Che cos’è un numero? : Una introduzione all’algebra 9788860306043, 8860306043

Che cosa sono i numeri e come si giustifica la loro esistenza? L’approccio all’edificio matematico adottato in questo li

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Che cos’è un numero? : Una introduzione all’algebra
 9788860306043, 8860306043

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Che cos’`e un numero? Una introduzione all’Algebra

Luca Barbieri Viale

http:/users.unimi.it/barbieri/ Dipartimento di Matematica “F. Enriques” Universit`a degli Studi di Milano c L. Barbieri Viale 2013

LATEX

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Indice 1 Insiemi 1.1 Dizionario . . . . . . . . 1.2 Eguaglianza e inclusione 1.3 Esistenza di insiemi . . . 1.4 Operazioni tra insiemi . 1.5 Relazioni e funzioni . . . 2 Numeri 2.1 Numeri naturali . . . . . 2.2 Insiemi finiti . . . . . . . 2.3 Funzioni di scelta . . . . 2.4 Insiemi infiniti . . . . . . 2.5 Relazioni di equivalenza 2.6 Numeri interi e razionali

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9 9 10 10 11 16

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26 26 33 35 42 44 47

3 Ordini 3.1 Relazioni d’ordine . . . . 3.2 Insiemi ben ordinati . . 3.3 Insiemi completi . . . . . 3.4 Reticoli . . . . . . . . . 3.5 Insiemi continui . . . . . 3.6 Numeri reali e complessi

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54 54 56 59 61 63 65

4 Aritmetica 4.1 Divisione . . . . 4.2 Congruenze . . 4.3 Equazioni . . . 4.4 Numeri primi . 4.5 Numeri p-adici

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71 71 77 80 84 89

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5 Strutture 93 5.1 Gruppi, anelli e campi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93 5.2 Alcune propriet`a notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101 5.3 Anelli di polinomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115

5.4 5.5 5.6

Anelli euclidei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Numeri algebrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 Moduli e algebre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 138

A Appendici A.1 Buon ordinamento . . . . . . A.2 Numeri ordinali . . . . . . . . A.3 Universi e insiemi ben fondati A.4 Categorie e funtori . . . . . .

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Ringraziamenti Desidero innanzitutto ringraziare amici e colleghi che hanno contribuito anche a loro insaputa alla composizione di questo libro. In particolare F. Andreatta, A. Bertapelle, C. Bartocci, M. Bertolini, M. Bianchi, F. Binda, B. Chiarellotto, A. Conca, S. Mantovani, C. Mazza, E. Pacifici e A. Vezzani che hanno pazientemente letto versioni preliminari e apportato migliorie con i loro commenti. Chiaramente imprecisioni o manchevolezze che dovessero ancora esser presenti sono responsabilit`a dell’autore. Desidero anche ringraziare tutti gli studenti che hanno costantemente stuzzicato e stimolato la redazione di questo testo; mi `e sembrato infine assolutamente necessario scrivere questo libro proprio per loro. In particolare, ricordo uno studente che dopo aver scoperto che `e necessario assumere l’esistenza di un insieme infinito si `e presentato alla fine della lezione con la domanda: “Ma allora la matematica cos’`e? Che cosa sono i numeri?” Proprio con questa domanda ho deciso di intitolare un libro dedicato a questa condivisibile preoccupazione. Desidero infine ringraziare Raffaella per avermi sempre aiutato in tutti i modi e per la sua infinita pazienza, nell’avermi sopportato mentre vagavo distratto pensando a questo libro tante (troppe!) volte negli ultimi tempi.

Milano, 20 Gennaio 2013

Prefazione Queste pagine raccolgono e sviluppano le note della parte teorica del corso di Algebra per gli studenti del primo anno di Matematica a Milano dal 2008. Da queste note ho deciso di estrarre e ricomporre un testo introduttivo che mantiene uno stile espositivo informale. Un testo da intendere come una raccolta di concetti essenziali che possa ben essere utilizzato come compendio delle lezioni in aula ma che possa anche esser riutilizzato, nel corso del processo di maturazione del giovane matematico o del filosofo o per chi si accosta per puro diletto al potente richiamo dell’algebra. Un testo che costituisce un invito all’astrazione ma che non richiede conoscenze matematiche preliminari: ho scelto di procedere alla costruzione dell’edificio matematico a partire dalla esposizione dei materiali che lo costituiscono. Il libro, fedelmente alle note originali, si sviluppa idealmente in tre fili del discorso che s’intrecciano tra loro: il primo affronta i fondamenti e il linguaggio della matematica come appare nella teoria degli insiemi e nell’algebra categoriale, il secondo sviluppa le problematiche elementari che scaturiscono dalla semplice esistenza dei numeri come si sono presentate nella storia, con l’aritmetica e la teoria dei numeri, e il terzo conduce direttamente all’algebra astratta presentando le sue principali strutture, alcuni risultati e soprattutto i metodi. Senza necessariamente affrontare in modo formale e sistematico la teoria assiomatica degli insiemi ho ritenuto necessario trattare con cura il linguaggio degli insiemi sul quale si basa la matematica moderna. Nella prima parte affronteremo appunto il concetto di insieme e le principali costruzioni insiemistiche segnalando brevemente gli assiomi (dovuti storicamente a Ernst Zermelo e riportati in nota) che permettono di concepire gli insiemi in modo intuitivo e che garantiscono l’esistenza di alcuni insiemi fondamentali. Il contesto assiomatico in cui opera il matematico non `e da considerare come un paradigma chiuso ma piuttosto una scatola che potrebbe essere parte di un’altra scatola. Si potrebbe dire che il rapporto del matematico con gli assiomi `e dialettico, forse strumentale; una teoria matematica sviluppa un discorso deduttivo a partire da alcune premesse e poco importa al matematico delle premesse. Il ragionamento che si distingue per la sua eleganza ecco l’assoluta bellezza della matematica. In favore di questa eleganza che com-

prende innanzitutto la versatilit`a si esprime la forza creativa del matematico. Bellezza come quella che ci svela che dalla nozione di insieme, sinonimo di aggregato, scaturiscono i numeri come Richard Dedekind gi`a nel 1887 dimostra chiaramente attraverso la sua nozione d’insieme infinito anticipando il sistema di assiomi introdotto poi da Peano; ecco cosa dice nella prefazione alla prima edizione del suo Was sind und was sollen die Zahlen? ovvero “Cosa sono i numeri e cosa dovrebbero essere?” I numeri sono libere creazioni della mente umana. Servono come mezzi per apprendere pi` u facilmente e precisamente le differenze tra le cose. Solamente attraverso il processo puramente logico di costruzione della scienza dei numeri e quindi acquisendo il numero nel continuo noi siamo correttamente preparati a investigare le nostre nozioni di spazio e tempo mettendole in relazione con questo numero creato nella nostra mente. Se esaminiamo accuratamente cosa viene fatto nel contare un aggregato o numero di cose, giungiamo a considerare l’abilit`a della mente a mettere in relazione oggetti con oggetti, facendo corrispondere una cosa con un’altra, un’abilit`a senza la quale nessun pensare `e possibile.

Un punto di vista che ci permette di scoprire le fondamentali propriet`a elementari dei numeri naturali come semplici propriet`a di particolari insiemi. Propriet`a aritmetiche che si trasmettono ai numeri interi, razionali, reali e complessi. Inoltre, mediante lo studio degli insiemi ordinati, possiamo agilmente giungere al concetto di insieme continuo e alla costruzione dei numeri reali, secondo Dedekind. Analogamente, scopriamo che l’introduzione delle principali strutture algebriche permette di caratterizzare e classificare questi numeri e le loro propriet`a. Ad esempio, possiamo dimostrare l’unicit`a dei numeri interi mostrando che esiste un solo anello ordinato con elementi positivi un insieme ben ordinato. Inoltre, scopriremo altri numeri ancora; numeri che sono intimamente connessi a propriet`a aritmetiche non elementari. Ad esempio, gli interi di Gauss. Considerando proprio questi altri numeri che si comportano come gli interi giungiamo a considerare parallelamente altre strutture algebriche preposte a trattarne loro propriet`a. Ad esempio, il concetto di ideale e infine quello di modulo.

Finalmente, possiamo quindi considerare compiuto questo libro proprio quando iniziamo ad addentrarci nel nostro principale argomento di ricerca: l’algebra. Per rispondere alla domanda da cui siamo partiti penso di poter affermare che l’algebra `e proprio la risposta a che cos’`e un numero e che dunque questa domanda ha avuto molte risposte e ancora molte se ne troveranno! Non posso concludere questa breve introduzione senza aggiungere alcune note per i lettori pi` u volenterosi e giustamente diffidenti. Lo stile adottato in questo libro `e saggistico non manualistico; ad esempio, gli esercizi che si trovano opportunamente raccolti ed evidenziati in tutti i manuali rispettabili qui si nascondono all’interno del testo quasi ovunque. Per seguire il filo del discorso `e indispensabile rispondere a molti perch`e che sono evidenziati e molti altri che non lo sono. Per la comprensione (ovvero la digestione) di questo libro `e quindi indispensabile molto esercizio (ovvero un buon addestramento alla produzione di acidi gastrici) e solamente l’esercizio render`a consapevoli (di quel che non si digerisce). In conclusione, leggere questo libro significa innanzitutto completarlo in tutte le sue volute omissioni e poi estenderlo nelle sue articolazioni: non penso che questo debba necessariamente avvenire nel corso di una sola lettura. Suggerisco di non cedere alla tentazione di voler capire tutto subito come di non farsi prendere dal panico di non riuscire a capire: le principali difficolt`a in matematica sono di natura psicologica. Acquisire maggiore consapevolezza permette di capire che cosa non `e chiaro e diventando pi` u saggi si dissolvono gli ostacoli mentali che impediscono di pensare deducendo semplicemente e liberamente.

1 INSIEMI

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Insiemi

Si dice insieme una collezione di “oggetti” che si dicono elementi dell’insieme. Si assume che un insieme sia determinato in modo univoco dai suoi elementi. Si potrebbe disquisire a lungo su questa definizione e in particolare sul concetto di elemento ma in un primo approccio consideriamo esclusivamente la teoria degli insiemi standard (di Zermelo-Fraenkel). Ai lettori pi` u appassionati consigliamo di consultare parallelamente l’Appendice A.4 che indica come sia possibile trattare gli insiemi distintamente dai loro elementi.

1.1

Dizionario

Facciamo nel seguito abbondante e proficuo utilizzo dei seguenti simboli che elenchiamo con la loro traduzione: def

• la notazione X = {◦, . . .} definisce l’insieme X mediante la lista {◦, . . .} • il simbolo di appartenenza ∈ traduce “`e un elemento di” come ◦ ∈ X • ∀ traduce “per ogni” e si chiama anche quantificatore universale • ∃ traduce “esiste” e si chiama anche quantificatore esistenziale • il simbolo d’implicazione ⇒ traduce “se . . . allora . . . ” • & traduce la congiunzione “e” e infine | traduce “tale che” Adotteremo anche la notazione 6∈ come @ per tradurre “non `e un elemento di” e “non esiste” (questo sottintende l’esistenza di un simbolo di negazione). Infine, ∃! traduce “esiste ed `e unico”. Ad esempio, per esercizio, potete tradurre ∀x ∈ X ⇒ x ∈ Y & ∃! y ∈ Y | y ∈ /X Osserviamo per`o che ∀ `e superfluo e quindi spesso lo ometteremo. Nel seguito, con “proposizione” o “propriet`a” P intendiamo esattamente una espressione di questo tipo. Indichiamo inoltre con P ⇔ Q l’equivalenza logica di proposizioni P e Q che risulta dalla validit`a simultanea delle implicazioni P ⇒ Q e Q ⇒ P.

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1.2

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Eguaglianza e inclusione

Il primo fondamentale assioma1 ci consente di affermare che un insieme `e univocamente determinato dai suoi elementi. Secondo questo assioma due insiemi X e Y sono uguali se valgono simultaneamente ∀x ∈ X ⇒ x ∈ Y e ∀y ∈ Y ⇒ y ∈ X. Questo si pu`o tradurre anche con x ∈ X ⇔ x ∈ Y ovvero con l’equivalenza logica tra l’essere un elemento di X e l’essere un elemento di Y . Con il simbolo = traduciamo “coincide con” e con 6= traduciamo “`e diverso da” sia per gli insiemi che per gli elementi di un insieme. Scriviamo dunque X = Y se due insiemi sono uguali e X 6= Y se non sono uguali. Risulta spesso conveniente separare le due implicazioni per comprendere se due insiemi sono o non sono uguali. Mediante il simbolo di inclusione indichiamo • X ⊆ Y se vale ∀x ∈ X ⇒ x ∈ Y In questo caso, diciamo anche che X `e un sottoinsieme di Y . Dunque si ha che X = Y se e solo se si ha X ⊆ Y e Y ⊆ X. Un sottoinsieme X di Y tale che X 6= Y si dice sottoinsieme proprio e si denota con il simbolo X ⊂ Y d’inclusione stretta.

1.3

Esistenza di insiemi

Una questione non del tutto trascurabile `e quella della esistenza di insiemi e dell’esistenza d’insiemi costruiti a partire da altri insiemi. Si assume l’esistenza d’insiemi elementari2 ovvero dell’insieme vuoto ∅ che `e un insieme senza elementi e dell’insieme singoletto o “singleton” che `e un insieme con un solo elemento come {∅} l’insieme che ha come elemento l’insieme vuoto. In effetti, dati due insiemi X e Y si assume l’esistenza dell’insieme {X, Y }. Ad esempio, l’esistenza dell’insieme {∅, {∅}} `e cos`ı garantita. Il fondamentale assioma di specificazione3 consente di affermare l’esistenza di un insieme costituito dagli elementi di un altro insieme che soddisfano una 1

Axiom der Bestimmtheit Axiom der Elementarmengen 3 Axiom der Aussonderung 2

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qualunque propriet`a. In altre parole, dato un insieme X esiste sempre un insieme def A = {x ∈ X | x verifica P } costituito da elementi x di X tali che verificano una propriet`a P (espressa da una proposizione con termini gli elementi di insiemi). Tale insieme A `e un sottoinsieme di X ed `e unico per quanto detto sopra. Ad esempio, l’insieme singoletto X = {◦} se esiste `e unico in quanto il pallino `e il suo elemento costitutivo. Dato X = {◦} si ottiene l’insieme vuoto ∅ = {x ∈ X | x 6= ◦} per l’assioma di specificazione.

Attenzione! Sia X un insieme e sia P la propriet`a di non appartenere a s´e stessi. Dunque, per l’assioma di specificazione, esiste l’insieme def

A = {x ∈ X | x ∈ / x} Per costruzione si ha: y ∈ A ⇔ y ∈ X e inoltre y ∈ /y Supponendo che A ∈ A si ha che A ∈ X ma pure che A ∈ / A: assurdo! Dunque A ∈ / A e quindi A ∈ / X. Infatti: supponendo A ∈ X e A ∈ / A si ottiene che A ∈ A: assurdo! L’insieme X `e completamente arbitrario e a partire da questo insieme abbiamo costruito un insieme A che non appartiene a X. Se X fossero tutti gli insiemi si avrebbe cos`ı un insieme A che non appartiene a X: assurdo! Se ne deduce che tutti gli insiemi non sono un insieme! Per ovviare a questo inconveniente si pu`o introdurre il concetto di universo Il lettore interessato trova nell’Appendice A.3 una ulteriore discussione su questo argomento.

1.4

Operazioni tra insiemi

Le seguenti costruzioni insiemistiche costituiscono le operazioni elementari mediante le quali `e possibile esprimere concetti e strutture matematiche

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pi` u elaborate. Ad esempio, vedremo come il concetto di numero si esprime operando con insiemi. Unione e intersezione Indichiamo come unione di due insiemi X e Y l’insieme def

X ∪ Y = {z ∈ X oppure z ∈ Y } Si osserva che dati insiemi X, Y e Z valgono le seguenti propriet`a • X ∪Y =Y ∪X • (X ∪ Y ) ∪ Z = X ∪ (Y ∪ Z) • X ∪X =X • se X ⊆ Z e Y ⊆ Z allora X ∪ Y ⊆ Z Da questa ultima proposizione segue che l’unione di due insiemi dati `e il pi` u piccolo insieme contenente gli insiemi dati. Infatti, X ⊆ X ∪ Y ma anche Y ⊆ X ∪ Y e se x ∈ X ∪ Y allora x ∈ X oppure x ∈ Y ma allora x ∈ Z assumendo che X ⊆ Z e Y ⊆ Z. Analogamente, indichiamo come intersezione di due insiemi X e Y l’insieme def

X ∩ Y = {z ∈ X ∪ Y | z ∈ X pure z ∈ Y } Si ha che X ∩ Y ⊆ X ∪ Y . Due insiemi si dicono disgiunti se X ∩ Y = ∅. Si osserva che dati insiemi X, Y e Z valgono le seguenti propriet`a • X ∩Y =Y ∩X • (X ∩ Y ) ∩ Z = X ∩ (Y ∩ Z) • X ∩X =X • se Z ⊆ X e Z ⊆ Y allora Z ⊆ X ∩ Y

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Dunque l’intersezione di due insiemi dati `e il pi` u grande insieme contenuto negli insiemi dati. Iterando le operazioni di intersezione e unione si pu`o definire l’unione e l’intersezione di tre o pi` u insiemi. A questo fine `e utile considerare una famiglia d’insiemi ovvero un insieme F = {X, Y, . . .} dove i suoi elementi sono a loro volta insiemi. Assumiamo che siano insiemi [ \ X X X∈F

X∈F

le unioni e intersezioni di tutti gli insiemi X ∈ F. L’unione `e la collezione degli elementi di X al variare di X ∈ F mentre l’intersezione `e la collezione degli elementi comuni a tutti gli X al variare di X ∈ F. Osserviamo che l’esistenza dell’unione `e garantita dall’assioma dell’unione4 e l’esistenza dell’intersezione segue dall’assioma di specificazione. Si utilizza spesso la notazione {Xi }i∈I per indicare una famiglia d’insiemi al variare di i ∈ I in un insieme di indici. Si denotano cos`ı [ \ Xi Xi i∈I

i∈I

le corrispondenti unioni e intersezioni. Insieme delle parti In particolare, abbiamo una famiglia naturalmente associata a ogni insieme X ovvero la famiglia costituita da tutti gli insiemi Y tali che Y ⊆ X `e un sottoinsieme di X. Denotiamo def

P(X) = {Y | Y ⊆ X} e assumiamo5 che sia un insieme. Ad esempio, P(∅) = {∅} e P({∅}) = {∅, {∅}}. Inoltre X ⊆ Y ⇔ P(X) ⊆ P(Y ) e si vede facilmente che [ X= Y Y ∈P(X) 4 5

Axiom der Vereinigung Axiom der Potenzmenge

1 INSIEMI

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Una partizione di un insieme X `e una famiglia F d’insiemi disgiunti a coppie (ovvero per cui A ∩ B = ∅ per ogni A, B ∈ F non vuoti e distinti) tale che [ X= A A∈F

Ad esempio, P(X) non `e una partizione di X ma sia {{a}}a∈X ⊆ P(X) la famiglia d’insiemi costituita di singoli elementi di X. Si vede facilmente che `e una partizione di X [ X= {a} a∈X

Insieme differenza Una importante operazione tra insiemi `e l’insieme differenza o il complementare di un insieme Y in un insieme X che denotiamo def

X \ Y = {x ∈ X | x ∈ / Y} Si ha che X \ Y ⊆ X e Y ∩ X \ Y = ∅. Si noti che se Y ⊆ X allora X = Y ∪ X \ Y `e una partizione di X e viceversa. Infine, si ha che X \ Y = ∅ se e solo se X ⊆ Y . Seguono le seguenti formule la cui verifica `e un facile esercizio. Proposizione 1.1 Siano A, B e C insiemi. Si ha (A ∩ B) ∪ C = (A ∪ C) ∩ (B ∪ C) (A ∪ B) ∩ C = (A ∩ C) ∪ (B ∩ C) A \ (B ∩ C) = A \ B ∪ A \ C A \ (B ∪ C) = A \ B ∩ A \ C Le ultime che coinvolgono il complementare (sono anche dette Leggi di de Morgan e) si possono anche formulare, pi` u in generale, come segue: Proposizione 1.2 Sia X un insieme, A ⊆ X e sia F ⊆ P(X). Allora \ [ A\ B= A\B B∈F

A\

[ B∈F

B∈F

B=

\ B∈F

A\B

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Insieme prodotto Il prodotto di due insiemi X e Y che denotiamo def

X × Y = {(x, y) | x ∈ X y ∈ Y } `e l’insieme delle “coppie ordinate” ed `e un’altra importante operazione tra insiemi. Dati x ∈ X e y ∈ Y elementi di due insiemi fissati denotiamo con def

(x, y) = {{x}, {x, y}} l’insieme coppia ordinata (secondo Kuratowsky). Questo insieme esiste grazie all’assioma sull’esistenza di insiemi elementari. Si vede che: • (x, y) 6= (y, x) se x 6= y in quanto {x} ∈ (x, y) ma {x} 6∈ (y, x) • (x, x) = {{x}, {x, x}} = {{x}, {x}} = {{x}} • (x, y) = (x0 , y 0 ) se e solo se x = x0 e y = y 0 L’esistenza del prodotto `e garantita in quanto sottoinsieme di P(P(X ∪ Y )). Infine si ha: [ [ X ×Y = {(x, y)} x∈X y∈Y

Notare che X × ∅ = ∅ × X = ∅ mentre X × Y 6= Y × X in generale anche se a ciascun (x, y) corrisponde un unico (y, x) e viceversa. Ad esempio, se denotiamo 0 = ∅, 1 = {0} e 2 = {0, 1} si vede che 1 × 2 = {(0, 0), (0, 1)} mentre 2 × 1 = {(0, 0), (1, 0)}. Insieme somma Per un qualunque insieme X fissato vediamo che X × {◦} ∩ X × {?} = ∅ per ◦ = 6 ? e ogni scelta di un singoletto anche se gli elementi (x, ◦) ∈ X × {◦} sono sempre tanti quanti gli elementi x ∈ X. Inoltre, si ha che l’insieme X × {◦} ∪ X × {?} = X × {◦, ?} realizza due copie disgiunte dell’insieme X.

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La somma o unione disgiunta di due insiemi X e Y `e l’insieme def

X ] Y = X × {◦} ∪ Y × {?} Si ha che X ] X = X × {◦, ?} 6= X = X ∪ X. Notare che ◦ e ? sono solo etichette ausiliarie che sono scelte per distinguere insiemi identici. Per una famiglia d’insiemi distinti F possiamo semplicemente definire l’insieme somma come X def [ X= X × {X} X∈F

X∈F

Per qualunque famiglia {Xi }i∈I possiamo anche definire l’insieme somma X def [ Xi = Xi × {i} i∈I

i∈I

Sorge naturale l’esigenza di confrontare tutti questi insiemi.

1.5

Relazioni e funzioni

Come abbiamo appena visto, sorge naturalmente la necessit`a di associare elementi di insiemi diversi. Ad esempio, i due singolettti X = {x} e Y = {y} sono insiemi disgiunti e sono tali che X ∪ Y = {x, y} ha esattamente tanti elementi quanti X ] Y = {(x, ◦), (y, ?)} ed `e evidente come associare gli elementi di un insieme a quelli dell’altro. Una relazione tra due insiemi X e Y `e definita da R ⊆ X ×Y un qualunque sottoinsieme del prodotto. Si scrive anche xRy se (x, y) ∈ R e si dice che x e y sono associati mediante R. Ad esempio, se X ∩ Y 6= ∅ possiamo definire una relazione R = {(x, y) | x, y ∈ X ∩ Y }. In questo caso, se x ∈ X \ X ∩ Y allora (x, y) 6∈ R per ogni y ∈ Y e quindi non associo nessun y a x mediante R. Mentre se x ∈ X ∩ Y si ha che xRy per ogni y ∈ X ∩ Y . Funzioni Una funzione o applicazione tra due insiemi X e Y `e una relazione che associa ad ogni elemento x ∈ X uno e un solo elemento y ∈ Y . L’insieme X si dice dominio e l’insieme Y codominio della funzione (assumiamo dunque

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che la funzione sia sempre definita). Se denotiamo tale relazione con 7→ si ha che x 7→ y dove y ∈ Y `e l’unico elemento associato ad x ∈ X. La notazione universalmente adottata per una funzione `e f : X → Y che traduce “ad x ∈ X si associa y ∈ Y mediante f ” ovvero significa che x 7→ y sono in relazione e possiamo scrivere semplicemente y = f (x) in questo caso. Chiaramente questo sottintende che f sia una “legge” o una “proposizione” che applicata a ciascun elemento di X permette di ottenere elementi di Y . In altre parole, una relazione R ⊆ X × Y `e una funzione se: • ∀x ∈ X ∃ (x, y) ∈ R • se (x, y) ∈ R e (x, y 0 ) ∈ R allora y = y 0 Nella notazione x 7→ f (x) il corrispondente sottoinsieme di X × Y si denota def

Γf = {(x, y) ∈ X × Y | y = f (x)} ⊆ X × Y e si dice grafico della funzione f : X → Y . Se X = Y denotiamo con idX : X → X la funzione identit`a che associa x 7→ x con grafico def

∆X = {(x, x) | x ∈ X} ⊆ X × X Inoltre, si denota def

Y X = {f : X → Y | f funzione} = {R ⊆ X × Y | R = Γf } l’insieme di tutte le funzioni con dominio X e codominio Y (`e un insieme per l’assioma di specificazione). Ad esempio, per ben comprendere il concetto di funzione, osserviamo che se 1 = {∅} (o un qualunque singoletto) esiste un’unica funzione f : X → 1 e dunque 1X `e un singoletto; mentre una funzione f : 1 → X `e unicamente determinata dalla scelta di x ∈ X e viceversa, quindi X 1 ha tanti elementi quanti X. Osserviamo infine che se X = ∅ esiste un’unica funzione ∅ → Y ovvero la funzione vuota ovvero con grafico l’insieme vuoto. Un altro esempio notevole di funzione `e { } : X → P(X)

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che associa x 7→ {x} con x ∈ X. Infatti, la proposizione che si applica agli elementi x ∈ X `e quella di formare il singoletto {x} che `e un elemento di P(X) associato in modo unico ad x. Se X = ∅ si ottiene cos`ı l’unica funzione 0 → 1 dove 0 = ∅ e 1 = P(∅). Immagine e controimmagine Sia f : X → Y una funzione. Dato A ⊆ X si dice immagine di A mediante f l’insieme def f (A) = {y ∈ Y | y = f (a) a ∈ A} ⊆ Y Se A = {a} allora f ({a}) = {f (a)}. Si dice immagine di f l’insieme def

Im f = f (X) = {f (x) | x ∈ X} Dato B ⊆ Y si dice controimmmagine o immagine inversa di B mediante f l’insieme def f −1 (B) = {x ∈ X | f (x) ∈ B} Se B = {b} si ha f −1 ({b}) = {x ∈ X | f (x) = b}. Associando y 7→ def f −1 (y) = f −1 ({y}) si ottiene una funzione f −1 : Y → P(X) ma `e ben possibile che f −1 (y) = ∅ come f −1 (y) = X. Nel primo caso si ha che y ∈ Y \ f (X) e nel secondo caso si ha che f (x) = y per ogni x ∈ X ovvero che f `e una funzione costante. Abbiamo effettivamente due funzioni indotte tra gli insiemi delle parti. La prima f∗ : P(X) → P(Y ) def

che associa A 7→ f (A) = f∗ (A) a un sottoinsieme di X la sua immagine in Y . La seconda f ∗ : P(Y ) → P(X) def

che associa B 7→ f −1 (B) = f ∗ (B) a un sottoinsieme di Y la sua controimmagine in X.

1 INSIEMI

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Funzioni surgettive Diciamo che una funzione f : X → Y `e surgettiva se f (X) = Y . Siccome f (X) ⊆ Y si ha che f `e surgettiva se e solo se Y ⊆ f (X) ovvero • ∀y ∈ Y ∃ x ∈ X | f (x) = y ovvero f −1 (y) 6= ∅ per ogni y ∈ Y . Denotiamo f : X→ →Y una funzione surgettiva. Ad esempio, le funzioni p : X × Y → X tale che p(x, y) = x e q : X × Y → Y tale che q(x, y) = y sono surgettive (con Y e X non vuoti rispettivamente). Funzioni iniettive Diciamo che una funzione f : X → Y `e iniettiva se x 6= x0 implica che f (x) 6= f (x0 ) ovvero • ∀x, x0 ∈ X f (x) = f (x0 ) ⇒ x = x0 Denotiamo f : X ,→ Y una funzione iniettiva. In termini di controimmagine f iniettiva se e solo se ∀y ∈ Y si ha che f −1 (y) `e un singoletto oppure f −1 (y) = ∅. Ad esempio, le funzioni i : X → X ] Y tale che i(x) = (x, ◦) e j : Y → X ] Y tale che j(y) = (y, ?) sono iniettive. Chiaramente i e j non sono surgettive per Y e X non vuoti mentre p e q non sono iniettive se Y e X non sono singoletti. Funzioni bigettive Diciamo che una funzione f : X → Y `e bigettiva se `e sia surgettiva che iniettiva ovvero • ∀y ∈ Y ∃! x ∈ X | f (x) = y In questo caso abbiamo che {x} = f −1 (y) e quindi associando y 7→ x si ottiene una funzione f −1 : Y → X ∼

detta funzione inversa della funzione f . Denotiamo f : X −→ Y una funzione bigettiva.

1 INSIEMI

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Si ha che p : X × 1 → X come i : X → X ] 0 sono esempi paradigmatici di funzioni bigettive. Inoltre, osserviamo che esiste sempre una funzione surgettiva f :X ]Y→ →X ∪ Y tale che (x, ◦) 7→ x e (y, ?) 7→ y ma f non `e iniettiva se (e solo se) X ∩ Y 6= ∅. Se X ∩ Y = ∅ ovvero X e Y sono insiemi disgiunti allora f `e bigettiva e la funzione inversa f −1 : X ∪ Y → X ] Y `e tale che x 7→ (x, ◦) se x ∈ X mentre y 7→ (y, ?) se y ∈ Y (questa ultima funzione non esiste se gli insiemi non sono disgiunti). Infine, si vede facilmente che la funzione { } : X ,→ P(X) `e iniettiva ma non surgettiva. L’immagine di { } `e la partizione {{x}}x∈X . Una qualunque famiglia {Xi }i∈I di sottoinsiemi di X si ottiene come immagine di una funzione ϕ : I → P(X) def

dove s’intende Xi = ϕ(i) al variare di i ∈ I in un insieme di indici. Il seguente importante ma elementare risultato stabilisce che la famiglia P(X) non pu`o essere ottenuta come una famiglia con X come insieme di indici. Teorema 1.3 (Cantor) Sia X un insieme. Non esistono funzioni surgettive f : X → P(X) (e in particolare non esistono bigettive). def

Dimostrazione: Supponniamo che esista una tale f surgettiva. Sia B = {x ∈ X | x 6∈ f (x)} ⊆ X e quindi B ∈ P(X). Siccome f `e surgettiva esiste un elemento b ∈ X tale che f (b) = B. Se b ∈ B allora b 6∈ f (b) = B che `e assurdo! Se b 6∈ B = f (b) per definizione b ∈ B che `e assurdo!

Una interpretazione suggestiva dell’insieme delle parti `e la seguente. Sia X un insieme e sia 2 = {0, 1} l’insieme che abbiamo gi`a considerato. Ciascuna funzione f : X → 2 determina in modo univoco f −1 (1) ∈ P(X). Associando def f 7→ f −1 (1) = ϕ(f ) si ottiene una funzione ∼

ϕ : 2X −→ P(X)

1 INSIEMI

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che risulta bigettiva. Infatti, dato Y ∈ P(X) esiste ed `e unica la funzione χY : X → 2 tale che  1 x∈Y def χY (x) = 0 x 6∈ Y La funzione χY : X → 2 si dice funzione caratteristica di Y in X. In altre parole, si ha che χ−1 Y (1) = Y e quindi ϕ(χY ) = Y ovvero l’inversa ϕ−1 : P(X) → 2X `e proprio la funzione che associa Y 7→ χY per ciascun Y ∈ P(X). Funzioni composte Siano f : X → Y e g : Y → Z funzioni con il dominio di g che coincide con il codominio di f . La funzione composta `e la funzione gf : X → Z che def

associa x 7→ f (x) 7→ g(f (x)) = gf (x) per x ∈ X. In altre parole, si ha un diagramma X

f

gf

/Y ( 

g

Z Osserviamo che se X = Y e f = idX allora gidX = g e che se Y = Z e g = idY allora idY f = f . Per ogni f : X → Y si ha dunque che f idX = idY f = f . Inoltre abbiamo che se f : X → Y , g : Y → Z e h : Z → S sono tre funzioni allora h(gf ) = (hg)f . Ad esempio, se f : X → X `e una funzione allora def def def possiamo considerare f 0 = idX , f 1 = f , f 2 = f f , etc. ∼

Se f : X ,→ Y `e iniettiva allora f : X −→ f (X) `e bigettiva e la gf si dice restrizione di g : Y → Z a X e si denota con g|X . Ad esempio, per ogni sottoinsieme X ⊆ Y si ha X ,→ Y definita da x 7→ x iniettiva e dunque g|X : X → Z. Se f : X → Y non `e iniettiva allora f : X→ →f (X) `e solo surgettiva e si ottiene f componendo con f (X) ⊆ Y . In questo caso abbiamo g|f (X) : f (X) → Z la restrizione di g all’immagine di f . Si verifica immediatamente che: • f e g iniettive ⇒ gf iniettiva • f e g surgettive ⇒ gf surgettiva

1 INSIEMI

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Inoltre si ha: Lemma 1.4 Siano f : X → Y e g : Y → Z funzioni. (a) gf iniettiva ⇒ f iniettiva (b) gf surgettiva ⇒ g surgettiva Dimostrazione: (a) Siano x, x0 ∈ X tali che f (x) = f (x0 ) e quindi g(f (x)) = g(f (x0 )) da cui x = x0 in quanto gf iniettiva. (b) Per ogni z ∈ Z esiste x ∈ X tale che gf (x) = g(f (x)) = z in quanto gf surgettiva e dunque y = f (x) ∈ Y `e tale che g(y) = z.

Funzioni invertibili Diciamo che una funzione f : X → Y `e invertibile se esiste g : Y → X tale che gf = idX e f g = idY . Se tale g esiste `e unica. Infatti, supponiamo che esista anche g 0 tale che g 0 f = idX e f g 0 = idY da cui si ha g = idX g = (g 0 f )g = g 0 (f g) = g 0 idY = g 0 Proposizione 1.5 Una funzione f `e invertibile se e solo se f `e bigettiva. L’inversa f −1 `e unicamente determinata da f e viceversa. La composta gf di invertibili `e invertibile e si ha (gf )−1 = f −1 g −1 . Dimostrazione: Se f : X → Y `e invertibile allora gf = idX iniettiva da cui f iniettiva e f g = idY surgettiva da cui f surgettiva (per 1.4). Viceversa, se f bigettiva allora esiste ed `e unica l’inversa f −1 che verifica f −1 f = idX e f f −1 = idY . Sia g : Y → Z invertibile, la composta gf : X → Z `e tale che f −1 g −1 gf = f −1 f = idX e inoltre gf f −1 g −1 = gg −1 = idZ .

Per una qualunque funzione f : X → Y considerando la funzione indotta sugli insiemi delle parti f ∗ : P(Y ) → P(X) possiamo riassumere quanto detto con un diagramma Y f −1

{ }

/

P(Y )

f −1

% 

X

{ }



f∗

/ P(X)

1 INSIEMI

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dove f −1 : Y → P(X) esiste sempre (e risulta essere la funzione composta / X esiste se e solo se f ` come indicato) mentre f −1 : Y e invertibile. Inoltre si ha f∗ : P(X) → P(Y ) e le composte • f∗ f ∗ : P(Y ) → P(Y ) tale che f∗ f ∗ (B) = f (f −1 (B)) ⊆ B • f ∗ f∗ : P(X) → P(X) tale che A ⊆ f −1 (f (A)) = f ∗ f∗ (A) per ogni A ∈ P(X) e B ∈ P(Y ). Notare che f ∗ preserva le inclusioni ovvero se B ⊆ B 0 allora f ∗ (B) ⊆ f ∗ (B 0 ) inoltre (idX )∗ = idP(X) e (gf )∗ = f ∗ g ∗ per g : Y → Z. Analoghe propriet`a valgono per f∗ ma in questo caso si ha (gf )∗ = g∗ f∗ . Proposizione 1.6 La funzione f ∗ `e invertibile se e solo se f `e invertibile. Se f `e invertibile allora la funzione f∗ `e l’inversa della f ∗ . In particolare si ha che: (a) la funzione f ∗ `e iniettiva se e solo se f `e surgettiva; (b) la funzione f ∗ `e surgettiva se e solo se f `e iniettiva. Dimostrazione: (a) Segue che f∗ f ∗ = idP(Y ) per f surgettiva dato che vale l’uguaglianza f (f −1 (B)) = B. Viceversa, se f −1 (B) = ∅ allora B = ∅ in quanto f ∗ iniettiva dunque f −1 (B) `e sempre non vuoto se B = {y} per y ∈ Y . (b) Analogamente f ∗ f∗ = idP(X) se f iniettiva in quanto vale l’uguaglianza f −1 (f (A)) = A. Vicerversa, se f ∗ `e surgettiva possiamo scrivere A = f −1 (B) e quindi f (A) = f (f −1 (B)) ⊆ B ma allora A ⊆ f −1 (f (A)) ⊆ f −1 (B) in quanto f −1 preserva le inclusioni ovvero f −1 (f (A)) = A ovvero f iniettiva. Segue da (a) e (b) che f ∗ `e bigettiva se e solo se f `e bigettiva. Infine, se f `e invertibile si ha f∗ f ∗ = idP(Y ) e f ∗ f∗ = idP(X) per quanto detto sopra e quindi per l’unicit`a dell’inversa si ha che f∗ = (f ∗ )−1 = (f −1 )∗ . Ricordiamo che abbiamo descritto P(X) mediante 2X esibendo esplicitamen∼ te una funzione bigettiva ϕ : 2X −→ P(X) tra questi insiemi. Inoltre, data

1 INSIEMI

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f : X → Y abbiamo che componendo con f si ottiene una funzione 2Y → 2X compatibilmente con f ∗ indotta sull’insieme delle parti ∼ ϕ

2Y 

∼ ϕ

2X

/

P(Y ) 

f∗

/ P(X)

Unicit` a e universalit` a Abbiamo visto che i nostri assiomi garantiscono esistenza e unicit`a di unione e intersezione. L’insieme delle parti `e unico una volta assunto che esista, in quanto ogni insieme `e univocamente determinato dai suoi elementi e l’insieme delle parti ha come elementi i sottoinsiemi di un insieme; tuttavia, l’insieme delle parti pu`o esser ricostruito mediante altri insiemi. Infine, assumendo l’esistenza dell’insieme delle parti, abbiamo costruito un insieme prodotto e un insieme somma: il prodotto e la somma cos`ı costruiti sono unici nel senso che tali costruzioni sono universali ovvero soddisfano una propriet`a che li caratterizza a meno di funzioni invertibili. L’insieme prodotto `e caratterizzato dalla seguente propriet`a: dato un insieme Z con funzioni f : Z → X e g : Z → Y esiste un’unica funzione def

h = (f, g) : Z → X × Y z 7→ (f (z), g(z)) tale che le composte ph = f e qh = g ovvero si ottiene un diagramma :X vv _@@@@f vv @@ v v @ vv ∃! × YH o Z HH ~~ HH ~ ~~ q HHH ~~ g $ p

X

Y

Supponendo che pure l’insieme Z (con le funzioni f : Z → X e g : Z → Y ) soddisfa questa propriet`a allora esiste un’unica k : X × Y → Z tale che ∼ hk = idZ e kh = idX×Y e dunque X × Y −→ Z. Ad esempio, si ha che ∼ X × Y −→ Y × X.

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Analogamente, l’insieme somma `e caratterizzato dalla seguente propriet`a: dato un qualunque insieme Z con funzioni f : X → Z e g : Y → Z esiste un’unica funzione h : X ] Y → Z tale che le composte hi = f e hj = g ovvero si ottiene un analogo diagramma v X @@ f @@ @@ ∃! /Z ] YdHH > ~ HH ~~ HH ~ j HH ~~ g i vvv

X

vv vz v

Y

Ad esempio, la funzione X ] Y → X ∪ Y si ottiene per Z = X ∪ Y , con f e g le inclusioni X ⊆ X ∪ Y e Y ⊆ X ∪ Y . Una qualunque scelta di etichette diverse nella definizione della somma produce insiemi somma diversi con una funzione bigettiva tra questi. Per chi fosse interessato ad approfondire questi argomenti pu`o trovare nell’Appendice A.4 una prima breve introduzione al concetto di categoria e alle propriet`a universali.

2 NUMERI

2

26

Numeri

Abbiamo postulato l’esistenza d’insiemi elementari che abbiamo denotato 0 = ∅, 1 = {∅} e 2 = {0, 1} e che si possono anche considerare da diversi punti di vista (insiemi di parti o unioni). Osserviamo che l’insieme 1 = 0∪{0} si deduce semplicemente da 0 come 2 = 1 ∪ {1} si deduce da 1 e dunque def def possiamo continuare 3 = 2 ∪ {2} = {0, 1, 2}, 4 = 3 ∪ {3}, etc. Infatti, come suggerito da von Neumann, postulando l’esistenza del singoletto e dell’unione di due insiemi esistono tutti questi insiemi: 0, 1, 2, 3, ...

2.1

Numeri naturali

L’assioma dell’infinito6 postula l’esistenza di un insieme X con ∅ ∈ X tale che x ∈ X ⇒ x ∪ {x} ∈ X Diciamo che un insieme X `e apodittico se X verifica l’assioma dell’infinito. Se un tale insieme X esiste allora la famiglia d’insiemi FX = {X 0 ∈ P(X) | X 0 apodittico} def

esiste ovvero FX `e un insieme non vuoto siccome X ∈ FX . In quanto l’intersezione d’insiemi che verificano l’assioma dell’infinito verifica l’assioma dell’infinito si ottiene dunque il pi` u piccolo tra questi insiemi apodittici ovvero \ def N= X0 X 0 ∈FX

Gli elementi di N sono quelli che comunemente chiamiamo numeri naturali ma l’esistenza dell’insieme N di tutti i numeri naturali non `e affatto naturale! Esistenza e unicit` a Se esiste X apodittico allora N esiste ed `e unico. Gli insiemi elementari 0, 1, 2 ∈ X e cos`ı via; quindi possiamo descrivere l’insieme N = {0, 1, 2, 3, . . .} 6

Axiom des Unendlichen

2 NUMERI

27

come il pi` u piccolo insieme che contiene 0, 1, 2, 3, etc. come elementi. L’insieme N viene cos`ı ottenuto a partire da X e quindi sembra dipendere da questo: scegliendo un altro insieme Y apodittico si potrebbe ottenere N0 in Y . In effetti, basta osservare che X ∩ Y 6= ∅ `e apodittico: quindi N ⊆ X ∩ Y ⊆ Y e quindi N0 ⊆ N come N0 ⊆ X ∩ Y ⊆ X e quindi N ⊆ N0 ovvero N = N0 . Principio d’induzione Come abbiamo appena visto N `e contenuto in qualunque insieme apodittico. Viceversa, se S ⊆ N `e un sottoinsieme apodittico allora S = N. In generale, sia P (n) una qualunque proposizione che dipende da n ∈ N. Supponiamo che valga la seguente ipotesi induttiva • P (0) `e vera e inoltre • se P (n) `e vera allora P (n ∪ {n}) `e vera. Allora si ha che P (n) `e vera per ogni n ∈ N. Infatti, sia def

S = {n ∈ N | P (n) `e vera} Dunque S ⊆ N e per ipotesi induttiva si ha che S `e apodittico e quindi che S = N. Questo principio dimostrativo viene detto principio d’induzione e si dice che la P (n) vale per induzione per ogni n ∈ N. Questa `e la principale propriet`a di N dalla quale si ottengono tutte le ben note propriet`a dei numeri naturali. Ad esempio, ricordiamo che un numero naturale n ∈ N `e un insieme. Si vede facilmente, per induzione, che ogni elemento di un numero naturale `e un numero naturale: Lemma 2.1 Se m ∈ n e n ∈ N allora m ∈ N. Dimostrazione:

Infatti, sia P (n) la propriet`a che m ∈ n ⇒ m ∈ N e sia def

S = {n ∈ N | m ∈ n ⇒ m ∈ N} il sottoinsieme di tutti gli n ∈ N per cui P (n) `e vera. Si ha che 0 ∈ S in quanto ∅ non ha elementi. Supponiamo che n ∈ S e mostriamo che n ∪ {n} ∈ S. Se m ∈ n ∪ {n} allora m ∈ n oppure m = n. Se m ∈ n allora m ∈ N per ipotesi

2 NUMERI

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induttiva. Inoltre m = n ∈ N. Per induzione si ha S = N ovvero P (n) `e vera per ogni n ∈ N.

Inoltre, ogni elemento di un numero naturale `e anche un suo sottoinsieme: Lemma 2.2 Se m ∈ n e n ∈ N allora m ⊆ n. Dimostrazione:

Infatti, sia def

S = {n ∈ N | m ∈ n ⇒ m ⊆ n} si ha che 0 ∈ S in quanto ∅ non ha elementi. Sia n ∈ S. Sia m ∈ n ∪ {n} ovvero m ∈ n oppure m = n. Se m = n si ha n ⊆ n ∪ {n}. Se m ∈ n allora m ⊆ n ⊆ n ∪ {n} in quanto per ipotesi n ∈ S. Per induzione si ha che S = N come affermato.

Sistemi di Peano Gli insiemi X che verificano l’assioma dell’infinito sono semplicemente insiemi tali che ∅ ∈ X sia un elemento con la funzione successore σ:X→X

x 7→ x ∪ {x}

def

ovvero σ(x) = x ∪ {x} ∈ X per ogni ∈ X. Proposizione 2.3 L’insieme N verifica le seguenti propriet`a: (P1) 0 ∈ N (P2) n ∈ N ⇒ σ(n) ∈ N per ogni n ∈ N (P3) σ(n) 6= 0 per ogni n ∈ N (P4) σ(n) = σ(m) ⇒ n = m per ogni n, m ∈ N. (P5) S ⊆ N tale che 0 ∈ S e per ogni n ∈ S si ha σ(n) ∈ S ⇒ S = N

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Dimostrazione: Tutte le propriet`a tranne la (P4) sono evidenti. Ad esempio, (P5) `e il principio d’induzione (basta osservare che S `e apodittico e quindi N ⊆ S). Per vedere (P4) se n ∪ {n} = m ∪ {m} si ha che n ∈ m oppure n = m e viceversa m ∈ n oppure m = n. Dal Lemma 2.2 si ha n = m e (P4) `e verificata.

Le propriet`a (P1)–(P5) sono gli assiomi di Peano. Una terna (E, s, e) dove E `e un insieme con un elemento e ∈ E e una funzione (detta successore) s : E → E soddisfa (P1)–(P2). Una terna (E, s, e) che soddisfa le propriet`a (P3)–(P5) si dice sistema di Peano Una terna (E, s, e) che soddisfa (P3)– (P4) `e dunque costituita da un insieme E con e ∈ E e la funzione iniettiva s : E → E tale che e 6∈ s(E) dunque s non surgettiva. Si ha: Proposizione 2.4 Sia E un insieme tale che esiste s : E → E iniettiva ma non surgettiva. Allora esiste N ⊆ E ed e ∈ N tale che (N, s, e) `e un sistema di Peano. Dimostrazione: Infatti, sia (E, s, e) una terna con e ∈ E \ s(E) scelto a piacere. La terna (E, s, e) soddisfa (P3)–(P4). Ogni terna (E 0 , s, e) con E 0 ⊆ E verifica (P3)–(P4). Se (E 0 , s, e) e (E 00 , s, e) sono tali terne con E 0 , E 00 ⊆ E anche (E 0 ∩ E 00 , s, e) `e una tale terna. Sia FE = {E 0 ∈ P(E) | (E 0 , s, e)} def

e definiamo def

N=

\

E0

E 0 ∈FE

Allora (N, s, e) `e un sistema di Peano. Infatti, e ∈ N e s(n) ∈ N per ogni n ∈ N quindi (N, s, e) `e una terna; dato che l’intersezione soddisfa (P3)– (P4) basta mostrare che (N, s, e) verifica (P5): infatti, una terna (F, s, e) con F ⊆ N `e nella famiglia FE e dunque N ⊆ F .

Un aspetto fondamentale di ogni sistema di Peano `e il seguente: Teorema 2.5 (Ricorsivit`a) Sia (N, s, e) un sistema di Peano. Per ogni funzione t : X → X e x ∈ X esiste un’unica funzione f : N → X tale che f (e) = x e f (s(n)) = t(f (n)) per ogni n ∈ N .

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Dimostrazione: Supponiamo che esistano due funzioni f, f 0 : N → X con def le propriet`a richieste. Sia E = {n ∈ N | f (n) = f 0 (n)} ⊆ N . Si ha che (E, s, e) `e una terna e quindi N = E per (P5) ovvero: per induzione, se tale f esiste `e unica. Bisogna mostrare che esiste. Sia F = {T ⊆ N × X | (e, x) ∈ T & (n, y) ∈ T ⇒(s(n), t(y)) ∈ T } Siccome N × X ∈ F si ha che F 6= ∅. Sia \ def Γf = T T ∈F

Si vede per induzione che Γf `e il grafico di una funzione f : N → X. Sia S l’insieme di tutti gli n ∈ N tali che esiste un unico (n, y) ∈ Γf . Allora e ∈ S poich`e se (e, y) ∈ Γf con x 6= y allora Γf \ {(e, y)} ∈ F ovvero Γf ⊆ Γf \ {(e, y)} che `e assurdo e quindi x = y. Inoltre, se n ∈ S allora s(n) ∈ S. Infatti, se s(n) 6∈ S sia (s(n), y 0 ) con y 0 6= t(y) per (n, y) ∈ S. Si ha nuovamente che Γf \ {(s(n), y 0 )} ∈ F e quindi un assurdo. Dunque S = N per induzione e la funzione f cos`ı ottenuta soddisfa quanto affermato.

Infine, si ha che un sistema di Peano `e unico, secondo la seguente: Proposizione 2.6 Se (N, s, e) e (N 0 , s0 , e0 ) sono due sistemi di Peano al∼ lora esiste un’unica funzione invertibile f : N −→ N 0 tale che f (e) = e0 e f (s(n)) = s0 (f (n)) per ogni n ∈ N . def

Dimostrazione: Poniamo appunto f (e) = e0 e se f `e definita per n ∈ N def poniamo f (s(n)) = s0 (f (n)). Per il Teorema 2.5 applicato al sistema di Peano (N, s, e) esiste una unica funzione con queste propriet`a. Siccome anche (N 0 , s0 , e0 ) `e un sistema di Peano, ancora per il Teorema 2.5, esiste una unica funzione g : N 0 → N tale che g(e0 ) = e e g(s0 (n0 )) = s(g(n0 )) per ogni n0 ∈ N 0 . Si ha dunque che gf : N → N `e tale che g(f (e)) = e e inoltre g(f (s(n))) = g(s0 (f (n)))) = s(g(f (n)). Dunque gf = idN : N → N per l’unicit`a stabilita nel Teorema 2.5 e analogamente f g = idN 0 : N 0 → N 0 . In conclusione g = f −1 .

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Corollario 2.7 Se (N, s, e) `e una qualunque terna allora esiste un’unica funzione f : N −→ N tale che f (0) = e e f (σ(n)) = s(f (n)) per ogni n ∈ N ovvero f (1) = s(e), f (2) = s2 (e), etc. Se inoltre (N, s, e) `e un sistema di Peano allora f `e bigettiva.

Attenzione! Notare che in un sistema di Peano (N, s, e) l’elemento e 6∈ s(N ) `e unico. Infatti, S = s(N ) ∪ {e} ⊆ N e dunque {e} = N \ s(N ) per (P5). D’altra parte possiamo avere N 0 ⊆ N con e 6∈ N 0 ma (N 0 , s, e0 ) sistema di Peano tale che N 0 6= N . Ad esempio, basta prendere N 0 = s(N ) con e0 = s(e). Questa osservazione permette di verificare che una propriete`a P (n) sia vera nel sistema (N 0 , s, e0 ) ovvero a partire da P (e0 ). Infatti, supponendo P (e0 ) vera e che se P (n) `e vera allora P (s(n)) `e vera si ha che P (n) `e vera per ogni n ∈ N 0 .

Propriet` a notevoli dei numeri naturali In ogni sistema di Peano possiamo fare dimostrazioni e dare definizioni per induzione: una propriet`a o una formula “`e vera” oppure “`e definita” per induzione grazie al Teorema 2.5. In particolare, in (N, σ, 0) possiamo definire def la somma m+n ∈ N dati n, m ∈ N ponendo m+0 = m e inoltre supponendo def m + n definita ponendo m + σ(n) = σ(m + n): per induzione m + n `e definita per ogni n, m ∈ N. Secondo questa definizione si ha m + 1 = σ(m) per ogni m ∈ N. Per induzione m + n = σ n (m) def

dove anche le composte σ n si intendono definite per induzione ovvero σ 0 = idN def e σ n+1 = σσ n . Si hanno le seguenti ben note propriet`a della somma la cui dimostrazione `e un facile esercizio, per induzione. Lemma 2.8 Siano n, m, k ∈ N • (m + n) + k = m + (n + k)

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32

• m+n=n+m • m+n=k+n ⇒ m=k Per n, m ∈ N denotiamo n ≤ m se m = n + k per qualche k ∈ N e scriviamo anche n = m − k in questo caso. Scriviamo n < m se n ≤ m ma n 6= m. Lemma 2.9 n ∈ m ⇔ n ⊂ m ⇔ n < m Dimostrazione: Mostriamo subito che n 6∈ n. Infatti, se n ∈ n allora n ⊆ n ∪ {n} ⊆ n e quindi n = σ(n) = n + 1 ovvero 1 = 0: assurdo! n < m ⇒ n ∈ m Chiaramente si ha che n < m se e solo se esiste k 6= 0 tale che m = σ k (n). Se n < m allora basta mostrare per induzione su k 6= 0 che n ∈ σ k (n). Se k = 1 allora n ∈ σ(n) = n ∪ {n} e se n ∈ σ k (n) allora si ha pure che n ∈ σ k+1 (n) = σ k (n) ∪ {σ k (n)}. n ∈ m ⇒ n ⊂ m Come abbiamo visto nel Lemma 2.2 osservando che n 6= m altrimenti n ∈ n. n ⊂ m ⇒ n < m Si consideri il sottoinsieme S di N def

S = {n ∈ N | n ⊂ m ⇒ n < m} Si ha 0 ∈ S. Supponiamo n ∈ S e n + 1 ⊂ m. Dunque n ∪ {n} ⊂ m da cui n ⊂ m ma allora, per ipotesi induttiva, esiste k 6= 0 tale che m = σ k (n). Infatti, k 6= 1 poich`e se k = 1 allora m = n + 1. Quindi m = σ k−1 σ(n) = σ k−1 (n + 1) per k − 1 6= 0 ovvero n + 1 < m e n + 1 ∈ S. Per induzione S = N.

Lemma 2.10 Siano n, m ∈ N. Si ha che n ∈ m oppure m ∈ n oppure n = m e un solo caso tra questi `e sempre vero. Dimostrazione: Vediamo che una sola di queste affermazioni pu`o essere valida. Se n = m si ha n 6∈ n. Se n 6= m, n ∈ m e m ∈ n dal Lemma 2.9 si ha che n ⊂ m e m ⊂ n che `e assurdo. Inoltre, sia def

S = {n ∈ N | n ∈ m o m ∈ n o n = m}

2 NUMERI

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Si ha che 0 ∈ S in quanto 0 ∈ m oppure m = 0. Se n ∈ S sia m 6= n ∪ {n} e mostriamo che n ∪ {n} ∈ m oppure m ∈ n ∪ {n}. Se m = n si ha n ∈ n ∪ {n}. Se m 6= n e n ∈ S allora n ∈ m oppure m ∈ n. Ovviamente se m ∈ n allora m ∈ n ∪ {n}. Se invece n ∈ m allora n ⊂ m dal Lemma 2.9 e quindi n ∪ {n} ⊂ m ma allora n ∪ {n} ∈ m ancora per il Lemma 2.9. Per induzione S = N. Osserviamo che per il Lemma 2.9 e il Lemma 2.10 si ha che n ⊂ m oppure m ⊂ n oppure n = m come pure: Corollario 2.11 n < m oppure m < n oppure n = m def

Si definisce il prodotto n · m ∈ N dati n, m ∈ N come segue. Sia 0 · m = 0 def

e inoltre 1 · m = m. Supponendo 2 ≤ n e (n − 1) · m definita poniamo def n · m = (n − 1) · m + m. Si hanno le seguenti propriet`a del prodotto che si verificano per induzione. Lemma 2.12 Siano n, m, k ∈ N • (m · n) · k = m · (n · k) • m·n=n·m • m · (n + k) = m · n + m · k • m · n = 0 ⇔ m = 0 oppure n = 0

2.2

Insiemi finiti

Diciamo che un insieme X `e finito se esiste una funzione bigettiva ∼

f : {0, 1, 2, 3, . . . , n − 1} −→ X In altre parole questo significa che possiamo elencare tutti i suoi elementi X = {x0 , x1 , . . . , xn−1 } def

dove xi = f (i) e xi 6= xj se i 6= j anche se questo elenco non `e unico l’insieme di indici `e un numero naturale n unicamente determinato. Infatti, un elenco `e una funzione bigettiva f e si vede che:

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34

Lemma 2.13 Se n 6= m allora non esistono funzioni bigettive f : n → m. Dimostrazione: Infatti, sia S l’insieme degli n ∈ N tali che se esiste una funzione bigettiva f : n → m e m ∈ N allora m = n. Si ha 0 ∈ S in quanto esiste un’unica 0 → m ed `e bigettiva se e solo se m = 0. Supponiamo che n ∈ S e vediamo che n + 1 ∈ S. Infatti, se esiste f : n ∪ {n} → m bigettiva allora la restrizione f|n : n → f (n) `e bigettiva ma inoltre f (n) ∈ m poich`e n ∈ n ∪ {n} e quindi f (n) ∈ N per il Lemma 2.1. Per ipotesi induttiva f (n) = n. Dunque n ⊂ m e n ∈ m da cui n ∪ {n} ⊆ m. Si ha f (n ∪ {n}) = f (n) ∪ f ({n}) = n ∪ {n}. Siccome f `e surgettiva si ha che m = n ∪ {n}. Per induzione S = N e si ha la tesi. Definiamo quindi n la cardinalit`a di un insieme finito X se esiste f : n → X bigettiva. Osserviamo che se f : n → X bigettiva e se g : m → X bigettiva allora g −1 f : n → m `e bigettiva con n, m ∈ N ma allora n = m per il Lemma 2.13. Denotiamo |X| ∈ N la cardinalit`a di X e osserviamo che • |X| = 0 se e solo se X = ∅ • |X| = 1 se e solo se X `e un singoletto ∼

• |X| = |Y | se e solo se esiste f : X −→ Y bigettiva Esempi canonici di insiemi finiti sono i sottoinsiemi dei numeri naturali. Lemma 2.14 Sia n ∈ N. Se F ∈ P(n) allora F `e finito. Dimostrazione: Sia def

S = {n ∈ N | F ∈ P(n) ⇒ F finito} Allora 0 ∈ S in quanto 0 `e finito. Sia n ∈ S e mostriamo che n ∪ {n} ∈ S. Sia F ⊂ n ∪ {n}. Se x ∈ F allora x ∈ n oppure x = n. Se x 6= n per ogni x ∈ F allora F ⊆ n e per ipotesi induttiva `e finito. Se esiste x ∈ F tale che x = n allora F \ {n} ⊂ n ∪ {n} \ {n} = n. Siccome F \ {n} ⊂ n `e finito ∼ esiste una f : m −→ F bigettiva con m ∈ N. Quindi g : m ∪ {m} → F tale che g|m = f e g(m) = n `e bigettiva. In conclusione F `e finito e S = N per induzione.

Da quanto appena dimostrato segue che se F ⊆ n `e un sottoinsieme di n ∈ N allora esiste un modo di elencare i numeri naturali in F mediante un altro

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35 ∼

numero naturale m e una funzione bigettiva f : m −→ F . Otteniamo cos`ı una funzione iniettiva f : m → n. Inoltre si ha: Lemma 2.15 Se n < m allora non esistono funzioni iniettive f : m → n. Dimostrazione: Infatti, sia S l’insieme degli n ∈ N tali che se esiste una funzione iniettiva f : n → m e m ∈ N allora n ≤ m. Si ha 0 ∈ S in quanto esiste un’unica 0 → m ed `e iniettiva. Supponiamo che n ∈ S. Se esiste f : n ∪ {n} → m iniettiva allora la restrizione f|n : n → f (n) `e bigettiva. Dunque per il Lemma 2.13 si ha f (n) = n. Dunque n ∈ m e per il Lemma 2.9 si ha n < m e quindi n + 1 ≤ m. Per induzione S = N. Per il Corollario 2.11 si ha la tesi.

Possiamo dunque ora mostrare che: Teorema 2.16 (Dirichlet) Siano X e Y insiemi finiti. Se |Y | < |X| non esistono funzioni j : X ,→ Y iniettive. Dimostrazione: Sia |Y | = n e |X| = m. Siano f : m → X e g : n → Y bigettive. Se n < m ed esistesse j : X ,→ Y iniettiva allora la composta g −1 jf : m → n sarebbe iniettiva in contraddizione con il Lemma 2.15.

Tratteremo ancora gli insiemi finiti nel Lemma 2.19 e 2.22 e nella Proposizione 2.23.

2.3

Funzioni di scelta

Una importante assunzione senza la quale molte ulteriori costruzioni non sarebbero giustificate `e l’assioma della scelta che ora qui consideriamo in dettaglio, che risulta indipendente dai precedenti assiomi e che ogni onesta trattazione della teoria degli insiemi deve opportunamente includere. Per ulteriori forme dell’assioma della scelta si veda l’Appendice A.1. Un insieme S si dice un insieme di scelta di un insieme F se S ∩ X = {x} sono singoletti distinti al variare di X ∈ F. Si ha dunque che per ogni x ∈ S esiste un unico X ∈ F tale che x ∈ X. In altre parole, se F = {X, Y, . . .} un

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36

insieme di scelta S = {x, y, . . .} `e un insieme che ha come elementi x ∈ X, y ∈ Y \ X, etc. Se ∅ ∈ F allora F non ha nessun insieme di scelta. Inoltre F = {{1, 2}, {2, 3}, {1, 3}} non ha nessun insieme di scelta! Se l’insieme F = {X0 , X1 , . . . , Xn } `e finito, ∅ 6∈ F e i suoi elementi sono a due a due disgiunti allora esiste un insieme di scelta. Infatti, se Xi = {xi , . . .} per i = 0, . . . , n `e evidente che [ S = {x ∈ X | x = x0 , . . . , x = xn } X∈F

`e un insieme di scelta di F. Se tale F non `e finito non `e affatto evidente che i precedenti assiomi garantiscano che tale insieme S esista.

Assioma della scelta L’assioma della scelta7 assicura che per ogni insieme tale che i suoi elementi sono due a due disgiunti e che non ha l’insieme vuoto come elemento esiste un insieme di scelta. Una funzione di scelta per F tale che ∅ 6∈ F `e una funzione [ X f :F → X∈F

che associa X 7→ x ∈ X per X ∈ F. Osserviamo che per un insieme di scelta S otteniamo una funzione di scelta e si ha S = f (F). Inoltre, un insieme F pu`o avere una funzione di scelta senza possedere un insieme di scelta. Infatti, nell’esempio precedente {1, 2} 7→ 1, {2, 3} 7→ 2, {1, 3} 7→ 1 `e una funzione di scelta. D’altra parte si ha: Lemma 2.17 L’assioma della scelta `e equivalente a dire che per ogni insieme F tale che ∅ 6∈ F esista una funzione di scelta. Dimostrazione: Abbiamo gi`a osservato che ogni insieme di scelta definisce una funzione di scelta. Dato un insieme F tale che ∅ 6∈ F consideriamo l’insieme unione disgiunta X def [ X= {X} × X X∈F 7

Axiom der Auswahl

X∈F

2 NUMERI

37

Siccome gli insiemi {X} × X al variare di X ∈ F sono due a due disgiunti e non vuoti esiste un insieme di scelta e quindi una funzione di scelta X f :F → X X∈F

ovvero f (X) ∈ {X} × X e quindi f (X) = (X, x) con x ∈ X. D’altra parte si ha una funzione canonica X [ X→ X X∈F

X∈F

che associa (X, x) 7→ x ∈ X. Per composizione si ottiene una funzione di scelta per F.

Insieme delle funzioni di scelta Se F `e un insieme allora esiste l’insieme di tutte le funzioni di scelta per F. Denotiamo tale insieme Y X X∈F

che viene anche detto insieme prodotto. Se F = {X0 , X1 , . . . , Xn } `e finito si ha una funzione bigettiva Y ∼ X0 × · · · × Xn −→ X X∈F

in quanto (x0 , . . . , xn ) con xi ∈ Xi determina univocamente una funzione di scelta e viceversa. Per una famiglia qualunque F = {Xi }i∈I , con un insieme di indici I, un elemento dell’insieme prodotto viene comunemente denominato mediante l’immagine della corrispondente funzione di scelta ovvero (xi )i∈I con xi ∈ Xi per ogni i ∈ I. Chiaramente si ha che: Lemma 2.18 L’assioma della scelta `e equivalente a Y X 6= ∅ ⇔ ∅ 6∈ F X∈F

per ogni famiglia F d’insiemi.

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38

Dimostrazione:

Riformulazione di 2.17.



Osserviamo che per F famiglia finita d’insiemi finiti il Lemma 2.18 `e contenuto nel seguente: Lemma 2.19 Siano X0 , X1 , . . . , Xn insiemi finiti. Si ha che X0 × X1 × . . . × Xn `e finito con cardinalit`a |X0 × X1 × . . . × Xn | = |X0 | · |X1 | · · · |Xn | Inoltre si ha |X0 ] X1 ] . . . ] Xn | = |X0 | + |X1 | + · · · + |Xn | Inversa sinistra e destra Due funzioni g : X → Y e f : Y → X tali che gf = idY : Y → Y si dicono inversa sinistra e destra rispettivamente. Si ha che una funzione `e surgettiva se e solo se ha un inversa destra assumendo l’assioma della scelta. Lemma 2.20 L’assioma della scelta `e equivalente a che per g : X→ →Y surgettiva esista f : Y ,→ X iniettiva tale che componendo f con g si ottiene gf = idY : Y → Y . Dimostrazione: Sia g : X→ →Y e sia {g −1 (y)}y∈Y la famiglia d’insiemi costituiti dalle controimmagini degli elementi y ∈ Y . Siccome g surgettiva si ha g −1 (y) 6= ∅ per ogni y ∈ Y . Si ha che g −1 (y) ∩ g −1 (y 0 ) = ∅ se y 6= y 0 e inoltre [ X= g −1 (y) y∈Y

Dunque {g −1 (y)}y∈Y `e una partizione di X. Sia f : Y → X una funzione di scelta. Chiaramente gf = idY : Y → Y , in particolare, f `e iniettiva. Viceversa, sia F tale che ∅ 6∈ F e sia X g: X→F X∈F

ottenuta associando X a tutti gli (X, x) al variare di x ∈ X. Si ottiene una funzione surgettiva: si ha che g −1 (X) 6= ∅ per ogni X ∈ F in quanto ∅ 6∈ F. Sia dunque X f :F → X X∈F

2 NUMERI

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tale che gf = idF quindi f (X) = (X, x) con x ∈ X per X ∈ F. Si conclude come nella dimostrazione di 2.17.



Attenzione! Osserviamo che se Y `e finito allora {g −1 (y)}y∈Y `e finito e non `e necessario ricorrere all’assioma della scelta per ottenere f inversa destra di g.

Proposizione 2.21 Sia Y un insieme non vuoto. Esiste p : X→ →Y surgettiva se e solo se esiste j : Y ,→ X iniettiva. Inoltre, si possono scegliere p e j tali che componendo j con p si ottiene pj = idY : Y → Y . Dimostrazione: Se p : X→ →Y `e surgettiva allora esiste j : Y ,→ X iniettiva come dal Lemma 2.20. Viceversa, se j : Y ,→ X e j(Y ) 6= ∅ sia z ∈ j(Y ) e sia def def q : X → j(Y ) tale che q(x) = x se x ∈ j(Y ) e q(x) = z se x 6∈ j(Y ). Si ottiene def p = j −1 q : X→ →Y come composta di q : X→ →j(Y ) e di j −1 : j(Y )→ →Y .

Notiamo che per n ∈ N si ha: Lemma 2.22 Ogni funzione f : n → n iniettiva `e anche surgettiva. Dimostrazione: Infatti, sia S l’insieme dei n ∈ N tali che ogni funzione f : n → n iniettiva `e anche surgettiva. Si ha 0 ∈ S in quanto esiste un’unica 0 → 0 ed `e bigettiva. Supponiamo che n ∈ S. Sia f : n ∪ {n} → n ∪ {n} iniettiva allora la restrizione f|n : n → f (n) `e bigettiva. Dunque per il Lemma 2.13 si ha f (n) = n. Dunque f (n ∪ {n}) = n ∪ {n} ovvero f surgettiva. Per induzione S = N.

Proposizione 2.23 Sia X un insieme finito. (a) Esiste j : Y ,→ X iniettiva se e solo se Y `e finito e si ha |Y | ≤ |X| (b) Se t : X → X allora t iniettiva se e solo se t surgettiva.

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40

(c) Si ha che P(X) `e finito e |P(X)| = 2|X| ∼

Sia |X| = n ∈ N e f : n −→ X bigettiva.

Dimostrazione:

(a) Se esiste j : Y ,→ X iniettiva allora sia Y 0 ⊆ n costituito da tutti gli x ∈ n tali che f (x) ∈ j(Y ) ovvero Y 0 = {x ∈ n | ∃y ∈ Y f (x) = j(y)} = f −1 (j(Y )) def



def

Siccome j : Y −→ j(Y ) `e invertibile definiamo g = f|Y 0 j −1 come composta della restrizione f|Y 0 : Y 0 → j(Y ) e di j −1 : j(Y ) → Y . Mostriamo che ∼ g : Y 0 −→ Y `e bigettiva. Infatti, g bigettiva in quanto composta di bigettive: j −1 `e bigettiva e f|Y 0 `e iniettiva in quanto restrizione di f iniettiva e siccome f surgettiva si ha f (f −1 (j(Y ))) = j(Y ) ovvero f (Y 0 ) = j(Y ) quindi f|Y 0 surgettiva. Dunque Y `e finito poich`e Y 0 lo `e per il Lemma 2.14 e si ha |Y | = |Y 0 |. Per il Lemma 2.15 si ha che |Y 0 | ≤ n = |X|. ∼ Viceversa, se Y `e finito, |Y | = m ∈ N, esiste g : m −→ Y bigettiva e se m ≤ n def allora (per 2.9) si ha m ⊆ n e quindi la composta j = f|m g −1 : Y ,→ X `e iniettiva. (b) Consideriamo la composta f

t

f −1

n −→ X −→ X −→ n def

Allora t `e iniettiva e/o surgettiva se e solo se lo `e g = f −1 tf : n → n. Se g : n → n `e iniettiva allora `e surgettiva per il Lemma 2.22. Quindi se t `e iniettiva allora t `e surgettiva. Viceversa, se t `e surgettiva per la Proposizione 2.21 esiste r : X → X iniettiva tale che tr = idX . Per quanto abbiamo appena visto r `e anche surgettiva e dunque t = r−1 iniettiva (ovvero bigettiva). ∼

(c) Infine, si ha f ∗ : P(X) −→ P(n) per la Proposizione 1.6. Si vede per induzione che |P(n)| = 2n

2 NUMERI

41

Infatti, si ha |P(0)| = 20 = 1 e |P(1)| = 2. Se F ⊆ n ∪ {n} allora F ⊆ n se n 6∈ F oppure (F \{n})∪{n} ⊆ n∪{n} e quindi |P(n ∪ {n})| = 2n +2n = 2n+1 per ipotesi induttiva.

Sia n ∈ N. Sia F ⊆ n con |F | = k ovvero F `e un sottoinsieme costituito da k-elementi di n. Si ha k ≤ n (in accordo con quanto appena dimostrato). Consideriamo {F ∈ P(n) | |F | = k} ⊆ P(n) che quindi `e anch’esso finito. Definiamo   n def = |{F ∈ P(n) | |F | = k}| k che vien detto coefficiente binomiale di n rispetto a k. Siccome n + 1 = n ∪ {n} si ha: Lemma 2.24 Se 0 ≤ k ≤ n allora       n+1 n n = + k+1 k+1 k Osserviamo che



n n

 =1

in quanto se F ∈ P(n) con |F | = n allora esiste f : n → n iniettiva con Im f = F e quindi F = n (per 2.22). D’altra parte n! = |{f : n → n | f iniettiva}| def

def

dove 0! = 1 e n! = n(n − 1)! per n ≥ 1. Si vede quindi subito che   n k! = |{f : k → n | f iniettiva}| k in quanto per ogni F ∈ P(n) con |F | = k esistono k! funzioni f : k → n iniettive con Im f = F . Inoltre ci sono esattamente n(n − 1) · · · (n − k + 1) funzioni f : k → n iniettive e dunque: Lemma 2.25 Se 0 ≤ k ≤ n allora   n k! = n(n − 1) · · · (n − k + 1) k La formula del Lemma 2.25 si pu`o anche ricavare per induzione dal Lemma 2.24 (un facile esercizio di calcolo per il lettore volenteroso).

2 NUMERI

2.4

42

Insiemi infiniti

Per quanto abbiamo visto, in un insieme finito non esistono funzioni iniettive non surgettive. Dunque, mediante un insieme finito non si pu`o costituire un sistema di Peano. In particolare, N non `e un insieme finito. Teorema 2.26 Le seguenti affermazioni sono equivalenti: (i) l’insieme X non `e finito ovvero `e tale che per ogni n ∈ N non esiste f : n → X bigettiva; (ii) l’insieme X ammette una funzione iniettiva non surgettiva nel senso che esiste s : X → X iniettiva non surgettiva (infinito secondo Dedekind); (iii) l’insieme X contiene i numeri naturali nel senso che esiste una funzione j : N ,→ X iniettiva (infinito secondo Cantor). (iv) l’insieme X contiene un sottoinsieme proprio Y ⊂ X tale che esiste una funzione f : X → Y bigettiva. Dimostrazione: (ii) ⇒ (i) Se esiste s : X → X iniettiva non surgettiva allora X non `e finito altrimenti si avrebbe una contraddizione con la (b) della Proposizione 2.23. (ii) ⇔ (iv) Basta prendere Y = s(X). Viceversa, basta comporre la funzione f : X → Y con Y ⊂ X. (ii) ⇒ (iii) Se esiste s : X → X iniettiva non surgettiva scegliendo un elemento a piacere x ∈ X \ s(X) si ottiene una terna (X, s, x). Applicando la Proposizione 2.4 si ottiene un sistema di Peano (N, s, x) con N ⊆ X. Per l’unicit`a, vista nel Corollario 2.7, si ha che esiste f : N → N bigettiva. Denotiamio j : N ,→ X la composta di f : N → N e N ⊆ X che `e iniettiva in quanto composta di iniettive. (iii) ⇒ (ii) Se esiste una funzione j : N ,→ X iniettiva allora per la Proposizione 2.21 si ottiene p : X→ →N surgettiva e tale che pj = idN . Se j `e invertibile allora p = j −1 e basta prendere s = jσj −1 . Se j(N) 6= X allora definiamo s : X → X come estensione della σ : N → N a tutto X ovvero tale che  x x 6∈ j(N) def s(x) = jσp(x) x ∈ j(N)

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In altre parole, se x ∈ j(N) allora esiste un unico n ∈ N tale che x = j(n) e quindi pj(n) = n in modo che s(x) = jσ(n). Chiaramente s `e iniettiva. def Non `e surgettiva in quanto x0 = j(0) ∈ j(N) e per x = j(n) ∈ j(N) tale che s(x) = jσ(n) = j(0) si ha σ(n) = 0 ma 0 6∈ σ(N). def

(i) ⇒ (iii) Sia Pfin (X) = {F ⊂ X | F finito}. Sia F = {X \ F | F ∈ Pfin (X)}. Notare che ∅ 6∈ F in quanto X non `e finito. Consideriamo una funzione di scelta [ f :F → X \F F ∈Pfin (X) def

Sia t : Pfin (X) → Pfin (X) che associa F 7→ F ∪ {f (X \ F )}. Sia x0 = f (X) ∈ X. Per il Teorema 2.5 esiste un’unica g : N → Pfin (X) tale che g(0) = {x0 } e inoltre g(σ(n)) = g(n) ∪ {f (X \ g(n))} per ogni n ∈ N. In altre parole, g(0) = {x0 }, g(1) = {x0 , x1 } con x1 6= x0 , etc. in modo che g(0) ⊂ g(1) ⊂ · · · ⊂ g(n) ⊂ g(n + 1) = g(n) ∪ {xn+1 } = {x0 , x1 , . . . , xn+1 } def

dove xn+1 = f (X \ g(n)) 6∈ g(n). Quindi xn 6= xm se n 6= m. Definiamo def def j : N ,→ X ponendo j(0) = x0 ∈ X e j(n + 1) = xn+1 ∈ X \ g(n) ⊂ X. Chiaramente, per costruzione, si ha che j `e iniettiva.

Diciamo che un insieme `e infinito se verifica una e quindi tutte le condizioni del precedente Teorema: abbiamo cos`ı scoperto che le diverse possibili definizioni di insieme infinito sono equivalenti! Un insieme apodittico `e dunque un particolare insieme infinito. Inoltre, l’esistenza di un insieme infinito equivale all’esistenza di un sistema di Peano. ∼

Per X e Y insiemi infiniti possiamo chiederci se esiste f : X −→ Y bigettiva. Ad esempio, sappiamo che non esistono tali applicazioni bigettive se Y = P(X) per il Teorema 1.3. Diciamo che un insieme infinito X `e numerabile ∼ se esiste f : N −→ X bigettiva. In altre parole, se X `e numerabile possiamo elencare tutti i suoi elementi X = {x0 , x1 , x2 , . . .} mediante N come insieme di indici. Come conseguenza del Teorema 1.3, si ha che P(N) non `e numerabile

2 NUMERI

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ma esiste una funzione bigettiva ∼

2N −→ P(N) In effetti, per descrivere meglio l’insieme X I di tutte le funzioni da I a X possiamo anche considerare F = {Xi }i∈I ponendo Xi = X per ogni i ∈ I e la funzione bigettiva Y ∼ X I −→ X i∈I def

che associa f : I → X alla funzione di scelta (xi )i∈I dove xi = f (i) ∈ Xi = X. Per I = N otteniamo successioni di elementi di X. Per X = 2 possiamo dunque descrivere P(N) come successioni di 0 e 1. ∼

Scriviamo |X| = |Y | se esiste f : X −→ Y bigettiva e diciamo che i due insiemi X e Y hanno stessa cardinalit`a

2.5

Relazioni di equivalenza

Una relazione di equivalenza su un insieme X `e una relazione determinata da un sottoinsieme di X × X che indichiamo ∼ tale che per ogni x, y, z ∈ X si ha: • x∼x • x∼y ⇒y∼x • x∼y &y∼z ⇒x∼z ovvero ∼ riflessiva, simmetrica e transitiva. Per ogni x ∈ X definiamo [x] la classe di equivalenza di x come l’insieme di tutti gli elementi y ∈ X in relazione con x ovvero def [x] = {y ∈ X | x ∼ y} Si ha che • [x] = [y] ⇔ x ∼ y Per ogni scelta di y ∈ X tale che y ∼ x si ha [x] = [y]: un tale elemento si dice un rappresentante della classe di equivalenza. Per ogni x, x0 ∈ X si ha: • [x] 6= ∅

2 NUMERI

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• [x] ∩ [x0 ] 6= ∅ se e solo se [x] = [x0 ] Infatti, x ∈ [x] in quanto x ∼ x e se y ∈ [x] ∩ [x0 ] allora y ∼ x e y ∼ x0 da cui si ha x ∼ x0 (poich`e ∼ `e riflessiva, simmetrica e transitiva). La famiglia {[x]}x∈X ⊆ P(X) di sottoinsiemi di X costituisce dunque una partizione di X [ X= [x] x∈X

Denotiamo tale partizione con def

X/ ∼ = {[x] | x ∈ X} e diremo che X/ ∼ `e l’insieme quoziente di X modulo ∼. Ad esempio, l’uguaglianza = tra elementi di un insieme X `e una relazione di equivalenza che ha come classi [x] = {x} i singoli elementi x ∈ X e ritroviamo la partizione {{x}}x∈X come quoziente X/ =. Viceversa, data una partizione F = {Xi }i∈I ⊆ P(X) di X possiamo definire una relazione di equivalenza ∼ su X tale che F = X/ ∼. Infatti, x ∼ y se esiste i ∈ I tale che x, y ∈ Xi . Proposizione 2.27 Sia X un insieme. Associando una relazione di equivalenza ∼ alla partizione X/ ∼ si ottiene una funzione invertibile ∼

{R ⊆ X × X | R equivalenza} −→ {F ⊆ P(X) | F partizione} Dimostrazione: Verifichiamo che data F = {Xi }i∈I la relazione x ∼ y se esiste i ∈ I tale che x, y ∈ Xi `e una relazione di equivalenza. Siccome [ Xi X= i∈I

si ha che per ogni x ∈ X esiste i ∈ I tale che x ∈ Xi e dunque ∼ `e riflessiva. Chiaramente ∼ `e simmetrica in quanto x, y ∈ Xi `e simmetrico. Se x, y ∈ Xi e y, z ∈ Xj allora y ∈ Xi ∩ Xj 6= ∅ e quindi i = j ovvero x, y, z ∈ Xi = Xj e quindi ∼ `e transitiva. Si vede facilmente che F = X/ ∼. Inoltre, se F =

2 NUMERI

46

{[x]}x∈X , la relazione cos`ı definita coincide con la relazione di equivalenza data. def

Associando x 7→ [x] si ottiene una funzione π(x) = [x] π : X→ →X/ ∼ chiaramente surgettiva. La π si dice proiezione sul quoziente e gode della seguente propriet`a: Proposizione 2.28 Sia f : X → Y una funzione e ∼ una relazione di equivalenza su X. Se per ogni x, x0 ∈ X tali che x ∼ x0 si ha f (x) = f (x0 ) allora esiste un’unica f : X/ ∼ −→ Y tale che X

/

π

X/ ∼ ) 

f

f

Y

ovvero f = f π. Se f (x) = f (x0 ) implica che x ∼ x0 allora f `e iniettiva. Inoltre, f `e surgettiva se e solo se f `e surgettiva. Dimostrazione: Per definire f basta associare [x] 7→ f (x) in quanto, per def 0 ipotesi, se x ∼ x allora f (x) = f (x0 ). Dunque f ([x]) = f (x) `e ben definita sulle classi di equivalenza. Inoltre f `e unica tale che f = f π. Infatti, se f = f 0 π sia [x] = π(x) e f 0 π(x) = f π(x) dunque f 0 ([x]) = f ([x]) ovvero f0 = f.

Nella proposizione precedente si dice che una tale f passa al quoziente. Viceversa, data una qualunque funzione f : X → Y possiamo definire una relazione di equivalenza indotta da f ponendo x ∼f x0 se f (x) = f (x0 ) per x, x0 ∈ X. Si ha che: Corollario 2.29 Sia f : X → Y una funzione, sia ∼f la relazione di equivadef lenza indotta da f e sia X = X/ ∼f l’insieme quoziente. Allora esiste ed `e unica f : X −→ Y iniettiva tale che π

X f

/

X ' 

Y

f

2 NUMERI

47

ovvero f = f π. Inoltre, f `e surgettiva se e solo se f `e bigettiva. Ad esempio, se disponiamo di una famiglia d’insiemi X possiamo definire ∼ una relazione di equivalenza x ∼ y se esiste x −→ y bigettiva per x, y ∈ X. Questa relazione si dice equipollenza di insiemi. Abbiamo detto che x, y ∈ X hanno stessa cardinalit`a e denotato |x| = |y| in questo caso. Supponiamo che X sia apodittico: allora N ⊆ X e per n, m ∈ N si ha che n ∼ m se e solo se n = m (per 2.13). Se X `e costituito interamente da insiemi finiti si ha che la cardinalit`a | | : X → N `e una funzione surgettiva che induce esattamente questa relazione di equipollenza e si ha X | |

/

X ' 

N



e quindi X −→ N per il Corollario 2.29. Per gli insiemi finiti i numeri naturali sono rappresentanti privilegiati delle classi di equipollenza. Questo suggerisce che anche per gli insiemi infiniti si possano trovare tali rappresentanti. Ad esempio, se inoltre N ∈ X allora si potrebbe considerare def N ∪ {N} = {0, 1, 2, . . . , N} definendo |N| = N (che si denota per`o spesso con ℵ0 dove ℵ `e la prima lettera dell’alfabeto ebraico); se X `e costituito interamente da insiemi finiti o al pi` u numerabili definiamo la cardinalit`a | | : X → N ∪ {N} che induce esattamente la relazione di equipollenza tra insiemi. Se anche P(N) ∈ X allora N ∪ {N} non `e pi` u sufficiente. Rimandiamo all’Appendice A.2 per un approfondimento che coinvolge per`o argomenti che saranno affrontati in seguito.

2.6

Numeri interi e razionali

Siano n, m ∈ N. Abbiamo definito la differenza n − m = k ∈ N se m ≤ n ovvero se n = m + k per k ∈ N. Per avere n − m anche per n < m bisogna aggiungere all’insieme N tutti gli opposti ovvero per ogni n ∈ N un numero −n in modo che n + (−n) = 0. Definiamo l’insieme dei numeri interi come l’unione disgiunta def Z = N+ ∪ N− ∪ {0} def

def

dove N+ = N \ {0} × {+} sono i numeri positivi, N− = N \ {0} × {−} sono i numeri negativi e 0 `e lo zero. La notazione Z proviene dal tedesco Zahl.

2 NUMERI

48 def

def

Denotiamo +n = (n, +) e −n = (n, −). Consideriamo l’insieme delle coppie (n, m) ∈ N × N. Se n < m quindi m = n + k poniamo δ(n, m) = δ(n, n + k) = − k ∈ N− def

mentre se m < n quindi n = m + k poniamo δ(n, m) = δ(m + k, m) = +k ∈ N+ e inoltre δ(n, n) = 0. Si ottiene quindi la funzione differenza δ :N×N→Z per il Corollario 2.11. Chiaramente la funzione differenza `e surgettiva ma non iniettiva. Infatti, δ(k, 0) = +k, δ(0, k) = −k e δ(0, 0) = 0. Si ha per`o che δ(m + k, m) = +k per ogni m ∈ N come si ha δ(n, n + k) = −k per ogni n ∈ N. In N × N consideriamo dunque la relazione di equivalenza indotta dalla funzione differenza ovvero dichiariamo equivalenti tutte le coppie che hanno la stessa differenza • (n, m) ∼ (n0 , m0 ) se vale n + m0 = n0 + m per ogni (n, m), (n0 , m0 ) ∈ N × N. Si ottiene, per il Corollario 2.29, una funzione δ indotta sul quoziente N×N

π

δ

/

N × N/ ∼ +



δ

Z

Poich`e δ `e surgettiva l’insieme quoziente s’identifica con l’insieme dei numeri interi ovvero δ `e bigettiva ∼

δ : N × N/ ∼ −→ Z Mediante δ si ha che per ogni z ∈ Z esiste un’unica classe [(n, m)] tale che [(n, m)] 7→ z. Ad esempio, [(n, 0)] 7→ +n e [(0, m)] 7→ −m. Definiamo la somma e il prodotto in Z come segue. Siano (n, m), (n0 , m0 ) ∈ N × N. Consideriamo N × N con la somma (n, m) + (n0 , m0 ) = (n + n0 , m + m0 ) indotta da quella di N sulle componenti e poniamo

2 NUMERI

49 def

• [(n, m)] + [(n0 , m0 )] = [(n + n0 , m + m0 )] verificando (per esercizio!) che `e ben definita sulle classi di equivalenza. Per [(n, m)] 7→ z e [(n0 , m0 )] 7→ z 0 definiamo [(n + n0 , m + m0 )] 7→ z + z 0 in Z. In particolare, [(0, 0)] 7→ 0 ∈ Z e per ogni [(n, m)] 7→ z ∈ Z si ha [(m, n)] 7→ −z ∈ Z in quanto [(n, m)] + [(m, n)] = [(n + m, m + n)] 7→ z + (−z) = 0 Inoltre def

[(n, m)] = [(n, 0)] + [(0, m)] 7→ z = (+n) + (−m) = n − m ovvero ogni numero intero si scrive come differenza di numeri naturali. In conclusione, la somma di numeri interi gode delle seguenti propriet`a. Lemma 2.30 Siano [(n, m)] 7→ z, [(n0 , m0 )] 7→ z 0 e [(n00 , m00 )] 7→ z 00 numeri interi. Si ha: • (z + z 0 ) + z 00 = z + (z 0 + z 00 ) ovvero ([(n, m)] + [(n0 , m0 )]) + [(n00 , m00 )] = [(n, m)] + ([(n0 , m0 )] + [(n00 , m00 )]) • z + z 0 = z 0 + z ovvero [(n, m)] + [(n0 , m0 )] = [(n0 , m0 )] + [(n, m)] • z + 0 = z ovvero [(n, m)] + [(0, 0)] = [(n, m)] • z + (−z) = 0 ovvero [(n, m)] + [(m, n)] = [(0, 0)] • z = n − m per n, m ∈ N ovvero [(n, m)] = [(n, 0)] + [(0, m)] Per definire il prodotto sia z = n − m e z 0 = n0 − m0 e consideriamo z · z 0 = (n − m) · (n0 − m0 ) = (n · n0 + m · m0 ) − (n · m0 + m · n0 ) def

def

Definiamo il prodotto (n, m) · (n0 , m0 ) = (n · n0 + m · m0 , n · m0 + m · n0 ) in N × N e quindi se [(n, m)] 7→ z e [(n0 , m0 )] 7→ z 0 def

• [(n, m)] · [(n0 , m0 )] = [(n · n0 + m · m0 , n · m0 + m · n0 )] definiamo il prodotto [(n · n0 + m · m0 , n · m0 + m · n0 )] 7→ z · z 0 verificando (per esercizio!) che `e ben definito sulle classi di equivalenza. Il prodotto di numeri interi gode delle seguenti propriet`a.

2 NUMERI

50

Lemma 2.31 Siano [(n, m)] 7→ z, [(n0 , m0 )] 7→ z 0 e [(n00 , m00 )] 7→ z 00 numeri interi. Si ha: • (z · z 0 ) · z 00 = z · (z 0 · z 00 ) ovvero ([(n, m)] · [(n0 , m0 )]) · [(n00 , m00 )] = [(n, m)] · ([(n0 , m0 )] · [(n00 , m00 )]) • z · z 0 = z 0 · z ovvero [(n, m)] · [(n0 , m0 )] = [(n0 , m0 )] · [(n, m)] • z · 1 = z ovvero [(n, m)] · [(1, 0)] = [(n, m)] • z · (−1) = −z ovvero [(n, m)] · [(0, 1)] = [(m, n)] • z · (z 0 + z 00 ) = z · z 0 + z · z 00 ovvero [(n, m)] · ([(n0 , m0 )] + [(n00 , m00 )]) = [(n, m)] · [(n0 , m0 )] + [(n, m)] · [(n00 , m00 )] • z · z 0 = 0 ⇔ z = 0 oppure z 0 = 0 Osserviamo infine che: Proposizione 2.32 Si ha una funzione iniettiva j : N ,→ Z tale che j(0) = 0 e j(n) = +n ∈ N+ per n ∈ N \ {0}. Si ha che j(1) = 1, j(n + m) = j(n) + j(m), j(n · m) = j(n) · j(m) per ogni n, m ∈ N. Dimostrazione: La j `e iniettiva poich`e j : N → Z = N− ∪ {0} ∪ N+ `e l’inclusione nell’unione disgiunta. Siccome δ(n, 0) = j(n) in particolare δ(0, 0) = j(0) = 0 e δ(1, 0) = j(1) = 1, j(n + m) = δ(n + m, 0) = δ(n, 0) + δ(m, 0) = j(n) + j(m) e infine j(n · m) = δ(n · m, 0) = δ(n, 0) · δ(m, 0) = j(n) · j(m).

Denotiamo ancora n ∈ Z l’immagine j(n) = δ(n, 0) = δ([(n, 0)]) = +n di un numero naturale n ∈ N. Per ogni z ∈ Z si ha z = n − m per n, m ∈ N e si ha che z `e positivo se m < n ovvero z = δ(n, m) ∈ N+ oppure z `e negativo se n < m ovvero z = δ(n, m) ∈ N− oppure z nullo se n = m. Come per i numeri naturali diciamo che z ≤ z 0 per z, z 0 ∈ Z se esiste k ∈ N tale che z 0 = z + k. Osserviamo che se [(n, m)] 7→ z e [(n0 , m0 )] 7→ z 0 si ha che z ≤ z 0 se e solo se n + m0 ≤ n0 + m come numeri naturali. Si ha che: Lemma 2.33 Dati z, z 0 , z 00 ∈ Z si ha:

2 NUMERI

51

• z < z 0 oppure z 0 < z oppure z = z 0 • z < z 0 & z 0 < z 00 ⇒ z < z 00 • z 0 < z 00 ⇒ z + z 0 < z + z 00 • z > 0 & z 0 < z 00 ⇒ z · z 0 < z · z 00 Dimostrazione: Osserviamo che z < z 0 se e solo se z 0 − z ∈ N+ `e positivo. Inoltre, se n ∈ N+ allora −n ∈ N− e viceversa. Siccome Z = N+ ∪ {0} ∪ N− si ha z 0 − z = k ∈ N+ ovvero z < z 0 oppure z 0 − z = −k ∈ N− ovvero z −z 0 = k ∈ N+ oppure z 0 −z = 0. Inoltre, se z 0 −z ∈ N+ e z 00 −z 0 ∈ N+ allora (z 0 −z)+(z 00 −z 0 ) = z 00 −z ∈ N+ . Come anche (z +z 00 )−(z +z 0 ) = z 00 −z 0 ∈ N+ per ogni z ∈ Z. Infine, z · z 00 − z · z 0 = z · (z 00 − z 0 ) ∈ N+ per ogni z ∈ N+ .

Numeri razionali Dato z ∈ Z esiste z 0 ∈ Z tale che z · z 0 = 1 se e solo se z = z 0 = 1 oppure z = z 0 = −1. Infatti, ovviamente z e z 0 devono essere non nulli e possiamo supporre che 0 < z < z 0 ovvero z 0 − z ∈ N+ positivo: dunque si ottiene 0 < z 2 < z · z 0 e quindi 1 < z · z 0 . Per avere gli inversi moltiplicativi di tutti gli interi non nulli bisogna aggiungerli a Z compatibilmente con somma e prodotto dei numeri interi. La costruzione dei numeri razionali segue infatti da quella dei numeri interi sfruttando le propriet`a della somma e prodotto di numeri interi. Ad esempio, `e fondamentale che il prodotto di interi non nulli `e non nullo. def

Sia Z6=0 = Z\{0}. Rappresentiamo una frazione mediante una coppia (a, b) ∈ Z × Z6=0 considerando equivalenti coppie proporzionali. Si ha che: Lemma 2.34 La relazione (a, b) ∼ (a0 , b0 ) se ab0 = ba0 `e una relazione di equivalenza su Z × Z6=0 . Dimostrazione: La propriet`a riflessiva e la simmetrica sono ovvie conseguenze del Lemma 2.31. Inoltre (0, b) ∼ (a0 , b0 ) se e solo se a0 = 0 in quanto b 6= 0. Per verificare la propriet`a transitiva si osserva che se anche (a0 , b0 ) ∼ (a00 , b00 ) si ha a0 b00 = b0 a00 e quindi ba0 b00 = bb0 a00 ma ba0 b00 = ab0 b00

2 NUMERI

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dunque bb0 a00 = ab0 b00 da cui si ricava b0 (ba00 − ab00 ) = 0 e quindi ab00 = ba00 eliminando b0 6= 0.

Definiamo l’insieme dei numeri razionali o quozienti Q = Z × Z6=0 / ∼ = {[(a, b)] | (a, b) ∈ Z × Z6=0 } def

come l’insieme quoziente. Denotiamo inoltre r ∈ Q r=

a def = [(a, b)] b

una classe di equivalenza. Si ha dunque che a0 a = 0 ⇔ ab0 = ba0 b b In particolare a at = b bt 6=0 per ogni t ∈ Z . Definendo somma e prodotto di numeri razionali bisogna verificare (per esercizio!) che non dipendono dalla scelta di rappresentanti nella classe di equivalenza. Definiamo la somma di numeri razionali r=

a c def ad + bc + = b d bd e in particolare 0 c c + = b d d tale che Definiamo il prodotto osservando che



0 def =0 ∈ Q b

a −a 0 + = =0 b b b a c def ac · = b d bd

a c ac a c 1 def · = = ⇒ = =1 ∈ Q b c bc b c 1 Segue infatti facilmente che in Q valgono propriet`a analoghe di somma e prodotto gi`a elencate per Z (in 2.30 e 2.31) con in aggiunta che per ogni

2 NUMERI

53

r ∈ Q non nullo r 6= 0 si ha r−1 ∈ Q tale che r · r−1 = 1. Infatti, basta osservare che a b ab 1 · = = =1 b a ab 1 Proposizione 2.35 Si ha una funzione iniettiva i : Z ,→ Q

def

z 7→ i(z) =

z 1

per z ∈ Z. Si ha che i(0) = 0, i(1) = 1, i(z + z 0 ) = i(z) + i(z 0 ), i(z · z 0 ) = i(z) · i(z 0 ) per ogni z, z 0 ∈ Z. Dimostrazione: Se z, z 0 ∈ Z sono tali che i(z) = i(z 0 ) si ha z1 = 1z 0 dunque i `e iniettiva. Le altre affermazioni seguono facilmente dalle definizioni.

Denotiamo ancora z ∈ Q l’immagine i(z) di un numero intero z ∈ Z osservando che per ogni z ∈ Z6=0 esiste z −1 ∈ Q ovvero z `e invertibile in Q. Osserviamo che gli interi positivi in Q permettono di definire in modo del tutto analogo i numeri razionali positivi def

Q+ = {r =

a ∈ Q | ab ∈ N+ } b

Infatti, se (a, b) ∼ (a0 , b0 ) ovvero se ab0 = ba0 allora abb02 = a0 b2 b0 e dunque ab ∈ N+ se e solo se a0 b0 ∈ N+ . Lemma 2.36 In Q+ si ha che: • r, s ∈ Q+ ⇒ r + s ∈ Q+ & r · s ∈ Q+ • r ∈ Q+ oppure −r ∈ Q+ oppure r = 0 Ponendo r < s se s − r ∈ Q+ si ottengono per Q le stesse propriet`a che abbiamo elencato per Z (in 2.33) in modo che siano preservate da i : Z ,→ Q ovvero per z, z 0 ∈ Z tali che z < z 0 in Z si ha i(z) < i(z 0 ) in Q.

3 ORDINI

3

54

Ordini

Per N, Z e Q abbiamo introdotto una relazione ≤ che intendiamo ora affrontare in modo sistematico.

3.1

Relazioni d’ordine

Dato un insieme X si dice preordine su X una relazione determinata da un sottoinsieme di X × X che indichiamo ≤ tale che per ogni x, y, z ∈ X si ha: • x≤x • x≤y &y≤z ⇒x≤z ovvero ≤ riflessiva e transitiva. Se inoltre `e antisimmetrica • x≤y &y≤x⇒x=y allora diciamo che ≤ `e un ordine o un ordinamento; talvolta si dice che X `e parzialmente ordinato. Si denota (X, ≤) un tale insieme ordinato. Una funzione f : X → Y tra insiemi ordinati (X, ≤) e (Y, ≤) si dice monot`ona o che preserva l’ordine se x ≤ y ⇒ f (x) ≤ f (y) per x, y ∈ X. Diciamo che un insieme ordinato (X, ≤) `e denso se dati x, y ∈ X con x < y esiste t ∈ X tale che x < t < y. Osserviamo subito che N, Z e Q sono ordinati e inoltre Q `e denso mentre N e Z non sono densi. Se r < s con r, s ∈ Q allora t = (r + s)/2 ∈ Q `e tale che r < t < s mentre per r = z e s = z + 1 con z ∈ Z non esiste nessun t ∈ Z con tale propriet`a. Sia X = P(S) l’insieme delle parti di un insieme S. L’inclusione ⊆ `e una relazione riflessiva, transitiva e antisimmetrica su X e quindi (X, ⊆) `e un insieme ordinato. Ovviamente X non `e denso, in generale.



Attenzione! Sia S = 2 = {0, 1} e X = P(S) = {0, 1, {1}, 2} dove 1 = {0} ma 1 6⊆ {1} e {1} 6⊆ 1 in quanto 0 6= 1. Inoltre, se f : X → Y con Y = 4 = {0, 1, 2, 3} definita da f (0) = 0, f (1) = 1, f ({1}) = 2 e f (2) = 3 `e monot`ona e bigettiva ma l’inversa non `e monot`ona.

3 ORDINI

55

Minimale e massimale Sia Y ⊆ X un sottoinsieme di un insieme ordinato (X, ≤). Diciamo che y ∈ Y `e minimo se y ≤ z per ogni z ∈ Y . Diciamo che y ∈ Y `e massimo se z ≤ y per ogni z ∈ Y . Chiaramente minimo e massimo se esistono sono unici. Denotiamo min Y e max Y rispettivamente minimo e massimo di Y . Diciamo che y ∈ Y `e minimale se per ogni z ∈ Y si ha z≤y ⇒y=z Diciamo che y ∈ Y `e massimale se per ogni z ∈ Y si ha y≤z ⇒y=z Gli elementi minimali e massimali non sono unici. Se esiste min Y allora `e l’unico minimale e analogamente se esiste max Y allora `e l’unico massimale. Se Y ⊆ X `e un sottoinsieme di un insieme ordinato (X, ≤), anche se X avesse un minimo e un massimo, `e ben possibile che Y non vuoto possa essere senza minimo n´e massimo: basta che Y = {x, y} e che x 6≤ y e y 6≤ x. Ad esempio, sia X = P(S) = {∅, . . . , S} ordinato per inclusione con S 6= ∅. Si ha che ∅ = min P(S) e S = max P(S). Se Y = {{s}} ⊂ P(S) `e una famiglia di singoletti con s ∈ S allora {s} sono tutti elementi minimali distinti a meno che S non sia un singoletto. Insiemi totalmente ordinati Un insieme si dice totalmente ordinato se `e ordinato e inoltre • x < y oppure y < x oppure x = y In questo caso l’ordine si dice totale o lineare. Inoltre, si ha che se f : X → Y `e iniettiva monot`ona e X `e totalmente ordinato allora x 0} Definiamo la somma di numeri reali def

• x + y = {r + s | r ∈ x & s ∈ y} ∈ R def

Si ha che 0 + x = x e se x, y ∈ R+ allora x + y ∈ R+ . Sia − ∝ (r) = ∝ (−r) per ogni r ∈ Q e sia def

• −x = {−r | r ∈ Q \ x} ∈ R altrimenti. Si ha che −x ∈ R+ se x < 0 e inoltre x + (−x) = 0 per ogni x ∈ R. Definiamo il prodotto di numeri reali x, y ∈ R+ ponendo def

• x · y = Q \ {r · s | r ∈ Q \ x & s ∈ Q \ y} ∈ R def

def

Si ha che x · ∝ (1) = x. Denotiamo ∝ (1) = 1 ∈ R. Sia 1/ ∝ (r) = ∝ (1/r) per ogni r 6= 0, r ∈ Q e se x ∈ R+ sia •

1 def 1 = { | r ∈ Q \ x}∪ ∝ (0) ∪ {0} ∈ R x r

Si ha che R+ soddisfa le propriet`a elencate per Q+ nel Lemma 2.36. Se x 6= 0 e x 6∈ R+ si ha dunque che −x ∈ R+ e si ottiene facilmente un prodotto x · y ∈ R per ogni x, y ∈ R.

3 ORDINI

67

Proposizione 3.13 La funzione iniettiva monot`ona ∝ : Q ,→ R che associa r 7→ ∝ (r) `e tale che ∝ (r + s) = ∝ (r) + ∝ (s), ∝ (r · s) = ∝ (r)· ∝ (s), ∝ (0) = 0 e ∝ (1) = 1. Dimostrazione:

Segue dalla costruzione di somma e prodotto in R.



In R valgono propriet`a analoghe di somma e prodotto elencate per Q la cui verifica `e lasciata al lettore per esercizio. Numeri complessi Definiamo l’insieme dei numeri complessi come l’insieme prodotto def

C=R×R costituito da coppie ordinate di numeri reali (x, y) ∈ C. Disponiamo in questo modo di una funzione iniettiva ι : R ,→ C def

che associa x 7→ ι(x) = (x, 0). Definiamo somma e prodotto di numeri complessi (x, y) e (x0 , y 0 ) in C come segue: def

• (x, y) + (x0 , y 0 ) = (x + x0 , y + y 0 ) def

• (x, y) · (x0 , y 0 ) = (xx0 − yy 0 , xy 0 + yx0 ) In questo modo si ha che ι(x + x0 ) = ι(x) + ι(x0 ) e ι(x · x0 ) = ι(x) · ι(x0 ) e possiamo identificare R con l’immagine di ι in C. Denotiamo z = (x, y) ∈ C. def def Si ha che ι(0) = 0 ∈ C tale che 0 + z = z e z + (−z) = 0 con −z = (−x, −y). def Si ha ι(1) = 1 ∈ C con 1 · z = z e per ogni z 6= 0 esiste 1/z ∈ C (verificare per esercizio!). In conclusione, si ha che in C valgono propriet`a analoghe di somma e prodotto gi`a elencate per Q e R tranne l’ordinamento totale! Per z = (x, y) ∈ C e z 0 = (x0 , y 0 ) ∈ C possiamo definire z ≤ z 0 se x ≤ y e y ≤ y 0 . In questo modo

3 ORDINI

68

(C, ≤) risulta ordinato e la funzione iniettiva ι : R ,→ C `e monot`ona: ma (1, 0) e (0, 1) non sono confrontabili e quindi l’ordine non `e totale. Inoltre (0, 1)2 = (−1, 0) in C. Non esiste dunque un sottoinsieme di elementi positivi (come abbiamo visto per Q nel Lemma 2.36). def

Ponendo i = (0, 1), si ha dunque che i2 = −1 e per ogni numero complesso z ∈ C si ha z = (x, 0) + (0, y) = (x, 0) + (0, 1) · (y, 0) e quindi z si pu`o riscrivere come x + iy in modo unico con x, y ∈ R. Si dice che x `e la parte reale e la y `e la parte immaginaria del numero complesso def z. Il numero complesso z = x − iy ∈ C si dice complesso coniugato di z = x + iy ∈ C (non `e altro che il simmetrico rispetto all’asse reale). Si vede facilmente che: def

Lemma 3.14 Per z = x + iy ∈ C il coniugato z = x − iy ∈ C `e tale che: • z=z • z∈R ⇔ z=z Per ogni z, z 0 ∈ C si ha: • z + z0 = z + z0 • z · z0 = z · z0 La funzione def

γ : C → C z 7→ z = γ(z) preserva quindi somma e prodotto; inoltre, γ|R = idR , γ `e invertibile e γ −1 = γ. Si ottiene inoltre una funzione def

ν : C → R z = x + iy 7→ z · z = x2 + y 2 = ν(z) Non `e difficile mostrare che: • ν(z) ∈ R+ se z 6= 0 e si ha ν(z) = 0 se e solo z = 0 • ν(z · z 0 ) = ν(z) · ν(z 0 ) e inoltre ν(1) = 1 per ogni z, z 0 ∈ C. Notare che ν(z + z) < ν(z) + ν(z) per ogni z = iy non nullo. Si pu`o infine facilmente descrivere l’inverso moltiplicativo di z 6= 0 come 1 1 =z· z ν(z)

3 ORDINI

69

Quaternioni L’insieme dei quaternioni (di Hamilton) `e l’insieme prodotto def

H=C×C = R×R×R×R di numeri reali. Disponiamo in questo modo di una funzione iniettiva η : C ,→ H def

che associa z 7→ η(z) = (z, 0). Definiamo somma e prodotto di quaternioni (z, t) ∈ H e (z 0 , t0 ) ∈ H come segue: def

• (z, t) + (z 0 , t0 ) = (z + z 0 , t + t0 ) def

• (z, t) · (z 0 , t0 ) = (zz 0 − tt0 , zt0 + tz 0 ) Si ha che η(z + z 0 ) = η(z) + η(z 0 ) e η(z · z 0 ) = η(z) · η(z 0 ) e possiamo identificare C con l’immagine di η in H. Denotiamo q = (z, t) ∈ H. Si ha che def def η(0) = 0 ∈ H tale che 0+q = q e q+(−q) = 0 con −q = (−z, −t). Osserviamo che per x ∈ R si ha (x, 0) · (z, t) = (xz, xt) = (z, t) · (x, 0) ovvero x·q =q·x def

per x ∈ R. Si ha η(1) = 1 ∈ H con 1 · q = q · 1 = q per ogni q ∈ H. Per def j = (0, 1) si ha che j 2 = −1. Bisogna fare attenzione poich`e (z, 0) · (0, 1) = (0, z) = (0, 1) · (z, 0) ovvero z·j =j·z per z ∈ C. Dunque

q · q 0 6= q 0 · q

per q, q 0 ∈ H. A parte ci`o le propriet`a gi`a stabilite per i numeri complessi valgono anche per i quaternioni. Ogni quaternione q ∈ H si scrive comunque q = z + jt in modo unico per z, t ∈ C. Siccome z = x + iy e t = x0 − iy 0 con x, y, x0 , y 0 ∈ R si ha che ogni quaternione q si riscrive anche come q = x + iy + jx0 + ky 0

3 ORDINI

70

def

con k = − ji = ij tale che k 2 = −1 e x, y, x0 , y 0 ∈ R. Infine, per ogni q 6= 0 def esiste 1/q ∈ H. Infatti, per q = z + jt definiamo il coniugato q = z − jt in modo che si ha una funzione def

µ : H → R q = z + jt 7→ q · q = q · q = zz + tt = µ(q) tale che: • µ(q) ∈ R+ se q 6= 0 e si ha µ(q) = 0 se e solo q = 0 • µ(q · q 0 ) = µ(q) · µ(q 0 ) e inoltre µ(1) = 1 per ogni q, q 0 ∈ C. Si ottiene quindi l’inverso moltiplicativo di un quaternione q 6= 0 come 1 1 =q· q µ(q)

Attenzione! Osserviamo, in conclusione, che dall’esistenza di un insieme apodittico abbiamo ottenuto gli insiemi N ,→ Z ,→ Q ,→ R ,→ C ,→ H dei numeri naturali, interi, razionali, reali, complessi e infine i quaternioni. Si `e tentati di continuare a definire in Rn con n > 4 somma e prodotto con propriet`a analoghe alle precedenti! Un importante teorema stabilisce che questo non `e possibile: R, R2 e R4 sono gli unici insiemi dotati di somma e prodotto compatibili con quelle di R per cui esistono gli inversi moltiplicativi. Inoltre, R `e l’unico che `e totalmente ordinato e completo.

4 ARITMETICA

4

71

Aritmetica

Abbiamo visto che Z ha un ordinamento naturale che estende quello di N determinato dalla somma ovvero dalla funzione successore. Esiste per`o una relazione d’ordine in N e Z indotta dalla moltiplicazione che non abbiamo ancora considerato.

4.1

Divisione

Dati a, b ∈ Z diciamo che b divide a se esiste c ∈ Z tale che a = bc. Scriviamo b|a se b divide a. Scriviamo ±a per indicare a oppure −a. Si vede facilmente che per ogni a ∈ Z si ha ±1|a, ±a|a, a|0 ma 0|a ⇒ a = 0 e infine a| ± 1 ⇒ a = ±1. Inoltre si ha: • c|b & b|a ⇒ c|a per ogni a, b, c ∈ Z e quindi (Z, | ) `e un preordine. Osserviamo per`o che non `e un ordine in quanto | non `e antisimmetrica! Infatti, se a|b e b|a allora b = ±a ovvero b = a oppure b = −a. Diciamo che ±1 e ±a sono divisori impropri di a ∈ Z. Se possiamo scrivere a = bc con b e c interi diversi da ±1 e ±a allora diciamo che b e c sono divisori propri di a. Diciamo anche che a `e un multiplo di b e di c. Un intero a ∈ Z tale che a 6= 0, ±1 `e un numero primo se non ha divisori propri ovvero ha solamente divisori impropri: se a = bc allora b e c sono ±1 oppure ±a. Massimo comun divisore Un intero d tale che d|a e d|b si dice divisore comune di a, b ∈ Z. Un intero d `e un massimo comun divisore di a e b se d `e un divisore comune e se inoltre def d0 `e un altro divisore comune allora d0 |d. Denotiamo ±d = (a, b) un massimo comun divisore: se esiste `e unico a meno del segno! Diciamo che a e b sono coprimi se (a, b) = ±1. Lemma 4.1 Siano a, b ∈ Z non entrambi nulli. Per ogni a0 , b0 , c ∈ Z si ha: (1) c|a & c|b ⇒ c|aa0 + bb0

4 ARITMETICA

72

(2) a|a0 & b|b0 ⇒ ab|a0 b0 (3) c|a & c|b & c = aa0 + bb0 ⇒ ± c = (a, b) (4) ±c = (a, b) ⇒ a = ±ca1 & b = ±cb1 & ± 1 = (a1 , b1 ) Dimostrazione: (1) Sia a = ct e b = cs da cui aa0 + bb0 = c(ta0 + sb0 ). (2) Sia a0 = at e b0 = bs da cui a0 b0 = abts. (3) Per la (1) se d `e divisore comune di a e b allora divide c e quindi ±c `e massimo comune divisore. (4) Si ha che a = ±ca1 e b = ±cb1 in quanto ±c `e un comune divisore. Se d|a1 e d|b1 allora ±cd|a e ±cd|b dunque ±cd| ± c. Quindi si ha che ±c = ±cdd0 per qualche d0 ∈ Z ovvero ±c(1 − dd0 ) = 0 e quindi d = ±1.

Lemma 4.2 (Divisione con resto) Siano n, m ∈ N con m 6= 0. Esistono e sono unici q, r ∈ N tali che n = qm + r e inoltre r < m. Dimostrazione: Sia S l’insieme dei n ∈ N per cui esistono q, r ∈ N tali che n = qm+r e r < m. Se esistono sono unici: infatti, sia n = qm+r = q 0 m+r0 con r, r0 < m. Supponiamo che r ≤ r0 quindi r0 − r = m(q − q 0 ) ≤ r0 < m ovvero q = q 0 e r = r0 . Chiaramente si ha che 0 ∈ S per q = r = 0. Sia n ∈ S. Dunque n = qm+r con r < m. Se r < m−1 allora n+1 = qm+r +1 con r + 1 < m. Se r = m − 1 allora n + 1 = (q + 1)m. In entrambi i casi n + 1 ∈ S. Per induzione S = N.

Teorema 4.3 Siano a, b ∈ Z con b 6= 0. Esistono e sono unici q, r ∈ Z tali che a = qb + r def

def

e inoltre 0 ≤ r < |b| dove |b| = b se b ∈ N+ `e positivo e |b| = − b se b ∈ N− `e negativo.

4 ARITMETICA Dimostrazione:

73

Consideriamo i seguenti casi:

a ≥ 0 & b > 0 Questo caso `e stato dimostrato nel Lemma 4.2. a < 0 & b > 0 Si ha che −a > 0 e quindi −a = qb + r con 0 ≤ r < b per il Lemma 4.2. Se r = 0 allora a = (−q)b e se r 6= 0 allora b − r ∈ N+ `e positivo e si ha a = (−q − 1)b + b − r con b − r < b. a ∈ Z & b < 0 Si ha che −b > 0 e per i casi precedenti si ha a = q(−b) + r con 0 ≤ r < −b e inoltre −b = |b|. Mostriamo l’unicit`a: supponiamo a = qb + r = q 0 b + r0 con 0 ≤ r, r0 < |b|. Supponiamo che r ≤ r0 quindi 0 ≤ r0 − r = b(q − q 0 ) e quindi |b(q − q 0 )| = |b||q − q 0 | = r0 − r ≤ r0 < |b|. Dunque |q − q 0 | < 1 da cui segue q = q 0 e inoltre r = r0 .

Teorema 4.4 Siano a, b ∈ Z non entrambi nulli. Esiste ±d = (a, b) un massimo comune divisore e si scrive d = na + mb per qualche n, m ∈ Z. def

Dimostrazione: Sia S = {d ∈ N+ | d = ax + by x, y ∈ Z} ⊂ N. Si ha che S 6= ∅ in quanto a oppure b `e non nullo. Dunque S ha minimo (per 3.3), sia d = na + mb = min S. Vediamo che ±d = (a, b). Dividendo a per d, per il Teorema 4.3, possiamo scrivere a = dq + r con 0 ≤ r < d. Quindi si ha che r = a − dq = a − (na + mb)q = a(1 − nq) + b(−mq) Se r 6= 0 allora r ∈ S ma r < d: assurdo! Dunque r = 0 quindi a = dq ovvero d|a. Analogamente d|b dividendo b per d, per il Teorema 4.3. Siccome d = na + mb allora d `e il massimo comun divisore di a e b (per il Lemma 4.1 ogni d0 divisore comune di a e b `e un divisore di d).

Corollario 4.5 Siano a, b ∈ Z. Si ha che a e b sono coprimi se e solo se 1 = na + mb per qualche n, m ∈ Z. Inoltre, se a e b sono coprimi allora • a|bc ⇒ a|c

4 ARITMETICA

74

per ogni c ∈ Z. Dimostrazione: Se (a, b) = ±1 per il Teorema 4.4 possiamo scrivere 1 = na + mb. Viceversa, per il Lemma 4.1 (3). Quindi c = nac + mbc ma a|ac e a|bc quindi a|c per il Lemma 4.1 (1).

Possiamo ora mostrare una importante caratterizzazione dei numeri primi in termini di divisori. Notiamo che se p `e un numero primo e p non divide a allora l’unico divisore comune di p e a `e ±1. Dunque ±1 = (p, a) ovvero p e a sono coprimi. Proposizione 4.6 Un intero p 6= 0, ±1 `e un numero primo se e solo se per ogni a, b ∈ Z se p|ab allora p|a oppure p|b. Dimostrazione: Sia p primo e p|ab ma supponiamo che p non divida a. Quindi p e a sono coprimi e per il Corollario 4.5 si ha che p|b. Viceversa, se p non `e primo si ha che p = ab con a e b divisori propri di p. Quindi p non divide a in quanto a = pc implica a = abc ovvero b = ±1 e a = ±p. Analogamente p non divide b ma p|ab.

Minimo comune multiplo Se a, b ∈ Z e m ∈ Z `e multiplo comune di a e b ovvero a|m e b|m e per ogni multiplo comune m0 di a e b si ha che m|m0 allora m si dice minimo comune multiplo di a e b. Possiamo ora mostrare l’esistenza del minimo comune multiplo. Teorema 4.7 Siano a, b ∈ Z non entrambi nulli. Si ha che ±

ab (a, b)

`e un minimo comune multiplo di a e b. Dimostrazione: Per il Teorema 4.4 esiste ±d = (a, b) e per il Lemma 4.1 si def ha che a = ±da1 e b = ±db1 con ±1 = (a1 , b1 ). Dunque m = a1 b = a1 db1 = ab1 `e un multiplo comune. Sia m0 = ax = by multiplo comune. Dunque

4 ARITMETICA

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±da1 x = ±db1 y ovvero a1 x = b1 y (per 2.31). Per il Corollario 4.5 si ha che a1 |y e b1 |x ovvero y = a1 y1 e x = b1 x1 . In conclusione m0 = ax = ab1 x1 = mx1 ovvero m|m0 .

Algoritmo di Euclide Si pone dunque il problema di trovare ±d = (a, b) un massimo comun divisore di a, b ∈ Z non entrambi nulli. Infatti, la dimostrazione della sua esistenza che sfrutta il buon ordinamento di N non `e costruttiva (vedere Teorema 4.4). Dati a, b ∈ Z con b 6= 0 si ha (per 4.3) • a = q1 b + r1 Se r1 = 0 allora b|a e quindi (a, b) = b = 0a + 1b. Se r1 6= 0 allora si ottiene • b = q2 r1 + r2 con r2 < r1 < |b|, etc. si ha • ri−1 = qi+1 ri + ri+1 per ri ∈ N e ri+1 < ri < · · · < |b|. Dunque esiste k ∈ N tale che rk+1 = 0. Si ha rk−1 = qk+1 rk ovvero rk |rk−1 e inoltre (a, b) = (b, r1 ) = (r1 , r2 ) = · · · = (rk−1 , rk ) = rk Infatti, si ha c|b & c|r1 & a = q1 b + r1 ⇒ c|a c|a & c|b & r1 = a − q1 b ⇒ c|r1 ovvero (a, b) = (b, r1 ), etc. Per trovare rk = na+mb basta sostituire a ritroso. Ad esempio, se r3 = 0 allora (a, b) = r2 = b − q2 r1 = b − q2 (a − q1 b) e quindi n = −q2 a mentre m = 1 + q1 q2 .

4 ARITMETICA

76

Sistemi di numerazione Siano n, m ∈ N e m > 1. Dividendo n per m si ottiene (per 4.3) • n = q 1 m + a0 Se n < m allora n = a0 . Se q1 6= 0 ovvero n ≥ m possiamo dividere ancora q1 per m e si ottiene • q 1 = q 2 m + a1 con q2 < q1 e q2 6= 0 se q1 ≥ m. Sostituendo si ha n = q 2 m 2 + a1 m + a0 Procedendo in questo modo si ottengono • qi = qi+1 m + ai tali che ai < m e qi+1 < qi . Quindi esiste k ∈ N tale che qk+1 = 0 ovvero qk = ak . Esistono dunque a0 , . . . , ak ∈ N con ai < m tali che n = a0 + a1 m + a2 m2 + · · · + ak mk in modo unico per qualche k ∈ N. I numeri a0 , . . . , ak ∈ N si dicono cifre di n e il numero m si dice base del sistema di numerazione. Il numero n in base m si scrive n(m) = ak · · · a0 Si ha che m(m) = 10 e quindi m = 10 ovvero il sistema decimale risulta conveniente. Il sistema binario ovvero in base 2 `e anche molto conveniente perch`e permette di riscrivere ciascun numero naturale mediante una sequenza di 0 e 1. Ad esempio, 7(2) = 111. Ritorneremo su questo argomento con il Lemma 4.29. Fattorizzazione unica Si ha il seguente fondamentale teorema dell’aritmetica:

4 ARITMETICA

77

Teorema 4.8 Sia a ∈ Z, a 6= 0, ±1. Si ha a = ±p1 · · · pk dove pi ∈ N+ sono numeri primi e k ∈ N+ . Inoltre, tali p1 , . . . , pk sono unici (a meno di ripeterli e scambiarli tra loro). Dimostrazione: Sia a ∈ N+ . Per a = 2 si ha un primo e se a > 2 e non `e primo allora a = bc con 1 < b < a e 1 < c < a. Per induzione, supponendo vero l’enunciato per b e c si ottiene l’enunciato per a. Se a ∈ N− allora −a ∈ N+ e quindi si conclude l’esistenza della fattorizzazione in primi per ogni a ∈ Z. Per l’unicit`a, supponiamo a = ±p1 · · · pk = ±p01 · · · p0h e a non primo. Siccome p1 | ± p01 · · · p0h , per la Proposizione 4.6 allora p1 | ± p0j per qualche j e quindi p1 = ±p0j . Per induzione (perch`e!?) si conclude.

Corollario 4.9 (Euclide) Esistono infiniti numeri primi. Dimostrazione: Se {p1 , . . . , pn } fosse l’insieme finito di tutti i primi allora a = p1 · · · pn + 1 avrebbe resto 1 nella divisione per ogni primo ovvero nessun primo dividerebbe a e quindi, per la fattorizzazione unica in numeri primi, si avrebbe un assurdo!

4.2

Congruenze

Vediamo ora che relazione intercorre tra un numero intero e il resto della divisione per un intero fissato. Sia m ∈ Z con m > 1 fissato. Per ogni a ∈ Z sia a = qm + r con 0 ≤ r < m il resto della divisione di a per m. Abbiamo dunque che a − r = qm e quindi m|a − r. Siano a, b ∈ Z e m ∈ N. Diciamo che a e b sono congruenti modulo m se m divide la differenza a − b ovvero a − b = nm per qualche n ∈ Z. Si vede facilmente che: Lemma 4.10 La congruenza modulo m `e una relazione di equivalenza su Z.

4 ARITMETICA

78

Denotiamo a ≡m b se a e b sono congruenti modulo m. Sia def

[a]m = {b ∈ Z | a ≡m b} una classe di congruenza e infine def

Zm = {[a]m | a ∈ Z} l’insieme quoziente Z/ ≡m . Osserviamo che: • m = 0 si ha a ≡0 b se e solo se a = b e quindi Z0 = Z • m = 1 si ha che a ≡1 b per ogni a, b ∈ Z e quindi Z1 `e un singoletto • m > 1 si ha che a ≡m b se e solo se b = a + nm con n ∈ Z Se m > 0 e a ∈ Z allora la classe di equivalenza [a]m = {. . . , a − 2m, a − m, a, a + m, a + 2m, . . .} `e un insieme infinito. Infatti, si ha che n 7→ a + nm `e una funzione iniettiva da N a [a]m . D’altra parte abbiamo che: Lemma 4.11 Se m > 0 allora Zm = {[0]m , [1]m , . . . , [m − 1]m } `e un insieme finito di cardinalit`a |Zm | = m > 0. Dimostrazione: Per ogni a ∈ Z sia a = qm + r la divisione con resto 0 ≤ r < m. Quindi si ha a ≡m r e di conseguenza [a]m = [r]m per qualche r ∈ {0, 1, . . . , m − 1}. Dunque Zm ⊆ {[0]m , [1]m , . . . , [m − 1]m }. Inoltre, se a, b ∈ {0, 1, . . . , m − 1} e b < a allora 0 < a − b < m e quindi [a]m 6= [b]m .

Ad esempio, per m = 2 abbiamo Z2 = {[0]2 , [1]2 } dove [0]2 = {2n | n ∈ Z} sono gli interi pari e [1]2 = {2n + 1 | n ∈ Z} sono gli interi dispari. Si ha che: Lemma 4.12 Siano a, b, a0 , b0 ∈ Z • a ≡m a0 & b ≡m b0 ⇒ a + b ≡m a0 + b0 & ab ≡m a0 b0

4 ARITMETICA

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Se c ∈ Z tale che (c, m) = ±1 allora • ac ≡m bc ⇒ a ≡m b Dimostrazione: Infatti se m|(a − a0 ) e m|(b − b0 ) allora m|(a − a0 ) + (b − b0 ) e inoltre m|b(a − a0 ) + a0 (b − b0 ) dal Lemma 4.1. Inoltre, se m|c(a − b) allora m|(a − b) per il Corollario 4.5

Possiamo quindi definire somma e prodotto di classi di congruenza come la classe di congruenza della somma e del prodotto. Infatti, per quanto appena visto, questa definizione non dipende dalla scelta del rappresentante della classe di congruenza. Si ha: def

def

• [a]m + [b]m = [a + b]m & [a]m · [b]m = [ab]m def

per ogni a, b ∈ Z. Ponendo −[a]m = [−a]m si ottiene facilmente, come conseguenza di 2.30 e 2.31 i seguenti: Lemma 4.13 Siano [a]m , [b]m , [c]m ∈ Zm classi di congruenza modulo m. Si ha: • ([a]m + [b]m ) + [c]m = [a]m + ([b]m + [c]m ) • [a]m + [b]m = [b]m + [a]m • [a]m + [0]m = [a]m • [a]m + (−[a]m ) = [0]m Lemma 4.14 Siano [a]m , [b]m , [c]m ∈ Zm classi di congruenza modulo m. Si ha: • ([a]m · [b]m ) · [c]m = [a]m · ([b]m · [c]m ) • [a]m · [b]m = [b]m · [a]m • [a]m · [1]m = [a]m • [a]m · (−[1]m ) = −[a]m • [a]m · ([b]m + [c]m ) = [a]m · [b]m + [a]m · [c]m

4 ARITMETICA

80



Attenzione! Si pu`o avere [a]m · [b]m = [0]m con [a]m 6= [0]m e [b]m 6= [0] se m non `e primo! Infatti, se m non `e primo allora m = ab e si ha sempre che [0]m = [m]m in Zm .

Osserviamo infine che considerando la proiezione sul quoziente si ha un risultato analogo a quello in 2.32 e 2.35. Proposizione 4.15 Si ha una funzione surgettiva π : Z→ →Zm a 7→ [a]m tale che π(0) = [0]m , π(1) = [1]m , π(a + b) = π(a) + π(b) e π(ab) = π(a)π(b) per ogni a, b ∈ Z. Ad esempio, una immediata applicazione che utilizza le congruenze `e la dimostrazione della “prova del 9”. Siano a0 , . . . , ak le cifre decimali di n ∈ N. Allora n ≡9 a0 +· · ·+ak . Infatti, 10 ≡9 1 quindi 10k ≡9 1 e inoltre ak 10k ≡9 ak per ogni k ∈ N+ . Inoltre, n = a0 + a1 10 + · · · + ak 10k ≡9 a0 + · · · + ak . Di conseguenza n `e divisibile per 9 se e solo se a0 + · · · + ak `e divisibile per 9.

4.3

Equazioni

Siano a, b ∈ Z. L’equazione ax = b ha una soluzione intera se e solo se a|b. Consideriamo l’equazione ax ≡m b

ovvero

[a]m [x]m = [b]m

nell’incognita x ∈ Z per m > 1. Si vede che vi possono essere soluzioni anche se a non divide b. Infatti: Proposizione 4.16 Sia a 6= 0 e ±d = (a, m). Esiste x ∈ Z tale che ax ≡m b se e solo se d|b. Se x0 `e una soluzione e m = m1 d tutte le soluzioni sono x0 + nm1 al variare di n ∈ Z. Dimostrazione: Se x `e una soluzione allora m|ax − b e quindi d|ax − b. Inoltre d|a da cui d|b. Viceversa, sia db1 = b, a = da1 e m = dm1 con (a1 , m1 ) = ±1 (per 4.1). Sia d = ha + km (per 4.4). Qundi b = db1 = (ha + km)b1 = (hb1 )a + (kb1 )m ≡m (hb1 )a

4 ARITMETICA

81

def

ovvero x0 = hb1 `e una soluzione. Inoltre a(x0 + nm1 ) ≡m b + na1 dm1 ≡m b. Se x1 `e una soluzione siccome ax0 ≡m ax1 si ha che m|a(x1 − x0 ) da cui a(x1 − x0 ) = tm ovvero da1 (x1 − x0 ) = tm1 d e quindi a1 |t (per 4.5). In conclusione t = na1 ovvero x1 − x0 = nm1 per qualche n ∈ Z.

Lemma 4.17 Siano a, b ∈ Z non entrambi nulli e c ∈ Z. Consideriamo l’equazione ax + by = c nelle incognite x, y ∈ Z. Sono equivalenti: (1) ax + by = c ha soluzioni intere (2) ax + by ≡m c ha soluzioni per ogni m > 1 (3) d|c dove ±d = (a, b). Dimostrazione: Ovviamente (1) ⇒ (2). Sia m = d e supponiamo che d divida ax + by − c. Quindi d|c e (2) ⇒ (3) `e dimostrata. Sia a = da1 , b = db1 e c = dc1 con 1 = a1 x0 + b1 y0 e d = ax0 + by0 . Dunque c1 = c1 a1 x0 + c1 b1 y0 def def e quindi c = dc1 = ac1 x0 + bc1 y0 per cui x = c1 x0 e y = c1 y0 `e una soluzione. In conclusione (3) ⇒ (1).

Teorema 4.18 Siano a1 , · · · , an ∈ Z non tutti nulli e siano n ∈ N+ e c ∈ Z. Sono equivalenti: (1) a1 x1 + · · · + an xn = c ha soluzioni intere (2) a1 x1 + · · · + an xn ≡m c ha soluzioni per ogni m > 1 (3) d|c dove ±d = (a1 , . . . , an ) `e un massimo comune divisore. Dimostrazione:

Ragionando come nella dimostrazione del Lemma 4.17.

4 ARITMETICA

82

Proposizione 4.19 Siano a0 , a1 , · · · , an ∈ Z con an 6= 0 e n ∈ N+ . Se esiste x ∈ Q tale che a0 + a1 x + a2 x2 + · · · + an xn = 0 allora x = a/b con a|a0 e b|an . In particolare, se an = ±1 allora x ∈ Z e x|a0 . Dimostrazione: Sia x = a/b con (a, b) = ±1 (per 4.4 possiamo sempre ridurre una frazione ai minimi termini). Sostituendo si ottiene a a2 an a0 + a1 + a2 2 + · · · + an n = 0 b b b e quindi a0 bn + a1 abn−1 + · · · + an an = 0 Siccome b|ai ai bn−i per ogni i = 0, . . . , n − 1 si ha che b|an an e quindi b|an (per 4.5) in quanto a e b sono coprimi. Analogamente a|ai ai bn−i per ogni i = 1, . . . , n dunque a|a0 bn e a|a0 . Ad esempio, xn = p con p primo e n ≥ 2 non ha soluzioni in Q. Inoltre, ±1 sono le uniche soluzioni razionali di xn = 1 per ogni n ∈ N+ . Consideriamo ora pi` u congruenze. La formulazione originale del seguente teorema compare gi`a attorno al 1200 in testi dei matematici cinesi Sun Zi e Qin Jiushao. Lemma 4.20 Siano n, m > 1. Allora esiste x ∈ Z tale che  x ≡n a S: x ≡m b per ogni a, b ∈ Z se e solo se (n, m) = ±1. Se x0 `e una tale soluzione allora tutte le soluzioni sono x0 + nmk al variare di k ∈ Z. Dimostrazione: Se a = 0, b = 1, n|x e m|(1−x) allora x = nt e 1−x = ms. Quindi 1 = nt + ms ovvero n e m sono coprimi (per 4.5). Viceversa, x ≡n a ⇔ x = a + ny e quindi x ≡m b ⇔ ny ≡m b − a. Supponendo (n, m) = ±1 per la Proposizione 4.16 si hanno soluzioni. Inoltre, se x0 `e una soluzione anche x0 + nmk `e una soluzione per ogni k ∈ Z. Se x1 `e un’altra soluzione x1 −x0 ≡n 0 e x1 −x0 ≡m 0 ovvero n|x1 −x0 e m|x1 −x0 . Siccome (n, m) = ±1 un minimo comune multiplo di n e m `e nm per il Teorema 4.7. Quindi nm|x1 − x0 ovvero x1 − x0 = nmk per qualche k ∈ Z.

4 ARITMETICA

83

Teorema 4.21 (Teorema cinese del resto) Siano m1 , · · · , mn ∈ N con mi > 1 per i = 1, . . . , n e n ≥ 2. Esiste x ∈ Z tale che   x ≡m1 a1    x ≡ m a2 2 Sn : ..  .    x≡ a mn

n

per ogni a1 , · · · , an ∈ Z se e solo se (mi , mj ) = ±1 per ogni i 6= j. Se x0 `e una soluzione tutte le soluzioni sono x0 + m1 · · · mn k al variare di k ∈ Z. Dimostrazione: Se ai = 0, aj = 1 ed esiste x tale che x ≡mi 0 e x ≡mj 1 allora per il Lemma 4.20 si ha (mi , mj ) = ±1. Viceversa, il caso n = 2 `e il Lemma 4.20. Per induzione su n > 2 supponiamo che x0 sia una soluzione del sistema Sn−1 costituito dalle prime n − 1 congruenze. Sia  x ≡ m x0 0 S : x ≡mn an dove m = m1 · · · mn−1 . Il sistema Sn−1 `e equivalente alla congruenza x ≡m x0 . Infatti, se x ≡m x0 allora x ≡mi x0 ≡mi ai per ogni i ≤ n − 1 e ogni soluzione x di Sn−1 `e tale che x ≡m x0 per ipotesi induttiva. Per il Lemma 4.20 il sistema S 0 ha soluzioni in quanto (m, mn ) = ±1 ovvero (mi , mn ) = ±1 per ogni i 6= n. Inoltre, se x0 `e una soluzione di S 0 allora x0 + mmn k al variare di k ∈ Z son tutte e sole le soluzioni di S 0 . Infine, x0 + m1 · · · mn k son tutte e sole le soluzioni di Sn .

Consideriamo n, m > 1 tali che (n, m) = ±1. Se a, b ∈ Z allora esiste x ∈ Z tale che x ≡n a e x ≡m b per il Lemma 4.20. Esiste un’unica soluzione x con 0 ≤ x < nm. Infatti, x = x + nmk con k ∈ Z son tutte e sole le soluzioni. Abbiamo quindi ottenuto una funzione def

f : Zn × Zm −→ Znm ([a]n , [b]m ) 7→ [x]nm = f ([a]n , [b]m ) in quanto la soluzione x dipende solo dalle classi di congruenza [a]n e [b]m ovvero scelte di rappresentanti a0 ≡n a e b0 ≡m b producono la stessa x soluzione particolare. Osserviamo che per il Lemma 2.19 si ha |Zn × Zm | = |Zn | · |Zm | = |Znm | = nm (anche se n e m non sono coprimi!). Si ha che:

4 ARITMETICA

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Lemma 4.22 Siano n, m > 1 tali che (n, m) = ±1. La funzione ∼

f : Zn × Zm −→ Znm `e bigettiva. Dimostrazione: Se [x]nm = f ([a]n , [b]m ) = f ([a0 ]n , [b0 ]m ) allora a ≡n x ≡n a0 e b ≡m x ≡m b0 e quindi [a]n = [a0 ]n e [b]m = [b0 ]m . Dunque f `e iniettiva. Sia [c]nm ∈ Znm . Sia c = qn + a = q 0 m + b la divisione di c per n e per m. I resti a, b ∈ Z delle divisioni sono tali che c ≡n a e c ≡m b. Quindi esiste ([a]n , [b]m ) ∈ Zn × Zm tale che f ([a]n , [b]m ) = [c]nm ovvero f `e surgettiva.

Il Teorema 4.21 unitamente al precedente Lemma 4.22 implicano che: Proposizione 4.23 Sia n ∈ N+ e sia n = pn1 1 · · · pnk k la fattorizzazione in primi p1 , . . . , pk distinti. Allora si ha ∼

Zn −→ Zpn1 1 × · · · × Zpnk k

compatibilmente con somma e prodotto.

4.4

Numeri primi

Un numero primo `e un intero p 6= 0, ±1 che non ha divisori propri. Come abbiamo visto, un numero primo p `e anche caratterizzato dalla propriet`a che se p divide un prodotto allora p divide uno dei fattori (per 4.6). Inoltre, esistono infiniti primi (per 4.9). Una questione del tutto naturale `e dunque quella di trovare numeri primi! Chiaramente, dato un numero possiamo stabilire se questo `e un numero primo verificando che non ha divisori propri. Non possiamo per`o facilmente stabilire quale successore di un numero `e un numero primo. Un metodo elementare per trovare dei numeri primi `e il crivello di Eratostene. Questo metodo consiste nell’elencare tutti i numeri fino a un certo numero grande fissato e poi cancellare tutti i multipli iniziando dai numeri pi` u piccoli: i restanti saranno numeri primi.

4 ARITMETICA

85

Teorema di Fermat Mostriamo ora una fondamentale propriet`a di un numero primo attribuita a Pierre de Fermat attorno al 1636. Sembra che i matematici cinesi fecero indipendentemente l’ipotesi (talvolta detta “ipotesi cinese” avanzata circa 2000 anni prima di Fermat) secondo cui p `e primo se e solo se 2p ≡p 2. Si vede per`o che 2341 ≡341 2 ma 341 = 11 · 31 non `e primo mentre in effetti 2p ≡p 2 per ogni p primo. Fermat annunci`o senza dimostrazione il suo teorema: il primo a pubblicare una dimostrazione del suo enunciato fu Leonhard Euler nel 1736 ma Gottfried Wilhelm Leibniz scrisse che conosceva una dimostrazione prima del 1683. Per numeri interi x, y ∈ Z si ha la ben nota formula del binomio  n  X n n (x + y) = xn−k y k k k=0

che si dimostra per induzione su n ∈ N (per esercizio utilizzando 2.24). Ricordiamo che (per 2.25) si ha   n(n − 1) · · · (n − k + 1) n! n = ∈N = k k!(n − k)! k(k − 1) · · · 1 Nel caso in cui n `e un primo si ottiene: Teorema 4.24 (Fermat) Sia p > 1 un numero primo. Allora xp ≡ p x per ogni x ∈ Z. Dimostrazione:

Se p `e primo allora per 0 < k < p si ha (perch`e!?)   p ≡p 0 k

e quindi (x + y)p ≡p xp + y p per ogni x, y ∈ Z. Se x ∈ N allora possiamo ragionare per induzione. Se xp ≡p x allora (x + 1)p ≡p xp + 1 ≡p x + 1

4 ARITMETICA

86

ponendo y = 1 nella formula del binomio. Se x ∈ N− allora −x ∈ N+ e dunque (−x)p ≡p −x. Se p `e dispari (−x)p = −xp e quindi xp ≡p x. Se p = 2 si ha −x ≡2 x e quindi x2 ≡2 x. Osserviamo che se x ≡p 0 ovvero p|x allora ovviamente xp ≡p 0. Se p non divide x ovvero (p, x) = ±1 allora xp−1 ≡p 1 ⇔ xp ≡p x per il Lemma 4.12.



Attenzione! Viceversa un numero n ∈ N tale che xn ≡n x per ogni x ∈ Z non `e necessariamente primo! Il numero n = 561 = 3 · 11 · 17 `e il primo numero con questa propriet`a.

Funzione di Eulero L’equazione ax ≡m 1

ovvero

[a]m [x]m = [1]m

ha soluzioni se e solo se ±1 = (a, m) sono coprimi (per 4.16). Inoltre, se esiste def x ∈ Z tale che ax ≡m 1 allora [x]m `e unico in Zm e si denota [x]m = [a]−1 m . Sia def Z∗m = {[a]m | (a, m) = ±1} ⊆ Zm Osserviamo che (1, m) = ±1 e inoltre (ab, m) = ±1 se (a, m) = (b, m) = ±1. Per m > 1 sia φ(m) = |Z∗m | = |{a ∈ Z | 1 ≤ a < m & (a, m) = ±1}| def

def

Ponendo φ(1) = 1 si ottiene la funzione di Eulero φ : N+ → N+ . Ad esempio, se p `e primo Z∗p = Zp \ {[0]p } e φ(p) = p − 1. Lemma 4.25 Sia p > 1 primo e sia n ∈ N+ . Allora φ(pn ) = pn − pn−1

4 ARITMETICA

87

Dimostrazione: Si ha 1 ≤ k ≤ pn non coprimo con pn se e solo se p|k. 0 Dunque pk = k ≤ pn e quindi k 0 ≤ pn−1 . Viceversa, da ciascun k 0 si ottiene k = pk 0 non coprimo con pn . Quindi ci sono pn − pn−1 numeri ≤ pn e coprimi con pn .

Lemma 4.26 Siano n, m ∈ N+ tali che (n, m) = ±1. Allora φ(n · m) = φ(n) · φ(m) ∼

Dimostrazione: La funzione bigettiva f : Zn × Zm → Znm del Lemma 4.22 ammette una restrizione ∼ Z∗n × Z∗m −→ Z∗nm che `e bigettiva. Se ([a]n , [b]m ) ∈ Z∗n × Z∗m allora x = f ([a]n , [b]m ) ∈ Z∗nm ovvero (x, nm) = ±1. Infatti, (x, n) = ±1 e (x, m) = ±1 e quindi (x, nm) = ±1. Inoltre, se [c]nm ∈ Z∗nm allora (c, n) = (c, m) = ±1 e quindi esiste ([a]n , [b]m ) ∈ Z∗n × Z∗m tale che f ([a]n , [b]m ) = [c]nm (come nella dimostrazione di 4.22). Di conseguenza si ha |Z∗n × Z∗m | = |Z∗nm | Per il Lemma 2.19 si ha |Z∗n × Z∗m | = |Z∗n | · |Z∗m | da cui segue la formula.



Per ogni n ∈ N+ si calcola φ(n) utilizzando il Teorema 4.8. Si ha: Teorema 4.27 Per n ∈ N+ sia n = pn1 1 · · · pnk k la fattorizzazione in primi p1 , . . . , pk distinti. Si ha     1 1 ··· 1 − φ(n) = n 1 − p1 pk

4 ARITMETICA

88

Dimostrazione: Infatti, dal Lemma 4.26 si ha φ(n) = φ(pn1 1 ) · · · φ(pnk k ), per il Lemma 4.25 si ha φ(pn1 1 ) · · · φ(pnk k ) = (pn1 1 − pn1 1 −1 ) · · · (pnk k − pknk −1 ) e raccogliendo pn1 1 , . . . , pnk k si trova la formula.



Attenzione! La funzione di Eulero soddisfa inoltre per ogni intero positivo x coprimo con m la congruenza xφ(m) ≡m 1 nota come Teorema di Eulero e che generalizza il Teorema di Fermat.

Teorema di Wilson Il seguente teorema che ha correntemente preso il nome da Sir John Wilson, studente del matematico inglese Edward Waring, si attribuisce anche a Ibn al-Haytham (matematico arabo vissuto intorno all’anno mille). Il teorema venne annunciato nel 1770 senza dimostrazione. Joseph Louis Lagrange diede una dimostrazione nel 1773 ma forse Leibniz conosceva questo risultato gi`a un secolo prima. Teorema 4.28 (Wilson) Sia p > 1 un numero intero. Allora (p − 1)! ≡p −1



p `e un numero primo

Dimostrazione: Si verifica direttamente per p = 2, 3 e quindi supponiamo p > 3. I divisori 6= p di un qualunque p si trovano tra i fattori di (p − 1)! Sia d = (p, (p − 1)!) il massimo comun divisore, sia p = dm e (p − 1)! = dn. Se (p − 1)! = pk − 1 allora dn = pk − 1 = dmk − 1 e quindi d = 1. Se p non `e primo per`o si ha che d > 1. Se invece p `e primo allora p − 1, p − 2, . . . , 1 sono coprimi con p. Inoltre, in Z∗p = {1, . . . , p − 1} per ciascun x ∈ Z∗p esiste un unico y ∈ Z∗p tale che xy ≡p 1. Notare che x2 ≡p 1 implica (x−1)(x+1) ≡p 0 da cui x ≡p 1 oppure x ≡p −1 poich`e p `e primo. Escludendo 1 e p − 1 per x = p − 2 esiste y ∈ Z∗p tale che xy ≡p 1 e y 6= x, etc. e quindi (p − 1)! = (p − 1)(p − 2) · · · 1 ≡p (p − 1)1 ≡p −1

4 ARITMETICA

89

come affermato.



Il Teorema di Wilson produce un algoritmo per stabilire se un numero `e primo. Dato un numero naturale (dispari) n si pu`o calcolare m = (n − 1)! + 1 e poi verificare se tale numero m sia divisibile per n oppure non lo sia. Se m `e divisibile per n allora n `e primo altrimenti n non `e primo.



Attenzione! Sfortunatamente, come `e facile capire, questo algoritmo basato sul Teorema di Wilson non `e efficiente come test di primalit`a per numeri grandi. La complessit`a computazionale per stabilire se un numero `e primo `e polinomiale ovvero sono noti (dal 2002) algoritmi che terminano in tempo polinomiale rispetto alla dimensione dei dati.

4.5

Numeri p-adici

Sia p > 1 un numero primo fissato. Abbiamo visto che per ogni a ∈ N esistono a0 , . . . , ak ∈ N con ai < p tali che a=

k X

ai p i

i=0

per qualche k ∈ N. Abbiamo che: Lemma 4.29 Sia a ∈ Z e p > 1 un numero primo. Le classi di a in Zpn al variare di n ∈ N+ possono essere rappresentate in modo unico a ≡p n

n−1 X

ai pi

i=0

con 0 ≤ ai < p per i = 0, . . . , n − 1. Dimostrazione: Si verifica per induzione. Per n = 1 segue dal Lemma 4.11. Supponiamo che tale affermazione valga per n − 1. Allora abbiamo una rappresentazione a = a0 +a1 p+a2 p2 +· · ·+an−2 pn−2 +bpn−1 per un qualche b ∈

4 ARITMETICA

90

Z. Dividendo per p si ha b = qp + r e quindi a = · · · + an−2 pn−2 + rpn−1 + qpn . def Ponendo an−1 = r si ha b ≡p an−1 per un unico an−1 < p e si conclude.

def

Consideriamo ΣZp = {a0 + a1 p + a2 p2 + · · · | 0 ≤ an < p}. Intendiamo un elemento di ΣZp come una successione di somme parziali (sn )n∈N+ dove def sn = a0 + a1 p + a2 p2 + · · · + an−1 pn−1 . Un elemento di ΣZp viene anche pi` u sinteticamente rappresentato con la scrittura X an p n n∈N

D’altra parte, per ogni a ∈ Z si ha ([a]pn )n∈N+ ovvero la successione costituita da tutte le immagini di a mediante le proiezioni πn : Z → Zpn dove a 7→ def πn (a) = [a]pn (come in 4.15) al variare di n ∈ N+ . Inoltre, si hanno funzioni Zp ← Zp2 ← · · · ← Zpn−1 ← Zpn ← · · · che semplicemente associano [a]pn 7→ [a]pn−1 al variare di n ∈ N+ . Denotiamo τn : Zpn → Zpn−1 queste funzioni e osserviamo che τn πn = πn−1 . Consideriamo l’insieme Y def n n + Zpn | x ∈ Z & τ (x ) = x } ⊂ Z = {(x ) lim n p n n n−1 p n n∈N ←− n

n∈N+

sottoinsieme del prodotto. Lemma 4.30 Si ha una funzione bigettiva ∼

ΣZp −→ lim Zpn a0 + a1 p + a2 p2 + · · · 7−→ ([sn ]pn )n∈N+ ←− n

Dimostrazione: La funzione associa ad (sn )n∈N+ le sue classi ([sn ]pn )n∈N+ . Si ha che τn ([sn ]pn ) = [sn−1 ]pn−1 . Sia (xn )n∈N+ un elemento di lim Zpn . Per il ←− n

Lemma 4.29 si ha che xn = [bn ] = [a0 + a1 p + a2 p2 + · · · + an−1 pn−1 ] = [sn ] in Zpn in modo unico. Siccome τn (xn ) = xn−1 si ha che (sn )n∈N+ costituisce una successione di somme parziali.

Chiamiamo interi p-adici indifferentemente gli elementi degli insiemi appena considerati. Come osservato, per ogni a ∈ Z si ha che al variare di n ∈ N+

4 ARITMETICA

91

la funzione n 7→ πn (a) ∈ Zpn `e chiaramente una funzione di scelta che coincide (per 4.29) con le classi delle corrispondenti somme parziali πn (a) = [sn ]pn . Questo consente di associare ad ogni intero a ∈ Z un intero p-adico X a ∈ Z 7−→ an pn ∈ ΣZp 7−→ (πn (a))n∈N+ ∈ lim Zpn ←− n

n∈N

Questo intero p-adico si chiama sviluppo o espansione p-adica di a ∈ Z. Al variare di a ∈ Z si ottiene cos`ı una funzione ∼

Zpn Σ : Z −→ ΣZp −→ lim ←− n

Definiamo somma e prodotto d’interi p-adici (xn )n∈N+ e (yn )n∈N+ sulle componenti ovvero Zpn • (xn )n∈N+ + (yn )n∈N+ = (xn + yn )n∈N+ ∈ lim ←− n

• (xn )n∈N+ · (yn )n∈N+ = (xn · yn )n∈N+ ∈ lim Zpn ←− n

mediante 4.13 e 4.14. Infatti, si ha che τn (xn + yn ) = τn (xn ) + τn (yn ) = xn−1 + yn−1 in quanto τn (xn ) = xn−1 e τn (yn ) = yn−1 e analogamente per il prodotto. Proposizione 4.31 La funzione Σ `e iniettiva e tale che Σ(a + b) = Σ(a) + Σ(b) e Σ(ab) = Σ(a)Σ(b) per ogni a, b ∈ Z. Dimostrazione: Siccome ciascuna proiezione πn : Z → Zpn soddisfa le propriet`a elencate nella Proposizione 4.15 cos`ı la funzione Σ le soddisfa in quanto la somma e il prodotto d’interi p-adici `e stato definito sulle componenti. Inoltre Σ `e chiaramente iniettiva. Infatti, se a e b hanno la stessa espansione p-adica allora a − b `e divisibile per pn per ogni n ∈ N+ e quindi a = b.

Come conseguenza identifichiamo Z con la sua immagine negli interi p-adici. Ad esempio, per −1 si ha l’identit`a −1 = (p − 1) + (p − 1)p + (p − 1)p2 + · · · + (p − 1)pn−1 − pn dalla quale seguono le congruenze

4 ARITMETICA

92

• −1 ≡p p − 1 = s1 • −1 ≡p2 p − 1 + (p − 1)p = s2 .. . • −1 ≡pn (p − 1) + (p − 1)p + (p − 1)p2 + · · · + (p − 1)pn−1 = sn L’espansione p-adica di −1 `e dunque X −1 = (p − 1)pn n∈N

dove senza ambiguit`a alcuna questa riscrittura sintetizza le infinite congruenze precedenti. Un intero positivo ha uno sviluppo finito ma come abbiamo appena visto questo non accade per gli interi negativi.

Il valore assoluto p-adico Riconsideriamo ora gli interi p-adici da un diverso punto di vista.

5 STRUTTURE

5

93

Strutture

Abbiamo visto che N, Z, Q e Zm son tutti dotati di propriet`a specifiche deducibili dalle operazioni di somma e prodotto: vogliamo ora estrapolare queste propriet`a. Assumendo l’esistenza di “somma e prodotto” in un dato insieme vogliamo dedurre propriet`a specifiche di questo insieme: desideriamo inoltre caratterizzare gli “interi” e le “congruenze” in un contesto assiomatico. Pi` u in generale, vogliamo pensare a una “struttura” come un insieme o pi` u insiemi dotati di relazioni o funzioni. Le “strutture” sono oggetto di studio dell’algebra astratta.

5.1

Gruppi, anelli e campi

Un insieme S con una funzione · : S × S → S (a, b) 7→ a · b `e un insieme dotato di una operazione binaria che denotiamo (S, · ). Se per tale operazione vale la legge associativa ovvero a · (b · c) = (a · b) · c per ogni a, b, c ∈ S allora diciamo che (S, · ) `e un semigruppo Diciamo che un semigruppo `e commutativo se inoltre a·b=b·a per ogni a, b ∈ S. La cardinalit`a |S| si dice anche ordine del semigruppo. La notazione moltiplicativa a · b `e del tutto arbitraria; per semplicit`a, se non si rischia confusione, denoteremo spesso ab una generica operazione in un semigruppo. Omettiamo spesso il riferimento all’operazione binaria per semplificare la notazione. def

Ad esempio, sia X un insieme e sia X  = {f : X → X/f funzione}. La composizione di funzioni ◦ : X  × X  → X  (f, g) 7→ f g determina un semigruppo su X  . Non commutativo, in generale. D’altra parte, considerando in P(X) l’intersezione o l’unione si ottengono semigruppi commutativi (P(X), ∩) e (P(X), ∪). Infatti, per un reticolo (X, ≤) si ha che (X, ∧) e (X, ∨) sono semigruppi commutativi. Infine, (N, +) oppure (N, · ) sono semigruppi commutativi come abbiamo visto.

5 STRUTTURE

94

Cancellazione In un semigruppo un elemento x ∈ S si dice cancellabile a sinistra (risp. a destra) se xb = xc ⇒ b = c (risp. bx = cx ⇒ b = c) per ogni b, c ∈ S. Vale la legge di cancellazione in un semigruppo S se ogni elemento x ∈ S `e cancellabile a destra e a sinistra. Ad esempio, (N, +) soddisfa la legge di cancellazione. Monoide Un semigruppo (S, · ) si dice monoide se esiste un elemento 1 ∈ S tale che 1 · a = a · 1 = a per ogni a ∈ S. Se 1 esiste `e unico. Infatti, se e·a = a·e = a per ogni a ∈ S allora e·1 = e = 1. Se 1 ∈ S esiste viene detto elemento neutro del semigruppo (S, · ). Ad esempio, (N, +, 0) `e il paradigmatico monoide. Anche (X  , ◦, idX ) oppure (Z, · , 1) sono monoidi. Siano (T, ·T , 1T ) e (S, ·S , 1S ) monoidi. Un omomorfismo di monoidi `e una funzione f : T → S tale che f (1T ) = 1S e f (t ·T t0 ) = f (t) ·S f (t0 ) per t, t0 ∈ T . Osserviamo che per ogni s ∈ S la funzione def

f : N → S n 7→ sn = f (n) def

def

def

tale che 0 7→ s0 = 1, 1 7→ s1 = s, 2 7→ s2 = ss, etc. `e un omomorfismo di monoidi (verificare per esercizio!). Lemma 5.1 Sia (S, · , 1) un monoide. Per ogni s ∈ S esiste un’unico omomorfismo di monoidi f : N → S tale che f (1) = s. Se tale f `e iniettiva allora sn 6= 1 per ogni n ∈ N+ . Dimostrazione: Ogni omomorfismo di monoidi f : N → S `e tale che f (0) = 1 e f (n + 1) = f (n)f (1) per n ∈ N. Sia t : S → S la funzione x 7→ def t(x) = xf (1). Per ricorsivit`a 2.5 e 2.7 esiste un’unica funzione f : N → S tale che f (0) = 1 e f (n + 1) = t(f (n)) ovvero f (n + 1) = f (n)f (1). Quindi per ogni s ∈ S quello visto sopra `e l’unico omomorfismo di monoidi f : N → S

5 STRUTTURE

95

tale che f (1) = s. Se sn = 1 per qualche n ∈ N+ allora sn+m = sm per ogni m ∈ N e quindi f non `e iniettiva. Un elemento idempotente x ∈ S `e un elemento tale che x2 = x nel semigruppo (S, · ). Proposizione 5.2 Sia (S, · , 1) un monoide. Un elemento e ∈ S cancellabile a sinistra oppure a destra `e idempotente se e solo se e = 1. Dimostrazione: Si ha e · e = e · 1 ma anche e · e = 1 · e poich`e e idempotente. Siccome e `e cancellabile a sinistra o a destra si ha e = 1.

In un monoide che soddisfa la legge di cancellazione non vi sono idempotenti a parte l’elemento neutro. In un reticolo (X, ≤) con massimo 1 e minimo 0 si ha che (X, ∧, 1) e (X, ∨, 0) sono monoidi in cui ogni elemento `e idempotente. Gruppo Sia (S, · , 1) un monoide. Un elemento a ∈ S si dice invertibile se esiste def x ∈ S tale che x·a = a·x = 1. Se tale x esiste `e unico: x = a−1 si dice inverso di a. Infatti, x = 1x = (x0 a)x = x0 1 = x0 se anche x0 a = 1. Notare che se a, b ∈ S sono invertibili anche ab `e invertibile. Infatti, b−1 a−1 `e l’inverso. Si dice gruppo un monoide in cui tutti gli elementi sono invertibili. Si dice gruppo abeliano se `e inoltre commutativo. Ad esempio, (Z, +, 0) `e il paradigmatico gruppo abeliano. Dato un qualundef que monoide (S, · , 1) sia S ∗ = {s ∈ S | s invertibile} il sottoinsieme degli elementi invertibili. Allora (S ∗ , · , 1) `e un gruppo. Proposizione 5.3 Ogni gruppo soddisfa la legge di cancellazione.

5 STRUTTURE

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Dimostrazione: Se ab = ac in un gruppo allora b = 1b = a−1 (ab) = −1 a (ac) = 1c = c, quindi ogni a `e cancellabile a sinistra. Analogamente a destra.

Ad esempio, X  non `e un gruppo, in generale. Se ∗ ∈ X la funzione costante x 7→ ∗ non `e cancellabile a sinistra se |X| > 1. Viceversa, nel monoide (X  , ◦, idX ) ogni funzione iniettiva `e cancellabile a sinistra. Infatti, se f ∈ X  iniettiva allora esiste g ∈ X  tale che gf = idX (per 2.21). Dunque f h = f k implica che h = idX h = gf h = gf k = idX k = k per ogni h, k ∈ X  . Analogamente, ogni funzione surgettiva `e cancellabile a destra. Gli elementi invertibili del monoide (X  , ◦, idX ) sono le applicazioni bigettive. Sia def

SX = {f : X → X/f bigettiva} ⊂ X  Il gruppo (SX , ◦, idX ) `e il principale esempio di gruppo non commutativo ed `e detto gruppo simmetrico. Se |X| = n ∈ N `e un insieme finito allora SX `e finito si denota Sn ed `e non commutativo se n > 2. Teorema 5.4 Un monoide finito (S, · , 1) `e un gruppo se e solo se soddisfa la legge di cancellazione. def

Dimostrazione: Sia t : S → S la funzione t(x) = ax con a ∈ S fissato. Allora t `e iniettiva in quanto vale la legge di cancellazione quindi surgettiva poich`e S `e finito (per 2.23). Esiste x ∈ S tale che t(x) = 1 ovvero ax = 1. Analogamente considerando y 7→ ya si ha che esiste y ∈ S tale che ya = 1. Quindi x = y = a−1 in quanto y = y1 = y(ax) = (ya)x = 1x = x.

def

Ad esempio, (Zm , +, 0) `e un gruppo finito. Se Z6=0 = Z − {0} allora nel monoide abeliano (Z6=0 , ·, 1) vale la legge di cancellazione ma questo non `e 0 un gruppo: chiaramente (Q6=0 , ·, 1) `e un gruppo. Analogamente, (Z6= e p , ·, 1) ` un gruppo se p `e primo. Infatti, ax ≡p ay ⇒ x ≡p y se (a, p) = ±1 (per 4.12). Per un gruppo abeliano G `e spesso conveniente la notazione additiva anche se `e una pura convenzione linguistica non `e del tutto irrilevante da un punto di vista psicologico. Per un gruppo abeliano si assume dunque l’esistenza di una operazione + : G × G → G e un elemento 0 ∈ G tali che per ogni a, b, c ∈ G si ha:

5 STRUTTURE

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(a) a + (b + c) = (a + b) + c (associativit`a) (b) a + b = b + a (commutativit`a) (c) a + b = a + c ⇒ b = c (cancellazione) (d) a + 0 = a (elemento neutro) (e) −a + a = 0 (inverso) Inoltre si definisce per induzione: def

def

(f) Z × G → G (n, a) 7→ na 0a = 0, na = (n − 1)a + a se n ∈ N+ e def (−n)a = − na per −n ∈ N− tale che: (f.1) n(a + b) = na + nb (f.2) (n + m)a = na + ma (f.3) (nm)a = n(ma) (f.4) 1a = a per ogni a, b ∈ G e n, m ∈ Z come si vede facilmente (per induzione!). Notare che la (f.1) non vale se il gruppo non `e abeliano (perch`e!?). Utilizzeremo sia la notazione additiva che quella moltiplicativa per denotare un gruppo. Anello Si dice anello una terna (A, +, · ) ovvero un insieme A con due operazioni binarie + e · tali che: (a) (A, +, 0) `e un gruppo abeliano (b) (A, · ) `e un semigruppo ovvero vale la propriet`a associativa a · (b · c) = (a · b) · c e inoltre

5 STRUTTURE

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(c) valgono le propriet`a distributive a · (b + c) = (a · b) + (a · c) (a + b) · c = (a · c) + (b · c) per ogni a, b, c ∈ A. Inoltre, un anello (A, +, ·) si dice unitario se possiede l’identit`a moltiplicativa 1 ∈ A ovvero se (A, · , 1) `e un monoide e si dice commutativo se (A, · , 1) `e commutativo. Notare che dalla distributivit`a si ha che a · 0 = 0 · a = 0 per ogni a ∈ A. Quindi 1 = 0 in A se e solo A = {0} `e l’anello nullo. Inoltre, se 1 ∈ A allora 1 + (−1) = 0 e quindi a · (−1) = (−1) · a = −a per ogni a ∈ A. Ad esempio, (Z, +, ·) e (Zm , +, ·) sono anelli commutativi con identit`a. Notare che ogni gruppo abeliano (G, +, 0) si pu`o considerare come un anello in cui a · b = 0 per ogni a, b ∈ G. In particolare, la struttura di anello non `e unica come d’altra parte non `e unica la struttura di gruppo. Dato un anello A unitario possiamo considerare A∗ = {a ∈ A | a invertibile } ⊆ A def

il sottoinsieme degli elementi con inverso moltiplicativo. Si ha che (A∗ , · , 1) `e un gruppo. Ad esempio, come abbiamo visto nel Teorema 4.27, la funzione di Eulero φ(m) = |Z∗m | calcola esplicitamente il numero di elementi invertibili dell’anello finito (Zm , +, · ). Dominio def

Sia A un anello commutativo unitario e sia A6=0 = A \ {0}. L’anello A si dice dominio se (A6=0 , · , 1) `e un monoide che soddisfa la legge di cancellazione. In particolare, se a 6= 0 e b 6= 0 allora a · b 6= 0 in A. Al contrario, diciamo che un elemento a ∈ A6=0 di un anello qualunque `e uno zero-divisore se esiste b ∈ A6=0 tale che a · b = 0. In questo caso, a·b∈ / A6=0 e dunque A6=0 non `e chiuso rispetto al prodotto in A. Se l’anello non `e commutativo a `e detto zero-divisore sinistro e b zero-divisore destro.

5 STRUTTURE

99

Inoltre, siccome a · b = 0 = a · 0 ma b 6= 0 si ha che a non `e cancellabile a sinistra. Lemma 5.5 Sia A anello e a ∈ A. Se a 6= 0 non `e zero-divisore sinistro allora `e cancellabile a sinistra ovvero ab = ac ⇒ b = c per ogni b, c ∈ A. Analogamente a destra. Dimostrazione: Se ab = ac allora a(b − c) = 0 da cui b = c se a non `e zero-divisore sinistro.

Proposizione 5.6 Un anello commutativo unitario non nullo `e un dominio se e solo se non ha zero-divisori. Dimostrazione: Infatti, dal lemma segue che se A non ha zero-divisori allora (A6=0 , · , 1) `e un monoide che soddisfa la legge di cancellazione. Viceversa, ab = ac ovvero a(b − c) = 0 e se b 6= c si hanno zero-divisori.

Ad esempio, A = Z `e un dominio, mentre A = Zm ha zero-divisori se m non `e primo. Campo Un anello A si dice corpo se (A6=0 , · , 1) `e un gruppo. Si dice campo se tale gruppo `e commutativo. Ad esempio, A = Q, R, C sono campi ma anche Zp con p primo. Notare che il pi` u piccolo campo ha due elementi e quindi `e Z2 = {0, 1}. Inoltre, H `e un corpo. Chiaramente A `e un corpo se e solo se A∗ = A6=0 . Proposizione 5.7 Se A `e un campo allora `e un dominio.

5 STRUTTURE

100

Dimostrazione: Basta osservare che a ∈ A∗ invertibile non `e zero-divisore. Infatti, se ab = 0 allora a−1 ab = 0 e quindi b = 0.

Lemma 5.8 Se A `e un anello commutativo finito non nullo e senza zerodivisori allora A `e un campo. def

Dimostrazione: Sia a 6= 0 e sia f : A → A definita da f (x) = ax. Siccome a `e cancellabile si ha che f `e iniettiva quindi surgettiva poich`e A finito. Quindi esiste e ∈ A tale che ae = a. Dato b ∈ A esiste c ∈ A tale che ac = b ma anche ca = b poich`e A `e commutativo. Dunque cae = be ovvero b = be. In conclusione e = 1 `e l’identit`a moltiplicativa e f −1 (1) = a−1 `e l’inverso.

Corollario 5.9 Un anello finito `e un campo se e solo se `e un dominio. Ad esempio, A = Zp `e un dominio e quindi un campo se e solo se p `e primo. Anello ordinato Per l’anello Z e poi per i campi Q e R abbiamo considerato un ordinamento con le propriet`a elencate in 2.33 che abbiamo dedotto dall’esistenza di un sottoinsieme di elementi positivi (come in 2.36). Dato un anello A un sottoinsieme di elementi positivi A+ ⊂ A `e un sottoinsieme tale che: • a, b ∈ A+ ⇒ a + b ∈ A+ & a · b ∈ A+ • a ∈ A+ oppure −a ∈ A+ oppure a = 0 per ogni a, b ∈ A. Osserviamo che a2 ∈ A+ per ogni a 6= 0. Dunque, se A `e unitario allora 12 = 1 ∈ A+ e dunque −1 ∈ 6 A+ . Diciamo che A `e un anello ordinato se `e commutativo unitario non nullo e possiede un sottoinsieme A+ ⊂ A di elementi positivi. Un anello ordinato che `e un campo viene detto campo ordinato. Ad esempio, Q e R sono campi ordinati mentre in generale si ha: Proposizione 5.10 Se A `e un anello ordinato allora A `e un dominio ordinato.

5 STRUTTURE

101

Dimostrazione: Infatti, siano a, b ∈ A6=0 . Se a, b ∈ A+ allora ab ∈ A+ , se −a, −b ∈ A+ allora (−a)(−b) = ab ∈ A+ e se a ∈ A+ e −b ∈ A+ oppure −a ∈ A+ e b ∈ A+ allora −ab ∈ A+ e quindi ab 6= 0 in ogni caso.

Ponendo a < b se b − a ∈ A+ si ottiene per un anello ordinato A un ordinamento totale (A, ≤) con le stesse propriet`a che abbiamo elencato per Z in 2.33. Infatti, si vede facilmente per A anello ordinato, come abbiamo visto per Z nella dimostrazione di 2.33, che per a, b, c ∈ A si ha: • a < b oppure b < a oppure a = b • a max Y e dunque x ∈ Y ∗ \ Y . Sia F = {Y ∗ \ Y | Y ∈ X}. Consideriamo una funzione di scelta [ Y∗\Y f :F → Y ∈X

e sia f : X → X che associa Y 7→ f (Y ∗ \ Y ) il suo prolungamento. Sia X l’insieme di Y ⊆ X tali che (Y, ≤) `e ben ordinato. Si ha che X ⊆ X per ipotesi e sia f : X → X la restrizione di f . Sia Y ∈ X tale che per ogni y ∈ Y si ha y = f (∝ (y)): diciamo che un tale Y `e un f -insieme. Ad esempio, ∅ `e un f -insieme (dove ∅∗ = X). Sia def y0 = f (∅). Allora ∝ (y0 ) = ∅ in ({y0 }, ≤) e dunque ({y0 }, ≤) `e un f -insieme. Consideriamo in X l’ordinamento Y < Y 0 se Y `e un segmento iniziale di Y 0 . Dunque ∅ < Y e y0 ∈ Y per ogni f -insieme non vuoto Y . Infatti, se y = min Y allora ∝ (y) = ∅ e quindi y = f (∅) = y0 . Dati due f -insiemi Y e Y 0 si ha che Y ≤ Y 0 oppure Y 0 ≤ Y . Infatti, sia Z l’unione di tutti i segmenti iniziali V ≤ Y e V ≤ Y 0 . Se Y \ Z 6= ∅ sia z = min(Y \ Z). Se y ∈ Z allora z < y implica che z ∈ Z in quanto Z `e unione di segmenti iniziali. Quindi y < z per ogni y ∈ Z ovvero Z ⊆ ∝ (z) ma anche ∝ (z) ⊆ Z in quanto z `e il minimo di Y \ Z. In conclusione Z = ∝ (z) < Y . Analogamente

A APPENDICI

158

Z = ∝ (z 0 ) < Y 0 per z 0 = min(Y 0 \ Z). Siccome Y e Y 0 sono f -insiemi si ha z = f (∝ (z)) = f (Z) = f (∝ (z 0 )) = z 0 . Si ottiene dunque un f -insieme Z ∪ {z} tale che Z < Z ∪ {z} e pure Z ∪ {z} ≤ Y e Z ∪ {z} ≤ Y 0 ovvero Z ∪ {z} ⊆ Z che implica z ∈ Z: assurdo! Si deve quindi avere che Z = Y oppure Z = Y 0 ovvero Y ≤ Y 0 oppure Y 0 ≤ Y . Sia T l’unione di tutti gli f -insiemi Y ∈ X. Si ha che T `e un f -insieme. Infatti, T `e ben ordinato. Siccome y0 = min Y per ogni f -insieme non vuoto Y si ha che y0 = min T . Se S ⊂ T `e non vuoto allora S ∩ Y `e non vuoto per qualche f -insieme Y e sia y = min(S ∩ Y ). Se y 0 ∈ S tale che y 0 < y allora y 0 ∈ Y 0 per qualche f -insieme Y 0 ma come abbiamo visto Y 0 ≤ Y oppure Y ≤ Y 0 . Se Y 0 ≤ Y allora y 0 ∈ Y dunque y 0 ∈ S ∩ Y e y 0 < y contraddice la minimalit`a di y. Se Y < Y 0 allora Y `e un segmento iniziale di Y 0 e y 0 < y implica y 0 ∈ Y che nuovamente contraddice la minimalit`a di y. Siccome T `e totalmente ordinato (verificare per esercizio!) si ha dunque che y = min S. Inoltre se y ∈ T allora esiste Y tale che y ∈ Y e si ha y = f (∝ (y)). def

Sia t = f (T ). Siccome t = f (T ∗ \ T ) ∈ T ∗ \ T si ha che t 6∈ T e inoltre t0 < t per ogni t0 ∈ T . In conclusione, T ∪ {t} `e ben ordinato f (∝ (t)) = f (T ) = t e quindi T ∪ {t} `e un f -insieme tale che T < T ∪ {t} ma anche T ∪ {t} ⊆ T e quindi t ∈ T : assurdo!

Lemma A.2 (Buon ordinamento) Per ogni insieme X esiste un ordinamento (X, ≤) per il quale `e ben ordinato. Dimostrazione: Sia X un insieme. Sia O = {S ⊆ X | S ben ordinato} e consideriamo l’ordinamento S < S 0 se S `e un segmento iniziale di S 0 . Ogni catena C di (O, ≤) ha un estremo superiore: infatti sup C = ∪C ∈ O (verificare per esercizio!). Per il Lemma A.1 esiste un elemento massimale S ∈ O. Mostriamo che X = S. Se esiste x ∈ X tale che x 6∈ S allora S ∪ {x} `e ben ordinato con s < x per ogni s ∈ S. Dunque S `e un segmento iniziale di S ∪ {x} e quindi S < S ∪ {x} che `e assurdo per la massimalit`a di S.

Lemma A.3 Assioma della scelta ⇔ Lemma A.1 ⇔ Lemma A.2.

A APPENDICI

159

Dimostrazione: Infatti, abbiamo dimostrato il Lemma A.1 mediante l’assioma della scelta e il Lemma A.2 mediante il Lemma A.1. Basta vedere che il Lemma A.2 implica l’assioma della scelta. Sia F un insieme tale che ∅ 6∈ F. Sia U l’unione di tutti gli X per X ∈ F. Esiste un ordinamento (U, ≤) per il quale `e ben ordinato. Siccome X ⊆ U e X 6= ∅ allora esiste min X ∈ X. Associando X 7→ min X si ha una funzione di scelta f : F → U . Per il Lemma 2.17 si conclude.

A.2

Numeri ordinali

Un insieme ben ordinato (Ω, ≤) `e un numero ordinale se ∝ (x) = x per ogni x ∈ Ω. Notare che ∝ (x) = {y ∈ X | y < x} `e un sottoinsieme; per i numeri ordinali si ha quindi che ogni segmento iniziale `e anche un elemento. Inoltre, ogni elemento `e anche un segmento iniziale e quindi un sottoinsieme. Osserviamo infatti che ∝ (x) = x se e solo se y < x equivale a y ∈ x in Ω. Se Ω `e un ordinale anche Ω∪{Ω} `e un ordinale con l’ordinamento x < y se x ∈ y per x, y ∈ Ω ∪ {Ω}. Ad esempio, abbiamo quindi che 0, 1, . . . , N, N ∪ {N}, . . . sono tutti ordinali. Lemma A.4 Si ha che: • l’insieme vuoto `e un ordinale ed `e il minimo di ogni ordinale non vuoto; • ogni segmento iniziale di un ordinale `e un ordinale e ogni ordinale `e un segmento iniziale di qualche ordinale; • ogni elemento di un ordinale `e un ordinale e ogni ordinale `e un elemento di qualche ordinale; • ogni ordinale non `e elemento di s´e stesso. Dimostrazione: Abbiamo gi`a osservato che 0 = ∅ `e un ordinale. Sia Ω un ordinale non vuoto e sia a = min Ω. Si ha ∅ = ∝ (a) = a. Chiaramente ∝ (x) = x ∈ Ω `e un ordinale per ogni x ∈ Ω. Ogni ordinale Ω `e segmento iniziale e pure elemento dell’ordinale Ω ∪ {Ω}. Infine, Ω ∈ Ω implica che Ω = ∝ (Ω) e quindi Ω 6∈ Ω.

A APPENDICI

160

Lemma A.5 Se esiste f : Ω → Ω0 bigettiva monot`ona tra Ω e Ω0 ordinali allora Ω = Ω0 . Se inoltre Ω `e un ordinale finito allora Ω = n per qualche n ∈ N. Dimostrazione: Mostriamo che f (x) = x per ogni x ∈ Ω. Sia a = min{x ∈ Ω | x 6= f (x)}. Si ha che f (∝ (a)) = ∝ (a). Inoltre, f (∝ (a)) = ∝ (f (a)) in quanto f `e bigettiva monot`ona. Siccome ∝ (a) = a e ∝ (f (a)) = f (a) si ottiene f (a) = a che `e assurdo. Inoltre, se Ω `e finito allora esiste n → Ω bigettiva: basta dunque mostrare, per induzione su n, che esiste f : n → Ω bigettiva monot`ona per ogni n ∈ N. Per n = 0 si ha f = id0 . Se n ∪ {n} → Ω `e bigettiva, sia ω = max Ω (che esiste per 3.1); per ipotesi induttiva esiste f : n → Ω \ {ω} bigettiva monot`ona. Quindi si ottiene f + : n ∪ {n} → Ω def + ponendo f|n = f e f + (n) = ω che `e ovviamente bigettiva monot`ona.

Lemma A.6 Dati Ω e Ω0 ordinali si ha che Ω ∈ Ω0 oppure Ω0 ∈ Ω oppure Ω = Ω0 e un solo caso tra questi `e sempre vero. Dimostrazione: Se Ω = ∅ e Ω0 6= ∅ allora ∅ ∈ Ω0 e viceversa (per A.4). def Siano Ω ∪ {Ω} e Ω0 ∪ {Ω0 }. Sia S = (Ω ∪ {Ω}) ∩ (Ω0 ∪ {Ω0 }). Per induzione transfinita (Teorema 3.4) mostriamo che S = Ω ∪ {Ω} oppure S = Ω0 ∪ {Ω0 }. Si ha che S 6= ∅ in quanto ∅ ∈ S. Basta mostrare che S soddisfa l’ipotesi induttiva ∝ (x) ⊂ S ⇒ x ∈ S. Per ∝ (x) = x ∈ Ω ∪ {Ω} basta vedere che x ∈ Ω0 ∪ {Ω0 }. Se y ∈ x allora y ∈ Ω0 ∪ {Ω0 } e quindi y = Ω0 oppure y ∈ Ω0 . Se y = Ω0 si ha Ω0 ∈ x e quindi Ω0 ∈ Ω. Supponiamo che Ω0 6∈ Ω e quindi che y 6= Ω0 per ogni y ∈ x. Allora si ha che y ∈ x ⇒ y ∈ Ω0 e quindi x ∈ Ω0 . Per induzione transfinita si ha Ω ∪ {Ω} ⊆ Ω0 ∪ {Ω0 } e quindi Ω ∈ Ω0 oppure Ω = Ω0 .

Numeri cardinali Dati Ω e Ω0 ordinali da A.4, A.5 e A.6 segue che se Ω 6= Ω0 uno `e un segmento iniziale dell’altro ovvero che se nessuno dei due `e segmento iniziale dell’altro allora Ω = Ω0 . Inoltre, si ha che Ω ⊂ Ω0 oppure Ω0 ⊂ Ω oppure Ω = Ω0 . Ogni insieme di numeri ordinali `e totalmente ordinato. Infatti, `e anche ben

A APPENDICI

161

ordinato. def

Si vede (non facilmente!) che Ω = {Ω0 | |Ω0 | = |Ω|} costituito da tutti gli ordinali equipollenti a un dato ordinale Ω `e un insieme che `e quindi ben ordinato. Possiamo considerare il minimo di Ω. Si dice numero cardinale l’ordinale minimo di Ω. In altre parole, un ordinale `e un numero cardinale se `e un segmento iniziale di ogni altro ordinale equipollente. Notiamo che per A.5 gli ordinali finiti Ω sono numeri naturali n ∈ N e si ha che n = {n} per 2.13. Si denota ℵ0 il minimo di N. In effetti, ℵ0 = N come ordinale. Infatti, se Ω 6= N `e infinito allora N ∈ Ω in quanto se Ω fosse un segmento iniziale di N allora Ω sarebbe finito. def

Inoltre, se Ω `e un ordinale allora σ(Ω) = Ω ∪ {Ω} `e un ordinale tale che Ω ∈ σ(Ω). Si ha che Ω `e infinito se e solo se |σ(Ω)| = |Ω|. Si noti che N 6= σ(Ω) per ogni ordinale Ω. Un ordinale non nullo Θ si dice ordinale limite se non esiste nessun ordinale Ω tale che Θ = σ(Ω). Nessun ordinale finito `e un ordinale limite e quindi ℵ0 = N `e il primo ordinale limite. Fissato un insieme X possiamo, per A.2, renderlo un insieme (X, ≤) ben ordinato. Per l’insieme ben ordinato (X, ≤) se esiste `e unico l’ordinale Ω con ∼ una funzione bigettiva monot`ona f : X −→ Ω. Infatti, l’unicit`a segue da A.4. Se per`o consideriamo classi di equipollenza allora Ω non `e unico. Siccome per ogni insieme X esiste almeno un ordinale Ω tale che |X| = |Ω| possiamo definire la cardinalit`a di X come l’unico numero cardinale associato a Ω. Ad esempio, si vede che ℵ0 `e anche la cardinalit`a di Q in quanto |N| = |Z| = |Z × Z| = |Q|. Quindi N 2 = |P(N)| = |P(Q)| Inoltre, sfruttando che R ⊂ P(Q), un ben noto argomento (dovuto a Cantor) mostra che |R| = |P(N)| e in particolare che R non `e numerabile. Dunque, se ℵ `e la cardinalit`a di R, che `e anche la cardinalit`a di P(ℵ0 ), allora ℵ0 < ℵ. Sia def ℵ1 = ℵ0 ∪ ℵ0 il cardinale successivo a ℵ0 . L’ipotesi del continuo (di Cantor) `e che ℵ = ℵ1 .

A APPENDICI

A.3

162

Universi e insiemi ben fondati

Sebbene la teoria degli insiemi standard (di Zermelo-Fraenkel) fornisca un quadro logico minimale all’interno del quale poter sviluppare molte costruzioni insiemistiche comunemente utilizzate in matematica ci si trova a dover fronteggiare l’inconveniente (anche estetico) che tutti gli insiemi non sono un insieme. Al fine di ovviare a tale inconveniente si pu`o introdurre (mediante un assioma supplementare) un insieme abbastanza grande, fissato il quale, tutte le operazioni della teoria degli insiemi standard sono ammesse al suo interno. Un universo (di Grothendieck) `e un insieme U (non vuoto) tale che: • X∈U &x∈X ⇒x∈U • X, Y ∈ U ⇒ {X, Y } ∈ U • X ∈ U ⇒ P(X) ∈ U • se {Xi }i∈I `e una famiglia con Xi ∈ U e I ∈ U allora

[

Xi ∈ U

i∈I

Vediamo innanzitutto che da questi assiomi si deduce: Lemma A.7 Sia U un universo: (a) gli insiemi elementari appartengono a U (b) i sottoinsiemi, le unioni, le intersezioni, i complementari, i prodotti e le somme di elementi di U appartengono a U (c) U non appartiene a U (d) U `e apodittico. Dimostrazione: (a) In quanto ∅ ∈ P(X) per ogni X ∈ U si ha che ∅ ∈ U per ogni universo; dunque, il singoletto 1 = {∅} ∈ U e pure 2 = {∅, {∅}} ∈ U, etc. (b) Dato X ∈ U e Y ⊆ X ovvero Y ∈ P(X) e P(X) ∈ U dunque Y ∈ U. Sia {Xi }i∈I una famiglia con Xi ∈ U e I ∈ U per cui \ [ Xi ⊆ Xi ∈ U i∈I

i∈I

A APPENDICI e dunque

\

163

Xi ∈ U. Siccome 2 = {0, 1} ∈ U, in particolare, l’unione e

i∈I

l’intersezione di due elementi di U `e un elemento di U. Analogamente, se X ∈ U e Y `e un qualunque insieme si ha che X \ Y ∈ P(X) e quindi X \ Y ∈ U. Siano X, Y ∈ U, x ∈ X e y ∈ Y da cui x, y ∈ U quindi (x, y) = {{x}, {x, y}} ∈ U e dunque X × Y ∈ U in quanto X × Y `e unione degli insiemi {(x, y)}. Segue subito che X, Y ∈ U implica X ]Y ∈ U e inoltre Y X Xi ∈ U Xi ∈ U i∈I

i∈I

per ogni famiglia con Xi ∈ U e I ∈ U. (c) Supponiamo che U ∈ U. L’insieme A = {X ∈ U | X ∈ / X} `e un sottoinsieme di U dunque A ∈ U. Ma abbiamo visto che A 6∈ U e si ha dunque un assurdo! (d) Infatti, ∅ ∈ U per (a) e inoltre se X ∈ U allora {X} ∈ U e pure il successore X ∪ {X} ∈ U. Dunque U `e un insieme apodittico ovvero un insieme che verifica l’assioma dell’infinito.

Osserviamo che l’intersezione di universi `e un universo. In particolare, se X `e un insieme e se esiste un universo U tale che X ∈ U allora F = {U 0 ∈ P(U) | X ∈ U 0 & U 0 universo} `e un insieme (non vuoto) per l’assioma di specificazione e dunque esiste \ def UX = U0 U 0 ∈F

il pi` u piccolo universo a cui X appartiene. L’universo UX si dice generato da X. Ad esempio, si pu`o mostrare facilmente l’esistenza di U0 l’universo generato dall’insieme vuoto. Si ha che U0 `e l’insieme che oltre a ∅ ha come elementi tutti gli insiemi finiti che si ottengono a partire dall’insieme ∅ per iterazione di unioni, parti e formazione di coppie. Osserviamo che N ⊂ U0 , l’inclusione `e stretta in quanto i sottoinsiemi di numeri naturali non sono numeri naturali. L’assioma degli universi afferma che per ogni insieme X esiste un universo U tale che X ∈ U e quindi anche l’universo UX generato da X. Postulando

A APPENDICI

164

l’esistenza di universi, una volta scelto un universo U si ha che tutti gli insiemi appartenenti a U costituisce un insieme ovvero {X ∈ U | X insieme} `e un insieme. Se l’universo fissato non `e abbastanza grande si pu`o sempre ampliarlo richiedendo che contenga un qualunque cardinale assegnato.

Insiemi ben fondati I nostri assiomi come anche quest’ultimo assioma degli universi non escludono l’esistenza d’insiemi che sono elementi di s´e stessi. Nella pratica matematica non `e necessario escluderlo a priori ma un altro assioma affronta la questione dell’esistenza d’insiemi bizzarri alla radice. L’assioma di regolarit`a o anche detto di fondazione afferma che ogni insieme non vuoto X ha un elemento x ∈ X tale che X ∩ x = ∅. In questo modo, X = {x} tale che x ∈ x viene escluso dalla teoria degli insiemi. Inoltre, si vede facilmente che l’assioma di regolarit`a `e equivalente alla non esistenza di ∈-catene discendenti infinite ovvero · · · x2 ∈ x1 ∈ x0 per x0 , x1 , x2 , . . . una famiglia infinita d’insiemi. Dunque ogni ∈-catena discendente dovr`a terminare con ∅. Diciamo che un insieme x `e transitivo se y ∈ x e z ∈ y allora z ∈ x. Ogni ordinale costituisce un insieme transitivo. Ad esempio, N (per 2.1). Inoltre, ogni universo `e un insieme transitivo. Se x `e un qualunque insieme sia x0 = {x}, xn+1 = ∪xn e x∞ = ∪n xn per n ∈ N. Si ha che x∞ `e il pi` u piccolo insieme transitivo a cui x appartiene. Lemma A.8 Si ha che x ∈ x∞ e x∞ `e transitivo. Se x ∈ T con T transitivo allora x∞ ⊆ T e quindi \ x∞ = T x∈T

ovvero x∞ `e l’intersezione di tutti gli insiemi trasitivi a cui x appartiene. Se x `e transitivo allora x∞ = x ∪ {x} `e il successore. Dimostrazione: Se y ∈ x∞ allora y ∈ xn per qualche n ∈ N. Dunque z ∈ y implica z ∈ xn+1 e quindi z ∈ x∞ . Se T `e transitivo e x ∈ T allora x0 ⊆ T e se xn ⊆ T per la transitivit`a di T si ha che xn+1 ⊆ T . Dunque xn ⊆ T per

A APPENDICI

165

ogni n ∈ N e x∞ ⊆ T . Se x `e transitivo allora x ∪ {x} `e transitivo e quindi x∞ ⊆ x ∪ {x} e se x ∈ T con T transitivo allora x ∪ {x} ⊆ T .

Una funzione-rango per un insieme transitivo T `e una funzione r su T a valori ordinali tale che per ogni x ∈ T si ha r(x) = sup{r(y) | y ∈ x}. Lemma A.9 Se T1 e T2 sono transitivi, r1 e r2 sono funzioni-rango allora r1 = r2 su T1 ∩ T2 . Dimostrazione: Chiaramente T1 ∩ T2 `e transitivo. Sia ω il minimo ordinale per cui esiste x ∈ T1 ∩ T2 con r1 (x) = ω e r1 (x) 6= r2 (x). Se y ∈ x si ha r1 (y) < ω e quindi r1 (y) = r2 (y). Dunque r1 (x) = sup{r1 (y) | y ∈ x} = sup{r2 (y) | y ∈ x} = r2 (x). Assurdo!

Di conseguenza possiamo definire rk (x) il rango di x in T transitivo come r(x) per una qualunque funzione-rango r di T . Diciamo che un insieme x `e ben fondato se x appartiene a qualche insieme transitivo per cui esiste una funzione-rango. Come conseguenza dell’assioma di regolarit`a si ha che: Lemma A.10 Ogni insieme `e ben fondato. Dimostrazione: Se x non `e ben fondato, supponiamo x0 ∈ x non ben fondato e inoltre sia x00 ∈ x0 non ben fondato e quindi · · · x00 ∈ x0 ∈ x si ottiene una ∈-catena d’insiemi non ben fondati x, x0 , x00 , . . . ∈ x∞ . Per l’assioma di regolarit`a, esiste un insieme y ∈ x∞ che non `e ben fondato, tale che z ∈ y implica z ben fondato e quindi esiste una funzione-rango su z∞ . Si ha che [ y∞ = {y} ∪ z∞ z∈y def

Per ogni t ∈ ∪z∈y z∞ abbiamo rk (t) e ponendo r(y) = sup{rk (t)} otteniamo una funzione-rango su y∞ . Assurdo!

Mediante l’assioma di regolarit`a, per ogni insieme transitivo, ad esempio un universo U, abbiamo quindi la funzione-rango rk che misura il processo di aggregazione che a partire dal ∅ conduce alla formazione di U.

A APPENDICI

A.4

166

Categorie e funtori

Il concetto di insieme come concepito nell’ambito della teoria di ZermeloFraenkel `e sufficiente a costruire l’edificio in cui si articola la matematica moderna ma non `e necessario. Infatti, gli “oggetti” di indagine della matematica possono costituire indipendentemente un edificio a prescindere dalla teoria degli insiemi. Questo edificio si esprime attraverso il concetto di “categoria” che `e tanto essenziale quanto elementare. Attraverso questo concetto si spiega l’esistenza di una pluralit`a di sistemi assiomatici che coesistono come diverse “categorie degli insiemi”. Viceversa, mediante questo concetto, si possono trovare nuove teorie degli insiemi che corrispondono, ad esempio, a sistemi assiomatici costruttivisti ovvero che affermano la necessit`a di trovare o costruire un oggetto matematico per dimostrare la sua esistenza e che rifiutano le dimostrazioni per assurdo. Un altro vantaggio del concetto di “categoria” `e che esprime una sintesi delle strutture algebriche. Come il lettore attento forse avr`a gi`a capito leggendo gran parte di questo libro, la legge associativa non `e mai violata. Algebra `e fino a qui sinonimo di algebra associativa eventualmente non commutativa; abbiamo tralasciato interamente e volutamente il mondo non associativo. La ragione fondamentale per giustificare e comprendere questo fatto `e che esiste infatti un solo concetto elementare mediante il quale si esprimono tutti gli altri concetti fino a qui introdotti: questo `e ancora il concetto di “categoria” rivisto ora come “algebra della composizione”. Diciamo che una categoria C `e una collezione C0 di oggetti X, Y, . . . e una collezione C1 di morfismi f, g, . . . in modo che • per ogni morfismo f : X → Y si ha un oggetto dominio X e un oggetto codominio Y • per ogni oggetto X si ha un morfismo identit`a idX : X → X • per ogni coppia di morfismi f : X → Y e g : Y → Z con codominio di f uguale a dominio di g si ha un morfismo composto g ◦ f : X → Z tali che soddisfano le seguenti condizioni

A APPENDICI

167

• per morfismi g◦f

X

/Y

f

/

g

"

Z

h

=

/

T

h◦g

si ha h ◦ (g ◦ f ) = (h ◦ g) ◦ f ovvero vale la legge associativa per la composizione di morfismi e • in particolare f ◦idX

X

idX

/

X

f

/

"

Y

idY

/