Cultura latina pagana fra terzo e quinto secolo dopo Cristo. Atti convegno 882224589X

153 15 28MB

Italian Pages [335] Year 1998

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Cultura latina pagana fra terzo e quinto secolo dopo Cristo. Atti convegno
 882224589X

  • Author / Uploaded
  • AAVV

Citation preview

AccADEMIA NAZIONALE YIRGILJANA m SciENZE LETTERE E ARTI MISCELLANEA

6

CULTURA LATINA PAGANA FRA TERZO E QUINTO SECOLO DOPO CRISTO Ani del Convegno Mantova, 9-11 ottobre 1995

LEO S. OLSCHK1 FIRENZE

ISBN 88 222 4589 X

INDICE

Programma del Convegno

p.

IX

CLAUDIO GAlliCo, Presentazione Soldati mercan ti e pellegrini sulle strade dell'impero Stato presente delle ricerche su Nemesiano LEOPOLDO GAMBERALE, Dalla retorica al centone nell'Orario pridie quarn in exilium iret. Aspetti della fortuna di Cice­ rone .fra III e IV secolo . GIANCARLO MAzzou, Ausonio e Roma BRUNO ZuccHELLI, Ausonio epistologrqfo IsABELLA GuAI.ANDRJ, Ll poesia di Claudiano tra mito e storia. RlcCARDO ScARciA, Una lettura di Rutilio Namaziano GIORGIO BRUGNOLI, n consolidamento della glossa virgiliana nella programmazione di Elio Donato . NINO MARINONE, L'immagine di Virgilio in Macrobio Teodosio LELLIA CRAcco RuGGINI, Ammiano Marcellino: un intellettuale greco di .fronte all'impero e alla sua capitale . PAOW SoVERJNI, Ll Historia augusta: problematiche e prospet­ tive critiche SERAFINO ScHIAITI, Ll storiografia pagana nel IV secolo: Eutro­ pio e la tradizione liviana Lucio CRJSTANTE, Ll rete di Efesto. Tradizione e innovazione nel Concubitus Martis et Veneris di Reposiano . UBALDO PIZZANI, n problema della presenza di Varrone nella cul­ tura enciclopedica latina dei secoli III- V D. C .

AlBERTO GRILLI,

MICHELE CocciA,

.

- V -

VII

3 23

53 77 93 1 13 145 161 201 213 237 259 275

287

PROGRAMMA

DEL

CONVEGNO

GIOVEDi 9 NOVEMBRE - TEATRO BIBIENA

Ore 1 6

- Saluto delle Autorità - Apertura del Convegno

Ore 1 6,30

-

Presidente: CLAUDIO GAlliCO ALBERTO GRILLI

Soldati, mercanti, pellegrini sulle strade dell'impero MicHELE CocciA

Stato presente delle ricerche su Nemesiano UOPOIDO GAMBERALE

Dalla retorica al centone nell'Orario pridie quam in ex:ilium aspetti della fortuna di Cicerone .fra III e I V secolo

iret:

VENERDI 1 0 NOVEMBRE - TEATRO BIBIENA Ore 9,30

- Presidente: ALBERTO GRILLI GIANCARLO MAzzoLI

Ausonio e Roma BRUNO ZuccHELLI

Ausonio epistolografo ISABELLA GUALANDRI Mito e storia nella poesia di Claudiano RJcCARDO ScARCIA

Rutilio Namaziano Ore 1 6,00

- Presidente: GIORGIO BERNARDI PERINI UBAIDO PIZZANI fl problema della presenza di Varrone nella tradizione enciclo­ pedica dal III al V secolo -

VII

-

PROGRAMMA

DEL CONVEGNO

GIORGIO BRUGNOU

n consolidamento della glossa virgiliana nella programmazione di Elio Donato NINO MARINONE

L'immagine di Virgilio in Macrobio Teodosio LvEIO CRISTANTE

La rete di Efesto. Tradizione e innovazione nel Veneris di Reposiano

Concubitus

Martis et

SABATO 11 NOVEMBRE - SALA OVALE DELL"ACCADEMIA

Ore 1 6,00

- Presidente: ALfoNso TRAINA LELLIA CRAcco RuGGINI

Ammiano Marcellino: un intellettuale greco di fronte all'impero e alla sua capitale PAoLO SoVERINI

La

Historia augusta:

problematiche e prospettive critiche

SERAFJNO SCHIATTI

La storiografia pagana nel IV secolo : Eutropio e liviana

- VIII -

la

tradizione

Cultura latina p agana fra terzo e quinto secolo dopo Cristo è il tema del quinto Convegno della serie dedicata a Roma antial, promossa dalla Acca­ demia Nazionale Virgiliana di Mantova. I precedenti furono rispettivamente L'età augustea vista dai contemporanei e nel giudizio dei posteri nel 1987; La repubblica romana da Mario e Silla a Cicerone e Cesare nel 1988; La storia la letteratura e l'arte a Roma da Tiberio a Domi­ ziano nel1990; Storia letteratura e arte a Roma nel secondo secolo do­ po Cristo nel 1992. Di tutti questi gli A tti sono già stampati. I temi trattati qui appartengono ai secoli che la storiogr'!fia ha identificato a lungo, sulla sda di Edward Gibbon, come il periodo di declino e Cilduta del­ l'impero romano. Oggi , per contro, si fa sempre più vivace e ricca di risultati una diversa considerazione degli eventi di quell'epoal. Alle tensioni e turbolen­ ze, anche devastanti sul piano economico e religioso, politico e militare, della cosidetta . vicend.1 univerule. 29 n tngitto d.1 Tolosa a Narbona può essere integrato tra Itinaarium (p. 5 5 1 , 2-552, 2) e Tabu/Q (Il, 1-3) così:

en

Tolosa Ad Nonum Badet:o Ad Vicesimwn Elusione Fines Sostomago Hebromago Cedro. Carcassone Triceruimum Liviana Ho.uerbas Narbone

VIII! Xl VI III

xv

XVIII VIII! x VI VIII VIII xv xv

(XIV)

XII I XII XI XVI

n tot>.le delle miglia è l()() per entrambi i documenti. meglio riscontrabile in tngitti che presentano rru.ggio ri dislivelli.

10 n fatto è

- 1 6-

SOlDATI, MERCANTI, PE!llG RINI

L'Itinerario

di Bordeaux è una nuda serie di distanze stradali, però

non mancano informazioni sul percorso: ricordavo inde ascenditur Gavra

(555, 1) , aggiungo dallo stesso tragitto inde incipiunt Alpes Cottiae (555, 9) e, dopo Briançon, inde ascenditur Matrona mons (556, 1 ) , cioè il Monginevro; arrivato a Susa, nota inde incipit Italia (556, 5) . Ma l'Itinerario ci dà anche il ritorno, che porta alla visita di Roma:

mons

attraverso la Macedonia e l'Epiro, si traversa l'Adriatico da Aulona (Va­ lana) a Odrunto O'antica Hydrus, ora Otranto) e per la via Appia si ar­ riva a Roma; ma mentre per Gerusalemme ci era stato offerto un am­ pio quadro

di luoghi santi visitati, qui nulla. n nostro pellegrino con­

tinua col suo... orario stradale fino a Milano: da Milano sarebbe inutile ripetere le tappe del viaggio d'andata. n tempo ci ha conservato, non integro, un successivo pellegrinag­ gio:

una

vera e propria narrazione che dobbiamo a una donna intelli­

gente, ricca

di curiosità e interessi, che compie il suo viaggio meno

d'un secolo dopo quello dell'anonimo bordolese; è la Peregrinatio Ege­ riae, della badessa d'un monastero. Purtroppo il testo è fortemente la­

di Gerusalemme e dintorni, Sinai; è una fortuna che qualche cosa si ricavi

cunoso, perché comincia solo dopo la visita con la salita al monte

dall ' ultima parte, in cui Egeria descrive la liturgia gerosolimitana e an­ che da discreti estratti fàtti da un monaco di Montecassino, Pietro Dia­ cono, nel XII secolo, in una composizione

De

locis sanctis.

di toccare un argomento oggetto di contesta­ zioni, che per me anche Egeria viene dalla Gallia, vero centro della cultura di questi secoli: direi dalla Provenza, quella regione tra Arles e il mare, che fu culla di tanto monachesirno. È giusto che spieghi per­ Dirò subito, sapendo

ché non credo a un monastero galiziano, nell'estremo angolo nordoc­

cidentale della Spagna; vedrò

di essere il più breve possibile. di Egeria non fosse stato in Proven­

Io ritengo che se il monastero za,

non avrebbe senso una sua asserzione:

fiume Eufrate, di cui sta scritto molto bene che è il grande fiume Eufrate (Gen. 1 5 , 1 8) ed è immenso e, direi, terribile: perché scorre con una tale violenza, come quella del Rodano, salvo che è ancora più grande l'Eu­ frate ( 1 8 , 2).

Arrivai al

Una considerazione del genere è un insulso flosculo culturale (ed Egeria non è personaggio da indulgere a vacuità del genere), a meno che chi scrive e che chi leggerà abbiano conoscenza diretta (e non oc-

- 17 -

ALBERTO GRlW

casionale) dell'immagine del confronto , il Rodano: ad Arles, per esem­ pio , il Rodano è davvero imponente." C'è anche un estratto di Pietro Diacono, in cui ritroviamo lo spi­ rito d'osservazione caratteristico della badessa in un commentino

a

proposito del Mar Rosso: Omne autem genus piscium

in

eodem mare sunt tanti saporis ut p isces maris

Ytalici Ogni

qualità di

pesci rono

pesci del Mare !tali co. 32

in

questo mare di così eccellente sapore come i

Direi ovvio che in Galizia si consumass e pesce dell'Atlantico , visto che non esistevano i carri frigoriferi e il pesce del Tirreno sarebbe ar­ rivato putrefatto; se invece pensiamo a un'area attorno al Bass o Roda­ no, il pesce del Tirreno sta bene, è un cibo quotidiano; si pensi, in an­ tico, alle celebri triglie che a Marsiglia mangiava Milone in esilio, o anche alla produzione di acciughe d'oggigiorno . Infine un fatto culturale mi pare non trascurabile: il vescovo di Edessa dona a Egeria una copia delle Lettere di A bgar scritte, ovviamen­

te, in greco; nel monastero ne avevano già un'altra copia: forse scor­

retta, forse incompleta? La madre badessa scrive all e consorelle :

Si

ve­

nero in patria, legìtis vos, dominae animae meae, cioè «leggerete voi•. Non

so proprio se nelle isolate montagne di Galizia

la cultura greca fosse

così diffusa : certo lo era ancora sulle rive del Bass o Rodano, tra Arles, capitale della provincia e sede del Praefectus Galliarum fino alla morte di Teodorico, e Massilia Graecorum, come la chiaman o la Tabula, l' ltinera­ rium rnaritimum e

la Notitia Dignitatum. 33

31 Parlo dj chi scrive immediato e min a raggiu nge"' la partico� comprensione del suo lettore. Orazio può porure a paragone, nella sua poem dd tutto letteraria, il fabulosw Hyd� (c. l, 22, 5; cf. 3, 24): ma a me non verrebbe llUl in mente dj� m una piaruo narrazione cSai, un fiume grande come il Missisip pi•, che nessun o dei presenti ha mai vi­ sto , pur cono5eendolo (magari da 5Cll ola). 32 Petr. diac. Y. IO. F. Wom in PW RE Spb . VII (1940) intende mare Italicum come nure Medjterr.meo: sarebbe un cun.iCUillt e non risolverebbe il problema. Marr Italicum per Tirren o è poco comune, ma si incontn in Plinio (nat. hist. 3. 9 (5). 54: ex Italo man). 33 Iruisto che pa.r:lo dj Gal.izia, non di SpagtU in genen.le, in cui la sirua.zione cultu­ n.le è djversa. Se, fuori da ragionamenti astntti, ci avviliamo dell'e>perienza conc"'u della viu di tutti i giori, c'è un tatto che psicologicamente gioca contro la Gal.izia: quando Egeria sale al Sinai, =e con un'osservazione curiosa: ciDud saM satiJ admirabik em (cito secondo OUpumii t t Nm.Wmi Buco00., tertiurn edidit . . . C.esar GUrn.tano, Aug. Taurinorum . . , In Aedibus lo. Baptisue Pa­ raviae et sociorum, s.d. " Calpumii a Ntmtsiani Bu;:o/ial recensuit Henricus Schenlcl, Lipsiae-Pragae, G. Freytag-F. Tempsky, 1 885, p . xxm , n. 1 . " ll V erdière accetu qui la forma Thymoel4s, ma , recensendo anni dopo, cLatomuso XLVII, 1 988, p. 435, l 'edizione citata della Willi:uns , che accetta in Ecl. l , 9 la lezione Iimtta (cfr. anche tdiz. dt. , p. 1 1 7) , pare rimprovenr:le di aver ignorato il Castagna che op. dt., pp. 1 1 9 e 256, ritiene preferibile il nominativo Thymoe� • (che ha pur sempre il vocativo in -a) • (cfr. an che la recensione del Verdière citata a n. t 05, p. 207 e quell.a dd Korzeniew.ki citata a n. t 48, p. t 1 t ) . 2J Jùc . dt., p . 354. 24 Dt nominibw bua!lids, cJalubiicher fur cl.assisch e Philologie•, Supplementband, XXVI , t 90 t , p. 62. 25 Cfr. i coneributi citati cW Verdière a p . 4, n. 3 . .

- 26 -

!l! RICERCHE SU NEMES!ANO

stration», e per questo dà vita, con riferimento a Calpumio, Ed. 4 , 1 60- 1 6 1 , dove Corydon è da identificare con l'autore, a l rapporto Co­ ridone: Calpurnio Timeta: Nemesiano. Malgrado la pertinenza del rapporto formale proposto fra N emesiano Ed. l , 8 1 -85 26 e Calpurnio Ed. 4, 1 60-1 7 1 ,27 io credo abbia ragione I. M. Le M. Du Quesnay quando rileva l'arditezza logica della dimostrazione proposta dal Ver­ dière.>8 Per quel che riguarda l'identificazione di Meliboesus, legata an­ che alla questione della data di composizione dell'ecloga I, il Verdière, dopo un accenno a studiosi precedenti,29 si sofferma in particolare sull e opinioni in proposito di M . L. Paladini, che 30 ritiene non potersi at­ tribuire alla figura di Melibeo •alcuna consistenza reale, trattandosi di un personaggio bucolico tipico: non vi è allegoria, ma finzione di al­ legoria» " (quest'ultima formulazione suscita la facile ilarità del Verdiè­ re) ; e di B. Luiselli, che 3 2 identifica Meliboeus con «la figura dell'estinto imperatore M. Aurelio Caro»," collocando la composizione dell'eclo­ ga «nell'Agosto dell'anno 284»,"' qualche tempo prima dell'inizio della composizione dei Cynegetica.35 Respinte in blocco le argomentazioni del Luiselli, 36 l'Autore riprende e trasforma in certezza la supposizione già da lui avanzata nel 1 966 17 doversi Meliboeus identificare con l'im­ peratore Gordiano I : la I ecloga, opera di esordio di Nemesiano, sareb=

26 P"W p =, « n . s . VIII, t 9 7 7 , p . t 2 t ; M. l. Rebelo Gonçalve., •Euphrosyne• n.s. VIII, t 977, p . 260; L. �tagtu. • Gnomon• L, t 978, p . t 56. 74 Così E. Liéturd nella sua recensione, •Revue Be� de Philologie et d'H;stoire• LV, 1 977, p . t 253. " Ci uu a n. 2 1 . 76 RL. 1 06 Dalla cLiteraturverzeichnis• (p. XI ) ci rendiamo conto che il Korzeniewski non conosce l'edizione del Volpilhac, mentre conosce e cita, pur senza farne uso, come gli rimproverano l'Orlandi, 1 07 il Bal­ laira 1 08 e il Verdière 1 09 nelle loro recensioni , il volume del Castagna del quale stiamo per occuparci. L'cEinleitung» dedica a Nemesiano le pp . 1 -4 : «forse fin troppo rapida O'introduzione] (una decina di pagine per presentare quattro autori)•, osserva l'Orlandi, 1 10 mentre il Fontaine 1 1 1 1 m V edila ciu ta a n . 4. 1 ru Ediz. al. , p . IX. 104 Ibid. 105 Ad =mpio, G. Bal.lai..ra, •Giornale Iufuno di Filologia• n.s. VIII, 1 977, pp. 244245; J. Font.aine, •Revue des É tudes Latines> LV, 1 977 , pp. 479-480; R. Guerrini, •Ri­ vista di Filologia e di Imuzione Cl.assi cv CVll , 1 979, p. 359; l . Opelt, •Gnomon• LI, 1 979, p . 495; R. Verdière, •l.atomUS> XXXIX, 1 980, pp. 206-207; G . Orlandi, •Mai» XXXIV , 1 982, pp. 27&-277. 100 R1!. a1 p . 480. 107 R1c. n.s. XXVII I , 1 978, p. 23 1 . 1 4 1 Rtc. cit., p . 435 .

- 38 -

lE RJCERCHE SU NEMESIANO

Th. L L Singolare

la

conclusione del Green: di questi difetti . . . «la fàute

est à . . . Verdière•, che, 1 42 a proposito della congettura sius in

Cyn. 1 68,

da lui respinta a fàvore di

mandere di Hein­ pandere della tradizione, cita

il suo fox-terrier che, pur rovinando molte paia delle sue pantofole cau grand darn de morsi le porte

son budget de professeur débutant» , non assalì mai a (ualuas C; uuluas A B) , cPeut-etre était-ce parce qu'elles

étaient fermées• . 1 43 Ha ragione p erò

il Green quando osserva , ... che il

commento , nelle cui caratteristiche qui rilevate io vedo appunto le tracce della sua origine da una dissertazione accademica, è soprattutto volto a giustificare impegno critico

il testo adottato e presenta squilibri di ampiezza e di

fra

un le mma e l ' altro .

Il volume del Castagna, I bucolici latini minori. Una ricerca di critica

testuale '"

si presenta, con le parole dello stesso Autore, come apparte­

nente al genere dei •Prolegomena di edizioni critiche•. '46 anche se ess o «eccede la misura solitamente concessa• a questi cProlegomena• : 1 47 molti dei recensori, in effetti, auspicheranno che a questo saggio

il Ca­

stagna faccia seguire l' edizione critica dei bucolici latini minori . 1 48 Non nuovo a ricerche su Nemesian o , 1 49 l'Autore dichiara 1 50 di essere stato spinto ca rivedere integralmente la tradizione manoscritta• di questi poeti

•dal fortunato reperimento in biblioteche fiorentine di due testi­

moni manoscritti di notevole interesse sinora ignoti•, reperimento del quale egli ha dato notizia nella I annata di cPrometheus • . 1 5 1 L'opera è organizza ta in tre parti, delle quali

la

p rima cl dati di partenza•, pp.

9-

1 4> Pro/;gcmmts, cit., p. 92. 1 43 Green, rrc. dt. , p . 32. La Opelt, nelli. sua receruione ciuu ai Pro ltgomènts, p . 2 1 3 , osserv.I cAn de m luuzigen Humor d es Verf k:i:innte rrum Anstrus nehmem, ciundo, &:. l'altro, questa evocazione dal fox-terrier. 144 �- cit., p. 3 1 . 1 " Vedilo ciuto • n . 6. 146 Op. cit. , p . 7 . 147 I/nd. , .. Cfr. •d es., D. Korzeruewili, cGymnasium• LXXXV , 1 978, p . 1 1 1 ; E. J. Ken­ ney, cCI..ssi c al Reviewo n.s. XXVIII, 1 978, p . 45; U . J. Suche, cGnomon• LI; 1 979, p . 786; F. Murru, cStudi.i Cb.sice• XIX, 1 980, p . 1 68 . 149 Cfr. il saggio da l ui citato a p . 5 , n . 1 . l 'IO Op . dt., p . 6. ' " Ptr un '•dizicmt ddk uloghL di Calpumio e Ntrnesiano: due nuovi testimoni manoscritti, • PrometheUS> l, 1 97 5 , pp. 80-87 . -

39

-

MICHELE COCCIA

1 08, contiene un «Catalogo dei manoscritti», pp. 1 3-67 e un «Catalogo delle edizioni a stampa•, pp . 69- 1 05 : 86 edizioni, dall a princeps Editio romana del 1 47 1 , a quella del Korzeniewski del 1 97 1 . L'« CXV. 1 987, p p . 473-498. La citazione del testo � pp. 473 s . 2 1 • R E XVl , 2, 1 935, 2329 ss . 2 17 Didt tung und Lehrr. Unt=uchungm zur Typologie d LXXIX , 1 98 1 , 47-55 ( 1 , 75-80; 2, 6-7; 2, 7-9).

- 50 -

LE RJCERCHE SU NEMESIANO

Muovendo dalla constatazione che «Calpurnio e Nemesiano utiliz­ zano il modello virgilian o attraverso riprese verbali e reminiscenze, frutto di un più o meno consapevole processo mnemotecnico». E . D i Lorenzo, Strutture allitterative nelle «ecloghe» d i Virgilio e nei bucolici la­ tini minori,246 estende a questi due autori e ai Carmina Einsidlensia una sua minuta indagine sull'alli tterazione nelle Bucoliche di Virgilio, inten­ dendo per «alli tterazione• •la ripetizione di uno o più fonemi iniziali di due o più parole contigue legate da seruo•.w L'elencazione dei versi contenenti questa «figura di sintassi • , organizza ta secondo le diverse ti­ pologie allitteranti, è scandita da pagine contenenti osservazioni sinte­ tiche e di analisi stili. brevemente di Nemesiano a p. 364. .

-

51

-

LEoPowo

GAMBERALE

DALLA RETORICA AL CENTONE NELL' ORA TIO PRIDIE QUAM IN EXIUUM IRET AsPETII DELLA

FORTUNA

DI CiCERONE

FRA

III E

IV SECOLO

Fra le numerose orazioni fàlsamente attribuite a Cicerone, di varie epoche fra l'antichità e l' uman esim!J , la più antica è normalmente ri­ tenuta la Pridie quam in exilium iret. E un testo per vari aspetti singolare, a cominciare dal fàtto di essere privo di destinatario, diversamente dagli altri fàlsi ciceroniani . ' Trasmesso in numerosi codici insieme alle ora­ zioni post reditum/ è stato giudicato spurio almeno a partire dall ' uma­ nesimo,' e forse anche la sua presenza, nei manoscritti, accanto ai di­ scorsi dopo il ritorno dall 'esilio, ha portato alla situazione estrema per cui alcuni studiosi, da J . Markland • fino a F. A. W olf,' coinvolsero nel giudizio di inautenticità l'intero corpus delle post reditum.

l A titolo di e.empio vd. b V CatiliMria, 1: Non amplius tmtpus oti, patrts amscripti; b Drdamatic in Catilinam, 1 : Si quid prtcibus apud dtos immortak, Bd. DCLII) , pp. 1 - 1 0 . ' A . L\ I'RNN A , Gli JV, XXVlll, 1 977, pp. 45-49. 12 Étu des sur Ll � latine tardivr d 'AitSone à Prudmu, Paris, Le. Bdles Lettres, 1 980, p . 578. 1 3 Le traduzioni di Ausonio sono tratte, qui e in seguito, dal.la ciuu edizione UTET dd Pastorino, sulla scorta ddl>. quale vengono anche forniti ì dati numerici delle citazioni . 14 Op . àt. , p . 28 (trad. nostra) . IO

- 79 -

G!ANCAJU.O MAZZ O U

bra, è dipinto dal tono allo stesso tempo scherzoso e risoluto di questi pochi versi; prega, poi non ci pensa più• . " Un'altra preghiera - fàtta salva la sua autenticità 1 6 - parrebbe, con diritto ancora maggiore, im­ porsi all'attenzione per la sua solenne occasione, perché non appartiene soltanto alla giornata del buon cristiano ma è la devota espressione del dignitario giunto al momento apicale della carriera politica: quel con­ solato del 379 esaltato da Ausonio con tale insistenza da mettere quasi in ombra le topiche autocelebrazioni ciceroniane. Orbene, con im­ pensabile ossimoro tra forma e contenuto, l' Oratio consulis viene astret­ ta al virtuosismo di 42 esametri ropalici, cioè serie verbali quinarie dal mono- al pentasillabo, in cui la ludicità 'spaziale' non può che fàr aggio sull'ispirazione religiosa. E molto altro ci sarebbe da dire (ed è stato detto) sulla fede di un Ausonio che nel Cupido crudatus insegue mito­ logie erotiche, negli epigr. 30 e 3 1 non esita a presentarsi come cultore della divinità mirionimica di Bacco e nel Griphus temarii numeri - in preda a quell'ossessione triadica ch'egli stesso denuncia come poetica scabies 1 7 - conclude calando senza imbarazzo la Trinità, tris deus unus, nello stesso mazzo ternario di Gorgoni, Arpie, Erinni, Sibille e brindisi (vv . 84-88) . Anche in sede letteraria si ripropone la stessa sindrome, che possiamo ridefinire come disinvolto declassam e nto di modelli e re­ ferenti consacrati. Le vittime più illustri sono un fiume e un poeta: nel­ l' epist. 2 al figlio Esperia il celebrato oggetto del capolavoro idilli co del poeta si riduce, certo più realisticarnente, a egelidae stagnantia terga Mo­ sellae (v. 4) ; nell' Imminutio, decima sequenza del Cento nuptialis, Virgi­ lio , il divinus vates di ephem . 7, 22, per tacere di altri vivi appre zzam en­ ti, ' " viene piegato a strumento di uno stravolgimento semantico tanto " Cfr. già R . P!CHON, LLs derniers hrivain.s profanes, P:uis, Leroux, 1 906, p . 2 1 1 s. Non persuade P. UNGLOIS, LLs poèmes chr 3, 1 1 3: simplititas rwdis ankfoil, nunc aurra Rnma m; riprese critiche in M.m. 9, 59, 2 e, con svalutazione cr:isti:uu, in luvenc. pnd., 2. 19

JO

Cfr. Paschoud, op. cit. , p. I l nota 1 3 . Nella fàmi glia dei rrus. Z l ' Ordo è tr:wnesso in una ,.., d azione mino,.., , con istolcgrafìa latina tardoantic4: le lettere di Ausonio in AA . VV . , Misa�a di Studi in OCUISiont dd 50' anniwrsario dtl JJao- Ginnasio R. Frandtetti, R o ma , Carucci, 1 990 , pp. t 07 - 1 49: t 2 t s . ; ediz. p. XIJV s. nota t t t .

- 96 -

AUSONIO EPISTOLOGRAFO

stocrazia che, tutta imbevuta di dottrina, considera questo tipo di gioco intellettuale come parte essenziale della vita di società: una varia e comprovata maestria in campo oratorio e poetico conferisce a chi la possiede una patente di nobiltà culturale e diviene persino un mezzo di elevazione sociale e politica, come dimostra proprio

la brillan te

car­

riera di Ausonio, giunto per i suoi meriti letterari fino al consolato . 1 7 L'epistolario ausoniano , fornisce per tà, della quale l ' autore

la conoscenza di questa socie­ fu esponente rappresentativo e autorevole, un

documento davvero importante . " Ma non minor interesse com'è stato riconosciuto , ' • per chi voglia tentare nuina personalità del poeta .

È

di

esso

accostarsi

riveste,

alla ge­

ben noto che gran parte delle sue opere

pongono in questo senso al lettore una barriera invalicabile, riducen­ dosi a puri esercizi d'ingegno, a frigidi artifici letterari . Le epistole in­ vece , che presentano anche aspetti reali della vita privata e sociale di Ausonio , sia pure deformati e filtrati attraverso le vincolanti conven­ zioni letterarie, consentono di cogliere talora più da vicino gli atteggia­ menti spirituali dell'autore . Inoltre il gioco dello scambio poetico tra amici letterati offre migliori occasioni per rivelare sia la tecnica compo­ sitiva che la poetica proprie dell 'autore e dell' ambiente cui appartiene . Tuttavia l' epistolario ausoniano è stato nel compless o alquanto tra­ scurato dagli studiosi, se si eccettuano le pagine, un po' diluite per al­ tro, che sono contenute nell' Introduzione all ' e dizione delle opere curata da A. Pastorino ( 1 97 1 ) 20 e un buon articolo del Green ( 1 9 8 1 ) ! ' denso

17 Per la singolare valoriznzione della cultun lett=ria e dei professo ri riscontnbile sotto il tardo impero rimangono illuminan ti le pagine di H. I. MARR.o u, Slori4 thll'eduaJZil>M Mll'antidlità, trad. it. di U. Massi , Ro1112 , ed. Studium, 1 966 2 (Pms, 1 964' \ p. 404-409; inoltre: S. Dru., RmMn Socùty in tN Llst Century oJ the Westan Empirr. London, �anillan a. Co . , 1 9 1 0, 399-409; J. MATTHEWS, Westan Aristoaacies and Imperi un poeta sicuramente allin eato al credo religioso ufficiale. Chi condivide questa posizione tende di conseguenza a considerare il ricco apparato mitologico pre­ sente in tutta la poesia claudianea come puro elemento letterario , e proprio perché tale accettabile anche per i cristiani: inso mma un insie­ me di irnrnagini ormai neutre e sicuramente non più connotabili come 'pagane' . ' 1 U m venione parriale di questo testo è sb ta presentata in um conferenza tenuta a Na­ poli nel = 1 994, nell'ambito di un incontro promosw dal CIDI sul tema eGli archivi della memori.l: mito e storia nel mondo antico•. Agli organizza tori e agli amici napoletani dedico questa nuova, più ampi.> redazione del lavoro, nel grato ricordo della loro ospitalità. 2 In Gmnina mino ra 32, secondo l'edizione di ]. B. HALL (Cu.uo!ANUS, Carmina, Leipzig, Teubner, 1 985), alla qwle &.rò riferimento. Si tende ora a considerare autentico il componinlento, anche se non c'è accordo mi modo di intenderlo: ad e.. C. Lo CiCERo (I carmi crutiani di Claudiano, •Arti Accad. Se. e Lett. Palermo•, XXXV I , 1 976-77 , pp. 55 1 ) vi coglie um professi one di fede, mentre J.-L. CHAR.IliT ( Théologie, politique ti rn;tori­ que: la aUbralion [1Mtique dt PaqutS tÌ la cour dt Vakntinù:n et d'Honorius, d'apro A usont tt Claudim in AA.VV., LA potsia tardoanti e nel panegirico per il VI comobto di Onorio un atteggiamento di distacco dalla

- 1 14 -

MITO E STORIA NEllA POESlA DI CLAUDlANO

così dire, questa dicotomia, contribuivano anche i diversi giudizi sulla funzione della mitologia nell' opera di Claudiano : capace di accendere la fàntasia poetica dell'autore nel

De raptu,

con la sua appassi onata rie­

vocazione di un mondo d'immagini remote ; di contro, apparato deco­ rativo , elegante e dotto , ma anche convenzionale e privo di vita nei carmi politici . •

A

modificare almeno in parte questa impressione hanno certamen­

te contribuito i risultati conseguiti in

anni

recenti nell' ambito degli

studi sulla tradizione panegiristica tardoantica in prosa .' Sotto

la forma

là dalla

smaccata

ampollosa propria dei testi di oratoria epidittica, e di adulazione che per molto tempo ne

è stata considerata la caratteristica

principale , si sono infàtti identificati gli elementi di un compless o lin­ guaggio politico, duttile strumento per promuovere

la ricerca del con­

senso e diffondere messaggi di propaganda, ma anche testimone pre­ zioso dell'insieme di tensioni emotive che caratterizzava le cerimonie pubbliche sul cui sfondo si colloca la produzione panegiristica: nelle quali chi ascoltava non si sentiva semplice spettatore, ma anche attore, parte integrante di un grandioso spe ttacolo dove lo sfarzo di vesti, uni­ formi, colori, immagini costituiva l' elemento irrinunciabile ed atteso di uno splendido rituale . Gli stessi tratti che potrebbero a noi sembrare più ripetitivi e prevedibili del linguaggio dei panegirici - all u do a certi schemi espositivi ed espressivi, non ultimo il ricorso a riferimenti mi­ tologici - ass u mevano, come in una liturgia religiosa, la funzione di promuovere e favorire il senso di partecipazione e di identificazione .

poe.ia mitologia e UIU dichianzione espliciu di scelta dell'epos storico e panegiri.cico. Con intenti divern quesu distinzione è sottolineata anche da A. Fo, Studi suUa tecnica polc attravmo i libri sotto5Critti, in Tradizione dti class id , trarformaz: iom della cultura, a

- 121 -

ISABELLA GUALANDRI

Teodosio, che degli scrittori di storia amava Emi patrono e, a detta di Aurelio Vittore, leggeva con interesse e diligenza le res gestae, non mancando di esprimere il suo biasimo per i personaggi moralmente negativi!" Del resto, la preoccupazione di adattarsi al mondo romano risulta ancor più evidente se si confronta questo speculum principis claudianeo con gli esempi parall eli che sono stati individuati in ambito greco, co­ stituiti dall'orazione IX di Temistio per Valentiniano iunior, 2 9 e soprat­ tutto dal discorso De regno di Sinesio, recitato a Costantinopoli davanti ad Arcadia forse nello stesso anno di questo panegirico .J() Nessuna delle due composizioni greche attribuisce impo rtanza alla storia: e ciò colpi­ sce soprattutto nel caso di Sinesio, per le molte importanti analogie che senza dubbio legano il suo De regno a questo carme di Claudiano (e che si tende ora generalmente a ricondurre al comune retroterra culturale alessan drin o, e quindi ad identità di modelli) ." È dunque particolar­ mente significativo che Claudiano, il quale parla al mondo occidentale, si differenzi fortemente da lui proprio su un simile tema. 3 2 cura di A. Gi.ardiru, IV, Bari, Lateru., 1 986, pp. 1 9-81 (e in particobre 59..{)9) e dei Probi per quello di Cornelio Nepote (PBCRRE , op. cit. , p. 80) . ,. Cfr. AU1U!LJo Vrrro RE 48 , 1 1 , 1 2 sagax piaN multum diligms ad nosanda maiorum gt­ sltl, t quibus non dtsiPitbtu cxsurari, quorum Jaaa suptrlx! crudtlia libmatiqut infmsa kgtrlll, ut Cinnam Marium Sullamque atqut univmos dominantium, praeciput 1amn1 ptrfidos tt ingratos. ll passo è ricordato da E. A. THOMPSON, A mmianus Mmrtllinus, Cambridge, Un.iver.ity Press , 1 947, p. 1 1 0, che tnna dell'intere= di Teodosio per gli •torici. 29 Si tnna del discor.;o pronunciato il primo gennaio 369 per il consolato di Valen­ tiniano Giliu, il piccolo figlio di Valente. Lo si vedi nell'edizione dei Disami di Temistio a cura di R . Mai.ium augustiora fadat . . . ); e :ù senso dj sollievo con cui all 'inizio del libro VI egli osserva che cb quel punto è possibile &re storu con sicure=, poiché si illsp one finalmente dj documenti scritti, essendo i più antichi andati perduti nell'incendjo gall.ic o del 390. "' Del resto Quintiliano 1 2, 4 , 1 (come ricorda NICOL\1, op. dt. , p . 57) suggt:risce dj usare accanto .gli esempi ricavati c:WU storia anche quelli a dariori bus pot:tis jìcta, i qu.ili aut v.tustalis fitk tuta sunt aut ab hominibus magnis praeaptarum loco jìcta creduntur. " Col termine vetustas Cuudiano si riferisce, nel brano che •bbiamo visto, :ù pa.ss:o to qu:ùe è suto tr:unancbto dai testi storici; in B. C.t. 1 24 ss. (sublimis cnù Curium canit o"' V. per tutti l'esempio di Ambrogio, Expl. Ps. XXX VI, 1 5 iniquitas . . . tnubr GUAL\NDRl

settimo libro dell'Eneide; 82 Giustizia profetizza una nuova età dell'oro in cui Ono rio assume i tratti del puer della quarta egloga; 83 il che con­ sente anche di sovrapporre con gioco sottile all'immagine di Stilicone, il nuovo Apollo che ha sconfitto Pitone, quella dell'Apollo virgiliano, benefico nume di un'era nuova e felice, e presentare così Stilicone co­ me protettore di Onorio .... Ma se gli echi di Virgilio costituiscono un adeguamento a temi cari al pubblico occidentale,"' la contrapposizione tra bene e male che caratterizza lo schema dell'invettiva richiama ad un dualismo di fondo che, come è stato da tempo osservato, ha piuttosto radici diverse 86 e riconduce ancora una volta alla cultura composita dell'Alessandria tardoantica,8 7 in cui neoplatonismo ed ermetismo si mescolavano con svariate dottrine di derivazione orientale, in un insie82 Q uesto aspetto è efficacemente ill us trato

. sia più simile >. Mosé che >. qualsiasi eroe epico greco è osservazione di THOMPSON, op. cit. , p. 1 5 2 , n. 24, che coglie un suggerimento di R. Durling. Nel complesso rapporto fra cultura cristiana e cultun pagana che caratteri= il IV secolo, non è da sottovalutare l ' influss o che la prim>. può aver esercitato sulla seconda, trasmet­ tendole taluni elementi, o fàvorendo indirettamente l ' emergere di >.Itri, anche solo per contrapposizione emulativa. Giorgio Brugnoli mi segnala cortesemente , ad esempio, per quanto concerne i manoscritti decorati, la discussi one di c . NORDBNFALJ[, n. Be­

D.

ginning of Book Decora tion, gn e ry C o .

in

Essays in honor of Gtorg Swarzenski,

1 95 1 , pp. 9-20.

- 1 43 -

Chic>.go, H. R e ­

RiccARDo ScARc!A

NAMAZIANO

UNA LETilJRA D I RUTILIO

T >l non fosti gii tu (Ro""') quando vedestl i amsoli antori in Cunpidoglio, e tn' ruvidi Usci in umil wglio seder minsti i dil14lori agresti Ma le rustiche nun, che dietro

stimot.vm pur fondirti

il

di=zi i

il pLiustro

lenti buoi

regn o e gli stend.rdi tuoi

triorilindo porcir d>.! Borea a l'Austro.

(F. Teoti) Il singolare fascino esercitato

dall ' iter di

Rutilio consiste, a me sem­

bra , nella esemplarità della sua sostanziale insignifìcanza artistica: unico supe�tite rifinito e solo accidentalmente mutilo (oggi la definizione appare lecita) 1 della pure non ricchissima letteratura odeporica latina,'

l

Questa redazione

l ' intervento parbto, e

si

scritta vu o l e risperu.re l' intentio, mantiene

d unque

sto di riferimento qui, per Rutilio,

è

se non p ro p ri o l'ancbmento

del­

nei limiti di una infornuzione di rru.ssim.a . Te­

l'edizione commenuu per cura di

A. Fo, Torino,

Ei.ruudi, 1 992.

ad esempio, figure di Cesare o Persia: quantunque la tndizione

2 R.aggtugli più o meno attendib ili in proposito concernono, differente impatto emotivo e ideologico quali

biografica, in effetti, ce ne abbia lasciato tncru solo per certificare qualche esperienza esi­

'vir ill us tris' di turno, perciò come mero modulo =rivo, ciò il dato abbia suggestionato la cultura rutiliana proprio per l'evidenza di

stenziale o occasionale dd non toglie che

questa motivazione. Nonostante certo suo puntuale carattere di portolano, e qualche

di infornuzione, affini , tecnicamente, alla funzionalità presuntiva del cosiddetto di altn letter3tura similare (Agrippa?) , che consentirebbe latamente di apparentarlo agli itinnaria o all e J""T'grinationes rnir3te, il Vi�o di Rutilio - pur nei con­ fini di un mare � e amico - e talune delle sue pretese intellettuali potrebbero avere più attinenza con il convenzionale memorUlismo di certa narrativa novellistic.a (incluse le fànusie della Storia Vtra di Luciano e di altre avventure di terra e di oceani) che non con le proteste di cverità> della di.aristic.a pe no nale . ,

Mia

•luss u ose • . come da topica acquisita e d'altronde presente presso il medesimo Claud.iano come presso Sidonio) ; però come 'siligni' dovrebbero piuttosto esse re, in prima istar=, qualificati i 'fasce.' (che sono viminei, nel rispetto del tabu arcaico) .

1 7 Precedono , in serie, altri eroi canonici (v. 400 Lltium ,.tro "' conftr in antUm) . Cfr.

Sid. carm . 7 , 378 ss. (n. 33).

• • il motivo del csudore• rimanda alla basilare struttura di Livio (n. 22) e di capogr:lfì•

di Livio.

1 9 Qumo è, in merito a Cincinnato, l' episodio principe delle Antiquita"" RomatuU, e si riferisce alla assegnazi o ne del consolato. Agli altri te.ti greci superstiti attinenti ili' extrn­ plum di •Lucio Quintio • , ma in relazione al solo conferimento delli. dittatura (Dio Cass . 5 , 23, 2 [Zonar. 7 , 1 7] , ancora Dio n . H ai . an t . 1 O, 8 , 4 ; 1 O, 2 3 , 4 e 2 4 , 1 -2; 1 O, 2 5 , 3 ; 1 1 , 20, 3-4, con peraltro l 'introduzione di v:uUnti narratologiche, e ideologiche, non tutte di

scarso pew, anche se non analizzab ili in que.ta sede) , va affian c ato

Rom .

3 1 70 : cVolete che ci domandiamo chi siano

il catalogo di Plut . Jort. mai costoro> Secondo la tr.>.d.izione,

sono i Fabrizll e i Camilli e i Decii e i Cincinnati e i Fabii Massimi e i Claudii Marcelli e gli Scipioni•, di stampo assai più cvirgilian o • . Ma che Dionigi stesso •confonda> Cincin-

- 1 49 -

RICCARDO SCARC!A

dissodando un campo in vista della seminagione, e teneva dietro di persona ai giovencru intenti all ' opera dei solcru, senza tunica, con un semplice panno attorno ai fiancru e un berretto sul cap o . Nello scorgere una folla di uomini entrare nel suo poderetto, arrestò l 'aratro e per un bel pezzo non si capacitava cru fossero e che cosa venissero a cercare da lui . Ma quando uno di loro so­ pravanzò gli altri di corsa e gli impose di rass e ttarsi in modo più decente, en­ trò nel capanno e ne riuscì rivestito . Allora la delegazione inviata per scortarlo si congranùò coralmente con lui, rivolgendoglisi non per nome, ma con l'ap­ pellativo di console . Lo avvolsero quindi nell'abito orlato di porpora e gli scruerarono davanti le scuri e le altre insegne della magistratura, e gli cruesero di seguirli in città . E lui, dopo un attimo di indugio e con le lagrime agli oc­ cru, tanto disse: •Così il mio campicello quest'anno resterà senza semina e noi riscrueremo di non avere di che nutrirei • . Baciò poi la moglie, le si racco­ mandò di badare all e cose di casa , e si mosse verso Roma . Mi sono indotto a questo racconto non per altra ragione che per rendere palese a tutti quali capi avesse a quei tempi lo stato romano, come lavorassero con le p roprie

mani, come fossero sobrii e serii, come non si a.flli ggessero della loro dignitosa povertà, senza la minima ambizione di ricchezze regali , anzi pronti a rifiutar­ ne l'offerta : la loro condorta non rassomiglierà perciò neppure un poco a quella dei Romani di oggi, a parte qualche eccezione . . . • .

1 6 . Eutr. 1 , 1 7 ( 1 5) : cum i n Algido monte Romanus obsideretur exerci­ tus, L. Quinctius Cincinna tus dictator est fàctus, qui agrum quattuor iugerum possidens rnanibus suis colebat. is cum in opere et arans esset inventus, sudore deterso togam praetextarn accepit et caesis hostibus liberavit exercitum. 2 0

1 7 . Aor. 1 , 1 1 ( 1 , 5) [= Iord. Rom . p . 15 Momrnsen] : Titus Quinctius . . . ille dictator a b aratro . . . ' ' castra egregia virtute servavit . medium erat tempus forte sementis, cum patricium virum innixu m aratro suo lictor in ipso opere deprehendit. inde in aciem profectus, victos, ne quid a rustici operis irnitatio­ ne cessaret, more pecudum sub iugum misit.22 sic expeditione finita redit ad

.uta con Serrano e in qw.lche misura intenda rarionalizzare i dati, anche contraddittorii, che recupera cWle sue ricerche documenurie? Oppure, in vi.1 più semplice, Dionigi >.!tra non U che ramm e ntare tratti delle sue letture ciceroniane (supra, ann o tazione al n. 8)? 20 N e dipende Hier. chron. 01. LXXII, p . 1 08 Hehn: cum in A{gido moniL Romani mi­ litLs obsidermtur, a diamor< Quintio Cindnnato liberati sunt. Da Eutr. 2, 2 T. Quinctius Cin­

ànnatus Prrunestinos, qui usque ad Romae porta.< cum bello venerant, pemcutus ad jlumen A Uiam vici t dipendono, c:Uscuno per la pane sua , l' >..l tra lemma del chronù:on, ad 01. C p. 1 1 9 H . : Praen.bile cìnus l Quìntim hìc ille est, rigidìs anìmosm in annìs . l h quoque dwn curvo sudans penderet aratro, l ante bove. meritwn meru.ìt dìctator honorem, l consufu obsessì panes defendìt inerte., l inde triwn­ phalem conscendìt >gricol.. currurm . Centone dì varie 'auctoritate.', inclmo Dante, Par. 6, 46-48 . . . onde Torqu.to e Quìnzìo che dal cirro l negletto fu nomato, i Decì e' Fabi l ebber I.. fmut e 1 5 , 1 29 equa! or saria Cincìnn.to o Cornìgli.a• (cfr. Mon. 2, 5, 8- 1 0 e Conv. 4, 5, 1 5) . Sul punto, S. MAR! OTTI , fl canto VI dd Paradiso, •Nuove letture dante­ sc he , V, 1 972, pp. 375-404, che rimanda (p. 392) a L. BERTALOT, Hu�Mt�istis.ta da Rutilio (ed è vantaggiosa , in questo senso, l'imposta­ rione conte.tuale del concetto dì 'Roma caput mundì'!) . 1 6 Qu.nto Giovanni Lido = non corrisponde tuttavia, eccetto che per il cfu chia­ mato . . . al quadro dipinto da Persìo (n. 27) , che invece contiene senz'altro una sceno­ grofuo dì aratura: oltre che supporre una interferenza della scoli.a.tica sedimentata, come ora sì dìr.ì, rospett erei per questa el..b orazìone l'attività anche dì una proposta etimologica connessa piuttosto con 'Serr.>.nus derivato da 'serra Qo strumento ad ligna swmda: cfr. Glos.. IV 391 , 8 snra: undt ligna secantu r) , fatta equivalere a �. che con ' S er(r)an u s derivato da 'serere' (ossia 'ab aratro', secondo t. forte suggestione ciceroniana, dì cui più volte supra) . A 1 , 38 p . 39 W., Giovanni Lido parh della dìtuur.>. dì cTitos KointioSJ, ma «



•,

- 1 51 -

RICCARDO SCARCIA

20. Iul. Par. epit. Val. Max. 4, 4, 5 e 7: Atilius ad consulatum ab aratro arcessitus est [ . . . ) Cincinnat us, cum septem iugerum agrum araret,

tria

iugera

ex his pro amico . . . amisit.27

2 1 . Iuv. 7, 80-8 1 : at Serrano tenuique Saleio l gloria quantalibet quid

eri t si gloria tantum? 2 8

22. Liv. 3, 26, 7-1 1 : operae pretium est auclire qui omnia prae divitiis hu mana spemerunt neque honori magno locum neque

virtuti

putant esse,

nisi ubi effuse a.filuant opes. spes unica imperii populi Romani, L. Quinc­ tius 29 trans Tiberim, contra eum ipsum locum ubi nunc navalia sunt, quat-

appunto nella serie dei nugistrati ignora il cognomm •Cincinn a to• (a meno che non lo sot­ tintenda per il cKolntoso di p. 39, 19 W . , restato in carica per orto giorni, che seppe cal­ mare una 'sedi rio urbana') . Resta che comunque il personaggi o eroico del de m4gistratibus non è in struttura con la •semina•, ma bensi con il •taglio del bosco•. Ma è precisamente la qualità degli scolii di Persio ad loc. (nota 35) che rende ragione palmare dell'equivoco di base in cui è caduto Giovanni Lido (cfr. C. MARcHESI , Gli =liasli di Pmio, •Rivista di Filologia e di Istruzione classi ca•, XL, 1 9 1 2, pp. 1 93-2 1 5 : 208-209): lo stesso avviene, d'altro canto, a mag. 1 , 19 p. 23 W., dove Lido si appella ancora a Pers. l, 20 ingn�tes . . Trtos per dar conto dell'epiteto di •Tiri• 5pettante - sostiene lui - ai nobili discendenti da Tito Tazio, ma dove nuovamente l'esplicita citazione d'autore (•come dice il Romano Persio . . . •) ha senso solo se il testo si ammetta letto unitariarnente con almeno una delle glosse relative (p. 252 Jahn: ' lngn�tes ' autem 'Trtos' dicit . . . gmaaliter Romanos senato= a Tito Tatio Sabirwrum rtgt . . . ldr:m valui=t si ùuios aut Marros aut Publios dixisset). A ulteriore testimonimza di questa peculiare fortuna delle Satirt peni.ane presso la cultura greca tardoantica, addurrei poi Synes. somn. 3: 1 . . né trovo troppo incredibile un altro che, addormentatosi ignaro di poesia, e poi imbattutosi in sogno nelle Muse, si svegli, un po' per aver detto un po' per avere udito qualcosa, abile poeta, quali il nostro tempo produce• (trad. di Antonio Garzya), che sces' consolari, insegne di Minucio depo5to dalh carica. A 4 , 1 ,4 si narra invece delh 'moderatio' del consolato di Cincinnato . " Tutta una parafra.i dalh nou 'sententia' di Catone il Censore (agr. pr«j. 4: quesu 'prae&.tio ' è ancora citau p= Plin. MI . 1 8 , 1 1 e 22, che ne funge da eccellente vet­ tore) . Dopo 'oblaum', l'apparato di C. UNG, Iipsiae, Teubner, 1 88 5 , p. 8 , segnala un inserto del cod. Palatinus 909 (secolo X) : Pmiws ) . =

Altrettanto debole e evanescente

è

del resto la documentazione

prosopografica sullo stesso Elio Donato , già a partire dai dubbi che ne coinvolgono addirittura l'accertamento del gentilizio che potrebbe essere o A elius o

Ravius.

Ho già detto della cronologia, ma lo stesso magistero romano di Donato ha esigue conferme nella tradizione. In pratica, oltre

al

le mma

geronimiano, lo p otrebbero testimoniare la qualifica di cuir clarus• e corator urbis Romae• che gli dà la

subsaiptio dell A ndria nel Commen­ tum Terenti dello stesso Donato (v. c. ORATOR.IS VRBIS ROME A Parisinus Latinus 7920, saec. X-XI, f S l r; • • ripresa in Vaticanus Latinus 2905 , saec. XV , f 76v: ORATOR.IS VRBis) e quella di «grarnmaticus urbis Ro­ mae• che gli dà l'intitu/atio dell 'Ars (GRAMMATI CI VRBIS ROME : Leidensis 1 22 saec. X, f 4r) : ma sono tutti fàtti editoriali di probabile riflesso dal­ la notitia geronirniana . L a struttura tràdita di nomen e cognomen di Donato (subscriptio del­ l'Andria nel Commentum Terenti: APLI DONATI v . c . A Parisinus Latinus '

=

=

l < Cfr. Explan. in Don . = Gramm4tici Latini, IV, p . 486, 8 Keil: chic enim Donatus V. C. D. [ita codd. V . CL. ud V . P. tnnp tauit Keiij Vergilianwn =nen uel Terenti comoe­ dias miri.fice commenuuit>.

- 1 66 -

LA GLOSSA V!RG!UANA IN EUO DONATO

7920, saec. X-XI ,

f. 5 1 r ripresa in Vaticanus Latinus 2905 , saec. XV, f. soltanto DONATI ha il Leidensis 1 22 saec. X, f. 4r; FL. DONATI ha, come si può vedere appresso, l'intitulatio dell' Epistula ad Munatium nel cod. unico che la contiene: v. Appendice II), non offre fondate ragioni neppure per il nostro restauro del gentilizio Aelius, da­ to che dalla lezione dei codd. si potrebbe dedurre con egual probabilità ad esempio quel cognomen Flaaus che pare leggesse nell ' intitulatio del­ l' Epistula ad Munatium l'autore della paro dica Vita Donati contenuta nel Parisinus latinus 7730 del saec. X: INCIPIT VITA DONATI GRAMMAT ICI FLACCVS REBrvs M I NVTIO RVTILO SALVTF.M, dove il REBrvS è un anagramma di BERrvs ( VERRrvs ) , ma la ripresa del cognomen di Verrio Aacco, FLAccv s , può essere stata incentivata dalla presenza nella tradizione del­ la sigla FL. pro AEL. del nomen di Donato (v. Appendice VI) . Il cognomen «Donatus• rientra nella lunga lista dei cognomina ricavati da participi in -atus. Nella statistica dei 20 cognomina di questo tipo di maggior frequenza che Syme ha elaborata sul repertorio di Kajanto , " risulta che i l cognomen «Donatus• ricorre i n 8 2 2 occorrenze (di cui 368 = 4 1 % in area africana) secondo soltanto al cognomen •Fortunatus• (2430 occorrenze, di cui 880=3 1 % in area africana) . È impossibile trar­ re qualche sicurezza biografica da questi dati così comuni. Resta, secondo me, il sospetto che lo stesso cognomen •Donatus• fosse o venisse inteso come un soprann o me d'arte magistrale (e forse la stessa cosa si potrebbe dire per il cognomen di Tiberio Claudio Donato. La laboriosa prosopografia di gramma ti ci elaborata da Kaster •• per­ mette di stabilire la grande frequenza di questi cognomina che hanno l'a­ spetto di soprann o mi magistrali nell'uso scolastico delle scuole latine di grammatica e di retorica dal III al V secolo, con una punta massimale proprio a metà del IV secolo (v. Appendice IV) .

76v:

APRI DONATI ;

=

2 . Meno complicato è individuare nella letteratura laica del IV se­ colo alcuni parametri di comunicazione che potrebbero trovar riscon­ tro in analoghi parametri adottati da Donato.

" Cfr. R. SYMB, 'Dmatus ' and the Lite, cHistom>, XXVII, 1 978, pp. 588-603, a pp. 588-589 (da l . KAJANTO, The Lltin Cognom illll , Helsinki-Helsin, Soc. Scientllium Fen­ nica, 1 965).

1 6 Cfr. R. A. KAsrER., Cumdians rif Lmguage. The Grammarian and tk Society in Llte Anti, XXI , 1 927, pp. 7 5 - 1 42; G . FuNAJou , cit. , p . 254 (il Servio Dmielino sarebbe •un Donato in proporrioni ridot­ tissim e •) ; A. H. TRAVIS , Donotus md the Sdwlia Danidis. A StylistU OJmparison, cHarvard Studies in Ci:lssical Philology>, LIII, 1 942, pp. 1 57-1 69; A. SANTORO, fl Senlio Dan�lino è Donato, .Studi Italiani di Filologi> Ci:lssi c>•, XX; 1 943- 1 946, pp. 79- 1 04; N. MA!uNoNE, cit. (sui rapporti fra Doruto, Servio, Servio Danielino e Macrobio); H. T . RoWEll , Aelius DoMtus md tk D Sdwlio on 1M &llum Punilum of Nlll:Vi us, cYale Classi ca! Studies>, XV , 1 957, pp. 1 1 1 - 1 1 9 (citazioni, tutte solo nel Dmielino di Naeu . fragm. 5 . 6 .7 . 1 2 . 1 3 . 27 Baehreru) ; R. B. Ù.OYD, RLpublican Authors in Snvius ond the Sdwlia �lis, cHa!vard Studies in CWsiol Philology>, LXV, 1 96 1 , pp. 29 1 -34 1 ; C. E. MURGIA, The DoMtian Uft of Virgil, DS and D, cCaliforn.ia Studies in Classica! Antiquity•. VII, 1 974, 257277 Contro questo andazzo cfr. ora le sostanziali obiezioni metodiche di D . DA1NI1LHE, cit. , p . 66, e in particoi:lre > p. 76 il ruo giwto Contra (ca medieval writer was far more Li.kely to add > distinguished rume than to !cave it aut>) alli. tesi di G . P. Goow , Snvius md 1M Hdm Episod•. cHarvard Studies in Classi ca! Philology>, LXXN , 1 970, pp. 1 0 1 1 68 , > p . 1 06 , per cui l'asse nza di riferimenti dire tti al nome di Doruto nel Servio Da­ nielino dimostrerebbe che il Servio Danielino sta copllr1do direttamente Doruto . 10 Cfr. H. J. THOMSON, Fragments of Aruient Sdwlia on V, 1 3) , pp. 46- 1 85 ; J . F. Mo UNTPORD , Quotations from ClassUaJ Autlwrs in Mtdkvol GloJJaries, London, Pubi. far Comell Univ. by Longnuru, Green and Co . , 1 925 (•Comell Studies in Cbssiol Philo­ logy>, XXI), p. 33; G. FuNAJou, cit., pp. 256-257 (sui rappotti con il Ul>a glomuum) . 3 1 Cfr. U. SonNDBL, Di• latdnis, XXI, 1 966, pp. 421 -436, a p. 436. Non accetterei quindi il •un le­ gno che facilmente (per b. sua tenerezza) si adattava a esse re scolpito e cesellato• di S. TIMPANARO, Per la storia, cit. , p. 1 52.

1 75 -

GIORGIO BRUGNOU

3) A Georg. l , 1 20: carnaris intiba fì.bris•, Donato identificava gli «intibao con i ccichorea, quorum radices multae et tenues ambiunt segetes et necantt. Al contrario, cquidam• consideravano l' •intiba• un femminile singolare e lo identificavano invece con una «auis amari iecoris• : probabilmente per il ricor­ do della serie temaria •anser> - •grues- - «intibao di Georg. l , 1 1 9-1 2 1 : «nihil improbus anst7 l Strymoniaeque grues et amaris intiba fì.bris l officiuntt, che poteva indurre a pensare che anche il terzo elemento della serie, e cioè l' •in­ ciba• fosse una «auis». L'identificazione csemanticao di Donato è esatta ed è infàtti accettata da Servi o .

4 ) A Georg. l , 1 97-203 , il discorso sull ' importanza d e lla «uis h umana• al fine di impedire la degenerazione delle culture e la loro rovina •in peius-, ve­ niva parafrasato da Donato, secondo Servio (secondo il Servio Danielino da «omnes commentatores•) ,38 nella formula cnisi uiolentia fiat naturae, omnia in deterius caduntt. L'interpretazione cparafrastica• di Donato è corretta e infàtti Servio l'ac­ coglie senza diffi coltà. 5) A Georg. l , 424-425 : esi uero solem ad rapidum lunasque sequentes l ordine respicies•, Donato identificava le «iunae• con le cnoctes•, e Servio gli obietta (giustamente) che i •signa• non li dann o le cnoctes• ma le clunae• . Si tratta, mi pare, tutt'al p i ù d i una semplificazione cparafrastica• di livello assai basso di Donato (probabilmente per appiattimento sui vv . 426-427 : cne­ que insidiis noctis capiere serenae. l luna reuertentes quom primum colligit ignis•) , e che non merita comunque l'accusa di csignifì.cato anomalo o impos­ sibile•,39 tanto più che può essere stata indotta in Donato dall 'analoga ridu­ zione delle clunae• a cstellae• già operata dalla glossa virgiliana antica, come appare da Sen. Epist. 88, 1 6 , che leggeva infàtti al v. 424 csi uero solem ad rapidum stellasque sequentes• (Interpretationes Vergilianae, l, p . 6 1 ) . 6 ) A Georg. 2, 4 e Aen. 4, 207, Donato spiegava l'epiteto cLenaeus• di Bacco con l'etimologia ab ceo quod mentem deleniatt, e Servio (giustamen­ te) gli oppone (qui e, senza nominarlo, a Aen. 4, 207) 40 che un epiteto greco come questo compatta obbligatoriamente l'etimologia greca à1tò wù Àllvoii idest a lacus•, e spiega quindi l'epiteto coerentemente con il fatto che Bacco «torculis praeestt .

38 Cfr. A. SANTORO, cit., p. 86. 39 Cfr. S . T!MPANARO, Pa la storia,

cit. , p . 1 50. 40 Ma cfr. Sdwl. Turon. ad loc . : cLeneus di ci tur non a leniendo si cu t donatus dicit, sed apotis lenu, id est a lacu in quo premitur>: cfr. J . J . SAvAGB, 7k Sdwlia, cit., p. 1 08 .

-

1 76

-

LA GLOSSA V!RG!UhNA IN Ell O DONATO

L'etimologia adottata da Donato (probabilmente in •glossa isolata•) è cer­ tamente di bassissim o livello , ma non deve scandalizzare : se ne dovrà dedurre serenamente che fosse rivolta a ambienti (probabilmente poco grecizza ti) do­ ve non era presa in considerazione l'esigenza che fu poi di Servio.

7) A GeoPJi. 2, 323-324 Donato intendeva il «terrae• dell'anafora di «uer adeo frondi nemorum, uer utile siluis; l uere rument terrae , et genitalia se­ mina poscunt• come un genitivo (e non come un nominativo, plurale, quale è, ed è riconosciuto come tale da Servio) : «Donatus uero 'terrae' genetiuum uult esse singularem, ut sit sensus mutata distinctione 'uere tument siluae' scilicet a superioribus - 'terra e et genitalia semina poscunt' , id est tument sil­ vae et genitalia semina terrarum requirunt». Più che un •ordine delle parole ass urdo•,4 1 l'interpretazione «strutturale• di Donato parrebbe riflettere una logica insensata sul piano della biologia ve­ getale per quel che riguarda la questione specifica della fecondazione delle piante per disseminazione . La posizione di Donato a questo riguardo appare invero tanto più insensata, se, come è possibile pensare, egli opponeva la sua tesi a quella del tutto sensata di Aspro che sosteneva invece, come osserva Servi o , l'opinione corrente e corretta che i cgenitalia semina• fossero quelli che mos iacimUS»: csed melius Asprum sequimur, ut 'genitalia semina' quae nos iacimus intellegamus, non quae ex terra siluae suscipiunt». E non saprei proprio giustificare D onato , e neppure supponendo al limi­ te, come propone Geymonat, che fosse obbligato a questa interpretazione per il fàtto che avrebbe letto nel suo esemplare csiluae• pro csiluis• e cioè cuer uti­ le. siluae uere tument» etc . ! 8 ) A GeoPJi. 2, 4 1 2-4 1 3 , il precetto claudato ingentia rura, l ex:iguum co­ lito• era spiegato da Donato (seguìto da Servi o , che pensa al 'sovescio' cquod fieri non potest, nisi fuerint spatia maiora te rrarum•) nel senso che la claUS» degli cingentia rura• sarebbe giusta cquod etiam non culta praestant aliquid domino•. L'interpretazione 'semantica' di Donato (ma anche quella 'agricola' di Servio) è una semplificazione, dato che il claudato• è cettamente conces­ sivo e quindi gli •ingentia rura• sono del tutto opposti all ' cex:iguum•. 9) A Georg. 2, 5 1 4--5 1 5 : chine patriam paruosque nepotes l sustinet>, il cpatriam• detto dell' •agricola• in contrasto con chi è invece costretto a emi­ grare (v. 5 1 2: calio patriam quaerunt sub sole iacentem•) era inteso da Donato come cuillam , non re uera patriam•. L'interpretazione «semantica• di Donato non è spregevole (e pare che an­ che Servio vi si adegui) , anche se forse ci sarebbe stato il bisogno di spiegare la

" Cfr. S. TIMPhNARO, PN la storia, cit. , pp. 1 49- 1 50 che zione al.l.2 tipologia di quelle di Aen. 6, 339 e 9, 30. -

1 77

-

>SSimili q u esu

interpreu­

GIORGIO BRUGNOU

variazione semantica virgiliana dei due cpatriam•, il primo nel senso di •pa­ ttimonio avito• e il secondo in quello di •patria•.

l O) A Georg. 4, 1 49- 1 52: •naturas apibus quas luppiter ipse l addidit, ex­ pediam, pro qua mercede canoros l Curetum sonitus crepitantiaque aera se­ cutae l Dictaeo caeli regem pauere sub antrm, Donato negava che il diffi cile •pro qua mercede• potesse essere una incidentale esclamativa perché in tal ca­ so avrebbe esorbitato mitra carmen georgicum• cadendo nel «tragicum• . L'osservazione •strutturale• di Donato non è osteggiata da Servio . Ma né Servio né Donato pare che si rendano conto dell'anacoluto costituito dalla iunctura cpro qua mercede• + cpauere• del v. 1 52, che non si può facilmente sanare neppure con l'interpretazione moderna corrente del •pro qua merce­ de• (Geymonat: •id est pro eius rei mercede quod•) . Non va comunque sot­ tovalutata la sostanza dell'interpretazione che Servio attribuisce a Donato, e che forse non sarebbe priva di estro esegetico, se la potessimo mettere a con­ fronto (come forse poté fare Servio) con le altre proposte che circolavano nell'esegesi antica predonatiana. 1 1 ) A Georg. 4, 345-546: « curam Clymene narrab at inanem l Volcani Martisque dolos et dulcia furtao, Donato osservava che •distinguendum est, ut 'dolos' ad Vulcanum, 'furta dulcia' , id est adulterium, referamus ad Mar­ tem•, e cioè non riconosceva (e pare che non lo riconosca neppure Servio: «scimus enim quod Sole indicante Mars cum Venere per artem Vulcani est religatus Catenis•) né il chiasmo (•curam•: •Vulcani• •Martis• : •dolos•) né l'endiadi in enallage cdolos et dulcia furta•. L'osservazione «strutturale• di Donato è inaccettabile e inspiegabile: a meno che la sua interpretazione del cdolos• fosse del tutto antifrastica (i cdoli• di Marte sarebbero all usivi a quelli di Vulcano) , dettata, forse, da uno dei tan­ ti tentativi di censura scolastica delle situazioni mitologiche imm orali, tenta­ tivi che si possono riscontrare anche altrove nella sua opera.42 =

1 2) A Aen. l , 1 77-1 79: «tum Cererem corruptam undis Cerealiaque arma l expediunt fessi rerum frugesque receptas l et torrere parant flammis et fran­ gere saxo•, Servio nota che •multi hysteronproteron putant non respicientes superiora, quia dixit undis Cererem esse corruptam, quam necesse fuerat ante siccari• (simile glossa in Servio Danielino) . Gli Scholia Turonensia identificano questi •multi• in Donato, 43 il che potrebbe esse re verosimile soprattutto per il confronto - che non mi pare sia stato mai notato - con la glossa donatiana a

4 2 Cfr. L. HOLTZ, cit., p. 22 55 . 43 Cfr. G . THU.O, cit., I, pp. XV-XVI e XVI , n . l (e non mota 2•, come è stampato per errore) ; K. RANo , CÌt. , p. 1 62; ) . ) SAVAGB, Jk Sdw/i4, cit., p. 1 45. .

- 1 78 -

LA GLOSSA VIRGILIANA lN EUO DONATO

Ter. Ad.

847 : can quia prius torreatur triticum, ut tundi possit?>. Sia la glossa

a Terenzio sia quella presupposta per Virgilio dipendono evidentemente da una interpretazione corrente dell'anafora di Georg. l , 266: cnunc torrete igni fruges, nunc frangite saxo• messa a confronto con l 'anafora «et> - «et> del luogo in questione e che è testimoniata per questo luogo nello stesso Donato

Ars = Grammatici Ùltini, IV, p . 40 1 , 8 Keil = p. 670, 8-9 Holtz) e nella (Interpretationes Vetgilianae Minores, II, l , p. 325 = Diom. = Grammatici LAtini, l, p. 461 , 20 Keil; Pomp . = Grammatici LAtini, V, p . 309, 1 1 Keil) . (Don.

tradizione gramma ti cale su questo tipo di iperbato

L'interpretazione 'narratologica' di Donato è del tutto plausibile e quella razionalistico-antropologica di Servi o («et ho di e si c cari ante fruges et si c fran­ gi uidemus, et quia apud maiores nostros molarum usus non erat, frumenta torrebant et ea in pilas missa pinsebant, et hoc erat genus molendi•) non la supera certo in credibilità nell'Audience delle Georgiche. Si aggiunga che il Servio Danielino spiega ulteriormente da parte sua la sequenza virgiliana come una allusione misterica di Virgilio al diritto ponti­ ficale (•ius pontificum latenter attigit•) per cui «fl.amines farinarn fermentatam contingere non licebat>. Se quest' ultima osservazione fosse stata, come po­ trebbe pur darsi, di Donato, se ne verrebbe a giovare la sua proposta inter­ pretativa, quanto meno perché appare straordinariamente collegata con una esegesi antica assai agguerrita della scena dell'epifània di Enea sulla spiaggia di Cartagine e di cui v'è traccia anche altrove nel Servio Danielino : Enea co­ me flamine, quale è tratteggiato sempre dal Servio Danielino a Aen.

l , 305 ....

e, in parall e lo, gli Eneadi naufraghi, che ass u mono la «Saal C ta mola> rituale del flamine: e la •mola• era appunto un «far tostu m et sale sparsum> che forse solo dopo era •molitum> e quindi asperso sulla vittima da immolare (Fest . , p. 1 24,

13 L.: •Mola etiarn uocatur far tostum et sale sparsum, quod eo malito ho­ stiae aspergantur [Paul . : •asperguntur] • .

1 3) A Aen. l , 559: «cuncti sirnul ore fremebant>, g li Scholia Turonen.sia " ci testimoniano che Donato spiegava il «ore> come un pleonasmo. Servio, che non nomina Donato , lo nega (•bene 'ore ' , quia et armis possumus fremere>) . Servio ha ragione, ma la soluzione 'strutturale' di Donato va giudicata per quella che è : un tentativo maldestro di applicare scolasticamente alla iu nctu ra «ore fremere• la regola del pleonasmo da lui stesso enunciata (Don. A l! =

Grammatici LAtini, IV, p. 395 , 3 Keil = p . 658, 1 3- 1 4 Holtz) per il pleonasmo l , 6 1 4 •ore locuta est> .

reale di Aen.

.... Cfr. C. SANTINJ, fl Comitato d'E,a, in Ars Narran di. Saitti di narrativa antica in me ­ moria di Luigi P�. a cura eli Carlo Smtini e Lariano Zurli, Perugia, Edizioru Scientifiche Italiane, 1 996, pp. 209-224. " Cfr. J SAV AGE, 71u Scholia, cit. , p. 1 45 .

- 1 79

GIORGIO BRUGNOU

1 4) A Aen. 1 , 573: «Urbem quam statuo uestra est», Donato spiegava la correptio del relativo realizzata con l' «urbe m• pro curbs• come un solecismo (Don. Ars Grammatici lAtini, IV, p. 394-3-4 Keil ) p. 656, 1 5 Holtz) . È =

probabile che si tratti di un errore meccanico della tradizione dell'Ars, dato che a Ter. Eun. 653 Donato riconosce invece la qualità di csyllepsis per casus mutationem• 46 dell'espressi one in giudicato .

1 5) A Aen. 2, 557: ciacet ingens litore corpus•, Servio respinge •quod au­ tem Donatus dicit>, che il clitus- su cui giace il corpo di Priamo sia il clocus ante aras, a litando dictus•, e cioè il clocus• dove Priamo era stato trucidato da Pirro . Il Servio Danielino aggiunge cuel quod lituo illud spatium designatun e dà come alternative o che il cPriami corpus• fosse stato cad litus tractum• o che il clitus• sia da intendere •pro solo•. Servio obietta giustamente che il li di clitare• è cbreuis et stare non potest uersus• (ed è breve anche il /i di clituus•) . Ma non credo che Donato volesse proporre una vera e propria etimologia (che comunque starebbe nei limiti ametrici dell'uso scolastico) , quanto piut­ tosto che volesse dare una spiegazione qualsiasi alla reale aporia che il locu.s virgiliano pone sui movimenti del cadavere di Priamo. 47 La spiegazione di Donato è ovviamente semplicistica e quella che Servio dà qui e a Aen. 1 , 506, sulla contaminazione di fonti (prima di tutto Pacuvio: cfr. Pacuu. incert. XXXI I I Ribbeck-Klotz, XXXV D 'Anna) che qui intreccia deliberatamente Virgilio, appare assai più acuta. 1 6) A Aen. 2, 797-798: •inuenio admirans numerum, rnatresque uiros­ que, l collectam exsilio pubem, miserabile uolgus•. Servio osserva: «E.Xll.I O ad exilium alii. Donatus contra metrum sensit, dicens 'ex Ilio', quasi de Ilio: naro longa est>, proponendo ovviamente, accanto all ' •ex Ilio•, anche la va­ riante adiafora ccollectam ad exilium• , quale è attestata anche da Gloss. Verg. E, 255 Hagen: «EXll.! O aut e Troia aut ad exilium, idest ad peregrinationem•, e che potrebbe esse re stata riportata anche da Donato ... Credo proprio che si debba dar spazio almeno in parte a Zetzel 49 e pensare che l'c ex Ilio• di Do­ nato "' non fosse una variante da lui sostenuta extra metrum " (tutto al contra46 Cosi è per cmulti• secondo Servio e Servio D:mielino: e cfr. ln�taJi) . Ma il •late patebat> non doveva esse re una variante,"' bensì, direi, una glossa esplicativa 'parafrastica' , sullo stesso piano quindi delle altre soluzioni avanzate dalla scoliastica (quella preferita da Ser­ vio, che spiegava il clatebat> col fàtto che l'occhio del Ciclope fosse 'chiuso' perché questi era addormentato, doveva invero essere considerata troppo ba­ nale) per individuare dove s'annidasse csub fronte• l'occhio di Polifemo . An­ che in questo caso la confusione di Servio potrebbe essere giustificata suppo­ nendo che la notazione di Donato era affidata ancora una volta a una •glossa isolata•. 20) A Am. 3, 686: cni teneant cunus>, il cni• pro cne•, su cui concorda Servio (cantiqui 'ni' pro 'ne' ponebant, qua particula plenus est Plautus 'ni mala ni stulta sis' (Plaut. Men. 1 1 0] •) trova corrispondenza in Donato (a Ter. Eun. 328 e 508 Interpretationes Vnxilianae MinOTfS, II, l , p. 5 1 5) che citava insieme a Virgilio anche lo stesso locus plautino. Prisciano testimonia che la medesima quaestio virgiliana era anche •in commento Aeneidoso di Do­ nato e articolata con le stesse parole di Servio (Prisc. Grammatici ùtini, I I I , p . 6 1 , 1 9- 2 1 Keil : c'Ni teneant cursus', pro ' n e teneant', quod etiam Donatus in commento Aeneidos affirrna t dicens: 'ni pro ne, sic ueteres'•) . Ammesso che Prisciano non confonda Servio con Donato , si deve riconoscere che il n i con valore finale era spiegato bene da Donato•." =

=

21) A Aen. 6, 62: chac Troiana tenus fuerit fortuna secuta», Prisciano (Prisc. Grammatici ùtini, I II, p . 266, 1 3 - 1 6 Keil) rifiuta la proposta di cDo­ natus et quidam•, che avrebbero interpretato quel cfuerit> unicamente come congiuntivo . Peraltro, il valore deprecativo che questa interpretazione 'strut­ turale' di Donato finisce col dare al cfuerit> rimane primario (l'approva anche Servio : cet dicit iniquum esse, ut Troianam fottunam patiantur in Italia•) . =

22) A Aen. 6, 1 77- 1 78 : chaud mora festinant flentes aram que sepulcri '" l congerere arboribus caeloque educere certant> , la metafora c aram sepulcri• pro cpyram• avrebbe provocato, secondo Servio, una nota particolare da parte di Probo e di Donato : •pyram dicit, quae in modum arae construi lignis so­ lebat: nam et sequitur 'congerere arboribus caeloque educere certant' , et aram , quae ante sepulcrum fieri consueuit, intelligere non possumus, ut 'stant manibus arae' , cum nondum fàcta sit funerario, quae praecedit sepul crum . Probus tamen et Donatus [Seru. auct . : cet ceteri commentatoreso] de hoc lo-

"' Ancora qui d'accordo J. E. G. ZErzBL, Clt . , p. 1 05 cit . , p. 1 49, n. 1 2 . " Cfr. S. TIMPANARO, PN la storia, cit. , p. 1 50. " &pulcro Gud.

- 1 82 -

ss. e

S. TIMPANARO , PN la swria,

LA GWSSA VIRGUJANA IN ElJO DONATO

co requirendum adhuc [Seru. auct. om. cadhun] esse dixerunt». Non pense­ rei, come propone Geymonat, che Probo e Donato avessero trovato cin alils exemplaribUS> la variante cpyram•. La nota serviana dà la sicurezza che la nota probi.ana-donatiana era soltanto una glossa esplicativa, magari 'isolata' : e non sarà un caso che è registrata infàtti in Gloss. Ve7E. C, 5 1 0 Hagen: «ARAM SEPVU::RJ pyram•. Certamente la glossa non proponeva la variante cpyramque• pro c aramque• che sarebbe stata octra metrum e che quindi sarebbe stata notata senza fàll o da Servio! 59 23) A A en. 6, 229-23 1 : cidem ter socios pura circumtulit unda l spargens rore leui et ramo felicis oliuae, l lustrauitque uiros•, l'aporia rituale della lu­ stratio con l'olivo in luogo dell'alloro era notata da Servio (csed moris fuerat ut de lauro fieret>) , che ci informa (sostanzialmente eguale il Servio Danie­ lino) che Donato la spiegava (spiegazione 'parafrastica') con il fàtto che Vir­ gilio avrebbe operato la sostituzione per non implicare l'alloro sacro ad Au­ gusto in un cofficium lugubre•, come questo delle esequie di Miseno: sul che Servio non pare abbia obiezioni da fàre. 24) A Aen. 6, 338-339: cdum sidera seruat l exciderat puppi mediis ef­ fusus in undis•, detto di Palinuro, Servio sostiene che c'effusus in undis' ar­ chaismos est• e respinge l' ordo di Donato, che sarebbe stato cdum seruat sidera in mediis undis•. Ha ragione Tirnpanaro 60 che si tratterebbe di cun ordine di parole assu rdo•, ma, direi, troppo ass urdo per essere vero, e forse sarà meglio ripiegare sull'idea che Servio non abbia compreso il senso della proposta 'strutturale' di Donato : 61 oltre tutto, lo potrebbe provare il fàtto che non vi si oppone come avrebbe potuto e dovuto. E forse la proposta di Donato era affidata a una •glossa singola• di diffi c ile interpretazione. 25) A Aen. 6, 535-536: •roseis Aurora quadrigis l iam medium aetherio cursu traiecerat axem•, secondo Servio, Donato sosteneva «Auroram cum quadrigis positarn Solem significare•. Servio non pare opporsi a questa inter­ pretazione •parafrastica• del tutto ovvia. 26) A Aen. 6, 623-624: «hic thalarnum inuasit natae uetitosque hyme­ naeos; l ausi omnes inmane nefàs ausoque potiti•, secondo Servio, Donato ci avrebbe visto erroneamente un'allusione alla situazione incestuosa di Cice­ rone, che a Ps. Sali. Inu . in Cic. 2, 2 è per l'appunto accusato di avere una

59 Sul che mi sembra d'accordo S. TIMPANARO, Per la stori che Donato avrebbe innestata csulla mera inesattezza prosodica•. 6' 33) A Aen. 9, 30-31: •ceu septem surgens sedatis amnibus, altus l per ta­ citum Ganges aut pingui flurnine Nilus l cum refluit campis et iam se con­ didit alueo•, secondo Servio, Donato avrebbe considerato l'espressione come un iperbato, risolvendolo nella forma «ceu surgens septem amnibus Nilus aut Ganges.t (Interprewtiones V�lianae Minores, II, 2, p. 807): avrebbe così igno­ rata la «uarietas> delle notizie discordanti sulle foci del Gange, nove per Se­ neca (Sit. Ind fr. 11 Hase), sette o anche tre •secundum Melonem• (Mela 3, 7, 68). È sicuro che Servio ha ragione, ma dall'igno ranza di Donato si può ricavare tutt'al più un altro indizio del suo basso livello culturale, non certa­ mente che la sua meschina interpretazione 'narratologica' •presupporrebbe un ordine delle parole assurdot66 34) A Aen. 9, 359-364, Eurialo si impadronisce dei ccingula• di Rarnnete

64

Pl.ac.

Cfr. L. HotTZ, cit., p. 22. Sullo st=o piano mor.ilistico la spiegazione di Lact.

a Stat. Thb. 7,

62

sulla casa che Vulcano fabbrica a

M=: cquare

adultero

Matti

Vulcanus habitaculum fundauisset, acgutissime diuinus hoc loco poeta dissoluìt. dicit enim ante domum

Matti

aedifia.sse V ulcmum, quam

fra

iniuriam

pateretun. Una con­

al Dossier di fra Latunzio e Donato: cfr. sulla questione G. BRVGNou, Idmtiltit di lAttanzio Placido, Pi.!a , ETS, 1 988. os Cfr. S. TIMPANARO, Pn' la storia, cit., p. 1 49 . c ci tw• nel senso di cdiuisuso soltanto in Non. p. 265, 24 M . : c citum diuìsum uel sep:J..ratum, unde et osciure dictum est> (segue b citazione del locus virgilian o): ma potrebbe derivare da Donato-Servio. 66 Cfr. S. TIMPANARO, Pn- la storia, cit., pp. 1 49- 1 50. fluenza morali.stica, questa, Latunzio Pbcido per b

sua

Latunzio Placido e Donato, che accluderei

collocazione

- 186 -

LA GWSSA VIRG!UANA IN EUO DONATO

(dono di Cedico di Tivoli a Remulo, ereditato dal nipote di questi, e caduto in mano dei Rutuli dopo la morte di quest'ultimo): Euryalus phaleras Rhamnetis et aurea bullis cingula, Tiburti Remulo ditissimus olim quae mittit dona, hospitio cum iungeret absens, Caedicus, ille suo moriens dat habere nepoti: - post mortem bello Rutuli pugnaque patiti haec rapit atque umeris nequiquam fortibus aptat. Secondo Servio, Donato aVTebbe spiegato erroneamente la parentetica cpost mortem bello Rutuli pugnaque potiti•, come se i Rutuli fossero venuti in possesso dei ccingula• soltanto •post mortem Nisi et Euryali•. E ha ragione, ma sbaglia anche lui, dal momento che spiega il cpost mortem• come «post mortem Remuli•! Il locus è certamente, come avverte Servio, uno cde XII [sal locis] Vergilii siue per naturam obscuris, siue insolubilibus, siue emen­ dandis, siue sic relictis, ut a nobis per historiae antiquae ignorantiam liquide non intelleganturo, e lo riconosce anche Timpanaro (cii passo presenta qual­ che difficoltà•) :7 anche se poi incrimina Donato di «errata ricostruzione dello svolgimento e dei tempi del racconto•: 68 assai più pacatamente penserei in­ vece che la soluzione 'narratologica' di Donato debba essere semplicemente qualificata come di bassissimo livello scolastico. e

35) A Aen. 9, 545-548 si dice che Elenore, bastardo di un «rex Maeonius• della schiava Licinnia era stato mandato dalla madre a Troia «Uetitis annis•: prirnaeuus Helenor, Maeonio regi quem serua Licymnia furtim sustulerat uetitisque ad Troiam miserat armis, ense leuis nudo parrnaque inglorius alba;

Servio di informa che secondo Donato («Secundum quosdarn• il Servio Danielino) il «uetitis annis• sarebbe stato da intendersi come cuetitis fato• (il Servio Danielino ha cuetitis facto•), cquia stare Troia diutius uetabatur>. Servio oppone a Donato una sua spiegazione classista: cquia semi a milicia prohibebanruro. La spiegazione di Servio è sicuramente errata, dato che nasce da una cattiva interpretazione del cfurtim• del v. 546 che egli considera 'O.nò K01Voù' con «miserat>, donde elabora un suo Elenore di tipologea achillea, confortato in questo anche dall'interpretazione autoschediastica dell'cinglo­ rius• del v. 548. La spiegazione di Donato (•uetita fato•, ma anche la soluzione del Servio

67 li verso che contiene la parentetica è esp unt o da Wagner, R.ibbeck, Jachmmn. TIMPANARO, Per la storia, cit., p. 1 50.

68 Cfr. S.

- 187

GIORGIO BRUGNOU

Danielino, se fossimo sicuri della sua provenienza da Donato) 69 sembra me­ no insoddisfacente, anche se forse quella giusta sta nel collegare il •uetita ar­ ma• con il •primaeuus• e con l' •inglorius• 70 per ricavarne un significato di «arma> come •quae tractare nondum posset propter teneram adulescentiarn• (Heyne). 36) A Aen. 9, 672-675 Pandaro e Biti.a: •portam, quae ducis imperio commissa, recludunt>. L'esegesi virgiliana si affanna su quel •dwo e su quel •commissa>, per cui: a) il •dwo sarebbe Enea (Seru. auct.), che ha affidato la porta a Mnesteo e Seresto (Seru.); il •dwo sarebbe Ascanio («secundum alioso apud Seru. auct.); b) il •commissa> significherebbe 'affidata' (Seru. auct.); il •commiss:u si­ gnificherebbe •clausv (Cornuto; Seru. auct.; Seru.). Donato, secondo Servio, avrebbe sostenuto •commissarn portam, id est creditam, Pandaro et Biti.ae• (il Servio Danielino lascia aperta questa possibi­ lità: •sane 'commissa' deest 'sibi' uel 'illis'•), sbagliando perché costoro •duces non erant>. Ma né Donato né Servio tengono conto della possibilità che la logica delle parti nell'episodio virgiliano sia stata frastornata dal fatto, ben no­ to a Macrobio (Macr. Sat. 6, 2, 32 Interpretationes Vergilianae Minores, II, 2, p. 840) che la meccanica del locus è sottoposta all'imitazione di Enn. A nn. 2 408 V. 398 S. per noi irrecuperabile. Peraltro, la superficialità della soluzione 'narratologica' di Donato è palese. =

=

37) A Aen. 9, 763-764: •hinc raptas fugientibus ingerit hastas l in ter­ gum•, Servio annota: «RAPTAS autem 'de hostilibus cadaueribus'; narn quod dicit Donatus 'ab armigero', non procedit> (Interpretationes Vergilianae Minores, II, 2, p. 843), intendendo che Turno risulta qui isolato dal suo gruppo (v. 783-784 •unus homo et uestris, o ciues, undique saeptus l aggeribUS>).71 La spiegazione « narratologica> di Servio parrebbe più piana di quella del rutto 'formalistica' di Donato (che ha evidentemente presente la topica iliadica del­ la coppia eroelscudiero), ma è anche essa improbabile, sia perché urta con la topica del codice epico, per cui l'eroe non si arma con le armi dei cadaveri, sia perché, alla pari della spiegazione di Donato, non avvette il facile axò tco\­ voil del «fugientibUS> in struttura sintattica sia con «raptaS> sia con «tergum•,

69 Cfr.

F. l..AMMBRT, cit., p. 46; A. SANTORO, cit., pp. 85-86.

ro Cfr.

F. STOJ] esse M urranum, dum auos et atauos Turni comrnemorat et effert laudibus maximis [Seru. auct. add.: «p illud 'uidi oculos ante ipse meos me uoce uocantem Mura­ nurn•]• 84 (Interprewtiones VeWlianae Minores, II, 2, p. 946). Ovviamente, la spiegazione 'narratologica' di Donato è assai più fine della proposta di Servio, che offre del resto una resa assai dubbia della iunctura csonare nomina>. 51) A Aen. 12, 583-586: exoritur trepidos inter discordia ciuis: urbem alii reserare iubent et pandere portas Dardanidis ipsumque trahunt in moenia regem, arma ferunt alii et pergunt defendere muros. secondo Servio, Donato avrebbe spiegato il ctrahunt in moenia regem•, detto dei Latini che vogliono arrendersi a Enea, come cdilacerant in moenibus ru­ moribus suis• (Interprewtiones VeWlianae Minores, II, 2, p. 947) e non (come sarebbe giusto secondo Servio) come ctrahunt [...] ut possit inrninens uidere discrimen•. L'interpretazione cnarratologica• di Donato non manca di finez­ za,"' se si intende il cdilacerant> nel senso di «richiamano l'attenzione su•, co­ me pare capisca anche Servio per il ctrahunt> (ctrahere uolunt: nam animi est non factis.t), anche se poi sottace il fatto che anche questa sua interpretazione ha bisogno dei crurnores> intuiti da Donato. 5. Quello che appare a prima vista da questa nuova faticosa recensio dei loci dispersi del perduto Commento di Donato a Virgilio reperibili nell'esegesi virgiliana antica pervenutaci è che sì dovrà smentire subito

Pn- la storia, cit., p. 150. J. E. G. Zlrrzm. , cit., p. 120. In realtà nomi� chionium (nomi� Echionium M P) è variante respinta cl. Servio e •ttestata in Tiberio Doruto e nella tradizione diretta (R a b fnydefe). 84 Cfr. A. SANroRo, cit., p. 86 con l'osserva.zione, che direi fongiru.zi o ne, Milano, G=nti, 1 993. 6 Su tutto ciò cfr. da ultimo il bilancio storiografico di G . CRAcco, Ù!lliA CRAcco RuGG!NI, Tramt religiose altravtr!o il Mtditnranto medievak, in Europa mtdievak e mondo bi­ zantino: contatti effettiVI t possibili t.l di studi comparati (Montrfal, 29 agosto 1 995), a cun di G . Arru.l di , G . C> vallo, Roma 1 997 ( in stampa) . S u i grecismi d i Ammi ano cfr. da ultimo J . DBN BoBPT, Ammianus graecissans?, in 'Cognitio Gestorum ' 7ne Historiographù: A rt o f Am­ mùmus Marallinus (Proaedings of the Colwquium, Amsterdam 26-28 August 1 99 1), > cun di J . Den Boefi, D . Den H e n gst, H. C. Teitler, Atruterdam-Oxford-New York-Tolcio 1 992, pp. 9- 1 8 (con riferimenti > studi attuali sul bilinguismo) . 7 Cfr. J. FoNTAINB, Ammim MaraUin, historitn romantiqut, c.Bull . de l 'Ass . G. Budé• , 28, 1 969, pp. 4 1 7-435. (e vd. sopn, n. 1 ) . =

- 215

U:lllA CRAC= RUGGINI

lingua e pensieri non

latini. Ma proprio questo rinnovato interesse per

Anuniano in chiave critica e storiografìca ha contribuito a metteme in luce - al di là del suo sincero, dichiarato sforzo di scrupolosa obiettivi­

tà - le non poche contraddizioni, le calcolate insinuazioni, le reticenze più o meno deliberate (in parte certo imputabili a condizionamenti vuoi documentari vuoi retorico-stilistici) , talora dispiegando uno sfog­ gio erudito e interpretativo fin troppo sofisticato . • In questa sede io m i limiterò a verificare alcuni giudizi e pregiudizi vecchi e nuovi su di un tema ammian e o ricorrente e importante ma circoscritto, quello di Roma-capitale e di Roma-città. Soprattutto le

1 4, 6 (con ogni verosimiglianza già 392 con il blocco dei primi venticinque libri) e in 28,

due digressi oni di Ammian o - in circolante nel

4, 6-35 (probabilmente delineata in parall e lo c o n l a prima, cui appare fra il 392/393 e il 394/395 o subito dopo, con gli ultimi sei libri delle Res Gestae) 9 - sono state oggetto di frequenti analisi , che le hanno giudicate ora una pre­ complementare e omogenea, ma pubblicata soltanto

ziosa miniera d'informazioni concrete ner Hartke) , ora

(Alan

un

(eine Fundgrube von Realien: Wer­

malevolo e idiosincratico sfogo di rancori personali

Cameron, Hans Peter Kohns) , ora

retorica di

vituperationes Romae,

volgere gli schemi suggeriti

una

costruzione puramente

ljiÒyoç studiato a bella posta per capo­

da Menandro retore alla fine del III secolo fra tutte celebre dell' Eiç · p� TIV

d. C. per gli elogi di città, sulla fàlsariga

di Elio Aristide (Roger Ambrose Pack, Jacques Fontaine) . ' 0

8 Cfr. P"r esempio L. Dll.LBMANN , Ammien Mamllin et ks pays tÙ l 'Euphrau .SSO cfr. ]. L. CHARU!T, 'Sit devow Deo Roma ' : Ro'"' dans le 'Contra Symmachum ' de Prudma, in Validità �"= "' deU ' U'"""" i mo, a cura di Giovannm giol.a Tarugi, Firenze 1 986, pp. 35-45). Un precedente si legge peraltro anche nell'epigramma di età danusiana sulla Vta Salaria, ove si ricordi la conversione e morte di M. Vibius Liberalis, consul su.ffectus nel 1 66 d.C., il quale crevit titulis jactus de cons u le martyr: cfr. ILCV, 1 , 56 Carm . Ep . , 904, v. 3 . " N o n credo c h e prinaps abbia qui il significato d i .SSO sembra riferirsi al periodo - ancora repubblicano - delle grandi conquiste (così in­ vece intende e traduce G. futNAI.DI, Rina.sciw, fi"', rrincarnazio"' e sULUSsil'f '"'lilmoifosi dd smalo romano (suoli V-XII), •Arch. della Soc. Romana di St. Patria•, 1 05 , 1 982, pp. 5-56 e spec. 35). 22 2, 6, 23, pp. 3 1 2-3 1 3 . H Cfr. l..iuliA CRAcco Ru=rNJ, Giustiniano e la società italU:a, i n ' Il mondo del diritlo 5Ul!ltml vi"''"·

l

arce

qu= Roma

=

"'ll'epool giustiniaMa: caratteri e problematiche ' Atti del Conv. lnt. �na, 30 sett. - 1 ott. 1 983), a cura di G . G . Archi , Ravenna t 985, pp. 1 73-207; E.w . , Grrgoi"' le Grand et le mondt byzantin, in 'Grigoi"' le Grand. ' Col/. lnt. (Chantilly, 1 5- 1 9 Stpt. 1 9 82), a cura

di ]. Fonuine, R. Gill e t, S. Pellistrandi, Paris t 986, pp. 83-94.

- 222 -

AMMJAN O MARCELLIN O

madre onesta, previdente e ricca,"' lasciando ai Cesari, come a propri figli, il compito di amministrare il suo patrimonio•, pur conservando il ruolo di città domina . . . et regina ove d'autorevole canizie• dei senatori era universalmente rispettata ( . . . et ubique patrnm reverenda cum auctoritate canities, populique Romani nomen drcumspectum et verecundum) . Si tratta di un passo giustamente celebre, il cui nocciolo - inclusa la metafora 'biologica' di Roma ormai approdata alla senectus secondo il ciclico succedersi delle età dell'uomo - ricorre proprio in questi me­ desimi anni anche nella Relatio 3, 9 indirizzata agli Augusti regnanti da Q. Aurelio Simmaco (384 d.C.), là dove l'oratore, nella prosopopea dell'Urbe personificata, le fà dire: vivam meo more, quia libera sum (cui fà eco anche la Relatio 4, 2, ove Simma c o sottolinea la libertas dell'Ur­ be) .25 Abbiamo dunque l'accettazione e, anzi, l'esaltazione del regime monarchico, veduto come un 'provvidenziale' ritorno, nell'età avanza­ ta, alle sicurezze dell'infànzia (§ 6: Pompiliani securitas temporis: né è ca­ suale che questa «tranquillità• venga collegata a un sovrano come Nu­ ma, cui la tradizione non attribuiva alcuna impresa militare, bensì sol­ tanto istituzioni religiose e civili) .26 La riconversione all a monarchia non è considerata affatto, come per esempio in Seneca il Vecchio e 24 Dato che il testo latino si riferisce a Ronu come domina . . . el r.gina, mi sembra corretto rendere con metafora al femminile anche il termine parrn.5 = cm.adre•, che per esempio Jacques Fonuine ha invece preferito tradurre nella valenza maschile nell'edizione delle Storie anunianee, cit., p. 73 (•semblable i un père économe, prévoyant et riche•) . " Cfr. D. VR!lh, Commento storico alle 'Relationes ' di Quinto A urelio Simmaco, Bibl. di Studi Ant. 29, Pisa 1 98 1 , pp. 38-4D (per Rd. , 3, 9 ) , con fonti sulla lunga tradizione della prosopopea di Roma e della concezione 'organica' della sua storia (curiosamente, a p . 3 9 2 , l'Autore omette d i tradurre proprio il passo c h e qui interessa ) ; v d . pure SvMM., Rd. , 9 , 7, indirizza ta a Teodosio nella tarda estate del 384, ove, nel ringrazi;rre l'Augusto che aveva beneficato l'Urbe con vettovaglie e spettacoli teatrali e circensi, si afferma: jtci­ stis ut urbs cana luxuriet in primam rrduaa laetitiam et vtr i/lud quondam vigentis aet 1 0 , pp. 1 58, 1 77 , 300 , 355.

fastLJ,

"' §

1 6 ( .. iliU< transiturus, quod qu idam � ampia spatia urln.! subwrsasque silius, sint

pericu li metu

propaantLJ equos vtlul publiau (gnilis quod didtur aJabus agitanl, familiatium a­ gmina tamquam pr�datorios globos posi terga trakntes . . . ); 28, 4, 8-9 ( . . . rnanipulatim collli l, (così Selem nell'ed. UTET, cit., p. 8 1 3 , Caltabimo, trad it. , cit., p. 659; Marié, ed. Belles Lettres, V, cit. , p. I l i ; ) . C . Rolfe, ed. Loeb, III, London-Cambridge M= . 1 939, p . 2 1 ; e cfr. pure J . V !ANSINO [a cura di] , Ammiani Marullini Rerum Gestarum I..o:ico n, Hildesheirn-Ziirich-New York 1 98 5 , Il, pp. 1 3 - 1 4 ) , bensì intenderei liJtera nel senso di .-fiancheggiJ.tori• - quindi servi e clienti al seguito -, coerentemente al senso generale di questi discorsi ammian e i, che cerco qui di mettere in luce : l'uso metoninùco del termine in questo senso è infitti bene att.,tato nelle fonti (cfr. T. L. L, s. v.), soprattutto in quelle tarde come Ambrogio, Ago­ stino, C .4() Cfr.

- 254 -

U. HISTORL1 A UGUITA

li ricollegherebbero ai connotati delle singole vite loro attribuite : a Spartianus, nome che suggerisce il concetto di 'sp artan o' e quindi 'du­ ro' , sarebbero assegnate le biografie dei principi crudeli e avversi al se­ nato , a Capitolinus, nome impregnato dei valori della res publial col suo riferimento al Capitolium e quindi al senato, quelle degli imperatori che tennero buoni rapporti col sacro ordine, mentre i principi frivoli sarebbero attribuiti a Lampridius 42 in ragione del fatto che il nome evocherebbe passione per le luci notturne (è la tesi di Honoré) , o secondo la spiegazione di Callu - perché, trattandosi di un nome «bril­ lant•, appariva ovviamente destinato a «traduire l'irnagination déréglée et d'un Commode et d'un Elagabal>.43 A parte che l'effettiva sostanza delle vite in questione spesso non sembra di fàtto avallare - se non a prezzo di interpretazioni tortuose - tali singolari abbinamenti, .. appare francamente difficile che argomentazioni di questo tipo possano forni(cfr. art. cit. , p . 1 76) : una stona in cui •the present !w to be located m the past and the past restructured so that i t can accommodate both itself and the future• . " Gli abbinamenti presupposti p e r questo cogrwmen i n funzione d e i risvolti 'lumi­ nosi · attribuiti alla per', intervenuto sul testo prinll ti vo mosso da particol=i intenti compositivi (pp. 5977) . Una ricostruzione che, pur senza richiamarsi esplicitamente ad essa , mi sembra possa una volta di più confermare la validità , nonché, oserei dire, la non esaurita attualità - al­ meno nella sua logica di fondo - dell'inruizione mommseniana .

- 258 -

SERAPINO ScHIArn

LA STORIOGRAFIA PAGANA NEL IV SECOLO : EUTROPIO E LA TRADIZIONE LIVIANA

Nella seconda metà del IV secolo d . C . , esauritasi la fase costantinia­ na e dei discendenti di Costantino, passata come furiosa e rapida tem­ pesta la persecuzione di Giuliano ,

il Cristianesimo è lacerato da lotte

interne, soprattutto tra l'ortodossia nicena e l'Ari anesimo.

È

però an­

che duramente contestato, sul piano religioso e storico-culturale, da un movimento di restaurazione dell'antica tradizione pagana che ha

il suo centro di irradiazione e di propulsione nella stessa città di Roma . Ne furono animatori e propugnatori uomini di studio e uomini d'a­ zione : senatori e dignitari di corte; storici e letterati. Tanto fervore si concretò specialmente nella lettura e trascrizione dei testi e nella rielaborazione dei medesimi; nella caparbia quanto utopistica difesa delle memorie sacre e profane dell'Urbe . Particolare onore e fortuna ebbe Tito Livio , considerato l' auctor

maximus

dei set­

tecento e più

anni del periodo storico monarchico e repubblicano, al cui termine la potenza e la gloria di Roma raggiunsero il loro massimo

fulgore . E s p o n e n t e di p rimo p iano di questa ri nascita fu Quinto Aure­ lio Simmac o , senatore roman o , ri go roso devoto del culto tradi­ zional e e scrupoloso osserva n t e, alme no nell e intenzioni, dei

maioru m ,

mores

idealizzati, vagh eggiati c o n no stalgica me mori a , p u r in

un contesto di attualità decadente e corrotta, sia nella vita pubbli­ ca c h e privata . Particolarmente viva era pure, per ininterrotta tradizione, la cre­ denza che Roma dovesse la sua grandezza e fortuna alla

virtus

dei suoi

uomini e al costante favore degli dei che ne garantivano la perennità. Ammiano Marcellino, ad esempio , esalta Roma come città eterna -

25 9

-

SERAFINO SCHlATil

che vivrà finché esisteranno gli uomini, 1 città sacrosanta . . . 2 Essa, per volere della divinità, fu accresciuta dalle sue umili origini; ad essa la di­ vinità garantì che sarebbe stata immortale.' Questa rinascita romana è anche una fiamma ta d'orgoglio contro l'ellenismo presso che dominante nella cultura del IV secolo : lo stesso potere imperiale, con Costantino prima e con Giuliano poi, fàvorì una certa tendenza anti-romana più o meno consapevole, con la fondazio­ ne e la valorizzazio ne politica e strategica sempre maggiore di Costan­ tinopoli, in piena area greca, quasi che, come poi bene intese Dante, ci fosse un ritorno, voluto dai Fati, alle più lontane origini mitico-religio­ se eneadiche .• Roma è di nuovo protagonista, per intenso e rinnovato interesse , nella storiografìa di ispirazione pagana che ripropone perso­ naggi ed eventi della grande storiografìa del passato . A parte la valenza e l'originalità solitaria di Ammiano Marcellino, abbiamo l' Historia Tri­ pertita, un trittico comprendente il Uber de Caesaribus di Aurelio Vitto­ re (con successiva epitome) ; l Origo gentis Romanae e il De viris illustri­ bus, anonimi. Col De viris illustribus entriamo direttamente nel grande alveo della tradizione liviana: a questa poi si rifànn o il Uber prodigiornm di Giulio Ossequente, le Periochae, il Breviarium di Eutropio e quello coevo di Rufìo Festo. Epigoni della tradizione liviana sono due autori cristiani: Orosio e Cassi odoro. Non sono appartenenti a tale tradizione, ma ad essa ideal­ mente non del tutto estranei, due autori di attualità: il misterioso ano­ nimo del trattatello De rebus bellicis, antecedente alla morte di Costanzo Il (360 d.C.) e Flavio Vegezio, con l'Epitome rei militaris, probabilmen­ te dedicato a Teodosio sul finire del IV secolo . Entrambi dissertano, con avveduta ed ingegnosa abilità, su come difendere e salvaguardare l'integrità dell'impero: il primo, suggerendo mezzi politici, economici, militari e . . . tecnologici; il secondo , proponendo il ricupero della tradi'

1

Amm Amm Amm

M are . , 1 4 , 6, 3 via.. ra dum mmr lwmi� Roma. Mare . , 27, 3, 3 Urbs sa.crarissima. ' Cfr. Mare . , 1 9 , 1 0, 4 Moxque divini arbitrio numinis, quod auxir ab inamabulis Romam �ruamque f= spopondir (e subito , per volere delh divinità che fece crescere Ronu fin dalla sua nascita e garmtì che =à immortale) . ' Cfr. Ammian o Marcellino, Giulimw e il Paganesimo momt�. Antologia delk 'Storie ' a cura di T. AGOZZINO, Torino 1 972, pp. 28-29. Cfr.

2 Cfr.

.

.

.

- 260 -

EliTROPIO E

zione

U.. TRAD!ZlONE UVIANA

mili tare romana , fondata sulla robustezza fisica, la disciplina, l'ad­

destramento , la formazione dei soldati e dei comandanti, specialmente dei quadri intermedi; il senso del dovere e dell' onore . Eutropio è il più autorevole storiografo-epitom.atore nella tradizio­ ne liviana, nata già nella prima e tà imperiale, poco dopo cioè la morte di Livi o . Marziale , per sua diretta testimonianza, ha già nella biblioteca un Livio epitomato, ed una epitome, forse la stessa od altra, doveva essere già pure nota a V alerio Massimo e a Velleio Patercolo prima dell'anno

30

d.C.

P e r i problemi relativi all'attività epitomatoria in età imperiale, in­ teressan ti il nostro argomento ,

mi attengo brevemente e liberamente

ad alcune analisi e deduzioni di Luigi B essone . ' Data l a disparità d i voci all ' interno della tradizione liviana, sembra improponibile una linea rigidamente unitaria. Posta come premessa di base la cosiddetta

Epitome

di età tiberiana ,

s i possono distinguere due gruppi d i autori e d i opere più o meno da essa dipendenti. Il primo gruppo segue un'impostazione d'interesse più propria­ mente cronologico nella successione e nel riferimento dei dati :

di Ossirinco, Liber prodigiorum

Epitome

di Ossequente , Chronica di Cassiodoro; il

secondo gruppo presenta un più accentuato sviluppo narrativo , oltre che, naturalmente, cronachistico: Aoro , Arnpelio, il le

Periochae,

De viris illustribus,

Eutropio ed Orosio . Ovviamente, nessuno di tali autori e

nessuna di tali opere sembra dipendere direttamente da Livio. Per Eutropio in particolare , la derivazione riana

dall ' Epitome

di età tibe­

è più problematica: pare, infatti, abbia utilizza to anche altre fonti

per l ' età regia e l'età repubblicana sino al Decemvirato . Egli, comun­ que, ci offre utili indicazioni sul modo di

narrare

dell'Epitome, alter­

nando racconti di una certa articolazione e sviluppo su fàtti e perso­ naggi , ritenuti p articolarmente significativi, a cenni

assai

più brevi e

schematici di cronaca annalistica per azioni belliche, vittorie e trionfi, quasi abituali per i Romani (con accentuazione di particolare interesse quando il Nostro parla di barbari (Galli, Germani, Parti che siano ! ) ; provvedimenti istituzionali, annessioni territoriali, precisazioni geo-to­ pografiche, cronologiche, eccetera. Salvo la menzione di due casi di

' Cfr. L. BBSSO NB , LJ tradizion• q>itomatoria liviana in eovij fr p•

cfr. ancora vv . 5 ( Venus) non ribi suuras valuit pr«­ tt ipsis gaudia vix s«Ura deis; 1 49 sub u sto4rus amavi (su cui cfr. qui nel seguito); e l'ironico stcurt mariU di 1 53, riferito all'igr=o Vulcano. 2 7 Cfr. 2, 580-588. Cfr. ora BARCHIESI, lnsegnarr ad Augusto, cit . , p . 1 66, not:l 23 . La tnduzione dell'an, qui e altrove, è di E. PiANP.zzo LA in Ovidio, L' ark di amart, a cura di E . P. Commento d i G. Baldo, L . Cristante, E . P., Fondazione Lorenzo Valla l Mondadori Sul motivo della non-sicure=

� laubras,

141

Editore 1 993

2

28 O rtrUm l'n, CX, 1 966, pp. 88- 1 0 1 (viene decisa­ mente esclusa una conosc enza di.retta de ll e Di.Jcipli� varro rillm e da parre di C:>.s, XVI , 1 965, pp. 5- 1 64; C. BoWHR, Bott!Uus and NU:omachus: An Es.ervato in Gli scritti gramm4!ic.ali, cit. , pp. 363-366 . " C'è oggi un quasi generale consenso sull'autenticici della DiakctiGl giuntaci col nome di Agostino . Cfr. soprattutto B. MscHBR , Dt A ugustini Disdplinarum libro qui � up! toil �avtòç ÒÀ�8 la ci­

tazione di Pl.at. , Rep . VII, 527 d-e. -

302

-

V ARR O NE NELLA TRADIZIONE ENC!CWPED!CA

porti con V arrone sia in chiave di affini tà del progetto espositivo sia di diversificazione . In altre parole sarebbe altrettanto arbitrario sia dedurre dalla ridotta o, se si vuole , più posticcia cornice neoplatonizzan t e di Marziano una maggiore aderenza ad un supposto spirito tecnico-pra­ tico di Varrone, sia, per converso, ricavare dal rifiuto di medicina e ar­ chitettura la convinzione che anche per le altre discipline la base var­ roniana sia per il

De nuptiis

ancor meno rilevante che per gli altri enci­

clopedisti tardo-antichi . A complicare il problema intervengono altre informazioni che a prima vista potrebbero sembrare sospette per la loro seriorità ma che, essendo nel contempo indipendenti l' una dall'altra e fra loro con­ ciliabili nonostante l' apparente divergenza, ritengo possano rientrare nella sfera del verisirnile e del probabile . Da un lato abbiamo la testi­ monianza di Claudiano Marnerto secondo il quale Varrone, trattando di discipline matematiche quali la musica e la geometria, avrebbe at­ tuato quello stesso passaggio

per corporalia ad incorporalia

che Agostino,

ispirandosi alla filosofia neoplatonica, aveva posto alla base del suo pro­ getto enciclopedico . In altra sede 60 avevo espresso il sospetto che il passo di Mamerto ,•• nel quale la Hadot 62 ha giustamente rilevato una terminologia neoplatonica, non intendesse tanto attribuire al Rea­ tino gli stessi intendimenti di Agostino e, se vogliamo, di Marziano Capella e di Boezio quanto ribadire che di per se stesso e ' di fàtto' lo studio delle matematiche, per la prima volta affrontato in Roma

da V arrone,

realizza quel processo abituando il pensiero ad astrarre dal­

le realtà materiali quantificabili la quantità pura accessibile al solo intel­ letto . Esistono però anche altre testimonianze dalla cui convergenza

è

lecito ipotizzare che un primo avvio di uno studio delle discipline, al­ meno di quelle matematiche, proprio in qu ella chiave fosse riscontra­ bile già in Varrone . Intendo riferirrni ad alcuni passi del secondo libro delle

Institutiones

di Cassiodoro che, se accostati fra loro , ci presentano un Varrone che, pur attribuendo ad istanze di natura pratica lo stesso costituirsi delle va-

60

stino,

U. PIZZANI , L'mcidoptdia agostiniana, in A tti del Congrruo lnt=�a.Zionak su S. Ago­ rll' l XVI crntmario della conversiont (Roma 1 5-20 settembrO PIZZANI

te connesso, quello dei testi attraverso i quali i tardi enciclopedisti po­ terono attingere , più o meno direttamente, all 'opera di Varrone e quello infine della consistenza del materiale varro niano confluito nelle loro compilazioni . Sul p rim o punto i pareri sono tuttora discordi e c i limiteremo a dame un brevissimo ragguaglio . Il problema non riguarda l 'ordine di successione delle tre discipline del trivio che

è presumibile fossero di­

sposte in V arrone nello stesso ordine in cui le ritroviamo in Marziano Capella e in Agostino: gramma ti ca, dialettica, retorica, tanto più che a tale posizione potrebbe all u dere Prisciano laddove, anche se con una tournure un po' imperfetta, introduce un frammento varroniano con le parole

Va"o {. . . ) in libro III Rhetoricorum.�

Per le discipline del qua­

drivio la situazione è assai più complessa data la estrema diffi c oltà di mettere d'accordo i pochi dati in nostro possesso . S e per un lato infàtti, anche sulla base di quanto s'è già detto, parre bbe ancora condivisibile la vecchia tesi del Ritschl

69

secondo il quale la successione delle disci­

pline varroniane sarebbe stata la stessa poi adottata da Marziano Capel­ la, tesi che parrebbe confermata, fra l'altro , dall 'attribuzione da parte di G ellio al quinto libro dell 'enciclopedia varroniana di un framm e nto di apparente contenuto aritmetic o , non si vede come inserire in tale con­ testo una testimonianza dello Pseudo-Acrone 70 che attribuisce al terzo libro una notazione di inequivocabile contenuto musicologico in pa­ lese contrasto,

fra

l ' altro , col già menzionato pass o di Prisciano. Altret­

tanto aleatoria sì presenta la successione che parre bbe emergere

dal già

ricordato passo di Claudiano Mamerto che elenca nell'ordine musica,

60 Prisc . , but. , IX, 53, p. 489, 2-3 K. Non ci permetteremmo di ipori=ue che in III libro >kwricorum stia per in tertio libro de .ktoriul, con sottinteso riferimento al terzo dei Disdplinarum libri tr.otunte di quesu disciplina, se allil retoria non fosse asse gnato il terzo

posto sia da Marziano upelh, i cui libn I I I-V tratuno , nell'ordine, della gramma ti a, delh dialettia e della retoria, sia da Agostino che segue la medesima success i one nel � ordiM (I I , 1 3, 38) e nelle RetractatioMs (1, 6: solum dr grammatiul librum absolvere potui [. . . ] � aliis quinque disciplinis illic rimi/ira indwatis, dt dialtctiul, dt >ktoriuJ, dt �mttria tqs.). Su questa problematia mi si permetta di rimandare a U. PlzzANI , L'mddopedismo varraniano, cit., pp. 1 94- 1 95 e 1 98 . 69 Op. cit., pp. 368-37 1 . 70 Geli . , N. A . X , l ,6: Verba M. Vatronis tx libro disciplinarum quinto !.«c sunt: Aliud est quarto prattoremfim et quartum rqs; Ps.Acr. , ad Har. Art. poti. 203 : Varro autem ait in tertio Disdplinarum et Ad Marrellum de lingua latina quattuorforaminum foisse tibias apud antiquos et se ipsum ait in Marsyat tempio vidisse tibias quattuor foraminum. -

306

-

VARRO NE

NELU TRADIZIONE ENCICLOPEDICA

aritmetica e geometria. A parte il fàtto che, come opportunamente ri­ levato dall a Hadot,'' il riferimento all 'arimetica è frutto di un'integra­ zione del testo di epoca umanistica, anche questa successi one non ri­ spetta l'attribuzione della musica al terzo posto, pur concordando con Capella circa la posizione dell ' aritmetica . Non si addiviene a soluzioni più plausibili anche nel caso che si vo­ glia prescindere

dai

menzionati dati numerici, che potrebbero anche

essere errati, come spesso avviene nella tradizione manoscritta dei nu­ meri , o essere difficilmente utilizzabili a

causa

del possibile, ma non

documentabile accorpamento di più discipline in sterebbe sempre p roblematico scegliere

fra la

un

singolo libro . Re­

successione di Marziano

Capella, che, pur mancando di un rigoroso criterio direttivo e dipen­ dendo presurnibilmente da motivazioni meramente letterarie , 7 2 parreb­ be avall a ta

dai

già segnalati 'sp iriti varro niani' della sua

satura,

e quella

di Agostino che, p artendo , nella disamina delle matematiche, da una disciplina quale le

13

la

musica ancora condizionata dall ' esperienza sensibi­

per sfo ciare , attraverso geometria ed astronomia, nel mondo astrat­

to dei concetti aritmetici,74 sembra delineare con maggiore sistematici­

ci quel processo di ascesa per corporalia ad iruorporalia che sarebbe stato al

già delibato nell ' enciclopedia varroniana. Più diffi cilmente ascrivibile

modello varroniano resta comunque quella di Boezio : aritmetica, mu­ sica, geometria e astronomia. co di Gerasa della cui

Essa risale, come s ' è già detto, a Nicoma­ lntroductio arithmetica il De institutione arithmetica di

Boezio - nella cui introduzione è minuziosamente descritta quella suc­ cessione - è una libera traduzione . Il suo criterio ispiratore è già iden­ tificabile nella distinzione architea quantità continua o

�yE9oç:

fra

quantità discreta o

nì.ij9oç

e

della prima sono espressione i numeri

" Op. at. ,

p . 1 88. 72 lvi, p . 1 49 . 7 1 Cfr. August . , Ord . I l , 1 4, 4 1 : Unde ista discipliM srnsus intdlmusque partiaps mu.siaJe 110men invmit. 74 Ibid. , 1 5 , 42-43 : Hirll profo:ta t.!l in oculorum optS et lemmi t:Mlumque collu.stTans, smsit nihil aliud quam pukhritudinem sibi plaart , et in pukhritudine figuras, in figuris dimensiones, in dimensionibu.s numeros. [. . . } Haec quoque distirllla et disposi la in di.sciplinam redegit appellavitque �ornetriulm . Motus eam caeli multum mov8òyyo1, gli intervalli, le consonanze; il contrasto fra pitagorici di stretta osservanza ed Aristosseno nella definizione del rapporto fra tono e semitono; i procedimenti esperiti da Pitagora per trasferire i rapporti fra suoni diversi in rapporti matematici. A ciò s'aggiungano alcuni in­ teressanti spunti sulla presenza della musica nella vita sociale e religiosa di Roma nonché sull e sue virtù psicagogiche e terapeutiche secondo " CHNS . , I O ,

1 2- 1 3 .

9 2 Carm. LU. , 7-8: quis numenlm d