccaria : [L'angelo] le disse : - Rallegrati, oggetto-del-favore-di-Dio. Il Signore è con te.

Questo saluto originale comporta due elementi : l. Un invito assoluto alla gioi�, senza motivazione, come negli annunci escatologici dei profeti. 2 . Un nome che Dio dona dall 'alto a Maria, come succede nella Bibbia a quanti ricevono una missione (Gdc 6, 1 2 ) . Ma questo nome significa soltanto la benevolenza gratuita di Dio ( CHA RI S : l , 30, radice del termine KeCHARitomene l , 28 ) 2• ·

Luca non ha fatto l'elogio di Maria in parallelo con quello di Zaccaria e Elisabetta, perché l'elogio viene da più in alto, da Dio stesso ; di qui l a sproporzione iniziale , irritante per coloro che cercano di esagerare il parallelismo. Mentre i genitori di Giovanni Battista sono stati elogiati per la loro pratica della legge , Maria è lodata a titolo della sola grazia. Il termine charis, tipico dei due ultimi evangelisti, frequente sol­ tanto in Luca e Paolo, ritorna due volte nell'annuncio a Maria : - l , 28 : KeCHARit6mene, il nome di grazia datole, - l , 30 : eures CHARI N: hai trovato grazia, versetto che è il commento del precedente. Il vantaggio di Zaccaria secondo la legge è di colpo capovolto

dal messaggio divino , che proclama il vantaggio di Maria secondo la grazia ; e di Maria soltanto, poiché Giuseppe non è compreso n eli' elogio, in contrasto con Zaccaria e Elisabetta strettamente uniti tra di loro, « ambedue » ( amphoteroi, ripetuto in l , 6-7 ), sul medesimo registro. La simmetria si afferma nei versetti suc­ cessivi.

2

Sulla portata di Kecharit6mene cf Nota fuori testo, p . 36.

Luca 1-2

36

KECHARITùMENB : IL NOME DI GRAZIA DI MARIA (Le l, 28 )

Impieghi Il verbo charitoo ricorre una sola volta nell'Antico Testamento: Sir 18, 17 : . « La parola non è accetta più del dono stesso? Nell'uomo kecha­ ritomenos si trovano entrambi ». Qui il termine ha un senso minimo. Alcuni autori rhan tradotto con grazioso o aggraziato per rendere, mediante un'allitterazione, la sua derivazione da charis, grazia ; « gracious man », dice J. FITZMYER, Lk 1-9, 1981, p. 345. Ma la TOB e Osty preferiscono caritatevole, altra allitterazione della radice charis, che ne esprime meglio il senso. Ritroviarno il termine negli Apocrifi: Atti di Filippo (IV-V se­ colo ), 48 : « Filippo gli disse: " Tu sei kecharitomenos nella pace di Cristo, perché non v 'è doppiezza nel tuo spirito , ». Martirio di Matteo, opera gnostica del III-IV secolo : « Grazia (charis) a te e pace, o bambino kecharitomenon >>, la ed. M. Bonner, Darmstadt 1 859, Leipzig 1 89 1 , p. 2 18, dove si nota senza dubbio l'influsso del vocabolario di Luca.

Senso Charis significa favore, benevolenza gratuita da parte di Dio. Kecharitomene non significa perciò « piena di grazia », come tra­ duce la Volgata. In greco ciò corrisponderebbe a: pleres charitos (adoperato per Cristo in Gv l , 14, nonché per Stefano in A t 6, 8; cf 7, 55). Equivale ciò a dire che Kecharitomene indica soltanto il favore estrinseco di Dio? Esso dice di più a due titoli:

l . Sotto il profilo teologico si tratta del favore di Dio creatore, che rende buoni quanti egli considera con amore. 2. Sotto il profilo filologico i verbi in o o significano una trasfor­ mazione del soggetto : leuko6, imbiancare ; argyro6, argentare ; chryso6, dorare; kako6, danneggiare; douloo, rendere schiavo; typhlo6, accecare ( e qualche altro, di cui il Padre de la Potterie m'ha fornito l'elenco istruttivo }.

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Critica letteraria Charitoo non significa perciò solo guardare con favore, ma tra­ sformare mediante questo favore o grazia. San Giovanni Crisostomo, che conosceva la sua lingua, lo sapeva bene. Egli scrive nel com­ mento a Ef l , 6: l'Apostolo « non dice echarisato » (verbo chari­ zomai, 20 volte nel Nuovo Testamento, 12 nell'Antico}, come se noi fossitno soltanto considerati con grazia, gratuitamente (verbo chari­ zomai), « ma echaritosen », vale a dire trasformati per grazia. « Egli non ci ha liberati soltanto dai nostri peccati ( apellaxen ), ma ci ha resi degni di amore ( eperastous) >> , commenta Giovanni Crisostomo (Sulla lettera agli Efesini, c. l ; Horn. l , no 3, PG 62, col. 1 3 ) . Portata

Non è possibile attribuire un senso ridotto a questo termine in l , 28 p er le ragioni seguenti:

1° il tempo del verbo : il perfetto passivo (e il probabile sostrato ebraico ) hanno un senso forte: « Tu che eri e rimani oggetto della grazia di Dio », parafrasa Osty. 2° Si tratta di un nome nuovo dato a Maria, come a Gedeone in Gdc 6, 12. J. FITZMYER, Lk 1-9, 1 98 1 , riconosce questo valore del termine. Tale constatazione va situata in una cultura, in cui il nome aveva un'importanza sovrana, un senso antologico. 3° Si tratta di un nome dato

a

Mari-a, su incarico di Dio stesso,

tld parte dell'angelo suo messaggero, cosa confermata dal contesto successivo: Il Signore è con te.

4° Si tratta di un contesto escatologico con riferimento a Sof 3 . I l nome dato a Maria è all'altezza d i questo compimento della storia della salvezza . 5° Questo nome anticipa la vocazione riservata a Maria di essere la Madre del Messia Figlio di Dio: altra novità a cui il contesto attribuisce tutta la sua importanza . 6° I l termine , dato due volte a Cristo in Luca 1-2 , assume la sua portata trascendente. Senso d'una convergenza

I reimpieghi biblici attestano in maniera coerente e conver­ gente l 'identificazione del Messia con Dio, veniente in mezzo al suo p6polo, e di Dio, re teocratico, col Messia promesso. Tale identificazione era preparata dai testi, in cui il Messia assumeva proporzioni divine ( ls 9 ; Dn 7 ; Sal 2 ecc. ) , e da quelli in cui Dio sembrava venire personalmente a regnare tra gli uomini e a uma­ nizzarsi in mezzo a loro 32 • La rivelazione del Dio fatto uomo è la convergenza stessa di queste due linee, già abbozzata nell 'Antico Testamento . 32 L'IDENTIFICAZIONE DI CRISTO CON DIO non può essere esplici­ tata se non nella distinzione delle persone, senza alterazione dell'unità di Dio e della priorità del Padre. Le ipostasi dell'Antico Testamento sono una preparazione in questo senso; segnatamente la Sapienza ( Prv 8, 22-26; 6, 24 ), occasionalmente alcuni resti che tendevano a divinizzare il Messia ( ls 9, .5; Dn 7, 13 )� figlio di Dio ( Sal 2, 7; 89, 27; 1 10, 5-6; cf At 13, 33; Eb l, 5; -5, .5). Cf sopra, note 1 1 e 19.

89

Critica letteraria

Luca 1-2 prolunga tale convergenza. Evita di spezzare l'unità divina, ponendo mirabilmente la distinzione mediatrice tra Dio e il Figlio di Dio. Si guarda bene dall'identificare la figliazione di­ vina con la concezione verginale. Tale concezione senza padre appare non soltanto come il segno di un'azione trascendente di Dio, ma anche dell identità divina di colui che nasce. Lo Spirito Santo e la potenza di Dio non appaiono in Le l , 3 5 tanto come causa di questa nuova nascita, quanto piuttosto come garanti dell'identità divina del Figlio di Dio , identità significata dal segno della shekinah ( dal momento che la radice shakan è soggiacente a episkiasei di Le l , 3 5 ). Il fatto che il bambino concesso per pura grazia sia identificato con la gloria di Dio, che abitava nell'arca dell'alleanza, prepara a comprendere il titolo sorprendente di gloria, formalmente dato a Cristo da Simeone in 2, 32. E com­ movente è la riconversione della gloria in questo bambino muto : Messia-Signore riconosciuto, benché nascosto, nella sua identifi­ cazione coi poveri. Il lato mirabile di questa rivelazione per via simbolica ( la sola possibile in assenza di ogni strumento filosofico) è che essa rispet­ ta l'umiltà del bambino. È così che in Luca 1-2 le glorie di questo mondo ( allora così prestigiose) non contano più e si trovano cà­ povolte dal cantico stesso di Maria ( l , 5 1 -53 ). Il destino mede­ simo di Gesù bambino inaugura questa linea fondamentale del vangelo. Il Figlio di Dio viene povero per i poveri. Lo studio delle allusioni e dei reimpieghi biblici in Luca 1-2 ci fa, quindi penetrare una presa di coscienza essenziale in questo momento chiave della storia della salvezza . '

90 E.

DINAMICA DI LUCA 1 -2

La cosa più significativa e più misconosciuta in Luca 1 -2 è la ·dinamica dei due capitoli : lo slancio che sottende il dittico Gio­ vanni-Gesù , in cui Giovanni è totalmente riferito a Gesù e Gesù a Dio, con il quale egli manifesta la propria identificazione filiale ( 2 , 49 ), unitamente all'avvenire prefigurato dalla sua infanzia 1 • l.

SLANCIO E PROGRESSIONE

l futuri

Il racconto è punteggiato di futuri: il futuro degli annunci, -che aprono il capitolo l , il futuro dei cantici ( l , 48.76 ; 2 , 29-3 5 , ove anche l 'aoristo assume valore è i futuro assicurato nel pre­ · sente di Dio, come se la salvezza fosse già compiuta). Siamo nel­ l'escatologia. Il testo si riferisce, passo dopo passo, al compi­ ·mento delle predizioni e dei futuri dell'Antico Testamento, e H prolunga con altri, che annunciano in filigrana la passione e la risurrezione di Cristo . La novità di questi « compimenti >> (formula-ritornello : l , 20 ; 2 , 5 .2 1 .22 ; cf 2 , 39 .43 ) ci fa passare dalla meraviglia ( l , 2 1 .63 ; 2, 1 8 .33 ) allo stupore ( 2 , 47 .48 ). _

I viaggi orientati verso Gerusalemme

Il racconto è tutto in movimento, intessuto di viaggi, alcuni dei quali sono compiuti « in fretta » ( l , 39 e 2, 1 6 ). Dopo il pre­ ludio d eli'annuncio nel tempio, sotto il segno della legge, che si conclude in maniera ambigua col castigo del sacerdote Zaccaria e col silenzio della vecchia coppia ( l , 20.23 .24 ), assistiamo ali 'irre­ sistibile ascensione che va da Nazaret a Gerusalemme in quattro tappe : le prime due nel paese montagnoso di Giuda per la visita­ zione e la nascita di Cristo ; le altre due nel tempio di Gerusalem­ me per la presentazione e il ritrovamento. 1 Nel 1 956 abbiamo già dedicato il secondo capi tolo di Structure et théologie de Luc 1 -2 a questa dinamica. Siamo in grado di precisare meglio la tessitura di questo slancio, essenziale al senso, secondo la duplice accezione di questo ter­ mine: significato e orientamento.

Critica letteraria

91

Speranza, gioia, azione di grazie

Tale slancio è collegato alla speranza dei poveri di J ahve : que· sti oppressi ( l , 5 1 · 53 ) in balìa dei loro nemici ( l , 7 1 .7 3 ) , che « aspettano la consolazione d'Israele » (2, 25 ) e la « redenzione di Gerusalemme » ( 2 , 3 8 ) . Esso è caratterizzato dalla gioia, che è uno dei motivi condut­ tori di Luca 1 -2 : Questo figlio sarà per te gioia (chara) e allegrezza (agalliasis), e molti si rallegreranno (charesontai) della sua nascita ( 1 , 14). Rallegrati! - prima parola dell'annuncio a Maria ( 1 , 28). Il bambino m'è balzato in seno per la gioia (agalliasis) ( 1 , 47). Il mio spirito ha esultato (egalliasen ) in Dio mio Salvatore ( Maria in l , 45 ). Vi annuncio la buona novella ( euaggelizomai), una grande gioia per voi e per tutto il popolo (2, 10).

La gioia non ritorna più esplicitamente dopo questo, tuttavia sottende tu tto il resto , al di là delle parole, nel caso dei pastori illuminati nella notte e, poi, di Simeone e Anna ( la gioia si con­ ve rte in luce : 2 , 32 ) o degli uditori di Gesù estasiati davanti a questo bambino ( 2, 46-4 7 ) . Essa raggiu nge il vertice nell'azione di grazie espressa in cinque cantici ( praticamente i soli del Nuovo Testamento in l , 25 .46-56.67-7 9 ; 2, 1 4 .29-32 ) e prorompe dap­ pertutto ( 1 , 5 8 .64 .66 ; 2, 1 3 .20 . 3 8 ). Così Luca è l 'ispiratore originario della trilogia cristiana: mi­ steri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. Da lui essi derivano, non da Matteo, che non vi si presta. Questa dinamica è fortemente strutturata con delle gradazioni sorprendenti, che ci saranno rivelate dallo studio semiotico del programma narrativo. Essa è fortemente collegata al dono dello Spirito ( come vedre­ mo allora : cf l , 1 5 .3 5 .48 .67 ; 2 , 2 5-27 ). Luca 1 -2 è la prato-pentecoste del Cristo nascente, che prefi­ gura quella della Chiesa nascente in Atti 2 . Lo Spirito, che di­ scende anz itutto su Maria e indica in lei l'identità divina di colui che è il Santo e il Figlio di Dio, ritorna simmetricamente tre volte sulla famiglia sacerdotale di Giovanni Battista, Elisabetta e Zac­ caria ( l , 1 5 .4 1 .67 ), e su Simeone, che accoglie Cristo nel tempio ( 2 , 25 .26 .27 ).

Tale dinamica sfocia nei due episodi del tempio, che sono ri­ masti la croce degli esegeti, soprattutto il primo. Occorre sbro-

92

Luca

1 -2

gliare questo punto enigmatico , in cui si congiungono tutti i fili conduttori di Luca 1-2. Tale studio a livello dei metodi letterari è indispensabile per preparare la tappa semiotica . Vediamo dun­ que come la presentazione e il ritrovamento sono il risultato e il rilancio della dinamica di Luca 1 -2 . 2. LA PRESENTAZIONE, COMPIMENTO ESCATOLOGICO

È chiaro che la presentazione è in Luca 1 -2 un punto d'arrivo : Gesù, originario di Nazaret, accede a Gerusalemme e al tempio� il suo luogo. Ma le linee di forza convergenti , che determinano il senso di questo esito, sono complesse. La più chiara ci dice che l'episodio comincia sotto la legge ( menzionata tre volte in 2, 22-24 ) per ter­ minare nello Spirito (menzionato parimenti tre volte in 2 , 25-27 ),. con le relative conseguenze profetiche dispiegantisi in 2, 28- 3 8 e concludentisi con la legge (inclusione) in 2, 3 9 . Per raccapezzarsi in mezzo agli enigmi ancora inspiegati di que­ sto episodio bisogna esaminare ognuno dei fili conduttori, che intessono questa dinamica escatologica :

l . Compimento delle profezie.

2 . Compimento degli oracoli di Gabriele ( in 1 ,. 3 1 -35 ). 3 . Compimento della legge. 4. Compimento dello Spirito.

l. COMPIMENTO DELLE PROFEZIE

Tra le profezie riutilizzate da Luca 1-2 ( sezione precedente )7 MI 3 e Dn 9 sottendono tutta la dinamica e « si adempiono » precisamente nella presentazione. Il riferimento implicito di Luca 1 -2 a queste due profezie è oggi unanimemente riconosciuto 2 • Rimane da coglierne la por2 Lo stesso R. E. Brown ( The Birth, pp. 270-27 1 ) riconosce molteplici acco­ stamenti tra Luca l e Daniele, implicandovi soprattutto Zaccaria e senza limitarsi al conteggio. Ma conclude : « Il tema delle settanta settimane di anni, cosl com'è interpretato da Gabriele in Dn 9, 24-27, serve a Luca come sfondo dell'annuncia-

93

Critica letteraria

tata misconosciuta , inscritta nella « meditazione » ( 2 , 1 9 .5 1 ). e nel confronto (2, 1 9 ) sottendenti Luca 1-2 . �alachia 3 , 1-3 Luca 1-2 segue il filo conduttore di MI 3 ( attraverso i con­ tatti specificati sopra ) : ricordiamo il movimento, che va dal pre­ cursore al Signore veniente nel suo tempio. Giovanni Battista

Malachia 3, 1-3 Ecco invio il mio messaggero per preparare i l cammino davanti a me

Luca 1-2 Le l , 15-17.76-77 : invio di Giovanni Battista il precursore l , 16: egli camminerà davanti a lui l , 76 : camm inerai davanti alla faccia del Signore Gtsù nel tempio

E subito egl i entrerà nel suo tempio. Il Signore

che voi cercate, ceco che viene. Chi sosterrà il giorno dell a sua venuta? Egli purificherà i figli di Levi

2, 27 : Quando i genitori di Gesù fecero entrare nel temp io ... Gesù-Signore l , 43 e 2, 11 cercato in 2, 44.45 2, 22 : Quando furono compiu ti i giorni, ecc. della LORO purificazione Lo portarono a Gerusalemme per presentarlo al Signo re

Lo schema è limpido: in Malachia come in Luca 1-2 si va dal messaggero ( Giovanni Battista) al Signore, la cui manifestazione è l'entrata nel tempio. Vedremo come Luca echeggia (in maniera sottile ma non equivoca ) questa purificazione escatologica. Daniele 9 , 24 Ugualmente riconosciuto in maniera unanime è il reimpiego di Dn 7-9 da parte di Luca 1-2 . Questa profezia si situava nel tem­ pio, riguardava il tempio, ed è l'entrata di Gesù nel tempio zione di Gabriele . . . ». In modo si mile per il riferimento a MI 3, 1 , pp. 261·262. 265-266, 273 .276-278 {44.5 per la presentazione) ecc. Anche J. Fitzmyer, esegeta più rad icale di Brown sulla concezione verginale, condivide in maniera avveduta questi due riferimenti : Lk 1-9, 1981, p. 316.

Luca 1-2

( 2 , 27 ) che la avvera (cf la ripetizione del verbo compire in 2, 2 1 e 22).

Abbiamo visto come il doppio annuncio di Gabriele, l'angelo della profezia messianica delle 70 settimane, era intessuto di allusioni a questa profezia. Questi reimpieghi culminano nell'en­ trata di Gesù nel tempio : qui aveva avuto luogo l'annuncio inizia­ le a Zaccaria, qui Luca coglie il compimento della profezia, come indicano questi ultimi contatti : Daniele 9, 24 70 settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua città santa, per espiare l'iniquità per sigillare visioni e profezie Per ungere il Santo dei santi

Luca 1-2 Le 70 settimane conteggiate da Le : cf più avanti Lo portarono a Gerusalemme (2, 22) il giorno della loro purificazione ( niente visioni in 2, 22-39 ) La profezia d i Simeone, suggellata dalla sua morte 2, 26.29 Gesù-Messia (= unto : Le l, 32-35), « chiamato Santo » (2, 23)

L'attualizzazione più sorprendente di Luca 1 -2 è quella delle 70 settimane. Essa può sembrare sottile, ma i dati cronologici successivi dell'infanzia sono strutturati con una insistenza cosi coerente, che non può essere frutto del caso . I tempi forti di questa cronologia sono sottolineati da un ri­ tornello, che ritorna quattro volte nella forma più completa : Quando furono compiuti i giorni os eplesthesan ai hemerai ( 1 , 23 ; 2, 5.21 .22; cf l, 57).

Il termine giorn o è d 'una frequenza insolita ( 20 volte in Luca 1 -2 , in buona parte a motivo di questo ritornello). Il verbo pùn­ plenti, che i traduttori spesso edulcorano, tende a significare il compimento escatologico delle 70 settimane. Il ritornello segna anzitutto il punto di partenza nel santuario , dove celebra Zaccaria : l , 22 : Quando furono compiuti i giorni del servizio liturgico,

con questa duplice eco: 1 , 20 : Fino al giorno in cui le parole si compiranno. l, 24 : Dopo questo giorno, Elisabetta concepl.

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9'

Viene quindi la menzione insistente dei 6 · mesi intercorrenti tra la concezione di Elisabetta e quella di Maria : l, 26 : Il SESTO MESE (prime parole del racconto dell'annunciazione). 1, 36: Elisabetta, tua cugina, è al SESTO MESE. Cf la menzione introduttrice dei 5 mesi, durante i quali Elisabetta rimane nascosta : l , 25.

Il ritornello del compimento ritorna una seconda volta, 9 mesi più tardi, per la nascita di Gesù : data importante. 2, 6: Allora si compirono i giorni del parto ecc.

Infine ritorna altre due volte, in due versetti successivi, per segnare le tappe delle 70 settimane (ripetizione enfatica ) : 2, 21 : Quando furono compiuti gli 8 giorni della circoncisione. 2, 22 : Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione.

Questi 8 + 3 3 giorni , prescritti da Lv 1 2 , erano ben noti, trat· tandosi di un rito usuale: 1'8° giorno era il primo dei 3 3 . I l totale dei « 9 mesi » di gestazione 3 e dei 40 giorni cosl sot· tolineati da Luca dà : · 6 x 30 1 80 : dall'annuncio nel tempio all 'annunciazione =-

9 x 3 0 270 : dall'annunciazione a Natale 40 : da Natale alla presentazione =

totale

=

4 90 - 7 O x 7

::s

7 O settimane.

Il punto di partenza dei « giorni » , sui cui Luca ritorna con tanta insistenza, è identico in Dn 9 , 2 1 -24 e Le l : si tratta dello stesso Gabriele (Dn 9 , 2 1 e Le l , 1 9 .26 ) , che appare alla stessa ora dell'ablazione (Dn 9, 21 e Le l, 9 ), in una situazione di pre· ghiera (Dn 9, 2 1 e Le l , 1 3 ), per parlare di 70 settimane con lo stesso significato escatologico e messianico. Il punto di arrivo è topograficamente lo stesso : GERUS ALEM­ ME (Dn 9, 7 . 1 2 . 1 6 .25 ) e il TEMPIO (Dn 9 , 27 ; cf 9 , 24 ), che Le 2 nomina esplicitamente solo quando Gesù vi entra : Geru­ salemme in 2, 22, il tempio in 2 , 27 . 3

2 Mac 7, 27.

96

Luca 1-2

Ma che può significare un simile accostamento? Esso non av­ viene senza trasposizione, né senza attualizzazione, secondo l'in­ terpretazione midrashica in uso. Le 70 settimane non sono applicate alla stessa durata. Quella a cui pensa Dn 9 , 24 è in qualche maniera oscura e rimane oggetto di discussione. Un punto elucidato sembra il seguente : 7 settimane dal ritorno dell'esilio alla ricostruzione

62 settimane dalla ricostruzione alla morte di Onia ( sommo

sacerdote, quindi unto messia in ebraico) 1 j l/2 settimana di persecuzione 1 /2 settimana fino alla fine =z

7 O settimane in totale.

Luca ritrova le 70 settimane nel tempo che separa l'annuncio Zaccaria dalt entrata di Gesù nel tempio di Gerusalemme : stes­ si luoghi , che egli si premura di nominare esplicitamente allorché Gesù vi accede. D'altra parte egli sembra trasferire a Cristo Messia (quindi Unto, e indicato come Santo, in un senso che suggerisce la tra­ scendenza ) l'unzione del « Santo dei santi >>, che Dn 9, 24 riferisce al tempio. a

Non meravigliamoci di questa trasposizione. Daniele stesso ne ha dato l'esempio. Egli è partito dai 70 anni di Geremia ( 2 5 , 1 1 - 1 2 ; 2 9 , 1 0 ), che riprende esplicitamente. Ma Geremia collocava la caduta di Babilonia e la liberazione d'Israele dopo la rovina di Gerusalemme, al termine d'un periodo simbo­ lico di 70 anni (ossia 1 O settimane di anni o ciclo sabbatico ).. Daniele riprende questa cifra come una luce simbolica sulla crisi presente, in direzione d'un epilogo messianico : avvento del figlio dell'uomo e purificazione del tempio, quindi del popolo. Egli trasforma i 7 O anni di Geremia in 7 O settimane d'anni : l O voi te 7 x 7, la radice quadrata di 49 : cifra perfetta. Luca (o la sua fonte) ha trasposto a sua volta, secondo il processo simbolico (cf symballousa: 2, 1 9 ) della meditazione, con cui Luca 1-2 defi­ nisce la linea di marcia del suo vangelo . Anche gli altri evangelisti op�rano una trasposizione, quando

Critica letteraria

97

utilizzano Dn 9 (profezia che occupa un grande spazio nel van­ gelo ). Il computo di Luca e la sua teologia sono più limpidi di quelli di Daniele : il profeta caratterizzava la venuta del Messia me­ diante una cifra misteriosa di 70 settimane, su cui si discute an­ cora piuttosto incertamente e confusamente. Ebbene, 70 setti­ mane era precisamente il tempo · che separava il primo annuncio di Gabriele a Zaccaria nel tempio ( Le l , 10-1 1 ) dalla venuta di Gesù in questo medesimo tempio. Questo luogo era caro alla comunità giudeo-cristiana primitiva di Gerusalemme, « assidua al tempio » (At 2 , 46 ; cf Le 24, 5 3 ) ; e più ancora lo divenne� quando le prime persecuzioni l'obbligarono ad allontanarsene. Oggi il disegno di Luca ci appare forse singolare, però esso si inscrive perfettamente nell'ambiente culturale di allora. l . Un calcolo simile non è isolato nel Nuovo Testamento. All'inizio del vangelo Giovanni 1-2 , così strettamente imparen­ tato con Luca 1-2 4 , conta a sua volta i giorni della prima setti­ mana del ministero di Cristo ( l , 29 .3 5 .4 3 ; 2, l ) per caratteriz­ zare il miracolo di Cana come Pentecoste, secondo l'analisi di A. Serra (Contributi per Giov. 2, 1 -1 2 , 1 977, pp. 1 82-2 1 5 ). La menzione del terzo giorno ( 2 , l ) rientra nel simbolismo della Pentecoste, che era allora la festa dell'alleanza. È significativo che Luca adotti lo stesso schema in At 1 0 , 9 , 23 .24 .40 per signi­ ficare che il battesimo del centurione Cornelio è una pentecoste. L'identità delle formule è sorprendente, nonostante qualche sot­ tigliezza.

4 CALENDARIO SOGGIACENTE A LUCA 1-2. Il computo di Luca 1-2 suppone mesi di trenta giorni. Ciò vuoi dire che Luca ( o la sua fonte giudeo­ cristiana) seguiva il calendario di Qumran - quattro stagioni di tre mesi di trenta giorni (più un periodo sabbatico) - e non quello dei mesi lunari ? - Luca 1-2 (che parla tre volte di mesi: 1 , 25.26.36 e venti volte di « giorni » ) attesta un · calendario d i trenta giorni. Non diciamo tuttavia il « calendario di Qumran », perché non conosciamo l'estensione di questo vecchio calendario sa­ cerdotale, ch'era il calendario di Daniele e di Enoch. È stato scelto perché l'ambiente giudeo-cristiano, ove è nata la tradizione­ fonte di Luca 1-2, praticava effettivamente un calendario del genere? Oppure perché questo calendario religioso (quello del testo-fonte : Daniele ) apriva la via a questo conteggio simbolico affascinante ? Non disponiamo di elementi per ri­ spondere.

98

Luca 1 -2 Giovanni l , 29-2, 1 2

l,

l, l, 2, 2,

29 : L'indomani ( te epaurion ) 3 5 : L'indomani 43 : L'indomani l : Il terzo giorno 1 2 : Essi rimasero qualche giorno

( ou pollas hémeras )

Atti 10, 8-38 10, 9 : L'indomani ( idem ) 10, 23 : L'indomani 10, 24 : L'indomani 10, 40 : II terzo giorno 10, 48 : Pietro ( rimase qualche giorno} ( hémeras tinas ) s

2 . Seconda concordanza : Luca annette un 'importanza parti co·

l are

alla profezia di Dn 9 6 •

3 . Egli manifesta un debole per il numero 7 in specie per qualificare la durata, nel vangelo dell'infanzia , dove menziona i 7 anni della vedovanza di Anna e i suoi 84 anni, che fanno 7 x 1 2 : -il numero delle nazioni moltiplicato per il numero d'Israele, con il numero 12 che ritorna per i 12 anni di Gesù in 2 , 4 1 . 7,

4 . Non dimentichiamo il valore simbolico attribuito ai numeri jn questa civiltà , la sua gematria. Nella nostra civiltà la loro valo· rizzazione esclusivamente quantitativa e meccanica ha deprez. zato la dimensione simbolica, anche se non totalmente e non per tutti. E tale fenomeno è un fenomeno recente. Il simbolismo dei numeri, che ispira ancora certi artisti, era rimasto vivo nel popolo cristiano fino all'inizio del secolo XX con una sorprendente sotti­ gliezza . Una contadina come Caterina Labouré, che per molto tempo s'era limitata a contare con le dita, non essendo andata a scuola, aveva contato uno a uno 63 titoli della Vergine nel Libro delle preghiere delle Figlie della carità. Inoltre volle che si reci· tassero queste 63 invocazioni alla sua morte, indubbiamente in onore dei 63 anni che si attribuivano alla Vergine . Ella però non si è affatto spiegata sul significato che attribuiva a tale cifra . Si 5 A. SERRA , Contributi, Herder, Roma 1 977 , pp. 136- 1 37, spiega i difetti del parallelismo ( situazione anormale del terzo giorno in At 10, 40 ) con accostamenti alla letteratura giudaica. I l libro studia in maniera esaustiva gli otto giorni di Gv l , 1 9-2, 12, pp. 90-99, e l'espansione di questo modello nel Nuovo Testa­ mento ( pp . 99- 1 38 ) e nell'Antico 1'estamento ( pp. 45-89 ). Vi si trova pure un'analisi completa delle sequenze di giorni utilizzate nel Nuovo Testamento. 6 Dn 9, 27 e Le 2 1 , 22 ; d At 2, 16- 1 7 . Dn 7 , 1 3-14 e Le 2 1 , 27 ; M c 1 3, 26. Dn 7 , 1 3 e Le 22, 69; cf Mc 14, 60. 7 SUL VALORE DEI NUMERI 7, 12, 70, 77 in Luca 1-2 e Le d pp. 164 e 459-466 .

99

Critica letteraria

pensò che si sbagliasse materialmente parlando di « 63 » , perché nessuna litania ne conteneva tante . Ella però indicò la sua fonte : l ' Ufficio delflmmacolata . E qui si riscontrò il numero : 63 invo­ cazioni a Maria sparse qua e là. Quale molla aveva potuto moti­ vare questo conteggio, che richiese molto lavoro per essere ri­ fatto ? In breve, Luca traspone la profezia di Daniele da lui utilizzata, come fanno Matteo 1 - 2 e gli altri autori del Nuovo Testamento. Applica le 70 settimane a un'altra durata : quella che va dall'ora­ colo inaugurale di Gabriele alla venuta di Gesù in questo mede­ simo tempio, non senza una tendenza a identificare Cristo col tempio, come farà esplicitamente Gv 2 , 2 1 . L'importante· per lui è questo compimento inscritto nel ritornello ( 2 , 2 1 -22 ), manife­ stato dalla prima congiunzione di Cristo Signore ( Le 2 , 1 1 ) col tempio, rapporto che si approfondisce nell'ultima sequenza di Luca 1 -2 : il ritrovamento. Le due profezie che punteggiano Luca 1 -2 (MI 3 e Dn 9 , 24 ) rivelano un filo conduttore importante della sua dinamica . Esso però .non è il solo . Luca lo coniuga con altri, che dobbiamo ora esamtnare.

2 . COMPIMENTO DELL ' ANNUNCIO A MARIA, l , 32-35 IL NOME UMANO E IL NOME DIVINO DI CRISTO SIGNORE

In Le l , 3 2 . 3 5 rannuncio di Gabriele a Maria attribuiva due nomi a Cristo . Anzitutto il nome umano: « Lo chiamerai. .. Gesù » ( l , 32 ). Poi il nome divino : Egli sarà chiamato S ANTO , FIGLIO DI Dro >> : il contesto ( in riferimento a Es 40 , 3 5 ) conferisce a questi due nomi una portata trascendente. La presentazione è il « com­ pimento ( cf 2 , 2 1 -2 2 . 3 9 ) di questo doppio futuro annunciato dall 'angelo Gabriele, mandatario di Dio . >

Questo versetto è stato a modo suo la croce degli esegeti . Il libro J ésus au tempie ( 1 966 ) ha risolto la discussione esegetica sulla traduzione di Le 2, 49 : - « Delle cose del Pad re mio >> era stato adottato nel seco­ lo XVI sia dai protestanti che dai cattolici.

Ma questa traduzione era sconosciuta fino ad · allora, fatta u n 'eccezione tra i Padri 23 • L 'analisi lessicografica e grammaticale , secondo centinaia di esempi tratti dal greco biblico, popolare (greco della koine parlato al tempo di Cristo ) e classico , prova che bisogna tradurre : Io devo essere ( o bisogna che io sia ) nella casa del Padre mio . Tale constatazione è stata comunemente adottata dopo di al­ lora . La Bible de Jérusalem ( ed . 1 956 , p. 1 3 56 ) ha revisionato la sua traduzione in questo senso ( ed . 1 97 3 , p. 1 48 5 ) . �

23 QuonnEUSVULT, Sermo de symbolo, n . ·5 , P L 40, 644, citato nel dossier finale di R. LAURENTIN, ]ésus au temple, 1966, pp. 2 1 S.2 1 9.

1 17

Critica letteraria

Quel che i genitori « non compresero » . ( 2 , 50 ) Resta un secondo problema , quello che interessa la dinamica di Luca 1 -2 : Che cosa i genitori di Gesù non compresero? Forse il fatto che Gesù si dice « Figlio di Dio » ? No, perché Maria, che pone la domanda , ne aveva ricevuto la rivelazione esplicita secondo Le l , 3 2 . 3 5 . Sarebbe insensato supporre una contraddizione di queste dimensioni in un autore tanto coe.rente come Luca . lnu t ile è soffermarsi sulla scappatoia ingegnosamente proposta da J. Olivieri , R. Thibaut , J. M. Bover : Gesù aveva avvertito i genitori che sarebbe rimasto a Gerusalemme , ma essi non avevano compreso . Bisognerebbe interpretare Le 2 , 50 con questa sfuma­ tura di un piuccheperfetto , che riduce l 'incomprensione dei geni­ to ri a un semplice m alinteso : - Perché mi cercavate? Non sapevate ( come v 'avevo detto al momento della partenza ) che bisognava ch 'io rimanessi nella casa del Padre mio ? Ma essi NON AVEVANO compreso le parole ch'egli aveva loro detto ( allora ) 24• A parte il fatto che questa sfumatura al piuccheperfetto è trop­ po sottile e problematica , tale interpretazione è esclusa da 2, 43, dove è detto esplicitamente che Gesù è rimasto a Gerusalemme A L L ' I N S A PUTA DEI S U OI GENITO R I

( kai ouk egnosan ) .

Né si tratta d i dare una risposta psicologica . I l genere lettera­ rio stilizzato dei vangeli non lo permette ordinariamente. Esso illustra alcuni tratti oggettivi e significativi , non il cammino dei sentimenti , come farebbe un romanziere . Lo psicologo è qu indi condannato a evadere in misura più o meno grande dall'oggetti­ vità del testo . I l racconto propone un enigma , che i genitori non hanno com­ preso sul momento , e fornisce i dati della soluzione solo a lungo termine per la medi t azione del lettore e della stessa Maria ( 2 , 5 1 ). L 'evidenza prima e superficiale è che i genitori di Gesù non compresero perché egli « ha fatto loro questo » . Essi non avreb­ bero dovuto cercarlo, risponde Gesù. Avrebbero dovuto com­ prendere eh' egli deve essere « nella casa del Padre suo ». Su que24

Quest'interpretazione, proposta oralmente da Dom L. Olivieri, fu pubbli­

cata da R. THIBAUT, Le sens des paroles du Christ, DDB, Paris 1 940, e fu ripresa da j . M. BovER, Una nueva interpretaci6n de Le 2, 50; in Est. Bibl. 10 ( 1 95 1 ) 205-2 1 5 .

Luca l -2

.1 1 8

sto piano la risposta è semplice. Se il racconto si arrestasse qui , l o potremmo spiegare dicendo : Gesù conferma qui i l messaggio ·d ell 'annunciazione : egli è Figlio dell'Altissimo ( l , 32 ) , « Figlio di Dio » ( l , 35 ). Giuseppe non è biologicamente suo padre. Gesù richiama il mistero della sua origine ( l , 28-3 7 ) e prende le di­ .stanze . Alcuni autori si fermano qui, attenti a sottolineare l a perfor­ mance di Gesù a 1 2 anni, l 'età della bar-mitzvà 25• Gesù manifesta ( sotto apparenze negative : disobbedienza, separazione dolorosa J>er i suoi geni tori ) la propria intelligenza ( 2 , 46 ), la propria qua­ lità di futuro « maestro » , la coscienza della propria figliazione divina e della propria missione. Ma tale figliazione divina Maria l 'aveva compresa fin dall'in i­ zio, secondo Le l , 3 2-3 8 . Allora, che cosa ella non ha compreso ? Il racconto tradisce tre capi d'incomprensione correlativi : a.

Il quiproquo sul Padre

I l primo è inscritto nei termini stessi di 2 , 47-48 . Nella sua domanda Maria menziona il padre di Gesù . Si tratta di Giuseppe, il padre adottivo e terreno , che è là con lei : - Tuo PADRE ed io ti cercavamo . Gesù risponde riprendendo questo termine e riferendolo a un altro padre : - Non sapevate ch'io debbo essere nella casa del Padre MIO ? Questa trasposizione dello stesso termine, con lo stesso agget­ tivo possessivo, da parte dello stesso Figlio crea un quiproquo veramente sconcertante. La familiarità col testo lo attutisce per noi . Ma affinché Maria comprendesse ( e affinché il lettore non prevenuto vi si raccapezzasse ), il racconto avrebbe dovuto spie­ gare pesantemente : Giuseppe è solo il mio padre terreno. lo devo obbedire al mio Padre celeste. Questo tempio è la sua casa, là io devo essere e non nella casa paterna di Nazaret.

25 L'età in cui un giovane ebreo diventava figlio della legge. Ma questo senso, caro a R. ARoN , Les années obscures de ]ésus, Paris 1960 e sostenuto da nume­ rosi esegeti ( vedi Bibliografia), è contestato da H . J . DEJONGE, Sonship ( Lk 2, 41-5 1 ) , in New Test. St. 24 ( 1 977 ) 3 1 7-354 ; l'età della bar-mitzvà non è quella di 1 2 anni, bensì di 13 o 14. La cosa ha poca importanza, perché la bar-mitzv?t non esisteva formalmente sotto questo nome al tempo di Cristo, e Luca non attualizza niente in questo senso.

C1 ìtica letteraria

1 19

Se gli esegeti hanno spesso el uso questo quiproquo pu r tanto evidente, l 'hanno fatto perché i giochi di parole hanno cattiva fama . « Il bisticcio di parole è lo sterco dell 'ingegno che vola » , scrive Victor Hugo ( l miserabili, l , 3 , i ) . Tu ttavia il vangelo è pieno di tali trasposizioni di parole , tra­ sposizioni che non sono affatto dei « giochi di parole » e tanto meno dei bisticci di parole . Esse hanno la funzione specifica di elevare simbolicamente dal materiaie allo spirituale, dal segno visibile alla realtà invisibile e profonda , cosa che non avviene senza paradossi o quiproquo . A volte Gesù parte dalla vita quotidiana . Gli apostoli sono preoccupati del pane che manca per la refezione ( M t 1 6 , 6 . 1 1 . 1 2 ). Egli l i in terpella dicendo : - Diffidate del lievito dei farisei . Sce gli e questo termine , inscritto nel vivo della loro fame , co­

me

punto di partenza per un insegna me n t o sulle deviazioni , che minacciano gli intellettuali e i dottori di ieri come di oggi . Ai fig l i di Zebedeo, che reclamano i primi due posti nel suo regno , a destra e a sinistra , domanda : - Po tete bere la coppa ? Essi rispondono con un quiproquo : - Lo possiamo. Perché pensano alla coppa regale d 'una festa d 'intronizzazio­ ne , mentre Gesù parla del calice della sua passione ( Mc l O , 3 5-40 ; M t 2 0 , 20-23 ) . Il procedimento è particolarmente frequente nel quarto van· gelo . In Gv 2, 19 ( scena del tempio, affine a Le 2, 40- 5 2 ) Gesù dice : - Distruggete questo tempio . . . M a parla del suo corpo , che sarà distrutto dalla passione ( 2 , 2 1 ). La trasposizione d i senso è analoga a quella d i Le 2 , 4 8 . 50 , benché secondo modalità diverse . E g l i udi tori « comprendono » solo dopo la risurrezione. (d Le 2 , 5 0 ). Vi sono tre trasposizioni analoghe nel dialogo di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe : - L 'acqua viva ch 'egli propone ( 4 , 1 0- 1 3 ) non è l 'acqua del pozzo ( 4 , 1 2 ), ma lo Spirito Santo ( 4 , 1 4 e 7 , 3 8- 3 9 ). - I l cibo in suo possesso ( 4, 3 2 ) non è i l cibo materiale che i discepoli son andati a comprare in città ( 4 , 8 ) , né quello portato

1 20

Luca 1 -2

seco da altri ( 4 , 33 ) : « Mio cibo è fare-la-volontà-del-Padre-mio ».

( 4 , 34 ).

- I l quiproquo si prolunga sul medesimo terreno alimentare in 4 , 3 5-37 . Gesù invita i discepoli a rimirare i campi, che sono bianchi per la mietitura ( 4, 35 ), ma parla della mietitura spiri­ tuale del regno .

Lo stesso paradosso ritorna come un malinteso lungo tutto il discorso del pane di vita. Dopo la moltiplicazione dei pani Gesù parl a alle folle di un altro pane, che è lui stesso . Egli è il « pane disceso dal cielo » ( 6 , 4 1 . 5 1 . 58 ). Le folle rifiutano quella che pare loro una doppia assurd ità . Gesù non è disceso dal cielo ! È figlio di Giuseppe ( 6 , 4 2 ). Né è possibile « mangiare la sua carne » ( 6, 52 ecc. ). Tale malinteso è l a molla d i tutto il dialogo. Ed è la molla costante pure delle parabole , il cui insegnamento spirituale fa a pugni con la verosimiglianza : il padrone della casa loda il fattore che lo deruba ( Le 1 6 , 8 ) . R ientrando di notte , s i cinge i l grembiule e serve i domestici che vegliano per servirlo ( Le 1 2 , 3 7 ) . Dà ai mieti tori dell'ultima ora la stessa somma di quelli della prima ora e li paga per primi ecc . Questo procedimento sconcertante interviene specialmente quando Gesù parla della sua famiglia. Lo avvisano che « sua ma­ dre e i suoi fratelli >> lo cercano . Egli si meraviglia, getta u no sguardo sui discepoli sedu ti attorno a lui e dice : Chi fa la volontà del Padre mio, questi è mio fratello e mia sorella mia madre ( Mt 12, 50 ; cf Le 8, 1 9 ).

e

Egli traspone i titoli familiari ai discepoli . . . Su questa medesima linea diventano comprensibili le sue paro­ le antifamiliari : Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, non può essere mio discepolo ( Le 14, 26 ) . Sono venuto a mettere l'uomo contro suo padre e la figlia contro sua madre (Mt 10, 35 ). Non sono venuto a portare la pace ma la spada ( Mt 10, 34 ; d Le 12, 5 1 ).

Questa spada fa pensare alla spada di Simeone : il dolore ma­ terno di Maria a motivo di Gesù (Le 2, 3 5 ).

12 1

Critica letteraria

Questi temi chiariscono l 'episodio familiare del ritrovamento, che manifesta ad un tempo questa rottura ( 2 , 43-50 ) e il dovere complementare : « Onora tuo padre e tua madre » ( Le 1 8 , 20 e 2 , 5 1 ). . I I modo con cui Gesù rinvia dal padre terreno al Padre celeste è solo il primo dei quiproquo del vangelo con la medesima fun­ zione : prova e pedagogia . Esso è la ragione più immediata del� l 'incomprensione dei genitori . Ma altre due ragioni sono inscrit· te nel testo in profondità , in altre direzioni .

b. ll qui proquo topo grafico Il secondo capo d'incomprensione è la ripercussione del primo sul piano topografico . Il quiproquo non riguarda soltanto il padre, bensì anche il luogo . Gesù giustifica il suo atto di insubordina­ zione dicendo : « Devo essere NE LLA CASA DEL Padre mio >> . Trattandosi del suo Padre celeste , è quindi nel tempio ch'egli deve dimorare e non nella casa di Nazaret . Gesù rimarrà nel tempio come Samuele in l Sam 2 , verrebbe da pensare , o come Maria, introdotta nel Santo dei Santi per esservi allevata dalle mani degli angeli , secondo i racconti fantastici del Protovangelo di Giacomo ( metà del secolo I I ) . M a contrariamente a quanto h a lasciato capire, Gesù ritorna a Nazaret ( 2 , 5 1 ). Tale ritorno, apparentemente contraddittorio, rivela che il suo gesto momentaneo non ha una portata immedia­ ta, ma pro/etica. La sua parola riguarda l 'avvenire . Ci voleva del tempo per capirne il senso. Non stupiamoci di questa contraddizione . La ritroviamo nel dialogo di Gesù coi suoi fratelli ( i cugini del clan di Nazaret) in Gv 7 . Essi ammirano le sue opere ( 7 , 2 ), ma non credono in lui {7, 5 ) e lo invitano a salire a Gerusalemme per manifestarsi al mondo ( 7 , 3-4 ) . Gesù risponde con chiarezza : Salite voi alla festa ,

10 NON S ALGO

a questa festa ( . . . )

Ma quando i suoi fratelli furono partiti per la festa, anche lui si mise in cammi no senza farsi vedere e quasi in segreto (7, 8·10).

Il suo atto ( egli sale ) contraddice le sue parole : « lo non sal­ è solo apparente .

.go ». La contraddizione sembra radicale, eppure

.( 22

Luca 1 -2

Gesù non sale come glielo chiedevano i fratelli, per far > . 17, 25 : « Il Fi gl io deU 'uomo DEVE patire molto ed essere rifiutato da questa generazione ». 22, 37 : « DEVE compiersi in me ciò che è scritto : " � stato messo nel numero dei malfattori " » . 24, 7 : « � NECESS ARIO ( ... ) che il Figlio dell'uomo sia consegnato nelle mani dei peccatori, che sia croci fis so e risusciti il terzo giorno ». 24, 26 : « Non DOVEVA il Cristo patire tutto questo per entrare nella sua gloria? >) . 24, 44 : « BI SOGNA che si adempia tutto ciò che di me sta scritto neJ la legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi ( ... ); così sta scritto : Il Cristo soffrirà e risusci terà dai morti il terzo giorno " >) . In breve, l'espressione « è necessario )) significa, sulla bocca di Cristo, la sua passione messa in relazione con la Scrittura, che l'annunciava. ••

4 . Gesù scompare per « TRE

GIORNI »

( 2 , 46 ), che prefigurano

i tre giorni della sua morte. Questa formula ha un valore simbo­ 7

lico nel vangelo 2 • II dolore della passione è indicato dalla spada profetica di Si­ , meone ( 2, 3 5 ) e dalla sua prima realizzazione neli angoscia espres-

26 IL « DEI � , « � NECESSARIO » , è più frequente in Luca ( 1 8 volte ) che in Matteo (8 volte ), Marco ( 6 volte) e Giovanni ( 10 volte ). E più frequente an­ cora è negli Atti ( 24 volte ). Esso ha degli antecedenti apocalittici ( Dn 2, 28-29 secondo i LXX ) ed è i n buona posizione nell 'Apocalisse ( 8 volte ). Generalmente indica ciò che deve ac­ cadere secondo il disegno di D io destinatore. La frequenza dei passi, in cui è rife r it o alla passione e alla morte, i n connessione coi 3 giorni e il ritorno .al Padre mediante la risurrezione, costituisce un indizio significativo della prospet­ tiva del ritrovamento. 27 IL TERZO GIORNO caratterizza la passione in Le 9, 22 ; 1 2, 38; 13, 32 ( testo di grande potenza simbolica ); 18, 33 ; 24, 7 .21 -22 .46 ; A t 10, 40. L'espres­ sione è infatti adoperata in questo medesimo senso ( del triduum mortis ) in M t 12, 40 ; 16, 21 ; 1 7 , 23 ; 20, 19; 26, 61 ; 27, 40.63 .64 ; Mc 8, 31 ; 9, 3 1 ; 10, 34; 14, 58 ; 1 5 , 29 e Gv 2, 1 9-20, i cu i temi e la cui teologia convergono tanto pro­ fondamente con quelli di Le 2, 41-49 . La locuzione è attestata pure in Paolo ( l Cor 15, 4) quale oggetto d'una tradi­ zione cristiana fondamentale. A. SERR A , Sapienza, 1 982, pp. 272-276, esamina in maniera penetrante come il terzo giorno sia considerato come « annunciato dai profeti )) in riferimento a Es 19, 1 6 ( l 'alleanza ), Os 6, 2 ( i due giorni di sofferenza del popolo e la ri su rre­ zione del terzo giorno ) e alle rielaborazioni targumiche di questi versetti. Luca fa risalire a Gesù stesso l'affermazione, secondo la quale la risurrezione del terzo giorno era insegnata nella Scrittura ( Le 18, 3 1 -33 ; 24, 7.46).

Luca 1 - ?

1 24

sa da Maria in 2 , 48 ( mediante l'uso del termine parossistico odynemenoi ).

5 . · Alla ricerca dei geni tori corrisponde quella delle pie donne presso la tomba, seguita dal medesimo rimprovero : - PERCHÉ MI CERCAVATE? - risponde Gesù a Maria in Le 2, 49. - PERCHÉ CERCATE il vivente tra i morri ? - risponde l'angelo alle pie donne in Le 24, 5.

6 . Le prime parole di Gesù fanciullo e le ultime da lui pronun­ ciate prima di morire esprimono lo stesso disegno : il ritorno al Padre : - Devo essere nella casa del PADRE mio ( 2 , 49 ). - PADRE, nelle tue mani rimetto il mio spirito ( Le 2.3, 46 ).

7 . Queste allusioni alla passione erano cominciate con i rac­ conti della natività , secondo l'analisi dettagliata di Serra 28, ed erano diventate esplicite con la profezia della spada ( 2 , 34-3 5 ) , . come abbiamo visto . ·

8 . L'annuncio della passione, come l'annuncio profetico di Gesù fanciullo, suscita l'incomprensione . Ritroviamo l'« essi non compresero » di Le 2, 50 dopo il secondo annuncio della pas­ sione : - Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini . Ma essi non compresero queste parole; esse rimasero loro velate, affinché: non ne cogliessero iJ senso ( 9, 44-45 ).

Similmente dopo il terzo annuncio : - A Gerusalemme . si compirà tutto quello che i profeti hanno scri tto circa il Figlio dell 'uomo. Infatti egli sarà consegnato ai pagani, sarà insul-· tato, coperto di offese e di sputi ; dopo averlo flagellato lo uccideranno, e il terzo giorno risusciterà. Ma essi non capirono nulla. Queste parole rimasero loro velate, ed essi non sapevano di che cosa intendesse parlare (Le 1 8 , 34 ; cf 24-25 e Mc 10, 38, parallelo a Mt 20, 22.24). .

.

28 Gesù è deposto, disteso, legato nella mangiatoia alla nascita, così come lo sarà nella tomba. I termini adoperati sono in parte gli stessi : A. SERRA , Motivi pasquali in Luca 2, 8-20, Sapienza, 1 982, pp. 1 95-2 1 8, analizza le somiglianze dei termini, delle strutture e della teologia = parole e segni ecc.

Critica letteraria

1 25

Questo parallelismo ci dice che l'incomprensione non va presa in senso negativo in Luca . Essa non sottolinea la colpa di coloro che non comprendono , ma la difficoltà del comprendere, u n av· vertimento questo indirizzato ai lettori . L'evangelista precisa a volte esplicitamente che gli apostoli non comprendono ancora ( Mt 1 5 , 1 6- 1 7 ; 1 6 , 1 1 - 1 2 ), mentre Giovanni ( 2 , 22 ) dice positi­ vamente che i discepoli .han compreso più tardi la predizione ve­ lata della passione fatta da Gesù sotto il simbolo del tempio ( esattamente come in Le 2, 49 ): « Si trattava del tempio del suo corpo » ( Gv 2 , 20-22 ). Per quanto rigu arda Maria, la comprensione a lungo termine è indicata dal ritornello del ricordo, che segue immediatamente 2 , 50 : « E sua Madre conservava tutte queste parole-eventi ( rhe­ mata ) in cuor suo » ( 2 , 5 1 ) 29• Tale ritornello positivo (eco di 2 , 1 9 ) significa che la medita­ zione di Maria in cerca di intelligenza è continuata fino alla com­ prensione matura, che propone il vangelo di Luca. Inoltre è un invi to al lettore , affinché comprenda anche lui un mistero difficile e per lungo tempo velato . Le due venute di Gesù al tempio, che concludono il vangelo dell'infanzia, adempiono contemporaneamente le profezie escato­ logiche di Ml 3 e Dn 9 , 24, gli oracoli di Gabriele (Le l , 32-3 5 ) e l a tipologia della legge. Anzi, esse non sono solo un epilogo, m a prefigurano l 'avvenire di Cristo : i l suo ministero, delineato dalla scena del tempio in cui Gesù appare già come un maestro e, so­ pra t t u tto, delineato dalla profezia ( 2 , 34-3 5 ) e dalla tipologia ( 2 , 40-49 ) della sua morte e del suo ritorno a l Padre. L a dinamica di Luca 1 -2 non dipende soltanto dalla vivacità dello stile del rac­ conto e dei temi che noi abbiamo analizzato all'inizio, ma ha una profonda portata teologica. Si sarà nota to eh ' essa non termina con l'apoteosi discreta del tempio e che Gesù ridiscende paradossalmente a Nazaret, per con­ durvi una vita d'obbedienza ( 2 , 5 1 ), una vita nascosta da cui uscirà solo a trent 'anni ( 3 , 23 ).

29 La meditazione di Maria h a l a stessa portata della meditazione degli apo­ stoli dopo la trasfigurazione : « Ed essi custodivano queste parole, domandandosi che cosa volesse dire risuscitato dai .morti � (A. Serra, p. 263 ).

1 26

Luca 1-'2

Conclusione

. La dinamica di Luca 1 -2 , manifestata in superficie da molteplici �ndizi letterari - futuri oracolari e profetici , aoristi significan ti i l fu turo come già realizzato nel lirismo dei cantici , viaggi orientati a Gerusalemme , fretta, gioia, azione di grazie - , è in profondità lo slancio messianico e escatologico di questi due capitoli . Quan­ to vi si persegue è quindi il compimento della legge e dei profeti ( cf 2, 22-3 8 : tipologico per la legge , pieno per l 'attualizzazione imprevista per i profeti ) . Questo passaggio al regime nuovo , ca­ ratterizzato dalla venuta d 'un Messia identificato con Dio , dà luogo a una serie di trasposizioni , che rinnovano il senso letterale dei testi dell 'Antico Testamento : - La purificazione di Maria ( 2 , 22 ), che non h a bisogno di essere purificata, è trasposta a Gerusa­ lemme. - I l riscatto di Gesù , che non ha bisogno di essere riscattato, è similmente trasposto a Gerusalemme. - I l sacrificio della purificazione diventa il sacrificio di consa­ crazione per la trasposizione da Lv 1 2 a N m 6, l O . Aila realizzazione di tipi e profezie antiche si aggiungono nuo­ ve predizioni , che ci proiettano , al di là dell'infanzia, verso il fu turo di Cristo e della sal vezza , ivi compresa la sua pa ssione ( 2 , 3 5 .4 1 -49 ) e il suo ritorno al Padre ( 2 , 49 ). Tale dinamica è pertanto una teologia della storia , il cui adempimento è dato con Cristo S ignore . A parti re dal la sua origine , dalla sua infanzia na­ scosta , quanto la Scrittura annunciava trova il suo senso e la sua real tà . Ma non si tratta di un compimento statico . L 'i nfanzia di Gesù , in cu i è data la realtà attesa , prefigur� e avvia l 'ul timo divenire del la sa lvezza .

12 7

C1·itica letteraria

F. GENERE LETTERARIO

L'identificazione del genere letterario è uno dei compttl più importanti della critica, perché essa permette di valutare il testo : il suo tenore, la sua portata, la sua storicità. Tale identificazione è stata fallimentare in Luca 1 -2. Status quaestionis

La Formgeschichte ( Storia delle forme ), inaugurata da Dibe­ lius ( 1 9 1 9 ) e Bultmann ( 1 922 ) , ha particolarmente trascurato Luca 1-2 e Mt 1 -2 . Questo metodo sistematico, fondato sulla divisione delle pericopi della vita pubblica, è inciampato nei rac­ conti dell'infanzia così diversi dal resto del vangelo. In essi non vi troviamo né miracoli, né parabole, né discorsi. Si trattava di un corpo estraneo per questo metodo sistematico. Dopo H . Gressmann ( 1 9 1 4 ) 1 , anche Dibelius e Bultmann eti­ chettarono frettolosamente Luca 1-2 e Matteo 1-2 con la cate­ goria di « leggenda » , che R. Bultmann definisce così : « Gli ele · menti della tradizione, che non sono racconti di miracoli nel senso proprio del termine, e che non sono storici, ma religiosi e edificanti » ( Die Geschichte der Synoptischen Tradition, Gottin. gen 3 1 957 , p. 260 ). . Vediamo affiorare qui uno dei presupposti, che hanno più pe­ santemente falsato le imprese dell 'esegesi scientifica nascente : il postulato secondo cui il « religioso » , l 'edificazione, la fede sono irreali e vanno spiegati collocandoli n eli' ordine della fantasia e della finzione. Quanto è vero nel caso di mistici patologici e tra­ viati è stato applicato a Cristo, la cui incarnazione ha rinnovato il « religioso » nel senso della fede e ricondotto le sovrastrutture all'ordine del vissuto. Viceversa P. Gachter, difensore della storicità, ha intrepida­ mente spiegato Luca 1 -2 come la risultante di molteplici tradi­ zioni raccolte successivamente da Maria, Elisabetta, da un sacer­ dote del clan di Ahi a e da altri, tradizioni che sarebbero sfociate 1 H. GRES SMANN, Das Weihnachts Evangelium , 1914, p. 19 pensa che la leggen da di Luca ricami sul tema d'un bambino regale abbandonato e ritrovato da pastori . R. Bultmann ha criticato questa ricostruzione (Die Geschichte . . . , ed . 1 957, p. 324 ; tr. fr. L'histoire de la tradition synoptique, Seuil, Paris 1973 ).

Luca 1 -2

128

in questa specie di cronaca 2 • Se l'orientamento è giusto, la costru­ zione è fittizia. Si è cercato di situare questi racconti mettendoli in rapporto con le forme conosciute : essi trovano i loro modelli nelle forme bibliche, senza relazioni dirette con le letterature non bibliche, ha mostrato Mufioz Iglesias Si tratta di una storia « popolare » , secondo Cerfaux 4 ; di « racconti d'infanzia » , secondo A . G . W right e altri 5 • Ma queste formule vaghe non precisano di per se stesse se si tratta di racconti storici { come l 'infanzia di Paolo in A t 22, 3 .28 ) o mitologici {come l'infanzia di Ercole ), o filosofici (come l 'infan­ zia di Demostene e Alessandro nelle Vite parallele di Plutarco ). 3•

,

Significa rimanere parimeìui nel vago , parlare di midrash 6• Questo termine, spesso malcompreso , indica un modo di esegesi più che un genere letterario definito. Se qualche volta lo si è con­ siderato un genere letterario, Io si è fatto definendolo in base a forme tardive e decadenti. Ciò è male, perché restringe e travisa in maniera caricaturale un procedimento costante della riflessione biblica e cristiana : l'attualizzazione di eventi da parte della Scrit­ tura e viceversa, come abbiamo visto { p . 65 ) con R. Le Déaut . C . Perrot fa una precisazione importante, sottolineando che l a venuta di Cristo h a capovolto il midrash , che non v a più dalle Scritture agli eventi, ma da Cristo alle Scritture, perché egli ne è radempimento inatteso e ne rivela il senso virtuale, nuovo e nascosto 7 : quello delle parole come quello delle realtà simboliche (tipologia ). Cristo è la roccia del deserto ( l Cor 1 0, 4 ), la manna, pane di vita (Gv 6 ), l 'agnello pasquale (Gv 1 9 , 3 6 ), il tempio ( 2 , 2 6 ) e la pietra angolare ( l Pt 2, 4 ) ecc. Così Maria diventa l'arca dell'alleanza (Le l , 35 e Es 40, 3 5 ; Le l , 3 9-56 e 2 Sam 6 ) e l a Figlia di Sion escatologica ( l , 28-32 e Sof 3 ) e Gesù i l Si­ gnore, il Santo che viene nel suo tempio. ,

P. Gi\CHTER, Maria, 1 954, sopra p. 44 . S. MuNoz IGLESIAS, Lo.r evangelios de la in/ancia y las infancias de los héroe.r, in Estudio.r biblico.r 16 ( 1 957 ) 5-36. 4 L. CERFAUX, Luc, in DBS 5, pp. 590-59 1 . 5 A . G . WRIGHT, The Litterary Genre Midra.rh, in Catholic Biblica/ Quarterly 28 ( 1 966 ) 456. 6 L. LEGRAND, L1Annonce, 198 1 , p. 20. 7 Su questo dibattito cf sopra, p. 66. 2 .3

·

129

Critica letteraria

I presupposti del razionalismo storico, scaturito da Hegel, han definito il genere letterario dei vangeli dell'infanzia come theolo­ goumenon , espressione in forma di racconti fittizi deli'idea che ci si faceva di Cristo . Questo schema è stato applicato soprattutto alla concezione verginale, esclusa a priori da questi presupposti filosofici 8 • Su questa linea F. Kattenbusch 9 ha considerato i van­ geli dell'infanzia come un'haggada cristiana : una messa in scena della dottrina paolina io forma di racconti d'infanzia. Ciò significa misconoscere l'omogene1tà storica dell'infanzia con il resto (for­ malmente sottolineata in Le l , 1 -4 ) e la maniera stessa, in cui la prima generazione cristiana ha preso coscienza del mistero del­ l'incarnazione non mediante un'ideologia, come gli gnostici , ma mediante un riferimento essenzialmente realista a Cristo in seno alla comunità . Non bisogna confondere la tensione viva tra la Scrittura e gli eventi con una costruzione ideologica , che avrebbe fabbricato gli eventi a partire dalla Scrittura. Vedremo perché i vangeli dell'infanzia escludono questa ipotesi nel capitolo sulla storicità ( Parte terza , pp. 4 1 1 e segg. ). L. Legrand ha messo in luce il carattere apocalittico di Luca l 10• E questa osservazione è giusta . Non penso però eh' egli voglia indicare con questo un gener� letterario propriamente detto, per­ ché l 'apocalisse ( rivelazione del mistero ) è un modo di espressio­ ne polivalente, e Legrand mostra bene come Luca spogli il genere apocalittico classico di ogni elemento eclatante (cosmico o di altro genere ), che poteva sembrare quello essenziale, e crei una nuova apocalittica caratterizzata dalla discrezione. 8 THEOLOGOUMENON : idea teologica espressa in forma di racconto. L'o­ rigine filosofica e la genesi di questa nozione, di cui si è sistematicamente abusato, sono state studiate in maniera eccellente da J. DE FREITAS FERREIRA, Conceiçao­ de ]esus, Gregoriana, Roma 1980. 9 F. KATTENBUSCH, Die Geburtsgeschichte ]esu als Haggada der Urchristo­ logie, in Theol. St. Kr. 102 ( 1930) 454-474. L. Legrand ha messo in luce le notevoli analogie di vocabolario tra Rm 1, 3-4 e Le l , 32-35. Ma si rende ben conto deHa complessità del problema, visto che non fa di questi versetti di Luca un theologoumenon d i Rm l , 3-4 (Legrand, pp. 181 -193 ). IO L. LEGRAND, L'Annonce, 1 98 1 , pp. 1 17- 142 : si tratta di u n'apocalisse « descatologizzata . . . dedrammatizzata . . » , perché in Luca « l'apocalisse s'interio­ rizza •> (pp. 1 38- 140). « Questa rivelazione del Figlio di Dio è un'apocalisse ... , l'adempimento definitivo delle promesse, l'opera finale dello Spirito, l'atto esca­ rologico di Dio ... , un'apocalisse sfociante nella storia » (ivi, pp. 2 1 4-2 15). ·

.

...

1 30

' Luca 1-.?

Se vogliamo valutare il genere letterario di Luca 1 -2 nel modo debito , dobbiamo andare al di là delle etichette. Secondo il prin­ cipio giustificato della Formgeschichte bisogna partire dal genere letterario di ciascuna delle pericopi per valutare poi l 'insieme. La prima costatazione è che le pericopi di Luca 1 -2 appar­ tengono a generi letterari molto diversi, più che in qualsiasi altra parte del vangelo, il che contribuisce a disorientare. 11

Tre annunci

Il vangelo dell'infanzia comincia con due annunci : l'uno a Zaccaria, l'altro a Maria ( l , 26-38 ), seguiti nel capitolo 2 dal­ l'annuncio ai pastori ( 2 , 8-20 ). Numerosi studi 1 2 han cercato di spiegarli ( soprattutto i primi due), e l'hanno spesso fatto vedendovi la replica d'un modello prefabbricato. Numerosi erano gli annunci di nascite nella Bib­ bia : in Gn 1 6 , 1 1 - 1 2 ( Agar) ; 1 7 , 2 . 1 5-22 ; 1 8 , 9- 1 5 (Abramo) ; Gdc 1 3 , 3-7 ( Sansone ); I s 7 , 14- 1 7 , e nelle tradizioni haggadiche della letteratura ebraica , in primo piano nelle Antichità bibliche '' Solo Le 2, 9- 14 ( la manifestazione luminosa della gloria di Dio ) fa eccezione a questo spogliamento, a questa in teriorizzazione dell'apocalisse. Ma il libro di

Legrand non si occupa di questo episodio. S ULLO STUDIO COMPARATO DEGLI ANNUNCI biblici ed extra­ biblici : J .-P. AuDET, L'annonce à Marie, in Revue biblique 63 ( 1 956 ) 346-374 ; M. ALLARD , L'annonce à Marie, in Nouvelle revue théologique 78 ( 1 956) 730733 ; P. WINTER , The Proto-sources of Luke 1 , in Novum Testamentum I ( 1 956 ) 1 84- 1 99 : sul racconto della nascita di Sansone secondo lo pseudo-Fi lone; S. Mu­ NOZ IGLES I A S , Los evangelios de la in/ancia y las infancias de los héroes, in Estu� dios biblicos 1 6 ( 1 957 ) 5-36, e · Los evangelios de la in/ancia en San Lucas y laS' infancias de los héroes biblicos, ivi 329-382 ; C. PER ROT, Les récits d'enfance dans la Haggada antérieure au Ile siècle de notre ère, in Recherches des Sciences reli­ gieuses 55 ( 1 967 ) 48 1 -5 1 8 ; G . GRAYSTONE, Virgin of alt Virgins, Rome I 969 ; B . J . H u BBA RD, The Matthean Redaction of a Primitive Apostolic Commissioning: an exegesis of Mt 28, 1 6-20, Society of Biblica! Literature, Dissertation Series Mi lloula Scholar' Express 1 974, tenta di definire quello ch'egli chiama « Com­ mission Form »: un genere letterario d'invio in missione { in funzione dell'invio in missione del primo vangelo ) ; R. E. BROWN, Mary, 1 977, pp. 1 56- 1 59, con tavola ricapi tolariva degii annunci , p. 1 56 ; L. LEGRAND, L'annonce à .M arie, Paris 1977, pp. 25 1 -272 : studio molto minuzioso, con varie tavole ricapitola tive ; K. SToCK, Die Berufung Marias, i n Biblica 6 1 ( 1 980 ) 467-491 sostiene che s i tratta del genere letterario di vocazione. S e g l i accostamenti tra i testi analoghi sono suggestivi all'infini to, il bilancio dei risul tati ottenu ti è misero, se non nella misura in cui aiuta a cogliere l 'originalità di Luca 1 -2. È precisamente i n questo senso che ha finito per orien tarsi la ricerca, segnatamente con L. Legrand.

t2

131

Critica letteraria

dello pseudo-Filone ( Ed. Sources chrétiennes, t . 229 : Antiquités bibliques, ben studiate da C. Perrot in Rech. se. rel. 1 967 , pp. 48 1 -5 1 8 ). Al che bisogna aggiungere il Protovangelo di Gia­ como, più trascurato , che moltiplica gli annunci indirizzati ai futuri genitori di Maria : Anna ( 4 , l ) e Gioacchino ( 4 , 2 ) ; poi a Zaccaria ( 8 , 3 ) , Maria ( 1 1 , 1 -3 ) Giuseppe ( 1 4 , 2 ), Salomé ( 20, 3-4 ). Gli studi comparativi hanno spesso tentato di vedervi un modello determinante dell'annuncio a Maria, che non sarebbe l 'espressione di un evento, ma un semplice prodotto letterario. Tali tentativi insistevano unilateralmente sulle somiglianze , ma conducevano qualsiasi spirito oggettivo a cogliere l'originalità dell 'annunciazione. Se le analogie con l'annuncio a Zaccaria sono relativamente sorprendenti , il ritorno delle formule stereotipe non ha valore esplicativo . Non si tratta tanto d'un modello pre­ stabilito, quanto piuttosto d'un quadro molto libero, in cui l e analogie si spiegano i n parte con la natura dell'evento che s i tratta di esprimere . Il confronto dell 'annuncio a Zaccaria con l'annun­ cio a Maria ha mostrato via via che i parallelismi delle formule, molto vistosi , sono limitati e sono essenzialmente la base d 'un contrasto. Nel caso di Maria infatti non si tratta più della nascita d'un profeta, fosse pure il precursore, ma d'un Messia dalle di­ mensioni trascendenti, con modalità nuove e inedite : concezione verginale ccc . Di più ancora , sotto il semplice profilo delle forme letterarie l 'annuncio a Maria non è tanto il racconto d'una nascita, quanto di una vocazione. Mentre le analogie con le nascite d'Ismaele, !sacco o Mosè e dello stesso Sansone rimangono vaghe, sj infitti­ scono con l'annuncio a Gedeone, che sarebbe sotto vari aspetti il miglior modello . Come Gedeone, Maria comincia ricevendo un nome che spiega la scelta di Dio e la sua missione . Gedeone è apostrofato come « prode guerriero » ( Gdc 6 , 1 2 ), e Maria come oggetto per eccellenza del favore divino ( Kecharitomene : Le l , 28 ) In ambedue i casi si tratta di salvare il popolo . Questo ter­ mine, ripetuto in Gdc 6 , 1 4 . 1 5 , definisce il senso stesso del nome prescritto per Gesù, che significa Salvatore ( Le l , 3 1 ; cf l , 47 e 2 , 1 1 ) . In breve, questo secondo annuncio cumula i due caratteri : nascita e vocazione, fatto letterario senza precedenti. Se le differenze da Zaccaria sono macroscopiche, non sono me­ no considerevoli da Gedeone. Questo giudice è lui stesso il ( soterion : 2 , 29 ), la « Gloria » ( 2 , 3 2 ) e la « Redenzione » (lytrosis : 2 , 3 8 ) d'Israele . La novità si sprigiona da tutte le parti e sempre nel medesimo senso. I grandi temi confluiscono attraverso la diver­ sità aneddotica . Il ritrovamento Se la Formgeschichte non si è interessata ai vangeli dell'in­ fanzia 19, estranei alle sue grigl ie , se non per collocarli global­ mente nel genere letterario delle « leggende » - racconti immagi­ nari e mitologici -, s'è invece interessata all'episodio del ritrova­ mento a motivo delle sue analogie con le scene dell a vita pub­ blica . Si tratterebbe di un primo tratto biografico, ma immagi­ nario . R. Bultmann classifica l 'episodio nel genere « leggendario » , nel senso di « racconto edificante » 20 • M . Dibelius 2 1 v i vede un caso tipico di Personallegende destinato a edificare , manifestando la santità dell'eroe : il bambino Gesù, prolungando il suo sog­ giorno nel tempio , supera i genitori in pietà . Pure la sua intelli­ genza ( 2 , 47 ) e la sua sapienza ( 2 , 40 . 52 ) contrasterebbero con l'incomprensione di questi 22 • 19 Eccettuata l'importante opera di M. DIBELIUS, ]ungfrauen und Krippen­ kind, Heidelberg 1 932. 20 R . Bu LTMANN , Die Geschichte der synoptischen Tradition, Got ti nge n 4 1 958, pp. 327-328 . 21 M. DIBELI U S , Die Formgeschichte, Tiib i ngen 3 1 959, pp. 1 03-106. 22 LA DEBOLEZZA DELLA FORMGESCH ICHTE dipendeva dai seguenti presupposti : l " I vangeli non hanno un 'uni tà organica : si sarebbero formati come una specie di nebulosa , mediante la riunione fortuita di piccoli brani let terari elemen­ tari di carattere popolare. 2" La creazione di q ue s t i brani e la loro riunione sono opera del la comunità, de l l a sua fede crea tiva. 3" Tale creazione non procede da u n evento Gesù, ma è un prodotto fun­ ziolliale della co m u n i t à stessa, che ha m_essianizzato e divinizzato Gesù secondo leggi sociologiche legate alle funzioni delle comuni tà. I l vangelo risulterebbe non

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Luca 1-2

Si tratta di una classificazione artificiosa , perché l'episodio non dà alcun rilievo alla pietà di Gesù. Non dice neppure una parola della sua preghiera , e il racconto della sua fuga non ha il carattere d'un buon esempio per i bambini . Si tratta di una scena parados­ sale, che acquista il suo senso nella linea di ciò che la precede come profezia, apocalissi ( manifestazione) e teofania. B . van Iersel, « The Finding of Jesus in the Tempie » , in No­ vum Testamentum 4 ( 1 960 ) 1 6 1 - 1 7 3 , applica meglio gli schemi della Formgeschichte , classificando la pericope nel genere lette­ rario che Dibelius chiama « paradigma » e Bultmann , pp. 1 2 3- 1 42, dove abbiamo studiato in particolare i conta tti con Sir 24. Questo punto è stato rilevato e prolungato da A. SERRA, Sapienza e contemplazione di Maria secondo Luca 2, 1 9.5lb, Marianum, Roma 1982, pp. 18, 248-258. 25

Luca 1 -2

1 44

tratta di una specie di midrash , che attuali�za Samuele in funzione di Cristo. I cantici

cantici , genere letterario praticamente assente dal Nuovo Testamento ( a meno di assimilarvi le preghiere dello stesso Cristo e le briciole paoline di inni cristiani primitivi ), sono conformi al modello ben noto dei salmi e dei cantici biblici , da cui desumono via via molte espressioni usuali , identificate da lunga data da Plummer a R. E. Brown, che aggiunge le analogie qumraniane 27 • Questi reimpieghi manifestano il carattere tradizionale della pre­ ghiera di allora e il suo carattere di anamnesi . I cantici sono orga­ nicamente legati al contesto dei racconti :?!! . I due primi , il Magnifica! e il Benedictus , sono affini ai cantici di azione di grazie , ma possiedono anche un carattere profetico : predicono l'avvenire di Maria ( al fu turo : l , 48 ) e quello di Gio­ vanni Battista ( ugualmente al futuro: l , 76 ), con l'aggiunta di allusioni etimologiche ai nomi dei due bambini , nomi prefìgura­ dvi della loro missione di salvezza e di misericordia I

2

6

29 •

Il MAGNI FICAT risponde a un modello : il cantico di Anna ( l Sa m 2 , 1 - 1 O ) . Esso si colloca in questa tradizione, ma con pro�

fondi rinnovamenti. Bisogna vedervi l 'eco del « linguaggio mar­ ziale di Qumran » ? 30• In ogni caso esso ha una portata storico­ salvifica , che si spinge molto al di là del cantico di Anna. È più fortemente strutturato . L'azione personale di grazie di Maria si estende al popolo tutto quanto, prima di personificarsi di nuovo in Abramo ( l , 55), tipo della fede iniziale, come Maria è il tipo della fede escatologica . L'autrice si presenta non come una donna 26 A. PLUMMER, Gospel According to S. Luke, Ed inburgh 5! 922, p p . 30-3 1 t

38-39.

2 7 R . E. BROWN, The B irt h , pp. 3.58-359, 388-389, che indica al cu n i paralle­ lismi coi manoscritti di Q umran. 2 11 Si è detto abusivamente che i l Magnificai sembrava estraneo al contesto di Luca 1 -2. Noi abbiamo rilevato sopra i contatti, co nferman do l'IJttribu�ione de! Magnificai a Maria ( p. 24 ). L'analisi semiotica di A. Gueuret conferma gli ad­ dentellati del cantico col raccon to e n e indica le chiavi : gli elementi del quadrato semiotico fissati dall'autore. 29 Su queste tracce di allusioni etimologiche cf pi ù avanti, nota fuori testot pp. 23 1 -233. : . . .lO R . E. BROWN , The Birlh, 1 977, p . 378 ; . cf pp . 359 e 388-389.

C ritica letteraria

145

liberata dalla sua sterilità , ma come la Figlia di Sion gratuita­ mente ricolmata da Dio . Se la prima parte del BEN EDICTU S ·( l , 67-7 5 ) esprime u n 'azio­ ne di grazie analoga al Mag nificat , la seconda parte ( l , 7 6-79 ) è un 'azione di grazie profetica per la nasci t a d'un eroe : Giovanni Battista . Zaccaria non vi ha un ruolo tipico e rappresentativo come Maria nel lW.agnificat , ma si eclissa di fronte al noi del po­ polo d ' I sraele , soggetto di questo ringraziamento . Gli altri tre cantici sono brevissimi e contraddistinti ognuno da una forte originalità . Anzitutto l AZ I O N E DI GRAZIE DI ELI S ABETTA : « Così ha fatto '

per me il Signore, nei giorni in cui ha gettato il suo sguardo su di me, per togliere la mia vergogna tra gli uomini » ( l , 25 ).

Queste parole concludono la scena che l e h a precedute. Eli­ sabe tta si nasconde ancora all 'ombra della vergogna , da cui Dio �ta per liberarla .

Il G LORI A , ancora più breve , è d'una rara densi tà . Si tratta d 'un cantico celeste , del cantico degli angeli . La maniera energica con cui riunisce « i cieli » e « la terra », « Dio » glorificato e gli « uomini » oggetto del suo amore ( 2 , 1 4 ), significa u n 'a lleanza nuova e reciproca , ove la lode ascendente degli uomini incontra l 'amore proveniente da Dio. Tale alleanza si concret izza nel Sal­ vatore e Signore ( 2 , I l } . In questo modo il cantico esprime l 'es­ senziale della scena e trascende le analogie formal i , che vi si sono potu te rilevare . La sua brevità non stupisce , perché anche il Salmo 1 1 7 si ridu­ ce a due brevi versetti . La liturgia celeste si prol unga in una li­ turgia terrena singolarmente spoglia : la visita dei pastori somi­ glia alla visitazione di Maria . Ella però portava Cristo , mentre i pastori van verso di lui. E la loro visita non sfocia in un nuovo cantico , ma nella lode e nell 'annuncio della buona novella ( 2 ,

1 8 .20 ) .

Il CANTICO DI SIMEONE è l 'azione d i grazie d i un uomo , che può ormai vedere la morte in faccia ( 2 , 2 6 . 30 ), poiché ha « visto Cristo » ( 2 , 26 ) e « intravisto la gloria » ( 2 , 3 2 ). Ma è anche la

1 46

Luca 1 -2

glorificazione teofanica di questo bambino, che si present�va al tempio con l 'offerta dei poveri . I l luogo di q uesta nuova liturgia ( quella di Simeone ) è il tempio di pietra , luogo della presenza di Dio. Ma è più ancora la nuova presenza di Dio nel Messia Sal­ vatore , che il profeta prende nelle proprie braccia ( 2 , 2 8 ). Men tre i primi due cantici ( ..Magnifica/ e Benedictus ) celebra · vano l 'evento nuovo utilizzando le espressioni arcaiche dei salmi anteriori , questo ricorre alle form ule del Deu teroisaia ( 42ss. ) , che attualizza per esprimere la manifestazione escatologica della glo­ ria divina con le sue conseguenze universaliste ( Le 2, 3 2 ) .

Predizioni . Il M agnificat ( l , 48b ) e i l Benedictus ( l , 7 6-7 8 ) integrano d elle · predizioni . Si m i lmente fa il 11\J unc dimittis nel suo u l t i mo ·v ersetto ( 2 , 3 2 ). Segue una prediziont formale sui lati oscu ri de1 l 'avven ire di Cristo ( 2 , 3 4 - 3 5 ) . A ciò vanno aggiunti gl i ann u nci relativi a Giovanni Battista ( l , 1 4- 1 7 ) e a Gesù ( l . 3 1 - 3 3 . 3 5 ) , il fu tu ro precu rsore e il fu turo Messi a : due o racol i , e la proie­ zione su li ' avven ire implicata nella profezi a di Elisabetta ( l , 424 5 ) , nonché le parole di speranza de1 la profetessa Anna ( 2, 3 8 L Queste predizioni fuori serie, per la maggior parte ca r a t terizzate dai loro fu turi , riguardano 1 'avvenire di Cristo Figlio di Dio , così come l e prime parole profetiche di Cristo al momento del rit ro� vamento : 2, 4 9 .

Conclusioni Le concl usioni di questa analisi sono contrastate, ma fluiscono spon taneamen te :

II vangelo dell 'infanzia secondo Luca 1 -2 è composto da u n mosaico d i generi letterari assai ·diversi : racconti d i annunci , n a ­ sci te , ci rconcisioni , visitazione , presentazione , ritrovamento . bra­ ni l i rici e predi zioni , ritornelli della crescita . l.

2 . E tuttavia esso non è né eterocl ito , né composito . La su '\ dinamica escatologica assicura la confluenza e l 'unità di tutto ciò che esso ricapitola : modelli letterari , testi biblici attualizzati, fat ti della storia della salvezza.

Critica letteraria

147

Quest'unità nella diversità si spiega nel modo migliore, se si t ratta del fru tto d 'una lunga medi tazione , come indicano 2, 1 9 .5 1 ( cf l , 66 ) . Tale meditazione abi tata dal Cristo rinnova i generi l etterari conosci uti . Perciò tale unità è polivalente senza essere Jisparata . La venuta di Cristo Signore è contemporaneamente storia umile e adempimento escatologico , nuova nascita , nuova creazione , nuova alleanza , teofania . Ma ciò è un tutt'uno . Le componenti che l 'analisi discerne sono come i colori d el i ' arcoba­ leno nel la semplicità della luce sol are . L'intensità della medita­ zione ha afferrato u n pluralismo e l 'ha in tegrato dali 'interno . Trattandosi in effetti dell 'origine umana di Gesù , siamo di fronte a racconti d 'infanzia di carattere biografico o, piu t tosto , al confronto di due infanzie , con quella di G iovanni Battista desti­ nata a me ttere in luce quella di Cristo , che è d 'un altro ordine e come Messi a e come Figlio di Dio , termine dell 'attesa esca tolo­ gica e non semplice precu rsore ( l , 1 7 . 7 6 ). La medi tazione , di cui Luca 1 -2 è il frutto , vi ha individuato , selezionato e stilizzato gl i elementi significa tivi . E la densità contemplativa soggiacente era così forte che ha trasfigurato o trasformato ognuno dei generi let­ terari u til izzati per espri mere questo nuovo modo, con cui Dio si renJ� presente tra gli uom i n i . La nuova presenza del Signore , iniziata in Maria nuova arca dell 'alleanza ( 1 , 3 5 - 3 6 ) , contraddistinta da rari segni di gloria ( 2 , 8 ) , è qual ificata da testimoni anze profetiche e da adempi menti esca tologici , prima che il Messia Figlio di Dio si manifesti al mondo con la predicazione del vangelo. Ques t 'infanzia è pertanto trascendente, apocalittica , escatolo­ gica , teofanica . �1a tale trascendenza è senza gloria per colui ch 'è ancora solo un infante ( bre phos ) e un bambinello ( pa id io n : ter­ mine neutro ) come gli al t ri ( come Giovanni Battista in l , 4 1 .44 . 5 9 . 66 . 7 6 . 80 ). Quest 'apocalisse è discreta e senza clamore . Que­ st 'escatologia poco appa riscente si afferma nella sicurezza assol uta dell 'avvenire ( epressa segnatamente dal Magnificai , dove tu tto sembra già compi u to : l , 5 1 - 5 4 .7 8 ; 2, 1 4 . 32 ). Questa teofania non al tera la condizione muta e povera del bambino Gesù . Eppu­ re il vangelo del l 'infanzia qualifica già il suo essere stesso con una forza e una l uce insuperabi1i . In nessun 'altra parte del vangelo i titoli e i testi concernenti J ah ve stesso gli sono applicati con mag­ gior in tensità . Da nessun 'al tra parte questi titoli sono enunciati in

1 48

Luca l -2

maniera così variegata , densa e profonda : titoli trascenden ti , che si accompagnano a termini concreti caratterizzanti la sua umanità ancora silenziosa fino a 2 , 4 9 : Figlio d eli ' Altissimo ( 2 , 32 ), « Figlio di D io » ( l , 35 ) , Santo per eccellenza ( l , 35 e 2, 23 ; cf 4 , 3 4 e Gv 6 , 6 ) , Salvatore ( 2 , 1 1 ) , Signore ( 2 , 1 1 ) , Luce e Gloria ( 2 , 32 ) . Degno di nota è che l 'essere di Cristo sia qualificato con tanta forza, senza che la sua infanzia fiorisca in meraviglie Si tratta degli stessi titoli ripresi dali ' antico Gloria in excelsis Deo per confessare la divinità di Cristo : «

>>

31 •

Tu solo il Santo : Le l , 3 5 ; 2 , 2 3 . Tu solo il Signore : l , 4 1 e 2, 1 1 . Tu solo l'Altissimo : cf l , 3 2 e 2 , 1 4 . Gesù Cristo ( 2 , 1 1 ), con lo Spirito Santo ( l , 35 ) nella Gloria di Dio Padre ( cf Le l , 3 5 ; 2 , 9 . 3 2 .49 ). Questo genere letterario è una tappa tra l'Antico Testamento , di cui il racconto conserva la fattura, intessuto com'è di reimpie­ ghi biblici , e la manifestazione adulta del Messia ( 3-24 ). Questo racconto d 'infanzia prefigura il vangelo fondandosi sul rapporto Giovanni-Gesù , che aprirà anche la manifestazione di Cristo ( Le 3 ) I cantici attestano questa medesima transizione col loro ca­ rattere paleotestamentario, punteggiato di profezie e d'una nuo­ va assicurazione del trionfo di Dio : Magnificat ( l , 5 1 5 3 ecc. ). T ale transizione dali ' Antico al Nuovo Testamento è sensibile nel­ la progressione di Luca 1 -2 : dai primi versetti particolarmente arcaici ( l , 5-25 ) alle prime parole del Figlio di Dio , che esprime in pochi termini essenziali il suo essere e il suo avvenire polariz­ zati dal ritorno al Padre ( 2 , 49 ), così come farà davanti al sinedrio ( 2 2 , 66-70 ). In breve, questo racconto d'infanzia , rispettoso dell'oscurità iniziale e della povertà del Messia , non è una costruzione , ma un 'anamnesi, un discernimento di quel che egli era fin dall'inizio. Egli si fa cogliere attraverso « segni » tenui e sconcertanti ( 2 , 1 2 . 34 ). .

li

S u i t i toli d i Gt:sù i n Luca l -2 c f nota fuori testo,

p. 1 49.

1 49

Critica letteraria

I TITOLI DI GES ù IN LUCA 1 -2 Nomi d'umanità e d'umiltà - Il generato nascerà ) .

( To gennomenon :

l , 3 5 , espressione neu tra : ciò che

- Bimbo ( brephos : 2 , 1 2 . 1 6 ). - Bambin ello ( paidion ,

altro termine neutro: 2, l7 .27 .40 ) . fanciullo, servo 2 , 4 3 ( d l , 54 .69 : Israele e Dav ide ).

-- Pais ,

Titoli messianici - Cristo ( 2, 1 1 . 2 6 ) . - ( Re : . l , 32-33 : - Pace :

sarà

«

egli regnerà ecc . ) . se Le 2, 1 4 echeggia, come sembra, Mie 5, 4 : lui stesso Pace )> .

Titoli divini Si tratta di nomi attribuiti principalmente e specificamente a Dio, anche se alcuni di essi sono estesi per partecipazione ( Santo ) o conoscono un senso minore , come « Salvatore )> e « Signore » .· Tuttavia il contesto di Luca 1 -2 ci orienta in maniera convergente verso il senso forte. - Grande

senza alcu na clausola relati vizzante : sopra , p. 40, nota 5 . che la Bibbi a applica quasi unicamente a Dio e l , 47 : « Dio, mio salvatore », che sembra un 'allusione etimo­ logica a Gesù-Salvatore. - Salvezza ( term ine astratto con valore di superlativo ) sotto due forme : - Sotéria: Le l , 69 , che si riferisce senz'altro a Cristo, erede di Davide, l , 7 1 .7 7 . Cf « Corno di salvezza » in l , 69 ( titolo d ivino). - Soterion : 2 , 29, in cui Simeone identifica Gesù-Salvatore con la Salvezza. - Signore ( l , 41 e 2 , 11 ). - Santo ( l , 3 7 ; 2, 2 3 : termine util izzato nel vangelo come con fessione di fede : Gv 6, 69 ; cf Mc l , 24 ; Le 4, 34 ; At 2, 27 ; 3 , 1 4 ; 1 3 , 3 5 : testi che l a Concordance di Maredsous classifica sotto la rubrica Saint, sostantivo, nome divino ; cf anche l Pt l , 1 5 ; l Gv 2, 2 0 ; A p 3 , 7 e 1 6 , 5 ; cf p. 80 , nota 25 ). - Salvatore ( 2, 1 1 ) ,

- Luce ( 2, 3 2 ) . - Gloria ( 2 , 32 ).

1 50

Luca 1 -2

- Figlio dell'Altissimo ( l , 32 ). - Figlio di Dio ( l , 3 5 ) i n un contesto molto più forte del preceden te ; cf 2, 49 , ove Gesù stesso esprime la propria relazione di Figlio ve�so il Padre ( pi ù avan t i , pp. 209-2 1 1 ) .

Questi t i t oli acquistano i l loro va lore , s e l i colloch iamo nel loro con testo , nella loro d i n amica e nelle loro convergenze . Essi si s i t u a no in un movimento di identificazione di Gesù col Signore, che met te fine a ogni confus ione designandolo come una persona d i s t i n t a : Figlio di Dio. Questo ti tolo assume in Luca 1 -2 un valore n uovo. al d i là delle accezi oni minori che poss i a m o t rovare nel la Bibb i a o a Q u m ra n . ( Nota fuori testo di pp. 209-2 1 1 ) .

Non meravigl iamoci d 'essere subissati dalla ricchezza di que­ sto vangelo. Esso non si lascia ridurre a un quadro , perché fa sal­ tare i quadri p recedenti per esprimere la novità di Cristo in quel eh 'essa ha di più insol ito : il silenzio , la debolezza , la povertà s tes­ sa . La trascendenza appare nel la modestia . Profonda è la tensione t ra real ismo umano e di mensione divina , genialmente manifestata dal l'attual izzazione midrashica delle Scri tture per esprimere il paradosso più radicale dell 'amore di Dio veniente t ra gli uom ini : la sua identificazione coi poveri . Dato che l 'annuncio a Zaccaria è u n preludio del iberatamente paleotestamentario, il pun to di pa rtenza della rivelazione di Cristo è l ' ann unciazione a Mari a , che sviluppa successiv amente le sue conseguenze . L 'essenziale è in­ fatti dato di col po con tale annuncio ( soprattutto l , 3 5 ) . Ecco perché non è possibile i ndicare il genere letterario con un 'etichet­ ta bel l 'e pronta . Tu tto ciò è fru tto d 'una meditazione profonda . condotta i n una comu nità giudeo-cristiana , di cui bisognerà cer­ care di percepire il segreto per concludere questo libro .

III STUDIO SEMIOTICO

A . COS' È LA SEMIOTICA

Dopo questo bilancio dell'esegesi classica ci soffermeremo più a lungo sulla semiotica, perché questo metodo è nuovo e deve dar prova delle proprie capacità. In ogni caso esso offre delle risorse sorprendenti per spingersi più avanti 1 • La semiotica (detta anche semiologia, dal greco seme ion , segno) si propone di studiare come i segni producono ( o inducono) un senso. Essa parte dalla constatazione che il senso dipende dal­ l'organizzazione strutturata dei segni : di qui il nome di struttu­ ralismo, sotto cui questo metodo, nato soltanto durante gli anni '60 , è conosciuto dal pubblico. Proviene dalla linguistica, nella via aperta da Ferdinand de Saussure ( t 1 9 1 3 ), che tentò di spiegare come i suoni elementari ( fonemi ) si organizzano per produrre un linguaggio significativo mediante un gioco strutturato di differenze e contrasti. Le appli­ cazioni si sono moltiplicate in etnologia ( Lévi-Strauss ), antropot BIBLIOGRAFIA RELATIVA ALLA SEMIOTICA. I lavori di base sono quelli di A. J . GREIMAS, Sémantique structurale" Larousse 1966; Du sens, Seuil , Paris 1 970 ; Sémiotique. Dictionnaire de la théorie du langage, in cQllaborazione con ]. Courtès, Hachette , Paris 1 979. Per un'inizia­ zione: Analyse sémiotique des textes. lntroduction, Théorie, pratique, Presses Universitairos, Lyon 1 979 ( ad opera del Groupe d'Entrevernes, che ha pubblicato altri lavori ). Su Luca 1-2 : il fascicolo « Luc 1 -2 » , in Sémiotique de la Bible: Bulletin J'études et d'échanges, pubblicato a Lione dal CADIR (Cen.tre pour l'analyse du discours religieux, 25 rue du Plat, 69002 Lyon, pp. 6-25 ); M . RoSAZ, Les récits de /'enfance de Saint Luc, Paris, Association de La Roche Colombière, 1 28 rue Blommet , 1977 , 75 pp . ciclostilate ; A. GuEURET, Luc 1-2, analyse sémiotique, tesi ciclostilata, Paris , .e.coles pratiques des Hautes Études, 5� section, ottobre 1 980, .373 pp. Pubblicazione ltggermente abbreviata, Cerf, Paris 1982.

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Luca 1 -2

logia , psicanalisi ( Lacan ) , storia , musica , cinema ( C . Metz ) . La semiotica mobilita attualmente i settori più avanzati della ricerca esegetica . L'applicazione della semiotica , strutturata non più alla lingui­ stica , ma all 'analisi de i testi e del loro senso , è nata nella scia dei morfologisti ru ssi . V . Propp aveva constatato che i racconti popo­ lari articolano un piccolo numero di personaggi- t i po secondo al­ cuni modelli semplici , e li aveva anal izzati nell a sua Morfologia della fiaba ( 1 92 8 ). Il termine morfologia , che tanto prestigio ha dato a questo precursore , non era preso in un senso linguistico, m a botanico , per classificare questi personaggi folcloristici. A. J . Greimas h a ridotto questo inventario a u n modello coerente e strutturato, che si è rivelato operativo. È a questa semiotica , fon­ data su basi organiche e controllabili, che noi ci ri feriamo . Il ter mine e il progetto hanno degl i antecedenti . Essi risalgono agl i stoici , che hanno fondato la teoria logica del sillogismo nel se­ colo I I I a .C . E il quadrato semiotico è attestato in Apuleio ( metà del secolo I I , Opera, Leipzig 1 8 3 2 , 2, 1 6 5 ) . Questo progetto è stato diversa mente continuato nel secolo XVI I da Leibniz, nel XIX da G. Boole ( assioma tica ) e Sanders Pei rce o C . W . Morris , che han ten tato di elaborare una teori a generale del segno per permettere l 'unificazione delle scienze . Ma si t rattava solo di speculazioni filosofiche evanescenti . Il progetto semiotico è paradossalmente riuscito a partire dalla tecnica lin­ gu istica ( Saussure ), allorquando la semiotica , invece di farsi teoria , è divenu ta un procedimento che lavora su indizi material i e ogge ttivi e spiega la genesi del senso a partire da elementi signi­ ficativi di base ( detti sèmes ) , che lo producono . La cosa impor­ tante non sono gli elementi , ma le loro relazioni e correlazioni , la l oro organizzazione . Che significa questo ? Possiamo domandarci come i tratti , che un disegnatore o caricaturista t raccia sull a carta , permettono d i riconoscere u n personaggio, u n paesaggio, una scena . I n breve, si tratta dell 'effetto di contrasti ben ordinati tra spazi neri e bianchi. La loro concatenazione coerente può esser ragionata . Esiste oggi una semiotica della plastica , che progredisce secondo il principio metodico che ha fatto il successo delle scienze moderne : spiegare il complesso con la combinazione di elementi semplici ; il supe­ riore medi ante l'inferiore ; il senso mediante l'organizzazione di segni elementari .

Studio semiotico

1 53

La semiotica strutturale non è quindi altro che l 'appl icazione particolare d' un metodo generale allo studio dei testi . Essa s'è imposta tra le scienze umane studiando i testi non per intuizione , ma mediante l 'esplorazione metodica degli elementi , la cui com­ binazione e successione spiegano il senso. Grazie all'oggettività dei suoi cri teri e alla loro stessa delimitazione , essa offre la possi­ bilità di progredire in maniera controll abile e verificabile, qualità propria d'un metodo scientifico . Lo studio semiotico d 'un testo ( quale noi faremo per L uca 1 -2 ) passa per queste tappe o procedimenti :

l . 11 primo approccio consiste nel discernere le differenze e i contrasti rivelatori del senso su registri diversi : dati gram m aticali , tempi , luoghi e modalità diverse . Tali osservazioni preliminari sono ancora presemiotiche e non sono ordinariamente riportate negli studi pubblica ti. A noi è sembrato utile esporre qui questi approcci prelim inari , come un piano inclinato per accedere a questo metodo difficile e dalle sembianze spesso ermetiche 2• La suddivisione ( detta anche estrazione ) discerne , in base ai cambiamenti di tempo , di luoghi e di agenti ( attori , poli di azio­ ne ) , le sequenze , le su h-sequenze e i segmenti del racconto. 2.

2

Il vocabolario semtouco è coerente, speci fico, ma relativamente ermetico. i neologismi e storna a vol te le parole dal loro senso originario. Ques t i vocabo lari , là dove nascono, rischi ano di costituire la disciplina, che li u t i1izza, in gruppi d i iniziati, che hanno il piacere di comprendersi senza essere -compresi dagl i altri , di appartenere alla cerchia di coloro che sanno, lasciando fuori quelli che non appartengono al serraglio. Il con ten uto è m�,o misterioso di quanto sembri . A titolo d'esempio il programma narrativo è così definito nel dizionario Sémiotique ( ci tato nella nota precedente ) : Sin tagma elemen tare dL..Vla sintassi narrativa d i superficie, costi tuito d a un enunciato di fare reggente u n enunciato. di stato : il soggetto del fare impone :all 'oggetto un i nvestimento semantico sotto forma di valore ( p . 297 ) . N e l caso di u na fiaba ciò può voler semplicemente dire : > , e questa casa è il valore che lo fa diventare proprietario . In altre parole, il programma narrativo è un tessuto di azioni ( fare ), che -cambiano lo stato delle cose o delle persone, donando ( congiu nzione ) o levando loro ( disgiunll!ione) u n avere ( denaro, proprietà, sapere o potere ). Un programma narrat ivo può essere la conquista della regali tà o, al contrario, l'abdicazione ad essa . Ne L'avaro di Mol ière , Arpagone perde i l suo cofanetto ( disgiu nzione ) per poi ri trovarlo (congi u nzione ).

Esso mol tipl ica

1 54

Luca 1 -2

3 . La prima tappa propriamente semiotica è l 'identificazione del programma narrativo, che comanda le trasformazioni coerenti -del racconto. Il programma è realizzato da un soggetto in cerca di oggetto e progredisce per congiunzioni e disgiunzioni . Pren­ diamo, a titolo di esempio, la favola di La Fontaine, Il corvo e la volpe : « Il signor corvo, appollaiato su un albero, teneva nel becco un formaggio » . Il programma del corvo è inscritto fin dalle prime parole. Esso consiste nel mangiare il formaggio, che tiene già « nel becco » (congiunzione ). L'antiprogramma della volpe consiste nel fargli mollare la presa ( disgiunzione ). Essa vi riesce :adulandolo e tira lei stessa la lezione da questo successo . 4. I l programma si realizza nel quadro d'un modello struttu­ rato . Greimas gli ha dato una forma assai efficace e sempl ice, ri­ ducendo i personaggi-tipo dei morfologisti russi a sei categorie, raggruppate in tre binomi : - Soggetto e oggetto : registro del desiderio . - Destinatore-destinatari : registro della comunicazione ( il destina/ore è colui che stabilisce il contratto della performance da realizzare, imponendone il valore. I destinatari sono coloro che ne beneficiano ). - Aiutanti-avversari : registro dell'azione , in cui intervengono coloro che aiutano o ostacolano la performance del soggetto .

Nelle fiabe (che son servite da banco di prova per l'elabora­ zione di questo modello ) il soggetto ( o eroe ) è spesso un principe avvenente, ma può anche essere un piccolo e prode scalpeJlino , che diventerà principe qualificandosi con la realizzazione d'una grande impresa . L'oggetto è non di rado la principessa ch'egli sposerà ( la donna è oggetto nelle fiabe, che non sono affatto fem­ ministe ). I l destinatore è il re e padre, che propone una prova come la vittoria su un dragone devastatore . Bisognerà che il sog­ getto-eroe realizzi l'impresa ( la « prova » : qualificante, principale , glorificante ), programmata dal re-destinatore a beneficio dei de­ stinatari, che sono spesso il suo popolo colpito dalle calamità . L'eroe troverà sulla sua strada aiutanti e avversari, che non sono necessariamente persone . In una fiaba della mia infanzia , « com­ pare ]o » ( un gallo : l'eroe ) è costantemente aiutato non solo da altri animali (comare Volpe e compare Lupo ), ma anche da oggetti

1 55

Studio semiotico

personificati ch'egli s'è portato nel sacco : compare Fiume, che spegnerà il fuoco nel forno ove il mugnaio l 'ha rinchiuso, comare Scala, che lo farà risalire dal pozzo dove il mugnaio l'ha gettato. Il concetto di agente è quindi più largo di quello di attore, che sarebbe necessariamente un personaggio. La fiaba citata è parti­ colarmente semplice : il programma del gallo, recuperare i suoi cinque denari , urta contro l'anti-programma del mugnaio, che è quello di ucciderlo per estinguere il debito. L'eroe e il suo avver­ sario sono essi stessi il destinatore dei loro programmi antagonisti e ne sono nello stesso tempo il destinatario : lo diciamo per mo­ strare la diversità delle combinazioni possibili tra i poli di questa griglia ben fatta. In breve , le sei categorie d'agenti si organizzano secondo lo schema seguente ( aiutanti e avversari sono semplici modalità del soggetto ) : Destinatore - Oggetto - Destinatario

t

Aiutanti - Soggetto - Avversari

La coppia aiutanti-avversari, in questo modello, svolge un ruolo molto accessorio . Greimas s'è accorto che non aveva una funzione essenziale nella circolazione del senso . Attualmente egH vi scorge una esteriorizzazione degli attributi modali del soggetto. Solo a questo titolo quindi ne facciamo qui menzione . 5 . Un 'ultima tappa cerca di mettere in luce le strutture pro­ fonde di significato in forma di quadrato semiotico. Si tratta di cogliere , sotto la superficie cangiante del racconto, la categoria fondamentale che spiega la coerenza , l 'omogeneità ( le isotopie del racconto ) e il gioco dei percorsi narrativi . Nel modello di Grei­ mas questa categoria esplicativa prende la forma del quadrato di Apuleio, definito da quattro elementi correlativi

A e B sono in rapporto di contrarietà ( all'orizzonte superiore del quadrato ), ie diagonali f A A e B f H in rapporto di contraddizione , le due verticali (A 8 e B A ) in rapporto di correlazione.

Luca 1 -2

1 56

Ecco un . esempio proposto da Greimas : verità ! A

segr�to

\

essere

">
è attestata dalle formule, in cui lo Spirito Santo viene su Maria ( l , 35 ), su Simeone ( 2 , 2 5 ) o su Gesù ( 2, 40 : preposizione epi nei tre casi ). La stessa altezza è significata dal prefisso ep in : ep-eiden per Elisabetta : Dio la riguarda dall'alto ( l , 2 5 ) ; - ep-eblepsen per Maria in l, 48 : stesso senso.

Questo codice situa quindi il valore in alto, ma con discrezione senza circoscrivere in alcun modo Dio. L'altezza di Dio non ab­ bassa affatto gli uomini, ma li eleva e va loro incontro, facendosi gioco di tutte le distanze spaziali apparenti . Dio non è legato allo spazio . Egli ha riguardato la « vergogna » di Elisabetta per « to­ glierla » ( l , 25 ), e la bassezza ( umiltà, povertà ) della sua serva Maria per esaltarla nella sua stessa povertà ( l , 48 ). Egli esalta i poveri ( l , 52 ), di cui Maria è il tipo. Tale presenza su è equivalentemente ( isotopicamente ) indicata come presenza in nel caso di Maria, nonché in quello di Giovanni , e

Studio

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Elisabetta, Simeone e dello stesso Gesù. La Volgata ne era cosl penetrata che là, dove il greco dice che lo Spirito Santo era su ( epi ) Simeone, essa traduce ch'egli era I N lui ( in eo ) . Non dimen­ tichiamo questa equivalenza. La presenza di Dio è pure espressa con la preposizione con ( meta ), che significa congiunzione, comunione: per Maria in l , 28 : Il Signore è co n te » ; per Giovanni Battista in l , 66 : « La mano del Signore era con lui In questa medesima prospettiva bisogna leggere la preposizio­ ne davanti ( enopion , cinque volte) : - Giovanni Battista è grande davanti a Dio ( 1 , 1 5 ) ; - cammina davanti a lui ( in realtà davanti al Messia-Signore in l , l 7 . 7 6 ) ; - Gabriele sta davanti a Dio ( e nel caso d i u n angelo ciò con­ nota il luogo superiore del cielo: l , 1 9 ) ; - i) popolo aspira a servire nella giustizia davanti a Dio ( l , 7 5 ). «

».

L'altezza di Dio esprime simbolicamente la sua trascendenza invisibile, ma non gli impedisce di essere vicino alla terra, di cui egli è il creatore. Egli vi manifesta la sua presenza. Vi fa delle grandi cose ( l , 49 .58 ) per Maria come per Elisabetta (cf l , 58 ). Dona ( l , 3 3 ) , sfama ( l , 53 ), soccorre ( l , 54 ) e visita il suo popolo ( l , 68-7 8 ) senza dover discendere o condiscendere. L'altezza di Dio non ha quindi niente di materiale, di schiac­ ciante , e non pesa sull'uomo. Essa suscita dinamismo e attività in questi personaggi pieni di iniziativa : Elisabetta si nasconde, poi si manifesta ; Maria e i pastori partono in fretta ; Simeone e Anna vengono al momento opportuno ad incontrare Gesù nel tempio. Lo spazio di Dio è ispirante e stimolante più che inglobante, come indica del resto il frequente riferimento allo Spirito Santo. Un breve inventario di altri aspetti meno strutturanti dello spazio ci porterà alla medesima conclusione. I V . Lo S PAZIO DOM E S TICO occupa un posto secondario in Luca. II termine « casa » ricorre due volte per indicare l'ahi tazione di Zaccaria ( Le l, 23 .40 ) e una volta quella di Maria ( l , 5 6 ) , che sembra ancora distinta dalla casa di Giuseppe (cosa che concorda storicamente con M t l , 1 8 ) . Ma Gesù non viene situato in alcuna

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casa ( a differenza di Mt 2 , I l ). Egli nasce senza alloggio 4 , nella mangiatoia, e le molteplici menzioni di Nazaret non esplicitano alcuna casa, neppure là dove il contesto avrebbe potuto richie­ derlo ( 2 , 5 1 ) ; similmente in l , 26 Luca dice soltanto che l'angelo entrò verso Maria (pros autén ), senza riferimento ad alcun dom i­ cilio o costruzione. Gesù non si situa in alcuna dimora terrena al di fuori del tempio - la casa del Padre suo ( 2, 49 ) - e il tempio è a questo riguardo solo un simbolo. Per questo Gesù l 'abbandona dopo aver detto che doveva rimanere « nella casa del Padre suo >> . Con questo gesto simbol ico egli si riferisce alla dimora celeste dell'« Altissimo >> . Noi ritroviamo qui lo spazio divino : esso si identifica col luogo di Gesù , « gloria del popolo » e del tempio di Gerusalemme. Il fatto che , secondo Luca 1 -2 , Gesù non abbia altra dimora che Maria, nuova arca dell 'alleanza, durante la gestazione ( l , 3256 ), e il tempio ( 2 , 22-49 ) ci induce a esaminare un'altra di men­ sione topologica . V. Lo S PAZIO · coRPOR EO è in buona evidenza in questa organiz­

zazione topografica quali tativa . Anzitutto lo spazio di gestazione delle due madri , indicato con due espressioni : - en gastri per Maria i n l , 3 1 : « Concepirai nel tuo ventre » ( espressione generica , che sembra echeggiare il beqirbeq di Sof 3 , 8 ); - en koilia, più frequente : l , 1 5 .4 1 .42 .44 ( per Elisabetta ) e 2 , 2 1 ( per Maria ) : seno materno. Prospettiva somatica prolungata dai tre ritornelli sulla crescita dei due bambini : Giovanni Battista ( 1 , 80 ) e Gesù ( 2 , 40 . 5 2 ) : crescita i n statura ( helikia, precisa 2 , 52 ) . Nel linguaggio simbolico della Bibbia v'è continuità tra il cor­ e lo psichismo . Luca menziona anche : - il cuore di Maria : luogo dove ella conserva le parole-eventi del Signore ( 2, 1 9 .5 1 ; cf l , 58 per i vicini di Elisabetta ); ,. - la sua psyché ( la sua vita ), che una spada trapasserà ( 2 , 3 5 ) po

_

4 NON C'ERA POSTO N ELLA LOCANDA ( katalyma : 2, 7 ) mette Gesù i n isotopia coi pastori , che non di morano in città ( 2, 7 . 1 2 ) bensì nei campi : e n t/; chora... agraulountes ( 2 , 8).

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Immagini corporee vengono utilizzate per significare la relazione di Dio con le anime : - le viscere ( splagchna ) della sua misericordia ( l , 78 ) ; - la forza del suo braccio ( l , 5 1 ) ; - la sua mano , che è con Giovanni Battista ( l , 66 ) ; - i.l suo sguardo ( l , 25 .48 ). VI . Lo S P AZIO IN TERIORE ( spirituale ) risponde all'influsso dello Spirito. Tre personaggi sono riempiti di Spirito Santo, che è la pre­ senza dinamica di Dio nell'uomo : Giovanni : l , 1 5 , - Elisabetta : l , 4 1 , - Zaccaria l , 67 . In maniera equivalente Simeone riceve un avvertimento inti­ mo ( 2 , 26) e una mozione dello Spirito , che lo spinge verso il tempio ( 2, 27 ). Ma per prima cosa lo Spirito Santo è stato situato su di lui » ( 2 , 25 ), come antecedentemente « su Maria » ( l , 3 5 ) : in un senso più trascendente per lei , perché in questo versetto si tratta d'una manifestazione della « shekinah » su Gesù ( cf 2, 40 ) e su di lei. Questa posizione trascendente (su) non esclude l'im­ manenza (in) , ma timplica. Tale presenza multiforme dello Spirito Santo non si sostitui­ sce allo spirito degli uomini , che ne beneficiano, ma risveglia la loro libertà e il loro proprio dinamismo : - Giovanni Battista è « riempito di Spirito » ( l , 1 5 ) per cam­ minare davanti a Dio « nello spirito e nella potenza di Elia » ( l , 1 7 ), sull'esempio di questo profeta. Più avanti egli « cresce e si fortifica nello spirito >> ( l , 80 ). - Lo « spirito » profetico di Maria « esulta in Dio, ·suo Sal­ vatore » , come proclama lei stessa ( l , 47 ).

«

VI I . La relaz�one con Dio unifica il triplice spazio domestico,

somatico e spirituale che abbiamo analizzato, in dipendenza dai tratti distintivi dello spaz-io divino :

l o Lo spazio divino è congiunto e comunicante con lo spazio degli uomini : congiunzioni multiple espresse sotto ogni specie di

Luca 1-2

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simboli, segni e mediazioni che si risolvono in un'interiorità frut­ tuosa, senza che il testo parli di ascensioni o discese tra cielo e terra. 2° Esso rispetta lo spazio degli uomini. Di qui la riconversione delle manifestazioni apocalittiche nell'umiltà , e ciò per lo stesso Messia-Signore. L'unica manifestazione visibile della Gloria ( 2 , .9 ) s i eclissa e s 'interiorizza in Gesù-Signore adagiato nella man­ giatoia, un po' come il tuono, l'uragano e il tremito della terra non fanno che annunciare il « leggero silenzio ->> (e non la brezza leggera ! ) , che è per Elia la presenza stessa di Dio ( l Re 1 9 , 1 2 ): tanto per ricordare che la prospettiva di Luca non è priva di ante­ cedenti profetici . Similmente Simeone sa che non è possibile ve­ dere Dio senza morire ( Es 3 3 , 20). Egli « vede la morte » ( 2 , 26) « in pace » (2, 29 ), perché ha « visto il Cristo del Signore » e la sua « Gloria » ( 2 , 32 ) ; però non la vede che sotto l'aspetto d'un infante che prende tra le sue braccia ( 2 , 28 ). Ciò fa pensare a Mosè, che vide Dio solo « di spalle » (Es 3 3 , 23 ). Tali esperienze sono soggiacenti a Gv l , 1 4 : « Il Verbo si fece carne ... e noi ab­ biamo conosciuto la sua Gloria » ; e con maggior realismo ancora : « Quel che noi abbiamo veduto, quel che le nostre mani han toc­ cato del Verbo di vita » ( l Gv l , l ). Giovanni vede questa Gloria fin nella passione. Luca 1-2 è già impegnato su questa via, anche .se in maniera meno esplicita. Lo spazio teofanico, lo spazio della manifestazione di Dio tra gli uomini, si realizza nell'umiltà di Gesù in mezzo ai poveri. Infine l'Altissimo sconvolge i valori umani del basso e del­ l'alto. Nazaret è preferita a Gerusalemme per la manifestazione prima e essenziale che sarà chiamata più tardi incarnazione : la congiunzione del Santo, del Figlio di Dio con Maria ( Le l , 3 5 ). E Maria, che è situata non solo in basso, a Nazaret, ma tra i po­ veri, secondo le sue stesse parole ( l , 48 ) s'identifica coi poveri ( l , 52 ) che Dio eleva ( l , 5 3 ). La rivoluzione di Dio cambia le coordinate dello spazio umano. Essa « fa scendere i potenti dai loro troni e eleva gli umili » ( l , 52 ). Non gerarchizza lo spazio, benché Dio sia situato in alto, ma conduce alla comunione e alla comunicazione integrale tra Dio e gli uomini. Non meno vero è che il Dio di misericordia (eleos: termine assai frequente in Luca 1-2 ) e di potenza è la fonte, da cui tutto ,

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proviene e a cui tutto risale in servizio ( l , 7 1 ; 2 , 3 7 ; cf l , 1 7 ) e in lode ( 2 , 20 ; cf l , 17 .45-56.68-79 ecc. ) 5• Lo spazio , finemente modellato secondo accezioni che vanno dal geografico al divino, dal corporeo all ' intimo , è quindi con il tempo una delle cornici privilegiate , in cui si inserivano le nuove relazioni tra Dio e gli uomini secondo Luca 1-2 . 4.

SOCIOLOGIA

I dati sociologici ( scarsi ) si inserivano in questo quadro, che capo­ volge i valori umani . Re I re hanno solo un ruolo di dato cronologico. Tale è il caso di Erode . re della Giudea ( l , 5 ; cf 3 , l ). Cesare Augusto accede al ruolo di destinatore prescrivendo il censimento ( 2 , 1 -2 ), ma esercita il suo potere in maniera cieca e esteriore, a differenza di Dio. Sacerdoti

Zaccaria e la sua sposa appartengono alla classe sacerdotale : lui come sacerdote della ottava delle 24 classi, la classe di Abia ( l Cr 24, l O ) ; lei come discendente di Aronne. Ma il sacerdote non regge il confronto con Maria nei loro annunci simmetrici, anche se la stirpe di Maria non viene precisata. Il fatto che ella sia detta parente ( suggenis) di Elisabetta suggerisce - ma non dice necessariamente - che anche lei sia discendente di Aronne e qualifica Cristo come Messia d 'Aronne, secondo l'attesa attestata a Qumran ; né ella viene presentata come discendente di Davide. A somiglianza di Mat teo, Luca attribuisce questa qualifica solo a Giuseppe. Tanto più significativo è quindi che le altre due donne menzionate in Luca 1 -2 ( Elisabetta: l , 5 e Anna : 2 , 3 7 ) siano situate nella loro discendenza. Maria sembra appartenere soltanto all'umile popolo di Nazaret in Galilea, paesana d'una provincia disprezzata. Allo stesso modo Simeone non è qualificato come sacerdote o som­ mo sacerdote, come ha f atto in seguito una vasta tradizione iconogra­ fica. Egli appare soltanto come un « uomo >> ( 2 , 25). Anna, la vedova, 5 IL VERBO AlNO ( lodare ) è usato nel caso degli angeli di Natale ( 2 , 1 3 ) e dei pastori ( 2 , 20 ). Viene usato 9 volte nel Nuovo Testamento, di cui 7 in Luca.

Luca 1 -2

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qualificata con la sua tribù , col suo carisma di (( profetessa » , col suo fervore e i suoi legami col popolo, non viene posta per questo al di fuori del comune ( 2 , 3 6- 3 8 ) . Questi due vegliardi incarnano la spe­ ranza del « piccolo resto », che attende da lunga data la consolazione d'Israele ( 2 , 2 5 ; cf 2, 38 ) . Essi appartengono, come i pastori , al pic­ colo popolo dei poveri di Jahve.

Popolo I l popolo occupa un gran posto lungo tutto il racconto, posto che noi preciseremo studiando il modello ( più avanti, p. 3 0 1 ) . Esso è indi­ cato gloqalmente coi termini « popolo >> ( 8 volte ) e « Israele » ( 7 vol te ). Inol tre è rappresentato da personaggi che sono dei tipi a d iverso grado: i quattro vegliardi ( Zaccaria-Eiisabetta , Simeone e Anna ), 1 p�stori , ma soprattutto Maria , omologa di Abramo nel Magnificai , che comincia con lei ( l , 46-48 ) e finisce con lui ( l , 56 ). Maria , Figl ia di Sion , impersona il popolo esca tologico, così come Abramo lo im­ personava al punto di partenza sempre allo stesso titolo: quello de1la fede ( Le l , 38 .45 ). Come questi personaggi sono rappresentativi del popolo, così Ge­ rusalemme ( nominata 6 volte, 3 volte in ognuno dei due ultimi epi­ sodi : 2, 22-45 ) è rappresentativa d'Israele e del popolo . Questi ter­ mini sono interscambiabil i , come mostra la variante di Le 2, 38 : Cierusalemme Israele. Ciò che conta non sono dunque le gerarchie di questo mondo , ma i poveri e gli umili, primi destinatari del vangelo . Luca mette l'accento con discrezione, m a con forza , sulla povertà della famiglia in cui nasce Gesù : - L'umile condizione della Vergine di Galilea ( l , 26-27 ) . - Forse la sobrietà del suo viaggio, senza mezzi né compagnia, per la visitazione. - L'epilogo del viaggio di Natale e la nascita senza alloggio ( 2 , 7 ), dal momento che non c'era posto per gente come quella ( questa sfu­ matura sembra grammaticalmente attestata ) nel caravanserraglio . - Una mangiatoia per animali sarà la prim a culla del Messia ( 2 , 7 . 1 2 . 1 6 ), che più avanti non avrà « dove redinare i l capo » ( testo proprio di Luca e Matteo). - L'offerta della presentazione sarà quella dei poveri ( 2 , 24 ; Lv 1 2 , 8 ), come ha sottolineato il Vaticano II . - La cornice del viaggio a Gerusalemme in 2 , 4 1 -5 1 è quella d'una carovana confusa, in cui ciascuno conta sull 'istinto gregario che ag­ glomera i pellegrini, senza che la scomparsa d'un fanciullo inquieti per un giorno intero. =

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Studio semiotico

Uomini e donne

Il capovolgimento delle gerarchie di questo mondo è sensibile in Luca 1 -2 per que1 che riguarda gli uomini e le donne . Queste ultime non sono trascu rate i n esso , come invece lo sono nel racconto dell 'infanzia secondo Ma tteo, ove i personaggi sono tutti maschi , salvo la molto eclissata Mari a . Gli esseri umani compaiono: a due a due: uomo e donna : tre coppie punteggiano Luca 1 -2 . Le prime due sono contraddistinte da un legame matrimoniale ( l , 5-6 .26-27 ), la terza da un medesi mo rapporto mistico : Simeone e Anna in 2 , 2 5- 3 8 . Una donna, Elisabetta , è l a prima a profetizzare nel vangelo del­ l'infanzia ( l , 4 1 -45 ), seguita da un 'alt ra donna : Maria (l , 46-56 ) , prima d i Zaccaria ( 1 , 69-78 } e d i Simeone ( 2 , 29-32 ). Un capovolgimento delle precedenze gioca per un momento in fa­ vore di Elisabetta , che sarà la prima a prescrivere il nome di Gio­ vanni . dal momento che Zaccaria è muto ( l , 60 ). Ed è Maria, non Giuseppe, che riceve l 'incarico d'imporre il nome, in contrasto con Lc 1 , 1 3 e Mt 1 , 2 1 . . Luca non si limita a riequilibrare l 'importanza relativa delle donne e degli uomini , ma capovolge la situazione abituale della donna , che è quella di essere subordinata, secondari a , passiva, sot tomessa, in om­ bra 1 • Egli applica anche agli episodi dell'infanzia l 'occhio nuovo che Gesù ha per le donne e l 'accoglienza sorprendente ch'egli riserva loro nel regno, tra i discepoli ( Le 8, 1 -4 ), Sotto questo profilo il rilievo e il valore di primo piano accordato a Maria non l 'isolano dal resto delle donne, come vorrebbe Io slogan femminista : « La Chiesa ha esaltato Maria solo per abbassare Je altre donne, in contrasto con questa privi­ legiata >> . Il contrario ci dicono Luca e Giovanni . .5. AVERE

L'avere (categoria importante, ma poco considerata in semiotica ) è pochissimo rappresentato in Luca 1 -2. I pastori di Luca non offrono doni , a differenza dei re magi di Matteo 2 . Il versetto riguardante più formalmente l'avere proclama u n capo­ volgimento rivoluzionario in materia : . Ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote ( l , 53 ). l Lo diciamo senza negare il valore attribu ito alla donna nell'Antico Testa­ mento. La sua posizionie nel la li turgia fami l ia re e nell'educazione dei figli com­ pensa in qualche modo il suo ruolo marginale nel culto ufficiale.

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Luca 1 -2

I versetti precedenti ( isotopici ) dicono la stessa cosa relativamente al sapere (dispersione degli orgogliosi, senza dubbio in opposizione a Maria , la cui umiltà è ricolmata da Dio solo ) e al potere (oggetto d'un rovesciamento dei re a profitto dei poveri, l , 52 ). Possiamo esitare a collegare alla categoria dell'avere i bambini do­ nati da Dio: Giovanni Battista e Gesù. In partenza vi è senza dubbio privazione (non-avere ) nel caso di Zaccaria e Elisabetta, sterili a di­ spetto delle loro preghiere ( l , 1 3 ) e della loro fedeltà ( l , 4-7 ): essi non hanno figli ( l , 7 : én autois ) . Ma il racconto non esprime il dram­ ma di questa privazione ( in contrasto con l Sam 1 -2 ). La mancanza è segnalata solo per esser colmata: « La tua preghiera è stata esaudita ,. ( l , 1 3 ), dice l'angelo a Zaccaria. Elisabetta parla di « vergogna » solo dopo che questa è stata « tolta » dalla gestazione ( l , 25 ). Inoltre que­ sti bambini non appartengono ai loro genitori. Giovanni Battista sem­ bra quasi crescere nel deserto fin dall'infanzia ( l , 80). Gesù abbandona i genitori e ricorda loro ch'è suo dovere essere « nella casa del padre suo » . . . celeste. Questi due bambini sembrano posti anzitutto in rap­ porto col popolo, nei confronti del quale hanno una missione . L'appli­ cazione degli schemi usuali della grammatica semiotica al bambino­ oggetto-bene è quindi estranea al tenore del testo. L'accento non è posto sulla deficienza colmata (come nelle favole ), ma sull 'inat teso e sulla gratuità. Il valore del bambino donato supera la prospettiva del­ l'avere parentale: Giovanni Battista sarà « gioia per molti >> ( l , 14 ), e Gesù per « tutto il popolo » ( 2 , 10: notare questa isotopia ). D'im­ provviso la destinazione supera i genitori (che sembrerebbero soggetti di stato della prima sequenza ) e viene riferita a tutto il popolo, desti­ natario del racconto. Quanto a Maria, Luca non indica questo desiderio di figli ( né del matrimonio ), qui proiettato dall'esegesi « psicanalitica » di F. Dolto. Il bambino le viene annunciato gratuitamente, ed ella obietta il suo progetto di « non conoscere uomo » ( l , 3 4 ), progetto concepito senza dubbio su ispirazione del destinatore, al di fuori delle usanze e delle prospettive comuni. La mancanza di alloggio in 2, 7 non viene affatto drammatizzata , né collocata su un terreno psicologico di pena o di prova, ma eretta al rango di segno. La sola deficienza in Luca 1 -2 , con menzione espli­ cita d'una viva emozione ( exeplagesan ) o ansietà ( odynomenoi : 2, 48 ), è la scomparsa di Gesù a Gerusalemme: prima realizzazione della spada di dolore predetta a più lungo termine ( 2 , 3 5 ). La categoria dell'avere è tutta sublimata in riferimento a Dio solo. Maria si colloca esplicitamente tra i poveri ( l , 48 ) ricolmati da Dio stesso ( l , 52 ). Ella non è caratterizzata da alcun avere materiale , ma conserva i rhemata (parole-eventi) per confrontarli ( 2, 1 9 ) nel suo cuore (2, 1 9 .5 1 ) : « Dove è il tuo tesoro, là è anche il tuo cuore )) '

Studio semiotico

179

dirà più tar> ( 2 , 49 ). Anche qui il significato è tipologico , come vedremo, e , a questo ' i tolo , provvisorio . Gesù rinuncia immediatamente a tale dovere tra· scenden te e « discende a Nazaret », dove ridiventerà un fanciullo « sottomesso )) ai genitori ( 2, 5 1 ) . �

La

modalità del dovere riveste dunque due caratteri i n Luca :

l . Non occupa mol to spazio e riguarda soprattutto la cornice del racconto.

2 . Risulta superata dagli eventi che emergono secondo la grazia, lo Spiritç>, l'inizia t iva, al di là delle obbligazioni ordinarie , e che pro­ vocano i veri adempimen ti avvianti l'avvenire escatologico .

Luca 1·2

182

Settori interi del racconto - i più significativi, come la visitazione

e il Natale - sono estranei al dovere. Essi manifestano soprattutto la speranza ( 2 , 25.38; cf l , 2 1 ), lo slancio ( l , 39 e 2, 1 5 ), la gioia e la

libertà intrise di meraviglia ( Le l , 2 1 .63 ; 2 , 1 8 . 3 3 ) o anche di stupore ( Le 2 , 4 7 .48 ) e di incomprensione ( 2 , 50 ) , che non sono una mancanza, ma segno che il progetto di Dio supera l'uomo ; infine e soprattutto l'azione di grazie.

Il gioco tra il dovere ordinario e il compimento escatologico dei disegni nuovi di Dio è sottile nelle due ultime scene del vangelo: - l'adempimento legale della legge dà luogo a un adempimento trascendente e tipologico ; - l'infrazione di Cristo al suo dovere di fanciullo è motivata con un dovere più alto: « DEvo essere nella casa del Padre mio » . Ma tale dovere apparente è limitato al tempo d'un gesto profetico, e Gesù ritorna alla sua sottomissione di fanciullo . Se i protagonisti esemplari si caratterizzano come servi di Dio (Maria in l , 38 .48 ; Simeone in 2, 29 ), la loro vita è uno slancio verso Dio, slancio contraddistinto dall 'attesa , dalla sollecitudine, dalla gioia .e dalla libertà. Quanto alla mancanza di Zaccaria ( in Le l , 20 ), essa non si colloca nell'ordine della legge e del dovere, in cui Zaccaria è stato detto fin 'dall 'inizio irreprensibile ( l , 6 ), ma si colloca nell 'ordine della stessa ,fede ( l , 20 .45 ), che Luca l situa su un altro registro. ·

B. SAPERE

Il registro del sapere è ben provvisto in Luca 1·2 . Esso forma pra· ticamente il tessuto ininterrotto di questi due capitoli e costituisce l ' essenziale del programma narrativo dell'ultimo episodio, il ritrova· mento, tanto che potremmo proporre un quadrato semiotico speciale per rendere conto di questa modalità. Oracoli, ispirazione, interpretazione

Il sapere è complesso 1 • Sostanzialmente esso è dono di Dio . La sua parola ( la Scrittura ) è discretamente soggiacente a tutto il racconto, t l TERMINI DEL SAPERE.

Gin6sk6 : conoscere, l , 18.34 (in senso sessuale) ; 2, 43 ( in senso negativo ). e gnosis in l , 77.

Gnorizo : far sapere, 2, 15.17.

Studio semiotico

183

che reimpiega i testi biblici (e a volte li cita esplicitamente, come in

2 , 23-24 ).

Il sapere deriva da tre fon ti :

l . Gli o racoli degli angeli, che parlano come messaggeri a nome di Dio ( 1 , 1 1 - 1 9 .26-37 ; 2, 9-1 4 : i tre annunci che sono delle rivela­ zioni formali a Zaccaria, a Maria e ai pastori , con l ' ange lo in funzione di intermediario per preservare la trascendenza di Dio ). 2. L'ispirazione attribuita allo Spirito Santo ( ipostasi di Dio ) gioca un ruolo an alogo secondo un'altra modalità più in te ri ore e più formal­ mente divina, in cui è impegnata la libertà attiva del soggetto. Lo S piri to Santo non suscita un far fare, che trasforma il soggetto in au­ toma , ma is pi ra « profezie » l ibere nel senso biblico del termine : par­ lare in nome di Dio : Elisabetta in l , 42-46; d l , 2.5. Maria in l, 46.55. Zaccaria in l , 69-78 ; d l , 67. Simeone in 2, 29-32 . .34-35; d 2, 36.

Q u este profezie implicano delle predizioni r igua rdanti l'avvenire: l, 48 al futuro e l , 51-.53 all'aoristo; cf l , 68s .

Similmente l , 76 al futuro: « E tu, bambino, sarai chiamato profeta

dell 'Altissimo )). 2, 29-32: annuncio dell'irradiamento del Messia come luce e gloria, scilza dubbio a partire dal tempio dove è stato presentato; ma anche annuncio del suo avvenire conl�stato e dolo roso ( 2, 34-36).

Questo sapere è du nque essenzialtnente comun icazi one di Dio al su o popolo. Esso è cari sm a tico (come negl i Atti: vision i , ispirazioni, discernimento ). La sua comun icaz io ne passa attraverso ipostasi mi­ s te ri ose ( ancora non chiarificate a questo livello della rivelazione ) : g l i angeli ( l , 1 1 -20.26-38 ; 2 , 9- 1 5 ) e lo Spirito Santo ( 1 , 1 5 ,3 5 .4 1 .67 ; 2 , 25 .26.27 ) , da accostare allo spirit o di Elia ( 1 , 7 ; d l , 47 ; 2 , 27 ). 3. A ciò si aggi u nge il sapere interpretativo, fondato sulla decifra­ zione dei segni di Dio. Gnostoi : i conoscenti : 2, 44, isotop ico di parenti , vicini e familiari, l , 58. Syniemi : adoperato in 2, 50 per indicare l ' incom prensione dei genitori ; e synesis per indicare rintel l i genza di Gesù. Sapienza ( sophia) di Cristo in 2, 4 1 .52 e i termini i ndicanti la meditazone: porre ( tithbni) o custodire (syntereo : 2, 19 e diatére6 : 2, . 5 1 ) nel cuore. Notare l'isotop ia tra syntéreo e symbal/6 in

2, 19.

Luca 1 -2

1" 84

Segni

Questo termine sémeion compare due volte : - Gli angeli dànno ai pastori il segno della mangiatoia, da cui essi riconosceranno il Messia ( 2 , 12 ). - Simeone predice che il bambino sarà « segno di contraddizione » ( 2 , 34 ).

Si tra t ta di segni di povertà e di dolore . Ma ve ne sono degli altri { senza impiego esplicito di questo termine ) : I feddi dal lempio - capiscono (dalla lunghezza del servizio liturgico ) che Zaccaria ha avuto una visione ( 1 , 2 1 ) ; - in risposta a l loro stupore i l sacerdote muto f a dei segni ( dianeuon ) . I vici ni d i Zaccaria cercano di interpretare i segni dell 'i nfanzia d i Giovann i Battista ( 1 , 58-65 ) ecc. I l confine tra il sapere comunicato da Dio e questo sapere interpre· tativo è a vol te incerto . Come fa Elisabetta a sapere il nome cha Pangelo ha prescritto per suo figlio , quando dice per pnma : - No, si chiamru-à Giovanni ?

secondo il contesto tale sapere deriva dallo Spirito Santo , che la riempie ( l , 41 ) . !via ciò non esclude un elemento in terpretativo 2 • Vedere

11 sapere rivelato non esclude il vedere: - nel senso più concreto del termine : dopo la loro lunga ricerca Giuseppe e Maria « vedono >> Gesù nel tempio ( 2 , 48 ). Similmente i pastori lo vedono coi loro occhi ( 2 , 1 5 . 1 7 .2 0 ) : trilogia notevole, che è prolunga ta da tre altri impieghi del verbo « vedere » in riferimento a Si meone in 2 , 26 ( due volte ) e 2 , 3 0 . Ma qui la vista oculare ( vedere il bambino ) è sostituita da un 'esperienza più profonda : « vedere la morte » ( 2 , 26 ) , « vedere la salvezza )) ( 2 , 3 0 ) . L'evento-Cristo è segno. 2 LA PARTECI PAZIONE DI GI USEPPE A L SAPERE DI MAR IA non viene minimamente espressa. I n l , 26-36 egli ne sembra escluso. I n 2 , 4·5 lo ritroviamo i n un ruolo attivo di padre adottivo e giuridico, ma Luca non accenna affatto al sapere che presiede alla sua partecipazione. La nostra ignoranza a suo riguardo i n Luca è totale quanto la nostra ignoranza riguardo a Maria in M a l· reo 1 -2 .

185

Studio semiotrco

Non si tratta d'un « vedere » ( o d'un « sapere » ) da voyeur, ma d 'una conoscenza che comporta la conversione ( l , 1 6- 1 7 ) e la remis­ sione dei peccati ( l , 77 ) Essa impegna il cuore ( l , 17 ) : convertire i cuori . Nel cuore matura questo sapere ( l , 66; 2 , 1 9 . 5 1 ). Cristo è conosciuto solo in seguito a una reazione dei cuori ( 2 , 3 5 ) , che può essere una caduta ( 2 , 3 4 ) per gli orgogliosi confusi dagli stessi disegni dei « loro cuori » ( l , 5 1 ) . Tale conoscenza, legata a una prassi, va in­ terpretata non solo in funzione dell 'esigenza religiosa , bensì pure d'un ambiente culturale, ove il termine « conoscere » indica l'unione co­ niugale nel senso biblico, in cui Maria dice : « Non conosco uomo » ( l , 34 : presente che significa il disegno di persistere in questo stato). I l sapere ha una forte dimensione sapienziale nell'episodio del ritro­ vamento ( 2 , 4 1 - 52 ) 3 • .

Anche Dio guarda ( Le l , 25.48 ) . Il suo sguardo gratuito e potente valorizza e trasforma gli umili, confonde e abbassa i superbi ( l , 50-5 3 ) . La sua rivelazione in parole , attì, oracoli e avvenimenti suscita meraviglia ( l , 2 1 .63 ; 2 , 1 8 . 3 3 ) , stupore ( 2 , 47-48 ) , domande ( 1 , 29. 66 ) , turbamento ( 1 , 1 2 . 29 ), timore ( 1 , 1 3 .29 ; 2 , 1 0 ) , visto che in Gesù fanciullo non v 'è che intelligenza (synesis : 2, 47 ) e sapienza ( 2 , 40 .5 2 ) : inclusione che contribuisce a manifestare il carattere sa­ pienziale dell'ultima pericope. L'i rl telligenza della rivelazione è difficile. Per questo i genitori di Gesù > che possiamo sussumere sotto l 'ordine del sapere. Le congiunzioni e le disgiunzioni non richiedono un esame a parte, perché tessono la progressione stessa del racconto sotto tutti gli aspetti. Esse riguardano la topografia, la cronologia, il sapere e il potere ; esaminarle qui ci porterebbe solo a ripetere cose già dette. Ciò che predon1ina in Luca 1 -2 è la congiunzione con Dio e, attraverso di questa, con gli uomini nella partecipazione al vangelo.

Luca 1 -2

192

C. SUDDIVISIONE Come suddividere le sequenze di Luca 1 -2? Gli studi pubblicati divergono : Il gruppo di Lione (CADIR ) punta sui dittici ( senza veramente proporre una suddivisione ) : l . Due annunciazioni . 2 . Due nascite. 3 . Due circoncisioni. 4 . Due infanzie. 5. Due cantici (Zaccaria e Maria ). 6 . Due visite (Maria-Elisabetta e i pastori a Betlemme). 7 . Due presentazioni di Gesù al tempio. L'importanza annessa ai dittici dal punto di vista semiotico merita considerazione. M . Rosaz (gruppo di Parigi) conserva le sette sequenze classiche, su cui vi è un largo consenso dal punto di vista letterario, e le divide ognuna in numerosi lexie ( in tutto 58 ) secondo il cambiamento di agente o di altro elemento.

A . Gueuret fonda metodologicamente la sua suddivisione sui crite Ì'i semiotici seguçnti : l . Cambiamento di tempi, luoghi e agenti : criterio principale. 2. lsotopie: per esempio le funzioni sacerdotali di Zaccaria inqua­ drano la seconda sub-sequenza ( l , 8-23 ). 3 . I ritornelli : crescita dei fanciulli ( l , 80 per Giovanni Battista ; 2 , 4 0 . 5 2 per Gesù ); ricordo ( 1 , 66 ; 2 , 1 9 .5 1 }, ma senza prendere in · considerazione il ritornello del compimento dei giorni (Le l , 27.57 ; 2 , 6 .2 1 -22 ), che sottolinea l a progressione temporale ( sopra, p . nota 4 ). 4 . I nline ) 'egeneto , che ricorre 1 5 volte in Luca 1-2 1 e indica momenti importanti del racconto. l L'EGENETO ha un valore enfatico, ma non è che un'indicazione molto variabile della suddivisione delle sequenze o sub-sequenze. Il terro egeneto del capitolo l ( 1 , 23 ) gioca un ruolo conclusivo, che non indica una nuova sequenza. L'importante sequenza dell'annuntiazione non comincia ( 1 , 26) con egeneto; così neppure l , 24 : la concezione di Giovanni, e l , 57 : la nascita. Egeneto ricompare solo per la circoncisione ( l , 59) e la nasci ta di Gesù. Qui gli egeneto abbondano con funzion1 diverse: 2, 1 .2.6. 1 3 , che considereremo più avanti. Essi scompaiono nella presentazione ( sostituiti, come in l, 26.57 , da menzioni temporali ). Nel­ l'ultima sequenza due egeneto segnalano enfaticamente i momenti importanti piut­ tosto che l'inizio o un cambiamento di sequenza. Questo criterio va quindi ma­ neggiato con molta delicatezza.

Studio semiotico

193

In base a questi criteri ella riduce le sequenze a tre : l o l ,, 5-80 « che riguarderebbe principalmente il bambino della prima coppia: Giovanni >> . 2° 2 , 1 -40 : nascita e presentazione di Gesù al tempio. 3° 2, 41-52 : ritrovamento nel tempio. Queste ultime due sequenze riguarderebbero « il bambino della seconda coppia : Gesù ». Meraviglia che la presentazione sia unita alla nascita, malgrado il cambiamento di tempo, di luogo e di agenti e malgrado la sproporzione tra la lunghezza delle due sequenze, dal momento che la prima è quasi il doppio delle altre due messe assieme. Inoltre Agnès Gueuret sud­ divide la maxi-sequenza del capitolo l in quattro sub-sequenze : l 0 Presentazione dei genitori di Giovanni Battista : l , 5-8. 2° Annuncio a Zaccaria : l, 8-23. 3° Ciclo d'Elisabetta: l , 24-58 . 4° Circoncisione di Giovanni Battista : l , 59-79 ( l , 80 non viene menzionato). Ci si interroga sulle opzioni che fanno gerarchizzare sequenze e sub-sequenze : - Suddividere la presentazione dei genitori di Giovanni Battista come una prima sub-sequenza non significa schermare il parallelismo tanto chiaro dei due annunci , che cominciano ambedue con la pre­ sentazione d'una coppia, un personaggio solo delle quali sarà benefi­ ciario dell'annuncio? La semiotica non può trascurare questa evidenza formale, fonte di isotopie. - Viceversa, perché raggruppare in una sola sub-sequenza il ciclo di Elisabetta, nel corso del quale si verificano importanti cambiamenti di tempo, di luogo e di agenti: anzitutto la concezione di Elisabetta nella casa di Zaccaria ( l , 23 ) vicino a Gerusalemme, poi l'annuncio a Maria in Galilea ( l , 26-3 8 ), quindi la visita a Elisabetta ( stessa casa: l , 40 ) e la nascita di Giovanni? Questo raggruppamento assegna alla terza sub-sequenza una lunghezza sproporzionata: 3 3 versetti· rispetto ai 3 della prima. Agnès Gueuret tempera questa sproporzione distin­ guendo (con forzature più o meno grandi nella presentazione del testo ) quattro segmenti in questo ciclo di Elisabetta: a. La sua concezione ( l , 24-25). b. L'annuncio a Maria ( l , 26-38 ). c. La visitazione ( l , 39-56 ). d. La nascita di Giovanni Battista ( l , 56-58). Questo raggruppamento ha il vantaggio di unire i nove mesi della gravidanza di Elisabetta in una sola sub-sequenza includente la doppia menzione del sesto mese: l , 26.36 . Ed è forse stata questa ragione a

Luca 1 -2

1 94

fa rlo adottare a Bossuyt e Radermakers 2 • Ma il testo non è centrato su E l is a bett a . Se ne modifica il senso ricentrandolo così .

Le difficoltà, che impediscono di adottare questa suddiv isione, non sono solo quelle segnalate sul piano dell 'analisi letteraria. Dal p un to di vista semiotico esse sono le seguen ti : l u Questo p iano non fa apparire ( ma, al contrario , fa scomparire ) il parallelismo dei due annunci , che è invece tanto chiaro e sottoli­ neato da numerose isotopie ( una tren tina di termini comuni ). Tal i isotopie , che punteggiano simmetricamente le due sequenze, sono una molla importante della progressione e del significato contrastato . 2° Il cambiamento di tempo , luogo e agenti , che segna l'inizio del­ l'annunciazione - semplice segmento nella suddivisione proposta - è

più marcato che non tra la seconda e la terza sequenza di ques th medesima suddivisione. Non solo : a noi l 'annunciazione sembra se­ gna re il v e ro punto di partenza del vangelo di Gesù Cristo, di colui che dominerà tutto il c a pit olo 2. Farne solo il segmento d'una sub­ sequenza no n significa sminuirne l 'importanza e la novità , nonché na­ scondere la molla stessa della progressione di Luca 1-2 ?

f

3° Sembra difficile ridurre

l ' annu nci azi on e a una funzione d'en­ all 'interno d'una sequenza dedicata a Elisabetta, perché l 'an­ nuncio a Zaccaria e l a concezione di Elisabe tta han la funzione e il significa to di essere una valorizzazione dell'annuncio a . Maria , che cu­ mula le loro due performance ( con esclusione dei tratti negativi ) e che pa per oggetto il Messia Figlio di Dio. Tale contrasto manifesta via via la superiorità di Cristo e di sua madre su Zaccaria sui seguenti piani: legge e grazia, increduli tà e fede, contrariamente alla gerarchia socio­ logica , secondo la quale il sacerdote d el tempio prevale su questa ra­ gazza di provincia . Qui sta la molla essenziale del significato.

�lave

3

Ci si potrebbe domandare se quest'opzione sconcertante d'un 'ana­ lisi per il resto eccellen te non si spieghi in parte con la dipendenza della grammatica serniologica dalla semiologia delle fiabe : modello iniziale che il vangelo invita a superare 4• Ma quest'opzione ha un'altra 2 P. B o s s u Y T - J. RADERMAKERS, ]ésus parole de la grace selon Saint Luc, Bru x e lle s 1 98 1 , t. l , pp . 1 0- 1 2 . Ma la concisione, a cui questo libro ha dovuto attenersi , non ha permesso ag l i autori di indicare le ragioni di questa suddivisione. 3 A . G u euret , articolo del 1 977 su l, 46-55 (vedi Bibliografia ). 4 Questo modello esagera anche l 'importanza delle coppie: « soggetto-duale » all 'inizio dei due annunci di Luca l ; infatti queste coppie, appena poste, sono dissociate per ragioni diverse e significative. Solo Zaccaria beneficia dell'annuncio. Elisabetta scompare ( l , 8 ), ma riappare precisamente allorché egli si trova escluso

Studio semiotico

195

ragione, di cui è possibile seguire la traccia nell'esegesi storico-critica da oltre un secolo a questa parte. L'interruzione del racconto della nascita di Giovanni Battista ( l , 26-56 ) con l'annuncio a Maria e la visitazione è stata considerata come un'interpolazione in una fonte battista primitiva, che sarebbe senza questa omogenea 5• I n questa prospettiva la suddivisione proposta renderebbe conto d'uno stato primitivo e arcaico di Luca l . Ma, a parte il fatto che l'ipotesi d'una fonte battista è discussa, il testo definitivo di Luca, il solo che si offra all'analisi semiotica, utilizza il racconto relativo a Giovanni Battista solo per mettere in risalto Cristo e la sua qualifica· zione antologica ( come risulta del resto bene dali' analisi d' Agnès Gueuret). Non esageriamo l'importanza della suddivisione . Essa ha la sua relatività. Se alcuni criteri oggettivi segnalano, a diverso grado, giun­ ture e transizioni, le articolazioni del racconto sono flessibili e diverse ; i raggruppamenti organici in grandi sequenze, sub-sequenze e segmenti dipendono in larga misura da opzioni discutibili. La strutturazione è interiore, e ogni schematizzazione comporta una dose di artificiosità. Se si voleva sottolineare la posizione n1ediana dell'annunciazione e della visitazione tra le due sequenze, di cui Elisabetta è il soggetto principale ( l , 5-25 e l , 57-80 ), bisognava allora porre tali due sequenze ( soprattutto l'annunciazione ) non come un elemento marginale o un'enclave, ma come il vertice del racconto e il punto di partenza di tutta la dinamica 6: annunciazione e visitazione introducono Cristo, che è l 'essenziale . Esse manifestano il suo primo irradia mento e fanno sorgere la grazia ( charis), con cui comincia Le l , 28.30 e finisce l'es­ senziale ( 2, 52 ) . In questa ipotesi bisognerebbe considerare la compo­ sizione del capitolo l come una specie di chiasmo, schema frequente nella Bibbia, rispondente alla formula BAAB 7 • dalla sua mancanza di fede (l, 24 ). Zaccaria incorre in un castigo umiliante nel momento in cui la « vergogna » di Elisabetta viellle eliminata. Nell'annuncio a Maria l esclu sio ne di Giuseppe è più radicale, come vedremo. Il significato del racconto sta in questi cambiamenti di soggetto ( agente ) più cheJ nelle peripezie Questo modello esagera anche rim port anza dell'oggetto-bene-bambino, del « bambino della prima » o della « seconda coppia ». Nessun desidetio di figli è indicato nel caso di Maria, e i due bambini sono osten sibilmente destinati al bene di tutto il popolo. Essi saranno strappati ai loro genitori, al punto che Giovanni sembra crescere paradossalmente nel deserto ( 1, 80), come se non fosse stato alle­ vato nella casa paterna. Quanto a Gesù, egl i effettuerà una sorprendente rottura coi genitori in 2, 40-52. s Su questi tentativi L. LEGRAND, L'Annonce, 1 981 , pp. 33-34; J. DE FREITAS FERREIRA, Conceiçao, 1980, pp. 137-1 54 ; e sopra , pp. 4849. 6 S o p r a, pp. 32-44, 75-85, 90-126. 7 Troviamo su cces siva men te : Zaccaria-Elisabetta : soggetto-duale in l, 5-8, poi Zaccaria solo soggetto dell'annuncio ( 1 , 9-2 3 ) , Elisabetta sola ( 1 , 24-25) , Maria sola ( 1 , 26-5 6 ) , poi congiun ta a Elisabetta ( 1, 38-56), Elisabetta sola ( 1 , 57-61 ) e '

.

Luca 1-2

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Senza negare i meriti della soluzione costruita attorno al ciclo Eli­ sabetta, sembra che questa costruzione (con la sua gerarchia di sequen­ ze, sub-sequenze e segmenti sproporzionati ) non sia il mezzo migliore di render conto del racconto. Secondo i criteri semiotici (che confer­ mano qui i criteri letterari) il parallelismo dei due annunci, ben deli­ mitato dai cambiamenti di agenti, di luogo e di tempo, va tenuto in conto ; di qui l'opzione seguente 8: l . Annuncio a Zaccaria della nascita di Giovanni Battista ( l , 5-25). 2. Annuncio a Maria della nascita di Gesù ( l , 26-38). 3 . Visitazione ( l , 39-56 ): chiave di volta delle due sequenze precedenti ( L. Legrand ). 4. Nascita e circoncisione di Giovanni Battista ( l, 57-80). 5. Nascita di Gesù (2, 1-20). 6. Circoncisione e presentazione di Gesù al tempio (2, 2 1-40 ). 7. Seconda manifestazione al tempio e conclusione ( 2 , 41-52). Noi proponiamo questo piano senza spirito sistematico non come uno schema, a cui Luca si sarebbe conformato, ma come l'ordinamento che rende meglio conto della sua organizzazione interiore. Tale piano riflette il più fedelmente possibile i dati empirici forniti dal testo, refrattario a una simmetria perfetta : la base di partenza è costituita dal parallelismo degli annunci ( sequenze 1-2 ) e poi delle na­ sci te ( sequenza 4-5 ) ; ognuno dei due racconti paralleli sfocia in una sequenza, che ha per oggetto la manifestazione di Cristo : la visitazione ( sequenza 3 ) reaijzza un'ammirabile confluenza dei due annunci e una transizione armoniosa tra le due sequenze, che finiscono ( l , 5-25 ) e cominciano ( l , 57-80) con Elisabetta. Le tre ultime sequenze (5-7 ) dimenticano Giovanni Battista (nascosto nel deserto : l , 80) per met­ tere in luce la duplice manifestazione di Gesù bambino ( 2 , 2 1 -52 ). _Le mjnuscole dis,immetrie, che possono sconcertare lo spirito di geometria, hanno la loro ragion d'essere 9 • In breve, qui come altrove, Zaccaria che ridiventa l agente in 1, 62-79. I personaggi si succedono dunque in forma di chiasmo, qualunque sia l'importanza che si dà a questa simmetria sche­ matizzabile : Maria l, 26-56 Elisabetta Elisabetta l , 24-25 l, 57-61 Zaccaria Zaccaria l, 8-23 l, 62-79 '

8 Tale è la scelta del buon commento di J. A. Fi tzmyer, Lk 1-9, pp. 313-3 14.

9 LE DISSIMMETRIE O INCIDENTI APPARENTI DELLA COMPOSI­ ZIONE, che resistono alle rid uz ioni dello « spirito geometrico », sono segnata­ mente le seguenti : . lo È vero che c'è un cambiamooto di tempo e di luogo tra la presentazione dei genitori d i Giovanni Battista ( 1 , 5-7) e l'annuncio a Zaccaria nel tempio

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197

la fedeltà oggettiva al testo porta a riconoscere la sua originalità irri­ ducibile. La suddivisione manifesta oggettivamente delle articolazioni ben fondate, ma non ha valore esplicativo o riduttore. Il racconto si presenta come un essere vivo, di cui non è possibile suddividere i brani senza distruggerne la vita, come fa la dissezione. Un testo conserva il suo carattere di prodotto vivo, anche se la scrittura lo fissa in una ma­ terialità definitiva ; ci si può accostare ad esso, circoscriverlo, ren­ derne conto, ma non spiegarlo adeguatamente.

( l , 9-23 ), ma questi stacchi minori ci sembrano solo articolare la prima sequenza e segnare la dissimmetria contrastata, che si manifesterà via via tra i due an­ nunci . La semiotica deve tener conto di questo contrasto generatore di senso. � Un'altra diss immetri a manifesta l'originalità ( la trascendenza} dell'annuncio a Maria : la concezione di Giovanni Battista, raccontata in l , 24·25, non ha equi ­ valente alla fine dell'annunciazione. Non ci viene detto quando e come Maria ha concepito. Ciò è predetto ma non detto, e sarà manifestato solo dalle conseguenze : la visitazione ( 1 , 39-.56) pendant dissimmetrico di l, 24-25, la concezione di' Elisabetta che conclude l'annuncio a Zaccaria. Queste due sequenze hanno in1 comune il tema dell'azione di grazie. Ma la visitazione cumula altre funzioni originali. 3° Stupisce che la quarta sequenza ( 1 , 57-80) congiunga la nascita e la circon­ cisione di Giovanni Battista, mentre la circoncisione di Gesù non è collegata con la sua nascita (2, 1-10), bensl con la sequenza successiva della presentazione (più avanti, p. 265 ). Sarebbe artificioso riassorbire questa dissimmetria facendo delle circoncisioni due scene parallele, che sarebbero totalmente sproporzionate sia per la lunghezza che per le loro funzioni rispettive. 4o Non bisogna dimertticare che le ultime due sezioni, polarizzate dal tempio (elemento di valore ), si concludono l'una e l'altra col ritorno a Nazaret (2, 39-40 . .51-52) e con un ritornello della crescita. Questi elementi sono spesso deprezzati o anche dimenticati dai commenti. I ritornelli della crescita hanno una posizione particolarmente paradossale, poiché pongonq un nuovo soggetto, una nuova du­ rata e, nel caso di Giovanni Battista, un nuovo luogo (il do;erto) e costitui reb­ bero a questo titolo una specie di nuova sequenza o sub-sequenza.

1 98

Luca 1-2

D. PROGRAMMA NARRATIVO DI LUCA 1-2

Ed eccoci all'inizio della prima tappa propriamente semiotica dell'analisi del programma narrativo. Per programma narrativo si intende il concatenamento coe­ rente delle trasformazioni, che determinano la progressione del racconto. Parliamo di programmi narrativi al plurale, perché ogni se­ quenza ha un programma proprio, di cui occorre cogliere la pro­ gressione e l'articolazione. A differenza di Matteo 2, i programmi di Luca 1 -2 non sono conflittuali (salvo la discussione dei vicini con Elisabetta, l , 596 1 , e l 'opposizione del popolo di Dio ai suoi nemici, l , 5 1-52 .7 1 ; 2 , 34-3 5 ). Luca tende a cancellare i conflitti . La progressione av­ viene mediante il superamento del programma umano, mediante la rivelazione e il dono di Dio stesso, che sconvolge e trasfigura tutto. l . ANNUNCIO A ZACCARIA: 1 , 5-25

Presentazione dei personaggi

( l, 5-7 )

Il programma narrativo della prima sequenza è posto con la presentazione dei due personaggi : Zaccaria e Elisabetta formano una coppia unita dalla comune appartenenza a una pura discen­ denza sacerdotale ( l , 5 ) e, soprattutto, dalla loro fedeltà « nel­ l'osservare in modo irreprensibile tutti i comandamenti e i pre­ cetti del Signore ». Il loro programma è quindi la pratica esem­ plare della legge di Dio, cosa che li caratterizza « tutti e due » . Luca, l 'enunciatore, v i mette dell'enfasi , perché nessun altro dei suoi personaggi è presentato cosi diffusamente. Ma questo elogio sfocia in una constatazione scandalosa per ,q uanto riguarda le promesse dell'Antico Testamento : « Ma non avevano figli , perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano in età avanzata » ( l , 7 ).

Le traduzioni esplicitano normalmente il kai (e) con ma o tut­ tavia, e giustamente, perché vi è un contrasto : la loro fedeltà avrebbe dovuto valere loro benedizione e posterità . Inoltre la

Studio semiotico

199

loro sterilità è irreversibile, perché sono « tutti e due in età avan­ zata » ( l , 7 ) . L'inizio pone la contraddizione, che il seguito ri­ solverà. L'annuncio : l , 8-23

Il seguito avvia un nuovo programma narrativo: « E avvenne ( egeneto) che, mentre egli eserci tava le funzioni sacerdotali davanti a Dio, nel turno della sua classe, secondo l'usanza del sacerdozio, fu designato dalla sorte a offrire l'incenso e penetrò nel santuario del Signore. E tutta la moltitudine del popolo era in preghiera di fuori, al­ l'ora dell'offerta » ( l , 8-10).

L'espressione è ieratica, solenne, con ripetizione binaria di termini analoghi ( hierateuein e hierateias, thumiasai e thumia­ matos ; d ephemerias in l , 8 come in l , 5 ). Queste ripetizioni caratterizzano il nuovo programma sacerdotale e liturgico, che si inscrive nel prolungamento di quanto precede : « secondo l 'usan­ za » della legge, a cui Zaccaria è fedele. Egli è scelto a sorte per offrire l 'incenso ( 1 , 9 ) . Il tirare a sorte è considerato come uno strumento adoperato dal Signore per le sue scelte provvidenziali (cf A t l , 22-26 ) . Dio destinatore comincia a emergere qui. Zac­ caria entra dunque nel santuario come �olo soggetto del program­ ma liturgico, in un quadro sacro , segreto, eccezionale e glorifi­ cante. Sua moglie scompare. Ella non può entrare nel santuario. Il sacerdote che è « dentro » ( prefisso eis di eiselthon : l , 9 e preposizione eis) è opposto al popolo che è « fuori » ( exo ) , ma « in preghiera », unito a questa liturgia invisibile. Il programma di Zaccaria non sfocia nel compimento del rito. Esso è scombussolato da un evento soprannaturale : Gli apparve un angelo del Signore, in piedi alla destra dell'altare del. l'incenso ( l , I l ).

Un nuovo programma si affaccia qui , un programma inatteso, non più terreno ma celeste : il programma di Dio , presentato dall'angelo del Signore ; si tratta di una apparizione visuale 1 1 L'ANGELO DEL SIGNORE indica spesso, nella Bibbia, il Signore stesso. Questa denominazione rispetta e media la sua trascendenza in maniera non di rado ambigua : essere intermediario o figura stilistica, come vediamo segnata-

200

Luca 1-2

(ophte), ed è « vedendo/a » (idon) che Zaccaria « fu turbato e che il timo re piombò su di lui » ( l , 1 2 ) . In risposta al suo turbamento (già muto) l'angelo prende la parola. Dopo il cl assico invito: « Non temere », le prime parole del programma narrativo mettono fine allo scandalo della steri­ lità di questo focolare esemplare ( la sua « vergogna », dirà più a vanti Elisabetta in l , 25 ) : « La tua preghiera è stata esaudita. Tua moglie Elisabetta TI GENERERÀ un figlio, tu gli darai il nome di Giovanni » ( 1 , 13).

Il contesto antecedente non ci avrebbe fatto conoscere la pre­ ghi e ra e il desiderio di Zaccaria . Lo scopriamo qui. L'angelo si indirizza soltanto a lui. Sua moglie è menzionata, ma soltanto a lui viene riferita la posterità : « Tua moglie ti genererà ». Soltanto a l ui , a titolo della sua autorità paterna , viene prescritto di im­ porre il nome. Queste sfumature vanno notate non solo per con­ trasto con Maria, unico soggetto della sua annunciazione ( senza r iferi men to a Giuseppe ), ma anche in riferimento a Elisabetta, che ritornerà ben presto in primo piano, mentre Zaccaria si tro­ verà escluso. Per il momento l'esclusione del padre non è all'oriz­ zonte. L'annuncio è tutto euforico per lui e si estende al popolo i ntero (senza riferimento speciale a Elisabetta ) : Egli sarà nascita.

gio ia

per te ed esu l t anza , e molti si rallegreranno

per

la sua

Qui l'orizzonte si allarga Non siamo più nella sem iotica delle fiabe, dove l'oggetto-bambino viene a soddisfare il desiderio dei genitori. La nascita di questo bambino mette fine alla frustrazio­ ne dei suoi genitori. Il popolo (già menzionato in termini positivi nel versetto 1 0 ) è s tabilito fin dall'inizio destinatario del fan­ ciullo predestinato. L'angelo spiega questo ampliamento di prospettiva : il suo mes­ saggio è il programma narrativo della carriera di Giovanni Bat­ tista, tal quale lo esporrà lo stesso inizio del vangelo ( Luca 3 ). L'eroe futuro è caratterizzato anzitutto per il suo valore agli occhi di Dio stesso (cong iunz ione con il cielo) : .

Egl i s arà grande agli occhi del Signore (che conferisce la grandezza ). mente nelle teofanic della Genesi. La menzione dell'« angelo del S igno re lizza la t rascendenza di Dio con una mediazione.

>>

moda­

201

Studio semiotico

L'altra faccia è la sua ascesi ( disgiunzione nei confronti della terra) : Non berrà né vino né bevanda fermentata ( 1, 15: disgiunzione disforica).

La pratica del nazireato (N m 6, 3·4 ), richiesta per Sansone (Gdc 1 3 , 5 ), si estendeva ai genitori ( 1 3 , 4 .6 . 1 4 ). Cosa che non si verifica qui. Giovanni Battista, che « non beve vino » (Le 7 , 3 3 ) , sarà opposto più avanti a Gesù, trattato dai suoi avversari come un mangione e un beone ( 7 , 34 ). L'astinenza alimentare è l 'inverso d'una congiunzione privilegiata con Dio : questi due tratti caratterizzeranno tutta la carriera di Giovanni Battista ( l , 66.80 ; 3 , 2 1 8 ) : 4

Sarà riempito di Spirito Santo fin dal seno di sua madre ( 1, 15).

Questo versetto propone il programma narrativo della visita­ zione, in cui si realizzerà tale evento ( l , 4 1 .44 ) L'angelo programma quindi le funzioni del ministero di Gio· vanni Battista, convertitore, profeta e precursore: .

Egli CONVERTIRÀ mol ti figli d'Israele al SIGNORE loro Dio. Camminerl DAVANTI a lui nello spirito e nella potenza di ELIA, per CONVERTIRE (secondo impiega del verbo epistrepbein ) i CUORI DEI PADRI VERSO I PIGLI e gli increduli alla sapienza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto ( 1 , 16-17 : in maiuscoletto le citazioni di MI 3, 1.24 ).

- Convertitore : è il tema dominante, che comincia e finisce il discorso con un'insistenza ridondante: doppio impiego di epi­ strephein, doppia applicazione finale di questa conversione alle relazioni padri-figli e increduli·giusti (notare come i padri sono

dalla parte degli increduli e i figli da quella dei giusti). È al centro del discorso che compaiono gli altri due tratti:

- Precursore: « camminerà davanti · a lui ». « Lui » è Dio se· condo il contesto antecedente immediato. Ma secondo il contesto più ampio del vangelo è Cristo. Abbiamo già segnalato questa ambiguità dinamica. - Profeta: questo titolo, che Zaccaria espliciterà nel Bene· dictus, è già indicato dall'identificazione simbolica con Elia:

Giovanni Battista sarà l'ultimo profeta , cosi come Elia è il primo, il capofila (d Mt 1 7 , 1 2 ; Gv l , 2 1 ).

202

Luca 1-2

MI 3 ha fornito �l punto di riferimento per questi tre tratti .

MI 3 , l dava però la priorità alla funzione di precursore, mentre in Le l , 1 6- 1 7 è la funzione di convertitore a integrare le altre due. Le ultime parole insistono su di essa : scopo di Giovanni Bat­ tista è « preparare al Signore un popolo ben disposto » per i tempi escatologici. A questo punto Zaccaria obietta : Come lo saprò (gnosomai)? Infatti io sono vecchio e mia moglie è in età avanzata ( 1 , 18).

Malgrado il suo desiderio e la sua fedeltà, Zaccaria non entra nel volere di Dio. Gli obietta la sua sterilità, confermata dalla sua vecchiaia. L'obiezione sembra più fondata di quella di Abra­ mo di fronte alla promessa della terra : « Da che cosa saprò che la possederò? » (Gn 1 5 , 8 ) Ma mentre Abramo aveva ottenuto un segno di alleanza, Zaccaria si vede rimproverare dall 'angelo la sua mancanza di fede e non si vede offrire altro segno al di fuori d'un castigo. Prima di enunciare tale sanzione, l'angelo rivela con maestà il proprio nome e la propria posizione di inviato di Dio : .

!Q sono Gabriele, che sto davanti a Dio, e sono stato inviato per parlarti e anl1unciarti questa buona novella ( euaggelisthai ), ed ecco che sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui ciò si verificherà, perché non hai creduto alle mie parole che si compiranno a loro tempo ( l , 1 9-20 ).

La menzione del tempo annuncia la fine del castigo : questo cesserà col compimento stesso del programma : imporre a Gio­ vanni Battista il nome prescritto ( l , 64 ) . Una volta ancora è i l programma narrativo del seguito che viene qui enunciato . Quella sarà l'ora della prova glorificante, in cui Zaccaria ritroverà la parola nell'orbita dello Spirito Santo. « Il popolo » si meraviglia del ritardo di Zaccaria ( il di dentro sfugge al -di fuori), ma quando questi esce non può parlare né annunciare la buona novella ricevuta. Il popolo (destinatario sensibile ) capisce che il sacerdote ha avuto una visione ( sapere interpretativo ). La tappa seguente sot­ tolinea l 'impotenza di Zaccaria, che vuole parlare e non può . C'è ·ridondanza nella descrizione come nell'enunciazione del castigo : Faceva segno e rimaneva muto ( 1 , 22 ).

203

Studio semiotico

Concezione di Elisabetta :

1,

23-25

Qui comincia la terza sub-sequenza, avviata come la prece­ dente dal termine-segnale egeneto ( avvenne ). E noi vediamo com­ parire per la prima volta la formula ritornello, che accompagnerà le 70 settimane tra questo punto di partenza e l'entrata di Gesù nel tempio : E avvenne (egeneto ) : QUANDO FURONO gia, egli tornò a casa sua ( l , 23 ).

COMPIUTI I GIORNI

della sua litur­

Lo stacco è sia temporale che spaz.iale. Zaccaria abbandona il santuario per la sua « casa » , menzionata qui per la prima volta 2 • Egli lo abbandona dopo i giorni previsti per la sua liturgia, ma sembra sottinteso che il suo mutismo non gli ha permesso di adempiere i riti con preghiere. In ogni caso a partire da questo versetto egli scompare total­ mente fino a l , 62 ( salvo le menzioni insignificanti di l , 40 .59, ove non è più agente). La moglie Elisabetta, eh' era scomparsa dopo l'entrata del ma­ ri to nel tempio, riappare « nella casa » e diventa l'unico soggetto di quest 'ultima sub-sequenza ( l , 24-2 5 ). Solo a lei viene riferito l 'atto di concepire , senza che il ruolo di Zaccaria venga minima­ mente indicato. Ed ella riconosce nella fede il beneficio di Dio. Pur rendendo grazie per questa « vergogna tolta >> da Dio de­ stinatore 3 , si nasconde ancora : Dopo questi giorni Elisabetta concepl e si nascose per cinque mesi di­ cendo : - Così ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui ha gettato il suo sguardo su di me, per togliere la mia vergogna davanti agli uomini ( 1 , 25).

La scena finisce com'era cominciata ( l , 6 .8 . 1 4 ecc. ) : davanti a Dio ; qui esplicitamente sotto il suo sguardo ( epeiden ), che signi­ fica uno sguardo dall'alto, di cui s 'è manifestata l'efficacia. 2 LA CASA DI ZACCARIA ( OIKON : Le l , 23 ) : essa sarà nuovamente menzionata in l , 39 ; Luca , parsimonioso in fatto di indicazioni topografiche, non fa il nome della « città )) ( l , 39 ) vicina a Gerusalemme. La tradizione l 'identifica con Ain Karim. 3 L'AZ IONE DI GRA Z I E DI ELISABEITA : « Egli ha tolto la mia vergo­ g na » riprende le parole dette da Rachele alla nascita di Giuseppe (Gn 30, 23 ). Ma la constatazione di Rachele era interamente positiva, mentre Elisabetta si nasconde ancora e si manifesterà mediante il dono dello Spirito ( 1 , 4 1 ) e la nasci t a del figlio ( l , 58 ) .

Luca 1 -2

204

Formalizzazione In breve, Zaccaria e Elisabetta, coppia esemplare ( l , 5-6 ), anor­ malmente senza figli (disgiunzione : l , 7 ), perché la loro pietà dovrebbe loro valere questa benedizione , sono « esauditi » ( l , 1 3 ) mediante roracolo indirizzato da Dio al sacerdote Zaccaria nel tempio, casa di Dio ( l , 8- 1 8 ). Ma tale annuncio felice termina con una punizione ( l , 1 9-22 ) sorprendente, perché domande simili a quella di Zaccaria erano state ammesse da Dio nel caso di Abra­ mo (Gn 1 5, 8 : stessi termini; cf 1 7 , 1 7 ) . La scena finisce quindi col duplice silenzio di Zaccaria muto ( l , 20 .22 ) e di Elisabetta, che si nasconde ( l , 24-2 5 ) rendendo grazie nel segreto . L'ombra nella quale ella si nasconde ha lo scopo di non offuscare la luce dell'episodio seguente : rannuncio del Messia, Figlio di Dio : una luce niente affatto smagliante, ma discreta. 2. L'ANNUNCIO

A MARIA: 1 , 26-38

Presentazione dei personaggi

La sequenza dell'annunciazione comincia con un cambiamento totale di tempo 1, di luogo ( a Nazaret in Galilea ) e di agenti : Il sesto mese l'angelo Gabriele fu inviata da Dio in una città della Galilea.

di nome Nazaret, a una vergine concessa in matrimonio a un uomo di

nome Giuseppe, della casa di Davide, e il nome della vergine era Maria.

Ancora una volta ci viene presentata una coppia , ma in fun­ zione della comparsa dell'angelo che apre la sequenza : tutto co­ mincia con l'impatto del Signore. D'altro lato è la donna e non l'uomo ad esser nominata per prima come destinataria del progetto di Dio . Giuseppe è nomi­ nato soltanto in funzione di lei , per il fatto ch'ella « gli è concessa in matrimonio ». Nell'ambiente culturale ebraico il termine emne4 steumene significa qualcosa di più di un fidanzamento, significa un matrimonio concluso 2, non comprendente ancora la coabita­ zione, precisa Matteo ( l , 1 8 .20.24 ). Luca però non lo precisa. 1 IL SESTO MESE ( 1 , 26.36; d l , 25) è un punto fermo tra due ritornelli del compimento ( l , 23 e 2, 6, tra cui s'interpone il ritornello larvato di l, 57, senza impiego del termine « giorno » ), prospettato dai 6 mesi di l , 36 e dai .> mesi di l , 56. 2 Su questa situazione matrimoniale vedi sopra, p. 30, nota 25.

205

Studio semiotico

Solo Giuseppe è qualificato come discendente di Davide : fun­ zione che entrerà in azione più avanti ( in 2 , 3-4 ) per indicare il collegamento di Gesù con la discendenza davidica. L'ascendenza di Maria non viene qualificata, a differenza di quella di Elisabetta : essa non ha importanza, è estranea al racconto. Maria conta come interlocutrice del Signore (mediante l'angelo, che ne salvaguarda la trascendenza ). La sua importanza è sottolineata non soltanto dalla priorità accordatale nell'enumerazione, bensl anche dal fatto che è menzionata due volte e soprattutto due volte qualificata come Vergine ( l , 27 ). Tale pleonasmo, che non è frutto di man­ canza di abilità , programma il seguito, che sarà esplicitato da l , 3 4 : ella non ha realizzato la sua congiunzione con Giuseppe, il fidanzato . Il contrasto è tanto più sorprendente, in quanto il beneficiario del primo annuncio era Zaccaria: l'uomo senza la sua -donna . L'annuncio Luca non dice che l 'angelo appare : egli entra, e il seguito evita la precisazione : « in casa sua », che avrebbe sottolineato una co­ abitazione non realizzata. Il termine pros (verso) è puramente vettoriale: Entrando verso di lei disse: - Rallegrati, oggetto-della-grazia-di-Dio, il Signore è con te ( 1 , 28).

Tutto comincia con delle parole ( audizione e non visione come per Zaccaria ) : - Anzitutto l'invito a gioire ( 1 , 28 ) d'una gioia gratuita, il cui oggetto non è precisato come lo era stato per Zaccaria in l , 14. - Poi un nome dato dall 'alto, che qualifica di qui in avanti Maria. Non si tratta d'una qualificazione dinastica come quella di Giuseppe, d'un' eredità umana ; la sua qualificazione è pura grazia ( charis è la stessa radice di kecharitomene) . Tale è il senso, che sarà esplicitato dalle al tre parole dell'angelo : Hai trovato grazia

(charin)

presso Dio: 1,

30.

Tale appellativo manifesta ciò che Agnès Gueuret chiama « il ruolo figurativo dei genitori nei confronti dei figli ». La relazione di Zaccaria col popolo prefigurava quella di Giovanni Battista,

206

Luca 1-2

futuro profeta ( 1 , 1 0 . 1 6- 1 7 ). Quella di Maria prefigura Cristo , che sarà alla fine caratterizzato dalla sua grazia ( 2 , 4 1 .52 ) . Maria è tutta riferita a Dio , è per eccellenza ( per antonomasia ) oggetto del suo favore (del suo amore , della sua grazia ). A queste parole ella fu profondamente turbata, e rifletteva : Che è dunque questo saluto? ( 1 , 29 ).

Il timore di Maria non è passivo come quello di Zaccaria, che è « piombato » su di lui ( l , 1 2 ) . Il suo turbamento ( più vivo, evento più profondo : prefisso di ) è riflesso e attivo : ella si do­ manda ( attraverso un processo dialogale o dialettico, indicato con forza dal verbo dielogizeto ) che cosa significa questo saluto. Il primo versetto sembrava forse annunciare il programma d'una giovane coppia, chiamata ad avere dei figli . In tal caso sa­ rebbe stato Giuseppe ( come Zaccaria ) l'indicato a ricevere l'an­ nuncio. Ed egli era qualificato a tale scopo in quanto « figlio di Davide >> , padre potenziale d'un Messia . Invece è scomparso dal racconto. Soltanto alla Vergine ( al singolare) l 'angelo dice : Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco che conce­ pirai e partorirai un Figlio e lo chiamerai col nome di Gesù ( l , 30 ) .

Ella sola è qualificata per imporre questo nome prescritto dal­ l 'alto ( l , 3 1 b). Tale trasposizione della funzione paterna ( in con­ trasto con Zaccaria ) 3 rafforza l'esclusione semiotica di Giuseppe , senza che il racconto dica ancora il perché . l NOME IMPOSTO DAL PADRE ZACCARIA ( 1 , 13) E DALLA MADRE MARIA ( 1 , 3 1 ). Questo contrasto sorprendente ( messo in rilievo dall 'identità

della formula : « Gli darai il nome ») non va esagerato. Nella Bibbia, su 46 casi, l'imposizione del nome viene effettuata 28 volte dalla madre, 1 8 volte dal padre. Secondo uno studio inedito di M. Orsatti ( Luca l , 34, tesi presentata alla Gregoriana ), nei testi più antichi è la madre a imporre il nome (Gn 4, 2 5 ; 19, 37 ; 29, .32-.35 ; Gdc 1 3 , 24 ; l Sam l , 2 0 ) , mentre nei testi più recenti è il padre. In Gn 4, 25 Eva impone il nome a Set (documento J1, mentre in 5, 3 è Adamo a farlo ( P). Un cambiamento analogo vi è forse in 1 6, 1 1 e 16, 1 5 per Ismaele, m a con maggior incertezza circa i l documento. Questo cam­ biamento potrebbe indicare un passaggio da una civiltà matriarcale a una civiltà patriarcale. Questa potrebbe esser la ragione per cui è la ragazza a dare il nome all'Em­ manuele secondo il testo ebraico (verso il 732 ), mentre è Acaz, il padre , a farlo secondo la traduzione de i LXX ( secolo I I I ). I n Luca 1-2 Zaccaria viene invitato a imporre il nome a Giovanni Battista ·

207

Studio semiotico

Gesù viene quindi qualificato con titoli, che superano quelli di Giovanni Battista. Essi non lo qualificano tanto mediante un fare, come nel caso del precursore - convertire, profetizzare, andare innanzi -, quanto piuttosto mediante l'essere 4 : Egli sarà grande, sarà chiamato Figlio dell'Altissimo. Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre , egli regnerà sulla casa di Giacobbe per i secoli, e il suo regno non avrà fine { l , 32-33 ) . ·

Il qualificativo GRANDE, senza restrizioni ( a differenza di Gio­ vanni Battista in l , 1 5 ) , tende ad assumere una portata trascen­ dente ( sopra , p. 40 ). Ma soprattutto il bambino riceve in primo luogo il titolo di « fiGLIO DELL'A LTI S S IMO » ( l , 3 2a ) : un titolo divino prima del titolo umano, che lo collega a « Davide suo padre » con promessa del trono ( l , 32h ). In 2 Sam 7 , 14, che Luca reimpiega qui, il Messia era pro­ messo a Davide anzitutto come suo figlio, e soltanto dopo di questo il profeta aggiungeva : « lo sarò per lui un padre, ed egli sarà per me un figlio » . Questi termini vaghi esprimevano sem­ plicemente i sentimenti paterni di Dio. Il verbo utilizzato : « Egli sarà chiamato » non è restrittivo, ma piuttosto enfatico . In quei tempi tale espressione significava : Egli sarà e sarà riconosciuto come tale. L'uso del termine Altissimo ( Hypsistos) per designare Dio sottolinea che questo bambino viene dall'alto, cosa confer­ mata dal ritorno del medesimo termine al vertice del messaggio, in l , 35. L'Altissimo viene a congiungersi al luogo basso di Na­ l.aret e a quella che Maria chiamerà la sua bassezza o umiltà ( ta-· peinosis : l , 48 ) . Il più alto va verso il più basso. Le ultime parole : Il suo regno non avrà fine confermano il superamento d 'un regno umano . In breve, il Messia è descritto con un'accu­ lnulazione inaudita di termini trascendenti , che attualizzano e rafforzano la profezia di Natan ( 2 Sam 7 , 1 4 ) , ripresa in Le l ,

3 1-3 3 .

( 1 , 1 3 ) . Elisabetta cercherà di sostituirlo momentaneamente, dato il suo mutismo ( l , 60 ), tuttavia sarà lui ad adempiere la sua missione ( l , 62-63 ) . Similmente è Giuseppe l 'invitato a compiere questo atto paterno e a imporre il nome a Gesù in Mt l , 21 . 4 GIOVANN I :E: QUALIFICATO IN ORDINE A UN FARE, GESù SU· BITO MEDI ANTE IL SUO ESSERE, secondo la pertinente analisi di A. GuEu­ RET, Luc 1-2, analyse sémiotique, 1980, p. 65 : « Giovanni ( 1 , 1 7 ) è posto dal destinatore (0 l ) in ordine a un fare, mentre per Gesù il fare è già realizzato ed egli è qualificato secondo l'essere ».

Luca l-2

208

L'obiezione: l , 34

Come Zaccaria, anche Maria avanza un'obiezione, ma molto diversa : Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo? ( 1 , 34).

La Vergine fidanzata a un UOMO obietta eh' ella NON CONO s C E Tale disgiunzione è opposta alla congiunzione iniziale e costituisce la cerniera del racconto. Maria adopera un presente di stato, come quando diciamo : non bevo, non fumo. È quindi un proposito quello ch'essa espri­ me. Il racconto non ci parla né del motivo, né delle circostanze di tale proposito singolare, motivo e circostanze che possiamo solo intravvedere alla luce dei primi tentativi di celibato a Qumran 5, né di come si sia giunti al matrimonio (cosa normalmente spiegata con ragioni sociologiche ), né ci dice se e come Giuseppe condi­ videva tale risoluzione, e neppure come Gesù avrebbe potuto esser chiamato figlio di Davide senza essere figlio di Giuseppe, unico aggancio a questa « casa » o famiglia ( l , 27 ; 2, 4 ) A diffe­ renza di Matteo, Luca non dice niente di tutto questo e si con­ tenta di rimediare alla rottura biologica .con un riaggancio geo­ grafico in 2, 4 . 1 1 . Diversamente che nel caso di Zaccaria, l'obiezione di Maria è accettata e onorata : UOMO .

.

Lo Spirito Santo vettA su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra ( episkiasei soi), per questo il generato sarà chiamato Santo, Figlio di Dio.

La risposta: 1 , 35-37

La risposta conferma a Maria che l'uomo non c'entrerà mini­ mamente in questa nascita, che dipende da Dio soltanto . La di­ sgiunzione dall'uomo era richiesta da questa congiunzione esclu­ siva con Dio. Il Figlio di Dio ( l , 32.3 5 ) diventerà figlio di Maria ( l , 3 1 ) solo per un processo trascendente.

p.

5 R. LAURENTIN, Structure, 1956, pp. 180-188, e più avanti, nota fuori testo, 555.

Studio semiotico

209

GESù, FIGLIO DI DIO IN Le l, 32.3' e 2, 49 PORTATA DEL TESTO Che portata ha l'appellativo di « Figlio dell'Altissimo » ( 1 , 32), Figlio di Dio » ( 1 , 35), ripreso da Gesù quando si dichiara « Figlio del Padre » (2, 49) in un senso che l'autorizza a non obbedire al suo p adre adottivo ? L'espressione « Figlio di Dio » non è di per sé una novità, che sarebbe stata creata per Cristo. «

Usi extra-biblici Nelle civiltà circostanti : I faraoni erano chiamati « figli di dio », nati dal dio Sole (C. J. Gadd, Ideas of Divin Rule in the Ancient East, London 1948, pp. 4850; H. Frankfort , Kingship and the Gods, University , Chicago 1948, 299-301 ecc. }. Nel mondo ellenico e romano le e spressioni « figlio di Dio », « figlio divino » erano applicate ai sovrani (A. DEIS SMANN, Bibl. Studies, Clark, Edinburgh 1909, 166-167 ecc . ) e agli uomini famosi (Platone, Pitagora , Apollonio di Tiana) o a taumaturghi (G. P. WET­ TER, Der Sohn Go tt es, Vandenho eck, GOttingen 1916; W. GRUND­ MANN, Die Gotteskindschaft, Weimar 1938; M. HENGEL, Jésus,Fils de Dieu, Cerf, Paris 197.5 ). L'espressione significa « favore » o « adozione divina » in un clima politeista. Tra i greci e i romani il termine « dio » non ha lo stesso senso che esso ha per il monoteismo ebraico e cristiano. Dio non va preso in senso stretto. ·

Antico Testamento applicata : - Agli angeli (Gn b, 2; Gb l , 6; 2, 1 ; Sal 29, 1 ; Dn 3 , 25 ). - A Israele in un senso collettivo ( Es 4, 22: « Israele è il mio figlio primogenito » ; Dt 14, l ; Os 1 1 , l ; Is l , 2 ; Sp 18, 1 3 ), ma si tende ben presto a riservarla ai giusti ( Sp 2, 18) o al popolo del-4 l'avvenire ( già in Os 2, 1 ) .. Figlio di Dio è a volte applicato agli individui (Sir 4, 1 0). Ma se l'israelita invoca a volte Dio come padre (Sir 23, 1 .4 ; 51, 10; cf Sal 89, 27 ) , nessuno designa se stesso come suo figlio. Salvo che in 2, 18, la Sp attribuisce questo titolo di figlio solo agli israeliti del passato: 9, 7 ; 10, 15.17; 12, 10; 1 6, 26; 18, 4. - Ai re davidici , a l Messia promesso ( 2 Sam 7, 14; l Cr 17, 1 3 , e , in un senso più forte, nei Salmi 2, 7 - spesso riferito a Gesù nel Nuovo Testamento - e 89, 27). - A angeli o giudici terreni, secondo il famoso Salmo 82, 6, che L'espressione è

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Cristo cita come argomento ad hominem ai suoi avversari : « Voi siete degli dèi , voi siete tutti figli dell'Altissimo » ( Gv 10, 34 ). - A fedeli : Sir 4 , 1 0 : « Sii per gli orfani come un padre . . . e sarai come un figlio dell'Altissimo. Egli ti amerà più di tua madre » ; Sp 2, 18. M a i l senso è simbolico e spesso caratterizzato come tale : « lo sarò per lui un padre », viene detto in 2 Sam 7 , 1 4 . L'attribuzione a Gesù del titolo d i Figlio di Dio (che si situa nel prolungamento di questa profezia davidica, la cui attualizzazione era cominciata fin dall'Antico Testamento) assume nel suo caso una por­ tata nuova, ben espressa in quello che viene chiamato l'aerolito gio­ vanneo dei Sinottici : Le 1 0, 22 e Mt 1 1 , 25-27. Qumran 4 Q Fior, frammento 1-2, col. l , riga 1 1 (Discoveries in the ]udean Desert, Oxford, 5 , 53-5 5 : il Figlio di Dio è identificato col « ram­ pollo di Davide >> (cf Gr 2 3 , 5 ), con citazione di 2 Sam 7 , 1 4 . Questa citazione della profezia d i Natan non aggiunge nulla al testo biblico, ma l'applica più fortemente al rampollo di Davide, « che si leverà col cercatore della legge ».

4 Q 246 in corso di pubblicazione, citato da J. T. MILIK, The books of Henoch, Oxford 1976 ; J. FITZMYER in New Test. Stud. 20 ( 1 97 3 ) 382-407 e in Wandering Aramean, Missoula 1 979, pp. 90 94 ; HENGEL, Le Fils de Dieu , 1 97 4, p. 7, può essere trascritto così , astraendo da ricostruzioni ipotetiche: -

Egli sarà grande sulla terra ... Essi faranno (la pace? ) e tutti serviranno. Egli sarà chiamato . . . grande e sarà chiamato col suo nome. Sarà detto « figlio di Dio » e lo si chiamerà figlio dell'Altissimo. Come la comparsà dei lampi, così sarà il loro regno. Regneranno per anni sulla te"a e schiacceranno tutto ecc. Questo testo, che non è ancora stato riprodotto fotograficamente né pubblicato ufficialmente nel momento in cui scrivo, rimane enig­ matico. Fitzmyer congettura che potrebbe trattarsi del figlio d'un sovrano. Poiché esso è stato chiamato in causa a motivo del triplice con­ tatto con Le l , 3 2 . 3 5 il personaggio è qualificato come « grande sulla terra », « figlio dell'Altissimo » e « figlio di Dio » -, che cosa concludere? -

Conclusione l o Il testo conferma che le espressioni « Figlio di Dio » e « Figlio dell'Altissimo » erano correnti nel giudaismo del tempo di Cristo,

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senza che niente permetta di attribuire un valore trascendente al testo di Qumran -allo stato attuale delle nostre conoscenze.

2° Il testo di Luca 1-2 ha un tutt'altro valore: Gesù vi è quali­ ficato com e « gr ande » senza restrizione né relativizzazione, a diffe­ renza di 4 Q 246 ( sopra , p. 40, no ta 5 ) . - Luca parla d e lla figliazione divina prima della figliazione uma­ na (davidica : l , 32a e b ). - Il titolo di « Figlio di Dio >> è co ngi u n to non soltanto a quello di grande ( l , 3 2 ) , ma anche a quello di Santo. I due t itoli del Mess ia, « generato >> in Maria , sono qualificati in Le l , 35 dall 'ombra della presenza di Dio, cosl com'essa riposava sull 'arca de1 l 'a1leanza in Es 40 , 35 ( shekinah ) : il mis terioso « gene­ rato, S-anto e Figlio di Dio » è l 'equivalente di qu el ch'era la Gloria divina nell'arca dell'alleanza. - L'intervento de l lo Spirito Santo nella nascita verginale non ha tanto la funzione ( stando alla r e da z i on e del t es to ) di operare tale generazione, quanto piuttosto di g aran t i re la figliazione divina di colui che non è affatto n a to dali 'uomo ( Le l , 34 ; cf Gv l , 1 3 ). Si tr at ta di una di ffe renza nei confronti degli altri personaggi men­ zionati sopra, personaggi che hanno una figliazione umana naturale e sono poi più o meno adottati da Dio.

La maniera in cui Le l , 3 5 esprime tale congiunzione divina tra il Figlio, la madre e Dio è degna di considerazione. Luca prende le distanze da ogni forma di teogamia . Come Mat­ teo, usa il verbo gennao (generare ) al passivo, evitando di dire che è Dio a generare. Il soggetto rimane occulto, ineffabile . L'azione divina è significata coi termini Spirito (femminile in ebraico e neutro in greco) e Dynamis (femminile). Viene sottolineata la trascendenza, poiché Dio è situato al di sopra ( in una sublimità significata dall'appellativo raro di Altissimo, l , 35 ) mediante l 'im· piego congiunto della preposizione epi e del prefisso ep (due volte in l , 35a : epeleusetai, episkiazein ). Non l'azione di Dio è situata in Maria, ma ques to generato che è Santo e Figlio di Dio. Più che da questo espediente grammaticale, la trascendenza è indicata dall'immagine qui adoperata : la nube celeste, la shekinah (presenza di Dio ). Come abbiamo visto , episkiazein è il termine adoperato dai LXX in Es 40, 35 ( fonte di Le l , 35) per tradurre l'ebraico shakan. Altra particolarità significativa: Dio è detto Spirito, con il qua-

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lificativo di Santo : formula adatta per indicare un'azione spiri· tu al e, non biologica . E la potenza non viene esplicitamente rife. rita a un effetto somatico, ma alla shekinah, quindi alla trascen· denza della presenza. « Lo Spirito Santo verrà su di te » è l'espressione che ritro· viamo in Luca per il battesimo di Gesù ( 3 , 22 ): « Lo Spirito Santo scese su di lui ». Ma in l , 35 Luca evita di dire che egli scende, prendendo così ulteriormente le distanze da ogni teoga· mia , contrariamente a ogni facilità verbale. Egli adopera per Ma· ria la formula, con cui Cristo annuncerà agli apostoli la Pente· coste : Lo Spirito Santo VERitÀ su di voi (At l, 8).

Maria non scompare in questa teofania . La duplice menzione di Dio è riferita a lei con insistenza : Lo Spirito Santo verrà su di TE e la potenza dell'Altissimo TI coprirà con la sua ombra.

La cosa può stupire, poiché l'azione di Dio riguarda anzitutto il Figlio di Dio veniente in Maria, come risulterà in l , 35b. Que­ sto rilievo dato alla madre in l , 35a non è difetto di teocentrismo , ma si spiega con l 'identmcazione tra la madre e il bambino in ge· stazione, che provocherà altre singolarità espressive nel racconto della visitazione. Là troveremo curiosamente riferito alla madre ciò che concerne il figlio, sia nel caso di Maria e Gesù che in quello di Elisabetta e Giovanni Battista . Si tratta del lato concreto e popolare dell'espressione. L'importante è che l'azione di Dio non è indicata tanto come efficiente (malgrado il termine dynam is), quanto piuttosto come presenza, secondo lo schema con cui la Bibbia significava la pre­ senza di Dio su e nell'arca d eli' alleanza 6• La concezione di Maria sembra eclissarsi in l , 3 5 , che colloca il Figlio di Dio nella posi­ zione di Jahve che prende possesso dell'arca. In Es 40 , 3 5 la presenza della nube sull'arca dell'alleanza si accompagna alla pre­ senza immanente della Gloria, vale a dire di Dio stesso che riem­ pie la dimora. Lo stesso schema viene applicato a Maria in l , 35a, 6 Non è possibile opporre queste due modalità della presenza su e in, che sono correlative ( sopra, pp. 79-82; stessa correlazione nel caso di Simeone in 2, 25-26).

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come abbiamo visto. Ma in l, 35b ella s i eclissa : più niente tu e te. « Ciò che è generato » (in lei ) è oggettivamente qualificato con due titoli divini : Santo e Figlio di Dio. - Santo è il nome specifico di Dio, « il Santo d'Israele », « il solo Santo », perché « Santo è il suo nome » e « nessuno è Santo come Jahve » 7 • - Figlio di Dio conferma in un contesto più denso il titolo di Figlio del!)Altissimo dato sopra e la sua priorità sulla condizione di figlio di Davide. L'associazione di questi due titoli in un contesto, che evoca la manifestazione di Dio abitante l'arca dell'alleanza , dona al se­ condo una portata ben diversa da quella del frammento di Qum­ ran detto Testo del Figlio di Dio 8 • Il verbo kletheseta, « sarà chiamato » 9, non relativizza, ma sottolinea ( anzi enfatizza) tale titolo. In questo ambiente cultu­ rale il nome è l'essere, come l'abito è la persona. Dire : « Gesù è chiamato Signore » è tanto forte e forse anche più forte che dire : , perché « non vi è salvezza (sotéria) in alcun altro, e NES S UN altro nome è stato dato agli uomini per essere SA LVATI » ( At 4, 1 0- 1 2 ). La ricorrenza ridondante dei termini NOM E , GE s ù , S ALVEZZA (due volte ciascuno) rivela tutta la loro portata nella retroversione in ebraico. - Anche i due impieghi di soter ( Salvatore in A t 5, 3 1 e 1 3 , 23 ) « Gesù-Salvatore » , sembrano implicare un'allusione etimologica di­ pendente dal sostrato semitico. - Soterion è adoperato solo 4 volte nel Nuovo Testamento. Ad eccezione di Ef 6 , 1 7 , ricorre in Le 2, 30 e 3, 6 ( nella stessa ,

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espressione: « vedere la salvezza >> ) e in A t 2 8 , 28 . Nei tre casi il contesto riguarda più o meno direttamente Gesù . 3 . Nel vangelo delrinfanzia ( Luca 1 -2 ) le radici dei due nom i ricorrono più precisamen te solo: - negli oracoli : 1 , 1 3 e 2, 1 1 , e - nei cantici riguardanti i due bambini : Magnificai ( nella visitaz i one ): l , 47 per Gesù ; l . 54 per Giova nni ; Benediclus : l , 69.7 1 .77 per Gesù ; l , 7 2 . 7 8 per Giovanni ; Nunc dimittis: per Gesù soltanto in 2, 30. - Infine nel racconto della nascita di Giovanni, nel momento in cui gli viene imposto il nome ( l , 59-62 ).

Zaccaria e Elisabetta Le allusioni a questi nomi sono studiate ivi 1 957 , pp. 1 -4 ; cf p. 1 3 . RICORDARS I , zkr, radice del nome d i Zaccaria: Jahve s'è ricordato, ricorre in l , 54 ( in casa sua, durante la visitazione ) e l , 72 ( nel suo cantico ). Giurare, fare giuramento, sb', radice del nome di Elisabetta : Jahve ha giurato, in l , 54.73 . Constatazione sorprendente : la radice dei tre nomi Giovanni Battista ( �nn ) , Zaccaria e Elisabetta ri torna ( per questi due ultimi nel medesimo ordine ) nel MAGNIFICA T ( l , 54-5.5 ): « Ricordandosi ( mnésthénai z.kr, radice del nome di Zaccaria ) della sua misericordia ( eleous hnn , radice del nome di Giovanni ), come ha detto ad Abramo » : di re ha valore di promessa e di gi ura­ mento, cosa che richiama normal mente sb' nel sostrato ebraico : . e nel BENEDI CTUS ( l , 72 ): « Per FARE M I S ERICORDIA ( eleos - hnn = Giovanni ) con i nostri padri e RICORDAR S I ( mnésthénai - zkr Zaccaria ) dell'alleanza santa. GIURAMENTO ( orkon sb' - radice del nome di Elisabetta ) eh' egli ha GIURATO ( 6mosen - stessa radice sb' - Elisabetta ) a Abramo e ai nostri padri ». Qui la radice del termine > , dirà Giovanni Battista ( Gv l , 3 0 ). Gesù è prospettato a vari titoli, in riferimento al programma profetico di Gabriele ( l , 3 Q. 3 5 ) : - La duplice menzione della salvezza ( l , 69 .7 1 ) è una nuova allusione etimologica al nome di Gesù . - « Suscitato 7 nella casa di Davide risponde a l , 30· 3 3 , ove Gesù è annunciato come l'erede regale, promesso a Davide ( cf 2 , 3-5 ) . - La menzione dei profeti rinvia alle predizioni messianiche riutilizzate in l , 32-3 5 , segnatamente a 2 Sam 7 , 1 4 ecc. Ma l'evocazione del Messia bambino rimane avvolta nella neb­ bia, · senza anacronismi né precisazioni retrospettive. »

6

Sui reimpieghi dei salmi e dei cantici nel Magnificai vedi Plummer. R . LAu­ Court Traité sur la Vierge Marie, ed . 1 967 , p. 1 99; ( tr. ital . La Vergine Maria, Ed . Paoline 31 970 ) ; R. E. Brown , pp. 358-359, ove si trovano i confronti con Qumran. 7 Egeiro ( svegliare, suscitare ) è uno dei due verbi adoperati per indicare la risurrezione. Non a caso forse esso è scelto qui. RE N T I N ,

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Questa prima parte è come un'eco del Magnificai, con nume· rose isotopie 8, e termina similmente con la promessa fatta ad Abramo. 4. Nel Benedictus il popolo destinatario passa in primo piano : liberato e impegnato nel servizio di Dio ( l , 7 4 ) , esso è soggetto enunciatore . Dice costantemente « noi » ( l , 7 1 ) e usa il pronome possessivo corrispondente : « nostri nemici » ( l , 7 1 ) , « nostri padri » ( l , 7 2 ) , « nostro padre Abramo » ( l , 7 3 ) , « nostri giorni ( l , 7 5 ). Tale « noi >> non indica soltanto Zaccaria e il popolo, nel cui nome egli parla ( ritrovando in ciò una funzione rappresenta­ tiva ), bensì pure i lettori ( enunciatori ), che Luca ( enunciatore ) invita a partecipare a questa lode e a farla propria 9: »

Egli ha susci tato per noi un'a forza ( keras IO) di nell a casa di Davide, suo servo, come ha detto per bocca dei santi che sono da secoli suoi profeti : SALVEZZA dai nostri n em ici e dalla mano di tutti coloro che ci odiano, ( per ) fare misericordia ai nostri padri , memore della sua alleanza santa :

SALVEZZA

B I SOTOPIE TRA MAGN I FICAI E BENEDICTUS ( parte prima : Le l , 69-75 , . S i tratta d i sim ili azioni d i grazie per i l dono escatologico di D io , con gl:i stessi temi : - Dio salva il suo popolo : Salvatore in l , 46; salvezza in l , 69 , con probabile allusione al nome di Gesù nel sostrato ebraico ; - la sua misericordia : l , 54.72 .78 : il sostrato risponde alla radice del nome di Giovann i : hanan ; - ricordo favorevole del suo popolo da parte di Dio, che ri sponde alla radice del nome di Zaccaria: zqr ( l , 54 .72 ) ; - riferimento al giuramento de l 1 al leanza fatto ad Abramo ( 1 , 54-55 .72 ) : ib' . radice del nome di Elisabetta , è infatti il sostrato ebraico probabile di l , 54, ov e tale termine, che significa giurare, fare giurame n to , è addolcito in dire, mentre � sicuramente il sostrato di l , 7 3 ; - vittoria concessa da Dio sui nemici ( 1 , � 1 - 5 3 .70-74 ); - menzione dei padri ( l , 5 5 .72 ) ; - e soprattutto del primo di essi : Abramo. � A. G u EURET, Luc 1 -2 , 1 98 1 , pp . 9 5 , 99, ha analizzato bene questo « noi )) , che emerge solo nel l 'ultimo versetto del Magnificai nell'espressione possessiva « no s t r i padri )> in l , 5 5 , così come in l , 72. Esso i ndicherebbe non i vici n i , '

usci ti di scena

i n l , 66,

m a I ' « enunciatario

)> ,

vale a dire i lettori del vangelo.

Keras , corno, appare solo qui e nel l 'Apocal isse (8 volte). S i tratta di un si m bo l o di forza prol ungante la dynamis, che Luca fa aleggiare sull'origine di Gesù in l , 3 5 e di Giovan ni Battista ( ouk adynatései in l , 37 ). L ' e sp ress i one « corno di salvezza )) è ripresa dal Sal 1 8 , 3 2 Sam 22 ,3, ove Jahve è così designato. A. FITZMYER , Lk 1-9, 1 98 1 , p. 383, riconosce questa allu­ sione . Ancora una rrasposizione a Gesù di un titolo biblico di Dio. JO

=

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del giuramento ch'egli ha giurato ad Abramo, nostro padre, di darci, affinché senza timore, liberati dalla mano dei nemici , noi lo serviamo in santità e giustizia , davanti a lui, in tutti i nostri giorni .

La seconda parte del cantico celebra Giovanni Battista nel mo­ do conveniente a Zaccaria , suo padre . Egli l'interpella in forma di prosopopea, al futuro, futuro che lui, vegliardo, non vedrà : E tu , bambino, sarai chiamato pro/eia dell'Altissimo, perché camminerai davanti al Signore per preparare le sue vie ( MI 3, 1 .23 ) Per donare conoscenza della salvezza al suo popolo, in remissione dei suoi [peccat i , per le viscere di misericordia del nostro Dio, i n cui ci ha visitato l'astro dall'alto, per illuminare coloro che sono seduti nelle tenebre e nell'ombra della [morte . per dirigere i nostri passi sulla via della pace.

.

L'inizio si riferisce alla programmazione di Gabriele in l , 1 7 secondo MI 3 , reimpiegato nei due testi. Ritroviamo le due fun­ zioni di Giovanni : profeta e precursore , con la stessa ambiguità ( precursore di Dio a stare ai termini del discorso, precursore di Cristo secondo il contesto ). Non troviamo invece più la funzione di convertitore, sottolineata in l , 1 6- 1 7 con un'insistenza pleo­ nastica . Tale funzione è riconvertita in termini di scienza. Anzitutto la scienza della S A LVEZZA ( nel sostrato ebraico : la conoscenza di Gesù , il cui nome significa Salvatore ), da cui pro­ viene la « remissione dei peccati » . L'ambiguità tra la visita di Dio e quella del Messia ( l , 68-69 ) continua sotto l'immagine sim­ bolica dell'astro, che si leva "dall'alto per illuminare coloro che sono nelle tenebre e nell'ombra della morte. Vi è qui un'allu­ sione probabile alla profezia messianica di Balaam in Nm 24 , 1 7 : « Una stella si leva da Giacobbe, uno scettro sorge da Israele >> . Secondo il simbolismo di allora un astro appartiene al campo divino più che al campo umano. Tale riferimento alla luce annuncia il Nunc dimittis, ove tale simbolo· avrà, secondo I saia ( e forse già qui ), una portata univer­ sale 11•

I l I L PROGRAMMA DEI CANTICI. Il MAGNIFICAT risale dall'azione personale di grazie di Maria, > ( l , 46 ), al suo antenato Abramo, primo nella fede ( 1 , 5.5). Tra queste due personificazioni esso si estende alla comunità dei poveri ( l , 52 )., amati

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Crescita : l , 80

Qui arriva il ritornello della crescita, che si riallaccerebbe tanto naturalmente con l , 66 , antecedente al Benedictus : Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito, ed era nel deserto fino al giorno della sua manifestazione ad Israele ( l , 80).

In contrasto con Gesù, che crescerà nella casa di Nazaret « da­ vanti a Dio e agli uomini » ( 2 , 5 2 ), la crescita di Giovanni Battista è situata al di fuori della « casa » , pur menzionata con insistenza ( l , 2 3 .40 ) : nel deserto. Contrari amen te alla tendenza della gram­ matica narrativa a definire l 'episodio mediante il rapporto dei genitori col bambino-oggetto, i genitori attempati , dediti a Dio, scompaiono dopo la circoncisione . Il bambino sembra crescere nel deserto, a distanza, lontano da essi e dal popolo, di cui sem­ brava inizialmente essere la gioia ( l , 1 4 ). Formalizzazione

La nascita di Giovanni Battista realizza l'oracolo dell'annuncio

a Zaccaria ( 1 , 1 3- 1 7 ). Questi , imponendo al figlio il nome inso­ lito ( l , 6 1 ), che era stato prescritto dali ' angelo ( l , 1 3 ) , recupera

la parola, conformemente all'affermazione dell'angelo : « Sarai muto fino al giorno in cui questo si realizzerà » . Giovanni Batti­ sta suscita una meditazione e interrogativi ( l , 66 ) , che si esten· dono a )

»

La sua posizione di didascalo è sottolineata con discrezione mediante la scelta dei termini : - Egli siede : il termine kathezomenon indica la posizione se­ duta, quindi una stabilità, e lascia capire ch'egli non è ritto in 3 Didascalos sarà u no dei titoli più frequ ent i di Cristo in Le 3, 1 2 ; 6, 40; 7, 40 ; 8, 49; 9, 38; 1 0, 25 ; 1 1 , 45 ; 1 2, 1 3 ; 18, 1 8 ; 19, 39 ; 21 , 7; 22, 1 1 : ove n didascalo i ndica Cristo per antonomasia. È con questo titolo rispettoso ch'egli viene spesso interpellato al vocativo : didaskale.

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piedi ( con1e lo rappresentano i pittori , sensibili al fatto che sedere è proprio dei dottori ufficiali , dei didaskaloi ) . Per Luca egli è seduto 4 • - L 'espressione « in mezzo » ( en mesoi) lo situa al centro, in quella posizione in cui lo vedremo durante la vita pubblica , cir­ condato dai discepoli , su cui getta uno sguardo circolare segnata­ mente quando la sua famiglia interviene dall 'esterno 5 • Tuttavia Luca evita le esagerazioni degli apocrifi. Gesù non opera miracoli . Non proclama nuove rivelazioni. Non confonde i didascali. Non discute . Non assume l'atteggiamento di insegnan­ te unilaterale . Al contrario, ascolta e interroga. Queste parole del versetto 46 lo lasciano nel suo ruolo di fanciullo . E su questa base ( 2, 46 ) Luca esprime lo stupore degli uditori, caratterizza to dal verbo existanto . Questo verbo, da cui deriva il sostantivo estasi, significa essere al di fuori di sé , qualcosa di più d'una meraviglia, un vero stupore. Due termini ne precisano il motivo : - L 'intelligenza ( synesis ) di Gesù. La stessa radice servirà per dire, per contrasto , che i suoi genitori « non compresero » ( ou synekan , in 2, 50 ) : essi non sono pervenuti alla pienezza d'intel­ ligenza e di sapienza , che rivela già Gesù fanciullo. - Le sue risposte ( apokrisesin ) : con quest'ultima parola del versetto Gesù passa da un semplice atteggiamento ricettivo di uditore e interrogante ( adatto alla sua età di fanciullo ) a risposte, in cui si delinea la sua missione di insegnante, ma sempre senza che niente fuoresca dalla modestia o dalla verosimiglianza . Questi due versetti 46-4 7 hanno la funzione di indicare la prova qualificante e glorificante del Fanciullo-Messia come futuro 4 Il s i mbol ismo di kathezomenon va preso con circospezione, perché se Gesù si siede per insegnare ( Mr 5 , l ; Le 4, 20; 5, 3 ) , cosl come fanno i suoi d i scepoli ( A t 1 3 , 1 4 ; 16, 1 3 ) secondo l'usanza ( M t 23 , 2 ) , e se kathezomai, adoperato in 2, 46, i ndica sicu ramen te sedere ( A t 6, 1 5 ) , è pure vero che la posizione sedu ta viene assu nta anche dal discepolo ( Paolo ai piedi di Gamaliele : At 22, 3 ; Maria assisa a i piedi d i Gesù in Le 10, 39 ; Giovanni 1 1 , 20 ; A t 20, 9 ). L'espressione di Luca è suggestiva, ma non bisogna esagerarne la portata. 5 L 'esteriorità dei paren ti nei confronti della cerchia degli uditori , così forte­ mente sottoli neata da Mc 3, 3 1 -35, è 1eggermen te attenu ata da Le 8, 21 , che tut­ tav i a conferma : « Tua madre e i tuoi fratelli se ne stanno fuori » . E se Marco sot tol i nea lo sguardo circolare gettato da Gesù sui discepoli mediante i l verbo periblepomai ( 5 volte ), Luca adopera tale verbo solo u na volta ( 6, 1 0 ) : il sesto impiego del Nuovo Testamento. Il fatto che i geni tori siano esterni al cerchio, a l cen tro del quale siede Gesù , non è sottolineato ma solo suggerito da Le 2, 46.

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didascalo . Egli entra così nella funzione di soggetto , di eroe , qua­ lificato non più nel suo essere mediante oracoli , bensì mediante atti e riconosciuto come tale dagli uditori .

Il dialogo e l'incomprensione : 2 , 48-50 La disgiunzione è dunque finita sul piano fisico : i genitori han trovato » Gesù , ma arrivano dall 'esterno , disforici in questo gruppo euforico . Essi « vedono » ( primo termine del versetto suc­ cessivo ) senza comprendere. La disgiunzione si prolunga sul piano del sapere : > ( Le l , 1 7 ) non è un oggetto per Dio, che

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.�·n-dio semiotico

lo pone in relazione di comunione, di grazia e di partecipazione . L 'espressione più alta di tale comunione è 2 , 14, questo ciclo del canto di gloria ascendente verso Dio e della pace discendente ver­ so gli uomini ch 'egli ama. Ciò che affiora in Luca 1 2 è l , identificazione del Salvatore con la salvezza : Gesù è designato come soterion in 2 , 30 e soteria in l , 69 . 7 1 .77. Egli è contemporaneamente soggetto e oggetto, co­ me lo sarà nell 'eucaristia, quando dirà : « Questo è il mio corpo )) (l 'oggetto identificato al soggetto ). L'impiego convergente dei due termini Salvatore e salvezza, del concreto e dell 'astratto, attesta già che la salvezza è la persona del Salvatore , con cui il popolo s'identifica : come « un solo corpo » , dirà l'Apostolo, « una sola vite » , secondo Giovanni 1 5 . -

Aiutanti-avversari

È inutile addentrarsi nel capitolo esiguo degli aiutanti e degli avversari. Questi ultimi sono pressoché inesistenti in Luca , can­ cellatore dei conflitti . Il programma non è conflittuale 1 • E gli aiutanti trovano un posto apprezzabile solo in riferimento al pro­ gramma virtuale, in cui Gesù Cristo è già soggetto ( nascosto ) del vangelo . Questo conferma le recenti analisi di Greimas , secondo le quali aiutanti e oppositori non sono agenti, ma semplici modalità del soggetto . ··

Destinatore

Il ruolo principale e finale è Dio destinatore . Egli occupa un posto considerevole sotto i nomi seguenti : - Dio : 20 vol te Altissimo : 3 voi te Signore : 26 volte Salvatore : 2 volte, con identificazione con Cristo Onnipotente : l , 49 Padrone : 2 , 29 Padre : 2, 49 cui bisogna aggiungere lo Spirito Santo : 7 volte. 1 A

differenza di quèllo d i Matteo 2 , più avanti, p . 363 , nota 23.

300

Luca 1-2

Nessun personaggio compare con tanta frequenza. Maria, la più menzionata, compare solo 12 volte ( più 4 volte come « sua madre » ). Questa statistica è significativa. Dio destinatore è sempre soggetto del verbo fare, fatta una sola eccezione, come abbiamo visto. Ma se appare qui come soggetto del fare, lo fa come soggetto trascendente. Egli non sopprime, bensì suscita l'agire degli uomini. L'uso biblico di attribuire alla causa prima quanto deriva dalle cause seconde non nega queste ultime, ma significa che tutto deriva dal Creatore, in cui l'uomo ha « la vita, i i movimento e l'essere », secondo At 1 7 , 28. Ma il destinatore non è il soggetto tuttofare. Egli ispira, orien­ ta, stimola le iniziative degli uomini. Solo una volta interviene visibilmente in Luca 1 -2 , allorquando la sua gloria avvolge i pa­ stori . E se la gloria indica qui Dio stesso, lo fa attraverso una formula mediatrice. Gli angeli ( etimologicamente : i suoi inviati ) giocano questo stesso ruolo mediatore . Luca, pur parlando di Dio in termini somatici (la mano, il braccio, lo sguardo e le viscere di Dio, come abbiamo visto ), accentua la trascendenza della tradi­ zione biblica. Dio non è manipolatore, in contrasto con Cesare ( Luca 1-2 ); influisce mediante l'attrattiva e l'ispirazione, come Spirito Santo, orientando dall'interno la libertà delle azioni uma­ ne verso questa comunione, in cui egli mette la sua compiacenza e in cui l'uomo trova la sua espansione e la sua felicità. Tale con­ giunzione con Dio, traguardo gratuito del suo disegno d'amore, è spontaneamente celebrata in forma di cantici ( importanti ssimi nella struttura di Luca 1 -2 , come ha mostrato A. Gueuret). Gesù, S al va tore e salvezza, virtualmente identificato con il destina tore

L'altra osservazione importante è che numerosi nomi di Dio sono dati a Cristo. E tale trasposizione, attraverso cui comincia la rivelazione della divinità di Gesù , è difficile da delimitare, per­ ché rimane ambigua. Così il nome di Signore (dato 24 volte a Dio) è dato 2 volte a Cristo ( l , 4 3 e 2 , 1 1 ). Si è pure discusso sulla portata rappresentativa di Figlio dell'Altissimo ( l , 3 2 ) e Figlio di Dio ( l , 3 5 ). Il contesto di Le l , 3 5 esplicita la trascen­ denza , che non sarebbe affatto evidente se il testo si arrestasse a l , 32. Ma l'ambiguità è il luogo stesso, in cui si rivela gradual­ mente la divinità di Cristo lungo tutto il Nuovo Testamento . Qui

Studio semiotico

301

e altrove essa si afferma mediante la trasposizione a Cristo di titoli e di testi specifici di Dio nell'Antico Testamento (cf sopra, p . 1 49 ). Il titolo di Salvatore ( 2, 1 1 ) è dato a « Cristo Signore » nel senso forte e universale che la Bibbia riserva a Dio (cf nota fuori testo, p. 256 ) . Quando Maria dice, all'inizio del Magnificai : « L 'a­ nima mia esulta in Dio, mio Salvatore », ci si può domandare s'ella non indichi Gesù stesso, Dio Salvatore (p. 2 3 1 ; cf Ab 3 , 1 8 secondo la Volgata ). Anche i l fatto che Cristo sia astrattamente e superlativamente chiamato « salvezza », - soterion in 2 , 30, - s6teria in l , 69 . 7 1 .77, con allusione etimologica, tende a identificarlo con Dio stesso. In breve l'analisi semiotica tende a confermare strutturalmen­ te la sua identificazione con Dio destinatore, identificazione già :nessa in luce dall'analisi letteraria dei reimpieghi biblici e dei titoli di Gesù in Luca 1 -2 . Destinatari

Molto ben attestata è pure la posizione del destinatario, del popolo di Dio. Il termine popolo (laos ) compare 8 volte in Luca 1-2 ( 1 , 1 0 . 1 7 .2 1 .68 .77 ; 2 , 10.3 1 .32 ). Il popolo non cessa di essere presente dall'inizio alla fine, con sfumature di partecipa­ zione, che noi abbiamo via via differenziato. Esso appare anzitutto come assemblea liturgica ( numerosa : pan plethos, l , 9 : stesso termine usato per indicare l a moltitu­ dine degli angeli in 2, 1 3 ); prega in unione col sacerdote ; la gioia annunciata dall'angelo è destinata a lui ( l , 1 4 ) , perché il precur­ sore convertitore « prepara per il Signore un popolo ben dispo­ sto » ( 1 , 1 7 ); attende, si meraviglia, interpreta correttamente il mutismo del sacerdote : « Egli ha avuto una visione nel tempio » ( 1 , 22 ). Se sembra scomparire nelle scene intime dell'annunciazione e della visitazione, vi è in realtà presente in filigrana come destina­ tario della salvezza messianica. Nel Magnificai è designato come Israele, figlio del Dio di misericordia ( l , 54 ). Esso riappare nella nascita e nella circoncisione di Giovanni Battista, dapprima in forma ristretta - i vicini e i parenti ( l , 58 ) -,

302

Luca 1-2

e si estende quindi , con la ripetizione e l'amplificazione del ter­ mine « tutti », fino ad abbracciare « tutta la regione montuosa della Giudea » ( l , 65). A Natale scompare nella scena discreta della nascita, ma riap­ pare coi pastori , poveri eminentemente simbolici del popolo , sia secondo i profeti che secondo il vangelo. Il cantico degli angeli annuncia « la pace agli uomini che Dio ama » (2 , 1 4 ). Poi il popolo sembra scomparire, ma è raffigurato da Simeone e Anna , rappresentanti del piccolo resto che attende la « conso­ lazione d'Israele » (2 , 2 5 ) . La profetessa Anna annuncia a « tutti » la redenzione d'Israele. È importante constatare che i principali personaggi di Luca 1 -2 sono tipi rappresentativi del popolo. Ciò non è vero solo di Maria , indicata come figlia di Sion con riferimento a Sofonia 3 e mediante la struttura stessa del Magnificai, ma è vero già per Zaccaria e Elisabetta, poi per Simeone e Anna , tipi del passaggio dalla legge (1 , 5-8 ; 2 , 22-24) allo Spirito ( l , 4 1 .67 ; 2 , 25-27 : più avanti , p. 3 1 1 ). Ad essi si aggiungono le figure rappresentative dei « padri » ( 1 , 5 5 .72 ), di Mosè (2 , 22 ) e soprattutto di Abramo (1 , 56.73 ), che fa pendant con Maria alla fine del Magnificai, ch'ella aveva comincia to rendendo grazie per se stessa , traguardo delle pro­ messe di Dio, e conclude con Abramo, che le ha ricevute per primo ( l , 55 ) . In poche parole, il modello di Greimas si verifica in maniera ovvia e consistente in Luca 1-2 , ma con delle sorprese istruttive . Cristo occupa tutti i posti importanti del modello in una maniera insolita , quale io non ho mai riscontrato altrove. Non solo Gesù .è contemporaneamente il soggetto· e l ' ogg etto (Salvatore e sal­ :vezza, p. 300 ), ma è identificato nello stesso tempo con Dio desti­ natore e con gli uomini destinatari, - Dio con Dio ( Signore, Santo, Grande, Figlio di Dio ecc. ), - uomo con gli uomini (infante, bambino, fanciullo ecc. ). Su questo terreno nuovo altre sorprese ci attendono.

S::1dio semiotico

303

F. STRUTTURA PROFONDA E QUADRATO SEM IOTICO

Dobbiamo ora affrontare l 'ultima tàppa semiotica , l 'identifi­ cazione del modello organico di Luca 1 -2 in forma di « quadrato » ( sopra , p. 1 5 5 ) ? Tale ultima operazione identifica , secondo cri­ teri il più possibile oggettivi , le molle del testo , la sua .coerenza , la sua unità . Essa ha dei limiti , conserva sempre il carattere di un'ipotesi e non pretende di fornire una spiegazione adeguata. È un fatto che là ove diversi cercatori studiano separatamente un medesimo testo , essi pervengono spesso a dei quadrati diversi , secondo l'asse di analisi, i presupposti , i metodi , la perspicacia e le opzioni rispettive. Questo si è verificato anche per Luca 1-2, per il quale sono già stati proposti tre quadrati. 1. STATO DELLA QUESTIONE Gruppo di Lione· • Il gruppo di Lione (CADIR ), che per problemi economici ha dovuto contentarsi d'una pubblicazione breve e artigianale, propone laconi· camente un quadrato molto complesso senza commento ( tavola qui di fronte ) . Non ripeteremo qui la spiegazione, che abbiamo cercato. di darne in Ephemerides Mariologicae 1982 , pp . 59·62. Basti rammentare il livello fondamentale del quadrato ( che è esplicitato a cinque altri · livelli ) 2• A Nascere dalla donna

+

sul piano biologico (nascere al mondo) (nascere per la madre)

uomo

� Non nascere dalla parola

x .

B Nascere dalla parola sul piano divinot celeste (nascere alla parola) (nascere per Diot per il Padre)

A Non nascere dalla donna

+

uomo

Questo quadrato è centrato sulla nascita (di Giovanni e di Gesù) e pun"ta sull 'opposizione tra - la nascita biologica ( impossibile nel caso di Zaccaria, impossibile anche per Maria che non vuole « conoscere uomo )) : l, 34) e l e< Luc 1-2 ,. , in Sémiotique et Bible, CADIR, Lyont 25 rue du Plat, 1976. 2 Abbiamo·cercato di spiegare gli altri cinque livelli in Analyse sémiotique des

Evangiles de Marie. Bilan et prospective, in Ephem. m ar . 32 ( 1982), pp. 59-62.

QUADRATO SEMIOTICO DI LUCA 1·2 SECONDO L'ANALISI DELCADIR d ella MADRE silenzio dcJ PADRE

@ Trionfo @ ORDINE

DELLA MADRE

VITA

Figli posseduti censi ti Vicini « naturali » Condizionamenti ( naturali, culturali, cosmici)

@ SPAZIO DELLA MADRE Terra , società ® Biologico/ Dover essere (necessità) Demografico/Dover fare (obbliRo) Ciclico/ �re (necessità) Politico/ Poter fare (costrizione) «

@ FALSO

CONQUISTA »

Falsa MADRE +p Falso PADRE Falso FIGLIO (« Zaccari a

(D Nascere dalla donna+ l'uomo -dalla MADRE dalla potenza biologica Nascere al mondo delle cose -per la MADRE

A

> ( Le l , 7 9 ) : i luoghi pagani , che saranno visitati dalla luce del Messia ( l , 78 e 2 , 3 2 ) ,

costituiscono il quarto polo, in contraddizione con Nazaret, luogo ove si è levata la luce.

Morte, Passione Dramma (l, 20) Figlio perduto (2, 43-48)

l

A. Legge GERUSALEMME 2. 22-49

l

B. Ombra della morte: l, 79

B. Grazia NAZARET 28-35 ; 2, 40..5 1 -52

l

A.. BETLEMME: 2, 1 -20 c paese di Giuda : l, 39-80

.

xl·

, .

Nascita Serenità Pace

1 In quest'ultimo caso Gesù trascende la legge, il costume e lo stesso tempio, perché il suo gesto significa un futuro al di là del tt·mpto. La « casa del Padre mio )) del gesto simbolico compiuto a 12 anni indica il ritorno finale al di là della terra presso il Padre, che è nei cieli (2, 13-14 ). 2 Si potrebbe obiettare che la circoncisione sembra sia stata compiuta (secondo la legge) a Betlemme. Ma Luca non nomina precisamente ancora la legge in que­ sto primo versetto della sequenza della presentazione; inoltre occulta il luogo, collegando 2, 21 alla sequenza di Gerusalemme (sopra, nota fuori testo, p. 265 ). Il luogo della visitazione è ambiguo. Esso è anonimo, però è il luogo del pas­ saggio dalla legge ( 1 , .5-25) allo Spirito Santo ( l, 41.67; cf l, 15). La residenza del sacerdote Zaccaria tostimonia dunque di questo passaggio legge-grazia : situazione mediana tra Nazaret, luogo sorgente della grazia ( luogo d'origine di Cristo), e Gerusalemme caratterizzata dalla legge, ma non senza passaggio dalla legge allo

Studio semiotico

.317

Nazaret è il luogo ove si leva la grazia di Dio, non perché è Nazaret (luogo mediocre e disprezzato'), ma perché tale è la scelta gratuita di Dio nei confronti dell'umile Vergine, Figlia di Sion , che riceve di colpo un nome di grazia (l, 28 ) , perché « ha trovato grazia » (l, 30 ). Qui Gesù cresce in grazia, non tanto per lui quanto piuttosto per il popolo, di cui è il Salvatore (2, 40 . 52 ). Esaminiamo i tre assi di relazioni : - contrari (AB) e subcontrari (BA), - contraddittori ( AA., BB ), - correlativi (AB, BA). l. L'oPPOSIZIONE DEI CONTRARI AB (Gerusalemme-Nazaret ) è manifesta. Per Gerusalemme , luogo del tempio ( l , 27 .3 7-46 ) e della legge ( 2 , 22 .23 .24 ) , il compimento della grazia arriva da Nazaret, ove Gesù è stato concepito (l, 3 1 -38) secondo la grazia ( l, 2 8 .30). E tale venuta del Signore, che provoca una rivoluzione sociale con capovolgimento dell'alto e del basso secondo il Ma­ gnificai ( l, 5 1 -5 3), comporta anche un capovolgimento delle ge­ rarchie topografiche. La legge è compiuta per superamento, quan­ do è Cristo a venire a compierla nel tempio. Di qui tutte le tra­ · sposizioni che abbiamo visto : non più sua Madre è purificata , ma la stessa Gerusalemme. Non il « primogenito » (2 , 7 .23 ) è riscattato, ma il popolo di Dio, perché la sua venuta è « la reden­ zione di Gerusalemme » (2 , 38 ) . Colui che viene dal basso è la « gloria d'Israele » suo popolo e la « luce delle nazioni » ( 2 , 32 ). Contemporaneamente Betlemme è stata promossa « città di Da­ vide », quando Gesù vi è nato ( 2 , 4 . 1 1 ), rubando in qualche modo questo titolo proprio di Gerusalemme. Quando Gesù adolescente ritorna a Gerusalemme, salendo ·da Nazaret dove è tornato, la rompe con l'usanza che richiedeva il suo ritorno in compagnia dèi genitori e rimane nella città, per manifestare che la casa del Padre suo è il suo posto . Egli confe­ risce al tempio la pienezza, di cui l'aveva riempito in occasione della sua presentazione (2 , 23 .32 : nel senso spiegato). Ma questo luogo non è che una figura provvisoria di un aldilà di Gerusalem­ me, di quella che sarà chiamata successivamente la « Gerusalemme celeste », il ritorno al Padre, che Gesù evoca (2, 49) e che passerà Spirito, manifestato tanto chiaramente dal cambimento tra 2, 21-24 (legge) e 2, 25-27 {Spirito).

318

Luca 1-2

per i tre giorni (2, 46 ) della morte (2, 46.48 : l'angoscia mortale di Maria c 2, 3 5 , la profezia della spada ). Nell'umiltà del luogo di grazia ( Nazaret) si conclude l 'umile topografia dell'infanzia , sotto il segno della grazia (2, 52). 2. Il registro inferiore dei subcontrari (B: l 'ombra della morte e A: Betlemme ) non è esplici tato a Betlemme ( ciò che si sarebbe ·veri­ ficato , se Luca avesse riportato la visita dei magi pagani secondo Mat­

teo 2 ) . Egli tratteggia soltanto questa relazione per il fatto che i pa­ stori , immersi nella notte vigile dei poveri ( 2 , 8 ), fuori della città (l, 8L sono i primi ad esser colpiti dalla luce (2, 9), nel luogo della povertà iniziale di Davide, divenuto per trasposizione (Le 2, 1-4) il luogo di Cristo . Essi annunciano questa luce per l'ammirazione di tutti (2 , 1 8 ) , e Luca li presenta come tipi dei pastori della Chiesa (poime­ nes: 2 , 8.15. 1 8.20; cf Ef 4, 1 1; At 20, 29 e Gv 10 , 1 1 .14- 1 6; Eb 13, 2 0; l Pt 2 , 25 ). Questo vocabolario concertato è messo bene in luce da A. Serra (Sapienza, 1 982 , pp. 220-221 ). Nei posti dei contraddittori:

3. AA: GERUSALEMME-BETLEMME: i riti della legge sono espli­ citamente situati solo a Geru salemme, ed è senza dubbio per questa ragione che la topografia della circoncisione ( normalmente eseguita a Betlemme ) è occultata ( atopia ), con accom pagnamento del ri tornello del compimento, che collega questo versetto e questo rito alla sequen­ za Gerusalemme (2, 2 1 -2 2 ). Troviamo qui la spiegazione d 'un'ambi­ gu ità , che ha disorien tato mol ti esegeti ( p . 265 ). Ragioni storiche �ndu rrebbero a situare 2, 21 nella sequenza di Betlemme; le ragioni letterarie e semiotiche concordano nel collegare tale versetto con la sequenza successiva : Gerusalemme ( nota fuori testo, p. 265: con­ clusione ) . 4. BB: NAZARET-OMBRA DELLA MORTE, i l vill aggio insignificante e marginale della Galilea è scelto per grazia ( l , 26-30). È possibile che anche la Galilea frontaliera sia per Luca un simbolo delle nazioni, che riceveranno la luce, come l'esplicita Mt 4, 1 5-. 1 6: « La Galilea dei pagani , il popolo delle tenebre ha visto una grande luce». I poli correlativi sono parimenti ricchi di significato:

5. AB: GERUSALEMME-OMBRA DELLA MORTE. Qui si inscrive la relatività di Gerusalemme, secondo Luca . La capi tale è rischiarata da una luce che viene da altrove : dal Messi a concepito a Nazaret e nato a Betlemme. Gerusalemme, collocata sotto la legge, è illuminata dal Messia ( 2 , 32 ), ma Gesù non vi rimane. Egli abbandona Gerusalem me e il tempio ( 2 , 40.5 1 ) dopo avervi portato purificazione (2, 22 ), con-

Studio semiotico

.319

solazione (2, 25) e redenzione (2, 29). Per questo la salita verso Geru­ salemme non è la fine di Luca 1-2, che termina con la discesa ( la kenosis) del Figlio di Dio . La luce si ritira ai margini, prima di mani­ festarsi alle nazioni . Su questo asse verticale Gerusalemme-ombra della morte bisogna situare anche la passione di Cristo, predetta da Simeone e annunciata tipologicamente dall'episod io del ritrova mento . Gerusalemme sarà il luogo della contraddizione e della spada ( 2, 34-3 5 ), dei « tre giorni » (2, 46) della morte di Cristo (2, 32) per la salvezza delle nazioni (l, 78-79 ). 6. BA: NAZARET-BETLEMME son due luoghi di valore a causa di Cristo, concepito nella prima, nato nella seconda. Son due luoghi di umiltà, a differenza di Geru salemme e delle ombre della morte , ove si si tua il regno glorioso di Cesare Augusto ( 2, 1-2) e del suo soste­ ni tore Erode ( collocato a Gerusalemme nella prima sequenza gerosoli­ mitana, l, 5 ). Qui si leva l'« astro venuto dall 'alto » {1, 78, da con­ frontare con 2, 9 e l, 35b, ove Gesù è identificatb con la gloria che irradia di Es 40, 35b )

.

La modalizzazione: essere-apparire I 1 quadrato classico essere-apparire manifesta bene una dimen­ sione essenziale di Luca 1 -2 : la ri velazione progressiva de1l 'essere di Cristo, dal segreto alla manifestazione della vita pubblica (Le 3 ). Verità

Segreto

'

Essere

(

Non-apparire



-----

Apparire

� � Non-essere

(

Menzogna

(Falsità)

Questo quadrato coincide pa rzial mente col precedente _> ( 2 , 25), vale a dire della venuta di Dio. La povertà sembra abbandonata, schiacciata dalla dominazione dei ricchi e dei potenti assisi sui loro troni ( l , 51-53 ). È la situazione tragica di quanti dicono noi nel Benedictus: essi sono ancora alle prese coi loro « ne­ mici >> che li odiano ( l , 7 1 .74 ). I pas tori vegliano nella notte, senza ripa ro nei campi (2, 8 ). Simeone attende la manifestazione divi na alle soglie della morte ( 2 , 26 ). Tale tensione, la tensione della speranza e del « non ancora » è correlativa alla reofania escatologica, che l'adem­ p ie . 6 . La co rrelazione teofania-non-povertà ( A8 ) raffigura l'altro polo della storia della salvezza : non più la lunga attesa dei poveri prima della manifestazione di Dio, nel paese occupato da una potenza stra­ niera ( 2 , 1 -2 ; cf l , 5 ), ma l'escatologia. La teofania glorificante, che annulla gli aspetti dolorosi ( disforici ) e opprimenti della povertà : gli u mil i sono es alt a ti ; gli affamati son colmati di beni ( l , 5 1-53 ). Tale affer mazi one profetica del Magnificai, annunciata all'aoristo ( passato ), prospetta con sicurezza un futuro non realizzato come se fosse già pre­ sente. Essa anticipa l'escatologia in via di compimento. Questo è p re­ figurato anche dalla glo ria, che avvolge i poveri pa stori (2, 8 ) . È un

Studio semiotico

325

segno di salvezza ( 2, 1 1 ) e di pace ( 2, 1 4 ) quel che Dio concede agli uomini che am a ( 2 , 14 ). La prospettiva escatologica di luce e di gloria cantata da. Simeone va nello stesso senso .

Sotto questa forma il quadrato era insufficiente dal pu nto di vista dell'analisi propriamente semiotica , che è strettamente lo­ gica . Il difetto principale consisteva nel legare il polo glorioso, Dio, alla sua manifestazione, che si rivela lungo il percorso del quadrato e non al suo termine. Gloria-umiltà

Questa ·eliminazione della manifestazione ( -fania), che dipende dalla sovramodalizzazione essere-apparire , conduce al quadrato seguente : A

B Umiltà

( povertà)

8 Non-umiltà

( non-povertà )

A Non-gloria ( non-ricchezza )

Il termine gloria ( dox a) figura in buona posizione in Le 2 , 9. 1 4 .32 per manifestare precisamente l a gloria di Dio . E noi sap­ piamo che gloria è uno dei termini più significativi per indicare Dio nell'Antico Testamento . Questo qu adrato coincide in qualche modo col p rimo : legge­ grazia, perché dice sottomissione , umiltà, obbedienza di Gesù bam­ bino ai suoi genitori ( 2, 5 1 ) ; - GRAZIA significa l'amore, il dono di Dio , e la grazia di Dio irradia in gloria ( Le 2 , 9 . 32 ). La continuità tra grazia e gloria è patente in teologia biblica e nella teologia classica . - LEGGE

Allo stesso modo possiamo collegarci con la modalizzazione e apparire : la gloria ( manifestazione di Dio) si colloca infatti dalla parte dell'apparire, e la povertà dalla parte de Il' essere ( nascosto, segreto ). Luca 1 -2 è la manifestazione della gloria di­ vina nell 'umiltà umana , di modo che la gloria è temperata, senza clamore né trionfi umani . In questo senso umiltà-gloria si spinge

essere

.326

Luca 1-2

più avanti che legge-grazia, che rimane sul piano dell ' obbligo e del dono . Questo nuovo quadrato offre la chiave d'un livello onta­ logico ancora non esplicitato astrattamente in Luca 1-2, ma che determina il significato e il concatenamento degli atti e dei segni del racconto. Gesù sembra figlio di Giuseppe 3 e cosi figlio di Davide, ma è in real t à Figlio di Dio. La g lo ria di Dio abita in l ui e l o designa ( 1 , 35, con riferimento a Es 40, 3 5 ) , ma segret amente . I pastori saranno condotti d a lla manifestazione della glori a ( 2 , 9 ) all 'umiltà della greppia ( 2 , 1 5 ). Ge sù riempirà il tempio della gloria escato­ logica ( 2 , 32 ), ma in forma di bambino muto . Egli si dichiarerà nel tempio ( 2 , 49 ), ma senza niente che superi la sua condizione e la sua umiltà di fanciullo, a cui infine tornerà ( 2 , 5 1 : . discesa e sottomissione ). Vediamo come si verificano gli assi del quadrato : - Asse dei contrari.

l. AB : Gloria ( 2 , 9 .32 ) e umiltà ( l , 48 .52 ), ricchezza e povertà ( l , 53 ) sono evidentemente contrari, ma tutto il paradosso del qua­ drato sta nel fatto che questa contraddizione è annullata in Cristo :

la gloria di Dio si manifesta nell'umiltà umana. Siamo di fronte a un paradosso che sorprende la logica e fa traballare i modi ordinari della semiotica, perché il vangelo esprime una novità inaudita : una ricon­ ciliazione di ciò che sembrava contrario, e in questo sta propriamente la sua sfida . . La contrarietà fra ricchezza e povertà è evocata con particolare rilievo nel Magnificai, ove viene detto che Dio innalza i poveri e ab­ bassa i ricchi ( l , 5 1-53 ).

2. La contrarietà tra non-gloria e non-povertà ( AS ) implica lo stesso paradosso : tra gli orgogliosi confusi (privati della loro falsa gloria ) e i poveri colmati, strappati al negativo della povertà. La rivo­ luzione del Magnificai annulla correlativamente le privazioni della povertà e la falsa gloria dei ricchi e dei superbi. In questo senso Dio non è apparentato ai ricchi, ma ai poveri di questo mondo. 3 IL CONTRASTO ESSERE-APPARIRE esplode nella genealogia, ove Gesù ritenuto ( ... apparire) figlio di Giuseppe » - è manifestato come Figlio di Dio dalla voce del Padre alle soglie stesse della genealogia, nonché da un collegamento lineare con Dio creatore, da cui procede Adamo, creato a sua immagine. Ques ta inclusione sottolinea simbolicamente che Cristo non ha altra origine umana al di fuori di Dio stesso, al di là del « si riteneva ».

- > (M t 5 , 3 ; Le 6 , 20). Questa valorizzazione dei poveri non è pauperismo , miserahi­ lismo, esaltazione della miseria o compiacenza masochistica, né rivincita violenta , ma compimento del valore intimo dei senza­ avere, senza-potere, senza-sapere, secondo il dono e la potenza e la luce di Dio, che non è quella dei sapienti e dei dotti ( cf Le l O , 2 1 -22 ). I crescendo teofanici di Luca 1 -2 vanno dalla rivelazione an­ cora mediata (angelica ) e minore, fatta nella gloria del tempio ( Le l, 1 1 ) , alla teofania principale, che comincia a Nazaret in Galilea ( teofania fondamentale ) per manifestarsi di progressione in progressione nel tempio di Gerusalemme, senza niente che distingua il Cristo Signore dalla coorte dei poveri ( 2, 24 ), al di fuori della sua certezza d'essere Figlio del Padre ( 2 , 49 ) e della « sapienza >> aureolata di grazia , che comincia discretamente a irradiare da lui ( 2 , 40.52 ) nell'umiltà di Nazaret. Il Messia Si­ gnore condivide la condizione del popolo dei poveri , primi desti­ natari della salvezza , perché la salvezza è donata loro e a quanti loro somigliano ( Le 1 0 , 2 1 -22 ). Questi percorsi sono apparentemente sottili. Essi sono perce­ piti e vissuti faci lmente da quanti - al seguito di Francesco d'As­ sisi , inventore dei presepi , e del suo discepolo Antonio da Pa­ dova , predicatore di questo mistero - comunicano col Natale , con quest'umile infanzia di Cristo-Salvatore, di Cristo-Signore, e col­ gono nella sua infanzia l'ombra prefigurativa della sua passione . Luca propone questo simbolo nelle tre scene del capitolo 2 : - Natale, ove la mangiatoia e i pannolini prefigurano la tomba di Le 2 3 , 53 ( vocabolario analogo ). - Presentazione, ove Simeone predice la gloria (2, 3 2 ) con le contraddizioni � le divisioni e la spada di dolore ( 2 , 34-3 5 ) . - Ritrovamento, ove questo dolore colpisce già Maria con un segno anticipatore dei « tre giorni » della morte, mentre Gesù

Studio semiotico

.329

prospetta il futuro assoluto del passaggio alla gloria del Padre ( 2 , 49 ), prima di ripiombare nel la sottomissione e nella discesa a Nazaret ( 2 , 5 1 ). Conclusione

DALLA LEGGE ALLA GRAZIA MEDIANTE LO SPIRITO Bilancio semiotico di Luca 1 -2

Possiamo riassumere in termini semplici il bilancio di questo lungo studio semiotico e dei quadrati che ne esplorano la radice ? Il movimento costante di Luca 1 -2 è il superamento d'un pro­ gramma ordinario e terreno ( liturgia di Zaccaria : l , 8 ; fidanza­ mento di Maria in l , 26-27 , suo viaggio in l , 3 9 ) mediante un programma divino soprannaturale , e ciò in ogni sequenza . Ciò che è vero di ogni sequenza , è vero anche per i grandi movimenti , che sono tre. Questo è il complemento principale, che l a semio­ tica apporta al nostro studio su lla dinamica di Luca 1 -2 ( sopra, pp. 90- 1 2 6 ). l . Nel capitolo l , Zaccaria e Elisabetta appaiono inizialmente come dei modelli secondo la legge ( l , 4-5 ) . E tuttavia tale per­ fezione non riesce loro pienamente . Se essi sono liberati dalla loro sterilità , Zaccaria è colpito da mutismo nello stesso tempio ( l , 2 0 ) e Elisabetta rimane nel silenzio, che prolunga la sua ver­ gogna pur già superata ( l , 25). Lo Spirito Santo , promesso in l , 15, li condurrà alla pienezza . Egli non riempie solo Giovanni Battista , come era stato promesso in l , 1 5 , ma riempie simulta­ neamente Elisabetta ( l , 4 1 ) e poi Zaccaria in l , 67 , con espres­ sione carismatica per ognuno dei tre : movimento gioioso del bambino, espresso in termini di danza ; parole profetiche di Eli­ sabetta ( l , 42-45 ) e di Zaccaria ( l , 67-68 ). Questo triplice dono dello Spi rito fa seguito alla sua venuta su Maria (l , 3 5 ) , figura della grazia ( i , 28-30) annunciatrice della grazia del suo Figlio ( 2 , 4 1 . 52 ), che realizza la presenza escato­ logica di Dio in mezzo al suo popolo sotto una forma nuova e inaudita: la generazione del Santo , del Figlio di Dio ( l , 35b ). Il movimento va indubbiamente dalla legge allo Spirito , isoto­ pico del la grazia ( l , 28 .30 = l , 3 5 ) , da cui derivano l , 4 1 e l , 67 secondo la promessa di l , 1 5 .

Luca 1-2

330

2 . In 2 , 1 2 l la nascita di Gesù a Betlemme, luogo messianico , non è più programmata dalla legge di Dio, ma dalla legge dell 'im­ peratore, divinizzato sotto il nome di « Augusto » ( 2 , l ) : una legge civile, estranea, che non viene da Israele ma da Roma ( 2 , l ) e dalla Siria ( 2, 2 ) , dalla terra dei pagani e quindi dalle « tene­ bre » e dall'« ombra della morte » ( l , 79 ) . Ma tale legge cieca programma la nascita di Cristo (- Messia == Unto = Re = figlio di Davide ) nella città di Davide ( 2 , 4.1 1 ). Il cielo si apre ( 2 , 9-1 5 ) . Alla grazia di l , 28.30 succede la gloria di 2 , 9 . Essa avvolge i pastori , che ricevono la rivelazione del Salvatore-Cristo-Signore ( 2, 1 1 ). Coloro che erano nella notte ( 2 , 8 ), appannaggio dei pagani ( l , 79 ), sono avvolti dalla luce divina (isotopo della gra­ zia e dello Spirito ). Si tratta di un dono gratuito di Dio, di un'ispirazione, del Vangelo stesso che arriva ai pastori. Essi rico­ noscono la gloria nell'umiltà stessa della mangiatoia e diventano pastori della buona novella ( 2 , 1 0 . 1 7- 1 8 ). ·

-

3. Nell'ultima tappa, le due scene del tempio ( 2, 2 1 -52 ), è presente un passaggio dalla legge alla grazia. Nella Presentazione, Gesù sotto la legge ( menzionata tre volte in 2 , 22-24 ) è manifestato tipologicamente mediante la legge stessa ( 2 , 23 ) come il Santo la cui venuta è purificazione ( 2 , 22 ), consolazione (2, 25 ) e redenzione d'Israele ( 2 , 3 8 ). Mediante lo Spirito ( menzionato 3 volte ) Simeone riconosce in lui « la sal­ vezza, la luce delle nazioni e la gloria d'Israele ». Gesù procura al tempio l'irradiamento di Dio stesso, annunciato da Isaia e dai profeti ( 2 , 29-3 2 ) . In questa scena la legge ( Lv 12, ripreso in Le 2 , 22-24 ) e le profezie di Simeone e di Anna ( 2 , 25-39 ) ren­ dono successivamente testimonianza al Cristo del Signore ( 2 , 26 ), a questo bambino che è contemporaneamente il Signore ( 2, 1 1 ) e il Santo ( 2 , 24 ). L'ultima scena trascende le altre. Gesù si reca a Gerusalemme secondo il programma dell'« usanza » ( 2 , 42 ) e della stessa legge, che era formale a questo riguardo, ma là si affranca dai genitori . Egli si separa d a essi e annuncia con un gesto profetico la sua appartenenza al solo Padre, cui farà ritorno con la passione , attra­ verso i « tre giorni » della sepoltura ove lo si « cercherà ». Egli fa la sua prima autoconfessione di Figlio del Padre, ma tale apo­ teosi finisce nell'umiltà, nell'umiltà dei genitori che non com­ prendono, nell'umiltà di Gesù stesso, che dopo aver disobbedito .

Studio semiotico

33 1

per tre giorni torna alla sottomissione quotidiana, all'abbassa­ mento di Nazaret , ove cresce sotto il segno della « grazia » ( 2 , 5 2 ; cf 2 , 40 ). Questo termine « grazia » conclude Luca 1 -2 , cosl come aveva aperto la sequenza iniziale e principale dell'annunciazione ( l , 2 8 . 3 0 ) . Su Gesù e in Gesù risiede la grazia di Dio , che sarà diffusa e comunicata nel resto del vangelo. L'abbassamento di Nazaret si collega a quello della greppia . Due modalità �onferiscono a questa dinamica tutta l a sua por­ tata : - L'essere trascendente del Figlio di Dio, indicato fin dal pun­ to di partenza al futuro ( l , 32-35 ), si manifesta con delle teofanie ( Annunciazione, Visitazione, Natale, Presentazione al tempio ). Nell'ultima Gesù stesso esprime il proprio essere e la propria missione di Figlio di Dio. Si va dall'essere all'apparire che si dispiegherà pienamente nel seguito del vangelo. - Queste teofanie dell'infanzia ( manifestazioni di Dio in Gesù Cristo ) sono prive del clamore della gloria umana . Esse si veri­ ficano nella povertà, con cui il Figlio di Dio Signore s 'identifica. Così si afferma fin dal punto di partenza l'insondabile novità della rivelazione evangelica .

Parte II MATTEO 1 -2

La memoria cristiana ha fatto una sintesi spontanea di Matteo e di Luca . I presepi ci mostrano i pastori e i magi . Ma Matteo ignora i pastori e la greppia, e Luca ignora i magi e i loro doni . Si m isconosce fino a che punto Matteo 1-2 e Luca 1·2 sono diversi . Occorre quindi fare un'esegesi di Matreo prima di affrontare la storicità dell'infanzia di Cristo.

I CRITICA TESTUALE 1

Quanto alla critica testuale, il problema che ha fatto versare più inchiostro è la variante relativa alla verginità in l , 1 6 . Tre lezioni sono attestate a diversi gradi alla fine della genealogia. è

lo « Giuseppe, l'uomo di Maria, dalla quale fu generato Gesù, che chiamato Cristo » ( la quasi totalità dei manoscritti, versioni e cita­

zioni ) .

2° « Giuseppe , a cui la sua fidanzata, l a Vergine Maria, generò ( o partorì ) Gesù Cristo ». Questa lezione è attestata da un piccolo gruppo di manoscritti (- e il gruppo Ferrar ). Essa intendeva soltanto sottolineare che Gesù appartiene a Giuseppe nel senso precisato dalla pericope successiva di Matteo ( 1 , 1 8-25 ). Secondo la mentalità di al­ lora, in base alla quale una donna generava « per suo marito » ( come attesta Le l, 1 3 ) , la lezione vuole precisare che Maria genera un figlio, che appartiene al capofamiglia, confermato da Dio stesso ( l , 2 0 -2 1 ). Ma tale lezione malagevole non era priva di incoerenze, da cui i copi­ sti si trassero fuori con una terza lezione. 3° « Giuseppe, a cui era fidanzata Maria, la Vergine, generò Gesù che è chiamato Cristo » (versione siriaca sinaitica). Si è voluto fare affidamento su quest'ultima lezione come testimo­

ne del testo primitivo, « Giuseppe generò », conforme ai presupposti razionalisti. Essa si avvaleva di una verosimiglianza storica, perché la genealogia conservata a Nazaret o nella famiglia di Gesù ( un clan numeroso, che ha dato a Gerusalemme i suoi due primi vescovi ) pre­ sentava necessariamente Gesù come figlio di Giuseppe, essendo il segreto della sua nascita rimasto tra Giuseppe e Maria ed essendosi diffuso solo come una vaga voce, senza essere archiviato .

l S. E. LEGG, Evangelium secundum Mattheum, cum apparatu. critico novo pienissimo . . . , Oarendon Press , Oxford 1940: l, 16 (edizione con pagine non numerate).

336

Matteo 1 -2

Questa lezione, oltre ad essere un'evidente corruzione del testo (e più precisamente della seconda lezi one ), evita in ogni caso di chia­ mare Giuseppe « sposo di Maria >> ( come faceva la prima : « Giu seppe , l'uomo di Maria » ) e dice quest'ultima soltanto (< fidanzata » ( nello st es so modo pa rados s ale di Luca 2, 7: sopra, p. 2 8 ). Inoltre continua a designarla come vergine. « G iu seppe generò » si presenta come una lezione facilitante (che le regole della critica invitano a scartare ). Dopo 39 r i pe tizioni del verbo « generò » per ogni generazione, lo scriba era portato a ri p e te rl o una quarantesima volta. Ci dispensiamo perciò dal descrivere il processo che ha dato vita alle lezioni imbarazzate, ben studiate da Lagrange (Matthieu, 1 927, pp . 6-8 ) e da R. E. Brown (Tbe Birth, pp . 62-64 ), i quali concludono identicamente : anche la versione siriaca-sinaitica non intendeva il ter­ mine generò « in senso biologico », cosa che contraddirebbe il segu ito del testo, ma « in termini di pa tern i t à legale » (p. 64) 2 • Questi due autori importanti, dalle tendenze così diverse , ritengono la prima lezione a ttes tat a dalla quasi totalità dei manoscritti e s pieg a no le altre come due stadi della corruzione dovuta ai cop isti.

2 M. J. LAGRANGE, Matthieu, ed . 1927, pp. 6-8 ; B. M. METZGER, On the Cita­ tion of Variant Readings of Mt 1, 1 6 , in ]ourn. Bibl. Lit. 77 ( 1 958) 36 1-363 , e The Text of Matthews l, 16, in Studies in N.T. . . . Essays in honor of Allen1 P. Wikgren, Brill , Leiden 1972, pp. 16-24; R. E. BROWN, The Birth, 1977, 62-64 ; P. BoNNARD, Matthieu, 1963, p. 17 constatava già il « consenso interconfessio­ nale » sul testo tradizionale. Aggiungiamo che, se si accetta la lezione: Giuseppe generò Gesù, la genealogia diventa incoerente e il seguito completamente con­

traddittorio.

II CRITICA LETTERARIA

A . COMPOSIZIONE

L'analisi letteraria più acu ta è stata quell a proposta da A . Paul, L'Évangile de l'enfance selon saint Matthieu, Cerf, Paris 1 968, che divide le pericopi in due gruppi rispondenti ai due capitoli. I . GENES I di Gesù in Matteo l : l , 1 - 1 7 : Da chi deriva Gesù ? Sua genealogia. l , 1 8-25 : Il come di questa ge ne si ( primo sogno di Giu seppe ) .

I I . MANIFESTAZIONE di Gesù in M at teo 2 : 2 , 1 - 1 2 : La visita dei m agi ( lo e pisod i o d ' Erode ). 2 , 1 3- 1 5 : La fuga in Egitto ( 2° sogno di Giuseppe ). 2, 1 6- 1 8 : Strage degli i n nocen ti ( 2° e pisod io d'Erode). 2, 1 9-23 : Ritorno d al l ' Egit to a Nazaret ( 3° e 4° s ogno di Giu­ seppe ). Matteo l si presenta come u n dittico . Ognuna delle due peri­ copi comincia con il ti t ol o « Gettesi di Gesù Cristo » ( l , 1 . 1 8 ) . Questo termine desta sorpresa alle soglie d'una genealogia. Cosi la Vo lga t a ha trado t to : Libro della generazione. Ma a ge ner az ione corrisponderebbe gennesis ( con due nn ), mentre è genesis che Ma tt eo ripete all 'inizio delle due pericopi : Libro della GENESI DI GEsù CRI STO ( 1 , 1 ). Ecco quale fu Ja GENESI DI GESÙ CRISTO ( 1 , 1 8 ) 3. 3 � TRADUZIONI

sono molto diverse : Bible de Jérusalem (con ragione ). « Origines )) ( A. PAU L, Matthieu, 1968, che precisa bene nel testo, ivi : Li vre de la genèse )>). «

�c

Genèse

»:

Matteo 1 -2

338

Ciò significa che il vangelo è un nuovo inizio, un libro della genesi, come il primo libro della Bibbia conosciuto sotto questo nome , secondo la traduzione greca dei LXX, ove il termine genesi conclude il racconto della creazione : Gn 2, 4a : Tale è il libro della GENESI del cielo e della terra.

Cf 5, 1 : Ecco il libro della GENESI d'Adamo.

Gesù-Messia realizza la nuova creazione promessa dai profeti per i tempi escatologici. Dio, padrone della storia, inaugura il tempo del Salvatore e della salvezza . Matteo 2 è composto di sequenze più brevi, in cui si alternano : - Erode, da una parte ( 2 , 1 - 1 2 e 1 6- 1 8 ), - Giuseppe, guidato dall'angelo in sogno, dall'altra parte ( 2 , 1 3- 1 5 e 19-23 ). · Le osservazioni letterarie salienti sono queste: Il racconto suggerisce un'analogia tra Giuseppe , il padre adot­ tivo di Gesù , e Giuseppe il patriarca: l'uno e l'altro sono figli di Giacobbe ( Mt l , 1 6 ), l'uno e l'altro hanno dei sogni e sono esiliati in Egitto da minacce di morte 4 • Le due serie di episodi relative a Erode , da un lato, e a Giu­ seppe, dall'altro, sono analoghe per stile e struttura . Esse si sal­ derebbero molto bene, se si unissero invece di farle alternare come segmenti. Ciò potrebbe esser l'indizio, se non di due fonti, perlomeno di due tradizioni incentrate rispettivamente sui due personaggi. Il lavoro coordinatore di Matteo è segnalato dalla ripresa di termini-chiave da un episodio all'altro. Come regola pressoché generale l'ultimo termine di ogni episodio è ripreso all'inizio dell'episodio successivo :

« Livret d'Origine » : LAGRANGE, Matthieu, 1927, p. 19. « Livre généalogiqut1 » : P. BoNNARD, Matthieu, 1963, p. 13. Ma a p. 15 dice bene: « Livre de la genèse ,. , secondo il senso letterale. « Généalogie de ]ésus Christ ,.: E. OsTY, p. 2091, e già Crampon. « The Birth Record of ]esus Christ ,.: R. E. B ROWN , The Birth, p. 57. « Table de� origines de ]ésus Christ •: traduzione liturgica. « A Record of the Origin •= A. GLOBE, Matthew, 1982, p. 13 . « Voici comment ]ésus Christ est Fils de David •= P. DE . BEAUMONT, 1250. 4 H. C. WAETJEN, The Genealogy, in ]ourn. Bibl. Lit. 95 (1976) 225-226.

339

Critica letteraria

l . La prima pericope comincia con le parole : Libro della genesi di GEsù CRISTO,

e finisce con : GESÙ, che è chiamato CRISTO (1, 16).

Il termine CRISTO ritorna nel versetto 1 7 ( ricapitolativo ): « Quattordici generazioni dalla deportazione di Babilonia a CRI· S TO » .

2. La seconda pericope ( 1 , 18-25 ) comincia: Ecco quale fu la genesi di GEsù CRISTO.

Matteo vi precisa perché il titolo di Cristo è dato la conclude con queste parole :

a

Gesù e

Gli diede il nome di GESÙ.

3 . La terza pericope (2, 1-12 ) comincia con questo stesso termine : GEsù, essendo nato a Betlemme nella Giudea ... , e

finisce cosl : Essi JtiPAllTillONO (anechoresan )

4. La quarta pericope (2, dj aggancio : Es s ENDO e

UPARTITI

per

il loro paese.

13-15) comincia con lo stesso termine

( o: dopo la loro partenza : anechoresanton),

finisce con : Vi rimase FINO

ALLA MOI.TE

DI

ERODE ecc.

5 . La quinta pericope, la strage degli innocenti (2, 16-18), comincia con queste parole: Allora ERODE, vedendosi giocato. . . e

finisce con una citazione biblica.

340

6 . La sesta e ultima ( 2 , 1 9-23 ) sembra fare eccezione a questo concatenamento verbale. Ciò potrebbe essere un indizio, assieme ad altri, che la pericope precedente ( la quinta ) sulla strage degli innocenti è un 'aggiunta tardiva , perché le prime parole dell a sesta e ultima pericope : Dopo la morte di EaoDE

riprendono letteralmente l'ultimo versetto della quarta pericope su1la fuga in Egitto : ·

Vi rimase

FINO ALLA

MORTE DI ERODE (2, 15).

Critica lelleraria

341

B. FUNZIONE DELLE CITAZIONI BIBLICHE

Altro elemento significativo della composizione letteraria : ciascuno dei racconti (cosa che esclude l a genealogia) finisce con una citazione biblica esplicita ( 1 , 23 ; 2 , 6 . 1 5 . 1 8 .23 ). La pericope dei magi fa eccezione solo a metà alla regola, per­ ché essa implica un reimpiego di Is 60, 6 e del Sal 72, 1 0-1 1 . 1 5 . Isaia 60 , 6

Matteo 2, 1 1

Tutti vengono da Saba portando oro e incenso . .

.

Salmo 72, 10-15 I re di Tarsis offriranno doni, i re si prosterneranno davanti a lui donando l'oro di Saba... ...

Essi gli offrirono oro, incenso e mirra.

Fonte? Essi gli offrirono oro, incenso prosternandosi adorarono. Gli offrirono oro...

...

Il reimpiego di questi testi nel corpo stesso del racconto ha potuto dissuadere Matteo dal ripeterli in forma di citazione alla fine della pericope . Egli ha riservato la citazione esplicita con la clausola solenne : « affinché si adempisse » a cinque testi biblici comportanti il termine figlio (C. Perrot , « Les exemples du désert ( l Cor 10 , 6- 1 1 ) » , in New Test. Studies 1 983 ).

Matteo 1-2

342

C. GENERE LETTERARIO

Il genere letterario di Matteo è meno vario di quello di Luca : una genealogia, seguita da racconti, ciascuno dei quali finisce con una citazione biblica, che giustifica l'evento sconcertante. Si è par­ lato in questo senso di apologetica, ma il termine è poco esatto . Matteo cerca una giustificazione per via contemplativa più che dimostrativa. A differenza di Luca definisce lui stesso il suo genere letterario : « GENESI » ( l , 1 . 1 8 ) , racconto delle origini, di questa nuova creazione ch }è la nascita di Cristo . Questa è la sua eti­ chetta . Essa caratterizza il primo capitolo. Potremmo discutere se si estende al secondo, ma la cosa ha poca importanza. Il mo­ dello dell'infanzia di Mosè secondo la letteratura ebraica ha potuto influire sul capitolo 2 , ma da lontano e in maniera niente affatto determinante 5 : un'allusione tra le altre, che presenta Cristo come ricapitolante la storia . Matteo 1 -2 è come Luca 1 -2 un racconto d'infanzia composto alla luce delle Scritture, ma in maniera esplicita , a differenza di Luca. Comunque, sia in Matteo che in Luca il midrash si capo­ volge : l 'evento-Cristo illumina le Scritture più di quanto le Scrit­ ture illuminino l'evento-Cristo. Come in Luca , i titoli del Messia e del Figlio di Dio ( 2 , 1 5 ) prevalgono sugli atti , perché il bam­ bino rimane passivo e silenzioso : più radicalmente in Matteo che in Luca, ove egli esce dal suo silenzio in occasione del ritrova­ mento ( Le 2, 49 ). Matteo, estraneo alle favole glorificanti degli apocrifi, indica soltanto che questa infanzia , minacciata di morte, prefigura la passione . Come Luca, ma in una prospettiva diversa, egli ha elaborato il suo genere letterario in continuità con la tra­ dizione per assumere la novità sconcertante di Cristo. Questi elementi dell 'analisi letteraria chiariscono l'ordine del discorso, la sua forma e la sua cornice , ma non ci fanno penetrare nell'organizzazione interna e nel funzionamento del senso, campo specifico dell'analisi semiotica, che sarà l'oggetto della nostra seconda tappa. s

MOSÈ, TIPO DI CRISTO IN MATIEO 1 -2? R . Bloch (vedi bibliografia) ha confron tato dettagliatamente l'infanzia di Gesù e l'immensa letteratura ebraica sull'infanzia di Mosè. Ma le analogie sono tenui e non hanno potuto svolgere alcun ruolo determinante su Matteo 2. Gli acco­ stamenti terminologici sono semplici allusioni e non hanno valore strutturante. Il ritorno dall'Egitto ( Mt 2, 15 ) ide n tifica Gesù col popolo d'Israele, ma non con Mosè ( Mt 2, 1 5 e più avanti, p. 429 ).

III ANALISI SEMIOTICA

A. DATI Non specificheremo qui i dati di significazione, che preparano l'ana­ lisi semiotica, come abbiamo fatto per Luca. Anzitutto perché li ab­ biamo ampiamente analizzati nelle Mélanges Cazelles 6, poi perché Matteo, più sempl_ice, non richiede tanti preliminari . Ricapitoliamo soltanto questi dati significativi. l. GRAMMATICA

- Il futuro delle profezie bibliche ( l, 23 ; 2, 6.23 : « Sarà chiamato Nazoreo » ) e gli ordini impartiti in sogno ( l , 2 1 : « Gli darai il nome di Gesù , perché egli salverà . . . »; e 2 , 1 3 , ove mellei indica un futuro immineqte ) programmano l'avvenire. Dio dirige la storia : da lontano con le predizioni profetiche ; da vicino con gli oracoli degli angeli, che sono anch'essi degli ordini. - L'egeneto, che introduceva enfaticamente gli eventi in Luca 1 -2 ( 1 4 volte ), è assente in Matteo 1-2. - Il soggetto dei verbi attivi è Giuseppe (e non Maria, a differenza di Luca 1-2 ) ; ma lo sono anche i magi e il re Erode, avversario di Cristo. 2. SPAZIO ( topologia)

Matteo si muove nell'atopia, senza menzionare alcun luogo. Il solo che compaia nel capitolo l è la cattività di Babilonia, espressione ripe­ tuta tre volte in l, 1 1 . 1 7 (due volte). Questo è il solo fondoquadro dell'origine di Gesù: la decadenza dinastica. Viceversa la topologia si affaccia all'inizio del capitolo 2 . Il primo versetto situa la nascita di 6 R. LAURENTIN, Approche structurale de Matthieu 1-2, in Mélanges Cazelles, 198 1 , pp. 383-416.

344

Mattco 1-2

Gesù « a Beùemme di Giuda ». L'ultimo (dopo la fuga in Egitto : 2 . 1 3- 1 9 ) lo situa a Nazaret, che Matteo sottolinea con una citazione bi ­ blica sconcertante : « Sarà chiamato Nazoreo » ( 2 , 2 3 ). La topografia di Gesù. ( Betlemme, Egitto, poi Nazaret) interferisce con quella di Erode, il re omicida che troneggia a Gerusalemme, e con quella dei magi venuti dall'Oriente. 3.

DuRATA

Il primo capitolo non ha altra datazione al di fuori della successione delle generazioni, con quella degli antenati-re completata dalla Bibbia . Ma l'annuncio a Giuseppe comincia nell'intemporalità ( l , 1 8 ), all'om­ bra del solo evento menzionato ( 1 , 1 7 ) della cattività di Babilonia , ove si estinguono i dati della cronologia regale. Il capitolo 2 li ritrova sul registro di un'altra regalità : « Ai giorni del re Erode >) (2, 1 ), poi alt1 sua morte ( 2 , 1 5 . 1 9 ) prolungata dall'avvento di suo figlio Archelao ( 2 , 2 2 ). I re erano allora infatti la misura del tempo e della storia . « I l re dei giudei », Gesù ( M t 2 , l ), inaugura u n nuovo tempo e una nuova storia. Il tem po dei re interferisce con « il tempo della stella » ( 2 , 7 . 1 6 ) riferito a Dio, padrone del tempo e dei profeti, che annunciano l 'avve­ nire alla fine di ogni sequenza. 4.

SocroLOGIA

Il principale dato sociale è ancora la regalità, che struttura la ge­ nealogia secondo tre serie : non-re, re, non-re, per sfociare nel Messia. termine che significa re (- unto, in ebraico come in greco) . Matteo 2 , 1 -2 esplicita l'opposizione tra - « il re Erode » - e « il neonato re dei giudei » (Mt 2 , 1 -2 ). Lo scontro re contro re comanderà tutto il programma narrativo. I magi d'Oriente, stranieri prestigiosi (2, l ), sono accolti con onore dallo stesso re. Matteo li evoca in riferimento al Salmo 72, 1 0 : « I re si prosterneranno e gli offriranno oro di Saba » . « I grandi sacerdoti e scribi del popolo » ( 2 , 4 ) sono consultati dal re. Il popolo appare qui nella loro orbita, ma riappare indipendente­ mente da essi in l, 21 e 2, 6 .

5 . L'AVERE compare solo nei ricchi doni dei magi , però compare anche in un senso genealogico : Giuseppe non vuole appropriarsi h posterità che viene dallo Spirito e non da lui ( l , 1 9 ) , ma un mandato celeste lo invita a « prendere » il bambino e sua Madre. Il verbo para/ambano, prendere, ricorre 6 volte in Mt l , 20.24; 2, 1 3 . 1 4.20.2 1 .

Analtsz semtollc:a

345

Categorie modali

6 . Il VOLERE omicida e astuto di Erode, ablle nell'utilizzare gli altri , è opposto al volere trascendente di Dio, che guida gli eventi dall'alto mediante profezie e sogni ammonitori. Anche la ricerca dei magi indica un volere : quello di rendere omag­ gio al Re-Messia ( 2 , 2 ). Giuseppe vuole ( eboulethe: 1 , 1 9 ) ripudiare Maria, ma obbedisce al volere contrario di Dio-destinatore. Per il seguito solo la sua ap­ prensione a rientrare nella « terra d'Israele » ( 2 , 22 ) testimonia una deliberazione propria. E il mandato divino s'accorda con la sua reti­ cenza motivata ( 2 , 22-23 ). 7 . Il DOVERE compare contemporaneamente in Giuseppe, il giusto, le cui decisioni sono regolate dalla giustizia ( l , 1 9 ) o dagli ordini dello stesso Dio.

8. Il SAPERE organizzatore di Matteo 1-2 è il sapere di Dio, che porta la « genesi » a termine a dispetto delle alee apparenti ( donne straniere o irregolari della genealogia ), dell'esilio e della persecuzione del Messia. Tutto ciò era predetto da lungo tempo nelle Scritture, di cui gli eventi rivelano la portata nascosta. Gli oracoli di Dio rimediano agli incidenti di percorso. Il sapere di Dio si prende gioco del re Erode, nonostante la sua abilità nello stabilire contatti e nel raccogliere informazioni, fino a identificare il Messia e a trovarlo correttamente. Anche la stella dei magi (segno celeste ) dipende da Dio, secondo la concezione del tempo. L. Legrand si è chiesto se la stella eli Matteo intendesse significare non il percorso d'un astro, bensl la manifestazio­ ne della gloria stessa di Dio (come in Le 2, 8-9 ) 7 • Il sapere che lo guida viene a Giuseppe da Dio, che correggerà la sua « giusta » decisione di lasciare Maria . Ma il sapere di Dio non è quello degli uomini, e cosl è per un'informazione terrena che Giuseppe esita a tornare in Giudea, date le notizie che ha « appreso » ( 2 , 22 ). Ciò obbliga Dio a inviargli un quarto sogno, che tiene con to della sua obiezione. Il sapere di Dio è regale e teocratico, ma si incontra con le realtà terrene. 9 . Il POTERE di Erode appare temibile e totalitario, abile e mani­ polatore in tutti i sensi del termine. Ma il potere di Dio (esercitato mediante i sogni inviati agli uomini di buona volontà) lo riduce a un'impotenza, che culminerà nella sua morte , menzionata con insii

384.

L. LEGRAND. Vidimus stellam, in C/erg)' Monthly (Ranchi ) 23 ( 1959 ) 377-

Matteo 1-2

346

stenza ( 2 , 1 5 . 1 9 .20 .2 1 ). Dio non agisce direttamente sugli eventi , bensl mediante gli uomini che informa e guida. Egli ha bisogno degli uomini. L'essere e il fare 10. L'E S S ERE del Messia, espresso anzitutto con la sua qualifica di figlio di Davide ( l, 1 - 1 7 .20 ; cf 2, 6 ) , è significato con tre specie di ti toli , che caratterizzano rispettivamente la sua umanità ( un bambino : paidion , con l'umiltà passiva che connota questo termine neutro, spesso ripetuto in Matteo 2 ), i suoi attributi messianici ( l, 23; 2, 5 .6 ; 2 , 23) e infine i suoi attributi trascendenti : Dio con noi ( l , 23) e Figlio di Dio ( 2, 15 ). Questa gradazione è importante. La trasformazione e la qualificazione degli altri soggetti risultano chiaramente dal racconto, segnatamente per Giuseppe, scelto per assu­ mere la relazione di padre, e per i magi, scelti per manifestare la regalità universale del nuovo « re dei giudei ».

1 1 . Il FARE e il far-fare hanno come soggetti i destinatari : quello terreno e quello celeste : · - Erode, industrioso, che utilizza sacerdoti , magi e soldati sul ter­ reno dei poteri di questo mondo ; - Dio onnipotente, ispiratore dei sogni, che conduce il gioco pre­ visto dalle profezie concludenti ogni pericope. A differenza dell'azio­ ne di Erode, esteriore, ingannevole ( 2, 8 ) e violenta ( 2 , 1 6- 1 9 ) , quella di Dio è interiore, informativa, ispiratrice della buona causa. Essa esclude il senso corrente del termine « manipolatore », volgarizzato dalla semiotica in casi del genere. 1 2 . Non specifichiamo altri aspetti accessori : notte e luce ecc. � attraverso questi contatti settoriali e a qualche altro che discerneremo il programma narrativo di Matteo. ·

Analisi semiotica

34ì

DATI PER LA SUDDIVISIONE SEMIOTICA DI MATTEO 1-2 La composizione letteraria è molto evidente. Formule di citazione Ogni pericope finisce ( salvo 2, 12) con una citazione biblica so­ lenne, in forma di ritornello:

l , 22: Affinché si adempisse ciò che è stato detto da parte de! Signore per mezzo del profeta, che dice (Is 7, 14) : « Una vergin� concepirà » . 2, 6 ( forma contratta ): Come è scritto per mezzo del profeta ( M ie 5 , 1 .3 ; completato da 2 Sam .5, 1 3 ). 2, 1 5 : Affinché si adempisse ciò che è stato detto da parte de/f Signore per mezzo del profeta, che dice: Dall}Egitto ho chiamato mio Figlio ( Os 1 1 , l ). 2, 17: Allora si adempi ciò che era stato detto dal profeta Ge­ remia ( Gr 3 1 , 1 5 ). 2, 23 : Affinché si adempisse ciò che è stato dett� dai profeti: Sarà chiamato nazoreo ( attualizzazione di Gdc 13, 5; forse combi­ nato con I s 4, 3 ). Formule studiate da G. M. Soares Prabhu, The Formula, 1976. Ad esse va aggiunto un riferimento informale in 2, 1 1- 1 2 al Sal 72, 10-1 5, che contribuisce a mettere a parte 2, 1- 12: la scena essenziale di Matteo 2. Dati principali

Per l'estrazione (- suddivisione) semiotica i dati essenziali sono gli stacchi o disinnesti (cambiamenti ) :

l. AziONALI : magi (2, 1-2); Erode (2, 1-8) e coloro ch'egli mani­ pola : sacerdoti ( 2 , 4-6 ) e magi (2, 6-7 ); Giuseppe ( 1 , 18-25 ; 2, 131 5 ) ; Erode e i suoi mercenari (2, 1 6-18); infine Giuseppe (2, 19-24 ).

2. ToPOGRAFICI (2, 1 .9.12.16.2 1 .22-23, a partire dall'atopia del capitolo l ) . 3. TEMPORALI: 2, 1 .3 (Gesù nato al tempo del re Erode), che ci fa uscire dall'anacronia precedente ; 2, 19 (dopo la morte di Erode ). Sogni e viaggi Questi dati manifestano un contrappunto ritmato e movimentato, che ognuno può scoprire e schematizzare. Si tratta di un'alternanza :

Matteo 1-2

·348

- Sogni-messaggi : 1 , 20; 2, 1 2 . 1 3 . 1 9.22 ( i messaggi di 2, 1 2 .22 sono in forma abbreviata ). - Viaggi : Per i magi : l'andata dall'Oriente a Gerusalemme ( 2 , 1 ) e il ritorno « per un'altra vi a >> ( 2 , 12) inquadrano la visita-chiave a Betlemme: 2, 9-12. Per Giuseppe: 2, 14-15, fuga in Egi t to, che anticipa profetica­ mente il ritorno in 2, 1 5 : « Dall'Egitto ho chiamato mio figl io )) ; e 2, 19-22 , il ritorno in due tappe. Il va e vieni dei soldati di Erode è menzionato solo in funzione del suo scopo sanguinario in 2 , 16 (ellissi ). Sei sequenze

Di qu i 6 sequenze di vario tipo : l . Genesi genealogica del Messia : ricapitolazione umana della storia della salvezza sfociante nella rottura di 1 , 1 6 ( M t l, 1 - 1 7 ) . 2 . Genesi del come della nasci t a del Messia: dimensione divina ( lo Spirito Santo, di cui la Vergine è il segno ) e di mens ione umana (l'adozione da parte di Giu seppe ) (1, 18-25 ). 3 . Viaggio dei magi a Gerusalemme, guidati dalla stella. I n te rfe­ renze del loro programma col programma omicida di Erode. Omag­ gio al re-Messia (2, 1-12). Ritorno. 4. Fuga di Giuseppe (guidato da u n sogno) in Egi tto: esilio del Messia (2, 1 3-15).

a

5. Ordine criminale di Erode e strage di Betlemme ( 2, 1 6- 1 8 ). 6. Morte di Erode, sogno, ritorno dall'Egitto, nuovo sogno, es i lio Nazaret ( 2 , 19-23 ) (cf pp. 368-373).

349

Analisi semiotica

B. SUDDIVISIONE

La suddivisione delle pericopi non ci tratterrà, perché coin­ cide con quella stabilita dall'analisi letteraria; la semiotica mette solo meglio in luce l'unità di ciascuno dei due capitoli e la loro progressione 8• La genealogia ( l , 1- 1 7 ) e il racconto della generazione di Cri­ sto sono due espressioni d'un medesimo dato centrale: Gesù è nato da11a razza umana : non da Giuseppe , reputato suo padre, ma da Dio solo, dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria. Queste due sequenze sono atopiche . Il secondo capitolo (Matteo 2 ) parte da Betlemme e finisce a Nazaret ( 2 , 2 3 ). Esso si conclude come il precedente ( l , 2 5 ) con un nome dato a Gesù ( 2 , 23 ). Tra Betlemme e Nazaret, le citazioni bibliche apparentemente stereotipe, che concludono le sequenze, non hanno niente di mec­ canico. La citazione conclusiva manca in 2 , 1 2 , alla fine della se­ quenza dei magi , presi tra la loro ricerca del « re dei giudei » ( 2 , 2 ) e il re Erode ( 2 , 3 ). La formula che introduce l 'ultima cita­ zione presenta delle varianti. L'ultima sequenza manifesta l 'anti­ programma di Erode e il duplice esilio del Messia, al sud e poi al nord, lontano dal trono di Davide . Tutto ciò punteggiato di sogni, in cui Dio si afferma come destinatore. Cerchiamo di cogliere il programma narrativo di queste se­ quenze e subsequenze finemente articolate, le cui simmetrie non hanno niente di meccanico ma traducono l'unità del senso .

8

Sui criteri e dati della suddivisione vedi nota fuori testo,

p�

347.

)50

Matteo 1-2 C. PROGRAMMA NARRATIVO

Ed eccoci in grado di analizzare a grandi tra t ti il programma di Matteo 1·2 . l . PRIMA DIFFICOLTÀ: GESù, .FIGLIC? DI DAVIDE? 1 . Genealogia

. Parlare di « programma narrativo » è improprio per la prima pericope, ove la « genesi » di Gesù non è espressa in forma di racconto , ma di genealogia. Questa catena di generazioni potentemente strutturata implica tuttavia un programma. Essa ricapitola in maniera pregnante la storia del popolo eletto mediante una discendenza, che va da Abramo a Cristo. Pone in maniera sorprendente un problema scandaloso che ha suscitato perplessità, fino a che l'evangelista ne trova la soluzione, proposta soltanto nell'ultima pericope ( l , 1 8l5 ). Vediamo come. Il programma strutturale della prima pericope è chjaramente posto nel primo versetto: Libro della genesi di Gesù ClusTO, figlio di DAVIDE, figlio d'Abramo (Mt l , 1 ).

Esso afferma anzitutto (come Mc l, l ) che Gesù è Cristo (Matteo non precisa ancora Figlio di Dio ), poi che è figlio di Davide , titolo essenziale per la speranza messianica (sopra, intro­ duzione, nota 2 ). Questo dato va situato nella cultura ebraica, ove le genealogie rivestono una grande importanza come fonte d'identità o di legit· timità funzionale per i sacerdoti e, a fortiori, per un Re·Messia. L'argomento che polarizza la genealogia secondo Matteo è che Gesù è figlio del re Davide ( l, 6 ), il fondatore della dinastia re· gale, i cui monarchi sono ricapitolati in l, 7· 1 1 . Davide aveva ricevuto la promessa del Messia ( 2 Sam 5-7 ; cf Is 7 , 1 4 ; Mie 5, l ecc. ). Il Messia era atteso come « figlio di Davide », ed è sotto questo titolo popolare ch'egli fu riconosciuto, invocato e accla­ mato dalle folle (sopra, introduzione, nota l ).

Analisi semiotica

35 1

Il primo versetto di Matteo ( l , l ) è una genealogia in breve, che risale da Cristo a Davide e ad Abramo, padre del popolo eletto, primo anello. Tale via di rimonta sarà quella di Le 3, 2338. Invece Matteo l 'utilizza solo per l 'enunciazione del program­ ma e ridiscende poi da Abramo a Cristo in 3 serie di 1 4 genera­ zioni , che conta con insistenza in l , 1 7 9 • La sintesi genealogica ascendente di M t l, l è quindi l'enun­ ciazione del programma narrativo, che sarà poi specificato dalla genealogia discendente (l, 2-27 ). Questo primo versetto riassume tutta la genealogia, partendo da colui che ne è il termine e l'essen­ ziale, Gesù Cristo, per poi risalire ai due anelli più significativi, Abramo , il punto di partenza, e soprattutto il re Davide, l'ante­ nato che .qualifica normalmente Gesù come Messia. La genealogia discendente procede secondo tre serie uguali e ritmate : 1° 14 NON-RE : da Abramo a Davide, fondatore della dinastia ( 1 , 2- 5 ) . 2° 1 4 RE : da Davide all 'esilio di Babilonia,. fine della dinastia ( l ' 6- 1 1 ) . ' . . . ' 3° 14 NON-RE : dall'esilio di Babilonia a Cristo ( 1 , 1 2-26 ) . l

Davide polarizza e struttura tutta l a genealogia: - Solo lui è qualificato con un titolo: quello di re ( l, 6 ). - Il suo nome è quello che ricorre di più : 5 volte nella genealogia; gli altri ricorrono 2 volte ciascuno, salvo Abramo ( 3 volte in l , 1 .2 . 1 7 ) e Giuseppe, che ricorre una volta soltanto al termi­ ne, che è anche il punto di rottura. - L'importanza di Davide è anche indicata dall'organizzazione in 3 serie di 14 anelli : questo è il numero di Davide (DWD) secondo il sistema ebraico, ove le lettere erano gli unici segni numerici : Daleth + W a\v + Daleth = 4 + 6 + 4 = 1 4 : il numero che ritma le tre sezioni della genealogia 10 • 9 Abramo, il cui nome è l'ultimo termine di questa genealogia ascendente ( 1 , 1 ), diventa subito il primo termine della genealogia discendente : « Abramo generò Isacco � ( l, 2). Egli gioca il ruolo di cerniera in questa composizione in forma di chiasmo. 1o GLI EBREI COLTIVAVANO IL SIMBOLISMO DEI NOMI (OasATTI, Saggio, 1980, .54-.5.5). Il Nuovo Testamento· è rimasto in questa corrente. Cosl l'Apocalisse 13, 18 gioca sul nome di Nerone: 666, segno d,impotenza della

Ma/leo 1 -2

352

Ma il programma così perfettamente organizzato per mostrare che Gesù è figlio di Davide e, quindi, Messia, sfocia in una rottura, che rende necessario un racconto esplicativo ( l, 1 8-25) . L a genealogia era progredita rigorosamente da generante i n generato, con ogni generato che diveniva generante dell'anello successivo : - da un generante non generato : Abramo 1 1 , - a due generati non generanti : Giuseppe e lo stesso Cristo. Ora , dopo 39 ripetizioni stereotipe del verbo generò , allorché ci si attendeva meccanicamente : « Giuseppe generò Gesù » , la catena. si spezza : il nome di Giuseppe non è seguito da un generò , ma da dieci parole greche d'estrema importanza, che comande­ ranno tutto il seguito : « Sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù che è chiamato Cristo ». Esaminiamole bene : l . Il fatto che Cristo, che conclude la genealogia, sia un ge­ nerato non generante non è di per sé significativo. La ragione

potrebbe consistere semplicemente nel fatto ch'egli era l 'ultimo anello, che non ha generato, o nel fatto che non ci si interessa alla sua posterità. Ma il vangelo, scritto molto tempo dopo la sua vita terrena, significa ch'egli non ha generato. Il Re-Messia ha lasciato questo mondo senza generare. Ciò è gravido di senso. Ciò significa che questo re senza regno, nato nella decadenza del trono, è un re successore, non dinastico né politico . S'egli non ha figli , lo si deve al fatto eh' egli instaura la regali tà su un piano nuovo, in rottura con le concezioni tradizionali. Quel bestia temibile. Vedremo il posto di questo simbolismo numerico studiando la storici tà delle genealogie. Non si tratta di storia antica, d'un fenomeno superat� dell'era mitologica. Freud s'è lasciato andare a speculazioni non meno sottili sui numeri ( > . Ma il versetto 25 scusa la giovane, se il fatto è

avvenuto in campagna , ove ella non poteva n é gridare, né chiamare ai uto ( 2, 25-27 ). Su questa base sono state date tre spiegazioni :

l . Giuseppe è detto « giusto >> perché obbedisce alla legge (come Zaccaria e Elisabetta in Le l , 6 ). È la tesi fatta prevalere dal Prato­ vangelo di Giacomo 14, l , ove Giuseppe dice: « Se nascondo il suo

peccato mi trovo in contrasto con la legge del Signore; e se la de­ nuncio ... , temo che quel che è in lei sia forse da un angelo e che id sia trovato colpev�le di consegnare un sangue innocente a una con­ danna a morte )) ( �trycker, pp. 1 26- 1 29 ) . Dal che la sua soluzione d'un ripudio in segreto. Quest'interpretazione domina l'esegesi a partire da Giustino, Ambrogio, Agostino, Crisostomo ecc. Essa si è evoluta nel senso del « sospetto di Giuseppe ». 2. Per R. PE SCH, Ausfuhrungsformel, i n Bibl. Zeit. 1 1 ( 1 967 ) 91 e per C. SPJ CQ, in Rev. Bibl. 7 1 ( 1964 ) 206-2 0 9 , la giustizia di Giuseppe è la sua volontà misericordiosa e l a sua moderazione, conformi al Sal 1 1 2, 4, che invita ad unire la bontà aJla gi ustizia ( cf Sal 37 , 2 1 e Sp 1 2 , 19, Filone ecc. ). Ma in tal caso G i useppe dovrebbe essere quaHficato per la sua mansuetudine e non per la sua giustizia; né si comprende più la formula dell a ngelo , che tende a vincere uno scrupolo : > ( l , 20 ) . M t l , 1 6-20 present a con temporaneamente Ma ria come fidanzata ( 1 , 1 8 ) e come sposa ( 1 , 20-24 ) . E Giuseppe è chia­ mato suo sposo in l , 1 6 : due formule ( sposa - donna con possessivo, sposo ) evitate dalla delicatezza di Le 2, 7.

Il mandato di Giuseppe E in risposta a questo progetto che l 'angelo del Signore gl i appare in sogno. Secondo il gioco delle particelle greche ( gar . . . de ), messo bene in luce da A . Pelletier 1 7 , bisogna tradurre : •7 A. PELLETIER, L'annonce à ]oseph, in Recherches· de Sciences religieuses , 54 ( 1 966 ) 67-68.

Pelletier presenta due serie di esempi : to Quelli in cui si trova la formula completa: men gar... de, per introdurre successivamente una obiezione e poi l'affermazione contraria. - Rom 2, 25 : « Benché (men gar) la circoncisione sia utile, qualora tu pra­ tichi la legge, se al contrario ( de) trasgred isci la legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione .

Analisi semiotica

)59

Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere in casa Maria, tua sposa, perché, quantunque ciò che è stato generato in lei venga dallo Spirito Santo, sarai tu a chiamare il Figlio ch'ella genererà col nome di Gesù, perché egli salverà il popolo dai suoi peccati ( 1 , 20-2 1 ).

Fin dalle prime parole Giuseppe è qualificato come figlio di Davide , appellativo essenziale secondo il programma narrativo stabilito all'inizio . Il programma davidico , spezzato dalla rottura genealogica di M t l , 1 6 , è ri st ab ilito dalla missione affidata a Giuseppe: benché egli non sia generante ( l , 1 6 ) e la generazione sia d'origine divina ( dallo Spirito Santo : l , 1 8 .20), sarà lui a s volgere il ruolo di padre . Egli « PRENDERÀ in casa » Maria, sua sposa ( l , 20 .24 ) e prender à il bambino come figlio adottivo ( 2 , 1 3 . 1 4 .20.2 1 ) . Farà atto di padre im ponendogli il nome di Gesù , un nome ricco di senso, poiché significa Salvatore ( l , 2 1 ) . Il nome aveva allora un'importanza essenziale, cumulante l'essere , il si­ gnificato e la potenza. Dio affida dunque qui a Giuseppe un ruolo decisivo. Matteo risolve cosi un problema sconosciuto alla tradizione ebraica, che non s'aspettava una concezione verginale, e ne trova la giustificazione nella profezia d'Is 7 , 1 4 : Tutto ciò avvenne' affinché si adempisse quanto era stato detto dal Signore per mezzo del profeta : Ecco che la Vergine avrà nel suo ventre e partorirà un figlio, e sarà chiamato col nome di Emmanuele, che significa: Dio con noi ( 1 , 23) . - Rom 5, 16: « Benché (men gar) il peccato di uno solo conduca al giudizio,

il dono invece (de) conduce alla giustizia per un gran numero di peccati ». - l Cor 5, 3 : « Io, sebbene (men gar) assente col corpo, essendo tuttavia ben ( de) presente con lo spirito, ho giudicato come fossi presente » . S i veda inoltre l Cor 1 1 , 7 ; 2 Cor 9, 1-3. in c u i manca i l de ; Ebr 7 , 18-19; At 1 3 , 36-37 ; At 4, 16-17 dove il de è sostituito con alla. 2° Le citazioni dal Vangelo : in esse i l men iniziale è omesso, il che dà alla

formula un tono più didattico, più insinuante. - Mt 22, 14 : « Benché (gar) vi siano molti chiamati, poco numerosi (de) sono gli elet t i » . * G v 20, 1 7 : « Benché (gar} io non sia ancora risalito verso il Padre, va' tuttavia (de) a dire ai miei fratelli che io salgo verso il Padre mio » ; cf Mt 18, 7 ( con pten invece del de ) e Mt 24, 6 con alla. L'elemento comune di questa dialettica ( quella di Mt l , 20-2 1 ) è che l'arti­ colazione del ragionamento si fonda sul gar seguito dal de, per eliminare una obiezione desunta da un fatto incontestabile. Pelletier traduce prudentemente : CERTO, MA, oppure : « PER QUANTO ciò possa essere, non è meno vero che » . A noi sembra più chiaro e conforme a l senso d i queste espressioni tradurre con benché l'obiezione che viene eliminata, e sottolineare enfaticamente l'afferma­ zione mantenuta con vigore.

Matteo z . ;

360

Fino ad allora questa profezia non era stata compresa in questo senso. Secondo il testo ebraico si trattava di una ragazza , non necessariamente d'una vergine, ed era lei a imporre il nome al bambino. Matteo, traducendo v ergine (parthenos ), segue forse la traduzione dei LXX. Ma nei LXX è Acaz l'invitato a imporre il nome : Tu lo chiamerai. Ciò non serviva allo scopo di Matteo , così come non serviva il testo ebraico seguito da Le l , 3 1 . Acaz ha poca importanza , è a Giuseppe che, nella prospettiva di Matteo spetta di dare il nome . Egli traduce dunque in modo vago « sarà chiamato » (senza precisare chi chiama ) e attualizza la profezia in funzione dell'evento inatteso ch'è la concezione verginale.

L'esecuzione (Mt l , 24-25 ) Il versetto 24 racconta l'esecuzione dell'ordine divino , che qualifica Gesù come Messia e figlio di Davide : Svegliatosi dal sonno, Giuseppe fece come l'angelo del Signore gli aveva ordinato : prese la sua sposa e non la conobbe fino a che ella partorl un figlio, e gli diede il nome di Gesù.

Il termine egertheis ( da egeiro : svegliarsi ), che indica anche la risurrezione (Mt 2 7 , 5 2 .63 .64 ecc.), ricorre quattro volte al ter­ mine di ciascuno dei sogni . Esso tende a sottolineare la lucidità attiva di Giuseppe, che « prende >> la sposa, che aveva progettato di « ripudiare in segreto » ( l , 1 9 ) Questa coabitazione è impor­ tante per dare al Messia , oltre a un nome, una casa e una famiglia normalmente stabilite. Però , precisa Matteo , Giuseppe « non la conobbe fino a che ella partorì » . « Fino a che » non pregiudica affatto quel che succederà dopo. Secondo l'uso semitico questa formula segna il termine e il limite d'interesse. Là dove 2 Sam 6 , 23 dice che Mikal non ebbe figli « fino alla sua morte » , è evi­ dente ch 'ella non ne ebbe neppure dopo 1 8 • L'importante, secondo il programma narrativo, sono le ultime parole della pericope, la sua conclusione : è lui, Giuseppe, a imporre il nome di Gesù ( l , 25 ). Questa è la prova qualificante , che lo abili ta a esercitare la sua autorità protettrice lungo tutto il capitolo 2 . .

1 8 Altri riferimenti in R . LAURENTIN, Court Traité sur la Vierge MJrie, Lc­ · thielleux, Paris 1 967, p. 176 ( tr. it. La Vergine Maria, Ed . Paoline, 3• ed . 1 9ì0, pp . 357 -.358).

Analisi semiotica

361

Tutto il progran1ma narrativo ·m ira dunque a mostrare come Gesù è figlio di Davide, anche se Giuseppe non l 'ha generato . Il destinatore ripara questa disgiunzione collegando il Messia a Davide mediante una missione di paternità adottiva 19• Così viene superata una difficoltà notevole per l 'uomo di quei tempi : Gesù giustifica bene il titolo di « figlio di Davide », ritenuto allora es­ senziale per la sua au tenticità messianica (.sopra , p. 9 , nota 2 ). Formalizzazione Formalizzando in termini semiotici, possiamo dire : il Messia ( soggetto virtuale ) doveva esser congiunto al re Davide ( l , 1 .6 ) per mezzo d i « Giuseppe, figlio d i Davide » ( 1 , 1 6 .20 ). La di­ sgiunzione genealogica ( Giuseppe non genera Gesù ) è riparata da Dio destinato re, che conferisce a Giuseppe una paternità adottiva . Questa disgiunzione paradossale è l'inverso d'una congiunzione trascendente del Messia con Dio , che sarà presto precisata come figliazione divina ( 2 , 1 5 ) . Questa pericope precisa soltanto che l 'origine di Gesù sta unicamente in Dio, nello Spirito Santo ( 2 , 1 8 .20 ), la qual cosa fa passare la regalità messianica (realizzata sotto il segno della rovina dinas tica e della cattività, l , 7 ) a un piano trascendente . Nello stesso tempo Giuseppe, congiunto a Maria dai legami del matrimonio , decide il ripudio ( disgiunzione ), poiché il bambino appartiene a Dio e non a lui . Su ordine dello stesso Dio egli man­ tiene la congiunzione del matrimonio , ma senza « conoscerla >> : la congiunzione sarà coniugale, ma non sessuale ( l , 24 ) . Egli dona così al Messia una famiglia legittima fondata d� Dio stesso 20•

1 9 Sulla questione : Maria è figlia di Davide? ve d i più a v a n ti , p . 45 3 . 20 Le tre fasi di M t l , 18-25 possono essere formal izzate così ; (Davide " Giuseppe " Maria ) - (Giuseppe v Maria 11. Gesù ) ( Gi useppe " .\!aria 11. Gesù ). il che significa : l . Giuseppe, congiunto a Davide dalla catena gen ea log ica , è congiunto � �1aria dall'accordo d i ma tr i m on io . 2. Egli progetta il ripudio (disgiu nzione ) a motivo della concezione di Gesù per opera di Dio soltanto. 3. L'angelo l ' invita a prendere Maria in casa come sposa (congiunzione del legame matrimoniale e dell'abitazione, ma senza congiunzione sessuale), uni t a­ mente al bambino cui imporrà il nome. - ·

Matteo 1 -2

362

2. UNA SECONDA DIFFICOLTA: NAZARET

II problema di Matteo

Il capitolo 2 affronta e risolve una seconda difficoltà : il Mes· sia sembrava originario di Nazaret in Galilea . Questi due nomi disprezzati costituivano uno scandalo, di cui testimoniano le sen­ tenze dei contemporanei già citate ( « Può mai uscire qualcosa di buono da Nazaret » ? ecc . , Gv l , 46 e 7, 4 1 .52 ). È per disprezzo che gli avversari caratterizzavano Paolo come capo della « setta dei nazorei » ( At 24, 5 ). Questo nomignolo appioppato ai cri­ stiani era accompagnato dal disprezzo , di cui Cristo era stato gra­ tifica to 21 • Matteo risolve questa seconda difficoltà come la prima : pone immediatamente l'elemento di valore , che il seguito sembrerà con­ testare . Genesi di Gesù Cristo) figlio di Davide diceva all 'inizio del capitolo l. « Dopo che Gesù fu generato ( gennethentos ) 22 a Betlemme di Giuda » , proclama il primo versetto del capitolo 2 . Contrariamente alle apparenze ben note ( M t 2 , 23 ; 2 1 , 1 1 ; 26, 7 1 ; 2 7 , 55; cf 3 , 1 3 ; 4, 13 ), Gesù non è originario di Nazaret in Galilea , ma di Betlemme in Giudea ( 2 , l ), luogo originario anche di Davide, il che rafforza il legame davidico messo in questione dalla concezione verginale (congiunzione topografica col re Da­ vide ) . A differenza di Luca, Matteo non f a parola dei precedenti della Sacra Fa miglia a N azaret. Come ha potuto Gesù apparire originario di Nazaret ? Perché si è manifestato inizialmente in questa « Galilea dei pagani » tan· to poco conveniente a un Messia (Mt 4 , 1 5 ) ? Il racconto fornirà una duplice giustificazione : storica ( 2 , 1 3·23 ) e profetica ( 2 , 23b)_ Esso manifesta anzitutto il riconoscimento del Messia. In Mat­ teo questo è opera dei magi, di questi stranieri, che costituiscono il pendant universalistico dei pastori ebrei di Luca 2 . La perse21

A t 24, 5; cf M t 26, 71 ; Gv 1 9, 19; At 6, 14. DA CHI � GENERATO GESù? (dato che questo verbo indica, secondo Matteo l , la discendenza paterna ). Il versetto 2, l non lo precisa. Matteo comincia a svelare chi è il vero Padre di Cristo: Dio soltanto, di cui egli è il Figlio ( 1 , 2 3 e , più chiaramente, 2, 15; 3, 17; 4 , 3.6; 8 ; 29; 1 1 , 27 ; 14, 33 ; 1 6 , 1 6 ; 1 7 , 5 ; 24, 3 6 ; 26, 63 ; 27, 40.43 .54 ; 28, 1 9 ). Notevole è il fatto che l e cinque citazioni es plicite di Matteo 1-2 rinviano tutte quante a testi biblici, in cui ricorre il ter­ mine figlio (Mt 2, 15 traspone Os 1 1 , l dal popolo d}Israele a Gesù Messia), .come ha dimostrato C. Perrot in una conferenza ancora inedita. 22

Analisi semiotica

363

cuzione , prefiguratrice della passione, spiegherà poi l'umiliante esilio del Re-Messia in un villaggio disprezzato . Il programma dei magi ( 2, 1 -2 )

Al livello del programma elementare (di cui vedremo l'integra­ zione con un programma più profondo ) la prima cosa è il pro­ gramma dei magi. Essi fanno la figura di un soggetto collettivo in cerca del « re dei giudei » (oggetto del loro cercare ) e si qualificano come tali in base al segno dato nel cielo : una stella . Il loro sapere astrologico ne decifra il senso : « Dopo che Gesù fu nato a Betlemme di Giuda, al tempo del RE Erode, ecco che dei magi vennero dall'Oriente a Gerusalemme dicendo: - Dov,è dunque IL neonato RE dei giudei? Abbiamo infatti visto la sua stella in Oriente e siamo venuti a rendergli omaggio (proskunésai: Mt 2, 1-2).

L'elemento sorprendente di questo inizio è la ripetizione del termine RE per Erode e per il bambino . Questi è ancora anonimo per i magi ed è quindi qualificato col suo solo titolo funzionale : RE DEI GIUDEI . Ciò pone un programma polemico : il conflitto tra il monarca politicamente stabilito sul popolo giudaico e il neo­ nato re stellare. II programma d'Erode ( 2 , 3-1 8 )

Non stupisce quindi che il RE E RO DE ( parole ripetute nel ver­ setto successivo ) si inquieti per la nascita ignorata d'un rivale : A queste parole IL RE Erode fu turbato e tutta Gerusalemme con lui (2, 3).

La cosa apparentemente strana è che il turbamento negativo di Erode sia condiviso da tutta Gerusalemme ( 2 , 3 ) : la città tutta quanta è a lui congiunta ( mediante la congiunzione « con » ). Ciò si inscrive nella prospettiva di Matteo , secondo la quale « Geru­ salemme uccide i profeti » ( 2 3 , 37 ; cf Le 1 3 , 34) 23• A differenza 23 IL PROGRAMMA POLEMICO di Matteo 2 ( l'azione dell'omicida Erode contro Cristo ) è molto simile semioticamente a quello di Ap 12. Ma Erode mira soltanto al bambino, mentre in Ap 1 2 il dragone mira anche alla Madre. In am­ bedue i casi Dio-destinatore fa fallire il programma ( R. LAURENTIN, in Eph. Mar. 1982, p. 77 ).

Matteo 1-2

364

di Luca , che ri terrà le sole apparizioni a Gerusalemme, Matteo non menzionerà alcuna delle apparizioni di Gesù in questa città , dove è stato messo a morte . Così la capitale appare fin dall'inizio malefica . Matteo presenta l 'infanzia nella prospettiva del seguito , iv i compresa la passione . Erode , l 'avversario numero uno, elabora un an tiprogramma ( ancora non esplicitato come tale ), che si opporrà a quello dei magi e dello stesso Dio : sopprimere il re dei giudei ( 2 , 2 ), suo rivale . Egli mobilita le autorità religiose ( 2 , 4-6 ) : E convocati tutti i capi dei sacerdoti e scribi del popolo, domandò loro dove il Cristo doveva nascere (2, 4).

Detentori del sapere biblico (nel momento in cui il sapere astrologico dei magi appare insufficiente ) , essi rispondono citando Michea 5 , l : A Betlemme di Giuda, perché così è scritto per mezzo del profeta : E tu Betlemme, terra di Giuda, non sei sicuramentei la più piccola fra i capoluoghi di Giuda, ·

perché da te uscirà il capo, che pascerà il mio popolo Israele (Mt 2, 6).

Questa citazione biblica , fatta dai sacerdoti, è la conclusione oracolare della pericope . Ne1la sequenza successiva 24 Erode porta avanti il suo antipro­ gramma, mobilitando il sapere astrologico dei magi . Li convoca segretamente (lathra : 2 , 7 ). Il suo segreto nefasto fa da contral ­ tare al segreto del giusto Giuseppe ( l , 1 9 ) . Poi si informa con cura (con acribia : ekribosen ) sul « tempo della stella apparsa >> : questo dato cronologico programmerà più avanti la sua azione assassina ( 2 , 1 6 ). Infine li « invia » ( manipolazione) nel luogo identificato dalla scienza dei sacerdoti , invitandoli a proseguire attentamente la loro ricerca al suo servizio : Andate, i nformatevi accuratamente (con acribia : akribos) sul bambino e, quando l'avrete trovato ( rimaniamo nel tema della ricerca ), avvertitemi , affinché anch'io venga a rendergli omaggio ( 2, 7-8). 24 Si registra qu i una qualche frizione tra la composizione letteraria, ben se­ gnata dalle citazioni finali , e la stru ttura semiotica. In 2, 3 il programma d 'Erode sostituisce il programma dei magi , ma si frammischia ad esso. Egli ha ricevuto dai magi un'informazione. Ne dà loro una in cambio ( quella dei sacerdoti : 2, 4-6 ) . ma continua l a sua inchiesta nei loro riguardi ( 2 , 7 ) e s i assicura la loro co1Ia ­ borazione (2, 8). Ciè1 costituisce un doppio programma intrecciato in forma di chiasmo : magi-Erode, Erode-magi .

365

Analisi semiotica

Erode riprende ipocritamente il termine dei magi . Anche lui vuoi adorare il Messia 25• Alla potenza mobilitatrice aggiunge un finto fervore. Il racconto non ha ancora svelato i suoi progetti assassini. La sua ipOcrisia apparirà solo a cose fatte. I magi, messi in cammino da un segno astrale, che deriva da Dio secondo il codice culturale dell'epoca , si rimettono dunque in marcia sotto la mozione d'Erode , coinvolti nel suo antiprogram· ma. Ma l'informazione loro data diventa inutile, perché l'astro divino guida di nuovo i loro passi . Ciò costituisce un ritorno nel· l'orbita divina e una prima disgiunzione da Erode: Dopo queste parole del re essi si misero in cammino, ed ecco : l'astro_, che avdVano visto in Oriente, li precedeva, finché non andò a fermarsi sopra il luogo dove si trovava il bambino (2, 10).

Durante questo breve tragitto l'astro non ha più il movimento normale da levante a ponente ( 2 , 2 ) , ma un movimento parados­ sale nord-sud ( 2 , 1 0 ), che accentua la sua funzione di segno di Dio . Il racconto non aveva detto che l'astro era scomparso. Noi lo scopriamo qui con un curioso ritardo (2, 1 1 ) . È dopo aver enunciato l 'arrivo dei magi a Betlemme ( 2, 1 0 ) che il racconto ci fa sapere della riapparizione dell'astro fin dalla partenza : Alla vista dell'astro essi gioirono grandemente (2, 1 1 ) .

Conosciamo la loro frustrazione solo dalla loro gioia per aver ritrovato l'astro·guida . La sincronizzazione tra la loro congiun­ zione col Messia e la loro congiunzione con la stella tende a iden­ tificare l 'uno e l'altra, secondo la profezia di Balaam (Nm 24, 1 7 ; cf Ap 22, 1 6 ), che sembra qui soggiacente 26• Giunti alla meta , essi realizzano il loro programma enunciato in 2 , 2 : l'omaggio al nuovo Re : E, en trando nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre e, pro­ sternandosi ( pesontes, par ticipio aoristo di pipto ), gli resero omaggio ( terzo imp ieg o del V('tro proskyneo, M t 2, 2.8.1 1 ). 2S PROSKYN."f!SA.I indica l'omaggio reso al re con la prosternazione. Tradu­ cendo adorare la Volgata non sbaglia, perché i re erano allora divinizzati e per­ ché, anche dopo la convers ione di Costantino, l omaggio reso all'imperatore con� tinuò ad essere de tt o in latino adoratio : di dulia e non di latria, come si pre� · cisava. · 6 2 Secondo Brown questa congiunzione perfe tta · triàgi;.s1:Hta.-r�-Messia contri� buisce a qualificare Gesù come Cristo dall'alto. L'apparente · disordine del rac­ conto (circa la stella ) tende a giustificare questa identificazione. '

Matteo 1 - 2

366

Maria, cosi in ombra, riappare qui come segno del neonato bambino-Re. Lei e non Giuseppe . Questi scompare per la nascita come per la concezione, per riapparire più avanti, nel suo pro­ gramma di protettore, secondo la sua funzione esclusiva . L'adorazione dei magi è prolungata dalla loro offerta : E aprendo i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra ( 2 , 1 1 ).

Essi avevano identificato il Re mediante un segno del cielo. Il loro programma era di adorarlo ( 2 , 3 ) . Tale programma è ora attuato. L'antiprogramma, in cui Erode li ha impegnati , li spingerebbe ovviamente a tornare a Gerusalemme , secondo la richiesta del re loro ospitante e informatore, al fine di ragguagliarlo a sua volta . Il racconto non ci ha ancora svelato i suoi progetti di morte, che rimangono nascosti nel « segreto » menzionato in Mt 2 , 7 . Ma Dio, destinatore del programma messianico, guida i magi cosl come guida Giuseppe n . E avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra via tornarono nel loro paese (2, 12).

se ne

L'informazione divina completa la loro disgiunzione da Erode . Dopo la loro congiunzione fervente col Re-bambino, essi scom­ paiono nella sola orbita di Dio (disgiunzione da Erode, disgiun· zione da Gerusalemme, che Matteo percepisce come città di morte ). Fuga in Egitto (2, lJ-lJ)

La pericope successiva (2, 1 3- 1 5 ) ci riporta a Giuseppe, il cui nome compare per la prima volta in questo capitolo 2. Anche lui è avvertito in sogno ( il secondo, dopo quello di Mt l , 20 ) . Il messaggio proveniente dal Signore-destinatore gli ordina di fug­ gire in Egitto, « perché Erode cerca il bambino per ucciderlo )) ( 2 , 1 3 ) . Apprendiamo soltanto qui, per rivelazione, il disegno omicida di Erode. Cosi si scopre finalmente l'antinomia tra la ricerca fervente dei magi e la sua ricerca assassina. n Balaam avrebbe profetizzato in sogno (en hypn6i), secondo i LXX in Nm 24, 4. 16. Sull'impatto di questa profezia a Qunuan vedi più avanti, p . .523, nota IJ.

Analisi semiotica

367

L'esilio del Salvatore è identificato con l'esodo, secondo Os 11 l: ' Di notte egli riparò in Egitto e vi rimase fino alla morte di Erode., affin­ ché si adempisse quanto il Signore aveva annunciato per mezzo del prcr feta dicendo: - Dall'Egitto ho chiamato mio figlio ( 2, 15).

Qui Mt 2, 15 traspone a Cristo una profezia che riguardava il popolo esiliato . A somiglianza di Israele, Gesù, il Figlio, sarà li­ berato dal suo esilio. La profezia manifesta dunque contempora­ neamente la prova, la sua fine e il suo senso profondo : la qualifi­ cazione di Cristo come Figlio di Dio. Questo titolo, che non era ancora stato esplicitato, diventerà centrale dall'inizio della vita pubblica (Mt 3 , 1 7 ; 4 , 3 .6 ; 8, 29 ). Il Me ssia era già stato qualifi­ cato come Dio-con-noi ( l , 23 ) , senza altro padre che Dio ( l , 1 6 . 1 8-20 ). Questa profezia esplicita formalmente il suo legame col Padre : è questo titolo che lo qualifica e che provocherà la sua condanna a morte ( Mt 22 , 45; 2 6 , 64 ). La strage degli innocenti (2, 1 6-18)

La quarta pericope ritorna ad Erode ( 2 , 1 6- 1 8 ), non senza rom­ pere il concatenamento naturale che, senza di essa, la terza avrebbe avuto con la quinta ed ultima : Allora Erode, vedendo ch'era stato giocato ( enepaichté) dai magi, si adirò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme dai dud anni in giù, secondo il tempo che s'era fatto precisare dai magi (2, 16).

Erode, destinatore abile dell'antiprogramma, è raggirato. Que­ sto esperto del sapere diplomatico e poliziesco è stato « giocato » dai magi . Egli lo sa ( infuriato ), ma non sa che ciò è avvenuto sotto l 'influsso di Dio, destinatore del programma messianico in­ fallibilmente vittorioso, per cui riprende imperturbabile la rea­ lizzazione del programma: la morte del re rivale. Non lascia nulla al caso e fa uccidere, oltre che a Betlemme, « in TUTTA la regio­ ne » ( 2 , 1 6 ). Estende l'uccisione a TUTTI i bambini fino ai due anni di età , « secondo il tempo della stella », che aveva appreso con acribia dai magi ( 2 , 1 6 riprende i termini di 2 , 7 : chronos e ekribosen ) . Egli pone la stessa acribia nell'informarsi e nell'assas­ sinare. Calcola il tempo con un grande margine di sicurezza .e di cru-

i\fatteo 1-2

368

deità. Il suo sapere e la sua abilità non sono difettosi . Ma eccolo ancora « giocato » da Dio destinatore . Un sogno fa partire Gesù . Il Messia non muore, lui sì ( 2 , 1 5 . 1 9 .20 .22 : notare l'insistenza ) . Gesù è riservato a un'altra morte, che sarà raccontata dalla fine del vangelo. La profezia conclusiva di Gr 3 1 , 1 5 sottolinea il senso disfo­ rico di questo evento crudele e scandaloso : non il felice salva­ taggio del Messi a, ma la desolazione per questi bambini morti : Cosl si compì ciò che era stato detto per mezzo del profeta Geremia :

- Una voce s'è fatta udire in Rama, pianti e lamenti. Rachele pi ange

i

suoi figli e non vuole esser consolata, perché essi non sono più (2, 17-1 8 ) u .

L'antiprogramma di Erode è quindi fallito . Esso provoca l'esi­ lio del Messia, allontanato dal luogo che lo qualificava . Luca spie­ gava questa discesa ( umiliante ) a Nazaret come un atto volontario del Messia, che ritorna lui stesso in questo luogo basso e all'obbe­ dienza, dopo aver manifestato la priorità esclusiva dei legami col Padre suo celeste (Le 2 , 48 ) . Matteo la spiega come una difesa contro i progetti assassini di Erode . Il Messia bambino sfugge al la morte solo per mezzo della fuga e del l'oscurità. Più tardi non vi sfuggirà in questa medesima Gerusalemme . Che senso può avere questo ? Matteo lo dirà terminando. Il ritorno Una volta morto Erode, ecco l'angelo del Signore apparire in sogno a Giuseppe in Eg itto e dirgli : - Alzati, prendi il bambino e sua Madre c vai nella terra d'Israele, perché sono morti coloro che volevano la.. morte del bambino ( Es 4, 19). Egli allora si alzò, prese il bambino e sua Madre e rientrò nella terra d'Israele. Ma sentendo che Archelao regnava sulJa Giudea al posto di Erodct suo padre,. ebbe paura di recarsi là ( 2, 19-22 ).

11 nuovo programma che comincia qu i, il ritorno di Gesù in

Israele, viene da Dio . Esso si compirà in due tempi, con due or­ dini da parte di Dio destinatore, dati in due sogni a Giuseppe .

28 Notare la mirabile armonia di questa profezia lugubre : la strage è posta in riferimento alla tomba di Rachele, che la tradizione collocava a Betlemme. La morte dei bambi ni è con giu n ta alla morte della mamma, ai suoi gemiti per que­ sto evento, alla sua sepoltura.

Analisi semiotica

369

SARÀ CHIAMATO NAZOREO ( Mt 2, 23 ) � Andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, affinché si adem­ pisse ciò ch'era stato detto per mezzo dei profeti: sarà chiamato J.'lazoreo ».

Questo versetto è st ato la croce degli esegeti: « Problema insor­ montabile », scriveva C. C. ToRREY, in Documents, 1 94 1 , p. 53.

Gesù chiamato Nazoreo a motivo di Nazaret

Nazoraios indica evidentemente il fatto che Gesù è cono sci u to come abitante di Nazaret ( cosa che gl i valse l'appellativo, a quanto pare corrente, di Gesù il n azoreo ( nazoraios: Mt 26, 7 1 ; Le 18, 37 ; Gv 1 8, 5.7 ; 19, 1 9 ; At 2, 22 ; 3 , 6 ; 4, 10, 6, 14 ecc.). La forma nazo­ reo, nazoraios è due volte più frequ ente di nazareno ( nazarenos) attestata in Marco e Luca ( 4, 34 e 24, 1 9 ). Degno di nota è il fatto che ciascuno dei primi due capitoli di Matteo finisce con l'attribuzione d'un nome : l , 25 : « Gli diede il nome di Gesù ». 2, 23 : « Sarà chiamato Nazoreo » (ciò che ma n if esta l'impor­ tanza del nome, punto comune a Matteo 1-2 e Luca 1-2 , che adope­ rano rispettivamente 7 e 1 3 volte il v erbo kaleo, chiamare, e 3 e 1 3 volte il sost a n tivo onoma ). Si tratta di un riferimento biblico?

Il problema sta nell'identificare il riferimento profetico allegato. Gli auto ri sono ricorsi a quattro specie di spiegazioni : l 0 Matteo non h a inteso citare alcun testo p artico lare ; s i tratte­ rebbe di una sua pura creazione (A. PAUL, L�Evangile, 1 9 68 , p. 1 68 ). La citazione si riferirebbe non a un testo, ma al fatto che Gesù era di Nazareth. A t ale ipotesi vengono mosse due obiezioni: - Il futuro : « Sarà chiamato ». - L'espressione to rhethen (ciò che è sta to detto), che Matteo riferisce sempre a una citazione ( 1 3 volte). 2° Matteo citerebbe a memoria e per intuizione un testo per lui non identificato. Questa però non è la sua abi tudine , inoltre ciò mal si adatterebbe a q uesto finale, che ha valore di punto culminante. 3° Si tratterebbe d'un t esto canonico perso: soluzione disperata. 4° Si trat t a d'una citazione libera d'uno o più testi combinati. Quale « profeta )>?

Che testo ha inteso citare Matteo? Non ci soffermeremo su soluzioni se nza seguito :

l . Noferi, vegliatore, colui che veglia , secondo Gr 3 1 , ·6 : · E. ZoLLI, Zeit. Neut. Wiss. 49 ( 1958 ) 1 35. 2. Na�ur, segreto, nascosto, oscuro, marginale, secondo Is 1 1 , 1 : W. WSPARI, ivi 2 1 ( 1 922) 1 22-127. in

Matteo 1 -2

370

Due soluzioni hanno ognuna i loro sostenitori:

Ne�er, rampollo (di Davide) secondo Is 1 1 , l. Questa solu­ zione è stata forse influenzata dalla Concordance di Moulton (che 3.

indica questo riferimento per Mt 2, 23 , p. 660b ). Questa era già la tesi di Maldonat. Schanz, Weiss, Holtzmann , Schmid, R. GuNDRY, Matthieu , 1982, p. 40 propongono similmente questa soluzione, men­ tre Lagrange vi vedeva solo « un gioco di parole assai bizzarro » ( Matthieu, 1927 , p. 39 ). 4. Nazir, consacrato, in riferimento a Gdc 1 3, 5 : « Il fanciullo ( Sansone) sarà nazir di Dio sin dal seno materno, lui comincerà a salvare Israele ... ». Cosl Loisy (Synoptiques l , 376 ) , McNeil, Schaeder, Schweitzer, Sanders, in Journ. Bib. Lit. 1965, pp. 1 69- 1 72, S. Lyonnet, in Bib. 25 ( 1944 ) 196-206 . Tale era già la soluzione adottata da san Girolamo dopo maturo esame. Ai numerosi argomenti di G. M. Soares Prabhu (The Formula, 1 976, pp. 205-207 , 2 1 5-2 1 6 ) , che adotta questa solu­ zione , si aggiunge oggi quello di C. Perrot (articolo inedito ) : !e cinque citazioni esplicite e solenni di Matteo 1-2 si riferiscono a testi , che hanno in comune il fatto di contenere il termine figlio. Matteo utilizzerebbe un gruppo di testi raccolti attorno a questo termine-chiave. Tale ragione depone a favore di Gdc 1 3 , 5: « Ecco che concepirai e partorirai un FIGLIO . . Il fanciullo sarà nazir ». Il fatto che Matteo attribuisea la citazione ai profeti non è un'obiezio­ ne, perché i rotoli di Giosuè, Giudici, Samuele e Re (che seguivano il libro della Legge, il Pentateuco ) , erano chiamati i primi profeti , cosa che spiegherebbe l'espressione corrente : « La legge e i pro­ feti » . Matteo parte dunque dal nome di nazoreo dato a Gesù a motivo del suo villaggio, per attualizzarlo in funzione della santità indica ta dal termine nazir in Gdc 1 3 , 5. L'attualizzazione sembra laboriosa. Ma in realtà in Gdc 13 nazir equivale semplicemente a consacrato o santo. Cosl il Codex Vaticanus greco traduce nazir ( LXX : naziraion ) con hagion in 1 3 , 7 e 1 6 , 1 7 ( ma non in 1 3 , 5 , ove il termine hagiasm enos , santificato, spiega il termine nazir). Ciò mostra come fosse facile il passaggio dal termine rit uale « nazir » al termine santo, che ne traduce il senso e l'inten­ zione profonda . Per questo in 1 3, 5 nazir è spiegato col verbo san t i ficare : « Sarà nazireo, santificato (hagiasmenos) per Dio ». Questa sembra la citazione in questione non solo per l'analogia tra l'annuncio a Giuseppe e l'annuncio ai genitori di Sansone, bensl anche per l'affinità col titolo dato a Gesù nel vangelo: « Tu sei il Santo di Dio » (Mc l , 24 ; Le 4, 34 ; Gv 6, 69 ). Essa implica un acco­ stamento in più tra Matteo 1·2 e Luca 1 -2 , già messo sorprendente­ mente in rilievo dall'espressione studiata sopra : hagion klethesetai ( sarà CHIAMATO SANTO), espressione destinata a significare tipolo· gicamente la santità trascendente di Cristo Signore. Stessa è la prospettiva di Matteo l , 23 a proposito di Cristo-Dio-con-noi . Confirmatur: la critica riduttrice ha decifrato questo accostamen.

­

371

Analisi semiotica

to ( che si impone in maniera oggettiva } tra nazireato e santità nel senso di un livellamento verso il basso, secondo la sua tendenza a spiegare il superiore con l'inferiore e a ridurre la novità ai dati del­ l'ambiente. Sahlin e altri suppongono (secondo un cammino esatta­ mente inverso a quello di Matteo) che la formula chiara e solenne di Le l , 35: « Sarà chiamato Santo » sarebbe stata nel Proto-Luca ebraico: « Sarà chiamato Nazir » (Der Messiah, 1 945, pp. 132-1 36). Il contesto forte di Luca interdice questa riduzione. È Giovanni Bat­ tista il votato al nazireato in Le l , 15, mentre Gesù è qualificato con una santi tà divina manifestata dalla shekinah. Solo Matteo attualizza il testo di Gdc 1 3 , 5 (Sansone nazir e Santo). Ciò che conferma che Gdc 13, 5 sta sicuramente in rapporto a Mt 2, 23 è Ja precisazione che il bambino consacrato ( Sansone) � comincerà a salvare Israele ». La salvezza, di cui Sansone poneva un « inizio » e una prima figura, si compie in Gesù, il cui nome stesso significa « Salvatore »: « Gli darai il nome di Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati », diceva Matteo in l , 2 1 .

·

Riferimento congiunto a I s 4, 3 ? Può essere che Matteo ( l , 23 ) abbia combinato Gdc 1 3, 5 e Is 4, 3 : « Allora il resto di Sion ... sarà chiamato santo », visto che egli rinvia principalmente a Isaia: circa la metà delle citazioni del suo vangelo. In base a questo secondo riferimento egli applicherebbe a Cristo ciò che concerne il popolo prigioniero, come fa in 2, 1 1 richiaman­ dosi a Os 1 1 , l . La cosa curiosa è che Is 4, 2-3 unisce l'appellativo di Santo (cf nazir) a quello di ne!er, germe, rampollo, preso in con­ siderazione dagli interpreti citati sopra: « In quei giorni il germe di Jahve diventerà pregio e gloria ... Il resto lasciato a Sion, ciò che sopravvive a Gerusalemme sarà chiamato santo ... ,. L'allusione congiunta a Is 4, 2-3 è difficilmente verificabile, tut­ tavia Matteo potrebbe averla utilizzata per avvalorare ciò che intende dire: Gesù Emmanuele e Figlio di Dio era predestinato come Santo ( convergenza notevole con Le l , 3 5 e 2, 23 ), nonché come rampollo messianico promesso alla radice di lesse secondo Is 11, l ecc. ,

Conclusione Matteo attualizza e trasfigura dunque il titolo oscuro di nazoreo in nazir e santità; e lo fa in un passo importante, conclusivo in lui, cosl come esso è centrale in Le l , 35. Le origini umilia te ( nazaretane ) di Cristo assumono per gli evan­ gelisti un sen�o analogo alla sua passione. Matteo sceglie questo tratto come conclusione del vangelo dell'infanzia, caricandolo cosl di senso. Tocchiamo con mano, qui come altrove, il cammino della co­ scienza cristiana nei suoi primi tentativi di esprimere la divinità di Cristo.

Matteo 1-2

37 2

Il primo l 'invita a tornare « nella terra d'Israele », senza altre precisazioni, perché sono morti coloro che cercavano la vita del bambino ( 2 , 20 ). Il verbo cercare (che possiamo tradurre qui con volere la morte) indica, come in 2 , 1 3 , l'ostilità omicida d'Erode. Ma l 'assassino muore ( 2 , 1 9 .20 ) e la sua abilità è stata « giocata >> ( 2 , 1 6 ). Questo doppio contrasto appartiene al senso del raccon­ to, come rileviamo dal terzo sogno di Giuseppe . Una volta ancora questi si alza e prende il bambino e sua madre ( formula-ritor­ nello) . Questo nuovo atto mette in rilievo la missione paterna ch 'egli h a ricevuto come erede davidico ( l , 20-2 1 ). Durante il cammino , a quanto pare , egli « sente >> (verbo akousas) un.' informazione inquietante : Erode è morto , ma Arche­ lao, suo figlio, regna al suo posto ( 2 , 22 ) , per cui ha paura di recarsi là . Egli non è un robot. Ma il racconto intende soprattutto affermare che, in via normale , il luogo del ritorno sarebbe la Giudea. Un quarto e ultimo sogno elimina la sua perplessità, allonta­ nando il Messia dalla sua sede regale e davidica : la Giudea ( 2 , 2 2 ) , per esiliarlo nel Nord periferico e marginale: Ma divinamente avver ti to in sogno , si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abi tare in una città chiamata Nazaret , affinché si adempisse ciò che era stato eietto per mezzo dei profeti : .· - Sarà chiamato Nazoroo (2, 23, ri feri m en to sottile a Gdc 1 3 , 5 per l'assi­ milazione n azoreo nazir - sa n to : vedi nota fuori testo, pp. 369-371 ). =-

Il fatto che il Messia sia uscito da questo luogo disprezzato è dunque divinamente giustificato per tre motivi : - Ciò è conseguenza delle minacce di morte che prefigurano la passione. - È accaduto su avvertimento di Dio. - I nfine si tratta della realizzazione d'una profezia, proveniente anch'essa da Dio destinatore. Questa conclusione del capitolo 2 è molto simile a quella del capitolo l . Essa riguarda anche il nome di Cristo : « Gli darai il nome di Gesù » ( l , 25 ), « Sarà chiamato Nazoreo »· ( 2 , 23 ). Ter­ mini e modalità sono diversi, ma l'isotopia è certa . L'importanza annessa al nome ( questo termine ricorre 3 volte e « chiamato »

Analisi semiotica

.

373

6 volte in Matteo 1 -2 ) e il senso stesso del nome dato in conclu­ sione corrispondono a Le l , 35 e 2 , 2 3 : « Sarà chiamato Santo >> . Cogliamo qui un cammino essenziale ai due vangeli dell'infanzia : i nomi che qualificano, esprimono e manifestano l 'essere stesso del Messia-Salvatore. Formalizzazione

Riassumiamo in linguaggio semiotico il programma del capi­ tolo 2 . Il racconto pone dapprima l a congiunzione di Gesù con Be­ tlemme, la città originaria del re Davide. I magi, in cerca a Gerusalemme , la città del re, realizzano il loro programma ( enunciato in 2 , 2 , attuato in 2 , 1 1 ): la loro congiunzione col Messia , grazie alla congiunzione celeste con la stella che lo manifesta . La ricerca dei magi scatena il programma omicida di Erode. Anche lui « cerca » Gesù (cf 2 , 1 3 .20), ma non per adorarlo, come simula abilmente ( 2 , 9 ), bensì per ucciderlo. Egli domina come re di Gerusalemme ( 2 , 3-9 ) e come il solo destinatore di questo programma, che mobiliterà i sacerdoti, i magi e quindi i soldati ( 4 , 5 .8 . 1 6 ). Il programma d'Erode destinatore, efficacemente contrastato da quello di Dio, vero destinatore, provoca la disgiunzione del Messia dal suo luogo davidico : dapprima l 'esilio al sud, all'estero , in Egitto ; poi un semi-esilio non più in Giudea , nella patria di Davide ( 2 , 22 ), ma nella provincia periferica della Galilea.

Qualificazione di Gesù mediante NAZARET come NAZIR = Santo Ma questa congiunzione marginale è programmata da Dio stesso . Lui ha inviato i sogni , che sottraggono il Messia all'ostilità assassina degli erodiani, e lui le fa realizzare tipologicamente un'antica profezia (Gdc 1 3 , 5 , forse combinata con Is 4, 3 ) : « Sarà chiamato NAZIR >> (Gdc 1 3 , 5 ), cioè S ANTO ( ivi, 1 3 , 5 : >. I magi lo trovano 3o Mt 2, 11 reimpiega il Sal 70, 10-1 1 : « I RE di Tarsis ecc. » e, forse, Is 49, 23 : « Dei RE si prosterneranno ». Questa adorazione (e lo stesso progetto d'Erode, che si riconosce vassallo in 2, 8 ) manifesta Gesù come il Re dei re ( cf 2, 1-2). Le innumerevoli teorie su}.. l'origine dei magi sono state presentate con chiarezza da R. E. BROWN, The Birth, 1977, p. 168 : parti o persiani, babilonesi, arabi del deserto della Siria, ma si tra tta solo di ipotesi.

Matteo 1 -2

378

( 2 , 1 1 ) al termine d'una lunga ricerca ( 2 , 2 . 3 .9- 1 3 ). Ma ad un livello più profondo l'oggetto è il b ene del « popolo >> , di cui il Messia sarà il pastore ( 2 , 6 ) . Più precisamente è la sal vezza, poiché Gesù ha la funzione di salvare il popolo. Tale è il senso del suo nome, prescritto da Dio stesso : Gli darai il

nome

di Gesù , perché lui SALVERÀ IL SUO POPOLO (Mt l, 2 1 ) .

L a salvezza è l'oggetto virtuale nella misura i n cui i l Messia è soggetto virtuale. Già intravvediamo ch'essa si identifica con la persona del Salvatore . Destinatori

Chi è il DE STINATORE ? Nelle fiabe è il re e il padre . In Matteo 1 -2 vi sono due destinatari a due livelli , con programmi narrativi opposti e conflittuali . l . Erode , che vuoi uccidere il Messia manipolando successiva­ mente i sacerdoti , i magi e i soldati . Ma la sua abilità consumata è « giocata » . Questo termine traduce l 'ironia, che suscitano il nome e i personaggi di Erode nel Nuovo Testamento ( la truculenta con­ clusione di A t 1 2 , 22-23 ). Egli riveste il suo ruolo di destinato re senza successo al livello dell 'apparire con modalità diverse : se­ greto e abilità ( 2 , 8 ), collera e violenza ( 2 , 1 6 ).

2 . Il solo vero destinatore è dunque Dio nella sua onniscienza infallibile. Così il potere astuto e forte d'Erode , contrastato dalle comu nicazioni notturne di Dio , è confuso dallo scacco ( 2 , 1 6- 1 7 ) e dalla morte ( 2 , 1 5 . 1 9-20 .22 ). Il ruolo di Dio assume tanta irn­ portanza da apparire come il soggetto principale del fare , opera­ tore trascendente della concezione dell 'Emmanuele per mezzo dello Spirito Santo e del programma protettore del bambino . Ma a differenza di Erode , che agisce manipolando gli uomini , Dio agisce con mediazioni intime e misteriose : - L'ANGELO DEL SIGNORE ( 1 , 20 .24 ; 2 , 1 3 . 1 9 ). Ma il Signore dell'angelo è più importante dell 'an gelo del Signore, che è a volte solo un espediente per rispettare la trascendenza . - Anche 1 SOGNI espliciti ( l , 20 ; 2 , 1 3 . 1 9 ) o impliciti ( là dove la formula è solo : « avvertito in sogno » , per i magi in 2, 12 e

379

Analisi semiotica

per Giuseppe in trascendenza.

2, 22 ) sono una mediazione, che salvaguarda

la

- LE PROFEZIE esplicite, che concludono ogni scena, mani­ festano l 'anteriorità del programma e del sapere divino ( l , 23 ; 2 , 6 . 1 5 . 18.23 ). Bisogna aggiungervi due ·profezie implicite e tipologiche : la stella sembra attualizzare la profezia messianica di Balaam ; i doni dei magi quella dei re di Tarsis, secondo il Sal 7 2 , 1 0- 1 5. Per queste vie il destinatore guida gli eventi, malgrado le vicissitudini e le contraddizioni. Ma il ruolo di Giuseppe supera la semplice esecuzione degli ordini di Dio, poiché egli si informa e delibera, come in 2 , 22.

Destinatario

E il destinatario chi è ? Anche vari livelli :

qui potremmo identificarlo

a

- Al livello elementare è Gesù : bambino senza padre, che bisogna collegare con Davide per qualificarlo, bambino braccato e minacciato di morte, che bisogna salvare . Egli è destinatario delle protezioni immediate che Dio affida a Giuseppe. - Ma a un livello più profondo il destinatario è il popolo , cui il Messia è destinato come Salvatore ( l ; 2 1 ) , Re ( 2 , l ), capo e pastore ( 2 , 6 ) ecc. Il popolo menzionato esplicitamente : in M t l , 2 1 , ove l 'etimologia del nome di Gesù viene cosl spie­ gata dall'angelo : « Perché egli salverà il popolo dai suoi peccati » ( testo essenziale ); in 2 , 6: « Egli sarà il pastore di Israele mio popolo » (cita­ zione di Mie 5 , l , attualizzata da 2 Sam 5, 2 ). Ma questo destinatario è occultato , perché il racconto di Mat­ teo ( 2 , 3 ) congiunge « tutta Gerusalemme » ( il popolo della capi­ tale ) con Erode, il destinatore dell 'antiprogramma. Il termine popolo appare così un'altra volta nell 'orbita negativa d'una Geru­ salemme ostile ( 2 , 4 : « Gli scribi del popolo » ) . Questo occultamento si spinge così lontano che i destinatari concreti di Matteo 1 -2 non appartengono al popolo d'Israele, in contr�sto con Luca 1 -2 , ma sono i magi venuti dall'Oriente. Solo

380

Matteo 1-::

questi stranieri fanno la figura di destinatari - tipo in primissimo piano . Guidati dalla stella (segno di Dio), essi realizzano la loro congiunzione col Re-Messia, gli rendono un culto e gli offrono doni, mentre il popolo di Gerusalemme si agita con Erode ( M t 2 , 3 ) e non si mette in cammino per rendergli omaggio. Le loro offerte sono già una prova glorificante per il bambino . Ma esse valorizzano più i donatori che non il piccolo, cosi com> (cf l, 35, ove lo Spirito viene su Maria e sul Santo, Figlio di Dio, che si manifesta in lei ) . In At 1 0 , 3 8 - Dio h a � UNTO » Gesù Cristo « con l o SPIRITO Santo e con POTENZA » - troviamo la medesima correlazione Spirito-potenza, che troviamo in Le l , 35; cf At 4, 27. Spirito e unzione erano pertanto legati da lunga data nella teologia messianica . Ma runzione era profetica , come ha mostrato bene I. DE LA FoTTERlE, L onctio n du Christ, in Nouv. Rev. Théol. 80 ( 1 958 ) 222-252. Luca riconosce questa me­ desima unzione dello Spirito fin dall'inizio in un contesto regale ( l, 32-33) e non ancora profetico, contesto regale che però spiritualizza l'unzione di questa rega­ lità radicalmente diversa, perché essa è l'unzione del Figlio di Dio e non tanto d'un erede di Davide ( tem a relativizzato e superato da Le l, 34-35; 2, 1-5.1 1 ). Tale conclusione è più ipotetica per Mt l, 1 8 .20, in m ancanza d'una esplici­ tazione dell'unzione come tale nel suo vangelo. Sulla medesima linea Paolo attribuisce ai cristiani, membri di Cristo, l'unzione e il sigillo dello Spirito (2 Cor l , 21-22 : notare l'isotopia delle due immagini. cf Ef l , 1 3 ; 4, 30 ). Sull'unzione dei cris ti ani da parte di Dio stesso vedi Eh l, 9 e l Gv 2, 20.27 : due testi di g rande portata spirituale Lo studio di base rimane quello di I. DE LA PoTTERIE, L'onction des chrétiens par la foi, in Biblica 40 ( 1959) 1 2-19. Né bisogna dimenticare che il tito lo stesso di Cristo significa unto, cosl come u no dei primi nomi dati ai cristiani (At 1 1 , 26 ; 26, 28), che una certa derisione ( « gli impomatati ») ha potuto cont ribu ire a popolarizzare, come avvenne per Nazoreo ( nazareno) nel caso di Gesù . '

'

.

385

Analisi semiotica

- infine apre la seconda sequenza ( l , 1 8 ) con lo stesso inizio : « Genesi di Gesù CRISTO », sequenza che finisce con la citazione della profezia messianica indirizzata al re Acaz e col titolo tra­ scendente dato al Re-Messia, misteriosamente qualificato come (cf � l , 1 2·1 7 ; 1 5 , 14). Questi infatti fu martirizzato solo nel 62, secondo Egesippo (citato da EusEBIO, Sto ria ecclesiastica 2, 23 ). Non bisogna confonderlo con Giacomo il Maggiore, l'apostolo, « fratello di Giovanni », uno dei due « figli del tuono » (Mc 3, 17 ) , personalità ardente e di pri mo piano, messo a .morte da Erode Agrippa I nel 42 (At 1 2 , 2 ). Ma se Luca ha conosciuto Giacomo e ne parla , non per ques to si riferisce ai suoi ricordi, bensì solo a quelli qi Maria ( Le 2, 19.5 1 ) , la miglior « testimone oculare » ( cf l , 2 ) delle origini di Cristo ( più avanti, pp. 6 1 5·6 1 7 ). Parentela di Giacomo con Gesù Giacomo il Minore è detto « fratello del Signore » nel senso largo del termine, abbondantemente attestato nella Bibbia (Gn 1 3 , 8; 1 4 , 1 4 . 1 6 ; 29, 12. 1 5 ecc. Altri riferimenti i n R . LAURENTIN, Court Traité, ed. 1 967 , p. 1 76 ; tr. it. La Vergine Maria, pp. 357·358 ). I « fratelli di Gesù » cos tituivano un gruppo d'una qualche im­ portanza : erano il clan familiare di Nazaret, come risulta segnata­ mente da At l , 14 e Mt 1 3 , 55·56, ove sono menzionate « tutte le sue sorelle ». « Si dice tutti solo per una folla », scriveva già GIRO­ LAMO, Adversus Helvidium, PL 2 3 , 200. Parecchi sono conosciuti . come persone che hanno creduto in Cristo, ma la maggioranza « non credette in lui », secondo Gv 7, 5 (cf Mc 3, 2 1 ). M t 13, 55 menziona per nome quattro « fratelli » del Signore, e la sua lista non è esaustiva, perché noi conosciamo da altre fonti Simeone, secondo vescovo di Gerusalemme, altro « cugino del Si­ gnore » (Egesippo, citato da EusEBIO, Storia ecclesiastica 4, 22, 4 . J . BLINZLER, I Fratelli, Brescia 1974 , pp. 1 1 6, 1 25-128). L'altra Maria, madre di Giacomo

Il primo dei quattro « fratelli » menzionati da Mt 13, 55 è Gia­ como il Minore, oggetto della presente nota. Egli è figlio d'una Maria, che non può essere ident ificata con la Vergine. Mentre quest'ultima

Luca 1-2

42 1

è generalmente detta « la Madre di Gesù » (Gv 2, 1 .3 ; 19, 25 ; At _ l , 14), « l'altra Maria » è sempre indicata come (( la madre di Gia­

como e di Giuseppe » (Mc 1.5, 40 e Mt 27, 56), o come « la madre di Giuseppe » ( Mc 1.5, 47 ), o (( la madre di Giacomo » (Mc 16, l ), precisamente per evitare la confusione. E questa donna viene sempre menzionata dopo Maria di Magdala . Altri indizi in favore di questa evidenza in R. LAURENTIN, Court Traité, ed. 1967, pp. 1 76-177 (tr. it. La Vergine Maria, Ed. Paoline, 31 970, pp. 357-358 ), e nella mo­ nografia già citata di J. BLINZLER, Die Briider, Stuttgart 1970, tr. it. I Fratelli, Brescia 1974 ; }. McHuGH, La Mère de Jésus, Paris 1977, pp. 244-298 ; H. CA�ELLES , in Catholicisme 4, 16.30-1633.

Ma ciò non esclude una preoccupazione fondamentale di confor­ marsi agli eventi . E la sua insistenza su questo punto può essere avva­ lorata da un'opposizio�e allo gnosticismo e al docetismo, la cui pro­ spettiva irrealista e idealista imperversava 4 • Sono « eventi verificatisi tra noi » ( ton peplérophoremenon en hemin pragmaton) 5 �uelli ch'egli intende presentare. Egl i comincia di qui e si indirizza a contemporanei, che possono ancora controllare e contestare. Egli rimane lo storico d'un'attualità vivente e non d'un passato morto. Luca ha la preoccupazione di fondarsi su « testimoni oculari » ( l , 2 )

anziché la certezza fat tuale . J . H. MARSHALL, Luke, 1978, che ha studiato queste analisi, conclude : « Questa tesi è corretta circa ciò che afferma, ma sbagliata circa ciò che nega . È ch iaro che .. . Luca s'è preoccupato dell'affidabili tà storica del suo materiale » . E �ggiunge che l'opposizione allo gnosticismo e al docetismo può aver polari:r.zato la sua preoccupazione s to ri c a. s PRAGM ATA . Il termine, molto generico, significa at to, affar e ( At 5, 4 ; Rm 1 6, 2 ; l Cor 6, l ; 2 Cor 7, 1 1 ; l T s 4 , 6 ; 2 Tm l , 4 }, cosa (Mt 18, 1 9 ), realtà (Eh 6, 18 ; J O , l ; I l , l ) . La precisazione > ). Rimane il fatto che un collegamento per via materna avrebbe servito il proposito dell'evangelista, poiché esso ha suscitato a partire dal secol o II il tema d 'un'ascendenza davidica di Maria. In ebraico e in aramaico la stessa radice yld è adoperata per dire che la donna partorisce ( al qatal: positivo } e che il padre la fa partorire ( all 'hiphil: causativo). Il qittel {intensivo ) indica il ruolo del l a levatrice, ma in un altro senso. Le tra� duzioni ebraiche del vangelo rendono l'egennésen (generò : adoperato 39 volte­ in M t l ) con yld all'hiphil. La differenza è p iù netta in greco tra partorire (tikto ) e generare (gennao) : due radici diverse. H a. CAZELLES, Naissance de l'Eglise, secte iuive rejetée? Cerf, Paris, 1968, pp. 65-66 : « La comunità di Qumran attendeva che venisse ( i l Messia ) di Aronne e di Israele ... , l'avvento dell'Unto . . . di Aronne e di Israele ( Regola della comu­ n it à 9. 1 1 ; cf Documento di Damasco 1 2, 23 ) ». Cazelles ammette l'allusione di Luca 1-2 a q uesta problematica, perché l'evangelista riconosce Gesù come Mes­ sia, figlio di Da v i de ( l . 27.32; 2, 4 ) , ma presenta Maria come « parente » di Elisabetta ( l , 36 ), che è « delle figlie di Aronne » (Le 1, 5 ), secondo l'analisi che abbiamo fatto in Structure, 1956 , pp. 1 10- 1 1 6. Luca tende a suggerire che Gesù è Messia d'Israele e d'Aronne nella linea di MI 3, ma senza calcare la mano sul dato che utilizza .

426

terli a punto, a esplicitarli o a temperarli , nei limiti che la sua utilizzazione di Marco 15 o di altri testi ci permette di apprezzare a suo onore . Luca non è un ideologo. La sua teologia non è una teologia di theologoumenon 1 6, ma una medita�:ione contemplativa che si fissa sugli > e « i suoi non lo ricevono » ( Le 2 , 7 ; Gv l , l O ) : coincidenza riguardante la storicità . Giovanni l riprende soprattutto la teologia di Luca : Gesù è Figlio di Dio ( Le l , 32 . 3 5 ; 2 , 49 ; Gv l , 1 4 . 1 8 ) . Il fatto che sia nato da una Vergine ne è il segno ( Gv l , 1 3 ; Le l, 3 5 ) : NoN conosco uoMo, dice Maria i n Le l , 34. Gesù non è stato generato da desiderio d'uoMo, secondo Gv l , 13 ( ritor­ neremo su questa lettura del versetto al singolare, pp. 480-48 1 ) .

La divinità di Cristo è rivelata sotto la figura della shekinah , con l'impiego del verbo specifico episkiaz6 , che significa l 'ombra della nube divina in Le l , 3 5 ; con il verbo skeno6 , che significa l'abi tazione d i Dio nel tabernacolo, i n G v l , 1 4 . Come s i vede, s i tratta dello stessa tema , con riferimen to alla medesima presenza di Dio nell'arca del­ l' alleanza . I n Luca l come in Giovanni l la teologia di Cristo è sviluppata in funzione della grazia ( Le l , 28 . 3 0 ; 2 , 40 .52 ; Gv l , 1 4 . 1 6 . 1 7 ) e della gloria ( Le 2 , 9 . 32 ; cf l , 35; Gv l , 1 4 ) riferite al Figlio di Dio nella sua stessa umanità ( Le l , 3 1 ; Gv l , 1 4 ). In Gv l , 1 - 1 2 l 'affermazione dell 'origine divina precede, come in Le l, 32a, quella dell 'origine umana . Gesù è detto « Figlio di Dio )) in Le l , 32a prima di essere detto « figlio di Davide » in l , 32b : o rdine che annuncia l a preesistenza giovannea . Non specifichiamo ol­ tre le analogie terminologiche , tematiche e teologiche, minuziosamen· te inventariate da A. Resch 7 • Come si sarà avvertito, esse riguardano il modo teologico di concepire i dati quanto e anche di più che non i ·dati stessi : rapporti di Gesù col Precursore , concezione verginale, accogl ienza mediocre riservata a Cristo. Tocchiamo con mano ad ogni passo l 'impossibilità di separare la constatazione dei fatti dall 'interpre­ -tazione , che ne coglie il senso 8 • � stata rilevata una sorprendente analogia tra : - Le l , 44 : « Il bambino (Giovanni Battis ta ) ha sobbalzato per la gioia nel

6

mio seno )) e - Gv 3, 29 : « L'amico dello sposo (cioè Giovanni Battista), che gli sta vicino e che l'ascolta, è rapito alla voce dello sposo. Questa è la mia gioia, ed essa è al culmine . Bisogna ch'egli cresca e che io diminuisca )). Alcuni critici si sono spinti fino a vedere nella scena della visitazione u na proiezione leggendaria di questo testo giovanneo ( E. KLOSTERMANN, Das Lukas­ Evangelium, Tubingen 1929, pp. 1 5-16). Vedi la critica di A. FEUILLET, }ésus , 1974, pp. 25-26. 7 A. RESCH, Das Kindheitsevangelium, Leipzig 1 897 , TUU, 5, pp. 24 1 -255 , che abbiamo approfondito in Structure, 1956, pp. 135- 1 40. 8 IN CHE SENSO GIOVANN I ( CUGINO ) NON CONOSCEVA GESìJ . C'è contraddizione tra la relazione di parentela Gesù-Giovanni Battista ( eu-

Convergenze

435

3 . Paolo Paolo non s'è interessato dell 'infanzia di Gesù . Sulla via di Dama­ sco ha conosciuto di colpo il Cristo risuscitato, con riferimento alla sua passione e morte . Solo di rado e non senza imbarazzo si riferisce alla sua origine umana , che Giovanni chiama incarnazione. Tuttavia , come per Matteo e per Luca, anche per lui Gesù è della « stirpe di Davide » ( Rm l , 3 ; 2 Tm 2 , 8 ), né mai è messo in rapporto a un padre umano. Paolo lo dice soltanto �

queste i m plicazioni peccam i nose , da cui Rut ha vol u to uscire con la sua fedel tù �� A . PA U L , L'É vangile, 1 968 , p . 34 ). 7 A . PA U L, L 'Évangile , 1 968 , pp. 33- 36 . g I l matrimonio di Rut la moabita è in terpre ta to d a alcuni testi , con rife r i ­ 'm ento al caso di Tamar ugualmen te moabita ( Mid rash Bereshi t Rabbah i n Gn 1 9 , 3 2 1 . Secondo al tri testi Ru t , sterile, sarebbe stata oggetto d'un m iraco l o : ·« Dio le scavò la matrice » ( A. PAU L, L 'Évangile, 1 968, p. 34 ). L'« irregolarità >> è com u nq u e meno man i festa nel caso di R u t . Ella è lodata per aver ri para to la rottura della stirpe regale-messianica .

Le genealogie

451

un ruolo personale straordinario nella storia d'Israele cis amente nella storia dinastica 9 •

e

più pre­

Tamar ha impedito che si estinguesse la razza di Giuda, dalla quale avrebbe dovuto nascere il Messia secondo Cn 4 9 , l O . Ella aveva sposato i l figlio maggiore, che morì senza figli . La legge voleva che il fratello sposasse la vedova per garantire la posterità ( Dt 2 5 . 5- 1 0 ; Mt 22, 23 ) , cosa che il secondo figl io di Giuda fece . Ma egli spiacque a Dio e morì . Giuda , padre dei due defunti, non volle dare il terzo figlio a Tamar temendo supersti­ ziosamente che così morisse anche lui e disobbedendo di conse­ guenza alla legge . Tamar, frustrata nel suo stretto di ritto , usa uno stratagemma : si traveste da prostituta e seduce lo stesso Giuda, allora senza discendenza , per suscitargli la posterità richiesta dal­ la legge di Dio : la posterità messianica , già promessa alla sua di­ scendenza ( 49 , l O ) . Ella adempì il suo dovere , dal che l 'elogio senza riserve che le accorda la tradizione ebraica . l.

2 . Racab , che dichiarò la sua fede in J ahve ( Gs 2 , 9- 1 O ) e accolse le spie di Giuda , favorì l'ingresso del popolo nella terra promessa , fino ad allora sbarrata dalla fortezza di Gerico . Ella fu incorporata nel popolo di Dio per aver aperto le porte dei regno 10 •

3 . Rut , la moabita , segue la suocera in Israele e sposa colui che doveva sposare secondo la legge, così com 'essa è interpretata dal libro di Rut ( 3 , l ), per susci tare figli al marito defunto unendosi al suo « parente più stretto » ( Booz ). Così nascerà Obed , nonno di Davide 1 1 • 4 . Quanto a Betsabea, l'importanza del suo ruolo dinastico non è messa in rapporto alla nascita di Salomone, ma alla sua inter­ cessione presso Davide per farlo diventare l 'erede promesso da Dio ( al posto di Adonia , il figlio maggiore ), secondo la profezia di Natan ( 2 Sam 7 , 8- 1 6 ) . Se Matteo, che assegna un ruolo tanto marginale alle donne , menziona queste quattro all 'inizio del suo vangelo , lo fa affinché 9 SoEUR }EANNE o'ARc, La prostituée aieule du Christ , in Vie spirituelle 87 ( 1 952 ) 47 1 -477 e in Échanges, 1 955, n. 22, pp. 2-4 ; A. PAUL, pp. 35-37 ; ]. MAs­ SON, fésus, 1 982 , pp. 5 04 - 5 1 1 . 10 I vi. 1 1 A. PAUL, L}Évangile, 1 968 ,

200-20 1 .

pp. 33-34 ; ]. MAS SON,

]ésus, 1 982,

pp . 1 9 1 - 1 94 .

Quale storicità

452

esse prefigurino il ruolo inatteso e diverso di Maria : la sua conce­ zione irregolare, che dà il via al progetto di ripudio di Giuseppe ( l , 1 9 ). Dio solo è il principio di questa irregolarità umana, me­ diante la quale egli rimette in ordine tutte le cose : questa genea­ logia piena di peccatori ( maschi e femmine, soprattutto i re ) con­ duce la storia alla Salvezza degli uomini . Benissimo, si dirà , ma Matteo non conta le 4 donne della ge­ nealogia. Certo, ed è escluso ch'egli le conti non solo per le nor­ me genealogiche di allora , ma anche perché esse sono comprese nel calcolo dei loro sposi che generano : esse costituiscono un unico anello con loro, una sola generazione. A che titolo Maria è contata?

Il caso di Maria è diverso, e Matteo l'ha percepito come tale . Egli doveva menzionare Giuseppe, secondo le tavole delle ge­ nealogie ufficiali che aveva raccolto. Lo doveva fare per buona regola e credibilità, perché Giuseppe era un erede biologico della dinastia e perché a questo titolo le folle avevano salutato Gesù come figlio di Davide ( sopra, Introduzione, p. 9, nota 2 ) . E so­ prattutto perché, come Matteo spiegherà nella seconda pericope ( l , 1 8-25 ) , Giuseppe svolgeva questo ruolo a titolo d'una pater­ nità adottiva che gli era stata affidata dall'alto. La paternità le­ gale (adottiva o per l evirato ) prevaleva infatti sulla paternità bio­ logica . Giuseppe però non è affatto menzionato come generante. Matteo spezza su questo punto lo stereotipo della genealogia e parla della generazione solo al passivo, con tutta la portata che abbiamo analizzato : « Giuseppe, sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù che è chiamato Cristo » ( l , 1 6 ). Per lui Maria non è né generante, né dinasta (cosa che sarebbe stata contraria a tutte le norme di allora, secondo cui solo l'indi­ viduo maschio poteva avere questo carattere ). Matteo non fa di Maria una figlia di Davide 12 • Una cosa del genere è estranea alla sua informazione e alla sua prospettiva. E Luca scarta precisamente questa soluzione, che una pietà concre­ tizzante ha improvvisato molto presto, abbandonando l'acribia storica e teologica dei due evangelisti (vedi nota fuori testo, pp . 453-456 ). 1 2 Vedi nota fuori testo.

pp.

4.53-4.56.

453

Le genealogie MARIA È FIGLIA DI DAVIDE?

L'ascendenza davidica di Maria è sostenuta con erudizione da DENISE JuoANT, Maria, figlia di Levi o figlia di Davide?, in Reno­ vatio 2 ( 1975 ) 45 1-47 1 ; Marie descendait-elle de David? , in La Pen­ sée Catholique, n. 1 75, pp. 15-34, e n . 176, pp. 39-60 ; ]. MA s soN , ]ésus, 1982, pp. 494-498 ; cf J. DE ALDAMA, Maria en la patristica, BAC, Madrid 1 970, pp. 78-80. Argomenti in favore

l . I testi biblici, secondo i quali Gesù discendeva da Davide senza essere figlio di Giuseppe : soprattutto Eh 7, 1 4 ; Ap 5, 5 e 22, 16: Gesù è della stirpe di Davide; ek spermatos, dicono anche Rm l , 5 ; 2 Tm 2 , 8 e Gv 7, 42 . Ma sperma non ha il senso biologico dell'italiano sperma ( che del resto non avrebbe senso nel caso di Maria). Esso significa « po­ sterità », « stirpe », « discendenza » in un senso molto largo. Secondo la legge del !evirato un fratello sposava la vedova del fratello per suscitargli una posterità (sperma, secondo Mt 22 , 24-25 ; Mc 12, 1 9-22 ; Le 20, 28). Il senso è giuridico e non biologico : 36 impieghi biblici del termine manifestano l'ampiezza del senso ; se Rm 9, 7-8 sembra accentuare anzitutto il senso biologico ( 9 , 7 : la posterità, che non ha la qualità di figlio d'Abramo), lo fa per supe­ rarlo: « Soltanto i figli della promessa contano come posterità ( sempre sperma) ( 9 , 8 ). L'argomento biblico era già quello di SANT'AGOSTINO, Contra Faustum 9, 10, PL 42, 1 7 1-172 : « Cristo era del seme di Davide secondo la carne. Ora egli è nato dalla Vergine Maria senza concorso d'un uomo, per cui . . . Maria appartiene alla stirpe di Davide ». Ma il sillogismo è estraneo all'apostolo Paolo : egli si limita a · citare un'antica professione di fede proveniente da ambienti giudeo-cri­ stiani (nota della TOB su 2 Tm 2, 8, p. 648 ; cf At 2 , 20, che cita Sal 1 32, l ) . Questi testi non fanno che riformulare il titolo messia­ nico di figlio di Davide, riconosciuto a Gesù dalle folle (sopra , in­ �roduzione, p. 9, nota 2 ), e concernono · la discendenza legale uffi­ ciale dovuta all'adozione da parte di Giuseppe (Mt l, 1 8 .25 ), senza limitarsi affatto ai legami biologici o alla modalità verginale. .

2. SECONDO I PADRI. A partire dal secolo II Maria è figlia di Davide: il Protovangelo di Giacomo e altri apocrifi, Ignazio d'An­ tiochia (Ep. 18, 2 , ed. Sources chrétiennes, p. 1 1 9; Trall. 9 , l e soprattutto Smyrn. l , l ) , Giustino, Ireneo, poi Origene, Tertu ll iano, Eusebio (con riferimento a tradizioni anteriori), Ambrogio, Agosti­ no ecc. Ma quest 'affermazione antica non fa che materializzare il titolo di Figlio di D�vide. Origene, Afraate e Efrem lo giustificano

Quale storicitl:

454

riferendo a Maria la clausola « della stirpe di Davide » , che Le 2, 27 riferisce a Giuseppe: trasposizione senza valore esegetico.

3 . ARGOMENTO DI CONVEN IENZA : Nm 36, 6-9 prescriveva che le figlie si sposassero nella tribù del loro padre . Ma, come riconosce D. J udant ( p . 24 ) , il Nuovo Testamento i mplica ( Le l , 5 .3 6 ) che vi fu ( nella famiglia di Maria ) « un matrimonio tra membri di tribù diverse», sia nel caso che Maria fosse « della tribù di Levi, sia che

fosse della tribù di Giuda, perché in tal caso avrebbe avuto nella sua ascendenza uno o due antenati, che avevano sposato un membro della famiglia di Levi . . . Comunque la vecchia legge sull'interdizione del matrimonio fra tribù diverse . . . comportava perlomeno delle ecce­ zioni � . Un 'altra tradizione patrtstica, forse influenzata dal Testamento dei 1 2 patriarch i ( ed. Charles , p. 294 ), e i testi di Qumran ( Regola della comunità 9, 1 0 , 1 1 ; Documento di Damasco 7, 1 8 , 2 1 ecc . ) pens ano che Maria discenda contemporaneamente dalla tribù di Giu­ da e dalla tribù di Levi ( Ippolito, Epifania, Ambrogio ecc. ) . Ricostruzioni Si è tentato di ricostruire la genealogia di Giuseppe e di Maria. Non parleremo dell' i potesi di Anno di Viterbo ( c . 1490 ), che faceva della genealogia di Luca la genealogia di Maria. Oggi essa non è più sostenuta da alcuno . Tan to meno parleremo dell'ipotesi di H. A. BLA I R ( in Stud. evangel. 2, TUU 87 , 1 954, pp. 1 49- 1 54 ) , secondo il quale il Giuseppe di M t l , 16 sarebbe il padre di Maria = tentativo disperato per stabilire la discendenza davidica per via biologica . Della questione si sono occupa ti anche Giulio Africano ( secolo I I I ), riporta to da EusEBIO, Storia ecclesiastica l , 7, e GIOVANNI DAMA­ SCENO, De fide orthodoxa, liber 4 , c. 1 4 , PG 1 1 56- 1 1 5 7 . Tali tenta­ t ivi non concordano , e J . Masson li assume solo a prezzo di rettifi­ che. Egli ripor ta la proposta di Giovanni Damasceno, secondo la quale Gioacchino , padre di Maria secondo il Protovangelo, discen­ derebbe da Levi ( 3° ascendente di Giuseppe , secondo la genealogia ascendente di Luca ) , attraverso queste 5 generazioni: l . Levi ( Le 3 , 24 ) , 2 . Panter, 3 . Barpanter , 4 . Gioacchi no, 5 . Maria.

Obiezioni Le di fficoltà sono le seguenti :

t u Questa « informazione» è molto tardiva ( secolo VI II ) e di provenienza incerta . 2° Il nome di Pan ter potrebbe essere una trasformazione del legionario romano, cui Celso attribuiva calun niosamente la paternità di Gesù ( pi ù avanti , p. 540 ) . 3° Le

obiezioni contro l'ascendenza davidica di Maria scaturisco-

Le genealogie

455

Matteo l e Luca l tacciono sul1a famiglia di Maria , e ciò sembra d ipendere dal fat to ch'essi non potevano dirla discenden te di Da vide . Se ciò fosse stato possibi le, avrebbe troppo facil i tato la soluzione del loro difficile problema redazionale perché omettessero di ricorrervi. Ciò è part icolarmente chiaro i n Luca : - La sua genealogia ( 3 , 23· 38 ) fa il più completo silenzio su Maria, malgrado l'i mportanza accordatale nel capi tolo l , 26-56 ; cf 2,

no dagli stessi vangeli dell'infanzia :

5-7 . 19 . 34-3 5 .48.5 1 .

- Prima dei due annunci parallel i , ove presenta rispettivamen te

i gen i tori di Giovanni ( l , 5-6 ) e di Gesù ( l , 26-27 ) , Luca precisa il

sacerdotale e di Zaccaria e di Elisabetta, « delle figlie di Aronne » . V iceversa la presentazione parallela di Gi useppe e di Ma­ ria ( 1 , 26-27 ) enuncia l'ascendenza davidica di Giuseppe soltanto ( che pur è una semplice comparsa in questa pericope ), men tre tace sull 'ascendenza di Maria . La cosa è così sorprenden te che , a pa rtire da Origene , si sono mol tipl icati i tentativi grammaticalmente inac­ cet tabili per collegare l 'espressione « della stirpe di Davide » con la Madre di Gesù. I l silenzio di Le l , 26-27 crea una dissimmetritro tanto più notevole, i n quanto Luca menziona più avanti la parentela di Maria con la stirpe sacerdotale di Elisabetta ( l , 36 ). Con la men­ zione di questa parentela sembra ch 'egli voglia rispondere all 'attesa contemporanea d'un Messia derivante con temporaneamente dalla stirpe di Davide e da quella di A ronne . Luca tende a soddisfare questa dupl ice rich iesta menzionando la sua parentela sacerdotale senza precisarla . Ma soprattutto egli sca rta l 'interpretazione, secondo la quale Giovanni ( d i pura fam igl ia sacerdotale ) sa rebbe il Mess ia di Aronne , sot tolineando ch'egli è sol tan to un precursore ( l , 1 7 .76 ) e non il Messi a che ne avevano fatto i giovanniti incontrati in At 1 8 , 25 e 1 9 , 3-4 . Il sil enzio di Luca sull 'ascendenza di Maria è tanto più sorpren­ dente, in quanto egli insiste sull 'ascendenza della terza donna del vangelo dell 'infanzia : « A nna, figl ia di Fanuel , della tribù di Aser »

lignaggio

( 2 , 35). Delle tre donne da lui menzionate, Maria è la sola di cui 11011 viene precisata l'ascendenza. Le ellissi di questo genere sono cariche

di senso. I due evangelisti giustificano la discendenza di Gesù senza ricor­ rere a Maria e invocando sem pl icemente la paternità adottiva dn Giuseppe ( molto esplicita in Mat teo, imp licita ma chia ra in Le l , 26; 2 , 4-5 .27 . 3 3 .4 1 .48-49 ), nonché l a nascita di Gesù nella città originaria di Davide ( Betlemme, M t 2, l ; Le 2, 4-5 . 1 1 ). Visto come hanno cercato d i mol tiplicare i legami di Gesù con Dav ide, ivi com­ preso questo lega me topografico m i nore , essi sarebbero stati troppo felici di poter produrre un legame materno, se ce ne fosse stato u no.

Conclusione L'ipotesi d'una figl iazione dav idica di Maria è estranea at due evangelisti , anzi è in qualche modo esclusa da Luca .

456

Quale storicità

I due evangelisti hanno superato l'etichetta davidica , cosl impor­ tante per i contemporanei. Per essi l'importante è che Gesù, Figlio di Dio, è Messia a titolo divino e trascendente ( Le l , 32 .35 ; Mt l, 23 ), unto dallo stesso Spirito Santo ( Mt l , 1 6. 1 8 ; cf Le l , 35). Inoltre Matteo sembra aver pensato che il peccato inscritto in questa stirpe ( soprattutto nella stirpe regale di Davide e dei suoi discendenti, da cui egli ha eliminato i tre anelli provenienti da Atalia) ha provocato un distanziamento genealogico del Messia, la cui ascendenza non è affatto biologica ma legale, dato che la paternità legale prevaleva giuridicamente secondo i valori tradizionali dell'epoca. Non ci si perde veramente nulla per il fatto che Maria non sia biologicamente figlia di Davide. E il rigore con cui gli evangelisti hanno evitato questo facile ricorso costituisce un nuovo indizio della loro acribia. Essi non inventano per andare incontro alle richieste dell'ambiente, come è stato fatto dopo di loro, e assumono invece ciò che crea difficoltà . E tale onestà li ha condotti a una grande pro­ fondità teologica.

Matteo menziona Maria a titolo d'un ruolo singolare, che ca­ ratterizzava la singolarità stessa di questa « generazione » e che era importante dallo stesso punto di vista di Dio, autore della storia della salvezza, centro della prospettiva . S 'egli l'ha contata, l'ha fatto senza dubbio per assumere il fatto sconcertante ( e poco credibile per i suoi contemporanei ) che ella era la sola origine umana di Cristo, la sola sua origine biologica, come diremmo noi oggi. Ma, menzionandola, ha rispettato le norme stabilite, che Cristo non viene ad abolire , ma a portare a compimento, secondo una formula propria del suo vangelo (5, 1 7 ). Le norme non sono ri· messe in questione da questo caso fuori serie. Rimarchevole è la formulazione di Matteo. Egli non dice che Maria ha generato Cristo. La menziona non tanto come origine biologica di questi, quanto piuttosto come segno e testimone dell'azione trascendente di Dio, ch'egli espri­ merà in l , 1 8 .20 . A questo titolo precisa il suo ruolo, senza nulla dirci della sua persona, della sua grazia , dei suoi sentimenti, dei suoi meriti , a differenza di Luca l . Matteo la pone come segno di Dio e sola origine umana di Cristo, in un senso che non esplicita , m a che circoscrive in maniera significativa . Secondo lui Gesù non ha altro padre che Dio, nel senso che Giovanni indicherà parlando

· 457

Le genealogie

della sua preesistenza. Gesù non poteva avere un altro Padre. E Dio solo è al principio della sua origine umana fuori serie e lo è senza essere un padre umano, né il sostituto d'un padre umano. Matteo sta infatti attento a non fare di Dio il generante umano , benché dica Gesù « generato » al passivo in tre riprese ( l , 1 6 .20 ; 2 , l : sempre col verbo gennao ). Egli attribuisce il principio di questa generazione allo Spirito , nome femminile in ebraico, che eliminava ogni equivoco e ogni tentazione di farne il generante. Questo ammirabile modo di esprimersi significava che Dio non è la causa umana ( sessuale o parasessuale , matrimoniale o teoga­ mica ), ma la Causa trascendente della novità di Cristo-Salvatore. Lo Spirito Santo non supplisce a titolo di generante il ruolo di padre in questa generazione. Matteo evita ogni termine espri­ mente causalità e formula una semplice relazione d'origine con la particella ek ( nato da). Per lui Maria non è sposa di Dio , né dello Spirito Santo ( formula poco felice, scusata soltanto dalla pietà ingegnosa e poetica di quanti l'hanno osata) . Il posto di generante Matteo lo lascia vuoto , onde riferire Cristo solo a Dio Padre , di cui lo dirà Figlio non parlando di que­ sta origine umana miracolosa , ma in tutt'altro contesto, in occa­ sione della fuga in Egitto ( Mt 2 , 1 5 , con riferimento a Os 1 1 , l ) e , poi , del battesimo di Giovanni ( 3 , 1 7 ; cf 4 , 3 . 5 ecc. e soprat­ tutto 1 4 , 33 ; 1 7 , 5 ). Non è a caso che Matteo evita di parlare di figliazione divina nel contesto dell'origine umana di Cristo e ne parl a in altri contesti ; egli riempie il vuoto di tali ellissi chia­ mando Gesù : Dio-con-noi , e dando a tale epressione tutta la sua portata . Essa è la prima e l 'ultima parola del suo vangelo ( l , 23 e 28, 20 ). È come segno umano di questa esclusiva paternità divina, più ancora che come origine umana e biologica di Cristo , che Maria è menzionata e contata nella genealogia di Matteo a un ti tolo sin­ golare e profondamente teologico. Ella è contata come la penultima dei 1 4 anelli , tra i due gene­ rati non-generanti : Giuseppe, il padre legale, e Cristo , anello terminale. Maria è un altro anello insolito ( disgiunto da Giusep­ pe, riferito a Dio soltanto : l , 1 8-20 ), indispensabile alla mani­ festazione d'un mistero, che sconcerta la sapienza dei saggi c l 'ordine di questo mondo. _

--�

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Quale storicità

Luca 7 x 1 1

-

77 + l

Luca non fa delle dichiarazioni numeriche, però ha contato 77 anelli, e la sua genealogia è manifestamente ritmata dai gru p- : di 7 . I nomi significativi e i nomi di valore sono situati dove ca­ dono i multi pii di 7 , che articolano i tempi forti , quegli stessi nomi che anche Matteo mette in rilievo nei numeri l e 14 : - Davide ( Le 3 , 3 1 ) - Abramo ( Le 3 , 3 4 ) Ma anche : Giuseppe I I Salatiel , al tempo della cattività babilonese Gesù , antenato di Gesù Giu seppe I I I A dmi n (che Luca aggiunge ) Enoch - Dio

n. 42 ( 6 X 7 ) n . 56 ( 8 X 7 ) n.

7 21 28 35 49 n . 70 n . 77

n. n. n. n.

( l x 7) ( 3X7) ( 4x7) ( 5 X 7) ( 7 x 7) ( lO x 7 ) ( 1 1 X 7 ) Il

Tra i l O nomi situati nei multipli di 7, due soltanto non pre­ sen tano particolarità notevoli : Sala in 9 X 7 e Mattatia in 2 X 7 . È tuttavia chiaro che Luca ha dell 'interesse per quest'ultimo nome , che prolifera nella sua generazione : - sia sotto questa forma : MATTATIA in ga e 1 4a posizione ( nell 'ordine ascendente ), - sia sotto forme di verse : MATTA T in 3a e 3 1 a posizione, M ATTA TÀ in 40a posizione , MAATH in 1 3a posizione, giusto prima di Mattatia . Tale proliferazione non è artificiosa , ma sembra dipendere dal fatto che alcuni nomi ritornano in certe famiglie per tradizione. I L DEBOLE PER I MULTIPLI DI 7 nella Bibbia : 70 è adoperato 61 volte ; - 77 tre vo h e Ma non vi è alcun impiego d i 69 , 7 1 , 76, 78, 79. Il numero 7 è privi legiato ( 384 i m pieghi ), me n t r e gli a l rr i suoi multipli lo sono meno : 14 ( 50 volte ) , 21 ( 7 volte ) . 28 ( 1 0 volte ), 3 5 ( 5 v o l te ) 42 (6 volte ), mentre 4 3 e 44 non sono mai u t i l izzati , 49 (2 volte ) , 56 ( l volta ). 63 ( zero volte ), 7 0 ( 61 vo l te ) 77 ( 3 vol te ) , 700 ( 5 volte ), 777 ( una volta : Gn 5, 31 ) , 7 .000 ( 11 vol­ te ), 70 .000 (6 vol te ) : statistiche raccol te nella Concordance, Cerf-Brepol , che ha con tato i nu meri sulla t raduzione francese col calèolatore. Noi addizioniamo i numeri ca rdi nali e ordinali . u

-

.

,

,

Le genealogie

459

Masson rileva la presenza di nomi « davidici » nella genealogia di Luca tra Natan e Neri . Questo ordinamento settenario è dunque patente per i nomi che mette in risalto . Esso è coerente e conforme ai ritmi gematrici di allora e conferma che non bisogna contare il primo anello: Gesù . La genealogia lo mette visibilmente a parte e lo distanzia da Giuseppe : - con la frase relativa al suo debutto e ai suoi 30 anni ( Le 3 , 2 3 ) , mentre gli altri anelli della genealogia sono ridotti al solo loro nome ; - con l'inciso « così si riteneva » , che relativizza il suo legame con Giuseppe . È dunque a partire da Giuseppe che la catena di Luca funziona vivacemente con il legame minimo : di ( in greco articolo determi­ nativo ; al genitivo : tou ). Gesù è posto fuori serie , al punto di partenza, senza dubbio per manifestare la sua trascendenza . cioè la sua identità con la propria fonte : « Dio >> , di cui è « Figl io » , come viene ripetuto al principio ( 3 , 22 ) e al termine ( 3 , 38 ) , principio e termine che l a catena collega direttamente come una lunga parentesi . Sembra significativo che l'ultimo anello sette­ nario prima di Dio , Enoch , sia precisamente quello che Dio ha preso al termine della sua esistenza ( Gn 5 , 24 ). Checché ne sia di queste ultime due osservazioni , Luca ha certamente contato così . Controprova : se si cercasse di contare in altro modo , attribuendo a Gesù il n . l , l 'edificio ben ritmato cadrebbe nel caos. Abramo, Davide e gl i altri perderebbero la loro posizione set tenaria . È curioso vedere come dei valen ti esegeti siano caduti in questa trappola, a cominciare da F. Prat. Ma poiché egli vedeva bene la necessità di col­ locare Abramo, Enoch e Dio nella posizione multipla di 7 , soppresse Admin strada facendo per riguadagnare un anello . A. Fitzmyer fa suo lo stesso punto di partenza con maggior coerenza , ma spezza così il ri tmo genealogico l à ove Davide ( n . 4 3 ), Abramo ( n . 57 ) e Enoch ( n . 7 1) perdono la loro posizione ritmica e ricadono nella posizione di numeri insignificanti per la gematria tradizionale , visto che nes­ suno dei t re è utilizzato dalla Bibbia ( diversamente da 42 , 56 e so­ prattutto 70 ) .

460

Quale storicità

Conferma : Se leggiamo la genealogia di Luca secondo l'ordine discendente" facciamo una constatazione sorprendente : affinché gli elementi di va­ lore Enoch, Abramo e Davide cadano in posizione settenaria, bisogna similmente non contare il primo anello trascendente, che è allora Dio 1 4 • Se gli si attribuisce il numero l, si ricade nel caos numerico e gema­ trico. Tale ordinamento inverso discendente è stato calcolato, voluto , percepito dall'autore della genealogia ( Luca o la sua fonte) ? Non necessariamente. È l'ordine ascendente ch'egli ha scelto, e non è evi­ dente che abbia pensato anche all'ordine discendente, che è sempli­ cemente simmetrico. Se vi riscontriamo armoniosamente i ritmi sette­ nari, secondo la medesima regola, ciò può dipendere semplicemente dalle leggi dell 'ordinamento numerico, che obbligano a mettere quel lo che noi oggi chiameremmo un anello zero al punto di partenza d'una serie ritmata (nel senso ascendente come in quello discendente ), affin­ ché l'elemento terminale di ogni serie trovi la sua posizione ritmica : qui un multiplo di 7 15 • Aggiungiamo che gli adepti della gematria , coltivata negli ambienti ebraici dell'epoca, conoscevano bene queste proprietà ritmiche dei numeri e altre più sottili ancora . Questo du­ plice effetto non è perciò un puro caso. Esso potrebbe essere la con­ seguenza secondaria d'un ordinamento ben concepito, la cui simmetria si presta ad ogni sorta di percorsi coerenti e ordinati . L'autore della genealogia non ha concepito il calcolo in funzione del « numero zero », che non esisteva nel sistema numerico di allora, 1 4 Invece Gesù va contato nell'ordine discendente : n. 77, come Dio nel­ l'ordine ascendente. 1 5 LA LEGGE DI REVERSIBILITA DELLE SERIE può essere enunciat1 così : Data una qualunque serie di numeri partenti dall'l e succedentisi in serie uguali di n elementi , scritti - da un lato secondo l'ordine crescente (a) - dall'altro lato secondo l'ordine decrescente ( b), è chiaro che i multipli del n. 4 ( nell'esempio qui �otto) non si corrispondano nelle due serie, ma scalano d'un gradino : a : l 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 1 1 2 b : 1 2 1 1 10 9 8 7 6 5 4 3 2 l Per ottene re la corrispondenza dei multipli di n (qui 4) bisogna scalare le due serie d'un'unità (il che significa far partire ciascuna del l e due serie da 0 ) : a : O l 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0 1 1 12 b : 1 2 1 1 10 � 8 7 6 5 4 3 2 l o L'ebraicc, non ha lo O, per cui la coincidenza dei multipli di 7 tra le due serie, rispettivamente ascendente e disce ndente di Luca e di Matteo, si ottiene non assegnando alcun numero al primo anello sia nell'uno che nell'altro ordine : la qual cosa Io mette a parte, in una posizione in un certo senso trascendente. Gli antichi erano sensibili a questi ritmi, senza calcolarli né ragionarl i secondo il nostro modo analitico odierno.

Le genealogie

46 1

ma ha considerato Gesù, primo nell'ordine ascendente, come anello fuori serie, costituente di per sé solo un ordine trascendente. Cosi le 1 1 serie di 7 si trovano completate da un 1 2° elemento di valore primordiale : Gesù Cristo, Figlio di Dio, al punto di partenza. E que­ sto punto di partenza della genealogia ascendente è il punto di arrivo escatologico : l'anello terminale. Questo 1 2° elemento aveva la sua importanza nella cultura di allora: 1 1 infatti non era un numero si­ gnificativo. Se 2 Baruch 53-74 divideva la storia del mondo in 1 1 pe­ riodi, il 1 2° era il tempo messianico. Gesù, termine cronologico della genealogia, occupa precisamente questa posizione. Egli è fuori serie come inaugurante tempi assolutamente nuovi: una nuova genesi, se­ condo il simbolismo di M t l , 1 . 1 8 . Questo ordinamento concorda bene con l a predilezione d i Luca (e specialmente di Luca 1-2 ) per i numeri 7 e 1 2 16 • A dispetto degli incidenti della tradizione manoscritta e delle di­ verse alee esegetiche, il numero della genealogia di Luca fu ricono­ sciuto ben presto come il suo principio organizzatore, segnatamente da sant'Agostino e dai Cappadoci 17 • 1 6 FASCI NO DEL NUMERO 7 NEL NUOVO TESTAMENTO E IN

LUCA :

Nuovo Testamento : è il numero più fre quente se eccettuiamo l'l, il 2 e il 3. Esso è adoperato più ancora dell'8 e dello stesso 12. La maggioranza degli im­ pieghi si trova nell'Apocalisse : 42, seguita da Luca : 15. Luca: nel vangelo dell'infanzia trovi amo i 7 anni della vedovanza di Anna e i suoi 84 anni : 12 x 7 (Le 2, 37 ; cf i 12 anni di Gesù). Se Luca non ha con­ servato il logion di Cristo , che invita a perdonare non « fino a 7 volte, ma fino a 70 volte 7 », lo abbiamo visto in compenso riecheggiare la profezia delle 70 settimane in l , 25-2, 22 e lo vediamo menzionare 70 cavalieri in At 23, 23. Infine ha contato 77 nomi nella sua genealogia (Le 3 , 23-38, come abbiamo visto ). Si noti che il numero 77 sostituisce in certe versioni di M t 18, 22 il 70 volte 7, e questa lezione è cosl ben attestata che la Bible de ]érusalem l'adotta . 17 NUMERI E SIMBOLISMO DELLA GENEALOGIA SECONDO I PADRI. I Padri conteggiano numeri diversi nella genealogia, ma sempre per finire in numeri simbolici : - 70: PsEuoo-CI.EMENTE, OmeUa 1 8, 4, PG 2, 408 e PROCOPIO di Gaza. PG 77, 957; 72 : IRENEO, Haereses .3, 33, che riconosce in esso il numero dei popoli della Genesi; similmente CLEMENTE ALESSANDRINO (Stromata l , PG 8, 877 ) e CLEMENTE, Recognitiones 2, 42 ( PG l, 1269); EPIFANIO ( Haereses l, l, 5, PG 41, 134 e Haer. 39, PG 41, 673) ; AGOSTINO, De civitate Dei 16, 3, 2 : « Septua­ ginta duas gentes >) ; - 75: Eforo, citato da Cle mente Alessandrino (Stromata l , PG 8, 877), con riferimento a Gn 46, 27 ; - 77 (attestato dal testo greco) è adottato dai Cappadoci e da sant'Agostino. Il testo ch 'egli utilizzava ne aveva solo 76, ma egli conta Dio per arrivare a quella cifra. I Padri adottano dunque esclusivamente dei numeri utilizzati dalla Bibbia ( 70: 61 volte; 72: 4 vo! te ; 75 : 2 volte; 77 : 3 volte) e non quelli ignorati dalla · -

;462

Quale storicità

Le genealogie di Matteo e di Luca sono pertanto basate am­ bedue sul numero 7 , organizzato in serie binarie e ternarie : 3 serie di 2 X 7 = 14 in Matteo , 1 1 serie di 7 raggruppate in 3 segmenti di 3 X 7 = 2 1 e l segmento di 2 X 7 = 1 4 in Luca : calcolo esplicito in Matteo, implicito in Luca , che mette così tn rilievo i personaggi chiave 1 8 • Bibbia : 69, 7 1 , 73, 78. I numeri che hanno attirato la loro attenzione sono queJ li che hanno un valore simbolico. Le 70 generazioni da Gesù a Enoch vanno messe in rapporto con la tradizione, secondo l a quale vi sareb be ro 70 generazioni d al peccato degli angeli fino al giudizio escatologico? - si domanda R. E. BROWN ( The Birth , 1 977 , p . 8 1 , con ri ferimento a Enoch 93, 1 - 1 0 e 9 1 , 1 2- 1 7 ). Eg li fa poco caso al simbolismo, anche se ha messo bene i n luce i numeri s i mbol i c i ( p . 76 ) , cosa che fa onore a] suo senso della cri tica testuale. Stupisce che dopo di questo egli attribuisca le osservazion i ritmiche d i J . E. BRUNS , in Bi b. Today, cl ic . 1 964 , pp . 980-985, alla immagi nazione di questo autore { ivi, nota 73 ). ]. MAS SON, ]ésus , 1982, pp. 2 1 22 1 3 , ric us a più radicalmente ancora ogni numerazione ri tmata e ogni simbolismo in Luca . I l m igl i or dossier patristico rimane quello di ) . LAGRANGE, Luc, 1 927 , pp. 1 20- 1 2 1 . 18

Confronto ritmico delle due genealogie : Matteo l

Dio-Abramo Abramo-Davide Dav ide-cattività Cat tivi tà-Gesù

Luca 3 21

14 14

14

14

21 21

42

77

La base è i l modello binario 2 x 7 - 1 4, at tinto dalle fonti bibliche per le generazion i da Abramo a Davide. Matteo rimane fedel e a questo modulo binario e lo ripete per tre vol te , mentre Luca ripete per tre volte un modello ternario : 3 x 3 x 7, cioè 3 serie di 2 1 . Simbolismo del numero 1 4 : R . E . BRoWN, The Birth , 1 977, pp . 80-8 1 , si domanda se il pattern ( model lo ) di 14 non sia la metà del mese lunare secondo C. KA PLAN, The Generation Schemes, in Bib. Sac. 87 ( 1 930 ) 465-47 1 . M. D. ]oHN SON, The Purpose, Cambridge 1 969 , pp. 1 84-208 e L. SABOURIN, Il Vangelo di Matteo, Marino 1 967 , pp. 1 99-202, trovano invece dei modell i nella tradizione ebraica : le 1 4 epoche della storia del mondo, le speculazioni del Talmud sui tre sacrifici di Balak e Balaam. Notiamo che il numero 14 è molto freque n te nella Bibbia : 27 volte come cardi na le e 23 come ordi n ale : più freq uente dell' l i e dei numeri da 1 3 a 19 . Matteo gli ha dato questo rilievo, perché esso è il numero d i Davide. 1 1 o 12 in Luca? Quanto al numero 1 1 , esso figura 16 volte nella Bibbia, contro le 1 38 vol t e del 1 2 . Ciò tende a confermare che Luca considera le 1 1 se­ rie di 7 , che fanno 77, semplicemente in funzione dello stesso Cristo, che costi· f uisce i l 1 2" elemento, termi nal e e escatologico, della sua genealogi a .

Le genealogie

463

Simbolismo e finzione

Questo schematismo sembra costt tuue un 'obiezione per la storicità : ]e genealogie sono « artificiose più che storiche » , si dice . I1 numero non ha determinato a priori la loro costruzione ? Esse non sono forse il dispiegamento fittizio di questo simboli­ smo ? Ebbene , no ! Per due motivi : l o Il numero 1 4 , di cui vedremo il carattere fondamentale , non era preso in considerazione dalla gematria dell 'epoca , come osserva Brown ( pp. 80-8 1 ). Esso non è uscito di sana pianta dal cervel1o degli evangelisti. 2° n numero 1 4 è un dato che l'uno e l 'altro hanno attinto alla medesima fonte : la Bibbia .

464

Quale storicità C. BASI DOCUMENTARIE

La fonte biblica

Il numero 1 4 è un dato documentario della Scrittura. Se con· tiarno le generazioni menzionate dalla Bibbia tra Abramo e Da· vide, la serie fondamentale che annovera il padre del popolo eletto e il re Davide, di cui il Messia è erede, troviamo che essa çomporta 14 anelli, non uno di più, non uno di meno 19 • � a posteriori , facendo questo calcolo, che Matteo vi ha rico­ nosciuto il numero di Davide : 14, e che ha organizzato il resto della sua genealogia su questa base. Si tratta d'una base storica nel senso ch'essa è documentata e che Matteo ha rispettato rigorosamente tale documentazione tra­ dizionale. Ciò non significa una storicità precisa e esaustiva secondo le nostre regole moderne, ma un riferimento serio ai documenti meglio attestati della tradizione. I 1 4 anelli che la Bibbia menziona tra Abramo e Davide non sono una lista completa : vi sono necessariamente più di due gene­ razioni fra Salmon ( Sala, secondo Le 3 , 32 : cf l Cr 2, 1 1 ; Rt 4 , 20 ), del tempo di Giosuè, e lesse, il padre di Davide, vissuto all'incirca due secoli più tardi (un periodo che va dal 1 200 al 1 000 all'incirca ). Matteo lo sapeva bene e non ha cercato di supplire a queste omissioni d'una tradizione selettiva . Luca, più sensibile a questa sproporzione cronologica, non s'è fatto scrupolo di trovare un nome in più, ma l 'ha fatto per ragioni d'ordine gematrico , come vedremo (Admin : n. 48). Per mantenere il numero 14 Matteo h a fatto, secondo l o stesso spirito, delle selezioni e ha deliberatamente soppresso delle ge­ nerazioni : ..-. Per i re, la Bibbia gliene offriva 1 8 da Salomone a leconia ( 1 , 7- 1 0 ), ma egli ne ha ritenuto solo 1 4 , sopprimendo a questo scopo le tre generazioni provenienti da A tali a ( e Ioram ) : Ocozia t 841 , loas t 796 e Amazia t 78 1 . Egli lo ha fatto secondo le regole tradizionali , perché la tradizione ebraica autorizzava l'era­ sio nominis degli idolatri. E la loro soppressione era ritenuta priva 19

l Cr l, 28.34; 2, 1-15 ; Et 4, 18-28.

Le genealogie

465

di inconvenienti, secondo l'adagio tradizionale: « I figli dei figli vanno considerati come figli » 20• La soppressione di Ioiaqim ( 1 Cr 3 , 1 5 ; 2 Re 2 3 , 34-3 6 / 2 Cr 36, 4-5 ), padre di Ioiakin-Ieconia, ha potuto esser suggerita dal­ l'oracolo di Gr 22, 30 e 36, 3 0-3 1 , che prevedeva l'estinzione della discendenza di leconia : « Senza figli ! » . Matteo fu forse indotto a ometterlo come i tre re empi, per aver bruciato, man mano che li leggeva, i rotoli della prima edizione degli oracoli di Geremia ( Gr 3 6 , 9 . 1 6-32 ). Egli era uccisore di profeti (Gr 26, 2 1-23 ) , e Geremia ebbe per lui le parole più severe ( 2 3 , 1 3- 1 9 ; cf 2 Re 2 3 , 3 7 ; 2 4 , 1 9 ; 2 Cr 3 6 , 8 ) . -·

Matteo sopprime dei nomi anche per la terza serie ( post-esilica). La durata e il confronto con Luca, che ha 5 generazioni in più per lo stesso periodo, impone questa conclusione 21 • Matteo s'è dunque conformato alle liste, praticando solo delle sop­ pressioni apparentemente motivate. In ciò egli seguiva l 'esempio della stessa Bibbia, perché la prima serie di 14 (Abramo-Davide ) che vi ha trovato, è abbreviata nella stessa fonte 22• In tutta la parte verificabile della sua genealogia egli non ha inven­ tato niente. E vi sono tutte le ragioni di pensare ch'egli abbia fatto lo stesso per gli ultimi anelli, di cui 5 soltanto ci sono noti da altre fonti : Salatiel e Zorobabele dalla Bibbia ; Giuseppe, Ma ria e Gesù dagli altri vangeli. Egli era evidentemente documentato per gli altri più vicini, ma le sue fonti sono oggi perdute. 20 DOPPIA GIUSTIFICAZIONE DELLE OMISSIONI NELLE GENEA­ LOGIE. l . Sull erasio nominis (soppressione di certi nomi ) vedi M. 0RSATTI, Un saggio, 1980, p . 48; ]. MASSON, ]ésus, 1982, pp. 1 1 6-124. Essi si fondano su Es 32, 3 3 ; Sal 9, 6. Inoltre fra i re soppressi i tre discendenti da Atalia erano oggetto d'una maledizione particolare : l Cr 22, 7; 24, 22; 25, 14-16. E, soprat­ '

tutto, Atalia aveva cercato di sopprimere tutti gli eredi dinastici. Quanto a Ioiaqim, t 598 ( l'altro nome radiato ), preciseremo più avanti ch�li fu l 'avversario di Geremia (Gr 22, 13-19; 36 , 9.16-32 ; cf 2 Re 23, 27 ; 24, 19; l Cr 36, 8). 2. Il principio : : un mito bell'e buono , che - sia detto senza ricadere in un altro semplicisrrio - la scuola della Formgeschichte ha largamente sfruttato . Pretendere che questo cantico sia stato stenografato o che Maria ( probabilmente analfabeta , come quasi tutte le donne della sua epoca ) si sia messa a tavolino per scrivere , son cose che , per quanto ne so , non sono state sostenute . Si tratterebbe infatti di caricature immaginarie per screditare una verosimiglianza ben diversa. Nella trasmissione orale della preghiera la mediazione eccle­ siale e comunitaria ha svolto senza dubbio un ruolo essenziale mini sparsi fra varie centinaia da una parte e dall'altra ( più di 300· in At 3, 1 2-26). Più precisamente, non troviamo nel Benedictus nessuno dei termini caratteristici della risurrezione (è piut tosto in Matteo 1-2 che potremmo cercare qualche allu­ sione nel ritorno sorprendente del verbo egeir6 : svegliarsi: l , 24 ; 2, 1 3 .1 4.20.21 , che viene tradotto anche con alzarsi: il termine più corrente per indicare la risurrezione : cf Mt 28 6-7 ecc.). ? Quanto all'universalismo attribuito al Magnificai, il solo elemento che po­ trebbe contenere un 'implicazione in questo senso riguarda « i potenti rovesciati dai loro troni » ( 1 , 52). Ma questo è solo un aspetto negativo, e i profeti d'I sraele hanno professato un universalismo molto più esplicito. 3° L'argomento principale di Brown non manca d'interesse: l'aoristo dd Magnificai denota una sicurezza impensabile prima della risurrezione : Dio ha già rovesciato i potenti dai lorc troni , colmato di beni gli affamati e rinviato i ricchi a mani vuote ecc. Questo gli fa si tuare questi inni tra i giudeo-cristiani (p. 363). Luca avrebbe trasposto questa pa"hesia posl-risurrezionale « sulle labbra di Maria ». Ma questo aoristo dalla portata futura non è una novità assoluta ( Sal 46, 10 ecc. ), e ] . Fitzmyer (Lk 1-9, 1 98 1 , p. 361 ) giudica questa argomentazione « forzata » (forcefully ). In realtà, la sicurezza che tutto è diretto dall'alto non trova per i giudeo­ cristiani della metà del secolo I una verifica migliore di quella che poteva avere Maria verso il 4 a .C . Perché tale sicurezza sarebbe potuta nascere solo più tardi in gente sconosciuta e non in colei , cui Luca attribuisce questo cantico? In assen­ za di argomen ti , l'oggettività non indurrebbe ad attenersi a quanto Luca dice in maniera coerente e, a quanto pare, fondata? ,

504

Quale storicità

per l a trasmissione del testo . Ma trasmettere non è creare. Solo dei presupposti sistematici autorizzano a passare dalla prima alla seconda ipotesi. La tradizione viva

Quel che troppe analisi « critiche » misconoscono è che la pre­ ghiera di allora si inscrive in una tradizione viva, radicata nei mo­ delli del passato, disponibili per delle attualizzazioni che non ave· vano affatto l'abitudine di essere chiassose. L'importante sta dun­ .que nel collocare questi cantici nella loro tradizione caratterizzata dalla fedeltà della memoria, di cui noi oggi abbiamo perduto il senso 4• Tale memoria era libera , interiore, capace di creare . Non seguiva la regola d'imparare a memoria sotto il controllo del mae­ stro, che assicurava la conformità materiale delle formule e delle rubriche. Il popolo non aveva né messale, né salterio, ma delle memorie popolate . È in questo ambiente vivo che Luca _ ha rac­ colto i can tici . I cantici compaiono solo qui in tutta la sua opera ( Le e Atti ) . Egli non aveva dunque u n debole per essi . Ciò costituisce senza dubbio e molto semplicemente un nuovo indizio della sua fedel tà nel seguire le sue fonti nella loro varietà . La tradizione del Magnificat

La tradizione del Magnifica! non ha niente di immaginario . Essa esiste in maniera verificabile . Se ne può cogliere la conti­ nuità . Il primo anello , il prototipo , è il cantico di Anna , madre di Samuele, vissuta mille anni prima ( l Sam 2, 1 - 1 0 ). Anch'essa era un'azione di grazie per una nascita riconosciuta come un dono di · Dio, e tale azione di grazie si es tendeva già ai poveri che Dio eleva abbassa�do i ricchi e i potenti . 4 Ancora nel secolo XIX, in Francia , le teste contadine erano il più delle volte analfabete, ma più fornite di quel che ci si immagina ; le donne di Pontmain sapevano a memoria i sermoni, che il loro parroco ripeteva imperturbabilmente tutti gli anni fin dal momento del suo arrivo; e s'egli cambiava qualcosa, esse protestavano, come i bambi�i che riprendevano la nonn a dalla memoria vacillante, allorché ella dimenticava qualche formula stereotipa delle favole.

Valutazione delle sequenze l Sam 2, 1-10 : Can tico di Anna

l Il mio cuore esulta in Jahve... gioisco per il tuo soccorso 4 L'arco dei poten ti è spezzato, ma i deboli son cinti di forza 5 I sazi vanno al lavoro per il pane, ma gli affamati cessano di lavorare 7 Jahve abbassa e ELEVA l O Jahve dà FORZA al suo re

50.5 Le l, 46-55 : Magnificat

46 La mia anima magnifica 47 e il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore 52 Egli ha gettato i potenti giù dai loro troni e ha innalzato gli umili 53 Ha colmato di beni gli

il Signore

(- Jahve)

affamati

e rinviato i ricchi a mani vuote (- l, 52 sopra : ha innalzato) 51 Ha dispiegato la FORZA del suo braccio 54 :t venuto in aiuto di Israele '·

In un tempo in cui le donne, quasi tutte analfabete , avevano per libro di preghiera solo la loro memoria, perché mai il cantico biblico di Anna non avrebbe potuto esser attualizzato da Maria in circostanze, ch'ella viveva profondamente secondo Dio, in rife­ rimento vivo alla Scrittura, come testimonia lo stesso Luca? 6 · Non abbiamo i mezzi per ricostruire le tappe tra la visitazione, in cui Luca colloca il cantico, e la forma sotto la quale egli l'ha fissato nel suo vangelo. Se il cantico è stato trasmesso, lo si deve indubbiamente al fatto che Maria stessa l'ha ripreso ( e normals Oltre a questi riferimenti al cantico di Anna il Magnificat contiene remini­ scenze di numerosi altri testi, segnatamente di salmi, che sono stati rilevati da lunga data ; R . E . Brown, che li ricapitola, aggiunge un contatto con Qumran ( l QM 14 , 10-1 1 : The Birth, 1977 , p. 359 ). Ne troviamo una eco in 4 Esd 9, 45 : « Dio ha esaudito la sua serva, ha riguardato ]a mia vergogna (o umiltà ) e m 'ha inviato un figlio ». Possiamo colle­ gare fruttuosamente questo cantico a quella che era la preghiera ebraica nel secolo I. 6 Pur propendendo verso l'ipotesi d'un'opera « molto arcaica >) della « co­ munità credente )) (conformemente al tema prestigioso della « comunità crea­ trice )> ), P. Grelot, « Marie », in DS 10, 1977, pp. 416-417, riconosce « tuttavia >) la verosimiglianza dell'altra ipotesi : « L'arcaismo della formulazione s'accorderebbe bene con una composizione dovuta a Maria stessa, nel quadro della ChieJa nascente, ove Luca la mostrrJ, assidua alla preghiera coi Dodici (At l , 14) e m editan te allora gli eventi da lei vissuti (cf Le 2, 1 9 ) . Ella ha potuto misurare la portata delle promesse di Dio ( 1, 54-55) nel momento in cui esse si era n o pienamente compiute » . Che il cantico sia stato trasmesso nello stato i n cu i esso fu assunto dalla co­ munità giudeo-cristiana primitiva è evidente. Ma assicurare che Maria ha potuto cantare questo inno solo in questa comunità e dopo la risurrezione, che esso le era totalmente estraneo al tempo in cu i divenne Madre di Cristo, è cosa che deriva da presupposti artificiosi; infatti l'arcaismo del cantico sfugge agli anacro­ nismi che inviterebbero a questa datazione tardiva.

Quale storicità

506

mente attualizzato ) nella comunlta pnmtttva di Gerusalemme , ove Luca stesso la colloca ( At l , 1 4 ) . Tra la preghiera di questa comunità giudeo-cristiana e Luca intervenne necessariamen te una traduzione e quindi un adattamento al greco. Non v'è niente di strano nel fatto che la forma scritta definitiva porti il marchio di Luca . Baudelaire aveva lasciato uno scritto, che fu per lungo tem­ po un enigma eccitante per gli specialisti . Per alcuni esso era l 'opera più tipicamente baudelairiana e bisognava cercare in esso la chiave del poeta . Soltanto Pomm ier vi trovava delle cadenze che sapevano di « imitazione » . Questa osservazione non aveva affatto attirato l 'attenzione, finché un bel giorno si riscoprì la novella inglese , che Baudelaire aveva molto semplicemente tra­ dotto . La traduzione era perfettamente baudelairiana, ma era fe­ dele . Questo ci invita a non estrapolare la constatazione giustifi ca ta delle affinità tra lo stile del Magnifica/ ( frequenza di termini e costruzioni grammaticali ) e quello di Luca . Nel caso di Baude · laire il titolo stesso del racconto, Il giovane incantatore, rispon­ deva a un termine particolarmente frequente in lui, tanto ch 'egl i è - l 'autore più citato per esso. La redazione definitiva del Magnifica/ da parte di Luca ha po­ tuto beneficiare della luce della risurrezione, ma senza anacro­ nismo né metamorfosi apparente e senza dubbio a contatto lette­ 'rale col cantico trasmesso , perché le formule di preghiera hanno una rel ativa stabilità . In definitiva questa azione di grazie è essa stessa la sua propria prova. E anche qui la soluzione più ragio­ nevole sta nell 'accettare il dato tal quale esso si presenta , senza avere il mezzo di ricostruire le tappe della tradizione comunitaria . anello probabile tra Maria e Luca, dato che un contatto tra i due è improbabile pur senza essere impossibile . Le affinità del cantico con l 'annunciazione , spesso misconosciu­ te, sono state illustrate sopra . Maria vi si ridice serva , con lo stesso termine con cui si definisce in l , 48 e l , 38 ecc . 7 • . Anche qui non è possibile dar ragione né a coloro che misco­ noscono tali correlazioni, né a coloro che , pur percependo! e, vi vedono le correzioni tardive o armonizzazioni . Tutto ciò è fragile e poco coerente, data la mancanza d'una percezione d'insieme . ·

7

Sopra, pp. 2 16, 223.

Valuta:.ione delle sequenze

507

Gli altri cantici

Gli stessi principi circa la tradizione orale devono rimanere presenti per la preistoria degli altri cantici riportati da Luca. Questi ultimi però non beneficiano in egual misura di riscontri positivi come il Magnifica/. Il Benedictus 8 e il N une dimittis 9 ( e l , 25 ) sono attribuiti a dei vegliardi morti da lungo tempo , a differenza di Maria che ha potuto perpetuare questo ricordo al di là della Pentecoste nella prima comunità cristiana, fonte manifesta di Luca 1 -2 e d i Atti 1 -2 . Il riferimento di Luca ai ricordi , che i testimoni dell'infanzia di Giovanni Battista conservavano nei loro cuori , è più vago. Il ruolo della mediazione comunitaria sembra qui più considerevole. Quanto al Gloria come cantico degli angeli ne parleremo nel capitolo sul meraviglioso.

8

Sulle probabilità della storicità del Benedictus vedi nota fuod testo, p. 508 . NUNC DIMITTIS (2, 29-32 ) : se esso è stato conservato e trasmesso, come Le l , 1-4 ci invita a pensare, la trasmissione non ha potuto esser fatta da Simeone, prossimo alla morte ( 2, 26.29 ). Maria però era presente a questa scena ( 2, 27 ), ove figura in pri mo piano ( 2, 34 ). � -dunque alla sua memoria che dovremmo la trasmissione di questo can tico e della profezia della spada riguardante lei (2, 35). Questa è la soluzione che si impone, se non rifiutiamo a priori la storicità e non ci teniamo a fare di Luca l -2 un orpello sovrastrutturale. 9

508

Quale storicità

PROBABILITÀ STORICHE DEL BENEDICTUS Elementi che relativizzano l'attribuzione del Benedictus

a. Il Benedictus ( greco: eulogetos, l , 69 ) si presenta come una ripresa dell'eulogo n di l , 64, ove Zacca ria benedice gi à Dio. Questa è una traccia di sutura, ma non è possibi le trarre di qui alcun argo­ mento preciso sull'origine e la genesi di questo cantico. , b. La prim-a parte del Benedictus riprende i temi e i termini del Magnificai, come abbiamo visto sopra . Ciò è un indizio di deriva­

zione. Ma tale indizio non permette alcuna deduzione. Possiamo pensare che Zaccaria ha echeggiato !'-azione di grazie di Maria espli ­ citando la lode del Messia Salvatore ( 1 , 69-75 ) e aggiungendovi una profezia originale su Giovanni Battista ( l , 76-79) allora nato . La tradizione orale, cosl viva in quell'epoca, fornisce un supporto serio a questa ipotesi. L'attribuzione del Benediclus a Zaccaria presenta tut t av ia meno probabilità che non l 'a ttribuz i one del Magnificai a Maria : Zaccaria è scomparso vari decenni prima di lei, e Luca non si riferisce a lui come a un testimone esemplare , come fa invece per Maria ecc. Indizi favorevoli

Il fatto che la prima parte del Benedictus segua lo schema del Magnificai obbliga forse a concludere che Luca ha rifatto un secondo Magnificai per metterlo sulle labbra di Zaccaria ( secondo un'opinione diff u sa ) ?

- No, e per vari motivi : Luca non è un autore d i ca ntici , non Atti. Egli riporta quelli che ha raccolto ( pronto a mettere il suo marchio sulla tradu­ zione o sul rewriting d'una traduzione e s ulla messa in form a ultima ). ne

ha composti altrove, né nel suo vangelo, né negli

- Un altra fattore esclude l'attribuzione a Luca. Come il jVfa­ gnificat, anche questo cantico presenta gli indizi d'un sostrato ebra i­

co ( di cui è facile la retroversione). Uno degli indizi più sorpre n denti di tale sostrato sono le tracce di allusioni etimologiche, di cui formi­ colano a diversi ti toli le retroversioni ebraiche. Constatazione rimarchevole: - II testo greco del Magnifica! ha conservato bene i termini ov v i ri spondenti ai nomi ebraici dei primi tre personaggi citati : Gesù. Giovanni, Zaccaria. Invece addolcisce il ter m ine « GIURARE » ( ri­ chiesto dal contesto e rispondente alla radice del nome di Elisabet­ ta ) in DIRE .

Valutazione delle sequenze

509

- Viceversa il Benedictus: orkon on omosen, « il giuramento ch'egli ha giurato » (ben reso dal l-atino jusjurandum quod juravit) contiene due volte un termine, che risponde normalmente alla ra· dice del nome di Elisabetta: sb'. - Una duplice conclusione s'impone: l'attenuazione del termine aUusivo nel Magnificai (senza attenuazione del senso, ben manifestato dal giuramento di l , 55) è attribuibile a Luca, scrittore greco poco sensibile alle allusioni etimologiche. - Ma se dopo questo egli ha creato il Benedictus in greco, come si dice, perché mai rafforzerebbe (e raddoppierebbe ) qui i termini, che creano un'allusione etimologica nella retroversione ebraica? Ecco una cosa che sarebbe difficile da spiegare. Pertanto, se il Benedictus è basato sul Magnifica/, ciò non di­ pende da uno scrittore greco, ma si rifà al livello più antico d'una tradizione semitica probabilmente orale . In questa prospettiva il Benedictus ha molto semplicemente ripreso il tema del Magnificai, aggiungendovi un'azione di grazie profetica per la nascita di Gio­ vanni Battista ( l , 76-79 ). In questa ipotesi non è evidentemente la memoria di Zaccaria, vegliardo morto poco dopo, che ha potuto conservare il Benedictus, ma la memoria di Maria. In effetti, secondo l'interpretazione richie· sta da Le l , 56 ( sopra, p. 224 ) ella è rimasta in casa di Zaccaria fino alla nascita e alla circoncisione di Giovanni. Zaccaria, testimone uditivo e muto del Magnificai, ha potuto riprendere alla sua ma­ niera questa azione di grazie ( 1 , 68-75 ) aggiungendovi lo sviluppo specifico su Giovanni Battista ( l , 76-79). In tal caso la preghiera del sacerdote è stata normalmente conservata dalla memoria di Maria, che si riconosceva in questa ripresa del suo proprio tema. Noi non pretendiamo di fornire la prova di questa ipotesi ; essa però è l'ipotesi che si accorda coi dati e con gli indizi multipli, che invece si oppongono alle ipotesi libresche. A questo titolo merita di essere ritenuta. Essa è la sola che rende conto dei testi e dei fatti e che tiene conto del fatto massiccio della tradizione orale. ,

VI IL MERAVIGLIOSO '

Gli antichi erano portati a proiettare del meraviglioso sul sa­ cro. La cri tica storica ha avuto ragione di epurare le leggende dei santi e le origini dei santuari . I vangeli non possono esser sot­ tratti a questa esigenza di veri tà . Essi non sono privilegiati sotto questo profilo . Non bisogna però confondere questa esigenza cri­ tica con il sospetto sistematico. La critica ben condotta non di. strugge sempre tutto. Essa ha spesso confermato tradizioni appa­ rentemente troppo belle . Tale è il caso della sindone di Tori no , cui test plu ridisciplinari rigorosi e mol teplici hanno fornito prove superanti tutto quello che anche i credenti più ingenui avrebbero osato sperare una ventina d'anni fa .

A . I L M I RACOLO , SFIDA O CONSTATAZIONE ?

L'esci usio ne

a

priori

Se trattiamo a parte l'aspetto meraviglioso dei vangeli dell 'in­ fanzia , lo facciamo con rincrescimento , perché questi aspetti li­ mite non sono dissociati dal resto . Essi sono parte integrante d 'un 'esperienza e d'una comunicazione globale . Se questo tratta­ mento a parte è necessario , lo è perché questo aspetto dei vangeli non viene spesso esaminato secondo le regole ordinarie. Il più delle volte la critica cambia allora criteri . Trascura quelli che ap1 Questo titolo ( ce ne voleva pure uno ! ) va preso in senso largo. Avremmo anche potuto dire : Lo straordinario, il soprannaturale ecc. Abbiamo messo a parte questi fatti non in funzione della loro analisi esegetica, ma delle reazioni irrazionali (e contrastate ) della critica razionalista nei loro confronti e dei mec� canismi di rigetto di cui sono stati fatti oggetto. ·

.5 1 2

Quale storicita

plica abitualmente alle perizie fattuali e ricorre a presupposti aprioristici. Spesso lo fa senza prevenire il lettore, per cui dobbiamo esser riconoscenti agli esegeti riduttori , che hanno spiegato i loro prin­ cipi con franchezza . Tale è il caso di Hugo Gressmann : Quando gli angeli discendono dal cielo e appaiono agli uomini, non ab­ biamo più un racconto storico, ma una leggenda ... dipinta coi colori del­ l'immaginazione creatrice 2 .

Christian Hartlich è ancora più chiaro ( in Concilium, 1 980, n. 58, pp . 1 1 - 1 8 ; ed: it. pp . 1 307�1 3 1 7 ). Ogni miracolo è privo di valore storico, dichiara egli ex professo : Che un uomo ... cammini sulle acque (Mt 14, 25-33 ) . contraddice ogni nostra esperienza .. È possibile accertare la realtà oggettiva degli avveni­ menti, soltanto se essi collimano con le condizioni generali della cono­ scenza della .realtà re�Ie distinta da una realtà meramente presunta ... ..

.

Questa esclusione

a

priori comanda l 'ermeneutica seguente :

Una volta compresi gli eventi miracolosi nel loro carattere di avvenimenti non-reali, la critica storica si domanda : quali condizioni devono essersi verificate nella soggettività dei narratori della storia sacra, affinché essi possano raccontare degli eventi miracolosi come fossero realmente suc­ cessi, benché realmente successi non siano? ... A questa domanda si risponde provando che il fenomeno della storia sa­ cra compare esclusivamente in epoche ed in società, nelle quali non esiste ancora una riflessione critica e penetrante sulle condizioni cui sono sotto­ posti gli enunciati, che parlano di avvenimenti e pretendono di essere veri ... (Allora ) cogliamo la comprensione tradizionale del cristianesimo alla radice... Questi enunciati presentano certo la forma di storia, ma non ci danno alcuna storia verificabile, reale. . .

Gli evangelisti si servono della forma della storia per suscitare... la fede. Sul piano esegetico è possibile far vedere come per essi i racconti che si tramandavano su Gesù ... costituissero un materiale plastico, che poteva esser modellato secondo la loro intenzione letteraria particolare, intenzione che comunque non era orientata verso l'idea d'un fatto da provare. In altre parole, i loro enunciati di tipo oggettivante funzionano in maniera variabile al servizio di un'intenzione di fondo, che non si indirizzava a una facoltà conoscitiva dell'uditore, ma lo invitava a sfruttare le possi­ bilità offerte d'una nuova vita. Pertanto colui che trasforma gli enunciati apparentemente storici contenuti nei racconti evangdici di miracoli in affermazioni di fatti reali, commette un errore teologico fatale .. : egli tra­ sforma la storia sacra ... nell'oggetto primo della fede. Una Chiesa o una teologia le quali, in un tempo che non è più mitico, esigono di ritenere per vere delle affermazioni mitiche ... , degradano il cristianesimo al rango d'una mitodossia (le sottolineature sono nostre ). .

2 H. GRESSMANN , Das Weihnachtsevangelium, GOttingen 1914, p. l .

Il meraviglioso

513

Questi non sono « presupposti arbitrari » , conclude l'autore, « il metodo storico critico è fondato sulla costituzione cognitiva dell'uomo » e permette di comprendere il cristianesimo alla ra­ dice. Secondo questo sistema ogni miracolo è eliminato a priori, e l 'èsegesi scientifica è autorizzata a spiegarli come la messa in sce­ na d 'un'idea, di cui si immagina la genesi per fas et nefas. Il neocefalo non abolisce il paleocefalo Queste spiegazioni vengono fondate sulla differenza tra la mentalità mitologica di altri tempi e lo spirito critico odierno. Certo , i cambiamenti culturali sono stati considerevoli e se ne deve tenere oggettivamente conto. Ma i presupposti di scuola falsano questa oggettività per spirito di sistema , perpetuando la legge dei tre stadi cara a Auguste Comte : mitologico, metafisica, positivo. I due primi sarebbero aboliti e sussisterebbe solo il terzo. L'evoluzione non è cosl semplice. Gli strati nuovi dell'in­ telligenza non aboliscono gli strati primitivi : « Il paleocefalo sussiste sotto il neocefalo » ( il vecchio cervello sotto il nuovo cervello), · come dice J. Fourastié 3 • Esso rimane essenziale per l 'umano, l'amore, la percezione del senso e del destino. Ogni pen­ siero umano . comincia con un simbolismo fondamentale e rimane immerso in un simbolismo fondamentale, che ogni notte e ogni sogno riattivano. Esso si affin a e progredisce grazie alla ragione critica e allo spirito positivo, che fonda la verità sull'esperienza, ma l'uomo conserva le sue radici, senza di cui il resto morirebbe. Contrariamente alla teoria evolutiva radicale la poesia rimane insopprimibile, cosl come l'amore umano o divino . Lo strato sim­ bolico è primario nella conoscenza umana. Esso precede la ri­ flessione e il linguaggio . Non scompare e frequenta i nostri sogni . Rimane l'antenna, mediante la quale l 'uomo coglie i suoi legami col mondo e con quanto è al di là del mondo. A questo livello si esprime il vangelo, nel linguaggio dei poveri, un livello che sussiste con le sue antenne mal identificate. Coloro che hanno delle apparizioni le provano come degli eventi reali e non come delle creazioni immaginarie o letterarie. Se i documenti su Lour­ des risultassero distrutti nel 3000, si farebbe in fretta a spie3 La nostra ontogenesi ricapitola la paleogenesi senza abolirla.

Quale storicit!J

514

gare il racconto delle apparizioni come una costruzione letteraria , come la traduzione d'un 'idea in forma di theologoumenon . Lo si ricostruirebbe come tale , in contraddizione con i numerosi pro­ cessi verbali e gli interrogatori , in cui Bernadette appare come una ragazza povera, affermante - sola contro tu tti , candidamente , senza esaltazione, malgrado minacce spaventose - quello che era per lei il suo vero dialogo col cielo in frasi brevi , sulla natura delle quali ella non ha cambiato , fatta eccezione di pochi sinonimi . Dopo di ciò ci si può interrogare sulla natura della sua esperienza . Ma non è possibi1e evitare questa prima constatazione , di cu i possediamo il materiale , a differenza del vangelo che lascia libero campo alle fantasie della cri tica . È difficile intendersi al riguardo , perché i presupposti socio­ culturali sono rapidamente cambiati in materi a , tanto che pochi sanno veramente in quale epoca vivono . Al dogma del miracolo si è sostituito la sua esclusione non meno dogmatica. Il Concilio .V aticano I ( 1 870 ) difendeva i miracoli come fondamento della fede contro gli interdetti de] razionalismo. Oggi i presupposti razionalistici hanno conquistato una buona parte dell 'intellighenzia ecclesi astica . Il Concilio Vaticano I ricordava che bisogna credere a causa dei miracoli . Il cristiano illuminato d 'oggi dice di credere malgrado i miracoli . Il professore P. Mauriac aveva usato per _primo questa espressione al Congresso mariologico di Lourdes nel 1 9 58 . I1 P . . Balie, consultore del Sant 'Ufficio , venne a fargli visita poco dopo per invitarlo a correggere questa espressione nell 'edizione degli Atti del congresso . Oggi ci si inquieta piutto­ · sto ne li ' altro senso. Diverse cause di canonizzazione si sono viste bloccare per eccesso cÌi mi racoli 4 , mentre coloro che non ne fanno ne ricevono la dispensa ( come nel caso del Padre Kolbe ). Le ulti­ me apparizioni riconosciute nell a Chiesa risalgono a 50 anni fa ( Beau raing 1 9 3 2 e Banneux 1 9 3 3 ) Esse sollevarono una rigo­ .rosa opposizione socio-culturale e le più serie difficoltà nella stes­ _sa Roma , che privò Mgr Heylen , vescovo di Namur, del suo di­ .ri tto normale di giudicare in materia . A Lourdes le constatazioni ai miracoli si sono rarificate . Non ve ne sono stati per 1 1 anni � ( 1 965- 1 97 6 ) Due miracoli furono quindi riconosciuti per una .

,

.

4 Suor Yvonne Aimée de Malestroit, Suor Faustina della Polonia erano an­ date incontro ( in maniere diverse ) alla medesima difficoltà, che Giovanni Paolo I I ha eliminato nel loro caso.

Il meraviglioso

515

fortuita coincidenza ( 1 976 e 1 978 ), ma da allora in poi ce n'è solo più uno in vista. Questa recessione dipende in parte dalla prudenza tradizionale della Chiesa in questa materia ambigua e rischiosa . Ma a ciò si aggiunge oggi una prevenzione molto diffusa. La cosa paradossale è che tale opposizione al miracolo ha gua· dagnato terreno nella Chiesa nel momento in cui il mondo scien· tifico ha superato le ingenuità dello scientismo, che escludeva ogni miracolo in nome d'un razionalismo semplicista . I nfatti la scienza del XX secolo ha progredito accettando dei fatti sconcer· tanti , che l'hanno condotta a spiegazioni più complesse : relati­ vità, relazioni d'incertezza, valutazioni statistiche di certi fatti ecc . Essa si china oggi su fenomeni difficilmente spiegabili , che si preferiva in altri tempi ignorare e negare a priori . La scienza del secolo dei lumi aveva conquistato la sua libertà combattendo l'oscurantismo teologico in nome della pura ragione . I chierici , spesso in ritardo d'una rivoluzione , si sono « aperti » al razio­ nalismo scien tifico nel momento in cui la scienza l 'ha superato . Così il sospetto sistematico ha preso il posto della credulità in materia di storia religiosa . Dobbiamo superare l'uno e l'altro semplicismo.

A questo scopo distinguiamo tre piani , la cui confusione oscu­ ra il dibattito : l . La valutazione delle influenze letterarie : le fonti sono un fattore esplicativo dei testi .

2 . I l riferimento ai fatti, che sono anch 'essi un fatto espli­ cativo ; essi vanno valutati secondo le regole normali della cri­ tica storica : sincerità del testimone , coerenza della testimonian­ za , riscontro di convergenze ecc. 3 . Infine i presupposti , che giocano a due livelli : - quelli inerenti alla cultura degli evangelisti e che è oppor­ tuno valutare; - quelli inerenti alla cultura odierna, quando noi valutiamo i vangeli. Si tratta d'un campo complesso. - I presupposti me �ologi�i tendono a ridurre il reale alla presa del metodo impiegato.'o· })è Ho riiéno a privilegiare l 'oggetto

.516

Quale storicità

che questo coglie. Nel caso estremo tale deformazione professio­ nale fa pensare alla storiella dell'ubriaco, che cercava disperata­ mente sotto un lampione il portafoglio perduto. Un passante impietosito finl per domandargli : - Ma non è là che I' avete perso ? - No, è qui che c'è della luce. Ogni uomo tende a considerare le cose solo secondo la luce particolare di cui dispone. - A ciò si sono aggiunti i presupposti filosofici a dominante idealista e razionalista, scaturiti da Kant e Hegel e a cui D. Strauss ha dato forma verso la metà del secolo XIX, all'origine del me­ todo storico critico 5• Secondo tali presupposti era tacitamente ammesso che ogni miracolo o ogni comunicazione con Dio era illusoria e andava spiegata come creazione fittizia dell'autore : s L'IDEALISMO FILOSOFICO ALLE RADICI DELL'ESEGESI STORI. CO-CRITICA. L'influsso determinante di Kant e Hegel è stato analizzato da P. ToiNET, Permanence de la foi et exégèse historico-critique, memoria inedita. Ho trattato questo stesso tema al Catechetical Ccnter della diocesi di New York il 16 lu ­ glio 1 982. Al di là della critica razionalista del miracolo, l'idealismo radicale tende a considerare unilateralmente ogni evento e l'esistenza dd mondo esteriore come il prodotto dell'attività mentale. L. Brunschwicg non conservava la cosa in s� di Kant, che il suo discepolo Lautmann ritrovò per vie nuove. Certo, non v'è evento senza attività mentale che lo colga e l'esprima, ma il riferimento dell'atti­ vità mentale al reale è essenziale. Il processo della conoscenza è la tensione stessa tra il soggetto conoscente e l'oggetto da lui conosciuto. Nella prospettiva idealista la stessa percezione è stata a volte definita come una « vera allucinazione » (dai filosofi del . secolo XVII I ). La fisica sembra con­ fermarlo. Secondo l'analisi sperimentale e quantitativa il mondo non è colore. Se percepisco una ciliegia rossa, lo devo al fatto che questo oggetto emette delle vibrazioni (incolori ) d'una certa frequenza, che colpiscono la mia retina e vengono trasmesse mediante un influsso fisico-chimico ( ugualmente incolore) al centro cerebrale, che decodifica tale informazione. Tutto ciò è stabilito scientificamente. Ma questi sono solo i condizionamenti della conoscenza e non la conoscenz� stessa. Il loro rapporto fa pensare a quello che esiste tra il rovescio e il diritto d'un arazzo. Ai Gobelins gli operai lavoravano generalmente il rovescio, ma in riferimento costante �1 dritto, il solo fatto per esser visto. Le mediazioni com­ plesse (vibrazioni e altre) sono il mezzo con cui gli uomini raggiungono oggetti­ vamente la realtà su cui possono intendersi. Non vi sono affatto dei malintesi tra i pittori, quando essi parlano di colore. . Occorre percepire l'articolazione fra l'ordine ddle realtà fisiche e l'intenzio­ nalità della conoscenza, il cui elemento distintivo sta nel cogliere l'altro in quanto altro in una maniera meravigliosamente fidabile. La costituzione genetica del. l'occhio e del sistema ottico è d'un ordine superiore all'ammirabile sviluppo dei nostri media (radio, televisione), che non fanno altro che riprodurre (oggettiva­ mente) questo processo fondamentale.

Il meraviglioso

517

mitologia o theologoumenon . Questo principio predomina ancor oggi in una parte notevole dell'esegesi cattolica, e noi abbiamo appena sentito uno dei teorici del metodo storico critico assicu­ rare che simili fatti esistono solo in uno stato precritico della cultura. Certo, bisogna fare attenzione alle differenze tra l'am­ biente originario dei vangeli e il nostro, ognuno col suo bagaglio linguistico e culturale, la sua memoria, i suoi dati e i suoi codici . La cosa incresciosa nell'esegesi riduttrice non è questa esigenza critica, ma la riduzione dei dati oggettivi. Là dove un metodo scientifico si dedica a valutare i confronti, le evoluzioni e gli impatti culturali, esso fa un'opera oggettiva necessaria, attraverso cui ogni esegeta deve passare. Ma eliminare ogni fatto soprannaturale , miracolo o rivelazione, spiegarlo co­ me un theologoumenon, una creazione letteraria, forgiata a partire da un'idea , come si è fatto sistematicamente , significa sostituire un sistema ideologico allo studio oggettivo. Questi fenomeni spi­ rituali esistono infatti a partire dall'Antico Testamento fino ai nostri giorni, a dispetto dei cambiamenti culturali che li rifran­ gono in maniera diversa, ma senza eterogeneità . Essi esistono in un chiaro-scuro estraneo sia alla magia che al mondo chiuso dei laboratori o all'inventiva dei romanzieri. Ridurre questo conti­ nente di fenomeni originari a creazioni letterarie significa igno­ rare che queste esperienze cristiane continuano secondo le stesse leggi e la stessa gratuità , anche se esse sono ·oggi discrete e spesso represse. L'oggettività invita a valutarie per quel che sono e a farlo con spirito critico a due titoli : - l 'autenticità di questi fatti eccezionali richiede un discerni­ mento difficile ; - bisogna tener conto delle illusioni e estrapolazioni, frequen­ ti in materia. I veggenti viventi che ho conosciuto e che conducono un'esi­ stenza del tutto normale - non solo di sacerdoti o di religiosi, ma di padri o madri di famiglia , esercitanti bene la loro profes­ sione - parlano della loro esperienza con un grande senso di oggettività e di precisione e non accettano che uno trasponga , fors'anche di poco e per motivi di edificazione, quanto essi hanno visto o inteso. Se si spiega loro corrie funzionano i metodi ri­ duttivi in materia, essi ne rimangono illuminati, perché capiscono così per quale motivo , in caso di interrogatorio, subiscono tante domande, obiezioni e sospetti che sembrano loro strani .

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Quale storicità B . R I VELAZ IONI E COMUNICAZIONI

Quanto precede ci dispensa dali' attardarci sulle comunica­ zioni mistiche riportate nei vangeli dell 'infanzia. Esse sono di due specie : messaggi attribuiti ad angeli e ispi­ razioni dello Spiri to . Le comunicazioni uditive o visuali ricevute da Dio non sono senza dubbio frequenti, però non sono mai cessate lungo i secoli dai profeti sino ai nostri giorni . Esse rimangono vive, ma si fan­ no oggi più discrete che mai , vista la cattiva accoglienza loro riservata . Così appaiono più eccezionali di quanto lo siano in real tà . Il fenomeno non è privo di precedenti . Se la glossol alia, che aveva segnato gli inizi del la Chiesa , è sembrata estinta per secoli , lo si deve al fatto ch 'essa era inscritta come uno dei segni di possessione diabolica nelle norme di procedura dell'Inquisi­ zione . Così Ignazio di Loyola , in cui questo carisma riaffiora, ne parla solo con parole velate ( « loquela » , dice egli ) , e c'è volu to il ri nascimento della glossol alia per capire quel ch 'egli ne diceva . Vocazione di Maria ( Le 1 , 36-38 )

Se Francesco d'Assisi , Teresa d 'Avila e tanti altri , fino a Santa Caterina Labouré, Santa Bernardetta e i veggenti di Fatima , Beauraing o Banneux , ancora viventi , hanno avuto delle visioni o comunicazioni , perché escludere questi fenomeni dali' esperien­ za fondatrice del cristianesimo ? Perché la Madre di Cristo non avrebbe ricevu to la vocazione tanto necessaria alla sua missione ? La rivelazione da lei ricevuta allora , secondo Luca , si inscrive . senza anacronismi nel linguaggio stesso dell'Antico Testamento. Vediamo retrospettivamente che questa era la sola linea possibile per un annuncio tanto nuovo a una donna forse analfabeta , che non conosceva altro che la Scrittura . La qualità interna di questa rivelazione è la sua miglior prova. E Dio somiglierebbe ben poco alla sua rivelazione e alla relazione che intrattiene con gl i uomini tutt 'oggi, se avesse utilizzato questa donna come un oggetto , co­ me uno strumento incosciente del suo disegno d'integrare il pro­ prio Figlio nella razza umana. Quale strano punto di partenza :sarebbe stato questo per una simile integrazione . La stilizzazione del racconto è significativa. Essa si allontana dal modello dei racconti di nascite , che caratterizza l'annuncio a

Il meraviglioso

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Zaccaria, e si insc.r ive nel modello dei racconti di vocazione , nono· stante la preoccupazione di parallelismo che regge la stesura dei due annunci . Certo, neppure qui abbiamo un mezzo di ricostruire un' espe· rienza sicuramen te ineffabile . Il vangelo si guarda dal dirci che Maria fu gratificata da un'apparizione visiv a . Esso la presenta come un ascolto . Fu un'apparizione sensibile o puramente intel­ lettuale ? Non abbiamo il mezzo di giudicarne . Come prese forma questa esperienza intima ? Come è stata trasmessa ? Neppure que­ sto sappiamo . Ma anche qui il riferimento esplicito di Luca ai ricordi , che Maria meditava nel suo cuore , invita a non conside­ rare il racconto come finzione let teraria di Luca 1 -2 . Come poteva questo storico, più fedele che creatore , creare un testo di tanta profondità e coerenza inaudita ? Esso è la miglior prova di se stesso. Se Pascal non si fosse spiegato sul breve scritto , cucito nel suo corpetto , ave questo matematico aveva annotato in termini bi­ blici l'esperienza di Dio , durante la quale la sua intelligenza pro­ ruppe in lacrime : « Gioia , gioia , pianti di gioia . . . » , si sarebbe supposto che queste parole senza seguito erano un 'imitazione bi­ blica : « Dio d'Abramo, d'I sacco, di Giacobbe . Fuoco ! . . . Gioia , gioia , pianti di gioia » . Perché rifiu tare che un'esperienza sia la sola spiegazione possibile di simili testi , la cui coerenza si rivela dali 'interno ? Gli altri due annunci

Gli stessi principi di base comandano l 'interpretazione delle altre rivelazioni di Luca 1 -2 : a Zaccaria ( l , 1 1 -20 ) e ai pastori di Natale ( 2 , 9- 1 7 ). Qui non beneficiamo più degl i stessi riscontri . Il vangelo non ci fornisce più dei dati sul modo di trasmissione . E la forma , più aneddotica , invita a fare più spazio all'elabora­ zione letteraria. Ma non possiamo sbarazzarci della domanda : Se Matteo e Luca hanno cercato quella che poteva esser stata ] a rivelazione di Dio all 'origine di Cristo , perché non avrebbero tro­ vato niente ? E se non avessero trovato veramente nien te, per­ ché sarebbero ricorsi alla finzione ? Una rivelazione del genere non era di per sé necessari a per stabilire la fede , fondata sulla risurre­ zione. Quanto essi hanno raccolto sulla lunga kenosi di Cristo) l 'hanno accolto con una grande libertà di spirito.

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Quale storicità

Certo, ci si può interrogare. Serra, che ha analizzato metodica­ mente le coincidenze tra il vocabolario di Luca 1 -2 e quello della passione-risurrezione in Luca 23-24, secondo · i metodi oggi in auge, tenta di sceverare, sulla base di questo confronto , il tenore storico della nascita secondo Luca (nucleo fattuale ) dall'interpre­ tazione o estrapolazione retrospettiva. I titoli di Salvatore, Cri­ sto, Signore ( 2 , 1 1 ) sarebbero una proiezione postpasquale , cosl come le manifestazioni degli angeli . Il nucleo fattuale sarebbe una visita di pastori ( numerosi in questa regione ) alla sacra famiglia. Il resto dipenderebbe dalla modellatura retrospettiva . Di questa analisi noi riteniamo che Luca 2 testimonia la luce pasquale , in cui è stata portata a termine la meditazione sull'infanzia ( 2 , 1 9 . 5 1 ) . M a nessuno dei termini da lui adoperati è estraneo al· l 'Antico Testamento , nessuno sfida la vero_simiglianza o la mo­ destia. Se la rivelazione e la comunicazione con Dio sono un fatto costante dell'esperienza cristiana, perché �ffrettarsi a mettersi in regola con i presupposti d'una metodologia critica, secondo la quale bisogna accordare un massimo alla finzione, visto che la religione è soggettività ? 6 Certo, vi è stata espressione e, quindi , selezione, trasposizione, elaborazione tra l'evento e il racconto di Luca. Ma a voler ricostruire questa genesi incontrollabile, privi­ legiando gli artifici dell'autore a scapito del riferimento agli even­ ti, perveniamo necessariamente a una maggior verità ? La vero· simiglianza, che si pensa di guadagnarne , non è relativa ai pregiu­ dizi moderni più che alla verità oggettiva ? La cosa da sottolineare è la sobrietà fondamentale delle rive­ lazioni riportate da Luca, qualunque possa essere il dispiegamen­ to di certe immagini convenzionali soprattutto nell'annuncio a 6 L'esegeta che osasse supporre che il cantico della notte di Natale ha potuto esser inteso dai pastori sarebbe subito squalificato. Lo stesso cardinal Daniélou non ha 9sato farlo. Nonostante la sua preoccupazione apologetica e la sua audacia storicistica su altri punti, egli suggerisce che qui · si tratta d'un prodotto della liturgia cristiana (Les Évangiles, 1 967, pp. 66-73 ). È infatti opportuno spiegare tutto con la comunità creatrice. In questo campo la minima analogia ha valore di prova. Eppure se applicassimo questa regola del gioco ai fenomeni soprannaturali contemporanei - a Caterina Labouré, a Santa Bernardetta, note dalla storia, o a veggenti viventi, di cui oggi possiamo conoscere con precisione le reazioni -, questo sistema non li coglierebbe. affatto, perché queste persone hanno l'evidenza d'aver percepito delle parole inattese, che le superano e che esse trasmettono con una memoria esigente, fedele e riferita a quanto hanno ricevuto. Questa distor­ sione tra il vissuto della fede e il suo trattamento libresco pone un problema, che non si può indefinitamente evitare.

Il meraviglioso

52 1

Zaccaria e ai pastori. E su questi due punti è difficile sceverare l 'esperienza riportata dal suo modo di espressione, di cui vedre­ mo più avanti il codice (pp. 57 1 -595 ). Ispirazione dello Spirito Quanto alle comunicazioni dello Spirito Santo riportate lungo tutto Luca 1 -2 - a Maria ( l , 3 5 ) , Giovanni Battista e Elisabetta ( 1 , 1 5 .3 6 ) , Zaccaria ( l , 67 ), Simeone ( 2 , 25 .27 ) e alla profetessa Anna (2, 3 6 ) -, si tratta di una forma spoglia di soprannaturale, che non comporta né il meraviglioso né l'inverosimile. Infatti la caratteristica dello Spirito Santo, secondo l'esperienza e la teo­ logia cristiana , è di non apparire oggettivamente e di svegliare ogni essere alla sua libertà dall'interno . È significativo che Luca 1-2 situi principalmente la comunicazione di Dio a questo livello profondo d'un influsso dello Spirito, nel prolungamento dei pro­ feti e in prefigurazione della Pentecoste 7•

7 GLI PSICOLOGI e i sociologi , che oggi s i chinino s u queste esperienze, tendono a spiegarle con le energie della psiche e dei fenomeni di gruppo, di cui esse impegnano effettivamente le risorse. Essi affermano spesso che tali espres­ sioni sono sane e toniche e non le risentono come un'aggressione del sopranna­ turale, che rimane ordinariamente al di fuori della loro prospettiva ( R. LAu­ RENTIN, Pentec6te chez /es catholiques, Paris 1974, pp. 191-197 ) .

522

Quale storicità

C . STELLA, · ANGELI E SOGNI

Che pensare ora della stella , degli angeli · e dei sogni , che co­ stellano i vangeli dell'infanzia ? Qui non siamo più nell 'ordine delle comunicazioni esistenziali tra gli uomini e Dio , ma dei se­ gni miracolosi o provvidenziali . Media del genere cadono sotto il tiro diretto delle obiezioni oggi prevalenti . Per prima cosa bisogna considerarli in funzione dell'essenzia­ le , cioè della relazione con Dio ch 'essi manifestano . - Ove è questione di stella, angeli o sogni , ciò ha lo scopo di significare una comunicazione dello stesso Dio nel rispetto della sua trascendenza . - I l segno messo avanti è un mezzo . Esso è dunque relativo e viene spesso formulato in funzione della cultura. Così un affina­ mento del riferimento a Dio ha condotto gli autori della tradi­ zione biblica ad attribuire all 'angelo del Signore quanto essi ave­ vano inizialmente attribuito a Dio stesso ( più avanti , pp . 5 8 1 5 8 3 ). - Questi media sono legati alla ricettività ( personale e collet­ tiva ) del soggetto e costituiscono un campo molto delicato di valutazione. Tommaso d'Aquino sottolinea giustamente la relati­ vità dei segni che si riferiscono al termine , in ultima analisi a Dio in funzione di Salvatore . La loro relatività non intacca il riferi­ men to al termine . I segni , che sono il tessuto ( molto diversificato ) della comu­ nicazione umana con Dio , sono particolarizzati dalla cult u ra del soggetto ricettivo, sia che Dio si adatti « ad modum recipientis .,> ( alla m isura del ricettore ) , sia che il soggetto rifranga o inter­ preti a modo suo una comunicazione ineffabile. E la frontiera tra i due fat tori è ben difficile da stabilire. Parlare di segni significa dunque constatare che un 'esperienza umana è oggetto dello studio scientifico , senza escludere che i segni siano un mezzo di en trare in f·':.· lazione viva con Dio e senza rimpicciolirli a nostra misura .

523

Il meraviglioso l.

La stella 8

Matteo e Luca , per quanto diversi, parlano di stelle, ma lo fanno in contesti totalmente differenti . - Per Matteo si tratta della stella dei magi venuti dall 'Oriente ( apo anatolon ) dicendo : « Abbiamo visto il suo astro in Oriente » ( en te anatolé ) : la stella del Messia, re dei giudei ( 2 , 1 - 1 2 ). - Per Luca della stella del cantico di Zaccaria, ove il Messia è indicato come colui « che ci ha visitato » : ( astro ) sorgente ( anatolé ) dall 'alto ( l , 7 8 ). Si è volu to spiegare tutto questo come un theologoumenon , che riprenderebbe la profezia di Balaam : Un astro si leva ( Nm 24, 1 7 ).

( anatelei t

da Giacobbe, uno scettro sorge da Israele

È possibile che i due evangelisti siano tributari di questa pro­ fezia , citata varie volte a Qumran Q , ove si è trovato un oroscopo 8 STELLE : si troveranno osservazioni interessanti su questo tema segnata­ mente in : J . DANIÉLOU , Les Evangiles de l'enfance, 1 967 , pp. 93-9 5 ; E. PERETTO, Ricerche, 1 970, pp. 89-96 ; C. PERROT , Les récits, 1 976, pp. 79-80; R. E. B ROWN , The Birth, 1 977, pp. 1 69-176, 1 9 5-196 ecc. Ritorneremo sul simbolismo e sul codice culturale delle stelle più avanti, pp. 579-58 1 . 9 BALAAM A QUMRAN : - 4 Q testimonia. - 1 QM 1 1 6 ( due allusioni di poco interesse ). - Documento di Damasco 7 , 18, 20 , ove la stella e lo scettro di N m 17 sono riferi ti , la prima aW« i nterprete della legge �>, il secondo al « principe di tu tta l 'assemblea )), vale a dire al sacerdote degli ulti mi tempi e all 'erede messianico, al Messia d'Aronne e al Messia d'Israele . Cf R. E. BROW N , Cat. Bib. Quart. 28 ( 1 966 ) 5 5-56. - Testamento dei dodici patriarchi 18, 3 , ove Levi parla, a quanto pare, del nuovo sacerdote che il Signore suscita negli u l timi tempi : « La sua stella si leverà nel cielo come se fosse il re ». Tuttavia è a Giuda che lo scettro è applicato in Giuda 24, 5 , men tre Giuda 24, l applica contemporaneamente la stella e lo scettro al Messia uscito da Giuda. Ma tale interpretazione potrebbe riflettere un'aggiunta tardiva. È la posizione importante della profezia di Balaam a Qumran che spinge Brown ad accettarla come fonte di Matteo 2, 2-12 e di Le l, 78 ( l'astro dd Benedictus ) . Ma l'accostamento è molto più tenue di quello che Brown rifiuta nel casG di Paolo o di altri dicendo : qui il parallelismo è più nel l'occhio del ­ l'esegeta che nel testo. Il suo argomento indica senza dubbio una probabilità che i que evangelis.ti dell 'infanzia abbiano pensato alla profezia di Balaam . Ma tale probabilità non è affatto una prova. Sul SOSTRATO di Le l , 78 ( anatolé ex hypsous : il sorgente dall'alto ) vedi l a nota ben documentata d i } . FITZM YER , L k 1 -9, 198 1 , p . 387 . Egl i traduce :

.524

Quale storicità

del Messia 10• Ma i contatti ( termini e temi ) sono quanto mai tenui : giusto la radice anatello, che significa Oriente, Levante o il sorgere d'un astro . Tale radice è adoperata in fòrma verbale nella profezia di Balaam, secondo i LXX, e come sostantivo si­ gnificante in maniera ambigua l'Oriente in Mt 2, l . I magi sono venuti dal Levante ( apo anatolon ) , termine che serve a indicare l'astro mediante il suo sorgere all 'orizzonte in Le l , 78. Luca non adopera il termine « astro », e Matteo l'adopera sotto la forma aster ( 2, 7 . 9 . l O ), mentre i LXX dicono astron per la profezia di Balaam . Matteo descrive la ricerca peregrinante di astrologi, e Luca evoca la manifestazione imminente del Messia in termini lirici, nessuno dei quali coincide con quelli di Nm 24 , 1 7 . Pertanto , se l 'immagine ha potuto esser presente ai due evan­ gelisti , tale profezia non è la ragione esplicativa dei loro testi cosl diversi. Non c'è bisogno di pensare a Balaam per parlare d i stella. Questa era u n simbolo classico e polivalente per evocare, « L'alba dall'alto )>, preferendo > fatale al realismo evan­ gelico della concezione verginale. l . Autenticità del testo

Le l , 34 e Mt 2 , 1 4 . 1 8-20 non sono altro che un,« interpola­ zione » , ha detto la critica rad icale da ·Hillmann ( 1 89 1 ) e Harnack ( 1 9 1 0 ) a Grundmann ( 1 96 1 ). Ma il testo ha resistito a questa eliminazione, frutto di presupposti che gli erano estranei. La cri­ tica testuale non fornisce la minima variante favorevole all'elimi­ nazione . Il testo è assunto integralmente da tutte le edizioni cri­ tiche 7• La sua coerenza interna interdice similmente l'elimina­ zione. L'obiezione è oggi superata. 2 . Convergenze molteplici

La concezione verginale è « marginale, isolata nel Nuovo Te­ stamento » , si è aggiunto. Questo slogan , infaticabilmente ripe­ tuto dalla fine del secolo scorso, non coglie meglio la realtà . Anzitutto Matteo e Luca, cosl diversi per le loro informazioni e per la loro teologia, attestano in maniera distinta e indipen­ dente la concezione verginale. Su questo punto i loro contesti differiscono notevolmente : per Matteo , Giuseppe è l'« uomo >> di Maria ( l , 1 6 ) e Maria « sua sposa » ( 1 , 20 .24 ). Per Luca ella è solo la sua « fidanzata » anche a Natale : pista che seguirà più tardi il Protovangelo di Giacomo . Matteo presenta l'origine del Figlio di Dio come una nuova creazione ; Luca come una nuova forma della presenza escatologica di Jahve in mezzo al suo po­ polo, sulla linea dell'arca dell'alleanza ecc. Tuttavia i due van­ geli convergono in affermazioni sorprendentemente nuove e sen­ za precedenti. l . Gesù è stato realmente « generato >> 8 • I due evangelisti

adop�rano lo stesso verbo gennao, che esprime la realtà di questa generazione umana . Essi l'adoperano al passivo, che maschera il 7 Sopra, critica testuale di Luca, pp. 29-30. 8 Ambedue adoperano il verbo gennao al passivo e designano Gesù generato al participio neutro : To gar en aute gennethen CMt l , 20 ): aoristo. . To gennomenon ( Le l , 3 5 ) : presente con valore di futuro.

come

il

La concezione verginale

5 37

soggetto, al fine di manifestare il carattere trascendente dell'ori­ gine paterna di Cristo. Gesù è sì generato, ma non si può dire che Dio lo genera come un uomo. Egli gli dona in maniera indi­ cibile di nascere nella razza umana . Di più ancora , i due evangelisti designano Gesù come « il generato » al participio neutro : e

To . . . gennethen (Mt l , 20 ) To gennomenon (Le 1 , 3 5 ) .

2 . Non è Giuseppe ad averlo generato (Mt l , 1 6 . 1 8-25 ; Le l , 3 1 .34-3 5 ; 3 , 24 lo escludono con insistenza). 3 . Maria è la sola origine umana di Gesù per Matteo ( l , 16 . 1 8 . 20.23 ) come per Luca ( l , 27 .35 ): l'uno e l'altro ( Mt l , 2 3 e Le l , 27 ) adoperano il termine p.ttrthenos con riferimento a Is 7, 1 4 . 4. L'origine divina non ·è riferita al Padre, cosa che avrebbe evocato un principio maschile, bensì allo Spirito Santo (M t l , 1 8 .20 ; Le l , 3 5 ) : designazione di Dio al femminile in ebraico, al neutro in greco . Si è spesso trascurato questo dato significativo, che esclude radicalmente ogni modello teogamico . J. Legrand, che rha rilevato molto bene, ha creduto di dover­ ne dedurre che Matteo attribuisce a Maria un ruolo maschile 9 e 9 J. LAGRAND, How was the Virgin Mary (Like a Man' (yk gbr) ? A Note 011 Mt l, 18b, and Related Syriac Christian Texts, in Nov. Test. 29 ( 1980) 97-107. L'autore si riferisce ad antichi apocrifi: - Odi di Salomone 19, lOa : « Ella mise al mondo come un uomo, mediante la volontà ». - Vangelo di Filippo, logion 17 : « Alcuni hanno detto: .. Maria ha concepito di Spirito Santo " . Essi sono nell'errore. Non sanno quel che si dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna? » ( ed . R. Mc Wilson, London 1962, p. 31 ). L'obiezione si riferisce al fatto che il nome dello Spirito Santo è femmi­ nile in ebraico: ruah. - Vangelo di TÒ mmaso, logia 25, 22 e 1 14: « Le donne non sono degne della vita », dice Pietro che vuoi escludere Mariam (Maria Maddalena). Ma Gesù dice : « La renderò maschio, perché diventi anche lei uno spirito vivente, simile a voi, maschi, perché ogni donna che si farà maschio entrerà nel regno dei cieli ». Queste speculazioni gnostiche sono estranee a Matteo e a Luca. L'autore insi­ ste felicemente (pp. 106-107 ) sul fatto che non si tratta d'un'inversione, ma d'un superamento della dualità dei sessi (come nelle relazioni di parentela secondo Mt 12, 48).

538

Quale storicità

che sarebbe qui tributario degli gnostici . Egli non si spinge sino a sostenere un'inversione dei ruoli maschile e femminile , perché la prospettiva gnostica era una specie di transessualità , con le donne che accedevano alle quali tà degli uotnini . In ogn i caso l a prospet tiva gnostica è perfettamente estranea a quella d i Matteo . Questo confronto e altri manifestano a quali trappole siano sfug­ gi ti i nostri due evangelisti . Le convergenze ad un tempo storiche e teologiche di Matteo e di Luca 10, nelle loro prospettive totalmente diverse , sono tanto più sorprendenti in quanto non sono attribuibili a una fonte co­ mune, come l 'hanno ben dimostrato , in modi diversi e conver­ genti, Xavier Léon-Du four e L. Legrand . Luca e Matteo hanno ri­ cevu to la concezione verginale non come un racconto ( cosa che avvalorerebbe la tesi del theologoumenon ) , ma come un « enun­ ciato >> , precisa l'analisi di Legrand 1 1 • Noi diremmo con maggior precisione : l'enunciato del fatto che si è imposto contro cor rente , del la nascita insolita , che sembra aver gettato il discredito sul ­ l 'origine di Cristo . L'oggettività invita a prendere la misu ra di w CONTESTI TEOLOGI C I . Mat teo e Luca i n q u a d ra n o l a concezione vergi nale in maniera diversa : - Luca l'inserisce in una t eo l og ia della fig/iazione divina analoga a quella di Pc�olo ( Rm l , 3) che p e r p a r t e s u a non esplici ta la concezione verginale. - Mat teo non co ll eg a i l fat to con la figlùJzrone divina, che affiora solo più avan t i ne l suo vangelo . Egl i lo fa i ndubbiamen te per evi tare ogni suggestione teogamica . Viceversa stabi lisce u n l eg a m e tra la concezione verginale e il n o me di Emmanuele , Dio-con-noi, che risponde a un'idea cen t rale del suo vangelo , alJe u l t i me parole d i questo, che sono anche le ul time parole di Cristo in 28, 20 :

l u Titoli messianici

Cristo ( Mt l , 1 . 1 6 . 1 7 . 1 8 ; 2 , 4 ; Le 2 , 1 1 .26 ). Re dei giudei ( Mt 2, 2 ) . Capo e Pastore ( 2 , 6 con riferimento a Michea 5 combinato con 2 Sam 5 , 2 , che appare in filigrana in Le 2 , 3- 1 1 ) . 6

Sui titoli d i Gesù

in

Luca 1-2 vedi tavola ricapitolativa,

p . 1 49,

·:ondusion i

_

Simbolismo e storicità: una correlazione ·

587

2° Titoli divini S ignore ( Le l , 43 ; 2 , 1 1 ). Luce e Gloria ( Le 2, 32 ). Dio-con-noi (M t l , 23 ) .

E altri . In nessuna parte del vangelo, · come abbiamo visto ( pp. 1 48 , 1 49 , 408 ), ne ricorrono tanti . Questi titoli sono indubbiamente titoli divini a diversi gradi , ma titoli attribu ibili agli uomini per partecipazione o scelta di Dio . Tutto dipende dal contesto , che è molto forte in Matteo 1 -2 e più ancora in Luca 1-2. Particolarmente significativi sono due altri titoli : - SA LVATORE : significato del nome stesso di Gesù ( Mt 2 , 2 1 ; Le l , 3 1 ; 2 , 1 1 , e le allusioni etimologiche, sopra, nota fuori testo , p. 23 1 ). - SANTo :· il suo nome divino secondo Le l , 35 e 2, 23 ( sopra , pp . l 00 , 268-27 1 ) , che corrisponde alla visuale di M t 2 , 2 3 , ove il ti tolo profetico d i Nazoreo signi fica Nazir nel senso di Santo . Se il tes t o si mbol ico di Matteo rimane difficile da valutare , Luca attri­ buisce solennemente a Cristo il nome di Santo , che è il nome di Dio stesso . Sopra abbiamo visto fino a che punto l 'affermazione e i con t esti di l , 3 5 e 2 , 23 sono significativi . L 'identificazione di Gesù con Dio non è espressa solo con titoli , bensì anche con l 'applicazione a Cristo di testi , simboli e attri­ buti di Dio . Questo processo non è specifico dei v angeli dell'in­ fanzia . Lo ritroviamo lungo tutto il Nuovo Testamento ( vedi pp . 1 3 4- 1 36 e Nota fuori testo , p. 2 56 ). Esso però è pa r ticolar­ m e n t e originale e s i gni fi c ati v o in questi racconti d e ll 'origin e oscu­ ra , ove nessun gesto e nessuna parola di Cris to ( salvo Le 2 , 49 ) lo richiedono . Questa identificazione con Dio , espressa mediante titoli e sim­ bol i trascendenti , non è politeismo. Essa trova la sua portata rigo­ rosamente monoteista nel titolo di « Figlio di Dio » ( Le l , 3 2 . 3 5 ; 2 , 49 ; M t 2 , 1 5 ) . Ed è similmente attraverso questo titolo che Matteo espl iciterà gradualmente la --qual ifica di « Dio con noi » , desun t a d a Is 7 , 1 4 e attual izzata nel senso forte della concl u­ sione stessa deli 'ultimo versetto del vangelo ( 28 , 20 ) : io sono con voi sino alla consumazione dei secoli. Alla questione posta alla fede cristiana dali 'infanzia di Cristo i vangeli deli 'infanzia rispondono q�indi iden t i fi cando Gesù bam-

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Quale storicità

bino con il Messia e con Io stesso Signore . È chiaro che questo bambino, tanto simile agli altri, è un uomo con gli uomini. Ma i nostri evangelisti cominciano a dire , in termini velati ma d 'una forza singolare , ch'egli è Dio con Dio nello stesso tempo che Dio con noi ( M t l , 23 ). Là ove parla di Gesù come del Figlio del­ l'Altissimo ( Le l , 32a) prima di dirlo figlio di Davide ( l , 32b ) , l à dove mette enfaticamente l'articolo per dire che Gesù nascen te è il « primogenito » ( 2, 7 ), Luca sembra già insinuare tipologica­ mente che questo Figlio di Dio ( l , 32 . 3 5 ) e Cristo-Signore ( 2 , 1 1 ) è il « primogenito di tutte le creature » , come precisa formalmente l'apostolo Paolo , « Figlio unico di Dio » ( Col l , 1 5 ) e . Ma già P. Beno i t osservava ( in New Test. Stud. 3 , 1 956, 1 92 ) che questo schema « h a qualcosa di esatto » solo s e vi si vede non la

crearione progressiva d'un mito, ma la presg di coscienza progres­ siva d'un mistero.

Le da tazion i che si sono presupposte per stabilire questo sch ema regressivo non sono affatto fondate. Abbiamo ri leva to il carattere arcai co dei va ngeli dell 'infanzia. Neppure la preesis tenza di Cristo è un dato tardivo. Essa trova la sua formulazione teorica più evoluta

Simbolismo e storicità: una correlazione

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( fine secolo I ), m a affiora g ià soprattutto in Paolo t 64 l , 1 5- 1 8 ; cf Tt 2, 1 3 ) e nell 'epistola agl i Ebrei 1 , 8, la cui m i sti c a sembra spiegabile solo prima della rovi na del tempio di Gerusalemme . Tale pr ees is t e nza è già esplici tata nel l 'antico inno crist iano di Fil 2 , 6- 1 1 . La lettera potrebbe es s e r datata nel 56-57 ( Bible de ]érusalem , p. 1 62 1 ) e ri nno utilizzato sembra più ant ico . Questo testo e diversi di quelli citati sopra sono an teriori ai nostri vangeli , se riteniamo la loro datazione tardiva , oggi co n testa ta da Robinson . in Gv

l

( R m 9, 5 ; Col

Qual è dunque il segreto di questo spogli amento in profondità ? Esso fa pensare al contrasto della teofania , di cui fu gratificato Elia secondo l Re 1 9 , 1 1 - 1 2 . Dopo il vento violento , lo scuoti­ mento della montagna , il tremore della terra e lo splendore del fuoco, « in cui J ah ve non è » , questi si manifesta attraverso la voce d'un leggero silenzio : espressione ammirabile d'una teolo­ gia negativa , mi sconosciuta dalla maggior parte delle traduzioni . Non si tratta d 'una brezza leggera , ma della voce che ha il suono del silenzio ( secondo le stesse radici ebraiche : qol demamah daqqah : qol significa voce , demamah cessazione , silenzio e non brezza ; daqqah , sottile , tenue , impercettibile ).

CONCLUSIONE ?

Occorre concludere ? Il lettore può legittimamente desiderarlo dopo aver percorso itinerari severamente differenziati sul triplice terreno della critica testuale, letteraria, storica e secondo la diver­ sità dei metodi successivamente u tilizzati : identificazione della composizione e delle fonti , Formgeschichte, semiotica ecc. , tutte indagini sfocianti in conclusioni precise ma settoriali, come l'im­ ponevano le esigenze e i limiti di ogni disciplina. Possiamo finire con una sintesi che raccolga tutto ? No, nella misura in cui ogni metodo perviene a delle conclu­ sioni serie solo limitandosi ai suoi procedimenti , definiti da ele­ menti materiali e oggettivi . Chiunque, dopo di questo, volesse elevarsi a un super-punto di vista, totalizzante e assoluto, rischie­ rebbe di evadere da ogni conoscenza controllabile e di non ritro­ varsi da nessuna parte, con l'illu sione di essere dappertutto. La saggezza consiglierebbe perciò di arrestarci qui per non evadere neJia soggettività . A meno che, in mancanza d 'una sintesi perfet ta, analoga alla combinazione dei pezzi di un puzzle su una superficie immagina­ ria, esista un'altra via di sintesi . L'impresa vale la pena d 'essere tentata, per quanto temeraria appai a, perché non è cosa sana per l 'uomo rinchiudersi nella specializzazione ( sia essa unica o suc­ cessiva ) e rinunciare alle questioni fondamentali. Una delle aspi­ razioni della nostra epoca specializzata è l'interdisciplinarietà . Essa è spesso l'unico mezzo per risolvere problemi pratici , come la cura d'un malato o l 'esplorazione della luna . Del resto i grandi spiriti scientifici sfuggono raramente al pensiero d'una sintesi si-

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Conclusione

stematica o inglobante , si tratti d'un Monod che spiega il mondo con la coniugazione del caso e della necessità, dei filosofi struttu­ ralisti o della gnosi di Princeton . Questi riferimenti e i fallimenti frequenti di questi tentativi invitano alla prudenza . Il compito che ci proponiamo non è un riepilogo adeguato, ma una valuta­ zione delle convergenze . Due sono le vie possibili in questa direzione : l . Cogliere le correlazioni dei diversi metodi .

2 . Cercare una spiegazione dal punto di vista della radice e del senso : come spiegarsi la mirabile coerenza e la geniale den­ sità dei vangeli dell 'infanzia . Noi intendiamo il termine senso nella sua duplice accezione : orientamento e dinamica che ha susci tato , ispirato , strutturato dall 'interno i vangeli delPinfanzia .

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A. VALUTAZIONE DELLE CONVERGENZE

Quel che si impone seguendo la prima via ( valutazione delle convergenze o correlazioni ) è la coerenza dei due vangeli d eli 'in­ fanzia . I metodi diversi e penetranti avrebbero dovuto indivi­ duarvi delle sfasature . Ve le hanno cercate . Ma sfasature e frat­ ture sono state il frutto di artifici metodologici , non dei testi . Nella misura in cui i metodi erano di buona lega , essi hanno rive­ lato la ricchezza e la densità di questi vangeli . La critica testuale ne ha confermato l'integrità . L'analisi letteraria ha provato l 'unità d'autore : Matteo 1 -2 è senz 'altro di Matteo, e Luca 1 -2 di Luca . Non si è riusciti a ri­ durre questi racconti a modelli prestabiliti o a processi leggen­ dari o mitici . I tentativi moltiplicati in questo senso hanno con­ dotto solo a incoerenze e contraddizioni . I diversi metodi hanno semplicemente rivelato l 'originalità profonda dei vangeli dell 'in­ fanzia , il cui problema fu quello di assumere la novità di Cristo . Il ( l , 4 1 ; 2 , 1 1 ). I vangeli dell'infanzia utilizzano tutte le risorse dell 'Antico Testamento , ma le superano . Non solo , essi le « compiono » , se­ condo il termine caro ai due evangelisti. Parimenti anche le ri­ sorse dei generi letterari precedenti sono singolarmente rinnovate, specie in Luca . L 'annuncio a Maria è un racconto di nascita , m a

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anche di vocazione. Esso è apocalittico , ma rinnova l'apocalisse adottando uno stile di discrezione. È escatologico , ma secondo un modo descatologizzato . È teofanico, ma nell'umiltà più radicale : la shekinah è priva di folgorazione in Le l , 3 5 , e la gloria divina che avvolge i pastori li conduce all'indigenza della greppia (Le 2 , 1 2 ) . Il ritornello della meditazione ( 2 , 1 9 . 5 1 ) coniuga l e dimensioni apocalittiche e sapienziali con l'anamnesi del testimone fedele e con l 'azione di grazie per i magnalia Dei, che Maria comincia a cantare in l , 46-49 . Il midrash , procedimento principe dell'ese­ gesi di allora , si trasforma in pesher d'un nuovo genere. Non è più la Scrittura a gettar luce sull'evento , ma l'evento-Cristo a gettar luce sulla Scrittura in un senso insospettato. La conoscenza di Gesù prevale sulla conoscenza del Libro . Egli illumina i testi più di quanto i testi illuminino lui. Tale novità era troppo profonda perché i parametri angusti della Formgeschichte potessero iden­ t ificarla , perché l'approccio teologico encomiabile ma troppo si­ stematico di Conzelmann vi riconoscesse il punto di partenza stesso della teologia di Luca . Spesso si è preferito sbarazzarsi di questi vangeli come d'un blocco erratico. La semiotica rivela l'unità dinamica e profonda dei testi e la loro coerenza attraverso la diversità apparentemente disparata degli episodi e dei generi letterari . La profondità del testo obbli­ ga a superare i modelli di analisi elaborati per le fiabe. Il vangelo dell 'infanzia interpella la semiot ica con le sue dimensioni nuove, di cui invita a render conto . Qui il « modello » si verifica con una densità inaudita , poiché il soggetto s'identifica con l'oggetto ( il Salvatore con la salvezza ) e con il Destinatore , dal momento che è qualificato come Dio (Grande , Santo, Signore ecc.), nonché coi destinatari cui è congiunto somaticamente e spiritualmente, da Maria ( l , 28-38 ) a Simeone, che « la prende in braccio » ( 2 , 28-3 2 ). ·

I quadrati semiotici mettono in luce , sotto due angolature com­ pletamente diverse, un messaggio nuovo e inesauribile. Le loro convergenze sono radicate in una stessa tradizione e in una stessa informazione, che è contemporaneamente un dato storico e un'e­ sperienza spirituale. - Luca coglie il passaggio felice dalla legge alla grazia per i rappresentanti tipici del popolo di Dio : Zaccaria e Elisabetta , S imeone e Anna , oltre che i pastori . Ciò però non avviene a par-

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tire da Gerusalemme , Hierosolyma, la città secolare bisognosa di purificazione ( Le 2 , 22 ), che diventa la città santa, Hierousalem, ricevendo « luce e gloria » divina ( 2 , 32) venuta da altrove ; è infatti a Nazaret che tutto comincia. Questo è il luogo di grazia, da cui parte il nuovo impatto di Dio ( l , 28-3 8 ) e ove si con­ clude il vangelo dell'infanzia , con le implicazioni infinitamente ricche che abbiamo visto. - Matteo, colpito dal fallimento del suo progetto ricapitola­ tivo della storia della salvezza in forma di genealogia ( l , 1-1 7 ) , è pervenuto a un'altra visione , in cui il processo u mano spezzato adempie il dono di Dio in maniera del tutto diversa da come ce se l'aspettava . La gloria del re Davide, le promesse eterne fatte­ gli sono finite nella cattività di Babilonia, menzionata quattro volte in l , 1 1 . 1 2 . 1 7 . Il Messia non sarà l 'erede biologico di Davide, né il suo erede politico . Non ristabil�rà né il suo trono, né il suo potere, e neppure riceverà l'unzione rituale. La sua un­ zione è l'unzione dello Spirito fin dall'origine ( 1 , 1 8 . 20), e la sua regalità sta nel fatto ch 'egli è Figlio di Dio ( Le 1 , 32 . 3 5 ; cf 2, 49 ), Dio con noi ( Mt l , 23 ) . Ciò non comporta gloria e trionfi umani, bensì l ' ostilità della dinastia pagana e assassina di Erode. Tutto è programmato in ordine alla passione e alla morte. Tuttavia Dio guida l'infanzia dell'Emmanuele . Non è questi a morire ( 2 , 1 61 8 ), ma Erode ( 2 , 1 5 . 1 9 .20.22 ). La sua dinastia non andrà lonta­ no, anche se egli ha un figlio pronto a regnare dopo di lui ( 2 , 22 ) . Invece il Messia, che appare a l d i fuori dei processi dinastici e non genera , radu na tutto in una salvezza , che relativizza ]e vicis­ situdini di questo mondo. Nell'uno e nell'altro evangelista questa escatologia, che com­ pie tutto , è umile e senza gloria umana. Essa appare sotto il se­ gno della morte e della prova . La stessa Madre di Cristo , pre­ sentata con accenti esultanti in l , 28- 38, non sfugge alla prova e alla spada, che sono nel programma di Cristo e dei credenti ( 2 , 35 ). Per l 'uno e per l 'altro evangelista l e promesse fatte a Davide e ai profeti sono adempiute in Gesù Cristo , ma con un adempi­ mento del tu tto inatteso : quello dei crist i ani chiamati a portare la croce. Come hanno dunque fatto gli evangelisti a coniugare in maniera armonica e semplice tante tradizioni culturali e tante novità , una teologia e una storia che coincidono ? ( L'esegesi ottusa, che vor­ rebbe giustificare la prima a detrimento del la seconda, degrada

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·l'una e l'altra). Come hanno fatto ad alleare trasparenza e pro­ fondità? Come mai rimangono intatti dopo i colpi di tante im­ prese disintegranti? Come mai emergono tanto in alto dopo tante maree culturali, che avrebbero dovuto sommergerli? Dobbiamo spingerei fino a queste domande, per quanto limi­ t�ti siano i nostri mezzi di rispondervi.

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B. L'ESPERIENZA ISPIRATRICE Come spiegare questa riuscita armoniosa e semplice, questa densità nucleare esplorata, di sorpresa in sorpresa, dai metodi scientifici? La coerenza, la densità, la qualità, che fanno del testo l'arbi­ tro e il giudice trascendente delle contestazioni, dipendono dalla sua stessa ispirazione: dall'esperienza che l'ha suscitato. L'ammirabile struttura dei vangeli delrinfanzia non è un'abile fabbricazione. Essi sono strutturati dall'interno, come la vita. Se la vita si struttura sempre dall'interno (a differenza delle costru­ zioni tecniche pianificate), lo fa perché essa non raggiunge il suo scopo mediante un assemblaggio fortuito di componenti, ma me­ dianre uno slancio e un dinamismo integrante che ne costituisce il segreto. Un testo ispirato promana da una fonte. Ciò è vero del testo letterario geniale. Ciò è vero del vangelo a titolo d'un'ispirazione più radicale ancora. Un cultore di semio­ tica può identificare la struttura e i meccanismi coerenti d'un capolavoro, ma non saprebbe crearlo. E se tentasse di farlo, ri­ schierebbe di produrre solo un'opera artificiosa. I testi degni di questo nome nascono da uno stimolo irrazionale, da un'impres­ sione profonda, mobilitante, si tratti dell'amore, della bellezza o anche dell'angoscia, che alberga in Kafka. Un testo, una volta scritto, « funziona» secondo meccanismi individuabili con lo stu­ dio semiotico. Ma esso si crea e si organizza anzitutto dali 'inter­ no, come la vita. Matteo 1-2 e Luca 1-2 sono nati da un'esperienza comunitaria di fede. I due evangelisti non avrebbero scritto se non fossero stati dei credenti, nutriti da una tradizione viva, come la pianta su un terreno ben irrigato, e se l'atto redazionale non fosse stato sostenuto da un ambiente che comunicava le sue tradizioni e ispirava contemporaneamente il desiderio di spingersi più lon­ tano. Il pubblico (reale o potenziale) è necessario alla creazione di un'opera. Molière e Racine non avrebbero scritto quel che hanno scritto, se non avessero avuto il loro pubblico d'elezione e i loro attori. Ciò che è vero a livello letterario, lo è molto più profondamente a livello della fede, ove il «pubblico» è comu­ nità. Per questo, concludendo, bisogna porsi la domanda fonda­ mentale: da quale esperienza procedono Matteo 1-2 e Luca 1-2? Troveremo la risposta solo nella misura in cui condivideremo

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l 'esperienza da cui è nato il testo: fede, grazia, vita comunitaria. In mancanza di questo l'esegeta coglie solo più un cadavere di testo e può solo recuperare un senso morto, degradato, inope­ rante, irrisorio, estraneo all'impulso creatore, come avviene trop­ po spesso . Questa constatazione non è specifica dell'ordine della fede. Essa non ha niente a che vedere con l'apologetica. Anche in cam­ po musicale la percezione dell'irrazionale ch 'è la stessa musica è essenziale all'intelligenza dello spartito e della sua esecuzione. Se potessimo inviare gli spartiti di Bach o di Debussy agli abi­ tanti d ' un pianeta lontano , essi potrebbero suscitarvi molti studi e osservazioni pertinenti. Ma è molto improbabile che permette­ rebbero di comprendere e di suonare la musica scritta. Quegli abitanti urterebbero contro una frontiera essenziale, che supera l'osservazione scientifica e l 'intelligenza razionale . Qual è dunque l'esperienza ispiratrice di Matteo? Quale quel­ la di Luca ? Esse sottendono l'insieme dei loro vangeli, ma in modo più particolare questa sezione nuova dell'infanzia che è loro propria . Ambedue hanno osato tentare l'impossibile : attin­ gere a fonti nuove per raggiungere queste zone nascoste: non più le testimonianze della vita pubblica, ben circoscritte come oggetti del cherigma, ma l'anamnesi oscura ( l , 66; 2, 1 9.5 1 ) di ambien­ ti giudeo-cristiani, ove sussistevano informazioni familiari e una risposta alle domande che poneva la prima parte della vita di Cristo. Di tutto ciò non c'era niente da dire, poiché Gesù non aveva detto o fatto alcunché, che richiamasse l'attenzione sul suo vil­ laggio, e la tentazione sarebbe stata quella di inventare per ammo­ bigliare questo vuoto apparente, secondo la soluzione degli apo­ crifi. I vangeli dell'infanzia hanno osato assumere ciò che non sembrava né possibile, né opportuno formulare. Infatti questa infanzia del Messia sfidava il buon senso e non poteva che delu­ dere l'attesa dell'uomo di quel tempo. Essi hanno saputo espri­ mere il senso della stessa oscurità, (l.Onché verità refrattarie, e ritrovarvi il nucleo stesso del vangelo ulteriormente disvelato . Hanno scoperto, in una mirabile retrospettiva, le prefigurazioni nascoste in questo genere, senza gonfiarle né tradirle.

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1. Matteo, predicatore d'una Chiesa del silenzio

Nel caso di Matteo 1 -2 il tentativo è difficile, perché il suo rac­ conto schematico e stilizzato fino all'astrazione offre pochi mez­ zi per cogliere l'esperienza ispiratrice , che non sia il riflesso d 'una contemplazione profonda. L'esperienza di Matteo è l'esperienza del Signore, tal quale essa risalta dal suo vangelo preso nel suo insieme. Essa è comu­ nitaria: «Là ove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo ad essi» (parole di Cristo riportate dal solo Matteo, 18, 20). Egli l'ha vissuta nelle comunità giudeo-cristiane primitive, le «pecore d'Israele» a cui s'era limitata la missione storica di Cristo (M t 1 0, 6; 1 5, 24 ). La sua è una Chiesa del silenzio, per­ ché queste comunità si sentono oppresse dal paganesimo romano e dal giudaismo sadduceo. La sua esperienza è più particolarmente quella d'un insegnante e d'un dottore , inserito in una tradizione puramente ebraica e rinnovata dalla buona novella di Cristo. Egli è particolarmente preso di mira, inibito, ferito dalle misure che chiudono in quel tempo la bocca ai predicatori cristiani. Percepi­ sce Gerusalemme attraverso questa minaccia, che viene dalla reli­ gione uffi.ciale, di cui desidera ardentemente l'apertura a Cristo . Quanto ha fatto per presentare i discorsi, la vita pubblica e la passione di Cristo nella luce delle Scritture, egli lo fa più sche­ maticamente per l'infanzia di Cristo, a partire dalla propria me� ditazione personale. Matteo sa riconoscere l'Emmanuele nel suo silenzio inaugu­ rale: «Dio-con-noi» fin dall'origine (l, 23 ), come lo è per sem­ pre secondo le ultime parole del vangelo (2 8 , 20). La densità stessa del suo testo - struttura, dinamica, stile - dipende dal� l'onestà, con cui egli ha saputo assumere (e non evitare, camuffare o abbellire) delle difficoltà sconcertanti. Ciò l'ha condotto teolo­ gicamente molto lontano , come abbiamo visto. Ciò che il Figlio di Dio non esprime a parole, lo dice col suo modo di nascere, di vivere e di tacere. La sua «genesi» ( l , 1 . 1 8) silenziosa contesta l'attesa degli uomini di quel tempo, come egli farà più tardi, quando dichiarerà : «Vi è stato detto questo, ma i o vi dico que­ st'altro» ( 5, 2 1 .2 7 .3 1 .3 3 ) . Le Scritture citate a conclusione di ogni pericope ristabiliscono la continuità nella sorpresa e talvol­ ta nella rottura, ma sono mobilitate per chiarire quel che viene dopo .

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Matteo 1-2 è la celebrazione del « compimento >> escatologico (l, 22; 2, 1 5. 1 8.2 3 ) atteso a partire da Abramo e Davide (l, l). Esso faceva emergere Cristo dalla lunga catena di generazioni, ma ciò sfocia in un corto circuito (l, 15), in un superamento, in una pienezza. L'erede promesso a Davide non è generato da Giu­ seppe, figlio di Davide. La regalità messianica è privata della di­ ·.mensione politica attesa. Matteo ne fa l'esperienza, e come! I1 regno predicato da Cristo si realizza secondo una dimensione di­ vina inattesa, mediante l'azione dello Spirito Santo su colui che è Dio-con-noi ( l , 2 3 ), Figlio di Dio ( 2, 15). Questa dimensione di­ vina è senza clamore. Dio si nasconde. Fugge«di notte» (2 , 14 ), :portato dal padre adottivo che lo «prende», impotente com'è negli affari umani. Sola luce in questa notte sono la stella ( 2 , 2 -1O), speranza degli astrologi, e la guida di Dio mediante l'espe­ ·diente discreto dei sogni. Il compimento è estraneo alle glorie di questo mondo. Il Figlio di Dio perseguitato sarà nazareo per un incidente (2, 23 ) . Questo però è un segno della sua santità (sopra, pp. 369, 40 7 ). Egli è marginalizzato nelle tenebre della Galilea, ma per farvi spuntare la«grande luce » (Mt 4, 16) prefi­ gurata dallo scintillio itinerante deli' astro venuto dali 'Oriente. Non è escluso che l'esperienza di Matteo sia quella d'un esi­ :liato, che ha dovuto fuggire il suo popolo a somiglianza dei sacer­ doti convertiti (cf At 6, 7 e Eh 10 , 32 ), la lettera di cui essi -sono i destinatari. Secondo alcune ipotesi Matteo avrebbe abbandonato il suo paese per trovare altrove la libertà di parlare in seno a una comunità di ebrei e di pagani convertiti, forse in Siria. ·Secondo questa ipotesi egli avrebbe vissuto nella Chiesa nascen te un esilio analogo a quello di Gesù bambino. Ma tale esilio non fa che prolungare la prima prova del silenzio, che conferisce tanto valore alla parola e tanta luce alla Scrittura. Esso è stato reso necessario dalle minacce, che lasciano delle ferite percettibili nel suo vangelo. Matteo è un uomo segnato dalle persecuzioni specificate negli ·Atti degli Apostoli (4, 1 -23; 5, 1 7 -40; 8, 1-12 ; 12 , 1-23). Il suo sguardo sulle macchinazioni che braccano Gesù bambino e sulla strage degli innocenti è lo sguardo delle comunità cristiane, che ·conducono una vita catacombale in Israele o si sono disperse nel mondo pagano (At 8 , 4-5). Matteo è la serenità contemplativa d'una Chiesa del silenzio provata dalle repressioni cominciate col martirio di Stefano (At

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7 ), la quale preserva la propria identità mediante una fede pro­ fonda. Egli fa propria questa esperienza non nella maniera dram­ matica dell'Apocalisse, in preda alla violenza della bestia (Ne­ rone: Ap 13 ) , bensì nella contemplazione paziente che tutto rife­ risce alla provvidenza infallibile di Dio, programmata dalle Scrit­ ture, fonte inesauribile di luce e di consolazione, magari in sogno. Matteo è la voce d'una Chiesa 1, che non attende più nulla da Gerusalemme ( 2 , 3) e vi vede fin dali 'infanzia solo un luogo di potere e di minacce: un popolo solidale con Erode per la distru­ zione e non per l'adorazione, che muove solo i magi. È curioso constatare che il programma narrativo di Matteo 2 è del tutto simile nella sua struttura a quello di Apocalisse 12 ; un program­ ma polemico, ove la potenza delle tenebre vuole uccidere il bam­ bino e ove Dio lo salva. Questo è precisamente quel che vivono, nell'ambiente ebraico e nel mondo pagano, le comunità da cui sono usciti Matteo e l'Apocalisse. I n Matteo assistiamo all'espe­ rienza notturna d'un predicatore ridotto al silenzio, perché erano i ·predicatori i primi ad esser presi di mira. Matteo possedeva questo carisma. Ciò che lo caratterizza è una prospettiva delusa circa la conversione d'I sraele, ma senza amarezza. In lui non tro­ viamo la speranza escatologica di Paolo nei confronti del proprio popolo (essa vi manca stranamente), però vi discerniamo una pre­ ghiera serena per coloro che lo perseguitano. Per questo egli presenta Gerusalemme come luogo solidale di persecuzioni mor1 MATTEO, PREDICATORE RIDOTTO AL SILENZIO. Douglas R. A. HARE, The Theme of ]ewish Persecution of Christians in the Gospel according to St MI, UP, Camhridge 1967, ha analizzato bene i testi in cu i Marteo evoca queste persecuzioni, con la visione tragica d'una r i provaz ione d'Israele e d un trasferimento della salvezza alle nazioni, visione esclusiva di Matteo (21, 43; 22, 7 ecc.), che lo d iffe r enzia dagli altri tre evangelisti. Tale visione p resiede alla valorizzazionc dei magi e alla valutazione n egati va di Gerusalemme in Mt 2, 3 e nel seguito. Tale deprezzamento si inscrive in una topografia, in cui la luce dì Gerusalemme è trasposta alla Galilea marginale, luogo d'apparizione della luce all'inizio del ministero di Gesù ( f\.1t 4, 15-16) e poi alla risurrezione, che Gesù manifesta esclusivamente in questa regione (M t 26, 32; 28, 7.10.16). Hare valuta le persecuzioni dei primi cristiani con la massima m oC krazi one e con la preoccupazione di capire i p roblemi del giudaismo di quel tempo. Secondo lui queste persecuzioni hanno comportato più esc l usi on i e violenze improvvise che non azioni ufficiali, destinate a distruggere il cristianesimo. Questo tipo di azione sarebbe limitato al temp o della guerra con Roma e soprattutto di Bar Kokeba. La persecuzione riguardava essenzialmente gli evangelisti, che si trova­ vano ridotti al silenzio.. Tale fu la dura situazione di Matteo. '

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tali. I magi stranieri , soli adoratori, prefigurano il passaggio del­ la salvezza ai pagani : il regno sarà tolto al popolo che l'ha rifiu­ tato, «per essere dato a un popolo che ne porterà frutto», se­ condo la severa dottrina propria del suo vangelo (2 1 , 4 3; cf 2 3 , 1 3-39). Questo lato negativo non è che l'indurimento d 'una sofferen­ za, di cui il vangelo manifesta la dimensione serena e contempla­ tiva: una sicurezza fondata su Dio che guida tutto, nella notte, fin dal punto di partenza. Tale è la visione dell'infanzia di Cristo secondo Matteo 1 -2. La sua retrospezione contemplativa non riflette l'esperienza di testimoni dell'infanzia di Cristo. Anche Maria, la Madre di Gesù, che pur menziona in buona posizione (l, 1 6. 1 8 .20; 2 , 1 1 ) , ri­ mane diafana : oggetto più che soggetto. Il solo personaggio­ specchio, di cui Matteo descrive in qualche maniera il tormento e l'esperienza, è Giuseppe il giusto, che si addossa una missione , di cui non ha visto il compimento, perché è scomparso prima della vita pubblica . La prudenza scientifica invita a non lavorare trop­ po di fantasia su questo unico modello, che Matteo 1 -2 ci offre in una stilizzazione da affresco religioso. 2. Luca nel soffio della Pentecoste

L'esperienza-fonte di Luca è più esplicitamente nota. È la Pentecoste, che Luca è il solo a riportare negli Atti degli Apostoli (2, 1 - 1 2). Egli non vi era presente. La Pentecoste s'è rinnovata , identica ( 1 1 , 15. 1 7 ; 1 5, 9) e arricchita, secondo i biso­ gni delle comunità (4, 3 1; 8, 1 5- 1 6; 1 0 , 44-47; 1 1t 15- 1 7; 1 5 , 8. 1 1 ; 19 , 6). La sua esperienza personale si colloca in questa continuità rinnovata senza posa. Luca era un pagano convertito a Antiochia, la più grande città dell'Oriente con Alessandria , secondo Eusebio di Cesarea e il prologo greco a Luca, senza dubbio più antico (A . George, in Catholicisme 7, 1 229- 1 230 ). Questa comunità (cf 6 , 5) aveva preso corpo con la disper­ sione della comunità primitiva. Ed è qui che lo Spirito Santo aveva dato la sua misura più inattesa, convertendo i pagani senza eh'essi passassero per le osservanze giudaiche. Questo pose un grave problema e provocò la crisi più grande della Chiesa na-

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scente ( 1 5 , 1 -3 5), ma per provocare l'evangelizzazione della terra abitata nel giro d'una ventina d'anni (A t 1 3-28 ). La comunità di Antiochia , ove prese il via· l'esperienza missio­ naria di Paolo e di Barnaba (At 11, 1 9-23; 1 3, 1 -52 ecc.), espe­ rienza a cui Luca fu associato 2 (At 1 1 , 28 secondo D; in passi in «noi»: 1 6 , 1 0- 1 7; 2 0 , 5- 1 5; 2 1 , 1 - 1 8; 27, 1 -28, 1 6), era senza dubbio la comunità più carismatica della Chiesa primitiva. Essa 2 LUCA, COMPAGNO

DI PAOLO. Luca era «siriano d'Antiochia, medico di professione e compagno di Paolo», secondo le testimonianze antiche meglio informate (Prologo a Luca, datato con esitazione tra il II e il IV secolo; EusEBIO DI CESAREA, Storia ecclesiastica 3, 4, 6, ed. Bardy 2, 1952, pp. 100-101). Lui, l'evangelista che si presenta nella maniera più esplicita come l'autore cosciente del suo vangelo (Le l, 14) e degli Atti (1, 1-2), adopera il «noi» per la parte più circostanziata degli Atti, quella in cui le caratteristiche del suo linguaggio sono più concentrate: 16, 10-17; 20, 5-15; 21, 1-18; 27, 1-28 (e la variante discussa del testo occidentale in 11, 27-28: « Trovandoci uniti, uno di essi, Agabo ...»). Alcuni critici vorrebbero vedere in tale « noi» un ) (F. BovoN, in Lumière et Vie, nn. 153-154, 1982, p. 17). Noi pensiamo (conDom ]. DuPONT, Actes, Cerf, Paris 1953, p. 145, d p. 112; A. GEORGE, Luc, in Catholicisme 7, 1975, col. 1226-1231; Osty e la TOB ecc.) che questi dubbi non siano fondati. I «passi in noi» presentano Luca come compagno di Paolo in maniera molto discreta, che induce ad ammettere la sua sincerità, osserva J. Du­ placy (ivi, col. 1232). Luca, così attento nella revisione letteraria delle sue fonti, si sarebbe comportato in maniera stranamente maldestra, se avesse dimenticato di cancellare (cosa che gli sarebbe stata facile) o di riferire a qualcun altro questo > ( 2, 19.51 ). - Non si tratta di un 'espressione esclusivamente apocalittica, come abbiamo visto. - Essa si riferisce il più delle volte alle « meraviglie di Dio» verificatesi nella storia della salvezza, come fa Maria in l, 49: « Il Signore ha fatto per me grandi cose » (megala). - Questa riflessione non è una semplice registrazione materiale, ma conservazione viva > (2, 19.51 ) , con progresso nell'intelligenza (cf 2, 50). , - La via di questo progresso è un confronto (symballousa 2, 19: verbo che ha la stessa radice di simbolo). Secondo la tradizione ebrai­ ca si tratta del confronto midrashico: attualizzazione degli eventi mediante la Scrittura e della Scrittura mediante gli eventi, con que­ sta seconda componente dominante a motivo dell'evento nuov9 co­ stituito da Cristo. - Luca 1-2 si presenta come il risultato ultimo di questa medi­ tazione, intessuta di reimpieghi biblici, al di là della meravigli" (1, 29; 2, 33) e dell'incomprensione primitiva (2, 50). - Questa meditazione si esprime in termini arcaici, semtttct, e porta la traccia di allusioni etimologiche ai nomi ebraici dei perso­ naggi (sopra, p. 231 ) La frequenza dei termini « chiamato» ( « de­ nominato»), « nome>> manifesta una teologia del nome di Gesù, nel prolungamento della teologia del nome di Jahve, che ha un'impor­ tanza tanto fondamentale nell'Antico Testamento (Es 3, 14 ; 6, 2; cf Le l, 32.35; 2, 21 ecc.). 3. L'ipotesi d'una finzione letteraria o drammatica non si addice né a Luca, né al suo prologo, né alla sua coerenza e fa violenza al testo. .

Lu�a ha potuto conoscere Ma ria? I dati su cui possiamo contare per rispondere a questa domanda sono i seguenti:

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- Maria è nata intorno al 20 a.C., stando a quello che possiamo dedurre dall'età nubile in Israele (intorno ai 15 anni, spesso meno) e tenendo conto che il computo dei nostri millesimi è inesatto. Cri­ sto è infatti nato al «tempo di Erode» (Le l , 5; Mt l, 1-16), vale a dire nel 4-5 a.C. secondo il consenso stabilitosi, oppure nell'l a.C. secondo altre ipotesi (sopra, p. 305). - Ella era presente a Gerusalemme al momento della morte di Cristo (Gv 19, 25-27 ) e in occasione della Pentecoste (At l , 14), in seno alla comunità primitiva di Gerusalemme. Non conosciamo il suo curriculum ulteriore, né la data della sua morte o assunzione. Una grande longevità è poco verosimile, perché essa avrebbe attirato l'at­ tenzione dei primi scrittori cristiani. Il padre Bagatti ha identificato la sua tomba, su basi archeologiche serie, a Gerusalemme, sotto la basilica ove ella è venerata da tempo immemorabile. - In base ai tre passi degli Atti degli Ap ostoli , in cui Luca parla da testimone degli eventi usando il plurale noi, possiamo da­ tare i passaggi a Gerusalemme di questo pagano convertito della comunità di Antiochia. 1 . Se riteniamo il primo passo al plurale NOI (At 11, 27-28}, attestato dalla sola tradizione occidentale (codex Bezae), egli vi si sarebbe recato prima del 50 (verso il 48). Maria avrebbe avuto allora un po' meno di 70 anni, il che dà luogo a un'ipotesi vero­ simile. Essa sarebbe ulteriormente rafforzata, se ammettiamo la tesi rivoluzionaria di Robinson, secondo cui il vangelo di Luca sarebbe stato composto agli inizi degli anni 50.

2. Secondo At 2 1 , 15 Luca accompagnò P.aolo a Gerusalemme, in occasione del suo incontro con Giacomo, « fratello del Signore», primo vescovo di Gerusalemme (che potrebbe essere anche una fonte familiare). Maria era ·ancora viva? La cosa pare improbabile.

3 . Se riteniamo la data generalmente ammessa, che colloca il vangelo di Luca verso 1'80 (consenso le cui basi si sono rivelate mol­ to fragili), e se pensiamo che Luca avrebbe cominciato a comporre il suo vangelo in quegli anni e non in occasione dei suoi precedenti viaggi a Gerusalemme, un contatto con Maria, che sarebbe stata allora centenaria, sembra da escludersi. ·

Gerusalemme, comunità di Maria ( At l, 14) Sembra più probabile che Luca abbia raccolto quanto Maria meditava nel suo cuore )) non direttamente, ma attraverso la co­ munità in cui egli la colloca in buona' posizione: u nica menzionata con gli Apostoli, nel punto di congiunzione di due categorie privi­ Jegi ate: la famiglia e le donne, che avevano accompagnato Cristo nel suo ministero (A t l, 14 ). La menzione esplicita di questi due gruppi (donne e famiglia) è un indice delle fonti di Luca. I suoi legami con questi ambienti spiegano una sua differenza notevole da Mc 3, 20 e Gv 7, 5, che deprezzano la famiglia di Gesù. > nel commento aramaico del Pentateuco { secolo IV). 1 1 7 . DEI S S , L . , Marie, Fille de Sion, DDB, Paris 1958, 4 1 - 1 62 . 1 1 8 . DEJONGE, vedi Jonge. 1 1 9. DELEBECQUE , E., Études grecques sur l'Evangile de Luc, Belles Let­ tres , Paris 1 958 1 -69 . 1 20 . - ]ésus retrouvé dans le tempie, in Bull. de l'Assoc. G. Budé l ( 19 7 3 ) 75-83, ripreso in Études grecques, 1 976, 39-52 . 121 . DELLING, G., Magos, in G. Kittel, Theol. Worter. 4, 1942 , 3 60-3 62 ; tr. ital . 6, 1 970, 963-972. 1 22. - Parthenos, ivi 5, 1954 , 826-837 ; tr. ital. 9 , 1 974, 749-779 . 1 2 3 . DELORME, J., Annonciation, apparitions et anges (Luc l , 26-38) , in Ami Cler. 75 ( 1965 ) 252- 2 58. 1 24. - Les Évangiles de l'enfance du Christ, in Ami Cler. 7 8 ( 1 968 ) 755762. 125. DENI S , A. M . , L'Adoration des Mages vue par Saint Matthieu, in Nouv. Rev. Théol. 82 ( 1960 ) 32-39 . 1 26. DERRET, J. D. M., The Manger: Ritual Law and Soteriology, iru Theology 74 ( 197 1 ) 566-571 ; ripreso in Studies in the NT 2 ( 1 97 8 ) 48-59. 1 27. The Manger at Bethleem, in TUU 1 1 2 ( 1973 ) 86-94 ; ripreso in Studies in the NT 2 ( 1978) 39-47 . ,

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625. - Nazareth and ]erusalem in Luke 1 -2, in New Test. Stud. 3 ( 1956/ 1957 ) 136-142. 626. - Lukanische Miszellen, in Zeit. Neut. Wiss. 49 ( 1958) 65-77 : su Le l , 17.48-52.68.72 .73 ; 2, 1 1 .38. 627. - The Main Literary Problem of the Lucan lnfancy Story, in Angl. Theol. Rev. 40 ( 1958 ) 257-264. 628. - On the Margin of Luk 1-2, in Studio Theol. 12 ( 1 958) 103-107. 629. - The Protosource of Lk l, in Nov. Test. 12 ( 1 958 ) 349 : breve precisazione sull'articolo pubblicato ivi l ( 1956) 184-199. 630. WRAGG, ]. St. Luke's Nativity Na"ative, tesi inedita, Manchester . 1965. y

63 1. YuBERO, D. , Maria, el Senor es contigo (Le 1, 28b ) , in Cult. Bib. 3 1 ( 1 974 ) 91-96. z

632. ZAKOWITCH, Rahab als Mutter des Boas in der Jesusgenealogie (Mt l, 5) , in Nov. Test. 17 ( 1975) 1-5 . .633. ZANI , L., Influsso del genere letterario midrashico su Mt 2, 1-12, in Stud. Patav. 19 ( 1972) 257-320: Matteo fa uso di procedimenti midrashici, ma trascende i generi letterari con un linguaggio di con­ templazione e di proclamazione. 634 . - Abbiamo visto la sua stella. Studio su Mat 2, 1-12, tesi della Gre­ goriana, Excerptum, Padova 1973. 635. ZEDDA, S., Un aspetto della cristologia di Luca: il titolo Kyrios in Le 1-2 e nel resto del terzo Vangelo, in Rassegna di Teol. 13 ( 1972) 303-3 15: la teologia del Kyrios secondo Luca non è né arcaica, né kenotica, né esplicita sull'incarnazione, ma escatologica nel senso largo del termine . 636. - Il Chaire di Le 1, 28 alla luce di un triplice contesto anticotesta-· mentario, in Parola, Spirito e Vita, Studi in onore di Settimio Ci­ priani, Brescia 1982 : favorevole alla traduzione: Rallegrati. 637. ZEHER, F., Die Botschaft der Kindheitsgeschicbte nacb Matthiius und Lukas, Klostemeuburg 1960. 638. ZERWICK, M., Quoniam virum non cognosco (Le 1 , 34) . Conspectus criticus de opinionibus recentioribus, in Verbum Domini 37 ( 1959) 212-224, 276-288. 639. ZoLLI, E., Nazarenus vocabitur (Mt 21 23) , in Zeit. Neut. Wiss. 49 ( 1 958 ) 135-156. 640 . ZucKSWERDT, E . , Nar6raios in Mt 2, 2J, in Theol. Zeit. 31 ( 1975) 65-75.

REPERTORIO DELLA BIBLIOGRAFIA

I numeri rinviano alla numerazione progressiva della bibliografia. l . Pericopi e versetti biblici ( in ordine alfabetico dei titoli dei

Atti At 5, 15 e Le l, 35: 578. Filippesi Fil 2, 6-1 1 : 95. Giovanni Gv l, 1 3 : 474. Isaia 4 , 3 : 378, 488. 7, 14: 1 35. 41, 2-3 : 332. Luca 1 -2 : 10, 53a, 6 1 , 67, 69, 70, 75, 1 3 1 , 132, 153, 159, 1 82, 195, 196, 2 12, 258, 303, 3 1 1 , 343, 354, 368, 374, 37.5, 4 16, 424, 453, 466, 503, 504, 537 ' 552, 562, 566, 608, 614, 624. 627. 628 , 630. Vedi Commenti . l, 1-4: 1 33, 528, 584. 1 , 1 : 398, 629 . l, 2 : 158, 398. l , 3: 288, 454, 606. l , 5-25 : 154, 159. 1 , 17 : 626. 1 , 20: 449. 1 , 26-38 : vedi Annunciazione. 1 , 28 : 5 1 , 79, 84, 93, 281 , 329, 530, 558, 587, 631 , 636. l , 3 1 : 254. 1, 32: 53 1 . l , 33 : 53 1 . l , 34 : 26, 27, 90, 177, ( 1 8 1 ), 226, 367, 401 , 402, 420, 426, 430-33, 477, 49 1 , 492, 539, 588, 638. l, 35 : 79, 8 1 , 149, 1 50, 3 16, 378, 492, 578, 589, 590. l , 38: 294, 605.

libro )

l , 39-55 : vedi Visitazione ( 1 , 39-45) e. Magnificat ( l , 46-55). l, 42 : 28 1 . l , 46-55 : vedi Mag nific at . l , 46 : 30, 1 12, 232. l, 48 : 384, 626. l , 49 : 356, 5 17. l , 50: 626. l , 51 : 497. l , 52: 626. l, 68-79: 1 1 , 170, 210, 230, 237 . l , 70-7 1 : 83. l , 76 : 483. l, 78: 83. l, 80 : 1 80. 2, 1-20 : 16, 197' 387' 507' 602, 612. 2, 1-5 : vedi Censimento. 2, 5 : 207 . 2, 7 : 33, 293, 410. 2, 8-20 : 3 17. 2, 8 : 264. 2, 1 1 : 463. 2, 14: 39, 160, 1 65, 171, 240, 255, 399, 462, 509, 532, 577, 604, 610. 2, 17: 145. 2, 1 9 : 353 , 386, 515, 5 19, 583. 2, 20: 145. 2, 21: 1 90, 266, 267, .508. 2, 22-39: 65, 1 04, 159, 162, 189, 365; 486, 550. 2, 22 : 207' 265, 286, - 298. 2, 27 : 207 . 2, 29-32 : 6, 198, 229. 2, 3 1 : 274. 2, 33 : 207. 2, 34-3 5 : 6, 5 16, 618. 2, 34 : 389. 2, 35: 32, 155, 1 56, 193, 227. 2, 36-38: 268, 585.

657

Repertorio della bibliografia

l , 19: 249, 322, 4.57, .521 , .536, 555,

2, 41-52: vedi Ritrovamento. 2, 41 : 207. 2, 42 : 207 . 2, 43 : 207 . 2, 46 : 252. 2, 48 : 207, 30.5. 2, 49 : 305, 526, 622. 2, 50 : 305, 535. 2, 5 1 : 353, 386, 51.5, .519. 2, 52 : 98.

Matteo 1-2 : 52, 67, 69, 70, 87, 105, 107, 108, 176, 2 12, 27.5, 284, 285, 308, 3 1 1 , 32.5, 368, 376, 377, 390, 391 , 409, 41 4, 4 16, 425, 437, 468, 537, .548, 552, 561, 598. 60 1 . Vedi Commenti. l , 1-1 7 : 5 14, 545. l' l: 92, 326, 361 . l , 3 : 46. l , 5: 216, 260, 434, 632. l , 6: 545. l , 1 1 : 595. l , 16: 42 , 207 , 350, 353. l, 18-25: 103, 1 14, 200, 32 1 , 419, 423 , 435, 438, 555, 637. l, 18: 207, 392.

568.

l , 20-23 : 161 . l , 20 : 207, 413.

1 06, 276, 343 , 394, 443 , 566,

l, 24 : 207. l , 25: 564. 2, 1-23: 103, 1 14, 332. 2, 1-12: 184, 187. 2, 2 : 9 1 , 3 14. 2, 1 1 : 23. 2, 1 3-15: 7, 14. 2, 14: 1 16. 2, 1 5 : 24. 2, 16-18: 173, 174. 2, 19-23 : 7 . 2, 23 : 186, 448, 47.5, .51 1 , .563, 639, 640.

Numeri 6, 10: 36.5 Osea

1 1 , 1 : 24.

324, 572,

Romani Rm l , 3-4: 8 1 . Sofonia Sof 3, 14-17: 329. Vedi Figlia di Sion.

2. Temi e soggetti Adamo: 92, 406. Affinità giovannee di Luca 1-2: 157, 159. Alleanza: 518. Allusioni etimologiche in Luca 1-2 : 302. Angelo: 123, 14.5. Anna, profetessa: vedi Le 2, 36-38. Annunciazione: 4, 9, 62, 123, 208, 26 1, 270, 289, 300, 318, 3 19 , 330, 33 1 , 404, 427, 481 , 5 18, 524, 558, 637 . Vedi Le l, 26-38. Anthropoi eudokias : vedi Le 2, 14. Apocalisse: 318. Ascendenza !evitica di Gesù? : 23 1 .

Ba r mitzvà : 335. Vedi Le 2, 41-50. Benedictus: 170, 210, 237, 570, .5 80. Vedi Le l, 68-79. Betlemme: 127. Bibliografia: 50, 67 , 1 38, 303, 336, 345. Caravanserraglio, vedi Katalyma. Casa di Betlemme: 23. Vedi Mt 2, 11. Casa di Zaccaria: 1 1 O, 1 1 1 . Censimento (Le 2 , 1-5 ): 21 , 22, 36, 55, 152, 242, 3 12, 366, 396, 520, 525, 544, 567.

658

Chaire: 329, 530, 636. Vedi Le l, 28. Charis: 78, 79, 96, 278. Circoncisione: 190, 266, 267. Citazioni bibliche di Matteo 1-2: 1 75, 418, 529. Commenti a Luca: .50, 53, 1 02, 147, 148, 1 68, 194, 251 , 262, 292, 3 1 0, 336, 450, 505, 513, 55 1 , .5.52. Commenti a Matteo: 3 , 48, 129, 130, 164, 183, 228, 234, 250, 279, 29 1 , 328, 348, 464, 465, 482, 487, 494, 512, 540, 547. Concezione verginale, vedi Verginità an te partum. Conoscenza di Maria: 22.5, 35.5, 412. Conoscere: 181. Consenso di Maria: 289, 294. Vedi Le l , 38. Critica testuale di Matteo: )13, 350, 352. Cronologia della nascita: 144, 182, 256, 337. Davide: 74, 205, 277, 327, 406, .572, 582. Deserto: 180, 417. Vedi Le l , 80. Dionysos bar Saitbt: 13. Divinità di Gesù: 161, 355. Docetismo: 613. Doni dei magi: 463. Vedi Le 2, 1 1 . Donne della genealogia: 46, 479, 493 . Vedi Mt l , 3 . .5.6. Doulos: vedi Servo. Egitto ( fuga in): 14, 349, 473. Vedi Mt 2, 13-15. Egittologia: 71. Emmanuele: 325. Erode: 37, 174, 476, 557. Escatologia: 447, 569. Esseni: 346. Etimologia dei nomi: 25, 302. Figlia di Sion: 32, 89, 1 17, 229, 329, 466, 467.

Repertorio della bibliografia Figliazione di Gesù: 199, 214, 215, 435. Figlio: 417. Figlio di Dio: 150, 205, 225, 418, 582. Filippo (Vangelo di): 290. Filone: 568. Fonti di Luca 1-2: 212, 471 , 623 . Fonti di Matteo 1-2 : 212. Fonti semitiche di Luca 1-2 : 153, 574. Fratelli di Gesù: 44. Galilea: 607. Genealogie: 1 , 42, 54, 63, 73, 88, 140, 147, 148, 239, 2.51 , 253, 260, 269, 287, 323 , 363 , 370, 393, 403, 407, 408, 442, 472, 495, 514, 523, 595, 596, 609, 615, 616, 617 . Vedi Matteo l , 1-17 . Genere letterario: 52, 375, 376. Genesi di Luca 1-2: 217, 283 . Vedi Fonti, Sostrato. Genesis: 323 , 456. Vedi Mt 1, 1 .18. Gennao e tikto: 590-.592. Gerusalemme: 26.5, 286, 298, 299, 625 . Gesù (nome di): 137, 201, 254. Giovanni Battista: 31, 196, 203 , 62 1 , 629. Giudaismo: 335, 340, 4 1 1 , 415, 501 , 502, .552, 579. Giuseppe: 77, 200, 201 , 246, 32 1 , 369 , 372, 457, 553-556. Vedi Mt 2, 16-25. Giustino : 38. Gloria: 3 14. Gnostici: 290. Grazia: vedi Charis. Greco di Luca: 1 19. Greppia : vedi Phatne. Haggada: 415, 597. Hyperephanos: 497. Vedi Le 1 , 5 1 . Incarnazione: 76, 284. Infanzia (vangeli dell'): 5, 8, 43,

6.59

Repertorio della bibliografia 109, 124, 1 3 1 , 247, 306, 307, 320, 344, 370, 377 J 383, 406, 452, 468 , 478, .533, .534, .546, .5.54, .565, .598. Vedi Luca 1-2 ; Matteo 1 -2. Inni di Luca 1-2 : 41, 230, 271. Vedi Le l , 2.5.46-.55.68-79; 2, 14.2932. I sacco: 223. Ismaele: 385. Israele - Gesù in Matteo 1-2: .576.

Kaleo: 593 . Katalyma: 18, 33, 410. Kathexes ( Le l, 3 ): 288, 606. Kecharitomené: 79, 329, .530, .587. Vedi Le l , 28. Khan: vedi Katalyma. Kyrios (Signore : Le 2, 1 1 ): 297, 63.5. Magi : 23, 37, 72, 9 1 , 1 13, 121, 12.5, 163, 184, 197, 244, 334, 346, 379, 446, 4.51 , 463, 473, 485, .559. �agndficat: 19, 30, 95, 1 12, 142, 143, 170, 172, 2 1 1 , 238, 257 , 2.59, 282, 364, 388, 441 , 459, l 488, 490, 498, .527, .560, .570, 603. Vedi Le l , 46-.55 ; attribu­ zione a Elisabetta: 30, 1 12, 232. Mangiatoia: vedi Phatne. Maria: 213, 224, 2.58, 381 , 440, 45.5, 470, 480, 538, 54 1 , .550. Maria (nome di): 2.5. Matrimonio di Maria : 246. Vedi Giuseppe. Meditazione di Maria: 3.53, .5 1.5, 5 19. Vedi Le 2, 19 . .5 1 . Megala: .517. Messia: 295, .542. Vedi Le 2, 1 1 . Midrash: 47, 72, 202, 332, 380, 633. Mitologia: 223. Mosè: 47, 406. Nascita di Cristo: 38, 7 1 , 82, 128, 223 , 23.5, 499, .5.52, 619. Vedi Le 2, 6-7; Mt 2, 1-2.

Nascita e infanzia (racconto di): 9, 362, 374, 385, 438, 46 1 . Vedi Le l , 5-2.5 .26-38 . Nazaret: 12, 4.5, .54, 1 86, .54.5, .556, 62.5. Vedi Mt 2, 23 . Nomi : vedi Allusioni etimologiche ; Gesù, Maria. Nunc dimittis: 198, 229. Vedi Le 2, 29-32. Nuova creazione: 1 1.5. Odi di Salomone: 290. Onar: vedi Sogno. Paralleli non cristiani dei racconti di nascita: 7 1 , 301 , 390, 429. Parthenos: 85, 100, lOOa, 122, 134. Pastori: 14.5, 3 17, 338. Paternità: 2 14, 2 15. Persecuzione : 241 . Phatne: 16, 17, 1 8, 33, 64, 126, 127, 206, 245, 293, 3.57 . Vedi Le 2, 7.12.17. Poimen : 264. Popoli: 274. Poveri: 1.51. Presentazione al tempio: vedi Le 1, 22-39. Profezie di Simeone: vedi 2, 29-32 ; :Nunc dimittis; 2, 34-35. Protofonte di Luca l : 629. Quirinio: 36. Qumran: 167, 360, 509, 542, .568, .577. Vedi Le 2, 14. Racab: 260, 434, 632. Regina di Saba: 72 Relazioni Matteo-Luca: .566, 637. Ritrovamento nel tempio : 66, 120, 1 39, 141, 146, 209, 272, 30.5, 33.5, 484, .550, 579, .581. Vedi Le 2, 41-.52. Rut (Mt l, 5): 2 16, .57 1 . .

Santo: 1.50. Sapienza : 272 , .5 1 .5, .5 1 9. Segno: 206. Semiotica: 232, 233, 4.58.

Repertorio della bibliografia

660

Sentius Saturninus: 1 .52 .

Serva del Signore: 358. Vedi Le 1 , 38. Servo: 3 5 , 199, 229, 332. Simeone: 104, 1 62, 229. Sinagoga e tempio (Le 2, 46): 252 . Sogno: 86, 1 36, 395, 553 . Sostrato semitico di Luca 1-2 : 153. Vedi Etimologia . Sostrato semitico di Matteo 1-2 : 248, 263 . Spada di Simeone: 32, 1 55, 193, 227 . Vedi Le 2, 35 . Spi ri to Santo : 290, 3 1 5 , 42 1 . Vedi Le l , 35. Stella dei ma gi : 2 , 60, 3 14, 379, 460, 559, 6 1 1 , 634 . Storicità : 40, 9 1 , 1 05-1 08, 1 57, 1 79, 184, 1 85, 1 9 1 , 320, 333, 359, 400 , 4 14, 426-428, 468, 473 , 565, 573 , 597 . Strage degli innocenti : 173, 174. Vedi Mt 2 , 1 6-18. Strati redazi onali di Ma i teo 1-2 : 529.

Tempio: 20, 252, 305. Teologia di Luca : 96, 592. Teologia di Matteo 1-2 : 564 . Tertulliano : 152.

Theologoumenon: 1 66, 178, 179. Tikto : vedi Gennao.

Tommaso (vangelo di) : 290. Tomba: 77. Topografia di Luca 1-2 : 232. Topografia di Matteo 1-2 : 548 . Ugarit : 577. Uomo ( generare come un) : 290. Unzione : 273 , 295, 296. Vedi Mes-

sia.

Vang elo di Filippo: 290. Vangelo di Tommaso: 290 . Verginità ante partum : 49 , 56, 57, 58, 59, 80, 99, 100, 1 35, 1 66, 1 78, 1 92, 220 , 22 1 , 222, 236, 243 , 280, 290, 30 1 , 309, 3 1 5 , 382, 422, 429, 435, 496, 575, 600, 620. Vedi Paralleli non cri­ s tia ni dei racconti di nascita. Verginità in partu: 47 4. Verginità · post partum: 29, 100, 340, 599. Ved i Fratelli di Gesù. Verginità (proposito di): 85, 1 69 , 177, 204 , 2 1 8 , 402, 405, 426, 436, 594 . Vedi Le l , 34. Visitazione: 1 0 1 , 1 88, 37.3, 388 , 539, 586. Vedi Le l , 39-56. Vocazione di Maria: 1 .54, 549 . Vedi Annunc iazio ne. Vocazione ( racconti di ) : 154.

Zeloti : 341 .

LESSICO

Abbiamo evitato al massimo il vocabolario tecnico e abbiamo cercato di definirlo o di renderlo perspicuo attraverso il contesto là dove il suo uso era necessario. Un lettore non iniziato potrà trovare qui una definizione semplice di questi termini, adoperati gli uni in semiotica, gli altri in esegesi. Vocabolario

semiotico

AGENTI

(poli di azione): coloro che agiscono nel racconto. Un agente può essere una persona, un animale, un vegetale o anche un oggetto: ii fuoco, il fiume ecc. Greimas ha raggruppato gli agenti in sei categorie secondo le loro funzioni: destinatore e destinatari, soggetto e oggetto, aiutanti e avversari. AIUTANTE: colui che aiuta il soggetto o l'eroe a compiere la sua perfor­ mance ( o prodezza). ATOPIA: senza indicazione di luogo (greco: topos}. AVVERSARIO: colui che si oppone -all'eroe e ostacola la realizzazione della sua performance. CoDICE: l'insieme delle regole che governano i termini d'un medesim� ambito ( topografico, cronologico ecc.). (À>MPETENZA: è la capacità per un soggetto di compiere una performance, e consiste in generale nell'acquisire il volere, il sapere, il potere (tre modalità). CoNGIUNZIONE : legame tra un soggetto e un oggetto, soggetto, valore o modalità ecc. La congiunzione è simboleggiata dal segno A . « Il signor corvo teneva· nel suo becco un formaggio >> viene formalizzato cosl: COrvO A formaggio O SI A Ql (soggettO n. l congiunto all'oggetto). Congiunzione si oppone a disgiunzione. Nella medesima favola la con· giunzione della volpe con lo stesso formaggio si opera a prezzo della disgiunzione del form-aggio dal corvo, che « lascia cadere la preda >>. Corvo v formaggio volpe A formaggio o S2 A 01 (congiunzione del soggetto n. 2 , la volpe, con lo stesso oggetto : il formaggio). ;DEITTICA: Grei.mas ha specializzato questo termine (che ha tutto un cur­ riculum linguistico) per indicare le relazioni di implicazione nel qua· drato. Per esempio: l

segreto

� (

A Essere



8 Non apparire

JJ Apparire

!

menzogna

À Non essere

AD, « deittica positiva » è il segreto : essere senza apparire.

BA, « deittica negativa >> è la menzogna: apparire senza essere.

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Lessico

DESTINATARI: coloro che beneficiano della performance dell'eroe o sog­ getto, che sta al centro del racconto : per esempio il popolo liberato da un dragone devastatore.

DESTINATORE: colui che pone la regola e definisce il valore in gioco nella performance dell'eroe. Nelle fiabe egli è il re o il padre, che dice per esempio: « Darò mia figlia al prode guerriero, che ucciderà il dragone e libererà il mio popolo ». DisFORICO: doloroso, il contrario di euforico.

DISGIUNZIONE: il contrario della congiunzione (vedi), cioè una separazione o dissociazione. La disgiunzione può essere somatica (vi è disgiunzione fra Gesù e Maria, quando Simeone lo prende in braccio in Le 2, 28), o topografica, come quando Gesù abbandona Gerusalemme per tornare a Nazaret in Le 2, 39.51 . FoNEMA : unità minimale del linguaggio: combinano organicamente.

consonante o vocale, che s.i

IMMANENZA (principio d' ) : questo principio, inaugurato in linguistica da

Saussure, prescrive di attenersi alle leggi interne del funzionamento del discorso (del testo ), senza riferirsi né alla sua storia, né alla psicologia dell'autore, né ai suoi destinatari (i lettori). Là ove facciamo delle osser­ vazioni sull'uno o sull'altro di questi campi, non siamo più in campo semiotico.

un racconto e ne manifestano l'omogeneità al livello seman tico (- livello del senso ) . Me­ diante le isotopie ( ritorno e ricorrenza ) di elementi simili noi perce­ piamo la coerenza dei significanti ( e quindi dei significati). I quattro termini del quadrato semiotico sono isotopi.

lsOTOPI : elementi simili, analoghi, che si ripetono in

« Il miglior spazio possibile in cui osservare il senso » (R. Barthes ). Ordinariamente : una proposizione che collega due agenti mediante un verbo.

LEXIE:

MoDALITÀ: ciò che trasforma un enunciato di base, per esempio : io man­ gio e io voglio mangiare ( modalità del volere, o io posso mangiare (modali tà del potere ). MonALIZZAZIONE: l'operazione di trasformazione, che modifica un enun­ ciato di base. Vedi il termine modalità e la modalizzazione dei nostri quadrat i . La modalizzazione più corrente ed elementare è la differenza tra fare e voler fare, poter fare, saper fare, far fare. La grande tappa attuale della semiotica è l'esplorazione del vasto campo (- dominio) delle modalità e modalizzazioni (J. GREIMAS, Du sens 2, Seuil, Paris 1 983 ) .

0ooETTO: noi designiamo cosi il valore acquisito dal soggetto. Questa nozione è molto complessa in semiotica. PERCORso: con questo termine si intendono i circuiti lungo i quali circola il senso nelle strutture di un racconto: come procedono le sue trasfor­ mazioni e la sua progressione. Noi esaminiamo specialmente i