Arrhetos Theos. L'ineffabilitá del 1. principio nel medio platonismo
 8846706145

Citation preview

0000000088411708140 ARRHETOS THEOS l'INEFFABILIU

9

1 1111 111111 111 11111 1111111 788846 7f36140

Filosofia 55

Arrhetos Theos L'INEFFABILITÀ DEL PRIMO PRINCIPIO NEL MEDIO PLATONISMO a cura

di

FRANCESCA CALABI

EDIZIONI ETS

www. edizioniets .com

Chi fotocopia un libro lo uccide lentamente. Priva l'autore e l'editore di un legittimo guadagno, che può essere compensato solo aumentando

il prezzo di vendita. Il libro, in quanto patrimonio di una memoria storica e di una cultura sempre viva, non può e non deve morire.

È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compr�a la fotocopia, anche ad uso imerno o didanico. Fotocopie per uso personale dd lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento aDa SlAE dd compenso previsto daU'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633.

Questo volume trae origine da un convegno organizzato dal Dipartimento di Filosofia dell'Università di Pavia tenutosi nel gennaio del2001 dal titolo: L'inconoscibilità del principio nel medio platonismo. Gli articoli costituiscono la rielaborazione delle relazioni e della discussione che ha avuto luogo in quella occasione.

Pubblicato con un contributo del MURST © Copyright 2002

EDIZIONI ETS Piazza Carrara, 16- 1 9, 1-56126 Pisa [email protected] www. edizioniets.com Distribuzione PDE, Via Tevere 54, I-50019 Sesto Fiorentino [Firenze] . ISBN 88-467-06 14-5

Arrhetos Theos L'ineffabilità del primo principio nel medio platonismo

Mario Vegetti

INTRODUZIONE

È con grande gratitudine e speciale soddisfazione che dò il benvenuto ai partecipanti a questo primo incontro pavese sulla filosofia medioplatonica, promosso da Francesca Calabi, titolare dell'insegnamento di Storia della filosofia tardo-antica di recen­ tissima istituzione presso il nostro Ateneo. L'ormai più che trentennale tradizione pavese di studi di storia del pensiero antico si è finora concentrata sui grandi au­ tori " classici", e in modo particolare su Platone ed Aristotele. L'opportunità, e vorrei dire la necessità, di ampliare l'orizzonte di questi studi fino a comprendervi altre epoche ed altri autori, non sono dettate soltanto dal pur significativo orientamento in questo senso che si è recentemente affermato nell'ambito delle ricerche storiografiche internazionali. C'è innanzitutto la con­ sapevolezza che la stessa comprensione del pensiero platonico - cui stiamo dedicando in questi anni un rilevante impegno di gruppo - non può prescindere dalle p rospettive esegetiche elaborate durante la secolare tradizione del platonismo antico: prospettive spesso parziali, teoreticamente pregiudicate, forte­ mente selettive, eppure in ogni caso necessarie alla compren­ sione di potenzialità latenti nei testi platonici, di aspetti costitu­ tivi della loro originaria polisemia filosofica, oppure anche, per contras t o , delle interpolazioni teoriche che l ' esegesi tradizionale vi ha sovrapposto condizionando così la successiva storia della loro ricezione e della loro interpretazione. Ne è una prova lo stesso tema di questo convegno: «l'ineffabilità del principio» è per molti aspetti uno sviluppo teorico diretto di quel problema del «buono» È1téxe:Lvcx ·dj ç oùcrLcxç del VI libro della Repubblica al quale abbiamo dedicato in questi anni un assiduo lavoro esegetico. Nello stesso solco si inserivano del

lO

Arrhetos Theos

resto le ricerche plutarchee di Franco Ferrari e quelle procliane di Michele Abbate. Più in generale, c'è inoltre l'esigenza di superare il canone dei " classici " , una sorta di letto di Procuste che la storiografia moderna. ha imposto al nostro approccio alla lettura del pensiero antico. Un superamento che va esperito in due sensi. Da un lato, nel senso dell'estensione cronologica degli studi, che affianchi a pieno titolo agli autori del quinto e del quarto secolo le grandi filosofie dell'ellenismo e dell'epoca imperiale, liberandole dalla tradizionale sottovalutazione classicista che le considerava alla stregua di episodi di decadenza. Dall'altro lato, nel senso di inte­ grare nella nostra comprensione dell'antico, a fianco del pensiero greco, quello ebraico e quello latino, che ne sono componenti es­ senziali , come ci ha indicato la grande lezione di Arnaldo Momigliano. Mi pare che l'impostazione di questo convegno rappresenti un primo ma significativo passo, in ordine a questa triplice esi­ genza, che viene compiuto nell'ambito dei nostri studi pavesi, e ad esso certamente altri ne seguiranno. È per questo che la mia gratitudine va a tutti coloro che hanno reso possibile l'incontro, e che contribuiranno al suo successo scientifico. Per concludere, mi sia consentito di formulare l'auspicio che gli studiosi del pensiero di epoca imperiale e tardo-antica non dimentichino - come talvolta accade - che esso non è fatto soltanto della grande "metafisica " platonica (e aristotelica), ma anche di un'altrettanto grande scienza, come quella di Tolomeo, di Galeno e dei matematici, e di rilevanti episodi di critica alla metafisica stessa, come lo scetticismo. Ma questo non fa che con­ fermare la ricchezza d'interesse della stagione di pensiero che og­ gi ci prepariamo a interrogare nel suo versante medioplatonico.

Mauro Bonazzi

EUDORO DI ALESSANDRIA E IL TIMEO DI PLATONE (A PROPOSITO DI SIMPL. IN PHYS., P. 1 8 1 , 7 -3 0 DIELS)

ot Sè: vuv -rwv &.v&pw7twv crocpot ev f.LÉ:V, o1twç tiv -ruxwcr�, x.(Xt 1toÀÀoc &oc-r-rov x.(Xt �p(XM-re:pov 1towum -rou Sé:ov-roç, fl.E'toc Sè: -rò ev &1te:�p(X e:ù&ùç, -roc Sè: fl.É:O'(X (Xù-roùç èx.cpe:uye:� Plat. Phil. 16e4-1 7 a3

l. L'epoca in cui Eudoro visse e operò 1 , il primo secolo avanti Cristo, costituisce uno snodo d'importanza fondamentale nello sviluppo della filosofia antica: la rinnovata circolazione de­ gli scritti esoterici di Aristotele, la rinascita di un autentico scet­ ticismo per opera di Enesidemo, la nuova diffusione di scritti pitagorici, la crescente attenzione per la filosofia di Platone so­ no solo alcune, anche se fondamentali, testimonianze degli spunti e delle polemiche che avrebbero radicalmente modificato il panorama filosofico del tempo. In generale, questo «rinnova­ mento della filosofia»2 si contraddistingue per due motivi partiNonostante il silenzio delle fonti, l'allusione di Strabone (64 a.C. - 19 d.C.) a Eudoro come a un pensato re del suo tempo (Geogr. XVII 790 fr. 13 MAZZARELLI: XC(&' i)fJ.iiç ) ha permesso agli studiosi moderni di ipotizzare con una certa plausibilità una data­ zione successiva alla metà del I sec. a.C., cfr. E. ZELLER, Die Philosophie der Griechen in ihrer geschichtlichen Entwicklung, Leipzig 19094, III.l, p. 633 nota 3 ; ]. GLUCKER, Antio­ chus and the Late Academy, Giittingen 1978, p. 122. Ulteriori conferme proverrebbero dal silenzio di Cicerone, di solito ben informato sulle vicende del platonismo a lui coevo (così ]. DILLON, The Middle Platonists. A Study o/ Platonism 80 b.C. to A.D. 220, London 1 9962 , p. 1 15 ) , e dalle citazioni del Hlosofo di corte di Ottaviano Augusto, Ario Didimo (ap. STOB. Anth. II 7, 2, p. 42, 7 WACHSMUTH fr. l M.; cfr. H. DORRIE, Der Platoniker Eudoros von Alexandreia, 79 ( 1 944), p. 26, ora in Io., Platonica Minora, Miin­ chen 1 976, p. 298). I frammenti e le testimonianze di Eudoro sono stati raccolti da C. MAZZARELLI, Raccolta e interpretazione delle testimonianze e dei frammenti del mediopla­ tonico Eudoro di Alessandria, 77 ( 1 985 ), pp. 197-209 (parte prima: testo e tradu­ zione delle testimonianze e dei frammenti sicuri) e pp. 535 -555 (parte seconda: testo e traduzione delle testimonianze non sicure). 2 O. G!GON, Die Erneuerung der Philosophie in der Zeit Ciceros, in Entretiens =

=

12

Arrhetos Theos

colari, per l'esigenza, sentita con intensità diversa da tutte le scuole, di un ritorno agli antichi maestri e per la centralità dei testi scritti. Non si tratta naturalmente di due problemi distinti: la crisi delle istituzioni (Academia e Liceo) che da secoli avevano mo­ nopolizzato l'insegnamento della filosofia e la conseguente af­ fermazione di centri alternativi capaci di proporre nuove inter­ pretazioni produsse in tutti l'esigenza di un ritorno alla dottrina degli antichi maestri fondatori, l'unica veramente autorevole e in grado di appianare ogni contesa. Le frequenti discussioni sul­ l'interpretazione degli antichi filosofi, se Platone fosse scettico o dogmatico3 , se Aristotele avesse copiato da Platone4 , se Platone dipendesse a sua volta da Pitagora5 , nascono non da interessi eruditi, ma dal clima polemico del tempo, dalla necessità di le­ gittimare le proprie scelte filosofiche. E questa legittimazione, in assenza di centri normativi e di tradizioni orali interne alle scuo­ le, doveva fondarsi su documenti scritti6 . Le diverse proposte di classificazione del corpus dei dialoghi platonici e dei trattati ari­ stotelici, lo sviluppo del genere del commentario e, laddove i te­ sti scritti manchino, la produzione di falsi testimoniano in modi diversi la crescente importanza del testo scritto nei dibattiti e nelle polemiche del tempo Di tutto questo, del contesto polemico, dell'esigenza di un sur l'antiquité classique III: Recherches sur la tradition platonicienne, Vanda:uvres-Genè­ ve 1 958, pp. 25-59; cfr. anche P.L. DONINI, Il ritorno agli antichi, in P. Rossi- C.A. VIA­ NO, Storia della /iloso/ia l. !;Antichità, Roma-Bari 1 993 , pp. 3 62-392. 3 Oltre al dibattito tra Filone di Larissa e Antioco di Ascalona, cfr. le polemi­ che dell'anonimo commentatore del Teeteto (LIV 3 8-LV 13 ), di Enesidemo, Menodoto e Sesto Empirico (SEXT. EMP. PH I 220-235) e di Diogene Laerzio (III 5 1 -52). 4 Cfr. ad es. ALC IN. Didasc. , p. 159, 34-35; PLUT. De an. procr. 1023e; ANON. In Theaet. LXVIII 7 - 1 5 . 5 Cfr. e.g. DIOG. LAERT. III 8-9; VIII 1 5 ; 54-55; 84-85; PLUT. Quaest. conv. 7 1 9a; AUL. GELL. III 1 7 , 1 -5 ; NuM. fr. 2 4, 7 3-79; APUL. Fior. XV 2 6 ; IAMBL. Vit. Pyth. 80; 1 99; AuG, Contr. A ca d. III 3 7 ; ID. De civ. Dei VIII 4; PROCL. In Tim. , I, p. l, 8-2, l; l, p. 7, 1 7 -8, 5 . 6 P. HADOT, Théologie, exégèse, révélation, Écriture dans la philosophie grecque, in M. TARDIEU (cur. ) , Les règles de l'interprétation, Paris 1 987 , p. 16 (ora in ID . , Études de philosophie ancienne, Paris 1 998, p. 30): «i'écrit cles fondateurs remplace I'institution scolaire qu'ils avaient crée>>.

Eudoro di Alessandria e il Timeo di Platone

13

ritorno alla verità degli antichi, della centralità dei testi scritti, occorre tenere conto nell'interpretazione delle scarse testimo­ nianze e citazioni riguardanti la filosofia di Eudoro: uno dei pas­ si più importanti per ricostruire il suo pensiero, una triplice ci­ tazione di Simplicio, si presenta infatti come un resoconto della dottrina dei principi dei Ou&�XyoptxoU. Come vedremo nell'a­ nalisi di questa fondamentale testimonianza, l'interesse per il pi­ tagorismo, per i suoi testi e per i suoi maestri, da parte di un fi­ losofo altrimenti impegnato nell'esegesi di dialoghi platonici8 , non riflette semplicemente gusti antiquari, ma risponde piutto­ sto all'intento di sostenere un'interpretazione orientata in senso dogmatico della verità di Platone. Ma prima di proseguire, è interessante osservare che questa tendenza a comporre in un unico insieme platonismo e pitagori­ smo trova riscontri nella filosofia del tempo anche da un punto di vista prettamente terminologico, con la continua oscillazione de­ gli aggettivi 'platonico' e 'pitagorico' , sia in riferimento a Platone9 sia in riferimento a filosofi imperiali 10 . Data l'importanza di que­ ste classificazioni, analoga attenzione dovrà essere prestata anche al caso di Eudoro, soprattutto laddove egli sembra distinguersi 7 SIMPL. In Phys. , p. 181 , 7 -3 0 Diels ( frr. 3 -5 M): cfr. l. 1 1 (cpa:riov -roùç Ou­ l}a:yop�xoùç ... Mye:�v ) , e I. 22 (-roùç n:e:pt -ròv nuaa:y6pa:v ). Questo ben si accorda an­ che con l'uso dell'aoristo a I. 1 7 : [ot Ouaa:yop�xot] ecpa:crocv . Per il testo nella sua inte­ =

rezza, si veda in/ra, p. 18. 8 Un interesse di Eudoro per il Timeo è testimoniato da Plutarco (De an. procr. 1012d- 1013b fr. 6 M; ib. 1020c fr. 8 M); tra i moderni si vedano in particolare ]. WHIITAKER, Ammonius on the Delphic E, «CQ>> 63 ( 1969 ), pp. 185 - 192 (ora in ID., Stu­ dies in Platonism and Patristic Thought, London 1984 , V) e M. BALTES, Die Welten­ stehung des Platonischen Timaios nach den antzken Interpreten, l, Leiden 1 97 6, pp. 84 -85 . 9 Cfr ad es. i passi citati alla nota 5 . 10 l casi più illustri rimangono quelli di Filone di Alessandria e di Numenio di Apamea: a proposito del primo, cfr. ad es. CLEM. Strom. I 3 1 ; I 7 2, 4 ; I 1 5 3, 2; II 1 00,3 con il commento di D. TH. RUNIA, Why does Clement o/ Alexandria ca/l Philo «the Pythagorean»?, >. L'ultima parte de) testo solleva alcuni problemi interpretativi, in particolare )a frase ocpxoct lifJ.cpW h 011't'Cl 1t&.ì-.�v: nella traduzione seguo M. BALTES, Der Platonismus in der Antike, IV, Stuttgart-Bad Cannstatt 1 996, p. 474. 2 2 Eudoro ha una spiccata tendenza a utilizzare gli avverbi; a proposito del su­ perlativo, cfr. L. NAPOLITANO VALDITARA, Il p!atonirmo di Eudoro, cit., p. 31 nota 42. I rinvii alle linee si riferiscono all'edizione Diel s.

20

Arrhetos Theos

cruo"t'Otx_Lcxt (il termine è usato da Simplicio, l. 9) impedisce ai due principi del secondo livello di valere realmente come prin­ cipi universali (!J.'rJOÈ: el v eu 't'Ò cruvoÀov 't'OCU't'ocç 't'ocç &.px_cic; , l. 1 5 , cfr. anche 11. 16- 1 7 ) ; piuttosto si dovrà parlare di elementi supremi· ('t'oc &.vw't'cX't'w cr't'mx_doc , l. 23 ) 23 . Così configurata, la dottrina di Eudoro non manca di par­ ticolari originali: pretendendo di mostrare l'antica dottrina pi­ tagorica, Eudoro espone una teoria che con il pitagorismo sto­ rico ha poco da spartire e che risente piuttosto dell 'insegna­ mento antico-academico, in particolare della dottrina dei due principi, dell'Uno e della Diade indefinita24 . Questo coincide con la ricostruzione degli studiosi moderni, secondo cui nel corso del IV sec. a.C. il pitagorismo venne progressivamente assimilato all'interno dell' Academia: considerandosi eredi del­ l'insegnamento di Pitagora, i principali filosofi dell'Academia, Platone, Speusippo, Senocrate e i loro discepoli reinterpretaro­ no infatti l'antico materiale concordemente alle proprie esigen­ ze, provvedendo a un totale stravolgimento dell'originaria filo­ sofia pitagorica25 . Questa 'reinterpretazione' si sarebbe sostitui­ ta alla realtà storica, mentre tutto quanto non rientrava in que­ sta alleanza sarebbe sopravvissuto soltanto marginalmente, co­ me residuo dossografico. Anche nel caso di Eudoro, l'attribu­ zione ai Ouaocyoptx.oL di dottrine eminentemente academiche quali la collocazione della coppia di principi Uno-Diade a capo della realtà, la denominazione del secondo membro di questa coppia come 'Diade indefinita' 26 , l'approfondimento sistematico 2 3 Si noti di nuovo l'uso dell'avverbio, allo stesso modo di Il. 1 0 -ll (cfr. supra, nota 22), dove però si riferiva al primo livello; per cr't'o�xe:'ì:oc cfr. anche Il. 20, 24, 2 7 ; Simplicio usa cipxoct Se:unpoc� Koct cr't'o�xwdSw;,l. 8. 24 Le testimonianze antiche sulle cosiddette 'dottrine non scritte' di Platone so­ no state raccolte da K. GAISER, Testimonia platonica, Stuttgart 196 8 ; e M. ISNARDI PA­ RENTE, Testimonia platonica. Per una raccolta dei principali passi sulla tradizione indiretta riguardante iÀe:y6fLe:Voc ciypoccpoc SOyfLOC't'oc; I-11, . 62 Cfr. supra, nota 30. 6 3 Arrestando il processo di scomposizione ai triangoli, pseudo-Timeo afferma che &.pxo:L delle cose che vengono generate, i corpi, sono la materia (à. uÀo:) in qualità di sostrato (imoxdiJ.EVov ) e la forma (-rò d8oc;) come essenza (Myoc; !J.Op>, 1 9 ( 1 969) pp. 1 85-92 e F. FERRARI, Dio, idee e materia. La struttura del cosmo in Plutarco di Cheronea, Napoli 1 995 , pp. 52-57 .

82

Arrhetos Theos

nel II secolo d.C. emerge la struttura di una gerarchizzazione del piano divino in tre distinti momenti: il vertice della scala ge­ rarchica è occupato dal «primo dio», cioè dal «primo intelletto» che è anche «primo essere»; esso si colloca sullo stesso piano del modello intelligibile con il quale, però, non può dirsi identico, dal momento che in realtà ne è la causa. Il «secondo dio» corri­ sponde alla divinità demiurgica del Timeo, ed è chiamato a svol­ gere funzioni cosmico-provvidenziali. Il «terzo dio», infine, è il cosmo stesso, che anche nel Timeo era stato definito «dio sensi­ bile», copia e immagine di quello intelligibile, cioè del «vivente in sè» (92 C ) . Uno dei passi platonici che è stato all'origine delle inter­ pretazioni gerarchizzanti 1 2 della metafisica del Timeo afferma che «è un'impresa trovare l'artefice e il padre di questo cosmo, e una volta trovatolo è impossibile indicarlo a tutti» ( Tim. 28 C ) . I l diverso tipo d i interpretazione che Numenio e Plutarco forni­ scono di quest'affermazione costituisce un'ottima cartina di tor­ nasole per valutare il loro rispettivo atteggiamento nei confronti del tema della gerarchia del divino. Numenio intende il passo platonico alla luce della sua di­ stinzione tra un «primo dio», trascendente e separato, e un «secondo dio», caricato di funzioni demiurgico-cosmologiche. Secondo Proda, Numenio avrebbe dunque ammesso tre divi­ nità: la prima veniva definita «padre» (m:x."t'� p ) , la seconda «ar­ tefice» (7tO�'YJ"t'* ) , e la terza «prodotto» (7toL'Y) !J.Il). Sempre se­ condo Proda, un simile sistema avrebbe determinato l' ammis­ sione di due demiurgi, corrispondenti rispettivamente al p rimo e al secondo dio, e vn prodotto, vale a dire il «terzo dio», che si identifica poi con il cosmo 1 3 • Il primo demiurgo, identico al «primo intelletto» e al «primo essere», rappresenta il «demiurgo 1 2 Ma soprattutto all'origine delle teorie dell'ineffabilità del principio: cfr., per esempio, Cic. ND I, 3 0 : patrem huius mundi nominari neget posse. Sulla questione cfr. J. WHIITAKER, APPHTO:E KAI AKATOMA:ETO:E, in: H.D. BLUME F. MANN (Hrgb. ) , Platoni­ smus und Christentum, Festschrift fiir H. Dorrie, Miinster 1 983 , pp. 3 03 - 3 06. 1 3 Procl. In Tim. I 3 03 ,2 7 sgg. Diehl ( Numen. fr. 21 Des Places). La m igliore discussione relativa all a gerarchia divina di Numenio si trova in M. BALTES, Numenios von Apamea und der Platonische Timaios, ora in: ID., .1tANOHMATA. Kleine Schrz/ten zu Platon und zum Platonismus, Stuttgart-Leipzig 1 999 , pp. 1 - 32 , spec. 1 9 -2 2 . ·

=

La trascendenza razionale: il principio secondo Plutarco

83

dell 'essere» (o ·djç oùcrL(Xç Ò1) f1.toupy6ç ) , in quanto genera il mondo delle idee (fr. 1 6) attraverso l'atto del pensiero. Il secon­ do demiurgo è quello della generazione e si identifica in tutto e per tutto con il dio del Timeo. Come quest'ultimo esso «è buo­ no», partecipa cioè dell'idea del bene, dalla quale, dunque, è antologicamente inferiore. Identico al bene della Repubblica ri­ sulta, invece, il «primo dio», che del bene platonico conserva anche la funzione causale nei confronti del mondo intelligibile (frr. 1 6- 1 7 - 1 9-20-2 1 ed. Des Places) . Anche Plutarco affronta l'esegesi del passo del Timeo rela­ tivo all'artefice e al padre del mondo; gli esiti di questa interpre­ tazione provano al di là di ogni dubbio quanto estraneo gli fosse ogni intento di costruire una gerarchia del divino. Nella II quae­ stio platonica egli si propone di spiegare per quale ragione Pla­ tone ha definito > V, Fondation Hardt) , Vandceuvres-Genève 1 960, pp. 10- 1 ; NUMÉNIUS, Fragments, texte établi et traduit par É. des Places, Paris 197 3 , p. 1 7 -9. Successivamente Dodds ha precisato, e in parte modificato, la sua posizione, non escludendo affatto la possibilità di un «two-way traffie>> (cfr. E.R. DODDS, New Light, cit. , p. 2 7 1 = H. LEWY, op. dt. , p. 700).

Arrhetos Theos

1 08

Lewy rimarca invece le differenze dottrinarie tra gli Oracoli e il filosofo di Apamea, e preferisce spiegare le somiglianze presup­ ponendo l'esistenza di una comune fonte medioplatonica2 0 . Lungo una linea analoga si muove Hadot2 1 , che ridimensiona al­ cune affinità (la teoria dei due Intelletti, per es. , non è propria del solo Numenio, ma ampiamente diffusa nel I e nel II sec. d.C.) e sottolinea alcuni contrasti: per gli Oracoli la materia è generata dal Padre (7tcx-rpoyev�ç UÀl) , cfr. PSELLO, Hypotyp. , 27, p. 2 0 1 des Places), mentre Numenio - nel fr. 52 - rimprovera ad alcuni Pitagorici di far derivare la materia da Dio (ex dea silva) . Nel medesimo frammento, inoltre, Numenio rifiuta l a derivazio­ ne della diade dalla monade, cosa che sembra invece prevista nel fr. 12 degli Oracoli: « . . . è una monade estesa e genera due»22 La Majercik2 3 , infine, dopo aver sinteticamente delineato lo sta­ tus quaestionis, avanza l'ipotesi che Numenio sia posteriore ed abbia tratto solo selettivamente dagli Oracoli. Lo testimoniereb­ bero ulteriori discrepanze sulle quali l'autrice richiama l' atten­ zione: il dualismo numeniano, imperniato sulla malvagità dell'a­ nima mundi, che si oppone alla concezione monistica, di un uni­ verso integralmente generato dal Padre, propugnata dagli Ora­ coli; e l'assenza in Numenio di tracce della complessa dottrina delle emanazioni caldaiche. La stessa dottrina del primo principio - che qui particolar­ mente interessa - non si presta ad interpretazioni sicure. Gli Oracoli alternano infatti descrizioni positive della sua natura e delle sue funzioni a dichiarazioni che ne proclamano invece l'as­ soluta trascendenza e inconoscibilità. Oscillano cioè tra atteg­ giamenti, per usare formule tradizionali, di 'teologia negativa' e 2° Cfr. H. LEWY, op. cit. , pp. 320· 1 . È simile l'opinione di John Dillon: «Perhaps a third possibility should not be excluded, that both the Oracles and Numenius are in­ fluenced by the same currents of thought, Pythagorean, Gnostic and Hermetic, which constitute what one may term the 'underworld' of Platonism in this period>> (J. DILLON, The Middle Platonists. A Study o/Platonism 80 B. C. to A.D. 220, London 1 977, p. 3 64 ). 2 1 Cfr. P. H A DOT , Bi/an et perspectives, cit., pp. 707-9. 22 "tO'.VO'."ÌJ fLOvcic; Ècrnv li.O'.L Mo yc.vvq.. Per il significato qui di "tO'.VO'.oc; , , XXII-XXVII ( 1 982 -7) pp. 2 1 1 -79; XXVIII ( 1 988) pp. 203 -79; XIX­ XXX ( 1 989-90) pp. 97- 1 86; XXXI-XXXII ( 1 99 1 -2 ) pp. 3 -72. Con quest'ultimo numero è stata completata la prima parte, quella cioè relativa al pensiero greco. La sezione dedica­ ta agli Oracoli caldaici si trova nel vol. XXVIII ( 1 988) pp. 203 -7. 35 PROCL. in Crat. 59, 1 -3 Pasquali. Il Dio , ovvero «tra­ scendente in modo unico>> (> o . 3 9 L'origine della via oppositionis (xOt-r' &.v-rlSe:aLv ) è nel Parmenide di Platone (cfr. 137c sgg.); per il suo impiego da parte dei neoplatonici, cfr. P. HADOT, Porphyre et Victorinus, cit., p. 282 n. 5 . 40 Si veda ora il comm. a d loc. in R . MAJERCIK, op. cit. , p. 2 1 8 .

Motivi di teologia negativa negli Oracoli caldaici

1 13

negativa è per Lilla il carattere dell'infinita potenza4 1 . Ora, se anche può essere vero che ciò che per sua propria natura è infi­ nito, illimitato o indeterminato sfugge alla conoscenza o alla de­ finizione42 , lo stesso non deve necessariamente valere per l'infi­ nità relativa alla potenza43 ; benché qui vada riconosciuto che si tratta, a quanto pare, di un potere eccezionale, che in qualche modo eccede i caratteri e le modalità operative della normale causalità efficiente. Perplessità di altra natura suscita il trattamento da parte di Lilla dei frr. 3 e 4, e di altri (36, 3 7 , 3 9 , 49) ad essi collegati. Nel­ le frasi «il Padre ha sottratto se stesso, senza neppure includere nella sua potenza intellettiva il proprio fuoco» (fr. 3 ) e «la Po­ tenza è infatti con lui, l'Intelletto invece da lui» (fr. 4 ) , Lilla rav­ visa infatti un altro motivo attinente alla teologia negativa, quel­ lo della «superiorità del primo principio rispetto all'intelligenza metafisica»44 . C'è però da dire che l'Intelletto del fr. 4 è il se­ condo Intelletto, quello demiurgico, e che dunque la superiorità del Padre rispetto ad esso - oltre ad essere scontata - non impli­ ca anteriorità «rispetto all'intelligenza metafisica». Questa po­ trebbe riguardare il Padre nei confronti del proprio Intelletto, ma i dati in nostro possesso, come abbiamo visto, non consento­ no una conclusione sicura in questo senso. Ha invece perfettamente ragione Lilla a sottolineare l'im­ portanza del fr. 1 9 1 , già ricordato, con cui è senz'altro chiamato 4 1 Cfr. S. L I LL A, art. cit. ,

XXII-XXVII

( 1 982-7) p. 2 13 num. 18, e

XXVIII

( 1 988)

p. 207.

4 2 Accogliendo questa tesi tradizionale del pensiero greco, i neoplatonici sosten­ nero che l'Uno non si sottomette alla conoscenza per il fatto di essere indeterminato e in­ finito: 7trLV [n l ycìp lìlj TÒ &7t��pov OCÀlJ7tTOV Ècrn xoct ocyvwcr-rov (PROCL. theol. plat. I I l, 5 . 16- 17 Saffrey-Westerink; cfr. n. 3 ad loc. in PROCLUS,Théologie p!atonicienne. Livre II , texte établi et traduit par H.D. Saffrey et L. G. Westerink, Paris 1 974, p. 79; nonché PRO­ CL. elem. theol. 1 1 , 12. 26-27 e la nota ad loc. in PROCLUS,The Elements o/ Theology, text with transl., introd. and comm. by E.R. Dodds, Oxford 1 96Y, p. 1 98). 43 Se così fosse, dovrebbe essere oggetto di teologia negativa anche il motore im­ mobile di Aristotele, a cui lo stesso Lilla fa riferimento: cfr. S. L I LLA, art. cit. , XXI I-XXVII ( 1 982-7) pp. 227 (con rinvio ad ARISTOT. metaph. XII 7 , 1 073a 7 - 1 1 ) e 279 (con rinvio ad ALEX . APHROD. in metaph. 700, 3 - 8 ). 4 4 Cfr. S. L I LL A, art. cit. , XXII-XXVII ( 1 982-7) p. 2 1 3 n u m . 2 3 , e XXVIII ( 1 988) p. 207 .

1 14

Arrhetos Theos

in causa il tema dell'ineffabilità45 . La presenza di questo motivo negli Oracoli caldaici è attes tata anche altrove : nel fr. 7 7 &cp&e:yx•m sono i voleri del Padre, nel fr. 132 l'iniziato è bru­ scamente invitato ad attenersi al silenzio, e in una sua testimo­ nianza Psello riferisce: XocÀSocì:ot. ev cpoccrt.v 't'Ò 7tpw't'ov ocht.Ov , o s� xocl &:cp&e:yx't'O't'OC't'OV ÀÉyoucrt.v4 6 . Più che indicare paralleli coevi del motivo dell 'ineffabilità4 7 , è utile soffermarci breve­ mente sulla storia del termine &cp&e:yx•oç , che ha un esordio fi­ losofico illustre, giacché è impiegato da Platone nel So/ista (238c 10, 23 8e 5 e 239a 5 ; comunemente espunta l'occorrenza in 24 1 a 5) per descrivere uno dei caratteri del non-essere. Dopo di ciò, il termine scompare dal lessico filosofico pagano fino a Porfirio, che lo usa una volta nel de philos. ex oraculis 138, 1 1 ; per divenire poi nettamente più frequente, come provano le sei attestazioni in Giamblico (in un caso dell'avverbio) , le quattor­ dici in Proclo (due volte dell'avverbio) e le due in Damascio48 . Pare del tutto plausibile che la tardiva fortuna di &cp&e:yx•oç sia dovuta alla fortuna - rammentata all'inizio - degli Oracoli cal­ daici presso i neoplatonici posteriori a Plotino. Il fr. l è, per estensione e contenuto, il più rilevante ai fini della nostra indagine, e tutti gli interpreti4 9 hanno ravvisato in 45 Cfr. S. LIL LA , art. cit. , XXII-XXVII ( 1 982-7) p. 2 1 3 num . 1 7 , e XXVlll ( 1 988) pp.

2 06 - 7 ; cfr. anche supra, p. 109 e n. 25.

46 Cfr. ] . BIDEZ, Cataloque des manuscrits alchimiques grec, VI, Bruxelles 1 928, p. 163 , 9 ; ma per i dubbi sulla possibilità che il Padre caldaico fosse chiamato 'Uno', cfr. supra, n. 26. 47 Per i quali, cfr. ad es. R. M AJ ERC IK, op. cit. , p. 2 1 1 nel comm. al fr. 1 9 1 . In generale, sembra che il termine maggiormente impiegato in qu �sto periodo in contesti di teologia negativa sia ocppl]'t'O>, si vedano i rinvii in R. MAJERCIK, op. cit. , p. 138 e il saggio di CH. Gu�RARD, L'hy­ parxis de l' Ame et la Fleur de l'lntellect dans la mystagogie de Proclus, in Proclus. Lecteur et interprète des anciens. Actes du colloque international du CNRS, Paris (2-4 octobre 1 985 ) , publiés par J. Pépin et H.D. Saffrey, Paris 1 987 , pp. 335-49. Cfr. anche la nota successiva. 56 Cfr. soprattutto R. MAJERCIK, op. cit. , pp. 4 1 -5 . 57 Secondo un 'intuizione variamente attestata nei neoplatonici, conforme nei suoi presupposti alla dottrina caldaica del (7tpooc�wvLOv ) che lo lega all'Uno (cfr. PROCL. theol.plat. I 1 1 , 5 1 . 4 - 1 1 Saffrey-Westerink; PORPH. hist. philos. 1 8 , 1 5 . 1 ·3 Nauck), o d i Giamblico sullo &v > proseguendo con l'asserire che