Angeli e Diavoli. Le origini di un mito 9788885629899

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ANGELI E DIAVOLI LE ORIGINI DI UN MITO

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na guerra invisibile è combattuta nei cieli; la posta in gioco è alta: la libertà dell'uomo. Quotidianamente due eserciti impercettibili

si affrontano: i pessimisti li chiamano >, in Revue de l'Histoire des Religions, 205 (1988), pp. 3-24. =

Ezio Albrile, Angeli e Diavoli. Le origini di un mito

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prassi alchemiche. È probabile che alla base vi sia la tra­ dizione ebraica compendiata nell'Enoch etiopico, anch'esso citato a più riprese da Zosimo59, e rivisitata in vesti «egi­ zie»60. Nel racconto di Zosimo, un angelo che abita nel primo firmamento vede Iside, descritta come una profetessa, e vuole unirsi a lei. Iside gli chiede di svelarle il segreto del­ la preparazione dell'oro e dell' argento, ma l' angelo non è in grado di rispondere alla domanda; le dice però che un angelo superiore, chiamato Amnaele, avrebbe potuto farlo e che l'avrebbe avvicinata il giorno successivo. Amnaele è descritto con un segno particolare sul capo. Quando Am­ naele giunse, Iside rifiutò di unirsi a lui se non le avesse confidato quale segno recava sul capo e se non le avesse svelato i segreti della preparazione dell'oro e dell'argento. Sono evidenti le affinità fra questo mito e quello degli angeli Vigilanti. C'è tuttavia una differenza importante fra la versione di Zosimo e le altre versioni del mito: i nomi dei due protagonisti Amnaele e Iside sono sconosciuti alle versioni ebraiche. Iside, come sappiamo, è il nome di una dea egizia che viene qui trasformata in una profetessa, cioè in un essere mortale; e questa metamorfosi, può essere un adattamento alla modalità giudaica di trattare l'unione fra gli angeli e le figlie degli uomini. Amnaele, però, non è co­ nosciuto nella lista degli angeli decaduti ed è praticamente ignoto all' angelologia giudaica in generale. E, secondo l'in­ terpretazione di M. Idel, sarebbe un adattamento giudaico del nome del famoso dio egizio Ammon o Amen61. K. A. FRASER, , in Aries, N. S. 4 (2004), pp. 1 25-147. E. ALBRILE, «Tingere l'anima>>, in Arys, 13 (2015), pp. 198-200; 60 M. MARTELLI-M. RuMoR, «Near Eastern Origins of Graeco-Egyptian Al­ chemy>>, in K. Gws-M. GELLER (eds. ), Esoteric Knowledge in Antiquity (To­ poi - Dahlem Seminar for the History of Ancient Sciences, II), Preprint 454, Berlin 2014, pp. 37-45. 61 M. IDEL, «L'origine dell'alchimia secondo Zosimo e un paralle-

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Giganti

Tale fenomeno di sincretismo religioso tra il mito ebrai­ co della caduta degli angeli e i materiali egizio-ellenistici sulle origini dell'alchimia potrebbe risalire alla comunità giudaica «eterodossa» di Leontopoli in Egitto62, dove il sa­ cerdote sadokita Onia rv, esiliato dalla Giudea all'epoca di Antioco IV Epifane e del sommo sacerdote Menelao (169 a.C. ca. ), aveva fondato un tempio alternativo al santuario centrale gerosolimitano, che rimase attivo fino alla distru­ zione sotto Vespasiano nel 73 d.C. Nell' alchimia ellenistica, si parla di «tinture occasiona­ li», cioè di operatività combinatorie che agiscono solo in concomitanza di determinate congiunzioni stellari. L' alchi­ mia, quindi, sin dalle origini presuppone un sincronismo astrale che è alla base di ogni operatività. Un motivo co­ stante, persistente nei secoli, nel configurarsi di quella che - a torto o a ragione - può definirsi una «tradizione»63• Ad Azazel si aggiungono altri sei Vigilanti - in tutto fanno sette, come gli apkallu: Amezarak che insegna le arti magiche e l'erboristeria, cioè i prodromi della farmaceuti­ ca; Armaros le tecniche per sciogliere gli incantesimi. Men­ tre gli ultimi quattro insegnano varianti della disciplina astrologica: dal riconoscere i singoli astri e il loro signifi­ cato (Kobabel), alla pratica delle fasi lunari (Asradel), sino alla comprensione delle regole della divinazione stellare (Baraqal). L'autore del Libro dei Vigilanti vede l'origine del male soprattutto nel fatto che gli Angeli rivelarono alle donne - e quindi all'umanità - i segreti delle arti e delle tecni­ che: metallurgia, magia ed erboristeria (una sorta di prolo ebraico», in A. ScHWA RZ, Cabbalà e alchimia. Saggi sugli archetipi comuni, trad. it. M. Ventura, Garzanti, Milano 2004, pp. 149-1 64 (pubblicato orig­ inariamente in Revue des É tudes Juives, 145 [1 986], pp. 1 1 7-124). A. MASTROCINQUE, From Jewish Magie to Gnosticism (Studien und 62 Texte zu Antike und Christentum, 24), Mohr Siebeck, Tiibingen 2005, pp. 145-147. PEREIRA, Arcana sapienza, pp. 189-207. 63

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tomedicina), cosmesi. Fonte di grande sventura è anche la conoscenza dei moti astrali e dell' astronomia . Ogni rovina è attribuita agli insegnamenti di Azazel, corruttore dell'u­ manità intera64• I frammenti aramaici del Libro dei Vigilan ti sono più di­ dascalici65: Semfl)azah insegna gli «incantesimi e il taglio delle radici»; I:Iermonf le magie, le stregherie e a liberarsi da esse; Bara q' el i segni dei tuoni; Kokab' el i segni delle stelle; Zeq(r)'el i segni dei fulmini; Ar 'taqoph i segni della terra; Samsr'el i segni del Sole; Sahrr'el quelli della Luna66. Rispetto al testo etiopico, qui gli Angeli che insegna­ no le arti sono otto, il frammento aramaico rivela quindi l'antichità e la specificità riguardo al corrispondente sfon­ do mesopotamico. Delle arti medicali babilonesi conoscia­ mo l' importanza di incantesimi e pratiche di erboristeria (asutu), dispensati da Semrl)azah; l' arte dell'esorcismo (asipiltu) è quella insegnata da I:Iermonr; il brontologio, la divinazione dei lampi e dei tuoni è ciò che insegnano Ba­ raq'el e Zeq(r)'el - i cui nomi significano rispettivamente «fulmine di Dio» e «lampo di Dio» -; secondo i pronosti­ ci babilonesi si tratterebbe dei «segni di Adad», i presagi meteorologici che leggiamo nelle tavole 37-49 della serie Enuma Anu Enlil. Le prime due lunghe sezioni di questa serie di presagi celesti, i «segni della Luna (Sìn)» (tavole 1-22) e i «segni del Sole (Samas)» (tavole 23-36), corrispon­ dono agli ammaestramenti che nei frammenti aramaici del Libro dei Vigilanti vengono dispensati dagli angeli Sahrr' el e Samsr'el. I «segni delle stelle», insegnati da Kokab' el - il cui nome significa «stella di Dio» - possono collegarsi alle ta­ vole 50-70 dell' En a ma Anu Enlil, dove si parla dei presagi 64 Hen. Aeth. Il, 1 0, 8 (SACCHI, Apocrifi, I, p. 66). 65 MIUK, The Books of Enoch, pp. 1 58; 1 71 ; F. GARCIA MARTINEZ (cur. ), Testi di Qumran, trad. it. C. Martone, Paideia, Brescia 1 996 (ed. or. Madrid 1 9934), p. 410. 66 ANNUS, , pp. 289-292.

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I.

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planetari67. Infine, i «segni della terra», insegnati dall'an­ gelo 'Ar' taqoph, sono legati non tanto alla geomanzia, quanto ai presagi terrestri raccolti nelle tavole della serie Summa alu. Il nome 'Ar ' taqoph significa «la terra è pote­ re»68, il possedere tali segreti reca un autorità e un arbitrio non indifferenti. Per questo anche in Babilonia trasmettere questi insegnamenti alle donne è ritenuto un abominio. La vicenda biblica negativizza in parte tali concezioni. La do­ cumentazione cuneiforme ci ragguaglia infatti sulle severe punizioni in cui sarebbero incorsi i trasgressori. Il divie­ to perentorio di non rivelare a chicchessia, ai non iniziati i contenuti delle tavole è un imperativo categorico.

S. M. MAUL, s. v. >, in P. GARELLI (éd . ), Le

Palais et royauté (archéologie et civilisation). 1 9' Rencon tre Assyriologique In­ ternationale, P. Guethner, Paris 1 974, p. 432. 33 GARBINI, Storia e ideologia, p. 122.

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III. Astri parlanti

litari del 587 e del 582. Secondo la Bibbia la comunità più importante degli esuli si trovava nella località di Tel Aviv, presso il canale Kebar34; ma non v'è dubbio che la corte re­ ale di Ioakin e i personaggi più importanti vivessero nella capitale, Babilonia. Su tutto il periodo dell'esilio la Bibbia fornisce una sola notizia: il re Amil-Marduk, il successore di Nabucodonosor (morto nel 562 a.C.), appena salito al trono, dove peraltro rimase solo due anni, concesse la grazia a Ioakin di Giuda, che finalmente uscì di prigione e fu ammesso alla mensa re­ ale insieme con altri personaggi della sua condizione35• No­ tizia non inverosimile, ma neppure probabilé6. Ma l'evento determinante, come abbiamo visto, fu il riciclo della figura più veneranda nella memoria nazionale ebraica, Abramo, associata al re Nabonedo; immaginando un legame storico tra il patriarca e le città più vicine al dinasta babilonese. Far nascere Abramo in «Ur dei Caldei», cioè in «Ur di Babilo­ nia», significava prima di tutto trasferire nella Babilonia le origini stesse di Israele; ma la scelta della città di Ur non fu casuale, come non lo fu quella di I:Iarran, la città che segna la prima lunga tappa di Abramo nel suo viaggio verso la terra promessa37• Ur e I:Iarran erano infatti le più importanti sedi di culto del dio lunare Sfn, di cui era stata importante sacerdotessa, ad I:Iarran, Addaguppi, la potente madre di Nabonedo che trasmise al figlio la devozione per questa di­ vinità; senza dimenticare poi che I:Iarran era anche la patria originaria dello stesso Nabonedo38• Le buone condizioni in cui viveva la comunità giudai­ ca di Babilonia, bene integrata ai vari livelli sociali e speEz. 3, 15. 34 II Re 25, 27-30. 35 G. GARBINI, Scrivere la storia d'Israele. Vicende e memorie ebraiche 36 (Biblioteca di storia e storiografia dei tempi biblici, 15), Paideia, Brescia 2008, p. 1 79. 37 Gen . 11, 27-31 . GARBINI, Scrivere la storia d'Israele, pp. 184-185. 38

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cialmente a quelli alti, sono rivelate anche da altre consi­ derazioni. In primo luogo vi è il fatto che in Babilonia i giudei abbandonarono la loro lingua parlata, l'ebraico, e si assimilarono all'ambiente babilonese che in gran parte era già arameofono; l'ebraico fu conservato e usato ormai soltanto come lingua scritta. Questo fu comunque un fatto di grande rilievo perché significava voler conservare intat­ te le proprie tradizioni culturali, cioè la propria identità, e un patrimonio letterario considerato importante e degno di essere trasmesso e incrementato. Anche se il fenomeno sarà percepibile solo alcuni decenni più tardi, è significati­ vo che a partire dal periodo dell'esilio la letteratura ebraica si arricchì di tematiche, generi letterari e mezzi espressivi ispirati direttamente dalla letteratura babilonese. È eviden­ te che la classe colta giudaica si mise subito in grado di accedere direttamente ai testi babilonesi, imparandone la lingua e specialmente la non facile scrittura. In Babilonia gli ebrei vennero a contatto con una cultura decisamente superiore al loro provincialismo rispetto alla civiltà fen ici accadico

asipu rabu).

Infine, se vogliamo dar retta alle ipotesi pan-babiloni­ stiche di Giovanni Semerano, potremo ritrovare l'idea me­ sopotamica del sangue divino nel nome della dea greca Demetra. La rappresentazione della dea ci ricorda che alle origini la Grande Madre, la Grande Genitrice, come Rhea, come Cibele, celebrava la ierogamia con un compagno divi­ no: «Zeus salì sul talamo di Demetra, nutrice di tanti», dice Esiodo57. Ma il matrimonio sacro fra Zeus e Demetra spie­ gherebbe l'originario significato dei riti della dea che «pro55 56 57

CAGNI, , pp. 66-68. CAGNI, «Il sangue nella letteratura assiro-babilonese>>, p. 68, n. 35. Hes. Theog. 912.

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paga la stirpe», non solo in senso simbolico, dal momento che le componenti remote del nome si rifarebbero all'acca­ dico damu «sangue»; etimologicamente rintracciabili nel composto damu-ataru, traducibile in «propagare la stirpe»58, dove il secondo termine ataru rimanderebbe al significato di «ampliare, sviluppare» la prole divina.

G. SEMERANO, Le origini della cultura europea. Rivelazioni della linguistica storica (Biblioteca dell'«Archivum Romanicum>>, Ser. II - Lin­

58

guistica, Vol. 38), Olschki, Firenze 1984, p. 185.

IV. ANOMALIE

Se il pensiero ebraico ha riformulato un pensiero origi­ nariamente mesopotamico assegnandogli una valenza ne­ gativa, bisogna però rilevare come talvolta gli apkallu siano coinvolti in azioni negative, ma condotte a fin di bene. La «provvida sventura» direbbe il Manzoni. L'affermazione è subordinata alla negazione, e gli apkallu in specifici contesti provocano la rabbia degli dèi oppure offrono la loro opera per contrastare quella degli stregoni. Il negativo sussiste come il modo d'essere di colui che afferma, come aggres­ sività propria all' affermazione: come nel mito di Adapa, in cui il saggio protagonista spezza l' ala della dea Sutu, il «Vento del Sud», utilizzando una pratica incantatoria, una giaculatoria magica. Queste tradizioni che coinvolgono gli apkallu sono tut­ tavia sporadiche, e testimonianze si possono ritrovare nei manuali di magia, la cosiddetta serie incantatoria Maqlu, letteralmente «Bruciare»1 • Un rituale di controincantesimo o «controfattura» (kispil). Nel rituale si bruciavano le im­ magini che riproducevano le fattezze dei maghi, e con l' at­ to stesso del dar fuoco, anche i demoni venivano allonta­ nati dal corpo o dalla cosa di cui avevano, attraverso l'arte magica degli stregoni, preso possesso2•

M. CrvrL ET ALI!, The Assyrian Dictionary, vol. 1 0 / pt. I, 1 977, l 251 b-252 a. ANNUS, , in Iraq 50 (1 988), pp. 1 47-1 65 (poi ripreso in Id., Mesopo­ tamian Cosm ic Geography [Mesopotamian Civilizations, 8], Eisenbrauns,

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Al centro di questo vero e proprio cosmogramma tro­ viamo Babilonia. Il cerchio centrale rappresenta lo spazio terrestre e fornisce indicazioni sulla topografia e sui princi­ pali centri urbani. Tutt' intorno, in forma di anello, è figura­ to l' insondabile Oceano, i cui confini lambiscono l' abisso li­ quido iniziale, il mitico Apsu. Sono questi gli spazi estremi ed esterni della mappa, dove si scorgono delle zone trian­ golari, luoghi al di là della percezione sensibile e visuale.

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Figura 4. Mappa del Mondo babilonese (trascrizione grafica), da UNGER, >, in Orien talia Christiana Periodica, 75 (2009), pp. 157-174. 21 22

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teriali cristiani e a tradizioni tramandate nella letteratura apocalittica zoroastriana23•

4. Seduttori cosmici

In una prima versione di questa mitologia, Caino è fi­ glio del serpente satanico che sedusse Eva, mentre nella seconda i «Figli di Dio» menzionati in Genesi 6, 2 e identifi­ cati, secondo la tradizione enochica, con gli angeli Vigilanti o con i figli di Seth, seducono le figlie degli uomini, cioè le fanciulle della genìa di Caino. Da ciò traggono origine due «Stirpi», quella del seme puro e incontaminato di Seth, non maculata dall'uso volgare della sessualità, e quella delle bestie, cioè i figli di Caino, predestinati alla lussuria, al male e alla dannazione eterna. Evidente, qui, l'impronta del «puritanesimo» giudaico. Leggendo questi scritti si può affermare che il «Sethia­ no» fosse uno gnostico appartenente alla razza speciale ed eletta di Seth24, cioè possessore dello sperma-spin ther, del seme-scintilla di luce proveniente dall'essenza del Dio su­ premo, ineffabile e inconoscibile, e depositato in Seth dal­ la Madre celeste (Sophia o Barbelo ). L'autocoscienza dello gnostico di sentirsi figlio di Seth, il suo porsi come «altro», come straniero, rispetto ad un mondo del tutto estraneo, e principalmente il suo utilizzo di riti speciali atti a garantir­ gli una gnosi salvifica, inducono a postulare l 'esistenza di cerchie elitarie dedite ad un tipo di spiritualità, e non ad uno specifico sistema dottrinale, che si potrebbe definire gnostico-sethiano. La storia del mondo per questi Gnostikoi coincideva con la storia della salvezza25; un doloroso cammino nel quale il 23 24 25

STROUM5A, Another Seed, p. 17 55. 5TROUM5A, Another Seed, pp. 1 25 55. STROUM5A, Another Seed, pp. 81 ss.

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V. Demonologie

Demiurgo omicida, un maldestro e malefico Angelo, ten­ tava di annientare e distruggere la progenie di Seth: per mezzo del Diluvio universale, alla distruzione di Sodoma e alla fine dei tempi. Ma Seth sopraggiungeva in tutti e tre i momenti a salvare la propria stirpe eletta. Nel mito gnostico, l'unione tra gli angeli decaduti e le donne mortali, dà origine a due distinte genealogie: i figli di Caino-Diavolo, cioè i «Giganti» delle tradizioni enochi­ che, e la stirpe «eletta» di Seth. Nel secondo caso, sembra inconsciamente ripresa e ricodificata la visione positiva de­ gli apkallu, eroi civilizzatori nei miti mesopotamici. Gli angeli Vigilanti nelle tradizioni gnostiche vengono soppiantati da altre presenze inquietanti, gli Arconti, i veri responsabili della realtà fittizia in cui vive l'uomo: si nutro­ no delle sue paure e delle sue passioni e rendono reale il «vuoto», il kenoma. Nei tempi delle origini, un essere celeste ha sedotto gli Arconti di questo mondo, con il risultato che il mondo visibile, il cosmo fenomenico, è un miscuglio di luce e di tenebre, di pneuma e di hyle. È lo straniante mito della «Se­ duzione degli Arconti»26 che troviamo elaborato, sotto par­ venze cristiane, in scritti «Sethiani» di Nag Hammadi quali l' Apokryphon fohannis, l'Apocalisse di Adamo o le Tre Stele di Seth: lo stesso mito è il fulcro del sistema manicheo e nella 26 A riguardo la bibliografia è vastissima, si cfr. F. CUMONT, , in Recherches sur le manichéisme, I. La cosmog­ onie manichéenne d'après Théodore bar Kh6ni, H. Lamertin, Bruxelles 1908, pp. 54-68; GH. GNou, , in Annali dell 'Istitu to Orientale di Napoli, N .S. 12 (1 962), pp. 121 ss.; G. WIDENGREN, Die Religionen Irans (Die Religionen der Menschheit, 14), W. Kohlhammer, Stuttgart 1 965, pp. 304-305; G. CASADIO, , in A. VAN ToNGERLoo-S. GIVERSEN (eds. ), Manichaica Selecta. Studies presented to prof J. Ries on the occasion ofhis seventieth birthday (Manichae­ an Studies, 1), Drukkerij Foerst, Oostmalle -Louvain 1991, pp. 43-47; E. ALBRILE, >, in U. BIANCHI (cur.), Le origini dello gnosticismo. Colloquio di Messi­ na (Numen Supp. XII), E. J. Brill, Leiden 1967, pp. 28-60. Su Mani lettore di libri gnostici cfr. CASADIO, , p. 45 e n. 1 1 . Keph. 4 2 (SPB, p. 107, 19-21 ); M. TARDIEU,