Angeli e diavoli

In tempi di "demitizzazione" in cui angeli buoni e cattivi vengono interpretati come simboli, questo libro cer

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Angeli e diavoli

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BAS VAN IERSEL- ANTOON R. BASTIAENSEN JOHN QUINLAN - PIET SCHOONENBERG

ANGELI E DIAVOLI Editoriale di ANTONIO BoNORA

Seconda edizione

� 60

QUERINIANA

Titolo originale Engelen en duivels © 1968 Uitgeverij Paul Brand, Hilversum © 1972, 198o/ by Editrice Queriniana, Brescia via Piam·ana, 6 - 25187 Brescia ISBN 88-399-0560-X Traduzione dali'olandese di NADINE PENNINGTON DE JONGH Stampato dalla Tipolitografia Queriniana, Brescia

ANTONIO BONORA

Editoriale

*

ANToNio BoNoRA

È nato nel1939 a Mantova ed è stato ordinato nel 1963. Ha compiuto i suoi studi nell'Università Gregoriana (Roma) e al Pontificio Istituto Biblico (Roma). Insegna ese­ gesi biblica nel seminario vescovile di Mantova e nella fa­ coltà teologica di Milano. Ha curato l'edizione italiana del Grande commentario biblico, Queriniana 197Y e è diretto­ re di Rivista biblica.

x/ Il problema ermeneutico Uno dei compiti più gravi che s'impone oggi all'esegesi e alla teologia è la soluzione del problema ermeneutico, ap­ plicato ai testi biblici e ai documenti del magistero conside­ rati nella loro contingenza di radicamento storico-culturale e come enunciazioni di perenne validità noetica. È ovvio in­ fatti che sia le affermazioni bibliche sia le dichiarazioni del magistero ecclesiastico, nella loro formulazione, sono legate a un determinato linguaggio, ambiente, mentalità, cultura, religiosità ecc. E in forza della intrinseca connessione tra forma e contenuto del linguaggio, esse risultano in qualche modo 'relativizzate'. Tale è la problematica, a mio avviso, che soggiace a que­ sto ardito tentativo di reinterpretazione della dottrina su angeli e demoni. Anzi, direi che tale argomento può servire da test per misurare l'adeguatezza, l'affinamento e i limiti degli studi attuali circa l'elaborazione e l'applicazione di un'ermeneutica biblica e teologica a livello critico-scientifico. Forse qualche lettore, incuriosito dal titolo e attratto da firme olandesi in calce a un argomento che nelle recenti po­ lemiche ha interessato perfino la grande stampa, potrà essere tentato di correre troppo affrettatamente alla ricerca delle conclusioni. Il libro vuoi essere piuttosto una 'messa in 9

questione' di una dottrina, accettata come scontata in modo irriflesso, in ·vista di una verifica metodologica di nuovi stru­ menti di ricerca. Tra questi segnaliamo innanzitutto l'ap­ plicazione del metodo critico-storico, cioè l'assunzione del criterio della storicità permanente ed essenziale del pensiero umano. Da questo punto di vista, penso si possa parlare di un tentativo di 'demitizzazione' che mira a cogliere il senso reale e la realtà intesa dagli enunciati biblici ed ecclesia­ stici. Ciò costituisce il pregio, la validità e lo scopo preci­ flUO degli studi qui raccolti, nei quali si è voluto dare uno sguardo panoramico al pensiero biblico e patristico e offri­ re un quadro delle diverse opinioni teologiche. Questo libro costituisce perciò un tentativo antologico di sintesi teologica e di informazione sull'attuale stato del problema dell'esistenza e della funzione di angeli e demoni. Il carat­ tere divulgativo di alcuni studi spiega anche certi limiti della trattazione qui presentata.

2 / Il problema biblico Gli autori dei saggi qui raccolti giungono alla conclusio­ ne che l'inchiesta esegetica non è oggi in grado di appro­ dare a soluzioni apodittiche. Anch'io ritengo che, dal pun­ to di vista strettamente esegetico, siamo ancora lontani dall'aver determinato, con chiarezza e in modo esaustivo, criteri certi di discernimento, risolutivi di ogni caso, tra le verità immutabili della rivelazione e le concezioni con­ tingenti storico-culturali che le esprimono avviluppandole, per cosi dire, in un linguaggio di un certo ambiente e di una certa epoca storica. Questo è un problema oggi viva­ mente dibattuto e non ancora concluso. Un eminente ese­ geta, Rudolf Schnackenburg, scrive in proposito: «Per parte mia, non arrischio a decidere se lo stato attuale delle "!Uestioni ermeneutiche relative agli agganci storici della xo

l A. Bonora, Editoriale

rivelazione non permetta di 'mettere in questione' idee sulla fede solidamente installate e apparentemente eviden­ ti, quale l'esistenza di spiriti personali cattivi».1 Vorrei aggiungere alcune brevi osservazioni: a) Il metodo seguito da B. van lersel, cioè la scelta di due pericopi-campione, non giustifica che conclusioni par­ ziali. Tanto più che, come dice lo stesso autore, si tratta dei due racconti evangelici più problematici.

b) È vero che certi testi del Nuovo Testamento, come osserva Schoonenberg (cf. 95 ss.), parlano dell'opera reden­ trice di Cristo senza nominare Satana, ma tale silenzio non prova che negli altri testi Satana debba essere interpretato come puro simbolo.

c) Per mentalità simbolica intendiamo quel modo di comprendere, giudicare e parlare nel quale si procede più secondo le leggi dell'immaginazione e dell'affettività che non secondo la logica elaborata dai greci e diffusasi con la cultura ellenistica. Ora, l'esegesi biblica ha il compito di illustrare l'intelligibilità delle figure rappresentative bibli­ che, criticando intelligentemente tutti gli elementi figura­ tivi per giungere alla realtà intesa. Nella trasposizione della apprensione simbolica nelle categorie dell'apprensione lo­ gica «SÌ deve ricercare con attenzione che cosa gli agio­ grafi in realtà abbiano inteso significare» (Dei verbum, 1 2 ). Ma c'è un intelligibile che risulta dai dati stessi e uno che procede dalla pre-comprensione, mentalità, tendenze, sim· patie dello stesso esegeta. C'è da chiedersi allora se nelh nostra odierna mentalità scientifica non si celi un'inconsa· pevole e quasi istintiva ripulsa aprioristica verso il mondc angelico e demoniaco e se tale resistenza non rischi di pre l R. ScHNACKENBURG e

A.,

Le Christ devant nous, Paris 1968, 64 II

giudicare anche l'indagine biblica. Un esempio tipico in proposito mi pare essere la celebre frase di Bultmann: «Non si può usare la luce elettrica e la radio, servirsi di moderni strumenti medici e clinici nei casi di malattia, e credere poi al mondo degli spiriti e dei miracoli del Nuovo Testamento�.2 d) Di conseguenza va tenuto presente che la Bibbia de­ ve essere letta con e nella chiesa. Per questo avrei deside­ rato che fosse dato più ampio spazio allo studio della tra· dizione patristica e liturgica. e) Nella Bibbia gli angeli appaiono quasi sempre ed esclusivamente nel quadro della storia della salvezza e al suo servizio, cioè nella loro azione e soprattutto nella loro cooperazione alla salvezza. Come ministri historiae salutis sono strettamente connessi al messaggio salvifìco biblico, cioè la loro esistenza e funzione è annunciata come verità salutare (cf. Dei verbum, I I ).

3/ Un problema aperto? Dal punto di vista filosofico, penso che la vita umana e il male che è nell'uomo e nel mondo non postulino neces­ sariamente l'esistenza del mondo invisibile di angeli e de­ moni quali esseri personali. Ma la risposta va cercata, in ultima analisi, nel modo in cui la chiesa, mossa dallo Spirito, ha inteso questa dot­ trina. Ora, benché essa appaia evidentemente un dato o presupposto biblico, è possibile che nessun concilio ecu­ menico abbia definito l'esistenza di anaeli e demoni, ma ciò non basta per dire ch'essa non appartiene alla fede della chiesa. 2 R. BuLTMANN, Knygma und Mytos, I, z8. 12

l A. Bonora, Bditorillle

Quanto agli interventi del magistero, noterei quanto se­ gue. Avrei innanzitutto desiderato che si prendesse in esa­ me anche quanto è detto alla fine della Professio fidei Waldensibus praescripta: «Diabolum non per conditionem, sed per arbitrium (la sottolineatura è nostra) malum esse factum credimus» (Dz. 427, DS 797 ). Solo un essere persona­ le possiede un arbitrium, cioè una volontà buona o cattiva. Non è inoltre da trascurare il fatto che nella 'Profes­ sione di fede' pronunciata da Paolo VI il 30 giugno 1968, non si parli una sola volta di Satana, ma si accenni agli angeli quando si afferma che le anime dei beati sono «as­ sociate con i santi angeli al governo divino esercitato da Cristo ...». Infine, la commissione teologica incaricata di esaminare il catechismo olandese, dichiarò in proposito: «Tutti o quasi i teologi considerano l'esistenza degli angeli una ve­ rità rivelata o almeno prossima alla fede». È significativo che si faccia appello all'opinione dei teologi e non a un preciso pronunciamento del magistero. In conclusione: si può parlare, nel nostro caso, di un 'problema -aperto'? Gli argomenti addotti negli studi qui raccolti non mi sembrano sufficientemente probanti per dirimere la questione. La depersonalizzazione e la messa in questione dell'esistenza di angeli e demoni mi pare una avventura teologica, che deve essere proposta solo come ipotesi di lavoro per esegeti e teologi. Credo invece che la predicazione cristiana debba purificarsi di tante creden­ ze popolari e immaginazioni puerili che rendono poco serio e poco credibile il messaggio su angeli e dem6ni, e pre­ sentarE in funzione dell'opera salvifica compiuta da Gesù Cristo. Per la teologia, una via da percorrere nella tratta­ zione di questo tema è quella della considerazione· della totalità e della profonda unità di tutto il disegno divino della creazione e della redenzione: in questo quadro uni­ tario totale anche angeli e demoni acquistano il loro vero 13

e autentico significato e non appaiono come elementi estra· nei, superflui, o come superfetazioni mitologiche. Si può dire di questo libro: un'opera è valida non solo nella misura in cui risolve i problemi, ma in quanto su­ scita interrogativi, imposta le questioni, invita seriamente a riflettere.

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l A. Bonora, Editoriale

BAS VAN IERSEL

Gesù, diavolo e demoni Note su Mt. 4,1-II e Mc. :;:,x-2,0

I Per quanto modesto possa essere l'apporto che l'esegeta biblico è in grado di fornire circa l'interrogativo riguar­ dante il diavolo e i demoni, egli si troverà comunque di fronte varie possibilità, fra cui dover scegliere . Potrebbe, per es., ricercare dove e quando diavolo e demoni entrino a far parte della tradizione religiosa dell'antico Israele, per quanto ne parlino la sacra Scrittura, od altri documenti scritti, e studiare le circostanze che ne motivarono l'espres­ sione in :_::>arole. Volendo invece limitarsi ai libri del Nuo­ vo Testamento, incontrerà, perfino in questo determinato settore, possibilità maggiori di quanto riuscirebbe ad af­ frontare in limiti ragionevoli. Potrebbe provarsi a dare una definizione sintetica della demonologia del Nuovo Te­ stamento, o limitarsi ai dati che Paolo, o un altro degli autori, forniscono a questo proposito. Se invece decide come abbiamo fatto noi - di riferirsi soltanto agli evan­ geli, nella sua ricerca, gli verrà offerta anche qui, la pos­ sibilità di una veduta generale dell'intera demonologia, o una parte di essa, come ad es. la funzione del diavolo e dei demoni nella visione d i Marco sugli avvenimenti della salvezza. Cosa oltremodo interessante. Tuttavia, quando l'intero materiale dd testo viene esaminato in maniera ana-

litica, una simile sintesi può avvalersi unicamente della fondatezza scientifica. È dunque preferibile esaminare sol­ tanto alcuni testi. Esame possibile e giustificato perché gli evangeli non scaturirono semplicemente dalla mente degli ilutori di cui portano il nome, ma ebbero antecedenti di lunga durata, in cui gran parte del materiale dei testi sus­ sisteva indipendentemente dal resto in forma di brevi pe­ ricopi. Anche qui, però, si presenta un'abbondanza di pos­ sibilità fra cui bisogna scegliere. Si potrebbero trattare, ad es., alcuni frammenti di testi, presentati quali sentenze di Gesù, per ricercare se diavolo e demoni, abbiano signi­ ficato qualcosa per lui, e, in caso affermativo, quale posto abbiano avuto nel suo messaggio. Nondimeno, la scelta finale è motivata dal fatto che attualmente le parole di Gesù ci appaiono assai meno problematiche di quanto gli evangeli ci narrano di lui. Di questi racconti sono stati scelti i due più problematici al riguardo, cioè quello della sua tentazione nel deserto in Mt. 4,1-rr e l'altro della cac­ ciata dei demoni nel paese dei geraseni in Mc. 5 ,1-20. Benché le due pericopi non abbiano il minimo rapporto tra loro e siano state stabilite da ipotesi discordanti ed in ambienti totalmente diversi, possono però vehir conside­ rate sotto un unico comune denominatore. Sono infatti lt: due pericopi dove diavolo e demoni vengono messi in scena nel modo più tangibile e - più di qualunque altro testo - rappresentati quali esseri che conducono vita indipen­ dente e non possono essere identificati con il male che è nell'uomo e le sventure del suo mondo. In Mt. 4,1-1 r, sembra che sia il diavolo in carne ed ossa a voler indurre Gesù all'infedeltà, mentre in Mc. _5,1-20, una legione di demoni viene mandata in un branco di porci ed apparen­ temente perde la vita insieme a tutte queste bestie. Il co­ mune lettore della Bibbia si accontenterà di punti di vista semplicisti. Se pensa in maniera fondamentalista, sarà pro­ penso a credere che i fatti comprovino l'esistenza obietti-

18 J B. van lersel, Gesù, diavolo, demoni

va del diavolo e dei demoni. Se invece professa opmroni progressiste, la parola 'mitologia' gli salirà ben presto alle labbra. L'interpretazione scientificamente responsabile ri­ chiede, però, che si proceda con maggiore cautela, lascian­ do prima parlare il testo, sullo sfondo dal quale ha tratto la propria origine.

II In Mt. 4,1-11 si racconta come Gesù, dopo aver digiu­ nato quaranta giorni nel deserto, venga messo alla prova dal diavolo. L'effettiva tentazione e la resistenza di Gesù sono narrate in tre momenti del discorso. Prima di stu­ diare l'origine del .racconto, è necessario dedicare qualche parola al carattere tradizionale della forma. Per quanto concerne il contenuto, 'lella predicazione pa­ renetica la tentazione di Gesù ha .:ertamente avuto una parte importante, come risulta da Ebr. 2 , 1 8 e 4,15. Anche la predìcazione catechetica ha parlato di situazioni di ten­ tazione, come appare nel materiale della tradizione, ela­ borato negli evangeli sinottici ed in Giovanni. Cosi Mc. 14,38 par. e Le. 22,40 chiamano la lotta di Gesù nel Get­ semani un 'ltELPCXCTJ.L6ç. Pure il tentativo di Pietro, di trat­ tenere Gesù sul suo cammino di sofferenza e di morte (Mc. 8,32-33 par.) è considerata una tentazione, anche se qui non si usa la parola 'ltELpli!;Ew. Pietro stesso è respinto con le parole um:tyE i!m(crw, che con tutta probabilità, ri­ salgono effettivamente a Gesù stesso e dalle quali appare ch'egli vede come un Satana colui che vorrebbe trattenerlo dal seguire il cammino, indicatogli da Dio. Anche quando nella catechesi si parla degli avversari di Gesù ed in parti­ colar modo quando gli chiedono un segno per compro­ vare la sua messianicità, il loro comportamento viene desi­ gnato come 'ltELpa1;Ew (Mc. 8,11 par.; 10,2 par.; 12,15 19

par.; Mt. 22,3,; Le. 10,2,; 11,16). Che Gesù sia tentato di legittimare la sua missione con 'segni', è tradizionale; che queste tentazioni provengano da 'Satana', è ugualmen­ te amme sso nella tradizione cristiana. Sono tradizioni an­ che altri dati, come il rinnovarsi del miracolo della man­ na, per opera del Messia - per cui un'abbondanza di cibo è disponibile nel tempo messianico - la combinazione di quaranta giorni, o quaranta anni, con il deserto, il digiuno. La forma della tradizione sinottica, ed anche il resto della tradizione del Nuovo Testamento, è invece assoluta­ mente unica. Il racconto, come ora si trova, non è classi­ ficabile in nessuno dei 'generi letterari' storici, conosciuti, per lo meno a prima vista. Con questo l'interrogativo circa l'origine e l'intenzione del racconto non è nemmeno sfiorato. Eppure, è di essen­ ziale importanza. Al centro di questo interrogativo vi è sempre stata la questione se si trattasse, o non si trattasse, qui, di una riproduzione di fatti cosl accaduti. A questo scopo, l'argomentazione ha potuto facilmente servirsi di inverosimiglianze del racconto stesso, come il trasportare Gesù sul 'pinnacolo del Tempio' e sopra 'un monte altis­ simo', dove Satana gli avrebbe mostrato tutti i regni del mondo ed altre cose del genere. Effettivamente, e soprat­ tutto nella letteratura conservatrice, si è acuita la domanda, interessante una questione molto secondaria, e cioè, se si trattava, qui, di un avvenimento reale e perciò di una espe­ rienza, non visionaria, di Gesù. Anche l'ultima pubblica­ zione, quella di J. Dupont 1 nella Revue biblique del gen­ naio 1966, giunge, in fondo, a quest'ultima interpretazione. Purtroppo, egli respinge il punto di vista da me preceden­ temente sostenuto/ senza averlo completamente capito, 1 J. DuPONT, L'origine du récit des tentations de Jésus au dé­ scrt, in Revue Biblique, 73 (x 966 ), 3o-76; bibliografia aggiornata. 2 B. VAN lERSEL, }ezus bekoord, in Het Heìlìg Land, n.s. 14 :zo

l B. van lersel, Gesù, diavolo, demoni

probabilmente a causa di difficoltà della lingua.3 Non vedo perciò, nella sua critica, alcun motivo per modificare la mia opinione, tanto più che lo studio di B. Gerhardsson, The Testing of God 's Son,4 apparso soltanto parzialmente, assicura che la direzione adottata è quella giusta. In questo caso, il problema dell'origine del racconto è anche quello della provenienza della narrazione. Si tratti, perciò, di un fatto veramente accaduto, che si è svolto co­ me qui narrato, o di un'esperienza, non visionaria di Gesù stesso, in ambedue i casi soltanto Gesù può esserne stato la fonte. Ciò implica che abbia dovuto parlarne. La costatazione, particolarmente ovvia, richiama però alcune considerazioni, per cui risulta improbabile il fatto, che quanto narrato in Mt. 4,1-20 si riporti ad una comu­ nicazione di Gesù stesso: È davvero poco attendibile che nella tradizione cristiana una simile comunicazione abbia perduto completamente il carattere di l6gion, vale a dire sentenza di Gesù. Dobbiamo ammettere, per più di una ragione, che il tramandare dei l6gia abbia avuto carattere più conservatore del tramandare i brani narrati. Mentre gli ultimi traggono origine nella comunità - soltanto più tardi, l'accaduto venne espresso con parole -, le cose dette da Gesù sono già atte, come tali, a passare nella tradizione. Ciò spiega perché, nel tramandare i l6gia e nella tradizione dei racconti, ci troviamo di fronte a 'bi­ nari' distinti, aventi ognuno la propria determinata legge. Nella tradizione sinottica, infatti, non è indicabile alcun testo narrativo, che possa essere identificato con una cer­ ta sicurezza, come rielaborazione secondaria di un sog-

(1961), 6.5-72, ristampa nell'opuscolo: De Biibel r-ver mensen in Bekooring, Roermond 1962, 42-67. l J. DuPONT, op. cit., n-54· 4 B. GERHARDSSON, The Testing o/ God's Son, Lund 1 966. Per quanto mi risulta i capitoli .5 e 6 della sua opera DOD sono cora usciti. 21

an­

getto ongtnariamente tramandato quale l6gion. Che anche ·qui il suddetto caso non si verifichi, viene assicurato, in seconda istanza, dal fatto che in Mt. 4,1-20, non si trova -effettivamente alcuna comunicazione di Gesù, avente con­ sistenza sufficiente per servire da ossatura ad un racconto, che intorno ad essa, prendesse vita. Al v. 4 e v. 7 la ri­ sposta di Gesù consiste unicamente in una citazione della Scrittura introdotta da yÉyptX1t"ttX�. La terza risposta, v. 10, oltre i due sunnominati elementi, comprende soltanto le parole V'lttXyE O"tX"ttXVéi, che nella tradizione sono già usate in relazione a Pietro ( Mc. 8,33) e che B. Gerhardsson sti­ ma si possano consi.derare come formula sicura, consueta negli esorcismi e simili.5 Non si tratta dunque di asserire che Gesù non abbia 'potuto' esprimersi con parole della Scrittura. J. Dupont mi rimprovera di aver trascurato que­ sta possibilità 6 ma è questo, per l'appunto, che dimostra come egli non abbia capito la mia argomentazione. La questione di cui si tratta è un'altrà e cioè, se nel testo del­ l'Antico Testamento, citato da Gesù, la tradizione cri­ stiana trovi un materiale, che essa custodisce nella pr()o pria tradizione come comunicazione di Gesù. La cosa si potrebbe contestare a priori. Ma traspare inoltre dai fatti, perché simile citazione non viene mai presentata per se stessa, come un l6gion. In base a questi dati, credo dun­ que di poter affermare che non è giusto postulare una comunicazione di Gesù quale base e punto di partenza di Mt. 4,1-I I. Ciò implica ugualmente che la pericope non deve essere considerata una 'narrazione storica' [ Geschichts­ erzdhlung] e che R. Bultmann l'attribuisce, a ragione, alla comunità cristiana.7 S B. GERHARDSSON, op. cit., 69. 6 ] . DuPONT, op. ci t., 53 ·54· 7 R. BuLTMANN, Die Geschichte der Synoptischen Tradition, Got­

tingen 1 958\ 270-275.

22 l B. van lersel, Gesù, diavolo, demoni

È naturale che, per conseguenza, si acuisca l'interroga­ tivo sul come questa pericope abbia potuto formarsi. Il fatto che le risposte di Gesù sono testi dell'Antico Te­ stamento potrà aiutarci a raggiungere un giudizio esatto. Ciò significa, in tutti i casi, che secondo l'autore di questi brani, esiste uno stretto rapporto tra la situazione delle tentazioni di Gesù e l'Antico Testamento e forse anche con gli stessi testi citati, cioè Deut. 6,1 3 . 1 6 e 8,Jb. È ne­ cessario esaminare più da vicino, nel loro contesto, i testi relativi. Appare allora che né Deut. 6,I 3 né 6,I6 spiega il nostro testo, ma che Deut. 8,3b fa parte di un testo dove si trovano numerosi elementi, che giocano un ruolo importante anche in Mt. 4,I-11: quaranta (v. 4), nel de­ serto (v. 2), (fatto) provar la fame (v. 3 ), Dio vi ha con­ dotto nel deserto per mettervi alla prova (v. 2), Dio vi corregge come un uomo corregge il suo figlio (v. 5). Non solo in elementi disparati, ma anche nella situazione ri­ chiamata da Mt. 4,1-1 1 , vediamo un rapporto con Deut.

8,2

ss.

Come Paolo in I Cor. IO paragona l'esistenza cristiana a quella di Israele nel deserto ed esorta i cristiani a rima­ nere fermi quando verrà la tentazione, cosl in Mt. 4,1I I Gesù viene identificato con Israele, come accade anche iri Mt. 2,15. Allo stesso modo che in I Cor. IO, Paolo costruisce la sua dimostrazione come una specie di mi­ drash sul tema dell'esodo e del soggiorno nel deserto, do­ po il passaggio attraverso il mar Rosso, cosl anche Mt. 4,1-I2 appare soprattutto come un midrash cristiano di Deut. 8,2 e seguenti 8 dove i dati, sulla tentazione di Ge­ sù, che figurano in altri luoghi dellà tradizione, sono in parte adattati, come vmxyE crcx:tcx:véi, il miracolo messia­ nico della manna, il segno nel cielo. 8 Il volume dell'opera di B. GERHAKDSSON finora pubblicato in­ dica chiaramente la stessa direzione.

.ZJ

Se questo è esatto, anche l'ambiente da cui la perico­ pe ha tratto origine potrà essere ulteriormente preci­ sato. Essa allora proviene senza dubbio, dalla cerchia de­ gli ebrei convertiti al cristianesimo e più precisamente, con probabilità da quella dei cristiani esperti nell'adat­ tamento del procedimento midrashico, come per esem­ pio gli ex rabbini o dottori della legge. La funzione del midrash può essere stata duplice. In primo luogo, dob­ biamo pensare alla predicazione parenetica, che vuole in­ coraggiare i cristiani, quando vengono a trovarsi in situa­ zioni difficili e specialmente quando si sentono perso­ nalmente tentati ( cf. Ebr. 4 , 1 4- 1 6 ; 2 , 1 7 ; Giac. 4,7). Può, inoltre, esercitare una funzione anche nella catechesi cri­ stologica, dove, fra l'altro, si trattava di collocare la sofferenza e la morte di Gesù nell'insieme delle correnti aspettative messianiche. Qui si indica la via opposta, quella del chiaro segno messianico, quale via satanica e le si contrappone la via dell'obbedienza di Gesù. In tutti i casi può essere affermato con sufficiente pro­ babilità, che Mt. 4,r-r r non può essere considerato come un resoconto di avvenimenti tratti dalla vita di Gesù. Sulla base di questo testo, non è comunque possibile di­ re che gli avvenimenti della vita di Gesù ci presentino il diavolo quale obiettiva realtà. A questo si oppone il fatto che la comunità cristiana, dove questi testi si ven­ nero formando , considerava senz'altro il diavolo un'obiet­ tiva realtà ; non avrebbe altrimenti potuto raffigurarlo co­ me è stato fatto in questo scritto.

III I n Mc. 5,1-20 incontriamo una seconda pericope, che sembra avere particolare importanza per il nostro argo­ mento. Qui non si raffigura in modo corporeo 'Satana', 24

l B. van Iersel, Gesù, diavolo, demoni

bensl gli •spiriti immondi' e i 'demoni'. L'uomo, di cui narra la storia, pare trovarsi in balia di un'abominevole massa di demoni, che dopo la loro cacciata s'imposses· sano di un branco di porci, nei quali periscono, affo­ gando. Il racconto appare per lo meno strano al lettore contemporaneo e lo pone innanzi a numerosi interrogativi. Sarebbe però avventato addentrarci in simili questioni, senza aver prima tentato di formarci un giudizio sull'ori­ gine del racconto narrato nel testo. Come sempre av­ viene, anche in questo caso essa è ricostruibile soltanto in base alle particolarità letterarie del testo, cosl come l'abbiamo davanti agli occhi. Le opinioni, a questo pro­ posito, sono disparate e percorrono tutta la scala delle possibilità. Ph. Carrington,9 per es., è dell'opinione che il racconto sia perfectly realistic and perfectly comprehensible [per­ fettamente realistico e perfettamente comprensibile], men­ tre E. Hirsch 10 considera questa pericope uno dei brani di Marco peggio strutturati. L'ultima opinione sembra es ­ sere più vicina alla verità della prima, date le varie enu­ merazioni di contraddizioni e di disuguaglianze, redatte da E. Hirsch,11 E. Haenchen 12 e C. H. Cave;13 le disugua· glianze letterarie più importanti si possono descrivere co­ me segue: 1. Esiste una notevole tensione fra il v. 2 e il v. 6, che raccontano ambedue come l'uomo di cui si tratta, si sia avvicinato a Gesù, ma con descrizioni che si contrad­ dicono.

CARRINGTON, According to Mark, Cambridge 196, nS-119. E. HIRSOf, Friihgeschichte des Evangeliums, parte I, Tubin· gen 19,12, 3'· Il E. HIRSCH, op. cit., 3'-36. 12 E . HAENCHEN, Der Weg ]esu, Berlin 1966, 191·191. Il C. H. CAvE, The obedience of unclean spirits, in New Testa­ 9 PH. IO

meni Studies, 11 (1964-196,), 94-9,.

2 . I vv. 3·5 non sono soltanto sovraccarichi, ma di­ cono anche due volte la stessa cosa con espressioni quasi uguali ( ouodc; Hìvva."tO !X.U"tÒV OijO"!X.L OÒOEtc; LO"XUEV !X.U"tb'\1 •

Sa.J..UlO"!X.L ).

3· Il v.

8 zoppica dietro quello precedente.

4· La descrizione introduttiva del v. 2, dove si parla di un uomo Èv 'ltVEV!J.!X."tL d:xa.M.p"t!�, si adatta male al fatto che il racconto tratta appunto di qualcuno tormen­ tato da una leg ione di demoni. A questa ed altre ten­ sioni, presenti nel racconto, l'abbondanza dei dettagli pro­ duce un'impressione confusa. In base appunto a questa sconcertante quantità di dettagli, le opinioni sull'origine della storia possono essere disparate. Da un lato è pen­ sabile che il racconto odierno, nel corso della sua tradi­ zione storica, sia andato trasformandosi dalla storia mira­ colosa di Mc. 1,23-26, in un insieme novellistico che si discosta molto dai fatti eventuali. C. H. Cave, per es., reputa che i vv. 3-5,9·IO,II-r4a siano stati inseriti in un secondo tempo.14 J. Jeremias limita l'inserimento ai vv. 12-13 15 e vari altri autori al v. 8. V . Taylor/6 C. Cran­ fìeld 17 e Ph. Carrington 18 sostengono invece la tesi che la confusa narrazione non sia un rifacimento secondario di una tradizione originariamente più succinta, ma che non abbia ancora raggiunto la struttura stereotipata di una storia miracolosa, standardizzata come quella di Mc. 1 ,2314 C. H. CAVE, op. cit., 95-97. 15 ]. _TEREMIAS, ]esu Verheissung fiir die Volker, Stuttgart 1956, 26-27, nota 99· 16 V. TAYLOR, The Gospel according to St. Mark, London 19,7,

277·278. 17 C. E. B. CRANFIELD, The Gospel accordiflg to St. Mark, Cam­ bridge 1959, 175. 18 PH. CARRINGTON, op. cit. p. II8-II9. 26 l B. va n Ierse!, Gesù, diavolo, demoni

26. Secondo loro, rispecchia una fase tradizionale molto più antica e porta ancora tutte le caratteristiche di una testimonianza oculare, alquanto esaltata e sconnessa. In questo ultimo caso dovrebbe dunque avvicinarsi mag­ giormente ai fatti. I relativi autori hanno però accordato poca attenzione ad una particolarità del racconto, vale a dire ai numerosi doppioni di cui si arricchisce. Questi sono più numerosi di quanto, per es., abbia osservato W. Grundmann e so­ no presenti in quasi tutto il racconto. Meritano menzione 1 seguenti: I. L'incontro fra Gesù e l'indemoniato, v1ene narrate due volte, cioè al v. 2 e al v. 6.

2 Al v. 2 si dice che l'uomo veniva dai sepolcri. Al v. 3 si ripete, ancora una volta, che aveva nei sepolcri la sua dimora. 3. Vien detto due volte, in termini quasi identici, che nessuno aveva forza di domarlo ovSEÌ.ç Civ"'ò" SCI!J.aCTCIL (v. 4).

4· I demoni indirizzano, due volte, la richiesta a Gesù e qui sorprendenti similitudini si uniscono, per formula­ zione ed espressioni di suono, con differenze ugualmente sorprendenti relative al contenuto XCIL 1tClpExciÀ.EL CIV"tÒV ( ... ) LVCI 1-LTJ Clv"tà. ci1tocr"'d).TJ it!;w "tfjç xwpCiç (v. IO) e: X ClL 1tClpExci).ECTClV ClÙ"tÒV ( ) 1tÉ!J.\jJOV 1'J!-Lcit; E� 'tOVt; v I 2 ) xoCpouc; LV (l ( ( . ). .











5· Anche i vv. 15-16 sembrano una specie di dop­ pione della fine del v. I4: XCIL i'j).ì)ov T]SEi:v "tL ÉCT"tL\1 "tÒ yEyov6ç (V. I4) e: XClL fpXOV"tClL... e XClL ìlEWpOVCTLV ... 1tWt; ÈyÉVELO (vv. 15·I6). ..•

Dato il gran numero di doppioni, la possibilità inci­ dentalmente avanzata da W. Grundmann, che -al testo siano state annesse due tradizioni, richiede senz'altro una ulteriore ricerca.19 Ricerca che potrà, tuttavia, soltanto ef­ fettuarsi mediante il tentativo di ricostruire le due di­ stinte tradizioni. Questo sdoppiamento deve partire dalla divisione di tutto quello che è stato narrato due volte, ed è evidente, che apparirà diversa dalle divisioni delle tradizioni secondo Marco, avanzate da E. Hirsch senza incontrare particolare consenso. In seguito a sdoppia­ mento, le due tradizioni seguenti possono essere cosl di­ &tinte •

Tradizione A 2. E dai sepolcri gli venne in­ contro un uomo posseduto da uno spirito immondo

e nessuno aveva la forza di do­ marlo

e

gridando ad alta voce disse: «Che c'è fra te e me? ...

19 w: GauNDMANN,

108, nota 1.

Tradizione B

(e nel paese dei geraseni c'era uomo) 3. che nei sepolcri aveva la sua dimora e neppure con una ca­ tena potevano piu tenerlo legato 4· poiché spesso era stato legato con catene e le catene erano sta­ te da lui rotte ed i ceppi spez­ un

zati

,. e di continuo, giorno e not­ te, fra i sepolcri e su per i mon­ ti, andava gridando e percuo­ tendosi con delle pietre 6. e quando ebbe veduto Gesu da lontano corse e gli si pro­ strò dinanzi

(e disse):

«Gesu, figlio del Dio altissimo, ti scongiuro per Dio: non tor­ mentarmb•.

Das Evangelium nach Mt1rleus, Berlin

28 l B. van lersel, Gesù, diavolo, demoni

x9()2l,

Tradizione A 8. (Ed) Egli gli disse: cSpirito immondo, esci da quest'uomo•.

IO. E lo pregava con insistenza che non lo (li) mandasse via dal paese

I 3- Ed egli lo permise {loro) e gli (lo) spiriti(o) immondi(o) vi andarono (andò) e la gente andò che era avvenuto

ed ebbe paura

a

vedere ciò

Tradizione B 9· E gli domandò: eQua! è il tuo nome?�t. Ed egli gli dis­ se: cl..egione, perché siamo in

molti•. I 1. Ora, c'era là sulla montagna un gran branco di porci che pa­ scolava. 1 2 . E lo pregarono: «Mandaci nei porci perché entriamo in essi ... (ed egli lo permise loro) (e) entrarono nei porci e il bran­ co di circa duemila capi si av­ ventò giu a precipizio nel mare ed affogarono nel mare I4- e i loro guardiani fuggirono e lo raccontarono in città e per la campagna, I.'J. e vennero a Gesù e videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente: quello stesso che era stato posseduto da Legione. I6. E quelli che avevano visto raccontarono loro ciò che era av­ venuto all'indemoniato ed anche il fatto dei porci. I7- E presero a pregare Gesù che se ne andasse dal loro ter­ ritorio. 18. E... l'indemoniato lo prega­ va di poter stare con lui. 19. Gesù non glielo permise, ma gli disse: «Va' a casa tua, dai tuoi e racconta loro quello che il Signore ti ha fatto e come ha avuto pietà di te,.. 20. E quello se ne andò e CQ­ minciò a proclamare nella De­ capoli quello che Gesù aveva fatto per lui e tutti si meravi­ gliavano. 29

Non è questo il luogo per inventariare ed analizzare le indicazioni, che parlano pro o contro la esattezza di dette ipotesi. Merita, però, menzione il fatto che le due di­ stinte tradizioni siano relativamente coerenti. L'espressio­ ne 7t'VEVIJ.C1 cixcii}ctp"to'\1 compare soltanto nella tradizione A, come anche la parola 1J.'Vll!J.EL0'\1. La tradizione A, per la sua brevità e concisione, dà vita ad una sfera comple­ tamente diversa dalla tradizione B, che parla dell'uomo in questione, soltanto nei participi di OC1LIJ.O'VL!;�CT&ct. La descrizione del primo contatto con Gesù, al v. 6, concor­ da con la descrizione anteriore del suo stato. Scongiuri ed interesse per il nome si manifestano soltanto in B, co­ me anche tutto quello che riguarda i porci. Detta coe­ renza parla piuttosto in favore e non contro l'esattezza delle ipotesi. Chiunque consideri giusta l'ipotesi sopra citata, non po­ trà più sostenere che il testo odierno di Mc. ,5,1-20, debba essere considerato una testimonianza oculare, molto vicina ai fatti. Il racconto, come l'abbiamo attualmente sotto gli occhi, è tutt'altro; è un affastellamento di due tradi­ zioni distinte e per conseguenza ha già dietro di sé una più lunga storia, ma, nel contempo, la questione sembra dissolversi. Infatti, quello che prima veniva proposto co­ me quesito al testo attuale, deve oggi essere riveduto alla luce delle due tradizioni, mentre sorge un nuovo interro­ gativo preliminare, cioè quello circa il rapporto scambie­ vole fra le due ipotetiche tradizioni. La tradizione A è subito riconoscibile come storia mira­ colosa, quasi classica, che presenta molta analogia con il testo attuale di Mc. 1,23-27. La struttura può essere ana­ lizzata come segue: 1. esposizione, dove, oltre all'incontro, viene descritto anche lo stato dell'indemoniato (vv. 2 e 4b); 2. resistenza dello spirito immondo (v. 7a); 30

l B. van Iersel, Gesù, diavolo, demoni

3· parola autorevole di Gesù (v. 8); 4· l'uscita dello spirito immondo (v. 13b); 5· reazione (v. 15d). Anche nei limiti di questa struttura il racconto ha le sue particolarità, come la richiesta dello spirito immondo di non essere mandato via dal paese, il permesso di Gesù al riguardo (vv. 10.13a) e la circostanza per cui si rea­ gisce soltanto (v. 15d) quando si è venuti a costatare co­ sa veramente sia successo (v. 14b), il che concorda con il posto ove il racconto localizza la cacciata, cioè nei din­ torni di un cimitero (v. 2 ). La tradizione B, invece, varia notevolmente dai rac­ conti miracolosi stereotipati; si differenzia da A mediante un particolareggiato stile narrativo, che accorda molta at­ tenzione ai dettagli secondari. Sia la condizione dell'inde­ moniato (v. 3-5), sia il discorso con i demoni (vv. 7h-9) vengono narrati piu minutamente, e il discorso presume una magica interpretazione del nome. Il fatto dei porci suggerisce che un particolare rapporto esista fra porci e demoni. Il racconto appare anche completamente diverso in fatto di costruzione. I demoni non sono soltanto ag­ gressivi, ma tentano perfino di eliminare l'influenza ed il potere di Gesù (v. 7b); Gesù, a sua volta, li tiene in suo potere scoprendo il nome dei demoni (del demone) (v. 9). Per conoscenza, sembra trattarsi non tanto della liberazione dell'indemoniato, quanto di una vittoria sui demoni. Ma per quanto venga accentuato quest'ultimo fatto, tutta l'attenzione dei vv. 15-16 si rivolge di nuovo all'indemoniato. Il racconto pu6 essere schematizzato nel modo seguente: espos izione, dove viene descritta la situazione dell'in­ demoniato; x.

2 . incontro con Gesù, durante il quale

demoni minac3!

ciano di trarre Gesù in loro potere, ma è Gesù, invece, che li sottomette alla propria autorità;

3· la richiesta dei demoni viene esaudita, ma sarà pro­ prio questa, la causa della loro distruzione ; lo stato dell'uomo liberato e il resoconto dei guardiani dei porci sollevano reazioni, che conducono alla richiesta, fatta a Gesù, di allontanarsi;



-· -

,. l'annuncio della liberazione dell'indemoniato riempie di stupore la gente della Decapoli. Il costrutto del racconto è altamente drammatico, perché le sorti della vittoria si alternano due volte ( vv. 7-9 e vv. 19-20). Per quanto diverse tra loro appaiano le due tradizioni, si ha ogni ragione di credere che non abbiano avuto ori­ gine l'una indipendentemente dall'altra. I seguenti punti di sostanziale concordanza sono innegabili; a) il soggiorno dell'indemoniato nei sepolcri (vv. 2-3 ); b ) il fatto che nes­ auno riuscisse a domarlo ( v. 3b e v 4b); c) la richiesta dei demoni di essere trattati con clemenza ( v. I O e v. I 2 ) ; d) il fatto che la gente venisse a vedere quanto era accaduto (v. 1 4b e vv. 1 5-16); e ) il dato circa la con­ trada (v. xo e vv. I 7-20). Un certo contatto fra le due tradizioni appare già probabile in base a questi elementi. È pedino possibile fare un passo avanti e costatare che vi è affinità di formulazione e analogie lessicali, nominata mente nei casi se�uenti : I . v. 2 2. v. 4 3 · v. 7 7 4· v. ,. v. IO 6. v. I O 7· v. 14 8.

v.

I4

32 l B. van Iersel, Gesù, diavolo, demoni

v. v. v. v. v. v. v. v.

3 3 '

9 I2 I2 I5 I6

L'affinità qui segnalata è di tale natura - conside­ rando soprattutto l'affinità lessicale - da rendere presumi­ bile il fatto, che in un procedimento verbale di tradizione, una versione sia derivata dall'altra. Qui la questione primitiva si ripresenta in un altro modo: la versione breve (A) è forse un riassunto, al­ quanto stereotipato, di quella lunga (B), o dobbiamo in­ vece considerare la versione B come un secondario amplia­ mento della versione A? Né il fatto che B sia più lunga e più novellistica di A, né il fatto che la tradizione A, in contrapposto a B corrisponda alla struttura standardiz­ zata di un racconto sulla cacciata dei demoni, può ser­ vire da criterio di accertamento dell'ordine cronologico di successione delle due tradizioni. Ciò non significa, tutta­ via, che saremmo costretti a concludere con un non li­ quel. Vi è pure un altro criterio: la questione circa l 'am­ biente dove le tradizioni hanno avuto origine. Ebbene , ri­ guardo alla tradizione A, è naturale che si pensi ad un ambiente palestinese appunto perché 1t"VEVIUJ. tUtCll)!ip"to"V, espressione tipica, non greca, per indicare un demone, è a n che quella tipicamente giudaica ; inoltre, non vi è nulla che possa far dubitare di un ambiente palestinese. A que­ sto si contrappone la versione B, ricca di fatti, che indi­ rizzano all'ambiente ellenistico 20 come ad esempio: la supposizione alla base dei vv. 7 e 9, che l'uso del nome abbia un effetto magico; la descrizione l)EÒç V��O""t"Oç, che indirizza al giudaismo della diaspora; la formulazione op­ xisw O"E "tÒ-v l)E6-v, indispensabile in un ambiente giudaico; il fatto che l'attenzione si rivolga assai più alla varietà di 20 C. CLEMEN, Religionsgeschichtliche Erkliirung des Neuen Te­ staments, Berlin 19242, 2I9; O. PERELS, Die Wunderiiberlieferung der Synoptiker in ihrem Verhiiltniss zur Wortiiberlieferung, Sru t tg art­ Berlin I934, 83-87 e 96; D. E. NIENEHAM, Saint Mark, Harmonss­ worth I963, I 5 I; F. HAHN, Christologische Hoheitstitel, Gottin­ gen 1963, 297. 33

circostanze concomitanti, che non al fatto stesso della cacciata, di cui appena viene fatta menzione, l'accentua­ zione dell'accaduto - abituale nei racconti miracolosi el­ lenistici - che mette in rilievo la morte dei demoni (v. I 3b ) ; ed infine il fatto che l'indemoniato venga indicato qui come Oll�IJ.O\I�cr�dç, oppure Oll�IJ.O'II��o!J.É'IIoç ( vv. I 5. I6.r8). Può sussistere un dubbio nei riguardi della valu­ tazione dei porci, che secondo F. Hahn presuppone un ambiente palestinese. Qui va osservato che malgrado la improbabilità di un rapporto fra porci e demoni, in loca­ lità fuori della Palestina e perfino presso i giudei ivi resi­ denti, il racconto fa pensare ad un ambiente dove branchi di porci con i loro guardiani erano un fenomeno normale. La presenza di porci e il disprezzo per queste bestie sem­ bra perciò indicare che la tradizione B abbia avuto origine in un territorio pagano, finitimo con la Palestina, il che si accorda a perfezione con le indicazioni locali presenti. Ebbene, se la versione A può essere considerata tradi­ zione palestinese e la versione B tradizione ellenistica, ori­ ginata nella Decapoli, allora è ovvio che in B abbiamo a che fare con una secondaria elaborazione della breve storia miracolosa A, e non è possibile sostenere che B ci riporti più vicino ai fatti eventuali. Tutt'altro; sarebbe più probabile che le descrizioni di B vogliano caratteriz­ zare Gesù come qualcuno che può concorrere con altre �Ei:oç livi)p-figure, quali, ad esempio, Apollonia di Tiane.

IV

Alcune conclusioni finali : Né Mt. 4,1-rr, né Mc. 5,1-20 si avv1cmano sensibil­ mente agli avvenimenti della vita di Gesù. Nel primo caso, abbiamo a che fare con un midrash giudaico-cristiano, r.

34

l B.

van

Iersel, Gesù, diavolo, demoni

dove Deut. 8,2 ss. viene interpretato dando un attuale significato al Figlio di Dio, Gesù. Nel secondo caso, in­ vece, si ha una elaborazione ellenistica di una storia mira­ colosa, dove Gesù viene descritto come un taumaturgo, quale era immaginato dal mondo ellenistico. Non è dunque possibile affermare, in base all'uno o all'altro di questi due testi, che i fatti della vita di Ge­ sù dimostrino l'esistenza obiettiva del diavolo o dei de­ mom. 2.

D'altra parte, può essere ammesso come sicuro che la comunità giudaico-cristiana abbia ravvisato in Gesù colui che libera l 'uomo dagli spiriti maligni e consideri questi spiriti maligni forze obiettive. La comunità elle­ nistica, nella sua demonologia, è naturalmente piu simile a quella dell'ellenismo sincretistico, ma anche per essa l 'esistenza dei demoni appare ovvia. Quanto a Gesù stes­ so, non è da mettere in dubbio che egli sia intervenuto come esorcista, e che abbia condiviso le opinioni dei suoi contemporanei circa l'esistenza obiettiva del diavolo e dei demoni e su questo sfondo abbia agito e parlato. 3·

4· Ciò non significa necessariamente che anche noi dob· biamo continuare a pensare con le categorie di diavolo e demoni, o che la loro esistenza obiettiva debba costituire per noi un articolo di fede. È difficile dubitare che l 'esi· stenza obiettiva degli spiriti maligni, demoni e diavolo, debba venire considerata come un implicito presupposto delle azioni e delle parole di Gesù e della predicazione del Nuovo Testamento. Quando detto presupposto viene a cadere, è naturalmente dovere del teologo tradurre il messaggio della liberazione dalle potenze maligne in nuove categorie.

35

ANTOON R. BASTIAENSEN

Diavoli e demoni nell'antica tradizione ecclesiastica

Il titolo di questo studio è stato appositamente redatto in termini piuttosto vaghi. Infatti, non verrà trattata qui la demonologia dell'antica chiesa, eccezion fatta per alcuni periodi ed alcuni scrittori. Tuttavia, malgrado que­ ste limitazioni, sarà forse possibile ottenere un'impres­ sione generale sull'ordine delle idee dell'antica chiesa sul tema del diavolo e dei demoni.

1/ Prima metà del secondo secolo Le ricerche di questi ultimi anni, stimolate dalla sco­ perta di Qumran, Nag Hamadi ed altre, hanno gettato nuova luce sui problemi, che lo studio del mondo delle idee della chiesa primitiva ha portato con sé. Non ul­ timo risultato fu quello di aver costatato che i legami fra il cristianesimo primitivo ed il mondo giudaico erano ancora più numerosi e solidi di quanto si presumesse. Le più antiche opere cristiane, oltre alle Scritture del Nuovo Testamento, appaiono tanto connesse con i concetti ebrai­ ci, che si può parlare di una chiesa giudaico-cristiana e di una teologia giudaico-cristiana; théologie du iudéo-chris­ tianisme, per nominare il titolo della nota sintesi di J. 39

Da niélou.1 In questa teologia del cnsuanesimo giudaico troviamo anche i primi elementi della dottrina crtsttana sul diavolo : sono, per la maggior parte, dati ebraici, ma posti nell a nuova prospettiva del trionfo di Cristo su tutte le forze maligne. Anzitutto non è facile ricavare u n'immagine dettagliata attingendo alla molteplicità degli scrittori cristiani più antichi, specialmente degli apocrifi giudaico-cristiani, e dei padri apostolici ; le grandi linee, però, sono chiare. Pren­ dia mo ad esempio l'origine e la natura delle potenze infer­ nali; allora non esisterà dubbio sugli assiomi principali. Per i cristiani, come anche per gli ebre i, queste potenze sono innanzitu tto malvagie, senza eccezione, in contrap­ posto ai platonici pagani, che i spirati da alcuni testi di Platone, consideravano i demoni, nel loro insieme, o per lo meno i n parte, esseri buoni. Inoltre, è accertato che per i cristiani questa malvagità è conseguenza di un er­ rore : creati buoni da Dio, vennero in conflitto con il lo­ ro cre atore, decadendo cosl nella malvagità. Nel tardo giudaismo, specialmente fra gli esseni, la cosa non appa· riva ben definita ; esistevano tendenze che consideravano le potenze Il)aligne come c reate da Dio, con quel loro l ]. DANIÉLOU, Histoire des doctrines chrétiennes avant Nicée. Théologie du judéo-christianisme, Tournai 1958. Da quest'opera

vennero tratti numerosi dati per la prima parte del presente stu· dio e inoltre anche dall'articolo 'Démon' dello stesso autore, in Dictionnaire de spiritualité, p. III, 152 ss. Olire ancora notevole materiale, anche se è un po' vecchio, l'articolo di E. MANGENOT Démon d'après les Pères, in Dictionnaire de théologie catholique, p. IV, 3 39 ss. Sono da consultare anche E. LANGTON, Essentials of Demonology. A Study o/ ]ewish and christian doctrine. Its origin and Development, London 1 949; F. GOKEY, The Terminology for the Devii and the evil Spirits in the Apostolic Fathers, in The Catholic University of America Patristic Studies 93, \Vashington 1 96 r ; H. WEY, Die Functionen der bosen Geister bei den griechi­ schen Apologeten des :zweiten ]ahrhunderts nach Christus, \Vinther­ thur I 957· 40

l A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradizione

specifico carattere. In vista del pericolo di un assoluto dualismo, anche questa teoria viene respinta dai cristiani; per loro, tutti i diavoli sono esseri caduti. Le opinioni discordano anche sulle circostanze della caduta. Esiste una tradizione 2 secondo la quale un gruppo di angeli di alto rango sarebbe venuto sulla terra, gui­ dato dal proprio superiore, per unirsi poi con le figlie de­ gli uomini. Da questa unione sarebbero nati i giganti, le cui anime sono i demoni. La caduta è dunque da consi­ derarsi colpa di sensualità, commessa da Satana e dai suoi compagni, che avrebbero cosi dato origine ad una seconda serie di potenze, i demoni. Un'altra tradizione 3 ritiene che la colpa fu l'invidia. Ad un gruppo di angeli, anch'essi guidati dal loro superiore, venne dato l'incarico di governare la terra, cioè di essere i dirigenti di questo mondo. La vista dell'uomo, favorito da Dio, risvegliò la loro invidia e li mosse ad indurre l'uomo a rinnegare Dio, quale prova di omaggio verso loro stessi; non solo, ma si eressero a ·padroni assoluti dell'umanità. Vennero perciò respinti da Dio. Alcuni te­ sti sembrano significare che soltanto il maggiore degli angeli fosse colpevole d'invidia: i suoi angeli peccarono, unendosi con le figlie degli uomini. Un'ulteriore interpre­ tazione colloca la caduta degli angeli prima del peccato originale; si trattò di un peccato d'orgoglio contro Dio, e, dopo la creazione dell'uomo, ebbe come conseguenza che il diavolo tentasse di trascinarlo con sé nelb propria sventura. a quanto narra Gen. 6,4 sui figli di 2 Questa tradizione, relativa . Dio che si accostavano alle figlie degli uomini, possiamo trovarla nel libro I di Enoch e nel libro dei Giubilei, ambedue di origine ebraica e nei Testamenti dei Dodici Patriarchi, opera giudeo-cristiana. l Questa interpretazione si trova nell'opera giudaica Vite di Ada­ mo ed Eva e nel II libro giudeo-cristiano di Enoch. Vi è forse affinità con il testo di Sap. 2,2 4 sull'invidia del diavolo, che porta la morte nel mondo.

_Comunque sia, è importante costatare che la caduta degli angeli concerne anche il mondo e l'umanità. Alcuni testi vedono negli angeli i padroni di questo mondo, an­ che dopo la loro caduta; si presentano infatti all'uomo co­ me se fossero i suoi numi. Di qui nasce la profonda con­ vinzione degli antichi cristiani, che il culto degli idoli fosse culto diabolico; insieme a Paolo ripetono, senza re­ strizioni, quanto detto dal salmista: tutte le divinità dei pagani sono demoni.4 Il paganesimo, per loro, è il trionfo del diavolo, in relazione ai suoi diritti divini ; il cristia­ nesimo, invece, la lotta contro questa usurpazione diabo­ lica. Le varie teorie - ora menzionate - ritengono che le potenze diaboli.che costitdscano una certa gerarchia. Vi è il gruppo degli angeli caduti, le potenze o domina· zioni, con a capo Satana, il oui�oÀ.oc;, il signore d i questo mondo, il principe delle tenebre. Quest'ultimo titolo in­ dica il luogo dove, oggi, essi dimorano. Fino alla fine dei tempi vivranno nel regno tenebroso intorno ai pianeti ed alla luna. Soltanto quando verrà il giudizio, saranno get­ tati nel fuoco dell'inferno. Vi è poi il gruppo degli spiriti inferiori, i demoni, congeneri, in qualche modo, agli an­ geli caduti e da questi dipendenti. La loro dimora, anche essa fino alla fine dei tempi, è l'atmosfera: vagano sulla terra e al disopra di essa, recando danno al nostro mondo e inducendò l'uomo al peccato. Per quanto riguarda la natura dei diavoli e dei demoni, i primi nella loro qualità di angeli caduti, senza essere completamente spirituali, sono tuttavia di natura molto più affinata ed elevata dell'uomo. I demoni, benché si trovino ad un gradino inferiore, non sono completamente 4 C/. Sal. 9�.� e 1 Cor. 10,2o-2r. Vale la pena di rivedere la bella analisi sul giudaismo e su Paolo di E. FASCHER, Gott und die Goner. Zur Frage von Religionsgeschichte und Oflenbahrung, in Theologische Literatur Zeitung 8 1 ( 1 9�6), 279-308 . 42 l A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradi:z:ione

materiali, data la loro ongme semiceleste: invisibilità ed estrema mobilità caratterizzano la loro natura. Giungiamo poi ai problemi molto più importanti con­ nessi all'urto fra queste potenze e l'umanità, che ad esse resiste, con l'aiuto di Dio. Qual è, sotto questo aspetto, il significato della redenzione? Che cosa fa Cristo, che cosa fa la chiesa, nella lotta contro il diavolo e i suoi satel­ liti? Queste domande, è naturale, non possiamo trovarle in nessun luogo, cosf letteralmente formulate. La risposta dobbiamo scoprirla in ogni sorta di osservazioni più o meno incidentali. La portata d i queste osservazioni, del resto, appare abbastanza chiara. È, senz'altro, sicuro, che Cristo combatte le potenze malvagie e le vince. Egli opera cosi fin dalla nascita, quando i magi vengono ad adorarlo, testimoniando perciò che l'astrologia e la magia, impor­ tanti elementi del culto pagano del diavolo, riconoscono la propria disfatta. Opera allo stesso modo nell'occa­ sione del battesimo nel Giordano, quando il serpente che dimora nell'acqua è calpestato e la vittoria sulla croce previamente raffigurata. Appeso al legno, lotta contro i demoni vaganti sulla terra, e raccolti in gran numero sul Golgota. Con la sua ascensione, sale al di sopra degli angeli caduti e li sottomette alla sua potenza. Si tratta dunque di vittoria assoluta, ottenuta in tutte le fasi della vita terrena, guidata dalla Parola fatta carne. Tuttavia anche la chiesa deve combattere, giacché, per quanto asso­ luto e definitivo, il trionfo dovrà sempre e continuamente essere salvaguardato. In primo luogo, la grande lotta con­ tro il paganesimo e la sua idolatria, che effettivamente è culto del diavolo, come già sopra, incidentalmente, ac­ cennato. Le persecuzioni sono opera di potenze malvagie, che sentono minacciato il proprio onore; il martirio, è lotta contro Satana. Opera del diavolo sono anche lo sci· sma e le eresie: chi combatte il vescovo, serve il diavolo ; gli eretici sono una coltura di Satana. Anche sul p1anc 43

delle azioni personali la chiesa deve condurre una lotta. I nostri peccati sono opera del diavolo: è lui il grande peccatore. Sotto l'influenza giudaica si parlava di due vie diverse, l'una che conduce a Dio, affidata aila sorveglianza degli angeli santi, l'altra che conduce alla morte eterna, dominata dal diavolo. Tutti gli esseri umani sono accom­ pagnati da un angelo buono e da un angelo cattivo. Que­ st'ul timo si appressa, insieme ai demoni della malvagità, per impadronirsi del cuore umano. Lo sconfitto, però, è il diavolo e il credente, se veramente credente, non deve temerlo. Ausilio importante, nella lotta contro i demoni, viene offerto dalla preghiera e dal digiuno. Per quanto concerne i padri apostolici, dobbiamo se­ gnalare, a conclusione di questa prima parte, che fatta eccezione per il Pastor Hermae, diavoli e demoni non esplicano ruoli particolari. Nella lettera di Clemente, scrit­ to non indifferente, anche in quanto a mole, che in virtù del soggetto - le liti nella chiesa di Corinto - presen­ tava sufficienti punti di contatto, il diavolo è nominato una sola volta. Anche nelle lettere di Ignazio, ha parte di secondaria importanza. È fuori dubbio che questi scrit­ tori siano esistiti ed abbiano riconosciuto il suo posto nel piano della salvezza, ma; eccetto il Pastor Hermae, non vedono ancora abbastanza chiaramente in lui l'avver­ sario finale e, in fondo, unico della redenzione.

2/ L'apologeta Giustino In questa situazione, a partire dalla metà del secondo secolo, sembra verificarsi un cambiamento. Per gli apolo­ geti, sia greci che latini, diavoli e demoni assumono no­ tevole importanza. A. D. Nock 5 scrive perfino che, in

s A. D. NocK, Conversion. Tbe old and the new in Religion /rom Alexander the Great to Augustine of Hippo, Oxford 1933, 222. 44

J A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradizione

quanto a lui, l'opera redentrice del Cristo si esplicava più ancora nella liberazione dai demoni, che nella liberazione dal peccato. Heinrich Wey,6 senza dubbio il miglior cono­ scitore della demonologia fra gli apologeti greci, cita detta asserzione aderendovi in parte. Lasciamoci guidare dallo studio elaborato da Wey, per considerare il ragionamento di Giustino in relazione a questo tema. L'origine del dia­ volo e dei demoni era una questione di peccato; il capo degli angeli pecca per ripudio di Dio, che si verifica quan­ do inganna e seduce la prima coppia umana. Un gruppo di angeli, a lui sottomesso, incaricato del governo della terra, pecca unendosi con donne; da questa unione na­ scono figli, i demoni. È da osservare che la differenza fra angeli caduti e . demoni, indipendentemente dal rac­ conto della caduta stessa, è appena, o niente affatto, sen­ sibile: le potenze infernali sono effettivamente Satana e i demoni, del tutto simili, questi ultimi, agli angeli caduti. Il male entra dunque nel mondo in seguito alla caduta e l'uomo ne sarà la vittima. Infatti, dopo la loro caduta, gli angeli tentano di riacquistare il posto elevato che prima occupavano. Cercano, perciò, di consolidare il loro dominio sulla terra : l'umanità, definitivamente sottomessa, dovrà rendere loro tributi di onori divini. Sono le divi­ nità dei pagani : tutte le divinità dei pagani sono sempre dei demoni. Per raggiungere il potere si servono dei mezzi più disparati: idolatria ed immolazione, pseudorivelazio­ ne della mitologia, magia, immoralità. Costituiscono co­ sl una otxovo!J.LCl del male, un regno organizzato della malvagità, che vorrebbe dominare la terra e gli uomini. L'uomo può opporre resistenza, la tentazione del male non è irresistibile; ma il risultato, allora, sarà la persecu­ zione, come lo sperimen tarono Socrate e specialmente i cristiani martirizzati. La nostra sorte è da compiangere, 6

H. WEY, Die Funktionen der biisen Geister, 162,

n.

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496.

tanto più che ci troviamo a dover combattere con nem1c1 cosi potenti e spietati. Ardentemente dobbiamo pregare affinché, al momento della morte, l'anima nostra non di­ venti preda di quelle pericolose potenze. In una parola : il regno dei demoni è una maledizione per l'umanità. Non possono però lottare contro Dio. Giustino non professa un rigido dualismo, che del resto non si presenta mai presso i cristiani. Lottano sl, contro il Cristo al mo­ mento della tentazione nel deserto e della morte in croce, ma da parte loro è lotta col viso rivolto altrove, non con lo sguardo fisso agli occhi del Figlio di Dio. Da parte del Cristo, invece, l'attacco è diretto. Scopo della su:t vit:1 è di costruire una o(xovo!J.LIX di salvezza, che smembri la olxovo!J.!tX dei demoni ed apra all'umanità il cammino ver­ so Dio. A questo fine, sconfigge i demoni nell'adorazione dei magi, che rinnegano i loro incantesimi; respinge Sa­ tana nel deserto; a questo fine, soprattutto, la croce, al cospetto di cui, come dice Giustino, tremano i demoni, le potenze e le forze. Cristo libera cosl l'umanità dai suoi persecutori e noi, nell'eucaristia, rendiamo grazie a Dio di aver creato la terra intorno a noi, di averci libe­ rato dal peccato e di aver disarmato le forze e le potenze per le virtù delle sofferenze del suo Figlio. Se consideriamo tutto questo, paragonandolo ai dati del primo periodo, vediamo come, malgrado una fortis­ sima analogia, sia percettibile uno spostamento d'accento. Indicherò prima i punti dell'analogia che - sia detto per inciso - dimostrano con sufficiente chiarezza come Giu­ stino si trovi in tutto e per tutto nella tradizione cristiana: analogia con autori pagani, per esempio Platone e Seno­ crate, sono costatabili, ma completamente accidentali. I punti centrali della sua demonologia, provengono dalla tradizione cristiana; l'origine delle potenze malvagie riposa sul peccato originale; diavoli e demoni s'impegnano per raggiungere una sovranità divina sull'umanità: sono gli 46 l A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradizione

idoli del pantheon greco: Cristo li ha sconfitti, ma la lo­ ro attività non è venuta meno: provocano le persecu­ zioni e inducono l'uomo al male. In Giustino appare nuo­ va la semplificazione della gerarchia infernale, che si sta annunciando : fatta eccezione per Satana, diavoli e demoni vengono identificati. Ciò si connette al declinare della tra­ dizione, che considera la lussuria come peccato degli an­ geli, tradizione che Giustino mantenne unicamente per deferenza verso la Genesi e per il libro ebraico di Enoch, ma che Taziano, suo discepolo, lascierà cadere. Veniva co­ si a mancare il motivo per sostenere la differenza fra gli angeli ed i loro figli, i demoni. La differenza apparirà an­ cora negli autori successivi, per esempio Tertulliano e par­ t icolarmente Lattanzio, ma non avrà lunga vita; Agostino e la liturgia romana non l'adotteranno. Nuovo altresf, in Giustino, è il notevole significato riconosciuto ai demoni, nell'ordine della salvezza. Diventano figure di grande im­ portanza nella vita umana e il beneficio della redenzione non è, in ultima analisi, che l'eliminazione, mediante la sofferenza di Cristo, di queste potenze nefaste. Di contro alla loro otxovo!J.(Cl di malvagità, egli offre la sua otxovo!J.Cct di salvezza all'umanità tormentata. È perciò comprensi­ bile che H. Wey, anche se con riserva, approvi A . D. Nock : l'opera di redenzione del Cristo è volta, infatti, in somma misura, contro l'empio operare dei demoni. Si pone allora, inevitabilmente, l'interrogativo: quale sarà dunque il posto che occupa, qui, il peccato? la re­ denzione non è forse remissione dei peccati ? Dare, a que­ sto proposito, una risposta in un certo modo soddisfa­ cente, è particolarmente difficile. È evidente, comunque, che Giustino stesso qui non vedeva chiaro. Nel testo so­ pracitato sull'eucaristia, egli considera la liberazione dal peccato e la sconfitta delle potenze malvagie come due co­ se distinte. E quando, altrove, parla dell'immortalità, co­ me di uno dei mezzi usati dai demoni, per imporre la lo-

sovranita, il concetto è il seguente: i demoni incon­ trano il peccato nell'uomo; in altre parole, il peccato esi­ ste, indipendentemente da loro, ma da loro soltanto viene sfruttato ed aggravato. Il peccato e l'opera dei demoni non sembrano, dunque, identificarsi. D'altra parte, l'atti­ vità di queste · potenze è caratterizzata, al massimo grado, da un'immoralità ostile a Dio, perché in tutte le loro pratiche dominano invidia, inganno e frode ; si ricreano nel peccato dell'uomo. Non è, perciò, facile stabilire co­ me Giustino vedesse il rapporto tra peccato e diavolo. Questo problema fa apparire indistinta ed ibrida la demo­ nologia e la dottrina della redenzione di tutta l'antichità. Sarà soltanto Anselmo, nell'undicesimo secolo - cosl Ri­ vière 7 - a collegare risolutamente la dottrina della re­ denzione al peccato, esiliando perciò diavoli e demoni al territorio limitrofo della teologia. Non tutti i teologi mo­ derni sono, del resto, soddisfatti di questa semplificazione di Anselmo.8 ro

3/ Tertulliano La teologia latina comincia con Tertulliano. Sono tut­ tavia gli exemplaria graeca - per servirei, adattandola in parte, della nota parola di Orazio - a rostituirne il punto di partenza. Anche per quanto concerne il nostro tema, lo 7 Cf. ]. RIVIÈRE, Le dogme de la Rédemption. Etude théologi­ que, Paris 19313, passim. l Cf. per es. G. AULÉN, Christus Victor. An historical study o/ the Three Main Types of the Idea o/ the Atonèment (tradotto dallo svedese da A. G. Hebert), London 196;;; L. BouYER, La vie de S. Antoine, Essai sur la spiritualité du monachisme primiti/, Abbeye S. Wandrille 1950, 182 ss. e 201 ; H. E. W. TURNER, ]ésus le Sau­ veur, Essai sur la doctrine patristique de la Rédemption [ trad. di The Patristic Doctrine of Redemption ] Paris 196,5, H ss.

48 l A. R. Basriaensen, Diavoli nella trt1dixione

sviluppo latino comincia dagli esempi greci e, in questo caso, dai dati giudeo-cristiani greci. Le informazioni di Tertulliano lo attestano con sufficiente chiarezza, per quan­ to elabori, in maniera originale, il materiale ereditato. Per Tertulliano è indubbio che diavoli e demoni sono angeli decaduti, creati buoni da Dio, ma caduti nel pec­ cato per abuso di libero arbitrio. Esiste, del resto, una di fferenza fra il diavolo in capo ed i suoi satelliti. Il pri­ mo, Satana, pecca per ribellione a Dio, una specie di ri­ volta per invidia, a quanto pare; tanto che si atteggia a �rande rivale di Dio, aemulus Dei. La sua invidia s'indi­ rizza, inoltre, verso l'uomo creato da Dio: è anche aemu­ lus noster. Mediante la calunnia verso Dio, cui prestò fe­ de il primo uomo, ci ha fatto cadere nel peccato. L'uomo, rerciò, è colpevole davanti a Dio ed ha servito il diavolo. I n tutte le cose, Satana è il grande avversario di Dio: Deus optimus, diabolus vero pessimus; tutto quello che non proviene da Dio, proviene da lui; è di natura malva­ g i a , è fautore di tutti i peccati. Per la caduta degli altri angeli, Tertulliano si attiene al racconto del libro di Enoch, sull'unione con le figlie degli uomini e perciò alla diffe­ renza fra diavoli e demoni. Evidentemente vi è costretto 1 causa dell'alta stima che nutre per il libro di Enoch. Ma si tratta di teoria; nella parte pratica dei suoi scritti, tro­ viamo quello che già riscontrammo in Giustino: diavoli e demoni sono identificati.9 La sua gerarchia infernale ap­ pare perciò distinta in due gradi: il malvagio supremo, Satana, ed i suoi aiutanti, gli altri diavoli o demoni. Se­ condo Tertulliano, il posto centrale di Satana è saldamen­ te stabi!i:o: i demoni sono esplicitamente al suo servizio. La obtovoJ..L(ct del male è un regno centralizzato, edificato 9 Nella formula del ripudio

S. Reinach vedeva una differenza fra e angeli caduti (angeli diaboli). Decisiva è la confutazione di J. H. WASZINK, Pompa diaboli, in Vigiliae chri­ rtianae, 1 (1947), 1 3-4 1.

demoni (pompa diaboli)

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da Satana e per Satana. Nell'opera De spectaculis, scritta per dimostrare che l'interesse per i giuochi del circo con­ trasta con la rinuncia al diavolo al momento del battesimo, Tertulliano dice che tutto questo apparato di giuochi è istituito per Satana: propter diabolum, ed edificato con il materiale che Satana fornisce: ex diabolis rebus. La for­ mula stessa del ripudio, del resto, accorda il primo posto a Satana: io rinuncio a Satana, alla sua pompa, vale a dire a tutto all'appàrato che serve ad onorario, ai suoi angeli, vale a dire agli angeli al suo servizio. Questo, d'altronde, non significa che i demoni passiria in secondo piano. Tertulliano si affretta ad accettare tutto quello che i suoi predecessori, Giustino ed altri, hanno saputo dire di male circa i demoni. Indiscutibile è di nuovo il fatto che sono gli idoli dei pagani. Vanno errando all'in­ torno, sulla terra; non appena l1n idolo viene collocato in qualche posto, vi strisciano dentro. Il circo, con le sue im­ magini, portate in giro, in corteo, i suoi sacrifici e le sue cerimonie è tutto un maneggio dei demoni. Il mondo in­ tero, del resto, è pieno di demoni, perché, ovunque, osten­ tano pompa e sfarzo. Dei sacrifici fanno il loro cibo : si compiacciono del profumo e del sangue. Con le loro fal­ sità presentano una pseudorivelazione, imperniata sulla mitologia pagana e sulle eresie pullulanti per ogni dove. Magia e credenza negli oracoli sono anch'esse da attribuire a loro, senza dimenticare l'immoralità: per mezzo loro, Satana in troduce le cattiverie nel mondo. Infatti, in virtù della loro natura immateriale, anche se di grossolana spi­ ritualità, si uniscono all'anima umana e l'incitano al male : ogni essere umano, perciò, ha il proprio , pericoloso de­ mone. La potenza della loro natura li mette perfino in grado di arrecare danni materiali e corporei : ammorbamen­ to dell'aria, cattivo raccolto, malattie, ossessioni. Tutto questo per precipitare l'uomo nella rovina, secondo l'or­ dine del loro capo. Satana, mosso com'è dall'invidia, trova ,o

l A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradizione

soddisfazione soltanto quando l'umanità partecipa alla sua disgrazia. Ma le sue mire non raggiungono lo scopo, se l'uomo si attiene a Dio ed a Cristo, perché i demoni temono Dio in Cristo e Cristo in Dio: chi perciò pronuncia il nome di Cristo, chi è veramente cristiano, è padrone dei demoni e di Satana stesso. Egli, che in passato portò l'uomo alla rovina, oggi è sconfitto davanti all'uomo. Questo concetto, evidenziato da Rivière come teoria della rivincita théo­ 1 rie de la revanche , 0 diventerà comune. Nello stesso istante in cui il diavolo sembra aver conquistato la vit­ toria, quando fa uccidere Cristo ed i cristiani, proprio al­ lora è più completa la sua disfatta: il martirio che inflig­ ge ai cristiani è la sua propria rovina . Tertulliano, più di una volta, accenna alla sopporuzione delle torture come ad una lotta con Satana. Il momento in cui la sconfitta appa­ rirà a tutti visibile sarà la fine dei tempi, e Satana ed i suoi angeli verranno precipitati nel fuoco; per loro non esiste redenzione, perché l'impegno di Cristo è stato la salvezza dell'uomo. Fin qui, il riassunto di dati sparsi nell'opera del grande africano. Non ho bisogno di accentuare che si annettono alla precedente tradizione greca e tanto meno che nuovi aspetti sono messi in rilievo. Nuovo, in Tertulliano, è il fatto di sottolineare fortemente la figura del diavolo prin­ cipale, l'avversario di Gesù, il padrone assoluto del male e il signore di tutti i demoni. Il giudizio di A. D. Nock sulla redenzione, da considerarsi come liberazione dai de­ moni, dovrebbe, per Tertulliano, esser modificato con l'as­ sioma seguente: liberazione dalla potenza di Satana. In seguito allo spostamento dell'accento, la lotta acquista un modello più distinto e perciò più intenso. È, del resto, discutibile che il nuovo aspetto della questione sia da at-

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IO

]. RIVIÈRE,

Le dogme de la rédemption, 92.

tribuirsi a Tertulliano stesso. Probabile invece, si deve con­ siderare quest'ultimo come connessione in uno svolgimen­ to : nel corso del secondo secolo ripudiare Satana era di­ ventata un'abitudine generalmente accettata: la formula del ripudio gli venne dunque sottoposta quando egli stesso si convertl al cristianesimo. Ma non avrebbe potuto tro­ vare animo più disposto e le formule che il suo entusia­ smo e il suo grande talento di scrittore gli suggerivano promossero, senza dubbio, lo svolgimento. Altra cosa nuo­ va in Tertulliano - dipendente da quanto detto sopra è la seguente interpretazione: il diavolo ed i demoni sono incalzati dalla volontà di colpire Dio, da un'intensa invi­ dia che vuole trascinare anche gli altri nella propria disgra­ zia, da una tendenza al male per il male : malvagità vera­ mente satanica. Probabilmente dobbiamo connettervi anche la sunnominata teoria della rivincita: l'uomo, vinto dal diavolo, vince a sua volta il nemico. È una lotta di vita o di morte. Si presenta nuovamente l'interrogativo riguardo al rap­ porto diavolo e peccato. In Tertulliano la situazione ap­ pare più evidente che in Giustino, vale a dire: i dati del problema sono più chiaramente espressi, ma in sostanza la difficoltà permane inalterata. D'altra parte, quello che appare più distinto, è che qualsiasi peccato proviene da Satana. In un solo punto l'autore sembra voler dire che i demoni non sono gli unici generatori del male, nel mondo, ma per quanto concerne Satana, il suo concetto non può essere frainteso. Egli è l'origine di ogni malvagità. A que­ sta concezione si contrappone quella da lui sostenuta con la massima energia contro Marcione e cioè che il peccato è responsabilità dell'uomo stesso. Tertulliano considera dun­ que con uguale misura tanto il diavolo quanto la colpa, il che, tuttavia, riesce soltanto ad acuire la difficoltà e non contribuisce a risolverla. -

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l A. R. Bastiaensen, Diavoli nella tradi1.ione

4/ Agostino In Tertulliano abbiamo notato l'intensa antitesi Dio-Sa­ tana, antitesi che qualche volta sembra tendere al duali­ smo. Un secolo dopo vedremo la stessa cosa e forse, in forma più rigorosa ancora, in Lattanzio. Non possiamo però dilungarci sull'argomento per mancanza di spazio; per un'ulteriore conoscenza della demonologia di Lattan­ zio, rimandiamo allo studio di SchneweissY Per quanto avvicinato, il limite con l'assoluto dualismo non viene mai sorpassato neppure da Lattanzio. La chiesa lo deve al suo dogma del Dio uno, creatore del cielo e della terra, com­ preso il diavolo. Di Satana, i cristiani sanno soltanto che si tratta di un essere; non viene loro in mente di ugua­ gliarlo alla materia malvagia, primitiva dei manichei. Egli, a quanto sembra, è uno di noi. La cosa, mi pare, è notevole nella storia della sua con­ versione che Agostino ci ha lasciato, conversione appunto dal manicheismo dualistico. Egli non ha considerato il problema dell 'origine del male, con l'attitudine teoretica del difensore della fede, ma lo ha sperimentato letteralmen­ te su se stesso. Le Confessiones testimoniano, nei capitoli dove si ma­ nifesta una eccezionale forza penetrante, in particolare nel VII libro, quanto egli abbia lottato su questo problema. Interrogativi di ogni genere si affollavano nella sua mente, sempre riguardanti il problema: chi è il responsabile delle mie colpe? forse il male, operante accanto a Dio, quale potenza indipendente e che, all'uomo, toglie responsabilità e libertà? oppure, se quella potenza non esiste, è forse Dio presente nei miei peccati ? ma questo non è possibile, perché dall'infinita clemenza non può venire il male. Forse I l E. ScHNEWEISS, Angels and Dernons according to Lzctantius,

The Catholic University of America, Studies in Christian Antiquity j, Washington 1944· 53

Satana? Anche questo non risolve nulla, perché come an­ gelo, anche lui venne creato buono ed allora si giunge alla domanda : qual è la provenienza della malvagità di Satana? Dal nesso dei concetti ora descritti, appare che in Ago­ stino sorge la domanda se fosse Satana la causa del pec­ cato, soltanto dopo essersi posto lo stesso interrogativo riguardo a Dio ; segue immediatamente l'obiezione che Sa­ tana stesso, in origine, venne creato buono da Dio. Ben­ ché non ancora cristiano, Agostino è dunque convinto che Satana, sostanzialmente, appartiene a Dio, al Dio buono; a lui, manicheo, non viene in mente di trasferirlo nel regno del male assoluto. Satana era dunque, evidentemente, una .figura cristiana, definita in modo cosl preciso da essere pensabile soltanto nel regno del Dio buono, anche per i non cristiani. Satana, perciò, salva anche il libero arbitrio per Ago­ stino, giacché non essendo il male assoluto, non è neppure la causa coercitiva del peccato. La malvagità risiede nel­ l'uomo stesso, che distoglie l'animo da Dio per incitamento del diavolo, è vero, ma sempre in libera scelta. Agostino, una volta fissato il limite, riconosce ancora al diavolo sufficiente potenza. Alla fine del vu libro delle Confessiones, dice che abbiamo peccato, e giustamente, perciò, ci siamo consegnati al peccatore dei tempi più re­ moti, al signore della morte, a Satana. Simili concetti ven­ gono espressi anche in altre pagine dell'opera sua, nei volumi III e rv del De Trinitate; in Opus imperfectum contra Julianum, spesso anche nelle prediche, dove chiama Cristo in croce l'esca che deve attirare il diavolo in trap­ pola, affinché la sua potenza, nei nostri riguardi, s'infranga. Tutto questo è riferito dettagliatamente nello studio di Rivière sulla redenzione in Agostino. 12 L'autore, del re12 J . RtvtÈKE, Le dogme de lo rédemption chez Saint Auguslin, Paris r933 3 • H

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sto, dimostra a wsa, contro le asserzioni di Gallerand, alias Turmel, che detti scritti non riproducono il pensiero di fondo della dottrina della redenzione di Agostino. Questa consiste nell'amore del Padre e nel sacrificio volontario del Figlio, per cui i nostri peccati ci sono rimessi. Cionon­ ostante, rimane il fatto che Satana è sempre di nuovo portato in scena ; Agostino, dunque, deve aver considerata notevole la parte, da lui rivestita, nel dramma della reden­ zione. Non giunge però mai a precisarla con esattezza e lo deploriamo. Può darsi che egli stesso non fosse in grado d i trovare una soluzione per tutti gli interrogativi con­ nessi al peccato, al diavolo e alla redenzione. Per quanto riguarda le ulteriori dichiarazioni di Ago­ stino sul diavolo e sui demoni non rimane molto da dire. l suoi dati non offrono nulla di nuovo circa il precedente periodo. Un inventario del materiale si può trovare nel Dictionnaire de théologie catholique di Mangenot e nel p i ù recente studio di Geerlings.n

,; La liturgia romana nel quinto e sesto secolo Quale ultima parte di questa esposizione ci rimane sol­ tanto da considerare brevemente la liturgia romana, del v e VI secolo, di cui abbiamo un estratto nelle formule di preghiera del Sacramentarium Veronense. 14 Anche qui, naturalmente, diavolo e demoni sono angeli caduti. Sulla caduta stessa, nulla ci viene riferito. Appare soltanto chiaro che gli angeli caduti, Satana escluso, e i demoni, sono identici; il racconto del libro di Enoch è Il

E. MANGENOT, in DThC, p. 4, 367 ss.; H. ]. GEERLINGS, De An tieke Dae monologie en Augustinus' Geschrift De Divinatione /Jaemonum, Dis. Amsterdam 1 9 5 3 . 1 4 Cf. la grande edizione di Mohlberg: L. C. MoHLBERG-L. EIZENHOFER-P. SrFFRIN, Sacramentarium Veronense, Roma 19,0.

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ormai cosa finita. Satana è il capo incontestato delle po­ tenze malvagie. È il condottiero al servizio del quale i de­ moni vanno errando sulla terra, seminando rovine. Una preghiera natalizia lo formula, più o meno, in questo mo­ do: «Signore, Dio nostro, concedi a colui che oggi è nato per la distruzione di Satana e la remissione dei nostri peccati, di purificarci dalla colpa e di difenderci dalle scor­ ribande dei demoni)) . Il testo, nella sua costruzione chia­ smica, specifica che l'annientamento di Satana e la difesa dai demoni sono di uguale importan�. Quando si tratta di descrivere i procedimenti nemici di Satana, le preghiere, per lo più, sono caute. Non si parla mai di un attacco diretto a Dio e neppure a Cristo. La lotta si svolge sopra un piano meno elevato: non Dio, ma il popolo di Dio è il bersaglio della strategia diabolica . Sa­ tana vuole l'assoggettamento dell'umanità alla sua tiran­ nica signoria e non vi è mezzo, inganno, o frode che lasci intentati, per raggiungere lo scopo. La lotta viene special­ mente descritta nei prefazi, l'epica dell'antica eucologia; a volte a tratti vigorosi che colpiscono accanto alla modera­ zione delle implorazioni. Cristo è il difensore della chiesa; egli stesso schiaccia il serpente, ma accorda alla ch iesa di condividere la sua vittoria. I martiri, in particolare, molte formule per la messa sono composte per la festa di martiri - sono i grandi compagni d'arme del vinci­ tore. In un prefazio per la festa di Stefano viene descritto come la morte - in passato la vittoria del diavolo - di­ venga la sua sconfitta nella redenzione e non solo la morte di Gesù Cristo, ma anche la morte dei suoi seguaci, i mar­ tiri. Ritroviamo l'antico concetto del martirio, considerato lotta contro Satana; riconosciamo anche la teoria della rivincita, già incontrata in Tertulliano. Satana, un tempo vincitore dell'uomo, viene vinto, a sua volta, dall'uomo. Del resto, l'economia della salvezza è qualcosa di più della lotta contro Satana. La preghiera natalizia sopra ci-

56 l A. R. Bastiaeilsen, DiQvoli nellQ /rQdi:r.ione

tata colloca uno accanto all'altro, l'annientamento di Sa­ tana e la remissione dei peccati, quale scopo dell'incarna­ zione. Forse, per lo scrittore, costituivano una sola cosa. Un'altra preghiera natalizia merita, a questo riguardo, la massima attenzione: