Commentaria polluciana 8833151301, 9788833151304

A partire dal 1502, data dell'editio princeps, e fino al 1937, anno dell'edizione di Bethe, sono state realizz

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Commentaria polluciana
 8833151301, 9788833151304

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BIBLIOTECA

DI x

«TECHNAI»

COMMENTARIA POLLUCIANA ALESSANDRA LIVIA

CIRONE

RADICI

W PISA FABRIZIO

-

ROMA

SERRA MMXVIII

EDITORE

A norma

del codice civile italiano, è vietata la riproduzione,

totale o

parziale (compresi estratti, ecc.), di questa pubblicazione in qualsiasi forma

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ISBN E-ISBN

978-88-3315-130-4 978-88-3315-13I-I

SOMMARIO EMANUELE

Livia

LELLI,

RADICI,

Commentare

Polluce

Una conversazione sui βιβλία (Poll.

X 57-60; IV 18-19;

VII 210-211)

II

ALESSANDRA CIRONE, Ἴδια ὀνόματα: oggetti e Realien nel libro x dell’Onomasticon di Polluce ALESSANDRA

CIRONE,

La

scrivania

di Polluce:

caso dei Δημιόπρατα Livia RADICI, Le leggi e il maestro da Platone a Polluce INDICI

47

il

65 83 89

Indice dei luoghi citati

9I

Indice dei nomi moderni

97

COMMENTARE A

POLLUCE

PARTIRE dal 1502, data dell’editio princeps, c fino al 1937, anno di conclusione dell’edizione di Bethe,

sono state realizzate otto edizioni dell’Onomasticon,' ma

una sola traduzione, l’interpretatio latina di Gualterus,? ed un solo commento,

di natura

critico-testuale,

che

correda l'edizione di Dindorf e raccoglie anche le Animadversiones di Kühn,’ le Epistolae di Bentley? e l’inedito commento di Jungermann. Come studioso di testi tecnici, alle prese con una cronica mancanza

di strumenti che agevolino il rapporto

coi testi, mi è quindi particolarmente gradito presentare i quattro saggi che compongono il presente volume perché condotti con metodologie innovative raggiungono risultati originali. L’accesso all’opera non è dei più facili, per almeno tre motivi: la scarnificazione del testo operata dall’epitome; il susseguirsi di ‘lemmi’, ‘glossemi’ e ‘citazioni’; l’infruttuosità di confronti interni per la difficoltà di ‘navigazione’ e la mancanza di strumenti di affiancamento. ! Aldina (Venetiis 1502), S. Grynaeus

(Basileae 1536), W. Sebe-

rus (Francofurti 1608), H. Lerlinus, T. Hemsterhuis (Amstelodami 1706), W. Dindorf (Lipsiae 1824), I. Bekker (Berolini 1846), E. Bethe (Lipsiae 1900-1937). 2 Basileae 1541.

3 Animadversiones in Julii Pollucis Onomasticon...J. Kühnii, Argentorati,

* Elogium

1675.

Tiberii

Hemsterusii

auctore

D.

Runkhenio...cui

duae R. Bentleji epistolae ...accedunt, Lugduni Batavorum, mcCLXXXIX.

EMANUELE

LELLI

Nel cap. 1, Una conversazione sui βιβλία, Livia Radici offre una prova ben riuscita ed esemplare. La traduzione, non solo atto filologico-interpretativo ma anche sintesi esegetica, è stata pensata in funzione della ‘trasportabilità’ del testo, attraverso lo studio di precise strategie:

- restituire tra parentesi i connettivi soppressi dall’epitome;

- mantenere il lemma greco inserendone la traduzione tra parentesi, al fine di tenere sempre alta la tensione tra significante e significato, rispettare la dialettica tra i sinonimi ed evitare sicuri straniamenti.

Il commento àncora i paragrafi al contesto tematico, da cui PA. ricava una rigorosa griglia interpretativa, che le consente di selezionare le sceneggiature, nuove ce cronologicamente omogenee, con cui commenta la terminologia,

definendone

materiali,

attori, modalità,

ambienti d’uso e non solo. La correttezza di tale metodologia è confermata dall’analisi dei paragrafi in cui ricorrono gli stessi termini, ma in contesti differenti (1. ıv

18-19;

1. ΝΙ

210-211

mercato)

che

ne

rideter-

minano la tassonomia semantica (βιβλίον è ‘foglio di papiro’ nel ıv; ‘libro’ nel vit): un invito alla cautela rispetto a facili paralleli interni. Nei capp. ıı e III, dedicati agli ἴδια ὀνόματα c ai Δημιόπρατα, Alessandra Cirone affronta il problema delle fonti di Polluce, individuando per la prima volta lemmi relativi agli σκεύη, impiegati solo dai parlanti, c una

selezione

di

termini

non attestati da altre fonti. namente commentate, e la termini rimandano (oggetti strano che di fronte al tema

ricavati

dai

Demioprata,

Tali selezioni, opportutipologia di Realien cui i d’uso quotidiano), dimodegli attrezzi in uso nel

COMMENTARE

POLLUCE

quotidiano Polluce ha ristrutturato il parterre delle fonti, affiancando ai testi d’autore parole della gente comune e iscrizioni di beni confiscati. Nel cap. iv, Le Leggi e il Maestro da Platone a Polluce, Livia Radici allinea l’impiego di ὑφηγετῆς, usato da Platone nel Protagora per rendere perspicua la funzione formativa della polis, alla sua presenza nella sequenza sinonimica del γραμματιστῆς (1. iv dell’Onomasticon), all’interno delle ἐπιστῆμαι e della loro insegnabilità, in un contesto in cui la fonte non è dichiarata. L’evidence,

che restituisce un corto

circuito,

è, come

tutti i saggi contenuti in questo volume, uno stimolo a sottoporre ad analisi dirette un testo che, pur frammentato in 16.000 lemmi e 3.500 citazioni, se studiato nelle sue strutture e nei suoi contesti riserva ancora

grandi potenzialità. EMANUELE

LELLI

UNA

CONVERSAZIONE (POLL.

X

57-60;

VII

SUI

IV

BIBAIA

18-19;

210-211)

Livia

RADICI

I L tema della ‘conversazione sui βιβλία᾽ occupa quattro paragrafi del libro x dell’Onomasticon di Polluce c si colloca tra la nomenclatura degli attrezzi impiegati nell’ippica (περὶ ἱππικῶν σκευῶν) e quella della stru-

mentazione

necessaria al giudice per l’esercizio delle

sue funzioni (περὶ δικαστικῶν σκευῶν).

La coerenza delle sequenze è garantita, in questo libro, non tanto dall’appartenenza dei termini allo stesso campo o dominio semantico, ma dal fatto che tutti i termini

contenuti

sono

nomina

instrumenti,

cioè

Si

riferiscono ad uno σκεῦος o ad un contenitore di σχεύη. Così infatti recita il titolo del libro, presente nel Conspectus rerum e libris manuscriptis descriptus et auctus: In questo

libro

si trovano

i termini

(ὀνόματα)

relativi ai

contenitori di attrezzi (σκευοθῆκαι) ed agli stessi attrezzi (σκεύη) e tutti quanti (i termini ad essi) relativi (περὶ αὐτά) o da essi derivati (rnenotnrau)»."

In particolare, i paragrafi in cui si sviluppa la ‘conversazione sui βιβλία᾽ raccolgono le parole che riguardano «i supporti scrittorî e gli strumenti per scriverci sopra» (περὶ βίβλων καὶ τῶν αὐτὰ γράφειν σκευῶν). !

BETHE

© BETHE

II, 255.

II, 255. Sulla necessità di approfondire II

gli aspetti

LIVIA

Va

detto

che,

RADICI

al di la di un

utilizzo

strumentale

motivato dall’interesse per i testi citati ed in funzione degli stessi,! tali paragrafi non sono mai stati oggetto di uno studio specifico e complessivo, indirizzato a metterne in luce la contestualizzazione all’interno dell’Onomasticon, la tipologia delle fonti utilizzate e le modalità di raccolta, nel rispetto dovuto all’autorialità dell’opera. terminologici dei Realien legati alla scrittura e al libro, già CAPASSO 1995, p. 21 evidenziava che allo sviluppo notevole della ricerca sugli aspetti materiali e tecnici del libro antico «non si è accompagnata una moderna indagine complessiva intorno alla terminologia libraria nel mondo greco e latino». Per i contributi più recenti in questa direzione, vd. DEL 5-19; PERILLI pp. 152-156.

! Citiamo

2007;

qui

BLANCK

qualche

2008;

esempio.

CAROLI

Corso

201I;

CAPASSO

2003, pp.

CAROLI

1995,

2014,

p. 28, n. 54

cita Polluce una volta (vir 210) come fonte del frammento di Platone comico («Il frammento di Platone comico attesta che il vocabolo poteva valere anche “carta scritta”. Non sappiamo se il comico allude ad un vero e proprio rotolo scritto oppure a un documento») ed un’altra (x 57) per suffragare il significato di «rotolo di papiro non scritto» per χάρτης, senza considerare che in ambedue il lessicografo si riferisce allo stesso frammento di Platone comico; BLANCK 2008 cita una sola volta Polluce (p. 38, ma l’interesse è per il «frammento di Eupoli» in cui «si allude ad una zona del mercato in cui si vendevano i libri»); DEL Corso 2003, p. 14 e n. 42 (Polluce fonte di Eup. fr. 327 Kassel, Austin), p. 16, n. 48 (Polluce fonte di Crat. fr. 267 Kassel, Austin).

” Si pensi in questa ottica ai rilevanti risultati emersi dai puntuali commenti delle singole sezioni monetali di Polluce realizzati da CACCAMO

CALTABIANO,

RADICI

COLACE

1992. Ma

si vedano anche, nell’ottica di una centralizzazione degli studi sull'autore e sull’opera, Tosi CHINI

RADICI

2007;

MAUDUIT

2013;

2007; BEARZOT, CONTI

2016, 20174; 2017b. I2

BIZZARRO

LANDUCCI,

ZEC-

2004;

2014,

2007;

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

Invece, data l’impostazione dell’Onomasticon in cui sono raccolti termini desunti da autori attici prevalentemente del v*,' tali paragrafi risultano particolarmente importanti in quanto fotografano la terminologia dei materiali scrittorî in uso presso gli autori più accreditati proprio nel momento in cui il passaggio dall’oralità alla scrittura determina anche la costruzione di un lessico tecnico specifico.” Nel commento saranno integrate anche le informazioni sui supporti scrittorî presenti in altri due passi

di Polluce, il primo relativo allo strumentario impiegato dal γραμματιστῆς nella sua attività didattica (1v 18-19), il secondo relativo ai ßıßAia (libri) oggetto del commercio librario e agli operatori che se ne occupano (VII 210-211). I.

TRADUZIONE

Poll. x 57-60: Se qualcuno volesse affrontare una conversazione sui ma-

teriali scrittorî dopo la ginnastica o dopo una passeggiata ! Per il posto occupato da Polluce nell’ambito del contesto atticista ed in relazione agli altri lessicografi del tempo, vd. SWAIN, 1996, pp. 17-64; STROBEL 2009, pp. 93-107; KIM, 2010, 468-482, in particolare pp. 476-478, STROBEL, 20II, pp. 207-259.

© Così è trovato in εὖρον (vd. Poll. x 88 ni non

ribadito a x 60 in relazione al termine ἀναλογεῖον non alcuno degli scrittori scelti: παρ᾽ οὐδενὶ τῶν κεκριμένων ancora Poll. v 140 οὔπω παρὰ τοῖς χεχριμένοις εὖρον e παρά τινι τῶν ἥττων κεκριμένων a proposito di termi-

attestati in autori accreditati oppure

presenti in autori

di ‘bassa’ qualità). Per il significato dell’espressione all’interno della terminologia critica dell’Onomasticon, rinvio a Radici 2016,

dove sono esaminati i casi in cui Polluce impiega locuzioni simili in riferimento a termini da ammettere o da scartare in base alla loro presenza o meno in autori che vengono classificati come xexpipévot (di ‘alta qualità’ o ‘scelti’). 12

LIVIA

RADICI

sotto un portico o in un viale o in un boschetto, è tempo per lui di attenzionare! (i termini) βιβλία (fogli di papiro), χάρται (fogli o rotoli di papiro), ἰττέλαι (pelli), διφθέραι (pergamene), γραμματεῖα e γραμματείδια (tavolette), δέλτοι (tavolette), δελτία (tavolette), per così dire (le locuzioni) γραμματείδιον δίθυρον 58. (tavoletta a due ripiegature) o τρίπτυχον

(a tre ripiegature)

o anche

πολύπτυχον (a mol-

te ripiegature), oppure, seguendo Omero, πίναξ nruntög (tavoletta ripiegata).”

(la locuzione)

NelleTesmoforiazuse Aristofane ancora dice? «-δέλτοι- 1 () delle πίνακες ξεσταί (tavolette di legno levigato) accogliete le incisioni (fatte con la) σμίλη (lama), messaggere delle mie pene.

Potrai trovare anche il termine πινακίδες (tavolette per scrivere) usato nelle Città di Filillio:> invero (egli) dice in dorico® sulle tavolette (πινακίδες) dall'inizio alla fine quanto dice il testo (tà γράμματα) da lettore. Il (materiale) che vi è (spalmato) sopra, poi, (si chiama) κηρός (cera), o μάλθη (malta) o μάλθα (mistura ! Per l’uso di ἔχω in relazione all’attività intellettuale, nel significato di ‘possedere nella mente’, ‘conoscere’, ‘capire’, vd. Hom. Il. 17.476, Hes. Th. 770, Soph. Ph. 789 etc. Qui è preferibile il significato di ‘prestare attenzione’, ‘stare attenti’, ‘ascoltare’ attestato nella forma imperativa in Plat. Alc. 1, 109 Ὁ, 129 Ὁ etc.,

comando che nel testo di Polluce è declinato con l’equivalente ὥρα (è tempo opportuno). © Hom. Il. 6.169. 3 Ar. Th. 778-779. Per il significato complessivo della scena, si rimanda al commento di Austin, OLSON 2004. 4 οΔέλτοι- addendum, coll. Ar. Th. 778. > Philyll. fr. 10 Kassel-Austin.

° La traduzione del frammento

riflette il testo trädito: per

la ricostruzione della vicenda critica, rimando

14

a RADICI

20172.

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

di cera e pece). Erodoto! infatti ha impiegato κηρός (cera), e Cratino nella Damigiana? μάλθη (malta), men-

tre Aristofane nella Geritade (presenta l’espressione) mangiavo la malta delle tavolette per scrivere.? 59. Non bisogna, invero, disconoscere (il fatto) che per (indicare) la cera (κηρός) buona per sigillare gli antichi usavano (il termine) ῥύπος, ed Aristofane nella Lisistrata*(impiegö al plurale) ῥύποι (sigilli) non c’è nulla di così ben sigillato che non se ne possano rompere i sigilli (ῥύποι).

Sarebbe peraltro necessario che ogni scolaro possedesse un γραφεῖον (stilo), una παραγραφίς (stilo), una καλαμίς (custodia), un πυξίον (tavoletta): quest’ultimo termine è

stato impiegato a proposito di un pittore nei Pittori o Geografi di Anassandride’ — la 60. commedia infatti ha entrambi i titoli — (nell’espressione) ‘prendi una tavoletta (πυξίον) e siediti’; nulla, però, impedisce che (ru&tov) sia preso in considerazione anche in questa stessa accezione da noi (usata) in relazione all'ambito scrittorio,

poiché anche Aristofane lo ha usato in questo senso.° Ai (termini) citati bisogna, ancora, aggiungere μέλαν (inchiostro), μελανοδόχον (calamaio) e κάλαμοι (penne). II.

COMMENTO

La sequenza offerta da Polluce è organizzabile nei seguenti raggruppamenti:

Vw

N

! Hdt. 7. 239. Cratin. fr. 217 Kassel, Austin. Ar. fr. 163 Kassel, Austin. Anaxandr. fr 14 Kassel, Austin. Ar. fr. 845 Kassel, Austin.

15

4 Ar. Lys. 1199.

LIVIA

RADICI

moon

. fogli di papiro . pelli di animale legno . cera e malta set dello scolaro/set del maestro

A. Fogli di papiro Βιβλία (fogli di papiro utilizzati per scrivere). È questo, tra i vari altri significati ricoperti nel tempo dal termine quello in cui βιβλίον è usato in questo specifico luogo. Infatti altri significati, quali quello di ‘lettera’ o ‘documento’,' ‘rotolo’ o ‘libro’,? pur attestati da autori di v?-1v? presi in considerazione da Polluce, sono esclusi dal tema della sezione, che è dedicata ai supporti scrittorî e agli strumenti con i quali vi si può scrivere sopra. Per commentare il luogo polluciano è utile rivolgere l’attenzione a luoghi relativi alla descrizione di contesti di scrittura in atto.’ Il primo è costituito da un brano delle Vite di Plutarco, nel quale è descritto il momento in cui, poco prima di morire, Demostene dichiara di volersi riti! Vd.

ex.gr.

Hdt.1.123.4,

Ar. Av.

974,

e quelle che

976,

980,

DEL

986,

Corso

989,

1024,

1037,

1288;

2003, p. ır e n. 24, defi-

nisce «digressioni erodotee sui supporti scrivibili»: lo studioso ha rilevato la presenza del termine o di suoi derivati in ben quindici

contesti, rispetto

ai tre in cui sono presenti i πίνακες

(tavolette scrittorie). (vd. OLSON

2014,

p. 17). 3 Tali contesti non mi risultano utilizzati (vd. BLANCK

2 Eup.

2008

e DEL

fr. 327 Kassel,

CORSO

Austin;

2003). Τό

Pl. Ap.

26d.

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

rare nel tempio per scrivere qualcosa ai suoi familiari. Nell’atteggiamento di concentrazione che precede l’atto di consegnare alla scrittura il proprio pensiero, il famoso oratore «prese un βιβλίον (foglio di papiro) e accostò il κάλαμος

(calamo)

alla bocca

e lo andava

mordicchiando come faceva abitualmente quando rifletteva su cosa scrivere».! Che il βιβλίον fosse un foglio pulito, cioè ἄγραφον, è dimostrato anche dal fatto che su di esso si trovò scritto (γεγραμμένη) solo l’inizio (ἀρχή) della lettera, la cui composizione era stata interrotta dalla morte di Demostene.” Il secondo riguarda un aneddoto relativo al filosofo stoico Antipatro di Tarso (v*) raccontato da Plutarco: non volendosi scontrare direttamente con Carneade, il

caposcuola a lui nel proseguire sto andava

dell’Accademia, poiché si sentiva inferiore dibattito in pubblico, Antipatro decise di la polemica soltanto per iscritto. Per que«scrivendo e riempendo pagine su pagine»

(γράφων δὲ xai πληρῶν

τὰ

βιβλία)

di argomentazioni

polemiche contro l’avversario, sino a guadagnarsi l’epiteto di καλαμοβόας, penna (n&Aauog)».?

cioè di «uno

che grida

con la

Il terzo è relativo ad un passo aristotelico, nel quale la terminologia della scrittura si offre come esemplificazione della intemperanza (ἀκρασία περὶ τὴν ὀργήν): quanti ne sono affetti, si comportano

come

ragazzi troppo

precipitosi che, per la fretta di eseguire l'ordine, invece della ‘carta’ (βιβλίον) portano la ‘penna’ (ypageîov).4 ! Plu. Dem. 29. 4. 2 Ibid. 30.1. 3 Plu. De garrul. 35. 514 ἃ = Antip. Stoic. fr. 5 von Arnim. 4 Arist. MM 2.6.24, 1202 b 17-18. Non convince la traduzione

di Stock 1915, ad loc. «when they ought to give a book, they give a pen», in quanto libro e penna non sono termini oppositivi. 17

LIVIA

RADICI

Sempre nel significato di ‘foglio per scrivere’, βιβλίον è usato nella metafora del ‘foglio raschiato’ impiegata a proposito delle posizioni politiche di Dionisio di Siracusa,

che

Platone

si era

recato

a trovare

fino

in Sicilia per convincerlo a mettere in pratica le sue teorie di governo: ma lì il filosofo aveva trovato che il tiranno non era un foglio pulito, nuovo, su cui nessuno ancora aveva scritto, ma si presentava come un

βιβλίον παλίμψηστον che, benché raschiato, mostrava ancora i segni contaminanti di precedenti scritture ce non aveva cacciato via i resti del suo bagno nella tirannide.! Con lo stesso significato βιβλία ricompare nella risposta che, sulla scorta di un passo di Pindaro,” Plutarco dà alla domanda «chi reggerà il re? sarà la legge universale, immaginata come una parola (λόγος che non è scritta dal di fuori su fogli di carta (ἐν βιβλίοις) o pezzi di legno (ἐν ξύλοις)», ma innata ed immanente risiede nell’anima, convive con il re, lo custodisce e

mai gli fa mancare la sua guida.? La conferma del quadro descritto viene da una locuzione di Erodoto finora non valorizzata in questo contesto, ma che già Polluce aveva citato e commentato

nel

! Plu.

1. vir, Maxime

relativo cum

alle

principibus

τέχναι ἀγοραῖοι, cioè alle philosopho

esse

disserendum,

49.779 C. 2 Pi. fr. 169a, 1-2 Snell-Maehler:

«Νόμος

è di tutti il re/ dei

mortali e degli immortali». 3 Plu. Ad principem ineruditum, 13. 780 C. Il termine ξύλον col

significato di ‘tavolette di legno’ su cui scrivere è inattestato altrove. Per l’immagine parallela dell'anima come δέλτος (tavoletta) su cui la memoria

scrive, vd. NIEDDU

1984b, pp. 213-219.

Per l’impiego della tavoletta in contesti similari di v?-1v?, vd. DEGNI

1998,

pp.

16-18. 18

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

professioni che si esercitano nel mercato:' qui, tra venditori di carni e di pesci, sarti e calzolai, metallurgici ce argentieri, compaiono il βιβλιοπώλης (venditore di βιβλία, libraio), il βιβλιαγράφος 0 βιβλιογράφος (copista

di libri), 4 la βιβλιοθήρκη (cassa utilizzata per trasportare e custodire i βιβλία).5 Il contesto è tale da non lasciare dubbi sul significato dei termini che il lessicografo consiglia di usare per indicare il ‘libro’: oltre ai βίβλοι (papiri) e al βιβλιδάριον (librettino)° ricompare, qui con il significato di libro, il termine βιβλίον che richiama ex contrario il passo di Erodoto in cui compare la iunctura γράψας ἐν βιβλίῳ. 7 Nel commento

Polluce espli-

cita che lo storico ha usato in questo luogo βιβλίον per indicare un foglio non ancora scritto (ἐπὶ ἀγράφου). ὃ ! Poll. vir 210-211. Questi paragrafi costituiscono la parte conclusiva dell. vir ed hanno l’apparenza di essere stati aggiunti all’ultimo

momento

da Polluce,

come

denuncia

la formula

di praeteritio («Perché non sembri che trascuriamo i libri»: la traduzione è di CAROLI 2014, p. 153, che traduce parzialmente il brano). 2? Aristom. fr. 9 Kassel, Austin. Sul commercio librario nel

mondo greco vd. CAROLI 2017. 3 Cratin. fr. 267 Kassel, Austin.

4 Antiph. fr. 197 Kassel, Austin. Sull’interpretazione complessiva del frammento

vd. CAROLI

2012, pp. 95-108; CAROLI

2014,

p.153. > Cratin. Jun. fr. τι Kassel, Austin. Per il significato del termine βιβλιοθήκη, in riferimento «non al luogo di conservazione dei libri, ma alla capsa che consentiva ai βιβλιοπῶλαι [...] di trasportare ed esporre, nell’agora, il materiale librario destinato alla vendita», cfr. CAROLI 2014, p. 155. Per l’uso della βιβλιοθήκη nella conservazione e nel trasporto di libri, vd. CASANOVA 2001,

pp. 219-241. Sull’interpretazione del frammento, CAROLI

20II, pp.

55-62 € 2014,

pp.

si rimanda

a

152-156.

© Ar. fr. 795 Kassel, Austin. 7 Hdt. 1 125. ® Poll. vII 211.1-2 ἐπὶ ἀγράφου τὸ βιβλίον εἴρηκεν Ἡροδότος (1.125) 19

LIVIA

RADICI

Βιβλίον allargherà nel tempo la sua sfera d’uso, fino a comprendere i significati di ‘sezione’, ‘capitolo’, ‘volume’, in quanto costituiti di carte o fogli di papiro scritti, c, addirittura, blioteca’,

secondo

quello di ‘scaffale di libri’, ‘bi-

una

caratteristica

strutturale

della

lingua greca che utilizza lo stesso termine per oggetti che condividono lo stesso campo semantico, anche se hanno dimensioni diverse.! Χάρται (fogli o rotoli di papiro per scrivere). Il termine è attestato con questo significato già in una epigrafe del ν᾿ contenente i rendiconti di spesa per la costruzione dell’Eretteo, nella quale è indicata la somma destinata all’acquisto di χάρται δύο. La prima attestazione letteraria riportata da Polluce e costituita da un frammento

cui un personaggio

di Platone

Comico,

in

sta portando via le tavolette e i

fogli (tà γραμματεῖα καὶ τοὺς χάρτας ἐκφέρων) già scritti,

come disambigua Polluce con la chiosa γεγραμμένας. La prolificità del termine a partire sin dal rv? e la diffusione dei composti in vari momenti, pubblici e privati, della vita quotidiana è segno del progressivo affermarsi della pratica della scrittura.‘ A partire dal 11P, con l'affermazione della carta di ‘Yphbac ἐν βιβλίῳ᾽. La testimonianza polluciana non figura utilizzata nella bibliografia specifica. ! RADICI COLACE 1997, pp. 195-213. © IG 1°.374.279 χάρται δύο. L’epigrafe è citata in TURNER 1984, p. 25 e in BLANCK 2008, p. 82. 3 Pl. Com. fr. 218 Kassel-Austin: la fonte è citata in Poll. vıı 210.

4 Si veda χαρτίον ‘foglietto’, ‘pezzo di carta’. Il termine, assente in Polluce, è attestato a partire dal ıv? [ΟἹ v? (1) 103.159. 20

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

papiro su tutti gli altri supporti della scrittura, il termine si impone, assumendo nel tempo la funzione di indicare il supporto scrittorio per eccellenza.' B. Supporti scrittori di pelle animale Ἰττέλαι (‘pelli per scrivere’, “pergamene’). Oltre che nel brano in oggetto, il termine è attestato anche alla fine del 1. vii, nella sezione dedicata ai βιβλία (libri), al loro commercio ed agli operatori.” In questo secondo brano, l’informazione offerta dal lessicografo è più ampia rispetto a quella del 1. x (dove ἰττέλαι è solo elencato all’interno della sequenza sinonimica), in quanto vi è aggiunta l’informazione che le διφθέραι (‘pelli per scrivere’) potevano anche avere il nome di ἰττέλαι.5 Sia ἰττέλαι che ird&ia* sono varianti grafiche del più noto ἰξαλῇ, ‘pelle di capro’, derivato dall’aggettivo ἴξαλος, ‘balzante’, ‘saltellante’: proprio queste ed altre varianti nella grafia della prima consonante indirizzerebbero,

secondo

Chantraine,

verso

un'origine

orientale del termine, bollato come un relitto dalla sua

esclusiva sopravvivenza nella tradizione lessicografica.’ διφθέραι (‘pelli per scrivere’, ‘pergamene’). Come già ἰττέλαι, oltre che nel 1. x, dove il lessicografo si limita " Vd. LS] s.v.y&prng. Rimando per il quadro complessivo delle testimonianze del termine in ambiente egiziano a CAPASSO 1995, pp. 21-30 € pp. 31-53 (interessanti ed esaustivi capitoli dedicato il primo

ai termini χάρτης e charta, il secondo ai diminutivi, derivati e composti di χάρτης). Νά. anche BLANCK 2008, pp. 80-86. ° Poll. vıı 210-211. 3 Poll. vır 211 τὰς δὲ διφθέρας καλοῦσι nal ἰττέλας.

4 Vd. Hesych. ı 1092 Latte, s.v. ἐτθέλαν - διφθέραν. > Μά.

Chantraine τι 465, s.v. ἴξαλος. 21

LIVIA

RADICI

a inserire διφθέραι nella sequenza sinonimica senza altre annotazioni,

il termine

è attestato

anche

alla fine

del 1. vir.! Qui Polluce fa un esplicito rinvio al brano di Erodoto, in cui lo storico cita il termine διφθέραι come geosinonimo ionico di βύβλοι (fogli di papiro), motivandone la presenza col fatto che gli Ioni, a causa della scarsa disponibilità di fogli di papiro, utilizzano per scrivere da antica data (ἀπὸ τοῦ παλαιοῦ) pelli di capra e di pecora.” L'impiego di διφθέραν come supporto scrittorio è attestato anche da un frammento di Euripide, nella locuzione

διφθέραι

μελεγγραφεῖς,

che

indica

le «pel-

li scritte con l’inchiostro», contenenti come testo gli oracoli del Lossia.* Anche se da escludere nel passo polluciano che stiamo commentando, l’impiego di διφθέραι nel significato di ‘registri’ appartiene al v?: infatti, benché riportata da Diodoro, l’attestazione rimonta direttamente a Ctesia di Cnido, medico alla corte persiana tra il 415? e il 399°

circa, il quale nel riferire nella sua opera storica noti! Poll. vir 211. ? Hdt.

5.58

Il passo

erodoteo,

definito

«una

notazione

cur-

soria, che nasce dalla volontà di giustificare un termine e una pratica sentiti come estranei rispetto alla realtà corrente» (DEL Corso 2003, p. 10), è utile perché attesta il significato di supporto scrittorio non solo della glossa διφθέραι, ma anche del glossema βύβλοι. 3 Eur. fr. 627 Kannicht διφθέραι μελεγγραφεῖς πολλῶν γέμουσαι Λοξίου γηρυμάτων. Per l’hapax μελεγγραφεῖς, vd. LSJ s.v. μελαγγραφῆς: «marked with black ... prob. for μελεγγ-». Mentre il secondo formante rimanda all’atto della scrittura, il primo composto perav-, relativo al colore dell’inchiostro, è presente nella denominazione di altri σκεύη pertinenti alla scrittura, quali i termini per ‘calamaio’ μελάνδοκος e μελανοδοχεῖον e l’aggettivo μελάνδοχος ‘da calamaio”. 22

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

zie relative ad Artaserse (v?-425°) dichiarava di averle desunte direttamente ἐκ τῶν βασιλυκῶν διφθερῶν, cioè dai

registri reali, su cui i Persiani «avevano raccolto, in base a una loro qualche legge, i fatti antichi».” c. Supporti scrittorî di legno Γραμματεῖα

(tavolette). Apre la serie dei termini che

si riferiscono ai supporti scrittorî lignei. Le più anti-

che testimonianze risalgono ad autori dell’epoca d’oro dell’atticismo, Antifonte? e Platone.* accompagnato dall’aggettivo ληξιαρχικόν,

In Fschine, γραμματεῖον

indica il ‘registro dell’ufficiale del registro’, sul quale venivano (i)scritte — significativo il prefisso del verbo ἐγγράφω- le leggi.5 In Lisia® invece il termine comincia a designare

il contenuto,

cioè lo ‘scritto’,

la ‘nota’,

il

‘documento’ inciso sulla cera spalmata sopra la tavoletta.” Nelle Nuvole di Aristofane l’indebitato Strepsiade chiede che gli si porti il γραμματεῖον, per potervi leggere l’entità dei debiti e degli interessi.* Di λελευκωμένα γραμματεῖα (0 λευκώματα, lat. album),

tavolette di legno spalmate di stucco o calce su cui ' Diod. 2.32.4 = Ctes. 688 F 5, 12-20 Jacoby. 2 Il fatto che, come sottolinea DEL Corso 2003, p. Io, si tratti di «un riferimento a testi non scritti da Greci, ma da un

popolo barbaro» ed in quanto tali eccentrici, non interferisce con la presenza del termine, anche se in relazione ad una realtà straniera, in testi di v?. 3 Antipho, in novercam 1.10 γραψας ἐν γραμματείῳ. 4 Plat. Prot. 326 ἡ.

? Aeschyn.

in Tim.

18.7 ἐπειδὰν δ᾽ ἐγγραφῇ εἰς τὸ ληξιαρχικῶν

γραμματεῖον.

° Lys. 32.7.

7 P.Mil.Vogl. 2 76 (101-200P)18-19... καὶ oppa/Yyioag αὐτοῦ τὰ Yoauuatia πέμψ[ον]. Si tratta di una lettera. ® Ar. Nub. 19-20.

23

LIVIA

RADICI

crano scritti i testi pubblici, si ha notizia nella Costituzione degli Ateniesi.' Nelle Filippiche si legge da un γραμματεῖον," e questa è una scena che nell’oratoria demostenica, dove sono

spesso chiamati in causa documenti scritti, ricorre frequentemente.*

In Demostene è anche attestato il rito della testimonianza sul γραμματεῖον a garanzia che il documento sarebbe rimasto integro ed inalterato sia da sottrazioni che da integrazioni.‘ Platone attesta che ai tempi di Minosse erano in uso

supporti scrittorî di bronzo (χαλκοῖ) sui quali venivano incise le leggi: ad essi fa corrispondere la locuzione χαλκᾶ γραμματεῖα che avvicina l’esperienza del re mi-

ceneo a quella ateniese del v?.> Dei

rapporti

tra

γραμματεῖον

βιβλίον

e δέλτος

ri-

mangono tracce nella lessicografia tarda, che riporta il parere di quanti ritenevano γραμματεῖον sinonimo di μικρὸν βιβλίον e la posizione di Oro, che riferendosi ! Arist. Ath. Pol. 47.2 ἀναγράψαντες εἰς λελευκωμένα. Νά. anche 47.4 ἀναγράψας ἐν γραμματεῖοις λελ]ε[υἹκωμένοις. 2

Dem.

Phil.

9.46

[ΕΚ TOY TPAMMATEIOY

ANATITNQSKEI].

3 Soltanto nella Oratio in Stefanum l’espressione compare volte. 4 Dem. in Stephanum κελεύει, ἵνα unt ἀφελεῖν

25

τ, 44 ὃ νόμος μαρτυρεῖν ἐν γραμματείῳ ἐξῇ μήτε προσθεῖναι τοῖς γεγραμμένοις

μηδέν. Per la formula μαρτυρῶ τῷ γραμματείῳ ancora presente negli stessi termini in testi molto tardi si rimanda ex. gr. a BGU

12 2185 (512P) 20; CPR

9 5 (401 -600) 2-3. Stesse garanzie

di

integrità sono espresse con altre espressioni: vd. P.Amh. 2 147. 17 χύριον τὸ γραμματῖον (7) ἁπλοῦν γραφὲν καθαρόν, P.Amh 2 149.18 (σοι-δοοβ)κύριον τὸ γραμματεῖον). > Vd. Plat. Minos. 320 ς ἐν χαλχοῖς γραμματείοις ἔχων γε-

γραμμένους τοὺς νόμους, ὅθεν χαλκοὺς ἐκλήθη.

24

UNA

all’uso

CONVERSAZIONE

demostenico,

SUI

BIBAIA

ritiene γραμματεῖον

sinonimo

di

μικρὸς δέλτος.

Nel significato architettonico di edifici/archivi dove sono conservati i documenti pubblici, i yoxupateta sono presenti in Polluce anche nel 1]. ıx, dedicato all'urbanistica, tra i μέρη della città, cioè tra le costruzioni destinate ad una funzione fondamentale dell’assetto sociale cittadino, assieme a piazze viali uffici militari sedi del governo e dei magistrati c scuole. ? Γραμματείδια (tavolette per scrivere). La testimonianza più adatta a commentare il significato polluciano di γραμματείδιον come supporto scrittorio è il titolo di una commedia

Il suo

di Apollodoro, Γραμματειδιοποιός.

significato

scrivere’,

associato

di ‘fabbricatore alla

testimonianza

quisto di un γραμματείδιον

di tavolette per relativa

per due monete

all’ac-

di rame,

consente di aggiungere al ‘romanzo della scrittura’ i personaggi del fabbricante e del compratore, che si trovano insieme nello spazio del mercato. La testimonianza più significativa, in quanto appartenente al contesto cronologico della selezione polluciana, è costituita da un brano dei Caratteri di Teofra-

EM

s.v. Γραμματεῖον p. 240.57-241.3 Kallierges.

(CS)

Poll. ıx 41 πόλεως δ᾽ αὖ μέρη... γραμματεῖα καὶ διδασκαλεῖα. Apollod.

Com.

tit., fr. 5 Kassel, Austin.

4 Ps.-Dem. in Dionysodorum 1.2. La situazione è quella di soggetti che in cambio di argento sonante ricevuto in prestito rilasciano impegni di restituzione «su una tavoletta da due soldi (ἐν γραμματειδίῳ δυοῖν χαλκοῖν ἐωνημένῳ) e su un piccolo librettino (βυβλιδίῳ μικρῷ)».

25

LIVIA

RADICI

sto. Nel descrivere un tipo affetto da turbe mentali, che si manifestavano in una spiccata inclinazione a frequentare i tribunali e a trovarsi in mezzo ai processi

in

tutte

le vesti

possibili

(accusato,

accusatore,

testimone o semplice spettatore), l’aristotelico afferma che costui andava in giro tenendo stretta al petto una cassetta (ἐχῖνος) piena di documenti da portare in tri-

bunale' e recando tra le mani grappoli di tavolette per scrivere ᾿γραμματιδίων᾽.᾽

Nell’orazione di Antifonte Per l’uccisione di Erode l'elemento indiziario portato avanti da parte dell’accusa consisteva nel presunto rinvenimento, sulla barca dove viaggiava il vecchio Erode scomparso durante la navigazione,

di un biglietto (γραμματείδιον), in cui

l'imputato avrebbe dichiarato la sua volontà omicida nei confronti del compagno di viaggio.3 La tavoletta scritta, con undici presenze nell’orazione, citata, contestata, letta e messa a confronto con testimoni in car-

ne ed ossa, finisce con l’assumere il ruolo di elemento

centrale in quello che viene giudicato uno dei primi casi di legal thriller.4 Anche sul γραμματείδιον si effettuava il giuramento in tribunale.’ ! Come Dem.

repositorium di ypaupateia, ἐχῖνος si trova anche

45.17.

Per l’abitudine

di trasportare

i materiali

in

scrittorî

sotto i vestiti, praticamente nella zona del petto, vd. ex.gr.Luc. De mercede conductis potentium familiaribus 27.5-6 dove dei mes-

saggeri d’amore portano

i ‘bigliettini’ (ypauuatidia) nel petto

(ὑπὸ κόλπου).

5 Theophr. Char. 6.8. 2-3 ἔχων.. ὁρμαθοὺς γραμματιδίων ἐν ταῖς χερσίν. 3 Antipho 4

SIVIERO

de caede Herodis 53. 1-4. 2003,

pp.

15-16.

> 26

Dem.

in Con.

37. 2-3.

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

Il collegamento di questi due ultimi σκεύη con l’universo giuridico evidenzia il contributo dato alla pratica scrittoria dalla nuova organizzazione della giustizia che, nel suo passaggio dal diritto tribale arcaico a quello positivo di v sec., aveva determinato l’istituzione di vari tribunali, moltiplicato le fattispecie giuridiche e inserito la lettura di documenti durante lo svolgimento dei processi.! La correttezza di questa connessione è confermata

dallo stesso Polluce, nella misura in cui egli fa immediatamente seguire ai paragrafi che stiamo esaminando quelli dedicati allo strumentario del giudice (σκεύη δικαστικά). Ebbene, se si escludono alcuni stru-

menti (la clessidra per scandire il tempo, un chiodino per batterla, una piccola brocca d’acqua, il gong,” le pietruzze

per votare,

coperchi,

urne

e cassette),

le

urne portadocumenti (κιβώτια Ypaunaropöpe), le tavolette per scrivere (γραμματεῖα) e le penne (κάλαμοι)

sono comuni con gli oxeim relativi all'ambito del γράφειν, la cui pratica era stata ormai professionalizzata attraverso la presenza nei tribunali di scrivani (γραφεῖς). Γραμματεῖον ἡγραμματείδιον δίθυρον (tavoletta per scrive-

re doppia). Nel 1. Iv Polluce spiega la locuzione come Attica? e, sulla scia dell’equivalenza di θύραι e πτύχαι ne fa un calco della locuzione δελτίον δίπτυχον di area ! LANZA

1979.

” Tale significato per δίσκοι è attestato per il ν᾿ da Plut. Per. 6.5.4.

3 Poll.

IV

18 οἱ δ᾽ Ἀττικοὶ

γραμματεῖον

δίθυρον καὶ

θύρας

πτύχας ἄχρι δύο, εἶτα πτύχας, καὶ τρίπτυχον καὶ πολύπτυχον.

27

τὰς

LIVIA

ionica

ed

attestata

da

RADICI

Erodoto,'

di cui rimane

l’eco

nella lessicografia posteriore.” Utilizzata nella Misogina di Menandro,? l’espressione si ritrova

in Antonius

è la più

chiara

una

servetta

Diogenes

testimonianza

reticente,

di nome

in un

sull’uso Mirtò,

contesto

che

dell’oggetto: viene

invita-

ta a prendere un γραμματεῖον δίθυρον, di quelli che si portano a scuola (τῶν [τοιούτων, οἷα ἐς διδασκάλου ἐπεφερόμεθα)." Un’espressione similare, σανίδιον φιλούρινον δίθυρον, è attestata da Cassio Dione in relazione a una tavo-

letta sulla quale l’imperatore Domiziano aveva scritto (ἐσγράψας) i nomi di quanti sospettava lo volessero uccidere, e che teneva appesa al capezzale del suo letto.’ loxupatetov

τρίπτυχον

πλειόνων

TTÙYMWYV/TOALUTTULYOV.

(tavoletta per scrivere a tre o a più pieghe). Nel 1]. Iv dell’Onomasticon Polluce informa che fino a due pieghe il γραμματεῖον veniva accompagnato dall’aggettivo δίθυρον, mentre se era composto da tre o più pieghe si usavano gli aggettivi τρίπτυχον e πολύπτυχον 0, come si indica nel l. x con una perifrasi, πλειόνων πτύχων. 5

Al di fuori della ripresa di τρίπτυχος in Esichio,”7 che dipende direttamente da Polluce, non esistono altri paralleli significativi. La locuzione πολύπτυχοι δέλτοι, per la quale è ipotizzato l'utilizzo per la stesura di ! Hdt. 7.239.

Hesych. è 1775 Latte δίθυρον γραμματείδιον -δίπτυχον.

N

WM

A

Suida x 443. 3 Adler s.v. Παράστασις. Anton. Diog. De incred. fragm. (PSI 10.1177), Cassio Dio. 67.15.3. ° Poll. Hesych. 9 946. 1-2 Latte s.v. Bupic'...Bupidac γραμματείων πτύχας. καὶ δίθυρον λέγουσι, οὐ τρίθυρον, 28

6-7. IV 18.7-19.I. Ἀττικοὶ τὰς τῶν ἀλλὰ τρίπτυχον.

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

un’opera letteraria, finalizzata perö ad una circolazione limitata,'

si ritrova in Luciano?

e in Basilio.

Δέλτοι (tavolette di legno per scrivere). Il fatto che nella prima attestazione letteraria, costituita dal Prometeo di Eschilo, il termine sia già utilizzato metaforicamente in riferimento ai ricordi come ‘tavolette scritte

del pensiero’, indica che il fenomeno relativamente nuovo della scrittura era già venuto fuori dalla propria tecnicità settoriale, ritornando

con la forza vivificante

del traslato alla lingua comune. A distanza di quasi dieci anni, Eschilo reimpiega la stessa metafora nelle Eumenidi in una immaginifica rappresentazione di Ade che da sotterra registra tutto nelle ‘tavolette scritte della sua mente’. È un testo tecnico di strategia militare, i Poliorcetica di Enea

Tattico

(Iv?)

ad offrire le caratteristi-

che della δέλτος e a definirne il rapporto con altri oxebn nella criptoscrittura. La procedura prevedeva le seguenti fasi: scrivere sul legno della tavoletta (ἐν δέλτου ξύλῳ γράψας), spalmare sopra della cera (κηρὸν ἐπέτηξεν),

scrivere sulla cera altre parole

(ἄλλα εἰς τὸν

unpòv ἐνέγραψεν) e infine, giunta la tavoletta a destinazione, raschiare la cera (ἐκκνήσας τὸν κηρὸν), leggere (ἀναγνούς), riscrivere (ὡσαύτως ἐπέστειλεν).“

(γράψας

πάλιν)

e rinviarla

! Degni 1992, p. 36. ? Ps. Luc. Amor. 44. 14. 3 Basil. homilia dicta in Lacisis, 31. 1444. 11-12 Migne, in rela-

zione ad una lunga lista di farmaci, che occupava molte tavolette. 4 Vd. Aesch. Prom.789 ἣν ἐγγράφου σὺ μνήμοσιν δέλτοις φρενῶν.

° Aesch. Eum.275 (Ἄιδης) δελτογράφῳ δὲ πάντ᾽ ἐπωπᾷ φρενί. ° Aen. Tact. Poliorc. 31. 14.

29

LIVIA

RADICI

Tale procedura poteva essere attuata anche se si scriveva su una tavoletta di legno di bosso (εἰς πυξίον) con

inchiostro nero:' bisognava far asciugare bene l’inchiostro (ἐᾶν EnpavBfvar), quindi far scomparire le lettere con la sbiancatura

(λευκώσαντα ἀφανίζειν τὰ γράμματα)

c infine, giunta a destinazione, immettere la tavoletta in acqua. A quel punto sarebbe apparso con chiarezza tutto quello che era stato scritto.” La δέλτος, che si riferisce a scritture dell’ ambito privato,* compare in varie storie che riguardano la

scuola. Nel De natura animalium Eliano (11-111P) racconta un

episodio dell’infanzia di Gelone di Siracusa: a scuola, dove si trovava, improvvisamente irruppe un lupo, che strappò coi denti la δέλτος dalle mani del futuro tiranno: ma Gelone fu lesto ad inseguirlo e ad averne ragione.*

Nelle Favole di Esopo si racconta di un bambino che rubò al compagno di scuola una δέλτος e la consegnò alla mamma, che per questo furto non lo rimproverò.? Caratteristica delle tavolette è la cera, descritta dal

comico Eupoli come elemento che unge ed appiana.° Tavolette compaiono sulle scrivanie dei poeti, come ! L’equivalenza tra δέλτος e πυξίον è assicurata da Etym. Gud. T p. 487, 37-40

De

Stefani.

2

Aen.

Tact.

Poliorc.

31.14.

3 Così DEGNI 1992, p. 36, che ne sottolinea l’impiego come «supporto per le epistole, ma anche per brogliacci di opere letterarie». 4 Ael. δέλτος.

NA

° Aesop.

13.1., Fabul.

in cui 261,

vers.

compaiono

i termini

διδασκαλεῖον

I, 2, 3, in cui compaiono

διδασκαλεῖον e δέλτος. ° Eup. fr. 95.19 Kassel-Austin ]b γοῦν λέγει τοιοῦτό]ν ἐστιν: “λέαινε τὰ δέλτου᾽».

20

ἀλλ᾿ ἐξάλειφε

e

i termini

τοῦτο

᾿Ξὸ

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

quelle di Nosside incerate dallo stesso Eros! e quelle di Stratone, non disposte ad accogliere argomenti cpici o tragici, in una immaginifica fusione del materiale scrittorio con l’ispirazione poctica e gli argomenti della poesia.” Delle uniche due attestazioni papiraccee entrambe di età imperiale, particolarmente significativa per il lessico specifico dei materiali scrittorî è la seconda. In essa il δικαστήριον affida ad un funzionario il compito di scrivere il deliberato su tavolette lignee e di pubblicarle ufficialmente. ? Il sostantivo déX701 è spesso accompagnato dall’aggettivo ξύλινοι, che rimanda al materiale di cui sono composte le tavolette, e dal verbo ἐγχαράσσω, che indirizza verso una scrittura realizzata non con l’uso di inchiostri, ma mediante incisione. Δελτίον (tavoletta per scrivere). Tra i brani, non molti, che ne attestano l’uso,“ il più interessante è costituito

da un caso di scrittura criptata citato da Erodoto e riguardante lo stratagemma messo in atto da Demarete per inviare in segreto agli Spartani un messaggio

che comunicava l’intenzione di Serse di invadere la Grecia. La procedura è simile, con qualche variazione, a quella suggerita da Enea Tattico e si articola nei sc! Anth.

Gr. 4.1.10 ἧς δέλτοις κηρὸν ἔτηξεν Ἔρως.

© Anth. Pal. 12.2.1-2 Μὴ ζήτει δέλτοισιν ἐμαῖς Πρίαμον..., Μηδείης πένθεα καὶ Νιόβης.

μηδὲ τὰ

3 SB 1. 5217 25-26 (post 4. Febr. 148Ρ) συνχειρογραφοῦντας αὐτῇ! [uN [δέϊλτοι--ς ἀλ[λ]οτρίίοις [ xey]oNobar e P.Lips. I. 64, 44-45 (368-

369P) σοὶ δὲ παρεγγυᾶ τὸ δικαστήριον ἐν ξυλίνοις δέλτοις Evyapd-/ ξαντι τοῦτο τῷ δημοσίῳ προθεῖναι. * Nessuna attestazione nei papiri. 31

LIVIA

RADICI

guenti momenti: sciogliere la cera dalla tavoletta (in questo caso un δελτίον δίπτυχον), scrivere il messaggio direttamente sul legno della tavoletta (ἐν τῷ ξύλῳ τοῦ δελτίου ἔγραψε), coprire lo scritto con un’altra colata di cera (ἐπέτηξε τὸν κηρὸν ἐπὶ τὰ γράμματα). Pervenuto

il messaggio a Sparta, fu una donna, Gorgò, figlia di Cleonimo e moglie di Leonida a suggerire il sistema di decrittazione: raschiando la cera (τὸν κηρὸν ἐχκνᾶν) avrebbero trovato il testo inciso sul legno (εὑρήσειν σφέας γράμματα ἐν τῷ ξύλῳ)."

Πίναξ πτυκτός (tavoletta per scrivere ripiegata). La iunctura, presente già in Omero, ? autore cui Polluce spesso

rimanda non come modello linguistico, ma in quanto testimone archetipale, è commentata a diciotto secoli di distanza da Eustazio, il quale, oltre a registrare l’equivalenza tra πίναξ e σανίς,5 ricorda che l'aggettivo πτυχτός

deriva dal verbo πτύσσω, che significa ‘fare delle pieghe” (πτυχκτά).΄ «Πίναξ», come afferma la Degni, «generalmen-

te indica una tavola o un codice ligneo impiegato in ambito pubblico, per attività scrittorie “politiche” ...il cui uso è stato particolarmente promosso nel periodo della democrazia, per le esigenze del rendiconto, della registrazione, ma anche della notificazione di quanto riguardava gli interessi della città».

! Hdt. 7.239. Il brano è citato in Suid. e 1608, 1-2 Adler, s.v. ἐξέχνισεν. 2. Hom. Il. 6.169. 3 Per cavic vd. infra n. 4. 4 Eustath. Ad Il. 6. 168-169, 2.272.8 Van der Valk rive£ı, τουτέστι σανίσιν πυξία. νά. anche. Eustath. ad Il. 6. 168-169, 2.273.11-I4 Van derValk Πίνακα δὲ rruxröv, ὅ φαμεν δέλτον ἤτοι βιβλίον N πιττάκιον. ? DEGNI 1992, p. 36. 32

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

Πινακίς (πινακίδιον (tavoletta per scrivere). Nella Vita di

Eumene, Plutarco riporta quanto riferisce Neottolemo ai Macedoni sul diverso comportamento dei generali di Alessandro al funerale di quest’ultimo: Perdicca seguiva con indosso lo scudo e la lancia, mentre Eumene,

suo

segretario

e cronista,

teneva

in mano

un

γραφεῖον e un πινακίδιον. Che in questo caso si tratti

di un diminutivo depotenziato, poiché nessuna indicazione autorizza a pensare ad una dimensione ridotta della πινακίς, è quanto si desume dalla sequenza sinonimica presente nella tarda lessicografia, che lo mostra equivalente a termini che indicano genericamente un supporto scrittorio.?

Oltre al luogo delle Tesmoforiazuse di Aristofane richiamato da Polluce,? in cui il comico, con la ripetizione

dei

sinonimi

δελτοί

e πινακίδες, ridicolizza

l’i-

nutile espediente della scrittura sia per la salvezza di Palamede nell'omonima tragedia curipidea, sia per la liberazione del parente nella sua commedia, il termine ! Plut. Eum. ἠκολούθει.

1.6.2-3 Εὐμενὴς

Sulla funzione,

δὲ γραφεῖον

onorevolissima,

ἔχων

καὶ πινακίδιον

di segretario

loco) di Filippo e di Alessandro, svolta da Eumene riodo

ventennale,

vd.

anche

Corn.

Nep.

Eumenes

(scribae

per un pe1. 5-6.

Sulla

redazione delle Efemeridi di Alessandro Magno, allestite giorno per giorno sotto la supervisione del segretario Eumene e del sovrano, vd. CANFORA 1993, 21. Πινακίς e γραφεῖον compaiono in mano ad un orante che, inginocchiato su tappeti, si appresta ad innalzare la sua preghiera alla divinità (vd. PMag

13. 137-138

Preisendanz). © Suida n 1611 Adler s.v. πινακίδιον. δέλτος, τιτλάριον, σχεδάριον. 3 Arist. Thesm. 778. Il termine è registrato anche da Phryn., Ecl. 142.1 Fischer, tra i termini che all’accusativo hanno la pe-

nultima breve. 33

LIVIA

ricorre

in un

frammento

RADICI

del comico

Filillio, in una

scena nella quale si chiede ad un personaggio di leggere il testo da una tavoletta (ἐκ rıvaxidog).'

Quasi uno status-symbol dell’intellettuale, πινακίδιον c γραφεῖον in mano completano la figura di Euripide in un cpisodio riportato da Ateneo? e sono parte dell’attrezzatura di cui, insieme al νοῦς, rispondendo ad un fanciullo desideroso di frequentare la sua scuola, il filosofo Antistene,

consiglia

di provvedersi.?

Plutarco il κόλαξ è paragonato al maestro rimprovera lo studente per la tavoletta e δέλτου καὶ γραφείου), non si accorge che quest’ultimo usa solecismi e barbarismi.* Il termine πινακίδιον entra dentro una

In

che mentre lo stilo (περὶ nel parlare storia di mi-

rabilia raccontata da Aristotele: «se uno scrive su una

tavoletta il contenuto del giuramento, e butta la tavoletta in acqua, nel caso in cui il giuramento sia sincero, la tavoletta galleggia; se invece è falso, dicono, la ! Philyll.

Com.

fr.

τὸ

Kassel-Austin

1-2

ἐκ τᾶς

πινακίδος

δ᾽ ἀμπερέως, ὅ τι καὶ λέγει] τὰ γράμμαθ᾽, ἑρμήνευε. Per la trattazione dei complessi problemi posti dal frammento, rimando a RADICI

20174,

” Athen.

pp.

7-18.

13.45.2-6.

Si tratta dell’episodio

in cui la cortigiana

Laide visto Euripide in un giardino, con carta e penna in mano (Εὐριπίδην ἰδοῦσαν ἐν κήπῳ τινὶ πινακίδα καὶ γραφεῖον ἐξηρτημένον) lo interpella ironicamente. Il luogo riecheggia Eur. Hipp. 856857, dove ad essere appesa alla mano (ἐκ φίλης χερὸς ἠρτημένη) della corifea che va incontro a Teseo appena tornato dall’Ade è una δέλτος. 3 Diog. Laert. 6.3 πρὸς τε τὸ Ποντικὸν μειράκιον μέλλον φοιτᾶν καὶ πυθόμενον τινῶν αὐτῷ δεῖ, φησί, «βιβλαρίου καινοῦ καὶ γραφείου καινοῦ καπινακιδίου καὶ νοῦ», τὸν νοῦν παρεμφαίνων. Lo stesso episodio è

raccontato 514 capitato ad Isocrate, fr. 14.2-3 Sauppe. 4 Plut. Quomodo adulator ab amico internoscatur 59 F 9-10.

34

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

tavoletta scompare sul fondo e chi ha giurato prende fuoco».! Πινακίς dà infine corpo al concetto astratto dell’anima materiale (ὁ νοῦς ὁ dALX6c), immaginata come una tavoletta non scritta (ἐουκὼς πινακίδι ἀγράφῳ), pronta

ad accogliere i segni della scrittura.” D. Cera e malta

Due termini, κηρός (cera) c μάλθη (misto di pece e cera) indicano il prodotto con cui venivano incerate le tavolette per scrivere. Un brano di Erodoto, che descrive la preparazione di una tavoletta δίπτυχον per una operazione di criptoscrittura, racconta sia l’operazione di raschiamento

della cera al fine di scrivere direttamente su legno (τὸν unpòv... ἐξέκνησε), sia la successiva ricopertura con una

nuova colata della stessa, per coprire il testo che era stato scritto (ὀπίσω ἐπέτηξε τὸν κηρὸν ἐπὶ τὰ Yohuuata).?

Da un testo pseudodemostenico risulta che la scrittura di una testimonianza sulla μάλθη in ambito giudiziario era motivata dalla maggiore possibilità di apportare aggiunte o cancellazioni al testo.4 La presenza della μάλθη tra gli σκεύη δικαστικά è confermata da Polluce.’

Dal numero delle ricorrenze e dal posto occupato dai termini κηρός e μάλθη nella lessicografia tarda, ! Arist. Mir. Auscult. © Alex. Aphr. de An.

3 Hdt

7. 239. Una

834b 12-14. 84. 24.

terminologia vicina a quella erodotea

ritrova anche, declinata in termini metaforici, in Anth. το Noootdog ἣς δέλτοις κηρὸν Ern&ev Ἔρως.

si

Gr. 4. 1.

* Ps.Dem. In Steph 2.11.7-8 ἐν μάλθῃ γεγραμμένην τὴν μαρτυρίαν, ἵνα, ἐάν τι προσγράψαι ἣ ἀπαλεῖψαι βουληθῇ, ῥάδιον ἢ.

? Poll. vırı 16 σχεύη δὲ δικαστικὰ ...πινάκιον τιμητυκόν, μάλθη. 25

LIVIA

RADICI

si evince che il primo è il termine più comune già a partire da testi di ν᾿, dopo l'affermazione sull’antico bürrog,'c viene usato come glossema del secondo dalla lessicografia. ? La particolare morbidezza della μάλθα è comicamente sottolineata anche da Aristofane, che in un frammento presenta dei personaggi che «mangiavano

la μάλθα dalle tavolette ».? Una glossa esichiana scandisce la differenza tra i due termini: la μάλθα è un κηρὸς ἀπαλός, cioè una cera morbida. Tali testimonianze sono confrontabili con quanto riporta Diogene Laerzio, sul fatto che lo stoico Cleante (IV?) si serviva di tavolette di legno spalmate di cera dura (σχληροκήροις δέλτοις), sulle quali si stentava a scrivere, ma

che avevano

il pregio

di assicurare la

conservazione dello scritto nel tempo.’ e. Strumenti di scuola (‘cartella’ del παῖς e corredo del maestro) La sezione dei termini relativi ai materiali scrittorî con-

sente di vedere anche il contenuto della ‘cartella’ con la quale un παῖς ateniese si reca a scuola (παιδαγωγεῖον)

dal maestro (γραμματιστῆς) per imparare a leggere e a scrivere e per ricevere una adeguata istruzione. ! Poll. x 59 τὸν ἐπιτήδειον εἰς τὸ χκατασημαίνεσθαι κηρὸν oi παλαιοὶ ῥύπον ὠνόμαζον. © Vd. anche Harp. p. 198.4-5 Dindorf, s.v. μάλτη: ὁ μεμαλαγμένος χηρός.

5. Aristoph.

fr. 163 Kassel-Austin.

4 Hesych. u 177 Latte s.v. μάλθα-κηρὸν ἀπαλόν (em. Vossius: μαλθα κηρὸν ἀπαλῶς codd.). ? Diog.

Laert.

7.37.7-8.

Sim.in

Suid.,

ὃ 202 Adler

s.v. δέλτος

e σ 638 Adler s.v. σχληρόκηροι δέλτοι. L'aggettivo ᾿σχληρόκηρος᾽ è hapax. 36

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

Tale sezione è parallela ad una analoga del |. Iv, in cui Polluce elenca le azioni svolte dal maestro (ypauuorıorng) e gli strumenti di cui si serve per com-

pierle.' Sono comuni ad entrambe i seguenti σκεύη. Γραφεῖον)παραγραφίς (stilo). Ambedue i termini, deverbativi rispettivamente di γράφω e παραγράφω, indicano

lo strumento appuntito, impiegato per incidere sulla tavoletta i segni delle lettere. La trattazione comune è determinata,

oltre che dalla comunanza

del radicale e

del significato, dal fatto che essi si strutturano spesso in un rapporto tra glossa e glossema. Le attestazioni principali di γραφεῖον rimontano a Polluce, che ne illustra la funzione ed i contesti d’uso.

Nel 1. rv, relativo alle attività del maestro, ᾿γραφεῖον᾽ ce παραγραφίς sono

gli strumenti

con

cui

il maestro

compie la precipua azione del suo ruolo, l’ insegnamento

della scrittura, yp&osıv.”

Nel 1. x all’interno degli strumenti indispensabili che lo scolaro deve portare a scuola si ritrovano γραφεῖον e

παραγραφίς, in una perfetta specularità che affianca maestro e allievo nell’uso degli stessi strumenti di lavoro.3 IIv&tov/ πυξίδιον (tavoletta per scrivere di bosso). Un dello

attrezzo che non doveva mancare nella cartella scolaro ateniese era la tavoletta su cui scrive-

! Poll. ıv 18-19.

2. Poll. ıv 18 τῷ γραφείῳ παραγράφειν, τῇ παραγραφίδι. Oltre che nei due luoghi dell’Onomasticon, παραγραφίς è attestato soltanto un’altra volta in un testo cristiano del ııP (Aq. Is. 44. 13

Field): vd. LSJ s.v. rapaypaots, che traduce con «writing instrument».

Il termine,

così

scarsamente

nelle testimonianze papiracee.

attestato,

non

è presente

3 Poll. x 59. 37

LIVIA

RADICI

re. Sorprende però constatare che dopo l’elenco di ben dieci termini tutti variamente riferiti ai supporti scrittorî (βιβλία, χάρται, ἰττέλαι, διφθέραι, γραμματεῖα, γραμματείδια, δέλτοι, δελτία, πίναξ, πινακίς) venga fuo-

ri solo a questo punto un’altra parola, πυξίον, che peraltro lo stesso Polluce afferma di aver trovato utilizzata per indicare la tavola del pittore,? ma che inserisce nell’ambito dei supporti scrittorî forte della testimonianza di Aristofane.3 Nel 1. ıv lo stesso termine, anche nella variante grafica πυξίδιον, è incluso nella sezione dedicata agli attrezzi del mestiere del maestro che, a differenza degli allievi, ha a sua disposizione altri supporti, anche più complessi: δέλτος )δελτίον δίπτυχον; γραμματεῖον δίθυρον; πίναξ TTUATOC.'

Rimane da indagare sulla specificitä di πυξίον rispetto agli altri sinonimi. Al ν᾿ appartiene l’aneddoto raccontato da Luciano, relativo al fatto che uno scrittore di tragedie scadenti ce risibili, Dionisio di Siracusa, si procurò il ru&tov sul

quale Eschilo aveva scritto cose egregie, pensando di diventare grazie all’uso dello stesso supporto scrittorio un pocta ispirato. Come era prevedibile, l'esperimento ! Poll. x 57-58. © Anaxandr. fr. 14 Kassel, Austin,

dove

si dice ad un pittore

«prendi una tavoletta (πυξίον) e siediti». Il πυξίον è esplicitamente

Bekker):

indicato

come

‘tavola

del pittore’

in Lex.Segu.,

p. 113,1

Πυξίον: ὅπου οἱ ζωγράφοι γράφουσιν. Per πυξίον glossema

di πινάκιον, vd. Suid. 7 1612.1-2 Adler s.v. πινάκιον-πυξίον.

5. Aristoph.fr. 879 Kassel-Austin. Il fr. è citato da Polluce oltre che in x 59, anche in IV 18 («καὶ δελτίον δὲ τῶν ἐν γραμματιστοῦ, καὶ πυξίον καὶ πυξίδιον -ἔστι γὰρ παρ᾽ ᾿Αριστοφάνει τοὔνομα- καὶ δέλτος»). 4 Per i commenti ai singoli termini vd. supra rispettivamente

pp. 16-20; 20-21; 21; 21-23; 23-25; 25-27; 27-28; 29-31; 31-32; 32;

32-35. 38

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

non funzionò e su questa tavoletta scrisse cose ancora peggiori.'

Un’informazione particolare viene da un passo di Enea Tattico relativo all’illustrazione di tecniche crittografiche,” dal quale si evince che le modalità di decrittazione del messaggio nascosto sono differenti a seconda

che si sia usato per scrivere un δέλτος o un

πυξίον. Nel primo caso, il testo da criptare viene nascosto da uno strato di cera, sul quale viene poi sovrascritto il messaggio-civetta: bastava che il destinatario grattasse la cera dal δέλτος per ritrovare il testo nascosto. Nel caso invece che il supporto scrittorio fosse costituito da un ru&tov, dopo la scrittura del messaggio con l’inchiostro (μέλαν, bisognava che il mittente avesse cura di far essiccare quest’ultimo al meglio possibile, e di seguito procedesse ad imbiancare il πυξίον per nascondere quanto scritto:3 una volta recapitata al destinatario, la tavoletta doveva essere immersa

nell’acqua per far riapparire il testo nascosto. Μέλαν (inchiostro)

e

μελανοδόχον

(calamaio).

Che

la

specificità del πυξίον sia quella, di essere un supporto scrittorio di legno di bosso su cui si scriveva con l'inchiostro,

è confermato

dal

fatto

che

nel

Il. x,

a

disposizione dello scolaro di cui sta parlando Polluce non c'è la cera (κηρός) che si spalmava sulle tavolette, ! Luc. Ind. 15. ©

DEBIDOUR

2005,

pp.

213-245.

Per

l’invenzione

da

parte

di

Enea Tattico di un tecnica di comunicazione a distanza, vd. Foucault de 1934, pp. 111-114. 3 Vd. Aen.Tact. 31.14.

4 Per la denominazione di πυξίδες data alle tavolette di legno di bisso (ἐκ πύξων), vd. Eust. ad Il. 6. 168-169, 2 p.273. 7-8 Van der Valk.

39

LIVIA

RADICI

ma l’inchiostro (μέλαν) e il contenitore dell’inchiostro (μελανοδόχον), un nome parlante attestato nella forma

aspirata solo nell’Onomasticon,' e nella forma non aspirata μελανοδόκον dalla tarda lessicografia.? L’inchiostro compare anche nella sezione del I. ıv relativa al maestro, che ha il compito di prepararlo (τὸ μέλαν τρίβειν).

Rimangono invece un’esclusiva dello scolaro la καλαμίς c il κάλαμος. Καλαμίς

(custodia,

astuccio

per

contenere

ypageta

e

κάλαμοι). Nella lessicografia tarda, solo una glossa esichiana registra, accanto a vari altri significati (‘addobbo

per le chiome’,

‘strumento

musicale’,

‘collana

d’oro’, ‘amo da pesca’), quello che ne giustifica l’inserimento da parte di Polluce nella sequenza degli strumenti scrittorî, come γραφείων θήκη, cioè custodia dei γραφεῖα.4 Tale testimonianza è particolarmente preziosa, non solo perché fornisce l’esegesi della glossa, ma anche perché fa parte, assieme a due tarde attestazioni bizantine, dello sparuto drappello di attestazioni del termine in contesti relativi alla scrittura.’ ! Poll. x 60 ” Cfr. Zonar. p. 1512. 12-13 Tittmann s.v. ravdoxetov. Anche Orus Att., fr. 69 Alpers

s.v. πανδοκεῖον

sconsiglia vivamente

le

forme in y. 3 Poll. ıv 59. È di esclusiva competenza del maestro detergere con la spugna i banchi (τὰ βάθρα σπογγίζειν) e spazzare la scuola (τὸ παιδογωγεῖον xopeîv). 4 Hesych. x 403 Latte s.v. καλαμίς -... γραφείων θήκη. > Μά. Manass. Comp. chron. 2723-2724, dove una χαλαμίς

ed

una γραφὶς πορφυρόβαπτος (‘intinta nella porpora’) compaiono assieme a χάρτη e γράμμα nelle mani del βασιλεύς; vd. anche 40

UNA

Κάλαμοι

CONVERSAZIONE

(penne).

ta che veniva

Penna

imbevuta

SUI

BIBAIA

costituita da canna

appunti-

di inchiostro,

denuncia

come

l'etimologia! il κάλαμος è complemento abituale delle scene di scrittura. Demostene era solito accostare alla bocca e mordicchiare un κάλαμος quando rifletteva su cosa scrivere. Καλαμοβόας, «uno che grida con la penna», è l’epiteto attribuito al filosofo Carneade, che coi suoi avversari ingaggiava dispute non a parole, ma

a

colpi di κάλαμος.5 Il suo uso è persistente nel tempo: in due tardi epigrammi Giuliano, console e prefetto d’Egitto

intorno

al 530°, informa

sulla tecnica

di

costruzione dei x#Aauor/canne, che si fendono facilmente (εὐσχιδεῖς) c vengono appuntiti da una pietra affilata (θηγαλέη), e ne esalta la funzione, facendo assurgere i x&Aauor/penne, simbolica sintesi insieme alla boccetta per l’inchiostro

(ἄγγος

μελανοδόκον)

di tutti

gli strumenti scrittori, al ruolo epico di custodi, per chi verrà dopo, della voce (γῆρυς) di chi non c'è più.‘ CONCLUSIONI

Come concludere questo commento alla ‘conversazione sui βιβλία᾽} Mich.

Psell. Poem.

21. 175-176

dove

i termini

χαλαμίς

e μέλαν

sono impiegati metaforicamente. !

Cfr.

CHANTRAINE

1968-1974,

2 Plu. Dem. 29.4. 3 Su γραφεῖον, strumento

P. 483,

5.ν. κάλαμος.

scrittorio, vd. supra, p. 37.

4 Anth.Gr. vi 68 4-6. Un procedimento simile l’autore adotta anche in 67, 3-6, in cui l'inchiostro (μέλαν) insieme

alle penne /

κάλαμοι venute fuori dalle σαηπο (κάλαμοι la cui guancia (γήνυν) smussata è stata affilata da una pietra ricavata da una roccia forata (πολυτρήτου .. «ἀπὸ πέτρὴ) sono definiti «segreti della voce umana» (μυστήρια φωνῆς ) ἀνδρομέης). 41

LIVIA

RADICI

Innanzitutto va reso atto a Polluce della ferrea logica che ha regolato non solo la costruzione delle singole sequenze sinonimiche, ma anche l’ordine della loro successione.

Il fatto che l’organizzazione del testo abbia potuto essere articolata nelle cinque sezioni da noi individuate senza che si sia reso necessario operare sposta-

mento né

nella

alcuno loro

né all’interno delle singole sequenze successione,

è la

dimostrazione

della

chiarezza progettuale di Polluce nel momento in cui si accinse a scrivere questa conversazione, tuisce un ‘romanzo (cioè una narrazione

che costicontinua)

della scrittura, quale non si trova in alcun trattato tecnico.

Infatti la successione degli argomenti che mette in fila - i supporti scrittorî (rispettivamente

su: a. carta 0

fogli di papiro; b. pelli di animale; c. legno), - i composti utilizzati per la preparazione dei supporti lignei alla scrittura (d. cera e malta), - gli strumenti dello scolaro (e. carta, penna,

inchio-

stro e calamaio)

procede secondo quello che è definibile un ordine ‘domestico’ o ‘metodico’, che passa da un sequenza sinonimica all’altra seguendo l'ordine logico dell’impiego dei singoli σκεύη.

In secondo luogo, i paragrafi polluciani sugli σκεύη relativi alla scrittura costituiscono, grazie ai presupposti atticisti del lessicografo, un importante spaccato dell'ambiente culturale e sociale dell’Atene del v?, at-

traversato dalla progressiva affermazione della scrittura. La terminologia estrapolata da Polluce dai testi attici, come è dimostrato dal commento che ha messo insieme testimonianze cronologicamente omogenee 42

UNA

CONVERSAZIONE

SUI

BIBAIA

seguendo il filo conduttore delle parole, diventa la fotografia di questo momento di passaggio, resa possibile dalla cornice costruita dal lessicografo. ABBREVIAZIONI

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POLLUCE

ALESSANDRA

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nel 1900 il primo

volume

dell’editio di Polluce, intrec-

ciando il suo nome a quello dell’autore dell’Onomasticon.”

Parole ancora attualissime, che riescono sorprendentemente a delincare la metodologia di utilizzo, definita da Radici Colace «tra guadagnina e saccheggiatoria»,3 cui l’opera è stata per tanto tempo sottoposta. Sono davvero scarsi i lavori dedicati ad uno studio esclusivo di Polluce e dunque limitato è stato l’interesse per la struttura complessiva dell’Onomasticon. L’opera, una vera e propria miniera di termini e informazioni, è stata sempre consultata in maniera sommaria

da fruitori occasionali e frettolosi, che non

hanno tenuto conto delle motivazioni alla base della composizione, della sua collocazione storica, delle fonti utilizzate dall'autore e del metodo di lavoro da lui adottato. Polluce è stato studiato per porzioni di testo, per frammenti a volte talmente ridotti da coincidere con termini isolati; tutto questo ha evidentemente !

BETHE,

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in RADICI

COLACE, 3

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GULLETTA

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1992, presenta-

COLACE

1997,

p. 4.

ALESSANDRA

CIRONE

impedito di individuare i fili che attraversano l’intera opera, connettendone le varie parti secondo una logica interna, la cui comprensione è invece indispensabile per illuminare il significato dei singoli testi citati. È pertanto necessario, se davvero

si vuol provare

a

comprendere l’Onomasticon, utilizzare questa metodologia, adottata per lo studio delle sezioni monetali di Polluce,! e riproposta da Radici Colace nel convegno di Lione.? Come è stato già evidenziato,? la rosa di testi utilizzati da Polluce - atticista, anche se non di stretto ri-

gore, per quanto si evince dalla polemica con Frinico* — comprende autori di v e Iv secolo a.C., con qualche trasgressione sia verso l’alto (Omero)

sia verso autori

di ııı secolo a.C.? ! Vd. CACCAMO

CALTABIANO,

RADICI

COLACE

1992.

2 Nelle lettere prefatorie Polluce in più punti interviene a giustificare determinate scelte o assenze dal suo βιβλίον, in generale spiegando la funzione del suo lavoro. Per il significato delle lettere prefatorie in relazione alla costituzione generale dell’opera vd. Radici Colace, in MAUDIT, 3 4

2013, pp. 25-34.

RADICI COLACE 1997, pp. 3-19. NAECHSTER 1908, pp. 29-34.

> Della controversia che vedeva opporsi a Polluce dei non meglio precisati obtrectatores è lo stesso autore dell’Onomasticon a dare notizia, in maniera più o meno velata, in vari punti della sua opera. Nella lettera incipitaria del settimo libro il maestro spiega al suo allievo quali e quante difficoltà presenti un’opera del genere, concludendo che nessuno avrebbe potuto aiutarlo nel suo lavoro. Nella lettera prefatoria al sesto libro, quando ormai l’augusto destinatario doveva aver compreso i fini e i metodi del lavoro del suo maestro, Polluce sente l’esigenza di definirli meglio, quasi rispondendo ad accuse di incompletezza. Di questa polemica troviamo le tracce anche nell’incipit al quarto libro (vd. RADICI COLACE 2013 p. 26 e p. 29). 48

OGGETTI

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

Sta di fatto che nella lettera introduttiva del libro x vengono fornite alcune precisazioni sul metodo adottato nel raccogliere la terminologia specifica relativa agli σκεύη, che comprende anche termini non documentati

dall’uso

letterario,

ima

attinti

direttamente

dall’uso comune (χρεία).

In un passo della lettera prefatoria è possibile leggere questa affermazione: Poll.

x

2,

II-I4

«εἰ δέ τινα τῶν νῦν εἰρημένων

κἀν τούτῳ

γέγραπται, μὴ πάνυ θαυμάσῃς: ἀθροίζοντα γὰρ τὰς τῶν σκευῶν προσηγορίας οὐκ ἐκ τῶν παλαιῶν συλλέγειν μόνον ἀλλὰ κάκ τῶν

ἰδίων ἔδει». [Trad.

‘se alcuni dei nomi

che sono

ancora in uso ai no-

stri giorni si trovano registrati anche in questo libro non fartene meraviglia. E necessario che chi raccoglie i nomi relativi agli utensili, non li raccolga solo dagli antichi, ma

anche dai parlanti].

Dunque, non solo le fonti canoniche, i testi degli auctores sono considerati utili per la raccolta di termini relativi agli σκεύη da parte di Polluce; ma egli stesso, come suggerisce nel passo succitato, va alla ricerca di ὀνόματα, che solo i parlanti conoscevano e impiegavano nella comunicazione quotidiana. Questa affermazione, finora non particolarmente attenzionata, ha richiesto una puntuale verifica, per capire quali e quanti ἴδια ὀνόματα siano presenti nel libro x dell’Onomasticon;

ciò

ha

consentito

di individuare

una quantità significativa di lemmi, in genere mimetizzati all’interno di strisce sinonimiche, di cui Polluce

è il primo o unico testimone. In questa sede se ne offrirà una prima selezione.

49

ALESSANDRA

CIRONE

A. αὐτόσχκευος. Nel contesto dei vari generi di equipaggiamento militare, dopo aver citato Tucidide che definisce i popoli a confine con gli Sciti öu6oxevor,” cioè equipaggiati allo stesso modo, Polluce introduce il termine αὐτόσχκευος, il cui significato è accostato a quello di αὐτουργός,

‘lavoratore in proprio’:3 «καὶ αὐτόσκευος

ὁ αὐτουργός» [Trad. ‘e il lavoratore in proprio è uno αὐτόσκευος (che si è fatto da sé)'].

Nell’accezione

specifica

di sinonimo

di αὐτουργός,

αὐτόσχευος è utilizzato solo da Polluce: ciò basterebbe

a spiegare l’interesse che il termine riveste. Ad evidenziare ulteriormente l’importanza della citazione, che è anche la prima per detto lemma, è il fatto che αὐτόσγχευος

si trova

attestato,

in contesti

totalmente

differenti, solo in autori posteriori a Polluce. L’aggettivo adTtéoxevoc, prima appannaggio della lingua comune e pertanto inattestato, probabilmente è entrato in seguito a far parte delle lingua colta, come dimostra la sua presenza nelle seguenti fonti: Synesius, Epist. αὐτόσγχευον»

148,

τ14:4

«λύριόν

τι ποιμενικὸν

λιτὸν καὶ

[Trad.‘Una piccola lira da pastore, semplice (λιτὸν) e fatta da sé (αὐτόσχκευον)].

Qui αὐτόσχκευος nimo di Arröv, descritto. Come stesso aggettivo

è impiegato dal filosofo come sinoper definire la semplicità dell’oggetto sinonimo di λιτόν, Sinesio impiega lo ancora nel De insomniis.?

! Poll. x 14, 8. 3 ThGL s.v. αὐτόσχκευος,

2 Th., II 96.1, III 95.3. II cc. 2563-2564: poiché αὐτουργός ha

sia un significato attivo (‘che lavora da sé’) sia passivo (‘fatto da SÉ ). >

4 Synes.

De

insomniis

(12,

23)

GARZYA

LAMOUREUX

50

2000, 2004,

III, p.

p. 296. 291:

«καὶ

OGGETTI

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

B. ἱστιοπάμων.᾽ Questo lemma non è attestato in alcun lessico o dizionario di riferimento e nessuno degli auctores più volte citati da Polluce lo ha mai utilizzato. In realtà è parola totalmente sconosciuta, che solo il lessicografo impiega in un passo dell’Onomasticon, nell’enumerare le varie voci con cui è possibile definire il padrone di casa (οἴκου δεσπότης). Si

tratta,

perciò,

di

un

caso

eccezionale

(anche

se

non l’unico) di un termine certamente conosciuto dai

parlanti, che Polluce ha ritenuto opportuno presentare come sinonimo di altri, per arricchire il vocabolario del futuro imperatore. ? «Τὸν μὲν οὖν τοῦ παντὸς οἴκου δεσπότην ὅτι nal ναύκληρον καὶ ἱστιοπάμονα Δωρικῶς καὶ στέγαρχον καὶ στεγανόμον κλητέον»

[Trad. ‘Hai dunque detto prima che il padrone di tutta la casa deve essere chiamato

sia ναύκληρος (colui che affitta

una casa) sia ἱστιοπάμονα in Dorico sia στέγαρχος (padrone

di casa) sia oreyavöuog (padrone di casa)”]. Totrotduova,

attestato

solo

qui

al caso

accusativo,

sa-

rebbe pertanto una parola del sermo cotidianus, composta da ἱστίον (che indica la vela, o meglio la tenda, da intendersi in questo contesto come abitazione) e da πᾶμα

(il possedimento):

ἱστιοπάμων,

di conseguenza,

τὸ δημοτικὸν αὐτῆς μάλα φιλάνθρωπον, καὶ TO λιτὸν καὶ TO αὐτόσκευον

μάλα φιλόσοφον». Cfr. Aristaen., Epist. 2,21,10, CONCA,

ZANETTO

2005: «αὐτόσχευον ἔρευθος»; Mich. Ps., Orationes Panegyricae, 4, 178, DENNIS 1994; Basilius, De vita et miraculis sanctae Theclae librii 11, 1, 26, 36, DRAGON 1978. ! Poll. x 20, 2.

? Scopo dell’opera è appunto quello di ‘collaborare allo sviluppo della facondia’, come il maestro sottolinea all’inizio della sua fatica, nella prima lettera a Commodo (Poll. 1 2, 2). 5I

ALESSANDRA

CIRONE

dovrebbe indicare, nel passo appena citato, il proprietario di una tenda. c. &uptuıroc.'

Il termine

è stato

citato per la prima

volta da Polluce, in due luoghi differenti dell’Onomasticon: la prima volta nel settimo libro dedicato alle τέχναι ἀγοραῖοιυ: Poll. vII 57, 2 «τὸ δ᾽ ὕφαδρον ἱμάτιον παχεῖαν χλαῖναν κλητέον καὶ σίσυν, ὥσπερ τὸν ἀμφίμαλλον χιτῶνα δασὺν καὶ ἀμφίμιτον»

[Trad. “ma la veste ὕφαδρον᾽ bisogna chiamarla παχεῖα χλαῖνα (spesso mantello) e otoug (vello di capra), come la tunica ἀμφίμαλλος (lanosa da entrambi i lati) δασὺς (pelosa) e ἀμφίμιτος (dalla doppia trama)”).

Nel decimo libro l'aggettivo è impiegato per indicare la particolare qualità dei tappeti e dei tessuti in generale: Poll. x 38, 7 «μήρου δὲ τὴν αἰγίδα ἀμφιδάσειαν εἰπόντος, ἔστι καὶ τὴν ἀμφίμιτον στρωμνὴν ἀμφιδάσειαν καλεῖν»

[Trad. ‘ma poiché Omero definì l’egida ἀμφιδάσεια (irsuta), è possibile anche chiamare la coperta ἀμφίμιτος (a

doppia trama) irsuta’]. Nel ıx secolo d.C. il termine ἀμφίμιτον è impiegato da Fozio per spiegare il significato di un altro aggettivo,

ἀμφίμαλλον (‘lanoso da entrambi i lati’): Phot. «,1349,1, s.v. ἀμφίμαλλον, I, p. 140 Theodoridis: «᾿Αμφίμα-«λξᾷλον: ἀμφίμιτον. «τοῦτο! ἀπὸ τοῦ μιτώσασθαι»

[Trad. ‘’Augtua%ov: ἀμφίμιτον. Questo deriva dal verbo μιτώσασθαι (tessere la trama)].

Fozio,

dunque,

chiarisce

l'etimologia

dell’aggettivo

ἀμφίμιτον, risalendo al verbo μιτώσασθαι. ! Poll. x 38, 7.

2 Termine 52

citato solo da Polluce.

OGGETTI

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

Anche in questo caso Polluce ha dato spazio nel suo vocabolario a un termine sconosciuto alla tradizione letteraria, proprio del sermo cotidianus. Tali lemmi, apparentemente dislocati nel testo senza una precisa logica, sono in genere proposti all’attenzione attraverso specifiche locuzioni, che ne individuano la natura di parole d’uso, prive di una tradizione letteraria specifica. Generalmente i termini sono enumerati in lunghe serie sinonimiche, all’interno delle quali, mimetizzati, trovano spazio anche lemmi non attestati o presenti

solo in autori posteriori a Polluce. In alcuni casi, però, l’autore, non avendo

l’assoluta certezza della validità

letteraria dei termini proposti, impiega locuzioni specifiche con le quali sembra manifestare, velatamente, i suoi dubbi: è il caso di τάχα δὲ καὶ (‘ma forse anche’);

ἔστι καὶ (‘è anche possibile’); o ancora verbi alla terza

persona

plurale

(ἐκάλουν, λέγουσι, καλοῦσι);

spesso

il verbo è un ottativo alla seconda persona singolare (εἴποις δ᾽ ἂν);

frequente

anche

il riferimento

a ἴδιοι,

πολλοί, τινες, termini impiegati dal lessicografo per indicare i parlanti del 11 secolo d.C., interrogati da lui personalmente. Poiché i casi esaminati sono numerosi se ne fornisce un clenco, ma

in questa sede ci si soffermerà solo su

una selezione. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll.

x x x x x x x x

15, 18, 31, 42, 42, 49, 52, 54,

I 13 2 4 9 6 4 3

τάχα δ᾽: σχκευοποιία εἴποις δ᾽ dv: παμπρασίαν δέοιτ᾽ ἂν: Tovia Ò dv εἴποις: πρασεῖος δ᾽ ἂν εἴποις: πορφυρομιγῆς ἐκάλουν: ἐπιθράνους ἂν εἴη: ἐνθρόνια δέοιτ᾽ ἄν τις ἔχειν: παρώπια 53

ALESSANDRA pi PI

εἰ δὲ καὶ ἐθέλοις: TO ἀναλογεῖον

ἄν τις εἴποι: καὶ φιδακνίδα καὶ φενακνίδα

pi

pi

λέγουσι: κανάξαι y 2 L / εἴποις δ᾽ > ἂν καὶ:\. τὴνLX. ἡδυσματοθήκην

PI

εἴποις δ᾽ ἂν καὶ: κυμινοθήχκη οἱ Θρᾶκες καλοῦσι: ζετραίαν

dI



lai

lar

7

pi PI

PI

PI

ἐρεῖ καὶ: κρατευτήρια ὅ τινες: ταγηνοστρόφιον ὠνομασμένον καὶ: δευτήρ ὃ τινες καλοῦσι: TTATEAALOV /

δ᾽ ἐκάλουν καὶ: μαρίλαν

Pd PI

Ὁ"

pi

ψ

εἰρῆσθαι νομίζουσι καὶ: μάτταν εἰρῆσθαι νομίζουσι: ματέλλαν /

Pi

\

τάχα δὲ καὶ: λαρκία οὐδὲν κωλύει: ἀρτοπτεῖον

PI

/

καλοῦσι: νῦν ἀρτόπτην καλοῦσι

pi

2.5

σὺ δ᾽ ἂν εἴποις καὶ: μυροφορεῖον καλοῦσι: παρωπίς

pi

/

3

\

Fr Pi pi

/

!

7

3

os

δὲ καὶ: τυροκομεῖον δὲ καὶ: τυροφορεῖον ῥηθείη καὶ: περιτομεύς δὲ καὶ: μοχλίον 7

Pd

\

εἴποις δ᾽ ἂν καὶ: λιθαγωγόν καλοῦσιν: συβήνην ἔνιοι ἀκούουσιν: σίφνιν ἔνιοι ἀκούουσιν: κάνυστρον

Pd

\

καλοῦσι: (τὰ λεβητάρια) παναγρίδας

Pi

pd

\

\

ἢ που ἢ που δ᾽ ἂν τάχα

y 0 ἢ εἴποις δ᾽ DIἂν καὶ:\. ὠλενίδας εἴποις δ᾽ ἂν καὶ: θυλακίσκιον

m

Pi

Pd

7

Pio Pd

Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll. Poll.

CIRONE

172, I 176, 2-2

„7

2.

?

“Ὁ

\,

2

\

/

/

δ᾽ ἂν εἴποις καὶ: κάνναβον

A. τάχα δ᾽ ἀπὸ τούτων χαὶ... ἣ σκευοποιία."

Il termine

è

attestato dai dizionari di riferimento? con il significa! Poll. x 15, 2. ° ThGL vin c. 357 s.v. oxevoroula; Sophocles s.v. σκευοποιία p. 993; LS] s.v. oxevototta p. 1607.

54

OGGETTI

E

REALIEN

to di fabbricazione

NLL’ONOMASTICON

di maschere

e arredi da teatro’,

simile alla parola oxevoroinua, appartenente alla stessa famiglia. A citarlo per primo è Polluce, solo nel decimo libro dell’Onomasticon: Poll.

x

15,2:

«τάχα δ᾽ ἀπὸ τούτων xai ἣ σχευωρία καὶ ἣ

σχευοποιία»

[Trad. ‘e probabilmente da questi nomi (αὐτόσκευος, ἄσχευος, ἀκατάσκευος) derivano sia σχευωρία (custodia dei bagagli) sia σκχευοποιία (fabbricazione di maschere e arredi da teatro)'].

Dopo aver enumerato i termini attinenti all’arredamento della casa e all’equipaggiamento, tutti composti di σκεύη, Polluce ipotizza una formazione analoga per il lemma oxevorota. Che si tratti di un'ipotesi e non di certezza è confermato dalla locuzione τάχα δ᾽, spesso impiegata dall’autore per introdurre lemmi a sostegno dei quali non è in grado di citare autori classici. Le indagini finora condotte, supportate da quest’ulteriore osservazione, dimostrano, dunque, che oxevorotta è termine della lingua d’uso, che Polluce impiega per la prima volta nella sua opera. Σχευοποιία è impiegato anche da Flavio Filostrato, nell’opera dal titolo Vita Apollonii, con il significato di ‘habitus’, appunto aspetto, veste:? Philostr. 6, 11, 11:

«ἐνθυμηθεὶς δὲ καὶ τὴν τέχνην,..., σκευοποιίας

μὲν ἥψατο εἰκασμένης τοῖς τῶν ἡρώων εἴδεσιν»

[Trad. ‘ma considerando anche la τέχνη;..., si dedicò alla fabbricazione di maschere (σκευοποιίας) raffiguranti l’aspetto degli eroi]. ! JONES 2005, V-VIII, p. 128. 2 ThGL s.v. σκχευοποιία, VII C. 357.

55

ALESSANDRA

CIRONE

Flavio Filostrato usa il termine oxevorotta nell’accezione suggerita dallo stesso Polluce, cioè ‘fabbricazione di maschere teatrali’: è probabile che questa parola fosse entrata di diritto nel lessico pertinente l’ambito teatrale proprio a partire dall’Onomasticon di Polluce che, da quanto si può ricavare da questa ricerca, fu il primo ad utilizzarla. B.

εἴποις δ᾽ ἂν... παμπρασίαν.

Il termine

παμπρασία

è

citato più di una volta nell’Onomasticon, indizio chiaro di un utilizzo consapevole e mirato. Nel decimo libro il maestro scrive Poll. x 18, 14: «εἴποις δ᾽ ἂν τὴν πρᾶσιν τῶν ἐπίπλων τὴν ὑπὸ κήρυκι γιγνομένην, παυπρασίαν»

ἣν

νῦν

ἀπαρτίαν

καλοῦσιν,

ἀγορὰν

χαὶ

[Trad. “ma potresti definire la vendita del mobilio, quella fatta da un pubblico banditore, che oggi chiamano ἀπαρτία (asta pubblica) ἀγορά (vendita) e παμπρασία (ven-

dita totale)”].

Il termine era stato già utilizzato da Polluce nel I. vi, nell’enumerare tutte le parole note composte nel loro primo elemento da «παν». Poll. vi 163, 3: «εἴποις δ᾽ ἂν καὶ mayyevel, πανστρατιᾷ, παναισχές, παμπρασία» [Trad. ‘potresti anche dire παγγενεί (con tutta la stirpe) πανστρατιᾷ (con tutto l’esercito) παναισχές (del tutto brutto) vendita totale (mraurpacoia)];

! Poll. x 18, 14.

? Con un errore d’accento da parte di Polluce o del suo epitomatore, l'aggettivo in funzione avverbiale è ravaioyec. 56

OGGETTI

e

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

ancora

Poll. vII 196, 2: «καὶ ἣ παμπρασία δὲ ἐπὶ τῶν πάντα πωλούντων λέγεται»

[Trad. ‘Inoltre si utilizza il termine παμπρασία (vendita totale) in relazione a chi vende ogni cosa’].

Polluce è l’unico ad impiegare questo termine, certamente ben noto, al punto da utilizzarlo in luoghi e contesti differenti dello stesso vocabolario. È interessante notare come il lessicografo introduca nel libro x una parola verosimilmente del lessico quotidiano, per la quale non può contare su fonti ‘ufficiali’, impiegando un verbo all’ottativo (εἴποις), seguito dalla particella &v, per suggerire al discente solo la possibilità di impiegare questa parola. Queste

osservazioni

confermerebbero,

dunque,

l’i-

potesi di un’origine popolare del termine raurpaote. Un'ulteriore

conferma

arriva

dal P.Oxy

3015,

21-27:

il papiro, danneggiato nella prima parte e datato al 11 secolo d. C., contiene disposizioni testamentarie. Si legge, infatti: «ὁ δὲ νόμος ὡς λέγεται δίδωσιν ἐξουσίαν τῶι τὸ πανπράσιον

\

οἰ κονομήσαντι καὶ κατασχόντα τοῖς τέκνοις τὰ ἴδια ἐκλέξασθαι ἐξ αὐτῶν ἕνα τῆς δευτέρας ἐξῆν αὐτῶ ὡς παῖδας αὐτοῦ

καὶ κληρονόμων ποιῆσαι. οὐκ οὖν παραπεσούσης ἀσφαλείας εἰς τὴν προτέραν ἀνέκαμψεν τὸ δίκαιον. ἐβούλετο διαθέσθαι κληρονόμους καταλιπόντι τοὺς ἐφ᾽οἷς ἐποιῆσατο τὸ πανπράσιον»

[Trad. ‘La legge, come si è detto, dà la facoltà a colui che ha trattato la vendita

totale (πανπράσιον),

anche

se

ha assegnato in eredità i suoi beni ai figli, di scegliere al

di fuori un altro erede. Quindi con la scomparsa della seconda assicurazione il diritto ritorni alla prima: lui possibile, come

era a

desiderava, disporre eredi, a patto che 57

ALESSANDRA

CIRONE

lasciasse i suoi figli, a favore dei quali aveva predisposto la vendita totale (navrpdorov)’].

Al rigo 21 compare il termine πανπράσιον, definito da Parsons' «a new word», di cui nessuna fonte greca chiarisce il significato. Si tratta di un termine appartenente alla stessa famiglia lessicale di παμπρασία, se non addirittura dello stesso lemma, giunto ad Atene con un accento differente (e allora παμπρασία sarebbe un neutro plurale). Apparentemente nel papiro è descritta una pratica familiare dei contratti demotici,? stipulati spesso anche dopo l’effettivo matrimonio, in cui il marito conferma di avere venduto alla moglie ogni sua proprietà, in cambio di un pagamento simbolico; a volte è aggiunta una clausola che contempla i figli nati dal matrimonio. Secondo Pestman? il termine προπράσις indicherebbe la medesima procedura in Grecia a partire da un differente punto di vista: si tratta della vendita totale dell’intera proprietà, come suggerisce il termine πανπράσιον, ma comunque di una vendita provvisoria (προπράσις), poiché il marito mantiene il diritto di disporne per il testamento. Nella mistione di popoli provenienti da province lontane, il termine παμπρασία può essere giunto ad Atene e Polluce, dunque, potrebbe averlo raccolto dai parlanti; oppure potrebbe aver deciso di aggiungere alla lunga lista di sinonimi una parola da lui conosciuta, diffusasi nell’Egitto del τι secolo d.C.

!

PARSONS

1974,

XLII,

pp.

“ PESTMAN

I961, p. 37 Sgg.

°

IY961,

PESTMAN

58

p. 41.

55-57.

OGGETTI

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

Παμπρασία allora non può che essere un termine appartenente alla lingua d’uso, giunto inaspettatamente sino ai nostri giorni grazie all’opera di Polluce. c. ἐπιθράνους δ᾽ ἐκάλουν." Un altro termine utilizzato esclusivamente da Polluce nel decimo libro dell’Onomasticon è ἐπιθράνους: Poll. x 49, 6: «ἐπιθράνους δ᾽ ἐκάλουν τὰ ξύλα»

[Trad. ᾿ἐπιθράνους chiamavano i seggi’.

È termine composto da una preposizione (ἐπί) che indica lo stare sopra qualcosa, il posizionarsi sopra, in questo caso il sedersi sopra un θράνος, cioè uno sgabel-

lo. Nella forma composta, non è menzionato da altri se non da Polluce?che, anche in questo caso, introduce un termine chiaramente non attestato impiegando un verbo (ἐκάλουν) estremamente generico, per il quale

è impossibile identificare un soggetto. Dietro questa terza persona plurale così poco chiara, potrebbero celarsi quei ‘root’, che più volte compaiono nell’Onomasticon, quegli ἴδιοι᾽ della lettera incipitaria, che altri non sono se non i parlanti, intervistati personalmente dal lessicografo. Ὁ. εἰδὲ καὶ τὸ ἀναλογεῖον ἐθέλοις." Si tratta anche in que-

sto caso di un termine di cui Polluce & il primo testimone. «εἰδὲ καὶ τὸ ἀναλογεῖον ἐθέλοις προσονομάζειν, οὕτω μὲν ἐπὶ τοῦτοϊῖς βιβλίοις ὑποκεισομένου παρ᾽ οὐδενὶ τῶν χεχριμένων 9N

LI

\

\

9

-

>

[A

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3

εὗρον, ᾿Αθήνησι δὲ ἣν ὑπὲρ ὑδρείου τινός» KA

9

/

\3

e

\

e

7

/

! Poll. x 49, 6.

2 Il termine compare

esclusivamente in LS] s.v. ἐπίθρανοι, p.

634.

3 Poll. x 60, 5.

59

\

ALESSANDRA

[Trad.

CIRONE

‘Ma se anche volessi usare il termine

senz'altro

non

l'ho trovato

per definire

ἀναλογεῖον,

il mobile

su cui

si poggiano i libri in nessuno degli autori qualificati, invece ad Atene di brocca’].

il termine

è usato per indicare un genere

Dopo aver elencato gli σκέυη relativi alla pittura c alla scrittura (μέλαν, ueravodéyov, κάλαμοι)

il maestro,

in-

terpellando direttamente l’allievo, introduce un altro termine che, nell’uso più comune, indicava il leggio o la scrivania su cui poggiare i libri. Polluce fornisce, però, una spiegazione aggiuntiva, tralasciata dagli studiosi successivi, sostenendo che il termine ἀναλογεῖον era usato ad Atene per indicare un recipiente, ponendo pertanto in evidenza due diversi usi c significati della medesima parola. Anche in questo caso per proporre all’attenzione del lettore un termine di dubbia attestazione il lessicografo ricorre ad una perifrasi, εἰ δὲ καὶ ἐθέλοις. Polluce è, dunque, il primo testimone della parola con il significato di ‘scrivania’ su cui poggiare i libri, ma soprattutto è l’unico a ricordare il significato di ‘recipiente’ che il termine ἀναλογεῖον aveva ad Atene. La conferma arriva dalle altre attestazioni e dai dizionari.

Il termine si trova in altri testimoni, con il primo significato: - Suid. 1942, s.v. ἀναλογεῖον, I, p. 174 Adler: « Avadoystov: ἐν © τίθενται τὰ βιβλία» [Trad.’Avadoyelov: cui si poggiano i libri”]; - Hesych. 4240, 1, s.v. ἀναγνωστήριον, I, p. 170 Schmidt «ἀναγνωστύήριον- ἀναλογεῖον» [Trad. “Leggio: ἀναλογεῖον᾽Ἴ. ! Termine presente solo in questo passo dell’Onomasticon. 60

su

OGGETTI

Esichio,

E

dunque,

REALIEN

per

NLL’ONOMASTICON

spiegare ἀναγνωστήῆριον

impiega

quello che doveva essere un termine più noto. Alcuni

dizionari

attestano

il lemma*

con l’unico

si-

gnificato di scrittoio e citano il passo dell’Onomasticon senza badare alle considerazioni dell'autore sul termine. E. κανάξαι λέγουσι." Poll. x 85, II «τὰ μέν τοι κάναστρα φελλώδεις τινὲς πινακίσκοι εἶναι δοκοῦσιν, ἀφ᾿ ὧν xal τὸ Exxevodoar N ἐχπιεῖν κανάξαι λέγουσι»

[Trad. ‘Tuttavia sembra sto (xdvaotpa) siano dei

che i vasi a forma di cepiatti di sughero (φελλώδεις

rıvaxioxoı), a partire dai quali utilizzano come sinonimo del verbo svuotare (ἐκχκενῶσαι) e del verbo bere (ἐκπιεῖν) bere gorgogliando (xavdéat)].

In questo passo Polluce tenta di chiarire l’etimologia del verbo κανάξαι, ricollegandone la radice al sostantivo κάναστρα. Κανάξαι è un verbo che non trova attestazioni in autori classici e di cui Polluce rappresenta il primo testimone. Anche in questo caso l’autore, per introdurre un termine chiaramente conosciuto ma privo di dignità letteraria, impiega il verbo λέγουσι, alla terza persona plurale, suggerendo un’origine popolare. Lo stesso Polluce, nella lettera prefatoria, avvisa il destinatario di avere raccolto i termini non solo dai testi canonici,

! ThGL

s.v.

ἀναγνωστήριον,

I

2

c.

446;

Sophocles

ἀνοαυγνωστύριον, p. 145; LS] s.v. @vayvwornpıov, p. III. ® Poll. x 85, II. 61

s.v.

ALESSANDRA

CIRONE

ma anche «κἀκ τῶν idtwv».! Anche in questo caso, dunque, ci troveremmo di fronte ad un termine proprio della lingua d’uso. Al participio, κανάξας è impiegato solo da Esichio. Hesych. x 633, 1, s.v. xavdéac, II p. 404 Schmidt: «κανάξας: ταράξας» [Trad. ‘bevendo gorgogliando: do’).

F. 6 τινες ταγηνοστρόφιον.

In questa

forma

agitan-

il termine

compare in due luoghi differenti dell’Onomasticon: Poll. vi 89, 4 «ὃ δὲ νῦν ταγηνοστρόφιον, οἱ πάλαι λιστρίον» [Trad. “ma ciò che ora chiamano mestolo (ταγηνοστρόφιον), gli antichi lo definivano cucchiaio (Atotglov)]; Poll. x 98, 4 «λιστρίον, 6 τινες ταγηνοστρόφιον» [Trad. ‘cucchiaio (λιστρίον), che alcuni chiamano mestolo (ταγηνοστρόφιον)].

Si tratta di un composto di τάγηνον (padella) e indicherebbe lo ‘strumento per restituire qualcosa in una padella’, questa è l’interpretazione condivisa da Chantraine. Lo stesso significato è attribuibile a τηγανοστρόφιον, poiché «non solum τήγανον dicitur, verum etiam r&ynvov»:* il primo elemento della parola avrebbe comunque lo stesso significato. Per tale motivo anche Esichio e Fozio hanno spiegato il termine

Alorpıov con τηγανόστροφον," poiché

si

sarebbe trattato di un termine più noto, proprio del sermo

cotidianus.

Quindi

ταγηνοστρόφιον indicherebbe

τ Μά. Poll. x 2, 7. 2. Poll. x 98, 4. 3 Chantraine s.v. τάγηνον, 11, p. 1087; LSJ s.v. ταγηνοστρόφιον, p. 1752. 4 ThLG s.v. τάγηνον, VII C. 1766.

> ThLG s.v. t&ymvov, VII c. 1766: «sic enim apud eum legitur». 62

OGGETTI

E

REALIEN

NLL’ONOMASTICON

uno strumento impiegato per ripulire la padella. E chiara l’origine popolare del termine, confermata non solo dai lessici consultati, ma anche da quel riferimento ai τινες, quegli ἴδιοι che rappresentano i parlanti del II secolo d.C. ABBREVIAZIONI

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63

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36-50.

64

LA IL

SCRIVANIA CASO

DI

DEI

POLLUCE:

AHMIOIPATA

ALESSANDRA

CIRONE

U

N caso degno di attenzione è rappresentato dagli ὀνόματα che Polluce sostiene di aver trovato nei Δημιόπρατα, cioè nelle liste dei beni confiscati dallo Stato, tra i quali si trovano

sovente termini

attestati

esclusivamente dall’autore dell’Onomasticon. Si tratta di un caso particolare, poiché è probabile che il lessicografo abbia consultato delle raccolte di iscrizioni, pertanto non ci troveremmo di fronte a termini desunti direttamente dal sermo cotidianus, ma

da liste di beni sottoposti a confisca. Il caso in questione riguarda trentaquattro termini,

citati nel 1. x dell’Onomasticon e attribuiti da Polluce ad una fonte che egli stesso indica a volte come Δημιόπρατα,

altre come

Ἀττικαὶ στῆλαι.

Troviamo una descrizione abbastanza questa fonte nei capitoli 96-97 dell. x

precisa

di

Poll. x 96-97 ἐν τοῖς Δημιοπράτοις ἔστιν εὑρεῖν, μολυβδοκρατευτάς. τὰ μὲν οὖν δημιόπρατα, οὐ μόνον τοὔνομα παρ᾽ ᾿Αριστοφάνει ἐν τοῖς Ἱππεῦσιν ἔστιν (103) ἐπίπαστα λείχων δημιόπραθ᾽ ὁ βάσκανος, ἀλλὰ nai παρὰ τοῖς ἄλλοις κωμῳδοδιδασχάλοις - πρὸς δὲ χαὶ 3

-

/





la

/

\

\

Λυσίᾳ λόγος ἔστιν ὑπὲρ τῶν δημιοπράτων πρὸς Edblav.? ἐν δὲ ταῖς ! Μά. fr. 815, viti p. 234 Kassel, Austin, tradito peraltro solo dai codici FS e CL dell’Onomasticon ” Μά. Lys. fr. 99 BAITER-SAUPPE 1967, tratto dal discorso di

Lisia Πρὸς Εὐθίαν.

65

ALESSANDRA

CIRONE

᾿Αττικαῖς στήλαις, al κεῖνται ἐν Ἐλευσῖνι, TÀ τῶν ἀσεβησάντων

περὶ τὼ θεῶ δημοσία πραθέντα ἀναγέγραπται: ἐν αἷς ἄλλα TE \

\

\

-“

!

7

2

\

3

/

3

͵

/

3

\



πολλὰ σκεύη ἐστὶν ὠνομασμένα καὶ μολυβδοκρατευταί.

„7

21

Da quanto appena letto, & plausibile pensare che Polluce potesse consultare direttamente, in prima persona, il testo trascritto sulle Ἀττικαὶ στῆλαι È questo un interrogativo, ancora irrisolto, che ha visto impegnati molti studiosi, soprattutto in seguito

alla scoperta di undici stele nell’Agorà di Atene. Il primo a sollevare la questione è stato Böckh,? secondo il quale Polluce in questa occasione avrebbe fatto uso di una raccolta intitolata Anpwrpata, che includeva liste di beni confiscati. A questa conclusione lo studioso era giunto sulla scia di un passo di Atenco in cui si legge: Ath. XI 476€ «ἔστι γοῦν τοῦτο εὑρεῖν Ev τοῖς Δημιοπράτοις

ἀναγεγραμμένον

οὕτως [...] ἐκ στῆλης ἀναχειμένης ἐν ἀκροπόλει ἣ τὰ ἀναθήματα περιέχει: “κέρας ἔκπωμα ἀργυροῦν, καὶ περισκελὶς πρόσεσται, κτλ».

!

Trad.

«Nell’iscrizione

relativa

ai beni

confiscati

è stato

an-

che registrato un pendaglio per piccoli spiedi. Puoi anche chiamarli supporti o blocchi 0, come si può trovare negli elenchi di beni, supporti di piombo. Il termine δημιόπρατα, allora, non solo è presente nei Cavalieri di Aristofane «mentre l’invidioso leccava tre focacce salate sequestrate al popolo», ma anche in altri poeti comici. Ed anche in Lisia c'è un discorso sui beni confiscati, dal titolo πρὸς Εὐθίαν. Sulle stele attiche, che si trovano ad Eleusi, sono stati trascritti i beni di coloro che hanno

commesso empietà nei confronti delle due dee, venduti ad opera dello Stato. Su queste sono stati registrati nomi di molti altri attrezzi e sostegni in piombo». *“

BÖCKH

1886,

I, p. 252,

II, pp.

248-249.

3 Trad. «Si può trovare nella collezione di Demioprata questa 66

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

Ma perché Polluce avrebbe scelto di riportare nel suo Onomasticon soltanto termini citati dalle Ἀττικαὶ στῆλαι, se poteva davvero contare su una collezione completa di Δημιόπρατα! In realtà, come ha evidenziato Kaibel, nel passo di Ateneo succitato potrebbe esserci una lacuna, collocabile dopo l’avverbio οὕτως. Ne consegue che i termini dei beni confiscati e venduti

a nome dello Stato, citati

come δημιόπραται, rientrando nella lacuna, sono andati perduti; gli altri oggetti enumerati, quindi, farebbero parte di un’altra iscrizione.' Diversa è l'opinione di Kéhler,? il quale individua la fonte intermedia utilizzata da Polluce nella Zuvayoyr) ψηφισμάτων di Cratero: «Ich zweifle nicht, dass Krateros auch die Listen der δημιόπρατα aufgenommen hatte und dass die Anführungen im Onomastikon aus diesemWerkestammen». A sostegno della sua tesi lo studioso propone il brano prima citato,? che ritiene contenga echi delle accuse rivolte ad Alcibiade (uno dei principali sospettati della mutilazione delle erme), così come si può trovare in Plutarco,4 il quale fece largo uso dell’opera di Cratero nello scrivere la sezione sulla vita dello stratega ateniese. Tuttavia, come ha giustamente fatto notare Pippin? «the only phrase of his which might be heard as siiscrizione proveniente da una stele nell’acropoli, che mostra vari oggetti commemorativi: una coppa d’argento a forma di corno, ecc.». ! IG 11

1407,

38; IG II° 1408,

5 KOHLER 1888, p. 397. 4 Plu. Alc.22, MAGNINO °

Pippin,

in PRITCHETT,

17.

3 Poll. x 96-97. 1992, pp. 402-404. PIPPIN

67

1956,

p. 323.

ALESSANDRA

CIRONE

milar to Pollux occurs not in the text taken from the Psephismata»; quindi il passo in questione non sarcbbe da connettere a Cratero, poiché il verbo utilizzato nel capitolo 22 da Plutarco per indicare le accuse rivolte ad Alcibiade è ἀδικεῖν, mentre il passo parallelo, se così è possibile definirlo, in Polluce è ἀσεβεῖν περὶ τὼ θεώ, che si trova nel capitolo 19 della stessa opera. Köhler! prosegue dicendo: «eine Bestätigung für die cben entwickelte Ansicht finde ich in deraus geschriebenen Angabe des Lexikographen über die attischen Stelen in Eleusis»: egli sostiene di trovare conferma alla sua tesi nella stessa stele presente ad Eleusi (ἐν Ἐλευσῖνι).

Sembra perö che il testo cosi tradito e sul quale poggia l’interpretazione di Köhler, sia corrotto. Il primo a notare l’errore è stato Bergk, il quale ha proposto di sostituire ἐν Ἐλευσῖνι, comune alla tradizione manoscritta, con ἐν Ἐλευσινίῳ, indicando con esso il santua-

rio delle due dee presente nell’Agorà di Atene.” È una congettura che certamente ha trovato un concreto riscontro nel dato archeologico, poiché le iscrizioni sono state ritrovate nell’Agora esattamente nei pressi dell’Eleusinio.? Se la congettura di Bergk fosse accettata e, quindi, accolta nel testo, si potrebbe allo-

ra considerare la possibilità che Polluce avesse avuto modo di vedere quel monumento ad Atene e ne avesse ricavato direttamente i termini confluiti poi nel decimo libro dell’Onomasticon (questa è, sostanzialmente, la tesi sostenuta da Theodoridis).‘ '

KÖHLER

3 Vd.

1888,

MERITT

p. 398.

1939,

pp.



48-82;

PRITCHETT 1953, pp. 225-298. 4 THEODORIDIS 1976, pp. 63-73.

68

BERGK

1884,

pp.

sull'argomento

XI-XXXII.

vd.

anche

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

La congettura è stata in generale accolta positivamente,

riscuotendo

numerosissimi

consensi,

come

ri-

corda lo stesso Köhler, il quale però non si unisce al gruppo, pur nutrito, di plaudenti studiosi. «Ich glaube nicht» sostiene! «dass die Worte ἐν Ἐλευσῖνι geändert werden diirfen... Aus der Auffindung der Hermokopinden inschriften in Athen folgt natürlich nicht, dass bei Pollux zuändernist». Non crede, dunque, nella va-

lidità della correzione proposta da Bergk e, al contrario, ipotizza l’esistenza di due iscrizioni praticamente identiche, una ad Atene (quella trovata) e un’altra collocata ad Eleusi: Cratero, che secondo lo studioso

rappresenterebbe la fonte di Polluce, avrebbe attinto il suo testo dall’ultima.? Non si può definire una pratica consueta quella di produrre iscrizioni gemelle, di cui, peraltro, non resta alcuna traccia: è davvero una strana coinciden-

za la scomparsa proprio di quella che si trovava ad Eleusi! È più semplice pensare,

invece, che ci sia stato un

errore nella trasmissione del testo. È noto che termini sconosciuti o semplicemente insoliti venivano “corretti” da copisti spesso inesperti, che andavano incontro sovente a banalizzazioni d’ogni sorta. È allora facile pensare

che una parola come

Ἐλευσινίῳ, praticamente

sconosciuta, sia stata trasformata in Ἐλευσῖνι.

Theodoridis, a questo proposito, riporta un parallelo interessante: nello scolio ad Aristph. E. 566a? «Ng καὶ τὴν πομπὴν ἀπὸ τοῦ Κεραμεικοῦ ποιοῦσι μέχρι τοῦ Ἐλευσινίου»,

!

KÖHLER

° JONES,

Triclinio,

1888, WILSON

che

evidentemente

p. 399. 1969,

“ p. 142.

69

KÖHLER

non

1888,

cono-

p. 400.

ALESSANDRA

CIRONE

sceva l’Eleusinio, il tempio delle due dee, corregge il passo: «μέχρι τῆς Ἐλευσῖνος». Nella ricostruzione di Theodoridis, l’errore viene at-

tribuito alla tradizione manoscritta dell’Onomasticon e non allo stesso Polluce che, al contrario, a parere dello

studioso, avrebbe in questo passo dato delle indicazioni così chiare e dettagliate del luogo in cui si trovava l’iscrizione, da non lasciare dubbi sul fatto che avesse

letto di persona la stele. Diversa l’opinione della Pippin, che riconosce l’errore in Ἐλευσῖνι e, dunque,

ma

accetta la congettura

colloca la corruzione

«it is much

casier

ad uno

to suppose

that

di Bergk,

stadio precedente: Krateros’original

description of the Stelai as standing in the Eleusinion (Ἐλευσινίῳ) was misunderstood at one of the stages in the trasmission of this information to Pollux, and that Pollux, who seems to have had little curiosity about such matters, never bothered to check the location of

the inscription».? Polluce, dunque,

non avrebbe avuto alcun interesse

particolare nell’individuare il luogo preciso in cui si trovava la stele, proprio perché non la consultava direttamente, ma da fonti intermedie: per questo motivo non si sarebbe accorto dell’errore. Stando a questa ricostruzione, allora sarebbe possibile collocare l’errore anche dopo, in una fase successiva della trasmissione dell’Onomasticon: si potrebbe attribuire ad un copista, che vissuto a parecchi secoli di distanza da Polluce, potrebbe aver frainteso ec, dunque, corretto. In particolare, secondo la studiosa, l’autore dell’Ono-

masticon non avrebbe nemmeno utilizzato la Zuvayoyr) ! THEODORIDIS 1976, p. 66. *“ Pippin, in PRITCHETT, PIPPIN 70

1956,

p. 325.

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

ψηφισμάτων di Cratero come fonte, per lo meno non direttamente. La Pippin ipotizza un complesso iter attraverso cui le informazioni relative ai δημιόπρατα sarebbero giunte a Polluce: «the conjecture which best fits the facts is that Pollux did not know the cpigraphical texts of Krateros at first-hand, but had instead come upon an isolated (and inaccurate) reference to them in the

work of some Alexandrian word-collector».! Nel decimo libro dell’Onomasticon le citazioni che Polluce dice di aver tratto dai Δημιόπρατα sono molto frequenti, molto più che per i primi nove. In effetti l’ultimo libro possiede delle caratteristiche peculiari, che lo differenziano dagli altri, come è evidente già dalla lettera prefatoria: Polluce tenta fino all’ultimo di difendersi dagli attacchi dei suoi obtrectatores, che avevano posto all’attenzione presumibilmente del Cesare Commodo le lacune e la generale incompletezza del lavoro del grammatico. Per tale motivo l’autore raccoglie ὀνόματα già trattati in precedenza, corredandoli di una ricchissima documentazione. È possibile allora, secondo la Pippin, che Polluce, nell’affannosa ricerca di nuovi documenti, ad un certo

punto abbia avuto tra le mani una raccolta di iscrizioni. Ed è lo stesso autore ad indicare, nell’epistola incipitaria,

la fonte

utilizzata:

tribuito ad Fratostene,

ma

uno

Zxevoypagixby at-

che in realtà era un estrat-

to ricavato dal Περὶ κωμῳδίας dello stesso filologo. «It would have been natural for him» prosegue Pippin «to make use of the Attic Stelai when he was dealing with the houschold terminology of Old Comedy»; ‘

Pippin,

in PRITCHETT, 71

PIPPIN

1956,

p. 322.

ALESSANDRA

CIRONE

con questo fine, quindi, avrebbe consultato lo scritto di Cratero. «Only in this indirect way» conclude «do the Demioprata references of Pollux derive from the Psephismata».' A sostenere la tesi, forse azzardata ma certamente molto affascinante, di un uso diretto delle iscrizioni da

parte di Polluce è Theodoridis. Lo studioso condivide con la Pippin la convinzione che proprio la contesa, probabilmente con Frinico, avrebbe spinto l’autore dell’Onomasticon

a cercare

nuove

fonti,

mai

utilizza-

te da altri; per questo motivo sarebbe infine giunto a consultare quelle iscrizioni, che poteva trovare ad Atene.

Secondo lo studioso è possibile comprendere la metodologia di lavoro di Polluce leggendo tra le righe dell’Onomasticon. A sostegno della sua tesi riporta alcuni passi tratti dall'opera stessa, per dimostrare la peculiarità di queste citazioni, rispetto ad altre tratte da fonti ben specificate. Di seguito sono riportati alcuni tra i numerosissimi

esempi offerti da Theodoridis: a) Poll. x 46 «οὐ μὴν ἀλλὰ καὶ ἐν τοῖς Δημιοπράτοις εὑρίσκομεν λουτήριον» [Trad. ‘no certamente, ma troviamo anche nei Demioprata un lavacro’]. b) Poll. x 86 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις οὐ κάναστρον μόνον ἀλλὰ καὶ κάνυστρον εὑρίσκομεν» [Trad. ‘tuttavia nei Demioprata non troviamo solo il termine x&vaorpov -vaso a for-

ma di cesta — ma anche x&vuorpov’]. c) Poll. x 87 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις λέχος εὑρίσκομεν ἹἹππώνακτος

κτλ.» Γ τα.

‘nei

Demioprata

troviamo

il

\éxoc-tegame-, di Ipponatte, ecc.’]. 4) Poll.

x ‘

90

«ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις εὑρήκαμεν μαχαίρια

Pippin,

in PRITCHETT, 72

PIPPIN

1956,

p. 324.

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

ἐλεφάντινα καὶ μαχαίρια κεράτινα»

[Trad.

‘nei Demiopra-

ta abbiamo trovato una sciabola d’avorio ἐλεφάντινα -- e una di corno — κεράτινα-᾽].

L’uso dei verbi εὑρίσκομεν-εὑρήκαμεν, sona

è chiaro

indizio,

secondo

— μαχαίρια

alla prima per-

Theodoridis,

di una

ricerca e scoperta personale, che Polluce tenta di evidenziare, addirittura con una certa fierezza. Diverso è il caso di citazioni tratte da altre fonti,

che l’autore indica esplicitamente: a) Poll. x 35 «ἐν δὲ τῇ Κρίτωνος Meconvia! καὶ τῷ Ῥίνθωνος Τηλέφῳ καὶ κράββατον εἰρῆσθαι λέγουσιν» [Trad. ‘dicono, però, che è usato il termine χράββατον -- pagliericcio — nella Messenia di Critone e nel Telefo di Rintone’]

b) Poll. x 108 «ἐν δὲ ταῖς Ἱππάρχου Havvuytow? εὑρῇσθαί φασι κατὰ τὴν τῶν ἰδιωτῶν συνήθειαν εἰρημένον βατάνιον» [Trad. ‘ma dicono di aver trovato nella Feste Notturne di Ipparco, impiegato, secondo l’uso dei parlanti (il termine) Baravıov (piattino)].

Le

prove

portate

a sostegno

di tale

tesi non

sono,

tuttavia, inoppugnabili: Polluce, infatti, nel citare termini tratti dai Demioprata, impiega numerose volte anche verbi alla terza persona singolare, spesso con valore impersonale. Si vedano, a tal proposito, i scguenti passi tratti dal x libro dell’Onomasticon. ! Vd. Crit. fr. 2, ıv p. 347 Kassel, Austin, citato da Polluce nella sezione dedicata ai letti. Nei codici FS si trova la lezione

κραβάτων in luogo del non attestato xpdBBatov. 2 Fr. ııKaibel, p. 187. 3 Fr. 5, v p. 607 Kassel, Austin,

appartenente

alla commedia

di Ipparco Παννυχίδες, tradito dai codici Fe CL dell’Onomasticon di Polluce. In particolare ὑπάρχου è quanto si legge in L al posto del nome

del poeta comico;

in F, invece, n&AıLvroydorv

si trova

in luogo del titolo della commedia e xaravıov per Baravıov. 73

ALESSANDRA

Poll. x 24 διάπριστος καὶ ta è registrata segata in due

CIRONE

«ev δὲ τοῖς Δημιοπράτοις πέπραται θύρα θύραι συνδρομάδες» [Trad. ‘Nei Demioprala vendita di una θύρα διάπριστος -- porta - e di θύραι συνδρομάδες — porte pieghe-

voli —.].

b)

Poll. x 36 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις πέπραται ᾿Αλκιβιάδου χαμεύνη

παράκολλος

χαὶ χλίνη

ἀμφικνέφαλλος.»

[Trad.

‘Nei Demioprata è registrata la vendita di una χαμεύνη παράκολλος᾽ — giaciglio saldato -.”]. Poll. x 39 «ἐν τοῖς Δημιοπράτοις πέπραται κνέφαλλον καινὸν καὶ κνέφαλλον παλαιόν» [Trad. “nei Demioprata è

registrata la vendita di un cuscino nuovo ed uno vec-

d)

chio.”]. Poll. x 79 «τὸ δ᾽ ὑπόθημα αὐτοῦ τάχα καὶ ὑπόστατον κλητέον, ὡς ἐν τοῖς Δημιοπράτοις εὑρίσκεται» [Trad. “Pro-

babilmente il termine usato per indicarne la base & ὑπόστατον — ciò che è posto sotto -, come si trova nei Demioprata' 1]. Poll. x 81 «ev δὲ τοῖς Δημιοπράτοις καὶ τράπεζά τις μονόκυκλος πέπραται» [Trad. ‘nei Demioprata è registrata anche la vendita di una tavola μονόκυκλος — con la base formata da un solo blocco —.].

Î)

Poll. x 84 «ὡς καὶ ἐν τοῖς Δημιοπράτοις ἔστιν εὑρεῖν, al πίναξ ποικίλος ἀπ᾿ ὀροφῆς, καὶ πίναξ ἕτερος γεγραμμένος.᾽»

[Trad. ‘è anche possibile trovare nei Demioprata “una tavoletta variopinta da appendere al tetto ed un’altra tavoletta dipinta”]. ' Tipo di letto con parti accessorie annesse; vd. IG 1°.330.5. ? Del termine, attestato solo in Poll. x 81, dà notizia soltanto

il LSJ s.v. μονόκυκλος, che fa riferimento a questo passo. Si tratta, come in altri casi già analizzati, di un aggettivo composto da un primo elemento uovo- e da un secondo χύχλος, che qualifica una particolare tipologia di tavola, con una base formata da un solo blocco circolare. 74

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

8) Poll. x 96 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις γέγραπται καὶ ἄρτημα ὀβελίσκων. χαὶ χρατευτὰς δὲ καὶ κρατευτήρια ἐρεῖς, καὶ ὡς ἐν τοῖς Δημιοπράτοις ἔστιν εὑρεῖν, μολυβδοχκρατευτάς.»

[Trad. ‘Nei Demioprata è stato anche registrato il termine ἄρτημα — pendaglio — per piccoli spiedi. Puoi anche chiamarli xpatevtal! — supporti —, xpareurnpıa? - blocchi - 0, come si può trovare nei Demioprata, μολυβδοκρατευταί — supporti di piombo —.’]. Poll. x 103 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις εὑρίσκεται σκάφη

h)

μακρὰ καὶ σκάφη στρογγύλη» [Trad. ‘Nei Demioprata, in-

vece, si trovano una σχάφη μακρά -- grande madia -- e una σκάφη στρογγύλη — madia tonda-.’]. Poll. x 105 «γαστρόπτης δὲ ἐν τοῖς Δημιοπράτοις TETPATAL, καὶ δευτήρ» [Trad. ‘Inoltre nei Demioprata è registrata la vendita di un γαστρόπτης - pentola per salsicce — e di un δευτῆρ — calderone -.”). Poll. x 108-109 «ἐν μέν τοῖς Δημιοπράτοις καὶ ἧθμός τις ἐπικρητηρίδιος πέπραται» [Trad. ‘Nei Demioprata è anche registrata la vendita di un colino ἐπικρητηρίδιος:

1)

- "mescolatore -.”].

k)

Poll.

x

114

«ὡς ἐν τοῖς Δημιοπράτοις

ἀναγέγραπται,

κόσκινον κριθοποιόν» [Trad. ‘come è stato registrato nei

Demioprata, κόσκινον κριθοποιόν4 — “crivello per setacciarel’orzo —.] Κρατευταί sono i supporti utilizzati per lo spiedo. Si tratta di blocchi impiegati per sostenere lo spiedo, di cui vd. Poll. vı 89.

L’aggettivo non è presente nei vocabolari, come spesso accade con i termini citati da Demioprata. Tuttavia la radice è la stessa del verbo ἐπικεράννυμι, ‘mescolare in aggiunta’, con il 3

suffisso di nomen instrumenti -mp:

il significato, ricostruito, do-

vrebbe essere “colino per mescolare / mescolatore”; vd. ThGL S.V. ἐπικρητηρίδιος, III p. 1656 «quidam interpr. Operculum [...] NOuéc ἐπικρητηρίδιος ex Demiopratis memoratur a Polluce 10, 108»; LSJ s.v. ἐπικρητηρίδιος p. 641 «strainer for a mixing bowl»,

colino per una ciotola di miscelazione. 4 Il termine è attestato solo in Poll. x 114, 7 e sembrerebbe un

75

ALESSANDRA

1)

CIRONE

Poll. x 130 «ἀλλὰ χαὶ ληνὸς καὶ ὑπολήνιον, ὡς ἐν τοῖς Δημιοπράτοις πέπραται» [Trad. ‘Ma anche ληνός -- tor-

chio - e ὑπολήνιον -- tinozza -, vendita registrata nei Demioprata.]. m) Poll. x 150 «ἐν dè τοῖς Δημιοπράτοις καὶ ῥάκια καὶ κηρωτὴ γέγραπται» [Trad. “Nei Demioprata, inoltre, sono stati incisi anche i termini ῥάκια — straccetti — e κηρωτῇ — unguento di cera -.’]. n) Poll. x 169 «ἐν dè τοῖς Δημιοπράτοις καὶ ἁλῶν τρία ἡμιφόρμια πέπραται» [Trad. ‘mentre nei Demioprata è registrata la vendita di tre ἡμιφόρμια — mezzi canestri — di sale.’]. o) Poll. x 175 «ἐν δὲ τοῖς Δημιοπράτοις ἀναγέγραπται ‘$Lrarnà παγχτόν.᾽» [Trad. ‘mentre nei Demioprata è incisa l’espressione ᾿ῥιπαικὰ Tayxtòv”].

Dagli esempi citati è possibile ricavare alcuni dati chiari: Polluce usa alla stessa maniera verbi alla prima persona plurale così come alla terza singolare, per indicare termini attinti da Demioprata; inoltre è frequente l’uso di perifrasi di valore impersonale, come «ἔστιν εὑρεῖν». Senza alcun dubbio,

secondo

Theodoridis,

Polluce ha

desunto direttamente dall’iscrizione, le parole «τὰ τῶν ἀσεβησάντων περὶ τὼ 0e6»,! che si possono leggere sulla stele:? «τὸν ἀσεβεσαντοῖν περὶ] to θεο».

Meritt

è riuscito

a colmare la lacuna, che interessava il rigo 111, proprio facendo ricorso al testo di Polluce.*Questa scoperta straordinaria avrebbe rappresentato, secondo lo stucomposto formato da κριθῇ, orzo e la radice del verbo ‘fare’. In questo contesto deve essere pensato come aggettivo di κόσκινον, pertanto il significato al quale possiamo risalire è ‘crivello per setacciare l’orzo’, o più semplicemente ‘setaccio per orzo”. ! Poll. x 97. 3 Vd. anche Andoc.

2 IG I 426. 1, 29. 76

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

dioso, un grande trionfo per il lessicografo, maestro di Commodo,

«des halb hebt eres mit Stolzhervor».

Bastano alcuni esempi per comprendere il peso che tale scoperta ha avuto nella composizione del decimo libro dell’Onomasticon. a) Poll. x 23: ἐμμόχλια. Come in altri numerosi casi Polluce

cita

un

termine,

che

dice

di

aver

desunto

dai

Demioprata, termine di cui però non esiste alcuna altra attestazione. Manca qualsiasi informazione su ἐμμόχλια

anche nei lessici e dizionari di riferimento. Ἐμμόχλια sembra essere il risultato dell’unione del prefisso èv e di μοχλίον, diminutivo di μόχλος, la spranga di legno posta attraverso la porta, dalla parte interna, e assicurata dalla βάλανος: il significato di ἐμμόχλια sarebbe, dunque, *piccole sbarre inserite all’interno, cioè chiavistelli. È significativo ricordare l’esistenza del verbo ἐμοχλεύω (0 ἐμμοχλεύω), che giustificherebbe la formazione di ἐμμόχλια. b) Poll. x 36: ἀμφικνέφαλλος. Tra i beni registrati nei Demioprata Polluce, dopo aver ricordato un giaciglio appartenuto

ad

Alcibiade

(yauebvn παράκολλος),

men-

ziona una xAlvn ἀμφικνέφαλλος, un genere di letto che possiede cuscini da entrambe le estremità. L'aggettivo ἀμφυικνέφαλλος non è affatto comune, infatti è attestato solo in questo passo dell’Onomasticon e nella forma scempia ἀμφικνεφάλου in Sinesio.! Il passo è stato utilizzato da Lobeck? per confutare l’ipotesi di Salmasio? secondo cui anche Esichio,* che riporta la for-

! Synes, Epist., 3, 6-7, GARZYA

2000, p. 3: «καθεζομένη οὖν ἐπ᾽

ἀμφικνεφάλου καθέδρας φασὶν» [Trad. ‘sedendosi, dunque, seggio fornito di cuscini alle due estremità’]. * LOBECK

1820, p. 132.

° SALMASIUS 1620, I, p. 232 Sgg. 4 Hesych.

x 4041, s.v. ἀμφικέφαλος,

77

I c. 125 Schmidt.

su un

ALESSANDRA

CIRONE

ma ἀμφικελος, avrebbe in realtà conosciuto l’aggettivo ἀμφικνέφαλλος. L'aggettivo deriverebbe dal più noto ἀμφικέφαλος e secondo Salmasio costituirebbe un errore antico trasmesso alla tradizione e perciò riprodotto. Poll. x 81: μονόκυκλος. Attestato solo da Polluce, 'si tratta di un aggettivo composto da due elementi (povo- e κύκλος), che qualifica una particolare tipologia di tavola, con una base formata da un solo blocco circolare.

4) Poll.

x 93: κυμινοθήκη.

Registrato

solo

da Polluce

e

rinvenuto, a detta del lessicografo, nei Demioprata, pre-

senta la stessa struttura di ἡδυσματοθήκη (contenitore di intingoli), e indica il “contenitore di cumino”. Poll. x 96, 97: μολυβδοκρατευταί. Unico testimone del termine è, ancora una volta, Polluce che lo cita ben

due volte nel decimo libro dell’Onomasticon. Si tratta di una forma composta da μόλυβδος e xpatevtat e in-

dica un particolare tipo di supporti per gli spiedi, in piombo. Polluce sostiene di aver trovato questa parola, evidentemente

non

attestata da altre fonti,

«ἐν δὲ ταῖς

᾿Αττικαῖς στήλαις, al κεῖνται ἐν Ἐλευσῖνι».

Î)

Poll. x 105: γαστρόπτης. Tra gli strumenti impiegati in cucina compare il termine γαστρόπτης (pentola per salsicce) che Polluce dice di aver letto nelle stele dei Demioprata, ad Atene. Oltre che qui, il termine è ricordato in Esichio.? 8) Poll x 105: deurnp. Nella lunga serie di sinonimi relativi agli strumenti del cuoco Polluce, immediatamente

dopo γαστρόπτης, inserisce il termine δευτῆρ, del quale prova a spiegare l'etimologia. Δευτῆρ, per il quale non esistono altre attestazioni, è il risultato dell’unione ! Ne dä notizia soltanto il LSJ s.v. μονόκυκλος p. 1144, che fa

riferimento appunto a questo passo. ? Come conferma il ThGL s.v. γαστρόπτης, II c. 531; Hesych. Y 203,5.v. γαστρόπτης, I c. 337 Schmidt «γαστρόπτης: oxedég τι μαγειρικόν». 78

IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

della radice di δεύειν e del suffisso strumentale -τῆρ, pertanto potrebbe indicare un recipiente nel quale si impastava il pane, dopo aver versato dell’acqua al suo interno.

ἢ) Poll x 108: ἐπικρητηρίδιος. L'aggettivo si trova esclusivamente in questo luogo dell’Onomasticon e non è presente nei vocabolari, come

spesso accade con i termini

citati dai Demioprata. La radice è la stessa del verbo ἐπικεράννυμι (mescolare in aggiunta), unita al suffisso strumentale -τὴρ: il suo significato, ricostruito, dovrebbe essere quello di ‘colino per mescolare’ / ‘mescolatore." Poll. x 168: ἡμισάκιον. Composto da nuı- e dalla radice di σάκκος, ἡμισάκιον è menzionato in quest’unico passo da Polluce, il quale sostiene di averlo attinto dai Demio-

1)

prata. ° Poll. x 175: nayxröv. Ancora una volta un termine desunto dai Demioprata non trova altra attestazione se

non nell’Onomasticon di Polluce. In particolare, si tratta di un'intera espressione, composta da due parole, di cui neanche i dizionari di riferimento danno alcuna notizia. Polluce cita questi termini nella sezione degli ἀγγεῖα, pertanto è probabile che si trattasse di contenitori.

La rassegna di una selezione afferma di aver desunto dai sono attestati da altre fonti, cui rimandano, oggetti d’uso

dei termini che Polluce Demioprata e che non e la tipologia di Realien (σκεύη) fatti di materiali

! Vd. ThGL s.v. ἐπικρητηρίδιος, III c. 1656 «quidam interpr. Operculum [...] ἡθμός ἐπικρητηρίδιος ex Demiopratis memoratur a Polluce το, 108»; LS] s.v. ἐπικρητηρίδιος p. 641 «strainer for a mixing bowl», colino per una ciotola di miscelazione. 2 Solo ThGL s.v. ἡμισάκιον, IV c. 169 e LS) s.v. ἡμισάκιον, p. 773

ne

danno

l'iscrizione

notizia,

ritrovata

quest’ultimo,

ad Atene

(IG

79

in particolare,

13. 422.

152.4).

indicando

ALESSANDRA

CIRONE

poveri e di nessun pregio, appartenenti al lessico del mangiare e del dormire, permette di trarre alcune conclusioni. Si tratta senz'altro delle parole con cui tali oggetti venivano

indicati nel sermo cotidianus, raccolte dal les-

sicografo per gareggiare con lo Σχευογραφικόν di Eratostene, libro dal quale era stato deluso, come afferma

nella lettera dedicatoria dell. x. Senza dubbio però tale libro, nel quale Polluce si era imbattuto

all’ultimo momento,

è stato lo stimo-

lo per implementare la propria opera in relazione al grande tema degli strumenti e degli attrezzi della vita di tutti i giorni e per innovare la tipologia delle fonti, non testi d’autore ma iscrizioni. ABBREVIAZIONI

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IL

CASO

DEI

AHMIOIIPATA

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THEODORIDIS,

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Die

Sch-

Hermokop-

iden inschriften als Quellen der Demioprata im 10. Buch des Pollux, «ZPE»,

XXIII, 1976, pp. 63-73.

SI

LE

LEGGI

E

DA

PLATONE Livia

IL A

MAESTRO POLLUCE

RADICI

N

ELL’ATENE del v secolo la scrittura si è andata imponendo, oltre che con la creazione di saperi che hanno dato luogo alle relative applicazioni tecniche, anche attraverso la costruzione di una specifica terminologia settoriale, che ha finito con l’invadere altri ambiti culturalmente lontani: qui, attraverso l’uso di procedimenti retorici quali la similitudine, la metafora o l’allegoria, le pratiche discorsive della scrittura come modello e linguaggio furono utilizzate per dare concretezza a contenuti ritenuti, nella loro astrattezza,

altrimenti poco comprensibili.' Un esempio di questa penetrazione della realtà della scrittura nella sensibilità generale è costituito da una pagina del Protagora di Platone, che dimostra fino a che punto il filosofo ateniese non solo avesse, nonostante la sua aperta ostilità contro la nuova realtà del libro, ? ! Per il cambiamento delle pratiche discorsive determinato dalla nuova fisionomia dei sistemi produttivi, si veda LANZA 1979. Un quadro complessivo della terminologia relativa alle τέχναι presenti nell’opera di Platone è dato da Poll. vii 206-210, paragrafi che figurano nel Conspectus rerum e libris manuscriptis descriptus et auctus col titolo tà παρὰ Πλάτωνι πρόσφορα ταῖς τέχναις ὀνόματα (BETHE 1930-1937, II, p. 253). sono stati studiati da CONTI BIZZARRO 2014.

Questi

paragrafi

* Per l’atteggiamento di Platone nei confronti della incipiente società della scrittura, si rimanda

83

a HAVELOCK

1963.

LIVIA

introiettato nuova

gli aspetti

tecnica

di

RADICI

tecnici

e terminologici

comunicazione,

ma

anche

ne

della rite-

nesse paradigmatico, perspicuo e chiarificatore il suo percorso presso i destinatari. Per rispondere allo scetticismo di Socrate sulla possibilità di insegnare la virtù e illuminare nel contempo i procedimenti formativi della politica, che dovevano risultare oscuri ed incomprensibili ai più, nell'omonimo dialogo di Platone Protagora non trova in alcuno degli altri campi della formazione, pur evocati, qualcosa che calzi meglio del paragone dell’impalpabile funzione ‘formativa’ della polis con la techne impiegata dal maestro per insegnare ai suoi allievi a scrivere: «come (ὥσπερ) i maestri (ypaupatiotat) dopo aver tracciato come guida (ὑπογράψαντες) le lince (ypaupat)! con lo

stilo (ypagic)? consegnano a questo punto la tavoletta (γραμματεῖον) ai ragazzi che non sono capaci di scrivere (γράφειν) e li costringono (ἀναγκάζουσι) a scrivere (γράφειν) secondo il tracciato delle lince (κατὰ τὴν ὑφήγεσιν τῶν γραμμάτων), così (ὥς) anche la πόλις,

dopo aver tracciato come guida (ὑπογράψασασαλ) le leggi (νόμοι), costringe (ἀναγκάζει) i cittadini a governare (ἄρχειν) ce ad essere governati (ἄρχεσθαι) secondo il trac-

ciato di queste (scil. le leggi) (κατὰ τούτους). ! Il termine indica i contorni delle linee (γραμμαί) che formano le lettere. Questi schemi saranno riempiti dall’alunno. Per la documentazione derivante dal ritrovamento di esercizi scolastici e raccolte di compiti, vd. BLANCK 2008, p. 46. 5 Toxpelov e παραγραφίς sono gli strumenti con cui il maestro

compie la precipua azione del suo ruolo, l’insegnamento della scrittura, γράφειν (Poll. ıv 18). Gli stessi costituiscono anche il corredo indispensabile della cartella dello scolaro (Poll. ıx 59); vd. RADICI

2018 a, p. 37.

3 Plat. Prot. 326 d. Sull’utilizzo di questo passo per ricostruire

84

LE

LEGGI

E

IL

MAESTRO

Va comunque osservato che la πολιτικὴ ἀρετῇ non è assimilata all’attività del maestro in maniera generica: dei campi relativi alle sue funzioni, Platone individua come riferimento all’insegnabilità della virtù politica solo una delle funzioni che compongono il compito complessivo del ypxuuorıorng, quella di ὑφηγετής.

È quanto si evince dal 1. ıv dell’Onomasticon di Polluce,

in cui,

nella

sezione

in cui è raccolta

la termi-

nologia relativa al oopıorng,' accanto agli altri termini che si riferiscono a tutti gli aspetti dei suoi compiti, non solo figura il nomen agentis ὑφηγητής ma anche

i nomina

actionis

(πράγματα)

τέχνη

ὑφηγητική



ὑφηγητικις il nomen adiectivi (ἐπίθετα) ὑφηγητικός,5 il nomen

adverbi (ἐπιρρήματα) ὑφηγητικῶς

le modalità particolare,

dell’insegnamento vd.

TURNER

1965,

elementare pp.

67-69;

il nomen ver-

e della scrittura in BLANCK

2008,

pp.45-

47, in particolare p. 47 ed ill. n. 15 (capitolo 3. Scuola e lezione),

che rinvia per l’analoga esperienza romana a Sen. Epist. 94. 51 (Pueri ad praescriptum discunt. Digiti illorum tenentur et aliena manu per literarum simulacra ducuntur) e Quint. Inst. Or. I I, 27

(cum

vero

iam

ductus

sequi

coeperit,

non

inutile

erit

eas (sc. literas) tabellae quam optime insculpi, ut per illos velut sulcos ducatur stilus). ! Poll. ıv 41-42.

? Poll. ıv 41 Σοφιστῆς,

διδάσκαλος, παιδευτῆς,

ἐξηγητῆς, don

γητῆς, ἡγεμών.

3 Poll. IV 42 οὐ γὰρ σοφίστεια, παιδευτικὴ δὲ τέχνη καὶ ἐξηγητιχκὴ

καὶ ὑφηγητιυκή.

* Poll. rv 42 διδασκαλία, παίδευσις, ἐξήγησις, ὑφήγεσις, ἡγεμονία, ἀγωγή. > Poll. Iv 41 σοφιστικός, διδασκαλικός, παιδευτικός, ἐξηγητικός, ὑφηγητικός, ᾿γεμονικός. ° Poll. ıv 42 σοφιστικῶς, διδασχαλικῶς, παιδευτικῶς, ἣγεμονικῶς To γὰρ ἐξηγητικῶς καὶ ὑφηγητικῶς τραχέα. Pur segnalata,

sulla forma avverbiale cade il giudizio critico-estetico negativo

85

LIVIA

RADICI

bi (uetoyat) ὑφηγόμενος. La presenza in Platone di questa terminologia, per la cui ‘lettura’ utilizziamo le categorie indicate dalla linguistica moderna? e che Polluce ha raccolto dai testi attici del periodo d’oro della lingua organizzandola in un contesto unitario, mostra che il procedimento tecnico dell’insegnamento ha costituito il sicuro binario sul quale il filosofo fa scivolare, rendendola perspicua, la funzione formativa della polis. Lo stringente meccanismo della similitudine fa sì che in questo universo ristrutturato sub specie scholastica la polis/Ypaupatiotai tracci (ὑπογράψασασα ὑπογράψαντες) le lince guida (vépor/ypaupai) e costringa (ἀναγκάζει)

ἀναγκάζουσι) i cittadini/allievi a raggiungere la finalità dell’attività formativa (ἄρχειν καὶ ἄρχεσθαι, γράφειν),

sulla scia del tracciato indicato (κατὰ τούτους κατὰ τὴν ὑφήγεσιν τῶν γραμμάτων), posto alla base come rete di sicurezza.? di τραχύτης,

impiegato

anche in Poll. ıv 51; ıv 98; v 138; VI 8;

IX 52; IX 148. Per l’elenco, all’interno di coppie oppositive, di termini

τραχεῖα (λεῖα,

cxAmnp&/uaraxk,

vd.

D.

H.

Comp.

12, 16.

Per il significato di questa categoria nell’ambito dell’orizzonte selettivo di Polluce e per l’analisi dei singoli passi, vd. RADICI 2016.

! Poll.

iv

41

ἡγόμενος. © Vd. ALINEI

διδάσκων, παιδεύων, I99I,

pp.

36-38,

ἐξηγούμενος

in particolare

ὑφηγούμενος, p. 38,

che

per

distinguere le diverse tassonomie relative ad |automobile | utilizza «piuttosto che le categorie grammaticali generiche, altre categorie tradizionali più rilevanti, come Nomen Agentis per il guidatore, Nomen Instrumenti per l’automobile, Nomen Loci per la strada, Nomen Actionis per la guida,...Nomen finis...per il trasporto». 3 Platone usa il verbo ὑφηγεῖσθαι anche in altri luoghi, sempre valorizzandone i significati di supporto e guida: si veda in par86

LE

LEGGI

E

IL

MAESTRO

Sette secoli dopo il brano di Platone è esplicitamente citato, ad litteram, da Aristide, il quale però individua

non nella polis, ma in Pericle, il γραμματιστῆς che con le sue parole e con l'esempio costituito dalla sua vita ha tracciato le lince della libertà e della nobiltà per i suoi concittadini, ponendosi come il maestro ὑφηγετῆς sostegno dell’allievo nell’arduo cammino della conoscenza.' Non è un caso il fatto che non nei paragrafi del 1. x dell’Onomasticon, destinati agli σκεύη della scrittura, ma proprio nel l. ıv, relativo alle ἐπιστῆμαι e alla loro insegnabilità, il termine compaia nelle sequenze sinonimiche relative al maestro:? sorprende che qui Polluce non abbia citato, come suole fare con gli autori da cui estrapola le sue glosse, Platone, ma si può essere sicuri che la definizione del maestro ὑφηγετῆς ha dietro di sé il passo del dialogo platonico. RIFERIMENTI

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37

LIVIA

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88

Learn

Of The

To

Write:

Institute of

INDICI

INDICE

DEI

LUOGHI

CITATI

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p. 4I

e n. 4. Anth. Pal. 12.2.1-2: p. 31, n. 2.

Antip.: p. 17 bis; fr. 5 von Arnim: p. 17 Antiph. fr. 197 n. 4. Antipho 1.10: 1.10. 2-3: p. I-4:

p.

Anton. fragm. p.

28,

26,

bis e n. 3. K.-A.: p. 19, p. 23, n. 3; 23, N. 5; 53.

n.

(PSI n.

De

incred.

10.1177),

17,

n.

4.

50-51, n. 5. Aristom. fr. 9 K.-A.: p. 19, n. 2. Aristoph. Av. 974, 976, 980, 986,

989,

1024,

p. 16, n. 1; Lys.

1037,

I288:

1199: p. 15

e n. 4; Nub. 19-20: p. 23, n. 8; Thesm. 778: p. 33 e n. 3; fr. p. p. p. p.

778-779: p. 14 163 K.-A.: p. 36 e n. 3; fr. 19, n. 6; fr. 65 e n. 1; fr. 15 e n. 6; fr.

p. 39

Ath.

e nn. 3-4; 15 en. 3; 795 K.-A.: 815 K.-A.: 845 K.-A.: 879 K.-A.:

e n. 3.

11. 51: pp. 65-66 e n. 13.

45.

2-6:

p.

34

et

mir.

en.

2; ἢ. 35.

6-7:

4.

Apollod. Com. tit., fr. 5 K.A.: p. 25, n. 3.

p.

3;

3.

Diog.

IS:

Basil.

De

vita

s.

Thec. 1, 26, 36: pp. 50-51, n. 5; Hom. d. in Lacisis,

INDICE

21.

1444.

Eust.

e n. 3. BGU 12 2185. 20: p. 24, n. 4.

32,

Dio.

M.:

67.15.3:

p.

LUOGHI

29

Cassio

II-I2

DEI

p.

Ad

Il.

6.

168-169,

nn.

3-4;

2

p.

273.

9. 5. 2-3: p. 24, n. 4.

Harp.

p. 198. 4-5 Dindorf:

p. 36,

n.

2.

Hdt.1.123:

p.

16,

n.

Cratin. Jun. fr. 11 K.-A.: p.

125:

pp.

19, n. 5. Crit. fr. 2 K.-A.: p.73e ἢ. 1.

5.58:

p.

p.

15

e n.

I;

Ctes.:

p. 28

e n.

I; p. 32,

p. 22;

688

F 5, 12-20

Jacoby: p. 23, n. 1. Dem.: 24

p.

16;

© n.

p. 2;

17; 45.17:

p.

26,

x

177:

6.3.5-6: p. 34 € p. 36

p.

Hom. 2;

Hipp.

856-

7-8;

7.

239:

p.

18;

p. n.

19; I; p.

40,

n.

t 1092:

4;

%

633:

p. 21, n. 4; U

e n.

4.

fr.

5 K.-A.:

Il.

6.169:

p.

73

e

p.

32

e

n.2;

p.

76

p. 14 e n. 17.476:

p.

14, N. I.

240.57-241.3

Kallierges: p. 25, n. 1. Eupol. fr. 95.19 Kassel-Austin: p. 30 e n.6; fr. 327 K.-A.: p. 16, n. 2. Eur.

nn. 2;

n. 3.

Stefani: p. 30, n. I. M.

p.

p. 36

Hipp.

e n. 5.

Etym. Gud. p. 487, 37-40 De Etym.

403:

p. 62;

n. I. n. 3; 7.37.7-8:

n.

1.

Hes. Th. 770: p. 14, n. I. Hesych. & 4041: p. zen. 4; € 4240: p. 60; è 1175: p. 28, n. 2; θ 946: p. 28, n. 7;

9.46.4:

Diod.: p. 22; 2.32.4, 6: p. 23, Laert.

18-19, 22,

1;

35 e n. 3.

n. I; 45.44. 4: p. 24 € n. 4; 54. 37. 2-3: p. 27, n. I.

Diog.

7-8

Van der Valk: p. 39, n. 4; 2.273.11-14 Van derValk: p. 32, n. 4.

28,

Cratin. fr. 217 Kassel, Austin: p. 15 e n. 2; fr. 267 K., A.: p. 19, n. 3.

p.

2.

272. 8 Van der Valk: p.

n. 5. CPR

CITATI

857:

p.

n. 2; fr. 627 Kannicht: 22, N. 3.

IG

1 426: I° 330.5:

e n.

p. 74, n.

3; IG

I; IG



374.279: p. 20, n. 2; IG 11° 1407.

34,

38:

II° 1408.

p.

p.

67 e n.

1; IG

17: p. 67 e n. I;

IG ν΄ (i) 103.159: p. 20 € n. 4. 02

INDICE

Isocr.

fr.

14.2-3

DEI

Sauppe:

LUOGHI

p.

CITATI

26, n. I; Ind. 15: pp. 38-39

Philyll. fr. 10 n. 5; p.34 € Phot. « 1349,1 p. 52 ter. Phrynich, Ecl. p. 33, N. 3. Pi. fr. 169a, Maebler: p.

e n. I.

Plat. Com.

34, N. 3.

Lex.Segu. p. 113,1 Bekker: p. 38,

n.

Luc. n.

2.

Amor. 2; De

44. 14: p. 29 6 merc. 27.5-6: p.

Lys. 32.7: p. 23, n. 6; fr. 99

Baiter-Sauppe: p. 65 e n. 2.

Manass.

Comp.chron.

2723-

4: p. 40, n. 5.

Mich.

Psell.

178: 21.

p.

Orat.

50-51,

175-176:

Pan.

n.

4,

K.-A.: p. 14 e ἢ. I. Theodoridis: 142.1 Fischer: 1-2 Snell18 e n. 2.

fr. 218 K.-A.: p.

20 bis e n. 3. Plat.: p. 18; Alc. τ, 109 p. 14, n. 1; 129 b: p. n. I; Ap. 264: p. 16, n. Minos. 320 d 1: p. 24 e 5; Prot. 326 d: p. 23, n.

Ὁ: 14, 2; n. 4.

Plut.

13.

Ad

princ.

inerud.

5; Poem.

780 C: p. 18 e n. 3; Alc.22:

n.

p. 67 e n. 4; p. 68; De gar-

p. 4I,

I.

rul. 35. 514 D: p. 17, n. 3; Orus fr. 69 n. 2. P.Amh. 4;

P.Lips I. PMag

Alpers:

p. 40,

p. 31, n.

Dem. 29. 4: p. 16; p. 17 € n. I; p. 41 € n. 2; 30.1: p. 17, n. 2; Eum. 1.6: p. 33 € n. I; Max. cum princ. 49. 779 C: p. 18 e n. 1; Per. 6.5.4: p. 27, n. 3; Quom.

Preisen-

Adul. 59 F 9-10: p. 34 e n. 4. Poll. 1 2, 2: p. 51, n. 2;

2. 147. 17: p. 24, n.

2.

149.18:

I. 64. 13.

p.

137-138

danz: p. 3 en.

P.Mil.Vogl.

24,

44-45:

2. 76.

23, N. 7. P.Oxy 42. 3015,

n.

I.

1.

IV:

18-19:

p.

2; 27,

21-27:

p. 57;

p.

p. 59 e n. I. P. Rain. n. 4.

Philostr.

112. 37.

p. 27; p.

38, N.

13;

5; p.

7-19,I:

9-13:

p.

IV n.

τὸ: 3;

IV 37 28,

p. 37 e n.

IV

18,

18-19:

6, 11, 11: p. 55 bis

e n. I.

n.

2;

VI

89,

VI 4:

I;

IV

18,

n.

6;

IV

59:

89:

p.

p.

62;

p. 56 e n. 2; VII:

93

p. II;

e n.

p. 40 e n. 3; V 140:

p. 24,

6: p.

75 VI

p. 13, 6 n.

2;

I63,

3:

p. 18; VII

INDICE

57,

2: P.

52;

VII

DEI

196,

LUOGHI

2: p.

X

CITATI

97:

p.

76

e

n.

2;

Χ

98,

57 bis; VII 210: p. 20 bis e n. 3; VII 2I0-2II: p. II; p.

4: p. 545 X 98, 4: p. 62 € n. 2; X 103: p. 75; X 105,

13; VII 211: p. 19 € n. I; p.

3: P- 54,

21, nn. 2-3; p. 22, n. I; VII 211, I-2: p. 19, n. 8; VIII

108: p. 73; p. 79 e n. I; X 103-109: p. 75; X IIO, 4: p.

I6: p. 35 en. 5; IX 41: p. 25, n. 2; X 2, 7: Ρ. 62 en.

54, X III, 3: P. 54; X III, 4: p. 54; X II2, 3: p. 54;

I; X 14, 8: p. 50, n. I; X 15, I: p. 53; X 18. 13: p. 53; X

X II2, 4: p. 54, X 114: p. 75; X 114, 7: Ρ. 76 € n. I;

18, 14: p. 56 € 2: P. 54, N. 1; 2: p. 516 n. I; X 24: P. 74; X

X 119, 13: p. 54, X 127, I. p. 54; X 130: P. 75; X 130, 8: P. 54; X IA4I, 3: p. 54; X 147, 5: p. 54; X 148, 6: p.

x 35: 77;

P.

X

73;

38,

n. I; p. 55; X 23: 31, 2:

X 36:

7:

p.

X X Ρ. Ρ.

P.

52,

15, 20, 77; 53;

74; n.

p.

I,

54;

X

Ρ.

39: p. 745 x 42, di p.53;x .

.

.

e n. I; X

pp.

13-43;

X

X 57-60:p. 59:

p. 36

54,

1.2:

II; e n.

I; p. 37 € N. 3; pP. 38, ἢ. 3; 54;

p.

59

e n.

I;

p.

8I:

p.

74

e n.

2; x

I:

p.

X

6:

54;

Χ 172,

1. p. 54, X 175:

D. 25,n. 4; In Steph 25

4 en.

Ρ

4.

e n. 2

60;

SB 1. 5217. 25-26: p. 31, n.

84:

3.

P- 74; X 85, II: P. 54; p. 61 e n. 2; X 86:

X 162,

Rinth. fr. τὶ Kaibel: Ρ. 73

Χ 74, 4: P. 54, X 79: P- 74 X

164,

b “ 2.11.7-8: p.

X 60: p. 40 € n. I; X 60, 5: p.

X

76;

p. 76; Ρ. 79. ps. Dem. In Dionysodorum

4, X 54, 3: p. 53; X 57-58: 38 e n. I;

54;

p.

x 169: p. 76; X 170, 15: Ρ

22 4: P 53; & 54: P 27; πε p.

X I50:

10% 5: P- 54; Xx 100: P- 79;

42, 9:P. 53; X 46:p. 72; X 49, 6: Ρ. 53; p.59

ΧΊΟΥ, 2. P. 54, X

Schol.

p. 72, X 87:

ad Aristoph.

E. 566:

p. 69 e n. 3.

p. 72; X 88: p. 13, n. 2,X

Soph. Ph. 789: p.14, n. 1.

90: pp.

Suid. α 1942 Adler: p. 60; ὃ

54,

X

93,

72-73; X 93, 2: P. 7: P- 54;

X

95,

2:

202

p. 54; X 96: p. 75; X 96, 2: Ρ. 54; X 96-97: p. 65 e nn. 2-66 € n. I; p. 67 € n. 3;

Adler:

p. 36

e n.

5;



1608, 1-2 Adler: p. 32, n. I; © 443, 2 Adler: p. 28, n. 3; 7 I611 Adler: p. 33 e 94

INDICE

DEI

LUOGHI

CITATI

n. 2; T 1612.1-2 Adler: p. 38, n. 2; σ 638 Adler: p.

Theophr. Char. 26, n. 2.

36 e n. 5.

Thuc.

Synes. De insomniis 12, 23: p. 50 e n. 5; Epist. 3, 6-7: p. 114.

77

e p.

n. 50

1; € n.

Epist.

6.8. 2-3: p.

2. 96.1: p. 50 en.

2;

3. 95.3: p. 50, n. 2.

148.

Zonar.

I.

mann:

95

p.

1512. p.

40,

12-13 n.

2.

Titt-

INDICE

DEI

NOMI

Alinei p. 86, n. 2. Austin

Del

p. 14, n. 3.

p.

MODERNI Corso

pp.

12,

I;

p.

16,

n.

n. 3; p.

22,

n.

2; Ρ.

16,

Bearzot p. 12, n. 2. Bergk p. 68, n. 2. Bethe p. 11, n. 1, n. 2; p. 47, n.

I; p.

83,

n.

I; p.

2;

p.

pp.

16,

2I, 84-85,

3; p.

I; p. n.

I;

n. 2.

84,

20,

n.

n.

I;

Garzya

p.

50,

ἢ.

4;

P-

n. I.

3.

Havelock p. 83-84, n. 2.

Capasso pp. 11-12, n. 2; p.

Jones p. 69, n. 3.

12, N. I; p. 21, n. I. Caccamo Caltabiano p. 12, n.

2; p.

48,

Casanova

n.

Kim

I.

33 n. 11-12, p. 19, p. 19,

I; p.

I. n. 2 ter; p. n. 2; p. 19, n. 5 ter.

I; p.

Conca Conti ter;

n.

83,

n.

nn.

I-2.

Lanza p. 27, n. 2; p. 83, n.1. p. 50, n. 5.

Landucci p. 12, n. 2 Lobeck p. 77, n. 2.

3.

pp. 50-51, n. 5. Bizzarro p. 12, p.

69,

Lamoureux

p. 19, n. 5. 62,

p. 13, n. 1.

Köhler p. 67, n. 2; p. 68, n.

Chantraine p. 21, n. 5; p. 41, n.

77;

Gulletta p. 47, n. 2.

Böckh p. 66, n. 2.

Canfora p. Caroli pp. 19, N. I; n. 4 bis;

p. 23,

I.

n.

n.

11-12, n. 2;

Dennis pp. 50-51, n. 5. Dragon pp. 50-51, n. 5.

Blanck pp. 11-12, n. 2; p. 12, n.

n.

Magnino n.

Mauduit

2

p. 67, n. 4.

p. 12, n. 2; p. 48,

n. 2.

I.

Merritt

p. 68, n. 3.

Debidour p. 39, n. 2. Naechster p. 48, n. 4. Nieddu p. 18, n. 3.

Degni p. 18, n. 3; p. 29 n. I;

p. 30, n. 3; p. 32, n. 5. 97

INDICE

Parsons

p. 58,

n.

DEI

NOMI

MODERNI

Salmasius p. 77 n. 3.

I.

Perilli pp. 11-12, n. 2.

Siviero

Pestman p. 58, nn. 2-3. Pippin p. 67, n. 5; p. 70, n.

Stock p. 17, n. 4. Strobel p. 13, n. 1 bis.

2 bis; p. 71, n. 1 bis; p. 72, n. 1 bis. Pritchett p. 67, n. 5; p. 68,

Swain

p. 13, n. I.

Theodoridis

n. 3; p. 70, n. 2; p. 71, n. I; p. 72, n. 1.

Turner 6;

2; pp.

Radici

Ρ.

34,

n.

I; p.

85-86,

n.

Colace

p.

84,

n.

n.

2;

85,

Zanetto pp. 50-51, n. 5. Zecchini p. 12, n. 2.

p. 20, n. I; p. 47, n. 2; p. 47,

n.

3; p.

48,

n.

5.

48,

nn.

p. 20, n. 2; pp.

Nn. 3.

Wilson p. 69, n. 3.

6.

12,

p. 68, n. 4; p.

70, N. I. Tosi p. 12, n. 2

Radici p. 12, n. 2 ter; p. 14, n.

p. 26, n. 4.

1-3;

p.

98

84-

COMPOSTO,

IN

FABRIZIO IMPRESSO

TIPOGRAFIA

CARATTERE SERRA E

DI

TYPE

EDITORE,

RILEGATO

AGNANO,

IN

DANTE,

PISA

©

ITALIA

AGNANO

DALLA

ROMA. NELLA

PISANO

(PISA).

x

Marzo 2018 (cZ2/FG13)

A Cr

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