Libri, scritture e testi greci. Giornata di studio in ricordo di mons. Paul Canart organizzata dalla Biblioteca apostolica vaticana e dal Comitato vaticano di studi bizantini (Città del Vaticano, 21 settembre 2018)

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Libri, scritture e testi greci. Giornata di studio in ricordo di mons. Paul Canart organizzata dalla Biblioteca apostolica vaticana e dal Comitato vaticano di studi bizantini (Città del Vaticano, 21 settembre 2018)

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LIBRI, SCRITTURE E TESTI GRECI GIORNATA DI STUDIO IN RICORDO DI MONS. PAUL CANART

STUDI E TESTI 554

lIbrI, ScrITTUrE E TESTI grEcI gIornaTa DI STUDIo In rIcorDo DI monS. paUl canarT organizzata dalla biblioteca apostolica Vaticana e dal comitato Vaticano di Studi bizantini (città del Vaticano, 21 settembre 2018)

a cura di cESarE

aTTI paSInI e FrancESco D’aIUTo

c ITTà DEl VaTIca n o b I b l I o T E c a a p o S T o l I c a V aT I c a n a 2022

la collana “Studi e testi” è curata dalla Commissione per l’editoria della biblioteca apostolica Vaticana

per le immagini di manoscritti, documenti e stampati della biblioteca apostolica Vaticana: © biblioteca apostolica Vaticana per le immagini di manoscritti e documenti appartenenti ad altre istituzioni, i detentori dei diritti di riproduzione sono di volta in volta indicati nelle relative didascalie. per le figure riprodotte alle pp. 112-191 (figg. 1-2, 4-20): © autore del relativo articolo.

proprietà letteraria riservata © biblioteca apostolica Vaticana, 2022 ISbn 978-88-210-1091-0 Edizione digitale: ISbn 978-88-210-1092-7 www.vaticanlibrary.va/it/pubblicazioni

Mons. Paul Canart (1927-2017)

SOMMARIO C. PASInI - F. D’AIutO, Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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B. MOnDRAIn, Mgr Canart et les manuscrits grecs . . . . . . . . .

9

C. PASInI, Paul Canart, sessant’anni alla Biblioteca Vaticana . . . .

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A. néMeth, the Suicide of hasdrubal’s Wife revisited in a new Fragment of Polybius . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

87

F. D’AIutO, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu».

105

L. PIeRALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo: osservazioni metodologiche . . . . . . . . . . .

223

F. POtenzA, niccolò V e i suoi libri greci. Con qualche nuovo dato sui codici provenienti dal monastero del Pantokrator sull’Athos e sul copista Gerasimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

235

C. FeDeRICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani . . . . .

251

G. CARDInALI, Il profeta e il monsignore: quarantasette nuovi manoscritti (e tredici nuovi stampati) di Angelo Colocci nella Vaticana e alla nazionale di Parigi . . . . . . . . . . . . . . . . . .

259

D. SuRACe, nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

335

tAVOLe RÉSUMÉS / ABSTRACTS . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

359

InDICI Indice analitico, a cura di F. D’AIutO . . . . . . . . . . . . . . .

365

Indice dei manoscritti, dei documenti d’archivio e degli esemplari a stampa citati, a cura di F. POtenzA . . . . . . . . . . .

413

6

SommarIo

prEmESSa

Il 21 settembre 2018 la biblioteca apostolica Vaticana e il comitato Vaticano di Studi bizantini hanno voluto ricordare, in una giornata di studi a lui dedicata, mons. paul canart, a un anno dalla sua morte, avvenuta il 14 settembre 2017. In biblioteca Vaticana canart entrò trentenne nel 1957 (era nato il 25 ottobre 1927) come scriptor Graecus. Quando nel 1997 vi concluse, ormai settantenne, il suo quarantennale itinerario di lavoro e di studio, ricopriva l’incarico di vice prefetto e di direttore del Dipartimento (allora Sezione) dei manoscritti. Del comitato Vaticano di Studi bizantini, invece, canart fu presidente dalla sua fondazione nel 1978 sino al 2011. la giornata di studio fu moderata dai successori di canart nei suoi due ruoli principali in biblioteca: il vice prefetto ambrogio piazzoni (oggi emerito) e il direttore del Dipartimento dei manoscritti paolo Vian (oggi vice prefetto dell’archivio apostolico Vaticano. a nome delle due istituzioni organizzatrici hanno curato la pubblicazione degli Atti e firmano questa introduzione mons. cesare pasini, prefetto della biblioteca e presidente del comitato Vaticano di Studi bizantini, e Francesco D’aiuto, segretario del comitato. alle due Istituzioni organizzatrici appartenevano i relatori della giornata di studi, che svilupparono temi connessi agli ambiti di ricerca di paul canart (paleografia, codicologia, storia delle biblioteche, agiografia, bizantinistica, bibliografia). a delineare la sua figura furono dedicati due interventi introduttivi: a canart studioso dei manoscritti greci fu consacrato l’intervento di brigitte mondrain, presidente del comité International de paléographie grecque, di cui canart era stato tra i membri fondatori nel 1981, assumendone poi la vice-presidenza nel quinquennio 1988-1993 e la presidenza dal 1993 al 2003. la personalità di canart, uomo e sacerdote, fu invece tratteggiata da pasini. gli altri interventi – di giacomo cardinali, Francesco D’aiuto, carlo Federici, andrás németh, luca pieralli, Francesca potenza e Domenico Surace – sono una testimonianza concreta di impegnative ricerche compiute, anche da giovani studiosi, negli stessi ambiti d’indagine che furono

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prEmESSa

di paul canart: non solo un’occasione per onorarne la memoria ma anche, e soprattutto, un segno di continuità che si ispira ai grandi maestri nella fierezza di continuarne, ciascuno per quel che può, la ricerca appassionata e rigorosa. cesare pasini, Francesco D’aiuto

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Brigitte MonDrAin

Mgr CAnArt et Les MAnUsCrits greCs il  n’est  pas  meilleur  lieu  pour  évoquer  l’activité  scientifique  de  Mgr Canart  que  la  Bibliothèque  Vaticane,  où  il  a  passé,  comme  il  aimait  à  le dire lui-même, soixante ans de sa vie. Paul Canart, qui est né en Belgique à  Cuesmes  dans  le  Hainaut  le  25  octobre  1927,  est  mort  quelques semaines  avant  de  fêter  ses  90  ans,  le  14  septembre  2017.  nous  qui sommes  réunis  ici  aujourd’hui  pour  honorer  sa  mémoire,  nous  connaissons  tous  à  la  fois  la  richesse  et  la  variété  de  son  œuvre  scientifique,  et l’approche  très  stimulante  qu’il  a  des  différentes  facettes  du  livre  manu scrit. Je ne vais ainsi rien vous apprendre que vous ne sachiez déjà. Mais l’examen systématique que l’on réalise lorsque l’on s’efforce de considérer l’ensemble de son œuvre, en la mettant en perspective par rapport au parcours  qu’a  effectué  lui-même  Mgr  Canart  et  par  rapport  aux  travaux contemporains  des  siens,  permet  de  mettre  en  évidence  la  remarquable originalité de sa démarche et son caractère profondément méthodique 1. * * * Paul  Canart  était  bien  un  helléniste  dès  ses  études  universitaires  et c’est  à  une  notion  riche  et  complexe,  le  terme  θεῖος chez  Platon,  qu’il consacra  en  collaboration  un  premier  livre,  publié  à  l’Université  de  Louvain 2.  Mais  c’est  pourtant  comme  professeur  de  mathématiques  qu’il  a 1 Une bibliographie méthodique de ses différents travaux a été effectuée par lui-même en tête du recueil en deux volumes de plusieurs de ses articles sélectionnés à son instigation  et  rassemblés  par  les  bons  soins  de  Maria  Luisa  AgAti et  Marco  D’Agostino: P.  CAnArt,  Études de paléographie et de codicologie,  i-ii,  Città  del  Vaticano  2008  (studi e  testi,  450-451);  cette  bibliographie  correspond  à  146  entrées.  Une  bibliographie  plus récente, chronologique également, sans numérotation des contributions, a été établie par K. nenoV, Bibliographie de Paul Canart, dans Bulgaria medievalis 9 (2018), pp. 7-23. Bien des articles mentionnés ici sont reproduits dans le recueil. 2 J. VAn CAMP - P. CAnArt, Le sens du mot θεῖος chez Platon, Louvain 1956 (Université de Louvain. recueil des travaux d’histoire et de philologie iVe série, 9). Paul Canart a luimême écrit la seconde partie de l’ouvrage, qui procède par l’analyse successive et chrono-

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Brigitte MonDrAin

officié pendant un temps dans l’enseignement secondaire, sans plaisir particulier,  jusqu’au  moment  où,  sur  la  recommandation  de  son  maître gérard  garitte  et  avec  le  soutien  de  Mgr  ruysschaert,  il  fut  appelé  à la Bibliothèque Vaticane et il fut chargé, à partir d’octobre 1957, de s’occu per  du  catalogage  de  manuscrits  grecs.  Comme  il  se  plaisait  à  l’évoquer, il n’avait alors jamais encore étudié de manuscrit grec et c’est essentiellement par la lecture des travaux de ses prédécesseurs, par les échanges avec eux et par l’exercice pratique, qu’il s’initia lui-même peu à peu à ce nouveau travail. Ce qui est frappant lorsqu’on regarde sa bibliographie est de constater que  l’apprentissage  a  été  assez  rapide  et  fort  bien  maîtrisé;  il  est  évident que la possibilité d’examiner un grand nombre de manuscrits a contribué à la qualité de sa formation. tout en étant relativement timide et réservé, Paul Canart était un homme déterminé et très efficace sur le plan scientifique.  sa  curiosité  intellectuelle  permanente  l’a  incité  à  aborder  des champs d’investigation très divers et à lancer des pistes de recherche que d’autres  ont  pu  ensuite  poursuivre  et  développer  à  leur  tour;  et,  dans le  même  temps,  il  s’interroge  à  chaque  fois  sur  la  méthode  qu’il  met  en œuvre. Une des grandes qualités scientifiques de Paul Canart est son art pour  poser  de  bonnes  questions  et  sa  capacité  à  tenter  de  leur  apporter une réponse avec précision et avec finesse. L’activité  de  catalographe  est  donc  la  première  que  développe  Paul Canart. il commence par achever en 1961 le second catalogue de manu scrits vaticans entrepris par Ciro giannelli (ce dernier est mort en 1959) et qui est consacré à un petit nombre de manuscrits, les Codices Vaticani Graeci 1684-1744 3,  dans  le  prolongement  d’un  premier  volume  dans lequel giannelli avait décrit les manuscrits 1485 à 1683 du fonds Vatican grec (un livre composé de  xxViii et 536 pages et qui avait paru en 1950). Paul Canart complète le travail de Ciro giannelli, en écrivant des addenda et en réalisant, en particulier, les index de ce volume. La  partie  dont  il  est  lui-même  chargé  correspond  à  la  suite  du  fonds grec:  les  manuscrits  Vaticani gr. 1745-1962.  Ce  travail  sur  un  groupe  de

logique des dialogues de Platon; c’est précisément la partie qui suscite des commentaires élogieux  des  recenseurs,  tel  Émile  de  strycker  dans  L’Antiquité classique 26  (1957), pp. 458-461. 3 Codices Vaticani Graeci. Codices 1684-1744,  recensuit  C.  giAnneLLi,  addenda  et indices curavit P. CAnArt, in Bybliotheca Vaticana 1961 (Bybliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti). Le livre représente un ensemble de  xx puis 196 pages.

Mgr CAnArt et Les MAnUsCrits greCs

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plus  de  200  manuscrits,  quelquefois  difficiles  à  décrire  car  il  comprend plusieurs  recueils  de  miscellanea complexes,  constitués  tardivement,  est réalisé dans des délais vraiment rapides, eu égard à la somme qu’il représente; deux volumes paraissent en effet en 1970 et 1973, selon un modèle nouveau dans les catalogues vaticans: le premier tome fournit les descriptions  des  manuscrits  qui  occupent  785  pages,  le  second  offre  une  introduction  historique,  des  addenda et  des  index  très  riches  (cet  ensemble couvre  Lxxi et  203  pages) 4;  ces  index  comportent  entre  autres  un  relevé méthodique  des  filigranes,  fondé  sur  différents  répertoires  classiques  de filigranes  cités  à  la  p.  185,  auxquels  Paul  Canart  ajoute  celui  que  luimême avait dressé dans son étude consacrée en 1964 au copiste prolifique emmanuel  Provataris.  La  richesse  des  données  rassemblées  rendait nécessaire  la  division  de  ce  catalogue  en  deux  parties.  La  précision, l’exhaustivité  et  la  qualité  des  descriptions  dans  tous  les  domaines  sont effectivement impressionnantes. La  réalisation  a  de  fait  été  d’autant  plus  rapide  que  l’établissement  de ce  catalogue  du  fonds  grec  de  la  Bibliothèque  Vaticane  avait  été  précédé par la publication d’un autre petit catalogue, celui des quatorze manuscrits grecs  de  l’Archivio  del  Capitolo  di  s.  Pietro,  en  1966 5,  qui  comprend  89 pages et aussi 8 planches à la fin du volume. si le contenu est rédigé en latin,  comme  dans  les  catalogues  de  manuscrits  du  fonds  de  la  Bibliothèque, la description des manuscrits l’est en français cette fois. Dans l’introduction (pp. 3-4), Paul Canart justifie ce choix: «La description des manuscrits suit les règles de la Bibliothèque Vaticane.  Pour  la  troisième  partie,  plus  spécifiquement  codicologique,  nous nous  écartons  sur  deux  points  des  habitudes  vaticanes.  nous  utilisons la  langue  vulgaire,  qui  se  prête  mieux  à  l’énoncé  de  certains  détails  techniques, et, à l’exemple d’H. Hunger 6, nous répartissons les chefs d’étude en paragraphes distincts».

P.  CAnArt,  Codices Vaticani graeci. Codices 1745-1962,  i:  Codicum enarrationes,  in Bibliotheca  Vaticana  1970,  [xx-785  pp.];  ii:  Introductio Addenda Indices,  in  Bibliotheca Vaticana 1973 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti). 5 P. CAnArt, Catalogue des manuscrits grecs de l’Archivio di San Pietro, Città del Vaticano 1966 (studi e testi, 246). 6 Paul Canart fait là référence, comme il l’indique dans une note, à l’entreprise du catalogage  des  manuscrits  grecs  viennois  dont  le  premier  volume  avait  paru  en  1961: H. HUnger, Katalog der griechischen Handschriften der Österreichischen Nationalbibliothek, i, Wien 1961. 4

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Brigitte MonDrAin

Quelques années plus tard, le 21 avril 1979, Paul Canart soutient sous la direction de Jean irigoin, en sorbonne à Paris, un doctorat d’État sur travaux devant un jury de byzantinistes prestigieux 7, doctorat intitulé sobrement  Recherches de paléographie et de philologie byzantines.  il  développe dans  ce  cadre  une  réflexion  sur  la  problématique  du  catalogue.  Ce mémoire  de  thèse  inédit  sera  publié  dès  l’année  suivante,  en  1980,  dans la revue belge Byzantion 8. Je le cite: «J’ai  été  d’abord  et  je  reste  avant  tout  un  catalogueur  de  manuscrits grecs. Formé à l’école enrichissante des catalogues de la Bibliothèque Vaticane, soutenu au début par les conseils de ses scriptores, j’ai suivi naturellement  et  par  devoir  les  règles  de  description  formulées,  sur  la  base  de l’expérience, par les autorités de la Bibliothèque Vaticane. elles ont un sens et  des  avantages  sur  lesquels  je  reviendrai  plus  loin.  Je  voudrais  d’abord signaler les quelques perfectionnements que j’y ai apportés, en respectant la logique du système. Dans les notices elles-mêmes, j’ai ajouté les dimensions  de  la  justification  (ou  cadre  écrit),  décrit  avec  précision  le  type  de réglure, signalé l’emplacement exact des signatures de cahiers, analysé de manière  plus  systématique  et  plus  complète  l’ornementation.  Je  me  suis efforcé surtout de donner à chaque notice une présentation plus logique et plus claire».

il ajoute: «selon l’organisation traditionnelle du travail scientifique, le but principal du catalogue de manuscrits est de rendre accessibles aux chercheurs, philologues et historiens, les sources dont ils ont besoin».

il s’agit donc pour lui de rassembler l’ensemble des informations pertinentes et utiles à différents lecteurs: «rôle des catalogues. Un catalogue détaillé apporte […] une masse de données d’ordre paléographique  et  surtout  codicologique.  Je  reviendrai  sur  les  problèmes  que pose la collaboration entre catalogueur, paléographe et codicologue. ici, je voudrais  seulement  faire  observer  que  le  premier  a  sur  ses  confrères l’avantage – et l’inconvénient – de devoir tout observer et rendre compte de tout. Moins lié à une grille d’interrogation et d’interprétation préconçue,

outre Jean irigoin, directeur de thèse, les membres du jury étaient Jacques Bompaire, gilbert Dagron, r. P. Jean Darrouzès, José grosdidier de Matons et Joseph Mogenet.  8 P. CAnArt, De la catalographie à l’histoire du livre. Vingt ans de recherches sur les manuscrits grecs, dans Byzantion 50 (1980), pp. 563-616. 7

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condamné  à  donner  son  attention  à  l’accessoire,  voire  au  négligeable, comme au principal, il peut à l’occasion signaler des phénomènes d’apparence insignifiante mais qui, rapprochés un jour de faits analogues, ouvriront  la  voie  à  des  recherches  nouvelles.  sous  le  terme  palaeographica et libraria res,  nos  indices enregistrent  à  la  fois  des  indications  classiques  et des curiosités».

Le catalogage débouche ainsi en particulier sur l’histoire de la constitution  des  fonds.  L’histoire  des  bibliothèques  est  un  aspect  auquel  s’est toujours attaché Paul Canart dans ses études consacrées à divers copistes. et  son  catalogue  de  1970-1973  sera  enrichi  par  «une  histoire  du  fonds Vatican grec entre 1618, terminus ante quem pour l’inventaire des sainteMaure  (dont  la  numérotation  reste  valable  jusqu’au  n°  1486),  et  1786, date de l’achat des manuscrits “basiliens” (Vat. gr. 1963-2123)»: l’ouvrage Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents pour l’histoire d’un fonds de manuscrits de la Bibliothèque Vaticane (studi  e  testi,  284),  paru en  1979,  l’année  de  la  soutenance  du  doctorat  d’État,  constitue  une  véritable enquête policière. Paul Canart avait initialement l’intention de poursuivre son entreprise de catalogage. Dans une table ronde du premier colloque de paléographie grecque,  organisé  à  Paris  par  Jean  irigoin  en  octobre  1974  avec  Jacques Bompaire, ce colloque qui a joué un rôle déterminant pour les progrès à ce  moment  et  ultérieurement  dans  l’étude  des  écritures  grecques,  il  précise qu’il prévoit un volume consacré aux deux cents manuscrits grecs suivant  le  Vaticanus gr. 1962,  les  Vaticani gr. 1963-2161  (les  manuscrits Basiliani) 9.  Ce  volume  n’a  en  fait  pas  vu  le  jour  et  l’activité  proprement catalographique  consistera  dans  les  addenda et  les  index  donnés  au volume  des  manuscrits  Barberiniani entrepris  par  Joseph  Mogenet  et complété par Julien Leroy, paru en 1989 10. Comme il l’écrit lui-même dans son mémoire de doctorat: «Le  travail  de  catalogage,  même  conçu  d’un  point  de  vue  raisonné  et global,  privilégie  l’aspect  analytique  de  l’étude  des  manuscrits.  il  constitue,  pour  des  recherches  plus  synthétiques,  une  initiation  et  une  invite.

9 La paléographie grecque et byzantine,  Paris  1977  (Colloques  internationaux  du Cnrs, 559), p. 537: table ronde animée par Joseph Paramelle et consacrée aux Entreprises en cours dans le domaine de la paléographie et de la codicologie grecques, ii: Catalogues de manuscrits.  10 Codices Barberiniani graeci, ii: Codices 164-281, recensuit J. Mogenet, enarrationes complevit J. Leroy, addenda et indices curavit P. CAnArt, in Bibliotheca Vaticana 1989.

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Après des recherches basées sur les manuscrits, mais qui concernaient des textes, j’abordai des problèmes d’ordre strictement codicologique et paléographique».

Mais il est intéressant de prêter attention à l’ensemble de la bibliographie  de Paul  Canart.  Parallèlement au catalogage,  il  rédige  bien  des  articles, fruit de ses découvertes de textes dans les manuscrits: le premier en 1959  est  consacré  à  Nicéphore Blemmyde et le mémoire adressé aux envoyés de Grégoire IX (Nicée, 1234) et  paraît  dans  la  revue  Orientalia Christiana Periodica 25 (1959), pp. 310-325. Ces publications mettent en évidence  l’intérêt  tout  particulier  qu’il  porte  aux  textes  hagiographiques, et  en  même  temps  son  efficacité  éditoriale.  il  publie  chaque  année  plusieurs  contributions  et  peut  faire  paraître  deux  ou  même  quatre  articles dans le même numéro d’une revue, comme dans les Analecta Bollandiana de 1962 ou de 1969.  Jusqu’en  1969-1970,  la  plupart  de  ces  travaux  paraissent  de  manière privilégiée dans quelques revues; l’on constate que ce sont prioritairement des revues belges, de prestigieuses revues belges: outre les Analecta Bollandiana (la  revue  des  Bollandistes  de  Bruxelles),  dans  lesquels  dix  articles déjà ont été publiés en 1969, on a des revues de Louvain, le Muséon dès  1962,  Byzantion dès  1964,  la  Revue d’histoire ecclésiastique aussi  à partir de 1964. Les liens de Paul Canart, parfaitement intégré aux milieux vatican et italien, demeureront toujours très forts avec la Belgique. il est vrai que la Bibliothèque Vaticane elle-même est alors un repaire de Belges –  à  commencer  par  Mgr  ruysschaert.  et  Paul  Canart  écrira  à  peu  près tous  ses  travaux  en  français,  sauf  dans  les  cas  de  collaboration  avec  des collègues et amis italiens – un français parfois teinté de belgismes, ainsi qu’il l’a lui-même noté. est  importante  aussi  la  revue  consacrée  aux  manuscrits  Scriptorium (une  revue  franco-belge)  dès  1962.  Le  premier  article  que  Paul  Canart  y a  fait  paraître  est  bref,  il  est  consacré  à  trois  manuscrits  grecs  dans  le fonds  Patetta  de  la  Bibliothèque  Vaticane 11;  le  second,  en  1963  dans  le tome  17  de  Scriptorium,  constitue  le  début  d’une  impulsion  décisive  que donne alors Mgr Canart à ses travaux scientifiques; il est intitulé Scribes grecs de la Renaissance. Additions et corrections aux répertoires de VogelGardthausen et de Patrinélis, et occupe les pages 56-82: cette contribution

11 P.  CAnArt,  Trois manuscrits grecs dans le fonds Patetta de la Bibliothèque Vaticane, dans Scriptorium 16 (1962), pp. 363-365.

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de  27  pages  dresse  une  liste  importante  de  manuscrits,  parmi  lesquels ceux  de  la  Bibliothèque  Vaticane  sont  très  nombreux  mais  ne  sont  pas seuls  pris  en  compte;  elle  témoigne  des  nombreuses  recherches  aussi effectuées dans d’autres bibliothèques que la sienne, la Bibliothèque Vaticane où il continuera de travailler sans discontinuer tout au long de sa vie. C’est, à dire vrai, pour évoquer un souvenir personnel, tout d’abord dans les magasins de la Bibliothèque nationale à Paris que j’ai eu l’occasion de mieux  faire  la  connaissance  de  Paul  Canart…  en  tout  cas,  cet  article  sur l’identification  de  copistes  des  xVe et  xVie siècles  d’origine  grecque,  qui est  une  réponse,  un  complément  avec  des  corrections,  à  l’article  de  Ch. Patrinélis publié deux ans auparavant dans la revue grecque  Ἐπετηρὶς τοῦ Μεσαιωνικοῦ Ἀρχείου en 196112, marque le point de départ d’études multiples, dans la production de Paul Canart puis d’autres chercheurs. C’est là un  champ  immense,  dans  lequel  ses  travaux  ont  joué  un  rôle  décisif  et demeurent incontournables, par la méthode qu’il a mise en œuvre et par les  résultats  qu’il  a  rassemblés.  sur  les  copistes  de  la  renaissance,  il  y avait  bien  le  précieux  recueil  d’Henri  omont  paru  à  Paris  en  1887,  Facsimilés de manuscrits grecs des XV e et XVIe siècles.  Mais  il  n’y  avait  pas encore  les  travaux  de  Dieter  Harlfinger  dans  sa  «Dissertation»  soutenue en 1971, ni les travaux du Repertorium der griechischen Kopisten 13, mis en œuvre par ernst gamillscheg, Dieter Harlfinger et Herbert Hunger et qui ont suscité nombre d’autres recherches et découvertes. Comme  Paul  Canart  l’écrit  alors  dans  son  article  de  Scriptorium,  à propos du choix de s’attacher aux copistes de cette période (p. 57):  «on  le  comprend:  non  seulement,  comme  le  fait  remarquer  M.  Patrinélis,  la  grosse  majorité  de  nos  manuscrits  remonte  aux  xV e et  xVie s., mais  encore  le  travail  d’identification  est  plus  aisé  pour  cette  période  et peut conduire à des résultats plus intéressants pour la détermination des centres de copie et pour l’histoire des textes. De ce point de vue aussi, les copistes importants sont ceux dont l’activité s’inscrit dans le cadre de l’humanisme; M. Patrinélis a donc eu raison de laisser de côté, au moins provisoirement,  l’activité  locale  des  monastères  orientaux.  Je  regrette  cependant  qu’il  ait  introduit  dans  son  travail  une  restriction  supplémentaire: celle qui vise l’origine des scribes. Plusieurs copistes d’origine occidentale

Le millésime de la revue est antérieur: Ch. g. PAtrinÉLis, Ἕλληνες κωδικογράφοι τῶν χρόνων τῆς ἀναγεννήσεως,  dans  Ἐπετηρὶς τοῦ Μεσαιωνικοῦ Ἀρχείου 8-9  (1958-1959),  pp. 12

63-125. 13 Le premier volume de la série a paru en 1981.

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ont joué, dans la reproduction et la diffusion des textes grecs à la renaissance,  un  rôle  intimement  lié  à  celui  de  leurs  confrères  hellènes.  Pour prendre un exemple que je connais, il est dommage de ne pas voir figurer, à  côté  des  noms  d’emmanuel  Provataris  et  de  François  syropoulos,  ceux de leurs confrères Jean Honorius de Mallia et Vivien Brunori, qui a collaboré parfois à l’exécution des mêmes copies».

or  c’est  précisément  la  même  année,  1963,  que  paraît  la  première étude que Paul Canart a consacrée à un copiste de la renaissance, emmanuel Provataris. Dans les pages 84-96 de la revue  Κρητικὰ χρονικά 15-16 de  1961-1962  (publiés,  donc,  en  1963),  qui  réunit  les  actes  du  premier colloque  international  crétois  (celui  au  cours  duquel  Jean  irigoin  avait parlé des reliures crétoises du scriptorium de Michel Apostolis), sa contribution est intitulée Un Crétois scriptor de la Bibliothèque Vaticane: Emmanuel Provataris:  elle  constitue  le  préambule  de  la  somme  consacrée  à  ce scribe  dans  un  article  qui  comporte  plus  de  cent  pages  (pp.  173-287) et qui est publié l’année suivante, en 1964, dans le tome Vi des Mélanges Eugène Tisserant (studi e testi, 236): Les manuscrits copiés par Emmanuel Provataris (1546-1570). Essai d’étude codicologique. Le sous-titre de cette monographie est révélateur de la méthode que met en œuvre Mgr Canart, s’appuyant sur tous les éléments, paléographiques, historiques et codicologiques  pour  reconstruire  l’activité  d’un  copiste.  il  y  développe  des  ta bleaux,  effectue  des  statistiques  pour  analyser  les  caractéristiques  de  l’é criture: on retrouve ce goût pour une analyse technique des livres et des écritures dans nombre de ses travaux à partir de ce moment.  Les recherches effectuées pour la reconstitution de l’histoire des fonds grecs de la Bibliothèque Vaticane et, plus largement, la reconstitution des milieux dans lesquels sont actifs des scribes dont les copies sont présentes dans  les  collections  étudiées  donnent  lieu  à  plusieurs  contributions  qui sont  des  travaux  de  référence.  Paul  Canart  élabore  de  cette  manière  une histoire  de  la  culture  de  la  renaissance.  Ainsi,  il  consacre  des  articles substantiels à Constantin rhésinos 14 dès 1964, Jean nathanaël 15 en 1973 Constantin Rhésinos, théologien populaire et copiste de manuscrits,  dans  Studi di bibliografia e di storia in onore di Tammaro De Marinis, i, Verona 1964, pp. 241-271. 15 La carrière ecclésiastique de Jean Nathanael, chapelain de la communauté grecque de Venise (XVIe siècle), dans La Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI secolo. Atti del Convegno storico interecclesiale (Bari 30 apr.-4 magg. 1969),  ii,  Padova  1973  (italia  sacra,  21), pp. 793-824, et Jean Nathanaël et le commerce des manuscrits grecs à Venise, dans Venezia centro di mediazione tra Oriente e Occidente (secoli XV-XVI). Aspetti e problemi. Atti del II Convegno internazionale di storia della civiltà veneziana, ii, Firenze 1977, pp. 417-438. 14

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et 1977, emmanuel glynzounios 16 en 1973, Jean sévère de Lacédémone 17 dans  les  Mélanges Marcel Richard en  1977,  Démétrios  Damilas,  alias  le Librarius Florentinus 18 en  1979,  Jean  Honorius  de  Maglie 19 (avec  Maria Luisa Agati et Carlo Federici) en 1996, georges Basilikos 20 en 2000; certains de ses travaux sont d’ailleurs suscités par les sollicitations qu’il reçoit de  collègues  philologues,  comme  l’est  sa  recherche  sur  nicolas  sophianos 21,  conduite  avec  Mario  Vitti  en  1966,  ou  sur  Michel  Apostolis 22 en 1971, menée avec Anna Lucia Di Lello-Finuoli. Les années 1963-1964 constituent donc un tournant dans la bibliographie de Paul Canart, qui se renforcera encore dans les années 1970, après la parution de son catalogue de manuscrits: il y a bien sûr toujours beaucoup  d’articles  paraissant  dans  des  revues  mais  aussi  un  plus  grand nombre de revues italiennes et internationales (Scrittura e civiltà, Rivista di studi bizantini e neoellenici,  Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata);  et,  désormais,  bien  des  contributions  sont  le  résultat  de  la  participation  à  des  recueils  de  Mélanges et  à  de  multiples  colloques.  et  en  fait, Paul  Canart  ne  fera  pas  d’autre  catalogue  de  manuscrits,  si  l’on  excepte la mise au point du tome ii des Barberiniani.  Dans  ses  publications  très  diversifiées,  l’importance  du  premier  colloque  de  paléographie  grecque  est  grande.  organisé  en  1974  à  Paris  par Jean  irigoin,  son  aîné  de  sept  ans  et  qu’il  a  toujours  considéré  à  la  fois amicalement  et  respectueusement  comme  un  maître 23,  ce  colloque  lui 16

Nouveaux manuscrits copiés par Emmanuel Glynzounios,  dans  Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας

Βυζαντινῶν Σπουδῶν 39-40 (1972-1973), pp. 527-544.

Un copiste expansif: Jean Sévère de Lacédémone, dans Studia codicologica, hrsg. von K. treU, Berlin 1977 (texte und Untersuchungen zur geschichte der altchristlichen Literatur, 124), pp. 117-139. 18 Démétrius Damilas, alias le «librarius Florentinus», dans  Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 14-16 (1977-1979), pp. 281-347. 19 M.L. AgAti - P. CAnArt - C. FeDeriCi, Giovanni Onorio da Maglie, «Instaurator librorum graecorum» à la fin du Moyen Âge, dans Scriptorium 50 (1996), pp. 363-369. 20 L’écriture de Georges Basilikos. De Constantinople à la Calabre en passant par Venise, dans  The Greek script in the 15th and 16th centuries,  Athens  2000  (national  Hellenic research  Foundation.  institute  for  Byzantine  research.  international  symposium,  7), pp. 165-191. 21 Notes sur l’écriture de Nicolas Sophianos, dans Nicola Sofianòs e la commedia dei Tre Tiranni di A. Ricchi, ed. M. Vitti, napoli 1966, pp. 45-47. 22 Note sur l’écriture de Michel et Aristobule Apostolès et sur quelques manuscrits attribuables à ce dernier,  dans  Un esemplare autografo di Arsenio e il Florilegio di Stobeo, ed. A. L. Di LeLLo FinUoLi, roma 1971, pp. 87-101. 23 Paul Canart a d’ailleurs succédé à Jean irigoin à la tête du Comité international de 17

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donne l’occasion d’affirmer un rôle moteur dans le domaine de l’étude des manuscrits grecs. il n’y a pas moins de trois articles de lui, sans compter la  conduite  d’une  table  ronde  qu’il  a  assurée  sur  la  description  codicologique et la terminologie des écritures, dans le volume qui a paru en 1977, La paléographie grecque et byzantine.  Je  n’en  avais  pas  parfaitement  pris conscience  avant  de  regarder  de  manière  globale  les  travaux  de  Paul Canart  pour  préparer  cet  exposé.  Ce  sont  les  domaines  dans  lesquels  il s’illustre le mieux qu’il aborde dans ces contributions: la renaissance est bien  présente  avec  un  article  de  méthode,  comme  il  aime  à  les  faire,  en réfléchissant toujours avec profondeur à son domaine et il s’agit d’un article  important:  Identification et différenciation de mains à la Renaissance (pp. 363-369). Mais il y a également le champ des études consacrées à la localisation  des  écritures:  Chypre  d’une  part,  région  pour  laquelle,  après les  premières  approches  de  Jean  Darrouzès,  ses  travaux  sont  déterminants; là, il s’agit de l’écriture chypriote dite par lui, de manière évocatrice, «bouclée»:  Un style d’écriture livresque dans les manuscrits chypriotes du XIVe siècle: la chypriote «bouclée» (pp. 303-321) 24; et des écritures de l’italie méridionale d’autre part, Les manuscrits en style de Reggio. Étude paléographique et codicologique (pp. 241-261), dont l’analyse donne lieu dans le volume  à  une  contribution  réalisée  avec  un  autre  grand  connaisseur  des livres copiés dans cette région, Julien Leroy. D’autres  études  seront  consacrées  par  Paul  Canart  aux  écritures  chypriotes plus anciennes, en 1981 par exemple: Les écritures livresques chypriotes du milieu du XIe siècle au milieu du XIIIe et le style palestino-chypriote «epsilon»25; puis en 1984 (publication en 1989), il offre un panorama sur les écritures chypriotes entre le xie et le xVie siècle, Les écritures livresques grecques chypriotes du XIe au XVIe siècle 26. en 1988, un article est d’autre part consacré à l’étude de deux manuscrits précis27. Les titres cités dans ce paléographie  grecque,  que  Jean  irigoin  a  créé  avec  les  grandes  figures  de  la  paléographie en 1981, et Dieter Harlfinger a pris ensuite sa succession. 24 Cette appellation se situe dans le sillon de la compétition amicale qui était conduite avec  Herbert  Hunger pour  la dénomination  suggestive  de  divers  types  d’écriture, la plus significative du savant viennois étant sûrement en ce sens la «Fettaugenmode». 25 Cet article a paru dans la revue Scrittura e civiltà 5 (1981), pp. 17-76. 26 Une  contribution  publiée  dans  les  actes  du  Πρῶτο Διεϑνὲς Συμπόσιο Μεσαιωνιϰῆς Κυπριαϰῆς Παλαιογραϕίας. First International Symposium on Mediaeval Cypriot Palaeography (3-5 September 1984), nicosia 1989 = Ἐπετηρὶς Κέντρου Ἐπιστημονιϰῶν Ἐρευνῶν 17 (1987-1988), pp. 27-53. 27 Deux témoins de la «chypriote bouclée»: le Vaticanus  graecus 578 et le Monacensis graecus 284,  dans  Ἀετός. Studies in honour of Cyril Mango presented to him on April 14, 1988, ed. i. ŠeVčenKo - i. HUtter, stuttgart-Leipzig 1998, pp. 40-45.

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paragraphe,  comme  l’article  sur  les  manuscrits  écrits  en  style  de  reggio, attestent l’intérêt que P. Canart portait tout particulièrement, en dehors de l’époque de la renaissance, à la paléographie des xie et xiie siècles; il faut citer ici la remarquable étude qu’il avait effectuée avec Lidia Perria sur les écritures livresques de cette période, pour le deuxième Colloque de paléographie grecque qui se tint à Berlin et Wolfenbüttel en 1983 28.  De  fait,  la  question  des  particularités  paléographiques  et  codicologiques aussi, qui aident à situer dans l’espace la réalisation matérielle des livres manuscrits grecs, retient son attention dans ses travaux publiés dès la  fin  des  années  1960.  Dans  son  compagnonnage  amical  avec  André Jacob et Julien Leroy, tous deux aussi malheureusement disparus, il développe nombre d’études sur l’italie méridionale, les écritures et la présence du  livre  grec  dans  cette  région,  envisagée  sur  le  plan  historique,  surtout aux  xe-xiie siècles.  La  première  étude  date  de  1969,  sur  le  problème  du style  d’écriture  dit  en  «as  de  pique» 29.  Puis,  après  une  présentation  avec André  Jacob  et  Julien  Leroy  au  quatorzième  Congrès  des  études  byzantines à Bucarest en 1971, qui donne lieu à la publication d’un bref rapport prospectif cinq ans plus tard 30, c’est d’une part le Colloque de paléographie de Paris déjà mentionné, offrant l’analyse du style de reggio menée avec J.  Leroy,  et,  en  1978,  un  grand  article,  Le livre grec en Italie méridionale sous les règnes normand et souabe: aspects matériels et sociaux 31; en 1983, deux études écrites en italien, sur les scriptoria d’italie méridionale 32. Puis ses recherches se tournent vers des aspects plus codicologiques, qu’il met en  œuvre  avec  d’autres  chercheurs  en  participant  à  la  rédaction  de  deux articles  écrits  à  plusieurs  mains,  parus  en  1993,  tant  sur  la  structure P. CAnArt - L. PerriA, Les écritures livresques des XIe et XIIe siècles, dans Paleografia e codicologia greca. Atti del II Colloquio Internazionale (Berlino-Wolfenbüttel 17-21 ottobre 1983),  a  cura  di  D.  HArLFinger -  g.  PrAto,  Alessandria  1991  (Biblioteca  di  Scrittura e civiltà, 3), i, pp. 67-118; ii, pp. 51-68 (planches). 29 Le problème du style d’écriture dit en «as de pique» dans les manuscrits italogrecs, dans Atti del IV Congresso Storico Calabrese, napoli 1969, pp. 55-69. 30 P. CAnArt - A. JACoB - J. Leroy, Recherches sur les manuscrits grecs de l’Italie méridionale, dans Actes du XIVe Congrès international des études byzantines (Bucarest, 6-12 septembre 1971), iii, Bucarest 1976, pp. 63-66. 31 il a paru dans la revue alors jeune Scrittura e Civiltà 2 (1978), pp. 103-162. 32 Gli scriptoria calabresi dalla conquista normanna alla fine del secolo XIV, dans Calabria bizantina. Tradizione di pietà e tradizione scrittoria nella Calabria greca medievale, reggio Calabria-roma 1983 (Mezzogiorno e democrazia, 11), pp. 143-160, et Scriptoria di Grecia e scriptoria d’Italia, dans Il Veltro 27 (1983) [= Le relazioni tra l’Italia e la Grecia, i], pp. 133-144. 28

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matérielle du manuscrit en italie méridionale au xie siècle que sur la composition des encres dans la même période 33. Un dernier article, paru l’année  même  de  sa  mort,  est  pour  sa  part  consacré  à  la  présentation  de quelques manuscrits otrantais 34. La  mention  des  deux  articles  codicologiques  sur  les  manuscrits  italiotes m’amène à évoquer cette autre facette essentielle des travaux de Paul Canart:  ses  contributions  à  différents  aspects  de  la  codicologie  et  son goût, encore plus marqué dans ses travaux les plus récents, pour une codicologie  non  seulement  quantitative  sous  l’impulsion  des  travaux  réalisés par son groupe d’amis de la Gazette du livre médiéval, auxquels il prenait une part très active, avec divers articles de réflexion méthodologique sur la discipline, mais aussi son goût pour une codicologie structurale, qui a conduit à la rédaction d’un ouvrage écrit avec Marilena Maniaci et Patrick Andrist, livre qui a paru en 2013 et est intitulé précisément La syntaxe du codex. Essai de codicologie structurale 35. Ce livre faisait suite à une contribution  présentée  par  les  trois  auteurs  au  cours  du  septième  colloque international de paléographie grecque, à Madrid en 2008 36. C’est  ainsi,  dans  le  domaine  de  la  codicologie,  que  Paul  Canart  a, à partir des années 1980, au départ au contact de Dominique grosdidier de Matons avec laquelle il a volontiers travaillé, développé des études sur la reliure.  en  1985  déjà,  en  prenant  en  considération  les  manuscrits  de  la famille Barbaro 37 ou, par exemple, avec Dominique grosdidier de Matons 33 F.  BiAnCHi -  P.  CAnArt -  C.  FeDeriCi -  D.  MUzereLLe -  e.  ornAto -  g.  PrAto, La structure matérielle du codex dans les principales aires culturelles de l’Italie du XIe siècle, dans Ancient and medieval book materials and techniques (Erice 18-25 September 1992), ii, ed. M. MAniACi - P.F. MUnAFò, Città del Vaticano 1993 (studi e testi, 358), pp. 363-452 (pp. 363-369), et r. CAMBriA - P. CAnArt - P. DeL CArMine - M. grAnge - F. LUCAreLLi M. MAniACi - P. sAMMUri - P. A. MAnDò, Recherches sur la composition des encres utilisées dans les manuscrits grecs et latins de l’Italie méridionale au XIe siècle, ibid., pp. 29-56. 34 Manuscrits de Terre d’Otrante inconnus et moins connus, dans Rudiae, n.s. 3 (2017), pp. 13-41. 35 P.  AnDrist -  P.  CAnArt -  M.  MAniACi,  La syntaxe du codex. Essai de codicologie structurale, turnhout 2013 (Bibliologia, 34). 36 P.  AnDrist -  P.  CAnArt -  M.  MAniACi,  L’analyse structurelle du codex, clef de sa genèse et de son histoire, dans The Legacy of Bernard de Montfaucon. Three Hundred Years of Studies on Greek Handwriting. Proceedings of the Seventh International Colloquium of Greek Palaeography, Madrid-Salamanca 15-20 September 2008,  ed.  A.  BrAVo gArCíA – i. PÉrez MArtín, turnhout 2010 (Bibliologia, 31), pp. 289-299. 37 Reliures et codicologie. Les manuscrits grecs de la famille Barbaro,  dans  Calames et cahiers. Mélanges de codicologie et de paléographie offerts à Léon Gilissen, ed. J. LeMAire É. VAn BALBergHe, Bruxelles 1985 (Les Publications de Scriptorium, 9), p. 13-25.

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et Philippe Hoffmann, dans les actes du Colloque international de paléographie grecque et byzantine qui s’était tenu à erice en 1988, sur la détermination de l’origine géographique des reliures 38. tout au long de sa production, Paul Canart s’est attaché à cette question des reliures. il  s’est  intéressé  aussi  tout  au  long  de  ses  articles  au  parchemin palimpseste, et particulièrement aux palimpsestes hagiographiques qu’il a analysés dans divers articles pour leur contenu, mais il s’est aussi très tôt intéressé au papier, comme l’a fait Jean irigoin de manière méthodique, en particulier au papier espagnol à zig zag 39. Mais ce qui est frappant est son goût  pour  les  technologies  nouvelles,  la  possibilité  d’étude  fine  des  supports,  la  question  de  l’épaisseur,  de  la  blancheur  du  papier…  C’est  toujours  le  goût  de  l’analyse  technique,  qui  se  développe  par  exemple  dans la  pratique  de  la  statistique,  l’établissement  des  pourcentages  que  Paul Canart  avait  mis  en  œuvre  dès  ses  premières  études  consacrées  à  des scribes de la renaissance (il suffit de songer à son très bel article de 1963 sur emmanuel Provataris), en les utilisant avec «doigté» dans l’étude des tracés  de  lettres  qui  peuvent  aider  à  mettre  en  évidence  les  caractéristiques d’une écriture et à la différencier d’une autre. et  dans  ces  dernières  années,  Paul  Canart  a,  outre  sa  curiosité  pour la codicologie sous différents aspects, montré d’autre part un intérêt tout particulier pour la composition des livres et les textes qu’ils contiennent. il  a  ainsi  consacré  des  études  aux  anthologies  scolaires,  à  partir  d’une communication  au  septième  Colloque  international  de  paléographie grecque qui s’est tenu à Madrid en 2008 40. ses travaux en tant que catalogueur au début de sa carrière à la Bibliothèque Vaticane, au moment où P.  CAnArt -  D.  grosDiDier De MAtons -  P.  HoFFMAnn,  L’analyse technique des reliures byzantines et la détermination de leur origine géographique (Constantinople, Crète, Chypre, Grèce), dans Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio. Atti del seminario di Erice (18-25 settembre 1988), ii, a cura di g. CAVALLo - g. De gregorio - M. MAniACi, spoleto  1991  (Biblioteca  del  «Centro  per  il  collegamento  degli  studi  medievali  e  umanistici nell’Università di Perugia», 5), pp. 751-768. 39 À propos du Vaticanus graecus 207. Le recueil scientifique d’un érudit constantinopolitain du XIIIe siècle et l’emploi du papier «à zig-zag» dans la capitale byzantine, dans Illinois classical studies 7 (1982), pp. 271-298. 40 Pour un répertoire des anthologies scolaires commentées de la période des Paléologues, dans The Legacy of Bernard de Montfaucon cit. (nt. 35), pp. 449-462, et Les anthologies scolaires commentées de la période des Paléologues, à l’école de Maxime Planude et de Manuel Moschopoulos,  dans  Encyclopedic Trends in Byzantium? Proceedings of the international Conference held in Leuven 6-8 May 2009,  ed.  by  P.  VAn DeUn -  C.  MACÉ,  Leuven-ParisWalpole, MA 2011 (orientalia Lovaniensia Analecta, 212), pp. 297-332. 38

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Brigitte MonDrAin

il s’est attaché à de nombreux manuscrits composites, ont pu contribuer à ce goût pour les livres qui réunissent des textes très divers; mais dans ce cas,  il  s’agit  de  livres  qui  sont  en  général  dès  le  départ  prévus  pour  rassembler les éléments variés d’un savoir à transmettre, en particulier dans le domaine grammatical. * * * Au fil de ce parcours rapide d’une œuvre originale immense, j’ai eu l’occasion  à  plusieurs  reprises  de  mentionner  des  noms  de  co-auteurs  des études qu’a effectuées Mgr Canart. C’est là un des aspects essentiels dans sa manière de travailler: son goût pour la recherche conduite avec d’autres chercheurs,  qui  sont  ou  deviennent  souvent  des  amis  et  j’ai  cité  certains de ses complices dans la pratique de la codicologie structurale. il a ainsi, par exemple, contribué à la réalisation de précieux recueils de fac-similés, tant sur les écritures de scribes érudits de la renaissance avec Paolo eleuteri en 199141 que, avec André Jacob, santo Lucà et Lidia Perria en 1998, sur  les  écritures  de  manuscrits  vaticans,  dont  la  datation  est  à  maintes reprises  profondément  revue  dans  la  brève  notice  qui  accompagne  les planches de cet ouvrage remarquable, pour lequel la partie rédactionnelle n’a  malheureusement  pas  paru 42.  ou  bien  il  a  collaboré  avec  irmgard Hutter à la présentation de fac-similés de célèbres manuscrits enluminés de la Bibliothèque Vaticane 43. C’est sur cette facette de la personnalité de Paul Canart que je souhaiterais terminer une contribution bien modeste et bien brève en regard de l’importance des travaux qu’il a laissés: sa capacité, tout en étant toujours très  discret,  un  peu  timide  même,  à  faire  preuve  d’une  grande  chaleur humaine,  d’une  délicate  générosité  à  l’égard  de  ceux  qu’il  côtoyait  et appréciait,  lecteurs  de  la  Bibliothèque  Vaticane,  élèves  qu’il  a  formés  à P.  CAnArt -  P.  eLeUteri,  Scrittura greca nell’Umanesimo italiano,  Milano  1991 (Documenti sulle arti del libro, 16), ouvrage qui comprend 82 planches. 42 P. CAnArt - A. JACoB - s. LUCà - L. PerriA, Facsimili di codici greci della Biblioteca Vaticana, i: Tavole, Città del Vaticano 1998 (exempla scripturarum, 5), avec 145 reproductions de manucrits présentées dans 101 planches. 43 Les  pages  consacrées  à  la  codicologie  dans  l’ouvrage  réalisé  en  collaborant  avec i. HUtter, Das Marienhomiliar des Mönchs Jakobos von Kokkinobaphos. Codex Vaticanus graecus 1162. Einführungsband, zürich 1991 (Codices e Vaticanis selecti quam simillime expressi, 79), pp. 85-90, et aussi le travail en collaboration pour La Bible du Patrice Léon: Codex Reginensis Graecus 1. Commentaire codicologique, paléographique, philologique et artistique,  Città  del  Vaticano  2011  (studi  e  testi,  463),  après  l’étude  faite  antérieurement avec suzy Dufrenne. 41

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la scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica, et collègues. et je conclurai cette évocation de son œuvre scientifique en mentionnant dans  la  Bibliothèque  Vaticane,  où  nous  sommes  réunis  pour  honorer  sa mémoire dans le cadre d’une riche rencontre scientifique, un souvenir qui est toujours très vif pour moi. C’est un souvenir à coup sûr suggestif aussi pour  nombre  de  ceux  qui  ont  organisé  cette  journée  et  qui  y  ont  activement  participé.  Penser  à  Paul  Canart  à  la  Bibliothèque  Vaticane  suggère immédiatement  une  image  à  la  fois  visuelle  et  sonore:  Paul  Canart  se déplaçait  toujours,  à  tout  âge,  d’une  démarche  rapide,  pleine  de  vivacité, dans  la  salle  des  manuscrits;  lorsqu’il  était  assis  lui-même  au  fond  de  la salle,  à  la  place  du  conservateur,  les  lecteurs  absorbés  dans  l’examen  de leur manuscrit ne le voyaient pas mais, de temps à autre, le «pronto» très sonore que cet homme autrement si discret prononçait à chaque fois qu’il décrochait le téléphone, envahissait la salle joyeusement studieuse et rappelait en même temps sa présence et celle du monde extérieur qu’on avait un peu tendance à oublier en ce lieu magique.

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CESARE PASini

PAuL CAnARt, SESSAnt’Anni ALLA BiBLiotECA VAtiCAnA 1 1. INTRODUZIONE Continuo  a  riscoprire  monsignor  Paul  Canart,  la  sua  persona,  il  suo stile,  un  poco  anche  la  sua  interiorità,  così  suggestiva  nella  discrezione e  nella  timidezza  che  lo  contraddistinguevano.  Più  proseguo  nella  conoscenza dei suoi scritti e nella lettura di carte e carteggi pervenuti in Biblioteca  alla  sua  morte,  più  mi  sembra  di  coglierne  meglio  – e  con  edificazione – le caratteristiche e gli aspetti. Per meglio comprendere la figura di monsignor Canart ho utilizzato in particolare  due  tipi  di  documentazione:  da  un  lato,  le  sue  pubblicazioni, soprattutto  quelle  degli  ultimi  decenni,  nelle  quali  ha  offerto  sintesi  preziose sugli argomenti da lui trattati e, al contempo, ha parlato di sé, della sua  ricerca,  del  suo  lavoro,  della  sua  esperienza;  d’altro  lato,  quello  che potremmo  chiamare  il  suo  archivio  ora  conservato  in  Biblioteca  Apostolica  Vaticana:  di  esso  ho  potuto  effettuare  solo  una  veloce  scorsa,  sufficiente tuttavia a raccogliere alcuni documenti preziosi 2. 1 Conservo a questo contributo il tono immediato dell’intervento tenuto in occasione della giornata in ricordo di monsignor Paul Canart celebrata in Biblioteca Apostolica Vaticana  il  21  settembre  2018.  Lo  integro,  tuttavia,  oltre  che  con  le  opportune  annotazioni, con alcuni contenuti esposti in due altre occasioni: nell’intervento del 10 settembre 2018 su Mons. Paul Canart: sessant’anni alla Biblioteca Vaticana al IXe Colloque international de Paléographie grecque: «Le livre manuscrit grec: écritures, matériaux, histoire, à la mémoire de Paul Canart», edito in Travaux et Mémoires 24/1 (2020), pp. xi-xxii, e nella prolusione dell’8 ottobre 2018 intitolata Paul Canart: bibliotecario e catalogatore tenuta alla Scuola Vaticana di  Biblioteconomia.  Ringrazio  gli  amici  don  Giacomo  Cardinali  e  Francesco  D’Aiuto,  che hanno letto questo contributo e mi hanno fornito preziosi suggerimenti. 2 Si aggiungano ora i necrologi o altri articoli a ricordo di monsignor Canart. Fra quelli a me noti segnalo: C. PASini, Il bizantinista detective. Paul Canart alla Biblioteca Vaticana, in  L’Osservatore Romano 157/nr.  213  (17  settembre  2017),  p.  4;  E.  GAmiLLSChEG,  In memoriam Paul Canart (25.10.1927-14.09.2017), in Codices manuscripti & impressi. Zeitschrift für Buchgeschichte 108-109  (ottobre  2017),  p.  68;  F.  BouGARD,  In memoriam Paul Canart (Cuesmes, 25 octobre 1927-Bruxelles, 14 septembre 2017),  in  Les Amis de l’IRHT.

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Fra le prime devono essere annoverate: – una  conferenza  tenuta  a  Ginevra  alla  Facoltà  di  Lettere  nel  1996, ripresa poi a Parigi all’istituto italiano di cultura il 5 marzo 1997 e riproposta  a  Roma  al  Dipartimento  di  Storia  dell’università  di  «tor  Vergata» il 23 aprile 1997, pubblicata infine un decennio dopo con il titolo La paléographie est-elle un art ou une science? 3; – una  conferenza  dal  titolo  Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane, tenuta  a  Liegi  presso  la  Società  Dante  Alighieri  il  24  novembre  2004  e pubblicata l’anno seguente 4; – una conferenza intitolata Riflessioni di un catalogatore di libri manoscritti, tenuta a Roma all’università di Roma «tor Vergata» l’11 novembre 2004,  pubblicata  nel  2007  con  il  titolo  Consigli fraterni a giovani catalogatori di libri manoscritti 5. Si aggiungano anche, a completamento di queste testimonianze offerte dallo stesso Canart: – la  Premessa (da  ritenere  opera  dei  curatori  della  pubblicazione: Santo Lucà e Lidia Perria), agli Studi in onore di mgr Paul Canart per il LXX compleanno pubblicati  nel  Bollettino della Badia greca di Grattaferrata negli anni 1997-1999 6; – l’Omelia tenuta dal cardinale Raffaele Farina alla S. Messa nel trigesimo giorno della scomparsa di mons. Paul Canart, pubblicata sul sito web della parrocchia vaticana di S. Anna 7. Per quanto concerne l’«archivio» di Paul Canart [d’ora innanzi: «Carte Canart»], si tratta di 72 scatoloni di suoi materiali pervenuti in Biblioteca Bulletin de l’Association (novembre  2017),  p.  15;  m.  L.  AGAti,  Paul Canart. Una vita per i manoscritti,  in  Byzantion 88  (2018),  pp.  5-44  («Curriculum vitae e  bibliografia  di  Paul Canart» ibid., pp. 26-44); P. SChREinER, Paul Canart (25.10.1927-14.9.2017), in Byzantinische Zeitschrift 112 (2019), pp. 261-266. 3 P. CAnARt, La paléographie est-elle un art ou une science?, in Scriptorium 60 (2006), pp. 159-185. 4 iD., Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane,  in  Le livre et l’estampe 51  (2005), pp. 7-28. 5 iD., Consigli fraterni a giovani catalogatori di libri manoscritti,  in  Gazette du livre médiéval 50  (2007),  pp.  1-13;  nella  forma  originaria  (e  con  il  titolo  originario)  la  conferenza è pubblicata alla pagina web: http://cea.unicas.it/matedida/testi/canart1.htm (consultata il 15 settembre 2018). 6 Premessa,  in  Bollettino della Badia greca di Grattaferrata,  n.s.  15  (1997)  [=  Ὀπώρα. Studi in onore di mgr Paul Canart per il LXX compleanno, i, A cura di S. LuCà e L. PERRiA], pp. 5-9. 7 Alla pagina http://pontificiaparrocchiasantanna.it/notizia/608 (consultata il 15 set tembre 2018).

PAuL CAnARt,  SESSAnt’Anni ALLA BiBLiotECA VAtiCAnA

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dopo  la  sua  morte  e  che  attendono  di  essere  ordinati  e  inventariati,  con un lavoro che si prevede lungo e impegnativo 8. Essi comprendono 9: – abbondantissimo  materiale raccolto  e  utilizzato  nelle  ricerche  dello stesso Canart e di studiosi (spesso giovani) che gli chiedevano una valutazione e un aiuto; – tesi di laurea nelle quali era stato in qualche modo coinvolto; – documentazione  inerente  gli  enti  scientifici  di  cui  fu  membro  e  le riviste della cui direzione fece parte; – svariate schedine con annotazioni riguardanti i manoscritti (conservate in cassetti: ne ho contati almeno ventiquattro); – una ricchissima corrispondenza scientifica, che permette di accostare le  ricerche  di  paleografia  e  codicologia  (e  altro)  condotte  per  decenni  in varie  parti  del  mondo:  soprattutto  lettere  ricevute,  ma  anche  qualche bozza di risposta (talvolta Canart si scusa di rispondere in ritardo: in qualche caso sono passati due anni dal ricevimento della lettera di richiesta!). Vi ho rinvenuto anche: – gli appunti personali presi dal seminarista Paul Canart nei ritiri spirituali  che  ogni  mese  compiva  durante  gli  anni  di  preparazione  al  sacerdozio; – la  documentazione  riguardante  il  suo  cinquantesimo  di  sacerdozio (e alcuni incontri con i suoi compagni della classe di ordinazione); – un consistente numero di lettere familiari, soprattutto quelle inviategli  dalla  mamma  (talora  firmate  anche  dal  papà),  a  partire  dal  1957, quando giunse in Vaticana, sino almeno al 1976; – copie carbone di sue lettere ai genitori (e una volta al fratello Jean) sugli  eventi  dell’ottobre  1958,  quando  morì  Pio  xii  e  fu  eletto  Giovanni xxiii.

Pur nella consapevolezza dell’importanza di inventariare e rendere quindi accessibili tali  materiali,  devo  riconoscere  che  il  lavoro  non  è  stato  ancora  intrapreso  e  non  potrà comunque  essere  concluso  in  tempi  brevi.  Segnalo  che,  invece,  sono  stati  già  catalogati (e sono presenti nel catalogo on line della Biblioteca) le monografie e gli estratti posseduti da Canart che sono stati lasciati alla Biblioteca Apostolica Vaticana. 9 A questo stadio della ricerca, non è possibile dare indicazioni più precise di quanto espongo qui di seguito nel testo. L’elenco non è evidentemente esauriente, ma deve essere inteso come meramente esemplificativo dei contenuti dei materiali giunti in Vaticana. Ad esempio, pur essendo stati catalogati estratti e monografie posseduti da Canart (cf. supra, nt. 8), altre pubblicazioni – soprattutto estratti, suoi o di altri, anche in varie copie – sono ancora contenute negli scatoloni (e non si può garantire che almeno un esemplare di essi sia stato sicuramente catalogato). 8

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2. IN BELGIO Dei suoi quasi novant’anni di vita, Paul Canart ne trascorse sessanta, i due  terzi  esatti,  in  Vaticana,  dove  giunse  poco  meno  che  trentenne.  Pur dedicando  specificamente  questo  contributo  al  periodo  vaticano,  ritengo utile raccogliere qui informazioni essenziali anche sul periodo precedente. Paul  era  nato  a  Cuesmes  (in  Belgio)  il  25  ottobre  1927;  nominato scriptor graecus della Biblioteca il 3 luglio 1957, prese servizio il 1° ottobre successivo e, rimanendo nei ruoli della Vaticana fino alla quiescenza il 25 ottobre 1997, sarebbe venuto a mancare il 25 settembre 2017) 10. il 24 settembre 1953 aveva ottenuto la licence en philosophie et lettres a Lovanio, studiando il senso del termine  θεῖος in alcuni dialoghi di Platone.  il  suo  professore,  monsignor  Augustin  mansion  (1882-1966) 11, aveva già affidato analoga ricerca sugli altri dialoghi a un suo collega, Jean van  Camp 12,  e  la  tesi  uscì  in  un  volume  a  nome  di  ambedue  nel  1956 13. Era  evidente  che  Paul  Canart  fosse  indirizzato  nella  via  degli  studi.  nel frattempo  era  diventato  sacerdote,  ricevendo  l’ordinazione  il  1°  aprile 1951  per  le  mani  del  cardinale  Jozef-Ernest  Van  Roey  (1874-1961) 14, arcivescovo di malines, nella cattedrale di Saint-Rombauld. un curriculum vitae di Canart conservato nella sua cartella personale, databile all’inizio del 1999, fornisce numerose informazioni: è pubblicato (con annotazioni e integrazioni) quale testo nr. 1 dell’Appendice; a esso attingo ampiamente nel seguito di questo contributo. 11 Augustin-Alfred-marie-Dominique mansion, filosofo belga, insegnò  all’università cattolica di Lovanio e fu specialista di Aristotele. Su di lui cf. L. DE RAEymAEkER, Monseigneur Augustin Mansion,  in  Autour d’Aristote. Recueil d’études de philosophie ancienne et médiévale offert à Monseigneur A. Mansion, Louvain 1955 (Bibliothèque philosophique de Louvain,  16),  pp.  1-9;  G.  VERBEkE,  L’œuvre scientifique de M. Mansion,  ibid.,  pp.  11-44; A.  DonDEynE,  In memoriam monseigneur Augustin Mansion,  in  Revue philosophique de Louvain 84  (1966),  pp.  664-667;  A.  ZimmERmAnn,  Mansion, Augustin,  in  Biographischbibliographisches Kirchenlexikon, V, herzberg 1993, coll. 710-711. 12 Dall’Introduction (pp. 9-14) del volume citato infra, nt. 13, apprendiamo che «le seul inconvénient  du  sujet  résidait  pourtant  dans  ses  dimensions  excessives  pour  une  thèse universitaire» e che per questo motivo «l’abbé Jean Van Camp qui le premier entreprit ces recherches  vers  1935  fut-il  obligé  de  les  interrompre  au  moment  d’aborder  les  dialogues métaphysiques». non potendo poi egli condurre innanzi la ricerca per «les obligations du professorat», nel 1951 Canart si offrì di riprendere in mano il lavoro per completarlo con la parte mancante (p. 11). 13 J.  VAn CAmP - P. CAnARt, Le sens du mot θεῖος chez Platon, Louvain 1956 (Recueil de travaux d’histoire et de philologie, 4e sér., 9). Canart ha conservato un discreto numero dei dépliant stampati per favorirne la vendita (vi è indicato il costo, pari a 7,50 dollari la copia), attualmente inclusi nelle «Carte Canart». 14 Arcivescovo di malines dal 1926, fu creato cardinale nel 1927. Su di lui cf. J. kEmPEnEERS,  Le cardinal van Roey en son temps, 1874-1961. Trente-cinq années d'episcopat, Bruxelles 1971 (Bibliotheca Ephemeridum theologicarum Lovaniensium, 30). 10

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Prima  di  ricevere  l’ordinazione,  si  domandò  – contrapponendo  i  due aspetti – se la sua strada fosse diventare sacerdote o invece percorrere la via degli studi. Cinquant’anni dopo, nella celebrazione anniversaria con i parenti e gli amici, la domenica 6 maggio 2001 nella cappella delle Sœurs de la Charité de Jésus et de marie a Bruxelles 15, ricordò quella incertezza. Ecco come la espose nell’omelia 16: Vi faccio una confidenza. Qualche tempo prima della mia ordinazione, ero  andato  a  trovare  il  mio  direttore  spirituale,  come  si  chiamava  allora il prete che ci consigliava e guidava nel cammino della vocazione. Gli avevo confessato  la  mia  perplessità:  mi  sentivo  diviso  fra  due  chiamate,  da  una parte il servizio del Signore, dall’altra la ricerca intellettuale. Scherzando, mi disse: «È il fatto che riesci troppo bene negli esami che ti fa venire gli scrupoli?». Poi, più seriamente: «una cosa non esclude l’altra; che cosa metti al primo posto?». Risposi: «in tutta sincerità, credo di poter dire che è il servizio  di  Dio».  Sono  passati  cinquant’anni.  in  modo  inatteso,  il  Signore  ha risolto il mio problema. una volta che avevo fatto la rinuncia per servirlo, mi ha proposto di servirlo nella via della ricerca scientifica. Appunto come dice s. Paolo […]: «Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi» (Rm 12,6); e ne enumera alcuni. Posso osare aggiungerne uno? «Se uno è fatto per catalogare i manoscritti, che cataloghi».

nasceva  tuttavia  un’ulteriore  domanda,  puntualmente  affrontata  nell’omelia: «ma questo non è un lavoro da laici?». Ecco la risposta:  È bene, credo, che dei preti, incaricati dalla Chiesa, testimonino nei fatti che si può perseguire, allo stesso tempo, un ideale di servitore di Dio e di servitore della verità. Direi persino di più: questi due ideali si sostengono e  si  rafforzano  reciprocamente.  il  vero  ricercatore  scientifico  è  umile e disponibile: si inchina davanti ai fatti e sacrifica ad essi le sue più belle teorie. Volentieri condivide con i colleghi la gioia delle sue scoperte e accoglie  le  loro  con  ammirazione  e  riconoscenza.  non  sono  forse  altrettanti semina Verbi,  semi  che  ci  predispongono  ad  accogliere  la  Verità  suprema e il Verbo di Dio che ce la comunica?

il  riferimento  è  alla  dottrina  con  cui  Giustino  martire,  nella  sua  Apologia scritta  attorno  all’anno  155  (e  in  un’appendice  di  poco  più  tarda), 15 La data del 6 maggio 2001 e il luogo della celebrazione sono indicati in un biglietto di invito, firmato da monsignor Canart, conservato nelle «Carte Canart». 16 il testo completo dell’omelia, in francese (una minuta scritta a mano e un esemplare stampato), è attualmente conservato nelle «Carte Canart». È pubblicato quale testo nr. 8 dell’Appendice. Qui traduco alcuni passi più significativi.

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CESARE PASini

valorizzava  i  semi  di  verità  sparsi  nelle  riflessioni  degli  uomini  di  buona volontà:  Giustino  pensava  a  Socrate 17;  Canart  – con  spirito  altrettanto rispettoso  e  con  valorizzazione  sincera  degli  sforzi  messi  in  atto  da  ciascuno – aggiornava il tema pensando ai ricercatori del nostro tempo. A tal proposito concludeva questa sezione dell’omelia con una testimonianza: non penso sia un caso se parecchi giovani, con i quali ho condiviso e condivido  le  pene  e  le  gioie  della  ricerca,  mi  hanno  domandato  e  mi domandano  di  accompagnarli  nei  loro  passi  religiosi:  matrimoni,  battesimi,  comunioni,  funerali.  oso  credere  che  hanno  percepito  in  me  qualcuno che cercava di coniugare onestamente la vocazione di prete e quella di ricercatore.

i  temi  toccati  in  questa  omelia  sono  confermati  da  chi  lo  conosceva. Sono numerose le attestazioni che possiamo raccogliere da testimonianze dirette  delle  persone,  riguardo  alle  attenzioni  e  agli  aiuti  – non  solo  in ambito  scientifico  – che  monsignor  Canart  riservava  ai  giovani  che  si rivolgevano a lui. una buona sintesi è esposta nella Premessa ai tre fascicoli in suo onore, per i suoi settant’anni, del Bollettino della Badia greca di Grottaferrata. Vi si afferma che sono note, di Canart, la costante e inesauribile disponibilità verso gli altri studiosi, e in particolare verso gli allievi e tutti i giovani che a lui si rivolgono: si può dire che  un’intera  generazione  di  ricercatori,  che  già  si  avvia  alla  maturità umana  e  scientifica,  deve  molto  al  suo  paziente  magistero,  esercitato sempre  con  discrezione  ma  anche  con  generosità  tale  da  costringerlo a sacrificare il tempo da dedicare alle proprie ricerche personali18.

Che il catalogare fosse da lui ritenuto suo compito primario, è asserito, ad  esempio,  nel  2004  in  un  discorso  ai  giovani  universitari  di  «tor  Vergata»:  «il  mio  primo  e  principale  mestiere,  per  la  durata  di  quarantun anni, è stato quello di catalogatore di manoscritti greci […]. È vero che ho fatto  –  in  campo  scientifico  e  amministrativo  –  varie  altre  cose,  ma  la catalogazione è probabilmente l’attività che mi piace di più e che, di conseguenza, esercito meglio»19. il tema è molto noto. Cf., ad es., C. PASini, I Padri della Chiesa. Il cristianesimo delle origini e i primi sviluppi della fede a Milano, Busto Arsizio 2010 (Ecclesia, 1), pp. 44-45. 18 Cf. Premessa cit. (nt. 6), p. 5. 19 Queste  espressioni  iniziali  sono  presenti  nel  testo  della  conferenza  (intitolata  Riflessioni di un catalogatore di libri manoscritti)  pubblicato  alla  pagina  web: http://cea.unicas.it/matedida/testi/canart1.htm.  non  sono  invece  riprese  nell’articolo stampato  nel  2007  nella  Gazette du livre médiévale:  CAnARt, Consigli fraterni a giovani catalogatori cit. (nt. 5). 17

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Del resto, raccontò egli stesso nella conferenza tenuta a Liegi: entré  en  fonction  le  1er octobre  1957  […],  je  reçus  du  préfet  de  la bibliothèque, le P. Anselme Albareda 20, ancien bibliothécaire du monastère de  montserrat,  l’instruction  lapidaire  suivant:  «Prenez  les  catalogues  de vos  prédécesseurs  et  faites  de  même».  Je  pris  en  mains  ces  catalogues  et éprouvai  une  angoisse  comparable  à  celle  qui  me  tenaillait  les  veilles d’examens universitaires 21.

Poi andò avanti, ricevendo suggerimenti dai colleghi, ma di fatto operando  da  autodidatta.  non  so  se  sia  un  modo  di  procedere  attuabile  da tutti;  ma  vale  l’affermazione  del  cardinale  Farina  nell’omelia  in trigesimo: «mons. Canart si è fatto da solo. E il risultato è stato eccezionale» 22. 3. LA

CHIAMATA IN

VATICANA

nella conferenza tenuta a Liegi, Canart confessava che, nei suoi studi prima  di  giungere  in  Vaticana,  non  aveva  visto  né  un  manoscritto  né  un catalogo di manoscritti, anche se aveva ricevuto una eccellente iniziazione alla paleografia greca da Gérard Garitte 23. Spiegò inoltre che nel 1957 era

20 Joaquín  Albareda  i  Ramoneda  (1892-1966),  benedettino  con  il  nome  di  Anselm maría, ordinato sacerdote nel 1915, fu prefetto della Biblioteca Vaticana dal 1936 al 1962 (quando fu nominato cardinale da papa Giovanni xxiii). Su di lui cf. S. PREtE, Introduction,  in  Didascaliae. Studies in honor of Anselm M. Albareda,  new  york  1961,  pp.  Vii-xi; J. mASSot i muntAnER, El cardenal Albareda, in Estudios Lulianos 12 (1968), pp. 217-228; iD., Albareda Ramoneda, Anselmo Maria, in Diccionario biográfico español, ii, madrid 2009, pp. 233-234; P. ViAn, Un ebreo tra i monsignori. Giorgio Levi Della Vida in Biblioteca Vaticana (1931-1939), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, xxV, Città del Vaticano 2019 (Studi e testi, 534), pp. 525-590: 538-539. 21 CAnARt, Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane cit. (nt. 4), p. 9. 22 Cf. supra, nt. 7. 23 Gérard  Garitte  (1914-1990)  dedicò  poi  i  suoi  studi  all’orientalistica,  ma  –  come afferma  A.  JACoB,  La philologie byzantine en Belgique et au Grand-Duché de Luxembourg au XXe siècle,  in  La filologia medievale e umanistica greca e latina nel secolo XX. Atti del Congresso Internazionale, Roma 11-15 dicembre 1989, i, Roma 1993 (testi e studi bizantino-neoellenici,  7),  pp.  433-463:  451-453  –  «sa  préparation  en  philologie  byzantine  ne le cède en rien à sa connaissance du géorgien, de l’arménien, du syriaque et de l’arabe chrétien».  Soggiornò  a  Roma  dal  1938  al  1939  e  dal  1942  al  1946,  dove  frequentò  alla Sapienza i corsi del bizantinista Silvio Giuseppe mercati e fu in contatto, in Vaticana, con il  cardinale  Giovanni  mercati  e  con  il  bizantinista  e  scriptor graecus Ciro  Giannelli.  Su Garitte cf. anche É. LAmottE, Gérard Garitte, in Orbis 9 (1960), pp. 232-247; J. moSSAy, in Revue d’histoire ecclésiastique 85 (1990), pp. 807-808.

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venuto  da  lui  il  belga  José  Ruysschaert 24,  scriptor latinus della  Vaticana: «Au nom du cardinal bibliothécaire, Giovanni mercati 25, il me proposa le poste  de  scriptor pour  les  manuscrits  grecs  et  me  concéda  24  heures  de réflexion» 26. La documentazione conservata nella cartella personale 27 di Canart permette  di  ripercorrere  più  da  vicino  la  sequenza  dei  fatti.  il  primo  documento in cui si fa il nome di Canart è una lettera 28 dattiloscritta, conservata  in  originale,  datata  3  giugno  1957,  indirizzata  al  cardinale  bibliotecario,  il  quasi  nonagenario  Giovanni  mercati,  dal  cardinale  Van  Roey, 24 José  Ruysschaert  (1914-1993), entrato  in Vaticana  nel 1949 come  scriptor latinus, fu vice prefetto dal 1965 al 1984. Su di lui cf. G. BAttELLi, José Ruysschaert, in Studi romani 41  (1993),  pp.  317-318;  P.  ViAn,  Un ricordo di Marc Dykmans e di José Ruysschaert,  in Roma nel Rinascimento (1993), pp. 65-78: 69-78. 25 Giovanni mercati (1866-1957), ordinato sacerdote nel 1889, entrò nella Biblioteca Ambrosiana di milano nel 1893 come dottore; nel 1898 passò in Vaticana come scriptor, divenendo pro-prefetto nel 1918 e prefetto l’anno seguente; dal 1936 alla morte fu cardinale bibliotecario. Della ricca bibliografia su di lui, segnalo – oltre al volume, in preparazione per la collana Studi e testi, I fratelli Mercati nella storia e nella cultura del Novecento, a cura di F. D’Aiuto, C. DEBBi, C. GAZZini, P. ViAn, Città del Vaticano – i seguenti contributi:  Notizie biografiche del card. Giovanni Mercati,  in  G.  mERCAti,  Opere minori,  V,  Città del Vaticano 1941 (Studi e testi, 80), pp. 11-16; n. ViAn, Abbozzo di ritratto del cardinale Mercati,  in  Almanacco dei bibliotecari italiani (1958),  pp.  117-126,  riedito  in  iD.,  Figure della Vaticana e altri scritti. Uomini, libri e biblioteche, a cura di P. ViAn, Città del Vaticano 2005 (Studi e testi, 424), pp. [211-220]; A. CAmPAnA, Commemorazione del socio cardinale Giovanni Mercati,  in  Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia 33 (1961),  pp.  15-38,  riedito  in  iD.,  Profili e ricordi,  Padova  1996  (medioevo  e  umanesimo, 92), pp. 48-77; E. tiSSERAnt, Giovanni Mercati, 1866-1957. Commemorazione tenuta nella seduta a classi riunite dell´11 maggio 1963, Roma 1963 (Accademia nazionale dei Lincei. Problemi attuali di scienza e cultura. Quaderni, 63); Il cardinale Giovanni Mercati bibliotecario archivista di Santa Romana Chiesa, Sassoferrato 1988; P. ViAn, Un «Lebenslauf» del card. Giovanni Mercati per l'Accademia Austriaca delle Scienze di Vienna (agosto 1947), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, Vii, Città del Vaticano 2000 (Studi e testi, 396), pp. 461-479;  iD., «Non tam ferro quam calamo, non tam sanguine quam atramento». Un ricordo del card. Giovanni Mercati, ibid., pp. 393-459; C. PASini, Il Collegio dei Dottori e gli studi all’Ambrosiana sotto i Prefetti Ceriani e Ratti,  in  Storia dell’Ambrosiana. L’Ottocento, milano 2001, pp. 77-127: 106-112, 116-118; P. ViAn, Mercati, Giovanni, in Dizionario biografico degli Italiani, Lxxiii, Roma 2009, pp. 599-603; Carteggio Ceriani-Mercati 1893-1907, introduzione, edizione e annotazioni a cura di C. PASini con la collaborazione di m. RoDELLA, Città del Vaticano 2019 (Studi e testi, 531). 26 CAnARt, Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane cit. (nt. 4), p. 8. 27 La  cartella  personale  di  Paul  Canart  è  conservata,  come  le  altre  riguardanti  il  personale che ha operato in Biblioteca Vaticana negli ultimi decenni, in una sezione apposita (riservata) dell’Archivio della Biblioteca. 28 Pubblicata quale testo nr. 2 dell’Appendice.

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arcivescovo  di  malines.  Questi  fa  riferimento  a  una  lettera  di  mercati, inviatagli il 27 maggio precedente, «relative à la nomination éventuelle de m.  l’abbé  Canart  comme  scriptor  grec  à  la  Bibliothèque  Vaticane».  Pur riconoscendo che la partenza di un tale eccellente professore sarebbe stato un  vero  sacrificio  per  la  diocesi,  il  cardinale  asseriva  di  comprendere le  necessità  della  Vaticana  ed  esprimeva  pertanto  il  suo  consenso  «à  sa nomination  prochaine,  que  je  considère  d’ailleurs  comme  un  honneur pour notre clergé». Seguiva una lettera 29 dattiloscritta al Sostituto delle Segreteria di Stato, Angelo  Dell’Acqua 30,  di  cui  si  conserva  una  copia  carbone,  datata  11 giugno  1957,  non  firmata  ma  verosimilmente  inviata  dal  prefetto  della Biblioteca,  il  benedettino  Anselm  maría  Albareda.  in  essa  si  fa  riferimento a una precedente nomina a scriptor graecus, datata 2 gennaio 1956, conferita al sacerdote Raymond Loonbeek 31 che, «per sopravvenuti impedimenti,  tra  i  quali  la  malattia  dei  genitori  in  grave  età,  non  poté  a  suo tempo prendere il suo posto di lavoro, né in seguito quegli impedimenti gli hanno permesso di farlo». Preso atto della situazione di stallo – continua la lettera –, il bibliotecario, «non volendo lasciar più a lungo vacante quel posto, sarebbe perciò venuto nella determinazione di presentare per la nomina a Scrittore della lingua greca un altro studioso assai qualificato, il Rev.do Sac. Paul Canart, dell’archidiocesi di malines, professore nel Collegio Saint-Pierre 32 di Jette Saint-Pierre (Bruxelles)». Benché nella lettera

Pubblicata quale testo nr. 3 dell’Appendice. Angelo Dell’Acqua (1903-1972) fu Sostituto presso la Segreteria di Stato dal 1953 al 1967, quando fu creato cardinale e nominato presidente della Commissione cardinalizia per  la  Prefettura  degli  affari  economici  della  S.  Sede;  il  13  gennaio  1968  venne  quindi nominato  Vicario  di  Sua  Santità  per  la  diocesi  di  Roma.  Su  di  lui  cf.  Angelo Dell'Acqua. Prete, diplomatico e cardinale al cuore della politica vaticana (1903-1972), a cura di A. mELLoni,  Bologna  2004  (Santa  Sede  e  politica  nel  novecento,  2);  E.  GALAVotti,  Dell’Acqua, Angelo, in Dizionario biografico degli Italiani, 2015 (voce pubblicata solo on line alla pagina web:  http://www.treccani.it/enciclopedia/angelo-dell-acqua_(Dizionario-Biografico)/  (con sultata il 7 aprile 2019). 31 Su Raymond Loonbeek (1926-2003) e in particolare sulla sua ordinazione sacerdotale  nel  1951  per  la  diocesi  di  malines-Bruxelles,  cf.  le  pagine  web:  https://data.bnf.fr/ 12211003/raymond_loonbeek/ e https://www.franz-stock.org/index.php/de/aktuelles/ aktuelles/100-buecher/704-raymond-loonbeek-franz-stock-menschlichkeit-ueber-grenzen-hinweg (consultate il 7 aprile 2019). 32 il Collège Saint-Pierre a Jette (attualmente nella regione di Bruxelles-Capitale), a nord di Bruxelles, fu fondato nel 1902 sotto il nome di institut Saint-Pierre: cf. x. DuSAuSoit, Saint-Pierre (Jette), Collège, in Dictionnaire d'histoire de Bruxelles, Bruxelles 2013, p. 700. 29

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non  venga  espresso  alcun  collegamento  fra  Loonbeek  e  Canart,  salvo  la chiamata  del  secondo  per  l’impossibilità  del  primo,  mi  sembra  significativo che Loonbeek sia stato ordinato sacerdote nel 1951 per la diocesi di malines, nello stesso anno in cui lo fu anche Canart 33. La risposta affermativa non tardò a venire: si trova espressa in una lettera 34 dattiloscritta, di cui si è conservato l’originale, datata 3 luglio 1957 e trasmessa a nome del Papa dal Sostituto Dell’Acqua a mercati. Canart, ricevuta la notizia per il tramite del cardinale Van Roey, si premurò  di  inviare  a  mercati  una  lettera 35,  scritta  a  mano,  datata  16  luglio 1957:  Canart  ringrazia  mercati  per  aver  proposto  la  sua  candidatura  a Roma e a malines. Aggiunge poi un ringraziamento particolare «de l’accueil si bienveillant et si simple que vous m’avez réservé à Rome, lorsque j’ai eu l’honneur de vous être présenté au mois de mai dernier par monsieur le chanoine Ruysschaert». Possiamo quindi ipotizzare che la lettera del 27 maggio di mercati a Van Roey (di cui parla quest’ultimo nella lettera del 3 giugno a mercati) fosse stata preceduta da un incontro fra mercati e Canart in Roma: si volle quindi far venire in Biblioteca il candidato per  conoscerlo  direttamente,  prima  di  muovere  ogni  passo  ulteriore.  La lettera  si  conclude  con  l’assicurazione,  da  parte  di  Canart,  della  propria totale dedizione «au service de l’Église et de la science», nella speranza di non mostrarsi troppo indegno dell’onore che gli era stato accordato. Questo  importante  gruppo  di  documenti  si  conclude  con  una  lettera a Canart, non firmata, ma certamente di mercati, conservata in copia carbone,  datata  23  luglio  1957.  La  lettera  sembra  rispondere  direttamente a quella del 16 luglio di Canart, perché in essa mercati ringrazia per i sentimenti  espressi  da  Canart  verso  la  Biblioteca  Vaticana  e  verso  di  lui. Risponde tuttavia anche alla richiesta di Canart, verosimilmente inviata in altra missiva e qui giudicata ragionevole, affinché l’inizio del servizio fosse fatto  slittare  al  1°  ottobre  seguente:  e  di  fatto  il  1°  ottobre  1957  Paul Canart iniziò il suo servizio in Biblioteca Vaticana quale scriptor graecus.

il  curriculum  pubblicato  come  nr.  1  dell’Appendice riferisce  che  nel  collegio  SaintBoniface a ixelles e in questo a Jette Canart insegnò per alcuni anni prima di essere chiamato in Vaticana: «insegnamento in due licei cattolici di Bruxelles (Saint-Boniface à ixelles; Saint-Pierre à Jette): 1953/54-1956/57». 34 Pubblicata quale testo nr. 4 dell’Appendice. 35 Pubblicata quale testo nr. 5 dell’Appendice. il nome del destinatario non è espresso esplicitamente, ma il titolo di «Éminence», posto in apertura, non lascia dubbi. 33

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4. LE

SUCCESSIVE TAPPE IN

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VATICANA

Giunto  in  Vaticana,  Canart  si  pose  a  catalogare  manoscritti  greci secondo «l’instruction lapidaire» ricevuta dal prefetto Albareda 36. Vent’anni  dopo  egli  poté  già  recare  un  frutto  maturo  dall’imponente lavoro di studio compiuto. ne fu occasione il conseguimento del «dottorato  di  Stato»  in  lettere  e  scienze  umane  all’università  di  Paris-iV  Sorbonne, il 21 aprile 1979. Come di prassi, presentò un insieme di sue pubblicazioni  (ponendolo  sotto  il  titolo  di  Recherches de paléographie et de philologie byzantines). La prestigiosa giuria, davanti alla quale si presentò – composta  da  Jacques  Bompaire  (presidente),  Jean  irigoin  (direttore  di tesi)  e  José  Grosdidier  de  matons,  dell’université  de  Paris-iV;  Gilbert Dagron, del Collège de France; Joseph mogenet, dell’université catholique de Louvain-la-neuve; Jean Darrouzès, direttore dell’institut Français d’É tudes  Byzantines  –,  gli  conferì  il  titolo  di  docteur d’État con  la  menzione «très honorable», e furono gli stessi membri a suggerire che quella presentazione  non  rimanesse  inedita,  ma  fosse  pubblicata  a  beneficio degli studiosi. nel 1980 essa apparve infatti nella rivista Byzantion, sotto il titolo De la catalographie à l’histoire du livre. Vingt ans de recherches sur les manuscrits grecs 37. È importante la dichiarazione che Canart vi esprime in  riferimento  al  suo  studio  dei  manoscritti  (che  ricorda  quella  esposta agli universitari di «tor Vergata»): Les travaux que j’ai l’honneur de présenter ici sont le fruit d’un contact – oserai-je  dire  d’un  dialogue  – direct  avec  les  manuscrits  qui  s’est  prolongé  durant  plus  de  vingt  ans.  […]  J’ai  été  d’abord  et  je  reste  avant  tout un catalogueur de manuscrits grecs 38. 36 CAnARt, Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane cit.  (nt.  4),  p.  9  (già  citata  supra, p. 31). 37 iD., De la catalographie à l’histoire du livre. Vingt ans de recherches sur les manuscrits grecs, in Byzantion 50 (1980), pp. 563-616, riedito in iD., Études de paléographie et de codicologie,  i,  Reproduites  avec  la  collaboration  de  m.  L.  AGAti et  m.  D’AGoStino,  Città  del Vaticano 2008 (Studi e testi, 450), pp. [523]-[576]. nella nota introduttoria, ibid., p. 563 (p.  [523]  della  riedizione),  sono  fornite  le  informazioni  che  ho  riportato  nel  testo. nelle «Carte Canart» ho rinvenuto una lettera inviata a Canart dalla direzione di Byzantion, a firma di Alice Leroy-molinghen, datata 26 giugno 1980, nella quale si discorre di questa  nota  introduttiva:  «monseigneur,  Lors  de  notre  dernière  rencontre,  vous  aviez exprimé  le  souhait  que  votre  article  De la catalographie à l’histoire du livre soit  chapauté [sic]  d’un  texte  destiné  à  signaler  que  ce  travail  avait  été  présenté  à  la  Sorbonne  comme thèse de doctorat du 3e cycle, mais j’ignore tout à fait à quelle date cette thèse a été défendue:  voudriez-vous  avoir  l’obligeance  de  me  fournir  ce  renseignement  ou  même,  si  vous le préférez, de rédiger vous-même la note». 38 Ibid., p. 572 (p. [532] della riedizione).

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nel  frattempo,  rimanendo  scriptor graecus,  dal  1980  al  1984  fu  anche direttore della (neocreata) Sezione degli stampati (oggi Dipartimento de gli  stampati)  della  Biblioteca.  Vent’anni  dopo,  nella  conferenza  di  Liegi, così ricordò quell’incarico: Pour être franc, faute d’une formation en bibliothéconomie, je me sentais un peu perdu devant ces subtilités, dont – horresco referens – je ne percevais  pas  toujours  l’utilité.  […]  En  fin  de  compte,  ma  direction  consista surtout, objectif modeste mais indispensable, à créer et à maintenir parmi mes collègues – une belle collection d’originaux – une atmosphère propice au travail 39. 

Leggendo  queste  espressioni  non  possiamo  perdere  di  vista  la  bella umanità di Canart che ne emerge e il senso di delicato umorismo e autoironia che ne promana: vi ritorneremo. Successivamente, nel 1984, Canart divenne direttore della Sezione dei manoscritti  (oggi  Dipartimento  dei  manoscritti),  sino  al  congedo  dalla Biblioteca nel 1998. il nuovo ruolo – come ancora ricordava nella conferenza di Liegi – gli recò non poche preoccupazioni: organizzare la catalogazione  dei  manoscritti  (moltissimi  dei  60.000  latini  erano  ancora  da catalogare adeguatamente), procurare qualche acquisto (per quanto possibile), difendere dai possibili furti, curare la conservazione dei manoscritti senza  limitarne  eccessivamente  la  consultazione.  Collocava  invece  fra  le realtà  piacevoli  l’occasione  di  recarsi  in  varie  località  ad  accompagnare opere  da  esporre,  a  tenere  conferenze  o  partecipare  a  riunioni  di  vario genere («Les réunions en question conjuguent travail et tourisme» 40, confessava).  Ricordava  anche  di  aver  talvolta  rappresentato  la  Vaticana al  posto  del  prefetto  nelle  riunioni  di  direttori  di  biblioteche  europee  e con  arguzia  (e  in  verità)  osservava:  «notre  Bibliothèque  est  européenne quand il s’agit de fournir des suggestions; elle ne l’est plus quand on voudrait obtenir des subsides de la Communauté» 41. il  suo  scranno  in  Sala  manoscritti  divenne  ancor  più  punto  di  riferimento per gli studiosi che venivano da ogni luogo o per gli studenti alle prime  armi,  ai  quali  forniva  aiuto,  informazioni  preziose,  instradandoli nella  ricerca  e  facilitando  loro  lo  studio  delle  collezioni  vaticane.  E  sappiamo,  per  testimonianza  dei  diretti  interessati,  che  talvolta  l’aiuto  e il sostegno non si limitavano al puro ambito scientifico. 39 40 41

CAnARt, Cinquante ans à la Bibliothèque vaticane cit. (nt. 4), pp. 15-16. Ibid., p. 22. Ibid., pp. 21-22.

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Dal 1994 gli fu conferita anche la carica di vice prefetto, sino al 1997, divenendo uomo di fiducia del prefetto Leonard Boyle 42. il suo successore, Raffaele  Farina,  giungendo  in  Biblioteca  nel  1997 43,  ottenne  che  Canart, ormai pensionato, rimanesse tuttavia ancora un anno per poter godere del suo aiuto 44: nella messa in trigesimo 45 il cardinale Farina ne ricordò la vicinanza nei momenti non facili dell’inizio del suo mandato. 5. …PRONTO

ALLA BATTUTA IRONICA

nella  citata  Premessa ai  fascicoli  del  Bollettino della Badia greca di Grottaferrata,  viene  ulteriormente  affermata  la  disponibilità  di  Canart verso gli studiosi:  Lungi  dal  preoccuparsi  solo  di  acquisire  meriti  personali,  mgr.  Canart è  sempre  stato  generoso  di  consigli  e  informazioni,  tanto  da  divenire un punto di riferimento per tutti gli studiosi, oltre che per i frequentatori del la Biblioteca Vaticana che lo vedono passare per le sale sempre frettoloso e  indaffarato,  discreto  ed  elusivo,  mite  ma  pronto  alla  battuta  ironica o arguta e alla collaborazione attiva 46. 

Raccolgo  alcuni  gustosi  esempi  della  sua  «battuta  ironica  e  arguta» dalla  citata  conferenza  di  «tor  Vergata».  Qui  essa  si  esprime  utilizzando immagini e simboli i più svariati.

42 il  domenicano  Leonard  Eugene  Boyle  (1923-1999)  fu  prefetto  della  Vaticana  dal 1984 al 1997. Su di lui cf. G. ConStABLE, Leonard Boyle: the teacher and scholar, in Roma, magistra mundi. Itineraria culturae medievalis. Mélanges offerts au Père L.E. Boyle à l'occasion de son 75e anniversaire,  i,  Édités  par  J.  hAmESSE,  Louvain-la-neuve  1998  (textes  et études du moyen Âge, 10/1), pp. 1-10; J. A. RAFtiS, Leonard E. Boyle, O.P. (1923-1999), in  Mediaeval Studies 62  (2000),  pp.  Vii-xxVi;  il  cap.  19  (Recollections of friends and colleagues, con interventi di J. m. PowELL, m. wADE LABARGE e C. m. GRAFinGER) in Omnia disce. Medieval studies in memory of Leonard Boyle, O.P.,  Edited  by  A.  J.  DuGGAn,  J.  GREAtREx, and B. BoLton, Aldershot 2005, pp. 283-289; L. oRLAnDi, «A Son out of Season». Infanzia e formazione in Irlanda (1923-1947) di Leonard Boyle, O.P.,  in  Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, xxiii, Città del Vaticano 2017 (Studi e testi, 516), pp. 451-501. 43 il salesiano Raffaele Farina (nato nel 1933) è stato prefetto della Vaticana dal 1997 al 2007 e cardinale archivista e bibliotecario dal 2007 al 2012. Su di lui cf. Profilo biografico del cardinale Raffaele Farina, in Studi in onore del cardinale Raffaele Farina, i, Città del Vaticano  2013  (Studi  e  testi,  477),  pp.  xxi-xxii;  Biografia scelta di Raffaele Farina,  ibid., pp.  xxiii-xxViii; A. D’ALASCio, Salesiani in Vaticano, ibid., pp. 403-435: 413. 44 Cf. infra, nt. 105. 45 Cf. supra, nt. 7. 46 Cf. Premessa cit. (nt. 6), p. 9.

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Anzitutto l’immagine dell’investigatore: «il lavoro del catalogatore presenta  analogie  con  quello  dell’investigatore  o  dell’amatore  di  parole  crociate  e  di  problemi  enigmistici» 47 (si  sa  che  Paul  Canart  amava  leggere i romanzi «gialli»; non so se fosse un abile risolutore di enigmistica). Cercando di identificare, ad es., un testo presente nel Vat. gr. 1823, solo dopo lunga pazienza e perseveranza (due caratteristiche necessarie al catalogatore!),  lo  identificò  infine  con  il  cap.  21  della  Refutazione di  Euterio  di tiana. Commenta:  Rimasi  nello  stesso  tempo  soddisfatto  e  un  po’  deluso.  Soddisfazione del  poliziotto  [un’altra  immagine,  ancora  nell’ambito  del  detective]  che finalmente  mette  le  mani  sul  colpevole;  delusione  per  aver  perso  l’occasione  di  pubblicare  un  inedito  e  di  vedere  il  risultato  di  lunghe  ricerche condensato in una riga di catalogo 48.

Più  oltre  tornava  sull’argomento,  cambiando  l’immagine,  desunta  ora dal mondo animale:  il  buon  catalogatore,  come  il  buon  segugio,  conserva  sempre,  in  un angolo  della  sua  mente,  il  ricordo  dei  problemi  non  risolti.  Così,  finisce spesso col venirne a capo 49.

Altra  immagine,  questa  volta  per  segnalare  un  atteggiamento  da  non imitare, quello di taluni giornalisti:  Ruysschaert  mi  raccomandò  di  distinguere  bene  tra  l’esposizione  dei fatti  e  la  loro  interpretazione.  […]  sulla  distinzione,  sono  d’accordo:  non bisogna cadere nel difetto di taluni giornalisti, che mescolano fatti e commento  ai  fatti.  Beninteso,  in  certe  materie  il  fatto  non  si  distingue  così facilmente  dall’ipotesi  e,  come  ho  già  detto,  è  l’ipotesi,  cioè  l’interpretazione, che mette sulle tracce del fatto. tuttavia, nel campo della catalogazione, la distinzione rimane valida 50.

Sono  indotto  a  fare  una  digressione  –  che  dai  giornalisti  ci  fa  passare al mondo della televisione – tratta dalla conferenza su La paléographie estelle un art ou une science? Fra le osservazioni preliminari Canart precisa:  on  ne  parle  bien  que  de  ce  qu’on  connaît  (à  l’exception  des  hommes politiques,  des  animateurs  de  télévision  et  d’autres  personnages  que  mes

47 48 49 50

CAnARt, Consigli fraterni a giovani catalogatori cit. (nt. 5), p. 7. Ibid., p. 8. Ibid. Ibid., pp. 8-9.

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lecteurs ne manqueront pas d’évoquer in petto). Les considérations qui suivent s’inspirent avant tout de mon expérience en paléographie grecque, un des rares domaines ou je me reconnais une certain compétence51.

Continuo con la conferenza di «tor Vergata», laddove Canart suggerisce  ai  catalogatori  di  perseguire  completezza  e  precisione,  imitando, questa volta, i piloti degli aerei: nei cataloghi, infatti, non è sempre facile ricordarsi di rilevare e esporre tutti questi dettagli. Come  i  piloti  degli  aerei,  il  catalogatore  dovrebbe  avere  davanti  a  sé  un elenco di tutti i particolari da verificare e spuntare man mano la lista 52.

Ancora: il catalogatore non deve disperdersi e quindi dovrà fare come i cuistres:  Al  catalogatore  serve  un  tipo  di  conoscenza  particolare:  egli  non  ha bisogno  di  capire  a  fondo  i  testi  che  descrive,  ma  gli  basta  riconoscerli  e ritrovare le edizioni e gli studi che trattano dei manoscritti che li contengono.  Certo,  riconoscere  un  testo  senza  nome  d’autore  né  titolo  preciso, magari  mutilo,  richiede  talvolta  un  esame  attento;  ma  appena  ha  imboccato  la  pista  giusta,  il  catalogatore  si  ferma:  per  non  perdere  tempo,  egli legge  il  meno  possibile  dei  testi  che  descrive  e  non  cerca  di  penetrarne  il senso profondo o di giudicarne il valore; la sua erudizione è tutta di superficie, come quella dei bidelli – i «cuistres» in francese – che cancellavano il testo dalle lavagne dei professori e ne ritenevano pezzetti di scienza. tuttavia, il catalogatore trova, nei manoscritti, se lo vuole, ampia materia per note  e  articoli:  come  dice  la  Bibbia,  non  si  deve  mettere  la  museruola all’asino che pigia le messi per estrarne il grano 53.

Qui  mi  si  permetta  una  precisazione,  perché  nella  Bibbia  (Deut 25,4) è il bue quello a cui non si deve mettere la museruola. Quella conferenza finisce con una frase di buon senso (si trova molto buon  senso  negli  scritti  di  Canart)  e  con  quell’attenzione  ai  giovani  che abbiamo già rimarcato:  Vorrei  mettervi  in  guardia  contro  un  eccesso  possibile:  dal  momento che la bibliografia aumenta sempre, si corre il rischio di consacrare tutto il proprio tempo a lavori e ricerche preparatorie, senza più trovare un’ora per redigere il catalogo stesso. Le mieux est l’ennemi du bien, diciamo in francese. Vari miei colleghi, e io stesso, abbiamo, da questo punto di vista, pec51 52 53

CAnARt, La paléographie est-elle un art ou une science? cit. (nt. 3), p. 162. iD., Consigli fraterni a giovani catalogatori cit. (nt. 5), p. 9. Ibid., pp. 11-12.

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cato per eccesso. Passando gli anni, il difetto tende ad aggravarsi. Per portare  a  termine  un  catalogo,  è  meglio  essere  giovane  e  un  po’  incosciente. Perciò temo che la mia carriera di catalogatore sia giunta al suo colofone, come diceva della sua vita un erudito bizantinista fuori del comune, Silvio Giuseppe mercati 54. Quindi, concludo laconicamente la mia chiacchierata: largo ai giovani! 55.

6. AMICIZIA, RELIGIOSITÀ, LABORIOSITÀ il  cardinale  Farina,  nell’omelia  in trigesimo,  toccava,  fra  l’altro,  tre  a spetti  della  personalità  di  Canart.  Anzitutto  quello  dell’amicizia:  «Aveva una serenità di fondo straordinaria, che è stato il segreto del suo successo e del suo comunicare con gli altri»; poi la religiosità: «Era un buon sacerdote, di una religiosità fortemente interiore, che non disturbava nessuno»; infine la sua laboriosità a tutta prova: era un «gran lavoratore, per senso del  dovere,  ma  anche  per  appresa  efficienza,  preparazione  scientifica  e modello di vita» 56.  Sulla laboriosità mi permetto di fare un’osservazione: mi ha impressionato  la  grande  mole  dei  suoi  incarichi 57.  Anzitutto  quelli  in  Biblioteca, come  scriptor graecus,  direttore  della  Sezione  degli  stampati  e  poi  della Sezione dei manoscritti (in fine anche vice prefetto); inoltre docente alla Scuola Vaticana di Biblioteconomia, dal 1979/80 al 1998/99 (e direttore dal  1979/80  al  1984/85),  e  iniziatore  e  docente  per  tre  decenni,  dal 1969/70  al  2000/01,  del  corso  di  Paleografia  greca  alla  Scuola  Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica. Poi tutti gli altri incarichi esterni: presidente del Comitato vaticano per gli studi bizantini, presidente per un decennio del Comité international de paléographie grecque (di cui fu tra i membri fondatori) 58, membro di varie L’espressione  è  tratta  dalla  chiusa  di  una  delle  giocose  poesie  autobiografiche  di Silvio  Giuseppe  mercati,  databile  al  1963,  intitolata  In attesa delle mie funebri onoranze, edita  e  commentata  da  Ch.  GAZZini,  Ricordi, lettere, versi: dalle carte di Silvio Giuseppe Mercati, in I fratelli Mercati (nt. 25): «[…] | Giunto, leonardesco gran barbone, | del libro di mia vita al colofone, | Aspetto le mie funebri onoranze: | più tardano a venir, men fò lagnanze. | Attendo l’unica, vera onoranza: | del Paradiso la cittadinanza» (ringrazio Francesco D’Aiuto per questa segnalazione). 55 CAnARt, Consigli fraterni a giovani catalogatori cit. (nt. 5), p. 13. 56 Cf. supra, nt. 7. 57 Se ne trova un elenco nel curriculum vitae edito come documento nr. 1 dell’Appendice (a cui rimando per eventuali ulteriori precisazioni). 58 ne fu presidente dal 1993 al 2003 (il Comité era stato fondato il 9 ottobre 1981). 54

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istituzioni (Pontificio Comitato di scienze storiche, Accademia dei Lincei ecc.), membro a vario titolo dei comitati di riviste (Byzantion, Scriptorium, Gazette du livre médiéval,  Revue d’histoire des textes,  Quinio ecc.):  scorrendo  il  materiale  conservato  nelle  sue  carte,  sono  rimasto  impressionato  dall’ampia  quantità  di  documentazione  a  questo  riguardo,  e  ancor  più dal grande lavoro che comportarono queste sue collaborazioni. non rimaniamo stupiti se, talvolta, accanto alle numerose lettere di ambito scientifico  che  riceveva,  si  trovano  bozze  di  risposta  che  risalgono  a  parecchi mesi dopo… torno  all’amicizia  e  alla  religiosità.  Le  ho  trovate  documentate  in  una lettera  molto delicata,  datata  30 gennaio  2006,  indirizzata  alla  vedova  di Jean irigoin, morto il 28 di quel mese 59. Amicizia e religiosità vi si intrecciano in modo mirabile:  une ancienne et profonde amitié me liait à votre mari. Je ne me rappelle plus en quelle occasion je fis sa connaissance personnelle, mais je sais que, dès le début, s’instaura entre nous une profonde entente, qui devait s’approfondir avec les années, sans que rien ne vînt jamais l’obscurcir. 

Seguono espressioni di apprezzamento per la personalità di ricercatore di Jean irigoin, poi Canart prosegue:  Enfin, vous me permettrez de dire un mot sur les liens plus personnels qui s’établirent, au cours des ans, entre votre mari et moi-même. La retenue et la discrétion proverbiales de votre mari ainsi que ma propre timidité, ont fait que notre amitié ne s’extériorisait pas en grandes déclarations. mais j’ai toujours eu le sentiment qu’il nourrissait à mon égard – comme moi  vis-à-vis  de  lui  –  une  estime  et  un  attachement  qui  allaient  au-delà du  plan  strictement  scientifique.  […]  Sans  que  nous  [n’]ayons  jamais éprouvé  la  nécessité  de  le  dire,  je  suis  sûr  que  notre  commune  foi  chrétienne était à la base de ce qu’il y avait de plus profond de notre amitié.

Sono  espressioni  che  non  necessitano  di  particolare  commento  e,  per quanto  riguarda  specificamente  monsignor  Canart,  confermano  quella «religiosità  fortemente  interiore,  che  non  disturbava  nessuno»,  di  cui  dà testimonianza il cardinale Raffaele Farina.

59 Se ne è conservata una minuta, scritta a mano, nelle «Carte Canart». Grazie al gentile  interessamento  di  Brigitte  mondrain  presso  la  vedova  irigoin,  ho  potuto  ottenere  il testo della lettera inviata: è pubblicato quale documento nr. 9 dell’Appendice. Su Jean irigoin (1920-2006) si veda, fra l’altro, B. monDRAin, Jean Irigoin (1920-2006), in Annuaire de l'École pratique des hautes études 21 (2005-2006), pp. 39-42.

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7. DALLE

LETTERE FAMILIARI

Altri aspetti della personalità e della vita di Paul Canart emergono, vivi e  delicati  insieme,  dalle  lettere  familiari.  Egli  aveva  due  sorelle  suore: Anne-marie, delle Sœurs de la Charité de Jésus et de marie 60, e thérèse (Lucie), delle Benedettine di maredret 61; e un fratello, Jean (1932-), sposato  a  Françoise  Dehem:  la  coppia  ebbe  cinque  figli,  e  nelle  lettere  troviamo  qualche  cenno  alla  primogenita,  Bénédicte,  nata  il  23  maggio 1958 62. Ci è pervenuta qualche lettera di Jean e Françoise a Paul (e viceversa), mentre non ho dati sicuri di scambi epistolari con le sorelle. Sono invece  numerose  le  lettere  scritte  a  lui  dalla  mamma  (marcelle  Renders, 1896-1985), che talora firmava insieme al papà (Georges: 1892-1974) o a suo nome: esse iniziano da quando Paul arrivò a Roma (quindi dalla fine del 1957), e si arrestano al 1976. Ci farebbe piacere avere le lettere di Paul ai familiari, ma ci sono pervenute eccezionalmente solo alcune di esse: di fatto  un  gruppo  in  copie  carbone,  inviato  ai  genitori  (e  una  al  fratello Jean),  sugli  eventi  dell’ottobre  1958,  un  anno  dopo  il  suo  arrivo  in  Vaticana: su di esse mi soffermo nel paragrafo seguente. Dalle lettere della mamma 63 veniamo a conoscere come Paul Canart si ambientò in Vaticana nei primi mesi dal suo arrivo; emerge anche la presenza attenta, forse un po’ ansiosa, della mamma e, per converso, il temperamento  forse  un  po’  distratto  del  figlio…  Le  lettere  pervenute  fanno parte di uno scambio serrato: madre e figlio si erano riproposti di scriversi ogni settimana! La prima lettera è datata 4 ottobre 1957 e risponde alla prima di Paul: doveva essere giunto a Roma domenica 29 settembre – come la mamma conferma  nella  lettera:  «un  coup  de  fil  donné  dimanche  vers  4h  à  la Congregazione di diritto pontificio, fondata il 4 novembre 1803 à Lovendegem nelle Fiandre, presso Gand: cf. G. RoCCA, Carità di Gesù e di Maria, di Lovendegem (Belgio), in Dizionario degli istituti di perfezione, ii, milano 1975, coll. 334-335. Presso la cappella di queste  suore  a  Bruxelles  Canart  celebrò,  con  parenti  e  amici,  il  suo  cinquantesimo  anniversario di ordinazione sacerdotale domenica 6 maggio 2001 (cf. supra, p. 29). 61 il  monastero  delle  Benedettine  di  maredret  fu  fondato  nel  1893  e  fu  affidato  alle monache di S. Cécile de Solesmes; fu il secondo monastero del ramo femminile dei Benedettini di Beuron: cf. V. E. FiALA, Beuron, Congregazione benedettina di, in Dizionario degli istituti di perfezione, i, milano 1974, coll. 1430-1436: 1432. 62 nelle  «Carte  Canart»  si  conserva  inoltre  il  biglietto  che  ne  annuncia  il  battesimo: «monsieur & madame Jean Canart ont la joie de vous annoncer le baptême de Bénédicte née le 23 mai 1958». 63 il gruppo di lettere a cui qui faccio riferimento, riferite ai primi anni vaticani di Paul Canart, sono conservate nelle «Carte Canart». 60

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Sabena 64 nous avait déjà rassurés quant à l’issue du voyage» –, per prendere  servizio  in  biblioteca  il  1°  ottobre.  Scrive  la  mamma:  «mon  cher Paul,  nous  avons  été  bien  contents  de  recevoir  ta  longue  lettre,  car  l’appartement  sans  ta  présence  silencieuse  est  vide  et  silencieux!»  (non  per nulla alla firma troviamo: «maman et Papa, les deux solitaires!»). Passiamo  alle  raccomandazioni  che  la  mamma  si  sente  in  dovere  di rivolgere  al  figlio.  Sono  numerose  e  dettagliate:  Paul  dovrà  aprire  i  bauli, rompendo  i  lucchetti  con  una  pinza  se  non  fossero  arrivate  le  chiavi,  e dovrà  verificarne  il  contenuto,  visto  che  sono  stati  assicurati,  e  stendere  i vestiti, dandoli da stirare nel caso fossero sgualciti. Badi bene a non trattenere  in  casa  i  soldi  dello  stipendio,  ma  li  depositi  non  appena  ricevuti. Abituandosi  ai  nuovi  orari  di  vita,  per  i  pasti  tenga  presente  di  prender qualcosa fra la colazione mattutina e il pranzo e fra questo e la cena. Poiché imperversa  l’influenza,  non  si  dimentichi  il  Redoxon (integratore  vitaminico a base di vitamina C). Seguono altri suggerimenti: dovrà far lucidare le scarpe, lavarsi i denti, prendere il tovagliolo a tavola, dare la biancheria da lavare (e da riparare) ogni settimana, o ogni 15 giorni, utilizzando l’apposito  sacco  bianco.  E  non  manca  l’invito  a  recitare  il  breviario  nel  corso della giornata, per non trovarsi la sera a dover far tardi per completare la preghiera. Ecco le vive (e un poco apprensive) espressioni materne: heureuse  aussi  d’apprendre  l’arrivée  des  malles,  nous  espérons  que  tu pourras  les  ouvrir  sans  difficulté  si  les  clefs  accompagnent.  Autrement il ne resterait qu’à briser les cadenas à la pince. Vérifie bien le contenu, car elles sont assurées et étends les vêtements, même donne-les à repasser s’ils sont trop chiffonnés. […] n’oublie  pas  de  verser  ton  traitement  en  banque  pour  ne  pas  garder trop d’argent chez toi, il faut être prudent. J’espère  que  tu  t’accoutumes  au  régime  du  lever  tôt  et  des  repas.  Surtout ne néglige pas de t’alimenter en supplément entre 7h e 1h et entre 1h et 20h. Car c’est trop longtemps sans rien prendre. Je te rappelle aussi les redoxons puisque la grippe fait toujours rage. […] En  fait  d’autres  détails  matériels,  veille  à  faire  cirer  tes  souliers,  à  te laver les dents, à prendre ta serviette à table, à donner ton linge à laver ou toutes  les  semaines,  ou  tous  les  15  jours  en  demandant  qu’on  répare  les bas et le linge. tu as un sac blanc pour le mettre au fur et à mesure. Je  te  rappelle  aussi  qu’il  est  prudent  de  t’habituer  à  dire  ton  bréviaire dans le courant de la journée afin de pouvoir te coucher plus tôt. 64

Compagnia aerea di bandiera del Belgio, fondata nel 1923 e fallita nel 2001.

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non  sappiamo  come  il  figlio  reagisse  a  tutti  questi  minuziosi  ri chiami… La conclusione della lettera è piena di affetto e di spirito di fede: il figlio possa percorrere la nuova via a gloria di Dio! mon  cher  Paul,  nous  t’embrassons  de  tout  cœur  et  te  souhaitons  une carrière  féconde  pour  l’Église  et  pour  toi-même  spirituellement  enrichissante et bienfaisante. nos prières plus que jamais t’accompagneront dans cette voie nouvelle afin que tu la poursuives à la gloire de Dieu.

i suggerimenti della mamma al figlio proseguono nelle lettere successive (ad es. in merito a comperare un ombrello o un impermeabile, oppure a prestare attenzione all’influenza, non uscendo di casa troppo presto dopo il  calo  della  febbre  e  continuando  ad  assumere  la  vitamina  C,  il  famoso Redoxon): Le  beau  temps  est-il  revenu  à  Rome?…  Peut-être  devrais-tu  t’acheter un  «parapluie»  ou  un  imper[méable]  plus  léger,  il  doit  en  exister  là-bas (lettera del 13 e 14 ottobre 1957). Si  jamais  le  microbe  t’atteint,  surtout  ne  sors  pas  trop  vite  après la chute de température: le danger est très grand à ce moment. Continue à prendre des vit[amines] C (lettera del 23 ottobre 1957) 65.

un anno dopo, nella lettera del 22 ottobre 1958, la mamma formula gli auguri  per  i  31  anni  del  figlio  e  riferisce  anche  dell’incontro  con  un  certo canonico Laloup, da identificare con Jean Laloup, che fu professore (19421950),  poi  direttore  (1950-1958),  all’istituto  Saint-Boniface  di  ixelles 66, nella lettera, scritta in prossimità del compleanno di Paul, la mamma gli fa gli au guri  per  i  suoi  30  anni:  «C’est  l’âge  parfait  dit-on,  je  prie  le  Seigneur  de  te  conduire à cette perfection véritable qui elle n’a pas d’âge». 66 Sull’insegnamento  di  Canart  in  questo  istituto  (e  in  quello  di  Saint-Pierre  a  Jette) dà indicazione il curriculum vitae pubblicato in Appendice al nr. 1. L’institut Saint-Boniface (oggi institut Saint-Boniface Parnasse) fu fondato nel 1866: cf. x. DuSAuSoit, Saint-Boniface-Parnasse, Institut,  in  Dictionnaire d'histoire de Bruxelles cit.  (nt.  32),  p.  685.  Jean Laloup  (1916-1990),  fu  ordinato  sacerdote  nel  1939;  baccelliere  in  filosofia  nel  1935  e dottore  in  filosofia  e  lettere  nel  1945  all’università  cattolica  di  Lovanio,  fu  professore all’institut Saint-Boniface di ixelle dal 1942 e direttore dal 1950 al 1958, per passare poi quale  professore  all’università  cattolica  di  Lovanio.  Su  di  lui  cf.  la  pagina  web: http://www.md.ucl.ac.be/histoire/laloup/laloupCV.pdf (consultata il 5 aprile 2019), ove è anche riprodotto il necrologio apparso sul quotidiano La libre Belgique in data 1° dicembre 1990, ove si dà di lui questa testimonianza: «En 1958, il passe à l’université de Louvain pour enseigner la philosophie et les questions religieuses à des étudiants de médecine et de Sciences. nombreux sont ceux qui, grâce à lui, ont perçu ce qu’est l’esprit de sagesse et l’humanisme chrétien. […] Le chanoine Laloup est l’une de ces figures que les étudiants n’oublient pas». 65

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dove  Paul  Canart  insegnò  prima  di  venire  a  Roma.  Apprendiamo,  da  un cenno di Laloup riferito dalla mamma, della fama di distratto che Paul si sarebbe  fatto  (e  comprendiamo  perché  la  mamma  insistesse  con  il  figlio affinché non dimenticasse questa e quella cosa): J’ai rencontré le Ch[anoine] Laloup au marteau 67. Je me suis fait connaître.  il  avait  gardé  souvenir  de  toi,  surtout  de  tes  distractions!!  Enfin j’espère que tes 31 ans vont améliorer les choses!…

i  suggerimenti  della  mamma  non  daranno  comunque  tregua  al  figlio, anche  dopo  i  31  anni.  il  20  luglio  1960  leggiamo,  in  una  lettera  a  Paul, i promemoria riguardo alle cose che dovrà portare rientrando a casa di lì a tre settimane: Dans 3 bonnes semaines tu seras ici et nous nous en réjouissons. n’oublie  pas  de  rapporter  1  grande  valise  et  aussi  ta  petite,  l’une  dans  l’autre mais j’écrirai encore pour te remémorer les objets à rapporter.

nella lettera (già citata) del 22 ottobre 1958 la mamma aveva parlato, senza  indicarne  il  nome,  della  nipotina  Bénédicte,  di  5  mesi,  descrivendone il vivace cinguettio e il suo giocare con un sonaglio, oltre a elencare le sue prime pappe:  La  petite  pougeonne 68 va  très  bien,  elle  gazouille  comme  un  pinson, joue avec son hochet, mange des purées de p[ommes] de terre, tomates ou carottes et des panades à la banane orange et biscuits.

il 1° novembre Paul scrisse al fratello Jean 69, papà di Bénédicte, ringraziandolo per una foto della nipotina, che gli era stata inviata, e domandava scherzosamente se, oltre ad accartocciare le lettere, la piccola facesse progressi nel camminare o nel parlare:  Anche  nella  lettera  del  23  ottobre  1957  la  mamma  fa  riferimento  al  «marteau» (posto fra virgolette), dicendo di avervi incontrato alcune persone con le quali ha parlato di  Paul.  Sembra  quindi  trattarsi  di  un  ambiente  (un  locale,  luogo),  che  tuttavia  non  so meglio identificare (a Bruxelles esiste una «rue du marteau» che, per quanto calcolato da Google maps, dista dai 10 ai 13 minuti in auto dall’institut Saint-Boniface). 68 non  so  comprendere  il  significato  di  questa  parola,  attribuita  – probabilmente  in senso scherzoso – alla piccola Bénédicte (forse la mamma intendeva scrivere «petite pigeonne» cioè colombella?); nel testo della lettera segue un’altra parola, tra parentesi, che non so  trascrivere.  La  parola  «pougeonne»  ritorna  in  chiusura  della  lettera  di  Paul  al  fratello Jean del 1° novembre 1958 (citata parzialmente di seguito nel testo e pubblicata integralmente in Appendice al nr. 7). 69 La  lettera  fa  parte  del  gruppo  delle  lettere  –  conservate  nelle  «Carte  Canart»  –  di Paul ai genitori (e al fratello) in occasione degli eventi dell’ottobre 1958. 67

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merci  infiniment  pour  les  nouvelles  de  ma  grosse  nièce  et  pour  la photo promise. outre la façon magistrale dont elle froisse les lettres, faitelle  des  progrès  dans  le  domaine  loco-  et  verbomoteur?  Le  rapport  poids des panades et poids des muscles est-il satisfaisant, etc.…? J’ose escompter sur tout cela des notices aussi abondantes que variées.

Paul  era  quindi  attento  alla  nipotina,  e  lei  dovette  percepirlo,  quando lo incontrò in qualche occasione. il 13 novembre 1960 Jean scrisse a Paul (Bénédicte aveva ormai due anni e mezzo e doveva averlo visto nell’estate precedente):  si  comprende  che  lo  zio  aveva  fatto  colpo  su  di  lei,  se  Jean inizia  la  lettera  riferendo  il  nome  storpiato  con  cui  la  nipote  nominava lo zio e rimarcando che la piccola non lo dimenticava, individuandolo in un album di fotografie di famiglia:  très cher «le pô», C’est ainsi que ta nièce a décidé de nommer son oncle respectable. un samedi  que  nous  expliquions  à  notre  fille  que  nous  partions  voir  Bonne maman et Bon papa 70, elle a déclaré: «et le pô. Pati le pô? A pu» (il n’y en a plus). à Forest 71 elle a désigné dans l’album «le pô» sur ta photo. Sache donc que cet infâme démon ne t’oublie pas.

Sarà  stato  distratto  lo  zio  Paul,  ma  era  attento  ai  bimbi  ed  era  capace di farsi voler bene da loro! 8. RESOCONTI

VATICANI NEL

1958

Passo  infine  alle  lettere  di  Paul  ai  genitori  (e  al  fratello)  in  occasione degli  eventi  dell’ottobre  1958,  quando  morì  Pio  xii  e  venne  eletto  Giovanni  xxiii 72.  Vi  troviamo  una  verve narrativa  vivacissima,  un’ironia bonaria, talvolta pungente, e il gusto di divertire i suoi lettori: beninteso, i nonni marcelle e Georges. Forest è la località di Bruxelles (oggi un comune di Bruxelles-Capitale) in cui abitavano i Canart e dove precedentemente aveva abitato lo stesso Paul: si veda la lettera del 16 luglio 1957 di Paul al cardinale mercati (documento nr. 5 in Appendice) con l’indirizzo in calce: «57, avenue Jupiter, Forest (Bruxelles)»; a questo indirizzo è di conseguenza inviata la  lettera  di  mercati  a  Paul  Canart  del  23  luglio  1957  (documento  nr.  6  in  Appendice); anche la prima lettera di mamma e papà a Paul, datata 4 ottobre 1957, reca nell’intestazione la località di «Forest» (altre volte invece si trova più genericamente «Bruxelles»). 72 Questo gruppo di lettere è pubblicato integralmente in Appendice al nr. 7. Eugenio Pacelli  (1876-1956)  era  divenuto  pontefice,  con  il  nome  di  Pio  xii,  nel  1939;  Giuseppe Angelo  Roncalli  (1881-1963),  cardinale  dal  1953,  divenendo  papa  assunse  appunto il nome di Giovanni xxiii. 70 71

PAuL CAnARt,  SESSAnt’Anni ALLA BiBLiotECA VAtiCAnA

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le lettere erano inviate ai genitori (e al fratello Jean) con la preghiera che non le passassero agli estranei. La prima lettera, indirizzata ai genitori, era datata 12 ottobre 1958. in essa spiegava 73: «non ho bisogno di dirvi che vivo a Roma giornate storiche.  ho  pensato  che  sarà  più  facile  scrivere  a  macchina  giorno  per giorno le mie impressioni. ne allego un esemplare alla mia lettera». Ecco perché, di queste, abbiamo il testo 74. ne offro qualche estratto. mercoledì 8 ottobre, vigilia della morte di papa Pio xii, circola la notizia  del  suo  decesso  e  il  quotidiano  Il Tempo esce  con  un’edizione  straordinaria «che a caratteri cubitali ne dà il triste annuncio». Poi Paul viene a sapere  con  stupore  che  la  notizia  è  falsa.  «il  prefetto 75,  telefonando  per domandare le misure da prendere, si è sentito rispondere: “ma il Papa non è morto!”. Povero prefetto» 76. il  9  ottobre  il  Papa  muore  nelle  prime  ore  del  giorno  e  la  Biblioteca rimane chiusa. il giorno seguente, non sapendo se la si aprirà o no, alle 8 Canart è fedele al suo posto.  73 Do i testi di questo gruppo di lettere in una (mia) traduzione italiana. il testo francese è riportato integralmente, come indicato alla nota precedente, in Appendice al nr. 7. 74 Per quanto mi è dato sapere si tratta di testi sin qui inediti, anzi del tutto sconosciuti. 75 Anselm maría Albareda (cf. supra, nt. 20). 76 nella riproduzione on line de Il Tempo sul sito della Biblioteca nazionale di Roma, questo numero speciale non risulta presente. F. CoEn, Una vita tante vite, Soveria mannelli 2004, pp. 144-146, attribuisce l’annuncio errato, che coinvolse anche altri quotidiani, a un accordo mal funzionato: «un inserviente avrebbe aperto una certa finestra della residenza papale.  Questo  era  il  segnale  che  Pio  xii  era  morto.  Alle  11,30  dell’8  ottobre  del  1958 quella  finestra  venne  aperta  e  pochi  minuti  dopo  il  “messaggero”,  “il  tempo”,  “momento Sera” e “il Giornale d’italia” uscirono colle loro edizioni straordinarie annuncianti con titoli vistosi la avvenuta morte del Papa. La finestra però – ma lo si seppe molto più tardi – era stata  aperta  da  un  altro  inserviente  ignaro  dell’accordo  semplicemente  per  dare  aria  alla stanza» (ibid., p. 144). Sul sito di Vatican Insider un articolo di Andrea tornielli, pubblicato il  20  ottobre  2016  (pagina  web:  https://www.lastampa.it/2016/10/20/vaticaninsider/ castel-gandolfo-lo-scenario-del-dramma-finale-di-tre-pontificati-f2ymLpQ4lyQV1 bkii7tedP/pagina.html,  consultata  il  5  aprile  2019),  offre  una  versione  differente:  «[l’8 ottobre] il Papa è in agonia, ma ancora vivo, quando alle 11.11, inaspettatamente, un’agenzia di stampa romana batte la notizia della sua morte e prima di mezzogiorno quattro giornali escono listati a lutto nelle edicole della capitale. Edizioni straordinarie già pronte dal giorno precedente, alle quali vengono aggiunte soltanto poche righe in prima pagina sotto i  titoli  a  caratteri  cubitali  che  annunciano:  “Pio  xii  è  morto”.  ma  è  una  notizia  falsa.  un giornalista frettoloso aveva male interpretato il movimento di una tenda di una delle finestre  dell’appartamento.  un  pool  di  cronisti  era  infatti  d’accordo  con  l’archiatra  pontificio Galeazzi-Lisi che al momento del trapasso sarebbe stato agitato un fazzoletto da dietro la finestra. La mossa di una suora provoca lo spiacevole equivoco».

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il  prefetto,  con  l’aria  «sofferta»  come  nelle  circostanze  imbarazzanti, dichiara che è preferibile non lavorare... Solo i lavori urgenti devono essere fatti,  ed  è  sicuro  che  i  nostri  lavori  non  fanno  premura  anche  un  secolo dopo… tuttavia, nelle sale deserte di sopra, il vice prefetto 77 e il mio collega künzle 78 proseguono imperterriti il loro lavoro scientifico. Si andrà in gruppo al corteo? 79 Dei messaggeri prefettizi partono in tutte le direzioni, alla  ricerca  di  ordini  problematici…  Finalmente  ci  viene  dato  appuntamento per le 3 in Laterano. nel pomeriggio, verso le 2 e un quarto: non essendoci più tram in vista, prendiamo  un  taxi  con  il  nostro  collega  De  Gregori 80.  All’ingresso  di S. Giovanni in Laterano, la «tessera» della biblioteca, accompagnata dalla parola «servizio» pronunciata con tono perentorio fa miracoli: i gendarmi non domandano di meglio che di lasciarsi convincere.

Poco più oltre, sempre quel pomeriggio:  Presto,  incastrati  fra  i  dignitari  e  le  file  degli  spettatori  trattenuti  dai poliziotti,  non  ci  sentiamo  più  a  nostro  agio...  A  una  svolta,  ce  la  svigniamo,  e:  in  cammino  verso  S.  Giuliano  dei  Belgi 81.  Là  scopriamo  una terrazza che dà su Largo Argentina e una parte del Corso 82. Appena arrivati,  il  corteo  sbocca  da  lontano  davanti  al  Gesù 83.  una  fanfara  militare, vari distaccamenti, una doppia fila di monaci, di seminaristi, di parroci di 77 Arnold  Van  Lantschoot  (1889-1969),  collaboratore  della  Vaticana  dal  1929,  di venne  scriptor orientalis nel  1936,  e  ne  fu  vice  prefetto  dal  1951  al  1965.  Su  di  lui  cf.  R. DRAGuEt, André-Arnold Van Lantschoot († 23 février 1969), vice-préfet émérite de la Bibliothèque Vaticane, in  Byzantion 38  (1968), pp. 620-630;  J. BiGnAmi oDiER,  La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l'histoire des collections de manuscrits,  Città del Vaticano 1973 (Studi e testi, 272), pp. 262, 274 nt. 43, 315, 347, 469; n. ViAn, Figure della Vaticana, in L’Urbe 49 (1986), pp. 104-124: 118-119, riedito in  iD., Figure della Vaticana e altri scritti (nt. 25), pp. [331-355]: [349-350]. 78 Paul  künzle  (1906-1968)  entrò  in  Vaticana  come  scriptor latinus nel  1951,  divenendo  conservatore  dei  musei  Sacro  e  Profano  della  Biblioteca  nel  1965.  Su  di  lui  cf. J. RuySSChAERt, Künzle Paul, in Rendiconti della Pontificia Accademia romana di archeologia 41 (1968-1969), pp. 23-26; BiGnAmi oDiER, La Bibliothèque Vaticane cit. (nt. 77), p. 426; ViAn, Figure della Vaticana cit. (nt. 77), pp. 119-120 ([350-351] della riedizione). 79 Cioè  il  trasferimento  della  salma,  dalla  Basilica  di  S.  Giovanni  in  Laterano,  dove arriverà da Castel Gandolfo, in S. Pietro, come narra nel seguito. 80 Luciano De Gregori (1916-1987) fu in Biblioteca Vaticana quale assistente (per la catalogazione degli stampati) dal 1949 al 1977 (i dati sono ricavati dalla documentazione conservata nella sua cartella personale). 81 Chiesa di S. Giuliano dei Fiamminghi, in via del Sudario, a pochi passi dal largo di torre Argentina. 82 Corso Vittorio Emanuele ii. 83 La Chiesa del Gesù (in piazza del Gesù).

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Roma si stende su due chilometri (o più). Dietro le auto della famiglia possiamo individuare il piccolo Fanfani 84 in mezzo al gruppo di governo.

E seguono pagine e pagine di descrizione. Domenica  19  ottobre,  ai  novendiali.  Paul  Canart  riesce  a  conquistare una buona posizione per partecipare alla celebrazione:  Cominciano ad arrivare alcuni vescovi. in virtù di una selezione misteriosa, certuni sono invitati ad andar avanti nel coro e scompaiono ai nostri sguardi; ma altri devono accontentarsi dei banchi (pur guarniti di un tappeto verde) all’entrata del coro. Questi sfortunati […] non vedono niente, a  causa  del  catafalco.  uno  di  loro  scambia  con  il  cerimoniere  […]  dei  di scorsi che hanno un’aria poco amabile: deve ritenere lesa la sua dignità.

Poi i cardinali: La  maggior  parte  ha  l’aria  francamente  malandata:  la  scelta  dello  Spirito Santo non sarà facile. Spellman 85 trascina la gamba e non ha l’aria fiorente  che  mostra  nelle  foto.  Agagianian 86 è  molto  pio.  ottaviani 87 e  Ca nali 88 si fanno una concorrenza serrata quanto a bruttezza.

Vi è poi tutta l’incertezza delle fumate bianche o nere o grigie del conclave,  scrutate  da  piazza  S.  Pietro  in  un  clima  colmo  di  apprensione.  Ad esempio domenica 26 ottobre:  una  esclamazione  soffocata  mi  fa  sollevare  la  testa.  un’esile  fumata, ben  visibile  sul  fondo  blu  del  cielo,  esce  dal  comignolo.  È  trasparente  e bianca, ma so che tutte le fumate, per i primi secondi, sono bianche. Dappertutto,  con  voce  ancora  esitante,  si  diffondono  le  esclamazioni:  è bianca 89… ma cessa nel giro di tre secondi. ma come, tutto qui? Gli operatori hanno già rivolto i loro apparecchi verso la folla. un fotografo, credo quello del papa, fa segno a dei seminaristi di agitare con entusiasmo i loro cappelli,  per  essere  il  primo  a  registrare  il  favore  popolare.  ma  la  folla

84 Amintore Fanfani (1908-1999) era allora presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana (suo secondo mandato, dal 1958 al 1959) e segretario del partito della Democrazia Cristiana (dal 1954 al 1959). 85 Francis  Spellman  (1889-1967),  dal  1939  arcivescovo  di  new  york  e  cardinale  dal 1946. 86 Gregorio-Pietro  xV  Agagianian  (Grigor-Petros,  al  secolo  Łazar,  Ałačanean,  18951971), patriarca di Cilicia, cardinale dal 1946, da quell’anno era pro-prefetto della Congregazione per la propagazione della fede. 87 Alfredo ottaviani (1890-1979), cardinale dal 1953. 88 nicola Canali (1874-1961), cardinale dal 1935. 89 «è bianca» in italiano nel testo.

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rimane  esitante…  ma  ecco,  la  fumata  ricomincia.  Questa  volta  è  bianca, poi  piuttosto  gialla…  un  italiano,  al  colmo  dell’impazienza,  mi  domanda con tono implorante se è bianca o nera… Gli consiglio di attendere qualche secondo.  E  infatti  il  filo  di  fumo,  piegato  dal  vento,  volge  decisamente  al marrone  sporco…  All’esclamazione  di  entusiasmo  dei  primi  secondi  ha fatto seguito un «oh» deluso… E ben presto si delinea il movimento dell’esodo. non è ancora la volta buona…

La stessa delusione alla sera di quello stesso giorno: un  momento  d’attesa,  poi  un’abbondante  fumata,  incontestabilmente bianca  alla  luce  dei  proiettori.  Cominciano  a  scoppiare  gli  applausi,  si accendono dei proiettori: non è forse il segno dell’elezione? ma la fumata continua e non sembra più bianca; finisce perfino per diventare abbastanza scura. Si sente raffreddarsi l’entusiasmo… Ritorna bianca… no, è di nuovo nera… Decisamente, bisogna rinunciare a capire.

Dobbiamo  riconoscere  che  Paul  Canart  guarda  e  racconta  con  quel distacco che gli permette di reagire divertito alla tensione del momento. Finalmente il 28 ottobre viene eletto papa Giovanni xxiii. Ecco il vi vace commento che Paul fa al fratello Jean, scrivendogli il 1° novembre: Cari  Jean  e  Françoise,  «Vocabor  Johannes».  il  cuore  del  mio  augusto fratello ha battuto di fierezza leggendo queste parole memorabili, che rinnovavano una tradizione ingiustamente dimenticata dal medioevo! 90 […] Avrete  ammirato  come  il  nuovo  papa,  senza  dubbio  durante  le  ore  di insonnia che hanno preceduto il voto decisivo, ha saputo mettere a punto un bel discorsetto contenente le dieci ragioni per le quali Giovanni è il più bel nome della terra 91. Per parte mia, non ho che un augurio da formulare: che il prossimo Pontefice scelga di chiamarsi Paolo.

90 Se  si  fa  eccezione  per  Giovanni  xxiii  Cossa  (1360-65  ca.-1419)  – papa  di  obbedienza pisana dal 1410 al 1419 (quando riconobbe martino V come solo legittimo pontefice), considerato antipapa –, il precedente papa con quel nome fu Giovanni xxii Duesa (1245-1334, pontefice dal 1316 alla morte). 91 Canart fa riferimento al breve discorso pronunciato dal papa, che inizia appunto con le parole «Vocabor ioannes», nel quale spiega le ragioni del nome da lui scelto come pontefice.  Se  ne  veda  il  testo  (Discorso del Santo Padre Giovanni XXIII con il quale accetta il supremo mandato,  Basilica  Vaticana,  28  ottobre  1958),  edito  alla  pagina  web: http://w2.vatican.va/content/john-xxiii/la/speeches/1958/documents/hf_j-xxiii_spe_ 19581028_accettazione-mandato.html.

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E Canart fu profeta! 92 Continua: ma come fu eletto il cardinal Roncalli? non tornerò sui pronostici, esposti  nella  mia  ultima  lettera  ai  genitori.  Veniamo  immediatamente  al  conclave.  il  segreto  è  gelosamente  conservato:  persino  le  più  piccole  note  dei cardinali sono bruciate, e le persone del seguito non ne sanno assolutamente nulla. Ciò non toglie che, dal giorno dopo l’elezione, la gente ben informata vi faccia una narrazione circostanziata dell’evoluzione degli scrutini.

Qui  il  narratore  recensisce  due  versioni,  che  definisce  «perfettamente contraddittorie»; e prosegue commentando: mai  lo  storico  conoscerà  la  fine  del  caso...  Beninteso,  altre  versioni nasceranno ancora: si provocheranno in tutti i modi i cardinali impulsivi, come tisserant 93. Con noncuranza si lascerà scivolare nella conversazione: «Così, Eminenza, il vostro candidato è stato eletto». E, prima di riflettere, l’Eminenza  avrà  mugugnato:  «il  mio  candidato,  il  mio  candidato…».  Voi cogliete l’astuto modo di procedere, suscettibile d’infinite varianti negli in dustriosi cervelli italiani…

Dopo  la  lettera  del  4  novembre,  che  racconta  la  lunga  celebrazione dell’intronizzazione, Paul Canart raccoglie, nelle ultime due lettere, del 14 novembre  e  del  15  dicembre,  le  interpretazioni  e  le  dicerie  che  si  vanno diffondendo sul conclave col passare del tempo.  Quella del 14 novembre ricorda l’«ultima e benefica conseguenza dell’elezione  papale:  abbiamo  appena  riscosso  la  mensilità  supplementare offerta dal felice eletto, che, del resto, non paga di tasca sua». Quella del 15 dicembre contiene un episodio di «piccola storia», come lo chiama Canart: Le  finestre  del  conclave  sono  accuratamente  chiuse  e  sigillate.  ma, orrore!,  ci  si  era  dimenticati  di  chiudere  quelle  all’ultimo  piano.  Così,  la il successore di Giovanni xxiii Roncalli fu infatti Paolo Vi montini. Eugène tisserant (1884-1972) entrò in Vaticana nel 1908 come scriptor orientalis e assunse il compito di pro-prefetto dal 1930 al 1936, quando fu creato cardinale e nominato segretario della Congregazione per la Chiesa orientale. Decano del Sacro Collegio dal 1951, a  questo  titolo  presiedette  non  solo  il  conclave  del  1958,  di  cui  narra  Canart,  ma  anche quello del 1963. nel frattempo, nel 1957 era stato nominato bibliotecario, come successore del cardinale mercati, e tenne la carica sino al 1971. Su di lui cf. J. mEJíA - C. GRAFinGER B. JAttA, I cardinali bibliotecari di Santa Romana Chiesa. La quadreria nella Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano 2006 (Documenti e riproduzioni, 7), pp. 329-333, 389; É. FouiLLoux, Eugène cardinal Tisserant (1884-1972). Une biographie, Paris 2011. 92 93

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domenica sera si videro delle silhouettes ansiose chinarsi dall’alto sul cortile  di  S.  Damaso 94 per  ottenere…  non  di  certo  le  parole  d’ordine  della mafia o della democrazia cristiana, ma i risultati della partita Roma-Lazio.

ma  qui  mi  tocca  correggere  monsignor  Canart,  perché  domenica  26 ottobre  1958,  sesta  giornata  del  campionato  italiano  1958-1959  di  serie A,  non  vi  fu  il  derby romano,  ma  a  Roma  giocò  la  Lazio,  pareggiando  a reti inviolate con il napoli, e la Roma giocò a milano con l’inter, perdendo per tre reti a due95… 9. A

MODO DI CONCLUSIONE

mi sono dilungato con queste citazioni, espressione di un Paul Canart inedito. A ben guardare non così inedito: sono il segno di quella «serenità di  fondo  straordinaria,  che  è  stato  il  segreto  del  suo  successo  e  del  suo comunicare  con  gli  altri»,  come  già  ricordavo  con  le  parole  del  cardinale Farina.  La  sua  timidezza,  che  lo  rendeva  schivo  davanti  agli  altri  e  gli  faceva socchiudere  gli  occhi  nel  rivolgersi  alle  persone,  non  deve  farci  dimenticare  il  suo  aprirsi  all’amicizia  e  quel  suo  gusto  per  la  condivisione  in buona  compagnia,  quando  – varcata  la  soglia  della  riservatezza  – mostrava  uno  spiccato  e  gradevolissimo  senso  dello  humour e,  come  «si tramanda»,  nei  momenti  conviviali  alla  Scuola  di  paleografia  greca  o davanti  ai  buffet imbanditi  nei  convegni,  manifestava  una  straordinaria vivacità. Che  tutto  questo  nascesse  dalla  scelta  di  «servire  Dio»,  come  gli  ab biamo  sentito  dichiarare,  e  da  una  «religiosità  fortemente  interiore,  che non  disturbava  nessuno»,  come  si  esprimeva  il  cardinale  Farina,  lascio a tutti di intuirlo. Personalmente,  in  conclusione,  non  solo  confermo  di  aver  riscoperto Paul Canart, uomo e sacerdote, ma mi sembra di aver percepito in lui una profonda unità.

94 Sul Cortile di S. Damaso, luogo di accoglienza ufficiale delle personalità in Vaticano, si affacciano tre logge (dette Logge di Raffaello), ai tre rispettivi piani del Palazzo Apostolico. Quella situata al terzo piano era collegata alla Cappella Sistina e agli ambienti riservati del conclave. 95 Fra  i  numerosi  siti  che  riportano  questo  tipo  di  dati,  ho  utilizzato  la  pagina  web: https://www.statistichesulcalcio.com/campionati/italia/Serie-A_71/anno_26.html.

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APPEnDiCE

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Di DoCumEnti

nei  documenti  qui  pubblicati  – fatta  eccezione  per  il  nr.  1,  che  riproduce  il curriculum vitae di Paul Canart (che corredo di note con ulteriori indicazioni e con documentazione  a  sostegno  delle  indicazioni  già  presenti)  – fornisco  nelle  note soltanto richiami essenziali a persone o luoghi, alla loro prima ricorrenza nell’intera Appendice di documenti (rimandando in caso alle note più ampie presenti nel testo del contributo).

1

[curriculum vitae di Paul Canart] testo originale, conservato nella cartella personale 96.

Paul Canart – Curriculum vitae e titoli nato a Cuesmes (Belgio): 25 ottobre 192797 Studi universitari (all’università di Lovanio): – candidature  en  philosophie  et  lettres  (section  philologie  classique): 1944/45-1945/46. – baccalauréat en philosophie thomiste: 1946/47. 96 Per i contenuti è aggiornato al 1998. Costituisce verosimilmente l’allegato a una lettera, datata 7 gennaio 1999, a firma del cardinale Jorge m. mejía, archivista e bibliotecario di  S.R.C.,  e  indirizzata  a  monsignor  Giovanni  Battista  Re,  Sostituto  della  Segreteria  di Stato, contenente la richiesta di poter utilizzare per Canart il titolo di vice prefetto emerito della Biblioteca Apostolica Vaticana. Alla richiesta, come si evince dalla lettera di monsignor  Re  al  cardinale  mejía,  datata  28  gennaio  1999,  conservata  anch’essa  nella  cartella personale di Canart, non fu data risposta affermativa («conviene che il titolo di “Emerito” sia concesso solo per i Prefetti o i Presidenti e per i Segretari dei Dicasteri, e non invece per i Vice Prefetti o i Sotto-Segretari»). un curriculum vitae analogo, con alcuni aggiornamenti e qualche minima variante, è pubblicato in AGAti, Paul Canart. Una vita per i manoscritti cit. (nt. 2), pp. 26-27. nella cartella personale di Canart è inoltre conservato un altro curriculum vitae databile a prima del 1994 (perché non conosce ancora la nomina di Canart a vice prefetto). 97 L’atto di nascita («Extrait d’Acte de naissance»), emesso a Cuesmes il 18 settembre 1957  e  conservato  nella  cartella  personale,  riporta  il  nome  completo  (Paul,  Georges, Lucien), la data (25 ottobre 1927) e il luogo (Cuesmes) di nascita, oltre ai nomi completi

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– baccalauréat en théologie: 1950/51. – licence  en  philosophie  et  lettres  (section  philologie  classique): 1951/52-1952/53 98. – nell’intervallo:  studi  al  Seminario  maggiore  di  malines  e  servizio militare; ordinato sacerdote il 1 aprile 195199. – docteur ès lettres de la Sorbonne (doctorat d’État sur titres): 1979. insegnamento in due licei cattolici di Bruxelles (Saint-Boniface à ixelles100; Saint-Pierre à Jette)101: 1953/54-1956/57. Funzioni nella Biblioteca Apostolica Vaticana: – nominato  scriptor graecus in  luglio  1957,  in  funzione  dal  1  ottobre 1957. – Direttore del Dipartimento stampati 102 dal 1980 al 1984. – Direttore del Dipartimento manoscritti 103 dal 1984 al 1998. – Vice Prefetto dal 1994 104 al 1997 105. dei  genitori  (Canart  Georges,  Achille,  Bernard  e  Renders  marcelle,  Emilie,  Louise).  una genealogia  di  famiglia,  conservata  nelle  «Carte  Canart»,  ricorda  le  date  di  nascita  e  di morte  dei  genitori:  Georges  Canart  (1892-1974)  e  marcelle  Renders  (1896-1985).  Dall’immaginetta  ricordo,  conservata  nelle  «Carte  Canart»,  apprendiamo  che  Paul  ricevette la prima comunione solenne e la confermazione il 29 giugno 1938. 98 Diploma  dell’université  Catholique  de  Louvain  per  la  laurea  in  filologia  classica (licence en philosophie et lettres), datato Louvain, 24 settembre 1953, confermato a Bruxelles  il  30  dicembre  1953:  dal  documento  ufficiale,  conservato  nella  cartella  personale; tesi stampata:  VAn CAmP - CAnARt, Le sens du mot θεῖος chez Platon (cf. supra, nt. 13). 99 ordinazione sacerdotale il 1° aprile 1951 e prima messa l’8 aprile: dall’invito conservato nelle «Carte Canart». 100 Cf. supra, nt. 66. 101 Cf. supra, nt. 32. 102 Per sé, allora, denominato Sezione degli stampati. 103 Per sé, allora, analogamente denominato Sezione dei manoscritti. 104 nella cartella personale di Canart si conserva il documento della nomina conferita da papa Giovanni Paolo ii, a firma del Segretario di Stato cardinale Angelo Sodano, datato 9 febbraio 1994.  105 monsignor Canart andò in pensione al compimento del settantesimo anno di età, quindi il 25 ottobre 1997. tuttavia, come si evince dalla lettera (conservata nella cartella personale di Canart) del Sostituto Re al cardinale bibliotecario Luigi Poggi, datata 31 ottobre 1997, il 20 ottobre 1997 Poggi aveva chiesto che Canart potesse «essere prorogato in servizio ancora per un anno». nella risposta del 31 ottobre, monsignor Re concedeva «il nulla osta a che il Rev.do mons. Canart, collocato in pensione a tale data, possa rimanere in  servizio  ancora  per  un  anno  –  pertanto  fino  al  25  ottobre  1998  –,  percependo  quale retribuzione la somma derivante dalle differenze fra pensione e stipendio». Si comprende come, di conseguenza, la Vice Prefettura dovette concludersi il 25  ottobre 1997, al compimento del settantesimo anno, mentre sembra che Canart abbia conservato gli altri incarichi sino al 25 ottobre 1998.

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Funzioni nelle scuole vaticane: – Docente  nella  Scuola  Vaticana  di  Biblioteconomia  dal  1979/80  ad oggi; Direttore della medesima scuola dal 1979/80 al 1984/85. – Docente  di  paleografia  greca  nella  Scuola  Vaticana  di  Paleografia, Diplomatica e Archivistica dal 1969/70 ad oggi (ha creato l’insegnamento di paleografia greca). Collaborazione ad enti scientifici: – tra i membri fondatori 106 del «Comité international de paléographie grecque»;  Vice  Presidente  dello  stesso  Comité  dal  1988  al  1993;  Presidente del Comité dal 1993 ad oggi 107. – Presidente del Comitato di Studi Bizantini della Santa Sede, affiliato all’«Association  internationale  d’Études  Byzantines»,  dalla  sua  creazione (1980) ad oggi. – membro della Fondazione Latinitas (fino al 1997). – membro della Fondazione belga Darchis di Roma. – membro  del  Pontificio  Comitato  di  Scienze  Storiche  dal  1980  ad oggi. – membro  della  Commissione  italiana  indici  e  Cataloghi  dei  manoscritti. – membro  della  Commissione  italiana  tutela  e  Restauro  dei  Beni librari (fino al 1997). – membro  della  Commissione  per  l’edizione  nazionale  dei  classici greci e latini dell’Accademia dei Lincei. – membro  dei  comitati  di  amministrazione  o  di  redazione  delle  se guenti  riviste 108:  «Scriptorium»,  «Byzantion»,  «Gazette  du  livre  médiéval», «Revue d’histoire des textes», «Quinio». – membro  effettivo  o  onorario  delle  Accademie  e  Società  seguenti: membro straniero dell’Accademia dei Lincei, classe di scienze morali, storiche  e  filologiche;  membro  della  «Société  belge  d’Études  byzantines»; membro onorario dell’Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν di Atene; membro onorario dell’istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti. il Comité fu fondato il 9 ottobre 1981. La sua presidenza si concluse nel 2003. 108 il  curriculum vitae databile  a  prima  del  1994,  segnalato  supra,  nt.  96,  tralascia alcune riviste o società, mentre aggiunge che Canart fu anche «Socio corrispondente dell’istituto Siciliano di Studi Bizantini e neoellenici»; precisa inoltre, per tre riviste, il titolo di partecipazione alla loro direzione: «membro del Comitato d’Amministrazione della rivista  “Byzantion”.  membro  del  Comitato  Direttivo  della  rivista  “Scriptorium”.  membro  del collettivo di redazione della “Gazette du Livre médiéval”». 106 107

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onorificenze ecclesiastiche: – cappellano  di  Sua  Santità  (1964);  prelato  d’onore  di  Sua  Santità (1976); protonotario apostolico ad instar participantium (1998). 2 3 giugno 1957 [assenso dell’Arcivescovo di malines al cardinale mercati riguardo alla nomina di Paul Canart] Lettera  originale  dattiloscritta  con  firma  autografa,  conservata  nella  cartella personale.

malines, le 3 juin 1957

Éminence Révérendissime, J’ai  l’honneur  de  vous  accuser  réception  de  votre  vénérée  lettre  du  27 mai 1957 relative à la nomination éventuelle de m. l’abbé Canart comme scriptor grec à la Bibliothèque Vaticane. Si le départ de cet excellent professeur constitue pour notre diocèse en ce moment un réel sacrifice, je comprends d’autre part les nécessités particulières de la Bibliothèque Vaticane à laquelle le candidat proposé peut rendre de vrais services, et je consens à sa nomination prochaine, que je considère d’ailleurs comme un honneur pour notre clergé. Je prie Votre Éminence Révérendissime d’agréer l’hommage de ma profonde vénération et de mes sentiments de déférent et fidèle attachement.                                                         ✠ J[oseph] E[rnest] Card. Van Roey 109                                                                           Arch. De malines Son Éminence le cardinal Giovanni mercati110 Bibliothécaire et Archiviste de la S.É.R. Au Vatican

109 Jozef-Ernest  Van  Roey  (1874-1961)  fu  arcivescovo  di  malines  dal  1926  e  venne creato cardinale nel 1927 (cf. supra, nt. 14). 110 Giovanni  mercati  (1866-1957)  entrò  in  Vaticana  come  scriptor nel  1898,  divenendo  pro-prefetto  nel  1918  e  prefetto  l’anno  seguente;  dal  1936  alla  morte  fu  cardinale bibliotecario (cf. supra, nt. 25).

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3 11 giugno 1957 [richiesta al Sostituto della Segreteria di Stato riguardo alla nomina di Paul Canart] Copia da carta carbone, conservata nella cartella personale, di lettera dattiloscritta senza firma (probabilmente del prefetto della Biblioteca Vaticana Anselm maría Albareda).

11 giugno 1957 Eccellenza Reverendissima, nell’udienza  concessa  all’Em.mo  Signor  Cardinale  Bibliotecario  il  2 gennaio 1956, il Santo Padre Si degnò di nominare Scrittore per la lingua greca della Biblioteca Vaticana il Rev.do Sac. Raimondo Loonbeek 111. ma il suddetto Rev.do Loonbeek, per sopravvenuti impedimenti tra i quali la  malattia  dei  genitori  in  grave  età,  non  poté  a  suo  tempo  prendere  il  suo posto di lavoro, né in seguito quegli impedimenti gli hanno permesso di farlo. L’Em.mo  Signor  Cardinale  Bibliotecario,  non  volendo  lasciar  più  a lungo  vacante  quel  posto,  sarebbe  perciò  venuto  nella  determinazione  di presentare per la nomina a Scrittore per la lingua greca un altro studioso assai  qualificato,  il  Rev.do  Sac.  Paul  Canart,  dell’archidiocesi  di  malines, professore nel Collegio Saint Pierre di Jette Saint Pierre (Bruxelles) 112.  mi permetto, quindi, di pregare Vostra Eccellenza, a nome dell’Em.mo Signor  Cardinale  Bibliotecario,  di  voler  presentare  al  Santo  Padre 113 la nuova proposta, derivante dalle esigenze suddette. mi permetto anche di aggiungere, nel caso che il Santo Padre si degnasse di accogliere la proposta, che, a quanto mi consta, l’Em.mo Signor Cardinale Arcivescovo di malines è ben disposto a consentire la partenza del suddetto sacerdote per venire incontro alle esigenze della Biblioteca Vaticana. Colgo l’occasione per confermarmi con profondo religioso ossequio A Sua Eccellenza Reverendissima mons. Angelo Dell’Acqua114 Sostituto della Segreteria di Stato di Sua Santità Vaticano Raymond Loonbeek (1926-2003) fu ordinato sacerdote per la diocesi di malinesBruxelles nel 1951 (cf. supra, nt. 31). 112 Sul Collège Saint-Pierre a Jette cf. supra, nt. 32. 113 Pio xii Pacelli (1876-1958), eletto pontefice nel 1939. 114 Angelo Dell’Acqua (1903-1972) fu Sostituto presso la Segreteria di Stato dal 1953 al 1967 (cf. supra, nt. 30). 111

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4 3 luglio 1957 [nomina di Paul Canart in Biblioteca Vaticana] Lettera  originale  dattiloscritta  con  firma  autografa,  conservata  nella  cartella personale.

Dal Vaticano, 3 Luglio 1957

La Santità di nostro Signore Si è benignamente degnata di nominare Scrittore della Biblioteca Apostolica Vaticana il Reverendo Sacerdote Paolo Canart. tanto  si  partecipa  all’Eminentissimo  Signor  Cardinale  Giovanni  mercati, Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa, per sua opportuna conoscenza e norma.                                                                                           Angelo Dell’Acqua                                                                                                   Sostituto A Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Giovanni mercati Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa 5 16 luglio 1957 [risposta di Paul Canart a Giovanni mercati riguardo alla sua nomina] Lettera  originale  manoscritta  con  firma  autografa,  conservata  nella  cartella personale.

Bruxelles, le 16 juillet 1957 Éminence, J’ai reçu par l’intermédiaire de Son Éminence le Cardinal Van Roey la nouvelle que Sa Sainteté le Pape avait daigné me nommer aux fonctions de scrittore à la Bibliothèque Vaticane. Je  tiens,  Éminence,  à  vous  exprimer  ma  respectueuse  et  profonde reconnaissance  pour  avoir  bien  voulu  proposer  ma  candidature  tant  à Rome qu’à malines. Je saisis également cette occasion de vous remercier de  l’accueil  si  bienveillant  et  si  simple  que  vous  m’avez  réservé  à  Rome, lorsque j’ai eu l’honneur de vous être présenté au mois de mai dernier par monsieur le chanoine Ruysschaert 115. 115 José  Ruysschaert  (1914-1993)  entrò  in  Vaticana  nel  1949  come  scriptor latinus e fu poi vice prefetto dal 1965 al 1984 (cf. supra, nt. 24).

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Puisque j’ai maintenant, Éminence, l’honneur et le plaisir de travailler sous  vos  ordres,  dans  le  cadre  de  la  remarquable  Bibliothèque  Vaticane, je  vous  assure  de  mon  entier  dévouement  au  service  de  l’Église  et  de la science. J’espère, avec votre protection, ne pas me montrer trop indigne de l’honneur que m’est fait. Daignez encore une fois agréer, Éminence, l’expression de ma profonde reconnaissance  et  de  mon  très  respectueux  attachement  en  notre  Seigneur, Abbé P. Canart Abbé P. Canart, 57, avenue Jupiter, Forest (Bruxelles). 6 23 luglio 1957 [risposta di Giovanni mercati alla lettera di Paul Canart] Copia da carta carbone, senza firma, conservata nella cartella personale, di lettera dattiloscritta.

Cité du Vatican, le 23 juillet 1957

monsieur l’abbé, Je viens de recevoir votre lettre et je vous remercie des sentiments que vous y exprimez à l’égard de la Bibliothèque Vaticane et de moi-même. Les raisons que vous présentez pour demander que votre entrée ici ait lieu le 1er octobre sont justifiées. C’est donc à cette date que j’aurai le plaisir de vous accueillir parmi nous, et je vous confirme que m. le chanoine Ruysschaert sera de retour de vacances à cette date pour vous faciliter, si besoin en est, vos premiers contacts. En vous souhaitant de bonnes vacances d’ici là, je suis heureux de vous renouveler l’expression de mon religieux dévouement monsieur l’abbé Paul Canart 57, avenue Jupiter Forest (Bruxelles)

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7 8 ottobre – 15 dicembre 1958 [resoconto di Paul Canart ai familiari riguardo alla morte di papa Pio xii e all’elezione di Giovanni xxiii] 116 Copia in carta carbone di dattiloscritto, conservata nelle «Carte Canart».

Rome, le 12 octobre 1958

Chers parents, Je  n’ai  pas  besoin  de  vous  dire  que  je  vis  à  Rome  des  journées  historiques.  J’ai  pensé  que  le  plus  facile  serait  de  taper  au  jour  le  jour  mes impressions.  J’en  joins  un  exemplaire  à  ma  lettre.  Faites  attention  seulement  que  l’ordre  des  pages,  quelque  peu  troublé,  doit  être  rétabli  au moyen des chiffres inscrits au coin supérieur droit 117. La bibliothèque a fermé jeudi, vendredi et samedi 118. Les Lefèvre 119 son bien rentrés. Au collège belge, j’ai vu mgr Devroede 120 qui attend la venue possible  du  Cardinal  (en  avion?  …).  ma  prochaine  lettre  traitera  du Conclave et des hypothèses qui se multiplient… J’ai acheté l’un ou l’autre osservatore que je vous enverrai à titre de souvenir. Je me constitue d’ailleurs une petite collection de journaux à rapporter en Belgique. tout va bien, et à bientôt d’autres nouvelles. mercredi 8 octobre Vers  10h30,  à  la  Bibliothèque,  j’apprends  que  les  spasmes  des  artères cérébrales ont repris chez le Pape. A 10h40, venant du Préfet, la nouvelle  que  le  Pape  est  mort  se  répand.  Je  sors  à  1h  et,  en  passant,  achète 116 Pio xii Pacelli morì il 9 ottobre 1958; Giovanni xxiii Roncalli fu eletto il 28 ottobre successivo (cf. supra, nt. 72). 117 Canart  ha  disposto  le  prime  quattro  pagine  in  ordine  irregolare,  numerandole quindi con la sequenza: 0, 1, 2, 3 (che non è necessario segnalare nella trascrizione). 118 La Biblioteca venne chiusa giovedì 9 ottobre 1958, giorno della morte di Pio xii, e i due giorni seguenti. 119 non  ho  saputo  identificare  con  certezza  di  chi  si  tratti.  nelle  lettere  successive Canart ricorda varie volte un «monsignor Lefèvre», uditore della Rota (di lui ricorda anche che andò ad accogliere il cardinale Liénart alla stazione). mi domando se non possa essere Charles  Lefebvre  (1904-1989),  rotale  e  storico  di  diritto  canonico,  che  fu  decano  della Rota  dal  1976  al  1978.  Qui  probabilmente  Canart  fa  riferimento  a  lui  insieme  ai  suoi familiari. 120 monsignor  Joseph  Devroede  (1915-1989)  era  in  quegli  anni  (dal  1949  al  1962) rettore del Pontificio Collegio belga a Roma.

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le «tempo» 121, qui annonce en grosses lettres la triste nouvelle. Les gens s’attroupent silencieux pour regarder les journaux. Rentrant, j’annonce la mort du Pape à Virginie 122. tout émue, elle évoque ses souvenirs de la via Giulia,  l’ancienne  artère  aristocratique  percée  par  Jules  ii,  et  près  de laquelle Pie xii est né et a passé son enfance. Virginie est fière de ce pape «romanissimo»!  mais  le  chanoine  Van  Lantschoot 123 arrive  pour  dîner. J’apprends avec stupeur la «fausse nouvelle»: le Préfet, téléphonant pour demander  les  mesures  à  prendre,  s’est  entendu  répondre:  «mais  le  Pape n’est pas mort!». Pauvre Préfet… Par la suite, on aura des explications sur la macabre méprise. Des camions se sont efforcé de rattraper les journaux, mais  sans  toujours  réussir.  Les  concurrents  titrent  l’édition  suivante:  «il Papa non è morto!». L’incident est d’autant plus fâcheux que le «tempo» sortait, en même temps que la fausse nouvelle, un article assez pointu sur le problème de la succession, où des reproches enveloppés ne manquaient pas contre le Pape… Dans l’après-midi, les messages successifs du P. Pellegrini 124, parlant de Castelgandolfo 125,  ne  laissent  guère  d’espoir.  Des  groupes  stationnent  et prient sur la place Saint-Pierre. Jeudi 9 octobre mgr  Lefèvre  arrive  pendant  ma  messe,  annonçant  la  mort  du  Pape. tout en répondant, R.126 essaie d’avoir la radio Vaticane, mais en vain. un peu plus tard, Virginie confirme la nouvelle, disant que les églises sonnent le glas… Arrivant à 8h à la Bibliothèque, nous trouvons toutes les portes soigneusement fermées. Après commentaires sur la situation, nous revenons chez nous. L’après-midi,  la  porte  de  bronze,  entièrement  fermée  le  matin,  est  à moitié  ouverte  en  signe  de  deuil.  on  commence  à  dresser  des  barrières sur la place, où stationnent de petits groupes de gens, dans l’attente d’on ne sait quoi. Cf. supra, p. 47 e nt. 76. non so identificare ulteriormente questa Virginie: sembra trattarsi di una persona che aveva in cura la casa (il Pontificio Collegio belga?) dove abitava Canart con altri sacerdoti. 123 Arnold Van Lantschoot (1889-1969), collaboratore della Vaticana dal 1929, divenne scriptor orientalis nel 1936, e ne fu vice prefetto dal 1951 al 1965 (cf. supra, nt. 77). 124 Benché Canart usi la forma «Pellegrini», si tratta del gesuita Francesco Pellegrino, direttore dei programmi della Radio Vaticana dal 1953 al 1956. 125 Pio xii passò gli ultimi giorni nel palazzo apostolico di Castel Gandolfo, dove morì. 126 Forse (qui e nella lettera del 13 ottobre) Canart si riferisce a José Ruysschaert (cf. supra, nt. 24). 121 122

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Vendredi 10 octobre impossible,  hier  soir,  de  savoir  quoi  que  ce  soit  sur  l’ouverture  éventuelle de la Bibliothèque. Aussi, ce matin, à 8h, je suis fidèle au poste. Le Préfet,  l’air  «souffrant»  comme  dans  les  circonstances  embarrassantes, déclare  qu’il  est  préférable  de  ne  pas  travailler…  Seules  les  besognes urgentes doivent être faites, et il est sûr que les nôtres ne pressent pas à un siècle près… Cependant, dans les salles désertes du haut, le vice-préfet et  mon  collègue  künzle 127 poursuivent,  impavides,  leur  labeur  scientifique.  mais  ira-t-on  en  groupe  au  cortège?  Des  messagers  préfectoraux partent  dans  toutes  les  directions,  à  la  recherche  d’ordres  problématiques... Finalement, on nous donne rendez-vous à 3h au Latran. L’après-midi, vers 2h¼, départ. Comme il n’y a plus de trams en vue, nous  prenons  un  taxi  avec  notre  collègue  De  Gregori 128.  Aux  approches de Saint-Jean-de-Latran, la «tessera» de la bibliothèque, accompagnée du mot  «servizio»  prononcé  sur  un  ton  péremptoire  fait  merveille:  les  gendarmes  ne  demandent  pas  mieux  que  de  se  laisser  convaincre.  à  la  re cherche  du  groupe  de  la  Bibliothèque,  et  à  travers  le  dédale  des  cloîtres de la Basilique, nous aboutissons dans la nef. Rangés autour d’un simple tapis  flanqué  de  quatre  chandeliers,  chorale,  clergé,  prélats  divers, quelques religieuses et laïcs aux fonctions indéfinies attendent l’arrivée du cortège mortuaire parti de Castelgandolfo. Personne ne s’étonne de notre présence,  et  nous  apprenons  enfin  par  un  employé  qu’il  n’y  a  pas  de groupe de la Bibliothèque... Enfin nous sommes bien placés pour assister aux  absoutes.  un  mouvement  à  l’entrée:  le  cortège  fait  son  entrée.  Derrière  la  croix,  les  porteurs  en  uniforme  cramoisi:  le  triple  cercueil  doit peser lourd. Suivent tisserant 129 et masella 130, la famille: la sœur du Pape, les fameux neveux, le nez très aquilin. un beau et simple Libera me 131 est chanté  par  la  chorale.  tout  le  monde  s’est  groupé  autour  du  cercueil,

127 Paul künzle (1906-1968) entrò in Vaticana come scriptor latinus nel 1951, divenendo  poi  conservatore  dei  musei  Sacro  e  Profano  della  Biblioteca  nel  1965  (cf.  supra, nt. 78). 128 Luciano  De  Gregori  (1916-1987)  fu  in  Biblioteca  Vaticana  quale  assistente  dal 1949 al 1977 (cf. supra, nt. 80). 129 Eugène  tisserant  (1884-1972)  fu  creato  cardinale  nel  1936  e  dal  1951  fu  decano del Sacro Collegio. Dal 1957 al 1971 fu anche bibliotecario (cf. supra, nt. 93). 130 Benedetto Aloisi masella (1879-1970) era cardinale dal 1946; fu nominato camerlengo  di  S.  Romana  Chiesa  dai  cardinali  presenti  in  Roma  il  giorno  stesso  della  morte di Pio xii. 131 nell’originale in tondo.

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déposé  à  terre  «more  nobilium»,  et  sur  lequel  on  a  déposé  la  tiare. Quelques  spectateurs  sont  arrivés  par  des  toits  adjacents  à  la  hauteur d’une  lucarne.  La  tV  est  là.  Les  uniformes  chamarrés  des  gardes  nobles, parmi  lesquels  un  des  neveux,  brillent  sous  les  projecteurs.  La  brève absoute se termine par In Paradisum 132, et le cortège s’apprête à se mettre en  marche.  Du  haut  des  escaliers  de  Saint-Jean-de-Latran,  j’assiste  au départ…  Partout  autour  de  la  place,  une  foule  immense.  Des  détachements  militaires  rendent  les  honneurs.  Lorsque  le  corbillard  se  met  en marche, je longe la file des évêques, dont les tenues sont assez disparates. mais  bientôt,  engagés  entre  ces  dignitaires  et  les  rangées  de  spectateurs contenus par les policiers, nous ne nous sentons plus très à l’aise… à un tournant,  nous  nous  esquivons,  et  en  route  vers  Saint-Julien-desBelges 133.  Là,  nous  découvrons  une  terrasse  qui  donne  sur  le  Largo Argentina  et  une  partie  du  Corso.  à  peine  sommes-nous  arrivés  que  le cortège  débouche  au  loin  devant  le  Gesù 134.  une  fanfare  militaire,  différents détachements, une double file de moines, de séminaristes, de curés de Rome s’étend sur 2 km (ou plus). nous pouvons discerner derrière les autos de la famille le petit Fanfani au milieu du groupe gouvernemental. Après le cortège, une foule compacte s’ébranle pour suivre jusqu’à SaintPierre. nous descendons d’un étage pour voir à la tV l’arrivée du cortège sur la place. Le soir tombe: les lampes s’allument, des réflecteurs illuminent  la  façade.  La  foule  très  nombreuse  voit  en  silence  le  cercueil  hissé sur les degrés disparaître dans l’église… Samedi 11 octobre Les murs de Rome sont couverts de proclamations diverses: le bourgmestre, l’Action catholique, la démocratie chrétienne, etc. Les journaux et illustrés se multiplient à miracle. nombreuses photos du Pape, mince, très noir au début, l’air toujours un peu mélancolique: il est vrai que dans son enfance,  la  mode  n’était  pas  aux  photos  hilares  à  l’américaine…  mais même aux États-unis, le cardinal Pacelli 135 sourit encore difficilement. très jolie image, par contre avec des pigeons ou des agneaux à Castelgandolfo.

nell’originale in tondo. La  chiesa  di  S.  Giuliano  dei  Fiamminghi  (chiesa  nazionale  dei  Belgi)  è  situata  in via  del  Sudario  (nei  pressi  del  largo  di  torre  Argentina  e  non  lontano  da  corso  Vittorio Emanuele ii). 134 La chiesa del Gesù, in piazza del Gesù, è la chiesa madre della Compagnia di Gesù. 135 il cardinale Pacelli fu negli Stati uniti d’America nel 1936. 132 133

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Vers  3h,  je  me  rends  sur  la  place  Saint-Pierre.  à  l’entrée  de  la  Basilique, la foule qui fait la queue pour défiler forme déjà un bouchon. à l’intérieur,  un  couloir  central  réservé  aux  autorités  mène  au  catafalque  sur lequel la dépouille de Pie xii est exposée, en mitre et vêtements épiscopaux rouges. Je patiente dans la large file de droit; la chaleur reste forte; les  rayons  du  soleil  couchant  traversent  le  transept.  Enfin,  j’approche  du catafalque.  Aux  angles,  quatre  gardes  nobles  en  grand  uniforme:  culotte blanche,  tunique  rouge,  hautes  bottes  noires,  casque  à  cimier  d’où  pend une  longue  crinière  noire.  Au  fond,  les  gardes  suisses,  sur  les  côtés,  des gendarmes  pontificaux,  si  je  ne  me  trompe,  avec  le  képi  type  zouave.  Le pape semble assez petit. Son visage émacié est très blanc, ou plutôt gris, le  nez  busqué.  Les  gendarmes  doivent  faire  circuler  les  gens  qui  s’attardent:  le  silence  est  impressionnant,  surtout  peut-être  sur  la  place,  où  la foule  n’a  plus  rien  de  l’exubérance  italienne.  J’ai  rencontré  plusieurs  fois ces jours-ci des petites sœurs de Jésus (de Foucault), très reconnaissables à leur robe grise et à leur croix. malheureusement, peut-être, les vendeurs de portraits pieux, mais affreux, se multiplient… Je  repasse  sur  la  place  vers  6h30.  De  plus  en  plus  de  monde.  Dans  les bâtiments  inachevés  à  l’entrée  de  la  via  della  Conciliazione,  des  locaux improvisés  accueillent  les  journalistes.  tout  près,  un  autocar  de  la  Poste débite des timbres et reçoit la correspondance. La Poste vaticane, elle, est fermée, en attendant la série de timbres «Sede vacante». Dans l’obscurité, on ne  distingue  que  les  entrées  illuminées  de  la  Basilique.  Devant  elles,  on dirait que se presse une foule immobile; il s’agit, en fait, des gens qui entrent et sortent sans discontinuer; et toujours, le même silence lourd. Aux environs de la Colonnade, les agents de la circulation sont sur les dents. Dimanche 12 octobre D’heure  en  heure,  la  foule  qui  se  presse  à  Saint-Pierre  se  fait  plus dense. Quand je sors vers 6h, la circulation à la sortie du tunnel réclame les soins de plusieurs agents. Sur la place, le spectacle est hallucinant. De la  via  della  Conciliazione,  surgit  à  pas  pressés  une  foule  canalisée  par deux  camions  placés  en  travers  de  la  rue.  Les  rues  adjacentes,  dont  certaines  sont  barrées,  fourmillent  de  policiers  et  de  carabiniers.  Du  côté droit  de  la  place,  une  rangée  de  camions  barre  le  passage.  impossible  de discerner, dans la foule, l’endroit qui donne accès aux barrières suivantes, disposées  en  bas  des  marches.  Des  centaines,  des  milliers  peut-être  de policiers sont sur les dents. Parfois, un cordon se rompt, mais il y a tellement de barrières que les gens ne peuvent guère progresser au-delà. heu-

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reusement d’ailleurs, car aux portes de la Basilique, ce serait littéralement l’étouffement. on dirait que personne n’entre; et cependant, à gauche, les visiteurs sortent par centaines… Lundi 13 octobre Alors  que  je  ne  l’escomptais  pas,  j’ai  assisté  à  la  «tumulazione»  du Pape.  Voyant  avec  R.  une  foule  de  braves  religieuses  s’amener  pour  la cérémonie,  le  professeur  Battelli 136,  des  Archives,  fit  la  réflexion  qu’on pourrait  tenter  sa  chance.  Je  les  accompagnai.  nous  entrâmes  sans  difficultés  par  la  porte  Saint-Anne 137,  contournâmes  la  Basilique  pour arriver  devant  les  entrées  possibles.  Là,  évidemment,  gendarmes  impitoyables. Sans risquer l’entrée du corps diplomatique, nous essayons deux autres  accès,  mais  en  vain.  nous  nous  arrêtons  alors  devant  une  entrée, pour  voir  arriver  les  ambassadeurs  en  grande  tenue,  ceux  du  moins  qui en ont une. inutile de dire que l’auto des uSA est un véritable corbillard quant à la longueur… tout à coup le gendarme nous fait signe de passer. Sans  doute  est-il  rassuré  par  le  petit  nombre  de  resquilleurs…  nous pénétrons dans St-Pierre par des espèces de sous-sols et débouchons près du transept. un dernier gendarme: nous le fléchissons. La  nef  est  vide.  Les  quatre  tribunes  habituelles  aux  coins  du  transept pour  le  menu  fretin.  Dans  le  chœur,  les  évêques,  prélats  et  notabilités diverses.  nous  allons  nous  poster  à  l’entrée  de  la  nef.  Devant  nous,  la Confession 138.  La  dépouille  du  Pape  est  déposée  sur  un  grand  brancard entouré de cierges. un peu partout circulent les gardes nobles, suisses en cuirasse, gardes palatins en uniforme très 19e s. (erreur dans ma dernière lettre; je les ai appelés gendarmes pontificaux; ceux-ci sont en redingote et bicorne): ce sont eux qui forment la haie juste devant nous. Beaucoup de photographes, le cinéma, la tV. A  4h,  le  cortège  du  clergé  fait  son  entrée.  En  dernier  lieu,  après  les hauts  dignitaires  vaticans,  les  cardinaux,  détenteurs  actuels  du  pouvoir suprême.  Le  camerlingue  flanqué  de  tisserant;  Agagianian 139 avec  une 136 Giulio Battelli (1904-2005), sul quale cf. almeno R. CoSmA, Giulio Battelli, in Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria 102/2 (2005), pp. 367-382. 137 La  porta  di  S.  Anna,  che  prende  nome  dalla  chiesa  di  S.  Anna  ivi  ubicata,  è  l’ingresso attraverso il quale si accede più comunemente alla Città del Vaticano. 138 L’altare della Confessione è l’altare centrale di S. Pietro, edificato in continuità verticale con la Confessione, il luogo che accoglie la tomba dell’apostolo (il nome di Confessione ricorda che Pietro ha «confessato» la fede sino al martirio). 139 Gregorio-Pietro  xV  Agagianian  (1895-1971)  era  cardinale  dal  1946  (cf.  supra, nt. 86).

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tenue  un  peu  spéciale;  le  cardinal  Liénart 140 que  mgr  Lefèvre  est  allé aujourd’hui accueillir à la gare etc. etc. Les porteurs du pape soulèvent le brancard  et  le  cortège  se  dirige  vers  le  chœur.  C’est  là  qu’a  lieu  l’absoute et  la  longue  cérémonie  de  la  mise  en  bière.  nous  ne  voyons  plus,  mais entendons  les  chants,  la  lecture  du  procès-verbal  du  chancelier,  l’éloge funèbre  latin  par  mgr  Bacci 141 (j’ai  été  déçu:  je  m’attendais  à  de  belles périodes latines; j’ai surtout remarqué des dates…), les coups de marteau et  peut-être  le  bruit  de  la  soudeuse,  car  il  faut  fermer  les  trois  cercueils, deux  de  bois  et  de  zinc  (ou  de  plomb?).  La  cérémonie  est  belle  mais  un peu  longue.  Régulièrement,  les  gardes  nobles,  dans  un  bruit  martial d’éperons,  la  crinière  flottant  dans  le  dos,  se  retirent  solennellement  et discrètement… Puis ils reviennent, dégainant l’épée… Devant nous, l’un ou l’autre garde palatin s’impatiente… Enfin,  un  mouvement  se  fait.  Le  cortège  réapparaît.  Le  cercueil  roule sur un chariot, monte sur un plan incliné de planches qui l’amène sur une plate-forme d’où un treuil le descendra, à travers le sol de la Confession, dans  les  cryptes  vaticanes.  Juste  en  face  de  l’endroit  où  Saint-Pierre  fut enterré…  Aussitôt  le  cercueil  a-t-il  disparu,  tout  le  monde  se  disperse. Cérémonie vraiment impressionnante. Dimanche 18 octobre 142 Aujourd’hui, dernier des novemdiales 143. Ô surprise! Le Préfet nous a procuré des billets pour assister à la cérémonie. hier, j’ai fait une reconnaissance à St-Pierre: notre «box» se trouve dans l’aile droite du transept, à  la  hauteur  de  la  Confession.  Des  bancs  permettent  aux  occupants  des premières  rangées  de  s’asseoir.  Du  premier  rang  à  droite,  on  voit  une partie  du  chœur,  mais  l’autel  est  caché  par  le  monumental  catafalque.  il s’agira d’arriver à temps! Aussi, ce matin, immédiatement après la messe et le petit déjeuner, en route  pour  St-Pierre.  il  est  un  peu  plus  tard  que  8h.  mais  aux  barrières, on  interdit  de  passer  avant  9h.  Répétant  la  manœuvre  de  la  fois  passée, nous faisons le tour par la porte Ste-Anne et rejoignons la grille où nous

Achille Liénart (1884-1973) era cardinale dal 1930. Antonio Bacci (1885-1971), latinista al servizio della Santa Sede, divenne poi cardinale nel 1960. 142 in effetti si tratta della domenica 19 ottobre. 143 i  novendiali  indicano  le  esequie  in  suffragio  del  pontefice  defunto:  come  indica  il nome, si protraggono per nove giorni. 140 141

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avons  patienté  lundi.  Elle  est  encore  fermée,  mais  nous  sommes  sûrs maintenant d’être les premiers: seules 4 ou 5 personnes ont réussi, je ne sais  comment,  à  pénétrer  jusque-là.  A  8h30,  le  gendarme  ouvre  le  passage, et, d’un pas rapide, nous pénétrons dans la Basilique. Victoire, nous sommes les premiers dans l’enceinte m, et nous installons au coin à droite que j’ai repéré hier. Les premiers invités arrivent. Des deux côtés du chœur, plusieurs tribunes  accueillent  toutes  sortes  de  personnalités  ou  de  favorisés  du  sort: les  religieuses  sont  particulièrement  nombreuses:  à  croire  qu’elles  jouissent de relations haut placées dans le monde vatican. Des dames en noir, voire  même  en  robe  longue,  s’installent  en  minaudant…  Entre-temps, l’accès à la Basilique a été ouvert sur la place, et les rangées derrière nous se remplissent rapidement; à la tribune qui occupe l’angle en face de nous, deux  petits  dominicains  asiatiques,  jeunes  et  innocents,  arrivent  les  premiers; mais s’imaginant que la cérémonie se déroule à l’autel de la Confession,  ils  se  laissent  souffler  les  meilleures  places,  celles  d’où  l’on  voit  le chœur… Les gardes suisses ont un casque noir poli à aigrette rouge, et ne portent  pas  la  cuirasse.  Leurs  deux  sergents,  trapus  dans  leur  pourpoint noir  et  leur  culotte  rouge,  ont  un  air  assez  comique.  mais  l’officier,  en habit  de  velours  rouge  à  dentelles,  avec  casque  et  épée  travaillés,  est superbe. Ses souliers aussi sont d’époque, et peut-être son air hargneux… D’autres  personnages  surgis  du  16e  s.  font  leur  apparition,  en  fraise, culotte noire et petit manteau tombant sur l’épaule. Je pense aux glorieux ancêtres de la famille Canart…144 Des  évêques  commencent  à  arriver.  En  vertu  d’une  sélection  mystérieuse,  certains  sont  invités  à  avancer  dans  le  chœur:  ils  disparaissent  à nos  yeux;  mais  d’autres  doivent  se  contenter  de  bancs  (garnis  d’un  tapis vert,  il  est  vrai),  juste  à  l’entrée  du  chœur.  Ces  malheureux  n’ont  pas  de dossier  et  ne  voient  rien,  à  cause  du  catafalque.  L’un  d’eux  échange  avec le plantureux cérémoniaire des propos qui ont l’air peu amène: il doit estimer sa dignité lésée. Enfin, à 10h, le cortège des cardinaux fait son entrée et, par bonheur, passe de notre côté. Je les vois ainsi défiler sous mon nez, cependant que 144 nelle  «Carte  Canart»  si  conserva  un  foglio  che  rappresenta  schematicamente  gli antenati di Paul Canart, risalendo a un Paul Joseph Canart (1718-1781), che sposò marie Barbe Roulez (1709-1780); Paul Joseph è indicato come figlio di Charles e di marie meinarde  (per  i  quali  non  si  indica  tuttavia  alcuna  data).  Forse  Canart  pensava  ad  antenati ancora più antichi.

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la tV et les photographes braquent leurs objectifs dans ma direction. En tête,  tisserant  et  Pizzardo 145,  puis  masella,  entouré  d’une  petite  cour,  et derrière  tous  les  autres.  La  plupart  ont  l’air  franchement  décati:  le  choix du  Saint-Esprit  ne  sera  pas  facile.  Spellman 146 traîne  la  jambe  et  n’a  pas l’air prospère qu’il aborde sur les photos. Agagianian est très pieux, ottaviani 147 et  Canali 148 se  font  une  concurrence  serrée  quant  à  la  laideur: constituant à eux deux le corps des cardinaux diacres, ils ferment le cortège.  Le  cardinal  Van  Roey  n’est  pas  là:  il  ne  se  déplace  plus  qu’à  très grand’peine. La  cérémonie  comporte  d’abord  une  grand’messe  de  Requiem 149,  célébrée par le cardinal tisserant, dont on reconnaît tout de suite la prononciation française du latin. mais de notre place, nous ne voyons rien de la messe. Le chant polyphonique est très beau. La tV est en action. une des caméras  est  placée  à  l’entrée  du  chœur,  une  autre  sur  le  petit  balcon  qui surmonte la loggia d’un des piliers du transept du côté de la nef. on distingue  aussi  là-haut  (c’est  à  plusieurs  dizaines  de  mètres  du  sol)  la silhouette  de  quelques  religieuses:  probablement  sœur  Pasqualina 150 et ses  compagnes.  Sur  le  balcon  du  pilier  symétrique,  les  reporters  radios sont installés et bavardent consciencieusement dans leurs micros. Après la messe, 5 absoutes données par autant de cardinaux, placés à tous les coins du catafalque: tisserant commence la première et termine la  dernière.  il  est  presque  midi.  un  garde  suisse  s’est  éclipsé  pris  de malaise et quelques dames en font autant. La fin de la cérémonie arrive. Le cortège des cardinaux repasse, mais de  l’autre  côté  cette  fois.  il  est  suivi  par  toutes  les  personnalités.  nous repérons  des  têtes  princières,  d’un  type  assez  dégénéré:  nous  apprendrons par après qu’ils s’agissait de habsbourg. Quelques uniformes rutilants d’ambassadeurs, et c’est fini. il faut un certain temps pour parvenir à sortir…

Giuseppe Pizzardo (1877-1970) era cardinale dal 1937. Francis Spellman (1889-1967) era cardinale dal 1946 (cf. supra, nt. 85). 147 Alfredo ottaviani (1890-1979) era cardinale dal 1953 (cf. supra, nt. 87). 148 nicola Canali (1874-1961) era cardinale dal 1935 (cf. supra, nt. 88). 149 nell’originale in tondo. 150 Suor Pascalina (al secolo Josephine) Lehnert (1894-1983), delle Suore della Santa Croce di menzingen, era stata governante di Pacelli dai tempi della nunziatura in Baviera e poi nell’appartamento papale in Vaticano. 145 146

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Dimanche 26 octobre 1958, 16h14 Le  3e  scrutin  est  commencé.  Sera-ce  le  décisif,  comme  pour  Pie  xii. Déjà,  la foule  s’amasse sur la place  Saint-Pierre; une  rangée  de barrières la contient. Le long des barrières, de petites plates-formes soutiennent les caméras.  Les  appareils  de  télévision,  munis  de  leurs  objectifs  télémètres sont  installés  sur  la  galerie  qui  surmonte  la  colonnade  du  Bernin  et  se prolonge au-dessus des bâtiments qui précèdent la basilique. Des cabines téléphoniques sont également installées dans les hauteurs. L’attente commence… mais revenons à ce matin. Vers 11h, je me rends sur la place, où sont déjà  concentrés  plusieurs  milliers  de  personnes.  Cependant,  on  circule partout  à  l’aise,  tant  l’espace  est  grand.  L’atmosphère  est  curieusement tendue.  Rien,  en  effet,  ne  fait  présager  la  fumée;  le  son  des  cloches  qui marquent  les  quarts  d’heure  fait  tressaillir,  mais  n’a  rien  à  voir  avec  le moment fatidique. L’angle de la Sixtine, semblable à une grange, est visible de partout. C’est sur un des petits côtés de la chapelle que grimpe, faisant un coude à mi-chemin, le tuyau de zinc, peu esthétique, mais qui fait battre  les  cœurs  d’impatience.  Pour  tromper  le  temps,  je  lis  le  discours d’ouverture de mgr Bacci, dans un beau latin d’élève fort en thème… Les gens parlent assez peu. une série d’appareils photographiques sont prêts à enregistrer la «fumata»… une  exclamation  étouffé  me  fait  lever  la  tête.  une  mince  fumée, très visible sur le fond de ciel bleu, sort du tuyau. Elle est transparente et blanche, mais je sais que toutes les fumées, durant les premières secondes, sont  blanches.  Partout,  d’une  voix  encore  hésitante,  fusent  les  exclamations: è bianca… mais elle cesse au bout de trois secondes. Comment, estce  tout?  Déjà,  des  cinéastes  ont  retourné  les  appareils  vers  la  foule.  un photographe, que je crois être celui du pape, fait signe à des séminaristes de brandir leur chapeau avec enthousiasme, pour enregistrer le premier la ferveur  populaire.  mais  la  foule  reste  hésitante…  Ça  y  est,  la  fumée recommence. Cette fois, elle est blanche, puis plutôt jaune… un italien au combe 151 de  l’impatience  me  demande  d’un  ton  implorant  si  elle  est blanche ou noire… Je lui conseille d’attendre quelques secondes. Et de fait, le filet, rabattu par le vent, tourne franchement au brun sale… à l’exclamation  d’enthousiasme  des  premières  secondes  a  succédé  un  oh  déçu… Et  bientôt,  le  mouvement  d’exode  se  dessine.  Ce  n’est  pas  encore  pour cette fois... 151

Svista per «comble».

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C’est  peut-être  le  moment  de  faire  le  point  des  conjectures  et  pronostics.  Dès  les  premiers  jours  la  «compétition»  est  apparue  assez  ouverte. Plusieurs  facteurs  entrent  en  jeu,  en  effet.  tout  d’abord:  pape  vieux  et  de transition, ou pape jeune (relativement); ensuite, qui l’emportera des tendances de «droite», de «centre» ou de «gauche»? La seule personnalité qui s’imposerait est montini 152, mais le fait qu’il n’est pas cardinal et les adversaires qu’il a à Rome rendent son élection quasi impossible. Comme candidats de droite, on a cité d’abord ottaviani, mais sa «cote» semble tombée presque  à  zéro.  Siri 153 serait  représentant  d’une  tendance  centre-droit,  et jouirait  de  l’appui  des  cardinaux  de  Curie  conservateurs,  mais  son  jeune âge est un obstacle très grave après le long pontificat de Pie xii. Les représentants de la tendance de «gauche» sont Lercaro 154 avant tout, et dans une certaine mesure Roncalli et Valeri 155. Lercaro est trop «engagé», semble-til, pour avoir des chances sérieuses. Les deux autres, plutôt que des «gauchistes»  véritables,  sont  des  candidats  de  conciliation.  nous  en  arrivons ainsi à la catégorie qui paraît devoir l’emporter: les candidats dont la personnalité n’est pas trop affirmée. Si on préfère un «vieux», les 4 noms les plus  cités  sont:  Roncalli  et  Valeri,  plus  sympathiques  aux  gauchistes,  et masella  ou  mimmi 156,  plus  portés  vers  la  droite.  Le  seul  étranger  qui  ait des chances sérieuses est Agagianian, relativement jeune et très conciliant, mais  on  peut  se  demander  si  sa  candidature  n’est  pas  appuyée  plus  par la vox populi (il est sympathique aux italiens) que par les cardinaux; toutefois, le «tempo», par exemple, le donne comme grand favori après masella. Le chanoine Ruysschaert croit fermement à l’élection de Roncalli. Vu mes attaches orientales, j’ai parié pour Agagianian. Le premier tour aura vu un certain nombre de votes de courtoisie, notamment pour tisserant, qui s’est montré fort actif durant la période de «Sede Vacante». Le conclave sera-t-il long? Les bruits les plus contradictoires ont couru à ce sujet. objectivement, je crois qu’il doit être nettement plus long que pour  Pie  xii.  De  plusieurs  côtés  cependant,  on  a  dit  que  les  cardinaux voulaient  en  finir  vite.  mais  entre  le  désir  et  la  réalisation!  Le  grand nombre d’étrangers rend certainement les conversations et ententes préalables difficiles... 152 Giovanni  Battista  montini  (1897-1978),  allora  arcivescovo  di  milano,  sarebbe stato creato cardinale nel 1958, divenendo poi papa con il nome di Paolo Vi nel 1963. 153 Giuseppe Siri (1906-1989) era cardinale dal 1953. 154 Giacomo Lercaro (1891-1976) era cardinale dal 1953. 155 Valerio Valeri (1883-1963) era cardinale dal 1953. 156 marcello mimmi (1882-1961) era cardinale dal 1953.

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18h45 Je reviens de la place Saint-Pierre. Dans le jour déclinant, nous avons vécu une longue attente. Petit à petit, le ciel s’obscurcissait, tandis qu’une magnifique pleine lune se levait dans notre dos. Des réflecteurs éclairaient de plus en plus nettement dans la pénombre l’angle de la Sixtine. un vol compact  d’oiseaux  virevoltait  autour  de  la  coupole  et  des  bâtiments  du Conclave, sujet de réflexions pieuses pour les bonnes religieuses. Près de nous, un noir (ou un indien), le chef surmonté d’un magnifique diadème de plumes multicolores. inutile de préciser qu’il était l’objet de la curiosité générale. mais finalement, les plumes se sont éteintes dans la nuit. Six  heures!  Voilà  la  fumée!  tout  d’abord,  quelques  minces  lambeaux anémiques;  de  quelle  couleur?  Bien  malin  est  qui  pourrait  le  dire…  un moment d’attente, puis une abondante fumée, incontestablement blanche dans la lueur des réflecteurs. Les applaudissements commencent à fuser, des  projecteurs  s’allument:  n’est-ce  pas  le  signe  de  l’élection?  mais  la fumée  continue,  et  elle  ne  semble  plus  si  blanche,  elle  finit  même  par devenir assez foncée. on sent l’enthousiasme se refroidir… Elle redevient blanche...  non,  elle  (sic)  de  nouveau  noire…  Décidément,  il  faut  donner sa langue au chat. La foule patiente, mais on la sent redevenue sceptique. Comment savoir???? Après cinq minutes, des fenêtres s’allument dans les appartements du Conclave. il semble bien que le gros de la foule (énorme) soit  toujours  là.  Encore  5  minutes,  et  nous  nous  décidons  à  partir… Allons, il faudra revenir demain, et combien de jours encore?… Rome, le 1 novembre 1958 Chers Jean et Françoise, «Vocabor Johannes». Le cœur de mon auguste frère a battu de fierté en lisant ces paroles mémorables, qui renouaient avec une tradition injustement  oubliée  depuis  le  moyen-Âge 157!  Des  esprits  aussi  chagrins  que canoniques  ont  fait  remarquer  que  le  Pontife  avait  allègrement  négligé l’antipape Jean xxiii 158! or, Alexandre Vi 159 avait laissé au faux Alexandre V 160 le monopole de son chiffre. à cela, on répondra que l’exemple du

157 il precedente papa con quel nome fu Giovanni xxii Duesa (1245-1334, pontefice dal 1316) (cf. supra, nt. 90). 158 Si tratta di Giovanni xxiii Cossa (intorno al 1360-1365 ca.-1419), papa di obbedienza pisana (cf. supra, nt. 90). 159 Alessandro Vi Borgia (1431-1503, pontefice dal 1492). 160 Alessandro V Filargis (1340 ca.-1410, pontefice eletto a Pisa nel 1409, antipapa). 

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pape Borgia a pu sembler suspect au cardinal Roncalli. Quoi qu’il en soit, les  voix  des  speakers  italiens  articulent  suavement  les  nombreuses  syllabes  de  Giovanni  ventitreesimo…  Vous  aurez  admiré  comment  le  nouveau  pape,  sans  doute  durant  les  heures  d’insomnie  qui  ont  précédé  le vote décisif, a su mijoter un beau petit discours contenant les dix raisons pour lesquelles Jean est le plus beau nom de la terre. Quant à moi, je n’ai plus  qu’un  souhait  à  formuler,  c’est  que  le  prochain  Pontife  choisisse  de s’appeler Paul 161… mais comment le cardinal Roncalli fut-il élu? Je ne reviendrai pas sur les  pronostics,  exposés  dans  ma  dernière  lettre  aux  parents.  Venons-en immédiatement au conclave. Le secret en est jalousement protégé: même les plus petites notes des cardinaux sont brûlées, et la suite ne sait absolument  rien.  n’empêche,  dès  le  lendemain  de  l’élection,  les  gens  bien informés vous font un récit circonstancié de l’évolution des scrutins… or  donc,  voici  déjà  2  versions,  parfaitement  contradictoires  d’ailleurs. La  première  est  de  l’hebdomadaire  l’Europeo,  spécialiste  en  reportages indiscrets. Le premier jour, 2 partis égaux: l’un soutient le cardinal Agagianian;  la  tendance  conservatrice  s’est  regroupé  autour  de  lui,  désespérant  de  faire  aboutir  la  candidature  de  Siri  ou  d’ottaviani;  l’autre,  dirigé par  les  cardinaux  français,  met  en  avant  Roncalli;  lundi,  la  résistance  de droite  commence  à  faiblir,  et  les  indécis  sont  ralliés  un  à  un  grâce  aux démarches  de  l’infatigable  Feltin 162.  Enfin,  dès  mardi  matin,  l’élection  de Roncalli est assurée. il se peut toutefois qu’il ait dû donner des gages aux conservateurs, et par exemple renoncer au secrétaire d’État dont il rêvait, à savoir montini. La deuxième version vient d’une personnalité vaticane et cadre mieux avec les impressions recueillies par mgr Lefèvre dans les milieux français. Le conclave commence par une lutte entre le candidat de droite Siri et le «gauchiste» Lercaro. Devant l’impossibilité de faire aboutir l’un ou l’autre, les candidatures de compromis interviennent: Roncalli et  masella.  Assez  vite,  Roncalli  l’emporte.  Dans  l’affaire,  les  cardinaux français n’ont pas joué le rôle important qu’on leur prête: ils n’avaient pas de  candidat  en  entrant  au  conclave,  et  de  toute  façon,  auraient  préféré Valeri à Roncalli (Valeri fut nonce en France avant Roncalli). Agagianian n’aurait jamais eu de chances. Conclusion: croyez-en ce que vous voudrez: jamais l’historien ne saura le fin mot de l’affaire… Bien entendu, d’autres

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Di fatto, successore di Giovanni xxiii fu Paolo Vi montini. maurice Feltin (1883-1975) era cardinale dal 1953.

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versions  vont  encore  naître:  on  taquinera  par  tous  les  moyens  les  cardinaux impulsifs, tels que tisserant. on leur glissera négligemment dans la conversation: ainsi, Éminence, votre candidat a été élu. Et avant de réfléchir,  l’Éminence  aura  bougonné:  «mon  candidat,  mon  candidat…».  Vous saisissez l’astucieux procédé, susceptible d’infinies variétés dans les industrieuses cervelles italiennes… Et  maintenant,  j’attends  le  couronnement,  pour  lequel  nous  espérons décrocher  des  places.  La  cérémonie  fera  l’objet  d’une  chronique  aux  pa rents. merci  infiniment  pour  les  nouvelles  de  ma  grosse  nièce 163 et  pour  la photo promise. outre la façon magistrale dont elle froisse les lettres, faitelle des progrès dans le domaine loco- et verbomoteur? Le rapport poids des panades et poids des muscles est-il satisfaisant, etc. …? J’ose escompter sur tout cela des notices aussi abondantes que variées. Chers  Jean  et  Françoise,  je  vous  dis  au  revoir  jusqu’à  ma  prochaine lettre, espérant qu’elle sera stimulée par la réception d’une des vôtres. une grosse baise à la pougeonne (ou poujonne?)164. Rome, le 4 novembre 1958

Chers parents, me  voilà  comblé  pour  un  certain  pemps 165 de  grandes  cérémonies! mais venons-en tout de suite au récit de cette longue matinée. mgr Lefèvre, qui participait en bonne place aux solennités, en sa qualité  d’auditeur  de  Rote,  nous  avait  procuré  des  places  dans  l’enclos  situé dans  l’aile  gauche  du  transept,  en  regardant  le  chœur.  Places  excellentes pour suivre le déroulement de la messe à l’autel papal, à condition d’arriver assez tôt! or, les portes de Saint-Pierre s’ouvraient à 7h… Ainsi donc, notre journée commença à 4h45! messe, déjeuner rapide, et en route pour tâcher de renouveler le coup de fois passée: faire le tour par  la  porte  Ste-Anne  et  entrer  les  premiers  dans  la  Basilique.  tout marcha  très  bien.  malheureusement,  lorsqu’à  6h45,  nous  arrivâmes  en vue  de  l’entrée  de  la  sacristie,  la  foule  venait  d’être  lâchée  par  les  gendarmes. Ruée générale, où les jambes alertes se voyaient favorisées. Grâce à cela, je me trouvai placé au 3e rang, mais un peu trop à droite, comme

Bénédicte, nata il 23 maggio 1958. non  so  comprendere  il  significato  di  questa  parola,  attribuita  – probabilmente  in senso scherzoso – alla piccola Bénédicte (cf. supra, nt. 68). 165 Svista per «temps». 163 164

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je  devais  m’en  rendre  compte  par  la  suite,  mais  trop  tard.  En  effet,  il  ne fallut  pas  deux  minutes  pour  que  tous  les  bancs  fussent  occupés,  et  que l’allée du milieu fût encombrée de religieuses, fort peu détachées des vanités de ce monde, car elles jouaient abondamment des coudes pour arriver aux premiers rangs… Enfin, j’étais assis, ce qui allait se révéler un avantage fort appréciable. L’attente commença, agrémentée de quelques prises de bec, où se distingua une dame d’âge assez avancé, nantie d’un encombrant pliant, et qui, arrivée après beaucoup d’autres, tâchait de se créer une place au soleil. Après s’être attirée quelques rebuffades, elle quitta les lieux en larmoyant, disant qu’elle devait être entourée de «tedeschi» pour qu’ils se montrassent si méchants… Le début de la cérémonie était prévu pour 8h½. J’eus tout le loisir d’admirer  les  dizaines  de  projecteurs  destinés  à  illuminer  la  nef  et  le  chœur, les grandes tentures rouges masquant les piliers, et surtout les innombrables  grappes  de  cierges  – électriques  – ornant  les  murs.  Et  de  nouveau, évidemment,  le  déploiement  de  troupes  en  grand  uniforme:  les  Suisses avaient revêtu la cuirasse, les gendarmes portaient le grand bonnet à poil, les  gardes-nobles  étaient  plus  napoléoniens  et  les  gardes  palatins  plus louis-philippards  que  jamais…  Quant  au  public,  les  invitations  prescrivaient le costume noir et pour les dames, la voilette… un peu avant 9h, un remous se produisit vers l’entrée de la Basilique, des vivats retentirent, les trompettes d’argent des gardes nobles sonnèrent. Le pape faisait son entrée. Je ne savais pas à ce moment qu’on attendrait une  heure  et  demie  avant  de  le  voir!…  En  effet,  après  avoir  reçu  l’hommage du chapitre de St-Pierre, il s’arrêta deux fois pour recevoir celui des cardinaux, chanter tierce et revêtir les habits pontificaux. tout cela se passait  dans  des  chapelles  invisibles  à  nos  yeux.  une  petite  distraction: le  cortège  des  représentations  étrangères,  ouvert  très  dignement  par  le prince Albert 166. Suivaient une série de ministres et d’ambassadeurs parmi lesquelles je n’ai reconnu personne, sauf une dame qu’on disait être l’ancienne ambassadrice Booth-Luce 167. Enfin, le cortège des évêques annonça l’arrivée du pape. une longue file de chapes et de mitres blanches (à l’exception de l’un ou l’autre original – ou distrait – en mitre dorée ou sans mitre du tout!), parmi lesquelles non

il principe Alberto (nato nel 1934), re Alberto ii del Belgio dal 1993 al 2013. Clare Boothe Luce (1903-1987) era stata ambasciatrice statunitense presso la Re pubblica italiana dal 1953 al 1956. 166 167

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plus  je  ne  reconnus  personne,  sauf  l’évêque  éthiopien  du  Damascène 168, qui arborait d’ailleurs une splendide couronne, selon son rite… Les cardinaux, en mitre, eux aussi, l’habituelle suite de mouches du coche, et, tout de même, la sedia surmontée du baldaquin. Le pape portait la mitre et les (nombreux)  ornements  pontificaux.  il  passa  de  l’autre  côté,  saluant  spécialement  un groupe important  de Vénitiens,  et s’arrêtant  trois fois pour entendre chanter le «Sancte Pater, sic transit gloria mundi», qui se mêlait de  façon  significative  aux  applaudissements…  il  descendit  devant  l’autel de la confession, et la messe commença aussitôt. Je ne vais pas vous raconter en détail. J’ai spécialement admiré l’Epître et l’Evangile en grec (par des moines de Grotafferrata 169, je pense), les litanies  chantées  devant  le  tombeau de saint  Pierre…  et  l’aisance  étonnante des  multiples  cérémoniaires,  qui  avaient  même  l’air  de  se  sentir  un  peu trop chez eux… J’ai perdu une partie des gestes du pape à l’autel, à cause d’une  des  colonnes  du  ciborium;  par  contre,  en  me  torturant  un  peu  la tête, je voyais au fond du chœur le trône papal, brillamment illuminé par les  réflecteurs.  trois  de  ceux-ci  firent  d’ailleurs  bruyamment  remarquer leur  présence  en  sautant…  à  part  cela,  pas  d’incident,  sauf  un  banc s’écroulant  avec  fracas  mais  sans  dommage  dans  une  des  tribunes  couvertes. Comme les fois précédentes, la t.V., les cinéaste, les reporters etc. étaient perchés dans tous les coins. Le pape fit lui-même un sermon latin, dont je parvins à saisir une partie; tout le monde s’accorde à louer la force de la voix de Jean xxiii. La  messe  se  termina  vers  12h30.  Le  cortège  se  reforma,  pour  passer cette fois de notre côté. Le pape avait l’air très ému et un peu fatigué, ce qui se comprend. il souriait, mais avec quelque effort. De toute façon, il a l’air très bon et très sympathique; il doit – petit détail – peser plus lourd que Pie xii aux épaules de ses porteurs: mgr Lefèvre a entendu dire qu’on avait renforcé l’équipe… Sitôt le pape passé, ruée vers la sortie, pour aller voir  sur  la  place  la  cérémonie  du  couronnement.  Revers  de  la  médaille: j’eus de la peine à trouver une place d’où j’apercevais le balcon central; les évêques et les prélats s’étaient groupés en haut des escaliers, formant une grande  tache  blanche,  violette  et  rouge.  Les  uniformes  des  carabiniers 168 Probabile riferimento al Collegio Damasceno (istituto di S. Giovanni Damasceno), fondato  per  accogliere  preti  orientali  (o  latini  per  le  Chiese  orientali),  successivamente riservato ai preti dalle Chiese orientali cattoliche dell’india (siro-malabarese e siro-malankarese). non saprei chi fosse il vescovo etiopico cui Canart allude. 169 Svista per «Grottaferrata».

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ajoutaient  encore  au  spectacle,  un  peu  gâté  par  l’absence  de  soleil.  Bien tôt,  apparurent  aux  balcons,  comme  dans  un  tableau  moyenâgeux,  les silhouettes  blanches  et  mitrées  des  cardinaux  et  cérémoniaires.  on  distingue  malaisément  le  pape,  tant  la  distance  est  grande.  Par  contre,  les haut-parleurs  amplifient  extraordinairement  les  voix.  tisserant,  reconnaissable  à  son  accent  français,  chante  l’oraison.  Canali,  assez  bredouillant, lit la formule. on soupçonne vagument la tiare… maintenant, la voix  du  pape  s’élève  pour  la  bénédiction:  Vives  acclamations,  lecture  de l’indulgence, couverte par le son des cloches. La foule se disperse déjà. il est  1h.  Voilà  au  moins  une  cérémonie  d’une  brièveté  exemplaire.  n’empêche, 6 heures dans la foule, c’est déjà une performance! Demain,  le  travail  reprend.  De  bonne  source,  nous  apprenons  que le  pape  a  donné  des  ordres  pour  la  gratification  de  joyeux  avènement. Rempli  d’optimisme  à  cette  pensée,  je  vous  dis  au  revoir  jusqu’à  la  se maine prochaine. Rome, le 14 novembre 1958 Chers parents, La vie romaine reprend son cours habituel. Le mauvais temps vient de faire  son  apparition  de  façon  remarquée:  des  pluies  diluviennes  de  trois jours.  mais  aujourd’hui  de  nouveau  un  temps  doux  et  ensoleillé.  Voilà déjà  un  petit  temps  que  l’on  chauffe  à  la  bibliothèque  et,  fort  heureusement, depuis hier, on a commencé aussi dans l’immeuble… Dernière  et  bénéfique  conséquence  de  l’élection  papale:  nous  venons de toucher le mois supplémentaire offert par l’heureux élu, qui, du reste, ne la (sic) paie pas de sa poche. Font partie du «stipendio» quatre pièces d’argent  de  500  lires  aux  armes  du  camerlingue,  qui  doivent,  paraît-il, acquérir avec le temps une valeur considérable… Comme pour les timbres «Sede vacante», la spéculation fait monter vertigineusement les prix. à ce propos, le coût de la vie enregistre, lui aussi, d’inquiétants progrès… nouveaux et précieux tuyaux concernant le conclave. tout d’abord, tout ce que les journaux ont dit (surtout les italiens) est invention. Par exemple, les Français n’avaient pas de candidat en entrant au conclave, et n’ont donc  pas  soutenu  Roncalli  dès  le  début,  comme  on  le  prétend.  Les  premiers  votes  (ceux  de  dimanche)  ont  été  très  partagés  et  peu  éclairants: impossible de deviner à ce moment qui avait une chance de devenir pape. Ceci  est  un  renseignement  de  première  main  du  cardinal  van  Roey,  peu suspect  de  bavardages  sensationnels.  toujours  d’après  la  même  source, mardi matin, l’issue était quasi sûre. tout s’est donc déroulé lundi. Le cardinal, qui a reçu beaucoup de visites dans sa cellule, a certainement joué

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un  rôle  important.  Deux  candidats  pour  lesquels  il  n’a  certainement  pas voté: ottaviani  (à  cause  des  relations plutôt  froides  entre  le  Saint-office et  l’université  de  Louvain)  et  Agagianian  (le  cardinal  a  dit  à  Devroede: est-il nécessaire de parler plusieurs langues pour être pape?). Voici maintenant  d’après  des  renseignements  venus  de  la  Secrétairerie  d’État  comment  le  conclave  se  serait  déroulé  en  gros.  Premiers  votes  d’hommage (avec  montini  et  Agagianian  surtout);  puis  apparition  des  candidatures Siri et Lercaro, celui-ci l’emportant, mais plus ou moins avec la condition de prendre tardini 170 come secrétaire d’État. on dit même que tardini fut convoqué  au  conclave  le  soir  même  de  l’élection,  alors  que  les  portes n’étaient pas encore officiellement ouvertes. il aurait oublié de refermer la porte, par laquelle se seraient introduits les gens de la Secrétairerie d’État (ce dernier fait étant historique). Et alors! alors, ils auraient vu la tête peu enthousisate 171 du clan conservateur, pas encore remis de sa déception… Le  cardinal  van  Roey  est  reparti,  après  avoir  reçu  le  minimum  de visites,  ce qui  fait que je  n’ai pas été au Collège  belge  pendant  qu’il était là.  il  s’est  envolé  avec  son  nouveau  monseigneur:  l’ex-chanoine  Vandebossche 172, qui l’avait accompagné à l’intérieur du conclave. Sa nomination l’avait  rendu  tellement  heureux  qu’il  s’était  pardu 173 par  Rome,  avait galopé pour rentrer à temps, et était arrivé avec des cheveux du plus beau roux,  fruit  de  son  chapeau  déteint.  Quand  il  a  pris  l’avion,  ils  étaient encore d’un blond prononcé… Dimanche  passé  comme  je  faisais  un  petit  tour  le  matin  sur  la  place Saint-Pierre, j’ai vu arriver une auto du corps diplomatique avec le prince Albert. Comme les occupants débarquaient aux pieds des escaliers, j’ai eu la  curiosité  de  les  suivre  dans  la  basilique,  où  ils  ont  assisté  incognito à  une  des  innombrables  messes.  L’ambassadeur  Poswick 174 était  là  avec sa  petite  fille.  Le  prince  paraissait  légèrement  enrhumé.  D’après  mgr Devroede qui l’a accompagné aux fouilles, il reviendrait sous peu à Rome. Des  fiançailles  seraient  en  l’air…  Ceci  décidera-t-il  le  roi  à  en  faire autant?… 170 Domenico  tardini  (1888-1961)  dal  1952  era  Prosegretario  di  Stato  per  gli  affari straordinari  e  nel  dicembre  1958  sarebbe  stato  creato  cardinale  divenendo  al  contempo Segretario di Stato. 171 Svista per «enthousiaste». 172 non ho saputo identificare questo segretario del cardinale Van Roey. 173 Svista per «perdu». 174 Prosper  Poswick  (1906-1992),  dal  1957  al  1968  ambasciatore  del  Belgio  presso la Santa Sede.

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Le P. Loenertz 175 est revenu à Rome, après des «vacances» consacrées surtout au travail scientifique; il est toujours un peu nébuleux, mais très gentil et très précieux par ses innombrables connaissances. Demain, réception à l’ambassade de Belgique près le Saint-Siège: cela nourrira ma prochaine lettre, car les temps historiques sont passés, hélas… J’espère  que  tout  le  monde  va  bien.  J’ai  reçu  de  Jean  une  lettre  et  des promesses de photo: qui vivra verra. à la semaine prochaine. Je vous embrasse, P.S.  A  cause  de  détails  contenus  dans  la  lettre,  ne  la  montrez  pas  à n’importe qui! Rome, le 15 décembre 1958 Chers parents, La venue chez mgr Lefèvre d’un loquace mgr corse, conclaviste du cardinal tisserant, nous a valu quelques détails inédits sur le conclave. il faut savoir  qu’un  hebdomadaire  italien  fort  connu,  l’«Espresso»,  a  ét jusqu’à le présenter comme un des agents principaux de l’élection du Souverain pontife. Bien que tous les détails contenus dans les journaux soient faux, cela vous donne quand même une idée de l’entregent et de la notoriété du personnage. or  donc,  mgr  Arrighi 176,  frère  du  célèbre  député  corse,  fit  son  entrée au conclave nanti de quelques livres pieux, d’une petite bible de Jérusalem (ce qui étonna fort certains de ses confrères aux soucis plus terre-à-terre) et de toute une série d’albums de tintin, pour le cas où les cardinaux prolongeraient trop leurs réflexions. il était logé, comme son illustre patron, au  milieu  des  armures  de  la  garde  suisse,  dans  les  somptueux  appartements  Borgia 177.  Son  expérience  de  la  vie  romaine,  dès  le  principe,  le guide des novices… une des grandes occupations des conclavistes est de visiter, déchargés de  la  crainte  de  tomber  à  tous  les  tournants  sur  un  gendarme,  le  labyrinthe savant des appartements pontificaux. C’est ainsi que mgr Arrighi, l’allumette en mains, était en train de faire à un de ses collègues les honneurs des appartements de sœur Pasqualina, lorsqu’un grattement suspect Raymond-Joseph Loenertz (1900-1976), bizantinista lussemburghese. Jean-Francois mathieu Arrighi (1918-1998), originario della diocesi di Ajaccio (dal 1985 vescovo titolare di Vico Equense e, sino al 1992, vice presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia). il fratello deputato si chiamava Pascal (1921-2004). 177 Appartamenti  del  palazzo  papale  quattrocentesco,  occupati  da  Alessandro  Vi Borgia, ora nel percorso dei musei Vaticani. 175 176

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le fit sursauter. Etait-ce l’ombre de la brave religieuse venue défendre son domaine contre l’incursion des indiscrets? La lampe allumée révéla d’autres conclavistes aussi inquiets et aussi curieux... Rassurez-vous toutefois: les  sceaux  apposés  sur  les  appartements  de  Pie  xii  furent  respectés.  on ne peut en dire autant de ceux du conclave; mais attensons 178… Le cardinal tisserant déployait un zèle jaloux pour sauvegarder le se cret  des  délibérations  cardinalices.  Sans  doute,  la  cérémonie  de  la  fermeture est-elle plus impressionnante qu’efficace, car il serait facile à n’importe qui d’un peu dégourdi de se faire enfermer dans le conclave, comme le  faisait  remarquer  avec  sa  compétence  et  son  objectivité  coutumière  le correspondant  particulier  du  «monde».  L’on  a  beau  attendre  trois  quarts d’heure  que  le  dernier  gendarme  pontifical  soit  sorti,  qui  ira  fouiller  les recoins  de  l’enceinte  où  les  cardinaux  eux-mêmes  se  perdaient  à  plaisir, confondant  l’entrée  du  petit  endroit  avec  celle  de  la  chapelle  Sixtine? (détail  tristement  authentique).  Bref,  la  caricature  montrant  l’ex-docteur Galeazzi-Lisi 179 émergeant,  le  Leica 180 en  mains,  d’un  poubelle,  n’est pas dénuée de vraisemblance. Enfin, pour revenir à tisserant, il eut l’occasion de démontrer son caractère autoritaire, admonestant les cardinaux qui bavardaient trop au sortir des scrutins. toutefois, mgr Arrighi ne jouit du spectacle que la première fois, où il était venu innocemment rechercher son maître. mais celui-ci se contenta de le remercier en lui disant d’un ton bref: «Que faites-vous ici?» et, les fois suivantes, fit fermer les portes des salles adjacentes, par où passaient, à l’issue des scrutins négatifs, des cardinaux discutant et fort excités… Rabattons-nous  donc  sur  la  petite  histoire.  Les  fenêtres  du  conclave sont soigneusement fermées et scellées. mais, ô horreur, on avait oublié celles  du  dernier  étage.  Aussi,  le  dimanche  soir  vit-on  des  silhouettes anxieuses  se  pencher  de  tout  en  haut  sur  le  cortile  San  Damaso 181,  pour obtenir… non pas les mots d’ordre de la maffia ou de la démocratie chrétienne, mais les résultats du match Roma-Lazio 182. La chose fit bien rire les cardinaux qui connaissaient l’existence du football, et les fenêtres resSvista per «attendons». Riccardo  Galeazzi  Lisi  (1891-1968)  era  archiatra  pontificio  di  Pio  xii;  Canart  lo dice «ex» in quanto radiato dall’ordine per aver divulgato fotografie del pontefice morente (cf. anche supra, nt. 76). 180 marca di macchina fotografica. 181 il Cortile di S. Damaso è il luogo di accoglienza ufficiale delle personalità in Vaticano; su di esso si affacciano tre logge dette di Raffaello (cf. supra, nt. 94). 182 Sull’imprecisione di questa notizia cf. supra, nt. 95. 178 179

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tèrent  ouvertes,  comme  purent  le  constater  ceux  qui  allaient  guetter  la fumata  sur  la  place  Saint-Pierre.  à  l’intérieur,  les  gens  avertis  n’étaient pas si  pressés,  et n’ajoutèrent pas foi aux  exclamations des  guetteurs  qui annoncèrent  la  fumée  blanche  dès  dimanche  matin.  Cependent,  il  paraît que le cardinal Gracias 183 croyait innocemment que l’élection se faisait en un demi-jour: on voit qu’il n’est guère au courant de la théologie romaine concernant le Saint-Esprit… A propos de fumée, le cardinal ottaviani, chargé de la produire, avec le concours  tardif  et  absolument  inefficace  de  mgr  Dante 184,  chef  des  cérémonies,  ne  savait  plus  à  quel  saint  se  vouer:  il  brûlait  innocemment  les bulletins  d’abord,  et  puis  la  paille,  avec  le  résultat  que  l’on  sait...  Son désarroi  fut  tel,  qu’entendant  Arrighi  exposer  à  un  de  ses  compagnons une des milles manières d’obtenir de la fumée noire, il vint lui en demander la recette avec angoisse. L’entretien matériel des cardinaux et de leur suite avait été généreusement  prévu.  Les  cardinaux  déjeunaient  chaque  jour  au  moët  et  Chandon 185, ce qui ne devait pas les inciter à en terminer trop vite. il est vrai que  l’étroitesse  des  lits  ou  la  présence  de  domestiques  ronfleurs  faisait soupirer  certains  après  la  fin.  La  suite  était  rationnée,  mais  pouvait,  au nom des cardinaux, venir chercher des reconstituants tels que cigares ou liqueurs.  on  vit  ainsi  certain  cardinal  fort  sobre  réclamer  avec  persévérance,  par  l’intermédiaire  de  son  domestique,  de  l’excellent  gin  anglais... il paraît aussi que plus d’un sortit du conclave les valises singulièrement lourdes.  toujours  est-il  qu’après,  plus  rien  ne  restait  des  précieuses  provisions...  Rendons  justice  au  cardinal  tisserant.  malgré  les  alléchantes propositions  de  son  conclaviste,  il  ne  demanda  jamais  qu’une  bouteille d’eau  minérale,  qu’il  voulut  lui  faire  restituer  après  usage.  Saluons  ce grand représentant de la conscience nordique en pays méditerranéen!… Comment sut-on que le conclave tirait à sa fin. L’indiscret ne fut autre – ô surprise – que le cardinal van Roey. Le mardi matin, en effet, il déclara calmement  au  dévotieux  chanoine  Vandenbossche:  «Préparez  les  valises pour ce soir». Dès lors, on était fixé… hélas pour le cardinal et le repos de ses nuits, il ne put encore partir ce  soir-là.  Sans  doute  une  série  d’employés  de  la  Secrétairerie  d’État firent-ils  irruption  dans  le  conclave,  surprenant  les  cardinaux  dans  leurs 183 184 185

Valerian Gracias (1900-1978) era cardinale dal 1953. Enrico Dante (1884-1967) era maestro delle cerimonie pontificie. marca di champagne.

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préparatifs.  Sans  doute  le  maréchal  du  conclave,  outré  de  ne  pas  être  le premier à pénétrer dans l’enceinte sacrée, tambourinait-il désespérément à  une  autre  porte.  Rien  à  faire.  Le  cardinal  tisserant  s’écria  solennel: «Vous  êtes  tous  excommuniés»,  et  le  troupeau  impie  fut  rejeté  dans  les ténèbres extérieures, où grinçait les dents le maréchal Chigi 186… Ainsi en avait décidé sagement le pape, ou plutôt le cardinal tisserant, après avis autorisé  et  références  à  l’histoire  de  son  conclaviste.  mesure  sage,  sin 187 l’on voulait empêcher la vaisselle plate et l’argenterie de suivre, dans une heureuse confusion, les provisions de champagne et de cigares… 8 6 maggio 2001 [omelia per il cinquantesimo dell’ordinazione sacerdotale di Paul Canart] minuta scritta a mano e testo stampato, conservati nelle «Carte Canart».

Je  vais  vous  faire  une  confidence.  Quelque  temps  avant  mon  ordination, j’étais allé trouver mon directeur spirituel, comme on appelait alors le prêtre qui nous conseillait et guidait sur le chemin de la vocation. Et je lui  avais  avoué  ma  perplexité:  je  me  sentais  divisé  entre  deux  appels:  le service du Seigneur d’une part, la recherche intellectuelle de l’autre. il me dit  en  plaisantant:  «Est-ce  le  fait  de  trop  bien  réussir  vos  examens  qui vous donne des scrupules?» Et, plus sérieusement: «L’un n’exclut pas l’autre; que mettez-vous en premier lieu?» Je répondis: «En toute sincérité, je crois pouvoir dire que c’est le service de Dieu». Cinquante ans ont passé. De manière inattendue, le Seigneur a résolu mon problème. Alors que j’y avais renoncé pour Le suivre, il m’a proposé de  Le  servir  par  une  vie  de  recherche  scientifique.  Comme  le  dit  s.  Paul dans  la  première  lecture:  «Selon  la  grâce  que  Dieu  nous  a  donnée,  nous avons  reçu  des  dons  qui  sont  différents» 188,  et  il  énumère  quelques-uns d’entre eux. oserai-je en ajouter un: «Si l’on est fait pour cataloguer des manuscrits, que l’on catalogue»? Vous m’objecterez peut-être – on me l’a fait plus d’une fois –: mais n’est-ce pas un travail de laïc? A quoi je répondrai: oui, mais on peut faire en prêtre un travail de laïc. nous vivons ces 186 187 188

Principe Sigismondo Chigi, maresciallo del conclave. Svista per «si». Rm 12,6.

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semaines-ci  le  temps  pascal.  Dans  les  lectures  liturgiques,  les  Actes  des Apôtres mettent en scène les premiers disciples de Jésus, fiers de Lui rendre témoignage  au  sein  du  monde  juif  et  du  monde  païen.  La  société  dans laquelle  nous  vivons  est  redevenue  largement  une  société  païenne.  Beaucoup des chercheurs que j’ai côtoyés et que je côtoie dans mon travail sont des incroyants; assez souvent, ils sont, vis-à-vis de l’Église et de ses représentants officiels, réticents et méfiants. il est bon, je crois, que des prêtres, mandatés  par  l’Église,  témoignent  du  fait  que  l’on  peut  poursuivre,  en même temps, un idéal de serviteur de Dieu et de serviteur de la vérité. Je dirai même plus: ces deux idéaux s’appuient et se confortent mutuellement. Le vrai chercheur scientifique est humble et disponible: il s’incline devant les faits et y sacrifie ses plus belles théories. Volontiers, il partage avec ses collègues la joie de ses découvertes et accueille les leurs avec admiration et reconnaissance. ne sont-ce pas là autant de «semina Verbi», de semences qui nous prédisposent à accueillir la Vérité suprême et le Verbe de Dieu qui nous  la  communique?189 Ce  n’est  pas  par  hasard,  je  pense,  si  plusieurs jeunes avec qui j’ai partagé et partage les peines et les joies de la recherche m’ont  demandé  et  me  demandent  de  les  accompagner  dans  leurs  dé marches religieuses: mariages, baptêmes, communions, enterrements. J’ose croire  qu’ils  ont  discerné  en  moi  quelqu’un  qui  tâchait  de  conjuguer  honnêtement sa vocation de prêtre et sa vocation de chercheur. Je voudrais transposer, dans la vie professionnelle d’un bibliothécaire, quelques-unes  des  recommandations  de  s.  Paul  aux  Romains  que  nous venons  d’entendre;  mais  aussi  bien,  chacun  de  nous,  dans  son  métier  et ses  activités,  peut  les  faire  siennes.  «Celui  qui  donne,  qu’il  soit  simple; celui qui dirige, qu’il soit actif; celui qui se dévoue, qu’il ait le sourire…; que  votre  maison  – transposons:  votre  bibliothèque  – soit  toujours accueillante; … n’ayez pas le goût des grandeurs, mais laissez-vous attirer par ce qui est simple» 190. Je ne sais dans quelle mesure, au cour de ces cinquante  ans,  j’ai  été  fidèle  à  ces  consignes;  que  le  Seigneur  me  donne  la grâce, et vous donne la grâce, de les suivre chaque jour un peu mieux. Pour  nous,  disciples  de  Jésus,  l’idéal  de  vie  proposé  par  s.  Paul  ne trouve tout son sens que s’il est transposé sur un plan supérieur, celui de l’amour divin. C’est ce que, à la fin de sa vie, exprimait en termes insurpassables  le  disciple  que  Jésus  aimait:  «Comme  le  Père  m’a  aimé,  moi 189 L’espressione semina Verbi è utilizzata da Giustino martire (cf. supra, pp. 29-30 e nt. 17). 190 Rm 12,8.13.16.

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aussi je vous ai aimés» 191. Comme le Père m’a aimé: que l’incroyable, l’inimaginable  profondeur  de  l’amour  du  Père  pour  le  Fils  et  du  Fils  pour le  Père  s’étende  aussi  à  nous,  pauvres  hommes,  c’est  une  révélation  qui bouleverse l’échelle de nos valeurs. Vous connaissez le mot de s. thomas d’Aquin  au  sujet  de  son  œuvre  exceptionnelle  de  théologien:  «tout  cela n’est  que  paille».  Au  soir  de  sa  vie,  il  saisissait  la  distance  infinie  qui sépare notre effort d’hommes du don divin. «Demeurez dans mon amour, dit Jésus; ... alors, tout ce que vous demanderez au Père en mon nom, il vous l’accordera... Je vous ai dit cela pour que ma joie soit en vous, et que vous  soyez  comblé  de  joie» 192.  Au  fur  et  à  mesure  que  nous  avançons dans  la  vie,  nous  apprenons  – ou  nous  devrions  apprendre  – à  laisser tomber  l’accessoire  et  à  nous  concentrer  sur  l’essentiel.  Qu’ajouter  aux paroles de s. Jean, qui lui ont été dictées par l’Esprit de Dieu? il nous reste à  les  laisser  pénétrer  doucement,  profondément  en  nous,  pour  qu’elles nous  apportent  la  paix  et  la  joie.  C’est  ce  que  nous  allons  demander ensemble à Dieu au cours de cette célébration, sûrs qu’il nous exaucera. 9 30 gennaio 2006 [lettera di Paul Canart alla vedova di Jean irigoin 193] Lettera  originale,  conservata  dalla  vedova,  gentilmente  trascritta  da  Brigitte mondrain; minuta conservata nelle «Carte Canart».

Paul Canart piazzale Gregorio Vii, 65 i - 00165 Roma 00(39)06635714 

Rome, le 30 janvier 2006 madame, touché  hier  par  le  coup  de  téléphone  de  mon  collègue  et  ami  michel Cacouros,  j’ai  été  douloureusement  surpris  d’apprendre  le  décès  de  votre mari. Certes, lorsque je lui rendis visite au début décembre et lui téléphonai  au  début  janvier,  j’avais  été  frappé  par  sa  grande  faiblesse,  contre 191 192 193

Gv 15,9. Gv 15,9.16.11. Jean irigoin (1920-2006), paleografo greco (cf. supra, p. 41).

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laquelle  il  luttait  avec  la  force  de  volonté  et  la  discrétion  qui  étaient  les siennes. mais j’espérais qu’il tiendrait le coup et se remettrait. La fragilité qui nous vient avec l’âge ne l’a pas permis. ne pouvant me déplacer pour les obsèques, je voudrais vous dire, en toute simplicité et sincérité, la part que je prends à votre deuil et à celui de vos enfants. une ancienne et profonde amitié me liait à votre mari. Je ne me rappelle  plus  en  quelle  occasion  je  fis  sa  connaissance  personnelle,  mais  je sais  que,  dès  le  début,  s’instaura  entre  nous  une  profonde  entente,  qui devait s’enrichir avec les années, sans que rien ne vînt jamais l’obscurcir. Comme j’ai eu l’occasion encore tout récemment de le faire en public, j’ai tout de suite reconnu en Jean irigoin un maître qui m’a inspiré au long de ma  vie  professionnelle;  je  dirai  même  que,  dans  l’étude  des  manuscrits grecs, à laquelle je me consacre depuis bientôt cinquante ans, il fut pour moi  le  maître  et  l’exemple  par  excellence.  Par  l’étendue  de  son  information, la pénétration et l’originalité de sa démarche, par la clarté et la précision  de  son  exposé,  il  dominait  les  multiples  sujets  d’étude  qu’il  abordait.  maintes  fois,  lors  de  ses  interventions  à  des  congrès,  des  colloques ou des séminaires, j’ai admiré la rapidité avec laquelle il appréhendait les problèmes et jugeait les positions, ainsi que la pertinence et l’équilibre de ses interventions: comme j’aurais voulu être à sa hauteur! Je  ne  m’étendrai  pas  sur  les  multiples  aspects  de  la  production  et  de l’activité  scientifiques  de  votre  mari.  Qu’il  me  soit  permis  seulement  de rappeler que, dès le début, Jean irigoin voulut m’associer à ses démarches de co-fondateur et de président du Comité international de paléographie grecque,  que  j’ai  eu  l’honneur  de  diriger  après  lui 194.  nous  fûmes  également associés au sein du Comité de direction de la revue «Scriptorium»; j’y appréciai, comme toujours, la qualité et l’efficacité de ses interventions. Enfin,  je  me  permettrai  de  dire  un  mot  sur  les  liens  plus  personnels qui  s’établirent,  au  cours  des  ans,  entre  votre  mari  et  moi.  La  retenue  et la discrétion proverbiales de votre mari, ainsi que ma propre timidité, ont fait  que  notre  amitié  ne  s’extériorisait  pas  en  grandes  déclarations.  mais j’ai toujours eu le sentiment qu’il nourrissait à mon égard – comme moi vis-à-vis  de  lui  –  une  estime  et  un  attachement  qui  allaient  au-delà  du plan  strictement  scientifique.  Ce  n’est  pas  sans  émotion  que  j’évoque  ici la reconnaissance qu’il manifesta pour ma dernière visite 195 et mon coup il Comité fu fondato il 9 ottobre 1981; irigoin ne fu presidente dal 1988 al 1993, Canart dal 1993 al 2003 (cf. supra, nt. 58). 195 A inizio dicembre 2005. 194

PAuL CAnARt,  SESSAnt’Anni ALLA BiBLiotECA VAtiCAnA

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de  téléphone 196.  Sans  que  nous  [n’]ayons  jamais  éprouvé  la  nécessité  de le dire, je suis sûr que notre commune foi chrétienne était à la base de ce qu’il y avait de plus profond dans notre amitié. C’est  bien  la  foi  chrétienne  qui,  sans  le  supprimer,  donnera  son  sens à votre chagrin. C’est dans la foi que, jeudi prochain (si je ne me trompe) je m’unirai  à  vous  et  à  tant  d’autres  par  la  prière:  c’est  une  heureuse  coïncidence que ce soit le jour de la Chandeleur 197, fête de lumière et d’espérance. Veuillez croire, madame, à ma respectueuse et fidèle amitié. Paul Canart

196 197

A inizio gennaio 2006. il 2 febbraio, festa della Presentazione al tempio di Gesù.

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andráS némETh

ThE SuIcIdE of haSdrubaL’S WIfE rEvISITEd In a nEW fraGmEnT of PoLybIuS The fall of carthage put a definitive end to the series of the Punic wars in  146  bc.  The  city  vanished  in  fire  to  the  extent  that  few  monuments survive from this period to recall the former Punic influence and affluence across  the  mediterranean  Sea.  by  this  date,  the  romans  had  already become the supreme political and economic power in the mediterranean. no  doubt,  the  final  victory  of  the  romans  over  the  carthaginians  was a  momentous  turn  in  history  as  much  to  historians  like  Polybius  who wrote about contemporary events as to anyone else who looked back to it from  a  greater  historical  distance.  historians  have  presented  the  fall  of carthage with points of emphasis and with details that varied in small but also in more substantial ways.  a few records of the fall of carthage culminate in the virtuous suicide of  the  wife  of  hasdrubal  the  boetharch;  her  name  remains  unknown. Together  with  her  two  children,  she  jumped  into  the  flames  that  were consuming  carthage.  before  moving  on,  let  us  stop  for  a  moment  to understand  the  significance  of  sacrificing  the  children.  The  act  of  child sacrifice resembles the ritual of mlk or mlk’mr. The actual cult of the mlk sacrifice  to  the  Phoenician  god  baʿal  h.ammon  meant  throwing  the  children into the raging fire 1. by their suicide and child sacrifice, commonly viewed  as  virtuous,  the  carthaginian  woman  established  a  prestigious place in the historical memory of future generations. The point of departure of all these records was a passage from the voluminous history of the Punic  wars  by  Polybius  (c.  201-120  bc),  the  Greek  historian  who  was

*  I thank Timothy Janz for his valuable contribution to the decipherment of the new Greek Polybian text and to the accuracy of the English interpretation. 1 S. LancEL, Carthage, Paris 1992, pp. 268-276. In carthage, a cemetery of hundreds of burial urns was excavated with cremated remains of children, sometimes more than one children in one urn. L. E. STaGEr - S. r. WoLff, Child Sacrifice at Carthage – Religious Rite or Population Control?, in Biblical Archaeology Review (Jan.-febr. 1984), pp. 31-51.

☜ plates 1-8

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present in 146 bc at the camp close to carthage in the entourage of his friend, the roman general Scipio aemilianus, the son of aemilius Paullus, the conqueror of macedonia, and the adoptive son of Scipio the Elder. The younger  Scipio  himself  conquered  africa  by  this  final  victory  over  the carthaginians in 146 bc. Polybius retold this story at the end of book 38 of his monumental work which is today incomplete and only survives in fragments 2.  The  passage  of  Polybius’  historical  work  which  describes  hasdrubal’s surrender  to  the  romans,  his  wife’s  speech  that  she  addressed  to  Scipio aemilianus and to her husband hasdrubal, as well as her suicide and sacrifice of her children is only preserved in Vat. gr. 73, f. 21r-v (pp. 41-42), in a highly damaged state of conservation 3 (Pl. 1-2). all presentations of this  famous  event  seem  to  have  departed  from  Polybius’  version,  which has become legible only now with the help of multispectral imaging 4 (Pl. 8).  before  analysing  the  new  reading  of  this  passage,  I  intend  to  give  a short  summary  of  how  the  illegible  section  of  the  famous  passage  was deciphered  and  its  significance  for  the  better  understanding  of  how  the story  of  the  suicide  of  hasdrubal’s  wife  evolved  in  classical  and  early christian  historiography.  I  am  dedicating  this  paper  to  the  memory  of mons.  Paul  canart  who  himself  often  dealt  with  palimpsests  and  philological questions based on palaeographical and codicological analysis. he remained  open  to  adapt  new  technologies  to  his  research  until  the  last moments of his scientific activity. as part of the photographical archive of the vatican palimpsests,  Vat. gr.  73,  f.  21v  is  available  in  two  different  scans  or  colour  photographs Today this fragment is conventionally ascribed to book 38. however, the first editors  of  this  fragment,  angelo  mai,  Theodor  heyse,  Jakob  Geel,  Johann  friedrich  Lucht and Ludwig dindorf ascribed it to book 39, following the insertion of appian’s version in the  reconstruction  of  Polybius’s  work  by  Johann  Schweighäuser  in  Polybii Megapolitani historiarum quidquid superest, Iv, ed. J. SchWEIGhäuSEr, Lipsiae 1790, pp. 702-704. fried rich hultsch was the first to edit this fragment as part of book 38. See the references to these publications below. 3 I thank Irmgard Schuler, carola fontana and Eugenio falcioni for the various photos and scans of Vat. gr. 73. 4 a roman historian, c. fannius, another eyewitness of the siege of carthage in 146 bc,  also  wrote  the  history  of  this  period  in  the  form  of  Annales.  however,  uncertainties still  remain  about  fannius’s  identity.  only  few  fragments  of  his  work  survive;  none  of them  hints  at  the  suicide  of  hasdrubal’s  wife.  c.  fannius  certainly  knew  Polybius.  on c. fannius, the historian, see T. J. cornELL, The Fragments of the Roman Historians, I: Introduction, oxford 2013, pp. 244-249. 2

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according to the vatican Library’s practice of palimpsest digitization. The vatican  Library  normally  produces  two  different  colour  scans  or  photographs of each palimpsest page, both in the identical position, one with natural light and another one with visible fluorescence generated by uv light 5.  The  vatican  Library’s  scanners  produce  high-resolution  images, with  a  pre-set  wavelength  of  uv  light.  unfortunately,  the  vatican  scans of this page (f. 21v) offer a very limited legibility (Pl. 2). for this reason, f. 21r-v was included in the multispectral imaging campaign which mike b.  Toth  and  alberto  campagnolo  carried  out  in  September  2016  at  the vatican  Library.  Together  with  six  other  pages,  f.  21v  too  was  photographed with a monochrome Phase one camera and LEd illumination system  created  by  William  christens-barry,  in  18  shots,  with  a  predefined set of different lights of definite wavelengths (natural, uv, fluorescent, etc.) and all in the identical position. after a special and successful image  processing  by  William  christens-barry,  f.  21v  brought  important new results compared to the previous ones. my analysis is based on the new  reading  of  the  processed  version  of  the  set  of  the  multispectral images  of  f.  21v.  here,  I  would  like  to  acknowledge  the  technical  assistance of mike b. Toth and William christens-barry in the production and digital  enhancement  of  the  multispectral  set  of  photos  which  made  the present analysis possible. Vat. gr. 73 presents two major challenges for photography. first, it suffered  serious  damages  after  angelo  mai  treated  its  folios  with  gallnut tincture in the 1820s to recover its lower text which was overwritten with aelius  aristides’  Orations and  Plato’s  Gorgias in  the  fourteenth  century: f.  21  preserves  the  passage  of  our  interest  in  the  lower  text  underneath aelius  aristides’  Panathenaica (Or.  13),  which  has  completely  disappeared  as  a  consequence  of  mai’s  intervention 6.  mai  was  unable  to  read the excerpt from Polybius’ work because the minuscule script of the upper text  ran  just  over  the  tenth-century  minuscule  script.  he  recognised  the importance  of  this  passage,  so  he  was  eager  to  remove  the  upper  text. however, his intervention did not go as well as in many other cases: on

5 I. SchuLEr - c. fonTana - E. faLcIonI, Oltre il visibile: tecniche fotografiche multispettrali per il recupero di materiale manoscritto, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XXIII, città del vaticano 2017 (Studi e testi, 516), pp. 569-609: 573-584. 6 on Vat. gr. 73, see a. némETh, Layers of Restorations: Vaticanus gr. 73 Transformed in the Tenth-, Fourteenth-, and Nineteenth Centuries, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XXI, città del vaticano 2015 (Studi e testi, 496), pp. 281-330.

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some pages, mai’s intervention removed the upper script and rendered the lower  script  quite  legible;  in  a  few  other  cases,  however,  as  on  f.  21  for example,  the  entire  folio  became  black  and  illegible  for  the  human  eye. Since angelo mai made a transcription of Vat. gr. 73 line by line and page by  page  immediately  after  his  intervention,  we  can  precisely  establish what he was able to read and which sections were already illegible at that time. Vat. lat. 9544 preserves his transcriptions of all of Vat. gr. 73, as well as the normalized and annotated version of certain parts. These served as a basis of his edition of new texts in 1827 7. as will be shown below, mai and  other  scholars  of  the  nineteenth  century  were  not  able  to  read  the major part of Vat. gr. 73, f. 21v, but they read all of f. 21r, which today is mostly illegible even with the help of multispectral photography and creative  post-processing  of  the  image  set.  This  difference  between  the  legibility of this passage as it was in the nineteenth century and as it is now can mostly be explained with the second major challenge. Probably at the beginning  of  the  twentieth  century,  the  damaged  folios  of  Vat. gr.  73 underwent  a  conservation  treatment.  The  sections  of  damaged  bifolios which became carbonated and dry from the oxidation process (small holes have even developed in the parchment as a consequence of the oxidation) were stabilized and filled by an overlay of gelatine. This intervention prevented  the  parchment  writing  surface  from  further  oxidation  damage. however, the shiny layer of gelatine reflects the light in a sharply different  manner,  making  the  processing  and  analysis  of  the  multispectral  set of images especially challenging and difficult. Vat. gr.  73  attracted  mai’s  attention  because  it  is  the  only  witness  to the  collection  of  excerpts  On Gnomic Statements (commonly  referred  to as  De sententiis)  of  the  Excerpta Constantiniana which  preserves  many unique textual passages from the works of various historians from classical and late antiquity 8. It was copied approximately in the third quarter of the tenth century. from the other collections, De virtutibus et vitiis and De legationibus, which were available to mai, he knew as one of the characteristics  of  the  Excerpta Constantiniana that  excerpts  produced  by  the imperial  team  more  or  less  faithfully  conserve  the  model  versions,  with 7 Scriptorum veterum nova collectio e Vaticanis codicibus edita,  II,  ed.  a.  maI,  rome 1827. 8 on  the  Excerpta Constantiniana in  general  with  the  latest  bibliography,  see  a. némETh, The Excerpta constantiniana and the Byzantine Appropriation of the Past, cambridge 2018.

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little tendency to paraphrase. The purpose of the excerptors was to make the resulting excerpt comprehensible on its own without the neighbouring  textual  sections  which  were  assigned  to  other  collections.  Thus  the surviving excerpt, with the indirect speeches of Scipio aemilianus and the carthaginian  general’s  wife,  which  prompted  the  assignment  of  this  section to the collection On Gnomic Statements, may be regarded as a Polybian  fragment;  the  complete  version  is  not  available  for  comparison. maybe  because  of  his  excitement,  mai  seems  to  have  exaggerated  the quantity of gallnut tincture. he indeed recognized the special significance of the passages on f. 21r-v, as his identification of the alternative versions demonstrates.  In  the  margin  of  the  transcription  of  the  almost  illegible f.  21v,  mai  refers  to  appian,  whom  Johann  Schweighäuser  used  when reconstructing  Polybius,  and  he  establishes  a  connection  between  the contents of f. 21v (Polybius) and the closest version of diodorus Siculus which he transcribed from the same codex, Vat. gr. 73, f. 107v (Pl. 2-3, 45) 9. The final part of the fragment (consisting of 11 lines), which begins on f. 21r and terminates in line 24 of f. 21v, has been illegible until now, and the  preceding 8  lines as  well have  been  presented as  lacunose  in all editions of Polybius. all scholars who have consulted Vat. gr. 73, f. 21v since 1820 have had difficulties and have been unable to go beyond a certain point when reading this page. angelo mai read lines 1-4 and parts of lines 5-6, 31-32, but no  more  (Pl.  3) 10.  When  publishing  their  readings  and  critical  notes  on the  vatican  excerpts  from  Polybius  and  appian,  Jakob  Geel  and  Johann friedrich Lucht more or less repeated what mai had published a few years earlier 11.  Theodor  heyse  went  beyond  the  results  of  his  predecessors  in his line-by-line transcription of the vatican excerpts from Polybius which

9 See mai’s transcription of Vat. gr. 73, f. 107v (p. 214) in Vat. lat. 9544, f. 51v (Pl. 45) with a reference to Polybius’ alternative version on Vat. gr. 73, f. 21v and Vat. lat. 9544, f.  92v;  see  also  the  reference  to  appian  in  his  transcription  of  f.  21v  in  Vat. lat.  9544, f. 260v (Pl. 3). 10 We have two sources for what mai read on Vat. gr. 73, f. 21v: (1) the transcription he made right after his intervention in the early 1820s in Vat. lat. 9544, p. 260v; (2) his edition in Scriptorum veterum cit. (nt. 7), pp. 458-459. 11 Polybii historiarum Excerpta Vaticana in titulo de sententiis, Accedit A. Maii annotatio, ed. J. GEEL, Leiden 1829, pp. 115-117; Polybii et Appiani historiarum Excerpta Vaticana ex collectaneis Constantini Porphyrogeniti, inventa atque edita ab Angelo Majo,  ed.  J.  f. LuchT, altona 1830, pp. 91-92.

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he supplied with rich critical annotations 12. he was able to read lines 1-7 and 30-31, as well as a few words in other lines, and supplied the illegible lines  of  f.  21v  with  numerous  –  mostly  incorrect  –  conjectures.  The German editors of Polybius, Ludwig dindorf and friedrich hultsch have very  likely  never  consulted  Vat. gr.  73  but  worked  only  from  the  transcriptions published by mai, Geel, Lucht and heyse 13. They also used parallel  textual  witnesses  as  will  be  explained  below.  Two  other  scholars made  major  effort  to  read  the  original  manuscript.  on  the  one  hand, ursul  Philip  boissevain,  the  editor  of  the  whole  contents  of  Vat. gr.  73, left the reading of about half of the page unsolved 14. on the other hand, Theodor büttner-Wobst, the editor of Polybius, also left the central part of  the  page  blank 15.  nevertheless,  both  scholars  surpassed  the  results  of their  predecessors  and  what  we  know  as  Polybius’  text  of  f.  21v  today derives  from  their  editions.  Since  1906,  no  attempt  has  been  made  to improve the reading of the damaged manuscript.  The contents of the text on f. 21v are more or less known from other historians  who  closely  followed  Polybius:  diodorus  Siculus  (book  32, fragm.  24  and  25)  (Pl.  4-5)  and  appian  (Libyca 131)  (Pl.  7).  We  shall return to these passages in more detail later. compared to Polybius’ version,  however,  the  alternative  tradition  insisted  less  on  the  contrast between  hasdrubal’s  cowardice  and  his  wife’s  bravery.  This  divergence probably  belongs  to  the  roman  tradition  which  reworked  the  Polybian one,  counterbalancing  its  pro-Scipio  image  with  a  narrative  more  fa vourable  to  his  competitors 16.  both  passages  which  transmit  this  line  of the tradition survive only in abridged form. on the one hand, the relevant

12 Polybii Historiarum excerpta gnomica in palimpsesto Vaticano LXXIII Ang. Maii curis resignato, ed. Th. hEySE, berlin 1846, pp. 93-94. See also  Id., In Polybii Historiarum Excerptis Gnomicis, ed. Th. Heyse, corrigenda et addenda,  in  Zeitschrift für die Altertumswissenschaft 5 (1847), coll. 327-328. 13 Polybii historiae, Iv, ed. L. dIndorf, Leipzig 1868, pp. 127-130; Polybii historiae, Iv, ed.  f.  huLTSch,  berlin  1872,  pp.  1354-1356.  In  the  long  illegible  section,  hultsch  suggested  the  insertion  of  the  fragment  φιλανθρωπηθείς· ὁ δὲ Ἀσδρούβας ἐβουλήθη τούτῳ συμμίξας καὶ φιλανθρωπηθεὶς ἀπελθεῖν εἰς τοὺς ἔξω τόπους. Suda φ 302, ed. a. adLEr, Iv, Stuttgart 1971, p. 720. 14 Excerpta historica iussu imperatoris Constantini Porphyrogeniti confecta, Iv: Excerpta de sententiis, ed. u. Ph. boISSEvaIn, berlin 1906 (repr. hildesheim 2003), pp. 217-219. 15 Polybii Historiae, Iv, ed. Th. büTTnEr-WobST, Leipzig 1905, pp. 499-501. 16 P. GoukoWSky, Notice, in Appien. Histoire Romaine, Iv: Livre VIII: Le livre africain, ed. P. GoukoWSky, Paris 2001, pp. vii-cxxxvi, here lxxxviii-xc.

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section of Livy is extensively abridged 17. In the context of the suicide, the epitome of Livy book 51 refers to the wife’s unsuccessful attempt to convince her husband to appeal to Scipio for refuge, as most carthaginians did. on  the  other  hand,  cassius  dio’s  relevant  passage  is  known  through  the twelfth-century abridged redaction by John Zonaras 18, which is slightly different.  When  explaining  the  woman’s  motivation,  dio’s  epitomator  says that  hasdrubal  had  left  his  wife  with  the  children  enclosed  in  the  citadel because she had sent a messenger to Scipio to negotiate salvation for herself and her children. We do not know why the roman line of the tradition wanted  to  emphasize  this  detail  which  does  not  survive  in  the  version  of Polybius itself, nor in the fragmented version of diodorus Siculus or in the full version of appian, who followed Polybius. nevertheless, the woman’s act  of  suicide  and  its  method,  namely  by  jumping  with  her  children  into the  flames  of  the  burning  city  from  the  roof  of  the  Temple  of  asclepius (Eshmun),  coincide  with  the  Polybian  tradition.  Probably  following  in Livy’s footsteps, other non-christian authors such as valerius maximus 19

«ultimo  urbis  excidio  cum  se  hasdrubal  Scipioni  dedisset,  uxor  eius,  quae  paucis ante  diebus  de  marito  impetrare  non  potuerat,  ut  ad  victorem  transfugerent,  in  medium se  flagrantis  urbis  incendium  cum  duobus  liberis  ex  arce  praecipitavit.  Scipio  exemplo patris  sui,  aemili  Pauli,  qui  macedoniam  vicerat,  ludos  fecit  transfugasque  et  fugitivos bestiis obiecit». LIvIuS, Peri. 51, ed. o. roSSbach, T. Livi Periochae omnium librorum, fragmenta Oxyrhynchi reperta, Julii Obsequentis prodigiorum liber, Leipzig 1910, p. 63. 17

18 ὅθεν ἀθυμήσας Ἀσδρούβας πρέσβεις πρὸς τὸν Σκιπίωνα περὶ σπονδῶν ἔπεμψε· καὶ ἔτυχεν ἂν τῆς ἀδείας, εἰ μὴ καὶ τοῖς λοιποῖς ἅπασι καὶ τὴν σωτηρίαν καὶ τὴν ἐλευθερίαν πρᾶξαι ἠθέλησε. διαμαρτὼν οὖν αὐτῆς εἰς τὴν ἀκρόπολιν τὴν γυναῖκα κατέκλεισεν, ἐπεὶ τῷ Σκιπίωνι ὑπὲρ ἑαυτῆς καὶ τῶν τέκνων διεκηρυκεύσατο· καὶ τἄλλα διῴκει τολμηρότερος γενόμενος διὰ τὴν ἀπόγνωσιν […]  ἐκεῖνος δὲ μετὰ τῶν αὐτομόλων (ὁ γὰρ Σκιπίων οὐκ ἐσπείσατο αὐτοῖς), εἰς τὸ Ἀσκληπιεῖον ἀνειλήθη μετὰ τῆς γυναικὸς καὶ τῶν παίδων, κἀντεῦθεν ἠμύνετο τοὺς προσβάλλοντας, μέχρις οὗ ἐμπρήσαντες τὸν νεὼν οἱ αὐτόμολοι ἐπὶ τὸ τέγος αὐτοῦ ἀνέβησαν, τὴν ἐσχάτην τοῦ πυρὸς ἀνάγκην ἀναμένοντες· τότε γὰρ ἡσσηθεὶς πρὸς τὸν Σκιπίωνα ἦλθεν ἱκετηρίαν ἔχων. ἰδοῦσα δὲ αὐτὸν ἡ γυνὴ ἀντιβολοῦντα ὀνομαστὶ ἀνεκάλεσεν, καὶ ἐξονειδίσασα ὅτι ἑαυτῷ τὴν σωτηρίαν πράξας οὐκ ἐπέτρεψεν ἐκείνῃ σπείσασθαι, τὰ τέκνα ἐνέβαλεν εἰς τὸ πῦρ καὶ ἑαυτὴν προσεπέρριψεν. caSSIuS dIo, b. XXI,

ed.  u.  Ph.  boISSEvaIn,  Cassii Dionis Cocceiani Historiarum Romanorum quae supersunt, I,  berolini  1895,  pp.  316-317  [=  ZonaraS 9.30,  ed.  L.  dIndorf,  Ioannis Zonarae epitome historiarum, II, Leipzig 1869, pp. 334-335]. 19 «verum  ut  aeque  populo  romano  inimicae  urbis  excidium  referam;  karthagine capta uxor hasdrubalis exprobrata ei impietate, quod a Scipione soli sibi impetrare vitam contentus fuisset, dextra laevaque communes filios mortem non recusantis trahens, incendio se flagrantis patriae obiecit». vaLErIuS maXImuS, Dicta et facta memorabilia 3.2.ext.8, ed. k. kEmPf, Leipzig 1888, p. 128.

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and L. annaeus florus 20 mention the wife’s virtuous act as an analogy for dido’s  suicide,  without  going  into  details.  christian  literature  as  well picked up this line of the Latin tradition and mentions the woman’s suicide  as  an  illustrious  example  of  virtuous  suicides  of  women,  including those of Sophonisba (the wife of massinissa, and the daughter of another hasdrubal who was the son of Gisgon), cleopatra, and dido, who was the closest  literary  parallel  to  the  events 21.  Tertullian,  an  inhabitant  of  the roman carthage, mentions it in two of his works 22. Jerome does so in his work against the views of the Epicurean christian, Iovinianus 23, and also in  his  letter  to  Geruchia,  the  aged  widow  whom  he  discouraged  from remarriage 24.  orosius  unites  the  lines  of  the  Latin  historians  with  the Latin christian fathers. he mentions the act of the suicide in the context of the fall of carthage, where the close parallel with dido receives special emphasis 25. The story continues its own life mostly through orosius and

«deploratis  novissime  rebus  triginta  sex  milia  virorum  se  dediderunt,  quo  minus credat,  duce  hasdrubale.  Quanto  fortius  femina  et  uxor  ducis!  Quae  comprehensis  duo bus  liberis  a  culmine  se  domus  in  medium  misit  incendium,  imitata  reginam  quae carthaginem condidit». L. annaEuS fLoruS, Epitoma de Tito Livio, I.31.16-17, ed. E. maLcovaTI, roma 1938, p. 88. 21 m.  coZZoLIno,  Il suicidio della moglie di Asdrubale: (Flor. 1, 31, 17),  in  La lingua e la società: forme della comunicazione letteraria fra antichità ed età moderna, a cura di G. ma TIno - f. fIcca - r. GrISoLIa, napoli 2017 (filologia e tradizione classica, 7), pp. 109-122. 22 TErTuLLIanuS, Ad nationes 1.18.3: «ignes post carthaginensem feminam asdrubale marito in extremis patriae constantiorem docuerat invadere ipsa dido». Ed. J. G. h. borLEffS,  Turnhout  1954  (corpus  christianorum.  Series  Latina,  1),  p.  37.  Ad Martyras 4.5: «…cum feminae quoque contempserint ignes: dido ne post virum dilectissimum nubere cogeretur; item cum hasdrubalis uxor, quae iam ardente carthagine maritum suum supplicem  Scipionis  videret,  cum  filiis  suis  in  incendium  patriae  devolavit».  Ed.  E.  dEkkErS, Turnhout 1954 (corpus christianorum. Series Latina, 1), p. 6. 23 «casta mulier carthaginem condidit, et rursum eadem urbs in castitatis laude finita est. nam hasdrubalis uxor, capta et incensa urbe, cum se cerneret a romanis capiendam esse,  apprehensis  ab  utroque  latere  parvulis  filiis,  in  subiectum  domus  suae  devolavit incendium». hIEronymuS, Ep. adversus Iovinianum 1.43, ed. J.-P. mIGnE, Patrologia Latina (= PL) 23, col. 273. 24 «Stringam breviter reginam carthaginis, quae magis ardere voluit quam Iarbae regi nubere,  et  hasdrubalis  uxorem,  quae  adprehensis  utraque  manu  liberis,  in  subiectum  se praecipitavit  incendium, ne  pudicitia  damna  sentiret». hIEronymuS,  Epist. 123, 8. Ed.  PL 22, col. 1051 25 «rex  asdrubal  se  ultro  dedit.  Transfugae,  qui  aesculapii  templum  occupaverant, voluntario  praecipitio  dati  igne  consumti  sunt.  uxor  asdrubalis  se  duosque  filios  secum virili  dolore  et  furore  femineo  in  medium  iecit  incendium  eundem  nunc  mortis  exitum faciens  novissima  regina  carthaginis,  quem  quondam  prima  fecisset».  oroSIuS,  Historia 20

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finds its way into chaucer’s Canterbury Tales 26 and the vernacular translations  of  orosius.  from  the  late  fifteenth  century  on,  this  episode becomes illustrated in the french translation of orosius and in independent channels 27 (Pl. 6). In sum, the story became famous and popular. Instead  of  analysing  the  slightly  divergent  variations  of  the  story,  let us focus on the passage which stands on Vat. gr. 73, f. 21r-v. as far as the reading  of  f.  21r  is  concerned,  I  rely  on  the  editions  by  boissevain  and büttner-Wobst because I cannot read most of this page as they were able to  before  the  conservation  treatment  with  gelatine  with  an  accuracy impossible  to  verify  now.  however,  I  provide  my  own  reading  of  f.  21v, from  line  1  to  line  24,  where  the  excerpt  under  scrutiny  finishes  and  a new one begins; my transcription offers 11 new lines of Polybius. I leave for another paper the reading of lines 25-32, which is not without interest for  the  reconstruction  of  the  Polybian  version  of  the  famous  dialogue between the historian himself and Scipio, who was weeping over the fall of  carthage 28.  Two  excerpts  from  diodorus  Siculus  give  the  closest  version to that of Polybius. These two excerpts survive in Vat. gr. 73, f. 107v (p. 214), and are relatively legible, without producing the same difficulties

adversus paganos 4.23, ed. k. f. W. ZanGEmEISTEr, Leipzig 1889, p. 139. orosius was cited verbatim  by  PauLuS dIaconuS (ca.  720-799),  Historia Romana,  4.12,  ed.  a.  crIvELLuccI, rome 1914, p. 61 and frEchuLfuS LEXovIEnSIS (ca. 780-ca. 850), Chronicon 1.5.11, ed. PL 106, col. 1050. 26 G. chauchEr,  Canterbury Tales,  1399-1400  («What  shal  I  seyn  of  hasdrubales wyf,/ That at cartage birafte hirself hir lyf?»), 3364-3369 («but sodeynly dame Pertelote shrighte/  ful louder than dide  hasdrubales wyf. / Whan  that  hir housbonde hadde  lost his lyf/ and that the romayns hadde brend cartage./ She was so ful of torment and of rage/ That wilfully into the fyr she sterte/ and brende hirselven with a stedefast herte»). Ed. r. boEInG - a. TayLor, Toronto 2008, pp. 248 and 351. 27 The scene has been frequently represented in various media. I only mention three examples from the fifteenth century. In manuscript illumination, see the illustration in the french  translation  of  orosius.  new  york,  morgan  Library  mS  212  (Histoire ancienne jusqu’à Cesar),  f.  174v  and  The  hague,  mmW  (museum  meermanno-Westreenianum), 10.a.11 (auGuSTInuS, La Citè de Dieu in french), f. 146v (Pl. 6). See also the tempera on panel by Ercole Grandi d’antonio de’ roberti (1490-1493) in The national Gallery of art (dSc08828) in Washington d.c.  28 on the scene of weeping Scipio aemilianus, see a. E. aSTIn, Scipio’s Tear at Carthage, in  Id., Scipio Aemilianus,  oxford  1967,  pp.  282-287;  m.-r.  GuELfuccI,  Troie, Carthage et Rome: les larmes de Scipion,  in  Reconstruire Troie. Permanence et renaissances d'une cité emblématique, besançon 2009, pp. 407-424; a. coPPoLa, Aeneas’ Landing in Libya, Jupiter’s Prophecy and Scipio’s Tears at Carthage, in Mnemosyne 68 (2015), pp. 285-289.

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as f. 21v does (Pl. 4-5) 29. unfortunately, we do not have the full version of  diodorus,  and  the  imperial  redactors  cut  Polybius’  text  and  that  of diodorus differently 30. The  practical  method  of  fabricating  the  excerpts  in  the  Excerpta Constantiniana helps  illuminate  the  difference  between  the  excerpts  created from  the  full  redactions  of  Polybius  and  diodorus  Siculus  who  narrated the same event in a similar way 31. To put it simply, the key division principle  between  excerpts  was  a  new  level  of  textual  coherence.  In  the  first step,  the  excerptors  decided  about  divisions  between  units.  These  units often did not correspond to the chapter divisions or shorter textual units in  the  model  manuscripts.  In  the  next  stage,  on  the  basis  of  the  textual coherence of these new units, excerptors unified short sections sometimes located far from one another in the model manuscripts. Textual coherence is the key aspect here but at the level of selected passage rather than that of the whole narrative. To achieve it, the beginnings and ends of the new units  had  to  be  modified  to  allow  a  coherent  entity  to  emerge  from  the new  passage  we  call  an  excerpt.  When  unifying  the  subsequent  sections that belonged to an individual topic, the excerptors did not summarize the omitted passages. The title of the collection surviving in Vat. gr. 73 is preserved  in  two  variants.  one  is  as  general  as  On Sayings (περὶ γνωμῶν) which  appears  in  two  cross-references  in  the  collection  On Virtues and Vices 32.  The  other  is  preserved  in  the  closing  section  of  Polybius  in  Vat. gr. 73: On Gnomic Statements (περὶ γνωμικῶν ἀποστομισμάτων) 33. based on the practice of the manuscripts of the Excerpta, the form in the closing section can be taken as an authoritative title. The word  ἀποστομισμάτων does  not  appear  elsewhere  in  Greek  literature  and  derives  from  ἀποστομ(ατ)ίζω,  the  principal  meaning  of  which  is  «to  teach  by  word  of mouth» 34.  This  allowed  broad,  arbitrary  criteria  for  selecting  excerpts See dIodoruS, exc. 382-383; ed. boISSEvaIn, cit. (nt. 14), pp. 378-380. Vat. gr. 73  preserved  appian’s  passage  as  well  on  what  hasdrubal’s  wife  said  to her husband. Vat. gr. 73, f. 95v [p. 190], aPPIan, exc. 19 (Libyca 131); ed. boISSEvaIn, cit. (nt. 14), p. 69. 31 némETh, The Excerpta Constantiniana, cit. (nt. 8), pp. 77-87 and 209-211;  Id., Compilation methods of the Excerpta Constantiniana revisited: From one compilator to the threestage model of teamwork, in Byzantinoslavica 75 (2017), pp. 265-290. 32 némETh, The Excerpta Constantiniana, cit. (nt. 8), p. 209 nt. 98. 33 In  Vat. gr.  73,  f.  23v  lower  margin,  in  De sententiis,  ed.  boISSEvaIn,  cit.  (nt.  14) p. 222. 34 h.  G.  LIddELL -  r.  ScoTT -  h.  S.  JonES,  Greek-English Lexicon with a Revised Supplement, oxford 1996, p. 220 (s.v.  ἀποστοματίζω). 29

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included  under  this  title.  Each  excerpt  chosen  for  this  collection  has  a principal character, whose name normally appears next to the excerpt in the  margin  of  Vat. gr.  73,  and  a  wise  opinion  or  saying,  often  a  citation, linked to this character.  The byzantine scholar who established the division points of excerpts in  Polybius  had  a  different  principle  of  cohesion  compared  to  what  we would expect. In the excerpt on f. 21r-v, the key figure is essentially not Scipio,  who  began  to  speak  with  his  fellows  and  taught  them  about  the lesson  of  fortune;  nor  hasdrubal’s  wife,  who  addressed  speeches  to Scipio 35 and to her husband as well; nor hasdrubal, who remained silent throughout  the  whole  excerpt.  Either  Scipio  or  hasdrubal’s  wife  would have  been  a  reasonable  choice.  however,  the  excerptor  seems  to  have chosen fortune (τύχη) as the key figure. he did so perhaps to avoid slicing up the passage into three excerpts in which the coherence and the key message  of  the  text  would  be  lost.  as  it  is  evident  from  the  new  part  of the excerpt, Polybius presents fortune as a stage director of life who puts everything in its correct place in the end. This final newly recovered section  confirms  the  lesson  which  Scipio  deduced  from  hasdrubal’s  surrender. The excerptor of diodorus Siculus, however, seems to have preferred to fabricate several excerpts from this passage. he chose as the key figure of his excerpt Scipio, who spoke about how hasdrubal had earlier rejected his  favourable  peace  deal  and  now  came  as  a  supplicant  to  him36.  The excerpt is very close to the initial section of the excerpt from Polybius and concludes with a general opinion about fortune. This is the point where the  excerpt  terminates.  The  central  message  of  Scipio’s  speech  is  highlighted by the reference in the outer margin of f. 107v, next to the beginning of this excerpt: «on fortune» (περὶ τύχης) (Pl. 4-5). no mention or hint is made to the subsequent section about the deserters’ activity on the roof  of  the  Temple  of  asclepius  and  the  wife’s  speech,  her  heroic  suicide and  the  sacrifice  of  her  children.  The  subsequent  excerpt  among  those taken  from  diodorus  in  Vat. gr.  73,  which  very  likely  followed  Polybius’

Scipio  aemilianus  africanus’s  speeches  have  been  collected  by  a.  E.  aSTIn,  Scipio Aemilianus, oxford 1967, pp. 250-252. 36 Vat. gr.  73,  f.  107v  (p.  214),  De sententiis,  exc.  382,  ed.  boISSEvaIn,  cit.  (nt.  14), p.  379  =  dIod.  SIc.  XXXII,  fragm.  24  (fragm.  23  in  the  Loeb  edition  by  f.  r.  WaLTon, Diodorus Siculus, Library of History, XI: Books 21-32, cambridge, ma 1957, pp. 234-235), ed. P. GoukoWSkI in Diodore de Sicile, Bibliothèque historique. Fragments, III: Livres XXVIIXXXII, Paris 2012, p. 209. 35

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narrative, is about the weeping Scipio and his dialogue with Polybius. The scene on the roof of the Temple of asclepius with the wife’s suicide must have been present in the full version of diodorus Siculus and must have been  excerpted  in  a  different  collection  of  the  Excerpta Constantiniana, perhaps On Deaths or On Feats of Valour or in a collection On Sieges. Let us now have a closer look at the main differences between appian’s account and that of Polybius (Pl. 7) 37. Scipio aemilianus’s speech on fortune’s lesson is missing from appian’s account. as we know from appian, hasdrubal wanted to get salvation not only for the carthaginians but also for  the  roman  deserters.  Scipio  –  as  we  learn  also  from  Polybius  –  had earlier offered favourable conditions to hasdrubal, which he initially did not accept, as he insisted on getting a deal also for the roman deserters. In  his  final  surrender,  he  left  his  wife  and  children  behind  in  the  citadel and  went  secretly  with  suppliant  branch  to  Scipio  to  get  a  peace  deal. after he arrived, Scipio asked him to take a sit next to him. appian fails to explain how hasdrubal was presented to the roman deserters who had stayed  with  hasdrubal’s  wife  and  children  in  the  Temple  of  asclepius. after  having  reproached  hasdrubal,  the  deserters  set  the  temple  on  fire and climbed up to its roof. at this point hasdrubal’s wife arrived in ornate dress.  She  first  addressed  Scipio,  acknowledging  his  right  of  war  to become  the  instrument  of  divine  vengeance,  an  aspect  which  is  absent from  Polybius’  version;  and  then  she  spoke  to  hasdrubal  by  asking vengeance from the gods for the betrayer of his fatherland and his family. appian does not refer to fortune (τύχη) or to hasdrubal’s former oath of burning  together  with  carthage,  to  which  Polybius  emphatically  refers twice: in Scipio’s reaction to the surrender at the beginning of the excerpt as  well  as  in  the  wife’s  speech  at  the  end.  The  mother  slew  her  children before  throwing  them  into  the  fire.  This  detail  was  not  mentioned  by other historians. Let us return to the key aspect of the excerpt, fortune as a stage director. The presentation of Polybius is rather theatrical and suits his conclusions on fortune’s excellence as a stage director. hasdrubal is bringing the suppliant branches and arrives at the knees of the victorious Scipio who is then speaking to his circle. In the next scene – with an abrupt shift and probably with a section omitted from this point – we find Scipio and has-

37 aPPIanuS, Libyca 131, ed. P. GoukoWSky cit. (nt. 16), pp. 119-120 and (notes) 217220. The oldest and most reliable version of this section is in Vat. gr. 141, f. 162v (Pl. 7).

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drubal with roman fighters close to the Temple of asclepius 38. only the deserters and hasdrubal’s wife had stayed in the temple. Scipio was able to accomplish his victory by displaying hasdrubal’s surrender to the last fighters.  on  the  roof,  we  find  the  roman  deserters  who  have  now  lost their ultimate hope for survival. The fight is interrupted and the full attention  of  the  viewers  goes  to  the  woman  who  is  wearing  an  ornate  dress appropriate to the chain of her heroic actions. Their children were wearing simple clothes expressing purity, vulnerability and the need for protection by their mother. Polybius dramatizes the scene by staging the wife as a key protagonist.  on  the  one  hand,  she  expresses  gratitude  for  the  peace  conditions given by Scipio which would have guaranteed her life and that of her  children.  on  the  other  hand,  she  exhibits  masculine  virtues,  shows herself  as  a  heroic  fighter  and  underlines  her  husband’s  feminine  weaknesses. all these dramatic monologues by the woman took place in a fire consuming the temple and the surrounding area. how was it possible that Scipio, hasdrubal and the roman fighters could stay close to the Temple of asclepius and listen to the wife without the risk of catching fire? In my view, this scene is a rhetorical construction by Polybius which works well as a retold story but is rather unlikely in a real situation. In Polybius’ work, hasdrubal is an example for the inconstancy of fortune,  as  was  earlier  Perseus,  the  king  of  macedonia.  after  the  battle  of Pydna in 168 bc, aemilius Paullus, the father of Scipio aemilianus, presents the defeated Perseus to his council. he says that one should not be arrogant and too confident in good fortune because it can easily turn into a bad one 39. Polybius often refers to  τύχη with slightly varying meanings and contexts. To Polybius, τύχη is the superhuman driving force of history opposed to causality which can be explained by cause-and-effect relationships  between  human  actions.  Τύχη has  multiple  manifestations:  unpredictable  or predestined or striking  or just,  exhibiting luck or misfortune. all  these  aspects  have  something  in  common:  they  are  all  outside  of

38 We  do  not  know  exactly  where  the  actual  surrender  took  place,  how  hasdrubal came  to  Scipio  aemilianus  or  how  they  got  close  to  the  temple.  from  the  geography  of carthage as it is described also by Strabo (Geographia 17.3.14), we know that it stood at the  top  of  the  acropolis  (byrsa)  in  the  middle  of  the  city,  and  that  access  to  it  was  steep on all sides. The harbor was beneath the acropolis. 39 Vat. gr. 73, f. 14v (p. 28) (PoLybIuS exc. 124), ed. boISSEvaIn, cit. (nt. 14), p. 194 = PoLybIuS 29.20, ed. büTTnEr-WobST, cit. (nt. 14), Iv, p. 259. See other descriptions of the same event in dIod. SIc. 30.23.1; PLuT. Aem. 27. 2f.; LIvIuS, 45.8.6.

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human  ability,  rationality  and  control 40.  at  the  beginning  of  his  work, Polybius describes τύχη as a major actor in history which forces the world to  a  definite  end 41.  When  interpreting  the  suicide  of  hasdrubal’s  wife, Polybius attributes to  τύχη the role of an active agent, the stage director. by doing so, he maintains the claim of historical objectivity for his skillful rhetorical presentation because he sees the role of the tragic poet as being different  from  that  of  the  historian.  «The  object  in  the  first  case  is  to create  a  plausible  fiction  in  order  to  beguile  an  audience,  in  the  second case to write what is true in order to educate the reader» 42. In other places too, Polybius uses inexplicitly the metaphor of the stage director, and theatre vocabulary, in the context of  τύχη 43. Thus the new lines of Polybius’ work  better  illuminate  how  he  understood  the  role  of  fortune  in  the machinery  of  history  and  as  an  excuse  to  create  theatrical  presentations of the crucial events of his work.

L. I. hau, Tychê in Polybios: Narrative Answers to a Philosophical Question, in Histos 5  (2011),  pp.  183-207;  a.  rovErI,  Tyche bei Polybios,  in  Polybios,  ed.  k.  STIEWE -  n. hoLZbErG, darmstadt  1982  (Wege  der  forschung,  347),  pp.  297-326;  Polybius Lexikon, III: Ρ-Ω, ed. ch.-f. coLLaTZ - m. GüTZLaf - h. hELmS, berlin 2002, coll. 707-714; f. W. WaLbank, A Historical Commentary on Polybius, I, oxford 1957, pp. 16-26. 40

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τὸ γὰρ τῆς ἡμετέρας πραγματείας ἴδιον καὶ τὸ θαυμάσιον τῶν καθ’ ἡμᾶς καιρῶν τοῦτ’ ἔστιν ὅτι, καθάπερ ἡ τύχη σχεδὸν ἅπαντα τὰ τῆς οἰκουμένης πράγματα πρὸς ἓν ἔκλινε μέρος καὶ πάντα νεύειν ἠνάγκασε πρὸς ἕνα καὶ τὸν αὐτὸν σκοπόν, οὕτως καὶ (δεῖ) διὰ τῆς ἱστορίας ὑπὸ μίαν σύνοψιν ἀγαγεῖν τοῖς ἐντυγχάνουσι τὸν χειρισμὸν τῆς τύχης, ᾧ κέχρηται πρὸς τὴν τῶν ὅλων πραγμάτων συντέλειαν.  PoLybIuS 1.4.1,  ed.  büTTnEr-WobST,  cit.  (nt.  15),

I, pp. 4-5.

42 ἐπειδήπερ ἐν ἐκείνοις μὲν ἡγεῖται τὸ πιθανόν, κἂν ᾖ ψεῦδος, διὰ τὴν ἀπάτην τῶν θεωμένων, ἐν δὲ τούτοις τἀληθὲς διὰ τὴν ὠφέλειαν τῶν φιλομαθούντων. PoLybIuS 2.56.12,

trans. r. WaTErfIELd, in Polybius, The Histories, oxford 2010, p. 119. 43 See PoLybIuS 1.4.5 (ἀγώνισμα) and the act of orchestrating (ἐπεισόδια τῆς τύχης) in PoLybIuS 2.35.5,  23.10.12,  32.5.11.  See  Polybios Lexikon,  I:  A-O,  1,  ed.  ch.-f.  coLLaTZ h. hELmS - m. SchäfEr, berlin 20002, col. 874, s.v.  ἐπεισόδιον and  ἐπεισάγω.

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aPPEndIX Transcription of Vat. gr. 73, f. 21v, lines 1-24 a note on my transcription: I use round brackets () to solve abbreviations,  and  angular  brackets    to  show  reconstructions  or  conjectures which  I  am  not  able  to  see.  I  have  attempted  to  reduce  underdots  to  the minimum. The notes register the variant – sometimes erroneous – readings  or  conjectures  of  previous  editors,  which  have  influenced  the  interpretation  of  this  passage.  I  ignore  heyse’s  unfounded  conjectures  in  the sections which he was not able to read. I highlight my reading of the new texts  of  Polybius  with  italics.  The  editors  are  referred  to  in  the  notes  as follows: bW = büTTnEr-WobST, cit. (nt. 15); bo = boISSEvaIn, cit. (nt. 14); di = dIndorf, cit. (nt. 13); GEEL, cit. (nt. 11); he = hEySE, cit. (nt. 12); hu = huLTSch, cit. (nt. 13); LuchT, cit. (nt. 11); maI, cit. (nt. 7). (1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8)

ἠμφιεσμένη · τοὺς δὲ παῖδας ἐν χ̣ι.τωνίσκο.ις ἐξ ἑκατέρου τοῦ μέρους προσειληφυῖα ταῖς χερσὶ μετὰ τῶν ἰδίων ἐνδυμάτων · καὶ τὸ μὲν πρῶτον ὀνομαστὶ προσεφώνει τὸν ἀσδρούβαν · τοῦ δ’ ἀποσιωπῶντος καὶ νεύοντ(ος) εἰς τὴν γῆν · τὰς μὲν ἀρχὰς τοὺς θεοὺς ἐπεκαλεῖτο · καὶ τῶι στρατηγῶι μεγάλας ἐπαφίει 44 τὰς χάριτας · διότι τὸ μὲν ἐκείνου45 μέρος · οὐκ αὐτὴ μόν.ο.ν46 · ἀλλὰ καὶ τὰ τέκνα47 σώζετ · βραχὺ δ’ ἐ. π.ι.σχοῦσα τὸν ἀσδρούβαν ε. .ἴρετο48 · πῶς αὐτῆι49 μεμψάμος 50 κατ’ ἰδίαν παρὰ τοῦ 51 στρατηγοῦ πορίζοιτο 52 τὴν σ(ωτη)ρίαν 53 αὐ-

ἐπενήνει he;  ἀπένεμε bW;  ἀπαήνει mai  (Vat. lat.  9544),  di;  ἀπέφαινε hu;  ἐπα… mai (ed.), Lucht; nihil bo 45 nihil Lucht 46 nihil Lucht;  μόνον hu, bo 47 τῷ θανάτῳ mai, Lucht, Geel;  τὰ τέκνα he, di, bW, bo 48 εἴρετο bo;  ἤρετο he, hu, di, bW 49 αὐτὸς he, di, hu;  αὐτῇ bW, bo 50 μὲν θαρρούντως vel  μὲν ψαμ vel  μὲν θαλ he;  μὲν φάσκων οὐδὲν bW (this is too long for the lacuna). 51 συ- he 52 παρίζεσθαι he;  πορίζοιτο di,  bW,  bo;  πορίζεσθαι hu  coni.  sensum verborum deperditorum:  πορίζεσθαί τινα δωρεὰν τοῦ προδότης γενόμενος αἰσχίστως καταλιπεῖν τὰ πράγματα καὶ παρασπονδήσας τοὺς αὑτῷ πιστεύοντας ἀπελθεῖν πρὸς τοὺς πολεμίους. 53 δωρεὰν he, di, hu;  σωτηρίαν bW, bo 44

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(9) τος οὕτως 54 ἀσεβῶς 55 ἅμα δ᾽ 56 ἀναισχύντως 57 ἐγκαταλιπὼν 58 τὰ ταλαίπω(10) ρα τέ. κνα 59 · καὶ τοὺς 60 αὐτῶι πιστεύοντας · ἀπέλθοι61 πρ(ὸς) τοὺς πολε(11) μίους · πῶς δὲ παρὰ τούτους 62 τολμᾶι καθῆσθαι νῦν · θαλλοὺς ἔχων (12) πρ(ὸς) οὓς †εἶναι† 63 πολλάκις· οὐδτε ταύτην ἔσεσθαι τὴν ἡμέραν (13) ἐν ἧι. βήσεται64 τὸν ἥλιον ἅμα καθορᾶν ἀσδρούβαν ζῶντ.α.65 καὶ (14) τὴν δα πυρπολουμένην · οὐ μὴν ἀλλ᾽ ὃ. μεν ἐμὲ ποιεῖν ἔ(15) δει φη(σι) γυναῖκα οὖσαν. σὺ πεποίηκας αἰσχρῶς καὶ ἐπονειδίστως · (16) ὃ δέ σε ποιεῖν καθήκ 66 καὶ τουτὶ τὰ τέκνα πράξομεν · καὶ (17) ταῦτ᾽ εἰποῦσαν πάντων ἀτενιζόντων εἰς αὐτὴν (καὶ) καταπεπλη(18) μένων 67 τὸ θράσος ἐτι μᾶλλον ἢ πρὸ τοῦ · προσλαβομένη καὶ περιστεί-

αὔτοπτον ποιῶν perperam he ἀναιδῶς [in app.  εὐμαρῶς, εὐλαβῶς, ἀσεβῶς] he 56 ἀλλ᾽ ὅλον he 57 αἰσχίστως he 58 καταλείπων he, di 59 πράγ male legit he, followed by di, hu, bo, bW 60 ἀστοὺς add. he, di, hu, bW; nihil bo 61 ὑπέλθοι he, bo 62 πρὸς τούτοις he, di;  πρὸς τούτους hu;  παρὰ τούτοις bW;  παρὰ τούτους bo 63  coni. he;  ἔφασκε hu; nihil di, bW, bo. at this point, the sentence summarizing the oath would profit from a verbum dicendi instead of εἶναι which is clearly legible. 54 55

maybe the actual oath was paraphrased or modified because of an eventual insertion into another collection and the excerptors’ intervention resulted the current reading. In an earlier section of the same book, Polybius refers to hasdrubal’s oath: οὐ μὴν ἀλλ’ ἐπεὶ συνῆλθε

τῷ βασιλεῖ καὶ διήκουσε τῶν ὑπὸ τοῦ στρατηγοῦ προτεινομένων, πολλάκις τὸν μηρὸν πατάξας, τοὺς θεοὺς καὶ τὴν τύχην ἐπικαλεσάμενος, οὐδέποτε ταύτην ἔσεσθαι τὴν ἡμέραν ἔφασκεν ἐν ᾗ συμβήσεται τὸν ἥλιον Ἀσδρούβαν βλέπειν ἅμα καὶ τὴν πατρίδα πυρπολουμένην· καλὸν γὰρ ἐντάφιον εἶναι τοῖς εὖ φρονοῦσι τὴν πατρίδα καὶ τὸ ταύτης πῦρ.  PoLybIuS

38.8.8-9,  ed.  bW,  Iv,  p.  478,  recovered  from  another  collection  of  the  Excerpta [De virtutibus et vitiis], Turonensis 980, f. 268r. The corresponding section survives in diodorus Siculus  as  well  (book  32,  fragm.  22;  De sententiis,  exc.  381,  Vat. gr.  73,  f.  107v):  ὁ δὲ Ἀσδρούβας ἀπεκρίθη μηδέποτε ἐπόψεσθαι τὸν ἥλιον πυρπολουμένης τῆς πατρίδος ἑαυτὸν διασωζόμενον. 64 συμβήσεται he, bW, bo. heyse  based his  conjecture on Polybius’  other version  of

hasdrubal’s oath (nt. 63).  65 ζῶντα he. heyse’s reconstruction is confirmed by the actual reading as well as the adjective in diodorus (ἑαυτὸν διασωζόμενον) of which  ζῶντα is a synonym. 66 only the breathing and the acute accent are visible. 67 heyse first read ἑκὼν (1846) but later (In Polybii cit. [nt. 12]) he corrected to μένων (1847). for references see nt. 11. The gamma is not present in the manuscript and I have normalized the spelling.

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(19) λασα τοὺς παῖδας · ἔρριψεν αὑτὴν εἰς τὸ πῦρ ὁμοῦ τοῖς τέκνοις · (20) ὥστε πάντας ἀνακραγ. εῖν (καὶ) δακρῦσαι συμπαθεῖς γενομένους (21) τῆι περιπετείαι καὶ τόλμηι τῆς γυναικὸς · τῆς τύχης ὡς ἐν δρά(22) ματι 68 διεξοδικὸν 69 τῆς ὅλης πράξεως καὶ μηχανῆς ἐπεισαγαγούσης 70 (23) τήν τε κατὰ τὸν ἀσδρούβαν ἀγεννίαν · καὶ τὴν τῆς γ. υ. ν. αικὸς εὐτολ(24) μίαν: [end of the excerpt]

Translation of the entire excerpt on Hasdrubal’s surrender and his wife’s suicide [f. 21r] When  hasdrubal,  the  general  of  the  carthaginians,  arrived  as  a  supplicant at Scipio’s knees, the general turned his eyes to those present and said:  «Look  at  the  fortune,  o  men,  how  well  she  makes  an  example  of imprudent  men.  This  is  hasdrubal,  who  has  just  now  rejected  the  fa vourable  conditions  we  offered  to  him:  he  said  that  the  most  beautiful tomb  is  one’s  fatherland  and  its  fire.  now  he  is  here  with  [supplicant] branches, imploring us for his life and placing all his hope in us. by looking  at  these  things  beyond  their  surface,  anyone  can  understand  why  a man  never  should  speak  and  act  in  the  state  of  arrogance».  [omission?]

ἐν δράματι. The vocabulary of this sentence reflects a divine intervention via stage machinery  in  performances  of  attic  tragedy.  Earlier  in  the  same  book  (38.8.8),  Polybius refers  to  hasdrubal  as  appropriate  to  a  tyrannic  figure  in  a  tragedy:  68

ἐξεπορεύετο μετὰ μεγάλης ἀξίας ἐν τῇ πορφυρίδι καὶ τῇ πανοπλίᾳ βάδην, ὥστε τοὺς ἐν ταῖς τραγῳδίαις τυράννους πολύ τι προσοφείλειν. 69 διεξοδικὸν τῆς ὅλης πράξεως καὶ μηχανῆς «the  dénouement of  its  whole  action  and

intrigue». I acknowledge Timothy Janz for the interpretation of this phrase. The substantivized neuter  διεξοδικὸν seems to refer to  ἀγεννίαν and  εὐτολμίαν and is not attested in this  sense  elsewhere  in  Greek  literature.  The  concept  is  clear  and  confirmed  by  Polybius using  διέξοδος (3  times),  from  which  διεξοδικόν derives,  and  its  synonym  συντελεία (39 attestations), including a joint usage (22.4.2). cf. Polybios Lexikon, I, cit. (nt. 43), col. 529, and III, cit. (nt. 40), coll. 413-415. for the better understanding of  τῆς ὅλης πράξεως, see the  preface  to  Polybius’  work  (1.1.)  which  introduces  the  idea  that  the  evolvement  of events  teaches  lessons  to  competent  students.  The  fall  of  carthage  is  an  important  conclusion of successive events where a historical lesson is legitimate. as for μηχανῆς, see six attestations including two with  ἐπεισάγειν μηχανήν (29.25.1, 32.5.11). Polybios Lexikon, I, cit. (nt. 43), col. 1639. 70 τῆς τύχης …  ἐπεισαγαγούσης, see Polybios Lexikon, I, cit. (nt. 43), col. 874 and III, cit. (n. 40), coll. 707-714. The concept of τύχη as a stage director is confirmed by Polybius’ frequent attribution of active agency to fortune. See also nt. 42.

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and some of the deserters went to the edge of the roof [of the Temple of asclepius]  and  asked  those  fighting  in  the  first  rank  to  stop  for  a  little. When the general commanded them to stop, they began to rebuke hasdrubal, some for perjury, saying that he had often sworn on sacred things that he would not abandon them, others did for cowardice and in general for  the  baseness  of  his  spirit.  They  did  all  this  with  mockery  and  filthy and hostile rebuke. [f. 21v] at this moment his wife, who was watching hasdrubal sitting with the general, stepped forward from the deserters. She was dressed as a free and reverend woman, holding by the hands, on either side, together with her own  clothes,  her  children  who  wore  their  chitons.  and  she  first  called hasdrubal  by  his  name;  as  he  was  silent  and  looked  down  to  the  earth, she  began  by  invoking  the  gods  and  expressing  great  gratitude  to  the [roman]  general  because  he  had  granted  that  not  only  she  but  also  her children  be  saved.  after  a  short  pause  she  asked  hasdrubal  why  he  was procuring  a  blameworthy  salvation  from  the  [roman]  general  especially for  her  in  such  an  impious  manner 71,  and  why,  shamefully  abandoning his wretched children, as well as the people who had trusted him, he was departing to the enemies; further, how he dared to sit with those enemies now, holding tender branches upon which he had often sworn that it was impossible  that  the  day  should  ever  come  in  which  the  sun  should  look down  both  upon  hasdrubal  alive  and  upon  his  fatherland  in  flames. «however», she said, «what I should have done, being a woman, you have done,  shamefully  and  disgracefully;  and  what  it  behoves  you  to  do,  I myself  and  these  children  will  do».  as  everybody  was  staring  at  her saying  these  words,  and  was  even  more  astonished  by  her  courage  than they had been previously, she grabbed the children, wrapped them up and threw  herself  into  the  fire  together  with  the  children  so  that  everybody cried out and broke out in tears in sympathy with the sudden change of fortune  and  with  the  courage  of  this  woman.  fortune  staged  as  if  in  a play,  as  the  dénouement of  its  whole  action  and  intrigue,  both  the  baseness peculiar to hasdrubal and his wife’s courage.

71 as  it  is  clear  from  homer  (Il.  4.160-165),  the  divine  revenge  of  oathbreakers embraces eventually the entire family.

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ciPrO O rODi (e ciLicia)? La Scrittura «À μεν DISTENDU»* SOmmariO: abbreviazioni bibliografiche, p. 105. – Premessa, p. 111. – 1. Breve storia degli studi: un fenomeno grafico dai contorni incerti, p. 113. – 2. molti nuovi testimoni, e un primo sguardo d’insieme, p. 118. – 3. Per un repertorio delle mani: osservazioni preliminari su copisti e varietà grafiche, p. 122. – 3.1 Giorgio anagnosta agioeleuterita, p. 124. – 3.2 niceta raguse, nomikòs di rodi, p. 128. – 3.3 La «cerchia» di niceta raguse («anon. Vg859»; «anon. Gaddi»; «anon. athen.»; «anon. mg134»), p. 139. – 3.4 nicola Brachionas anagnosta, p. 149. – 3.5 costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato», p. 151. – 3.6 costantino anagnosta teologita, p. 153. – 3.7 Lo scriba «anon. antiochi mon.» (alias mosco macroleone?), p. 156. – 3.8 altre mani anonime: una selezione («anon. Wenham»; «anon. ang46»; «anon. Duke»; «anon. trin. chalc.»), p. 161. – 3.9 nicola macroleone, copista dalla datazione incerta, e un suo anonimo collaboratore («anon. Pg313»), p. 167. – 3.10 Demetrio, p. 171. – 4. Gli aspetti codicologici e ornamentali dei codici «à μεν distendu»: prime indicazioni, p. 172. – 5. cronologia e localizzazione dello stile: pochi dati, qualche indizio, varie ipotesi di lavoro, p. 178. – 6. conclusioni provvisorie, p. 206. – appendice: elenco dei testimoni dello stile «à μεν distendu», p. 208.

aBBreViaziOni

BiBLiOGraFiche

ačar· ean = h. ačar· yan [ačar· ean], Hayoc‘ anjnanunneri bar·aran [= Onomasticon armeno], i-V, erevan 1942-1962. aLanD = Kurzgefasste Liste der griechischen Handschriften des Neuen Testaments, (…) bearbeitet von K. aLanD [ET AL.], Berlin-new york 19942 (arbeiten zur neutestamentlichen textforschung, 1) [con aggiornamenti e additamenta sul sito web dell’institut für neutestamentliche textforschung, münster: http://ntvmr.uni-muenster.de/liste]. aLišan, Sissouan = L. aLiShan [Ł. aLišan], Sissouan, ou L’Arméno-Cilicie. Description géographique et historique (…), Venise 1899 [tit. orig.: Sisuan. Hamagrut‘iwn haykakan Kilikioy (…), Venetik 1885]. Arménie. La magie = Arménie. La magie de l’écrit, [catalogue de l’exposition: marseille, 27 avril-22 juillet 2007], sous la direction de c. mutaFian, Paris-marseille 2007. BanDini, Antonio Eparco = m. BanDini, Antonio Eparco, Marcello Cervini, Guglielmo Sirleto. Per la storia del testo dell’epistolario pseudo-ignaziano, in Philologie, herméneutique et

* Sono molto grato, per aver avuto la pazienza di leggermi e per i loro consigli, a Donatella Bucca, Santo Lucà, Francesca Potenza. Ogni residuo errore è soltanto mio.

☜ tavv. 1-72

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PremeSSa Fra gli ambiti di ricerca che, all’interno della vasta produzione scientifica di mons. Paul canart, hanno dato risultati più significativi spicca senz’altro quello, particolarmente fecondo, dello studio delle grafie greche dell’area palestino-cipriota. muovendosi su un terreno già dissodato a partire dagli anni cinquanta del novecento dall’assunzionista Jean Darrouzès (1912-1990) – che grazie alla perlustrazione di interi fondi manoscritti greci, e in particolare di quelli vaticani e parigini, aveva accumulato un’ampia messe di notizie su codici di origine o provenienza cipriota1 –,

1 J. DarrOuzèS, Les manuscrits originaires de Chypre à la Bibliothèque Nationale de Paris, in Revue des études byzantines 8 (1950), pp. 162-196 [rist. in iD., Littérature, nr. xi]; iD., Évêques inconnus ou peu connus de Chypre, in Byzantinische Zeitschrift 44 (1951), pp. 97-104 [rist. in iD., Littérature, nr. xViii]; iD., Un obituaire chypriote: le Parisinus graecus 1588, in Κυπριακαὶ Σπουδαί 15 (1951), pp. 23-62 [rist. in iD., Littérature, nr. xiii]; iD., Notes pour servir à l’histoire de Chypre (…), in Κυπριακαὶ Σπουδαί 17 (1953), pp. 81-102; 20

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canart fu di fatto il primo a stabilire, negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, la classificazione ancor oggi impiegata per buona parte degli stili di scrittura greca libraria in uso fra cipro e la prospiciente area mediorientale nell’ampio arco di secoli tra l’xi e il xiV. Quando oggi parliamo, dunque, di «stile epsilon a pseudo-legature basse», o di scrittura cipriota «rettangolare» o «quadrata» (la «chypriote rectangulaire, ou carrée»), o di scrittura cipriota «ricciuta» (la «chypriote bouclée»), altro non facciamo che adottare per l’ambito palestino-cipriota una serie di definizioni e categorie descrittive che, create da canart quarant’anni fa, riscossero immediato successo, finendo per risultare consacrate dall’uso generalizzato da parte dei paleografi greci 2. c’era, però, nel panorama degli stili grafici greci individuati da canart per quest’area del mediterraneo orientale in età medio- e tardo-bizantina, un tipo di scrittura che, per ammissione dello studioso stesso, rimaneva allora piuttosto sfuggente nei suoi contorni, e che in effetti ancor oggi resta in certa misura sfocato nella percezione che ne abbiamo: la cosiddetta scrittura «à μεν distendu», ovvero, in italiano, «a μεν stirato» o, se si preferisce, «disteso». così, in effetti, canart ebbe a battezzare tale grafia a motivo dell’insistenza, in essa, della legatura orizzontalmente stirata delle lettere my-epsilon-ny (fig. 1):

Fig. 1 La legatura «distesa» di μεν

una legatura, questa, non certo esclusiva di tale grafia – come era ben chiaro a mons. canart e come ribadiremo altrove –, ma che in tale scrittura, associandosi ad altri stilemi e a una selezione di morfemi peculiari più o meno stabilmente adottati, finisce per assumere un particolare rilievo, connotando in certo senso la pagina (tav. 1).

(1956), pp. 31-63; 22 (1958), pp. 221-250; 23 (1959), pp. 25-56 [rist. in iD., Littérature cit., nrr. xiV-xVii]; iD., Autres manuscrits; iD., Textes synodaux chypriotes, in Revue des études byzantines 37 (1979), pp. 5-122. 2 P. canart, Un style d’écriture livresque dans les manuscrits chypriotes du XIV e siècle: la chypriote «bouclée», in La paléographie grecque et byzantine, Paris 21-25 octobre 1974, Paris 1977 (colloques internationaux du centre national de la recherche Scientifique, 559), pp. 303-321 (con 8 figg.) [rist. in iD., Études, i, pp. 341-360]; iD., Écr. livr. chypr. [1981]; iD., Écr. livr. chypr. [1987-1988].

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1. BreVe

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StOria DeGLi StuDi: un FenOmenO GraFicO Dai cOntOrni incerti

con i pochi testimoni manoscritti di questo tipo di scrittura che a quel tempo era riuscito a individuare, e con gli scarni dati che aveva allora a disposizione, canart poté dedicare a questa curiosa scrittura greca due sole paginette all’interno di un articolo del 1981 di taglio più generale, consacrato alla produzione libraria di queste zone orientali 3. Si trattava, però, di due pagine ammirevoli per chiarezza e capacità di analisi, in cui si ponevano già quasi tutte le questioni di fondo che al riguardo sono ancor oggi sul tavolo: 1) se cioè si trattasse di una tipologia grafica effettivamente riconoscibile come tale e sufficientemente diffusa, e se si potesse dunque parlare di un vero e proprio «stile»; 2) se se ne potesse definire con una qualche precisione la diffusione geografica, e a quale area andasse ascritta; 3) e per finire, la questione della «cronologia» dei manoscritti «à μεν distendu».

Lo studioso riconosceva, infatti, nei manoscritti da lui individuati un piccolo gruppo di manufatti grafici appartenenti a una «corrente stilistica»4 da lui giudicata in certa misura affine allo «stile epsilon arrondi»

Si veda iD., Écr. livr. chypr. [1981], pp. 65-67 [rist. in iD., Études, i, pp. 725-727]. trattando della scrittura «à μεν distendu», canart stesso oscilla fra la definizione di «stile» grafico, di «tipo» di scrittura, e infine di «corrente stilistica» (ibid.). nulla di male in questo, giacché, come tanti altri studiosi, anch’io non credo che queste categorie nomenclatorie sorte nell’ambito della paleografia latina – che studia un mondo in cui l’educazione grafica è spesso di scuola e più rigidamente legato all’apprendistato nello scriptorium – siano meccanicamente adattabili e proficuamente applicabili anche al mondo più anarchico, «idiorritmico» e frastagliato della scrittura greca libraria del medioevo: sono vicino, in questo, alle prudenti osservazioni al riguardo di L. Perria, La minuscola «tipo Anastasio», in Scritture, libri e testi, i, pp. 271-318 (con xxiV tavv. f.t.): 280; ma si veda pure adesso un’accurata sintesi storico-bibliografica recente su tale questione terminologica in e. criSci, Tipo, stile, canone: appunti di terminologia paleografica, in Scrineum Rivista 16 (2019), pp. 17-56 [http://dx.doi.org/10.13128/Scrineum-10762], di cui però non mi paiono condivisibili le proposte conclusive, di segno opposto, formulate ibid., pp. 44-50. – in ogni caso, l’oscillazione terminologica nelle pagine che canart dedicava alla scrittura «à μεν distendu» mi sembra in parte rivelatrice dell’incertezza dello studioso di fronte a una grafia come questa, i cui caratteri trent’anni fa apparivano forse scarsamente definiti, o potevano sembrare legati magari a una sperimentazione poco più che individuale. il prosieguo degli studi, però, e soprattutto le numerose novità che esporrò in questo lavoro mostrano molto chiaramente che si tratta, invece, di una scrittura ben caratterizzata e riconoscibile, che ebbe una sua buona durata e diffusione fra la seconda metà/fine del xii 3

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cipriota, e per ciò stesso da considerarsi, a suo parere, originaria della medesima zona, o quanto meno riferibile al medesimo ambito regionale allargato 5. codici-guida erano, agli occhi di canart, gli unici due manoscritti datati da lui reperiti a quel tempo, ovvero la coppia di Lezionari dei Vangeli hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (= 201), copiato nel 1205 da costantino lettore (ἀναγνώστης), e hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911, trascritto nel 1209 in una località non precisata – sebbene si possano formulare ipotesi al riguardo, come si dirà 6 – da tal niceta raguse (Ῥαγκούσης)7, che si qualifica nel colofone come nomikòs dell’isola di rodi. La scrittura di questi due copisti era così caratterizzata da mons. canart: Verticale, arrondie, aux traits assez épais, (…), sans grands contrastes de module, mais avec certains effets qui annoncent la Fettaugen-Mode. Le mélange de majuscules et de minuscules est normal pour l’époque 8.

elementi e morfologie ritenuti caratteristici da canart erano (fig. 2): 1) alpha e delta maiuscoli, di forma triangolare allargata; 2) epsilon maiuscolo spesso ingrandito e pseudo-legato a destra (ma non nella forma della tipica «pseudo-legatura bassa» dello «stile cipriota epsilon»; e oltretutto – aggiungeremo noi – non si tratta poi neppure di una morfologia troppo frequente in questo tipo di scrittura); 3) il theta chiuso cosiddetto «biblico», rotondo o appena schiacciato verticalmente; 4) la legatura «distesa» del gruppo μεν (ma anche alcune altre sequenze consonantiche con epsilon in posizione intermedia presentano lo stesso andamento «stirato»); secolo e la metà circa del xiii, e che fu praticata in modo omogeneo e coerente da un discreto numero di copisti: sarebbe perciò senza dubbio lecito e anzi opportuno – per chi intendesse esercitarsi in queste astratte distinzioni definitorie anche nell’ambito della paleografia greca – parlare di «stile». 5 «il existe aussi des stylisations arrondies qui, d’une manière ou de l’autre, ont un certain “air chypriote” et peuvent parfois être rattachées soit à chypre soit à des centres provinciaux pas trop éloignés», come si legge in iD., Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [rist. in iD., Études, i, p. 725]. 6 cf. infra, pp. 129, 188-196. 7 nel rendere il cognomen del copista Ῥαγκούσης traslittero come g il suono tipicamente espresso, nella pronuncia greca medievale, con quel gruppo γκ che ormai non era pronunciato solo e sempre come /ŋg/, ma, soprattutto nei prestiti lessicali dal latino o dalle lingue occidentali, fungeva da digramma per la resa del fonema /g/, cf. ad es. D. hOLtOn [ET AL.], The Cambridge Grammar of Medieval and Early Modern Greek, i: General Introduction and Phonology, cambridge 2019, pp. 314 (nr. 3.2.12), 158 (nr. 3.6.2.1). 8 cf. iD., Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [rist. in iD., Études, i, p. 725].

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5) la presenza frequente di gruppi di lettere tonde addossate le une alle altre senza essere in legatura: le cosiddette lettres collées 9.

Fig. 2 Lo stile «à μεν distendu»: morfologie tipiche

a queste osservazioni di mons. canart aggiungerei che la scrittura presenta, nella maggior parte dei testimoni, una certa tendenza alla bilinearità, con riduzione delle aste che salgono in alto o scendono al di sotto della linea di base. Di conseguenza, quasi a lenirne l’impatto visivo, i tratti obliqui o quelli ricurvi discendenti sotto il rigo, come ad esempio il tratto finale di kappa o lambda o chi maiuscoli o l’asta inferiore di rho minuscolo, non di rado si presentano arrotondati in senso antiorario verso destra, tendendo ad avvolgere dal basso la lettera successiva. il delta maiuscolo triangolare, inoltre, spesso si presta ad accogliere su di sé la lettera seguente, che, di piccolo modulo, si innalza lievemente al di sopra della linea di base, come si nota in special modo nel caso della particella avversativa δέ (fig. 3).

Fig. 3 città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 32r

Oltre ai due codici datati che ho già menzionato – Athous Iber. 23 (an. 1205) e Athous Vatop. 911 (an. 1209) –, canart poteva segnalare altri nove testimoni della grafia reperiti nelle collezioni britanniche e nei fondi della Biblioteca Vaticana:

9 Gli esempi di singole morfologie offerti nella fig. 2 sono stati tratti in particolare dalla mano del citato copista niceta raguse.

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francesco d ’aiuto

città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859 (ps.dionys. areop., ignat. antioch. e altri Padri), 1616 (io. chrysost., hom. in Genesim), 1840 (1a pt.: eucologio), 1886 (lezionario dei Vangeli) e 2319 (tetravangelo); london, British library, add. 19460 (lezionario dei Vangeli) e royal 1.d.ii (antico testamento: «Codex Arundellianus»); oxford, Bodleian libraries, arch. selden B 54 (2a pt.: lezionario dei Vangeli) e B 56 (lezionario dei Vangeli).

Va detto, però, che già nel 1962 del medesimo niceta raguse copista del citato codice Athous Vatop. 911 erano state riconosciute da linos Polite¯s la sottoscrizione (priva di data) e la mano anche nel lezionario dei Vangeli thessalonikē, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81 (olim hagion oros, Σκήτη τοῦ Ἁγίου Ἀνδρέου, 3)10: un dodicesimo testimone della grafia che rimase purtroppo sconosciuto a mons. canart 11. si trattava, fino a quel momento, di manoscritti quasi tutti della sacra scrittura, e anzi soprattutto di lezionari dei Vangeli, con ben poche concessioni ad altri ambiti della liturgia o alla patristica. Questi ulteriori codici, oltretutto, nel loro complesso non fornivano nessun’altra indicazione cronologica in aggiunta alle datazioni ai primissimi anni del xiii secolo dei due codici atoniti citati, né offrivano alcun elemento oggettivo ai fini dell’individuazione del loro luogo d’origine. in effetti, canart notava che, accanto alla generica somiglianza della nostra scrittura «à μεν distendu» alle grafie cipriote, altri indizi di localizzazione non del tutto univoci, e anzi contrastanti fra loro, sembravano orientare ora verso rodi, ora verso cipro – ipotesi che, a leggere fra le righe, sembra timidamente favorita dallo studioso –, senza che addirittura si potesse del tutto escludere una meno probabile estensione all’area balcanica. Ma su tutto questo torneremo in séguito più analiticamente 12. dopo questa prima prospezione di mons. canart, e fino a oggi, qualche contributo ulteriore allo studio della scrittura «à μεν distendu» è stato fornito da studiosi che hanno segnalato in varie sedi un certo numero di altri codici, per lo più alla spicciolata. nel 2001, infatti, donatella Bucca rintracciò un ulteriore testimone della grafia nel lezionario dei Vangeli Mes-

10 Polite¯s, Σκήτ. Ἁγ. Ἀνδρέου, pp. 340-342 e fig. 1; id., Κατάλογος Θεσσαλονίκης, p. 80 e tav. 28; ma ancor prima cf. Vogel - gardthausen, p. 337. 11 l’aggiunta di questo testimone al dossier della scrittura «à μεν distendu», se non erro, si deve a stefec, Anmerkungen, p. 135. 12 cf. infra, pp. 183-206.

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sina, Biblioteca regionale universitaria «Giacomo Longo», S. Salv. 96 13. a natalie tchernetska si deve, poi, l’aggiunta nel 2012 al nostro dossier di un manoscritto contenente il Pandectes di antioco monaco 14 che, probabilmente proveniente dalla dispersa collezione del monastero di Kosinitsa ma ora diviso fra Bratislava, Parigi e tokyo, era già stato virtualmente ricostituito nella sua unitarietà da andré Binggeli nel 200815. nel 2010, invece, annaclara cataldi Palau, identificando la grafia che ci interessa nell’Omiliario milano, Biblioteca ambrosiana, F 124 sup., codice arrivato in Biblioteca ambrosiana «e thessalia advectus», si chiedeva se la scrittura «à μεν distendu» non potesse aver raggiunto nella sua estensione e nel suo impiego anche la Grecia settentrionale e l’area balcanica 16. contro questa ipotesi si è però giustamente pronunciato rudolf S. Stefec, che, inoltre, con due articoli del 2013 e del 2014 ha il merito di aver portato alla ribalta degli studi sei ulteriori testimoni della stessa grafia, in gran parte frammentari, conservati in armenia, austria e Grecia17: athe¯ na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127 (tetravangelo); ereVan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran, m 1624 (ff. i, i’: frammenti di Lezionario dei Vangeli); haGiOn OrOS, Μονὴ Βατοπεδίου, 1215 (ff. 1324 + 13bis-19bis, 22bis: Lezionario dei Vangeli e dell’Apostolos), 1218 (ff. 14, 30-33, 38-39: Lezionario dei Vangeli) e sine numero (alcuni fogli senza segnatura, tra i frammenti); Wien, Österreichische nationalbibliothek, theol. gr. 120 (ff. 120-121: frammenti di meneo, mese di settembre).

un’ulteriore, forse troppo timida segnalazione di affinità alla nostra grafia – che a mio parere si deve tradurre piuttosto in un’esplicita identificazione dello stile – è, infine, quella formulata nel 2020 da Silvia tessari in relazione al Lezionario dei Vangeli Bassano del Grappa, Biblioteca civica, 1087 (coll. 34 B 19)18: daremo, comunque, il codice per già acquiBucca, Nuovo codice. tchernetSKa, Greek Manuscripts in Keio, pp. 178-184. 15 BinGGeLi, Fragments du Pandecte, pp. 278-280. tre anni prima, la sola parte conservata a tokyo era stata descritta da raPP, Antiochos Manuscript at Keio, in un contributo rimasto sconosciuto a Binggeli. 16 cataLDi PaLau, Tessaglia, pp. 98, 105, 108, 132 (nr. 11), 141, 142, 144, 145, 158160 e tav. xx (fig. 20b). 17 SteFec, Zu einigen zypr. Hss., pp. 57-58 e taf. 7 (per il frammento viennese); e soprattutto iD., Anmerkungen, pp. 135-136. 18 teSSari, Byz. Musical Mss., pp. 600-602 e 871 (tav. 2). Quanto alla scrittura, l’autrice (ibid., p. 600) si limita a osservare la presenza occasionale della legatura di μεν disteso, e a riferire che «the graphic features of the codex are very similar to those attri13

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sito d’ufficio al dossier della scrittura «à μεν distendu», rinviando a quanto diremo più avanti per l’identificazione del suo copista19. infine, la scrittura «à μεν distendu» è stata di recente ritrovata – come mi comunica cortesemente per litteras la studiosa – da Giulia rossetto nei resti di un codice liturgico che fu smembrato, palinsestato e reimpiegato evidentemente nel monastero di S. caterina al Sinai (Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 960 [ff. 141r-142v, 145r-146v] + ΝΕ Μ 11 + ΝΕ Μ 22 + ΝΕ Μ 79)20. Grazie a tali progressive aggiunte degli ultimi vent’anni, dunque, i testimoni segnalati della grafia sono saliti a poco più di una ventina di codici 21 (per complessive 28 segnature, giacché alcuni di essi sono ridotti allo stato di membra disiecta), la metà circa dei quali, ovvero 11 manoscritti – è bene ricordarlo – erano già stati identificati a suo tempo da mons. canart. 2. mOLti

nuOVi teStimOni, e un PrimO SGuarDO D’inSieme

Fin qui la storia degli studi. ci si chiederà, a questo punto, che cosa si possa aggiungere di nuovo al lavoro fatto finora. innanzitutto, si può ampliare notevolmente, più che triplicandola, la rosa dei testimoni sinora identificati di questa grafia. alla ventina di codici finora noti, infatti, ne aggiungerò qui poco meno di un’altra cinquantina, portando il totale al numero provvisorio di 72 manoscritti, per complessive 87 segnature. Si tratta di nuovi manoscritti vergati «à μεν distendu» che erano rimasti finora ignoti e che, conservati in biblioteche di tutto il mondo, ho potuto reperire mediante una serie di spogli espressamente effettuati per que-

buted to the main scribe of the manuscript – though in a less cursive handwriting – British Library, add. mS 19460 (…), collocated by P. canart (…) among a group of manuscripts of likely Greek-oriental origin» (con riferimento bibliografico alle pagine dedicate alla scrittura «à μεν distendu» in canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 65-67 [rist. in iD., Études, i, pp. 725-727]). 19 cf. infra, pp. 134-135. 20 La studiosa pubblicherà presto i risultati di questa sua ricerca in rOSSettO, Greek Palimpsests. 21 il numero esatto oscilla, mi pare, fra 21 e 23: finché, infatti, non sarà possibile un’analisi dettagliata – non fattibile con le parziali e cattive riproduzioni da me visionate – dei frammenti vatopedini segnalati da rudolf Stefec sotto tre diverse segnature (cf. supra, p. 117), non si potrà dire se si tratta di parti di uno stesso manoscritto originario o no.

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st’occasione 22. Di tali novità il lettore potrà avere notizia dettagliata scorrendo l’elenco completo dei testimoni finora emersi che è pubblicato in appendice a questo studio, dove i codici qui rivendicati allo stile per la prima volta – a mia notizia, almeno – sono posti in evidenza mediante una crocetta (✠) anteposta alla segnatura 23. Per ovvi limiti di spazio, peraltro, in questa sede non sarà possibile passare analiticamente in rassegna tutti i nuovi codici, che nella trattazione che segue saranno citati solo in parte, limitatamente a quanto parrà più utile in termini generali, o in relazione a specifiche questioni, o infine in riferimento alle personalità di singoli scribi. nella citata appendice, invece, per tutti i manufatti – di vecchia o nuova identificazione – saranno offerte succinte notizie contenutistiche, minimali indicazioni codicologico-paleografiche e una scarna bibliografia selettiva. un esame particolareggiato di tutti i testimoni, insieme a una ben più ampia disamina dello stile grafico e degli elementi codicologici e ornamentali dei diversi codici, si dovrà necessariamente destinare, infatti, a un’altra pubblicazione di carattere monografico che, già in corso di elaborazione, spero non tarderà a vedere la luce. Questo mi pare, invece, il luogo opportuno per qualche semplice considerazione preliminare sull’insieme dei manoscritti. in primo luogo, sul piano storico-culturale e testuale noteremo che i nuovi codici non ampliano molto la tipologia e la gamma di opere e autori rappresentati rispetto al panorama che si era venuto delineando sin dalle prime segnalazioni di Paul canart. L’accrescimento, pur notevole, del numero dei testimoni non si accompagna, infatti, a un incremento del «catalogo» delle letture: ancor più numerosi, e anzi largamente maggioritari, risultano essere i Lezionari (44,5% ca.), quasi sempre dei Vangeli e ben più di rado dell’Apostolos, mentre di diverse unità crescono i codici vetero- e soprattutto neotestamentari non d’uso strettamente o esclusivamente liturgico (21% ca.), con una dozzina di tetravangeli di varia qualità, un Salterio, un manoscritto dell’antico testamento. come i Lezionari, del resto, all’uso rituale sono destinati anche diversi altri tipi di libro liturgico rappresentati nel dossier: raccolte innografico-musicali di vario tipo (17% ca.) e un solo 22 ma devo ringraziare in modo particolare la collega e amica Donatella Bucca, che con straordinaria generosità mi ha segnalato quattro di questi nuovi codici (per complessive cinque segnature), frutto di sue personali ricerche, esortandomi a studiarli in sua vece: si tratta dei manoscritti Hierosol. S. Crucis 15 e Marc. gr. z 134, z 537 e ii 42 + ii 82. 23 cf. infra, pp. 208-222, passim.

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eucologio (1,5% ca.). Scarsa la letteratura patristica (5,5% ca.), nonostante la presenza di almeno un codice di grande interesse (Vat. gr. 859). La letteratura religiosa d’epoca medievale (5,6% ca.) è anch’essa molto limitatamente rappresentata: oltre a due copie di antioco monaco (Vi-Vii sec.), abbiamo un esemplare (Marc. gr. z 537) del commento ai Salmi di teodoreto di ciro e di eutimio zigabeno († post 1118), opera questa che è pure la più recente, dal punto di vista cronologico, dell’intero dossier, insieme al commento di teofilatto di Bulgaria († post 1107) ai Vangeli (Athous Iber. 599). Questi ultimi due codici rivelano, in ogni caso, un qualche pur limitato interesse anche per testi «moderni» di esegesi scritturistica, che è rappresentata del resto anche da testi più antichi e più comuni come le Homiliae in Genesim e in Matthaeum crisostomiche (Vat. gr. 1616; Hieros. S. Sabae 6). infine, quasi la cenerentola del dossier è l’agiografia (4,2% ca.), con tre sole raccolte omiletico-agiografiche. è, in ogni caso, tutta letteratura sacra, con testi quasi sempre fra i più comuni, in manoscritti il cui impiego si potrà ricondurre in larga parte ad ambito propriamente ecclesiastico più che monastico. nessuna concessione, in quel che ci è pervenuto – o, quanto meno, in quel che è stato individuato finora –, alla letteratura «profana» o tecnica, neppure limitatamente a quello strumentario minimo di ambito grammaticale, lessicografico, retorico che costituiva l’indispensabile supporto all’insegnamento scolastico di livello elementare e/o intermedio. né si rilevano, per il momento, tracce di interessi per l’ambito tecnico-scientifico o medico o giuridico/canonistico, nemmeno al livello di quei manuali o prontuari/ ricettari o di quelle raccolte di eclogae/excerpta che anche in ambiti provinciali di cultura ellenofona non troppo florida costituivano, in ogni caso, supporti pratici pressoché indispensabili per la vita quotidiana di qualunque comunità, laicale o religiosa che fosse 24.

24 Si vedano selettivamente ad es. S. Lucà, Testi medici e tecnico-scientifici del Mezzogiorno greco, in La produzione scritta tecnica e scientifica nel medioevo: libro e documento tra scuole e professioni. Atti del Convegno internazionale di studio dell’Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti, Fisciano-Salerno (28-30 settembre 2009), a cura di G. De GreGOriO e m. GaLante con la collaborazione di G. caPriOLO e m. D’amBrOSi, Spoleto 2012 (Studi e ricerche. collana dell’associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti, 5), pp. 552-605 (con Vi tavv. f.t.); m. t. rODriQuez, Riflessioni sui palinsesti giuridici dell’area dello Stretto, in Vie per Bisanzio. VII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini, Venezia, 25-28 novembre 2009, ii, a cura di a. riGO, a. BaBuin e m. triziO, Bari 2013, pp. 625-645; D. Bucca, Frammenti giuridici «rossanesi» a Venezia, in Manoscritti italogreci: nuove tessere, pp. 131-152, con tavv. 21-24 f.t.

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Su un altro piano, quello propriamente paleografico, il cospicuo incremento del numero dei testimoni fa ormai emergere con forza la percezione che abbiamo della scrittura «à μεν distendu» come di una grafia coerentemente e stabilmente organizzata e perciò molto ben individuabile, ovvero, se si vuole, un vero e proprio stile grafico organico e maturo, caratterizzato da grande costanza sotto l’aspetto delle scelte morfologiche e degli orientamenti «estetici», e padroneggiato da un buon numero di copisti con esiti in genere molto simili fra l’una e l’altra mano: uno stile che pare, anzi, interpretato da gran parte degli scribi in modo talmente regolare e uniforme che, come osservava lo stesso Paul canart, non sempre è facile distinguere un amanuense dall’altro. caso mai, si può notare che dello stile esiste anche una variante schiacciata e di modulo piccolo, utilizzata soprattutto (ma non solo) in manoscritti contenenti inni liturgici al fine di concentrare grandi masse testuali di ufficiature – talora per giunta corredate delle musiche nell’interlinea – entro pagine dense e fitte caratterizzate da un alto numero di righe per pagina, fino a 40-60 e oltre (come ad es. nel codice ann arbor, university of michigan, mich. ms. 38, e soprattutto nello Hieros. S. Sabae 10) 25; mentre poi invece, al polo opposto, della medesima scrittura si rileva pure una variante più calligrafica e, per così dire, elegante che non soltanto affiora occasionalmente in qualche codice liturgico o patristico/teologico esteticamente un po’ meglio curato, ma si rileva specialmente in alcuni bei manoscritti dei tetravangeli di taglia piccola o medio-piccola, talora destinati a essere poi arricchiti di miniature, e probabilmente allestiti per un uso devozionale privato – e al contempo per un’esibizione di status –, rappresentando verosimilmente una personale dotazione libraria di altolocati personaggi che è difficile dire se laici o appartenenti alla gerarchia ecclesiastica 26. a completare il quadro segnalo sin d’ora una notevole uniformità e coerenza degli aspetti codicologici e ornamentali 27, fatto che conferma la netta impressione non solo di un preciso ambito locale di origine dello stile, ma anche di un’area di diffusione – per quanto attiene all’apprendimento grafico degli scribi e alla loro produzione libraria – che dové essere

25 Su questo genere di capienti codici innografico-musicali e sulle caratteristiche dei tipi di scrittura e degli elementi codicologici in essi attestati in età mediobizantina, in area palestino-cipriota e non solo, si veda ad es. D. Bucca, Scrittura, notazione, mise en page nei manoscritti musicali bizantini (sec. X-XII), in Livre manuscrit grec, pp. 151-180: 178 nt. 57. 26 cf. infra, pp. 136-137, 145-146, 178. 27 Sui quali tornerò più avanti, cf. infra, pp. 172-178.

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chiaramente delimitata, sebbene la definizione dei confini geografici non sia del tutto certa, come si vedrà. un dato, questo della specificità «regionale» di tale scrittura, che è confermato dal ricorrere e rincorrersi delle mani nei codici, nei quali, come si vedrà, si assiste più volte a collaborazioni variamente assortite fra le differenti personalità di copisti che individueremo e passeremo in rassegna nelle pagine che seguono. 3. Per

un rePertOriO DeLLe mani: OSSerVaziOni PreLiminari Su cOPiSti

e Varietà GraFiche

non mi è ovviamente possibile offrire in questa sede una repertoriazione completa ed esaustiva delle mani attestate nel dossier, per una serie di motivi di varia natura. innanzi tutto, per l’enorme mole di lavoro necessaria per distinguere con cura ed esattezza mani che sono tutto sommato scarsamente differenziate fra loro, nell’ambito di uno stile che, come si è anticipato, mostra una forte stabilità delle caratteristiche di base e anzi una certa fissità e stereotipicità del repertorio morfologico: questi copisti, che – lo si è capito – dobbiamo ritenere oriundi non tanto di un’area macroregionale genericamente comune quanto di un’unica e ben determinata realtà locale, devono avere condiviso la medesima educazione grafica, esibendo di conseguenza scritture che in molti casi si distinguono tra loro solo per alcune minuzie, o talora per qualche tic individuale che si palesa più o meno occasionalmente nel tessuto grafico. non mancano, peraltro, casi in cui è possibile dimostrare – e altri in cui si possono almeno ipotizzare – più o meno cospicue variazioni nel modo di scrivere da parte di un determinato copista, fatto che potrebbe essere spiegato sia con un probabile décalage cronologico fra i vari testimoni, sia forse, e direi meglio, con un cosciente adattamento a occasioni di scrittura diverse, in relazione ai differenti livelli di committenza o alle esigenze connesse con le varie tipologie di libro che di volta in volta si intendeva produrre: in più casi sembra, infatti, di avere a che fare con scribi che, al di là della conformità di fondo allo stile, sanno modificare sapientemente il ritmo e l’aspetto d’insieme delle loro grafie variandone il modulo, l’andamento, il grado di corsività e, in una parola sola, l’aspetto. Per converso, i probabili e talora dimostrabili fenomeni di collaborazione, all’interno di uno stesso codice, di più mani diverse complicano l’analisi, imponendo lunghi e laboriosi esami di dettaglio, pagina per pagina, sia della scrittura sia dell’ornamentazione, la quale ultima offre anch’essa importanti indizi ai fini dell’identificazione degli scribi. infine, la gran massa – oltre una settantina – di

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manoscritti da analizzare, spesso risultati accessibili soltanto in riproduzioni in bianco e nero di cattiva qualità e talora solo parzialmente grazie a fotografie di pochi fogli, aggiunge ulteriori difficoltà, tanto più se si considera che, nel periodo dell’elaborazione finale per la stampa di questo contributo, a causa della pandemia di SarS-coV-2 le missioni di ricerca presso biblioteche lontane dalla sede di lavoro sono a lungo risultate impossibili, e rimangono tuttora difficili. mi limiterò, dunque, a offrire qui una prima, sommaria prospezione, esponendo per il momento i risultati principali e già sin d’ora evidenti e rinviando – come ho già detto – a un più dettagliato lavoro monografico, che questo stile di scrittura certamente merita, sia la descrizione paleografico-codicologica dei manoscritti sia una catalogazione esaustiva e maggiormente meditata delle mani, e inoltre una serie di riflessioni, che in questo contributo saranno solo accennate, attinenti a una variegata serie di questioni, quali: 1. le origini dello stile e gli influssi grafici che stanno alla sua base; 2. la localizzazione della scrittura, e i rapporti con altre realtà etno-linguistiche insistenti nella medesima area regionale latamente intesa; 3. la funzione di questa grafia, in relazione alle tipologie di manoscritti prodotti e al catalogo testuale in essi rappresentato, e le varietà riconoscibili all’interno dello stile; 4. i rapporti con varie grafie più o meno affini dei secoli xii e xiii, e le occasionali riprese di dati elementi della scrittura «à μεν distendu» in epoca successiva. ciò detto, resta da esplicitare il criterio di ordinamento della materia che sarà adottato in questa veloce e provvisoria trattazione delle mani: criterio che dovrà essere necessariamente empirico, rinunciando alla pretesa di ricostruire, per il momento, una «storia» della grafia, in considerazione sia del novero esiguo di copisti di cui sia noto il nome (solo sette o forse otto su diverse decine di mani riconoscibili), sia del numero altrettanto scarso dei codici datati (in tutto sei). Stando così le cose, quindi, procederò utilizzando come convenzionale fil rouge dell’analisi il manipolo di scribi i cui nomi ci sono stati conservati dalle sottoscrizioni, disponendoli secondo l’ordine cronologico della loro prima attestazione datata o databile; ma fra l’uno e l’altro copista noto intercalerò, giustapponendole «a grappolo» accanto a ciascuno di essi, le mani dei loro «collaboratori», nella limitata misura in cui sono riuscito sinora a individuarli, oppure quelle di alcuni degli scribi anonimi che appaiano graficamente più affini agli amanuensi noti, sia pur avvertendo che segnalerò queste mani di ignoti in maniera selettiva, appuntandomi soprattutto sui casi in cui mi paia di poter attribuire a un dato anonimo più di un manoscritto.

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Segnalo, infine, che per informazioni minime e bibliografia scelta su ciascun codice citato il lettore è tacitamente rinviato al già citato elenco dei manoscritti appartenenti allo stile che è offerto in appendice a questo articolo, ove i codici sono elencati in ordine di segnatura: nel testo che segue, il rinvio numerico posto fra parentesi quadre e preceduto da una freccia (→) si riferisce alla numerazione progressiva che, all’interno della lista finale, è attribuita alla sintetica notizia descrittiva dedicata a quel dato codice. 3.1 GiOrGiO

anaGnOSta

aGiOeLeuterita

il primo manoscritto certamente datato in maniera inequivoca che, a mio avviso, esibisca la scrittura «à μεν distendu» propriamente detta è un Lezionario dei Vangeli che mons. canart non conosceva, il codice İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 5 [→ nr. 31], volume di formato medio (mm 240 × 200-195 ca.) vergato nel 1188 dal copista Gi org i o a na g nosta a g i oel euter i ta in una località ignota. il colofone recita 28 (tav. 69a): Constantinop. Bibl. Patr. Trin. Chalcens. 5, f. 144r: † δόξα σοι ὁ θ(εὸ)ς | πάντ(ων), ἔνεκα † ἐπληρώθ(η) τὸ παρὸν | θεῖον (καὶ) ἱερὸν εὐα(γγέλιον)· | διὰ χειρ(ὸς) ἐμοῦ γε(ωργίου) | ἀνα(γνώστου) τοῦ ἁγιοελευθε- | ρίτ(ου)· μαρτ(ίου) μη(νὸς) φθήνοντ(ος) | πρ(ὸς) τῇ δ΄· ὅσοι δὲ | πιστῶς χερσὶ τοῦτο | κρατοῦσι, εὔχεσθ(ε) | καμοὶ· τῶ πόθω | γεγραφότι, ὅπως τ(ῶν) | ὧδε, λυτρώσητ(αι) σκαν- | δάλων· τ(ῶν) βιωτικῶν, | (καὶ) πάντ(ων) τῶν ῥεόντ(ων) ·:· | τῶ (sic) ἔτους ͵ϛ(ῶ)χϟ(ῶ)ς(ῶ)΄ : (ἰνδικτιῶνος) ϛ΄ † † Gloria a te, o Dio, per ogni cosa. † Fu completato il presente divino e sacro Evangelion per mano di me Giorgio lettore agioeleuterita, di marzo uscente il quartultimo giorno. / Quanti l’avran tra le mani con fede, / per me che ho scritto con zelo pregate, / ché abbia riscatto dai terreni scandali / del mondo e da ogni sua vanità effimera. nell’anno 6696, sesta indizione. † [= 28 marzo 1188]

28 Qui e altrove mantengo l’ortografia, sovente erronea, dei codici, omettendo però di riprodurre la dieresi impropria. Segnalo inoltre che in questo specifico caso del codice stambuliota la mia trascrizione, pur realizzata come al solito ex novo a partire dal codice (qui, dalla sua riproduzione), ripete in modo piuttosto fedele quella contenuta nell’accurata descrizione del bel catalogo a stampa recente, cf. BinGGeLi [ET AL.], Sainte-Trinité de Chalki, i, pp. 7-9: 8; ii, pl. 4-5.

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il manoscritto stambuliota, con la sua sottoscrizione che è parzialmente metrica, in dodecasillabi bizantini, per quanto attiene alla topica preghiera della porzione finale 29, rappresenta un prodotto librario di medio livello, non particolarmente elegante ma neppure privo di cura, su pergamena di qualità media ed esente da difetti maggiori, con margini abbastanza ampi, aspetto ordinato, e una sobria ornamentazione eseguita con una certa attenzione in un vivace rosso minio (tav. 2). La mano di Giorgio, posata, è abbastanza regolare, pur con qualche variazione di modulo delle lettere, con andamento che si fa più contrastato in certe pagine, e con un asse sempre studiatamente oscillante – con alcuni grafemi che hanno tratti verticali leggermente inclinati all’indietro, e pochi altri, come talora pi maiuscolo, che pendono invece verso destra –, come del resto si vede in molte delle mani di copisti che impiegano questo stile. Qui, anzi, qualche lettera tende a ricadere in avanti in modo particolarmente vistoso: così talora il chi legato a lettera seguente, o il καὶ tachigrafico con la sua «testa» che, franta in più segmenti, scende a toccare a destra il rigo di base, e la coda molto alta. nel codice si rileva, inoltre, occasionalmente l’uso di iota sottoscritto (fig. 4). noto pure che il copista suole segnare abbastanza spesso il centro del margine superiore del foglio o comunque lo spazio sopra la singola colonna di scrittura con una o più crocette, un uso devozionale che è condiviso, come si vedrà, da molte delle mani che aderiscono a questo nostro stile grafico 30. a dispetto, infine, dello scorrevole brio della scrittura, che denuncia una mano di calligrafo capace di scrivere piuttosto bene, l’ortografia è ampiamente e sorprendentemente difettosa soprattutto per quanto riguarda l’itacismo, gli spiriti e gli accenti: tutto questo, però, in un codice, qual è un Lezionario, che è destinato all’impiego nella proclamazione pubblica e dunque a una fruizione in una dimensione «performativa» di assoluta oralità. i pur numerosi σφάλματα dello scriba, quindi, non avranno affatto inficiato la proclamazione della Parola 31. almeno da ὅσοι δὲ πιστῶς… fino a …καὶ πάντων τῶν ῥεόντων, sempre che non si debba pensare a un imperfetto dodecasillabo di 13 sillabe (8 + 5) anche per l’espressione dell’ἡμερομηνία immediatamente precedente: μαρτίου μηνὸς φθήνοντος πρὸς τῇ δ΄ (= τετάρτῃ). 30 cf. infra, pp. 176-177. 31 nella fig. 4, come pure nelle altre che, intercalate al testo, corredano la trattazione delle mani dei copisti che adottano la scrittura «à μεν distendu», non ho inteso presentare una esaustiva sintesi delle morfologie più tipiche e rilevanti per ciascuno scriba, né delle forme esclusive da lui adottate per una data lettera o legatura, ma semplicemente una 29

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Fig. 4 Giorgio anagnosta agioeleuterita: scelta di morfologie (dal codice İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 5)

non è facile individuare con assoluta certezza la mano di Giorgio agioeleuterita 32 in altri manufatti che sono stati riconosciuti come pertinenti al medesimo stile grafico, forse anche a motivo di una sua attitudine alla variabilità dell’assetto grafico in ragione della tipologia di prodotto librario. Pur con qualche dubbio residuo, il caso che mi pare più convincente è quello, limitato per estensione, dei ff. 264r (col. 1 lin. 6)-279v dell’interessante codice patristico città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859 [→ nr. 10] – sul quale torneremo più ampiamente in séguito –, dove la piccola porzione che sono propenso ad assegnare a Giorgio ce lo mostra nell’atto di vergare le linee finali dell’hom. 1 de proditione Iudae (CPG 4336) di Giovanni crisostomo, e poi per intero il sermo 15 in diabolum et orcum (CPG 5524) dello ps.-eusebio alessandrino e l’in divini corporis sepulturam (CPG 3768) di epifanio (tav. 3). Se davvero si tratta anche in questi fogli della mano di Giorgio, notiamo che in questo manoscritto lo scriba si avvicenda nella trascrizione scelta di alcune forme che, pur apparendo – magari anche in modo sporadico e minoritario – accanto ad altre diverse per lo stesso grafema o gruppo di lettere, abbiano avuto per me un valore orientativo ai fini del ragionamento sull’identificazione della mano. Del resto, è ben noto come nella minuscola medio- e tardobizantina si registri spesso un elevato polimorfismo, che talora può accompagnarsi alla disposizione da parte di un dato calligrafo a mutare scelte e frequenze relative dei segni da una pagina all’altra di uno stesso codice o, nel tempo, da un manoscritto all’altro, anche a seconda del variare della rapidità e del grado di formalità della scrittura. appigliarsi per l’identificazione di una mano all’aspetto di un dato grafema è, in tali condizioni, pericoloso, ed è d’obbligo tenere un atteggiamento cauto, valutando nel suo insieme – ma senza troppa rigidità – non solo il repertorio morfologico complessivo ma anche il ritmo della scrittura, insieme alle caratteristiche materiali e a quelle dell’ornato, se calligrafico. 32 a dispetto del forte troncamento per sospensione γε( del nome proprio del copista all’interno del colofone (cf. supra, p. 125), ritengo anch’io – come tacitamente hanno fatto gli autori del catalogo – che il copista debba essersi chiamato con maggiore probabilità Giorgio (Γεώργιος), nome comune e largamente utilizzato nel mondo bizantino, anziché, ad esempio, Gerasimo (Γεράσιμος) o Germano (Γερμανός).

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con un altro copista già menzionato del quale parleremo diffusamente più avanti, ovvero niceta raguse, e inoltre con un collaboratore anonimo di quest’ultimo. in questa piccola porzione del manoscritto vaticano, peraltro, la grafia che assegnerei all’agioeleuterita sembra più rapida, con accensioni corsiveggianti e un modulo fortemente cangiante, in pagine dapprima più fitte e vergate minutamente, poi con scrittura più ariosa. Ornamentazione e rubricatura divergono, del resto, da quelle del codice stambuliota, in un primo momento perché opera dello scriba principale niceta raguse (al f. 264r), e poi perché più avanti lasciate non eseguite, finendo per essere integrate successivamente in inchiostro bruno da una mano forse un po’ più tarda (f. 267v). al di là delle piccole differenze, l’impianto della scrittura qui con qualche cautela rivendicata a Giorgio è sostanzialmente lo stesso che abbiamo riscontrato nel codice di İstanbul, e le morfologie-guida segnalate – incluso il καὶ tachigrafico spezzato e inchinato in avanti – si riscontrano anche in questo testimone. Più complesso è, invece, il caso di altri due manoscritti che, con piccole differenze fra l’uno e l’altro, paiono esibire una sorta di variante posata della stessa grafia: mi riferisco ai codici città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1616 [→ nr. 11], manoscritto di omelie crisostomiche in Genesim (hom. 1-31) di grandi dimensioni (mm 359 × 263 ca.), e Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. gr. 473 [→ nr. 51], un Salterio di formato medio-piccolo (mm 229 ×165 ca.) (tavv. 4-5). il Vat. gr. 1616, fra l’altro, mostra un’ornamentazione che ha stretta affinità, anche per la squillante tonalità del rosso minio, con quella del codice di İstanbul – tanto che, se non si volesse avallare l’identità di copista, si dovrebbe almeno postulare quella del rubricatore/ornatista –, ma presenta al contempo una scrittura più rigida, forse in connessione con la diversa tipologia di libro patristico destinato alla conservazione, di cospicue dimensioni e con ampi margini: un prodotto di qualche maggior pretesa, che quindi dal punto di vista grafico condivide con il manoscritto stambuliota il repertorio morfologico di base, ma – se, come credo, è della stessa mano di Giorgio – mostra un fluire di calamo più raffrenato in un’occasione di scrittura più formale, per un libro destinato a uso meno corrente e quotidiano rispetto al Lezionario della trinità di chalke¯, o anche rispetto al più modesto – e più affrettatamente allestito, come si dirà – codice patristico Vat. gr. 859, manoscritto che molti indizi ci fanno credere destinato allo studio personale di un dotto committente. il piccolo e modesto Salterio Par. Suppl. gr. 473, per parte sua, ci mostra una scrittura di grande modulo, anch’essa di norma piuttosto rallentata e vergata a

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lettere staccate, con abbreviazioni praticamente azzerate – manca persino il καὶ tachigrafico –, come si conviene del resto alla trascrizione del libro dei Salmi che, oltre ad avere un’ovvia fruizione devozionale e liturgica, rappresentava per tutti i discenti la palestra di primo esercizio nell’apprendimento della lettura. Oltretutto l’ornato, calligrafico, è qui ridotto al minimo – in un codice, peraltro, acefalo e mutilo in fine, con possibile perdita di ornamentazione maggiore –, e non offre quindi elementi orientativi aggiuntivi ai fini dell’identificazione della mano. 3.2 niceta raGuSe,

NOMIKÒS Di

rODi

a motivo della postulata collaborazione, della quale si è già fatto cenno, di Giorgio agioeleuterita con lui 33, tratteremo per secondo del copista ni ceta ra g use (Ῥαγκούσης), il quale firma due distinti codici: i Lezionari dei Vangeli thessalonike¯, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81 (olim hagion Oros, Σκήτη τοῦ Ἁγίου Ἀνδρέου, 3), di formato medio (mm 258-256×196) [→ nr. 63] e hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911 (an. 1209) [→ nr. 21], di dimensioni appena più ridotte (mm 238 ×168 ca.) (tavv. 6-8). eccone i colofoni (tavv. 72a-b, 71b): Thess. Univ. Schol. Phil. 81, f. 123v: δόξα σοι ὁ θ(εὸ)ς δό(ξα)· | πάντων τῶν κα- | λῶν, συντέλεσμα | θ(ε)ῶ χάρις † | κ(ύρι)ε σῶσον με | τὸν ἁμαρτωλὸν | νικήτ(αν) τὸν ῥαγκουσ(ην) † | † Gloria a te, o Dio, gloria, compimento di ogni bene, a Dio (sian rese) grazie. † Signore, salva me il peccatore niceta raguse. † † Thess. Univ. Schol. Phil. 81, f. 230r: τῶ συντελεστὴ | τῶν καλῶν θ(ε)ῶ | χάρις :· τέλ(ος) ἤλειφεν ἡ βίβλ(ος) | αὕτη χειρὶ ξεσθῆσα | νικ(ή)τ(α) τοῦ ῥαγκούση :· | † a Dio che è autore d’ogni bene (rendo) grazie. Giunto è al termine questo libro vergato per mano di niceta raguse. † Athous Vatop. 911, f. 155v: ἡ μὲν χεῖρ ἡ γράψασα, | σήπετε τάφω. γρα- | φὴ δὲ μένη εἰς χρό- | νους πληρεστάτους

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cf. supra, pp. 126-127.

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τὸ παρὸν ἅγ(ιον) εὐα(γγέλιον) ἀφι- | ερώθη εἰς τὸν πάν- | σεπτον καὶ θεῖον ναὸν | τῆς ὑπ(ερα)γ(ίας) θ(εοτό)κου τῆς περι- | βολιότισσας· διὰ συν| δρομ(ῆς) (καὶ) ἐξόδ(ου) τοῦ θεοσε- | βεστάτου ἱερέως κῦρ | γεωργ(ίου) (καὶ) πρωτοπαπ(ᾶ) τ(ῆς) | ἁγιωτ(ά)τ(ης) ἐπισκ(ο)π(ῆς) νυσούρας· | (καὶ) οἱ αναγινώσκοντες | εὔχεσθαι αὐτόν· ἐγράφ(η) | δὲ διὰ τοῦ νομ(ι)κ(οῦ) τ(ῆς) νήσου ρόδ(ου) | νικ(ή)τ(α) τοῦ ῥαγκούση· μη(νὶ) | ἀπριλλ(ίω) (ἰνδικτιῶνος) ιβ΄ ετ(ους) ͵ϛψιζ΄ :·

La mano che scrisse marcisce nella tomba, / ma la scrittura resta per anni innumerevoli. il presente santo Evangelion fu dato in sacra offerta alla molto venerata e santa chiesa della Santissima madre di Dio Periboliotissa, con il concorso e a spese del devotissimo sacerdote signor Giorgio, protopapas del santissimo episcopato di Nysura [= nisiro]: e voi che leggete, pregate per lui. e fu scritto per mano del nomikòs dell’isola di rodi niceta raguse nel mese di aprile della dodicesima indizione, nell’anno 6717 [= a.D. 1209].

come si vede, l’unico datato fra i due codici, ovvero il Lezionario di Vatopedi, è del primo decennio del xiii secolo. a mio parere ci sono, però, prove cogenti per ritenere che niceta raguse abbia cominciato la sua carriera di scriba almeno una dozzina d’anni prima, non solo e non tanto per la sua probabile collaborazione con Giorgio agioeleuterita, ma per il fatto che questa avvenga in un codice che, come si dirà, se non datato è però certamente databile prima della fine del xii secolo, e con maggior precisione entro il 1197, a motivo di una nota che commenteremo più avanti 34. tale codice, da cui pertanto converrà partire, è il già citato città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859 [→ nr. 10], una raccolta di testi patristici in gran parte di età apostolica e sub-apostolica (o di scritti pseudonimi, ma ritenuti tali) e talora relativamente rari (ps.-Dionigi areopagita, ps.-ignazio di antiochia, le epistole di Policarpo di Smirne e di Barnaba, il Protoevangelium Iacobi, ma anche testi crisostomici e di altri Padri) 35. il manoscritto, di dimensioni medio-grandi (mm 323 ×240 ca.), è frutto di un lavoro di équipe svolto probabilmente almeno in parte in parallelo da più scribi per affrettare i tempi della copia, e forse è anche in certa misura il risultato di aggiunte progressive di nuovi nuclei testuali. La suddivisione dei ruoli fra i copisti sembra esser stata la seguente 36: cf. infra, pp. 198-206. BanDini, Antonio Eparco, passim. 36 Prescindendo ovviamente da un più tardivo «restauro» cartaceo integrativo che il codice ha subìto sia ai ff. 2r-27r – dove, dopo l’incipit dell’hypomnema in s. Philippum 34

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[a.] al calamo di niceta raguse, che parrebbe aver funto da copistacapofila, si può attribuire, a parer mio, una buona metà del manoscritto (ff. 28r-118v, 245r-264r [col. 1 lin. 5], 280r-287v, con una variante rapida della stessa sua mano che si riscontra in particolare ai ff. 255r-262v) (tavv. 9-11a); [b.] a Giorgio agioeleuterita, invece, come si è detto 37, si potrà assegnare un breve tratto (ff. 264r [col. 1 lin. 6]-279v) nel quale egli continua la trascrizione dal punto in cui, nel bel mezzo del testo, niceta si era interrotto; [c.] il resto del codice (ff. 119r-244r) si deve a un non meglio identificato collaboratore di niceta, che definiremo provvisoriamente «anon. Vg859», sul quale torneremo più avanti 38.

L’attribuzione paleografica alla mano di niceta raguse di gran parte del Vat. gr. 859 è rafforzata, in effetti, e anzi dimostrata da un’evanescente noterella che, sfuggita al catalogatore robert Devreesse e allo stesso mons. canart, è rimasta anzi celata finora, a quanto ne so, a tutti coloro che si sono occupati del manoscritto: né me ne meraviglio troppo, perché devo io stesso confessare di averla notata e decifrata solamente molto tempo dopo aver identificato nel codice la mano dello scriba sulla base della sola analisi grafica. nel margine superiore del f. 280r, infatti, là dove niceta riprende la trascrizione dopo il breve intervento di Giorgio agioeleuterita nei fogli precedenti, si legge una sorta di «firma», † τοῦ ῥαγκούσ(η), vergata con caratteri minutissimi in un inchiostro carminio molto pallido, anzi quasi svanito, ma della stessa identica nuance impiegata poco più in basso tanto nell’ornamentazione quanto nella rubricatura del testo, entrambe certamente di mano di niceta (tavv. 9c, 69d). ci si può interrogare sulla funzione di questa noticina, che, senz’essere un colofone in senso proprio, rappresenterà forse una sorta di rivendicazione di paternità della trascrizione delle pagine che seguono, magari – per tentare un’ipotesi d’interpretazione – mirante a evidenziare la ripartiapostolum BHG 1527 presente in un foglio previo (f. 1) strappato da un bel menologio metafrastico miniato e accluso in testa al nostro codice, una mano del secolo xV-xVi ha aggiunto la continuazione del medesimo testo agiografico, e poi un’ufficiatura e la Passio metafrastica BHG 1414 di s. Pantaleone (27 luglio) e l’apocalissi dello ps.-metodio CPG 1830 –, sia al f. 263r-v (con l’integrazione della parte finale, evidentemente andata perduta, dell’hom. II in Lazarum CPG 4681 del crisostomo). 37 Su Giorgio agioeleuterita cf. supra, pp. 124-128 (§ 3.1) 38 Sull’«anon. Vg859» cf. infra, pp. 139-142 (§ 3.3). a tali pagine rinvio, peraltro, anche per la trattazione di un ulteriore caso di collaborazione di niceta con tale anonimo copista in un codice gerosolimitano, e per il frammento viennese di un codice, «gemello» di questo manoscritto della città Santa, nel quale pure si ritrova la mano di niceta (infra, pp. 141-142).

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zione dei ruoli nella copia e a favorire la divisione del compenso connesso con la manifattura del codice, se è vero che, come pare di intuire, si sarà trattato qui di un lavoro di copia svolto per una committenza esterna alquanto fuori dal comune 39. Forti di queste acquisizioni circa il Vat. gr. 859, torniamo ora ai due Lezionari già precedentemente noti per essere provvisti della sottoscrizione di niceta, il Thessalonicensis Univ. Schol. Phil. 81, non datato, e l’Athous Vatop. 911, dell’anno 1209. La mano del raguse, pur chiaramente riconoscibile in questi manufatti, mostra alcuni elementi di differenziazione nelle modalità di esecuzione, sebbene il repertorio morfologico sia sostanzialmente identico in tutte le occorrenze (fig. 5):

Fig. 5 niceta raguse: scelta di morfologie (dal codice thessalonikē, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81)

in particolare, al codice di Salonicco è strettamente affine, dal punto di vista sia grafico sia ornamentale, il manoscritto della Vaticana, tanto da far pensare a una certa vicinanza cronologica fra i due manufatti, che, sulla base della datazione del secondo non oltre l’anno 1197 40, si è tentati di considerare parte di un nucleo di codici un po’ più antichi, da collocarsi in via d’ipotesi intorno agli anni novanta del xii secolo. alcune differenze si colgono, in effetti, fra questi manoscritti e il codice di Vatopedi, che è d’oltre un decennio più recente rispetto al Vaticano: nel Vatopedino la grafia di niceta, perdendo un po’ dell’equilibrio e dell’eleganza tipici soprattutto del manoscritto tessalonicese, si fa più rilassata e uniformemente arrotondata – con una certa maggior tendenza a esagerare il contrasto di modulo rigonfiando più costantemente le lettere tonde –, e inoltre perde del tutto alcune morfologie specifiche, come in particolare la forma «all’antica», ma studiatamente spezzata in alto, della legatura epsilon-pi (fig. 5, nr. [5]); infine, nel codice atonita non si riscontra l’uso, ben 39 40

cf. infra, pp. 201-202. cf. infra, pp. 198-206.

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attestato altrove nei manoscritti di mano di niceta, di aggiungere piccole crocette devozionali, singole o multiple, nel margine superiore del foglio, consuetudine condivisa con Giorgio e con altri copisti che adottano la scrittura «à μεν distendu». Per giunta, poi, nel Lezionario di Vatopedi l’ornamentazione caratteristica non si ritrova più in forma veramente identica agli altri due codici di niceta, nonostante le analogie degli schemi e dei procedimenti di base: i patterns delle fasce riempite di racemi vegetali en réserve non sono più esattamente gli stessi (tav. 8c-e), come pure le forme dei coronamenti angolari delle fasce stesse (tavv. 6-7); anche le cornici delle fasce e delle pylai sono lievemente diverse, giacché nel Vatopedino il nastro rettilineo che le racchiude si ritorce su sé stesso a intervalli più o meno regolari in un nodo semplice o in un nodo doppio, a generare una sorta di flosculo a tre petali (tavv. 7, 8d-e), senza più essere nettamente segmentato, come negli altri codici di niceta, da annodature che paiono appartenere a un altro e diverso capo di corda accavallato 41 (tavv. 6, 8c, 9c, 10, 11a); infine, le iniziali maggiori del manoscritto atonita (tavv. 7, 8d-e) divergono lievemente, nelle loro forme standard, da quelle esibite da altri codici di niceta (tavv. 6, 8a-b, 9a-b e così via). certo, si potrebbe pensare che nel Vatopedino l’ornato sia stato aggiunto da altra mano, diversa da quella del raguse, sebbene i possibili rimandi ad altri manufatti a lui riconducibili, come vedremo, lo sconsiglino; ma è soprattutto la differenza che si riscontra nella grafia, come si è detto, a metterci di fronte al problema dell’alternativa fra variazione diacronica e mutevolezza sincronica nella scrittura di un copista che, peraltro, oltre a dimostrarsi chiaramente esperto e dotato di un’educazione grafica molto buona, si qualifica lui stesso, nella sottoscrizione del codice di Vatopedi, come «nomikòs dell’isola di rodi», rivelandosi con ciò come un personaggio al contempo avvezzo, in tale ruolo di notaio – se ben intendiamo il termine –, anche alla stesura professionale e all’allestimento materiale tali modi di annodarsi dei nastri che delimitano pylai, fasce e testatine a tappeto rappresentano, per la verità, un elemento del vocabolario ornamentale financo banale, comune in particolare in manoscritti datati o databili fra xii e xiii secolo di qualunque origine geografica, e in voga ancora lungo tutto il xiii secolo, cf. ad es. i. SPatharaKiS, Corpus of Dated Illuminated Greek Manuscripts to the Year 1453, i-ii, Leiden 1981 (Byzantina neerlandica, 8): ii, figg. 306 (an. 1175: Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 172, manoscritto italogreco), 319 (an. 1197: città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 2290, manoscritto in «stile di reggio»), 321 (an. 1201: hagion Oros, Μονὴ Διονυσίου, 589, manoscritto orientale), e così via. 41

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di documenti notarili, all’interno di un ambito regionale provinciale per noi purtroppo mal documentato. in effetti, un tentativo di interpretare nella prospettiva del divenire le cangianti fattezze della grafia di niceta non potrebbe far altro che sortire risultati aleatori e controversi, al di là della maggiore o minore ragionevolezza delle diverse ipotesi che è possibile formulare. non sarebbe saggio, infatti, sulla base di un così scarso numero di testimoni datati/databili, cercare di proporre una precisa ricostruzione dell’evoluzione della scrittura del copista nel tempo, e incerti comunque ne sarebbero gli esiti 42. il mutare di alcuni elementi o più in generale il cambio di «passo» della grafia di niceta persino all’interno di uno stesso codice – in particolare nel Vat. gr. 859, allestito per blocchi e forse con una certa fretta, ma in misura minore anche nel codice di Salonicco – rappresentano un fenomeno che non è solo banalmente da connettersi con l’occasionale variare, per motivi diversi, della velocità del ductus (tav. 11a), ma mostra con piena evidenza come la mano di un professionista possa di fatto essere cangiante, e non solo per effetto dello scorrere del tempo – o al contrario, nella sincronia, per un più o meno voluto adeguamento a esigenze e occasioni di scrittura differenti –, ma in certa misura anche a seconda dell’estro del momento, che, laddove un prodotto librario sia meno sorvegliato, può far trascolorare l’una nell’altra, al voltar d’ogni pagina, le differenti varietà e qualità della propria grafia che uno scriba ha acquisito ed esercitato in tanti anni di apprendistato calligrafico e di lavoro. Fatta questa premessa, non stupirà che le ulteriori identificazioni della mano di niceta che qui proporremo in altri codici siano talora presentate come certe e inoppugnabili, talaltra invece appaiano più sfumate o addirittura ambigue, potendovisi in apparenza riconoscere, o anche solo ipotizzare, variazioni ulteriori della grafia dello scriba che non sono però attestate nei tre codici da lui «firmati». Si pensi solamente al caso dei divergenti tentativi di ricostruzione – a fronte di un’analoga penuria di testimonianze datate – della carriera del celebre calligrafo efrem, cf. L. Perria, Un nuovo codice di Efrem: l’urb. gr. 130, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 14-16 (1977-1979), pp. 33-114 (con Viii tavv. f.t.); G. PratO, Il monaco Efrem e la sua scrittura. A proposito di un nuovo codice sottoscritto (Athen. 1), in Scrittura e civiltà 6 (1982), pp. 99-115 (con 8 tavv. f.t.) [rist. in iD., Studi, pp. 13-29 (con 8 tavv. f.t.)]. Per una più completa bibliografia sul copista e sulla sua attività mi permetto di rinviare a F. D’aiutO, Un’attività di famiglia? Un copista «discendente del calligrafo Efrem», in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 48 (2011), pp. 71-91 (con 4 tavv. f.t.): 74-75 nt. 8. 42

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Sicura mi pare, in primo luogo, l’attribuzione a niceta di altri due manoscritti che, in particolare, mostrano grande affinità sia dal punto di vista grafico che da quello ornamentale con i due codici di Salonicco e della Vaticana, ovvero il Lezionario dei Vangeli yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Τιμίου Σταυροῦ 51 [→ nr. 72], manoscritto di dimensioni medie (mm 247 × 183) comparabili con quelle del Lezionario tessalonicese, e l’Omiliario milano, Biblioteca ambrosiana, F 124 sup. [→ nr. 39], il cui formato medio-grande (mm 303 × 236) è invece paragonabile a quello del codice patristico vaticano. Si tratta di due codici di buon livello, vergati e ornati con cura – sebbene in modo estremamente sobrio l’ambrosiano, peraltro acefalo e mutilo in fine –, che complessivamente sono fra i prodotti migliori del calamo di niceta (tavv. 11b-14a). certa mi sembra, inoltre, l’attribuzione a niceta raguse di cinque codici neotestamentari che ci mostrano invece il copista impegnato in committenze di livello probabilmente abbastanza modesto – libri senza pretese, semplici e funzionali all’uso quotidiano –, cui corrisponde un tipo di grafia generalmente più «andante» e meno calligraficamente curata rispetto a quella che si vede nel precedente Lezionario gerosolimitano S. Crucis 51, sia pure con diversi gradi, dall’uno all’altro codice, di allentamento dell’ordito grafico e di semplificazione del repertorio morfologico. tali manoscritti, in effetti, mostrano differenti variazioni, tutte in genere piuttosto posate, della scrittura del nostro copista, fors’anche riferibili a periodi diversi della sua carriera; persino in uno stesso codice, però, da pagina a pagina l’aspetto della mano può presentarsi lievemente cangiante, ora un po’ più vicino a quello della grafia del Thess. Univ. gr. 81, ora invece più prossimo alla varietà attestata nel manoscritto Athon. Vatop. 911. a quest’ultimo codice, oltretutto, i manoscritti di cui diremo sono apparentati – senza che con ciò se ne possa desumere meccanicamente una prossimità cronologica – anche dall’assenza o quasi, in essi, della legatura angolosa epsilon-pi di cui si è detto 43, e alcuni anche dal mancato (o meno frequente) uso delle crocette nel margine superiore del foglio 44. i cinque ulteriori manoscritti dei Vangeli che ritengo di poter aggiungere al dossier del raguse sono: il codice tbilisi, k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri [= centro nazionale georgiano dei manoscritti «K’orneli K’ek’eliӡe»], gr. 15 [→ nr. 62], Lezionario

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cf. supra, p. 131. cf. supra, pp. 131-132.

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frammentario di cui allo stato attuale si conservano soltanto 46 fogli, dalle proporzioni appena più ariose (mm 275 ×200 ca.) rispetto al Gerosolimitano, ma con ornamentazione calligrafica in carminio estremamente sobria, almeno per la parte giuntaci (tavv. 14b-15); il Lezionario Bassano del Grappa, Biblioteca civica, 1087 (coll. 34 B 19) [→ nr. 5], di un formato medio (mm 255 ×191 ca.) molto simile a quello dei codici di Salonicco e di Gerusalemme 45 (tavv. 16-17a); il Lezionario città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1886 [→ nr. 13], anch’esso di medio formato comparabile al precedente (mm 225 ×198 ca.) e con ornato bicromo (rosso minio, verde) dai motivi e disegni tipici della mano di niceta (tavv. 18-19); il Lezionario hagion Oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, a.93 [→ nr. 29], di dimensioni ancor maggiori rispetto a quelle del codice di tbilisi (mm 285 × 225 ca.), alla cui ornamentazione, come vedremo, collabora in parte un’altra mano più professionale 46 (tav. 20); il tetravangelo hagion Oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, Γ.55 [→ nr. 30], stavolta di taglia medio-piccola (mm 225 × 175 ca.), strettamente affine soprattutto al precedente per la varietà della grafia, più tondeggiante, ma con iniziali e testatine qui piuttosto mediocremente eseguite 47 (tav. 21). meno sicura, e tuttavia piuttosto probabile, mi pare l’attribuzione al raguse, se non di tutto, almeno della gran parte di un ulteriore Lezionario dei Vangeli, il codice Sydney, university Library, rare Books and Special collections Library, rB add. ms. 40 [→ nr. 61]: un prodotto modesto, anche in questo caso del consueto formato medio (mm 245 ×175 ca.) comparabile a quello di tanti altri Lezionari attribuiti a niceta, ma scritto su pergamena scadente, con una scrittura più spiccia, andante e in certa misura semplificata rispetto allo standard del copista – dal che discende qualche minimo dubbio residuo circa l’attribuzione –, e con ornamentazione anch’essa molto mediocre e frettolosa (tavv. 22-23a). non sono 45 Del manoscritto di Bassano si deve attribuire a niceta raguse non la totalità (sebbene a un solo copista, per lei un ignoto, pensi erroneamente teSSari, Byz. Musical Mss., p. 600), ma la gran parte, giacché le pagine finali, dal f. 134v (col. 1 lin. 12) al f. 136v, si devono a un’altra mano anonima che, pur esibendo la legatura stirata di μεν e condividendo alcuni elementi morfologici tipici del medesimo ambiente, non rientra affatto nello stile di cui ci occupiamo in questa sede, mostrando una grafia contrastata, puntuta, che è movimentata e spezzata nel suo fluire dall’enfasi posta su aste e diagonali piuttosto sviluppate e variamente inclinate (tav. 17b). 46 cf. infra, p. 147. 47 mi chiedo, in effetti, se in questo codice l’ornato, non finito, sia non solo o non tanto opera di niceta, ma magari almeno in parte del cosiddetto «anon. Vg859», per il quale cf. infra, pp. 139-142.

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certo, per la verità, che nel codice non compaiano anche altre mani – ad esempio a partire dal f. 30r, ove appare una grafia più untidy, irregolare e mal allineata –, fatto difficile da appurare senza un dettagliato esame autoptico che al momento mi è impossibile effettuare. rimbalzando al polo opposto, un «salto di gamma» verso prodotti di notevole impegno e di maggiori pretese, all’interno della produzione di niceta raguse, si riscontra in una terna di tetravangeli di pregio – miniati i primi due (tav. 68a-d), mentre del terzo, mutilato in più punti, si può solo sospettare che in origine lo fosse –, codici che a mio parere si devono senz’altro attribuire al nostro copista. Si tratta dei manoscritti: città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ott. gr. 212 [→ nr. 9], manufatto di dimensioni medio-piccole (mm 216 × 169 ca.) e di notevole eleganza, sfuggito alla vigile attenzione di mons. canart, che non lo ha riconosciuto come pertinente allo stile che qui ci interessa; athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127 [→ nr. 3], anche questo un bel codice, ma più quadrato e piccolino (mm 185 × 148 ca.), quasi una sorta di «tascabile»; città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 2319 [→ nr. 14], manoscritto, noto a canart, di formato medio (mm 248 × 193 ca.) elegantemente impaginato su due colonne, in cui il testo evangelico appare già adattato in partenza a servire anche da Lezionario 48 (tavv. 23b-27). Di questi tetravangeli, l’Ottoboniano e il Vaticano sono interamente vergati da niceta, mentre dell’ateniese gli attribuirei solamente Luca e Giovanni (con menologium minus e synaxarium minus: pp. 167-342), giacché la prima parte del codice con i Vangeli di matteo e marco (pp. 1164) si deve a un anonimo scriba di cui tratterò più avanti, e che, prendendo spunto da questo codice, definirò «anon. athen.»; nell’Ottoboniano, inoltre, si riconosce l’intervento di un più raffinato rubricatore e ornatista anonimo di cui avremo modo di parlare in séguito, e che denominerò «anon. mg134»49. nei tetravangeli Vat. gr. 2319, Athen. gr. 127 e Ott. gr. 212, e in particolare, fra i tre, nel più sontuoso codice appartenuto agli Ottoboni, come pure a tratti nel Vaticano – meno, invece, nell’ateniese, dove la scrittura è più minuta e compressa per esigenze di spazio –, la grafia di niceta, pur 48 Di questo codice mons. canart si chiedeva dubitativamente se non fosse della stessa mano, per lui anonima, del Vat. gr. 1886, cf. canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 66 nt. 190 [nella rist., p. 726 nt. 190]. Si può ora confermare l’intuizione dello studioso, attribuendo entrambi i manoscritti a niceta (per il Vat. gr. 1886 cf. supra, p. 135). 49 cf. infra, pp. 145-146 e 146-148 rispettivamente.

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mantenendosi fedele al consueto repertorio morfologico 50, si presenta lievemente irrigidita, artificiosa, quasi fosse disegnata più che scritta: chiara conseguenza della consapevolezza di non stare in questo caso trascrivendo, come nella gran parte dei manufatti firmati dal raguse o a lui qui rivendicati, dei semplici manoscritti d’uso comune – d’impiego liturgico, come i Lezionari, o destinati allo studio e all’edificazione spirituale, come nel caso dei codici patristico-agiografici –, ma di stare allestendo invece piccoli libri di lusso per committenze di livello più elevato, laiche o ecclesiastiche che fossero, in codici non a caso destinati a essere illustrati, secondo il gusto e le possibilità dei proprietari, in varie botteghe specializzate e per mano di artisti differenti, con miniature di buona qualità su alcune delle quali avremo modo di tornare più avanti 51. Lussuosi esemplari dei Vangeli d’uso personale, insomma, da copiarsi con eleganza su buona pergamena, e da decorarsi con cura: oggetti di devozione ma anche simboli di status, parte cospicua di un patrimonio che si direbbe familiare o comunque, almeno in origine, privato. in prodotti librari del genere, dunque, niceta adotta deliberatamente una varietà della propria grafia più chiaramente memore dell’innovativa eredità dei «nuovi stili» costantinopolitani e/o metropolitani del xii secolo individuati da Paul canart e Lidia Perria 52, e finisce così per introdurre nella sua scrittura i frutti di una personale ricerca di morfologie e combinazioni più fantasiose e talora alquanto sorprendenti, immesse occasionalmente a contrasto nel consueto tessuto grafico, con taluni più enfatici ingrandimenti e rigonfiamenti di lettere e legature, e con modalità di esecuzione di certi grafemi ora leziosamente frante, ora al contrario sciolte in senso curvilineo. così in questi tetravangeli la scrittura del raguse, pur restando chiaramente riconoscibile, tende ad assumere un’allure più professionalmente calligrafica, permettendo di intravedere un’eventuale capacità del nostro versatile copista di operare, chissà, anche in ambienti di cancelleria «provinciale» a servizio di un qualche potere locale di natura civile o religiosa. Fatta salva, anche in questo caso, l’esclusione della legatura epsilon-pi che si ritrova con più frequenza in special modo nei codici Thessalon. Univ. Schol. Phil. 81, Vat. gr. 859 e Hierosol. S. Crucis 51, mentre in altri codici appare sporadicamente o, come nell’Athous Vatop. 911, in apparenza scompare del tutto. Si può notare in aggiunta che anche nell’Ottoboniano le crocette devozionali apposte sul margine superiore della pagina sono sì molto meno frequenti che in quel gruppo di codici, ma non mancano del tutto, cf. ad es. Ott. gr. 212, ff. 36v, 39v, 49v, 144v, 148r, 279v. 51 cf. infra, pp. 178, 196. 52 canart - Perria, Écr. livr. 50

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non resta quasi da far altro che segnalare qualche intervento minore di niceta raguse in codici per la gran parte vergati da un altro scriba. a mio avviso, infatti, la sua mano si può riconoscere nei due fascicoli iniziali (ff. 1r-7v, 9r-16v) 53 del modesto Lezionario dei Vangeli London, British Library, add. mS 19460 [→ nr. 33], un codice delle solite proporzioni medie (mm 240 × 185 ca.), in cui peraltro la scrittura si fa più anodina e la mano di niceta sembra perdere una parte dei suoi elementi peculiari, quasi in previsione della collaborazione con un altro copista. inoltre, la grafia di niceta si riscontra anche in pochi fogli finali (ff. 127v col. b131v) di un ulteriore Lezionario dei Vangeli, il codice Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Gaddi 124 [→ nr. 18], manoscritto di formato analogo (mm 237×187 ca.) sobriamente allestito in economia. in ambedue questi Lezionari, del resto, la parte principale della copia del codice e la responsabilità dell’ornato si deve a un medesimo ignoto copista che definiremo «anon. Gaddi», del quale si dirà meglio nel paragrafo seguente 54 (tavv. 28-29). Per concludere, aggiungo due segnalazioni di testimoni frammentari che, pur con qualche dubbio residuo, mi sembra possano arricchire ulteriormente il già affollato panorama dei prodotti librari attribuibili al nostro prolifico scriba. in primo luogo, infatti, non si può escludere che al calamo di niceta si debbano gli sparuti ritagli di un Lezionario dei Vangeli, reimpiegati come fogli di guardia (ff. i, i’) di un codicetto armeno conservato a erevan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran, m 1624 [→ nr. 17]: sebbene l’impressione d’insieme della grafia paia autorizzare ictu oculi l’identificazione, si deve ammettere che l’esiguità di quanto ci resta del manufatto greco originario non consente in questo caso di condurre un confronto morfologico e stilistico sufficiente a corroborare l’individuazione della mano (tav. 30a). infine, come secondo e ultimo additamentum conclusivo al carnet dei manoscritti di niceta raguse proporrei, pur con qualche esitazione, un codice frammentario in cui la grafia «à μεν distendu» prende un passo più corsivo e un aspetto rilassato e disordinato: si tratta del frammento di un modestissimo eucologio, mutilo in inizio e fine e rilegato in disordine, comprensivo di letture dell’Apostolo-Evangelion per tutto l’anno, attualmente conservato nei ff. 1-48 (mm 179 ×133) del codice fattizio città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1840 [→ nr. 12]. La scrittura qui si libera di ogni pretesa di formalità, ma 53 54

il f. 8r-v è un «restauro» d’altro copista non noto che assegnerei al xiV secolo. cf. infra, pp. 142-145.

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mi pare pur sempre riconoscibile, grazie all’analisi morfologica e per alcuni tics, come quella di niceta. L’aspetto rude della grafia e la manifattura scadente – che in un primo momento avevano indotto anche un paleografo avvertito quale mons. canart a sospettare per questo spezzone di codice quell’origine italogreca che, mezzo secolo fa, troppo spesso si attribuiva con leggerezza a manufatti di rustica esecuzione grafica e materiale 55 – qualificano il manoscritto, al pari e ancor più di tanti fra i Lezionari di mano del raguse di cui si è discorso finora, come un libricino «di servizio» per il semplice uso quotidiano, umile suppellettile libraria d’ausilio al rito per un qualche prete di provincia del quadrante sud-occidentale – insulare o magari anche costiero – della penisola anatolica (tav. 30b-d). 3.3 La «cerchia» Di niceta raGuSe («anOn. VG859»; «anOn. GaDDi»; «anOn. athen.»; «anOn. mG134») nella sua operosa attività di scriba professionista niceta è sovente affiancato, come si è già visto, da altri copisti anonimi che a lui si alternano. Sebbene con cautela, potremo vedere in loro dei «colleghi» piuttosto che dei collaboratori occasionali, sia perché, come vedremo, è di norma possibile riconoscere il calamo di ciascuno di essi in più di un manufatto, sia perché le loro scritture mostrano qualità calligrafiche non banali, anche se non paragonabili, direi, a quelle del raguse, tranne che nell’ultimo dei quattro casi che affronteremo. impossibile è, in ogni caso, fare ipotesi sensate circa la loro qualifica: non abbiamo elementi, infatti, per dire se si trattasse di laici come parrebbe forse esser stato il nomikòs niceta, o piuttosto di ecclesiastici o chierici insigniti degli ordini minori, come pure è plausibile e come del resto si qualificano altri copisti a noi noti per nome fra gli esponenti dello stile «à μεν distendu»: ovvero il Giorgio agioeleuterita di cui si è detto in precedenza e inoltre il nicola Brachionas e i due costantino di cui si dirà più avanti, i quali furono tutti e quattro ἀναγνῶσται, ovvero «lettori» di chiese purtroppo non localizzabili 56. il primo dei copisti che affiancano niceta – secondo una sequenza d’esposizione puramente di comodo, e ovviamente senza alcuna pretesa di 55 canart, Vat. gr. 1745-1962, i, p. 296: «in italia australi sat probabiliter exaratus»; ma canart si sarebbe poi ricreduto, inserendo il Vat. gr. 1840 fra i rappresentanti dello stile «à μεν distendu», cf. iD., Écr. livr. chypr. [1981], p. 66 [rist. in iD., Études, i, p. 726]. – rude, ma un po’ meno sciatta, la mano di niceta torna a essere ad esempio in pochi fogli di un codice romano (cf. infra, p. 163). 56 cf. supra, pp. 124-128, e infra, pp. 149-156.

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un plausibile ordinamento cronologico – è quello che chiameremo «anon. Vg859» per il fatto che appare, come si è detto, quale comprimario accanto a niceta e a Giorgio agioeleuterita nel già più volte citato codice patristico Vat. gr. 859 [→ nr. 10] (tavv. 31-32). La mano di questo scriba anonimo, che appare ai ff. 119r-244r del manoscritto, non è distante per impressione d’insieme da quella del raguse, ma, oltre che per alcune scelte preferenziali all’interno del repertorio morfologico, se ne differenzia soprattutto per la maggiore uniformità di modulo, scorrevolezza e tendenza all’arrotondamento, e per l’euritmicamente studiata e contrastata oscillazione dell’asse delle lettere, alcune delle quali tendono a «cadere» all’occasione in avanti (specialmente beta e pi maiuscoli), altre ad inclinarsi all’indietro (soprattutto l’alpha maiuscolo alessandrino) (fig. 6).

Fig. 6 «anon. Vg859»: scelta di morfologie (dal codice città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859)

Diverso da quello di niceta è, d’altronde, anche il repertorio dell’ornamentazione nella porzione di codice a lui assegnata, giacché l’ornato di tutt’intero questo gruppo di codici «à μεν distendu», in prevalenza di penna, è di norma evidentemente scribale, e laddove si ha un cambio di mano di copista quasi sempre si nota il passaggio a una diversa mano di ornatista, da identificarsi con l’amanuense stesso; e così, al di là della comunanza del vocabolario ornamentale di base e delle tecniche adottate – che sono tutti nella sostanza condivisi fra questi artigiani, chiaramente forniti di un’educazione grafica e decorativa comune –, ciascuno di essi ha però le sue predilezioni nell’impiego dei motivi e del colore, come pure il suo modo di far girare una voluta vegetale o di disegnare un intreccio, una palmetta o un uccello. un’analisi più ampia e dettagliata della decorazione e ornamentazione di questo gruppo di codici deve necessariamente essere rinviata ad altra sede, ma basterà intanto al lettore un’occhiata al corredo di illustrazioni del presente articolo per riconoscere da un lato certe spe-

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cificità ricorrenti, anche a livello di ornato, nei diversi prodotti di uno stesso scriba, dall’altro le consonanze di fondo e, per così dire, l’«aria di famiglia» che è possibile percepire nella decorazione di tutto l’insieme di questi manoscritti «à μεν distendu». Ora, la mano dell’«anon. Vg859» – tanto come scriba che come ornatista – si ritrova a mio parere in altri due manoscritti, entrambi conservati a Gerusalemme: il codice delle Homiliae in Matthaeum di Giovanni crisostomo yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 6 [→ nr. 69], di grandi dimensioni (mm 377×289), tipico manoscritto patristico di discreta fattura materiale (tavv. 33-34), e il meneo di settembre-novembre yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 10 [→ nr. 70], che è di formato quasi altrettanto grande (mm 352 ×263) ma molto più densamente sfruttato, con il fine evidente di stipare in un numero di fogli tutto sommato ridotto una notevole quantità di ufficiature, che sono oltretutto provviste di notazione musicale coislin pienamente sviluppata – ormai quasi una notazione mediobizantina – per molti dei canti 57 (tav. 35a). in questo secondo codice, in cui l’ornamentazione è ridotta al minimo, al nostro anonimo (ff. 75r-106v) si affianca ancora una volta niceta raguse (ff. 1r-74r). in tale meneo, peraltro, la scrittura dell’«anon. Vg859» appare un po’ deformata, come del resto è normale nei manoscritti notati, in cui il rigo musicale tende a «schiacciare» quello di scrittura conferendo alla grafia un aspetto lateralmente compresso, ed esaltando ulteriormente la tendenza – neppure troppo latente – del nostro stile di scrittura alla bilinearità. analogo effetto di appiattimento produce, d’altra parte, il gran numero di righe per pagina anche quando, in una certa porzione di testo, manchi il corredo della musica (ad es. f. 3r col. b: 56 linee). è stato notato, in effetti, che molti sono i codici innografici di questo tipo con notazione mediobizantina che, provenienti dall’area del mediterraneo orientale, appaiono realizzati «in economia», con risparmio di spazio, assiepando il testo dei canti in fitte pagine di grandi dimensioni 58. infine, segnalo che un frammento di due soli fogli di un codice innografico gemello, contenente anch’esso un meneo d’autunno (nella porzione conservata, per parte dei giorni 6-9 di settembre) che doveva essere ringrazio Donatella Bucca per le indicazioni circa la semiografia musicale, in relazione a questo come pure ad altri codici. – Per i tipi di notazione citati e la relativa bibliografia si veda ad es. Bucca, Catal. Messina, pp. xLVii-LxiV. 58 cf. supra, p. 121 e nt. 25. 57

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di dimensioni, impaginazione e numero di righe per pagina del tutto simili a quelli del codice Hierosol. S. Sabae 10 or ora discusso, si trova reimpiegato in un paio di fogli di guardia finali dell’esemplare dei commentari di Basilio minimo e dello ps.-nonno alle Omelie di Gregorio di nazianzo Wien, Österreichische nationalbibliothek, theol. gr. 120 (ff. 121v-r, 120v-r)59 [→ nr. 68]. non stupisce di ritrovarvi la mano di niceta raguse: era, dunque, un altro prodotto della stessa «bottega», magari anch’esso trascritto in collaborazione con l’«anon. Vg859», la cui mano però non si vede nel poco che del codice ci resta60 (tav. 35b). *** altro «collaboratore» del raguse di cui tratteremo è il cosiddetto «a non. Ga ddi », responsabile quasi per intero della copia del già citato Lezionario dei Vangeli Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Gaddi 124 [→ nr. 18], cui niceta si affianca, come si è detto, solo per qualche foglio finale (ff. 127v col. b-131v), pur restando – credo – tale anonimo, anche in quest’ultima parte, il responsabile dell’ornamentazione (tavv. 36-37a). La grafia di questo ignoto copista non è troppo lontana da quella dell’«anon. Vg859», tanto che a lungo ho stentato a distinguerla, né sono ancora del tutto convinto che non possa trattarsi di due fasi di una stessa mano; ma per cercare di appurarlo con certezza sarebbe necessario un lungo e meticoloso esame autoptico di tutti i testimoni che al momento, per la difficoltà di intraprendere missioni di studio in tempo di pandemia, SteFec, Zu einigen zypr. Hss., pp. 57-58 e tav. 7. Grazie alla descrizione catalografica dei contenuti (hunGer - KreSten, Codd. Theol. 101-200, pp. 59-64: 62), e alle immagini che del frammento viennese ho acquisito, posso escludere che esso sia caduto o sia stato asportato dal codice gerosolimitano, nel quale ultimo i medesimi testi innografici dei fogli di Vienna si leggono a partire dal f. 10v, col. a, lin. 11 dal basso (= Μηναῖα τοῦ ὅλου ἐνιαυτοῦ, i, ἐν Ῥώμῃ 1888, p. 73, lin. 7 dal basso). non resta che pensare, dunque, che il frammento di Vienna sia quel che resta di un meneo di settembre- «gemello» del codice di S. Saba; oppure, in alternativa, che si tratti eventualmente di due fogli scartati, nel corso della manifattura del manoscritto sabaitico, per via di un qualche difetto o errore (ad es. la mancata o incompleta trascrizione delle letture bibliche, costantemente presenti nel codice di Gerusalemme?), e che, sostituiti da una nuova e migliore trascrizione nel Gerosolimitano, tali fogli abbiano poi finito per essere reimpiegati come guardie a protezione di un altro manoscritto (per un sicuro esempio, un po’ più tardo, di fogli di guardia evidentemente tratti da «scarti di produzione», mi permetto di rinviare a F. D’aiutO, Un parziale autografo di Marco monaco. Il manoscritto della Biblioteca Vaticana Chig. R.V.33 (gr. 27), in Byzantinoslavica 76 [2018], pp. 100-129: 106 [s.v. Filigrane], 111 [nr. c]). 59

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mi è impossibile effettuare. Preferisco, dunque, almeno provvisoriamente distinguere due mani, notando che rispetto a quella dell’«anon. Vg859» la grafia del cosiddetto «anon. Gaddi», pur presentandosi alquanto più contrastata nel modulo, mostra anch’essa la medesima tipica oscillazione d’asse delle lettere, che oltretutto in buona parte si rileva proprio nello stesso novero di grafemi: alpha alessandrino appoggiato all’indietro; beta e pi maiuscoli ricadenti in avanti; ma in questo caso spicca in aggiunta il piccolo lambda maiuscolo che con il suo secondo tratto tende a precipitare in avanti scendendo talora quasi verticalmente sotto il rigo, morfologia che, mentre nei manoscritti dell’«anon. Vg859» non ricorre – preferendovisi il lambda maiuscolo diritto poggiante su gambe di pari lunghezza –, nell’«anon. Gaddi» mostra invece una notevole frequenza (fig. 7).

Fig. 7 «anon. Gaddi»: scelta di morfologie (dal codice Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Gaddi 124)

anche nell’ornato, del resto, si riscontrano alcune analogie fra i codici dell’«anon. Vg859» e quelli dell’«anon. Gaddi», ad esempio nel disegno della pur banale treccia «metallica» a fondo scuro che campisce certe semplicissime fasce (tavv. 34, 37a), ma anche nelle forme di base delle iniziali, come fra le altre il tau con l’asta verticale della lettera interrotta da uno o più nodi «a otto» e da una sorta di podio a due o tre gradini (tavv. 33g, 36). nelle realizzazioni dell’«anon. Gaddi», per la verità, le iniziali appaiono eseguite talora in modo più scadente e sono meno varie e meno fantasiose; ad attenuare questa impressione, tuttavia, va detto che allo stato attuale all’«anon. Gaddi» posso attribuire, come si vedrà più avanti, solamente Lezionari di modesto livello, e che allora la più bassa qualità esecutiva e la minor ricchezza e varietà di motivi dimostrata nelle iniziali si possono spiegare, almeno in parte, con l’ossessiva ripetitività delle forme di lettere ornate, che in questo tipo di libro liturgico sono praticamente tutte uguali pagina dopo pagina: tau (Τῷ καιρῷ ἐκείνῳ…) oppure epsilon

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(Εἶπεν ὁ Ἰησοῦς...). nel codice Laurenziano – in cui le iniziali sono disegnate con lo stesso inchiostro bruno scurissimo-nerastro del testo – si notano, peraltro, la campitura di una parte delle capitali ornate con un inusuale rosso mattone opaco e le spalmature di giallo limone pallidissimo acquerellato sulle rubriche e, con aloni irregolari, su talune delle iniziali non altrimenti colorate 61, a differenza di quanto si vede nella porzione del Vat. gr. 859 attribuita all’anonimo che da tale manoscritto prende il nome, nella quale le iniziali sono delineate in inchiostro carminio (minio a partire da f. 234r) e non campite 62. come che stiano le cose – che cioè si debbano realmente distinguere due mani, eventualmente da considerarsi «gemelle» perché uscite da uno stesso ambiente familiare o dal medesimo milieu di apprendimento grafico, o che si pensi piuttosto a due diverse «fasi» di uno stesso scriba –, credo che al cosiddetto «anon. Gaddi», ovvero alla medesima mano attestata nel codice Laurenziano, si possano attribuire alcuni ulteriori Lezionari dei Vangeli conservati oltre manica: il già citato codice London, British Library, add. mS 19460 [→ nr. 33], nel quale, come si è visto, insieme a questo anonimo, cui spetta la copia del grosso del codice, si ritrova ancora una volta come nel Laurenziano un intervento minoritario della mano di niceta raguse, stavolta però nei fogli iniziali 63; e il manoscritto London, British Library, add. mS 37005 [→ nr. 34], di formato modesto (mm 224 ×176 ca.), del tutto comparabile con quello degli altri due. entrambi i codici presentano iniziali disegnate per lo più in rosso, carminio nel primo, minio nel secondo, ma mostrano anch’essi le tenuissime, quasi impercettibili spalmature di giallo sulle rubriche e occasionalmente sulle capitali stesse, che sono di tipologia simile a quelle del codice Gaddi e altrettanto scadenti come qualità d’esecuzione 64. Le strette fasce

analoghe spalmature di un evanescente giallo acquerellato si riscontrano, del resto, anche in prodotti di altre mani del gruppo, ad esempio in codici di niceta raguse già citati quali i Lezionari Bassanensis Bibl. Civ. 1087 (coll. 34 B 19) e Tiphlisensis gr. 15. 62 Per quanto riguarda gli altri codici dell’«anon. Vg859», non posso dire nulla della tavolozza delle iniziali dei codici Hierosol. S. Sabae 6 e 10, avendoli esaminati solamente in riproduzioni in bianco e nero, e non avendo reperito al riguardo indicazioni nella bibliografia. 63 cf. supra, p. 138. 64 appena più curato è però il Londin. Brit. Libr. Add. 37005, che oltretutto talora aggiunge piccole protomi animali alle estremità delle aste di iniziali o delle guilloches (ff. 4v, 114v, 149v), e che presenta un’unica piccola miniatura marginale al f. 146v: la mano divina, in corrispondenza di Lc 1,66 (καὶ χεὶρ κυρίου ἦν μετ’ αὐτοῦ). 61

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rettangolari sono invece «a risparmio» su fondo nero, con la treccia «metallica» già osservata altrove 65 o con motivi di tralci 66 (tavv. 37b-40a). un ulteriore Lezionario dei Vangeli londinese, di dimensioni simili (mm 220 × 175 ca.), ci pone di fronte a un certo imbarazzo attributivo: si tratta del codice London, Lambeth Palace, mS 1189 [→ nr. 36], un manoscritto che presenta una scrittura molto simile dal punto di vista morfologico a quella dell’«anon. Gaddi» – pur non mostrando il lambda ricadente in avanti – e forse ancor più a quella dell’«anon. Vg859». L’ornamentazione, eseguita in rosso vivo, mostra a sua volta una stretta parentela, per le forme delle iniziali e non solo, con quella dell’«anon. Gaddi», sebbene quanto a esecuzione sia ancor più scadente, rozza e frettolosa che in qualunque altro codice del gruppo, soprattutto nelle pylai e nelle fasce. Senza un esame sul posto, essendomi potuto servire solamente di una cattiva riproduzione in bianco e nero – oltre che di alcune fotografie a colori presenti in rete e, in parte, nel recente catalogo a stampa 67 –, non mi sento di trancher la question attribuendolo all’una o all’altra mano, ammesso e non concesso, come si è detto, che di due mani diverse davvero si tratti (tavv. 40b-41). *** ma è tempo di passare a un altro ignoto scriba «collaboratore» di niceta raguse che sopra abbiamo denominato «a non. a th en.» per il fatto che a lui si deve in parte il già ricordato tetravangelo athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127 [→ nr. 3]. come ho già detto, infatti, a tale anonimo attribuisco la prima metà, ovvero i Vangeli di matteo e marco (pp. 1-164), di questo pregevole manoscritto miniato, per il resto trascritto da niceta 68 (tav. 42). La mano dell’«anon. athen.» è caratterizzata non solo da un certo uniforme arrotondamento del ductus, ma anche da un discreto dilatamento laterale di un certo numero di morfologie di lettere e legature, con l’effetto di una scrittura a suo modo scorrevole, che, pur se vergata in righe abba65 Londin. Brit. Libr. Add. 19460, ff. 28r (tav. 37b), 96v; Londin. Brit. Libr. Add. 37005, f. 113v; cf. Laur. Gaddi 124, f. 18v (tav. 37a). Per il medesimo motivo nell’ornamentazione dei codici dell’«anon. Vg859», cf. tavv. 31 (Vat. gr. 859) e 34 (Hierosol. S. Sab. 6). 66 cf. ad es. tav. 38a-b. 67 WriGht - arGyrOu - DenDrinOS, Catal. Lambeth Palace, pp. 191-205: 191, 200 (fotografie qui riprodotte alle tavv. 40b-41). cf. anche il sito web Luna della Lambeth Palace Library (https://images.lambethpalacelibrary.org.uk/luna/servlet). 68 cf. supra, p. 136.

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stanza dense, appare comunque ben leggibile proprio per il suo presentarsi complessivamente piuttosto schiacciata – lasciando dunque «aria» persino fra linee relativamente serrate –, impressione visiva ottenuta sbassando e allargando in special modo grafemi quali ad esempio le lettere triangolari maiuscole (alpha, delta, lambda), il gruppo alpha-zeta o le forme di omega a base piatta, sia aperto in alto sia chiuso (fig. 8).

Fig. 8 «anon. athen.»: scelta di morfologie (dal codice athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127)

Questo stesso scriba anonimo si ritrova, credo, anche in un altro tetravangelo ateniese, vergato integralmente dal medesimo copista sconosciuto per la piccola parte conservatasi – 28 fogli, con Mc e Lc 5,1-17 e 6,15-35 –, ovvero il codice athe¯na, Συλλογὴ Σπ. Λοβέρδου, 2 [→ nr. 4], in questo caso un manufatto di piccole dimensioni (mm 152×113 ca.) 69 (tav. 43). *** e ancora, restando nell’ambito di questo gruppo di codicetti neotestamentari così ricco di rimandi interni dall’uno all’altro esemplare: nel già citato tetravangelo Ott. gr. 212 rilevo in aggiunta, accanto alla mano principale di niceta raguse 70, quella di un altro artigiano del libro che, per ragioni che esporrò più avanti, ho denominato «a non. m g 1 3 4 ». in effetti, nell’Ottoboniano a costui si devono non solo le fasce con ornato fitomorfico disegnate en réserve in rosso vivo all’inizio di ciascun Vangelo (ff. 4r, 92r, 149r, 239r), ma anche le prime tre (Mt, Mc, Lc) fra le sottostanti inscriptiones in un’elaborata e slanciata maiuscola distintiva parimenti in rosso (tav. 44a-b, 49a). non si può attribuire, invece, al medesimo rubricatore-ornatista l’ultimo titoletto (Io) (tav. 50a), che, più goffo, 69 è la metà circa, per intenderci, delle dimensioni dei fogli dell’Ott. gr. 212, oppure grosso modo i tre quarti rispetto al formato della pagina dell’Athen. gr. 127. 70 cf. supra, p. 136.

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si riconosce come di mano di niceta, essendo confrontabile ad esempio con una pretenziosa ma più rozza Auszeichnungsschrift che direi del raguse, che appare ad esempio ai ff. 147r, 237v del codice Ottoboni (tav. 46a-b), ma anche in qualche analogo intervento di niceta nel suo Lezionario Bassanensis Bibl. Civ. 1087 (tav. 16). Quanto all’«anon. mg134», devo chiarire il motivo del nickname che ho assegnato a questo abile rubricatore-ornatista: esso deriva dal fatto che, oltre che certamente nell’Ott. gr. 212 – e in altri tetravangeli e Lezionari dei Vangeli di cui diremo fra breve –, egli svolge evidentemente la stessa funzione all’interno del Pandectes di antioco monaco segnato Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 134 [→ nr. 64], codice di dimensioni grandi (322 ×235-229 mm) le cui eleganti testatine e pylai (ad es. ai ff. 1r, 6v) e le cui iniziali ornate zoomorfiche possono essere a mio avviso attribuite proprio alla mano di questo artigiano-decoratore, così come pure l’elegante maiuscola distintiva (f. 1r) dell’inscriptio iniziale del codice (tav. 45a-d). Del manoscritto veneziano, invece, mi limito per il momento a dire che, per quanto riguarda il testo, è opera di un copista ignoto che denomino appunto «anon. antiochi mon.» e di cui tratterò più avanti 71. Fra i codici vergati da niceta, del resto, ve n’è ancora un altro che ci mostra un intervento certo dell’«anon. mg134»: si tratta del già ricordato Lezionario dei Vangeli Athon. Laur. a.93, prodotto in sé modesto, in cui però alla raffinata e ben riconoscibile mano dell’«anon. mg134» si devono ornato e rubrica dei ff. 1r, 30r e forse le iniziali, un po’ più elaborate, del f. 46v (tav. 46c-e). a conferma del rapporto fra i due artigiani, in un altro modesto tetravangelo di mano del raguse, ovvero l’Athon. Laur. Γ.55, che tanta affinità mostra con il precedente, assistiamo al contrario al tentativo probabilmente dello stesso niceta di imitare ancora una volta i modi ornamentali dell’«anon. mg134» nelle testatine dei ff. 34r, 66r, 120r, sempre che il giudizio non sia falsato dalla cattiva qualità della riproduzione in bianco e nero a mia disposizione (tav. 47a-b). inoltre, è forse possibile – anche se non oso dirlo con certezza, anche in questo caso in mancanza di autopsia, mal supplita con le poche buone fotografie da me esaminate – che alla stessa mano dell’«anon. mg134» si debba anche l’unico intervento di ornamentazione di una certa consistenza (fascia, inscriptio e iniziale ornata ornitomorfica) che si vede al f. 1r nel

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cf. infra, pp. 156-161.

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già citato tetravangelo frammentario Athen. Loverdos 2 (tav. 47c) – per il resto dovuto, come si è detto, all’«anon. athen.» 72. analogamente si può ipotizzare, ma in questo caso azzardando un po’, che sempre allo stesso calligrafo-decoratore si debba l’unica testatina conservatasi del sopra ricordato tetravangelo Vat. gr. 2319, codice per il resto vergato dal raguse 73: in quest’ultimo caso, però, assistiamo all’isolato e forse sperimentale impiego del motivo del tralcio fogliato campito in rosso en positif anziché en réserve, con l’effetto che è pressoché impossibile una comparazione efficace con tutto il resto dell’ornamentazione dei manoscritti «à μεν distendu», in cui domina incontrastata la tecnica in negativo (tav. 48). Per chiudere il cerchio, resta da dire che il disegno delle fasce-testatine ornamentali dell’Ottoboniano e la maiuscola distintiva del nostro ornatista sono, a quanto pare, imitate in modo piuttosto maldestro da uno dei due artigiani responsabili della copia del tetravangelo Athen. gr. 127, e forse, più precisamente, non dall’«anon. athen.», ma, almeno per le inscriptiones in maiuscola, ancora una volta da niceta raguse (tavv. 49-50). in effetti, quanto a ornamentazione e mise en page il tetravangelo Athen. gr. 127 parrebbe quasi voler costituire una sorta di replica in chiave minore del codice Ottoboni, sia che si tratti di una copia diretta di questo, sia che entrambi i codici rappresentino una riproduzione differenziata, per committenze di due livelli diversi, di un medesimo «archetipo» più volte ripetuto all’interno di una ipotizzabile produzione locale, a carattere semiseriale, di tetravangeli per la devozione individuale. il fatto che l’ateniese si collochi su un gradino un po’ più basso nella scala di valore della produzione libraria è confermato, del resto, dalla diversa percentuale di «nero» sulla pagina, visto che è più fittamente e minutamente scritto rispetto all’Ottoboniano. non stupisce allora che, diversamente da quanto vediamo nel codice Ottoboni, per il relativamente più modesto Athen. gr. 127 non si sia ritenuto di dover incaricare un ornatista professionale. Difficile è invece giudicare al riguardo gli altri due tetravangeli Athen. Loverdos 2 e Vat. gr. 2319, non solo perché in entrambi la presenza dell’«anon. mg134» resta per ora incerta, come si è detto 74, ma anche perché, essendo entrambi fortemente mutili, riesce difficile farsi un’idea della qualità e ricchezza dell’apparato ornamentale e decorativo previsto e, in ultima analisi, del livello complessivo di manifattura libraria. 72 73 74

cf. supra, p. 146. cf. supra, p. 136. cf. supra, pp. 147-148.

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3.4 nicOLa BrachiOnaS

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un ulteriore, poco studiato manoscritto datato, mai ricondotto finora al nostro stile grafico, ci disvela il nome di un altro copista del gruppo, tale ni col a Bra ch i ona s, che evidentemente apparteneva allo stesso ambiente: si tratta del Lezionario dei Vangeli hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36 (= 305) [→ nr. 26], ancora una volta un modesto codice membranaceo di taglia medio-piccola (mm 223×189 ca.) (tavv. 51-52). il manoscritto è dell’anno 1201, come risulta dalla prima delle due sottoscrizioni scribali (tav. 69b-c): Athous Iber. 36, f. 209r (in rosso): ἐτελιωθ(η) σὺν θ(ε)ῶ τὸ παρ(ὸν) ἅγ(ιον) | εὐα(γγέλιον)· μη(νὶ) το ἰουλίω | (ινδικτιῶνος) δ΄ [δ΄ post corr. alia manu illatam: male legitur (an γ΄?) cod. ante corr.] ἔτ(ους) ͵ϛψθ΄ Athous Iber. 36, f. 209v (in nero): † ἐτελιωθ(η) τὸ ἅγ(ιον) εὐα(γγέλιον) | δι εξόδ(ου) καὶ συν- | δρομῆς αχ(ι)λ.λ.(είου) (?) ἱερέ(ως) | υἱὸς [sic] δὲ μιχ(αὴλ) ἱερε(ως) τ(ο.ῦ) | μερκ(ου)ρ(ίου) (καὶ) οἱ ἀναγινωσκ(ον)τ(ες) | ποιεῖτε τ(ὴν) μνήμ(ην) αὐτ(ῶν) | συν αυτ(οῖς) [an potius αυτ(ῶ)?] (καὶ) μοσ. χ(οῦ) ἱερέ(ως) | ἵνα λαβωσιν λυ(σιν) | τῶν ἐπταισμ(ένων) † ††††††† † ὁ γραφεὺς νικόλ.(αος) ανα- | γνώσ. τ. (ης) ὁ βραχιων(ᾶς) † Fu terminato, con l’aiuto di Dio, il presente santo Evangelion nel mese di luglio della quarta [forsan terza ante corr.] indizione, nell’anno 6709 [= a.D. 1201]. † Fu terminato il santo Evangelion a spese e con il concorso di achillio (?) sacerdote, figlio di michele merkurios sacerdote, e voi che leggete fate memoria di loro, e inoltre anche di mosco (?) sacerdote, ché trovino perdono delle lor colpe. † ††††††† † Lo scriba nicola anagnosta Brachionas. †

come si legge, dunque, in questa seconda sottoscrizione – che parrebbe finire in un dodecasillabo aprosodico –, il cognomen del copista è Brachionas (Βραχιωνᾶς), forma da normalizzare idealmente in Βραχιονᾶς in quanto la si può supporre derivata da βραχίων («braccio»): non dunque Brachonas (Βραχωνᾶς), come la forma del Familienname è stata interpretata e ripetutamente riproposta nella bibliografia fino a oggi 75. il copista 75

LamPrOS, ii, p. 4 nr. 4156; VOGeL - GarDthauSen, p. 347; PLP, nr. 3209.

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è ancora una volta un anagnosta, che scrive per un sacerdote, forse di nome achillio – ma la lettura del testo, a tratti semievanido, comporta qualche incertezza –, il quale a sua volta è figlio di un altro sacerdote, tale michele merkurios 76: ulteriore indizio dell’impiego privilegiato di questo stile di scrittura per una produzione libraria prevalentemente liturgica di modesta qualità, intesa a servire soprattutto alle esigenze quotidiane delle chiese parrocchiali, più che dei monasteri. Quella del Brachionas è una grafia che, pur rientrando appieno nello stile, ne mostra una variante piuttosto untidy, per certi versi non lontana da quella, peraltro un po’ più abile, di uno scriba attivo nello stesso decennio di cui ci occuperemo immediatamente a seguire (§ 3.5). La scrittura di nicola, oltre a presentare un asse delle lettere che, seppur tendenzialmente diritto, appare quasi malfermo, mostra per giunta un certo disomogeneo contrasto modulare nel rigonfiarsi occasionale di alcuni morfemi, come zeta in forma di tre, theta minuscolo aperto legato alla lettera precedente, xi in legatura con alpha o epsilon precedenti, phi di frequente nella forma à nombril, oltre alle solite lettere tonde (ε, θ, ο, σ) che, sovente ingrandite come di norma in questo stile, qui però non tendono a mostrarsi collées le une alle altre (fig. 9).

Fig. 9 nicola Brachionas: scelta di morfologie (dal codice hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36) 76 Per lo scioglimento μερκ(ου)ρ(ίου) anziché μερκ(ού)ρ(η) mi sono ispirato a una nota obituaria che si legge in un ulteriore manoscritto d’altra mano, opera dello scriba nicola macroleone (cf. infra, pp. 167-170) che adopera tuttavia lo stesso stile grafico «à μεν distendu», ovvero il Par. gr. 290: il ritornare dello stesso, non troppo comune, cognomen merkurios in tale ulteriore testimone – ove si legge al f. 189v: † μνήσθητ(ι) κ(ύρι)ε τὴν ψυ- | χὴν του δούλου σου γεωργί(ου)· | ιἑρεος· τοῦ μερκουρίου· – mi pare una conferma del persistere di questo tipo di scrittura in un medesimo ambito locale di produzione e circolazione.

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Sciatta è l’impaginazione, in cui le due colonne sono abbastanza spesso di larghezza immotivatamente diseguale, e più stretta è quella di sinistra; costante è invece il numero delle righe per pagina, che sono 25, giacché la rigatura, al solito eseguita a secco, stavolta non è di un tipo speciale a «indice V» come nella maggior parte dei manoscritti «à μεν distendu»: le righe rettrici, infatti, sono regolarmente tracciate. L’ornato, tutto di penna, è maldestro e fin grossolano, probabilmente in gran parte dovuto al copista, anche se alcune fasce meno mediocri fanno pensare che un’altra mano possa aver occasionalmente aiutato (ad es. ff. 1r, 154r, 164v: tav. 52a, f-g). non sono riuscito finora a individuare altri manoscritti vergati dal Brachionas, che peraltro non parrebbe essere un calligrafo professionista, ma forse piuttosto un occasionale scrivente che si impegna – ispirandosi alle convenzioni grafiche e ornamentali tipiche del suo ambiente – ad assolvere alla bell’e meglio a una committenza meramente «di servizio», legata alla quotidianità del culto di una qualche ignota chiesa di provincia, magari la stessa in cui l’anagnosta nicola svolgeva il suo ufficio. 3.5 cOStantinO

anaGnOSta

«DaLL’aPPeLLatiVO

raSuratO»

come si è già detto, uno dei primi copisti la cui mano sia stata riconosciuta come pertinente allo stile di cui ci stiamo occupando è quel costa nti no a na g nosta che vergò nel 1205 il codice hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (= 201) [→ nr. 25], ennesimo modesto Lezionario dei Vangeli della consueta taglia media (mm 260 ×205 ca.) che abbiamo visto esser comune per questo genere di libri d’uso liturgico quotidiano (tav. 53). il colofone di questo codice è stato accuratamente rasurato in alcuni punti «strategici» da un successivo possessore, con tutta evidenza intenzionato a eliminare ogni traccia che avrebbe potuto permettere di identificare precisamente tanto il committente – un monaco il cui nome iniziava forse per kappa: Κύριλλος? Κοσμᾶς? – quanto la chiesa dedicata a s. Giorgio di cui questi era prosmonarios e alla quale aveva donato il Lezionario77. con ciò, forse ad abundantiam, è stato eraso ed è andato dunque perduto anche il cognomen del nostro scriba costantino, o forse, meglio, si è perso il soprannome che, aggiunto al suo nome e alla sua qualifica, doveva designare la chiesa che egli serviva come lettore 78 (tav. 71a): 77 Secondo SO¯ te¯ruDe¯S, Ἰβήρων, i, pp. 35-36 (con tav. 6: f. 186r): 36, le profonde rasure rendono irrecuperabile il testo anche sotto la luce ultravioletta. a giudicare dalla sua trascrizione, però, il catalogatore propende per Κύριλλος come nome del committente. 78 Questo indicano, credo, gli epiteti che in questo studio vediamo legati a nomi di

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Athous Iber. 23, f. 186r: ἐτελειώθ(η) τὸ παρὸν | ἅγιον ἐβαγγέλιον· | διὰ χειρὸς κων- | σταντῖνου ἀναγνώ- | στου τοῦ [± 8]· | διὰ δὲ συνδρομῆς | καὶ ἐξόδου· κ.[± 5] | μοναχοῦ· καὶ προσ- | μοναρίου τοῦ μεγαλο- | μάρτυρος γεωργ(ίου) τοῦ | [± 10]· καὶ ἐτέ- | θη εις μνημόσυνον | αὐτοῦ· εἰς τὸ ἡγιἁσμέ- | νον θυσιἀστήριον τοῦ | αὐτοῦ μεγαλομάρτυρος | γεωργ(ίου) τ[οῦ .…]νίτ(ου) καὶ | [± 16] | [± 16] | [± 16] | [± 16] | ἀνα[θη]ματισμενος:– | μηνὶ αὐγούστω α΄: | (ἰνδικτιῶνος) η΄: ἔτους ͵ϛψιγ΄ † Fu terminato il presente santo Evangelion per mano di costantino anagnosta […], e con il concorso e a spese di K[…] monaco e prosmonarios del megalomartire Giorgio di […], e in memoria di lui fu depositato in offerta all’altare consacrato del medesimo megalomartire Giorgio di […]. il primo del mese di agosto dell’ottava indizione, dell’anno 6713 [= a.D. 1205]. †

La grafia di questo scriba costantino mostra anch’essa, come quella di nicola Brachionas, un aspetto generale vagamente untidy, con modulo delle lettere disomogeneo e asse alquanto pendente a sinistra, seppur irregolarmente oscillante. Fra le particolarità morfologiche si ravvisano ad esempio l’alpha maiuscolo alessandrino con tratto obliquo notevolmente inclinato a sinistra e fortemente allungato; il delta maiuscolo triangolare piuttosto schiacciato ma con ampio ricciolo all’indietro, o quello minuscolo la cui asta, doppiata, tende ad abbattersi sulla lettera precedente; il chi molto divaricato in basso. Si nota inoltre l’accento grave molto prolungato e spesso quasi orizzontale, che oltretutto quando si trova su καὶ è frequentemente fatto arretrare addirittura sulla consonante iniziale della ἀναγνῶσται, come quello di Hagioeleutherite¯s («della chiesa di S. eleuterio», cf. supra, §

3.1) o quello di Theologite¯s («della chiesa di S. Giovanni il teologo [ovvero l’evangelista; oppure di S. Gregorio il teologo, ovvero il nazianzeno?]», cf. infra, § 3.6). Lo stesso tipo di appellativi era in uso per i presbiteri: si ricordi ad esempio il sacerdote manuele Bukellaros Hagiostephanite¯s («della chiesa di S. Stefano»), copista – in stile cipriota «epsilon a pseudo-legature basse» (cf. RGK, iii, nr. 408) – che sottoscrisse nel 1153 il tetravangelo città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Barb. gr. 449, e ultimò nel 1156 per l’arcivescovo di cipro Giovanni Kre¯tikos un ulteriore tetravangelo miniato che ora è conservato a Washington (D.c.), museum of the Bible, mOtB.mS.000484 (olim andros, Μονὴ Ἁγίας, 32, deinde Oslo/London, the Schøyen collection, mS 231). non c’è dubbio, in effetti, che epiteti simili si prestino facilmente a diventare cognomina, e che questo in molti casi sia avvenuto lo si capisce sfogliando i repertori prosopografici (in primo luogo, PLP); ma nel caso specifico che qui ci interessa, essendo i personaggi in questione anagnosti o sacerdoti, non credo che si possa pensare ad altro che a epiteti che indicano la chiesa presso la quale essi esercitavano il loro ministero.

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congiunzione; e lo stesso accade, in altre parole, alla dieresi impropria, che anziché su iota è spesso collocata sopra la consonante precedente (fig. 10).

Fig. 10 costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato»: scelta di morfologie (dal codice hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23)

al medesimo costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato» ritengo che si debbano attribuire almeno altri due codici: il frammentario Lezionario dei Vangeli Oxford, Bodleian Libraries, arch. Selden B.54 (ff. 155217) [→ nr. 40], di medie dimensioni (mm 270 × 212 ca.) (tav. 55a); e la raccolta agiografica non-menologica post-metafrastica («gemischte Sammlung») 79 Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. ii 42 + ii 82 [→ nr. 66], un manoscritto di formato medio (mm 231×193 ca.) e di mediocre fattura (tavv. 55b-56a). infine, un ulteriore frammento che mi pare da ascrivere a questo scriba è conservato all’interno del codice Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 190 (ff. , ) [→ nr. 57]: si tratta di quattro malconci fogli di guardia – due all’inizio e due alla fine – ricavati da un Lezionario dell’Apostolos di formato probabilmente medio-piccolo, e malamente ritagliati e mutilati per adattarli al codice ospite (le dimensioni attuali sono ridotte a mm 168×120 ca.) (tav. 56b). 3.6 cOStantinO

anaGnOSta

teOLOGita

non solo un omonimo ma anche, nella gerarchia ecclesiastica, un omologo del precedente copista – e tuttavia non identificabile con lui, a mo-

79

ehrharD, iii, p. 813 e nt. 1.

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tivo della palese differenza di mano – è il costa nti no a na g nosta teol og i ta che firma, purtroppo senza datarlo, un Lezionario dei Vangeli la cui maggior parte si conserva nella capitale dell’illinois, ma con fogli dispersi identificati in altre località dei continenti nordamericano ed europeo: il codice chicago (iL), university Library, Joseph regenstein Library, ms. 879 + montreal, mcGill university Library, mS Greek 11 (1 f.) + Saint-Louis (mO), coll. edgar Krenz, s.n. (1 f.) + uppsala, universitetsbibliotek, Fragm. ms. graec. 1 (1 f.) [→ nr. 8], ancora una volta un manoscritto di taglia media (mm 240 × 185 ca.) e di fattura, al solito, non particolarmente fine (tav. 57). il colofone, preceduto da tre distici e un monostico giambici dal tradizionale sapore sentenzioso 80, recita (tav. 72c): Chicagiensis Bibl. Univ. ms. 879, f. 110r: † φύλαττε χ(ριστ)ὲ τὸν | ταύτα γεγραφώτ(α)· | καὶ κατάταξον εἰ- | ς απόλαυσιν ζώσαν:· | † ἄναρχε π(ατ)ρ(ὸ)ς, υἱὲ | τοῦ παντετίου [lege -αιτίου]· ἡ | παρθένος πάρεστιν· | μ(ήτ)ηρ τῶ κλαίει [scil. pro κλέει] :· | † ὦσπερ ξένη χαίρου- | σιν π(ατ)ρίδα βλέπειν· | οὖτως καὶ ἡ γρά- | φοντες βιβλίου τέλ(ος):· | † δέχου τὰ μικρὰ· | χ(ριστ)έ μου ὡς μεγάλα:· | † ἐτελειώθ(η) τὸ παρ(ὸν) εὐα(γγέλιον): | διἀ χειρὸς κωνσταντ(ι)ν(ου) | ἀνα(γνώστου) τοῦ θεολογήτη † † Proteggi, o Cristo, chi ha scritto questi fogli, / e fallo entrare nel vivo tuo diletto.

Per il motto racchiuso nel terzo distico, in particolare, si può rinviare al Database of Byzantine Book Epigrams della Ghent university (https://www.dbbe.ugent.be/), sub nr. 22826 e related occurrences; ma si veda soprattutto K. treu, Der Schreiber am Ziel. Zu den versen Ὥσπερ ξένοι χαίρουσιν… und ähnlichen, in Studia Codicologica, (…) hrsg. von K. treu, Berlin 1977 (texte und untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur, 124), pp. 473-492; cf. anche S. P. BrOcK, The Scribe Reaches Harbour, in Byzantinische Forschungen 21 (1995) [= Bosphorus. Essays in Honour of Cyril Mango, ed. by S. eFthymiaDiS, c. raPP, D. tSOuGaraKiS], pp. 195-202 [rist. in S. P. BrOcK, From Ephrem to Romanos. Interactions between Syriac and Greek in Late Antiquity, aldershot [et alibi] 1999, nr. xVi]; L. reynhOut, Formules latines de colophons, i-ii, turnhout 2006 (Bibliologia, 25): i, pp. 8594; a. Sirinian, On the Historical and Literary Value of the Colophons in Armenian Manuscripts, in Armenian Philology in the Modern Era: From Manuscript to Digital Text, ed. by V. caLzOLari, With the collaboration of m. e. StOne, Leiden-Boston 2014 (handbook of Oriental Studies/handbuch der Orientalistik, Viii: uralic and central asian Studies, 23/1), pp. 65-100: 93-94. 80

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† O Figlio eterno del Padre creatore del mondo, / accanto a Te è la Vergine e Madre in gloria. † Come i viandanti gioiscono nel riveder la patria, / così chi scrive esulta vedendo la fine del libro. † Accogli il mio poco, o Cristo mio, per molto. † Fu terminato il presente Evangelion per mano di costantino anagnosta teologita. †

La scrittura di questo ulteriore anagnosta si presenta lievemente inclinata a sinistra ma con qualche lettera, come pi maiuscolo, che tende invece a ricadere a destra, ed esibisce inoltre un moderato e irregolare contrasto di modulo, mostrando alcune lettere o legature occasionalmente rigonfie quali il beta maiuscolo o le legature epsilon-zeta o epsilon-csi. L’esecuzione è posata, lenta, in certe pagine quasi staccata, tracciandosi lettera dopo lettera in maniera tendenzialmente isolata (tav. 57). aspetto generale e repertorio morfologico, per la verità, anche in questo caso non sono affatto lontani da quelli dell’«anon. Gaddi» (e dell’«anon. Vg859») 81, ma con alcune specificità e divergenze che mi inducono, almeno per il momento, a tenere distinta la mano del teologita (fig. 11).

Fig. 11 costantino anagnosta teologita: scelta di morfologie (dal codice chicago [iL], university Library, Joseph regenstein Library, ms. 879)

Fra gli altri elementi di differenziazione, in particolare, segnalo ad esempio che nell’«anon. Gaddi» di norma non si ritrovano le già menzionate forme rigonfie di beta e di epsilon-csi, e neppure l’alpha alessandrino in cui il tratto finale obliquo discendente è ridotto al minimo; nel Chica-

81

cf. supra, pp. 142-145 (e tavv. 31-35a) e 139-142 (e tavv. 36-40a) rispettivamente.

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giensis invece non si riscontra il piccolo lambda maiuscolo che si precipita in avanti, tanto caratteristico del codice Gaddi. ritmo e inclinazione della scrittura appaiono anch’essi lievemente divergenti, con il risultato di un’impressione d’insieme non del tutto coincidente. L’ornamentazione, a sua volta, è per diversi aspetti affine a quella del codice Flor. Laur. Gaddi 124: per le spalmature di giallo pallido sui titoli; nelle sottili fasce con tralci risparmiati su fondo nero; per la campitura delle iniziali in rosso mattone; e più in generale per le forme delle lettere capitali, le quali ultime sono però solo genericamente affini a quelle del codice Laurenziano e, del resto, sono condivise dal punto di vista tipologico con gran parte dei manoscritti in scrittura «à μεν distendu». Se, infatti, si osserva più da vicino l’aspetto di queste lettere ornate, ci si accorge di peculiarità del codice Chicagiensis non riscontrabili in nessun altro manoscritto del gruppo: si tratta di iniziali fortemente allungate in senso verticale, sia nel caso dei tau, sulla cui asta i nodi si moltiplicano, sia in quello degli epsilon «a mandolino rovesciato». Forma quest’ultima che è, sì, diffusa a livello tipologico generale in tutto questo nucleo di codici, che qui però si specifica in iniziali epsilon non solo particolarmente slanciate, ma soprattutto esageratamente prolungate verso il basso – a dispetto della testa bombata della lettera, che è piccola e alta – e che inoltre sono fortemente stilizzate nel disegno, e caratterizzate in aggiunta da un inconsueto moltiplicarsi di boules lungo le linee nere di contorno nella parte inferiore della lettera. in qualche caso isolato, poi, le iniziali (ad es. ff. 54r, 78v) assumono un aspetto più pesante e «barbarico», quasi fossero dei primitivi totem (tavv. 57-58a). comunque, sebbene per i vari motivi fin qui elencati si debba pensare a mio avviso a mani diverse, mi pare necessario postulare quanto meno un identico ambiente d’educazione grafica e di produzione libraria per costantino anagnosta teologita, l’«anon. Gaddi» e, graficamente molto prossimo a quest’ultimo (se non identico, come si è detto), l’«anon. Vg859»: questi copisti, infatti, all’interno del gruppo già di per sé fortemente coeso delle mani che adoperano la scrittura «à μεν distendu», appaiono legati da un’ancor più stretta affinità e vicinanza. 3.7 LO

ScriBa

«anOn. antiOchi mOn.» (ALIAS mOScO macrOLeOne?)

ho già accennato più sopra a uno scriba che ho provvisoriamente denominato «a non. a nti och i m on.», per il fatto che la sua scrittura, in effetti, si riscontra a mio avviso in due manoscritti «gemelli» del Pan-

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dectes di antioco monaco: il codice Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 134 [→ nr. 64], di formato grande (mm 322 ×235-229); e un manoscritto (olim, ut videtur, Kosinitsa, Μονὴ Παναγίας Εἰκοσιφοινίσσης, 66) ora smembrato e conservato fra l’europa e l’estremo Oriente, ovvero il codice Bratislava, univerzitná Knižnica, 1208 + Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. gr. 1389 + tokyo, Keio university Library, 141x@127@1 [→ nr. 6], di grossa taglia (mm 325-300 ×245-225 ca.) molto simile a quella del precedente testimone veneziano. i due manoscritti sono filologicamente accomunati, fra l’altro, dal tramandare essi soli in aggiunta all’opera di antioco anche il carme di arsenio di Pantelleria dedicato proprio al Pandectes 82, oltre a una identica serie di brevi testi accessori, poetici e non (di Gregorio di nazianzo, massimo confessore), disposti nello stesso ordine alla fine del codice (tavv. 58b-59). Del manoscritto veneziano, consultato piuttosto rapidamente un paio d’anni fa, mi riprometto un rinnovato esame de visu appena le condizioni lo renderanno possibile, mentre dell’altro codice ho potuto vedere online la parte conservata a Parigi e qualche singola fotografia della porzione conservata in Giappone, neppure un’immagine, invece, della parte ora in Slovacchia. non sono quindi in grado, al momento, di indicare con certezza quanti copisti ricorrano in ciascuno dei due codici: nel caso del manoscritto di Venezia, però, mi pare di poter dire provvisoriamente che vi si veda una sola mano di copista, che si ritrova inoltre almeno nella porzione ora nipponica dell’altro testimone del Pandectes. mentre, poi, nel codice marciano, come si è già detto, appare all’occasione come ornatistarubricatore il cosiddetto «anon. mg134» 83, nell’altro esemplare ora smembrato mi sembra proprio di poter identificare, nella porzione ora Par. Suppl. gr. 1389, la mano dell’«anon. athen.» 84: cosa che non stupisce troppo, se è vero che, come è stato ipotizzato, il codice era diviso ab origine e intenzionalmente in due tomi che comprendevano rispettivamente

edito sulla sola base del codice veneziano – testimone per il quale proponeva dubitativamente un’origine italogreca – da ODOricO, Sanzione del poeta. 83 Sul quale cf. supra, pp. 146-148 (e tavv. 44-50 passim). 84 Sul quale cf. supra, pp. 145-146 (e tavv. 42-43, 47c). – non concordo, dunque, con l’opinione, espressa da andré Binggeli, che il codice franco-nippo-slovacco sia tutto di un’unica mano (BinGGeLi, Fragments du Pandecte, p. 279): lo studioso, del resto, scriveva senza sapere la sorte della parte del codice ora in Giappone, che conosceva solamente da una precedente descrizione, corredata di una fotografia del f. 1r, comparsa in un catalogo di casa d’asta del 1998 (Sotheby’s Sale LN8737, pp. 40-41). 82

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la parte slovacca e francese da un lato, giapponese dall’altro 85 (tav. 58b; cf. tavv. 42, 43, 47c). Se così stanno le cose, l’«anon. antiochi mon.», che qui vediamo lavorare accanto a due artigiani del libro che a loro volta in altri codici collaborano con niceta raguse, sarà a sua volta da considerare connesso, se non con la cerchia vera e propria, almeno lato sensu con il medesimo ambiente di produzione cui niceta appartenne e nel quale operò. La grafia dell’«anon. antiochi mon.» è piuttosto posata, lievemente inclinata a sinistra, con alcune lettere moderatamente ingrandite (ad es. delta maiuscolo triangolare, theta «biblico» schiacciato, phi maiuscolo o minuscolo con asta ridotta e ampio occhiello tra ovale e triangolare) e con il chi i cui tratti, sotto il rigo, tendono a prolungarsi alquanto e a curvare graziosamente verso l’alto (fig. 12).

Fig. 12 «anon. antiochi mon.»: scelta di morfologie (dal codice Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 134)

ma è possibile dare un nome all’«anon. antiochi mon.»? Dipende da come consideriamo e valutiamo un breve testo metrico in dodecasillabi bizantini offerto sùbito dopo il carme di arsenio di Pantelleria da entrambi i manoscritti, e copiato in essi in forma pressoché identica dal nostro scriba anonimo, fatta salva qualche svista e un’unica intenzionale differenza che è però di un certo peso: ovvero un «verso» in più, il penultimo, nel codice di tokyo. Servendomi delle riproduzioni disponibili, ne fornisco la trascrizione separatamente dai due esemplari (tav. 70a-b):

85 cf. raPP, Antiochos Manuscript at Keio, pp. 13-14, e soprattutto BinGGeLi, Fragments du Pandecte, p. 280.

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Marc. gr. z 134, f. 193r-v: στίχοι :· || (f. 193v) ὁ πάντα κόσμον ἐν λόγω | κτίσας πάλαι :· | καὶ νῦν δὲ σώζων ὡς φι- | λάνθρωπος φύσει :· | τῆ σοστικῆ σου δέσποτα | προμηθία :- | σύμπρακται τῶ γράψαν- | τι καὶ κτησαμένω : | ἐν σοὶ γάρ ἐστιν ἡ βροτῶν | σωτηρία :· Tokyoensis Keioens. 141x@127@1, f. 111r: στίχ(οι) ὁ πάντα κόσμον ἐν λόγω κτί- | σας πάντα :· | καὶ νῦν δὲ σώζων ὡς φι| λάν(θρωπ)ος φύσει :· | σῆ σοστικῆ σου δέσποτα | προμηθεία :· | σύμπρακται τῶ γράψαν- | τι καὶ κτισαμένω :· | μόσχω μακρολέοντι καὶ σῶ | δούλω :· | ἐν σοὶ γάρ ἐστιν ἡ βροτῶν σ(ωτη)ρία :·

Ovvero, tentandone un’edizione interpretativa cumulativa (nella quale i sigla dei manoscritti di tokyo e Venezia sono rispettivamente t e V): Στίχοι Ὁ πάντα κόσμον ἐν λόγῳ κτίσας πάλαι καὶ νῦν δὲ σῴζων, ὡς φιλάνθρωπος φύσει, τῇ σωστικῇ σου, Δέσποτα, προμηθείᾳ, [4.] σύμπραττε τῷ γράψαντι καὶ κτισαμένῳ [4a.] Μόσχῳ Μακρολέοντι καὶ σῷ δούλῳ· [5.] ἐν σοὶ γάρ ἐστιν ἡ βροτῶν σωτηρία.

[1.] πάλαι V: πάντα perperam t || [3.] τῇ V: σῇ propter rubricatoris neglegentiam t || προμηθείᾳ t: -θίᾳ V || [4.] σύμπραττε collato e.g. DBBE nr. 17485 scripsi: σύμπρακται (sic) tV || κτισαμένῳ t: κτησ- V || [4a.] Μόσχῳ – δούλῳ: versum hunc dodecasyllabum mendosum cui una syllaba deest praebet t om. V tu che col Verbo l’universo un tempo creasti e or lo salvi, amando gli uomini, o Signor, per tua giusta provvidenza, [4.] soccorri quei che scrisse e fece il libro, [4a.] Mosco Macroleone servo tuo: [5.] ché solo in te i mortali hanno salvezza.

Su questa noterella metrica presente nei due codici, per la verità, si è registrata una certa confusione nella bibliografia: scambiata, nel manoscritto veneziano, per la porzione finale del carme di arsenio di Pantelleria 86, o erroneamente creduta invece, sempre nello stesso codice, un «epi86

miOni, Marc. Cod. Thes. antiquus, p. 188 (sub nr. ii)

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gramma» di Gregorio di nazianzo come i componimenti che vi sono copiati sùbito dopo 87, per quanto riguarda il codice di tokyo, al contrario, è stata dubitativamente – e tutt’altro che in modo unanime – interpretata come un possibile colofone 88. innanzi tutto, dobbiamo segnalare che si tratta di un componimento scribale d’impiego stereotipo: un book-epigram che si trova, con minime varianti, in numerosi altri manoscritti greci 89, e in almeno un altro caso il suo testo è alterato per integrarvi versi che indichino il nome del committente 90. Si può pensare che anche nel caso del nostro codice ora suddiviso ODOricO, Sanzione del poeta, p. 2 nt. 2 [nella rist., p. 148 nt. 2]. cf. raPP, Antiochos Manuscript at Keio, p. 22 «most noteworthy is the short poem by moschos markoleon [sic!], who asks for God’s blessings for himself who “wrote and donated” this manuscript. he is either the scribe or the donor (or indeed both) of the Keio manuscript. i have not been able to find any further information about him». La studiosa, inoltre, ibid., pp. 16 e 18, propone un’edizione del breve testo metrico, peraltro non esente da qualche imprecisione, in particolare, come si è visto, nella decifrazione del cognomen del personaggio (che è letto Μαρκολέοντι pro Μακρολέοντι, forma corretta, quest’ultima, che si evince dalla fotografia del f. 111r pubblicata ibid., p. 17). – natalie tchernetska, che in un successivo contributo catalografico del 2012 dedicato ai codici greci di tokyo fa tesoro dei precedenti lavori di andré Binggeli e claudia rapp sul manoscritto, non discute affatto della possibile identità del copista e/o committente, né menziona in alcun modo mosco macroleone, non attribuendo forse importanza alla poesiola e al nome che vi compare, cf. tchernetSKa, Greek Manuscripts in Keio, pp. 178-184. 89 cf. ad es. DBBE, nrr. 21148 (milano, Biblioteca ambrosiana, † 24 sup., f. 7v: Salterio in minuscola bouletée, sec. x), 22038 (Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Plut. 9.3, f. 354v: Giovanni climaco, Scala Paradisi, fine del sec. x), 16980 yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Παναγίου Τάφου 53, ff. 13r-14r: Salterio, an. 1053/1054), 17485 (città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 752, f. 17rv: Salterio, an. 1058/1059 ca.), 24947 (città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1866, f. 17v: Salterio e varia liturgica, manoscritto salentino del sec. xiV), 22621 Wrocław, Biblioteka uniwersytecka, rehdiger 34, f. 163v: nemesius emesenus, cleomedes, Synesius cyrenensis, sec. xV). – in particolare, sui due Salteri Hierosol. S. Sep. 53 e Vat. gr. 752, opera di un medesimo anonimo copista, cf. F. D’aiutO, Il Vat. gr. 752: fattura materiale, scrittura, mise en page (con qualche osservazione sul Salterio hierosol. S. Sepulcri 53), in A Book of Psalms from Eleventh-Century Byzantium: The Complex of Texts and Images in Vat. gr. 752, ed. by B. crOStini & G. PeerS, città del Vaticano 2016 (Studi e testi, 504), pp. 43-156 (con 50 figg., V tab.). Per la nostra poesiola in tali due testimoni, dove, mal assemblata con altri tre componimenti analoghi in un unico carme-monstrum, è reimpiegata per dotare di una sorta di sontuoso «prologo» in maiuscola epigrafica sui generis questi Salteri miniati, cf. a. accOncia LOnGO, Il «poema» di introduzione del Vat. gr. 752, ibid., pp. 157-178 (con 5 figg.): 176. 90 cf. DBBE, nr. 17087 (münchen, Bayerische Staatsbibliothek, cod. graec. 146, f. 446v: Panegyricon, an. 1012): in questo caso, in effetti, il copista Gregorio, monaco della theotokos τῶν Σκεπεινῶν μανδρῶν, firma il codice in un suo colofone in buona parte 87

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fra europa e Giappone il copista abbia approfittato della poesiola – che forse trovava già nell’antigrafo, visto che la trascrisse nel manoscritto veneziano «gemello» senza farvi in quel caso aggiunte onomastiche – per «firmare» a proprio nome con essa un esemplare del Pandectes che aveva non solo copiato, ma anche finanziato di tasca propria. ma non è escluso che il nome di mosco macroleone sia qui da intendere come quello di «colui che fece scrivere e finanziò [scil. il libro]» (v. 4: τῷ γράψαντι καὶ κτισαμένῳ), dando al verbo γράφω un valore causativo 91. resta dubbio, quindi, che l’«anon. antiochi mon.» si possa identificare con tale mosco macroleone. in ogni caso, come che stiano le cose, e che cioè sotto tale nome si nasconda lo scriba di entrambi i codici del Pandectes e committente del solo codice di Bratislava-Parigi-tokyo, oppure solamente colui che commissionò e pagò per quest’ultimo manoscritto, gli elementi onomastici che qui riscontriamo sono di grande interesse, perché, come vedremo, ritornano altrove nel nostro dossier: sia il nome 92, che è peraltro relativamente raro in età mediobizantina, sia soprattutto il cognomen 93. elementi ricorrenti che non possono non essere particolarmente significativi, a riprova dell’unitarietà e coesione dell’ambiente in cui i manoscritti «à μεν distendu» furono prodotti. 3.8 aLtre mani anOnime: una SeLeziOne («anOn. Wenham»; «anOn. anG46»; «anOn. DuKe»; «anOn. trin. chaLc.») all’interno di un articolo come questo si può offrire – è ovvio – solamente una prima prospezione sul tema, e non è invece possibile fare una rassegna analitica di tutte le mani anonime presenti nelle svariate decine di codici che, rivendicati allo stile «à μεν distendu», sono elencati e sommariamente descritti nell’appendice. nell’attesa di poter pubblicare in

in prosa (f. 446r), salvo poi inserire alla pagina seguente (f. 446v) la nostra poesiola (inc. Ὁ πάντα κόσμον ἐν λόγῳ κτίσας πάλαι) trascrivendola però per i soli primi tre versi, e facen-

dola proseguire senza soluzione di continuità con altri cinque versi in cui compare il nome del committente eutimio, e che in forma ortograficamente normalizzata suonano (vv. 48): (…) | Εὐθυμίῳ φύλαττε καὶ περιφρούρει | [5.] ὡς σῷ οἰκέτῃ καὶ σοὶ ἀναθεμένῳ | ἐξ ὁλοκλήρου ψυχήν τε καὶ τὸ σώμα, | καὶ γεγραφότι ἐκ πόθου πολλοῦ πάνυ· | μέμνησο αὐτοῦ ἐν ἡμέρᾳ τῆς δίκης. Ovviamente qui γεγραφότι (v. 7) dovrà essere interpretato con valore causativo («ha fatto trascrivere»). 91 Sono ipotesi prudentemente formulate già da claudia rapp, cf. supra, nt. 88. 92 cf. supra, p. 149. 93 cf. infra, pp. 167-171.

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forma di volume i risultati di un’analisi sistematica esaustiva, desidero solamente segnalare in questa sede qualcuno degli esempi più interessanti di copisti il cui nome sia ancora ignoto, ma la cui mano sono stato in grado di rilevare in più manufatti e/o segnature di codici. Segnalo che, all’interno della trattazione complessiva di questo repertorio dei copisti, pur non avendo a disposizione per queste mani anonime elementi cronologici espliciti, preferisco anteporle qui (§ 3.8) alle due più tarde attestazioni di scribi che – a quanto pare, a metà del xiii secolo – utilizzano lo stile «à μεν distendu» in una maniera già alquanto evoluta e lievemente modificata (§§ 3.9-3.10). *** un primo esempio che mi pare interessante è quello dell’«a non. Wenh a m», come ho denominato una mano che si vede nel frammentario (6 ff.: Mt 27,17-28,20 con hypothesis e kephalaia di Mc) tetravangelo Wenham (ma), Gordon college, Jenks Library, Gr. ms. 2 [→ nr. 67], di piccole dimensioni (mm 145 ×124 ca.), e che a mio parere ricorre anche nell’altrettanto lacunoso (40 ff.: Mt [mutilo in fine: termina con Mt 26,73], Mc [mutilo all’inizio: da Mc 1,15], con hypothesis e kephalaia di Lc e parte dei calendaria) tetravangelo meteo¯ra, Μονὴ Μεταμορφώσεως, 506 [→ nr. 38], di analogo formato (mm 155 × 120 ca.): anzi, l’identica impaginazione (a colonna unica di 24 o 25 righe) e la comune condizione di membra disiecta mi inducono a sospettare – senza essere per il momento in condizione di verificarlo in mancanza di autopsia e, per il codice delle meteore, di buone riproduzioni complete – che si tratti molto probabilmente di due porzioni superstiti di un medesimo manoscritto originario (tav. 60a-b). i due frammenti sono accomunati, fra l’altro, da una rude ornamentazione, baldanzosamente «barbarica», con fasce premesse alle hypotheseis in forma di treccia desinente a destra in una minacciosa testa di serpe cornuta dalle fauci spalancate: motivo, quest’ultimo, certamente banale, e non isolato all’interno del nostro gruppo di codici, giacché lo si ritrova ad esempio in una fascia probabilmente dovuta all’«anon. Vg859», ove pure è interpretato in maniera più grafica e meno espressionistica (tav. 31). Del resto, la grafia dell’«anon. Wenham» è ben riconoscibile per l’aspetto vagamente untidy, il ritmo cadenzato dalle diagonali discendenti, con un’interpretazione sui generis dello stile «à μεν distendu» in cui la tendenza al bilinearismo è sacrificata a un’espressione più libera e corsiveggiante (fig. 13).

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Fig. 13 «anon. Wenham»: scelta di morfologie (dal codice Wenham [ma], Gordon college, Jenks Library, Gr. ms. 2)

a questo copista, invece nonostante l’apparente notevole somiglianza quanto a impressione d’insieme, non credo di poter attribuire la parte più consistente (ff. 1r-6v, 11r-138v) della raccolta omiletico-agiografica roma, Biblioteca angelica, gr. 46 [→ nr. 53], codice di medie dimensioni (mm 246 ×182 ca.): la scrittura di questa porzione del manoscritto angelicano, in effetti, non soltanto spinge ancor più sulla corsività rispetto a quanto si nota nell’«anon. Wenham», ma soprattutto presenta un repertorio morfologico non coincidente con quello di quest’ultimo in tutti i minimi dettagli. a meno di pensare forse a una (non dimostrabile) notevole evoluzione della mano nel tempo, dovremo quindi rinunciare all’identificazione (tav. 61). *** Fra i vari scribi, probabilmente non tutti coevi fra loro, dello stesso codice Angel. gr. 46 – oltre al solito niceta raguse (ff. 185r-191v) – compare, però, verso la fine (ff. 170r-184r) un’altra mano che è parzialmente responsabile di una sezione agiografica dedicata a s. Giorgio (ff. 170-191): fogli che non si sa se costituiscano un’aggiunta al nucleo principale effettuata a distanza di qualche tempo, oppure uno spezzone d’altro manufatto librario poi rilegato insieme al resto; questa parte del codice, oltretutto, non è più vergata a piena pagina, ma su due colonne. in particolare, però, la grafia del copista dei ff. 170r-184r, che ho denominato «a non. a ng 4 6 », si può rilevare a mio avviso anche nei fogli di guardia iniziali (ff. 1-2) aggiunti come protezione al celebre «eucologio di Strategio» dell’anno 1027, segnato Paris, Bibliothèque nationale de France, coislin 213: tali guardie [→ nr. 42] sono state ricavate da un Lezionario dei Vangeli di medie dimensioni (attualmente: mm 245×190 ca.), con ampi margini (tavv. 62-63). in questa mano la legatura che dà il nome allo stile non appare forse nella sua forma più tipica, risultando poco «stirata» orizzontalmente, e inoltre la tendenza della scrittura alla bilinearità è alquanto attenuata. Per il resto, però, si rimane nell’ambito della medesima temperie grafica (fig. 14).

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Fig. 14 «anon. ang46»: scelta di morfologie (dal codice Paris, Bibliothèque nationale de France, coislin 213)

*** ancora un’altra mano anonima è quella che ho battezzato «a non. Duk e»: la si trova, infatti, in frammenti di un medesimo Lezionario dei Vangeli che notoriamente sono conservati come membra disiecta parte alla Duke university, parte a yale, parte infine nella collezione Schøyen: in tutto dodici fogli membranacei, segnati Durham (nc), Duke university, David m. rubenstein rare Book and manuscript Library, Kenneth Willis clark collection, Greek ms. 27 + 43 + new haven (ct), yale university, Beinecke rare Book and manuscript Library, Beinecke mS 521 + s.n. + Oslo/London, the Schøyen collection, mS 653 [→ nr. 16], da un codice di dimensioni medio-piccole (mm 228-227×152-150) (tav. 64a). allo stesso copista – se non addirittura allo stesso manufatto: alla questione andrebbe dedicato un lungo e complicato approfondimento che nella situazione attuale non posso compiere 94 – si devono riferire a mio avviso altri frammenti di Lezionario conservati sull’athos: ovvero i ff. 1324 + 13bis-19bis, 22bis 95 del codice fattizio hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1215 [→ nr. 22], e i ff. 14, 30-33, 38-39 del manoscritto, anch’esso composito, hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1218 96 [→ nr. 23] (tav. 64b). 94 al momento posso soltanto dire che impressione d’insieme e mise en page (2 colonne, 27-34 linee) di tutti questi frammenti paiono grosso modo compatibili. 95 La foliazione del codice – per lo meno nella riproduzione di pessima qualità, con molti fotogrammi del tutto illeggibili, che ho potuto consultare presso la Μονὴ Βλατάδων di Salonicco il 1° luglio 2019 – sembra presentare delle incoerenze con salti e ripetizioni di sequenze numeriche, ma nulla di certo si può dire senza un esame in situ. 96 nella riproduzione su microfilm ora online sul sito della Library of congress, il codice fattizio nel quale questo frammento è incluso reca la segnatura 1219 (olim 1221 nel catalogo di So¯phronios eustratiade¯s). Del resto, nella riproduzione su microfilm del Vatopedi 1218 che è conservata alla Μονὴ Βλατάδων di Salonicco, il frammento di cui discuto in questa sede non c’è. che la segnatura attuale sia 1218, e non 1219, è asserito sulla base

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L’inchiostro, diversamente dal solito, è bruno medio, almeno per quel che posso vedere nei frammenti della Duke university e di yale consultabili in rete. e anche la grafia di questo anonimo scriba è più ariosa, movimentata e contrastata del solito, con un’enfasi sui rigonfiamenti delle lettere che rinvia più chiaramente a certe esperienze maturate all’interno di quei «nuovi stili» metropolitani del xii secolo97 che si collocano geneticamente fra i precedenti dello stile «à μεν distendu»98: scrittura che, del resto, rappresenta una specifica elaborazione locale d’ambito provinciale nella quale sono stati selezionati e sistematizzati forme e stilemi, all’interno di un panorama di tendenze grafiche più generalmente condiviso con i centri maggiori dell’impero, creando una sintesi nuova che in determinati ambienti ha conosciuto per alcuni decenni, nel quadrante anatolico sud-occidentale, una sua discreta fortuna (fig. 15).

Fig. 15 «anon. Duke»: scelta di morfologie (dal codice Durham [nc], Duke university, David m. rubenstein rare Book and manuscript Library, Kenneth Willis clark collection, Greek ms. 27 + 43)

*** resta da dire qualcosa di un ultimo copista anonimo, l’unico che, all’interno di questo nostro ampio dossier di codici, vediamo scrivere su carta anziché su pergamena come tutti gli altri: è la mano che ho chiamato dell’«a non. tr i n. ch a l c.» avendola notata per la prima volta nel frammento di Salterio con commento – soltanto un mezzo foglio strappato – segnato İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 120 (f. 233a). a mio parere si tratta dello stesso copista che compare nel Salterio commendell’autopsia da SteFec, Anmerkungen, p. 136 e nt. 59. è probabile, in effetti, che sia intervenuta una riorganizzazione relativamente recente del contenuto e/o delle segnature dei manoscritti fattizi collocati in questa porzione del fondo greco di Vatopedi. 97 canart - Perria, Écr. livr., pp. 88-98. 98 cf. infra, pp. 182-183.

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tato Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 537 [→ nr. 65], codice di dimensioni medie (mm 252 ×165 ca.): anzi, più precisamente, quello costantinopolitano potrebbe essere un frammento proveniente proprio dal codice veneziano 99 (tav. 65a-b). Si tratta di uno scriba che, per parte mia – pur resistendo alla suggestione, probabilmente ingannevole, esercitata dall’impiego della carta piuttosto che della pergamena 100 –, sarei propenso a collocare, da un punto di vista cronologico, un po’ più avanti rispetto alle altre attestazioni a noi note della scrittura «à μεν distendu», soprattutto per il fatto che la sua grafia sembra reinterpretare in maniera già alquanto affettata uno stile che doveva essere ormai ben affermato e maturo. Benché senza certezze, la più plausibile mi pare una datazione intorno al secondo quarto del xiii secolo, e già con questa, comunque, si anticiperebbe di diversi decenni la cronologia proposta dai cataloghi a stampa 101 (fig. 16).

Fig. 16 «anon. trin chalc.»: scelta di morfologie (dal codice İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 120 [f. 233a])

99 nel frammento stambuliota, che non ho potuto esaminare autopticamente e conosco solo da una fotografia, c’è una parte dell’esegesi di eutimio zigabeno a Ps. 110, mentre il codice veneziano, mutilo in inizio e fine, contiene Ps. 16-105 con commento «plerumque », cf. miOni, Marc. Cod. Thes. antiquus, ii, p. 431 (con datazione del codice alla seconda metà del xiii secolo); BinGGeLi [ET AL.], Sainte-Trinité de Chalki, i, pp. 324-327: 325, 326 (con datazione al xiV secolo); ii, pl. 247-248: 248. – anche le dimensioni in larghezza (le uniche rilevabili per il frammento del Patriarcato) della pagina e dello specchio di scrittura (ovvero 160 [120-125] mm per il codice stambuliota secondo il catalogo, 165 [112] mm, da me misurati al f. 12, per il manoscritto veneziano) parrebbero compatibili. 100 a quel che ho potuto vedere nel codice veneziano, si tratta probabilmente di carta araba orientale, con vergelle (spessore medio di 20 vergelle = 28-29 mm ca.) che si incurvano talora anche fortemente verso i margini, con filoni pressoché indiscernibili, superficie liscia e compatta, colore uniforme giallo-brunastro chiaro, piccole impurità acrome visibili in controluce. 101 cf. supra, nt. 99.

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3.9 nicOLa macrOLeOne, cOPiSta DaLLa DataziOne («anOn. PG313»)

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incerta, e un SuO

anOnimO cOLLaBOratOre

Lo scriba di cui tratterò in questo capitolo fornisce un’ulteriore attestazione datata dello stile «à μεν distendu» – decisamente problematica, tuttavia, come si vedrà – firmando il Lezionario dei Vangeli Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 290 [→ nr. 44], un codice di medie dimensioni (mm 249×187) vergato su pergamena di qualità medio-bassa (tav. 66). in effetti, la sgrammaticata sottoscrizione vergata dal copista ni col a m a crol eone è stata a lungo letta solo parzialmente, e intesa in maniera imperfetta, generando così incertezze non solo circa l’ortografia del cognomen del copista, ma anche e soprattutto circa la data, che negli ultimi due secoli ha oscillato nella bibliografia fra l’anno 1257 102, oppure, più genericamente, il xiii secolo – per sostanziale sfiducia nei confronti dell’affidabilità del colofone 103 –, o ancora, infine, con lettura alternativa dei dati cronologici offerti dalla sottoscrizione, l’anno 1157 104. Della questione ho trattato altrove, in un contributo cui rinvio per maggiori dettagli: basti qui dire che, a valle di una nuova lettura e interpretazione del colofone, quella del 1257 mi parrebbe la data da preferirsi 105. eccone, in ogni caso, il testo (tav. 70c): Par. gr. 290, f. 189v: † εἵληφε τέλ(ος) | ἡ παροῦσα πυκτί- | δα † χειρὶ ξεσθή- | σα νικολάου καὶ |5 τοὺ μακρουλέ(ον)τ(ος) ανἀξίου | ἥρου τε εὑλαβε- | στάτου † τοῦ ἐν ε- | ξας ἑξάς χιλεπ(ὸς) | οὗτ(ος) ἕτους· ἐξι- |10 κὸστοῦ τὲ πέμ- | πτου ὡς ἕφην ἅ- | νω † απριλλίω τε | μηνὶ ἡκᾶς ἑννάτ(η)· | τοῦς ἐνταύθα ἅ102 J. m. a. SchOLz, Biblisch-kritische Reise in Frankreich, der Schweitz, Italien, Palästina und im Archipel, in den Jahren 1818, 1819, 1820, 1821, nebst einer Geschichte des Textes des N.T., Leipzig und Sorau 1823, pp. 1, 7; F. a. ScriVener, A Plain Introduction to the Criticism of the New Testament (…), cambridge 1861, p. 215 (cf. anche la quarta ed., vol. i, London 1894, p. 332); V. GarDthauSen, Griechische Palaeographie, Leipzig 1879, pp. 334, 350; c. r. GreGOry, Textkritik des Neuen Testamentes, i, Leipzig 1900, p. 393 nr. 72 [sec. xiii]; VOGeL - GarDthauSen, p. 365; aLanD, p. 222 (nr. l72). 103 così a. JacOB, Note paléographique. La souscription du Parisinus grec 290, in Revue de Philologie 11 (1887), pp. 78-79, che riteneva addirittura il colofone del Par. gr. 290 ricopiato da un perduto antigrafo, da lui creduto dell’anno 957, la cui sottoscrizione l’indotto scriba del xiii secolo avrebbe profondamente sfigurato nel riprodurla in calce al nuovo esemplare di Lezionario da lui prodotto. un anno prima, nel 1886, un’analoga datazione, non argomentata, al xiii secolo era stata proposta in OmOnt, Inventaire, i, p. 31. 104 nuova ipotesi di cronologia che si deve a ernst Gamillscheg, e che nel 1989 è stata da lui pubblicata in RGK, ii, nr. 431. 105 D’aiutO, Colofone.

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|15 παντας καὶ ἑντυ- | χώντας· εὑχεῖς | μερίδα μοι ἑκ- | λιπαρὼν ἕμαι | ὅπως σφαλμάτ(ων) |20 τὼν πολλῶν | εὕρω λύσιν· | ὥνπερ ἀφρόνως | παρεσφάλην | ἑν βίω † (5) τοῦ μακρουλέ(ον)τ(ος) contra metrum in rasura alia manu additum: quae vero Nicolaus librarius scripserat antea – forsan τ. [. .]α. –, ne luce quidem ultraviolacea adhibita legi potuit il testo è seguìto – in forma quasi di monocondilio all’inizio – da quella che, nonostante la maggiore corsività del ductus, pare un’ulteriore firma di mano del copista stesso, non decifrabile però con piena certezza per quanto riguarda la prima parte: † Ν(ι)κολ(α)ου (?) του Μακρουλεου Segue, infine, un’invocazione in rosso, apposta più tardi, in fase di rubricatura 106: δό(ξα) ὁ θ(εὸ)ς κ(ύρι)ε δό(ξα) ἁμην.

Della parte metrica della sottoscrizione offro qui di séguito un’edizione largamente interpretativa, restituendo in certi punti, evidenziati in carattere spaziato, quel che il copista avrebbe forse voluto/dovuto scrivere (vv. 4, 8), non quel che ha effettivamente scritto: Εἴληφε τέλος ἡ παροῦσα πυκτίδα χειρὶ ξεσθεῖσα Νικολάου καὶ τοῦ Μακρουλέοντος ἀναξίου ἵρου τε εὐλαβεστάτου, — τοῦ ἐν ε ξ ἑ ξ ασ χι λ ε π τακ ό σ το υ ἔτους [5.] – ἐξηκοστοῦ τε πέμπτου, ὡς ἔφην ἅνω –, ἀπριλίῳ τε μηνὶ εἰκὰς ἐνάτῃ. Τοὺς ἐνταῦθα ἅπαντας καὶ ἐντυχόντας εὐχῆς μερίδα μοι ἐκλιπαρῶ νέ μ ε ιν, ὅπως σφαλμάτων τῶν πολλῶν εὕρω λύσιν [10.] ὥνπερ ἀφρόνως παρεσφάλην ἐν βίῳ.

[2.] ξεσθεῖσα cod.: an ξυσ- legendum? || τοῦ Μακρουλέοντος e corr. alia manu illata: τ. [. .]α. ut vid. ante corr. cod. utrum τάχα an τάλα legendum? — || [3.] ἵρου ego: ἥρου cod. || [4.] ἐν cod.: an σὺν potius legendum? || ε ξ ἑ ξασχιλεπτακοστοῦ conieci: εξας ἑξάς χιλεπὸς οὗτος cod. || [8.] νέμειν scripsi: νἕμαι cod. an potius νεῖμαι scribendum?

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un’analoga invocazione si legge nel margine inferiore del f. 62r: † κ(ύρι)ε ι(ησο)ῦ

χ(ριστ)έ· δό(ξα) δό(ξα) †

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Giunt’è alla fine il presente volume scritto di man di nicola Macroleone [corr. su l’abietto oppure il tapino (?)] e indegno prete, pur se molto pio, l’anno seimilasettecento e-xi [5.] – ovver sessantacinque: l’ho già detto –, e del mese d’aprile il ventinove. tutti i lettori d’oggi e di domani imploro: mi fean parte di lor preci, ch’abbia il perdono dei molti peccati [10.] che da insensato in mia vita commisi.

Se così stanno le cose, il codice si data al 1257: la stralunata deformazione (ἑξάς χιλεπὸς οὗτος), al v. 4 della poesiola, del raro aggettivo numerale ordinale composto che indica simultaneamente le migliaia e le centinaia (ἑξασχιλεπτακόστου) fa pensare che il copista possa aver tratto questo lambiccato modo di indicare la data, senza pienamente comprenderlo, da qualche altro documento scritto coevo (un diverso manoscritto, o magari un’epigrafe?) 107, inserendolo così, per farsi bello di una tale preziosità, nel proprio traballante colofone poetico. e allora, se davvero si potesse dare credito a questa lettura, il codice parigino rappresenterà un’attestazione tardiva dello stile «à μεν distendu», dilatandone notevolmente verso il basso, quasi di mezzo secolo, l’arco cronologico d’uso, giacché finora la più recente testimonianza datata, lo ricordiamo, era costituita dall’Athous Vatop. 911, sottoscritto da niceta raguse nell’anno 1209 108. La grafia di nicola macroleone, in effetti, sembrerebbe mostrare i segni di una qualche evoluzione all’interno del panorama dello stile come l’abbiamo tracciato fin qui, per un vago allentarsi di alcune caratteristiche specifiche, e in primis per un certo attenuarsi della tendenza alla bilinearità, così marcante nelle manifestazioni più canoniche della scrittura 107 L’aggettivo ἑξα(κι)σχιλεπτακο(σιο)στός – con doppia sincope, giustificata in simili formazioni composte in cui ricorrono suoni simili in sillabe contigue –, sebbene non registrato nei lessici né nella forma piena né in quella accorciata, non è un hapax: ho potuto reperirlo sinora almeno in altri due colofoni metrici anch’essi del xiii secolo, scritti peraltro in tutt’altra area provinciale, ovvero le sottoscrizioni di due manoscritti del copista Giovanni rossanese, il Crypt. Δ.β.xVii (gr. 377), ff. 1r-7r (an. 1212, cf. f. 5r: v. 1 ἐξασχιλεπτάκοστον εἰκοστὸν ἔτος [= a.m. 6720], cf. ad es. a. turyn, Dated Greek Manuscripts of the Thirteenth and Fourteenth Centuries in the Libraries of Italy, i-ii, urbana, ill. 1972: i, pp. 4-6: 4; ii, pl. 219b) e il Crypt. Β.β.iii (gr. 143: an. 1229/1230, cf. f. 2r: v. 23 ἑχασχιλεπτακόστῳ τρισδεκογδόῳ [post quae additur extra metrum ἔτ(ει)] [= a.m. 6738], cf. ibid., pp. 6-11: 8; ii, pl. 220b). 108 cf. supra, pp. 114, 128-129.

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«à μεν distendu» 109. una datazione del Par. gr. 290 al 1257, con una sua collocazione attardata rispetto agli altri testimoni noti dello stile, parrebbe perciò – pur con la cautela sempre dovuta in questo genere di argomentazioni – preferibile anche su base paleografica rispetto a una forse troppo precoce cronologia al 1157 che ne farebbe il più antico testimone datato, da porsi allora una trentina d’anni prima rispetto al Lezionario del fondo della trinità di chalke¯ firmato nel 1188 da Giorgio agioeleuterita110 (fig. 17).

Fig. 17 nicola macroleone: scelta di morfologie (dal codice Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 290)

resta da dire che dal punto di vista grafico le rubriche in rosso minio del Par. gr. 290, e così pure l’ornamentazione del codice, che condivide la stessa squillante nuance di rosso – accanto a parziali riempimenti di un verde prato (verde di Grecia?) acquerellato sporco – non sembrano di mano di nicola macroleone, ma piuttosto saranno opera di un suo collaboratore che si riscontra come ornatista-rubricatore e inoltre come copista in un altro codice: il Lezionario dei Vangeli Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 313 [→ nr. 46], un manoscritto di analoghe dimensioni medie (mm 253×196 ca.) vergato su pergamena di qualità ugualmente modesta (tav. 67a). L’ornato dei due codici è pienamente coincidente per forma di pylai/testatine e repertorio di lettere iniziali. La scrittura, invece, dell’anonimo collaboratore del macroleone – che, traendo spunto dalla segnatura dell’altro codice a lui attribuito in toto, denomineremo «a non. P g 3 1 3 » 109 Si può ricordare che Paul canart, senza includere il Par. gr. 290 tra i rappresentanti dello stile «à μεν distendu», lo adduceva fra gli esempi di manocritti che presentavano a suo dire una scrittura affine ma non identica allo stile «ε arrondi» cipriota, cf. canart, Écr. livr. chypr., p. 60 e nt. 166, 74 [nella rist., pp. 720 e nt. 166, 734]. a mio avviso, tuttavia, il procedere degli studi sulla scrittura «a μεν disteso» non lascia adito a dubbi sul fatto che la grafia di nicola macroleone, pur con le sue specificità, debba essere classificata come pertinente a questo stile. 110 cf. supra, pp. 115, 141.

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– è caratterizzata anch’essa dal medesimo ammorbidimento del modello dello stile «à μεν distendu», con più marcata infrazione del bilinearismo, e un maggiore senso di movimento della grafia, con i grandi kappa i cui tratti obliqui incurvati tendono ad avviluppare le lettere seguenti, e una certa maggiore enfasi sulle diagonali (fig. 18).

Fig. 18 «anon. Pg313»: scelta di morfologie (dal codice Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 313)

3.10 DemetriO L’ultimo scriba di cui tratterò in questo repertorio di mani fornisce quella che pare, per il momento, l’ultima attestazione datata dello stile nel tetravangelo hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 67 (= 992) [→ nr. 27], codice di piccolo formato (mm 173 ×125 ca.) come di norma si vede, nel gruppo di cui ci stiamo occupando, nel caso di codici di tale contenuto testuale (tav. 67b). Del colofone (f. 150r) – evidentemente ben eraso o dilavato, e dunque del tutto illeggibile nella riproduzione digitale online da microfilm in bianco e nero – riproduco la trascrizione che Panagio¯te¯s So¯te¯rude¯s ha fornito nel catalogo a stampa dopo averne letto il testo con l’aiuto della lampada di Wood 111: hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 67 (= 992), f. 150r: [ἐγράφη] δὲ χειρὶ δημητρίου, μη(νὶ) ἰου(λίω) θ΄, [ἔτει] ͵ϛψο΄, ἰνδ(ικτιῶνος) ε΄, ἡμ(έρα) κ(υριακῆ).

Se si tratta davvero di un colofone di mano del copista – secondo quanto afferma So¯te¯rude¯s, fatto però che non sono stato in grado di verificare autopticamente –, abbiamo qui a che fare con un ulteriore scriba Demetrio che non dichiara la propria qualifica, né ci offre alcun elemento di contestualizzazione della sua attività, ma che sarebbe attivo ancora nel 1262. La sua grafia, peraltro, come e forse ancor più di quella di nicola macroleone, 111 SO¯ te¯ruDe¯S, Ἰβήρων, i, pp. 128-130: 129. – Subito sotto nel medesimo f. 150r, si legge, non erasa, una ulteriore nota d’altra mano che reca la data dell’anno seguente: ἔτους ͵ςψοα΄ (ινδικτιωνος) ς΄.

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allenta le caratteristiche dello stile «à μεν distendu»: la tipica legatura di μεν non è così marcante, le lettres collées sono praticamente assenti, il tendenziale bilinearismo è attenuato, l’aspetto complessivo della pagina mostra una sorta di ibridazione grafica con la tendenza tradizionale-arcaizzante. anche l’ornamentazione, del resto, non è esattamente quella tipica della gran parte dei manoscritti vergati in questo stile di scrittura (fig. 19).

Fig. 19 Demetrio: scelta di morfologie (dal codice hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 67 [= 992])

4. GLi

aSPetti cODicOLOGici e OrnamentaLi Dei cODici

«À μεν

DISTENDU»:

Prime inDicaziOni

il quadro delineato nel capitolo precedente ha permesso di individuare e caratterizzare dal punto di vista soprattutto grafico – ma già anche, in certa misura, da quello dell’ornamentazione – una buona quantità di mani di copisti. naturalmente, gli scribi sono molti di più, giacché l’analisi non ha preteso di essere esaustiva, e oltretutto programmaticamente non ha preso in considerazione i tanti copisti anonimi cui per il momento si possa attribuire un solo manufatto ciascuno. tanto più, allora, a fronte di una così abbondante pluralità di mani, emerge con chiarezza un dato che non era stato neppure toccato dalle pionieristiche ricerche di Paul canart, e che ora invece salta agli occhi con grande evidenza, ovvero la rimarchevole uniformità e stabilità degli aspetti codicologici e ornamentali, che ho potuto constatare personalmente nei 31 codici (32 segnature) che – fra i 71 identificati (86 segnature) – mi è stato sinora possibile esaminare de visu 112, e che trova conferma, del resto, anche in relazione a molti altri manoscritti sia in quanto si può talora osservare in buone riproduzioni Si tratta dei manoscritti di atene (Biblioteca nazionale), Bassano del Grappa, città del Vaticano, Firenze, Grottaferrata, milano, Oxford, Parigi (in gran parte), roma, Salonicco e Venezia. Per più dettagliate indicazioni sui codici esaminati in loco rinvio all’elenco in appendice (infra, pp. 208-222). 112

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digitali a colori presenti sul web, sia in quanto è riferito dalla più accurata bibliografia e catalografia recente. in primo luogo segnalerò la caratteristica che forse più di altre si coglie immediatamente ictu oculi sfogliando questi manoscritti, e che è infatti la sola menzionata – pur se in relazione a qualcuno soltanto dei testimoni – da canart nel suo primo approccio a questi codici 113: mi riferisco all’uso preferenziale, per il testo, di un inchiostro costantemente nero o, in qualche caso, di colore bruno bruciato scurissimo, dato che aveva indotto lo studioso a un accostamento alle grafie dell’area cipriota, caratterizzate per l’appunto dal frequente, se non esclusivo, uso di inchiostri neri. il nero dei codici «à μεν distendu» è in genere compatto, denso, ben coprente, talora lievemente lucido: si tratta di una tipologia di inchiostro che – quanto a effetto visivo, perché delle effettive ricette di preparazione nulla si può dire finora – trova effettivamente riscontro anche nei codici greci palestino-ciprioti, ma per la verità è proprio anche di altri ambiti di produzione manoscritta greco-levantina 114, e al contempo è molto diffusa, nello stesso areale mediterraneo-orientale e alla stessa altezza cronologica (secc. xii e xiii), anche nel mondo arabo 115 o nella produzione scrittoria armena sia d’area ciliciana, sia anatolica più in generale 116. Per quanto attiene al supporto, invece, noteremo che tutti i codici del gruppo «à μεν distendu» sono membranacei, con una sola eccezione 117. Si nota, inoltre, una certa costanza del tipo di concia della pergamena, che, per lo più di qualità modesta o talora decisamente scarsa, è però di norma piuttosto chiara, spesso tendente a una leggera nuance ocra o grigiastro-

113 cf. ad es. canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 28, 67 e passim [nella rist., pp. 688, 727 e passim]. 114 L. Perria, Scritture e codici di origine orientale (Palestina, Sinai) dal IX al XIII secolo. Rapporto preliminare, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 36 (1999), pp. 19-33: 30 [rist. in Tra Oriente e Occidente, pp. 65-80: 76]. 115 m. zerDOun Bat-yehOuDa, Les encres noires au Moyen Âge (jusqu’à 1600), Paris 1983 (Documents, études et répertoires publiés par l’institut de recherche et d’histoire des textes, 25), pp. 123-141; F. DérOche, Manuel de codicologie des manuscrits en écriture arabe, avec la collaboration de a. Berthier [ET AL.], Paris 2000, pp. 120-125. 116 D. KOuymJian, Armenian Codicology, in Comparative Oriental Manuscript Studies. An Introduction, ed. by a. BauSi [ET AL.], hamburg 2015, pp. 116-131: 119. cf. anche m. e. StOne - D. KOuymJian - h. Lehmann, Album of Armenian Paleography, aarhus 2002, passim. 117 mi riferisco al codice Marc. gr. z 537, in carta araba apparentemente orientale, e a quello che parrebbe essere con buona probabilità un suo frammento, il Constantinop. Trin. Chalc. 120 (f. 233a), cf. supra, pp. 165-166.

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giallastra su entrambe le facce, con discromia attenuata fra lato pelo e lato carne. Si notano spesso fori di concia o lisières, e la grana follicolare è occasionalmente evidente, come pure risultano visibili in alcune pagine le radici dei peli. Solo in qualche raro prodotto che si può ritenere di committenza più elevata, come ad esempio nei tetravangeli Athen. gr. 127, Ott. gr. 212 e Vat. gr. 2319 – i primi due, non a caso, miniati –, la pergamena, pur rimanendo grosso modo la stessa a livello cromatico, sale molto di livello qualitativo, non mostrandosi però mai, nemmeno in casi del genere, del tutto esente da lievi difetti. al contrario, qualche manoscritto più modesto mostra membrane più rigide della media (ad es. Marc. gr. ii 42 + ii 82; Par. Suppl. gr. 473), più scure (Vat. gr. 1840), o esibisce talvolta striature grigiastre sul lato carne (Par. gr. 398; Par. Suppl. gr. 473). raro è, infine, l’uso di pergamena palinsesta (Par. gr. 299, guardie iniziali), in un ambiente che evidentemente non soffre in genere di penuria di tale supporto per la scrittura: come per la coeva produzione libraria armena, che quasi non conosce l’impiego di membrane rescriptae, viene da pensare che l’uso, nei codici «à μεν distendu», di pergamena per lo più vergine – sebbene non sempre della migliore qualità – sia un portato dell’intensa attività di pastorizia sugli altipiani e nelle valli dell’anatolia, che garantiva un costante approvvigionamento di tale materiale di cui poteva certo avvantaggiarsi anche una produzione tutto sommato modesta come è in media quella del gruppo di manoscritti che qui ci interessano. Per quanto attiene alla taglia, quelli in grafia «à μεν distendu» sono in larga maggioranza codici di dimensioni medie (formato quasi d’obbligo per i Lezionari), o meno frequentemente medio-piccole o piccole (tetravangeli per uso personale, talora di un certo maggior pregio, e qualche manoscritto liturgico «da mano»), con pochi codici di formato grande, come certi volumi di contenuto patristico o teologico (Vat. gr. 859 e 1616; Hierosol. S. Sabae 6) o i due testimoni «gemelli» del Pandectes di antioco monaco (Marc. gr. z 134; il codice suddiviso fra tokyo, Bratislava e Parigi) o alcuni manoscritti innografici ad alto numero di righe, destinati a stipare in ampie e fitte pagine una gran massa di canti (Petrop. gr. 351; Hierosol. S. Sabae 10; Hierosol. S. Crucis 15): nello specifico, le dimensioni si polarizzano, con qualche eccezione, intorno ai seguenti formati di pagina (e specchio): a) grande: mm 355-325 ×255-235 ca. [255-235 ×180-155 ca.] B) medio: mm 255-235 ×200-180 ca. [200-180 ×155-130 ca.] c) medio-piccolo: mm 200-180 ×155-130 ca. [150-130 ×110-100 ca.] D) piccolo: mm 155-130 ×125-110 ca. [110-100 ×80-70 ca.]

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Si noti il rapporto «a cascata» – fatte salve le minime difformità legate alla maggiore o minore rifilatura subìta nel tempo dal singolo manufatto – tra il formato superiore e quello immediatamente inferiore, risultando la larghezza della pagina del formato a pari all’altezza del formato B, e così via di séguito. La cosa non stupisce, e del resto è stata rilevata anche in altri ambienti di produzione libraria mediobizantina 118: è connaturata, d’altra parte, alla gestione ottimale del supporto membranaceo, e discende dalle dimensioni medie delle pelli utilizzate e dal numero di piegature che esse subiscono nella composizione dei quaternioni, a seconda dunque che se ne generi un volume in folio, in quarto, in octavo, in sedicesimo. analogamente, non ci sorprenderemo della relazione che c’è fra le dimensioni assolute del foglio e quelle dello specchio di scrittura, con la larghezza della pagina che coincide all’incirca con l’altezza dello specchio, mentre la larghezza dell’area scritta grosso modo equivale alla metà dell’altezza della pagina. Si tratta di proporzioni fra pagina/specchio o area scritta/margini bianchi pressoché standard, che ricorrono con frequenza nella produzione manoscritta bizantina, specialmente in quella di livello medio: laddove cioè non si voglia allestire un manufatto di lusso dai margini particolarmente ampi, con conseguente riduzione dello specchio, e neppure al contrario si intenda, in prodotti più scadenti, risparmiare pergamena occupando la pagina in maniera intensiva e riducendo conseguentemente il bianco intorno alla superficie scritta 119.

Passando a mise en page e rigatura, un dato molto più significativo, e anzi un elemento codicologico che fa quasi da carattere distintivo del gruppo di codici «à μεν distendu», è a mio parere la spiccata preferenza per i tipi di rigatura speciali – secondo la codifica di Julien Leroy – con «indice V»: ovvero quelli in cui si registra nel foglio rigato l’assenza delle linee rettrici, a eccezione della prima e dell’ultima riga della pagina, che dunque delimitano in alto e in basso lo specchio scritto 120. tra i più comuni sono i tipi per codici a piena pagina V 00a1, V 00c1, V 00D1 o talora V 20a1, 118 cf. ad es. r. S. neLSOn - J. L. BOna, Relative size and comparative value in Byzantine illuminated manuscripts: some quantitative perspectives, in Paleogr. e codicol. greca, i, pp. 339-353; ii, pp. 185-190 (tavv. 1-4). 119 Sono, le mie, considerazioni volutamente empiriche e persino rozze, che scaturiscono tuttavia dall’esperienza personale di alcuni decenni di consultazione di manoscritti greci: so bene che, volendo, si potrebbero fare calcoli più complessi e riflessioni più raffinate (m. maniaci, Costruzione e gestione della pagina nel manoscritto bizantino, cassino 2002), che tuttavia non mi pare né utile né opportuno applicare al caso in esame. 120 Répertoire de réglures dans les manuscrits grecs sur parchemin, Base de données établie par J.-h. SauteL à l’aide du fichier LerOy (…), turnhout 1995 (Bibliologia, 13), pp. 27, 256-257.

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o quelli per manoscritti a due colonne V 00a2, V 00c2, V 00D2 o talvolta V 20a2. è, questa, una preferenza che Lidia Perria aveva individuato come presente nel bacino orientale del mediterraneo sia in età ben più alta 121 sia in epoca mediobizantina e oltre 122. a questa caratteristica si accompagna, come ovvio corollario, la forte oscillazione del numero di righe di scrittura per pagina: trovandosi a operare nella trascrizione senza la guida dei solchi tracciati per le linee rettrici, il copista finisce per variare inavvertitamente la quantità di righe scritte anche di molte unità fra una pagina e l’altra, spesso con forte scarto fra i primi e gli ultimi fogli del manoscritto. e addirittura accade di frequente che, nei codici impaginati a due colonne, la colonna di sinistra non presenti lo stesso numero di righe scritte esibite da quella di destra (tavv. 3, 22, 28, 66). Volgendoci a un elemento non strettamente codicologico, e che sta piuttosto a metà tra la pratica scribale e una valenza ornamentale, contribuendo però a mostrarci la coerenza di abitudini all’interno di questa cerchia di scribi, si deve poi ricordare la già più volte menzionata consuetudine, propria di molti dei copisti 123, di aprire piuttosto frequentemente la pagina o la singola colonna di testo con una o più crocette, nello stesso inchiostro del testo, apposte nel margine superiore (tavv. 1, 57, 62-63, 64a, 66). Si tratta, certo, di un uso devozionale e di una consuetudine scribale che si conosce anche in altri ambiti di produzione libraria bizantina 124, 121 L. Perria, Il Vat. gr. 2200. Note codicologiche e paleografiche, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 20-21 (1983-1984), pp. 25-68 (con Vi tavv. f.t.): 36-37 [rist. in Tra Oriente e Occidente, pp. 3-46 (con Vi tavv. f.t.): 14-15]. 122 L. Perria - V. VOn FaLKenhauSen - F. D’aiutO, Introduzione, in Tra Oriente e Occidente, pp. ix-xLVi: xxxii. – a rodi, alla fine del xiii secolo, usa rigature di tipi speciali con «indice V» (o con «indice x», alternando una linea rettrice rigata e una no) il copista Simeone calliandres (cf. Géhin, Copiste de Rhodes, pp. 182-183), cf. infra, p. 195. 123 ad esempio Giorgio anagnosta agioeleuterita, niceta raguse, costantino anagnosta teologita, l’«anon. ang46», l’«anon. Duke», nicola macroleone (cf. supra, pp. 125, 131-132, 134), ma anche varî degli one-shot scribes anonimi che non sono stati classificati e trattati sopra (§ 3.1-10) per il fatto che, allo stato attuale, paiono identificabili all’interno di un solo manufatto (cf. ad es. i codici, di mani per l’appunto diverse, athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 112; London, British Library, royal ms. 1.D.ii; Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 919). 124 cf. ad es. F. D’aiutO, Nuovi manoscritti di Nicola calligrafo, copista del «Menologio Imperiale di Mosca» (con qualche osservazione sugli inventari della Biblioteca Vaticana del 1481 e del 1484), in Studi in onore del cardinale Raffaele Farina, i, a cura di a. m. PiazzOni, città del Vaticano 2013 (Studi e testi, 477), pp. 303-401 (con 20 figg. color.): 326 nt. 33; m. mencheLLi, Appunti su manoscritti di Platone, Aristide e Dione di Prusa della prima età

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implicando probabilmente una muta invocazione alla divinità all’inizio di ogni porzione del lavoro di trascrizione. nei prodotti di qualche maggior impegno, però, come ad esempio nei tetravangeli miniati, si nota che anche i copisti avvezzi a quest’uso tendono a evitarlo 125, forse per non marcare in modo troppo invadente con la propria presenza le pagine di libri di pregio destinati alla devozione altrui. Passando a rubricatura e ornamentazione, noteremo che anch’esse presentano caratteri costanti e ben individuabili. Per cominciare con l’aspetto cromatico, segnalerò che si impiega frequentemente, accanto al colore nero o bruno bruciato dell’inchiostro del testo, soprattutto un vivace rosso minio, squillante e coprente, di buona qualità – o più raramente un carminio di qualità media –, usato sia per la scrittura distintiva sia nell’ornato, in iniziali, fasce o porte che sono di norma campite a risparmio, lasciando cioè emergere nel colore di fondo della pergamena i motivi, che sono per lo più racemi vegetali e palmette (tavv. 2, 4-11 e così via). i motivi, però, possono all’occasione essere anche solo parzialmente campiti, in aggiunta al rosso, in un intenso verde abete (Vat. gr. 1886, ff. 87r, 109r) o in un più tenue e acquerellato verde prato (Par. gr. 290, ff. 4r-v, 5v, 57v, 67r, 70v, 71v) (tavv. 19b-c, 66), o più raramente possono essere realizzati in una specie di inchiostro bruno diluito, con aggiunta di azzurro, come nel già citato Mess. gr. 96 126. il rosso minio può assumere talora una tonalità più tendente all’arancione scuro o al rosso mattone, come ad esempio nei manoscritti dell’«anon. Gaddi» o nel Chicagiensis 879 di costantino anagnosta teologita (tavv. 36, 57, 58a). Diversi copisti inoltre, per evidenziare i titoli/rubriche, o per far meglio risaltare certe iniziali delineate nello stesso inchiostro del testo, utilizzano, come si è visto, spalmature di un pallidissimo giallo limone o giallo sporco, spesso quasi del tutto evanide (tavv. 14b, 16, 17a, 37a, 39, 40a, 57).

dei Paleologi: tra Teodoro Metochite e Niceforo Gregora, in Studi classici e orientali 47 (2002), nr. 2, pp. 141-208: 183. – un aficionado di questo uso è, nel xiii secolo, anche Giorgio di cipro, alias Gregorio ii patriarca di costantinopoli (1283-1289), come si può vedere ad esempio nel manoscritto, largamente autografo, Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 2998 (cf. RGK, ii, nr. 99). 125 con sporadiche eccezioni, come ad es. nell’Ott. gr. 212, di mano di niceta raguse, secondo quanto rilevato supra, nt. 45. 126 cf. supra, pp. 116-117. nel codice messinese, però, a quel che posso giudicare dalle poche fotografie, l’azzurro pare piuttosto una successiva aggiunta di colore all’originaria tinta bruna. e lo stesso potrebbe valere per lo scadente e fragile azzurro aggiunto al bel rosso vivo dell’Athen. Loverdos 2 (tav. 47c).

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Le fasce e le pylai presentano disegni lievemente differenziati per ciascun copista e/o ornatista – perché molto spesso, ma non sempre, una stessa figura professionale è responsabile di entrambi gli aspetti della manifattura del codice –, come pure piccoli dettagli o preferenze diverse caratterizzano le iniziali, ora meramente calligrafiche, come accade più spesso, ora ornate. Le ornate possono essere fitomorfiche, con vaghe rielaborazioni del tipo cloisonné (di norma solo delineate nei loro contorni in rosso, e non campite) o talvolta esibire elementi zoomorfici (serpi, pesci, uccelli, protomi animali) o antropomorfici (per lo più la mano benedicente nel tratto mediano dell’epsilon, raramente un volto o la figura umana intera, come nello Hierosol. S. Sabae 6) (tav. 33). Spiccano, in quasi tutte le mani, certi epsilon «a mandolino rovesciato», talora con speciale enfasi sulle lunghe «corde» ravvicinate fra loro che sottolineano il dorso della lettera, esageratamente allungata verso il basso, come si vede in particolare, ma non solo, nei codici di costantino anagnosta teologita (tav. 57). ma delle peculiarità e degli elementi distintivi dell’ornato di ciascuna mano si discorrerà con maggiori dettagli in altra sede. rara, come vedremo, e anzi limitata ad alcuni tetravangeli è la presenza di vere e proprie miniature a piena pagina (Athen. gr. 127; Ott. gr. 212; Pyrgos, Ἱερὰ Μετρόπολη Ἠλείας, s.n.), che a colpo d’occhio rinviano a stili e ambienti diversi e sembrano classificabili come aggiunte pittoriche, tutte probabilmente alquanto seriori, ad opera di varie botteghe professionali: avremo modo di commentarne fra breve alcune, che paiono più significative per i possibili indizi di localizzazione dei contesti di circolazione e forse, retrospettivamente, di produzione. 5. crOnOLOGia

e LOcaLizzaziOne DeLLO StiLe: POchi Dati, QuaLche inDi-

ziO, Varie iPOteSi Di LaVOrO

L’ampliamento del numero di testimoni disponibili – a dispetto della relativa parsimonia di colofoni o di note recanti elementi positivi che al solito affligge la produzione libraria greca – ci offre qualche ulteriore dato certo, e in aggiunta qualche indizio, in relazione all’arco temporale e all’area di origine e di impiego dello stile. come si è visto, ai due soli codici datati noti a mons. canart, ovvero l’Athous Iber. 23 (= 201; an. 1205: copista costantino anagnosta) e l’Athous Vatop. 911 (an. 1209: copista niceta raguse), abbiamo potuto aggiungerne in questa sede altri tre che presentano anch’essi una data esplicita e sicura nel colofone, ossia il Constantinop. Bibl. Patr. Trin. Chal-

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cens. 5 (an. 1188: Giorgio anagnosta agioeleuterita), codice che ci permette di retrodatare di un paio di decenni la prima attestazione oggettiva dello stile «à μεν distendu», e ancora l’Athous Iber. 36 (= 305; an. 1201: copista nicola Brachionas anagnosta) e infine, decisamente più tardo, l’Athous Iber. 67 (= 992; an. 1262: copista Demetrio). una sesta e più discussa testimonianza, quella del Par. gr. 290 (copista nicola macroleone), se può effettivamente essere assegnata al 1257, come la nuova lettura del colofone pare indicare, testimonia anch’essa di un uso attardato dello stile «à μεν distendu», che del resto in questi codici seriori presenta già caratteri meno strettamente tipici. risalendo, invece, all’indietro verso l’estremo cronologico superiore, abbiamo già anticipato che il Vat. gr. 859, per motivi di cui diremo meglio in séguito, deve essere ritenuto databile entro il 1197, e anzi forse non molto lontano da tale data 127. Possiamo, poi, notare come in un codice finora non esaminato, ovvero l’Horologion Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 398 [→ nr. 47], si legga nel margine superiore del f. 153r una data apposta in inchiostro bruno da una mano diversa da quella del copista: † ἐτους ͵ϛχϙ΄ (ἰνδικτιωνος) ιε΄ [ovvero 6690 a.m. = a.D. 1181/1182]. è ovviamente incerto quanto credito si possa dare a tale nota avventizia ai fini della datazione del manoscritto parigino; è però ben possibile che la data corrisponda al momento stesso in cui fu scritto questo marginale, che potrebbe magari intendersi come probatio calami, o come incipit di una registrazione, poi non completata, di un evento di natura personale (nascita, o morte) o di un fatto legato alla storia di una località o di un’istituzione. Qualora, dunque, andasse realmente riferito al momento dell’apposizione della nota, l’anno 1181/1182 rappresenterebbe, se non la data di manifattura del Par. gr. 398, almeno un terminus ante quem per essa – che in ogni caso non andrebbe molto anticipata, credo, rispetto a tale anno –, e con ciò si tradurrebbe anche in un’indicazione indiretta di ancor più precoce attestazione per lo stile «à μεν distendu», anticipandone di poco più d’un lustro il «certificato di nascita» rispetto all’anno 1188 garantito dal colofone di Giorgio agioeleuterita. in conclusione, lo stile appare per il momento esplicitamente attestato nell’arco di un’ottantina d’anni circa, fra il nono decennio del xii secolo e forse il sesto-settimo decennio del xiii – più precisamente tra il 1188 (o forse ante an. 1181/1182) e, a quanto pare, il 1257 o il 1262 –, senza che

127

cf. infra, pp. 198-202.

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si possa escludere da un lato la possibilità di un avvio lievemente anteriore, nell’arco del terzo quarto del xii secolo, come pure dall’altro la possibilità di una coda d’utilizzazione che si sia protratta un po’ più a lungo nel corso della seconda metà del xiii secolo. riguardo a questo prolungamento cronologico dello stile, inoltre, e a certe ulteriori attestazioni in manufatti sui quali si leggono date – non di mano del copista – nel corso del xiii secolo e fino all’inizio del xiV, si può ricordare innanzitutto una nota obituaria del 1231 di tal Basilio manniota apposta da altra mano sul già citato Hierosol. S. Sabae 10, la quale fornisce però solamente un blando terminus ante quem per la data di manifattura del codice 128. Si deve segnalare, poi, che non si può tener conto della datazione al 1247 proposta in buona parte della bibliografia 129 per uno dei nuovi manoscritti qui ricondotti allo stile, ovvero il tetravangelo Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 169 + Sankt-Peterburg, rossijskaja nacional’naja Biblioteka, gr. 308 (un solo foglio) [→ nr. 55]: data che, a quanto ho potuto accertare dal microfilm, appare in un’aggiunta d’altro scriba al f. 103v del codice sinaitico, e che dunque costituirà solamente un blando terminus ante quem per la confezione della parte principale e presumibilmente un po’ più antica del codice 130. analogamente, nel ricordato Lezionario Bassanensis Bibl. Civ. 1087 è stata di recente segnalata e trascritta da Silvia tessari una nota semievanida leggibile al f. 80v

128 La nota, a margine del f. 91r, è del tutto illeggibile nella riproduzione. è così trascritta nel catalogo: † μηνὶ τῷ αὐτῷ [scil. νοεμβρίῳ] εἰς τ(ὴν) [sic pro τ(ὰς)] ιζ΄ τὰ τέλη τοῦ βίου ἐχρήσατο ὁ κυρὸς Βασίλ(ειος) ὁ Μαννιώτ(ης), ἔτους ͵ϛψμ΄, ἰνδικτιῶνι ε΄ ἡμέρᾳ γ΄ (PaPaDOPuLOS-KerameuS, Ἱεροσ. Βιβλ., ii, pp. 20-21: 21). 129 BenešeVič, Opisanie, i, pp. 96 (nr. 77), 615; Checklist Sinai, p. 3; treu, Hss. des Neuen Testam. in der UdSSR, p. 134; huSmann, Sinai-Handschriften, p. 152. 130 Si tratta di una lunga preghiera addita da altra mano, conclusa dalla seguente sottoscrizione (che dunque va riferita, a mio parere, al momento in cui fu fatta l’aggiunta stessa nel f. 103v, e non alla manifattura del codice nel suo complesso): † βασίλ(ειος) ο υιὸς του παπὰ καψωρἱάκοβ [oppure: -κου?]:· καὶ δούλ(ος) του τιμιου προδρ(ομου) | εγράφη μη(νι) αυγοῦστω (ινδικτιωνος) [[ζ΄ (depennato?)]] του ἔτους ͵ϛψνε΄ [a.m. 6755 = a.D. 1247] καὶ οι | εντυχάνοτες ευχεσθαι μοι δια τ(ῶν) κ(ύριο)ν. Di questa stessa opinione circa il valore da dare alla data è ParPuLOV, Twelfth-Cent. Style, p. 186 nt. 38, il quale però crede di poter attribuire il Sin. gr. 169 al suo «Scribe a», che sarebbe responsabile di altri tre manufatti che a mio avviso sono di tutt’altro ambiente metropolitano e non sono pertinenti allo stile «à μεν distendu»: non condivido, infatti, l’identificazione della mano del nostro Sinaitico negli altri tre manoscritti che lo studioso gli assegna (manchester, John rylands university Library, Gr. 13; Syracuse [ny], university Library, 4; Verona, Biblioteca capitolare, cxViii [108]).

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che reca la data del 25 agosto 1252 131, ma che non potrà certo essere una sottoscrizione come asserisce la studiosa («subscription») 132, dovendosi classificare piuttosto come nota aggiunta da mano diversa e fornendo, dunque, anche in questo caso solamente un vago terminus ante per il manoscritto. ugualmente posticcia è la data che nel già ricordato tetravangelo con commento di teofilatto di Bulgaria Athous Iber. 599 (= 178) è offerta da una nota avventizia in una grafia Fettaugenmode in calce al f. 368v, nella quale si registra la festa dei martiri Galattione ed episteme il giorno lunedì 5 novembre 1261 o forse, meglio, 1268, indizione 12: ancora una volta, tale data può servire soltanto da vago terminus ante 133. e la stessa cosa vale per la nota d’altra mano, che sarà databile fra il 1286 e il 1317, che nel Par. gr. 313 (ff. 4v-5r) racchiude una preghiera liturgica (Ἔτι δεόμεθα…) per gli imperatori andronico (1282-1328) e irene (alias iolanda di monferrato, sua sposa nel 1284, ch’ebbe il titolo di imperatrice, per l’appunto, dal 1286 alla morte nel 1317). infine, lo stesso si deve dire per una serie di calcoli della data della Pasqua, in gran parte intenzionalmente dilavati, per gli anni dal ͵ϛωιδ΄ [a.m. 6814 = a.D. 1306] al ͵ϛωκδ΄ [a.m. 6824 = a.D. 1316], che si leggono al f. 109r dell’Anthologion innografico Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 653, ma che sono evidentemente di mano diversa da quella del copista 134: sebbene il manoscritto presenti una forma in certo senso ibridata e presumibilmente molto attardata dello stile grafico, anche in questo caso la data del 1306 131 F. 80v: μηνὶ αὐγούστου εἰς τὰς κε΄ ἡμέρα κυριακὴ ἰνδικτιῶνος ἕτους ͵ϛψξʹ [a.m. 6760 = a.D. 1252]. 132 teSSari, Byz. Musical Mss., p. 601. 133 F. 368v: † νοεμβρίω ε΄· ἡμέρα δευτ(έ)ρ(α) (ἰνδικτιῶνος) ιβ΄· ἔτους ͵ςψο΄ [il numero ͵ςψο΄ appare tuttavia ripassato da altra mano seriore, che ha aggiunto ἔτους al di sopra della cifra] † | [μνη]μη γαλακτίωνος (καὶ) ἐπιστήμης· τῶν ἁγιων τοῦ χ(ριστο)ῦ μαρτύρων. ma i dati non coincidono: nell’annus mundi 6770, infatti, l’indizione era la quinta e non la dodicesima, e il 5 novembre cadde di sabato. Per mettere d’accordo gli elementi cronologici si può pensare che in origine quello segnato nella nota del f. 368v fosse l’anno del mondo 6777 (= a.D. 1268-1269), e che dunque in origine nella nota si leggesse ͵ςψοζ΄ (di uno slanciato zeta, semievanido, mi pare si veda ancora traccia alla fine della data): in effetti, il 5 novembre 1268, indizione bizantina dodicesima, fu un lunedì (cf. V. GrumeL, La chronologie, Paris 1958 [Bibliothèque byzantine. traité d’études byzantines, 1], p. 259; a. caPPeLLi, Cronologia, Cronografia e Calendario Perpetuo (…), milano 19886, p. 71). – al f. 367v è un’ulteriore data posticcia, aggiunta da mano più tarda (apparentemente la stessa che ripassa l’anno al f. 368v), che recita ἔτους ͵ςψο΄ † [a.m. 6770 = a.D. 1261/1262], e starà qui probabilmente soltanto ripetendo, per attribuirla impropriamente al codice, la data dell’annus mundi 6770 malamente riscritta nella nota del f. 368v. 134 F. 109r: inc. † ετ(ους) ͵ςωιδ΄ αποκρεω φε(βρουαρίου) ϛ΄ πα(σ)χ(α) απριλι(ω) γ΄ […].

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fornisce un mero limite cronologico inferiore entro il quale – credo, nell’avanzato xiii secolo – il manoscritto deve esser stato realizzato dal suo anonimo scriba. Se, dunque, per il momento è sufficientemente chiaro il quadro cronologico complessivo, va detto che naturalmente l’origine locale d’ambito provinciale dello stile «à μεν distendu», la sua evoluzione grafica nel tempo e la sua articolazione interna in varietà, così come i suoi rapporti con altre stilizzazioni e classi stilistiche affini tanto precedenti e coeve quanto successive, costituiscono tutta una serie di problematiche che, degne di approfondimenti specifici, non possono essere affrontate in questa sede, e che perciò prometto di trattare presto altrove. Fra le altre, in particolare, andrà approfondita la questione dell’humus dalla quale si è originato lo stile, un sostrato di esperienze grafiche pregresse che, come Paul canart e Lidia Perria, credo anch’io sia da ravvisarsi in generale nell’influsso, giunto con notevole potenza di suggestione fin nelle periferie dell’impero, di alcuni dei «nuovi stili» costantinopolitani del xii secolo individuati dai due compianti studiosi: già, in effetti, negli atti del ii congresso internazionale di Paleografia greca del 1983, apparsi nel 1991, essi segnalavano provvisoriamente una certa continuità stilistica in particolare fra il costantinopolitano «tipo teoctisto»135 e lo stile «à μεν distendu», sottolineando tuttavia la necessità di approfondire ulteriormente la questione 136. Per parte mia, come ulteriore stilizzazione che mi pare assumere un certo rilievo nel multiforme panorama grafico da cui scaturisce la nostra scrittura, ricorderei in aggiunta – rimanendo sempre all’interno dei «nuovi stili» del xii secolo classificati da canart e Perria – la «mi-Fettaugen degli Ottateuchi»137, che a mio giudizio condivide diversi morfemi, stilemi, elementi tecnici con lo stile «à μεν distendu»: in parti135 con riferimento alla grafia del noto copista del codice Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1570 (RGK, ii, nr. 177; cf. r. S. neLSOn, Theoctistos and Associates in Twelfth-Century Constantinople: An Illustrated New Testament of A.D. 1133, in The J. Paul Getty Museum Journal 15 [1987], pp. 53-78). Per il «tipo teoctisto» cf. canart - Perria, Écr. livr., i, p. 92 [nella rist., p. 958]. 136 Per questo accostamento cf. canart - Perria, Écr. livr., i, p. 99 [nella rist., p. 965] e, in precedenza, canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 67 nt. 192 [nella rist., p. 727 n. 192]. 137 Per la quale cf. canart - Perria, Écr. livr., i, pp. 92-93 [nella rist., pp. 958-959]. – Per i celebri codici illustrati in cui questa scrittura si riscontra cf. J. LOWDen, The Octateuchs. A Study in Byzantine Manuscript Illustration, university Park, Pennsylvania 1992; K. Weitzmann - m. BernaBó, The Byzantine Octateuchs (…), i-ii, with the collaboration of r. taraScOni, Princeton, n.J. 1999 (the illustrations in the manuscripts of the Septuagint, 2).

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colare, la preferenza per l’uso di un calamo con punta tagliata in modo tale da dare tratti uniformemente spessi; la riduzione della minuscola, in linee serrate, a un andamento quasi bilineare, con riduzione delle aste e lieve compressione dei nuclei; la predilezione per i rigonfiamenti di nuclei tondi, per le lettres collées, per alcune lettere triangolari schiacciate (delta maiuscolo); e infine l’uso, almeno occasionale, del gruppo di lettere μεν nella forma «distesa». con ciò – si badi bene – non intendo affatto dare l’impressione di postulare un rapporto di filiazione o di meccanica derivazione, secondo un vieto modello interpretativo «costantinopolitanocentrico» per il quale la periferia, agli occhi di alcuni, non pare capace d’altro che di produrre, per di più in ritardo, «allotropi» deformi di stili praticati nella capitale 138. Voglio significare, invece, che nel caso specifico che ci interessa, a partire dalla fonte di innesco rappresentata dalle variegate tendenze metropolitane in voga nel xii secolo, è sorta una specifica e originale elaborazione calligrafica locale che ha assunto caratteri propri, probabilmente in virtù di meditate scelte stilistico-morfologiche individuali e della fortuna stessa che tale nuova sintesi ha saputo riscuotere, contribuendo a stabilizzarle. *** ma è ora di passare a un’altra questione, ovvero al complesso problema della localizzazione dello stile «à μεν distendu». a tal riguardo, si potrà ricordare come mons. Paul canart notasse che, accanto a una generica somiglianza della nostra scrittura a grafie cipriote, altri indizi di localizzazione non del tutto chiari, e anzi contrastanti fra loro, erano da un lato la qualifica del copista niceta raguse, che nel colofone dell’Athous Vatop. 911 (an. 1209) si definisce nomikòs dell’isola di rodi 139, dall’altro lato il fatto che il tetravangelo Vat. gr. 2319 sia un codice, se non originario, almeno sicuramente proveniente da cipro 140, dove alla fine dell’Ottocento 138 Si pensi al dibattito sullo «stile rossanese» e sulla sua presunta derivazione dalla Perlschrift costantinopolitana, per una sintesi sul quale basti rinviare a quanto Santo Lucà scrive in S. Lucà - D. Bucca, Fragmenta Cryptensia disiecta, in Manoscritti italogreci: nuove tessere, pp. 99-130 (e tavv. 17-20): 110-113. 139 una qualifica che – aggiungeremo noi – a rigore non implicherebbe di per sé la certezza che egli abbia mai operato come scriba a rodi e tanto meno che sia stato attivo solo sull’isola, e neppure che su quell’isola abbia imparato a scrivere. ma su questo tornerò più avanti. 140 Più precisamente, dal monastero della theotokos Kykkotissa (di Kykkos), come si desume dal timbro verdastro (sec. xix) mal impresso e poco leggibile che si vede ai ff. 1r

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fu acquistato con altri manoscritti (ora Vat. gr. 2307-2321, 2337) da tankerville James chamberlayne (1844-1909), che poi li donò fra il 1891 e il 1900 a papa leone Xiii 141. infine, come ulteriori incerti indizi da valutare in futuro, canart additava anche la presenza di una nota in armeno, non meglio definita dallo studioso, all’interno della miscellanea patristica Vat. gr. 859 (f. 211v) – nota che sarà letta e considerata più avanti – e quella di due note slave che si leggono nel lezionario dei Vangeli Vat. gr. 1886 142. Più variegati e talora interessanti – ma da soppesarsi di volta in volta con rigoroso spirito critico – sono gli indizi di localizzazione offerti dai nuovi codici individuati. restando, ad esempio, nell’ambito slavo or ora menzionato, si può segnalare che il bel tetravangelo miniato Ott gr. 212, che è stato qui attribuito al calamo di niceta raguse, presenta una serie di segnature di fascicolo slave non originarie, che direi non anteriori al secolo XiV o XV, che si ripetono verso il centro del margine inferiore sia della prima che dell’ultima pagina di ciascun fascicolo (a partire dal f. 11v). a ben vedere non stupisce, peraltro, che un bel codice dei Vangeli come questo, passando di mano in mano, possa esser finito per appartenere a un possessore vissuto forse in un ambiente slavofono, magari nei

e 63r, che sembra esser rimasto indecifrabile per Giovanni Mercati, come si desume dall’annotazione al riguardo di sua mano in un foglietto sciolto accluso al manoscritto. Per la decifrazione del timbro e il riconoscimento dell’originaria pertinenza del codice alla collezione libraria di Kykkos cf. darrouzès, Autres manuscrits, p. 159. 141 su questo nucleo di manoscritti cf. darrouzès, Autres manuscrits, pp. 157-159; P. canart, Le legature bizantine della Biblioteca Vaticana, in federici - Houlis, Legature, pp. 9-11, 114: 10, 114 ntt. 11-12; constantinides - BrowninG, Dated, pp. 30, 327, 383; s. lilla, Vat. gr. Lineamenti, p. 107; id., Vaticani greci, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, i-ii, a cura di f. d’aiuto e P. Vian, città del Vaticano 2011 (studi e testi, 466-467): i, pp. 584-615: 607. di una recente comunicazione di Georgios andreu («Η συλλογή χειρογράφων στην Κύπρο του tankerville James chamberlayne κατά τα τέλη 19ου με αρχές 20ου αιώνος») nella Second Annual Conference on Byzantine and Medieval Studies (nicosia, 12-14 gennaio 2018) si dovrà attendere la stampa nei relativi atti, non ancora usciti per quanto ne so. – del cattolico chamberlayne, dublinese, maggiore dell’esercito britannico di stanza nell’ultimo decennio del XiX secolo a cipro, dove fu fra l’altro governatore a Kyrenia per l’amministrazione inglese, si sa che nel 1890 sposò leopoldina francesca ruspoli, della nobile famiglia romana; ma l’uomo è noto soprattutto per i suoi interessi per la storia e l’epigrafia medievale cipriote, cf. t.J. cHaMBerlayne, Lacrimae Nicossienses. Recueil d’inscriptions funéraires, la plupart françaises, existant encore dans l’île de Chypre (…), i, Paris 1894. 142 al f. 27v, nel margine superiore, si legge † м(еса)ца ѳеврар (= mesaca fevrar, con riferimento al mese di febbraio, mentre al f. 86r è un’abbozzo di formula di contratto matrimoniale, cf. canart, Vat. gr. 1745-1962, i pp. 491-493: 493.

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Balcani, e che potrebbe aver commissionato una nuova legatura ora perduta per la quale fu necessario rinumerare i fascicoli in cifre slave. Del resto, una precedente nota di donazione del medesimo manoscritto al monastero dei Ss. Padri a medikion, in Bitinia143, scritta nell’Ottoboniano in sovrapposizione a un’altra nota in gran parte illeggibile (f. 3r), ci mostra plasticamente come manoscritti del genere potessero viaggiare e spostarsi abbastanza facilmente nel corso dei secoli, passando da privati a istituzioni monastiche per poi magari tornare ancora sul «mercato librario». Osservazione, questa, che si può con cautela estendere anche alla contestualizzazione della già ricordata nota slava che si legge nel Vat. gr. 1886: un Lezionario, un manoscritto dunque che, fra quelli d’uso liturgico, forse più facilmente può viaggiare per essere reimpiegato altrove. e lo stesso discorso può allora valere anche per una nota slava semievanida, di contenuto a quanto pare liturgico, che si intravede nei margini superiori dei ff. 4r, 5r, 6r del Lezionario dei Vangeli Par. gr. 290 (cf. 5r: […] април[…] геωрги[…], con riferimento, direi, alla festa di s. Giorgio del 23 aprile), mentre al f. 190r dello stesso codice, nel margine superiore, ho potuto rilevare quella che mi pare una mera probatio calami, forse della stessa mano, con la sequenza alfabetica completa delle lettere cirilliche. analogamente, le provenienze dirette di alcuni dei «nuovi» testimoni non noti a canart aprono un tanto ampio quanto incerto ventaglio di ipotetici altri fronti di diffusione dello stile, gran parte dei quali saranno piuttosto da derubricare a luoghi di forse tardiva circolazione di singoli prodotti librari. Si può ricordare, ad esempio, la provenienza dal monastero di S. nicola Ἀναπαυσᾶς, alle meteore, del meneo ann arbor, university of michigan, mich. ms. 38, asserita sulla base di una nota sul contropiatto anteriore interpretata in tal senso da annaclara cataldi Palau, la quale ha ritenuto inoltre che il codice, appartenuto alla collezione Burdett-coutts, esibisse caratteri grafici di un presunto flat style d’ambito epirota 144; ipotesi, questa, di de-localizzazione della scrittura «à μεν distendu» – che secondo la studiosa si potrebbe ritenere diffuso anche in area balcanicoadriatica – contro la quale, come abbiamo detto sopra, si è espresso

FerOn - BattaGLini, pp. 124-125; KOtzaBaSSi, Βυζαντινά χειρόγραφα, pp. 71-72: 72. cataLDi PaLau, Burdett-Coutts Collection, pp. 32-33, 35, 42-43, 49, 53 (nr. 34), 58 (pl. 1) [nella rist., pp. 527-528, 534, 549-552, 567, 577 (nr. 34) e tav. iii (fig. 3c)]. tale ipotetica localizzazione epirota è accolta nella recentissima descrizione catalografica di KaVruS-hOFmann, Catal. Ann Arbor, pp. 112-114 (nr. 36) e pl. 96 (con la precedente bibliografia). 143

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rudolf S. Stefec in relazione a un altro manoscritto del gruppo che, poiché portato a milano dalla «tessaglia» in età barocca, è stato anch’esso dubitativamente attribuito dalla cataldi Palau all’epiro145: ovvero l’ambr. F 124 sup., che in questa sede ho potuto, invece, rivendicare al nomikòs rodiota niceta raguse 146. Quanto, invece, alla legatura e alla decorazione dei tagli del codice crisostomico Vat. gr. 1616, si deve ricordare che da tempo essi sono stati riferiti ad ambito cretese e al secolo xV o xVi 147, fatto che documenta, però, solamente un trasferimento forse seriore di questo codice crisostomico verso la maggiore isola dell’egeo, o comunque il passaggio per le mani di un artigiano legatore che ne era oriundo. Venendo alla pur ragionevole ipotesi di localizzazione dello stile «à μεν distendu» in area cipriota (o «cipro-palestinese»), che è stata formulata da mons. canart sostanzialmente valorizzando alcune affinità che lo studioso rilevava sul piano codicologico (la predilezione per inchiostri neri) e grafico (una generica somiglianza allo stile «epsilon a pseudo legature-basse), osserveremo che essa non trova, però, conferme nette o sufficienti nei nuovi testimoni qui segnalati: agli scarsi indizi in tal senso già individuati, ovvero in particolare alla sopra menzionata provenienza diretta da cipro, alla fine del xix secolo, del Vat. gr. 2319, segnalata da canart 148, si può aggiungere ora solamente il possesso da parte del cipriota marco Phlanges († post 1570), ma ormai nel xVi secolo, del Vindob. Theol. gr. 120, come ha notato rudolf Stefec 149. tuttavia, un elemento su cui riflettere seriamente, a mio parere, sarà il fatto che, nella settantina abbondante di manoscritti ormai noti 150, lo stile «à μεν distendu» non si trova mai associato o alternato a grafie tipicacf. supra, p. 117. nulla significa il fatto che anche un altro codice in cui abbiamo reperito la mano di niceta raguse, ovvero il più volte ricordato Vat. gr. 859, sia arrivato in italia per il tramite di antonio eparco che se lo era procurato in epiro o alle meteore (cf. BanDini, Antonio Eparco, pp. 12-13): in quel caso è certo, infatti, che tale localizzazione tessalico-epirota attiene soltanto alla storia recente del manoscritto vaticano, giacché esso si trovava in età più antica in tutt’altro luogo, ovvero a costantinopoli, probabilmente portatovi dal Levante (da rodi o dalla cilicia), come si dirà (cf. infra, pp. 199-206). 147 D. GrOSDiDier De matOnS, Nouvelles perspectives de recherches sur la reliure byzantine, in Paleogr. e codicol. greca, i, pp. 409-430: 411, 413, 427; FeDerici - hOuLiS, Legature, pp. 10, 84 («Legatura non originale»); e più di recente; SteFec, Zur Schnittdekoration, pp. 504 nt. 9, 506, 513 e 525 pl. iV. 148 cf. supra, p. 183. 149 SteFec, Zu einigen zypr. Hss., pp. 57, 70 150 cf. infra, pp. 208-222, in appendice. 145 146

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mente cipriote dello stesso periodo 151. e neppure mi è stato possibile ritrovare, per converso, alcun testimone del nostro stile di scrittura all’interno di una delle collezioni librarie cipriote coeve più note, ovvero quella, piuttosto cospicua, di s. neofito recluso (1134-post 1214) e della sua Enkleistra situata non lontano da Paphos, dunque all’estremità occidentale – quella che guarda verso creta e rodi – dell’isola di cipro 152. in aggiunta, non necessariamente verso la cipro dei Lusignano (11921489) 153, ma piuttosto verso una generica ambientazione levantina nell’Outremer ci orienta il colofone di un nuovo codice «à μεν distendu», il meneo di aprile con notizie sinassariali Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1618 [→ nr. 50]. Vergato da uno scriba anonimo che ho omesso di discutere più sopra per il fatto che la sua grafia finora mi pare attestata solamente in tale manufatto, il manoscritto reca, di mano di tale non meglio noto copista, una reticente sottoscrizione, con nulla più che una preghiera per il committente (un laico?) e per il di lui fratello monaco che, non nominato, sarà stato forse il vero destinatario di questo volume di ufficiature 154 (tav. 72d): Par. gr. 1618, f. 92v κ(ύρι)ε ἐλέ(ησον) τὸν κτησάμ(ενον) | κυρ νικήταν τ(ὸν) λαντούρφ(ον) | σὺν τω ἀδελφῶ αὐτ(οῦ) τῶ (μον)αχ(ῶ). Signore, abbi misericordia del committente messer niceta Landurphos, insieme al suo fratello monaco.

Per rendersene conto basta sfogliare il catalogo dedicato ai manoscritti ciprioti datati di cOnStantiniDeS - BrOWninG, Dated, dove la nostra grafia non compare mai. 152 non sono riuscito per il momento a reperire alcun manoscritto in stile «à μεν distendu» né fra i numerosi codici che, passati per le mani di neofito recluso, o appartenuti – in epoca precoce o anche più tardi – all’Enkleistra da lui fondata, si conservano ora soprattutto presso la Bibliothèque nationale de France (c. GaLatariOtOu, The Making of a Saint: The Life, Times and Sanctification of Neophytos the Recluse, cambridge [et alibi] 2002, pp. 22-23), né fra quelli ancor oggi conservati nel monastero stesso [cf. a. JaKOVLieVić, Catalogue of the Greek Manuscripts in the Library of the Monastery of St. Neophytos (Cyprus), nicosia 2002]. 153 L. De maS Latrie, Histoire de l’île de Chypre sous le Règne de la maison des Lusignan, i-iii, Paris 1852-1861; F. FiLeti, I Lusignan di Cipro, Firenze 2000. 154 Per il testo della sottoscrizione cf. anche canart, Écr. livr. chypr. [1987-1988], pp. 39-40 nt. 48 [nella rist., pp. 865-866 nt. 48]. Lo studioso non considerava il codice parigino come un rappresentante dello stile «à μεν distendu», ma lo giudicava solo in parte affine ad esso, in parte simile allo stile «epsilon», e addirittura dubitava che, anziché cipriota, potesse essere italogreco. 151

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a fianco del nome greco Νικήτας, il cognomen Λαντοῦρφος del committente 155 fa ovviamente pensare all’influsso sull’onomastica locale dell’intensificarsi, fra xii e xiii secolo, delle presenze di occidentali nel mediterraneo orientale, fenomeno catalizzato dal movimento delle crociate e dalla creazione in loco di signorie occidentali: circostanza che, oltre a essere all’origine di matrimoni misti documentati soprattutto a livello di dinastie dominanti 156, deve aver avuto riflessi anche nella voga di nomi latini o «franchi» fin negli strati meno elevati della popolazione ellenofona o anche armenofona, per il naturale manifestarsi di comportamenti sociali di tipo emulativo. non si potrà, perciò, precisare la localizzazione del codice – che sia cipro o forse, meglio, una qualche altra isola greca del mediterraneo orientale, o magari la cilicia –, fintantoché non emergano eventuali ulteriori notizie sul committente niceta Landurphos. *** ma, lasciandoci ormai alle spalle gli incerti e radi indizi che hanno fatto e potrebbero ancora far pensare a un’origine e diffusione cipriota dello stile «à μεν distendu», sarà bene valutare, invece, gli unici elementi di esplicita – ma non del tutto chiara – localizzazione che ci è dato reperire in uno soltanto dei colofoni dei codici del gruppo, ovvero la seconda e più ampia sottoscrizione (f. 155v) del Lezionario Athous Vatop. 911: in essa,

155 interpreto κτησάμενον nel nostro colofone come equivalente a κτισάμενον. come è stato notato, infatti, poiché all’aoristo il verbo κτάομαι («possedere») genera forme omofone rispetto al verbo κτίζω («fondare», ma anche «commissionare», «far allestire» in ambito librario), i significati dei due vocaboli, nelle sottoscrizioni dei manoscritti bizantini soprattutto d’ambiente provinciale, finiscono per sovrapporsi in una sfera semantica confusa, cf. S. Lucà, Lo scriba e il committente dell’addit. 28270 (ancora sullo stile «rossanese»), in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 47 (1993), pp. 165-225 (con 16 tavv. f.t.): 190-191; cf. ora anche F. BernarD - K. DemOen, Byzantine Book Epigrams, in A Companion to Byzantine Poetry, ed. by W. hÖranDner - a. rhOBy - n. zaGKLaS, Leiden 2019 (Brill’s companions to the Byzantine World, 4), pp. 404-429: 418. 156 Basti rinviare a qualcuno dei classici lavori di W. h. rüDt De cOLLenBerG, The Rupenides, Hethumides and Lusignans. The Structure of the Armeno-Cilician Dynasties, Paris 1963; iD., L’empereur Isaac de Chypre et sa fille (1155-1207), in Byzantion 38 (1968), pp. 123-179; iD., Les Ibelin aux XIIIe et XIV e siècles. Généalogie compilée principalement selon les Registres du Vatican, in Ἐπετηρὶς τοῦ Κέντρου Ἐπιστημονικῶν Ἐρευνῶν. [Λευκωσία] 9 (1977-1979), pp. 117-265. cf. anche n. cOureaS, The Ruling Christian Elite of Lusignan Cyprus (1192-1473) and the Extent to which it included non-Latin Christians, in Élites chrétiennes et formes du pouvoir (XIIIe-XV e siècle), sous la direction de m.-a. cheVaLier et i. OrteGa, Paris 2017, pp. 17-30.

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come si è visto più sopra, il copista niceta raguse, che firma il codice nell’aprile 1209, non solamente si qualifica come νομικὸς τῆς νήσου Ῥόδου («notaio [?] dell’isola di rodi»), ma dichiara di aver copiato il codice su committenza di Giorgio, protopapàs τῆς ἁγιωτάτης ἐπισκοπῆς Νυσούρας («della santissima sede episcopale di Nysura»), il quale gli aveva chiesto di allestire il volume destinandolo come donazione alla chiesa della S. madre di Dio Periboliotissa 157. molti sono, in questa sottoscrizione, i dati di localizzazione, con una dovizia tutto sommato insolita nei colofoni greci. L’unico elemento topografico a essere però evidenziato da Paul canart fu quello – più trasparente degli altri – che conduce a rodi, aprendo uno spiraglio di ambientazione grafica nell’isola maggiore del Dodecanneso 158: pista, peraltro, non privilegiata dallo studioso, che sembra aver favorito in cuor suo un ipotetico rapporto di questo gruppo di manoscritti con cipro. Gli altri elementi topografici del colofone, dunque, non furono da lui esaminati e discussi, o almeno non esplicitamente: né la donazione alla Vergine Periboliotissa – chiesa che, del resto, neppure a me è stato possibile finora identificare né a rodi, né in altra isola del Dodecanneso, né sulla terraferma vicina –, né la menzione, all’interno del colofone, dell’episcopato di Nysura. Per uno studioso non greco, peraltro, la forma al genitivo Νυσούρας presente nel codice (da un nominativo *Νίσουρα, con itacismo?) non è forse così facile da identificare nei repertori; ma ai colleghi greci certo non sfugge che si tratta dell’isola di nisiro (Νίσυρος)159, anch’essa nel Dodecanneso come rodi, e anzi distante da quest’ultima appena una sessantina circa di chilometri a nord-ovest. nisiro, in effetti, fu in età mediobizantina una delle sedi episcopali sottoposte al metropolita di rodi 160.

cf. supra, p. 129. canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 66-67 [nella rist., pp. 726-727]. 159 cf. ad es. KaDaS, Σημειώματα Βατοπαιδίου, p. 166, nell’ambito di una mera trascrizione del colofone dell’Athous Vatop. 911. – L’indicazione, però, di una variante medievale foneticamente affine a quella testimoniata dal nostro manoscritto (Νίσουρο) è ad es. in r. herBSt, Nisyros, in PauLyS Real-Encyclopedie der classischen Altertumswissenschaft, neue Bearbeitung begonnen von G. WiSSOWa, xVii/1, Stuttgart 1936, coll. 761-767: 763. 160 L’episcopato di nisyros è attestato a partire dal ix secolo, cf. GeOrGii cyPrii Descriptio orbis Romani (…), ed. (…) h. GeLzer (…), Lipsiae 1890 (Bibliotheca Scriptorum Graecorum et romanorum teubneriana. Scriptores Graeci), p. 25 nr. 485a (ὁ [scil. ἐπίσκοπος] Νισύρας); Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae, texte critique, introduction et notes par J. DarrOuzèS, Paris 1981 (Géographie ecclésiastique de l’empire byzantin, 1), p. 260 (nr. 455); cf. anche e. KOnStantiniDeS, Συμβολὴ εἰς τὴν ἐκκλησιαστικὴν 157 158

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in mancanza di più precise indicazioni del colofone, a rigore rimane dubbio, a questo punto, se il manoscritto di Vatopedi sia stato scritto a rodi o nella vicina nisiro 161, e se sia stato scritto per essere donato a una chiesa dell’una o dell’altra isola o addirittura di una diversa località magari della terraferma. il fatto che il copista niceta nella sottoscrizione tenga a dichiararsi «nomikòs dell’isola di rodi» potrebbe certo voler indicare che stava scrivendo fuori dalla sua isola; ma può anche semplicemente significare che il Lezionario che stava producendo era destinato a essere conservato e utilizzato in un luogo e una chiesa, forse fuori di rodi, nei quali egli non era ben conosciuto: il copista, insomma, nello scrivere il colofone potrebbe aver assunto il punto di vista dei futuri lettori, non rodiesi (magari nisirioti?), della sua sottoscrizione. ricordo, peraltro, che in quegli anni, sùbito dopo la Quarta crociata e l’instaurazione a costantinopoli del regno latino (1204-1261), si creò una situazione politicamente complessa e instabile anche nel Dodecanneso, esposto al predominio veneziano. a rodi, Leone Gabalas, già governatore bizantino del luogo, instaurò un’autonoma signoria (1204 ca.-1240 ca.) che, pur estendendosi nominalmente anche alle isole vicine, di fatto doveva limitarsi quasi solamente alla principale e maggiore del Dodecanneso: Leone non volle sottostare agli imperatori di nicea e in special modo si contrappose a Giovanni iii Vatatze (1222-1254) – il quale lo attaccò prima nel 1226 inducendolo a sottomettersi, e in séguito non risolutivamente nel 1233 –, e preferì quindi il protettorato di Venezia (1234), salvo infine partecipare a campagne anti-latine al fianco di Vatatze. Più tardi, il fratello e successore (1240 ca.-1250 ca.) Giovanni Gabalas sarebbe stato collaboratore della politica nicena contro i Latini, dovendo subire però verso la fine della sua esperienza di governo l’occupazione genovese (1248-1250) di una parte significativa dell’isola, inclusa la città stessa di rodi. tolta rodi ai Genovesi da una spedizione inviata da Giovanni iii Vatatze, si chiuse anche la signoria dei Gabalas, giacché ἱστορίαν τῆς Δωδεκανήσου, [dissertazione di dottorato: Ἐθνικὸ καὶ Καποδιστριακὸ Πανεπιστήμιο], Ἀθῆναι 1968, pp. 120, 121 e tav. 1.

non sono riuscito però a trovare la theotokos Periboliotissa a nisiro, giacché la chiesa non si identifica fra quelle passate in rassegna ad esempio in i. e. BOLanaKeS, Βυζαντινά και μεταβυζαντινά μνημεία της Νισύρου 1997, in Νισυριακά 14 (2000), pp. 107145; oppure in S. Kentre¯ S, Ἐκκλησίες καὶ ξωκκλήσια τῆς Νισύρου, in Νισυριακά 8 (1982), pp. 55-120; o, per quanto ho potuto vederne, in nessuna delle altre copiose pubblicazioni d’interesse locale della Ἑταιρεία Νισυριακῶν Μελετῶν [http://www.nisyriakesmeletes.gr /publications.html]. 161

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l’isola rimase in potere dell’imperatore di nicea e poi in mani bizantine dal 1250 fino alla conquista da parte degli Ospitalieri nel 1309 162 (fig. 20).

Fig. 20 L’anatolia e le isole del Levante verso il 1205-1210

nonostante questo difficile e altalenante stato di cose, a rodi i Gabalas seppero patrocinare o favorire in certa misura le arti163, e battevano moneta164. La vita culturale stessa non doveva essere del tutto priva degli strumenti e dei mezzi necessari, grazie alla disponibilità di almeno qual162 a. G. K. SaBBiDeS [SaVViDiS], Βυζαντινὰ στασιαστικὰ καὶ αὐτονομιστικὰ κινήματα στὰ Δωδεκάνησα καὶ στὴ Μικρὰ Ἀσία, 1189-c. 1240 μ.Χ., Ἀθήνα 1987, pp. 301-341; cf. anche iD., Ἡ βυζαντινὴ δυναστεία τῶν Γαβαλάδων καὶ ἡ ἑλληνοϊταλικὴ διαμάχη γιὰ τὴ Ῥόδο τὸ 13. αἰῶνα, in Βυζαντινά 12 (1983), pp. 405-428; iD., Rhodes from the end of the Gabalas Rule to the Conquest by the Hospitallers, A.D. c. 1250-1309, in Βυζαντινός Δόμος 2 (1988), pp. 199232 [rist. in iD., Βυζαντινοτουρκικά μελετήματα, Αθήνα 1991, pp. 191-224]; iD., Ἡ γενουατικὴ κατάληψη τῆς Ῥόδου τὸ 1248-1250 μ.Χ., in Παρνασσός 32 (1990), pp. 183-199. 163 K. KePhaLa, Οι τοιχογραφίες του 13ου αιώνα στις εκκλησίες της Ρόδου, Αθήνα 2015 (Χριστιανική Αρχαιολογική Εταιρεία. Ηλεκτρονικές εκδόσεις, 1).

m. F. henDy, Catalogue of the Byzantine Coins in the Dumbarton Oaks Collection and in the Whittemore Collection, iV: Alexius I to Michael VIII, 1081-1261, 2: The Emperors of Nicaea and Their Contemporaries (1204-1261), Washington, Dc 1999, pp. 648-650 e pl. xLViii. 164

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che collezione libraria non spregevole: quando Leone Gabalas accolse a rodi benevolmente niceforo Blemmida (1197-1272), di passaggio sull’isola nel 1233, e lo ospitò e trattenne nel monastero di artamytes (Ἀρταμύτης) nella località omonima sul monte attabyros, il dotto ebbe la sorpresa di trovare in quella fondazione religiosa e di potervi leggere molti bei volumi manoscritti (βίβλων […] πληθὺς εὐγενῶν), ivi evidentemente accumulati nei secoli x-xii dai monaci e ancora a disposizione della comunità 165. anche l’attività di copia, del resto, tra la fine del xii e la fine del xiii secolo è ben attestata sia a rodi stessa, sia grazie a diverse figure di oriundi rodioti che sono attivi in altri luoghi del Levante 166, documentandoci una pluralità di esperienze e una compresenza di varie tendenze scrittorie che ci fanno percepire ancora di più lo stile «à μεν distendu» – se, come pare, è lecito collocarlo su questo sfondo – come una soltanto delle possibilità di espressione grafica praticate sull’isola in questo periodo. Prescindendo, in effetti, dal caso del nomikòs rodiese niceta raguse, che qui ci interessa specificamente, fra gli altri scribi originari di rodi o in essa operanti in questo periodo possiamo ricordare il monaco nilo, oriundo di Patara sulla terraferma prospiciente, che nel 1170 verga a rodi, nella già ricordata Μονὴ Ἀρταμύτου, il Pentecostario città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 788: a lui si devono inoltre il Lezionario dei Vangeli messina, Biblioteca regionale universitaria «Giacomo Longo», S. Salv. 73, il Geronticon el escorial, real Biblioteca, r.ii.1, l’Ottoeco Patmos, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου, 175 (an. 1174), l’eucologio Patmos, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου, 743 (an. 1180) e inoltre una sua lunga diataxis su un singolo foglio (f. 113: an. 1174) del Lezionario dei Vangeli rhodos, Ἐκκλησία Παναγίου Σταυροῦ τῆς Κοινότητος Ἀπολλώνων, 1 (an. 1181)167; infine, si può segnalare la nicePh. BLemm. Autobiographia ii, 21-22 [ed. in nicePhOri BLemmyDae Autobiographia sive Curriculum Vitae, necnon Epistula universalior, cuius editionem curavit J. a. munitiz, turnhout-Leuven 1984 (corpus christianorum. Series Graeca, 13), pp. 55-56]. 166 Si veda l’agile rassegna di copisti rodiesi dei secoli xii-xVi, in ordine alfabetico, in K. n. KOnStantiniDeS, Ῥόδιοι βιβλιογράφοι στὴ Λατινοκρατουμένη Κύπρο, in Δωδώνη 20 (1991), pp. 305-328 (con 6 tavv.): 318-321. i copisti attestati tra la fine del xii secolo e la fine del xiii secolo sono solamente sei – li passeremo in rassegna qui di séguito –, incluso niceta raguse di cui lo studioso conosceva ovviamente i due soli codici provvisti di colofone Thessalon. Univ. Schol. Philos. 81 e Athous Vatop. 911 (an. 1209), per i quali cf. supra, pp. 128-129. 167 Su questo scriba e sui codici a lui attribuiti cf. S. Lucà, Il messan. gr. 73 e il copista Nilo di Rodi, in XVIII Meždurarodnyj Kongress Vizantinistov. Rezjume soobšcˇenij. Moskovskij 165

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recente identificazione come di sua mano della scriptio superior (Lezionario dei Vangeli) del celebre «codex zacynthius» (scriptio inferior: Vangelo di Luca, in maiuscola, sec. Vii-Viii) cambridge, university Library, add. 10062 (olim cambridge, Bible Society, 213)168. Lo scriba ha una grafia d’impianto tutto sommato tradizionale e relativamente generica, movimentata dalle diagonali che tagliano il rigo o da qualche lettera ingrandita. L’inchiostro è tendenzialmente bruno scuro, a tratti nerastro, e il calamo è tagliato e usato in modo da generare un tratteggio uniformemente abbastanza spesso. una grafia del tutto diversa, prossima ma non del tutto identica allo stile cipriota «epsilon», è quella che il sacerdote Giorgio ὁ Ῥόδιος utilizza per il Lezionario dei Vangeli Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 301, da lui completato il 1° settembre 1204 e depositato nella chiesa di S. epifanio presso Kuklia, non lontano da Paphos169. Giorgio, che forse opera a cipro, copia il volume su committenza di eutimio monaco enkleistos e dei parrocchiani stessi di S. epifanio. nella sua grafia, che presenta alcune affinità con le stilizzazioni cipriote coeve, si nota a tratti anche la presenza del gruppo μεν «disteso», che peraltro – lo ripeto – non è esclusivamente

Gosudarstvennyj Universitet (…) 8-15 avgusta 1991g./XVIIIe Congrès international des Études Byzantines. Resumés des communications (…), ii, moskva 1991, pp. 681-682; iD., Teodoro sacerdote, copista del reg. gr. Pii ii 35. Appunti su scribi e committenti di manoscritti greci, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 55 (2001), pp. 127-163 (con 16 tavv. f.t.): 137-138; iD., Il Gerontikòn Vat. gr. 858 e la minuscola di «tipo Scilitze», in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 46 (2009), pp. 193-224 (con 8 tavv. f.t.): 199200; cf. anche RGK, iii, nr. 477; Bucca, Catal. Messina, pp. xxii, Lxxi, 15-17. un cenno, da ultimo, in m. SGanDurra, La theta notation nei Pentecostaria manoscritti antiquiora, in Νέα Ῥώμη 14 (2017) [= Κῆπος ἀειθαλής. Studi in ricordo di Augusta Acconcia Longo, ii, a cura di F. D’aiutO - S. Lucà - a. Luzzi], pp. 297-314 (con 8 tavv. f.t.): 308-309 e nt. 31. 168 Si veda, sul sito web della University of Cambridge Digital Library, la scheda descrittiva di David ParKer (http://cudl.lib.cam.ac.uk/mirador/mS-aDD-10062/1), che dà conto sia dell’identità del copista, sia delle numerose note devozionali aggiunte nei margini da nilo, secondo la sua abitudine. L’identificazione dello scriba in questo codice si deve a Georgi Parpulov, come si legge in a. c. myShraLL, An Introduction to Lectionary 299, in Codex Zacynthius: Catena, Palimpsest, Lectionary, ed. by h. a. G. hOuGhtOn D. c. ParKer, Piscataway, nJ 2020, pp. 169-209: 196-207. 169 Sul copista si veda, con la precedente bibliografia, Les manuscrits grecs datés des XIIIe et XIV e siècles conservés dans les bibliothèques publiques de France, i: XIIIe siècle, [réd.] par ch. aStruc - G. aStruc-mOrize - P. Géhin [ET AL.] (…), Paris 1989, pp. 17-18 e tavv. 1-2; cf. anche canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 32 e nt. 48, 48 [nella rist., pp. 692 e nt. 48, 708]; RGK, ii, nr. 97; cOnStantiniDeS - BrOWninG, Dated, pp. 103-06 (nr. 15) e tavv. 21, 179.

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collegato alla grafia che qui ci interessa170, e si riscontra di frequente anche nei manoscritti palestino-ciprioti in stile «epsilon» o in tipizzazioni genericamente affini. Lo Sticherario con notazione mediobizantina Patmos, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου, 220, dell’anno 1223, si deve invece a Giovanni Κασιανός, protopsaltes della metropoli di rodi 171: dalle poche immagini che ho potuto vedere 172, si tratta di una mano interessante ai nostri fini, esibendo una grafia che – piuttosto schiacciata per lasciare spazio nell’interlinea alla notazione melodica, come di norma nei manoscritti musicali – si colloca in un certo senso a metà strada fra una generica scrittura tradizionale e il nostro stile «à μεν distendu». Sebbene, di quest’ultimo, manchino le lettres collées (probabilmente per la necessità di spaziare i grafemi in modo tale che il testo andasse meglio di pari passo con i relativi neumi), e nonostante la mancanza di morfologie tipiche dello stile, si avverte una certa «aria di famiglia» rispetto alla scrittura che qui ci interessa. Passando al decennio successivo, si può segnalare che Simeone-Saba Korax, monaco dell’isola di rodi (ἀπὸ τῆς νήσου Ῥόδου)173, copiò a Gerusalemme nel 1232 il Commentario alle Epistole paoline di teofilatto di Bulgaria che poco più tardi apparteneva alla μονὴ Κελλιβάρων 174, ed è ora segnato città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 648: la sua grafia, accuratamente eseguita con inchiostro nero, è un’ordinata scrittura corsiveggiante stilizzata di marca costantinopolitana, minuta, calligrafica, ma con un certo gusto per il movimento che fa interrompere la serie regolare di piccoli nuclei con qualche lettera ingrandita o arricciata, e con un gioco di diagonali che spezzano la monotonia del ritmo 175. 170 cf. h. hunGer, Die Schreibung der Silbe μεν in der griechischen Minuskel, in Studien zur griechischen Paläographie, Wien 1954 (Biblos-Schriften, 5), pp. 7-22: 12; canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 66-67 nt. 192 [nella rist., pp. 726-727 nt. 192]. 171 VOGeL - GarDthauSen, p. 173. 172 a. KOmineS [KOminiS], Facsimiles of Dated Patmian Codices, athens 1970, pp. 2930 e pl. 22; ch. trOeLSGårD, Byzantine Neumes. A New Introduction to the Middle Byzantine Musical Notation, copenhagen 2011 (monumenta musicae Byzantinae. Subsidia, 9), p. 92 e tav. 7. 173 a. turyn, Codices Graeci Vaticani saeculis XIII et XIV scripti annorumque notis instructi, in civitate Vaticana 1964 (codices e Vaticanis selecti […], 28), pp. 26-27 e tavv. 6, 162b-c; Codices graeci Bibliothecae Vaticanae selecti (…), ed. h. FOLLieri, apud Bibliothecam Vaticanam 1969 (exempla scripturarum […], 4), pp. 72-73 (nr. 49); RGK, iii, nr. 587; KOtzaBaSSi, Βυζαντινά χειρόγραφα, pp. 158-159 (nr. 57). 174 Sul monte Latros (l’antico monte Latmos, ora Beşparmak Dağı), in caria, sede di importanti insediamenti monastici sulla terraferma che guarda al Dodecanneso. 175 Si segnala una serie non originaria di segnature di fascicolo armene nell’angolo inferiore esterno del primo foglio recto dei fascicoli.

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Per concludere, un altro e meglio noto copista connesso con l’isola è, alla fine ormai del xiii secolo, il sacerdote Simeone calliandres, νομικός e πρωτέκδικος della metropoli di rodi, i cui cinque manoscritti sinora identificati, che si datano esplicitamente grazie ai loro colofoni agli anni 1281-1292, sono copiati su committenza di vari monaci, oltre che del metropolita di rodi teodulo. La sua grafia, come ha ben mostrato Paul Géhin, esibisce due varianti: una formale di tipo tradizionale-arcaizzante, più minuta e controllata; l’altra, invece, usuale, più «scapigliata» e ormai affine allo «stile beta-gamma» 176. a valle di questo excursus, dunque, si può affermare che, nel lasso di tempo che va dalla dinastia bizantina degli angeli (1185-1204) all’avvento a rodi dei cavalieri Ospitalieri (1309), in ambito rodiese esistevano una tradizione scrittoria ben stabilita e un’attività di copia non indifferente; ma si deve anche osservare che il panorama delineato mostra un ventaglio di possibilità grafiche e di scelte stilistiche tutt’altro che uniforme, e anzi molto articolato e vario: un dato, questo, che invita a riflettere sulla nostra percezione e caratterizzazione – a volte eccessivamente classificatoria proprio perché ci si appiglia ai pochi elementi oggettivi – della produzione libraria delle singole aree provinciali, soprattutto di quelle meno note e meno studiate finora. Per chiudere, infine, il discorso su rodi ritornando alla questione del luogo d’origine e diffusione dello stile «à μεν distendu», si può segnalare che accanto all’unico elemento certo e di peso che, come si è visto, ci porta per la localizzazione di questi codici verso la principale isola del Dodecanneso – ovvero la qualifica di nomikòs dell’isola di rodi che niceta raguse si dà nel colofone dell’Athous Vatop. 911 –, un pur blando segnale ulteriore di un legame del nostro tipo di scrittura con il quadrante sud-occidentale della penisola anatolica può forse essere ricavato dalla nota di possesso (sec. xiii) τῶν κελιβάρ(ων) che si legge nel margine superiore del f. 1r del già ricordato antioco monaco Marc. gr. z 134. mal letta 177, questa secca nota, che su base grafica può essere assegnata al xiii o xiV secolo, documenta il possesso del codice da parte del già ricordato mona-

176 G. PratO, Scritture librarie arcaizzanti della prima età dei Paleologi e loro modelli, Scrittura e civiltà 3 (1979), pp. 151-193 (con 20 tavv. f.t.): 176-177 e tavv. 17-18 [rist. con modifiche in iD., Studi, pp. 73-114 (con 24 tavv. f.t.): 97-98 e tavv. 18-20]; Géhin, Copiste de Rhodes; cf. anche RGK, ii, nr. 506bis. 177 cf. miOni, Marc. Cod. Thes. antiquus, i, p. 187: «in f. 1 summo legitur τῆς κουλίβας vel κελίβας».

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stero τῶν Κελλιβάρων sul monte Latros 178, sulla terraferma prospiciente il Dodecanneso, in questa stessa macroarea regionale. *** Volgendoci infine verso Oriente – se non necessariamente dal punto di vista geografico, almeno in senso ideale –, molto interessante mi pare, ai fini della contestualizzazione dei manoscritti «à μεν distendu», l’infittirsi di indizi che puntano verso l’elemento culturale e linguistico armeno, del resto fortemente radicato, da secoli, in quasi intero il territorio anatolico. a questo proposito, in relazione al problema della localizzazione dei nostri codici ricordo innanzitutto che Paul canart aveva additato, purtroppo senza analizzarla, una già menzionata nota armena contenuta nel Vat. gr. 859, sulla quale torneremo in dettaglio più avanti 179. nel frattempo, rudolf Stefec ha messo in connessione con la problematica della localizzazione dello stile «a μεν disteso» la presenza di miniature di evidente ascendenza stilistica armeno-ciliciana nell’Athen. gr. 127 180 (tav. 68a). La miniatura che rappresenta l’evangelista marco fra l’altro esibisce, nel libro che sta fra le mani del santo autore, uno pseudo-testo in lettere armene storpiate 181 (tav. 68c); e non c’è dubbio – aggiungeremo noi – che si possano istituire confronti suggestivi anche dal punto di vista della resa pittorica della struttura dei volti e degli incarnati (tav. 68b, e). rammento poi che, benché con valore indiziario molto minore, abbiamo già additato la presenza di frammenti tratti da un Lezionario greco «à μεν distendu», forse di mano di niceta raguse, reimpiegati come fogli di guardia all’interno del manoscritto armeno Erevanensis m 1624 182. il codice va dunque aggiunto al dossier dei manoscritti del monastero anatolico radunato da KOtzaBaSSi, Βυζαντινά χειρόγραφα, pp. 147-159. 179 cf. infra, pp. 198-199. 180 SteFec, Varia, pp. 166-167; cf. anche iD., Anmerkungen, pp. 135-136. 181 maraBa-chatze¯niKOLau - tuPhexe¯-PaSchu, ii, pp. 52-56 e figg. 75-80; su tali tracce armene nel codice cf. anche D’aiutO - Sirinian, Carme bizantino, p. 130 [nella rist., p. 306]. 182 cf. supra, p. 138. – il codice-contenitore è uno Šaraknoc‘ (l’innario armeno) di piccole dimensioni, vergato nell’anno 1488 dal copista e sacerdote Barseł ad aspisnak, villaggio dell’armenia storica nel circondario di arčēš (attuale erciş, all’estremità sud-orientale del territorio dello Stato turco), cf. Mayr c‘uc‘ak Matenadarani, V, coll. 673-680: 674 (con 1 illustrazione parziale del frammento greco). Per la descrizione dei fogli di guardia greci cf. chétanian, Catalogue, pp. 125-127 (con una figura), che attribuisce il frammento greco al xiii secolo senza caratterizzare graficamente la scrittura. Per il riconoscimento dello stile «à μεν distendu» in questi fogli cf. SteFec, Anmerkungen, p. 136 e nt. 56. 178

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a questo quadro posso ora aggiungere un indizio ulteriore: il caso del Par. gr. 299, che nella scrittura superior dei fogli di guardia palinsesti iniziali (ff. i e 1) esibisce un frammento di un modesto manoscritto innografico (una Paracletica) vergato «à μεν distendu», mentre nella scrittura inferior mostra un testo armeno frammentario – finora mai identificato, a quanto ne so – scritto in maiuscola (erkat‘agir), rivelandoci che questi fogli erano appartenuti a un manoscritto armeno in apparenza di lusso, con margini amplissimi 183. nel testo armeno, sulla base delle poche parole che mi è stato possibile decifrare con la lampada di Wood, ho rintracciato quello che pare un passo del Kanonagirk‘ Hayoc‘, ovvero la raccolta di diritto canonico della chiesa armena, e in particolare un tratto della versione armena dei canoni del concilio di ancyra del 315, che sono inclusi nella parte più antica – messa insieme dal teologo yovhannēs mayragomec‘i (sec. Vii) e poi confluita nella più ampia silloge dovuta al kat‘ołikos (717-728) yovhannēs awjnec‘i – di tale collezione canonistica armena184: Par. gr. 299, f. 1v (scriptio inferior, nella metà inferiore della pagina): …ե]ւ դա[րձ]ն ճ[շմարտութեամբ իցէ] եպիսկոպոս[ն] իշխան լիցի երի[ցուն] եւ սարկա[ւա]գ[ին… (…ew darjn cˇšmartut‘eamb ic‘e¯ episkoposn išxan lic‘i eric‘un ew sarkawagin…, «…e [se] la conversione è sincera, il vescovo avrà il diritto di permettere al presbitero e al diacono [di servire]…»).

La piccola porzione che sono riuscito a decifrare in questo primo e provvisorio tentativo di lettura concerne, in special modo, parte del canone ii del concilio di ancyra (= KH, nr. ճկը [ճկդ]), relativo alla riammissione dei diaconi lapsi e alla prerogative di discrezionalità del vescovo per quanto concerne il reintegro nel loro ruolo 185. Se corretta fosse, anzi, 183 almeno 85 mm di larghezza il margine esterno e 80 mm di altezza quello inferiore. ulteriore segnale di una committenza molto elevata è l’ampia interlinea del testo armeno: l’unità di rigatura è di 14 mm, le lettere sono alte mediamente 6 mm, il «bianco» fra le righe 9 mm circa. 184 KH, i, p. 154 linn. 11-12. – Per i contenuti delle sezioni nrr. 1-24 del KH il lettore non armenista potrà comodamente riferirsi ad esempio alla lista contenuta in a. marDirOSSian, Les canons du synode de Partaw (768), in Revue des études arméniennes, n.s. 27 (19982000), pp. 117-134: 127. Su yovhannēs mayragomec‘i, yovhannēs awjnec‘i (Ōjnec‘i) e in generale sul Libro dei canoni armeno, cf. iD., Le livre des canons arméniens (Kanonagirk‘ hayoc‘) de Yovhanne¯s Awjnec‘i. Église, droit et société en Arménie du IV e au VIIIe siècle, Lovanii 2004 (corpus Scriptorum christianorum Orientalium, 606; Subsidia, 116); cf. anche thOmSOn, Bibliography, pp. 218-219, 225-226, 265-267; iD., Supplement, pp. 204, 213. 185 cf. soprattutto m.-e. Shirinian - G. muraDyan - a. tOPchyan, The Armenian Version of the Greek Ecclesiastical Canons, Frankfurt am main 2010 (Forschungen zur byzantinischen rechtsgeschichte, 24), pp. 100-101.

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questa mia identificazione – ma spetterà agli armenisti occuparsene più approfonditamente di quanto io sia in grado di fare –, questo frammento verrebbe a rappresentare quel che resta di uno dei più antichi testimoni del Kanonagirk‘ Hayoc‘: infatti, sia per le caratteristiche grafiche della erkat‘agir armena, sia per il terminus ante quem rappresentato dal testo greco superior vergato «à μεν distendu», il perduto manoscritto armeno sarebbe evidentemente da datarsi grosso modo nello stesso periodo o non molto tempo dopo rispetto al testimone che è posto al vertice dello stemma codicum di tale raccolta canonistica, un codice armeno-ciliciano anch’esso in erkat‘agir, dell’anno 1098, ora conservato al monastero del S. Salvatore a nuova Giulfa (isfahan), in iran (nor Jˇuła, Surb amenap‘rkič‘ Vank‘, 13) 186. tornando ora, alla fine di questo breve détour, alla questione della localizzazione dello stile «à μεν distendu» noteremo che, sebbene anche nella cipro del xii e xiii secolo non mancassero certo gli armeni 187, tutte le tracce armene reperite in vari codici greci copiati con questa scrittura ci portano piuttosto a riflettere sulla possibile estensione dell’impiego e della circolazione dello stile verso la terraferma più prossima al versante nord di cipro, ovvero la cilicia. Proprio in quest’area della penisola anatolica, in effetti, negli stessi decenni tra la fine del xii e l’inizio del xiii nasceva e prosperava il regno armeno di cilicia, una realtà statuale, culturale e artistica di straordinario rilievo, in fecondo dialogo con gli Stati crociati 188. L’indizio più interessante nella direzione dell’ambito armeno-ciliciano ce lo fornisce, però, la già più volte evocata nota armena presente al f. 211v del Vat. gr. 859, codice patristico «à μεν distendu» che, come si è visto, si deve alla collaborazione di niceta raguse con l’«anon. Vg859» e con Giorgio anagnosta agioeleuterita 189. trascriviamone il testo (tav. 72e):

KH, i, pp. Lix-Lxi. Basti rinviare ai saggi raccolti nel recente volume di m. J. K. WaLSh (ed.), The Armenian Church of Famagusta and the Complexity of Cypriot Heritage. Prayers Long Silent, [London] 2017 (con la bibliografia precedente). cf. anche n. cOureaS, Lusignan Cyprus and Lesser Armenia, 1195-1375, in Ἐπετηρὶς τοῦ Κέντρου Ἐπιστημονικῶν Ἐρευνῶν. [Λευκωσία] 21 (1995), pp. 33-71. 188 c. mutaFian, Le Royaume Arménien de Cilicie, XIIe-XIV e siècle, avec la collaboration de c. Otten, L. zaKarian, K. chahinian (…), Paris 1993; c. mutaFian, L’Arménie du Levant (XIe-XIV e siècle), i-ii, Paris 2012. 189 cf. supra, pp. 126, 129-131. 186

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Vat. gr. 859, f. 211v: ես ներսէս թարգմանեցի զթուղթս զայս ի հայ բարբառ ի թագաւորական քաղաքս, ի փառս ք(րիստոս)ի ա(ստուծո)յ ﬔրոյ որ է աւրհնեալ յաւիտեանս, ամէն (es Nerse¯s t‘argmanec‘i zt‘ułt‘s zays i hay barbar· i t‘agaworakan k‘ałak‘s,

i p‘ar·s K‘ristosi Astucoy meroy or e¯ awrhneal yawiteans, ame¯ n).

«io, nersēs, ho tradotto questa lettera in lingua armena in questa città imperiale, a gloria di cristo Dio nostro, che è benedetto nei secoli, amen».

Qui si dovrà lamentare, purtroppo, una certa incomunicabilità fra le bibliografie di settore negli studi sull’Oriente cristiano, il progresso dei quali è talvolta condizionato da barriere linguistiche che non sempre si riesce a valicare agevolmente. il contenuto di questa nota, infatti, è rimasto sconosciuto ai paleografi greci e ai bizantinisti 190, mentre è ben noto agli armenisti da tempo: si tratta, come si è visto, di una postilla nella quale un tal nersēs dichiara di avere tradotto in armeno il testo greco immediatamente precedente nel codice, ovvero l’Epistola di Barnaba (ff. 198r-211v), e dice inoltre di aver effettuato questa traduzione armena, che è per noi perduta, i t‘agaworakan k‘ałak‘s, ovvero «in questa città imperiale», espressione armena che evidentemente rende alla lettera la nota espressione bizantina ἐν τῇ βασιλευούσῃ (ovvero βασιλικῇ) πόλει 191. La traduzione fu eseguita, dunque, a costantinopoli, città in cui anche la nota fu apposta. Se ci si chiede, a questo punto, chi sia questo traduttore armeno di nome nersēs, dobbiamo constatare che negli studi di armenistica l’autore dell’annotazione armena sul Vat. gr. 859 è da oltre un secolo identificato tradizionalmente 192 con nersēs di Lambron (o nersēs Lambronac‘i), uno dei massimi intellettuali e scrittori armeni del medioevo 193. 190 molto vaghe, del resto, sono le indicazioni al riguardo nel catalogo a stampa, ove ci si limitava a indicare la presenza al f. 211v di una «nota armenia, in qua nomen narsei», cf. DeVreeSSe, Codd. Vat. gr. 604-866, pp. 424-427: 427. 191 Per la quale cf. ad es. F. D’aiutO, Su alcuni copisti di codici miniati mediobizantini, in Byzantion 67 (1997), pp. 5-59: 37-38. 192 Si veda quanto già a fine Ottocento dichiarava aLišan, Sissouan, pp. 95-96, pubblicando oltretutto una fotografia della nota armena. Più di recente, l’autografia della nota è data ad esempio per scontata in schede di cataloghi di mostra come Roma-Armenia, p. 115 nr. iV.28 (con una figura ibid., p. 114); Arménie. La magie, p. 293 nr. 5.4. Sulla questione cf. anche D’aiutO - Sirinian, Carme bizantino, pp. 127-128 [nella rist., pp. 303-304]. 193 Su di lui basti rinviare in breve a B. L. zeKiyan, Nersès de Lambron, in Dictionnaire de Spiritualité, xi, Paris 1982, coll. 122-134 (con bibliografia); ma si leggano pure le pagine ancora belle, sebbene datate, di aLišan, Sissouan, pp. 89-102. Per la ricca bibliografia più recente si veda thOmSOn, Bibliography, pp. 175-178; iD., Supplement, p. 198; infine, fra i diversi volumi usciti negli ultimi decenni, cf. almeno nerSēS Di LamBrOn, Il pri-

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nato nel 1152/1153, nersēs apparteneva al casato hethumide, essendo figlio cadetto di Ōšin ii, signore di Lambron († 1170); ma era anche imparentato con alcuni dei personaggi più eminenti della gerarchia ecclesiastica del tempo, essendo pronipote ex fratre del kat‘ołikos (1166-1173) nersēs iV šnorhali 194 e cugino del kat‘ołikos (1173-1193) Grigor iV tłay 195. ancora molto giovane, all’età di 22 o 23 anni, nersēs divenne, nel 1175/1176, arcivescovo della città di tarso in cilicia, restando in carica fino alla morte prematura nel luglio 1198. ispirato teologo e fine diplomatico, nersēs Lambronac‘i ebbe un ruolo importante nei diversi tentativi di unione della chiesa armena con quella bizantina prima, e poi, dopo un voltafaccia dei Greci, con la chiesa di roma: le trattative, fra l’altro, si inserivano in quel fervido clima di dialogo con le potenze cristiane che in quegli stessi anni sul piano politico fruttò la trasformazione della signoria di cilicia nel vero e proprio regno armeno ciliciano, con l’incoronazione regale del principe armeno di cilicia Lewon ii – così divenuto re Lewon i – avvenuta nel gennaio 1198, sei mesi prima della morte di nersēs. considerato uno dei principali scrittori armeni medievali, nersēs di Lambron conosceva molto bene il greco, il latino e il siriaco, e oltre ai suoi numerosi scritti originali – testi liturgici, innografici, esegetici, ma anche epistole e discorsi –, produsse pure un gran numero di traduzioni, volgendo ad esempio dal latino la Regula di s. Benedetto e i Dialogi di Gregorio magno, ma anche dal siriaco le omelie di Giacomo di Sarug e, forse, dal copto una raccolta di Vite di Padri del deserto. Di nersēs Lambronac‘i si conservano diversi codici armeni tradizionalmente considerati di sua mano sulla base di note e colofoni; ma l’autografia di nersēs non è mai stata verificata da un punto di vista paleografico, e le scritture attestate nei manoscritti che, in tutto o in parte, gli sono stati attribuiti non sono mai state confrontate fra loro per verificare la mano e per appurare se in qualche caso non si tratti, ad esempio, di colofoni ricopiati da perduti manoscritti di pugno di nersēs 196. mato della carità. Discorso sinodale. «atenabanut‘iwn», introduzione e note a cura di B. L. zeKiyan (…), magnano 1996. 194 cf. B. L. zeKiyan, Nersès Šnorhali, in Dictionnaire de Spiritualité, xi, cit., coll. 134150 (con bibliografia); thOmSOn, Bibliography, pp. 178-184; iD., Supplement, pp. 198-199. 195 cf. thOmSOn, Bibliography, p. 136; iD., Supplement, p. 189. 196 Per i colofoni (autografi o ricopiati) di nersēs Lambronac‘i nei manoscritti armeni cf. Ł. aLišan, Hayapatum (…), Venetik 1901, pp. 424-433 nrr. 305-306; n. aKinean [aKinian], Nerse ¯s Lambronac‘i, Ark‘episkopos Tarsoni/Nerses von Lambron, Erzbishof von Tarsus, Wien 1956, passim; hOVSēP‘eanc‘, Yišatakarank‘, coll. 1201-1202 s.v. indicis.

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ecco le segnature, in ordine di data: 1. erevan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran, m 1568 (an. 1173: Gregorio di narek); 2. Venezia, Biblioteca dei Padri mechitaristi all’isola di S. Lazzaro, ms. 448/163 (an. 1175: cirillo alessandrino); 3. yerushalayim, Srboc‘ yakobeanc‘ Vank‘/erusałemi hayoc‘ Patriark‘ut‘iwn [= monastero di S. Giacomo/Biblioteca del Patriarcato armeno di Gerusalemme], 326 (ante an. 1190: efrem Siro); 4. Venezia, Biblioteca dei Padri mechitaristi all’isola di S. Lazzaro, ms. 312/1551 (an. 1195: efrem Siro); 5. Paris, Bibliothèque nationale de France, arm. 27 (fine del xii secolo: nuovo testamento greco-armeno).

insieme a mia moglie anna Sirinian ho di recente iniziato questo lavoro di verifica paleografica estesa ai vari manoscritti. Possiamo dire, al momento, che di una stessa mano, che è dunque certamente quella di nersēs Lambronac‘i, sono senz’altro i codici nrr. 1, 4 e 5 dell’elenco 197. Questi autografi ci hanno permesso di verificare a sua volta la grafia armena che appare nella nota del f. 211v del Vat. gr. 859, che alla luce dell’analisi morfologica di dettaglio, al di là delle differenze di ductus – più corsivo nella nota del codice greco della Vaticana, e in genere più calligrafico altrove –, è risultata essere senza dubbio la stessa: non si tratta, perciò, di un testo ricopiato da un altro testimone, ma di una postilla certamente autografa. il Vat. gr. 859, quindi, è senza dubbio il codice greco di cui nersēs Lambronac‘i materialmente si servì, nel corso della sua missione a costantinopoli, per tradurre in armeno l’Epistola di Barnaba. ma si tratta di un codice costantinopolitano, trovato da nersēs quando giunse sul posto, al momento della sua missione del 1197? credo di no: lo stile grafico del manoscritto greco non ha finora alcuna attestazione che ci porti 197 Segnalo che, a valle di una più attenta analisi autoptica degli originali, ci siamo ricreduti rispetto alla prima impressione – che avevamo avuto più di vent’anni fa – di una mancata identità di mano fra la nota armena del Vat. gr. 859 e il testo armeno del codice Par. arm. 27: allora esprimevamo, però, dubbi in particolare circa l’autografia del codice parigino, e non circa quella della nota apposta sul Vat. gr. 859, cf. D’aiutO - Sirinian, Carme bizantino, p. 128 [nella rist., p. 304]. Personalmente ho poi avuto occasione di correggermi e di riaffermare, invece, l’autografia certa anche del Par. arm. 27 in F. D’aiutO, Aux frontières orientales de Byzance. Textes, manuscrits, types d’écriture grecque, in Annuaire de l’École pratique des hautes études. Section des sciences historiques et philologiques 150 (2017-2018) [2019], pp. 75-87: 86 [https://journals.openedition.org/ashp/2910].

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verso la capitale bizantina. evidentemente, dunque, nersēs dové portare il Vat. gr. 859 con sé nel suo viaggio dalla cilicia verso Occidente, in quella sua estrema missione diplomatica nella βασιλεύουσα πόλις che come sappiamo dalle fonti ebbe luogo nell’anno 1197, alla vigilia della sua morte avvenuta l’anno seguente. rimane la questione del luogo d’origine del codice: nersēs, appassionato ricercatore di testi rari e sconosciuti 198, avrebbe certo potuto acquisirlo ad esempio a cipro, isola con la quale la cilicia aveva rapporti e contatti stretti; ma, vista la relativa frequenza di tracce armene nei codici «a μεν disteso», non si può non pensare che questo stile di scrittura potesse essersi diffuso anche in cilicia, e che nersēs avrebbe potuto invece reperire il Vat. gr. 859 già pronto – oppure, chissà, farsi trascrivere ex novo tale manoscritto a partire da uno o più modelli trovati in qualche monastero greco – persino nella sua stessa diocesi ciliciana di tarso; sempre che non l’abbia fatto copiare quando era già sulla via di costantinopoli nel 1197, magari durante una tappa della navigazione a rodi stessa. D’altra parte, tale manoscritto patristico, con la sua silloge di testi non comuni, alcuni anzi rari, risalenti ai primi secoli della letteratura greca cristiana, è da considerarsi senza dubbio destinato allo studio di un dotto: suggestiva è allora l’idea che si tratti di una committenza dello stesso nersēs, che potrebbe aver chiesto di realizzare per lui piuttosto in fretta – non a caso, tre sono i copisti che collaborano e si alternano, come si è visto 199 – un manoscritto che forse gli interessava anche portare con sé nella sua missione alla volta della città imperiale, in vista di un dialogo con Bisanzio che era non solo di portata religiosa, ma al contempo d’interesse politico. 198 un colofone ricopiato di nersēs Lambronac‘i ci offre un’interessantissima testimonianza della sua pronta attitudine alla quête di libri rari e testi di studio. L’episodio ivi narrato è relativo alla ricerca di un commento all’apocalisse di cui realizzare una versione: dopo averlo prima individuato in latino (in lingua lumbart, dice il testo) ad antiochia sull’Oronte, in Siria, senza però trovare un madrelingua «franco» che lo affiancasse nella realizzazione di una traduzione armena del testo, si era recato al monastero greco di Beytias, sul musa Dag˘ı, dove aveva reperito un esemplare di commento greco già appartenuto al patriarca atanasio (scil. il greco atanasio i manasse, † 1170, patriarca di antiochia). Ottenutolo, lo aveva portato con sé in cilicia, dove aveva tradotto in armeno l’opera nel 1179, in collaborazione con costantino metropolita di Gerapoli, cf. G. uLuhOGian, Catalogo dei manoscritti armeni delle biblioteche d’Italia, roma 2010 (indici e cataloghi, n.s. 20), pp. 57-63 (nr. 6): 60-62 (testo riportato nel codice Bologna, Biblioteca universitaria, ms. 3292, sec. xVii). 199 cf. supra, pp. 129-131.

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La missione di nersēs Lambronac‘i, come sappiamo, si risolse in uno scacco. inviato dal principe Lewon di cilicia a costantinopoli nell’incoraggiante prospettiva dell’unione ecclesiastica con i Greci – dopo che, nel 1196, alessio iii angelo (1195-1203) aveva inviato a Lewon una corona, riconoscendolo come re e proponendo di riprendere le negoziazioni per l’unione delle chiese greca e armena –, nersēs, animato da un sincero spirito di ecumenismo avant lettre, si scontrò con l’intransigenza degli interlocutori bizantini, e dové scrivere infine che, «delusi nei nostri propositi spirituali, ce ne tornammo indietro mortificati ricredendoci della speranza riposta nella loro saggezza», come si legge in una sua nota memoriale – un «colofone ricopiato» – che è tramandata nel manoscritto armeno miscellaneo di erevan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran, m 3276 (sec. xVii), f. 73r-v 200. Oltretutto, come questo stesso colofone ci informa, il perduto manoscritto armeno su cui egli appose di propria mano tale annotazione, e che dichiara esplicitamente di aver portato con sé a costantinopoli, conteneva testi che, come dichiara nersēs nella sottoscrizione, egli si era fatto trascrivere dallo scriba Grigor proprio in vista delle trattative ecclesiastiche che si sarebbero dovute svolgere nel corso della missione del 1197: un libro, insomma, che il dotto arcivescovo armeno di tarso si era fatto appositamente allestire per avere con sé nella capitale bizantina un dossier di testi di cui materialmente servirsi nella discussione con i teologi greci. Si trattava, oltretutto, di fonti rare, in molti casi non tramandate in greco ma solo in armeno, e che dunque i suoi interlocutori bizantini non conoscevano, come egli stesso ci rivela nel colofone 201. il codice conteneva «il libro di Geremia e Germano, lettere di Fozio ad Armenios de fide, e di atanasio e di mane¯» 202. mi sia consentita una piccola digressione su questo dossier armeno. nell’elenco di autori e titoli qui fornito da nersēs Lambronac‘i si identificano facilmente, fra gli altri, i testi di Fozio cui si fa riferimento: si tratta di due lettere giunteci solo in armeno, essendo andati perduti gli originali

200 cf. hOVSēP‘eanc‘, Yišatakarank‘, coll. 601-602 [nr. 270]: 601 = mat‘eVOSyan, p. 292 [nr. 293]: …ստըրջացեալ ի հոգեւոր կամս ﬔր, դարձաք յիմաստախոհ յուսոյ սոցա ամօթով (…stǝrǰac‘eal i hogewor kams mer, darjak‘ yimastaxoh yusoy soc‘a amo¯t‘ov). 201 Ibid. 202 cf. hOVSēP‘eanc‘, Yišatakarank‘, coll. 601-602 [nr. 270]: 602 = mat‘eVOSyan, p. 292 [nr. 293]: …Գիրքն Երեﬕայի եւ Գերմանոսի եւ Փոտայ թուխտքն, որ ի Հայք վասն հաւատոյ, եւ Աթանասի եւ Մանեա (…Girk‘n Eremiayi ew Germanosi ew P‘otay t’uxtk‘n, or i Hayk‘ vasn hawatoy, ew At‘anasi ew Manea).

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greci 203. Lo stesso vale per la lettera agli armeni di Germano i patriarca (715-730), conservatasi in traduzione armena 204. analogamente si deve ricordare che di diverse opere di atanasio alessandrino (299 ca.-373) sono note e conservate versioni armene 205, senza che si possa meglio definire quale o quali di esse nersēs Lambronac‘i abbia fatto eventualmente ricopiare e inserire nel dossier, ritenendole importanti ai fini della trattativa con i teologi bizantini. Quanto agli altri due personaggi citati – sempre che nel testo, così come ci è giunto, della nota memoriale di nersēs i nomi non ne siano stati storpiati di copia in copia –, mi chiedo se Geremia (Երեﬕա, Eremia) non sia un armeno, forse autore di qualche documento dottrinale perduto, pur non potendolo identificare fra quelli noti alle prosopografie (cf. ačar· ean, ii, pp. 136-138). in alternativa, e pensando a un errore di trascrizione, ci si può magari chiedere se il nome proprio armeno non nasconda invece un originario titolo greco che, nella sottoscrizione, fosse stato traslitterato in armeno: ad esempio Ἑρμηνεία, che in questo caso si legherebbe forse anch’esso alla immediatamente successiva menzione di Germano patriarca, indicando la di lui Ἐξήγησις, o Historia Mystica Ecclesiae Catholicae CPG 8023, opera della quale, però, non si conoscono versioni armene. Quanto a manē (Մանեա, Manea, al genitivo, nel testo armeno), si può rilevare solamente che, nella forma in cui lo si legge nella nota, il nome parrebbe indicare in modo apparentemente poco congruo s. manē (sec. iV), la vergine e asceta vissuta sul monte Sepuh al tempo di s. Gregorio l’illuminatore (cf. ačar· ean, iii, p. 199), oppure meglio l’eresiarca mani (sec. iii), ammettendo che il volume comprendesse un qualche testo antimanicheo. mi chiedo anche, però, come mera ipotesi alternativa, se magari nel testo originario non ci si riferisse in qualche modo a un Մանուէլ (Manue¯ l), ovvero manuele i comneno (1143-1180), sotto il cui regno si ebbero importanti trattative con i già menzionati kat‘ołikos armeni nersēs iV šnorhali e Grigor iV tłay per l’unione ecclesiastica, delle quali resta abbondante traccia di documentazione scritta 206.

203 cf. thOmSOn, Bibliography, pp. 36-37; iD., Supplement, p. 177; e in particolare i. DOrFmann-LazareV, Arméniens et Byzantins à l’époque de Photius: deux débats théologiques après le triomphe de l’orthodoxie, Lovanii 2004 (corpus Scriptorum christianorum Orientalium, 609; Subsidia, 117); G. StranO, Il patriarca Fozio e le epistole agli Armeni: disputa religiosa e finalità politiche, in Jahrbuch der österreichischen Byzantinistik 55 (2005), pp. 43-58. 204 cf. thOmSOn, Bibliography, p. 56. 205 cf. thOmSOn, Bibliography, pp. 36-37; iD., Supplement, p. 170. 206 cf. B. zeKiyan, St Nerse¯s Sˇnorhali en dialogue avec les Grecs: un prophète de l’œcuménisme au XIIe siècle, in Études arméniennes in memoriam Haïg Berbérian, ed. by

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Se è certo, a questo punto, che per la sua missione del 1197 nella capitale bizantina nersēs Lambronac‘i approntò un dossier di testi armeni da portare con sé a costantinopoli e su cui appoggiarsi nella discussione teologica con i Greci, appare ormai quanto meno plausibile che egli abbia allestito in parallelo un analogo dossier greco, e che almeno in parte, dunque, possano obbedire anche a questa logica alcuni dei testi non comuni che si trovano riuniti nel Vat. gr. 859. in ogni caso, sia che servissero per la trattativa, sia che dovessero solamente alimentare l’attività erudita del dotto arcivescovo di tarso, è ben probabile, per analogia, che questi scritti patristici relativamente rari siano stati copiati su sua commissione alla vigilia della partenza per costantinopoli. Questo può certamente essere avvenuto a tarso stessa o comunque in cilicia, ma si dovrebbe allora ammettere che i tre diversi copisti greci che si avvicendarono alla copia – forse in parte trascrivendo in parallelo per accelerare i tempi – si trovassero allora momentaneamente nel regno armeno di cilicia. altrimenti, e magari più facilmente, si potrà pensare che la trascrizione sia avvenuta nel corso di un breve soggiorno del dotto presule armeno a rodi, isola che era del resto tappa obbligata, via mare, nella tradizionale rotta che dalla terra Santa, navigando lungo le coste meridionali dell’anatolia, portava alla cilicia e proseguiva poi ancora verso ovest, volgendo infine a nord per attraversare il Dodecanneso e dirigersi verso la capitale bizantina 207. in questa trafficata via di mare rodi era uno scalo in cui la sosta poteva facilmente prolungarsi per motivi pratici, stanti le opportunità di approvvigionamento che l’isola offriva, o magari a causa delle condizioni avverse del mare 208. D. KOuymJian, Lisbon 1986, p. 861-883; a. a. BOzOyan, Hay-byuzandakan ekełec‘akan banakc‘ut‘yunneri vaveragrerǝ (1165-1178 t‘t‘.) / Documents on the Armenian-Byzantine Ecclesiastical Negotiations (1165-1178), erevan 1995; a. BucOSSi, New historical evidence for the dating of the Sacred Arsenal by Andronikos Kamateros, in Revue des études byzantines 67 (2009) pp. 111-130: 116 nt. 36, 126-132, con la precedente bibliografia. 207 Basti ad esempio il rinvio al recente m. ritter, Inspired by the same desire? Divergent objectives, routes and destinations of Byzantine monks and Latin pilgrims from the 8th to the 11th centuries, in Les mobilités monastiques en Orient et en Occident de l’Antiquité Tardive au Moyen Âge (IV e-XV e siècle), études réunies par O. DeLOuiS [ET AL.], roma 2019 (collection de l’école française de rome, 558), pp. 275-309: 292, 298. 208 Del resto, anche nel caso sopra ricordato di niceforo Blemmida (cf. supra, p. 192 e nt. 165), un prolungato soggiorno a rodi fu causato dal mare cattivo, nel corso di un viaggio verso est – lungo la stessa rotta, ma in direzione contraria – che da efeso avrebbe dovuto condurre il dotto bizantino in terra Santa: mèta finale alla quale non giunse, avendo dovuto infine rinunciare al viaggio.

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come che stiano le cose, e tornando all’argomento principale qui discusso, la nota armena di nersēs Lambronac‘i nel Vat. gr. 859 ci offre un ulteriore e importante appiglio per ipotizzare un’eventuale estensione, almeno occasionale, anche all’ambito armeno-ciliciano dello stile «à μεν distendu». e allora, nonostante le incertezze che permangono, questa scrittura potrà per il momento essere riferita provvisoriamente a un areale che si estende ormai fra il Dodecanneso (sicuramente) e la cilicia armena (probabilmente), senza escludere del tutto magari neppure cipro (pur con molti dubbi, e senza elementi di qualche peso). Soprattutto, data la cronologia alta (an. 1197 o poco prima) che impone al Vat. gr. 859, la nota di nersēs Lambronac‘i permette di far risalire già alla fine del xii secolo, e dunque agli esordi stessi dello stile «à μεν distendu», quella Armenian connection che più di un manoscritto vergato in questa grafia mostra di avere: ulteriore tangibile testimonianza, chiusa nelle pagine dei libri, della convivenza tra etnie, lingue e confessioni differenti che si realizzò nel mediterraneo orientale basso-medievale. 6. cOncLuSiOni

PrOVViSOrie

Volgendoci ora all’indietro, dopo tutto il cammino fatto, non rimane che cercare retrospettivamente di raccogliere in uno sguardo d’insieme i tratti salienti di questa produzione manoscritta «à μεν distendu», e il poco che abbiamo capito dei relativi ambienti di origine e circolazione. Scrittura impiegata per confezionare prodotti per lo più dimessi e d’uso quotidiano, questo stile grafico era riservato principalmente all’allestimento di Lezionari privi di notazione ecfonetica per l’uso delle chiese locali nell’ambito regionale che, pur con qualche incertezza, abbiamo provvisoriamente individuato, ovvero nel quadrante anatolico sud-occidentale e meridionale, tanto insulare quanto forse costiero. Libri per l’impiego nelle parrocchie, questi manoscritti sono scritti e usati principalmente dagli anagnosti, insigniti dell’ordine minore del lettorato e probabilmente uxorati. Fa eccezione il più brillante – se non è impropria una simile aggettivazione – e il più versatile fra questi scribi, ovvero niceta raguse, che è nomikòs di rodi: notaio, si direbbe, e in aggiunta anche «copista a prezzo», forse un laico, e magari in qualche modo a servizio della signoria rodiese dei Gabalas, giacché se avesse avuto un qualche titolo ecclesiastico lo avrebbe probabilmente palesato in qualcuno dei suoi colofoni 209. non per questo si ma al riguardo ci vuole prudenza. La formula ambigua di «nomikòs dell’isola di rodi» che niceta usa nel colofone del manoscritto Athous Vatop. 911 non ci deve far del 209

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tratta di un personaggio svincolato dall’ambiente delle chiese parrocchiali, per il quale lavora intensamente e con il quale si mescola in multipli rapporti di collaborazione scribale che testimoniano stretta vicinanza e familiarità. anzi non sbaglieremo forse immaginando una sua parentela – figlio, o fratello – con qualche anagnosta o sacerdote del luogo. Questa scrittura, infatti, probabilmente sorta in una specifica cerchia familiare di anagnosti o sacerdoti di una determinata zona, forse proprio a rodi, dà l’impressione di diffondersi secondo una rete di relazioni personali, senza diventare pervasiva in senso regionale e senza imporsi meccanicamente sul territorio, come mostrano le esperienze grafiche coeve di marca del tutto diversa che sono state evocate più sopra in relazione al territorio rodiese 210. naturalmente, questa scrittura non rimane strettamente confinata agli spartani «libri da messa» per i quali è nata, ma, oltre che per qualche eucologio, che rientra pur sempre nel più comune corredo librario del clero, lo stile è usato occasionalmente per esemplari di vari tipi di libri di ufficiature (menei, triodio-Pentecostario, Anthologion) che dobbiamo immaginare destinati per lo più a monasteri. talvolta agli scribi più abili del gruppo, con il tempo e con l’esperienza divenuti una sorta di professionisti, vengono commissionati manoscritti di un certo maggior impegno: piccoli e graziosi tetravangeli, o al contrario codici patristici di grandi dimensioni, qualche volta allestiti persino per committenze di forestieri e studiosi di riguardo come, pare, nel caso di nersēs Lambronac‘i 211. Lo stile «à μεν distendu» si connota così come una grafia di creazione e diffusione senza dubbio provinciale, e tuttavia nient’affatto connotata in senso asfitticamente localistico, né fruita in una chiusa dimensione autarchica. è, infatti, una grafia che dialoga, dal punto di vista genetico, con il «centro» dell’impero, giacché alle sue radici si rintracciano chiari influssi di tendenze stilistiche metropolitane in gran voga nel xii secolo, qui rielaborate in una sintesi originale. una scrittura, peraltro, non solo formaltutto escludere che fosse a servizio del metropolita, come si è visto ad esempio nel caso, più recente di quasi un secolo, del copista Simeone calliandres (fine sec. xiii), νομικός e πρωτέκδικος della metropoli di rodi, cf. supra, p. 195. 210 cf. supra, pp. 192-195. 211 un altro manoscritto che pare rispondere a questo genere di esigenze di studio è il celebre «codex arundellianus» dell’antico testamento (London, British Library, royal 1.D.ii) [→ nr. 35], codice di dimensioni medio-grandi (mm 320 ×225 ca.), parzialmente scritto su tre colonne (ff. 81r-112v), di cui è stata anche per questo motivo ipotizzata la discendenza via recta da un modello tardoantico in maiuscola. ma su questo mi riprometto di tornare in dettaglio altrove.

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mente strutturata in modo coerente, e nei migliori esempi calibrata con grande buon gusto, ma soprattutto pienamente funzionale, per la sua compattezza e chiarezza, ai bisogni cultuali e culturali dell’ambiente in cui era nata. uno stile, infine, che si rivela piuttosto fortunato, e che risulta apprezzato nella macroarea geografica di riferimento anche per l’occasionale manifattura di volumi di committenza più elevata, destinati talora addirittura all’export: come ad esempio un libro di studio cui, pur nella sua relativa sobrietà, toccò in sorte di raggiungere la capitale bizantina nelle mani di un presule armeno d’alto rango; o come in certi esemplari dei Vangeli allestiti con cura per poi magari ricevere, ad opera di botteghe più che decorose, l’aggiunta di quel genere di miniature a piena pagina che erano in grado di tramutare semplici e garbati codicetti scritturistici in libricini di pregio, fatti apposta per passare nei secoli, con ogni riguardo, di mano in mano insieme al peculio ereditario dei notabili locali, o per esser oggetto di donazioni, in memoria loro e dei loro cari, in favore di monasteri e chiese.

eLencO

aPPenDice: Dei teStimOni DeLLO StiLe

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Le voci precedute da una crocetta (✠) identificano manoscritti che, a quanto mi risulta, sono qui riferiti per la prima volta allo stile grafico che ci interessa212. i codici che ho potuto esaminare autopticamente presso le loro sedi di conservazione sono contrassegnati con un intuitivo simbolo () posto fra parentesi sùbito dopo la segnatura. Per molti altri manoscritti mi sono avvalso di riproduzioni digitali online (cf. Pinakes), o in qualche caso di microfilm integrali, non sempre di buona qualità. talvolta, infine, conosco un determinato manufatto solamente grazie a qualche fotografia (nrr. 1, 6 [per la parte conservata a tokyo], 31-32, 59 [per i frammenti nei νέα εὑρήματα del Sinai]) o esclusivamente da indicazioni bibliografiche (nrr. 6 [per la parte conservata a Bratislava], 24). [1.] (✠) ann arbor, university of michigan, mich. ms. 38 [cf. Diktyon, nr. 895]. ★ meneo di novembre. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 245-240 ×180-175, 150 ff., 2 coll. ★ Bibliografa scelta: cataLDi PaLau, Burdett-Coutts Collection, pp. 32-33, 35, 42-43, 49, 53 (nr. 34), 58 (pl. 1) [rist. in eaD., Studies, ii, pp. 527-528, 534, 549-552, 567, 212 ripeto qui che la pertinenza allo stile «à μεν distendu» dei manoscritti nrr. 64-66 e 72 dell’elenco mi è stata segnalata con grande cortesia da Donatella Bucca.

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577 (nr. 34) e tav. iii (fig. 3c)] (con ipotesi di origine epirota); eaD., Greek Manuscripts from the Meteora Monasteries in the Burdett-Coutts Collection, in eaD., Studies, ii, pp. 585-613 (e tavv. i-xii): 595, 596, 598, 599-600, 605-607 e tav. iii (fig. 3c); KaVruS-hOFmann, Catal. Ann Arbor, pp. 112-114 (nr. 36) e pl. 96 (con ipotesi di origine epirota); a. cataLDi PaLau, The Angela Burdett-Coutts Collection of Greek Manuscripts, turnhout 2021 (Bibliologia, 62), pp. 77-78 (“flat style” epirota), 109110, 214-216 (nr. 25) e tav. 29 (f. 1r). (✠) athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 112 (olim trikkala, Μονὴ Δουσίκου Ἁγίου Βησσαρίωνος) () [cf. Diktyon, nr. 2408]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l438). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 191 ×141 ca., 119 ff., 1 col. ★ Bibliografia scelta: SaKKeLiO¯ n, p. 20 (con erronea datazione al xV secolo). athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127 () [cf. Diktyon, nr. 2423]. ★ tetravangelo (aLanD, nr. 779). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 185 ×148 ca., 342 pp., 1 col. ★ copisti: (pp. 1-164); (pp. 167-342). ★ miniature a piena pagina: ritratti degli evangelisti (Mc, Lc, Io) in stile armeno-ciliciano. ★ Bibliografia scelta: SaKKeLiO¯ n, p. 22 (con datazione al xiV secolo); maraBachatze¯niKOLau - tuPhexe¯-PaSchu, ii, pp. 52-56, tavv. 75-80; D’aiutO - Sirinian, Carme bizantino, p. 130 e nt. 30 [nella rist., p. 306 e nt. 30]; SteFec, Anmerkungen, p. 136 e nt. 55; iD., Varia, pp. 166-167. (✠) athe¯na, Συλλογὴ Σπ. Λοβέρδου, 2 [cf. Diktyon, nr. 2211]. ★ tetravangelo, frammentario (Mc; Lc 5,1-17; 6,15-35; aLanD, nr. 2631). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, 28 ff. superstiti, mm 152 × 113 ca., 1 col. ★ copista: ; ornatista (f. 1r): forse . ★ Bibliografia scelta: Ph. K. mPumPuLiDe¯S, Κατάλογος ἑλληνικῶν χειρογράφων κωδίκων βιβλιοθήκης Σπύρ. Λοβέρδου, in Ἐπιστημονικὴ Ἐπετηρὶς τῆς Φιλοσοφικῆς Σχολῆς τοῦ Πανεπιστημίου Ἀθηνῶν 11 (1960-1961), pp. 402446: 403 (con erronea datazione al sec. xV). Bassano del Grappa, Biblioteca civica, 1087 (coll. 34 B 19) () [cf. Diktyon, nr. 8974]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1910). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 255 × 191 ca., 136 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: e. miOni, Catalogo di manoscritti greci esistenti nelle biblioteche italiane, roma 1965, p. 17 [datazione al sec. xV]; teSSari, Byz. Musical Mss., pp. 600-602 e 871 (tav. 2). Bratislava, univerzitná Knižnica, 1208 [cf. Diktyon, nr. 9809] + Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. gr. 1389 [cf. Diktyon, nr. 54046] + tokyo, Keio university Library, 141x@127@1 [cf. Diktyon, nr. 63470]. ★ antiochus mon., Pandectes. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 325-300×245-225 ca., 14 + 82 + 112 ff., 2 coll. ★ copisti: e . ★ Si ritiene che possa trattarsi del manoscritto olim Kosinitsa, Μονὴ Παναγίας Εἰκοσιφοινίσσης, 66. ★ Bibliografia scelta: J.-m. OLiVier - m.-a. mOnéGier Du SOrBier, Catalogue des manuscrits grecs de Tchécoslovaquie, Paris 1983 (Documents, études et répertoires publiés par l’institut de recherche et d’histoire des textes, 27), pp. 5-6; Sotheby’s Sale LN8737, pp. 40-41; raPP, Antiochos Manuscript at Keio; Gijuku Toshokan o yomu: Wa, Kan, Yo¯ no kicho¯sho kara. Dai 20-kai Keio¯ Gijuku Toshokan kicho¯sho tenjikai [= Leggere la Biblioteca universitaria, attraverso libri rari giapponesi, cinesi e occidentali. xx mostra di libri rari della Keio university Library], to¯kyo¯ 2007, pp. 107-109 (nr. 2); BinGGeLi, Fragments du Pandecte, pp. 278-280; n. tchernetSKa, Greek Manuscripts in Keio, pp. 178-184. (✠) cambridge, christ’s college, ms. rouse, Fragment B [cf. Diktyon, nr. 11818]. ★ tetravangelo, frammento (Io 14,24-15,12; 16,30-17,18: aLanD, nr. 2914). ★ Sec.

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xii-xiii, pergamena, mm 247 ×175 ca., 2 ff. superstiti, 2 coll. ★ Bibliografia scelta: P. e. eaSterLinG, Greek manuscripts in Cambridge: Recent Acquisitions by College Libraries, the Fitzwilliam Museum and Private Collectors, in Transactions of the Cambridge Bibliographical Society 4 (1966), pp. 179-191: 186. (✠) chicago (iL), university Library, Joseph regenstein Library, ms. 879 [cf. Diktyon, nr. 13013] + montreal, mcGill university Library, mS Greek 11 (1 f.) [cf. Diktyon, nr. 43598] + Saint-Louis (mO), collection edgar Krenz, sine numero (1 f.) [cf. Diktyon, nr. 56442] + uppsala, universitetsbibliotek, Fragm. ms. graec. 1 (1 f.) [cf. Diktyon, nr. 76530]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1663). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 240 ×185 ca., complessivi 110 + 1 + 1 + 1 ff., 2 coll. ★ copista: costantino teologita, anagnosta (sottoscrizione nel Chicagiensis Bibl. Univ. ms. 879, f. 110r: cf. supra, pp. 154-155). ★ il ricongiungimento al Chicagiensis dei membra disiecta di montreal e Saint-Louis si deve a Brice c. Jones (cf. Pinakes). inoltre, nel sito web del Center for the Study of New Testament Manuscripts (https://manuscripts.csntm.org) si segnala la pertinenza del frammento di uppsala al medesimo manoscritto. ★ Bibliografia scelta: K. W. cLarK, A Descriptive Catalogue of Greek New Testament Manuscripts in America, chicago 1937, pp. 267-268 e pl. LxVii. (✠) città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Ott. gr. 212 () [cf. Diktyon, nr. 65455]. ★ tetravangelo (aLanD, nr. 388). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 216 ×169 ca., 315 ff., 1 col. ★ copisti: ; rubricatore-ornatista: . ★ manoscritto miniato: ritratti degli evangelisti (Mt, Lc, Io: ff. 3v, 148v, 238v; asportata la miniatura che raffigurava s. marco). ★ Bibliografia scelta: FerOn - BattaGLini, pp. 124-125; KOtzaBaSSi, Βυζαντινά χειρόγραφα, pp. 71-72: 72. città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 859 () [cf. Diktyon, nr. 67490]. ★ Ps.-Dionysius areopag., ps.-ignatius antioch., Polycarpus Smyrn., Epistula Barnabae, Protoevangelium Iacobi et alia. ★ Sec. xii, fine (entro il 1197), pergamena, mm 323 ×240 ca., 288 ff., 2 coll. ★ copisti: raguse (ff. 28r-118v, 245r-264r [col. 1 lin. 5], 280r-287v), (ff. 119r-244r) e (ff. 264r [col. 1 lin. 6]-279v). ★ nel margine superiore del f. 280r, forse a segnalare la suddivisione del lavoro di copia dopo un cambio di mano, una «firma»: † τοῦ ῥαγκούσ(η). ★ nota armena (f. 211v) di nersēs (1152/1153-1198), che dichiara di aver tradotto in armeno l’epistola di Barnaba sulla base di questo codice greco «in questa città imperiale» (= a costantinopoli), evidentemente nel , cf. supra, p. 199. ★ Bibliografia scelta: DeVreeSSe, Codd. Vat. gr. 604-866, pp. 424-427; canart, Écr. livr. chypr. [1981], 66, 67 [nella rist., pp. 726-727]; F. r. PrOStmeier, Zur handschriftlichen Überlieferung des Polykarp- und des Barnabasbriefes. Zwei nicht beachtete Deszendenten des Cod. Vat. Gr. 859, in Vigiliae Christianae 48 (1994), pp. 48-64; Rep. Naz., V, pp. 81-82 nr. 61; Codd. Chrysost. Graeci, Vi, p. 136 nr. 138; D’aiutO - Sirinian, Carme bizantino, pp. 127-128 [nella rist., pp. 303-304]; Roma-Armenia, pp. 114-115 nr. iV.28; Arménie. La magie, p. 293 nr. 5.4; BanDini, Antonio Eparco, pp. 6-7, 9, 13, 15-17. città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1616 () [cf. Diktyon, nr. 68247]. ★ io. chrysost., hom. in Genesim 1-31. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 359 ×263 ca., 315 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ F. 1r, in rosso di mano del copista, Χ(ριστ)ὲ προἡγοῦ τ(ῶν) ἡμ(ῶν) πονημάτ(ων). ★ Bibliografia scelta: Codices Vaticani Graeci. Codices 1485-1683, recensuit c. GianneLLi (…), in Bybliotheca Vaticana 1950 (Bybliothecae apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti […]), pp. 281-283; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 66

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[nella rist., p. 726]; Codd. Chrysost. Graeci, pp. 164-165 nr. 186; SteFec, Zur Schnittdekoration, pp. 504 n. 9, 506, 513 e 525 pl. iV. città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1840 (ff. 1-48) () [cf. Diktyon, nr. 68469]. ★ eucologio-Lezionario dei Vangeli e dell’Apostolos (aLanD, nr. l1929). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 179 ×133 ca., 48 ff. superstiti, 1 col. ★ copista: . ★ rilegato insieme a un Paracleticon italogreco frammentario. ★ Bibliografia scelta: canart, Vat. gr. 1745-1962, i, pp. 294-297; ii, p. xLiV; iD., Écr. livr. chypr. [1981], p. 66 [nella rist., p. 726]. città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 1886 () [cf. Diktyon, nr. 68515]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l553) . ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 255 ×198 ca., 110 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ ai ff. 27v e 86r, note slave (cf. supra, p. 184). ★ Bibliografia scelta: canart, Vat. gr. 1745-1962, i, pp. 491493; canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 66, 67 [nella rist., pp. 726, 727]; Facsimili, tav. 48 nr. 65. città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 2319 () [cf. Diktyon, nr. 68950]. ★ tetravangelo con rubriche delle pericopi integrate nel testo (aLanD, nr. 2584), con ampie lacune ★ Sec. xii-xiii, pergamena (f. 67 cart.), mm 248 ×193 ca., 99 ff., 2 coll. ★ copista: ; ornatista: . ★ Proveniente da cipro, appartenuto al monastero della theotokos Kykkotissa, arrivato in Biblioteca Vaticana per tramite di tankerville J. chamberlayne (1844-1909). ★ Bibliografia scelta: DarrOuzèS, Autres manuscrits, p. 159; canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 66, 67 [nella rist., pp. 726, 727]; iD., Écr. livr. chypr. [1987-1988], p. 41 [nella rist., p. 867]; P. canart - D. GrOSDiDier De matOnS - Ph. hOFFmann, L’analyse technique des reliures byzantines et la détermination de leur origine géographique (Constantinople, Crète, Chypre, Grèce), in Scritture, libri e testi, ii, pp. 751-768 (con Vii tavv. f.t.): 764-766 [rist. in canart, Études, ii, pp. 907-931: 920-922]; Facsimili, tav. 71 nr. 99. (✠) città del Vaticano, Biblioteca apostolica Vaticana, Vat. gr. 2503 (f. 238) () [cf. Diktyon, nr. 69134]. ★ tetravangelo, frammento (Lc 19,13-38: aLanD, nr. 2588) ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 160 ×125 ca., 1 f. superstite, 1 col. ★ Bibliografia scelta: LiLLa, Vat. gr. Lineamenti, pp. 118, 120. (✠) Durham (nc), Duke university, David m. rubenstein rare Book and manuscript Library, Kenneth Willis clark collection, Greek ms. 27 [cf. Diktyon, nr. 13642] + 43 [cf. Diktyon, nr. 13658] + new haven (ct), yale university, Beinecke rare Book and manuscript Library, Beinecke mS 521 [cf. Diktyon, nr. 73396] + s.n. [sine numero Diktyon] + Oslo/London, the Schøyen collection, mS 653 [cf. Diktyon, nr. 46868]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammenti (aland nrr. l1585 + l2144 + l2145). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 230-225×152-145 ca., 12 ff. superstiti (rispettivamente, 5 + 1 + 1+ 4 + 1 ff.), 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: J. L. SharPe iii, The Kenneth Willis Clark Collection of Greek Manuscripts, in Library Notes. [Duke University Library-Durham, North Carolina] 51-52 (may 1985), pp. 51-67 (con 6 figg.): 53, 62, 63; Répertoire des bibliothèques et des catalogues de manuscrits grecs de m. richarD, troisième éd. entièrement refondue par J.-m. OLiVier , turnhout 1995 (corpus christianorum), p. 604; J.-m. OLiVier , Supplément au Répertoire des bibliothèques et des catalogues de manuscrits grecs, i, turnhout 2018 (corpus christianorum), p. 399 nt. 1. La pertinenza a questo manoscritto del frammento di 4 fogli affiorato sul mercato antiquario, ora a yale sine numero, si desume da un post (24.06.2021) del blog dell’institut für neutestamentliche textfor-

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schung (intF), münster (http://ntvmr.uni-muenster.de/intfblog/-/blogs/greeklectionary-leaves-for-sale-in-cologne). Per la pertinenza a un solo manufatto dei frammenti di yale e del ms. 27 di Duke, cf. http://ntvmr.uni-muenster.de/ liste?dociD=41929. Per l’unificazione del frammento Schøyen e del ms. 43 di Duke, cf. http://ntvmr.uni-muenster.de/liste?dociD=42145. La provenienza del ms. 43 di Duke dalla legatura del ms. 27 di Duke è segnalata qui: https://repository. duke.edu/dc/earlymss/emsgk01045. [17.] erevan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran, m 1624 (ff. i, i’) [cf. Diktyon, nr. 14253]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammenti (Lc 5,31-32; 7,11.14-16; 8,10-12: aLanD, nr. l1874). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 119 ×80 ca. [dimensioni attuali dei frammenti mutilati: quelle originarie dei fogli non sono ricostruibili], 2 frammenti reimpiegati come guardie, 2 coll. ★ copista: . ★ il codice per il quale questi frammenti sono reimpiegati come fogli di guardia è un innario armeno (Šaraknoc‘) di piccole dimensioni, dell’anno 1488, vergato dal copista e sacerdote Barseł ad aspisnak, villaggio dell’armenia storica nel circondario di arčēš (attuale erciş, all’estremità sud-orientale del territorio dello Stato turco). ★ Bibliografia scelta: chétanian, Catalogue, pp. 125-127; Mayr c‘uc‘ak Matenadarani, V, coll. 673-680: 674 (con 1 illustrazione parziale del frammento greco); SteFec, Anmerkungen, p. 136 e nt. 56. [18.] (✠) Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Gaddi 124 () [cf. Diktyon, nr. 15908]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l510). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 237 ×187 ca., 131 ff., 2 coll. ★ copisti: (ff. 1-127v col. a) e (ff. 127v col. b-131v). ★ Bibliografia scelta: a. m. BanDini, Catalogus codicum manuscriptorum Bibliothecae Mediceae Laurentianae, i-iii, Florentiae 17641780, [rist. anast.:] (…) accedunt Supplementa tria ab e. rOStaGnO et n. FeSta congesta necnon Additamentum ex inventariis Bibliotheae Laurentianae depromptum accuravit F. KuDLien, i-ii, Leipzig 1961 (catalogi codicum Graecorum lucis ope reimpressi): ii, p. 77* nr. 43 (con erronea datazione al sec. xi, pur riferendo la diversa opinione di angelo maria Bandini, che pensava al sec. xiii). [19.] (✠) Grottaferrata, Biblioteca del monumento nazionale, Α.δ.xi (gr. 79), nr. Vi (ff. 3639) () [cf. Diktyon, nr. 17505]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (aLanD, nr. l2316). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 225 ×175 ca. [ma rifilato nei margini], 4 ff. superstiti, 2 coll. ★ Scrittura di grande modulo, alquanto atipica: mancano proprio le legature distese di μεν e simili, ma per il resto la grafia ha tutte le altre caratteristiche dello stile, e anche gli aspetti codicologici (tipo di pergamena lievemente grigiastra e con scarsa discromia fra i lati; inchiostri tra bruno-nerastro e nero per il testo, rosso vivo per rubriche e ornato; tipo di rigatura in apparenza V 00c2; numero oscillante tra 21 e 24 linee, con difformità anche fra le due colonne di una stessa pagina) sono perfettamente coerenti con gli usi costantemente riscontrabili nei manoscritti che esibiscono lo stile «à μεν distendu». ★ Si tratta di fogli che un tempo erano reimpiegati come guardie nel manoscritto Grottaferrata, Biblioteca del monumento nazionale, Α.α.iii (gr. 346), tetravangelo del «gruppo Ferrar» trascritto in calabria dal copista Leone nell’xi secolo. ★ Bibliografia scelta: rOcchi, Codices Cryptenses, p. 48; Lucà, Su origine e datazione), pp. 159 nt. 42, 163, 206 e tav. 12; S. Lucà, Doroteo di Gaza e Niceta Stetato. A proposito del neap. gr. 7, in Bisanzio e le periferie dell’Impero. Atti del Convegno Internazionale nell’ambito delle Celebrazioni del Millenario della fondazione dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata (Catania, 2628 novembre 2007), a cura di r. GentiLe meSSina, acireale-roma 2011, pp. 145-180

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(con 8 tavv.): 159 nt. 52; S. Lucà - D. Bucca, Fragmenta Cryptensia disiecta, in Manoscritti italogreci: nuove tessere, pp. 99-130 (con tavv. 17-20 f.t.): 103 nt. 12, 120. (✠) Grottaferrata, Biblioteca del monumento nazionale, z.α.ii (gr. 173) (f. i) () [cf. Diktyon, nr. 17959]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (aLanD, nr. l486a). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 247 ×173 ca. (ma pesantemente rifilato nel riuso), 1 f. superstite, 2 coll. ★ Foglio reimpiegato come guardia iniziale per un manoscritto grammaticale salentino (scrittura salentina barocca) del secolo xiii (ante an. 1212/ 1213) vergato su pergamene palinseste, ripetutamente sottoscritto da tal Giorgio. ★ Bibliografia scelta: Lucà, Su origine e datazione, pp. 163 nt. 59, 207 [con la prima segnalazione, a mia conoscenza, del fatto che il foglio di guardia iniziale è di origine orientale, seppure con generica attribuzione ad «ambito palestino-cipriota»]. Sul codice-contenitore, cf. a. rOcchi, Codices Cryptenses seu Abbatiae Cryptae Ferratae in Tusculano (…), tusculani 1883, pp. 440-441; ch. FaraGGiana Di Sarzana, in Codici greci dell’Italia meridionale, [catalogo della mostra: Grottaferrata, Biblioteca del monumento nazionale, 31 marzo-31 maggio 2000] a cura di P. canart S. Lucà, roma 2000, p. 124 nr. 54; D. arneSanO - e. Sciarra, Libri e testi di scuola in Terra d’Otranto, in Libri di scuola e pratiche didattiche. Dall’Antichità al Rinascimento. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Cassino, 7-10 maggio 2008 (…), ii, a cura di L. DeL cOrSO - O. Pecere, cassino 2010, pp. 425-473 (con 16 tavv. f.t.): 464-468 [con la precedente bibliografia]. hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911 [cf. Diktyon, nr. 19055]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1137). ★ Sec. xiii, inizio (an. 1209), pergamena, mm 238 ×168 ca., 157 ff., 2 coll. ★ copista: niceta raguse, nomikòs di rodi (cf. f. 155v); donato da Giorgio, protopapa dell’episcopato di nisyros, alla chiesa della theotokos Periboliotissa (cf. supra, pp. 128-129). ★ Bibliografia scelta: euStratiaDe¯S - arKaDiOS, p. 169; POLite¯S, Σκήτ. Ἁγ. Ἀνδρέου, p. 340; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [nella rist., p. 725]; canart - Perria, Écr. livr., p. 99 [nella rist., p. 965]; KaDaS, Σημειώματα Βατοπαιδίου, p. 166. hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1215 (ff. 13-24 + 13bis-19bis, 22bis) [cf. Diktyon, nr. 19359]. ★ Lezionario dei Vangeli e dell’Apostolos (Apostolo-Evangelion: sine numero aLanD). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, misure non note, 12 + 8 (?) ff. superstiti, 2 coll. ★ copista: . ★ Si può sospettare che siano frammenti di un medesimo codice originario insieme ai fogli hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1218 e s.n., e forse addirittura insieme anche al «Lezionario Duke» [→ nr. 16]. ★ Bibliografia scelta: euStratiaDe¯S - arKaDiOS, p. 204; SteFec, Anmerkungen, p. 136 e n. 59. hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1218 (ff. 14, 30-33, 38-39) [cf. Diktyon, nr. 19362]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1900). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, misure non note, 7 ff. superstiti, 2 coll. ★ copista: . ★ nella riproduzione su microfilm (ora online) della Library of congress, il codice fattizio nel quale è incluso questo frammento reca la segnatura 1219 (olim 1221 nel catalogo di So¯phronios eustratiade¯s e arkadios Vatopedinos). ★ Si può sospettare che siano frammenti di un medesimo codice originario insieme ai fogli hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1215 e s.n., e forse addirittura anche al «Lezionario Duke» [→ nr. 16]. ★ Bibliografia scelta: euStratiaDe¯S - arKaDiOS, p. 205 (nr. 1221?); SteFec, Anmerkungen, p. 136 e nt. 59 (che ne registra il nr. 1218 di segnatura). hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, s.n. (alcuni fogli senza segnatura, tra i frammenti) [sine numero Diktyon]. ★ testo non noto. ★ Sec. xii-xiii, pergamena (?), misure e numero di ff. non noti, numero di coll. non noto. ★ Si può sospettare che siano fram-

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menti di un medesimo codice originario insieme ai fogli hagion Oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1215 e 1218, e forse addirittura insieme anche al «Lezionario Duke»

[→ nr. 16]. ★ Bibliografia scelta: SteFec, Anmerkungen, p. 136 n. 59. [25.] hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (= 201) [cf. Diktyon, nr. 23620]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l677). ★ Sec. xiii, inizio (an. 1205), pergamena, mm 260 ×205 ca., 186 ff. (+ 23bis, 45bis, 64bis), 2 coll. ★ copista: costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato» (cf. f. 186r; cf. supra, p. 152). ★ Bibliografia scelta: LamPrOS, ii, p. 3 (nr. 4143); VOGeL - GarDthauSen, p. 253; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [nella rist., p. 725]; canart - Perria, Écr. livr., p. 965]; SO¯ te¯ruDe¯S, Ἰβήρων, i, pp. 3536 e fig. 6 (f. 186r: sottoscrizione). [26.] (✠) hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36 (= 305) [cf. Diktyon, nr. 23633]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l679). ★ Sec. xiii, inizio (an. 1201), pergamena, mm 223 ×189 ca., 210 f., 2 coll. ★ copista: nicola Brachionas, anagnosta (f. 209r-v), che trascrive per achillio (?) sacerdote, figlio del sacerdote michele merkurios (cf. supra, p. 149). ★ Bibliografia scelta: LamPrOS, ii, p. 4 (nr. 4156); VOGeL - GarDthauSen, p. 363; SO¯ te¯ruDe¯S, Ἰβήρων, i, pp. 68-69 e fig. 13 (f. 209v). [27.] (✠) hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 67 (= 992) [cf. Diktyon, nr. 23664]. ★ tetravangelo (aLanD, nr. 1011). ★ Sec. xiii (an. 1262?), mm 173 ×125 ca., 150 ff. (- 6 om.; + 29bis, 61a), 1 col. ★ copista: Demetrio (?), come si ricava dal colofone eraso (f. 150r), letto da Panagio¯te¯s So¯te¯rude¯s con la lampada di Wood (cf. supra, p. 171). ★ Scrittura sui generis, a quanto pare attardata e ibridata. ★ Bibliografia scelta: LamPrOS, ii, p. 6 (nr. 4187); SO ¯ te¯ruDe¯S, Ἰβήρων, i, pp. 128-130. [28.] (✠) hagion Oros, Μονὴ Ἰβήρων, 599 (= 178) [cf. Diktyon, nr. 24196]. ★ tetravangelo con commento di teofilatto di Bulgaria (aLanD, nr. 1021). ★ Sec. xiii (ante an. 1268), pergamena, mm 274 ×193, 372 ff., 1 col. ★ La grafia non è del tutto tipica dello stile. al f. 367v una data posticcia, aggiunta d’altra mano, ςψο΄ [= 1261/1262], non utilizzabile per la datazione del codice, sta probabilmente ripetendo, forse per attribuirla al manoscritto, la data presente in una nota in calce al f. 368v, che registra la festa dei martiri Galattione ed episteme il lunedì 5 novembre 1261 (o forse, meglio, in origine 1268), indizione 12 (cf. supra, p. 181). ★ Bibliografia scelta: LamPrOS, ii, p. 181 (nr. 4719). [29.] (✠) hagion Oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, a.93 [cf. Diktyon, nr. 27021]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1092). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 285 ×225 ca., 190 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: SPyriDO¯ n - euStratiaDe¯ S, p. 10 nr. 93. [30.] (✠) hagion Oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, Γ.55 [cf. Diktyon, nr. 27227]. ★ tetravangelo (aLanD, nr. 1515). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 225 ×175 ca., 164 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: SPyriDO ¯ n - euStratiaDe¯S, p. 39 nr. 295. [31.] (✠) İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 5 [cf. Diktyon, nr. 33503]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l774). ★ Sec. xii (an. 1188), pergamena, mm 240 ×200195, 144 ff., 2 coll. ★ copista: Giorgio anagnosta agioeleuterita (f. 144r; cf. supra, p. 124. ★ Bibliografia scelta: BinGGeLi [ET AL.], Sainte-Trinité de Chalki, i, pp. 7-9: 8; ii, pl. 4-5. [32.] (✠) İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 120 (f. 233a) [cf. Diktyon, nr. 33618]. ★ euthym. zigabenus in Psalmos et Cantica (frammento: Ps. 110). ★ Sec. xiii, carta, mm 165 ×160 ca. [mutilo], 1 f. superstite, 1 col. ★ copisti: . ★ Si tratta di un frammento di foglio cartaceo ritrovato all’interno del codice, e ora numerato come f. 233a. Si può sospettare che provenga dalla fine,

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mutila, del manoscritto Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 537 [→ nr. 65]. ★ Bibliografia scelta: BinGGeLi [ET AL.], Sainte-Trinité de Chalki, i, pp. 324-327: 325, 326; ii, pl. 247-248: 248 (sec. xiV). London, British Library, add. 19460 [cf. Diktyon, nr. 38974]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l192). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 240 ×185 ca., 104 ff., 2 coll. ★ copisti: (ff. 1r-7v, 9r-16v) e (ff. 17r-104v). ★ Bibliografia scelta: Catalogue of Additions to the Manuscripts in the British Museum in the Years 1848-1853, London 1868, p. 243; richarD, Inv. British Museum, p. 35; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [nella rist., p. 725]; cataLDi PaLau, Tessaglia, pp. 159-160. London, British Library, add. 37005 [cf. Diktyon, nr. 39146]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1493). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 224 ×176 ca., 147 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: Catalogue of Additions to the Manuscripts in the British Museum in the Years 1900-1905, London 1907, p. 278; richarD, Inv. British Museum, p. 68; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [nella rist., p. 725]; cataLDi PaLau, Tessaglia, p. 160. London, British Library, royal 1.D.ii [cf. Diktyon, nr. 39762]. ★ antico testamento («Codex Arundellianus»: cf. rahLFS, nr. 93). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 320 ×225 ca., 216 ff., 2 coll. (ff. 81r-112v: 3 coll.) ★ in questo celebre codice biblico, la parziale disposizione su tre colonne ha indotto a sospettare la discendenza diretta da un modello tardoantico. ★ Proviene dalla SS. trinità di chalke¯ (f. 1r). ★ Bibliografia scelta: G. F. Warner - J. P. GiLSOn, British Museum. Catalogue of Western Manuscripts in the Old Royal and King’s Collections, i, London 1921, pp. 15-16; The British Library. Summary Catalogue of Greek Manuscripts, i, London 1999, p. 222; canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 65-66 [nella rist., pp. 725-726]. (✠) London, Lambeth Palace, ms. 1189 [cf. Diktyon, nr. 39873]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l231). ★ Sec. xii-xiii, pergamena (ff. 302-310 carta), mm 220×175 ca., 310 ff., 2 coll. ★ copista: oppure (?). ★ Proviene dal monastero di S. Giorgio sull’isola di chalke¯. ★ Bibliografia scelta: WriGht arGyrOu - DenDrinOS, Catal. Lambeth Palace, pp. 191-205: 191, 200 (sec. xiV). messina, Biblioteca regionale universitaria «Giacomo Longo», S. Salv. 96 [cf. Diktyon, nr. 40757]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l519). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 263 ×197 ca., 298 ff., 2 coll. ★ Bibliografia scelta: a. mancini, Codices Graeci Monasterii Messanensis S. Salvatoris, messanae 1907 [= Atti della R. Accademia Peloritana 22/2 (1907), pp. 1-263], p. 160; Bucca, Nuovo codice, pp. 223229 e tavv. 1-3; m. t. rODriQuez, Bibliografia dei manoscritti greci del Fondo del SS. Salvatore di Messina, roma 2002 (testi e studi bizantino-neoellenici, 12), pp. 8485; D. Bucca, Influenze «orientali» nella tradizione manoscritta liturgico-musicale italogreca del XII secolo, in Tra Oriente e Occidente, pp. 101-133 (con 4 tavv. f.t.): 103; eaD., Catal. Messina, pp. Lxx, 29-33 (nr. 7) e tavv. 9, 24-25; SteFec, Anmerkungen, p. 136. (✠) meteo¯ra, Μονὴ Μεταμορφώσεως, 506 [cf. Diktyon, nr. 41916]. ★ tetravangelo, frammento (Mt, Mc: aLanD, nr. 2699). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 155 ×120 ca., 40 ff. superstiti, 1 col. ★ copista: . ★ Da questo codice potrebbe forse derivare il frammento Wenham (ma), Gordon college, Jenks Library, Gr. ms. 2 [→ nr. 67]. ★ Bibliografia scelta: n. BeeS [VeiS], Τὰ χειρόγραφα τῶν Μετεώρων. Κατάλογος περιγραφικὸς τῶν χειρογράφων κωδίκων τῶν ἀποκειμένων εἰς τὰς μονὰς τῶν Μετεώρων/Les manuscrts des Météores. Catalogue descriptif des manuscrits conservés dans les monastères des Météores, i, Ἀθῆναι 19982, p. 509 (sec. xi).

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[39.] milano, Biblioteca ambrosiana, F 124 sup. (gr. 366) () [cf. Diktyon, nr. 42779]. ★ Omiliario (mutilo in inizio e fine). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 303 ×236 ca., 222 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: e. martini D. BaSSi, Catalogus codicum graecorum Bibliothecae Ambrosianae, i, milano 1906, pp. 431-433; ehrharD, ii, 280-282; Codd. Chrysost. Graeci, V, p. 93 (nr. 114); c. PaSini, Inventario agiografico dei manoscritti greci dell’Ambrosiana, Bruxelles 2003 (Subsidia hagiographica, 84), pp. 90-91; iD., Bibliografia dei manoscritti greci dell’Ambrosiana (1857-2006), milano 2007 (Bibliotheca erudita, 30), p. 255; cataLDi PaLau, Tessaglia, pp. 98, 105, 108, 132 (nr. 11), 141, 142, 144, 145, 158-160 e tav. xx (fig. 20b); SteFec, Anmerkungen, p. 135. [40.] Oxford, Bodleian Libraries, arch. Selden B.54 (ff. 155-217) () [cf. Diktyon, nr. 46960]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (aLanD, nr. l22). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 270 ×212 ca., 63 ff. superstiti, 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: Bodl. Quarto Catal., i, coll. 610-611 (nr. 47) [sec. xiV]; i. hutter, Corpus der byzantinischen Miniaturenhandschriften, i: Oxford, Bodleian Library, 1, Stuttgart 1977 (Denkmäler der Buchkunst, 2), pp. 47-48 (nr. 33) e 167-169 (figg. 156-171) [soprattutto sul Gregorio nazianzeno miniato rilegato insieme al frammento di Lezionario]; 3[/1], Stuttgart 1982 (Denkmäler […], 5/1), p. 331 [addenda et corrigenda alla descrizione pubblicata cinque anni prima, con una più verosimile datazione del nostro Lezionario all’inizio del xiii secolo]; canart, Écr. livr. chypr. [1981], p. 65 [nella rist., p. 725]. [41.] Oxford, Bodleian Libraries, arch. Selden B.56 () [cf. Diktyon, nr. 46962]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (vangeli sabato-domenicali per la Quaresima e il tempo di Pasqua, codice mutilo in inizio e fine: aLanD, nr. l21). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 245 ×195 ca., 59 ff. (re vera 56, perché i ff. 12-14 cartacei, ora dislocati alla fine del volume, non sono pertinenti), 2 coll. ★ Scrittura non del tutto tipica, meno schiacciata e meno tendenzialmente «bilineare» del solito, che ammette un certo contrasto modulare ed è più sciolta in senso corsiveggiante. ★ Bibliografia scelta: Bodl. Quarto Catal., i, col. 613 (nr. 49) [con datazione al sec. xiV]; cf. anche: S. P. LamPrOS, Ἀνέκδοτον χρυσόβουλλον Ἀλεξίου Γ´ τοῦ Μεγάλου Κομνηνοῦ αὐτοκράτορος Τραπεζοῦντος, in Νέος Ἑλληνομνήμων 2 (1905), pp. 187-198 [edizione del crisobollo di alessio iii Megas Komnenos per Giorgio Doranita, del 1371, usato come foglio di guardia, poi riedito ancora in r. S. SteFec, Beiträge zur Urkundentätigkeit trapezuntinischer Herrscher in den Jahren 1204-1461, in Νέα Ῥώμη 17 (2020), pp. 255-397: 335-339 (nr. 3)]; canart, Écr. livr. chypr. [1981], pp. 65, 67 [nella rist., pp. 725, 727]; r. S. SteFec, Aspekte griechischer Buchproduktion in der Schwarzmeerregion, in Scripta 7 (2014), pp. 205-233: 212, 229 nt. 109. [42.] (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, coislin 213 (ff. 1-2) () [cf. Diktyon, nr. 49354]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (letture della Settimana Santa: sine numero aLanD). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 245 ×190 ca., 2 ff. superstiti, 2 coll. ★ copista: . ★ Si tratta di due fogli di guardia aggiunti all’inizio dell’«eucologio di Strategio» (an. 1027). ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, iii, p. 156; Bibliothèque Nationale, Département des manuscrits. Catalogue des manuscrits grecs, ii: Le Fonds Coislin, par r. DeVreeSSe, Paris 1945, pp. 194-195. [43.] (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 182 (f. 342) () [cf. Diktyon, nr. 49751]. ★ Lezionario dei Vangeli, frammento (Io 18,29-40; 19, 1-12; Mt 26, 67-71: aLanD, nr. l61). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 150 ×150 ca. [mutilato per adattare il frammento al codice-contenitore: forse in origine mm 240 ×170 ca.], 2 ff. super-

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stiti, 2 coll. ★ un bifoglio reimpiegato come foglio di guardia finale di un codice del Commento di teofilatto di Bulgaria ai Vangeli. ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 21. (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 290 () [cf. Diktyon, nr. 49862]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l72) ★ Sec. xiii (an. 1257?), pergamena, mm 249 ×189 ca., 190 ff., 2 coll. ★ copista: nicola macroleone (f. 189v; cf. supra, pp. 167-170); ornatista-rubricatore: . ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 31; a. JacOB, Note paléographique. La souscription du Parisinus grec 290, in Revue de Philologie 11 (1887), pp. 78-79; D’aiutO, Colofone (con la precedente bibliografia). (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 299 (ff. i, 1) () [cf. Diktyon, nr. 49871]. ★ Paracletica, frammento. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 301 ×231 ca., 2 ff. superstiti, 1 col. ★ Due malconci fogli di guardia innografici, aggiunti all’inizio di un Lezionario dei Vangeli del xiii-xiV secolo (aLanD, nr. l79). tali fogli di reimpiego sono palinsesti: la scriptio inferior è armena, in scrittura erkat‘agir (sec. xi o xii?), ed è stato possibile individuarvi un passo del Kanonagirk‘ Hayoc‘, ovvero la raccolta di diritto canonico della chiesa armena (cf. supra, p. 197). ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 31. (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 313 () [cf. Diktyon, nr. 49885]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, l87). ★ Sec. xii-xiii, pergamena (ff. 110-119 cartacei del sec. xiV-xV, il f. 121 è una guardia cartacea di reimpiego), mm 253 ×196 ca., 121 ff., 2 coll. ★ copista e ornatista-rubricatore: . ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 32. (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 398 () [cf. Diktyon, nr. 49971]. ★ Horologion, mutilo in inizio e fine (contenente fra l’altro, a partire da f. 200r, i calendari in metro innografico e classico di ). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 160 ×125 ca., 270 ff., 1 col. ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 42; e. FOLLieri, I calendari in metro innografico di Cristoforo Mitileneo, i, Bruxelles 1980 (Subsidia hagiografica, 63), p. 20 e nt. 12, e passim [sec. xiii]. (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 919 () [cf. Diktyon, nr. 50508]. ★ Palladius, Historia Lausiaca; Apophthegmata Patrum. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 280 ×205 ca., 158 ff., 2 coll. ★ Sul margine superiore di f. 20v un’invocazione di mano del copista che non so dire se riporti il suo nome o piuttosto quello, ad esempio, di un possessore: κλήμ(εντος) (μον)αχ(ου) ευτ(ε)λ(οῦς); un’altra invocazione, semi-rasurata, nel f. 43v margine superiore: † εὔχεσθ(ε) [[διὰ τὸν κ(ύριο)ν ras.]] π(ατέ)ρες ἅγιοι διὰ τὸν κ(ύριο)ν τὸν γράψαντ(α); un’altra, semirifilata, in dodecasillabi bizantini nel margine superiore di f. 44v: [......] χειρας με χαμ[αι] κειμ(εν)ον | ὅπως τὴν ὁδὸν καλῶς εὐθυπορήσω | τὴν τῶν π(ατέ)ρων ὡς ἀχρεῖος οἰκέτης. ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 175; a. FeStuGière, Historia monachorum in Aegypto, Bruxelles 1971 (Subsidia hagiographica, 53), pp. cxViii-cxix. (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1209 (ff. a-B) () [cf. Diktyon, nr. 50814]. ★ Paracletica, frammento. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 195 ×137 ca. [fogli fortemente mutilati per adattarli alle dimensioni del codice-contenitore: dimensioni originarie non note], 2 ff. superstiti, 2 coll. ★ Fogli di guardia aggiunti all’inizio di un manoscritto di teodoro irtaceno (sec. xiV, membranaceo). ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, i, p. 266; ehrharD, i, p. 605 nt. 5; P. caBaLLerO Sánchez, Le manuscrit Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1209: l’autographe de Théodore Hyrtakènos?, in Byzantion 84 (2014), pp. 33-47 (con 7 figg.).

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[50.] (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1618 () [cf. Diktyon, nr. 51240]. ★ meneo di aprile con notizie sinassariali. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 236 ×174 ca., 92 ff., 2 coll. ★ al f. 92v, colofone-preghiera per il committente niceta ὁ Λαντούρφ(…) e per il di lui fratello monaco (cf. supra, p. 187). ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, ii, p. 108; canart, Écr. livr. chypr. [1987-1988], pp. 39-40 nt. 48 [nella rist., pp. 865-866 nt. 48; lo studioso non inserisce il manoscritto nel dossier dello stile «à μεν distendu», ma lo giudica solo in parte affine, chiedendosi anzi se non sia, anziché cipriota, un codice italogreco o di altra area provinciale]; he. PaPaeLiOPuLu-PhOtOPuLu, Ταμεῖον ἀνεκδότων βυζαντινῶν ᾀσματικῶν κανόνων, seu Analecta Hymnica Graeca e codicibus eruta Orientis Christiani, i: Κανόνες Μηναίων, Ἀθῆναι 1996 (Σύλλογος πρὸς Διάδοσιν Ὠφελίμων Βιβλίων, 62), pp. 184 (nr. 553) e 328 [con datazione al sec. xiV]. [51.] (✠) Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. gr. 473 () [cf. Diktyon, nr. 53216]. ★ Salterio con Odi, mutilo in inizio e fine (rahLFS, nr. 1748). ★ Sec. xiixiii, pergamena, mm 229 ×165 ca., 149 ff., 1 col. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: OmOnt, Inventaire, iii, p. 266. [52.] (✠) Pyrgos, Ἱερὰ Μετρόπολη Ἠλείας, s.n. (olim e¯leia, Μονὴ Παναγίας Πορετσοῦ, s.n.) [cf. Diktyon, nr. 55727]. ★ tetravangelo, mutilo in inizio e fine (aLanD, nr. 2781). ★ Sec. xiii, pergamena, mm 190×155 ca., 199 ff., 1 col. ★ Scrittura intermedia fra stile «à μεν distendu» e grafia tradizionale, probabilmente alquanto seriore rispetto ai prodotti più tipici dello stile. al f. 94v, miniatura dell’evangelista Luca (le altre sono perdute). ★ Bibliografia scelta: a. th. PhOtOPuLOS, Χειρόγραφα μοναστηρίων τῆς Ἠλείας, in Μνήμων 3 (1973), pp. 91-120: 97, 116-117 (2 figg.); athanaSiOS metr. eleias [= e. BaSiLOPuLOS], Περγαμηνὸς κώδιξ ΙΔ΄ αἰῶνος τῆς μονῆς Πορετσοῦ, in Πρακτικὰ τοῦ Α΄ Τοπικοῦ Συνεδρίου Ἠλειακῶν Σπουδῶν (Πῦργος, 23-26 Νοεμβρίου 1978), Ἀθῆναι 1980 (Πελοποννησιακά. Παράρτημα 7), pp. 19-23 (inaccessibile a chi scrive). [53.] (✠) roma, Biblioteca angelica, gr. 46 () [cf. Diktyon, nr. 55953]. ★ raccolta agiografico-omiletica (vermischter Metaphrast: Jahrespanegyrikon typus A) frammentaria (ff. 1-169), con un dossier agiografico su s. Giorgio (ff. 170-191). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 246×182 ca., 191 ff., 1 col. (da f. 170r: 2 coll.). ★ copisti: (ff. 170r-184r), (ff. 185r-191v) e varie altre mani anonime. ★ Bibliografia scelta: P. Franchi De’ caVaLieri - G. mucciO, Index codicum graecorum Bibliothecae Angelicae, praefatus est ae. PiccOLOmini, in Studi italiani di filologia classica 4 (1896), pp. 7-184: 95-97 [rist. in Catalogi codicum Graecorum qui in minoribus bibliothecis Italicis asservantur (…), ii, accuravit et indices adiecit ch. SamBerGer, Lipsiae 1968 (catalogi codicum Graecorum lucis ope impressi), pp. 328, 47-199: 109-111]; ehrharD, iii, pp. 209-210, 898 nt. 3; Codd. Chrysost. Graeci, V, p. 161 nr. 209; Rep. Naz., Vi, p. 206 (nr. 228). [54.] (✠) Sankt-Peterburg, rossijskaja nacional’naja Biblioteka, gr. 351 [cf. Diktyon, nr. 57423]. ★ meneo di marzo con notazione mediobizantina, frammento. ★ Sec. xiixiii, pergamena, mm 340 × 250 ca., 2 ff. superstiti, 2 coll. ★ appartenuto a Porfirij uspenskij, il frammento sarebbe stato asportato dal codice yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 208, che però è d’altra mano tipicamente cipriota e di dimensioni alquanto minori (mm 312×213 ca.): l’esatta provenienza andrebbe verificata. ★ Bibliografia scelta: J.-B. thiBaut, Monuments de la notation ekphonétique et hagiopolite de l’Église grecque. Exposé documentaire des manuscrits de Jérusalem du Sinaï et de l’Athos conservés à la Bibliothèque Impériale de Saint-Pétersbourg, Saint-Pétersbourg 1913, p. 99 e fig. 45; GranStrem, [iV], p. 195 (nr. 387); e. V. Gercman, Τὰ Ἑλληνικὰ μουσικὰ χειρόγραφα τῆς Πετρουπόλεως. Κατάλογος/

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Grecˇeskie muzykal’nye rukopisi Peterburga. Katalog, i: Rossijskaja Nacional’naja Biblioteka, Sankt-Peterburg 1996, pp. 58 (nr. 8), 680 e figg. 3-4 (con bibliografia); LeBeDeVa [ET AL.], Katalog, p. 140 (nr. 362). (✠) Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 169 [cf. Diktyon, nr. 58544] + Sankt-Peterburg, rossijskaja nacional’naja Biblioteka, gr. 308 [cf. Diktyon, nr. 57380]. ★ tetravangelo (aLanD, nr. 1206). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 230 ×170 ca., 120 ff. (+ 1 f. a S. Pietroburgo), 1 col. ★ La data del 1247 compare in una nota di tal Basilio (al f. 103v), scriba di un’aggiunta testuale, costituendo perciò solamente un terminus ante quem per la confezione del nucleo principale del codice (cf. supra, p. 180). ★ Bibliografia scelta: GarDthauSen, Catal. codd. Sinaiticorum, p. 32; BenešeVič, Opisanie, i, pp. 96 (nr. 77), 615; hatch, Sinai, tav. xxxix [con datazione al xii secolo, prima metà]; Checklist Sinai, p. 3; GranStrem, [Va], p. 169 (nr. 439); KamiL, p. 68 (nr. 194); huSmann, Sinai-Handschriften, p. 152; treu, Hss. des Neuen Testam. in der UdSSR, pp. 134-135; LeBeDeVa [ET AL.], Katalog, pp. 131-132 (nr. 319); ParPuLOV, Twelfth-Cent. Style, p. 186. (✠) Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 177 (ff. , ) [cf. Diktyon, nr. 58552]. ★ triodio (frammento) con notazione musicale mediobizantina. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 162 ×118 ca. [mutilo, dimensioni fortemente ridotte nel reimpiego], 4 ff. superstiti, 1 col. ★ i fogli che qui ci interessano servono come guardie di reimpiego di un tetravangelo (aLanD, nr. 1214) in grafia mimetica del xiiixiV secolo. ★ Bibliografia scelta: GarDthauSen, Catal. codd. Sinaiticorum, pp. 3435; hatch, Sinai, tav. x (in relazione al codice-contenitore); Checklist Sinai, p. 3; KamiL, p. 69 (nr. 202). (✠) Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 190 (ff. , ) [cf. Diktyon, nr. 58565]. ★ Lezionario dell’Apostolos, frammento (sine numero aLanD). ★ Sec. xiixiii, pergamena, mm 168 ×120 ca. [mutilo, dimensioni fortemente ridotte nel reimpiego], 4 ff. superstiti, 1 col. ★ copista: ★ i nostri frammenti sono reimpiegati come fogli di guardia in un tetravangelo (aLanD, nr. 1227). ★ Bibliografia scelta: GarDthauSen, Catal. codd. Sinaiticorum, p. 37; hatch, Sinai, tavv. xLii e Liii (in relazione al codice-contenitore); Checklist Sinai, p. 3; KamiL, p. 69 (nr. 215). (✠) Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 653 [cf. Diktyon, nr. 59028]. ★ Anthologion. ★ Sec. xiii, pergamena, mm 244 ×187 ca., 198 ff., 2 coll. ★ La scrittura sembra presentare sintomi di seriorità rispetto alla fase matura dello stile «à μεν distendu». il codice si daterà grosso modo entro la fine del xiii secolo: i calcoli d’altra mano per la data della Pasqua a partire dall’anno 1306, al f. 109r, forniscono un terminus ante quem (cf. supra, p. 181). ★ Bibliografia scelta: GarDthauSen, Catal. codd. Sinaiticorum, p. 150; Checklist Sinai, p. 9; KamiL, p. 98 (nr. 911). Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 960 (ff. 141-142, 145-156: scriptio inferior) [cf. Diktyon, nr. 59335] + NE gr. m 11 [cf. Diktyon, nr. 60838] + NE gr. m 22 [cf. Diktyon, nr. 60849] + NE gr. m 79 [cf. Diktyon, nr. 60906]. ★ testo a me non noto. ★ Sec. xii-xiii, dati codicologici a me non noti. ★ Devo la segnalazione della presenza di scrittura «à μεν distendu» nella scriptio inferior di questo manufatto, e l’indicazione della pertinenza a un solo manoscritto originario delle varie parti ora conservate sotto diverse segnature, alla cortesia di Giulia rossetto, che studierà il palinsesto in rOSSettO, Greek Palimpsests. ★ La scriptio superior del Sin. gr. 960 è un eucologioLezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l910); quella del Sin. NE gr. m 11 esibisce un Lezionario dei Vangeli frammentario (12 ff.: aLanD, nr. l2231); quella del Sin. NE gr. m 22 un eucologio (35 ff.); quella del Sin. NE gr. m 79 un Lezionario dei Vangeli

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(vangeli della Passione: aLanD, nr. l2224). ★ Bibliografia scelta: GarDthauSen, Catal. codd. Sinaiticorum, p. 205; Checklist Sinai, p. 10; KamiL, p. 110 (nr. 1289); Ἱερὰ Μονὴ καὶ Ἀρχιεπισκοπὴ Σινᾶ. Τὰ νέα εὑρήματα τοῦ Σινᾶ, [ἐκδ. P. niKOLOPuLOS], Ἀθῆναι 1998, pp. 162, 163, 170. (✠) Sofija, centăr za slavjano-vizantijski proučvanija «ivan Dujčev», D. gr. 227 (olim, ut videtur, Kosinitsa, Μονὴ Παναγίας Εἰκοσιφοινίσσης, 213) (ff. 1, 272) [cf. Diktyon, nr. 62481]. ★ Paracletica (frammento). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 255 ×225 ca. [mutilo, dimensioni fortemente ridotte nel reimpiego], 2 ff. superstiti, 1 col. ★ i due fogli sono stati reimpiegati come guardie di un tetravangelo del xiV secolo (aLanD, nr. 1789). ★ Bibliografia scelta: a. DžurOVa - K. StančeV - V. atSaLOS - V. KatSarOS, Checklist de la collection de manuscrits grecs conservée au Centre de Recherches Slavo-Byzantines «Ivan Dujcˇev» auprès de l’Université «St. Clément d’Ohrid» de Sofia, thessalonique 1994, p. 34; a. DžurOVa, Sijaneto na Vizantija. Ukraseni gra˘cki ra˘kopisi ot Balkanite (VI-XVIII v.). Katalog za uzložba (…)/Le rayonnement de Byzance. Les manuscrits grecs enluminés des Balkans (VIe-XVIIIe siècles). Catalogue d’exposition (XXIIe Congrès International d’Études Byzantines), Sofia, 2227 août 2011, avec la collaboration de P. canart, Sofija 2011, pp. 12, 73 (nr. 21), 84 (nr. 21), 86, 184. il frammento innografico non è descritto in D. GetOV, A Catalogue of Greek Liturgical Manuscripts in the «Ivan Dujcˇev Centre for Slavo-Byzantine Studies», roma 2007 (Orientalia christiana analecta, 279). (✠) Sydney, university Library, rare Books and Special collections Library, rB add. ms. 40 [cf. Diktyon, nr. 62855]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l2378). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 245 ×175 ca., 122 ff., 2 coll. ★ copista: . alla fine (f. 122v), invocazione scribale δόξα σοι ὁ θ(εὸ)ς; δόξα σοι †. (✠) tbilisi, k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri [= centro nazionale georgiano dei manoscritti «K’orneli K’ek’eliӡe»], gr. 15 [cf. Diktyon, nr. 63009]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l1980). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 275 ×200 ca., 46 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: e. e. GranStrem, Grecˇeskie rukopisi Gosudarstvennogo Muzeja Gruzii im. akad. S. N. Džanašia, in ak’ad. s. ǯanašias saxelobis sakartvelos saxelmc’ipo muzeumis moambe 20-B (1959), pp. 191-194: 193 (inaccessibile a chi scrive). thessalonike¯, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81 (olim hagion Oros, Σκήτη τοῦ Ἁγίου Ἀνδρέου, 3) () [cf. Diktyon, nr. 63318]. ★ Lezionario dei Vangeli (aLanD, nr. l579), mutilo in inizio e fine. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 258-256×196, 229 ff. (numerati 2-230), 2 coll. ★ copista: niceta raguse (ff. 123v e 230r; cf. supra, p. 128). ★ Bibliografia scelta: POLite¯S, Σκήτ. Ἁγ. Ἀνδρέου, pp. 340342 e fig. 1; iD., Κατάλογος Θεσσαλονίκης, p. 80 e tav. 28; e. K. LitSaS, Καὶ βίβλοι ἠνεῴχθησαν. Κατάλογος ἔκθεσης χειρογράφων τῆς Κεντρικῆς Βιβλιοθήκης τοῦ Α.Π.Θ. καὶ ἐγγράφων τῶν Γ.Α.Κ.-Ἱστορικοῦ Ἀρχείου Μακεδονίας, Θεσσαλονίκη 2008, pp. 20-21

(nr. 2) e 43-44 (tavv. 2-3); SteFec, Anmerkungen, p. 135 e nt. 54. [64.] (✠) Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 134 () [cf. Diktyon, nr. 69605]. ★ antiochus mon., Pandectes. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 322 ×235-229, 196 ff., 2 coll. ★ copista: «anon. antiochi mon.»; rubricatore-ornatista: . ★ Bibliografia scelta: miOni, Marc. Cod. Thes. antiquus, i, pp. 187-188; ODOricO, Sanzione del poeta; tchernetSKa, Greek Manuscripts in Keio, pp. 183-184. [65.] (✠) Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. z 537 () [cf. Diktyon, nr. 70008]. ★ euthym. zigabenus in Psalmos (mutilo in inizio e fine). ★ Sec. xiii, carta, mm 252 ×165, 275 ff. (numerati 1-285, ma con salto dei numeri 91-99 e 281), 1 col. ★ copista: . ★ Si può sospettare che dalla fine, mutila, di questo

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codice provenga il frammento İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς 120 (f. 233a) [→ nr. 32]. ★ Bibliografia scelta: miOni, Marc. Cod. Thes. antiquus, i, p. 431; iD., Bibliothecae Divi Marci Venetiarum codices Graeci manuscripti. Indices omnium codicum Graecorum. Praefatio. Supplementa. Addenda, roma 1986 (indici e cataloghi, n.s. 6), pp. xxxV-xxxVi; S. KaKLamaniS, «Questa è robba mia!»: Une affaire de réclamation de manuscrits constantinopolitains à La Canée en 1596, in Biblioth. gr. dans l’Empire ottoman, pp. 183-209: 208. (✠) Venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. ii 42 () [cf. Diktyon, nr. 70204] + ii 82 () [cf. Diktyon, nr. 70204]. ★ Omiliario, con testi agiografici e apocrifi («gemischte Sammlung»). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 231×193 ca., 292 + 9 ff., 1 col. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: ehrharD, iii, p. 813 e nt. 1; miOni, Marc. Cod. Classes, i/1, pp. xViii, 141-144 (con erronea localizzazione in italia meridionale), 248-249 (con individuazione della pertinenza delle due parti a un solo manufatto originario); n. zOrzi, Da Creta a Venezia passando per le Isole Ionie: un lotto di codici di «Santa Caterina dei Sinaiti», in Biblioth. gr. dans l’Empire ottoman, pp. 311-338, 445-450 (tavv. 1-6): 313 nt. 14. (✠) Wenham (ma), Gordon college, Jenks Library, Gr. ms. 2 [cf. Diktyon, nr. 70863]. ★ tetravangelo, frammento (Mt 27,17-28,20: aLanD, nr. 2753). ★ Sec. xiixiii, pergamena, mm 145 ×124 ca., 6 ff. superstiti, 1 col. ★ copista: . ★ Potrebbe forse essere un frammento del manoscritto Meteor. Metamorph. 506 [→ nr. 38]. Wien, Österreichische nationalbibliothek, theol. gr. 120 (ff. 120-121) [cf. Diktyon, nr. 71787]. ★ meneo, frammento (6-9 settembre). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 285 ×205 ca. [mutilo, dimensioni fortemente ridotte nel reimpiego], 2 ff. superstiti, 2 coll. ★ copista: . ★ Si tratta di due fogli reimpiegati come guardie in un esemplare (sec. xi) dei commentari di Basilio minimo e dello ps.nonno alle Omelie di Gregorio di nazianzo. nel xVi secolo il manoscritto fu posseduto dal cipriota markos Phlanges. ★ Bibliografia scelta: hunGer - KreSten, Codd. Theol. 101-200, pp. 59-64: 59, 62 e passim; Rep. Naz., ii, pp. 116-117 nr. 181; SteFec, Zu einigen zypr. Hss., pp. 57-58 e tav. 7; iD., Anmerkungen, p. 136 e nt. 58. (✠) yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 6 [cf. Diktyon, nr. 34263]. ★ io. chrys. in Matthaeum hom. 45-90 (mutilo in fine); pergamena, mm 377 ×289, 294 ff., 2 coll. ★ copista: . ★ Bibliografia scelta: PaPaDOPuLOS-KerameuS, Ἱεροσ. Βιβλ., ii, p. 17; Checklist Jerusalem, p. 9. (✠) yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 10 [cf. Diktyon, nr. 34267]. ★ meneo (settembre-novembre), con notazione musicale coislin pienamente sviluppata. ★ Sec. xii-xiii (ante an. 1231), pergamena, mm 352 ×263, 104 ff., 2 coll. ★ copisti: (ff. 1r-74v: settembre-ottobre) e (ff. 75r-106v: novembre). alla fine della sezione vergata da (f. 74v), si legge in inchiostro rosso una sua invocazione scribale: δό(ξα σοὶ) ὁ θ(εὸ)ς ἡμῶν δόξα σοι :– (cf. supra, pp. 128 e 220 nr. [61]). ciascuno dei due scribi è responsabile dello scarso ornato calligrafico della parte da lui trascritta. ★ una nota obituaria dell’anno 1231 al f. 91r (cf. supra, p. 180 e nt. 128) fornisce un terminus ante quem. ★ Bibliografia scelta: PaPaDOPuLOS-KerameuS, Ἱεροσ. Βιβλ., ii, pp. 19-21; Checklist Jerusalem, p. 9. (✠) yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Τιμίου Σταυροῦ 15 [cf. Diktyon, nr. 35911]. ★ triodio-Pentecostario con notazione musicale mediobizantina, acefalo e mutilo. ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 322 ×230 ca., 217 ff., 2 coll. ★ i ff. 159-217 sono seriori (sec. xiii, secondo il catalogo a stampa), e in parte palin-

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sesti. ★ Bibliografia scelta: PaPaDOPuLOS-KerameuS, Ἱεροσ. Βιβλ., iii, p. 39 (sec. xii); Checklist Jerusalem, p. 13 (sec. xi-xii). [72.] (✠) yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Τιμίου Σταυροῦ 51 [cf. Diktyon, nr. 35947]. ★ Lezionario dei Vangeli, acefalo e mutilo (aLanD, nr. l1025). ★ Sec. xii-xiii, pergamena, mm 247 ×183, 105 ff. (pertinenti sono i ff. 1-101), 2 coll. ★ copisti: ★ i ff. 102-105 sono tratti da un altro Lezionario dei Vangeli [aLanD, nr. l2326] dell’xi-xii secolo e d’ambito forse provinciale, con notazione ecfonetica: il catalogo a stampa rivela che il nucleo principale del manoscritto, trovato mutilo a S. Saba, fu portato alla S. croce nel 1873, ove furono aggiunti i quattro fogli finali d’altro codice. ★ Bibliografia scelta: PaPaDOPuLOS-KerameuS, Ἱεροσ. Βιβλ., iii, pp. 107-108 (sec. xi); Checklist Jerusalem, p. 14 (sec. xi)*.

aDDenDum (marzo 2022) nelle more della stampa di questo contributo, apprendo che l’appartenenza del Chicagiensis Bibl. Univ. ms. 879 e suoi membra disiecta (cf. supra, p. 210 nr. [8]) allo stile «à μεν distendu» – già da me segnalata verbalmente nella comunicazione presentata alla Giornata in memoria di mons. canart nel settembre 2018 – è stata recentissimamente dichiarata anche da t. WaSSerman, A New Leaf of Constantine Theologites the Reader’s Lectionary in Uppsala University Library (Fragm. Ms. Graec. 1 = Greg.-Aland L1663), in Svensk Exegetisk Årsbok 86 (2021), pp. 148-166: 159 (ma, per la verità, l’autore ringrazia Georgi Parpulov «for his good advice on palaeographical matters», cf. ibid., p. 159 nt. 41).

* alla fine di questo lungo lavoro, desidero esprimere un vivo ringraziamento a quanti, con spirito di collaborazione, efficienza e cortesia, mi hanno facilitato in modo speciale nel corso di alcune delle missioni di studio che mi è stato possibile effettuare in quest’ultimo difficile periodo: a Bassano del Grappa, il direttore della Biblioteca civica dott. Stefano Pagliantini; a milano, presso la Biblioteca ambrosiana il direttore don Federico Gallo e il dott. Stefano Serventi; a Parigi, gli amici christian Förstel alla Bibliothèque nationale e andré Binggeli e marie cronier alla Section Grecque dell’institut de recherche et d’histoire des textes. nella complessa campagna di acquisizione di materiali fotografici svolta per condurre questo studio e per corredare l’articolo delle necessarie riproduzioni, ho ricevuto supporto particolarmente fattivo e generoso da alcune istituzioni e persone: ci tengo a ringraziare allora in modo speciale, fra tutti gli altri, ad atene per la Biblioteca nazionale la dott.ssa angeliki Kokkini e la dott.ssa Vasiliki Liakou, e per la Spyros Loverdos Foundation la signora evita abatzidou; per il matenadaran di erevan la direzione, e inoltre l’amica erna manea Shirinian e lo staff della biblioteca; per la Biblioteca del Patriarcato ecumenico a istanbul il reverendo diacono alexandros Koutsis; a Londra, per la British Library la sig.ra Bruna Lago-Fazolo, e per la Lambeth Palace Library la sig.ra Keara Burr; alle meteore, i reverendi monaci della Μονὴ Μεταμορφώσεως; a Salonicco, per il Patriarchal institute of Patristic Studies il direttore prof. Symeon Paschalidis insieme a tutto il personale, e per la biblioteca dell’università il collega antonis chatzichristos; per il centro nazionale georgiano dei manoscritti «Korneli Kekelidze» di tbilisi il direttore prof. zaal abashidze; a tokyo, per la Keio university Library la solerte e gentilissima bibliotecaria sig.ra takeuchi miki; infine, per la Jenks Library del Gordon college, a Wenham, la sig.ra Sarah Larlee St. Germain.

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Le Scritture Dei DocuMenti DeLLA cAnceLLeriA PAtriArcALe DeL Xiii SecoLo: oSServAzioni MetoDoLogicHe ormai è un dato appurato che molti notai della cancelleria imperiale e patriarcale  a  costantinopoli  sono  stati  anche  copisti  di  manoscritti  e  che hanno  partecipato  in  vario  modo  alla  vita  culturale  della  loro  epoca.  in genere, però, l’attenzione rivolta dai paleografi greci, di solito di pura formazione  letteraria,  è  stata  piuttosto  limitata  nei  confronti  delle  testimonianze  documentarie  in  genere  e  quindi  anche  riguardo  agli  atti  emessi dalle  due  principali  cancellerie  del  mondo  bizantino,  vale  a  dire  quella imperiale e quella patriarcale. Questo spiega la necessità di esaminare dal punto di vista paleografico le esigue testimonianze a noi pervenute 1.

1 Lo studio paleografico degli originali della cancelleria patriarcale e della cancelleria imperiale bizantina ha una particolare urgenza data la diffusa mancanza di attenzione dei paleografi  greci  alle  testimonianze  provenienti  dal  mondo  della  cancelleria  (si  veda  al riguardo la lucida analisi di A. Petrucci, Paleografia greca e latina: significato e limiti di un confronto,  in  Paleografia e codicologia greca. Atti del II Colloquio internazionale (BerlinoWolfenbüttel, 17-21 ottobre 1983), i-ii, a cura di D. HArLfinger e g. PrAto (…), i, Alessandria  1991  (Biblioteca  di  Scrittura  e  civiltà,  3),  pp.  463-484:  464-466.  il  noto  maestro faceva  risalire  la  distanza  dal  mondo  delle  carte  tipica  dei  paleografi  greci,  generalmente filologi  classici  o  papirologi  di  formazione,  alle  origini  della  disciplina.  La  paleografia latina conosce infatti fin da Jean Mabillon la figura del paleografo-diplomatista, mentre la paleografia greca nasce con Bernard de Montfaucon nel mondo dei libri e della pura letteratura  privandosi  spesso  dell’apporto  derivante  dalle  altre  testimonianze  scritte.  i  pochi contributi  in  nostro  possesso  sulle  scritture  della  cancelleria  imperiale  sono  ormai  datati e non condotti con la moderna metodologia paleografica: il manuale di f. DöLger-J KArAyAnnoPuLoS,  Byzantinische Urkundenlehre,  i:  Die Kaiserurkunden,  München  1968  (Handbuch der Altertumswissenschaft, Xii/3, 1), dedica solo tre pagine (ibid., pp. 31-34) alla descrizione delle scritture impiegate dalla cancelleria imperiale; e, sempre del primo fra i due  autori,  f.  DöLger,  Die Kaiserurkunde der Byzantiner als Ausdruck ihrer politischen Anschauungen,  in  Historische Zeitschrift 159  (1938),  pp.  229-250:  236-239  [rist.  in  iD., Byzanz und die europäische Staatenwelt, ettal 1956; Darmstadt 19642, pp. 9-33]. tuttavia, come  del  resto  potremmo  dire  per  altri  sporadici  interventi  al  riguardo,  questi  contributi forniscono solo osservazioni generali che non passano in rassegna l’intero materiale dispo-

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un serio limite che si pone in questo caso è, tuttavia, costituito, soprattutto  per  il  Xiii  secolo,  dalla  scarsità  delle  testimonianze.  Per  il  periodo che  dalla  riconquista  greca  di  costantinopoli  giunge  fino  alla  fine  del regno di Michele viii nel 1282 abbiamo solo cinque originali patriarcali e ben pochi di più per la cancelleria imperiale. Le scritture impiegate, normalmente  tratte  dal  repertorio  delle  usuali,  corsive  e  calligrafiche,  sono rinvenibili anche nella produzione manoscritta coeva.  La  scrittura  greca  non  conosce  ormai  più  la  differenza  presente  nei secoli precedenti tra ambito librario e documentario, e fatta eccezione per le  scritture  tradizionali,  che  continuano  in  maniera  cristallizzata  gli  stili

nibile  e  per  di  più  non  toccano  gli  atti  patriarcali,  ma  solo  quelli  imperiali.  Per  renderci conto dello stato degli studi in questo settore, basterà ricordare che non disponiamo ancora di  riproduzioni  fotografiche  dei  documenti  bizantini  facilmente  accessibili  agli  studiosi. Solo  negli  ultimi  anni  si  sta  notando  una  certa  maggiore  attenzione  al  mondo  dei  documenti da parte dei paleografi greci. Problemi fondamentali come quello del passaggio dalla scrittura bilineare a quella quadrilineare sono stati meglio impostati e chiariti soltanto con il riferimento alle scritture cancelleresche ed usuali; ugualmente un paleografo greco come guglielmo cavallo al v colloquio internazionale di Paleografia greca ha fornito interessanti spunti di riflessione sul cambio grafico dei secoli Xi e Xii facendo precisi riferimenti a  grafie  rinvenibili  in  testimonianze  documentarie  coeve,  cf.  g.  cAvALLo,  Scritture informali, cambio grafico e pratiche librarie a Bisanzio tra i secoli XI e XII, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleografia greca (Cremona 4-10 ottobre 1998), i-[iii], a cura di g. PrAto, firenze 2000 (Papyrologica florentina, 31), pp. 219-238. Per i documenti imperiali del periodo da me esaminato rimando al mio contributo allo stesso colloquio di cremona, cf. L. PierALLi, Le scritture dei documenti imperiali del tredicesimo secolo, ibid.,  pp.  273-293;  rilievi  interessanti  sulle  scritture  cancelleresche d’età paleologa si trovano anche nel contributo di g. De gregorio, La scrittura greca di età paleologa (secoli XIII/XIV). Un panorama,  in  Scrittura memoria degli uomini. Atti della giornata di studi in ricordo di G. Cannataro (Bari, 3 maggio 2004), Bari 2006, pp. 81-138. Per le scritture della cancelleria imperiale nel secolo Xiv si vedano i contributi di e. LAMBerz,  Die Schenkung des Kaisers Johannes VI. Kantakuzenos an das Kloster Vatopedi und die Schreibzentren Kostantinopels im 14. Jahrhundert, in Acts XVIIIth International Congress of Byzantine Studies. Selected Papers, iv, ed. i. ŠevčenKo - g. g. LitAvrin, Moscow 1991, Shepherdstown  Wv  1996  [2000]  (Byzantine  Studies  /  Études  Byzantines,  n.s.,  Supplementum 4), pp. 155-167; e. LAMBerz, Das Geschenk des Kaisers Manuel II. an das Kloster Saint-Denis und der «Metochitesschreiber» Michael Klostomalles,  in  Lithostroton.  Studien zur byzantinischen Kunst und Geschichte. Festschrift für Marcell Restle, Stuttgart 2000, pp. 155-165, nonché iD., Georgios Bullotes, Michael Klostomalles und die Byzantinische Kaiserkanzlei unter Andronikos II. und Andronikos III. in den Jahren 1298-1329, in Lire et écrire à Byzance. Actes de la table ronde au XXe Congrès des Études Byzantines, Paris, 19-25 août 2001, éd. par B. MonDrAin, Paris 2006 (centre de recherche d’Histoire et civilisation de Byzance. Monographies, 19), pp. 33-48.

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dei secoli precedenti, le nuove scritture su base corsiva vengono impiegate per la copia sia di libri che di documenti 2. generalmente nei documenti sovrani di quest’epoca si riscontra la tendenza  a  una  ricerca  di  ordine  nella  spaziatura  della  pagina  e  di  un  certo equilibrio  formale  nell’impianto  grafico,  anche  se  non  è  possibile  ricostruire  uno  sviluppo  stilistico  coerente  dai  primi  esempi  dell’età  più antica 3. un dato che già ho cercato di spiegare in modo più dettagliato per la cancelleria imperiale e che qui mi limito soltanto a ricordare è relativo alla «funzione» della scrittura 4: un aspetto metodologico che appare poco valutato  dai  bizantinisti  nei  confronti  della  metodologia  paleografica  di cui  ormai  da  tempo  dispongono  i  colleghi  latinisti.  infatti,  almeno  fino agli ultimi decenni i pochi paleografi greci che hanno posto attenzione alle scritture documentarie lo hanno fatto confrontandole con le scritture dei libri e per lo più con i testimoni della letteratura classica 5. Spesso si sono cercati influssi delle librarie sulle documentarie (o viceversa) o sono state proposte analisi generiche, senza tuttavia indagare le testimonianze  in  esame  con  una  metodologia  adeguata.  Lo  studio  delle testimonianze  documentarie  fa  infatti  emergere  un  quadro  molto  più complesso e soprattutto impone la considerazione di altri dati specifici di carattere diplomatistico. nel valutare la scrittura di un documento di una cancelleria  sovrana,  come  furono  quella  imperiale  e  quella  patriarcale, occorrerà quindi esaminare l’atto sotto tutti i punti di vista e non solo dal 2 Si veda a questo proposito H. Hunger, Gibt es einen Angeloi-Stil? in Römische Historische Mitteilungen 32/33  (1990-1991),  pp.  21-35.  in  questo  importante  studio  Hunger mostra come lo stile della cancelleria degli Angeli altro non sia se non la dissoluzione delle forme tipiche della scrittura riservata della cancelleria imperiale nelle scritture d’uso presenti sia nei documenti di basso tenore delle amministrazioni che nelle librarie. 3 cf. PierALLi, Le scritture cit., nonché la descrizione delle scritture premessa alla mia edizione dei documenti rivolti alle potenze estere del Xiii secolo in L. PierALLi, La corrispondenza diplomatica dell’imperatore bizantino con le potenze estere nel Tredicesimo secolo (1204-1282). Studio storico-diplomatistico ed edizione critica, con prefazione di o. KreSten, città del vaticano 2006 (collectanea Archivi vaticani, 54). 4 Per  il  significato  del  termine  «funzione»  nel  linguaggio  paleografico  mi  limito  a rimandare  ad  A.  Petrucci,  Funzione della scrittura e terminologia paleografica,  in  Palaeographica diplomatica et archivistica. Studi in onore di Giulio Battelli, i, roma 1979 (Storia e Letteratura. raccolta di Studi e testi, 139), pp. 3-30.  5 Significativo  a  questo  proposito  è  il  lavoro  di  Wilson  sulle  scholarly hands dell’età mediobizantina, nel quale è riuscito a spostare e rettificare la datazione di alcuni testimoni di classici, cf. n. g. WiLSon, Scholarly Hands of the Middle Byzantine Period, in La paléographie grecque et byzantine (Paris 21-25 octobre 1974), Paris 1977 (colloques internationaux du centre national de la recherche Scientifique, 559), pp. 221-239.

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punto  di  vista  grafico.  La  scrittura,  essendo  solo  uno  dei  caratteri  estrinseci di un documento, andrà indagata riflettendo sulla tipologia documentaria  alla  quale  si  associa  e  soprattutto  valutando  le  consuetudini  della cancelleria emittente nelle diverse situazioni in cui i medesimi atti furono emessi 6. valutare il valore funzionale di una grafia documentaria è quindi possibile  solo  facendo  interagire  in  questa  analisi  anche  gli  altri  caratteri estrinseci dello stesso atto, quali il sigillo, l’osservanza dell’interlinea e la qualità del supporto, oppure, nel caso di un atto patriarcale, la presenza di un’intitulatio in  maiuscola  in  caratteri  distintivi  o  meno.  La  motivazione ultima della scelta operata dalla cancelleria sarà poi confermata e chiarita soltanto  dalla  valutazione  del  contenuto  intrinseco  dell’atto  e  dalla  sua destinazione contingente. Per la cancelleria imperiale avevo fatto notare che il valore «ideologico» tradizionalmente conferito alla scrittura degli atti sovrani non andava assolutamente  sottovalutato  anche  per  gli  atti  più  dimessi  del  Xiii  secolo 7. 6 Si veda al proposito quanto già detto in De gregorio, La scrittura greca di età paleologa cit., pp. 84-85. Per i problemi metodologici nel confronto tra scritture librarie e scritture documentarie si veda anche g. cAvALLo, Scritture italo-greche librarie e documentarie. Note introduttive per uno studio correlato, in Bisanzio e l’Italia. Raccolta di studi in memoria di Agostino Pertusi,  Milano  1982  (Scienze  filologiche  e  letteratura,  22),  pp.  29-38  e  iD., Scritture informali, cambio grafico cit. 7 cf. PierALLi, Le scritture cit., pp. 275-279. La mia puntualizzazione era motivata dalla scarsa  importanza  attribuita  alla  funzione  ideologica  delle  scritture  documentarie  del secolo  Xiii  dai  pochi  contributi  sull’argomento.  normalmente  si  tendeva  a  far  coincidere con il 1204 la perdita del valore simbolico delle scritture e delle tradizioni cancelleresche bizantine  genuine.  ormai  in  paleografia  greca  si  è  concordi  nel  dire  che  il  1204  non  ha significato nulla per l’evoluzione della scrittura greca sia libraria che cancelleresca e per le pratiche  documentarie  nel  mondo  bizantino;  le  differenze  che  i  documenti  mostrano  sul piano  grafico,  come  nei  caratteri  estrinseci,  si  debbono  caso  mai  far  risalire  all’ultimo periodo della dinastia degli Angeli. Sul significato del 1204 cf. P. WirtH, 1204 – ein Epochejahr in der Geschichte der griechischen Schrift?, in  Archiv für Diplomatik, Schriftgeschichte, Siegel- und Wappenkunde 19 (1973), pp. 151-156 e PierALLi, Le scritture cit., pp. 33-36ss. il manuale di diplomatica imperiale di DöLger - KArAyAnnoPuLoS, Byzantinische Urkundenlehre, i, cit., p. 34 affermava che l’unica differenza rinvenibile nella scrittura dei documenti imperiali di quest’epoca, rispetto a quella d’uso, è l’aspetto più disciplinato nella mise en page e  l’impiego  di  un  numero  inferiore  d’abbreviazioni  e  legature.  La  generalizzazione che appare nel manuale non è pertanto soddisfacente o almeno non spiega le varie fasi  attraverso  le  quali  passa  la  scrittura  dei  documenti  imperiali  di  quest’epoca,  come abbiamo già chiarito in PierALLi, Le scritture cit., p. 275 nt. 11. La stessa interpretazione di Dölger fu poi ripresa da n. oiKonoMiDèS, La chancellerie impériale à Byzance du XIIIe au XV e siècle, in Revue des études byzantines 43 (1985), pp. 167-195: 175. 

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il  controllo  esercitato  dalla  cancelleria  imperiale  sui  propri  atti  trovava la sua pratica attuazione nella maggior attenzione al rispetto dei margini, dell’interlinea e soprattutto nell’adozione di alcune particolari grafie selezionate  tra  le  usuali  ormai  impiegate  anche  nei  libri.  nel  Xiii  secolo, durante il regno del «restauratore» Michele viii, la grafia che in soluzioni più o meno calligrafiche viene adottata dalla cancelleria imperiale è quella che nigel Wilson ha definito stile β-γ, e che a buon diritto si può far rientrare nella Fettaugen-Mode 8. Lo stesso tipo di attenzione alla grafia degli atti ufficiali si può inoltre riscontrare per il Xiv secolo nello stile degli atti di cancelleria di Andronico ii e di Andronico iii con la scrittura del Metochitesschreiber,  il  copista  al  servizio  di  teodoro  Metochita,  e  di  giorgio Bullotes 9, le cui soluzioni si pongono nell’ambito della dissoluzione della Fettaugen-Mode 10. tali grafie sono caratterizzate dalla predilezione per le 8 n.  g.  WiLSon,  Nicaean and Palaeologan Hands: Introduction to a Discussion,  in  La paléographie grecque et byzantine cit.,  pp.  263-267;  cf.  H.  Hunger,  Griechische Paläographie, in Geschichte der Textüberlieferung der antiken und mittelalterlichen Literatur, i: Antikes und mittelalterliches Buch- und Schriftwesen. Überlieferungsgeschichte der antiken Literatur, zürich 1961, pp. 27-147: 101ss. in questo contributo l’autore parlava ancora di Fettaugenstil;  Fettaugen-Mode è  definizione  più  recente  e  si  ritrova  in  H.  Hunger,  Die sogenannte Fettaugen-Mode in griechischen Handschriften des 13. und 14. Jahrhunderts,  in Byzantinische Forschungen 4  (1972),  pp.  105-113.  Per  la  collocazione  dello  «stile  β-γ» all’interno della Fettaugen si è pronunciato g. PrAto, I manoscritti greci dei secoli XIII e XIV: note paleografiche, in Paleografia e Codicologia Greca. Atti cit., i, 131-149: 132 [rist. in  iD., Studi di paleografia greca, Spoleto 1994 (collectanea, 4), pp. 115-131]. 9 A Bullotes possiamo attribuire oltre trenta documenti emessi sotto Andronico ii ed Andronico iii nel periodo che va dal 1298 al 1329 elencati in LAMBerz, Georgios Bullotes, Michael Klostomalles cit.,  p.  36-38.  Bullotes  utilizza  una  grafia  che  unisce  la  corsività  di base con un ductus posato dove sono visibili chiari influssi Fettaugen (forme di alpha, omicron, theta, delta,  sigma, phi ed  omega con  occhiello  ingrandito).  frequenti  sono  anche  i tratti  di  natura  cancelleresca,  come  gli  svolazzi  e  le  inclusioni.  il  tutto  è  personalizzato  e gestito sapientemente in una catena grafica che predilige la compressione e riduzione delle aste montanti e discendenti dando l’impressione di una bilinearità ricercata.  10 Herbert Hunger aveva ipotizzato l’identità della mano che ha vergato la parte principale  del  Vind. Phil. gr. 95, contenente  le  opere  di  teodoro  Metochita,  con  quella  dello scriba  del  chrysobullos logos del  1312:  cf.  H.  Hunger,  Theodoros Metochites als Vorläufer des Humanismus in Byzanz, in Byzantinische Zeitschrift 45 (1952), pp. 4-19. giancarlo Prato ha poi ben descritto le caratteristiche di questa mano e ha attribuito allo stesso scriba molti altri  testimoni  e  altri  chrysobulloi logoi,  rispettivamente  del  1312,  1314,  1317  e  1321;  cf. PrAto, I manoscritti dei secoli XIII e XIV cit., pp. 140-149 [rist., pp 123-131]. erich Lamberz, nel  suo  contributo  al  Xviii  congresso  internazionale  di  Bizantinistica  (Mosca  1991),  ha proposto  l’identificazione  del  Metochitesschreiber con  Michele  Klostomalles:  cf.  LAMBerz, Schreibzentren Kostantinopels, cit. Lo stesso Lamberz ha poi ripreso la sua opinione in altri contributi: cf.  iD., Das Geschenk cit. e  iD. Georgios Bullotes, Michael Klostomalles cit.

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forme  rotonde,  nel  caso  del  Metochitesschreiber,  o  squadrate,  nel  caso  di giorgio  Bullotes,  e  tendono  a  sottolineare  fortemente  la  bilinearità  della scrittura. La scrittura dei due notai divenne di riferimento anche per altri copisti  attivi  in  cancelleria  imperiale  e  pur  dando  luogo  a  esiti  personali ripropone  le  scelte  grafiche  operate  dai  due  copisti  in  questione  nel  ben più  articolato  panorama  delle  scritture  informali  del  Xiv  secolo.  ci  riferiamo ad esempio alla mano del notaio nicola Babiskomitis, noto tramite la  ratifica  della  parte  greca  del  trattato  bilingue  con  venezia  del  1332 (Regesten,  nr.  2787)11 che  praticò  anch’egli  il  Metochitesstil 12,  oppure  a mani di altri copisti a cui non siamo in grado di dare un nome, ma che si avvicinano a questo modello grafico. un esempio interessante è quello del chrysobullon sigillion per  chilandariou  del  settembre  1321  (Regesten,  nr. 2663)13 vergato da una mano tanto simile a quella del Metochitesschreiber da esser stata a lui erroneamente attribuita, come poi ha ben chiarito erich Lamberz 14, oppure la mano che ha copiato nel gennaio 1329 i due  chry-

11 D’ora in poi ci riferiremo così (Regesten) al noto repertorio dei regesti dei documenti imperiali  bizantini:  f.  DöLger,  Regesten der Kaiserurkunden des oströmischen Reiches von 565-1453, i-v, München-Berlin 1924-1965 (teil 1/2: zweite Auflage neu bearbeitet von A. MüLLer unter verantwortlicher Mitarbeit von A. BeiHAMMer, München 2003; 2 und 3: zweite  erweiterte  und  verbesserte  Auflage,  bearbeitet  von  P.  WirtH, München  1995  und 1977). 12 il documento è conservato all’Archivio di Stato di venezia con segnatura: Atti diplomatici e privati Ba13, n. 447. LAMBerz,  Georgios Bullotes, Michael Klostomalles cit.,  p.  45 nt. 57 attribuisce a Babiskomitis anche la copia del documento nr. 2787 dei Regesten del 1332 e di altri sei documenti emessi nel 1351 e cioè i nrr. 2788, 2811, 2812, 2813, 2968 e 2972 dei Regesten, mentre respinge l’attribuzione al notaio della copia del documento nr. 2775 dei Regesten (il documento, un chrysobullos logos diretto nel luglio 1331 al cenobio di Patmo è  ritenuto  un falso  da  e. L. vrAnouSSi,  Βυζαντινὰ ἔγγραφα τῆς μονῆς Πάτμου, i: Αὐτοκρατορικά; ii: Δεσποτικά,  Ἀθῆναι 1980: i, pp. 174-181; l’atto è riprodotto in f. DöLger, Facsimiles byzantinischer Kaiserurkunden, München 1931, taf.  Xii, nr. 27 e in o. KreSten, Zur Datierung, zum Schreiber und zum politischen Hintergrund dreier Urkunden des Kaisers Andronikos III. Palaiologos für das Serbenkloster Chilandariu,  Wien  1994  [Anzeiger  der philosophisch-historischen  Klasse  der  österreichischen  Akademie  der  Wissenschaften, 130], pp. 67-99 e Abb. 3) proposta da ch. KrAuS, Die kaiserlichen Privilegienurkunden für Patmos (1321-1331), in Byzantinische Zeitschrift 90 (1998), pp. 359-378: 369. fino a oggi non conosciamo codici attribuibili con sicurezza alla mano di Babiskomitis.  13 il documento è riprodotto in f. DöLger, Empfängerausstellung in der byzantinischen Kaiserkanzlei? Methodisches zur Erforschung der griechischen Urkunden des Mittelalters, in Archiv für Urkundenforschung 15 (1938), pp. 393-414 [rist. in iD., Byzantinische Diplomatik. 20 Aufsätze zum Urkundenwesen der Byzantiner, ettal 1956, pp. 152-175, taf.  Xiv Abb. 6]. 14 ci  riferiamo  all’attribuzione  fornita  da  KrAuS,  Patmos,  p.  368  e  rettificata  in  LAMBerz, Georgios Bullotes, Michael Klostomalles cit., p. 45 nt. 57.

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sobulloi sigillioi,  rispettivamente  per  Lavra  e  per  Patmo  (Regesten,  nrr. 2733 e 2737)15, chiaramente vergati da una mano vicina a quella di giorgio Bullotes. La cancelleria patriarcale si mostra spesso, sia nelle forme intrinseche dei  documenti  sia  nelle  caratteristiche  estrinseche,  vicina  alle  soluzioni della  cancelleria  imperiale.  in  questa  sede  ci  soffermeremo  in  particolare sulle  testimonianze  patriarcali  per  non  ripetere  quanto  già  detto  altrove. Le scritture che troviamo impiegate nei documenti patriarcali della prima età paleologa, pur non adottando i medesimi stili grafici talora rinvenibili nella produzione coeva, ci sembrano infatti confermare questo stesso dato. Accanto  ai  repertori  morfologici  tratti  dalle  usuali  coeve  troviamo  la stessa  attenzione  alla  mise en page (margini  rispettati,  interlinea  adeguato) soprattutto negli atti di maggiore solennità. La scrittura dei documenti,  pur  in  misura  inferiore  a  quanto  accade  in  cancelleria  imperiale, assume  cioè  ancora  la  funzione  di  indicatore  della  dignità  del  potere  che li  emette,  in  questo  caso  la  grande  chiesa 16.  riconducibile  a  questo ambito  grafico,  con  una  predilezione  per  le  forme  angolose  e  con  una voluta  sottolineatura  dei  segni  abbreviativi  e  degli  accenti,  è  la  scrittura del primo originale, il  γράμμα per il monastero di S. giovanni teologo a Patmo emesso dal patriarca germano ii oppure Manuele ii nel settembre del  1237  o  1252 17.  il  secondo  documento  originale  del  Xiii  secolo  a  noi Per Regesten, nr. 2733 cf. Actes de Lavra, iii: De 1329 à 1500, Édition diplomatique par P. LeMerLe - A. guiLLou - n. SvoronoS - D. PAPAcHrySSAntHou, Paris 1979 (Archives de  l’Athos,  10),  nr.  118  e  pl.  cLiii-cLiv;  per  Regesten, nr.  2737  cf.  vrAnouSSi,  Βυζαντινὰ ἔγγραφα, cit., nr. 17 e  πίν.  XXXv. 16 non  si dimentichi che  questi  ultimi secoli di Bisanzio vedono  la progressiva riduzione  del  potere  territoriale  e  giurisdizionale  dell’impero,  mentre  l’autorità  spirituale  e morale  della  grande  chiesa  si  estende  ancora  sull’intera  ecumene  ortodossa.  il  patriarca ecumenico giunge quindi così a ricoprire una carica talora di maggior rilevanza rispetto a quella dell’imperatore. e del resto nei tentativi di unione ecclesiastica (da Lione a firenze, comprendendo anche la sottomissione di giovanni v nel 1369) compiuti, con fini diplomatici, dagli imperatori vediamo sempre la grande autonomia con cui il patriarcato si pone di fronte al potere imperiale.  17 Regestes,  nr.  1387  (d’ora  in  poi  con  la  sigla  Regestes indichiamo  il  repertorio  dei regesti  dei  documenti  patriarcali  costantinopolitani  redatto  dai  padri  assunzionisti  v. gruMeL -  J.  DArrouzèS,  Le regestes des actes du patriarcat de Constantinople,  i: Les actes des patriarches, 2-3: Les regestes de 715 à 1206, par v. gruMeL, 2ème éd. rev. et corr. par J. DArrouzèS, Paris 1989; v. LAurent, Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, i: Les actes des Patriarches, 4: Les regestes de 1208 à 1309, Paris 1971; J. DArrouzèS, Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, i: Les actes des Patriarches, 5: Les regestes de 1310 à 1376, Paris 1977; J. DArrouzèS, Les regestes des actes du Patriarcat de Constan15

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pervenuto è un  ὑπόμνημα anch’esso per Patmo del 1258 18, un documento emesso dunque ancora durante l’esilio niceno, durante il primo patriarcato di Arsenio Autoreianos. il documento è vergato in una scrittura elegante con leggeri contrasti dei nuclei rotondi che preludono ai futuri effetti Fettaugen e da talora vistosi ingrandimenti delle aste e dei segni diacritici che non la distanziano di molto da grafie rinvenibili in prodotti librari coevi. Sempre  rispettato  anche  qui  l’interlinea  e  lo  spazio  dei  margini,  mentre un’elegante  maiuscola  con  funzione  distintiva  viene  impiegata  per  l’intitulatio iniziale. Di un decennio successiva (aprile 1277) è invece la γραφή con  la  quale  il  patriarca  giovanni  Bekkos  rivolgendosi  a  papa  giovanni XXi  accettava  la  fede  cattolica  e  le  condizioni  stabilite  dall’unione  lionese 19. Anche qui ci troviamo di fronte a una scrittura moderna e calligrafica,  sebbene  più  evoluta  rispetto  agli  esempi  precedenti,  ben  controllata e  contenuta.  un  ulteriore  frammento  non  datato  contenuto  nel  Vat. gr. 100B, per il quale attendiamo un dettagliato studio di giuseppe De gregorio,  presenta  invece  una  scrittura  molto  conservativa  che  rimanda  agli originali  prima  menzionati  della  seconda  metà  del  Xii  secolo;  probabilmente era questa la scrittura impiegata per i previlegi solenni concessi a monasteri di nuova fondazione o di vetusta antichità 20. ormai alla fine del

tinople, i: Les actes des Patriarches, 6: Les regestes de 1377 à 1410, Paris 1979; J. DArrouLes regestes des actes du Patriarcat de Constantinople,  i:  Les actes des Patriarches,  7: Les regestes de 1410 à 1453, Paris 1991). La datazione (1267) fornita da vitalien Laurent nei  Regestes è  sicuramente  da  rivedere  e  da  spostare  al  1237  o  1252  o  comunque  prima della sottomissione del monastero di Spondai a quello di Patmo, avvenuta al più tardi nel 1258 e in ogni caso dopo la riconquista di cos da parte di giovanni vatatzes all’inizio del suo regno (1221-1254; cf. nicePHori gregorAe Byzantina historia, ed. L. ScHoPen, i-iii, Bonnae  1829  (corpus  Scriptorum  Historiae  Byzantinae,  XiX/1-3):  i,  28-29);  in  questo intervallo di tempo gli anni che cadono in un’undicesima indizione sono il 1222, 1237 e il  1252.  Si  veda  anche  a  questo  proposito  K.  SMyrLiS,  La fortune des grandes monastères byzantins (fin du Xe-milieu du XIV e siècle),  Paris  2006  (collège  de  france-cnrS.  centre de recherche d’histoire et civilisation de Byzance. Monographies, 21), p. 178 e nt. 495. il documento viene qui riprodotto nella tav. 1 sulla base di una mia fotografia eseguita nell’Archivio di Patmo. 18 Regestes, nr. 1337 qui riprodotto alla tav. 2 sulla base di una mia foto eseguita nell’Archivio di Patmo. Sul documento si veda anche M. geroLyMAtu,  Σχετικά με τα βυζαντινά πατριαρχικά έγγραφα της Πάτμου, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, ser. iii, 1 (2004), pp. 79-91: 83-84. 19 il documento è stato già da me edito e commentato anche nei suoi caratteri estrinseci, quindi anche grafici, in PierALLi, La corrispondenza diplomatica cit., pp. 415-431 (App. nr. 3); la scrittura viene esaminata ibid., pp. 416-417. 20 De gregorio, La scrittura greca di età paleologa cit., p. 87. zèS,

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Xiii  secolo  (maggio  1291)  troviamo  il  σιγιλλιῶδες γράμμα per  Patmo 21 vergato in un’elegante scrittura che fonde abilmente elementi tradizionali con elementi tratti dal repertorio moderno, come si vede nella sottolineatura di alcune lettere a base rotonda (come omega, epsilon, phi ecc.) talora collées l’una  all’altra  in  una  catena  grafica  basata  su  segni  di  modulo   rettangolare. il documento, preceduto da una sontuosa intitulatio in caratteri distintivi, era stato emesso dal patriarca Atanasio i per restituire al monastero di Patmo il diritto di proprietà sui monasteri di Spondai e di Alsos nell’isola  di  cos.  Pur  nella  ricercata  formalità  di  questa  grafia  non  mancano anche qui possibilità di confronto con le scritture dei libri coevi. Per notare la differenza di registri grafici presenti nella cancelleria patriarcale del secolo Xiii è utile richiamare anche una lettera riportante la decisione sinodale del maggio 1250 con la quale il sinodo riconosceva al monastero di  iviron  diritti  sul  monastero  dell’eleousa  a  Strumica  e  trasmessaci  tramite  una  copia  autenticata  posteriore  di  un  ventennio 22.  il  documento, vergato con assoluta osservanza dei margini e dell’interlinea, presenta una variante  calligrafica  di  notevole  livello  estetico  dello  stile  β-γ 23,  prima indicato come la variante prediletta dalla cancelleria imperiale per i documenti  più  impegnativi  da  essa  emessi,  ovvero  gli  Auslandsschreiben.  il documento,  conservato  oggi  in  copia  presso  l’archivio  del  monastero  di iviron,  è  stato  prodotto  nella  cancelleria  patriarcale  a  costantinopoli  nel 1273 e firmato, come consuetudine per questo genere di atti, dal charto-

Regestes, nr. 1550, e f. MiKLoSicH - J. MüLLer, Acta et diplomata Graeca medii aevi sacra et profana, i-vi, vindobonae 1860-1890: vi, pp. 240-241; geroLyMAtu, Σχετικά cit., p. 86-87. il documento viene qui riprodotto alla tav. 3 sulla base di una foto da me eseguita nell’Archivio di Patmo. 22 Regestes,  nr.  1312;  Actes d’Iviron,  iii,  Édition  diplomatique  par  J.  Lefort,  n.  oiKonoMiDèS,  D.  PAPAcHrySSAntHou,  Paris  1994  (Archives  de  l’Athos,  16),  nr.  57.  Sul  documento si veda quanto ho detto in L. PierALLi, I protocolli delle riunioni sinodali (Regestes n. 1549, 1567, 3424 [= 2352 a], in  Le patriarcat œcuménique de Constantinople et Byzance hors frontières (1204-1586). Actes de la table ronde organisée dans le cadre du 22e Congrès International des Études Byzantines, Sofia 22-27 aot 2011, éd. par M. H. BLAncHet, M. H. congourDeAu et  D.  i  MureS¸An,  Paris  2015  (Dossiers  byzantins,  15),  pp.  133-157:  135136 e Pl. 1. 23 Si veda ad es. Regesten, nr. 2026 e PierALLi, Le scritture cit., pp. 286-290. Ho potuto verificare  nei  documenti  imperiali  la  presenza  dello  stile  β-γ a  partire  dall’anno  1259. Wilson nel contributo citato, basato su manoscritti non sempre datati, individua come limite cronologico  per  lo  stile  β-γ gli  anni  1270-1320.  Lo  studio  dei  documenti,  per  loro  natura datati, ci sembra autorizzi quindi a retrodatare di un decennio la comparsa dello stile. 21

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phylax giovanni il filosofo 24. in un’altra decisione sinodale 25 conservataci in originale e risalente agli anni 1289-1293 troviamo ancora attestato lo stile  β-γ, anche se in una variante molto meno calligrafica del caso precedente. con questo atto il patriarca Atanasio i regolava una contesa relativa al possesso del metochio della Madre di Dio ad Hermylia legato al monastero di  Xeropotamou 26.  il ricorrere di  questa  variante  grafica  in due  atti sinodali  della  cancelleria  patriarcale  ci  sembra  sia  sicuramente  da  collegare  con  la  volontà  di  preparare  un  atto  importante  e  quindi  da  vergare con una scrittura solenne. Lo stile  β-γ, per quanto nato nell’ambito della Fettaugen-Mode e  quindi  delle  grafie  moderno-erudite,  alla  fine  del  Xiii secolo,  grazie  all’uso  che  di  esso  aveva  fatto  la  cancelleria  imperiale,  era sicuramente  avvertito  come  uno  stile  adatto  a  significare  l’autorità  della grande chiesa al pari delle scritture più tradizionali impiegate nel frammento  del  Vat. gr. 100B  e  nel  σιγιλλιῶδες γράμμα per  Patmo  del  129127. un documento, tra quelli qui indagati, che presenta l’utilizzo significativo di una grafia propria della cancelleria imperiale è il nr. 2014 dei Regestes, emesso nel novembre 1312 dal patriarca nifone 28. con questo importante atto il patriarca in accordo con gli athoniti e con l’imperatore stabiliva che da quel momento in poi la consacrazione del protos della Santa Montagna sarebbe  stata  effettuata  dal  patriarca.  Ho  intenzione  di  discutere  in  altra sede  i  problemi  soggiacenti  alla  stesura  dell’atto,  ma  sarà  qui  utile  ricordare, che nonostante la sicura cooperazione di nifone, l’azione principale 24 Su giovanni il filosofo si veda quanto ho detto in PierALLi, I protocolli delle riunioni sinodali cit., pp. 135-136 e nt. 16. 25 Regestes, nr. 1549. il documento, qui riprodotto alla tav. 4 sulla base di una foto eseguita dai monaci di iviron su richiesta di chi scrive, è stato analizzato in PierALLi, I protocolli delle riunioni sinodali cit., pp. 137-138 e Pl. 2. 26 gli editori degli Actes d’Iviron, iii, cit., nr. 68 p. 138 dicono che il documento sinodale,  pervenutoci  in  originale,  corrispondente  al  nr.  1567  dei  Regestes (an.  1295,  e  dagli editori  paragonato  con  l’edizione  che  del  documento  aveva  fatto  f.  DöLger,  Aus den Schatzkammern des Heiligen Berges, München 1948, nr. 100 pp. 258-261), è stato scritto dalla  medesima  mano  che  ha  vergato  il  nr.  1549  di  cui  ci  stiamo  adesso  occupando.  in realtà la scrittura con cui è stato esemplato è assolutamente diversa da quella in questione. Si  tratta  infatti,  nell’atto  del  1295,  di  una  minuscola  di  modulo  minuto  sostanzialmente uniforme, dal ductus rapido e leggermente inclinata a destra: una scrittura elegante paragonabile a quella praticata da alcuni eruditi dell’epoca. rimando per maggiori dettagli relativi alla descrizione della grafia e dell’atto a quanto già ho detto in PierALLi, I protocolli delle riunioni sinodali, cit., p. 139 e ntt. 25-26. 27 Regestes, nr. 1550 (cf. supra, nt. 22). 28 Actes du Prôtaton,  Édition  diplomatique  par  D.  PAPAcHrySSAntHou,  Paris  1975 (Archives de l’Athos, 7), nr. 11, pp. 243-248.

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fu sicuramente imperiale. il documento sembra essere stato quindi preparato  in  cancelleria  imperiale,  come  mostra  l’uso  di  una  grafia  vicina  a quella  di  giorgio  Bullotes  anche  se  di  minor  qualità  estetica  e  a  lui  non attribuibile. oltre a casi in cui possiamo trovare l’imitazione funzionale di grafie  impiegate  in  modo  particolare  in  ambito  imperiale  incontriamo esempi  che  ci  mostrano  una  stretta  collaborazione  tra  le  due  cancellerie, collaborazione del resto verificabile non solo considerando le scritture, ma anche molte altre particolarità interne agli atti. Sempre preparato in cancelleria  imperiale  fu  sicuramente  il  documento  nr.  1435  dei  Regestes, emesso  il  16  luglio  1277.  con  questo  documento  in  lingua  latina  il patriarca  giovanni  Xi  si  rivolgeva  ai  notabili  civili  ed  ecclesiastici  rendendo nota la scomunica di tutti gli scismatici e in particolare dei sovrani dell’epiro  e  di  neopatras.  La  mano  che  ha  copiato  il  documento  è  infatti quella  del  notaio  imperiale  ogerio  Boccanegra  come  già  abbiamo  dimostrato  in  altra  sede 29.  in  situazioni  che  coinvolgevano  sia  la  chiesa  che l’impero le due istituzioni sembrano quindi aver collaborato, come comprovano  anche  le  grafie.  un  caso  in  cui  un  documento  imperiale  fu  con buone  probabilità  copiato  in  cancelleria  patriarcale  è  viceversa  il  documento  nr.  2012  dei  Regestes,  con  il  quale  il  patriarca  nifone  ratificava  la copia  autenticata  di  un  chrysobullos di  Michele  iX  Paleologo  (Regesten, nr. 2626), come confermano anche le forme incerte e artificiose delle Rotworte per  λόγος 30.  Lo  stesso  uso  è  verificabile  nel  ben  più  tardo  atto  di gregorio  iii  emesso  tra  il  20  e  il  27  settembre  dell’anno  1445  (Regestes, nr.  3400)  e  la  cui  copia  è  stata  attribuita  all’allora  segretario  imperiale giorgio Scholarios da Michael cacouros 31. nei  pochi  originali  patriarcali  considerati  abbiamo  così  verificato  la presenza sia di scritture corsive e d’uso corrente che di scritture che, pur rientrando  nell’ambito  delle  nuove  tendenze  grafiche,  risultano  più  formali e ricercate; e abbiamo riscontrato anche una notevole versatilità nel passare da un modello grafico all’altro.  Per il periodo successivo, gli anni che vanno dal 1315 al 1402, gli studi sulla cancelleria patriarcale dispongono di un documento di confronto di cf. PierALLi, Le scritture cit., pp. 88-95. cf. Actes d’Iviron, iii, cit., nr. 72 e Pl.  XXXvib-XXXvii. 31 M. cAcouroS, Un patriarche à Rome. Un katholikos didaskalos au patriarcat et deux donations trop tardives de reliques du Seigneur: Grégoire II Mamas et Georges Scholarios, le synode et la synaxis,  in  Βυζάντιο· κράτος καὶ κοινωνία. Μνήμη Νίκου Οικονομίδη /  Byzantium: State and Society. In Memory of Nikos Oikonomides, ed. by A. AvrAMeA, A. LAiou, e. cHrySoS, Athens 2003, pp. 71-124. 29

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particolare significato anche per la paleografia, cioè il registro patriarcale delle  sedute  sinodali.  Lo  studio  di  Jean  Darrouzès  sul  registro  dedica un’ampia  parte  all’analisi  delle  scritture  cercando  di  individuare  quando possibile  i  copisti  che  si  alternano  nella  copia  del  volume 32.  il  lavoro  di Darrouzès,  per  la  parte  del  registro  edita  diplomaticamente  dall’équipe viennese, è stato però spesso corretto con identificazioni nuove e significative, e al momento giuseppe De gregorio sta ultimando uno studio che prende  in  esame  il  primo  dei  due  volumi  del  registro,  cioè  il  Vind. hist. gr. 47,  contenente  gli  atti  fino  all’anno  1372 33.  in  questa  sede  mi  limito pertanto  a  citare  il  registro  per  il  suo  valore  nello  studio  delle  scritture degli  atti  patriarcali,  rimandando  allo  studio  citato  l’illustrazione  dell’intera problematica.

32 J. DArrouzèS, Le registre synodal du Patriarcat byzantin au XIV e siècle. Étude paléographique et diplomatique, Paris 1971 (Archives de l’orient chrétien, 12), pp. 7-89. 33 nel  Vind. hist. gr. 47  si  trova  comunque  anche  un  atto  datato  agosto  1375  e  non edito in MiKLoSicH - MüLLer, Acta et diplomata Graeca, vi, cit. (Vind. hist. gr. 47, f. 308r), contenente la promessa di un certo Marco.

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NICCOLÒ V E I SUOI LIBRI GRECI. CON qUALChE NUOVO dATO SUI COdICI PROVENIENTI dAL mONASTERO dEL PANTOKRATOR SULL’AThOS E SUL COPISTA GERASImO

1. Per una nuova edizione dell’inventario dei manoscritti greci di papa Niccolò V Il lavoro che qui si presenta prende le mosse da un progetto di ricerca relativo alla storia della porzione più antica del fondo Vaticano greco, che sto  attualmente  portando  avanti  in  collaborazione  con  il  dott.  Antonio manfredi, scriptor latinus della Biblioteca. Focus di tale progetto è la raccolta manoscritta in lingua greca entrata in Vaticana sotto il pontificato di Niccolò  V  (1447-1455):  come  è  noto,  infatti,  Tommaso  Parentucelli  – questo il nome di Niccolò V prima dell’elezione al soglio pontificio – fu il papa  umanista  che  per  primo  decise  di  includere  nella  raccolta  libraria pontificia anche una consistente biblioteca di codici greci. Il primo obiettivo  del  progetto,  dunque,  è  la riedizione  dell’inventario dei manoscritti greci della Vaticana di papa Niccolò V. Tale inventario, che risale al 1455, anno della morte del pontefice, fu compilato da Cosimo di montserrat,  bibliotecario  del  successore  di  Niccolò  V,  papa  Callisto  III (1455-1458). Per la parte greca esso è tràdito, a quel che sappiamo, da un solo  manoscritto,  oggi  conservato  al  museu  Episcopal  di  Vic,  in  Catalogna, città di cui Cosimo di montserrat divenne poi vescovo nel 1459 per volontà  di  papa  Pio  II  (1458-1464):  si  tratta  del  codice  Vic,  museu  Episcopal,  201,  ff.  1r,  3r-21r  (tav.  1) 1.  In  tale  inventario,  la  sezione  greca conta oltre 400 manoscritti, cifra consistente per l’epoca: a tal proposito, come  semplice  termine  di  confronto,  possiamo  considerare  il  fatto  che

1 Più in particolare, ai ff. 3r-18r è tramandato l’inventario vero e proprio della biblioteca greca, ordinata in due sezioni, la sacra e la profana, a loro volta suddivise per autori e  materia;  ai  ff.  19r-21r  vi  sono  tre  liste  di  prestito,  due  a  Isidoro  metropolita  di  Kiev († 1463) e una al cardinal Bessarione (1403-1472); infine, al f. 1r è presente un’ulteriore lista di prestito all’umanista Francesco Griffolini (1420-1490).

☜ tavv. 1-8

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nella  biblioteca  pontificia  di  Avignone  non  vi  era  ancora  alcun  manoscritto  greco,  mentre  in  quella  dell’immediato  predecessore  di  Niccolò  V, papa Eugenio IV (1431-1447), i codici greci erano soltanto due. del resto, anche nelle più importanti collezioni manoscritte coeve private o pubbliche  –  con  la  sola  eccezione  della  biblioteca  di  S.  marco  a  Firenze  –  i manoscritti  greci  si  riducevano  in  genere  a  poche  unità.  Nella  Biblioteca Vaticana  di  Niccolò  V,  invece,  i  415  codici  greci  costituivano  addirittura un terzo dell’intera raccolta manoscritta, i cui codici sono descritti, nell’inventario, in oltre 1200 voci complessive 2. L’inventario  della  biblioteca  greca  di  Niccolò  V  fu  pubblicato  per  la prima volta da Eugène müntz e Paul Fabre nel 1887, in appendice al loro lavoro  sugli  inventari  vaticani  quattrocenteschi,  e  di  nuovo  da  Robert devreesse nel 1965, con le prime proposte di identificazione dei codici in esso  menzionati  e  insieme  a  tutta  la  serie  degli  inventari  antichi  dei manoscritti  greci  della  Biblioteca  Vaticana 3.  Il  nostro  progetto  –  il  cui primo obiettivo, come si è detto, è la riedizione della sezione greca dell’inventario niccolino – mira, però, ad una più completa e affidabile identificazione dei manoscritti ivi registrati, anche grazie ad una metodologia più aggiornata  che  presta  attenzione  ad  elementi  e  dati  di  dettaglio  sfuggiti all’analisi più ampia di devreesse; inoltre, per ogni voce dell’inventario si forniranno sia una sinossi delle voci parallele negli altri inventari antichi, sia una sintetica scheda informativa sul codice, con sommarie indicazioni sul manoscritto e le ragioni dell’identificazione da noi proposta.  Al  termine  del  progetto  ci  proponiamo,  dunque,  di  pubblicare  un volume  che  faccia  da  pendant a  quello,  pubblicato  da  Antonio  manfredi Per essere più precisi, si tratta di 824 codici latini e 415 codici greci, per un totale di 1239 volumi. – Sulla Vaticana di papa Niccolò V e dei suoi immediati predecessori, così come sulle coeve raccolte librarie, si veda almeno A. mANFREdI, La nascita della Vaticana in età umanistica da Niccolò V a Sisto IV, in Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana, I: Le origini della Biblioteca vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534), a cura di A. mANFREdI, Città del Vaticano 2010, pp. 149-236: 149-189, con la precedente bibliografia;  cf.  anche,  da  ultimo,  m.  mENChELLI,  Niccolò V tra aristotelici e platonici, Niccolò V bibliofilo. Un trattato in margine al Timeo platonico nella versione di Gregorio Tifernate per il Pontefice, un Arato illustrato da Bisanzio alla biblioteca Niccolina, in Archivio storico per le province parmensi, ser. IV, 69 (2017) [2018], pp. 57-70: 57, con ulteriore bibliografia. 3 Rispettivamente  E.  müNTZ -  P.  FABRE,  La Bibliothèque du Vatican au XV e siècle d’après des documents inédits. Contributions pour servir à l’histoire de l’humanisme,  Paris 1887  (Bibliothèque  des  Écoles  françaises  d’Athènes  et  de  Rome,  48),  pp.  316-343,  e  R. dEVREESSE,  Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines à Paul V,  Città  del  Vaticano 1965 (Studi e testi, 244). 2

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qualche  anno  fa,  che  conteneva  la  nuova  edizione  dell’inventario  della sezione latina della biblioteca di Niccolò V con le identificazioni dei relativi  manoscritti 4.  Ci  si  propone  così  di  ricostruire,  almeno  virtualmente, l’intera raccolta vaticana delle origini nelle sue due anime, latina e greca 5. Fatta questa breve premessa, passiamo alla questione che sta al fondo di tutto il lavoro, ovvero quali siano i criteri sulla cui base si può identificare  un  codice  entrato  in  Vaticana  al  tempo  di  Niccolò  V.  Si  tratta, insomma,  di  chiarire  quali  siano  i  principi  che  guidano  nell’individuare  i 415  codici  greci  dell’inventario  niccolino  tra  le  migliaia  presenti  oggi  in Biblioteca: problema non di poco conto, soprattutto in considerazione del fatto che le voci dell’inventario quattrocentesco contengono informazioni molto scarne. Per ogni manoscritto, infatti, vengono forniti in forma sintetica solamente quattro dati: il formato (piccolo, medio, grande), il supporto scrittorio (carta o pergamena), l’aspetto e il colore della legatura (in cuoio rosso, nero, bianco; con assi nude senza coperta; senza legatura), il contenuto (di solito con indicazione puntuale di autore e opera – almeno il  primo  e  principale  –,  talvolta  solamente  con  il  contenuto  generale  del codice).  Consideriamo,  a  titolo  esemplificativo,  una  voce  dell’inventario tra quelle dalla struttura più comune: «Item unum volumen magnum de A.  mANFREdI,  I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994 (Studi e testi, 359). – Il volume ha visto la luce proprio qualche  mese  fa,  mentre  il  presente  lavoro  era  ormai  quasi  pronto  per  la  stampa:  I codici greci di Niccolò V. Edizione dell’inventario del 1455 e identificazione dei manoscritti. Con approfondimenti sulle vicende iniziali del fondo Vaticano greco della Biblioteca Apostolica Vaticana, a cura di A. mANFREdI - F. POTENZA, Città del Vaticano 2022 (Studi e testi, 552). 5 Come mi ha riferito il dott. manfredi, fu lo stesso mgr. Canart, convinto della necessità di ripubblicare gli antichi inventari della Biblioteca, a spronarlo, tra gli altri, a continuare il lavoro compiuto per la sezione latina della biblioteca niccolina anche per la parte greca:  da  ciò  derivò,  oltre  a  un  brevissimo  contributo  pubblicato  sulla  Gazette du livre médiéval (30 [1997], p. 69) dal titolo L’edizione degli inventari antichi della Biblioteca Vaticana,  la  pubblicazione  di  due  inventari  greci  cinquecenteschi  (rispettivamente  degli  anni 1518 ca. e 1533), nei lavori citati infra, ntt. 25 e 12. Io stessa, collateralmente e successivamente  alla  riedizione  dell’inventario  della  Biblioteca  greca  di  Niccolò  V,  mi  riprometto di  portare  a  termine  la  nuova  pubblicazione  di  un  altro  inventario  cinquecentesco  della collezione greca della Vaticana, che ha la particolarità di essere l’unico compilato in lingua greca,  ovvero  quello  contenuto  nel  Vat. gr. 1483,  cui  lo  stesso  Canart  si  dedicò  indagandone  in  particolar  modo  il  copista,  Giovanni  Severo  di  Sparta,  e  presentando  già  alcuni primi risultati circa l’identificazione  di un certo  numero  di manoscritti, cf. P. CANART,  Un copiste expansif: Jean Sévère de Lacédémone, in Studia Codicologica, hrsg. von K. TREU […], Berlin  1997  (Texte  und  Untersuchungen  […],  124),  pp.  117-132  [rist.  in  Id.,  Études de paléographie et de codicologie,  reproduites  avec  la  collaboration  de  m.  L.  AGATI et  m. d’AGOSTINO, I, Città del Vaticano 2008 (Studi e testi, 450), pp. 285-317]. 4

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pergameno, copertum corio rubeo, et intitulatur: Plutarchi Paralella» 6. La voce  registra  dunque  un  codice  membranaceo  (de pergameno)  di  grande formato  (magnum),  con  una  legatura  rivestita  di  cuoio  rosso  (copertum corio rubeo), contenente le Vite parallele di Plutarco (intitulatur: Plutarchi Paralella) 7.  Si  noti  che  l’indicazione  intitulatur,  che  compare  in  tutte  le voci  dell’inventario,  parrebbe  riferirsi  all’effettiva  presenza  fisica  di  un titolo  sul  codice,  o  scritto  su  un’etichetta  incollata  sulla  legatura,  oppure vergato sui primi o ultimi fogli del manoscritto: in effetti, emerge chiaramente che i catalogatori antichi attingessero, per compilare gli inventari, proprio a tali lemmi, quando erano presenti sul manoscritto. diversi sono i criteri che possiamo utilizzare per identificare un codice di Niccolò V; talvolta, tuttavia, come è ovvio, ci si deve arrendere di fronte all’evidenza di non essere in grado di riuscire a individuare con sicurezza assoluta un determinato manoscritto fra gli altri presenti in Biblioteca 8.  Il  primo  criterio  in  ordine  di  importanza  è  la  presenza  sul  codice  di «titoletti»  vergati  da  personaggi  legati  a  Niccolò  V,  primo  fra  tutti  il  suo bibliotecario, Giovanni Tortelli (post 1406-1466) 9, il quale era uso scrivere in  latino,  di  solito  sui  fogli  di  guardia  o  sul  primo  foglio  del  codice,  un titolo  identificativo  dell’opera  greca  o  il  nome  dell’autore  maggiormente rappresentato nel manoscritto. Si consideri, come esempio, il Vat. gr. 453, un  esemplare  del  menologio  di  Simeone  metafrasta  per  il  mese  di  gennaio sottoscritto nell’anno 1381/1382, nel quale al f. IIIv leggiamo il titolo di mano di Tortelli: «Vitae sanctorum inter quas Vita Athanasii» (tav. 2a). Vale  la  pena,  peraltro,  di  notare  che  talvolta,  nella  compilazione  dell’inVic, museu Episcopal, 201, f. 15v (dEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 31 nr. 269; si veda ora I codici greci di Niccolò V cit., pp. 617-619 nr. 269). 7 questa voce dell’inventario corrisponde a un codice che attualmente non si trova più in  Biblioteca  Vaticana:  si  tratta  del  manoscritto  di  Firenze,  Biblioteca  medicea  Laurenziana, Plut. 69.1, un codice vergato nella prima metà del XV secolo, a mantova, dal copista Gerardo  di  Patrasso,  e  riccamente  miniato;  uscì  abbastanza  presto  dalla  raccolta  papale, non si riscontra infatti negli inventari successivi a quello di Niccolò V. 8 Preliminarmente andrà considerato il fatto che, naturalmente, possiamo senza incertezze escludere dalla nostra ricerca quei nuclei di manoscritti che sappiamo essere entrati in Biblioteca in una data successiva al 1455; in generale, comunque, per la ricostruzione della Vaticana di Niccolò V ci si deve rivolgere a codici che oggi appartengono, quasi senza eccezioni, al cosiddetto «fondo antico», ovvero a quella sezione del fondo Vaticano greco che corrisponde agli attuali Vat. gr. 1-1217, cf. in breve S. LILLA, I manoscritti Vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo, Città del Vaticano 2004 (Studi e testi, 415), pp. 3-23. 9 Su  Giovanni  Tortelli  bibliotecario  della  Vaticana  si  veda,  da  ultimo,  il  volume  Giovanni Tortelli primo bibliotecario della Vaticana. Miscellanea di studi, a cura di A. mANFREdI - C. mARSICO - m. REGOLIOSI, Città del Vaticano 2016 (Studi e testi, 499). 6

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ventario  niccolino,  i  titoletti  di  Tortelli  furono  riportati  fedelmente  (o quasi): in questi casi la corrispondenza è di norma univoca e non ci sono dubbi  circa  l’identificazione  del  manoscritto.  Proprio  il  Vat. gr. 453  ora menzionato ne è un chiaro esempio:  la voce dell’inventario  di  Niccolò  V ad  esso  corrispondente  recita,  infatti,  «Vite  sanctorum  a  pluribus  scripte auctoribus,  inter  quas  et  Vita  sancti  Atanasii  est» 10,  evidentemente  una lieve amplificazione del titolo tortelliano. Un secondo criterio, forse quello che più frequentemente si riesce a far valere,  è  la  possibilità  di  mettere  fruttuosamente  in  sinossi  (ovvero,  in sequenza) i dati degli inventari antichi. dopo l’inventario del 1455, infatti, altri inventari della Vaticana furono compilati nei decenni e secoli successivi, giacché la Biblioteca andava via via ampliando e riordinando il proprio patrimonio librario. È per noi particolarmente interessante constatare che,  se  si  indagano  gli  inventari  fino  alla  metà  del  Cinquecento,  i  codici tendono a essere descritti, di inventario in inventario, in maniera piuttosto simile, senza troppe variazioni, indicandone in genere la medesima collocazione fisica in Biblioteca 11, il che ci consente spesso di seguire l’evoluzione di una stessa voce di inventario dal 1455 fino alla metà del secolo successivo. Testimone-chiave in questo senso è l’inventario del 1533, fatto redigere da papa Clemente VII (1523-1534) ad opera dei custodi Fausto Sabeo  e  Niccolò  maiorano12,  poiché  in  ogni  voce  di  tale  inventario  alla descrizione  del  codice  è  aggiunta  anche  la  cosiddetta  «parola-guida»  (o catchword): si tratta dell’ultima parola che si legge in genere nel secondo o  nel  terzo  foglio  del  codice,  un  elemento  dunque  variabile  da  un  esemplare manoscritto all’altro di uno stesso testo, e che consente l’identificaVic, museu Episcopal, 201, f. 9r (dEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 20 nr. 120; si veda ora  I codici greci di Niccolò V cit.,  pp.  391-392  nr.  120).  Sul  Vat. gr. 453  cf.  anche  infra, p. 248. 11 Sui banchi della sala pubblica o negli armadi della sala secreta. È ancora a papa Niccolò V che si deve la strutturazione della Vaticana in tre sale: la publica Latina, la publica Graeca e la secreta, poi nominata parva secreta, per distinguerla da una quarta sala, aperta tra il 1480 e il 1481, e denominata infine magna secreta; nelle due sale pubbliche (latina e  greca)  i  codici  erano  incatenati  sui  banchi  ed  erano  direttamente  consultabili,  mentre nella  parva e  nella magna secreta i  manoscritti erano conservati negli armadi  e potevano essere richiesti in prestito; al riguardo si veda da ultimo mANFREdI, La nascita della Vaticana cit., pp. 217-228. 12 La nuova edizione dell’inventario è pubblicata in Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae index a Nicolao De Maioranis compositus et Fausto Saboeo collatus anno 1533, curantibus m. R. dILTS - m. L. SOSOwER - A. mANFREdI, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 384), pp. 3-102. 10

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zione  certa  del  singolo  codice  fra  i  tanti  conservatisi  di  una  medesima opera. Prendiamo a esempio la voce nr. 322 di tale inventario: «quoddam compendium historiarum, ex membranis in rubro,  ἰουδαίαν» 13. Essa corrisponde al Vat. gr. 155 (sec. IX-X), noto testimone delle opere cronografiche  di  Giorgio  Sincello  e  Teofane  Confessore:  ἰουδαίαν è  dunque  la «parola-guida»,  riscontrabile  al  f.  3r  del  manoscritto  (tav.  2b).  Spesso dunque,  andando  a  ritroso  a  partire  dall’inventario  del  1533  riusciamo  a risalire piuttosto agevolmente fino all’inventario di Niccolò V, dando maggiore solidità all’identificazione dei manoscritti in esso contenuti 14. Tornando  ora  ai  nostri  criteri  di  identificazione,  talvolta  risulta  dirimente il contenuto testuale del codice, per la sua rarità o unicità, laddove nella  parte  più  antica  del  fondo  Vaticano  greco  (Vat. gr. 1-1217)  non  si trovino  altri  manoscritti  che  possano  corrispondere  in  alcun  modo  alla voce  presa  in  considerazione.  Si  consideri,  ad  esempio,  la  seguente  voce dell’inventario niccolino: «Item unum volumen quasi eiusdem forme [scil. parvum] de pergameno, copertum corio rubeo cum una serratura de cupro antiqua, quod intitulatur: Nicete de fide catholica contra moameth» 15; si tratta  della  Refutatio Coranis di  Niceta  di  Bisanzio,  tràdita,  a  quel  che  si sa,  dal  codex unicus Vat. gr. 681  (sec.  IX-X) 16.  dunque,  l’unicità  del  suo Ibid., p. 41. Così, il Vat. gr. 155 è riscontrabile in tutta la serie degli inventari che va dal 1455 al 1533,  costantemente  collocato  sul  settimo  banco  della  sala  pubblica  Graeca;  risalendo dunque a ritroso dall’inventario del 1533, citato nel testo, a quello niccolino, avremo (per lo  scioglimento  dei  sigla qui  di  seguito  adoperati  per  indicare  i  diversi  inventari,  si  veda infra, nt. 25): L2 nr. 91 (Ἱστοριῶν ἐπιτομή […]), L1 nr. 377 («quoddam compendium historiarum,  ex  membranis  in  rubro»),  V  nr.  82  («Compendium  quoddam  historiarum  […]»), S2  nr.  338  («quoddam  compendium  historiarum,  ex  membranis  in  rubeo»),  S1  nr.  104 («Compendium variarum historiarum sine nomine auctoris, ex membranis in rubeo»), m2 nr.  267  («[…]  Compendium  historie  rerum  grecorum  et  romanorum  et  barbarorum»). Cf. I codici greci di Niccolò V cit., pp. 613-615 nr. 267. 15 Vic,  museu  Episcopal,  201,  f.  11v  (dEVREESSE, Le fonds grec cit.,  p.  25  nr.  189;  si veda ora I codici greci di Niccolò V cit., pp. 483-485 nr. 189). 16 Sul codice si rinvia innanzitutto ai lavori di Lidia Perria, cf. L. PERRIA, Arethaea. Il codice Vallicelliano di Areta e la Ciropedia dell’Escorial, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 25 (1988), pp. 41-56: 45, 46, 47-49, 56 e tavv.  III-V, e L. PERRIA - A. IACOBINI, Il Vangelo di Dionisio. Il codice F.V. 18 di Messina, l’Athous Stavronikita 43 e la produzione costantinopolitana del primo periodo macedone, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 31 (1994), pp. 81-163: 86, 87, 92 e nt. 19, 94 e nt. 21, 124, 126, tav.  V; da ultimo, si veda anche  m.  ULBRIChT,  Coranus Graecus. Die älteste überlieferte Koranübersetzung in der «Ἀνατροπὴ τοῦ Κορανίου» des Niketas von Byzanz. Einleitung, Text, Übersetzung, Kommentar,  I-III,  Freie  wissenschaftliche  Arbeit  zur  Erlangung  des  Grades  eines  doctor  philosophiae  am  Fachbereich  Philosophie  und  Geisteswissenschaften  der  Freien  Universität Berlin am Lehrstuhl für Byzantinistik, 2015: II, pp. 190-194. 13 14

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contenuto, in relazione non solo al fondo della Vaticana ma più in generale  rispetto  all’intera  tradizione  manoscritta  dell’opera  di  Niceta,  non lascia dubbi circa l’attribuzione del Vat. gr. 681 alla raccolta niccolina. Infine, il criterio più labile, ma talvolta l’unico applicabile, è la via dell’esclusione: grazie a dati quali il tipo di supporto scrittorio, se pergamena o carta, e il formato, ad esempio, possiamo escludere qualche manoscritto, fra  quelli  oggi  presenti  in  Biblioteca,  tra  i  candidati  all’identificazione  in relazione a una data voce greca dell’inventario niccolino. Così, se una voce dell’inventario descrive un codice di pergamena con una certa opera di un dato autore, è evidente che siamo in grado di «scartare» dall’indagine tutti i  manoscritti  cartacei  latori  del  medesimo  testo.  Via  via,  procedendo  in questo modo, si può restringere il cerchio, arrivando qualche volta all’identificazione  di  un  solo  manoscritto  possibile,  anche  in  assenza  di  elementi intrinseci o estrinseci che lo colleghino direttamente a Niccolò V.  2. Il Triodion Vat. gr. 786 e il copista Gerasimo Per esemplificare il lavoro fatto, e mettere in luce anche i problemi che si possono riscontrare, vorrei ora discutere, a mo’ di esempio, un caso problematico  nel  quale  mi  sono  imbattuta.  Preliminarmente,  però,  dovremo affrontare la questione di una nuova proposta di identificazione di mano.  Nella seconda metà del XIV secolo, nel monastero del Pantokrator sul monte Athos, è attivo, tra gli altri, un copista di nome Gerasimo, il quale sottoscrive,  lasciando  nome  e  anno  di  copia,  due  manoscritti:  l’Athos, moné  Pantokratoros,  162,  dell’anno  1364/1365,  e  l’Athos,  moné  Pantokratoros, 108, dell’anno 1368/1369 (tav. 3a-b). La sua mano è stata inoltre  riconosciuta  da  Erich  Lamberz  e  da  Zisis  melissakis  in  altri  quattro manoscritti  del  Pantokrator  (Athos,  moné  Pantokratoros,  30  [ff.  164r170v],  166,  170  e  171)  e,  in  Biblioteca  Vaticana,  nel  Vat. gr. 864 17:  nes17 Cf. E. LAmBERZ, Die Handschriftenproduktion in den Athosklöstern bis 1453, in Scritture, libri e testi nelle aree provinciali di Bisanzio, a cura di G. CAVALLO - G. dE GREGORIO m. mANIACI, Spoleto 1991 (Biblioteca del «Centro per il collegamento degli studi medievali e  umanistici  nell’Università  di  Perugia»),  pp.  25-78  (con  19  tavv.):  56  e  nt.  124,  Taf.  XIII Abb. 20;  Id.,  Βιβλιoγράφoι και βιβλιoγραφικά εργαστήρια στo ´Αγιoν ´Ορoς κατά την επoχή των Παλαιoλόγων,  in  Η Μακεδoνία κατά την επoχή των Παλαιoλόγων, Θεσσαλoνίκη 14-20 Δεκεμβρίoυ 1992 (Β´ Διεθνές Συμπόσιo για τη Μακεδoνία),  Θεσσαλoνίκη 2002, pp. 143-172: 152; Z. mELISSAKIS,  Ἡ βιβλιοθήκη τῆς μονῆς Παντοκράτορος κατὰ τὸν 15ο αἰῶνα. Περιεχόμενο - Προσκτήσεις - Ἀπώλειες,  in  Στ´ διεθνὲς ἐπιστημονικὸ συνέδριο. Τὸ Ἅγιον Ὄρος στὸν 15ο καὶ 16ο αἰῶνα. Πρακτικὰ συνεδρίου,  Θεσσαλονίκη 2012,  pp.  289-309:  291,  302  (fig.  5  [sic, pro 1]),  303  (fig.  2);  Id.,  Attività scrittoria presso il monastero atonita del Pantocrator durante

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suno di questi altri codici conserva la firma del copista o la data di copia. A noi interessa in particolare il codice vaticano, giacché, come già propose devreesse, il Vat. gr. 864 può essere ricondotto alla Biblioteca di Niccolò V 18.  Che  poi  Gerasimo  operasse  come  scriba  nel  monastero  atonita  del Pantokrator  sembra  confermato  dal  fatto  che  almeno  sei  codici  attribuiti alla  sua  mano  si  trovano  ancora  oggi  nel  monastero,  mentre  per  quanto riguarda il Vat. gr. 864 una nota di altra mano al f. 426r sancisce esplicitamente  l’appartenenza  del  manoscritto  al  Pantokrator:  †  τοῦτον τὸ βιβλίον ἔνη τοῦ Παντοκράτορος Χριστοῦ μου […] † 19 (tav. 4a). Lavorando alla ricostruzione della Biblioteca greca di Niccolò V, e più in  particolare  all’identificazione  dei  non  pochi  esemplari  di  libri  liturgici bizantini, mi sono imbattuta in un Triodion 20 segnato Vat. gr. 786, vergato da  più  mani  ed  esplicitamente  datato,  al  f.  313r,  all’anno  1378/1379.  La mano che opera ai ff. 1r-67r lin. 4, a mio parere, è ancora una volta quella di Gerasimo. Vediamo  dunque i tratti più significativi  della mano di  questo copista atonita,  partendo  da  alcune  lettere  e  legature  tipiche  e  passando  poi  ad altri  caratteri  specifici  della  sua  scrittura.  Per  il  confronto  paleografico  si sono  adoperati  i  due  codici  del  Pantokrator  esplicitamente  sottoscritti  da Gerasimo  (i  citati  Athos,  moné  Pantokratoros,  108  e  162),  e  inoltre l’Athos,  moné  Pantokratoros,  170 21 e  il  Vat. gr. 864  –  già  ricondotti  da i primi decenni dalla sua fondazione (seconda metà del sec. XIV), in Griechisch-byzantinische Handschriftenforschung. Traditionen, Entwicklungen, neue Wege, I-II, hrsg. von Ch. BROCKmANN -  d.  dECKERS -  d.  hARLFINGER -  S.  VALENTE,  Berlin-Boston  2020:  I,  pp.  233-247: 235 (tab. 1); II, pp. 779-788 (tavv. 1-15): 779 (tav. 2), 783 (tavv. 7-8), 784 (tavv. 9-10), 785 (tav. 11). 18 Il manoscritto tramanda l’Historia Lausiaca di Palladio seguita da omelie di Padri, cf. Codices Vaticani Graeci,  III:  Codices 604-886 recensuit  R.  dEVREESSE,  In  Bibliotheca  Vaticana 1950 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti), pp. 431-432; cf.  anche  A.  EhRhARd,  Überlieferung und Bestand der hagiographischen und homiletischen Literatur der griechischen Kirche von den Anfängen bis zum Ende des 16. Jahrhunderts,  I, Leipzig-Berlin  1937  (Texte  und  Untersuchungen  […],  50),  pp.  277-278.  Per  l’identificazione del codice nell’inventario niccolino, cf. dEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 21 nr. 125; si veda ora I codici greci di Niccolò V cit., pp. 398-399 nr. 125. 19 Ovvero:  «†  questo  libro  è    del  Cristo  mio  Pantokrator  […]  †»; cf. anche mELISSAKIS, Attività scrittoria cit., I, p. 234 e nt. 6.  20 Come è noto, il Triodion (Τριῴδιον) è il libro liturgico contenente le ufficiature per le  dieci  settimane  precedenti  la  Pasqua,  dalla  cosiddetta  domenica  del  Pubblicano  e  del Fariseo al Sabato Santo. 21 dei  tre  manoscritti  atoniti  ho  avuto  a  disposizione  le  riproduzioni  fotografiche  di un certo numero di fogli, per le quali ringrazio la pronta disponibilità di padre Prohoros, monaco del Pantokrator.

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altri, come si è detto, al medesimo copista –, con i quali è stato messo a paragone  il  Vat. gr. 786,  nella  cui  parte  iniziale,  come  si  è  accennato,  si propone qui per la prima volta l’identificazione della mano di Gerasimo.  Tra  le  forme  di  lettere  e  legature  caratteristiche  di  Gerasimo  (tav.  4b) spiccano in particolar modo il sigma minuscolo, con tratto orizzontale che scende quasi sotto il rigo di scrittura e accoglie sopra di sé le lettere finali di parola (solitamente una o due, talvolta tre), e inoltre la legatura chi-rho, con il  tratto finale del  chi che  lega  a  destra  con tratteggio spezzato.  Altri tratti  peculiari  della  mano  di  questo  copista  sono:  l’uso  di  trascrivere  le lettere  finali  di  parola,  a  fine  riga,  in  forma  non  abbreviata  collocandole «in esponente», lievemente rimpicciolite, in sovrapposizione rispetto alla lettera precedente (tav. 5a); l’adozione di grossi punti rossi come segno di interpunzione  di  fine  sezione  (tav.  5b) 22.  Infine,  al  di  là  dei  singoli  elementi  morfologici  o  tic grafici,  è  l’impressione  di  insieme  della  pagina manoscritta  che  non  lascia  adito  a  dubbi  circa  la  paternità  dell’opera  di copia della prima parte del Vat. gr. 786 (tavv. 6 e 7). del resto, come ulteriore prova della nostra nuova identificazione, varrà la pena di notare che il  supporto  cartaceo  utilizzato  nel  Vat. gr. 786  condivide  con  quello  del Vat. gr. 864  –  l’unico  altro  codice  del  copista  Gerasimo  su  cui  ho  potuto effettuare  tale  controllo  –  almeno  due  filigrane:  una  cloche,  del  tipo  Briquet nr. 3938, e un fruit, del tipo Briquet nr. 7374 23.  due ulteriori tratti caratteristici di Gerasimo, non riscontrabili però nel nostro Vat. gr. 786, sono: la messa in evidenza dell’explicit dei testi con tre croci di colore rosso, collocate  ad  eguale  distanza  l’una  dall’altra  (tav.  8a-b),  e  le  dossologie  conclusive,  spiccatamente assimilabili nel contenuto e nella forma grafica, presenti nelle tre sottoscrizioni di sua mano a noi sinora note (Athos, moné Pantokratoros, 162, f. 105r; Athos, moné Pantokratoros, 108, f. 343v; Vat. gr. 864, f. 425v: tavv. 3a-b, 8c). quest’ultimo elemento risulta assente  nel  Vat. gr. 786  poiché  il  codice  non  fu  sottoscritto  da  Gerasimo,  ma  da  un  altro degli scribi impegnati nell’opera di copia, cf. supra, p. 242. Per quanto riguarda invece le tre croci  di  colore  rosso  a  evidenziare  l’explicit dei  testi,  bisognerà  notare  che  tale  uso  ricorre nei  codici  di  Gerasimo  che  raccolgono  testi  in  prosa  (quali  sono  i  due  manoscritti  da  cui sono state tratte le tav. 8a-b), mentre non si riscontra nei libri liturgici innografici come il nostro (e come, ad esempio, l’Athos, moné Pantokratoros, 162). Per un’altra recente descrizione della scrittura di Gerasimo, si veda mELISSAKIS, Attività scrittoria cit., I, p. 245. 23 Ch. m. BRIqUET, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu’en 1600. A facsimile of the 1907 edition […], ed. by A. STEVENSON,  III,  Amsterdam  1968.  –  L’approfondita  analisi  delle  filigrane  dei  codici  cartacei  del Pantokrator  della  seconda  metà  del  XIV  secolo,  ivi  inclusi  i  manoscritti  vergati  da  Gerasimo, che è condotta da mELISSAKIS, Attività scrittoria cit., I, pp. 237-241, non sembra portare conferme in tal senso: lo studioso non rileva infatti la nostra filigrana cloche del tipo Briquet nr. 3938, né simili, mentre il «fiore» (fleur) indicato ibid., p. 240 non risulta essere 22

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3. Per l’identificazione del Vat. gr. 786 tra i manoscritti di Niccolò V Tornando ora all’inventario dei codici di Niccolò V, fra i prestiti a Isidoro di Kiev vi si trova un Triodius (sic) in parva forma, di cui non vengono indicati  né  supporto  scrittorio  né  aspetto  della  legatura 24,  dati  che  furono spesso omessi per i codici registrati nelle liste di prestito. Come cercherò ora di dimostrare, è plausibile che questo Triodium corrisponda al Vat. gr. 786, benché dal manoscritto non emergano attualmente dati che lo colleghino direttamente alla Vaticana di Niccolò V, ad esempio titoli latini vergati da Tortelli o da altri personaggi legati al papa. dirimente per l’attribuzione è, a mio parere, innanzitutto la sequenza degli inventari antichi 25:      S1 (620)            Triodium, ex papiro in nigro.      S2 (155, Bibliotheca Graeca, IV banco)            Triodium, ex papyro in nigro.

in  alcun  modo  accostabile  alla  filigrana  del  tipo  Briquet  nr.  7374,  da  me  individuata;  si veda tuttavia quanto indicato invece infra, nt. 34. 24 Vic, museu Episcopal, 201, f. 20v: «Item Triodius, in parva forma» (dEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 40 nr. 401.48; si veda ora I codici greci di Niccolò V cit., pp. 832-834 nr. 401.48). 25 queste le sigle adoperate d’ora in poi per indicare gli inventari vaticani, con riferimento  alle  corrispondenti  edizioni  a  stampa:  m2  =  inventario  della  Biblioteca  greca  di Niccolò V, realizzato da Cosimo di montserrat nel 1455, cf. supra, p. 235 e nt. 1, edito in I codici greci di Niccolò V cit., pp. 183-868; S1 = inventario della Biblioteca greca di Sisto IV  del  1475,  a  cura  di  Bartolomeo  Platina  e  demetrio  Guazzelli,  edito  in  dEVREESSE,  Le fonds grec cit., pp. 45-80; S2 = inventario della Biblioteca greca di Sisto IV dell’anno 1481, prima catalogazione topografica generale curata ancora da Guazzelli e Platina, edito ibid., pp.  82-120;  G  =  inventario  anonimo  della  sala  pubblica  greca  sotto  papa  Giulio  II  (ann. 1504/1505), edito in Inventari di manoscritti greci della Biblioteca Vaticana sotto il pontificato di Giulio II (1503-1513), introduzione, edizione e commento a cura di G. CARdINALI, Città del Vaticano 2015 (Studi e testi, 491), pp. 91-137; V = inventario della sala pubblica greca del 1508-1510, a cura di Fabio Vigili per Giulio II, edito ibid., pp. 138-287 (con T si indica l’elenco dei lemmata compilato sempre dal Vigili, per il quale si veda ibid., pp. 7277  e  291-315);  L1  =  inventario  della  Biblioteca  greca  dell’anno  1518  ca.,  realizzato  da Zanobi  Acciaioli  per  Leone  X,  edito  in  Index seu inventarium Bibliothecae Vaticanae divi Leonis Pontificis optimi anno 1518 c. Series graeca, curantibus m. L. SOSOwER - d. F. JACKSON - A. mANFREdI, Città del Vaticano 2006 (Studi e testi, 427), pp. 1-120; L2 = inventario della sala pubblica greca del 1517-1518 ca., a cura di Girolamo Aleandro, redatto in greco da Giovanni Severo di Sparta per papa Leone X, edito in dEVREESSE, Le fonds grec cit., pp. 237-263;  S3  =  inventario  della  Biblioteca  greca  dell’anno  1533,  realizzato  per  papa  Clemente VII da Niccolò maiorano e Fausto Sabeo, edito in Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae index cit., pp. 3-102.

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     G (195, Bibliotheca Graeca, V banco 26)            Triodium, idest offitium quod canitur in ecclesia.      V (265, Bibliotheca Graeca, IV banco; T: Triodium) Ioseph et Theodori Studitae Triodion, incipiens a dominica publicani et pha risaei et finiens in parasceve Lazari; ordo s. officii ecclesiastici.      L1 (187, Bibliotheca Graeca, IV banco)            Triodium, ex papyro in nigro.      L2 (254, Bibliotheca Graeca, IV banco)            Τὸ λεγόμενον Τριῳ´ διον.

Fino  al  1518  circa 27,  dunque,  compare  negli  inventari  una  sola  voce relativa ad un codice intitolato Triodium: come si può notare, si tratta di un manoscritto  cartaceo  (ex papyro)  che  fu  sempre  conservato  sul  quarto banco della sala pubblica greca della Biblioteca 28, con una legatura in assi di  legno  rivestite  di  cuoio  nero  (in nigro).  Che  il  Triodium descritto  dagli inventari antichi sia proprio il Vat. gr. 786 è confermato da una serie di elementi: 1) nel fondo antico della Biblioteca troviamo solamente due Triodia cartacei, questo e il Vat. gr. 769, che tramanda però la sequenza TriodionPentekostarion –  comprendendo  dunque  in  aggiunta  anche  gli  inni  per  il periodo dalla Pasqua alla seconda domenica dopo la Pentecoste –, e che fu conservato sul quinto banco della sala pubblica greca: negli inventari antichi  esso  viene  più  genericamente  indicato  come  Officium,  dicitura  su  cui torneremo  a  breve;  2)  nell’inventario  redatto  fra  1508  e  1510  da  Fabio Vigili  (V),  la  voce  relativa  al  Triodio  Vat. gr. 786  corrisponde  bene  alla rubrica che si legge sul f. 1r del manoscritto, che recita: Τριῴδιον σὺν θεῷ, ἀρχόμενον ἀπὸ τῆς κυριακῆς τοῦ τελώνου καὶ τοῦ φαρισαίου καὶ κα26 La collocazione in G al quinto banco dipende dal fatto che il compilatore anonimo dell’inventario  ha  compiuto  il  censimento  dei  manoscritti  della  sala  pubblica  greca  partendo dall’ultimo banco (l’ottavo), invece che dal primo: ha dunque numerato come primo banco l’ottavo, e così via di seguito sino al primo banco, indicato come ottavo, cf. Inventari di manoscritti greci della Biblioteca Vaticana sotto il pontificato di Giulio II cit., pp. 28-29. 27 Anno cui si fanno risalire L1 e L2. 28 Nel  primo  inventario  sistino  (S1)  la  collocazione  del  codice  nella  sala  pubblica Graeca (senza indicazione puntuale del banco) è desumibile dalla presenza di un tratto di penna  orizzontale  posto  accanto  alla  voce  nella  copia  d’uso  dell’inventario  manoscritto (Vat. lat. 3954,  f.  71r);  tutti  gli  item di  S1  che  riportano,  nel  codice,  tale  tratto,  infatti,  a partire  da  S2  si  ritrovano  sistemati  sui  banchi  della  sala  pubblica,  mentre  quelli  che  ne sono privi si riscontrano negli armadi della secreta, come è stato rilevato per la prima volta da  Antonio  manfredi  in  A.  dE ThOmEIS,  Rime. Convivium Scientiarum, in laudem Sixti Quarti Pontificis Maximi,  a  cura  di  F.  CARBONI -  A.  mANFREdI,  Città  del  Vaticano  1999 (Studi e testi, 394), p. LXXVII; cf. anche A. dI SANTE, La biblioteca rinascimentale attraverso i suoi inventari, in Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana, I, cit., pp. 311-350: 313.

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ταλῆγον τῇ παρασκευῇ τοῦ Λαζάρου· ποίημα Ἰωσὴφ καὶ Θεοδώρου τοῦ Στουδίτου τῶν αὐταδέλφων –  essa  fu  evidentemente  trascritta  in  modo diretto  dallo  scrupoloso  umanista  spoletino,  che  scorse  con  attenzione tutti i volumi della sala greca pubblica, compilandone un prezioso inventario  che  dà  conto  analiticamente  del  contenuto  di  ciascuno;  3)  infine,  il titolo  di  Τριῴδιον è  chiaramente  visibile  sul  medesimo  f.  1r,  per  cui  più facilmente  il  codice  sarà  stato  identificato  dagli  inventariatori  come  tale, mentre nel Vat. gr. 769 la natura di Triodion non risulta così evidente.  Nella  sequenza  degli  inventari  sopra  proposta  manca  l’inventario  del 1533 (S3), che, come si è detto, grazie alla presenza della «parola-guida» consente di identificare univocamente i manoscritti 29. da questo inventario, il Vat. gr. 786 risulta spostato sul sesto banco della sala pubblica con un nuovo titolo e una nuova legatura in rosso paonazzo: «Officium commune,  ex  papiro  in  pavonatio,  κενόδοξον» 30.  Negli  inventari  antichi,  con il  titolo  di  Officium commune viene  di  solito  registrato  qualsiasi  tipo  di manoscritto  liturgico  bizantino  indipendentemente  dall’effettivo  contenuto del codice: difficilmente, infatti, un occidentale del XV o XVI secolo sarebbe stato in grado di identificare con perizia e sicurezza il libro liturgico specifico, cosa che del resto riesce ancor oggi difficile persino ai catalogatori  moderni.  Al  contempo,  nell’inventario  del  1533  non  risultano voci  relative  a  un  Triodium;  è  dunque  plausibile  che  le  operazioni  di cambio della legatura – che, da nera che era in precedenza, era stata ormai mutata  in  rosso  –  abbiano  causato  la  perdita  del  vecchio  titoletto  Triodium,  presente  forse  nelle  guardie  antiche  o  sulla  coperta  sostituita,  e abbiano comportato la necessità quindi di dare un nuovo titolo al manoscritto, per facilitare anche quegli studiosi e custodi non immediatamente competenti di greco nell’individuazione del contenuto generale del codice. In conclusione, anche se la descrizione del Vat. gr. 786 in S3 differisce da quella delle precedenti voci di inventario, possiamo con buona probabilità confermare  la  sinossi  ricostruita,  che  consente  quindi  di  risalire  sino all’inventario niccolino, grazie in particolare, come si diceva, al titolo Triodius/Triodium,  non  riscontrabile  altrove.  Un  solo  elemento  sembrerebbe ostare a tale identificazione, ovvero l’indicazione in parva forma («di piccolo formato»), contenuta per questo codice nell’inventario di Niccolò V: le  dimensioni  del  Vat. gr. 786,  infatti,  di  mm  295 × 220  ca.,  si  adatterebSi veda supra, pp. 239-240. Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae index cit.,  p.  34  nr.  256  (qui  identificato con il Vat. gr. 986 per un errore di stampa); la «parola-guida» si trova al f. 3r del Vat. gr. 786. 29 30

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bero meglio ad un formato medio. d’altra parte, le indicazioni relative al formato  dei  manoscritti  greci  non  sono  solitamente  troppo  precise  e danno inoltre l’impressione di essere rilevazioni del tutto empiriche, come anche è stato rilevato per la sezione latina della Biblioteca di Niccolò V 31: non sempre dunque la descrizione del formato risulta dirimente in assoluto,  e  ciò,  a  quel  che  abbiamo  constatato,  sembra  essere  tanto  più  vero per  quanto  riguarda  le  indicazioni  relative  ai  manoscritti  presenti  nelle liste  di  prestito.  Tuttavia,  proprio  per  la  ragione  del  formato,  si  direbbe, Robert devreesse aveva proposto per questa stessa voce, seppur dubitativamente,  un’identificazione  con  il  Vat. gr. 771,  un  codicetto  che  però  è membranaceo  e  non  cartaceo,  proveniente  da  Grottaferrata  e  contenente oltretutto  Triodio  e  Pentecostario.  Esso,  tuttavia,  non  si  riesce  a  identificare con certezza negli inventari antichi, se non in L1 (an. 1518 ca.) e S3 (an.  1533),  ove  viene  però  descritto  con  altro  titolo  e  risulta  conservato negli armadi della sala secreta 32; il Vat. gr. 771, peraltro, si apre acefalo al f. 1r, e non vi si trova dunque alcuna rubrica identificativa. A sua volta, il supporto  differente  (pergamena)  non  consente  di  identificare  in  tale codice  le  voci  degli  inventari  sopra  considerate,  le  quali  descrivevano, come si è visto, un Triodium cartaceo.  4. Dal Pantokrator alla Vaticana di Niccolò V Chiudiamo  ora  il  cerchio  tornando  al  copista  Gerasimo:  la  presenza della  sua  mano  sul  Vat. gr. 786,  infatti,  potrebbe  costituire  un  ulteriore elemento di conferma alla proposta di attribuzione del codice alla Biblioteca  niccolina.  Come  si  è  detto,  Gerasimo  è  un  copista  del  XIV  secolo attivo  nel  monastero  del  Pantokrator  sul  monte  Athos,  dato  che  ci  interessa  particolarmente,  poiché  nella  Vaticana  di  Niccolò  V  confluì  senza dubbio una serie abbastanza consistente di manoscritti provenienti dallo stesso monastero. Si tratta – oltre al già ricordato Vat. gr. 864, di mano di Gerasimo – di quattro codici vergati da un copista di nome Ignazio, coevo di  Gerasimo  e  monaco  nel  medesimo  monastero  atonita 33,  tutti  rintracmANFREdI, I codici latini di Niccolò V cit., p. LXVI. Cf. L1 nr. 825.110: «Officium commune ecclesiasticum hymnorum et canticorum, ex membranis in tabulis» (Index seu inventarium Bibliothecae Vaticanae divi Leonis Pontificis cit.,  p.  106),  e  S3  nr.  470.110:  «Officium  commune  ecclesiasticum  hymnorum,  ex membranis  in  albo,  ὡς φιλάνθρωπος»  (Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae index cit., p. 57). 33 Su  Ignazio  copista  del  Pantokrator,  oltre  al  Repertorium der griechischen Kopisten, 800-1600, erstellt von E. GAmILLSChEG - d. hARFLINGER - [h. hUNGER - P. ELEUTERI], III, 31

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ciabili nell’inventario niccolino: i Vat. gr. 453 (ff. 327r-336r e 346r-359v) + 1904 (ff. 141r-145v), 541, 813 e 816 34. A riprova dell’appartenenza dei manoscritti di Ignazio alla Vaticana delle origini stanno i titoletti di mano di Giovanni Tortelli, presenti in due dei suoi codici 35. Sui manoscritti vergati  da  Ignazio  possediamo  inoltre  un  dato  in  più,  che  ci  rivela  qualcosa sull’arrivo in Biblioteca di questo materiale: il Vat. gr. 453, infatti, oltre ad avere  il  titoletto  di  Tortelli,  presenta  anche  una  nota  contenente  nome, stima di prezzo e titoletto vergati da un personaggio che per convenzione, a  partire  da  devreesse 36,  chiamiamo  Lucianus Xama –  l’interpretazione del secondo elemento onomastico è dubbia e ancora tutta da indagare –, la cui mano è stata riscontrata in almeno ventuno manoscritti greci vaticani, tutti individuabili nell’inventario niccolino 37. La presenza della mano di Lucianus su un codice di provenienza atonita, il Vat. gr. 453, il cui copista, Ignazio, ha vergato altri manoscritti andati a confluire nella Biblioteca greca di Niccolò V, induce a pensare che un gruppo di codici provenienti

wien 1997 (Österreichische Akademie der wissenschaften. Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik, III/3), nr. 249, si vedano LAmBERZ, Die Handschriftenproduktion cit.,  p.  56  e  ntt.  121,  123;  Z.  mELISSAKIS, Ὁ κωδικογράφος Ἰγνάτιος (ΙΔ´ αἰ.) τῆς μονῆς Παντοκράτορος Ἁγίου Ὄρους, in Παρνασσός 37 (1995), pp. 358-392; LAmBERZ, Βιβλιoγράφoι και βιβλιoγραφικά cit.,  p.  152;  mELISSAKIS,  Ἡ βιβλιοθήκη τῆς μονῆς Παντοκράτορος cit., p. 291 e nt. 6;  Id., Attività scrittoria cit., I, pp. 236 (tab. 1), 245. 34 Essi si trovano rispettivamente ai nrr. 120, 10, 86 e 88 dell’inventario di Niccolò V (cf. dEVREESSE, Le fonds grec cit., pp. 20, 12, 18; si veda ora  I codici greci di Niccolò V cit., pp. 391-392, 200-202, 340-341, 341-342). – Peraltro, almeno una filigrana presente in tre di questi manoscritti (Vat. gr. 541, 813 e 816), una sirène del tipo BRIqUET, Les filigranes cit., nr. 13864, è individuabile, a quel che ho potuto constatare, anche nel nostro nuovo codice di Gerasimo Vat. gr. 786 (al solo f. 35, per la verità), segno ulteriore della comune origine e provenienza atonita; al riguardo, cf. anche mELISSAKIS, Attività scrittoria cit., I, pp. 237, 238 (tab.  2),  241.  Più  in  generale,  comunque,  si  potrà  notare  che  quella  adoperata  nei  manoscritti vaticani provenienti dal Pantokrator – sia i codici vergati da Ignazio, sia quelli scritti da Gerasimo – è carta piuttosto spessa e dalla vergellatura grossa ed evidente, come occorre di poter rilevare di frequente nella carta italiana della metà e seconda metà del XIV secolo. 35 Vat. gr. 453, f.  IIIv (come si è visto supra, p. 238), e Vat. gr. 813, f. 1v. 36 R. dEVREESSE, Pour l’histoire des manuscrits du fonds Vatican grec, in Collectanea Vaticana in honorem Anselmi M. Card. Albareda a Bibliotheca Apostolica edita, I, Città del Vaticano 1962 (Studi e testi, 219), pp. 315-336: 321 nt. 7;  Id., Le fonds grec cit., p. 9 nt. 4. 37 Cf. ibid., ove sono elencati diciannove manoscritti; ad essi andrà aggiunto il Vat. gr. 734, come segnalato da mELISSAKIS,  Ἡ βιβλιοθήκη τῆς μονῆς Παντοκράτορος cit., p. 292 nt. 11, e il Vat. gr. 1072 + 2296 (ff. 1r-8v), da me identificato per la prima volta nel lavoro di riedizione  dell’inventario  greco  niccolino,  ove  il  codice  risulterebbe  presente  al  nr.  210 (Vic, museu Episcopal, 201, f. 12v, cf. dEVREESSE, Le fonds grec cit., p. 27, con diversa identificazione; si veda ora I codici greci di Niccolò V cit., pp. 513-514 nr. 210).

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dal Pantokrator debba essere stato acquisito per il papa: se sia stato direttamente  Lucianus ad  acquistare  tali  codici  o  se  ne  abbia  solo  stimato  il valore economico dopo l’acquisto è, peraltro, ancora ignoto, ma sempre più dati  emergono  indagando  i  manoscritti  che  presentano  la  sua  firma  e  la sua  stima  di  prezzo.  E  torniamo  infine  al  nostro  Triodio  Vat. gr. 786.  Se un lotto di codici del Pantokrator fu acquisito per Niccolò V, come risulta da elementi interni a tali codici, allora è plausibile che anche altri manoscritti  vaticani,  tra  i  quali  i  Vat. gr. 786  e  864,  vergati  da  Gerasimo  e dunque  provenienti  dall’Athos,  facessero  parte  di  questo  lotto.  L’identificazione  qui  proposta  solo  sulla  base  della  sinossi  degli  inventari  antichi potrebbe quindi trovare così una ulteriore conferma nella storia stessa del manoscritto,  per  quel  che  sinora  riusciamo  a  ricostruire  tramite  il  confronto  fra  liste  antiche  di  codici,  titoli  latini  e  note  connesse  all’acquisizione e al passaggio dall’Oriente all’Occidente.

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LEgAturE «ALLA grECA» trA gLi StAmPAti VAtiCAni * Anche  se  gli  studi  sulle  legature  bizantine  e  sulle  legature  cosiddette ☜ «alla greca» sono numerosi e datano da più di un secolo, soltanto in epoca figg. 1-19 f.t. recente  essi  si  sono  sviluppati  in  modo  approfondito  e  circostanziato, soprattutto  grazie  all’impegno  di  due  studiosi,  uno  greco  e  l’altra  italiana, che hanno dedicato le proprie tesi di dottorato – svolte, forse non a caso, né in italia, né in grecia, ma presso università inglesi – a questo argomento. il  primo,  Konstantinos  Choulis,  è  noto  fra  l‘altro  per  aver  operato  dal 2000 al 2004 quale responsabile del laboratorio di restauro della Biblioteca Apostolica Vaticana (d’ora in poi, BAV); la sua PhD Thesis del 2013 (university of London, School of Advanced Study) ha il titolo The history of the binding and conservation of Greek manuscripts of the Fondo Antico in the Vatican Library.  La seconda,  Anna  gialdini,  ha concluso il  proprio dottorato  nel  2017  (university  of  the  Arts  London,  Ligatus  research Centre);  la  sua  tesi  porta  il  titolo  «Alla greca»? Matter and meaning of Greek-style bookbindings in Renaissance Venice. Anche Choulis ha studiato le  legature  «alla  greca»,  ma  oggetto  della  sua  ricerca  sono  stati  i  manoscritti della BAV, che hanno una tradizione diversa, non soltanto dal punto di vista testuale, ma anche da quello della storia conservativa rispetto agli stampati (fig. 1). Anna  gialdini,  invece,  ha  trattato  specificamente  le  legature  «alla greca», individuando più di 1.000 esemplari conservati in diverse biblioteche  europee  e  nordamericane;  la  maggior  parte  di  queste  legature  si trova  su  libri  a  stampa  prodotti  nel  secolo  XVi,  dunque  coerenti  con  la *  Esprimo i sensi della mia gratitudine a mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica  Vaticana,  per  la  sua  generosa  disponibilità  relativamente  alle  mie  numerose richieste  correlate  allo  studio  delle  legature.  A  lui  e  a  Francesco  D’Aiuto  sono  debitore dell’attenta  revisione  e  dei  preziosi  suggerimenti  che  mi  hanno  consentito  di  migliorare nella misura del possibile la qualità del presente lavoro. Devo infine alla cortesia di Laura Lalli, che ringrazio sentitamente, la segnalazione delle legature, che non conoscevo, da lei riscontrate nel corso del progetto BAV-ALDVS, grazie al quale sono stati catalogati più di 2.600 esemplari di edizioni aldine da Aldo il Vecchio sino all’omonimo nipote.

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piccola ricerca, oggetto di questo contributo, che ho personalmente svolto sugli  esemplari  vaticani.  gialdini  ha  esaminato  autopticamente  circa  un terzo  del  proprio  corpus;  questa  parte  è  stata  da  lei  scrupolosamente descritta  nel  dettaglio  e  la  tesi  è,  in  generale,  di  alta  qualità  scientifica. ritengo che ella sia la massima conoscitrice internazionale di questa particolare  tipologia  libraria.  Di  conseguenza,  coloro  i  quali  si  occuperanno dell’argomento non potranno, d’ora in avanti, non fare riferimento ai suoi studi,  come  del  resto  ho  fatto  e  sto  facendo  io  stesso.  Ciò  premesso,  pur concordando  con  la  gran  parte  delle  conclusioni  cui  ella  perviene,  non condivido  una  sua  significativa  proposta,  nel  merito  della  quale  entrerò più avanti. Va da sé che, in questa ricerca, ho preso in considerazione un insieme assai più ridotto, tutto interno agli stampati vaticani. Aggiungo tuttavia che gran  parte  delle  legature  che  ho  esaminato  riveste  volumi  pubblicati  da Aldo manuzio sicché, per una certa aliquota di esse, è quantomeno ipotizzabile un’origine veneziana e dunque in sintonia con la ricerca di gialdini. Prima di entrare nel merito del lavoro, credo sia opportuno un cenno metodologico, legato ai tempi e al contesto nel quale si colloca la presente ricerca.  Premetto  che  si  tratta  di  uno  studio  «per  campione»,  che  rifugge da  qualsiasi  ambizione  di  esaustività;  sottolineo,  inoltre,  che  ho  resistito alle tentazioni euristiche insite negli studi sulle legature, nonostante l’origine  aldina  di  gran  parte  degli  esemplari  orientasse  verso  l’ambito  veneziano o quanto meno veneto. il principale obiettivo del presente lavoro è soltanto quello di mettere in evidenza l’ibridismo che connota le legature «alla greca» prodotte tra la fine del secolo XV e l’inizio del XVi. A questo scopo,  nei  limiti  consentiti  dalla  ridotta  campionatura,  ho  puntato  ad ampliare nella misura del possibile l’esemplificazione di tale fenomeno a partire dalle opere a stampa conservate nella BAV.  L’espressione «legatura alla greca» sta appunto a significare che non si tratta di una legatura bizantina – intendendo con questo termine, secondo Choulis 1,  le  legature  prodotte  nei  territori  dell’impero  bizantino  fino  al 1 «il termine legatura bizantina (…) si riferisce alle legature dei manoscritti greci dal iV fino alla fine del XV secolo», come scrive K. ChouLiS, La legatura dei manoscritti greci nel periodo bizantino e post-bizantino. L’origine, la storia, le tecniche di manifattura, in Scrittura e libro nel mondo greco-bizantino, a cura di C. CASEtti BrACh, ravello 2012, pp. 181206: 181. Sull’argomento si vedano anche C. FEDEriCi - K. houLiS, Legature bizantine vaticane, roma 1988 e K. ChouLiS, The relationship between Byzantine and «alla greca» bookbinding structure. A preliminary study on structural elements of «alla greca» bindings in the Vatican Library (Fondo Antico, Vatt. gr. 1-1217), in La reliure médiévale. Pour une descrip-

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1453, anno della conquista turca di Costantinopoli –, ma di un manufatto costruito imitando imperfettamente le legature greche.  Aderendo alla scelta di nicholas Pickwoad nel suo thesaurus Language of Bindings 2, gialdini propone di sostituire l’espressione «alla greca» con «greek-style»,  poiché  essa  rappresenterebbe  quella  «formulazione  più ampia in grado di comprendere una varietà di forme, dalle legature bizantine alle possibilità praticamente infinite di pratiche individuali derivanti da un’imitazione più o meno fedele delle autentiche legature greche» 3. il  mio  dissenso  riguarda  per  l’appunto  questa  proposta,  non  certo  per salvaguardare  un’espressione  propria  della  lingua  italiana  (trovo  accettabile anche la versione francese «à la grecque»), quanto piuttosto perché con «alla greca» si intende proprio un oggetto che prende a modello una modalità di costruzione greca, modalità che tuttavia non viene rispettata in ogni aspetto  tecnico  e  ornamentale.  A  me  sembra  pertanto  rischioso  collocare nel  medesimo  insieme  le  legature  bizantine  (ancorché  prodotte  fuori  dai territori dell’impero o già ad esso appartenuti, ma da artigiani bizantini che replicano, rispettandole integralmente, le tecniche di costruzione e di decorazione  delle  coperte  bizantine)  e  le  legature  «alla  greca»,  le  quali  ultime si  configurano  come  manufatti  ibridi  in  cui  elementi  bizantini  vengono combinati con componenti tipiche delle legature dell’occidente latino. L’aliquota degli elementi bizantini può variare in modo ragguardevole: in  proporzione  inversa  rispetto  al  livello  di  ibridismo  del  manufatto  e, conseguentemente,  in  proporzione  diretta  rispetto  agli  elementi  latinooccidentali introdotti. gialdini  individua  cinque  caratteristiche  che  connotano  la  legatura, adottando il suo lessico, «di stile greco». Sono le seguenti: 1.  assenza  di  supporti  di  cucitura  (fig.  2),  dalla  quale  consegue  un dorso liscio (fig. 3);  2.  capitelli sporgenti (fig. 4); 

tion normalisée. Actes du colloque international (Paris, 22-24 mai 2003) (…),  Éd.  par  g. LAnoë avec la collaboration de g. grAnD, turnhout 2008 (reliures médiévales des bibliothèques de France, 5), pp. 184-196. 2 «the  Language  of  Bindings  thesaurus  (LoB)  is  a  thesaurus  of  bookbinding  terms for book structures dating from the ninth to the nineteenth century» [https://www.ligatus.org.uk/lob/ (ultima consultazione, aprile 2019)]. 3 A.  giALDini,  «Alla greca»? Matter and meaning of Greek-style bookbindings in the Renaissance Venice, PhD thesis, university of the Arts London, Ligatus research Centre, CCW graduate School, 2017, p. 18.

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CArLo FEDEriCi

3.  assenza di unghiatura (assi delle medesime dimensioni della compagine dei fogli) (fig. 5); 4.  fermagli a treccia costituiti, nella gran parte dei casi, da bindelle in numero variabile che si dipartono dal piatto posteriore e portano alla loro estremità  un  puntale;  quest’ultimo  si  fissa  su  un  tenone  posto  di  norma sul labbro del piatto anteriore (fig. 6); 5.  scanalature  nei  labbri  delle  assi,  anche  se  questo  elemento  viene considerato  da  gialdini  «very  common  in  both  eastern  and  western greek-style bindings but not necessarily present in books made in either of those areas» 4. Secondo gialdini queste particolarità sono sempre presenti nelle legature  «greek-style»  che  tuttavia  comprendono  quelle  che  ella  definisce legature «hybrid greek-style» (che personalmente continuerò a chiamare «alla  greca»)  le  quali  possono  combinare  uno  o  più  elementi  della  lista «with western characteristics» 5. Per parte mia, ho individuato soltanto le seguenti quattro componenti regolarmente  presenti  negli  esemplari  analizzati  e  che  pertanto  costituiscono  gli  elementi  caratterizzanti  le  legature  «alla  greca»,  quantomeno nell’ambito del corpus qui preso in esame: 1.  capitelli a forma di ferro di cavallo, ancorché non sempre sporgenti (fig. 7); 2.  scanalature sui labbri delle assi (fig. 7); 3.  fermagli nei quali la parte mobile termina con un puntale e la parte fissa  è  costituita  da  un  tenone  infisso  nel  labbro  dell’asse,  non  costantemente  quello  anteriore,  come  invece  avviene  nelle  legature  bizantine (figg. 8 e 11); 4.  decorazione  delle  coperte  (se  presente)  di  gusto  latino-occidentale (fig. 1b). Le  altre  caratteristiche  non  sono  vincolanti  e  sovente  nelle  legature «alla  greca»  possono  essere  rimpiazzate  da  elementi  che  appartengono tipologicamente all’ambito delle legature prodotte nell’occidente latino. Può risultare di qualche interesse l’esposizione di alcuni dati statistici che  emergono  dall’analisi  del  piccolo  corpus di  legature  da  me  preso  in esame.  Preciso  innanzitutto  che  esso  è  composto  da  28  opere:  20  aldine (vale  a  dire  stampati  prodotti  da  Aldo  manuzio  dal  1501  al  1515,  anno 4 5

Ibid., p. 33-34. Ibid., p. 34.

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della sua morte) 6 e 8 incunaboli, 6 dei quali stampati da Aldo tra il 1495 e il 1500 7.  Per  quanto  riguarda  le  componenti  strutturali,  le  legature  sono  tutte dotate di assi lignee e di coperte in cuoio; queste ultime – in larga maggioranza (il 70%) di origine caprina – sono di norma decorate con impressioni a secco. Le assi, in tutti i casi nei quali sono visibili, risultano ottenute  da  legno  di  faggio  (fig.  5),  rispettando  la  regola,  quasi  senza  eccezioni, alla quale obbediscono i legatori italiani dei secoli XiV, XV e XVi. Fatti salvi due casi, peraltro ascrivibili a incunaboli 8, l’assenza di unghiatura  prevale  e  dunque  le  dimensioni  delle  assi  e  quelle  della  compagine delle  carte  coincidono,  secondo  l’usanza  bizantina,  rispettata  in toto per quanto riguarda la presenza delle scanalature sui labbri dei piatti. Altra caratteristica costante nelle legature «alla greca» sono i fermagli, le  bindelle  dei  quali  sono  costituite  di  solito  da  pseudo-trecce  a  tre  capi (fig. 9); ma non mancano quelle a due capi (fig. 10). Quasi  sistematicamente  è  rispettata  la  regola  che  vuole  le  bindelle  sul piatto posteriore e il tenone sul labbro del piatto anteriore. Fanno eccezione due  incunaboli:  nel  primo,  stampato  a  Firenze  nel  1496  (Inc.  iV.125),  le due  bindelle  sono  formate  da  una  sola  pseudo-treccia  e  si  ancorano  sul piatto  anteriore  (come  avviene  di  norma  nei  volumi  latini),  fissandosi quindi sui tenoni che si trovano sul labbro del piatto posteriore (fig. 11). Anche  nel  secondo  incunabolo  (Inc.  i.21),  stampato  a  milano,  le  bindelle, di cui restano solo i fori di uscita delle pseudo-trecce, erano ancorate al piatto anteriore, in violazione della norma bizantina (fig. 12). Prima di passare alle cuciture, occorre fare un rapido cenno ai capitelli, che si presentano sempre con la morfologia «a ferro di cavallo», vale a dire si estendono oltre il dorso e abbracciano, sovente per alcuni centimetri, i piatti lignei (figg. 4 e 7). tuttavia anche in questo caso la regola bizantina, che  li  vorrebbe  sporgenti oltre i tagli di  testa  e  di  piede,  non è  rispettata nella  metà  circa  dei  volumi.  in  questi  casi  i  capitelli  sono  inseriti  nello spessore delle assi, nelle quali è sovente ricavata una specifica sede, asportando parte del legno (fig. 13). Aldine i.1,  Aldine i.6;  Aldine i.7;  Aldine i.9;  Aldine i.12;  Aldine i.24;  Aldine i.25; Aldine i.26; Aldine i.27; Aldine i.31; Aldine i.33; Aldine i.35; Aldine iii.12; Aldine iii.21; Aldine iii.22; Aldine iii.24; Aldine iii.25; Aldine iii.26 (1); Aldine iii.27; Aldine iii.279. 7 gli incunaboli aldini portano le segnature Inc. ii.160; Inc. ii.178; Inc. iV.149; Stamp. Barb. AAA.iV.13;  Stamp. Chig. ii.744;  Stamp. Chig. V.564.  L’Inc.  i.21  è  stato  stampato a milano e l’Inc. iV.125 a Firenze. 8 L’unghiatura è presente negli Inc. ii.160 e Inc. iV.149. 6

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Da sottolineare, in casi del genere, la coincidenza tra capitelli incassati e  struttura  della  cucitura  su  supporti,  secondo  la  regola  dell’occidente latino. il cenno alla corrispondenza tra morfologia dei capitelli e cuciture consente di introdurre queste ultime, che nel campione esaminato si dividono equamente (50%-50%) tra cuciture che seguono i modelli bizantini e altre che invece si adeguano alle tipologie latine. Al primo gruppo appartiene, ad  esempio,  un  esemplare  dell’Euripide  aldino  del  1503  (Aldine iii.25), nel quale si evidenzia il caratteristico zig-zag, struttura di ancoraggio alle assi delle catenelle di cucitura dei fascicoli (fig. 14). nel  corpus preso  in  esame  lo  zig-zag  potrebbe  trovarsi  sulla  faccia esterna  dell’asse,  ma  risultando  essa  raramente  visibile  non  è  possibile affermarlo con certezza. Con maggiore frequenza invece è possibile osservare (fig. 15) il passaggio dei fili nelle piccole fenditure alle quali potrebbero fare riscontro, nelle facce esterne, gli zig-zag di cui sopra. Anche  le  cuciture tipiche  dell’occidente  latino  che  utilizzano  supporti ottenuti  da  materiali  diversi  (in  questo  contesto  pelle  allumata  e  cuoio) sono  largamente  rappresentate.  i  volumi  dotati  di  nervi  fendus in  pelle allumata  sono  presenti  soprattutto  negli  incunaboli  e  nelle  opere  che hanno visto la luce nei primi anni del secolo XVi (fig. 16). non mancano anche le cuciture su nervi in cuoio (in luogo della pelle allumata)  fendu e  su  nervo  singolo,  sia  in  pelle  allumata  che  in  cuoio. Queste soluzioni strutturali – certamente peggiorative dal punto di vista tecnico  rispetto  a  quelle  impiegate  in  precedenza  –  sono  utilizzate  nei volumi stampati negli anni successivi e, in particolare, nel secondo decennio del secolo XVi (fig. 17). un sintetico cenno merita, infine, la decorazione delle coperte, soltanto per  sottolineare  come  anche  in  questo  campo  quella  delle  legature  «alla greca»  vaticane  differisca  sostanzialmente  dalle  modalità  adottate  nei manufatti  greci  e  bizantini,  giacché  di  norma  i  «ferri»  utilizzati  per  le prime  aderiscono  ai  canoni  che  connotano  i  libri  prodotti  nell’occidente latino. oltre a quello di fig. 1, si veda nella fig. 18 un secondo raffronto tra la decorazione di una legatura bizantina9 e una «alla greca», seguite alla fig. 19 da due legature «alla greca».

9 Devo  alla  cortesia  di  Konstantinos  Choulis,  che  ringrazio  sentitamente,  la  segnalazione della legatura del Vat. gr. 854.

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Concludo  ribadendo  che  la  presente  ricerca  si  configura  come  un minimo  contributo  alla  conoscenza  tipologica  delle  legature  «alla  greca» che, a partire dal censimento delle opere di Aldo manuzio, è stato possibile  reperire  nei  fondi  di  stampati  della  Biblioteca  Vaticana.  È  appena  il caso  di  sottolineare  che  una  ricerca  tendenzialmente  esaustiva  in  questo campo potrebbe fornire una campionatura di tutt’altro ordine: ricerca che tuttavia  al  momento  non  è  possibile  condurre  giacché  dovrebbe  essere effettuata  in  prima  persona  nei  depositi  in  cui  sono  conservate  le  opere, stante  l’assenza  nei  cataloghi  di  riferimenti  tipologici  alle  legature.  Per  il momento non resta pertanto che accontentarci di questa sorta di sondaggio, confidando che giungano tempi migliori anche nel campo della catalogazione degli stampati antichi 10.

10 un segno univocamente positivo in questa direzione viene dai cataloghi di incunaboli di L. CAtALAno - r. C. giorDAno - m. PALmA - A. SCALA - m. SCiALABBA - S. tErrAnoVA - r.triPoLi, Incunaboli a Siracusa, roma 2015; F. AiELLo - C. Di mAuro - m. FormiCA - S. inSErrA - i. mAruLLo - m. PALmA - r. SArAniti,  Incunaboli a Catania, i, roma 2018; L. CAtALAno - r. C. giorDAno - m. PALmA - A. SCALA - S. tErrAnoVA - r. triPoLi, Incunaboli a Ragusa, con la collaborazione di g. BAronE - m. D. oCChiPinti - m. PEPi - n. SCArDino - m. SCiALABBA, roma 2019; P. ErrAni - m. PALmA, Incunaboli a Cesena, roma 2020. in queste opere gli incunaboli vengono descritti secondo modalità che definirei codicologiche (credo non a caso, considerato che marco Palma è stato per lunghi anni docente di tale disciplina) e conseguentemente uno spazio non trascurabile viene finalmente dedicato alle legature.

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il ProFetA e il MonSiGnore: quArAntASette nuovi MAnoSCritti (e trediCi nuovi StAMPAti) di AnGelo ColoCCi nellA vAtiCAnA e AllA nAZionAle di PAriGi* SoMMArio: [Premessa], p. 259. – 1. Breve storia degli studi sulla collezione greca di Colocci, p. 268. – 2. vecchi e nuovi criteri di identificazione dei codici (greci) di Colocci, p. 273. – 3. le liste relative alla Bibliotheca Parva Secreta, p. 277. – 4. descrizione sintetica dei codici greci di Colocci, p. 282. – 5. Alcune cautele, p. 305. – 6. Processo a Colocci, p. 311. – Parergon, p. 319. – Appendice: la lista C (Vat. lat. 3958, ff. 187v-188r) di Federico ranaldi (con le concordanze con quella di Provataris), p. 330.

nell’anno del Signore 1558, regnante (assai poco) felicemente papa Paolo iv Carafa, la Biblioteca Apostolica vaticana acquisiva la gran parte della collezione libraria di Angelo Colocci da iesi 1. in verità, Monsignor * Abbreviazioni bibliografiche: BHG = F. HAlkin, Bibliotheca Hagiographica Graeca, i-iii, Bruxelles 19573 (Subsidia hagiographica, 8a), [necnon] id., Novum Auctarium Bibliothecae Hagiographicae Graecae, Bruxelles 1984 (Subsidia hagiographica, 65). Briquet = C.M. Briquet, Les filigranes. Dictionnaire historique des marques du papier dès leur apparition vers 1282 jusqu'en 1600, A facsimile of the 1907 edition with supplementary material (…), ed. by A. StevenSon, i-iv, Amsterdam 1968. CANT = Clavis Apocryphorum Novi Testamenti, cura et studio M. GeerArd, turnhout 1992 (Corpus Christianorum). CPG = Clavis Patrum Graecorum, i-iii, iii/A, iv [iv: ed. altera], v [necnon] Supplementum, cura et studio M. GeerArd [eT AL.], turnhout 1974-2018 (Corpus Christianorum). RGK = Repertorium der griechischen Kopisten, 800-1600, erstellt von e. GAMillSCHeG und d. HArlFinGer, [H. HunGer, P. eleuteri], i-iii, Wien 1981-1997 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. veröffentlichungen der kommission für Byzantinistik, iii/1-3). SoSoWer = M.l. SoSoWer, Signa officinarum chartariarum in codicibus Graecis saeculo sexto decimo fabricatis in bibliothecis Hispaniae, Amsterdam 2004. ZonGHi = Zonghi’s Watermarks (…), Hilversum 1953 (Monumenta chartae papyraceae historiam illustrantia, 3). 1 Per un orientamento sulla figura e le collezioni di Angelo Colocci (iesi, 24 luglio 1474-roma, 1 maggio 1549), mi limito ai rinvii fondamentali: la voce redazionale, Colocci,

☜ tavv. 1-20

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Colotio era morto nove anni prima (1° maggio 1549) e quel giorno solo al secondo tentativo era riuscito ad apporre il pallido simulacro della sua firma, un tempo così perentoria e ingombrante, in calce alle disposizioni testamentarie dettate a un notaio «quando s’era per morir» 2 (tav. 1): Yhs. Adì p° di maggio 1549. Al nome dio amen. qui sott executores testamenti ei reliquit reverendissimum dominum Sanctae Crucis. reliquit in rebus vero mobilibus et immobilibus, videlicet epitaffia immagines et statuas reliquit nepotibus Colotianis. reliquit prefatum Cardinalem Sanctae ✠ eundem reverendissimum Cardinalem Sanctae ✠ acerrimum defensorem. reliquit pro pauperibus videlicet scudos Xii. item reliquit scudos Xii a Giovanna moglie del chiodaio Perugino propter laborem si testatorem mori.

l’esecutore designato era Marcello Cervini 3, cardinale del titolo di Santa Croce in Gerusalemme, amico, estimatore e confidente di monsignor Colotio; si conoscevano da una quindicina d’anni: da quando il giovane Marcello si affacciava appena, ma molto promettente, sulla scena curiale4, e l’anziano Angelo era da tempo il patriarca dei letterati e degli

Angelo, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXvii, roma 1982, pp. 105-111; F. uBAldini, Vita di Mons. Angelo Colocci. edizione del testo originale italiano (Barb. lat. 4882), a cura di v. FAnelli, Città del vaticano 1969 (Studi e testi, 256); Atti del Convegno di Studi su Angelo Colocci (Jesi, 13-14 settembre 1969, Palazzo della Signoria), Jesi 1972; v. FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci e sulla Roma cinquecentesca, Città del vaticano 1979 (Studi e testi, 283); r. BiAnCHi, Per la biblioteca di Angelo Colocci, in Rinascimento 30 (1990), pp. 277-282; M. BernArdi, Per la ricostruzione della biblioteca colocciana: lo stato dei lavori, in Angelo Colocci e gli studi romanzi, a cura di C. BoloGnA - M. BernArdi, Città del vaticano 2008 (Studi e testi, 449), pp. 21-83; Inventari di manoscritti greci della Biblioteca Vaticana sotto il pontificato di Giulio II (1503-1513), introduzione, edizione e commento a cura di G. CArdinAli, Città del vaticano 2015 (Studi e testi, 491), pp. 15-62; r. BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci: libri già noti e nuove identificazioni, in Studi medievali e umanistici 13 (2015), pp. 157-196; M. BernArdi, Colocci e Tebaldeo di fronte al Sacco di Roma (1527): le liste f e g e un nuovo documento epistolare, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XXiii, Città del vaticano 2017 (Studi e testi, 516), pp. 35-117. 2 Vat. lat. 4105, f. 176r, edito da G. MerCAti, Il soggiorno del Virgilio Mediceo a Roma nei secoli XV-XVI, in Rendiconti della Pontificia Accademia Romana di Archeologia 12 (1936), pp. 105-124, poi in id., Opere minori, iv: 1917-1936, Città del vaticano 1937 (Studi e testi, 79), pp. 525-545: 538 nt. 29 (da cui cito). 3 la biografia più recente è quella di C. quArAntA, Marcello II Cervini (1501-1555). Riforma della Chiesa, concilio, Inquisizione, Bologna 2010, cui si rimanda per la bibliografia. 4 l’aiuto e il sostegno prestati da Colocci al giovane Cervini sono ricordati ibid., pp. 66-67 e 73-74.

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antiquari di roma, sopravvissuto inconsolabile al tramonto dei tempi di leone X de’ Medici 5. Galeotto era stato – certamente – il testo di erone Alessandrino: se ne occuparono e provarono a tradurlo, avviando un’amicizia e uno scambio culturale che li accompagnò fino al completo ribaltamento dei ruoli 6: Cervini cardinale – «il più intimo di nostro Signore» 7 (Paolo iii Farnese) –, Colocci vescovo di nocera umbra a supplicarlo in ogni modo perché gli ottenesse dal papa il rientro nell’urbe (e magari il passaggio del vescovado al figlio naturale Marcantonio) 8. Alla morte del prelato, mobilia e immobilia vennero ripartiti tra i nepotes Colotiani indicati dal testamento, che erano almeno due 9: messer GiaPoco più che un cenno a tali relazioni in Ibid., pp. 73-74; particolarmente utili al riguardo sono le lettere di Colocci a Pier vettori, edite da FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 45-90, cui mi permetto di aggiungere G. CArdinAli, Legature «alla Cervini»?, in Scriptorium 71/1 (2017), pp. 39-78; id., Il Barberianianus gr. 532, ovvero le edizioni mancate di Marcello Cervini, la filologia di Guglielmo Sirleto e il surmenage di Giovanni Onorio, in Byzantion 88 (2018), pp. 45-89; id., Ritratto di Marcello Cervini en orientaliste (con precisazioni alle vicende di Petrus damascenus, Mosè di Ma¯rdı¯n ed Heliodorus niger), in Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance 80/1-2 (2018), pp. 77-98 e 325-343 e id., Autoritratto di cardinale bibliofilo: undici nuovi codici greci di Marcello Cervini (e uno di Angelo Colocci), in Archivum mentis 7 (2018), pp. 185-225. 6 il rapporto tra Cervini e Colocci si coglie in filigrana nello scambio epistolare dell’esinate con Pier vettori, edito da FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 45-90. 7 l’espressione è di Pietro Bembo nella lettera del 21 agosto 1541 a Giovan Matteo Bembo, in Pietro BeMBo, Lettere, edizione critica a cura di e. trAvi, iv: (1537-1546), Bologna 1993, p. 369. 8 lo scambio epistolare superstite tra Cervini e Colocci si trova nel Vat. lat. 4104, ff. 1r20v e 22r-24v; si vedano anche M. MoriCi, Due umanisti marchigiani vescovi di Nocera Umbra (Varino Favorino Camerte e Angelo Colocci), in Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria 7 (1901), pp. 141-152 e l. BerrA, Come il Colocci conseguì il Vescovato di Nocera, in Giornale Storico della Letteratura Italiana 89 (1927), pp. 304-316. nel contesto di questa amicizia si colloca il passaggio degli Ott. lat. 1882 e 1980 dalla collezione dell’esinate a quella di Cervini, come ricostruito da G. MerCAti, Codici latini Pico Grimani Pio e di altra biblioteca ignota del secolo XVI esistenti nell’Ottoboniana e i codici greci Pio di Modena con una digressione per la storia dei codici di S. Pietro in Vaticano, Città del vaticano 1938 (Studi e testi, 75), pp. 172-173, poi ripreso da F. FoSSier, Premières recherches sur les manuscrits latins du cardinal Marcello Cervini (1501-1555), in Mélanges de l’École Française de Rome. Moyen Âge-Temps Modernes 91 (1979), pp. 381-456: 429, e da C. BiAnCA, Petreio, Petrucci, Cervini. Il ms. ottob. lat. 1882 e la «Politica» di Aristotele, in Rinascimento, ii ser., 26 (1986), pp. 259-275, poi ripresa da BiAnCHi, Per la biblioteca cit. (nt. 1), p. 274 nt. 14. non parlerei tuttavia di prelievi post mortem da parte dell’esecutore testamentario Cervini, scelto proprio in quanto acerrimus defensor, quanto piuttosto di donativi in vita da parte di Colocci, come apparirà più chiaro dalle ultime pagine di questo contributo. 9 in questo modo vanno corretti i due nomi citati erroneamente da r. lAnCiAni, Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità, i: 1000-1530, coor5

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como Colocci, «suo nepote cugino per essere figliuolo di ippolito che nacque da messer Francesco»10, e monsignor Girolamo Mannelli 11, quello cui Paolo iii permise di ereditare la cattedra di nocera, liberando Angelo da quell’esilio in un «aere sottilissimo – diceva lui, ma soprattutto – molto contrario al nostro di roma»12. tutto dovette svolgersi in maniera rapida e consensuale, se, appena un anno dopo, passando alla ricerca di «tutte le statue antiche che per tutta roma e in diversi luoghi e case particolari si veggono»13, ulisse Aldrovandi trovò la casa del Colotio – «hora priva e spogliata affatto di tutti quelli adornamenti antichi»14 – in mano al nipote Giacomo, che aveva serenamente avviato l’alienazione della sua parte della favolosa collezione di epitaffia, immagines e statuae: non sembra che restassero che i pezzi murati, probabilmente perché più difficili da rimuovere 15. del resto, «sendo morto esso monsignore, come è solito, ogni cosa è stato da la casa alienato»16, constatava Pirro ligorio, navigatissimo quanto ai corsi e ai ricorsi del collezionismo. Come il mondo seppe vent’anni dopo – ma a roma la notizia doveva essere di pubblico dominio – a mediare la liquidazione di larga parte del tesoro antiquario di monsignor Colotio, ben più ampio delle «trecento intituladinamento redazionale e apparato illustrativo a cura di l. MAlveZZi CAMPeGGi, premessa di F. Zevi, roma 1989, p. 262. 10 FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 128. 11 Sull’esatto grado di parentela tra Mannelli e Colocci si veda ibid., p. 144. 12 Così Colocci nella lettera a vettori del 17 aprile 1543, edita ibid., p. 53; eppure la designazione a quella sede era stata una delle ragioni di vita di Colocci, che così scriveva a Paolo iii (Vat. lat. 4105, f. 98r): «Beatissime Pater, post pedum oscula beatorum. la S.tà v. sa che leone de consensu episcopi mi riservò la chiesia nucerina in nel ultimo consistorio suo et per levar via ogni dubio la S.tà v. iterum illam consistorialiter reservavit mihi. Sotto la fede et speranza di dui tali pontefici mi sono invecchiato, non ho preso donna, ho detto lo officio tanti anni et poi dotai la chiesia mia per far un collegio di case et giardini che valerano inanzi al Sacro 1300 ducati. Supplico alla S.tà v. non mi manchi della Sua santa fede, che in questa ultima vecchiezza non resti con haver perso il tempo, li figlioli, la robba mia et tandem l’honore humilmente io me li raccomando. et feliciter valeat S. V. Romae, die XXIIII Ian. MDXXXIII». 13 Come si legge nel frontespizio de Le antichità de la città di Roma, brevissimamente raccolte da chiunque ne ha scritto o antico o moderno; per Lucio Mauro, che ha voluto particularmente tutti questi luoghi uedere: onde ha corretti di molti errori, che ne gli altri scrittori di queste antichità si leggono. et insieme ancho di tutte le statue antiche, che per tutta Roma in diuersi luoghi, e case particolari si veggono, raccolte e descritte, per M. Ulisse Aldroandi, opera non fatta più mai da scrittore alcuno, venezia 1556. 14 lAnCiAni, Storia degli scavi di Roma cit. (nt. 9), p. 262. 15 Le antichità de la città di Roma cit. (nt. 13), pp. 285-286. 16 lAnCiAni, Storia degli scavi di Roma cit. (nt. 9), p. 261.

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tioni de monumenti»17 citate da ligorio, era stato il fiammingo Maarten de Smet 18 (addomesticato a roma in Martinus Smetius), che aveva dirottato decine e decine di reperti verso il «Palagio del reverendissimo Farnese, in strada iulia»19, la casa del canonico lateranense Gentile delfini «presso a S. Angelo in pescaria» 20 e la vigna sul quirinale del suo protettore, il cardinale rodolfo Pio dei conti di Carpi 21. la raccolta era tuttavia così consistente che i Colocci (e i Mannelli) non rimasero del tutto privi di opere d’arte antiche: ancora alla metà degli anni Cinquanta JeanJacques Boissard poteva raccomandare al viator destinatario dei suoi Romanae Urbis topographiae et antiquitatum partes sex 22 di non tralasciare di «diligenter pervestigare» la residenza di Girolamo Colocci (Mannelli?) 23 e la villa di Giacomo Colocci «ad Aquam virginem», ambedue ricche di interessanti antichità 24. Se epitaffia, immagines e statuae sono i soli mobilia specificati nella «memoria» testamentaria, il tesoro di monsignor Colotio era assai più Ibid. Mi limito a rinviare a G. vAGenHeiM, Juste Lipse et l’édition du recueil d’inscriptions latines de Martinus Smetius, in Iam illustravit omnia. Justus Lipsius als lievelingsauteur van het Plantijnse Huis, in De Gulden Passer 84 (2006), pp. 45-67 ed eAd., Une amitié épigraphique: Martinus Smetius (Maarten De Smet), Carolus Clusius (Charles de l’escluse) et Justus lipsius (Juste Lipse), in La société des amis à Rome et dans la littérature mediévale et humaniste, études réunies par P. GAlAnd-HAllYn - S. lAiGneAu - C. lévY et W. verBAAl, turnhout 2008, pp. 305-315, ambedue con bibliografia. Si veda anche G. CArdinAli, Horti Pii Carpenses. La raccolta di Rodolfo Pio e il collezionismo antiquario a Roma nel XVI secolo, Città del vaticano 2021 (documenti e riproduzioni, n.s. 2), pp. 19-25. 19 Le antichità de la città di Roma cit. (nt. 13), pp. 148, 163-166. 20 Ibid., pp. 235-236. 21 Si veda in particolare J. verBoGen, Martinus Smetius et Angelo Colocci. Une collection romaine d’inscriptions antiques au XVIe siècle, in Humanistica Lovaniensia 34A (1985), pp. 255-272. 22 I pars Romanae Urbis topographiae et antiquitatum, qua succincte et breviter describuntur omnia quae tam publice quam privatim videntur animadversione digna, Iano Iacobo Boissardo Vesuntino autore. Tabula chorographica totius Italiae. Figurae aliquot eleganter in aere incisae, artifice Theodoro de Bry Leod. sive fra. oia. foras recens edita, 1597; l’opera fu edita alla fine del secolo, ma il soggiorno romano di Boissard data agli anni Cinquanta del secolo. 23 Ibid., p. 115: «in domo Hieronymi Colotii, prope S. Mariam in via in corte ad dexteram, nympha est insidens monstri marini dorso, hanc doriden vocant, alii Galatheam. Super porta culinae tabula marmorea est affixa, in qua expressi sunt duo tauri, quos duo viri violenter cornibus implicitos retinent. in cubiculo vicino statuae sunt victoriae & duarum mulierum. idem tabula, in qua iuppiter sculptus est cum apro, quem canis tenet modicus, multaeque aliae inscriptiones, epitaphia & marmora antiqua». 24 Ibid., p. 106: «illic habet aedes iacobus Colotius de iesi, plenas diversis inscriptionibus & statuis antiquis excellentissimis». 17 18

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ampio e variegato: oltre agli immobilia (villa ad Aquam Virginem, case in Urbe, proprietà sparse per la città) e alla collezione di gemme 25, c’erano anche i libri 26. È assai probabile che la maggior parte della biblioteca rimase al nipote Mannelli 27 e che per un suggerimento di Cervini, che conosceva benissimo quella collezione e da almeno un anno era stato nominato protettore della Biblioteca vaticana, papa Pavolo nel maggio 1549 fece ricorso alla sua proverbiale destrezza nelle requisizioni, assicurando alla biblioteca pontificia i volumi più significativi della raccolta di Colocci. lo spoglio farnesiano venne eseguito da Guglielmo Sirleto 28 nella sua duplice veste di uomo di fiducia di Cervini e di antico frequentatore degli Horti Colotiani, come ricorderà vent’anni dopo proprio Mannelli 29: …mi racordo benissimo che vostra Signoria illustrissima oltre che si degnò di venirlo visitar molte volte, domentre egli era infermo, venne a far quella cassa d’i suoi libri dopo la sua morte, che fur portati d’ordine di papa Pavolo iii santa memoria al Cardinale Santa ✠, che fu poi chiamato papa Marcello.

in quella occasione venne incamerato il Vat. gr. 1164 30, raro testimone di autori de re militari di cui oltre vent’anni dopo, il 2 febbraio 1572, FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 122. nessuna menzione della biblioteca nei testamenti colocciani esaminati da BiAnCHi, Per la biblioteca cit. (nt. 1), p. 275 nt. 16. 27 Così affermava un contemporaneo (MerCAti, Il soggiorno del Virgilio Mediceo cit. [nt. 2], p. 533) e così dimostrerebbe anche il caso del Vat. ebr. 451, che reca la nota di possesso (f. 1r) Hier(onymu)s Manellus e potrebbe provenire dalla collezione colocciana; si veda Hebrew Manuscripts in the Vatican Library. Catalogue, (…) edited by B. riCHler, Palaeographical and Codicological descriptions: M. Beit-Arié in collaboration with n. PASternAk, Città del vaticano 2008 (Studi e testi, 438), p. 396. devo la segnalazione al collega delio v. Proverbio, che ringrazio di cuore. 28 quanto alla figura di Sirleto, oltre a Il «sapientissimo calabro». Guglielmo Sirleto nel V centenario della nascita (1514-2014). Problemi, ricerche, prospettive. Atti del Convegno, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Corsini – Sala delle Canonizzazioni, 1315 gennaio 2015, a cura di B. ClAuSi - S. luCà, roma 2018 (quaderni di Νέα Ῥώμη, 5), mi limito a rimandare ai più recenti contributi, che hanno una bibliografia aggiornata: S. luCà, Guglielmo Sirleto e la Vaticana, in La Biblioteca Vaticana tra Riforma Cattolica, crescita delle collezioni e nuovo edificio (1535-1590), a cura di M. CereSA, Città del vaticano 2012 (Storia della Biblioteca Apostolica vaticana, 2), pp. 145-188; CArdinAli, Legature «alla Cervini»? cit. (nt. 5), e id., Il Barb. gr. 532 cit. (nt. 5). 29 Vat. lat. 6182, f. 187r, edita da MerCAti, Il soggiorno del Virgilio Mediceo cit. (nt. 2), pp. 538-539. 30 Si veda G. CoMMAre, Storia e descrizione del vat. gr. 1164 testimone della trattatistica militare, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 56-57 (2002-2003), pp. 77-106. 25

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Fulvio orsini scrisse a Gian vincenzo Pinelli, facendone una descrizione talmente dettagliata che non sfigurerebbe in un moderno catalogo vaticano (che, per quella parte del fondo, ancora manca) 31: Molto magnifico Signor mio osservandissimo, M’è venuto molto ben fatto di servir v. S. in materia de dui libri greci che desidera, cioè, il Mauricio et l’Ὠκεανός, percioché in libraria vaticana ho ritrovato un esemplare antico meglio di 500 anni 32 in carta pergamena dove, fra l’altri scrittori de re militari, è il Mauricio che cercava. questo libro fu del Colotio, et io me ricordo che, essendo giovinetto, andava da quel galanthuomo, et ben spesso lo trovava con questo libro in mano, perché egli ne faceva all’hora tradurre l’Atheneo de machinis bellicis che è nel medesimo libro 33 da messer Gulielmo che hoggi è il cardinale Sirleto et doppo la morte del Colotio questo con l’altri libri fu portato in salvarobba del papa, dove è stato separato d’altri molti anni in una cassa di anticaglie et io l’ho ritrovato a caso. il libro come ho già detto è antichissimo in carta pergamena in forma di foglio. il titolo di Mauricio è Μαυρικίου στρατηγικόν et poi κεφάλαια τοῦ πρώτου λόγου 34, che … divide; et poi i capi, et il primo Πῶς δεῖ γυμνάζειν τὸν καθένα ἄνδρα ἐν ταῖς μελέταις 35. Sono Xi libri, o, sermoni, in carte 67, il Xii è inscritto Περὶ πεζικῆς τάξεως 36, diviso in 24 capi, in 12 carte. in questo medesimo volume è l’Atheneo Περὶ μηχανημάτων con bellissime figure et la traduttione del cardinale Sirleto credo haverla io, cioè quella istessa che fu data al Colotio. […].

la citazione in extenso non è sfoggio, dal momento che questa lettera è di fatto inedita 37, e che la sua lettura pone fine a quell’ipotesi, che ciclicamente attraversa i cieli degli studi colocciani, per cui quella acquisita nel 1549 sarebbe stata in realtà la copia cartacea del Vat. gr. 1164: l’attuale Vat. gr. 220 (che non è affatto certo che appartenne a Colocci) 38. Ambr. d 422 inf., ff. 1r-2r, lettera edita in maniera lacunosissima da P. de nolHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini. Contributions à l’histoire des collections et à l’étude de la Renaissance, Paris 1887, p. 5 nt. 1, da cui citano tutti. 32 il codice è datato alla seconda metà del X secolo, sebbene non manchi chi lo retrodata di un cinquantennio, come ricapitola CoMMAre, Storia e descrizione del vat. gr. 1164 cit. (nt. 30), p. 90. 33 il trattato De machinis bellicis si trova ai ff. 95r-101v del Vat. gr. 1164. 34 il testo dello Strategicon si trova ai ff. 28r-92v con le lacune segnalate da CoMMAre, Storia e descrizione del vat. gr. 1164 cit. (nt. 30), p. 95. quelli qui trascritti da orsini sono i titoli che si trovano al f. 28r. 35 la titulatio qui trascritta si trova sia sul recto sia sul verso dello stesso f. 28. 36 questa titulatio si legge al f. 80r. 37 Si veda supra, nt. 31. 38 dà conto di queste oscillazioni CoMMAre, Storia e descrizione del vat. gr. 1164 cit. 31

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A nove anni di distanza da quel primo passaggio di volumi (e dalla più ampia vicenda testamentaria dei suoi beni), la Sede Apostolica riuscì, dunque, a incamerare anche il resto della collezione di monsignor Colotio, che dovette giungere in vaticana attorno al «27 d’ottobre M d lviii», come titola quella che è nota come Lista C 39, in cui ritengo vada riconosciuta la lista di scarico dei volumi al momento della loro presa in consegna da parte del personale della biblioteca pontificia 40. quanto poi alla mano che ha vergato la maggior parte dell’elenco non vedo ostacoli a riconoscerla in quella di Federico ranaldi 41: non c’è ragione alcuna – paleografica in primis, storica in secundis, biblioteconomica in fine – per non riconoscere nei ff. 184r-197r del Vat. lat. 3958 lo stesso scriba che ha vergato il Vat. lat. 3843, firmato e datato (f. 187r): «Scribebam Fed(ericus) rai(naldus) anno 1554 romae» 42; ossia l’uomo di fiducia e il collaboratore primo di Sirleto, che proprio nella primavera di quell’anno vedeva regolarizzata la sua posizione in vaticana (dopo cinque anni di precariato) 43. A redigere la lista C fu, dunque, lo scriptor latinus della biblioteca papale nel pieno delle sue funzioni; stava cioè aprendo una ad una le dieci casse lignee – contenenti volumi ordinati per materia in maniera non troppo rigida, per(nt. 30), p. 83, rispetto alla quale aggiungo che i due manoscritti, giunti in vaticana, furono collocati consecutivamente nel quinto armadio della parva secreta, come appare dall’inventario di Federico ranaldi (Vat. lat. 13191, ff. 110v e 111r): «1079» era la segnatura cinquecentesca, in vaticana, del Vat. gr. 1164 e «1080» quella del Vat. gr. 220. 39 Si veda quanto detto infra, p. 277. 40 questa interpretazione è stata proposta, ma solo dubitativamente, da BiAnCHi, Per la biblioteca cit. (nt. 1), p. 277 nt. 23, senza nemmeno avanzare i nomi dei possibili estensori dell’inventario. 41 il testo della Lista C è stato edito da S. lAttÈS, Recherches sur la bibliothèque d’Angelo Colocci, in Mélanges d’archéologie et d’histoire 48 (1931), pp. 308-344 e nuovamente da M. BernArdi, La lista C o inventario secondo (1558) dei libri di Angel Colocci (vat. lat. 3958, ff. 184r-196r), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XXii, Città del vaticano 2016 (Studi e testi, 501), pp. 7-111; il primo non avanza ipotesi sulle circostanze della redazione, il secondo non giunge ad alcuna presa di posizione (ibid., pp. 10-16). 42 una conferma sull’autografia ranaldiana e l’identificazione del codice vengono dalla lettera di Sirleto a Cervini del 26 agosto 1553 (Vat. lat. 6177, ff. 372r-373v): «Federico ha scritto quella bell’opera d’umberto Car.le contra errores Graecorum». 43 Si vedano r. de MAio, La Biblioteca Apostolica Vaticana sotto Paolo IV e Pio IV (1555-1565), in Collectanea Vaticana in honorem Anselmi M. Card. Albareda a Bibliotheca Apostolica edita, i, Città del vaticano 1962 (Studi e testi, 219), pp. 265-313: 282-286; J. BiGnAMi odier, La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits avec la collaboration de J. ruYSSCHAert, Città del vaticano 1973 (Studi e testi, 272), p. 47 e Ch. M. GrAFinGer, Servizi al pubblico e personale, in La Biblioteca Vaticana tra Riforma Cattolica cit. (nt. 28), pp. 217-236: 222 e 230-231.

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lopiù manoscritti, sebbene non mancassero gli impressi – consegnate dagli eredi, verificandone il contenuto e appuntandone un elenco di massima 44: «Sono in tuto libri 558; li altri 406». la verifica ranaldiana avvenne molto probabilmente nella «guardarobba» pontificia, dove il carico fu collocato provvisoriamente per il controllo della consistenza, come doveva essere prassi per gli spogli papali 45, e dove si trovavano, con quelli «di molti altri letterati», i volumi acquisiti nel 1549, che già nel 1556 erano stati visti da orsini 46. in quella sede avvenne, dunque, una sorta di prima ricomposizione della biblioteca colocciana, che sarebbe stata piena solo nel 1602 col sopraggiungere del legato orsiniano, nel quale si trovavano altri manoscritti e molti degli stampati appartenuti al monsignore 47. della lunga teoria di cassoni, giunti in vaticana nel 1558, interessa qui il quarto, aprendo il quale ranaldi scriveva a mo’ di titolo del suo inventario: «in quarta cassa Colotti libri Greci scripti». vi era stata imballata, infatti, la sezione greca della collezione, quella che resta ancora la più misteriosa, la meno indagata; e la maggiormente deprezzata: è stato scritto che «les textes grecs forment dans la bibliothèque de Colocci la partie la plus médiocre et la plus pauvre» 48. non sarà male fare preventivamente, e per sommi capi, lo status quaestionis degli studi sulla bibliotheca Graeca dell’esinate, specificando che in questa sede ci si occuperà dei manoscritti greci di Colocci, considerando gli stampati solo in funzione di essi e rinviando a un altro contributo l’identificazione precisa dei numerosi esemplari impressi Graeci provenienti dalla sua raccolta personale e ora conservati nella vaticana.

44 Vat. lat. 3958, f. 196r. non sono certo che la mano che appone questa annotazione, e che ha vergato i ff. 189r-190v, possa essere riconosciuta in quella di Fausto Sabeo, custos storico della vaticana, che, essendovi entrato in servizio attorno al 1522, nel 1558 era ai suoi ultimi giorni di lavoro: de MAio, La Biblioteca Apostolica Vaticana cit. (nt. 43), pp. 278-281; BiGnAMi odier, La Bibliothèque Vaticane cit. (nt. 43), pp. 30-31 e ad indicem e GrAFinGer, Servizi al pubblico e personale cit. (nt. 43), p. 219. 45 BernArdi, La lista C cit. (nt. 41), pp. 11-12. 46 MerCAti, Il soggiorno del Vigilio cit. (nt. 2), pp. 533-534 e 540 nt. 36, da cui si deduce che ancora nel 1558 nella «Guardaroba di nostro Signore» giacevano 557 codici colocciani, depositati in 10 casse. 47 de nolHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini cit. (nt. 31), pp. 79-82 e 249-259, ma si raccomanda una consultazione ad indicem. 48 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), p. 321.

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1. BReVe

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STORIA DeGLI STUDI SULLA COLLeZIONe GReCA DI

COLOCCI

le ricerche sulla collezione libraria di Colocci 49 – che ormai si considera il «più formidabile laboratorio culturale che il primo Cinquecento abbia conosciuto in italia, e forse in europa» 50 – furono avviate quasi cento anni fa da Samy lattès, che però, sentenziando che «les manuscrits grecs de Colocci sont médiocres et peu nombreux» 51, fece rotolare sulla parte greca di quella raccolta una pietra tombale. di lì sotto, i codici hanno provato a far segno, ma senza trovare soccorritori. nessuno degli studiosi dell’esinate, infatti, è mai riuscito a scovarli, ma di tanto in tanto ci si sono imbattuti ricercatori intenti a tutt’altre indagini; ecco, dunque, la ragione dell’evocazione del «profeta» nel titolo di questo contributo: non c’è sintesi più icastica di questa vicenda dei versi di isaia (65, 1), «Mi feci ricercare da chi non mi consultava, mi feci trovare da chi non mi cercava». il primo a non invocare il nome di Colocci, del resto, fu Pierre de nolhac, che intento alla ricostruzione della bibliothèque de Fulvio Orsini 52, si imbatté nei Vat. gr. 1164 e 1389, ai quali lattès aggiunse soltanto il Vat. gr. 252, unico peraltro a poter essere riconosciuto in una delle voci della lista ranaldiana 53. Poi venne il turno di tre scriptores Graeci della vaticana: nessuno di loro cercava i codici di Colocci, ma ognuno si imbatté nella questione, dragando il fondo greco in vista della redazione del proprio catalogo: lavori «di sgombro», come si diceva all’epoca 54.

Ibid.; l’ultimo contributo in ordine di tempo è quello di BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), che ha giustamente messo in guardia sul fatto che «A tutt’oggi manca su di essa un’indagine sistematica ed esaustiva» (ibid., p. 158). 50 C. BoloGnA, La biblioteca di Angelo Colocci, in Angelo Colocci e gli studi romanzi cit. (nt. 1), pp. 1-20: 10, ripreso da M. BernArdi, Gli elenchi bibliografici di Angelo Colocci: la lista A e l’inventario primo (Arch. Bibl. 15, pt. A), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XX, Città del vaticano 2014 (Studi e testi, 484), pp. 89-153: 90. 51 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), p. 313 nt. 3. 52 de nolHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini cit. (nt. 31), pp. 5 e 182. 53 il testo è contenuto nel Vat. lat. 3958, ff. 184r-196r, la sezione relativa alla quarta cassa, che qui interessa, si trova ai ff. 187v-188r. la lista è stata edita da lAttÈS, Recherches sur la bibliothèque cit. (nt. 41), pp. 321-322 e da BernArdi, La lista C cit. (nt. 41), pp. 51-53. 54 l’espressione è di G. MerCAti, Scritti di Isidoro il cardinale Ruteno e codici a lui appartenuti che si conservano nella Biblioteca Apostolica Vaticana, roma, 1926, pp. vii: «dico inoltre che è una massa di sgombro, venuta fuori principalmente dal lavoro preparatorio dei Codices Vaticani graeci descripti e dalla storia di essi; massa smossa e rimossa allo scopo di facilitare e di alleggerire la composizione del catalogo». 49

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dalle incursioni di Giovanni Mercati nacque la precisazione circa il foglietto agglutinato alla coperta del Vat. gr. 1043, in cui venne indicato in Colocci il postillatore del manoscritto 55, e dagli studi su Isidoro il cardinale Ruteno il riconoscimento della mano dell’esinate nei marginalia ai ff. 258r-262v del Vat. gr. 185856; nel 1936 poi, seguendo le tracce del soggiorno romano del «virgilio Mediceo» 57, il dottissimo bibliotecario stese l’appendice dal titolo: «libri del Colocci pervenuti alla vaticana nel 1549?» 58 dopo aver negato una provenienza colocciana ai quattro codici greci entrati in vaticana una ventina di giorni dopo la morte dell’erudito 59, ed aver ricondotto alla raccolta di quello i Vat. gr. 972 e l’intero Vat. gr. 1904 60, Mercati pubblicò la lista di scarico del primo spoglio, quello eseguito da Sirleto nel 1549. va tuttavia notato che, se il Vat. gr. 972 trova riscontro nella lista ranaldiana, non altrettanto accade per il Vat. gr. 1904. del resto, già la natura fattizia del codice e la presenza di marginalia colocciani soltanto su alcune sezioni dovrebbero ispirare la massima cautela; a guardar meglio, ci si rende conto che si tratta di una miscellanea, evidentemente realizzata a posteriori in vaticana, di carte riconducibili a Sirleto, in cui trovarono posto anche materiali colocciani e cerviniani. un passo indietro fu compiuto da robert devreesse, che riprese le acquisizioni di de nolhac, di Mercati e di lattès, mescolandole a recuperi dalla vulgata critica, ritenendo colocciani i Vat. gr. 252, 972, 1164, 1904, 55 G. MerCAti, Una lettera non bene edita né bene compresa del codice vat. gr. 1043, in Bessarione 30 (1914), pp. 355-356, poi in id., Opere minori, iii, Città del vaticano 1937 (Studi e testi, 78), pp. 327-328. Malgrado questa nota erudita Mercati, redigendo il primo catalogo dei Vaticani greci insieme a Pio Franchi de’ Cavalieri, pubblicato nel 1923, mostra di non riconoscere la mano di Colocci sui Vat. gr. 118, 187 e 188, né tracce di un’identica provenienza sui Vat. gr. 322 e 1037, che pure tutti appartennero alla collezione dell’esinate. 56 MerCAti, Scritti di Isidoro cit. (nt. 54), p. 37 nt. 1. 57 Firenze, Biblioteca Medicea laurenziana, Plut. 39, 1. 58 MerCAti, Il soggiorno del Virgilio Mediceo cit. (nt. 2), pp. 539-545. 59 la lista, contenuta nel Vat. lat. 3963, ff. 1r-11v: 3r e 4r, era stata edita da P. BAtiFFol, La Vaticane de Paul III à Paul V d’après des documents nouveaux, Paris 1890, p. 116 nrr. 63, 81-83. le voci sono le seguenti: «Gregorii nazanzeni orationes graecae scriptae ex membrana», entrato il 22 maggio 1549; «volumen auctorum graecorum de re militari grece» (che Mercati individua nella copia moderna, Vat. gr. 220, e non nel Vat. gr. 1164), «theophilactus in Actus Apostolorum grece» e «theodoretus in ezechielem prophetam grece», tutti e tre entrati il 23 maggio. questa notizia è ripresa da S. lillA, I manoscritti Vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo, Città del vaticano 2004, p. 112 e id., Vaticani greci, in Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, i: Dipartimento manoscritti, a cura di F. d’Aiuto - P. viAn, Città del vaticano 2011 (Studi e testi, 466), pp. 584-615: 588. 60 MerCAti, Il soggiorno del Virgilio cit. (nt. 2), p. 533 nt. 14.

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ma anche i quattro codici entrati nella collezione pontificia all’indomani della morte dell’esinate, che Mercati aveva escluso 61. nuovi passi avanti sono stati compiuti da Paul Canart, cui avvenne di imbattersi in altri marginalia dell’erudito marchigiano: oltre al caso, già noto, del Vat. gr. 1904, altre tracce scoprì sui Vat. gr. 1878 e 1902 62. Come lattès aveva potuto giovarsi delle ricerche tangenziali di de nolhac, così a trarre partito da quelle di Mercati e di Canart fu vittorio Fanelli 63. tuttavia, la lista dei codici greci si arricchì di poco, dal momento che fu aggiunto il solo Vat. gr. 1054 e, in forma dubitativa, il Vat. gr. 1949. dalla fine degli anni Settanta, essendo venuti meno coloro che non cercavano Colocci (e moltiplicatisi gli studiosi interessati all’esinate), la questione dei suoi codici greci non è stata più affrontata: semplicemente si è glissato, concentrandosi sul solo côté latin 64 o rifacendosi agli studi precedenti 65. Alla luce di questa ricostruzione, dunque, la notizia dell’individuazione complessiva di una dozzina di manoscritti greci di Colocci 66 si rivela scorretta e illusoria: se si sottraggono i Vat. gr. 252, 972, 1043 e 1054 (ossia quattro volumi dei 38 della lista ranaldiana) 67, i Vat. gr. 220 e 1164 appaiono il primo di possesso dubbio e il secondo non riconducibile all’acquisizione del 1558, mentre i Vat. gr. 1389, 1408, 1858, 1878, 1902, 1904 e 1949 vanno tutti espunti se considerati nella loro interezza, in quanto miscellanee di derivazione soprattutto sirletiana che contengono, oltre a 61 r. devreSSe, Pour l’histoire des manuscrits du fonds Vatican grec, in Collectanea Vaticana cit. (nt. 43), pp. 315-336: 330 nt. 2 e id., Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane dès origines à Paul V, Città del vaticano 1965 (Studi e testi, 244), pp. 418 nrr. 8-11 e nt. 30, in cui si legge: «Sans exclure qu’il puisse s’agir de l’entrée effective du Vat. gr. 220, je penserais plutôt au retour à la Bibliothèque du Vat. gr. 1164 après la mort de Colocci (1er mai 1549), à qui appartenaient également les Vat. gr. 252, 972, 1904». 62 Codices Vaticani Graeci. Codices 1745-1962, recensuit P. CAnArt, i: Codicum enarrationes; ii: Introductio addenda indices, in Bibliotheca vaticana 1970-1973 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti). 63 Si è già fatta menzione di uBAldini, Vita di Mons. Angelo Colocci cit. (nt. 1) e di FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1). 64 BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 159 nt. 1. 65 BernArdi, Per la ricostruzione della biblioteca colocciana cit. (nt. 1), pp. 66-68, che si ripete in id., Angelo Colocci, in Autografi dei letterati italiani. Il Cinquecento, ii, a cura di M. MotoleSe - P. ProCACCioli - e. ruSSo, consulenza paleografica di A. CiArAlli, roma 2013, pp. 75-110. 66 Così BiAnCHi, Nella biblioteca cit. (nt. 1), p. 159 nt. 1: «A tutt’oggi sono stati identificati con sicurezza una dozzina di manoscritti nel fondo vaticano greco e una decina di stampati». 67 BernArdi, Per la ricostruzione della biblioteca colocciana cit. (nt. 1), pp. 66-68.

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quelle colocciane, anche carte di altra provenienza. Come si vede, il bilancio è assai più magro, tant’è che quando recentemente si è tentata una nuova edizione della Lista C, sono stati riconosciuti con certezza alla bibliotheca Colotii solo i già noti Vat. gr. 252 e 1043 68. di fronte a tanta penuria di identificazioni, anziché sospendere ogni pronunciamento o avanzare tutte le cautele, lattès calò il suo giudizio tranchant, a ribaltare il quale non potevano bastare nemmeno i tre imprimés grecs da lui citati (tirati dal solito de nolhac) 69, la valutazione della consistenza e dell’importanza di questa raccolta essendo di fatto lasciata a un’interpretazione sommaria delle voci dell’inventario ranaldiano, notoriamente avare. queste, infatti, si limitavano a registrare la prima delle opere contenute in ogni volume, senza segnalare la presenza di eventuali altri testi. ne risultarono di necessità pochi punti fermi, altrettanto apodittici (e tautologici): «Absence presque complète des textes litteraires», «abondance d’œuvres techniques», «présence de plusieurs volumes de tables et d’index» 70. il fatto di non aver verificato ad una ad una le voci della lista C ha comportato anche di aver dato per certo che «la quatrième [scil. caisse], la seule homogène, contient uniquement les manuscrits et les imprimés grecs distingués les uns des autres» 71. in realtà, nemmeno questa fece eccezione alla regola con la quale furono riempite le altre: l’ordinamento per materia subì delle eccezioni dovute certamente al fatto che il formato e il volume dei libri potevano costituire un ostacolo al riempimento della cassa o che alcuni elementi furono aggiunti in una, perché rimasti fuori dalle precedenti. È così che si spiega la presenza come sesto volume della quatrième caisse di una «Adriani (sic) imperatoris vita», che ritengo vada identificata con il Vat. lat. 1900, finora sfuggito agli studi colocciani 72. Si tratta di un 68 BernArdi, Gli elenchi bibliografici cit. (nt. 50), pp. 90 nt. 6, 112 nt. 72, 121 nt. 132 e 139 nt. 292. lascio da parte, perché sostanzialmente fondati sulla vulgata, i cenni alla collezione del Colocci contenuti nei contributi di S. luCà, Guglielmo Sirleto e la Vaticana in La Biblioteca Vaticana tra Riforma Cattolica cit. (nt. 28), pp. 105-143: 119-120, e di P. PiACentini, Marcello Cervini (Marcello II). La Biblioteca Vaticana e la biblioteca personale, ibid., pp. 145-188: 151-153. 69 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), p. 323, che rinviava a de nolHAC, La bibliothèque de Fulvio Orsini cit. (nt. 31), pp. 180, 181-182, 178 e 158 nt. 4. 70 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), p. 323. 71 Ibid., p. 316. 72 Si veda Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, catalogue établi par é. PelleGrin et F. dolBeAu, J. FoHlen et J.-Y. tilliette avec la collaboration d’A.

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manoscritto cartaceo quattrocentesco contenente le biografie della Historia Augusta, seguite da excerpta relativi alle vite di traiano e Adriano, sul cui verso della guardia anteriore antica (attuale f. iiv) è incollata una «plagula in qua manu recentiore index vitarum servatur» 73. la manus recentior è in tutta evidenza quella di Colocci, che, oltre a stilare l’indice delle biografie e ad aggiungere nel margine destro l’indicazione del foglio d’inizio di ognuna di esse, ha anche provveduto alla numerazione dei fogli dell’intero volume (tav. 2). oltre a questi elementi non manca un esempio di marginale dell’esinate al f. 44r. la voce nr. 6 della lista di scarico («Adriani (sic) imperatoris vita») è la risultante di una semplificazione della più ampia titolazione del manoscritto (f. 1r): «vite diversorum principum et tyrannorum a diversis composite. Adriani (sic) imperatoris vita incipit»; semplificazione già operata da Colocci che nell’index aveva scritto soltanto Hadriani (f. iiv). effettivamente l’assenza di una titulatio del codice che rimandasse alla natura o agli autori dell’opera, propiziava di per sé una riduzione della voce al primo scritto contenuto. non è escluso che la dicitura Adriani imperatoris vita si trovasse apposta, di mano di Colocci, anche sul dorso o sul piatto anteriore del volume. oltre a questo genere di imprecisioni, la mancata individuazione degli esemplari ha inficiato previamente la valutazione della conoscenza della lingua e della cultura greca da parte dell’esinate, sulla quale i giudizi continuano a rimanere oscillanti tra i sostenitori della tesi che Colocci avesse una conoscenza praticamente nulla o molto elementare della lingua greca, come lattès 74 e Fanelli 75, e coloro che, invece, lo ritengono meno estraneo a quella, come Mercati 76. MAruCCHi et de P. SCArCiA PiACentini, iii.1: Fonds Vatican latin, 224-2900, Paris 1991 (documents, études et répertoires), pp. 459-460, che ignora la provenienza colocciana ed erroneamente indica il manoscritto come entrato in vaticana il 22 giugno 1549. 73 Così Codices Vaticani Latini, iii: Codd. 1461-2059, recensuit B. noGArA, romae 1912 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti), p. 345. 74 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), pp. 321-324: 323: «Ce sont là des livres qui peuvent être utilisés même par une personne n’ayant de la langue grecque qu’une connaissance superficielle, et c’était bien là, semble-t-il, le cas de Colocci»; F. BArBeri - e. Cerulli, Le edizioni greche «in Gymnasio Mediceo ad Caballinum montem», in Atti del Convegno di Studi su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 61-76: 61; P. l. roSe, The Italian Renaissance of Mathematics. Studies on Humanists and Mathematicians from Petrarch to Galileo, droz 1973, p. 191. 75 in uBAldini, Vita di mons. Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 25 nt. 23. 76 MerCAti, Una lettera non bene edita cit. (nt. 55), p. 328: «infine l’“Angelo” non è il vergezio, ma il Colocci († 1549), notissimo erudito e raccoglitor di mss., il quale, per quanto sia creduto poco conoscente di greco, ha studiato e postillato il Vat. gr. 1043».

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la conclusione più equilibrata fino ad ora raggiunta tenta di comporre i contrasti: «l’opinione più diffusa è che egli, avendo provato più volte a impararla, ne fosse rimasto con una imperfetta padronanza» 77. lasceremo la bilancia in questo artificioso equilibrio salomonico, rinviando alla conclusione un supplemento di riflessione; per ora è importante dimostrare la provenienza colocciana di quarantasette manoscritti: tutti greci tranne dodici (come si vedrà meglio in seguito). 2. VeCCHI

e NUOVI CRITeRI DI IDeNTIFICAZIONe DeI CODICI (GReCI) DI

COLOCCI

Per attribuire un volume alla collezione di Colocci, se restano ancora validi i due criteri messi a punto da lattès, ossia la presenza della voce descrittiva corrispondente in una delle dodici liste ad oggi conservate 78 e quella di marginalia autografi lungo il testo 79, ritengo che possano aggiungersene di ulteriori, ugualmente pertinenti. a. Gli epistolari il primo è quello delle informazioni derivate da scambi epistolari più o meno contemporanei. Come la lettera di orsini a Pinelli dimostra l’appartenenza del Vat. gr. 1164 alla biblioteca dell’erudito marchigiano, così mi è stato possibile attribuire ad essa il Vat. gr. 1083 sulla base delle missive tra Cervini e Sirleto 80. nel corso degli ultimi mesi del 1545 e dei primi del 1546 i due – Cervini a trento per il Concilio e Sirleto a roma, tra la vaticana e via Giulia – discutono di un codice greco di proprietà di «messer Colotio» contenente due «orationi», una «sopra le catene coltello et alcune vesti di san Pietro» 81, ossia il De catenis S. Petri, e una «nella vita di san Pietro et di san Paolo» 82, da identificare con il Commentarius metaphrasticus sui Colocci Angelo, in Dizionario Biografico degli Italiani cit. (nt. 1), p. 108. lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), pp. 317-318 e BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 159. 79 lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), p. 318. questi due elementi sono da impiegarsi sempre con notevole cautela, postulata da lAttÈS, Recherches cit. (nt. 41), pp. 317-318 e costantemente ribadita dagli studiosi fino ad arrivare a BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 160 e 162. 80 Mi permetto di rinviare a CArdinAli, Autoritratto di cardinale bibliofilo cit. (nt. 5), pp. 207-210. 81 BHG 1486; CPG 4745. 82 BHG 1493; CANT 196. 77

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ss. Pietro e Paolo: esso non può che corrispondere al Vat. gr. 1083, in quanto è l’unico manoscritto della vaticana a presentare l’abbinamento dei due testi 83. A ulteriore riprova aggiungo il fatto che nel Vat. lat. 3921, miscellaneo appartenuto a Colocci 84, si trovano le traduzioni latine, autografe di Sirleto, delle due «orationi» (ff. 31r-46v: Oratio in adorationem preciosae catenae sancti et apostolorum summi Petri; ff. 47r-54r: Commentarium quod sigillatim compraehendit certamina, peregrinationes et martyrium sanctorum et principum apostolorum Petri et Pauli) 85, evidentemente offerte all’esinate in segno di riconoscenza per il prestito del volume. in ambedue i casi il criterio dei marginalia non è applicabile affatto, dal momento che non se ne trovano né sul Vat. gr. 1083 né sul Vat. gr. 1164 86; come anche quello della presenza negli inventari colocciani e nell’elenco di scarico della vaticana risulta problematico: il Vat. gr. 1164 non appare censito in nessuna delle dodici liste e il Vat. gr. 1083 corrisponde alla voce Vitae quaedam sanctorum, talmente generica, da non essere di alcun aiuto di per sé stessa. b. Le legature originali un altro elemento da considerare è quello delle legature. Su quelle originali superstiti si riscontra spesso la presenza di una titolatura sintetica, di mano di Colocci, apposta perlopiù sul dorso, che permetteva l’immediata identificazione del volume da parte del proprietario. un’abitudine invalsa tanto nel caso di libri a stampa quanto in quello dei manoscritti, come provano le titulationes breves: «lexicon in theologia» e «tacitus», 83 Si veda il Catalogus codicum hagiographicorum graecorum Bibliothecae Vaticanae, ediderunt HAGioGrAPHi BollAndiAni et P. FrAnCHi de’ CAvAlieri, Bruxelles 1899, pp. 9596 e ad indicem. 84 inequivocabili marginalia colocciani anche ai ff. 1r, 2r-v, 3v, 5r-v, 15r-v, 16r, 17v, 26r-v, 27r-v, 28r-v, 29r-v, 30v, 72v, 75v, 79v. Si veda BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 182-183, che tuttavia non riconosce la natura dei due testi né l’autografia sirletiana né le circostanze della duplice traduzione. 85 la traduzione latina del Commentarius metaphrasticus venne inviata a Cervini da Sirleto in due parti con le lettere del 9 e 17 gennaio 1546 (Vat. lat. 6177, ff. 149r-152r e 153r-155v); questa, dunque, l’attività di copia e traduzione che stava a monte di quanto ricostruito da i. BACkuS - B. GAin, Le cardinal Guglielmo Sirleto (1514-1585), sa bibliothèque et ses traductions de Saint Basile, in Mélanges de l’École française de Rome. Moyen ÂgeTemps Modernes 98/2 (1986), pp. 889-955: 908-909, che ammettono di non sapere da dove fosse stata tratta la traduzione del Commentarius. 86 FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 85 cita marginalia colocciani ai ff. 97r, 136r, 237r, che, esaminando il codice, non sono riuscito a individuare.

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ancora leggibili rispettivamente sugli stampati R. I ii. 312 e R. I ii. 994 della vaticana, come anche «tab. Herodoti» e «tab. eth. et moral.» sui Vat. gr. 959 e 967 (tav. 3a-b) o l’«… in Herm…» che si intravvede ancora sulla coperta del Vat. gr. 970. un’abitudine applicata anche ai quinterni sciolti della collezione, come dimostra il caso del Vat. lat. 3960: una raccolta di inventari di varie biblioteche a lungo conservata in fascicoli autonomi e slegati, da me ricondotta alla collezione colocciana qualche anno fa 87. Presumibilmente conservati nel «Forziero roscio accanto allo studiolo», che era quello destinato ai «quinterni», essi si trovavano riuniti in una camicia pergamenacea, su cui Colocci appose il suo short title: «libri di Grimano / item de Medicis / item vaticana / ducis urbini / item Medicea ampla», che ho ritrovato riattata a guardia del Vat. lat. 4065 (f. 60v) 88 (tav. 4). nei pochi casi superstiti al cambio di legature operato nel XiX secolo (quando tale pratica aveva – a lenire il disdoro di chi la autorizzò – uno scopo conservativo)89 vedremo che tale titulatio brevis, anche se non sempre aderente al contenuto dell’intero volume, è quella che coincide con la voce dell’inventario: sia Colocci sia gli inventariatori successivi della sua collezione, come ranaldi, redassero le proprie liste trascrivendo direttamente lo short-title. A riprova di ciò, si può considerare il caso dello Strabone di Colocci. Stando ai vari inventari superstiti, monsignore possedeva uno «Strabo in stampa grande tochato m. n° poco» 90 conservato, assieme ad altri due esemplari dello stesso autore, nella iii cassa 91; questo nella Lista g viene rubricato come «Strabon grande» e nella e come «Strabon greco». Se già questa sinossi vale ad attestare che il volume in questione conteneva il testo greco di Strabone, e non la traduzione latina di Guarino veronese e Gregorio tifernate (e tanto meno l’opera del monaco tedesco Walafridus

Inventari di manoscritti greci cit. (nt. 1), pp. 19-27. la non coincidenza tra la titulatio colocciana quanto all’esatto contenuto del Vat. lat. 3960 e l’ordine in cui gli inventari vi sono disposti conferma l’ipotesi di una legatura dei quinterni sciolti, una volta incamerati in vaticana. Precisamente i Libri di Grimano si trovano nel Vat. lat. 3960 ai ff. 1r-48r (oltre che ai ff. 1r-13r della sezione A: Inventari di manoscritti greci cit. (nt. 1), pp. 15-19); quelli de Medicis ai ff. 140r-190r; quelli della Vaticana ai ff. 67r-93r e, infine, quelli Ducis Urbini ai ff. 94r-139r; si veda ibidem, pp. 15-19. 89 Si può vedere la relazione dell’agosto 1817 inviata al papa sulle condizioni della Biblioteca vaticana, oggi conservata in Arch. Bibl. 104, ff. 106r-110v (con minuta ai ff. 119r-140v). 90 BernArdi, Gli elenchi bibliografici cit. (nt. 50), p. 107. 91 BernArdi, La lista C cit. (nt. 41), pp. 39 e 41. 87

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Strabo) 92, il confronto tra la Lista e e l’esemplare vaticano Aldine i.39 non lascia dubbio alcuno: sul dorso di quest’ultimo si legge Strabo graecus di mano di Colocci. È dunque l’aldina del 1516 93 uno dei tre esemplari straboniani posseduti dal monsignore, e se lo si trova imballato nella terza cassa, ossia quella non deputata ai volumi greci, ecco un’altra prova del fatto che la ripartizione dei libri comportò – come in ogni trasloco che si rispetti – un ampio fisiologico margine di confusione. nemmeno questi due nuovi criteri, la cui coincidenza garantisce un alto margine di attendibilità alle attribuzioni, sono, tuttavia, immuni da limiti: le allusioni negli epistolari dell’epoca sono sporadiche e magre, così che, anche quando siano state rinvenute, non sono sempre di inequivocabile interpretazione; mentre le legature sono state sostituite nel corso del tempo, specie nel Xvii e XiX secolo, senza alcun riguardo per le informazioni che veicolavano, tanto che solo 7 94 delle 36 relative alla lista C, risultano ancora conservate, ossia meno del 20%. c. I rimandi interni un altro criterio è quello costituito dalla presenza di rimandi interni tra differenti volumi effettuati da Colocci stesso. A questo proposito è emblematico il caso dei Vat. gr. 958 e 962, due manoscritti dal contenuto identico, ossia le «tavole» 95 ad alcuni autori greci, tra cui Sofocle, dovute all’attività erudita di Scipione Forteguerri, detto Carteromaco 96. ebbene nel Vat. gr. 958, f. 1r Colocci ha appuntato: «Sophocles pinax copiata. / Copia est in magno», mentre al f. 31r del Vat. gr. 962: «Sophocles. / est copia in bastardello». Se ne deduce che dall’originale autografo forteguerCosì invece BernArdi, Gli elenchi bibliografici cit. (nt. 50), p. 107 nt. 47; id., La lista C cit. (nt. 41), p. 39 nt. 122 e id., Colocci e Tebaldeo cit. (nt. 1), p. 97 nt. 247. 93 Si veda A. A. renouArd, Annales de l’imprimerie des Alde, ou Histoire des trois Manuce et de leurs éditions, Paris 18343, p. 77 nr. 7. 94 Conservano ancora la coperta originale i Vat. gr. 252, 959, 967, 1011, 1033 e 1037, mentre il foglio pergamenaceo (manoscritto) che copriva il Vat. gr. 970 è stato asportato, ripiegato e rilegato in coda al corpo delle carte del medesimo volume. degli altri manoscritti colocciani qui in esame, la gran parte è stata rilegata sotto il pontificato di Pio iX (Vat. gr. 41, 120, 187, 322, 961, 962, 963, 964, 965, 966, 970, 1000, 1043, 1053, 1054, 1055, 1062, 1070, 1077, 1898, 1904 e Vat. lat. 1900); i Vat. gr. 972 e 1015 presentano sul dorso le armi di papa Pio vi (1775-1799) e del cardinale bibliotecario (1779-1801) Francisco Xavier de Zelada, mentre il Vat. gr. 118 quelle di papa Paolo v Borghese (16051621) e del cardinale bibliotecario (1609-1618) Scipione Borghese Caffarelli. 95 quanto alla natura e all’uso di questi strumenti, si veda infra, p. 319. 96 Sulla figura e l’opera di Carteromaco si veda infra, p. 311. 92

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riano (Vat. gr. 958, ff. 1rv e 2r-29v e 20r) dal tipico formato di «vacchetta» o «bastardello», l’esinate fece trarre la copia in folio o in magno del Vat. gr. 962, che era, dunque, di sua proprietà (tavv. 5-6). Così sul forteguerriano Vat. gr. 1331, poi acquisito da orsini, Colocci – che dovette averlo per le mani – annotò sulla guardia esterna (f. ir) i nomi degli autori o opere indicizzati («Aristophanis / luciani / epistolae / demosthenis / luciani»), seguiti dall’indicazione in magno, da riconnettersi alla copia in folio costituita dal Vat. gr. 960. d. Identità codicologiche e paleografiche in ultimo, la stessa procedura di copia, appena notata, da originali di Carteromaco venne applicata anche ad altre «tavole» forteguerriane, riprodotte in esemplari che sono tutti di formato simile, di carta identica e dovuti per la maggior parte allo stesso copista – che chiameremo «Copista delle “tavole” Colocci» (tav. 7). ne consegue che con grandissimo margine di probabilità tutte le copie di «tavole» di Carteromaco, esemplate dal medesimo copista con uno stesso tipo di carta 97, un formato e un’impaginazione simili 98 – come i Vat. gr. 959, 961, 962 (ff. 1r-58v), 963, 964, 966, 967 e 971 (ff. 174r-201v); un caso a parte quello del Vat. gr. 970 –, siano da riconoscere nella Lista C e da attribuire alla raccolta di Colocci, anche quando non presentino alcuna annotazione di mano sua o altro segno di possesso. 3. Le

LISTe ReLATIVe ALLA

BiBliotHeCA PArvA SeCretA

Ai criteri attributivi finora considerati, perlopiù interni, se ne può aggiungere uno legato al riordino dei volumi una volta acquisiti dalla vaticana. È vero che il loro ingresso avvenne in data successiva al bibliotecariato (e al fulmineo pontificato) di Cervini 99, che è il periodo più accuratamente le filigrane sono principalmente due: SoSoWer, ancora nr. 11 e scalae nr. 4, alle quali si aggiungono ZonGHi, nr. 1560, Briquet, nrr. 5926 e 6290, SoSoWer, scalae nr. 14 e croissant nr. 2; una presentazione organica e ragionata sarà data nel catalogo dei Vat. gr. 933-1067 cui vado lavorando col collega dott. András németh. 98 Si tratta di volumi in folio, scritti su due colonne (delimitate mediante piegatura dei fogli in più parti) con rigatura a secco o non rigati affatto: anche di questi aspetti si darà più ampio conto nel catalogo dei Vat. gr. 933-1067. 99 Cervini venne nominato «protettore» della vaticana vivae vocis oraculo da Paolo iii nel 1548 e continuò a reggere le sorti della biblioteca anche sotto Giulio iii, che il 24 feb97

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documentato dell’intero secolo; e non è, dunque, possibile cercare riscontri né nel nuovo inventario del fondo greco steso nel 1548 100 (e, tantomeno, in quello precedente con l’indice degli autori di Michele rhosaites: Vat. gr. 1482) 101 né nel registro delle accessioni «in libraria sotto Marcello Cervino cardinal Santa ✠»102, né nel «libro dove si registrano tutti i mandati che si faranno dal rmo Santacroce de denari che si pagaranno per conto della libraria Apostolica cominciando a dì 28 d’ottobre 1548»103, né in alcuna delle ricevute che i bibliotecari stilavano al momento di prendere in carico i volumi (Arch. Bibl. 11) 104. tuttavia, sopravvivono un inventario e alcune liste che fanno luce, per il periodo compreso tra la fine del pontificato di Paolo iv e l’inizio di quello di Pio iv Medici, sull’ordinamento interno della bibliotheca parva secreta 105. ossia di quella sala che, insieme alla magna secreta, completava la struttura della vaticana di niccolò v: se le due sale publicae – Latina la prima e Graeca la seconda – accoglievano la collezione libraria e gli studiosi che venivano a consultarla, le due secretae, il cui accesso era interdetto agli estranei e la cui chiave deteneva il bibliotecario, erano destinate alla custodia dei volumi doppi o di maggior pregio o in precarie condizioni conservative e in attesa di restauro o di rilegatura. nella parva secreta, appunto, alcuni banchi e

braio istituzionalizzò la sua posizione in quella di cardinale bibliotecario, ufficio che Cervini tenne fino alla sua ascesa al soglio pontificio. Si veda BiGnAMi odier, La Bibliothèque Vaticane cit. (nt. 43), pp. 44-47. 100 redatto nel 1548 da Sirleto e niccolò Majorano su mandato di Cervini, si conserva nel Vat. lat. 13236 ed è stato edito da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 380-416. 101 devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 313-360 e lillA, I manoscritti Vaticani greci cit. (nt. 59), pp. 10-11. 102 Conservato nel Vat. lat. 3963 ed edito da BAtiFFol, La Vaticane de Paul III cit. (nt. 59), pp. 115-130 e devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 417-430. 103 Corrisponde all’attuale Vat. lat. 3965, edito da l. doreZ, Le registre des dépenses de la Bibliothèque Vaticane de 1548 à 1555, in Fasciculus Ioanni Willis Clark dicatus, Cambridge 1909, pp. 142-185. 104 tutta questa serie di materiali è stata pubblicata da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 380-430; mi propongo di presentarne presto una nuova edizione ampliata. 105 Conservate nel Vat. lat. 7131, solo alcune di queste liste sono state edite da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 431-469 con identificazione della maggior parte delle voci. Siccome, tuttavia, non si fa alcun cenno all’acquisizione dei codici greci di Colocci del 1558 (non riconosciuti in queste liste) e le identificazioni proposte da devreesse non mi paiono tutte condivisibili e molte di esse vengono qui corrette o altre ne vengono introdotte ex novo, ho preferito accludere in appendice una nuova trascrizione della lista di emanuele Provataris (per la quale rimando al paragrafo che segue) con le identificazioni emerse da questa indagine.

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due armaria proteggevano i codici greci, senza alcun vincolo materiale di catena e anelli, come era invece prassi nelle sale publicae sin dalla fondazione e dalla apertura al pubblico della vaticana106. a. La lista dei volumi «additi» le liste in questione, redatte in latino da Sirleto e ranaldi, censiscono il contenuto dei tre banchi (iv, v e vi) e dei due armadi (iv e v) dei volumi greci; mentre quella degli additi i libri collocati nelle scansie del quinto armadio 107. di tutte quante è quest’ultima a essere la più significativa in questa sede, ma è al contempo anche la più problematica: la redazione non è quella definitiva, ma piuttosto confusa, e l’ordine dei fogli è stato alterato (e non ricostruito dall’editore moderno). Senza entrare nel merito della restituzione materiale della lista, qui basta il fatto che essa è organizzata in quattro sezioni, che corrispondono ciascuna a un ripiano del quinto armadio: ogni voce, redatta in greco, è preceduta dall’indicazione «n.°» seguita da una cifra araba, che tendenzialmente riparte da uno a ogni cambio di scansia; una numerazione che, nei casi in cui sopravvive la legatura antica del manoscritto, si trova riportata dalla stessa mano sul dorso, sulla risguardia o su una delle guardie. Purtroppo, la rilegatura ci priva di questa traccia significativa del riordino della parva secreta, che, quanto ai colocciani, sopravvive unicamente nei Vat. gr. 252, 1037 e 1049 (rispettivamente «n.° 11», «n.° 13» e «n.° 5» sulla risguardia anteriore); e nei Vat. gr. 970 («n.° 14» sulla vecchia coperta in pergamena ora legata in coda al manoscritto), 188 («n.° 10» sul f. 57v, ultimo di un doppio bifoglio unito in coda al corpo delle carte) e 1077 («n.° 8», f. 1r) (tavv. 8-11). il redattore dell’inventario – che è anche colui che ha apposto la numerazione sui volumi – è emanuele Provataris, che dal 13 marzo 1556 era copista greco della vaticana 108, dove lavorò fino alla morte (1571); egli era 106 Si veda A. MAnFredi, La nascita della Vaticana in età umanistica da Niccolò V a Sisto IV, in Le origini della Biblioteca Vaticana tra Umanesimo e Rinascimento (1447-1534), a cura di A. MAnFredi, Città del vaticano 2010 (Storia della Biblioteca Apostolica vaticana, 1), pp. 147-236: 217-228. 107 Vat. lat. 7131, ff. 105r-112v (qui e in seguito mi attengo alla numerazione recenziore a matita), edita da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 463-469 secondo la modalità abituale che ho descritto e discusso in Inventari di manoscritti greci cit. (nt. 1), pp. 7-9. 108 il documento di nomina di Provataris a scriptor greco è datato al 13 marzo 1556, sebbene i pagamenti attestino il suo lavoro già dall’inizio di quel mese; nel 1546 Provataris

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dunque in servizio al momento dell’arrivo della seconda tranche della biblioteca colocciana. Allo stesso modo di quella ranaldiana, anche la lista di Provataris è uno strumento interno, prodotto dall’istituzione per la gestione del patrimonio; come tale, essa offre una serie di significative informazioni, a partire dal fatto che i volumi dell’esinate, passati dalla «guardarobba» alla vaticana, non vennero collocati nella sala Graeca publica, ma nella parva secreta, precisamente nelle scansie soprattutto del quinto, ma anche del sesto armadio. lo confermano le annotazioni (che ritengo di mano di Federico ranaldi) su due codici di provenienza colocciana: «diversi fragmenti raccolti del 6° armario di poco momento» (Vat. lat. 4059, f. 51v) e «Fragmenti raccolti del 6° armario de diverse materie» (Vat. lat. 4819, f. ir). non solo, ma il fatto che il redattore sia greco (e che probabilmente ebbe maggior agio di quello concesso a ranaldi nell’ottobre 1558), fa sì che le voci di questa lista siano più ampie e ricche, e che dipendano non dalle titulationes breviores di Colocci, ma da un’autopsia dei volumi. Sulla base del confronto tra le descrizioni ranaldiane e quelle provatariane è certificata senza possibilità di dubbio la provenienza colocciana dei Vat. gr. 972, 1000 e 1011; mentre si scopre che la voce «dionis libri aliquot» non indica un manoscritto, ma uno stampato («Τῶν Δίωνος Ῥωμαϊκῶν ἱστοριῶν βιβλία 23 τετυπωμένον»), ossia un esemplare dell’edizione parigina del 1548 (attuale R.G. Classici. ii.35 della vaticana), che non presenta segni di possesso o studio da parte di Colocci probabilmente a motivo del fatto che lo acquisì negli ultimi mesi di vita. il sistema, poi, di annotare sull’esemplare il numero d’ordine corrispondente alla lista, permette di individuare nella ranaldiana «ioannis damasceni theologia» la descrizione provatariana: «nr. 8. Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ θεολογία» e di riscontrare l’indicazione «n.° 8» sul Vat. gr. 1077, contenente opere di Giovanni damasceno, individuandolo come colocciano pur in assenza di segni di possesso (tavv. 12-13). Scorrendo la lista di Provataris, si riconoscono con certezza molti dei volumi colocciani acquisiti nel 1558, almeno 26 dei 36 greci qui indiviera già attivo a roma, dove copiava il Vat. gr. 1187 per Antonio Agustín; si vedano de MAio, La Biblioteca Apostolica Vaticana cit. (nt. 43), pp. 303-304; P. CAnArt, Les manuscrits copiés par emmanuel Provataris 1546-1570 environ). Éssai d’étude codicologique, in Mélanges eugène Tisserant, vi.1: Bibliothèque Vaticane, Città del vaticano 1964 (Studi e testi, 236), pp. 173-287, ora in id., Études de paléographie et de codicologie, reproduites avec la collaboration de M. l. AGAti et M. d’AGoStino, i, Città del vaticano 2008 (Studi e testi, 450), pp. 33-165, e GrAFinGer, Servizi al pubblico e personale cit. (nt. 43), p. 227.

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duati, mentre emerge la mancata registrazione delle tabulae o indices (Vat. gr. 958, 959, 960, 961, 963, 964, 965, 966, 967, 971 e 972), che invece appaiono regolarmente inseriti nell’Index totius bibliothecae redatto da domenico ranaldi dietro l’esplicita richiesta del cardinale bibliotecario Ascanio Colonna, avanzata il 2 settembre 1592109. b. L’inventario di Federico Ranaldi l’inventario dei codici greci che ci resta per questo periodo è, invece, quello dovuto – anch’esso – a Federico ranaldi, databile alla seconda metà del Xvi secolo (certamente ante 1583) e conservato nel Vat. lat. 13191. drasticamente depauperato dalla caduta di numerosissimi fogli e fascicoli, che ci priva della descrizione dei codici dal 103 al 106, dal 109 al 110, dal 113 al 144 e, soprattutto dal 122 al 615, compresi 110, questo elenco non ha goduto di particolare attenzione: il testo è rimasto inedito e sottovalutato 111. eppure, esso è d’importanza essenziale per le vicende che qui si ricostruiscono, dal momento che la sezione che descrive il contenuto del quintus armarius bibliothecae parvae secretae, dove fu collocata la gran parte della collezione greca colocciana, è perfettamente conservata 112 e rappresenta la fase successiva all’ordinamento provvisorio che era stato curato da Provataris nel 1558. il fatto poi che il redattore, Federico ranaldi, sia un occidentale più versato nel latino che nel greco, e che, dunque, fa maggior affidamento ai dati esterni piuttosto che guardare direttamente al contenuto originale del testo, offre una prospettiva diversa e complementare rispetto a quella di Provataris: le sue voci descrittive appaiate a quelle dello scriptor Graecus aumentano la quantità e la qualità dei dati a nostra disposizione, rendendo più probabili le identificazioni che qui si propongono 113.

devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 475-481: 475-476, dove tuttavia viene posto un terminus ante quem per l’ingresso di tali codici (peraltro non riconosciuti come colocciani) al 1582, ossia di oltre venti anni più tardo di quello effettivo (1558). 110 Stando alla numerazione delle pagine, posta nel margine superiore esterno del Vat. lat. 13191, quelle che restano sono le pp. 1-22, 25-26, 29-30, 33-34, 379-572. 111 Si vedano le brevissime informazioni in devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 470-473. 112 Vat. lat. 13191, ff. 94r-113r (qui, come infra, seguo la foliazione meccanica moderna a inchiostro nero posta nel margine inferiore destro del recto di ogni foglio). 113 È questo il motivo per cui sia nella descrizione dei singoli codici sia nell’edizione finale della sezione della Lista C riguardante la quarta cassa di volumi di Colocci si trascrive la voce descrittiva di ranaldi dal Vat. lat. 13191. 109

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esso conferma, inoltre, il fatto che i codici contenenti le «tavole» alle edizioni aldine furono inizialmente riposti a parte, scorporati dal resto della biblioteca greca colocciana (così come risultava già dalla lista provatariana degli additi) e solo successivamente incorporati in coda ai Vaticani greci da ranaldi stesso. 4. DeSCRIZIONe

SINTeTICA DeI CODICI GReCI DI

COLOCCI

Preliminarmente a ogni considerazione faccio seguire la presentazione dei volumi appartenuti a Colocci che sono riuscito, fino ad ora, a rinvenire nella vaticana. Per ognuno di essi do una breve descrizione, seguita dalla trascrizione delle voci corrispondenti della Lista C, di quella di Provataris e dell’inventario di Federico ranaldi (quando conservato), e poi dal rinvio ai moderni cataloghi e a una bibliografia essenziale. in corpo minore indico e discuto i criteri in base ai quali attribuisco il singolo volume alla bibliotheca Colotii 114. 1. Aldine i.39 edizione a stampa della Geographia di Strabone apparsa a venezia nel 1516 presso Manuzio: in aedibus Aldi et Andreae soceri; questo il frontespizio: σΤρáβων Περì γεωγραφíασ / StrABo de Sitv orBiS. liStA C: «Strabo in stampa grande tochato m. n° poco» (iii cassa). deSCr.: renouArd, Annales de l’imprimerie des Alde cit. (nt. 93), p. 77 nr. 7. BiBl.: l’appartenenza colocciana è ignota a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 84. l’identificazione del volume, che non presenta che poche annotazioni marginali non attribuibili a Colocci (e infatti nella Lista A è descritto come «Strabo in stampa grande tochato m. n° poco»), può dirsi certa per via della titolazione autografa colocciana Strabo graecus apposta sul dorso del volume e dalla quale è stata tratta la voce descrittiva della Lista e («Strabon greco»). 114 onde non moltiplicare gli approcci all’unica questione della bibliotheca Colotii, ho deciso di adottare lo schema descrittivo appena illustrato, che deriva dal modello proposto da BiAnCHi, Nella biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 164-165. quanto al conteggio dei fogli di guardia, nel caso di codici descritti dai cataloghi vaticani della Series maior, riporto la foliazione del catalogo; mentre nel caso di quelli non ancora recensiti in quella sede, non tengo conto qui dei fogli aggiunti nel corso del XiX secolo (la maggior parte dei quali è dovuta alla massiccia campagna di sostituzione delle legature originali compiuta sotto il pontificato di Pio iX, 1846-1878), ma indico invece quelli databili entro il Xviii secolo.

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2. R.G. Classici ii.35 edizione a stampa apparsa nel 1548 a Parigi presso robert estienne dei libri 36-58 dell’Historia Romana di dione Cassio, come recita il frontespizio: Των Διωνοσ ρωΜαικων ισΤοριων / εικοσιΤρια βιβλια. / dionis romanarum historiarum libri XXiii, à XXXvi / ad lviii vsque. / eX BiBliotHeCA reGiA. / […] / lvtetiAe, / ex officina rob. Stephani, typographi regii, typis regiis. / M. d. Xlviii. / ex priuilegio regis. [colophon: eXCvdeBAt roBertvS StePHA- / nvS tYPoGrAPHvS reGivS, / lvtetiAe PAriSiorvM, / Anno M. d. Xlviii, / Prid. CAl. / FeBr .]. liStA C: «37. dionis libri aliquot». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 107r): «n° 22. Τῶν Δίωνος Ῥωμαϊκῶν ἱστοριῶν βιβλία 23 τετυπωμένον». deSCr.: A. A. renouArd, Annales de l’imprimerie des estienne ou histoire de la famille des estienne et de ses éditions, Paris 18432, p. 73. BiBl.: e. ArMStronG, Robert estienne royal printer. An historical study of the elder Stephanus, Cambridge 1954, pp. 131-138: 132, 136; l’appartenenza a Colocci è ignota a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 87. l’identificazione del volume, in totale assenza di marginalia e note di possesso colocciane, si basa sulla coincidenza delle due liste con il volume conservato in vaticana (essendo l’altro esemplare – oggi R. I i.345 – quello entrato con il lascito orsiniano: «dione di Parigi, tocco da me, in corame rosso, in foglio»).

3. Vat. gr. 41 Cart., sec. Xiv, ff. iii. 91, mm 285 ⫻ 176. Pindaro, Olympia (ff. 2r-44r) e Pythia (ff. 44v-91v). liStA C: «27. Pindarus cum commentariis». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 12. Πινδάρου μετὰ σχολίων». inventArio F. rAnAldi: «55. Pindari Aliquot odae cum scholiis. / theocritus cum scholiis; ex papiro in tabulis» 115. deSCr.: Codices Vaticani Graeci, recensuerunt i. MerCAti et P. FrAnCHi de’ CAvAlieri, i: Codices 1-329, romae 1923 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti), p. 37, ove non si riconosce la provenienza colocciana. 115 la voce originaria di Federico ranaldi (Vat. lat. 13191, f. 8r) è stata successivamente corretta da domenico ranaldi in «Pindari olympia et Pithia (sic) cum scholiis; folio ex papiro in tabulis».

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BiBl.: A. CAtAldi PAlAu, Su alcuni umanisti possessori di manoscritti greci, in Studi umanistici piceni 14 (1994), pp. 141-155: 154; eAd., La vita di Marco Musuro alla luce di documenti e manoscritti, in Italia medioevale e umanistica 45 (2004), pp. 295-369: 352, 359; d. SPerAnZi, Marco Musuro, in Autografi dei letterati italiani. Il Quattrocento, i, a cura di F. BAuSi, M. CAMPAnelli, S. Gentile, J. HAnkinS, consulenza paleografica di t. de roBertiS, roma 2013, pp. 247-275: 255. in assenza di marginalia colocciani l’attribuzione è basata sulla concordanza tra il contenuto del codice e la descrizione di C, cui si aggiunge il fatto che il volume figura tra gli additi di Provataris (della cui mano resta una traccia evànida, ma inequivocabile nel margine inferiore del f. ir). inoltre, esso fu proprietà di Marco Musuro (f. iv: Μουσούρου κτέαρ ἦν εὖτε τάδ᾿ ἐγράφετο) e poté ben passare a Scipione Forteguerri e da questi a Colocci.

4. Vat. gr. 118 Cart., sec. Xvi, ff. iii. 117, mm 332 ⫻ 228. dionisio Periegeta, De situ orbis (ff. 1r-20v); oppiano di Anazarbo, Halieutica (ff. 21r-80v); oppiano di Apamea, Cynegetica (ff. 81r-116v). liStA C: «38. dionysius de situ orbis et oppianus». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 3. Διονυσίου Περιηγητοῦ Περὶ θέσεως πόλεων. Ὀππιανοῦ Ἀλεξανδρέως Ἁλιευτικὰ καὶ κυνηγετικὰ». inventArio F. rAnAldi: «76. dionysius de situ orbis. / oppianus de piscatione. / eiusdem de venatione; ex papiro in tabulis» 116. deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, pp. 149-150, ove non si menziona la provenienza colocciana. BiBl.: d. roBin, The manuscript tradition of Oppian’s Halieutica, in Bollettino dei Classici, ser. iii, 2 (1981), pp. 28-94: 79; M. ForMentin, L’oppiano del Marc. gr. 479. Note paleografiche e filologiche, in Studi in onore di elpidio Mioni, Padova 1982 (istituto di Studi Bizantini e neogreci, università di Padova. Miscellanea, 3), pp. 19-29: 25; k. CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts of the Fondo Antico in the Vatican Library under Paul V (1605-1621), in Studi in onore del cardinale Raffaele Farina, i, a cura di A. M. PiAZZoni, Città del vaticano 2013 (Studi e testi, 477), pp. 147-192: 151 e 157. 116 All’interno della voce compilata da Federico ranaldi (Vat. lat. 13191, f. 9v) domenico ha aggiunto la specificazione «lib. 4» all’indicazione del De venatione di oppiano.

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l’identificazione del codice può dirsi certa grazie sia alla coincidenza del contenuto con le voci di C e di Provataris (con cui collimano anche l’iscrizione del taglio anteriore: «diony. oppia.» e l’iscrizione nella membrana agglutinata: «dionysius de situ orbis. / et oppianus») sia alla presenza di marginalia colocciani ai ff. 20v e, dubitativamente, 22r.

5. Vat. gr. 120 Cart., sec. Xv, ff. ii. 152 (+ 42a), mm 239 ⫻ 167. dionisio Periegeta, De situ orbis (ff. 3r-41v). liStA C: «26. dionysius de situ orbis cum commentariis». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111r): «n° 11. Διονυσίου τοῦ Περιηγητοῦ καὶ ἐξήγησις εἰς αὐτό». inventArio F. rAnAldi: «980. dionysius de situ orbis cum scholiis et commentariis; 4° ex papiro in rubro» 117. deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, p. 151, ove non si riconoscono come dovuti a Colocci i «pauca latine non una manu saec. Xviin notata». BiBl.: G. Morelli, Manoscritti pugliesi nella Biblioteca Vaticana, in Botontum 5/9 (1973), pp. 15-73: 55-56 attribuisce alla mano di niccolò Majorano l’annotazione al f. 11r, ma con poco fondamento. l’identificazione è certa, oltre che per la coincidenza del contenuto del codice e della voce di C e di quella di Provataris, anche a motivo dei marginalia colocciani ai ff. 74v, 77r-v, 78r, 85r, 86r, 104v.

6. Vat. gr. 187 Cart., sec. Xiv, ff. vi. 228, mm 210 ⫻ 139. Claudio tolomeo Harmonica i-iii (ff. 2r-70v); Barlaam Calabro, Λόγος ἀνασκευαστικὸς εἰς τὰ προστεθέντα τρία κεφάλαια ταῖς τελευταίαις ἐπιγραφαῖς τοῦ τρίτου τῶν τοῦ Πτολεμαίου Ἁρμονικῶν (ff. 71r-81v); Porfirio, Commentum ad Harmonica I (ff. 82r-161v); Barlaam Calabro, Logistica (ff. 162r-228v). liStA C: «24. Claudius Ptolomeus Armonica (sic) cum commentario Porphirii». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 110v): «n° 5. Πτολεμαίου κλαυδίου Ἁρμονικὰ βιβλία 3. Πορφυρίου Eἰς τὰ Ἁρμονικὰ Πτολεμαίου ὑπόμνημα. βαρλαὰ φιλοσόφου καὶ μοναχοῦ λογιστικῆς, βιβλία Ϛ΄. Τοῦ αὐτοῦ Ἀριθμητικὴ ἀπόδειξις τῶν γραμμικ(ῶς) ἐν τῷ δευτέρῳ τῶν 117 Alla descrizione di Federico (Vat. lat. 13191, f. 97r) domenico aggiunge l’attribuzione a eustatius degli scholia.

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στοιχείων ἀποδειχθέντων. Τοῦ αὐτοῦ Περὶ τοῦ πῶς δεῖ ἐκ τῆς Mαθηματικῆς τοῦ Πτολεμαίου συντάξεως ἐπιλογίζεσθαι ἡλιακὴν ἔκλειψιν». liStA F. rAnAldi: «1091. Claudii Ptolomei Harmonica. / Porphyrii expositio in eandem. / Barlaam monachi expositio logistica libri 6 118. / eiusdem logistica. / eiusdem Arithmeticae demonstratio linearum ex 2° libro euclidis 119; ex papiro in albo». deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, pp. 217-218, ove non si identifica come colocciana la «manus saeculi Xvi», che postilla il testo. l’identificazione del codice è certa sulla base del pinax autografo colocciano sul f. ir, dove si trova pure la precedente numerazione vaticana «1091», che lascia supporre anche in questo caso uno spostamento del volume da parte dei ranaldi a integrare i primi numeri della serie dei Vaticani Graeci. Altri marginalia si trovano ai ff. 72r, 73r, 75r, 77r, 79r, 81r, 82r, 84r, 86r, 88r, 90r, 92r, 94r, 96r, 98r, 100r, 102r, 104r, 106r, 108r, 109r. il Vat. gr. 187 andrà, dunque, espunto dalle identificazioni dell’inventario vaticano del 1518: Index seu inventarium Bibliothecae Vaticanae divi Leonis Pontificis Maximi. Anno 1518 c. Series graeca, curantibus M. l. SoSoWer - d. F. JACkSon - A. MAnFredi, Città del vaticano 2006 (Studi e testi, 427), p. 39.

7. Vat. gr. 188 Cart., sec. Xvi, ff. vi. 57 (+ 53a), mm 341 ⫻ 237. Claudio tolomeo, Harmonica i-iii. liStA C: «32. Ptolomei Armonica [sic]». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 10. κλαυδίου Πτολεμαίου Περὶ τῶν ἐν ἁρμονικῇ κριτηρίων». inventArio F. rAnAldi: «1090. Cl. Ptolomei Harmonicorum libri tres; ex papiro in albo» 120. deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, pp. 218-219, ove non si riconosce in quella di Colocci la «manus saeculi Xvi» che annota il codice. BiBl.: CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), pp. 151, 156, 165-167, 172, 182, 190. Corretto da domenico sul precedente «Barlaam expositio» di Federico (Vat. lat. 13191, f. 111v). 119 Corretto da domenico sul precedente «eiusdem Arithmetia» di Federico (ibidem). 120 A questa descrizione (Vat. lat. 13191, f. 111v) domenico ranaldi ha aggiunto: «Barlaam Monachi in tria ultima capita Armonicorum (sic) Ptolomei». 118

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l’identificazione è resa inoppugnabile dalla concordanza con la Lista C e quella di Provataris (al f. 57v di quest’ultima si legge «n° 10»), e dai marginalia autografi colocciani (ff. 50r, 51r, 52r, 53r). inoltre, il fatto che sul f. ir del codice compaia la numerazione ranaldiana «1090» dimostra che il codice si trovava insieme agli altri dell’esinate in coda alla collezione greca, da dove solo successivamente fu anteposto al resto del blocco per colmare una lacuna.

8. Vat. gr. 252 Cart. (ff. i, 147 membr.), sec. Xvi, ff. v. 147, mm 292 ⫻ 210. Aristotele, De caelo i-iv (ff. 2r-59v), De generatione et corruptione i-ii (ff. 60r93r), Meteorologica i-iv (ff. 93v-143r). liStA C: «28. Aristotelis de celo de generatione et corruptione et de Metheoris». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 11. Ἀριστοτέλους Περὶ οὐρανοῦ βιβλία δ΄. Τοῦ αὐτοῦ Περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς βιβλία β΄. Τοῦ αὐτοῦ Mετεώρων βιβλία δ΄». inventArio F. rAnAldi: «175» (mancano i ff. corrispondenti nel Vat. lat. 13191). deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, p. 330. BiBl.: BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 88 e id., Per la ricostruzione cit. (nt. 1), p. 66; P. CAnArt, Un copiste expansif: Jean Sévère de Lacédémonie, in Studia codicologica, herausgegeben von k. treu, Berlin 1977, pp. 117-139, poi in id., Études de paléographie cit. (nt. 108), pp. 285-317: 293 nt. 3; CoMMAre, Storia e descrizione del vat. gr. 1164 cit. (nt. 30), p. 83; lillA, I manoscritti Vaticani greci cit. (nt. 59), p. 12 nt. 83; BernArdi, Gli elenchi bibliografici cit. (nt. 50), p. 90 nt. 6; id., La lista C cit. (nt. 41), pp. 35 e 51. l’identificazione, già effettuata da Mercati e Franchi de’ Cavalieri, e poi universalmente accolta, si basa sull’ex libris autografo (f. ir): «A. Colotius amicis hunc paravit». doveva presumibilmente essere conservato nel Forziero amicorum (cf. BiAnCHi, Per la biblioteca cit. [nt. 1], p. 278).

9. Vat. gr. 322 Cart., an. 1548 (f. 131r), ff. i (add.) 131 (+ 49a add.), mm 324 ⫻ 224. Giamblico, Protrepticus (ff. 2v-47v), De communi mathematica scientia (ff. 48r-83v), In Nicomachi arithmeticam introductionem (ff. 84r131r). liStA C: «33. iamblicus de Pitagoricis memorabilibus».

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liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 4 Ἰαμφλύχου (sic) Χαλκιδέως τῆς κοίλης συρίας πυθαγορίων (sic) ὑπομνημάτων». inventArio F. rAnAldi: «663. iamblicus Chalcidensis de commentariis Pythagorae continentibus orationes hortatorias ad philosophiam oratio secunda capita XXiX. / eiusdem oratio tertia de communi mathematica scientia cuius capita XXXv. / eiusdem de arithmetica introductione nicomachi, quae continet principia mathematicae doctrinae; folio 121 ex papiro in pavonacio». deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, pp. 485-486, ove non si suppone la provenienza colocciana. BiBl.: A. CAtAldi PAlAu, Il copista Ioannes Mauromates, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio Internazionale di Paleografia Greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), i, a cura di G. PrAto, Firenze 2000 (Papyrologica Florentina, 31), pp. 335-399: 375376, che tuttavia ignora la provenienza colocciana del codice. l’identificazione si basa sul fatto che questo codice fa il paio col colocciano Vat. gr. 1037, al quale si rimanda per la dimostrazione della provenienza dalla biblioteca dell’esinate (cf. infra, p. 297 nr. 27).

10. Vat. gr. 958 Cart., sec. Xvi, ff. 54, mm 295 ⫻ 111. «tavole» a Sofocle (ff. 1rv e 2r29v e 20r); a quinto Smirneo, trifiodoro e Colluto licopolitano (ff. 20rv); a euripide (ff. 21r-33v); a Polluce (ff. 1r-19v) tutti secondo la rispettiva edizione aldina (si veda Aldo Manuzio Tipografo 14941515, a cura di l. BiGliAZZi, A. dillon BuSSi, G. SAvino, P. SCAPeCCHi, Firenze 1994, rispettivamente pp. 105 nr. 62, 141 nr. 97, 114 nr. 71 e 99 nr. 57). liStA C: non risulta alcuna voce che descriva il Vat. gr. 958. inventArio F. rAnAldi: «949. index in Pollucem … in papiro». BiBl.: CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), p. 151. l’identificazione di questo codice, in assenza di una voce descrittiva di C, di Provataris e di ranaldi, si ricava dalla presenza di sottolineature (ff. 5r, 6v, 7r, 9r-v, 25v, 32rv) e marginalia dell’esinate (ff. 1r, 23r). dalle annotazioni autografe di Colocci al f. 1r: «Sophocles pinax copiata. / Copia est in

121

Aggiunto da domenico ranaldi (Vat. lat. 13191, f. 31r).

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magno», e al f. 31r del Vat. gr. 962: «Sophocles. / est copia in bastardello», si deduce che dall’originale autografo forteguerriano (Vat. gr. 958, ff. 1rv e 2r-29v e 20r) l’esinate fece trarre la copia in folio. Gli esemplari del Sofocle aldino del 1502, di quinto Smirneo, trifiodoro e Colluto, anch’essi editi da Aldo (1505), e dell’euripide aldino del 1502, in possesso di Carteromaco e dai quali trasse le sue «tavole», furono poi acquistati da orsini e coi suoi stampati giunsero in vaticana. il primo volume è segnato Aldine iii.12 (nr. 31 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «Sophocle con scholii del Carteromacho, ligato alla greca, in corame lionato, d’Aldo»), il secondo Aldine iii.279 (nr. 51 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 354]: «q. Smyrneo con li altri, tocco dal Carteromacho, ligato alla greca, in corame rosso, d’Aldo») e il terzo Aldine iii.27bis (nr. 30 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «euripide la parte seconda del Carteromacho, ligato alla greca, in corame rosso, d’Aldo») sono tutti ignoti a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), pp. 84-85. non ho trovato tracce di possesso o lettura da parte di Colocci sugli esemplari aldini di Polluce in vaticana: Aldine i.4(1) e i.5(1); Aldine A.i.27 e Stamp. Barb. CCC.vi.17(1).

11. Vat. gr. 959 Cart., sec. Xvi, ff. 102, mm 370 ⫻ 240. «tavola» all’erodoto aldino (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 108 nr. 64). liStA C: «14. tabula Herodoti». BiBl.: t. JAnZ, Lo sviluppo dei Vaticani greci tra fondo antico e accessioni seicentesche, in La Vaticana nel Seicento (1590-1700): una biblioteca di biblioteche, a cura di C. MontuSCHi, Città del vaticano 2014 (Storia della Biblioteca Apostolica vaticana, 3), pp. 503-542: 535 nt. 42. l’identificazione poggia sia sull’iscrizione «tab. Herodoti» – esattamente coincidente alla voce della lista C – apposta dalla mano di Colocci sul dorso del volume, che conserva ancora la sua legatura originale in pergamena floscia e nervi di pelle allumata, sia sull’annotazione autografa al f. 47v. Si tratta di una copia della «tavola» di Scipione Forteguerri tratta dall’aldina del 1503, che egli possedeva nell’esemplare oggi in vaticana segnato Aldine i.7, giuntovi tra gli «stampati tocchi» di Fulvio orsini (nr. 24 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 352]: «Herodoto, emendato dal Carteromacho, ligato alla greca, in corame giallo, d’Aldo»; ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. [nt. 65], p. 84).

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12. Vat. gr. 960 Cart., sec. Xvi, ff. i. 176, mm 332 ⫻ 230. «tavole» ad Aristofane (ff. 1r-64v), a luciano (ff. 65r-111r), all’epistolario greco del 1499 (ff. 111v-152v) e al demostene (ff. 153r-173v) aldini (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], rispettivamente pp. 56 nr. 26, 118 nr. 75, 62 nr. 31 e 134 nr. 89ab). liStA C: «31. tabula Aristophanis lutiani et demosthenis». BiBl.: CAnArt, Les manuscrits copiés par emmanuel Provataris cit. (nt. 108), p. 203; GrAFinGer, Servizi al pubblico e personale cit. (nt. 43), p. 235 nt. 92; JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. RGK, iii, nr. 351 attribuisce i ff. 10-173v a Camillo Zanetti. l’identificazione del volume si basa sulla corrispondenza quasi esatta tra voce di C e contenuto del codice. l’originale è la «tavola» forteguerriana conservata nel Vat. gr. 1331, poi acquistato da orsini, sul quale si trovano anche marginalia colocciani. quanto agli esemplari delle edizioni aldine dalle quali Carteromaco trasse le «tavole», quello di Aristofane si trova in vaticana, segnato Inc. ii.270, entrato tra gli stampati «tocchi» orsiniani (nr. 34 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «Aristophane simile, tocco dal medesimo [scil. Carteromaco], ligato alla greca, in corame rosso, d’Aldo»), sul frontespizio del quale si legge una nota di Colocci (f. ia): «Habet tabul Scipion.». quello di demostene non si trova tra questi e resta da identificare, mentre quello dell’epistolario greco corrisponde a Inc. iv.149, anch’esso passato poi a orsini (nr. 39 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «epistolario greco, tocco dal Carteromacho, ligato alla greca, in corame lionato, d’Aldo in 4°»; ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 86). Per quel che concerne l’esemplare aldino di luciano, si veda infra, p. 294.

13. Vat. gr. 961 Cart., sec. Xvi, ff. 40, mm 345 ⫻ 230. «tavola» al l. Anneo Cornuto aldino (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 139 nr. 95). liStA C: «10. tabula Phurtuni». BiBl.: Cornuti Theologiae graecae compendium recensuit et emendabat C. lAnG, lipsiae 1881, pp. Xvii-Xviii e JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42; nessuno dei due riconosce la provenienza colocciana. l’identificazione poggia, oltre che sulle tipiche sottolineature colocciane (ff. 18v, 19r, 20v), sulla corrispondenza tra la titulatio del codice (f. 1r: φούρνου τοῦ [sic] θεωρία περὶ τῆς τῶν θεῶν φύσεως. Περὶ οὐρανοῦ) e la voce di C, che ne è una banalizzazione, oltre che sulla collocazione a questa altezza della serie dei Vaticani greci e sul fatto che il copista è quello delle «tavole» di For-

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teguerri. l’esemplare dell’edizione aldina del 1505 122 da cui Forteguerri trasse la sua tabula, di cui il Vat. gr. 961 è copia, si trova in vaticana con la segnatura: Aldine i.16, giunto come trentottesimo degli stampati «tocchi di mano di huomini dotti» (nr. 38 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «Aesopo con li altri, tocco dal Carteromacho, coperto di corame nero, d’Aldo», che sul frontespizio ricostruisce la sequenza dei possessori: σκιπίωνος τοῦ καρτερομάχου, Ἀγγέλου τοῦ κωλοκίου, φουλβίου τοῦ Ὁυρσίνου).

14. Vat. gr. 962 Cart., sec. Xvi, ff. 91, mm 318 ⫻ 230. «tavole» a quinto Smirneo, trifiodoro e Colluto (ff. 1r-30v), Sofocle (ff. 31r-58v) e Stefano di Bisanzio (ff. 59r-87v) secondo le rispettive edizioni aldine (cf. supra, p. 288). liStA C: «4. tabula quinti Calabri trifonis et Coluti et Sophoclis». BiBl.: A. ZuMBo, «excerpta» da Quinto Smirneo (ms. leid. voss. gr. 0.9), in Bollettino dei classici [dell’]Accademia Nazionale dei Lincei, ser. iii, 4 (1983), pp. 98-100: 98, che qualifica il codice come «lessico». l’identificazione si basa sulla corrispondenza tra la voce di C e la titulatio colocciana al f. 1r (Quinti Calabri / Tryphiodori / Coluti / Sophoclis), oltre che sui marginalia autografi dell’esinate (ff. 31r, 59r), che fece trarre questa copia dall’originale forteguerriano Vat. gr. 958, come dimostrano le sue due note di concordanza tra gli esemplari (Vat. gr. 962, f. 31r: «Sophocles / est copia in bastardello»; Vat. gr. 958, f. 1r: «Sophocles pinax copiata. / Copia est in magno»). le «tavole» sono state redatte sulla base di tre edizioni aldine del primo decennio del Xvi secolo, i cui esemplari forteguerriani sono stati indicati supra, p. 289.

15. Vat. gr. 963 Cart., sec. Xvi, ff. i. 119, mm 327 ⫻ 230. «tavole» al commento anonimo ai Progymnasmata di Aftonio e a quello di Sopatro e Marcellino alla Retorica di ermogene secondo l’edizione aldina (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 151 nr. 106). liStA C: «12. tabula commentariorum Hermogenis». BiBl.: CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), pp. 151, 159, 165; JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. l’identificazione poggia sui marginalia colocciani (ff. 2v e 22v) e sulla corrispondenza tra la titulatio del codice (ff. 2v, 22v: Ἰσαγωγῆς σχολίων ἐκ 122

il testo del Theologiae graecae compendium vi si trova alle pp. 59-81.

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διαφόρων τεχνογραφῶν εἰς τὰ προλεγόμενα τῆς Ἑρμογένους ῥητορικῆς) e la

voce di C. l’esemplare, appartenuto a Carteromaco e poi a Colocci, passò a orsini (nr. 37 del catalogo orsiniano [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 353]: «Commento sopra li rhetori, tocco dal Carteromacho, coperto di corame nero, d’Aldo») e da questi alla vaticana, dove è segnato Aldine i.21; ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 84.

16. Vat. gr. 964 Cart., sec. Xvi, ff. 96, mm 227 ⫻ 320. «tavole» al teofrasto di Aldo Manuzio (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 38 nr. 11). liStA C: «7. theophrasti tabula». BiBl.: JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. l’identificazione dell’esemplare, in assenza di marginalia colocciani, ma in presenza delle sue tipiche sottolineature molto marcate e dei caratteristici segni di interesse (ff. 15v-20r, 34v-37v, 38v-39v, 40v-43r, 45v, 46v-49r, 73v-74r), riscontrati anche in altri manoscritti qui in esame, poggia sul fatto che si tratta di un altro caso di copia di «tavole» di Forteguerri, eseguita dal solito copista e con le stesse modalità di tipo paleografico e codicologico. inoltre, la titulatio del codice (f. 1r: Θεοφράστου περὶ φυτῶν ἰστορίας τό. ά.) collima perfettamente con la voce della lista C. Scipione Carteromaco aveva redatto la sua «tavola», copiata poi nel Vat. gr. 964, dall’edizione aldina più tardi acquistata da Fulvio orsini (nr. 11 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 351]: «theophrasto di stampa d’Aldo, emendato et tocco tutto di mano del Carteromacho, ligato in corame rosso»).

17. Vat. gr. 965 Cart., sec. Xvi, ff. iii. 82, mm 296 ⫻ 220. «tavole» al terzo (in realtà, al secondo) volume aldino di Aristotele (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 51 nr. 22). liStA C: «11. tabula Aristotelis de animalibus». BiBl.: CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), pp. 151 e 159; JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. l’identificazione è indubitabile a motivo della presenza sul codice di marginalia (ff. iiv, iiir, 1r, 10r, 19r e 60v) e di segni di interesse (ff. 10r, 39v, 41r) autografi di Colocci. da un confronto con il Vat. gr. 966 si evince che questo è una copia derivata direttamemente dal Vat. gr. 965; essi sono tratti dalle note autografe di Carteromaco sui margini dell’esemplare Inc. ii.278, che poi passò a Colocci e da questi a Fulvio orsini (nr. 10 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 351]: «Aristotele tutte l’opere di stampa d’Aldo con emendationi nelle margini tocche da Scipione Carteromacho et ligate in corame rosso in 4 tomi»; ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. [nt. 65], p. 85).

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18. Vat. gr. 966 Cart., sec. Xvi, ff. 146, mm 315 ⫻ 228. «tavole» al terzo (in realtà, al secondo) volume aldino di Aristotele (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 51 nr. 22). il codice, copiato dal Vat. gr. 965, presenta marginalia (ff. 25v, 34r, 75v) e segni di interesse (ff. 35r, 36r, 77rv) di mano di Colocci, che ne rendono certo il possesso.

19. Vat. gr. 967 Cart., sec. Xvi, ff. 147, mm 426 ⫻ 288. «tavole» all’Aristotele aldino del 1498 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 55 nr. 25). liStA C: «2. tabula ethicorum Aristotelis». BiBl.: JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. l’identificazione del volume è resa certa dal fatto che la legatura originale in pergamena floscia e nervi di pelle allumata mostra sul dorso, autografa di Colocci, l’indicazione: «tAB. etH. et MorAl.» e sulla risguardia anteriore, dovuta ad altra mano: «tabula ethicorum Aristo.». il copista, inoltre, è ancora quello delle «tavole» di Forteguerri, mentre l’antigrafo dal quale sono state trascritte le voci è l’attuale Inc. ii.281, appartenuto a Pier Matteo ercolani e poi a Colocci (ma ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. [nt. 65], p. 85), che sul frontespizio ha annotato: «Habet tabul Scipionis et est duplicatum hoc volumen et tabula respondet»; il volume passò infine a orsini (nr. 70 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 356]: «ethica d’Aristotele et Politica, emendata da Pier Mattheo Herculano, ligato in corame nero, d’Aldo, in foglio») e da questi alla vaticana.

20. Vat. gr. 970 Cart., sec. Xvi, ff. 75, mm 296 ⫻ 215 (margini non rifilati). Scolii al De inventione di ermogene. liStA C: «17. Annotationes in libros Hermogenis de inventione». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 112r): «n° 14. σχόλια εἰς τὰ τοῦ Ἑρμογένους». inventArio F. rAnAldi: «986. Scholiae (sic) in Hermogenem de inventione; ex papiro in pergameno». l’identificazione è assicurata dalla coincidenza tra la voce di C e la titulatio greca del codice (f. 1r): σχόλια εἰς τὰ περὶ εὐρέσεως Ἑρμογένους, cui si aggiunga la traccia di lettura colocciana al f. 1v.

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21. Vat. gr. 971 Cart., sec. Xvi, ff. i. 205, mm 283 ⫻ 210. «tavole» al luciano aldino (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 118 nr. 75). BiBl.: JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. l’identificazione è resa inoppugnabile dalla presenza sul volume, oltre che dell’indicazione colocciana «lucian.» (f. 1r), di copiosi marginalia autografi (ff. 34v, 35r, 43v, 87r, 90v, 153v, 168v); il copista, inoltre, è sempre lo stesso delle «tavole» di Forteguerri. l’esemplare dal quale Carteromaco trasse la «tavola», che poi Colocci fece copiare nel Vat. gr. 971, è l’aldina del 1503 oggi in vaticana (Aldine i.9; ignota a BernArdi, Angelo Colocci cit. [nt. 65], p. 84), entrata tra gli «stampati tocchi» orsiniani (nr. 22 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 352]: «luciano d’Aldo, emendato dal Carteromacho, ligato alla greca, in corame rosso»).

22. Vat. gr. 972 Cart., sec. Xvi, vi. Xi. 179, mm 410 ⫻ 280. Giovanni tzetze, in Lycophronis Alexandram. liStA C: «5. euclides (sic). licophrones cum commentariis io. tzetzi (sic)». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105v): «n° 2. Ἰσαακίου γραμματικοῦ τοῦ Τζέτζου Eἰς τὸν λυκόφρονα σχόλια, καὶ πίναξ λατινικῶς εἰς αὐτόν». BiBl.: si vedano, oltre a JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42, anche BernArdi, Per la ricostruzione cit. (nt. 1), p. 66 e id., Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 88; il Repertorium der griechischen Kopisten (RGK, i, nr. 278; ii, nr. 379; iii, nr. 454) lo nega a Michele Apostolio; P. CAnArt, Scribes grecs de la Renaissance. Additions et corrections aux répertoires de Vogel-Gardthausen e de Patrinélis, in Scriptorium 17 (1963), pp. 56-82: 74, poi in id., Études de paléographie cit. (nt. 108), pp. 1-31: 19 lo nega ad Angelo vergezio; in G. CArdinAli, La lente dissolution de la bibliothèque grecque du cardinal Salviati. Une affaire de soldats, gentilshommes, papes, bibliophiles et pirates, in Journal des Savants (2020), nr. 2, pp. 429-492: 452, 491, pl. 12, attribuisco il codice alla mano calligrafica di Giorgio Balsamone, per il quale si veda RGK, iii, nr. 92, che ovviamente non contempla questa attribuzione. l’identificazione è corroborata, malgrado la non esatta coincidenza del contenuto del volume con la voce di C, dai frequentissimi marginalia colocciani, cui si aggiunga il fatto che la voce descrittiva stesa da Provataris fa esplicita menzione del πίναξ latino al volume che è quello che si trova ai ff. ir-Xir.

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23. Vat. gr. 1000 Cart., sec. Xv-Xvi, ff. 74, mm 227 ⫻ 160. dionigi d’Alicarnasso, Thucydides. liStA C: «25. dionysius Halicarnasseus de thucidide (sic)». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111r): «n° 8. Διονυσίου Ἀλικαρνασίος (sic) ἔτι περὶ Θουκυδίδου πλατύτερον». inventArio F. rAnAldi: «1021. dionysius Halicarnaseus de thucidide (sic); ex papiro in pergameno». BiBl.: il manoscritto era stato supposto, seppur dubitativamente, proprietà della vaticana sin dal 1481 da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 97, 134 e 204, che tuttavia è stato giustamente smentito già in Antonio de tHoMeiS, Rime. Convivium scientiarum. In laudem Sixti Quarti Pontificis Maximi, a cura di F. CArBoni e A. MAnFredi, Città del vaticano 1999 (Studi e testi, 394), pp. 222 e 232; in CArdinAli, La lente dissolution cit. (p. 294), pp. 454, 479, 489, 491, ho pubblicato gli elementi che permettono di ricondurre il volume alla collezione del cardinale Giovanni Salviati. l’identificazione si basa sulla coincidenza del contenuto e delle titolazioni di C e di Provataris, oltre che sulla collocazione del volume nella sezione dei volumi colocciani. i segni di interesse e le sottolineature, come quelli presenti, ad esempio, sui ff. 12v, 13r, 15v, 21v, 22r, 34v, 46r, 49r, potrebbero essere attribuiti all’esinate, mentre mancano marginalia inconfutabilmente suoi.

24. Vat. gr. 1011 Cart., sec. Xv, ff. vi. 70, mm 234 ⫻ 161. Plutarco, De virtute morali (ff. 1r-12r); Giorgio Gemisto Pletone, In oracula magica Zoroastri commentarii (ff. 12v-18r); Michele Psello, Commentarius in oracula Chaldaica (ff. 18r-28r) e Summaria et brevis expositio dogmatum Chaldaicorum (ff. 28r-29v); orapollo, Hieroglyphica (ff. 31r-42r). liStA C: «22. Plutarcus (sic) de virtute morali Magica Zoroastri orus Apollo». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111r): «n° 12. Πλουτάρχου Περὶ τῆς ἠθικῆς ἀρετῆς. Τοῦ αὐτοῦ Ἔκθεσις κεφαλαιώδης καὶ σύντομος τῶν παρὰ Χαλδαίοις δογμάτων. Ὥρου Ἀπόλλωνος νειλῴου ἰερογλυφικά, ἃ ἐξήνεγκε μὲν αὐτὸς Aἰγυπτίᾳ φωνῇ, μετέφρασε δὲ φίλιππος εἰς τὴν Ἑλλάδα διάλεκτον. Τοῦ αὐτοῦ τῆς τῶν παρ᾿ αἰγυπτίοις ἱερογλυφικῶν γραμμάτων ἑρμηνεία». inventArio F. rAnAldi: «1029. Plutarchus de virtute morali. / Sermones de magica Zoroastri. / Psellus in eadem. / eiusdem de digni-

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tatibus 123 Caldaeorum (sic). / Hori Apollinis Hierogliphica (sic); ex papiro in ranciato». Bibl.: P. Moore, Iter Psellianum. A detailed listing of manuscript sources for all works attributed to Michael Psellos, including a comprehensive bibliography, toronto 2005 (Subsidia Mediaevalia, 26), pp. 290294; k. CHouliS, The relationship between Byzantine and «alla greca» bookbinding structure. A preliminary study on structural elements of «alla greca» bindings in the Vatican Library (Fondo Antico, vatt. gr. 11217), in La reliure médiévale. Pour une description normalisée. Actes du colloque international (Paris, 22-24 mai 2003), éd. par G. lAnoë, turnhout 2008, pp. 183-196: 185; P. viAn, «Per le cose della patria nostra». Lettere inedite di Luigi Angeloni e Marino Marini sul recupero dei manoscritti vaticani a Parigi (1816-1819), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, Xviii, Città del vaticano 2011 (Studi e testi, 469), pp. 693-799: 790. l’identificazione poggia sul contenuto del testo e sulla sua coincidenza con la voce di C e, ancor più, con quella di Provataris, che rappresenta un sunto di quanto si legge al f. iiir. il codice conserva la legatura originale quattrocentesca, privata solo delle due bindelle resecate, con tagli dorati e goffrati.

25. Vat. gr. 1015 Cart., sec. Xvi, ff. i. 106, mm 295 ⫻ 216 (margini non rifilati). «tavole» al Plutarco aldino (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 148 nr. 103). liStA C: «3. tabula Plutarchi». inventArio F. rAnAldi: «1023. tabula in Plutarchum». BiBl.: su questo codice non c’è bibliografia. l’identificazione è basata sui marginalia colocciani (ff. 79v, 80r), sui segni autografi di ordinamento dei fascicoli (réclames e indicazione dei fascicoli mediante apposizione di lettera progressiva) e sul fatto che il copista è lo stesso del colocciano Vat. gr. 965, oltre che sulla tipologia del testo: una «tavola» di ascendenza forteguerriana. l’esemplare del Plutarco edito da Aldo del 1509 posseduto da Forteguerri e dal quale questi trasse la «tavola» è conservato in vaticana (Aldine i.22), dove è entrato tra gli «stampati tocchi» di orsini (nr. 16 del catalogo [de nolHAC, La bibliothèque cit. (nt. 31), p. 352]: «PlutArCHo li opuscoli colla tavola di Gio. Honorio, emendato dal Carteromacho, ligato alla greca, in corame verde, d’Aldo»). 123

Corretto da domenico ranaldi in «dogmatibus» (Vat. lat. 13191, f. 104v).

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26. Vat. gr. 1033 Cart., sec. Xvex-Xviin, ff. iX. 80, mm 210 ⫻ 140. timeo di locri, De anima mundi (ff. 1r-14v) con traduzione latina (ff. 25r-39v); Plutarco, epitome de generatione animae in Timaeo (ff. 15r-19r) con traduzione latina (ff. 41r-44r); Francesco Cattani da diacceto, Panegyricus in amorem con dedicatoria a Giovanni Corsi e Palla rucellai (ff. 44v52r); euclide, Isagoge harmonica (ff. 57r-62v); notae de astronomia (f. 78v); Ὅτι ἔργα κάλλιστα καὶ θεάματα ἐν τῷ κόσμῳ ἐστὶν (f. 80v). liStA C: «20. timeus locraensis de mundi anima». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111r): «n° 10. Τιμαίου λοκροῦ Περὶ ψυχᾶς κόσμου καὶ φύσιος, Ἑλληνικὸν καὶ λατινικόν». inventArio F. rAnAldi: «1076. timaei locrensis de anima mundi et naturae cum versione latina. / Plutarchi quaedam latina. / Francisci Catanei epistolae quaedam. / euclidis isagogae harmonica; ex papiro in nigro». BiBl.: si vedano M. deCorPS-Foulquier, Deux manuscrits méconnus de Timée de Locres, in Revue d’histoire des textes 9 (1979), pp. 255259: 257 e J. SoloMon, Ven. Marc. Gr. 322 and the Mss. of the Pseudo-euclidean Εἰσαγωγὴ Ἁρμονική, in Classica et Mediaevalia 37 (1986), pp. 137-144: 138-139; in nessuno dei due contributi è riconosciuta la provenienza colocciana del manoscritto. l’identificazione non pone problemi data la coincidenza della voce di C e di quella provatariana con il primo testo contenuto nel manoscritto e con l’indicazione posta sul taglio anteriore del volume (che conserva ancora la legatura originale): «tiMAioS loCren.» Sono copiosissimi, inoltre, i marginalia autografi di Colocci a partire dai due contropiatti e dal f. ir. l’annotazione colocciana (f. ir) «G. valla transtulit» fa riferimento alla versione latina dell’opera di timeo di Giorgio valla, che l’esinate possedeva nella stampa veneziana del 1498, per Simonem Papiensem dictum Bevilaquam, oggi in vaticana: Inc. ii.482 (ignoto a BernArdi, Angelo Colocci cit. [nt. 65], p. 85).

27. Vat. gr. 1037 Cart., an. 1548 (cf. Vat. gr. 322, f. 131r), ff. i. 66, mm 333 ⫻ 222. Giamblico, De vita Pythagorica. liStA C: «8. iamblicus de instituctione Pittagorica». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 112r): «n° 13. Ἰαμβλίχου Χαλκιδέως λόγοι περὶ τῆς Πυθαγορικῆς αἱρέσεως». inventArio F. rAnAldi: «1089. iamblici Chalcidii de secta Pytagorica (sic) libri 4or, sed est solus primus liber; ex papiro in albo».

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deSCr.: MerCAti - FrAnCHi de’ CAvAlieri, Codices Vaticani Graeci cit. (p. 283), i, pp. 485-486, ove non si riconosce la provenienza colocciana né si connette alla lista di Provataris l’annotazione «n.° 13» che si legge nel codice «in ima tabula anteriore aversa». BiBl.: CAtAldi PAlAu, Il copista Ioannes Mauromates cit. (p. 288), pp. 375-376. l’identificazione, in assenza di marginalia colocciani, poggia sulla coincidenza tra contenuto del codice e descrizione delle liste, sia C sia quella di Provataris (di cui resta il segno «n. 13» sulla guardia incollata al contropiatto anteriore), oltre che sulla titulatio molto evànida, ma certamente di mano dell’esinate, che si legge ancora sul dorso del volume («iambl. de Secta»).

28. Vat. gr. 1043 Cart., Xvi sec., ii. 43, mm 322 ⫻ 230. erone, Geometria. liStA C: «34. Geometria euclidis». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 6 Ἐυκλείδου γεωμετρία» oppure l’identica voce immediatamente successiva «n° 7. Eὐκλείδου γεωμετρία». inventArio F. rAnAldi: «1081. euclides cum commento; folia 42 ex papiro in albo». BiBl.: si vedano CAnArt, Un copiste expansif cit. (p. 287), p. 293; CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), pp. 151, 159 e 165; BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 88. M. l. AGAti, Giovanni Onorio da Maglie copista greco (1535-1563), roma 2001 (Accademia nazionale dei lincei. Bollettino dei Classici, Supplemento 20), p. 297 e RGK, iii, nr. 286 lo attribuiscono a Giovanni onorio da Maglie. l’identificazione non pone alcun tipo di dubbio sia per i marginalia colocciani quasi a ogni foglio del codice sia per la presenza della lettera a Colocci agglutinata al f. iiv, attribuita a niccolò Majorano da MerCAti, Una lettera non bene edita cit. (nt. 55) e ad Antonio Matteazzi da Marostica da AGAti, Giovanni Onorio cit. (p. 298), pp. 22-23.

29. Vat. gr. 1049 Cart., sec. Xvi, ff. i. 133, mm 334 ⫻ 225. Commento anonimo alla Tetrabiblos di tolomeo. liStA C: «35. quadripartium Ptolomei». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 5. Ἐξηγητὴς ἀνώνυμος εἰς τὴν Τετράβιβλον τοῦ Πτολεμαίου».

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inventArio F. rAnAldi: «1096. expositio in 4or libros Ptolomei sine nomine; ex papiro in rubeo». deSCr.: Catalogus codicum astrologorum graecorum, v/4, descripsit S. WeinStoCk, Bruxelles 1940, p. 13. BiBl.: AGAti, Giovanni Onorio cit. (p. 299), pp. 235-238, che ne nega la paternità onoriana. l’identificazione, sebbene non si dia esatta coincidenza tra la descrizione di C e il contenuto del codice, non pone alcun problema, dati i marginalia colocciani (ff. 45v, 47v, 48v) e l’indicazione autografa dei libri nel margine superiore del recto di molti fogli (ff. 41-50, 52, 54, 56, 58, 60, 62, 64, 66, 67, 69, 71, 73, 75, 77, 79-109, 110-111, 113, 115, 117, 119, 121, 123, 125, 127, 129, 131, 133).

30. Vat. gr. 1053 Cart., sec. Xvi, ff. i. 64, mm 325 ⫻ 228. Cleomede, De motu circulari corporum caelestium. liStA C: «16. Cleomedis Metheora». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 8. κλεομήδους κυκλικῆς θεωρίας μετεώρων πρῶτον περὶ κόσμου». inventArio F. rAnAldi: «1086. Cleomedis de circulari speculatione libri duo. / euclidis principium in duobus foliis seiunctis; ex papiro in albo». BiBl.: r. B. todd, An Inventory of the Manuscripts of Cleomedes, in Scriptorium 40/2 (1986), pp. 261-264: 263 e id., Cleomedes, in Catalogus Translationum et Commentariorum. Mediaeval and Renaissance Latin Translations and Commentaries. Annotated lists and guides, vii, editor in chief v. BroWn, associate editors P. o. kriSteller and F. e. CrAnZ, Washington, d.C. 1992, pp. 1-11. l’identificazione del codice può dirsi certa sulla base di alcuni interventi manoscritti colocciani sia nella forma dei marginalia (f. 22r) sia in quella della distinzione tra i e ii libro apposta sul margine superiore del recto di quasi ogni foglio.

31. Vat. gr. 1054 Cart., sec. Xvi, ff. Xii. 66, mm 415 ⫻ 285. erone Alessandrino, Pneumatica e Automata. liStA C: «23. Heronis Spiritalia». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105v): «n° 1. Ἥρωνος Ἀλεξανδρέως Πνευματικά. Τοῦ αὐτοῦ Περὶ αὐτοματοποιητικῶν».

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BiBl.: si vedano almeno S. GioMBi, Marcello Cervini (1501-1555). Aspetti di interesse regionale marchigiano nel profilo di un protagonista del Cinquecento europeo, in Studia Picena 67 (2002), pp. 73-121: 118; BernArdi, Per la ricostruzione cit. (nt. 1), pp. 66-67; id., Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 88; PiACentini, Marcello Cervini cit. (nt. 68), pp. 120121; CAnArt, Les manuscrits copiés par emmanuel Provataris cit. (nt. 108), p. 64 e id., Un copiste expansif cit. (p. 287), p. 293; B. SCHArtAu - o. l. SMitH, Towards a descriptive catalogue of the Greek manuscripts of the Royal Library, Copenhagen, in Scriptorium 28 (1974), pp. 332338: 336 nt. 34; JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42. Al f. 15r è vistosissima la annotazione marginale di Cervini, per la quale si rimanda a v. FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 86-87 e 101. in RGK, iii, nr. 351 si attribuiscono i ff. 38r-42r e 47r-66r a Camillo Zanetti. l’identificazione del codice è dimostrata, oltre che dalla parziale coincidenza delle opere contenute con la voce di C e dalle testimonianze tratte dai carteggi colocciani (citate e discusse da roSe, The Italian Renaissance pp. 191192, che paradossalmente ignora il codice, e da FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. [nt. 1], pp. 86-87 e 101), anche e soprattutto dai marginalia autografi dell’esinate che corrono lungo quasi tutti i fogli contenenti la prima opera di erone (ff. 1r-42r).

32. Vat. gr. 1055 Cart., sec. Xvi med., ff. 45, mm 398 ⫻ 285. Aristarco di Samo, De magnitudinibus et distantiis solis et lunae (ff. 1r-9v); teodosio tripolita, De habitationibus (ff. 10r-16r) e De noctibus et diebus ii (ff. 17r43v). liStA C: «1. Aristarchus de magnitudinibus et distantiis theodosique de habitationibus. idem de noctibus et diebus libri ii cum scholiis in folio scripti in papiro». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105v): «n° 3. Ἀριστάρχου περὶ μεγεθῶν καὶ ἀποστημάτων ἡλίου τὲ καὶ σελήνης». BiBl.: G. derenZini, Per la tradizione manoscritta del testo e degli scolii del Περὶ μεγεθῶν καὶ ἀποστημάτων ἡλίου καὶ σελήνης di Aristarco di Samo, in Physis 15 (1973), pp. 325-332: 329-331, ove si dimostra che il Vat. gr. 1055 è apografo del Vat. gr. 204; per parte sua P. l. roSe, The Italian Renaissance of Mathematics. Studies on Humanists and Mathematicians from Petrarch to Galileo, Genève 1973, pp. 38 e 191 attribuisce il codice alla collezione di Cervini, come già dubitati-

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vamente r. devreeSSe, Les manuscrits grecs de Cervini, in Scriptorium 22/2 (1968), pp. 250-270: 263, sebbene senza alcuna evidenza (in realtà gli Aristarco e i teodosio cerviniani corrispondono agli attuali Paris. gr. 2488 e 2473, come ho dimostrato in G. CArdinAli, en jouant avec les poupées russes: 88 manuscrits grecs de Gabriel Naudé, dont 50 de Guillaume Sirleto, dont certains de Marcel Cervini, dont 2 d’Ange Colocci, in Journal des Savants (2019), nr. 1, pp. 3-90: 62-66). JAnZ, Lo sviluppo cit. (p. 289), p. 535 nt. 42; infine, AGAti, Giovanni Onorio cit. (p. 298), pp. 297-298 e RGK, iii, nr. 286 attribuiscono il codice alla mano di Giovanni onorio da Maglie. l’identificazione poggia sull’identità tra le titulationes del codice e la voce di C, mentre mancano tracce di mano di Colocci in tutto il manoscritto. di una versione latina del testo, dovuta a Giorgio valla, Colocci era in possesso grazie a un esemplare della stampa veneziana del 1498, oggi conservato in vaticana, l’Inc. ii.482, da lui copiosamente postillato.

33. Vat. gr. 1062 Cart., sec. Xvi, ff. 96, mm 345 ⫻ 233 (margini non rifilati). teofilo Protospatario, Scolii agli Aforismi di Ippocrate. liStA C: «15. Aphorismi Hippocratis cum commentariis theophili». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 111v): «n° 9. Ἱπποκράτους Ἀφορισμοὶ γραφέντες παρὰ Θεοφίλου πρωτοσπαθαρίου καὶ ἐπὶ τοῦ χρόνου τρίτου μετὰ σχολίων λυτῶν». inventArio F. rAnAldi: «1047. Hippocratis Aphorismi cum scholiis; ex papiro in pergameno». BiBl.: S. iHM, Clavis commentariorum der antiken Mmedizinischen Texte, leiden-Boston-köln 2002 (Clavis Commentariorum Antiquitatis et Medii Aevi, 1), pp. 213-216. l’identificazione può dirsi certa a motivo della corrispondenza tra il contenuto, le voci descrittive di C e di Provataris e l’iscrizione al f. 1r: Ἀφορισμοὶ τοῦ Ἱπποκράτους γραφέντες παρὰ Θεοφίλου πρωτοσπαθαρίου καὶ ἐπὶ τοῦ χρόνου τρίτου μετὰ τῶν σχολίων λυτῶν; non manca traccia di marginalia

colocciani (f. 9r).

34. Vat. gr. 1070 Pergam., an. 1291, ff. i. 200, mm 200 ⫻ 150; Salterio greco-latino. liStA C: «19. Psalterium greco latino». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105r): «n° 1. Ψαλτήριον Ἑλληνικὸν καὶ λατινικόν».

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inventArio F. rAnAldi: «901. quaedam precationes. / Psalterium grecolatinum; ex membrana in albo». BiBl.: si vedano almeno A. turYn, Codices Graeci Vaticani saeculis XIII et XIV scripti annorumque notis instructi, Città del vaticano 1964 (Codices e vaticanis selecti, 28), pp. 76-78; P. CAnArt - J. leroY, Les manuscrits en style de Reggio. Étude paléographique et codicologique, in La paléographie grecque et byzantine. Paris, 21-25 octobre 1974, Paris 1977 (Colloques internationaux du CnrS, 559), pp. 241-261: 250 nt. 34, poi in CAnArt, Études de paléographie cit. (nt. 108), pp. 319-339: 328 nt. 24; cf. anche RGK, iii, nr. 569. l’identificazione è qui proposta dubitativamente sulla base della coincidenza tra la voce descrittiva di C e il contenuto del codice, oltre che della sua attuale collocazione a questa altezza della serie dei Vaticani Graeci, sebbene manchi il riscontro dei marginalia colocciani. va tenuta presente, però, la natura del testo, che non era di studio, ma semmai di devozione o, più probabilmente, oggetto di collezione.

35. Vat. gr. 1077 Cart., sec. Xiv, ff. i. 201, mm 173 ⫻ 132. Giovanni damasceno, Opera philosophica e theologica; Giovanni tzetzes, Allegoria in Homeri Iliadem; teodoro Prodromo, Carmen XVII Ad Ioh. Comnenum de expeditione Persica III. liStA C: «ioannis damasceni theologia». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105v): «n° 8. Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ Θεολογία». inventArio F. rAnAldi: «770. io. damasceni logica, philosophia et theologia. / de duabus naturis in Christo; caret principio et fine, ex membrana sine tabulis». deSCr.: WeinStoCk, Catalogus codicum astrologorum cit. (p. 299), v/ 4, p. 14. BiBl.: CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), pp. 151 nt. 32 e 165 nt. 87. in assenza di marginalia o di altri segni di possesso da parte di Colocci, l’identificazione viene proposta sulla base del consenso tra il contenuto del volume, la voce della lista C e la voce dell’elenco di Provataris, il cui numero d’ordine si trova apposto al f. 1r del codice.

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36. Vat. gr. 1083 Perg., sec. Xii, ff. i. 133, mm 280 ⫻ 200. Hagiographica. liStA C: «29. vitae quaedam sanctorum». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 105r): «n° 7. λόγος εἰς τὴν προσκύνησιν τῆς τιμίας ἀλύσεως τοῦ ἁγίου καὶ κορυφαίου τῶν ἀποστόλων Πέτρου». inventArio F. rAnAldi: «933. Fragmentum explanationis in evangelium Matthei. / vita S.ti io. Chrysostomi. / vita S.torum Ciri et ioannis. / Commemoratio in apostolum thomam. / Martyrium S.torum Sergii et Bacchi. / item Arethae. / item Petri et Pauli Apostolorum. / Sermo de virgine Maria. / Sermo de adoratione preciosae cathenae S.ti et principis apostolorum Petri; sine fine ex membrana sine tegumento». deSCr.: Catalogus codicum hagiographicorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae, ediderunt HAGioGrAPHi BollAndiAni et P. FrAnCHi de’ CAvAlieri, Bruxelles 1899, pp. 95-96. BiBl.: A. eHrHArd, Überlieferung und Bestand der hagiographischen und homiletischen Literatur der griechischen Kirche von den Anfängen bis zum ende des 16. Jahrhunderts, iii, leipzig 1943 (texte und untersuchungen [...], 52), p. 791 e CHouliS, Conservation Treatments on Greek Manuscripts cit. (p. 284), p. 151 nt. 32. l’identificazione risulta inconfutabile per il fatto che questo è l’unico codice vaticano in cui si trovino presenti il De catenis S. Petri (BHG 1486; CPG 4745; Vat. gr. 1083, ff. 123r-126v e 95r-104v) e il Commentarius metaphrasticus dei ss. Pietro e Paolo (BHG 1493; CANT 196; Vat. gr. 1083, ff. 104v115r), ossia i due testi che Sirleto scriveva a Cervini essere presenti nell’«exemplare di Monsignor Colotio».

37. Vat. gr. 1898, ff. 65r-66v Cart., sec. Xv, mm 238 ⫻ 170. Paolo egineta, De mensuribus et ponderibus vii, 26. liStA C: «36. Paulus egineta». liStA ProvAtAriS: non sembra esservi registrato. deSCr.: CAnArt, Codices Vaticani Graeci. Codices 1745-1962 cit. (nt. 62), p. 559. BiBl.: data la mole estremamente consistente della bibliografia su questo manoscritto, rinvio al sito internet della Biblioteca Apostolica vaticana. l’identificazione con i fogli superstiti del codice è resa certa dalla presenza su quasi ognuno di essi di marginalia colocciani.

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38. Vat. gr. 1904, ff. 230r-246v Cart., sec. Xv, mm 290 ⫻ 212. demetrio Falereo, De interpretatione. liStA C: «30. demetrius Phalerius de interpretatione». liStA ProvAtAriS (Vat. lat. 7131, f. 106r): «n° 2. Δημητρίου φαλήρεως (sic) Περὶ ἑρμηνείας ἀτελείωτον». deSCr.: WeinStoCk, Catalogus codicum astrologorum cit. (p. 299), v/4, p. 28 e CAnArt, Codices Vaticani Graeci. Codices 1745-1962 cit. (nt. 62), pp. 627-628. l’identificazione dell’esemplare è data dalla corrispondenza di autore e contenuto con la lista C, sebbene manchino marginalia sui fogli in questione. il codice fattizio in cui si trova il testo, inoltre, presenta altri materiali colocciani.

39. Vat. lat. 1900 Cart., sec. Xv, ff. i. 117 (+ 50bis e 86bis), mm 424 ⫻ 283. Historia Augusta (i-v, iX, vii-viii, vi, X-Xi, Xiii-Xiv, Xvii, Xvi, Xv, Xii, Xviii-XXX); eutropio, Breviarium ab urbe condita (estratti). liStA C: «6. Adriani (sic) imperatoris vita». deSCr.: Codices Vaticani Latini, iii: Codd. 1461-2059, recensuit B. noGArA, romae 1912 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti), p. 345, che non riconosce in quella di Colocci la manus recentior che postilla il manoscritto, e Les manuscrits classiques latins de la Bibliothèque Vaticane, Catalogue établi par é. PelleGrin et F. dolBeAu, J. FoHlen et J.-Y. tilliette avec la collaboration d’A. MAruCCHi et de P. SCArCiA PiACentini, iii/1: Fonds Vatican latin, 224-2900, Paris 1991 (documents, études et répertoire), pp. 459460, ove non si attribuisce all’esinate la «grosse écriture cursive très penchée (Xve-Xvie siècles)» che si riscontra sui margini. BiBl.: J.-P. CAllu - o. deSBordeS, Le “Quattrocento” de l’Histoire Auguste, in Revue d’histoire des textes 19 (1989), pp. 253-275: 266, 270-271, 273. l’identificazione non pone alcun problema, se si considerano: 1) il pinax autografo colocciano agglutinato al f. iiv; 2) la concordanza tra la Lista C e la titulatio al f. 1r («vite diversorum principum et tyrannorum a diversis compositae Adriani imperatoris vita incipit») e il primo rigo del pinax («Hadrianus f. 1»); 3) l’annotazione autografa dell’esinate al f. 57r. ne consegue che questo volume non è quello entrato in vaticana il 22 giugno 1549 (come sostenuto da Les manuscrits classiques latins cit. [p. 304], p. 460), ma il 27 ottobre 1558.

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5. ALCUNe

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CAUTeLe

Al termine di questa rassegna, la cautela si impone: non è questa la biblioteca greca di monsignor Colotio; o almeno, non è soltanto questa. il fatto di aver rinvenuto almeno tre codici che non figurano nella lista ranaldiana (Vat. gr. 958, 965 e 971), ma entrati comunque in vaticana, fa sospettare che qualche altro volume possa aver avuto sorte analoga e possa trovarsi fra i Vaticani greci e le varie raccolte di stampati. Così, tra gli impressi, è avvenuto per lo «Strabon greco», che era stato imballato tra i libri latini, o comunque non specificamente greci. di contro mancano all’appello della lista C tre identificazioni: quella della vaghissima voce versus lugubres 124, certamente derivata dalla titulatio che Colocci aveva applicato al volume, e successivamente perduta a motivo di una rifilatura o di una rilegatura; quella dei 64 epigrammata 125, altra titulatio che potrebbe aver avuto la stessa sorte della precedente – qualcosa di molto vicino al Barb. gr. 123 sul cui taglio di testa si legge ancora oggi epigrammata graeca 69 126 –; e del troppo generico Vocabularium graecum 127 (che non sia stato quel lexicon, «libro moderno di poco momento», che fu in seguito eliminato dalla collezione pontificia in quanto «magnato tutto dalli vermi»?)128. non si può dunque escludere che sia dalla vaticana sia da altre biblioteche possa emergere qualche libro greco (o qualche brandello) proveniente dalla bibliotheca Colotii. due ne ho rinvenuti alla Bibliothèque nationale de France: precisamente i Paris. gr. 1818 e 2326. la presenza di marginalia colocciani sul contropiatto anteriore del primo e sulle guardie finali del secondo non consentono dubbio; ben meno agevole è stato semmai ricostruire il viag-

124 Vat. lat. 3958, f. 187v (nr. 18). Arbitraria l’ipotesi che possa trattarsi di una raccolta di versi di Simonide, avanzata da BernArdi, La lista C cit. (nt. 41), p. 50 nt. 167. 125 Vat. lat. 3958, f. 187v (nr. 9). 126 A parte la divergenza numerica, il Barb. gr. 123 di mano di Giano lascaris, non è candidabile a “manoscritto greco colocciano”, in quanto proviene dal lascito di Aulo Giano Parrasio, passato poi a Girolamo Seripando e con i volumi di questo al convento agostiniano di S. Giovanni a Carbonara, come appare dall’ex-libris, parzialmente eraso, al f. 697r: Codices Barberiniani Graeci, i: Codices 1-163, recensuit v. CAPoCCi, in Bybliotheca vaticana 1958, pp. 169-179. 127 Vat. lat. 3958, f. 188r (nr. 45). 128 Così si legge di mano, forse di domenico ranaldi, nel Vat. lat. 13191, f. 94v a sinistra della descrizione del codice numero «955. lexicon sine nomine ex papiro in rubeo cum tabulis»: «questo libro fu magnato tutto dalli vermi come si può vedere dalla sua coperta posta nella cassa dove stanno li corami; libro moderno di poco momento».

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gio che ha portato i due volumi dalla residenza in Parione fino a Parigi. un viaggio che non passò per la vaticana (scagionando così – per questa volta – napoleone Bonaparte)129, ma piuttosto per la biblioteca di Cervini. Come già in almeno altri due casi noti 130 e in quello da me rilevato del Vat. lat. 3309 131, Monsignor Colotio ebbe solide ragioni (e interessi personali)132 per cedere questi due volumi all’amico Marcello: il primo giunse senza legatura e venne riposto nella libreria del palazzo di famiglia di Montepulciano («theonis Smirnei Mathematica utilia cum lectione Platonis; sciolto»)133, mentre il secondo figura tra quelli in quarto: «democriti liber de alchimia; ligatus in pergameno»134. una volta defunto il cardinale (che era apparso sul soglio di Pietro per 21 giorni come Marcello ii) il primo maggio 1555, la collezione libraria venne nelle mani del nipote erennio Cervini, che vent’anni dopo la riunì a roma, preparandola per la vendita. il Paris. gr. 1818 era stato nel frattempo rilegato in corame 135 (ossia con la bella legatura in marocchino marrone che conserva ancora oggi) e, dopo essere stato smarrito o messo fuori posto, venne recuperato, mentre il Paris. gr. 2326 non aveva mai lasciato il suo posto. l’acquirente fu Guglielmo Sirleto, l’erede (se non altro) morale del cardinal Marcello, che ne custodì l’intera biblioteca, sia greca sia latina sia orientale, fino alla morte sopravvenuta il 6 ottobre 1585: dopo tre anni la collezione Cervini-Sirleto venne acquistata dal cardinale Ascanio Colonna e, alla sua morte nel 1611, da Giovanni Angelo duca d’Altemps 136. 129 A questo proposito si veda l’interessantissimo volume di A. ritA, Biblioteche e requisizioni librarie a Roma in età napoleonica. Cronologia e fonti romane, Città del vaticano 2012 (Studi e testi, 470). 130 Mi riferisco agli Ott. lat. 1882 e 1980, appartenuti a Colocci e poi passati nella collezione cerviniana: si vedano, quanto al primo, C. BiAnCA, Petreio, Petrucci, Cervini. Il ms. Ott. lat. 1882 e la «Politica» di Aristotele, in Rinascimento, ii ser., 26 (1986), pp. 259-275: 259 e 275 e BiAnCHi, Per la biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 274 nt. 14; quanto al secondo, MerCAti, Codici latini Pico Grimani Pio cit. (nt. 8), pp. 172-173. 131 Si veda CArdinAli, en jouant avec les poupées russes cit. (p. 301), pp. 41 e 66. 132 Si veda supra, p. 261. 133 Vat. lat. 8185, f. 270r. 134 Vat. lat. 3958, ff. 177v e 318r. 135 Vat. lat. 8185, f. 281r. 136 Per una vicenda di questa collezione si vedano l. doreZ, Recherches et documents sur la bibliothèque du cardinal Sirleto, in Mélanges d’archéologie et d’histoire 11 (1891), pp. 457-491; BiGnAMi odier, La bibliothèque Vaticane cit. (nt. 43), pp. 53-55; F. d’Aiuto, Ottoboniani, in Guida ai fondi cit. (nt. 59), pp. 446-450; luCà, Guglielmo Sirleto e la Vaticana cit.; t. JAnZ, Acquisti di manoscritti greci nella Vaticana settecentesca, in La Biblioteca Vaticana e le arti nel secolo dei Lumi (1700-1797) a cura di B. JAttA, Città del vaticano

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dai discendenti del duca, nipote di Pio iv Medici, ebbe un lotto di almeno cinquanta manoscritti greci Gabriel naudé, bibliofilo, bibliotecario (di cardinali e regine) e «biblioteca vivente» egli stesso; tra questi volumi erano gli attuali Paris. gr. 1818 e 2326, che dunque passarono il Po, le Alpi e la Senna, per poi finire nella collezione di Giulio Mazzarino e, da ultimo, in quella della Bibliothèque nationale. Molto più breve è stata la strada che ha portato da Parione alla vaticana un altro codice greco colocciano: ancora una volta, non per via diretta, ma passando da via Giulia, ossia dall’abitazione romana di Cervini. l’Ott. gr. 210 è un volume fattizio che riunisce insieme fascicoli originariamente autonomi e realizzati in periodi diversi, in un lasso addirittura di un paio di secoli (Xiv-Xvi); il contenuto complessivo è, invece, piuttosto omogeneo, trattandosi di una silloge di autori classici antichi: esiodo ed eschilo in primis, seguiti da Pindaro e Aristofane137. la campana suona ai ff. 64br e 167r, dove l’inconfondibile mano di Colocci ha titolato: «Aeschyl. interlineat.» e «Aristophan. interlineato con glosa» (tavv. 1415): non si dà dunque dubbio alcuno sul possessore del codice. da dove l’abbia tratto, lo diranno i marginalia greci e latini che vi si trovano copiosissimi; dove sia finito, è chiaro dagli inventari della biblioteca cerviniana («tragoediae Sophoclis, in quibus deest principium, sed sunt antiquissima alia cum pluribus annotationibus. / Hesiodi Georgica. / Aeschili tragoediae. / Aristophanis Comoediae 138. / liber est ligatus in corio viridi in papiro»)139 e poi sirletiana (Rhet. 19: βιβλίον βαμβάκινον, παλαιότατον, ἐν ᾧ τάδ᾿ ἔνεστιν· σοφοκλέους, ἀτελῆ· Ἡσιώδου γεωργικά· αἰσχύλου τραγῳδίαι, τῶν ἑπτὰ ἐπὶ Θήβας· Πινδάρου Ὀλύμπια· Ἀριστοφάνης Πλοῦτος. Μετὰ σχολίων)140, oltre che da quelli Altemps e ottoboni.

2016 (Storia della Biblioteca Apostolica vaticana, 4), pp. 307-311. quanto alla sezione della collezione Cervini-Sirleto ora a Parigi, A. diller, Two Greek Forgeries of the Sixteenth Century, in American Journal of Philology 57 (1936), pp. 124-129 (dal quale cito), ora in id., Studies in Greek Manuscript Tradition, Amsterdam 1983, pp. 439-444, e, soprattutto, CArdinAli, en jouant avec les poupées russes cit. (p. 301). 137 Si veda Codices manuscripti graeci Ottoboniani Bibliothecae Vaticanae, recensuerunt e. Feron et F. BAttAGlini, romae 1893 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti), pp. 122-123. 138 una graffa riunisce a destra del foglio le voci Aeschilis tragaediae e Aristophanis Comaedia (sic) e sulla destra si legge antiquae. 139 Arch. Bibl. 15, f. 106r. 140 Vat. lat. 6163, f. 207r.

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Fin qui i casi certi. restano tuttavia due altri manoscritti altamente sospetti di provenire dalla raccolta di monsignor Colotio, sebbene non sia al momento inequivocabile la loro origine. il primo è l’Ott. gr. 232141, volume databile ai primi decenni del Xvi secolo, che contiene ben tre diverse tabulae: a demostene142, a libanio143 e a nicandro 144. il copista che le ha messe in pulito non è attestato nella biblioteca colocciana, ma la tipologia di testo, la sua mise en page ed i vistosi tratti di penna che sottolineano alcuni lemmi fanno sospettare una simile provenienza: potrebbe essersi trattato di un regalo o di un prestito fatto a Cervini, magari in vista della progettata, sebbene mai realizzata, edizione di qualche testo demostenico 145. l’Ott. gr. 330 146, invece, è della stessa mano del colocciano Vat. gr. 1033 e, come quello, presenta sul taglio anteriore l’indicazione degli autori contenuti. Se si tiene conto che il Vat. gr. 1033, contenendo un testo di Francesco Cattani da diacceto 147, giunse plausibilmente a Colocci via Carteromaco (legato a Cattani dalla traccia della lettera autografa del Vat. lat. 4103, f. 61r), è più che probabile che sorte analoga abbia avuto anche l’Ott. Feron - BAttAGlini, Codices manuscripti graeci Ottoboniani cit. (nt. 137), p. 134. Ott. gr. 232, f 1r: «index rerum notandarum quaecumque sunt in orationibus demosthenis. numeri sunt paginarum, litterae graecae sunt decades». 143 Ott. gr. 232, f. 22r: «… et libanium, sed numerus ad folium integrum, non ad paginam respondet. litterae graecae ostendunt primas, 2s, 3s partes paginarum in utroque latere». la prima riga di testo è stata mutilata e resa quasi illeggibile dalla rifilatura del margine. 144 Ott. gr. 232, f. 26r: «index rerum et vocabulorum quae sunt apud interpretem nicandri in theriacis et Alexipharmacis Aldinae editionis». 145 Si tenga presente che la versione latina dell’Oratio pro Rhodiensium libertate di demostene ad opera di Francisco torres, conservata nel Vat. lat. 6217, ff. 104r-109v e 112r-118v, è dedicata «r.mo d. Marcello Car.li S. Crucis optimo et prudentissimo». Si veda S. luCà, Traduzioni patristiche autografe dal greco in latino del gesuita Francisco Torres († Roma 1584), in Philologie, herméneutique et histoire des textes entre Orient et Occident. Mélanges en hommage à S. J. Voicu, éd. F. P. BArone, C. MACé, P. A. uBiernA, turnhout 2017 (instrumenta Patristica et Medievalia, 73), pp. 71-117: 77-78. 146 Feron - BAttAGlini, Codices manuscripti graeci Ottoboniani cit. (nt. 137), p. 173. 147 Su di lui mi limito a rinviare a P. o. kriSteller, Francesco da Diacceto and Florentine Platonism in the Sixteenth Century, in Miscellanea Giovanni Mercati, iv: Letteratura classica e umanistica, Città del vaticano 1946 (Studi e testi, 124), pp. 260-304; FrAnCiSCi CAtAnei diACetii De pulchro libri III, edidit S. MAtton, Pisa 1986; S. FellinA, Alla scuola di Marsilio Ficino. Il pensiero filosofico di Francesco Cattani da Diacceto, Pisa 2017; si vedano anche B. CAvAlCAnti, Lettere edite e inedite, a cura di Ch. roAF, Bologna 1967, p. Xvi e F. vettori, Biografia di Pier Vettori, edita da d. BAldi, Il greco a Firenze e Pier Vettori (14991585), Alessandria 2014 (Hellenica, 53), pp. 49-75: 53. 141

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gr. 330: da Forteguerri a Colocci e da questi poi a Sirleto (il passaggio a Cervini non trova alcun appiglio negli inventari della biblioteca di quest’ultimo), che lo tenne come Rhet. 17: βιβλίον βαμβάκινον ἀντίγραφον, ἐν ᾧ τάδε ἔνεστιν· λουκιανοῦ· Ἰσοκράτους βίων πράξεις πρὸς Δημόνικον 148. un percorso analogo a quello che potrebbe aver avuto l’Ott. lat. 1168: contenente i Paraphraseos de coelo libri I-IV di Cattani con sue probabili correzioni autografe, potrebbe essere passato a Colocci (di cui non restano tracce evidenti, se non vistose linee oblique nei margini del testo), per poi approdare nella biblioteca di Cervini 149 e in quella di Sirleto 150. di un altro manoscritto greco conosciamo l’esistenza, sebbene non sia stato fino ad ora possibile identificarlo: Colocci lo aveva commissionato al copista Ἰωάννης σευῆρος λακεδαιμόνιος, che in un biglietto a monsignore lo dava quasi per terminato, sperando di scucirgli un anticipo sul pagamento che gli permettesse di sbarcare il lunario151. Al di là della lamentosa ruserie del copista, conta il dato di fatto: c’è almeno un volume greco in più nella colocciana rispetto a quelli fino ad ora noti 152. Molti altri, infatti, potrebbero esser stati dispersi nella razzia del Sacco di roma153. da questo punto di vista – e solo alla luce di questo – è possibile recuperare alla biblioteca dell’esinate alcuni fogli del Vat. gr. 1408, appartenuto a Fulvio orsini e sopra espunto nella sua interezza dall’elenco dei colocciani: ossia i ff. 146r-150r, 153r e 154r-155r, lungo i quali sono ben chiari i marginalia del prelato marchigiano. quando sarà terminato lo scrutinio dei codici orsiniani, non c’è dubbio che molti altri disiecta membra della biblioteca di Colocci andranno a ingrossare la consistenza della sezione greca, che qui si è iniziato a ricostruire.

148 Vat. lat. 6163, f. 206v; il numero sirletiano «17» si legge sul margine superiore sinistro della prima guardia dell’Ott. gr. 330, dove si trova anche il titoletto di mano di Giovanni Santamaura λουκιανοῦ. 149 FoSSier, Premières recherches cit. (nt. 8), p. 394. 150 divenne il Phil. 67 (Vat. lat. 6163, f. 336v). 151 il biglietto contenuto nel Vat. lat. 4103, f. 23 è stato edito e commentato da CAnArt, Un copiste expansif cit. (p. 287), pp. 286-287 e 293. 152 tra i codici vaticani assegnati a σευῆρος dal Repertorium (RGK, i, nr. 181 = ii, nr. 241 = iii, nr. 300) l’unico che si trovi nella sezione in cui è raccolta la maggior parte dei volumi colocciani è il Vat. gr. 973, che tuttavia non presenta alcun segno di appartenenza a quella collezione: il contenuto patristico lo rende ancor più remoto rispetto a quella raccolta. 153 Si vedano S. deBenedetti, Le ansie di un bibliofilo durante il Sacco di Roma, in Mélanges offerts à emile Picot, i, Paris 1913, pp. 511-514 e BernArdi, Colocci e Tebaldeo cit. (nt. 1).

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una diaspora simile a quella appena esaminata si può intravvedere anche, se non soprattutto, relativamente ai volumi a stampa. Per parte mia, in attesa di pubblicare la lista orsiniana dei tocchi di mano di huomini dotti 154, tra i quali numerosi sono i volumi provenienti dalla biblioteca del monsignore, aggiungo qui altri tre impressi, che non figurano nelle varie liste considerate, semplicemente perché non si trovavano già più nella residenza di Colocci al momento della sua morte, ceduti a Sirleto in segno di riconoscenza per le traduzioni di alcuni testi greci e per l’aiuto prestato nei suoi tentativi di versione. Sebbene notoriamente «tenace a imprestar libri», pure 155: M. Angelo Colotio me mandò hieri tre libri greci, fra li quali è l’etymologicon; io l’ho havuto ad charo, perché ve sonno alcune bone annotationi et per darlo ad v. S. r.ma, perché io ne ho già uno et oltra che è libro d’importanza alla cognitione de la lingua greca, non se ne ritrovano più per qualsevoglia precio secondo il tramezino et altri librari me dicono. Sia come se voglia, io il tengo per v. S. r.ma Gl’è ben vero che harrebbe bisogno d’una bona ligatura per essere bono et utile libro. v. S. r.ma potrà scrivere ad m. Gioanbattista che me dia il ricapito, che io lo farò ligar et coprir di novo, accioché possi tollerare il freddo di questa invernata. l’altri dui libri che Monsignor Colotio me ha donato sono uno Aristophane de la stampa d’Aldo con un bon commento et Simplicio greco sopra li Predicamenti d’Aristotele. quel che ho tradotto per lui, l’ho fatto transcrivere per v. S. r.ma; se le pare che facciamo far copia del testo greco, ne potrà advisare.

il soccorso prestato da messer Guglielmo a Colocci è attestato dal Vat. gr. 1904, dall’amarcord orsiniano («…et io me ricordo che, essendo giovinetto, andava da quel galanthuomo, et ben spesso lo trovava con questo libro in mano, perché egli ne faceva all’hora tradurre… da messer Gulielmo che hoggi è il cardinale Sirleto») e da questo «polizino» legato nel Reg. lat. 2023 (tav. 16)156: Monsignor Colotio, me informero con gli autori di tutto et advisero vostra Signoria et se non fosse che dui di sono che io non sto bene, la risolverei adesso, ma spero domane o l’altro sodisfarla apud euripidem 154 All’edizione della duplice lista orsiniana di stampati latini e greci tocchi sto lavorando con la dottoressa victoria eugenia Bosch uuttu. 155 Vat. lat. 6177, f. 221rv; lettera di Sirleto a Cervini datata al 4 ottobre 1545. 156 Reg. lat. 2023, f. 193r, citato anche da P. PASCHini, Guglielmo Sirleto prima del cardinalato, in id., Tre ricerche sulla storia della Chiesa nel Cinquecento, roma 1945, pp. 155281: 163.

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credo me aliquid legisse de medio orbis terrarum adibo autorem ipsum, cum primum per valetudinem mihi licuerit, et de omnibus te certiorem faciam. Interea tu bene vale, et si habes Thucidydem, de quo nuper tecum locutus sum, mitte quaeso, nisi ille tibi usui futurus sit.

Gulielmus tuus.

l’identificazione di questi volumi è rimandata a un apposito contributo sugli stampati colocciani: quel che conta qui è il caso in sé di alienazione di qualche pezzo della propria collezione da parte del proprietario, che poté replicarsi più volte e ammonisce a non considerare troppo facilmente come oramai compiuta la ricostruzione di quella biblioteca. 6. PROCeSSO

A

COLOCCI

un primo tentativo, come questo, di ricostruzione della bibliotheca Graeca di Colocci non può esimersi dall’affrontare la questione della conoscenza e padronanza della lingua greca da parte del monsignore; questione che, come si è visto, rimane pendente da decenni, gettando un’ombra di discredito su uno dei protagonisti della scena culturale europea della prima metà del Cinquecento. A guardar bene, il principale motivo di perplessità viene dalla corrispondenza di Colocci con Forteguerri, che gli fu amico e maestro 157. Se quest’ultimo riteneva l’esinate all’altezza di esprimere il suo avviso circa l’esatta traduzione di un passo aristotelico, ha destato meraviglia il fatto che Colocci abbia scritto al Carteromaco di non riuscire a capire alcuni epigrammi che questi gli aveva inviato 158. da tale richiesta di chiarimenti è sceso il sospetto di un pessimo rapporto tra il monsignore e il greco. Ma Colocci ha dalla sua anzitutto la matematica; che ha pur sempre il suo peso. una collezione di almeno una quarantina di codici greci non era cosa da poco nella roma del tempo, sebbene non potesse considerarsi 157 Sul Forteguerri mi limito a A. CHiti, Scipione Forteguerri (il Carteromaco). Studio biografico con una raccolta di epigrammi, sonetti e lettere di lui o a lui dirette, Firenze 1902, pp. 38-40; F. PiovAn, Forteguerri Scipione, in Dizionario Biografico degli Italiani, 49, roma 1997, pp. 163-167; G. CArdinAli, Un inventario inedito di codici greci della Medicea privata e una notizia sul Carteromaco, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XiX, Città del vaticano 2012 (Studi e testi, 474), pp. 189-204 e F. SCHenA, Gli incunaboli di Scipione Carteromaco nella Biblioteca Apostolica Vaticana: un primo censimento, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XXi, Città del vaticano 2015 (Studi e testi, 496), pp. 403-434 con bibliografia precedente. 158 i documenti sono indicati e discussi in Colocci Angelo, in Dizionario Biografico degli Italiani cit. (nt. 1), p. 108.

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eccezionale. tolta la vaticana, che era biblioteca ufficiale e palatina, graziosamente aperta agli studiosi, essa si collocava a mezza via tra alcune grandi raccolte cardinalizie – come quelle di Marcello Cervini, che avrebbe raggiunto i 150 elementi 159; di Francisco de Mendoza y Bobadilla (120 volumi)160, di Giovanni Salviati 161, che ne contava oltre 160; e di niccolò ridolfi, il cui inventario enumerava centinaia di titoli 162, o di Alessandro Farnese (oltre 200 codici)163 e rodolfo Pio da Carpi 164 («che sono in numero di 166»)165, erede della collezione dello zio Alberto, – e quelle di altri curiali del suo grado, che erano assai più modeste, tanto che non ne possediamo gli inventari né notizie di peso. di Bernardino Maffei e Giacomo Ponzetti, ad esempio, sappiamo che furono possessori di qualche codice greco, ma non molto di più; mentre un po’ meglio illuminato è il caso di ludovico Beccadelli 166. Fenomeno bibliografico a sé è l’amba159 devreeSSe, Les manuscrits grecs de Cervini cit. (p. 301), da correggere alla luce dei contributi citati supra, p. 261 nt. 5. 160 Si vedano Ch. GrAuX, essai sur les origines du fonds grec de l’escurial. Épisode de l’histoire de la Renaissance des lettres en espagne, Paris 1880, pp. 73-75 e 417-427 e J. M. FernándeZ PoMAr, Libros y manuscritos procedentes de Plasencia. Historia de una colección, in Hispania Sacra 18 (1965), pp. 33-102: 36-44. 161 A proposito della collezione greca di Salviati si vedano Codices Vaticani Graeci. Codices 2162-2254 (Codices Columnenses) recensuit S. lillA, in Bibliotheca vaticana 1985 (Bibliothecae Apostolicae varicanae codices manuscripti recensiti), pp. Xi-XXiii e A. CAtAldi PAlAu, La biblioteca del cardinale Giovanni Salviati. Alcuni nuovi manoscritti greci in biblioteche diverse dalla Vaticana, in Scriptorium 49 (1995), pp. 60-95: 65-77 e CArdinAli, La lente dissolution cit. (p. 294). 162 esaustivo e recente d. MurAtore, La biblioteca del cardinale Niccolò Ridolfi, i-ii, Alessandria 2009. 163 Si vedano l. Pernot, La collection de manuscrits grecs de la maison Farnèse, in Mélanges de l’ecole française de Rome. Moyen-Âge. Temps Modernes 91/1 (1979), pp. 457506; id., Nouveaux manuscrits grecs farnésiens, in Mélanges de l’ecole française de Rome. Moyen-Âge. Temps Modernes 93/2 (1981), pp. 695-711 e M. r. ForMentin, Uno scriptorium a Palazzo Farnese?, in Scripta 1 (2008), pp. 77-102: 77. 164 la bibliografia è ancora scarsa a questo proposito: MerCAti, Codici latini Pico Grimani Pio cit. (nt. 8), pp. 58-74 e 203-245 e P. di Pietro loMBArdi, I codici greci e orientali di Alberto III Pio, in Alberto III e Rodolfo Pio da Carpi collezionisti e mecenati. Atti del seminario internazionale di studi, Carpi, 22 e 23 novembre 2002, a cura di M. roSSi, con saggi di M. Ferretti e l. GiordAno, udine 2004, pp. 215-227. 165 Passaggio della lettera di Fabio Benvoglienti a Bartolomeo Concini del 30 aprile 1568 a proposito della libreria del defunto cardinale rodolfo Pio da Carpi, edita da l. CeSArini MArtinelli, Contributo all’epistolario di Pier Vettori (Lettere a don Vincenzo Borghini, 1546-1565), in Rinascimento, ii ser., 19 (1979), pp. 189-227: 226. 166 l’unico tentativo di ricostruzione è ancora quello di A. CAtAldi PAlAu, Une collection de manuscrits grecs du XVIe siècle (ex-libris: «Non quae super terram»), in Scriptorium 43/1 (1989), pp. 35-75: 57-59.

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sciatore di Carlo v, don diego Hurtado de Mendoza, che destinato a roma nel dicembre 1546 167, vi trasportò la favolosa collezione di manoscritti greci, che aveva incrementato in maniera considerevole durante gli anni di servizio diplomatico a venezia 168. il caso probabilmente più vicino è quello di niccolò Majorano, custode alla vaticana e professore di greco della Sapienza, la cui collezione manoscritta greca non pare potesse superare di molto le cinquanta unità: venti passarono alla collezione pontificia 169, almeno uno fu regalato a Cervini 170 e qualche altro potrebbe essere rimasto alla famiglia. Colocci non è l’erede di collezioni librarie consistenti: come un Alessandro Farnese o un rodolfo Pio; e, a differenza di un Cervini, ha sempre più volentieri investito in antichità ed epigrafi piuttosto che in libri, ma quel che possiede ha, per così dire, valore doppio rispetto alla serie dei bibliofili appena ricordati, perché egli appartiene a una generazione precedente ed ha avviato la sua raccolta quando le altre erano di là da venire e, oltre alla vaticana, sparute erano le collezioni greche a roma. Cronologicamente, quella Colotii è la bibliotheca di un pioniere. non solo, ma questa, tolti alcuni rarissimi pezzi antichi, come la silloge di tattici (Vat. gr. 1164) e un codice del Xii secolo – Colocci li chiamava

CArdinAli, Legature «alla Cervini»? cit. (nt. 5), p. 63 nt. 150. Si vedano, oltre a CArdinAli, Legature «alla Cervini»? cit. (nt. 5), pp. 51-52, A. HoBSon, Renaissance Book Collecting. Jean Grolier and Diego Hurtado de Mendoza, their Books and Bindings, Cambridge 1999, pp. 93-119 e 244-250; id., Humanists and Bookbinders. The originis and diffusion of the humanistic bookbinding, 1459-1559, with a census of historiated plaquette and medallion bindings of the Renaissance, Cambridge-new YorkPort Chester-Melbourne-Sydney 1989, pp. 120 nt. 148, 174, 177, 179, 185, 190, 271; più divulgativi F. MACCHi - l. MACCHi, Atlante della legatura italiana. Il Rinascimento (XV-XVI secolo), presentazione di C. FederiCi, Milano 2007, pp. 178 e 182-183; F. e l. MACCHi, Dizionario illustrato della legatura, in collaborazione con M. AleSSi, introduzione di M. WittoCk, prefazione di P. quiliCi AleSSiAni, Milano 2002, pp. 303-305; si aggiungano in ultimo F. lo Conte, «Bibliothecam Venetiis ornatissimam habet…»: due indici inediti di manoscritti greci appartenuti a Diego Hurtado de Mendoza (1504-1575), in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 53 (2016), pp. 173-239 e t. MArtíneZ MAnZAno, La biblioteca manuscrita griega de Diego Hurtado de Mendoza: problemas y prospectivas, in Segno e testo 16 (2018), pp. 315-433. 169 la lista è stata edita da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), p. 427 («libri avuti da Mons. Maiorano vescovo di Molfetta»), ma con pochissime identificazioni e una scarsa contestualizzazione dei dati; cui M. CereSA, Majorano, Niccolò, in Dizionario Biografico degli Italiani, lXvii, roma 2006, pp. 660-663 aggiunge il Vat. gr. 1043. 170 Si tratta del Vat. gr. 1453, sul quale mi permetto di rimandare a CArdinAli, Il Barb. gr. 532 cit. (nt. 5), pp. 75-81. 167

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i cariora, per i quali aveva predisposto un’apposita cassa 171 –, era costituita di volumi datanti per la stragrande maggioranza alla prima metà del Xvi secolo. Continuando ad andar per cardinali, lo si avvicinerebbe di nuovo a Cervini o a Mendoza y Bobadilla, ossia ai collezionisti di testi più che di codici. di contro al gusto per il volume vetusto e raro di un Salviati 172, Colocci, come gli altri due eminentissimi, punta al contenuto, che fa copiare senza imbarazzo: la sua è una biblioteca greca di carta, non di pergamena (dei complessivi trentasette volumi qui riemersi 35 sono in papiro). A impiegare le categorie biblioteconomiche del primo Cinquecento la sezione fondamentale era quella dei «libri non vulgati ex vetustis exemplaribus transcripti vel non antiqua scriptura»; solo uno era invece collocabile tra i «nondum impressi antiquis characteribus scripti»173. nemmeno l’Ott. gr. 210 (e dubitativamente i 232 e 330) né i Paris. gr. 1818 e 2326, qui ricondotti alla bibliotheca Colotii, alterano questo sistema di equilibri. una collezione davanti alla quale Pier vettori avrebbe alzato il sopracciglio: «perché se ’e non fussino libri antichi et cavati di Grecia, ma copiati qua, gli stimerei assai manco…» 174. questo significa necessariamente che quella di monsignor Colotio è la raccolta di uno studioso, non di un collezionista. egli vuole avere accesso ai testi e i suoi manoscritti greci trasmettono quasi tutte opere allora inedite: in caso diverso, egli non esitava a procurarsi le edizioni a stampa; con la stessa naturalezza e fino agli ultimi mesi della vita. Anzi, quella manoscritta appare come esattamente complementare alla parte impressa della biblioteca, in un rapporto di perfetta interscambiabilità 175. ed è già Si veda BiAnCHi, Per la biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 278 nt. 31. CAtAldi PAlAu, La biblioteca del cardinale Giovanni Salviati cit. (nt. 161), p. 88. 173 le due espressioni virgolettate sono tratte dagli inventari dei codici greci di Cervini stilati dal nipote erennio, editi in devreeSSe, Les manuscrits grecs de Cervini cit. (p. 301), pp. 256-257 e 259, 260, 264 e 266. una ripartizione dei volumi simile in una collezione coeva è quella della raccolta del cardinale Francisco de Mendoza y Bobadilla, che risiedette a roma dal 1545 al 1555, a proposito della quale si vedano FernándeZ PoMAr, Libros y manuscritos cit. (nt. 160), pp. 36-44, e i. PéreZ MArtín, el helenismo en la españa moderna: libros y manuscritos griegos de Francisco de Mendoza y Bovadilla, in Minerva 24 (2011), pp. 59-96. 174 È il giudizio espresso nella lettera a Bartolomeo Concini del primo ottobre 1564 (riedita da CeSArini MArtinelli, Contributo all’epistolario cit. [nt. 164], p. 225) a proposito della raccolta Pio da Carpi da poco posta in vendita, ma va detto che vettori calava questa sua valutazione, avendo in mente come potenziale acquirente la collezione laurenziana «bella raccolta di libri de’ Medici che si cavarono dalla rovina di Costantinopoli». 175 Si veda quanto elencato infra, p. 316. Approfitto per segnalare che l’intero Galeno edito da Aldo, oggi in vaticana come Aldine i.50-55, appartenne a Colocci, e non solo il vo171

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questo un elemento, e non dei meno probanti, per ribaltare la vulgata sul rapporto tra il monsignore e il greco: egli fu inequivocabilmente interessato ad autori e testi greci. non ne collezionò esemplari per mostra né dei più noti, ma fu uomo di letture mirate e di interessi molto marcati, fin in articulo, ché a meno di un anno dalla sua morte monsignore ritirava da Ioannes Mauromates la sua copia delle opere di Giamblico 176 e, poco dopo, faceva acquistare il Cassio dione greco appena uscito a Parigi. Anche la cronologia è dalla parte di Colocci. l’altro aspetto che impressiona è il carattere tematicamente circoscritto, preciso negli interessi, per nulla generalista o di parata. Si riconoscono alcuni pochi ambiti, tolto quello delle «tavule» di cui si dirà poi: mathematica, filosofia e letteratura con la sua teoria. nel primo scomparto – ché si tratta di biblioteche – stanno astronomi, geografi, teorici della musica, fisici e medici: Cleomede, Aristarco di Samo, teodosio di tripoli, ippocrate, euclide, Barlaam Calabro, Claudio tolomeo, dionigi Periegeta, erone Alessandrino e il Paolo egineta del De ponderibus et mensuris, ai quali si possono aggiungere i tattici del Vat. gr. 1164. Sembra una Wunderkammer, ma in realtà è l’ambito di elezione di monsignore: un uomo che ha dedicato gran parte della vita al problema dei sistemi di pesi e misure degli antichi 177. Seguono i filosofi, ma quasi facendo a gara a scovare i più esoterici: poco Aristotele e appena un po’ di Plutarco etico, e soprattutto Giamblico, Zoroastro, orapollo, timeo di locri, lo pseudo-democrito e teone. in ultimo, i «classici», ma solo in versi: i due oppiano e licofrone (col commento di Giovanni tzetze), epigrammi, versus lugubres, e Pindaro con Sofocle, Aristofane e addirittura eschilo; in prosa soltanto la teoria, dallo scritto di dionigi d’Alicarnasso su tucidide agli scholia al De inventione di ermogene, e poi demetrio Falereo. non giungono a livelli di consistenza minimi da occupare uno scaffale la teologia e i padri della Chiesa: del resto, Colocci era, e rimase lume segnato Aldine i.51, come riportato da BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), p. 84: basterebbe a provarlo la serie di marginalia autografi che si possono rinvenire su ognuno dei cinque volumi. 176 Allo studio di questo autore sono da riconnettere anche i colocciani Vat. lat. 3068 e 4531, per i quali si veda BiAnCHi, Nella biblioteca cit. (nt. 1), pp. 178 e 190. 177 Si vedano S. lAttÈS, A proposito dell’opera incompiuta «De ponderibus et mensuris» di Angelo Colocci, in Atti del Convegno di Studi su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 97-108 e C. BoloGnA, Colocci e l’Arte (di «misurare» e «pesare» le parole, le cose), in L’umana compagnia. Studi in onore di Gennaro Savarese, a cura di r. AlHAique Pettinelli, roma 1999, pp. 369-385.

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sempre, un classicista e un antiquario, estraneo a ogni interesse di tipo scritturistico o patristico. il perfetto curiale della roma leonina, ancora immune da qualsiasi rovello religioso e sostanzialmente incapace di cogliere le inquietudini e le ragioni profonde della riforma luterana e i turbamenti che ne venivano alla parte cattolica (Cervini era, invece, pienamente un uomo della generazione successiva); basterebbe a provarlo la candida imbarazzante ingenuità dei titoli con cui rivendica la successione alla cattedra di nocera umbra: «Sotto la fede et speranza di dui tali pontifeci mi sono invecchiato, non ho preso donna, ho detto l’officio tanti anni et poi dotai la chiesa mia per far un collegio di case e giardini che valeranno innanzi al sacro 1300 ducati»178. Ma anche la paleografia è dalla parte di Colocci: una volta restituiti gli esemplari alla sua collezione, li si scopre fittamente annotati; esattamente come quelli latini e volgari. la sua mano inconfondibile lo dice intento a tradurre gli autori tattici dal suo Vat. gr. 1164 (Vat. gr. 1904, ff. 90r-107v e 109r-111v): e questi non erano certo i testi su cui si esercitava un apprendista a scuola. nessun trattato pedagogico umanistico né alcun maestro avrebbe erudito qualcuno su quegli autori, come nemmeno su Arato di Soli, che invece Colocci studia accanitamente, eseguendo una sua personale traduzione interlineare (Inc. ii.515, ff. 310r-367v)179. Per non parlare delle tracce di lettura sul Vat. gr. 972, con il commento di tzetze all’oscurissima Alessandra di licofrone, o dei marginalia a erone. Ma anche la filosofia è dalla parte di Colocci; o almeno Socrate. Se la vera sapienza consiste nel sapere di non sapere, il monsignore sorpassa molti: egli non lavora da solo e, quand il le faut, chiede aiuto agli amici, come nel caso di Cervini, cui domanda che gli metta a disposizione il suo grecista Sirleto 180:

178 Vat. lat. 4105, f. 98r, ma testi analoghi (sempre tutti autografi colocciani) si trovano anche ai ff. 100r (dove aggiunge: «Che in questa ultima vecchiezza mia io non resti deluso et con poco honore») e 101r. 179 Appartenne a Colocci anche il testo seguente l’Arato greco dell’Inc. ii.515, che presenta l’ex libris di Pier Matteo ercolani; colocciano è anche l’Inc. iv.156, che contiene la traduzione latina di Arato: l’identificazione dei tre diversi esemplari si deve a l. MiCHelini toCCi, Dei libri a stampa appartenuti al Colocci, in Atti del Convegno di Studi su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 77-96: 89 e 93. 180 Vat. lat. 4103, f. 66ar, edito già da FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 89-90.

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rme d., ego habeo ad propositum meum nescio quid de machinis quod nolo edere donec ego possim aliquid ad propositum meum eruere. tantum si vester Gulielmus tuo iussu velit ad transferre de verbo ad verbum relinquam subinde originalia ut sibi d. vre copiam faciat. vale. Ser. A. Colotius

Cui Cervini rispose, annotando in calce: Si d. v. r. mittat ad me librum quem verti in latinum vellet, curabo ut ei geratur mos a Guglielmo aut ab alio si is esset in presentia occupatus.

Ma, a leggere con attenzione, il biglietto prova il rigore di uno studioso che si rifiuta di pubblicare qualcosa che non sia ad propositum suum, ossia a un livello di qualità sufficiente. A questo si aggiungano numerosi altri foglietti volanti sparsi per la vaticana (e chissà dove altro), che inseriscono Colocci nei più dotti circoli greci dell’epoca e lo connettono alla figura di Giano lascaris, patriarca di tutti gli ellenisti d’europa. nel Reg. lat. 2023 è legato un biglietto non datato, ma nel quale il monsignore interroga cerimonioso il grecista, che risponde telegrafico dopo ogni quesito (tav. 17)181: domine lascaris ego libenter scirem si eunapius est grecus et si impressus. ¶ eunapius graecus est, sed non impressus. … si Clytemnestra vel chorus lamentantur et dicunt melius est numquam peperisse filios vel steriles esse et similia quod satius sit non habere sobolem etc. ¶Chorus penultimus in Medea euripidis. tuus A. Colotius.

A questa consultazione dell’oracolo lascariano riconduco anche il biglietto rilegato nel Reg. lat. 2019, f. 19r, poiché è lì che Colocci fa trascrivere da un copista i versi 1090-1097 della Medea di euripide, alleganReg. lat. 2023, f. 115r. Più dubbio mi pare il caso del biglietto contenente la richiesta di due codici colocciani avanzata da Antonio Agustín (Reg. lat. 2023, f. 27r: «vostra Signoria mi farà gratia havere di Monsignor Colotio Higynio De limitibus scritto a pena insieme con altri di simile argomento tutti in uno volume, et l’indice dignitatum civilium militariumque in Oriente cum insignibus depictis cuiusque magistratus, di detto nostro monsignore. Servitor di vostra Signoria, Antonio Agostini»). non escluderei, infatti, che la richiesta sia indirizzata a Sirleto, da cui il Reg. lat. 2023 proviene, non tanto come amico e frequentatore di Colocci, ma piuttosto in quanto custode della vaticana, che aveva accesso alla biblioteca del marchigiano, allora conservata nella guardaroba papale. 181

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dovi una sua traduzione latina autografa: proprio i versi in cui si dichiara la beatitudine di coloro che non hanno generato figli; quelli di cui l’esinate aveva chiesto a lascaris. e che dire degli scambi con il greco Matteo devaris, bibliotecario, copista e filologo in servizio presso il cardinal ridolfi? Anch’egli figura tra i destinatari dei «polizini» di Colocci. la vaticana, poi, può aggiungere ulteriori prove a favore dell’esinate: su un totale di sedici volumi da lui presi a prestito nel ventennio che va dal 1510 al 1531182, quattro sono in lingua greca: i Comentaria Simplicii in Sententias epicteti librum grecum in papyro tectum corio rubro (Vat. gr. 326 o 327) avuti in prestito il 14 febbraio 1527 183; i Logica seu Topica Aristotelis ex papyro in girbo et aliud Alexandri glosse super Topica ex papyro in rubeo (probabilmente Vat. gr. 270), presi il 5 marzo 1510 184, e, infine, le Ordinationes imperatorum Constantinopolitanorum, prelevate il 28 agosto 1515 185. Ma quando si tratta di testi scientifici, specie se greci, non c’è soltanto la collezione dei papi da perlustrare: in un appunto bibliografico comune con l’amico Cervini, legato nel Vat. lat. 4103, f. 125r (tav. 18), Colocci aggiunge all’indicazione di alcuni mirabilia della raccolta del duca di urbino e della bessarionea a venezia la segnalazione di un commento breve a euclide di Proclo. l’esinate era infatti in grado di orientarsi in tutte le principali raccolte librarie della penisola, con speciale attenzione al côté grec delle collezioni: disponeva di una mappatura eccezionale, costituita degli attuali Vat. lat. 3960 e 6955 186: una raccolta di inventari delle più importanti biblioteche italiane, da quelle venete dei cardinali Bessarione e Grimani a quella del duca di urbino, dalla Medicea privata alla vaticana. non restava che scorrere le pagine e annotare a margine i titoli interessanti: si sarebbe poi scritto a qualche corrispondente in situ. 182 Per i prestiti di codici latini: I due primi registri di prestito della Biblioteca Apostolica Vaticana. Codici Vaticani Latini 3964, 3966, pubblicati in fototipia e in trascrizione con note e indici a cura di M. BertòlA, Città del vaticano 1942 (Codices e vaticanis selecti), p. 37, 41, 42, 45, 47, 48, 56, 104. 183 Ibid., p. 36. 184 Ibid., p. 47. 185 Ibid., pp. 47-48. 186 Ho ricondotto questi due volumi alla sua collezione in CArdinAli, Inventari di manoscritti greci cit. (nt. 1), pp. 19-27 (Vat. lat. 3960) e in id., «In qua bibliotheca pro commodo suo quisque studere potest». Frequentatori e prestiti della biblioteca Medicea privata durante il suo soggiorno romano, in Archivum Mentis 3 (2014), pp. 131-170: 144-145 (Vat. lat. 6955).

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Se quanto finora emerso non bastasse a vincere in qualcuno il sospetto nei confronti di Colocci di una cultura greca tardiva e posticcia, da autodidatta, gioverà ricordare che egli ebbe a maestri Guarino Favorino 187 e Scipione Forteguerri, cui fu legato da profonda amicizia («vieni subito a roma e vieni a casa mia», scriveva al secondo)188 e dei quali ereditò anche una parte della biblioteca privata. Favorino, cui Colocci successe anche come vescovo di nocera umbra, era stato l’autore del primo dizionario greco di età umanistica 189, mentre il secondo il collaboratore fattivo di numerose edizioni greche manuziane e segretario e presidente della «tribù dei lettori» nella Neakademia di Aldo. da questo punto di vista non conta tanto la dedica a Colocci del trattatello De cane rabido del Forteguerri (Vat. lat. 6845, ff. 140r-156r)190, quanto piuttosto il fatto che il monsignore si attenne per tutta la vita alla metodologia di studio appresa dal Carteromaco («fui suo discepolo in litteris graecis», amava ricordare)191; e la traccia più sicura è quella delle cosiddette «tavole». PAReRGON È con ogni probabilità al genio didattico di Carteromaco, e all’acume di Aldo, che si deve l’invenzione dell’indice dei nomi o dei termini notevoli in fondo ai volumi a stampa 192. Si tratta di una ipotesi di lettura, ma i fatti Si vedano M. MoriCi, Due umanisti marchigiani vescovi di Nocera Umbra (Varino Favorino Camerte e Angelo Colocci), in Bollettino della Regia Deputazione di storia patria per l’Umbria 7 (1901), pp. 141-152; id., Dov’è morto l’umanista Varino Favorino camerte, in Atti e memorie della Regia Deputazione di storia patria per le province delle Marche, n.s. 2 (1905), pp. 89-94; ma soprattutto M. CereSA, Favorino, Guarino, in Dizionario Biografico degli Italiani, Xlv, roma 1995, pp. 474-477. 188 Si veda uBAldini, Vita di mons. Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 25 nt. 32. 189 Si veda da ultimo G. uCCiArdello, Guarini Favorini Magnum Dictiornarium Graecum, in Le prime edizioni greche a Roma (1510-1526), a cura di C. BiAnCA, S. delle donne, l. Ferreri e A. GASPAri, turnhout 2017 (europa humanistica, 20), pp. 171-204, con bibliografia. 190 Si veda a questo proposito l. Ferreri, L’epistola de cane rabido di Scipione Carteromaco, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, Xiv. Città del vaticano 2007 (Studi e testi, 443), pp. 231-249 con bibliografia. 191 uBAldini, Vita di mons. Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 25 nt. 32. 192 ne hanno trattato C. veCCe, Aldo e l’invenzione dell’indice, in Aldus Manutius and Renaissance Culture. essays in Memory of Franklin D. Murphy, ed. by d. S. ZeidBerG with the assistance of F. GioFFredi SuPerBi, Firenze 1998 (villa i tatti, 15), pp. 109-141, e ultimamente M. dAvieS - n. HArriS, Aldo Manuzio. L’uomo, l’editore, il mito, roma 2019, pp. 93-95. 187

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sembrano puntare in questa direzione. da un lato, fra le innovazioni che Manuzio introdusse sul mercato librario tra la fine del Xv e l’inizio del Xvi secolo, e strettamente connessa alla cartulazione a stampa, c’è questo strumento di consultazione che permette di reperire nel testo con estrema agilità, risparmio di tempo e precisione i lemmi più significativi, indicizzati in ordine alfabetico nei fascicoli finali del volume. dall’altro lato, è noto – per esplicita dichiarazione dell’interessato – che era stato Forteguerri a esercitare e diffondere la partica dell’«intavulare»: durante la lettura di un testo egli procedeva ad appuntare su fogli volanti, ma anche sulle parti bianche del libro stesso (controguardie, guardie, margini e ogni zona non scritta in generale), i lemmi interessanti con a lato l’esatta indicazione del numero di pagina. da questi appunti, o personalmente o commettendo l’operazione a un copista, si traeva una redazione ordinata alfabeticamente dell’indice. Carteromaco passò, dunque, parte della sua vita a «intavulare» e alla sua morte, avvenuta a Pistoia il 16 ottobre 1515, molti suoi libri erano rimasti presso il Colocci, che lo ospitava ad ogni discesa a roma; tra questi non poche dovevano essere le «tavule», sia autografe (come il Vat. gr. 958) sia messe in pulito da vari amanuensi, ai quali Colocci stesso commise la copia di alcuni originali rimasti in possesso degli eredi diretti (come i Vat. gr. 1331, 1389 e 1402, poi acquistati da Fulvio orsini). di qui il gran numero di «tavule» presenti nella raccolta dell’esinate e che nel 1558 fecero il loro ingresso in vaticana. Sebbene non inventariate da Provataris (ma presenti nell’indice di domenico ranaldi), esse costituiscono una parte molto significativa, numericamente anzitutto, della bibliotheca graeca Colotii: 8 manoscritti dei 36 qui riemersi, ossia un quarto esatto. Percentuale che aumenta considerevolmente se si aggiungono altri ventitre Vaticani latini, di cui sedici qui ricondotti per la prima volta alla raccolta dell’esinate 193. Si tratta di volumi che compongono una raccolta veramente consistente, che, sebbene in minima parte già riconosciuta come colocciana, non sarà inutile riprendere in esame in questa sede, sebbene queste «tavole» facciano riferimento a edizioni latine. va da sé che quel che si propone qui è una primissima apertura sulla questione, che non ha altro scopo che quello di porre le tavulae colocciane all’attenzione di più competenti studiosi.

193 dei volumi che seguono solo sette, ossia i Vat. lat. 4042-4043, 4048-4049, 40574058 e 4062, sono noti a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), pp. 92-93.

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1. Vat. lat. 4040 Cart., sec. Xvi, i. 211, mm 345 ⫻ 234 (margini non rifilati); «tavole» al virgilio aldino del 1505 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 82 nr. 43). la provenienza colocciana è provata dalle réclames autografe (ff. 29v, 33v, 115v, 193v) e dai marginalia autografi, tra gli altri, ai ff. 67v, 68r, 72r, 76v, 184v. l’edizione da cui la «tavola» è stata tratta non è il virgilio colocciano oggi Inc. ii.16, ma un esemplare aldino del 1505 oggi non conservato in vaticana.

2. Vat. lat. 4041 Cart., sec. Xvi, i. 463, mm 345 ⫻ 240 (margini non rifilati); «tavole» a virgilio e orazio. la provenienza colocciana è certificata dalle note manoscritte ai ff. 20v-21r e dal fatto che è l’esinate stesso a porre spesso le réclames al termine di un fascicolo e all’inizio del seguente (si vedano, ad esempio, i ff. 8v, 16v, 42v, 50v, 63v-64r, 71v-72r, 80v-81r, 87v-88r, 91v-92r, 102r, 122r, 132r, 141v142r). nemmeno in questo caso l’edizione da cui la «tavola» è stata tratta è il virgilio colocciano, poi passato a orsini, oggi Inc. ii.16. l’orazio appartenuto a Colocci, esemplare della stampa del 1501 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 83, n. 45), è l’attuale Aldine iii.1, sul cui frontespizio l’esinate ha appuntato: «Habet tabulam Scipionis».

3. Vat. lat. 4042-4044 Cart., sec. Xvi, ii. 324, i. 350, i. 296, mm 360 ⫻ 250 (margini non rifilati); «tavole» a Catullo, tibullo e Properzio di Aldo del 1502/1503 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 97 nr. 55), al Columella di Aldo (1505), alle Metamorfosi di ovidio, e alle Tragedie di Seneca, edite a Firenze nel 1513 presso Giunti da Benedetto riccardini. la provenienza dalla biblioteca di Colocci è attestata dall’annotazione autografa in Vat. lat. 4042, f. iir («in utraque pagina numerus folii Catulli, tibulli, Propertii Aldi prima stampa, Columella de Aldo, Metamorphosis c…s incipiendo ab i… … … integro folio signato in fronte media, scilicet in illo Scipionis sunt in fronte utriusque pagine, Cataneus n° in angulo. Senece tragedie Florentie 1513 mense iulii») e dai marginalia sparsi nel corso dei tre volumi, tra i quali si segnalano Vat. lat. 4042, ff. 2r, 24v e 26r-v, e Vat. lat. 4043, ff. 2r e 10r. la «tavola» dei lirici latini non sembra essere stata tratta dall’esemplare colocciano (Aldine iii.20); quella di Columella potrebbe dipendere da Aldine ii.11; l’edizione ovidiana non corrisponde né a Inc. ii.22 né a Inc. ii.122, mentre quella del Seneca giuntino è segnata: R. I v.101.

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4. Vat. lat. 4045-4047 Cart., sec. Xvi, i. 329, mm 345 ⫻ 234 (margini non rifilati); «tavole» a Cesare edito da Giunta nel 1520, al Sallustio aldino del 1521, al livio manuziano del 1518. la provenienza è assicurata dal fatto che ognuno di questi volumi presenta marginalia colocciani: Vat. lat. 4045, ff. 1r-v, 49v, 167v, 168r, 174r-v, 176v, 178r, 180r, 184r, 185r, 187r, 198r, 199v, 200v, 226v, 229v, 242r, 245v, 258r, 260r, 269r, 280r, 318v, 337v; Vat. lat. 4046, ff. 62r, 74r, 226v, 227r, 236v; Vat. lat. 4047, ff. 38r, 179v, 190v, 193r-v, 194v, 211v, 421r, 427v, 517r. inoltre, in testa alla raccolta (Vat. lat. 4045, f. ir) Colocci stesso ha annotato: «respondet Caesar impressum Florentie 1520 mense decembri. / respondet Sallustius Aldi 1521 mense ianuario. / respondet Livius Aldi 1518 mense decembri». le edizioni cesariana e sallustiana di Colocci non sembrano conservate in vaticana, mentre di quella liviana sopravvive solo il primo volume: Aldine iii.79 (Aldine i.44 è invece un esemplare della stampa del 1521).

5. Vat. lat. 4048 Cart., sec. Xvi, ii. 572, mm 345 ⫻ 249 (margini non rifilati); «tavole» alle opere di Cicerone edite a Parigi presso Badius Ascensius e Iohannes Parvus. la provenienza dalla bibliotheca Colotii è provata dall’annotazione autografa al f. ir: «respondet operi Ciceronis in carthoni rossi, videlicet rethorica, oratoria, forensia venundantur a iodoco Badio et io. Parvo». l’unico esemplare vaticano, R.G. Classici ii.121(1), non proviene dalla raccolta di Colocci.

6. Vat. lat. 4049 Cart., sec. Xvi, i. 244, mm 333 ⫻ 225; «tavole» agli auctores de re rustica: Catone (ff. 1r-40v), varrone (ff. 41r-95v), Columella (97r221v), Palladio (ff. 222r-244v), editi da Aldo 1514 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 174 nr. 123). la provenienza dalla raccolta dell’esinate è tradita dai consueti trattini laterali, dalle sottolineature marcate e dalle annotazioni marginali, come quelle ai ff. 1v, 7v, 11v, 23r, 24r, 26v, 31v-32r. l’esemplare posseduto da Colocci è l’attuale Aldine ii.11.

7. Vat. lat. 4050 Cart., sec. Xvi, i. 334, mm 338 ⫻ 228 (ff. 74r-98v mm 296 ⫻ 211; margini non rifilati); «tavole» al commento di elio donato a terenzio (ff. 1r-17v), a lucano (ff. 20r-71r), allo Stazio edito da domizio Cal-

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derini (ff. 74r-98r), allo Stazio di Aldo del 1520 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 112 nr. 69; ff. 99r-202v), al Marziale aldino del 1501 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], p. 88 nr. 49; ff. 203r-334v). Annotazioni autografe colocciane si rilevano ai ff. ir, 1r, 28r-v, 38v, 62r, 66v, 71r, 74r, 78v, 89v, 90r-v, 98r, 99r, 115r-v, 159r, 168r, 183r, 187r, 194r, 202v, 203r, 231v, 236v, 243r, 263r, 267r, 280v, 281v, 282v, 310v, 313r, 315r, 320v, 321v, 324v, 325v, 334v. Al f. ir Colocci annota: «donat(us) in ter(entium). lucan(us). Statii et Calder(ini) et in Propertium. Statii. Martial(is)»; al f. 74r: «Statii et Calderini. Habet tabulam». Gli esemplari del Marziale aldino posseduti da Colocci sono due: Aldine iii.4 e iii.5; quello di lucano Aldine iii.7.

8. Vat. lat. 4051 Cart., sec. Xvi, i. 148, mm 337 ⫻ 220; «tavole» a tibullo (a partire da «la-»), Properzio, e all’ovidio Metamorfosi, epistolae et alia opuscula edito da Aldo Manuzio in tre volumi 1502 e 1503 (Aldo Manuzio Tipografo cit. [p. 288], pp. 111 nr. 68, 113 nr. 70, 115 nr. 72). la mano di Colocci, oltre ad apporre trattini e sottolineature, aggiunge notazioni a margine ai ff. 1r, 9v, 10v, 18r, 26r, 57r, 58r-v, 61r, 68r, 69r, 81v, 90r, 97v, 99v-100r, 106v, 126v, 141v, 147r, 148v. l’esemplare tibulliano e properziano, da cui è stata tratta la «tavola», non è Inc. iii.18, pure appartenuto a Colocci; le opere ovidiane sono state «intavulate» a partire dagli esemplari Aldine iii.16-18: Aldine iii.16 reca la nota manoscritta di Colocci: «tab. Catan. (scil. Cattanei?) integro folio. Scipionis singulis paginis»; Aldine iii.17: «Catan. tab. in fronte. Singulis paginis (scil. Scipione Forteguerri)»; Aldine iii. 18: «Catan. tab. in angulo toto folio. Scipionis in medio».

9. Vat. lat. 4052 Cart., sec. Xvi, i. 252, mm 280 ⫻ 200; «tavole» alla Geografia di Claudio tolomeo. in questo caso Colocci stesso ha apposto di propria mano tutte le titolazioni delle varie sezioni della «tavola».

10. Vat. lat. 4053 Cart., sec. Xvi, i. 150, mm 284 ⫻ 203; «tavole» all’Ilias nella versione latina di lorenzo valla, edita a venezia nel 1502 (ff. 1r-80r), all’Odyssea stampata a venezia nel 1516 (presso Bernardino vitali?) (ff. 81r93v), e all’Appiano, Bellum civile apparso a Firenze nel 1477 (ff. 95r150v).

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l’appartenenza alla biblioteca colocciana è provata dai marginalia autografi dell’esinate ai ff. 1r («ilias impressum venetiis 1502»), 42r, 81r («odyssea impressum venetiis 1516. Habet tabulam in graecis»), 95r («Appiani Bellorum civilium impressum venetiis 1477»), 101r, 102r, 105r, 111r e 144r. l’esemplare colocciano di Appiano è l’attuale Inc. iii.85(1).

11. Vat. lat. 4054 Cart., sec. Xvi, i. 106, mm 343 ⫻ 238; «tavola» agli epigrammata antiquae Urbis, editi da Giacomo Mazzocchi, impensa A. Colotii, nel 1521. la provenienza dalla bibliotheca Colotii si ricava dalla presenza dei tipici segni di spunta e dalle sottolineature in inchiostro scuro con tratto greve e deciso, oltre che dalle annotazioni autografe, come, ad esempio, quelle ai ff. 1v, 3v, 8r-v, 9r, 11r-v, 12r. Gli esemplari colocciani degli epigrammata sono conservati in vaticana, segnati come Vat. lat. 8492 e 8493.

12. Vat. lat. 4055 Cart., sec. Xvi, iii. 129, mm 328 ⫻ 225; «tavole» al commento di Servio Mauro a virgilio. di mano di Colocci sono le annotationes ai ff. 1r, 2v, 4v, 7v, 18r, 21r, 22v, 23r, 24r, 25v, 43v, 72r-v, 97r, 104r, 106v, 107r, 129v.

13. Vat. lat. 4056 Cart., sec. Xvi, ii. 226, mm 343 ⫻ 238 (margini non rifilati) (ff. 5r-11v mm 290 x 210); «tavole» a Filostrato (ff. 1r-13v), Polibio (ff. 14r25v), Boezio, Topica (ff. 28r-41v), erodoto (ff. 44r-109v), Platone (ff. 110r-131r), Philosophia (ff. 133r-156r), Cicerone, Tusculanae disputationes (ff. 157r-194v), Cicerone, Orationes (ff. 195r-226v). tracce dell’attività e del possesso di monsignor Colotio sono presenti ai ff. 1r, 14r, 28r, 32v, 33v, 34v, 35r-v, 36v, 37v, 38r, 39r-v, 41v, 43v, 44vr, 45v, 46r, 47v, 48v, 49r, 51r, 52r, 54r, 69r, 71r, 110r,133r, 157r, 194r-v, 195r, 197r, 218v226v. i ff. 5r-11r sono autografi di Colocci, mentre l’annotazione in rosso al f. 2r lascia supporre che il codice sia appartenuto a Carteromaco.

14. Vat. lat. 4057 Cart., sec. Xvi, i. 498. ii, mm 295 ⫻ 215 (margini non rifilati) (ff. 433r-468v mm 212 ⫻ 140); «tavole» a Plinio (ff. 3r-62v); Giamblico, De vita pythagorica (ff. 63r-86v); dionigi d’Alicarnasso (ff. 87r122v); Persio (ff. 123r-136v); Festo (ff. 137r-193v); nonio Marcello

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(ff. 194r-214v); ennio (ff. 215r-262v); Plauto (ff. 263r-302v); Giovanni Pontano (ff. 303r-344v); lucrezio (ff. 345r-432v); Strabone (ff. 433r-468v); al Giovenale di Giorgio Merula (ff. 469r-496v). la provenienza colocciana è tradìta da numerosi marginalia e titolazioni, come quelle che si riscontrano, ad esempio, ai ff. 61r, 63r, 85r, 86r, 89r-v, 90v, 91r-v, 105r, 111v-112r.

15. Vat. lat. 4058 Cart., sec. Xvi, i. 411, mm 300 ⫻ 220 (margini non rifilati); «tavole» a Plinio (ff. 39r-118v, 120r-138r e 139r-158v); all’orazio aldino del 1501 (ff. 175r-184v e 379r-380v); a diogene laerzio (ff. 227r-287r, 292r-298v e 335r-377v); all’Appiano edito a venezia nel 1477 (ff. 381r-411r). All’interno del volume è conservato anche un indice degli autori greci della Bibliotheca Medicea (313r-328v). la provenienza di Colocci è attestata dagli appunti autografi dei ff. 1r-37r, 174v, 185r-226r, 299r-312v, 329r-334r, così come dall’autografia dei ff. 139r-158v, 175r-184v, 227r-287r, 292r-298r, 313r-380v. Al f. 175r ha segnalato: «respondet Aldino codici 1501. Cartulatus uterque».

16. Vat. lat. 4059 Cart., sec. Xvi, i. 51, mm 344 ⫻ 234 (margini non rifilati); «tavole» ad opere di Girolamo vida (ff. 1r-11r), vitruvio (ff. 13r-35v), Macrobio (ff. 38r-49r); i ff. 37rv e 50rv sono frammenti di «tavole», come attesta la nota manoscritta di Federico ranaldi al f. 51v: «diversi fragmenti raccolti del 6° armario di poco momento». la provenienza colocciana è provata inconfutabilmente dalle tracce della mano dell’esinate ai ff. 1r, 11r, 13r, 35v, 36v, 38r, 50rv, oltre che dai segni di interesse rinvenibili quasi ad ogni foglio.

17. Vat. lat. 4060 Cart., sec. Xvi, i. 140, mm 290 ⫻ 105; «tavole» alle Annotationes in Martialem (ff. 1r-63v), a Stazio (ff. 63v-112r) e a lucano (ff. 112v132v). il volume, autografo di Carteromaco, reca i tipici trattini marginali in inchiostro scuro, tracce della lettura e dello studio del testo da parte di Colocci.

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18. Vat. lat. 4061 Cart., sec. Xvi, i. 296, mm 289 ⫻ 140; «tavole» a Cicerone (ff. 1r128v); al De re rustica di Catone per Timotheum Fabium (ff. 141r172r); al commento di Servio Mauro a virgilio (ff. 173r-252v); ai Saturnalia di Macrobio (ff. 253r-295r). Certamente attribuibili alla mano di Colocci sono le annotationes ai ff. 8v, 12r, 270v, 277r, 287r, 288r-v, 293r, ma anche altre potrebbero essergli ricondotte; i ff. 141r-169r e 173r-240r sono autografi di Carteromaco.

19. Vat. lat. 4062 Cart., sec. Xvi, iii. 116, mm 206 ⫻ 135; «tavole» alle epistolae ciceroniane: ad Atticum (ff. 1r-24r) e ad familiares (ff. 24r-82r). il volume, autografo di Carteromaco, reca una notazione manoscritta di Colocci al f. ir: «Ad Atticum et alios in magno volumine incipit uii°» l’esemplare delle epistole ciceroniane appartenuto a Carteromaco e poi a Colocci è stato identificato in Inc. ii.115, quello degli Opera, di proprietà di Colocci, in Inc. S. 125-126.

in ognuno di questi casi si tratta di elenchi lessicali ordinati alfabeticamente in quinterni autonomi, cui si ricorreva per una più agile consultazione dell’autore che interessava. esattamente lo stesso tipo di materiale contenuto negli Urb. gr. 164 e 165, altri due casi di tavulae databili alla prima metà del Xvi secolo 194. il primo contiene l’indice dei vocaboli tratto dal Pausania edito a venezia presso l’atelier aldino nel 1516; l’Urb. gr. 165 è assai più complesso, contenendo tavulae ad Apollonio rodio, edito da presso gli eredi di Aldo nel 1521 (ff. 1r-16r); al primo (ff. 17r-23r) e al secondo libro (24r-34v) delle Ἐπιστολαὶ διαφόρων φιλοσόφων ῥητόρων σοφιστῶν stampate da Aldo nel 1499 195; a un Sofocle (ff. 36r45v); alla γραμματικὴ εἰσαγωγή di teodoro Gaza (ff. 47r-57v); al commento a omero di Porfirio (ff. 59r-64v)196; e al περὶ συντάξεως di Giorgio lecapeno (ff. 65r-70v). Codices Urbinates Graeci Bibliothecae Vaticanae descripti, recensuit C. StornAJolo, romae 1895 (Bibliothecae Apostolicae vaticanae codices manuscripti recensiti), p. 309, che non fa menzione della natura dei due testi, del loro impiego e della loro origine; la datazione al Xvii secolo lì fornita, va anticipata di almeno cento anni. 195 Aldo Manuzio Tipografo cit. (p. 288), p. 62 nr. 31. 196 in questi ultimi tre casi l’identificazione dell’edizione da cui fu tratta la rispettiva tavula è resa non immediata dal fatto che i fogli non sono numerati dal tipografo e, 194

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Molto spesso in testa all’elenco Colocci specificava l’edizione dalla quale lo spoglio era stato eseguito e alla quale andavano riferiti i numeri di pagina segnati alla destra di ogni vocabolo, così come sul primo foglio dell’edizione annotava il raccordo al manoscritto: così sul Vat. lat. 4053, f. 1r annota «ilias impressum venetiis 1502», al f. 81r «Habet tabulam in graecis impressum venetiis 1516» e al f. 95r «Appiani Bellorum civilium impressum venetiis 1477». in quest’ultimo caso, sullo stampato colocciano (oggi in vaticana: Inc. iii.85)197 si trova la nota di raccordo apposta dal monsignore (f. ir): «Bellum Punicum. Habet tabulam in graecis». Allo stesso modo sul Vat. lat. 4045, f. ir l’annotazione «respondet Caesar impressum Florentiae 1520 mense decembri» rimanda (addirittura ad mensem) all’edizione per haeredes Philippi Iuntae 198; quella «respondet Sallustius Aldi 1521 mense ianuarii» all’aldina del gennaio 1521199; e infine «respondet livius Aldi 1518 mense decembri» a quella uscita sul finire del 1518 200 (di cui la vaticana custodisce gli esemplari colocciani: Aldine iii.79 e iii.93) 201 (tavv. 19-20). Soltanto in un caso, tra quelli emersi finora, la tavula è stata resa solidale all’edizione a stampa cui si riferisce e che è l’attuale Inc. ii.225 202; per il resto esse erano conservate da monsignore in un apposito cassone della sua biblioteca: la «capsa d’intabulati alla finestra» 203. Fatta eccezione per dunque, quelli indicati sulle «tavule» fanno riferimento alla numerazione apposta a penna dal possessore dell’esemplare e/o dall’estensore della stessa; sarebbe, dunque, necessario un supplemento di indagine sul possessore dei due urbinati e sulle varie edizioni a stampa delle singole opere in questione. 197 Già riconosciuto da FAnelli, Ricerche su Angelo Colocci cit. (nt. 1), p. 67 e BernArdi, Per la ricostruzione della biblioteca colocciana cit. (nt. 1), pp. 74-75. 198 Si veda W. A. PAttS, The Giunti of Florence. A Renaissance Printing and Publishing Family. A History of the Florentine Firm and a Catalogue of the editions, new Castle, de 2013, pp. 316-317. 199 renouArd, Annales de l’imprimerie des Aldes cit. (nt. 93), p. 93. 200 renouArd, Annales de l’imprimerie des Aldes cit. (nt. 93), pp. 83-84. un ulteriore esempio si trova nel Vat. lat. 4050, ff. ir, 74r, 99r e 203r. 201 Mentre l’esemplare Aldine iii.79 è noto: MiCHelini toCCi, Dei libri a stampa cit. (nt. 179), p. 88 e BernArdi, Per la ricostruzione della biblioteca colocciana cit. (nt. 1), p. 72; quello segnato Aldine iii.93 è finora sfuggito agli studi colocciani e andrà, dunque, ricondotto alla collezione del monsignore. 202 Si veda Bibliothecae Apostolicae Vaticanae Incunabula, ii: D-O, edited by W. J. SHeeHAn, C.S.B., Città del vaticano 1997 (Studi e testi, 381), p. 455, che tuttavia non segnala la presenza della tabula, sul cui primo foglio Colocci ha annotato: «non multum bona tabula» e la data di edizione del diodoro Siculo latino, cui essa si riferisce: «venetiis 1481». 203 BiAnCHi, Per la biblioteca di Angelo Colocci cit. (nt. 1), pp. 278-279 e BernArdi, Colocci e Tebaldeo cit. (nt. 1), pp. 93 e 101.

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alcuni rari casi, debitamente segnalati, si tratta di edizioni aldine, che qui elenco sinteticamente, poiché sono sfuggite quasi tutte all’ultima rassegna di postillati colocciani 204. Si tratta di almeno dieci nuovi numeri della collezione dell’esinate, tutti greci, ossia le Aldine i.7 (erodoto); i.9 (luciano di Samosata); i.21 (commento anonimo ai Progymnasmata di Aftonio e commento di Sopatro e Marcellino alla Retorica di ermogene); i.22 (luciano di Samosata); iii.12 (Sofocle); iii.27bis (euripide); iii.279 (quinto Smirneo, Colluto e trifiodoro); e Inc. ii.278 e ii.281 (Aristotele); iv.149 (retori greci). la presenza di questi, che erano soltanto strumenti di studio, rafforza la tesi di Colocci lettore e studioso di greco, «intavulatore» accanito, come il suo maestro Forteguerri, e non semplice cultore né amateur compiaciuto. ConCluSioni infine, a compiere ogni giustizia, non si può tacere il fatto che, sincero ammiratore di quella civiltà e prelato facoltoso, l’esinate fu coinvolto in modo diretto in quell’avventuroso breve tentativo di fondare a roma un centro di eccellenza per lo studio del greco e la formazione di giovani copisti e letterati, che fu il Ginnasio Greco, voluto da leone X e impiantato in Caballino monte, ossia sul quirinale. quando papa de’ Medici decise di realizzare il suo sogno di un luogo in cui si insegnassero la lingua e la cultura greca al di fuori dell’ambito e dei metodi universitari 205, monsignore mise a disposizione una sua proprietà immobiliare, dove trovò posto la tipografia del Collegio, dove produrre edizioni esatte ed affidabili, destinate sia all’uso del Collegio sia al pubblico di lettori colti dell’epoca 206. vi si stamparono tra il 1517 e il 1519 soltanto cinque volumi, i primi tre a cura di Giano lascaris e gli ultimi due di Arsenio Apostolis e nella sottoscrizione agli Scholia vetera all’iliade del 1517 si trova l’elogio di Colocci composto da lascaris 207: .…εὐγενοῦς Mi riferisco a BernArdi, Angelo Colocci cit. (nt. 65), pp. 84-87. v. FAnelli, Il Ginnasio greco di Leone X a Roma, in Studi romani, iX (1961), pp. 379-393, poi in id., Ricerche su Angelo Colocci e sulla Roma cinquecentesca, Città del vaticano 1979, pp. 91-110, ma assai più documentato: S. PAGliAroli, Giano Lascari e il Ginnasio greco, in Studi Medievali e Umanistici ii (2004), pp. 215-293. 206 BArBeri - Cerulli, Le edizioni greche cit. (nt. 74), pp. 61-62 e 65 e PAGliAroli, Giano Lascari cit. (nt. 205), pp. 267-268 con ampi riferimenti bibliografici; molto più recente AA. vv., edizioni del Ginnasio greco, in Le prime edizioni greche cit. (nt. 189), pp. 205-334, con bibliografia. 207 BArBeri - Cerulli, Le edizioni greche cit. (nt. 74), p. 67. 204

205

il ProFetA e il MonSiGnore

329

και σοφοῦ ἀνδρός, προξένου τὲ τῶν λογίων καὶ κηδεμόνος ἀρίστου Ἀγγέλου τοῦ κολλωτίου τῶν ἀποῤῥήτων γραμματέως τοῦ ἄκρου ἀρχιερέως. Fugace avventura – si dirà – e dai risultati numericamente poco consistenti, ma che costituì il precedente per l’impresa editoriale cerviniana che negli anni quaranta e nella prima metà dei Cinquanta promosse una serie di pubblicazioni, sia latine sia greche, di grande peso e destinata ad assai maggior fortuna. e, se si guarda bene, si scopre che la prima opera con cui Cervini inaugurò le sue edizioni greche fu proprio quell’eustathio sopra Homero che era stato messo in cantiere a metà degli anni dieci – nel pieno, dunque, dell’aurea aetas leoniana – da Giacomo Mazzocchi con l’intenzione di «condurre la stampa greca in roma» 208: il ponte tra le due generazioni e le due imprese non poteva che essere l’ellenofilo monsignor Angelo Colocci; o meglio, come talora gli piaceva siglarsi, Ἄγγελος ὁ κολλώτιος.

lettera di Colocci a Carteromaco del 15 maggio 1511, citata e discussa da ultimo da F. PontAni, Il proemio al Commento all’odissea di eustazio di Tessalonica (con appunti sulla tradizione del testo), in Bollettino dei classici [dell’]Accademia Nazionale dei Lincei, iii ser., 21 (2000), pp. 5-58: 43, che segnala propositi analoghi in Gian Francesco d’Asola; quanto al senso dell’operazione cerviniana e al peso del lascito di Colocci rinvio a G. CArdinAli, Il cardinale maraviglioso. L’avventura editoriale di Marcello Cervini (1539-1555), Genève 2022 (Cahiers d’Humanisme et renaissance, 184), pp. 289-296. 208

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GiACoMo CArdinAli

APPendiCe lA

C (VAT. LAT. 3958, ff. 187v-188r) di FederiCo rAnAldi (Con le ConCordAnZe Con quellA di ProvAtAriS)209

LISTA

in

quArtA CASSA

Colotti

liBri

GreCi

SCriPt.

1. Aristarchus de magnitudinibus et distantiis theodosique de habitationibus. idem de noctibus et diebus libri ii cum scholiis in folio scripti in papiro. n° 3. Ἀριστάρχου Περὶ μεγεθῶν καὶ ἀποστημάτων ἡλίου τὲ καὶ σελήνης 210. (= Vat. gr. 1055) 2. tabula ethicorum Aristotelis. 3. tabula Plutarchi.

(= Vat. gr. 967) (= Vat. gr. 1015)

4. tabula quinti Calabri trifonis (sic) et Coluti et Sophoclis. (= Vat. gr. 962) 5. euclides licophrones cum commentariis io. tzetzi.

n° 2. Ἰσαακίου γραμματικοῦ τοῦ Τζέτζου Eἰς τὸν λυκόφρονα σχόλια, καὶ πίναξ λατινικῶς εἰς αὐτόν 211.

(= Vat. gr. 972)

6. Adriani imperatoris vita.

(= Vat. lat. 1900)

209 le voci della lista greca di Provataris provengono dal Vat. lat. 7131, ff. 105r-112v, che è stato edito da devreeSSe, Le fonds grec cit. (nt. 61), pp. 463-469, ma qui se ne danno una nuova trascrizione e nuove identificazioni. 210 Vat. lat. 7131, f. 105v. 211 Ibid., f. 105v.

331

il ProFetA e il MonSiGnore

7. theophrasti tabula.

(= Vat. gr. 964)

8. iamblicus de instituctione Pittagorica.

n° 13. Ἰαμβλίχου Χαλκιδέως λόγοι περὶ τῆς πιθαγορικῆς αἱρέσεως 212.

(= Vat. gr. 1037)

9. epigrammata greca n° 64. 10. tabula Phurtuni. 11. tabula Aristotelis de animalibus.

(= Vat. gr. 961) (= Vat. gr. 965-966)

12. tabula commentariorum Hermogenis.

(= Vat. gr. 963)

13. vocabularium grecum. 14. tabula Herodoti.

(= Vat. gr. 959)

15. Aphorismi Hippocratis cum commentariis theophili. n° 9. Ἱπποκράτους Ἀφορισμοὶ γραφέντες παρὰ Θεοφίλου πρωτοσπαθαρίου καὶ ἐπὶ τοῦ χρόνου τρίτου μετὰ σχολίων λυτῶν 213.

(= Vat. gr. 1062)

16. Cleomedis Metheora.

n° 8 κλεομήδους κυκλικῆς θεωρίας μετεώρων πρῶτον περὶ κόσμου 214.

(= Vat. gr. 1053)

212 213 214

Ibid., f. 112r. Ibid., f. 111v. Ibid.

332

GiACoMo CArdinAli

17. Annotationes in libros Hermogenis de inventione. n° 14. σχόλια εἰς τὰ τοῦ Ἑρμογένους 215.

(= Vat. gr. 970)

18. versus lugubres. 19. Psalterium greco latino.

n° 1. Ψαλτήριον Ἑλληνικὸν καὶ λατινικόν 216.

(= Vat. gr. 1070)

20. timeus locraensis de mundi anima.

n° 10. Τιμαίου λοκροῦ Περὶ ψυχᾶς κόσμου καὶ φύσιος, Ἑλληνικὸν καὶ λατινικόν 217.

(= Vat. gr. 1033)

21. ioannis damasceni theologia.

n° 8. Ἰωάννου τοῦ Δαμασκηνοῦ Θεολογία 218.

(= Vat. gr. 1077)

22. Plutarcus de virtute morali Magica Zoroastri orus Apollo. n° 12. Πλουτάρχου Περὶ τῆς ἠθικῆς ἀρετῆς. Τοῦ αὐτοῦ ἔκθεσις κεφαλαιώδης καὶ σύντομος τῶν παρὰ Χαλδαίοις δογμάτων. Ὥρου Ἀπόλλωνος νειλῴου ἱερογλυφικά, ἃ ἐξήνεγκε μὲν αὐτὸς αἰγυπτίᾳ φωνῇ, μετέφρασε δὲ φίλιππος εἰς τὴν ἑλλάδα διάλεκτον. Τοῦ αὐτοῦ τῆς τῶν παρ᾿αἰγυπτίοις ἱερογλυφικῶν γραμμάτων ἑρμηνεία 219.

(= Vat. gr. 1011)

23. Heronis Spiritalia.

n° 1. Ἥρωνος Ἀλεξανδρέως Πνευματικά. Τοῦ αὐτοῦ περὶ αὐτοματοποιητικῶν 220.

(= Vat. gr. 1054)

24. Claudius Ptolomeus armonica cum commentario Porphirii. n° 5. Πτολεμαίου κλαυδίου ἁρμονικὰ βιβλία 3. Πορφυρίου Eἰς τὰ Ἁρμονικὰ Πτολεμαίου ὑπόμνημα. βαρλαὰ φιλοσόφου καὶ μοναχοῦ λογιστικῆς, βιβλια ς. Τοῦ αὐτοῦ Ἀριθμητικὴ ἀπόδειξις τῶν γραμμικ. ἐν τῷ δευτέρῳ τῶν στοιχείων ἀποδειχθέντων. Τοῦ

215 216 217 218 219 220

Ibid., f. 112r. Ibid., f. 105r. Ibid., f. 111r. Ibid., f. 105v. Ibid., f. 111r. Ibid., f. 105v.

333

il ProFetA e il MonSiGnore

αὐτοῦ Περὶ τοῦ πῶς δεῖ ἐκ τῆς μαθηματικῆς τοῦ Πτολεμαίου συνάξεως ἐπιλογίζεσθαι ἡλιακὴν ἔκλειψιν 221.

(= Vat. gr. 187)

25. dionysius Halicarnasseus de thucidide.

n° 8. Διονυσίου Ἀλικαρνασίος ἔτι Περὶ Θουκυδίδου πλατύτερον 222.

(= Vat. gr. 1000)

26. dionysius de situ orbis cum commentariis.

n° 11. Διονυσίου τοῦ Περιηγητοῦ καὶ ἐξήγησις εἰς αὐτό 223.

27. Pindarus cum commentariis. n° 12. Πινδάρου μετὰ σχολίων 224.

(= Vat. gr. 120)

(= Vat. gr. 41)

28. Aristotelis de celo de generatione et corruptione et de Metheoris. n° 11. Ἀριστοτέλους Περὶ οὐρανοῦ βιβλία δ᾿. Τοῦ αὐτοῦ Περὶ γενέσεως καὶ φθορᾶς βιβλία β᾿. Τοῦ αὐτοῦ Mετεώρων βιβλία δ᾿ 225.

(= Vat. gr. 252)

29. vitae quaedam sanctorum. n° 7. λόγος εἰς τὴν προσκύνησιν τῆς τιμίας ἀλύσεως τοῦ ἁγίου καὶ κορυφαίου τῶν ἀποστόλων Πέτρου 226.

(= Vat. gr. 1083)

30. demetrius Phalerius de interpretatione.

n° 2. Δημητρίου φαλήρεως (sic) Περὶ ἑρμηνείας ἀτελείωτον 227.

(= Vat. gr. 1904, ff. 230r-259r?)

31. tabula Aristophanis lutiani (sic) et demostenis. (= Vat. gr. 971 o 960)

221 222 223 224 225 226 227

Ibid., f. 110v. Ibid., f. 111r. Ibid. Ibid., f. 111v. Ibid. Ibid., f. 105r. Ibid., f. 106r.

334

GiACoMo CArdinAli

32. Ptolomei Armonica (sic).

n° 10. κλαυδίου Πτολεμαίου Περὶ τῶν ἐν ἁρμονικῇ κριτηρίων 228.

(= Vat. gr. 188)

33. iamblicus de Pitagoricis memorabilibus.

n° 4 Ἰαμφλύχου (sic) Χαλκιδέως τῆς κοίλης συρίας Πυθαγορίων (sic) ὑπομνημάτων 229.

(= Vat. gr. 322)

34. Geometria euclidis.

n° 6 o 7. Eὐκλείδου γεωμετρία 230.

(= Vat. gr. 1043)

35. quadripartium Ptolomei.

n° 5. Ἐξηγητὴς ἀνώνυμος εἰς τὴν Τετράβιβλον τοῦ Πτολεμαίου 231.

(= Vat. gr. 1049)

36. Paulus egineta.

(= Vat. gr. 1898, ff. 65r-67v)

37. dionis libri aliquot.

n° 22. Τῶν Δίωνος Ῥωμαϊκῶν ἱστοριῶν βιβλία 23 τετυπωμένον 232.

(= R.G. Classici ii.35)

38. dionysius de situ orbis et oppianus. n° 3. Διονυσίου Περιηγητοῦ Περὶ θέσεως πόλεων. Ὀππιανοῦ Ἀλεξανδρέως Ἁλιευτικὰ καὶ κυνηγετικὰ 233.

228 229 230 231 232 233

Ibid., f. 111v. Ibid. Ibid. Ibid. Ibid., f. 107r. Ibid., f. 111v.

(= Vat. gr. 118)

335

doMeniCo SuraCe

nuoVe identiFiCazioni di CoPiSti greCi deL XVi e XVii SeCoLo «La période de la renaissance est celle où les problèmes d’identification et de différenciation de mains se posent le plus souvent et ont le plus de chances d’être résolus. Leur intérêt va au-delà de celui d’un rébus: ils fournissent des matériaux le plus souvent utiles, parfois très importants pour l’histoire des textes et celle de la culture»*

Quanto  la  cosiddetta  paléographie d’expertise contribuisca  a  reperire testimonianze  di  una  medesima  mano  e  quali  siano  al  riguardo  gli  strumenti essenziali di cui si dispone è ben noto. da un lato vi sono i repertori di copisti greci, come ad esempio il monumentale Repertorium der griechischen Kopisten 1, che registra a partire dal Medioevo gli scribi per i quali è attestato il nome, ponendo il limite cronologico più basso all’anno 1600, o,  più  precisamente,  all’inizio  del  XVii  secolo  solo  in  riferimento  a  quei

*  P.  Canart,  Identification et différenciation de mains a l’époque de la Renaissance,  in La paléographie grecque et byzantine. Paris, 21-25 octobre 1974,  Paris  1977  (Colloques internationaux  du  Centre  national  de  la  recherche  Scientifique,  559),  pp.  363-369:  363 [rist. in  id., Études de paléographie et de codicologie, i, reproduites avec la collaboration de M.  L.  agati - M.  d’agoStino,  Città  del  Vaticano  2008  (Studi  e  testi,  450),  pp.  361-367: 361]. – Si avverte che l’ultima consultazione dei siti web citati risale ad aprile 2021. 1 Repertorium der griechischen Kopisten, 800-1600,  i-iii,  Wien  1981-1997  (Österreichische akademie der Wissenschaften.Veröffentlichungen der Kommission für Byzantinistik,  iii/1-3)  [d’ora  in  poi  RGK].  integrazioni  e  correzioni  al  terzo  volume,  dedicato  a roma e alla Città del Vaticano, sono fornite ad es. nelle pubblicazioni elencate in S. MartineLLi teMPeSta, Per un repertorio dei copisti greci in Ambrosiana, in Miscellanea Graecolatina,  i,  a  cura  di  F.  gaLLo,  Milano-roma  2013  (ambrosiana  graecolatina,  1),  pp.  101153: 104 nt. 11. – attualmente è in fieri il progetto di estendere il Repertorium al territorio italiano, un’impresa dettagliatamente illustrata in g. de gregorio - S. MartineLLi teMPeSta, Verso un Repertorio dei copisti greci nelle biblioteche d’Italia, in Greek Manuscript Cataloguing: Past, Present, and Future,  ed.  by  P.  degni -  P.  eLeuteri -  M.  ManiaCi,  turnhout 2018 (Bibliologia. elementa ad librorum studia pertinentia, 48), pp. 207-220.

☜ tavv. 1-16

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doMeniCo SuraCe

copisti  (un  numero  estremamente  esiguo)  attivi  alla  fine  del  XVi  secolo di  cui  si  individuano  reperti  datati  al  principio  del  Seicento;  dall’altro  le pubblicazioni fornite di tavole, nelle quali sono ovviamente inclusi i cataloghi e gli studi su un singolo scriba. Consapevole che anche per i copisti del XVi e XVii secolo, i quali disponevano di un ricco repertorio di soluzioni per tracciare le lettere e le legature 2, si pone il problema della variabilità sincronica e diacronica della scrittura 3, presenterò qui alcune nuove attribuzioni basate sull’impressione grafica d’insieme e su elementi peculiari, alcuni dei quali verranno man mano indicati. iniziamo con il copista al quale Paul Canart dedicò un dettagliato contributo, punto di riferimento per gli studi successivi sugli scribi greci di epoca rinascimentale: mi riferisco al cretese Manuele Provataris, operante a roma almeno dal 1546 e scriptor Graecus della Biblioteca Vaticana a partire dal 1556 4; il lungo elenco delle sue testimonianze note, recentemente ampliato 5, può ora essere ulteriormente accresciuto con tre nuovi additamenti. Per  i  copisti  dei  secoli  XV  e  XVi  cf.  P.  Canart,  La minuscule grecque et son ductus du IXe au XVIe siècle, in L’écriture: le cerveau, l’oeil et la main, édité par C. Sirat - J. irigoin -  e.  PouLLe,  tournhout  1990  (Bibliologia.  elementa  ad  librorum  studia  pertinentia,  10), pp. 307-319: 315, rist. in Canart, Études de paléographie cit. (nt. *), ii, Città del Vaticano 2008 (Studi e testi, 451), pp. 881-894: 889. 3 Per  questa  problematica  e  sull’identificazione  delle  mani  di  epoca  tarda  cf.  d.  SPeranzi, Marco Musuro. Libri e scrittura, [roma] 2013 («Bollettino dei Classici». accademia nazionale dei Lincei, Supplemento 27), pp. 11-16 (con bibliografia). 4 P.  Canart,  Les manuscrits copiés par Emmanuel Provataris (1546-1570 environ). Essai d’étude codicologique, in Mélanges Eugène Tisserant, Vi: Bibliothèque Vaticane, 1, Città del Vaticano 1964 (Studi e testi, 236), pp. 173-287, rist. in Canart, Études de paléographie cit. (nt. *), i, pp. 33-165. Su Provataris si veda anche  id., Un Crétois scriptor de la Bibliothèque Vaticane: Emmanuel Provataris,  in  Κρητικὰ Χρονικά 15-16  (1961-1962)  [1963], fasc. 2 [=  Πεπραγμένα τοῦ Αʹ Διεθνοῦς Κρητολογικοῦ Συνεδρίου, ii], pp. 84-96. Provataris è registrato in RGK, i/a(-B), nr. 254; ii/a, nr. 350; iii/a, nr. 418; cf. anche g. de gregorio, recensione a RGK, iii/a-C, in Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik 50 (2000), pp.  317-330:  327;  P.  Canart,  Additions et corrections au repertorium  der  griechischen Kopisten  800-1600, 3,  in  Vaticana et Medievalia. Études en l’honneur de Louis DuvalArnould, réunies par J. M. Martin - B. Martin-HiSard - a. ParaViCini BagLiani, Firenze 2008 (Millennio Medievale, 71; Strumenti e studi, n.s. 16), pp. 41-63: 56. Su di lui si veda pure i. Pérez Martín, Antonio Agustín y Manuel Provataris en Venecia (a. 1543), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, Viii, Città del Vaticano 2001 (Studi e testi, 402), pp. 299-311. 5 Si vedano a. gioFFreda, Considerazioni su alcuni recentiores della Synopsis Historiarum di Giovanni Scilitze, in Scripta. An International Journal of Codicology and Palaeography 7 (2014), pp. 111-125: 115-116, 117 tav. i; d. SuraCe, La corrispondenza teologica con Paolo di Samosata (CPg 1705, 1708-1709). Considerazioni sull’editio princeps romana del 1608, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 52 (2015) [2016], pp. 295-346: 310, tav.  ii. 2

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Si tratta dei manoscritti Neap. iii C 16, iii d 19 e Neap. Branc. iii d 4 della Biblioteca nazionale «Vittorio emanuele iii» di napoli. il manufatto del  fondo  che  conserva  la  collezione  della  Biblioteca  Brancacciana,  il  cui nucleo  originario  è  costituito  dalla  collezione  manoscritta  del  cardinale Francesco  Maria  Brancaccio  (1592-1675)  formata  a  roma  nel  corso  del XVii  secolo 6,  è  una  miscellanea  fattizia  di  contenuto  eterogeneo  nella quale  la  mano  di  Provataris  è  attestata  ai  ff.  76-80  (tav.  1).  essi  fanno parte  di  un  quaternione  di  piccole  dimensioni  (mm  237 × 175),  adesso mancante  degli  ultimi  tre  fogli,  e  contengono  testi  metrologici,  tra  cui  il De ponderibus et mensuris attribuito a Sorano 7. La  scrittura  di  Provataris  è  sobria,  equilibrata,  formale  e  dal  ductus sciolto,  e  tra  gli  elementi  grafici  tipici  si  possono  menzionare  la  forma maiuscola  di  alpha con  occhiello  e  quella  maiuscola  di  beta con  le  due pance  congiunte 8;  la  grafia,  inoltre,  risulta  qui  essere  quella  propria  del terzo  e  ultimo  periodo  dell’attività  professionale  del  copista  secondo  la suddivisione proposta da Canart 9. a questo riguardo si noti, fra le carat6 La  biblioteca  è  registrata  nell’elenco  redatto  da  a.  Serrai,  La Vaticana e le altre biblioteche romane,  in  Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana,  iii: La Vaticana nel Seicento (1590-1700): una biblioteca di biblioteche, a cura di C. MontuSCHi, Città del Vaticano 2014, pp. 47-74: 63 (nr. 53); essa costituì a napoli la prima biblioteca di pubblica utilità, sulla quale cf. ora V. troMBetta, Storia e cultura delle biblioteche napoletane. Librerie private, istituzioni francesi e borboniche, strutture postunitarie, napoli 2002 (Crisopoli, 2), pp. 13-68.  Si  veda  anche  a.  Serrai,  Breve storia delle Biblioteche in Italia,  Milano  2006  (il sapere  del  libro),  p.  70.  La  collezione  giunse  a  far  parte  del  patrimonio  della  Biblioteca nazionale negli anni Venti del XX secolo: cf. g. guerrieri, La Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli, Milano-napoli 1974, pp. 160-168. 7 esso è tramandato ai ff. 76r-78r con il titolo  Περὶ μέτρων καὶ σταθμῶν Σωράνου; nei ff.  78r-80r  si  legge  un  Περὶ μέτρων καὶ σταθμῶν adespoto,  mentre  il  f.  80r-v  contiene  un testo recante il titolo  Ὑγρῶν μέτρα, καὶ σταθμά [i titoli sono qui trascritti in forma normalizzata]. Sui nostri fogli in greco del Neap. Branc. iii d 4 cf. F. naPoLitano - M. L. nardeLLi - L. tartagLia, Manoscritti greci non compresi in cataloghi a stampa, napoli 1977 (i quaderni della Biblioteca nazionale di napoli, ser. iV, 8), p. 30 (scheda a cura di M. L. n[ardeLLi]), dove a proposito dei fascicoli delle due unità codicologiche in greco attestate nel codice (la ii è  formata  dai  nostri  ff.  76-80)  si  ritiene  che:  «s.  XVi  ascribi  possunt».  Mi  permetto  di segnalare  che  è  in  corso  di  allestimento  da  parte  di  chi  scrive  il  catalogo  dei  manoscritti greci conservati nel fondo Brancacciano della nazionale di napoli e presso altre biblioteche napoletane e della Campania per la nuova serie della collana «indici e Cataloghi» edita dalla Commissione nazionale «indici e Cataloghi delle Biblioteche italiane». 8 Cf. Canart, Emmanuel Provataris cit. (nt. 4), pp. 178-180, 193 [= rist., pp. 38-40, 53]. 9 Ibid., p. 198 [= rist., p. 58]: più in particolare la scrittura è riconducibile al periodo 3; in relazione al terzo periodo Canart individua altresì un periodo 3b, caratterizzato anche dalla «proportion considérable» di zeta iniziante da destra: ibid., loc. cit.

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teristiche da considerare nel loro insieme dirimenti, la presenza di csi iniziante da sinistra, quasi esclusiva di questo periodo 10. gli altri due codici assegnabili al Provataris sono, come già ricordato, i Neap. iii  C  16  e  iii  d  19  del  fondo  nazionale  della  Biblioteca  nazionale di napoli. il primo (tav. 2), di dimensioni medio-grandi, contiene la Synagoge di Pappo di alessandria 11 e la grafia del Cretese ivi attestata è ancora da ricondurre al predetto terzo periodo, cui va riferita anche la scrittura del secondo  manoscritto,  il  Neap. iii  d  19 12 (tav.  3);  quest’ultimo  codice,  di formato medio-piccolo, di consistenza media e testimone dell’opera anonima De arte metallica, è invece appartenuto a domenico Pizzimenti, come documenta la nota greca di possesso presente su ff. 1r e 5r 13. Cf. ibid., pp. 193-198 [= rist., pp. 54-58] (fa eccezione solo il Vat. gr. 1184 risalente al  1546  e  considerato  come  il  primo  manoscritto  del  primo  periodo,  codice  nel  quale questo  tipo  di  csi ricorre  con  una  frequenza  di  gran  lunga  inferiore  rispetto  a  quanto avviene nel terzo periodo [e nel Brancacciano]): cf. ibid., pp. 194, 196, 198, [264] [= rist., pp. 54, 56, 58, 124]). a sostegno della nostra attribuzione cronologica al terzo periodo si potrebbe  prendere  in  considerazione  la  filigrana  esibita  dalla  carta  piegata  in-quarto (moyen),  raffigurante  una  losanga  inscritta  in  un  cerchio  con  inclusa  probabilmente  una stella (si intravede solo una parte iniziale): dovrebbe trattarsi di una marca simile a quella repertoriata da Canart con il numero 26 riscontrabile in diversi manufatti di tale periodo (sia del 3 sia del 3b): cf. ibid., pp. 223, [267-269], 280 [= rist., pp. 83, 127-129, 140]. 11 Cf.  la  scheda  di  F.  r[iCHetti]  in  Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Nationalis Neapolitanae, iii, a cura di M. r. ForMentin, con la collaborazione di F. riCHetti e L. SiBen, indici a cura di L. SiBen, roma 2015 (indici e Cataloghi, n.s. 8), p. 104. 12 entrambe  le  scritture  sono  ascrivibili  al  periodo  3.  –  oltre  che  nella  riproduzione pubblicata in questa sede, è possibile osservare la grafia del copista del Neap. iii d 19, qui identificato con Provataris, attraverso i facsimili editi in Catalogue des manuscrits alchimiques grecs,  Vii:  Anonymi De arte metallica, seu De metallorum conversione in aurum et argentum,  edidit  C.  o.  zuretti,  Bruxelles  1930,  tab.  ii,  e  in  M.  r.  ForMentin,  Domenico Pizzimenti Vibonense: maestro, interprete, copista del sec. XVI, in Testi medici latini antichi. Le parole della medicina: Lessico e Storia. Atti del VII Congresso Internazionale (Trieste, 1113 ottobre 2001). Lingue tecniche del greco e del latino,  iV,  direzione  e  coordinamento  di S. SConoCCHia e F. CaVaLLi, a cura di M. BaLdin - M. CeCere - d. CriSMani, Bologna 2004 (edizioni e saggi universitari di filologia classica, 9), pp. 691-701: 700 (tav.  iii). Cf. anche nt. 13. 13 Cf. la descrizione di F. r[iCHetti] in ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt.  11),  pp.  150-151;  si  veda  anche  Catalogue des manuscrits alchimiques grecs,  ii:  Le manuscrits italiens, décrits par C. o. zuretti, Bruxelles 1927, p. 231, dove viene segnalata la presenza della nota di possesso anche a f. 5 (il secondo  τοῦ della nota ivi riportata non è  in  realtà  attestato  nel  codice).  Sul  calabrese  domenico  Pizzimenti,  originario  di  Vibo Valentia,  si  vedano  ForMentin, Domenico Pizzimenti Vibonense cit.  (nt.  12);  S.  LuCà,  Il libro greco nella Calabria del sec. XV,  in  I luoghi dello scrivere. Da Francesco Petrarca agli albori dell’età moderna. Atti del Convegno internazionale di studio dell’Associazione italiana dei Paleografi e Diplomatisti. Arezzo (8-11 ottobre 2003), a cura di C. triStano - M. CaL10

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il Pizzimenti, medico e studioso vissuto nel XVi secolo che tradusse in lingua latina soprattutto testi alchimistici greci, venne dunque in possesso del  codice  proprio  perché  funzionale  ai  suoi  interessi  scientifici  nella stessa misura in cui risultano esserlo anche gli altri tre manoscritti della nazionale di napoli a lui appartenuti, ossia i Neap. iii d 17, iii d 18, iii d 23 (essi presentano la nota di possesso in greco)14. Per inciso, il copista del Neap. iii d 23 nonché autore di diverse postille e integrazioni presenti negli altri manoscritti del Pizzimenti è stato recentemente e a buon diritto identificato con il possessore stesso del manufatto 15. Leri - L. MagionaMi, Spoleto 2006 (Studi e ricerche, 3), pp. 331-373: 368-369; S. LuCà, Note per la storia della cultura greca della Calabria medioevale,  in  Archivio storico per la Calabria e la Lucania 74 (2007), pp. 43-101: 73-75. – L’identificazione della mano di Provataris  nel  Neap. iii  d  19  viene  proposta  in  modo  indipendente  anche  da  g.  PauSiLLo, Nuove considerazioni sui manoscritti alchemici di Domenico Pizzimenti, in Scripta. An International Journal of Codicology and Palaeography 13  (2020),  pp.  141-159:  153-155  (con tav. 4 a p. 154), contributo apparso nelle more di stampa. 14 Cf. ForMentin, Domenico Pizzimenti Vibonense cit. (nt. 12), pp. 692-697 (la nota di possesso è attestata in più varianti: cf. ibid., p. 693). La nota di possesso presente a f. 1r del Neap. iii d 18, il quale reca l’indicazione anche a f. ir ma in un’altra variante, è leggibile alla tav. 4 del presente contributo. 15 Ibid.,  pp.  693-697,  con  tavv.  i (marg.),  ii,  iii (marg.),  iV,  rispettivamente  a  pp.  698701. al riguardo va osservato che la stessa grafia si rinviene in una lettera conservata nel Vat. gr. 2124,  f.  76r-v  (con  la  notizia  dorsale  sul  verso del  successivo  foglio  solidale  non numerato: «all’ill(ustrissi)mo, e r(everendissi)mo cardinal Sar-|leto [sic] mio s(igno)re e padrone oss(ervantissi)mo» | [poco più in basso] «roma·») e avente il saluto iniziale  Τῷ σοφοτάτῳ [sic],  κ(αὶ) λογιωτάτῳ Σαρλήτῳ [sic],  |  κ(αὶ) καρδινάλει αἰδαισιμωτάτῳ [sic] Δομί=|νικος ὁ Πιζιμέντιος Ἱππωνιεὺς |  εὐ πράττειν.  La  missiva,  destinata,  come  visto,  al cardinale guglielmo Sirleto, è  stata per la prima  volta segnalata, proponendo  l’autografia del Pizzimenti, da S. LuCà, Guglielmo Sirleto e Francisco Torres, in Il «Sapientissimo Calabro». Guglielmo Sirleto nel V centenario della nascita (1514-2014). Problemi, ricerche, prospettive. Atti del Convegno, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica in Palazzo Corsini-Sala delle Canonizzazioni, 13-15 gennaio 2015, a cura di B. CLauSi - S. LuCà, roma 2018 (Quaderni di  Νέα Ῥώμη, 5), pp. 533-602: 556 e nt. 95. Per esprimere una parte della datatio il mittente  ricorre  al  calendario  attico  utilizzando  il  mese  di  Boedromione  (nell’antichità periodo compreso tra la seconda metà di settembre e la prima metà di ottobre) che corrisponde al mese giuliano di agosto in base all’interpretazione di teodoro gaza (De mensibus Atticis) seguìta soprattutto dai dotti e dai copisti nel Cinquecento, e servendosi del participio presente attivo  φθίνοντος preceduto dal numerale ordinale al dativo per indicare il giorno del periodo finale del mese (il conteggio inizia dall’ultimo giorno del mese):  ἐκ τῆς |  Νεαπόλεως Βοηδρομιῶνος ἑβδόμη φθίνοντος· τοῦ αφξζ· [f.  76v].  La  lettera  reca  dunque la  data  napoli,  25  agosto  1567.  Per  ragguagli  sul  calendario  attico  e  il  suo  impiego  in epoca tardorinascimentale si veda g. de gregorio, Giovanni Santamaura e il dialogo ecumenico con Geremia II di Costantinopoli: la lettera di Nicolò Ferrigo, la didascalia  del patriarca ai teologi luterani di Tubinga e i Mirabilia  urbis  athenarum,  in  corso  di  stampa

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Ma  torniamo  al  Neap. iii  d  18  menzionato  poc’anzi 16.  esso  tramanda una  raccolta  di  testi  di  alchimia  e  di  fisica  vergata  su  ventidue  fascicoli  di modeste  dimensioni  da  una  mano  che  adopera  una  grafia  in  cui  spiccano beta «a cuore», csi desinente con un piccolo gancio verso sinistra, theta largo aperto e, tra le legature, epsilon-csi ed epsilon-rho. rimasta finora anonima, possiamo  identificare  senza  incertezze  questa  mano  come  appartenente  a un collaboratore di Provataris, vale a dire il corfiota giovanni Mavromatis (tav. 4)17. Pertanto, tenendo conto pure che l’antigrafo del manufatto è il Vat. gr. 1174 18, che si trovava all’epoca già a roma nella biblioteca papale di cui

come Studio nr.  iV nella monografia di g. de gregorio - d. SuraCe, Cinque studi su Giovanni Santamaura, roma (Quaderni di Νέα Ῥώμη). – il Vat. gr. 2124 è digitalizzato a colori sul sito https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.gr.2124, mentre il Neap. iii d 23 è descrit to  in  ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit.  (nt.  11),  pp.  154-155  (scheda  di F. r[iCHetti]). 16 una descrizione del manoscritto a cura di F. r[iCHetti] è pubblicata presso ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt. 11), pp. 145-150. 17 L’identificazione  indipendente  della  mano  di  Mavromatis  nel  Neap. iii  d  18  è apparsa durante le more di stampa anche in PauSiLLo, Nuove considerazioni cit. (nt. 13), pp. 143, 145, 151-153 (con tavv. 2-3 a pp. 145-146). i lemmi del Repertorium der griechischen Kopisten dedicati al copista si leggono in RGK, i/a-C, nr. 171; ii/a, nr. 229; iii/a. nr. 283 (cf.  anche  de gregorio,  recensione  a  RGK III cit.  [nt.  4],  p.  327  e  nt.  36).  Su  di  lui  si rinvia allo studio di a. CataLdi PaLau, Il copista Ioannes Mauromates, in I manoscritti greci tra riflessione e dibattito. Atti del V Colloquio internazionale di Paleografia greca (Cremona, 4-10 ottobre 1998), i-[iii], a cura di g. Prato, Firenze 2000 (Papyrologica Florentina, 31): i,  pp.  335-399;  in  particolare  sulla  scrittura  del  Corfiota,  della  quale  alcune  riproduzioni vengono fornite ibid., [iii], pp. 221-222, 224-226, 228-230, 234 (tavv. 1-2, 4-6, 8-10, 14), si vedano sia quanto viene illustrato in generale ibid., i, p. 371, sia le caratteristiche relative a ciascuno dei quattro periodi in cui viene suddivisa dalla studiosa l’attività di Mavromatis (cf.  ibid.,  i,  pp.  372-379  per  i  periodi),  specialmente  quelle  indicate  ibid.,  i,  pp.  374-375 inerenti al i periodo, giacché «in quegli anni si delineano le peculiarità fondamentali della sua scrittura, che, pur attenuandosi e modificandosi, sono presenti nella maggior parte dei suoi codici» (ibid., i, p. 371 per la citazione); quelle riguardanti invece gli altri tre periodi dell’attività del copista si leggono ibid., i, pp. 376 (ii periodo), 377 (iii periodo), 379 [iV periodo, cui sembra sia da ricondurre la grafia di Mavromatis attestata nel Neap. iii d 18: la  scrittura  esibita  nei  manoscritti  di  questa  fase  è  contraddistinta  «dal  ductus veloce  e disordinato, è vergata con lettere più grosse delle precedenti (mm 2) ed è inclinata verso destra;  non  è  più  esageratamente  sviluppata  in  altezza,  e  vi  sono  alcune  lettere  notevolmente più larghe delle altre»]. Per una descrizione della grafia dello scriba nativo di Corfù cf. pure RGK, i/B, nr. 171. 18 Cf. Pseudo-Democrito. Scritti alchemici. Con il commentario di Sinesio, edizione critica  del  testo  greco,  traduzione  e  commento  di  M.  MarteLLi,  Prefazione  di  t.  dorandi, Paris-Milano 2011 (textes et travaux de Chrysopœia, 12), p. 59 (con bibliografia). Per il Vat. gr. 1174 (siglum V) si veda ibid., pp. 46-54 e passim.

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esso faceva parte sin dal pontificato di Sisto iV 19, risulta a mio avviso oltremodo verisimile un’origine romana del Neap. iii d 18 20. Poiché anche il Neap. iii d 19 fu confezionato da Provataris con ogni verisimiglianza  a  roma  dove  il  Cretese  era  attivo,  si  ricordi,  almeno  dal 1546 21, è molto probabile che i due manoscritti fossero stati commissionati dal Pizzimenti nell’urbe o che egli ne fosse giunto in possesso nella stessa  città,  tanto  più  che  proprio  a  roma  il  Pizzimenti  acquistò  il  summenzionato Neap. iii d 17 22. Si veda r. deVreeSSe, Le fonds grec de la Bibliothèque Vaticane des origines a Paul V, Città  del  Vaticano  1965  (Studi  e  testi,  244),  p.  499  (ad indicem);  cf.  anche  MarteLLi, Pseudo-Democrito. Scritti alchemici cit. (nt. 18), pp. 47-48. 20 Sull’attività professionale di Mavromatis a roma cf. CataLdi PaLau, Il copista Ioannes Mauromates cit. (nt. 17), i, pp. 347-350, 355-356, 375-376, 377-379. – L’origine romana del manufatto è proposta pure in PauSiLLo, Nuove considerazioni cit. (nt. 13), p. 143. 21 Si tenga anche presente che a quei tempi il Vat. gr. 1134 (visualizzabile in b/n su https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.gr.1134), di cui il Neapolitanus è apografo, faceva già parte  della  Vaticana.  Per  l’appartenenza  cf.  Librorum Graecorum Bibliothecae Vaticanae Index a Nicolao De Maioranis compositus et Fausto Saboeo collatus anno 1533, curantibus M. r. diLtS - M. L. SoSoWer - a. ManFredi, Città del Vaticano 1998 (Studi e testi, 384; Studi  e  documenti  sulla  formazione  della  Biblioteca  apostolica  Vaticana,  3),  p.  66  (nr. 554);  cf.  anche  Les alchimistes grecs,  X:  L’Anonyme de Zuretti ou L’art sacré et divin de la chrysopée par un anonyme,  texte  établi  et  traduit  par  a.  CoLinet,  Paris  2000  (Collection des universités de France. Série grecque, 398), pp.  XXVi-XXVii. Sulla dipendenza del Neap. iii d 19 (siglum n) dal Vat. gr. 1134 (siglum r) si vedano zuretti, Anonymi De arte metallica cit.  (nt.  12),  pp.  X-Xiii;  CoLinet,  L’Anonyme de Zuretti cit.,  pp. XXV,  XXXiV-XXXV,  XCiii (ibid.,  p.  XXXiV si  rinviene  lo  stesso  errore  menzionato  supra,  nt.  13  relativo  alla  nota  di possesso in greco attestata nel Neapolitanus); cf. anche LuCà, Il libro greco cit. (nt. 13), p. 368;  id., Note per la storia cit. (nt. 13), p. 75. – La localizzazione a roma del Neap. iii d 19 si legge anche in PauSiLLo, Nuove considerazioni cit. (nt. 13), p. 155. 22 Cf.  ForMentin,  Domenico Pizzimenti Vibonense cit.  (nt.  12),  pp.  692-695  (con  la trascrizione della sottoscrizione a f. 189r ibid., pp. 693-694); LuCà, Note per la storia cit. (nt.  13),  p.  74  nt.  101.  Vergato  a  Venezia  da  Cornelio  Murmuris  di  nauplia  (sul  copista cf. M. VogeL - V. gardtHauSen, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance,  Leipzig  1909  [zentralblatt  für  Bibliothekswesen.  Beiheft  33]  [rist.  anast.:  Hildes heim  1966],  pp.  233-234,  con  la  correzione  indicata  in  RGK,  iii/a,  nr.  354e)  e  ultimato nel  1565,  il  Neap. iii  d  17  (anch’esso  una  silloge  di  testi  scientifici)  è  descritto  da  F. r[iCHetti] in ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt. 11), pp. 136-144 (la sottoscrizione è riportata ibid., p. 136). esso risulta essere apografo del Marc. gr. z 299 (coll. 584, siglum M),  manoscritto  consultabile  in  una  riproduzione  digitale  a  colori  su http://www.internetculturale.it/jmms/iccuviewer/iccu.jsp?id=oai%3a193.206.197.121 %3a18%3aVe0049%3aCStor.240.9949&mode=all&teca=marciana:  cf.  MarteLLi, Pseudo-Democrito. Scritti alchemici cit. (nt. 18), p. 59 con il rinvio bibliografico di nt. 182 (per il Marciano vd. ibid., pp. 5-10 e passim); si veda anche ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt. 11), p. 137. Peraltro, dato che Mavromatis risulta essere il copista del 19

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a  un  altro  copista  riconducibile  alla  cerchia  di  Provataris  va  invece attribuito il Barb. gr. 423, contenente testi di gregorio di nissa e di giovanni Crisostomo 23. Si tratta di Costantino rhesinos di Corinto (tavv. 56),  noto  non  solo  per  la  sua  attività  di  copia,  bensì  anche  per  quella  di compilatore in greco volgare di testi teologici. Su di lui restano esemplari gli studi di Canart 24, nei quali i dati codicologici presentati collimano con

Neap. iii  d  18,  appartenuto,  come  già  detto  supra,  al  Pizzimenti,  può  sorgere  il  sospetto che  il  corfiota  dal  quale  l’erudito  calabrese  si  procurò  a  roma  il  Neap. iii  d  17  (cf.  ForMentin, Domenico Pizzimenti Vibonense cit. [nt. 12], pp. 692, 694, e i passi sopra citati dei contributi di Santo Lucà) possa essere lo stesso Mavromatis; al momento, però, non sussistono  elementi  dirimenti  a  sostegno  dell’ipotesi.  altrove  si  legge  invece  che  il  manoscritto acquistato a roma da Pizzimenti è il Neap. iii d 18: cf. PauSiLLo, Nuove considerazioni cit. (nt. 13), p. 142 nt. 9 (e bibliografia). 23 il manoscritto è registrato in S.  de riCCi, Liste sommaire des manuscrits grecs de la Bibliotheca Barberina, in Revue des bibliothèques 17 (1907), pp. 81-125: 113, in cui si legge solamente: «423 = iV, 5. S. gregorii nysseni homiliae iV». riguardo al codice alcuni dati sono inoltre riportati nell’Inventarium codicum mm.ss. Bibliothecae Barberinae (tomo ii, p. 13) e nell’Index codd. mmss. Graecorum et Orientalium Bibliothecae Barberinae (vol. ii, p. 242) manoscritti del secolo XiX, allestiti dal bibliotecario Sante Pieralisi e consultabili in riproduzione fotostatica presso la Biblioteca apostolica Vaticana, dove è stata ad essi apposta rispettivamente  la segnatura Sala  Cons. Mss., 376-377 rosso [tomo ii  =  377]  e 169173 rosso [tomo ii = 170], nonché nei lavori filologici sui testi di cui il codice è un testimone (cf. più avanti, pp. 343-344 nt. 29 [ivi è citato anche un articolo di giacomo Cardinali pubblicato mentre il presente scritto era in corso di stampa (cf. pure pp. 345, 346)], 346-347).  Pertanto,  viene  offerta  infra,  pp.  344-347  una  descrizione  del  Barberiniano, manoscritto  consultabile  in  riproduzione  digitale  da  microfilm  in  bianco  e  nero  al  sito https://digi.vatlib.it/view/MSS_Barb.gr.423. 24 P.  Canart,  Constantin Rhésinos, théologien populaire et copiste de manuscrits,  in Studi di bibliografia e di storia in onore di Tammaro De Marinis, i, Verona 1964, pp. 241271 (con le riproduzioni della grafia alle figg.  ii-Viii), rist. in  id., Études de paléographie cit. (nt. *), i, pp. 167-203 (figg.  ii-V [a pp. 180-182],  Vi-Viii [a pp. 187-188]);  id., L’ornamentazione nei manoscritti greci del Rinascimento: un criterio d’attribuzione da sfruttare?,  in Rivista di studi bizantini e neoellenici,  n.s.  42  (2005),  pp.  204-222:  213-215,  con  l’ornamentazione  riprodotta  alle  tavv.  4a-i,  5a-g.  recenti  attribuzioni  alla  mano  di  rhesinos sono proposte in gioFFreda, Considerazioni su alcuni recentiores cit. (nt. 5), pp. 118-121 con tav.  ii (a p. 120); si veda anche g. de gregorio, Costantinopoli-Tubinga-Roma, ovvero la «duplice conversione» di un manoscritto bizantino (Vat. gr. 738),  in  Byzantinische Zeitschrift 93 (2000), pp. 37-107: 103-106 (in particolare p. 104 e ntt. 275-276). Sul copista cf. pure RGK, i/a, nr. 227; ii/a, nr. 317; iii/a, nr. 365; Canart, Additions et corrections cit. (nt. 4), p. 54; g. de gregorio, Spigolature dai codici greci della Biblioteca Nazionale di Roma: un volume della fine del XVI secolo fra Collegio Greco e Collegio Romano (Fondo greci 13), in Sit liber gratus quem servulus est operatus. Studi in onore di Alessandro Pratesi per il suo 90º compleanno, a cura di P. CHeruBini - g. niCoLaJ, Città del Vaticano 2012 (Littera antiqua, 19), ii, pp. 1059-1090: 1062 e nt. 11.

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le caratteristiche esibite nel Barberiniano; di questi mi limito a segnalare la  linea  ondulata  ornata  negli  incavi  con  piccole  decorazioni  «a  forma  di tau» 25,  posta  all’inizio  del  testo  a  f.  53r  (tav.  5),  e  il  vezzo  da  parte  del copista di apporre spesso alcune crocette alla fine di un testo (tav. 6) 26. Per quel  che  concerne  la  grafia,  ritengo  che  si  tratti  della  sua  espressione «normale», secondo la denominazione di Canart 27, mentre come elementi tipici si osservano le forme di epsilon senza il tratto mediano e di modulo ingrandito, che si appoggia sulla base della lettera successiva provvista di un tratto orizzontale (ad esempio con tau basso), di zeta iniziante da sinistra,  di  csi schiacciato,  di  tau alto  o  dell’abbreviazione  per  troncamento nella congiunzione καί 28. Qui di séguito si fornisce invece una descrizione del Barb. gr. 423 29: Cf.  Canart,  L’ornamentazione nei manoscritti greci cit.  (nt.  24),  p.  215,  tav.  5b (la  terminologia  «a  forma  di  tau»  è  quella  presente  ibid.,  p.  215).  Si  veda  anche  Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), p. 270 [= rist., p. 202]. 26 Cf.  Canart,  Constantin Rhésinos cit.  (nt.  24),  fig.  Vii e  p.  270  [=  rist.,  pp.  187  (fig. Vii), 202]; Canart, L’ornamentazione nei manoscritti greci cit. (nt. 24), p. 215. Per ulteriori caratteristiche cf. la descrizione del codice fornita infra, pp. 344-347: 344-345. 27 Si veda Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), fig.  V: «écriture normale» [= rist., p. 182 (fig.  V: «écriture normale»)]; per l’altra espressione grafica, quella cosiddetta «serrata», si veda ibid., fig.  iV: «écriture serrée» [= rist., p. 182 (fig.  iV: «écriture serrée»)]. 28 Cf. anche la descrizione paleografica fornita da gioFFreda, Considerazioni su alcuni recentiores cit. (nt. 5), p. 119. 29 Ho intenzione di tornare nuovamente sul codice e su rhesinos in altra sede. Peraltro, nelle more di stampa è apparso il contributo di g. CardinaLi, En jouant avec les poupées russes: 88 manuscrits grecs de Gabriel Naudé, dont 50 de Guillaume Sirleto, dont certains de Marcel Cervini, dont 2 d’Ange Colocci,  in  Journal des Savants 2019/1,  pp.  3-90, dove, a p. 51, in via indipendente, riguardo al Barb. gr. 423 si parla di «titrage apposé par le copiste Constantin rhésinos: “Τοῦ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν Γρηγορίου Νύσσης […]”». nella scheda catalografica qui pubblicata vengono riportati in forma normalizzata i titoli in greco e sono utilizzate le seguenti abbreviazioni: BHG Nov. Auct. =  F.  HaLKin,  Novum Auctarium Bibliothecae Hagiographicae Graecae, Bruxelles 1984 (Subsidia hagiographica, 65). CPG = Clavis Patrum Graecorum, i-V, turnhout 1974-1987 (Corpus Christianorum); i-iV, cura et studio M. geerard; V, cura et studio M. geerard - F. gLorie; Supplementum, cura et studio M. geerard - J. noret, adiuvantibus F. gLorie - J. deSMit, turnhout 1998 (Corpus Christianorum); Addenda volumini III, a J. noret parata, turnhout 2003 (Corpus Christianorum); iV, deuxième édition, revue et mise au jour par J. noret, turnhout 2018 (Corpus Christianorum). de gregorio, Manouel Malaxos = g. de gregorio, Il copista greco Manouel Malaxos. Studio biografico e paleografico-codicologico,  Prefazione  di  P.  Canart,  Città  del  Vaticano 1991 (Littera antiqua, 8). MCdonougH,  In inscriptiones Psalmorum =  In inscriptiones Psalmorum,  edidit  J. 25

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Sec. XVi (terzo quarto), cart., ca. mm 223 × 168 (rifilato), in-quarto (moyen), ff. iii, 191; foliazione antica a penna posta sul margine superiore esterno del recto (1187 con il nr. 48 utilizzato due volte di seguito) [per i ff. non compresi in tale foliazione  si  veda  infra,  la  voce  Fascicolazione].  Lo  stato  di  conservazione  si  presenta buono.  il  timbro,  oggi  sbiadito,  della  Biblioteca  apostolica  Vaticana  si  trova  sul recto del  primo  foglio  di  guardia  anteriore  (numerato  a  penna  66),  sul  recto del foglio non numerato che precede f. 1 e nei ff. 1r, 187v. FASCICOLAZIONE: i ventiquattro fascicoli che compongono il codice sono distribuiti come indicato qui di seguito: un quaternione (ff. 1-7 e il primo foglio antecedente al f. 1, non numerato), ventuno quaternioni (ff. 8-174), un binione (ff. 175178), un senione con il terzultimo foglio numerato a penna 1 (seguito da un punto in alto a destra), il penultimo e l’ultimo foglio non numerati, quest’ultimo incollato al contropiatto (ff. 179-187). Quasi al centro dei margini superiori si rinvengono tracce di una segnatura probabilmente originale in numeri arabi: 2 (f. 8), i resti di 7 (f. 48), di 14 (f. 103), di 17 (f. 127), di 19 (f. 143), di 23 (f. 175). FILIGRANE: sono attestate quattro filigrane: (ff. 1-7 e il primo foglio antecedente al  f.  1,  non  numerato)  Fleur (tre  fiori  su  un  unico  stelo  inscritti  in  un  cerchio), nessun  parallelo  cogente  nei  repertori  consultati;  cf.  la  filigrana  in  due  varianti registrata presso Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), p. 268 (nr.  XiV) [= rist., p. 200 (nr.  XiV)]; (ff. 8-23) Arbalète (Balestra inscritta in un cerchio); è probabilmente la filigrana registrata in Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), p. 267 (nr. iii) [= rist., p. 199 (nr.  iii)]; (ff.  24-178)  Forgeron (Fabbro),  simile  a  Canart,  Emmanuel Provataris cit.  (nt. 4), nr. 39 (ann. 1557-1567) (pp. 224, [269], 285 = rist., pp. 84, 129, 145); de gregorio,  Manouel Malaxos, nr.  62  (ann.  1560-1565)  [pp.  177,  182,  212,  269];  cf. anche  zongHi,  nr.  1747  (Fabriano,  an.  1563).  Si  veda  la  filigrana  registrata  in Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), p. 268 (nr.  XVi) [= rist., p. 200 (nr.  XVi)]; (ff. 179-187 e i tre fogli successivi) Arbalète (Balestra «detta entro circolo con il dardo» [zonghi]), simile a Canart, Emmanuel Provataris cit. (nt. 4), nr. 8 (ann. MCdonougH, S. J., in Gregorii Nysseni In inscriptiones Psalmorum. In sextum Psalmum. In Ecclesiasten homiliae, ediderunt J. MCdonougH S. J. - P. aLeXander, Leiden 1962 (Gregorii Nysseni Opera, V), pp. 1-175. MüHLenBerg, Oratio catechetica = Gregorii Nysseni Oratio catechetica. Opera dogmatica minora, pars IV,  edidit  e.  MüHLenBerg,  Leiden-new  York-Köln 1996  (Gregorii Nysseni Opera, iii/4). PG = Patrologiae cursus completus. Series Graeca, accurante J.-P. Migne, i-CLXi, Lutetiae Parisiorum 1857-1866. SPira - MüHLenBerg, De anima et resurrectione = Gregorii Nysseni De anima et resurrectione. Opera dogmatica minora, pars III, edidit a. SPira, post mortem editoris praefationem  accurate  composuit  e.  MüHLenBerg,  Leiden-Boston  2014  (Gregorii Nysseni Opera, iii/3). WoodWard =  d.  WoodWard,  Catalogue of Watermarks in Italian Printed Maps ca 1540-1600, Firenze 1996 (Biblioteca di Bibliografia italiana, 141). zongHi =  a.  and  a.  zongHi -  a.  F.  gaSParinetti,  Zonghi’s Watermarks,  Hilversum 1953 (Monumenta chartae papyraceae historiam illustrantia, 3).

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1556-1567)  (pp.  222,  [267],  275  =  rist.,  pp.  82,  127,  135);  WoodWard,  nr.  217 (roma, an. 1551); zongHi, nrr. 534-535 (Fabriano, an. 1559); cf. Canart, Constantin Rhésinos cit. (nt. 24), p. 267 (nr.  iV) [= rist., p. 199 (nr.  iV)]. SPECCHIO SCRITTORIO: a piena pagina misura mm 155 × 95/100 e si dispiega su 26  linee  (numero  minore  di  linee  a  ff.  4r,  145v,  222v  [inizio  ripartizione  interna del testo]; 5 linee a f. 3v, 11 linee a f. 145r [fine ripartizione interna del testo]). È visibile la linea di giustificazione affiancata da un’altra, entrambe impresse a secco sul verso di alcuni fogli. L’inchiostro è di colore marrone scuro/nero. SCRITTURA E MANI: un’unica mano attribuita in questa sede a Costantino rhesinos (cf. anche supra, nt. 29). ORNAMENTAZIONE:  di  mano  del  copista  (Costantino  rhesinos)  in  inchiostro rosso  e  riguarda  le  iniziali  semplici  soventemente  arricchite  da  ricami  fitomorfi. talvolta  viene  adoperato  lo  stesso  inchiostro  del  testo,  anche  assieme  a  quello rosso.  La  conclusione  dei  testi  si  articola  su  più  righe  che  vanno  a  digradare  creando  per  lo  più  una  forma  a  triangolo  (per  il  fine  testo  del  nostro  copista  cf. Canart, L’ornamentazione nei manoscritti greci cit. [nt. 24], p. 215), talora arricchita da  crocette  (cf.  supra,  p.  343).  Fasce  in  rosso  a  nodi  sono  rilevabili  a  ff.  1r,  131v, 179r  (su  quest’ultimo  foglio  la  fascia  non  è  colorata)  [cf.  gli  esempi  riprodotti ibid.,  tav.  4a-b],  mentre  una  linea  ondulata  ornata  nera  con  le  estremità  riempite di rosso è attestata a f. 53r (cf. supra, p. 343). Si utilizza qui la terminologia presente ibid., p. 214. ANNOTAZIONI: sul margine superiore interno, quasi al centro, del recto del foglio che precede f. 1, su tre linee di scrittura è indicato in latino il contenuto del codice, ad eccezione dell’ultimo testo e degli estratti (cf. poco oltre la descrizione contenutistica);  sulla  mano  responsabile  di  tale  indicazione  si  veda  CardinaLi,  En jouant avec les poupées russes cit. (nt. 29), p. 51. a causa della rifilatura per alcune lettere sulla  prima  linea  di  scrittura  (che  reca  l’indicazione  del  primo  testo)  sono  visibili soltanto le tracce. Sul  margine  superiore  di  f.  1r  (al  centro)  è  presente  di  mano  del  copista  la seguente  invocazione:  Γενοῦ μοι βοηθὸς εὐλογημ(έν)η κόρη (cf.  anche  le  varianti registrate in i. VaSSiS, Initia carminum Byzantinorum, Berlin-new York 2005 [Supplementa Byzantina, 8], p. 116). Sul margine dei ff. 21v, 31r-32v, 44r, 49r, 143v-144r, 160r sono trascritti dal copista brevi estratti di alcune omelie di e attribuite a Basilio di Cesarea; cf. anche e.  LaMBerz,  Katalog der griechischen Handschriften des Athosklosters Vatopedi,  i: Codices 1-102,  Θεσσαλονίκη 2006  (Κατάλογοι ἑλληνικῶν χειρογράφων Ἁγίου Ὄρους, 2), pp. 58-59 (notizie relative all’Athon. Vatop. 9, il cui copista è identificato con rhesinos ibid., p. 60). altri brevi estratti di Basilio Magno si trovano sul margine dei ff. 76r, 93r; cf. anche Codices Vaticani Graeci. Codices 2162-2254 (codices Columnenses), recensuit S. LiLLa, in Bibliotheca Vaticana 1985 (Bibliothecae apos tolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti), p. 293 (notizie relative al Vat. gr. 2225, i). a f. 52v vi è la seguente nota di mano più tarda: «Liber hic de inscriptionib(us) psalmorum  a  iacobo  gretsero  |  Societatis  iesu  latinitate  donatus  est  in  principio secundi  |  tomi  operum  latinorum  d.  gregorij·  ac  divisus  est  in  duos  |  tractatus, in  quorum  primo  generatim  ostenditur  quis  |  sit  Psalmorum  finis,  in  altero n(umer)o  peculiariter  agitur  |  de  Psalmorum  inscriptionibus;  uterque  n(umer)o

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hic  extat.».  Viene  qui  menzionata  l’edizione  con  la  traduzione  latina  del  gesuita tedesco  Jacob  gretser  (1562-1625),  D. Gregorii episcopi Nysseni commentarius duplex in Psalmorum inscriptiones,  nunc  primum  græce  et  Latine  ex  Bavarica Bibliotheca  in  lucem  depromptus  a  i.  gretSero […],  ingolstadii,  ex  typographia adami  Sartorii,  1600  (Vd  16  g  3107,  L  1200).  La  stessa  mano  scrive  una  breve nota  in  latino  sul  margine  esterno  di  f.  77r  con  un  segno  di  rimando  (*):  «Hinc incipit | tractatus alter in Psalmos, | qui est de inscriptionibus | Psalmorum. [His in hunc modum explicatis etc.]» (cf. ibid., pp. 126-127). POSSESSORI: cf. CardinaLi, En jouant avec les poupées russes cit. (nt. 29), p. 51; il codice fece poi parte della raccolta barberiniana come si arguisce dalla segnatura attuale presso la Biblioteca apostolica Vaticana (cf. anche infra, la voce Legatura). LEGATURA: antica, in pergamena semifloscia con tre guardie anteriori cartacee. Sulla parte superiore del dorso vi è scritto: «gregorij nisseni | opuscula quædam | […]»; più sopra si legge il numero 615, mentre sotto il titolo è apposta un’antica segnatura del codice (27), cui segue il cartellino recante la segnatura odierna. Sul recto del primo foglio di guardia, dove sul margine superiore esterno si legge 66·, è  presente  un indice  del contenuto  in lingua  latina  di mano seriore. Sul verso del penultimo  foglio  del  senione  finale,  in  basso  sul  margine  esterno,  è  visibile  una nota che recita: «S. gregorio nisseno | d. M. V.». Sono visibili residui di lacci in pelle sui margini esterni e interni della coperta. Sulla controguardia anteriore sono incollati  il  cartellino  cartaceo  con  l’attuale  segnatura  (al  centro  del  margine  superiore) e il cartellino dell’antica segnatura (27 su correzione da 35· in rosso), ripetuta in numeri romani a penna sul margine superiore esterno (… N. XXVII.); in basso al  centro  si  legge  invece  un’ulteriore  antica  segnatura:  IV.5. il  numero  IV di  quest’ultima è scritto anche sulla parte inferiore del dorso. – Su queste segnature antiche si rimanda al lavoro monografico di th. CerBu, Studies in the Barberini Collection of Greek Manuscripts in corso di stampa per la collana Studi e testi della Biblioteca apostolica Vaticana. il codice, che sul verso del foglio precedente f. 1 presenta un  πίναξ τ(οῦ) βίβλου della  mano  del  copista  (rhesinos)  con  l’indicazione  dell’ultimo  testo  vergata  da un’altra mano (ciò induce a pensare che l’ultimo fascicolo contenente il testo fosse stato esemplato a parte rispetto alla sezione che lo precede e aggiunto poco dopo), contiene: (ff.  1r-51v)  gregoriuS nYSSenuS,  Dialogus de anima et resurrectione (CPG 3149), tit. nel cod. (f. 1r) Τοῦ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν Γρηγορίου Νύσσης· ζήτησις περὶ ψυχῆς, μετὰ τῆς ἰδίας αὐτοῦ ἀδελφῆς Mακρίνης (SPira - MüHLenBerg, De anima et resurrectione,  pp.  1-123  [il  cod.  è  ivi  indicato  con  il  nr.  63  e  viene  erroneamente attribuito  al  XV  secolo:  cf.  ibid.,  pp.  XXXi,  CLXXiii];  PG 46,  coll.  12-160;  mancante della  sezione  testuale  SPira -  MüHLenBerg,  De anima et resurrectione,  pp.  121,9 [ἐπιστήμονες]-123,13 [κρεῖττον]: cf. ibid., p.  XXXV). (f.  52r)  ‹ioHanneS› CHrYSoStoMuS:  ‹Excerptum ex homilia XVI in Matthaeum› (CPG 4424),  tit.  nel  cod.  Τοῦ Χρυσοστόμου (PG 57,  col.  243,24  [Ὅταν]-35 [τότε]). ‹Excerptum ex homilia XXV in Matthaeum› (CPG 4424), tit. nel cod.  Τοῦ αὐτοῦ (PG 57, coll. 332,44 [Οὐ]-47 [νομιζῶν], 333,10 [Ὥσπερ]-334,2 [εἴσεται]). gregoriuS nYSSenuS:  1(ff.  53r-131r)  In inscriptiones Psalmorum (CPG 3155), tit. nel cod. (f. 53r) Τοῦ ἐν ἁγίοις πατρὸς ἡμῶν Γρηγορίου Νύσσης· ἑρμηνεία ἐπίτομος εἰς τὴν γραφὴν τῶν Ψαλμῶν (MCdonougH,  In inscriptiones Psalmorum,  pp.  24175,23 [ἔλεός σου] [il cod. è ivi indicato con il siglum β ed è datato erroneamente

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al  XV  secolo:  cf.  ibid.,  p.  9];  PG 44,  coll.  432-608  [ἔλεός σου]). 2(ff.  131v-176v) Oratio catechetica magna (CPG 3150),  tit.  nel  cod.  (f.  131v)  Τοῦ αὐτοῦ λόγος κατηχητικός (MüHLenBerg,  Oratio catechetica,  pp.  5-106  [il  cod.,  testimone  con siglum p, è ivi assegnato erroneamente al XV secolo: cf. ibid., pp.  XXV,  Liii]; PG 45, coll. 9-105 B 3 [ἀντίδοσιν]); (ff. 169v, 177r-178v bianchi). (ff.  179r-187v)  ‹ioHanneS CHrYSoStoMuS,  De Lazaro concio V› (CPG 4329; BHG Nov. Auct. 2103i [des. a]), tit. nel cod. (f. 179r)  Τοῦ αὐτοῦ ὁμιλία εἰς τὸ ῥητὸν τοῦ Ἀποστόλου· περὶ δὲ τῶν κεκοιμημένων οὐ θέλω ὑμᾶς ἀγνοεῖν ἀδελφοὶ ἵνα μὴ λυπῆσθε ὡς καὶ οἱ λοιποὶ [1 Ts 4,13] (PG 48, coll. 1017-1026).

traduttore  di  alcune  opere  scientifiche  di  autori  greci  quali  autolico, euclide  e  teodosio  di  Bitinia  fu  il  napoletano  giuseppe  auria 30.  La  sua produzione  manoscritta,  testimoniata,  a  quanto  io  abbia  potuto  constatare, da diversi esemplari conservati oggi nelle biblioteche di alcune città europee, si colloca tra la fine del XVi e il principio del XVii secolo e non comprende solo testi scientifici. ne sono un esempio i ff. 145-150, ossia l’unità  codicologica  numerata  XX,  del  Vat. gr. 1902  (tav.  7),  un  codice miscellaneo formato per lo più da carte appartenute al cardinale calabrese gugliemo Sirleto 31. il ternione composto dai fogli in questione è occupato da brevi prolegomena al Vangelo di Luca (essi iniziano in realtà a f. 146r, laddove  il  f.  145  venne  lasciato  bianco  forse  a  protezione  della  copia  o perché destinato a ricevere un titolo), e, sulla base del confronto paleografico, nella grafia non è difficile riconoscere la mano di auria. tra le caratteristiche,  oltre  al  modulo  medio-grande,  alle  forme  abbastanza  semplici e  all’impaginazione  ariosa,  menziono  più  in  particolare  beta «a  cuore», spirito-accento legati a tau alto successivo e l’accento circonflesso legato a sigma finale chiuso 32. a  tale  scriba  è  dedicato  il  lemma  nr.  289  in  RGK,  ii/a-B  con  tafel  160  in  ii/C (nr. 289). 31 Sul manoscritto, uno dei codici cosiddetti di miscellanea del fondo dei Vaticani graeci della  Biblioteca  apostolica  Vaticana,  cf.  la  descrizione  reperibile  in  Codices Vaticani graeci. Codices 1745-1962, recensuit P. Canart, i: Codicum enarrationes, in Bybliotheca Vaticana 1970 (Bibliothecae apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti), pp. 587-615 (con ii: Introductio, addenda, indices, 1973, pp.  LiX-LX), in particolare p. 596 per l’unità XX, e P. Canart, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents pour l’histoire d’un fonds de manuscrits de la Bibliothèque Vaticane, Città del Vaticano 1979 (Studi e testi, 284), pp. 15, 87  nt.  26,  89  nt.  34,  90  nt.  35.  esso  è  digitalizzato  da  microfilm  in  bianco  e  nero  sul  sito https://digi.vatlib.it/ view/MSS_Vat.gr.1902. Sul gruppo di codici di miscellanea della Vaticana cf. ora t. Janz, Lo sviluppo dei Vaticani greci tra fondo antico e accessioni seicentesche, in MontuSCHi, La Vaticana nel Seicento cit. (nt. 6), pp. 503-542: 530 (scheda 3), 531-532. 32 Cf. anche l’analisi paleografica in S. BernardineLLo, Autografi greci e greco-latini in Occidente,  Padova  1979,  p.  75  (nr.  93),  e  quella  in  RGK,  ii/B,  nr.  289.  –  ai  manoscritti 30

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il prossimo copista è il responsabile del Neap. iii C 23, già del Collegio partenopeo dei gesuiti come si apprende dal tipico ex-libris leggibile al f. 1r.  di  dimensioni  medie,  il  codice  trasmette  testi  riguardanti  l’arte  della guerra 33 vergati  da  una  mano  che  qui  si  ritiene  di  poter  identificare  con quella  del  cretese  nicola  turrianos  (tav.  8),  personaggio  operante  tra  la seconda metà del Cinquecento e l’inizio del Seicento come copista e mercante  di  libri 34.  È  conosciuto  principalmente  per  il  servizio  svolto  presso la real Biblioteca de el escorial per la quale redasse ben tre inventari dei codici greci (in ordine cronologico di realizzazione: gli odierni Scor. X.i.17 [ff.  159r-296r],  X.i.16,  X.i.18) 35,  preziosi  esemplari  se  non  altro  perché riferiti ad auria in RGK va aggiunto il Paris. gr. 2897 (De Hysmines et Hysminiae amoribus di eustazio [eumazio cod.] Macrembolita) che viene invece considerato erroneamente un prodotto  del  copista  giovanni  Santamaura  (su  di  lui  cf.  infra,  pp.  355  nt.  54,  356-357  e ntt.  55-56,  58),  ad  es.,  presso  H.  oMont,  Le dernier des copistes grecs en Italie. Jean de Sainte-Maure (1572-1612),  in  Revue des études grecques 1  (1888),  pp.  177-191:  183;  o VogeL -  gardtHauSen,  Die griechischen Schreiber cit.  (nt.  22),  p.  196.  del  resto,  sia  nei lemmi dedicati al Santamaura in RGK (cf. infra, nt. 55) sia in M. d’agoStino, La mano di Giovanni Santamaura. Per una lista delle testimonianze librarie, in Scripta. An International Journal of Codicology and Palaeography 4 (2011), pp. 11-14: 14 [rist. in  id., Giovanni Santamaura. Gli ultimi bagliori dell’attività scrittoria dei Greci in Occidente,  Cremona  2013 (Fonti e sussidi), pp. 55-64: 63] tale codice viene correttamente escluso, sia pure e silentio. il  Paris. gr. 2897  è  consultabile  digitalmente  attraverso  una  riproduzione  integrale  in bianco  e  nero  da  microfilm  sul  sito  https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b11000273w. ulteriori  identificazioni  della  grafia  di  auria  sono  proposte  in  d.  SuraCe,  La produzione manoscritta greca a Roma tra la fine del XVI e la prima metà del XVII secolo. Qualche esempio, in Le livre manuscrit grec: écritures, matériaux, histoire. Actes du IX e Colloque international de Paléographie grecque. Paris, 10-15 septembre 2018,  édités  par  M.  Cronier B.  Mondrain,  Paris  2020  (travaux  et  mémoires,  24/1),  pp.  521-545:  528,  529  (tav.  3), 531, 532 (tav. 4). 33 una  descrizione  del  manoscritto  è  reperibile  in  ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt. 11), pp. 112-113 (scheda a cura di F. r[iCHetti]). 34 Su turrianos è d’obbligo il rinvio alla monografia di g.  de andréS, El cretense Nicolas de la Torre copista griego de Felipe II. Biografía. Documentos. Copias. Facsimiles, Madrid 1969, dal quale dipendo per le notizie sulla biografia; il copista è registrato in RGK, i/aC, nr. 319; ii/a, nr. 438; iii/a, nr. 520; su di lui cf. ora anche l’Introduzione storico-filologica di Silvia ronchey presso  Eustathii Thessalonicensis Exegesis in Canonem Iambicum Pentecostalem, recensuerunt indicibusque instruxerunt P. CeSaretti - S. ronCHeY, BerlinMünchen-Boston  2014  (Supplementa  Byzantina,  10),  pp.  198*-199*  ntt.  62-65,  251*, 252* nt. 331, 253*-256* (e passim); e J. M. FLoriStán, El enigmático destino de Nicolás de la Torre, copista griego de Felipe II, in Humanismo y pervivencia del mundo clásico, V: Homenaje al professor Juan Gil, 4: Humanismo, literatura y sociedad, ed. M. V. Pérez CuStodio, alcañiz-Madrid 2015, pp. 2153-2172. 35 Su di essi si veda ora la citata introduzione di Silvia ronchey presso Eustathii Thessalonicensis Exegesis cit. (nt. 34), pp. 253* e nt. 339, 254*-256*.

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antecedenti  all’incendio  avvenuto  nel  1671  al  quale  non  sopravvissero numerosi manoscritti 36. La scrittura del turrianos, uniforme nel tracciato, si connota per l’aspetto baroccheggiante e il ductus nel complesso veloce; più in particolare, si segnalano, ad esempio, sigma maiuscolo lunato terminante con un piccolo gancio e l’abbreviazione per  καί «a chiocciola» 37. L’appartenenza del codice all’istituzione gesuitica partenopea induce inoltre  a  ritenere  verisimile  che  esso,  destinato  probabilmente  a  un  uso interno  del  Collegio,  fosse  stato  esemplato  da  turrianos  quando  egli  si trovava a napoli all’inizio del XVii secolo o che lo scriba cretese lo avesse portato con sé nella capitale del viceregno spagnolo. Passiamo ora a un copista la cui attività si svolse nel XVii secolo, vale a dire Lorenzo Porzio. nato a roma e di famiglia di origine greca, a partire dal mese di marzo del 1616 fu allievo al Collegio greco di S. atanasio in roma,  dove  entrò  all’età  di  dodici  anni  e  che  lasciò  nel  1625  dopo  aver concluso  gli  studi;  nello  stesso  anno  fu  nominato  coadiutore  di  scriptor graecus della biblioteca papale, ruolo, quest’ultimo, che dal 1614 era ricoperto da suo zio gregorio Porzio. occupò l’incarico di scriptor greco della Biblioteca Vaticana dal 1654 fino al 1676, anno della sua morte 38. Sull’incendio si rinvia alla bibliografia indicata ibid., p. 253* nt. 337. La  scrittura  attestata  nel  Neap. iii  C  23  può  essere  ascritta  al  quarto  e  ultimo periodo in cui viene suddivisa la grafia di turrianos da  de andréS, Nicolas de la Torre cit. (nt. 34), p. 197. un utile confronto è costituito dalle riproduzioni fornite ibid., tavv.  XXiVXXXiV,  e  in  S.  ronCHeY,  Eustathios at Prodromos Petra? Some Remarks on the Manuscript Tradition of the Exegesis in Canonem Iambicum Pentecostalem,  in  Reading Eustathios of Thessalonike, ed. by F. Pontani - V. KatSaroS - V. SarriS, Berlin-Boston 2017 (trends in Classics. Supplementary Volumes, 46), pp. 181-196: 196 (fig. 7). Per un approfondimento sulle caratteristiche grafiche di turrianos si rinvia a  de andréS, Nicolas de la Torre cit. (nt. 34), pp. 197-199 (ibid., pp. 199-200, per cenni alle caratteristiche codicologiche dei manoscritti allestiti da turrianos, soprattutto all’ornamentazione), e a RGK, i/B, nr. 319. 38 Su Lorenzo Porzio cf. g. CiaraMitaro, Lorenzo Porzio (1604-1676): cenni biografici,  in Schede Umanistiche 20/1 (2006), pp. 151-164 (con bibliografia); si vedano anche Canart, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents cit. (nt. 31), pp. 101-105, 277 (ad indicem); a. FYrigoS, Catalogo cronologico degli alunni e dei convittori del Pont. Collegio Greco in Roma (1576-1640), in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 33 (1979), pp. 9-56, 113-156, e n.s. 34 (1980), pp. 75-103: [33 (1979)], p. 144 (nr. 280); z. n. tSirPanLiS [Τσιρπανλῆς],  Τὸ Ἑλληνικὸ Κολλέγιο τῆς Ρώμης καὶ οἱ μαθητές του (1576-1700). Συμβολὴ στὴ μελέτη τῆς μορφωτικῆς πολιτικῆς τοῦ Βατικανοῦ,  Θεσσαλονίκη 1980 (Ἀνάλεκτα Βλατάδων, 32), pp. 442-443 (nr. 308); MontuSCHi, La Vaticana nel Seicento cit. (nt. 6), p. 895 (ad indicem). Sul Collegio greco di S. atanasio fondato da papa gregorio Xiii, oltre al  dettagliato  lavoro  di  tsirpanlis  menzionato  poc’anzi,  cf.  d.  SuraCe,  Giovanni Santamaura e l’ortodossia liturgica: documenti dal codice Vallic.  K 17. Con nuove identificazioni della sua mano in appendice,  in  Rivista di studi bizantini e neoellenici,  n.s.  50  (2013) [2014], pp. 327-366: 331-332 (con i riferimenti bibliografici ivi indicati). 36

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ebbene, Lorenzo Porzio risulta essere, nella trasmissione testuale delle lettere di alcifrone, il copista di diversi esemplari, ossia l’Ottob. gr. 465, la cui attribuzione alla mano di Porzio è stata proposta da Canart 39, e alcune unità  codicologiche  conservate  sia  in  codici  del  fondo  allacciano  della Biblioteca  Vallicelliana  di  roma 40 sia  in  alcuni  del  suddetto  fondo  Brancacciano della nazionale di napoli, qui attribuite a Porzio su base grafica. Per quanto riguarda i manoscritti del fondo Allacci, la mano di Porzio è attestata nel secondo tomo del Rom. Vallic. Allacci XV (gr. 137), più in Cf. Canart, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents cit. (nt. 31), p. 105 (per l’identificazione), con planches 37-40 per alcune riproduzioni della grafia del copista. ulteriori  facsimili  della  scrittura  di  Porzio  sono  reperibili  in  M.  MoLin PradeL,  Katalog der griechischen Handschriften der Staats- und Universitätsbibliothek Hamburg, Wiesbaden 2002 (Serta graeca, 14), abb. 20; S. LiLLa, I manoscritti Vaticani greci. Lineamenti di una storia del fondo,  Città  del  Vaticano  2004  (Studi  e  testi,  415),  tav.  22;  C.  SoJer, Il manoscritto autografo di Leone Allacci della Biblioteca Gambalunga di Rimini, in Schede Umanistiche 20/1  (2006),  pp.  119-149:  142  (tav.  2),  148  (tav.  8);  ead.,  Ancora sul manoscritto autografo riminese di Leone Allacci. Analisi del contenuto, aspetti codicologici e di archeologia del libro, in Codices Manuscripti & Impressi 35/95-96 (2014), pp. 27-48: 32 (minute riproduzioni tese a evidenziare le forme del pi nella scrittura di Porzio), 46 (tav. 5: riproduzione  in  cui  sono  visibili  brevi  frammenti  della  grafia);  Janz,  Lo sviluppo dei Vaticani greci cit. (nt. 31), p. 523 (fig. 14). un elenco di codici greci della Vaticana in cui è attestata la mano di Porzio è pubblicato in CiaraMitaro, Lorenzo Porzio cit. (nt. 38), pp. 157-163 (l’Ottob. gr. 465 è menzionato ibid., p. 163); per ulteriori manoscritti conservati in Biblioteca Vaticana: Codices Graeci Chisiani et Borgiani, recensuit P. FranCHi de’ CaVaLieri, romae 1927 (Bybliothecae apostolicae Vaticanae codices manu scripti recensiti), p. 79; S. KotzaBaSSi, Die handschriftliche Überlieferung der rhetorischen und hagiographischen Werke des Gregor von Zypern, Wiesbaden 1998 (Serta graeca, 6), pp. 200-201; SoJer, Il manoscritto autografo cit., p. 128. in RGK, iii/a, nr. 308e si legge «Laurentius Portius» insieme alla datazione al XVi secolo, alla fonte bibliografica VogeL - gardtHauSen, Die griechischen Schreiber cit. (nt. 22), p. 451 – dove viene segnalato il Vat. gr. 1900 riferendolo al XVi secolo e proponendo dubitativamente  anche  l’identificazione  del  copista  con  un  personaggio  diverso  dal  nostro  –  e quindi alla corretta segnalazione della falsa attribuzione relativa al codice Vaticano (consultabile  in  bianco  e  nero  da  microfilm  su  https://digi.vatlib.it/view/MSS_Vat.gr.1900),  sul quale cf. Canart, Codices 1745-1962 cit. (nt. 31), i, pp. 581-586 (la mano del nostro Porzio vissuto nel XVii secolo è attestata nel codice ai ff. 80r-446v: ibid., p. 586 [ivi si segnala inoltre l’errore di datazione al secolo XVi presente alla pagina qui sopra citata del repertorio di Marie Vogel e Viktor gardthausen]). 40 Su  tale  fondo  cf.  th.  i.  PaPadoPouLoS [Παπαδόπουλος],  Αἱ Carte Allacciane τῆς ἐν Ῥώμῃ βιβλιοθήκης Vallicelliana,  in  Παρνασσός 5  (1963),  pp.  35-42  [rist.  in  id.,  Λέων Ἀλλάτιος (Χίος 1588-Ῥώμη 1669). Σύμμικτα Ἀλλατιανά,  Ἀθήνα 2007,  pp.  195-202];  e  id., Περὶ τῶν «Ἀλλατιανῶν Χειρογράφων», in Πρακτικὰ τῆς Ἀκαδημίας Ἀθηνῶν 55 (1980) [1981], pp.  500-534  [rist.  in  id.,  Λέων Ἀλλάτιος cit.,  pp.  203-237].  Si  veda  anche  V.  Von FaLKenHauSen - S. LuCà, Due documenti greci inediti provenienti dall’archivio del Patìr, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania 73 (2006) [2007], pp. 71-93: 73-84. 39

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particolare  nel  quinione  costituito  dai  ff.  1-10  (int.  10) 41 (tav.  9),  e  nel Rom. Vallic. Allacci XXii  (gr. 141),  nel  binione  che  comprende  i  ff.  114117 (int. 6) 42 (tav. 10); mentre le copie di Porzio reperibili nel fondo della collezione brancacciana occupano i ff. 21-44 del Neap. Branc. i F 3 43 (tav. 11) e i ff. [281]-285 del Neap. Branc. iV a 3 44 (tav. 12). in questi esemplari, che nella più recente edizione del quarto e ultimo libro delle lettere di  alcifrone  vengono  assegnati  (compreso  il  testimone  ottoboniano)  a uno stesso copista senza però il riconoscimento della sua identità 45, si può Le dimensioni del fascicolo sono pari a mm 307 ×220, mentre lo specchio scrittorio è  di  mm  270-280 ×145  (a  f.  10v,  latore  della  fine  del  testo,  esso  misura  mm  150 ×145). La  filigrana  presente  è  rappresentata  da  un  trimontium sormontato  da  un  uccello  (oca  o anatra),  il  tutto  inserito  in  un  cerchio  (mm  42)  con  al  di  sopra  la  lettera  n  (l’altezza  del disegno inclusa la lettera misura mm 43), e la piegatura risulta essere in-folio. 42 i fogli del binione sono ripiegati verso l’interno per circa 15 mm lungo il margine inferiore; le misure sono di mm 298 ×207, lo specchio scrittorio di mm 280 ×150 (a fine testo, f. 115r, l’altezza è di mm 215). Quanto alla filigrana, è attestato un trimontium sormontato da un uccello (oca o anatra), il tutto inserito in un cerchio (mm 41×40) con al di sopra la lettera g (l’altezza del disegno inclusa la lettera è pari a mm 52); in-folio risulta invece la piegatura. 43 Qui  di  seguito  alcuni  dati  codicologici:  le  dimensioni  ammontano  a  mm 230 ×160/165  (ff.  21-32)  e  mm  225 ×158/160  (ff.  33-44),  lo  specchio  scrittorio  di  mm 185/195×125/135; i fogli formano due senioni, ed è visibile un «richiamo» orizzontale sul  verso dell’ultimo  foglio  dei  due  fascicoli  (ff.  32v,  44v);  due  risultano  le  filigrane,  una reca il disegno di un uccello (oca o anatra) inserito in un cerchio con le lettere a n (ff. 2132: mm 40), l’altra quello di un trimontium sormontato da un uccello (oca o anatra), il tutto inserito in un cerchio (ff. 33-44: mm 39); la piegatura della carta impiegata è in-quarto. 44 Le  dimensioni  sono  di  mm  221 ×155  ca.,  e  lo  specchio  scrittorio  è  di  mm 185/195×125/135; il fascicolo è un senione privo di un foglio, la piegatura è in-quarto; come filigrana si riscontra il disegno di un uccello (oca o anatra), probabilmente con le lettere a n (si intravede la lettera n), inserito in un cerchio. Per ulteriori dettagli codicologici e specificazioni sui due esemplari conservati nel fondo Brancacciano rimando al catalogo, in corso di preparazione, annunciato supra, nt. 7. 45 Alciphron. Letters of the Courtesans, edited with introduction, translation and Commentary  by  P.  granHoLM,  uppsala  2012  (doctoral  thesis.  uppsala  university,  disciplinary  domain  of  Humanities  and  Social  Sciences,  Faculty  of  Languages,  department  of Linguistics and Philology), pp. 25-26 (i Brancacciani), 30-32 (i Vallicelliani), visualizzabile sul  sito  http://uu.diva-portal.org/smash/get/diva2:564007/FuLLteXt01.pdf.  i  testimoni  citati  presentano  in  tale  lavoro  i  seguenti  sigla:  Bran1  (Neap. Branc. i  F  3),  Bran2 (Neap. Branc. iV a 3), ottob (Ottob. gr. 465), Vall1 (Rom. Vallic. Allacci XV, suddiviso in due tomi), Vall2 (Rom. Vallic. Allacci XXii), aventi, relativamente alle lettere 12 [fr. 4] e 13 [fr. 6] del libro iV e al fr. 5, come modello (probabilmente indiretto) il Vat. gr. 1461 (siglum V), quest’ultimo registrato in RGK, iii/a, nr. 302, sotto il lemma dedicato a giovanni Scutariota (copista del secolo XV, nativo della tessaglia [RGK, i/a-C, nr. 183 e ii/a, nr. 242 sono  i  numeri  del  lemma  relativo  allo  scriba  negli  altri  volumi  del  Repertorium]),  e  già 41

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ben  osservare  la  tipica  grafia  di  Porzio,  ossia  una  scrittura  calligrafica  e ariosa  dal  ductus più  o  meno  posato,  nella  quale  si  ravvisano  gli  esiti  di zeta, csi e rho terminanti con un caratteristico gancio e di tau alto inclinato a destra 46. all’epoca presente in Vaticana (cf. LiLLa, I manoscritti Vaticani greci cit. [nt. 39], p. 32 e nt. 9;  Janz,  Lo sviluppo dei Vaticani greci cit.  [nt.  31],  pp.  512  [scheda  2,  segnature  14581486], 521 [e nt. 94 a p. 539]), circostanza, questa, che consente, assieme ovviamente al riconoscimento  della  mano,  di  ritenere  assai  verisimile  una  localizzazione  a  roma  dei manoscritti  di  Porzio;  sui  rapporti  di  dipendenza  che  intercorrono  fra  tutti  gli  esemplari qui ricordati cf. granHoLM, Alciphron. Letters cit., pp. 42-43 e lo stemma codicum pubblicato ibid., p. 53, lavoro cui rimando anche per la loro descrizione contenutistica (ibid., p. 31, ll. 13 e 20, l’indicazione relativa a Vall2 «115v» va letta 115r). Come già segnalato ibid., p. 30 e nt. 94, nei ff. 3-6 (int. 2) relativi ad alcifrone (che costituiscono un binione di mm 210 × 135, con la filigrana raffigurante un uccello [oca o anatra] inserito in un cerchio con le  lettere  a  n  [mm  37]  e  la  piegatura  in-quarto)  del  primo  tomo  del  Rom. Vallic. Allacci XV si rinviene la mano di Leone allacci. L’editore, inoltre, propone ibid., pp. 25-26 e ntt. 72, 74, la corretta datazione degli esemplari Brancacciani al XVii secolo in luogo di quella erronea fornita in naPoLitano - nardeLLi - tartagLia, Manoscritti greci cit. (nt. 7), pp. 29 (per il Neap. Branc. i F 3; scheda a cura di L. t[artagLia]), 31 (per il Neap. Branc. iV a 3; scheda  a  cura  di  M.  L.  n[ardeLLi]),  dove  le  copie  vengono  attribuite  al  XV  secolo  ma ragionevolmente  si  ritiene  (ibid.,  p.  31),  così  come  in  granHoLM, Alciphron. Letters cit., p. 42 nt. 122, che in origine i due esemplari facessero parte di uno stesso manoscritto; si osservi al riguardo la corrispondenza del «richiamo» orizzontale Γυμνοχαίρων a f. 44v (sul margine inferiore interno) del Neap. Branc. i F 3 con il primo termine di f. [281]r del Neap. Branc. iV  a  3  (cf.  anche  granHoLM, Alciphron. Letters cit.,  p.  26  nt.  73  [ivi  l’indicazione del foglio «286r» va però letta 281r]). – oltre che ai contributi della Sojer citati supra, nt. 39, sull’erudito chiota Leone allacci si rinvia a th. CerBu, Tra servizio e ambizione: Allacci studioso e bibliotecario nella corrispondenza con Antonio Caracciolo,  in  MontuSCHi,  La Vaticana nel Seicento cit. (nt. 6), pp. 175-198 (con l’appendice: d. SuraCe, Vita e opere di Leone Allacci, pp. 199-204) e alla bibliografia ivi indicata. 46 Cf.  Canart,  Les Vaticani  graeci  1487-1962. Notes et documents cit.  (nt.  31),  pp. 102-103, dove si fornisce una disamina della grafia di Porzio, individuandone le peculiarità e confrontandola sia con la scrittura di allacci e con quella di giuseppe de iuliis, scriptor graecus della Vaticana verso la fine del XVii secolo, sia con la grafia di Simone Porzio, fratello di Lorenzo. Peraltro, segnalo en passant che la scrittura di giuseppe de iuliis (uno specimen ibid., tav. 41) si rinviene a mio giudizio pure negli esemplari manoscritti di tipografia SC-MS 382 (olim d.iV.318), f. 87r-v (col. in greco) e 383 (olim d.iV.319), f. 376rv (col. in greco) della Biblioteca Civica «gambalunga» di rimini, sui quali cf. d. FrioLi, I codici del cardinale Garampi nella Biblioteca Gambalunghiana di Rimini, rimini 1986 (Collana di storie e storia, 5), rispettivamente pp. 40 (nr. 46), 41 (nr. 47). Su de iuliis si vedano Canart, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents cit. (nt. 31), pp. 106, 273 (ad indicem) e le notizie reperibili nel volume collettaneo MontuSCHi, La Vaticana nel Seicento cit.  (nt.  6),  p.  885  (ad indicem).  Su  Simone  Porzio  si  rimanda  alla  stessa  bibliografia: Canart, Les Vaticani graeci 1487-1962. Notes et documents cit. (nt. 31), pp. 97-101, 277 (ad indicem);  MontuSCHi,  La Vaticana nel Seicento cit.  (nt.  6),  p.  895  (ad indicem);  si

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a  conclusione  del  presente  contributo  propongo  all’attenzione  degli studiosi un copista che ho individuato in tre manoscritti, ma la cui identità mi è tuttora sconosciuta. non è però ignoto l’autore che egli copiò in questi codici,  ovvero Basilio di  Seleucia,  più dettagliatamente  le  orazioni del vescovo isaurico. La scrittura di tale amanuense si rinviene nella seconda unità codicologica del Vat. gr. 1919 47 (tav. 13), appartenente oggi, così come il summenzionato Vat. gr. 1902, al blocco dei cosiddetti codici di miscellanea del fondo  Vaticano  greco 48,  nel  Messan. gr. 39  del  fondo  SS.  Salvatore  della Biblioteca  regionale  universitaria  «giacomo  Longo»  di  Messina  come copista principale (tav. 14) 49 e nel Neap. iii B 23 (tav. 15), dove più in par-

vedano anche FYrigoS, Catalogo cronologico cit. (nt. 38), vol. 33 (1979), p. 143 (nr. 278); tSirPanLiS, Τὸ Ἑλληνικὸ Κολλέγιο τῆς Ρώμης cit. (nt. 38), pp. 437-439 (nr. 302). Quanto alla tipologia  di  manoscritto  destinato  alla  tipografia,  cf.  quanto  esposto  in  SoJer,  Ancora sul manoscritto autografo cit. (nt. 39). una descrizione della scrittura di Lorenzo Porzio è reperibile anche ibid., pp. 31-32. 47 una  descrizione  del  codice  è  fornita  in  Canart,  Codices 1745-1962 cit.  (nt.  31),  i, pp.  675-677  (con  p.  LXiii del  tomo  ii);  ibid.,  p.  677  si  legge  in  riferimento  alla  scrittura: «nescio an viri occidentalis cuiusdam». L’unità ii è costituita dai ff. 110-245 più un ultimo foglio  non  numerato  che  risulta  incollato  al  contropiatto  posteriore.  a  f.  241r-v  si  legge mutilo all’inizio il cap. 168 della Bibliotheca di Fozio cui subito segue un’annotazione (sul capitolo e la nota cf. g. CarLuCCi, I Prolegomena di André Schott alla Biblioteca di Fozio, Bari 2012 [Paradosis, 18], pp. 328-334, e segnatamente per il capitolo copiato nel manoscritto  qui  discusso  cf.  ibid.,  p.  334  e  nt.  179),  mentre  a  f.  242r-v  si  trova  un’epistola in  greco  indirizzata  a  un  alto  prelato  (si  vedano  al  f.  242r  i  superlativi  al  vocativo εὐσεβέστατε,  περιφανέστατε di l. 1, e  θειότατε,  θεοσεβέστατε di ll. 19-20), per la quale cf. Canart, Codices 1745-1962 cit. (nt. 31), i, p. 676, e g. CarLuCCi, Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana: il vescovo greco Acacio Casnesio, in Bollettino dei Classici [dell’]Accademia Nazionale dei Lincei,  ser.  iii,  36  (2015),  pp.  123-176:  152  nt.  139,  il  tutto  trascritto dalla mano anonima. riguardo alla lettera a f. 242r-v, tra le due interpretazioni, una con Ἱουστουνιάνο (f. 242r, l. 19) inteso al vocativo («[= –νε?]») da collegarsi con i successivi θειότατε e  θεοσεβέστατε (ll.  19-20)  e  perciò  considerato  come  possibile  nome  del  destinatario dell’epistola (Canart, Codices 1745-1962 cit. [nt. 31], i, p. 676), l’altra, desumibile implicitamente, con il nome inteso al dativo da collegarsi con il precedente  ἐμοὶ (f. 242r, l. 19) e quindi ritenuto esplicitamente quello dell’autore della lettera (CarLuCCi, Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana cit.,  p.  152  nt.  139),  mi  sembra  preferibile  quella  di Canart. 48 Su tale sezione si veda il riferimento bibliografico indicato supra, p. 347 nt. 31. 49 oltre a questo anonimo, cui vanno ricondotti i ff. 1r-3v, l. 12 (ἡρύστευσεν [sic]), 4r7v, 9r-12v, l. 5, 14r-110r, si individua nel manoscritto un’altra mano attestata ai ff. 3v, ll. 12 (ἐν)-24, 8r-v (più il «richiamo» orizzontale posto sul margine inferiore interno sotto l’ultima linea di testo), 12v, l. 6-13v (con interventi correttivi al f. 1v), anch’essa sconosciuta. Sul Messanensis si veda la descrizione in Codices Graeci Monasterii Messanensis S. Salva-

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ticolare egli trascrisse ulteriori testi, prevalentemente di letteratura patriografica,  che  precedono  le  Orationes,  andando  a  formare  un  manoscritto omogeneo 50.  Le  filigrane  esibite  dalla  carta  di  fabbricazione  italiana

toris, descripsit a. ManCini, in Atti della Reale Accademia Peloritana 22/2 (1907), pp. 1263: 78-79, con la datazione «saec. Xiii ex.» (ibid., p. 79) rettificata in «intorno agli anni ’80 del XVi» da M. t. rodriQuez, Rettifiche di datazione con l’ausilio delle filigrane, in The Legacy of Bernard de Montfaucon: Three Hundred Years of Studies on Greek Handwriting. Proceedings of the Seventh International Colloquium of Greek Palaeography (Madrid-Salamanca, 15-20 September 2008), i-ii, ed. by a. BraVo garCía - i. Pérez Martín, With the assistance of J. SigneS Codoñer, turnhout 2010 (Bibliologia. elementa ad librorum studia pertinentia, 31/a-B): i: pp. 315-331, ii: pp. 835-838 (pll. 1a-4d), in particolare i, pp. 330331  (p. 330  per la citazione  tra virgolette). Cf. anche  J. M. teVeL, De preken van Basilius van Seleucië. Handschriftelijke overlevering – Editie van vier preken. Akademisch proefschrift ter verkrijging van de graad van doctor aan de Vrije Universiteit te Amsterdam,  utrecht 1990, pp. 14-15, 49 (nr. 134), 158, dove il codice (siglum P) viene datato sec. XVi-XVii, escludendone una datazione più antica, e viene brevemente descritto a pp. 158-159 (all’ordine  dei  fogli  ristabilito  ibid.,  p.  158  [«ff.  1,  6,  4-5,  7,  2-3,  8-10,  14vr,  11-13»],  che  va  a sostituire quello errato proposto da Mancini, si aggiunga che l’ordine testuale da seguire a f. 1 risulta essere verso-recto; il testo dell’Oratio ii ivi presente va da col. 48 B 6 [βλέπον] fino alla fine dell’orazione nella col. 49 di Patrologiae cursus completus. Series Graeca, accurante  J.-P.  Migne,  LXXXV,  Lutetiae  Parisiorum  1864);  riguardo  invece  alle  mani  impegnate  nel codice,  lo studioso  ibid.,  p. 159  afferma dubitativamente  e  in maniera  generica che «in de eerste tien folia lijken meerdere handen te onderscheiden te zijn». La riproduzione  integrale  a  colori  del  Messan. gr. 39  è  consultabile  online all’indirizzo http://www.bibliome.it/ms-gr-039, mentre una riproduzione a colori del f. 1r del codice è  invece  disponibile  al  sito  https://www2.regione.sicilia.it/beniculturali/brum/manoscritti_mancini/manoscritti_mancini39.html, presso il quale è anche  possibile consultare digitalmente  (riproduzioni  a  colori)  le  pagine  del  catalogo  di  Mancini  relative  al  manoscritto. nella riproduzione della filigrana pubblicata in rodriQuez, Rettifiche di datazione cit., ii, p. 838 (pl. 4d), si può scorgere la grafia del copista attestata nel foglio. 50 Cf.  la  scheda  catalografica  curata  da  L.  S[iBen] in  ForMentin, Catalogus codicum Graecorum cit. (nt. 11), pp. 67-69. alla descrizione contenutistica andrebbe aggiunto che a f. 79r si riscontra (sempre di mano dell’anonimo copista) la fine del cap. 168 della Bibliotheca foziana  (da ταύτῃ καὶ ὁ θεῖος [= ed. PHotiuS, Bibliothèque, ii, texte établi  et  traduit par r. HenrY, Paris 1960, p. 161, da l. 7 (36); Patrologiae cursus completus. Series Graeca, accurante J.-P. Migne, Ciii, Lutetiae Parisiorum 1860, da col. 493 B 7]) e la nota, dei quali si è detto supra, p. 353 nt. 47. Con ogni probabilità la parte mancante doveva trovarsi nel foglio (solidale di f. 74) di cui oggi è visibile solo il tallone tra ff. 78v e 79r. il testo verisimilmente recava anche l’inizio del capitolo (= ed. HenrY cit., pp. 159 l. 22 [33]-160 l. 8 [9]; PG 103, col. 492 B 1 [a 13-15 se si considera pure il titolo e il numero del cap. 168]C  1)  omesso  invece  nel  Vat. gr. 1919  (su  tale  omissione  cf.  CarLuCCi,  I Prolegomena  di André Schott cit.  [nt.  47],  p.  334  e  nt.  179),  giacché  talune  tracce  di  penna  della  pagina scritta  sono  visibili  sia  sul  recto sia  sul  verso del  tallone:  soltanto  per  il  testo  privo  dell’omissione  (e  ovviamente  mantenendo  una  mise en page simile  a  quella  dei  fogli  del manoscritto) si potevano impiegare entrambe le facciate del foglio.

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impiegata in questi tre codici suggeriscono poi una datazione in generale tra l’ultimo quarto del XVi e l’inizio del XVii secolo 51. Che si tratti di una medesima mano è dimostrato a mio giudizio – oltre che dall’aspetto generale di una scrittura dimessa con squilibri modulari e svolazzi baroccheggianti, anche se si osserva una volontà da parte del copista  di  controllare  l’esecuzione  e  migliorare  l’aspetto  del  tessuto  grafico  – dalla ripetizione dei tracciati di talune lettere e legature assai caratteristici come  ad  esempio  zeta di  modulo  ingrandito  e  la  legatura  alpha-doppio lambda (tav. 16a-c) 52. del resto, già l’ultimo editore delle quattro Orationes Vii, Xi, XXXi e XXXV di Basilio di Seleucia, Johannes Marius tevel – nella cui  monografia,  peraltro,  non  si  menziona  il  codice  di  napoli  –  aveva notato  una  notevole  somiglianza  tra  la  scrittura  attestata  nel  Vaticano  e quella  (principale)  del  Messanensis 53,  reputando,  però,  che  si  trattasse  di due mani diverse appartenenti a uno stesso atelier scrittorio 54. occorre  inoltre  ricordare  che  alla  fine  del  Cinquecento  furono  esemplati a roma diversi manoscritti della raccolta omiletica del vescovo isau51 Per l’individuazione e lo studio delle due filigrane attestate nel Messan. gr. 39, una raffigurante una lettera M a tratti doppi, sormontata da una stella a sei punte, il tutto inserito in uno scudo, l’altra con il disegno di una corona sormontata da un giglio, si rinvia a rodriQuez, Rettifiche di datazione cit. (nt. 49), i, pp. 330-331 e ntt. 75-82; ii, p. 838 (pl. 4d: «corona e fleur de lys»). Va osservato, peraltro, che il medesimo motivo della Lettre M (probabilmente la stessa filigrana) ricorre in tutti e tre gli esemplari riconducibili al nostro anonimo,  senza  trascurare  la  circostanza  che  la  filigrana  Couronne appare  simile  nei  tre manoscritti. 52 nella  nostra  tav.  16c  è  evidenziata  la  legatura  alpha-doppio  lambda nella  parola ἀλλῆθεια (sic)  a  f.  129r,  l.  11  del Neap. iii  B  23:  che  siano  due  lambda è  confermato  dal fatto che l’errore di raddoppiamento ricorre almeno una volta con i due lambda slegati (cf. Vat. gr. 1919 [unità ii], f. 199r, l. 10:  ἀλληθὴς [sic]; questo stesso termine presenta invece la legatura in questione a f. 154v, l. 3 del Neapolitanus e a f. 67v, l. 18 del Messanensis). 53 Cf. teVeL, De preken cit. (nt. 49), pp. 14-15, 164. 54 «Het opvallende schrift, dat door P. Canart in zijn catalogus terecht “contorta et artificiosa” wordt genoemd [scil. Canart, Codices 1745-1962 cit. (nt. 31), i, p. 677], lijkt zeer sterk op dat van de Messanensis en duidt, hoewel van een andere hand, zeker op eenzelfde scriptorium»: teVeL, De preken cit. (nt. 49), p. 164. Secondo l’autore i codici Vat. gr. 1919, unità ii (siglum r), e Messan. gr. 39 (siglum P) derivano indirettamente dal Paris. gr. 1204 (siglum X; presso teVeL, De preken cit. [nt. 49], p. 159, si legge come datazione «s. XViXVii»; ibid., p. 50 [nr. 141], «s. XVi»): si vedano gli stemmata codicum forniti ibid., uno a p. 176 (in base all’Oratio Vii), l’altro a p. 318 (in base alle Orationes Vii, Xi, XXXi, XXXV). il Paris. gr. 1204, assegnato a Santamaura in CarLuCCi, Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana cit. (nt. 47), p. 152 nt. 139 (ritengo però che l’attribuzione sia da respingere; cf. anche  SuraCe,  La corrispondenza teologica cit.  [nt.  5],  p.  331  nt.  75),  è  visualizzabile  in bianco e nero da microfilm al sito https://gallica.bnf.fr/ark:/12148/btv1b107240157.

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doMeniCo SuraCe

rico,  tre  dei  quali  dal  ben  noto  scriba  cipriota  giovanni  Santamaura  su incarico dei cardinali gugliemo Sirleto (Rom. Casanat. 930, Vat. gr. 1736 [entrambi an. 1584]) e giulio antonio Santoro (Vat. gr. 1494 [an. 1586]), a testimonianza del grande interesse e dell’attenzione che venivano riservati  a  tale  opera  patristica  all’interno  della  curia  pontificia 55.  non  è  da 55 Sui  tre  esemplari  vergati  da  Santamaura  (cf.  RGK,  i/a-C,  nr.  179;  ii/a,  nr.  238; iii/a, nr. 299 per i lemmi del copista cipriota [i tre codici menzionati sono registrati al nr. 299 del terzo volume di RGK], assieme a de gregorio, recensione a RGK III cit. [nt. 4], pp. 327 e ntt. 34-35, 330, e Canart, Additions et corrections cit. [nt. 4], p. 52), di cui due rappresentano  gli  apografi,  a  quanto  pare  diretti,  di  uno  dei  tre,  ossia  il  Casanatense,  si veda de gregorio, Spigolature dai codici greci cit. (nt. 24), pp. 1078-1080 (con bibliografia sui manoscritti). Copie di singole orazioni allestite dal Cipriota si trovano nel Vat. gr. 2595 (ff.  189r-197v:  Oratio XVii)  e  nel  Vat. gr. 2598  (ff.  98r-118v:  Orationes Xii,  Xiii):  cf. teVeL, De preken cit. (nt. 49), pp. 27, 29, entrambi appartenuti al canonico, teologo e retore spagnolo, José esteve di Valencia (1550-1603), attivo per diversi anni nell’urbe; la realizzazione  sia  del  Vat. gr. 2595  sia  dei  fogli  attribuibili  al  copista  cipriota  nel  Vat. gr. 2598 (ossia  ff.  98-[121],  più  in  particolare  ff.  98r-118v)  è  da  collocare  sicuramente  a  roma (dove il Santamaura giunse nel 1582: cf. C. PaSini, Giovanni Santa Maura e la Biblioteca Ambrosiana, in Rivista di studi bizantini e neoellenici, n.s. 42 [2005] [2006], pp. 223-281: 225-226) o nello stesso anno d’ingresso nella raccolta del teologo, vale a dire il 1585 (l’indicazione dell’anno è attestata nella nota di possesso apposta in entrambi i manoscritti), o in un periodo di poco precedente. Su esteve e sui manoscritti a lui appartenuti (con certezza  o  verisimilmente),  tra  cui  i  due  menzionati  poc’anzi  (registrati  in  RGK,  iii/a,  nr. 299), cf. J. M. FLoriStán, Epístola literaria de Camillo Peruschi Isidoro, rector del Estudio de Roma, al patriarca ecuménico Metrófanes III (1569), in Rivista di studi bizantini e neoellenici,  n.s.  40  (2003)  [2004],  pp.  171-207:  173-180.  Si  veda  anche  il  volume,  di  prossima pubblicazione,  di  de gregorio -  SuraCe, Cinque studi su Giovanni Santamaura,  cit.  (nt. 15). Sul teologo spagnolo cf. altresì V. Peri, Il numero dei Concili ecumenici nella tradizione cattolica moderna, in Aevum 37 (1963), pp. 430-501: 461-462. – allo stesso periodo risalgono pure i codici recentiores dei  λόγοι Rom. Bibl. Naz. Centr. Gr. 13 (siglum Q) e Vat. gr. 1195 (siglum u), entrambi localizzabili con sicurezza a roma: il primo venne approntato da un gruppo di allievi del Collegio greco di S. atanasio in roma sotto il coordinamento del cretese giovanni Matteo Cariofilo, cui si deve la maggior parte del codice, il secondo (registrato in RGK, iii/a, nr. 299, per il pinax attribuibile a Santamaura) fu vergato, verisimilmente  per  la  Biblioteca  Vaticana,  dal  vescovo  greco,  nonché  scriptor della  Vaticana, acacio  Casnesio,  la  cui  mano  è  stata  identificata  nel  manoscritto  da  CarLuCCi,  Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana cit. (nt. 47), pp. 123, 151 (per quasi la totalità di tale testimone il Rom. Casanat. 930 di Santamaura costituisce l’antigrafo probabilmente diretto: cf. ibid., p. 152 e nt. 138 [con bibliografia]). Sul Greco 13 della nazionale Centrale di roma e sul suo allestimento (con l’identificazione della mano di Cariofilo e la proposta di datazione  agli  anni  1588-1596)  rimando  a  de gregorio,  Spigolature dai codici greci cit.  (nt. 24),  pp.  1064-1082,  1085-1086  (tavv.  i-ii),  1088-1089  (tavv.  iV-V), con  la  scheda  catalografica del manoscritto a pp. 1083-1084 (con ogni probabilità il codice fu vergato all’inizio dell’ultima decade del Cinquecento: cf. ibid., p. 1077). un descriptus diretto del Casanatensis è infine il Berol. Phillipps 1493 (gr. 89; siglum t), trascritto dal gesuita Jacques Sirmond

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escludere perciò che anche l’unità ii del Vat. gr. 1919, se non tutti i manoscritti  ricollegabili  all’anonimo  copista,  fosse  stata  esemplata  nell’urbe 56. e dal momento che, come sembra, il Paris. gr. 1204, modello indiretto del Vat. gr. 1919  (unità  ii)  e  del  Messan. gr. 39,  discende  dal  Rom. Casanat. 930  attraverso  anelli  intermedi  (e  ciò  potrebbe  suggerire  un’origine romana del codice di Parigi, tanto più che quest’ultimo risulta essere verisimilmente gemello del Greco 13 della nazionale Centrale di roma ricordato  in  precedenza) 57,  possiamo  considerare  il  1584,  anno  in  cui,  si ricordi, venne completato il Casanatensis, un possibile terminus a quo per la confezione dei codici Vat. gr. 1919 (unità ii) e Messan. gr. 39 (e probabilmente anche del Neap. iii B 23) 58. ad ogni modo, accanto ai testimoni (1559-1651;  segretario  del  Preposito  generale  della  Compagnia  a  roma  dal  1590  al 1608)  e  datato  16  agosto  1593:  cf.  ora  de gregorio,  Spigolature dai codici greci cit.  (nt. 24), p. 1080 e ntt. 61-62. in un ulteriore esemplare delle Orationes, l’Ott. gr. 336 (siglum W, risalente al XVi secolo: cf. teVeL, De preken cit. [nt. 49], p. 164), si riscontrano invece diversi marginalia della mano di Santamaura (cf., ad es., ff. 1v, 3r-v, 6v); il codice, ap partenuto  al  Sirleto  (cf.  teVeL,  De preken cit.  [nt.  49],  p.  165;  LuCà,  Guglielmo Sirleto e Francisco Torres,  cit.  [nt.  15],  p.  601),  è  consultabile  in  riproduzione  a  colori  su https://digi.vatlib.it/view/MSS_ott.gr.336.  osservo  che  presso  CarLuCCi,  Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana cit.  (nt.  47),  p.  151  e  nt.  137,  si  desume  l’attribuzione,  a mio giudizio erronea, dell’Ottobonianus al Santamaura. 56 Cf. inoltre quanto asserisce riguardo alla localizzazione del Vaticanus CarLuCCi, Un nuovo copista della Biblioteca Vaticana cit. (nt. 47), p. 152 nt. 139 (su quanto ivi espresso circa l’autore della lettera cf. supra, nt. 47). Se poi si considera pure il fatto che nel Neap. iii B 23 sia intervenuto, a mio parere, il suddetto giovanni Santamaura (che ebbe quindi tra  le  mani  il  codice),  l’ipotesi  dell’origine  romana  dei  manoscritti  in  questione  (Vat. gr. 1919, unità ii, Messan. gr. 39, Neap. iii B 23) è tutt’altro che inattendibile. in particolare, nel Neapolitanus vanno attribuiti al Cipriota sia l’indicazione in latino sul margine superiore  di  f.  1r  sia  il  titolo  in  greco  dell’Oratio V  (con  l’indicazione  dell’autore)  aggiunto  al centro del margine superiore di f. 96r e quello dell’Oratio Vi (con l’indicazione  τοῦ αὐτοῦ relativa all’autore) leggibile sul margine esterno di f. 98v, nonché la segnatura dei fascicoli in  numeri  arabi  (11-24),  visibile  ora  da  f.  80  (11),  posta  in  basso  sull’angolo  inferiore interno del primo foglio recto (cf. ad es. ff. 80, 88), e forse anche la foliazione a penna con cifre arabe apposta sul margine superiore esterno di ciascun foglio recto. 57 Cf. i già citati stemmata codicum di teVeL, De preken cit. (nt. 49), pp. 176, 318 (dove inoltre non si esclude che il Paris. gr. 1204 possa dipendere recta via dal Rom. Bibl. Naz. Centr. Gr. 13). una provenienza italiana del Parisinus è stata proposta da CarLuCCi, I Prolegomena di André Schott cit. [nt. 47], p. 330 e nt. 167. 58 a  proposito  del  terminus a quo indicato  su  nel  testo,  poco  probabile,  ma  naturalmente non impossibile, è l’esistenza all’epoca di un esemplare – perfettamente speculare (o  quasi)  al  Rom. Casanat. 930  –  vergato  da  Santamaura  prima  del  29  febbraio  1584 (questa  è  la  data  di  completamento  del  Casanatensis),  al  momento  o  subito  dopo  il  suo arrivo a roma (avvenuto, come si è detto in precedenza, nell’anno 1582), dal quale potrebbero essere indirettamente discesi per l’appunto il Paris. gr. 1204 e i suoi apografi indiretti.

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doMeniCo SuraCe

allestiti a roma nello scorcio del XVi secolo, ritroviamo dunque tre esemplari delle Orationes di Basilio di Seleucia trascritti da una mano anonima attiva in quello stesso periodo e/o immediatamente dopo, con ogni verisimiglianza nella Città eterna, per la quale si può a questo punto proporre la denominazione di «copista di Basilio di Seleucia».

TAVOLE

A. NÉMETH, The Suicide of Hasdrubal’s Wife revisited in a New Fragment of Polybius

Pl. 1: Vat. gr. 73, f. 21r (p. 41) in natural light.

Pl. 2: Vat. gr. 73, f. 21v (p. 42) in natural light.

A. NÉMETH, The Suicide of Hasdrubal’s Wife revisited in a New Fragment of Polybius

Pl. 3: Vat. lat. 9544, f. 260v: Angelo Mai’s autograph transcription of Vat. gr. 73, f. 21v.

Pl. 4: Vat. gr. 73, f. 107v (p. 214): Diodorus Siculus, Book 32, fragm. 24 and 25 [elaborated].

A. NÉMETH, The Suicide of Hasdrubal’s Wife revisited in a New Fragment of Polybius

Pl. 5: Vat. lat. 9544, f. 51v: Angelo Mai’s autograph transcription of Vat. gr. 73, f. 107v.

Pl. 6: The Hague, Museum Meermanno-Westreenianum, 10.A.11, f. 146v: a miniature (ca. 1475) representing the suicide of Hasdrubal’s wife and the siege of Carthage (© MMW from Europeana collections).

A. NÉMETH, The Suicide of Hasdrubal’s Wife revisited in a New Fragment of Polybius

Pl. 7. Vat. gr. 141 (11th c.), f. 162v: the oldest manuscript of Appian, Libyca, 131.

Pl. 8: Vat. gr. 73, f. 21v (p. 42) processed by William Christens-Barry.

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 1. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 63v.

tav. 2. İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς, 5 (an. 1188), f. 33v: copista Giorgio anagnosta Agioeleuterita (© Πατρ. Βιβλ. & iRHt, Paris).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 3. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 270r: copista .

tav. 4. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1616, f. 13v: copista (?).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 5: a) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1616, f. 308v: copista (?); b) Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. gr. 473, ff. 29v-30r: copista (?) (© BnF).

tav. 6. thessalonike¯, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81, f. 2r: copista Niceta Raguse (© Α.Π.Θ.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 7. Hagion oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911 (an. 1209), f. 1r: copista Niceta Raguse (© Libr. Congr.).

a.

b.

c.

d.

e. tav. 8: a-c) thessalonike, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81, ff. 5v, 22v, 124r (particolari): copista Niceta Raguse (© Α.Π.Θ.); d-e) Hagion oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911 (an. 1209), ff. 34v, 51r: copista Niceta Raguse (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b.

c. tav. 9. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, copista Niceta Raguse: a) f. 36v; b) f. 108r; c) f. 280r (cf. anche tav. 69d).

tav. 10. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 28r: copista Niceta Raguse.

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a.

b. tav. 11: a) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 255r: variante informale della mano del copista Niceta Raguse; b) Yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Τιμίου Σταυροῦ 51, f. 48v: copista (© Libr. Congr.).

tav. 12. Yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σταυροῦ 51, f. 35r: copista (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 13. Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 124 sup., f. 149r: copista (© Ven. Bibl. Ambros.).

a.

b. tav. 14: a) Milano, Biblioteca Ambrosiana, F 124 sup., f. 3v (particolare): copista ; (© Ven. Bibl. Ambros.) b) tbilisi, k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri, gr. 15, f. 25r: copista (© Georgian Nat. Centre).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 15. tbilisi, k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri, gr. 15, f. 9r: copista (© Georgian Nat. Centre).

tav. 16. Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, 1087 (coll. 34 B 19), f. 40v: copista (© Bibl. Civica Bassano).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 17. Bassano del Grappa, Biblioteca Civica, 1087 (coll. 34 B 19): a) f. 117r: copista ; b) f. 136v: altra mano anonima (© Bibl. Civica Bassano).

tav. 18. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1886, f. 48r: copista .

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a.

b.

c.

d. tav. 19. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1886, copista : a) f. 85v; b) f. 87r; c) f. 109r; d) f. 11r.

a.

b. tav. 20. Hagion oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, A.93, copista : a) f. 15v; b) f. 71r (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯).

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a.

b.

c. tav. 21. Hagion oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, Γ.55, copista : a) f. 9r; b) f. 10r; c) f. 29v (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯).

tav. 22. Sydney, university Library, Rare Books and Special Collections Library, RB Add. Ms. 40, f. 4v: copista (?) (© Sydney univ. Libr.).

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a.

b. tav. 23: a) Sydney, university Library, Rare Books and Special Collections Library, RB Add. Ms. 40, f. 6v: copista (?) (© Sydney univ. Libr.); b) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, f. 71r: copista .

tav. 24. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, f. 218r: copista .

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tav. 25. Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 191: copista (© EBE).

a.

b. tav. 26: a) Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 247: copista (© EBE); b) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 2319, f. 14r: copista .

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tav. 27. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 2319, f. 1r: copista .

tav. 28. London, British Library, Add. MS 19460, f. 9v: copista (© the British Library Board).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 29. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi 124, f. 130r: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

a. b.

d.

c. tav. 30: a) Erevan, Mesrop Maštoc‘i anvan Matenadaran, M 1624, f. Բr: copista (?) (© Matenadaran); b-d) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1840, ff. 40v, 41r e 44r: copista (?).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 31. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 141r: copista .

a.

c.

b.

d.

f.

h.

e.

g.

tav. 32. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859: copista : a) f. 128v; b) f. 149v; c) f. 212r; d) f. 141v; e) f. 219v; f) f. 222v; g) f. 243r; h) f. 160r.

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b.

c.

d.

e.

f.

tav. 33. Yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 6: copista ; a) f. 45v; b) f. 77v; c) 9r; d) f. 194v; e) f. 68v; f) f. 147r; g) f. 14v (© Libr. Congr.).

tav. 34. Yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 6, f. 8v: copista (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 35: a) Yerushalayim, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου, Ἁγίου Σάβα 10, f. 106v (particolare): copista (© Libr. Congr.); b) Wien, Österreichische Nationalbibliothek, theol. gr. 120, f. 121v (dettaglio): copista (© ÖNB).

tav. 36. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi 124, f. 124v: copista «anon. Gaddi» (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 37: a) Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi 124, f. 18v: copista «anon. Gaddi» (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo); b) London, British Library, Add. MS 19460, f. 28r: copista (© the British Library Board).

a.

b. tav. 38: a) London, British Library, Add. MS 19460, f. 70v: copista ; b) London, British Library, Add. MS 37005, f. 94r: copista (© the British Library Board).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 39. London, British Library, Add. MS 37005, copista : a) f. 11r; b) f. 60r (© the British Library Board).

a.

b. tav. 40: a) London, British Library, Add. MS 19460, f. 45r: copista (© the British Library Board); b) London, Lambeth Palace, MS 1189, p. 241: copista o (?) (© Lambeth Palace Library).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 41. London, Lambeth Palace, MS 1189, p. 96: copista o (?) (© Lambeth Palace Library).

tav. 42. Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 10: copista (© EBE).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 43. Athe¯na, Συλλογὴ Σπ. Λοβέρδου, 2, copista : a) f. 2r (olim 4r); b) f. 20r (olim 22r).

a.

b. tav. 44. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, copista e rubricatore-ornatista : a) f. 4r; b) f. 92r.

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b.

c.

d. tav. 45. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 134, ornatista-rubricatore e copista : a) f. 1r; b) f. 6v; c) f. 183v; d) f. 194v (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

a.

b.

c.

d.

e. tav. 46: a-b) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, ff. 147r e 237v: copista e rubricatore (© BAV); c-e) Hagion oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, A.93, ff. 1r, 30r e 46v: copista e ornatista (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b.

c. tav. 47: a-b) Hagion oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας, Γ.55, ff. 34r, 66r: copista (e ornatista?) (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯); c) Athe¯na, Συλλογὴ Σπ. Λοβέρδου, 2, f. 1r: copista e ornatista (forse) .

tav. 48. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 2319, f. 6r: copista ; ornatista (?)

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 49: a) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, f. 148r: copista e ornatista-rubricatore ; b) Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 271: copista (e ornatista-rubricatore?) (© EBE).

a.

b. tav. 50: a) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, f. 239r: copista e rubricatore , ornatista ; b) Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 167: copista (e ornatista?) (© EBE).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 51. Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36, f. 62v: copista Nicola Brachionas (© Libr. Congr.).

a.

b.

c.

d.

f.

e.

g.

h. tav. 52. Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36: a) f. 1r; b) f. 2v; c) f. 5v; d) f. 38r; e) f. 43v; f) f. 154r; g) f. 164v; h) f. 201v (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 53. Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (an. 1205), f. 59v: copista Costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato» (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯).

a.

b.

c.

d.

e.

f. tav. 54. Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (an. 1205): a) f. 9r; b) f. 19v; c) f. 29v; d) f. 38v; e) f. 41r; f) f. 76v: copista (e ornatista?) Costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato» (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 55: a) oxford, Bodleian Libraries, Arch. Selden B.54, f. 187r: copista (© Bodl. Libr.; Creative Commons lic. CC-BY-NC 4.0); b) Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. ii 42, f. 13v: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

a.

b. tav. 56: a) Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. ii 82, f. 1r: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo); b) Sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 190, ff. iv-iir: copista (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 57. Chicago (iL), university Library, Joseph Regenstein Library, Ms. 879, f. 4v: copista Costantino anagnosta teologita (© Chicago univ. Libr.).

a.

b.

c. tav. 58: a) Chicago (iL), university Library, Joseph Regenstein Library, Ms. 879, f. 54r: copista Costantino anagnosta teologita (© Chicago univ. Libr.); b) Paris, Bibliothèque nationale de France, Suppl. grec 1389, f. 15r: copista (© BnF); c) tokyo, Keio university Library, 141X@127@1, f. 1r: copista (© Keio univ.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 59. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 134, f. 13r: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

a.

b. tav. 60: a) Wenham (MA), Gordon College, Jenks Library, Gr. Ms. 2, p. : copista (courtesy: Jenks Library [©]); b) Meteo¯ra, Μονὴ Μεταμορφώσεως, 506, f. 34r: copista (© Μονὴ Μεταμορφ.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 61. Roma, Biblioteca Angelica, gr. 46, f. 25v (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

tav. 62. Roma, Biblioteca Angelica, gr. 46, f. 173r: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

tav. 63. Paris, Bibliothèque nationale de France, Coislin 213, f. 1v: copista (© BnF).

a.

b. tav. 64: a) Durham (N.C.), Duke university, David M. Rubenstein Rare Book and Manuscript Library, Kenneth Willis Clark collection, Greek Ms. 27, f. 3r: copista (© Duke univ.); b) Hagion oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 1218, f. 30r: copista (© Libr. Congr.).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 65: a) İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς, 120, f. 233av: copista (© Πατρ. Βιβλ. & iRHt, Paris); b) Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 537, f. 81v: copista (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo).

tav. 66. Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 290, f. 65v: copista Nicola Macroleone, e rubricatoreornatista (© BnF).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 67: a) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 313, f. 5v: copista e rubricatore-ornatista (© BnF); b) Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 67, f. 121v: copista Demetrio (© Libr. Congr.).

a.

d.

b.

e.

tav. 68: a-c) Athe¯na, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 127, p. 103 (s. Marco evangelista, e

c.

dettagli: © EBE); d) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ott. gr. 212, f. 3v (s. Matteo evangelista); e) Yerushalayim, Srboc‘ Yakobeanc‘ Vank‘/Erusałemi Hayoc‘ Patriark‘ut‘iwn [= Biblioteca del Patriarcato Armeno di Gerusalemme], 2563 («Vangelo della regina Ker·an», an. 1272), f. 380r (la famiglia reale armeno-ciliciana ai piedi della Deesis, dettaglio: ritratto del re di Cilicia [1269/1270-1289] Lewon ii) (© Arm. Patr. Libr. Jerusalem).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

c.

a.

d.

b.

tav. 69: a) İstanbul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη, Ἁγία Τριάς, 5 (an. 1188), f. 144r: colofone di Giorgio anagnosta Agioeleuterita (© Πατρ. Βιβλ. & iRHt, Paris); b-c) Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 36 (an. 1201), f. 209r-v: colofoni del copista Nicola Brachionas (© Libr. Congr.); d) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 280r: «firma» di Raguse nel margine superiore (cf. tav. 9c).

a.

b.

c. tav. 70: a) Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, gr. Z 134, f. 193v: colofone metrico dell’«anon. Antiochi mon.» (alias Mosco Macroleone?) (su concessione del MiC. È vietata ogni ulteriore riprod. con qualsiasi mezzo); b) tokyo, Keio university Library, 141X@127@1, f. 111r: colofone metrico dell’«anon. Antiochi mon.» (alias Mosco Macroleone?) (© Keio univ.); c) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 290, f. 189v: colofone metrico di Nicola Macroleone (© BnF).

F. D’Aiuto, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu»

a.

b. tav. 71: a) Hagion oros, Μονὴ Ἰβήρων, 23 (an. 1205), f. 186r (part.): colofone di Costantino anagnosta «dall’appellativo rasurato» (© Patriarchal inst. for Patristic Studies, thessalonike¯); b) Hagion oros, Μονὴ Βατοπεδίου, 911 (an. 1209), f. 155v (part.): colofone di Niceta Raguse (© Libr. Congr.).

b.

a.

d.

c.

e. tav. 72: a-b) thessalonike¯, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81, ff. 123v e 230r: colofoni del copista Niceta Raguse (© Α.Π.Θ.); c) Chicago (iL), university Library, Joseph Regenstein Library, Ms. 879, f. 110r: colofone del copista Costantino anagnosta teologita (© Chicago univ. Libr.); d) Paris, Bibliothèque nationale de France, gr. 1618, f. 92v: colofone dell’anonimo copista, con preghiera per il committente o destinatario del codice Niceta Landurphos (© BnF); e) Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 859, f. 211v: nota armena di Nersēs .

L. PIERALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo

Tav. 1. Il patriarca esenta il monastero di Spondai nell’isola di Cos dalla giurisdizione del vescovo del luogo, an. 1237 o 1252, settembre (Régestes, nr. 1387).

Tav. 1a. Ingrandimento della metà superiore del documento riprodotto alla tav. 1.

L. PIERALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo

Tav. 1b. Ingrandimento della metà inferiore del documento riprodotto alla tav. 1.

Tav. 2. Il patriarca Arsenio Autoreianos sottopone il monastero di Spondai nell’isola di Cos al monastero di S. Giovanni Teologo a Patmo come metochion, an. 1258 (Régestes, nr. 1337).

L. PIERALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo

Tav. 2a. Ingrandimento della metà superiore del documento riprodotto alla tav. 2.

Tav. 2b. Ingrandimento della metà inferiore del documento riprodotto alla tav. 2.

L. PIERALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo

Tav. 3. Il patriarca Atanasio I restituisce al monastero di S. Giovanni Teologo a Patmo i monasteri di Spondai e di Alsos nell’isola di Cos, maggio 1291 (Régestes, nr. 1550).

Tav. 3a. Ingrandimento della metà superiore del documento riprodotto alla tav. 3.

L. PIERALLI, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo

Tav. 3b. Ingrandimento della metà inferiore del documento riprodotto alla tav. 3.

Tav. 4: Il patriarca Atanasio e la sinodo regolano una contesa relativa al metochio della Theometor a Hermylia legato a Xeropotamou tramite il monaco Teodoro Skaranos, ann. 1289-1293 (Régestes, nr. 1549).

F. Potenza, Niccolò V e i suoi libri greci

tav. 1. Vic, Museu episcopal, 201 (inventario dei manoscritti greci della Biblioteca Vaticana alla morte di niccolò V, an. 1455), f. 5r: inizio della descrizione dei codici contenenti opere di s. Basilio Magno.

tav. 2a. Vat. gr. 453, f. iiiv (particolare): titoletto di mano di Giovanni tortelli.

tav. 2b. Vat. gr. 155, f. 3r: l’ultima parola del foglio (ἰουδαίαν) è stata adoperata come «parola-guida» identificativa del codice nell’inventario vaticano dei codici greci dell’anno 1533.

F. Potenza, Niccolò V e i suoi libri greci

tav. 3a. athos, Moné Pantokratoros, 162, f. 105r (particolare): sottoscrizione di Gerasimo, con dossologia finale.

tav. 3b. athos, Moné Pantokratoros, 108, f. 343v (particolare): sottoscrizione di Gerasimo, con dossologia finale.

tav. 4a. Vat. gr. 864, f. 426r (particolare): nota di possesso del monastero del Pantokrator.

Vat. gr. 864

athos, Moné athos, Moné athos, Moné Pantokratoros, 108 Pantokratoros, 162 Pantokratoros, 170

sigma

csi

epsilon-csi

sigmaepsilonomega

ypsilon-pi

chi-rho

tav. 4b. Forme di lettere e legature tipiche del copista Gerasimo.

Vat. gr. 786

F. Potenza, Niccolò V e i suoi libri greci

Vat. gr. 864, f. 113r

athos, Moné athos, Moné Pantokratoros, 108, Pantokratoros, 162, ff. 4r, 342v, 343r ff. 1v, 4v, 103v

athos, Moné Pantokratoros, 170, ff. 4r, 183r, 183v

Vat. gr. 786, ff. 25r, 34r, 48r

tav. 5a. Lettere finali di parola sovente trascritte da Gerasimo, a fine riga, in forma non abbreviata e collocate «in esponente».

athos, Moné Pantokratoros, 162, f. 1v

athos, Moné Pantokratoros, 170, f. 5v

tav. 5b. Segni di interpunzione di fine sezione.

Vat. gr. 786, f. 47r

tav. 6. athos, Moné Pantokratoros, 162, f. 1v: copista Gerasimo.

F. Potenza, Niccolò V e i suoi libri greci

tav. 7. Vat. gr. 786, f. 40r: .

tav. 8a. Vat. gr. 864, f. 198r (particolare): explicit del testo ().

tav. 8b. athos, Moné Pantokratoros, 108, f. 343v (particolare): explicit del testo (copista Gerasimo).

tav. 8c. Vat. gr. 864, f. 425v (particolare): dossologia finale ().

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

a.

b.

Fig. 1. a) Vat. gr. 19 (Manuel Moschopulus, Schedographia, manoscritto, Costantinopoli 1425), piatto posteriore; b) Aldine I.24 (Plutarchus, Opuscula, Venetiis, in aedibus Aldi, 1509), piatto anteriore.

Fig. 2. Cucitura bizantina senza supporti (da FederICI - HoulIs, Legature cit. p. 25 fig. 15).

Fig. 3. Aldine I.6 [(1): Thucydides, Venetiis, in domo Aldi, 1502; (2): Xenophontis Omissa (…), Venetiis, in Aldi Neacademia, 1503], dorso.

Fig 4. Aldine III.24 (Anthologia Graeca, Venetiis, in aedibus Aldi, 1503), piatto posteriore.

Fig. 5. Aldine III.24 (Anthologia Graeca, Venetiis, in aedibus Aldi, 1503), contropiatto posteriore.

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

b.

c.

a. Fig. 6. Aldine III.279 (Quintus smyrnaeus, Posthomerica, [Venetiis], Aldus, 1505): a) taglio anteriore; b-c) particolare del puntale e del tenone.

a.

b.

Fig. 7. a) Aldine III.26 (2) (euripides, Tragoediae, Venetiis, apud Aldum, 1503), taglio di testa; b) Inc. Chig. II.744 (Aristophanes, Comoediae, Venetiis, apud Aldum, 1498), taglio di testa.

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

a.

b.

Fig. 8. Aldine III.26 (1) (euripides, Tragoediae, Venetiis, apud Aldum, 1503): a) piatto posteriore; b) taglio anteriore.

Fig. 9. la costruzione delle bindelle dei fermagli nelle legature bizantine (da FederICI - HoulIs, Legature cit., p. 38 fig. 31).

a.

b. Fig. 10. Aldine I.31 (Hesychius, Dictionarium, Venetiis, in aedibus Aldi 1514): a) taglio anteriore; b) particolare della bindella con il puntale ripresa dal contropiatto posteriore.

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

a.

b.

c. Fig. 11. Inc. IV.125 (Apollonius rhodius, Argonautica, Firenze, lorenzo de Alopa, 1496): a) piatto anteriore; b) taglio anteriore; c) particolare della bindella con puntale e tenone.

Fig. 12. Inc. I.21 (Giovanni Crastone, Dictionarium, Milano, Bonus Accursius, 1478), piatto anteriore.

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

a. b.

Fig. 13. Inc. IV.149 (Epistolae, Venetiis, Aldus Manutius, 1499): a) piatto posteriore; b) particolare del capitello di piede.

a.

b.

Fig. 14. Aldine III.25 (euripides, Tragoediae, Aldo, 1503): a) contropiatto anteriore; b) contropiatto posteriore.

a.

a.

b.

Fig. 15. a) Aldine I.1 ([1]: luciani Opera. Icones Philostrati, Venetiis, in aedibus Aldi, 1503; [2]: Philostrati De Vita Apollonii Tyanei […], Venetiis, in aedibus Aldi, 1502; [3]: Xenophontis Omissa […], Venetiis, in Aldi Neacademia, 1503), contropiatto anteriore; b) Aldine I.6 ([1]: Thucydides, Venetiis, in domo Aldi, 1502; [2]: Xenophontis Omissa […], Venetiis, in Aldi Neacademia, 1503), contropiatto posteriore.

b.

Fig. 16. a) Inc. IV.149 (Epistolae, Venetiis, Aldus Manutius, 1499), dorso; b) Inc. II.160 (dioscorides, De materia medica, Venetiis, apud Aldum, 1499), particolare del piatto posteriore.

C. FederICI, Legature «alla greca» tra gli stampati vaticani

a.

b.

c.

Fig. 17. a) Aldine I.33 (Athenaeus Naucratites, Deipnosophistae, [Venetiis], Aldus M.r., [1514]), dorso, particolare del nervo in cuoio fendu; b) Aldine I.26 (Aeschines, lysias [et al.], Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, 1513), dorso, nervi singoli in pelle allumata; c) Aldine I.24 (Plutarchus, Opuscula, Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, 1509), cerniera posteriore, nervi singoli in cuoio.

a.

b.

Fig. 18. a) Vat. gr. 854 (Synopsis Basilicorum maior, manoscritto del sec. XI, legatura del sec. XV), piatto anteriore; b) Aldine III.12 (sophocles, Tragoediae, Venetiis, in Aldi romani Academia, 1502), piatto anteriore.

a.

b. Fig. 19. a) Aldine I.26 (Aeschines, lysias [et al.], Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, 1513), piatto posteriore; b) Aldine I.27 (Plato, Opera omnia, Venetiis, in aedibus Aldi et Andreae soceri, 1513), piatto anteriore.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 1. Vat. lat. 4105, f. 176r.

Tav. 2. Vat. lat. 1900, f. 2v.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

a.

b.

Tav. 3. a) Vat. gr. 959, dorso della legatura; b) Vat. gr. 967, dorso della legatura.

Tav. 4. Vat. lat. 4065, f. 60v.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 5. Vat. gr. 958, f. 1r.

Tav. 6. Vat. gr. 962, f. 31r.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 7. Vat. gr. 966, f. 91r.

Tav. 8. Vat. gr. 252, risguardia anteriore.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 9. Vat. gr. 1037, risguardia anteriore.

Tav. 10. Vat. gr. 1049, risguardia anteriore.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 11. Vat. gr. 970, f. 72r.

Tav. 12. Vat. gr. 1077, f. 1r.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 13. Vat. lat. 7131, f. 96v.

Tav. 14. Ott. gr. 210, f. 64r.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 15. Ott. gr. 210, f. 167r.

Tav. 16. Reg. lat. 2023, f. 193r.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 17. Reg. lat. 2023, f. 115r.

Tav. 18. Vat. lat. 4103, f. 125r.

G. CARDINALI, Il profeta e il monsignore

Tav. 19. Vat. lat. 4050, f. 74r.

Tav. 20. Vat. lat. 4056, f. 133r.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 1. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», Branc. III D 4, f. 76r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 2. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III C 16, f. 34r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 3. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III D 19, f. 9r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 4. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III D 18, f. 1r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 5. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. gr. 423, f. 53r.

Tav. 6. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Barb. gr. 423, f. 51v.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 7. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1902, f. 146r.

Tav. 8. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III C 23, f. 159r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 9. Roma, Biblioteca Vallicelliana, Allacci XV, tomo II, f. 3r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 10. Roma, Biblioteca Vallicelliana, Allacci XXII, f. 115r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 11. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», Branc. I F 3, f. 23r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 12. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», Branc. IV A 3, f. 285v. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 13. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1919, f. 219r.

Tav. 14. Messina, Biblioteca Regionale Universitaria «Giacomo Longo», Messan. gr. 39, f. 34r. Su concessione dell’Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

D. SURACE, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo

Tav. 15. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III B 23, f. 129r. Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 16a. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1919, f. 219r, ll. 5-12.

Tav. 16b. Messina, Biblioteca Regionale Universitaria «Giacomo Longo», Messan. gr. 39, f. 34r, ll. 1-6 ab imo. Su concessione dell’Assessorato Beni Culturali e dell’Identità Siciliana. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

Tav. 16c. Napoli, Biblioteca Nazionale «Vittorio Emanuele III», III B 23, f. 129r, ll. 4-11 (l. 11: ἀλλῆθεια [sic]). Su concessione del Ministero della Cultura. È vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.

RÉSUMÉS / ABSTRACTS

Brigitte Mondrain, Mgr Canart et les manuscrits grecs [Mons. Canart e i manoscritti greci] in questo contributo si vuol offrire qualche riflessione sulla straordinaria personalità scientifica di Mons. Paul Canart e sull’amplissima attività di ricerca da lui svolta nell’ambito degli studi di paleografia greca, codicologia e storia delle collezioni manoscritte. Catalogatore di manoscritti raffinato e rigoroso, con l’equilibrio e la chiarezza del suo rinnovato modello descrittivo Canart ha segnato la strada da seguire alle successive generazioni di autori di cataloghi. La sua attiva partecipazione alla vita di organismi di coordinamento scientifico – in particolare del Comité international de paléographie grecque (CiPG), di cui è stato presidente – e la sua collaborazione alla gestione di periodici importanti per gli studi di paleografia e codicologia, come pure il suo insegnamento della paleografia greca nella Scuola Vaticana di Paleografia diplomatica e archivistica, completano il ritratto di un insigne studioso, il cui ricordo resta vivo nella memoria di chi ha avuto il privilegio di conoscerlo e di poter ricorrere al suo magistero.

Cesare PaSini, Paul Canart, sessant’anni alla Biblioteca Vaticana [Paul Canart: Sixty Years at the Vatican Library]. This paper is dedicated to illustrating the personality of Canart, the man and the priest, his style and his spirituality, with the discretion and the shyness that were part of his character. Use is made of some of the publications in which he talked about himself and about his research, his work and his experiences; reference is also made to his archive, which is now kept in the Vatican Library. The narrative starts from the years he spent in Belgium until his call to the Library in 1957, and then describes the positions he held there, and especially his commitment to the task of cataloguing Greek manuscripts. We note his fine sense of irony, his rich capacity for friendship, his religiosity and industriousness, together with his lively correspondence with his family. The appendix of documents includes a curriculum vitae; the correspondence relating to his appointment in the Vatican Library; his report to his family members regarding the death of Pius Xii and the election of John XXiii; his homily for the fiftieth anniversary of his ordination; and finally a delicate letter he addressed to the widow of Jean irigoin.

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andrás néMeTh, The Suicide of Hasdrubal’s Wife Revisited in a New Fragment of Polybius [il suicidio della moglie di asdrubale alla luce di un nuovo frammento di Polibio] il presente articolo fornisce per la prima volta una trascrizione completa del resoconto di Polibio sul suicidio della moglie di asdrubale insieme ai figli, avvenuto nel 146 a.C., al termine della terza guerra punica (Polyb. Hist., lib. 38, nel finale). il testo del passo, che ci è tramandato nel Vat. gr. 73 (f. 21r-v), era rimasto sinora in gran parte illeggibile a motivo del trattamento con reagenti chimici cui il foglio fu sottoposto da parte di angelo Mai negli anni Venti dell’ottocento. Con l’aiuto di tecniche di fotografia multispettrale il testo diviene ora leggibile in modo quasi completo, permettendo così di aggiungere 15 nuove righe al corpus superstite dell’opera polibiana. oltre alla trascrizione diplomatica del testis unicus, alla traduzione in inglese del passo, e a un dettagliato apparato critico che ragguaglia circa tutti i precedenti tentativi di decifrazione, l’articolo analizza il nuovo testo ponendolo a serrato confronto con altre testimonianze che da questa stessa fonte dipendono (diodoro Siculo, appiano e l’epitome di Cassio dione). ne risulta che Polibio ha orchestrato questa scena di suicidio come un esempio del sovrastante potere della Tyche di modellare la storia, secondo princìpi etici tipici dell’età ellenistica, che nella narrazione dello storico si incarnano nella figura di Scipione emiliano.

Francesco d’aiUTo, Cipro o Rodi (e Cilicia)? La scrittura «à μεν distendu» [Chypre ou rhodes (et la Cilicie)? L’écriture «à μεν distendu»] en 1981, dans une étude fondamentale consacrée aux écritures grecques médiévales de la région palestino-chypriote, Mgr Paul Canart signala le premier onze manuscrits qui présentaient une écriture assez reconnaissable, caractérisée entre autres par une ligature «distendue» du groupe μεν. Le savant discuta ce sujet très sommairement, en seulement deux pages – qui représentaient une sort de bref excursus par rapport au thème majeur de sa contribution, à savoir les manuscrits de Chypre – où il se demandait si cette écriture «à μεν distendu» devait être attribuée au même milieu chypriote. au fil des décennies suivantes et jusqu’à nos jours, d’autres chercheurs ont ajouté au dossier de ce type graphique, de manière sporadique, un total d’une douzaine d’exemplaires supplémentaires. Le présent article signale pour la première fois une cinquantaine de nouveaux témoins de cette écriture – qui désormais s’avère être un véritable style aux caractéristiques stables et bien définies –, dans des manuscrits qui sont aujourd’hui dispersés entre bibliothèques et collections privées du monde entier. en outre, on présente ici un premier répertoire des copistes (et des ornementistes) qui reviennent dans ce groupe de manuscrits – en se limitant, pour l’instant, aux seules mains qu’il a été possible de reconnaître dans plus d’un codex –, et on examine

RÉSUMÉS

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aussi, sur un plan plus général, les problèmes de la localisation et de la datation du style. Ces nouveaux témoins permettent de dire que ce style a été utilisé entre les dernières décennies du Xiie siècle et le milieu du Xiiie, tandis que son ancrage géographique reste bien plus difficile: en effet, la seule référence explicite pointe vers l’île de rhodes, mais plusieurs indices semblent suggérer une diffusion probable – au moins en termes d’usage de ces livres – également dans la région sudouest de l’anatolie et dans des milieux arméniens. en témoigne, entre autres, le fait qu’un de ces manuscrits, le Vat. gr. 859, a appartenu à l’une des personnalités les plus éminentes du monde culturel du royaume arménien de Cilicie, le saint archevêque de Tarse et théologien nersēs Lambronac‘i († 1198), qui l’a peut-être commandité, et l’a en tout cas utilisé pour ses travaux d’érudition.

Luca PieraLLi, Le scritture dei documenti della cancelleria patriarcale del XIII secolo: osservazioni metodologiche [The Script-Styles of ThirteenthCentury documents from the Patriarchal Chancellery: Methodological reflections] This study examines some methodological challenges encountered when studying the  paleography of Greek documents issued from the principal Constantinopolitan chancelleries during the Middle ages. Until now, Greek paleographers have focused mainly on handwriting in manuscript books, neglecting the evidence offered by documents. This contribution analyses in detail the paleographical features of thirteenth-century patriarchal documents, in an attempt to highlight the ideological value they contain which has traditionally been conferred on letters from a sovereign chancellery.

Francesca PoTenza, Niccolò V e i suoi libri greci. Con qualche nuovo dato sui codici provenienti dal monastero del Pantokrator sull’Athos e sul copista Gerasimo [nicholas V and his Greek Books, including new data about the Manuscripts from the athonite Monastery of Pantokrator and the Scribe Gerasimos] in addition to presenting the project for a new edition of the inventory of Greek manuscripts owned by Pope nicholas V (1455) and discussing the criteria for the identification of his codices, this paper proposes the attribution of the Triodion Vat. gr. 786 to the papal library of nicholas V. This manuscript, dated to the year 1378/1379, was written by several scribes, one of whom is identified here as Gerasimos, a monk from the monastery of Pantokrator on Mount athos, from which comes a larger group of manuscripts in Pope Parentucelli’s Greek collection.

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Carlo FederiCi, Legature «alla greca» fra gli stampati vaticani [«alla Greca» Bindings on Printed Books in the Vatican Library] This study analyses a selection of printed books held at the Vatican Library (eight incunabula and 20 volumes from the first decades of the sixteenth century) with a so-called «alla greca» binding. The «alla greca» expression indicates an artefact constructed by imperfectly imitating Byzantine bindings. This research highlights the hybridity characterizing these bindings, by examining the material and structural features of the books and underlining the modifications induced by the technological solutions of the Latin West on Byzantine binding structure.

Giacomo CardinaLi, Il profeta e il monsignore: quarantasette nuovi manoscritti (e tredici nuovi stampati) di Angelo Colocci nella Vaticana e alla Nazionale di Parigi [Le prophète et le monseigneur: quarante-sept nouveaux manuscrits (et treize nouveaux imprimés) d’angelo Colocci conservés aux bibliothèques Vaticane et nationale de Paris] Une fois esquissée, pour la première fois, l’histoire des études consacrées à la bibliothèque et à la collection d’antiquités d’ange Colocci († 1549), cette contribution illustre les critères anciens et nouveaux pour l’identification des manuscrits, surtout grecs, de l’érudit italien, dont sont réunies et examinées toutes les listes dressées au moment de la mort du propriétaire et de leur transfert à la Bibliothèque Vaticane. en croisant ces listes et ces critères, il est maintenant possible d’attribuer à la même collection Colocci quarante-sept manuscrits et treize imprimés, grecs et latins, conservés dans différents fonds de la bibliothèque des papes, mais aussi à la Bibliothèque nationale de France. de chacun d’entre eux on donne une description catalographique synthétique qui dans la plupart des cas est la seule disponible.

domenico SUraCe, Nuove identificazioni di copisti greci del XVI e XVII secolo [Some new identifications of Manuscripts of Greek Scribes from the 16th and 17th Centuries] This article proposes some new attributions of manuscripts to the hands of either known or anonymous Greek scribes of the sixteenth and seventeenth centuries. These manuscripts are mostly kept in the Biblioteca nazionale «Vittorio emanuele iii» in naples and the Biblioteca apostolica Vaticana. among these codices, there are three witnesses to the homilies of Basil of Seleucia copied by the same anonymous scribe.

indici

indice AnAlitico a cura di francesco d’Aiuto *

Quest’indice, che è selettivo, raccoglie informazioni relative a: 1) fonti; 2) nomi di persona; 3) etnonimi; 4) toponimi; 5) istituzioni; 6) un limitato numero di realia e concetti: 1) le fon t i letterarie e storiche – in forma normalizzata secondo le voci presenti nei più comuni repertori di autorità – sono schedate in maniera autonoma a partire dal titolo solamente quando anonime oppure quando opere collettive meglio note con il titolo comune (ad es. Apophthegmatum Patrum collectio […]). Sono trattate in maniera analoga, con voci alfabetiche proprie, anche le collezioni di testi di più autori tràdite in quanto tali in forma manoscritta (ad es. Biblia Sacra; Historia Augusta), ivi inclusi i libri liturgici o le raccolte agiografiche, qui indicizzati nella forma latina (ad es. Euchologium […]; Synaxarium […]). Per le opere di paternità nota o comunemente attribuita, ivi inclusi i casi di pseudonimia o i testi di incerta authorship, ci si riferisce invece di norma alla voce relativa all’autore. in via d’eccezione, però, le fonti agiografiche greche sono sempre schedate sotto il titolo latino normalizzato (ad es. Passio […], o Vita […], e così via) – con rinvio dal nome dell’autore, quando noto –, e sono inoltre corredate del riferimento alla Bibliotheca Hagiographica Graeca [= BHG];

* AbbreviAzioni bibliogrAfiche: BHG = f. hAlkin, Bibliotheca Hagiographica Graeca, i-iii, bruxelles 19573 (Subsidia hagiographica, 8a), [necnon] id., Novum Auctarium Bibliothecae Hagiographicae Graecae, bruxelles 1984 (Subsidia hagiographica, 65). cAn = P. cAnArt, Additions et corrections au repertorium der griechischen kopisten 8001600, 3, in Vaticana et Medievalia. Études en l’honneur de Louis Duval-Arnould, réunies par J.M. MArtin, b. MArtin-hiSArd et A. PArAvicini bAgliAni, firenze 2008 (Millennio Medievale, 71; Strumenti e studi, n.s. 16), pp. 41-63. CANT = M. geerArd, Clavis apocryphorum Novi Testamenti, turnhout 1992 (corpus christianorum). lucà = S. lucà, Teodoro sacerdote, copista del reg. gr. Pii ii 35. Appunti su scribi e committenti di manoscritti greci, in Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, n.s. 55 (2001), pp. 127-163 (con 16 tavv. f.t.). RGK = Repertorium der griechischen Kopisten, 800-1600, erstellt von e. gAMillScheg d. hArlfinger [- h. hunger - P. eleuteri], i-iii, Wien 1981-1997 (Österreichische Akademie der Wissenschaften. veröffentlichungen der kommission für byzantinistik, iii/1-3). vg = M. vogel - v. gArdthAuSen, Die griechischen Schreiber des Mittelalters und der Renaissance, leipzig 1909 [rist. anastatica: hildesheim 1966].

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2) per quanto attiene ai n omi d i p e rs on a , si registrano: a) autori antichi, medievali o moderni; b) copisti, possessori, annotatori di manoscritti, ovvero altri personaggi i cui nomi si leggano in note presenti su codici e stampati antichi, o ai quali ci si riferisca in documenti d’archivio; c) eruditi e bibliotecari; c) personaggi storici e mitologici; d) studiosi moderni (qui schedati se citati in forma discorsiva nel testo, e non quando siano invece solamente autori di contributi citati nella bibliografia). Si noti che i nomi di personaggi antichi, medievali e della prima età umanistica (o, se di lingua madre greca, fino al Xvii secolo), come pure quelli dei santi di ogni età, sono presentati in forma latina normalizzata. i personaggi della roma antica dotati dei tria nomina sono indicizzati a partire dal secondo elemento, o nomen (ad es. Aemilius Paullus Macedonicus, Lucius –), a meno che non siano più comunemente noti in altro modo (ad es. Scipio […]; in tal caso, però, dal nomen si fa comunque rinvio alla forma di intestazione qui adottata, ad es. da Cornelius […] si rinvia a Scipio […]). i nomi di pontefici e patriarchi, sempre in latino, e quelli dei regnanti sono corredati, ove appropriato, del numerale ordinale e delle date di episcopato o regno oltre che, se note, di quelle biografiche. i nomi di religiosi cattolici sono seguìti dalle sigle adottate per ordini e congregazioni nell’Annuario Pontificio. i nomi degli scribi sono affiancati da riferimenti alle repertoriazioni d’uso. inoltre, i nomi di tutti i personaggi non più in vita – esclusi ovviamente quelli leggendari o dalla cronologia incerta – sono corredati delle date biografiche; 3) i n omi d i p op ol o e gli aggettivi di nazionalità sono indicizzati sotto la forma italiana; 4) per quel che riguarda i top on imi, che nell’indice sono evidenziati mediante l’uso del MAiuScoletto, si adotta in genere la forma della lingua ufficiale del relativo Stato attuale, ma con eventuali rinvii da forme storiche, ovvero da dizioni alternative in caso di compresenze linguistiche su un medesimo territorio. Per i toponimi greci e orientali, però, si fa in genere prevalere la forma italianizzata ed eventualmente storica, laddove d’uso comune (ad es. Cipro […]), con rinvio dalla forma antica e/o attuale nella lingua locale. È omessa l’indicizzazione di toponimi che nel testo ricorrano spesso o siano usati con valenza generica (come ad es. Levante; Oriente). inoltre, i nomi di luogo non sono indicizzati autonomamente quando nel testo fungono da mero epiteto o caratterizzazione di un personaggio (ad es. Pantelleria, con riferimento ad Arsenius a Pantellaria insula […]). infine, non sono qui registrati i toponimi (e i nomi degli istituti di conservazione) che nel testo siano citati come parte della segnatura di un manoscritto o di uno stampato, genere di occorrenze (ivi incluse quelle sintetiche di genere discorsivo, ad es. «il codice di napoli») per il quale si rinvia piuttosto all’«indice dei manoscritti, dei documenti d’archivio e degli esemplari a stampa citati» (cf. infra, pp. 413-436); 5) le is t it uz ion i o i monumenti sono schedati, in posizione subordinata, sotto la voce dedicata alla località in cui hanno sede o sono situati; ma le istituzioni a carattere internazionale idealmente non legate a una specifica sede sono invece svincolate dal toponimo e alfabeticamente ordinate a partire dal loro nome ufficiale; 6) re al i a e con ce tt i sono limitati quasi esclusivamente alle voci relative a stili e tipi di scrittura, alle quali si aggiunge qualche entry di interesse codicologico o relativa al libro antico e al documento d’archivio.

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*** Si avverte che in questo indice si rinvia alle figure nel testo, o alle tavole fuori testo, solamente in relazione alle mani di copisti/ornatisti, annotatori o possessori/committenti di manoscritti, bibliotecari, oppure alle personalità menzionate in connessione con un documento d’archivio, limitatamente però ai casi in cui gli appartenenti a tali categorie siano menzionati in modo esplicito nelle didascalie che accompagnano le immagini. Si segnala pure che, ai fini dell’ordinamento alfabetico delle voci, qualunque lettera modificata da s e gn o d ia crit ico posto sopra o sotto la lettera – inclusi ad es. gli Umlaute del tedesco – è considerata equivalente alla medesima lettera priva di tale segno. nella sequenza delle entries, inoltre, in caso di id e n t ità d i forma tra un toponimo e altra forma di idionimo o di intitolazione di ente, il nome di luogo è anteposto (ad es., prima: Roma; poi: Roma, Associazione Sportiva – [squadra di calcio]). in caso di omon imia , infine, se accompagnati da un numerale ordinale i nomi di papi, patriarchi (nell’ordine: di costantinopoli, Alessandria, Antiochia, gerusalemme, altri), imperatori (romani, bizantini, del Sacro romano impero, di trebisonda, dei francesi) e altri regnanti, disposti secondo quest’ordine di precedenza, figurano dinanzi a quelli di qualunque altro personaggio recante lo stesso primo nome. abašiӡe, zaal (zaal Abashidze): 222 (nt. *). Abatzidou (…): cf.  Ampatzidu (…). Acciaiuoli (vel Acciaioli), zenobius (zanobi, 1461-1519), o.P., humanista, bibliothecarius, necnon librarius (vg, p. 127): inventarium codicum graecorum bibliothecae vaticanae (siglum l1) ab eo confectum (an. 1518 ca.): 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245 (e nt. 27), 247 (e nt. 32). Achillius Mercurius: cf.  Mercurius, Achillius (…). Actus Apostolorum: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). Aelius (…): cf.  Aristides, Aelius – (…);  donatus, Aelius – (…);  hadrianus, Publius Aelius traianus – (…). Aemilius Paullus Macedonicus, lucius – (229 ca.-160 a.c.): 92, 93 (nt. 17), 99. Aeschylus (525/524-456/455 a.c.): 307 (e nt. 138), 315. Aesopus (saec. vii-vi a.c.): 291. AfricA: 88. Agagianian (Ałačanean), grigor-Petros (al secolo Łazaros): cf.  gregorius Petrus Xv Agagianian (…), patriarcha ciliciae Armenorum (…), card. Agati, Maria luisa: 9 (nt. 1), 17. agiografici, manoscritti –: 21, 120, 137, 153, 163, 218, 221, 333. ★ cf. anche:  Geronticon (…);  Homiliarium;  Menologium (…);  Panegyricum (…);  Synaxarium (…). agiografici, testi –: 14, 120, 221, 303. ★ cf. anche:  Apophthegmatum Patrum collectio (…);  Commentarius (…);  Historia Lausiaca (…);  Oratio (…);  Passio (…);  Protoevangelium Iacobi (…);  Vita (…). Agustín, Antonio (1517-1586), erudito e possessore di manoscritti, vescovo di Alife (1557-1561), lérida (1561-1576) e infine arcivescovo di tarragona (1576-1586): 280 (nt. 108), 317 (nt. 181). Ałačanean, Łazaros: cf.  gregorius Petrus Xv Agagianian (…), patriarcha ciliciae Armenorum (…), card. Albareda i ramoneda, Anselm María (al secolo Joaquín, 1892-1966), o.S.b., sacerdote, prefetto (1936-1962) della biblioteca vaticana: 31 (e nt. 20), 33, 35, 47 (e nt. 75), 48, 57, 60, 61, 66.

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Albert ii (n. 1934), re del belgio (1993-2013): 74 (e nt. 166), 77. Alberto iii Pio (1475-1531), signore di carpi (1480-1527), possessore di codici: 312. alchemici, testi – greci: 306, 339, 340. Alciphron (saec. ii aut iii): 350, 351, 352 (nt. 45). aldine, edizioni –: cf.  Manuzio, famiglia (…), edizioni aldine;  Manuzio, Aldo, detto il vecchio (…);  Manuzio, Aldo, detto il giovane (…). Aldrovandi, ulisse (1522-1605), naturalista: 262. Aleandro, girolamo (1480-1542), detto il vecchio, bibliotecario della vaticana, poi cardinale (dal 1536): inventario (sigla l2) dei codici greci della «sala comune» della biblioteca vaticana redatto (1517-1518 ca.) per lui da giovanni Severo da Sparta: 237 (nt. 5), 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245 (e nt. 27). Alexander v (Petrus filargis, 1339-1410), papa oboedientiae Pisanae (ab an. 1409): 71 (e nt. 160). Alexander vi (roderic llançol de borja, vel italice rodrigo borgia, 1431-1503), papa (ab an. 1492): 71 (e nt. 159), 72, 78 (nt. 177). Alexander Aphrodisiensis (saec. ii-iii): 318. Alexius iii Angelus (1153 ca.-1211/1212), imperator byzantinus (1195-1203): 203. Alexius iii Μέγας Κομνηνός (1338-1390), imperator trapezuntinus (ab an. 1349): 216. Allacci, leone (Λέων Ἀλλάτιος, 1586 ca.-1669), scriptor greco (dal 1619), poi primo custode della biblioteca vaticana (dal 1661): 352 (nt. 45). Aloisi Masella, benedetto (1879-1970), card. (dal 1946), nominato camerlengo al momento della morte di papa Pio Xii: 62 (e nt. 130), 65, 68, 70, 72, 76. Altemps, giovanni Angelo d’– (1586-1620), duca di gallese: 306, 307. AMericA: cf.  united States of America. Ampatzidu, ebita (o evita Abatzidou): 222 (nt. *). Analecta Bollandiana, periodico: 14. AnAtoliA (o turchiA ASiAticA): 139, 165, 173, 174, 191, 195, 196, 198, 205, 206. ★ cf. anche:  bitinia (…);  cilicia (…);  turchia (…). AncyrA (attuale AnkArA, in turchia): cf.  concilio di Ancyra (315). Andreu, georgios: 184 (nt. 141). Andrist, Patrick: 20. Andronicus ii Palaeologus (1259/1260-1332), imperator byzantinus (1282-1328): 181, 227 (e nt. 9). Andronicus iii Palaeologus (1297-1341), imperator byzantinus (ab an. 1328): 227 (e nt. 9). Angeli, dinastia imperiale bizantina (1185-1204): 195, 225 (nt. 2), 226 (nt. 7). Anicius: cf.  boethius, Anicius Manlius torquatus Severinus – (…). AnkArA (anticamente AncyrA, nell’attuale turchia): cf.  concilio di Ancyra (315). Annaeus (…): cf.  cornutus, lucius Annaeus – (…);  florus, lucius Annaeus – (…);  lucanus, Marcus Annaeus – (…);  Seneca, lucius Annaeus – (…). «anon. Ang46» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui ff. 170r-184r cod. Angel. gr. 46 exaravit: 163-164, 176 (nt. 123), 216, 218. || d’Aiuto, tavv. 62-63. «anon. Antiochi Mon.» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus (an Moschus Macroleon?) qui codices ven. Marc. gr. z 134 et tokyoens. keioens. 141x@127@1 exaravit: 147, 156161, 209, 220. || d’Aiuto, tavv. 45, 58c-59, 70a-b. ★ cf. anche:  Macroleon, Moschus (…). «anon. Athen.» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui partem cod. Athen. gr. 127 exaravit: 136, 145-146, 148, 157, 209. || d’Aiuto, tavv. 42-43, 47c, 58b.

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«anon. duke» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui cod. durhamens. duke gr. 27 + 43 eiusque disiecta membra alibi asservata exaravit: 164-165, 176 (nt. 123), 211, 213. || d’Aiuto, tav. 64. «anon. gaddi» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui cod. flor. laur. gaddi 124 exaravit: 138, 142-145, 155, 156, 177, 212, 215. || d’Aiuto, tavv. 36-41. «anon. Mg134» (saec. Xii-Xiii), pictor codicum et librarius anonymus qui cod. Marc. gr. z 134 exaravit: 136, 146, 147, 148, 157, 209, 210, 211, 220. || d’Aiuto, tavv. 44-45, 46c-e, 47c, 48, 49a, 50a. «anon. Pg313» (saec. Xiii), pictor codicum et librarius anonymus qui cod. Par. gr. 313 exaravit: 170-171, 217. || d’Aiuto, tavv. 66-67a. «anon. trin. chalc.» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui codd. constantinop. trin. chalc. 120 (f. 233a) et ven. Marc. gr. z 537 exaravit: 165-166, 173 (nt. 117), 214, 220. || d’Aiuto, tav. 65. «anon. vg859» (saec. Xii-Xiii), librarius et pictor codicum anonymus qui partem cod. vat. gr. 859 exaravit : 127, 130 (e nt. 37), 135 (nt. 47), 139-142, 143, 144 (e nt. 62), 145 (e nt. 65), 155, 156, 162, 198, 210, 215, 221. || d’Aiuto, tavv. 31-35a, 40b-41. «anon. Wenham» (saec. Xii-Xiii), librarius anonymus qui cod. Wenham, gordon coll., Jenks libr., gr. 2 exaravit: 162-163, 215, 221. || d’Aiuto, tav. 60. anonymus librarius (saec. Xi) qui (an. 1058/1059 ca.) cod. hieros. S. Sep. 53 et partem cod. vat. gr. 752 exaravit: 160 (nt. 89). anonymus librarius (saec. Xii-Xiii) qui cod. Par. gr. 1618 exaravit: 187. || d’Aiuto, tav. 72d. anonymus librarius (saec. Xii-Xiii) qui ff. 134v-136v cod. bassanens. bibl. civ. 1087 (coll. 34 b 19) exaravit: 135 (nt. 45). anonymus notarius qui chrysobulla σιγίλλια duo pro monasteriis Magnae laurae in Monte Atho et S. iohannis theologi in insula Patmo (an. 1329) exaravit: 228-229. anonymus notarius qui chrysobullum σιγίλλιον pro chilandariensi monasterio in Monte Atho (an. 1321) exaravit: 228. AntAkyA: cf.  Antiochia (…). Anthologion (libro liturgico): 181, 207, 219. antichità e iscrizioni: 169, 184 (nt. 141), 260, 262, 263 (e ntt. 23-24), 264, 265, 313. ★ cf. anche:  gemme. AntiochiA (città della Siria settentrionale sul fiume oronte, ora AntAkyA, in turchia): 202 (nt. 198). Antiochus Monachus (saec. vi-vii), s.: 117, 120, 147, 156-157, 161, 174, 195, 209, 220. antologie scolastiche, manoscritti greci con –: 21. Aphthonius (saec. iv): 291, 328. Apocalypsis: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). apocrifi, testi –: 221. ★ cf. anche:  Protoevangelium Iacobi (…). Apollonius rhodius (saec. iii a.c.): 326. Apophthegmatum Patrum collectio BHG 1444zb: 217. Apostolius, Arsenius (in saeculo Aristobulus, 1468 ca.-1538), filius Michaelis et archiepiscopus Monembasiensis (ab an. 1506), necnon librarius (RGK, i, nr. 27; ii, nr. 38; iii, nr. 46): 328. Apostolius, Michael (1420 ca.-1474/1486), pater Arsenii, librarius (RGK, i, nr. 278; ii, nr. 379; iii, nr. 454; cAn, pp. 57-58): 16, 17, 294. Apostolo-Evangelion (lezionario dei vangeli, degli Atti degli Apostoli e delle epistole): 117, 138, 211, 213.

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Apostolos (lezionario degli Atti degli Apostoli e delle epistole): 119, 153, 219. Appianus (95 ca.-165 ca.): 88 (nt. 2), 91 (e nt. 9), 92, 93, 96 (nt. 30), 98 (e nt. 37), 323, 324, 325, 327. arabi, manoscritti –:173. Aratus Soleus (315 ca.-245 ca. a.c.): 316 (e nt. 179). arcaizzanti, grafie – (o tradizionali-arcaizzanti, o mimetiche) d’età tardo-bizantina (scrittura greca): 172, 194, 195, 219. Arčēš: cf.  Aspisnak (…). archeologici, ritrovamenti – e oggetti di scavo: cf.  antichità e iscrizioni. Arethas, martyr nagranae, s.: cf.  Passio s. Arethae et soc. (…) BHG 167. Aristarchus Samius (310 ca.-230 ca. a.c.), astronomus: 300, 301, 315, 330. Aristides, Aelius – (vel Publius Aelius Aristides theodorus, 117-180 ca.): 89. Aristophanes (450 ca.-388 ca. a.c.): 277, 290, 307 (e nt. 138), 310, 315, 333. Aristoteles (384/383-322 a.c.): 28 (nt. 11), 287, 292, 293, 310, 311, 315, 318, 328, 330, 331, 333. Arkadios (al secolo Asterios theodōru, 1865-1934), ierodiacono del monastero atonita di vatopedi, catalogatore di manoscritti: 213. Armeni: 188, 196, 198, 199, 200, 203, 204. armeni, manoscritti –: 138, 173, 174, 196, 197 (e nt. 183), 198, 200 (e nt. 196), 201 (e nt. 197), 203, 205, 217. ★ cf. anche  miniatura (…) armena ciliciana. armeni, testi o note – in manoscritti greci: 184, 196 (e nt. 181), 198, 199 (e ntt. 190 e 192), 201 (e nt. 197), 202, 206, 210. ★ cf. anche:  fascicoli (…), segnature dei – (…) armene. ArMeniA (hAyAStAn): 117, 196 (nt. 182), 212. Arrighi, Jean-françois Mathieu (1918-1998), conclavista nel 1958 del card. eugène tisserant, poi vescovo titolare (dal 1985) di vico equense: 78 (e nt. 176), 79, 80, 81. Arrighi, Pascal (1921-2004), politico: 78 (nt. 176). Arsenius i Autorianus (in saeculo georgius, 1200 ca.-1273), patriarcha constantinopolitanus (1254-1260, 1261-1265): 230. || PierAlli, tav. 2. Arsenius a Pantellaria insula (saec. viii-iX?): 157, 158, 159. Ἀρταμύτου, μονὴ – (monastero sul Monte Attabyros, a rodi): 192. as de pique, minuscola «en –» (scrittura greca): 19. Asolano (…): cf.  torresani, Andrea (…);  torresani, gian francesco (…). ASPiSnAk (antico villaggio armeno dell’Anatolia sud-orientale nel circondario di Arčēš, attuale erciş in turchia): 196 (nt. 182), 212. Association Internationale des Études Byzantines (Aieb): 55. ★ cf. anche:  congressi internazionali di Studi bizantini (…). Asulanus: cf.  torresani, Andrea (…);  torresani, gian francesco (…). Atene (AthēnA): 55. –, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος: 172 (nt. 112), 222 (nt. *). –, Ἵδρυμα Σπύρου Λοβέρδου: 222 (nt. *). Athanasius i (in saeculo Alexius, 1235 ca.-1315 ca.), patriarcha constantinopolitanus (1289-1293, 1303-1309), s.: 231, 232. || PierAlli, tavv. 3-4. Athanasius i (295-373) Magnus vulgo dictus, episcopus Alexandrinus (328-339, 344357, 361-373), s.: 203 (e nt. 202), 204. ★ cf. anche:  Vita s. Athanasii ep. Alexandrini (…) BHG 183. Athanasius i Manasses († 1170), patriarcha graecorum Antiochiae (1157-1170): 202 (nt. 198).

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AthēnA: cf.  Atene (…). Athenaeus mechanicus (saec. i a.c.?): 265 (e nt. 33). AttAbyroS, monte (rodi): 192. Auria, giuseppe (sec. Xvi-Xvii), matematico e copista (RGK, ii, nr. 289): 347 (e nt. 30), 348 (nt. 32). AuStriA: cf.  Österreich. Auszeichnungsschrift: cf.  distintiva, scrittura – (…). Autolycus Pitanensis (saec. iv-iii a.c.), astronomus: 347. Autorianus, Arsenius: cf.  Arsenius i (…). Avignon (vaucluse, france): biblioteca papale (medioevo): 236. Azione cattolica italiana (associazione): 63. baʿal h.ammon (divinità venerata a cartagine): 87. babiscomites (Βαβισκωμίτης), nicolaus (saec. Xiv), notarius: 228 (e nt. 12). bacchus, martyr, s.: cf.  Passio ss. Sergii et Bacchi (…) BHG 1625. bacci, Antonio (1885-1971), latinista al servizio della Santa Sede, poi card. (dal 1960): 66 (e nt. 141), 69. bade van Assche, Josse (o Jodocus badius Ascensius, 1462-1535), umanista e tipografo: 322. bAlcAni (penisola, nell’europa sud-orientale): 116, 117, 185. bâle (o bASel): cf.  concilio di basilea-ferrara-firenze (1431-1439) (…). balsamon, georgius († 1540), librarius (RGK, iii, nr. 92) necnon bibliothecarius cardinalis iohannis Salviati: 294. bandini, Angelo Maria (1726-1803), sacerdote, bibliotecario ed erudito: 212. barbaro, famiglia: collezione libraria: 20. barberini, famiglia: collezione libraria: 346. barlaam calaber (1290 ca.-1348) de Seminaria: 285, 286 (e ntt. 118 e 120), 315, 332. barnabas apostolus, Pauli apostoli socius, s.: incerti auctoris epistula sub eius nomine tradita: 129, 199, 201, 210. barseł: cf.  basilius (barseł) (…) librarius, qui (…) cod. erevanens. M 1624 Armenice exaravit. bASel (o bâle): cf.  concilio di basilea-ferrara-firenze (1431-1439) (…). basiliche: cf.  chiese (…). basilicus, georgius (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 56; ii, nr. 75; iii, nr. 93; lucà, pp. 138-140): 17. basilius (barseł), sacerdos et librarius, qui (an. 1488) cod. erevanens. M 1624 Armenice exaravit: 196 (nt. 182), 212. basilius caesariensis episcopus (330 ca.-379, episc. ab an. 370), Magnus vulgo dictus, s.: 345. basilius caesariensis episcopus (saec. X), Minimus vulgo dictus: 142, 221. basilius filius παπᾶ Καψωριάκωβ (vel -κου), librarius (vg, p. 54), qui (an. 1247) f. 103v cod. Sin. gr. 169 exaravit: 180 (e nt. 130), 219. basilius Manniotes: cf.  Manniotes, basilius (…). basilius Seleuciensis episcopus (saec. v): 353, 355, 358. bASSAno del grAPPA (vicenza): biblioteca civica: 172 (nt. 112), 222 (nt. *). bAtiAyAz: cf.  bitias (…). battelli, giulio (1904-2005), paleografo e diplomatista: 65 (e nt. 136). baudouin (1930-1993), re del belgio (1951-1993): 77. bAyern (o bAvierA): 68 (nt. 150).

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beccadelli, ludovico (1501-1572), vescovo di ravello (1549-1555), poi arcivescovo di ragusa (dubrovnik) in dalmazia (1555-1564), possessore di manoscritti: 312. beccus, iohannes: cf.  iohannes Xi beccus (…), patriarcha constantinopolitanus (…). belgi: 14, 63 (nt. 133). belgiQue (belgië): 9, 14, 28, 43 (nt. 64), 60, 74 (nt. 166), 77 (nt. 174), 78. bembo, giovan Matteo (sec. Xvi), nipote di Pietro: 261 (nt. 7). bembo, Pietro (1470-1547), o.S.io.hieroS., umanista e scrittore, card. (dal 1538): 261 (nt. 7). benedettine (Ordo Sancti Benedicti): 42 (e nt. 61). benedettini di beuron (Ordo Sancti Benedicti. Congregatio Beuronensis): 42 (nt. 61). benedictus de nursia (480 ca.-547 ca.), s.: 200. benvoglienti, fabio (1518-post an. 1575), giurista: 312 (nt. 165). bergikios, Angelos (Ἄγγελος Βεργίκιος): cf.  vergetius, Angelus (…). berlin: 19. bernini, gian lorenzo (1598-1680), scultore: 69. beşPArMAk dAği: cf.  latros, monte (…). bessarion (1403-1472), metropolita nicenus (1437-1440), card. (ab an. 1440), patriarcha constantinopolitanus latinorum (1463-1472), librarius (RGK, i, nr. 41; ii, nr. 61; iii, nr. 77; cAn, p. 44) et possessor codicum: 235 (nt. 1), 318. beta-gamma, «stile –» (scrittura greca): 195, 227 (e nt. 8), 231 (e nt. 23), 232. bevilacqua, Simone: cf.  gabi, Simone (…), tipografo. beytiAS: cf.  bitias (…). Biblia Sacra: 39, 78, 116, 125; ★ manoscritti: 119, 120, 134, 137, 208. –, Vetus Testamentum (Septuaginta): 116, 119, 207 (nt. 211), 215; ★ Deut: 39; ★ Is: 268; ★ Ps: 120, 128, 166 (nt. 99), 214, 345, 346. ★ cf. anche:  Psalterium. –, Novum Testamentum: 119, 201. –, –, Evangelia: 75, 120, 134, 136, 137, 146, 184, 208; ★ Mt: 136, 145, 146, 162, 210, 215, 216, 221, 303; ★ Mc: 136, 145, 146, 162, 209, 210, 215; ★ Lc: 136, 144 (nt. 64), 146, 162, 193, 209, 210, 211, 212, 347; ★ Io: 83 (e nnt. 191-192), 136, 209, 210, 216. ★ cf. anche:  Apostolo-Evangelion (…);  menologium minus (…);  synaxarium minus (…);  Tetraevangelion;  vangeli (…), lezionario dei – (…). –, –, Epistulae: 75; ★ Rom: 81 (e nt. 188), 82 (e nt. 190). ★ cf. anche:  Apostolo-Evangelion (…);  Apostolos (…). –, –, Actus Apostolorum: 82. ★ cf. anche:  Apostolo-Evangelion (…);  Apostolos (…). –, –, Apocalypsis: 202 (nt. 198). bibliotecari (e cardinali bibliotecari): cf.  Acciaiuoli (…), zanobi (…);  Albareda i ramoneda, Anselm María (…);  Aleandro, girolamo (…);  Allacci, leone (…);  balsamon, georgius (…);  bandini, Angelo Maria (…);  boyle, leonard eugene (…);  brunori, viviano (…);  caffarelli borghese, Scipione (…);  canart, Paul (…);  casnesius, Acacius (…);  colonna, Ascanio (…);  cosmas de Monte Serrato (…);  debares (…), Matthaeus (…);  de gregori, luciano (…);  devreesse, robert (…);  fanelli, vittorio (…);  farina, raffaele (…);  franchi de’ cavalieri, Pio (…);  guazzelli, demetrius (…);  iuliis, giuseppe de – (…);  künzle, Paul (…);  Mai, Angelo (…);  Maiorano, niccolò (…);  Mejía, Jorge M. (…);  Mercati, giovanni (…);  Müntz, eugène (…);  naudé, gabriel (…);  omont, henri-Auguste (…);  onorio, giovanni (…);  Pieralisi, Sante (…);  Platina, bartholomaeus Sacchi vulgo dictus – (…);  Poggi, luigi (…);  Porzio, gregorio (…);  Porzio, lorenzo (…);  Porzio, Simone (…);  ranaldi, famiglia (…);  ranaldi, domenico (…);  ranaldi,

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federico (…);  ruysschaert, José (…);  Sabeo, fausto (…);  Sancta Maura, iohannes a – (…);  Severus, iohannes, lacedaemonius (…);  Sirleto, guglielmo (…);  Sophianus, nicolaus (…);  Syropulus, franciscus (…);  tisserant, eugène (…);  tortelli, iohannes (…);  van lantschoot, Arnold (…);  zelada, francesco Saverio de – (…). binggeli, André: 117 (e nt. 15), 157 (nt. 84), 160 (nt. 88), 222 (nt. *). biSAnzio: cf.  costantinopoli (…);  impero bizantino (…). bitiAS (o beytiAS, antico nome armeno dell’odierno villaggio di bAtiAyAz, sul Musa dağı, nell’attuale turchia meridionale): monastero greco (epoca medievale): 202 (nt. 198). bitiniA (bithyniA, regione storica dell’Anatolia): 185. bizantini (o greci): 200, 203, 204, 205. blemmydes, nicephorus (1197-1272): 14, 192 (e nt. 165), 205 (nt. 208). boccanegra, ogerius (saec. Xiii), protonotarius cancellariae imperialis byzantinae: 233. boethius, Anicius Manlius torquatus Severinus – (475/477-524/526): 324. boissard, Jean-Jacques (1528-1602), antiquario e letterato: 263 (e nt. 22). boissevain, ursul Philip (1855-1930), storico: 92, 95. Bollettino della Badia greca di Grottaferrata, periodico: 17, 26, 30, 37. bompaire, Jacques (1924-2009), ellenista: 12 (nt. 7), 13, 35. bonaparte, napoleone: cf.  napoléon i (…). boncompagni, ugo: cf.  gregorius Xiii (…), papa (…). boothe luce, clare (1903-1987), ambasciatrice statunitense presso la repubblica italiana (1953-1956): 74 (e nt. 167). borghese, camillo: cf.  Paulus v (…), papa (…). borghese, Scipione: cf.  caffarelli borghese, Scipione (…). borja, Alfons de – y cabanilles: cf.  calixtus iii (…), papa (…). borja, roderic llançol de – (o rodrigo borgia): cf.  Alexander vi (…), papa (…). bosch uuttu, victoria eugenia: 310 (nt. 154). boyle, leonard eugene (1923-1999), o.P., prefetto (1984-1997) della biblioteca vaticana: 37 (e nt. 42). brachionas, nicolaus (saec. Xii-Xiii), lector (ἀναγνώστης) et librarius (vg, p. 347), qui cod. Athon. iber. 36 (= 305) exaravit: 139, 149-151, 152, 179, 214. || d’Aiuto, tavv. 51, 69b-c. brancaccio, francesco Maria (1592-1675), card. (dal 1633): sua collezione libraria («biblioteca brancacciana»): 337 (e ntt. 6-7). braschi, giannangelo: cf.  Pius vi (…), papa (…). brAtiSlAvA: univerzitná knižnica: 117. brunori, viviano (sec. Xvi), copista (RGK, iii, nr. 531), scriptor greco della biblioteca vaticana: 16. bruXelleS (belgique/belgië): 14, 34 (nt. 33), 45 (nt. 67), 46 (nt. 71), 54 (e nt. 98), 58. ★ cf. anche:  forest (…);  ixelles (…);  Jette (…);  Malines (…), arcidiocesi di Malines-bruxelles. –, Sœurs de la charité de Jésus et de Marie, cappella delle –: 29, 42 (nt. 60). bucca, donatella: 105 (nt. *), 116, 119 (nt. 22), 141 (nt. 57), 208 (nt. 212). bucellarus, Manuel (sec. Xii), sacerdos hagiostephanites, librarius (RGK, iii, nr. 408): 152 (nt. 78). bullotes, georgius (sec. Xiii-Xiv), notarius et librarius: 227 (e nt. 9), 228, 229, 233. burdett-coutts, Angela georgina (1814-1906): manoscritti greci da lei posseduti: 185. burr, keara: 222 (nt. *).

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büttner-Wobst, theodor (1854-1905), classicista: 92, 95. byzAntion: cf.  costantinopoli (…);  impero bizantino (…). Byzantion, periodico: 12, 14, 35 (e nt. 37), 41, 55 (e nt. 108). cacouros, Michel: 83, 233. caesar, gaius iulius – (101/100-44 a.c.): 322, 327. caffarelli borghese, Scipione (1576-1633), card. (dal 1605), bibliotecario e archivista di S.r.c. (1609-1618): 276 (nt. 94). cAlAbriA: 212. calderini, domitius (1446-1478), humanista: 322-323. calendario attico: 339 (nt. 15). calixtus iii (Alfons de borja y cabanilles, 1378-1458), papa (ab an. 1455): 235. calliandres, Symeon (saec. Xiii ex.), sacerdos, νομικός et πρωτέκδικος metropoleos rhodiensis, librarius (RGK, ii, nr. 506bis): 176 (nt. 122), 195, 207 (nt. 209). ÇAMliyAylA (turchia): cf.  lambron (…). camp, Jean van –, sacerdote, coautore con Paul canart di uno studio su Platone pubblicato nel 1956: 28 (e nt. 12). campagnolo, Alberto: 89. canali, nicola (1874-1961), card. (dal 1935): 49 (e nt. 88), 68 (e nt. 148), 76. canart, famiglia: 46, 54 (nt. 97), 60, 67 (e nt. 144). canart, Anne-Marie, S.c.J.M., sorella di Paul: 42. canart, bénédicte, nipote di Paul: 42 (e nt. 62), 45 (e nt. 68), 46, 73 (e nt. 163). canart, charles (sec. Xviii), antenato di Paul: 67 (nt. 144). canart, georges (1892-1974), padre di Paul: 27, 42, 43, 45 (nt. 69), 46 (e ntt. 70-71), 47, 51, 54 (nt. 97). canart, Jean, fratello di Paul: 27, 42 (e nt. 62), 45 (e ntt. 68-69), 46, 47, 50, 71, 73, 78. canart, Paul (1927-2017), sacerdote, paleografo e catalogatore di manoscritti, scriptor greco (dal 1957) e poi vice-prefetto (1994-1997) della biblioteca vaticana: 7, 8, 9-23, 25-85, 88, 111, 112, 113 (e nt. 4), 114, 115, 116, 118, 119, 121, 124, 130, 136 (e nt. 48), 137, 139 (e nt. 55), 170 (nt. 109), 172, 173, 178, 182, 183, 184, 185, 186, 187 (nt. 154), 189, 196, 218, 222, 237 (nt. 5), 270, 336, 337 (e nt. 9), 338 (nt. 10), 342, 343, 350, 353 (nt. 47), 355 (nt. 54). canart, Paul Joseph (1718-1781), antenato di Paul: 67 (nt. 144). canart, thérèse (lucie), o.S.b., sorella di Paul: 42. canart dehem, françoise, cognata di Paul canart: 42 (e nt. 62), 50, 71, 73. canart Meinarde, Marie (sec. Xviii), antenata di Paul canart: 67 (nt. 144). canart renders, Marcelle (1896-1985), madre di Paul canart: 27, 42, 43, 44 (e nt. 65), 45 (e ntt. 67-69), 46 (e ntt. 70-71), 47, 51, 54 (nt. 97). canart roulez, Marie barbe (1709-1780), moglie di Paul Joseph canart: 67 (nt. 144). cancelleresche, grafie – (scrittura greca): 137, 223 (nt. 1), 224 (nt. 1), 225 (nt. 2), 226 (nt. 7), 227 (nt. 9), 232. canonistici, manoscritti –: armeni: 197, 198, 217; ★ greci: 120. carafa, gian Pietro: cf.  Paulus iv (…), papa (…). cardinali, giacomo: 259-334; ★ 7, 25 (nt. 1), 342 (nt. 23). cardinali bibliotecari: cf.  bibliotecari (…). cariofilo (…): cf.  caryophyllus (…). carmina: cf.  epigrammi o carmina (…). carolus v (1500-1558), imperator Sacri romani imperii (1519-1556): 313.

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carolus a iesu (charles eugène de foucauld, 1858-1916), s.: 64. carta: 21, 165, 166, 314; ★ – araba orientale: 166 (nt. 100), 173 (nt. 117); ★ – italiana: 243 (e nt. 23), 244 (nt. 23), 248 (nt. 34), 277 (e nt. 97), 338 (nt. 10), 344-345, 351 (ntt. 41-44), 352 (nt. 45), 354 (e nt. 49), 355 (nt. 51); ★ – spagnola: 21. ★ cf. anche:  filigrane (…);  zig-zag (…). cArtAgine (lat. cArthAgo, rovine presso l’attuale tuniSi): 87 (e nt. 1), 88 (e nt. 4), 93 (ntt. 17, 19), 94 (e ntt. 20, 22-25), 95 (e nt. 26), 98, 99 (nt. 38), 103 (nt. 69); ★ tempio di eshmun (Asclepio): 93 (e nt. 18), 94 (nt. 25), 97, 98, 99 (e nt. 38). cartaginesi (o Punici): 87, 88, 93, 98, 103. carteromachus, Scipio: cf.  forteguerri, Scipione (…). cArthAgo: cf.  cArtAgine (…). caryophyllus, iohannes Matthaeus (1566 ca.-1635), librarius (RGK iii, nr. 277): 356 (nt. 55). casianus, iohannes: cf.  iohannes casianus (…). casnesius, Acacius (vel Ascanius, 1517-1619), metropolita Agrigentinus (ab an. 1581 ca.) et scriptor graecus bibliothecae vaticanae (ab an. 1594): 356 (nt. 55). cassius dio, lucius – (155 ca.-235 ca.): 93 (e nt. 18), 280, 283, 315, 334. cAStel gAndolfo (roma): Palazzo Apostolico: 48 (nt. 79), 61 (e nt. 125), 62, 63. cataldi Palau, Annaclara: 117, 185, 186. catalogazione di manoscritti: 10, 11 (e nt. 6), 12, 13, 14, 17, 21, 29, 30, 31, 35, 38-40, 81, 238, 244 (nt. 25), 246, 268 (nt. 54), 269 (nt. 55), 277 (ntt. 97-98), 337 (nt. 7), 351 (nt. 44). catchword («parola-guida», o secundo folio, negli antichi inventari di manoscritti): 239240, 246 (e nt. 30). cato, Marcus Porcius – (vel cato Maior, 234-149 a.c.): 322, 326. cattani, francesco (detto il Pagonazzo, 1466-1522), da diacceto (o ghiacceto), filosofo: 297, 308, 309, 321, 323. catullus, gaius valerius – (84 ca.-54 ca. a.c.): 321. cavallo, guglielmo: 224 (nt. 1). černetska, natali: cf.  tchernetska, natalie (…). cervini, famiglia: 306. cervini, erennio († 1598), nipote di papa Marcello ii: 306, 314 (nt. 173). cervini, giovanni battista (sec. Xvi), nipote e collaboratore di papa Marcello ii: 310. cervini, Marcello: cf.  Marcellus ii (…), papa (…). chAlkē (ora heybeliAdA), isola di – (nel Mar di Marmara, in turchia): Ἁγίας Τριάδος, monastero τῆς –: 215; ★ Ἁγίου Γεωργίου, monastero τοῦ –: 215. chamberlayne, tankerville James (1844-1909), possessore di manoscritti greci: 184 (e nt. 141), 211. chatzēchrēstos, Antonēs: 222 (nt. *). chaucer, geoffrey (1340/1345 ca.-1400): 95 (e nt. 26). chiaramonti, gregorio (al secolo barnaba): cf.  Pius vii (…), papa (…). chiesa armena: 197, 200, 203, 217. chiesa cattolica: 29, 34, 44, 59, 82, 200; ★ – siro-malabarese: 75 (nt. 168); ★ – siromalankarese: 75 (nt. 168). chiesa greca: 200, 203, 229 (e nt. 16), 232, 233. chiese e basiliche: cf.  città del vaticano, S. Anna dei Palafrenieri (…);  città del vaticano, S. Pietro, basilica (…);  kuklia (… cipro), S. epifanio (…);  roma, gesù, chiesa del –;  roma, S. Angelo in Pescheria (…);  roma, S. croce in gerusalemme,

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basilica (…);  roma, S. giovanni in laterano, basilica (…);  roma, S. giuliano dei fiamminghi (…);  roma, S. Maria in via (…);  S. giorgio τοῦ […]νίτου, (…) in località non identificata forse nel dodecanneso (…);  Theotokos Periboliotissa, chiesa della –, in località non identificata forse nel dodecanneso (…). ★ cf. anche:  monasteri (…). chigi, Sigismondo (1894-1982), iX principe di farnese, maresciallo del conclave del 1958: 81 (e nt. 186). choulis (…): cf.  chulēs (…). christens-barry, William A.: 89. christophorus Mytilenaeus (saec. Xi): 217. chulēs (choulis), kōnstantinos: 251, 252, 256 (nt. 9). chypriote bouclée (scrittura greca): 18, 112. chypriote rectangulaire, ou carrée (scrittura greca): 112. cicero, Marcus tullius – (106-43 a.c.): 322, 324, 326. ciliciA (regione storica dell’Anatolia): 173, 186 (nt. 146), 188, 198, 200, 202 (e nt. 198), 205, 206. ★ cf. anche:  miniatura (…) armena ciliciana. –, regno armeno di – (1198-1375): 198, 200, 205, 206. cinquecentine: cf.  stampati antichi (…). cioccetti, urbano (1905-1978), sindaco di roma (1958-1960): 63. ciocchi del Monte, giovanni Maria: cf.  iulius iii (…), papa (…). ciPro (kyProS): 18, 105, 114 (nt. 5), 116, 152 (nt. 78), 184 (nt. 141), 186, 187, 193, 198, 202, 206; ★ manoscritti greci originari o provenienti da –: 111, 121 (nt. 25), 173, 183, 186, 187 (ntt. 151 e 154), 188, 189, 211, 213, 218, 221; ★ scritture greche medievali dell’area palestino-cipriota: 18, 111, 112, 114 (e nt. 5), 116, 173, 183, 186, 187, 188, 193, 198, 218. ★ cf. anche:  chypriote bouclée (…);  chypriote rectangulaire, ou carrée (…);  epsilon, «stile – a pseudo-legature basse» (…). –, regno di – (1192-1489): 187. ★ cf. anche:  lusignano, dinastia regnante (…). città del vAticAno: 14, 68 (nt. 150). ★ cf. anche:  Santa Sede. –, Archivio Apostolico vaticano (già Archivio Segreto vaticano): 7, 65. –, biblioteca Apostolica vaticana: 7, 9, 10, 12, 14, 15, 16, 21, 22, 23, 25 (e nt. 1), 26, 27 (e ntt. 8-9), 28, 31 (nt. 23), 32 (e ntt. 25, 27), 33, 34, 35, 36, 37 (e ntt. 42-43), 40, 42, 47, 48 (e ntt. 77-78, 80), 54, 56 (e nt. 110), 57, 58 (e nt. 115), 59, 60 (e nt. 118), 61 (e nt. 123), 62 (e ntt. 127-128), 76, 89, 115, 172 (nt. 112), 211, 235, 236 (e nt. 2), 237, 238 (e ntt. 7-9), 239, 241, 242, 247, 248, 251, 252, 257, 264, 265, 266 (e nt. 38), 267, 268, 269, 270 (nt. 61), 272 (nt. 72), 273, 274, 275 (e ntt. 88-89), 277 (nt. 99), 278, 279, 280, 282, 283, 289, 294, 295, 296, 297, 301, 304, 305, 306, 312, 313, 315 (nt. 175), 317 (e nt. 181), 318, 320, 322, 336, 340, 341 (nt. 21), 342 (nt. 23), 344, 345, 347 (nt. 31), 349, 350 (nt. 39), 352 (nt. 45), 356 (nt. 55); ★ ambienti e sale della – (secc. Xv-Xvi): 239 (nt. 11), 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e ntt. 26, 28), 246, 247, 266 (nt. 38), 278, 279, 280, 281; ★ inventari antichi dei manoscritti (secc. Xv-Xvi): 236, 237 (nt. 5), 238 (nt. 7), 239, 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245, 247, 249; ★ inventario (sigla M2) dell’an. 1455: 235 (e nt. 1), 236, 237, 238 (nt. 7), 239, 240 (e nt. 14), 242 (nt. 18), 244 (e nt. 25), 246, 248 (ntt. 34 e 37); ★ inventario (sigla S1) dell’an. 1475: 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e nt. 28); ★ inventario (sigla S2) dell’an. 1481: 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e nt. 28); ★ inventario (sigla g) della sala pubblica greca (ann. 1504-1505) al tempo di papa giulio ii: 244 (nt. 25), 245 (e nt. 26); ★ inventario (sigla v) della sala pubblica greca (ann. 1508-1510) a cura di fabio vigili, con elenco dei lemmata (sigla t): 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245; ★ inventario (sigla l1) della

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biblioteca greca (an. 1518 ca.): 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245 (e nt. 27), 247 (e nt. 32); ★ inventario (sigla l2) della sala pubblica greca (an. 1517-1518 ca.) redatto da giovanni Severo da Sparta: 237 (nt. 5), 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245 (e nt. 27); ★ inventario (sigla S3) dell’an. 1533: 239, 240 (e nt. 14), 244 (nt. 25), 246, 247 (e nt. 32); ★ manoscritti della biblioteca pontificia avignonese, recuperati dai papi nel corso dei secoli Xv e Xvi: 236. ★ cf. anche:  città del vaticano, Palazzo Apostolico, «Appartamento borgia» (…). –, –, dipartimento dei Manoscritti (già Sezione dei Manoscritti): 36, 40, 54 (e nt. 103). –, –, –, [fondi]: vaticani greci: 269 (nt. 55), 282, 290, 305; ★ «fondo antico» (Vat. gr. 11217): 238 (nt. 8), 240, 245. –, –, dipartimento degli Stampati (già Sezione degli Stampati): 36, 40, 54 (e nt. 102). –, –, Museo Profano (dal 1999 pertinenza dei Musei vaticani): 48 (nt. 78), 62 (nt. 127). –, –, Museo Sacro (dal 1999 pertinenza dei Musei vaticani): 48 (nt. 78), 62 (nt. 127). –, –, uffici e servizi: laboratorio di restauro: 251. –, comitato vaticano di Studi bizantini (cvSb): 7, 40, 55. –, Musei vaticani: 78 (nt. 177). ★ cf. anche:  città del vaticano, biblioteca Apostolica vaticana, Museo Profano (…);  città del vaticano, biblioteca Apostolica vaticana, Museo Sacro (…);  città del vaticano, Palazzo Apostolico. –, Palazzo Apostolico: 68 (nt. 130), 78 (nt. 177); ★ «Appartamento borgia» (già pertinenza della biblioteca vaticana, ora dei Musei): 78 (e nt. 177). ★ cappella Sistina: 52 (nt. 94), 69, 71, 79; ★ logge di raffaello: 52 (nt. 94), 79 (nt. 181). –, Pontificio comitato di Scienze Storiche: 41. –, Porta S. Anna: 65 (e nt. 137). –, Poste vaticane: 64. –, radio vaticana: 61 (e nt. 124). –, S. Anna dei Palafrenieri, chiesa parrocchiale: 26, 65 (nt. 137). –, S. Pietro, basilica di –: 48 (nt. 79), 63, 64, 65 (e nt. 138), 66, 67, 69, 73, 74, 75, 77, 80. –, –, capitolo della –: 74; ★ manoscritti greci appartenenti al –, ora in deposito permanente presso la biblioteca vaticana: 11. –, Scuola vaticana di biblioteconomia: 25, 40, 55. –, Scuola vaticana di Paleografia, diplomatica e Archivistica: 23, 40, 52, 55. clemens vii (giulio de’ Medici, 1478-1534), papa (ab an. 1523): 239, 244 (nt. 25). clemens, monachus (saec. Xii-Xiii), cuius nomen (sive possessoris cuiusdam sive sui ipsius) librarius scripsit in cod. Par. gr. 919: 217. cleomedes (saec. i): 160 (nt. 89), 299, 315, 331. cleopatra vii (70/69-30 a.c.), regina Aegypti (ab an. 51): 94. clostomalles, Michael (idem ac ille anonymus librarius vulgo dictus Metochitesschreiber, saec. Xiv), notarius imperialis (cAn, p. 58): 227 (e nt. 10), 228. clytemnestra, mulier et interfectrix Agamemnonis Mycenarum regis: 317. codicologia: 7, 11, 12, 14, 18, 19, 20, 21, 22 (nt. 43), 27, 88, 119, 172-176, 186, 212, 257 (nt. 10); ★ – quantitativa: 20; ★ – «strutturale»: 20, 22. colluthus lycopolitanus (saec. v-vi): 288, 289, 291, 328, 330. colocci, famiglia: 263. colocci, Angelo (1474-1549), erudito e possessore di manoscritti, vescovo di nocera umbra (1537-1546): 259-334; ★ sua villa (Horti Colotiani, o Sallustiani) a roma presso i ruderi dell’Aqua Virgo, lungo l’attuale via del nazareno: 263, 264. colocci, francesco († 1499), zio di Angelo: 262.

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colocci, giacomo (sec. Xvi), figlio di ippolito e nipote di Angelo: 261-262, 263 (e nt. 24); ★ sua villa, già dello zio Angelo, a roma presso i ruderi dell’Aqua Virgo, lungo l’attuale via del nazareno: 263 (e nt. 24). colocci, ippolito (sec. Xv-Xvi), figlio di francesco e cugino di Angelo: 262. colocci, Marcantonio (1524-1548), figlio di Angelo: 261. colofoni, o sottoscrizioni (nei manoscritti): 40 (e nt. 54), 114, 116, 123, 124, 125, 126 (nt. 32), 128-129, 130, 131, 132, 133, 137, 149, 151, 152, 154-155, 159, 160 (e ntt. 88, 90), 161, 167-169, 170, 171, 178, 179, 180 (nt. 130), 181, 183, 187 (e nt. 154), 188 (e nt. 155), 189 (e nt. 159), 190, 192 (nt. 166), 195, 200 (e nt. 196), 202 (nt. 198), 203, 204, 206 (e nt. 209), 210, 213, 214, 218, 238, 241, 242, 243 (nt. 22), 266, 328, 341 (nt. 22); ★ – in versi: 125 (e nt. 29), 149, 154-155, 158, 159, 160 (e ntt. 88-90), 161 (nt. 90), 167-169, 217. ★ cf. anche:  invocazioni e note devozionali scribali (…). colonna, Ascanio (1560-1608), card. (dal 1586), pro-bibliotecario di S.r.c. (dal 1592): 281, 306. colonna, oddone: cf.  Martinus v (…), papa (…). columella, lucius iunius Moderatus – (saec. i): 321, 322. Comité International de Paléographie Grecque (ciPg): 7, 17-18 (nt. 23), 40 (e nt. 58), 55 (e nt. 106), 84 (e nt. 194). ★ cf. anche:  congressi internazionali di Paleografia greca (…). Commentarius de vita, obitu et veste s. Mariae Deiparae auct. Symeone Metaphrasta BHG 1047-1048: 303. Commentarius in s. Philippum apostolum auct. Symeone Metaphrasta BHG 1527: 129-130 (nt. 36). Commentarius in s. Thomam apostolum auct. Symeone Metaphrasta BHG 1835: 303. Commentarius in ss. Petrum et Paulum apostolos auct. Symeone Metaphrasta BHG 1493: 273-274 (e nt. 85), 303. committenti di manoscritti: cf.  possessori e committenti di manoscritti. compagnia di gesù: cf.  gesuiti (…). comunità economica europea: cf.  europa (…) unione europea (…). concilio di Ancyra (315): 197. concilio di basilea-ferrara-firenze (1431-1439), riconosciuto come Xvii concilio ecumenico dalla chiesa cattolica: 229 (nt. 16). concilio di lione, ii – (1274), riconosciuto come Xiv concilio ecumenico dalla chiesa cattolica: 229 (nt. 16), 230. concilio di trento (1545-1563), riconosciuto come XiX concilio ecumenico dalla chiesa cattolica: 273. concini, bartolomeo (1507-1578), giurista: 312 (nt. 165), 314 (nt. 174). condulmer, gabriele: cf.  eugenius iv (…), papa (…). Conferences on Byzantine and Medieval Studies (organizzate dalla Byzantinist Society of Cyprus [bSc]): ii (nicosia, 12-14.01.2018): 184 (nt. 141). congressi internazionali di Paleografia greca (organizzati dal Comité International de Paléographie Grecque [ciPg]): i (Paris, 21-25.10.1974): 13 e nt. 9, 17, 19; ★ ii (berlinWolfenbüttel, 17-21.10.1983): 19, 182; ★ iii (erice, 18-25.09.1988): 21; ★ v (cremona, 04-10.10.1998): 224 (nt. 1); ★ vii (Madrid-Salamanca, 15-20.09.2008): 20, 21. congressi internazionali di Studi bizantini (organizzati dall’Association Internationale des Études Byzantines [Aieb]): Xiv (bucarest, 06-12.09.1971): 19; ★ Xviii (Moskva, 815.08.1991): 227 (nt. 10). congressi internazionali di Studi cretesi (organizzati dalla Ἑταιρεία Κρητικῶν Ἱστορικῶν Μελετῶν [ΕΚΙΜ]): i (hērakleio, 22-28.09.1961): 16.

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constantinus vii Porphyrogenitus (905-959), imperator byzantinus (ab an. 945): eius Excerpta historica: 89, 90 (e nt. 8), 91, 95, 96-98, 102 (nt. 63). ★ cf. anche:  Oratio de catenis s. Petri (…) BHG 1486. constantinus (saec. Xii-Xiii) lector (ἀναγνώστης) cuius cognomen vel epitheton erasum est, librarius (vg, p. 253), qui (an. 1205) cod. Athon. iber. 23 (= 201) exaravit: 114, 139, 151-153, 178, 214, 216, 219, 221. || d’Aiuto, tavv. 53-56, 71a. constantinus (saec. Xii-Xiii) lector (ἀναγνώστης) theologites, librarius, qui cod. chicagiensis bibl. univ. 879 eiusque disiecta membra alibi asservata exaravit: 139, 152 (nt. 78), 153-156, 176 (nt. 123), 177, 178, 210. || d’Aiuto, tavv. 57-58a, 72c. constantinus metropolita hierapoleos (saec. Xii): 202 (nt. 198). coo (o coS; kōS), isola (grecia): 230 (nt. 17); ★ Ἄλσους, μονὴ –: 231; ★ Θεοτόκος τῶν Σπονδῶν, monastero della –: 230 (nt. 17), 231. «copista delle “tavole forteguerriane” del colocci» (sec. Xvi), anonimo: 277, 290-291, 292, 293, 294. «copista di basilio di Seleucia» (sec. Xvi-Xvii), anonimo: 353-358. copisti di manoscritti armeni: cf.  basilius (barseł), sacerdos (…), qui (…) cod. erevanens. M 1624 (…) exaravit;  gregorius (grigor), librarius qui (…) codicem quendam nunc deperditum iussu nersetis lampronensis (…) exaravit;  nerses lambronensis (…). copisti di manoscritti e documenti greci: 14-15, 16, 21, 22, 119, 121, 122-172, 176 (e nt. 123), 177, 202, 205, 207, 223, 228, 234, 243 (nt. 22), 328, 335-358; ★ – dei secoli Xv, Xvi e Xvii: 14-15, 21, 22, 335-358; ★ – rodiesi: 192-195. ★ cf. anche:  Acciaiuoli (…), zenobius (…);  Allacci, leone (…);  «anon. Ang46» (…);  «anon. Antiochi Mon.» (…);  «anon. Athen.» (…);  «anon. duke» (…);  «anon. gaddi» (…);  «anon. Mg134» (…);  «anon. Pg313» (…);  «anon. trin. chalc.» (…);  «anon. vg859» (…);  «anon. Wenham» (…);  anonymus (…) qui (…) cod. hieros. S. Sep. 53 et partem cod. vat. gr. 752 exaravit;  anonymus (…) qui cod. Par. gr. 1618 exaravit;  anonymus (…) qui ff. 134v-136v cod. bassanens. bibl. civ. 1087 (…) exaravit;  anonymus notarius qui chrysobulla σιγίλλια duo pro monasteriis Magnae laurae in Monte Atho et S. iohannis theologi in insula Patmo (an. 1329) exaravit;  anonymus notarius qui chrysobullum σιγίλλιον pro chilandariensi monasterio in Monte Atho (an. 1321) exaravit;  Apostolius, Arsenius (…);  Apostolius, Michael (…);  Auria, giuseppe (…);  babiscomites (…), nicolaus (…), notarius;  balsamon, georgius (…);  basilicus, georgius (…);  basilius filius παπᾶ Καψωριάκωβ (…);  bessarion (…), metropolita nicenus (…), card. (…);  brachionas, nicolaus (…);  brunori, viviano (…);  bucellarus, Manuel (…);  bullotes, georgius (…);  calliandres, Symeon (…);  caryophyllus, iohannes Matthaeus (…);  casnesius, Acacius (…);  clemens, monachus (…), cuius nomen (…) librarius scripsit in cod. Par. gr. 919;  clostomalles, Michael (…);  colofoni (…);  constantinus (…) lector (…) cuius cognomen vel epitheton erasum est (…), qui (…) cod. Athon. iber. 23 (…) exaravit;  constantinus (…) lector (…) theologites (…);  «copista delle “tavole forteguerriane” del colocci» (…);  «copista di basilio di Seleucia» (…);  corax, Symeon-Sabas (…), monachus rhodiensis (…);  crocette, uso dei copisti di appore – nel margine superiore (…);  damilas, demetrius (…);  debares (devaris), Matthaeus (…);  demetrius, (…) qui (…) cod. Athon. iber. 67 (…) exaravit;  eparchus, Antonius (…);  ephraem (…), monachus (…) constantinopolitanus (…);  favorino, guarino (o varinus camers …) (…);  forteguerri, Scipione (vel Scipio carteromachus …) (…);  gaza, theodorus (…);  georgius, librarius, qui (…) cod. crypt. Ζ.α.ΙΙ (gr. 173) subscripsit;  georgius

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hagioeleutherites (…) lector (…);  georgius rhodius, sacerdos (…), qui (…) cod. Par. gr. 301 exaravit;  gerardus Patrensis (…);  gerasimus (…), monachus monasterii Athonensis τοῦ Παντοκράτορος (…);  glynzunius, Manuel (…);  gregorius ii (georgius cyprius …) (…);  gregorius, monachus in monasterio deiparae τῶν Σκεπεινῶν μανδρῶν (…);  guarinus (vel varinus) veronensis (…);  ignatius (…), monachus in Athonensi monasterio τοῦ Παντοκράτορος (…);  invocazioni e note devozionali scribali (…);  iohannes casianus (Κασιανός), protopsaltes (…);  iohannes rossanensis, monachus cryptensis (…);  isidorus (…) kioviensis metropolita (…), card. (…);  iuliis, giuseppe de – (…);  lascaris, ianus (…);  leo (…), librarius (…), qui cod. crypt. Α.α.iii (gr. 346) exaravit;  Macroleon, Moschus (…);  Macroleon, nicolaus (…);  Mauromates, iohannes (…);  Murmures, cornelius (…);  Musurus, Marcus (…);  nathanaël, iohannes (…);  nilus Patarensis (…);  onorio, giovanni (…);  Pizzimenti, domenico (…);  Pletho, georgius gemistus (…);  Porzio, gregorio (…);  Porzio, lorenzo (…);  Porzio, Simone (…);  Probatares (…), Manuel (…);  raguses (…), nicetas (…);  rhesinus, constantinus (…);  rhosaites, Michael (…);  Sancta Maura, iohannes a – (…);  Scutariotes, iohannes (…);  Severus, iohannes, lacedaemonius (…);  Sirleto, guglielmo (…), card. (…);  Sirmond, Jacques (…);  Sophianus, nicolaus (…);  Syropulus, franciscus (…);  theoctistus (sec. Xii), monachus monasterii constantinopolitani s. iohannis Prodromi Petrae (…);  torres, francisco (…);  turrianus, nicolaus (…);  valla, georgius (…);  valla, laurentius (…);  vergetius (…), Angelus (…);  zanetti, camillo (…). copisti latini: cf.  boccanegra, ogerius (…), protonotarius cancellariae imperialis byzantinae. corax, Symeon-Sabas (saec. Xiii), monachus rhodiensis et librarius (RGK, iii, nr. 587), qui (an. 1232) cod. vat. gr. 648 exaravit: 194. corfù (kerkyrA), isola (grecia): 340 (nt. 17). corinto (korinthoS): 324. cornelius (…): cf.  Scipio Africanus, Publius cornelius – (vel Scipio Africanus senior …);  Scipio Africanus Aemilianus, Publius cornelius – (…);  tacitus, Publius cornelius – (…). cornutus, lucius Annaeus – (saec. i): 290, 291 (nt. 122), 331 (nel testo: «Phurtuni»). corsi, giovanni (1472-1547), umanista, allievo di francesco cattani da diacceto: 297. corsiveggianti, scritture – stilizzate (manoscritti greci): 194. coS, isola (grecia): cf.  coo (…). cosmas: cf.  cyrillus aut cosmas (…). cosmas de Monte Serrato (cosme de Montserrat, † 1473 ca.), datarius et bibliothecarius calixti iii papae, postea episcopus vicensis (ab an. 1459): 235; ★ inventarium codicum bibliothecae vaticanae (siglum M2) ab eo confectum (an. 1455): 235 (e nt. 1), 236, 237, 238 (nt. 7), 239, 240 (e nt. 14), 242 (nt. 18), 244 (e nt. 25), 246, 248 (ntt. 34 e 37). cossa, balthasar: cf.  iohannes XXiii (…), papa oboedientiae Pisanae (…). coStAntinoPoli (kōnStAntinuPoliS, ora İStAnbul): 183, 186 (nt. 146), 190, 199, 201, 202, 203, 205, 208, 210, 223, 224, 231, 253, 314 (nt. 174). ★ cf. anche:  impero bizantino (…);  İstanbul. –, Patriarcato greco ortodosso di – (o grande chiesa): 229 (e nt. 16), 232; ★ cancelleria patriarcale (in età medievale): 223 (e nt. 1), 225, 229, 231, 232, 233, 234; ★ sinodo ἐνδημοῦσα: 231, 234. ★ cf. anche:  Registrum Patriarchatus Constantinopolitani (…). –, regno latino di – (1204-1261): 190. cretA (krētē): 186, 187. ★ cf. anche:  congressi internazionali di Studi cretesi (…);  legature bizantine (…) cretesi.

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crocette, uso dei copisti di appore – nel margine superiore dei fogli (manoscritti greci): 125, 132, 134, 137 (nt. 50), 176-177. crociate: 188, 198; ★ iv crociata (ann. 1202-1204): 190. cronier, Marie: 222 (nt. *). cueSMeS (o cWeMe, belgique/belgië): 9, 28, 53 (e nt. 97). cyrillus i (370 ca.-444) Alexandrinus episcopus (ab an. 412), s.: 201. cyrillus aut cosmas, monachus, prosmonarius cuiusdam ecclesiae S. georgii, qui mandatum dedit (an. 1205) exarandi cod. Athon. iber. 23 (= 201): 151 (e nt. 77), 152. cyrus et iohannes, martyres in Aegypto, ss.: cf.  Vita ss. Cyri et Iohannis mart. (…) BHG 471. d’Agostino, Marco: 9 (nt. 1). dagron, gilbert (1932-2015), bizantinista: 12 (nt. 7), 35. d’Aiuto, francesco: 7-8, 105-222, 365-412; ★ 7, 25 (nt. 1), 40 (nt. 54), 251 (nt. *). damilas, demetrius (saec. Xv-Xvi), librarius (RGK, i, nr. 93; ii, nr. 127; iii, nr. 160): 17. dante, enrico (1884-1967), maestro delle cerimonie pontificie, poi card. (dal 1965): 80 (e nt. 184). darrouzès, Jean (1912-1990), A.A., bizantinista e storico della chiesa: 12 (nt. 7), 18, 35, 111, 234. datati (o databili), manoscritti –: cf.  note non scribali (…) datate;  note non scribali (…) di computo cronologico (data della Pasqua). –, armeni: [an. 1098]: 198; ★ [an. 1173]: 201; ★ [an. 1175]: 201; ★ [an. 1190]: 201; ★ [an. 1195]: 201; ★ [an. 1488]: 196 (nt. 182), 212. –, greci: 132 (nt. 41), 178-179; ★ [an. 1012]: 160 (nt. 90); ★ [an. 1027]: 163, 216; ★ [an. 1058/1059 ca.]: 160 (nt. 89); ★ [an. 1174]: 192; ★ [an. 1175]: 132 (nt. 41); ★ [an. 1180]: 192; ★ [an. 1181]: 192; ★ [ante an. 1181/1182?]: 179; ★ [an. 1188]: 124, 170, 179, 214; ★ [an. 1197 o poco prima]: 129, 131, 179, 206, 210; ★ [an. 1197]: 132 (nt. 41); ★ [an. 1201]: 132 (nt. 41), 149, 179, 214; ★ [an. 1205]: 114, 115, 151, 152, 178, 214; ★ [an. 1209]: 114, 115, 128, 129, 131, 169, 178, 183, 189, 192 (nt. 166), 213; ★ [an. 1212]: 169 (nt. 107); ★ [ante ann. 1212/1213]: 213; ★ [an. 1223]: 194; ★ [ann. 1229/1230]: 169 (nt. 107); ★ [ante an. 1231]: 180, 221; ★ [an. 1232]: 194; ★ [ante an. 1247]: 180 (e nt. 130), 219; ★ [an. 1257?]: 167, 169, 170, 179, 187 (nt. 151), 217; ★ [an. 1262?]: 171, 179, 214; ★ [ante an. 1268]: 181 (e nt. 133), 214; ★ [an. 1291]: 301; ★ [ante an. 1306 ca.]: 181, 219; ★ [ann. 1364/1365]: 241; ★ [ann. 1368/1369]: 241; ★ [ann. 1378/1379]: 242; ★ [ann. 1381/1382]: 238; ★ [an. 1548]: 287, 297; ★ [an. 1565]: 341 (nt. 22); ★ [an. 1584]: 356, 357 (e nt. 58); ★ [an. 1586]: 356. debares (devaris), Matthaeus († 1581), bibliothecarius et librarius (RGK, ii, nr. 364; iii, nr. 440), qui et «emendator codicum graecorum» bibliothecae vaticanae (ab an. 1541): 318. de gregori, luciano (1916-1987), bibliotecario della vaticana: 48 (e nt. 80), 62 (e nt. 128). de gregorio, giuseppe: 230, 234. de iuliis, giuseppe: cf.  iuliis, giuseppe de – (…). delfini, gentile (1505-1559), erudito e collezionista di antichità, canonico lateranense (dal 1546): 263. dell’Acqua, Angelo (1903-1972), o.SS.c.A., sostituto della Segreteria di Stato vaticana (dal 1953), poi card. (dal 1967): 33 (e nt. 30), 34, 57 (e nt. 114), 58. della rovere, francesco: cf.  Sixtus iv (…), papa (…).

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della rovere, giuliano: cf.  iulius ii (…), papa (…). demetrius, librarius, qui (an. 1262) cod. Athon. iber. 67 (= 992) exaravit: 171-172, 179, 214. || d’Aiuto, tav. 67b. demetrius Phalereus (345 ca.-282 ca. a.c.): 304, 315, 333. democrazia cristiana, partito politico italiano: 49 (nt. 84), 52, 63. democritus, pseudo-, alchimista: 306, 315. demosthenes (384-322 a.c.): 277, 290, 308 (e ntt. 142, 145), 333. de osa, iacobus: cf.  iohannes XXii (…), papa (…). devaris (…): cf.  debares (…). devozionali, note – (manoscritti greci): cf.  invocazioni e note devozionali scribali (…). devreesse, robert (1894-1978), sacerdote, scriptor greco (1926-1940, 1945-1950) e viceprefetto (1946-1950) della biblioteca vaticana: 130, 236, 242, 247, 248, 269, 278 (nt. 105). devroede, Joseph (1915-1989), sacerdote, rettore (1949-1962) del Pontificio collegio belga (roma): 60 (e nt. 120), 77. dido (carthaginis regina): 94 (e ntt. 20, 22-25). di lello finuoli, Anna lucia: 17. dindorf, ludwig August (1805-1871), filologo: 88 (nt. 2), 92. dio cassius: cf.  cassius dio (…). diodorus Siculus (saec. i a.c.): 91, 92, 93, 95, 96 (e nt. 29), 97 (e nt. 36), 98, 99 (nt. 39), 102 (ntt. 63, 65), 327 (nt. 202). diogenes laertius (saec. ii-iii): 325. dionysius Areopagita, s.: eius opera pseudepigrapha: 116, 129, 210. dionysius halicarnassensis (60 ca.-post an. 7 a.c.): 295, 315, 324, 333. dionysius Periegeta (saec. ii): 284, 285, 315, 333, 334. diritto: cf.  canonistici, manoscritti – (…);  giuridici, manoscritti – greci;  Kanonagirk‘ Hayoc‘ (…). distintiva, scrittura –, o Auszeichnungsschrift (manoscritti e documenti greci): 177, 231; ★ – maiuscola: 146, 147, 148, 226, 230. documenti greci medievali: 133, 216, 223-234. dodecAnneSo (dōdekAnēSoS), arcipelago nell’egeo: 189, 190, 194 (nt. 174), 195, 196, 205, 206. dodecasillabo bizantino (verso): 125 (e nt. 29), 149, 154, 158, 159, 217. ★ cf. anche:  colofoni (…) in versi. domenicani (ordo fratrum Praedicatorum): 37 (nt. 42), 67. donatus, Aelius – (saec. iv): 322, 323. doranites, georgius (saec. Xiv), qui (an. 1371) ab Alexio iii imperatore trapezuntino chrysobullum accepit: 216. doris (nympha oceanitis): 263 (nt. 23). drAMA (grecia): cf.  kosinitsa (…), monastero di – (…). duèse, Jacques: cf.  iohannes XXii (…), papa (…). dufrenne, Suzy (1919-2012), storica dell’arte: 22 (nt. 43). durhAM (north carolina): duke university: 164. efeSo (ePheSoS, antica città dell’Anatolia, ora in rovine, presso SelÇuk, in turchia): 205 (nt. 208). efrem (…): cf.  ephraem (…). Εἰκοσιφοινίσσης, monastero τῆς Παναγίας –: cf.  kosinitsa (…). eleuteri, Paolo: 22.

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elSene: cf.  ixelles (…). enkleistra (Ἔγκλειστρα), monastero dell’– di s. neofito recluso (nei pressi di PAPhoS, a cipro): 187 (e nt. 152). ennius, Quintus – (239-169 a.c.): 325. eparchus, Antonius (1491-1571), librarius (RGK, i, nr. 23; ii, nr. 32; iii, nr. 36) et possessor codicum graecorum: 186 (nt. 146). ēPeiroS: cf.  epiro (…). Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν, periodico: 55. Ἐπετηρὶς τοῦ Μεσαιωνικοῦ Ἀρχείου, periodico: 15. ePheSoS: cf.  efeso (…). ephraem (saec. X), monachus, librarius constantinopolitanus (RGK, iii, nr. 196): 133 (nt. 42). ephraem Syrus (306 ca.-373), s.: 201. epictetus (55 ca.-135 ca.): 318. epigrafi: cf.  antichità e iscrizioni. epigrammi o carmina greci: 157, 158, 159, 160 (nt. 89), 302, 305, 311, 315, 324, 331. ★ cf. anche:  colofoni (…) in versi (…);  dodecasillabo bizantino (…). epiphanius cyprius (315 ca.-403), constantiensis episcopus: 126. ePiro (regione storica della grecia): 185, 186 (e nt. 146); ★ manoscritti greci originari o provenienti dall’–: 185 (e nt. 144), 186 (e nt. 146), 209. –, despotato d’– (1204-1340): 233. episteme, martyr, s.: cf.  galaction et episteme (…), ss. epistolografi greci: 326. Epistulae: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). epsilon, «stile – a pseudo-legature basse» palestino-cipriota (scrittura greca): 18, 112, 113, 114, 152 (nt. 78), 186, 187 (nt. 154), 193, 194; ★ tipo arrondi: 170 (nt. 109). erciş (turchia): cf.  Aspisnak (…). ercolani, Pier Matteo († 1545): 293, 316 (nt. 179). ercole da ferrara: cf.  roberti, ercole de – (…). erevAn: Mesrop Maštoc‘i anvan Matenadaran [= Mesrop Mashtots institute of Ancient Manuscripts]: 222 (nt. *). erice (trapani): 21. erkat‘agir (scrittura maiuscola armena): 197, 198, 217. erudite, grafie – d’età paleologa (scrittura greca): 232 (e nt. 26). eScoriAl, el –: cf.  S. lorenzo de el escorial (…). Espresso, L’–, giornale settimanale: 78. esteve, José (1550-1603), teologo e retore, possessore di manoscritti: 356 (nt. 55). estienne, robert (o robertus Stephanus, 1503-1559), figlio di henri, erudito ed editore: 283. Etymologicum Magnum: 310. Euchologium (libro liturgico): 116, 120, 138, 163, 192, 207, 211, 216, 219. euclides (saec. iv-iii a.c.): 286, 294, 297, 298, 299, 315, 318, 330, 334, 347. eugenius iv (gabriele condulmer, 1383-1447), papa (ab an. 1431): 236. eunapius Sardianus (saec. iv-v): 317. euripides (484 ca.-406 a.c.): 256, 288, 289, 310, 317, 328. euroPA: unione europea (già comunità economica europea [cee], poi comunità europea): 36. Europeo, L’–, giornale settimanale: 72.

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eusebius Alexandrinus, pseudo-: 126. eustathius (1115 ca.-1195/1196) thessalonicensis archiepiscopus (ab an. 1178 ca.): 285 (nt. 117), 329. eustratiadēs, Sōphronios (1872-1947), metropolita di leontopoli (1908-1913), studioso di manoscritti e testi greci medievali: 164 (nt. 96), 213. eutherius (saec. iv-v) tyanensis episcopus: 38. euthymius, qui mandatum dedit (an. 1012) exarandi cod. Monac. gr. 146: 161 (nt. 90). euthymius monachus inclusus (ἔγκλειστος), qui mandatum dedit (an. 1204) exarandi cod. Par. gr. 301: 193. eutropius († post 387) rerum gestarum scriptor: 304. Evangelia: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). Evangelion: cf.  vangeli (…), lezionario dei – (…). Excerpta Constantiniana: cf.  constantinus vii Porphyrogenitus (…). fabio, timoteo (sec. Xvi), nipote di Marco fabio calvo: 326. fabre, Paul (1859-1899), medievista: 236. falcioni, eugenio: 88 (nt. 3). fanelli, vittorio (1903-1975), storico e bibliotecario: 270, 272. fanfani, Amintore (1908-1999), politico italiano: 49 (e nt. 84), 63. fannius, gaius (saec. ii a.c.), rerum gestarum scriptor: 88 (nt. 4). farina, raffaele, S.d.b., card. (dal 2007), bibliotecario e archivista di S.r.c. (2007-2012), già prefetto (1997-2007) della biblioteca vaticana: 26, 31, 37 (e nt. 43), 40, 41, 52. farnese, Alessandro: cf.  Paulus iii (…), papa (…). farnese, Alessandro iun. (1520-1589), card. (dal 1534): 263, 312, 313. fascicoli (nei manoscritti greci): 175, 337, 344, 351 (e ntt. 42, 44), 352 (nt. 45). –, segnature dei –: 12, 296, 344, 357 (nt. 56); ★ – armene: 194 (nt. 175); ★ – slave: 184, 185. ★ cf. anche:  reclamantia, verba – (…). favorino, guarino (o varinus camers, 1450 ca.-1537), o.S.b.Silv., letterato e copista, vescovo di nocera umbra (dal 1514): 319. federici, carlo: 251-257; ★ 7, 17. feltin, Maurice (1883-1975), card. (dal 1953): 72 (e nt. 162). fenici: 87. ferrArA: cf.  concilio di basilea-ferrara-firenze (1431-1439) (…). festus, Sextus Pompeius – (saec. ii): 324. Fettaugenmode (scrittura greca): 18 (nt. 24), 114, 181, 227 (e ntt. 8-9), 230, 232. filargis, Petrus: cf.  Alexander v (…), papa oboedientiae Pisanae (…). filigrane (carta): 11, 243 (e nt. 23), 244 (nt. 23), 248 (nt. 34), 277 (e nt. 97), 338 (nt. 10), 344-345, 351 (ntt. 41-44), 352 (nt. 45), 354 (e nt. 49), 355 (nt. 51). firenze: 172 (nt. 112), 255, 321, 322, 323, 327. ★ cf. anche:  concilio di basilea-ferrara-firenze (1431-1439) (…). –, biblioteca Medicea laurenziana: 172 (nt. 112), 275. –, S. Marco, convento domenicano di –: biblioteca: 236. florus, lucius Annaeus – (saec. ii): 94. fontana, carola: 88 (nt. 3). foreSt (presso bruxelles, belgique/belgië): 46 (e nt. 71), 59. förstel, christian: 222 (nt. *). forteguerri, Scipione (vel Scipio carteromachus, 1466-1515), humanista, possessor codicum et librarius (RGK, ii, nr. 493; iii, nr. 576; cAn, p. 63): 276 (e nt. 96), 277, 284,

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289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 308, 309, 311 (e nt. 157), 319, 320, 321, 323, 324, 325, 326, 328, 329 (nt. 208). ★ cf. anche:  «copista delle “tavole forteguerriane” (…)» (…), anonimo. foucauld, charles eugène de –: cf.  carolus a iesu (…), s. frAnce: 72. franchi de’ cavalieri, Pio (1869-1960), S.M.o.M., studioso di agiografia greca, scriptor onorario della biblioteca vaticana: 269 (nt. 55), 287. franciscus Aretinus: cf.  griffolini, francesco (…). frechulfus (780 ca.-850/852) lexoviensis episcopus (ab an. 823/825 ca.): 95 (nt. 25). gˇAbAl MūSā: cf.  Sinai (…). gabalas, dinastia di signori di rodi (1204 ca.-1250 ca.): 190, 191, 206. gabalas, iohannes, dominus (1240 ca.-1250 ca.) insulae rhodi: 190. gabalas, leo, dominus (1204 ca.-1240 ca.) insulae rhodi: 190, 192. gabi, Simone (detto bevilacqua, post an. 1450-1518 ca.), da Pavia, tipografo: 297. galaction et episteme, martyres, ss.: 181 (e nt. 133), 214. galatea, nerei filia, nympha: 263 (nt. 23). galeazzi lisi, riccardo (1891-1968), archiatra pontificio di papa Pio Xii: 47 (nt. 76), 79 (e nt. 179). galenus (129-216 ca.): 314 (nt. 175). galla, tintura di noce di –: 89, 91. gallo, federico: 222 (nt. *). gamillscheg, ernst: 15, 167 (nt. 104). gardthausen, victor emil (1843-1925), paleografo: 350 (nt. 39). garitte, gérard (1914-1990), orientalista e bizantinista: 10, 31 (e nt. 23). gaza, theodorus (1400 ca.-1475/1476), humanista, possessor codicum et librarius (RGK, iii, nr. 128): 326, 339 (nt. 15). Gazette du livre médiéval, periodico: 20, 30 (nt. 19), 41, 55 (e nt. 108), 237 (nt. 5). geel, Jakob (1789-1862), classicista: 88 (nt. 2), 91, 92. géhin, Paul: 195. geleMiş (turchia): cf.  Patara (…). gemistus, georgius – Pletho: cf.  Pletho (…). gemme: 264. ★ cf. anche:  antichità (…). genÈve (Suisse/Switzerland): université de –: 26. gennadius ii (georgius curtesius Scholarius, 1400 ca.-1472 ca.), patriarcha constantinopolitanus (1454-1456, 1462-1463, 1464-1465): 233. genovA: 190. georgius, librarius, qui (ante an. 1212/1213) cod. crypt. Ζ.α.ΙΙ (gr. 173) subscripsit: 213. georgius, martyr, s.: 151, 163, 185, 218. georgius (saec. Xii-Xiii), protopapas insulae nisyri, qui mandatum dedit (an. 1209) exarandi cod. Athon. vatop. 911: 129, 189, 213. georgius cyprius: cf.  gregorius ii (…). georgius hagioeleutherites (saec. Xii-Xiii) lector (ἀναγνώστης), qui cod. constantinop. bibl. Patr. trin. chalcens. 5 (an. 1188) exaravit: 124-128, 129, 130 (e nt. 37), 132, 139, 140, 152 (nt. 78), 170, 176 (nt. 123), 179, 198, 210, 214, 218. || d’Aiuto, tavv. 2-5, 69a. georgius Mercurius: cf.  Mercurius, georgius (…). georgius rhodius, sacerdos et librarius (RGK, ii, nr. 97), qui (an. 1204) cod. Par. gr. 301 exaravit: 193.

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georgius Syncellus († paulo post an. 810), chronographus: 240. gerardus Patrensis (saec. Xv), librarius (RGK, i, nr. 80; ii, nr. 107; iii, nr. 144; cAn, p. 46): 238 (nt. 7). gerasimus (saec. Xiv), monachus monasterii Athonensis τοῦ Παντοκράτορος, librarius (vg, p. 67): 241, 242, 243 (e ntt. 22-23), 247, 248 (nt. 34), 249. || PotenzA, tavv. 3, 4b-8. germanus i, patriarcha constantinopolitanus (715-730): 203 (e nt. 202), 204. germanus ii, patriarcha constantinopolitanus (1223-1240): 229. Geronticon (collezione agiografico-ascetica): 192. geruchia (saec. iv), vidua, cui s. hieronymus Stridonensis epistulam de monogamia misit: 94. geruSAleMMe (yeruShAlAyiM): 141, 194. ★ cf. anche:  Mar Saba (…). –, Τιμίου Σταυροῦ, monastero τοῦ –: 222. gesù cristo: cf.  iesus christus. gesuiti (compagnia di gesù): 63 (nt. 134). ★ cf. anche:  napoli, collegio Massimo dei gesuiti (…);  roma, gesù, chiesa del –. gialdini, Anna: 251, 252, 253, 254. giambici, versi –: cf.  dodecasillabo bizantino (…). giannelli, ciro (1905-1959), bizantinista: 10, 31 (nt. 23). Giornale d’Italia, Il –, giornale quotidiano (roma): 47 (nt. 76). giovanni (…): cf.  iohannes (…). girne (cipro): cf.  kyrenia (…). giunti (o giunta), famiglia di stampatori: ramo fiorentino (sec. Xv-Xvi): 321, 322, 327. giunti, filippo, il vecchio (1450 ca.-1517), stampatore: 327. giuridici, manoscritti – greci: 120. glynzunius, Manuel (sec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 248; ii, nr. 341; iii, nr. 409): 17. gracias, valerian (1900-1978), card. (dal 1953): 80 (e nt. 183). grammaticali, manoscritti – greci: 120. grandi, ercole: cf.  roberti, ercole de – (…). greci: cf.  bizantini (…). greciA (hellAS): 117, 251, 314. gregorius i, Magnus vulgo dictus, papa (590-604), s.: 200. gregorius Xiii (ugo boncompagni, 1501-1585), papa (1572-1585): 349 (nt. 38). gregorius i (…), episcopus constantinopolitanus (…), s.: cf.  gregorius nazianzenus (…). gregorius ii (georgius cyprius, 1241 ca.-1290), patriarcha constantinopolitanus (12831289), necnon librarius (RGK, ii, nr. 99; cAn, p. 45) ac possessor codicum: 177 (nt. 124). gregorius iii Melissenus (vulgo dictus Mammas, † 1459), patriarcha constantinopolitanus (1443-1450): 233. gregorius iv, Puer vulgo dictus (grigor iv «tłay», 1133-1193), catholicus (kat‘ołikos) Armenorum (ab an. 1173): 200, 204. gregorius (grigor), librarius qui (an. 1197 ca.) codicem quendam nunc deperditum iussu nersetis lampronensis Armenice exaravit: 203. gregorius, monachus in monasterio deiparae τῶν Σκεπεινῶν μανδρῶν, librarius (vg, p. 93), qui (an. 1012) cod. Monac. gr. 146 exaravit: 160 (nt. 90). gregorius illuminator (grigor lusaworič‘, 257 ca.-331 ca.), apostolus Armenorum, s.: 204. gregorius narekensis (grigor narekac‘i, 951-1003), s.: 201. gregorius nazianzenus (329 ca.-390), episcopus constantinopolitanus (379-381), s.: 142, 152 (nt. 78), 157, 160, 216, 221, 269 (nt. 59).

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gregorius nyssenus (335 ca.-395 ca.) episcopus (371/372-376, 378/379-395), s.: 342 (e nt. 23), 345, 346. gregorius tiphernas (1414-1464), humanista: 275. gregorius Petrus Xv Agagianian (grigor-Petros [al secolo Łazaros] Ałačanean, 18951971), patriarcha ciliciae Armenorum (1937-1962), card. (dal 1946): 49 (e nt. 86), 65 (e nt. 139), 68, 70, 72, 77. gretser, Jacob (1562-1625), S.i., erudito e teologo: 345, 346. griffolini, francesco (vel franciscus Aretinus, 1420-1490/1491 ca.), humanista: 235 (nt. 1). grigor (…): cf.  gregorius iv (…) catholicus (…) Armenorum;  gregorius (…), librarius Armenus (…);  gregorius illuminator (…), s.;  gregorius narekensis (…), s.;  gregorius Petrus Xv Agagianian (…). grimani, domenico (1461-1523), card. (dal 1493): 275 (e nt. 88), 318. grosdidier de Matons, dominique: 20. grosdidier de Matons, José (1924-1983), bizantinista: 12 (nt. 7), 35. grottAferrAtA (roma): 75 (e nt. 169). –, badia greca: 247. –, –, biblioteca del Monumento nazionale-badia greca: 172 (nt. 112). guarino favorino: cf.  favorino, guarino (…). guarinus (vel varinus) veronensis (1374-1460), humanista, qui et librarius (cAn, p. 46): 275. guazzelli, demetrius (1450 ca.-1511), custos bibliothecae vaticanae (ab an. 1481) 244 (nt. 25); ★ inventarium bibliothecae vaticanae (siglum S1) ab eo una cum bartholomaeo Platina confectum (an. 1475): 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (nt. 28); ★ inventarium bibliothecae vaticanae (siglum S2) ab eo una cum bartholomaeo Platina confectum (an. 1481): 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e nt. 28). hadrianus, Publius Aelius traianus –, imperator romanus (117-138): 271, 272, 304, 330. hAgion oroS (o AthoS, monte in grecia): 164, 232, 248 (e nt. 34), 249. –, Μονὴ Βατοπεδίου: 165 (nt. 96). –, Μονὴ Ἰβήρων: 231, 232 (nt. 25). –, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας: 229. –, Μονὴ Ξηροποτάμου: 232. –, Μονὴ Παντοκράτορος: 241, 242 (e ntt. 19 e 21), 243 (nt. 23), 247 (e nt. 33), 248 (nt. 34), 249. –, Μονὴ Χιλανδαρίου: 228. hagios (…): cf.  S. (…). hAinAut, provincia dell’– (belgique/belgië): 9. harlfinger, dieter: 15, 18 (nt. 23). hasdrubal (saec. iii a.c.), gisgonis filius, pater Sophonisbae: 94. hasdrubal barca (245-207 a.c.): 87, 88, 92 (e nt. 13), 93 (e ntt. 17-19), 94 (ntt. 20, 22 e 25), 95 (nt. 26), 96 (nt. 30), 97, 98, 99 (e nt. 38), 101, 102 (e ntt. 63-64), 103 (e nt. 68), 104; ★ eius filii: 87, 88, 93 (e ntt. 17-19), 94 (ntt. 20, 22-25), 98, 99, 101, 102, 103, 104; ★ uxor: 87, 88 (e nt. 4), 91, 92, 93 (e ntt. 17-19), 94 (e ntt. 20, 22-25), 95 (nt. 26), 96 (nt. 30), 97, 98, 99, 100, 101, 102, 103, 104. hAyAStAn: cf.  Armenia (…). hellAS: cf.  grecia (…). hermogenes (saec. ii) rhetor tarsensis: 275, 291, 292, 293, 315, 328, 331, 332.

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herMyliA: cf.  hormylia (…). herodotus (484-425 ca. a.c.): 275, 289, 324, 328, 331. heron Alexandrinus (saec. ut vid. i): 261, 298, 299, 315, 316, 332. hesiodus (saec. viii-vii a.c.): 307. Ἑταιρεία Βυζαντινῶν Σπουδῶν, società scientifica (Athēna): 55. hethumidi (Het‘umeank‘) di lambron, casato regale armeno-ciliciano: 200. heybeliAdA, isola di – (nel Mar di Marmara, in turchia): cf.  chalkē (…). heyse, theodor friedrich (1803-1884), filologo classico: 88 (nt. 2), 91, 92, 101, 102 (ntt. 64-65, 67). hieronymus Stridonensis (347 ca.-419/420), s.: 94. hippocrates cous (460 ca.-post an. 377 a.c.), medicus: 301, 315, 331. Historia Augusta: 272, 304, 330. Historia Lausiaca (BHG 1435-1438v) auct. Palladio ep. helenopolitano: 217, 242 (nt. 18). hoffmann, Philippe: 21. homerus: 104 (nt. 71), 323, 324, 326, 327, 328. Homiliarium: 117, 120, 127, 134, 141, 142, 163, 200, 216, 218, 221, 242 (nt. 18), 355. ★ cf. anche:  Panegyricum (…). honorius, iohannes: cf.  onorio, giovanni (…). horapollo: 295, 296, 315, 332. horatius, Quintus – flaccus (65-8 a.c.): 321, 325. horMyliA (già herMyliA, località della Penisola calcidica, in grecia): Theotokos, metochion della –: 232. Horologion (libro liturgico): 179, 217. houlis (…): cf.  chulēs (…). hultsch, friedrich otto (1833-1906), classicista: 88 (nt. 2), 92 (e nt. 13). humbertus de Silva candida (1000/1015 ca.-1061), o.S.b., card. (ab an. 1051): 266 (nt. 42). hunger, herbert (1914-2000), bizantinista e paleografo: 11, 15, 18 (nt. 24), 225 (nt. 2), 227 (nt. 10). hurtado de Mendoza, diego (1504-1575), diplomatico e possessore di manoscritti: 313. hutter, irmgard: 22. hyginus agrimensor minor: 317 (nt. 181). Hymnarium (armeno): cf.  Šaraknoc‘ (…). hyPAtē (grecia): cf.  neopatras (…). Hypomnema (…) (testo agiografico): cf.  Commentarius (…). hyrtacenus, theodorus (saec. Xiii-Xiv): 217. iacobus Sarugensis (ya‘qōb da-Srūg , 451 ca.-521), s.: 200. ¯ philosophus: ¯ iamblichus (250 ca.-330 ca.) 287, 288, 297, 298, 315, 324, 331, 334. iarbas, gaetulorum rex: 94 (nt. 24). ieremias quidam, cuius operis apographon, ut videtur, nerses lambronensis confici iussit (an. 1197 ca.): 203 (e nt. 202), 204. ieSi (Ancona): 259, 263 (nt. 24). iesus christus: 82, 83, 85 (nt. 197), 154, 155, 199. ignatius (saec. i-ii), Antiochenus episcopus, martyr, s.: 116, 129, 210. ignatius (saec. Xiv), monachus in Athonensi monasterio τοῦ Παντοκράτορος, librarius (RGK, iii, nr. 249): 247 (e nt. 33), 248 (e nt. 34). impaginazione: cf.  mise en page (…).

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impero bizantino (o romano d’oriente): 165, 182, 207, 229 (nt. 16), 233, 252, 253, 318; ★ cancelleria imperiale: 223 (e nt. 1), 224 (e nt. 1), 225 (e nt. 2), 226 (e nt. 7), 227, 228, 229, 231, 232, 233. In Paradisum (antifona dell’ufficio dei defunti): 63. inchiostro: 20, 324, 325, 345; ★ – bruno: 127, 165, 177, 179; ★ – nero (o bruno scurissimo/bruciato): 144, 173, 176, 177, 186, 193, 194, 212, 281 (nt. 112), 345; ★ – rosso (di tipo non specificato): 149, 168, 210, 221, 243 (nt. 22), 324, 345; ★ – rosso carminio: 130, 177; ★ – rosso minio: 170, 177, 212, 243 (e nt. 22). ★ cf. anche:  ornamentazione (…), colori. incunaboli: cf.  stampati antichi (…). indices verborum (o tabulae di notabilia) di autori greci o latini, manoscritti con –: 271, 276, 277, 281, 282, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 308 (e ntt. 142, 144), 315, 319, 320, 321, 322, 323, 324, 325, 326, 327 (e nt. 202), 328, 330, 331, 333. innario armeno: cf.  Šaraknoc‘ (…). innografici, manoscritti –: cf.  liturgici e innografico-musicali, libri (…). inter (o football club internazionale Milano, squadra di calcio): 52. invocazioni e note devozionali scribali (manoscritti greci): 168 (e nt. 106), 177, 193 (nt. 168), 210, 217, 220, 221, 345. iohannes XXi (Petrus iuliani, vel hispanus, 1220 ca.-1277), papa (ab an. 1276): 230. iohannes XXii (iacobus de osa, vel duesa [Jacques duèse], 1245-1334), papa (ab an. 1316): 50 (nt. 90), 71 (nt. 157). iohannes XXiii (balthasar cossa, 1360/1365 ca.-1419), papa oboedientiae Pisanae (1410-1419): 50 (nt. 90), 71 (e nt. 158). iohannes XXiii (Angelo giuseppe roncalli, 1881-1863), papa (ab an. 1958): 27, 31 (nt. 20), 46 (e nt. 72), 50 (e nt. 91), 51 (e nt. 92), 60 (e nt. 116), 70, 71, 72 (e nt. 161), 74, 75, 76, 78. iohannes i chrysostomus, archiepiscopus constantinopolitanus: cf.  iohannes chrysostomus (…). iohannes Xi beccus (1230/1240 ca.-1297), patriarcha constantinopolitanus (12751282): 230, 233. iohannes iii ozniensis (yovhannēs iii Awjnec‘i), catholicus (kat‘ołikos) Armenorum (717728): 197 (e nt. 184). iohannes iii vatatzes (1192 ca.-1254), imperator byzantinus (1221/1222-1254): 190, 230 (nt. 17). iohannes v Palaeologus (1332-1391), imperator byzantinus (1341-1391): 190. iohannes, evangelista, s.: 209, 210. ★ cf. anche:  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). iohannes, martyr in Aegypto, s.: cf.  Vita ss. Cyri et Iohannis mart. (…) BHG 471. iohannes casianus (Κασιανός), protopsaltes, librarius (vg, p. 173), qui (an. 1223) cod. Patm. S. io. theol. gr. 220 exaravit: 194. iohannes chrysostomus (347 ca.-407), archiepiscopus constantinopolitanus (398-404), s.: 116, 120, 126, 127, 129, 130 (nt. 36), 141, 186, 210, 221, 342, 346, 347. ★ cf. anche:  Vita s. Iohannis Chrysostomi (…) BHG 875e. iohannes climacus (579 ca.-649), s.: 160 (nt. 89). iohannes creticus, archiepiscopus cypri (1152-1174): 152 (nt. 78). iohannes damascenus (675 ca.-749), s.: 280, 302, 332. iohannes hagiotessaracontites: cf.  iohannes «Philosophus» (…).

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iohannes Mayragomensis (yovhannēs Mayragomec‘i, saec. vii), theologus: 197 (e nt. 184). iohannes Parvus: cf.  Petit, Jean (…). iohannes «Philosophus» (vel iohannes hagiotessaracontites, saec. Xiii), chartophylax Patriarchatus constantinopolitani: 231-232 (e nt. 24). iohannes rossanensis, monachus cryptensis, librarius (RGK, iii, nr. 326; lucà, p. 141): 169 (nt. 107). iohannes Paulus ii (karol Józef Wojtyła, 1920-2005), papa (ab an. 1978), s.: 54 (nt. 104). ioseph Studita († 832), frater s. theodori, archiepiscopus thessalonicensis, confessor, s.: 245, 246. iovinianus (vel iovianus), contra quem libros duos s. hieronymus Stridonensis conscripsit: 94 (e nt. 23). irene Palaeologina (alias iolanda Monferratensis, 1274-1317), uxor (an. 1284) Andronici ii imperatoris byzantini: 181. irigoin, Jean (Jean Marie Sauveur irigoin-guichandut, 1920-2006), ellenista e studioso di paleografia greca: 12 (e nt. 7), 13, 16, 17 (e nt. 23), 18 (nt. 23), 21, 35, 41 (e nt. 59), 83 (e nt. 193), 84 (e nt. 194). irigoin garaud, Janine, moglie di Jean irigoin: 41 (nt. 59), 83. iscrizioni: cf.  antichità e iscrizioni. isidorus (1380/1390 ca.-1463) kioviensis metropolita (ab an. 1437), card. (ab an. 1440), possessor codicum necnon librarius (RGK, i, nr. 155; ii, nr. 205; iii, nr. 258; cAn, pp. 49-50): 235 (nt. 1), 244, 269. isocrates (436-338 a.c.): 309. İStAnbul: cf. anche  costantinopoli (…). –, Οἰκουμενικὸν Πατριαρχεῖον: Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη: 222 (nt. *). itAliA: 20, 186 (nt. 146), 251, 268. –, repubblica italiana: 49 (nt. 84), 74 (nt. 167). –, –, Ministero della cultura (già Ministero per i beni culturali e Ambientali): commissione «indici e cataloghi delle biblioteche italiane»: 55, 337 (nt. 7). –, scritture greche dell’– meridionale: 18, 19, 20. ★ cf. anche:  as de pique, minuscola «en –» (…);  italogreci, manoscritti –;  reggio (…), «stile di reggio» (…);  rossano (…), «stile di rossano» (…);  salentina barocca, minuscola – (…). italiani: 14, 51, 70, 72, 73, 76. italogreci, manoscritti –: 19, 20, 132 (nt. 41), 139 (e nt. 55), 157 (nt. 82), 187 (nt. 154), 211, 218, 221. ★ cf. anche:  italia (…), scritture greche (…). iuliis, giuseppe de – (sec. Xvii), scriptor greco (1683-1687) della biblioteca vaticana: 352 (nt. 46). iulius ii (giuliano della rovere, 1443-1513), papa (ab an. 1503): 61, 244 (nt. 25). iulius iii (giovanni Maria ciocchi del Monte, 1487-1555), papa (ab an. 1550): 277 (nt. 99). iulius (…): cf.  caesar, gaius iulius – (…);  Pollux, iulius – (…). iunius (…): cf.  columella, lucius iunius Moderatus – (…);  iuvenalis, decimus iunius – (…). iustinus martyr (100 ca.-165 ca.), s.: 29, 30, 82 (nt. 189). iuvenalis, decimus iunius – (50/60 ca.- post an. 127): 325. iXelleS (o elSene, belgique/belgië): institut Saint-boniface (ora Saint-boniface Parnasse): 34 (nt. 33), 44 (e nt. 66), 45 (nt. 67), 54. İznik (turchia): cf.  nicea (…). Jacob, André (1933-2019), paleografo e bizantinista: 19, 22.

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Janz, timothy: 87 (nt. *), 103 (nt. 69). Jette (o yet, già Jette-SAint-Pierre, belgique/belgië): collège Saint-Pierre (già institut Saint-Pierre): 33 (e nt. 32), 34 (nt. 33), 44 (nt. 66), 54, 57 (e nt. 112). Jones, brice c.: 210. kalliandres (…): cf.  calliandres (…). Kanonagirk‘ Hayoc‘ (raccolta di diritto canonico armeno): 197 (e nt. 184), 217. Καψωριάκωβ (vel -κου) (…): cf.  basilius filius παπᾶ Καψωριάκωβ (…). karyophyllos (…): cf.  caryophyllus (…). kasianos (…): cf.  iohannes casianus (…). Κελλιβάρων, μονὴ – (monastero sul Monte latros, l’antico Monte latmos in caria ora denominato beşparmak dağı, in turchia): 194, 195, 196. ker·an († 1285), regina, mulier leonis ii regis Armenorum ciliciae: d’Aiuto, tav. 68e. kerkyrA: cf.  corfù (…). keryneiA: cf.  kyrenia (…). klostomallēs (…): cf.  clostomalles (…). kÖhneM dAği: cf.  Sepuh, monte (…). kokkinē, Angelikē: 222 (nt. *). kōnStAntinuPoliS: cf.  costantinopoli (…) korax (…): cf.  corax (…). korinthoS: cf.  corinto (…). kōS, isola (grecia) : cf.  coo (…). kosinitsa (Panagia eikosiphoinissa), monastero di – (presso drAMA, grecia): 117. koutsis (…): cf.  kutsēs (…). krētē: cf.  creta (…). Κρητικὰ χρονικά, periodico: 16. kukliA (presso PAPhoS, cipro): S. epifanio, chiesa di –: 193. künzle, Paul (1906-1968), scriptor latino (dal 1951) della biblioteca vaticana: 48 (e nt. 78), 62 (e nt. 127). kutsēs (koutsis), Alexandros: 222 (nt. *) Κύκκου, monastero della Παναγία τοῦ –, o Theotokos Kykkotissa (nell’eparchia di leukōsia, a cipro): 183-184 (nt. 140), 211. kyProS: cf.  cipro (…). kyreniA (Κερύνεια, in turco girne, sulla costa settentrionale di cipro): 184 (nt. 141). lacapenus, georgius (saec. Xiv): 326. lago-fazolo, bruna: 222 (nt. *). lalli, laura: 251 (nt. *). laloup, Jean (1916-1990), sacerdote: 44 (e nt. 66), 45. lamberz, erich: 227 (nt. 10), 228, 241. lAMbron (o lAMbroni berd, rovine della fortezza armena presso l’attuale ÇAMliyAylA, nel distretto di Mersin, in turchia): 200. –, casato di –: cf.  hethumidi (…). landurphus (Λαντοῦρφ[ος]), nicetas (saec. Xii-Xiii), qui mandatum dedit exarandi cod. Par. gr. 1616: 187, 188, 218. || d’Aiuto, tav. 72d; ★ frater eius monachus: 187, 218. || d’Aiuto, tav. 72d. lantschoot, Arnold van –: cf.  van lantschoot, Arnold (…). lascaris, ianus (vel iohannes, 1445-1534), humanista, possessor codicum et librarius (RGK, ii, nr. 197; iii, nr. 245; cAn, p. 49): 305 (nt. 126), 317, 318, 328.

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lAtroS, monte (o lAtMoS, in caria, ora denominato beşPArMAk dAği): 194 (nt. 174), 196. ★ cf. anche:  Κελλιβάρων, μονὴ – (…). lattès, Samy (1902-1987), italianista: 268, 269, 270, 271, 272, 273. laurent, vitalien (al secolo louis-Philippe-olivier, 1896-1973), A.A., bizantinista: 230 (nt. 17). lazio, Società Sportiva – (squadra di calcio): 52, 79. lecapenus: cf.  lacapenus (…). Lectionarium: cf.  Apostolo-Evangelion (…);  Apostolos (…);  vangeli (…), lezionario dei – (…). lefebvre, charles (1904-1989), canonista: 60 (e nt. 119), 61, 66, 72, 73, 75, 78. lefèvre: cf.  lefebvre (…). legature (di manoscritti e stampati): 20, 21, 185, 212, 237, 238, 240 (e nt. 14), 244, 245, 246, 247 (nt. 32), 251-257, 274, 275 (e nt. 88), 276 (e nt. 94), 279, 282 (nt. 114), 283 (e nt. 115), 284, 285, 286, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 297, 298, 299, 302, 305 (nt. 128), 306, 307, 310, 318, 346. – «alla greca»: 251-257, 289, 290, 294, 296. – bizantine: 251, 252 (e nt. 1), 253, 256; ★ – cretesi: 16, 186. lehnert, Pascalina (al secolo Josephine, 1894-1983), c.S.c.: 68 (e nt. 150), 78. leo X (giovanni de’ Medici, 1475-1521), papa (ab an. 1513): 244 (nt. 25), 261, 262 (nt. 12), 328. leo Xiii (vincenzo gioacchino Pecci, 1810-1903), papa (ab an. 1878): 184. leo i (lewon i, 1150-1219), rex Armenorum ciliciae (ab an. 1198), qui antea leo ii princeps ciliciae (1187-1198): 200, 203. leo ii (lewon ii, 1236-1289), rex Armenorum ciliciae (ab an. 1269/1270): d’Aiuto, tav. 68e. leo (saec. Xi), librarius (lucà, pp. 155-156), qui cod. crypt. Α.α.iii (gr. 346) exaravit: 212. lercaro, giacomo (1891-1976), card. (dal 1953): 70 (e nt. 154), 72, 77. leroy, Julien (1916-1987), o.S.b., studioso di manoscritti greci: 13, 18, 19, 175. leroy-Molinghen, Alice (1909-2006), bizantinista: 35 (nt. 37). lessici, manoscritti contenenti – greci: 120, 305 (e nt. 127), 331. leukōSiA (o nicoSiA, cipro): cf.  Κύκκου, monastero della Παναγία τοῦ – (…). leuven (o louvAin, belgique/belgië): 14, 54 (nt. 98). –, katholieke universiteit leuven/université catholique de louvain (dal 1968, solamente katholieke universiteit leuven): 9, 28 (e nt. 11), 35, 44 (nt. 66), 53, 54 (nt. 98), 77. lewon (…): cf.  leo i (…), rex Armenorum ciliciae (…);  leo ii (…), rex Armenorum ciliciae (…). lezionario: cf.  Apostolo-Evangelion (…);  Apostolos (…);  vangeli (…), lezionario dei – (…). liaku, basilikē: 222 (nt. *). libanius (314 ca.-392/393): 308 (e nt. 143). liÈge (o luik, belgique/belgië): Società dante Alighieri: 26, 31, 36. liénart, Achille (1884-1973), card. (dal 1930): 60 (nt. 119), 66 (e nt. 140). ligorio, Pirro (1513 ca.-1583), artista e antiquario: 262, 263. lione: cf.  concilio di lione, ii – (1274) (…). liturgici e innografico-musicali, libri – della chiesa armena: cf.  Šaraknoc‘ (…). liturgici e innografico-musicali, libri – della chiesa greca: 116, 118, 119, 121 (e nt. 25), 137, 141, 143, 150, 151, 160 (nt. 89), 174, 185, 242 (e nt. 20), 243 (nt. 22), 246, 247 (e nt. 32). ★ cf. anche:  Anthologion (…);  Apostolo-Evangelion (…);  Apostolos

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(…);  Euchologium (…);  Horologion (…);  Menaea (…);  musicali, manoscritti – greci;  Paracletica, vel Octoëchus (…);  Paracleticon (…);  Pentecostarium (…);  Psalterium;  Sticherarium (…);  Triodium (…);  vangeli (…), lezionario dei – (…). livius, titus – (59 a.c.-17 p.c.): 93 (e nt. 17), 99 (nt. 39), 322. loenertz, raymond-Joseph (1900-1976), o.P., bizantinista: 78 (e nt. 175). london: british library: 222 (nt. *); ★ lambeth Palace library: 222 (nt. *). ★ cf. anche:  oslo/london, the Schøyen collection. loonbeek, raymond (1926-2003), sacerdote: 33 (e nt. 31), 34, 57 (e nt. 111). louvAin: cf.  leuven (…). louvAin-lA-neuve (belgique/belgië): université catholique: 35, 44 (nt. 66). lovendegeM (belgique/belgië): 42 (nt. 60). lucà, Santo: 22, 26, 105 (nt. *), 183 (nt. 138), 342 (nt. 22). lucanus, Marcus Annaeus – (39-65): 322, 323, 325. lucas, evangelista, s.: 209, 210, 218. ★ cf. anche:  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). lucht, Marx Johannes friedrich (1804-1891), classicista: 88 (nt. 2), 91, 92. lucianus Samosatensis (120 ca.-post 180): 277, 290, 294, 309 (e nt. 148), 328, 333. lucianus Xama (cognomen vel epitheton dubiae lectionis), qui (saec. Xv) inscriptiones ac pretia in aliquot codicibus graecis hodie in bibliotheca vaticana asservatis adscripsit: 248, 249. lucretius, titus – carus (99 ca.-55 ca. a.c.): 325. luik: cf.  liège (…). lusignano, dinastia regnante a cipro (1192-1489): 187. lycophron (saec. iv-iii a.c.): 294, 315, 316, 330. lyon (france): cf.  concilio di lione, ii – (1274) (…). Mabillon, Jean (1632-1707), o.S.b., erudito: 223 (nt. 1). MAcedoniA (regione storica della grecia): 88, 93 (nt. 17), 99. Macrembolita, eustathius (saec. Xii): 348 (nt. 32). Macrobius, Ambrosius theodosius – (saec. iv-v): 325, 326. Macroleon, Moschus (saec. Xii-Xiii), qui utrum cod. tokyoens. keioens. 141x@127@1 exaraverit an confici mandaverit nescio: 159, 160 (nt. 88), 161. || d’Aiuto, tav. 70a-b. ★ cf. anche:  «anon. Antiochi Mon.» (…). Macroleon, nicolaus (saec. Xiii), librarius (vg, p. 365), qui (an. ut vid. 1257) cod. Par. gr. 290 exaravit: 150 (nt. 76), 167-170, 171, 176 (nt. 123), 179, 217. || d’Aiuto, tavv. 66, 70c. MAdrid: 20, 21. ★ cf. anche:  S. lorenzo de el escorial (…). Maffei, bernardino (1514-1553), card. (dal 1549), possessore di codici: 312. Mai, Angelo (1782-1854), primo custode della biblioteca vaticana (1819-1833), poi card. (dal 1853): 88 (nt. 2), 89, 90, 91 (e ntt. 9-10), 92. || néMeth, pls. 3, 5. Maiorano, niccolò (1491/1492-1584/1585), custos della biblioteca vaticana (1532-1553), poi vescovo di Molfetta (1553-1566), possessore di manoscritti: 278 (nt. 100), 313 (e nt. 169), 285, 298; ★ inventario (sigla S3: an. 1533) della biblioteca vaticana da lui redatto insieme a fausto Sabeo: 239, 240 (e nt. 14), 244 (nt. 25), 246, 247 (e nt. 32). MAkedoniA: cf.  Macedonia (…). MAlineS (o Mechelen, belgique/belgië): 58; ★ arcidiocesi di Malines-bruxelles: 33 (e nt. 31), 34, 56 (e nt. 110), 57 (e nt. 111).

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–, grand Séminaire (Seminario maggiore): 54. –, Saint-rombauld, cattedrale di –: 28. Mancini, Augusto (1875-1957), grecista e paleografo: 354 (nt. 49). Manē (saec. iv), virgo in Armenia, s.: 203, 204. Manes (saec. iii), haeresiarcha: 204. Manfredi, Antonio: 235, 236, 237 (nt. 5), 245 (nt. 28). Maniaci, Marilena: 20. Mannelli, famiglia: 263. Mannelli, girolamo (1519-1592), nipote di Angelo colocci, cui succedette quale vescovo di nocera umbra (1546-1592): 262 (e nt. 11), 264 (e nt. 27); ★ sua residenza a roma nei pressi di S. Maria in via: 263 (e nt. 23). Manniotes, basilius († 1231), cuius obitus memoratur in cod. hierosol. S. Sabae 10: 180 (e nt. 128). Mansion, Augustin-Alfred-Marie-dominique (1882-1966), studioso di filosofia: 28 (e nt. 11). MAntovA: 238 (nt. 7). Manuel ii, patriarcha constantinopolitanus (1244-1254): 229. Manuel i comnenus (1118-1180), imperator byzantinus (ab an. 1143): 204. Manuzio, famiglia di tipografi: 282, 319, 322, 326, 327; ★ edizioni aldine: 251 (nt. *), 252, 254-255 (e nt. 6), 256, 257, 276, 282, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 308 (nt. 144), 310, 314 (nt. 175), 319, 321, 322, 323, 325, 326, 327 (e nt. 201), 328. Manuzio, Aldo, detto il vecchio († 1515): 251 (nt. *), 252, 254, 255, 257, 289, 291, 292, 296, 310, 314 (nt. 175), 319, 320, 321, 323, 325, 326. Manuzio, Aldo, detto il giovane († 1597): 251 (nt. *). Mar Saba (o S. Saba), laura di – (non lontano da geruSAleMMe, in cisgiordania): 222. Marcellinus grammaticus (saec. v): 291, 328. Marcellus ii (Marcello cervini, 1501-1555), papa (1555), qui antea card. (ab an. 1539) vulgo dictus cardinalis S. crucis: 260 (e nt. 4), 261 (e ntt. 6, 8), 264, 266 (nt. 42), 269, 273, 274 (nt. 85), 277 (e nt. 99), 278 (e ntt. 99-100), 300, 301, 303, 306 (e nt. 130), 307 (e nt. 136), 308 (e nt. 145), 309, 310 (nt. 155), 312, 313, 314 (e nt. 173), 316, 317, 318, 329 (e nt. 208). Marcus, evangelista, s.: 196, 209, 210. ★ cf. anche:  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). Marcus quidam, qui in registro Patriarchatus constantinopolitani memoratur (an. 1375): 234 (nt. 33). MAredret (belgique/belgië): Saints Jean et Scolastique, abbaye de –: 42 (e nt. 61). Maria virgo, Mater dei (Theotokos), s.: cf.  Commentarius de vita, obitu et veste s. Mariae Deiparae (…) BHG 1047-1048. Martialis, Marcus valerius – (38/41-104): 323, 325. Martinus v (oddone colonna, 1368-1431), papa (ab an. 1417): 50 (nt. 90). Masella (…): cf.  Aloisi Masella, benedetto (…), card. (…). Masinissa (238 ca.-148 a.c.), numidarum rex: 94. Mastai ferretti, giovanni Maria: cf.  Pius iX (…), papa (…). Matteazzi, Antonio († 1523), da Marostica, letterato: 298. Matthaeus, evangelista, s.: 210. ★ cf. anche:  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…). Mauricius (Mauricius flavius tiberius, 539 ca.-602), imperator byzantinus (ab an. 582): eius Strategicon: 265 (e nt. 34). Mauromates, iohannes (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 171; ii, nr. 229; iii, nr. 283): 315, 340 (e nt. 17), 341 (ntt. 20, 22), 342 (nt. 22).

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Maximus confessor († 662), s.: 157. Mazarin, Jules (giulio Mazzarino, 1602-1661), card. (dal 1641): 307. Mazzocchi, giacomo (sec. Xv-Xvi), stampatore attivo a roma: 324, 329. Mechelen: cf.  Malines (…). Medici, famiglia: raccolta libraria: 275 (e nt. 88), 314 (nt. 174), 318, 325. ★ cf. anche:  firenze, biblioteca Medicea laurenziana. Medici, giovanni de’ –: cf.  leo X (…), papa (…). Medici, giovanni Angelo de’ –: cf.  Pius iv (…), papa (…). Medici, giulio de’ –: cf.  clemens vii (…), papa (…). medicina, manoscritti greci di –: 120, 315. Medikion, monastero dei Ss. Padri di – (presso trigleiA, l’attuale tirilye, in turchia): 185. Mejía, Jorge M. (1923-2014), bibliotecario e archivista di S.r.c. (1998-2003), card. (dal 2001): 53 (nt. 96). Melissakēs, zēsēs: 241. μεν distendu, scrittura «à –» (scrittura greca): 105-222 passim. Menaea (libri liturgici): 117, 141, 142 (nt. 60), 185, 187, 207, 208, 218, 221. Mendoza y bobadilla, francisco de – (1508-1566), card. (dal 1544), possessore di manoscritti: 312, 314 (e nt. 173). Menologium (raccolta agiografica): cf.  Symeon Metaphrastes (…). ★ cf. anche:  agiografici, manoscritti –. menologium minus (calendario delle feste fisse, nei manoscritti greci dei vangeli): 136. Mercati, giovanni (1866-1957), prefetto (dal 1919) della biblioteca vaticana, poi card. (dal 1936), bibliotecario e archivista di S.r.c (1936-1957): 31 (nt. 23), 32 (e nt. 25), 33, 34, 46 (nt. 71), 51 (nt. 93), 56 (e nt. 110), 57, 58, 59, 184 (nt. 140), 268 (nt. 54), 269 (e ntt. 55, 59), 270, 272, 287. Mercati, Silvio giuseppe (1877-1963), bizantinista: 31 (nt. 23), 40 (e nt. 54). Mercurius, Achillius (?), filius Michaelis sacerdotis, sacerdos et ipse, qui mandatum dedit (an. 1201) exarandi cod. Athon. iber. 36 (= 305): 149, 150, 214. Mercurius, georgius (saec. Xii-Xiii), sacerdos, cuius nomen legitur in cod. Par. gr. 290: 150 (nt. 76). Mercurius, Michael (saec. Xii-Xiii), sacerdos, pater Achillii (?) sacerdotis qui mandatum dedit (an. 1201) exarandi cod. Athon. iber. 36 (= 305): 149, 150 (e nt. 76), 214. Merula, georgius (giorgio Merlani, 1430/1431-1494), humanista: 325. Messaggero, Il –, giornale quotidiano (roma): 47 (nt. 76). MeteōrA (grecia): 186 (nt. 146). –, Μονὴ Μεταμορφώσεως: 222 (nt. *). –, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Νικολάου τοῦ Ἀναπαυσᾶ: 185. Metochites, theodorus (1270-1332): 227 (e nt. 10). Metochitesschreiber: cf.  clostomalles, Michael (…). Metochitesstil (scrittura greca): 228. «mi-Fettaugen degli ottateuchi» (scrittura greca): 182. Michael viii Palaeologus (1224/1225-1282), imperator byzantinus (ab an. 1259): 224, 227. Michael iX Palaeologus (1277-1320), imperator byzantinus (ab an. 1294): 233. Michael Mercurius: cf.  Mercurius, Michael (…). MilAno: 52, 70 (nt. 152), 172 (nt. 112), 186, 255 (e nt. 7). –, veneranda biblioteca Ambrosiana: 32 (nt. 25), 117, 222 (nt. *)

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mimetiche, grafie – (scrittura greca): cf.  arcaizzanti, grafie – (o tradizionali-arcaizzanti, o mimetiche) (…). Mimmi, Marcello (1882-1961), card. (dal 1953): 70 (e nt. 156). miniati, manoscritti –: greci: 22, 121, 130 (nt. 36), 136, 137, 144 (nt. 64), 145, 152 (nt. 78), 160 (nt. 89), 174, 177, 178, 182 (nt. 137), 184, 196, 208, 209, 210, 216, 218, 238 (nt. 7). ★ cf. anche:  ornamentazione (manoscritti greci). miniatura: armena ciliciana: 196, 209; ★ francese: 95 (nt. 27). mise en page, o impaginazione (in manoscritti e documenti): 12, 121, 125, 127, 136, 142, 148, 151, 162, 163, 164 (nt. 94), 174, 175, 176, 226 (nt. 7), 227, 229, 230, 231, 277, 308, 345, 347, 354 (nt. 50). Mogenet, Joseph (1913-1980), ellenista: 12 (nt. 7), 13, 35. Momento-Sera, giornale quotidiano (roma): 47 (nt. 76). monasteri e fondazioni religiose: 15, 194 (nt. 175), 230. ★ cf. anche:  Ἀρταμύτου, μονὴ – (… rodi);  bitias (o beytias… sul Musa dağı);  bruxelles, Sœurs de la charité de Jésus et de Marie (…);  chalkē (…), Ἁγίας Τριάδος (…);  chalkē (…), Ἁγίου Γεωργίου (…);  coo (…), Ἄλσους, μονὴ –;  coo (…), Θεοτόκος τῶν Σπονδῶν (…);  enkleistra (…), monastero dell’– di s. neofito recluso (… cipro);  firenze, S. Marco, convento domenicano (…);  gerusalemme (…), Τιμίου Σταυροῦ, monastero τοῦ –;  hagion oros (…), Μονὴ Βατοπεδίου;  hagion oros (…), Μονὴ Ἰβήρων;  hagion oros (…), Μονὴ Μεγίστης Λαύρας;  hagion oros (…), Μονὴ Ξηροποτάμου;  hagion oros (…), Μονὴ Παντοκράτορος;  hagion oros (…), Μονὴ Χιλανδαρίου;  Κελλιβάρων, μονὴ – (… sul Monte latros, … in turchia) (…);  kosinitsa (Panagia eikosiphoinissa) (… grecia) (…);  Κύκκου, (…) Παναγία τοῦ –, o Theotokos Kykkotissa (… cipro) (…);  Mar Saba (o S. Saba) (… in cisgiordania) (…);  Medikion, (…) Ss. Padri di – (… turchia) (…);  Meteōra, Μονὴ Μεταμορφώσεως (…);  Meteōra, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Νικολάου τοῦ Ἀναπαυσᾶ;  Monistrol de Montserrat (…), S. Maria de Montserrat (…);  napoli, S. giovanni a carbonara, convento agostiniano (…);  Patmos (…), Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου;  S. lorenzo de el escorial (…);  Sinai (…), S. caterina (…);  Strumica (Macedonia del nord), Θεοτόκος Ἐλεοῦσα (…). Monde, Le –, giornale quotidiano (Paris): 79. Mondrain, brigitte: 9-23; ★ 7, 41 (nt. 59), 83. MoniStrol de MontSerrAt (catalunya, españa): S. Maria de Montserrat, monastero di –: 31. MontePulciAno (Siena): Palazzo cervini: 306. Montfaucon, bernard de – (1655-1741), o.S.b., erudito e paleografo: 231 (nt. 1). Montini, giovanni battista: cf.  Paulus vi (…), papa (…). MontSerrAt (catalunya, españa): cf.  Monistrol de Montserrat (…). Moschus (?), sacerdos, qui in subscriptione cod. Athon. iber. 36 (= 305) memoratur: 149. Moschus Macroleon: cf.  Macroleon, Moschus (…). Müntz, eugène (1845-1902), storico dell’arte e bibliotecario: 236. Murmures, cornelius (saec. Xvi), librarius (vg, pp. 233-234; RGK, iii, nr. 354e): 341 (nt. 22). MuSA dAği: cf.  bitias (…). Muséon, Le –, periodico belga: 14. musicali, manoscritti – greci: 119, 121 (e nt. 25), 141 (e nt. 57), 194, 206, 218, 219, 221, 222. ★ cf. anche:  liturgici e innografico-musicali, libri – della chiesa greca;  notazione musicale (…). Musurus, Marcus (1470 ca.-1517), humanista, possessor codicum et librarius (RGK i, nr. 265; ii, nr. 359; iii, nr. 433; cAn, p. 57): 284.

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napoléon i (napoleone bonaparte, 1769-1821), imperatore dei francesi (1804-1814, 1815): 306. nAPoli: 337 (nt. 6), 339 (nt. 15), 349. –, biblioteca nazionale «vittorio emanuele iii»: 337 (e ntt. 6-7), 338, 339, 350. – collegio Massimo dei gesuiti (già attivo in spazi monumentali ora occupati dall’università degli Studi «federico ii» e da altre istituzioni accademiche): 348, 349. –, S. giovanni a carbonara, convento agostiniano di –: 305 (nt. 126). napoli, Società Sportiva calcio – (già Associazione calcio napoli fino al 1964, squadra di calcio): 52. nathanaël, iohannes (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 173; ii, nr. 231; iii, nr. 285) et possessor codicum graecorum: 16. naudé, gabriel (1600-1653), bibliotecario ed erudito: 307. nAuPliA (nAuPlio, in grecia): 341 (nt. 22). nemesius emesenus (saec. iv-v): 160 (nt. 89). németh, András: 87-104; ★ 7, 277 (nt. 97). neoPAtrAS (denominazione storica dell’attuale hyPAtē, in grecia): cf.  tessaglia (…), signoria (…). neophytus inclusus (1134-post 1214), s.: 187 (e nt. 152). nerses iv claiensis (nersēs klayec‘i, 1102-1173), vulgo dictus gratiosus (šnorhali), catholicus (kat‘ołikos) Armenorum (ab an. 1166): 200, 204. nerses lambronensis (nersēs lambronac‘i, 1152/1153-1198), archiepiscopus tarsensis (ab an. 1175/1176), s.: 199, 200 (e nt. 196), 201, 202 (e nt. 198), 203, 204, 205, 206, 207, 210. || d’Aiuto, tav. 72e. nersēs šnorhali: cf.  nerses iv claiensis (…). neW hAven (connecticut): yale university: 164. nicander colophonius (saec. ii): 308 (e nt. 144). niceA (nicAeA, Νίκαια, ora İznik in turchia): impero di – (1204-1261): 190, 191. nicephorus blemmydes: cf.  blemmydes, nicephorus (…). nicetas byzantius (saec. iX): 240, 241. nicetas landurphus: cf.  landurphus (…), nicetas (…). nicetas raguses: cf.  raguses (…), nicetas (…). nicolaus v (tommaso Parentucelli, 1397-1455), papa (ab an. 1447): 235, 236 (e nt. 2), 237 (e nt. 5), 238 (e ntt. 7-8), 239 (e nt. 11), 240, 241, 242, 244 (e nt. 25), 246, 247, 248 (e nt. 34), 249, 278. nicolaus brachionas: cf.  brachionas, nicolaus (…). nicolaus Macroleon: cf.  Macroleon, nicolaus (…). nicomachus gerasenus (saec. i-ii): 288. nicoSiA (o leukōSiA, cipro): cf.  Κύκκου, monastero della Παναγία τοῦ – (…). nilus Patarensis (saec. Xii), librarius (RGK iii, nr. 477; lucà, pp. 137-138): 192-193. niphon i, patriarcha constantinopolitanus (1310-1314): 232, 233. niSiro (niSyroS), isola del dodecanneso (grecia): 129, 189 (e ntt. 159-160), 190 (e nt. 161), 213. noce di galla: cf.  galla, tintura di noce di –. nocerA uMbrA (Perugia): 261, 262 (e nt. 12), 316, 319. nolhac, Pierre de – (1859-1936), filologo e storico: 268, 269, 270, 271. nonius Marcellus (saec. iv), grammaticus: 324. nonnus, pseudo-, qui commentaria in s. gregorii nazianzeni orationes conscripsit: 142, 221.

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notai: 132, 189, 206, 223, 228 (e nt. 12), 233, 260. ★ cf. anche:  anonymus notarius (…);  babiscomites (…), nicolaus (…);  boccanegra, ogerius (…);  bullotes, georgius (..);  calliandres, Symeon (…);  clostomalles, Michael (…);  raguses (…), nicetas (…). notazione musicale (manoscritti greci): 141 (e nt. 57), 194. ★ cf. anche:  musicali, manoscritti – greci. – ecfonetica: 206, 222. – paleobizantina: – coislin pienamente sviluppata: 141, 221. – mediobizantina: 141, 194, 218, 219, 221. note non scribali o postille (in manoscritti o stampati antichi): 171 (nt. 111), 150 (nt. 76) 179-182, 245, 267 (e nt. 44), 269, 270, 272 (e nt. 76), 273, 274 (e ntt. 84, 86), 276, 277, 280, 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 295, 296, 297, 298, 299, 300, 301, 302, 303, 304, 305, 307, 309 (e nt. 148), 315 (e nt. 175), 316, 321, 322, 323, 324, 325, 326, 327 (e nt. 202), 328, 339, 345, 353 (nt. 47), 357 (ntt. 5556). ★ cf. anche:  armeni, testi o note – (…);  slavi, testi o note – in manoscritti greci: 184. – datate: 171 (nt. 111), 179, 180-181, 214, 219. – di computo cronologico (data della Pasqua): 181 (e nt. 134), 219. – di donazione: 185. – di possesso: 185, 195, 242, 264 (nt. 27), 283, 338 (e nt. 13), 339 (nt. 14), 341 (nt. 21), 356 (nt. 55). ★ cf. anche:  possessori (…). – di prezzo: 248, 249. – obituarie: 150 (nt. 76), 180, 221. Notitia (testo agiografico): cf.  Commentarius (…). Novum Testamentum: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum. «nuovi stili» d’età mediobizantina (scrittura libraria greca): 137, 165, 182. Octoëchus: cf.  Paracletica (…). omiliario: cf.  Homiliarium;  Panegyricum (…). omont, henri-Auguste (1857-1940), bibliotecario e filologo, catalogatore di manoscritti: 15. onorio, giovanni (sec. Xvi), da Maglie (Puglia), copista greco (RGK, i, nr. 174; ii, nr. 232; iii, nr. 286), scriptor e instaurator codicum della biblioteca vaticana: 16, 17, 296, 298, 299, 301. oppianus Anazarbensis (saec. ii): 284, 285, 315, 334. oppianus Apamensis (saec. ii-iii): 284 (e nt. 116), 285, 315, 334. Oratio de catenis s. Petri auct. constantino Porphyrogenito vel Symeone Metaphrasta BHG 1486: 273, 274, 303, 333. ornamentazione (manoscritti greci): 12, 119, 121, 122, 125, 127, 128, 130, 131, 132 (e nt. 41), 134, 135 (e nt. 47), 140, 141, 142, 143, 145 (e nt. 65), 147, 148, 151, 156, 162, 170, 172, 176, 177-178, 342 (nt. 24), 345, 349 (nt. 37); ★ – calligrafica (o scribale, o «di penna»): 126 (nt. 31), 128, 135, 140, 151, 178, 221, 345. ★ cf. anche:  miniati, manoscritti. –, colori: 140, 144 (e nt. 62), 177, 345; ★ bicromia: 135; ★ blu o azzurro: 177 (e nt. 126); ★ bruno diluito: 177; ★ bruno-nerastro: 144, 177, 345; ★ giallo: 144 (e nt. 61), 156, 177; ★ rosso arancione: 177; ★ rosso carminio: 135, 144, 177; ★ rosso mattone: 144, 156, 177; ★ rosso minio (o «rosso vivo»): 125, 127, 135, 144, 145, 146, 148, 170, 177 (e nt. 126), 212, 345; ★ verde: 135, 170, 177. ★ cf. anche:  inchiostro;  spalmature di colore acquerellato (…).

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–, elementi: crocette (a fine testo): 243 (nt. 22), 343, 345; ★ fasce: 132 (e nt. 41), 143, 144, 145, 146, 147, 148, 151, 156, 162, 177, 178, 345; ★ iniziali: 132, 135, 143, 144 (e ntt. 62, 64), 145, 147, 156, 170, 177, 178, 345; ★ linee ornate: 343, 345; ★ pylai (o porte): 132 (e nt. 41), 145, 147, 170, 177, 178; ★ testate: 132 (nt. 41), 135, 147, 148, 170. –, motivi: 135, 140, 143, 178. –, – antropomorfici: 178; ★ figura intera: 178; ★ mano benedicente: 178; ★ testa: 178. –, – fitomorfici: 132, 140, 146, 177, 178, 345; ★ flosculo: 132; ★ palmetta: 140, 177; ★ racemo o tralcio o voluta vegetale: 132, 140, 145, 148, 156, 177. –, – geometrici: gradini: 143; ★ guilloche: 144 (nt. 64); ★ intreccio: 140; ★ nastro: 132 (e nt. 41); ★ nodo: 132 (e nt. 41), 143, 156, 345; ★ treccia: 143, 145, 162. –, – zoomorfici: 147, 178; ★ pesce: 178; ★ protome animale: 144 (nt. 64), 162, 178; ★ serpe: 162, 178; ★ uccello: 140, 147, 178. –, stili e tipi: cloisonné, iniziali di tipo –: 178. –, tecniche: 140; ★ en positif: 148; ★ en réserve (ovvero «a risparmio», o «in negativo»): 132, 145, 146, 148, 156, 177. orosius (saec. iv-v): 94 (e nt. 25), 95 (e ntt. 25, 27). orsini, fulvio (1529-1600), erudito e collezionista: 265 (e nt. 34), 267, 268, 273, 277, 283, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 309, 310 (e nt. 154), 320, 321. ōšin ii (1125 ca.-1170 ca.), princeps lambronensis (ab an. 1143): 200. oSlo/london: the Schøyen collection: 164. ospitalieri, ordine cavalleresco (rodi): 191, 195. ossinus (…): cf.  ōšin (…). ÖSterreich: 117. ottaviani, Alfredo (1890-1979), card. (dal 1953): 49 (e nt. 87), 68 (e nt. 147), 70, 72, 77, 80. ottoboni, famiglia: 136, 307. ottoeco: cf.  Paracletica (…). ovidius, Publius – naso (43 a.c.-17/18 p.c.): 321, 323. oXford: bodleian libraries: 172 (nt. 112). Pacelli, carlo (1903-1970), principe, nipote di papa Pio Xii: 62. Pacelli, elisabetta (1880-1970), sorella minore di papa Pio Xii: 62. Pacelli, eugenio: cf.  Pius Xii (…), papa (…). Pacelli, giulio (1910-1984), marchese, nipote di papa Pio Xii: 62. Pacelli, Marcantonio (1907-2006), marchese, nipote di papa Pio Xii: 62. PAfo: cf.  Paphos (…). Pagliantini, Stefano: 222 (nt. *). Pagonazzo: cf.  cattani, francesco (…). PAlerMo: istituto Siciliano di Studi bizantini e neoellenici «bruno lavagnini»: 55 (nt. 108). PAleStinA: 205 (e nt. 208); ★ manoscritti greci originari o provenienti dalla – o da cipro: 121 (nt. 25), 173, 213; ★ scritture greche medievali dell’area palestino-cipriota: 18, 111, 112, 121 (nt. 25), 186, 194. palinsesti, manoscritti –: 21, 88, 89, 90, 118, 174, 193, 197, 198, 213, 217, 219, 221-222. Palladius (saec. iv-v), episcopus helenopolitanus: 217, 242 (nt. 18). Palladius, rutilius taurus Aemilianus – (saec. iv vel v), scriptor de re rustica: 322. Palma, Marco: 257 (nt. 10). Panegyricum (libro agiografico-liturgico): 160 (nt. 90), 218. ★ cf. anche:  agiografici, manoscritti (…).

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PAPhoS (cipro): 187, 193. ★ cf. anche:  enkleistra (Ἔγκλειστρα), monastero (…);  kuklia (…), S. epifanio (…). Pappus Alexandrinus (saec. iii-iv), mathematicus: 338. Paracletica, vel Octoëchus (libro liturgico): 192, 197, 217, 220. Paracleticon (libro liturgico): 211. Parentucelli, tommaso: cf.  nicolaus v (…), papa (…). PAriS: 13, 15, 17, 280, 283, 306, 307 (nt. 136), 315, 322. –, bibliothèque nationale de france: 15, 117, 157, 172 (nt. 112), 187 (nt. 152), 222 (nt. *), 305, 307. –, collège de france: 35. –, institut de recherche et d’histoire des textes. Section grecque: 222 (nt. *). –, institut français d’études byzantines: 35. –, istituto italiano di cultura: 26. –, Sorbonne université (già université Paris-Sorbonne, o Paris iv): 12, 35 (e nt. 37), 54. Parisio, giovan Paolo: cf.  Parrhasius, Aulus ianus (…) «parola-guida» (negli antichi inventari di manoscritti): cf.  catchword (…). Parpulov, georgi: 180 (nt. 130), 193 (nt. 168), 222. Parrhasius, Aulus ianus (giovan Paolo Parisio, 1470-1521), humanista: 305 (nt. 126). Paschalidēs, Symeōn: 222 (nt. *). Pasini, cesare: 7-8, 25-85; ★ 7, 251 (nt. *). Pasqua, calcolo della data della –: cf.  note non scribali (…), di computo (…). Passio s. Arethae et soc. auct. Symeone Metaphrasta BHG 167: 303. Passio ss. Sergii et Bacchi auct. Symeone Metaphrasta BHG 1625: 303. PAtArA (antica città della licia, presso l’attuale geleMiş, in turchia): 192. PAtMoS, isola (grecia): Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου: 228 (nt. 12), 229, 230 (e ntt. 17-18), 231 (e nt. 21), 232. Patrinelēs (Patrinelis), christos g. (1929-2009), paleografo: 15. patristici, manoscritti – greci: 116, 120, 121, 126, 127, 129, 134, 137, 140, 141, 174, 184, 198, 202, 205, 207, 242 (nt. 18), 309 (nt. 152), 315, 316, 356. Paulus iii (Alessandro farnese, 1468-1549), papa (ab an. 1534): 261, 262 (e nt. 12), 264, 277 (nt. 99). Paulus iv (gian Pietro carafa, 1476-1559), papa (ab an. 1555): 259, 278. Paulus v (camillo borghese, 1552-1621), papa (ab an. 1605): 276 (nt. 94). Paulus vi (giovanni battista Montini, 1897-1978), papa (ab an. 1963), qui antea archiepiscopus Mediolanensis (ab an. 1954), card. (ab an. 1958): 51 (nt. 92), 70 (e nt. 152), 72 (e nt. 161), 77. Paulus, apostolus, s.: 81, 82, 273, 274. ★ cf. anche:  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum (…);  Commentarius in ss. Petrum et Paulum apostolos (…) BHG 1493. Paulus Aegineta (saec. vii): 303, 315, 334. Paulus diaconus (720 ca.-799 ca.): 95 (nt. 25). Pausanias (saec. ii), periegeta: 326. Pecci, vincenzo gioacchino: cf.  leo Xiii (…), papa (…). Pellegrino, francesco (1907-1976), S.i., direttore dei programmi della radio vaticana: 61 (e nt. 124). Pentecostarium (libro liturgico): 192, 207, 221, 245, 247. pergamena: 125, 135, 137, 165, 166, 167, 170, 173-174, 175, 212. ★ cf. anche:  palinsesti (…).

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–, difetti della –: 173-174; ★ discromia fra lato pelo e carne: 173-174, 212; ★ fori di concia: 174; ★ grana follicolare evidente: 174; ★ lisières: 174; ★ macchie o striature: 174; ★ radici dei peli visibili: 174; ★ rigidità: 174. Perlschrift (scrittura greca): 183 (nt. 138). Perria, lidia (1950-2003), paleografa: 19, 22, 26, 137, 176, 182, 240 (nt. 16). Perseus (213/212-165 ca. a.c.), Macedonum rex (179-168 a.c.): 99. Persius flaccus, Aulus – (34-62): 324. Petit, Jean (iohannes Parvus, sec. Xv-Xvi), tipografo: 322. Petrus, apostolus, s.: 65 (nt. 138), 66, 273, 274, 306, 333. ★ cf. anche:  Commentarius in ss. Petrum et Paulum apostolos (…) BHG 1493;  Oratio de catenis s. Petri (…) BHG 1486. Petrus hispanus: cf.  iohannes XXi (…), papa (…). Philippus, apostolus, s.: cf.  Commentarius in s. Philippum apostolum (…) BHG 1527. Philippus (fortasse saec. v), qui horapollinis hieroglyphica graece vertit: 295, 332. Philostratus, lucius flavius – (170 ca.-247/250 ca.): 324. Phlanges, Marcus († post 1570), possessor codicum graecorum: 186, 221. Photius i († 893 ca.), patriarcha constantinopolitanus (858-867, 877-886), s.: 203 (e nt. 202), 353 (nt. 47), 354 (nt. 50). Piazzoni, Ambrogio: 7. Piccole Sorelle di gesù, fraternità delle –: 64. Piccolomini, enea Silvio: cf.  Pius ii (…), papa (…) Pickwoad, nicholas: 253. PidnA (PydnA, Macedonia): 99. Pieralisi, Sante (1802-1887), bibliotecario della famiglia barberini: 342 (nt. 23). Pieralli, luca: 223-234; ★ 7. Pindarus (518 ca.-438 ca. a.c.): 283, 307, 315, 333. Pinelli, gian vincenzo (1535-1601), erudito e collezionista: 265, 273. Pio, famiglia dei signori di carpi: raccolta libraria: 314 (nt. 174). Pio, Alberto: cf.  Alberto iii Pio (…), signore di carpi (…). Pio, rodolfo (1500-1564), dei signori di carpi, card. (dal 1536), possessore di codici: 312 (e nt. 165), 313; ★ sua «vigna» al Quirinale: 263. PiSA: 71 (nt. 160). PiStoiA: 320. Pius ii (enea Silvio Piccolomini, 1405-1464), papa (ab an. 1458): 235. Pius iv (giovanni Angelo de’ Medici, 1499-1565), papa (ab an. 1559): 278, 307. Pius vi (giannangelo braschi, 1717-1799), papa (ab an. 1775): 275 (nt. 89). Pius vii (gregorio [in saeculo barnaba] chiaramonti, 1742-1823), o.S.b.cAS., papa (ab an. 1800): 275 (nt. 89). Pius iX (giovanni Maria Mastai ferretti, 1792-1878), papa (ab an. 1846): 276 (nt. 94), 282 (nt. 114). Pius Xii (eugenio Pacelli, 1876-1958), papa (ab an. 1939): 27, 34, 46 (e nt. 72), 47 (e nt. 76), 57 (e nt. 113), 58, 60 (e ntt. 116, 118), 61 (e nt. 125), 62 (nt. 130), 63, 64, 65, 68 (nt. 150), 69, 70, 75, 79 (e nt. 179), 81. Pizzardo, giuseppe (1877-1970), card. (dal 1937): 68 (e nt. 145). Pizzimenti, domenico († 1592), medico, erudito, possessore e copista di codici: 338 (e nt. 13), 339 (e nt. 15), 341, 342 (nt. 22). Platina, bartholomaeus Sacchi vulgo dictus – (1421-1481), bibliothecarius: 244 (nt. 25); ★ inventarium bibliothecae vaticanae (siglum S1) ab eo confectum (an. 1475) una cum

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demetrio guazzelli: 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e nt. 28); ★ inventarium bibliothecae vaticanae (siglum S2) ab eo una cum demetrio guazzelli confectum (an. 1481): 240 (nt. 14), 244 (e nt. 25), 245 (e nt. 28). Plato (428/427-348/347 a.c.): 9, 10 (nt. 2), 28, 89, 306, 324. Plautus, titus Maccius – (250 ca.-184 a.c.): 325. Pletho, georgius gemistus (1355 ca.-1452 ca.), philosophus, possessor codicum et librarius (vg, p. 83): 295. Plinius Secundus, gaius (vel Plinius senior, 23-79): 324, 325. Plutarchus (46/48 ca.-post an. 119): 99 (nt. 39), 238, 295, 296, 297, 315, 330, 332. Poggi, luigi (1917-2010), card. (dal 1994), bibliotecario e archivista di S.r.c. (19941998): 54 (nt. 105). Politēs, linos (1906-1982), filologo: 116. Pollux, iulius – (saec. ii): 288, 289. Polybius (200 ca.-118 ca. a.c.): 87 (e nt. *), 88 (e ntt. 2, 4), 89, 91 (e nt. 9), 92, 93, 95, 96, 97, 98, 99 (e nt. 39), 100 (e ntt. 41-43), 101, 102 (ntt. 63-64), 103 (ntt. 68-70), 324. Polycarpus (69 ca.-155 ca.) Smyrnensis episcopus, martyr, s.: 129, 210. Pompeius (…): cf.  festus, Sextus Pompeius – (…). Pontanus, iohannes (vel iovianus, 1422/1429-1503), humanista: 325. Ponzetti, giacomo, vescovo di Molfetta (1518-1553), possessore di codici: 512. Porcius (…): cf.  cato, Marcus Porcius – (…). Porphyrius (232/234 ca.-304 ca.), philosophus: 285, 286, 326, 332. Porzio, gregorio (1581-1648), zio di lorenzo e Simone e scriptor greco della biblioteca vaticana (dal 1614): 349. Porzio, lorenzo (1604-1676), fratello di Simone e nipote di gregorio, scriptor greco della biblioteca vaticana (dal 1654), copista (RGK, iii, nr. 308e; vg, p. 451): 349 (e nt. 38), 350 (e nt. 39), 351, 352 (e ntt. 45-46), 353 (nt. 46). Porzio, Simone (1606-post 1683), fratello di lorenzo e nipote di gregorio, scriptor greco della biblioteca vaticana (1661-1682), copista: 352 (nt. 46). possessori e committenti di manoscritti: 122, 127, 131, 134, 137, 148, 151, 160 (e nt. 88), 161, 174, 184, 185, 187, 188 (e nt. 155), 195, 197 (nt. 183), 202, 207, 208, 217, 291, 312, 327 (nt. 196), 346. ★ cf. anche:  Agustín, Antonio (…);  Alberto iii Pio (…), signore di carpi (…);  Altemps, giovanni Angelo d’– (…);  barbaro, famiglia;  barberini, famiglia;  beccadelli, ludovico (…);  bessarion (…), metropolita nicenus (…), card. (…);  brancaccio, francesco Maria (…), card. (…);  burdett-coutts, Angela georgina (…);  cervini, erennio (…);  chamberlayne, tankerville James (…);  clemens, monachus (…);  colocci, Angelo (…);  cyrillus aut cosmas, monachus, (…) qui mandatum dedit (an. 1205) exarandi cod. Athon. iber. 23 (…);  eparchus, Antonius (…);  esteve, José (…);  euthymius, qui mandatum dedit (…) exarandi cod. Monac. gr. 146;  euthymius monachus inclusus (…), qui mandatum dedit (…) exarandi cod. Par. gr. 301;  forteguerri, Scipione (vel Scipio carteromachus …) (…);  gaza, theodorus (…);  georgius (…), protopapas insulae nisyri (…);  gregorius ii (georgius cyprius …) (…);  hurtado de Mendoza, diego (…);  isidorus (…) kioviensis metropolita (…), card. (…);  landurphus (…), nicetas (…), qui mandatum dedit exarandi cod. Par. gr. 1616;  lascaris, ianus (…);  lucianus Xama (…);  Macroleon, Moschus (…), qui utrum cod. tokyoens. keioens. 141x@127@1 exaraverit an confici mandaverit nescio;  Maffei, bernardino (…), card. (…);  Maiorano, niccolò (…);  Marcellus ii (…), papa (…);  Medici, famiglia;  Mendoza y bobadilla,

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francisco de – (…), card. (…);  Mercurius, Achillius (…);  Musurus, Marcus (…);  nathanaël, iohannes (…);  nerses lambronensis (…);  nicolaus v (…), papa (…);  note (…) di possesso;  orsini, fulvio (…);  ottoboni, famiglia;  Phlanges, Marcus (…);  Pinelli, gian vincenzo (…);  Pio, famiglia dei signori di carpi;  Pio, rodolfo (…), dei signori di carpi, card. (…);  Pizzimenti, domenico (…);  Pletho, georgius gemistus (…);  Ponzetti, giacomo (…);  ridolfi, niccolò (…), card. (…);  Salviati, giovanni (…), card. (…);  Sirleto, guglielmo (…), card. (…);  Strategius presbyter (…);  torres, francisco (…);  urbino, duchi di –;  valla, georgius (…);  valla, laurentius (…);  zelada, francesco Saverio de – (…), card. (…). Poswick, Prosper (1906-1992), ambasciatore del belgio presso la Santa Sede (1957-1968): 77 (e nt. 174). Potenza, francesca: 235-249, 413-436; ★ 7, 105 (nt. *). Prato, giancarlo: 227 (nt. 10). Praxapostolos liturgico (lezionario di Atti ed epistole): cf.  Apostolos (…). prezzo, indicazioni di – (in manoscritti greci): cf.  note (…) di prezzo. Probatares (Provataris), Manuel († 1571/1572), librarius (RGK, i, nr. 254; ii, nr. 350; iii, nr. 418; cAn, p. 56): 11, 16, 21, 278 (nt. 105), 279 (e nt. 108), 280, 281, 282, 283, 284, 285, 286, 287, 288, 293, 294, 295, 296, 297, 298, 299, 300, 301, 302, 303, 304, 320, 330 (e nt. 209), 336 (e nt. 4), 337, 338 (e nt. 12), 339 (nt. 13), 340, 341, 342. Prochoros (Prohoros) Pantokratorinos, monaco atonita: 242 (nt. 21). Proclus philosophus (410/412-485): 318. Propertius, Sextus – (47 ca.-16/15 ca. a.c.): 321, 323. Protoevangelium Iacobi (BHG 1046-1046g; CANT 050): 129, 210. Proverbio, delio v.: 264 (nt. 27). Psalterium: 119, 127, 160 (nt. 89), 165, 218, 301, 302, 332. Psellus, Michael (1018-post an. 1095 ca.): 295. Ptolemaeus claudius (100 ca.-170 ca.): 285, 286 (e nt. 120), 298, 299, 315, 323, 332, 333, 334. PugliA: cf.  Salento (…). Punici: cf.  cartaginesi (…). ★ cf. anche:  cartagine (…). PydnA (Macedonia): cf.  Pidna (…). Pythagoras (570 ca.-495 ca. a.c.): 287, 288, 334. Quinio, periodico: 41, 55. Quintus Smyrnaeus (saec. iv?): 288, 289, 291, 328, 330. raffaello Sanzio (o de Santi, 1483-1520), artista: 52 (nt. 94), 79 (nt. 181). raguses (Ῥαγκούσης), nicetas (saec. Xii-Xiii), rhodiensis νομικός, librarius (vg, p. 337), qui (an. 1209) cod. Athon. vatop. 911 exaravit: 114 (e nt. 7), 115 (nt. 9), 116, 127, 128139, 140, 141, 142, 144 (e nt. 61), 145, 146, 147, 148, 158, 163, 169, 176 (nt. 123), 177 (nt. 125), 178, 183, 184, 186 (e nt. 146), 189, 190, 192 (e nt. 166), 195, 196, 198, 206 (e nt. 209), 209, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 218, 220, 221, 222. || d’Aiuto, tavv. 6-17a, 18-30, 35b, 44, 46, 47a-b, 48-50, 69d, 71b, 72a-b. ranaldi, famiglia di bibliotecari vaticani: 286, 287. ranaldi, domenico (1555-1606), custode della biblioteca vaticana (dal 1594): 281, 283 (nt. 115), 284 (nt. 116), 285 (nt. 117), 286 (ntt. 118-120), 288 (nt. 121), 296 (nt. 123), 305 (nt. 128), 320. ranaldi, federico († 1590), scriptor Latinus (dal 1553), poi custode della biblioteca vaticana (dal 1559): 266 (e ntt. 38, 42), 268, 269, 271, 275, 279, 280, 281 (e nt. 113), 282,

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283 (e nt. 115), 284 (e nt. 116), 285 (e nt. 117), 286 (e ntt. 118-119), 287, 288, 293, 295, 296, 297, 298, 299, 301, 302, 303, 305, 325, 330. rapp, claudia: 160 (nt. 88), 161 (nt. 91). re, giovanni battista (n. 1934), card. (dal 2001), precedentemente (dal 1989) sostituto della Segreteria di Stato vaticana: 53 (nt. 96), 54 (nt. 105). reclamantia, verba – (per l’ordinamento dei fascicoli nei manoscritti): 296, 321, 351 (nt. 43), 352 (nt. 45), 353 (nt. 49). ★ cf. anche:  fascicoli (…), segnature dei –. reggio cAlAbriA: «stile di reggio» (scrittura greca): 18, 19, 132 (nt. 41). Registrum Patriarchatus Constantinopolitani (ann. 1315-1402): 234. retorica, testi greci di –: 120, 328. Revue d’histoire des textes, periodico: 41, 55. Revue d’histoire ecclésiastique, periodico: 14. rhesinus, constantinus (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 227; ii, nr. 317; iii, nr. 365; cAn, p. 54): 16, 342 (e nt. 24), 343 (nt. 29), 345, 346. rhodoS: cf.  rodi (…). rhosaites, Michael (saec. Xvi), librarius (RGK, ii, nr. 391; iii, nr. 467; vg, pp. 317-318): 278. riccardini, benedetto (detto Philologus, † 1507), umanista, collaboratore della tipografia giuntina in firenze: 321. ridolfi, niccolò (1501-1550), card. (dal 1517), possessore di manoscritti: 312, 318. rigatura (nei manoscritti greci): tecnica di – a secco: 151, 277 (nt. 98); ★ tipo di –: 12, 151, 277 (nt. 98); ★ tipi di – speciali con indice v: 151, 175-176 (e nt. 122), 212; ★ tipi di – speciali con indice X: 176 (nt. 122). Rivista di studi bizantini e neoellenici, periodico: 17. roberti, ercole de – (o ercole grandi, ercole da ferrara, 1450 ca.-1496), pittore: 95 (nt. 27). rodi (rhodoS), isola del dodecanneso (grecia): 105, 114, 116, 128, 129, 132, 176 (nt. 122), 183 (e nt. 139), 186 (nt. 146), 187, 189, 190, 191, 192, 194, 195, 202, 205 (e nt. 208), 206 (e nt. 209), 207 (e nt. 209), 213. ★ cf. anche:  Ἀρταμύτου, μονὴ – (…);  copisti di manoscritti e documenti greci (…) rodiesi;  gabalas, dinastia di signori di rodi (…);  ospitalieri (…). roey, Jozef-ernest van – (1874-1961), arcivescovo di Malines-Mechelen (dal 1926), poi card. (dal 1927): 28 (e nt. 14), 32, 34, 56 (e nt. 109), 57, 58, 68, 76, 77 (e nt. 172), 80. roMA: 31 (nt. 23), 34, 42, 44, 45, 47, 49, 52, 58, 60, 62 (nt. 130), 63, 70, 71, 73, 76, 77, 78, 83, 172 (nt. 112), 259 (nt. 1), 261, 262, 263 (e nt. 22), 264, 266, 269, 273, 280 (nt. 108), 306, 307, 311, 313, 314 (nt. 173), 316, 319, 320, 328, 329, 335 (nt. 1), 336, 337, 339 (nt. 15), 340, 341 (e ntt. 20-21), 342 (nt. 22), 345, 349, 352 (nt. 45), 355, 356 (nt. 55), 357 (e ntt. 55-56, 58), 358; ★ diocesi di –: 33 (nt. 30); ★ sacco di – (1527): 309. –, Accademia nazionale dei lincei: 41, 55. –, –, comitato per l’edizione nazionale dei classici greci e latini: 55. –, Aqua Virgo, acquedotto: 263, 264. –, biblioteca nazionale centrale «vittorio emanuele ii»: 47 (nt. 76). –, biblioteca vallicelliana: fondo Allacci: 350. –, collegio greco di S. Atanasio: 349 (e nt. 38), 356 (nt. 55). –, fondation lambert darchis: 55. –, gesù, chiesa del –: 48 (e nt. 83), 63 (e nt. 134). –, ginnasio greco, sul Quirinale (sec. Xvi): 328; ★ tipografia del –: 328. –, Palazzo farnese: 263. –, Parione (rione): 306, 307.

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– Pontificio collegio belga: 60 (e nt. 120), 61 (nt. 122), 77. –, Pontificio collegio damasceno (istituto di S. giovanni damasceno): 75 (nt. 168). –, Quirinale, colle del – (o «Monte cavallino»): 263, 328. –, Sapienza università di –: 31 (nt. 23), 313. –, S. Angelo in Pescheria, chiesa di –: 263. –, S. croce in gerusalemme, basilica di –: 260. –, S. giovanni in laterano, basilica di –: 48 (e nt. 79), 62, 63, 263. –, S. giuliano dei fiamminghi, chiesa di –: 48 (e nt. 81), 63 (e nt. 133). –, S. Maria in via, chiesa di –: 263 (nt. 23). –, università degli Studi di – «tor vergata»: 26, 30, 35, 37, 39. roma, Associazione Sportiva – (squadra di calcio): 52, 79. romani (popolo dell’Antichità): 87, 88, 94 (nt. 23), 95 (nt. 26). roncalli, Angelo giuseppe: cf.  iohannes XXiii (…), papa (…). roSSAno (ora roSSAno cAlAbro, in provincia di cosenza): «stile di rossano», o «minuscola rossanese» (scrittura greca): 183 (nt. 138). rossetto, giulia: 118 (e nt. 21), 219. rubricatura (manoscritti greci): 127, 130, 136, 144, 146, 147, 149, 157, 159, 168, 170, 177, 210, 211, 212, 217, 220. rucellai, Palla (1473-1543), figlio di bernardo e allievo di francesco cattani da diacceto: 297. ruspoli, famiglia: 184 (nt. 141). ruspoli, leopoldina francesca (1869-1949): 184 (nt. 141). ruysschaert, José (1914-1993), sacerdote, scriptor latino (dal 1949), poi vice-prefetto (1965-1984) della biblioteca vaticana: 10, 14, 32 (e nt. 24), 34, 38, 58 (e nt. 115), 59, 61 (e nt. 126), 70. S. giorgio τοῦ […]νίτου, chiesa di – in località non identificata forse nel dodecanneso, menzionata nel colofone del codice Athous Iber. 23 (= 201): 151, 152. S. lorenzo de el escorial (presso MAdrid), real Monasterio de –: biblioteca: 348. S. Saba, laura di – (in cisgiordania): cf.  Mar Saba (…), laura di – (…). Sabena (compagnia area belga, 1923-2001): 43 (e nt. 64). Sabeo, fausto (1475 ca.-1559), custos della biblioteca vaticana (1522/1525-1558): 267 (nt. 44); ★ inventario (sigla S3: an. 1533) della biblioteca vaticana da lui redatto insieme a niccolò Maiorano: 239, 240 (e nt. 14), 244 (nt. 25), 246, 247 (e nt. 32). Sacchi, bartolomeo: cf.  Platina, bartholomaeus (…). Sacra Scrittura: cf.  Biblia Sacra. salentina barocca, minuscola – (scrittura greca): 213. SAlento (Puglia): manoscritti e scritture greci del –: 20, 213. SAlonicco (grecia): cf.  thessalonikē (…). Sallustius, gaius – crispus (86-34 a.c.): 322, 327. Salviati, giovanni (1490-1553), card. (dal 1517), possessore di codici: 295, 312 (e nt. 161), 314. San (…): cf.  S. (…). Sancta Maura, iohannes a –, librarius (RGK, i, nr. 179; ii, nr. 238; iii, nr. 299; cAn, p. 52), scriptor graecus bibliothecae vaticanae: 13, 309 (nt. 148), 348 (nt. 32), 355 (nt. 54), 356 (e nt. 55), 357 (ntt. 55-56). Santa Sede: 77 (nt. 174), 78. ★ cf. anche:  città del vaticano. –, congregazione de Propaganda Fide (ora congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli): 49 (nt. 86).

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–, congregazione del S. uffizio (ora congregazione per la dottrina della fede): 77. –, congregazione per le chiese orientali: 51 (nt. 93). –, Latinitas, fondazione – (ora Pontificia Academia Latinitatis): 55. –, Pontificio comitato di Scienze Storiche: 55. –, Segreteria di Stato: 33 (e nt. 30), 53 (nt. 96), 54 (nt. 104), 57 (e nt. 114), 72, 77 (e nt. 170), 80. –, tribunale della rota romana (già Sacra romana rota): 60 (nt. 119), 73. Santoro, giulio Antonio (1532-1602), card. (dal 1570): 356. Šaraknoc‘ (innario armeno): 196 (nt. 182), 212. Scholarius, georgius: cf.  gennadius ii (…), patriarcha constantinopolitanus (…). Schuler, irmgard: 88 (nt. 3). Schweighäuser, Johann (1742-1830), classicista: 88 (nt. 2), 91. scientifici, manoscritti – greci: 120, 339, 340, 341 (nt. 22), 347. Scipio Africanus, Publius cornelius – (vel Scipio Africanus senior, 236/235-183 a.c.): 88. Scipio Africanus Aemilianus, Publius cornelius – (Scipio Aemilianus, vel Scipio Africanus iunior, 185-129 a.c.): 88, 91, 92, 93 (e ntt. 17-19), 95 (e nt. 28), 97 (e nt. 35), 98, 99 (e nt. 38), 103, 104. scribi: cf.  copisti (…). Scriptorium, periodico: 14, 15, 41, 55 (e nt. 108), 84. scrittura armena, stili di –: cf.  erkat‘agir (…). Scrittura e civiltà, periodico: 17. scrittura greca, stili di –: cf.  arcaizzanti, grafie – (o tradizionali-arcaizzanti, o mimetiche) (…);  as de pique, minuscola «en –» (…);  beta-gamma, «stile –» (…);  cancelleresche, grafie – (…);  chypriote bouclée (…);  chypriote rectangulaire, ou carrée (…);  cipro (…), scritture greche medievali dell’area palestino-cipriota;  corsiveggianti (…);  epsilon, «stile – a pseudo-legature basse» palestino-cipriota (…);  erudite, grafie – d’età paleologa (…);  Fettaugenmode (…);  μεν distendu, scrittura «à –» (…);  Metochitesstil (…);  «mi-Fettaugen degli ottateuchi» (…);  «nuovi stili» d’età mediobizantina (…);  Perlschrift (…);  reggio (…), «stile di reggio» (…);  rossano (…), «stile di rossano» (…);  salentina barocca, minuscola – (…);  theoctistus (…), «tipo teoctisto» (…). ★ cf. anche:  distintiva, scrittura –, o Auszeichnungsschrift (…). Scutariotes, iohannes (saec. Xv), librarius (RGK, i, nr. 183; ii, nr. 242; iii, nr. 302): 351 (nt. 45). secundo folio (negli antichi inventari di manoscritti): cf.  catchword (…). segnature: cf.  fascicoli (…), segnature dei –. SelÇuk (turchia): cf.  efeso (…). Seneca, lucius Annaeus – (4 a.c.-65 p.c.): 321. Septimius: cf.  tertullianus (…). Septuaginta: cf.  Biblia Sacra (…), Vetus Testamentum (Septuaginta). SePuh, monte (denominazione storica armena del kÖhneM dAği, nel distretto dell’erzincan, in turchia): 204. Sergius et bacchus, martyres in Syria, ss.: cf.  Passio ss. Sergii et Bacchi (…) BHG 1625. Seripando, girolamo (1493-1563), o.e.S.A., card. (dal 1561): 305 (nt. 126). Serventi, Stefano: 222 (nt. *). Servius (vel Maurus Servius honoratus, saec. iv-v), grammaticus: 324, 326. Severus, iohannes, lacedaemonius (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 181; ii, nr. 241; iii, nr. 300): 17, 309 (e nt. 152); ★ inventarium (siglum l2) codicum graecorum bibliothecae vaticanae ab eo confectum (an. 1517-1518 ca.): 237 (nt. 5), 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245 (e nt. 27).

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Shirinian (…): cf.  širinyan (…). sigilli (di documenti): 226. Simonides (557/556-468 a.c.): 305 (nt. 124). Simplicius (490 ca.-560 ca.), philosophus: 310, 318. SinAi, monte (Sīnā’, o gˇAbAl MūSā, in egitto): S. caterina, monastero di –: 118, 208. Siri, giuseppe (1906-1989), card. (dal 1953): 70 (e nt. 153), 72, 77. Sirinian, Anna: 201. širinyan, ēr·na Manea (o erna M. Shirinian): 222 (nt. *). Sirleto, guglielmo (1514-1585), card. (dal 1565), bibliotecario di S.r.c. (dal 1572), possessore di manoscritti e all’occasione copista (cAn, p. 46): 264 (nt. 28), 265, 266 (e nt. 42), 269, 270, 273, 274 (e ntt. 84-85), 278 (nt. 100), 279, 303, 306, 307 (e nt. 136), 309 (e nt. 148), 310 (e nt. 155), 311, 316, 317 (e nt. 181), 339 (nt. 15), 347, 356, 357 (nt. 55). Sirmond, Jacques (1559-1651), S.i., patrologo e storico: sua trascrizione del manoscritto Berol. Phillipps 1493 (gr. 89): 356 (nt. 55). Sixtus iv (francesco della rovere, 1414-1484), papa (ab an. 1471): 244 (nt. 25), 341. slavi, testi o note – in manoscritti greci: 184 (e nt. 142), 185. ★ cf. anche:  fascicoli (…), segnature dei – (…) slave. Smet, Maarten de – (Martinus Smetius, 1525 ca.-1578), antiquario: 263. Société belge d’études byzantines: 55. Socrates (470/469-399 a.c.): 30, 316. Sodano, Angelo (1927-2022), card. (dal 1991): 54 (nt. 104). Sœurs de la charité de Jésus et de Marie, congregazione religiosa femminile: 29, 42 (e nt. 60). Sojer, claudia: 352 (nt. 45). SoleSMeS (france): Sainte-cécile, abbaye de –: 42 (nt. 61). Sopater rhetor (saec. iv): 291, 328. Sophianus, nicolaus (saec. Xvi), librarius (RGK, i, nr. 318; ii, nr. 437; iii, nr. 517) et bibliothecarius: 17. Sophocles (496 ca.-406 a.c.): 276, 288, 289, 291, 307, 315, 326, 328, 330. Sophonisba (saec. iii a.c.), filia hasdrubalis gisgonis, mulier Masinissae regis numidiae: 94. Soranus ephesius (saec. i-ii), medicus: 337 (e nt. 7). Sōtērudēs, Panagiōtēs: 171, 214. sottoscrizioni (nei manoscritti): cf.  colofoni (…). spalmature di colore acquerellato (su rubriche e iniziali di manoscritti greci): 144 (e nt. 61), 156, 177. Spellman, francis Joseph (1889-1967), arcivescovo di new york (dal 1939), poi card. (dal 1946): 49 (e nt. 85), 68 (e nt. 146). Stampa, La –, giornale quotidiano (torino): cf.  Vatican Insider (…). stampati antichi (incunaboli e cinquecentine): 251-257, 275, 276, 280, 282, 283, 288, 289, 290, 291, 292, 293, 294, 296, 297, 301, 308 (nt. 144), 310 (e nt. 154), 311, 315 (nt. 175), 321, 322, 323, 324, 325, 326, 327 (e nt. 201), 328. ★ cf. anche:  Manuzio, famiglia (…), edizioni aldine. StAti uniti d’AMericA: cf.  united States of America. Statius, Publius Papinius – (45 ca.-96 ca.): 322, 323, 325. Stefec, rudolf S.: 116 (nt. 11), 117, 118 (nt. 21), 186, 196. Stephanus, robertus –: cf.  estienne, robert (…).

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Stephanus byzantius (saec. vi): 291. St. germain, Sarah larlee: 222 (nt. *). Sticherarium (libro liturgico-musicale): 194. Strabo (ante an. 60 a.c.-post an. 20/21 p.c.): 99 (nt. 38), 275, 276, 282, 305, 325. Strabo, Walafridus –: cf.  Walafridus Strabo (…). strategia: cf.  tattica e strategia, manoscritti greci (…). Strategius presbyter (saec. Xi), possessor euchologii Par. coislin. 213: 163, 216. StruMicA (Macedonia del nord): Θεοτόκος Ἐλεοῦσα, monastero della – (in località velJuSA): 231. Strycker, émile de – (1907-1978), S.i., storico della filosofia e bizantinista: 10 (nt. 2). Surace, domenico: 335-358; ★ 7. Symeon Metaphrastes (saec. X-Xi): 130 (nt. 36), 218, 238. ★ cf. anche:  Commentarius de vita, obitu et veste s. Mariae Deiparae (…) BHG 1047-1048;  Commentarius in s. Philippum apostolum (…) BHG 1527;  Commentarius in s. Thomam apostolum (…) BHG 1835;  Commentarius in ss. Petrum et Paulum apostolos (…) BHG 1493;  Oratio de catenis s. Petri (…) BHG 1486;  Passio s. Arethae et soc. (…) BHG 167;  Passio ss. Sergii et Bacchi (…) BHG 1625;  Vita s. Athanasii ep. Alexandrini (…) BHG 183;  Vita s. Iohannis Chrysostomi (…) BHG 875e;  Vita ss. Cyri et Iohannis mart. (…) BHG 471. Synaxarium (libro agiografico-liturgico): 187, 218. synaxarium minus (calendario delle feste mobili, nei manoscritti greci dei vangeli): 136. Synesius cyrenensis (373 ca.-414 ca.): 160 (nt. 89). Syropulus, franciscus (saec. Xvi), librarius (RGK, iii, nr. 605), scriptor bibliothecae vaticanae: 16. tabulae di notabilia di autori greci o latini, manoscritti con –: cf.  indices verborum (…). tacitus, Publius cornelius – (55 ca.-120 ca.): 274. takeuchi Miki: 222 (nt. *). tardini, domenico (1888-1961), prima prosegretario di Stato per gli affari straordinari (dal 1952), poi card. (dal 1958) e segretario di Stato vaticano: 77 (e nt. 170). tArSo (tArSuS, antica città della cilicia, nell’attuale distretto di Mersin, in turchia): 200, 202, 203, 205. tattica e strategia, manoscritti greci di –: 264, 265, 269 (nt. 59), 313, 315, 316, 348. tbiliSi: k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri [= centro nazionale georgiano dei manoscritti «k’orneli k’ek’eliӡe»]: 222 (nt. *). tchernetska, natalie (černetska, natali): 117, 160 (nt. 88). tecnico-scientifici, manoscritti – greci: 120. Tempo, Il –, giornale quotidiano (roma) : 47 (e nt. 76), 61, 70. teologici, manoscritti – greci: 174, 315. terentius (…): cf.  terentius Afer, Publius – (…);  varro, Marcus terentius – (…). terentius Afer, Publius – (190 ca.-159 a.c.): 322, 323. tertullianus, Quintus Septimius florens – (155 ca.-220 ca.): 94 (e nt. 22). teSSAgliA (theSSAliA, regione della grecia): 117, 186 (e nt. 146); ★ signoria della – (sec. Xiii), o «ducato» di neopatras: 233. tessari, Silvia: 117 (e nt. 18), 135 (nt. 45), 180. Tetraevangelion: 116, 117, 119, 120, 121, 135, 136, 137, 145, 146, 147, 148, 152 (nt. 78), 162, 171, 174, 177, 178, 180, 181, 183, 184, 207, 208, 209, 210, 211, 212, 214, 217, 218, 219, 220, 221.

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tevel, Johannes Marius: 355. theocritus (315/310 ca.-260 ca.): 283. theoctistus (sec. Xii), monachus monasterii constantinopolitani s. iohannis Prodromi Petrae, librarius (RGK, ii, nr. 177): 182 (nt. 135); ★ «tipo teoctisto» (scrittura greca): 182. theodoretus (393 ca.-457 ca.) cyrensis episcopus (ab an. 423): 120, 269 (nt. 59). theodorus Metochites: cf.  Metochites, theodorus (…). theodorus Prodromus (1100 ca.-1165/1170 ca.): 302. theodorus Studita (758/759-826), s.: 245, 246. theodosius tripolita (vel theodosius bithynius, 160 ca.-100 ca. a.c.): 300, 301, 315, 330, 347. theodulus (saec. Xiii ex.) rhodiensis metropolita: 195. theon Smyrnaeus (saec. i-ii) philosophus: 306, 315. theophanes confessor (760 ca.-817), chronographus, s.: 240. theophilus Protospatharius (saec. vii): 301, 331. theophrastus (371-287 a.c.) philosophus: 292, 331. theophylactus († post an. 1107) Achridensis archiepiscopus, s.: 120, 181, 194, 214, 217, 269 (nt. 59). Theotokos Periboliotissa, chiesa della –, in località non identificata forse nel dodecanneso, menzionata nel colofone del codice Thess. Univ. Schol. Phil. 81: 129, 189, 190 (e nt. 161), 213. theSSAliA: cf.  tessaglia (…) theSSAlonikē (o SAlonicco): 172 (nt. 112). –, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο: Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη: 222 (nt. *). –, Πατριαρχικὸ Ἵδρυμα Πατερικῶν Μελετῶν (Μονὴ Βλατάδων): 164 (ntt. 95-96), 222 (nt. *). thomas, apostolus, s.: cf.  Commentarius in s. Thomam apostolum (…) BHG 1835. thomas Aquinas (1225-1274), o.P., s.: 83. thucydides (460 ca.-400 ca.): 311, 315, 333. tibullus, Albius – (55 ca.-19 a.c.): 321, 323. timaeus locrus (saec. v a.c.) philosophus: 297, 315, 332. tirilye (antica trigleiA, nell’odierna turchia): cf.  Medikion, monastero (…). tisserant, eugène (1884-1972), scriptor orientale (dal 1908) e proprefetto (1930-1936) della biblioteca vaticana, poi card. (dal 1936), bibliotecario e archivista di S.r.c. (19571971): 51 (e nt. 93), 62 (e nt. 129), 65, 68, 70, 73, 76, 78, 79, 80, 81. tokyo (tōkyō): keiō gijuku toshokan (keio university library): 117 (e nt. 15), 160 (nt. 88), 222 (nt. *). tornielli, Andrea: 47 (nt. 76). torres, francisco (1509 ca.-1584), S.i., ellenista, possessore e annotatore di manoscritti (cAn, p. 63): 308 (nt. 145). torresani, Andrea (detto Andrea Asolano, 1451-1528), tipografo, suocero di Aldo Manuzio il vecchio: 282. torresani, gian francesco (detto gian francesco d’Asola, o Asolano, 1498 ca.-1557/1558), tipografo, figlio di Andrea, cognato di Aldo Manuzio il vecchio: 329 (nt. 208). tortelli, iohannes (post 1406-1466), bibliothecarius nicolai v papae: 238 (e nt. 9), 239, 244, 248. || PotenzA, tav. 2a. toth, Michael b.: 89. tradizionali-arcaizzanti, stili – (scrittura greca): cf.  arcaizzanti, grafie – (o tradizionaliarcaizzanti, o mimetiche) (…).

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traianus, Marcus ulpius nerva – (53-117), imperator romanus (ab an. 98): 272. tramezzino, famiglia di tipografi e librai attivi a roma e venezia (sec. Xvi): 310. trento: cf.  concilio di trento (1545-1563) (…). trigleiA (città storica della bitinia, attuale tirilye, in turchia): cf.  Medikion, monastero (…). trimetro giambico: cf.  dodecasillabo bizantino (…). Triodium (libro liturgico): 207, 219, 221, 241, 242 (e nt. 20), 244 (e nt. 24), 245, 246, 247, 248, 249. tryphiodorus Panopolitanus (saec. iii aut iv): 288, 289, 291, 328, 330. tsirpanlēs, zacharias n.: 349 (nt. 38). tullius (…): cf.  cicero, Marcus tullius – (…). turchiA (türkiye): 196 (nt. 182), 212. ★ cf. anche:  Anatolia (…);  bitinia (…);  cilicia (…). turrianus, nicolaus (saec. Xvi-Xvii), librarius (RGK, i, nr. 319; ii, nr. 438; iii, nr. 520): 348 (e nt. 34), 349 (e nt. 37). tzetzes, iohannes (1110 ca.-1180 ca.): 294, 302, 315, 316, 330. tzetzes, isaac († 1138): 294, 330. ulpius: cf.  traianus, Marcus ulpius nerva – (…). unione europea: cf.  euroPA (…) unione europea (…). united StAteS of AMericA: 63 (e nt. 135), 65. urbino: duchi di –: biblioteca: 275 (e nt. 88), 318. uspenskij, Porfirij (al secolo konstantin, 1804-1885), archimandrita, poi vescovo di čigirin (1865-1877): 218. valeri, valerio (1883-1963), card. (dal 1953): 70 (e nt. 155), 72. valerius (…): cf.  catullus, gaius valerius – (…);  Martialis, Marcus valerius – (…);  valerius Maximus (…). valerius Maximus (saec. i a.c.-i p.c.): 93. valla, georgius (1447-1500), humanista, librarius (RGK, iii, nr. 91) et possessor codicum: 297, 301. valla, laurentius (1407-1457), humanista, librarius (cAn, p. 54) et possessor codicum: 323. Vandenbossche, canonico, segretario del card. Jozef-ernest van roey: 77 (e nt. 172), 80. vangeli: cf.  Biblia Sacra (…), Novum Testamentum;  Tetraevangelion. –, lezionario dei – (o Evangelion): 114, 116, 117, 119, 124, 125, 127, 128, 129, 131, 134, 135, 136, 138, 139, 142, 143, 144 (e nt. 61), 145, 147, 149, 151, 152, 153, 154, 155, 163, 164, 167 (e nt. 103), 170, 174, 180, 184, 185, 188, 190, 192, 193, 196, 206, 209, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 219, 220, 222. van lantschoot, Arnold (1889-1969), o.PrAeM., scriptor orientale e poi viceprefetto della biblioteca vaticana: 48 (e nt. 77), 61 (e nt. 123), 62. van roey, Jozef-ernest: cf.  roey, Jozef-ernest van – (…), card. (…). varinus camers: cf.  favorino, guarino (…). varinus veronensis: cf.  guarinus (…) veronensis (…). varro, Marcus terentius – (116-27 a.c.): 322. Vatican Insider, progetto web del quotidiano La Stampa (roma): 47 (nt. 76). velJuSA (Macedonia del nord): cf.  Strumica (…). veneziA: 172 (nt. 112), 190, 228, 252, 282, 297, 301, 313, 318, 323, 324, 325, 326, 327, 341 (nt. 22).

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–, Archivio di Stato: 228 (nt. 12). –, istituto veneto di Scienze, lettere e Arti: 55. veneziani: 75. vergetius, Angelus (Ἄγγελος Βεργίκιος, † 1569), librarius (RGK, i, nr. 3; ii, nr. 3; iii, nr. 3): 272 (nt. 76), 294. vergilius, Publius – Maro (70-19 a.c.): 269, 321, 324, 326. vettori, Piero (1499-1585), umanista: 262 (nt. 12), 314 (e nt. 174). vian, Paolo: 7. vibo vAlentiA: 338 (nt. 13). vic (catalunya, españa): Museu episcopal: 235. Victoria (personificazione della vittoria nella mitologia classica): 263 (nt. 23). vida, Marco girolamo (1485-1566), letterato, vescovo di Alba (dal 1533): 325. vigili, fabio († 1553), vescovo di Spoleto (dal 1540): ★ inventario (sigla v), da lui curato, della sala pubblica greca della biblioteca vaticana (ann. 1508-1510): 240 (nt. 14), 244 (nt. 25), 245. Virginie, forse domestica del Pontificio collegio belga, menzionata in una lettera di Paul canart: 61. Vita s. Athanasii ep. Alexandrini auct. Symeone Metaphrasta BHG 183: 238, 239. Vita s. Iohannis Chrysostomi auct. Symeone Metaphrasta, paululum retractata, BHG 875e: 303. Vita ss. Cyri et Iohannis mart. auct. Symeone Metaphrasta BHG 471: 303. vitali, bernardino (sec. Xv-Xvi), tipografo attivo a venezia: 323. vitruvius, Marcus – Pollio (saec. i a.c.): 325. vitti, Mario: 17. vogel, Marie (saec. XiX-XX), studiosa di manoscritti greci: 350 (nt. 39). Walafridus Strabo (808 ca.-849), o.S.b.: 275-276. WAShington (district of columbia, u.S.A.): library of congress: 164 (nt. 96), 213; ★ national gallery of Art: 95 (nt. 27). WenhAM (Massachusetts, u.S.A.): gordon college: Jenks library: 222 (nt. *) Wilson, nigel g.: 225 (nt. 5), 227, 231 (nt. 23). Wojtyła, karol Józef: cf.  iohannes Paulus ii (…), papa (…), s. Wolfenbüttel: 19. Wood, robert Williams (1868-1955), scienziato e inventore: «lampada di Wood» a luce ultravioletta, per la lettura di palinsesti e scritture evanide: 171, 197, 214. Xama, lucianus: cf.  lucianus Xama (…). ya‘qōb da-Srūg : cf.  iacobus Sarugensis (…). ¯ ¯: cf.  gerusalemme (…). yeruShAlAyiM yet: cf.  Jette (…). yovhannēs iii Awjnec‘i: cf.  iohannes iii ozniensis (…). yovhannēs Mayragomec‘i: cf.  iohannes Mayragomensis (…). zanetti, camillo (sec. Xvi), copista (RGK, i, nr. 212; ii, nr. 299; iii, nr. 351): 290, 300. zarathuštra: cf.  zoroaster (…). zelada, francesco Saverio de – (1717-1801), card. (dal 1773), bibliotecario di S.r.c. (1779-1801): 276 (nt. 94).

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zigabenus, euthymius († post an. 1118): 120, 166 (nt. 99), 214, 220. zig-zag (nella carta araba occidentale o spagnola): 21. zonaras, iohannes (saec. Xii): 93 (e nt. 18). zoroaster (zarathuštra): 295, 315, 332.

IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo e deglI esemplarI a stampa cItatI a cura di Francesca potenza

manoscritti, documenti d’archivio e stampati – nel caso delle ultime due categorie, distinguendosene con vari accorgimenti la natura – sono presentati qui in un’unica sequenza ordinata alfabeticamente secondo le località che ne sono sedi di conservazione attuale. si avverte, peraltro, che toponimi e istituzioni vengono indicati nella forma della lingua ufficiale o prevalente dello stato in cui si trovano, con eventuale rimando dalle comuni forme italiane o alternative del toponimo, se distanti nell’ordinamento alfabetico. si noterà tuttavia che, derogando al principio generale dell’ordinamento alfabetico topografico, in una sezione conclusiva dell’indice, intitolata «II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati, repertoriati, studiati», sono registrati quei materiali archivistici che nel volume siano ricordati non mediante la loro segnatura (luogo, istituzione, serie/sottoserie e numero), ma attraverso un mero riferimento alle pubblicazioni in cui essi sono editi, regestati o menzionati (per le quali si vedano le abbreviazioni bibliografiche qui di seguito). a questa sezione finale dell’indice, comunque, si farà rimando anche dalla prima parte di esso, nella quale tali documenti saranno in tal modo parimenti segnalati tutte le volte in cui chi ha compiuto la presente indicizzazione abbia potuto individuarne almeno il luogo e l’istituto di conservazione (anche in mancanza di certezze circa l’esatta segnatura archivistica attuale, perciò omessa). si segnala inoltre che sotto la voce d’insieme «città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, [dipartimento manoscritti], carte canart» sono registrati documenti inclusi nelle carte personali e di studio di mons. paul canart, pervenute in Biblioteca vaticana dopo la sua morte. poiché si tratta di materiali non ancora costituiti in fondo autonomo, né ordinati o foliati, ci si riferirà ad essi indicandone la tipologia documentaria (ad es. lettera), la data e sommariamente il contenuto. analogamente si farà con i documenti non numerati/foliati che sono contenuti nella cartella personale di mons. canart, conservata nel fondo archivio Biblioteca: essi sono indicizzati alla voce «città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, [uffici della prefettura], arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart».

aBBrevIazIonI

BIBlIograFIche

Actes de Chilandar, I = Actes de Chilandar, I: Des origines à 1319, éd. diplomatique par m. ŽIvojInovIć, v. KravarI, ch. gIros, paris 1998 (archives de l’athos, 20). Actes de Docheiariu = Actes de Docheiariu, éd. diplomatique par n. oIKonomIdès, paris 1984 (archives de l’athos, 13). Actes d’Iviron, III = Actes d’Iviron, III, éd. diplomatique par j. leFort, n. oIKonomIdès, d. papachryssanthou, paris 1994 (archives de l’athos, 16).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

Actes de Kutlumus = Actes de Kutlumus, éd. diplomatique par p. lemerle, paris 1945 (archives de l’athos, 2[/1]) [paris 19882 (archives […], 2/2)]. Actes de Lavra, II = Actes de Lavra, II: De 1204 à 1328, éd. diplomatique par p. lemerle, a. guIllou, n. svoronos, d. papachryssanthou, paris 1977 (archives de l’athos, 8). Actes de Lavra, III = Actes de Lavra, III: De 1329 à 1500, éd. diplomatique par p. lemerle, a. guIllou, n. svoronos, d. papachryssanthou, paris 1979 (archives de l’athos, 10). Actes du Prôtaton = Actes du Prôtaton, éd. diplomatique par d. papachryssanthou, paris 1975 (archives de l’athos, 7). Actes de Xéropotamu = Actes de Xéropotamu, éd. diplomatique par j. BompaIre, paris 1964 (archives de de l’athos, 3). Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου = e. l. Branusē [vranoussI], Βυζαντινὰ ἔγγραφα τῆς μονῆς Πάτμου, I: Αὐτοκρατορικά; II: Δεσποτικά, Ἀθῆναι 1980. delorme - tăutu, Acta, 5/2 = Acta Romanorum pontificum ab Innocentio V ad Benedictum XI (1276-1304) e Regestis Vaticanis aliisque fontibus collegerunt F. m. delorme, (…) et a. l. tăutu, città del vaticano 1954 (pontificia commissio ad redigendum codicem iuris canonici orientalis. Fontes, ser. III, 5/2). dölger, Aus den Schatzkammern = F. dölger, Aus den Schatzkammern des Heiligen Berges (…), münchen 1948. hunger, Theodoros Metochites = h. hunger, Theodoros Metochites als Vorläufer des Humanismus in Byzanz, in Byzantinische Zeitschrift 45 (1952), pp. 4-19. Ktenas = archim. ch. Ktenas, Χρυσόβουλλοι λόγοι τῆς ἐν Ἄθῳ ἱερᾶς βασιλικῆς, πατριαρχικῆς καὶ σταυροπηγιακῆς μονῆς τοῦ Δοχειαρίου, in Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν 4 (1927), pp. 284-311 (nrr. 1-11); Id., Σιγιλλιώδη καὶ ἄλλα πατριαρχικὰ ἔγγραφα (…) τοῦ Δοχειαρίου, in Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν 5 (1928), pp. 100-129 (nrr. 1220); Id., Ὁ πρῶτος τοῦ Ἁγίου Ὄρους Ἄθω καὶ ἡ «Μεγάλη Μέση» ἢ «Σύναξις», in Ἐπετηρὶς Ἑταιρείας Βυζαντινῶν Σπουδῶν 6 (1929), pp. 233-281 (nrr. 21-30). mm = F. mIKlosIch - j. müller, Acta et diplomata Graeca medii aevi sacra et profana, I-vI, vindobonae 1860-1890. petIt - KoraBlev, Chilandar = Actes de l’Athos, v: Actes de Chilandar, publiés par l. petIt et B. KoraBlev, sankt-peterburg 1911 (vizantijskij vremennik. priloženie k xvII tomu). pIerallI, Corrispondenza diplomatica = l. pIerallI, La corrispondenza diplomatica dell’imperatore bizantino con le potenze estere nel Tredicesimo secolo (1204-1282). Studio storico-diplomatistico ed edizione critica, con prefazione di o. Kresten, città del vaticano 2006 (collectanea archivi vaticani, 54). prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV = g. prato, I manoscritti dei secoli XIII e XIV: note paleografiche, in Paleografia e codicologia greca. Atti del II Colloquio Internazionale (Berlino-Wolfenbüttel, 17-21 ottobre 1983), I-II, a cura di d. harlFInger e g. prato (…), alessandria 1991 (Biblioteca di «scrittura e civiltà», 3): I, pp. 131-151; II, pp. 7996 (tavv. 1-16). Regesten = F. dölger, Regesten der Kaiserurkunden des oströmischen Reiches von 565-1453, I-v, münchen-Berlin 1924-1965 [teil 1/2: zweite auflage neu bearbeitet von a. müller unter verantwortlicher mitarbeit von a. BeIhammer, münchen 2003; 2 und 3: zweite erweiterte und verbesserte auflage, bearbeitet von p. WIrth, münchen 1995 und 1977]. Regestes = v. grumel - j. darrouzès, Le regestes des actes du patriarcat de Constantinople, I: Les actes des Patriarches, 2-3: Les regestes de 715 à 1206, par v. grumel, 2ème éd. rev. et corr. par j. darrouzès, paris 1989; v. laurent, Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, I: Les actes des Patriarches, 4: Les regestes de 1208 à 1309, paris

e deglI esemplarI a stampa cItatI

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1971; j. darrouzès, Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, I: Les actes des Patriarches, 5: Les regestes de 1310 à 1376, paris 1977; Id., Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, I: Les actes des Patriarches, 6: Les regestes de 1377 à 1410, paris 1979; Id., Les regestes des actes du Patriarcat de Constantinople, I: Les actes des Patriarches, 7: Les regestes de 1410 à 1453, paris 1991. ***

I. manoscrIttI, documentI, stampatI

In ordIne dI segnatura

l’aIa: cf.  (…) gravenhage. olim andros, Μονὴ Ἁγίας, 32: cf.  Washington (d.c.), museum of the Bible, motB.ms.000484. ann arBor, university of michigan mich. ms. 38: 121, 185, 208-209 (nr. 1). athēna, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος gr. 112 (olim trikkala, Μονὴ Δουσίκου Ἁγίου Βησσαρίωνος): 176 (nt. 123), 209 (nr. 2). gr. 127: 117, 136-137, 145, 146 (fig. 8 e nt. 69), 148, 174, 178, 196, 209 (nr. 3). || d’aIuto, tavv. 25, 26a, 42, 49b, 50b, 68a-c. athēna, Συλλογὴ Σπ. Λοβέρδου 2: 146, 148, 177 (nt. 126), 209 (nr. 4). || d’aIuto, tavv. 43, 47c. athos, monte –: cf.  hagion oros. Bassano del grappa, Biblioteca civica 1087 (coll. 34 B 19): 117-118, 135 (e nt. 45), 144 (nt. 61), 147, 180, 209 (nr. 5). || d’aIuto, tavv. 16-17. BerlIn, staatsbibliothek-preußischer Kulturbesitz phillipps 1493 (gr. 89): 356-357 (nt. 55). Bologna, Biblioteca universitaria ms. 3292: 202 (nt. 198). BratIslava, univerzitná Knižnica 1208: 117, 157-158 (e nt. 84), 161, 174, 208, 209 (nr. 6). ★ cf. anche:  paris, Bibliothèque nationale de France, suppl. gr. 1389;  tōkyō, Keiō gijuku toshokan, 141x@127@1. Breslau: cf.  Wrocław. Bruxelles, archives générales du royaume de Belgique archives de la famille van der noot, varia 1971, nr. 23: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Regestes, nr. 3400.

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

camBrIdge, christ’s college ms. rouse, Fragment B: 209-210 (nr. 7). camBrIdge, university library add. 10062 (olim cambridge, Bible society, 213): 193 (e nt. 168). chIcago (Il), university library, joseph regenstein library ms. 879: 154-156 (e fig. 11), 177, 210 (nr. 8), 222. || d’aIuto, tavv. 57, 58a, 72c. ★ cf. anche:  montreal, mcgill university library, ms greek 11;  saint-louis (mo), coll. edgar Krenz, s.n.;  uppsala, universitetsbibliotek, Fragm. ms. graec. 1. cIttà del vatIcano, archivio apostolico vaticano aa. arm. I-xvIII, nr. 1739: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  delorme - tăutu, Acta, 5/2 (...);  Regestes, nr. 1435. aa. arm. I-xvIII, nr. 1740: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  pIerallI, Corrispondenza diplomatica (…);  Regestes, nr. 1433. cIttà

del vatIcano,

Biblioteca apostolica vaticana [dipartimento manoscritti]

arch. cap. s. pietro B.58-59: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro B.141: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro c.144: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro c.149-154: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro d.157: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro e.16: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro h.4: 11 (e nt. 5). arch. cap. s. pietro h.45: 11 (e nt. 5). Barb. gr. 123: 305 (e nt. 126). Barb. gr. 164-281: 13 (e nt. 10). Barb. gr. 423: 342-347. || surace, tavv. 5-6. Barb. gr. 449: 152 (nt. 78). carte canart, [biglietto di annuncio del battesimo di Bénédicte (n. 23 maggio 1958), nipote di paul canart]: 42 (nt. 62). carte canart, [biglietto di invito alla celebrazione (6 maggio 2001) per il cinquantesimo dell’ordinazione sacerdotale di paul canart]: 29 (nt. 15), 54 (nt. 99). carte canart, [dépliant per la vendita di j. van camp - p. canart, Le sens du mot chez Platon, louvain 1956 (recueil de travaux d’histoire et de philologie, 4e sér., 9)]: 28 (nt. 13). carte canart, [genealogia della famiglia canart]: 54 (nt. 97), 67 (nt. 144). carte canart, [immaginetta ricordo della prima comunione e confermazione (29 giugno 1938) di paul canart]: 54 (nt. 97). carte canart, [lettera (4 ottobre 1957) della madre a paul canart]: 42-44, 46 (nt. 71). carte canart, [lettera (13-14 ottobre 1957) della madre a paul canart]: 44. carte canart, [lettera (23 ottobre 1957) della madre a paul canart]: 44 (e nt. 65), 45 (nt. 67).

e deglI esemplarI a stampa cItatI

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carte canart, [lettera (12 ottobre 1958) di paul canart ai genitori riguardo alla morte di papa pio xII e all’elezione di papa giovanni xxIII (resoconto dei giorni 8-26 ottobre 1958)]: 47-50, 60-71 (nr. 7). carte canart, [lettera (22 ottobre 1958) della mamma a paul canart]: 44-45. carte canart, [lettera (1° novembre 1958) di paul canart al fratello jean riguardo alla morte di papa pio xII e all’elezione di papa giovanni xxIII]: 45-46 (e ntt. 68-69), 50-51, 71-72 (nr. 7). carte canart, [lettera (4 novembre 1958) di paul canart ai genitori riguardo alla morte di papa pio xII e all’elezione di papa giovanni xxIII]: 51, 73-76 (nr. 7). carte canart, [lettera (14 novembre 1958) di paul canart ai genitori riguardo alla morte di papa pio xII e all’elezione di papa giovanni xxIII]: 51, 76-78 (nr. 7). carte canart, [lettera (15 dicembre 1958) di paul canart ai genitori riguardo alla morte di papa pio xII e all’elezione di papa giovanni xxIII]: 51-52, 78-81 (nr. 7). carte canart, [lettera (20 luglio 1960) della mamma a paul canart]: 45. carte canart, [lettera (13 novembre 1960) del fratello jean a paul canart]: 46. carte canart, [lettera (26 giugno 1980) della direzione di Byzantion a paul canart]: 35 (nt. 37). carte canart, [lettera (30 gennaio 2006) di paul canart alla vedova di jean Irigoin]: 41 (e nt. 59), 83-85 (nr. 9). carte canart, [omelia di paul canart per il cinquantesimo della propria ordinazione sacerdotale (6 maggio 2001)]: 29-30 (e nt. 16), 81-83 (nr. 8). ott. gr. 210: 307, 314. || cardInalI, tavv. 14-15. ott. gr. 212: 136-137 (e nt. 50), 146 (e nt. 69), 147, 148, 174, 177 (nt. 125), 178, 184185, 210 (nr. 9). || d’aIuto, tavv. 23b, 24, 44, 46a-b, 49a, 50a, 68d. ott. gr. 232: 308 (e ntt. 142-144), 314. ott. gr. 330: 308-309 (e nt. 148), 314. ott. gr. 336: 357 (nt. 55). ott. gr. 465: 350 (e nt. 39), 351 (nt. 45). ott. lat. 1168: 309. ott. lat. 1882: 261 (nt. 8), 306 (nt. 130). ott. lat. 1980: 261 (nt. 8), 306 (nt. 130). patetta 1-3: 14 (e nt. 11). reg. lat. 2019: 317. reg. lat. 2023: 310 (e nt. 156), 317 (e nt. 181). || cardInalI, tavv. 16-17. urb. gr. 164: 326, 327 (nt. 196). urb. gr. 165: 326, 327 (nt. 196). vat. ebr. 451: 264 (nt. 27). vat. gr. 1-1217 («fondo antico»): 238 (nt. 8), 240. vat. gr. 19: FederIcI, fig. 1a. vat. gr. 41: 276 (nt. 94), 283-284 (nr. 3), 333 (nr. 27). vat. gr. 73: 88-92, 95-97, 99 (nt. 39), 101, 102 (nt. 63). || németh, pls. 1-5, 8. vat. gr. 100B: 230, 232. vat. gr. 118: 269 (nt. 55), 276 (nt. 94), 284-285 (nr. 4), 334 (nr. 38). vat. gr. 120: 276 (nt. 94), 285 (nr. 5), 333 (nr. 26). vat. gr. 141: 98 (nt. 37). || németh, pl. 7. vat. gr. 155: 240 (e nt. 14). || potenza, tav. 2b. vat. gr. 187: 269 (nt. 55), 276 (nt. 94), 285-286 (nr. 6), 332-333 (nr. 24). vat. gr. 188: 269 (nt. 55), 279, 286-287 (nr. 7), 334 (nr. 32).

418

IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

vat. gr. 204: 300. vat. gr. 220: 265, 266 (nt. 38), 269 (nt. 59), 270 (e nt. 61). vat. gr. 252: 268, 269, 270 (e nt. 61), 271, 276 (nt. 94), 279, 287 (nr. 8), 333 (nr. 28). || cardInalI, tav. 8. vat. gr. 270: 318. vat. gr. 299: 265 (nel testo: «Ὠκεανός»). vat. gr. 322: 269 (nt. 55), 276 (nt. 94), 287-288 (nr. 9), 297, 334 (nr. 33). vat. gr. 326: 318. vat. gr. 327: 318. vat. gr. 453: 238, 239 (e nt. 10), 248 (e nt. 35). || potenza, tav. 2a. ★ cf. anche:  città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, vat. gr. 1904. vat. gr. 541: 248 (e nt. 34). vat. gr. 578: 18 (e nt. 27). vat. gr. 648: 194. vat. gr. 681: 240-241. vat. gr. 734: 248 (nt. 37). vat. gr. 752: 160 (nt. 89). vat. gr. 769: 245, 246. vat. gr. 771: 247. vat. gr. 786: 241-249. || potenza, tavv. 4b, 5a-b, 7. vat. gr. 788: 192. vat. gr. 813: 248 (e ntt. 34-35). vat. gr. 816: 248 (e nt. 34). vat. gr. 854: 256 (nt. 9). || FederIcI, fig. 18a. vat. gr. 859: 115 (fig. 3), 116, 120, 126, 127, 129-131, 133, 134, 137 (nt. 50), 140 (e fig. 6), 144, 145 (nt. 65), 174, 179, 184, 186 (nt. 146), 196, 198-199, 201-202 (e nt. 197), 205, 206, 210 (nr. 10). || d’aIuto, tavv. 1, 3, 9-10, 11a, 31-32, 69d, 72e. vat. gr. 864: 241, 242 (e nt. 18), 243 (e nt. 22), 247, 249. || potenza, tavv. 4a-b, 5a, 8a, 8c. vat. gr. 933-1067: 277 (ntt. 97-98). vat. gr. 958: 276-277, 281, 288-289 (nr. 10), 291, 305, 320. || cardInalI, tav. 5. vat. gr. 959: 275, 276 (nt. 94), 277, 281, 289 (nr. 11), 331 (nr. 14). || cardInalI, tav. 3a. vat. gr. 960: 277, 281, 290 (nr. 12), 333 (nr. 31). vat. gr. 961: 276 (nt. 94), 277, 281, 290-291 (nr. 13), 331 (nr. 10). vat. gr. 962: 276-277 (e nt. 94), 289, 291 (nr. 14), 330 (nr. 4). || cardInalI, tav. 6. vat. gr. 963: 276 (nt. 94), 277, 281, 291-292 (nr. 15), 331 (nr. 12). vat. gr. 964: 276 (nt. 94), 277, 281, 292 (nr. 16), 331 (nr. 7). vat. gr. 965: 276 (nt. 94), 281, 292 (nr. 17), 293, 296, 305, 331 (nr. 11). vat. gr. 966: 276 (nt. 94), 277, 281, 292, 293 (nr. 18), 331 (nr. 11). || cardInalI, tav. 7. vat. gr. 967: 275, 276 (nt. 94), 277, 281, 293 (nr. 19), 330 (nr. 2). || cardInalI, tav. 3b. vat. gr. 970: 275, 276 (nt. 94), 277, 279, 293 (nr. 20), 332 (nr. 17). || cardInalI, tav. 11. vat. gr. 971: 277, 281, 294 (nr. 21), 305, 333 (nr. 31). vat. gr. 972: 269, 270 (e nt. 61), 276 (nt. 94), 280, 281, 294 (nr. 22), 316, 330 (nr. 5). vat. gr. 973: 309 (nt. 152).

e deglI esemplarI a stampa cItatI

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vat. gr. 986: 246 (nt. 30). vat. gr. 1000: 276 (nt. 94), 280, 295 (nr. 23), 333 (nr. 25). vat. gr. 1011: 276 (nt. 94), 280, 295-296 (nr. 24), 332 (nr. 22). vat. gr. 1015: 276 (nt. 94), 296 (nr. 25), 330 (nr. 3). vat. gr. 1033: 276 (nt. 94), 297 (nr. 26), 308, 332 (nr. 20). vat. gr. 1037: 269 (nt. 55), 276 (nt. 94), 279, 288, 297-298 (nr. 27), 331 (nr. 8). || cardInalI, tav. 9. vat. gr. 1043: 269, 270, 271, 272 (nt. 76), 276 (nt. 94), 298 (nr. 28), 313 (nt. 169), 334 (nr. 34). vat. gr. 1049: 279, 298-299 (nr. 29), 334 (nr. 35). || cardInalI, tav. 10. vat. gr. 1053: 276 (nt. 94), 299 (nr. 30), 331 (nr. 16). vat. gr. 1054: 270, 276 (nt. 94), 299-300 (nr. 31), 332 (nr. 23). vat. gr. 1055: 276 (nt. 94), 300-301 (nr. 32), 330 (nr. 1). vat. gr. 1062: 276 (nt. 94), 301 (nr. 33), 331 (nr. 15). vat. gr. 1070: 276 (nt. 94), 301-302 (nr. 34), 332 (nr. 19). vat. gr. 1072: 248 (nt. 37). ★ cf. anche:  città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, vat. gr. 2296. vat. gr. 1077: 276 (nt. 94), 279, 280, 302 (nr. 35), 332 (nr. 21). || cardInalI, tav. 12. vat. gr. 1083: 273-274, 303 (nr. 36), 333 (nr. 29). vat. gr. 1134: 341 (nt. 21). vat. gr. 1164: 264-265, 266 (nt. 38), 268, 269 (e nt. 59), 270 (e nt. 61), 273, 274 (e nt. 86), 313-314, 315, 316. vat. gr. 1174: 340 (e nt. 18). vat. gr. 1184: 338 (nt. 10). vat. gr. 1187: 280 (nt. 108). vat. gr. 1195: 356 (nt. 55). vat. gr. 1331: 277, 290, 320. vat. gr. 1389: 268, 270, 320. vat. gr. 1402: 320. vat. gr. 1408: 270, 309. vat. gr. 1453: 313 (nt. 170). vat. gr. 1461: 351 (nt. 45). vat. gr. 1482: 278. vat. gr. 1483: 237 (nt. 5). vat. gr. 1485-1683: 10. vat. gr. 1487-1962: 13. vat. gr. 1494: 356 (e nt. 55). vat. gr. 1616: 116, 120, 127, 174, 186, 210-211 (nr. 11). || d’aIuto, tavv. 4, 5a. vat. gr. 1684-1744: 10. vat. gr. 1736: 356 (e nt. 55). vat. gr. 1745-1962: 10-11. vat. gr. 1823: 38. vat. gr. 1840: 116, 138, 139 (nt. 55), 174, 211 (nr. 12). || d’aIuto, tav. 30b-d. vat. gr. 1858: 269, 270. vat. gr. 1866: 160 (nt. 89). vat. gr. 1878: 270. vat. gr. 1886: 116, 135, 136 (nt. 48), 177, 184, 185, 211 (nr. 13). || d’aIuto, tavv. 18-19. vat. gr. 1898: 276 (nt. 94), 303 (nr. 37), 334 (nr. 36).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

vat. gr. 1900: 350 (nt. 39). vat. gr. 1902: 270, 347 (e nt. 31), 353. || surace, tav. 7. vat. gr. 1904: 248, 269, 270 (e nt. 61), 276 (nt. 94), 304 (nr. 38), 310, 316, 333 (nr. 30). ★ cf. anche:  città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, vat. gr. 453. vat. gr. 1919: 353 (e nt. 47), 354 (nt. 50), 355 (e ntt. 52, 54), 357 (e nt. 56). || surace, tavv. 13, 16a. vat. gr. 1949: 270. vat. gr. 1962: 13. vat. gr. 1963-2161: 13. vat. gr. 1963-2123: 13. vat. gr. 2124: 339-340 (nt. 15). vat. gr. 2225: 345. vat. gr. 2290: 132 (nt. 41). vat. gr. 2296: 248 (nt. 37). ★ cf. anche:  città del vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, vat. gr. 1072. vat. gr. 2307-2321: 184. vat. gr. 2319: 116, 136-137 (e ntt. 48), 148, 174, 183-184 (e nt. 140), 186, 211 (nr. 14). || d’aIuto, tavv. 26b, 27, 48. vat. gr. 2337: 184. vat. gr. 2503: 211 (nr. 15). vat. gr. 2595: 356 (nt. 55). vat. gr. 2598: 356 (nt. 55). vat. lat. 1900: 271-272 (e nt. 72), 276 (nt. 94), 304 (nr. 39), 330 (nr. 6). || cardInalI, tav. 2. vat. lat. 3068: 315 (nt. 176). vat. lat. 3309: 306. vat. lat. 3843: 266. vat. lat. 3921: 274. vat. lat. 3954: 245 (nt. 28). vat. lat. 3958: 266, 267 (nt. 44), 268 (nt. 53), 305 (ntt. 124-125, 127), 306 (nt. 134), 330. vat. lat. 3960: 275 (e nt. 88), 318 (e nt. 186). vat. lat. 3963: 269 (nt. 59), 278 (nt. 102). vat. lat. 3965: 278 (nt. 103). vat. lat. 4040: 321 (nr. 1). vat. lat. 4041: 321 (nr. 2). vat. lat. 4042: 320 (nt. 193), 321 (nr. 3). vat. lat. 4043: 320 (nt. 193), 321 (nr. 3). vat. lat. 4044: 321 (nr. 3). vat. lat. 4045: 322 (nr. 4), 327. vat. lat. 4046: 322 (nr. 4). vat. lat. 4047: 322 (nr. 4). vat. lat. 4048: 320 (nt. 193), 322 (nr. 5). vat. lat. 4049: 320 (nt. 193), 322 (nr. 6). vat. lat. 4050: 322-323 (nr. 7), 327 (nt. 200). || cardInalI, tav. 19. vat. lat. 4051: 323 (nr. 8). vat. lat. 4052: 323 (nr. 9). vat. lat. 4053: 323-324 (nr. 10), 327.

e deglI esemplarI a stampa cItatI

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vat. lat. 4054: 324 (nr. 11). vat. lat. 4055: 324 (nr. 12). vat. lat. 4056: 324 (nr. 13). || cardInalI, tav. 20. vat. lat. 4057: 320 (nt. 193), 324-325 (nr. 14). vat. lat. 4058: 320 (nt. 193), 325 (nr. 15). vat. lat. 4059: 280, 325 (nr. 16). vat. lat. 4060: 325 (nr. 17). vat. lat. 4061: 326 (nr. 18). vat. lat. 4062: 320 (nt. 193), 326 (nr. 19). vat. lat. 4065: 275. || cardInalI, tav. 4. vat. lat. 4103: 308, 309 (nt. 151), 316 (nt. 180), 318. || cardInalI, tav. 18. vat. lat. 4104: 261 (nt. 8). vat. lat. 4105: 260 (nt. 2), 262 (nt. 12), 316 (nt. 178). || cardInalI, tav. 1. vat. lat. 4531: 315 (nt. 176). vat. lat. 4819: 280. vat. lat. 6163: 307 (nt. 140), 309 (ntt. 148, 150). vat. lat. 6177: 266 (nt. 42), 274 (nt. 85), 310 (nt. 155). vat. lat. 6182: 264 (nt. 29). vat. lat. 6217: 308 (nt. 145). vat. lat. 6845: 319. vat. lat. 6955: 318 (e nt. 186). vat. lat. 7131: 278 (nt. 105), 279 (nt. 107), 283, 284, 285, 286, 287, 288, 293, 294, 295, 297, 298, 299, 300, 301, 302, 303, 304, 330 (ntt. 209-211), 331 (ntt. 212214), 332 (ntt. 215-220), 333 (ntt. 221-227), 334 (ntt. 228-233). || cardInalI, tav. 13. vat. lat. 8185: 306 (ntt. 133, 135). vat. lat. 8492: 324. vat. lat. 8493: 324. vat. lat. 9544: 90, 91 (ntt. 9-10), 101 (nt. 44). || németh, pls. 3, 5. vat. lat. 13191: 266 (nt. 38), 281 (e ntt. 110, 112-113), 283 (nt. 115), 284 (nt. 116), 285 (nt. 117), 286 (ntt. 118-120), 287, 288 (nt. 121), 296 (nt. 123), 305 (nt. 128). vat. lat. 13236: 278 (nt. 100). [dipartimento stampati] aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine aldine

I.1: 255 (nt. 6). || FederIcI, fig. 15a. I.4 (1): 289. I.5 (1): 289. I.6: 255 (nt. 6). || FederIcI, figg. 3, 15b. I.7: 255 (nt. 6), 289, 328. I.9: 255 (nt. 6), 294, 328. I.12: 255 (nt. 6). I.16: 291. I.21: 292, 328. I.22: 296, 328. I.24: 255 (nt. 6). || FederIcI, figg. 1b, 17c. I.25: 255 (nt. 6). I.26: 255 (nt. 6). || FederIcI, figg. 17b, 19a. I.27: 255 (nt. 6). || FederIcI, fig. 19b.

422

IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

aldine I.31: 255 (nt. 6). || FederIcI, fig. 10. aldine I.33: 255 (nt. 6). || FederIcI, fig. 17a. aldine I.35: 255 (nt. 6). aldine I.39: 276, 282 (nr. 1). aldine I.44: 322. aldine I.50-55: 314 (nt. 175). aldine I.51: 315 (nt. 175). aldine II.11: 321, 322. aldine III.1: 321. aldine III.4: 323. aldine III.5: 323. aldine III.7: 323. aldine III.12: 255 (nt. 6), 289, 328. || FederIcI, fig. 18b. aldine III.16: 323. aldine III.17: 323. aldine III.18: 323. aldine III.20: 321. aldine III.21: 255 (nt. 6). aldine III.22: 255 (nt. 6). aldine III.24: 255 (nt. 6). || FederIcI, figg. 4-5. aldine III.25: 255 (nt. 6), 256. || FederIcI, fig. 14. aldine III.26 (1): 255 (nt. 6). || FederIcI, fig. 8. aldine III.26 (2): FederIcI, fig. 7a. aldine III.27: 255 (nt. 6). aldine III.27bis: 289, 328. aldine III.79: 322, 327 (e nt. 201). aldine III.93: 327 (e nt. 201). aldine III.279: 255 (nt. 6), 289, 328. || FederIcI, fig. 6. aldine a.I.27: 289. Inc. I.21: 255 (e nt. 7). || FederIcI, fig. 12. Inc. II.16: 321. Inc. II.22: 321. Inc. II.115: 326. Inc. II.122: 321. Inc. II.160: 255 (ntt. 7-8). || FederIcI, fig. 16b. Inc. II.178: 255 (nt. 7). Inc. II.225: 327. Inc. II.270: 290. Inc. II.278: 292, 328. Inc. II.281: 293, 328. Inc. II.482: 297, 301. Inc. II.515: 316 (e nt. 179). Inc. III.18: 323. Inc. III.85: 327. Inc. III.85 (1): 324. Inc. Iv.125: 255 (e nt. 7). || FederIcI, fig. 11. Inc. Iv.149: 255 (ntt. 7-8), 290, 328. || FederIcI, figg. 13, 16a. Inc. Iv.156: 316 (nt. 179).

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Inc. s.125-126: 326. r. I I.345: 283. r. I II.312: 275. r. I II.994: 275. r. I v.101: 321. r.g. classici II.35: 280, 283 (nr. 2), 334 (nr. 37). r.g. classici II.121 (1): 322. sala cons. mss. 169-173 rosso: 342 (nt. 23). sala cons. mss. 376-377 rosso: 342 (nt. 23). stamp. Barb. aaa.Iv.13: 255 (nt. 7). stamp. Barb. ccc.vI.17 (1): 289. stamp. chig. II.744: 255 (nt. 7). || FederIcI, fig. 7b. stamp. chig. v.564: 255 (nt. 7). [uffici della prefettura] arch. Bibl. 11: 278. arch. Bibl. 15: 307 (nt. 139). arch. Bibl. 104: 275 (nt. 89). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [atto di nascita (emesso il 18 settembre 1957)]: 53 (nt. 97). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [curriculum vitae ()]: 53 (nt. 96), 55 (nt. 108). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [curriculum vitae (an. )]: 28 (nt. 10), 34 (nt. 33), 40 (nt. 57), 44 (nt. 66), 53-56 (nr. 1). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [diploma di laurea (an. 1953)]: 54 (nt. 98). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [documento di nomina a vice prefetto conferita da papa giovanni paolo II, a firma del segretario di stato card. angelo sodano (9 febbraio 1994)]: 54 (nt. 104). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart [lettera (3 giugno 1957) dell’arcivescovo di malines card. jozef-ernest van roey al card. bibliotecario giovanni mercati, in cui si dà il consenso alla nomina di paul canart a scriptor Graecus della Biblioteca vaticana]: 32-33, 34, 56 (nr. 2). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (11 giugno 1957) del al sostituto della segreteria di stato angelo dell’acqua, in cui si chiede di nominare paul canart scriptor Graecus della Biblioteca vaticana]: 33-34, 57 (nr. 3). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (3 luglio 1957) del sostituto della segreteria di stato angelo dell’acqua al cardinale bibliotecario giovanni mercati, in cui si comunica la nomina di paul canart a scriptor Graecus della Biblioteca vaticana]: 34, 58 (nr. 4). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, lettera (16 luglio 1957) di paul canart al , in cui si ringrazia per aver proposto la nomina a scriptor Graecus della Biblioteca vaticana: 34 (e nt. 35), 46 (nt. 71), 58-59 (nr. 5). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (23 luglio 1957) del a paul canart in risposta alla lettera del 16 luglio 1957]: 34, 46 (nt. 71), 59 (nr. 6).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (31 ottobre 1997) del sostituto della segreteria di stato giovanni Battista re al card. bibliotecario luigi poggi, in cui si concede la proroga di un anno del servizio di paul canart come vice prefetto della Biblioteca vaticana]: 54 (nt. 105). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (7 gennaio 1999) del card. jorge m. mejía, archivista e bibliotecario di s.r.c., al sostituto della segreteria di stato giovanni Battista re, in cui si chiede di concedere a canart il titolo di vice prefetto emerito della Biblioteca vaticana]: 53 (nt. 96). arch. Bibl., personale, cartella personale di paul canart, [lettera (28 gennaio 1999) del sostituto della segreteria di stato giovanni Battista re al cardinale jorge m. mejía, archivista e bibliotecario di s.r.c., in cui si nega la concessione a paul canart del titolo di vice prefetto emerito della Biblioteca vaticana]: 53 (nt. 96). durham (nc), duke university, david m. rubenstein rare Book and manuscript library Kenneth Willis clark collection, greek ms. 27 + 43: 164, 165 (e fig. 15), 211-212 (nr. 16), 213, 214. || d’aIuto, tav. 64a. ★ cf. anche:  new haven (ct), yale university, Beinecke rare Book and manuscript library, Beinecke ms 521 + s.n.;  oslo/london, the schøyen collection, ms 653. olim ēleIa, Μονὴ Παναγίας Πορετσοῦ, s.n.: cf.  pyrgos, Ἱερὰ Μετρόπολη Ἠλείας, s.n. el escorIal, real Biblioteca r.II.1: 192. x.I.16: 348. x.I.17: 348. x.I.18: 348. erevan, mesrop maštoc‘i anvan matenadaran (= mesrop mashtots Institute of ancient manuscripts) m 1568: 201. m 1624: 117, 138, 196 (e nt. 182), 212 (nr. 17). || d’aIuto, tav. 30a. m 3276: 203. es. Fahān: cf.  nor jˇuła (…). FIrenze, Biblioteca medicea laurenziana gaddi 124: 138, 142, 143 (fig. 7), 144, 145 (nt. 65), 156, 212 (nr. 18). || d’aIuto, tavv. 29, 36, 37a. plut. 9.3: 160 (nt. 89). plut. 39.1: 269 (nt. 57). plut. 69.1: 238 (nt. 7). gerusalemme: cf.  yerushalayim. ’s-gravenhage, museum meermanno-Westreenianum 10.a.11: 95 (nt. 27). || németh, pl. 6. grottaFerrata, Biblioteca del monumento nazionale-Badia greca Α.α.III (gr. 346): 212.

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Α.δ.xI (gr. 79) nr. vI: 212-213 (nr. 19). Β.β.III (gr. 143): 169 (nt. 107). Δ.β.xvII (gr. 377): 169 (nt. 107). Ζ.α.II (gr. 173): 213 (nr. 20).

haag, den –: cf.  (…) gravenhage. hagIon oros, Μονὴ Βατοπεδίου 911: 114, 115, 116, 128-129, 131-132, 134, 137 (nt. 50), 169, 178, 183, 188-190, 192 (nt. 166), 195, 206 (nt. 209), 213 (nr. 21). || d’aIuto, tavv. 7, 8d-e, 71b. 1215: 117, 118 (nt. 21), 164 (e nt. 95), 213 (nr. 22), 214. 1218: 117, 118 (nt. 21), 164 (e nt. 96), 213 (nr. 23), 214. || d’aIuto, tav. 64b. s.n.: 117, 118 (nt. 21), 213, 213-214 (nr. 24). hagIon oros, Μονὴ Διονυσίου 589: 132 (nt. 41). hagIon oros, Μονὴ Δοχειαρίου [documenti d’archivio]: cf. infra, «II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes de Docheiariu (…);  Ktenas (…);  Regesten, nr. 2968. hagIon oros, Μονὴ Ἰβήρων 23 (= 201): 114, 115, 151-152, 153 (fig. 10), 178, 214 (nr. 25). || d’aIuto, tavv. 5354, 71a. 36 (= 305): 149-151 (e fig. 9), 179, 214 (nr. 26). || d’aIuto, tavv. 51-52, 69b-c. 67 (= 992): 171-172 (e fig. 19), 179, 214 (nr. 27). || d’aIuto, tav. 67b. 599 (= 178): 120, 181, 214 (nr. 28). [documenti d’archivio]: cf. infra, «II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes d’Iviron (…);  dölger, Aus den Schatzkammern, nrr. 37, 100;  Regesten, nr. 2626;  Regestes, nrr. 1312, 1567, 2012. hagIon oros, Μονὴ Κουτλουμουσίου [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes de Kutlumus (…);  prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, (…), an. 1321;  Regesten, nr. 2469. hagIon oros, Μονὴ Μεγίστης Λαύρας a.93: 135, 147, 214 (nr. 29). || d’aIuto, tavv. 20, 46c-e. Γ.55: 135, 147, 214 (nr. 30). || d’aIuto, tavv. 21, 47a-b. [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes de Lavra (…);  prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, (…), an. 1314;  Regesten, nrr. 2353, 2733. hagIon oros, Μονὴ Ξηροποτάμου [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes de Xéropotamu (…);  dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 19;  Regesten, nr. 2972;  Regestes, nr. 1549.

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

hagIon oros, Μονὴ Παντοκράτορος 30: 241. 108: 241, 242, 243 (nt. 22). || potenza, tavv. 3b, 4b, 5a, 8b. 162: 241, 242, 243 (nt. 22). || potenza, tavv. 3a, 4b, 5a-b, 6. 166: 241. 170: 241, 242. || potenza, tavv. 4b, 5a-b. 171: 241. hagIon oros, Μονὴ Χιλανδαρίου [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes de Chilandar (…);  dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 7;  petIt - KoraBlev, Chilandar (…);  prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, (…), an. 1317;  Regesten, nrr. 2649, 2663, 2788, 2811, 2812, 2813. hagIon oros, Πρωτᾶτον [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Actes du Prôtaton (…);  dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 5;  hunger, Theodoros Metochites (…);  Regesten, nr. 2342;  Regestes, nr. 2014. olim hagIon oros, Σκήτη τοῦ Ἁγίου Ἀνδρέου, 3: cf.  thessalonikē, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη, 81. IsFahan: cf.  nor jˇuła (…). İstanBul, Πατριαρχικὴ Βιβλιοθήκη Ἁγία Τριάς 5: 124-127 (e fig. 4), 178-179, 214 (nr. 31). || d’aIuto, tavv. 2, 69a. Ἁγία Τριάς 120: 165-166 (e fig. 16, nt. 99), 173 (nt. 117), 214-215 (nr. 32), 221. || d’aIuto, tav. 65a. olim KosInItza, Μονὴ Παναγίας Εἰκοσιφοινίσσης, 213: cf.  sofija, centăr za slavjanovizantijski proučvanija «Ivan dujčev», d. gr. 227. london, British library add. ms 19460: 116, 118 (nt. 18), 138, 144-145 (e nt. 65), 215 (nr. 33). || d’aIuto, tavv. 28, 37b, 38a, 40a. add. ms 37005: 144-145 (e ntt. 64-65), 215 (nr. 34). || d’aIuto, tavv. 38b, 39. royal 1.d.II: 116, 176 (nt. 123), 207 (nt. 211), 215 (nr. 35). london, lambeth palace ms 1189: 145, 215 (nr. 36). || d’aIuto, tavv. 40b, 41. manchester, john rylands university library gr. 13: 180 (nt. 130). messIna, Biblioteca regionale «giacomo longo» s. salv. 39: 353 (e nt. 49), 355 (e ntt. 51-52, 54), 357 (e nt. 56). || surace, tavv. 14, 16b. s. salv. 73: 192. s. salv. 96: 116-117, 177 (e nt. 126), 215 (nr. 37).

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meteōra, Μονὴ Μεταμορφώσεως 506: 162, 215 (nr. 38), 221. || d’aIuto, tav. 60b. mIlano, Biblioteca ambrosiana F 124 sup.: 117, 134, 186, 216 (nr. 39). || d’aIuto, tavv. 13, 14a. † 24 sup.: 160 (nt. 89). d 422 inf.: 265 (nt. 31). montreal, mcgill university library ms greek 11: 154, 210 (nr. 8). ★ cf. anche:  chicago (Il), university library, joseph regenstein library, ms. 879;  saint-louis (mo), coll. edgar Krenz, s.n.;  uppsala, universitetsbibliotek, Fragm. ms. graec. 1. münchen, Bayerische staatsbibliothek gr. 146: 160 (nt. 90). gr. 284: 18 (e nt. 27). napolI, Biblioteca nazionale «vittorio emanuele III» III B 23: 353-355, 357 (e nt. 56). || surace, tavv. 15, 16c. III c 16: 337, 338. || surace, tav. 2. III c 23: 348, 349 (e nt. 37). || surace, tav. 8. III d 17: 339, 341 (e nt. 22). III d 18: 339 (e nt. 14), 340-341 (e nt. 17), 342 (nt. 22). || surace, tav. 4. III d 19: 337, 338 (e nt. 12), 339 (nt. 13), 341 (e nt. 21). || surace, tav. 3. III d 23: 339, 340 (nt. 15). Branc. I F 3: 351 (e ntt. 43, 45). || surace, tav. 11. Branc. III d 4: 337 (e nt. 7), 338 (nt. 10). || surace, tav. 1. Branc. Iv a 3: 351 (e ntt. 44-45). || surace, tav. 12. neW haven (ct), yale university, Beinecke rare Book and manuscript library Beinecke ms 521 + s.n.: 164, 165, 211-212 (nr. 16). ★ cf. anche:  durham (nc), duke university, david m. rubenstein rare Book and manuscript library, Kenneth Willis clark collection, greek ms. 27 + 43;  oslo/london, the schøyen collection, ms 653. neW yorK, the pierpont morgan library and museum ms m. 212: 95 (nt. 27). nor jˇuła (in es. Fahān), surb amenap‘rkič‘ vank‘ (= monastero del s. salvatore) 13: 198. nuova gIulFa: cf.  nor jˇuła (…). oslo/london, the schøyen collection olim ms 231: cf.  Washington (d.c.), museum of the Bible, motB.ms.000484. ms 653: 164, 211-212 (nr. 16). ★ cf. anche:  durham (nc), duke university, david m. rubenstein rare Book and manuscript library, Kenneth Willis clark collection, greek ms. 27 + 43;  new haven (ct), yale university, Beinecke rare Book and manuscript library, Beinecke ms 521+ s.n.

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

oxFord, Bodleian libraries arch. selden B 54: 116, 153, 216 (nr. 40). || d’aIuto, tav. 55a. arch. selden B 56: 116, 216 (nr. 41). parIs, Bibliothèque nationale de France arm. 27: 201 (e nt. 197). coislin 213: 163, 164 (fig. 14), 216 (nr. 42). || d’aIuto, tav. 63. grec 182: 216-217 (nr. 43). grec 290: 150 (nt. 76), 167-170 (e fig. 17), 177, 179, 185, 217 (nr. 44). || d’aIuto, tavv. 66, 70c. grec 299: 174, 197-198, 217 (nr. 45). grec 301: 193. grec 313: 170, 171 (fig. 18), 181, 217 (nr. 46). || d’aIuto, tav. 67a. grec 398: 174, 179, 217 (nr. 47). grec 919: 176 (nt. 123), 217 (nr. 48). grec 1204: 355 (nt. 54), 357 (e ntt. 57-58). grec 1209: 217 (nr. 49). grec 1570: 182 (nt. 135). grec 1618: 187-188 (e nt. 154), 218 (nr. 50). || d’aIuto, tav. 72d. grec 1818: 305-307, 314. grec 2326: 305-307, 314. grec 2473: 301. grec 2488: 301. grec 2897: 348 (nt. 32). grec 2998: 177 (nt. 124). suppl. gr. 473: 127-128, 174, 218 (nr. 51). || d’aIuto, tav. 5b. suppl. gr. 1389: 117, 157-158 (e nt. 84), 161, 174, 209 (nr. 6). || d’aIuto, tav. 58b. ★ cf. anche:  Bratislava, univerzitná Knižnica, 1208;  tōkyō, Keiō gijuku toshokan, 141x@127@1. patmos, Μονὴ τοῦ Ἁγίου Ἰωάννου τοῦ Θεολόγου 175: 192. 220: 194. 743: 192. [documenti d’archivio]: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου (…);  mm, vI, nrr. lxxII, xcI, cIII, cvIII, cIx;  Regesten, nrr. 2737, 2775;  Regestes, nrr. 1337, 1387, 1550. pyrgos, Ἱερὰ Μετρόπολη Ἠλείας s.n. (olim ēleia, Μονὴ Παναγίας Πορετσοῦ, s.n.): 178, 218 (nr. 52). rhodos, Ἐκκλησία Παναγίου Σταυροῦ τῆς Κοινότητος Ἀπολλώνων 1: 192. rImInI, Biblioteca civica «gambalunga» sc-ms 382 (olim d.Iv.318): 352 (nt. 46). sc-ms 383 (olim d.Iv.319): 352 (nt. 46). roma, Biblioteca angelica gr. 46: 139 (nt. 55), 163, 218 (nr. 53). || d’aIuto, tavv. 61-62.

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roma, Biblioteca casanatense 930: 356 (e nt. 55), 357 (e nt. 58). roma, Biblioteca nazionale centrale «vittorio emanuele II» gr. 13: 356 (nt. 55), 357 (e nt. 57). roma, Biblioteca vallicelliana allacci xv (gr. 137): 350-351 (e ntt. 41, 45). || surace, tav. 9. allacci xxII (gr. 141): 351 (e ntt. 42, 45). || surace, tav. 10. saInt-louIs (mo), coll. edgar Krenz s.n.: 154, 210 (nr. 8). ★ cf. anche:  chicago (Il), university library, joseph regenstein library, ms. 879;  montreal, mcgill university library, ms greek 11;  uppsala, universitetsbibliotek, Fragm. ms. graec. 1. sanKt-peterBurg, rossijskaja nacional’naja Biblioteka gr. 308: 180, 219 (nr. 55). ★ cf. anche:  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 169. gr. 351: 174, 218-219 (nr. 54). sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης gr. 169: 180 (e nt. 130), 219 (nr. 55). ★ cf. anche:  sankt-peterburg, rossijskaja nacional’naja Biblioteka, gr. 308. gr. 177: 219 (nr. 56). gr. 190: 153, 219 (nr. 57). || d’aIuto, tav. 56b. gr. 653: 181-182, 219 (nr. 58). gr. 960: 118, 219-220 (nr. 59). ★ cf. anche:  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 11;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 22;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 79. ne gr. m 11: 118, 208, 219 (nr. 59). ★ cf. anche:  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 960;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 22;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 79. ne gr. m 22: 118, 208, 219 (nr. 59). ★ cf. anche:  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 960;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 11;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 79. ne gr. m 79: 118, 208, 219 (nr. 59). ★ cf. anche:  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, gr. 960;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 11;  sīnā’, Μονὴ τῆς Ἁγίας Αἰκατερίνης, ne gr. m 22. soFIja, centăr za slavjano-vizantijski proučvanija «Ivan dujčev» d. gr. 227 (olim, ut videtur, Kosinitza, Μονὴ Παναγίας Εἰκοσιφοινίσσης, 213): 220 (nr. 60). sydney, university library, rare Books and special collections library rB add. ms. 40: 135-136, 220 (nr. 61). || d’aIuto, tavv. 22, 23a. syracuse (ny), university library 4: 180 (nt. 130).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

tBIlIsI, k’orneli k’ek’eliӡis saxelobis sakartvelos xelnac’erta erovnuli cent’ri (= centro nazionale georgiano dei manoscritti «K’orneli K’ek’eliӡe») gr. 15: 134-135, 144 (nt. 61), 220 (nr. 62). || d’aIuto, tavv. 14b, 15. thessalonIKē, Ἀριστοτέλειο Πανεπιστήμιο, Κεντρικὴ Βιβλιοθήκη 81 (olim hagion oros, Σκήτη τοῦ Ἁγίου Ἀνδρέου, 3): 116, 128, 131 (e fig. 5), 133, 134, 135, 137 (nt. 50), 192 (nt. 166), 220 (nr. 63). || d’aIuto, tavv. 6, 8a-c, 72a-b. tōKyō, Keiō gijuku toshokan (= Keio university library) 141x@127@1: 117 (e nt. 15), 157-161, 174, 208, 209 (nr. 6). || d’aIuto, tavv. 58c, 70b. ★ cf. anche:  Bratislava, univerzitná Knižnica, 1208;  paris, Bibliothèque nationale de France, suppl. gr. 1389. olim trIKKala, Μονὴ Δουσίκου Ἁγίου Βησσαρίωνος, n.n.: cf.  athēna, Ἐθνικὴ Βιβλιοθήκη τῆς Ἑλλάδος, gr. 112. uppsala, universitetsbibliotek Fragm. ms. graec. 1: 154, 210 (nr. 8). ★ cf. anche:  chicago (Il), university library, joseph regenstein library, ms. 879;  montreal, mcgill university library, ms greek 11;  saint-louis (mo), coll. edgar Krenz, s.n. venezIa, archivio di stato secreta, atti diplomatici e privati, busta 6, nr. 222: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  mm, III, nr. xxI;  Regesten, nr. 2026. secreta, atti diplomatici e privati, busta 13, nr. 447: cf. infra, « II. documenti d’archivio citati secondo la sede in cui sono pubblicati (…)»,  mm, III, nr. xxv;  Regesten, nr. 2787. venezIa, Biblioteca dei padri mechitaristi all’isola di s. lazzaro ms. 312/1551: 201. ms. 448/163: 201. venezIa, Biblioteca nazionale marciana gr. z 134: 119 (nt. 22), 147, 157-161 (e fig. 12), 174, 195-196 (e nt. 178), 220 (nr. 64). || d’aIuto, tavv. 45, 59, 70a. gr. z 172: 132 (nt. 41). gr. z 299: 341 (nt. 22). gr. z 537: 119 (nt. 22), 120, 166 (e ntt. 99-100), 173 (nt. 117), 215, 220-221 (nr. 65). || d’aIuto, tav. 65b. gr. II 42: 119 (nt. 22), 153, 174, 221 (nr. 66). || d’aIuto, tav. 55b. ★ cf. anche:  venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. II 82. gr. II 82: 119 (nt. 22), 153, 174, 221 (nr. 66). || d’aIuto, tav. 56a. ★ cf. anche:  venezia, Biblioteca nazionale marciana, gr. II 42. verona, Biblioteca capitolare cxvIII (108): 180 (nt. 130).

e deglI esemplarI a stampa cItatI

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vIc, museu episcopal 201: 235 (e nt. 1), 238 (nt. 6), 239 (nt. 10), 240 (nt. 15), 244 (nt. 24), 248 (nt. 37). || potenza, tav. 1. WashIngton (d.c.), museum of the Bible motB.ms.000484 (olim andros, Μονὴ Ἁγίας, 32, deinde oslo/london, the schøyen collection, ms 231): 152 (nt. 78). Wenham (ma), gordon college, jenks library gr. ms. 2: 162, 163 (fig. 13), 215, 221 (nr. 67). || d’aIuto, tav. 60a. WIen, österreichische nationalbibliothek hist. gr. 47 («registro del patriarcato di costantinopoli»): 234 (e nt. 33). phil. gr. 95: 227 (nt. 10). theol. gr. 120: 117 (e nt. 17), 130 (nt. 38), 142 (e nt. 60), 186, 221 (nr. 68). || d’aIuto, tav. 35b. WrocłaW, Biblioteka uniwersytecka rehdiger 34: 160 (nt. 89). yerushalayIm, Βιβλιοθήκη τοῦ Ὀρθοδόξου Πατριαρχείου Ἁγίου Σάβα 6: 120, 141, 144 (nt. 62), 145 (nt. 65), 174, 178, 221 (nr. 69). || d’aIuto, tavv. 33-34. Ἁγίου Σάβα 10: 121, 130 (nt. 38), 141, 142 (e nt. 60), 144 (nt. 62), 174, 180, 221 (nr. 70). || d’aIuto, tav. 35a. Ἁγίου Σάβα 208: 218. Παναγίου Τάφου 53: 160 (nt. 89). Τιμίου Σταυροῦ 15: 119 (nt. 22), 174, 221-222 (nr. 71). Τιμίου Σταυροῦ 51: 134, 135, 137 (nt. 50), 222 (nr. 72). || d’aIuto, tavv. 11b, 12. yerushalayIm, srboc‘ yakobeanc‘ vank‘/erusałemi hayoc‘ patriark‘ut‘iwn (= monastero di s. giacomo/patriarcato armeno di gerusalemme) 326: 201. || d’aIuto, tav. 68e.

II. documentI d’archIvIo cItatI secondo la sede In cuI sono puBBlIcatI, repertorIatI, studIatI Actes de Chilandar, I: [nr. 35] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1317 [= dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 7; Regesten, nr. 2649; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144 nt. 34, 145, 148]: 227 (nt. 10). Actes de Docheiariu: [nr. 27] chrysobullos logos di giovanni v paleologo per giorgio Katzaras, an. 1351 [= Ktenas, nr. 5; Regesten, nr. 2968]: 228 (nt. 12).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

Actes d’Iviron, III: [nr. 57] lettera per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos recante il riconoscimento da parte del sinodo dei diritti del monastero atonita su quello dell’eleousa a strumica, an. 1250 [= Regestes, nr. 1312]: 231-232 (e nt. 22). [nr. 68] decisione sinodale per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos per il possesso del monastero di s. clemente a tessalonica, an. 1295 [= dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 100; Regestes, nr. 1567]: 232 (e nt. 26). [nr. 72] chrysobullos logos di michele Ix paleologo per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos, an. 1310 [= Regesten, nr. 2626; per la ratifica da parte del patriarca nifone, an. 1311, cf. dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 37; Regestes, nr. 2012]: 233. Actes de Kutlumus: [nr. 10] chrysobullos logos di andronico II paleologo per i figli del metropolita di serres, an. 1321 [= Regesten, nr. 2469; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 145, 148]: 227 (nt. 10). Actes de Lavra, II: [nr. 103] chrysobullos logos di andronico II paleologo per lo ieromonaco Ignazio Kalothetos, an. 1314 [= Regesten, nr. 2353; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144, 148]: 227 (nt. 10). Actes de Lavra, III: [nr. 118] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τῆς Μεγίστης Λαύρας sull’athos, an. 1329 [= Regesten, nr. 2733]: 229 (e nt. 15). Actes du Prôtaton: [nr. 11] sigillion del patriarca nifone con cui si sottomette la consacrazione del protos della santa montagna al patriarca, an. 1312 [= Regestes, nr. 2014]: 232-233. [nr. 12] chrysobullos logos di andronico II paleologo con cui si sancisce la sottomissione dei monasteri dell’athos al patriarca di costantinopoli, an. 1312 [= dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 5; Regesten, nr. 2342; cf. hunger, Theodoros Metochites, p. 13]: 227 (nt. 10). Actes de Xéropotamu: [nr. 11] atto del patriarca atanasio I con cui si regola una contesa relativa al possesso del metochio della madre di dio a hermylia legato al monastero τοῦ Ξηροποτάμου sull’athos, ann. 1289-1293 [= Regestes, nr. 1549]: 232 (e ntt. 25-26). || pIerallI, tav. 4. [nr. 27] prostagma di giovanni v paleologo per il monastero τοῦ Ξηροποτάμου sull’athos, an. 1351 [= dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 19; Regesten, nr. 2972]: 228 (nt. 12). Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου: [I, nr. 17] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1329 [= mm, vI, nr. cvIII; Regesten, nr. 2737]: 229 (e nt. 15). [I, nr. Γ] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1331 [= mm, vI, nr. cIx; Regesten, nr. 2775]: 228 (nt. 12).

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delorme - tăutu, Acta, 5/2: [nr. 19] documento in lingua latina con cui il patriarca giovanni xI Bekkos si rivolge ai notabili civili ed ecclesiastici rendendo nota la scomunica di tutti gli scismatici, an. 1277 [= Regestes, nr. 1435]: 233. dölger, Aus den Schatzkammern: [nr. 5] chrysobullos logos di andronico II paleologo con cui si sancisce la sottomissione dei monasteri dell’athos al patriarca di costantinopoli, an. 1312 [= Actes du Prôtaton, nr. 12; Regesten, nr. 2342; cf. hunger, Theodoros Metochites, p. 13]: 227 (nt. 10). [nr. 7] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1317 [= Actes de Chilandar, I, nr. 35; Regesten, nr. 2649; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144 nt. 34, 145, 148]: 227 (nt. 10). [nr. 19] prostagma di giovanni v paleologo per il monastero τοῦ Ξηροποτάμου sull’athos, an. 1351 [= Actes de Xéropotamu, nr. 27; Regesten, nr. 2972]: 228 (nt. 12). [nr. 37] ratifica da parte del patriarca nifone della copia autentica di un chrysobullos logos di michele Ix paleologo per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos, an. 1311 [= Regestes, nr. 2012; per il crisobollo, an. 1310, cf. Actes d’Iviron, III, nr. 72; Regesten, nr. 2626]: 233. [nr. 100] decisione sinodale per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos per il possesso del monastero di s. clemente a tessalonica, an. 1295 [= Actes d’Iviron, III, nr. 68; Regestes, nr. 1567]: 232 (e nt. 26). hunger, Theodoros Metochites: [p. 13] chrysobullos logos di andronico II paleologo con cui si sancisce la sottomissione dei monasteri dell’athos al patriarca di costantinopoli, an. 1312 [= Actes du Prôtaton, nr. 12; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 5; Regesten, nr. 2342]: 227 (nt. 10). Ktenas: [nr. 5] chrysobullos logos di giovanni v paleologo per giorgio Katzaras, an. 1351 [= Actes de Docheiariu, nr. 27; Regesten, nr. 2968]: 228 (nt. 12). mm: [III, nr. xxI] trattato di pace con venezia di michele vIII paleologo, an. 1277 [= Regesten, nr. 2026]: 231 (nt. 23). [III, nr. xxv] ratifica della parte greca di un trattato bilingue con venezia, an. 1332 [= Regesten, nr. 2787]: 228 (e nt. 12). [vI, nr. lxxII] hypomnema del patriarca arsenio autoreianos per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1258 [= Regestes, nr. 1337]: 229-230 (e nt. 18). || pIerallI, tavv. 2, 2a-2b. [vI, nr. xcI] gramma del patriarca germano II o manuele II per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1237 o 1252 [= Regestes, nr. 1387]: 229 (e nt. 17). || pIerallI, tavv. 1, 1a-1b. [vI, nr. cIII] sigilliodes gramma del patriarca atanasio I per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1291 [= Regestes, nr. 1550]: 231 (e nt. 21), 232 (e nt. 27). [vI, nr. cvIII] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1329 [= Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου, I, nr. 17; Regesten, nr. 2737]: 229 (e nt. 15).

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

[vI, nr. cIx] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1331 [= Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου, I, nr. Γ; Regesten, nr. 2775]: 228 (nt. 12). petIt - KoraBlev, Chilandar: [nr. 33] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1317 [= Actes de Chilandar, I, nr. 35; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 7; Regesten, nr. 2649; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144 nt. 34, 145, 148]: 227 (nt. 10). [nr. 45] chrysobullos logos di andronico III paleologo per gervasio, categumeno del monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1334 [= Regesten, nr. 2813]: 228 (nt. 12). [nr. 46] prostagma di andronico III paleologo per costantino makrenos, an. 1334 [= Regesten, nr. 2812]: 228 (nt. 12). [nr. 71] chrysobullon sigillion di andronico II paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1321 [= Regesten, nr. 2663]: 228. [nr. 124] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1334 [= Regesten, nr. 2811]: 228 (nt. 12). [nr. 131] chrysobullon di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, post an. 1332 (?) [= Regesten, nr. 2788]: 228 (nt. 12). pIerallI, Corrispondenza diplomatica: [app. nr. 3] graphe del patriarca giovanni xI Bekkos a papa giovanni xxIII, an. 1277 [= Regestes, nr. 1433]: 230 (e nt. 19). prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV: [I, pp. 144, 148] chrysobullos logos di andronico II paleologo per lo ieromonaco Ignazio Kalothetos, an. 1314 [= Actes de Lavra, II, nr. 103; Regesten, nr. 2353]: 227 (nt. 10). [I, pp. 144 nt. 34, 145, 148] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1317 [= Actes de Chilandar, I, nr. 35; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 7; Regesten, nr. 2649]: 227 (nt. 10). [I, pp. 145, 148] chrysobullos logos di andronico II paleologo per i figli del metropolita di serres, an. 1321 [= Actes de Kutlumus, nr. 10; Regesten, nr. 2469]: 227 (nt. 10). Regesten: [nr. 2026] trattato di pace con venezia di michele vIII paleologo, an. 1277 [= mm, III, nr. xxI]: 231 (nt. 23). [nr. 2342] chrysobullos logos di andronico II paleologo con cui si sancisce la sottomissione dei monasteri dell’athos al patriarca di costantinopoli, an. 1312 [= Actes du Prôtaton, nr. 12; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 5; cf. hunger, Theodoros Metochites, p. 13]: 227 (nt. 10). [nr. 2353] chrysobullos logos di andronico II paleologo per lo ieromonaco Ignazio Kalothetos, an. 1314 [= Actes de Lavra, II, nr. 103; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144, 148]: 227 (nt. 10). [nr. 2469] chrysobullos logos di andronico II paleologo per i figli del metropolita di serres, an. 1321 [Actes de Kutlumus, nr. 10; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 145, 148]: 227 (nt. 10). [nr. 2626] chrysobullos logos di michele Ix paleologo per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos, an. 1310 [= Actes d’Iviron, III, nr. 72; per la ratifica da parte del patriarca nifone, an. 1311, cf. dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 37; Regestes, nr. 2012]: 233.

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[nr. 2649] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1317 [= Actes de Chilandar, I, nr. 35; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 7; petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 33; cf. prato, Manoscritti dei secoli XIII e XIV, I, pp. 144 nt. 34, 145, 148]: 227 (nt. 10). [nr. 2663] chrysobullon sigillion di andronico II paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1321 [= petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 71]: 228. [nr. 2733] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τῆς Μεγίστης Λαύρας sull’athos, an. 1329 [= Actes de Lavra, III, nr. 118]: 229 (e nt. 15). [nr. 2737] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1329 [= Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου, I, nr. 17; mm, vI, nr. cvIII]: 229 (e nt. 15). [nr. 2775] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1331 [= Branusē, Βυζ. ἔγγρ. Πάτμου, I, nr. Γ; mm, vI, nr. cIx]: 228 (nt. 12). [nr. 2787] ratifica della parte greca di un trattato bilingue con venezia, an. 1332 [= mm, III, nr. xxv]: 228 (e nt. 12). [nr. 2788] chrysobullon di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, post an. 1332 (?) [= petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 131]: 228 (nt. 12). [nr. 2811] chrysobullos logos di andronico III paleologo per il monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1334 [= petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 124]: 228 (nt. 12). [nr. 2812] prostagma di andronico III paleologo per costantino makrenos, an. 1334 [= petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 46]: 228 (nt. 12). [nr. 2813] chrysobullos logos di andronico III paleologo per gervasio, categumeno del monastero τοῦ Χιλανδαρίου sull’athos, an. 1334 [= petIt - KoraBlev, Chilandar, nr. 45]: 228 (nt. 12). [nr. 2968] chrysobullos logos di giovanni v paleologo per giorgio Katzaras, an. 1351 [= Actes de Docheiariu, nr. 27; Ktenas, nr. 5]: 228 (nt. 12). [nr. 2972] prostagma di giovanni v paleologo per il monastero τοῦ Ξηροποτάμου sull’athos, an. 1351 [= Actes de Xéropotamu, nr. 27; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 19]: 228 (nt. 12). Regestes: [nr. 1312] lettera per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos recante il riconoscimento da parte del sinodo dei diritti del monastero atonita su quello dell’eleousa a strumica, an. 1250 [= Actes d’Iviron, III, nr. 57]: 231-232 (e nt. 22). [nr. 1337] hypomnema del patriarca arsenio autoreianos per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1258 [= mm, vI, nr. lxxII]: 229-230 (e nt. 18). || pIerallI, tavv. 2, 2a-2b. [nr. 1387] gramma del patriarca germano II o manuele II per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1237 o 1252 [= mm, vI, nr. xcI]: 229 (e nt. 17). || pIerallI, tavv. 1, 1a-1b. [nr. 1433] graphe del patriarca giovanni xI Bekkos a papa giovanni xxIII, an. 1277 [= pIerallI, Corrispondenza diplomatica, app. nr. 3]: 230 (e nt. 19). [nr. 1435] documento in lingua latina con cui il patriarca giovanni xI Bekkos si rivolge ai notabili civili ed ecclesiastici rendendo nota la scomunica di tutti gli scismatici, an. 1277 [= delorme - tăutu, Acta, 5/2, nr. 19]: 233. [nr. 1549] atto del patriarca atanasio I con cui si regola una contesa relativa al possesso del metochio della madre di dio a hermylia legato al monastero τοῦ Ξηροποτάμου sull’athos, ann. 1289-1293 [= Actes de Xéropotamu, nr. 11]: 232 (e ntt. 25-26). || pIerallI, tav. 4.

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IndIce deI manoscrIttI, deI documentI d’archIvIo

[nr. 1550] sigilliodes gramma del patriarca atanasio I per il monastero di s. giovanni teologo a patmos, an. 1291 [= mm, vI, nr. cIII]: 231 (e nt. 21), 232 (e nt. 27). || pIerallI, tavv. 3, 3a-3b. [nr. 1567] decisione sinodale per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos per il possesso del monastero di s. clemente a tessalonica, an. 1295 [= Actes d’Iviron, III, nr. 68; dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 100]: 232 (e nt. 26). [nr. 2012] ratifica da parte del patriarca nifone della copia autentica di un chrysobullos logos di michele Ix paleologo per il monastero τῶν Ἰβήρων sull’athos, an. 1311 [= dölger, Aus den Schatzkammern, nr. 37; per il crisobollo, an. 1310, cf. Actes d’Iviron, III, nr. 72; Regesten, nr. 2626]: 233. [nr. 2014] sigillion del patriarca nifone con cui si sottomette la consacrazione del protos della santa montagna al patriarca, an. 1312 [= Actes du Prôtaton, nr. 11]: 232-233. [nr. 3400] atto del patriarca gregorio III con cui si certifica l’autenticità di una reliquia della santa croce, an. 1445: 233.

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