1P 
Fondamenti Del Metodo Degli Elementi Finiti, 1P [1 ed.]

Citation preview

Fondamenti Del Metodo Degli Elementi Finiti Politecnico Milano clup - milano (1978)

C. A. Brebbia J. J. Connor

C. A. Brebbia J. J. Connor

FONDAMENTI DEL METODO DEGLI ELEMENTI

clup - milano

FINITI

titolo originale: Fundamenta/s of finite e/emen t teclmiques traduzione di: Giulio Maier, Roberto Contro, Leone Corradi Dcli' Acqua, Alberto Franchi, Lorenzo Ju1ina, Roberto Nova, Alberto Peano

copyright© 1973 Butterworths, London copyright© 1978 clup ,rsi~r,Jt\gg5a~i38t~sitaria del politecnico, milano prima edizione: ottobre 1978 ristampa

V

rv

1987

1988

~tampato presso il centto stampa roizano, via milano 99, rozzano (mi) per conto dell,a cl~p, gi~za leona rdo da vinci 32, 20133 milano

SOMMP.RlO

PRHlESSA

Capitolo' I NOZIONI PRELDIIN'A.Rl

I.I 1.2 1.3 l.4 1.5 1.6 I. 7

Introduzione Teoria lineare dell'elasticità Princip io degli spostamenti virtuali Principio della minima energia potenziale . . . . . . . . •. , , • , •. • . , . Principio delle forze virtuali Principio della minima energia complemenlat! Il metodo di Ritz - l{ay!eigh . . . . . . . . . . . . . , • , •••• • • , • . Esercizi

pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag. pag.

li li

16 20 23

24 27 37

CapitoJo(ì) IL METÒÉlO DEGLI SPOSTA..\IENTI ED IL )lE.TODO DELLE FORZE NELL'ANALISI DEI SISTEMI DI TRAVI 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5 2.6

Introduzione Il metodo degli spostamenti. Le strutture reticolari fi metodo delle forze . Le strutture reticolari . Le equazioni che governano l'analisi delle strutture re1ico!ari II metodo delle forze. Le travi li metodo degli spostamenti, Le lravi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . , , . Esercizi

pag, pag. pag. pag. pag. pag. pag.

47 47 53

55 57 64 68

Capitol\_3; IL METODO DEGLI SPOSTAMENTI. PROCEDIMENTO GENERALE Introduzione Discre1izzazione in elementi finiti e matrici degli elell' .,,ti J;quazioni del sistema . Soluzione. Caso statico , 3.5 Soluzione. Caso dinamico 3.6 Sommario 3.1 3.2 3.3 3.4

pag, pag. pag. pag. pag. pag, pag.

73 73

82 86 87 90 90

Ulpitolc( 4 STATI PIANI DI SFORZO E DI DEFORMAZIONE 4.1 4.:1 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8·

Definizioni L egami sfc,rzo•d eformazion e in stHi piani Leggi di trasfomrn.zione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Energia specifica di deformazione . Matrice di rigid ezza e,tension2.le Matrici caratteristiche de ll' eleme nto Eìementi triangolari Elementi r ettangolari Elementi .isop:uametrici , . Esercizi

pag.

pag pag. pag, pag, pag. pag. pr.g. pag.

93 95 96 99 103 106 121 128 133

Capitolo(V ANALI SI TPJDIMENSIONALE DELLO STATO DI SFORZO

5.1 Introduzione . .. , . .5 .2 Relazio/U tridimension.lli. Coordinate cartesiane s.:; Elementi tetraedrici ~.4 Elementi esa edrici 5.5 Elementi p éntaedrici 5.6 Analisi dei solidi di rivoluzione Esercizi

pag .

pag. pas.

pag. pag pag. pag.

137 137 141 146 Ili

ll6 162

Capitolo 6

PUSTRE INFLESSE

6. 1 Introduzione .. . .. . . , .. . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . 6.2 Relazioni goyernanti il comportamento lineare di piastre inflesse 6.3 Relazioni per J'e]P,mento. Deformazioni taglianti trasv ersali trascurabili 6.4 Elementi rettangolari . . . • . 6.5 Elementi triangolari . . . , . , 6.6 Elementi con deformazioni taglianti tr,uvenali E sercizi , • , •

pag. 16l pag. 16l pag. 168 pag. 171 pag. 178 pag. 186 pag. 192

&ai:i.itolo 7

ANALISt .,DEI GUSCI :[fVlnfrodu.zione =. • • • • • • • , • • • 7, 2 '.Vl dealizzaziòne con elementl piatti 7 .3 Teori&. line~ dei gusci in coordinate curvilinee ortogonali

pag. 195 pa&. 195 pa_g. 200

7.-l- Eleme:ui i:-~r gusci citindiici sottili 7.5 Gusci Ji R.irnluzlone 7,6 Elementi i;-a gusci ;o!lili ribJssati 7.7 Gusci non ribJssJti

pJg. 110 pag. 213

Rifrrimenti bibl.iosr:1.fid

p:ig. 2J5

PJ!!. p:?g.

~:!4 230

Appendice l

GtoSSAR1O P..\.RZULE DEI SDIBOLI

pag. 139

Appendice 2

FOR.\tuLE DI INTEGRAZIONE NlnfER.IC..\

pag. 243

PREMESSA

Dopo essere stato oggetto di una vasta attività di ricerca, particolannente intensa nella seconda metà degli anni '60, il metodo degli elementi finiti si è diffuso nella ingegneria pratica con singolare rapidità e successo. Mentre gli interessi di ricerca si andavano spostando sulle basi matematiche e sui raffmarnenti computazionali, specialmente per analisi non lineari, il metodo e le relative tecniche di calcolo hanno trovato crescente spazio sia negli studi universitari di ingegneria sia nell'"istruzione permanente" per l'aggiornamento degli ingegneri ; nello stesso tempo hanno dato luogo ad una ampia letteratura di tipo sistematico e trattatistica soprattutto di lingua inglese. Tra i numerosi libri oggi disponibili, alcuni dei quali da vari punti di vista eccellenti, questo di Brebbia e Connor si segnala per una scelta di finalità decisamente didattiche ed applicatiVe e per un buon Compromesso tra concisione e chiarezza, tra brevità ed ampiezza di contenuti. Inoltre, in base ad una esperienza di vari anni nel presentare ad allievi ingegneri civili di indirizzo strutturistica alcune nozioni sul metodo degli elementi finiti, mi pare che fra le trattazioni straniere quella qui tradotta più facilmente si annonizzì ed integri nel contesto dell'attuale nostrù curriculum di studi in ingegneria. La limitazione all'analisi strutturale lineare con ]'approccio negli spostamenti non è probabilmente da considerarsi troppo restrittiva, in vista del carattere introduttivo del testo e del fatto èhe questo ambito rappresenta il nucleo intorno al quale si è storicamente sviluppata l'onnai ampia tematica degli elementi finiti e dal quale ancor oggi ogni trattazione pratica non può prescindere, anche se intesa ad abbracciare campi meno tradizionali e consolidati. Pertanto appare ragionevole ritenere che il libro possa riuscire utile pure ad allievi ingegneri e ad ingegneri con interessi culturali e profe~sionali non limitati al settore strutturistica o anche ad esso estranei. Ambedue gli Autori hanno dato significativi contributi di ricerca nel campo degli elementi finiti e soprattutto hanno maturato una solida esperienza di insegnamento in scuole, come il Massachusetts Instìtute of TeclUJology e l'Università di Southampton, dove a questo campo ed al più generale campo della meccanica computazionale viene da tempo riservato considerevole spazio didattico. Agosto 1978

Giulio Maier

11 1. NOZIONI PRELIMINARI

1. J Introduzione I metodi degli elementi finiti sono tecniche atte ad approssimare le equazioni differenziali che governano un sistema continuo_con u'!._!!S~ma di equazioni algebri_che in un numero finito di incognite. t:i diffusione di questi metodi è soprattutto dovuta alla facilità con cui essi possono essere tradotti in programmi di calcolo. Inizialmente tali tecniche furono sviluppate per prohlemi strutturali, ma in seguito sono state estese ed applicate a numerosi problemi di campo. Nel presente testo la trattazione è limitata alle applicazioni in meccanica dei solidi.

• Una discr_~tiz:i:gione di,il con!_!Il.!!Q_! !! P!."!_l_o passo~i tratta anzitutto di suddividere .i:! dominio in sottodomini, detti elementi finiti, e di scegliere dei punti, chiama_ti • nodi sul confine tra elementi contigui o nelJ'in!emo degli elem~nti.Misure di spo• §lam.entLo di sfoni nei nodi sono poi assunte come vanabUi incognite;_m un punto generico di un elemento sono espresse in termini di variabili nodali mediante funzio• ni d'interpolazione ~_Infme le equazioni algebriche risolventi sono generate mediante l'impiego di un principio variazionale. La fig. l.J presenta alcuni tipici elementi finiti per vari tipi di problemi. Elementi quadrilateri e triangolari sono usati per lo studi'l di lastre (in regime membranale) e di piastre (inflesse). Le volte sono discretizzate in elementi piani o in elementi curvi. Gli elementi curvi s.1no pi\J adatti, ma richiedono una generazione pi\J onerosa, in tennini di tempo, delle relative matrici. Solidi di rotazione vengono discretizzati con elementi ad anello (toroidali). La discretizzazione di corpi tridimensionali può essere effettuata con elementi tetraedrici o esaedrici aventi facce piane o curve. Poiché i metodi Eer elementi finiti s.i fondano su certi principi variazionali, comince• r' è m o ~ ~ - ; u ; ;quazionifundam~tali della- ti oria-dell'el;;:;ticit3 lineare e sui relativi principi variazionali. Nel capitolo 2 si discuteranno formulazioni rnatri• ciali dell'analisi di sistemi di travi (cioé strutture_reticolari e telai), Il procedimento generale per formulare l'analisi per el.emènti futili negli spostamenti è descritto nel capitolo 3 e le applicazioni a problemi di lastre piane, di solidi tridimensionali, di piastre e di gusci o volte sono discusse nei capitoli da 4 a 7.

"1.2 Teoria lineare dell'elasticita La teoria lineare dell'elasticit.i è fondata sulle seguenti ipotesi: (a) I cambiamenti di direzione e le dilatàzioni dovuti al campo cl.i spostamenti sono piccoli. Questa g>otesi conducCLa relazioni ill_l~ari tra spos_tamenti e deformazioni .!!!lli,nseche. ('linearità geometrica') e permette W formulare le equazi~ni di equili• brio con riferimento alla configurazione geometrica indeformata.

12

~ Z""P□

Triangolo a 3 nodi

Triangolo a 6 nodi

Cl

Rettangolare Quadrilatero generico

~i"" "~'@ . Elemento toroidale quadrilatero

Elemento toroidale triangolare

Elementi di guscio

Elemento di volta assialsimmetrico

Elemento di volta quadrilatero

Elemento di volta triangolare

Elementi tridimensionali

0

Tetraedro Isoparametrico fig. i.I Alcunit.ipidielementlfiniti

~~}o1!n::I2amento del materiale è lineare, cioé sono lineari i legami tra sforzi e Per affrontare problemi di biforcazione o di spostamenti finiti, si devono considerare tennini rotez.lonali non lineari nelle relazioni tra defonnazioni e spostamenti e fonnulare le equazioni di e~uilibrio con riferimento alla geometria deformata. Non Jinearit:i di natura fisica sono colte da opportuni legami, non lineari, tra sforzi

13 e deformaziom. Tali argomenti trascendono gli scopi di questo libro. Qui di seguito si richiamano le ~azioni linearizzate, riferite a coordinate cartesiane ortogonali (x, y, z).

1.2.1 Stato di sforzo In un punto interno di un corpo lo stato di tensione è definito dal tensore degli sforzi(cf,r. fig. 1.2)

(I.I)

dove: (1.2)

tig.1.2 Notazioni per fotze, tension i e spostamenti

Le componenti del tensore di sforzo devono soddisfare in tutto il corpo le seguenti equazioni di equilibrio

aa.-./ax+a-r_,yj'oy+cl'l'u/az+b"

=O

a-c.•,,/ax+0, dw) dS

,-n,

(1.25)

21

6ol

fig.1.5 Encrgiedideformaiio11e e complementare

Si noti che !'integrale relativo al contorno interessa solo S0 dal momento che !).u= OsuS11 •

Infine si ponga (1.26) chiamando fonna

trp

'energia potenziale totale'. L'equilibrio può essere espresso nella

b:-ep

= O;rPesatto

(1.29)

Useremo questo risultato al fine di determinare delimitazioni per soluzioni approssimate in tennini di spostamenti. Le ·equazioni risolventi per un sistema strutturale lineare discreto hanno in generale la forma ! (1.30)

22 dove il vettore P contiene i cariclti, U le incognite di spostamento e K è la matrice di rigidezza del sistema. Osservando che tali equazioni discendono dalla {1.27), possia-

mo scrivere (1.3 1) D valore di

1l'p

in una situazione di equilibrio si ottiene facendo uso della (1.30):

npl

=turp_ urP =-turp

(1.32)

confii.dieq111.l.

Agisca sul sistema una sola forza concentrat~ Pc e siano Uc il valore esatto e u~a) un

valore approssimato per lo spostamento nella direzione di Pc , I valori esatto ed approssimato dell'energia sono 21tp

= -UcPc

2npappros~

-u~•lpc

In base alla ( 1.29) si ottiene una delimitazione per Uc

( l.33) Questo risultato indica che un campo di spostamenti congruenti approssimati corrisponde ad una struttura che è non meno rigida della effettiva e che pertanto fornisce confini inferiori per lo spostamento.

Esempio 2 Si consideri una molla lineare di rigidezza k, soggetta &.d un carico P (fìg. 1.6). I vari termini di energia sono

({} =½ku2 0=-Pu = ½ku2 -Pu

:-ip

fig. 1.6 Mollaçoncarico

L'equazione di equilibrio si ricava imponendo la stazionarieta di "ll"p per arbitrari u

23

6;rp

= ku.6.11-Pdu = O

per cui

kuc-P=O Per mostrare che l'energia potenziale è minima per Ile si calcoli razione variatau =ue+l:w 11:~ = {-k(110 +.6.u)2 -P(u 0 +.6.11)

1Tp

per una configu-

=np+6np+½62np

= np+½k(6.u)2 • Poiché k

> O, si conclude che np

>

per qualsiasi tw "'F o .

:-rp

l. S) Principio delle forze virtuali In quanto segue considereremo solo sistemi 'geometricamente lineari' nel senso precisato al paragrafo 1.2 . .CUi propone di stabilire un principio variazionale che ~~gayle co_n.dizioni di congruenza. ~i può interpretare tale risultato come il duaJe del principio degli spostamenti virtuali che abbiamo visto essere equivalente alle equazioni di equilibrio. Anzitutto moltiplichiamo ciascuna relazione defonnazioni-spostamenti per una 'tensione virtuale' corrispondente ed integriamo:

vLUc [(t_.-au/Ox) 6.a..+(e., -av/cly) .6.u., + ...

+(Yx.-811/clv-clv/clx) dl'.,.+ ... ] dxdydz

=O

Poi integriamo per parti i termini che contengono derivate degli spostamenti ed imponiamo che le tensioni soddisfino le equazioni di equilibrio in sede indefinita (1.3) e sul contorno (1.4). Un campo di sforzi che rispetti l'equilibrio si dirà 'staticamente ammissibile'. La precedente. diviene

fff (e.,,-6.ax+ ey·6.ay+ . . +y_,y'Ò't'xy+ . . . ) dxdydz =

fs(116.p_.+v6.p,+w6.pr)dS

(1.34)

Questo risultato esprime il principio delle forze virtuali. Esso è valido per qualsiasi comportamento di materiale, ma a condizione che ci sia li.nearitA in senso geometrico-cinem:i.tico. Si noti che e e u sono defonnazioni e spostamenti effettivi, me ntre il sistema di quantitll virtuali (ti.o, 6.p) deve essere staticamente ammissibile ma del esto può essere arbitrario,

24

1.6 Principio della minima energia complementare Senza perdita di generalit3 il campo tensionale può essere espresso come (1.35)

dove ap (campo tensionale 'primario') soddisfa le equazioni di equilibrio e le condi• zfoni statiche al contorno su S 11 e CJc (temtlne 'correttivo') rappresenta un sistema di sforzi autoequilibrato, staticamente ammissibile con Pc= Osu S0 • Vogliamo giungere ad un principio variazionale per Oc. Assumendo .6.oc come sforzi virtuali ed osservando che .t..p;::;: O su S 0 , la (1.34) si può scrivere

JJJt.

7

6.a 0 dxdydz= JJ... UTb.pcdS

(1.36)

Per interpretare (1.36) come condizione di stazionarietA di un · funzionale di dobbiamo definire una funzione V.,(o) tale che

OV.,

= E 7 !io = t,,. 6.o .. + ...

+y,"J, Ll-rx.v+ .

Oc

(1.37)

Ve si chiama densìta di energia complementare. La definizione precedente conduce alla seguente fonnulazione alternativa delle relazioni costitutive;

'òVcfòax

Ey

= 'òV /81:x>'

Y,x

Ex=

Yxy

0

= 8V0/Òl7y

e,

= òVcfèr:,,

= 'òVc/Ò'tzx

Yn

= 'òVc/'ihy,

(1.38)

Per materiali elastici lineari €

= Ca

= Ve = ¾aTCa

(1.39)

Inoltre, per definizione (cfr. fig. 1.5)

(v+VcÌii:= aTt, Si ponga ({)e=

(1.40)

JJJ Vcd(volume)

( 1.41)

e si definisca il funzionale dell'energia complementare totale come :7r

0 = ({)

0 ~

J.ls~lJTp

dS

= :otc(o')

(J.42)

Esprimendo 1fc come funzionale di Oc, la condizione di stazionarieta risulta

li:ir 0 = O

per qualsiasi !::.oc

(1.43)

ed appare identica alla (1.36). Dunque le tensioni effettive (quelle per le quali sono soddisfatti sia equilibrio che congruenza) corrispondono ad un valore stazionado di

,,.

Operando su 61r 0 si ottiene

25

{hr,c = l:FVc

= ffJliET Aa

0

dx dy dz

= fff Aa[C1 1!.0 0 dxdydz

(1.44)

Pc .ché Cr è definita positiva per materiali stabili, il punto di stazionarieta è un minimo relativo. Quindi l'energia complementare totale per un campo di tensioni approssimato ola) è maggiore o eguale al valore vero.

l l.45J Tale risultato sarà ora utilizzato per stabilire un limite superiore al valore di certi spostamenti. Si consideri un,i struttura soggetta ad un insieme discreto di forze P1 , Pl, .. , Pn. Poniamo P ={P1} ed esprimiamo sforzi e reazioni nella fonna a

p dove 01,

Pi

= {Oi, 0 2 ••• iln} P = BP = {jii, P2 ... ji,,} f = RP

(1.46)

definiscono la soluzione relativa al valore unitario diP1, da interpretare

come singola forza agente su S0 • Si noti che 01 contiene sia la distribuzione particolare (Op) che correttiva (oc)- Mediante la (1.46) ed ipotizzando comportamento elastico lineare, l'energia complementare totale assume la fonna

ne

= ½P

7

FP- P7 d

F

= fff erc a dx dy dz

d

= fls.

(1.47)

R7u dS

Abbiamo dimostrato che ffc è stazionaria rispetto alle tensioni correttive Oc, Per cogliere il significato meccanico di a1t,JaP useremo la (1.34). Assumendo un sistema virtuale defmito d3. 01, M;, l'integrale di superficie su S0 si riduce a M, dove u1 è lo spostamento nella dire2ione di P1; quindi si può scrivere:

u,

u1 ò P1

=((

ff?:;

1 dxdydz-

la quale fornisce:

JL. !; iV

1

dS}LJPi

(1.48)

a U1=&;:tc

Generalizzando il risultato, osserviamo che u

= {ui, U2





Un}

= FP- d

(1.49)

dove F è la matrice di cedevolezza (o flessibilit.i) della struttura e d rappresenta il contributo dei cedimenti vincolari. Quando TI = Ol'energia ffc si riduce a

27 Lo spostamento nella direzione di P è determinato da 11

= Ònc(èP = (L/AE)(P-X)

L'ultima eguaglianza discende dall'espressione generale 11

= an.,/8P = 8rt,_/'òP+(8nc{aX) (dX/dP)

tenendo presente che il sistema effettivo di forze soddisfa la

'ònc/BX = O I . 7 Il metodo di Ritz~Rayleigh Si consideri il problema di detenninare la funzione incognita y(x) che corrisponde ad un valore stazionario del funzionale

I

= JoL f(}', òy/òx) dx (1.52)

y(O) - y(L) - O

Nel metodo di Rayleigh-RHz y viene approssimata con uno sviluppo in un numero finito di tennini J'

~

t,

(1.53)

q,efit y

= q~2ltftt +q~2)efi2 = qtJ>ipl +qflcJ>2 + ... +qjll,J,J

( 1.56)

Poiché lo sviluppo j-esimo contiene tutte le funzioni comprese nel precedente e poiché l è minimizzato ad ogni passo, si può affennare che J(J.) . . J(2) .. ... ;.

J"'

\!.::>//

La ( 1.56) è detta una successione minimizzante. L'impiego di una successione mini-

mizzante assicura una convergenza monotona del funzionale. Si ricordi per6 che le funzloni devono essere ammissibili e fonnare un insieme completo affinché la soluzione converga alla soluzione esatta.

Esempio 4 Il funzionale dell'energia potenziale totale è definito da

n, -

ff f Vdxdyd,- ff f b'u dxdyd,-Jf,yu dS

(a)

P

dove E, sono forze assegnate e Vè una funzione delle deformazioni. Limitiamo la discussione al comportamento lineare, cioé a relazioni lineari tra defonnazioni e spostame nti ed a leggi costitutive lineari. In tale caso: V = ½(E-Eo)T D(E-Eo) E=

(b)

LU

dove L rappresenta un operatore lineare alle derivate paniali. Nel metodo di Ritz gli spostamenti sono espressi come

11

=

f

1- 0, 1 ..

q(3/·HJ'Pt31+1)(x, y, z)

29 dove ciascuna funzione ,p1 è continua fino all'ordine zero e soddisfa le condizioni cinematiche al contorno su Su. I parametri Q; sono chiamati spostamen ti generaJiz. zati. Sostituendo per u, v, w in {b) e ponendo q ={q1o qJ, ... , q 13 n + 3,~ si giunge a €

= L B,q1 = Bq

V= } ~~ [Bf DB1qjq1 -2(e~D81)q1) + ~De0 Cra introduciamo in (a) le espressioni della densit:i di energia di defonnazione e d.:gli spostamenti, ottenendo così: :rp

= ½q 7 Kq -

q 7 P +costante

rnterpretiamo K come matrice di rigidezza generalizzata e P come vettore delle forze generalizzale. I loro elementi tipici sono calcolabili con le KiJ

P1

= Ki; =

JJJ

B} OB1dxdydz

= Jf J(Bf De

0

+4>f5()) dxdydz+

fL 4>1Po dS 0

dove ( ) =x, y, z dipendé dal valore di i. [nfine imponiamo che 1Tp sia stazionaria rispetto agli spostamenti generalizzati

bitp

= ilq 7 (Kq -

P)

=O

Kq

=p

per 6.q arbitrari

(e)

per cui La soluzione esatta corrisponde al minimo assoluto di J'l'p. Dunque, si può valutare la convergenza confrontando valori successivi dì J'l'p detenn:inati da una sequenza minimizzante. In virt\J di (c).il valore di J'l'p in una situazione di equilibrio è (J'!'p) i it, equ!I,

= -{ qrp + costante

Esempio 5 · Il funzionale energia complementare totale è definito come

,, ~JJJv,dxdyd,-Jl_arpdS dove, per il caso elasÌico lineare

v~ = a rEo+ta TCa Esprimiamo a come

30 dove Op è una soluzione particolare delle equazioni di equilibrio indefinite e al coniamo S 0 , e Oc rappresenta il campo di sforzi correttivo, cioé le tensioni necessarie per còmpensare le violazioni di congruenza connesse con op. L'energia complementare totale è stazionaria rispetto a Oc, Invece di generare anzitutto Tic, è piU comodo applicare il procedimento risolutivo partendo direttamente da 61rc (cfr. 1.35), fmc

= f JI ET l\0

0

dxdydz-f

Js. u T .6.p 0 dS = O

(a)

Sostituendovi l'espressione di o per materiali elastici lineari, (a) diviene

JJJ ofC.6.0 dxdyd2 = fff -(E[+ a ~C).6.0 dxdydz 0

0

+ ffs.UT.6.pcdS

(b)

Esprimiamo il campo tensionale correttivo e le forze di superficie come

Oc= ,tia,Ql1 (e)

dove ciascun campo assegnato IP1 è staticamente ammissibile ed autoequilibrato (,J,1 = O su S0 ). Introducendo (c) in (b) ed imponendo che il risultato valga per t:.a 1 arbitrari , si ottiene il seguente sistema di II equazioni lineari algebriche in II pararne• triincogniti:

j

= I, 2,

(d)

fff •P)Clj,.1: dxd.1•dz fIsw UT4JJ dS- fff iH(eo+Cer,) dxd)'dz

/JA· = fl) U ~ = BU n

e

=-yW

B

=-y(-}+~32

-f+~ i-!#

-}+~)

Considerando solo lo sforzo normale, le relazioni sforzi-deformazioni si riducono a

a= DE che fornisce cr = Er

Infine, con (3.15) si costruisce K

_

K _

fJJ

12

7

B DB d(volume)

61 - 12

6/ ]

_El [ 4P -6/ +2Psimm. 12 _ 61

- p

.,,

Questo risultato coincide con la matrice di rigidezza 'esatta' d1 una trave prismatica. La concordanza è dovuta alla scelta delle fun interpolatrici. Infatti si può facilmente mostrare che l'esatta soluzione delle equazioni omogenee che governano l a flessione di un elemento prismatico è un polinomio cubico.

Con (3.18) si ottiene il vettore delle forze nodali equivalenti dell'elemento. Si riporta qui di seguito l'espressione corrispondente ad un carico trasversale distribui-

to, p(x )

82

in cui X=;,;//.

3.3 Equazioni del sistema Le equ:1Z(oni del sistema risolvente si costrniscono iommando i contributi degli elementi in ogni equazione di equilibrio nodale. Si descrivono qui di seguito le fasi necessarie per l'n--esimo elemento. In primo luogo, con i vettori delle componenti di spostamento nodali u,1i si fonua il vettore U" degli sposta.menti nodali de!l'elemento (3.20) in cui S è il numero dei nodi dell'elemento e n1 è l'ejfetriYo numero di nodo assegnato allo j-csimo numero di nodo corrispondente. Si ripartisce quindi I1 = À1Jll4>, = mfJ/l4ii .'l.~$;;.$,_.)dA K,.,. = JJ [Drt:!$;A1. ,.+ D,:iaf $,r,,$, r+ $.1'y;_.$, A dA

Kww

=

KM1u1+Tcj> d(volume)

dove

(5.11)

J

5.2.5 Vettore dei carichi P

~ fff (B'D•,+"''b) d(,olume)+ JL "''P dS ~

P.,

= fJf (-cj>:7'_.a~-$,1',~,.-$,1',r~.,+b_,$T) d(volume)

(5.12)

/~:I (5.13)

+ff,,P,$'dS e P11 , Pw hanno una fonna analoga. Se i carichi e le variazioni di temperatura sono specificate. ai nodi, la loro distribuzione all'interno dell'elemento può essere definita in tennini dì funzioni di interpo-

lazione. Sia

J t nel nodo/

fj

f

= l O· in tutti gli altri nodi dell'elemento ~

[J,,f,, .. . J

(5.14)

e si scriva T - fT"

b., - fb'.;

P,

~

f'p;

(5.15)

dove f* e p~ sono spedalizzate per un lato particolare . Se il materiale possiede propriet.i variabili all'interno dell'elemento si può procedere allo stesso modo. Si noti che f tfJ quando le variabili nodali sono tutte traslazioni. fa ciò che segue, l'attenzione sarà posta sulla fo nnuluione dì,P pervari tipi di

=

141

elementi. Come nel caso delle lastre, è conveniente lavorare con coordinate adimensionali che siano coordinate 'naturali' per la geome tria dell'elemento. Ciò implica una trasfonnazione delle derivate ma l'operazione non è difficile.

5.3 Elementi tetraedrici 5.3.1 Coordinate tetraedriche La fìg. 5:1 mostra un tetraedro orientato arbi trariamente, Le coordinate 'naturali' sono te distanze relative lungo i lati 4-1, 4-2 e 4-3 . La faccia opposta al nodo i è la faccia iesima. Per definizione t, = Osulla faccia iesima. Le relazioni tra le coordinate cartesiane e quelle tetraedriche sono ottenute uguagliando il vettore posizione-; espresso in tennini dei due insiemi di coordinate: r :punlo

dove

;= xf+ yj+ zk = ;:inodo t;"dui1+;2/~a"is+;3/1aé3

(5.16)

= ;',xt+i2X2+ça,.3+( l-t1 -;2-;°3)x, = i 1Y1+;"2J12+ç3ys+( l -e1-;2-;3)y4 Z = !1zt+t::Zi+;3Z3 + (1-~1-!2-;"3)Zj

x

Y

z

}-y X fig.5 . 1 Sistemadicoordinati,naturalidel tetraedro

Invertendo le (5.16) si hanno \e relazioni dcside rat!l, cioè t1 = ~,(x, y, z) per I= l, 2, 3. La forma delle (~.16) suggerisce di porre

142

(5.17) e di esprimere le funzioni di interpolazione in termini di (t 1 , b, t 3 ) e t 4 • Questo modo di p1ocedere è stato utilizzato anche per l'elemento triangolare piano (t,, wordinate indipendenti e b = 1- ~1 _:t 2 ) . Si scriva l'espressione di~, come

ti

~1

= ~ (2VJ+a1x+b1y+ciz)

j

= 1, 2, 3, 4

in cui V è il volume del tetraedro e i coefficienti sono delle costanti che dipendono dalle coordinate nodali

a,= (Zk}'1-Z1Yk) + (z,y,,,-z,,,y1)+ (z,,,yk -Zk)'m ) bi= (Z1xn

q,, = {(1+ ;,;)( 1+11/17)(1 +CiC)

(5.36)

(lostessovalepery ez) la trasfonnazioneè indicata nella figura. Si possono consentire lati curvi utilizzan• do funzioni di ordine superiore. Per esempio, xn x

= {x1, Xi, = q>x~

..•

X20}

($ definita dalle (5.35))

(lostessovalepery~z) d:ì. una variazione quadratica su un lato

flg.5.7 Esaedroi.sopa:rame trkodel primo ordine

(5.37)

149

Le derivate cartesiane sono determinate da

ax ay

a,

a[

~

al

a., ay a,

Jz

e;; e;; e;;

(5.38)

a, 6' 6' 6' a,J, a,J, ax ay

ex

al

a,J, =J-1 a,J, e;; a,J, a,J, az 6'

a,;

Inoltre, l'elemento infinitesimo di volume diventa d( voume)= I ( val_o redi

ar

a;

ar) ,

~Xa;, · aç d~d11dC

= ( valore assoluto di

IJ I)

cte d17 dC

(5.39)

PoicM J è variabile, l'integrazione numerica non è eVitabile. Le formule per la quadratu ra gaussiana tridimensionale sono elencate nell'Appendice 2.

Se le variabili nodali sono solo traslazioni (non loro derivate) e le trasformazioni delle coordinate hanno la stessa forma delle espansioni della funzione spostamento, l'elemento è detto 'isoparametrico'.

x=x" u=cf>u"

y=$y" v=$v"

=$z" w=cf>w"

z

(5.40)

Per garantire la convergenza, le espressioni delle coordinate devono contenere un

polinomio lineare completo, cioè devono soddisfare la condizione (5.4 1) dove n è il numero totale di nodi dell'elemento. Per completezza, verranno fatti ora alcuni commenti sul modo in cui viene tenuto in conto il carico distribuito suUa superficie. Si consideri la faccia t = + 1 indicata in fig. 5.8. Si definisca lo spostamento e la distribuzio ne di carico sulla superficie in termini di funzioni bidimensionali di interpolazione e di quantità nodali relative alla faccia:

150

u*,

P.!" co11tengono le

traslaz,ioni dei nodi e i valori delle fori.e nodali per la faccia

/=+!

"~ ~•u•} ~ suUafaccia t=+ 1

p"

.1.

= 'l'P.~

(5.42)

b!tegrazionesu!Jasuperfide

5B

50

44

4B

9

8

.3

I

CD \ ~2 5

14

l'::} 28 33 42 56-X

IP/4

CJ~=r-~ ~ ??nodi -

a= 12 cm P=IOOkgf h {= spessore ) 0 0·69cm . v(:modulodll'oisson):0 ·3 E{=modulodlelasticità )=30 000 kgf/cm2

fig.5.9 Geomettiaediscretizi:azionedi una piastra circolare

151 Il vettore di fonc nodali corrispondente è (vedi (5 .13))

[U, (')7$' dS]p;

P,., -

(5.43)

Per valutare l'integrale è necessario esprimere l'area infinitesima dS in tennini di e df/. Per definizione, dS

= d~d1J

Iixi-a-I a-

1) C- +l

=G

d~d1J

dt

(5.44)

L'espansione del prodotto scalare dà

G

= (gI + g!+gi)l/2

ay az 8y 8z) g1= \ aiaii"-a,i'af t .. -;-1 g• -

-

g3

(axa, a"az - aryax a,az) ,• .,

(S.4S)

= (·~a; ~--Z:'~ or, ar, ~) a.; , __q

Questi coefficienti sono presenti anche nell'espansione del!o Jacobiano. La fig . 5.9 illustra un caso in cui'elemcnti spaziali isoparametrici del secondo ordine sono utilizzati per lo sh1dio di una piastra circolare caricata nel centro . L'elemento 1 ha richiesto un trattamento specifico poiché !o Jacobiano diventa nullo quando due lati concorrenti in un nodo hanno la stessa tangente. Questo può essere evitato introducendo un piccolo angolo tra i due lati. Una soluzione migliore potrcbh•~ essere ottenuta usando due pentaedri che saranno discussi nel prossimo paragrafo. r risultati riguardanti lo spostamento in direzione verticale e il momento radiale sono riportati in fìg. 5.10. Il momento radiale ottenuto con gli elementi finiti è stato ottenuto facendo una media degli sforzi ai nodi e integrando sullo spessore.

5.5 Elementi pentaedrici Il prisma retto mostrato in Jìg. 5.1 l è il punto di partenza per generare elementi pentaediici. Nel seguito, si lavorerà con due coordinate oblique (di area) ~1 e ~2 e con la coordinata ortogonale f. La geometria degli elementi è specificata in termini della trasfonnazione di coordinate per x, y , ;::

x

= 4'x" $

y = qiyn z = 4'z" = l.jl(g.,;2,~)

(5.46)

dove le funzioni di interpolazione coinvolgono una combinazione di funzioni svilup• pate a suo tempo per domini triangolari e rettangola ri . Pt!1' ,:~,:rnpio, le funzioni di

152

•,.o,;,;/3

(* ~-(t)'] {3=

t2 (,)',,

w)

1::;

O= rigid ezza flcssionale , 12~ 1~~)

XIO

fro

"'ieorko= {;- (lti,) ln

(f )

1

X/o

flg, 5,10

Spostamenti e momenti flettenti nella piastra circolare metrici

teoria, • elementi isopara-

(0,1,1)

{, •O

zl , {1,0,-1) fig. 5,11 Prisma retto

x/Y fi j:.5.12 Pentaedro del primo ordine

153

interpolazione per il pentaedro del primo ordine (vedi fig. 5.12) sono

(!-()

x :::: ~ [E1x1+!v:2+(l -E1 -E2)X3]

(I+() [E1xt+EzX$+(l -E1

+ --y-

(s.41r -f2)Xt}

(lostessovaleperyez) I passi successivi sono identici a quelli seguiti nel caso dell'esaedro, Si può tonnare la matrice Jacobiana e calcolare le derivate cartesiane con

a, a, ~ a,

ari ari ari

·1 ac ac ac ax

["ax

J = ah

a, a, a, a,

ax

az

8ft

(5.48)

az

a, a, a[: a, ~~

=J-1

az

Be

L'integrale di volume diventa d(vol ume)

= ( valore di ~X~.~) d! 1 d;td; = IJ !ass dE1dE2d{ (5.49)

IfIFd(volume) = r: [fa' u:-E· FIJ !LH dE1} dE2] a:

Fatta eccezione per il caso in cui upnsma è retto per cui IJ I è costante, i necessalia un'integrazione numerica. Le formule di quadratura per un prisma sono elencate nell'Appendice.

5.6 Analisi dei solidi di rivoluzione Un solido generato facendo ruotare una sezione piana attorno ad un asse che giace nel piano della sezione (vedi fìg. 5.13} ~ detto solido di rivoluzione. E' éonven.iente

154 lavorare con l'anomalia (J e due coordinate nel piano r-z. La fig. 5.14 illustra la notazione in coordinate cilindriche che verrà utilizzata nel seguito, Si può estendere la formulazione ad arbitrarie coordinate curvilinee semplicemente modificando le misure degli spostamenti e delle deformazioni ed i parametri geometrici.

e

Asse di rivoluzione

Gli spostamenti nodali sono

11,

u, w

flg. 5.13 Solido di rivoluzione. Dis~,:etizzazione della sezione

X

fig.5.14 C(!O!.TOUO!S, !., lROl'.$,,..,-6A1,,. -5,.$.,+5:$JdA + fs. (- p,$,,-p,$,,+p,$) dS = ff BTDbB dA = ff [Db11($:u$,xx)+D1122($,7n$ ,Y>') +4Db33(q>;...,.$, xy)+ 2Dl,d$;,..,..$, xy+ 4>:x,.$, u) +2Db2.3(1i;r,.'P,x,+ $;"}'4', r.r)l dA

(6.29)

Se X o Y sono assi di simmetria del materiale si ha Dbt3

= DbZ3 = M!,. = 0

e l'espressione di K si semplifica notevolmente. Nel seguito si discuterà come ottenere rJ, per vari elementi rettangolari e triangolari. Si presenteranno anche i risultati di confronti che mettono in luce l'accu ra tezza delle cliverse ipotesi.

6.4 Elementi rettangolari Conviene operare con un sistema cli riferimen to locale i cui a~si sono paralleli ai lati del rettangolo. La notazfone e la numerazione dei nodi sono indicat~ in fig. 6.4. I nodi sono numerati percorrendo il contorno nel senso delle rotazioni posi•

172

'

Y yo

Sistema di riferimento

~lç;~:;,·% (w)

locale

71:1-

UnisU2xl)

b

x' fig. 6.4 Sistema di coordinate. Elemento rett:tngohue del primo ordine

tive nel piano X° - Y" e le coordinate sono adimensiorrnlizzate sulla base delle lunghezze dei lati. In genere, si inizia assumendo un'espressione polinomiale per w

= ix1 + i::e~ + aa1J + .. .

= Aa

si assembla quind i il vettore di spostamenti nodali

u~= Co:

(a)

e quindi si inverte C, ottenendo

(6.30) Queste operazioni devono essere effettuate un'unica volta se nella (a) si utilizzano

spostamenti generalizzati omogenei w,

aw/0~. aw/'è11,

o~w1a~ 2 ••

(6.3 1)

Nel più semplice elemento rettangolare si assumono come nodi i quattro vertici e si considerano tre componenti di spostamenti generalizzati per nodo (fig. 6.4). Gli spostamenti nodali verranno presi in questo ordine ~ U"

= {w1,

(clw/clx)1 , (clw/c!y)i, . .. , (Qw/òy)4)

(6.32)

Questa espressione contiene un polinomio quadratico completo e iu sci tennini aggiuntivi. La congruenza richiede la continuità di w e delle derivate normali tra gli elementi. Dal momento che contiene solo le derivate prime di w, l'espressione di w lungo un lato deve dipendere da 4 parametri, cioè deve essern una cubica , per soddisfare i requisiti di continuità. Inolt re, le de rivate nonnali devono va1iare linearmente per soddisfare la continuità di aw/an. I tennini dei polinomi di grado successivo possono essere rapp resentati nel triangolo di Pascal, che è indicato qui di seguito fino ad un polinomio del decimo ordine.

un

173

Un polinomio completo del terzo ordine ha 10 tennini. Occorre aggiungere due temùni che risultino al massimo cubici sui lati ~ = 0,1 e 1/ =0,1; la prima linea tratteggiata delimita la regione entro cui questi tennini possono essere scelti. La scelta è arbitraria, ma la simmetria dell'espressione deve essere mantenuta perché sussistano le proprietà di invarianza delle matrici dell'elemento, Ne risultano tre combinazioni possibili

,,,,

i,f

~37/2

~2rr1

;2tj2

~~,r

In questo modo la continuità di w ò soddisfatt a. Perché anche òw/'àn sia continua deve variare lineannente !ungo il lato, dal momento che il suo valore risulta assegnato solo ai nodi. Tuttavia, per qualunque scelta dei termini addizionali tra !e combinazioni possibili precedentemente eiencate si ottengono espressioni delle derivate normali che sono del terzo ordine lungo i lati. Non è quindi possibile trovare un'espressione polinomiale unica che soddisfi completamente entrambi i requisiti di continuità se le variabili noda!i sono limitate a w e alle sue derivate prime, Un elemento non compatibile"' basato sulla prima delle tre scelte (e1J e ~1J 3 ) è stato utilizzato inizialmente 1 . L'espressione polinomiale di w è quindi W

= .;>:1 +ax~+aa11+a~e2+,x5;1J+