Testi dello sciamanesimo siberiano e centroasiatico 9788841892596

Ugo Marazzi ha curato per Utet la collezione di questi testi che raccontano «La terra di noi sciamani, dei quattro grupp

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Testi dello sciamanesimo siberiano e centroasiatico
 9788841892596

Table of contents :
Frontespizio......Page 3
Colophon......Page 4
Indice delle Volume......Page 5
Introduzione......Page 11
Abbreviazioni dei periodici......Page 33
Nota bibliografica......Page 34
Nota sulla pronuncia e le trascrizioni......Page 58
Elenco dei simboli e delle abbreviazioni......Page 60
Turchi Sud-Siberiani......Page 61
Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo......Page 62
Preghiera di ringraziamento......Page 91
Preghiera di offerta al cielo......Page 92
Preghiera per il bel tempo......Page 94
Invocazione allo spirito Čäri Su......Page 95
Invocazione allo spirito della sciamana Märkit......Page 96
Invocazione allo spirito-signore dell’Altai......Page 97
Invocazione allo spirito della taigà......Page 98
Invocazione allo spirito-signore delle acque......Page 99
Invocazione a Tarqan Qam......Page 100
Invocazione a Soyon Qam......Page 101
Invocazione a Mongγusoy Qam......Page 103
Invocazione a Soloγoy Qam......Page 104
Invocazione a Ämägän Čalu Gädäči......Page 105
Invocazione a Ot Änä......Page 106
Invocazione allo spirito Altay Ǟzi Äkälär......Page 107
Invocazione a Bay Ülgän......Page 110
Invocazione a Yaǧïl Qan......Page 111
Invocazione a Ärkä Solton......Page 112
Invocazione a Tämir Qan......Page 113
Invocazione a Yalbaq Tämir Yarïndu......Page 114
Invocazione a Qaraš Qam......Page 115
Invocazione a Qaqïr Qam......Page 116
Cerimonia üstügü......Page 118
Cerimonia in onore di Qaršït......Page 119
Cerimonia in onore di Ärlik......Page 126
Invocazione agli spiriti terrestri......Page 132
Due brevi invocazioni agli spiriti albïs e čulbus......Page 134
Due brevi invocazioni allo spirito della rana......Page 135
Invocazione alle ämägän......Page 136
Invocazione a May Änä......Page 137
Scongiuro sul neonato malato di morbillo......Page 138
Scongiuro sul neonato malato di vaiolo......Page 140
Preghiere al fuoco......Page 142
Canto per ogni tipo di libagione......Page 145
Canto di libagione in onore dello spirito D’ayïq......Page 147
Canto di libagione in primavera allorché il latte di cavalla viene offerto a D’ayïq......Page 148
Canto di libagione allorché l’ayran viene offerto a Ülgän......Page 149
Canto di libagione durante l’offerta di araqï......Page 150
Canto di libagione durante l’offerta di saba allo Spirito dell’Altai......Page 151
Canto di libagione in onore dello Spirito dell’Altai......Page 152
Invocazione agli spiriti adiutori......Page 153
Pianto rituale sïγït......Page 155
Lamento dell’anima üzüt......Page 156
Scongiuri per scacciare l’anima üzüt......Page 157
Rituale ālïm-bïla......Page 159
Consegna dell’anima yula......Page 160
Cerimonia del tamburo......Page 161
Animazione del tamburo......Page 225
Due brevi preghiere al tamburo......Page 227
Breve canto in occasione della distruzione del tamburo di uno sciamano morto......Page 228
Scongiuro col tamburo šoqar......Page 229
Canto d’iniziazione del costume sciamanico......Page 231
Invocazioni agli spiriti-signori della montagna......Page 234
Preghiera per un buon bottino......Page 235
Invocazione allo spirito della caccia......Page 236
Rituale Qoča Qan......Page 237
Iacuti......Page 256
Alyïs in occasione dell’ïsïax......Page 257
Invocazione a Iäyäxsit e ad altre divinità......Page 266
Invocazione a Ïnaxsït......Page 268
Invocazione allo spirito-signore della terra......Page 269
Invocazione a Ärilik......Page 270
Invocazione a Kalani......Page 271
Rito per la ricerca dell’anima-kut del bestiame......Page 272
Invocazione allo spirito Yügük Ämägät......Page 275
Kamlanie per la guarigione di un malato......Page 276
Invocazione agli spiriti durante la kamlanie per la guarigione di un malato......Page 280
Animazione del tamburo......Page 282
Canto per il rito di maleficio......Page 290
Invocazioni agli spiriti-signori della iurta......Page 291
Invocazioni allo spirito-signore della foresta......Page 294
Rituale Barïlāx tardar......Page 297
Invocazione durante il rito di ‘nutrimento’ dello spirito Ähäkan......Page 303
Invocazione allo spirito-signore del lago......Page 304
Due invocazioni all’aquila......Page 305
Invocazione all’orso......Page 307
Sciamanico-Islamici......Page 313
Kamlanie di baqsï casakho......Page 314
Canto di baqsa chirghiso......Page 326
Invocazioni agli spiriti chirghise......Page 329
Invocazione della sciamana Sadrieva......Page 331
Invocazione della sciamana Yusufova......Page 336
Invocazione della sciamana Zumrad......Page 337
Scongiuro ai pari musulmani......Page 340
Scongiuro ai pari pagani......Page 341
Scongiuro ai pari cristiani......Page 342
Scongiuro ai pari ebrei......Page 343
Uiguri Gialli......Page 355
Racconto sullo sciamanesimo......Page 356
Preghiera in occasione della cerimonia yaxqa......Page 359
Preghiera yota......Page 362
Preghiera šušu......Page 368
Mongoli......Page 372
Invocazione dello sciamano Ügedelegüü......Page 373
Kamlanie dello sciamano Jangča......Page 376
Invocazione della sciamana Tungčinggarbu......Page 386
Invocazione agli spiriti delle montagne......Page 391
Scongiuro allo spirito Dalha Dunjin Garbo......Page 393
Invocazione allo spirito Dayan Dērxi......Page 394
Scongiuri a bassa voce (šivšleg)......Page 395
Inni nella ‘ lingua degli dei ’......Page 401
Buriati......Page 408
Preghiere pronunciate durante il sacrificio taylagan......Page 409
Evocazione di Abagaldai......Page 411
Invocazione agli spiriti......Page 415
Preghiera di difesa dagli spiriti......Page 416
Scongiuro contro il veleno degli spiriti nel fanciullo......Page 417
Invocazione agli spiriti-signori locali......Page 418
Cerimonia di ‘ nutrimento degli spiriti ’......Page 419
Preghiera a Gužir Sagān durante la cerimonia di ‘ongonizzazione ’ di un cavallo......Page 421
Preghiera per la ‘ ongonizzazione ’ di una vacca......Page 423
Inno a Buxa Noyon......Page 424
Inno di lode al Cielo......Page 425
Primo canto......Page 426
Terzo canto ‘ La nonnina Übese ’......Page 427
Quarto canto ‘ Gli zii di Übese ’......Page 428
Quinto canto ‘ Gli zii di Tarsa ’......Page 429
Preghiera durante la kamlanie per la ricerca dell’anima......Page 432
Invocazioni ai fabbri bianchi......Page 436
Invocazione ai fabbri neri......Page 442
Invocazione sui būmal in occasione del rito delberge......Page 444
Invocazione al signore della pietra būmal sul Monte Xumuγuy......Page 445
Invocazione al signore della ‘ pietra dalla testa di cavallo ’......Page 446
Invocazione alla ‘ Bianca pietra di Solingūd ’......Page 447
Invocazione alla pietra di Ülexen......Page 448
Invocazione alla ‘ pietra bianca ’ dell’ulus di Madagan......Page 449
Preghiera agli spiriti-signori della natura......Page 450
Tungusi......Page 454
Rituale ildrəməčipkə......Page 455
Rituale šingkələpkə......Page 460
Rituale ikənipkə......Page 462
Canti indirizzati agli spiriti psicopompi......Page 471
Kamlanie......Page 473
Due racconti sull’origine della morte......Page 475
Canto durante il rito di guarigione......Page 476
Rito dei tre soli......Page 478
Paleosiberiani......Page 483
Kamlanie per la guarigione di un malato......Page 484
Kamlanie per la guarigione di un malato......Page 487
Preghiere alle forze della natura......Page 489
Racconto di una kamlanie......Page 490
Racconto sciamanico......Page 492
Tre fanciulli......Page 494
Il fanciullo solo......Page 499
Il giovane sciamano e la sua fidanzata......Page 503
Canti sciamanici......Page 506
Uralici......Page 513
Canto per assicurare il successo nel parto......Page 514
Canto sciamanico......Page 516
Coro estatico di sciamani......Page 529
Lamento camasino......Page 531
Il rituale medodè......Page 532
Canto della vocazione ostiaco......Page 545
Elenco degli etnonimi......Page 546
Indice dei nomi......Page 548

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CLASSICI DELLE RELIGIONI SEZIONE PRIMA DIRETTA DA

OSCAR BOTTO

Le religioni orientali

TESTI dello SCIAMANESIMO SIBERIANO E CENTROASIATICO A cura di UGO MARAZZI UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE TORINESE

© De Agostini Libri S.p.A. — Novara 2013 UTET www.utetlibri.it www.deagostinilibri.it ISBN: 978-88-418-9259-6 Prima edizione eBook: Marzo 2013 © 1984 Unione Tipografico-Editrice Torinese corso Raffaello, 28 - 10125 Torino Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma e con alcun mezzo, elettronico, meccanico o in fotocopia, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dall’Editore. Le riproduzioni per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail [email protected] e sito web www.clearedi.org. La casa editrice resta a disposizione per ogni eventuale adempimento riguardante i diritti d’autore degli apparati critici, introduzione e traduzione del testo qui riprodotto.

INDICE DEL VOLUME Introduzione Abbreviazioni dei periodici

Nota bibliografica Nota sulla pronuncia e le trascrizioni Elenco dei simboli e delle abbreviazioni

TURCHI SUD-SIBERIANI Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo Preghiera di ringraziamento Preghiera di offerta al cielo Preghiera per il bel tempo Invocazioni agli spiriti della ‘Terra reale’: Invocazione allo spirito Čäri Su Invocazione allo spirito della sciamana Märkit Invocazione allo spirito dello sciamano Mürküt Toroy Invocazione allo spirito-signore dell’Altai Invocazione allo spirito della taigà Invocazione allo spirito-signore delle acque Invocazione a Surbay Qam Invocazione a Tarqan Qam Invocazione a Čanaγaš Qam Invocazione a Soyon Qam Invocazione a Qalpas Qam Invocazione a Mongγusoy Qam Invocazione a Soloγoy Qam Invocazione a Ämägän Čalu Gädäči

Invocazioni agli spiriti che abitano la iurta: Invocazione allo spirito Yayïq Invocazione a Ot Änä Invocazione a Ämägän Čalu Šanyop Invocazione allo spirito Altay Ǟzi Äkälär

Invocazioni agli spiriti che abitano il cielo Invocazione a Yalqïn Ǟzi Invocazione a Bay Ülgän Invocazione a Yaǧïl Qan

Invocazioni agli spiriti che abitano il mondo infero: Invocazione a Ärkä Solton Invocazione a Tämir Qan Invocazione a Yalbaq Tämir Yarïndu Invocazione a Qaraš Qam Invocazione a Kȫš Qara Invocazione a Qaqïr Qam

Cerimonia üstügü Cerimonia in onore di Qaršït

Cerimonia in onore di Ärlik Invocazione agli spiriti terrestri Due brevi invocazioni agli spiriti albïs e čulbus Due brevi invocazioni allo spirito della rana Invocazioni agli spiriti protettori del parto: Invocazione alle ämägän Invocazione a May Änä Benedizione del neonato Scongiuro sul neonato malato di morbillo Scongiuro sul neonato malato di vaiolo

Preghiere al fuoco Canti in occasione della libagione:

Canto di libagione nei riti di guarigione Canto per ogni tipo di libagione Canto di libagione in onore dello spirito D’ayïq Canto di libagione in primavera allorché il latte di cavalla viene offerto a D’ayïq Canto di libagione allorché l’ayran viene offerto a Ülgän Canto di libagione durante l’offerta di araqï Canto di libagione durante l’offerta di araqï nei casi di malattia Canto di libagione durante l’offerta di saba allo Spirito dell’Altai Canto di libagione in onore dello Spirito dell’Altai

Invocazione agli spiriti adiutori Pianto rituale sïγït Lamento dell’anima üzüt Scongiuri per scacciare l’anima üzüt Rituale ālïm-bïla Consegna dell’anima yula Cerimonia del tamburo Animazione del tamburo Due brevi preghiere al tamburo Breve canto in occasione della distruzione del tamburo di uno sciamano morto Scongiuro col tamburo šoqar Canto d’iniziazione del costume sciamanico Invocazioni e preghiere durante la caccia Invocazione allo spirito D’ayïq Invocazioni agli spiriti-signori della montagna Preghiera per un buon bottino Invocazione allo spirito della caccia

Rituale Qoča Qan

IACUTI Alγïs in occasione dell’ïsïax Invocazione a Iäyäxsit e ad altre divinità Invocazione a Ïnaxsït Invocazione allo spirito-signore della terra Invocazione a Ärilik Invocazione a Kǟlǟni Rito per la ricerca dell’anima-kut del bestiame Invocazione allo spirito Yügük Ämägät Kamlanie per la guarigione di un malato Invocazione agli spiriti durante la kamlanie per la guarigione di un malato Animazione del tamburo Canto per il rito di maleficio Invocazioni agli spiriti-signori della iurta Invocazioni allo spirito-signore della foresta Rituale Barïlāx tardar Invocazione durante il rito di ‘nutrimento’ dello spirito Ähäkǟn Invocazione allo spirito-signore del lago Due invocazioni all’aquila Invocazione all’orso SCIAMANICO-ISLAMICI Kamlanie di baqsï casakho Canto di baqsa chirghiso Invocazioni agli spiriti chirghise Tre invocazioni usbeco-tagiche: Invocazione della sciamana Sadrieva Invocazione della sciamana Yusufova Invocazione della sciamana Zumrad

Scongiuri agli spiriti di pǟrixōn uiguro: Scongiuro ai pǟri musulmani Scongiuro ai pǟri pagani Scongiuro ai pǟri cristiani Scongiuro ai pǟri ebrei

UIGURI GIALLI Racconto sullo sciamanesimo Preghiera in occasione della cerimonia yaxqa

Preghiera yota Preghiera šušu MONGOLI Invocazione dello sciamano Ügedelegüü Kamlanie dello sciamano angča Invocazione della sciamana Tungčinggarbu Invocazione agli spiriti delle montagne Scongiuro allo spirito Dalha Dunǰin Garbo Invocazione allo spirito Dayan Dērxi Scongiuri a bassa voce (šivšleg) Inni nella ‘ lingua degli dei ’ BURIATI Preghiere pronunciate durante il sacrificio taylagan Evocazione di Abagaldai Invocazione agli spiriti Preghiera di difesa dagli spiriti Scongiuro contro il veleno degli spiriti nel fanciullo Invocazione agli spiriti-signori locali Cerimonia di ‘ nutrimento degli spiriti ’ Preghiera a Gužir Sagān durante la cerimonia di ‘ ongonizzazione ’ di un cavallo Preghiera per la ‘ ongonizzazione ’ di una vacca Inno a Buxa Noyon Inno di lode al Cielo Cinque canti dello sciamano Čadi: Primo canto Secondo canto ‘ La nonnina Übese ’ Terzo canto ‘ La nonnina Übese ’ Quarto canto ‘ Gli zii di Übese ’ Quinto canto ‘ Gli zii di Tarsa ’

Preghiera durante la kamlanie per la ricerca dell’anima Invocazioni relative al culto dei fabbri: Invocazioni ai fabbri bianchi Invocazione ai fabbri neri

Invocazioni relative al culto dei būmal: Invocazione sui būmal in occasione del rito delberge Invocazione al signore della pietra būmal sul Monte Xumuγuy Invocazione al signore della ‘ pietra dalla testa di cavallo ’ Invocazione alla ‘ Bianca pietra di Solingūd ’

Invocazione alla pietra di Ülexen Invocazione alla ‘ pietra bianca ’ dell’ulus di Madagan

Preghiera agli spiriti-signori della natura TUNGUSI EVENCHI Rituale ilđrəm čipk Rituale šingk l pk Rituale ik nipk Canti indirizzati agli spiriti psicopompi Kamlanie Due racconti sull’origine della morte NANAI Canto durante il rito di guarigione Rito dei tre soli PALEOSIBERIANI IUCAGHIRI Kamlanie per la guarigione di un malato Kamlanie per la guarigione di un malato Preghiere alle forze della natura Racconto di una kamlanie Racconto sciamanico GHILIACHI Tre fanciulli Il fanciullo solo CIUKCI Il giovane sciamano e la sua fidanzata ESCHIMESI Canti sciamanici URALICI SAMOIEDI Canto per assicurare il successo nel parto Canto sciamanico Coro estatico di sciamani Lamento camasino Il rituale medodè UGRICI

Canto della vocazione ostiaco Elenco degli etnonimi Indice dei nomi

INTRODUZIONE

Ringraziamenti Intendo rivolgere il mio ringraziamento a Romano Mastromattei, cui devo l’idea prima di un’edizione di testi sciamanici siberiani, e a Oscar Botto, il quale ha voluto accogliere nella sezione dei «Classici delle religioni» da lui diretta questa mia fatica.

Il fondamento, la premessa ideologica dello sciamanesimo sono costituiti dalla ricerca del rapporto, dall’instaurazione del contatto con il mondo soprannaturale attraverso l’esperienza estatica di un intermediario professionale, lo sciamano. Lo sciamano è un esperto nella comunicazione estatica tra il naturale e il soprannaturale. Il suo compito è quello di trovare i mezzi più adeguati atti a risolvere una crisi già in atto o a prevenire crisi future. Il rito sciamanico è un tentativo di risolvere i problemi del mondo naturale attraverso un contatto estatico con il soprannaturale. Lo sciamanesimo non è tanto una religione quanto piuttosto un complesso di credenze, un sistema ideologico, in certo modo una concezione del mondo. Complesso di credenze che attinge la propria essenza in una tecnica arcaica dell’estasi, estasi ricercata non per preoccupazioni metafisiche, per desiderio di salvezza (è assente nello sciamanesimo qualunque idea soteriologica, individuale o collettiva), per amore di un Dio, ma esclusivamente al fine di ottenere dei risultati concreti. Lo sciamano agisce a favore degli uomini. Il ruolo dello sciamano è per sua natura benefico. La distinzione presso certi popoli, ad esempio i buriati, degli sciamani in «bianchi» e «neri», questi ultimi legati agli spiriti malefici, ancora non sufficientemente spiegata, sembra comunque essere recente ed in nessun caso propria dello sciamanesimo originario. Come protettore soprannaturale, lo sciamano è tanto medecinman per l’individuo quanto prete, capo del culto per il gruppo. Solo eccezionalmente però egli agisce in quest’ultima veste. Il suo compito primo consiste nello schiudere la strada alle potenze soprannaturali attraverso l’estasi. Lo sciamano agisce come mediatore perché egli è l’unico in grado di servire gli interessi del gruppo umano cui appartiene a livello estatico. I principali compiti dello sciamano sono i seguenti: a. Lo sciamano è il medico. Egli compie la diagnosi della malattia, a tal fine invocando gli spiriti. La malattia insorge per due ragioni principali, perdita dell’anima e intrusione. Con la perdita dell’anima, l’anima del malato abbandona il corpo e si perde o viene rubata dagli spiriti maligni, spesso quelli della morte. In caso di intrusione, un oggetto o uno spirito è penetrato nel corpo del paziente. Di solito con la perdita dell’anima si ha la perdita totale o parziale della coscienza (coma, febbre, delirium ecc.), con l’intrusione invece si hanno danni fisici e disturbi che non implicano alterazione della coscienza. Lo sciamano, in caso di perdita dell’anima, viaggia in forma extracorporea

nell’altro mondo per catturare l’anima del malato dagli spiriti che la trattengono. Egli viaggia nel suo costume sciamanico rappresentante un uccello o una renna. Il tamburo e il mazzuolo servono insieme al costume per compiere il viaggio: lo sciamano cavalca o siede sul suo tamburo cui si rivolge come sua renna o suo cavallo (presso iacuti, mongoli e buriati) oppure come sua barca (presso certi gruppi tungusi), mentre il mazzuolo assume il ruolo di frusta. Il viaggio dell’anima dello sciamano assume l’aspetto di un monodramma, durante il quale lo sciamano con il tamburo in mano ed abbigliato nel suo costume ascende l’albero celeste, mentre riferisce contemporaneamente ai presenti le peripezie che attraversa la sua anima-libera nei diversi cieli. In caso di intrusione, lo sciamano invoca tutti i suoi spiriti adiutori affinché lo aiutino ad espellere l’oggetto o lo spirito penetrato nel malato; egli ricorre a procedimenti come il succhiare, tirare, scopare con delle piume. Se lo spirito maligno è troppo forte, esso allora deve essere espulso mediante complessi procedimenti rituali (questa forma di esorcismo costituì addirittura, secondo Zelenin, l’origine dello sciamanesimo). b. Lo sciamano è il divinatore. La divinazione rivela fatti sconosciuti nei tempi passati, lo smarrimento di cose e persone, gli avvenimenti a venire. Talvolta lo sciamano può influenzare il futuro, com’è il caso dello yadačï altai la cui influenza si esercita sul tempo atmosferico. c. Lo sciamano è lo psicopompo che accompagna l’anima del defunto nella sua nuova dimora. È questo il compito più importante presso certi gruppi tungusi, come i goldi del bacino dell’Amur, ed uno dei principali presso gli altai, i nentsi (samoiedi) e i nanai (tungusi). d. Lo sciamano, nella duplice veste di divinatore e di incantatore di animali, è il mago della caccia del gruppo. e. Lo sciamano è il prete che sovrintende ai sacrifici, solo però in casi eccezionali. È possibile rintracciare un rapporto tra sciamanesimo ed offerta sacrificale, ad esempio tra i buriati e gli altai. Il contatto tra lo sciamano ed il soprannaturale, il mondo superiore, è reso possibile dall’axis mundi, rappresentato ora da una montagna, ora da un albero o da una scala, il quale mette in comunicazione i tre strati sovrapposti di cui si compone l’universo: in basso l’inferno, al centro la terra, in alto il cielo (l’inferno svolge un ruolo secondario ed è di probabile origine straniera, forse iranica).

Lo sciamanesimo è legato in molte aree al simbolismo dell’albero del mondo o albero sciamanico, come più spesso viene chiamato in Siberia. L’albero cosmico alterna nell’ideologia sciamanica con il simbolo del fiume del mondo, identico presso certi popoli al fiume della morte. Così ad esempio, i buriati credono in un mitico fiume dell’universo che unisce il mondo superiore, il mondo degli uomini e quello inferiore. Allorché lo sciamano si reca nel mondo inferiore o in quello superiore, viaggia su questo fiume. L’albero del mondo e il fiume del mondo sono varianti dello stesso ideogramma cosmico (Eliade): l’ideogramma sta per una comunicazione tanto col mondo superiore quanto con quello inferiore. E comunque il concetto di pilastro cosmico o albero del mondo è assai più diffuso che non quello di fiume del mondo. Il posto centrale che l’albero del mondo occupa nell’ideologia sciamanica è testimoniato da idee ed azioni molteplici che informano di sé il rito sciamanico: lo sciamano sale sul palo/albero/axis mundi indossando un costume da uccello, il tamburo è preparato dal legno dell’albero del mondo, sulla pelle del tamburo si ritrova il simbolismo dell’albero del mondo e dell’universo diviso in tre strati cosmici ecc. Sono gli spiriti adiutori a garantire allo sciamano l’ispirazione di cui questi ha bisogno nel suo contatto col soprannaturale. Essi esprimono appunto l’aiuto soprannaturale senza il quale lo sciamano non potrebbe operare. Nella rappresentazione sciamanica degli spiriti adiutori si ha un’oscillazione tra la concezione degli spiriti in forma animale e la concezione di essi nella forma extracorporea propria dello sciamano, la sua anima-libera zoomorfa. L’arrivo degli spiriti adiutori segna l’inizio della trance nel corso della kamlanie: essi portano messaggi dal mondo degli spiriti, essi assistono lo sciamano nel suo viaggio verso il regno soprannaturale. A volte lo sciamano li imita, a volte adombra la loro azione innalzando piccole immagini di legno che li ritraggono. A volte ancora lo sciamano scongiura gli spiriti nel suo tamburo o nel costume cerimoniale. Tra gli iacuti lo sciamano si adorna di un disco di rame sul petto, detto ämägät, che impersona un potente spirito omonimo. Gli spiriti adiutori si presentano sotto diverse forme animali: aquila, orso, renna, storione, ecc. Molti di questi spiriti appartengono alla categoria dei «signori degli animali». Non è da escludere che molti di essi abbiano la loro origine negli spiriti totemici; così sembrerebbe essere il caso della «madre degli animali» presso gli iacuti. L’essenza stessa dell’ideologia sciamanica va

ricondotta all’orizzonte concettuale del mondo dei cacciatori, ad un mondo dominato dall’idea degli animali e degli spiriti zoomorfi. L’ideologia della caccia si riflette in particolare nelle idee della morte dello sciamano e della sua resurrezione ad opera degli spiriti alla fine del periodo di vocazione, il rite de passage estatico dello sciamano: proprio come negli antichi riti di caccia le ossa degli animali consumati sono disposte in modo da rendere possibile la resurrezione, allo stesso modo gli sciamani vengono restituiti alla vita dopo essere stati smembrati dagli spiriti. Gli spiriti zoomorfi costituiscono la maggioranza degli spiriti adiutori dello sciamano, ma non sono gli unici. In realtà il più importante di essi è uno spirito che elegge spesso la sua dimora nel corpo dello sciamano, spirito il più delle volte identificabile con un antenato dello sciamano o il suo predecessore morto. Seppur di origine umana, tale spirito può manifestarsi in forma zoomorfa, com’è il caso tra i tungusi dove lo spirito antenato dello sciamano appare sotto l’aspetto di un tuffolo. Tra gli iacuti tale spirito e la «madre degli animali» rivestono la stessa importanza. In molte parti della Siberia vengono distinti due tipi di sciamani, gli sciamani uccelli e gli sciamani renne. I primi non solo indossano pelli di uccello e costumi che imitano gli uccelli ma, concettualmente, sono essi stessi uccelli. Gli sciamani iacuti, in particolare, possono imitare in maniera sorprendente le grida degli uccelli, come una sorta di «lingua segreta». Gli sciamani, in molte parti della Siberia, sono detti essere stati un tempo degli uccelli; tanto presso gli iacuti quanto presso i tungusi si credeva nelle animeuccello, credenza d’altra parte piuttosto diffusa e antica. L’aquila, in particolare, gioca un ruolo di rilievo nella mitologia sciamanica dei buriati, iacuti ed altri popoli siberiani, così come d’altra parte presso gli indoeuropei, finno-ugrici, unni. Il costume «da uccello» è usato per sciamanizzare al mondo superiore, in primo luogo per la guarigione di un malato. Gli sciamani uccelli sono in tal modo connessi particolarmente con le forze cosmiche, il tempo atmosferico e la malattia. Il copricapo sciamanico include sempre le corna di renna. Il costume «da renna» è usato per sciamanizzare al mondo inferiore, per la ricerca delle anime che si sono perdute o per accompagnare le anime dei morti. Tale distinzione tra sciamani uccelli e sciamani renne sembra essere originaria e corrispondente alla dicotomia antichissima terra/cielo, propria della Siberia come delle più antiche culture della terra. L’estasi è il mezzo peculiare con cui lo sciamano instaura il suo contatto

con le potenze soprannaturali. In sostanza trance e estasi sono la stessa cosa. La trance nella sua forma genuina è un modo di reazione psicogeno, isteroide, uno stato mentale di introversione che può essere provocato per suggestione o con mezzi artificiali (droghe, narcotici, ecc.). Gli stati di trance possono variare in qualità ed intensità, dalla trance leggera alla trance profonda con amnesia. La trance sciamanica costituisce un’estasi sui generis. Eliade intende l’estasi sciamanica come uno stato psichico durante il quale l’anima dello sciamano ascende al cielo o discende agli inferi. Accanto a questa vi è però un’altra forma di esperienza estatica dello sciamano non compresa nella definizione di Eliade, vale a dire l’«illuminazione» dello sciamano all’arrivo degli spiriti adiutori. Contro la definizione restrittiva di Eliade, in realtà molte sedute hanno luogo in uno stato di estasi senza che l’anima dello sciamano lasci il corpo di questo ultimo. È lecito in tal modo ampliare il concetto di trance sciamanica in modo da distinguere in esso due esperienze diverse: la prima è costituita dal volo extracorporeo dello sciamano assistito dai suoi spiriti adiutori, la seconda viene attuata in loco attraverso le informazioni fornite allo sciamano dagli stessi spiriti. L’immersione nello stato di estasi è un processo graduale, non diversamente dalla scala mystica dei mistici cattolici (basti pensare ad una Santa Teresa d’Avila o ad un San Giovanni della Croce). I presenti alla seduta sciamanica si rendono ben conto dell’immersione dello sciamano, del progressivo assorbimento della sua coscienza nell’estasi. Il suono del tamburo, il canto, l’invocazione degli spiriti contrassegnano il primo livello estatico, le azioni immaginarie dello sciamano caratterizzano l’estasi leggera, lo stupore e la catalessi l’ultima fase della trance sciamanica (Hultkranz). La profondità della trance varia con il tipo di azione sciamanica. La ricerca dell’anima smarrita può comportare una trance catalettica, la divinazione al contrario può al massimo generare una trance più leggera. Assai complesso è il problema della possessione nello sciamanesimo. La possessione in senso proprio è uno stato in cui un essere estraneo afferra il corpo di un uomo sì che la sua personalità risulti interamente o parzialmente soppiantata. Se è cosciente del proprio stato, il posseduto non considera l’occupante come parte del suo ego bensì una personalità totalmente estranea, allora lo spirito parla attraverso la persona posseduta come un altro individuo. La possessione è totale se lo spirito/essere occupante espelle interamente l’individuo; in questo caso la personalità normale non percepisce coscientemente la presenza e le azioni dello spirito. Essa è parziale, se la

persona conserva la propria coscienza ma identifica l’essere estraneo con se stesso; l’essere estraneo lo spinge ad azioni contro la sua volontà. C’è da rilevare come nello sciamanesimo le potenze che entrano nell’uomo sono per lo più benigne ed il loro intervento è ricercato: esse sono socialmente approvate. Per quanto comunque la possessione sia un tratto poco caratterizzante dello sciamanesimo siberiano e sia infondato parlare di «possessione istituzionalizzata» nel caso dello sciamanesimo siberiano (come hanno fatto Schmidt e Findeisen; quest’ultimo ha definito lo sciamano un Besessenheitspriester «prete posseduto»), pure ci sono certi fatti sciamanici che sembrano presupporre uno stato di possessione volontaria. Sirokogorov e Ioxel’son riferiscono il caso di sciamani tungusi e iucaghiri i quali, durante la seduta, parlano la lingua degli spiriti che si sono introdotti in loro, lingua (solitamente di gruppi vicini, iacuti, coriachi ecc.) ignota allo sciamano nel suo stato di lucidità. Altrettanto arduo da risolvere una volta per tutte è il problema relativo alla natura psicopatologica dell’estasi; la natura psicopatologica dell’estasi è stata sostenuta da molti, Ohlmarks, Bogoraz, Zelenin, Sirokogorov. Si è voluto avvicinare sotto questo profilo lo sciamanesimo ai fenomeni di tipo isterico e isteroide diffusi nelle regioni artiche, per i quali la Czaplicka alla fine del secolo scorso coniò il termine di «isteria artica»: in essa prevalgono passività, ritrosia, diffidenza, pianto dirotto, grida e risa, il correre sfrenato ed altri movimenti improvvisi. Secondo la Czaplicka, le «caratteristiche razziali» dei popoli artici sarebbero responsabili di tali manifestazioni isteriche; secondo altri (Ohlmarks), sarebbero soprattutto le condizioni ambientali responsabili dell’«isteria artica»: il paesaggio monotono, ossessivo, il clima gelido, gli inverni tenebrosi, la deficienza di vitamine ecc. È probabile che entro certi limiti ambedue queste spiegazioni si possano considerare valide. In realtà, non sono assenti nello sciamanesimo siberiano tratti isterici o isteroidi. Per quanto però lo sciamano possa manifestare una disposizione isteroide, essa non genera in lui alcun disordine mentale. Il processo di iniziazione che conduce allo status di sciamano è contraddistinto da alcune condizioni uguali in tutta la Siberia: acquisizione dell’abilità estatica, conoscenza del mondo soprannaturale e capacità di comunicare con i suoi rappresentanti, costituzione di un gruppo di sostegno e consenso e ottenimento del riconoscimento da parte di questo gruppo. Circostanza quest’ultima che distingue lo sciamano da estatici e veggenti individuali.

L’iniziazione sciamanica prevede solitamente un lungo periodo di preparazione che può durare anni. Due fattori indispensabili determinano la possibilità di diventare sciamano: 1) l’incontro con il mondo soprannaturale durante lo stato di estasi, per cui l’aspirante sciamano si dimostra capace di fungere da mediatore tra questo e l’altro mondo; 2) l’ottenimento dell’approvazione dei suoi futuri sostenitori. Sensibilità nervosa, malattia, tendenza alla meditazione privata ed all’isolamento, visioni e audizioni straordinarie da interpretarsi come visite degli spiriti testimoniano che l’aspirante possiede le qualità necessarie a diventare sciamano. Presso alcuni popoli, come i nentsi, si crede che già al momento della nascita sia possibile stabilire, all’analisi del liquido amniotico del neonato, se un individuo sarà in grado di diventare sciamano. La malattia, la meditazione, l’isolamento, in una parola il lungo stadio preparatorio, hanno il valore di una separazione fisica dalla normale vita della comunità. La vocazione sciamanica è sempre considerata ardua e pericolosa. Nei gruppi della Siberia meridionale in cui prevale lo sciamanesimo professionale, si nota la tendenza alla trasmissione ereditaria della «missione» sciamanica. Tra gli evenchi della Podkamennaja Tunguska la conservazione della posizione di sciamano all’interno della famiglia veniva deliberatamente perseguita. Gli stessi evenchi conoscevano comunque, accanto al «dono» sciamanico ereditario, anche lo sciamanesimo come vocazione. Matrimoni tra sciamani venivano praticati tra i caragassi della Siberia meridionale, come riferisce Diószegi. Gli spiriti della natura controllano il processo di selezione dello sciamano, ad esempio tra gli nganasani (samoiedi). Lo sciamano evenchi Semyon Semyonov della Tunguska inferiore affermava che non si può diventare sciamani senza avere degli antenati sciamani. L’idea che è al centro della concezione siberiana del divenire sciamano è quella della protezione che gli sciamani antenati assicurano al neo-sciamano e la trasmissione dei loro spiriti da una generazione all’altra. L’idea di un rapporto erotico tra l’aspirante sciamano e gli spiriti che lo eleggono è presente soprattutto nell’area dell’Amur. L’ayami dello sciamano nanai, spirito tutelare dello stadio preparatorio, che istruisce il candidato nelle cose dell’altro mondo e gli assegna gli spiriti che gli serviranno a sciamanizzare, era ritenuto avere aspetto umano. L’aspirante sciamano viveva con l’ayami come con il partner matrimoniale. In diverse parti della Siberia si ritrovano accenni più o meno consistenti relativi ad un rapporto di natura

erotica tra lo sciamano e lo spirito, così ad esempio tra gli iacuti, sciori, selcup, ciukci, teleuti; Sternberg considerava anzi questo aspetto tanto importante da porlo a fondamento della sua teoria sulla scelta sessuale dello spirito come origine stessa dello sciamanesimo. Tale idea in realtà di un rapporto di natura erotico/matrimoniale tra un umano ed un essere soprannaturale, lungi dall’essere peculiare dello sciamanesimo siberiano, appartiene al comune sostrato mitologico di molti popoli. Un po’ dovunque in Siberia sono determinati spiriti ad essere collegati con il divenire sciamano. Presso gli iacuti, gli spiriti conducono l’anima dello sciamano al mondo superiore o inferiore, lo nutrono e lo istruiscono in una dimora speciale, su di una montagna o sui rami del grande albero sciamanico. L’iniziazione vera e propria, la dissezione del corpo dello sciamano, possono essere condotte dagli spiriti maligni abāsï, spiriti degli sciamani antenati e della «madre animale» dello sciamano. Quest’ultima, concepita talvolta come l’incarnazione dell’anima-kut dello sciamano, una sorta di doppio invisibile dello sciamano sotto l’aspetto del quale (alce o renna) lo sciamano combatte contro altri sciamani, appare spesso come un uccello con le piume di ferro. Durante il lungo stadio transitorio, lo sciamano interiorizza la progressiva conoscenza delle esperienze di iniziazione. Storie di viaggi nell’altro mondo e di incontri con i diversi spiriti, la struttura dell’universo ripartito nei tre strati cosmici, il riconoscimento dell’albero cosmico, della montagna, del fiume del mondo, la conoscenza delle strade che conducono al soprannaturale, la visita alle dimore degli spiriti, degli spiriti in primo luogo che possono influenzare la vita degli uomini (spiriti della malattia, protettori della caccia): temi di iniziazione questi comuni a tutta la Siberia. Parte integrante del periodo di iniziazione sciamanica, che si svolge sotto la guida di uno sciamano anziano, è l’apprendimento della «lingua segreta» di cui egli si servirà per comunicare con gli spiriti. In tale «lingua segreta» rientrano, oltre ad una tradizione lessicale autonoma dalla lingua corrente e caratterizzata dall’esoterismo proprio a tutta l’iniziazione sciamanica, i canti, gli scongiuri, le grida degli animali e i rumori delle forze naturali nonché il comportamento di coloro che parlano questa lingua, cioè gli spiriti, soprattutto nel loro aspetto zoomorfo. L’esperienza sciamanica è profondamente legata all’esperienza del mondo animale; indubbiamente parte integrante del training sciamanico doveva essere l’acquisizione della conoscenza della «lingua degli animali», da mettere sicuramente in rapporto con quella usata dai cacciatori nei loro riti volti ad ottenere il successo nella caccia.

Il culmine dello stadio transitorio è l’iniziazione estatica, l’esperienza tramite la quale il candidato ha coscienza che gli spiriti lo trasformano in sciamano. Le visioni dell’iniziazione estatica ripetono i temi della morte e resurrezione, della lacerazione del candidato da parte degli spiriti e sua ricomposizione ed investitura dei poteri soprannaturali, della definitiva trasformazione in sciamano capace di «vedere» e «sentire». La seduta sciamanica (detta kamlanie con un neologismo russo a partire dal termine qam «sciamano» proprio dei turchi della Siberia meridionale) si articola di solito, ma non necessariamente sempre, nelle seguenti fasi: a. fase preparatoria; b. invocazione degli spiriti adiutori; c. viaggio sciamanico; d. congedo degli spiriti adiutori; e. altre pratiche; f. chiusura della kamlanie. Ecco come il viaggiatore olandese Yssbrant Ides descrive una seduta sciamanica cui egli assistette: Se cinque o sei tungusi abitano vicini […] si rivolgono tutti allo stesso sciamano […] Ogni volta che essi si riuniscono presso di lui, 10 si vede vestire un abito adorno di ferraglie del peso di più di duecento libbre con ogni sorta di figure diaboliche […] Questo sciamano […] prende un lungo tamburo sul quale batte colpo su colpo e questo rumore assai spiacevole, accompagnato da urla terribili […] produce una musica che incute terrore […] Lo sciamano cadeva all’indietro come se avesse perso coscienza ed è allora che essi gli rendono onore come a un santo1.

La danza, il canto, il mimo, la rappresentazione di carattere teatrale entrano in un complesso mal differenziabile che costituisce l’azione dello sciamano durante la kamlanie. È difficile determinare il ruolo che gioca la danza nell’ottenimento della trance, così come è arduo stabilire il rapporto che la lega alla maschera o agli strumenti musicali. La seduta sciamanica può essere vista come la trasformazione dello sciamano in uno o più animali simultaneamente o successivamente. Il costume sciamanico (detto con i vari accessori metallici, campanelle, sonagli ed altri paraphernalia) è una vera e propria maschera che ha il fine di modificare la personalità o di mostrare il cambiamento di personalità dello sciamano. Spesso comunque il costume sciamanico non comporta che pochi attributi propriamente animali, non raramente mere grossolane imitazioni in legno o metallo. La danza sciamanica sembrerebbe una tecnica conservatrice, trasmessa di generazione in generazione, diversa da gruppo a gruppo; essa confonde le proprie origini con le origini stesse dello sciamanesimo. C’è in essa un’imitazione costante dell’animale. I miti e le credenze dei popoli siberiani attribuiscono la massima importanza all’animale come essere sacro. La loro «zoologia sacra» costituisce il centro stesso del loro sistema religioso. Gli

animali e gli uomini hanno una identica origine e natura; si può imparare la lingua degli animali così come si impara una lingua straniera. L’animale è l’ausiliario dell’uomo, guida lo sciamano nell’al di là; come l’animale sulla terra conduce l’uomo attraverso le gole pericolose, gli suggerisce dove conviene alzare il campo, allo stesso modo gli rende gli stessi servigi nel viaggio denso di pericoli nell’al di là. Oltre ad animali come il cavallo e l’oca, numerosi altri compaiono in qualità di spiriti adiutori: lupo, volpe, lucertola, orso, salmone, serpente ecc.2. È agevole per l’uomo trasformarsi in animale. Poiché nulla separa il regno animale da quello umano, l’uomo può senza fatica trasformarsi in animale. Lo sciamano quindi, al momento di intraprendere il suo viaggio, si confonde con l’animale, riveste la sua personalità. Egli abbandona così i limiti propri dell’uomo per avere più facile accesso al mondo trascendente in cui gli animali si trovano a proprio agio. Trasformato in uccello, egli vola senza difficoltà, batte le ali; divenuto cavallo, egli nitrirà, galopperà; divenuto cane, egli abbaierà, leccherà, salterà. Non è da escludere che la danza sciamanica sia in parte una danza erotica. La funzione del tamburo sciamanico è sicuramente molteplice. Per Radlov, esso serve innanzitutto a raccogliere gli spiriti adiutori. Altri (Harva, Lehtisalo) vedono la sua funzione unicamente nello scacciare gli spiriti maligni, intimorendoli col suo rumore. Altri ancora vedono in esso la cavalcatura dello sciamano. Esso è in ogni caso una potenza di per se stesso. Esso certo dovette servire inizialmente ad accompagnare il canto e la danza. Laddove il tamburo manca, il suo posto è infatti preso da altri strumenti musicali, come il qobuz, sorta di violino monocorde, presso i casakhi. I popoli siberiani non distinguono tra il materiale e lo spirituale, tra l’animato e l’inerte. Per essi, tutto ciò che è vive della stessa vita. In ciascun essere vivente vi sono una o più anime. Un’anima o più anime sono anche presenti in ogni cosa, ai nostri occhi, inerte o inanimata. Le anime hanno accesso a tutte le zone cosmiche. Esse hanno la loro dimora originaria in cielo, sotto forma di uccelli (come tra i tungusi), dove ritornano dopo la morte. Esse possono errare sulla terra, incarnarsi di nuovo, stabilirsi in un angolo del suolo o in un oggetto naturale o manufatto. La minima particella di un tutto possiede un’anima; il più piccolo filo d’erba, l’insetto più insignificante, una goccia d’acqua possono in realtà essere delle forze possenti. Un fiume, una sorgente, un lago, una foresta, una montagna possiedono la propria anima, sotto l’aspetto di spirito-signore. Gli spiriti vitali di certi elementi vengono divinizzati.

La concezione delle anime dei popoli siberiani mostra un carattere dualistico o meglio dualistico-pluralistico: vengono distinte un’anima libera e una (o più) anima/e corporea/e. L’anima libera è la manifestazione libera, extracorporea dell’individuo, il suo alter ego, che già in vita occasionalmente può separarsi dal corpo e condurre una propria esistenza autonoma. Essa si manifesta come anima extracorporea negli stati passivi, inattivi dell’individuo, ad esempio nel sogno come anima del sogno, nell’estasi (nel caso degli sciamani) come anima della trance, nel caso della cosiddetta «perdita dell’anima» (causata dalla malattia) come l’«anima smarrita». L’anima corporea (spesso articolata in più anime) si presenta da una parte come anima vitale, volentieri identificata con il respiro in quanto portatrice della funzione vitale fisica, dall’altra come anima del sé, portatrice della funzione vitale psichica. Una analoga concezione si ritrova in Siberia a proposito degli animali. Concezione delle anime e credenza dei morti sono strettamente collegate. Se l’uomo in vita possiede una o più anime, l’uomo da morto non ha più che uno «spirito», cioè a dire egli non è più che una, più o meno incorporea, manifestazione «spirituale», un’«ombra» per usare un’espressione tipicamente siberiana. Ed è nel mondo delle «ombre» che il morto vivrà la sua nuova esistenza infera. Qui egli ritroverà i propri congiunti defunti e con essi ricostituirà il gruppo, così come sulla terra ma con una sostanziale differenza e cioè che ogni cosa qui avverrà al contrario di come avviene sulla terra; se sulla terra è giorno, nel mondo infero sarà notte, se sulla terra è estate, nel mondo infero sarà inverno, e così via. L’altro mondo è un’immagine speculare del mondo terreno. Assai complessi sono i rapporti tra i vivi e i morti e centrale nella regolazione di questi rapporti è la figura dello sciamano. Spesso l’anima inappagata di un defunto può tormentare a lungo la propria famiglia, com’è il caso dell’anima üzüt presso gli altai. L’intervento dello sciamano dovrà restituire la pace alla famiglia tormentata. In Siberia ritroviamo tutti i tratti del complesso sciamanico che solo parzialmente sono presenti in altre aree. Occorre comunque tenere ben presente come una grande diversità si impone evidente ad ogni livello della tradizione sciamanica siberiana (e centroasiatica). Per quanto la tecnica dell’estasi e i modi della sua concreta attuazione siano sostanzialmente uniformi attraverso tutta la Siberia, pure non è lecito costruire un modello uniforme per lo sciamanesimo come di una istituzione religiosa.

All’interno dello sciamanesimo siberiano vi sono notevoli differenze «regionali». In quanto all’ideologia stessa; sciamanesimo «bianco» e «nero» (distinzione questa comunque secondaria e di origine relativamente recente), sciamanesimo «familiare» (proprio soprattutto dei gruppi paleosiberiani), sciamanesimo spontaneo o ottenuto per vocazione ecc. In quanto ai paraphernalia: costume sciamanico completo tra i popoli «centrali» come i tungusi e gli iacuti, presenza della sola maschera o del copricapo tra i gruppi samoiedi e paleoasiatici. Caratteristico degli sciamani paleosiberiani (ciukci, coriachi, eschimesi e itelmeni) è il cambiamento rituale di sesso, pratica che si ritrova sorprendentemente in area usbeco-tagica. La presenza di sciamane è assai sviluppata presso gli iacuti, i mongoli e numerosi altri popoli siberiani e centroasiatici. In Siberia (ed Asia centrale) possono essere individuate le seguenti forme storicamente determinate di sciamanesimo: a. sciamano di clan, quello esistente tra gli iucaghiri, gli evenchi, certi gruppi turchi della Siberia meridionale, i selcup (samoiedi); b. sciamano di piccolo gruppo, praticato dai gruppi di esigue dimensioni numeriche dell’estremo nord siberiano, cacciatori, pescatori e piccoli allevatori, come gli nganasani; c. sciamano indipendente professionale, presente presso gruppi quali i ciukci e i coriachi, presso i quali la più importante forma di aggregazione sociale era il campo o il villaggio costituito di poche famiglie; d. sciamano professionale territoriale, proprio della Siberia meridionale e dell’Asia centrale in un’area ricca di apporti e contributi religiosi provenienti dalle culture superiori del sud. Gli iacuti, i buriati, gli evenchi, i tuvini, gli altai, i chirghisi (e tutti gli altri che vivono in quest’area) sono stati caratterizzati da forme diverse di feudalesimo patriarcale. Tutti allevatori in origine, sono passati poi parzialmente e gradualmente ad attività agricole, con insediamenti di tipo tendenzialmente sedentario. È verosimile che la struttura di comunità gerarchicamente organizzata abbia favorito il passaggio da una pratica di sciamanesimo di piccolo gruppo a quella di tipo professionale, il cui tipo classico è esemplificata dal bȫ o dalla udagan dei buriati. Il nome «sciamano» è di origine tungusa (in evenchi šamān) ed è giunto in occidente tramite la resa russa šaman del termine tunguso. Non è da escludere che il termine tunguso sia a sua volta di origine sanscrita: tunguso šaman < sansc. śramaṇa- «asceta buddhista», śramaṇera- «monaco», forse con

mediazione cinese (sha-men?). Questa è la spiegazione dell’origine del termine oggi più o meno universalmente accettata. Németh e Laufer rifiutarono questa spiegazione e vollero vedere un’identità fonetica originaria tra il termine šamān (alternante nelle lingue tunguse con samān/xamān) ed il turco qam/xam, assumendo a prototipo delle sue forme un ipotetico *sam. Queste argomentazioni sono state oggi completamente abbandonate. Un’altra spiegazione del termine šaman è stata avanzata da Diószegi; secondo lo studioso ungherese esso deriverebbe dalla radice tungusa ša«conoscere». Anche il suo tentativo di spiegazione però non ha incontrato il favore degli studiosi. I nomi per sciamano sono molteplici attraverso tutta la Siberia. D’altra parte uno stesso gruppo può avere espressioni diverse per indicare lo sciamano e la pratica sciamanica. Il termine turco più diffuso, da cui ha origine il neologismo kamlanie, proprio della Siberia meridionale e passato poi in Turchia, qam (/xam) è di origine uigura; la sua prima attestazione è nel Dīvān-i luγāt-it Türk del secolo XI, opera di Mahmūd di Kāšγar, sorta di summa etnico-linguistica del mondo turco dell’epoca, e nel Codex Comanicus, opera anonima della prima metà del secolo XIV costituita da due glossari latino-persiano-turco cornano e dalla traduzione di testi religiosi cristiani in prosa e in versi, nella forma qam qatun «incantatrix». Non è da escludere che il termine qam non sia originariamente turco ma un antico prestito (dal sanscrito kavi- «poeta» «mago»?). È interessante notare come, essendo diversi e molteplici i termini per indicare lo sciamano nei diversi gruppi altaici (turco sud-siberiano qam, iacuto oyūn, mongolo classico böge, khalkha e buriato bȫ), unico è invece il termine per indicare presso gli stessi gruppi la sciamana (utayan presso i turchi sudsiberiani, udayan presso gli iacuti, uduyan/udagan presso i mongoli, udagan/odigon presso i buriati). Circostanza questa che alcuni hanno voluto interpretare come prova del fatto che lo sciamanesimo femminile avrebbe preceduto storicamente quello maschile. Alcuni termini per sciamano nelle diverse aree sono: tungusi (evenchi) yayan (oltre a šamān/samān/xamān), paleosiberiani (ghiliachi) č‘am, uralici (nentsi) tād′ib′e, uiguri-gialli elčï/ilčï (meno frequentemente tolïn > cin. ′tao

jen), casakhi baqsï/chirghisi baqsa (di origine uigura, in uiguro però antico prestito cinese [po-shih]), uiguri (del Sinkiang) pǟrixōn. Lo sciamanesimo è diffuso (o meglio, almeno per l’intera area siberiana e centroasiatica, era diffuso) sulla terra in forme largamente convergenti nell’Eurasia settentrionale e in Nord America, nonché in America meridionale, ed inoltre in aree isolate dell’Asia di sud est, Australia e Oceania, che pure un tempo devono avere avuto rapporti con lo sciamanesimo nordeurasico. L’area di elezione dello sciamanesimo è comunque la Siberia e l’Asia centrale, cui è assai vicina, geneticamente e strutturalmente l’area dello sciamanesimo americano (settentrionale e meridionale). L’area di estrema diffusione occidentale dello sciamanesimo nord-eurasico è costituita dalla Lapponia, dove la tradizione sciamanica si è conservata viva fino alla fine del secolo XVIII. In Giappone e in Corea lo sciamanesimo è ancor oggi molto vivo; in questi paesi esso rappresenta un’estrema propaggine estremo orientale del fenomeno sciamanico nord-eurasico. Non è neppure da escludere che l’Australia e l’Oceania siano state un tempo in contatto con lo sciamanesimo dell’Eurasia settentrionale. L’Asia centrale e la Siberia meridionale sono state aperte nel corso della loro storia alle influenze di quasi tutte le grandi religioni (cristianesimo, mazdeismo, ebraismo, buddhismo, islamismo, manicheismo) ed alla suggestione delle culture sedentarie dei popoli meridionali. Soprattutto islamismo e buddhismo hanno influenzato in modo profondo e duraturo la cultura e le concezioni religiose centroasiatiche, in primo luogo di turchi e mongoli. Come prodotto dell’impatto dell’islamismo e del buddhismo sullo sciamanesimo originario di casakhi, chirghisi, usbeco-tagichi, uiguri da una parte, di mongoli, buriati, uiguri-gialli dall’altra, si sono avute due forme di sciamanesimo sincretistico, l’uno sciamanico-islamico (prevalentemente di ambiente sufi), l’altro sciamanico-buddhista (lamaista), caratterizzate dalla persistente prevalenza dell’ideologia sciamanica nella cornice formale della religione vincitrice. La preistoria dell’immensa area nord-eurasica è assai complessa e non permette di affermare l’esistenza di un complesso sciamanico che la comprendesse per intero. Gli impulsi provenienti dalle culture superiori meridionali (Iran, India, Tibet), cui si aggiunsero le progressive ondate migratorie in direzione nord di popolazioni turche, devono aver favorito la

crescita dello sciamanesimo siberiano, nel quale certo non è agevole separare quanto vi è di autoctono da quanto vi può essere stato importato. Occorre riaffermare che lo sciamanesimo è profondamente radicato nelle antiche culture di caccia con il loro individualismo, la credenza negli spiritianimali ed il ricco simbolismo relativo alla caccia. In una forma o nell’altra pratiche sciamaniche sono presenti in pressoché tutte le culture di caccia; lo sciamanesimo si adatta meno bene alle culture agricole ed a quelle caratterizzate da un superiore livello tecnologico ed una maggiore complessità sociale. È lecito pensare che lo sciamanesimo non sia stato assente nelle culture del paleolitico, per quanto le illazioni di Findeisen e Lommel che vedono degli sciamani nelle pitture parietali delle grotte dell’epoca magdaleniana in Francia e Spagna siano a dir poco semplicistiche. Più fondata sembrerebbe essere l’interpretazione in senso sciamanico dei graffiti rupestri siberiani risalenti al paleolitico, studiati soprattutto da Okladnikov. Ancora fiorente all’inizio di questo secolo, seppur sottoposto alla pesante influenza di cristianesimo ortodosso, islamismo, lamaismo, lo sciamanesimo siberiano e centroasiatico subì un colpo mortale con l’avvento della politica staliniana negli anni trenta e quaranta tesa alla soppressione, in nome della erigenda nuova società sovietica, delle manifestazioni spirituali dei popoli, il dominio sui quali la Russia sovietica ereditò dall’impero zarista. Gli sciamani andarono gradualmente scomparendo ed il silenzio calò finanche sul termine sciamanesimo, sottoposto a tabù ideologico da parte dell’ortodossia staliniana. Sensibilmente migliore si mantenne, almeno fino agli anni cinquanta, la situazione nell’area della Mongolia interna ed in parte della Repubblica mongola (nella quale pure si fece sentire pesantemente l’ipoteca ideologica sovietica). È stato più volte notato come i discendenti di famiglie sciamaniche spicchino oggi per il loro talento artistico e scientifico, quasi a perpetuare la loro diversità, trasfigurata rispetto alle mutate ed irreversibili condizioni socioculturali del mondo moderno. Ben più ampio spazio di quanto qui sia consentito meriterebbe il problema della presenza di elementi sciamanici nelle culture superiori dell’antichità. Tratti sciamanici sono stati rinvenuti nella religiosità greca da Rohde, il quale dedicò particolare attenzione al culto bacchico della Tracia. Sulle sue orme, Meuli ampliò l’orizzonte dello studio degli elementi sciamanici nelle religiosità classica; egli si rivolse soprattutto allo studio delle fonti riguardanti le culture limitrofe, in primo luogo quelle degli sciti e massageti, donde i greci

avrebbero potuto trarre suggestioni sciamaniche. Meuli ravvisò nel volo e nell’estasi i tratti caratterizzanti dello sciamanesimo, pur non sminuendo la funzione dello sciamano quale veggente e guaritore. La sua opera è stata continuata da Dodds. Tratti sciamanici sono stati individuati anche nella religiosità iranica nonché nella figura stessa di Zoroastro (cfr. bibliografia). Altrettanto suggestivo e complesso è il problema della presenza di elementi del complesso sciamanico nelle aree limitrofe del locus classicus siberiano-centroasiatico, vale a dire India, Tibet, Cina, in epoca antica e in epoca moderna. Elementi, per non fraintendere, di uno sciamanesimo «originario» indiano, tibetano, cinese; ben diverso è l’apporto, il contributo esercitato storicamente dalle culture indiana, tibetana, cinese sullo sciamanesimo, ad esempio, di buriati e turchi sud-siberiani, in primo luogo tramite il buddhismo lamaista. Se si escludono i resoconti dei viaggiatori medievali, il più famoso dei quali fu Vilhelm av Ruysbroeck (inviato del re Luigi IX di Francia alla corte mongola, negli anni 1253-1255), l’interesse europeo per la Siberia e l’Asia centrale si risvegliò soltanto nei secoli XVII e XVIII con l’espansione russa verso est e con il moltiplicarsi delle spedizioni oltre gli Urali. Dopo quelli di Nicolaes Witsen, Johan Bernhard Müller, G. Novickij, Ph. J. Strahlenberg, pionieri dell’informazione sulla Siberia a cavallo dei secoli diciassettesimo e diciottesimo, i primi veri resoconti di viaggio meritevoli ancor oggi della massima attenzione sono quelli di Johan Georg Gmelin, Johann Gottlieb Georgi e P. S. Pallas, durante il secolo XVIII. L’interesse e le opportunità di approfondire la conoscenza e lo studio delle culture siberiane e centroasiatiche conobbero un notevole incremento nel secolo XIX. A. von Middendorf, Matias Aleksanteri Castrén, per citare solo due dei maggiori viaggiatori, ci hanno lasciato preziosi resoconti dei loro viaggi in Siberia; soprattutto Castrén, finlandese, ci ha lasciato con i suoi diari di viaggio, 1838-1844, una preziosa miniera di informazioni etnografiche, linguistiche e religiose relative prevalentemente, ma non solo, ai popoli uralici. Il primo studio vero e proprio sullo sciamanesimo siberiano, specificamente mongolo-buriato, è quello di Banzarov (1846). Sulle orme di Verbickij, missionario ortodosso presso i turchi sud-siberiani alla metà del secolo XIX, Radlov ci ha lasciato con il suo Aus Sibirien (1884), diario dei suoi viaggi in Siberia, una delle migliori analisi, a tutt’oggi fondamentale, della cultura sciamanica turca sud-siberiana. Del 1883 è lo studio, pure

fondamentale, di Agapitov e Xangalov sullo sciamanesimo siberiano. Verso la fine del secolo scorso, lo studio dello sciamanesimo siberiano si sviluppò su basi nuove; esiliati politici come Bogoraz e Ioxel’son dettero il via ad un’intensa attività di ricerca sulla religione e la cultura dei popoli siberiani. Ad essi seguirono Vitaševskij, D. D. Popov, Serosevskij, Priklonskij, Pripuzov, Troščanskij (per nominare solo i maggiori) per gli iacuti; Šimkevič, Lopatin, Širokogorov, Lipskij (Kurenko) per i tungusi; Katanov e Anoxin per i turchi sud-siberiani; Anucin per gli ostiachi dello Ienissei. Una pietra miliare nello studio della Siberia religiosa fu l’uscita di Aboriginal Siberia di M. A. Czaplicka (1914). Lo sciamanesimo mongolo, in tempi più recenti, è stato studiato soprattutto da W. Heissig e B. Rinčen; a quest’ultimo si deve una raccolta di testi sciamanici (o meglio sciamanico-lamaisti) mongoli e buriati di eccezionale valore. La rivoluzione in Russia non portò ad un’interruzione dell’attività di ricerca sullo sciamanesimo. È negli anni trenta, come conseguenza della politica di dura repressione religiosa e culturale attuata da Stalin, che si viene sostanzialmente a interrompere, a parte poche eccezioni, lo studio dello sciamanesimo. Il nome stesso di sciamanesimo venne demonizzato. Qualcuno ha voluto paragonare questa situazione a quella del manicheismo del quale, per secoli, si è conosciuto solo quanto dicevano i suoi oppositori, fossero essi padri della Chiesa o polemisti musulmani (!). La polemica ideologica ha soppiantato, se si fa eccezione dei contributi di mero carattere etnografico e descrittivo, negli ultimi decenni in URSS lo studio scientificamente fondato dello sciamanesimo. A tutt’oggi i materiali, indubbiamente ricchissimi e di grande valore, relativi allo sciamanesimo siberiano e centroasiatico giacciono non studiati nei musei etnografici di Mosca e Leningrado, nonché negli archivi delle università siberiane, Tjumen′, Tomsk, Novosibirsk, Krasnojarsk, Irkutsk, Jakutsk, Xabarovsk, Vladivostok e perfino in luoghi sperduti e remoti come Minusinsk sull’alto corso dello Ienissei e Dudinka sul corso inferiore dello Ienissei, nell’Artide. Un posto a parte nella storia degli studi sciamanici occupa l’ungherese Vilmos Diószegi, il quale, unico tra gli studiosi nonsovietici, ebbe la possibilità di studiare lo sciamanesimo siberiano sul campo, lasciandoci alcune tra le più profonde e suggestive indagini relative allo sciamanesimo di turchi sudsiberiani, buriati, tungusi.

La letteratura sciamanica è costituita di testi tramandati oralmente di generazione in generazione, di sciamano in sciamano. Un’eccezione costituiscono in parte i testi mongoli, (ma si veda oltre la discussione relativa alla letteratura «sciamanica» mongola), per i quali esiste una tradizione scritta, sorta per influenza della cultura lamaista, risalente anche al secolo XVIII. Il genere più diffuso in tutta l’area siberiana e centroasiatica è quello della invocazione/preghiera cantata ed accompagnata dal tamburo (o da altro strumento musicale). Rivolta alle divinità, agli spiriti-signori della natura, ai genî della caccia, pronunciata durante la libagione (come l’alqïš sös altai) o durante un rituale (come l’alγïs per l’ïsïax iacuto) o, come più spesso avviene, durante la kamlanie (come la daγudalγa dello sciamano mongolo Ügedelegüü o la munoǧot [< ar. munāǧāt] della sciamana usbeca Sadrieva), l’invocazione/preghiera costituisce il momento della parola per eccellenza nel rapporto tra lo sciamano e il soprannaturale. L’invocazione/preghiera è inserita in un genere più complesso, caratterizzato dal drammatismo monologico dello sciamano e diffuso prevalentemente tra i turchi della Siberia meridionale: il viaggio che lo sciamano compie per raggiungere il regno celeste o quello infernale. Lo sciamano rappresenta il suo viaggio (com’è il caso del Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo altai) sul dorso di un’oca o di un cavallo, accompagnato di solito da uno o più compagni di viaggio. Il viaggio è rappresentato come lungo e arduo; lo sciamano alternando il canto al mimo, alla danza, riproduce drammaticamente le peripezie da lui attraversate prima di giungere a destinazione. I canti almeno parzialmente sono improvvisati: lo sciamano è il compositore, il recitatore, il bardo cantante, l’attore, sulla scorta di un’interrotta tradizione poetico-drammatica e «scenica» appresa durante il suo noviziato e poi perfezionata individualmente3. La natura improvvisata dei canti sciamanici è evidente. Il grado di tale improvvisazione è comunque difficile da stabilire. Indubbiamente intorno ad un tema centrale, tramandato di sciamano in sciamano, si esercitava la libera creazione dello sciamano «ispirato» dagli spiriti in modo diverso a seconda della circostanza nella quale si trovava ad operare. Heissig ha con fondamento individuato all’interno dello sciamanesimo mongolo-orientale una tradizione stilistica alimentata da maestro ad allievo. Lo stesso non sembra potersi affermare dello sciamanesimo siberiano, per il quale, al contrario, caratteristica è l’«ispirazione» diretta da parte degli spiriti,

cioè un elevato grado di improvvisazione. Un genere di particolare interesse, relativo soprattutto all’area turca sudsiberiana e iacuta, è quello della «animazione del tamburo» e più in generale relativo alla costruzione ed alla vita della «tigre screziata», «sacro cammello» (due degli epiteti del tamburo presso i teleuti), del compagno imprescindibile dello sciamano nel suo rapporto con gli spiriti. Qui la poesia sciamanica tocca a mio parere le sue punte più alte con momenti di intenso lirismo ed elevata efficacia stilistica. Accanto all’invocazione/preghiera, al «dramma» del viaggio sciamanico, all’«animazione del tamburo», è assai diffuso, soprattutto in area paleosiberiana e uralica, il «racconto sciamanico», narrazione di fatti mitici, soprannaturali, straordinari legati alla vita degli sciamani, in primo luogo dei tempi antichi. La presente raccolta di testi è per alcune aree tale da comprendere la quasi totalità della letteratura esistente, com’è il caso dell’area turca sud-siberiana, per altre in ogni caso sufficientemente rappresentativa, com’è il caso delle aree tungusa e uigura gialla, per altre ancora (iacuta, mongola e buriata, uralica) essa è piuttosto esemplificativa, a ragione della vastità dei testi relativi a queste aree (testi spesso ancora inediti e comunque di difficile accesso). A proposito della letteratura «sciamanica» mongola è necessaria una precisazione. L’uso delle virgolette per l’aggettivo «sciamanica» è dovuto alla discussione che la definizione di tale letteratura come sciamanica tout court ha suscitato tra gli studiosi. Accanto a testi indubitabilmente sciamanici, funzionali cioè all’esperienza estatica dello sciamano o comunque ad un rituale o ad un momento di rapporto col soprannaturale di chiara natura sciamanica, esiste una massa, quantitativamente assai ingente, di preghiere, invocazioni, litanie ed eulogie, in cui idee e concetti sciamanici sono frammisti a idee, concetti e soprattutto formule propri del lamaismo. I testi relativi a tale complesso, pronunciati originariamente da sciamani, hanno acquistato più tardi forma scritta e sono divenuti tali da poter essere recitati da chiunque sapesse leggere; essi perdevano in tal modo il carattere di testo sciamanico in senso tecnico, venendo a costituire un tipo nuovo, ibrido di letteratura religiosa, di cui non c’è il corrispondente nelle altre aree di diffusione dello sciamanesimo. Occorre, perché non si creino fraintendimenti, un’ulteriore precisazione. Questo complesso letterario ibrido è cosa diversa dalla letteratura sciamanico-lamaista propria di uno sciamanesimo ancora attivo, qual’è quella di cui diversi testi vengono presentati nella presente raccolta. I

testi relativi a tale letteratura, di tradizione orale (condizione sine qua non della definizione di un testo come sciamanico), sono stati raccolti (da Heissig ed altri) dalla viva voce di sciamani e sciamane, quindi in un contesto religioso vivo, perpetuanti ininterrotte tradizioni sciamaniche. In essi è pure presente, spesso in maniera massiccia, l’influsso, soprattutto terminologico e formale, della Fede gialla lamaista; ciò non toglie che questi testi siano da considerarsi senza dubbio alcuno genuinamente sciamanici. Dell’altro tipo di letteratura ibrida scritta non più definibile sciamanica in senso proprio, non mi è sembrato opportuno fornire traduzioni esemplificative (si vedano comunque le indicazioni bibliografiche). Diversa è la situazione della letteratura sciamanica buriata. Presso i buriati l’influenza lamaista sullo sciamanesimo originario è stata incomparabilmente meno rilevante che non presso i mongoli (xalxa e orientali). La letteratura sciamanica in area buriata quindi, vastissima anch’essa (e in buona parte ancora inedita), costituisce un complesso piuttosto omogeneo, espressione di una tradizione ancora viva in tempi recenti. Dei testi dello sciamanesimo manciù, assai numerosi ma ancora poco studiati ed in gran parte inediti (si veda la bibliografia relativa), non ho fornito esempi, in quanto esulanti dalle mie competenze e comunque tali da costituire una tradizione in parte autonoma rispetto allo sciamanesimo nord-eurasico. 1. IDES, 1699, 24. 2. Cfr. quelli enumerati a p. 12. 3. Del massimo interesse e non ancora sufficientemente studiato è il rapporto tra tradizione sciamanica e letteratura epica, soprattutto ma non solo, in area turca e mongola: si vedano orientativamente HATTO e CHADWICK-ZHIRMUNSKY.

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1. I titoli preceduti da una t contengono i testi da me tradotti.

NOTA SULLA PRONUNCIA E LE TRASCRIZIONI g   č   ǧ   š   z   ž   q   x  

sempre dura, come in gatto. come in cena. come in giallo. come in scena. come s in rosa; come in zaino in mongolo khalkha. come nel francese jour. c dura velare come in casa. come nel tedesco achtung. corrispondente sonoro del precedente, come la r grasséyé del γ [Γ]   francese. d′   d palatalizzata, come in dieci. come la i di ieri. y   ä   e aperta, come in veste. ï   i velare, da pronunciarsi tra e e i. come nel francese feu o nel tedesco können. ö   come nel francese mur o nel tedesco grün. ü   come c aspirata nella pronuncia toscana di casa. h   come ǧ. ǰ   ń   n palatale, come in gnocco. ə e aperta. [Ǝ]   c (iucaghiro)   suono intermedio tra č e ts (in pazzo). z (iucaghiro)   suono intermedio tra ǧ e dz (in zaino). č῾ (ghiliaco)   č fortemente aspirata. t῾ (ghiliaco)    t fortemente aspirata. y (ciukci e eschimese)   come il russo y (ы), suono intermedio tra u e i (eschimese)   come la r grasséyé del francese, più profonda. ῆ (eschimese)   n palatale, come in gnocco.

j (paleoasiatico e samoiedo)   come y. come š. ś (samoiedo)   c (samoiedo)   ts, come in pazzo. b′ (samoiedo)   b palatalizzata, come in bieco. Il segno – sulla vocale indica lunghezza della stessa. Per il russo, arabo, persiano (e le altre lingue iraniche), sanscrito, ho seguito gli usuali sistemi di trascrizione. Per il cinese il sistema Wade-Giles, per il tibetano il sistema adottato da G. Tucci nel Libro tibetano dei morti, Torino, Utet, 1972, con qualche modifica.

ELENCO DEI SIMBOLI E DELLE ABBREVIAZIONI > indica passaggio da una lingua all’altra o da una forma ad un’altra della stessa lingua oppure ancora esito di composizione lessicale. [] indica integrazione testuale. / indica alternanza lessicale. […] indica lacuna testuale oppure abbreviazione. lett. letteralmente. cfr. confronta. v. vedi. * indica forma ricostruita. ar. arabo. pers. persiano. mon. mongolo. sansc. sanscrito. cin. cinese. tib. tibetano. sogd. sogdiano. uig. uiguro. r. russo.

TURCHI SUD-SIBERIANI

SACRIFICIO DEL CAVALLO E ASCESA AL CIELO Testo classico di tayïlγa (< mon. classico tayilγa/ buriato taylagan «offerta, sacrificio») dello sciamanesimo altai (Il gruppo etnico altai, il più numeroso gruppo turco della Siberia meridionale, è articolato nei seguenti sottogruppi: altai propriamente detti [altai-kiži], tuba, cumandini, teleuti; con altai tout court si intende il primo sottogruppo). Venne pubblicato per la prima volta da Verbickij, il missionario dei turchi altai negli anni quaranta e cinquanta del XIX secolo, nel 1870 su un giornale di Tomsk (pubblicato postumo nel 1893) sulla base di una cerimonia cui egli assistette nel 1858. Il testo turco di Verbickij era piuttosto scorretto, esso venne ripreso da Radlov, il quale ne dette la sola traduzione in Aus Sibirien, II, 20-51. È stato ampiamente utilizzato nella letteratura sullo sciamanesimo siberiano: MIXAJLOVSKIJ, Shamanism, 63-67; CZAPLICKA, 298-303; HARVA, 553-556; SCHMIDT, IX, 278-341 (un intero capitolo gli è dedicato); ELIADE, 1968, 160-165; ID., 1953, 153-160; ID., 1964, 190-204; CHADWICKZHIRMUNSKY, 245-249. La presente traduzione è stata compiuta sul testo fornito da VERBICKIJ, 46-78, facendo ampio ricorso alla traduzione di Radlov. Essenziali alla giusta comprensione del rituale sono le osservazioni della Lot-Falck in LOT-FALK, Koča-Kan, 88-105. «Grande dramma religioso» (Chadwick), il sacrificio del cavallo a Ülgän1, l’essere supremo celeste sud-siberiano avente dimora sulla montagna d’oro nel sedicesimo cielo, dura tre giorni. La cerimonia ha luogo di sera, con grande concorso di popolo.

La prima sera, appena il sole è scomparso dietro i monti, hanno inizio i preparativi per la cerimonia, la scelta del luogo, la ricerca dell’animale da sacrificare. Lo sciamano stesso designa il luogo più adatto in un boschetto di betulle. Qui viene eretta con l’aiuto di tutti i presenti una iurta2, completamente nuova e ricoperta di feltro e tappeti. Nel mezzo della iurta viene piantata una giovane betulla, ricca di spesso fogliame, la cui cima esce attraverso l’apertura per il fumo. I rami inferiori della betulla vengono tagliati mentre ad uno dei superiori viene fissato un nastro costituito da un pezzo di stoffa, detto yalama, il quale rimane sospeso come una bandiera. Sul tronco della betulla in basso vengono incise nove tacche profonde con una scure, tanto profonde che ci si possa poggiare il piede; le tacche (e la betulla) vengono dette taptï «gradino». La porta della iurta in cui avrà luogo la cerimonia è sempre rivolta ad est. Davanti alla porta della iurta viene alzata una piccola recinzione con corteccia di betulla e bastoni conficcati in terra, recinzione che deve rappresentare un recinto per il bestiame. Il lato della recinzione che dà sulla porta della iurta viene lasciato aperto e nel luogo aperto tra la recinzione e la iurta viene conficcato nel terreno un bastone di legno di betulla, alla cui estremità superiore si trova un cappio di peli di cavallo. Il cavallo offerto a Ülgän deve essere di pelo chiaro. Una volta che lo sciamano abbia trovato il cavallo adatto, sul dorso di questo viene posta una coppa di legno, quindi viene sferrato all’animale un colpo così che essa cada a terra. Se la coppa di legno cade in modo tale che il fondo sia in alto, l’animale

non è adatto al sacrificio, se invece essa cade con l’apertura verso l’alto, allora l’animale viene dichiarato ben accetto al sacrificio. Se l’animale è una giumenta, la coppa viene lavata con il suo latte, mentre viene pronunciata la seguente invocazione Se l’offerta è ben accetta, possa egli3 con l’occhio destro guardare quanto viene offerto! Io offro la coppa, la benedizione viene da voi4; dandoci un segno favorevole, possa egli volgere lo sguardo su di noi. Un uomo designato dallo sciamano tiene il cavallo sacrificale ad una lunga corda a mo’ di cavezza fatta di peli di cavallo. Costui viene detto baš-tutqan kiši «uomo che tiene la testa», e svolge il suo compito per tutta la durata della cerimonia. Lo sciamano passa accanto all’animale con in mano un ramo di betulla spesso e fronzuto e agita il ramo sul dorso del cavallo. In tal modo egli espelle l’anima dall’animale e la invia a Ülgän. Insieme all’anima dell’animale viene espulsa, secondo le credenze degli altai, anche l’anima del baš-tutqan kiši, la quale accompagna quella fino a Ülgän. Ora lo sciamano entra nella iurta, nella quale a lato della betulla è stato acceso un fuoco, suffumica con rami di ginepro il tamburo, si siede quindi accanto al fuoco e convoca nel suo tamburo gli spiriti adiutori Vieni, giovane nube, che premi questa mia scapola!5 Popolo e gente6, che premete le mie spalle, venite qui da me! Täng Sarï7, figlio del cielo, Kärgädäy8, figlio di Ülgän! Tu, mio occhio per guardare, tu, mia mano per afferrare, tu, mio piede per sfuggire, tu, mio zoccolo, non appena inciampo; la mia destra tiene l’orbu9, risuonando vieni alla mia destra! Dopo l’invocazione, lo sciamano atteggia con un gemito, con voce alterata,

cavernosa, la risposta dello spirito invocato: ā qam ay «Eccomi, sciamano», quindi inclina il tamburo un poco in avanti e compie un movimento ondeggiante con il braccio, affinché si veda chiaramente che lo spirito è stato preso nel tamburo. Quindi continua Con il bastone di canna gialla, con il giallo cavallo, tu, con la gialla briglia di seta, con la pelliccia di seta gialla, Qartïš Qan, figlio di Ülgän, vieni danzando alla mia destra, che si muove battendo l’orbu. Lo spirito risponde: ā qam ay e viene preso nel tamburo. Tu, su rosso cammello, con la rossa briglia di seta, con il bastone dell’arcobaleno, padre Qïsuγan Tängrä10, vieni come yalama11, risuonando ora qui alla mia destra! Lo spirito risponde: ā qam ay e viene preso nel tamburo. Tu che cavalchi sotto il tuono, che vieni danzando tra i lampi, nube d’autunno incinta del tuono, nube di primavera ricca di folgori, i cui passi risuonano scoppiando; o padre mio, Märgän Qan,12 vieni come yalama, risuonando ora qui alla mia destra! Lo spirito risponde: ā qam ay e viene preso come gli altri nel tamburo. Ora lo sciamano si alza ed esce lentamente dalla iurta; non lontana da essa intanto è stato fatto un pupazzo con paglia e vestito di stracci, che sta a rappresentare un’oca. Lo sciamano si siede sull’oca e compie violenti movimenti con ambedue le braccia, come se volasse verso l’alto, quindi prende a cantare lentamente e ad alta voce Al di sotto del bianco cielo, al di sopra della bianca nube; sotto l’azzurro cielo,

sopra l’azzurra nube, sali fino al cielo, uccello! Lo sciamano risponde, imitando la voce dell’oca

SCIAMANO OCA SCIAMANO OCA SCIAMANO OCA SCIAMANO OCA SCIAMANO OCA SCIAMANO OCA SCIAMANO

Unγay gaq gaq, unγay gaq qayγay gaq gaq, qayγay gaq. Attaccate una briglia d’oro! Unγay gaq gaq, unγay gaq. Afferrate il dorato cappio da presa! Unγay gaq gaq, unγay gaq. Guardate là per il periodo di un mese! Unγay gaq gaq, unγay gaq. Guardate là il bianco Lago di latte!13 Unγay gaq gaq, unγay gaq. Guardate là per il periodo di un giorno! Unγay gaq gaq, unγay gaq. Guardate là il monte Sürö!14 Unγay gaq gaq, unγay gaq.

Possa essa15 non ottenere dal monte Sürö cibo per mangiare! Possa essa non ottenere dal bianco Lago di latte bevanda per bere! OCA Unγay gaq gaq, unγay gaq. L’anima dell’animale cavalcatura16, detto pūra, comincia a nitrire; lo stesso sciamano si unisce al nitrito con un grido di imitazione: mïyaq, mïyaq, mïyaq. Poiché l’anima del pūra fugge via, lo sciamano le corre dietro cavalcando la sua oca. Tutti i presenti prendono parte alla caccia e corrono fuori dalla iurta insieme allo sciamano gridando forte: ay hay! ay hay! dietro a quella che si crede l’anima in fuga dell’animale-cavalcatura finché non si riesca a spingere il pūra nel recinto dove si trova il palo di legno di betulla con il cappio, rappresentante il guardiano dell’anima del pūra (pūra-saqčï). Lo sciamano grida a questa ad alta voce

Afferrate l’aureo cappio da presa! Hay, hay, hay! Agitate rapidi la cavezza del cavallo! Hay, hay, hay! Accostate l’aurea briglia per la testa! Hay, hay, hay! Così gridando, lo sciamano si precipita verso la iurta, getta di slancio il tamburo dietro la spalla sinistra e, tenendo l’orbu con la destra, con la mano sinistra afferra il cappio, così che simbolicamente egli ha catturato l’anima del pūra. Egli imita ora la voce del cavallo, cui è stato stretto il collo con una corda, salta, scalpita con i piedi avanti e indietro e rappresenta in tutti i suoi movimenti i gesti di un cavallo selvatico catturato. Il tamburo gettato dietro la spalla sinistra viene afferrato in aria da uno che sta accanto. Se il tamburo cade a terra, è segno che l’anima dell’animale all’ultimo momento è fuggita via, e perciò occorre cominciare da capo la cerimonia della cattura. Se invece l’anima del pūra è stata presa, lo sciamano impartisce agli aiutanti che sono intorno a lui, soprattutto al pūra-saqčï, i suoi ordini. A quest’ultimo egli affida il pūra, dicendo Sellatelo con la sella aurea, mettetegli l’aurea cinghia della coda, tirate stretta l’aurea cinghia del ventre. Viene ora porto allo sciamano un verde ramo di ginepro, con cui egli suffumica il cavallo sacrificale da ogni lato, cantando in modo lento e misurato Alas17, alas, alas, o cavallo! Tu, offerta a Ülgän Qan! Tu, offerta ad Aq Ülgän!18 Alas, alas, alas! Lo sciamano lascia l’oca che gli serviva da cavalcatura con le seguenti parole di benedizione Prendi il cibo dal monte Sürö! Prendi da bere dal bianco Lago di latte! Madre delle oche, tu, mia schiamazzante, madre degli uccelli, Qurγay Qan19, madre degli uomini, Ängkäy Qan!20

Rimani accanto agli uomini! Chiamatela, dicendo: au, au! Chiamatela qui, dicendo: yä, yä! Egli solleva poi all’improvviso il tamburo verso l’alto, batte forte con l’orbu e lancia un grido, come a significare l’improvviso volar via dell’oca. Ora, dopo che l’anima del pūra è tornata nella iurta, lo sciamano conduce l’animale sacrificale con l’aiuto dei presenti nel luogo isolato dove avverrà il sacrificio. Egli canta con voce solenne Con la testa ti sollevo, proteggiti con la mia spalla, ti offro in sacrificio; tu, mio puledro benedetto, sollevati sulla iurta, sali fino al nono strato, scendi danzando sulla bianca tenda, giù sulla tenda di Ülgän; Inalberandoti giungi presso Bay Ülgän, avvicinati alla sua mano destra, mostrati al suo occhio destro, portaci una buona benedizione. Lo sciamano quindi comincia, insieme ad alcuni dei presenti, ad uccidere l’animale, mentre il resto dei presenti appronta il luogo del sacrificio, detto tasqaq […]21. Dopo che è stata tolta la pelle al cavallo, insieme al cranio e alle zampe detta baydara, essa viene fissata ad un lungo palo (tükölö) di modo che l’estremità del palo vada a conficcarsi nell’apertura anteriore del cranio. Il corpo del cavallo spogliato della baydara viene vuotato delle interiora; l’animale viene quindi tagliato in pezzi, in modo tale che la carne venga tagliata alle giunture senza spezzare le ossa. Lo smembramento deve essere condotto con grande perizia. Due cuochi scelti avranno il compito d’onore di cuocere la carne. Quando la carne è ben cotta, viene disposta su di un’ampia base e tagliata in piccoli pezzi. Ora lo sciamano prende una coppa di legno, vi mette della carne e versa del brodo, si porta poi nel luogo del sacrificio e con la faccia rivolto ad est fa una libagione agli antenati e agli spiriti protettori della iurta. Si rivolge al baš-tutqan con la seguente benedizione Presso il puro alone della luna, presso lo splendore luminoso del sole,

quando il suo anno vecchio è passato, quando il suo anno nuovo è cominciato; al passaggio del suo anno, quando in autunno tutto è variegato, quando la cima della canna viene agitata dal vento, 10 offro per l’abbondanza della coppa, per il profumo del cibo qui a Qayraqan22 questo dono. Quindi egli impartisce la benedizione in nome del padrone della iurta, nel frattempo accostatoglisi Il suo anno vecchio è passato, il suo anno nuovo è cominciato, lo sostenga con ambedue le spalle, lo sollevi con la sua testa! Se non lo sostiene con le sue spalle, se non lo solleva con la sua testa, sia per lui una grande pena, una pena che non ha fine. Accettalo, o Qayraqan! Quanto rimane nella coppa lo sciamano offre agli ospiti della iurta, egli stesso ne mangia ancora un poco, quindi distribuisce il resto tra i parenti degli ospiti. Allorché la coppa è vuota, egli la agita all’intorno in circolo e la getta poi a terra. Se essa cade con il fondo verso il basso, è segno che l’offerta è ben accetta; se invece la ciotola cade con il fondo verso l’alto, è segno negativo, Ülgän non si rallegra dell’offerta. La cerimonia continua in ogni caso. La sera seguente, la cerimonia riprende al calar del sole. Lo sciamano entra a crepuscolo iniziato nella iurta, nella quale già arde il fuoco. Egli prende un po’ della carne cotta il giorno precedente e ne offre agli spiriti-signori del tamburo Accetta questo, Qayraqan, signore del tamburo a sei borchie, avvicinati qui a me suonando! Quando grido: čoq!23, prostrati! Quando grido: mä!24, accetta questo! Quindi si rivolge alla signora del fuoco, cioè alla forza personificata della stirpe del padrone della iurta Accetta questo, Qayraqan!

Madre fuoco dalle trenta teste! Vergine madre dalle quaranta teste!25 Quando grido: čoq!, prostrati! Quando grido: mä!, accetta questo! Mentre lo sciamano pronuncia queste parole, egli solleva la coppa con ambedue le mani verso l’alto, come se la porgesse ad invisibili ospiti, quindi emette con la bocca un rumore, come se molti invisibili ospiti si radunassero; poi taglia la carne che si trova nella coppa in piccoli pezzi e la distribuisce con destrezza ai presenti, i quali la divorano avidamente: gli uomini soddisfatti rappresentano gli spiriti invisibili che si saziano. Lo sciamano quindi appende alla corda distesa in precedenza davanti alla iurta, adorna di nastri, detta söltü, nove vestiti di lana, panno o seta (detti tolu), offerta che il padrone della iurta fa a Ülgän. I tolu vengono suffumicati con ginepro, mentre lo sciamano canta Doni che alcun cavallo può portare, alas, alas, alas! [Doni] che nessun uomo può sollevare, alas, alas, alas! Vestiti con tripli colli, guardateli voltandovi tre volte! Siano essi coperte per il corsiero, alas, alas, alas! Mio Ülgän Qan, rallegrato! Alas, alas, alas! Ora lo sciamano afferra il tamburo con la mano sinistra e lo suffumica, quindi indossa il costume (manyaq), prende di nuovo il tamburo e lo tiene in silenzio sul fuoco, così che il fumo lo possa investire da ogni lato. Si siede poi su uno sgabello ed inizia a battere il tamburo con l’orbu in modo lento e cadenzato e con voce solenne invoca gli spiriti. Ogni spirito invocato risponde: ā qam ay e viene preso nel tamburo dello sciamano, come sta a significare ogni volta un corrispondente movimento del tamburo. Per primo viene invocato Yayïq Qan, il signore del mare, quindi Ülgän, poi Paysïn Qan, in ultimo con una lunga invocazione Yābïr Qan; l’invocazione di quest’ultimo termina con le parole Tu, dai ascolto a questa mia supplica, esaudisci questa mia preghiera!

Concedi la pace per lunghi giorni! Concedi il sonno nelle lunghe notti! Concedi abbondanza di criniere, concedi quiete notturna della lunghezza di un braccio26, concedi la pace alle mille iurte, il sonno ai mille focolari; vieni suonando presso la mia destra, che si muove battendo l’orbu. Dopo queste parole, il padrone della iurta si avvicina allo sciamano, quest’ultimo si alza dallo sgabello, lo abbraccia e batte dolcemente il tamburo con l’orbu cantando Monta a cavallo! Guidaci! Non ti fermare nella strettoia! Apri la porta della iurta! Sostieni il ginocchio destro! Appoggiati alla mia frusta! Sciogliti libero col mio dente! Risuona con la mia lingua! Lo sciamano passa poi ad invocare la famiglia di Bay Ülgän, dopo aver lasciato l’ospite dal suo abbraccio Padre di ogni cosa, Bay Ülgän! Tasïγan, alta madre!27 Pūra Qan dalla criniera di nubi! Voi, nove figli alla sua destra! Voi, sette figli alla sinistra, affascinante Qulay Qan, tu, nobile Qostu Qan. Tüstü Qan, simile alla luna piena, voi, belle figlie di Ülgän! Lo sciamano prende di nuovo posto sullo sgabello e comincia a convocare nel suo tamburo molte divinità e spiriti, poiché egli non può compiere il suo viaggio negli strati celesti senza il loro consenso. Ciascuno spirito, che egli invoca con formule di scongiuro alcune più lunghe altre più corte, gli risponde ā qam ay ed entra nel tamburo. In primo luogo egli invoca Tō Qan dalla criniera di stallone, il potente Mansar Qan, Sō Qan, il figlio di Ärkin, Pïrču Qan su cavallo bianco, che osa cavalcare a scommessa con Ülgän; quindi l’impavido Tälägäy, cui alcuno rivolge la parola, la cui freccia scoccata

attraversa la roccia, le cui parole pronunciate risuonano sopra ogni cosa. Quindi si rivolge ai potenti signori dell’Abakan e dell’Altai Oh, eroi dell’Abakan, voi, in bianche pellicce di seta, voi, su possenti cavalli fulvi, venite qui presso di me! Mordo Qan, signore potente! Presso la sorgente dell’Abakan, sulla montagna con mille cime tu hai dimora, o Mordo Qan. Vieni ora presso di me! Ascolta, tu, o principe, le mie parole! Tu che ti adorni con campanelle d’oro, che derubi i sessanta eroi, che hai combattuto con armi da fuoco, Altay Qan, tu, potente principe! Tu che ti adorni con campanelle d’argento, che hai derubato i quaranta [eroi], che hai partecipato alla lotta, o Altay Qan, potente principe! Tu che hai attraversato le borchie di ferro, padre, o Altay Qan! Colui che alcun cavallo può sostenere, venga cantando presso di me! Dopo che lo sciamano ha invocato nello stesso modo molti altri spiriti, quali Oqtu Qan, il signore del focolare, Purqan Qan28 e Yašïn Qan, ambedue figli di Ülgän, e lo spirito dell’offerta Pärbi Qan, e dopo che li ha presi tutti nel suo tamburo, egli conclude lo scongiuro con l’invocazione agli uccelli celesti, märküt Uccelli del cielo, cinque märküt, voi, con possenti artigli di rame; di rame è l’artiglio della luna, di ghiaccio il becco della luna; di apertura possente le larghe ali, come un ventaglio la lunga coda. L’ala sinistra nasconde la luna, l’ala destra nasconde il sole.

Tu, madre delle nove aquile, che non erri volando attraverso lo Yayïq29, che non ti stanchi sull’Ädil30, vieni cantando a me! Vieni vicino al mio occhio destro! Posati sulla mia spalla sinistra! Lo sciamano, alla fine dell’invocazione, imita la risposta dell’uccello31: qayaq, qaq, qaq! qam ay! Contemporaneamente, lo sciamano piega le spalle, a mostrare quanto possente sia l’uccello posatosi su di lui. Egli prende poi ad invocare lo spirito protettore del clan cui appartiene il padrone della iurta. Così, se quest’ultimo appartiene ai clan tölös e mundus, viene invocato Totoy Qan, il signore della grandine, del tuono e della pioggia, con le seguenti parole Tu che giri come frumento32, che cadi crepitando come grandine, tu, rampollo di Musïγan Qan33, tu, padre mio, Totoy Tängrä. Dalla direzione donde viene la luna giunge un Libro d’oro34, dalla direzione donde viene il sole giunge un Libro d’argento. Tu che avvolgi completamente la luna, che oscuri il sole, che hai dodici taptï35, che giochi su dodici strati [celesti], che ti rallegri di tredici aste. Quanti più spiriti vengono catturati dallo sciamano, tanto più forte egli batte il tamburo. Quest’ultimo è ora così pesante al braccio che, oppresso dal peso, egli comincia ad oscillare. Si alza quindi dallo sgabello, fa più volte il giro della betulla piantata nella iurta, si avvicina alla porta; qui resta in piedi, si rivolge stanco allo spirito che guarda la porta, cade sulle ginocchia e si inchina profondamente. Appoggia quindi il tamburo di lato contro il ginocchio e comincia a toccarlo dolcemente, poi spinge il braccio un poco avanti e indietro, così che il tamburo si muove secondo un movimento oscillatorio, e canta in tono dolce e supplichevole Tu sei il saggio signore, io sono lo sciocco servo;

tu sei l’alto signore, io il servo che si rivolge supplice. Quale principe implorerò? Quale dei signori pregherò? Tu, il servitore di tutti i principi, tu, la guida di tutti i signori, mandami un inviato, affinché mi indichi il cammino! Quindi canta con voce alterata la risposta come il guardiano della porta Implora Pïrqan36 Tängrä, prega il padre Pïrqan, gli ordini di questo principe accogli con umiltà, ascolta Pïrqan Tängrä. Ottenuta questa benevola risposta, lo sciamano si alza, appoggia il tamburo di lato contro il petto e piega tutta la parte superiore del corpo tre volte insieme con il tamburo, canta Tre volte ti imploro cantando, tu, elevato Pïrqan Tängrä. Dammi ora un buon consiglio! Sostienimi con le tue ginocchia! Di nuovo si inchina tre volte, poi parla con voce affaticata, mentre si rivolge ancora al guardiano della porta Stai vigile alla porta! Fai assegnamento sulla spada di rame! Imbraccia il fucile di rame! Se giunge un ayna37, scaccialo! Se giunge il maligno38, allontanalo! Non permettere che il maligno lanci uno sguardo! Non permettere all’odioso di afferrare alcunché! Non venire, internamente impuro! Non prendere dimora in chi è internamente puro! Non permettere che si spinga fin qui! Ora lo sciamano si inchina lentamente con il tamburo, lo solleva poi all’improvviso dal petto, così che si sentono un forte strepitío e tintinnío dei pendagli di ferro del costume, si avanza veloce nel mezzo della iurta e comincia con grande impeto a battere il tamburo con movimenti bruschi e

violenti. Compie contemporaneamente con la parte superiore del corpo movimenti convulsi emettendo un incomprensibile mormorío. Ora il padrone della iurta si accosta al taptï; lo sciamano lo colpisce dolcemente con l’orbu e gli sfrega la schiena trasversalmente con lo stesso. Ciò sta a rappresentare la purificazione dell’anima, che nelle concezioni degli altai si trova nella schiena, e così allontanare ogni influsso di Ärlik, l’essere supremo del mondo dei morti, l’antagonista di Ülgän. Lo sciamano canta Estrai la freccia scoccata! Afferrala, mio abile messaggero! Non tornare indietro per sessanta anni! Resta lontano per settanta anni! Afferra la freccia scoccata! Portala via di qui più rapidamente di quanto scorre l’acqua della corrente! Egli abbraccia il padrone e la padrona della iurta, i figli e i parenti prossimi, così che all’abbraccio il tamburo si trovi davanti al petto dell’abbracciato e l’orbu dietro la sua schiena. Con quest’abbraccio in nome di Pïrqan Tängrä egli li purifica con il concorso di tutti gli spiriti riuniti nel tamburo da ogni male e sventura. Appena i purificati tornano al loro posto, lo sciamano si avvicina velocemente alla porta, solleva contro di essa il tamburo e batte violentemente con l’orbu, affinché possa in tal modo scacciare lontano il male catturato attraverso l’abbraccio con il tamburo e con l’orbu ai famigliari del padrone della iurta, ordina poi al male di allontanarsi seguendo la strada da lui indicata e di non tornare indietro. Egli canta piuttosto lentamente Čoq, čoq! Non deviare dalla strada percorsa! Non deviare dall’acqua attraversata! Vola sulle montagne di pietra! Continua, rivolto al suo ospite, toccando dolcemente il tamburo Forza aurea, simile alla testa di un cavallo, spingi avanti la tua spina dorsale! Forza bruna, simile alla testa di una pecora, spingi avanti la tua vertebra dorsale! Egli si avvicina di nuovo al suo ospite, solleva il tamburo e lo tiene accanto al suo orecchio, colpisce più volte con violenza il tamburo e così fa

penetrare l’anima e la potenza degli antenati del suo ospite nell’orecchio di quest’ultimo, così che egli possa essere in grado di udire e ben comprendere la predizione pronunciata in seguito dallo sciamano. Questi si avvicina ai padroni della iurta e ai famigliari tutti e fa come se mettesse ad ognuno una corazza ed un copricapo, quindi va verso il fuoco, si avvicina ai tolu (nel frattempo portati all’interno della iurta), si piega velocemente con il tamburo e fa come se con il tamburo e con l’orbu afferrasse e sollevasse velocemente qualcosa da terra al di sotto dei tolu. Lo sciamano compie tutto ciò con grande destrezza e precisione battendo forte il tamburo ed emettendo alte grida. A questo punto i bambini e i timorosi abbandonano la iurta. Egli sta raggiungendo pian piano il climax dell’estasi, salta all’intorno selvaggiamente e colpisce con i piedi quelli tra i presenti che imprudentemente si sporgano in avanti. Afferrando i tolu, egli sale all’improvviso con un piede sul primo taptï, solleva il tamburo, lo percuote con tutta la sua forza e grida con grande strepito: čoq, čoq! Egli vuol far intendere con tutto ciò che si sta levando verso il cielo Alto, alto, su! I tolu, che l’uomo non indossa, alto, alto, su! I tolu e colui che porta i tolu, il puledro e l’allevatore di puledri, alto, alto, su! Corda aurea e tasqaq aureo, campo aureo, palo aureo, alto, alto, su! Lo sciamano scende dal primo gradino, batte violentemente con il tamburo contro di esso con grande fracasso, poi lo percuote tre volte con l’orbu in modo violento; prende poi a saltare rapidamente e grida a voce alta: «Guarda, l’ho trafitto». Quindi si mette a correre, preso in un’estasi ancora maggiore, intorno al taptï ed al fuoco dando forti colpi di tamburo, per esprimere la gioia di essere giunto in cielo. Mentre imita il tuono ed il fulmine che qui dimorano, egli grida ad alta voce e con grande fracasso del tamburo Šayarbata! Šayarbata! Šayarbata! Poi corre veloce verso lo sgabello, sul quale è posta una gualdrappa e che deve rappresentare il pūra, si siede su di essa e canta

Sono asceso di un gradino, ayhay, ayhay! Ho raggiunto uno strato [celeste], šaγarbata! Sono salito sulla cima del taptï, šaγarbata! Mi sono innalzato fino alla luna piena, šaγarbata! Lo sciamano agisce in stato di estasi, si muove sempre più selvaggiamente all’intorno e colpisce il tamburo sempre più forte, quindi si affretta verso il secondo cielo, così dicendo all’animale-cavalcatura Volgiti verso il cielo chiaro! Lascia danzare i tuoi piedi! Tra i lampi, tra i tuoni verso Ülgän, verso il padre Pïrqan, verso i principi del cielo, fai dei salti continui. L’anima del baš-tutqan si trova nel pūra; all’invocazione precedente lo sciamano risponde con voce alterata come baš-tutqan La via a Ülgän è assai dura! A, ho, ho! SCIAMANO      Allenta la briglia del pūra! baš-tutqan La via a Ülgän è faticosa! SCIAMANO      Non tener stretto il muso del pūra! Dopo aver incitato a far presto il pūra e il baš-tutqan, lo sciamano riprende a correre velocemente intorno al taptï, si arresta all’improvviso di fronte ad esso e poggia il piede sulla seconda tacca del taptï. Si siede quindi di nuovo a terra, colpisce il suolo con il tamburo ad indicare che ha raggiunto il suolo del secondo strato celeste, e grida Ho trapassato il secondo suolo, sono asceso al secondo strato, guardate, il suolo giace in macerie. Poi canta di nuovo, imitando il fulmine e il tuono Šaγarbata! Šaγarbata! Ora sono salito di due gradini, šaγarbata!

Mi sono innalzato di due strati, šaγarbata! Sono asceso sulla cima del taptï, šaγarbata! Mi sono innalzato fino alla luna piena, šaγarbata! Dopo aver ancora una volta incitato il pūra e il baš-tutqan ed aver intrattenuto con essi un dialogo del tutto simile a quello precedente, ora egli ascende nello stesso modo al terzo strato celeste, il cui suolo egli simbolicamente ha trapassato. Nel terzo cielo il pūra comincia a stancarsi, perciò il cavaliere lo lascia alle cure del baš-tutqan. Ora lo sciamano chiama l’oca, perché la cavalchi e possa così raggiungere il pūra e il baš-tutqan mandati avanti. Egli chiama l’oca con le seguenti parole Colei che non si confonde sullo Yayïq, oca, tu dal duro becco! Unγay gaq gaq, unγay gaq! Colei che non si affatica sull’Ädil, oca, tu dal duro becco! Unγay gaq gaq, unγay gaq! Vieni ora da me cantando! Vieni danzando presso il mio occhio destro! Posati sulla spalla sinistra. Con voce alterata, lo sciamano grida imitando l’oca Qaγaq, qaγaq! Qam, sono io! Lo sciamano si solleva, fa come se salisse sull’oca, cammina lentamente in avanti mentre canta dolcemente e muove contemporaneamente ambedue le braccia a mo’ di ali, ad imitare il volo dell’oca. Ora batte dolcemente il tamburo. Mentre fa come se volasse sull’oca, mostra con segni che il viaggio è assai difficile, e fa dei versacci, stanti a significare la sua stanchezza Apri l’ala destra! In, in, in! Piega l’ala sinistra! In, in, in! Tira dentro l’osso dell’ala! In, in, in!

Batti le ali! In, in, in! Vola con le tue ali! Sali fino all’alto cielo! In, in, in! Nel grembo dell’ampio etere, dove è visibile la strada di un mese, in, in, in! Nel grembo dell’etere azzurro, al di sopra delle nubi azzurre, in, in, in! Tu, mio amato bianco puledro, di’, quando ti raggiungerò? In, in, in! Lo sciamano chiama ora coloro che accompagnano il pūra con il grido hä, hä! e risponde con voce contraffatta: O, o! Qam ay! Infine il cavaliere raggiunge il pūra. Quindi egli si rivolge con il suo canto al baš-tutqan, preme il tamburo al petto, lo colpisce molto dolcemente con l’orbu e dice con voce chiara, che imita l’oca Tu che hai condotto il puledro, sei qui giunto felicemente? Unγay gaq gaq, Unγay gaq! Voi tutti guardate i tolu! Voi tutti guardate il tasqaq! Voi tutti guardate il cavallo! Voi tutti guardate la corda che tiene il puledro! Unγay gaq gaq, unγay gaq! Tu che hai condotto il puledro! Sei qui giunto felicemente? Unγay gaq gaq, unγay gaq! Servo, tu che guidi la testa del cavallo, sei qui giunto tranquillamente? Unγay gaq gaq, unγay gaq! Dal momento che l’oca ha ben compiuto il suo servizio ed ha raggiunto il pūra e il baš-tutqan, lo sciamano la lascia andare di nuovo, mentre canta

Oca! Ora bevi dal Lago di latte! Cerca cibo sul monte Sürö! Oca! Vieni quando ti chiamo: se dico hä!, anche tu di’ hä! Se grido au!, anche tu grida au! Ascolta in ogni momento le mie parole! Per incitare l’oca, lo sciamano solleva il tamburo, lo colpisce con forza, emette con la bocca un suono inarticolato, che deve significare il volar via dell’oca. Subito dopo egli si volge al baš-tutqan, mentre continuando a stare in piedi piega il corpo da ambedue i lati. Poi tiene il tamburo contro il petto e canta con voce allegra e forte Servo, che guidi la testa del cavallo, parla ora, alzando la voce! Quindi, alterando la propria voce, canta in tono lacrimevole imitando la voce del baš-tutqan Voglio tornare indietro di qui, padre sciamano! Mi duole la vertebra della schiena, padre sciamano! E mi fanno male le costole, padre sciamano! Ho le ossa slogate, padre sciamano! Le ossa laterali sono distaccate, padre sciamano! Il mio occhio è stanco, padre sciamano! Guarda, mia moglie è rimasta indietro, padre sciamano! Anche mio padre, che mi nutre, padre sciamano! Non avessi io visto questa terra! Padre sciamano! Non avessi percorso questo cammino! Padre sciamano! Voglio tornare indietro di qui, padre sciamano!

Voglio tornare alla mia iurta, padre sciamano! Risponde lo sciamano con la propria voce, assai grave, premendo il tamburo contro il petto e lasciando andare violenti colpi Lasciaci vedere il petto di Ülgän! Lasciaci seguire il cammino che conduce a lui! A, ho, ho! Hoho! La voce del baš-tutqan risponde piangente Non voglio venire, ho detto, padre sciamano! Ho una madre, ho detto, padre sciamano! Guarda, la madre mi ha mandato, padre sciamano! Ti daranno carne, ella ha detto, padre sciamano! Sono venuto a prendere la carne, padre sciamano! Guarda, il pesante zoccolo è ferito, la corona è spezzata! I, i, i, i!39 Mi, mi, mi, mi! Gli zoccoli sono consumati! I, i, i, i! Il collo è ferito, padre sciamano! Il baš-tutqan cerca così di giustificarsi; lo sciamano allora si ferma e interrompe il viaggio. Egli si guarda intorno ed informa gli astanti circa quello che vede o riesce a sentire nel terzo strato celeste, quanto abbia relazione con la vita degli uomini ed essi abbiano desiderio di conoscere, ad es. riguardo al tempo, malattie o calamità che siano incombenti, nel caso egli incontri un altro sciamano, quanto da questi apprende, disgrazie che minaccino i vicini, offerte che la gente dei dintorni debba presentare, e così via. Se presto cadrà la neve, egli dice Guarda, la cima della betulla si abbassa, ogni ramo si piega,

bianca nebbia cala all’intorno, lampi guizzano abbaglianti, risplendenti. la brina invernale discende. Se la neve si scioglierà, egli lo annuncia nel modo seguente Guarda, la cima della betulla si abbassa, giallo si spande al di sopra. Se sopraggiungerà il tempo piovoso, egli grida Qara Šurlu40 con sei bastoni gocciola sulle terre basse, nulla si può sostenere con gli zoccoli, nulla si può tenere con gli artigli. Simili predizioni vengono compiute non solo a questo punto del viaggio, ma possono essere palesate in qualunque strato celeste e nelle circostanze più diverse, solo che lo sciamano lo consideri opportuno. Dopo che il baš-tutqan si è sfogato piangendo e si è calmato, si rivolge con le seguenti parole allo sciamano Sì, voglio ancora cavalcare! Voglio prendere la figlia di Aq Ülgän! Le parole del baš-tutqan vengono interrotte dallo sciamano che con voce alterata imita il suo servitore Qara Quš («Uccello nero»),41 mentre quest’ultimo chiede al baš-tutqan la pipa per fumare Bianco fumo mi è ancora visibile alla distanza di un giorno di cammino, di un mese di cammino; il fumo mi cade negli occhi. La tua pipa di tre pezzi porgimi, baš-tutqan. Il baš-tutqan porge la pipa a Qara Quš. Lo sciamano intanto, tenendo la pipa in mano, la osserva da ogni lato preoccupato, girandola lentamente con le dita, come se temesse che essa lo morda. All’improvviso la solleva in alto mentre continua a guardarla, poi sbuffa spaventato come un cavallo e grida: ki-gilik! Come bastutqan egli tiene con una mano la pipa, mentre canta con la voce di Qara Quš La nera corazza è resa dura come l’acciaio, viene indossata la corazza; il cane scuro dalle orecchie d’oro,

ahi!, si è disteso lungo. Egli lecca la bocca e il naso, senti, Qara Quš, non sono io a tirare, è lui, ki-gilik, ki-gilik! Lo sciamano prende di nuovo la pipa che gli viene offerta dal baš-tutqan e fuma come Qara Quš senza toccare la pipa con le mani. Quindi grida: au, au, au! e getta via la pipa. Con un piede sale poi sul quarto gradino del taptï e canta Sono salito sulla cima del taptï, ho raggiunto la luna piena, mi sono innalzato ancora per quattro gradini, possa il principe del cielo benedirmi. Salta giù, si siede a terra e trapassa, come ha fatto in precedenza, il muro che separa il terzo dal quarto strato celeste, corre quattro volte intorno al fuoco e di nuovo imita il tuono e il fulmine Ay, hay, hay! Šaγarbata, šaγarbata! Ho attraversato quattro strati, facendoli vacillare sono asceso in alto, šaγarbata, šaγarbata! Benedici nel giro di un giorno, tutto il popolo nel giro di un mese, Šaγarbata! Tu, mio cavallo, che costui cavalca, Šaγarbata! Corre in gara con i principi del cielo, šaγarbata! Di nuovo ora lo sciamano si adira con il baš-tutqan, ma questi gli risponde con voce lacrimevole Che terra ricca di sole! Questa è una bella terra! Qui io abiterei volentieri! Qui vivrei volentieri! Un fitto bosco è cresciuto, pieno di animali selvatici è il bosco,

felicemente io qui vivrei! Non voglio tornare a casa, padre sciamano! Nel quarto cielo lo sciamano rappresenta come Qara Quš caccia un cuculo. Egli fa echeggiare prima la voce del cuculo, come se risuonasse di lontano, poi forte e ancora più forte: ququ, ququ! Imitando Qara Quš, egli porta la mano destra agli occhi, si guarda intorno da ogni lato, osserva in alto e in basso, a destra e sinistra; poiché nonostante ogni sforzo non riesce a scorgere l’uccello, si stropiccia gli occhi e canta Attento, Qara Quš! È forse volato in cielo? O è sceso sulla terra? Il mio fucile a sette colpi gli scaricherei addosso, colpendolo al centro del corpo; è forse sui rami della betulla o sulla cima del taptï? A mostrare l’uccisione del cuculo da parte di Qara Quš, egli tiene il tamburo in posizione orizzontale di fronte agli occhi, così da poter vedere la superfice del tamburo, quindi assesta con l’orbu un terribile colpo e grida: au!, imitando il rumore dello sparo. Sale poi con un piede sul quinto gradino e canta Sono salito sul quinto gradino del taptï, sono asceso su cinque cime, ho raggiunto la luna piena, benedici noi, o principe del cielo. Saltato giù, lo sciamano corre in estasi cinque volte, tamburellando, intorno al fuoco e trapassa nel modo descritto sopra il quinto strato celeste al grido di šaγarbata, imitando il fulmine e il tuono. Qui nel quinto cielo ha dimora il potente Yayučï42, il supremo creatore; lo sciamano si reca presso di lui e canta, colpendo lentamente e solennemente il tamburo, con voce melodica Ay-a, hay, hay, hay! Figlio di Ülgän, tu, Kärgädäy, figlio del padre mio, tu, Pïrqan Qan, Ašïn Qan, figlio del cielo,

venite cantando accanto a me! Giungete in mio aiuto! Attendete alla porta del principe! Ay-a, hay, hay, hay! Ora lo sciamano ha raggiunto la iurta di Yayučï, attraversa la porta e, con voce solenne e riverente, canta sommessamente, colpendo lievemente il tamburo Yayuci nel quinto cielo, che purifica dello sporco il Lago di latte, Tapqay43, che taglia l’ombelico, io prego fervidamente il principe Yayučï. Con voce più forte, minacciosa, lo sciamano risponde alla sua stessa preghiera come Yayučï Di’, da che parte sei venuto? Di chi sei discendente, parla! Ogni uomo ha un nome, ogni animale ha il proprio colore di pelo, dimmi il nome e la via!44 Ciò che ha le ali, vola, ciò che ha gli artigli, corre, lo scarabeo segue l’odore; tu, da parte di chi giungi qui? A, a, i, a-i! Come spaventato dalla voce adirata di Yayučï, lo sciamano salta lesto indietro, quasi a mettersi in salvo, poi avanza di nuovo affaticato a piccoli passi e ripete, tra profondi inchini, in tono adulatorio Ascolta, ti supplico, Yayučï! Yayuci interrompe la supplica, gridando forte: A, a, i! Lo sciamano resta in piedi, mentre Yayučï continua adirato Tu scuoti la mia porta, fai risuonare le mie orecchie, fai il solletico alla mia suola destra, a, a, i! A-i! Di nuovo lo sciamano gli si avvicina in umiltà e lo prega di prestargli ascolto. Yayučï lo interrompe ancora una volta con la domanda Di’, per conto di chi sei rimasto?

Di chi sei discendente, parla! Lo sciamano gli risponde inchinandosi pieno di riverenza e premendosi il tamburo al petto Da parte di chi dovrei essere rimasto? Di chi devo essere discendente? Padre principe, o Yayučï, madre principe, o Yayučï, sono rimasto per conto di Qara Qam45, sono discendente del grande qam, discendente di Tästü Qam, discendente di Učuqči46, discendente di un indovino; perciò ascolta, Yayuči, tu, elevato, ora la mia supplica: vengono qui nella tua dimora per presentarti la mia preghiera, per farti una domanda, per renderti omaggio. Sono rimasto in nome di Corneo Qam, vengo qui in nome di Sarγa Qam, cantando io vado ad Ülgän; tu, riconosci il mio tamburo! Ascolta la mia preghiera, Yayučï! Dopo essersi più volte profondamente inchinato, lo sciamano infine viene accolto amichevolmente da Yayučï. Ora egli entra nella iurta con Yayučï e durante la conversazione con lui ottiene conoscenza del presente e del futuro. Quanto apprende egli non può però riferire: lo mormora solo indistintamente. In maniera chiara riferisce solo alcune predizioni. Per prima cosa riferisce al figlio minore del padrone della iurta le seguenti parole di Yayučï Questo figlio ho creato, egli sarà ricco di vesti, egli lavorerà i campi sulla collina, sarà più lunga la corda con cui tiene i puledri, sarà largo il suo corpo stretto, sarà piena di cavalli per lui un giorno la possente mandria, piena di anime la sua iurta.

Quindi al figlio di mezzo Colui che ha avuto doni da principi, non soccomba al prepotente, né all’uomo dalle spalle larghe! Possa la sua vita durare a lungo! I suoi giorni [possano] non abbreviarsi! Possa egli essere vigoroso di forze! Come corazza sia la sua veste, attraverso le stelle possa egli scoccare le sue frecce, possa egli prendere la sua vendetta, muoia gemendo come i cani la schiera dei suoi nemici cattivi, muoia belando come le pecore! Infine al figlio maggiore Questo figlio ho creato, sono ora venticinque anni, che si completano con la mia benedizione; possa egli assicurarsi da ogni parte ricchi possedimenti, come pure concedere doni in ogni direzione. Alcun discorso lo convinca in partenza facendo violenza su di lui, alcuna verga lo colpisca da dietro; quaranta anni egli deve ancora vivere, alcuna freccia lo colpisca in petto, nessuno lo afferri per il collo. Non si leghi ai malvagi! Sia il pacificatore del popolo! Sia il bottone nella pelliccia! Viva ancora oltre cinquanta anni! All’inizio della predizione, i membri della famiglia gettano i loro copricapi sotto il tamburo. Dopo ciascuna predizione lo sciamano solleva un poco il tamburo e lo colpisce con l’orbu. Se la predizione è funesta, i copricapi cadono fuori del tamburo, se annuncia prosperità ciascuno toglie il proprio copricapo più presto che può dal tamburo e tutti li premono insieme, affinché la fortuna duri a lungo. Quando tutte le predizioni hanno avuto luogo, lo sciamano si inchina di nuovo di fronte a Yayučï, e canta

Ascolta la mia supplica, Yayučï, guardami con occhio favorevole, concedimi la tua giusta benedizione! Mentre lo sciamano raggiunge il quarto e quinto cielo, il pūra si è riposato e ora chiede allo sciamano di dargli da bere Nella bella terra illuminata dal sole c’è un bell’abbeveratoio, si mostri esso al mio occhio! O sciamano! Ma-aq, ma-aq, ma-aq! Lo sciamano afferra come baš-tutqan una coppa con acqua e fischia perché il pūra venga a bere. Egli rappresenta coi suoi movimenti il pūra, ansima forte e tira calci, ma alla fine beve. Dopo aver bevuto, afferra la coppa coi denti e la lancia insieme al tamburo verso l’alto, quindi l’afferra come baštutqan e la suffumica con ginepro. Quindi lo sciamano ascende al sesto cielo; dopo aver toccato il sesto taptϊ ed aver trapassato il suolo, corre sei volte intorno al fuoco, cantando come già in precedenza. Poiché qui nel sesto cielo ha dimora la luna, egli si inchina deferente ad essa e canta Ascolta la mia supplica! Ascolta la mia supplica! Padre luna, nel sesto cielo! Ascolta la mia supplica! Ascolta la mia supplica! Dopo queste parole, lo sciamano corre in estasi tre volte intorno al taptï e si inchina tre volte verso est. All’improvviso egli scorge una lepre che fugge ed invia subito dietro di essa il suo servitore Quruldaq Quruldaq, affrettati, nel grigio cespuglio si è nascosta la grigia [lepre]! Ču-u-uq! Quruldaq, che inutilmente ha inseguito la lepre, risponde con voce alterata, mentre lo sciamano mima l’insuccesso del servitore Ahi! Ahi! In due boschi si è nascosta, in tre boschi si è nascosta, U, u! Ahi, ahi! Ora lo sciamano introduce un personaggio nuovo nell’azione mutando ancora una volta voce: è Käräldäy, il quale beffeggia Quruldaq e

scimmiottando la voce dello sciamano grida a Quruldaq Tätä, tätä, tätä-tä! Ehi, ehi, ehi! Vecchio mio! Co-osa è accaduto ora, le sue orecchie va-vacillano, gli si riscalda la pelle del ventre. Indicando il pūra, egli continua Guarda, la sua coda si agita di qua e di là. Il tuo cavallo non è forse vivo? Cosa hai ora, vecchio? Ehi, ehi, ehi! Vecchio mio! Guarda, la lepre è a terra, si è nascosta nel cespuglio, ču-u-uq! All’ultimo grido lo sciamano, che rappresenta Käräldäy, agita l’orbu dal basso verso l’alto. Quindi muta luogo e voce e passa a rappresentare Quruldaq che insegue la lepre e grida U, u, u! Ha attraversato in corsa due boschetti, u, u, u! Ha attraversato in corsa tre boschetti, ahi, ahi, eh! Leprotto, non restare là dentro! Nonostante tutte le sue imprecazioni, Käräldäy non riesce ad acciuffare la lepre. Lo sciamano ora si innalza nel modo sopra descritto al settimo cielo, e dopo aver trapassato tra fulmini e tuoni il suolo ed aver corso intorno al taptï sette volte, egli si inchina davanti al sole che ha dimora nel settimo cielo; premendosi al petto il tamburo, canta in tono assai riverente Ascolta la mia supplica, la mia preghiera, madre sole47, che hai qui la tua dimora! Ascolta la mia supplica, la mia preghiera! Lo sciamano in modo analogo si innalza fino all’ottavo cielo e poi al nono; quanta più forza egli possiede, tanto più in alto egli può ascendere. Alcuni sciamani possono giungere al decimo, undicesimo, dodicesimo cielo ed ancora più in alto; tale forza è però posseduta solo da pochi. Dopo aver raggiunto il punto più alto consentitogli dalla sua forza, lo sciamano invoca Ülgän,

rivolgendoglisi con la seguente preghiera, abbassando il tamburo, colpendolo leggermente con l’orbu ed inchinandosi con umiltà Principe, cui conducono tre scale48, Bay Ülgän, con i tre greggi, declivio azzurro che è apparso, cielo azzurro, che si mostra, nube azzurra, che vaga, cielo azzurro irraggiungibile, luogo d’acqua lontano un anno, padre Ülgän, tre volte esaltato, che la falce di luna risparmia, che si serve dello zoccolo di cavallo. Tu hai creato tutti gli uomini, Ülgän, tutto ciò che fa rumore intorno a noi, tu, Ülgän, hai concesso tutto il bestiame; non consegnarci al maligno! Non mostrarci il körmös!49 Non consegnarci nelle sue mani! Tu che hai fatto ruotare il cielo stellato mille e mille volte, non condannare i miei peccati. Da Ülgän lo sciamano apprende se il sacrificio è stato ben accolto oppure no, ottiene inoltre da lui migliori predizioni sulla stabilità del tempo e sulla sua mutevolezza, sul cattivo raccolto, gli chiede infine se si attende o se richiede ulteriori sacrifici e quali. In relazione all’ultima richiesta lo sciamano riferisce di regola buone informazioni e designa spesso questo o quel vicino perché compia un nuovo sacrificio. Non raramente egli specifica anche il colore e il tipo dell’animale da sacrificare. Non è da escludere che lo sciamano a questo punto operi nel proprio interesse, visto che i proprietari dell’animale richiesto per lo più hanno timore di lasciare insoddisfatto il volere di Ülgän! Dopo il colloquio con Ülgän, lo sciamano raggiunge l’estasi più alta finché esausto cade a terra. Gli si avvicina allora il baš-tutqan, afferra il tamburo e l’orbu dalle sue mani, dopo che lo sciamano per l’ultima volta ha colpito il tamburo con le dita per tre volte ed ha mormorato, scrollando la testa e muovendo le mani davanti a sé: a-a-a-a-a-! i-i-i-i!, finché alla fine siede completamente in silenzio. Dopo un poco, mentre nella iurta regna ancora un

totale silenzio, lo sciamano si stropiccia gli occhi, si liscia i capelli, distende le mani e strizza la camicia grondante di sudore. Si guarda quindi lentamente intorno e saluta i presenti con le parole Äsän salam! Äsän salam!50

PREGHIERA DI RINGRAZIAMENTO Preghiera a Ülgän, raccolta da Radlov e pubblicata in ADLOV, Proben, I, 217-219. Tu che risiedi in alto, signore del cielo, Abïyaš Qan51.

che hai creato il verde della terra e le foglie degli alberi. Tu che hai fatto crescere la carne sulla coscia ed hai creato i capelli sulla testa. Tu, creatore del creato! Tu, cielo del creato! Cielo, in cui tu hai creato le stelle! Voi, sessanta signori52, che il padre ha innalzato, tu, Ülgän Pi53, che la madre ha esaltato, tu, creatore del creato, tu, cielo del creato! Cielo, in cui tu hai creato le stelle! Possa la divinità concedere il bestiame! Possa la divinità concedere il pane! Possa la divinità dare alla casa un capo!54 Tu, creatore del creato, tu, cielo del creato! Imploro il padre mio; concedi la tua benedizione, padre mio! Aiuta, padre mio, il capo della casa, il bestiame nella mandria! Mi prostro dinanzi a te. Possa la divinità concedere la sua benedizione! Tu, creatore del creato, tu, principe del cielo creato!

PREGHIERA DI OFFERTA AL CIELO

Testo assai importante, il più completo dell’area turca relativo al culto del cielo, raccolto in area beltira. Questa preghiera veniva recitata durante il sacrificio detto tigir tayï «offerta al cielo» (tigir è forma beltira corrispondente a tängrä/tängärä di altri gruppi sud-siberiani), presieduto propriamente non dallo sciamano ma da un anziano. Il sacrificio aveva luogo all’inizio dell’estate, in giugno; il suo scopo era di assicurare un buon raccolto, il verde ed un’abbondante quantità di latte. Il culto del cielo si è conservato, sino alla fine del secolo scorso e gli inizi del nostro, in misura maggiore presso i gruppi kacino e beltiro (insieme detti khacassi). Il culto del cielo continua un’antichissima credenza attestata già nei documenti epigrafici antico-turchi dei secc. VII-IX, comune d’altra parte all’intera area religiosa altaica. Pubblicato in MAJNAGAŠEV, Žertvoprinošenie; testo ripreso in SCHMIDT, IX, 642-644. Cielo azzurro, azzurrognolo, säk!55

Nera terra che ci sostieni, säk! Creatore-üldürbä56, Qayraqan57, säk! I tuoi nastri58 sono bianchi e azzurri. Un bianco agnello come offerta ti presentiamo, säk! Spirito della pioggia59, Qayraqan, concedimi la tua tenera60 [pioggia], säk! säk! Tu che hai dato l’inizio, rinomato, glorificato, Tigir Tayïǧgang61 Qayraqan, säk! Čïlγï Qaraǧang62, Qayraqan, säk! Rinomato, glorificato, ricco di curve63 Tu64, Qayraqan, säk! Come padre, tu [ci] nutri, säk! Come madre, tu [ci] allatti, säk! Propagandoti dalla sommità, rumoreggiando fino alla foce, säk! Con i tuoi vinchi, con i tuoi arbusti rigogliosi, con le tue pietre dagli acuti spigoli, säk! Giunga [l’offerta] ai monti e ai fiumi, säk! Non siate litigiosi65, säk, säk! Sotto il vostro petto siamo i vostri figli, nei vostri abbracci siamo i rampolli; difendete grandi e piccoli, säk, säk! Un bianco agnellino, come offerta,

senza spargimento di sangue66 presentiamo, säk! […]67 La terra in cui siamo nati e cresciuti è il grande Xoryis e il piccolo Xorγïs68, säk! Un bianco agnellino, come offerta, nominandoti presentiamo, säk! […] Uomo che cavalchi una bianca lepre69, che ricevi come offerta un bianco agnellino, säk! […]

PREGHIERA PER IL BEL TEMPO Preghiera agli antenati, pronunciata dallo yadačï («facitore della pioggia», yada essendo il nome della «pietra della pioggia» diffuso in tutta l’area altaica), dopo un lungo periodo di terribile maltempo. Testo raccolto da Radlov e pubblicato in RADLOV, Proben, I, 220-221; tradotto in RADLOV, Aus Sibirien, II, 8-9 e SCHMIDT, IX, 155. In assenza della yada, l’orante prese una medicina appartenente a Radlov (a quanto riferisce lo stesso Radlov), la fece scaldare nel suo cucchiaio sul fuoco e pronunciò la preghiera tenendo ambedue le mani levate al cielo. Qayraqan, Qayraqan!70

Alas! Alas! Alas! Apri il cielo la larghezza di una mano! Apri [lo] la larghezza di un ago! Della stirpe dei facitori di pioggia io sono, io, la radice del cedro71. Il mio nome è Abu Tobu, il mio nome è Ongγustay Qulduraq72. Sulla terra sia l’ombelico del cielo! L’ombelico della terra sia in cielo! Io invoco Paštïγan, l’antenato, apri tu la via del cielo! Apri il cielo la larghezza di una mano! Apri[lo] la larghezza di un ago! Penetra le alte montagne, attraversa le sorgenti dell’Abakan73, Qayraqan, Qayraqan! Alas, alas, alas!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI DELLA «TERRA REALE» INVOCAZIONE ALLO SPIRITO ČÄRI SU

Questo e i successivi testi vennero raccolti dalla viva voce dello sciamano Märäy Tanaš, di 42 anni, appartenente al clan tangdi degli aitai, nel 1929 e pubblicati in KARUNOVSKAJA, Predstavlenija. Nella concezione degli aitai, tre sono i piani cosmici (qat): il cielo, il mondo sotterraneo e la cosiddetta «terra reale» (altrove chiamata «terra di mezzo» [orto doydu] come tra gli iacuti o in altri modi ancora). Quelle che seguono sono le invocazioni rivolte agli abitatori non-umani dei tre piani. Nella «terra reale», detta anche «questa terra» (pu čär), sulle alte cime, nei burroni, fiumi e laghi accanto agli uomini vivono una grande quantità di spiriti, che influenzano in positivo e in negativo la loro vita. Al centro della terra si erge la montagna Aq Tošon Altay Sïnï, la residenza degli antenati dei cacciatori; sulla cima di essa si trova il «Lago di latte» (süt köl), nel quale, sulla via che conduce al mondo sotterraneo, lo sciamano purifica la propria anima. Al centro della montagna si erge l’ombelico della terra e del cielo (čär tängärä kindigi). Dallo ombelico della terra si innalza un albero lussureggiante dai rami d’oro e a larghe foglie, detto altï bürlü bay täräk «ricco albero dalle sei foglie». La cima di esso si trova già nella regione celeste. Da quest’albero lo sciamano ascende al cielo con le offerte del clan ad Ülgän. La montagna Aq Tošon Altay Sïnï costituisce la prima tappa degli sciamani sulla via che li conduce alla regione celeste, ostacolo insuperabile per quelli più deboli. Su questa montagna si danno convegno gli spiriti-signori delle diverse regioni dell’Aitai. Qui abita il più importante spirito che abita la terra, Čäri Su (lett. «Terra acqua»; continuazione della divinità Yär Sub degli antichi turchi), cui sono soggetti tutti gli spiriti della «terra reale». Quando lo sciamano giunge qui nella speranza di ottenere l’anima qut del bestiame o la yula dei bambini, egli si rivolge a Čäri Su. Alla cerimonia del sacrificio in onore di Čäri Su, che ha luogo una volta ogni tre anni, di regola gli aitai accorrono da ogni parte. Durante la cerimonia vengono sacrificati un cavallo e un montone. Mettendosi in viaggio verso Čäri Su, l’anima dello sciamano vola prima fino alla montagna Aq Tošon Altay Sïnï e qui si purifica nel Lago di latte; di qui egli, senza salire più in alto, vola ad est e raggiunge la regione in cui abita Čäri Su. Sul cammino dello sciamano si trova il «Lago rosso non visibile all’occhio» (kös yätpäs qïzïl köl). Signore di esso è un pesce gigante, Kär Balïq. Presso di lui si trova l’anima qut del bestiame e l’anima yula dei bambini. Per mezzo del respiro, egli trasmette le anime qut e yula a Čäri Su, il quale le trasmette a sua volta agli spiriti che abitano la iurta. Superato il lago, lo sciamano raggiunge una prima altura di sabbia rossa e terra detta Caqa Budaq; qui hanno dimora le figlie di Čäri Su. Più oltre egli trova un varco di velluto rosso, altra dimora questa delle stesse. Ascesa la montagna, da cui esce il sole, lo sciamano incontra i guardiani di Čäri Su; da essi egli ottiene il permesso di visitare la montagna-creatrice Čäzim Bi, residenza di Čäri Su. Di qui lo sciamano, compiuta la propria missione, vola indietro nella iurta in cui ha luogo il sacrificio. Non si facevano immagini di Čäri Su. Oltre ad un cavallo e ad un montone, a lui venivano offerti acquavite, latte e stoffe di colore chiaro. Se le offerte non venivano presentate in tempo, egli inviava diverse malattie delle orecchie.

Ombelico della terra, Čäri Su! Eccelsa su tutte le terre, montagna di rame! Montagna di rame con sette porte! Tu che cavalchi un [cavallo] rosso-fulvo, che giochi con la rossa luce! Eccelso trono, palazzo di rame! Corte regale simile a qayïrčaq!74

Tu che monti sette [cavalli] fulvi, cui è stato sacrificato un magnifico [cavallo] fulvo, Čäzim Qan75 su cavallo fulvo! Possa tu creare teste simili a chicchi di grandine76, possa tu creare anime77 di lunga vita! Concedi più bestiame per il pascolo, concedi magnifici ombelichi, concedi cavalli dalla criniera di seta, concedi più montoni per la cavezza, concedi che siano allevati più fanciulli nella culla! [Concedi] molte anime-embrioni degli animali che nitriscono! Che il fuoco possente possa trasmettere [le mie richieste]! Quruy, quruy op quruy!78 INVOCAZIONE ALLO SPIRITO DELLA SCIAMANA MÄRKIT

Nella regione di Čäri Su abita lo spirito della sciamana Märkit. Ad esso viene offerto un montone bianco dalla testa fulva, nonché acquavite e latte. Durante la kamlanie, viene legato un cavallo grigio con sette pezzi di stoffa. La sua immagine è un piccolo tamburo. Adirato se non gli vengono presentate offerte, esso invia agli uomini malattie degli occhi, infiammazione del seno alle donne che allattano e disturbi gastrici.

Sostenendosi sull’ombelico della terra, appoggiandosi sull’altura della terra, la vecchia sorella del clan dei märkit79 ascolta coloro che [la] pregano, degna di uno sguardo coloro che si prostrano. Tu che cavalchi un cavallo grigio, cui è stato offerto in sacrificio un montone bianco, vecchia sorella sciamana, fai cessare la tua ira, poni fine alla tua animosità, non inviare gravi malattie, non colpire le nostre teste, non affliggere il nostro cuore. A te offriamo una stoffa, glorificata in tutto l’Altai! Sia [a te] venerazione! Sciamana dai molti spiriti, hai preso dimora sul Maral Aγa80.

Tu agiti il mazzuolo del tamburo! Tu invochi col tuo grido il signore del lago81, toro azzurro! Concedi la prosperità! Concedi il benessere a tutti coloro che si prostrano!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO DELLO SCIAMANO MÜRKÜT TOROY

Nella regione di Čäri Su abita anche lo spirito dello sciamano Mürküt Toroy. A lui vengono offerti un capro selvatico e un montone. Alla sua immagine, costituita da un cencio a quattro angoli che rappresenta il suo costume e da due immaginette umane in legno (che rappresentano le figlie di Čäri Su), vengono legate le unghie dell’aquila reale. Se adirato, egli invia malattie della gola.

Tu ricevi in offerta un capro selvatico! Tu accogli [come vittima] un montone di due anni! Tu cavalchi un cavallo fulvo di due anni, magnificato Toroy Qam! Indossando rosse pellicce, le fanciulle82 si sono prostrate a te, generato dal signore delle nubi, creato dal signore Burqan!83 Tu corri lungo la rossa aurora! La tua briglia è simile all’arcobaleno, tu giochi nel rosso lago84, corri nella rossa taigà! Criniera del cavallo rosso-fulvo, concedi più steppa e puledri per le mandrie! Concedi favori al figlio del padre! Simili al tetto della iurta estiva sono le tue ali! I tuoi artigli sono inafferrabili!85 Con la nera aquila86 tu parli. […]87 Palazzo di rame dalle sette porte! Palo di rame dalle sette facce! Bianco campo della corsa dei cavalli!88 Concedeteci la prosperità, sia a voi venerazione!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO-SIGNORE DELL’ALTAI

Altay Ǟzi «spirito-signore dell’Altai» regna su tutte le cime del massiccio dell’Altai. Egli ha dimora nelle grotte e nei ghiacciai. Egli invia d’inverno vento, tempeste, maltempo, distrugge le iurte, uccide il bestiame, invia i lupi, priva i cacciatori della preda, li fa gelare a morte. Durante la raccolta delle noci,

provoca la caduta mortale dall’albero. Ogni anno vengono a lui offerti un montone bianco dalla testa fulva, latte, formaggio dolce disposto a piramide. Non se ne fanno immagini. Il testo di questa invocazione è stato parzialmente tradotto in ALEKSEEV, Rannie formy, 252-253.

Altai solare su cavallo bruno! Allegro nei giorni d’estate, magnifico nei giorni d’inverno, tu placido muovi i fiumi. Nostro Altai dalle cime stupende, soddisfaci coi tuoi frutti, soddisfaci coi tuoi doni!89 Quruyt quruy, op quruy! Fin dalla fanciullezza ti seguiamo, nostro Altai, tu che hai creato le nostre anime, nostro Altai, viviamo sotto la tua protezione, nostro Altai! Fortunato, ricco nostro Altai! Ombelico fertile, Altai! Sulle tue cime dai campi aperti, tu che nutri i miei cavalli, concedi la prosperità! Concedi un bottino maggiore! Non infliggerci danni! Nostro Altai dei cacciatori! Concedi più animali ed uccelli, concedi di più nei sacchi90, concedi bei zibellini. Ogni cosa venga trasmessa al fuoco, venga trasmessa al grande Yayïq!91 Quruy, quruy, op quruy!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO DELLA TAIGÀ Lo spirito della taigà, tayya tös, abita sulle cime dei monti. Egli determina il destino dell’uomo, concedendo salute e lunga vita, ma anche accorciando l’esistenza con l’inviare della tubercolosi. Egli influisce nondimeno sul bestiame e sulla caccia, annientando o accrescendo le mandrie, inviando successo o insuccesso nella caccia. A lui vengono offerti una capra domestica di colore giallo e, ogni tre anni, un cavallo. Taigà variegata92 ricca di boschi!

Čaqïr Qan93 dal trono di sabbia! Caqir Bi dai grandi occhi! Fa sì che il lupo non ululi, non permettere che il corvo famelico strepiti.

Spirito della taigà, sommità dalla [ricca] caccia, tu cavalchi sette cavalli gialli. A te viene offerta una capra gialla. Noi ci prostriamo da sette generazioni, preghiamo da quando venne creata la terra! Concedi più bottino, non infligger[ci] danni! Concedi cavalli gialli! Concedi più ombelichi!94 Ogni cosa venga trasmessa al fuoco, venga trasmessa al bianco Yayïq! Magnifico nostro spirito!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO-SIGNORE DELLE ACQUE Lo «spirito-signore delle acque», Su Ǟzi, abita i luoghi montani, i fiumi e le grandi distese d’acqua. Egli è padrone e creatore di tutte le distese acquee. A lui viene offerto un cavallo grigio-scuro; in suo onore viene stesa una corda di peli di cavallo (käčil), sulla quale vengono poste delle pezze di stoffa a forma di fazzoletto e, nel mezzo, una pelle di lepre bianca. Intorno a ciascuna pezza vengono legati dei fili d’oro (yibäk). Il sacrificio ha luogo, ogni tre anni, in autunno. A lui si chiede di rendere medicamentosa l’acqua delle sorgenti, affinché con essa si possano guarire le malattie. Per timore di Su Ǟzi gli altai non amavano prendere il bagno. Confine del mare azzurro! Confluenza dei nove mari! Signore delle acque correnti! Qūγasïq95 dalle tre nappe, bianca schiuma dalla testa di cavallo! Il tuo esercito su barche di betulla, signore del mare azzurro! Azzurro mare tempestoso, a te viene offerto un cavallo grigio, a te offriamo acquavite ancora calda! Non farci cadere in acqua, non gettarci in mare! Tu sorridi sotto l’aspetto del Katun! Acqua del signore dai [ricchi] capezzoli! Talay Qan96 cinto di verde, bianco Talay cinto d’oro, crea e concedi sorgenti di acque medicamentose!97

INVOCAZIONE A SURBAY QAM

Surbay Qam abita l’acqua in forma di spirito, in fiumi e laghi. Ogni tre anni, in autunno, a lui viene sacrificato un cavallo grigio e vengono offerti acquavite e latte; in suo onore vengono appese anche delle stoffe.

Tu sorridi come Katun, il tuo capezzolo rigoglioso. Zio Surbay Qam, tu cavalchi un cavallo grigio! A te offriamo in sacrificio un cavallo grigio-scuro. Tu risiedi sulle cime, su di un’alta montagna ti sostieni. Tu giochi sulle sei cime, corri sulle sei alture. Il tuo manyaq98 ondeggia al vento. Tu ti sostieni sul yïldïs yodïr99, tu che parli con gli uccelli che volano. Tu che ricevi la Legge100 dal supremo signore101, ascolta coloro che ti pregano! Guarda coloro che si prostrano! Concedi la prosperità!

INVOCAZIONE A TARQAN QAM

Tarqan Qam abita in forma di spirito l’alto corso del Katun, nella regione di Beluxa. Egli invia diverse malattie, alle orecchie, alla pelle e agli occhi. A lui viene sacrificato un montone bianco e vengono offerti acquavite e latte. In suo onore vengono appesi nove pezze di stoffa. Il sacrificio ha luogo ogni anno in autunno.

[Offriamo] latte di una giumenta da latte! Tu che cavalchi cavalli grigi! Tu che parli con gli uccelli che volano, grande zio Tarqan risplendente! Tu che ti aggiri alla foce del Katun, zio Tarqan Qam! Tu sei simile alla criniera di sette cavalli grigi, sei il difensore della stirpe di očï102. Tu sei generoso nel mondo illuminato dal sole, [ci] proteggi nel mondo illuminato dalla luna, dalla foce del Katun tu sorridi, nella foce dell’Irtyš tu giochi, tu non ardi alla luna103, Tarqan Qam!

Tu che sei criniera del cavallo con il nastro104, che sei compagno al sesso maschile, non causare malattie. Non nutrendo pensieri cattivi, placato il tuo cuore, non prendendo decisioni severe, poni fine alla tua crudeltà! Tu che giochi nel Lago d’oro105, concedi ogni bene!

INVOCAZIONE A ČANATAŠ QAM

Čanaγaš Qam abita una cima montuosa oltre il fiume Čarïš. Viene rappresentato come molto iroso. Egli invia mal di testa, malattie agli occhi. Discende sotto l’aspetto di vento freddo in ogni momento del giorno. A lui vengono offerti nove rami di erica legati in mazzo, nove pezzi di stoffa (che non sia nera) e nove tašaur (recipienti di pelle) di acquavite.

Tu che ti innalzi sulle cime dell’Altai, a te offriamo una giovane erica, tu che cavalchi un bel cavallo fulvo! Tu che ti ergi alto sulla taigà eterna, a te affriamo acquavite incontaminata! Grande Čanaγaš! Tu sei la criniera di sette cavalli fulvi! Tutti i sette popoli106 si inchinano a te! Tu sei la stella [sulla fronte] del cavallo rosso-fulvo, tu sei l’anziano della tribù! I tuoi cento manyaq ondeggiano al vento, lungo la catena montuosa ondeggia la tua testa, la madre del cedro è la tua culla, la bianca betulla è il tuo volto. Tu che hai dimora nei bianchi ghiacciai, che abiti la cima delle montagne, non nutrire pensieri adirati contro di noi, non prenderti crudelmente gioco di noi, dal mantello sacrificale107 concedi la prosperità!

INVOCAZIONE A SOYON QAM

Soyon Qam abita la cima sabbiosa della montagna Qoldïqan. Egli è causa di diverse malattie: alle partorienti trattiene la placenta, rende difficile il parto, è responsabile di tutte le affezioni del dopo-parto. A lui vengono sacrificati un cavallo e un montone chiaro; in suo onore vengono pure offerti acquavite,

pezze di stoffa ed una pelliccia, che viene appesa durante la kamlanie. La sua immagine è un piccolo tamburo privo di pelle. Il sacrificio ha luogo solo in caso di malattia.

Guida dei grandi qam, signore di tutto il popolo, ti preghiamo, nostro dzaysang!108 Appendiamo in tuo onore una stoffa, immensamente glorificato dal tuo clan, tu, qam, bianco nome, mio dzaysang, la tua frusta è di zibellino nero, di castoro nero è il tuo giaciglio, a te offriamo un tašaur rosso! A te viene offerta acquavite nera109, bianco dzaysang cui vengono offerti sacrifici, glorificato da coloro che ti pregano! Il tuo copricapo è un nero colbacco, indossato di traverso! Con la tua pipa d’argento tu riprendi animo! Settanta cavalli hanno corso, insieme hanno corso, settanta giovani fanciulli hanno intonato canti per te! Tu appartieni alla grande tribù soyon110, tu, alto! Guida delle sette tribù, signore dei sette popoli! Placato il tuo cuore, placati i tuoi spiriti neri111, non inviare malattie, impedisci agli scarni corvi di strepitare, non permettere la febbre ed alcuna altra malattia, non nutrire pensieri adirati. Conciliàti i tuoi compagni, spezza le frecce! Acquieta la tua ira!

INVOCAZIONE A QALPAS QAM

Qalpas Qam abita la montagna Taylyang Qaraγay, alla foce dello Irtyš. Egli invia tosse, reumatismi, emicrania e dolori allo stomaco. La sua immagine è un manyaq senza tamburo. A lui viene sacrificato ogni tre anni, in autunno, un puledro fulvo-scuro; inoltre vengono a lui offerti acquavite e latte. In suo onore vengono appese nove stoffe diverse durante la kamlanie. Pietra aurea che non arde alla luna112,

pietra bruna che non arde al sole, tu ti sostieni sul Taylyang Qaraγay, tu cavalchi nove cavalli bruni, Qalpas spirito dei [monti] Sagai! Non inviare malattie, non inviare la tosse molesta, libera[ci] dalle malattie! Rinuncia al giudizio severo! A te viene offerto un [cavallo] nero-bruno, Qalpas Qam dalla possente statura! Ascolta coloro che pregano, guarda coloro che si prostrano, grande Qalpas Qam! Tu ti ergi sulle cime, avendo dimora sull’alta sacra montagna! Tu sei presso Galdan Oyrot!113 Tu sei il nostro protettore, nel tempo difficile tu sei stato corazza che ci ha saldamente difeso!

INVOCAZIONE A MONGTUSOY QAM

Mongγusoy Qam abita il monte Abakan. Egli invia malattie agli occhi ed emicrania. A lui viene sacrificato un montone bianco dalle guance rosse e gli viene offerto latte fresco; in suo onore vengono appesi nove pezzi di stoffa (che non sia nera). La sua immagine è un cencio-manyaq a quattro angoli e un piccolo tamburo.

Dinanzi alla luna grande cerchio lunare, tu che ti sostieni sull’Abakan illuminato dalla luna! Dinanzi al sole cerchio risplendente, tu che ti sostieni sull’Abakan illuminato dal sole! Zio Mongγusoy Qam! A te vengono offerte pecore dalla testa azzurra del clan köbök114, a te vengono offerti montoni di due anni! Offriamo il latte della giumenta azzurro-grigia!

Tu cavalchi un cavallo grigio, aurea montagna di Abakan! Tu che ti sostieni sullo splendore lunare! Di là il versante bianco, di qua il versante azzurro. Tu ti lavi presso una sorgente di acqua medicamentosa, corri lungo puri monti, mio grande zio Mongγusoy! Il tuo tamburo è cinto di possente cedro, di bianca betulla è la tua immagine! Cinto di fruttiferi cedri, il tuo volto è di ricca betulla, triplice spirito dell’Abakan! Appoggiando la mano sulla testa, non portarla al petto115; non inviare malattie ai miei occhi. non risuonare nelle mie orecchie116, per tutto l’anno, ciascun mese concedi la prosperità! Concedi bottino [nella caccia]!

INVOCAZIONE A SOLOΓOY QAM

Soloγoy Qam abita il monte Abakan. Egli invia malattie agli occhi. A lui viene sacrificato, ogni tre anni, un cavallo grigio oppure un montone bianco. La sua immagine è un pezzetto di stoffa-manyaq a quattro angoli e un tamburo.

Sull’Abakan illuminato dalla luna, a Soloγoy illuminato dalla luna siano parole di riverenza! Tu che abiti sull’Abakan illuminato dalla luna, mio grande Soloγoy illuminato dal sole! Nel bianco lago di latte dell’Abakan, sulla sacra montagna tu ti lavi, bianco šanïl di festa!117 Abakan illuminato dalla luna, Soloγoy illuminato dalla luna, Abakan illuminato dal sole, Soloγoy illuminato dal sole, creatore del più grande sciamano anziano. Il sole si è incarnato nell’ondeggiante criniera del cavallo. Ai più anziani dei köbök concedi un maggiore bottino,

non infliggere perdite!

INVOCAZIONE A ÄMÄGÄN ČALU GÄDÄČI Ämägän Čalu Gädäči abita il monte Yalangγïy. Questos pirito femminile invia ascessi e ferite. A lei viene sacrificato un montone dalla testa nera e vengono offerti acquavite e tè. Di lei si fanno sette immagini di capri e capre selvatiche di farina dette arγar qocqor. Le sue immagini vengono poste su di un pezzo di corteccia di larice e bruciate dopo la kamlanie. Tu cavalchi un cavallo grigio; [a te] offriamo in sacrificio un montone bianco, bellissima madre-antenata. Tu, madre dell’alacre clan tumat!118 O sciamana-sorella dal bel copricapo! Non è lecito chiamarti per nome119, tu che abiti il bianco Yalangγïy. Nel precipizio di nome Qulusta è la tua tomba, condotta dal vento! Sciamana-sorella dal nome glorificato, sciamana-sorella cui vengono offerti sacrifici, a chi ti sacrifica animali concedi passione! Ascolta coloro che ti pregano, guarda coloro che si inchinano a te!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI CHE ABITANO LA IURTA INVOCAZIONE ALLO SPIRITO YAYÏQ

Yayïq è il principale spirito-intermediario tra Ülgän e gli uomini, abita nel nono cielo con Ülgän; suo luogo di dimora è però anche la iurta, dove risiede incarnato in una pelle di lepre. A lui viene sacrificato annualmente un montone bianco e viene offerto latte di giumenta fulva. La sua immagine è una piccola pelle bianca di lepre, un pezzo di stoffa e un filo d’oro. Creatore delle nostre teste120,

sostenitore della iurta in ordine, madre Yayïq dalle quattro trecce121. Il filo di seta si avvolge! Difensore dei nostri ombelichi; facendo oscillare la corteccia di betulla122, difendi le anime dei fanciulli! Difendi i cavalli con i lacci [?]!123 Cingi le nostre anime d’un filo d’oro, difendi nel possente fuoco la vita! Bianco Yayïq difensore degli ombelichi! Mentre [ci] difendi dagli spiriti maligni, poni fine alle gravi malattie! Non soggiacere agli spiriti maligni, non cedere ai neri esseri malvagi! Tu che cavalchi un cavallo grigio, a te viene offerto in sacrificio un montone di due anni.

INVOCAZIONE A OT ÄNÄ

Ot Änä («Madre fuoco») abita presso lo spirito-signore della fiamma (Yalqïn Ǟzi) nella regione celeste ma ha anche dimora nella iurta. A lei viene offerto solo burro, in occasione del sacrificio a Yayïq e al fuoco ogni anno, in autunno. Prima di bere il primo sorso di una qualsiasi bevanda, viene compiuta una aspersione con acquavite fresca in onore di Ot Änä, Yayïq e degli altri spiriti che abitano la iurta.

A te, con corna di montone sulla testa, vengono offerti in sacrificio montoni di due anni!124 Pietra a tre angoli del focolare, fuoco ardente dai tre ombelichi! Dolce madre fuoco! Ti distendi sotto la cenere di talqan125, discendi lambendo la bianca cenere, tu che sostieni il nostro animo! Il vero sciamano è la vera madre!

Il giusto sciamano è il vero padre! Tu giochi con la frusta della bianca fiamma, tu giochi con le bianche scintille! Tu sostieni la iurta in ordine!

INVOCAZIONE A ÄMÄGÄN ČALU ŠANYOP Lo spirito femminile Ämägän Čalu Šanyop a differenza dei due precedenti è considerato uno spirito tenebroso. A lei viene sacrificata una capra rossa, gialla o nera. In suo onore viene compiuta un’aspersione di acquavite e tè. La sua immagine è costituita da nove nastrini. Invia frattura alle gambe, lombaggine e mal di stomaco. Le tue tempie sono dorate! Mungendo il tuo latte, sciamana Sanyop di lingua oirota126, vecchia sciamana kärgil127. A te viene sacrificata una giovane capra! Tu ti vesti di bella seta, a te viene offerto tè cinese! Tu, dal čägädäk128 iridescente, dal bel volto! Chi si inchina a te, abbia prosperità! Ti preghiamo benevola!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO ALTAY ǞZI ÄKÄLÄR Lo spirito Altay Ǟzi Äkälär («Signore padre dell’Altai») abita la porta della iurta. Egli è tanto maschile quanto femminile. Non invia malattie, al contrario scaccia tutti gli spiriti maligni e mette in guardia il padrone di casa contro di essi durante il sonno e tramite il nitrito dei cavalli. A lui non viene offerto nulla, secondo la Karunovskaja, ma nel testo si parla del sacrificio di un montone e di un cavallo. Bianco yäkä129 dalle ali di luna, nelle grandi rocce col tuo grido circondi le nostre teste. Bianco yäkä dalle ali di luna, con le ali come il pipistrello, il tuo volto è bellissimo. Tu sei pienamente sicuro di te, tu circondi la mia testa, bianco yäkä yälbis130, signore dell’Altai, risplendente, sciamano coperto di legno. Tu proteggi il bestiame che io allevo, uomo-sciamano che porti aiuto benefico,

utile a tutto il popolo. Lunga madre-puledro giallo-fulvo!131 Spirito dell’Altai, bianco yäkä, nei giorni estivi tuoi sono i fulmini, tu giochi con un bel fiore! Nei giorni autunnali tuo è il tuono, tu giochi con un bel fiore! Yäkä-puledro, tua è la rossa alba, tu giungi nei giorni primaverili, al magnifico Altai tu somigli, allorché sorgi, bellissimo nato! Simile a giovinetti tu sei, bellissimo yäkä! Tu mi difendi dal male, mi proteggi dagli spiriti maligni. Nei burroni tu trovi asilo, tutti i pendii ti danno rifugio! I miei figli di pochi giorni accresci finché camminino, alla mia iurta di generazione in generazione concedi lunga vita! Altay Qan venerato con sacrifici! Cima dell’erica che dài l’infuso!132 Bianco infuso munto!133 Ogni anno dinanzi a te ci inchiniamo! Le vostre teste134 sono a forma di pettine, i vostri capelli simili all’erica, protettori di ogni burrone! Infuso di acqua dell’oceano!135 Secondo il tuo volere sono le nostre azioni, Altay Qan! Un’oscura foresta azzurra [ti] ricopre, i tuoi campi sono simili al giaco. Sin dalla nascita ci prostriamo a te, i nostri antenati ti hanno pregato! Mio bianco yaka, signore dell’Altai! A te viene sacrificato un montone bianco,

a te viene sacrificato un cavallo bianco. A te offriamo un sacrificio, largo Altai, mio bianco glorificato yäkä! Concedi più cavalli al ricco palo,136 concedi più figli alla iurta [a te] fedele! Concedi ogni bene! Concedi ogni felicità! Fai piene di beni le nostre iurte, accresci il bestiame da pascolo! Il fuoco trasmetta [queste mie richieste]! Tu ti dondoli nella bianca culla, ti avvolgi nella pelle di lepre! Rendi più forte la mia anima, come il montone, perché viva tranquilla! Spirito risplendente, concedi eredi senza interruzione! Proteggi con vigore la mia iurta, preservami dallo spirito maligno! Bianco Altai, bianco yäkä, pietra aurea in forma di qayïrčaq! Ricco albero sulla cima dell’Altai, ricco albero dalle foglie d’oro! Mio bianco yäkä dalle ali di luna! Tu sostieni la mia anima, tu cingi la mia testa! Che noi possiamo vivere nella prosperità per due generazioni!137 Concedi ogni bene, concedi ogni bene! Tu discendi sulla ricca betulla. Concedi figli in abbondanza! Quruy, quruy, op quruy!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI CHE ABITANO IL CIELO INVOCAZIONE A YALQÏN ǞZI

Yalqïn Ǟzi «Signore della fiamma» è venerato da tutti gli altai con particolare riverenza. Egli abita la nona regione celeste. È il creatore del fuoco, protegge la famiglia e il bestiame, ma può uccidere, se adirato, con il fulmine. L’offerta consiste unicamente nel bruciare erica sul fuoco.

Yalqïn Ǟzi dalla freccia di fuoco, spirito-signore del fuoco dalla freccia di rame, tu parli per mezzo del fuoco, unito con l’ombelico ai nove cieli.

INVOCAZIONE A BAY ÜLGÄN Bay Ülgän (da non confondere con l’omonimo essere supremo celeste, che abita, almeno presso gli altai meridionali, il sedicesimo cielo), figlio di Kögö Möngkö («Azzurro Eterno»; altro nome di Tängärä Qayraqan) abita il terzo strato celeste. A lui vengono offerti tre secchi di latte fresco di giumenta. Il secondo giorno gli vengono sacrificati un cavallo grigio-chiaro e un montone bianco. Al di sopra dei tre cieli di fuoco, Bay Ülgän dai tre focolari! Cielo creato d’azzurro, creato da Kögö Möngkö! Tre cieli chiari «invisibili all’occhio»138. Ülgän baqqan139, Bay Ülgän, tu hai creato l’anima infima, tu hai creato le [nostre] teste. Bura140 di Bay Ülgän, siamo sudditi della venerata divinità! Bay Ülüp141, figlio di Ülgän, potenza che sei in alto! Orlato di un rosso scoiattolo, con il colletto di uno scoiattolo, creatore dei cavalli con la criniera, creatore della testa con la treccia, creatore suddito di Ülgän, concedi buoni cavalli, accresci le iurte, affinché in maggior numero [gli uomini] si prostrino! Concedi cavalli affinché ti vengono offerti in sacrificio! Concedi di moltiplicarsi a coloro che ti pregano! Creatore della nostra tribù!

Tu che nutri le mandrie di cavalli! Ülgän baqqan, Bay Ülgän, concedi al popolo di avere buona sorte! Concedi[gli] di avere abbondanza di cavalli!

INVOCAZIONE A YAĞÏL QAN

Yaǧïl Qan, spirito femminile, abita il secondo strato celeste. A lei vengono offerti secchi di latte di giumenta e vengono sacrificati un cavallo fulvo o grigio oppure una giumenta, un montone bianco dalla testa rossa. La sua immagine è costituita da alcuni nastri sospesi tra due betulle e da una lepre bianca.

Creata insieme alla pioggia, discesa insieme alla grandine, nei giorni estivi tuo è il temporale, tu dal colletto di rosse nubi, Yaǧïl Qan con i nastrini, tu che giochi sul bordo infuocato, che corri sul grande cielo infuocato, figlia di Kögö Möngkö! Tu che ti sei separata dall’azzurro cielo, che sei stata creata dall’azzurro cielo chiaro, concedi cavalli affinché noi possiamo cavalcarli! Imprimi l’anima vitale al bestiame! Concedi figli da stringere al cuore, imprimi l’anima vitale ai fanciulli! Imprimi l’anima vitale ai puledri provvisti di criniera, imprimi l’anima vitale ai montoni legati alla corda!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI CHE ABITANO IL MONDO INFERO INVOCAZIONE A ÄRKÄ SOLTON

Nell’infimo strato sotterraneo, il nono, ha dimora Ärkä Solton, figlio di Ärlik. Egli è uno dei principali spiriti sotterranei. A lui viene sacrificata una capra nera, di cui viene mangiata la carne e le cui ossa vengono poste su di un altarino. La pelle viene utilizzata per diversi scopi domestici. Il sacrificio ha luogo in inverno. Durante la cerimonia viene compiuta un’aspersione di acquavite e acqua. Egli invia vaiolo. morbillo e la tigna del bestiame.

I sette antenati si sono inchinati [a te], tu che sei nato sulla terra142, ti preghiamo, tu che cavalchi nove cavalli morelli. A coloro che ti offrono una capra nera, nero spirito occidentale, in luogo di tenebra tu sei giudice. Distingui il colpevole dal non colpevole! Aureo, luminoso è il luogo del giudizio, palazzo di ghisa a nove battenti, palazzo di ghisa a nove porte, signore-palazzo dalle nove soglie. Tu cavalchi nove cavalli morelli! Ärkä Solton, figlio di Ärlik, concedi cavalli morelli! Concedi benevola benedizione alle nostre teste! Non causare malattie! Non infliggerci dure malattie! Grande terra non percorribile in un mese né in un anno! Non è lecito nominarti, nero spirito, terra del giudizio dalle nove fortezze! Terra luminosa dalle nove fortezze! Nero lago [formato] dalle lacrime degli occhi143, rosso lago [formato] dal sangue del petto!144 Palude di argilla e fango, rosso dirupo sotto forma di capezzoli! Ponte di capelli145 non traversabile, nero mare in tempesta, avvolto nelle tenebre, come la notte è oscura la tua terra! Non inviare malattie,

non infliggerci il terribile vaiolo! Grande, nero spirito! Il nobile Ärlik ti ha creato. Tu cavalchi cavalli neri, re crudele, nero spirito! A te ci inchiniamo, grande terra! Nostri antenati dalla bianca barba! Tutti in circolo si sono messi in viaggio146, nero spirito, madre con due capezzoli!147 Tutti sono giunti, grande terra! Possa tu concedere la prosperità!

INVOCAZIONE A TÄMIR QAN Il secondo figlio di Ärlik, Tämir Qan, abita il settimo strato infero. A lui viene sacrificato un toro bruno. Durante il sacrificio viene legato un cavallo che, dopo due o tre anni gli verrà sacrificato. In suo onore viene inoltre compiuta un’aspersione di acquavite. Egli invia diverse malattie, soprattutto interne. Spirito nero occidentale, Tämir Qan dalle sette fortezze, dalle larghe spalle di ferro!148 Rotondo ventre di ferro! Tu che ti sazi di sangue umano, che ti nutri di carne umana, tu sei condotto da cavalli dalla criniera scura! Tu che hai origine dal grande Ärlik, che hai origine dal potente Ärlik. La vittima [a te sacrificata] è un toro bruno, spirito nero occidentale, distruttore dell’anima-filo149, rapitore delle teste umane! Tu che hai dimora nelle tenebre, che hai una dimora simile alla notte! Noi ci prostriamo da sette generazioni, spirito nero cui vengono offerti sacrifici! Spirito che rendi la metà!150 Alziamo una pertica che sia la gola, un nero tavolo che sia il cuore, con corna che siano le radici! Tu che hai denti simili a pettine,

la tua mascella è simile a gramola, i tuoi polmoni sono simili al mare, il tuo cuore è simile alla taigà, tu che cammini con le gambe intrecciate! Tu, che dal freddo nero respiro, tu, dalla coda [che giunge] fino a terra! Tu incendi calpestando la terra! [Tuoi sono] i palazzi di ghisa dalle tre porte! Signore-palazzo simile a qayïrčaq! Tu vivi in una iurta costruita su pali, tu vivi nella regione illuminata dalla luna! Tu possiedi cavalli bai! Tu che vivi nell’oscura regione della luna, non inviare la dura malattia, non consegnarci allo spirito maligno! Preghiamo i nostri antenati! Abbiamo offerto in sacrificio mandrie di puledri, [quali] figli abbiamo supplicato il padre!

INVOCAZIONE A YALBAQ TÄMIR YARÏNDU Il terzo figlio di Ärlik, Yalbaq Tämir Yarïndu, abita il terzo strato infero. A lui vengono sacrificati un cavallo baio e un toro nero; in suo onore vengono offerti acquavite, nove pezzi di stoffa scura, una pelliccia ed una veste femminile. La sua immagine, costituita da un nastro ed un’arvicola, viene appesa vicino alla porta nella metà riservata alle donne, quella occidentale, della iurta. Egli invia diverse malattie. Signore eroe dalle spalle di pietra! Tu cavalchi un cavallo baio, a te viene offerta una vittima giallo-bruna, spirito nero dell’occidente, luminosa regione del signore eroe! Spirito nero, nato grande, grande eroe della tribù! Il padre e la madre ti pregano, gli antenati delle nostre madri si sono prostrati, nero spirito onorato con il sacrificio! Sette volte versiamo in tuo onore infuso di carne! Tu nutri oscuri pensieri, tu mediti azioni malvagie, tu vivi nella tenebra!

Trono di ghisa di sette parti, palazzo di ghisa dalle sei porte! A te ci inchiniamo con doni di tessuto nero! Tu vivi nella tenebra! Eroe dal braccio di pietra, tu chiami le nere vespe, tu scrolli le gialle spalle! Non nutrire pensieri malvagi, non inviare le dure malattie, non lasciare che i nostri occhi spargano lacrime, non distruggere il nostro fegato e il nostro petto! Concedi salute e benessere! Concedi neri cavalli! Concedi una stalla piena di vacche!

INVOCAZIONE A QARAŠ QAM Il quarto figlio di Ärlik, Qaraš. abita il quinto strato infero. A lui viene sacrificato un cavallo morello oppure un toro nero; a lui viene offerta acquavite. Il sacrificio ha luogo in inverno. La sua immagine è costituita da una arvicola e viene appesa nella metà della iurta riservata alle donne. Egli invia diverse malattie. Qaraš Qam simile a frusta, che appari alto dal pino! Tu, con occhi di sangue, tu, con cavalli neri, tu, vestito di nera pelliccia! Spirito Qaraš, il più grande! Tu abiti in terra oscura, in sette fortezze, Qaraš Qam, palazzo di ghisa dalle sei porte! Tu ti ergi con le ali su nove cavalli neri! Sulla nera slitta di ferro, sui carri neri d’acciaio! Tu ti sostieni sulla tua nera spada, ti sostieni sulla tua nera lancia! Tu nutri cattivi pensieri, tu, dal nero copricapo! I neri spiriti ti appartengono, il nero corvo151 è il tuo inviato, il tuo giaciglio è di nera lontra,

nero spirito cui vengono offerti sacrifici! Tu sei venerato dalle sei tribù, i nostri padri sacrificarono [a te]! Grande, magnifico spirito nero! Non permettere che il corvo famelico strepiti! Non inviare le dure malattie sul bestiame che alleviamo, sulle nostre poche teste, spirito nero cui vengono offerti sacrifici! Grande terra venerata, noi ti preghiamo!

INVOCAZIONE A KȪŠ QARA Il quinto figlio di Ärlik è Kȫš Qara (variante di Qara Quš, per cui vedi il Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo e la Cerimonia del tamburo teleuta) abita il terzo strato infero. A lui vengono sacrificati un toro nero e uno grigio-rosso. Il sacrificio ha luogo in inverno. Non se ne fanno immagini. Invia diverse malattie.

Nero dirupo che non è dato attraversare in un mese né in un anno! Tu che fai il giro del mare nero limaccioso, il tuo volto nero è simile al carbone! La tua barba arriva alla cintura, Kos Qara dal forte corpo! Tu cavalchi neri cavalli bai, il tuo volto è simile ad ombra! Tu cavalchi un cavallo grigio, tu vai come il vento, rotei come il turbine, grande terra cui vengono offerti sacrifici, spirito nero cui viene offerta metà della vittima!152 Non inviare le dure malattie! Non nutrire pensieri malvagi, non giungere fino alla nostra nera testa!

INVOCAZIONE A QAQÏR QAM Il sesto figlio di Ärlik, Qaqir, abita il primo strato infero. A lui viene sacrificato un cavallo morello o baio; in suo onore viene offerta acquavite. La cerimonia ha luogo in inverno. La sua immagine, costituita da una arvicola ed un nastro, viene appesa nella metà femminile della iurta. Egli invia diverse malattie. Nero trono con anelli, nero lago [formato] dalle lacrime degli occhi, rosso lago [formato] dal sangue del petto,

pietra nera di grandi dimensioni, spirito Qaqir, veggente! Tu cavalchi sette cavalli neri, a te viene sacrificato un cavallo nero! Qaqïr Bi cui vengono offerti sacrifici! Qaqïr Qam cui viene offerta metà della vittima! Il clan köbök ti prega! Grande regione occidentale, regione del giudizio dalle sette fortezze! Regione luminosa dalle nove fortezze! Spirito invocato! Qaqir, spirito dominatore! Sette generazioni ti pregano! Un popolo antico ti prega, gli afflitti a te ricorrono, grande spirito! Noi siamo [quali] bambini che si umiliano [dinanzi a te]! Regione del giudizio, [piena di] lacrime! Non inviare la febbre, non infliggerci la morte! Alle tue porte chiedo tranquillità e benessere!

CERIMONIA ÜSTÜGÜ La cerimonia detta üstügü («Ascensione [allo spirito che vive nel cielo]») aveva luogo presso gli altai ogni tre anni, in primavera, estate o, il più delle volte, in autunno (non d’inverno, poiché secondo gli altai il cielo in inverno gela, così che lo sciamano non può ascendervi), allo scopo di ringraziare Ülgän e per sollecitare nuova prosperità. Durante la cerimonia viene offerto a Ülgän un puledro di tre anni dalla pelle chiara. La descrizione del rituale non è fornita dall’editore del testo. Il testo venne raccolto da Anoxin negli anni 1910-1912 durante una spedizione etnografica nella Siberia meridionale. Informatore fu lo sciamano Polštop, di anni 32, del clan oči. Pubblicato in ANOXIN, Materialy, 77-78, il testo è stato tradotto in SCHMIDT, IX, 342-353, Si tratta di tre preghiere, recitate intorno all’altare durante l’uccisione della vittima. Detentore del tuono, attizzatore del fuoco, detentore del fulmine!153

È stata posta la sella di bronzo? È stata attaccata la briglia d’argento? [L’animale] è entrato nella stalla aurea? È stato legato al bianco palo? Tuonante Kün-Ayas!154 Sarà sì che la parte non si interrompa?155 Verrà concessa la decisione che non viene meno? Sarà sì che il cordone ombelicale non si sporchi? Sarà sì che gli occhi non lacrimino? Come è la nostra divinità che risiede in alto? Così supplichiamo e preghiamo. Ci sarà l’anima qut nei fanciulli che nutriremo? Verrà concessa la grazia per l’anno futuro? Verrà concessa la pace per quest’anno? Calpesteremo ancora la verde erba? Quest’anno il cuculo canterà ancora? Potremo resistere al lungo campo invernale? La coppa di legno dei sudditi156, se cade col fondo all’ingiù, essa è di Ayas Qan. La coppa di vetro dei sudditi, se cade senza errori, essa apparterrà al detentore del tuono!

CERIMONIA IN ONORE DI QARŠÏT Testo pubblicato in ANOXIN, Materialy, 98-107; tradotto in SCHMIDT, IX, 354-368. Qaršït è il più popolare dei figli di Ülgän. L’offerta a lui dedicata consiste in un puledro di tre anni. Lo sciamano esordisce con preghiere già nella sua iurta, prima di avviarsi alla iurta dove avverrà la kamlanie

Gli uomini sudditi sono venuti con una preghiera. Sei tu, che governi la mia testa, grande mio dio, mia guida. Per questi sudditi possa colui che mi guida concedere la benedizione! Da quando furono creati il cielo e la terra, da allora la nostra fede è stata professata. Da sette generazioni siamo rimasti credenti in te, nostro dio, cui ci inchiniamo. Questo popolo è venuto con una preghiera, invocando[ti]: bianca luce, luna e sole. Per questo i sudditi pregano con fede.

All’arrivo nella iurta in cui avrà luogo la cerimonia, lo sciamano si rivolge innanzitutto allo spirito del fuoco

Signore del fuoco minaccioso, anziano della fiamma minacciosa, creatore dell’anima inseparabile, tu che hai creato la pura vita. Bianco Yayïq, che possiedi il fuoco minaccioso! Dio celeste, per questo io credo e prego.

Quindi lo sciamano si rivolge a Qaršït

Tu che ti sei separato da Ülgän Bi, ricco Qaršït, dai tre gradi!157 Quando vennero creati i popoli antichi, essi credettero e pregarono, padre Ülgän! Quando nacque la nostra antica fede, noi, gli eredi, da allora crediamo. Dal tempo in cui venne formato l’universo, la nostra fede è stata professata dai sette antenati.

Ora l’anima del puledro sacrificale viene inviata a Qaršït e Ülgän. Con un colpo di tamburo mostra di averla inviata in cielo. Per far ciò egli è uscito dalla iurta. Rientrando, invoca Yayïq

Sii guida verso Ayas Qan,

rendi salda la iurta immortale!158 Ritaglia159 il fuoco inestinguibile e fiammeggiante, crea la forte testa immortale. Non condur[ci] al male, concedi il bene! Sotto i muscoli [del braccio] non vengano meno160, sotto l’orlo [del vestito] non ci siano errori! Ho invocato fecondità per il [futuro] capo161, ho chiesto la moltiplicazione delle teste. Siano ambedue in buona salute!162 Io prego l’infallibile: conceda egli fecondità di figli, crei fortuna per il bestiame! Vivrò io avendo dei figli? Sarà il mio bestiame prospero? Possa [egli] rendere felici le teste! Ciò che ha nome sofferenza, non sia! Chiedo di vivere sempre nella tranquillità, nulla avvenga di cattivo! La mia coltre è divenuta sottile, il mio cuscino è divenuto basso. Concederà egli ogni cosa che occorre? Creerà egli ogni cosa nel modo migliore? Cielo, cui io mi inchino163, Ayas Qan, di cui ho timore! Sole che sorge al mattino, luna che brilla di sera! Decisione di Ayas Qan, creatore dell’eterna bellezza; tu che hai creato l’Altai nella sua bellezza, che hai creato il popolo di eguale destino. Il cedro si è coperto di foglie, il cuculo canterino ha fatto sentire la sua voce. Quando il popolo ha cominciato a vivere, allora il cedro si è coperto di foglie. Io ti prego, chiamandoti creatore. Si è fatta sera. Lo sciamano si rivolge al paš-tutqan164, colui cioè che tiene la testa dell’animale

sacrificale

L’uomo di tra i sudditi che si è avvolto nella bianca briglia, ora da qui faccia egli ritorno a casa! Quando egli verrà di nuovo il prossimo grigio autunno, Dio gli conceda un capro come sua parte! Concesso: op quruy! Yayïq, Tängärä ti ricompensino!

Lo sciamano invoca poi brevemente Qarlïq, altro figlio di Ülgän, che lo aiuterà nella sua ascesa al cielo. Il testo è piuttosto oscuro

Dalla testa di cavallo, pezzato Qarlïq! Dalla testa di pecora, sauro Qarlïq! Segue un’invocazione alla betulla, cioè il taptï. Gli ultimi Quattro versi sono rivolti al padrone della iurta e ai suoi propri figli Pay Qayïng165 dai tre feltri166,

Pay Täpsäng con il nastro!167 Scrutatore del bianco e del nero, dell’azioni di questi sudditi! Tu che governi il bestiame allevato dai sudditi, conoscitore del bene e del male di coloro che vivono tra di noi. Tu che conosci questa [vittima] offerta e tutti gli altri preparativi! L’uomo cui tocca in sorte possedere del bestiame, il suo bestiame è là168; l’uomo cui tocca in sorte avere dei figli, i suoi figli sono là.

Lo sciamano ascende quindi al primo e al secondo cielo. Così prega giungendo nel primo strato celeste

Arcobaleno che penetra nella superfice della terra! Cielo con il sole e la luna! Sessantotto bianchi arcobaleni! Creatore degli uomini, cielo dei padri e degli antenati! Creatrice degli uomini fortunati, madre mia, e fratello maggiore Ayas Qan! Crudele Būra169 che troneggi sugli strati [celesti]!

Giungendo nel secondo strato celeste, continua a pregare

Üč Sürgäk170 che romba con gran rumore, signore dei pallidi fulmini, anziano dei pallidi passi171, colui che ha creato questi fanciulli, questo giovane frutto. Colui che ha creato i sudditi sulla terra, che ha creato essendo creatore, mio cielo con il sole luminoso, unico dio in questo cielo! Colui che ha creato la felicità172, predestinazione celeste. I popoli e i sudditi che credono, fede dei padri e delle madri. Ora egli giunge al terzo cielo, dopo aver superato il terzo ostacolo (sürgäk). Nel terzo strato celeste egli presenta agli inviati di Ülgän (utqučï) l’animale sacrificale

Sono giunto [alla luce], desiderando questa bianca luce, pensando: non verrà forse concessa ai sudditi la grazia? Questi sudditi vi173 aspettano e fanno sacrifici. La porta celeste, l’aurea porta si apre. Possa raggiungere174 il bianco palazzo! Venga attaccata la briglia d’argento, venga posta [sul cavallo] la sella di bronzo! La mia aurea briglia possa tornare indietro ed essere affidata pacificamente al fuoco. Restate, dopo aver lodato […] Op quruy, op quruy, op quruy! Op quruy, op quruy! Possa raggiungere175 il minaccioso signore del fuoco, venga affidato ai sei biforcamenti. Almeno una grazia sia concessa ai sudditi! Bianco Yayïq, tieni forte questo quruy! Sia pace alla testa che dovrà incanutire!176 Sia tranquilla la piccola famiglia! Bianco Yayïq, tieni saldamente!

op quruy, op quruy, op quruy! Lo sciamano, giunto al terzo cielo, deve tornare indietro: le forze non lo sorreggono per continuare il viaggio. Egli prega l’oca (come nella classica cerimonia del Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo descritta da Radlov) di condurlo indietro

Ramosa betulla, ricca di foglie […] Oca screziata dalle orecchie di cavallo, oca saura con i tre piccoli; possa [essa] condur[mi] al fuoco ardente, [mi] possa far tornare alla fiamma minacciosa! La mia anima inseparabile, la mia testa impercorribile177 possa [essa] riconsegnare in pace! Nella iurta, ai sei biforcamenti ho fatto ritorno! Per decisione di questo cielo, l’oca torni indietro!

Tornato nella iurta, lo sciamano congeda l’oca con un colpo di tamburo. Si rivolge quindi ai suoi spiriti adiutori-körmös

Ora tranquillamente continuate a dormire; domani, prima dell’alba, allorché sorgerà il sole, rendete degno l’aureo čolbu178, innalzate[lo] sul bianco trono. Dopo aver ucciso [l’animale], [lo] preparino ed a voi, dopo averla resa degna, [ne] diano [una parte].

Prima dell’uccisione (per soffocamento) dell’animale, lo sciamano canta. Il testo risulta alquanto oscuro

Ora che l’alba si illumina, ora che sorge il sole, venga consegnata l’anima [dell’animale]! Tu che ti adorni dei quattro šangqï179, prendi posto nella parte destra della betulla ricca di foglie180, sulla bianca yükäli181, divenuta cervello182, sdraiati in lungo. Il palo anteriore, divenuto cuore, si sostiene con l’animale sul suo […]183 Il bianco Käčkil184, che si erge sull’Altai, e la bianca lepre, biancheggiante, primeggino nell’invocazione!185 Il falco variegato e l’astore, provvisti di segni,

si sostengano sulle bianche nubi, si affidino alla luna e al sole! Sia calpestata la scala a tre gradini! Il copricapo di uccello, provvisto di penne, scuotendosi, si sostenga su Ayas Qan! [I miei] tre nastri sventolano. Prego la bianca luce.

Lo sciamano compie quindi delle aspersioni con vino

A nome del padrone della iurta Pensando a questo dio, ha suffumicato il bianco latte di questo bestiame, non lo ha fatto assaggiare a nessuno, lo presenta come offerta senza alcuna contaminazione. A nome degli estranei Attraversando il valico, è giunto, attraversando il rapido fiume, è giunto. È giunto il popolo, pensando al suo dio. Per i sudditi faccio quest’offerta. In occasione del lancio della coppa e della carne Qui è la vittima desiderata. Se essa risulta accetta al cielo, sarà sano il capo?186 Saranno tranquilli i fanciulli? Se il dio, che concede pace e tranquillità, guarderà essa con favore, possa allora la coppa cadere felicemente [col fondo] all’ingiù! Se questa vittima non viene accolta, se non è gradita, allora [la coppa] cada con il fondo all’insù!

Egli quindi così prega

Questa [è l’offerta], che ha raggiunto il cielo: un grasso animale, i pezzi migliori della carne e la parte migliore. La decisione del mio dio è presso il fuoco. Possa [essa] raggiungere il popolo! Questa parte divina, prendete da lui!187 Fuoco che arde acceso dal padre; focolare di pietra eretto dalla madre:

il grigio fumo [lo] cinge tre volte. Suffumicate in onore di Ayas Qan! Mio fuoco ardente, acceso, possa tu girare intorno all’universo! Dal bianco Yayïq possa l’Altai chiedere la decisione! Dal sole e dalla luna possa ottenere la grazia! Sia affidato al fuoco ardente!

Lo sciamano è tornato nella iurta. Egli conclude la cerimonia pregando

Sia benessere a questa iurta, in cui sei tornato!188 Mai sopraggiunga il male, possa [la iurta] vivere felicemente! Ho sciamanizzato al cielo; ora faccio ritorno a casa, penso alla mia dimora. Quanti uomini vivono su questa terra! Tutti abbiano la benedizione! Ora faccio ritorno a casa.

CERIMONIA IN ONORE DI ÄRLIK Testo raccolto da Anoxin, informatore lo sciamano Mampiy, e pubblicato in ANOXIN, Materialy, 8491; tradotto in SCHMIDT, 384-398. Anoxin riporta unicamente il testo, senza fornire particolari circa la cerimonia (si vedano le osservazioni preziose relative ad essa in ELIADE, 1968, 167-171; ID., 1953, 160-164; ID., 1964, 200-204). Lo sciamano esordisce invocando Ärlik

Dio ha creato le nostre teste con i ciuffi, ed Ärlik ha preso il nostro cranio […] Offriamo in sacrificio questo cavallo189. Queste ampie stoffe variegate ti offriamo in sacrificio come prezzo del riscatto190. Ti offriamo questo bel cavallo con un cuscino da sella. Questa nostra offerta possa raggiungerti! Possa realizzarsi la preghiera: Ärlik renda sane le nostre teste! Dal tempo dei nostri sette antenati ti abbiamo esaltato! Ci siamo prostrati, abbiamo pregato, ti abbiamo implorato, nostro tös191. possa questa essere una preghiera [di ringraziamento]! Se [Ärlik] è adirato, le nostre teste nere192 soffrono avversità. Se questa vittima raggiunge [Ärlik], possano le nostre teste essere in pace! Tu, grande Ärlik Pī193, possiedi gli älči-bayla194. Lo sciamano si dirige ora nelle regioni infere. Egli invoca gli antenati-spiriti protettori

Allontanatevi dai sei biforcamenti [della iurta], alzatevi! Allontanatevi! Recatevi presso il padre mio Ärlik!

La discesa agli inferi ha luogo attraverso sette gradi, ciascuno dei quali rappresenta un ostacolo (pūdaq) da superare per poter discendere nel grado inferiore

Primo ostacolo Nero ceppo, luogo di divinazione, luogo pauroso in cui è dato conoscere la vita e la morte. Nero cammino, dalla profondità fino alle assi195, nero cammino, luogo il quale corrono i vecchi, nero gioco, cui prendono parte i vecchi. Secondo ostacolo Nero gioco sempre in movimento196. Granaio quadrato di ghisa;

incudine sacra dai quattro lati197, nere pinze, incessantemente accostantesi e distaccantesi! Nero martello risonante, nero mantice tuonante, creazione del padre mio Ärlik! Luogo che toglie le forze ai grandi sciamani, e dei cattivi sciamani prende la testa! Se [Ärlik] nel tempo propizio concede la grazia, noi attraversiamo questo luogo aperto, il luogo in cui nel tempo sfavorevole viene presa la testa dell’uomo. Terzo ostacolo Nero vinco con la cima dell’orzo, creazione del padre mio Ärlik. Verde vallata creata dal verde, piccolo campo con giovani boschetti! Vallata azzurra, azzurreggiante, vallata verde, verdeggiante, campo con il grigio vinco […] Quarto ostacolo Nera sabbia, che la sua voce non attraversa, creata dal padre mio Ärlik, neri dirupi, nei quali non è udibile la sua voce, creati dal padre mio Ärlik. Nere rane brulicanti198, neri mostri divoratori199 brulicanti, neri orsi ringhianti, creazione di Ärlik Qan. Sono questi i duri ostacoli; sia grazie alla divinità, Qayraqan! Quinto ostacolo Oscillante, dondolante, ruotante, oscillante, polveroso, nero vortice, ribollente nero lago, nero inferno200 gorgogliante. Nove gradi infernali, gioco dei nove vortici. Sesto ostacolo

Luogo, in cui nove tori combattono tra di loro, con tuonante ruggito […] Profondo lago Čayïq, nero fiume agitato, nero mare vorticoso. Settimo ostacolo Pallidi mostri divoratori, con i fianchi verdeggianti. Riva dell’azzurro fiume, riva del Toybodïm201, luogo di confluenza dei nove fiumi. Umar-tïmar202 è il luogo di confluenza dei nove fiumi. Il Toybodim è la foce dei nove fiumi; riva della foce dei fiumi con un palazzo di pietra e una residenza principesca, con un palazzo di nera argilla in cui risiede Ärlik Qan. Palo203 di ferro con la testa pallida e la catena. Nuotatori ramponieri di Ärlik Pī e tiratori, che colpiscono i capri, si sono raccolti presso la sua porta.

Lo sciamano si rivolge quindi a Ärlik

Possa quest’offerta essere a te consegnata! Possa vivere la mia testa! Non costringere a lodar[ti], volgendo indietro il tuo sguardo, concedi sempre la tua grazia! Mi inchino al padre mio Ärlik. Se io vivo tre anni in pace, possa ancora la vostra204 vittima giungere [a voi]. Voi togliete le forze anche di uno sciamano valente. Se giunge la vostra grazia, noi diventiamo grigi205, venerandi. Il padre Ärlik conceda la sua benedizione! Con Ülgän l’eccelso il padre Ärlik, che ha dimora in basso, è la causa del fatto che noi riceviamo il destino.

Al creatore della mia nera testa, al terribile Ärlik mi inchino! A colui che ha creato l’irsuta testa, a Ülgän l’eccelso mi inchino!

Con questa invocazione a Ärlik (e a Ülgän), lo sciamano conclude il suo viaggio nel mondo sotterraneo; tornato nella iurta, egli attende ora, tenendo di fronte a sé il tamburo, le domande del padrone della iurta. Quest’ultimo porge gentilmente una pipa allo sciamano e chiede Ora, i luoghi, attraverso i quali avete viaggiato206,

sono stati di facile accesso?

Lo sciamano risponde

Sì, ho fatto un buon viaggio; concluso il viaggio, sono tornato indietro. Il padre mio Ärlik mi concederà certo una grazia. Sebbene io abbia [già] viaggiato, fra tre anni, se saremo ancora vivi, di nuovo presenteremo [l’offerta]. Se la divinità concederà la sua benedizione, se Ärlik concederà la sua grazia, di nuovo presenteremo [l’offerta]. Ora però desisto [dal viaggiare]. Penso di arrestare con uno scongiuro il mio tamburo.

Benedice il tamburo

Risplendano i tuoi occhi stellati! Si muova la tua lingua serpentina! Tu sei saggio come il Libro della saggezza207, il tuo respiro è a venti e vortici. Con la mia stolta testa non ho commesso alcuna sciocchezza. [Tale mi] ha creato il padre mio Ülgän. Io non ho fatto favoritismi. [Tale mi] ha creato il padre mio Ärlik. Risplendano i tuoi occhi di bronzo! Benedici la regione illuminata dal sole!208 I tuoi occhi d’argento, ammiccando, squarcino la tenebra; concedi il tuo favore allo sciamano che si muove in circolo! La benedizione di Ärlik Pī venga concessa a tutti i sudditi! La tua porta a battenti sia in pace! Concedi la pace alla porta rispettata!

Non costringere i sudditi a pregarti! Sciogli la tua decisione d’oro e d’argento; concedi il sonno tranquillo annunciato dalla divinità. La porta d’onore sia in pace! Il bel palo [per il cavallo], prezioso, il respiro del cavallo siano in pace! La benedizione di Ärlik Pī […] Divenga più ampio l’angusto recinto del bestiame, si allarghi, divenga più lunga la stretta cavezza! Possano i cordoni ombelicali209 essere numerosi come formiche, e vivere sani come boschetti di betulle! Riposati presso il tuo ombroso albero sciamanico210, unisciti al tuo albero d’onore!211 Tutti chiedono aiuto; chiedi [anche tu] ogni grazia, invoca ogni aiuto! La mia mente impreparata212 possa essere illuminata, i miei occhi ottenebrati213 possano essere illuminati! I miei pensieri giungano ai miei sudditi e si uniscano ad essi!

Ora lo sciamano si congeda dai suoi antenati-spiriti protettori Miei cerchi214 creati dalla divinità,

disperdetevi come nubi in cielo, cerchi della mia testa irsuta! Esca [anche] il possessore del «copricapo di uccello»!215 Cerchi del mio manyaq indossato, voi che possedete cento corde di diversi colori, disperdetevi, accordatevi col mio terribile tös, mio qan! Abu Qan216 invocato dai miei sei antenati! Possiate trovare sostegno su Abu Qan, la bianca aurora! Mio terribile sciamano, Qačï Qam! Tu hai benedetto il severo, grande, crudele Ärlik. Miei zii: Tinäš Qam, Surdïn Qam, Manïš Qam! Sciamano Är Sadaq provvisto di yölgö!217 Sciamano Köstöy provvisto di campanelle! Toš Qam splendido come il sole!

Dedicatevi fino all’alba alla benedizione del terribile, grande, crudele Ärlik!

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI TERRESTRI

Gli spiriti antropomorfi enumerati nella invocazione che segue sono soprattutto quelli dei luoghi sacri, in particolare delle montagne divinizzate. Accanto ad essi, sono identificabili la rana (paγa, detta pay «ricca»), la madre fuoco (Ot Änä), lo spirito della soglia (Äžik Qan) e, da ultimo, il doppio animale dello sciamano. L’invocazione finale all’anima del cavallo indicherebbe che lo sciamano si appresta a compiere il viaggio. Testo pubblicato in DYRENKOVA. Šorskij fol’klor, 345-347; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 667-669. Gruppo šor. Grande e piccola218 anitra nera!

Grande e piccola biscia! Grande e piccola lucignola! Ricca rana con sei zampe! Grande e piccolo qan, figlio del qan chiaro, nipote del qan di ferro, che hai dimora nella taigà selvaggia! Mio grande Kirbi Qan219, che hai dimora sulla montagna sanguinante! Balbuziente, cui la lingua fa difetto220, mancino, cui la mano fa difetto, che hai dimora sul Lännig Sïn!221 Qan messaggero del padre mio Pustaγ222, grande qan, che hai dimora sul monte Pustaγ223, che hai dimora sul Lago di latte! Grande e piccolo Kädäy Qan, alto corso del Pras224, montagna sacra a tre porte! Tu che hai dimora nella taigà Pira alle sorgenti del Pras! Grande e piccolo lupo nudo! Grande e piccolo picchio, che hai dimora nella taigà d’oro! Grande e piccolo orso nero! Possente stendardo dello sciamano Semon!225 Figlio del qan delle stelle! Qan fulvo, signore del mazzuolo! Balbuziente onnisciente, cui la lingua fa difetto! Mancino, cui la mano fa difetto! Madre mia Känäki, mia grande montagna!

Madre mia fuoco dalle trenta vene, vergine madre dai quaranta denti!226 Figlia minore del bianco Ülgän, fulva minore! Figlio del qan, per la cui pelliccia non sono sufficienti nove pelli d’orso! Figlio del qan, per la cui manica non sono sufficienti sette pelli d’orso! Figlio del qan, per il cui collo non sono sufficienti sei pelli d’orso! Il tuo petto non trova posto sulla terra! La tua groppa si estende come la steppa! La tua bocca è più grande di una caldaia! Le tue sopracciglia hanno nove quarti!227 Grande e piccolo qan delle porte, che hai dimora ai piedi della montagna! Possente stendardo dello sciamano Semon! Grande e piccolo luccio mostruoso!228 Grande e piccolo Munčuq Qan, che hai dimora presso il bianco padre mio!229 Grande e piccolo qan, corda [d’arco] in ferro, che hai dimora sulla montagna Tayčïna! Balbuziente che non può parlare, mancino che non può tirare la briglia! Grande e piccolo qan Kär Omazï!230 Tu che hai delle ali di sessanta tese231, cavallo bianco-grigio, anima-cavallo232.

DUE BREVI INVOCAZIONI AGLI SPIRITI ALBÏS E ČULBUS Lo spirito albïs abita la steppa e preferisce i luoghi sabbiosi. causa una malattia simile a quella «sciamanica»: il malato si comporta come un pazzo e fugge la gente. Agli uomini appare sotto l’aspetto di una bella donna, alle donne come un uomo. Davanti esso sembra normale, ma dietro non ha corpo e le sue viscere sono visibili. Lo spinto čulbus/ šulbus (< sogd. šmnw «demone») ha un occhio solo e un grosso naso si da somigliare ad uno «scheletro errante». Esso vive in una profonda caverna. Ce ne sono di sesso maschile e femminile. Esso uccide gli uomini, quelli maschili le donne, quelli femminili gli uomini. Possono ambedue essere spiriti-adiutori dello sciamano. Testi pubblicati in RADLOV, Proben, IX, 45, 47.

Fumiamo insieme il tabacco, beviamo insieme l’acquavite! Cavalcheremo insieme un cavallo, indosseremo insieme una pelliccia! Non faremo segreto di quanto abbiamo sentito, conserveremo quanto abbiamo trovato. O sei albïs dal volto giallo, fermatevi e aspettatemi! O sette čulbus dal volto giallo, fermatevi e aspettatemi!

DUE BREVI INVOCAZIONI ALLO SPIRITO DELLA RANA

La rana era ritenuta uno degli spiriti adiutori dello sciamano. Essa veniva normalmente raffigurata sulla parte inferiore del tamburo (vedi l’introduzione alla Cerimonia del tamburo teleuta, p. 182). Nelle concezioni dei cumandini, la rana trasporta la birra fatta in casa per il sacrificio, in un recipiente di corteccia, fino allo spirito protettore del clan detto Paqtïγ Qan. Testi pubblicati, il primo, in DYRENKOVA, Šorskij fol’klor, 344-345, il secondo, in DIÓSZEGI, Pre-islamic Shamanism, 122. Grande e piccola volpoca233 scarlatta!

Grande e piccola biscia! Grande e piccolo serpente liscio!234 Possente rana con sei zampe! Tu possiedi un grasso sedere, tu possiedi occhi rossi, vuoi tu forse raggiungere la terra di Ülgän? variante: I tuoi occhi sono rossi, il tuo sedere è grasso, tu possiedi gambe arcuate. Puoi tu forse raggiungere Ülgän?

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI PROTETTORI DEL PARTO INVOCAZIONE ALLE ÄMÄGÄN Questo e i testi che seguono sono stati pubblicati in KARUNOVSKAJA, Iz altajskix verovanij. In caso di parto difficile, una delle donne anziane assistenti al parto suffumicava la puerpera con dell’erica; toccando con un ramo fumante la testa, il seno, il ventre, recitavano una preghiera a Ülgän. Se anche la preghiera a Ülgän risultava inutile, cominciavano allora a fare il massimo rumore possibile all’interno della iurta mentre all’esterno gli uomini sparavano con i fucili. Nella iurta veniva poi aperto il chiusino della stufa, venivano aperte le casse, sciolti i nodi (usanza questa diffusa nelle aree più diverse, dalle campagne italiane all’India), le donne si toglievano la cintura, alla puerpera venivano sciolte le trecce, venivano tolti gli orecchini dalle orecchie, gli anelli dalle mani, alle fanciulle presenti veniva tagliato l’orlo del vestito di una decina di centimetri. Quindi le donne anziane si rivolgevano alle ämägän («vecchietta»), immagini degli spiriti protettrici del parto.

Čoq, Qayraqan! Voi che sedete nell’angolo anteriore235, che sedete strette petto a petto, giunte in volo dalla terra di Uštu236, giunte con il corredo237; informatevi a vicenda, siete giunte su puledri appaiati. Con collane pendenti sul petto, con piume sul cocuzzolo, con un bel viso rosso, dall’aspetto di bianca carta, voi siete giunte da Tayï Qan238. Vestite di vesti di seta di Tayï, montate su cammelli di Tayï, voi vi siete separate da Qongγulday239. Giocando con le mani240, siete giunte con il corredo, siete giunte con i beni. Voi che sedete nell’angolo anteriore, nel nome di Qarïm241, io vi festeggio sulla trave d’onore. Non nutrite pensieri [cattivi], non adiratevi, sedete! Siate come latte puro, difendete la nostra abitazione! Stabilitevi nella pura valle! Non guardatevi l’un l’altra con cattiveria! Non ingiuriatevi tra di voi!

Sia tra di voi una sola lingua242, siate forti nella difesa!243 Non spaventate i fanciulli con nuove fughe, prestate attenzione alla preghiera, prestate attenzione alla supplica!

INVOCAZIONE A MAY ÄNÄ Mettendo il neonato nella culla, la madre del piccolo invoca May Änä (continuazione della divinità antico-turca Umay), dopo aver attaccato ad una freccia di legno uno straccetto rappresentante lo spirito. Tradotto in SCHMIDT, IX, 162-163. Alas, alas! Fuoco madre dalle trenta teste, vergine madre dalle quaranta teste; tu che cuoci ogni cosa cruda, che sciogli ogni cosa ghiacciata, discendi, fai il giro e sii padre, discendi, copri e sii madre! Tu che hai lavato lo sporco nell’acqua del lago244, che hai tagliato l’ombelico con la bianca scheggia, che ti disseti nell’acqua del lago, che giochi sul monte Sürün245, May Änä dai capelli a forma di pettine, May Änä pura tra quaranta vergini, tra trenta vergini. May Änä dalle labbra purissime, discesa dal bianco Ülgän, discesa sull’arcobaleno simile alla luna, discesa dall’azzurro Ülgän, discesa sull’arcobaleno simile al sole, discesa, sostenendoti sul tronco del sacrificio, discesa, tenendo un arco d’oro. May Änä dalla testa a forma di pettine, non spaventare i germogli246, tienili forte al seno, stringili forte nel tuo lembo, accoglili sotto l’ascella destra, non esporli al malocchio, preservali dal cattivo desiderio!

Se giunge da un lato lo spirito maligno, allora impugna l’arco d’oro! Ciò che invia lo spirito maligno, respingilo con la freccia e la palla! Non permettere allo spirito maligno di passare, non far spirare il vento dannoso, non permettere alcuna cosa malvagia, guida ogni cosa al bene, preserva i germogli dell’orzo, rafforza le radici dell’erica!

BENEDIZIONE DEL NEONATO Passati sei mesi dalla nascita, la madre cuce per il suo piccolo la prima camicia e le prime calzature. La donna più anziana della famiglia, il più spesso la nonna paterna del piccolo, fa indossare a quest’ultimo i primi indumenti e recita una preghiera. [Diverrai] dalla testa bianca, dai denti radi. Sii figlio di tuo padre, sii figlio di tua madre, cresci col tuo futuro fratello! Arriva a cento anni, sali su un cavallo corsiero! Il fanciullo calpesti i lembi anteriori, il bestiame calpesti i lembi posteriori!247 Possa tu avere tanti figli, quante gemme ha il vinco, possa tu avere tanti cuccioli, quanti ne ha la cagna!

SCONGIURO SUL NEONATO MALATO DI MORBILLO

Se il neonato è colto dal morbillo, ogni giorno un membro anziano della famiglia, indifferentemente uomo o donna, suffumica il piccolo malato con erica e pronuncia uno scongiuro.

Čoq, Qayraqan! All’apparire dell’aurora, čoq, alla luce del sole nascente, čoq, ai primi raggi dell’alba, čoq, ai primi raggi del sole nascente, čoq, compio la bianca aspersione, madre morbillo, Qayraqan! Dal qan che regna solitario, dal signore che domina da solo,

guarda con occhio favorevole, concedi la giusta benedizione! Tu che hai più volte cotto248, che hai più volte creato, tu che sei creatore, sciolta la coda come uno zibellino, tu vai tranquillamente lungo le bianche strade. Giunta [camminando] lungo le strade, giunta navigando lungo i fiumi, dalla confluenza delle sette acque, giunta dai sette vortici ruotanti; tu che attiri i puri fanciulli, che possiedi un palazzo aureo, nel quale hai la tua dimora, tu che vivi alla confluenza dei nove fiumi, nei nove vortici turbinanti. Tu che attiri i puri fanciulli, che possiedi un palazzo d’oro, in cui hai la tua dimora, tu ti spingi ancora più in basso, attraverso le dodici confluenze dei fiumi, attraverso i dodici vortici turbinanti, tu sei uscita dal bianco mare. Di là con decisione sei uscita, dal tuo mare azzurro, con decisione sei uscita vestita di rossa seta, col puro volto vermiglio, vestita di pura seta, col volto simile a luna piena; uscita dal bianco mare, tu sei giunta navigando una bianca nube, tante volte sei scesa tra gli uomini, tu hai molto creato, tu hai molto cotto. Vai sì che avanti a te non vi sia nulla, sì che dietro a te non vi sia nulla!

Guarda con occhio favorevole, concedi la giusta benedizione, culla i piccoli fanciulli, siedi in pace, respira dolcemente, siedi tranquillamente! Io mi avvicino a te strisciando, giungo supplice ai tuoi piedi; presta attenzione alla preghiera, presta attenzione alla supplica!

SCONGIURO SUL NEONATO MALATO DI VAIOLO Se il neonato viene colpito dal vaiolo (änä kiži), un membro anziano, uomo o donna, della famiglia rivolgeva uno scongiuro all’omonimo spirito della malattia. Indossando una pelliccia di ermellino, seguendo il movimento della luna, vai fuori! Indossando una pelliccia di zibellino, seguendo il movimento della luna, esci! Guardando con occhio favorevole, esci! Concedendo la giusta benedizione, esci! Guardando con occhio benevolo, vai fuori! Hai già vinto il puro volto [del malato], ora esci! Basta con la tristezza e la noia! Concedendo un nuovo cammino249, scompari! Tu hai visto le offerte dell’uomo che sacrifica, hai visto l’intenzione dell’uomo che si preoccupa. Dai diciassette crocevia dei qan, dai diciassette mari tu ti sei separata, sei venuta fuori. Tu, come medico, guarisci! Tu, come esorcista, esorcizza! Alla confluenza dei diciassette mari, al tuo fiume grande madre, laddove hai la tua dimora, fai ritorno! La tua dimora è laddove turbinano i diciassette vortici. Uscita da quella terra, sei entrata nel novero dei nove fratelli250. Col permesso della grande madre fiume,

ti aggiri tra gli uomini. Tu arrechi la tristezza; ora torna indietro, ne abbiamo abbastanza di te!

PREGHIERE AL FUOCO

Il fuoco godeva di grande venerazione presso gli altai e gli altri gruppi turchi sud-siberiani. La fiamma del fuoco cuoce il cibo, illumina la iurta e riscalda gli uomini. Il fuoco è uno spirito puro e venerabile. Lo spirito-signore del fuoco è detto Ot Ǟzi. La divinità del fuoco viene rappresentata come una bianca, luminosa vergine, detta Qïz Änä «vergine madre». Oltre a questa divinità, si credeva nell’esistenza di altre supreme divinità del fuoco. Nel settimo pendio sul cammino che conduce alla principale divinità, tra le pietre da cui si ottiene il fuoco, ha la propria dimora üč očoqtïng Ürüm Qan «Ürüm Qan dei tre focolari». Al tredicesimo pendio, in un luogo puro, risiede la suprema divinità del fuoco, Oymoq Arū «Puro focolare». Solo lo sciamano gli si può avvicinare. Il fuoco protegge la vita del clan. Ad esso sono legati innumerevoli tabù e prescrizioni rituali. Il fuoco, con le sue lunghe lingue (le «teste» delle invocazioni), svolge il ruolo di intermediario tra l’uomo e la divinità; esso trasmette inoltre la vittima sacrificale ai diversi spiriti. Non c’è sciamano che ardisca avvicinarsi a qualsivoglia spirito senza aver prima ottenuto il permesso della madre fuoco. Le offerte più gradite al fuoco presso gli altai sono il grasso di cavallo, acquavite, l’infuso di tè; presso i teleuti, burro e acquavite, più raramente latte. Testi pubblicati in DYRENKOVA, Kul’t ognja, 74-77.

Fuoco madre dalle trenta teste, con le orecchie di canna piegata, vergine madre dalle quaranta teste, che discendi per i sette pendii251, che oscilli su sette […], che hai dimora laddove la tua testa oscilla. Tu discendi i sette pendii, tu oscilli il capo, glorificata. Signore dei tre focolari, corna di vinco intrecciato, azzurro azzurreggiante, qan disceso. Che mai possa estinguersi il qan disceso! È vestita di seta verde l’allegra fiamma, di colore verde. È vestita di seta rossa l’allegra fiamma, di colore rosso. Tu che sei il padre battuto252, tu che sei la madre accesa, fuoco madre dalle trenta teste! Con le orecchie di canna piegata, tu che hai creato i bianchi fiori, che hai versato il bianco infuso, che hai creato i fiori azzurri, che hai versato l’infuso azzurro,

fuoco madre dalle trenta teste! Tu che discendi per i sette pendii, che illumini con la luce dei sette chiarori, fuoco madre dalle trenta teste! Fuoco che giochi nel focolare, puro fuoco, onnisciente, Qayraqan! Tu che sciogli ogni cosa ghiacciata, che cuoci ogni cosa cruda, puro fuoco, onnisciente, Qayraqan! Alas, alas, fuoco madre dalle trenta teste, vergine madre dalle quaranta teste, tu che cuoci ogni cosa cruda, che sciogli ogni cosa ghiacciata, discendi, vieni in circolo e sii padre, discendi, inchinati, chinati e sii madre. Qan disceso sulla terra per non estinguersi, i tuoi verdi fiori si sono schiusi, il tuo grasso verde si è sparso, il tuo bianco fiore si è schiuso, il tuo bianco infuso si è sparso. Tu che sei disceso per i sette pendii, benedetto sulla sommità del pendio, che oscilli su sette […], glorificato sulla sommità del pendio, signore dei tre focolari, Ürüm Qan. Fuoco madre dalle trenta teste, orba253, suocera eloquente, grande fiamma su cavallo bianco-giallo. Suocera con sei zanne, fuoco lambitore con gli yalama, focolare di pietra con gli yalama, madre fuoco con la testa adorna, focolare di pietra dalle tre facce, padre mio, che hai battuto una grande fiamma, madre, che ti celi nel focolare di pietra, che fai scintillare scintille.

Tu che ti unisci al chiarore del cielo, che diffondi la luce, che illumini la catena dell’Altai, che illumini l’interno della iurta, fuoco madre con la testa adorna. Tu che illumini l’interno della iurta, fuoco madre su cavallo bianco-giallo. Tu che distendi la cenere di talqan, che hai creato il focolare di pietra! Fuoco madre dalle trenta teste, grande fiamma battuta dal padre, madre, che ti celi nel focolare di pietra, sii forte! Al di sopra tre focolari, al di sotto tre pertiche, la cenere di talqan divenga un obo!254 Quday Ülgän l’eccelso sia il capo!

CANTI IN OCCASIONE DELLA LIBAGIONE La libagione (čačϊlγϊ/čačϊlγa) aveva luogo tra gli altai durante i sacrifici agli arū körmös «spiriti puri» benefici, contrapposti agli yaman körmös «spiriti cattivi» arrecatori di sciagure agli uomini. Tali sacrifici potevano e non comportare spargimento di sangue. Le sostanze usate nei sacrifici sono: I. vino fresco (o meglio acquavite distillata dal latte, asqan araqï) mai gustato prima. Il liguido veniva ottenuto dal latte acido con uno speciale strumento (alγïy). Esso veniva spruzzato nella iurta per mezzo di un cucchiaio, nei campi per mezzo di un fascio d’erba o fascine. L’aspersione (čačar) veniva compiuta dallo sciamano (o sciamana), oppure dal padrone (o padrona) della iurta; 2. latte puro ottenuto dalla prima mungitura primaverile della vacca, cavalla o capra, latte detto maldïng südi. Come l’araqï anche il latte viene spruzzato sulle immagini degli arū körmös; 3. in talune aree, tè nuovo «a mattone» (cioè pressato a mo’ di mattone); 4. una bevanda di cereali, detta saba. Saba è in verità il nome di un ampio recipiente di corteccia di betulla, ma la parola è utilizzata per indicare ogni mistura composta di orzo macerato (malto, ubut), farina di orzo triturato (talqan) e acqua. Tale mistura viene lasciata fermentare per qualche tempo. La saba che resta dall’aspersione viene distillata per ottenere araqï. La saba e l’araqï restanti vengono consumati dai partecipanti alla cerimonia; 5. un composto di acqua, orzo triturato e latte, detto potqo. Esso veniva bollito in un bollitore e poi cosparso sugli arū körmös., ciò che restava veniva consumato dai partecipanti alla cerimonia; 6. una bevanda fatta di latte acido, detta ayran. Ogni libagione era accompagnata dal canto di speciali testi detti čačϊlγϊnϊng alqϊš sös «parole di ringraziamento della libagione». Testi, alcuni raccolti da Anoxin negli anni 1910-1912 e rimasti inediti, altri raccolti da Diószegi e Tadykin nel 1964, pubblicati in DIÓSZEGI, Libation songs.

CANTO DI LIBAGIONE NEI RITI DI GUARIGIONE

Raccolto da Diószegi in area tuba, informatrice N. P. Černoeva, di 43 anni.

Lo sciamano sacrifica animali domestici al sommo [spirito]. Egli ha condotto un puledro di tre anni, ha sciamanizzato tre [volte] facendo il giro. Molti tipi di persone sono venuti; essi aspettavano la voce dello sciamano. Cuoceranno [in una] pentola nera a quattro manici. Conducendo in circolo il puledro di tre anni, egli ha sciamanizzato. La tua nera testa salga fino al sommo [spirito]. [Lo spirito] lasci che il popolo, riunito, mangi la tua carne255. Dalle penne di gufo256, tre lampi, fuoco a tre zanne! Compiendo la libagione, egli spruzza la bevanda sacrificale.

CANTO PER OGNI TIPO DI LIBAGIONE Raccolto da Diószegi, informatore L. M. Saym, di 56 anni. Non lasciar sfiorare la sua costola,

la sua costola fluttuante […]257 Egli era l’unico figlio di suo padre, che egli viva tra i sudditi! Lo stallone aveva un solo puledro da latte, che esso viva nel luogo in cui è nato! Mia madre aveva un unico figlio, che egli viva [per servire] la tribù, la sua gente, possa egli non andare presso Ärlik Bī, nella tribù e tra il suo popolo possa egli ritrovare la sua gente! Se egli vivrà a lungo così, come ora è sano, non darà forse egli [in sacrificio] le sue due capre? Se vivrà fino all’ultimo anno, non darà forse egli [in sacrificio] le sue tre capre? Il giovane che ha mancato nel pregarti, non costringerlo a pregarti e lascialo libero! All’Altai, in estate e in inverno, concedi lunga vita! Se egli vive a lungo, egli potrà dare [in sacrificio] la sua vacca; se egli vive in pace, egli potrà dare [in sacrificio] il suo cavallo. Se egli vive a lungo, ricco, se il fanciullo diviene immortale258, se, ricco, resterà [tale], egli potrà offrire [sacrifici] di nuovo. Tra il popolo, nella tribù, non c’è testimonianza; io apprenderò da due occhi, non c’è testimonianza tra i sudditi259. Apprenderò dalla parola detta se l’anima della tribù non se ne è andata. Ärlik, mio qan, il giudice, [che] non chiede [il permesso] al mio popolo, il giudice del bianco fanciullo. Il fiume non possiede un signore che lo guidi, io non ho una legge che chieda e prenda. Le parole pronunciate dallo sciamano,

non dimenticarle mai! Che esse siano messaggio ad Altay Qan, che le parole giungano a tutti i sudditi! I-o-o-o-o-yu!

CANTO DI LIBAGIONE IN ONORE DELLO SPIRITO D’AYÏQ

Raccolto da Anoxin. D’ayïq (Yayïq degli altri gruppi turchi sudsiberiani) è lo spirito della piena dei corsi d’acqua ed il messaggero di Ülgän.

Messaggero del padre Ülgän, orlato di nuvole rosse, tu che guidi l’arcobaleno, la tua frusta è il pallido lampo; dirompendo al suo interno, l’universo260 si scuote. Quando i sette animali bura261 strepitarono insieme, l’universo proruppe in fiore, [quando] il mio uccello cantò. La foresta, ricca di semi, germogliava. Tu che hai creato l’uomo dai capelli intrecciati, che hai creato l’animale su cui gettare la pelle della sella, assicura la benedizione che conduce alla prosperità! Sii tranquillo quest’anno! Tu che hai creato la mia anima vitale incrollabile, che hai distribuito il mio anno senza dolore, che hai remunerato la mia anima vitale incrollabile, la tua lingua raggiungerà il bianco cielo chiaro. Tu che hai acceso il caldo fuoco, che hai introdotto i tuoi tre tripodi di ferro [nel terreno]. Padre mio, Ülgän! Tu che hai dato il linguaggio alla bianca luce, alla luna, al sole, bianco D’ayïq! Tu hai creato gli stalloni, tu hai distribuito tutti i suoi pascoli invernali, hai creato il suo ombelico, hai formato il suo sopracciglio, padre mio, Ülgän! Mia divinità che hai dimora in cielo, padre mio Ülgän! Padre mio D’ayïq, che comprendi il linguaggio del cielo!

Tu che crei l’universo, in cui i miei sette antenati hanno creduto, padre mio, Ülgän!

CANTO DI LIBAGIONE IN PRIMAVERA ALLORCHÉ IL LATTE DI CAVALLA VIENE OFFERTO A D’AYÏQ

Raccolto da Anoxin. Questa libagione veniva compiuta in primavera in onore dello spirito D’ayïq, allorché si inizia a mungere la giumenta. Il latte, ottenuto al mattino, viene versato in un secchio di legno pulito (könök) e portato dalla iurta ad un altare sacrificale appositamente innalzato. Il contenuto è chiamato ürüs dagli sciamani. Lo sciamano, usando un mestolo od un cucchiaio di legno, lo cosparge sull’altare. Uno o due cavalli vengono sacrificati a D’ayïq durante la cerimonia. Nastri bianchi vengono legati ai cavalli durante la cerimonia. Gli animali vengono suffumicati con ginepro e del latte viene versato sulle loro criniere. Suffumicando i cavalli e cospargendoli di latte, lo sciamano canta l’alqïš sös. Dopo aver pregato, lo sciamano lancia una coppa. Se essa cade con la parte superiore a terra, egli predice cattivi eventi; se essa cade con il fondo a terra, egli predice buona fortuna. Parte del restante latte viene consumato dai partecipanti alla cerimonia, mentre parte di esso viene versato in un secchio. Il latte viene offerto a D’ayïq ma anche agli spiriti protettori della iurta.

[Messaggero] del verde qan, bianco D’ayïq! Concedi prosperità a questa testa, a quest’anima vitale! Finché l’anno nuovo non ritorni, finché il cuculo non canti di nuovo, che essi262 possano vivere bene! Accetta questo bianco barïlya!263 [Messaggero] del verde qan, bianco D’ayïq! Agli uomini dalla freccia infiammata264 concedi salute e prosperità, concedi la pace nell’anno presente! Non allontanare [la pace] dalla testa canuta, non allontanarla dall’interno della iurta, concedi un anno senza dolore, crea un’anima vitale che segua il giusto cammino, crea un’anima vitale che non venga meno, crea un anno tranquillo, luce del sole tuonante! Immensa regione illuminata dal sole e dalla luna! Che egli265 possa raggiungere ciò che desidera, che egli abbia quanto desidera! Tutti i pascoli invernali sono stati distribuiti, gli stalloni sono stati creati. [Mio] luna e sole, Ülgän possente,

in cui i miei sette padri hanno confidato, terzo ostacolo266 del signore Ülgän, ricco Qaršït, figlio di Ülgän, in cui i miei sette padri hanno confidato, cui i miei sette antenati si sono prostrati! Noi preghiamo con insistenza [per] i nostri figli.

CANTO DI LIBAGIONE ALLORCHÉ L’AYRAN VIENE OFFERTO A ÜLGÄN Raccolto da Anoxin. La sera, lo sciamano lancia il mazzuolo e chiede allo spirito della porta Hai tenuto la coppa del qan? Hai ottenuto il permesso del qan? Lo spirito della porta risponde

Il mio occhio destro l’ha visto? Egli267 ha concesso la sua efficace benedizione? Lo sciamano compie le aspersioni di ayran solo dopo che ha fatto giorno. Alla prima aspersione egli canta

Šau! Šarbatay! Testa del sandïq268, bianco ayran, salendo verso l’alto, giungi fino alla cima della scala! Come la luna piena269, ascendi maestosamente! Come la bianca nube, ascendi vagando! Come il bianco infuso, spargiti, ascendi! Come la nube azzurra, ascendi vagando! Come l’azzurro infuso, spargiti, ascendi! Per le diverse teste270 nella iurta, per i diversi animali nella stalla io prego! Hai accresciuto le poche teste? Hai accresciuto [gli animali] nella stalla? Il suo271 stretto petto si allargherà? Lo stretto orlo della sua veste si allungherà? Šau! Šarbatay! Lo sciamano lava la testa del padrone della iurta con il contenuto della coppa Op qurïy! Op qurïy! Op qurïy!272 Fatto ciò, lo sciamano getta a terra la coppa

Se solo il mio occhio destro potesse vederlo, se solo [Ülgän] desse la giusta benedizione. La coppa di legno [cadrà per causare] danno;

la coppa cadrà con il fondo all’ingiù273. Possa il padre mio Burqan [ricevere] il festino della libagione e della coppa, čök! Possa essa cadere con il fondo all’ingiù per il padre mio Burqan, la divinità! Čök! Possa essa cadere con il fondo all’ingiù! È buon segno se essa cade con l’apertura verso l’alto

La piccola stalla si accrescerà, possa essa essere creata per poche teste; che la testa [si inchini] alla divinità!

CANTO DI LIBAGIONE DURANTE L’OFFERTA DI ARAQÏ

Raccolto da Anoxin. L’aspersione viene compiuta in onore di diversi spiriti, tra cui Ülgän e lo spirito dell’Altai. Il liquido da aspergere viene contenuto in una sacca di pelle (tažūr) o in una bottiglia di vetro. Parte di esso viene versato in una coppa di legno (čöčäy) dallo sciamano o dal padrone della iurta. Lo sciamano sparge l’acquavite per mezzo di un cucchiaio sul fuoco e sulle immagini degli spiriti, nonché sulla porta in cui hanno dimora gli spiriti inferi, Ärlik e i suoi figli.

Čök, con Qayraqan stesso, čök, creazione del sole e della luna, čök, il puro dono della pentola di distillazione, čök, il bianco infuso della prima distillazione, čök, sulla cima del sole e della luna, ho confrontato la prima distillazione, čök, Qayraqan, a te [sia] la preghiera! Venerabili274 che siete illuminati dal sole e dalla luna, concedete protezione e buona salute! Non meditate pensieri adirati! venerabili nella iurta [che hanno dimora] al limite [del palo] a poco a poco si acquietano. Čök, [tu che] hai creato il cavallo da sella, che hai modellato gli uomini, allorché tagli il cordone ombelicale, allorché imprimi una forma alla testa nera, čök, mio Qayraqan, a te, čök, creazione del sole e della luna, čök, čök, čök, čök! Čök, mio Qayraqan, a te [sia la preghiera]!

CANTO DI LIBAGIONE DURANTE L’OFFERTA DI ARAQÏ NEI CASI DI MALATTIA Raccolto da Anoxin. L’araqï viene spruzzata sul fuoco.

Bagliore del fuoco acceso dal padre, infiammato dal padre mio, Ülgän; bagliore virile caldo bruciante, focolare di pietra a tre lati; vampate di fumo diffuso, salite fino alla nube azzurra; tre stanghe di penne di gufo, bianco D’ayïq di tre parti; legato come perle, innalzato come briglia, la tua lingua ha raggiunto Ülgän Bī, guarirà egli questa malattia?

CANTO DI LIBAGIONE DURANTE L’OFFERTA DI SABA ALLO SPIRITO DELL’ALTAI

Raccolto da Anoxin. Pronunciando la preghiera, lo sciamano, usando un mestolo o un cucchiaio di legno (čačqïš), spruzza il liquido prima dentro e poi fuori la iurta.

Fiume che scorre veloce, nera foresta creata dall’anno, Adïγan Bī dalla testa di radice275. Colui che si è preoccupato nel suo seno, che ha concesso il cibo come padre, che ha dato il suo latte come madre, l’Altai che appare in lontananza è utile, l’Altai esistente offre il suo giudizio. Catene di montagne276 con le tane degli orsi, sporgenze277 con le tane dei lupi. Se è solo, egli si affigge278; si è consolato nel suo seno, ha fatto il giro delle pendici delle tue montagne. [Tu che] hai creato orzo e tabacco alle pendici delle montagne, Altai largo come una coperta di pelle di pecora, grasso Altai signore, tu che concedi preda e uccelli, che hai creato orzo e tabacco, spirito-signore del mio molto [grande] Altai, tabū!279

Volgete a lui lo sguardo, allorché sarà solo, rivolgete a lui il pensiero, allorché egli sarà sobrio!280 Noi gettiamo farina in otto parti281 allo spirito-signore del molto [grande] Altai. Pendici frantumate della montagna, scintillanti, [la sua] testa di piombo, luminosa; allattando come madre dando il cibo come padre, nera foresta creata dall’anno; correte, fiumi così numerosi, rotolando come un bianco albero abbattuto dal vento, dondolante come bianca schiuma! Variegato spirito-signore del Katun, ho pregato in circolo282, čök, čök, čök!

CANTO DI LIBAGIONE IN ONORE DELLO SPIRITO DELL’ALTAI Raccolto da V. N. Tadykin. Mio Altai, illuminato dal sole e dalla luna! Mie montagne pietrose, ricche di alberi! Se solo voi concedeste aiuto! Čök! Nero uccello dalle ali di luna, nera roccia283 dalla testa calva, se solo voi concedeste aiuto! Čök!

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI ADIUTORI Testo raccolto da O. Maenchen-Helfen in occasione della kamlanie di una sciamana per la guarigione di un malato cui ebbe modo di assistere durante il suo viaggio in area tuvina negli anni trenta, pubblicato in MAENCHEN-HELFEN, Reise ins Asiatische Tuwa, 116 sgg. Ecco descritta con le sue stesse parole la cerimonia: «[…] Ella invocava i suoi spiriti adiutori con gli appellativi più teneri e magniloquenti, ricordava loro come essi fossero sempre stati buoni con lei, li adulava. Ella pregava, non li costringeva (testo a). Crescendo l’eccitazione, ella si alzò, si inginocchiò, si sollevò di nuovo. Le placche di ferro del suo costume battevano l’una contro l’altra con gran fracasso. Sopraggiunsero un paio di colpi secchi sul tamburo. Pausa. La sciamana apre gli occhi, si deterge il sudore, beve del tè e fuma dalla pipa. Gli spiriti sono giunti […] Ora essi dovevano dire di che cosa soffriva il malato […] Di nuovo una pausa […] Ora la sciamana sapeva quali spiriti della malattia si erano introdotti nel malato (testo b). Ella adulava gli spiriti e pregava, voleva destare la loro pietà (testo c). Alla fine ella riuscì ad espellere lo spirito della malattia. Egli ora era nel tamburo. La sciamana usci dalla iurta, fece ruotare il tamburo e lanciò lontano lo spirito, materialisticamente concepito, nell’aria».

a. Ascoltami, ascoltami, mio cavallo! Ascoltami, ascoltami, mio orso! Venite, miei uccelli! O mio corvo, che voli con le nere nubi, che voli sotto i nove cieli, corvo con gli occhi di sangue, che mangi i cadaveri! Tu che voli di giorno e di notte, che fiuti la terra, mia nera, tu, mia grigia aquila! O bella colonna del cielo, tu che bevi il sangue degli uomini, che mangi la carne degli animali! Tu, taigà, larga taigà, tu che sei sempre in fiore, tu, madre mia! O oscuro signore dalle due teste, gloria e salute a te! Aiutami! Tu, mio cavallo, mio cavallo dal nero muso, dalla criniera marrone, stai pronto!

b. Vieni, fumiamo insieme tabacco! Vieni, beviamo insieme acquavite! Cavalca con me su di un cavallo!284 c. Io sono l’unico figlio di mia madre, non ho mai assaggiato il latte materno. Non una volta mi sono adagiato sul seno materno, né ho mai bevuto il caldo latte. Non ho più sangue, il mio corpo è disseccato, le mie labbra sporgono all’infuori, le mie guance sono infossate, non mangiò più285.

PIANTO RITUALE SÏΓÏT In occasione della morte di un congiunto il pianto, come un po’ dappertutto, rivestiva un carattere rituale. Esso era obbligatorio e motivato: il morto sente e ascolta quanto accade all’intorno, per questo i congiunti si sforzano di dire cose a lui gradite. Il pianto costituisce una delle misure di difesa precauzionale dal defunto. Esso aveva nome sïγït (termine per «lamentazione» già presente nei testi epigrafici antico-turchi) a differenza del pianto abituale per un motivo qualsiasi che aveva nome yïla o paγïr. Esso veniva praticato soprattutto dalle donne, le quali si scioglievano i capelli, indossavano il vestito sulla parte sinistra, si toglievano ogni tipo di ornamento. Il sïγït aveva inizio non appena la morte sopraggiungeva ed il defunto veniva posto nella bara. Se moriva il marito, la moglie sedeva accanto alla testa del defunto piangendo, non allontanandosi dalla bara fino al momento dell’inumazione. Se moriva la moglie, il marito indossava un copricapo per celare i capelli, sedeva al capezzale della defunta piangendo. Raccolto in area tuvina e pubblicato in D’JAKONOVA, Pogrebal’nyj obrjad, 54.

Biancheggia l’aurora, albeggia. Si odono le voci degli uccelli. Nella viva tranquilla dimora si odono rumori. Albeggia il mattino azzurrognolo. Si odono molte voci di uccelli. Nella placida viva dimora si odono rumori. Il pino si ricongiunge286. Gli uomini all’interno [della iurta] cominciano a sentir freddo; gli uomini all’interno sentono freddo, [Lo] prendono e portano via287. [Lo] prendono, portano via e seppelliscono. Guarderemo, ma non [lo] troveremo288. Sulla tua soglia è caduta tanta neve, da non tenere due cavalli289 È giunto il giorno di uscire dalla tua dimora provvista di porta. La neve si è ammassata intorno alla soglia. La strada non permette al bianco cavallo di passare. È giunto il giorno per il morto di uscire dalla sua dimora, attraverso la soglia.

LAMENTO DELL’ANIMA ÜZÜT L’anima üzüt è il doppio dell’uomo, essa, al momento della morte, non vuole separarsi dal corpo, vuole restare sulla terra: allo sciamano incombe di convincerla a recarsi nel mondo sotterraneo. Pur avendo lasciato il mondo dei vivi, essa spesso vi fa ritorno, ricondotta di laggiù dalla talpa (yär čïčqan), il cavallo del mondo sotterraneo, il cavallo dell’anima dell’uomo morto. Se essa torna, lo sciamano deve immediatamente sciamanizzare col tamburo. Di regola, l’anima üzüt esce dal corpo dopo i funerali, talvolta però ne esce solo il settimo o il nono giorno. Dopo i funerali, sulla tomba vengono poste delle scatoline di corteccia di betulla con il cibo per l’anima üzüt. Lo sciamano asperge la tomba con acquavite e getta del cibo con la mano: egli offre da bere e da mangiare all’anima üzüt per l’ultima volta. Quindi egli la invita ad andarsene nel mondo dei morti, dialogando con essa. Ad essa è dato sapere di più che ai vivi. Essa racconta allo sciamano chi dei parenti vivrà più a lungo, chi si ammalerà, per chi è necessario sciamanizzare, fornisce tramite lo sciamano diversi consigli ai familiari. Lo sciamano cerca di convincere l’anima üzüt ad andarsene, essa non vuole, piange. Dopo la kamlanie sulla tomba, tutti si recano a casa del defunto, dove viene acceso il fuoco nel focolare; lo sciamano sciamanizza di nuovo e prega l’anima üzüt di non tornare indietro. Presso la porta della iurta vengono posti uno o due quspaq (recipiente di corteccia di betulla), un abïl («zappa») e una ängmä («rete»). Lo sciamano suffumica i presenti con una sverza ardente per allontanare l’anima sürün äzä (l’anima che dopo la morte dell’uomo resta sulla terra vagando per un anno e più intorno alla dimora del defunto), mentre per l’anima üzüt viene preparata una zattera (sal). Dopo alcuni preliminari, lo sciamano e i familiari vanno al fiume, lasciano andare la zattera in acqua e la dirigono secondo la corrente verso il regno dei morti (la via ai morti è detta qara ǧol «via nera»). Gruppo scior. Pubblicato in XLOPINA, 76-77.

Tu hai asperso, io ora mi sono dissetata. Tu bevi quest’acquavite, ma ne bevi di troppo, ti ubriacherai. lo bevo l’acquavite di mio fratello. Giunge uno straniero, il cane abbaia, è giunto lo sciamano290. Un uomo ci è stato sottratto, egli vuole condurlo via da noi, è necessario nascondere quest’anima. È giunto il malvagio sciamano, dobbiamo nasconderti? È necessario nasconderla sotto la panca, ma egli ci ha sottratto un uomo. Ohi, sciamano con il nero tamburo, recati dov’è la nera pietra, non reggere più il tamburo!

SCONGIURI PER SCACCIARE L’ANIMA ÜZÜT Presso i teleuti, a conclusione del rito funebre, l’anziano tra i presenti spegne con i piedi il fuoco e pronuncia un primo scongiuro (testo a). Il quarantesimo giorno dopo i funerali, oltre alla commemorazione rituale ed alla visita alla tomba, ha luogo la purificazione della iurta dall’anima üzüt; il rito di purificazione viene compiuto dallo sciamano. Questi, nella iurta, si accosta ad ogni angolo e, tenendo il tamburo sull’angolo, scandisce con le dita sul tamburo un abile ticchettio. Con ciò, secondo i teleuti, gli angoli rendono le lacrime che i parenti hanno versato dinanzi al cadavere del defunto e che essi hanno raccolto. Lo sciamano, a conclusione del rito, afferra l’anima üzüt e le lacrime, corre fuori gridando šau, li lascia cadere e conclude con un secondo scongiuro (testo b). Durante la purificazione della iurta, viene pure scacciato lo spirito Aldačï, spirito divoratore delle anime qut e yula del defunto, con uno speciale scongiuro (testo c). L’anima üzüt può raggiungere lo stomaco dell’uomo, causando un grande dolore. Lo sciamano in questo caso fa una piccola paletta e pone su di essa dei carboni ardenti insieme a farina, burro, tabacco e pane. Con tale mistura spalmata sul malato, giacente a letto, lo sciamano compie il rito detto čïmïr. Suffumicando il malato, egli recita la preghiera-scongiuro dapprima a bassa voce, poi a voce sempre più alta, infine con un grido furioso (testo d); alle ultime parole, egli getta via con negligenza la paletta con uno šau! o un ay, tatay! Testi pubblicati in Anoxin, Duša i ee svojstva, 262-265; tradotti in SCHMIDT, IX, 203-204.

a. Distruggerò il tuo focherello, farò un’aspersione con la cenere del tuo talqan! b. Nell’albero per te abbattuto291 nella terra per te misurata292 [vai!] Tu, separandoti dalla terra illuminata dalla luna, tu, trovata da Aldïs Qan293, tu, separandoti dalla terra illuminata dal sole, tu, trovato da Kündüs Qan294 [vattene!] c. Dopo aver afferrato, te ne sei andato, famelico inghiottitore295; dopo aver inghiottito, hai mangiato, crapulone. Vattene via! d. Čïmïr, čïmïr […] [La malattia è provocata] da una üzüt irritata o da uno yäk? Ti sei avvinghiata ad un angolo? Sei andata errando in un boschetto? Divenuta vortice, sei andata serpeggiando? Divenuta vento, sei andata turbinando? Čïmïr! Le tue benedizioni arrecano danno, čïmïr […] I tuoi servigi sono divenuti oggetto di scherno, čïmïr […] Non sei forse giunta attraverso la bianca montagna, non sei forse giunta attraverso il rapido fiume? Čïmïr […]

Comincia a pronunciare il [tuo] nome, la via296, non stringere i denti, acquista scioltezza con le mie parole!297 [Ti] spingo verso il fuoco ardente, [ti] stringo contro il fuoco vermiglio. Ti anniento con la mia lancia, čïmïr […] Ti anniento con la mia spada, ti stringo nel ferro verde. Ti spingo in un profondo burrone, čïmïr […] Affrettati, presto! Pronuncia il tuo nome e palesa la tua discendenza, čïmïr […] Vai nell’albero per te tagliato, nella terra per te misurata! Vai con Aldačï, che ti ha preso con sé, [vai]. con il tuo divoratore! Čïmïr […] mio cane ti morderà, la mia vacca ti urterà, il mio puledro ti colpirà! Di’ il tuo nome e la via! Čïmïr! Vattene!

RITUALE ĀLÏM-BÏLA Ālïm-bïla è detto presso gli šor un rituale di scongiuro contro lo spirito (o anima) üzüt. Testo pubblicato in Dyrenkova, Sorskij fol’klor, 343-344; tradotto in LOT FALCK, Textes, 666.

Ālïm-bïla, ālïm-bïla! È stato l’ayna a mangiar[ti]? Sei un nero üzüt? Non scuotere la [tua] testa dura! Scivola nel seno dell’ayna che ti ha mangiato298 e sii buono, vattene! Ritorna alle tue ossa sparse come ghiaia! Non lacerare il solido cuore! Il tuo piede che si è introdotto nella iurta faccia un mezzo giro! Non oscillare, non borbottare! Ormai sei un üzüt, non arrecare tormento! Ormai sei un ayna299, non agitarti! Non scalpitare davanti ad ogni porta! Non portare la tua oziosaggine su ogni tündük!300 Non stai forse tu con la mezza luna, non stai con il mezzo sole?301 Non andar vagando in lungo e in largo, scintillando ora qua ora là! Vai nella terra oscura! Sei un üzüt? Non sei tu l’üzüt Apanasa?302 Sei venuto rimpiangendo il cibo della terra chiara? Sei venuto avido del banchetto della terra illuminata dal sole? Il tuo tempo, il tuo periodo è passato! Fai ritorno alla terra che tu abiti! Fai ritorno ed entra nella tua grassa argilla!

CONSEGNA DELL’ANIMA YULA L’anima yula è la stessa anima qut, uscita dall’uomo, dispersasi e che non fa ritorno nell’uomo. Appena l’anima qut esce dall’uomo, l’unità dell’uomo viene meno, si scinde in due metà, che cominciano a vivere ciascuna isolatamente: l’uomo da una parte, e l’anima qut, trasformatasi in yula, dall’altra. In conseguenza di tale scissione, l’uomo si ammala, e se con l’aiuto dello sciamano l’anima qut non torna a lui, egli muore. Lo sciamano appura l’assenza dell’anima yula attraverso la divinazione con i tolu. Una delle funzioni specifiche dello sciamano in ogni kamlanie è di ispezionare tutti gli ostacoli (pūdaq) da lui superati; se trova l’anima yula, l’afferra e la invia nella casa del malato tramite lo spirito Bay Sȫm. Consegnandogli l’anima yula, lo sciamano pronuncia uno scongiuro. Testo in Anoxin, Duša i ee svojstva, 255.

Nel luogo della tua abitazione, ai settanta monti, alle sette rive, ai tuoi quattro angoli303, alla tua iurta, al tuo bianco fuoco [fai ritorno!] Non ti mostrare al malocchio, non incorrere in chi desidera il male, ritorna presso il padre che ti ha nutrito, presso la madre che ti ha allattato!

CERIMONIA DEL TAMBURO Testo pubblicato in DYRENKOVA, Materialy; parzialmente tradotto in LOT-FALCK, Textes, 648-666. Raccolto nel 1931 dalla stessa Dyrenkova in area teleuta. Lo sciamano non riceveva il tamburo subito dopo aver completato il periodo di iniziazione sotto la guida di uno sciamano anziano, ma solo quando lo spirito che lo aveva prescelto e «ricreato» gli avesse dato l’ordine di costruire il tamburo. Non mancavano casi in cui lo sciamano sciamanizzava per diversi anni, e perfino tutta la vita, senza tamburo, con il solo mazzuolo. Il mazzuolo (orbu) era fatto di tabïγï (spiraea altaica) e veniva rivestito di peli delle zampe di capra selvatica. Nelle invocazioni sciamaniche il mazzuolo è detto taš orbu «mazzuolo di pietra», forse per il fatto che sotto la pelle veniva aggiunta una piccola pietruzza. All’orbu nuovo venivano attaccati tre nastri di stoffa, in onore del signore del mazzuolo (orbu ǟzi) Toylū Qan, di Yȫ Qan e di Pörüči Qan. In seguito, a questi tre nastri (tū) ne venivano aggiunti altri; li aggiungevano coloro presso i quali lo sciamano compiva la kamlanie. Il nuovo mazzuolo doveva essere mostrato dallo sciamano al signore dell’orbu, cui egli si rivolgeva con le seguenti parole.

Signore del mio mazzuolo di pietra, forma-immagine di tabïlγï! Signore qan della rossa riva, dalla testa di rondine! Tu che risiedi nel fiume Sarï Čïmïš, madre mia Toylū, Qayraqan! Il tamburo era detto presso i teleuti (e presso gli altri gruppi sud-siberiani) tüngür e čalū; nelle invocazioni sciamaniche esso è detto aq adan «Cammello (a due gobbe) sacro»304. Così veniva invocato O sacro cammello a sei gobbe305, o tigre screziata dai sei occhi!306 Il più importante spirito-signore di tutti i tamburi era considerato Qïčqïl Qan, il «signore della tigre dalla criniera di stallone» (mar ǟzi, ayγïr yaldï qan Qïčqïl). Inoltre ciascun tamburo aveva un altro spirito-signore, Taylïq, figlio di Qïčqïl. Così Taylïq (lett. «puledrino») veniva invocato Bianco Taylïq della sacra tigre307, azzurro Taylïq dell’azzurra tigre, signore qan del sacro cammello, immagine della tigre screziata, qan! È per questo motivo che lo sciamano si rivolgeva al signore del proprio tamburo dicendo spesso aq adanïng ǟläri «signori del sacro cammello» invece di dire aq adanïng ǟzi «signore del sacro cammello». Come in questa invocazione

Signori del sacro cammello, immagini dell’impugnatura variegata; la tigre screziata, l’impugnatura tenete forte, il sacro cammello non lasciate andare! Il tamburo viene invocato anche così Mio sacro cammello a sei gobbe, la tua schiena e il tuo collo non si indeboliscano! Oh, se sul puro cammino di nostro padre fino all’alba tu fossi compagno! Oh, se tu, tigre screziata dai sei occhi, tenessi fermamente l’impugnatura variegata! Allorché nel cammino verso questo o quello spirito, il tamburo-cavallocompagno di viaggio (äš) dello sciamano si stanca, esso viene sostituito con degli uccelli e mandato a «riprendere forza» sul monte Sürün nel bianco Lago di latte Bevi dal bianco Lago di latte, prendi per te il cibo dal monte Sürün! Oppure veniva mandato a riposarsi nella sua tenda (alančïq) Del mio sacro cammello a sei gobbe il collo e la schiena si sono indeboliti; che egli faccia ritorno alla bianca alančïq, la sua schiena ed il collo si rafforzino, si riposino! Durante la kamlanie lo sciamano prega il čalū ǟzi di «tenere saldamente l’impugnatura del tamburo» Signore del mio sacro cammello, immagine della tigre screziata, azzurro Taylïq della sacra tigre; dalla criniera di stallone, Qïčqïl Qan, oh, se tu tenessi salda l’impugnatura della tigre screziata! Come copertura del tamburo di regola veniva usata una pelle di puledro. Gli spiriti durante la trance dello sciamano o in sogno gli dànno le istruzioni per costruire il tamburo e gli indicano in quale luogo preciso crescono gli alberi predestinati al suo tamburo, il cedro e la betulla, ed in quale mandria si trova il cavallo, la cui pelle è predestinata ad essere la copertura del suo tamburo. Di regola, per cercare gli alberi ed il cavallo occorre andare sempre ad oriente. Gli alberi infatti devono crescere sul fianco orientale della montagna. Avendo saputo dell’ordine, dato dallo spirito, di costruire il

tamburo, due o tre suoi congiunti si recano in primo luogo a tagliare l’albero. La betulla per l’impugnatura veniva usualmente tagliata in qualche luogo nei dintorni, mentre per il cedro occorreva andare spesso assai lontano, fino al fiume Tom. Dopo aver trovato gli alberi indicati dagli spiriti, cominciavano a tagliarli. Facendo ciò, essi pronunciavano un’invocazione, rivolta loro come al futuro tamburo308 Se entri dal qan, non turbarti, se entri presso il signore, non allontanarti, sii forte di fronte al qan, stai alto di fronte al signore, la tua lingua sia acuta, le tue ginocchia siano flessibili; se entri dal qan, prendi la grazia, se entri presso il capo, prendi la saggezza309. Quando agirai, le tue azioni siano guarigione per gli uomini, quando sosterrai [il tamburo], sia utilità agli uomini! Quanto vedi con gli occhi, non esca dai tuoi occhi, quanto afferri, rimanga nella tua mano! Quando t’innalzi ad uno spirito, lodandolo, possa tu ricevere quanto desideri. Quando, osservando la purità, t’innalzi ad uno spirito, prendi quanto ti è necessario. Se pregherai310 il qan, prendi la grazia, se pregherai il capo, prendi la saggezza. Quando [lo sciamano] si sbaglia, sii sua guancia311, se [lo sciamano] inciampa, sii suo zoccolo, se entra nell’acqua, sii suo bastone, se si innalzerà sul crinale della montagna, sii suo sostegno! Non permettere che egli barcolli, non lasciare che vacilli, non lasciare che si pieghi, non abbandonarlo nella sconfitta, non esporlo al malocchio, non lasciarlo sorprendere da chi ha cattive intenzioni, non lasciarlo opprimere dal violento312, non lasciare che prevalga su di lui il povero!313

Quando vi rincorrete, stai alle calcagna, quando correte via, corri via!314 Non mostrarti a chi ha gli occhi, non apparire in sogno a chi ha la frusta!315 Prendi il valico attraverso il monte variegato, prendi il passaggio attraverso il rapido fiume! Sii più leggero della freccia scoccata, sii più rapido dell’acqua corrente, sii asilo nel giorno ventoso, sii sostegno nel giorno pesante, sii barriera nel giorno infausto, sii utile quando insorge la malattia! In un secondo tempo gli stessi congiunti si recavano ad acquistare il cavallo richiesto dagli spiriti, per copertura del tamburo. La pelle del puledro veniva pulita e con essa si copriva l’intelaiatura del tamburo. Coloro che hanno fatto la copertura, di solito due, depongono il tamburo sulla soglia della casa dello sciamano. Legano tre verghe di vinchi e battono alcune volte sulla pelle tesa del tamburo. Nel frattempo, nella casa dello sciamano si raccolgono parenti ed amici, con cibo e vino per la festa del tamburo (čalū toyï). Gli ospiti, presto ubriachi, sedendo intorno al tavolo e continuando a bere, prendono il tamburo e a turno lo battono; così, fin quando ci sia vino. Solo gli uomini potevano battere il tamburo. Lo sciamano, che era presente, aveva unicamente diritto a prenderlo in mano, ma non a colpirlo. Ciascuno dei presenti, battendo il tamburo, pronunciava a sua piacimento un indirizzo all’albero, che era servito per il tamburo, sforzandosi di indovinare con esattezza la località in cui è cresciuto l’albero e la regione in cui pascolava il cavallo Legno intagliato per la cassa d’oro del sacro cammello a sei gobbe. In qualunque terra sia stato abbattuto, in qualunque fiume sia stato trovato! Mia terra in cui io giaccio, mia acqua in cui io bevo! Se andrà lungo la riva del fiume, non si sentirà rumore, se andrà lungo il fianco della montagna, non si annoierà. Bianco pesce di quel fiume, saporito come grasso, rapida mia acqua, saporita come brodo. In alto, cento pali316, in basso, mille pali.

Tu che domini il grande Bayat317, madre mia dai tre angoli, Yüräkäy318, Qayraqan! Nel tuo seno l’hanno tagliato dunque! Tu che domini il piccolo Bayat, nel tuo seno pure l’hanno tagliato! Se non hanno tagliato [l’albero] su di te, allora [sarà stato] sulla riva del [fiume] Tom, la cui acqua è saporita come brodo, i cui bianchi pesci sono saporiti come burro, il cui corso inferiore è il fiume Kät319, Qayraqan, il cui corso superiore è la madre mia, il fiume Sangγïs320, Qayraqan. Sulla riva della madre mia, il fiume Tom dagli aurei banchi di sabbia, sembra che l’abbiano tagliato! Il puledro, con la cui pelle è stato tirato il mio tamburo a sei gobbe, in quale terra è nato, in quale terra è cresciuto, in quale fiume si è abbeverato? La terra, in cui è nato il bianco puledro, del mio sacro cammello a sei gobbe, sembra che sia entro i confini della madre mia Osqot321, nel seno della madre mia Qongγïs322, Qayraqan! Dopo qualche tempo, il tamburo viene ricoperto di disegni, ciascuno dei quali è legato alla cosmogonia sciamanica e alle rappresentazioni degli spiriti sciamanici. I disegni solitamente si conservano da tamburo a tamburo, non solo dallo sciamano antenato al discendente, ma anche nei diversi clan. La parte esterna del tamburo (püdüži) è divisa in due zone, una più grande superiore e una più piccola inferiore. La fascia che divide i due campi è costituito da due linee parallele orizzontali e da una terza a zig zag, che le attraversa. Tale fascia orla il limite esterno del campo superiore, formando una volta. Ambedue le due linee sono bianche. Lungo il limite interno della fascia viene disegnata ancora una linea rossa, che rappresenta la volta celeste. Intorno a ciascun angolo esterno, ottenuto dalle linee a zig zag, vengono tracciate tre piccole linee, che si riuniscono al culmine dell’angolo. In tutto devono essere diciassette tali congiunzioni, secondo il numero delle diciassette «strade dei qan» (cfr. oltre la kamlanie allo spirito mar ǟzi). Sulla superfice del

campo superiore vengono disegnati (v. il disegno relativo di p. 180): 1. il sole, kün; 2. la luna, ay; 3. la stella del mattino/Venere, tang čolmon; 4. la stella della sera, ängir čolmon; 5. l’arcobaleno, solongγï; 6. un quadrato, sabïr pičik, con due linee a zig zag all’interno. Il suo nome completo è aq Ülgänning sabïr pičik «scritta a mano del bianco Ülgän», solo ricevendo il quale direttamente da Ülgän, lo sciamano può compiere la kamlanie; 7. i nove uccelli (talora otto), sette dei quali vengono detti Ülgän d’ätti qara quš «sette uccelli neri di Ülgän» o quštar čamγïl «uccelli čamγïl»; 8. l’ottavo uccello viene detto yäs tïrmaqtū qara quš/kȫš «uccello nero dagli artigli di rame» oppure Ülgän qužu bay mürküt «uccello di Ülgän grande aquila reale». Durante la kamlanie esso accompagna sempre lo sciamano, assolve la funzione di servitore. Lo sciamano gli si rivolge con un’invocazione Uccello del grande Ülgän, grande aquila reale323, nero uccello dagli artigli di rame. Il könök324 di corteccia di betulla con la cucitura trasversale sospendi sui tuoi artigli a forma di luna, ricopri con le tue ali a forma di luna. Alla mia pura abitazione, donde sono uscito celebrando gli spiriti, alla mia pura dimora, donde sono uscito nominando gli spiriti, torna e porta!325

Figurazioni simboliche sulla metà inferiore del tamburo (pp. 179, 182).

Figurazioni simboliche sulla metà inferiore del tamburo (pp. 182-183).

9. Il nono uccello, qan qarlïq, durante la kamlanie assolve il compito di esploratore; 10. la rete, tor, con l’aiuto della quale gli uccelli čamγïl, su ordine dello sciamano, dànno la caccia all’anima del malato fuggita via o strappata dagli spiriti. Lo sciamano si rivolgeva ai suoi uccelli čamγïl così Uccelli čamγïl di Ärkäy Qan326, tendete la rete aurea! L’anima dorata dalla testa di cavallo afferrate con le zampe provviste di artigli! 11. I bura, cavalli sui quali cavalcano gli Ülgän, gli spiriti della terra e lo stesso sciamano. Su alcuni tamburi essi erano otto, su altri sei. Il primo cavallo è quello dello sciamano cui appartiene il tamburo, qamnïng tïn burazï «anima bura dello sciamano». Ad esso è legata la vita dello sciamano. Se a questi viene tolto il bura, egli perde la capacità di sciamanizzare e presto muore. È per questo che ogni sciamano nasconde con cura il proprio bura tanto agli altri sciamani, quanto agli spiriti a lui ostili. L’uomo che siede su di lui è lo stesso sciamano; 12. il secondo cavallo, qïzïl bura «bura rosso», appartiene a Ülgän Qïzïγan Tängärä; 13. il terzo cavallo, kök bura «bura azzurro», appartiene a Ülgän Totoy Tängärä, 14., 15. e 16. cavalli bura appartenenti rispettivamente a Oyrot Tängärä, Tumat Tängärä e Bay Ülgän bars änäzi («Bay Ülgän madre della tigre»); 17., 18. bura appartenenti ad Abayoš Tängärä e Mordoq Qan; 19. i tre larici di ferro, üč tämir tït, sui quali Qara Quš o Qarlïq Qan fanno il proprio nido; 20. il protettore dello sciamano, qamnïng saqčïzï, immagine antropomorfa dello spirito che protegge lo sciamano. Egli viene sempre rappresentato con la spada (qïlïš) in mano. Sulla superfice della metà inferiore del tamburo sono disegnate le seguenti figure (v. il disegno relativo di p. 181): 1. il cavallo nero, adabïstïng qara bura «nero bura del padre nostro (Ärlik)», condotto da Pörüči Qan; 2. un quadrato con l’immagine di un uomo all’interno, detto äžik tängäräzi «soglia-cielo» o äžik saqčïzï «custode della soglia». È questo l’epiteto dello spirito-signore di ogni porta di abitazione umana; egli assolve il ruolo di protettore dello sciamano; 3. Kär Balïq «pesce gigante» (già incontrato precedentemente), figlio di Talay Qan, il signore del mare, anche detto Talay qannïng ūlanï ūzï tongγïl kär balïq «Figlio di Talay qan la cui bocca lacerata è il pesce gigante»; 4. Kär Balïq è indispensabile

compagno di viaggio dello sciamano; la rana, paγa, accompagna lo sciamano durante le sue peregrinazioni. Essa chiude con le proprie zampe l’apertura del könök affinché non ne fuoriesca la birra; 5. il serpente, yïlan, provvisto di mani e piedi, dall’aspetto di una linea con sei tratti. Durante il viaggio dello sciamano, allorché questi incontra una qualche anima yula smarritasi, il serpente, su ordine dello sciamano, copre con il suo corpo la yula e la protegge dagli spiriti maligni; 6. la riga nera è la terra, yär. Lo sciamano prende il tamburo finito, con tutti i disegni, e si accinge alla sua prima kamlanie, durante la quale egli deve recarsi con il tamburo presso il signore del tamburo, mar ǟzi, e visitare tutti gli spiriti che vivono lungo il cammino che conduce a lui. Durante tale kamlanie lo sciamano deve con l’aiuto dei propri spiriti adiutori ricercare e visitare i luoghi in cui è cresciuto l’albero tagliato per il proprio tamburo, in cui ha pascolato il cavallo, con la cui pelle è stato ricoperto il tamburo, e raccontare tutto ciò ai presenti. La kamlanie con il nuovo tamburo prende il nome di čalū yayïngγanï «appropriazione del tamburo». La kamlanie deve aver luogo di sera tardi o di notte, presso un fuoco acceso; essa poteva protrarsi per dieci, quindici ore. Lo sciamano sciamanizzava con il vestito estivo, un caffettano di stoffa nera. Si cingeva di una cintura verde o azzurra (non era consentita la cintura bianca) e si legava i capelli con un fazzoletto bianco o rosso. La sciamana sciamanizzava col proprio vestito abituale. Prima di iniziare la kamlanie, lo sciamano compiva l’alas, il rito di purificazione, di suffumicazione del nuovo tamburo (čalū alas), degli abiti appesi (tolu alas; tolu erano dette delle vesti femminili non usate, messe insieme per la kamlanie presso le donne del clan come offerta agli spiriti), di se stesso (qam alas) e dei recipienti con la birra (könök alas). Lo sciamano siede nell’angolo anteriore della iurta su di uno sgabello, prende in mano il mazzuolo e il tamburo e fa il giro attorno ad essi con dell’erica bruciata in mano, pronunciando le seguenti parole Alas, alas, alas, alas! Alas di fuoco del bianco Ülgän, vero alas di Ülgän Qan! Sul sacro cammello a sei gobbe, sulla tigre screziata con sei occhi! Madre fuoco dalle trenta teste, vergine madre dalle quaranta teste,

tu che cuoci il crudo, che sciogli il ghiacciato, che ti rallegri della verde fiamma, che hai un vestito di seta verde, che ti rallegri della rossa fiamma, che hai un vestito di seta rossa, che discendi per i sette pendii, che oscilli sui sette oscillamenti, sulla cima delle sette pertiche, che gioisci delle sette allegrezze!327 Tu che discendi per i sette pendii, che oscilli sui sette oscillamenti, sulla cima delle sette pertiche, tu possiedi sette allegrezze! Signora delle tre pietre del focolare, qan dalle corna di vinco intrecciato. Tu che possiedi un focolare di pietra, che stendi sotto di te la cenere di talqan come un cuscino, che fai giocare il lembo del fuoco, madre fuoco dalle trenta teste, tu che hai le orecchie di canna piegata. Vergine madre dalle quaranta teste, tu che hai le orecchie di canna tagliata obliqua, pura Oymoq328 che tutto sopravanzi, pura Oymoq che possiedi la conoscenza superiore329, Qayraqan! Non mostrarti al malocchio, non lasciarti sorprendere dalla cattiva intenzione, distendi la bianca fiamma, cingila con sei cerchi330, distendi la bianca fiamma, cingila come padre, cingila come madre! Lo sciamano posa il tamburo nell’angolo formato da due sgabelli e compie il tolu alas e il könök alas. Egli fa il giro dei könök e dei tolu con dell’erica bruciata in mano e dice Alas, alas, alas, alas!

Alas di fuoco del bianco Ülgän, vero alas di Ülgän Qan! Bianchi tolu dai sei colletti, risplendete dei colori bianco e azzurro, volgetevi verso la luna! Dirigetevi verso il sacro mar, miei könök di corteccia di betulla con la cucitura trasversale. Mia ricca saba331 che ti bilanci, compari di fronte al sacro mar! Volgiti verso la luna! Muoviti, simile a bianca nube! Davanti a me uomo, corri rapida, simile a me, avanza veloce! Mio täpši332 - lago, adatto a sollevarsi, avanza attraverso le nubi azzurre, segui il corso del sole! Quindi lo sciamano compie il qam alas (o poyïng alas), l’alas su se stesso; si gira attorno tre volte con dell’erica bruciata rivolto al sole ed invoca la madre fuoco Alas, alas, alas, alas! Alas di fuoco del bianco Ülgän, vero alas di Ülgän Qan! Spingendomi sulla strada del qan, avviandomi lungo la strada del signore, non far[mi] deviare né piegare dal cammino, non permettere che vacilli, che oscilli! Lo sciamano si introduce in bocca i resti carbonizzati dell’erica, con ciò volendo purificare i propri visceri; quindi prende il tamburo e il mazzuolo, dà alcuni colpi. Per qualche momento egli tace, si rivolge quindi ai propri spiriti clanici, cioè alle anime degli sciamani suoi antenati morti, divenuti anime-tös (spiriti antenati) Giovani fanciulli venuti sulle mie spalle, premendo le mie scapole, radunatevi! Uomini che avete premuto la mia spalla, venite sulle mie spalle, radunatevi!

Segue l’enumerazione di tutti gli sciamani antenati morti, a partire dallo sciamano da cui il nuovo sciamano ha ricevuto il «dono sciamanico» Sono stato in contatto con lo sciamano Apurnaq, sono stato attirato dallo sciamano Šölpök, in nome dello sciamano Otqon ho invocato, in nome dello sciamano Yärän ho gridato, in nome dello sciamano Mïtqa, dello sciamano Mitäm, in nome dello sciamano Yazï Balïq ho gridato, lo sciamano Bolonoq mi ha attirato, lo sciamano Sarγa mi ha attirato, in nome dello sciamano Qobor sono andato fuori di senno, lo sciamano Pönök mi ha annientato; inoltre, qan padre [vieni anche tu], rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Lo sciamano passa ad invocare i 27 spiriti terrestri yär yol e i 12 spiriti celesti payana, pregandoli di accompagnarlo nel suo viaggio e di aiutarlo. L’inizio dell’invocazione varia in relazione al fatto se la kamlanie ha luogo in primavera o in autunno. Nel caso in cui lo sciamano riceva il nuovo tamburo in primavera, egli inizia l’indirizzo agli spiriti con le seguenti parole Quando la luna brilla al novilunio, quando il sole brilla in un giorno chiaro, quando volge il capo d’anno333, quando il serpente ha cambiato pelle, quando gli alberi da frutto si coprono di foglie, quando il cuculo comincia a cantare, quando la terra si apre e compare il verde, quando gli alberi si fendono ed appaiono le foglie. Se la kamlanie ha luogo in autunno, egli dice Come un cavallo sauro, nell’autunno grigio tempestoso, quando gli arbusti ingialliscono, quando le erbe ingrinziscono, quando la mia acqua corrente si ghiaccia, quando sul pendio della bianca taigà cade la neve. Lo sciamano si rivolge ai 27 yär yol, gli spiriti del viaggio terrestre

Tu che giochi sui pesanti som334, che risiedi sulla ricca betulla, che cavalchi un cavallo rosso-fulvo, con scapole di ferro piatto, tu che hai il petto di ferro arrotondato, che hai il cuore di pura piatta pietra nera, con le guance di ferro allungato. Di puro ferro compatto, padre mio qan di ferro, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo!335 Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Figlio del qan di ferro, tu che percuoti con il piede la staffa di ferro, che non lasci riposare il cavallo sudato, quando tendi l’arco di ferro, esso si spezza, tu porti il copricapo di ferro taqa336; qualunque uomo ti incontri, non lo lasci passare, abile nello scoccare la freccia, eloquente nel parlare, quando ti muovi, gli uomini non resistono, gli animali non sostengono la tua vista, mio Ärkäy Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! [Laddove] le rosse sabbie si disperdono, i rossi bura goffamente incedono, [laddove] le grige sabbie si disperdono, i grigi bura goffamente incedono. Cime dei sette larici di ferro piegando e tirando, si è intrecciata il nido

la madre degli uccelli, Qurγay Qan337. La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] grido, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che hai un bastone di corno verde, che hai per letto un verde giaciglio di lana ovina, che cavalchi il verde toro, che hai briglie di seta rossa, che guidi i rossi bura, [laddove tu abiti] si sono sparse le rosse sabbie, tu che guidi i grigi bura, [laddove tu avanzi] si sono sparse le grige sabbie; la terra cinese colà è devastata, al confine della terra chirghisa338 [tu vivi], mio Mordoq Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu hai fatto alzare la luna laddove essa non poteva alzarsi, hai dato la saggezza agli uomini che vivono sotto la luna, hai fatto spuntare il sole laddove esso non poteva spuntare, hai dato la saggezza agli uomini che vivono sotto il sole, tu agiti il mare lunare, sollevi la bianca schiuma, hai divelto e sollevato in alto il possente pioppo, padre mio Sō Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Le cime dei tre larici di ferro

piegando e tirando, si è intrecciata il nido, i suoi capri sostengono il cielo, i suoi tori sostengono la terra, la madre degli uccelli, Qïylu Qan339 l’altezzosa Ačïy Qan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che valichi le sessanta montagne, che attraversi le settanta montagne, che valichi il monte Salam, che hai avvolto la luna in sessanta pelli di toro, che hai disteso sul sole settanta pelli di toro, tu che cavalchi un cavallo bianco, Kirbi Qan340 dalla criniera di stallone! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che ti disseti dalla bianca marea, che hai dimora nel lago Tanay341, che possiedi un lago trasparente, qan, che possiedi gli uccelli che gracchiano, qan, che indossi una pelliccia di pelle di tigre, che cavalchi un cavallo più veloce della tigre, madre mia Mayγïl342, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete!

Yïlmay Qan che guidi la mandria, Tangzïr Qan che pascoli il bestiame! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu sei la mia acqua e la mia terra343, tu sei le mie settanta montagne, in alto possiedi azzurri palazzi, come sostegno ti servono settanta uomini; tu che indossi l’azzurro copricapo sāq344, che hai scelto per te un cavallo grigio-azzurro, che cavalchi un lupo azzurro, per decisione dell’azzurro Ülgän. In basso possiedi bianchi palazzi, come sostegno ti servono sessanta uomini; tu che hai bardato un cavallo bianco-grigio, che indossi il bianco copricapo sāq, che cavalchi un lupo screziato, per decisione del bianco Ülgän, padre mio Pörüči345 Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che fai risuonare le campanelle dorate, Altay Qan, valente tiratore! Tu che fai risuonare le campanelle d’argento, Altay Qan, lottatore senza paura! Tu che hai dimora nella montagna d’oro, che ti disseti dall’aureo lago, mio Altay Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo!

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Padre di Altay Qan, tu che hai dimora nella montagna d’oro, che ti disseti dai tre aurei laghi, che possiedi tre soglie, Ülbük Qan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Padre di Ülbük Qan, tu che possiedi sei animali da latte, Pūday346 Qan, che alcun cavallo sostiene, Mongγur Qan, la cui lingua non si lascia comprendere! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Signore del talqu347 di legno, padre mio Pörüči Qan, Qayraqan! Tu che hai scelto un cavallo bianco-grigio, per decisione del bianco Ülgän, tu che hai scelto un cavallo azzurro-grigio, per decisione dell’azzurro Ülgän, tu che indossi il bianco copricapo sāq, padre mio Pörüči Qan, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Qan dalla criniera a mo’ di cuore, qan dalla freccia efficace nella corsa e nel combattimento,

qan dalla criniera simile a cenere, qan dalla freccia efficace nella corsa e nel combattimento, tu che cavalchi un cavallo screziato pomellato, che indossi una pelliccia a scacchi, che hai un bastone di ciliegio selvatico screziato, che hai la frusta di pelle di puzzola, signore del talqu di ferro, figlio del padre nostro, padre mio Šaγay, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che vai a caccia con la luna calante, che indossi stivali di pelle d’orso, che vai a caccia nell’oscurità della notte, che indossi stivali di lana, la pelle di sessanta orsi non copre tutta la [tua] gamba, la pelle di settanta orsi non copre la [tua] manica. Il tuo dente molare è smisurato, le tue unghie sono fatte della pelle di zampe di animali, sei nato più forte di tuo padre, forte padre mio, Qayraqan, Qara Kȫš Qan dalle tre soglie! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Qan creato prima che venisse creata la terra, qan formato prima che venisse formato il rame, legato a Ülgän, tu che fai parte dei ventisette348,

grande mantice tirato, martello battuto, mantice ad acqua dilatato, grande fucina attrezzata, soglia di Ülgän, Qazïr Qan, padre mio nero dalle tre soglie! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Detentori della spada d’acciaio, voi che avete smussato la punta delle lance, che avete sottomesso Poytoy Pī349; le punte delle lance erano una foresta, i volti degli uomini erano come fiamma, le loro larghe frecce di ferro350 ardevano nel sangue, i puntali delle loro frecce bruciavano nell’icore. Voi che avete organizzato il gioco sulla collina, che avete fatto della dura pietra un giaco, che avete origine dalla dura pietra, terra da cui è uscita la moltitudine dei teleuti! Qan, pī, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Arcobaleno che ti rifletti nell’acqua, madre delle acque, Sulay Qan! Kölböy Qan, [che abiti] le acque schiumose, Boloy Qan, [che abiti] le acque pescose, Čïmay Qan, [che abiti] laddove si raccoglie l’umidità, tu che volteggi nei sette vortici, che possiedi il taptï fatto a vinco351, Talay Qan! La parte del qan raggiunga il qan,

la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che agiti la profondità del mare, che fai oscillare il fondo dell’oceano, figlio di Talay Qan, la cui bocca lacerata è il pesce gigante352, forte cerchio che cingi me, uomo! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Madre fuoco dalle trenta teste, vergine madre dalle quaranta teste, tu che cuoci il crudo, che sciogli il ghiacciato! Come padre, tu batti il fuoco, qan, come madre, tu lo accendi, qan! Verde allegra fiamma, che hai un vestito di seta verde, rossa allegra fiamma, che hai un vestito di seta rossa, che discendi per i sette pendii, che oscilli sui sette oscillamenti, sulla cima delle sette pertiche, che gioisci delle sette allegrezze! Tu che discendi per i sette pendii, che oscilli sui sette oscillamenti, sulla cima delle nove pertiche, tu possiedi nove allegrezze! Signora delle tre pietre del focolare, dalle corna di vinco intrecciato, tu che possiedi un focolare di pietra, che stendi sotto di te la cenere di talqan come un cuscino,

che fai giocare il lembo del fuoco, madre fuoco dalle trenta teste, con le orecchie di canna ricurva. Vergine madre dalle quaranta teste, con le orecchie di canna tagliata obliqua, pura Oymoq che tutto sopravanzi, pura Oymoq che possiedi la conoscenza superiore, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Sacro cavallo del puro mar, il cavallo bianco-grigio hai bardato [per il viaggio], azzurro cavallo dell’azzurro mar, il cavallo azzurro-grigio hai bardato [per il viaggio]; Tu ti sostieni sull’azzurro mar, tu tieni l’azzurro mar, signora del sacro cammello, sacro cavallo del sacro mar, vergine Yäläs dalla criniera di stallone! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Signore del sacro cammello a sei gobbe, immagine della tigre screziata, padre del sacro mar, Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete!

Padre degli aurei som, signore dei pesanti som! Tu che brilli sulle ricche betulle, i tre cieli sono [da te] calpestati, tu che afferri il tetto di ferro, che appari all’alba! Le porte d’oro si aprono e si chiudono, le ossa delle fiere sono disperse, le ossa degli uccelli distrutte; pallida steppa, che l’uccellino non attraversa, montagna a forma di cono, che il cavallo non valica! Tu che cavalchi un cavallo bianco-pezzato, Yȫ Qan353 dalla criniera di stallone! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Madre degli uccelli, Ängkäy Qan354, con due occhi risplendenti, signora del tünük355 della terra! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu crei supino, supino volgi alla vita, principio di ogni cosa, ombelico di quanto esiste! Tu ti ungi del grasso del ventre del cavallo356, tu bevi l’acquavite nera!357 Qan dalla faccia possente! Tu, i cui lombi alcuna cintura tiene a freno, tu che hai un collo imprendibile, che hai una barba che arriva alla cintura,

dal viso vermiglio, tu che hai un’ampia fronte, Ärlik Qan! Tu che hai un giaciglio di nero castoro, che hai la barba di lana nera, che hai un giaciglio di castoro gigante, che hai la barba di lana grezza,

che cavalchi un cavallo nero ambiante, che giochi con le nere nubi, che cavalchi un cavallo ambiante gigante, che giochi con le nubi a cumuli, che indossi una pelliccia di nero velluto, che cavalchi un cavallo ambiante gigante, che indossi una pelliccia di velluto marrone, che cavalchi un cavallo ambiante gigante! La tua groppa con i fianchi rialzati ondeggia sulla terra, dalle guance la tua barba ondeggia sul petto. Tu costringi a piegarsi chi non si piega di fronte a te; padre Ärlik dai tre gozzi, che fai piegare chi non si è mai piegato, padre mio Purul358 dai tre gozzi! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Quindi lo sciamano invoca i 12 spiriti celesti payana Padre luna nel sesto strato celeste, madre sole nel quinto strato celeste! Madre mia Poγoš nel terzo strato celeste, Qayraqan! Madre mia Yayučï Tängärä359 nel quarto strato celeste! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! I lembi [della tua veste] sono le nubi a cumulo, il tuo colletto è una nube verde, tu che giungi al settimo taptï! Tu giochi nel settimo strato celeste, madre mia Märgän Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite,

rispondendo al grido, scendete! Tu che giochi nell’ottavo strato celeste, che giungi all’ottavo taptï; il tuo volto è l’azzurro del cielo, i tuoi occhi sono le stelle splendenti, Čaγïr Qan con occhi risplendenti, Būra Qan dall’aspetto di nube, madre mia Būra Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al nono taptï, che giochi nel nono strato celeste, che hai per taptï un pino dai rami spessi, un giovane cedro ti fa ombra, il tuo vestito è un bianco mantello; tu che cavalchi un būra bianco-grigio, padre dei sei cieli, padre Abayoš Tängärä dalle sei gobbe! La parte del qan raggiunge il qan, la parte del capo raggiunge il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al nono taptï, che giochi nel nono strato celeste, che cavalchi un verde būra, che hai una briglia di seta verde, la tua gobba è una nube verde, il tuo bastone è il verde arcobaleno; tu che cavalchi un rosso būra, che hai una briglia di seta rossa, la tua gobba è una nuvola rossa, il tuo bastone è il rosso arcobaleno,

padre mio Qïzïγan Tängärä!360 La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al decimo taptï, che giochi nel decimo strato celeste, con il colletto di verde nube, con la gobba di rossa nube, tu che fendi la chiara nube! Ricca di risplendenti būra grigi, terra del padre mio, bianca Tumat! Tu che possiedi i grigi būra, padre mio, Tumat Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi all’undicesimo taptï, che giochi nell’undicesimo strato celeste, che adagi su di te tre coperture, tre stelle del mattino su di te brillano; tu che sei circondato da alberi cresciuti all’intorno, che sei circondato da stelle spuntate all’intorno, con un gozzo che ti arriva fino al petto, tu risplendi nell’oscurità, padre mio con il gozzo, Qayraqan! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi all’undicesimo taptï, che giochi all’undicesimo strato celeste,

che hai il colletto di zibellino nero, che hai i lembi di castoro verde, che hai una gobba di nube verde, padre mio Qara Kiš361 Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al dodicesimo taptï, che giochi nel dodicesimo strato celeste, giovane cielo umido, azzurro cielo opaco, i rombi del tuono sono il tuo gioco; pietra arγïn362 del bianco Ülgän, pietra sïman, che alcun cavallo può sollevare, pietra suryun del bianco Ülgän, pietra rossa di Ülgän Qan, pietra verde del creatore, padre mio Yada363 Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al dodicesimo taptï, che giochi nel tredicesimo strato celeste, che rincorri la luna aggirandola, che hai attaccato per te una carrozza d’oro, che scagli il tuono tra il sole e la luna, che hai attaccato per te una carrozza d’argento, tu che brilli sul sole e la luna, Äksäy Mäksäy Tängärä, padre mio Pïrqan Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo!

Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al tredicesimo taptï, che giochi nel quattordicesimo strato celeste, che ti sei separata dal bianco Pūday, che ti sei divisa dal bianco Mustay364, che ti sei separata dal bianco granello di ghiaccio, duplice vergine Astay Mustay!365 Le piante dei tuoi piedi affondano nel latte, tu vai cacciando nel bianco infuso, nipote di Mustay! Tutti gli spiriti celesti non posso nominare! Padre mio Totoy Tängärä! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Voi che giungete al quindicesimo taptï, che giocate nel sedicesimo strato celeste, pure vergini del padre mio Pïrqan, stolte vergini del padre mio Pïrqan, voi che vi dondolate su dodici altalene, che giocate nel sedicesimo strato celeste, che vi dondolate su nove altalene, che giocate su nove pertiche, che vi dondolate su sette pertiche, che giocate su sette pertiche; padre mio, verde puro Pïrqan, padre mio, giallo puro Pïrqan, padre mio, aureo puro Pïrqan, padre mio, puro Pūday Pïrqan, padre mio, puro pisello Pïrqan! Voi che girate in vortice come chicchi di frumento, che vi spargete simili a piselli,

che continuamente gridate e chiamate, che avete come cibo rossi carboni ardenti, pure vergini della madre mia! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Inoltre, qan padre [vieni anche tu]! Rispondendo al [mio] richiamo, venite, rispondendo al grido, scendete! Tu che giungi al sedicesimo taptï, che giochi nel sedicesimo strato celeste, principio di ogni cosa, madre mia Bay Ülgän! La parte del qan raggiunga il qan, la parte del capo raggiunga il capo! Lo sciamano si alza ed invoca lo spirito Talay qannïng ūlanï ūzu tongyïl kär balïq «Figlio di Talay Qan, la cui bocca lacerata è il pesce gigante» e così gli si rivolge Tu che agiti la profondità della marea, che fai oscillare il fondo dell’oceano, figlio di Talay Qan, la cui bocca lacerata è il pesce gigante, forte cerchio che cingi me, uomo!366 Vieni in circolo e abbracciami tre volte! Lo sciamano si avvia verso la soglia, qui si siede a gambe incrociate e si rivolge allo spirito-signore della soglia Qara kȫš qan pozoγonung ǟzi «Qara Kȫš Qan signore della soglia» e tramite lui al padre di questi Äžik Tängärä («soglia-cielo») cui chiede il permesso di giungere fino allo spirito Tār ǟzi («signore del tār367»), nonché aiuto e sostegno nel viaggio Mio possente lottatore in grado di trattenere un ayna, mio puro che giaci senza voltarti da un lato all’altro, tu che vai a caccia con la luna calante, che hai scarpe di pelle d’orso, che vai a caccia nell’oscurità della notte, che hai scarpe di lana. Sessanta pelli d’orso non sono sufficienti a coprire l’estremità dei tuoi piedi,

settanta pelli d’orso non raggiungono l’orlo della tua manica. Le tue zanne sono enormi, le tue unghie altrettanto, tu che sei nato più forte di tuo padre, forte padre mio, Qayraqan, Qara kȫš Qan dalle tre soglie! Kȫš Qan risponde pronunciando il proprio nome: āytï! āytï! Qara Kȫš! e chiede allo sciamano di dove venga e verso quale spirito sia diretto Facendo vibrare il tuo sacro cammello, sostenendoti sul mazzuolo di pietra, appoggiandoti sul tuo tabïlγï368, cercando sostegno sul tuo sacro cammello, sostenendoti sulla tigre screziata, verso quale qan ti dirigi, preso [dall’estasi]369, verso quale capo ti dirigi cantando? Lo sciamano risponde Tu sei il mio capo onnisciente! Io sono il tuo servo che non sa nulla! Tu sei il mio grande capo, io il tuo infimo servo! Verso quale qan mi dirigo preso [dall’estasi]! Verso quale capo mi dirigo cantando! Verso il signore del sacro cammello, verso l’immagine della tigre screziata, al bianco Taylïq del sacro mar, alla vergine Yäläs dalla criniera di stallone. Verso il signore del sacro mar, Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone! Fino ad ora non sono stato [mai] preso [dall’estasi], prima di ora non ho [mai] potuto cantare! Le mie costole sono [ancora] deboli, le mie costole si devono [ancora] irrobustire370. Il cammino dinanzi a me non si è [ancora] aperto, la mia schiena e la mia spina dorsale [ancora] non fremono. Dinanzi a me se tu concedessi un compagno di viaggio,

se designassi una guida affinché mi indichi il cammino! Lo spirito Pozoγo risponde allo sciamano Dinanzi a te concederò un compagno di viaggio, designerò una guida affinché ti indichi il cammino! Dai tuoi occhi non esca quanto avrai visto, rimanga nella tua mano quanto avrai afferrato! Sii forte di fronte al qan, stai alto di fronte al capo! La tua lingua sia acuta! Le tue ginocchia siano flessibili! Se entri dal qan, prendi la grazia, se entri dal capo, prendi la saggezza! Lo sciamano pronuncia la benedizione in onore dello spirito Pozoγo Mi inchino, mi inchino! Possa tu difendermi, possa tu guardarmi col tuo occhio favorevole! Concedimi la tua giusta benedizione, guardami col tuo occhio favorevole, mostra il tuo volto illuminato dal sorriso! Lo sciamano si alza e si porta nel mezzo della iurta. Egli invoca ora di nuovo gli spiriti yär yol e i payana, nonché i propri tös ed il numeroso esercito delle rondini che lo accompagnano nel viaggio. Con un forte colpo di tamburo, egli affianca ai suoi compagni di viaggio il nuovo compagno di viaggio (älči) ottenuto dallo spirito Pozoγo. Quindi invoca di nuovo il suo cerchio, lo spirito Kär Balïq. Si siede accovacciato accanto alla stufa con la faccia verso l’apertura di essa, e si rivolge a Ot Änä, la madre fuoco, pregandola di essergli vicina nel suo viaggio e di aiutarlo Madre fuoco dalle trenta teste, vergine madre dalle quaranta teste! Tu che cuoci il crudo, che sciogli il ghiacciato! Verde allegra fiamma, che hai un vestito di seta verde, rossa allegra fiamma, che hai un vestito di seta rossa! Tu che possiedi un focolare di pietra,

che stendi sotto di te la cenere di talqan, che fai giocare il lembo del fuoco, che dissolvi il lembo della cenere. Madre fuoco dalle trenta teste, con le orecchie di canna ricurva, vergine madre dalle quaranta teste, con le orecchie di canna tagliata obliqua, signora delle tre pietre del focolare, dalle corna di vinco intrecciato. Spezzandoti, cadi nell’infuso, spargendoti, goccioli sulla terra, qan! Pura Oymoq che possiedi la conoscenza superiore! Dinanzi a me se tu concedessi un compagno di viaggio, se designassi una guida affinché mi indichi il cammino! Verso il bianco Taylïq del sacro mar, verso Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, fino ad ora non mi sono [mai] recato, preso [dall’estasi], prima di ora non ho [mai] intrapreso il cammino! Ot Änä non risponde nulla allo sciamano, essa infatti non entra mai in contatto diretto con lui; gli invia invece un compagno di viaggio. Lo sciamano si alza, colpisce il tamburo e pronuncia tre volte op quruy! Quindi si rivolge allo spirito pay paγa «ricca rana» Con due occhi arrossati, con le narici ingiallite, ricca rana che sei nel bosco! Il mio könök di corteccia di betulla, dalla cucitura trasversale, copri con la pianta della tua zampa! Lo sciamano invoca ora di nuovo Kär Balïq. Dimenandosi per tre volte con il tamburo in direzione dei quattro angoli della iurta egli canta Mia iurta, mia bianca fiamma! Quattro miei angoli con otto intagli obliqui! Guardami col tuo occhio favorevole, concedimi la tua giusta benedizione! Di nuovo egli si volge in giro e si inchina a tutti i presenti, anziani e giovani, e li prega di cantare e gridare insieme a lui, cioè di aiutarlo a compiere la kamlanie (sopravvivenza forse della kamlanie collettiva che,

secondo alcuni, avrebbe preceduto quella individuale) Voi che difendete le mie ossa, miei cerchi, allorché sarà il momento [aiutatemi]! Con la testa biancheggiante come quella del cigno, con i denti giallastri come quelli del corvo! Guardatemi con occhio favorevole, concedetemi la giusta benedizione! Voi che difendete le mie ossa, miei cerchi, allorché sarà il momento, con grida e stronfiamenti [aiutatemi]! Su invito dello sciamano a gridare e cantare con lui, i presenti rispondono con esclamazioni. Lo sciamano invoca di nuovo Kär Balïq e comincia a muoversi lentamente, battendo il tamburo, verso i könök. Egli ora prende a cantare. Tutti i presenti gli fanno eco, ad esclusione delle donne (in quanto, in primo luogo, estranee al clan). Egli si rivolge ai könök e ai tolu, li invia allo spirito aq mar Quando la luna brilla al novilunio371, quando il sole brilla in un giorno chiaro, quando volge il capo d’anno, quando il serpente ha cambiato pelle, quando gli alberi da frutto si coprono di foglie, quando il cuculo comincia a cantare, quando la terra si apre e compare il verde, quando le acque correnti rompono la copertura di ghiaccio, quando il versante della montagna si fende, mio puro tolu, che alcun cavallo può sollevare, risplendi di bagliore bianco e azzurro! Volgiti verso la luna! Mio täpši - lago, in grado di sollevarsi, spanditi come brodo azzurro! Volgiti verso il sole! Mio könök di corteccia di betulla con la cucitura trasversale, mia ricca saba che ti bilanci, avanti a me, uomo, mettetevi in cammino. Più leggeri della freccia scoccata, più rapidi dell’acqua corrente,

apritevi un varco attraverso la bianca taigà, passate a guado attraverso l’acqua corrente! Tre volte lo sciamano ripete l’invocazione, quindi esce all’esterno e qui ancora una volta ripete la stessa invocazione. Fa poi ritorno nella iurta, si dimena con il mazzuolo in mano gridando šau, au! Quindi si arresta, pronuncia il nome di Yüräkäy Qan Tu che domini il grande Bayat, in alto tu hai tre pali, in basso hai mille pali, madre mia Yüräkäy dai tre angoli, Qayraqan! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte372. Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Quindi lo sciamano fa come se si presenti/raccomandi allo spirito; invoca i suoi tös, quelli dei due sciamani morti prima di lui, ultimi nella linea di discendenza dei propri antenati sciamanici Sono discendente dello sciamano Qobor, sono della famiglia dello sciamano Pönök; verso Qïčqïl Qan, dalla criniera di stallone, mi dirigo, preso [dall’estasi]! Lo sciamano ha già invocato lo spirito yayïq373, ora egli passa al margine della regione da lui abitata. Si siede sullo sgabello e canta, convocando il suo «esercito», l’insieme cioè degli spiriti che lo accompagnano nel viaggio Simile alle rondini, possente e numeroso esercito, avanti a me, uomo, procedi, avanza veloce, simile a me! Lo sciamano invoca ora il signore del mazzuolo Tu che reggi il rosso Yar374 Qan dalla testa di rondine, che domini il Sarï Čïmïš, madre mia Toylū, Qayraqan! Signore del mazzuolo di pietra, immagine del mio tabïlγï! Egli si rivolge poi al signore del tamburo

Bianco Taylïq del sacro mar, hai preparato per il viaggio il cavallo bianco-grigio, azzurro Taylïq dell’azzurro mar, hai preparato per il viaggio il cavallo azzurro-grigio! Tu che ti sostieni sull’azzurro mar, che impugni l’azzurro mar, signore del sacro cammello a sei gobbe! Egli passa poi ad invocare lo spirito «da cui è stato creato», cioè lo spirito che lo ha rigenerato, prescelto alla missione sciamanica. In questo caso lo spirito è Yȫ Qan Padre dei som aurei, signore dei pesanti som! Tu che percorri i tre cieli, che fughi l’alba mattutina! Tu che apri e chiudi le porte auree, che disperdi come ghiaia le ossa degli animali selvatici, che distruggi le ossa degli uccelli. Tu che cavalchi un cavallo pomellato, Yȫ Qan dalla criniera di stallone! Lo sciamano sceglie altri compagni di viaggio, questa volta tra i più vecchi degli spiriti yär yol; nessuno di questi spiriti può rifiutarsi di accompagnare lo sciamano. Egli ora volteggia, mentre tutti i presenti gridano forte: è giunto presso il secondo yayïq. Egli si dimena con il mazzuolo in mano e grida šau!, poi invoca lo yayïq Tu che domini il piccolo Bayat, signora pallida dal volto di vergine! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte. Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Con tali parole lo sciamano supera il secondo yayïq. Ora si siede. Poi invoca ancora alcuni spiriti a suo piacimento Avanti a me, uomo, procedi, avanza veloce, simile a me!

Quindi di nuovo egli prende a volteggiare e a cantare; tutti i presenti gridano e gli fanno eco. Egli è ora giunto presso il terzo yayïq, cui così si rivolge Tu che domini la madre mia Sïngγïrlïq375, ricco pioppo ramoso, palo per i cavalli, madre mia Čïmay, Qayraqan! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Lo sciamano ha superato il terzo yayïq. Si siede ed invoca altri spiriti, chiudendo l’invocazione nel solito modo Avanti a me, uomo, procedi, avanza veloce, simile a me! Lo sciamano ora ricorda i tabū376 inviati precedentemente (könök, täpši e tolu) e che lo hanno preceduto presso gli spiriti mar ǟzi e aq mar. Egli si rivolge ai propri tös ed agli spiriti yär yol e payana, chiedendo loro la sorte dei tabū e pregandoli di raggiungerli I ricchi tabū avviatisi da poco, quante montagne hanno valicato, quanti fiumi hanno attraversato? Laddove li vedete, incalzateli, laddove li raggiungete, fate loro animo! Lo sciamano giunge presso il quarto yayïq, volteggia e gli si rivolge Tu che domini le due sorelle Čartu, maggiore e minore377, grigio palo, cavezza del cavallo, vergine Yäläs dalla criniera di stallone! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Egli invoca ancora uno spirito, poi si siede e riprende a parlare dei tabū, rivolto ai suoi spiriti adiutori È visibile la testa dei tabū?

Si scorge la testa dei tolu? Laddove li vedete, incalzateli, laddove li raggiungete, fate loro animo! Lo sciamano prende a volteggiare; è giunto presso il quinto yayïq e lo invoca Tu che domini le due sorelle Osqot, maggiore e minore, madre mia Qongγïs, Qayraqan! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Ora egli ha superato il quinto yayïq; si siede di nuovo. Ormai sta raggiungendo i propri tabū. Gli spiriti tös, accompagnatori dei tabū e tolu, esprimono allo sciamano la propria inquietudine; a nome di tutti, uno spirito parla allo sciamano Alay, alay, alay, qam! Ho atteso, ho atteso, fino a perdere la pazienza, [a tempo perso] ho tagliato la coda di una gazza! Stavi forse scavando la nera terra? Stavi digrossando uno spesso albero? Lo sciamano risponde Non stavo scavando la nera terra, non stavo digrossando uno spesso albero! Mi era difficile lasciare coloro che vivono sotto la luna378; trattenutomi per la durata di una luna, ora sono accorso! Mi era difficile lasciare coloro che vivono sotto il sole; trattenutomi per la durata di un giorno, ora sono accorso! Non adiratevi, non rimproverate[mi], voi che conducete i tabū e tolu! Ora lo sciamano ha raggiunto i tabū. Si dimena con il mazzuolo in mano, fa il giro intorno ai könök e tolu e pronuncia un alas Vero alas del bianco Ülgän! Mio puro tolu, che alcun cavallo può sollevare, risplendi di bagliore bianco e azzurro!

Mio könök di corteccia di betulla con la cucitura trasversale, mia ricca saba che ti bilanci! Mio täpši - lago, in grado di sollevarsi! Avanza, simile a nube azzurra, spanditi come brodo azzurro! Verso Qïčqil Qan dalla criniera di stallone, innalzati più in alto della freccia scoccata! Vai più rapido dell’acqua corrente, avanti a me, uomo, affrettati! Lo sciamano volteggia, tutti i presenti gridano. Poi egli si siede ed invoca uno dei suoi spiriti. Si alza e fa un giro; si sta avvicinando al sesto yayϊq e al grido šau! passa lungo le sue regioni. Lo invoca Piccolo finestrino chiuso, tünük ostruito, tu che non rendi la voce379 a colui che vive sotto il sole, che non rispondi al grido di colui che vive sotto la luna, terra da cui ha avuto origine [il clan] toro380, [numeroso come] cenere! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Dopo aver invocato ancora uno spirito perché lo accompagni nel viaggio, lo sciamano conclude l’alas sui tabū. Quindi si alza e prende a volteggiare; ha raggiunto il settimo yayϊq, cui così si rivolge Sorgenti del fiume con i pendii a picco, corso della madre mia Šarap!381 Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Lo sciamano si siede, di nuovo pronuncia un alas sui tabū. Mentre egli

volteggia velocemente, tutti i presenti prorompono in grida; egli ha oltrepassato l’ottavo yayϊq. Egli canta Il tuo corso inferiore è il Kät, Qayraqan! Il tuo corso superiore è la madre mia Sangγïs, Qayraqan! La tua acqua corrente è saporita come brodo, il tuo bianco pesce è saporito come grasso. Madre Tom dalla ghiaia d’oro! Amabile Tom dalla ghiaia d’argento! I tuoi bianchi pesci sono saporiti come grasso, la tua acqua corrente è saporita come brodo; i tuoi pesci azzurri sono saporiti come grasso, la tua acqua vorticosa è saporita come grasso, madre mia Sangγïs, Qayraqan! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Lo sciamano si siede ed invoca ancora uno spirito. Poi si alza e prende a volteggiare. Chiede da bere e si rivolge ai presenti Nero abbeveratoio della terra, illuminato dalla luna, non voltarti dietro di me! Siamo giunti al luogo in cui occorre guardare la coppa caduta con il fondo all’ingiù, siamo giunti al luogo in cui occorre tenere la coppa caduta con il fondo all’ingiù! Allo sciamano viene dato da bere dalla piccola coppa čȫči. Dopo aver bevuto, egli trattiene la coppa con i denti, atteggia il tamburo in posizione quasi orizzontale e poggia su di esso la coppa. Con la coppa sul tamburo, egli scuote il tamburo e pronuncia, rivolto ai tös, le seguenti parole La coppa di legno per coloro che vivono sotto la luna, la bianca coppa caduta con il fondo all’ingiù per Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone! La coppa čȫči per coloro che vivono sotto il sole, la coppa sacrificale caduta con il fondo all’ingiù per Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone!

Non mostrate[la] al malocchio, fate che non sia vittima di cattive intenzioni! I presenti si voltano e chiudono gli occhi per non guardare la coppa. Lo sciamano invoca il proprio tös – uccello mürküt Con le ali che sbattono, con la coda coperta di pelo, il tuo becco a forma di luna è come ghiaccio, le tue unghie a forma di luna sono come rame, ricco mürküt, uccello di Ülgän, nero uccello dalle unghie di rame! Rivolto agli spiriti adiutori, egli continua Non [la]382 fate dondolare, oscillare, non lasciate[la] barcollare! Lo sciamano lascia cadere la coppa dal tamburo e cerca di afferrarla con la parte interna di esso. È importante dove cade la coppa e come cade, se con il fondo in basso o il fondo in alto (alča tüšsä d’aqšϊ kötgörö tüšsä yaman «se cade col fondo all’ingiù è bene, se cade col fondo all’insù è male»). Nel secondo caso, lo sciamano getta di nuovo la coppa, e così fa finché essa non cada col fondo all’ingiù. Allora, colui che ha dato da bere allo sciamano, prende la coppa e fa un giro con essa intorno al fuoco. Lo sciamano si siede e così si rivolge ài presenti Giunga la mia benedizione a Ülgän eccelso, giunga la mia benedizione agli spiriti yär yol che sono in basso! Sembra che [il qan] abbia guardato con occhio favorevole, sembra che abbia dato la giusta benedizione! Sembra che abbia guardato con occhio amorevole, sembra che abbia mostrato un volto amichevole! Egli darà [un segno] per il [nostro] benessere! Non creerà egli forse lunghi giorni felici, non concederà egli forse una progenie simile [ai genitori]? Non creerà egli forse bestiame fornito di lana? Se la coppa è caduta col fondo all’ingiù, ciò significa che Qïčqïl Qan accoglierà favorevolmente lo sciamano. Quest’ultimo si alza, volteggia, si avvicina ai tabū e compie su di loro un alas. Di nuovo prende a volteggiare e tra le grida dei presenti supera il nono yayϊq, che così invoca Könök di pietra, al cui fondo non giunge il palo!

Corso della madre Pras! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Lo sciamano si siede ed invoca un nuovo spirito adiutore. Poi si alza e compie l’alas. Ora egli si è avvicinato al luogo in cui divergono le strade dei diciassette spiriti-qan383. Egli canta quasi gridando Divisione delle strade dei diciassette qan, strada divergente di tutti i qan! Se alzo il braccio, accogli la libagione, se scopro l’ascella, accogli la [tua] parte! Sulla tua testa a forma di pettine, sulla tua schiena a forma di corda [cada la libagione]! Guardami con occhio favorevole, concedimi la giusta benedizione! Egli si alza e, tenendo il tamburo sulla spalla sinistra, cammina avanti e indietro per la iurta. Si siede e di nuovo si alza, e poi di nuovo riprende a camminare. Sta cercando i luoghi attraverso i quali è passato il cavallo, la cui pelle è servita a ricoprire il suo tamburo. Gli spiriti gli mostrano alfine le strade percorse dal cavallo. Egli trova anche il luogo in cui è stato tagliato l’albero servito per il suo tamburo. Egli si rivolge ai propri tös L’aurea cassa del sacro cammello a sei gobbe, in quale terra è stata tagliata? Sulla riva di quale fiume? Sul fianco di quale montagna? Il cavallo, la cui pelle ha coperto il sacro cammello a sei gobbe, sulla riva di quale fiume viveva? In quale terra è cresciuto? Mio Ülgän eccelso [e voi] spiriti che siete in basso, i cui occhi sono brillanti come la stella del mattino, le cui orecchie sono fini e attente, penetrando con lo sguardo, esaminate, passando da parte a parte, scrutate!

I tös riescono a sapere dove ha pascolato il cavallo e dove cresceva l’albero. Lo sciamano ripete le loro parole ai presenti. Gli spiriti gli fanno eco: āy-tä, āy-tä, āy-tä! Lo sciamano canta L’aurea cassa del sacro cammello a sei gobbe è stata tagliata lungo la madre Tom dai dorati banchi di sabbia, lungo la madre mia Sangγïs, Qayraqan. Il cavallo, la cui pelle ha coperto il sacro cammello a sei gobbe, è cresciuto sulla riva delle due sorelle Osqot384, proprio dentro la madre mia Qongγïs, Qayraqan, La tigre screziata dai sei occhi è stata tagliata sulla riva del grande Bayat, proprio dentro Yüräkäy Qan. I tös mostrano allo sciamano tutti i luoghi attraverso i quali è passato il cavallo, il fianco della montagna sul quale è cresciuto l’albero. Lo sciamano cammina avanti e indietro a lungo (talvolta per due, tre ore) e racconta ai presenti L’aurea cassa del sacro cammello a sei gobbe! Non lontano dalla riva della madre Tom, sul fianco di un’alta montagna, sul versante di mezzogiorno, un albero di cedro è stato tagliato. Nel luogo in cui l’albero di cedro è stato tagliato, [l’uomo che lo tagliò] guardò sul versante di mezzogiorno: era proprio come se [un manto di] seta rossa si fosse disteso, tanto erano belle le rive della madre Tom. Se guardi la terra qui cresciuta, essa è simile ad una trave affilata385; se guardi gli alberi qui cresciuti, essi sono simili ad una freccia appuntita. Se guardi i monti che sibilano, se guardi il crinale spianato, se guardi le iurte qui piantate, se guardi gli uomini che qui vivono, essi sono molti, come mosche nere. Se guardi il bestiame che qui pascola, esso è numeroso, come cornacchie nere. Se guardi le acque in cui essi bevono,

l’acqua corrente è saporita come brodo, i bianchi pesci sono saporiti come grasso. Se guardi i monti che sorgono all’intorno, bianche nebbie [dai monti] si distendono. Se guardi la moltitudine degli animali selvatici, che fornisce nutrimento al popolo dei sudditi, essi sono come bianche farfalle svolazzanti. Se guardi le montagne che sorgono l’una accanto all’altra, se guardi i fiumi che scorrono tortuosi, [vedrai] nebbie simili a sale distendersi. Guarda le foreste impenetrabili! Se guardi la moltitudine degli uccelli alati, che fornisce nutrimento a tutti gli uomini, [vedrai] gli uccelli moltiplicarsi come azzurre farfalle. Allorché tagliarono l’albero del cedro, coloro che vivono sotto il sole, dal petto chiuso386, fermi sul fianco della montagna, guardarono intorno ed ammirarono. Essi esclamavano: «Oh, se io vivessi qui! Oh, se io abitassi qui! Se potessi non andar via di qui!» Così dicendo, restavano sopra pensiero. Prima di tagliare l’albero, così come sapevano, pronunciarono la benedizione, invocarono Ülgän eccelso, chiamarono gli spiriti che sono in basso. Pensarono con puri pensieri, le loro intenzioni erano buone. Abbattuto[lo], tornarono indietro. La terra [in cui è cresciuto] il mio sacro cammello a sei gobbe è nei confini della madre mia Osqot; la terra in cui è nato il bianco puledro è alle pendici della madre mia Qongγïs, Qayraqan. Guardate la madre che ha allattato il bianco puledro! Essa era dal pelo bianco-grigio, la sua criniera cadeva dalla parte destra,

la sua criniera e la sua coda erano azzurro-grige. Sulla caviglia della zampa posteriore destra c’era una macchia bianca, sul suo naso c’era un biancore, simile all’impronta di un dito. Il bianco puledro da essa nato, fu creato dal bianco Ülgän. Era stato designato da Ülgän eccelso per il sacro cammello a sei gobbe. Da Ülgän fu predestinato, dagli spiriti yär yol fu concesso. L’acqua che ha bevuto il bianco puledro, era la sorgente della madre mia Osqot. Guarda l’erba che il bianco puledro ha preso e mangiato! Essa proviene dalla bianca steppa, a quanto pare. Di tutte le erbe egli ha scelto la più succulenta, l’acqua più dolce, aspirandola, ha bevuto! Quando ha aspirato l’acqua corrente su di sé, sul suo dorso e sul collo è spuntato del grasso387, quando ha preso l’erba succulenta, sulla sua coda e sulla criniera è spuntato del grasso. Nessun occhio malvagio l’ha visto, nessun cattivo pensiero l’ha sorpreso. Se guardi la steppa in cui pascolava, essa è piana ed uguale come una trave388. Guardando all’intorno, non c’è nulla che si erga nella steppa. Percorrendola con l’occhio fino all’orizzonte, non c’è nulla che rompa la monotonia della steppa. Nella bianca steppa, dalla parte dove sorge il sole, c’era un lago salato. A mezzogiorno, seppur piccola, c’era una montagna. Quando nella bianca steppa l’erba appassiva, allora nacque il bianco puledro. Dopo che fu nato,

prima che l’acqua corrente si ghiacciasse, prima che la bianca taigà si coprisse di neve, il lupo screziato, rovesciando la coda sul dorso, rincorse il bianco puledro per afferrarlo. Con la coda tra le gambe, il lupo azzurro si gettò nel mezzo della mandria per afferrare il bianco puledro. Essendo creato dal bianco Ülgän, il bianco puledro non cedette al lupo screziato; essendo nato [per decisione] dell’azzurro Ülgän, non si fece rapire dal lupo azzurro. Sullo zoccolo destro della zampa anteriore c’era una macchia bianca, simile all’impronta di un dito. Il luogo, in cui il bianco puledro si abbeverò, era dalla parte dove tramonta il sole. Dalla iurta della madre mia Osqot, allorché [il bianco puledro] entrò nell’acqua per abbeverarsi, presa la secchia sulle spalle, la più soave tra le vergini [giunse al fiume] e lo vide. Dimenticando di attingere l’acqua, rimase a lungo, ammirata, a guardare fissa il bianco puledro. Commossa, ella disse: «Magnifica è la sua criniera, quando crescerà la sua coda, essa diverrà superba; di chi, che vive sotto il sole, è quest’animale? Mio padre possiede un recinto pieno di bestiame da lui acquistato; tra le sette mandrie di cavalli non c’è cavallo paragonabile a questo. I miei anni sono passati, ho raggiunto l’età adulta. Ecco arde il mio fuoco, si è scaldato il luogo del mio giaciglio389. Mio padre – ella diceva – comanda sugli uomini,

molte monete d’oro egli possiede. Egli mi ha fidanzata, bevendo in mio onore, ha visto il mio desiderio [di sposarmi]. Egli mi ha fidanzata ad un uomo che ha il suo abbeveratoio nella bianca marea390, che ha la sua dimora nel lago Tanay, possesso della madre mia Mayγïl391, Qayraqan, che vive proprio nel lago Tanay. Al figlio di un altro riccone, egli, bevendo acquavite [in mio onore], mi ha fidanzata. Quando avrò la mia casa, non mi mancherà un cavallo con la criniera. Se egli acquistasse per me questo cavallo, e, tenendolo per le redini, me lo donasse, affinché io possa tenerlo tra i miei animali, io gli direi: La mia benedizione sia su di te!». Così parlava la fanciulla. Quando il bianco puledro, la cui pelle doveva rivestire il bianco tamburo, per i sentieri, in cui passava, incontrava coloro che vivono sotto il sole e la luna, non c’era uomo che non lo lodasse. Tanto era un bel puledro! Quando il puledro ebbe due anni, due uomini che vivono sotto il sole, si avviarono verso la madre Bayat. Lo acquistarono e lo condussero [qui]. Il cavallo fu un buon baytal392, della sua pelle venne rivestito il tamburo! Guardate la terra in cui è stato tagliato il manico-tigre screziata! Entro i confini di Yüräkäy Qan, dalla parte dove tramonta il sole, sulla cima di una montagna è stato tagliato! Dal luogo, in cui venne tagliata la tigre screziata, guardando all’intorno, era visibile la steppa [dove scorre] la madre mia Bayat.

L’uomo che tagliò la tigre screziata aveva penetranti occhi di fuoco e chiaro profondo intelletto. Prima di uscire dalla iurta, per andare a tagliare la tigre screziata, egli compì una bianca libagione, invocò tutti gli spiriti celesti, invocò tutti gli Ülgän fino all’ultimo. All’interno del suo popolo egli era socievole, con gli stranieri era affabile. Prima di allontanarsi dalla bianca fiamma393, egli bevve del brodo, bevve l’acquavite più forte e, ubriacatosi, cadde a terra. Vedendo come egli cadeva, ora a faccia in sù, ora a faccia in giù, gli uomini che lo preparavano, lui giovane ragazzo, gli affiancarono un uomo valente. Nel luogo in cui tagliarono la tigre screziata, l’uomo che vive sotto il sole, dal petto chiuso, con le tempie coperte di canizie, con i capelli toccati da forte canizie, quest’uomo non poté pronunciare le parole di benedizione: aveva bevuto eccessivamente! Egli cadde a terra, con il volto ora in giù ora in sù; il giovane venuto con lui tagliò la tigre screziata. Egli pensò con puri pensieri, le sue intenzioni erano buone, [ma] non conosceva le parole della benedizione. [Così], dopo aver tagliato la tigre screziata, prese con sé, dalla iurta, dal puro focolare, l’uomo che doveva pronunciare la benedizione394. Sulla via del ritorno, quell’uomo che tagliò la tigre screziata, gettò uno sguardo all’intorno: «È come se si fosse disteso [un manto di] seta rossa, mia Bayat dalle rive preziose!» disse.

E così, ammirando e cantando, se ne tornò a casa. «Simile a rossa seta distesa è la mia Bayat dalle belle rive» disse. E, cantando, fece ritorno a casa. Lo sciamano ora si rivolge agli uomini che hanno condotto il cavallo ed hanno tagliato l’albero All’uomo che ha tagliato la betulla d’oro per il sacro cammello a sei gobbe, agli uomini che hanno trovato il bianco puledro, agli uomini che hanno tagliato la tigre screziata! Che la decisione del creatore sia eterna per essi! Che gli animali si moltiplichino in quantità! Che il loro latte sprizzi in abbondanza! In estate e in autunno, quando pascolerà il bestiame, possa tu avere molti gialli stalloni! In estate e in autunno, quando pascolerà il bestiame, possa egli avere molti stalloni di tre e quattro anni! Alla loro porta che il popolo accorra e si affolli, sul loro tünük che gli uccelli si radunino! Che i bambini camminino sui lembi anteriori dei loro vestiti! Che il bestiame cammini sui lembi posteriori dei loro vestiti!395 Che essi abbiano a prendere dal popolo! Che essi abbiano da dare al popolo! Se io benedico e la mia benedizione non li raggiunge, possa Ülgän in persona benedirli! Se io parlo e le mie parole non li raggiungono, possa la benedizione di Ülgän giungere loro! Continuando il suo viaggio, dal luogo in cui si diramano le strade che conducono ai diciassette spiriti-qan, verso lo spirito Taylïq Qan, lo sciamano si imbatte negli spiriti üzüt. I più anziani degli üzüt sono Orsoq e Paduqay, marito e moglie. Lo sciamano, senza avvicinarsi a loro, racconta come essi siano avidi di acquavite e, imitando le loro voci, descrive come litigano tra di loro e come, scorgendolo, nel panico che li assale al vederlo si scambino ingiurie. Orsoq O Paduqay, entrata nella nera terra, attizza la tua caldaia, prova la forza dell’acquavite!

Dalla terra illuminata dalla luna ecco che viene lo sciamano; egli distruggerà il tuo focolare di pietra, disperderà la tua cenere di talqan. Il tuo treppiede volerà via con gran rumore; egli farà rimbombare la tua caldaia, ti farà entrare di nuovo nella nera terra!396 La moglie Paduqay risponde O Orsoq, entrato nella nera terra, che cosa fai? Attizza il fuoco sotto la caldaia, metti la legna! Siano i benvenuti un paio di bicchierini di acquavite! Orsoq O Paduqay, entra nella nera terra! Il tuo aspetto è ripugnante, i capelli ti affiorano appena alle tempie, il moccio scorre, la tua bocca e le tue labbra, bagnate, sono pendule. Tu non fai mai nulla a suo tempo; se tu ieri avessi preparato l’acquavite, ora noi potremmo ubriacarci! Paduqay O Orsoq, entrato nella nera terra, tu pensi che io debba prendere la caldaia e il mestolo, il ferro e il rame, la legna e l’acqua! Ma sei tu l’uomo, ed io non ho preparato nulla! Orsoq O Paduqay, entra nella nera terra! Tu ripeti tutto il tempo: «Occorre preparare l’acquavite», queste parole non abbandonano mai le tue labbra! Ho già detto che perdi il tuo tempo, ma tu non sei stata a sentire! Tu che sei entrata nella nera terra! Guarda, i čoryo397 si sono rovesciati; ciò non porta nulla di buono! Qualunque cosa tu tenti di fare, non ti riesce!

Eeh! Ecco che arriva lo sciamano! Dove andremo? Dove ci nasconderemo!? Lo sciamano raggiunge i könök e i tolu e compie su di essi l’alas. Poi invoca lo spirito Kär Balïq e di nuovo si cinge di esso. Ora egli si avvicina alla dimora degli üzüt e con l’aiuto dei propri spiriti comincia a distruggerla. Così egli si rivolge agli spiriti Distruggete il focolare di pietra dei neri impuri insanguinati üzüt, disperdete la cenere di talqan! Fate volar via con gran rumore il loro treppiede, fate rimbombare la loro caldaia, sconvolgete e distruggete ogni cosa, come per gioco! L’anima aurea che è giunta dalla terra illuminata dalla luna,398 se non l’afferro io, afferratela voi, se non la prendo io, prendetela voi! Lo sciamano volteggia velocemente, prorompe in forti grida. I presenti gli fanno eco; egli e gli spiriti che lo accompagnano irrompono nella dimora degli üzüt, distruggono l’occorrente per la distillazione dell’acquavite, sconvolgono ogni cosa riducendo in malo modo gli stessi üzüt. Lo sciamano, dopo una breve pausa, grida imitando le voci degli üzüt, poi di nuovo riprende a volteggiare. Ora egli è giunto ad afferrare l’anima yula fuggitiva; con il grido op quruy! lo sciamano colpisce il tamburo e, abbassandolo sempre più, lo porta quasi a toccare il pavimento. A questo punto egli avvicina le mani e, con una tenendo il tamburo e con l’altra il mazzuolo, con un movimento brusco solleva il tamburo in alto, a voler significare che l’anima yula è stata presa. Riprende poi a volteggiare rapidamente. Tenendo le mani unite all’altezza del volto, egli invoca uno dei suoi spiriti cui affida l’anima in custodia. Con un colpo di tamburo, lo sciamano affida l’anima allo spirito. Egli invoca poi Talay Qan e lo prega di inondare con le sue acque ciò che resta della dimora degli üzüt Nelle acque schiumose, Kölböy Qan399, nelle acque pescose, Balay Qan, laddove si raccoglie l’umido, Čïmay Qan! Possessore del taptï di vinco, Talay Qan, distendi la tua bianca marea, distruggi la nera iurta degli üzüt,

neri impuri insanguinati, annienta la dimora degli üzüt! Riprende poi a volteggiare. Gli üzüt si scambiano invettive. Orsoq grida O Paduqay, entra nella nera terra! Paduqay risponde O Orsoq, entra tu nella nera terra! Orsoq grida di nuovo Ecco, ho detto che sarai tu ad entrare nella nera terra! Lo sciamano volteggia per l’ultima volta: segno che sta superando la dimora degli üzüt e si allontana da essi. Ora egli si siede, canta battendo il tamburo. Si sta ormai avvicinando a Qïčqïl Qan, verso il quale egli invierà a precederlo insieme ai propri spiriti anche i tabū. Per questo egli sceglie due dei suoi tre könök. Nell’indirizzo allo spirito lo sciamano parlerà non di due ma di tre könök, per ingannare lo spirito ed esagerare la quantità di bevanda offerta Verso il bianco Taylïq del sacro mar, verso Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, veloce tolu dai tre colletti, mio könök di corteccia di betulla dalla cucitura trasversale, dirigetevi avanti a me, uomo! Veloce tolu dai cinque colletti, mio könök di corteccia di betulla dalla cucitura trasversale, mia ricca saba che ti bilanci, täpši – lago, in grado di sollevarsi, verso il padre del sacro mar, verso Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, dirigetevi avanti a me, uomo! Pronunciando queste parole, egli sta in piedi di fronte ai tabū; sceltine due, li invia verso Qïčqïl Qan. Ora egli volteggia, poi si siede e, battendo il tamburo, si rivolge a Taylïq Qan, alla cui residenza egli è ormai giunto Bianco Taylïq del sacro mar, azzurro Taylïq dell’azzurro mar, tu che ti sostieni sul sacro mar, signore del sacro cammello! Bianco Taylïq del sacro mar, vergine Yäläs dalla criniera di stallone!

Non vuoi tu guardare con occhio favorevole? Non vuoi tu concedere la giusta benedizione? Non vuoi mostrare il [tuo] volto amorevole? Fate risuonare nell’orecchio destro400, fate tremare la pianta destra [del piede], fate risuonare nell’orecchio destro, fate tremare la pianta sinistra [del piede]! Lo sciamano si alza. Sollevato il tamburo sulla spalla sinistra, egli cammina all’interno della iurta seguendo il sole. Informati del suo arrivo, i servi di Taylïq Qan gli si fanno incontro. Egli si siede e canta Guardate questo possente numeroso esercito! I qan inviati da Taylïq Qan al volgere di un mese di cammino non ci vengono forse incontro? Siamo giunti al luogo in cui occorre aprire la porta del qan, siamo giunti al luogo in cui occorre aprire la porta del capo, siamo giunti al luogo in cui otterremo la decisione del qan, siamo giunti al luogo in cui otterremo la decisione del capo. Possa la mia benedizione giungere a Ülgän eccelso! Possa la mia benedizione raggiungere gli spiriti yär yol che sono in basso! Lo sciamano è ormai giunto alla residenza di Taylïq Qan. Egli si alza e compie l’alas su tolu e könök. Si dirige poi verso l’angolo in cui trova il könök. Egli si atteggia a timido: avanza lentamente, a piccoli passi incerti, come se non si decidesse ad entrare nella residenza dello spirito. Giunge alla prima porta di essa, qui lascia uno dei suoi compagni di viaggio, Kirbi Tay. Procedendo cautamente, lo sciamano canta Quando la luna brilla al novilunio, quando il sole brilla in un giorno chiaro, quando volge il capo d’anno, quando il serpente ha cambiato pelle, quando gli alberi da frutto si coprono di foglie, quando il cuculo comincia a cantare, quando la terra si apre e compare il verde, quando gli alberi si fendono ed appaiono le foglie. Si rivolge poi ai suoi spiriti Entrate aprendo la porta,

introducetevi ottenendo il permesso del padre mio! Entrate pronunciando una preghiera, entrate chiedendo con un’unica lingua!401 Mie ginocchia destinate a piegarsi, piegandovi, entrate! Tirando le campanelle [appese] al mio collo, entrate! Tre volte inchinandovi e prostrandovi, entrate! Lo sciamano apre la prima porta che dà accesso alla residenza di Taylïq Qan. Presso la porta sta il guardiano, il quale grida contro lo sciamano che entra. Lo sciamano imita le grida del guardiano Eeh! Se arriva un uomo, non lasciarlo entrare – ha detto402; se arriva una capra selvatica, non lasciarla passare – ha detto, trafiggili con la lancia – ha detto, trapassali con la spada, tira loro il collo – ha detto! Lo sciamano volteggia, si porta dall’angolo anteriore della iurta verso la stufa e tocca con il mazzuolo la testa di uno dei presenti. Con ciò egli introduce in lui lo spirito-guardiano di Taylïq Qan e ne fa in tal modo uno dei suoi spiriti adiutori403. La stessa operazione verrà ripetuta anche in seguito, presso ciascuna delle tre porte che lo sciamano dovrà superare per giungere a Taylïq Qan. Nel colpire leggermente la testa del prescelto, egli pronuncia la seguente formula Abräy, abräy, abräy! Sii forte di fronte al qan, stai alto di fronte al capo! Se entri dal qan, non turbarti, se entri dal capo, non intimorirti! Se entri dal qan, prendi la grazia, se entri dal capo, prendi la saggezza! La tua lingua sia acuta, le tue ginocchia si imprimano sulla terra! Egli supera la prima porta e giunge alla seconda. Qui egli ripete il rito abräy già compiuto precedentemente, aggiungendo solo le seguenti parole Con un coltellino d’oro taglia le tue cosce!404 Giunge infine alla terza porta, dove ripete lo stesso rito, aggiungendo questa volta le parole seguenti Con un ago d’oro trafiggi le palpebre dei tuoi occhi!405 Il tono del canto ora muta completamente. Nella sua voce sono adulazione

e supplica. Egli si inchina e si dimena dolcemente con il tamburo, facendolo oscillare davanti a sé. Si presenta a Taylïq Qan con le parole āy mörgü, āy mörgü, āy mörgü! (mörgü «mi inchino»). Prostrandosi e facendo oscillare davanti a sé il tamburo, egli si porta lentamente verso l’angolo anteriore della iurta; quindi, agitando le mani, torna indietro. Così per tre volte: non si decide ad avvicinarsi allo spirito. Ora Taylïq Qan chiede allo sciamano di dove venga Äääy! Da quando ho cominciato a reggermi sulle gambe, da quando ho cominciato a respirare con la mia bocca, qam! Coloro che hanno le ali non si sono posati, qam, coloro che hanno le zampe provviste di artigli non sono discesi, qam! Facendo vibrare il tuo sacro cammello, appoggiandoti sul tuo mazzuolo di pietra, sostenendoti sul tuo tabïlγï, appoggiandoti sulla tigre screziata, appoggiandoti sul sacro cammello, da quale terra, preso [dall’estasi], sei asceso? Da quale terra, cantando, sei giunto? Dì il tuo nome e il tuo cammino, qam! Lo sciamano continua ad agitarsi col tamburo, mentre invoca il nome dello yayïq ritenuto abitare il villaggio in cui egli sciamanizza. Risponde poi a Taylïq Qan Dalla nera taigà non sono accorso, dalla steppa illuminata dalla luna, grande quanto una palma406, sono asceso cantando! Da colei che domina il grande Bayat, tre pali in alto, mille pali in basso, dalla madre mia Yüräkäy dei tre angoli sono asceso. Taylïq Qan Äääy, äääy! Se è un uomo, egli ha un nome, se è una capra, essa è pelosa. Tu discendi da uno sciamano di nome? Tu sei l’erede di uno sciamano di nome? Dì il tuo nome e la tua testa407, qam!

Lo sciamano canta a lungo e agita il tamburo. Poi risponde allo spirito Di quale sciamano sono discendente! Di quale sciamano sono erede! Sono discendente di uno sciamano del clan408, sono erede di colui che torce i tendini409, sono discendente dello sciamano che possiede gli spiriti, sono erede dello sciamano che sciamanizza per mezzo dell’arco!410 Egli elenca a Taylïq Qan i nomi di tutti i suoi tös-antenati Sono stato in contatto con lo sciamano Apurnaq, sono stato attirato dallo sciamano Šölpök, in nome dello sciamano Otqon ho invocato, in nome dello sciamano Yärän ho gridato, in nome dello sciamano Mïtqa, dello sciamano Mitäm, in nome dello sciamano Yazï Balïq ho gridato; lo sciamano Sarγa mi ha attirato, in nome dello sciamano Qobor sono andato fuori di senno, lo sciamano Pönök mi ha annientato! Taylïq Qan Äääy, äääy! Sei venuto, tu nero, unicamente a tuo nome? Sei venuto a nome del popolo? Dì il tuo nome, la tua testa, qam! Lo sciamano di nuovo si inchina, canta a lungo Non sono venuto unicamente a nome mio, di me nero, sono venuto a nome del popolo; così come l’erba ha un germoglio, così come l’orzo ha una spiga, noi abbiamo avuto un solo padre. Egli si è separato dalla terra illuminata dalla luna411, si è diretto verso il qan lontano; egli si è separato dalla terra illuminato dal sole, si è diretto verso il qan lontano. Io, uomo, ho avuto un padre, un uomo di nome Aläš412. Io sono suo discendente.

Di lui, restiamo noi tre fratelli, uguali come le orecchie del cavallo. Dei tre fratelli io sono quello di mezzo, uomo di nome Qanaqay. Io stesso, dalla mia terra, sono venuto, stanco e spossato. Sono venuto, facendo coprire di sudore le zampe del mio cavallo, sono venuto, facendo riempire di lacrime i miei occhi! Taylïq Qan Äääy, äääy! Verme rosso413 creato da noi, nostro nero tributario che hai una cintura di cuoio, uomo che vive sotto il sole, dalla testa coperta di capelli! Senza volerci riconoscere, ci hai riconosciuto? Senza volerci notare, ci hai notato? Lo sciamano risponde Ascolterai la preghiera? Sentirai la mia umiltà? Non mi guarderai col tuo occhio favorevole? Non mostrerai il tuo volto benevolo? Taylïq Qan Äääy, äääy! Se tu porti il tolu dalla taigà, se porti la bevanda dal mare, allora ci sarà la decisione del qan? Lo sciamano volta la schiena ai könök, si rivolge a Qara Quš Nero uccello dagli artigli di rame! La coppa rotonda, fatta da un fabbro, rossa, profonda, fatta da un fabbro, falla passare di mano in mano! Fatti tre giri, scendi! Gettando una rete d’oro sulla coppa, scendi! Lo sciamano riceve dalle zampe di Qara Quš la coppa invisibile ai presenti, vi versa del vino invisibile e la offre a Taylïq Qan. Poi si alza di fronte ai könök; tenendo con una mano il tamburo, con l’altra agitando il mazzuolo, si rivolge agli spiriti adiutori Voi che avvolgete, avvolgete,

voi che impedite, impedite! Fate sì che quanto si trova in superfice vada al fondo, che quanto si trova al fondo vada in superfice! La prima coppa attribuita, legittima, la coppa che ha la benedizione del mio primo padre414. Il bianco ayran, preparato da un uomo che vive sotto la luna, possa dividere la tua bocca in due metà!415 L’azzurro ayran, preparato da un uomo che vive sotto il sole, possa passare attraverso il tuo forte petto! Egli si avvicina ai könök e, tenendo il tamburo per l’impugnatura, li tocca con esso. Spinge poi in avanti il tamburo, orizzontalmente; con ciò egli divide simbolicamente il contenuto dei könök in cinque parti. Cinque coppe di birra dovrà egli infatti presentare allo spirito. Rivolto verso il sole, egli canta Inghiottì, lascia passare, padre mio, Taylïq Qan! Ha offerto la prima coppa. Ora fa un movimento come se inghiottisse la bevanda e rutta forte: lo spirito ha bevuto la coppa offertagli e ha dimostrato la propria soddisfazione. Lo sciamano porge la seconda coppa e poi la terza La seconda coppa, la coppa legittima, la coppa rinnovata del mio secondo padre! Non guarderai col tuo occhio favorevole? Non concederai la giusta benedizione? Non guarderai con occhio amorevole? Non mostrerai il tuo volto sorridente? La terza coppa, la coppa esemplare, la coppa designata dal mio terzo padre! Può il qan non irritarsi? È possibile che egli mi consideri? Può il capo non irritarsi? È possibile che egli guardi da questa parte? Taylïq Qan, bevuta la terza coppa, risponde allo sciamano con condiscendenza Äääy, äääy! Il bianco ayran, preparato da un uomo che vive sotto la luna, è passato attraverso la mia bocca, ha diviso in due la mia bocca! L’azzurro ayran, preparato da un uomo che vive sotto il sole, è passato attraverso il mio forte petto, ha diviso il mio petto, qam!

Lo sciamano porge la quarta coppa La quarta coppa è la coppa della divinazione, la coppa esemplare del mio quarto padre! Se ciò non ti stanca, applica le tue labbra, se non provi avversione, posa le tue labbra! Non scioglierai il tuo giudizio aureo? Non guarderai l’uomo che vive sotto la luna? Non darai la tua decisione d’argento? Non guarderai l’uomo che vive sotto il sole? Egli porge la quinta coppa Pälägäš Qan416: la quinta coppa, la coppa attribuita dal mio quinto padre! Scuotetela e porgetela! Versate al mio qan una coppa piena! Esauritela fino in fondo! Non guarderà egli con occhio favorevole? Non concederà la giusta benedizione? Non darà egli la prosperità? Non creerà egli giorni abbondanti? Taylïq Qan Äääy, äääy! Guarderò con occhio favorevole, qam! Concederò la giusta benedizione. Darò la prosperità, creerò giorni abbondanti! Lo sciamano, con maggiore decisione Conforme alla creazione di Ülgän [è] il mio sacro cammello a sei gobbe! Per la prima volta mi sono appoggiato sul bars417 screziato, ho fatto forza sul sacro cammello. Dal sacro mar del bianco Taylïq sollecitando la benedizione, sono giunto. Possa tu guardare con occhio favorevole! Possa tu concedere la giusta benedizione! Taylïq Qan Äääy, äääy!

Il tuo sacro cammello a sei gobbe, il tuo bars screziato dai sei occhi! Nei giorni di vento sia per te difesa, nei giorni di maltempo sia per te sostegno! Quando tu fallirai, sia per te guancia, quando farai un passo falso, sia per te zoccolo! Possa essere utile al popolo che vive sotto il sole! Lo sciamano si rivolge di nuovo a Taylïq Qan e gli chiede un compagno di viaggio, sì che possa giungere fino a Qïčqïl Qan Fino ad ora non ho visitato gli spiriti, prima di ora non ho mai cantato! Concedi un inviato che mi preceda, concedi una guida che mi conduca! Taylïq Qan consente Ti concederò un inviato che ti preceda, ti concederò una guida che ti conduca. Quanto vedrai, non esca dal tuo occhio, quanto prenderai, non esca dalla tua mano! Lo sciamano si inchina più volte allo spirito Mi inchino, mi inchino! Egli sta uscendo ora dalle regioni di Taylïq Qan. Torna dal suo compagno di viaggio che lo ha atteso alla porta. Quest’ultimo lo accoglie con le seguenti parole Äääy, äääy! Sei uscito, sciamano! Hai aperto la porta del qan? Hai ottenuto la decisione del qan? La porta del qan è stata dura da attraversare? La porta del capo era ardua? Egli risponde La porta del qan non è stata dura da attraversare, la porta del capo non era ardua! Ho ottenuto la decisione del qan! Egli ora chiama il suo spirito – oca (qas), a dorso del quale egli concluderà il suo viaggio Non smarrisce la strada, volando attraverso il fiume Yayïq,

l’oca čïmar418 dalle guance screziate! Non prova nostalgia, volando attraverso il fiume Ädil, l’oca čïmar dal mento screziato! L’oca risponde al richiamo dello sciamano. Egli vi sale sopra, imitando il suo grido. D’ora in poi nel canto dello sciamano si sentirà il gracidare dell’oca. Egli canta, rivolto all’oca Apri la tua ala destra, stringi la tua ala sinistra! Sotto il bianco chiarore del cielo, davanti alle bianche nubi, vola veloce! Spiega con rumore le ali, spingiti verso il luogo che ti si manifesta, raggiungi il luogo che tu vedi. Mio puro tolu, che alcun cavallo può sollevare! È visibile la testa del tolu. Si scorge la testa del tolu. Possa la mia benedizione giungere all’eccelso Ülgän! Egli si alza e prende a volteggiare. Ha raggiunto i tabū inviati avanti. Gli spiriti dello sciamano, che hanno accompagnato i tabū, gli esprimono la propria insoddisfazione per il ritardo con cui egli giunge. Essi gridano al suo indirizzo Alay, alay, alay qam! Atteso, atteso, ho atteso fino a perdere la pazienza! [A tempo perso] ho tagliato la coda di una gazza! Stavi forse scavando la nera terra? Stavi digrossando uno spesso albero? Egli si giustifica e prega gli spiriti di non adirarsi con lui Non stavo scavando la nera terra, non stavo digrossando uno spesso albero! Mi era difficile lasciare coloro che vivono sotto la luna, trattenutomi per la durata di una luna, ora sono accorso! Mi era difficile lasciare coloro che vivono sotto il sole, trattenutomi per la durata di un giorno, ora sono accorso! Non adiratevi, non rimproverate [mi], voi che conducete i tabū e tolu!

Pronunciando il nome di Qïčqïl Qan, lo sciamano si avvicina ai könök e tolu; prende due dei primi e tre dei secondi e li presenta allo spirito. Egli, nell’invocazione a Qïčqïl Qan, parla di cinque könök e cinque tolu così da far sembrare maggiore la propria offerta Verso il padre del sacro mar, verso Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, puro tolu dai cinque colletti, mio könök di corteccia di betulle dalla cucitura trasversale, avanti a me avviatevi ed entrate! Puro tolu dai cinque colletti, mia ricca saba che ti bilanci, mio täpši – lago, in grado di sollevarsi, verso il padre del sacro mar, verso Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, avanti a me, uomo, mettetevi in cammino, simili a me, avanzate veloci! Il mio täpši – lago, in grado di sollevarsi, simile a nube azzurra avanzi! Egli si avvia verso Qïčqïl Qan. Presso le tre porte che dànno accesso alla residenza dello spirito egli lascia i suoi spiriti – compagni di viaggio, scambia delle battute con i guardiani di Qïčqïl Qan. Si presenta quindi di fronte allo spirito cui mostra il suo nuovo tamburo. Intercorre tra i due lo stesso dialogo che c’era stato tra lo sciamano e Taylïq Qan. Egli offre i suoi doni. La kamlanie a Qïčqïl Qan ripete quella a Taylïq Qan. Conclusa la quale, lo sciamano esce dalla residenza dello spirito e chiama l’oca, sul dorso della quale egli compirà il viaggio di ritorno. Egli canta, rivolto all’oca Apri la tua ala destra, stringi la tua ala sinistra! Sotto il bianco chiarore del cielo, davanti alle bianche nubi, vola veloce! Spiega le tue ali e dirigiti verso la bianca fiamma della mia iurta, verso gli otto intagli e i quattro angoli!419 Lo sciamano volteggia a lungo: egli sta ora tornando indietro. Nel viaggio

di ritorno egli ripercorre le stesse tappe attraverso le quali è passato all’andata. Giunto allo yayïq più lontano (änäm Pras ičtäri «corso della madre mia Pras») egli spiega a questo che sta tornando a casa dopo aver visitato Qïčqïl Qan Könök di pietra, al fondo del quale non giunge la pertica! Corso della madre mia Pras! Da Qïčqïl Qan dalla criniera di stallone, verso la bianca fiamma della mia iurta, verso gli otto intagli e i quattro angoli, sto tornando in gran fretta. Queste stesse parole egli ripete agli altri otto yayïq che incontra sulla strada del ritorno. Giunto all’ultimo yayïq, egli volteggia per l’ultima volta e, in piedi in mezzo alla iurta, si rivolge all’oca, che egli congeda dicendo Se vola attraverso la piena [del fiume Yayïq], non si smarrisce, mia oca čïmar dalle guance screziate! Se attraversa l’Ädil, non prova nostalgia, mia oca čïmar dalle belle guance! Bevi nel bianco lago di latte, dal monte Sürün prendi il cibo! Non mostrarti a coloro che hanno le mani! non apparire in sogno a coloro che hanno la frusta!420 Quindi lo sciamano si dirige verso la porta e qui si siede accovacciato con il volto verso la soglia. A lui giunge d’improvviso la voce dello spirito che pronuncia il proprio nome Aäytü, ääytü, Qara Kȫš! Lo spirito chiede allo sciamano del suo viaggio a Qïčqïl Qan La porta del qan è stata dura? La porta del capo era forse inaccessibile? Hai ottenuto la decisione del qan? Egli risponde La porta del qan non è stata dura, la porta del capo non era ardua! Ho ottenuto la decisione del qan! Sulla strada, per cui passa l’ayna, continua a stare, piegandoti sei volte! Non dare accesso allo spirito maligno!

Lo sciamano si alza, va nell’angolo anteriore, si siede sul suo sgabello. Ora congeda i suoi tös Giovani fanciulli venuti sulle mie spalle, uomini che gravate sulle mie spalle! Sulla cima dei monti, sulle catene dei monti che si distendono, impugnando una spada a forma di luna, ascendete, tirando la corda [dell’arco] ritorta, levatevi! In attesa del mio richiamo, prestate orecchio con attenzione! Siate pronti ad ascoltare il mio grido! Egli cessa di colpire il tamburo, fa schioccare tre volte la pelle di esso, lo depone nell’angolo sullo sgabello. Sbadiglia alcune volte. Gli porgono un piccolo könök pieno di birra. Da esso egli compie un’aspersione in onore del signore della soglia (Kȫš Qan/Pozoγo) e così gli si rivolge Tu che vai a caccia con la luna calante, che hai stivali di pelle d’orso, che vai a caccia nell’oscurità della notte, che hai stivali di lana; la pelle di sessanta orsi non copre tutta la [tua] gamba, la pelle di settanta orsi non copre la [tua] manica. Il tuo dente molare è smisurato, le tue Unghie sono fatte della pelle di zampe di animali, sei nato più forte di tuo padre, forte padre mio, Qayraqan, nero Kȫš Qan dalle tre soglie!

ANIMAZIONE DEL TAMBURO

Testo pubblicato in VAJNŠTEJN, 364-365 (ed. ingl., 336-337). Dell’iniziazione dello sciamano tuvino faceva parte la cerimonia detta düngür toy «festa del tamburo». Ad essa venivano invitati i parenti dello sciamano e i suoi vicini (così almeno all’inizio di questo secolo); mentre nel secolo scorso i soli membri del clan potevano parteciparvi. I parenti uccidevano una renna da sella (čarï), di proprietà di uno dei presenti; la sua carne veniva cotta e mangiata. La cerimonia era considerata necessaria al fine di «domare ed allevare il cavallo», cioè il tamburo sciamanico. All’inizio della festa, venivano portati allo sciamano i vestiti rituali cuciti dai parenti. Egli a questo punto avanza una richiesta ai presenti, dicendo ad es. ādïmnï ȫrädip bäringär «domate il mio cavallo». Ciascuno dei presenti prende il mazzuolo in mano, uno dopo l’altro, e colpisce il tamburo alcune volte. Ciò facendo, la persona compie salti all’intorno, grida parole incoerenti, e, in generale, imita i gesti di uno sciamano in trance. Le donne non prendevano parte alla consacrazione del tamburo; proibizione da mettere in relazione, secondo Potapov, con il loro primitivo status nel clan del marito in cui esse erano considerate straniere. Al düngür toy erano presenti altri sciamani imparentati. Allorché tutti i «profani» hanno colpito il tamburo, esso viene passato al «più debole» degli sciamani presenti, che lo dà a sua volta al «più forte». L’ultimo a prendere nelle sue mani il tamburo è lo sciamanò «più grande» (uluγ xam), il quale, battendo il tamburo, dice

Il tuo cavallo, il tuo vestito variegato, il piccolo [cavallo] grigio-scuro armato di sïrïq421 è divenuto ora un essere vivente, ha trovato un padrone ed è cresciuto con carne. La seconda ed ultima fase dell’animazione del tamburo ha inizio al calar della notte, allorché non resta nessuno nella iurta all’infuori dello sciamano, il quale entra in una speciale trance fino allo spuntare dell’alba. Egli invoca lo spirito-signore del tamburo Tutto le centosei ossa raccogliamo e uniamo; come un [cavallo] grigio-scuro armato di sïrïq, ti faremo assumere un corpo, ti faremo crescere con carne. Ti guideremo sulla cima di alberi422 bassi e alti, voleremo, dolcemente voleremo. Egli prepara poi uno speciale festino per il «cavallo»; versa del tè molto forte in una coppa di legno, dell’acquavite di latte (araya) in una seconda coppa, del latte di renna in una terza. Prima di cadere in trance, egli unge il tamburo con il contenuto delle tre coppe, suffumica se stesso e le coppe con

ginepro ardente pronunciando le seguenti parole Questo [cavallo] bardato lascio crescere con carne da oggi in poi, e lo domo […] Nei riti successivi, lo sciamano si rivolge al tamburo-cavallo con parole di conforto Povero piccolo [cavallo] grigio-scuro; ha fame ed è stanco. Diamo al poverino da mangiare qui, sulla strada. Povera creatura affaticata, ti vogliamo dar da bere […] Quando, dopo qualche anno, il tamburo si consumava, lo sciamano avrebbe detto ad un anziano del suo clan: «Occorre un nuovo cavallo, chiamalo qui!». Per costruire il nuovo tamburo veniva abbattuto un cedro nello stesso luogo della foresta in cui era stato abbattuto l’albero per il primo tamburo. Per domare il nuovo «cavallo», veniva ripetuta la cerimonia sopra descritta. Il vecchio tamburo veniva lasciato nella taigà; su di esso egli pronunciava le seguenti parole Logoro piccolo [cavallo] grigio-scuro, possa tu qui pascolare a tuo piacimento; puoi andare dove vuoi.

DUE BREVI PREGHIERE AL TAMBURO Testi pubblicati in RADLOV, Proben, IX, 47, 163. Ascolta, ascolta, mio cavallo-cervo femmina! Ascolta, mio cavallo-orso! Ascolta, ascolta, o mažalïy!423 O tamburo screziato che stai nell’angolo anteriore! Mie cavalcature, cervo maschio e femmina! Mia frusta424, serpente bianco! Ascolta, ascolta, o signore! O mio tamburo dai molti colori, che stai nell’angolo anteriore! O mio allegro, screziato tamburo, che stai qui! Rinforza le tue spalle ed il collo!

BREVE CANTO IN OCCASIONE DELLA DISTRUZIONE DEL TAMBURO DI UNO SCIAMANO MORTO

Alla morte dello sciamano teleuto, il suo tamburo veniva distrutto. Sulla tomba dello sciamano un uomo colpiva il tamburo finché la membrana non si rompeva. Costui pronunciava questo breve canto. Testo pubblicato in POTAPOV, Buben teleutskoj, 199-200.

Il suo bianco tamburo con sei gobbe è appeso alla bianca betulla, sulla strada dei sedici qan425 i nastri del mazzuolo si sono dispersi.

SCONGIURO COL TAMBURO ŠOQAR Oltre al tamburo ordinario, gli sciamani tuvini della regione dello Alaš possedevano un altro tipo di tamburo, detto šoqar «screziato» o qara šoqar «nero screziato». Con questo tamburo lo sciamano sciamanizzava se voleva inviare una malattia mortale ad uno sciamano rivale, oppure se aveva il sospetto che un defunto insoddisfatto intendeva prendersi vendetta contro i vivi (nel qual caso egli scacciava lo spirito del defunto). Se lo sciamano voleva «mangiare» (cioè mandare in rovina) qualcuno, egli prendeva il tamburo qara šoqar di notte e, solo nella iurta, cominciava ad invocare i propri spiriti adiutori, che poi avrebbe inviato contro il nemico. Testo raccolto dalla viva voce dello sciamano Mandïrïšqa Qužugätä lungo il corso superiore del fiume Alaš e pubblicato in POTAPOV, Očerki ėtnografii, 52-53; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 669-671. Lottando con il drago426 ho lacerato le mie ascelle.

Lo spirito maligno che sbarrava la strada mi è caduto sotto la mano; le mie maniche si sono consumate. Le mie mani tengono come un gancio [di ferro]. Se colpisco con la mano, tutti all’intorno cadranno malati. Le mie due mani somigliano a tenaglie di ferro, i miei due piedi a una stretta ferrea, il mio corpo è simile a una roccia, il mio corpo nero è come l’acciaio. Se tirano contro di me, non mi faranno nulla, perché io sono uno sciamano. Se mi tagliano con le forbici, non mi faranno nulla, perché io sono uno sciamano. Io, sciamano, ho invocato Xōr Albïs427 Scendi dal cielo, salta sul mio sincipite, raccoglietevi da ogni luogo428, giocate sulla mia schiena, venite all’acciarino e al coltello, penetrate con lo sguardo l’universo, guardate da ogni angolo del mondo, il mio copricapo è di piume d’uccello. Giunga fin nel cielo di Qurbustan429 il mantello screziato da me indossato. Ho afferrato un [cavallo?] maschio fulvo. Gira come una ruota di mulino, distenditi in lontananza come un miraggio!

Accendi un fuoco rosso, fai scaturire il fuoco-fiamma [con l’acciarino]! Mio lungo corpo, distenditi. Misuriamoci nella corsa e nella lotta. Soffia da ogni parte, alzati con il turbine, in cima alle mie spalle! Nere valorose campanelle, suonate! In cima alle mie scapole, mie campanelle fuse in ferro. I miei spiriti vanno con un fischio, vanno bisbigliando. Il mio aza430 dalla lingua biforcuta, nessuno vincerà la sua lingua. Non disturbate il sonno-riposo dei piccoli fanciulli, non spaventate il bestiame, affinché il nero cane431 non abbai. Come, non mi parlate?

CANTO D’INIZIAZIONE DEL COSTUME SCIAMANICO

Testo raccolto da Diószegi nell’estate del 1958 in area caragassa, dalla voce dell’ex-sciamano Kokuev, pubblicato (parzialmente nel testo originale) in DIÓSZEGI, Sámánok, 127-130 (traduzione inglese: Tracing shamans, 169-171). Il testo viene riprodotto nella sua immediatezza di canto improvvisato senza far ricorso alla punteggiatura, secondo il suggerimento di Diószegi stesso.

Tamburo e vestito miei oroy già fatti oroy vedete in questo luogo oroy già fatti oroy vedete in questo luogo oroy sono venuto a pregare oroy vedete quest’anno oroy nel verde mese432 oroy tamburo e vestito miei oroy già fatti oroy äyim äyim oroy äyim äyim oroy sto sciamanizzando oroy e sto andando in estasi oroy io esporrò oroy io esporrò oroy tutti i fanciulli oroy sono in buona salute oroy cantando le mie parole oroy sto sciamanizzando oroy il mio tamburo era oroy insegnato dagli uomini oroy ora l’unico sciamano oroy io sono oroy io afferrerò ora oroy il mio buon tamburo oroy sto sciamanizzando oroy e sto andando in estasi oroy prima ho scelto oroy di diventare sciamano oroy ho cominciato qui oroy a cantare a sciamanizzare oroy vedete in questo luogo oroy tre anni fa oroy nel verde mese oroy lo vedete rinato oroy tamburo e vestito miei oroy sono ora pronti oroy questo mio tamburo oroy insegnato dagli uomini oroy che hanno festeggiato con oroy una festa generosa oroy io esporrò oroy benedicendo ogni cosa oroy äyim äyim oroy äyim äyim oroy questo mio tamburo oroy insegnato dagli uomini oroy sette uomini buoni oroy hanno continuato ad insegnarlo oroy così ho iniziato oroy ad esercitare magia e incantesimi oroy ho esposto oroy andando verso sud oroy stavo sciamanizzando oroy ed andando in estasi oroy

äyim äyim oroy äyim äyim oroy costume e vestito miei oroy io getto l’incantesimo oroy da tre anni ora oroy sto sciamanizzando oroy ora e sempre oroy sto sciamanizzando oroy io so dove oroy gli spiriti risiedono oroy vestito e tamburo miei oroy già fatti oroy sei uomini buoni oroy hanno continuato ad insegnarlo oroy e il settimo oroy io sono diventato oroy sciamanizzo oroy e vado in estasi oroy andando per la mia strada oroy attraverso la notte oroy äyim äyim oroy äyim äyim oroy io andrò oroy in quel luogo oroy nella patria oroy del signore oroy e da quel luogo oroy allorché tornerò indietro oroy io sarò allora oroy come ogni uomo oroy vedete in questo luogo oroy sull’alta cima oroy il mio tamburo è stato oroy insegnato da tre uomini oroy e il settimo oroy io sono diventato oroy per tutta la notte oroy sto sciamanizzando oroy tamburo e vestito miei oroy già fatti oroy ed in questo luogo oroy nello stesso tempo in cui oroy il mio tamburo e vestito oroy erano già fatti oroy essi hanno festeggiato oroy molto hanno bevuto oroy il vestito e il tamburo oroy furono allora finiti oroy nel verde mese oroy con la luna nuova oroy io li prendo oroy il mio tamburo e vestito oroy sto sciamanizzando oroy ed andando in estasi oroy io esporrò oroy il [mio] andare verso sud oroy sarò breve oroy sarò lungo oroy sto sciamanizzando oroy ed andando in estasi oroy tutte le sedi oroy dei signori oroy visiterò oroy fino all’ultima oroy non mi fermerò oroy attraverso i sette mari oroy

otterrò fama oroy come grande bardo oroy penetrerò di qui oroy in ogni angolo oroy sciamanizzerò oroy ed andrò in estasi oroy tamburo e vestito miei oroy ora sono pronti oroy tre anni io ho oroy atteso e vegliato oroy ora il mio vestito oroy pronto alla fine oroy nella fase della luna oroy proprio alla luna piena oroy il mio vestito da sciamano oroy di pura seta bianca oroy sette spine dorsali oroy del mio vestito oroy già fatto oroy già fatto oroy fino all’ultimo punto oroy già fatto oroy tre anni sono passati oroy nell’aspettarlo oroy guardate quest’anno oroy nel verde mese oroy di pura seta bianca oroy il mio vestito da sciamano oroy già fatto oroy già fatto oroy.

INVOCAZIONI E PREGHIERE DURANTE LA CACCIA INVOCAZIONE ALLO SPIRITO D’AYÏQ

Prima di recarsi a caccia, i cacciatori altai offrivano delle vittime agli spiriti rivolgendosi loro con una preghiera in cui invocavano il successo nella caccia. La cerimonia aveva luogo si sera, alla vigilia della spedizione nella taigà. Questa è un’invocazione rivolta a D’ayïq, l’intermediario benefico tra Ülgän e gli uomini. Testo pubblicato in POTAPOV, Oxotnič’i obrjady, 132-133.

Luminoso bianco D’ayïq, concedi il cibo! Allorché esci nella vasta taigà, concedi sostegno! Allorché attraverserai le acque correnti, concedi una parte [del bottino]! Dalla regale taigà concedi la lontra, della sacca della caccia concedi una parte! Luminoso D’ayïq, mi inchino!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI-SIGNORI DELLA MONTAGNA Prima di valicare una montagna durante la caccia, il cacciatore šor pronunciava la seguente invocazione. Testo pubblicato in DYRENKOVA, Šorskij fol’klor, 339. Mentre parlo con la bianca taigà, mentre prendo per mano l’acqua corrente, allorché mi accingo a cacciare nella bianca taigà, concedimi di incontrare animali e uccelli! Se mi reco a cacciare nella bianca taigà, concedi un felice cammino! Concedi un’arma infallibile! Possano i tuoi animali e uccelli cadere nella rete, nella trappola! Concedi il passaggio attraverso la veloce acqua corrente! Apri la tua rupe gloriosa, fai uscire i tuoi animali e uccelli! Accorda il bottino al tuo uomo che si appresta a cacciare!

Giungendo al luogo di caccia, costruita una capanna e preparato il primo tè, il più anziano dei cacciatori versava la coppa e, uscendo dalla capanna, invitava a bere gli spiriti-signori delle montagne circostanti, pronunciando un’invocazione. Testo pubblicato in POTAPOV, Očerki ėtnografii, 54.

Tu che hai un grande nome, una grande fama, Bay Qudurγuy433; ho attraversato le catene montuose. Annuncio il tuo nome,

invoco il tuo alto nome. Quanto prenderò, a te offro, quanto mi concederai, prepara! Quanto prenderò, cada su di me! Affinché io incontri in luogo piano presso un bell’albero [un animale] dal mento giallo, dalla coda pelosa; tali tuoi animali [per me] prepara!

PREGHIERA PER UN BUON BOTTINO Testo pubblicato in POTAPOV, Materialy po ėtnografii, 234; raccolto in area tuvina.

Perdonami, Qayraqan! Mie montagne […], Qayraqan! Guida[mi] incontro [agli animali], vai di traverso! Se sarà uno sparo, colpisca sul cocuzzolo, se sarà uno sparo, colpisca sulla testa! Preparate quanto mi concederete, montagne dell’Altai, quanto prenderò, preparate! La fame e la sete fanno soffrire, il cavallo è stanco, la veste logora. Molti giorni ho passato qui; fino ad ora nulla, me ne torno a casa! Nella mia iurta i miei figli soffrono la fame, ho nostalgia di mia moglie. Ora, se non concedi nulla, tornerò alla iurta, di notte. Se tornassi di notte, il mio cane mi verrebbe incontro, i miei figli mi chiederebbero da mangiare. Ora, tu non concedi nulla, […] Davvero non concedi nulla? Tu, così magnanimo, spirito delle mie montagne e delle mie foreste, signore del mare,

signore delle montagne!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO DELLA CACCIA Testo pubblicato in POTAPOV, Shaman’s Drum, 231-232. Gruppo čalqan (altai).

Re degli uomini, Qayraqan! Sii il mio bastone nelle montagne, sii il mio sostegno nelle regioni pietrose! Albero inclinato dai grossi rami, sii amico, sii benevolo con le tue potenti radici, albero dai grossi rami, sii il mio bastone con la mano destra, sii il mio sostegno con la mano sinistra, supplica la montagna degli antenati, albero inclinato dai grossi rami, sii mio amico, con le tue potenti radici, albero dai grossi rami, sii favorevole!

RITUALE QOČA QAN

Il rituale Qoča Qan è attestato tra diverse popolazioni della Siberia meridionale, in particolare cumandini, teleuti e scior. Venne studiato per la prima volta da VERBICKIJ (Kratkie svedenija ob altajskoj missii, in Tobol’skie ėparxial’nye vedomosti, 1886, 21), [Brevi notizie sulla missione altai] in [Informazioni della eparchia di Tobol’sk] poi da ANOXIN (manoscritto inedito conservato presso l’Istituto di etnografia dell’Accademia delle Scienze dell’URSS), ZELENIN (Ein erotischer Ritus), SATLAEV (Kočakan, starinnyj obrjad), POTAPOV (Ëtnografičeskij očerk zemledelija u altajcev, in Trudy Instituta ėtnografii im. N. N. Mikluxo-Maklaja Akademii Nauk SSSR, n. s. XVIII [1952]), [Ricerca etnografica sull’agricoltura presso gli altai] in [Lavori dell’Istituto di etnografia nel nome di N. N. Mikluxo-Maklaj dell’Accademia delle Scienze dell’URSS], LOT-FALCK (Koča-Kan), CHICHLO (Qui est donc Koča?). Testi pubblicati parzialmente in ZELENIN, tradotti parzialmente in SCHMIDT, IX, 399-413 e SATLAEV; organicamente raccolti, tradotti e commentati da L. BAZIN in «ÉMS», 8 (1977), 109-126. Nel nome Qoča Qan, il secondo elemento è chiaramente il titolo qan, mentre il primo ha suscitato perplessità quanto alla sua identificazione. Verbickij riteneva che qoča designasse una maschera di corteccia di betulla; Zelenin vedeva in qoča tanto la maschera quanto il personaggio che la indossa. In ogni caso il nome sembra esprimere in sé una nozione erotica. Si possiedono tre versioni del mito d’origine di Qoča. Una viene riportata da Anoxin (in LOT-FALCK, Koča-Kan, 75-76). C’erano uno sciamano (Qoča) e una sciamana. Tutti e due scia- manizzavano per un malato. Durante la loro kamlanie uno spirito maligno aza li attaccò, dimostrandosi più forte di loro. L’aza voleva mangiarli. Lo sciamano riuscì a salvarsi dalla morte involandosi in cielo attraverso l’apertura per il fumo e raggiunse il cielo dove vide Ülgän e dove visse presso di lui. Secondo Zelenin, il quale cita Potanin (Očerki SeveroZapadnoj Mongolii, IV, St. Petersburg 1883, 938), [Ricerche sulla Mongolia di Nord ovest], informato quest’ultimo da un missionario che aveva operato presso i teleuti, Qoča sarebbe stato un uomo impudico che lo sciamano Qadïylbaš avrebbe scagliato al settimo cielo per eccesso di dissolutezza. Per Satlaev, Qoča sarebbe nato dall’unione di una figlia di Ülgän e di un potente sciamano con cui ella viveva. Irritato da tale cattiva unione sulla terra con un mortale, Ülgän la scacciò allorché ella tornò presso di lui con i figli nati da quell’unione. Ülgän designò per ciascuno dei nipoti un destino. Il maggiore, «imbarazzato nella lingua» (til tartïnbaš käläy), è condannato a vivere tra gli uomini e a «disporsi tra i loro quattro angoli», cioè nelle loro iurte, divenendo lo spirito dei pioli e dei pali. Egli ha due nomi: Ürgän Äži e Čartï Salïγ. La sua immagine in legno è oggetto di culto. L’irriverenza nei suoi confronti è punita con una malattia alla schiena. Il secondo, il più sano e robusto, è Qoča. Ülgän lo inviò presso il figlio Paqtïγ Qan, cioè lo zio di Qoča. Zio e nipote sono spesso confusi e sembrano ricoprire le stesse funzioni (almeno presso gli šor), secondo Potanin e Zelenin. Il terzo figlio venne inviato presso Qurultay Qaγïr, spirito-signore della montagna posta tra Ülgän e Ärlik. Egli divenne il protettore dei grandi artigiani e degli sciamani. Gli accessori del rituale, tanto in primavera quanto in autunno, sono: a. una maschera, detta käbi o süri, in corteccia di betulla (come tutti gli altri accessori); b. un copricapo conico, pörük; c. una canna, tayaq, alle cui estremità vengono attaccati dei cenci di tre colori (rosso, nero e bianco); d. un fallo, qotoq (lett. «coda» o «pennacchio»; in chirghiso del Pamir «pene»), lungo 77 cm., con due testicoli, nodi della stessa betulla, detti tašaq/tažaq. Sembra che due fossero i tipi fondamentali del rituale, l’uno, detto pozo Qočazï (Qoča della birra), accentrato intorno alla figura di Qoča, l’altro, articolato in diversi sottotipi, che non riserva a Qoča che episodi di importanza diseguale ma comunque secondaria. Il rituale pozo Qočazï aveva luogo in autunno dopo la mietitura e la raccolta delle noci di cedro, prima della stagione invernale delle cacce ed in occasione della fabbricazione della birra pozo. Il rituale

veniva organizzato dalle famiglie più ricche e sostenuto da tutta la comunità. La cerimonia in cui Qoča svolge il ruolo centrale è preceduta da un periodo di alcuni giorni dedicati alla preparazione della birra. Un gruppo di uomini dello stesso clan porta in una località ai margini del villaggio, presso un fiume, il necessario alla preparazione della farina d’orzo. Le spose di questi uomini, tutte originarie di altri clan, sono escluse dal rituale. Viceversa, le donne del clan, maritate nei villaggi vicini, partecipano alla cerimonia. I soli membri maschili del clan esclusi sono quelli un cui congiunto sia morto recentemente. Considerati impuri, essi ricevono comunque la loro parte del festino. In primo luogo, lo sciamano compie all’interno della iurta la purificazione alas sulla farina, che avrebbe potuto essere contaminata dal contatto con l’anima di un defunto recente o di uno ayna. Lo sciamano suffumica il recipiente che contiene la farina recitando una preghiera. Seguono altri preparativi per la fabbricazione della birra. Alla vigilia dell’invocazione di Qoča, lo sciamano compie una libagione di birra in onore degli spiriti domestici, degli spiriti della porta e dello spirito del fuoco (a). L’indomani, lo sciamano invoca Qoča che si ritiene abiti la prima sfera celeste trasferendone la personalità in uno dei suoi assistenti che d’ora in poi lo incarnerà. Questi, prevalentemente un giovane, è scelto tra «gli uomini dell’osso sciamanico» (qam sȫkting kiži), cioè che appartenga al clan dello sciamano; egli deve conoscere le parole necessarie e il rituale. Egli indossa la maschera, il copricapo, abiti di taglio ordinario ma bianchi e stivali di tipo antico; prende il fallo nella mano sinistra, la canna nella mano destra e si dirige verso il villaggio saltellando. Tre o quattro persone lo accompagnano, seguite da un nugolo di bambini. Alla finestra di ogni iurta, egli si ferma, salta e canta il suo canto nel corso del quale nomina la divinità clanica dal nome comune di payna. Uno di quelli che lo seguono entra in ogni iurta per raccogliervi dei doni: tabacco o alimenti (pane, carne, uova). Colui che impersona Qoča ferma tutti gli uomini che incontra sul suo cammino, mette loro il fallo tra le gambe, obbligandoli a mimare l’atto sessuale. Allorché incontra una donna, le mette il braccio tra le gambe, mentre ella si schermisce con decisione. Gli uomini invece non devono fuggirlo; in ogni caso, egli si trova in un tale stato di eccitazione che li raggiungerebbe facilmente. La sera, di ritorno dalla questua, viene organizzata una festa nel corso della quale i membri del clan riuniti consumano il frutto di essa e bevono birra. Dopo la cena, i giovani del villaggio si dividono in due campi per una gara di canto a domande e risposte chiamata tamïr/tomïr (b). Lo sciamano sciamanizza tra i due campi. Ogni campo deve rivaleggiare in scienza ed ingegno di modo che la risposta divenga sempre più difficile. Alla fine di ciascun canto, il campo vinto deve cedere una delle sue donne al vincitore, così che alla fine dei canti un campo non abbia più solo che uomini. I canti si fanno via via più scabrosi. Occorre cantare bene; se una donna canta male, Qoča la colpisce come in un accesso di epilessia (c, d). Tale gioco sembra legato alle regole matrimoniali che regolavano i rapporti tra clan. Per una descrizione del secondo tipo di rituale si veda LOT-FALCK, Koča-Kan, 83 sgg. I testi e, f, g venivano cantati da colui che impersonava Qoča in momenti diversi del rituale. Rituale problematico questo di Qoča Qan, quanto ad origine ed a significato. Nel rito il personaggio centrale sembrerebbe comunque essere uno sciamano manipolante un simbolo sessuale, legato alla fecondità. Qoča qan è una figura enigmatica nel contesto altai, di cui recentemente si sono volute rintracciare radici complesse e molteplici, in ambito mordvino-ceremisso e islamico attraverso antichi contatti tra queste culture e la cultura siberiana con mediazione tatara. È certo che pratiche di tipo erotico non sono estranee allo sciamanesimo siberiano (già Šternberg sottolineò come i rapporti tra il futuro sciamano e gli spiriti che l’hanno prescelto siano fondati su «emozioni a carattere erotico» e si realizzino nell’atto sessuale). Qoča deve aver preso in prestito tratti costitutivi della sua personalità ad etnie diverse portatrici di culture in contatto, quali quelle mordvino-ceremissa e tatara, assommando poi in sé funzioni che in esse venivano ripartite tra più personaggi.

a. Madre fuoco dalle trenta teste, che parla con la sua lingua rossa, che trema con la sua lingua verde!

Šoq, šoq! b. Tu, Tamïr-tomur434 che possiedi una frusta, fanciulla tabïsqa435 adorna di perle, con il tuo puledro azzurro e il tuo puledro bianco, con un bottone sulla tua pettinatura biancheggiante, con il tuo puledro bianco e il tuo puledro azzurro, con un bottone sulla tua pettinatura azzurreggiante! Se mi dài del fegato, non lo mangerò, se vieni accompagnata, non verrò. Se mi dài del polmone, non lo mangerò, se vieni in folla, non verrò. Se mi dài del grasso di peritoneo, non lo mangerò. E se vieni un’altra volta, non verrò. Tu, il cui colletto e la cui pettinatura sono magnifici, vieni presso di me! c. Voglio eccitare, titillare! Qoča, Qoča è venuto. Guai a voi, voglio titillare! Disceso dalla nera foresta, sono venuto incontro a voi allungandomi436. Disceso dal cielo chiaro e bianco, venendo incontro a voi, mi sono allungato. Oho, Qoča! Di betulla ben tagliata è fatto il mio fallo! Con betulla e buona colla di pesce è ben tenuto insieme il mio fallo! He, he! Voglio eccitare, titillare! d. Voglio eccitare, titillare! Voglio eccitare, titillare! Io, qan antico, ricco Qoča, discendendo dal cielo chiaro e bianco, divenuto seta bianca, mi sono allungato; discendendo dal cielo chiaro e azzurro, divenuto seta azzurra, mi sono allungato. Voglio eccitare, titillare! Trapassando le [fanciulle] aba437,

le ho tutte passate da parte a parte, senza eccezione. Voglio eccitare, titillare! Oho, Qoča! Se qualcuno dice «menzogna», guardate questo! [Agita un fallo di legno] Ai piedi del nero ontano, io, ricco Qoča, puledro dal crine liscio, voglio eccitare, titillare, oho, Qoča! Ai piedi dell’acacia, ho sferrato il mio attacco, io, ricco Qoča. La vulva nerastra della vecchia, l’ho attaccata tirandole un colpo438, io, Qoča. Ricco Qoča, puledro dal crine liscio, che dice «quella della vecchia è fatta di qandïq439!». Se qualcuno dice «menzogna», guardate questo! [Agita il fallo] Il mio pene tutto coperto di peli è come il collo di un cavallo purosangue. Egli insiste nel dire «quella della vecchia è fatta di qandïq!». Di una betulla piena di nodi, di una betulla ben tagliata è fatto il mio fallo! e. Io, il ricco Qoča reso cencioso dall’implacabile Sultan Qan440 che non permette di tagliare la betulla cruciforme441, io sono disceso dal cielo chiaro e bianco, divenuto seta bianca ed allungatomi nel discendere. Ho fatto rispettosamente il giro della tenda aurea442, ho fatto rispettosamente il giro della ricca betulla, sono venuto a discendere sulla terra a fosse. Ho fatto giocare trenta giovani, senza lasciar loro il mio giocattolo443, io, Qoča. Ho stretto quaranta fanciulle, senza lasciar loro il mio titillatore, io, Qoča. Se qualcuno dice «menzogna», guardate questo! [Mostra il fallo] Ho un fallo della lunghezza di un braccio, dei testicoli neri di stallone,

una canna d’onore a due colori444. Sono venuto presso i küzän445, sono venuto a penetrare le fanciulle küzän. Sono entrato dagli aba, sono venuto a penetrare le fanciulle aba. Sono salito sul platano dai rami cavi, ho fatto rimbombare i rami cavi, io, Qoča. Laddove erano delle palle, le ho fatte risuonare, io, Qoča. Laddove erano delle acacie, le ho fatte urtare, io, Qoča. Laddove erano delle tremole, le ho fatte mescolare, io, Qoča. Il mio paiòlo sospeso sul fuoco ha bollito debordando di schiuma. La vulva delle fanciulle ha ribollito debordando di sperma. Quella delle fanciulle è sempre dolce da baciare. La vulva delle vecchie è l’apertura di un duro sacco di cuoio. Esplorando gli accampamenti spopolati, li ho ricostituiti. Esplorando gli accampamenti diradati, li ho ricostituiti. Io, il ricco Qoča cencioso. f. Io, il ricco Qoča del fortunato qan, attraversando l’alto Kämčik446, sono venuto a penetrare le fanciulle dei käräš447. Attraversando l’alto Abakan, sono venuto a penetrare le fanciulle degli aba. g. Ho un copricapo aq saq448, ho un colletto con bottoni multicolori449, ho una canna simile al fallo di uno stallone. Quando ho dovuto discendere dal bianco Ülgän, son disceso dolcemente simile ad una stoffa blu. Sono giunto attraversando il fiume Kämčik,

a fecondare le fanciulle kämčik450. Come un uccellino dalle piccole zampe azzurre, ho un fallo che si gonfia. I giovani mi hanno pregato con insistenza, ma non l’ho dato loro. Come un uccellino dalle piccole zampe rosse, ho un fallo rosso che trepida. Le fanciulle mi hanno pregato con insistenza, ma non l’ho dato loro. Sono giunto dall’alto Abakan e dal Saxaj451 a fecondare le fanciulle abakan452. La vulva delle fanciulle è come pinzette che stringono. La vulva delle giovani donne è come un ditale, la vulva delle vecchie è come l’apertura di un sacco.

1. «Colui che distribuisce, che dà in sorte». Oltre che dell’essere supremo questo è il nome di altri spiriti/divinità. Senza ulteriori attributi va comunque inteso nel senso primo di «Essere supremo». 2. Tenda cilindro-conica, fornita di apertura alla sommità, costituente l’abitazione per eccellenza delle popolazioni altaiche. 3. Ülgän. 4. Il plurale si riferisce all’insieme delle divinità celesti. 5. «Premere la scapola» è una delle espressioni tecniche che stanno ad indicare l’arrivo degli spiriti adiutori. 6. L’insieme degli spiriti. 7. È assente dalla lista dei figli di Ülgän fornita da ANOXIN, Materialy, 12. 8. Pure assente dalla lista dei figli di Ülgän in Anoxin. 9. È il mazzuolo del tamburo sciamanico. 10. Una delle tre emanazioni, insieme a Bay («Ricco») Ülgän e Märgän Tängrä (invocato poco più avanti), di Tängrä Qayraqan, il supremo creatore del pantheon sud-siberiano. Tängrä (antico-turco tangrï «il Cielo divinizzato»; parola antichissima che è stata accostata al sumero dingir e al cinese tien) entra nel nome di diversi spiriti e divinità. 11. Pezzi di stoffa colorati o strisce di carta appesi a fili, che stanno a rappresentare gli antenati e vengono usati durante i sacrifici. 12. Qan, appellativo frequente di divinità e spiriti, è titolo turco-mongolo che significa «capo supremo, sovrano». 13. Il «Bianco Lago di latte» (Süt aq köl) è la fonte primordiale di ogni forma di vita, nel terzo cielo (dov’è il paradiso dei giusti). Di un «lago di latte» paradisiaco, dove vivono le anime dei bambini non nati o morti precocemente, parlano anche alcuni popoli caucasici come gli osseti ed i georgiani. 14. Residenza dei sette figli di Ülgän, detti anche quday ‘dio - spirito superiore’ (< pers. xwodā ‘Dio’), posto nelle vicinanze del ‘Lago di latte’ 15. Nel caso non obbedisca agli ordini dello sciamano. 16. Né Verbickij né Radlov hanno compreso che sono due i cavalli che entrano nel rituale: il pūra e il paytal, cavalcatura dello sciamano il primo, vittima il secondo. Radlov chiama il pūra «Opferthier», il che è errato.

17. È il nome stesso del rito di purificazione. 18. Aq «bianco» è appellativo frequente di Ülgän. 19. Cfr. la Cerimonia del tamburo teleuta, n. 1, p. 189. 20. Cfr. la Cerimonia del tamburo teleuta, n. 1, p. 197. 21. Abbrevio, laddove mi è sembrato opportuno, la descrizione della cerimonia fatta da Radlov quasi integralmente riportata con i dovuti aggiustamenti come necessario raccordo tra un testo e l’altro dell’intero rituale. 22. Qayraqan (Qayra «favore, grazia» + qan > «Qan misericordioso») è di per sé un appellativo generale ed indefinito, ragion per cui è problematico ogni volta sapere quale divinità o spirito esso adombri. Se poco sopra esso entra nel nome stesso di Tängrä Qayraqan, il supremo creatore, qui non è affatto chiaro a chi debba essere riferito. Qayraqan è oltretutto epiteto consueto di Ärlik Qan, il signore del mondo infero. Lo stesso vale per i luoghi successivi in cui compaia tale epiteto. 23. Interiezione facente parte di un lessico segreto sciamanico appreso durante il periodo di iniziazione, così come sopra le espressioni ā qam ay, unyay gaq gaq (imitazione dell’oca) ed altre che spesso punteggiano i testi sciamanici. 24. Vedi nota precedente. 25. Espressione assai frequente nelle invocazioni sciamaniche; cfr. la Cerimonia del tamburo teleuta e le preghiere al fuoco pubblicate dalla Dyrenkova (rispettivamente p. 183 e passim, pp. 149-150 della presente edizione). 26. Cioè duratura. 27. Madre (o, secondo altra versione, sorella) di Ülgän. 28. Purqan originariamente e propriamente è il nome per Buddha (uig. burqan < cin. fo [antico *biuet] «Buddha» + qan). 29. È il fiume Ural. 30. È il fiume Volga. 31. L’uccello märküt si presenta qui come uno, laddove poco sopra lo sciamano gli si rivolge come se fossero cinque. 32. Il testo ha: pūday čïlap purulyan (VERBICKIJ, 60), laddove pūday è inequivocabilmente «frumento, grano»; è da ritenersi svista o un errore di stampa la traduzione di RADLOV, Aus Sibirien, II, 32: «Der du wirbelst schlossengleich», laddove schlossen «chicchi di grandine» va letto schossen «germogli [di grano]». Così ha pure inteso SCHMIDT, IX, 302. 33. < mus «ghiaccio» + qan; quindi qan è ripetuto due volte, nel nome stesso e come appellativo. 34. Altïn sudur saynyan: sudur < sansc. sūtra, attraverso la mediazione uiguro-mongola. 35. Cioè dodici cieli; nel senso che per raggiungere questo spirito occorre ascendere dodici taptï corrispondenti a dodici cieli. 36. Variante di Purqan. 37. «Spirito maligno». 38. Nel testo yäk (< sansc. yakṣa), termine generico per «spirito maligno». 39. Piange. 40. «Nero [qara] rumoroso». 41. Termine generico per «aquila». 42. «Creatore», cosiddetto perché incaricato di introdurre l’anima, lo spirito vitale (tïn) nell’embrione degli esseri viventi. 43. «Scheggia». 44. Per la quale sei venuto. 45. Comincia ad elencare i propri antenati sciamanici, responsabili della sua vocazione. 46. Sinonimo di «sciamano»; cfr. n. 1, p. 232 della Cerimonia del tamburo teleuta.

47. Nelle concezioni altai il sole viene concepito come entità femminile (madre sole) e la luna come entità maschile (padre luna, vecchio luna). 48. Espressione oscura. 49. Così sono detti Ärlik e tutti i suoi spiriti infernali, come pure le anime di tutti i morti indistintamente. Körmös, cui una tardiva etimologia popopolare ha attribuito il significato di «invisibile» (kör- «vedere»), deriva da Ormuzd/Qormuzda/Xormuzda (< sogd. xwrmwzδ < antico pers. Ahura Mazdā, la divinità suprema dello zoroastrismo) termine con cui gli uiguri (manichei e buddhisti) resero il sansc. Indra. Körmös è anche «spirito» tout court. 50. «Buona salute!». 51. Appellativo di Ülgän di oscuro significato. È pure il nome di uno spirito celeste invocato nella Cerimonia del tamburo teleuta, nella variante Abayoš (p. 199). 52. Non è chiaro a chi si riferisca. 53. Pi, uno degli appellativi di Ülgän (e di altri spiriti), è titolo turco per «capo, signore»; è variante sud-siberiana del turco comune bäk/bäg (da cui l’ottomano beg/bey). 54. Cioè un capofamiglia che assicuri il buon funzionamento della casa. 55. Cfr. n. 1, p. 63 del Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo. 56. Lett. «non uccidere». Majnagašev lo lascia intradotto e d’altra parte il rapporto di questo appellativo con il Creatore non è chiaro; è comunque presente in altri testi sciamanici nonché nell’epica. 57. In questo caso è evidentemente epiteto del Creatore/Cielo. 58. Sono gli yalama già incontrati nella cerimonia del Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo (n. 5, p. 58). 59. Čimir-čamīr designa la pioggia ma anche, come in questo caso, lo spirito che governa la stessa. 60. La pioggia «tenera», dolce è contrapposta alla grandine; con tale espressione i beltiri volevano sottolineare che essi chiedono pioggia e non grandine. 61. È la montagna, personificata, sulla quale avviene il sacrificio. 62. È la montagna, personificata, sulla quale vengono passate in rassegna le mandrie di cavalli, vicina a quella del sacrificio. 63. Nel testo ala «variegato, pezzato». 64. Affluente di sinistra del fiume Abakan. 65. Invito agli spiriti ad accogliere la vittima senza entrare in competizione. 66. Il sacrificio avveniva nel modo seguente: in due tengono le estremità di una pertica di betulla, altri due prendono la vittima – uno per le zampe anteriori, l’altro per quelle posteriori – e poggiando la vittima con la schiena sulla pertica le spezzano la colonna vertebrale. 67. Lacuna nel testo. 68. Secondo la tradizione, i beltiri vivevano anticamente ai piedi dei due monti Xorγïs lungo il fiume Abakan. 69. Uno spirito, ma di oscura identificazione. 70. A chi è riferito? Cfr. la nota di p. 62 del Sacrificio del cavallo. 71. Il cedro, il ginepro e la betulla sono gli alberi caratteristici dello sciamanesimo siberiano. 72. Forse il nome di un antenato sciamanico. 73. Fiume che nasce lungo il margine occidentale dei monti Saiani e confluisce nello Ienissei di cui costituisce uno dei maggiori rami sorgentizî. 74. «Cassa preziosa». 75. È la montagna-residenza di Čäri Su, personificata. Oltre che qan essa è anche detta bi (variante di pi, per cui vedi n. 3, p. 87 della Preghiera di ringraziamento). 76. Cioè numerose; «teste» per «uomini». 77. Tïn nel testo: lo spirito vitale proprio a tutti gli esseri viventi. 78. Esclamazione che sta frequentemente a chiusura delle invocazioni sciamaniche.

79. Clan degli altai. La sciamana il cui spirito qui viene invocato porta lo stesso nome del clan. 80. Montagna tra i fiumi Katun e Irtyš. 81. È il pesce gigante Kär Balïq, qui detto «toro azzurro» (kök boqa), secondo una caratterizzazione cromatica consueta nell’epica. 82. Le figlie di Čäri Su. 83. Qui usato quale appellativo di Ülgän. 84. È il «Lago rosso non visibile all’occhio», il cui signore è Kär Balïq. 85. Cioè enormi. 86. Mürküt, nome dello sciamano il cui spirito viene qui invocato, significa «aquila reale». 87. Il testo non dà senso ed ho preferito non cercare di renderlo. 88. Di oscuro significato. 89. A questo punto lo sciamano getta una coppa. Se essa cade con il fondo all’ingiù, dei fanciulli accorrono e strappano di sotto fiori ed erba consegnandoli al padre, che li nasconde in seno. Se invece la coppa cade con il fondo all’insù, i fanciulli la puliscono della polvere e la porgono allo sciamano. 90. Le scorte dei prodotti del latte, preparate in estate, venivano poste in grandi sacchi di pelle, conservati nella iurta. 91. Divinità delle acque correnti. 92. Qū, nel senso di essere in parte boscosa e in parte priva di alberi. 93. Montagna, personificata, sita oltre il fiume Čarïš. 94. Cioè un gran numero di uomini. 95. Epiteto di oscuro significato. 96. L’oceano cui viene assimilato lo spirito delle acque. 97. È interessante notare come «medicamentoso» sia nel testo aršan < sansc. rasāyana «elixir vitae» (attraverso la mediazione consueta uiguro-mongola). 98. Il costume sciamanico. 99. Epiteto del tamburo sciamanico. Yïldïs significa «stella», mentre il senso di yodïr è oscuro. 100. Yang < cin. yang «l’elemento maschile, positivo contrapposto all’elemento femminile negativo yin nella natura delle cose; principio della vita». «Legge» è qui da intendere nel senso di «legge naturale» relativa alla vita della natura. 101. Ülgän. 102. Clan degli altai. 103. Ayya küybäs: espressione consueta, in parallelismo con Küngä küybäs («che non arde al sole»), nell’epica. Cfr. l’Invocazione a Qalpas Qam (p. 102). 104. Cioè votato al sacrificio. 105. Altïn köl; non è nota la sua precisa collocazione nella topografia celeste. 106. Per dire tutti i popoli. 107. Cioè il mantello di pelo dell’animale sacrificale. 108. Titolo onorifico di origine mongola. 109. Cioè mescolata a tè nero. 110. Gli attuali tuvini. 111. Cioè maligni. 112. Cfr. la stessa espressione nell’Invocazione a Tarqan Qam (p. 100). 113. Eroe divinizzato. 114. Clan degli altai. 115. Di incerta traduzione e di altrettanto oscuro significato. 116. Nel senso di non far dolere le orecchie? 117. Di significato sconosciuto. 118. Clan degli altai. 119. Il suo nome veniva pronunciato esclusivamente dallo sciamano.

120. La facoltà di creare non dovrebbe essere propria di questo come di alcun altro spirito subordinato. 121. L’essere allo stesso tempo di sesso maschile e femminile è caratteristica comune a molti spiriti del pantheon altai. 122. Di oscuro significato. 123. Di oscuro significato. 124. In realtà a Ot Änä dovrebbe essere offerto unicamente burro. 125. Farina di orzo triturato, usata nelle libagioni. 126. È la lingua altai, così chiamata prima della sovietizzazione. 127. Non sappiamo quale sia il significato di quest’epiteto. 128. Parte superiore del vestito delle donne altai sposate. 129. È l’appellativo dei figli di Ülgän; può forse significare «grande». 130. Forse yälbis è da intendere come «spirito». 131. Usung qongyïr tay änä; tradotto dalla Karunovskaja «Lunga grigia madre-taigà», il che mi sembra insostenibile. 132. Arčïn bažï ürüstü. Ürüs «infuso» (usato nelle libagioni) è termine tecnico della lingua degli sciamani. 133. Cioè latte. 134. Il plurale sembrerebbe riferirsi agli aspetti maschile e femminile dello spirito. 135. Su talayda urilstiì; incomprensibilmente la Karunovskaja traduce «Offriamo acqua». 136. Il palo per i cavalli. 137. Per dire molte generazioni. 138. Körüp polbos; espressione che sta ad indicare la lontananza di questo spirito particolarmente venerato. 139. «Che ubbidisce a Ülgän», all’essere supremo Ülgän. 140. È Tanimale-cavalcatura, pūra nel Sacrificio del cavallo e ascesa al cielo. 141. Altro epiteto dello spirito: «che concede in sorte». Tale è d’altra parte anche il significato del nome dell’essere supremo celeste Ülgän. 142. Espressione enigmatica. 143. Kösting yažï qara köl; è il lago formato dalle lacrime dei vivi che piangono i defunti. Nel mazdeismo le lacrime dei parenti del defunto formano il lago sul quale è gettato il ponte Činvat. 144. Il sangue del petto dei vivi che si straziano per la morte dei propri congiunti. 145. L’immagine del ponte, sottile come un capello, che congiunge il mondo dei vivi al mondo dei morti e che solo i giusti riescono a varcare è forse di origine iranica. Anche nell’islamismo è presente l’immagine del ponte, teso sopra il fiume dell’inferno, sottile come un capello o come il taglio di un’acutissima spada (detto ṣirāṭ [< latino strada!]). 146. Aylanïp paryan; l’espressione «girare in circolo, venire in circolo» ha un preciso valore magicosacrale (cfr. le analoghe espressioni nella kamlanie del baqsï casakho e nel rituale tunguso ildr mәčipkә). 147. Simbolo di fertilità e quindi di generosità. 148. Tämir, il nome dello spirito, significa «ferro». 149. Gli altai rappresentavano l’anima sotto forma di un filo. 150. Il proprietario dell’animale sacrificale tratteneva per sé la metà della pelle. 151. Il corvo (qarγa) è animale assai importante nelle credenze religiose altaiche e più in generale siberiane (e non solo; basti pensare al posto che esso occupa nella cultura indigena nord-americana). Il suo ruolo nelle cosmogonie siberiane e nord-americane è di «demiurgo-trickster» per eccellenza. 152. Cfr. quanto detto alla n. 3, dell’Invocazione a Tämir Qan di p. 116. 153. Tutti appellativi di Ülgän. 154. Divinità personificata del chiarore azzurro del giorno, più sotto Ayas Qan.

155. Espressione oscura. 156. È il momento del lancio rituale della coppa, volto a stabilire se l’offerta è gradita o meno a Ülgän. 157. Cioè che ha dimora nel terzo cielo. 158. Ölbös, poco sotto detto anche della «forte testa»: da intendersi nel senso di «duraturo, solido». 159. Bïča (da bïč- «tagliare, ritagliare»); espressione per «creare». 160. Qoltuq altïnang qorobozïn, soggetto i fanciulli; cioè siano sani e forti. 161. Il padrone della iurta in cui ha luogo la kamlanie. 162. Il padrone e la padrona della iurta. 163. Da qui l’invocazione si fa diretta a Qaršït. 164. Baš-tutqan nel Sacrificio del cavallo descritto da Radlov. 165. «Ricca (di foglie) betulla»: l’albero viene personificato. 166. «Feltro» nel testo è olbuq (< mon. olboγ) «giaciglio di feltro su cui ci si siede». 167. Täpsäng significa «luogo piano coperto di verde»: altro epiteto della betulla personificata. Il nastro è quello rituale (yalama). 168. Così come due versi dopo, l’espressione è oscura. 169. Appellativo di Qaršït, dall’incerto significato. 170. Lett. «terzo ostacolo». 171. I fulmini. 172. Ärdinä (< sansc, ratna «gioiello») «tesoro; felicità». 173. A questo punto lo sciamano incontra gli inviati di Ülgän. 174. Soggetto è l’animale sacrificale. 175. L’animale sacrificale. 176. Riferito al padrone della iurta. 177. Ašpas pažïmdï; di oscura interpretazione. 178. Rito durante il quale viene posta sull’altare la carne del sacrificio e viene rivolta una preghiera a Ülgän di accoglierla. 179. Ornamento femminile. 180. L’altare; qui perciò la betulla va intesa in senso diverso da sopra. 181. Lunga pertica, da un lato conficcata nel terreno, dall’altra gettata attraverso la biforcatura di una betulla (detta paqanï). 182. Così detta per il fatto forse che viene gettata sulla biforcatura in alto della betulla paqanï. 183. Passo incomprensibile. 184. Da avvicinare forse a Qïčqïl Qan? 185. Cioè siano vicini allo sciamano nell’invocare Qaršït. 186. Il padrone della iurta. 187. Invito rivolto agli spiriti körmös, affinché prendano come ricompensa la loro parte dal fuoco. 188. Riferito al tamburo. 189. Anoxin non fornisce alcun particolare al riguardo. 190. Sono le vesti femminili dette tolu per cui vedi la Cerimonia del tamburo teleuta (p. 183). 191. Lett. «Principio; fondamento»; sono gli antenati clanici divinizzati e gli sciamani antenati divenuti spiriti-adiutori dello sciamano. 192. Nel senso di «deboli». 193. Variante di bi/pi, forme già incontrate precedentemente. 194. Sorta di spiriti messaggeri, inviati. 195. «Della sella» chiosa Anoxin; l’espressione resta oscura. 196. Soγulyaqtū «luogo in cui ogni cosa si trova in movimento e si colpisce a vicenda». 197. Descrizione (con immagini della fucina) del luogo di accesso agli inferi. Cfr. n. 1, p. 196

(Cerimonia del tamburo teleuta). 198. La rana (paqqa) è tra gli abitatori più invocati del mondo infernale. 199. D’utpa; altro abitatore spesso invocato del mondo infero. Il nome deriva da d’ut- «divorare, inghiottire». 200. È interessante notare come il termine per «inferno» tamu sia, tramite l’uig., il sogd. tmw (ad indicare prevalentemente l’inferno buddhista). 201. Lett. «Non mi sono saziato» (!); è il lago dove si raccolgono le lacrime degli uomini che piangono i propri morti, residenza di Ärlik, laddove confluiscono i nove fiumi infernali. Il suo nome compare in questo testo in modo isolato, mentre altrove (cfr. l’Invocazione a Ärkä Solton p. 114) è semplicemente detto qara köl «nero lago». 202. Altro nome, di oscuro significato, del Toybodïm. 203. Per i cavalli. 204. Rivolto agli spiriti che abitano il regno di Ärlik. 205. Cioè invecchiamo. 206. Il plurale è riferito, oltre che allo sciamano, agli spiriti adiutori. 207. Samara, termine generico per «cosa scritta, scritto». Quale sia questo «Libro della saggezza» non sappiamo. 208. La terra degli uomini. 209. I bambini appena nati. 210. Anoxin aggiunge nella traduzione «dopo il lungo errare». 211. Anoxin aggiunge «con la cortina»; chiosa oscura. 212. Al sanām; Anoxin traduce «selvaggia» forse nel senso appunto di «inadeguata, impreparata» (così pure Schmidt). 213. Ala közüm; ala è propriamente «variegato, pezzato» ma qui mi sembra da intendersi nel senso di «ottenebrato». 214. Qurču; lo sciamano si cinge dei suoi spiriti protettori perché lo proteggano dalle insidie. 215. È il copricapo dello sciamano durante la kamlanie a Ärlik. 216. Questo come quelli successivamente invocati sono gli antenati sciamanici dello sciamano. 217. Piccolo arco che sostituisce in particolari occasioni il tamburo durante la kamlanie; è anche abituale mezzo di divinazione. 218. Così come nel seguito l’espressione è enigmatica. 219. Detto anche Yangγïs Qan. Cfr. la Cerimonia del tamburo teleuta; p. 189. 220. Categoria di spiriti dei morti in cui ogni cosa avviene al contrario di come avviene tra i vivi. 221. Catena montuosa di cui non sono riuscito a rinvenire l’esatta localizzazione. 222. «Monte (taγ) ghiaccio (pus)». 223. La montagna si confonde col suo spirito-signore; lo sciamano si rivolge indifferentemente all’una o all’altro. 224. Fiume assai importante nella geografia sciamanica. Cfr. pure la Cerimonta del tamburo teleuta. 225. < r. Semën. 226. Gli appellativi consueti della Madre fuoco sono di avere trenta e quaranta teste (le lingue di fuoco); cfr., ad es., le preghiere al fuoco in DYRENKOVA, Kul’t ognja (pp. 141-144 della presente edizione). 227. Circa tredici metri. 228. Così in questo caso traduco kär, il cui significato proprio è «gigante». 229. Ülgän. 230. Spirito non meglio identificato. 231. «Tesa» traduce il turco qulaš e il russo sažer’. 232. Tïn poγrazï; poγra corrisponde a pūra/būra/bura degli altri gruppi turchi sud-siberiani.

233. Anas tadorna «Anatra col ciuffo». 234. Corondella austriaca «Serpente dipinto». 235. Le immagini delle ämägän erano conservate nell’angolo anteriore della iurta. 236. Non sappiamo nulla di questa terra. 237. Per il neonato. 238. Forse uno spirito che presiede all’azione delle ämägän. 239. Non sappiamo chi sia. 240. Per divertire il neonato. 241. Figura enigmatica. 242. Tili bolzo pir bolzïn; espressione che equivale a dire «siate concordi!». 243. Contro l’attacco degli spiriti maligni. 244. È il bianco Lago di latte, origine di ogni forma di vita. 245. Variante di Sürö. 246. Cioè i neonati. 247. Espressione forse da intendersi nel senso di «siano prosperi». 248. Il senso è incerto, forse da intendersi come «far giungere a maturazione, provocare (la malattia)». 249. Cioè una nuova vita dopo la malattia. 250. Spiriti arrecatori di malattia? 251. Tüškün, il luogo di discesa degli spiriti del fuoco. 252. Ada bolup čaqqan (čaq- «battere [accendere] il fuoco»). 253. Variante di orbu, il mazzuolo del tamburo sciamanico. 254. Monticello di pietre ammassate dai passanti, posto ai crocicchi delle vie, sormontato da un pezzo di legno di grandezza umana. I viaggiatori si fermavano, gli consacravano una piccola offerta al fine di conciliarsi gli spiriti-signori del luogo per il proseguimento del viaggio. Presente anche tra i mongoli in area altaica, esso è caratteristico di molte aree, (nella Grecia antica era detto ἕρμα). 255. Della vittima. 256. Ondeggiante come le penne del gufo; riferito al fuoco. 257. Il testo, come del resto gli altri, è assai oscuro. La costola fluttuante è forse di un giovane, un fanciullo cui lo sciamano auspica una sorte fortunata? Ciò sembrerebbe confermato dal seguito del canto. 258. Cioè di lunga vita. 259. Passo enigmatico. 260. D’ar tängizim «mia terra e mio oceano». 261. Gli animali-cavalcature. 262. Gli uomini. 263. «L’animale sacrificale». 264. D’alïn oqtu ǧāndar Diószegi chiosa «Old people». L’espressione è enigmatica. 265. L’uomo. 266. Üč sürgäk; cfr. la Cerimonia in onore di Qaršït (p. 126). 267. Ülgän. 268. Diószegi non fornisce la traduzione di questo termine e, per quanto io ne sappia, non è presente nella letteratura sciamanica. 269. Traduzione incerta. 270. I partecipanti alla cerimonia. 271. Dell’uomo. Cfr. l’espressione analoga nella Cerimonia del tamburo teleuta (p. 219). 272. Variante di op quruy. 273. Nel testo ayaq alčazï «[sia] l’alča della coppa»; alča è il termine tecnico sciamanico per

designare la caduta della coppa con il fondo all’ingiù. 274. Gli spiriti. 275. Verosimilmente uno spirito della vegetazione. 276. Artaštar, lett. «basti». 277. Bolčoqtor, lett. «nodi». 278. Soggetto è lo spirito dell’Altai. Lo sciamano si rivolge indifferentemente ora alla catena montuosa ora allo spirito-signora di essa. 279. Lett. «adorazione» (tap- «adorare»); termine tecnico appartenente alla lingua degli sciamani. È interessante notare come questo stesso termine sia presente (come antico prestito turco) nei testi osseti, quale esclamazione intercalare. 280. Riferito allo spirito-signore dell’Altai, allorché sarà terminata l’offerta. 281. In realtà la saba consiste di malto d’orzo e farina d’orzo triturato. 282. Aylandra mörgügäm, espressione già incontrata. 283. Nel testo qaraya per qara gaya. 284. Cfr. queste medesime espressioni nell’Invocazione allo spirito albïs (p. 141). 285. Efficace descrizione delle «sofferenze sciamaniche». 286. Nel testo qabï bädi; l’espressione è oscura. 287. Il defunto. 288. Il defunto. 289. Cioè che non consente il passaggio di due cavalli. 290. Nel testo ulu qam, lett. «grande sciamano». 291. È la bara. 292. Cioè la tomba. 293. Spirito non identificato. 294. Spirito non identificato. 295. Aldačï significa appunto «inghiottitore». 296. Per la quale sei venuta. 297. Tilim bilä čäčilip ottur; espressione che vale «fatti riconoscere». 298. Il defunto si trova legato, dopo la morte, allo spirito che lo ha ucciso («mangiato»), di cui egli diviene compagno e nel quale si identifica in una certa misura. 299. In quanto genericamente spirito maligno. 300. Apertura per il passaggio del fumo sul tetto della iurta. 301. Cioè: non abiti tu forse nel mondo sotterraneo illuminato da una metà della luna ed una metà del sole? Ragion per cui, l’anima üzüt non ha nulla a che fare col mondo dei vivi. 302. Il nome del defunto: < r. Afanasij. 303. Della iurta. 304. A lungo incompreso, questo appellativo del tamburo è stato chiarito definitivamente da Potapov (L. P. POTAPOV, The Shaman Drum as a Source of Ethnographical History, in Diószegi-Hoppál (edd.), Shamanism in Siberia, 172). Aq è propriamente «bianco, puro» donde «sacro, consacrato». Adan/atan è «cammello» (cfr. at «cavallo»). L’espressione indica chiaramente l’origine meridionale, di nomadiallevatori dei turchi siberiani. 305. Protuberanze cave disposte intorno alla cassa, sotto la pelle, che fungono da risuonatori. 306. La barra verticale la cui parte mediana forma l’impugnatura del tamburo è coperta di fori, detti occhi «Tigre screziata» (ala bars/mars/mar) vengono chiamati lo spirito ancestrale raffigurato sull’impugnatura, l’impugnatura e, per estensione, il tamburo stesso. 307. Aq mar. 308. Il testo presente è quello relativo alla cerimonia di ricevimento del tamburo dello sciamano

Qanaqay (Nikolaj Alekseevič Čoluxoev). 309. Qayran «grazia» e pildi «saggezza» sono indispensabili allo sciamano. 310. Nel testo ködürzä, lett. «alzare, innalzare (sottinteso “le mani”)», cioè «compiere la preghiera allo spirito che è in alto». 311. Cioè rispondi per lui, sii responsabile delle sue azioni. 312. Yarïntuya pastïrba, lett. «non lasciarlo] opprimere da chi ha [forti] scapole». 313. Yoqtuya ayttïrpa; espressione enigmatica. 314. Il tamburo insieme agli spiriti adiutori. 315. Cioè ad altri uomini. 316. Sono i pali cui vengono legate le vittime offerte agli spiriti? 317. Ulu Bayat e, pochi versi dopo, Kiči Bayat sono i nomi che assume lo stesso fiume lungo il suo corso. 318. Montagna e relativo spirito-signore assai venerati dai teleuti. 319. Affluente di destra dell’Ob. 320. Non localizzato. 321. Fiume non identificato. 322. Monte non identificato. 323. Aquila fulva o chrysaetos. 324. Recipiente di corteccia di betulla in cui è contenuta la birra da offrire agli spiriti. 325. Cioè offri la birra agli spiriti e fai ritorno. 326. Uno dei cinque spiriti yär yol più venerati dai teleuti. 327. D’ätti qubat oyundū; qubat «gioia, allegrezza». 328. Lett. «Ditale». 329. Ažïra pilgän oymoq arū. Lot-Falck traduce «Pure Oïmok qui connais au-delà de la connaissance». 330. Per difenderla, cfr. oltre p. 203. 331. Sorta di otre. Cfr. i testi di libagione pubblicati da Diószegi (p. 152). 332. Sorta di recipiente di legno. 333. Il vecchio calendario turco-mongolo e sino-turco pone l’inizio dell’anno all’equinozio di primavera, in coincidenza con il risveglio della natura dopo l’inverno. 334. Som (o čal) erano dette delle giovani betullette che i teleuti piantavano intorno alle proprie iurte all’inizio dell’estate in onore dei cinque spiriti yär yol più venerati: Tämir Qan, Ärkäy Qan, Orto Qan, Quryay Qan, Yȫ Qan. Questi spiriti erano perciò anche detti som. 335. Qan ülüžü qanya yät/piy ülüžü piygä yät. Lot-Falck traduce nello stesso modo. 336. Sorta di copricapo non meglio identificato. 337. Cfr. p. seguente, n. 1. 338. La Chirghisia si trova a sud-ovest rispetto all’area altai-teleuta. 339. Qïylu Qan o Qurγay Qan guida gli uccelli čamyïl che lo sciamano incontra durante il suo viaggio verso Yangγïs Qan. 340. Altro nome di Yangγïs Qan. Era ritenuto uno spirito maligno e responsabile di molte malattie. 341. Non identificato. 342. Fiume non localizzato. 343. Cioè l’intero universo. 344. Sorta di copricapo non meglio identificato. Lo stesso nome compare nel Rituale Qoča Qan, cfr. p. 261. 345. Era considerato protettore delle mandrie. Il nome rivela la funzione primaria di questo spirito, protettore dei lupi (pörü «lupo» [turco comune böri, di origine iranica, che soppiantò il termine propriamente turco qurt, soggetto a tabù linguistico]), il lupo essendo l’animale culturale per eccellenza

dei popoli turchi. 346. «Frumento». 347. Ceppo cui venivano incatenati i condannati. 348. Spiriti yär yol. 349. Riferimento oscuro. 350. Qastaq «freccia con un largo puntale di ferro». 351. Taptï nel senso di «grado». 352. Ūzu tongγïl kär balïq, il cui significato non è stato compreso dalla Dyrenkova, che traduce «Pesce gigante con la bocca lacerata». Correggendo la traduzione di Diószegi «La cui bocca è un pesce gigante lacerato» (DIÓSZEGI, Pre-islamic Shamanism, 127), Menges ha da ultimo ristabilito il senso definitivo (MENGES, Zum Sibirischen, 275). 353. Yȫ Qan vive oltre l’orizzonte, oltre la stella del mattino, oltre il punto in cui il cielo poggia sulla terra. Il cielo a determinati intervalli ora si abbassa, ora si innalza. Lo sciamano, quando sciamanizza a Yȫ Qan, deve passare con la vittima attraverso la base del cielo, sovrastato dalla volta celeste con i suoi movimenti in eterno ritmicamente alternantisi. Lungo questo pericoloso passaggio giacciono le ossa di fiere e uccelli qui periti cozzando contro l’ostacolo insuperabile. 354. Ängkäy Qan vive lungo il cammino che conduce a Yȫ Qan, in una fenditura del terreno detta «ombelico della terra» (yär kindigi) o «apertura della terra» (yär tünügi). 355. Alterna con tündük/tünik degli altri gruppi turchi. 356. Cioè sei prospero. 357. Mescolata a tè nero. 358. Altro nome di Ärlik. 359. Tängära entra nel nome di ciascun payana. 360. Variante di Qïsuγan Tängrä, per cui v. n. 1, p. 58. 361. «Zibellino». 362. Sorta di pietra non identificata, così come quelle dei due versi successivi. 363. Yada è la pietra della pioggia. 364. «Zio ghiaccio». 365. Astay forse da intendere «zio ermellino». 366. Lo sciamano si cinge di Kär Balïq perché lo protegga contro le insidie. 367. Termine oscuro. 368. Cioè sul tuo tamburo. 369. Traduco così qabïlïp, converbio passivo di qap- «prendere con violenza, afferrare con decisione». 370. Lo sciamano è al suo apprendistato nell’arte di sciamanizzare. 371. Il presente testo è relativo ad una kamlanie compiuta in primavera. In autunno lo sciamano iniziava questa parte della kamlanie con la descrizione della natura autunnale. 372. Del sacrificio. 373. Ciascun clan possedeva il proprio yayïq, che poteva essere una montagna, un altipiano od anche solo una parete. 374. «Precipizio, burrone». 375. Fiume non localizzato. 376. Sono gli spiriti adiutori dello sciamano che accompagnano le offerte inviate a questo o quello spirito, ma anche le offerte stesse da essi condotte. 377. Fiume, non localizzato, detto maggiore e minore rispettivamente alla fine e all’inizio del suo corso. 378. Gli uomini, detti anche «coloro che vivono sotto il sole». 379. In cui cioè non si produce eco, a causa delle dimensioni. 380. Clan dei teleuti cui appartiene lo sciamano Qanaqay.

381. Fiume non localizzato. 382. Riferito alla coppa; cioè non permettete che la coppa, perdendo l’equilibrio a causa di una cattiva intenzione, cada dalla parte sbagliata. 383. Sono gli spiriti delle diverse parti del tamburo. 384. Cioè il fiume Osqot nelle sue due forme di «maggiore e minore». 385. Cioè piatta e priva di asperità. 386. Köksü tuyuq kündü äl. Nella lingua degli sciamani vengono così detti gli uomini comuni, i nonsciamani. 387. Cioè è cresciuto prospero. 388. Cfr. n. 1, p. 218. 389. È cioè giunta l’età da marito. 390. Aq yayïqta suyattū; espressione oscura, forse da intendere nel senso di «che possiede grandi ricchezze». 391. Formato cioè dal fiume Mayγïl. 392. «Giovane puledro». 393. Dalla sua iurta. 394. In nota la Dyrenkova aggiunge «Ma egli si ubriacò e non poté pronunciarla». 395. Che siano cioè numerosi e prosperi. 396. Cioè ti farà morire di nuovo. 397. I tubi ricurvi, in numero di due, dello strumento per la distillazione dell’acquavite. 398. Dalla terra. 399. Questo e i due successivi sono altri nomi di Talay Qan. 400. Questa e le successive sono espressioni a me incomprensibili. 401. Cioè tutti insieme. 402. Soggetto è Taylïq Qan. 403. «Procedimento di neutralizzazione nuovo, di cui non conosciamo finora altri esempi in Siberia. Così lo sciamano non solo incorpora egli stesso gli spiriti ma si rivela capace di incarnarli temporaneamente in una terza persona (di cui piacerebbe conoscere le reazioni e l’atteggiamento). Il mazzuolo funziona qui come una vera e propria bacchetta magica. Esso non è solo il necessario complemento del tamburo, ma possiede un suo proprio valore e sostituisce talvolta lo stesso tamburo; gli sciamani acquisiscono il mazzuolo prima del tamburo e sono talvolta costretti a limitarsi ad esso per molti anni o addirittura durante tutta la vita» (Lot-Falck). 404. Piuttosto che lasciarti sfuggire quanto prenderai dal qan. 405. Piuttosto che riferire quanto vedrai presso il qan. 406. Espressione enigmatica. 407. Cioè la tua origine. 408. Uqtu udul üräni-min. Udul per «sciamano» è parola della «lingua segreta» degli sciamani, da confrontare con la forma utayan «sciamana». 409. Učuqču, sinonimo di sciamano. Tale espressione si riferisce alla kamlanie a Yangγïs Qan, allorché per difendere dall’attacco degli spiriti maligni l’«ombelico della terra», lo sciamano con l’aiuto di donne esperte torceva ventisette fili di lino e tendini di toro o vacca detti appunto učuq; con questo groviglio di fili e tendini veniva difesa l’apertura della terra. 410. È il piccolo arco yölgö, per mezzo del quale speciali indovini e gli sciamani compivano la divinazione. 411. Cioè è morto. 412. < r. Alëša? 413. L’anima-embrione del neonato veniva paragonata dai teleuti ad un verme rosso (qïzïl qurt), donde nella lingua degli sciamani tale espressione sta a significare «uomo» tout court.

414. Il primo antenato sciamanico. 415. Cioè ti faccia ruttare. 416. Altro nome di Taylïq Qan. 417. Forma alternante, più raramente nel presente testo, con mar. 418. Non è noto il significato di quest’appellativo dell’oca. 419. Cioè la iurta. 420. Cioè ad altri uomini; esortazione già fatta da coloro che tagliano l’albero per il tamburo all’albero stesso in quanto futuro tamburo (cfr. p. 177). 421. Passo non compreso da Vajnštein, il quale considera come appellativo, non tradotto, del «cavallo» la frase bičä bora sïrïγlïγ; sïrïq è «asta, freccia con un osso inserito nella punta». 422. Sono i tapti che lo sciamano ascenderà per raggiungere i vari spiriti. 423. «Orso del Gobi». 424. È il mazzuolo. 425. Sono i sedici spiriti-qan (possono anche essere diciassette; cfr. la Cerimonia del tamburo a p. 224) delle diverse parti del tamburo. 426. Lo spirito. 427. Spirito femminile della montagna sacra Xōr Tayγa, protettrice degli sciamani tuvini. È a lei che lo sciamano tuvino presenta il suo nuovo tamburo, così come quello teleuto lo presenta a Qïčqïl Qan. 428. Rivolto agli spiriti adiutori. 429. Uno dei nomi di Ülgän. < sogd. (con mediazione uiguro-mongola) xwrmwzδ. Cfr. n. 1, p. 89. 430. Sorta di spirito maligno. 431. Con delle macchie rossastre sotto gli occhi. 432. Il mese di maggio. 433. Spirito della caccia. 434. Espressione formata a partire da tamïr «frusta di nervo di bue», secondo Bazin; da tamïr «radice delle piante» (significato già individuato da Radlov) o «conduttore del seme umano» (eufemismo per «fallo») secondo Chichlo. 435. Clan degli altai. 436. In senso sessuale, dato il contesto. 437. Clan dei cumandini. 438. Cfr. l’argot francese «tirer un coup». 439. Liliacea rossastra, la erythronium dens canis, il cui bulbo commestibile, assai apprezzato in queste regioni della Siberia, ha una parte rilevante nel folclore (nel calendario popolare qandïq ay «luna/mese del qandïq» designa il mese della sua comparsa e della sua raccolta). L’espressione suggerisce un’analogia tra la vulva e il bulbo succulento, apprezzamento in verità opposto a quello del testo e, 32-33. 440. Personaggio enigmatico. 441. L’albero cosmico, i cui rami formano delle croci con il tronco fornendo così i gradini allo sciamano per la sua ascensione celeste. 442. Adombramento di un rituale sciamanico? 443. Il pene. 444. La canna compare come un doppio del fallo. 445. Clan dei cumandini. 446. È il fiume Ienissei. 447. Clan dei teleuti. 448. Sorta di copricapo non identificato. 449. Il colletto del costume sciamanico? 450. Clan degli altai. 451. Fiume, affluente dello Ienissei.

452. Clan degli altai.

IACUTI

ALΓÏS IN OCCASIONE DELL’ÏSÏAX Ïsïax/ïhïax, lett. «aspersione (di kïmïs “latte di puledra fermentato”)», era la maggiore festa della natura presso gli iacuti. Di origine antichissima, essa viene descritta per la prima volta da viaggiatori del sec. XVIII. L’ïsïax poteva aver luogo in primavera, ed allora era di modeste dimensioni, senza un particolare rituale (kulun kïmïha «kïmïs di marzo»); in estate (ulaxan ïsïax «grande ïsïax») e in autunno, in onore di Ulū Toyon, l’essere supremo celeste. Il rituale ïsïax era un’occasione di grande solennità per tutta la comunità e rappresentava uno dei momenti nell’anno di maggiore aggregazione del gruppo nei rapporti con la divinità. L’ïsïax veniva abitualmente organizzato o da singoli individui agiati o da un gruppo di consanguinei. Veniva preparata una grande quantità di kïmïs e burro, mentre animali ben grassi venivano uccisi per l’intrattenimento dei convenuti. Una volta scelto il luogo dove si sarebbe svolta la festa, detto tühülgä, in esso venivano piantati dei pali alti circa 2 m., i quali venivano uniti con una traversa. Intorno al tühülgä venivano piantate delle giovani betulle tagliate in modo tale che i loro rami coprissero i pali. Tale cerimonia era detta čäčir. Tra le betulle veniva stesa una corda (sälä) fatta di peli di vari animali, sulla corda venivano infilate piccole pezze di stoffa colorata, ali d’anatra, piccole museruole di vitelli cucite con corteccia di betulla. Nella parte del tühülgä posta ad est veniva piantato un altro palo per attaccare i cavalli (detto arbayax) con vari ornamenti in alto e un collare in basso. Al momento della cerimonia, ad esso venivano legati una cavalla dalle mammelle bianco-latte ed il cavallo sacrificale (ïtïk sïlyï). Ai pali che sostenevano la traversa venivano appesi dei mastelli di pelle (siri ihit) pieni di kïmïs, pellicce di pelle, piatti di corteccia di betulla (kïllāx čabïčax). Su di un bianco, puro giaciglio o su di un tappeto di pelliccia a scacchi venivano poste delle coppe di legno ed altri recipienti per il kïmïs. A parte venivano posti un grande recipiente di corteccia di betulla (dalbar čabïčax) contenente il kïmïs., in esso era il cucchiaio sacrificale (äbir xamïyax). Nella descrizione di un ïsïax, riferentesi agli anni trenta del sec. XVIII, si dice che la cerimonia aveva inizio di mattina, presenti il proprietario della terra in cui aveva luogo l’ïsïax, gli ospiti in gran numero, il «mago» (come si esprime il viaggiatore), da interpretarsi come lo sciamano (ay oyūn) o l’invocatore (alγïsčït), colui cioè che guida le invocazioni, i canti e le preghiere. Due fanciulli stavano di faccia all’oriente, tenendo in mano le coppe col kïmïs, dietro di loro sedevano quattro uomini con una coppa ciascuno di kïmïs, dietro ancora altri quattro con recipienti di corteccia sempre pieni di kïmïs. Lo sciamano o l’invocatore, sedendo di fronte ai convenuti con una coppa di kïmïs in mano, iniziava a pronunciare l’alγïs, l’invocazione rituale. Quindi tutti i presenti per due volte bevevano il kïmïs. Lo sciamano poi, facendosi vento con la coda del cavallo, continuava il canto sacrificale in onore delle divinità, degli spiriti-signori della terra e di altri numerosi spiriti. Dopo che tutti ebbero bevuto il kïmïs, iniziarono i giochi e gli ospiti si intrattennero a lungo in allegria. Le donne danzavano con canti. Testo pubblicato in KSENOFONTOV, Prazdničnyj algys; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 672-679.

Introduzione Luminosi abitatori del cielo1, cui noi ci rivolgiamo immutabilmente con lode e preghiera. Se chiedete il nome di chi, della vostra degna discendenza,

con quali pensieri, figlio vostro, ha disteso, sospeso2, organizzato dai tempi antichi l’illustre rituale instaurato da voi, ascoltate! La primavera è arrivata3, scaldano più forte i raggi del sole carezzevole. Fluttua nell’aria il canto dell’allodola. Si è aperto il cielo azzurro, è aumentata la prosperità, la discendenza si è moltiplicata, è giunto il tempo della lode e della gioia. Vedendo tutto ciò, Tabïsaxan Basïlïk4, dopo aver riunito il suo popolo, dopo aver piantato i pali per i cavalli, dopo aver teso la sälä, con grande pompa, accrescendo la gioia, ai luminosi abitatori del cielo, a voi tutti si rivolge individualmente per nome. Con allegria, con le parole della preghiera, egli vi distribuisce le coppe, santificatele con una chiara criniera5, pensando che in esse sia contenuto il cibo più apprezzato, il dono migliore, la crema del cibo benedetto, non tócco da mani impure.

Siano gioia e grazia! Prima invocazione Ürüng Ayï Toyon6 dal volto d’argento, simile a pelo sulla radice del naso7 di un giovane stallone. A te mi rivolgo, affinché con una benedizione possa tu concedere i figli divini, il bestiame equino, e possa tu moltiplicarli sulla terra madre. Pregando per questo, ti presento, lodandoti e venerandoti, la venerabile coppa sacra adorna di una criniera. Siano gioia e grazia! Seconda invocazione Tu che accoppi, moltiplichi il bestiame dal manto appropriato, che allarghi il recinto dalle lunghe pertiche! Tu che siedi su di un cavallo focoso dagli zoccoli d’argento, simili a quattro covoni coperti di neve, Uordax ǰösögöy Ayï8. Con la preghiera di accordare, nei prosperi tempi futuri, alla mia discendenza di sangue giumente feconde nel folto di una foresta. Reso felice, con uno slancio dell’anima, la venerabile coppa dal giusto peso, fermentata all’interno9, debordante all’esterno, con grida di gioia

ti affido. Siano gioia e grazia! Terza invocazione Tu che rendi denso il liquido benedetto, che prepari il cibo venerabile, che rendi limpido il fresco kïmïs, che allarghi i recinti popolati, che concedi una felice abbondanza. Ricca di larghe praterie e di vasti fiumi, tu che susciti un’acqua liquida e un liquido gustoso, tu che doni il latte, che accresci la schiuma, Kiäng Kiäli Bāli Xotun10. Con la preghiera, nei tempi futuri, di accordare ai miei amati figli [il tuo favore], sollevo la coppa di spesso cibo, adorna di una criniera. Con inchini e preghiere ti presento la coppa venerabile. Siano gioia e grazia! Quarta invocazione [Tu che hai origine] dal Bianco Creatore11, dal paese delle abbondanze felici e dai laghi colmi d’acqua, tu che, tramite il primo antenato sciamano12, hai ottenuto la gioiosa fermentazione, che hai istituito il rituale benefico della festa estiva13.

Tu che hai fabbricato il recipiente per il kïmïs, che hai sparso il fumo azzurro14, che possiedi l’älägä e l’äräsä15 antenato Älläy16. Affinché anche per l’avvenire, nei giorni felici della celebrazione del rituale sacro, tu presente possa indicare, dirigere e benedire, ti offro la coppa venerabile. Siano gioia e grazia! Quinta invocazione Tu che, nel tempo delle sventure del popolo, fai nitrire il tuono distruttore, tuo messaggero. Tu che sei nata nel seno materno delle calde nubi volanti. Tu che, per la felicità dei viventi sulla terra di mezzo17, moltiplichi e avvicini il bestiame dal manto variegato. Tu che raduni [gli animali] dagli zoccoli ricurvi, che raddoppi il bestiame allevato, Isägäy, madre sovrana18. Nei tempi a venire, benedici, accresci i bianchi corsieri per la discendenza che mi è stata concessa, riunisci in mandria [gli animali] dagli zoccoli ricurvi! Con allegria e gioia ti presento la coppa venerabile. Mi rivolgo con un inchino, a te l’offro. Siano gioia e grazia! Sesta invocazione

Tu che doni la felicità agli uomini, che stabilisci la loro sorte, che decidi del loro destino. Tu che vivi nella gioia, nelle pianure chiare, nei vasti campi. Tu che possiedi una canna adorna di ghiande, che indossi un copricapo di pelo, madre Nälbäy Iäyäxsit19. Con la preghiera di mostrare ai miei figli di sangue il giusto cammino, sollevata la coppa sacra, te la presento. Siano gioia e grazia! Settima invocazione Tu che rumoreggi di giorno e di notte, che doni la luce e il calore, spirito benefico del mio fuoco che brucia, compassionevole, salvifico, Xatan Älbärǟk Toyon20. Affinché nei tempi futuri tu faccia accrescere con amore, presso il mio focolare, la giovane generazione, indirizzando verso di essa il tuo calore salvifico. Alzo per te il recipiente variamente colorato, adorno di una criniera. Ti presento la coppa venerabile. Venero il tuo nome e ti festeggio. Siano gioia e grazia! Ottava invocazione Tu che, benedicendola, hai piantato

la mia calda casa, responsabile della mia venerabile e ricca dimora. Tu che hai accresciuto lo strame di pelle di lupo, che hai stabilito per me il sedile di pelle d’orso. Sovrana della libera dimora e della ricca casa, Chiara ǰalïsxan21, madre sovrana. Benedici la calda casa per i miei bambini, la mia futura discendenza, pianta il palo per il cavallo aureo, metti ordine nell’aia, delimita la stalla! Pregando per questo, la coppa venerabile, riempitala di kïmïs e burro, a te presento, con parole di lode. Siano gioia e grazia! Nona invocazione Spirito della ricca foresta oscura, Bāy Barïlax22, Bāy Bayanay, vecchio. Vi imploro: con tutta la vostra parentela, manifestatevi alla mia futura discendenza, provocate il crepito del grande dito23. Pensando a questo, invocandovi per nome, tramite un uomo abile nelle preghiere, possessore della parola che guarisce, vi presento la venerabile coppa piena. Siano gioia e grazia! Invocazione conclusiva

Ora, allorché noi, i sofferenti, ci riuniamo per assaggiare dalle coppe venerabili la bevanda fortificante, il cibo saporito, o benefici abitatori del cielo. Esaudite dall’alto e con voti di prosperità e di accrescimento agitate e benedite la bevanda bevuta, il cibo mangiato. Siano gioia e grazia! Testo pubblicato in PORJADIN, Prazdnik yhyax, ripreso in ĖRGIS, Očerki, 161-162.

[…] Alla congiunzione dei sette cieli24 costruitoti la propria dimora; alla sommità degli otto cieli consolidato il tuo focolare; destinando e concedendoci coraggiosi fanciulli e fanciulle, provvisti di intelletto nell’oscurità25, con le gambe all’estremità del corpo26, destinando loro una sorte fortunata, destinando loro una lunga vita, nostro creatore Ayï Toyon! Tu che infondi passione nel letto27, madre nostra Nälbäy Iäyäxsit! Pronunciando i vostri alti nomi, esaltiamo la vostra grande gloria! Leccornie da alcuno gustate a voi offriamo, per voi imbandiamo. Innalziamo recipienti adorni di una criniera di cavallo, in vostro onore innalziamo čorōn28 pieni di kïmïs. […]

Frammento di alyïs, trascritto negli anni quaranta del sec. XIX dal viaggiatore A. F. Middendorf (Putešestvie, II, 4, 808), ripreso in ĖRGIS, Očerki, 165.

Ägäy, orsù [iniziamo]! Montagne azzurre, verzura luminosa! Il nuovo anno ha avuto inizio, un anno buono si avvicina, giorni torridi stanno giungendo. Nell’azzurra foschia il caldo [è giunto]; le verdi fronde nel pieno rigoglio, le gemme delle foglie di seta si sono aperte. Sulle colline l’erba è cresciuta alta, l’erba di menta è cresciuta. Sulle alture l’erba è nata all’improvviso! […] Testo pubblicato in PRIKLONSKIJ, Tri goda, 24-27; tradotto in SCHMIDT, XI, 103. Priklonskij assisté all’ïsïax di cui riporta questo alyïs.

O uomini, o uomini, o figli degli uomini! Guardate, amici, giorni gioiosi sono giunti, l’amato sole sorge! Il nuovo anno è venuto, il vecchio anno è passato. L’intera terra è diventata verde, la larga terra si è coperta di verde. Uomini sani nascono, grassi animali vengono partoriti. I neonati giacciono nella culla, gli animali sono al pascolo. In questa lieta festività mettetevi in fila, raccontatevi cose piacevoli!29 Sedendo in fila, consideratevi felici, amici! O uomini, o uomini, o figli degli uomini!

INVOCAZIONE A IÄYÄXSIT E AD ALTRE DIVINITÀ Testo pubblicato in JASTREMSKIJ, Obrazcy, 206-207. Invocazione pronunciata durante i riti primaverili degli allevatori iacuti, rivolta a Iäyäxsit, Ay sit e alla divinità del recinto del bestiame. ǰä-ä duo-o!30

Leviamo un canto dettagliato, fanciulli! Stando vicini, pronunciamo parole sagge, fanciulli! Supplichiamo la felicità, fanciulli! Ä-ä-ä! Žuo-o! Alziamo lodi con grida esultanti, fanciulli! Ä-ä-ä duo-o! Dalla terra, sulla quale camminiamo, cresca la verde erba, fanciulli! Dalla terra, su cui passeggiamo, cresca la cárice verde, dagli otto rami, fanciulli! ǰä-ä duo-o! Nutrice, protettrice nostra, divinità Iäyäxsit, ascolta, sii affettuosa, fanciulli! Dea materna del parto31, sii protezione, fanciulli! Signora del recinto del bestiame, rafforza [il recinto], fanciulli! [Cavalli] dalla liscia criniera invia, orsù!32 Così invochiamo, amici! [Cavalli] dal bianco pelo si uniscano, orsù, alle mandrie! Così gridiamo, fanciulli! [Cavalli] dal bianco manto, orsù, si accoppino!

Insieme e all’unisono alziamo [la nostra voce]! Amici! ǰä-ä duo-o! Largamente su di noi si distendono larghi beni! Ä-ä-ä duo-o! I nostri archi non sono sufficienti33, si distenda su di noi grande abbondanza! Amici! ǰä-ä-ä duo-o! Nel mio grande mondo la pertica non è sufficiente34, si instauri una duratura abbondanza! Fanciulli! ǰä-ä-ä duo-o! Nel mio largo mondo il vessillo non è sufficiente35, si prepari un recipiente pieno di kïmïs ǰä-ä-ä, dä-ä-ä! In eterno [tutto questo] ci sia concesso, amici!

INVOCAZIONE A ÏNAXSÏT

Ïnaxsït è la protettrice del bestiame. In primavera veniva organizzata una grande festa in suo onore. Le due brevi invocazioni qui tradotte sono esempi di quelle che numerose le venivano rivolte durante tale festa primaverile. Testi pubblicati in ĖRGIS, Očevki, 171-172.

[Gli animali] dagli zoccoli integri non far inciampare, [gli animali] dagli zoccoli appaiati non lasciar disperdere; Inchinandoci dinanzi a te, ti preghiamo: l’insufficiente considera sufficiente, l’incompleto considera completo. Uruy, uruy, ayxal!36 Ascolta, signora delle vacche, abbi cura dei tuoi neonati, rendi grassi i tuoi vitelli, vitelli grassi di un anno; concedi[li], benedici[li] in grande quantità. Accogli questa supplica!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO-SIGNORA DELLA TERRA

Il benessere dell’uomo e del bestiame dipende anche dalla benevolenza dello spirito-signora della terra. Durante il rito di richiesta di protezione di Ay sït (che abbiamo visto in precedenza essere venerata soprattutto come divinità del parto), lo sciamano le si rivolgeva con un’invocazione. Testo pubblicato in ALEKSEEV, Tradicionnye, 75-76. Frammento. Signora Ān Alaxčïn37,

spirito-signora della mia terra patria, in cui nella tenerezza ho visto per la prima volta la luce! Gli spessi catenacci della porta della tua siepe non rimuovere38, non aprire la tua spessa porta, non ritirare la tua alta soglia. Il nostro nero sudore di sangue nel tuo largo proteggi, il nostro verde sudore misto a forfora nel tuo stretto nascondi39. Non lasciar avvicinare chi ha occhi obliqui40, non lasciar avvicinare coloro che parlano una lingua straniera, non lasciar avvicinare coloro che hanno le palme nude41, non permettere a chi lascia una traccia diversa42 di passare in mezzo alla [nostra] terra, non lasciar fuggire neppure un vitello tignoso, non lasciar uscire d’ora in poi neppure un puledro tutto scolorito! […]

INVOCAZIONE A ÄRILIK

In passato Ärilik veniva rappresentato presso gli iacuti come una divinità celeste, in particolare come lo spirito-signore dell’azzurro infinito e delle profondità marine (sotto il nome di Küö Dalaya). In seguito, così come presso i turchi sud-siberiani e i mongoli, la caratteristica celeste di Ärilik si muterà in infera. Testo pubblicato in ALEKSEEV, Tradicionnye, 116.

Signore dell’azzurro infinito, nonno mio Ärilik signore, nonna Süngkän43 signora, venite incontro in modo amichevole, come divinità celesti. Ai resti delle antiche [tue generazioni], agli ultimi delle precedenti [tue generazioni]44, a noi, per chiedere felicità e fortuna, è giunto il tempo di ricorrere a te!

INVOCAZIONE A KǞLǞNI

Kǟlǟni è uno degli spiriti-adiutori dello sciamano iacuto. Egli possiede la facoltà di stimolare nello sciamano un intenso impulso sessuale. Testo pubblicato in ALEKSEEV, Tradicionnye, 168.

Veloce, ora qua ora là si rivolga la tua testa sudicia, si allunghi la tua coda aperta45. Raggiungi chi è sgusciato via, afferra chi è fuggito via!

RITO PER LA RICERCA DELL’ANIMA-KUT DEL BESTIAME Su di un campo aperto vengono piantati tre pali per i cavalli. I pali vengono recintati da tre lati, nord, ovest e sud. Il lato orientale viene lasciato aperto. All’interno del recinto, dietro ai pali, vengono piantate una serie di betulle. Pali e betulle vengono legate con una corda variegata fatta di peli di cavallo, cui vengono sospesi secchielli di corteccia di betulla, museruole per vitelli pure di corteccia nonché ciuffi di peli bianchi della criniera di un cavallo. Alla base di un palo, viene steso un giaciglio (süng sörüö), intrecciato di peli di cavallo bianco e di vacca nera. Lo sciamano indossa vesti femminili, una pelliccia, il copricapo detto ǰabaka; si mette quindi faccia ad est di fronte al palo. Alla sua destra stanno nove fanciulli, alla sua sinistra nove fanciulle vergini: gli uni e le altre ripetono le parole dello sciamano. Egli, restando al suo posto, strascica i piedi e canta, descrivendo con vivacità tutti i preparativi compiuti per la cerimonia. Riproduce poi tutto il suo viaggio per giungere fino ad Ay sït attraverso diciotto «stazioni» (olox). Ogni tre stazioni è posta la dimora degli spiriti. Nel terzo olox risiedono gli spiriti Muńńas Toyon e Xańńas Xotun, al sesto gli spiriti Sïbalǰïn Toyon e Sïbalǰïn Xotun, al nono gli spiriti üs ürüng kömüs uraγastāx ǰuranay ǰon («Tre giovani signori-eunuchi con le aste d’argento»), al dodicesimo olox gli spiriti Kurtuyaxxān Toyon e Kurtuyaxxān Xotun, al quindicesimo gli spiriti Čompo Sülügästǟ, Čompolūn Toyon e Čompolūn Xotun, nel tratto tra il quindicesimo e il diciottesimo olox ha dimora Ay sït, la divinità del bestiame. Fino a lei giunge lo sciamano per cercare e riportare sulla terra l’anima di un cavallo sottratta da uno spirito maligno: il cavallo è caduto malato e, se lo sciamano non gli ricondurrà l’anima-kut, morrà certamente. Testo pubblicato in ALEKSEEV, Tradicionnye, 91-92.

Lo sciamano, dopo aver superato il rifiuto iniziale degli spiriti del terzo e sesto olox opposto alla sua richiesta di poter proseguire il suo viaggio, si rivolge a Muńńas Toyon e Xańńas Xotun, seduto, mentre i presenti restano immobili e in silenzio Muńńas Toyon, Xańńas Xotun46, sono un giovane - uno sciamano, venuto dalla terra di mezzo per chiedere una grazia; ho nove giovani-servitori che non hanno avuto rapporti con donna47, simili a gru scapoli, ho otto48 fanciulle-servitrici che non hanno avuto rapporti con uomini, simili a gru femmine. Quando ti sarà possibile rimuovere gli spessi chiavistelli49, quando ti sarà possibile aprire la tua via radiosa? Lo sciamano poi si rivolge allo spirito maligno, autore del furto dell’anima del cavallo Via, vai indietro! Impuro, vizioso, coperto dei peccati e delle sofferenze della terra di mezzo, non permettiamo che tu entri! Egli si rivolge quindi agli spiriti Muńńas Toyon e Xańńas Xotun, dai quali

dipende l’ulteriore continuazione del viaggio Padre mio venerabile, madre mia venerabile! Nel vostro lago per i bagni50 sono stato nove giorni e nove notti, sulla vostra collina, dove trovavo riposo, sono giaciuto, dopo essere crollato, per otto giorni e otto notti. Vengo purificato, come una freccia, vengo pienamente preparato51. Sono più veloce della freccia, più leggero del covone, non parlate così52, aprite! Muńńas Toyon comincia a cedere alle insistenze dello sciamano, così si rivolge a Xańńas Xotun Orsù, vecchietta, ho cominciato ad ammorbidirmi53 ho cominciato ad impietosirmi54, aprigli! Nel dodicesimo e quindicesimo olox lo sciamano deve di nuovo chiedere il permesso di passare; allorché gli spiriti subordinano il loro assenso alla presentazione di offerte, egli risponde Sono entrato, portando abbondante cibo di latte, sono giunto, tenendo sospesa in alto una gialla abbondanza celebrata!55 Come posso dimenticare il vostro alto nome! Attraverso i vari olox, lo sciamano invita i propri spiriti adiutori a stare in guardia e a non cedere all’inganno della figlia dello spirito Mosol, uno spirito maligno che usa l’avvenenza della propria figlia per indurre in inganno lo sciamano e i suoi spiriti. Avvicinandosi alla dimora di Ay sït, lo sciamano si inchina tre volte, si inginocchia e prende a strisciare. I fanciulli e le fanciulle cantano Uruy ayxal! Entusiasmo-sorriso! Fortuna sorte. Tenera, ricca verzura, danze-arguzie, leggera tenerezza! Il rito si conclude con il ritorno dello sciamano sulla via già percorsa

all’andata, una volta raggiunta e ricondotta sulla terra l’anima del cavallo.

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO YÜGÜK ÄMÄGÄT

Invocazione allo spirito Yügük Ämägät, uno degli spiriti adiutori dello sciamano, pronunciata durante il rito di guarigione di un malato. Testo pubblicato in PRIKLONSKIJ, Tri goda, 55 sgg., tradotto in SCHMIDT, XI, 318-319.

Possa questo essere il mio posto, possa egli essere cresciuto con verde erba!56 Col tuo corpo e sangue io mi sono nutrito, o Yügük Ämägät! La radice di ogni male e sventura sei tu, mostro dagli otto piedi!57 Io mi sono unito a te; ora, tu, aiutami a soddisfare i miei desideri. Io sono venuto in nome di Sürdäx Käptäx58, Sügü Toyonton, il terribile spirito dell’ascia, e da Kini Sürgü Yütünän Sürgü, per liberarlo59 con l’arma salvatrice. Perciò, voi sciamane con le sferze di fuoco che abitate il mondo sotterraneo, non venite su per combattermi e maledirmi. Mi sono posto sull’ombelico del mondo, per difendere coloro che soffrono. Lo so, ho molti difetti, ma vogliate credere che non ne ho alcuno, e indietreggiate! Le tue tre ombre, o Yügük Ämägät, si sono unite a me; per questo ti prego, aiutami! Ti darò un animale che ti piaccia, aiuta la mia infelicità!

KAMLANIE PER LA GUARIGIONE DI UN MALATO Tra i vari motivi che spingevano lo sciamano iacuto a compiere la kamlanie - allontanamento delle epidemie, accompagnamento delle anime dei morti nel regno infernale, ricerca dell’anima-kut fuggita via da un fanciullo o da un capo di bestiame - non ultimo era la guarigione di un malato, nel corpo del quale si era insinuato uno spirito maligno. Prima del rito, veniva fatto seccare accuratamente davanti al fuoco il tamburo e veniva ben scopata la iurta. Quest’ultima operazione doveva evitare che gli spiriti maligni si nascondessero tra la sporcizia. La kamlanie aveva luogo solitamente di sera. Ad essa potevano essere presenti quanti volessero, uomini, donne, bambini, anziani. Essi dovevano però arrivare prima dell’inizio del rito, poiché nel corso di esso la porta della iurta veniva chiusa e nessuno poteva più entrare o uscire. Lo sciamano indossa il costume rituale, prende il tamburo e, seduto, sbadiglia tre volte, ad indicare la sua disponibilità (gli spiriti adiutori possono entrare in lui), tre volte colpisce forte il tamburo. Inizia quindi il canto. Testo pubblicato, in parte in KSENOFONTOV, Xrestes, 128-135 e in parte in ALEKSEEV, Tradicionnye, 159-166. Lo sciamano, con voce sorda, muovendo ritmicamente la testa, invoca gli spiriti dei mondi superiore e inferiore e gli spiriti uòr (sorta di spiriti maligni, corrispondenti approssimativamente agli üzüt degli aitai)

Tribù degli spiriti maligni dalle otto gambe, richiamate a voi i vostri congiunti. Tribù degli spiriti maligni dalle otto gambe, giunga a compimento l’invocazione a voi rivolta. Sia esaudito il canto a voi rivolto. Guardate, non stizzitevi contro di noi60. Trentanove tribù degli spiriti maligni del mondo superiore, risvegliàti con un sussulto, sia esaudito il canto a voi rivolto, sia esaudita l’invocazione a voi rivolta! Poi egli si rivolge agli spiriti protettori della famiglia. Passa quindi ad invocare i suoi spiriti adiutori Se cado con il volto a terra, promettete di sorreggermi; se cado supino, promettete di sostenermi. A me, balbuziente, fate dono della lingua; a me, orbo, date gli occhi, a me, sordo, fate dono dell’udito.

Rendete me, che non ho antenati-sciamani, sciamano61. Mie divinità dei nove ulus62, venite più vicino, più vicino. È giunto il giorno di separarmi dalla mia terra di mezzo. Sollevatemi dal mio giaciglio logoro, accidentato in più parti! Aprite di fronte a me tutti i passaggi favorevoli, datemi la forza di portare a compimento il canto pieno di emozione; proteggetemi da dietro, ascoltatemi con attenzione da davanti! Prego, rimuovete gli ostacoli dal cammino, appianate le irregolarità della strada! Agli uomini della terra di mezzo, prego, non provocate disgrazie. Al bestiame delle mie divinità luminose non create sventure! Gli spiriti chiedono allo sciamano per quale motivo egli li importuni, domanda cui rispondono i presenti a nome dello sciamano A motivo di un uomo-signore! Col dire «È giunto il giorno in cui la forza malvagia dalle otto gambe63 si appresta a sellarci come un cavallo», per questo speriamo di ottenere da te forza e sostegno! Giunge il giorno, in cui nella calda iurta la porta d’ingresso verrà fatta dalla parte occidentale64; preghiamo affinché tu, cambiando questo, ci salvi e ci difendi! Giunge il momento, in cui nell’ampia iurta la porta d’ingresso verrà fatta dalla parte posteriore: ecco perché preghiamo e imploriamo! Lo sciamano, si avvicina al fuoco ardente e pronuncia uno scongiuro sul proprio tamburo Oh, mia renna da sella!

Dopo esserti saziata del cibo del sacro focolare65, corri veloce, con passo rapido, ma non affaticarti! Il tuo trotto abituale, i tuoi zoccoli finemente disegnati non cambino! Egli, dopo l’invocazione-scongiuro al proprio tamburo, dà tre volte pedate al giaciglio, due volte lo colpisce semplicemente, la terza lo capovolge. Compiuto il rito di purificazione del proprio giaciglio, egli compie ora quella parte del rito detta boxsuruyū, cioè la cattura dello spirito o degli spiriti maligni che hanno provocato la malattia. Egli canta Orsù, sollevati, mostrati fino alla sottile cintura! I miei capelli sono arruffati. Lo sciamano-puledro compie il rito, canta; non pensare di strappare e portar via dalla sacra terra la più piccola zolla. Orsù, attenua i violenti attacchi della malattia, storna le tue zanne sporgenti! Catturato lo spirito, esso viene lasciato andare, non prima che lo sciamano a nome dello spirito parli di sé e di quanto è accaduto Oh, gente, io proprio non volevo incontrarlo66. Ma tu, giovane-sciamano, se tu mi conosci, vedi di non morire!67 Vai via, non ostacolarmi]! Guarda: che io, uomo famoso, non abbia a mangiarti; ecco, io ho origine da un uomo nobile, ecco, io sono figlia68 di un uomo di grande onore. Guarda il mio bellissimo sembiante, la mia bellezza. Guarda: io sono colei che chiamano figlia di Ilbis signore69. Sono qui seduta con il desiderio di restare. Chissà che tu non desista.

Vai via, uomo!70 Dopo una pausa, l’aiutante dello sciamano scongiura lo spirito di muoversi a pietà e di andarsene Ih, male! Racconta in modo umano, parla in iacuto71, canta come cantano gli uomini, signora madre! Fai sapere che te ne vai, cosa ti costa dire la parola desiderata? Lo spirito alterca per un po’ e non vuole andarsene; infine consente ad andarsene a condizione che gli venga offerta una vittima da lui stesso indicata Tra un giorno, la seconda sera, sulla sporgenza settentrionale, trasversale, luminosa di questo ampio campo, nel momento in cui il sole sarà calato, io verrò. Per allora preparate un cavallo di quattro anni, chiaro, pezzato. Con l’aiuto di tre giovani, offrite il suo cuore e il suo fegato ancora vivi, trafitti con lance nude.

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI DURANTE LA KAMLANIE PER LA GUARIGIONE DI UN MALATO Invocazione pronunciata durante una kamlanie per la guarigione di un malato. Testo pubblicato in SEROEVŠKIJ, Jakuty, 326 sgg., tradotto in CZAPLICKA, 235-236 e SCHMIDT, XI, 315-316. «Dopo i preparativi rituali, nella iurta è silenzio. Un pugno di peli bianchi di cavallo viene gettato nel fuoco; al debole chiarore dei carboni rossi la nera immobile figura dello sciamano è visibile ancora per poco, mentre agita la testa, il grosso tamburo sul petto, il volto rivolto verso sud. Subentra una totale oscurità, ogni cosa sprofonda in un profondo graduale silenzio […] Solo il suono gentile del tamburo annuncia che lo sciamano ha iniziato il rito. Dapprima morbido, delicato, poi rude e irrefrenabile come il boato di una tempesta incipiente, il suono del tamburo si fa vieppiù forte sino a raggiungere il culmine. D’improvviso esso cessa. Silenzio per qualche attimo. Riprende il suono del tamburo e delle campanelle appese al costume dello sciamano; Egli prende a cantare […]».

Il potente toro della terra, il cavallo della steppa, il potente toro ha muggito, il cavallo della steppa ha nitrito. Io sono al di sopra di voi tutti, io sono uomo. Io sono l’uomo dotato di tutto, io sono l’uomo creato dal signore dell’infinito. Vieni dunque, cavallo della steppa, e insegna! Esci, meraviglioso toro dell’universo, e rispondi! O potente signore, comanda; colui cui sempre ubbidisco, ascolti sempre con le sue orecchie! Nessuno mi accompagni, se non gli dico: vieni! Nessuno mi si può avvicinare, se io non lo permetto! Ognuno deve evitar[mi]; ascoltate: attenzione! Ricordatevi, siate tutti così! Tutti insieme, tutti voi che siete qui! Tu alla mia sinistra, signora dal lungo bastone72,

se scelgo una falsa strada, avvertimi, comandami! O signora, madre mia, mostrami i miei errori e la via che devo seguire! Vieni qui da me in volo; aprendo un’ampia strada, preparami il cammino! O spiriti del sole, voi che abitate a sud le nove colline coperte di boschi, o madre della luce; voi che conoscete la gelosia, vi imploro: possano le vostre tre ombre mantenersi alte, molto alte! E tu ad ovest sulla tua alta montagna, o mio signore antenato dalla forza terribile, dal collo possente, stai con me! E tu, venerabile incantatore della fiamma dalla grigia barba73, ti imploro! Esaudisci tutti i miei pensieri, tutti i miei desideri! Ascoltami, esaudisci tutte le mie preghiere, tutte le mie preghiere!

ANIMAZIONE DEL TAMBURO

Lo sciamano iacuto è legato al suo tamburo da un rapporto strettamente personale. Il tamburo rappresenta il suo doppio, l’alter ego sciamanico, il suo animale-madre (iyä-kϊl). Il testo qui presentato mostra con eccezionale efficacia tale rapporto: è l’animazione del tamburo, il momento magico in cui lo sciamano infonde nel suo doppio/ animale-madre la vita, la carica, la tensione necessaria a sostenere il viaggio irto di pericoli. Testo pubblicato in Jakutskij fol’klor, 243-251; tradotto in BUDDRUSS-FRIEDRICH, 303-312 e (con sapiente commento) in LOT-FALCK, L’animation. Tale testo può per importanza essere avvicinato a quello della Cerimonia del tamburo teleuta. Lo sciamano indossa la sua doxa74, passa dietro al camino e qui, invocando

gli spiriti adiutori, sputa tre volte. Quindi si siede, le gambe incrociate, su di una pelle di cavallo distesa al suolo, sbadiglia tre volte - segno che è disponibile a ricevere gli spiriti -, martella il tamburo con il mazzuolo e comincia a cantare Discendendo dalla volta del palato, incarnandosi nel pesce luo75, bilanciandosi dall’alto in basso, trasformandosi in pesce screziato, impossessandosi del bordo delle labbra, dal basso, dall’alto, con vivacità, con fremiti, con scosse, dalla bocca balza la parola! Sette alberi di uno stesso anno, larici a otto rami76, cresciuti sul dorso dell’universo, con una canna-supporto in vimini, rivolti verso est77 con i loro rami inclinati fino a terra, con il dorso rivolto a ovest, sull’incollatura dell’universo78, destinato fin dalla nascita ad essere un illustre sciamano, desiderando divenire un tamburo cavo dai molti pendagli di rame, desiderando divenire il rimedio di malattie terribili, con un ciondolo-copricapo rotondo, con un’impugnatura a forma di croce79, desiderando divenire profetico, importante, essi sono cresciuti, si sono pienamente sviluppati! Liberati senza lasciare traccia dei tuoi pensieri litigiosi, cancella una volta per tutte la collera dei tuoi forti pensieri, purificati! Sarai un tamburo rotondo, cavo, profetico, importante, larice! In piedi dinanzi a te, audace, scongiuro gli ornamenti, metto insieme, raccolgo i sonagli, i ciondoli; mettendo in ordine i

sonagli, appendendo le campanelle, adornando di una imponente criniera, dal pelo soffice, il tamburo dall’aspetto di un piccolo lago rotondo80, che gela in un istante, trasformo il tamburo rotondo81, ne faccio un cavallo possente. Trasformo, creo dal tamburo un cavallo veloce, ne faccio una piuma luminosa, un’aurea ala fragorosa. Küsängä82 che vola, scintillante, fragoroso, nel mondo superiore! Nel mondo inferiore discendi sonoro, sii il cavallo formidabile per definizione! Tu, audace, glorioso tamburo, che risuona nelle nove cavità83, teso con precisione fra le tre cinghie-legacci, tuona, o tamburo, pelle di un vitello di due erbe!84 Scricchiola, o tamburo, pelle di un vitello di tre primavere! Muggisci, o tamburo, pelle di un animale di quattro anni! Verso il paese lontano, sconfinato, tu, audace, dirigiti, parti all’ambio, vai al trotto con impeto, corri come un cavallo dalle ali d’oro, salta al di sopra del fiume delle malattie!85 Accorrendo, giungendo, galoppa oltre le vaste regioni, manifèstati! Possa il tuo viaggio riuscire, la tua spedizione essere fortunata! In tre luoghi una cintura di ferro sostiene il dorso arcuato; sii simile ad un uraha86 di corteccia di betulla, tre volte legato all’intorno! Tu che possiedi l’alito vitale, vera fiamma che si innalza, tu che possiedi un’aria, un canto dai toni molteplici, sii paziente, cavallo, se il cammino volge ad ovest, nella regione degli spiriti impuri, degli abāsϊ perfidi e scaltri87; se sarà necessario andare a sud senza guardare indietro, sii un corsiero infaticabile, dall’ambio rapido, regolare! Se ti avvierai verso lo spirito della luminosa regione dell’est88, sii, forte cavallo, irresistibile, impetuoso, giovane, felice! E se ti avvierai verso i xomullayas89, verso la stirpe dell’oscuro nord, sul cammino funesto ti ordino di andare;

volteggia come una trottola e salta, ondeggiando con la tua coda sonora! La tua anima-madre ti mostrerà, audace, il cammino veritiero, e la tua anima-padre90, con impeto, viaggerà con te! Conduci incolumi attraverso il mondo queste guance arcuate! Disinvolto, incalzante, deciso, andando lontano, arcuate le guance, le narici segnate di macchie, possa tu, audace tamburo-cavallo, essere con la beccaccia che grida čok, čok, possa tu essere con il cuculo che fa cucù, con il tuffolo che schiamazza91; prendimi con arte sulla tua incollatura, sul tuo dorso arrotondato fammi battere secondo le possibilità! I buoni pensieri non ti abbandonino mai, mio intrepido cavallo; da lungo tempo i pensieri minacciosi non si allontanano92. Tu ed io, mio tamburo-cavallo, saremo amici agli uomini che balbettano, per gli iacuti-uriangxai93, per gli stroppi, gli infermi, coloro che si sono macchiati di gravi colpe; sii dunque lo strumento di uno sciamano profetico, di uno sciamano illustre, tu, audace tamburo, tamburo-prodigio, tamburo-cavallo! Io sono un grande signore-sciamano, uno sciamano dai lunghi capelli94, colui che batte con la suola e colpisce col tallone95; ecco a chi appartieni, ecco di chi sei, tamburo audace! La tua anima-madre96 non sa che io devo ucciderla, trasformata in giovane renna, divenuta un animale dalle corna aguzze, farla a pezzi, disperderla attraverso il mondo. Anche te io munirò di corna, divenuto un toro butterato dai riflessi azzurrognoli!97 Lo sciamano muggisce, imitando il toro, capovolge il tamburo dinanzi a sé e, facendo il giro di esso a quattro zampe per tre volte, colpisce con la testa le protuberanze. Nell’angolo sinistro della iurta, lo sciamano si alza, afferra il tamburo, lo martella e riprende il canto

Sei forse tu vinto, mio audace, sei forse superato, mio gagliardo? Ti ho proprio superato, ti ho vinto, tamburo! Ora è il momento per me di trasformarti nel mio animalecavalcatura! Lo sciamano monta a cavallo del tamburo; colpendo ora davanti, ora dietro egli gira come una trottola esclamando sai, sai! come se incitasse un cavallo. Per qualche istante canta a voce bassa, poi continua a voce alta Cavallo da tiro, cavallo da sella! Tu, mio sicuro veicolo! Ala per il volo, aureo vortice! Rintocca, diffonditi in rumor di sonagli! Corsiero audace, animale selvatico domato! Risuona, espanditi in rumor di campanelle! Ora ho dunque vinto, mi pare! Ti ho messo alle strette, ti ho domato! Ho provvisto di corna, audace, la tua anima-madre! La tua sorte nel mondo di mezzo, il tuo destino nell’universo, la maturazione e la crescita nel terreno argilloso98, la grande decisione, insomma, la grande missione, ogni cosa mi era stata predestinata! I signori hanno perciò spianato la via. Sprizza, dunque, felicità senza remore! Conduci me, sospeso a testa in giù, conduci me, nel vedere che mi sostengo, fuori della regione delle erbe che si piegano, degli alberi chini su se stessi! Ho troppo sofferto qui! Corri al trotto! Presta orecchio al grido sai, sat! Sui, sui! Tu, cavallo pezzato, intrepido, prono al comando, volteggia e corri! Ritorna sulla terra!99 Lo sciamano fa girare tre volte il tamburo intorno a sé. Si avvia quindi verso l’angolo situato accanto alla porta della iurta. Di nuovo prende a cantare Il sovrano dei cavalli morelli dal muso bianco, che vive nel mondo superiore, ha ordinato, Xara Suorun100 ha decretato:

se tu non dài tregua e sei deciso, se sei definitivamente un cavallo domato, innalzati verso l’alto e non tornare in basso, sii un cavallo screziato come il lampo! Uccidi l’anima-madre di questa cosa qui101, metti insieme, raccogline i pezzi, uniscili ai ciondoli, sostieni le sue campanelle, adattati ai suoi sonagli, tieni forte la sua impugnatura a croce, fai sprizzare le nove protuberanze!102 Assordaci col tuo rumoreggiare! Vibra, risuona! Sii il tamburo più felice! Gioia, felicità! Indocile, sottomettiti! Divieni ora una fiamma impetuosa, ardi quale superbo fuoco sacro! Albero piegato, divenuto tamburo, sii per sempre felice, fortunato, anche nelle malattie, nella sventura! Invocati ottanta spiriti sperimentati, riuniti novanta lupi affamati, catturati settanta orsi furiosi103, sii felice, fortunato! Possa tu essere il conforto dei nove ulus, possa tu essere il riparo dei sette ulus! Nel mondo inferiore, attraversato in lungo e in largo, possano le tue zampe posteriori non scivolare, possano le tue zampe anteriori non inciampare; che il miglior giovane tenga la briglia, che la tua sella non si capovolga mai! Sii il migliore, audace cavallo lungo il gran cammino del sacrificio! Che la tua anima-madre, ardita, ti conduca con una preghiera verso l’alto, insigne luogo! Tu sarai il mio orecchio fino, tu sarai il mio occhio penetrante,

ginocchio flessibile, gomito piegato, la mia gota garbata, il mio movimento, il mio riposo! Sii eloquente, loquace! Sii barriera contro gli assalti delle malattie! Contieni la specie degli invisibili!104 Libera dal superfluo, dal dannoso, grande prodigio, tamburo corsiero! Sole-piuma, luna-ala, corno-stella, unico occhio, tamburo cavo, forte, temibile, eccoti aggiogato, imbrigliato! Tu, conosci la causa fondamentale dell’agitazione, del male improvviso; dài ad essa la caccia, inseguila, vincila, non vacillare, non venir meno! Stai in guardia, non indietreggiare! Spiriti-signori dei luoghi gloriosi, dei fiumi [che sono] nonne-sovrane105, superfici screziate dei laghi, redini delle creste smaglianti dei monti, voi, audaci, ascoltateci! Siate nostra forza e nostro aiuto! Gli alberi curvati in avanti, i tre tronchi piegati di uno stesso anno: ecco la tua base106, mio tamburo. Con la massima rapidità, ti afferrerò, te, audace, inghiottirò; dopo aver[ti] munito di una pelle seccata, preparata una frusta screziata107 con la zampa anteriore di un giovane toro, viaggerò, sonoro, fino agli estremi confini del cielo! Il mio cammino è l’orlo della nube vermiglia, l’orlo dell’aurea nube dell’ovest; spiegando le ali, la testa in basso108, prendendo lo slancio, mi leverò in volo! Capovolgendo il tamburo, lo sciamano lo posa al suolo. Girando intorno

ad esso in ginocchio per tre volte, egli colpisce con la testa le nove protuberanze. Quindi si alza, afferra il tamburo e, tambureggiando, continua In questa regione lontana, oscura, dalla luce incerta, in questa terra celebrata in cui tu andrai errando, laddove i pini cantano, dove le erbe emettono un alto suono, dove le voci dei vinchi emettono il loro gemito, dove gli alberi muggiscono, dove i pioppi rintoccano e i salici risuonano, dove la terra produce una carice di ferro, nelle foreste impenetrabili in cui ogni cosa si perde, nelle valli selvagge in cui ogni cosa si smarrisce, tra queste erbe insidiose, tra questa foltezza selvaggia, dove nulla si può ritrovare, qui [hanno dimora] la signora della regione dalle narici butterate, Sibiä Syäydän la sciamana e Külük Süödär109. Voi, audaci, non pensiate di poter rendere loro visita, non cercate di entrare [presso di loro] per riderne! L’animale-madre, l’anima-madre110 di questa cosa audace, trasformata in mosca-tafano verde, oppure nella gialla ape, stretta alla vita, è forse volata attraverso la regione montuosa, si è forse recata presso Külük Süödär: vi prego, sapete voi questo? Lo sappiate voi o no, io non cambierò! Tu, designata dalle regioni di mezzo, grige, a ricevere sottomissione, a prestare sostegno, intrecciando gli alberi, aggrovigliando l’erba, ad essere una grande regione! Uyayax! Uyayax!111 Egli depone il tamburo e si sdraia sul dorso. In tale posizione egli «si immerge», cioè raggiunge il culmine dell’estasi; le mani e i piedi cominciano ad intrecciarsi come corde. Uno degli assistenti estrae un ramo da una scopa, la passa sui piedi e sulle mani dello sciamano; piedi e mani cessano di contorcersi. Continuando a volare, lo sciamano afferra con le mani l’anima del tamburo che se ne stava andando, la stringe nel pugno, la prende nella bocca e la mastica a lungo. Quindi si siede, afferra il tamburo e, tenendolo orizzontalmente, vi sputa l’anima, continuando a battere il tamburo da sopra col mazzuolo. Poi capovolge il tamburo, lecca il lato con la pelle tesa, vi si

siede e, battendo il tamburo, continua Vedo la corrispondenza, ho trovato il confronto! Sei diventato un tamburo rotondo, un tamburo che risuona! Ho incalzato, inseguito la tua anima-madre, l’ho masticata, mangiata, completamente inghiottita! Tu, audace, tu sei divenuto un animale da tiro, un cavallo da sella, amico, tu, illustre, glorioso strumento di difesa! Sii tu con l’unico occhio, con il becco adunco, servi il chiaroveggente sciamano bianco112, affinché egli sia per tutta la vita ardito e acuto, affinché per tutto un secolo non gli accada di vacillare, affinché per tutto un secolo i suoi piedi non scivolino! E quando, venuti da tutti i popoli della terra, gli sciamani in folla si raccoglieranno contro di noi, tu, tamburo, sii una corazza di ferro! Tu, audace, divieni una protezione di ferro! E se è stato deciso per me e per te di ottenere successo e ricchezza, percorrendo in dieci giorni il cammino accidentato, dalla bocca di uno stallone di sei erbe113, discesi dal suo palato mobile, ci lanceremo in alto! Che sia così! Ora lo sciamano si colpisce col mazzuolo diverse volte sulla testa, si strofina sul tamburo con le guance, con le spalle, con il ginocchio, quindi lo depone a terra, ancora una volta si strofina la guancia e dice Non c’è una moneta di rame da cinque copeche? La moglie dello sciamano gli tende la moneta. Egli la inghiotte e comincia a battersi il ventre col mazzuolo. La moneta inghiottita compare all’improvviso sul tamburo. Egli traccia con il bordo di essa una croce sulla pelle del tamburo, poi esce all’esterno, a liberare gli spiriti introdottisi in esso114.

CANTO PER IL RITO DI MALEFICIO

Viveva anticamente in Bogoronc lo sciamano Xaγïstāyï, il quale era opposto da inimicizia al capo dei sette ulus, Usuktāx Semyon. Quest’ultimo trasferì a forza lo sciamano in un altro villaggio. Xaγïstāyï si adirò molto e per tre giorni stette in preghiera, invocando presso Ilbis Xān vendetta contro il suo avversario. In seguito alle sue preghiere, sette uomini uscirono di mente. A lui si rivolsero un giorno degli uomini. Egli, allorché giunsero questi uomini, era sdraiato, coi soli calzoni e con un copricapo di pelle di cavallo in testa, su di una panca con le spalle rivolte al camino. Egli emetteva dei rantoli e non notò la presenza dei sopraggiunti. All’improvviso egli afferrò con le mani nude un tizzone ardente e cominciò a percuotere con esso il soffitto della iurta, intonando il canto di maleficio. La stessa notte, mentre lo sciamano maneggiava il tizzone ardente, il granaio di Usuktāx Semyon andò completamente bruciato. Usuktāx Semyon fu costretto a fare la pace con lo sciamano. Testo pubblicato in KSENOFONTOV, Xrestes, 63.

Non avete detto che è arrivato lo scriba di Baxsï115. Bāyϊsap116 il grassone, colui che con la mia grassa e tarchiata moglie era in rapporto di adulterio? Ehi, dove sei, figlia di Sax117, dalla voce tonante, figlia del diavolo, che si è messa sulla testa invece del cappello un grumo di sangue, un cerchietto di latte al posto dell’argenteo disco solare?118 Dove sei, tu dal pallido volto? E tu, Ilbis Xān, che togli agli uomini la ragione!119 Non mi avete dunque promesso di far discendere le fiamme dell’incendio sulla vasta Dūlaγa Xotun120 dalle rive coperte di fango? Dov’è finito tutto questo?

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI-SIGNORI DELLA IURTA

Era credenza degli iacuti che il benessere di un uomo e della sua famiglia dipendessero dalla disposizione degli spiriti-signori del focolare, inteso come centro sacro della vita nella iurta. Era usanza che la giovane, che lasciasse la casa paterna per andare sposa, chiedesse la benedizione degli spiritisignori (ičči) del fuoco e di altre parti della iurta. Testo pubblicato in Saxa narodun, 183-185 e ripreso in ALEKSEEV, Tradicionnye, 65-67.

Cocuzzolo canuto, barba canuta, forte tempra, raggio venerando, sembiante argenteo, petto grigio, tu che esplodi sonoro, nonno Ān Uxxam Toyon!121 Signore del palo principale122, capelli che scendono sulle tempie in senso trasversale123, Tuoraγay Baxsï, spirito-signore della iurta prospera, capelli radi, Iärägäy Baxsï!124 Spirito-signore della stalla confortevole, capelli legati, Xotoy Baxsï! Spirito-signore dell’aia, capelli ravviati, Tiärägäy Baxsϊ! Nuovo corso d’acqua125, una fanciulla innocente proprio a noi è giunta, per divenire membro della famiglia. Da un altro campo una fanciulla viziata proprio a noi è giunta, per divenire nostra figlia. Non pensiate di mandarla fuori, col dire: «Da un paese straniero ci è giunta una pianta di pietra»!126

Non pensiate di poterla molestare, col dire: «Da un paese straniero ci è giunta colei che ha la pianta di corteccia di betulla»! Mie nonne solari127, non guardate a lei con irritazione! Sorelle maggiori luminose128, non pensiate di evitarla! Le fanciulle, giunte per unirsi alla vostra famiglia, nascondete nelle vostre ascelle felici! La persona, giunta per imparentarsi con voi, ponete nel vostro seno dal futuro felice! Non conducete[la] lungo la via ammaliata129, fatta dalla stirpe degli abāsï; non mostratele] la via pericolosa, eretta dall’ulus degli invisibili!130 Non lasciatevi sopraffare da coloro che coltivano cattivi propositi, dovunque sulla terra! Non lasciatevi sopraffare da coloro che possiedono un cuore ingannevole, nella terra illuminata dal sole! Colei che è giunta, per divenire parte della famiglia, la vostra tenera fanciulla, accoglietela con amore, nutritela con dolcezza! Colei che è giunta per imparentarsi, la vostra onorata fanciulla, abbiatela in grande considerazione, fatela crescere felice! Affinché non le siate estranei, offriamo il cibo benedetto. Affinché non abbiate a provare invidia, offriamo un dono e preghiamo. Uruy ayxal! Uruy ayxal! Uruy ayxal! Invocazione indirizzata allo spirito-signore del fuoco. Testo pubblicato in Saxa narodun, 160, ripreso

in ALEKSEEV, Tradicionnye, 69.

Spirito-signore del mio focolare domestico!131 Piegate con umiltà le ginocchia dinanzi alle tue tre nere ombre, io prego: la mia anima kut e sür132 proteggi nel tuo largo, accogli nel tuo stretto133, signore, mio nonno!

Lo spirito-signore del fuoco domestico sotto il nome di Tämiäriyä Xān è il destinatario di quest’invocazione, pubblicata in ÉRGIS, Očerki, 178.

Spirito-signore del caldo fuoco! Letto di cenere, cuscini di carbone, coperta di cenere. Tempie incanutite, testa illuminata. Nostro vecchio zio Tämiäriyä Xān, mangia! Coloro che hanno il respiro freddo non lasciar entrare, coloro che hanno il respiro caldo non lasciar uscire! Guardaci e conservaci!

INVOCAZIONI ALLO SPIRITO-SIGNORE DELLA FORESTA Il culto dello spirito-signore della foresta (tïa tččitä), Bāy Bayanay, è legato alla venerazione della fertilità, dell’abbondanza, della ricchezza e in generale di tutto ciò che si riferisce alla vita. Oltre a Bayanay, figura centrale di tale culto era Ayïsït, simbolo - femminile - della fertilità per eccellenza. Bay Bayanay viene rappresentato come un vecchietto allegro, rumoroso, con capelli e barba grigi, simile d’aspetto, secondo alcuni, ad un tunguso, secondo altri, ad uno iacuto. Secondo Priklonskij e Troščanskij, di Bay Bayanay ve ne sarebbero sette. Secondo Jastremskij, essi sarebbero undici: nove fratelli e due sorelle. Ecco il mito di origine riportato da Jastremskij. Nei tempi antichi vivevano nove fratelli e due sorelle; essi erano poveri e vivevano unicamente della caccia. Allorché morirono, le loro anime si trasformarono in altrettanti Bayanay. I nomi dei fratelli sono: 1. Bāy xara tïa iččitä Bāy Bayanay baydam tutū baybarï bärimni kör sögölön «Spirito della ricca oscura foresta, ricco Bayanay, che concede abbondanza di animali da pelliccia»; 2. Öndölükü Bökönö «Colosso ricurvo»; 3. Ālïp Xandaγay «Gigante ardito»; 4. Dabï Soxxor Bökönö «Ricurvo che afferra lontano» [?]; 5. Kustux Tarbax «Dita tenaci»; 6. Kuralay Bärgän «Preciso come una freccia»; 7. Kuraγaččï Sǖrük «Veloce come il ciurlo»; 8. Čoču Kïlïsït «Corsiero su un solo piede»; 9. Sïrana Külük «Debole ombra». I nomi delle sorelle sono: 1. Itïk Subaydan «Venerabile cac-ciatrice»; 2. Tälläx Täliärimä «Con gli orli che svolazzano». Avviandosi alla caccia, al primo pernottamento nella foresta, i cacciatori iacuti accendevano il fuoco, versavano su di esso del burro e pronunciavano un’invocazione (testo a). Durante il cammino, di nuovo invocavano Bayanay, questa volta sotto il nome di Bāy Barïlax (testo b). Quando il cacciatore si accingeva a piazzare la balestra per l’alce, pronunciava un’altra invocazione (testo c). Testi pubblicati in IONOV, Dux-xozjajn lesa.

a. Tu che sei lo spirito-signore della ricca nera foresta, nonno mio Bāy Barïlax, guarda qui, sorridi, guarda là, prorompi in risa! Kuraγaččï Sǖrük, Kuralay Bärgän, Tuoyut Ärkin134, Tuoy Käsäx135, Ālïp Xandaγay, Sïrana Külük, Näk Bärgäsä136, Battax Sarïn137, con un banchetto cruento, Bāy Bayanay, nonno mio, con il burro della riserva tramite il fuoco compio un’offerta, ha-ha ha-ha, mangia dunque! Foresta che stai in alto, dai grossi alberi [piantati] nella propria terra, foresta oscura sulle montagne,

lïk Kïs col nero puledro, sorridi!138 Con il burro della riserva compio un’offerta, ha-ha ha-ha. A causa della vostra alta gloria, per la vostra rinomata importanza, possano i vostri ricchi doni accrescersi! Radunando [gli animali] dai lontani corsi d’acqua, facendoli scendere dal corso superiore dei fiumi, [gli animali] dai lunghi stinchi fermate nel mio sbarramento! [Gli animali] dal lungo pelo dirigete verso il mio sbarramento! [Gli animali] dal corso superiore di tutti i fiumi spingete! Ha-ha ha-ha ha-ha. Spiriti-signori di tutti i miei confini pieni di ruscelli, che si ingrossano dai piccoli fiumi, venite voi tutti, mangiate! Spiriti-signori della vegetazione, venite voi tutti, mangiate! Vorrei avervi tutti, affinché nessuno si offenda: venite e mangiate! Affinché non restiate insoddisfatti! Ha-ha ha-ha ha-ha. b. Spirito-signore della ricca oscura foresta, copiosa abbondanza, lussureggiante ricchezza, Battax Sarïn, Bāy Barïlāx, vecchio, vecchio, investito di un’importante missione! Un ricco banchetto è pronto nella foresta oscura; raggiungendo la foresta ben costruita, ho disteso ampio strame. Sono giunto ad invocarti col puro cibo giallo139; guarda qui, sorridi, guarda là, prorompi in risa! c. Spirito-signore della foresta oscura, avvicinati! Spirito-signore della ricca foresta oscura, Bāy Barïlāx, Battax Sarin, investito di un’importante missione; Kuraγaččï Sǖrük, Kuralay Bärgän,

Ālïp Xandaγay, Kökȫnöy che prepari il cibo140, Ingīr Ärbäx141, il cui cavallo è simile a un’ombra, mangiate! Nell’anno presente prendi posto alla tua tavola lussureggiante! Ferma [gli animali] nel mio sbarramento! Dirigi [gli animali] verso il mio sbarramento! Non farmi vergognare di fronte agli uomini come me!

RITUALE BARÏLĀX TARDAR Una caccia sfortunata o la sua cessazione completa sono il segno dell’ira dello spirito-signore della foresta, offeso a causa della violazione di questa o quella regola. In tal caso occorre offrire una vittima e con l’aiuto dello sciamano si cerca di «attirare Barïlāx/Bayanay» (Barïläx tardar, donde il nome del rituale), cioè di tenerselo buono. Viene preparata un’immagine (xoyguo) di Barālax, di legno intagliato, ed impastata con il sangue di un animale ucciso. Lo sciamano indossa un copricapo femminile di pelle (üčügäy tǖläx bärgäsä), una veste femminile di panno (bǖröktäx son), stivali di cinghie (bïalāx ätarbäs), prende nella mano sinistra la balestra con tutti gli accessori, nella destra una stretta cinghia (törgǖ). Egli si siede su di uno sgabello coperto di strame, appositamente preparato. La cinghia prende il posto del tamburo. Lo sciamano, agitando dolcemente la cinghia, comincia a cantare, rivolgendosi in ordine allo spirito-signore del fuoco, allo spirito-signore della iurta, agli spiriti-signori dei quattro pali portanti della stessa, allo spirito-signore del recinto, ed infine allo spirito-signore della terra, esprimendo il timore che essi, turbati per la mancata osservanza delle regole, possano infliggere una punizione, respingendolo con il fuoco-fiamma (spirito del fuoco), aprendo la porta della iurta alle avversità (spirito della iurta), scuotendo i pali e i sostegni della stessa (spiriti dei quattro pali por tanti), lasciando libero accesso nel recinto e nella stalla agli spiriti maligni (spirito del recinto), facendo scendere sulla terra gli spiriti maligni e permettendo loro di spadroneggiare (spirito della terra). Egli rivolge quindi un lungo canto allo spirito-signore della foresta. Testo pubblicato in IONOV, Dux-xozjajn lesa; tradotto parzialmente in LOTFALCK, Textes, 684-687.

O-o-o-o-o. Tu che sei lo spirito-signore della ricca oscura foresta, tu che possiedi molto, [investito] di un’importante missione, gaio nell’aspetto, Bāy Barïlāx, guarda qui, illumina il tuo volto con il sorriso! Tu che sei lo spirito-signore dell’oscura foresta bruciata142. tu che hai per cavallo un corsiero ben fatto, Kuralay Bärgän, guarda qui, sorridi! Tu che sei lo spirito della foresta ben costruita, uniforme, con l’ardore nei muscoli interni del tuo fianco, con il desiderio nei muscoli esterni del tuo fianco, Sarï Tanγalay Ālïp Sägäyän143, guarda qui, sorridi un poco! Tu che sei lo spirito-signore delle cime della foresta144, che hai per cavallo un puledro nero, Jïlïk Kïs, guarda qui, mostra il tuo largo volto! Tu che sei il Bayanay della mia trappola, vecchio Baltïsax Xān145, guarda qui, mostra il tuo largo volto! Voi che siete gli spiriti-signori della macchia minuta, novecentonove piccoli fanciulli146,

guardate qui, avvicinatevi rapidi! Voi che siete gli spiriti-signori del minuto germoglio sulle rovine dell’incendio, settantasette piccole fanciulle147, guardate qui, avvicinatevi rapide! Voi che siete gli spiriti-signori dei dirupi argillosi, figli e figlie di Mosol148, guardate qui, siate ombre rapide! Tu che hai come tua regione la foresta dagli alberi spessi, alta, oscura, per campo, l’oscura foresta bruciata, per terra, l’oscura foresta che cresce sulla montagna, per campo, l’oscura foresta dai rami nodosi, per capanna, un boschetto di betulle, per giaciglio, il bosco di caprifoglio, per dimora, l’oscura foresta, per luogo di nutrimento degli animali, l’oscura foresta dalle alte cime, per luogo di riposo degli animali, l’oscura foresta limacciosa, per recinto degli animali, l’oscura foresta coperta di ramaglia, per stazzo, l’oscura foresta, piana, grande, per propria dimora, la ricca oscura foresta, per casa, la foresta piana, ben costruita, per tetto, la spessa foresta di abeti, per luogo di riposo, gli alberi di ontano, per materasso, il raro vincheto, per guanciale, la ramaglia, per coperta, gli alberi privi di corteccia, per tavolo [per il cibo], la foresta di betulle con gocce di pioggia rimaste appese. Tu che possiedi un infinito numero di bianche, timorose fiere, cresciute lungo il corso superiore dei ruscelli, tu che possiedi un infinito numero di bianche, timorose fiere, cresciute su tutte le alture della foresta, che possiedi in quantità grosse fiere, cresciute al limite di ogni luogo, che possiedi fiere disperse, nutrite negli angoli lontani di ogni

terra, che [ci] rallegri con magnifica generosità, che ricompensi con ricca preda chi non si duole149, che, con illuminata sconfinata compassione, assicuri il tuo massimo sostegno, che possiedi una ricchezza a più strati, tu che sei lo spirito-signore della foresta oscura, Bay Bayanay, signore, nonno; è giunto il giorno di magnificare il tuo nome glorioso, famoso, tanto lontano quanto può correre un cavallo, è giunto il giorno di raccogliere su di te lodi che non possono perdersi. Signore, nonno, guarda qui, illumina il tuo volto del sorriso! È giunto il giorno di presentare a te, dal cuore, delle offerte; abbiamo preparato un banchetto tanto grande quanto profondo è un gorgo. È giunto il giorno di onorarti con il migliore, a lungo indimenticabile, banchetto; abbiamo aperto un bianco tavolo, della grandezza di un grosso abete, abbiamo messo le lussuose coppe verdi di vetro con il collo allungato, abbiamo versato in esse l’acquavite che inebria, abbiamo organizzato per te una cerimonia d’onore, con i migliori capi del nostro bestiame, abbiamo disteso uno spesso giaciglio di rami, molte cose abbiamo disposto sull’alto tavolo, ti abbiamo espresso la nostra gratitudine con un’immagine spalmata di sangue. Noi, che abbiamo la spina dorsale150, ci inchiniamo a te, e diciamo: «Egli - preghiamo - ci renda felici con i suoi [animali] dalle lunghe zampe», e diciamo: «Egli - preghiamo - ci rechi aiuto con i suoi [animali] che corrono veloci». Noi, che abbiamo l’atlante, ci inchiniamo, inclinando la testa da un lato, e diciamo: «Egli - preghiamo - ci dia ancora i suoi [animali] belli

d’aspetto». Noi, che abbiamo i trocanteri, ci abbassiamo e diciamo: «Egli - preghiamo - ci dia i suoi [animali] che corrono veloci, timorosi». Noi, che abbiamo le articolazioni, ci inginocchiamo. Ecco, a quest’offerta presentata dal cuore, al migliore, a lungo indimenticabile, banchetto, alla preghiera, di cui tu dovresti essere soddisfatto, tu non ritrarti con scontento stupore, ma riconosci [il nostro sforzo] dicendo: «Tramite un forte, irsuto sciamano designato dalla stirpe degli spiriti inferiori151 essi supplicano»! Non ti ritrarre con scontento stupore, ma riconosci [il nostro sforzo] dicendo: «Essi hanno incaricato lo sciamano designato dalla benefica stirpe degli otto spiriti buoni di supplicare così - Possa egli addolcire il suo152 pensiero adirato! -», ed ancora dicendo: «Essi hanno imposto di parlare allo sciamano designato dalla stirpe degli spiriti maligni del mondo superiore», dicendo infine: «Essi fanno molto pregare il puro, luminoso sciamano designato dai nove spiriti benefici in tal modo - Possa egli addolcire il suo pensiero adirato -»! Ecco, tu, canto da me cantato, tu, discorso da me pronunciato, trasformatoti in pietra prodigiosa153, tu, parola da me detta, divenuta viva, mutati in ämägät154 veloce di corteccia di betulla, grande come un bambino di due anni; aprendoti la via dall’alto in basso attraverso il suo155 forte cocuzzolo, provvisto di un cerchio, trovando la via attraverso il suo midollo spinale, bianco, diritto, entrando, trovando la via attraverso i legamenti del suo cuorepietra156, commuovendo il suo possente cuore ovale, scuotendo il suo forte fegato nero, scarificando i forti muscoli della sua anca, ammorbidendo le sue ossa, provviste di aperture157,

costringilo a parlare la sua lingua158. Ora lo sciamano si alza e cammina avanti e indietro lungo il lato meridionale della iurta. Si arresta e continua costringilo a parlare alla maniera degli uomini, costringilo a parlare in iacuto, costringilo a parlare in uriangxai! Bay Bayanay risponde per bocca dello sciamano Ha-ha-ha, orsù, infine, parlerò alla maniera degli uomini! Ha-ha-ha, orsù, parlerò in iacuto! Ha-ha-ha, orsù, converserò in uriangxai! Ha-ha-ha, come non addolcire il mio pensiero adirato! Ha-ha-ha, come non ammorbidire il mio pensiero scontento! Ha-ha-ha, come non addolcire il mio pensiero indisposto! Ha-ha-ha. Il capo famiglia ride e prende a cantare Signore, nonno, canta un canto di felicità, canta un canto che si realizzi, pronuncia un discorso che arrechi felicità e vai via! Ha-ha-ha. Bāy Bayanay, per bocca dello sciamano, risponde Ha-ha-ha, per il mio giovane cacciatore, come non trattenere i miei [animali] dalle lunghe tibie nel tuo sbarramento! Come non essere generoso dei miei [animali] selvaggi dal pelo scuro nel tuo cappio! Ha-ha-ha, come non essere generoso dei miei [animali] grassi! Ha-ha-ha, come non ripagar[vi] dei miei [animali] dal pelo spesso!

Ha-ha-ha, come non spingere i miei [animali] dal pelo azzurro! Ha-ha-ha, orsù, confermo le mie parole per il giovane cacciatore, pronunciate perché durino a lungo! Ha-ha-ha, i miei [animali] dalle lunghe tibie! Lo sciamano allunga la mano con quattro dita raddrizzate; ciò che equivale a dire che Bay Bayanay ha promesso quattro alci. Quindi dice Ha-ha-ha, per rendere immutabili le mie parole, pronunciate perché durino a lungo, datemi un tüöräx159, ha-ha-ha. Porgono allo sciamano un cucchiaio tüöräx; lo sciamano lo lancia Ha-ha-ha.

INVOCAZIONE DURANTE IL RITO DI «NUTRIMENTO» DELLO SPIRITO ÄHÄKǞN

Āhäkǟn («Vecchietto») è un altro nome di Bayanay. Egli veniva rappresentato nella forma di un anello ovale di aspetto irregolare, in osso o legno. Allorché il cacciatore aveva successo nella caccia uccidendo un cervo o un alce, tornando a casa, ungeva l’anello con grasso e legava ad esso le sue offerte, consistenti nella mandibola inferiore dell’animale ucciso e nel grasso delle sue giunture. Durante tale rito di «nutrimento», lo spirito veniva pregato con un’invocazione. Il testo qui tradotto venne raccolto dalla voce dell’ex-sciamano Matvej Grigorev (Mapasa), di 73 anni; pubblicato in GURVIČ, Oxotnič’i obyčai, 83-84, tradotto in ID., Cultic Objects, 482-483.

Spirito del sacro fuoco, mangia, spirito del mondo, saziati. Generoso Ähäkǟn, possa tu essere soddisfatto. Figlio Ähäkǟn, rampollo Äläsin160, figlia Sinkän161, Sinilikǟ Kuo162, Bay Bayanay ricco di smaglianti riccioli, veloce sciatore, agile, dall’abile colpo. Tu, xoyguo cosparsa di sangue163, possano le tue ricompense giungere a compimento, possano le tue azioni essere pietosamente generose. Sul mio cammino invia i tuoi [animali] di bell’aspetto, dalle esili zampe, fai crescere i tuoi [animali] dalle belle corna ramificate. Ammorbidisci i cuori di coloro che hanno fame con grasso, scaldali con grasso di midollo crudo, rallegrali dopo averli scaldati con grasso. Fai sì che io trovi [gli animali] nella tua foresta solitaria, guidali verso i confini della foresta, sul mio cammino, guidali verso la mia balestra. Sorridi guardando di là, sorridi guardando di qua. Vecchio Ähäkǟn, mangia, mangia a sazietà! Rallegrati e sii contento!

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO-SIGNORE DEL LAGO

Prima della pesca, si offrivano allo spirito-signore del lago pezzetti di cibo e veniva pronunciata la seguente invocazione. Testo pubblicato in Saxa narodun, 163, ripreso in ALEKSEEV, Tradicionnye, 60.

Avendo un vasto fondo, largamente sorridente, nonna mia164, dinanzi a te, io sto, gettata la mia piccola cesta sulle spalle, infelice vecchio pescatore. Ti prego, tu che possiedi un’acqua scintillante, spirito-signore dell’azzurra illimitatezza, che possiedi un giaciglio di limo, un cuscino di fango, una coperta di muschio, felice, ricco, signore, vecchio! Le mie novecento165, appuntite nasse, i grossi carassi, fino all’orlo riempiendo, concedi! Nelle mie settanta forti reti carassi scelti infilza e concedi! È diventato duro sostentare la famiglia; non trovo cibo, ecco sta per giungere il tempo della vecchiaia e della fragilità. Nonna mia, largamente sorridente, se tu vuoi, puoi concedere il nutrimento! Spirito-signore dell’azzurra illimitatezza, se tu vuoi, puoi concedere il nutrimento! Supplico! Supplico!

DUE INVOCAZIONI ALL’AQUILA

L’aquila godeva di particolare venerazione presso gli iacuti. Se una aquila volava sul tetto di una iurta, il padrone di essa doveva nutrirla. Trovando un’aquila morta o uccidendola involontariamente, uno iacuto doveva seppellirla, secondo il costume iacuto, sull’aranyas (sorta di sepolcro posto su di un albero). In tale occasione ci si rivolgeva ad essa con una breve invocazione. Testo pubblicato in IONOV, Orel.

Vola alta verso il luogo donde sei venuta, non far ritorno in questo mondo! Ho disposto sull’aranyas le tue ossa di rame, ho sollevato le tue ossa d’argento! L’aquila (xotoy) era considerata un tanyara, cioè uno spirito protettore, così come altri animali: il cigno (kuba), il corvo (suor), la cornacchia (turāx), il cincillà (moγotoy). Ciascun clan aveva il proprio tanγara. Le espressioni, frequenti un tempo fra gli iacuti, quali toyon (xotoy) tanyaralax («che ha l’aquila come protettore») e toyon (xotoy) törüttǟx («nato dall’aquila»), starebbero ad indicare un legame tra il culto dell’aquila e il culto degli antenati. Ad una giovane iacuta occorse di dover passare a cavallo il fiume Tattu, affluente dell’Aldan, in primavera, quando le scorte invernali di fieno erano ormai esaurite e la nuova erba non era ancora cresciuta. Passato il fiume, ella passò la notte nella iurta di uno iacuto, il quale però non aveva da sfamare né lei, né il suo cavallo, così che fu costretta a riprendere il cammino senza aver toccato cibo. Ella doveva compiere ancora molta strada in una regione completamente deserta. L’abbondanza dell’acqua primaverile la costrinse a fare continue deviazioni; in tal modo ella allungò di due volte la strada da percorrere. Sfinito e affamato, il cavallo crollò ed ella dovette continuare a piedi. Presto anche le sue forze cominciarono a venir meno. Alzando gli occhi, ella vide dinanzi a sé a terra un gallo cedrone, e poco oltre, un’aquila posata su di un albero. Ella comprese che l’aquila aveva voluto aiutarla facendole trovare il gallo cedrone; inchinandosi tre volte, le si rivolse con una invocazione. Testo pubblicato in IONOV, Orel.

Aquila, mio ayϊ, signore nonno! Sia questo l’incontro pietosamente da te preparato nel vedermi, me indebolita lungo il cammino, o signora dalle nove angolosità!166 Non adirarti nelle future generazioni, non considerarmi [donna] di stirpe straniera che, sminuendo i tuoi meriti, abbia allungato le sue dieci dita, e non ricordare in alcun momento questo come un’offesa! Mio ayϊ immutabilmente venerato, sia questo il tuo gioioso incontro, preparato per me al fine di salvarmi, allorché tu sai che io vado, stanca, per la mia strada, o signora dalle otto angolosità!

Non sdegnarti nelle future generazioni, non considerarmi [donna] di stirpe straniera che, offendendoti, ti abbia causato noia, e non ricordare in alcun momento questo come un’offesa! Immutabile mio signore, nonno, non considerarmi straniera!

INVOCAZIONE ALL’ORSO

L’orso era oggetto di un culto particolare presso gli iacuti non diversamente da quanto avveniva in tutta la Siberia (e non solo, a voler solo considerare l’enorme diffusione della «festa dell’orso» e delle rappresentazioni ad essa legate in aree tanto lontane tra di loro come l«America settentrionale, i Pirenei e l’Europa orientale). Incontrando casualmente un orso, ad esso ci si rivolgeva con un’invocazione. Testo pubblicato in Ionov, Medved’.

Signore zio, non ho calpestato il tuo largo cammino, né io né i miei antenati abbiamo errato lungo il tuo cammino. Modera la tua ira! Sono privo di padre e di madre, sono così sfortunato, sono tanto misero! Se tu volessi ritirarti nel profondo della foresta, come una crepa nel legno, se tu volessi allontanarti solo per la larghezza di un piede, allora ti ammorbideresti come il fegato del gado, diverresti simile ad una soffice piuma di zibellino. 1. Sono gli ayï, gli spiriti celesti (lett. «principio buono»), benefici, contrapposti agli abāsī, malefici spiriti infernali. 2. Allusione alle diverse fasi della cerimonia. 3. In realtà, sembrerebbe trattarsi, a giudicare da quanto affermato nella quarta invocazione, di un ïsïax estivo; non c’è però contraddizione, considerando quest’accenno alla primavera come una premessa al fiorire della natura estiva. 4. Forse il nome dell’organizzatore. 5. Cinte cioè della criniera del cavallo sacrificale. 6. La suprema divinità celeste, «Bianco Creatore Signore»; egli abita il settimo (o nono) cielo. 7. Cioè simile ad un pelo di seta (!). 8. Creatore e dispensatore di cavalli, abitante la regione est del cielo. 9. Cioè contenente kïmïs. 10. Protettrice dei cavalli. 11. Ürüng Ayï Toyon. 12. Il primo sciamano «bianco” (ayï oyun), suo figlio maggiore. 13. Cfr. quanto detto alla n. 3 di p. 266. 14. Che si innalza cioè verso il cielo azzurro. 15. Parole intraducibili e di cui si ignora anche il significato approssimativo; la Lot-Falk propone di vedere in essi i nomi di due tecniche, forse relative all’allevamento. 16. Eroe culturale degli iacuti, che una leggenda fa venire dal sud; navigato il fiume Lena, egli avrebbe posto la sua dimora nella regione della futura Jakutsk ed avrebbe preso in sposa la figlia del ricco Omoγoy, di cui avrebbe ereditato i beni. Perfezionando le tecniche dell’allevamento, egli istituì il rituale ïsïax insieme al culto degli ayï.

17. Orto doydu, è la terra abitata dagli uomini. 18. «Generosa», divinità degli animali provvisti di corna. 19. Divinità che veglia sulla moltiplicazione degli uomini, talvolta assimilata a Kubay Xotun, sposa di Ürüng Ayï Toyon e, nella riconcettualizzazione degli iacuti cristianizzati, alla madre di Dio. 20. Divinità del fuoco, assai venerata presso gli iacuti, raramente però invocata sotto questo nome. 21. «Viva, agitante», spirito-signora della casa. 22. Divinità della caccia. Si vedano più oltre le invocazioni a lui rivolte. 23. Allusione al tiro con l’arco? 24. Nella cosmologia iacuta sette (o otto) sono i cieli (o strati cosmici). 25. Passaggio enigmatico; forse da intendere nel senso di «provvisti di intelletto che illumina l’oscurità del mondo circostante». 26. Cioè formati secondo natura. 27. Nälbäy Iäyäxsit veglia sulla moltiplicazione degli uomini. 28. Recipiente in legno contenente kïmïs. 29. A conclusione della cerimonia vera e propria, conoscenti e parenti si stringono in cerchio, si prendono per mano formando una catena e al grido di goyu, goyu! si allargano progressivamente. Uno prende a cantare, mentre gli altri gli fanno coro. 30. Esclamazione, come le seguenti e come molte altre presenti nella letteratura sciamanica iacuta, verosimilmente facente parte della «lingua segreta» degli sciamani. 31. Ayïsït. 32. Iäyäxsit veglia anche sulla moltiplicazione dei cavalli, oltre che degli uomini. 33. Cioè il provento della caccia non è sufficiente. 34. Espressione enigmatica, che sta comunque ad indicare una qualche carenza nella comunità. 35. Cioè si prepari una festa in onore delle divinità. 36. Esclamazione frequente nei testi sciamanici, dal significato approssimativo di a «orsù, evviva!»; appartiene alla «lingua segreta» degli sciamani. 37. È il nome dello spirito-signora della terra. 38. Questa e le espressioni che seguono equivalgono a dire «assicura la tua protezione contro le avversità». 39. Cioè in ogni circostanza. 40. Lo spirito maligno. 41. Cioè senza doni e quindi pericolosi. 42. Lo straniero. 43. Lett, «grande»; Ärilik assomma in sé qualità maschili e femminili. 44. Espressioni per dire «alla generazione attuale, a noi». 45. Da intendere come simbolo fallico. 46. Toyon «signore», Xotun «signora» (turco-comune qadïn). 47. Rappresentano simbolicamente la purità rituale degli spiriti adiutori che accompagnano lo sciamano nel suo viaggio. 48. In realtà anche le fanciulle dovrebbero essere nove. 49. Cioè permettere il passaggio allo sciamano. 50. Espressione enigmatica. 51. Kustuk kurduk kuosanan, lett. «Sono divenuto simile a freccia da guerra». 52. Cioè negativamente. 53. Bïarïm mańńïyan barda, lett. «Il mio fegato ha cominciato ad ammorbidirsi». 54. Üösüm sülüyän barda, lett. «La mia bile ha cominciato a riposarsi». 55. È il burro offerto agli spiriti. 56. Riferito allo spirito, possa cioè avere una buona disposizione nei suoi confronti. 57. Lo sciamano mette alla prova la lealtà dello spirito.

58. Questo e i successivi sono nomi di antenati sciamanici. 59. Riferito al malato. 60. Il plurale comprende lo sciamano e gli spiriti adiutori. 61. Bütäy bäyäbin asayas ättäbittärim, lett. «rendete me, che ho il corpo chiuso, un uomo con il corpo aperto». L’espressione sta ad indicare la particolare disposizione del corpo dello sciamano, rispetto a quello degli uomini normali, a ricevere in sé gli spiriti. 62. Per dire tutti gli ulus (confederazioni tribali) del popolo iacuto. 63. L’esercito degli spiriti maligni. 64. Cioè in cui giunge la morte. Il defunto veniva fatto uscire dalla parte occidentale - posteriore della iurta. 65. Al uotta (uot «fuoco»; turco-comune ot) sta ad indicare il focolare come centro della vita spirituale della famiglia e della comunità. 66. Riferito allo sciamano. 67. Cioè fai attenzione a non uscire perdente dal confronto con me. 68. Lo spirito manifesta di essere di sesso famminile. 69. Signore della guerra e della sete di sangue. 70. Per «uomo» nel testo viene usato il termine urangxay (sott, kisi «uomo, persona»), con cui in epoca presovietica venivano designati gli iacuti. 71. Cioè in modo chiaro, inequivocabile. 72. Forse la sifilide, il «terribile spirito di una donna russa» nella concezione iacuta; ella ha nove sorelle ed abita una ripida roccia lungo la Lena a nord di Jakutsk. 73. Il fuoco. 74. Vestito di pelliccia. 75. «Una delle anime reincarnate dello sciamano» (Popov). Luo l’animapesce, è resa iacuta del mon. luu (< cin. lung «drago»), designante originariamente qualsiasi specie di animale fantastico a scaglie, serpente o pesce. 76. Otto è il numero sacro presso gli iacuti. La terra ha otto confini, l’albero cosmico ha otto rami. L’otto si associa inoltre al sesso femminile, mentre il nove a quello maschile. 77. Il tamburo veniva abitualmente costruito a partire da un albero rivolto verso est. 78. L’universo viene rappresentato in forma animale. 79. Essa è in realtà ovoidale. 80. L’associazione tamburo-lago si incontra frequentemente nei testi iacuti. L’espressione «che gela in un istante» fa venire alla mente l’immagine di uno dei figli di Arsan Duolan, signore del mondo inferiore, un ciclope dall’occhio «simile ad un lago gelato». 81. In realta esso è ovoidale. Forse in origine esso era rotondo, come quello mongolo, ed avrebbe assunto in seguito l’aspetto ovoidale sotto l’influsso tunguso. 82. Disco metallico, appeso alla schiena dello sciamano, e raffigurante il seggio su cui questi si innalza al cielo; lo stesso termine designa i dischi del sole e della luna o semplicemente i sonagli. 83. Protuberanze cave, presenti solo sui tamburi degli sciamani più illustri, corrispondenti alle «gobbe» del tamburo teleuto. 84. «Erba» è sinonimo di «primavera» cioè «anno». In realtà la pelle è di un animale di tre anni; le variazioni sono unicamente di natura poetica. 85. Sul fiume delle malattie navigano i morti, diretti verso il mondo inferiore. 86. Dimora estiva un tempo in uso presso gli iacuti, distinta dal čum (tenda abituale dei cacciatori nomadi), in quanto solidamente costruita e ricoperta di un doppio strato di corteccia di betulla decorata. 87. Si tratta qui di una particolare categoria di abäsï. 88. Ürüng AyÏ Toyon. 89. Divinità malefiche, forse una categoria di abast. 90. «Ornamento poetico del discorso; non esiste anima-padre» (Popov). Ciononostante, forse qui lo

sciamano vuole esprimere la duplice natura, insieme maschile e femminile, dell’anima androgina. 91. Sicuro di sé, il tamburo-cavallo voler in compagnia dei tre uccelli, spiriti adiutori dello sciamano. Di essi, la beccaccia e il cuculo assicurano il rapporto col mondo superiore, il tuffolo con il mondo inferiore. 92. Generica allusione alle difficolt che lo sciamano incontrer in futuro. 93. In iacuto propriamente ur¡ngxay. Cfr. n. 5, p. 290. 94. La lunghezza dei capelli è simbolo di forza. 95. Il proclamare il proprio potere apertamente e con compiacimento è contro le regole abituali dello sciamano. 96. Tre sono le anime kut nelle concezioni degli iacuti: iyä kut «animamadre», buor kut «animaterra», salyïn kut «anima-aria». Nell’uomo, l’animamadre abita il cuore. La sua essenza o la cattura da parte degli abäsï provoca la malattia o la morte. Dopo la morte, essa diviene üör, anima assetata di vendetta contro i vivi. Qui l’anima-madre è quella principale, il principio intelligente. 97. «Va realmente inteso questo passaggio come l’annuncio di un doppio attacco, diretto prima contro l’anima-madre del tamburo da parte dello sciamano, mutato in renna, e contro il tamburo stesso da parte dello sciamano mutato in toro? Vi vedrei piuttosto delle variazioni su di un’unica azione […]» (Lot-Falck). 98. Si riferisce al larice. 99. Passaggio di difficile interpretazione. È forse un’allusione alle future missioni che occuperanno lo sciamano e il tamburo nel mondo inferiore, la «regione dalle erbe che si piegano». 100. Xara Suorun Toyon «Nero signore inflessibile», fratello di Ulū Toyon («Grande signore»), la suprema divinità degli sciamani, creatore del fuoco, capo degli abàsï dell’ovest, che abita il terzo cielo. 101. Sono ancora le istruzioni di Xara Suorun, il quale si rivolge allo sciamano dopo essersi rivolto al cavallo, ingiungendogli di uccidere «l’animamadre di questa cosa qui», cioè del tamburo. 102. Qui terminano le istruzioni di Xara Suorun. Quanto segue viene pronunciato dallo sciamano per proprio conto. 103. Orsi e lupi sono spiriti adiutori dello sciamano. 104. Gli spiriti maligni. 105. La Lot-Falck traduce «Delle nonne-sovrane dei fiumi», il che mi sembra impreciso. 106. Cioè la tua cassa. 107. Il mazzuolo. 108. In quanto diretto verso il mondo inferiore. 109. Personaggi enigmatici. La signora della terra Sibiä Syäydän non dovrebbe abitare qui. Divinità benefica, protettrice della vegetazione, ella ha dimora sulla terra, nelle betulle più belle. Forse è da vedere in lei l’omologa della sciamana celeste, Ari Darxan, presso la quale lo sciamano superiore riceve la propria educazione? La Lot-Falck propone di avvicinare Syäydän al samoiedo sjadaj e al dolgano (samoiedo iacutizzato) saytan, deformazioni di šaytan (< r.) «Satana». Külük Süödär è altrettanto problematico. Di loro si apprende più sotto che non si deve riderne. 110. All’occorrenza animale-madre e anima-madre sono sinonimi. 111. Questi ultimi quattro versi risultano assai oscuri. Lo sciamano si rivolge senza dubbio al mondo inferiore verso cui egli si dirige. Le regioni grige, di mezzo, sono gli strati terrestri, che sovrastano l’universo sotterraneo. 112. Quanto precede contraddice tale qualifica. Qui la distinzione tra i due tipi di sciamano viene evidentemente a cadere. Conferma del carattere secondario e tardo della distinzione tra sciamani «bianchi» e «neri». 113. Cioè di sei anni. Si tratta forse del nuovo tamburo? 114. Il segno di croce tracciato sulla pelle del tamburo è un atto di congedo dagli spiriti, o forse null’altro che un semplice gesto di protezione, di origine cristiana? 115. Villaggio vicino a Bogoronc.

116. < r. Baišev. 117. Essere demoniaco per eccellenza. 118. Lo sciamano invoca gli spiriti infernali, elencandone le mostruosità quasi fossero attributi di vanto. 119. Ilbis Xān, in quanto divinità della vendetta e della sete di sangue, era ritenuto responsabile della perdita della ragione. Ilbis è sicuramente da avvicinare a albas, per cui v. n. 5, p. 308. 120. Fiume non identificato. 121. Spirito non meglio identificato di una qualche parte della iurta. 122. Il palo centrale che sostiene la iurta. 123. Tuora čančïk; espressione anigmatica. 124. Altro nome di Tuoraγay Baxsï. 125. La fanciulla è paragonata ad un ruscello di recente formazione che va ad alimentare il corso d’acqua principale, cioè la sua nuova famiglia. 126. Espressione che vale «inutile, di poco valore», come quella successiva. 127. Spiriti-signori di sesso femminile non meglio identificati. 128. Vale quanto detto a proposito delle «nonne solari». 129. Per «ammaliata, stregata» il testo ha albastāx, aggettivo formato a partire da albas «astuzia, scaltrezza a fini magici» forse da avvicinare al nome del demone Albastï (per cui v. la nota 14 di p. 356). 130. Gli spiriti maligni. 131. Tre sono i nomi sotto i quali principalmente era venerato lo spirito-signore del fuoco: Āl Darxan Toyon, Āl Uxxan, Tüöna Monγol. 132. Per l’anima kut vedi n. 6, p. 298 della Animazione del tamburo. L’anima sür corrisponde all’anima tïn degli aitai. 133. Espressione già incontrata, a significare «in ogni circostanza». 134. Altro nome di Bayanay, di oscuro significato. 135. Altro nome di Bayanay, di altrettanto oscuro significato. 136. «Copricapo spelacchiato». 137. «Capelli sulla spalla». 138. «Fanciulla slanciata»; altro nome di Bayanay femminile. 139. Il burro. 140. Appellativo di Bayanay. 141. Altro nome di Bayanay, in cui il secondo termine significa «pollice». 142. Bruciata per dar la caccia agli animali? Non sembrerebbe verosimile, vista la grande cautela manifestata dal cacciatore iacuto nei confronti dell’animale e della foresta. L’espressione resta enigmatica. 143. Bayanay femminile. 144. Cioè degli alberi che si innalzano sopra agli altri. 145. Baltïsax «freccia dalla punta smussata». 146. I figli di Mosol. 147. Le figlie di Mosol. 148. Mosol/Mohol (lett. «ostacolo») è lo spirito personificato degli ostacoli che nella foresta si frappongono al buon esito della caccia. 149. Chi non è impaziente delle difficoltà che lo spirito invia quasi a mettere alla prova il cacciatore fiducioso in lui. 150. Questa e le espressioni dei versi successivi (noi che abbiamo l’atlante, i trocanteri, le articolazioni) stanno ad indicare gli «uomini». 151. Del mondo inferiore. 152. Di Bāy Bayanay. 153. Sata corrisponde alla pietra magica (in particolare «pietra della pioggia») yada degli altri popoli

turchi. 154. Spirito adiutore dello sciamano. 155. Di Bāy Bayanay. 156. Tās süräyi; il cuore assimilato (per massa o per durezza?) ad una pietra. 157. Per i vasi sanguigni. 158. Cioè a parlar chiaro. 159. Sott. xamïyax «cucchiaio per la divinazione»; corrispondente alla coppa nel rito di divinazione detto alla presso gli aitai. 160. Altro nome di Ähäkǟn/Bayanay. 161. Sinkän (in tunguso Singkän) è lo spirito della caccia degli evenchi. 162. Altro nome di Ähäkan. 163. Cfr. quanto detto nell’introduzione del rituale Barïlāx tardar (p. 314). 164. Al solito, come in tutta la Siberia, uno spirito è tanto maschile quanto femminile. 165. Per dire «senza limite». 166. Più sotto l’aquila è pure detta «signora dalle otto angolosità»; espressioni che tendono a mettere in risalto la caratteristica spigolosa, angolosa (segno anche di forza e maestà) dell’animale.

SCIAMANICO-ISLAMICI

KAMLANIE DI BAQSЇ CASAKHO Testo pubblicato in CASTAGNÉ, 70-101. Allorché uno sciamano (baqsϊ) veniva chiamato per guarire un malato presso i casakhi, egli rendeva una prima visita al malato, lo esaminava, tastava, osservava a lungo e, se giungeva alla conclusione che uno spirito maligno si era impossessato di lui, ordinava immediatamente di trovare uno o due montoni ben grassi, quindi si ritirava, non senza aver prima indicato il momento in cui sarebbe tornato a curare il malato. Se i montoni destinati al sacrificio non sembrano sufficienti, il baqsï può far sostituire ad essi un cavallo o dei capri; d’altra parte, egli può accontentarsi di polli, piccioni, lepri. La kamlanie aveva come scopo di permettere alla malattia di abbandonare il suo rivestimento carnale e rifugiarsi nel corpo di un altro essere vivente. A tal uopo possono servire crani di cammello, di cane o di cavallo, oppure delle immagini di legno che il malato tiene in mano. I crani venivano in seguito disposti al crocevia di qualche sentiero nella steppa o in un campo. Guai a chi avesse toccato questi oggetti esorcizzati, ricettacolo di malattie. Nel giorno e all’ora convenuti, il baqsï si presenta al malato. In una mano egli tiene un lungo bastone ferrato, detto asa, sul quale si appoggia; nell’altra, un sacco di feltro in cui è custodito uno strumento musicale, che può essere un tamburo di piccole dimensioni (dabïl), una sorta di violino monocorde (qobuz), o una sorta di piccola chitarra a due corde (dombra). Prima di dare inizio alla seduta, il baqsï ordina di portare nella tenda del malato alcuni oggetti di ferro, da far arroventare sul fuoco: una spada, un pugnale (xanǧar), una mazza, una frusta spessa e corta, uno staffile e un dabϊl. Quando tutto è pronto, il baqsϊ fa sedere i suoi aiutanti in circolo. Il malato viene posto al centro ed a lui si dà da tenere l’animale destinato al sacrificio; in caso di malattia grave, l’animale viene tenuto da uno degli aiutanti dello sciamano. Avvicinandosi all’animale, egli indica brevemente in quale forma deve compiersi la cerimonia del sacrificio e, fatti alcuni passi indietro, trasferisce nell’animale lo spirito maligno. Rivolgendosi poi agli aiutanti, egli ordina di lavare il malato con il sangue caldo della vittima. L’animale viene immolato; il baqsϊ, il più delle volte egli stesso sacrificatore, tiene il malato sotto il getto del sangue di cui asperge gli aiutanti. L’animale sacrificato viene arrostito o bollito e la sua carne, ad eccezione dei polmoni tolti prima, viene divisa tra gli aiutanti ed i numerosi presenti. Aprendo la seduta, il baqsϊ comincia a camminare accanto al malato, con in mano il qobuz (o la dombra o il dabϊl). Dopo un poco, egli intona un canto di infinita tristezza accompagnandosi con il suo strumento Il Corano inizia con bismillah1,

äl-hamd2 inizia con bismillah, ogni azione inizia con bismillah, ogni pasto inizia con bismillah; io mi sono messo in cammino dopo aver pronunciato bismillah, ho concluso il mio cammino dopo aver pronunciato bismillah. Nel nome di bismillah presta soccorso al malato! O tu, protettore dei contadini, venerato profeta Adamo! Esaudisci la mia preghiera! O tu, protettore dei naviganti,

Santo3 Noè profeta! La mia preghiera, mio Dio, esaudisci la mia preghiera! Tu che non sei stato bruciato dal fuoco di Nämrod4, venerato profeta Abramo! La mia preghiera, mio Dio, esaudisci la mia preghiera! Ya Allah, ya Allah!5 Ya Allah, ya Allah! Ogni azione inizia con bismillah! Le prime parole del Corano sono bismillah! Guida la mia azione, creatore onnipotente, Dio unico! Girerò intorno a te6, o Allah! Se tu mi sostieni, io sono pronto. Il baqsï si interrompe per chiedere agli assistenti di ripetere con lui la formula Lā ilāha illā ’llah «Non c’è altro Dio all’infuori di Allah». Si rivolge quindi allo spirito maligno con minacce Ehi, demonio7, cosa fai dunque e perché non te ne vai di qui?

Possibile che tu ancora non mi conosca? Te lo voglio mostrare; cosa ti occorre? Per quanto tu ti faccia beffe e dica: «Cosa mi può fare?»; ehi, demoni, demoni! Prendete dunque questo polmone e andatevene con questo dono. Non uccidere questa donna8, e non farle alcun male. Non è che una donna; tu certo sei infelice col tuo unico occhio9, non la vuoi dunque lasciare? Se non mi ubbidisci e se non te ne vai subito laddove è la tua dimora abituale, si lanceranno al tuo inseguimento i numerosi spiriti degli antenati. Se non te ne vai di qui, se non esci dalla mia vista, ti brucerò i capelli,

ti taglierò la testa, essere infido! Forse che i polmoni di montone non vi10 bastano? Forse che non si possono considerare polmoni? Se non prendi i polmoni e non te ne vai di qui, io non resterò a guardare, sguainerò la mia spada e, insieme ai giganti11, mi getterò su di te e ti distruggerò. Il baqsï si rivolge agli assistenti affinché pronuncino di nuovo la formula Lā ilāha illā ’llah. Coloro che si trovano nella tenda ripetono in coro l’invocazione più volte, finché il baqsï non aggiunga Allah hu! «Egli è Allah», ripetuto dagli assistenti. Il baqsï passa quindi ad invocare i santi O Suläymän12, che hai la tua dimora alle sorgenti del fiume13!

O Qorqut, che hai la tua dimora alla foce del fiume14, allontana le sventure! O mio pir15, vieni presto qui! Di questo sventurato malato, indovina ciò che lo fa soffrire, mio pir! Santi che abitate la terra, santi che abitate i cieli, santi dell’ovest, santi dell’est! Diecimila16 santi del Turchestan, innumerevoli santi di Samarcanda, trenta santi di Otrar17, dei quali il più vecchio è Arslan Bab18, il più giovane è Alasa Qaf19, imploro il vostro soccorso! O santo Qazï Qurt Ata20, o Kängraq21 che ti trovi dalla parte opposta, o Qaraq22 che ti trovi da questa parte, implorerò il vostro soccorso! Hu Allah!23 O santo Qaramurt Ata24, o Bäktan Ata25, Bäk Ata26, o Bägič Ata27, sorreggimi!

O santo Čaqbaq Ata28, o santo Qočqar Ata29, imploro il vostro soccorso! Hu Allah! O santo Tülki Bas30, o santo Auliä Ata31, o santa Ayša Bibi32, imploro il vostro soccorso! O santo Täk Turmas Ata33, o venerabile Qaraxan34, sorreggimi! Hu Allah! O venerabili čiltän35, sorreggetemi! Girerò intorno al tuo nome36; guida a buon fine la mia preghiera! Io imploro il vostro soccorso! O Šäyx Burxi diuana!37 Hu Allah! O tu che espelli gli arvax-ǧinn38, che riduci all’ubbidienza i demoni, o mio pir prediletto, convocali tutti qui! O tu che dal cielo lanci carboni, che fai arroventare il ferro senza bisogno del fuoco! Con il mantice che risuona, mentre il martello colpisce l’incudine; o tu, mio pir, valoroso David39, aiutami! Se tu mi aiuti, eccomi pronto! O trono di Suläymän, accordami il tuo sostegno! O Sunaq Ata40, guida la mia azione; non sei forse tu il mio pir prediletto? Valoroso Maqam!41 A te ora di aiutarmi! Se tu mi aiuti, io sono pronto. Valoroso Qorqut, che abiti il corso inferiore del fiume42, minaccia la malattia [del malato]; non sei forse tu il pir del baqsï? Alza i tuoi occhi su di me, aiutami,

o baqsï baba43, accorda il tuo sostegno! Mi rivolgo a voi, sorpreso nella stretta via, ricorro a voi; accordate il vostro aiuto, accordatemi la felicità! O Dio, non rifiutarmi il tuo aiuto nel momento in cui mi accingo al trattamento [della malattia]. Dopo aver terminato l’invocazione ai santi, il baqsï ripete con gli assistenti la formula Lā ilāha illā ’llah; quindi si rivolge ai ǧinn. Li chiama per nome, ne descrive l’aspetto, le qualità, le occupazioni ecc. O mio amato Qara Qus44,

vola guardandoti intorno, prendi posto sul fianco che batte lentamente, sul cuore che palpita45. Discendi adagio e non disonorarmi! Vieni più vicino a me, Molda Qïz46, tu che hai il potere di scacciare gli arvax, che hai il potere di sottomettere ǧinn e demoni, che adorni il tuo collo di collane di perle, che sei triste quando non ti invoco! Avvicinati un poco, Sarï Qïz47, fanciulla il cui solo sputo può guarire!48 O tu, mio pir prediletto, scacciali tutti! O päri49, che abitate le montagne del Qaf!50 Io vi invoco, venite! Bäräkallah51, miei valorosi, concedetemi quanto vi chiedo! Qara Bas52, che guidi i vessilliferi dell’esercito53, seduti là in disordine. Prendi il tuo qobuz, discendi dalle montagne del Qaf, Čara Bas!54 Da novanta pelli di montone non ne è uscita una pelliccia per te, Čara Bas! Da ottanta pelli di montone non ne è uscito un copricapo per te, Čara Bas! La mia azione è ardua e complessa, non sono consentiti ritardi da parte tua.

Da novanta pelli di montone non ne è uscita una pelliccia [per te], Qoqaman!55 Da ottanta pelli di montone, non ne è uscito un paio di maniche per te, Qoqaman! Avvicinati un poco, Qoqaman, ho paura della tua freddezza! Hai attraversato novanta praterie, strappandoti i calzoni con le spine del čängäl56. Avvicinati un poco, mia tigre, amico, sempre pronto a sacrificarti per me. Se non riuscirò a guarire il malato, non ne proverò forse vergogna? Da oltre i monti è giunto Boz Üläk57; o Üläk, tendi il tuo collo! Spingi un salice dinanzi alla porta, fagli curvare la cima ed immergilo nell’acqua. O Täl Küräng58, che tuo padre sia maledetto! Appari ed inizia il tuo gioco! Ed ecco apparire un ǧinn di nome Kökänäy; riuniscili tutti con rumori e grida! Il baqsï si arresta e chiede agli assistenti di pronunciare un Allah hu. Quindi continua

Capo di tutti i ǧinn, Dossïbay! Ecco in che modo invoco i ǧinn. Vengono forse i ǧinn e i santi senza prima unirsi gli uni agli altri? Cosa è stato della mia voce, che non possa accompagnare il mio qobuz? Ho preso in mano il qobuz di legno d’abete, e mi ritiro esitante come un serpente acquatico. Il mio qobuz non si rompe, la mia anima infelice non conosce riposo. All’età di quindici anni si è attaccato a me59, a venti anni si è invaghito di me. Mio malgrado, mi ha costretto all’azione60, mi ha indissolubilmente legato a quest’albero secco61. O miei quattro corsieri che siete sulla collina,

o mio cavallo baio, coperto di un drappo verde, o mio cavallo pezzato di sei qulaš!62 Ah, mio cavallo bianco! Nella pianura ho dieci xoǧa63, sulla montagna ne ho quaranta. Uno di essi, un giovane xoǧa, si fa notare, di nome Tolpï, grosso come un’otre. Vieni dunque Tolpï, vieni Toipï! Ora egli comincia a mordersi le mani, i suoi occhi roteano e la bava compare sulle sue labbra: i ǧinn cominciano a prendere possesso di lui. Egli afferra un coltello e si vibra diversi colpi al collo; lo fa poi passare attraverso il ventre (!) e grida forte tart, tart! (tira!), poi prende a fischiare. Gli assistenti ipnotizzati seguono i passi del baqsï che, con più foga, riprende a cantare

Padre dei ǧinn, Qaraman, cosa diverrò io ora? O Qaraman, che mio padre mi ha trasmesso in eredità, resterò solo con te! Io non cucio camice senza prima aver preso le misure64, e non mi metto in viaggio ingannandoti. Se non esegui ciò che ti dirò, non aderirò ai tuoi desideri. O padre dei ǧinn, Ğïrantay, tu hai preso lo stendardo verde nelle tue mani65, hai immerso nel sangue la tua asta. Avendo indovinato la malattia, mi hai rallegrato; mi hai fatto belare come una pecora zoppicante, mi hai reso mansueto come una pecora cieca66, da questa donna che soffre espelli la malattia, mio Dio! Giungono i ǧinn, riuniscili insieme, impadronisciti di essi dopo aver legato loro mani e piedi. O padre dei ǧinn, Ğïrantay, mio puledro dalla criniera e dalla coda legati, io giro intorno a te, mio pir! O tu, mio Qarasaqal67, che porti un’ascia ed una sacca di bel velluto, se non liberi [questa donna] dalla sua malattia,

io resterò qui, foss’anche per un mese! O valoroso gigante, tu mi sei stato amico; se non sei preso da pigrizia, vieni qui, gigante! Qui si annuncia un’opera assai difficile, dammi una prova della tua forza! O Aq Töbät, venuto dal nord68, o Saq Töbät, che giri all’intorno abbaiando69. O mio Töbät, abbaia di modo che Bäläkät70 se ne torni là di dove è venuta. Le guance pendenti, la lingua tutta rossa penzolone, come una cammella da latte71, borbottando qualcosa che ella sola comprende, tale si mostra Sarï Qïz. O Sarï Qïz, vieni dunque qui! Vai a cercare coloro che non sono venuti72; e, riunitili insieme, legali tutti e conducili qui. Il baqsï si alza e ordina di portare una zappa o altro arnese arroventato al fuoco; lo fa deporre a terra dinanzi a sé, quindi prende a camminarvi tranquillamente sopra. Egli strofina poi i propri piedi arrossati sul corpo del malato. Prende quindi un lucignolo, lo accende, se lo infila per intero nella bocca, lo estrae, così fa diverse volte per poi spegnerselo definitivamente in bocca. Afferra poi una mazza e si lascia cadere sul malato disteso a terra, colpendosi il petto con essa; prende quindi una sferza e con essa colpisce il malato e chiunque altro si trovi nella tenda. Coloro che vennero sottoposti a tale battitura (riporta Castagné), affermavano di non aver provato alcun dolore sostenendo che erano i ǧinn ad intercettare i colpi. Il baqsï prende di nuovo il suo qobuz, comincia a suonare invocando i ǧinn «distruttori»

Lungo il cammino, lungo il cammino guerrieri sono coricati. Tra questi guerrieri giace un eroe di nome Sarï Azban73; Sarï Azban non è bello. Come un [cavallo] grigio dalla coda mozza, egli quasi non ha capelli. Voi siete magnifici74, come un aul75 in piena steppa, come un melone cresciuto in collina; bäräkallah, miei valorosi, venite e devastate come una tempesta!

Con una vanga, come quella dei contadini, simile in tutto a quelle del bazar, è qui apparso Daulbay76. Se lo guardo in volto, somiglia a un bastone liscio; se l’osservo da dietro, somiglia ad una bella coppa; se l’osservo di lato, ha l’aspetto di un arco sospeso alla cintura. Come un serpente che si ritrae, come un amuleto che pende sul seno di una giovane donna, appare il mio Qablan77 pezzato di nero, mentre trasforma un cavallo in serpente mostruoso, un serpente acquatico in bastone. Tu, mio spirito distruttore, cerca con cura, mio valoroso. Tu, dalla testa di cammello e dagli occhi di čara, mio caro, mio distruttore, tu, mio valoroso, che ti nutri di sangue! Arrestandosi bruscamente, il baqsï, seduto, prende ad agitare le mani, ad alzare ed abbassare le braccia. Vieppiù eccitandosi, egli raggiunge il culmine dell’estasi. Ecco che corre intorno alla tenda, salta, abbaia come un cane, fiuta gli assistenti, muggisce come un bue, grugnisce come un maiale, imitando con sorprendente abilità le grida degli animali, il canto degli uccelli. Tutti sono convinti che le grida sono opera dei ǧinn. Il baqsï afferra ad un certo punto una spada tagliente, la porge a due assistenti, i quali la prendono alle due estremità e la depongono a terra, senza lasciarla, con la lama rivolta in alto. Avanzandosi, il baqsï posa ora l’uno, ora l’altro piede sulla lama; strofina poi ogni volta il piede sul malato. Quindi afferra il qobuz e riprende a suonare. Il canto e la musica si fanno più rapidi man mano che i movimenti del baqsï diventano più veloci. Il suo viso si contrae, la bava esce abbondante dalla bocca. All’improvviso, egli afferra una brocca e si sferra dei colpi formidabili sul petto nudo; si passa poi sulla lingua un ferro arroventato. Ad un tratto, egli, in preda a massima esaltazione, scioglie febbrilmente le corde che assicurano le braccia e le gambe del malato, con grande spavento dei presenti (il malato, nel caso riferito da Castagné, era un pericoloso alienato); ma il malato resta tranquillo, e il baqsï riprende ad invocare i ǧinn Della verga di un’unica tobïlγï78

è fatto l’archetto del mio qobuz! Della pelle di un ǧälmaya79 è adorno il mio qobuz, come un piccolo specchio! Del crine di un corsiero è fatto l’archetto del mio qobuz!

Cucito col velluto di sette città è l’amuleto appeso al mio qobuz! Miei cari däu80, mio päri acquatico, provvisto di dulγa!81 Bäräkallah, miei bäk82, miei däu, avvicinatevi! Ecco arrivare Baymängkä83, preceduto dal suo servitore, preceduto da quaranta ǧigit84, cavalcando un drago. Conducili più vicino, mio čubar85, all’amuleto fatto del più puro argento! Se il mio čubar non viene qui, la mia sete non si estingue. Conducili da presso86, mio Säksän Čoq!87 Tu possiedi le dita, ma non i talloni88; non sono affatto inquieto, il mio cuore è tranquillo e sa che tu li condurrai. Qara89 il radunatore, falli tutti venire qui! E se alcuni non vogliono, conducili legati. Provvedi che non accada nulla; riuniscili tutti e conducili qui. Dove trovare un prode pari a Baymängkä? Allorché giungerà il prode Baymängkä, come sarà la vita per i perfidi?90 Avvicinati, Qaramas! Tira il coperchio della nera otre!91 Vi ho qui chiamati affinché riveliate il nome della malattia. Avvicinatevi, Boq Basar!92 Allorché tu lanci un urlo, i nemici fuggono. Qulačar93, con quaranta giumente! Incalzali, Qulačar! Mio Afghano94, con sessanta cavalli, Afgano, di cui mungo la cavalla dopo averla legata.

Allorché ti sarai mescolato [ai ǧinn], prenderai ciò che vorrai. Non risparmierò per voi le ricchezze dei nemici. Mio cavallo pezzato, che abiti il cielo! Mio bel cavallo baio impaziente! E tu, mio cavallo nero, avvicinati! Faccio una scelta di tutti gli arvax95. Bäräkallah, mio Körbät!96 Tu sei il mio falco che vola alto sulle rocce, tu sei il mio corsiero tulpar!97 Bäräkallah, Ğïrantay! Siete giunti, voi lungamente attesi? I ǧinn giungono in folla, riempiendo la tenda del malato. Poiché essi sono venuti per attaccare, legate loro le mani e i piedi! Il baqsï rivolge ora un’ardente preghiera a Dio e ai santi

O Dio, concedi la felicità. Degnati di guardare le mie lacrime. Imploro il tuo aiuto! Santi innumerevoli di Samarcanda, imploro il vostro aiuto! Trenta santi di Otrar, imploro il vostro aiuto! O Arslan Bab, il maggiore di voi, imploro il vostro aiuto! O santo Sunaq Ata, imploro il tuo aiuto! O santo Qorqut Ata, imploro il tuo aiuto! O Auliä Ata il Grande, imploro il tuo aiuto! O santo Čaqbaq Ata, imploro il tuo aiuto! Novantanove98 šäyx, imploro il vostro aiuto! Questo vostro schiavo vi implora,

chiedendo di essere liberato dalle sofferenze. I ǧinn incalzano più da vicino lo sciamano, fino a soffocarlo; egli brancola all’intorno, con gli occhi chiusi. Egli ordina poi ai suoi assistenti di pronunciare saf boldï «tutto è finito» o bäräkallah «Allah benedica». La seduta ha fine con un ultimo saf boldï pronunciato dal baqsï, il quale canta un canto di addio ai ǧinn

Voi, miei cari däu, voi, miei amati bäk! Bäräkallah, miei däu, bäräkallah, miei bäk! Tu che scacci lo spirito maligno, scacciali; scacciali, dopo aver legato loro mani e piedi. Fai attenzione a non confonderti; riuniscili e respingili nella loro dimora. Tra di essi sono giovani e vecchi, ve ne sono di assai giovani, ancora nella culla. Torna a casa, senza tergiversare sulla strada dei ǧinn. Alcuni infelici lasciano aperto il tündik99. Tornando a casa, guardati dal volgere gli occhi da questa parte. Passando in rassegna il tuo esercito, guarda che non rimangano dei feriti; senza abbandonare nessuno, falli tornare tutti nella loro dimora.

CANTO DI BAQSA CHIRGHISO Testo pubblicato in RADLOV, Aus Sibirien, II, 63-66. Radlov riferisce che il canto di baqsa (casakho baqsï) qui riportato venne da lui trascritto nella regione di Qulunda. Piuttosto oscuro in più punti, questo testo sembra meno influenzato dall’Islam del precedente; ciò sarebbe in accordo con una maggiore conservatività culturale e religiosa dei chirghisi rispetto ai casakhi e ad altri popoli turchi centroasiatici. Imploro te, Dio, in primo luogo100;

concedi aiuto a noi che ti preghiamo. Esaudisci la nostra supplica; concedi alla donna dei figli! Buon Dio, tu generoso! Colui che in principio creò il cielo, ed in seguito creò la terra; te, Dio, io prego prima di tutti. Passo poi a pregare Maometto; di quello siamo servitori, schiavi, di questo fedeli compagni. Il terzo poi è il Dio del cielo101; poi vengono i califfi102. Poi gli ottantotto šayïq103, poi i centoventimila104; la moltitudine dei profeti, tutti i santi della Mecca e i santi di Medina. Čingiz Xan105, tu santo! Sulla rossa cima del monte, voi, le sante fanciulle!106 Sulla cima del monte dei buoi, voi, i santi buoi!107 Sulla cima del monte del montone, voi, i santi calvi!108 Sul monte dell’alce, anche il drago, sopraggiunto dalle oscure viscere della montagna, e Bäk Asït, il padre di Bäkpän109, che non muore, invoco voi che pure morite, che non vivete, io vi invoco, che siete ancora in vita110.

Egli, Kökčö, l’antenato di Uvaq!111 Conosciamo il suo eroismo: molti colpì con l’arco, migliaia con il fucile, Qara Qoša, padre di arγïn!112 Abïlay, principe dell’Orda113, uccise un giorno Qasï Bäk114; egli, Aziz a piedi nudi115, si è consegnato al signore, Tor Ayγïr116, con i quattro figli. Turdu Bäk era suo zio, egli è il padre di mia madre, Tungqat del clan di Ğaγalbay. In principio di ogni cosa Dio creò gli spiriti117, li creò meglio degli altri esseri; Känt Buγa, il capostipite degli spiriti, Sarï Azban118, il padre degli spiriti, (non mi tormentare, Sarï Azban!)119, Bärdi Bay, il padre degli spiriti120, Ärkäü è il grido di battaglia degli spiriti! Ho in cielo cinque spiriti; mi tagliano con quaranta coltelli, mi penetrano con quaranta aghi. Mi hanno fatto crescere alla scriminatura di una lunga treccia di capelli. Mi hanno sottomesso allo spirito maligno, mi hanno insegnato l’inconsueto, mi hanno legato stretto al qomuz121, mi hanno ordinato di pronunciare benedizioni, hanno fatto sacrificare in casa pecore sacrificali con la testa gialla, si sono insediati saldamente nel corpo, hanno rivoltato fino alla convulsione le mie membra122. La mia destra faccio girare in cerchio, interrogo la mia mano sinistra; appoggiata la testa in preghiera,

pettinandomi i capelli al sole, non conosco l’autorità del padre, non ho succhiato il latte materno123. Con il vento di sette lepri124, legandole con mezzi magici, mi sono portato fin qui. Sono calpestato da sette calcagni, immerso in sette caldaie. Ho invocato da Qambar125 gli spiriti, che vivono lontano, un cenno dell’anima di ferro!126 Dammi notizie, anima di ferro! Raduna un potente esercito127, innalza lo stendardo di ferro! Corsi via dalla terra bassa giungono ora dieci lupi; fra tutti questi lupi quello azzurro è con sei fauci. Presso il popolo dello spirito azzurro vive il figlio di Guma Bay128. Qoša Bay, l’azzurro cinghiale, è il più cattivo degli spiriti; corruga profondamente la fronte, alterca con tutti gli spiriti. Ti sei attaccato alle mie fasce, mi hai trovato nel mio dodicesimo anno129. Qui sulla strada sta un esercito, tra questa fitte schiere c’è Sultan Qara Bäk130, c’è un principe di nome Tiläü Bärdi131; Qasï di arγïn, mia pianta (del piede)132, eccellenza della terra bassa, figlio di principe, tu dall’alto!

INVOCAZIONI AGLI SPIRITI CHIRGHISE

Testi pubblicati in BAJALIEVA, 137-143. Invocazioni pronunciate durante il rito di guarigione di un malato. Che io divenga vittima [per te], Aq Taylaq!133

Se ti appresti a scacciarli134, scacciali! Se ti appresti a legarli, legali! Qaybärän135 e quaranta čiltän136, nascondeteli più profondamente! Lontano dalla montagna nera, mio Aq Maral137, affrettati a me! Appari, o dǟ138, che cavalchi la tigre! E voi, che giungete a piedi!139 Giungete, miei čïmïn!140 Aiutatemi! Dove sono coloro con le sferze di serpente?141 Dov’è il dǟ, che cavalca il drago?142 Se indugia143, scaccialo a piedi! Schiere dagli azzurri stendardi144, apparite senza indugi! Azrät Ayub145, bianco padre! Chiedo a te aiuto! Taq Sulayman146, profeta! Chiedo a te aiuto! Possa io girare in circolo147, padre Arstanbaq!148 Chiedo a te aiuto! Mazar Taqčalū, mazar Taq!149 A loro chiedo aiuto! Padre Qočqor150, doppio mazar! A lui chiedo aiuto! Ilyas151, Qïdïr152, a voi tutti, a voi tutti chiedo aiuto! Döldöy153, che ha innalzato iurta su iurta, Döldöy, che ha aperto la via lungo il giallo crinale, Döldöy, che si lancia senza paura su Bäläkät154.

Ho pensato, tenterà Döldöy?155 Tenta, orsù, Döldöy! Resterà tra i vivi Bäläkät? Giungi dunque, giungi presto, Döldöy. Non posso giocare156, se non ti vedo. Aq Qayïp157, che per quattro volte ha volato intorno ai quattro angoli del mondo; Grande Qayïp, che per cinque volte ha volato intorno ai cinque angoli di Medina. Aq Qayïp, o Aq Qayïp; bianco smeriglio, venticello Qayïp, grifone, lupo, tutti voi apparite senza eccezione, venite e vincete il ǧinn! Capo delle schiere armate, Alaman158, giungi con il tuo esercito, vieni e vinci il ǧinn!

TRE INVOCAZIONI USBECO-TAGICHE INVOCAZIONE DELLA SCIAMANA SADRIEVA

Questi testi, pubblicati in MURODOV, 94-122, raccolti negli anni sessanta nella regione di Ura-tjube in Tagichistan, sonp tra i pochi esempi di testi sciamanici usbeco-tagichi a noi noti. Gli sciamani e le sciamane in area usbeco-tagica usavano prevalentemente come strumento rituale il doyra, tamburo circolare senza mazzuolo. Nata nel 1898, da madre sciamana, poetessa e cantante di talento, la sciamana Qori (lett. «lettrice del Corano») Qulmurod Sadrieva, cantava questa invocazione in occasione di ogni kamlanie, modificando leggermente il testo secondo le circostanze. La lingua è usbeco; gli ultimi sette versi sono in tagico. La tradizione all’interno della quale opera la sciamana Sadrieva, tradizione cui si ricollega buona parte del sincretismo sciamanico-islamico centroasiatico, è quella della yasawīya, l’ordine mistico fondato da Yasevi/Yasawī (m. 1167). Capi spirituali di essa sono la maggior parte dei santi invocati.

Chiedo presso Dio difesa da Satana, scacciato con pietre! Nel nome di Dio clemente e misericordioso!159 In nome dei pari160, che vivono nel Giardino d’argento, chiedo il vostro aiuto!161 In nome dei pari, che hanno dimora nel Deserto dei magi162, chiedo il vostro aiuto! In nome dei pari, che vivono sul monte Qof163, chiedo il vostro aiuto! In nome dei pari, che hanno fatto tre volte il giro del mondo164, chiedo il vostro aiuto! In nome dei pari, che hanno logorato i loro vestiti nelle peregrinazioni, chiedo il vostro aiuto! In nome degli angeli, che volano sotto la volta del cielo, chiedo il vostro aiuto! In nome dei mille saxoba165, che vivono sulla terra, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-compagna di viaggio166, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-inviata167, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-messaggera168, chiedo il vostro aiuto! In nome delle pari momo-che siedono sulla cenere169, chiedo il vostro aiuto! In nome delle pari momo-che siedono sotto le rose170, chiedo il vostro aiuto!

In nome della momo-che causa malessere171, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-tigre172, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-sazia173, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-invidiosa174, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-crapulona175, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-dell’odio176, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-che causa debolezza177, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-dell’impotenza178, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-muta179, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-anziana180, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-ereditaria181, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-che ricerca182, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-colombo183, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-ebreo184, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-che decide185, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-che raggiunge il fine186, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-falco187, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-frusta188, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-castoro189, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-stella190, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-del fine, chiedo il vostro aiuto! In nome di chi recita invocazioni kashmire191, chiedo il vostro aiuto! In nome delle Alvasti192, chiedo il vostro aiuto! In nome dello spauracchio193, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-dai capelli ricci, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-dai capelli grossi, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-azzurra194, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-nera195, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-gialla196, chiedo il vostro aiuto!

In nome della momo-bianca197, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-zoppo198, chiedo il vostro aiuto! In nome del pari-canuto199, chiedo il vostro aiuto! In nome dei pari-che si trovano nei diavoli200, chiedo il vostro aiuto! In nome di Sulaymon-pari, chiedo il vostro aiuto! In nome del Sulaymon acquatico201, chiedo il vostro aiuto! In nome della momo-signora della natura acquatica202, chiedo il vostro aiuto! In nome dell’esercito degli spiriti203, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi vestiti di tela, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi vestiti di giallo, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi che indossano il saio, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi che portano il copricapo dei dervisci, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Padre Adamo204, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Ambar Madre205, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Zangi Ata206, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Qavs Ata207, chiedo il vostro aiuto! In nome delle sante quaranta vergini208, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo del noce209, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo del ǧiyda210, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Ravonaq Ata211, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Čūpon Ata212, che vive nella steppa, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Yulpon Ata213, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa ul-Ğarrox214, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Talab Ata215, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Nur Ata216, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Parpi Ata217, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Langar Ata218, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Badr Ata219, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Sadr Ata220, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Uzun Xasan Ata221, chiedo il vostro aiuto!

In nome del santo Turki con il ǧanda222, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi Xoǧa Abdi Darun e Berun223, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi-guida di tutto il mondo, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Axror224, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Qafšer225, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Rušnoi226, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Zulmurod227, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi Šoxi-Zinda e Xizr-Zinda228, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo profeta Xoǧa Doniyor229, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Čorčinor230, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Alessandro delle due corna231, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Isxoq232, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Saqqo233, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Luqman Xakim234, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Ğonmardi Qassob235, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Orif236, brillante come la luna, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xazrat Amir ul-Muminin237, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xazrat Sulton Boyazid Bastomi238, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoga Axmad Yasavi, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Attor239, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xoǧa Qabudpuš240, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Čašmai Barǧuš241, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora Rupuš242, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo antenato che cuce insieme i pezzi243, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora che scioglie le difficoltà244, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora benefattrice245, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora che è in stato di estasi246, chiedo il

vostro aiuto! In nome del santo Burx l’ubriaco247, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Baxauddin il mentecatto che protegge dalla sventura248, chiedo il vostro aiuto! In nome delle sante schiave di corte, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora Fotima249, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora Xadiǧa250, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi e profeti, chiedo il vostro aiuto! In nome dei quattro santi compagni251, chiedo il vostro aiuto! In nome dei santi imom252 Xasan e Xusayn, martiri della piana di Qarbalo253, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo imom A‘zam254, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Maxtum A‘zam255, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Γavs ul-A‘zam256, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo imom Aqpar257, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo imom Asγar258, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo imom Ğa’far259, chiedo il vostro aiuto! In nome della santa Signora Šaxrobonu260, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Mavlavi Ğomi261, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Mavlono Rumi262, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Mavlono Čarxiddin Buxori263, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Yusuf di Hamadan264, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Xazrat Vais ul-Qironi265, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo Šayx Abdulqodiri Ğiloni, chiedo il vostro aiuto! In nome del santo quattordicesimo qutb266, imom Rabboni267, chiedo il vostro aiuto! Casa della Ka’ba268, pietra Xaǧar ul-Asvad269! Sufi di Kufa270, la misericordia di Allah sia su di lui! Quarantuno, trecentosessanta santi! Trenta angeli, settantadue saxoba! Ottantadue angeli, trecentosessanta veri profeti!271 O sayid272, sulton273 dei faqir274, santo Xoǧa Maxsum!275 O podšox276, Šayx Mavlono Muxiddin Ğamil!277 O mio pir, maxtob278 del mondo, grande Sayid!279

Rassicuratemi! O Γavs ul-A‘zam, [concedimi] aiuto!

INVOCAZIONE DELLA SCIAMANA YUSUFOVA Nata nel 1898, la sciamana Ğumagul Yusufova, usbeca, aveva (ma in realtà negli anni sessanta ella era ancora in vita) genitori e parenti tutti sciamani o guaritori. L’invocazione qui tradotta venne cantata durante un rito di guarigione presso una famiglia tagica in usbeco; risultando tale lingua incomprensibile ai membri della famiglia, la sciamana stessa provvide a spiegare il testo in tagico. Il testo è frammentario, così come pubblicato da Murodov. Se è un ǧin280, legalo! Se è un dev281, scaccialo! Questo infausto essere nocivo, simile a una montagna, puniscilo! O pir! O Dio! Concedi la guarigione! Durante il giorno non lo spaventare! Durante la notte non gli incutere paura! Il colore del suo volto non rendere pallido come l’acqua! Non seccare il suo respiro!

Al culmine del rito, allorché la sciamana e gli altri partecipanti hanno raggiunto l’estasi, ella entra in lotta con le forze del male; la lotta prende il nome di ǧinlar kelyanlar čangya «I ǧin sono venuti alla lotta». Ella canta

O pir! O Dio! Concedi la guarigione! Invoco il vostro nome! Sul monte Qof è il tuo posto!282 Colà è la tua dimora! Orsù, infausto, vattene danzando! Se sei uno spirito gracile, vattene nell’acqua! Se sei lo spirito di un morto, vattene nella tomba! Se sei venuto dal deserto, torna nel deserto! Vai per la strada coperta di polvere! Vai nella steppa disseccata! Concedi a quest’uomo la pace! Vergognati, fallo vivere! [Noi] amanti della danza, ci avete fatto danzare! [Noi] inclini ad infiammarci, ci avete fatto ribollire! Il crudele spirito maligno, dopo averlo afferrato, lo avete scagliato in cielo! Non far danzare [più]283 quest’uomo! Non tormentare la sua anima diletta! Abbi pietà di lui, Dio!

Lui, povero, non umiliare! Concedi la guarigione a quest’uomo!

INVOCAZIONE DELLA SCIAMANA ZUMRAD

Il testo qui tradotto venne trascritto dalla Suxareva dalla viva voce della sciamana Zumrad. Di lei, tagica della regione di Ura-tjube, non vengono fomiti particolari biografici. La lingua è tagico, con diversi elementi usbechi, soprattutto nel momento in cui la sciamana si rivolge ai pari, momento di passaggio allo stato di estasi. La mia azione inizia con bismillo284.

O clemente, o misericordioso! Xoǧa Duγ285, santo!286 Xoǧa Safi287, santo! la mia anima offro nel nome di Dio! Xoǧa Tošmazor288, santo! Xoǧa Metki289, santo! la mia anima offro nel nome di Dio! Xazrat Qarasaqqol290, santo! Dio è mio sostegno e difesa. Dio eccelso conceda la completa conclusione [dell’azione]! Santo Γavs ul-A‘zam! Santo Šoxi-Zinda! Dio è mio sostegno e difesa all’inizio e alla fine, dovunque io vada, non ho altri all’infuori di Dio. Dio misericordioso si preoccupa di me; ai sofferenti egli solo è guarigione, agli indifesi egli solo è asilo. Xazrat Išbošim291, santo! Xazrat Zangi Ata, santo! Xazrat Saxiǧon292, santo! Dio è mio sostegno e difesa all’inizio e alla fine. Possano i santi concedere il successo [dell’azione]! Xazrat, vestito di malla293, santo! Xazrat, che indossi il saio, santo! Sovrano, che porti il copricapo del derviscio, o santo! Prendetemi per mano, Dio per primo, [poi] la santa madre Eva, santa che scioglie le difficoltà! Possa Adamo, santo, concedere il successo [dell’azione]!

Dovunque io vada, Dio è il mio custode. Pietoso, misericordioso verso gli indifesi e gli stranieri, Dio è mio sostegno e difesa all’inizio e alla fine. Fanciulle gialle294, io mi offro a voi295. Fanciulle-pari, io mi offro a voi. Fanciulle dotte296, io mi offro a voi. Esercito degli spiriti, io mi offro a voi. Sono rimasta al bivio senza rifugio, sono rimasta solo priva di asilo, o leoni divini297, o santi! Dio è mio sostegno e difesa. O voi giunti dal monte Qof, o capo di tutti i pari, Tu, melo dai rami di marmo, su ogni ramo un pari, sovrano Abduraxmon298 diletto, pari! Pari-che bevi il sangue, io mi offro a te. Pari-fuoco, io mi offro a te. Esercito degli spiriti, io mi offro a te. Tutti i santi morti, io mi offro a voi. Pari-capo, io mi offro a te. Quarantuno čiltan299, io mi offro a voi. Pari-che bevi il sangue, io mi offro a te. Pari-oxun300, io mi offro a te. Pari-comando, io mi offro a te. Pari-qoqon301, io mi offro a te. Pari-Dovut302, io mi offro a te, pari-Zovut303, io mi offro a te. Pari-stella, io mi offro a te. Pari-giorno, io mi offro a te. Puri čiltan! Santa madre Eva, santa che scioglie le difficoltà, santo Čūpon Ata,

è tempo che [voi concediate] aiuto! Dio è mio sostegno e difesa. Dio, concedi il buon esito delle opere ai credenti, Dio, tu sei la sola guarigione per i sofferenti.

SCONGIURI AGLI SPIRITI DI PǞRIXŌN UIGURO Testi raccolti alla fine del secolo scorso in Sinkiang da Katanov, pubblicati in MENGES, 93-99. Sono tra i pochi testi, a quanto io sappia, sciamanici (ovviamente fortemente islamizzati) uiguri. La distinzione degli spiriti in musulmani e non-musulmani è già nel Corano (ad esempio, LXXII, 11, 14-15). SCONGIURO AI PǞRI304MUSULMANI Io vi scongiuro305, voi che causate dolore alla testa!

Io vi scongiuro, voi che causate dolore agli occhi! Voi che causate dolore alle orecchie! Voi che causate dolore al cuore! Voi che causate dolore alle braccia! Voi che causate dolore alle gambe! Sono venuto per farvi allontanare, sono venuto per prestarvi giuramento, con il respiro di Molla Isrāpil306, con il respiro di Molla Šaqāqul307. Per volontà della Mecca, la venerabile, per volontà del luogo di Zämzäm308, per volontà del Kȫsär309, per volontà del Tempio di Gerusalemme310, per volontà del sidrät ül-müntähā311, per volontà del qāp-qōsīn312, per volontà di tutti gli asceti, per volontà di tutti gli uomini pii, per volontà dei quattro santi inviati di Dio313, per volontà dei quattro santi profeti, per volontà dei quattro santi diletti di Dio, per volontà dei sette xoǧa, per volontà dei sette, i cui nomi sono santi, per volontà dei quarantacinque314, per volontà di tutti i näqīp315. Per loro volere io ho pronunciato ciò; per volontà di questi grandi: ritiratevi, andatevene! O maledetti, che siete qui venuti! Per il potere [conferitomi] da Dio,

con la saggezza di Sulaymān316, con l’aiuto del mio pǟri-principe, con il respiro dei pǟrixōn317 [io vi ordino]: ritiratevi da questo corpo!

SCONGIURO AI PǞRI PAGANI318

Io vi scongiuro, voi dȫgä319, voi pǟri! In questo corpo non c’è posto per voi! Con muschio e zafferano ho preparato per voi una fumigazione, o pǟri! Con la parola del Signore vi ho chiuso la moschea!320 Per il fatto che vi chiamano Lata e Manat321, o pǟri! Le vostre grida non voglio ascoltare, o pǟri! Voi, pǟri e portatori di danno! Figlio di David, che vivi sul monte Qāp!322 Io rendo Sulaymān respirante e vivente323, o pǟri! Questa notte dovete andarvene! Voi che fate discendere [gli spiriti] dalla luna, voi che fate uscir di mente gli uomini! Dio, Signore, äzgi ǧälli!324 Per volontà del prescelto!325 Quand’anche veniate da parte di Maymūnä326, il pǟri-nero, ritiratevi, o pǟri! Quand’anche veniate da parte di pǟri-Sümbülä327, ritiratevi, o pǟri! Quand’anche veniate da parte di pǟri-Qunduz328, ritiratevi, o pǟri! Quand’anche veniate da parte di pǟri-Qaytūs329, ritiratevi, o dȫgä!

Quand’anche veniate da parte di pǟri-Xurūš330, ritiratevi, andatevene! Voi che vivete dal sorgere del sole fino al tramonto, o pǟri! Per il potere [conferitomi] da Dio, ritiratevi, andatevene, o maledetti!

SCONGIURO AI PǞRI CRISTIANI Io vi scongiuro, o dȫgä! Io vi scongiuro, o pǟri! Possiate voi ritirarvi, ritiratevi! Se non ve ne andate, possano abbattersi su di voi i supplizi del Signore eccelso! In questo corpo non c’è posto per voi! Fate ondeggiare i vostri capelli! Entrate nei vostri angoli! Da est fino ad ovest possiate ritirarvi, ritiratevi! Andate laddove è la vostra dimora! Tornatevene alla Cupola girevole!331 Tornatevene al mare di polvere! Tornatevene al mare di fuoco! Tornatevene al mare di pioggia! Tornatevene al mare di Ammān!332 Tornatevene alle sorgenti del sottosuolo! Tornatevene al cielo e alla terra! Tornatevene alle vostre dimore! Andatevene via, ritiratevi, o maledetti! Malanno del paese, spiriti della fame! Le pene dei miscredenti carico sul vostro collo! Vi lacero i tendini! Fino alla morte vi faccio schiavi! Vi dò da bere sangue come vino! Stringo forte i nodi che vi serrano! Dilanio i vostri corpi!

Vi taglio i capelli! Pronuncio la preghiera dal Libro delle azioni!333 Pronuncio la preghiera del principe degli spiriti! Pronuncio la preghiera Nāt-Äli!334 Brucerete come fuoco! Sarete [fusi] come piombo! In questo corpo non c’è posto per voi! L’artigiano che fa le ombre e il tessitore335, colui che riscuote le imposte336 e i nove cacciatori, i sette giocatori d’azzardo, coloro che si sono alzati e si sono infilati i calzoni [senza l’abluzione rituale], [coloro che] hanno mangiato la carne senza lavarsi le mani: le pene di tutti questi carico sul vostro collo! Per questo allontanatevi! Lata e Manat vi chiamano! Fuori, fuori!

SCONGIURO AI PǞRI EBREI O dȫgä, o pǟri! Quand’anche veniate dal volo dell’uccello, andatevene, ritiratevi! Quand’anche proveniate da fuoco e fiamma, ritiratevi, o pǟri! Quand’anche proveniate dal fumo, andatevene, ritiratevi! Seppure vi infuriate, andatevene, o pǟri! Quand’anche proveniate da Qurušmān337 ed Älišmān338, ritiratevi! Quand’anche proveniate da Yāriyäk339, andatevene, o pǟri! In questo corpo non c’è posto per voi! Andatevene, allontanatevi! Per il potere [conferitomi] da Dio, con la saggezza di Sulaymān [io vi ordino]:

Ritiratevi, andatevene, o maledetti! Quand’anche proveniate da Xān Süyǖt340, ritiratevi, andatevene! Quand’anche siate stati generati in Qamar Toγäči341 da Abdurrahmān342 o dal cuore di Ğipār Älči343, andatevene, o pǟri! Quand’anche abbiate origine dai fuochi invisibili344, andatevene, o pǟri! Quand’anche proveniate dall’esercito invisibile345, andatevene, o pǟri! Quand’anche veniate da uno zoppo e storpio346, andatevene, o pǟri! Quand’anche abbiate origine da spiriti e demoni, andatevene, allontanatevi! Seppure abbiate origine da Albasqan347, andatevene, o pǟri! Seppure abbiate origine da Ümmü ’s-Sibyān348, andatevene, allontanatevi! Seppure proveniate dallo spirito musulmano arrecatore di danno, andatevene, o pǟri! Quand’anche proveniate dallo spirito ingannatore, ritiratevi, o pǟri! Quand’anche proveniate dai quattro angoli del cielo e dai sette margini del mondo, andatevene, allontanatevi! Voi, alla testa di un esercito di novemila soldati, andatevene, o pǟri! Per il potere [conferitomi] da Dio, con la saggezza di Sulaymān, su comando dell’inviato di Dio349, con l’ingiunzione scritta del mio pīr350, con il respiro degli azāyim351 e dei pǟrixōn [io vi ordino]: ritiratevi, andatevene, o maledetti!

1. Inizio della basmala, bismi ‘llahi rahmāni rahīmi «Nel nome di Dio clemente e misericordioso», eulogia che precede ciascuna sura del Corano. Bismillah è la resa casakha di bismi ’llahi. 2. Resa casakha dell’arabo al-ḥamd «la lode»: prima parola della fātiḥa o sura con cui inizia il Corano. 3. Nel testo näbi «profeta», tradotto «santo» perché segue poi payγambar che pure significa «profeta». Il primo è termine arabo, il secondo persiano. 4. Il Nimrōd dell’Antico Testamento, Namrūd della tradizione araboislamica. Il Corano (II [Sura della vacca], 258) allude alla leggenda secondo cui Namrūd volle punire Abramo (Ibrāhīm) a causa del rifiuto di questi di adorare i suoi idoli o di adorare Namrūd stesso come divinità, gettandolo nel fuoco. 5. «O Dio!»: esclamazione ricorrente nelle invocazioni dei mistici musulmani. 6. Aynalayīn; l’espressione «girare intorno» equivale a «essere pronto a donare la propria vita per». L’azione di «girare intorno» aveva, nelle credenze casakhe (non diversamente da quanto avviene presso molti altri popoli di cultura sciamanica) un accentuato valore magico-sacrale. Allorché un bambino cadeva malato, il padre offriva se stesso in sacrificio. A tal fine, egli indossava una cintura intorno al collo e faceva di corsa il giro della tenda in cui si trovava il figlio malato. Era convinzione che in tal modo il figlio sarebbe guarito e la malattia sarebbe passata in lui. 7. Šaytan; il «diavolo» della tradizione giudeo-cristiana passato nell’Islam. 8. Quindi il malato è di sesso femminile. 9. L’essere monocoli è frequente caratteristica degli spiriti maligni, in Asia centrale come in tutta la Siberia. 10. Il plurale è riferito genericamente all’insieme degli spiriti maligni. 11. Nel testo däu (< pers. dev «spirito maligno»), che vale tanto «gigante» quanto «spirito maligno». 12. Forma casakha di Salomone. Nel Corano egli viene chiamato, insieme ad Alessandro Magno, un vero apostolo di Allah, messaggero divino e prototipo di Maometto. 13. Il Syr-Darja. 14. La tomba di Qorqut, leggendario eroe turco, si trovava lungo il basso corso del Syr-Darja. 15. «Guida spirituale; santo». 16. Per dire «innumerevoli». 17. Antica città sul Syr-Dar’ja. Vi morì Tamerlano nel 1405. 18. Santo che insegnò l’alchimia a Hazret Sultan Yasevi/Yasawī, mistico turco vissuto nel secolo XII e fondatore della confraternita mistica che da lui prese il nome, nella quale si perpetuarono alcuni tratti sciamanici. 19. Non identificato. 20. Secondo una leggenda, l’arca di Noè si sarebbe fermata sulla cima della montagna di tal nome, situata a nord di Taškent. Ata significa «padre». Forse da identificare con un monte Qazïlïq di cui si parla nel Kitāb-i Dede Qorqut, serie di racconti epico-cavallereschi risalenti al sec. XIV. 21.-22. Montagne oggetto di venerazione. L’invocazione alle montagne è caratteristica comune a tutto lo sciamanesimo siberiano; in area centroasiatica si tratta di una sopravvivenza significativa. 23. «Egli è Dio»; ritornello frequente nei testi mistici musulmani. 24. Cfr. quanto detto alla n. 3. - 4. 25.-29. Santi locali. 30. «Testa di volpe» alla lettera; santo locale. 31. La tomba di questo santo, da cui prese il nome la città di Aulie Ata (oggi Džambul), sarebbe, secondo quanto riferisce Castagné, in realtà quella di Qaraxan, fondatore della dinastia qaraxanide, vissuto alla fine del secolo X. 32. La tomba di Ayša Bibi (bibi «signora») si trovava nelle vicinanze del villaggio di Golovačeskij, non lontano da Aulie Ata. 33. La tomba di Täk Turmas Ata si trovava sulla riva scoscesa del fiume Talas, non lontano da Aulie Ata.

34. Cfr. n. 13. 35. Nome di particolare interesse: čiltän è il pers. čehel tan «quaranta corpi (cioè spiriti)», i «Quaranta» delle dottrine esoteriche para-musulmane. 36. Cfr. n. 1, p. 333. 37. Secondo una tradizione casakha, visse prima di Maometto e fondò l’ordine mistico dei duana («insani, posseduti da Dio»; plurale arabo del persiano divane [diuana ne è la resa casakha]) in Buxara. Secondo un’altra tradizione, Šäyx Burxi rimase in piedi per quaranta giorni consecutivi, pregando Dio di distruggere i suoi «sette inferni». Dio gli inviò i suoi angeli sotto le sembianze di predatori che lo malmenarono e gli rubarono il bastone e la gamda (sorta di soprabito, fatto di pezze di stoffe di diversi colori). Il santo, non pensando che Dio possedesse servi tanto cattivi, comprese il suo errore e lo pregò di portare a otto il numero degli inferni. 38. Ambedue parole di origine araba per «spirito (maligno)» Arvax, in casakho con valore di singolare, rende propriamente l’ar. Arwāḥ, plurale di rūḥ. 39. David sarebbe stato fabbro abile e dotato di forza straordinaria (Corano), XXI [Sura dei profeti], 80, XXXIV [Sura dei Saba’], 11). In chirghiso dȫtü/dȫt significa «fabbro» (< ar. Dāwūd). 40.-41. Santi locali. 42. Cfr. n. 5, p. 334. 43. Baba è titolo onorifico del misticismo musulmano, lett. «padre». 44. «Uccello nero», termine generico per «avvoltoio»; qui è il nome di uno spirito dall’aspetto di un grosso uccello nero. 45. Il cuore del malato. 46. «Figlia del mollà (ministro del culto musulmano)». 47. «Fanciulla bionda»; qui nome di uno spirito dall’aspetto di una fanciulla bionda. 48. Traccia di un antico rituale scatologico? 49. Termine generico per «spirito» (< pers. pari). 50. Mitica montagna, che circonda la terra come la lettera araba qaf identificata spesso col massiccio del Caucaso. Oltre di essa si troverebbe il paese degli spiriti. 51. Espressione araba: «Dio benedica!». 52. «Testa nera». 53. L’armata degli spiriti è immagine comune a tutto lo sciamanesimo siberiano e centroasiatico. 54. «Testa di čara». Čara designa un recipiente di legno di dimensioni straordinarie. Questo spirito poteva mostrarsi sotto le sembianze di un gigante. 55. Spirito molto popolare, invocato da tutti i baqsï. 56. Sorta di arbusto spinoso. 57. «Dromedario grigio» (boz «grigio», üläk «dromedario»); nome di uno spirito piuttosto popolare. 58. «Cavallo viziato» (küräng «cavallo dal pelo chiaro e pomellato», täl «viziato»). 59. Lo sciamano ricorda il momento dell’«elezione» da parte degli spiriti. 60. Lo sciamano insiste sulla «irreversibilità» della «elezione». 61. Il qobuz. 62. Qulaš equivale a «tesa». 63. «Signore, guida» (< pers. xwāǧe). 64. Curiosa espressione per sottolineare la serietà d’intenti del baqsï. 65. Lo stendardo e l’asta (rispettivamente tu [turco-comune tuγ] e nayza [< pers. nize]) sono presenti anche nella seduta sciamanica presso gli uiguri del Turchestan orientale (oggi provincia cinese del Sinkiang). 66. La traduzione di Castagne in questo punto non è chiara. 67. «Barbanera».

68. Aq Töbät è il nome di un grosso cane da guardia di razza. 69. Saq Töbät «cane estremamente vigile». Questo e il precedente sono qui nomi di due spiriti. 70. Spirito che personifica la malattia. 71. Animale proverbialmente impaziente. 72. I ǧinn. 73. «Giallo animale castrato». 74. Riferito ai ǧinn. 75. Villaggio dei nomadi. 76. «Violenta tempesta». 77. «Leopardo». 78. Cfr. la Cerimonia del tamburo teleuta, p. 173; il nome botanico del tipo centroasiatico è spiraea filipendula. 79. Tipo di dromedario di portamento altero ed elegante. 80. Preferisco, con Castagné, lasciare däu intradotto. 81. Sorta di elmo. 82. Cfr. n. 3, p. 87. 83. «Ricco eterno»? 84. «Giovane gagliardo; guardia del corpo». Quaranta è numero proprio dello sciamanesimo sincretico centroasiatico. 85. «Cavallo grigio ferro». 86. I ǧinn. 87. Nome non chiaro. 88. Espressione che forse vuole sottolineare l’inadeguatezza dello spirito al compito cui lo sciamano lo chiama. 89. «Nero». 90. Gli spiriti. 91. L’otre che contiene lo spirito maligno, responsabile della malattia? 92. «Lo sterco che opprime»! 93. «Che apre le braccia»? 94. Quale spirito è qui adombrato? 95. Castagné chiosa «anime degli antenati». 96. Nome non chiaro. 97. «Corsiero». 98. Novantanove sono anche i tngri del pantheon sciamanico-lamaista mongolo (!). 99. Pezzo di feltro che ricopre l’apertura in alto della tenda (tünük/tündük degli altri gruppi turchi). Lasciarlo sollevato di notte è considerato di cattivo augurio: lo spirito maligno, i ǧinn potrebbero entrare. 100. Radlov sottolinea come fosse obiettivo del baqsa quello di camuffare sotto una cornice di buon musulmano la sua vera natura di «infedele» (qapïr), donde le invocazioni, del tutto esteriori, a Maometto, i santi ecc. 101. Il Cielo divinizzato dello sciamanesimo siberiano? 102. Successori di Maometto alla guida della comunità musulmana. 103. Resa chirghisa dell’ar. šayix «capo di confraternita derviscia». 104. Numero iperbolico 105. Il fondatore dell’impero mongolo è oggetto di particolare venerazione presso i chirghisi. 106. Sono indubbiamente gli spiriti femminili di una qualche montagna. La qualifica di «sante» sembra una concessione alla esteriore vernice islamica cui il baqsa tiene. 107. Ci sfugge l’identità di questi «santi». 108. Non sappiamo chi siano.

109. Personaggi enigmatici. 110. Di non chiara interpretazione. 111. Progenitori del baqsa. 112. È il clan cui appartiene il baqsa. 113. È l’Orda media, una delle orde (confederazioni tribali) in cui erano divisi casakhi e chirghisi. 114.-115. Altri progenitori del baqsa. 116. «Stallone baio», nome di un altro antenato del clan arγïn. 117. Il baqsa passa ad invocare gli spiriti, dopo essersi rivolto agli antenati degli altri clan dell’Orda. 118. Invocato pure nel testo precedente. 119. Le parentesi sono di Radlov. 120. Tanto questo spirito quanto Sari Azban sono detti «padre degli spiriti»; è verosimilmente solo un ornamento verbale. 121. È il qobuz casakho. 122. È l’iniziazione e la «rinascita» dello sciamano sotto la guida degli spiriti. 123. Efficaci espressioni che sottolineano la «diversità» dello sciamano rispetto agli altri uomini. 124. Verosimilmente spiriti adiutori. 125. Ata: protettore dei cavalli. 126. Espressione oscura. 127. Degli spiriti. 128. Spirito, così come Qoša Bay, per me enigmatico. 129. Quindi una «vocazione» precoce. 130.-131. Altri spiriti. 132. Come a dire «mio sostegno». 133. «Bianco piccolo di cammello», spirito adiutore spesso invocato dal baqsa chirghiso. 134. Gli spiriti maligni. 135. Protettore dei ruminanti selvatici. 136. Da notare il numerale superfluo; cfr. n. 17, p. 335 della Kamlanie di baqsï casakho. 137. «Cervo». Molti degli spiriti invocati sono teriomorfi. 138. < pers. dev, corrisponde al casakho däu. 139. È adombrata una categoria particolare di spiriti? 140. Propriamente čïmïn è «dono sciamanico». 141. Altra categoria particolare di spiriti? 142. Il drago è, nella cultura delle steppe centroasiatica, di origine cinese, con mediazione mongola. 143. Soggetto è lo spirito maligno. 144. Sono le schiere dell’armata degli spiriti adiutori. 145. Azrät è resa chirghisa dell’arabo Ḥaḍrat «Eccellenza; titolo riservato a santi e personalità religiose» (Xazrat nelle altre lingue turche centroasiatiche). Ayub è la forma chirghisa per «Giobbe», il «servo di Dio» del Corano e simbolo dell’uomo paziente. 146. «Salomone del trono». 147. Torna insistente in molte invocazioni sciamaniche questo concetto, del cui significato è già stato detto. 148. «Eroe leone». 149. Noti mazar, tombe di santi, nella regione chirghisa. 150. «Montone». 151. Il biblico profeta Elia, due volte menzionato nel Corano. 152. < ar. (al-)Ḥiḍr/Ḥaḍir (lett. «Il verde»), personaggio leggendario cui, secondo i commentatori, si riferisce Corano, XVIII (Sura della caverna), 60-82; divenuto assai popolare nel folclore di tutti i popoli musulmani. Egli avrebbe attinto l’«acqua di vita» dalla «fonte della vita» ottenendo l’immortalità. Egli

viene in aiuto di coloro che patiscono sciagure, soprattutto in mare. Nella tradizione musulmana viene identificato con il profeta Elia e con S. Giorgio dei cristiani. 153. Personaggio enigmatico. 154. Cfr. n. 6, p. 340 della Kamlanie di baqsï casakho. 155. Sott. a sconfiggere lo spirito maligno. 156. Nel senso di «sciamanizzare». 157. «Bianco spirito benefico»; qayïp «spirito benefico» (< ar. ġā’ib «assente, lontano») è spesso sinonimo di čiltän. 158. «Incursione disordinata, attacco selvaggio». 159. Bismilloxi raxmonu raxim, forma usbeca della basmala. Con queste parole iniziano le invocazioni sciamaniche usbeco-tagiche; cfr. la Kamlanie di baqsï casakho. 160. È il termine persiano per «spirito» già incontrato nella Kamlanie di baqsï casakho (p. 337). 161. Sizdan madat tilarman; nella Kamlanie di baqsï casakho sizdärdän mädät tläymin. La sciamana si rivolge agli spiriti adiutori nel loro insieme. 162. Qui intesi nel senso di «Adoratori del fuoco, zoroastriani». 163. Forma usbeco-tagica di Qaf, la mitica montagna già incontrata. 164. Dunyoni uč aylanyanlar: il verbo (aylan- «girare in circolo») è quello stesso usuale nelle invocazioni sciamaniche centroasiatiche e che abbiamo visto rivestire un preciso significato magicosacrale. 165. I compagni in vita di Maometto (forma usbeco-tagica dell’ar. ṣaḥāba). 166. La momo è una sorta di spirito femminile. La momo «compagna di viaggio» aiuta i propri congiunti in viaggio. 167. Inviata dagli spiriti dei defunti ai parenti in vita. 168. Che informa la sciamana o gli altri spiriti di quanto accade nel mondo degli spiriti e tra gli uomini. 169.-170. I mucchietti di cenere e le rose erano considerate luoghi di residenza degli spiriti. 171. Che invia cioè malattie ai propri congiunti per punirli delle loro cattive azioni. 172. La tigre occupa un posto importante nelle concezioni religiose, sciamaniche e non, centroasiatiche. 173. Spirito degli antenati femminili, favorevole agli uomini per il fatto che i discendenti le assicuravano il cibo rituale. 174. Spirito maligno che arreca danno agli uomini. 175. Spirito insaziabile, mai soddisfatto. 176. Spirito maligno degli antenati femminili. 177. Spirito maligno dall’aspetto magro e malato. 178. Spirito degli antenati che provoca debolezza come segno di riprovazione nei confronti dei discendenti. 179. Spirito di una donna che in vita era muta. Tali spiriti muti erano ritenuti protettrici di determinate sciamane. 180. Spirito, protettrice degli sciamani, cui erano sottoposti gli spiriti adiutori. 181. Spirito protettore, lasciato in eredità alla sciamana dai genitori morti. 182. Gli spiriti dei morti possono perdere le tracce dei propri congiunti, allora le ricercano all’odore o in altro modo. Essi possono indicare allo sciamano il luogo in cui si trovi un uomo smarritosi, un animale o un oggetto. Gli sciamani, sprovvisti di tali spiriti, si rifiutano di indovinare dove si trovino persone o oggetti perdutisi. 183. Nelle concezioni di molti popoli centroasiatici, gli spiriti più puri si presentavano sotto forma di colombi. 184. I pari ebrei, al pari di quelli indù, zoroastriani, arabi, zingari, venivano considerati dannosi ai

musulmani. 185. Spirito dai contorni vaghi. 186. Spirito benefico che aiuta a superare le difficoltà ed a raggiungere il fine desiderato. 187. Il falco era considerato un uccello forte, veloce, acuto. 188. Spirito che incute timore negli spiriti maligni. 189. Cioè puro, bello come un castoro. 190. La stella è pure simbolo di bellezza, purezza. 191. Gli abitanti della regione sub-himalayana del Kashmir erano ritenuti maghi e incantatori dotati. 192. Forma usbeco-tagica di Albastï/Almastï (nelle varianti più diffuse), essere demoniaco del folclore centroasiatico e delle aree limitrofe. Esso si presenta sotto vari aspetti teriomorfi (leone, tigre, orso, gatto e cane), ma la sua immagine prevalente è quella di una donna vecchia, dai capelli scarmigliati, irsuta e dal seno mostruosamente lungo; è ritenuto particolarmente dannoso alle partorienti. Tra le ipotesi recentemente avanzate per spiegarne l’origine, due meritano particolare attenzione: l’una vorrebbe vedere in esso la continuazione dell’antico demone assiro-babilonese, di origine elamita, Lamastu/Lamaštu; l’altra lo vorrebbe invece far derivare da ala bars (cfr. la nota 2 di p. 174). 193. Spirito maligno dall’aspetto spaventoso. 194.-197. Spiriti in onore delle quali, durante la cerimonia, veniva accesa una sverza avvolta in uno straccio dello stesso colore del loro vestito. La momo-nera era ritenuta maligna; la sciamana che cadesse sotto la sua influenza avrebbe sofferto molto e la sua abilità nello sciamanizzare sarebbe venuta meno. La momo-bianca era al contrario ritenuta uno spirito benefico. 198. Il più forte e più scaltro degli spiriti, che chiude l’esercito dei pari e li difende dagli altri spiriti. 199. Spirito benefico della sciamana, più venerato degli altri suoi spiriti adiutori. 200. Era credenza che i diavoli (šayton) rapissero i pari, entrando con loro in intimo rapporto e talvolta mangiandoli. 201. Sulaymon (forma usbeco-tagica di Salomone) era ritenuto uno spirito buono, mentre il Sulaymon acquatico era ritenuto un demone cattivo. Così, il neonato spesso non veniva lavato per venti o quaranta giorni, per timore che questo demone gli facesse del male. 202. Spirito maligno, il cui potere si manifestava in primavera. 203. È l’esercito degli spiriti che, sotto la guida dello spirito anziano, passeggia e fa festa nei luoghi disabitati, nella steppa, presso i mazar, soprattutto il mercoledì e il sabato. 204. Nella tradizione musulmana detto «Padre dell’umanità» (Abu ’l-bašar) e «Il prescelto da Dio» (Ṣafī ’llah). 205. Il suo mazar si trova a Samarcanda, nel quartiere Xuǧandi. 206. «Padre Negro». Venerato in Asia centrale come patrono degli allevatori. 207. Era ritenuto capace di guarire dalla ritenzione dell’urina. 208. Quaranta è numero ricorrente nella religiosità centroasiatica. Mazar di tal nome si trovavano in numerose località. 209.-210. Sotto il noce ed il ǧiyda (arbusto diffuso in Asia Centrale che dà frutti commestibili, noto nei due tipi di Elaeagnus angustifolia e El. orientalis) era credenza che abitassero gli spiriti. Qui il riferimento è alle tombe di santi che si trovano all’ombra di questi alberi. 211. Ravonaq «splendore»? 212. Protettore dei pastori; čūpon «pastore». Un mazar di tal nome si trova a Samarcanda. 213. Protettore dei viandanti; yul «strada». 214. «Xoǧa dei chirurghi». 215. Talab «richiesta»; non meglio identificato. 216. Nur (< ar. nūr) «luce».

217. Parpi è il nome di una pianta medicinale. 218. Langar «áncora». Il suo mazar era a Namangan. 219.-220.-221. Santi yasawī particolarmente venerati. 222. Per ǧamda/ǧanda cfr. n. 2, p. 336. 223. «Schiavo dell’interno» e «schiavo dell’esterno»; i loro mazar si trovavano nelle vicinanze di Samarcanda. 224. Mistico del XV secolo. 225. Il suo mazar era pure intorno a Samarcanda. 226. «Luminoso»; mazar con il suo nome si trovavano un po’ dovunque. 227. «Quello del fine»; non meglio identificato. 228. I loro mazar si trovavano nelle vicinanze di Samarcanda. Šoxi-Zinda è anche il nome di uno dei maggiori complessi monumentali di Samarcanda. 229. Il suo mazar era pure vicino a Samarcanda. 230. Il suo mazar si trovava ad Urgut. 231. Iskandar ḏū ’l-qarnayn in arabo; è Alessandro Magno, personaggio molto popolare nel mondo musulmano. Tale epiteto viene variamente interpretato: forse il significato più verosimile è «signore dell’Occidente e dell’Oriente». 232.-233. I loro mazar si trovavano pure nelle vicinanze di Samarcanda. 234. Mitico protettore di pasticcieri e guaritori, di origine araba preislamica. 235. Patrono dei macellai. 236. Il suo mazar si trovava lungo l’alto corso del Panǧšir. 237. Titolo degli emiri di Buxara. 238. Santo al centro di una disputa tra scuole diverse a proposito dell’obbligo o meno di abbandonare, per giungere a Dio, il mondo e in primo luogo la propria famiglia. Abū Yazīd Tayfür ibn ‘Isā al-Bistāmī visse nel IX sec. 239. Il poeta persiano Faridoddin ‘Aṭṭār (1136-1230). 240. Non identificato. 241. Il suo mazar si trovava ad Urgut. 242. Non identificato. 243. È Boboi Poraduz (pora «pezzo», duz «che cuce», in tagico), patrono degli stivalai. 244. Il suo culto era diffuso in molte località dell’Asia centrale. 245. Non identificata. 246. Bibi dast baxol. È interessante rilevare come fossero numerose le donne note per la loro capacità di raggiungere l’estasi mistica; queste donne erano chiamate non con il loro nome ma con soprannomi. 247. Popolare figura di vagabondo benefattore. 248. Il suo mazar si trovava a Buxara. 249. Forma usbeca di Fatima, figlia di Maometto. 250. Ḫadīǧa. La prima moglie di Maometto. 251. Sono Abu-Bakr, Omar, Osman e Ali; i «califfi ortodossi». 252. Imom è forma usbeco-tagica del titolo arabo imām, usato nel duplice senso di capo spirituale degli sciiti, come in questo caso, e come «santo, guida spirituale». 253. Forma usbeco-tagica di Karbal in Iraq, città santa degli sciiti, dove in realtà dei due nipoti di Maometto Ḥasan e Ḥusayn (Xasan e Xusayn sono le rese usbeco-tagiche) figli di Ali genero e cugino del Profeta, solo il secondo ricevette il martirio, mentre il primo mori di idropisia a Medina. 254. V. nota successiva. 255. «Il supremo signore»; Sovrano e fondatore di una dinastia, assai venerato nel sufismo centroasiatico. Mori alla fine del XV sec.

256. «Il supremo soccorso», titolo arabo di ‘Abd al-Qādir al-Ğīlānī (Abdulqodiri Ğilonī, nella forma usbeca) fondatore dell’ordine derviscio della qādirīyya (morto nel 1166). 257. «Il maggiore»; non meglio identificato. 258. «Il minore»; non meglio identificato. 259. Ğa‘far aṣ-Ṣādiq, sesto imām sciita. 260. Santa assai venerata. 261. Il poeta persiano Mollā Nuroddin ‘Abdorraḥmān Ğāmī (1414-1492); Mavlavī è titolo onorifico, «dotto, saggio». 262. Il poeta e mistico turco, di lingua persiana, Ğalāloddīn Rūmī, di Balx (1207-1273). Fondatore dell’ordine derviscio della mevlevīyya, a lui spetta per eccellenza il titolo (formato a partire dalla stessa parola araba [mawlā «signore, difensore»] da cui viene Mavlavi) Mawlānā/Mevlana (rispettivamente nella forma araba e turca; di cui Mavlono è resa usbeca) «Nostro signore». 263. Santo sufi assai venerato. 264. Mistico contemporaneo di Ahmed Yasevi. 265. Santo sufi assai venerato. 266. Lett. «polo» in arabo; capo della gerarchia degli abdāl («sostituti»), santi che preservano l’ordine cosmico secondo una credenza dell’esoterismo musulmano. 267. Quattordicesimo imom yasawī. 268. Lett. «Dado»; è il piccolo edificio a forma di cubo posto al centro del sacro recinto della Mecca; verso di essa devono rivolgere il volto i fedeli durante le preghiere canoniche. 269. «Pietra nera»; è il meteorite, contenuto nell’angolo orientale della Ka‘ba, oggetto di particolare venerazione già in epoca preislamica. 270. Asceta del VII sec, ‘Abd al-Ḥašīm al-Kūfī (cioé originario di Kūfa), detto aṣ-Ṣufī, (cioè il sufi, il mistico). 271. Il computo numerico di santi, angeli, profeti, compagni in vita di Maometto è diverso nelle diverse aree di diffusione dell’Islam. 272. Titolo arabo «signore; discendente di Maometto». 273. Forma usbeco-tagica del titolo arabo sulṭān «Sovrano, reggente». 274. Derviscio, cioè asceta, itinerante. 275. Non identificato. 276. Resa usbeco-tagica del titolo pers. pādišāh «Re, monarca». 277. Non identificato. 278. «Luce lunare». 279. Il maestro della sciamana, nativo di Samarcanda. 280. È la forma usbeco-tagica, con una sola n nella grafia. 281. Corrisponde a däu/dǟ delle altre lingue turche centroasiatiche. 282. Sul, o meglio dietro il, monte Qāf/Qof è la dimora degli spiriti. 283. Murodov traduce «non portare [più] all’estasi». 284. Forma tagica dell’inizio della basmala. 285. «Agitazione, esaltazione». Questo e i santi successivi, a parte alcuni pure invocati dalla sciamana Sadrieva, sono venerati solo localmente e i loro mazar non godono (o meglio non godevano) di notorietà. 286. Qui e in seguito ho tradotto con «santo» valiullo, resa tagica dell’ar. walī ’llah «prediletto da Dio». 287. Santo locale, non identificato. 288. «Mazar di pietra». 289. Anche il nome di questo santo è enigmatico. 290. «Barbanera».

291. Inizio della mia azione». 292. «Animuccia, caro». 293. Stoffa di cotone con una screziatura naturale rossiccia, considerata adatta ai fini di devozione. 294. Una momo-gialla viene pure invocata dalla sciamana Sadrieva; non so che rapporto esista tra queste sari-qizlar (da notare la forma usbeca) e quella momo. 295. Seguo la traduzione porposta da Murodov dell’espressione usbeca aynalaman, lett. «io vado in circolo (intorno a voi)», espressione di cui è già stato rilevato il precipuo significato magico-sacrale. 296. Mullo-qizlar (mullo è resa usbeco-tagica di mullā «dotto musulmano» [per mawlā «signore»]); sfuggono ulteriori particolari di questi spiriti. 297. Šeroni xudo; šer-e xwodā «leone di Dio» è epiteto usuale di Ali nello sciismo persiano. 298. Capo dei pari. 299. Dovrebbero essere quaranta, secondo la credenza più diffusa. 300. Forma usbeco-tagica del pers. āxund «religioso musulmano». 301. Forse resa usbeco-tagica locale del titolo turco xaqan «sovrano, signore». 302. Forma usbeco-tagica di David. 303. Forma assonante con Dovut. 304. Forma uigura di pari. 305. Äzzämtü älǟyküm, resa uigura dell’ar. ‘azzamtu ‘alaykum. 306. È la resa uigura di Isrāfīl, l’angelo che nel giorno del giudizio finale ridesterà i morti con la sua tromba. 307. Non identificato. 308. È Zamzam, il pozzo sacro della Mecca, detto anche Pozzo di Ismaele. 309. Resa uigura di Kawṯar, un fiume del paradiso musulmano. 310. È la Moschea di al-Aqṣa a Gerusalemme. 311. Resa uigura di sidrat al-muntaha «il loto del Termine», nome di un misterioso albero del paradiso, cui si accenna nel Corano (LIII, 14). 312. Forma uig. dell’espressione araba qăba qawsayn (Corano, LIII, 8-10), che stà ad indicare la vicinanza massima a Dio che raggiunse il Profeta nella sua Ascensione. 313. Abu-Bakr, Omar, Osman e Ali. 314. Santi protettori. 315. < ar. naqib «Capo amministrativo degli Alidi». 316. Salomone. 317. «Colui che invoca i pǟri» (xwān- «leggere, chiamare» in persiano); così è detto lo sciamano presso gli uiguri. 318. Qāpir «infedeli». 319. Forma uig. di dev. 320. Interessante affermazione del pǟrixōn, il cui rapporto con l’Islam ufficiale non doveva certo essere facile (!). 321. Divinità del pantheon arabo preislamico. 322. Forma uig. del monte Qaf. 323. Cioè in grado di contrastare l’attacco degli spiriti. 324. Resa uig. dell’eulogia araba ‘azza waǧalla «Egli è potente e eccelso». 325. Maometto. 326. «Scimmia». 327. È la stella α Virginis (< ar. sunbula «spiga»; cfr. il latino spica). 328. «Castoro». 329. Forse «pǟri della balena» (< greco ϰήτoς?).

330. «Pǟri del lamento». 331. Gümbäz Daggār (< pers. Gombad(-e) davvār), un tempio alla Mecca. 332. L’Oceano indiano. 333. Passo oscuro. 334. < ar. Na’t ‘Ali «Descrizione di Ali», nome di una preghiera. 335.-336. Passi oscuri. 337. Il fratello maggiore del capo dei pǟri. 338. Fratello minore del capo dei pǟri. 339. «Demone della ferita» (< yara «ferita» + yäk «demone»). 340. Terra del capo dei pǟri. 341. «Crescita della luna»; la città dei pǟri. 342. Capo dei pǟri. 343. Il primo elemento è l’ar. Ğa‘far; älči «messaggero»; uno dei capi degli spiriti. 344. Le dimore invisibili degli spiriti. 345. L’esercito degli spiriti. 346. Sott. spirito. 347. Forma uigura del demone Albastï/Albasti. 348. Lett. «Madre dei fanciulli»; nome arabo, uigurizzato, del demone Albastï/Albasti. 349. È Maometto, il cui epiteto usuale è rasūlu ’llah «inviato di Dio». 350. Il maestro dello sciamano. 351. Lett. «grandi» (plurale arabo): sono i santi invocati dallo sciamano.

UIGURI GIALLI

RACCONTO SULLO SCIAMANESIMO Testo pubblicato in MALOV, Jazyk, 134-137. Raccolto da Malov dalla voce dello sciamano Sanïšqap il 4 febbraio 1911 nel villaggio di Šar-gudïr.

Un tempo gli uiguri adoravano il Dio-Cielo. Prima ancora il Dio-Cielo risiedeva presso i tibetani. I tibetani trattavano senza riguardo il Dio-Cielo. [Una volta], tirando con le fionde, lo inseguirono fin sui monti Zor1. Il DioCielo errando giunse ad un lago e vi entrò; il Dio-Cielo qui pianse. Mentre piangeva, al suo orecchio giunse il nitrito di un cavallo. Il Dio-Cielo allora [esclamò]: «Oh! Sembra che io sia giunto in un luogo abitato!». Il Dio-Cielo si insediò sulla sommità dei monti Zor; in seguito discese in una località detta Paygüz. A Paygüz viveva una vecchia. La vecchia aveva appena fatto il burro dal latte e si era addormentata. Con fragore lo sciamano2 qui sopraggiunse; prese l’otre [con il burro] e la scagliò contro il muro. Il burro rimase attaccato al muro e il latte cagliato schizzando fuori si versò. Dopo di ciò il Dio-Cielo discese nella donna e il popolo si prostrò dinanzi alla donna3. Il popolo però disse: «Noi non ci prostreremo dinanzi ad una donna». Così dissero e cominciarono ad inchinarsi agli uomini dotti nelle scritture sacre4. In tal modo apparvero gli uomini-sciamani. Lo sciamano prende a sciamanizzare5 allorché il Dio-Cielo discende in lui. Insegnando a sciamanizzare, gli sciamani anziani guidano [i giovani] per uno o due anni. In seguito, la comunità si riunisce e sostituisce lo sciamano anziano. [Il giovane] diviene così uno sciamano completo6. Questi bandisce il convito7, convoca il popolo; quindi egli diviene uno sciamano completo e pronuncia la preghiera yaxqa8. Nel corso dell’apprendimento, [il giovane sciamano] facendo le aspersioni di acqua e latte9 non usa il qazdïγ10. Al momento del suo innalzamento a sciamano [completo], allora egli comincia ad usare il qazdïγ. Lo sciamano anziano non gli affida neppure la lampada11. Alla fine del periodo di apprendimento, lo sciamano anziano viene pagato con qualche migliaio di monete di rame. Se [il giovane sciamano] è ricco, questi paga anche con un cavallo. Quindi, l’intervento dello sciamano anziano cessa. Ora lo sciamano giovane assolve ormai le necessità del popolo. Quando lo chiamano, egli recita la preghiera yaxqa. Allorché viene detta la preghiera yaxqa, vengono accese nove lampade chiamate yola. Sotto di esse viene sparso orzo o frumento, al di sopra vengono poste le lampade. Quindi viene preparato l’albero12. Prima viene preparato l’albero verde; l’albero verde

possiede sette nastri verdi. In seguito, viene preparato l’albero bianco; l’albero bianco possiede un nastro bianco e un nastro azzurro, in tutto due nastri. Il nastro azzurro viene detto tïr13. Sotto di esso14 si trova l’albero purček. Ai quattro lati dell’albero purček vengono legati quattro fili. Sotto di esso c’è l’albero azzurro; l’albero azzurro possiede tre nastri. In cima ad esso vi sono due nastri azzurri, in basso c’è un nastro verde. Sull’albero con sette nastri vengono fatte sette incisioni15. L’albero bianco viene inciso quattro volte; l’albero azzurro tre volte. L’albero più alto è il verde; poi viene il bianco, quindi il purček, da ultimo l’azzurro. Dopo di ciò, lo sciamano recita la preghiera yaxqa. Allorché giunge lo sciamano chiamato, vengono accese le nove lampade yola, quindi viene presa una pecora e viene disteso dinanzi alla porta d’ingresso un sacco oppure un giaciglio. La pecora viene posta su di esso. Ora lo sciamano prende acqua e latte, la versa [sulla pecora] e comincia a cantare. Dopo aver cantato, egli lascia andare la pecora. Se la pecora si muove, essa è gradita ai purqan16. Se non si muove, essa non è gradita ai purqan. Lo sciamano allora l’asperge con acqua e latte e riprende a cantare. Ora la pecora si muove. La pecora viene ripresa; posta sul giaciglio dalla parte del dorso, le squarciano il petto. Di essa però non si dice che viene uccisa. Dopo averla squartata, prendono un po’ di grasso dell’addome, lo versano in una coppa e pongono la coppa di fronte alle lampade. Viene poi presa un’altra coppa con latte cagliato. La pecora viene quindi sollevata e tenuta ferma di fronte ai purqan. Lo sciamano canta: «Le parti poγsï della pecora nera vengono sacrificate allo yamïn17 della divinità. Le parti poγsï della pecora rossa vengono sacrificate alla cancelleria celeste». Quindi escono di nuovo all’esterno; di fronte alla porta la pecora viene immersa in acqua bollente, le viene tolta la lana. Cominciano a tritare la [sua] carne. La testa, gli intestini e il cuore vengono estratti insieme; queste parti vengono dette poγsï18. Ai due lati19 vengono inseriti due paletti, detti sürey. Il tutto viene bollito in una caldaia e successivamente tolto. Ora lo sciamano accende tutte e nove le lampade. Accesele, egli lava la testa della pecora con acqua e latte e la unge con burro sulla fronte; questo burro è detto «monte Sumïr»20. Il burro spalmato sulle due sopracciglia e sui due canini viene detto Azγaš Qan21. Il burro spalmato sulle quattro zampe della pecora viene detto Paγdaš Qan22. La zampa sinistra viene unta in onore della divinità che si trova nella parte

sinistra. La coda viene unta in onore della divinità che tiene la frusta. Il suo interno viene unto in onore della divinità della nascita. Così fatto, dopo l’unzione con il burro, [lo sciamano] riprende a cantare; dopo il canto, la testa [della pecora] viene posta dinanzi ai purqan. [I presenti] mangiano la carne rimasta, ma non mangiano la testa lo stesso giorno; la mangiano il giorno successivo. L’indomani al mattino presto vengono definitivamente consumate la testa e le gambe. Quindi viene steso un bel giaciglio di fronte alla porta, vengono qui condotti [due animali] consacrati alla divinità e purificati con fumigazioni, mentre tutti si inchinano di fronte ad essi. Tra le pecore ne prendono una bruna o che abbia la testa di cammello23. [Tra i cavalli] scelgono un cavallo fulvo. Se questo cavallo ha una piccola [macchia] bianca sulla fronte, esso viene detto čolvan e qïštïγ. Dopo la fumigazione [degli animali], rientrano in casa e mangiano la testa e le zampe [della pecora]; dopo di ciò, lo sciamano canta. Allorché [lo sciamano] ha finito di cantare, tutti escono all’aperto; stendono il giaciglio e lo sciamano si siede, mentre alcuni tengono in mano alcune coppe. Lo sciamano riprende a cantare e tocca con il bastone, in segno di benedizione, la testa dei presenti. Dinanzi a lui24 pongono due piccole coppe di acquavite; in una è stata versata acquavite nera, nell’altra acquavite rossa25. Dopo il canto, portano nella steppa l’acquavite e la versano. Portano lontano anche l’albero. [Qualcuno] sale sul cavallo, prende l’albero e il burro e li getta nella steppa. Ad esso26 viene dato il nome di albero tiken.

PREGHIERA IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA YAXQA Testo raccolto da Malov nel marzo 1911 dalla voce dello sciamano Nam Serščap; pubblicato (solo nella traduzione russa) in MALOV, Ostatki e (in originale con traduzione) in ID., Jazyk, 140-143. Il testo risulta alquanto oscuro in più punti. Yaxqa significa «preghiera alle divinità celesti» (yaqa con significato analogo si trova in un documento epigrafico antico-turco dell’VIII sec.). O yamïn [celeste]! O [divinità] gigante!27

O [divinità-cavallo] veloce, dalla solida costituzione! O milioni di sosia!28 O yamïn della città di Yarγey, gigante! O [idolo] con le gambe incrociate29, cui [si sacrifica] burro! [Cavallo] in grado di andare per mille [giorni] di cammino! O bel [cavallo]! O mille keden!30 O mille stellette sulla fronte [dei cavalli]!31 O bel cavallo! O pecore, sul cui dorso al momento della tosatura viene lasciata della lana! O [idolo] con le corna simili a lancia!32 Da tutti invitato e qui spesso menzionato! È una ricca divinità il Cielo! Se ti avvolgi nel saio del lama, sarai simile ad un giovane lama panda!33 Se indossi il saio del lama čörǧi34, sarai simile a questo čörǧi! Ma se prendi e ti metti a tracolla la sacca sciamanica35, allora sarai simile allo sciamano! Le parti poγsï della pecora nera [sono riservate] alla divinità! Le parti poγsï del montone fulvo vengono offerte allo yamïn celeste! Colui che beve la crema è un vecchio sciamano!36 Colui che beve il latte è lo sciamano del latte!37 Lo sciamano che mangia la carne di montone [?], la sparge in onore delle divinità! Mille uomini che aspergono [latte acido in onore delle divinità]! O [divinità] gigante che non dormi! O cavallo sellato, dai nastri verdi legati insieme [?]! E dalle tre stellette!

Il sole e la luna nello yamïn del montone, Nella steppa di Šara, sulla cima del monte Soley, yamïn di Teymïn Qan38, risuona il grido! Nel bacino del fiume Song risuona il nitrito del cavallo!39 Del fucile, al cui sparo appare la rossa fiamma, [o divinità], produci forte eco! Sulla cima dei monti Zor rosseggia il tramonto! In basso, nel villaggio di Paygüz discende la divinità! I corpi [degli uomini e] dei cavalli rendi schietti40, come il miglio sparso!41 Rendili perfetti! [Per le lampade in onore della divinità] noi abbiamo erba frantumata della steppa e stoffa cinese intrecciata in fili per gli stoppini delle lampade! Concedi aiuto! Ed abbiamo il latte acido per le aspersioni! O yamïn [celeste], rendi forti [noi e il nostro bestiame]! Rendi migliore la nostra terra a beneficio degli uomini e del bestiame! O tu, divinità [femminile] soddisfatta! [Tu] che vivi sulla sommità di Yerdenčin!42 Adorna di bianchi coralli, simili a monete d’argento! Voi cavalcate, [o divinità], lungo le cime di Erǧintey!43 Via lattea!44 Signore della bianca Via lattea nello yamïn della Via lattea! Ora viene cantata la gloria di coloro che si trovano nello yamïn della Via lattea, l’azzurro nastro del bianco albero!45 Tutto questo nello yamïn della Via lattea! Cielo chiaro46, divinità suprema, e Uomo bianco!47 Nelle mani [dell’Uomo bianco] una tromba di bianca conchiglia48 ed il suo suono si disperde all’intorno. Nel grembo del [terzo] bianco albero ci sono le divinità: il cavallo con la bianca stelletta sulla fronte e l’Uomo azzurro49. Oh, canto dello sciamano dai mille occhi! Divinità Yašqa!50 II loro cibo è il burro!

Divinità Suzu51 che si nutrono di latte! Divinità Qaltïla!52 Divinità Qambo e Qïm Sečin!53 Divinità Beske54 che appare sotto un quintuplice aspetto! Petuγar, i cinque montoni offerti al Dio-Cielo! Divinità femminile, protettrice del latte cagliato! Io, lo sciamano, non ho dato poco e non ho dato molto [nell’aspersione]! Ed assolvo ogni cosa con vantaggio [degli uomini]! Io presento [alle divinità] yoghurt e latte montato! Queste sono le parole pronunciate la sera55. La mattina successiva di buon’ora, fuori della porta lo sciamano compie le aspersioni e canta Acquavite bianca e acquavite azzurra [vengono offerte]! Oh, mio peγ56 con il copricapo adorno di nastri! Oh, signora dagli occhi storti!57 Oggi è il giorno in cui viene aperta la porta variegata – la mia Via lattea! Ecco, io invio tre qazdïγ di yoghurt allo yamïn della Via lattea! Ğoqang Erembočen!58 Materanǧin!59 Čalvar Vačen!60 Tamǧan Čörčin!61 Ulu Savdaq!62 Ïngïltaq col cavallo bianco!63 Arqasqan!64 Luna e sole, che parlano tra di loro e si guardano! Oh, Čïng Qurlung!65 Oh, Inǧen!66 Peyran e Sumaqča!67

PREGHIERA YOTA Questo testo, piuttosto oscuro in più punti, venne raccolto nel maggio 1958 nel villaggio di Šiheyza da Tenišev e pubblicato in TENIŠEV, 292-300. L’editore non premette alcuna introduzione al testo di questa preghiera, che comunque sembra far parte del rituale matrimoniale. Yota significa «tibia»: la preghiera prende il nome dall’osso (di montone) usato nella divinazione di cui si parla nella preghiera. In questo testo sembra riflettersi, sullo sfondo della evocazione dell’evento mitico di fondazione del rituale/preghiera, un conflitto tra sciamanesimo e lamaismo.

È bello del sole, che esso brilla. È bello della luna, la luna piena. Nei tempi passati si dice che Stompa Šïqča Tova68 creò i villaggi, in Rǧaqar69 creò le scritture sacre70, da un albero rosso, l’immagine del Buddha, dal [Buddha] Tešïn71, l’uomo, dalle lingue di fuoco, gli animali. O qan Qulačï72, O Čingiz sovrano!73 Questi due qan, a quanto si dice, si imparentarono. Ma i parenti dei due qan non andavano d’accordo; cosa fare? [Rivolgiamoci a] Stompa Šïqča Tova! Tentarono di compiere una preghiera, che riguardasse la verzura e le erbe, ma non poterono compiere la preghiera. Cosa fare? Non concederà forse aiuto il Cielo? Cominciarono la divinazione circa l’aiuto del Cielo. Le quattro direzioni del cielo non sono ancora completate – dissero; se è così, cosa ci aiuterà? – si chiesero. Se gettiamo nell’oceano un pezzo d’oro di piccole dimensioni e questo si innalza fino al monte Sumer74, allora la prima direzione sarà completata – dissero. Se si chiede – cosa è necessario per la seconda? È necessario aumentare il numero delle sette tribù dei mongoli-calmucchi di Qalqa75, la seconda direzione sarà così completata – dissero.

Se si chiede – cosa fare per la terza [direzione]? Su di una roccia, dove non volino gli uccelli, [occorre] ammucchiare piccole pietre, simili ad un occhio: la terza direzione ecco come viene completata – dissero. Se si chiede – cosa fare per la quarta [direzione]? Ecco in che modo: ecco Hamulan Qan76, egli è il principe del cielo e il signore della terra – dissero. Se egli rimane nella propria dimora, allora la quarta direzione ecco in questo modo viene completata – dissero. Con tale atto di omaggio i parenti dei due qan si riconciliarono. E ambedue i qan in modo degno si accordarono tra di loro. Giunse il tempo di compiere la preghiera yota in onore dei figli. Come viene compiuta questa preghiera yota? Temïn Qan da parte sua ricordò che era tempo di compiere la yota per mezzo di un pezzo d’oro di grandi dimensioni. Ed ecco, in seguito, a questo qan si sottomisero le quattro personalità influenti. [Uno di loro] è l’anziano del clan yaγlaqïr77 Yanni Tunčïp [il secondo] è l’anziano del clan tošï Toγom Merel, [il terzo] è l’anziano del clan harlat Qorlot Pïroči, [il quarto] è l’anziano del clan qorlot Qara Kören. Questi quattro capi dissero: «Se il qan procreerà, [se] compirà la yota in nome dei figli, la preghiera deve essere compiuta in questo modo». E se il più povero contadino chiede [in che modo compiere la preghiera yota]? Anche egli si comporti in questo modo – dissero. Tagliarono i pali bianchi e azzurri per la cerimonia yota. Dopo che ebbero nominato i pali bianchi e azzurri78,

parlarono del qan signore, che possiede gli undici yak. Ed ecco in che modo [occorre compiere la yota]: se è estate, [occorre] la yertine79 per far muovere la nuvola celeste dai sette strati; se è inverno, [occorre] la yertine per tagliare l’acciaio dai sette strati. Se il qan, chiedendo qualcosa, compie la preghiera yota, egli otterrà [quanto desidera]. Ma il più povero contadino dove troverà [la yertine]? Anche egli si comporti in questo modo – risposero. Tagliarono i leoni bianchi e azzurri per la cerimonia yota. Dopo che ebbero nominato i leoni bianchi e azzurri, parlarono del qan signore dalle undici dita. Ed ecco in che modo [occorre compiere la yota]: se egli ha un nemico invincibile, [occorre] la yertine per abbatterlo. Il qan otterrà [quanto desidera]. Ma il più povero contadino dove troverà [la yertine]? Anche egli si comporti così – risposero. Tagliarono gli elefanti bianchi e azzurri per la cerimonia yota. Dopo che ebbero nominato gli elefanti bianchi e azzurri, parlarono del qan signore dalle undici zanne. Presso la corte del Dalai Lama80 c’è qualcosa. Nella dimora di Hamulan Qan c’è qualcosa. Il qan otterrà ciò. Un giorno, dal cielo discese una pecora pezzata con otto zampe. Dopo aver nominato questa pecora pezzata, ecco in questo modo ricordarono i quattro tipi di yertine. Se si chiede – cosa sono queste quattro yertine? [La risposta è] – dopo aver preso latte e burro, offrirli al purqan. Ecco in questo modo,

il primo tipo di yertine è rappresentato proprio da questo. Se si chiede – qual’è il secondo tipo di yertine? [La risposta è] – dopo aver preso una veste di lana, indossarla. Il secondo tipo di yertine è rappresentato proprio da questo. Se si chiede – qual’è il tipo minore [di yertine]? [La risposta è] – dopo aver preso un dono, concederlo in possesso. Il tipo minore di yertine è rappresentato proprio da questo. Se si chiede – qual’è il quarto tipo di yertine? [La risposta è] – dopo aver preso un osso della zampa del montone81, compiere la preghiera yota in onore dei fanciulli. Il quarto tipo di yertine è rappresentato proprio da questo. Con ciò ogni cosa si realizzerà – dissero. Ed ecco in questo modo giunse il tempo di compiere la preghiera yota in onore dei fanciulli. Dopo che ebbero pronunciato la yota in onore dei fanciulli […] La loro82 biografia83 è notevole. Questa yota, in un modo o nell’altro, indirizzarono al lama anziano. Il lama anziano così disse: «Se c’è la preghiera, voi stessi pronunciatela in questo modo. Io non dirò la preghiera yota in onore dei fanciulli!». Allora questa yota, in un modo o nell’altro, indirizzarono al principe-anziano del clan. Il principe-anziano del clan così disse: «Se questa è la decisione, la renderemo manifesta. Ma la yota in onore dei fanciulli non la pronunceremo noi!» Dopo che ebbero nominato la yota, la indirizzarono ai sette clan. I sette clan così dissero: «Noi abbiamo goduto del cibo, ma la preghiera yota in onore dei fanciulli non la pronunceremo!»

Se è così, cosa fare? Dissero: «L’imperatore non può essere al di sopra del proprio zio!»84 Nel giorno del banchetto lo zio-anziano del clan disse: «Se un fanciullo e una fanciulla si intendono l’un l’altro, la fanciulla desidererà la preghiera yaxqa, il fanciullo invece, la preghiera yota. Nulla si chieda allo zio!» Ecco in questo modo giunse il tempo della preghiera yota. Se si chiede – perché la superficie dell’osso-yota è gialla? [La risposta è] – perché in esso è penetrato il bagliore del pezzo d’oro di grandi dimensioni, yota di Teymïn Qan. Se si chiede – perché le vene sono azzurre? [La risposta è] – perché in esse è penetrato il bagliore del pezzo d’argento di grandi dimensioni, yota di Čingiz Qan. Ecco in questo modo se si chiede – perché è fredda la parte superiore della vecchiaossicino?85 [La risposta è] – il fondamento della parentela è freddo86, tale è il loro destino. Se si chiede – perché è calda la parte superiore dell’ingrossamento dell’osso-yota? [La risposta è] – si inchinano alla parentela del marito, tale è il loro destino. Se si chiede – perché la carne [che riveste l’osso-yota] è a strati? [La risposta è] – ci sarà numerosa parentela, tale è il loro destino. Se si chiede – perché hanno avvolto con lana l’osso-yota? [La risposta è] – ambedue i rami della parentela saranno nella lana87, tale è il destino [iniziale] degli uomini lontani88. Se si chiede – perché hanno versato del latte in questa coppa? Occorre rispondere – questa è una goccia dell’oceano, tale è il loro destino. Se si chiede – perché hanno messo del burro in questa coppa? Occorre rispondere – questa è una collina del monte Sumer, tale è il loro destino.

Se si chiede – perché hanno messo del burro nella coppa del lama čörǧi. Occorre rispondere – questa è una fibbia per la pelliccia del parente anziano, tale è il loro destino. In questo modo pronunciarono la yota. […] In questo modo pronunciarono le benedizioni. Queste non sono solo le nostre benedizioni; questa è la benedizione richiesta al purqan, questa è la benedizione richiesta al lama čörǧi, questa è la benedizione richiesta ai parenti anziani, questa è la benedizione richiesta a tutti gli ospiti.

PREGHIERA ŠUŠU Testo pubblicato in MALOV, Jazyk, 156-158. La preghiera šušu veniva abitualmente pronunciata il settimo mese dell’anno ed era volta ad ottenere la benedizione delle divinità. Anche questo testo, come tutti quelli uiguri gialli, è avvolto da un’oscurità di fondo che – in assenza (come è il caso) di introduzione, commentari, note da parte dell’editore – lo rende incerto quanto al senso ed alla resa. Il nome della preghiera è pure enigmatico.

O yamïn [celeste], o [divinità] gigante! Spirito dell’acquavite89; l’acquavite guarisce! Spirito del turqun90; il turqun guarisce! La tua dimora è una città dai nove strati di rame! La tua dimora è una città di piombo appartenente a Xayan!91 O divinità Panda92, che la dimora celeste non accoglie! Sulla volta del cielo un lancio di frecce! Nel cielo appare il tramonto! Tu giochi, fendendo il cielo in due! Tu ti unisci allo yamïn del qan dei qan!93 O divinità Panda, che percorri la città degli uomini!94 Pronuncerò la preghiera šušu con un montone qaltar consacrato a Yerlïq!95 Compirò il rito magico in onore di Yerlïq con le due corna ricurve [del montone] come arma! Compirò il rito magico [usando] i suoi96 due occhi sulla fronte come lampada! Compirò il rito magico [usando] la scapola sinistra come melïn!97 Compirò il rito magico [usando] la tibia98 sinistra come tromba! Guarirò la malattia inviata da Yerlïq con l’acquavite! L’acqua rossa99 ribollendo scorre a valle! Il ponte di ferro munito di steccato è sulla strada di accesso!100 Sulla strada spianata appare Xorγošin!101 Il nero vino102 di Yerlïq userò come medicamento! Guarda il fragrante nero vino di Yerlïq! Guarda, compirò il rito magico con il nero vino di Yerlïq! Compirò il rito magico con il nero vino di Yerlïq nelle generazioni [a venire]! [La preghiera] è terminata; orsù appaia la città rossa!103

1. Monti siti intorno alla città di Kao-tai. 2. Cioè la divinità-Cielo. 3. La donna era stata trasformata in sciamana. 4. Inconsueto epiteto per designare gli sciamani, di sapore piuttosto buddhista. «Scritture sacre» è lom (< mon. nom < uig. nom < sogd. nom < greco νόμoς «legge; costume»). 5. Mentre «sciamano» in uiguro giallo è ilčï/elčï (meno frequentemente tolīn), per «sciamanizzare» vale la base verbale qam- (comune alla forma presente in molte lingue turche qam/xam «sciamano»). 6. Pezik elčï, lett. «grande sciamano». 7. Cioè il sacrificio in onore delle divinità. 8. Cfr. il testo successivo. 9. Aq su, lett. «acqua bianca», cioè acqua mista a latte. 10. Piccolo cucchiaio per le aspersioni con 7, 9, 13 incisioni sul manico. 11. Sempre durante il periodo di apprendimento. 12. Yïγαš, è l’albero cosmico, l’axis mundi. 13. «Via lattea». 14. Cioè l’albero bianco. 15. Corrispondono ai pūdaq siberiani. 16. «Immagine del Buddha». Qui sta ad indicare le divinità sciamaniche. 17. «Amministrazione, cancelleria dei funzionari cinesi» (< cin. ya-men). Qui tale termine è usato nel senso di «dimora», anche se suscita stupore la sua utilizzazione in un tale contesto religioso. 18. In realtà esse sarebbero: testa, collo, interiora, cuore e le dieci costole. 19. Della testa. 20. Forma uigura gialla del monte Sumeru. 21. «Qan con i canini sporgenti». Divinità del pantheon sciamanico degli uiguri gialli. 22. Altra divinità sciamanica, rappresentata con le gambe incrociate. 23. Cioè con la testa simile a quella del cammello. 24. Lo sciamano. 25. Cioè acquavite (araqï/arqan) colorata di nero e di rosso. 26. L’albero. 27. Uluγ turq «Grande turco»; di oscura identificazione. 28. Gli idoli delle divinità. 29. E’ Paγdaš Qan. 30. Termine enigmatico. 31. Čolvan «macchia, stelletta sulla fronte [dei cavalli]». 32. O «a pugnale»: vale a dire con le corna ritorte. Non sappiamo chi sia. 33. Grado iniziale della gerarchia ecclesiastica lamaista. 34. Grado anziano della gerarchia ecclesiastica lamaista. 35. Torvun/torvïn, è la sacca che lo sciamano porta con sé. 36. «Colui che beve» o «colui che asperge con crema» (qayaq «crema» + -či «suffisso di agente»); non è chiaro perché lo sciamano qui venga caratterizzato come «vecchio». 37. Sot tolïn «Sciamano che [fa aspersioni di] latte». 38. Alterna con Temïn; cfr. p. 385. 39. Tutta questa parte è un riferimento al mito d’origine (cfr. il testo precedente) dell’instaurazione dello sciamanesimo. 40. «Buoni e numerosi» chiosa Malov. 41. Il miglio offerto alla divinità. 42. Nome di uno yamïn celeste.

43. Nome di uno yamïn celeste. 44. Tīr; cfr. Racconto sullo sciamanesimo, p. 376. 45. Cfr. Racconto sullo sciamanesimo, p. 376. 46. Aq xayas; cfr. la divinizzazione del cielo chiaro nello sciamanesimo siberiano. 47. Aq kse; divinità sciamanica non meglio identificata. 48. Aq pīra, è la tromba usata nel servizio religioso lamaista. 49. Kök kse; divinità sciamanica non meglio identificata. 50. Identificata con l’albero sciamanico. 51. Non identificate. 52. «Tremante», comunque non meglio identificata. 53. Divinità sciamaniche di oscura identificazione. 54. Bes «cinque». 55. Malov non fornisce nell’introduzione al testo (coincidente in larga parte con la descrizione della cerimonia nel Racconto sullo sciamanesimo) particolari cronologici circa lo svolgimento della cerimonia. 56. Forma uigura gialla di bäk/bey. 57. Di oscura identificazione. 58. Tempio buddhista. 59. < Materand + čïn (< cin. ch’eng «città»); tempio buddhista sito nelle vicinanze della città di Kanchou, chiamato dai cinesi Ma-ti-szǔ. 60.-61. Divinità enigmatiche. 62. < tib. klu (< cin. lung) «drago; demone serpente» + mon. sādaγ «faretra». Epiteto del drago detentore del tuono. 63. Categoria di divinità protettrici. 64. Epiteto del sole e della luna, di oscuro significato. 65. Tempio buddhista, chiamato dai cinesi Chin-ku-szǔ. 66. Tempio buddhista, a sud ovest di Su-chou. 67. Templi buddhisti, non meglio identificati. 68. Nome di un buddha; ston-pa in tibetano è «maestro; Buddha». 69. Rǧaqar/Ïrǧaγar, tempio buddhista. 70. Lom. 71. Tešïn/Teyšïn, nome di un buddha. 72. «Servitore del qan» o «qan-fabbro»; personaggio enigmatico. 73. Il fondatore dell’impero mongolo, presente nella tradizione folclorica e religiosa degli uiguri gialli, così come di tutti i popoli centroasiatici. 74. Variante di Sumïr. 75. In realtà i calmucchi da una parte e i qalqa (o xalxa) dall’altra sono due gruppi mongoli distinti. Qalqa è anche la denominazione geografica delle regioni centrali dell’attuale Repubblica popolare mongola. 76. Personaggio enigmatico. 77. È interessante sottolineare come il nome di questo clan continui l’antico nome yaylaqar della dinastia al potere durante l’impero uiguro di Mongolia (secc. VIII-IX). 78. I pali, i leoni, gli elefanti tagliati/intagliati (pušxantïr è dalla base verbale puš- corrispondente al turco-comune bïč/bič- «tagliare, intagliare») in legno, non sappiamo che funzione avessero nel rituale. 79. < sansc. ratna «tesoro, gioiello, pietra preziosa»; qui ha il significato di «mezzo, formula, cerimonia magica». A causa della particolare specializzazione semantica assunta nel contesto da tale termine, ho preferito lasciarlo intradotto. 80. Il capo supremo della Chiesa lamaista.

81. È la tibia divinatoria yota. 82. Dei fanciulli, cioè dei due giovani sposi. 83. Rnamtar < tib. rnam-t’ar «Biografia di uomini illustri». 84. Viene adombrato un conflitto tra l’amministrazione cinese e la tradizione uigura gialla? Così sembrerebbe. 85. Hireš paš: hïreš «ossicino della zampa del montone, il cui aspetto ricorda una vecchia», paš «testa, parte superiore». 86. Cioè ci sono delle difficoltà al matrimonio. 87. Cioè si uniranno, saranno un tutt’uno. 88. Cioè non ancora imparentati. 89. «Spirito» è iš tengir «divinità che sta all’interno». 90. L’acquavite rossa. 91. Personaggio enigmatico. 92. Panda tengir: un grado della gerarchia lamaista divenuto divinità sciamanica? 93. Cioè «divinità suprema». 94. Alva čïn, lett. «città [in cui si riscuotono] le imposte»; traduzione incerta. 95. Forma uigura gialla del Signore del mondo infero (in Siberia, Ärlik), originariamente interpretatio uigura dell’indiano Yama. 96. Del montone. 97. Termine non identificato. 98. Yota. 99. Per dire «l’acquavite rossa». 100. È il ponte che mette in comunicazione il mondo dei vivi col mondo dei morti. 101. Non identificato. 102. Qara por (por «vino»): l’acquavite. 103. Qïzïl čïn: forse la dimora delle divinità?

MONGOLI

INVOCAZIONE DELLO SCIAMANO ÜGEDELEGÜÜ

Raccolto nel 1951 da Maniǰab nella Mongolia orientale, questo testo è stato pubblicato in Maniǰab e ripreso in seguito in HEISSIG, Zur frage, dove viene confrontato con altri due provenienti dalla stessa regione della Mongolia orientale. La Bandiera (in mongolo qosiγun, unità amministrativa introdotta sotto il dominio manciù) di Küriye ha avuto, nonostante la forte presenza della Chiesa lamaista, ininterrotte tradizioni sciamaniche fino ed oltre la seconda guerra mondiale. Il canto d’invocazione si articola in cinque parti: a) prologo con invocazione del Buddha, b) invocazione dei tngri, c) invocazione degli ongγon, d) consolazione del malato (l’invocazione veniva pronunciata durante un rito di guarigione), e) canto finale con espulsione dello spirito maligno responsabile della malattia, in una immagine sostitutiva. Heissig sottolinea come l’invocazione dei tngri sembri seguire un modello di maṇḍala lamaista.

a. Ho acceso profumati bastoncini d’incenso, li ho offerti al [monastero di] Erdeni ǰuu1. Mentre mi prostro e faccio offerta, abbi pietà, mio Erdeni uu. Ho acceso bastoncini d’incenso che profumano di muschio, li ho offerti al Buddha di sandalo2. Mentre mi prostro in preghiera, abbi pietà, mio Buddha di sandalo. b. Rivolto verso le quattro regioni del mondo, io prego! Tngri-signori3, proteggetemi! Poiché vi sono ostacoli e spiriti maligni, proteggetemi e rendetemi forte! Eccelso su tutti i tngri, Qan Qormusda Tngri4; poiché vi sono impedimenti e sofferenze, proteggimi e allontanami da essi! Bayan Čaγan Tngri5, la cui dimora è nel sud-ovest; poiché vi sono sventure e contagio, liberami da essi! Qong Bayatur Tngri6, la cui dimora è nel nord-ovest; poiché vi sono un’immagine sostitutiva, una copia d’impasto7. mentre le accogli, distruggi ciò che c’è sotto! Siremün Ökin Tngri8, la cui dimora è nel nord-est;

poiché vi sono spiriti maligni e sofferenze, annientali tutti completamente! c. […] Sette uccelli-ongγon9, elevato eroe di ferro fuso, sette rane-ongγon, elevato eroe-scimmia, [ongγon], di bronzo, che rende gli uomini vedenti10, ongγon elevato, che giunge a me, che mostra l’abbondanza. Immagine del culto11, da me trovata, tu hai il laccio nella mano12, i tuoi denti canini sono d’acciaio; sebbene tu non permetta di penetrare, difendi il suolo della terra! […] d. Se il fiore samaγa13 appassisce, perché dovrebbe durare proprio il fiorellino giallo? Se uno è colto da diarrea, che differenza c’è ancora tra il bene e il male? Se il fiore del loto appassisce, perché dovrebbe durare proprio il fiore del sole?14 Se uno è colto da una malattia contagiosa, che differenza c’è ancora tra il vecchio e il giovane? Se non sei avido di ricchezze, desidererai forse tu i beni degli altri? Se non sei menzognero, agirai forse tu come se fosse ciò che non è? Se non sei calunniatore, agirai forse tu così da gettare la calunnia su due persone che si amano? Se non sei affetto da stupidità, andrai forse tu in giro lodando solo te stesso? Se non indulgi al bere eccessivo, aprirai forse tu la bocca solo vedendo l’acquavite? Se non sei schiavo del ben vestire,

andrai forse tu vestito elegantemente anche all’interno del villaggio? Se non hai inclinazione per le sconcezze, ripeti forse tu le più sporche parole? Se non sei un pigrone, ti sentirai forse tu stanco se solo si tratta di lavorare? e. I berid15 delle diverse regioni, i boyid16, divenuti ostacoli17, i diversi soyir18, i nuovi, insoliti boyid, che sono lontani, invocali! Conduci qui loro che sono nel recinto! Invoca loro che sono lontani! Conduci qui loro che sono nel villaggio! Al posto dell’uomo gravemente malato, consegno in cambio un sostituto, tutto in cotone, insieme con le ǰoliγ19 dette tündüg-dandaγ, insieme con la carta dun dun20, insieme con le oliy dette dungqai-dangqai, con sostegni di legno di albicocco, con una cortina di seta güng ü21, con sostegni in legno di pesco, con una cortina della migliore seta, con gli uni22 in legno di pino, con una cortina provvista di ornamenti. La pietra e il legno sono venuti su rapidamente23, il falco ha emesso il suo garrito, il salice e la legna da ardere sono venuti su rapidamente, la tigre e il lupo sono diventati familiari. Io mostrerò questo completamente ai boyid che sono qui accorsi! Mostrerò questo, si comprende! Così avvenga in altre circostanze! Al posto del corpo io faccio un corpo,

mostro l’immagine- oliya e la consegno; essa ha un volto bianco di soffice pelo24, essa ha sopracciglia di colore nerofumo, è più rivestita di un uomo, raffigurata e creata. Sulla fronte l’ornamento mandau25, due forcine di calcedonio, sulle guance l’ornamento angsalai26, due orecchini pendenti. Al posto della vita un’immagine vivente, un essere vivente io vi consegno. La mandria di cavalli è al nord; io vi dò un gallo da riproduzione al loro posto. La mandria dei bovini è sulle colline sabbiose; io vi dò un gallo al loro posto. Con trentasei piume, con tre bei artigli, con diciotto piume sulla coda, esso è designato come immagine di scambio. Accettatelo, mentre ve lo porgo! Non permettete che gli altri cani27 lo afferrino! Se esso venisse afferrato dagli altri cani, non ricorrete all’uomo dalla veste pezzata28, non ricorrete all’uomo dalla veste pezzata, sarà inutile! Non fate soffrire l’uomo malato, non procurate sofferenze all’uomo malato, non dimenticate che io vi legherò ben stretti!29

KAMLANIE DELLO SCIAMANO ANGČA Testo pubblicato in HEISSIG, Schamanen und Geisterbeschwörer. Dettato una prima volta nel dicembre 1942 e registrato poi in seguito nella sede della radio di Hsin-ching, il testo offri numerose varianti, ad es. nella sequenza dell’allitterazione; fatto questo che fa ritenere che i canti sciamanici fossero legati non ad un ordine rigido, ma ogni volta subissero delle variazioni attorno ad un tema fondamentale. Lo sciamano ǰangča era negli anni quaranta tra i più famosi della Bandiera di Küriye (il testo proviene dalla stessa regione del precedente).

Prima della kamlanie, per la guarigione di un malato, vengono poste accanto al malato su di un piccolo altare delle immagini di ongγon, uno specchio e cinque pugnali in legno di diverse dimensioni, detti purbu (< tib.

p’ur-pa «strumento di ferro a forma di corto pugnale, usato per espellere gli spiriti maligni»). Vengono poi poste sull’altarino una ciotola con delle uova, tre ciotole con acquavite e due qaday (< tib. k’a-btags «fazzoletto di seta che viene inviato alla persona cui si ha intenzione di rendere visita»), strisce di stoffa bianche o rosse usate come offerta. Dinanzi all’altarino vengono posti bastoncini d’incenso. Lo sciamano indossa la sua veste pezzata (alaγ debel), egli accende i bastoncini d’incenso delle candele. Si inchina poi verso le quattro direzioni del mondo e nelle otto direzioni del vento e canta, al ritmo del tamburo, un’invocazione ai Buddha ed ai fondatori della fede (a). Quindi si rivolge agli spiriti dei più rinomati qutuqtu («santi») lamaisti e ai santi lama (b). Si rivolge poi, in un crescendo del ritmo del tamburo, ai Č’os-skyon («i difensori della fede»), venerati come signori dei demoni della pazzia e che lo sciamano implora affinché gli offrano il loro aiuto contro tali demoni (c). Vengono poi invocati i numerosi tngri, gli spiriti «celesti» e gli spiriti degli antenati. Lo sciamano compie queste invocazioni di nuovo inchinandosi alle quattro regioni del mondo e alle otto direzioni del vento (d). Vengono quindi invocati gli ongγon (e). Il suono del tamburo si fa più violento, il canto estatico; lo sciamano si rivolge al proprio specchio (toli), agli spiriti delle montagne e ai demoni del mondo sotterraneo. Egli volteggia su se stesso; si volta avanti e indietro con scatti improvvisi, mentre prega lo spirito del padre di discendere in lui (f). Egli raggiunge l’estasi, tra giravolte e violenti colpi di tamburo. Gli assistenti battono all’unisono il tamburo. All’improvviso egli crolla a terra stremato. Si siede. Lo spirito del padre è entrato in lui. Egli chiede dell’acquavite e una pipa; comincia a fumare, mettendosi in bocca il fornello della pipa. Poi inghiotte la fiamma della lampada ad olio e sputa fuoco sul malato. Lo spirito del padre presagisce per bocca dello sciamano con parole sconnesse circa il decorso della malattia. Dopo la predizione sull’espulsione della malattia, lo sciamano beve alcool puro. Scompaiono pian piano i sintomi di spossamento e ritorna il normale stato di coscienza. Ora egli intona un canto di consolazione al malato dalla dolce melodia (g). Si rivolge poi ai Buddha in ardente preghiera, chiedendo loro aiuto a favore del malato. Egli offre loro acquavite. Anche allo sciamano un assistente versa dell’acquavite. La libagione è accompagnata da un canto di offerta (h). Se il malato mostra segni di miglioramento, lo sciamano intona il canto finale (i). In caso contrario, egli continua giorno e notte la kamlanie, per tre, cinque,

sette, nove notti consecutive. Diverse pratiche magiche vengono messe in atto durante questo tempo; al centro di esse è la preparazione delle immagini sostitutive. a. Ho acceso profumati bastoncini d’incenso, li ho offerti al [monastero di] Erdeni uu. Mentre mi prostro e faccio offerta, abbi pietà, mio Erdeni uu. Ho acceso bastoncini d’incenso che profumano di muschio, li ho offerti al Buddha di sandalo. Mentre mi prostro in preghiera, abbi pietà, mio Buddha di sandalo30. Ai burqan31 dei numerosi templi ho offerto lampade ed incenso. In piedi ho pregato. Possa Buddha avere pietà! Una lampada dalla chiara fiamma ho offerto a Badam Suqai32. Ho supplicato Badma Sambua Blama33 con le mani giunte sul capo. Mia montagna Bodulung34, nella comunità della Dottrina del Buddha35, io, discendente della falsa dottrina36, mi raccomando alle divinità. b. Giungo la mani al di sopra della fronte e prego Mandusiri Gegen37. Da tutte le sofferenze del corpo salvi Maidari Gegen!38 Giungo le mani al di sopra delle guance e mi raccomando a angǰiya Gegen39. Mentre prego con fervore, conceda aiuto angǰiya Gegen! Giungo le mani al di sopra della testa e mi raccomando a Towang Gegen40. Ancora una volta giungo in alto le mani e mi raccomando a Bančin Boγda41, perché conceda grazia e protezione!

La malattia cui non c’è rimedio […]42 Imploro angǰiya Gegen. angǰiya Gegen con pratiche ascetiche nel monastero di Yarnai43 io supplico. Mio lama della foresta sulla montagna, eremita della grotta scavata nella roccia44, io, discendente della Fede nera45, raccomando sofferenze e pene! c. Raccomandandomi io prego, riferisco con rispetto46 ai Damjin Čoyijing!47 Tutte le avversità48 nascoste e manifeste io raccomando distintamente. Io prego giungendo [le mani]. Riferisco rispettosamente a Nayijung Čoyijing49. Tutte le sofferenze che derivano dal peccato io raccomando distintamente. Mio Güng albu Čoyijing50, mio Bayiyur albu Čoyijing51; sofferenze e pene io raccomando a voi! Epidemie e pestilenze, ambedue, raccomando ai cinque qan burqan!52 d. Trentatre miei tngri53, dinggini54 dei tre tngri55, miei novantanove56tngri. Tre buchi di martora57, [tngri?] che siete nel sud-ovest. Bayan Bismaq Tngri58, che liberi da ogni sofferenza. Bayan Čaγan Tngri. Badarangγui Doγsin Tngri59, Qaγan Qormusda Tngri. Cinque tngri del vento. Nove tngri dell’ira. Sette tngri della violenza. Tngri che cavalcate le nubi.

Asar Tngri60 del sud, che cavalcate bianche nubi. Cinque tngri del fulmine, che cavalcate azzurre nubi. Cinque tngri della linea orizzontale, che discendete afferrando il margine61. Sette tngri accompagnatori [?], che siete nel sud-est. Sirmaγ Ökin Tngri62, che cavalchi una capra giallo-scura. Cosa arrostita senza errore63. Tu che rechi aiuto in un attimo, tngri signore di questa casa. Cinque tngri dell’ingresso, cinque tngri della porta. Qayang Qayiraua burqan64. Voi che siete nel nord-est, che avete l’aspetto del Qangγai settentrionale65, [che siete?] nei quindici obo66. Sette tngri dell’aria. Sette tngri del tuono, dall’aspetto spaventoso, che cavalcate leoni ed elefanti. Sette luoghi di sepoltura sull’Ulaγan Qada67. Montagna bianca di neve. Bianca roccia-pietra focaia. Albero solitario del pendio montano. […] [Tu] mio nonno, Naran Mansir, con una bara di quercia sughera; eccellenza del nonno celebrato. [Tu] con una bara di legno di cipresso, con il cappio di Yeldes Tngri68, madre mia Yang Tai-bai69,

madre mia sciamana70 Siralǰai71. e. Sette ongγon del fuoco. Sette ongγon della terra. Sette ongγon [da portare sul] cuore. Sette ongγon- uccelli. Ongγon dall’aspetto di mostro marino72. Esaltato eroe-scimmia. Sette rane-ongγon. Primo dei diecimila ongγon, gobbo ongγon bianco. Primo dei mille ongγon, esaltato Mila Kögčü73. Primo di tutti gli ongγon, ongγon del angǰun Qai Bii74. Rosso demone, giallo demone, bianco demone, nero demone, azzurro demone, demone maiale! Al di là del regno di Non75, al di qua del popolo dei cani, che è sito nel regno dei morti, che ha quattro portoni di bronzo. Eroi-ongγon di bronzo, nel luogo, da cui non c’è ritorno. Eroi-ongγon di metallo, dove la porta è di metallo fuso. f. Mio specchio dai dieci spigoli76, che sei stato offerto dal nonno baγsi77. Cosa che è sempre avvenuta per vincere [i demoni]. Due ongγon-šömör78 d’oro. Mio specchio dai nove spigoli, che sei stato offerto dal padre baysi. Due ongγon amuleti del successo [della kamlanie], che liberate da ogni sofferenza. Mio rosso specchio adorno di draghi,

che sei stato offerto dalla zia materna, vincitore dei demoni del lattante. Il monumento funebre del gaγan79 è stato innalzato? La tomba della qatun80 […] fulmine […] Tomba del padre, tomba della madre, tomba del nonno. Alle tombe auree, alle sei tombe recintate offro lampade e incenso! Nove tombe recintate. Tomba, cui al di sopra dell’ingresso di ogni casa vengono offerte lampade luminose. Venerabile Geser Buddha81, concedi la tua grazia salvifica! Tomba, cui al di sopra dell’ingresso di ogni villaggio vengono offerte pure [luminose] lampade. Ayusi Buddha82, salva l’uomo, la cui vita è divenuta limitata! Neri, terribili draghi della mia terra a sette strati83. Azzurri, squamosi draghi dell’ottavo strato, inviati del regno di Erlig84, sito nel nono strato; draghi tutti del mondo aureo, sito nel decimo strato. Settantasettemila e otto grandi draghi, concedete salvezza dai demoni e dagli spiriti maligni, siate clementi e concedete la [vostra] benedizione!85 Mio baysi, che mi hai tramandato la Fede senza scritture!86 Mio baysi, che mi hai insegnato la Fede senza Libro!87 Padre mio, che mi hai spiegato la Fede senza carta! [Spirito]-protettore del nonno baγsi, la cui dimora è in Lao-ho-dung!88 [Spirito]-protettore del nonno baγsi,

la cui dimora è in uuqačin-Ayil!89 Al sülde90 celeste del padre io, il figlio dalla veste screziata91, mi affido! g. Sopra ogni cosa, ciò che deve avere buon esito è la crescita del salice92. Di fronte a tutto il popolo ciò che è da predire specialmente è la mia sorte sfavorevole93. Se il fiore di montagna appassisce, esso ha ancora colori freschi? Se uno è colto da atroci sofferenze, questi avrà ancora un aspetto fresco? Se il fiore del loto appassisce, perché dovrebbe durare proprio il fiore del sole?94 Se uno è colto da una malattia contagiosa, che differenza c’è ancora tra il lama e il laico?95 Chi non è stato mai malato, conosce forse la sofferenza della malattia? Il ricco che non ha mai conosciuto la povertà, conosce forse il tormento della povertà? Chi non è mai rimasto solo, conosce forse la pena del vedovo? Proprio io, conosco le sofferenze di chi è rimasto solo! [Già] nel diciottesimo anno di vita mi sono ammalato gravemente, ed ho conosciuto le sofferenze della malattia. Nel diciannovesimo anno, allorché il padre morì, ho conosciuto la pena dell’orfano. Se uno è colto da una malattia incurabile, ci può essere [ancora] felicità, sia solo per un istante? Per vecchi e giovani allo stesso modo non c’è pietà. Se il fiore colorato appassisce, perché dovrebbe durare proprio il fiore del cardo? Se uno è colto da una malattia cronica,

non c’è più alcuna differenza tra il povero e il ricco. Un malato ha dunque forse l’aspetto sano? Trovano quindi forse tanto il vecchio quanto il giovane compassione all’interno della propria famiglia? h. La prima acquavite voglio offrire! Verso l’alto ho offerto. Qormusda, mio tngri esaltato, possa tu godere della mia acquavite! Verso il basso [la] offrirò; agli otto draghi ho offerto, ad Altan Küriye96 ho offerto. Alla divinità di questa casa ho offerto. Al sülde del padre ho offerto. La prima acquavite ho offerto; Assaggiatela, voi [spiriti] protettori! Acqua della pura fonte, essenza di piante e bacche, [essenza] dei cinque frutti della terra, vi ho offerto! Acqua dell’Aru Küriye97, essenza delle bacche variegate, latte di cavalla fermentato98, la prima acquavite ho offerto! Antenati protettori delle dieci direzioni, degnatevi di assaggiare e di essere clementi! Tutta l’acquavite residua, l’ho offerta ad Altan Küriye. i. Voglio deporre la veste screziata, riposare il mio corpo! A voi, spiriti degli antenati, mostrerò la porta, e deporrò la veste variegata!99 Voglio riposarmi! Sülde protettore del padre, [a te] mostro l’aria, allontanati!

Voglio incontrarmi con le sorelle maggiori e trarre diletto. Voglio incontrarmi con i fratelli maggiori e trarre diletto!

INVOCAZIONE DELLA SCIAMANA TUNGČINGGARBU Testo pubblicato in HEISSIG, Eastmongolian Poetry, 166-175. Esso venne trascritto da un mongolo presente, durante il rito per la guarigione di un malato il 23 novembre 1942. Questo testo fa parte della stessa tradizione cui appartengono i canti degli sciamani Ügedelegüü e angča. Come ha dimostrato Heissig, siamo in presenza di un vero e proprio genere all’interno dello sciamanesimo mongolo-orientale, perpetuato da una scuola stilistica alimentata da maestro ad allievo. Tungčinggarbu era la più anziana degli oltre trenta sciamani e sciamane ancora attivi nella Bandiera di Küriye negli anni quaranta, secondo la testimonianza di Heissig. Il canto è diviso in cinque parti: a) invocazione del Buddha e dei monasteri lamaisti (1-38), b) invocazione degli ongγon e riflessioni sulla loro origine (39-55), c) invocazione dei tngri (57-102), d) supplica a Sambal Buddha (103-109), e) descrizione della terra degli sciamani, degli alberi ongγon e appello ai nove signori (110-139). Le parti b), c), e) sono originariamente sciamaniche, mentre le parti a) e d) sono interpolazioni lamaiste. Nella parte e) è da sottolineare come un albero del mondo buddhista sia stato trasformato in ongγon. La Terra di beatitudine100, il Buddha Demčuγ Sandi101, i Buddha di tutto il mondo, io invoco, rivolta al cielo. Giungo le mani102, giungo le mani e invoco. Offro al Lama Buddha il frutto delle mie pene e sofferenze. Prego il maestro Mansir Buddha103 delle cinque cime del monte Udai!104 Allontana la piaga dell’epidemia! Faccio offerta alle cinque cime. Purifico, bruciando ramoscelli di ginepro105, inchinandomi alle dieci direzioni. Le sofferenze inflitte dai demoni offro al monastero Ariyabalu!106 Spargendo succo di bacche senza nocciolo107,

offro [una libagione] ai mille Buddha108. Le indissolubili sofferenze non sono forse da disperdere e da far cessare? Annienta i demoni-anime!109 Io offro così di giorno come di notte. Prego rivolta alle quattro direzioni. Giungo le mani verso le otto regioni. Libera dal pericolo dell’epidemia! Venerazione al grande Tempio giallo di Mukden!110 Mentre manifesto venerazione, o Maqagala111, [allontana] la sofferenza dei tempi cattivi! Compio un’offerta al Gegen Süme di Mongγolǰin112. Che venga concessa un tempo felice! Offro alla Fede gialla!113 Offro al Monastero del Trono d’oro!114 Proteggi la vita, annienta i demoni! Annienta i demoni femminili! Offro a ciascun monastero! […] Il monastero del nostro villaggio […] Nel tempo in cui le dune e i laghi sono gelati, io seguirò il cammino del nostro maestro. Nell’acqua […] Io seguirò il cammino di Tang-wang Eǰin115 […] La scimmia, che ha avuto origine da questo, è divenuta un ongγon ad opera dell’alito vitale del maestro. Presso l’impenetrabile palazzo [con] quattro porte di rame, adorne di bronzo ed ottone, palazzo da cui non c’è ritorno, [con] quattro porte di ferro fuso116, il salvatore dell’aurea terra, lo spirito-maestro adorno d’oro, voglio venerare. Lo spirito-qaγan viene venerato,

lo spirito sorto da Tang-wang Ejin, un ongγon che allontana la peste e il contagio. Nove tngri dell’ovest, che siete apparsi nel sud-ovest; tngri della terra natale, tngri bianco drago, io, della vostra stessa terra, [vi] prego! Nove tngri dell’ovest, che siete apparsi nel nord-ovest, allontanate le avversità originate dai demoni! Cinque demoni tngri, che siete apparsi nel nord; cinque tngri qataraγa117, che siete apparsi nel nord-est cavalcando nere nubi, nove tngri qobču118; che siete apparsi nel sud-est, allontanate il male! Bumba Bayatur Tngri, che allontani il cattivo presagio, che sei apparso nel sud presso il monte Гangγa Гalbin119; Siremel Ökin Tngri, che cavalchi gialle nubi; cinque tngri del lampo, che cavalcate frammenti di nubi, che vi nutrite […] specchio, dall’aspetto adirato, che cavalcate il suo fuoco120, che riflettete il suo bagliore; Qan Qormusda Tngri, che sei apparso nel centro121, aprendo la porta e l’ingresso, io offro tutti gli ostacoli! Novantanove tngri! Tre buchi di martora122. Trentatre tngri,

come la foglia e il fiore [sono tra loro distinguibili] ai raggi del sole, allontanate la malattia contagiosa! Come anche un piccolo sentiero [è distinguibile] al chiarore lunare, concedete di tener lontane le sofferenze! Indugiando presso la soglia creata dall’imperatore123, indugiando presso la porta creata dall’imperatore, noi della Fede nera preghiamo, indugiando presso l’apertura per il fumo124. Ebügen Sambal Buddha125, concedi la liberazione da ogni sorta di avversità! Distinguendo le azioni nelle loro cause, al giallo Sambal Buddha, sulla cima del Monte Sömbör126, nella dimora della Fede buddhista, noi tutti sciamani rivolgiamo la preghiera! Sulla cima di una montagna scabra una piccola cappella di modeste dimensioni, con quattro finestre di vetro. Sei terdes-ün baγsi127 sono i signori di questa cappella. Una bianca sorgente di rasiyan128 che scaturisce di fronte ad essa; ottantamila draghi sono i signori di questa sorgente. La terra di noi sciamani, dei quattro gruppi129 di sciamani, è un luogo inaccessibile agli uomini, il regno della morte è la nostra terra. A nord del Köl Kökü130, la steppa ad ovest del Künǰi Yamun131 è la dimora degli spiriti guardiani del deserto. Una montagna altissima è cresciuta di fronte ad essa; ogni foglia dell’unico

[suo] albero è un ongγon, con un corpo di ottantamila rami, con un corpo di quarantamila foglie, con un corpo di quarantamila radici. Intorno al suo ramo centrale è avvinghiato un serpente velenoso, sulla sua cima l’uccello-re Garudi132 canta. Signori dei nove passaggi133, che cavalcate nove cavalli bianchi, con frustini d’acciaio, accompagnati da tigri feroci; fate uscire tutte le afflizioni e i nemici penetrati dall’esterno!

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI DELLE MONTAGNE

Testo raccolto nel 1957 da F. Bischoff e B. Sodnam nella regione di Bulgan, nella Mongolia settentrionale; pubblicato in HALTOD. Lo sciamano che dettò il testo aveva allora più di sessanta anni. L’invocazione è divisa in otto parti; di esse fornisco solo la traduzione della prima e della quinta. Il presente testo è in mongolo moderno, khalkha, che è la lingua letteraria ufficiale della Repubblica popolare mongola. Anche qui, come nei testi precedenti si impone all’attenzione il carattere tipico dei canti sciamanici, cioè il sincretismo sciamanico-lamaista. Taydiin Talan Er134,

tu che sei venuto per vincere lo scaltro nemico delle regioni settentrionali135, che sei venuto su di un elefante bianco136, ā cō137, tu che con i suoi quattro zoccoli fai tremare l’aurea terra138, fino allo zenit la fai salire, zā xō, tu che sei venuto facendo tremare il bianco Gard139 variegato, ā xȫ! Tu che hai la tua dimora sulla cima dei pini, i cui riccioli sono [grandi] come un torace140, Noyon Bāvay Tenger141. Voi tutti, Noyon Bāvay Tenger, voi che avete la vostra dimora al di qua di Damdin142 signore della legge, io invoco e prego di venire ā xȫ! Ā xȫ, tu che sei venuto superando il Dambarai143, attraverso le regioni di Zagar Dorǰdangi144, signore del Bulgan Xangai, con un campo145 nella valle disseccata [del] celebrato Monte Bud Zayran146; tu che sei venuta discendendo la valle del Xusar147, con un campo sull’Ulān Tolgoy148, con un trono sulla Collina delle capre,

tu che giochi in una stretta gola; come offerta per Namsra149, come la terra di Vandan Lxam150, tu che bevi nel nero lago Cöxrȫn151, con il gibboso cavallo giallo come cavalcatura, vecchi di centosettantasette anni, padre antenato canuto, madre antenata canuta, io vi invoco e prego di venire!

SCONGIURO ALLO SPIRITO DALHA DUN IN GARBO Testo pubblicato in RINČEN, Schamanistische Geister. Questa invocazione si rivolge a Dalha Dunǰin Garbo, spirito del Bogdo Xan Ūla («Santa montagna»), oggetto insieme ai monti Čengeltii, Bayan ǰirüke e Songgina, tutti siti nella Mongolia settentrionale, di particolare venerazione. Gli spiriti signori di questi monti erano noti sotto il nome di «Signori delle quattro montagne» (dörvön ūlarn eǰed, in khalkha). La Chiesa lamaista accolse i «signori delle quattro montagne» tra i personaggi delle danze mascherate (čam/cam) rappresentate nei monasteri. Dalha Dunǰin Garbo vi compare sotto l’aspetto dell’uccello Garuda dalla testa provvista di corna ed un serpente nel becco. La lingua di questo breve testo, di particolare importanza però perché l’unico conservato tra quelli riferentesi ai «Signori delle quattro montagne», è xalxa.

Accompagnati da orsi-compagni di viaggio, condotti da renne rosso-grige, sono arrivati sui loro trentatre cavalli dal mantello fulvo. Santo Dalha Dunǰin Garbo, tu sei per me oggetto di venerazione e mio rifugio, liberazione da Umāxum!152

INVOCAZIONE ALLO SPIRITO DAYAN DĒRXI

Raccolto da Rinčen nel settembre 1954 nella regione di Xövsgöl (Köbsügül) nella Mongolia settentrionale. Informatrice fu la sciamana Cebekdorji, sulla cui completa attendibilità Rinčen esprime delle riserve: «Devo fare le mie riserve: forse la sciamana non mi ha comunicato il testo dell’invocazione in extenso!». Il testo è pubblicato in RINČEN, A propos du chamanisme. La lingua è khalkha. Lo spirito Dayan Dērxi (in mongolo classico Dayan Degereki) «Supremo su tutto il popolo», era spesso invocato dagli sciamani della Mongolia settentrionale, cui veniva di buon grado in aiuto. La sua dimora è l’omonima montagna. «A lui - scrive Rinčen - anche ai giorni nostri vengono presentate in autunno offerte e libagioni». Dopo l’invocazione (a), la sciamana salutava i presenti a nome dello spirito e chiedeva «Mio popolo, sei in buona salute?», al che la risposta era «Noi siamo sani e salvi, Padre Supremo su tutti!». I presenti offrivano allo spirito, cioè allo sciamano o alla sciamana, del tabacco e del cibo. Allora, lo sciamano pronunciava la benedizione in nome dello spirito sulla famiglia che l’aveva invitata (b).

a. Padre mio libero, xān dai capelli bianchi, che possiedi trentatre corsieri sauri! Padre mio di tutti, xān dai capelli bianchi, che hai un passaggio sul Monte Santo dell’Alba153, con un trono sul Colle degli Spiriti154, tu che bevi l’acqua del fiume, che vieni mettendo la corda dell’arco dietro di te, che vieni tendendo l’arco davanti a te! A te io offro la carne sacrificale del montone dalla testa gialla e calva. Invoco te pregando! I miei figli che io abbraccio, il mio bestiame che mi nutre, i miei giusti beni, ti prego, proteggili! b. Nei quattro tempi del giorno e della notte161 io veglierò sempre suoi tuoi parenti e i tuoi figli, io venero il Supremo su tutto il popolo!

SCONGIURI A BASSA VOCE (ŠIVŠLEG) Testi pubblicati in Bassanov, il quale ha fatto una scelta del più ampio materiale in B. SODNOM e Č. SODNOM. Šivšleg (mongolo classico sibsilge) è formato dalla radice verbale šivš- «mormorare, parlare a voce bassa; rivolgersi alle divinità (detto di sciamani)» e significa quindi «incantazione, scongiuro, supplica»; sinonimo ne è l’espressione beleg demberel üg (beleg «presagio, segno, augurio; segno distintivo, genitali» + la traduzione tibetana dello stesso concetto demberel [< tib. rTen’brel] + üg [mongolo classico üge(n)] «parola, discorso, formula»). Il ricorso a questi scongiuri/formule augurali era legato alla concezione che attribuiva agli spiriti-signori i fenomeni della natura come la pioggia, il fulmine, la tempesta, le epidemie ecc. Gli šivšleg possono essere di due tipi: I. segreti, che tendono a scongiurare i pericoli reali presenti o imminenti, 2. liberi, formule propiziatorie rivolte agli spiriti-signori dei luoghi e delle calamità, al fine di prevenire i pericoli virtuali o supposti. I testi sono in khalkha.

a. Nonostante l’etimologia del termine, questo šivšleg veniva piuttosto declamato. È una sfida lanciata allo spirito-signore del fulmine affinché colpisca ciò che ritiene eccessivo o abusivo. Il declamatore prende la precauzione di ritirarsi in prossimità di un «fulminato», cioè di un luogo in cui un uomo o un albero siano rimasti fulminati. Secondo le credenze mongole, le anime dei trapassati per morte soprannaturale (tale era ritenuta quella causata dal fulmine) si trasformavano in spiriti-signori che regnavano nel luogo in cui era sopraggiunta la morte. Proprio al fine di conciliarsi il loro favore, i membri del clan dovevano provvedere ad accontentare gli spiriti-signori rivolgendo loro preghiere e offerte. Se ci trovi numerosi, fulminami! se lo trovi largo, fulmina l’oceano! Se abbiamo mangiato la milza, ne venga fulminato il lobo! Se abbiamo mangiato il ventre155, ne venga fulminato l’interno! b. Un membro del clan xariad, quando rombava il tuono, gridava Il xan aveva un sesso bianco, i xariad erano del clan buriad, non avevano mangiato cane di mare156, xay xeg, xay xeg! oppure c. Il clan apparteneva all’osso bianco157, i xariad aveva un rito d’origine buriad, non avevano mangiato cane di mare, xay xeg! d. Questo šivšleg veniva pronunciato da una donna in età avanzata, l’ottavo giorno del primo mese d’estate o la prima volta dell’anno che il tuono

rombasse. L’anziana donna faceva il giro della iurta aspergendo con tè o latte in direzione dei quattro orienti e degli otto azimut, mormorando lo šivšleg La tua estate per di qua, le tue intemperie per di là, i tuoi colori per di qua, il tuo inverno per di là, la tua pioggia per di qua, i tuoi vortici per di là; conservando la tua umidità, possa la tua erba essere abbondante, possa il tuo rumore158 essere impercettibile, possano i tuoi lampi essere deboli, mio Xurmast Tenger159, xuray, xuray, xuray!160 e. Queste formule venivano pronunciate in occasione della castrazione degli agnelli. Rimedio magico161, rimedio magico, più rapido della freccia, più leggero della lanugine, possa esso arrecare guarigione, dur, dur, dur (tur, tur, tur). Più leggero della lanugine, più rapido della freccia, xuray, xuray, xuray. Sii più rapido della freccia, più leggero della lanugine. f. Questo šivšleg veniva mormorato in occasione della nascita di un agnello. Sȫg, sȫg, sȫg162, rimedio magico, rimedio magico, rimedio magico. g. Allorché la mammella della vacca «ha paura», cioè si gonfia, allora si brandisce un mestolo di rame e si dice La testa dell’animale in aria, la testa del male in basso, rimedio magico, rimedio magico.

h. Il macellaio riceveva in dono le frattaglie dell’animale che uccideva; egli mormorava allora questi šivšleg. Atlante163 venuto di dietro, atlante decorato d’oro e d’argento, atlante venuto di davanti, atlante decorato di burro e di grasso, vieni, vieni, xuray, xuray, xuray. Laddove ho colpito vitelli pezzati, laddove ho ucciso vitelli screziati senza riserva possano nascere. oppure Laddove ho legato stretto, possano uscire vitelli bruni, laddove ho ucciso, possano uscire vitelli screziati, laddove ho colpito, possano uscire vitelli pezzati; possa tu avere pascoli inaccessibili all’occhio, possa tu avere una corda inaccessibile alla freccia164. i. Allorché cade una stella, si diceva Benché la stella cada dal cielo, la mia stella non è caduta165. l. Quando i membri del clan targad dei dörvöd si tagliavano le unghie, le sotterravano mormorando i seguenti due šivšleg. Le unghie devono essere sotterrate perché i bovini ne sono ghiotti ed impazziscono mangiandone; d’altra parte, è noto che le unghie dei morti crescono rapidamente e viene considerato segno di cattivo augurio lasciarsele crescere166. I mongoli attribuivano una grande importanza alle unghie, ai denti ed ai capelli, considerati altrettanti mezzi di difesa contro gli spiriti maligni. Tu, divieni una solida roccia bianca, io, possa io divenire un vegliardo canuto;

io non ti denuncerò ai bovini, tu non denuncerò alla morte. Finché le corna dell’ibex toccano il cielo finché la coda del cammello tocca il suolo Allorché io sarò divenuto canuto, spingi e divieni una solida roccia bianca; con provviste di carne di montone, andrò e verrò con una coppia di cavalli: non denunciarmi alla morte, io non ti denuncerò ai bovini. m. Formula che si pronunciava valicando un colle. La maggior parte dell’ovō167 [sia] per voi, la maggior parte dei benefici [sia] per noi; la maggior parte dei dispiaceri [sia] per voi, la maggior parte della felicità [sia] per noi, sožvā xoržiylā168. n. Quando il bestiame non rientrava o veniva ricercato invano, passando la notte nella steppa, si univano insieme le due estremità delle tenaglie o delle forbici e, secondo la regione, si mormorava tre volte l’una o l’altra delle seguenti formule. Miei animali che passate la notte nella steppa possiate dormire in pace. Senza che siano dispersi dal cane della steppa169, assicuriamoci che dormano in pace. Possa la tua bocca spalancata chiudersi, mio animale selvaggio dorato dalla coda di zibellino. o. Quando si impastoiava il proprio cavallo in luogo in cui numerosi fossero i lupi, gli si girava intorno e ci si volgeva verso le quattro direzioni dicendo Leone della bianca montagna innevata170, disceso sulla terra,171

rendi inoffensivi gli animali del mondo inferiore e rapaci. p. Il corvo, al pari degli altri animali predatori, era ad un tempo temuto e rispettato. Allorché il corvo gracchiava, si diceva La tua buona parola per di qua la tua cattiva parola per di là; possa tu raggiungere i trecento anni, possa tu avere delle uova bianche172. q. La civetta era temuta in quanto veniva associata all’oscurità, alla tenebra; la si temeva anche in quanto rapace. Allorché la civetta ululava, si diceva Nei budelli del capro porta dell’acqua; facciamo cuocere la testa della civetta173. r. Per conciliarsi lo spirito-signore del fuoco, si ponevano, sui quattro piedi di sostegno della caldaia, crema, burro, pezzi di stoffa ordinaria e di seta, nonché degli sterni di animali avvolti nel xadag (classico qaday) e si versava goccia a goccia del burro fuso sul fuoco. Dallo sciamano Cagāday174 facendo fare delle aspersioni, dalla sciamana Cangalan175 facendo tenere il suo secchio […] Fino alla stessa data dell’anno prossimo proteggendo il nostro focolare, assicurando la nostra salute, io chiedo la pace e la serenità, xuray, xuray, xuray. s. Per attizzare il fuoco quando faticava a prendere, si presentava del grasso e si diceva Accenditi, accenditi, ti farò arrostire una capra azzurra; rosseggia, rosseggia, ti farò arrostire una capra rossa; propagati, propagati, ti offrirò del burro e del tamarisco. t. Questo šivšleg veniva mormorato quotidianamente da una donna avanti

negli anni per il proprio gruppo di parenti ed era destinato a conciliarsi il favore degli spiriti-signori locali. Ogni mattina, in prossimità della iurta l’anziana donna faceva delle aspersioni di tè o latte in direzione dei quattro orienti e degli otto azimut. Divinità della mia direzione propizia, destino della mia direzione luminosa, accordate[ci] i benefici, evitate[ci] le perdite.

INNI NELLA «LINGUA DEGLI DEI»

Questi inni venivano cantati durante i sacrifici compiuti nel tempio Eǰen Qoriy-a («Recinto del Signore»), nella regione di Ordos (attualmente provincia cinese), dedicato al culto di Čingiz Qan. Nel tempio sono conservate le reliquie di Čingiz e della sua famiglia, amorevolmente conservate dai mongoli darqad attraverso i secoli. Rinčen visitò il tempio nell’estate 1957 ed a lui, primo ed unico, fu possibile trascrivere il testo di dodici di essi (RINČEN, Zum Kult e ID., Matériaux, I, 109-113). La lingua di questi testi ha resistito a qualsiasi tentativo di decifrazione; non è mongolo, né cinese, manciù, tibetano o turco. Il più anziano dei sette darqad preposti al culto nel tempio, Ayur, richiesto da Rinčen circa la lingua in cui erano scritti i testi, rispose che essi erano scritti nella «lingua degli dei» (tngri-ner-ün kele). Rinčen avanza due ipotesi: I) gli inni conservano parole della lingua dell’antico popolo u-huan, di cui si fa menzione nelle antiche cronache cinesi, e che pure figura in uno degli inni; 2) gli inni sono scritti in un antico dialetto tibetano. La questione non è stata fino ad ora risolta. Gli inni vennero cantati a Rinčen da Ayur nell’atrio del tempio, facendo un’eccezione e contravvenendo ad un antico divieto. Riporto a titolo esemplificativo il testo di due di questi inni. La grafia176 è quella di Rinčen.

YEKE MONGΓOL (IL GRANDE MONGOLO) É alalú, é alalú, é alalú, Hú hai ǰexüi alarluhai, éxüiǰű ǰuháηǰú ǰé la, uhai alarlalai haišúǰú, exüi iliyá uhuaη é alarlohai, Elelí iliyá ililí ó huaη, Óhai ahúlú ǰailí ǰuhai, Ulurlai šiǰú ǰéli ǰúhai, Olorlahai šíǰú ǰélí ǰúhai, Olorlahai šíǰú ǰéxüiǰű, u uhuaη é olorlohoi, É olorlohoi ililí iliyá, Ilexí ǰóhuaη óhai ahúlú, Ahúlú ulurlahai ilerí iliyá!

HOI Hoi ulu ú olorlohoi iliyá hoi iliyá, Hoi ulurlu ú ulurluhui iliyá hoi iliyá, é heléñ ilirlihí ǰó é ilí iliyá üi biliyá hóñ ulurluhó, Ho ho hóñ… Hoi ulu ú olorlohoi hoi iliyá hoi biliyá, Hoi oluluhoi olorlohoi iliyá hoi, é heléñ ilirlihí ǰó, é ilí iliyá üi biliyá üi olorluhui,

Hu hu hu süirlén ǰé bilé! 1. «Monastero della gemma» (erdeni < sansc. ratna «gioiello, tesoro», ǰuu < tib. ǰo-bo «fratello maggiore, signore; nome di una famosa statua del Buddha in un tempio di Lhasa»). Il primo monastero della Mongolia settentrionale fondato nel 1586 da Včira Abudai, qayan dei qalqa. 2. La statua del Buddha in legno di sandalo nel tempio antan uu (in cinese Chan-t’an-szŭ) di Pechino. 3. Si pronunci come tengri. Sono le divinità del pantheon sciamanico mongolo caratterizzato dal sincretismo tra sciamanesimo e lamaismo. Tngri corrisponde al turco tangrï (con tutte le forme da esso derivate) e quindi il suo significato primo è «Cielo divinizzato». 4. Qormusda (< sogd. xwrmwzδ, cfr. n. 1, p. 86) è il capo dei 99 (o dei 33) tngri del pantheon mongolo. Assai venerato, egli è considerato il padre spirituale di Čingiz Qan. 5. «Bianco (čayan) tngri della ricchezza (bayan)». 6. «Tngri eroe (bayatur) qong (titolo onorifico [< cin. kung])». 7. Launčig, altro nome delle immagini ǰoliy, cfr. oltre. 8. «Tngri vergine di ferro fuso». Siremün alterna con Siremel. 9. Idoli ancestrali sciamanici, costituiti da immagini di bronzo in stile animalistico eurasiatico. 10. Kümün-i üǰegüler kürel; l’espressione può avere diverse interpretazioni. 11. Sitügen «credenza religiosa; luogo di culto; immagine del culto». 12. Tar-tuni γaba-tai. Non chiaro. 13. Non identificato. 14. Naran quwar-i. 15. < sansc. preta «demone della fame». 16. Categoria di demoni. 17. Alla guarigione. 18. Categoria di demoni. 19. oliγ/ǰoliya, immagini solitamente fatte di pasta, nelle quali vengono cacciati gli spiriti maligni. Il loro uso è comune ai rituali esoreistici lamaista e sciamanico. 20. Un tipo di carta cinese. 21. < cin. kung-chou «la seta offerta in tributo, la seta migliore». 22. Sono propriamente i pali di sostegno della iurta. 23. Questa e le successive sono espressioni metaforiche che vogliono sottolineare come tutto sia pronto per il rito. 24. Kömei «Il pelo sulla gola o sul ventre degli animali». 25. < cin. man-t’ou «tipo di pane cinese di farina di grano, cotto a vapore»; sorta di ornamento di grandi dimensioni, rotondo come il pane omonimo. 26. Non identificato. 27. Ayil-un noqai, lett. «i cani del villaggio», contrapposti al proprio cane. 28. Alay «pezzato» (cfr. il turco ala, ad es. nell’espressione ala bars nella Cerimonia del tamburo teleuta, passim) debeltü «fornito di veste»: è lo sciamano. 29. Come il cane o il cavallo, che vengono per punizione lasciati senza cibo e legati. 30. L’esordio del canto è identico a quello dello sciamano Ügedelegüü. 31. «Buddha; immagine del Buddha». 32. Non identificato. 33. È Padmasambhava (blama è forma tibetana letteraria del più comune lama), in sanscrito «Nato dal loto», missionario indiano propagatore del buddhismo in Tibet, venerato come santo da mongoli e tibetani. Egli si recò in Tibet nel 747 su invito del re Tisong e fu l’elaboratore della religione lamaista.

Qui viene invocato come signore di tutti gli spiriti maligni. 34. Vi era sito il santuario buddhista P’u-to-shan e godeva di grande venerazione. 35. Burqan nom-un čiyulyan, dove nom è «Scrittura sacra; dottrina religiosa; dharma» (per l’origine del nome cfr. n. 4, p. 375 del Racconto sullo sciamassimo degli uiguri gialli). 36. Buruyu nom-un üre, dove buruγu è «errore, concezione infondata». 37. Uno dei massimi dignitari della Chiesa lamaista mongola, con sede in Köke Qota, capitale della Mongolia interna (attualmente provincia autonoma cinese). Mandusiri è corruzione del sansc. Mañjuśrī. 38. Meglio noto con il nome di ebcundamba Qutuqtu (< tib. rǰe bcun dam pa «Nobile signore consacrato» + mon. qutuqtu «santo»), il massimo esponente della Chiesa lamaista mongola, con sede a Urga, capitale della Mongolia (attualmente Ulan Bator, capitale della Repubblica popolare mongola). 39. Deformazione del tibetano lČaṅ-skya + Gegen «Appellativo dei lama incarnati»; altro grande dignitario del lamaismo mongolo, con sede a Pechino. 40. Dignitario lamaista. 41. Bančin < sansc. paṇḍita «Maestro» + tib. «grande», boγda in mon. «Augusto, santo»; secondo per gerarchia al Jebcundamba Qutuqtu. 42. Heissig traduce «La tisi». 43. Non identificato. 44. È Divanči Lama («Il lama eremita»), eremita leggendario che sarebbe vissuto nella Bandiera di Küriye. 45. Qara ǰüg-ün üre, dove qara è «nero» e ǰüg è propriamente «direzione». 46. Ayiladqaya da ayiladqa- «riferire ad un superiore o all’imperatore». 47. Damǰin è resa mongola del tib. dam-č’an «legato da un giuramento; consacrato», Čoyiǰing< tib. č’os-’byuṅ «Sorgente della Legge», sansc. dharmo-daya; appellativo dei «Cinque grandi re» (mahāpancarāja, in mon. tabun qayan), i cinque Č’os-skyoṅ cui (ciò spiegherebbe l’appellativo Damǰin) Padmasambhava avrebbe fatto prestare solenne giuramento di difendere la Fede. 48. Barčid (< tib. bar-č’ad) «impedimento, ostacolo sulla via del raggiungimento del nirvāṇa» (!). 49. Č’os-skyoṅ del monastero gNas-č’un di Lhasa, l’oracolo di stato lamaista. 50. Güng (< cin. kung «Conte, duca») è titolo onorifico; ǰalbu è resa mongola del tib. rgyal-po «re». 51. Bayiyur è forse deformazione mongola del tib. Pi-har, forma popolare per Pe-har (< sansc. vihāra) divinità del più antico pantheon tibetano, cui spetta un posto preminente nel sistema religioso delle scuole buddhiste tibetane. 52. I cinque Č’os-skyoṅ vengono invocati come divinità della medicina, come signori e guaritori delle diverse malattie. 53. Essi sono le personificazioni delle forze della natura. 54. Deformazione mongola del sansc. ḍākinī, sorta di spiriti femminili dell’aria, del vento. 55. Riferimento ad un episodio dell’epopea di Geser Qan, eroe leggendario in seguito divinizzato. La sua leggenda ha alimentato una vastissima letteratura in Tibet e in Mongolia. 56. Divisi in 44 tngri dell’est e in 55 tngri dell’ovest, cui si aggiungono i 3 tngri del nord (giungendo così al numero complessivo di 102). 57. Riferimento ad una leggenda buddhista? 58. Uno degli otto tngri «spaventosi», altrove chiamato Visman Tngri o Basman Tngri; assimilato a Vaiśravaṇa. 59. «Tngri terribile, fiammeggiante», altro nome di Qormusda Tngri. 60. Non identificato. 61. Espressioni non chiare. 62. Un altro degli otto tngri «spaventosi». 63. Espressione enigmatica.

64. Un altro degli otto tngri «spaventosi», corrispondente all’indiano Hayagrīva. 65. Una delle montagne più venerate dai mongoli. Il costume di seppellire su dei luoghi elevati fianco a fianco antenati e personaggi famosi contribuì a sviluppare una concezione animistica delle montagne. 66. Cfr. n. 2, p. 151. 67. «Roccia rossa», in cinese Hung-shan, montagna assai venerata. 68. Anche detto Erlig nom-un qan, il signore del mondo infero, corrispondente al Yama indiano. Il cappio (per i dannati) è un suo attributo. 69. Un nome cinese (!). 70. Uduyan eke. Uduyan è il termine usuale per «sciamana» (böge per «sciamano»). 71. Tutti questi antenati qui invocati sembrano essere piuttosto predecessori sciamanici leggendari. 72. Matar < sansc. Makara «Mostro marino, con la parte superiore del corpo di elefante e la coda di pesce». 73. Lama leggendario, secondo una tradizione identificato con Mi-la ras-pa (1038-1122), famoso santo buddhista, in occidente noto come Milarepa. 74. angǰun (< cin. chiang-chün) «Comandante in capo dell’esercito». 75. Il mondo infero. 76. Lo specchio (toli) ha molteplici funzioni, la prima delle quali è quella di spaventare gli spiriti maligni. L’uso dello specchio per fini magici, comune a tutta l’area altaica, è attestato già in epoca antico turca (secc. VI-IX) e per la dinastia liao (a cavallo dei due millenni). 77. «Maestro» (< cin. po-shih «dotto, erudito»). 78. Termine enigmatico. 79. Geser Qan. Qaγan è «qan supremo, imperatore». 80. «Imperatrice, consorte del qayan». 81. Geser Looye Burqan; con tale nome Geser Qan figura spesso nelle invocazioni sciamaniche. 82. Forma mongola del Buddha Amithāba, noto tra i mongoli come «Colui che gode di vita illimitata» (čaylasi ügei nasutu). 83. Il mondo sotterraneo è concepito come a sette o a nove strati. 84. Forma mongola di Ärlik. 85. I draghi erano temuti come portatori di malattie. Perciò vengono pregati di essere clementi e di non infierire. 86. Üsüg ču ügei nom; in realtà, come sottolinea Heissig, tale espressione sembra non attagliarsi allo sciamanesimo mongolo (e manciù), in cui non è assente, a differenza di quello siberiano, una piuttosto consistente tradizione scritta. 87. Sudur ču ügei nom, dove sudur è il sansc. sūtra «Libro consistente di aforismi». 88. Nome di una montagna nella Bandiera di Sürüg, quasi completamente sinizzata. 89. È il villaggio natale dello sciamano. 90. «Spirito tutelare», che si ritiene avere dimora negli stendardi. Sülde oggetto di particolare venerazione era quello dello stendardo di Čingiz qan. 91. Eriyen debel-tü, espressione usata accanto all’altra alaγ debel-tü, già incontrata nella Invocazione dello sciamano Ügedelegüü. 92. Il salice (uda) entra nel rituale sciamanico. 93. Lo sciamano vuole consolare il malato. 94. Identica immagine usata dallo sciamano Ügedelegüü (p. 395). 95. Lo sciamano Ügedelegüü dice: «Se uno è colto da una malattia contagiosa/che differenza c’è ancora tra il vecchio e il giovane?». 96. «Monastero d’oro». 97. È il monastero del ebcundamba Qutuqtu, uno dei più venerati dai mongoli. Aru Küriye è anche

l’antico nome di Urga, capitale della Mongolia (oggi Ulan Bator). 98. È il kumis, usato a fini rituali presso tutti i popoli altaici. 99. Alaγ debel. 100. Debačan < tib. bDe-ba-čan (sansc. Sukhāvatī); è il paradiso del Buddha Amithāba, posto nell’estremo occidente. 101. < tib. bDe-mč’og (sansc. Śamvara/Samvara), una divinità buddhista. 102. Namančilan, da namančila- «giungere le mani in preghiera» < sansc. namas «inchino, saluto; adorazione». 103. < sansc. Mañjuśrī. Altra resa è Mandusiri, cfr. la Kamlanie dello sciamano angča, p. 400. 104. È il Wu-tai-shan. 105. È il juniperus chinensis o juniperus dahurica. Il ginepro è usato a fini rituali in tutta l’area altaica e siberiana. 106. < sansc. ārya-bala «che possiede le dieci potenze», epiteto di Avalo-kiteśvara, uno dei maggiori Bodhisattva. 107. Secondo Heissig, una varietà di ciliege selvatiche senza nocciolo, detta ulanγa/ulana. 108. Immagine centrale, per intensità mistica, nel buddhismo centroasiatico. 109. Sünesü ad. 110. Costruito negli anni 1636-1638 dall’imperatore manciù T’ai-tsung come santuario per una statua di Mahākāla, di cui è detto nelle leggende mongole che abbia indicato alle vedove e ai figli fuggiaschi di Ligdan Qan (qaγan dei mongoli dal 1604 al 1634) la via ai Manciù. 111. Forma mongola di Mahākāla, divinità tutelare del lamaismo. 112. Tempio lamaista. 113. Il buddhismo. 114. Monastero nel territorio di Mongγolǰin. 115. Riferimento forse alla leggenda sull’origine dell’ongγon dello sciamano ǰangča (cfr. testo precedente) dal secondo imperatore della dinastia t’ang. 116. Cfr. per queste stesse immagini la Kamlanie dello sciamano ǰangča. 117. «Che cavalcano». 118. «Calunniatore». 119. Montagna sacra nell’area della Bandiera di Küriye. 120. Del lampo. 121. Töb dumda «il giusto centro» dell’ordine cosmico. 122. Cfr. il testo precedente, p. 402. Ilbis «martora» < ilbi «magia»? 123. La sciamana ribadisce la propria «marginalità». Tale mi sembra essere il senso di questa espressione. 124. Riferimento alla sua funzione nello sciamanesimo antico? In Siberia gli spiriti maligni si introducono abitualmente nella iurta attraverso il tündük. 125. Ebügen «Antenato, nonno». Sambal < sansc. (Pitā)-Jambhala, divinità lamaista. 126. È il monte Sumeru. 127. «Maestro degli eretici». Terdes è forma arcaica per ters (< pers. tarsā «eretico, eterodosso»). 128. < sansc. rasāyana «elixir vitae». 129. Perché quattro? 130. Monte sito nell’area della Bandiera di Küriye. 131. Distretto amministrativo della Mongolia orientale. 132. È Garuḍa, il re degli uccelli. 133. Dabaγa «passaggio montuoso». 134. Spirito non meglio identificato.

135. Un demone, ma quale? 136. L’elefante bianco come cavalcatura dei tngri è frequente nella tradizione folclorica mongola. 137. Questa e le seguenti sono interiezioni che punteggiano l’invocazione. 138. Altan delxi corrisponde al mongolo classico altan delekei. L’immagine è usuale nella letteratura sciamanica. 139. < Garuda. 140. Insolita espressione. 141. Sono gli stessi spiriti che nella letteratura sciamanica buriata, dove occupano un posto di rilievo, sono noti come i figli di Božintoy (cfr. pp. 463-471) Tenger è forma khalkha di tngri. 142. < tib. rTa-mGrin (sansc. Hayagrīva), divinità lamaista. 143. Monte della regione di Bulgan. 144. Nella parte orientale della regione di Bulgan. 145. būdai «Campo di sosta dei nomadi». 146. Altura oggetto di particolare venerazione nell’area di Bulgan. 147. Fiume della regione di Bulgan. 148. Monte oggetto di particolare venerazione. 149. < tib. rNam-sras (sansc. Vaiśravaṇa), divinità lamaista. 150. < tib. dPal-ldan lha-mo (sansc. Durgā/Kālī), divinità lamaista. 151. Lago della regione di Bulgan. 152. Uno spirito malefico. 153.-154. Rinčen non fornisce notizie circa questi luoghi sacri. 161. Essi sono: il mattino, la sera, la notte della sera, la notte dell’alba. 155. I mongoli non mangiavano in genere le interiora quali il fegato e la milza; ripugnanza dovuta ad un tabù alimentare su queste parti magre e inconsistenti. 156. La foca. Si ricorda l’osservanza di un altro tabù alimentare, quello concernente la carne di foca. 157. L’appartenenza ad un gruppo di parentela o piuttosto la filiazione paterna era espressa presso i mongoli dall’«osso» (yasu[n]/yas) seguito dal nome del clan. La nobiltà apparteneva all’osso bianco, mentre le masse erano dell’osso nero. 158. Il tuono che precede il fulmine. 159. Forma khalkha di Qormusda Tngri. 160. Esclamazione a chiusura dell’invocazione sciamanica; cfr. nei testi turchi sud-siberiani quruy/qurïy. 161. Dom «magia, pratica magica, rimedio magico». 162. Cfr. Sök/säk nei testi turchi sud-siberiani. 163. È Tosso atlante dell’animale. 164. Il significato è: «Possa tu avere pascoli tanto estesi che non li si possa abbracciare con lo sguardo, possa tu avere una corda (fissata parallelamente al suolo ad un’altezza di venti centimetri circa, lungo la quale vengono attaccati i giovani animali) tanto lunga che un tiro di frecce non riesca a percorrerla in tutta la sua lunghezza». 165. Cfr. le nostre credenze circa le stelle cadenti. 166. Credenza diffusa presso numerosi popoli, tra cui gli indiani. 167. Forma khalkha di obō. 168. Deformazione della formula tibetana kye kye svo svo Iha rgyal lo «Eh! Che gli dei siano vittoriosi!», pronunciata in Tibet in numerose occasioni, soprattutto passando un colle. 169. Il lupo, čono (mon. classico činu-a) era oggetto di tabù linguistico. Termini ed espressioni sostitutive per designarlo sono: uylmar (da uyl- «piangere») «piagnucolone»; erlig noxoy «cane di Erlig»; tengriyn noxoy «cane del cielo»; xēriyn noxoy «cane della steppa»; bulgan sǖlt «dalla coda di zibellino»; urt sǖlt «dalla lunga coda»; minǰiyn daxt «dalla pelliccia di castoro»; ax «fratello maggiore»; xangay

am’tan «animale del xangay (termine geografico che designa una regione di colline boscose verdeggianti)». 170. Altra espressione per «lupo». 171. Zambū tiv < sansc. jambudvipa, il continente più a sud dei sette mondi che circondano il mitico monte Meru, nella cosmologia indiana. 172. Era proverbiale la longevità del corvo; gli si augura quindi longevità ed una prospera discendenza. 173. È una minaccia rivolta alla civetta. 174. Cagāday bȫ, dove bȫ corrisponde al mongolo classico bögü; spiritosignore del fuoco. 175. Cangalan udgan, dove udgan corrisponde al mongolo classico uduγan, compagna del precedente e suo corrispondente femminile. 176. Si pronunci n come ng.

BURIATI

PREGHIERE PRONUNCIATE DURANTE IL SACRIFICIO TAYLAGAN Testi pubblicati in TUGUTOV. Il sacrificio taylagan («offerta») veniva compiuto per onorare gli spiritisignori (ežen) dei monti, delle valli, dei fiumi. Esso può essere considerato la principale cerimonia dello sciamanesimo buriato e ricorda il sacrificio del cavallo degli altai (in altai detto tayïlγa < mon.). La conduzione del sacrificio veniva affidata ad un numero di anziani variante da nove a undici, sotto la guida di uno sciamano. Ciascun capo famiglia è provvisto di un cesto di betulla pieno di kumis, il latte fermentato di cavalla, che viene offerto dallo sciamano insieme al fumo di corteccia di abete bruciata detta žodō (a mo’ di incensiere del sacerdote cristiano). Lo sciamano prende un po’ di liquore da ciascuna cesta. Egli comincia poi a sciamanizzare, invocando l’aiuto degli spiriti-signori in onore dei quali viene celebrato il sacrificio (a). Vengono quindi rivolte preghiere ai singoli spiriti. In seguito venivano uccisi uno o più animali sacrificali. Lo sciamano asperge con kumis la criniera della giumenta da abbattere, detta baytaxan. Essa viene poi uccisa e la sua carne, bollita, divisa in parti; la parte detta dalanga veniva consacrata facendola girare per tre volte intorno ad un grande fuoco e ad un mucchio di pietre (b e c). Venivano celebrati anche taylagan individuali. Uno di questi ricordava ad esempio l’ultimo dei potenti sciamani del clan tarasa, Egor Fedotov (d, e). Tugutov assistette alla cerimonia taylagan nell’estate del 1960 nella regione occidentale del distretto di Irkutsk.

a. Successo e buona preda, lunga vita, duratura fortuna. b. Non prendere la dalanga, uy xuri, uy xuri. c. Smussando gli spigoli della pietra, strappando al lupo i suoi denti; la dalanga non da raccogliere e i miei 77 anni, io consacro. d. Quando eravamo in Tarasa1, terminammo con cinque uomini2. Quando eravamo in Arda, terminammo con dieci uomini. e. All’età di sei anni i libri3 disposti in sei file leggevo speditamente; scrivevo senza errori. All’età di sette anni sei file di libri4 leggevo speditamente;

potevo scrivere senza errori. Io, Egor, figlio di Fedot, sono gentile come un puledro, Egor dal mite temperamento. I miei gialli stivali di pelle non si logorano. Io, Egor, nato giovane, non divento vecchio.

EVOCAZIONE DI ABAGALDAI Pubblicato per la prima volta in RINČEN, Matériaux, II, 121-122, questo testo è stato studiato e tradotto in DIÓSZEGI, The origins of the evenki. Abagaldai è forma derivata da abaga «zio paterno», appellativo con cui ci si rivolgeva agli anziani in segno di rispetto; con questo nome viene designato un tipo di «maschera sciamanica» o «idolo (ongon) sciamanico», che dall’area mongola buriata intorno al lago Bajkal si diffuse alla popolazione evenchi confinante. Nil, l’arcivescovo di Jaroslav, fornisce una dettagliata descrizione dell’idolo nella sua opera sul buddhismo: «La abagaldej (sic!) è un’orribile maschera fatta di metallo, legno o pelle, dipinta ed a cui sono appese diverse decorazioni» (NIL, Arxiepiskop Jaroslavskij, Buddizm, rassmatrivaemyj υ otnošenii k posledovateljam ego, obitajuščim υ Sibiri [Il buddhismo, studiato in relazione ai suoi seguaci che abitano in Siberia], Sankt Petersburg, 1858, 356). I buriati consideravano la maschera abagaldai, detta anche xobuši ongon, che si presenta dalla forma ovale raffigurante un volto umano, l’immagine di uno sciamano e di un grande guerriero. Ecco una sua biografia riportata da Rinčen: «Abagaldai tunguso (xamnigan). Egli discendeva da due redraghi, ed in seguito divenne sciamano. Sua moglie, di nome Heterxen, era figlia di Gūlin Xan ed era sciamana. Ella gli dette un solo figlio, chiamato Baxan. Essi erano giovani. Ella, secondo la pratica delle sciamane, andava nelle case quando era chiamata. Quando usciva di casa, ella ingiungeva [al marito]: “Tu non devi lasciare solo questo fanciullo Baxan, prenditi cura di lui”. Abagaldai era un eccezionale fumatore, non ce ne erano di fumatori come lui. Quando era a corto di tabacco, metteva a dormire il suo piccolo e andava alla ricerca del tabacco. Egli prendeva tabacco per una o due pipe e tornava a casa. Un giorno, mentre egli era assente, Baxan, lasciato solo, uscì dalla porta della iurta e corse nella direzione opposta a quella del padre. Egli lo cercò a lungo; ma, mentre lo cercava, si levò un grande turbine di vento che gettò il fanciullo nell’acqua. Questo è quanto i vecchi raccontano» (RINČEN, Matériaux, II, 123). Un’altra biografia venne raccolta da Žamcarano presso i buriati xori, dalla voce dello sciamano Tuxuren nel 1903: «La seconda moglie di Bubei Beile Xan era la figlia di Gūlin Xan (Xan della Corea). Con Bubei Beile viveva un eroe e sciamano di nome Gūtar Mergen, il quale ricevette il titolo di tengri come ricompensa per i suoi servigi al xan. Il figlio di quest’ultimo, Abagaldai Mergen, sposò Heterxen, la secondogenita di Gūlin Xan. Abagaldai era assai generoso, abile negli esercizi militari; egli era giovane e famoso. Egli cominciò a corteggiare la sorella di sua moglie, la moglie di Bubei Beile Xan. Quando Heterxen venne a saperlo, fu presa da grande tristezza. In qualche modo ella convinse il marito a trasferirsi con altre quindici famiglie sull’Angara. Qui Heterxen tagliò la testa di suo marito Abagaldai con una falce d’oro e la gettò nell’Angara. Il re delle acque Lusut ne fu adirato e inviò delle malattie sulle quindici famiglie. Perciò si concordò di consacrare la testa di Abagaldai. Così la testa di Abagaldai resuscitò e corse da sua moglie a chiedere acquavite e tabacco. Heterxen gli dette quanto chiedeva ed inviò la testa di suo marito ai buriati di Bargu per espellere gli spiriti maligni presso Erlik Xan. - “Per tali servigi, tu verrai ricompensato con acquavite e tabacco” - ella disse. Da allora Abagaldai cominciò ad essere rispettato come ongon. Gli sciamani abitualmente dipingono la sua testa su di un pezzo di stoffa. Poiché egli è il figlio di Gutār Tengri, viene anche chiamato tengri» (C. Ž. ŽAMCARANO, Dnevniki 1903 g. [Diari dell’anno 1903], manoscritto, citato in G. N. RUMJANCEV, Proisxoždenie xorinskix buriat [Origine dei buriati di Xori], Ulan-Udė, 1962, 183).

Nella terra nord-orientale signore del nero mare, dall’aspetto del nero albero luntang5, imparentato con il nero re-drago, dall’aspetto dell’azzurro albero luntang,

figlio di Gutār Tengri, genero di Gūlin Xan, nerissimo Yirgeldei6, nero maligno Abagaldai, vecchio, con una barba che arriva fino al ventre, con una barba ondeggiante che arriva fino alle ginocchia, ascoltami quando ti invoco, vieni quando io grido! Battendo il tamburo, grande come la steppa, invoco te, il tuo corpo che giace: alzati dalla tua dimora, attraversa le nubi del cielo come un ponte, aiutami a realizzare la mia azione, sii favorevole nelle mie imprese future! Lo sciamano prende la maschera di Abagaldai, si copre con essa il volto e parla a nome dello spirito Undici padri, uomini dalle grandi estremità7; ventuno padri, dalle ampie spalle, grandi capi; grande palo di ponte, mostro marino [preso nella] rete; capi rosso-bruni, future generazioni, salve!8 Io, che giacevo9, sono venuto perché invocato dal tuo tamburo di sciamano, io, che stavo dormendo10, spirito grande come la foresta, al suono squillante della tua variopinta veste di sciamano11, a passi lenti sono giunto. Per quale ragione ci hai invocato?12

Per la curiosità di chi, per il desiderio di che cosa ci hai invocato? L’interprete dell’ongon (ongonoy tulmāši) risponde Burqan13, è bene!14 Per quale ragione vi ho invocato? I vostri passi sono chiari, i vostri passi sono luminosi. Mentre noi offriamo alla residenza degli spiriti un capro selvatico, liberateci dalla malattia, dal male, sottraeteci al signore della morte, salvateci!15 Aiutatemi a realizzare la mia azione, ascoltatemi, con queste parole ci inchiniamo alla vostra accoglienza! L’interprete si inchina dinanzi allo sciamano che indossa la maschera di Abagaldai. Abagaldai dice per bocca dello sciamano Bene! Io nella dimora degli spiriti condurrò un capro selvatico grigio-azzurro, vi libererò dalle vostre malattie, dai vostri mali, vi sottrarrò al signore della morte. Tabacco rosso è la mia bevanda, tabacco in foglie è la mia forza. Fatemi fumare una pipata di tabacco! Uno dei presenti porge una pipa allo sciamano che impersona Abagaldai. Lo sciamano fuma nascondendosi il volto dietro il tamburo e chiede È giunta Heterxen? I presenti rispondono in coro: «È giunta, è giunta». Lo sciamano getta via all’improvviso la pipa, si pulisce la bocca e compie un salto in aria dicendo Tabacco rosso, che strappa il mio cuore rosso, non ho fumato. Tabacco in foglie, che ferisce il mio cuore nero, non ho visto. Che le vostre malattie scompaiano, che le vostre sofferenze abbiano fine! Finché non cadrà

una pietra16 delle dimensioni di un bue, non vedrete il confine della morte! Finché non rotolerà nella polvere una pietra delle dimensioni di un cavallo, non vedrete il male! Mi ritiro nella mia dimora di pietra, torno nella mia dimora di legno!

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI

Questo e i testi successivi sono pubblicati in SANŽEEV. Egli riporta un caso di cui fu testimone. Nel 1925, nel villaggio di Yamat, un tale di nome Tulon uccise una giovane di nome Maržan. Il fatto provocò molta emozione tra i giovani buriati, che «per scherzo» composero il seguente canto. Uno sciamano adottò in seguito questo stesso canto come invocazione agli spiriti(bölxe). L’anima della giovane Maržan si era trasformata in uno spirito maligno zayān.

Ahi, ahi! Tu sei nata in Kunkat! Ahi, ahi! Tu sei nata vivace e volubile! Ahi, ahi! Tu, Maržan di vent’anni! A causa della tua volubilità Ahi, ahi! ti sei perduta con Xuyaxan!17 A causa della tua volubilità Ahi, ahi! ti sei perduta con Naydan!18 Ahi, ahi! Povera, infelice Maržan! Al colmo di ogni dispregio, Ahi, ahi! hai condotto il tuo gioco con Tulon, figlio di Tugoy! Nel tuo diciassettesimo anno sei stata Ahi, ahi! uccisa con una pistola; la colpa è tua! Ti hanno dovuto condurre al grande Ahi, ahi! ospedale del distretto; la colpa è tua! Il dottore del grande ospedale del distretto Ahi, ahi! ti ha tagliato; la colpa è tua! I tuoi occhi neri, per colpa tua, Ahi, ahi! si sono seccati! Le tue due trecce nere hai messo dietro Ahi, ahi! la testa; la colpa è tua! La tua persona vivace e chiassosa Ahi, ahi! hai portato sottoterra; la colpa è tua!

PREGHIERA DI DIFESA DAGLI SPIRITI Questa preghiera veniva recitata in occasione della cerimonia detta bōgol (lett. «recinzione; difesa»). Nella iurta veniva eretta una sorta di «recinzione», con cui i fanciulli venivano difesi contro gli spiriti maligni (boxolde). Qualora lo spirito sferrasse un attacco, veniva sospinto dallo sciamano all’interno della «recinzione» e poi scacciato là donde veniva.

Oh, grande manica, oh, larga grande veste!19 Io sprofondo nelle grandi maniche, io sprofondo nella larga veste! Il fuoco - difesa e recinzione [possa ardere] sino alla fine del mondo!20 La cenere - difesa e recinzione – [possa ardere] sino alla fine del mondo! La pietra bruna è la mia siepe, la pietra nera è la mia trappola [per gli spiriti], la pietra grigia è la mia recinzione [contro gli spiriti]. Trenta nayža21, che cavalcate senza cavallo, venticinque nayža, cavalcate senza inciampare! Udxa avvolta in fasce, udxa cullata nella culla!22 [Tu] che hai posto accanto al fanciullo la culla fatta di rami, [Tu] che hai posto nel seno della madre la culla fatta di rami, oh, udxa!

SCONGIURO CONTRO IL VELENO DEGLI SPIRITI NEL FANCIULLO

Lo sciamano, tra i suoi vari compiti, aveva quello di liberare i fanciulli del veleno che gli spiriti maligni hanno gettato nel loro cibo. Dopo lo scongiuro, pronunciato dallo sciamano, questi faceva sputare il fanciullo, nella speranza di essere riuscito a scacciare dal suo corpo il veleno. Quarantaquattro zayān23, nell’ardore del loro banchetto,

trentatrè zayān, nell’ardore del loro festino; zayān secolari, nella lontananza dei secoli, zayān stranieri, in terra straniera, ciò che è del cielo, nel cielo, ciò che è della terra, sulla terra! Io ho disperso la malattia, ho guarito il corpo posseduto dagli spiriti!24

INVOCAZIONE AGLI SPIRITI-SIGNORI LOCALI Alla partenza per un lungo viaggio, così ci si rivolgeva agli spiritisignori (ežen) sconosciuti delle località che si sarebbero attraversate durante il viaggio.

Alla mia bocca aggiungete una bocca, alla mia lingua aggiungete una lingua, al mio corpo aggiungete un corpo, alla mia mano aggiungete altre mani, al mio piede aggiungete altri piedi; considerate, voi spiriti, ciò per cui io oggi vi prego e per cui oggi vi invoco!25

CERIMONIA DI «NUTRIMENTO DEGLI SPIRITI» La cerimonia di «nutrimento degli spiriti» (ongō idēlxe) si svolgeva nel modo seguente. Su di un tavolo accanto al palo occidentale della iurta vengono posti: tè con latte in una tazza cinese, tè senza latte in un’altra, vino in una brocca di legno, tabacco ed una pipa. Accanto al tavolo sta la padrona della iurta, nella quale ha luogo la cerimonia. Lo sciamano comincia a sciamanizzare. In primo luogo, egli canta in onore degli spiriti pregandoli di assicurare la loro protezione alla padrona di casa, quindi egli invoca i propri spiriti-antenati affinché lo aiutino nel buon compimento della cerimonia. Egli, dopo aver indossato una veste femminile, poiché questi spiriti sono delle giovani fanciulle, trasferisce in sé lo «spirito» (ongō orūlna) a nome del quale egli canta (a). Quindi lo spirito canta per bocca dello sciamano (b). Lo spirito prende poi a danzare e continua per bocca dello sciamano il proprio canto (c). Lo spirito (cioè lo sciamano) si avvicina al tavolo; la padrona di casa gii porge del tè con latte ed una pipa con buon tabacco. Lo «spirito» accetta l’ospitalità e prosegue il proprio canto (d). Lo «spirito» beve il suo tè e fuma la pipa, quindi riprende a cantare (e). Lo «spirito» si avvicina al tavolo, prende del tè senza latte e tabacco in foglie e prosegue (f). Lo «spirito» beve il tè e fuma, quindi riprende (g). Lo «spirito» beve dell’acquavite in un sorso, poi riprende a cantare (h). La padrona di casa porge allo «spirito» un panno di seta rossa, con cui lo sciamano si avvolge la testa. Egli continua (i). La donna dà allo «spirito» un altro panno dello stesso colore; con esso lo sciamano si avvolge la fronte. Egli riprende il suo canto (l). Infine, lo «spirito» entrato nello sciamano si porta dal tavolo al palo meridionale della iurta. Qui egli esce dallo sciamano; vale a dire, lo sciamano si libera dall’estasi. Dopo la fuoriuscita dello «spirito», un secondo spirito entra nello sciamano e canta le stesse cose del primo per bocca dello sciamano; questo secondo spirito, una volta soddisfatto dell’ospitalità, se ne torna in cielo.

a. Antica terra a me affine, terra urangxa26-mongola, mia terra cara e preziosa, Xori27, terra dei mongoli! Mio antico capostipite, udxa28 urangxa-mongolo! Mio primo antenato, Xori, udxa dei mongoli! b. Mia grande terra urangxa, che ti innalzi magnifica! Mia gloriosa terra Xori, che ti estendi magnifica! Mia grande terra Tüngxe29, dai monti ondulati, incantevole! Mia grande terra degli alar30, che magnifica sei cresciuta da un cespuglio di bacche! Mia grande terra Üngö31, magnifica da un’estremità all’altra!

c. Danziamo il naygūr-naygūr!32 Miei capelli raccolti in otto trecce! Danziamo il günxür-günxür!33 Miei capelli raccolti in tre trecce! La mia gola arrossata è secca, ho proprio bisogno di bere del tè. d. Tè rosso, mia bevanda, tabacco rosso, mio alimento! e. La mia gola infelice è secca, ho proprio bisogno di una bevanda nera!34 f. Tè nero, mia forza, tabacco nero, mio alimento! g. Mio zio, il fumatore, mia zia, la bevitrice! Il bottone d’argento sul mio petto35, il nome eterno è la mia fama! Il bottone d’oro sulla mia schiena, Il nome d’oro è la mia gloria! Mia gola singhiozzante, mio corpo sofferente! Mia gola gemente, mio corpo palpitante! h. La testa mi duole, ho bisogno di un panno di seta! Ahi, ahi! i. Il cranio mi duole, ho bisogno di un fazzoletto russo! Ahi, ahi! l. Tra gli animali con quattro zampe, non bisogna incontrare la «nera»!36 Tra gli umani con due piedi, non bisogna incontrare una matrigna!

PREGHIERA A GUŽIR SAGĀN DURANTE LA CERIMONIA DI «ONGONIZZAZIONE» DI UN CAVALLO

La pratica della «ongonizzazione» di un animale (cioè del trasferimento di uno spirito nell’animale; adaha ongolxu) era volta ad assicurarsi la protezione di un qualche spirito. Potevano venire «ongonizzati» cavalli, tori, capre, montoni. Su di un animale «ongonizzato», cioè consacrato ad uno spirito, le donne non potevano in alcun modo salire; era proibito loro toccare i finimenti e la briglia di un cavallo «ongonizzato». Era però consentito alle donne mungere una vacca «ongonizzata». Per l’uccisione di un animale «ongonizzato» venivano osservate particolari regole. La cerimonia si svolgeva nel modo seguente. Non appena fosse stato scelto l’animale, si legavano dei nastri alla sua criniera; quindi l’animale veniva suffumicato con rami ardenti di abete bianco, per purificarlo da ogni impurità. Quindi lo sciamano prendeva nella mano destra un martello di piccole dimensioni di ferro o rame, nella sinistra un’incudine di eguali dimensioni. Accanto allo sciamano sta un uomo, che tiene il cavallo prescelto per la briglia. Lo sciamano canta la preghiera, mentre batte il martello sull’incudine. La presenza del martello e dell’incudine fa pensare ad un rapporto tra questa cerimonia e il culto del ferro/dei fabbri. La prima descrizione di essa risale al secolo XVIII (J. G. GEORGI, Bemerkungen aller Nationen des Russischen Reichs, St. Petersburg, 1776). Gužir Sagān era ritenuto difensore dei calunniati.

L’antenato di Gužir Sagān è il nerissimo fabbro, colui che lavora il ferro ardente, colui che lavora l’acciaio bollente. L’essiccatoio è come il mare straripante, il saldatoio è come la montagna occidentale! Del rumore del martello si riflette l’eco nella taigà occidentale; del rumore dell’incudine si riflette l’eco nella taigà orientale. La cote di argento fuso, allorché risuona stridendo, essa è benedetta! La dura cote d’argento, allorché risuona vibrando, essa è benedetta! Negli animali provvisti di zoccoli37, possano gli zoccoli essere privi di polvere, possa il feltro non emanare l’odore di cavallo, dai quattro neri zoccoli possa accendersi l’azzurro fuoco38, dalle magnifiche orecchie possa irradiarsi un azzurro fulgore, possa deporsi grasso sul [loro] collo, nelle giumente possa formarsi grasso sul collo,

nei vitelli possano svilupparsi forti muscoli, possano le pecore moltiplicarsi, possano i tappeti divenire più larghi39, possa il kumis scorrere abbondante, possa l’acquavite di latte divenire densa40, possano i ben nutriti [animali] divenire fertili e grassi, possano gli [animali] allevati essere benedetti!

PREGHIERA PER LA «ONGONIZZAZIONE» DI UNA VACCA Allorché veniva «ongonizzata» una vacca, lo sciamano pronunciava la seguente preghiera.

Possa il [latte] munto essere versato nelle brocche, possano i secchi di latte riempire le tavole sulla parete41, possa la mammella della vacca divenire succosa, possa la [sua] criniera ondeggiare, le due belle corna possano non spezzarsi, i quattro succhiatoi [sulle mammelle] possano non intasarsi, possa la loro42 schiena essere grassa, possa il loro seno essere grasso! Che il popolo sia ricco di bestiame, che la progenie [degli uomini] sia numerosa, che il fuoco acceso arda mille anni, che gli uomini possano vivere novanta anni, che essi [almeno] ne vivano ottanta; che gli uomini conducano una vita felice nei villaggi e nei campi [nomadi]; possano essi vivere felici in ogni luogo, in ogni villaggio!

INNO A BUXA NOYON

Buxa Noyon è il più popolare degli eroi divinizzati del pantheon sciamanico buriato e, sebbene fosse considerato il capostipite degli exirit e dei bulagat, egli godeva nondimeno della venerazione di tutti i buriati settentrionali e veniva anzi detto «padre» di tutti i buriati. Nel suo culto si fondono elementi tratti dalla sua biografia (egli fu ministro di Sain Noyon Xan, fondatore nella prima metà del 1600 di un proprio principato in area buriato-mongola) con elementi propriamente sciamanici. Buxa lett. significa «Toro»; Noyon è titolo feudale.

Sēx! Tu che ci concedi il tuo favore, Esege Malān Tengri!43 Tu che garantisci la vita del popolo buriato44, Padre Buxa Noyon! Madre Butan Xatan!45 Tu che con la tua forte schiena ti sei lasciato discendere sulla terra; tu che dall’alto dell’immenso cielo fai risplendere il rossore del cielo. Tu che col gozzo pendulo percorri la riva petrosa del mare, dopo che hai attraversato in un guado ignoto il grande Mare di latte!46 Tu che con le tue possenti corna hai colpito il grande Monte Hümer, e ne hai fatto per te magnifica dimora! Tu sei disceso sulla larga terra! Con i tuoi larghi, neri zoccoli, hai aperto per te una strada senza fine sulla larga, grande terra e sei disceso sull’ampia superfice della terra!

INNO DI LODE AL CIELO Inno cantato durante la cerimonia, detta tengri dūdaxa, rivolta ad ottenere il favore del Cielo. Lo sciamano e diversi giovani, maschi e femmine, con in mano rami di betulla cantano questo innopreghiera. Cielo, nostro grande antenato!47

Ferro, nostro cordone ombelicale! Grande lampo di fuoco, grande tremore della terra48. Il rumore del tuono è penetrante, [come quello del] chicco di grandine [che cade, grande] come una coppa! Il rumore del tuono è sordo, [come quello del] chicco di grandine [che cade, grande] come un bottone!

CINQUE CANTI DELLO SCIAMANO ČADI PRIMO CANTO

Questo e quelli che seguono sono i canti di Čančaev Čančaevič Čadi, ex-sciamano buriato, registrati su magnetofono da Diószegi il 7 settembre 1957 nell’ulus di Mankovo (Boxanskij rajon, distretto di Irkutsk), pubblicati in DIÓSZEGI-ŠARAKŠINOVA. Quando Diószegi chiese all’ex-sciamano di cantare, questi per prima cosa versò un bicchiere di arxi (acquavite distillata dal latte) e fece una libagione in onore degli spiriti-signori della sua terra. Poi iniziò il canto. Vecchi della terra49,

donne del mare, che vivete in questo mondo, che siete divenuti xān e tayžā50, io vi invoco, con una invocazione potente. Voi siete giunti attraverso un aureo cammino che ha inizio sulla sommità delle montagne, seguendo la [montagna] Xatan51, lungo il margine della montagna. Io vi racconto la storia52: la tradizione53 del popolo buriato, la storia del clan bulagat54, i primi grandi antenati55, io vi racconto la grande storia. Oh, vecchi, donne che volgete lo sguardo su questo mondo, un mondo dalle alte montagne. Mentre giungete con cautela, prendete ciascuno una coppa, due coppe in coppia, di questa eccellente acquavite, restituite. Della foresta voi mi date il significato, della taigà mi date la ragione, di quanto ho dimenticato, mi fate ricordare, se mi sono addormentato, mi avete svegliato. Questi zii di Tarsa56, questi zii di Übese57, gli zii di Arda58;

io menziono i loro antenati, invoco la loro udxa59, Dopo aver bevuto [la bevanda sacrificale], restituitela!

SECONDO CANTO «LA NONNINA ÜBESE»

La nonnina Übese era originaria della valle del Quda, apparteneva al clan durlai. Ella sposò un uomo di Üngö, ma non era in buoni rapporti con il suocero. Vedendo che era impossibile convivere con lui, ella decise di fuggire via e di tornare dai suoi genitori. Era inverno; ella morì di freddo sulla via che doveva condurla ai suoi genitori, in località Telyun, abbracciata ad un piccolo abete. Morì giovane, assai oltraggiata. Da allora, questa giovane donna viene chiamata con il soprannome di «nonnina Übese». Da morta, ella volle vendicarsi della sua sorte sui fanciulli in tenerà età; così diceva «Li mangerò quando sono piccoli e berrò il loro sangue». Chi voleva tenere lontana la «nonnina Übese» dai propri figli, così la pregava.

Bianca nonnina in ghingheri, dalla testa simile a un bianco lago, quando le oche azzurre si riuniscono, dalla testa simile a un azzurro lago; ella ha in mano un fucile di precisione, ella punta il suo fucile a due canne. Il riparo dei cognati è lo stesso, il fragore del martello e dell’accetta è lo stesso. La neve che si raccoglie in mucchi e il freddo che scende intenso sono duri da sopportare [...]

TERZO CANTO «LA NONNINA ÜNGE»

Il terzo canto di Čadi manca di una introduzione. Lo riporto nella sua oscurità.

Figlia di Abza, Forte Hȫmey, venerabile Hȫmey, regale Hȫmey. Nonnina nera, che ti trasformi in un topo nero sulla soglia, che ti trasformi in un topo grigio nell’angolo. Trasformandoti in un cuculo grigio, non emetti il suono [del cuculo], trasformandoti in una gazza screziata, non emetti il canto [della gazza]. Tu non accumuli [?] asperità sulle alture, non arrechi danno [?] alla madre terra,

al neonato non crei ostacoli dicendo […] Tu sei diventata buona amica dei russi di Talsi, dei russi di Ünge, ma con i russi di Tura60 quando ti sei scontrata, il tuo cane māš-māš […] Il tuo puledro di due anni a sei zampe non è ancora divenuto slanciato. Quando tu avevi sessanta anni, potevi diventare una sciamana61, ma non sei diventata sciamana. Quando hai opposto la tua forza ai russi di Tura, tu sei stata gettata nelle acque dell’Angara; dopo esservi stata gettata, sei morta, nonnina! Tu hai un antenato [venerato] come un antenato, la tua udxa è di origine celeste, tu discendi da Teneg Manlay, tu discendi da Danšā, antenato venerato come un antenato.

QUARTO CANTO «GLI ZII DI ÜBESE» La leggenda racconta che un uomo di nome Obogon, nato dalla radice del fiore urguy (bucaneve), aveva tre figli: Onxotoy, Oloy e Ongoy. Un giorno i tre figli di Obogon partirono per la caccia. Ogni sera essi si cuocevano il cibo; arrostivano carne per tre e la mettevano via per la mattina. Una mattina la carne di uno dei fratelli mancò. Lo stesso accadde i giorni successivi. I fratelli si meravigliarono molto e cominciarono a star guardinghi. Trovarono delle impronte, le seguirono, camminarono, camminarono, finché giunsero ad una caverna: una bellissima fanciulla dormiva nella caverna. I fratelli non esitarono, afferrarono la fanciulla e la condussero con sé. Ella era una ragazza evenchi. I fratelli cominciarono a far progetti su di lei: «Io voglio sposarla» diceva uno, «No, la sposerò io» diceva un altro. Infine, si rivolsero al padre Obogon. Il fratello maggiore disse: «Di notte ella ha mangiato la carne della mia graticola». Allora il padre disse: «Non ci dovrebbe essere discussione allora, ella appartiene a quello, dalla cui graticola ella ha mangiato la carne». In questo modo il fratello maggiore sposò la bella fanciulla tungusa. La fanciulla veniva da un clan di sciamani. Da questo matrimonio hanno avuto origine gli «Zii di Übese», famosi sciamani di origine tungusa. Da uomini con spessi serpenti cavalli, da uomini con sottili serpenti fruste voi discendete,

voi con alti stivali, con larghi colli di pelle di lontra! Voi discendete dai cinquanta della taigà, dai cinquantotto tungusi. E la udxa del clan procede nel modo seguente: colui che non ha condotto al pascolo il vitello di un anno, il vecchio Burxisān, colui che non ha condotto al pascolo il vitello di due anni, il vecchio Harxisān, il vecchio Tǖxe, il vecchio Hāri, il vecchio Murī, il vecchio Monzo, il figlio di Monzo, Paybal62, il figlio di Šobxonok, Tenīške, [dalla] folta criniera nera, il vecchio Motxi, il vecchio Noxoy, il vecchio Tülžey, la vecchia Sagdān, la vecchia Bigdān, la vecchia Šantān, le due figlie di Xurduh sono chiamate.

QUINTO CANTO «GLI ZII DI TARSA» Un buriato dell’ulus di Tarsa viveva nell’ulus di Kulunkun; egli sposò qui la figlia di una grande sciamana nera. Due figli nacquero da questo matrimonio, i quali divennero in seguito grandi sciamani neri. Il primo fu Ayanga, suo figlio fu Uršak, il figlio di questi Butuxe; il secondo fu Hoxor Xara Köstö, suo figlio fu Buyan, il figlio di questi Buyaška, il cui figlio fu Šobxonok e il figlio di quest’ultimo Fedōt. Tutti furono grandi sciamani neri. Anche questo testo è alquanto oscuro. Gli zii di Tarsa discendono dalla sciamana Asuyxan, discendono da Šubūn Noyod63, dagli zii di Arda. Gli zii di Tarsa discendono da molte parti. Il vecchio Buyaška,

il vecchio Aleška64, il conoscitore delle lingue, Šobxonok, il vecchio Maxāl65, il vecchio Frōl66, il vecchio Fedōt67, il vecchio Egōr68, il vecchio Halbay, dalla testa bianca: questi sono i vecchi di Tarsa, che [per rispetto] sono chiamati vecchi. Così procedono gli zii di Tarsa: dalla parte orientale, dalla direzione della terra orientale, dalla regione della sorgente del fiume Zülxe69, dalla più piccola delle acquisizioni [?]. Dalla parte orientale, uno spesso [?] abete con ottantotto rami, un nido in ogni ramo, un uovo in ogni nido; le uova si schiudono con rumore, «crack», incrociandosi [?] si avvicinano. Questi antenati cacciano scoiattoli. Gli altri loro antenati: essi discendono da [uomini] con occhi giallo oro, con mascelle rosso fuoco, [che vivevano] sulla riva del fiume giallo. Galoppando giorno e notte su di un cavallo giallo, pezzato, la sciamana Šatiixan era ubriaca di giorno, era ubriaca di notte. Gli altri loro antenati: essi discendono, dicono, dai flutti del mare azzurro,

da un buco profondo, dal gioco dello stretto mare. Da Uta Sagān Noyon70, da questo grande mare, dal signore di questo mare; Uta Sagān Noyon, signore di Oyxon71. Il mare d’acqua è il mio cammino, l’alto Oyxon è il mio buco, il piccolo stretto mare è il mio gioco, l’esteso Oyxon è il mio buco, da lui [Oyxon] essi discendono, dicono. Ecco da dove gli zii di Tarsa traggono la loro origine.

PREGHIERA DURANTE LA KAMLANIE PER LA RICERCA DELL’ANIMA

Testo pubblicato in BATAROV, tradotto in HARVA, 268-272 e SCHMIDT, X, 375 sgg. Dopo un’accurata preparazione, lo sciamano dà inizio alla cerimonia invocando gli dèi, gli spiriti-signori della regione e gli antenati del malato, mentre a tutti offre una libagione; lo stesso fa per i propri antenati sciamani. Egli chiede a tutti il buon svolgimento della kamlanie per il ritorno dell’anima. Si adagia poi sul bianco feltro in precedenza disteso, prende il recipiente con il cibo sacrificale, lo rivolge in direzione del corso del sole, invoca l’anima affinché ritorni, mentre cade progressivamente in estasi. I presenti devono nel frattempo sbottonarsi il primo bottone del colletto. Egli prega.

Tuo padre è Aboši, tua madre è Eršin, il tuo nome è Erdeni72 […] Dove ti trovi, dove sei andato? È venuta da regioni lontane la compagna della vita a te legata, che tu hai lasciato in lunga solitudine. Triste siede nella iurta, guarda fissa la porta in lacrime e pensa sempre alla passata vita felice in tua compagnia e piange e sospira, oppressa dal dolore. I tuoi cari figli nati dal suo corpo ti invocano con pianti e lamenti: «Padre, dove sei? Torna da noi!». Ascolta la loro voce e torna presto qui! Xuruy! I tuoi fratelli maggiori e minori, i tuoi attempati genitori, gli anziani del villaggio, i tuoi amici e coetanei, tutti sono qui riuniti. In lacrime pregano insistentemente affinché tu voglia tornare da loro. Se tu ascolti la loro voce e le loro suppliche, che escono come da una sola bocca, torna orsù in fretta dai tuoi congiunti! Xuruy! Il tuo cavallo preferito è già sellato e ti attende:

torna dal tuo cavallo! Appena tu lo lasci, subito uomini malvagi vi montano. Abbi pietà del tuo cavallo, torna presto indietro! Xuruy! Tutti i tuoi belli e costosi vestiti giacciono senza difetti, senza sporcizia né polvere: vieni e indossali! Xuruy! Vieni, tutta la tua casa è in perfetto ordine e in uno stato magnifico! Se tu ne prendi possesso, vivrai ancora lunghi anni felice! Xuruy! Tua moglie e i tuoi amati figli, abbandonati in maniera tanto inattesa, ti invocano disperati, piangendo e urlando ti gridano: «Padre, dove sei? Ascoltaci ed abbi pietà di noi, torna di nuovo tra noi!» Xuruy! Le tue numerose mandrie di cavalli nitriscono di desiderio al tuo indirizzo e con afflizione ti invocano: «Dove sei, nostro padrone? Torna da noi!» Xuruy! Le tue numerose mandrie di animali provvisti di corna invocano te, il loro padrone, muggendo e belando. Ascolta il loro richiamo accorato e torna presto da loro. Xuruy!

Il tuo cane, che tu hai allevato, ti invoca nell’aia, abbaiando e lamentandosi: torna da lui! Xuruy! Il tuo fuoco nel focolare arde diecimila anni senza spegnersi; il tuo benedetto corpo rinato vivrà vigoroso e sano per novanta anni. Xuruy! Non sprecare una tale inestimabile ricchezza e la tua vita felice; torna presto e vivi la tua felicità! Xuruy! Guarda, la tavola è apparecchiata con le tue ghiottonerie, con tarak dolce73, amhan74 nutriente, salamat cotta75, burro giallo oro in abbondanza, crema con tarak. Guarda la carne cotta, carne grassa: una terrina piena è pronta per te. Tè, zucchero e dolci di zucchero; torna indietro, mangia il cibo nutriente, godi di queste ghiottonerie e ascolta come l’amata comunità familiare, gli anziani del villaggio degni di rispetto, i vicini e tutti i congiunti vicini e lontani, che siedono in cerchio, ti invocano e pregano. Con lacrime e tristi canti esprimono la propria afflizione per la tua perdita. Tutti tengono, apertasi la parte superiore del vestito, nella mano i bocconi migliori del cibo offerto e diverse gustose bevande e pregano insieme e cantano in coro la loro preghiera affinché tu torni indietro.

Xuruy! Sappi che l’aldilà è oscuro, freddo e deserto, mentre il nostro mondo è luminoso, caldo e piacevole: perciò torna da noi! Diverrai un rispettato anziano di villaggio della tua regione, il signore supremo nel tuo circondario. Quel mondo oscuro è terrificante, questo mondo luminoso è al contrario bello e attraente; perciò torna da noi! Xuruy! Xuruy! Xuruy!

INVOCAZIONI RELATIVE AL CULTO DEI FABBRI INVOCAZIONI AI FABBRI BIANCHI

Presso i buriati l’arte di forgiare il ferro vanta antichissime tradizioni. I miti relativi indicano un’origine soprannaturale di essa e dei primi fabbri, discesi sulla terra per trasmettere agli uomini la loro arte. In quanto spiriti-signori delle diverse parti che costituiscono l’attrezzatura del fabbro, essi sono oggetto di un culto. I loro successori sulla terra, ereditari, si dividono come loro in «bianchi» e «neri» a seconda del «colore» dei tengri di cui essi detengono il potere. Secondo le concezioni buriate, il primo dei fabbri bianchi, spiriti benevoli che proteggono gli uomini contro le forze malefiche dell’est, fu Božintoy, il quale visse e vive tuttora in cielo, restandovi anche quando i tengri dell’ovest ingiunsero ai fabbri di discendere sulla terra, dove lasciò discendere i suoi nove figli maschi e la sua figlia femmina. I nove figli forgiavano già in cielo, mentre la loro sorella maggiore Eylix Mūlix Egeši, protettrice degli uomini, spargeva sulla terra scintille d’argento infiammato, grazie alle quali ella scacciava i neri spiriti malefici. I figli di Božintoy discesero sui Monti Mundarga, dove insegnarono agli uomini l’arte della forgia. Il testo a) è pubblicato in SANŽEEV, 558-559 (tradotto in SCHMIDT, X, 331-333), i testi b) e c) in ŠARAKŠINOVA, 159161, il testo d) in BALDAEV, 171-175. Quest’ultimo testo appartiene al culto delle pietre būmal (cfr. le pp. 472-478); in quanto però legato pure al culto dei fabbri, lo inserisco a questo punto. Božintoy, il primo fabbro e protettore dei fabbri bianchi, aveva gettato dal cielo la pietra dei xabtari, clan buriato nell’ulus di Xoxor, la quale nei tempi antichi serviva loro da incudine. Quando apparvero le prime incudini di ferro (fine XVIII-inizio XIX secolo), la pietra divenne la forgia rituale sulla quale avevano luogo le consacrazioni dei fabbri, le abluzioni e i sacrifici annuali (xūray). In tali occasioni, ciascun uomo sposato doveva portare la sua parte di acquavite, di latte e di latticini. Il tutto veniva affidato ad un uomo (l’acquavite) e ad una donna (i latticini), i più anziani dell’ulus. L’acquavite veniva versata in recipienti di corteccia, i quali venivano disposti in fila; i latticini venivano posti su dei feltri bianchi mai utilizzati prima, detti tǖrgeyn toli sagān heyey «Feltro cerimoniale bianco [come uno] specchio». Al tempo dei tre fratelli Xamay, Xalbi e Tümer, la cerimonia si svolgeva nel modo seguente: una volta entrati nella fucina, il maggiore stava accanto all’incudine; il secondo, provvisto della morsa (abarga), stava accanto al crogiolo e doveva azionare il mantice; il terzo doveva, con le tenaglie, mettere il ferro nel crogiolo (xiha), e di lì, arroventato, sull’incudine. Il maggiore, martello in mano, mentre il secondo teneva il maglio, cominciava a forgiare. Il minore li riforniva di ferro. Il maggiore prendeva del ferro nelle mani nude, lo leccava, vi passava il dito sopra, facendo sprizzare scintille da tutte le parti. Forgiando, i tre fabbri sciamanizzavano, assistiti dai presenti. Così si rivolgevano al fabbro celeste Božintoy e ai suoi sette figli.

a. Nove bianchi fabbri di Božintoy, che possedete scintille scoppiettanti, che possedete scintille volanti! Voi che avete strumenti risonanti, un’incudine di solido acciaio, una lima cigolante, voi che avete novantanove76 ciondoli [appesi] alla campana! Sulla riva del nero mare voi fondete una grande caldaia nera; voi avete una nappa di scoiattolo nero,

voi cavalcate un cavallo nero-pezzato! Sulla riva del giallo mare voi fondete una grande caldaia gialla; voi avete una nappa di scoiattolo giallo, voi cavalcate un cavallo giallo-pezzato! Voi avete nappe di scoiattolo ed ermellino, voi indossate seta colorata! Quando siete discesi sulla terra77, siete discesi come su di una collina, sebbene si trattasse dei Monti Saiani. Siete scivolati lungo le correnti, sebbene si trattasse del mare bianco! Quando siete discesi sulla terra, [siete discesi] con il martello nella destra, una gigantesca incudine sulla schiena, una forma d’argento sul petto, le tenaglie nella sinistra! Nella vostra fucina si trovano le vostre potenti magie, nei vostri mantici [si trovano] le vostre meravigliose magie! Signore della fucina, Xilar Sagān Noyon! Signore del mantice, Xür Sagān Noyon! Signore del carbone, Xürxēše Sagān Noyon! Signore della cenere ardente, Nut Sagān Noyon! Signore dell’incudine, Dui Sagān Noyon! Signore del martello, Badar Sagān Noyon! Signore delle tenaglie, Bulta Sagān Noyon! Signore dello scalpello, Som Sagān Noyon! Signore dei chiodi, Xān Sagān Noyon!78 Sull’incudine preparate un ricco banchetto, sul martello preparate un generoso festino! Voi avete fatto risplendere magnifico il fuoco, avete fatto tremare possentemente la terra!79 Nove bianchi fabbri di Božintoy, con i vostri nove bianchi destrieri! Insieme a vostra sorella Eylix Mūlix,

siete discesi presso la sorgente del fiume Okà! Da un piolo d’oro avete fatto un palo per i cavalli! Il nero ferro avete fuso, l’azzurro ferro avete fatto spumeggiare, il duro ferro avete fatto ribollire; avete fuso la nera caldaia, avete saldato l’azzurra caldaia, avete preparato la caldaia d’acciaio! b. Conquistando i novantanove Mundarga dell’ovest, siete discesi; davanti a voi tenete l’incudine, dietro a voi tenete il mantice, nella mano destra tenete il martello, nella mano sinistra tenete le pinze. Voi, i nove figli di Božintoy. Signore del mantice, Xör Sagān Noyon; signore dell’incudine, Döltö Sagān Noyon; signore del martello, Bažir Sagān Noyon; signore delle tenaglie, Uta Sagān Noyon; signore della fucina, Xun Sagān Noyon; signore delle pinze, Alag Sagān Noyon; signore della caldaia, Xilman Sagān Noyon80. c. Nove bianchi fabbri di Božintoy, discesi dominando l’alto corso dell’Okà, che di un piolo d’oro avete fatto un palo per i cavalli, che in un lago d’oro avete fatto sosta, che di un piolo bianco avete fatto un palo per i cavalli, che in un lago bianco avete fatto sosta. [Voi] che avete una fucina grande come un lago e un mantice grande come un prato.

[Voi] che avete un’incudine fatta di būmal e un martello in ferro ben temprato. [Voi] che avete inciso l’argento bianco e lavorato l’argento dorato. [Voi] che avete fuso il nero ferro e fatto bollire l’azzurro ferro e gorgogliare il ferro ben temprato. Nove bianchi fabbri di Božintoy, che avete nove cavalli bianchi, discesi tenendo nella mano destra il martello, discesi tenendo nella mano sinistra le tenaglie, discesi, tenendo sulla schiena il mantice grande come un prato. d. Rivolti verso ovest, noi convochiamo!81 Cinquantacinque tengri, il maggiore di essi è Esege Malān Tengri, la sua sposa dalla testa bianca è Exe Yuran Tengri, nei tempi antichi, quando regnava l’età della pace, per richiesta degli uomini dell’ampio universo, voi avete fatto discendere sul largo universo i nove fabbri di Božintoy, con la loro sorella maggiore Ēlig Moylig!82 [Voi] i nove figli di Božintoy, caricando sulle vostre spalle la vostra attrezzatura di fabbri, tenendo in mano gli strumenti, gli accessori, siete discesi sulla cima dei Mundarga, siete divenuti i signori del Xamar Dabā83, della sporgenza-incudine84 avete fatto la vostra incudine. Signore della grande morsa di fucina, Abarga Sagān Noyon, signore del mantice di fucina,

Xȫr Sagān Noyon, signore del maglio di fucina, Bažar Sagān Noyon, signore del trapano di fucina, Som Sagān Noyon, signore del crogiolo di fucina, Šagša Sagān Noyon, signore delle scintille di fucina, Xirabša Sagān Noyon, signore dell’incudine di fucina, Dülete Sagān Noyon85, insieme a vostra sorella dal viso rotondo, la bella Ēlig Moylig! Della stella polare avete fatto un palo per i cavalli, dello sterco di cavallo avete fatto un fuoco rituale, del puro bianco lago avete fatto un luogo di frescura, dell’alta cima del Xamar Dabā avete fatto luogo di sosta! Le scorie di ferro che voi avete prodotto forgiando, sono divenute simili ad un’alta montagna; i grandi mantici di fucina sono divenuti simili ad un pascolo del bestiame. Una pietra caduta dal cielo avete per incudine; un maglio d’acciaio voi forgiate; fondendo l’argento bianco voi battete l’oro; fondendo ferro nero, facendo ribollire ferro azzurro, fondendo ferro grigio voi colate profonde caldaie; fondendo ferro nero,

voi fabbricate ogni sorta di strumenti! Nove figli di Božintoy, fabbri sperimentati! Nove bianchi cavalli-argamag86 erano le vostre cavalcature. Stretto nella vostra mano destra era il grande maglio, stretta nella vostra mano sinistra era l’enorme morsa rituale, immense scintille rosse volteggiavano intorno a voi, dalle zampe dei vostri cavalli-argamag scaturiva il fuoco, davanti e dietro a voi! Al lupo che trascina la coda spuntate i denti, al ladro che trascina il suo lungo laccio accorciate il laccio! Allontanate quanto abbia del nero, quanto abbia del grigio, conducete qui quanto è buono, quanto è bello! Davanti a noi siate la vigilanza, dietro a noi siate l’ombra! Non lasciateci mordere dai cani, impedite che i malvagi compiano il male, nove figli di Božintoy! Concedete la buona fortuna, rendeteci ricchi di cavalli, rendeteci prolifici di nipoti! Fate che i nostri cavalli siano numerosi, fate che sia prolifico il nostro bestiame! Noi offriamo acquavite di latte, abbondante come la grandine del cielo; prosternati e striscianti presentiamo acquavite di latte, rimedio reale87 e simbolico!88 Ascoltate la nostra preghiera, cedete alle nostre richieste, dall’alto del cielo

concedete la buona fortuna! Dalla larga terra concedete la buona sorte! Rendeteci prolifici di nipoti, benediteci con abbondanza di cavalli! Progenitori da cui abbiamo tratto origine, progenitori da cui siamo nati, antenati che avete potuto innalzarvi, spose che avete potuto sedervi89, dite ciò che noi non abbiamo detto, pensate ciò che noi non abbiamo pensato, comprendete ciò che noi non abbiamo compreso!

INVOCAZIONE AI FABBRI NERI Testo pubblicato in ŠARAKŠINOVA, 161-162. Il capo dei fabbri neri, Xoži Xara Darxan, ha sette figli. Il primo, Sar Xara (Bue nero), dalla testa lancia scintille; il secondo, Bog Šara (Sporcizia il giallo), lancia scintille dai piedi; il terzo, Xüdere Xara (Forte il nero), tiene il martello nella mano destra; il quarto, Nüxür Xara-Xara (Compagno il nerissimo), sulla riva del mare nero del nord brucia del larice rosso; il quinto è Alyā Xubǖn (Il figlio scaltro); il sesto è Abtay Xübǖn (Figlio dei sortilegi); il settimo infine è Al’gandā arban gurban abtayžibtey Xübǖn (Figlio dei tredici sortilegi nella palma). A loro così ci si rivolgeva. Uha-Lobson90 ha per cavalcatura il grande pesce Abarga91, dalle tredici pinne, la cui dimora è sul fondo del mare di latte. Per raggiungere il xān Uha-Lobson, ci siamo bagnati. Con la sabbia bianco-latte del signore dell’universo, la cui dimora è ai piedi del Monte Hömör, abbiamo preso le scintille metalliche92. Colui che ci ha insegnato quest’arte magica93 è uno dei quarantaquattro tengri94 dell’est, il nero tengri Börön. Nelle nostre palme erano i sortilegi95, nelle nostre dita erano le metamorfosi96. Dietro ogni angolo c’era spazio.

La profonda caldaia noi l’abbiamo fusa. Dietro ogni muro c’era spazio. La possente caldaia noi l’abbiamo fusa. Quando noi facciamo così, non è la nostra forza, sono i sette fabbri neri di Xoži.

INVOCAZIONI RELATIVE AL CULTO DEI BŪMAL Būmal, o būdal (da būxa «scendere»), sono detti tutti gli oggetti discesi, caduti, proiettati, la cui comparsa ne faceva attribuire l’origine al cielo. I būmal sono in realtà di origine diversa: reperti archeologici, coltelli e asce di pietra, punte di freccia, di lancia ed altri oggetti di bronzo, rame e nefrite; tutti accomunati dal fatto di essere stati trovati per caso. Ed ancora: acconciature femminili, caldaie, coppe, utensili, o semplicemente pietre vagamente iconiche. Oggetti tutti, in quanto di provenienza inesplicabile, attribuiti ai tengri. Ogni būmal era al centro di credenze e riti che variano da regione a regione e da clan a clan. I būmal ricevevano dei sacrifici e i loro ežen proteggevano la zona circostante. Ogni būmal veniva conservato in una cavità sulla cima di una speciale colonna. Lo sciamano, utilizzando una omoplata di montone, stabiliva nel corso di una cerimonia da quale tengri provenisse il būmal, l’origine della sua caduta, il suo essere o no di buon auspicio. L’insieme dei riti è descritto in BALDAEV, 164 sgg. Ivi sono pubblicati i testi qui riportati, nell’adattamento di R. Hamayon.

INVOCAZIONE SUI BŪMAL IN OCCASIONE DEL RITO DELBERGE In estate, in caso di siccità, gli anziani compivano il rito detto delberge, cui prendevano parte anche le donne, consistente in un’offerta di acquavite e latte. Un dato giorno vengono riuniti tutti i būmal dell’ulus, di regola in un luogo che accoglie i più antichi tra essi. Ciascun capofamiglia porta con sé un recipiente pieno di acquavite. L’acquavite viene ripartita in secchi di corteccia di betulla in numero pari ai būmal. Questi ultimi sono disposti in fila su un feltro bianco ben disteso. Un anziano apre i secchi, brucia della corteccia di abete, al di sopra della quale fa girare tre volte ciascun secchio. Assistito dagli altri anziani, egli inizia l’aspersione, a partire dal būmal più antico. Essi invocano insieme.

Rivolti verso ovest convochiamo i cinquantacinque tengri, rivolti verso est convochiamo i quarantaquattro tengri! Tengri dei bianchi būmal, con la vostra voce che fa tad97, con le vostre gragnole grandi come palle, con i vostri būmal in ogni foresta, con la vostra voce che fa tus, con le vostre gragnole grandi come secchielli, con i vostri būmal in tutta la steppa! Bianche divinità discese98, grandi signore sedute!99 Signori delle frecce celesti100, che siete i custodi delle piogge dell’alto cielo; Padre Xüxedey Mergen101,

Madre Xültey Xatan!102 Accordandoci i vostri favori, fate crescere il nostro frumento e la nostra erba! Abbiate pietà di noi e dei nostri figli! Inviate la pioggia! Nostri alti tengri, concedete la pioggia! Possa il nostro ampio universo raccoglierla e riceverla! Allontanate i neri venti, attirate le piogge e le brume! Il nostro grano e la nostra erba proteggete dal gelo e dalle intemperie! Noi preghiamo le alte divinità, ci inchiniamo dinanzi alle grasse103 signore!

INVOCAZIONE AL SIGNORE DELLA PIETRA BŪMAL SUL MONTE XUMUGUY La pietra būmal, posta, isolata, sul fianco del Monte Xumuguy, nell’ulus di Xoxor, era oggetto di grande venerazione. Il suo culto data al 1860 circa. Il signore della pietra era detto «La bianca divinità discesa, dal cavallo bianco chiaro, dalla veste di seta bianca» (Sagān sanxir mor’toy, sagān torgon degeltey, būmal sagān burxan); egli divenne il protettore delle greggi contro gli assalti dei lupi e dei ladri. Gli venivano sacrificati un cavallo e due montoni.

Sēg! Novantanove xan, dei quali il maggiore è Šarga Xan Noyon, signore del Monte Šabarta, signore del monte increspato Xumuguy, facendo un’offerta io vi invoco! Bianca divinità discesa, bianca signora seduta, dalla veste di seta bianca, dal cavallo bianco chiaro, col giallo arco di eroe, con la freccia color giallo-rossiccio, allontanate i ladri, proteggeteci dai lupi! Spuntate i denti aguzzi al lupo dalla lunga coda!

Accorciate i lunghi lacci, i lacci delle slitte; moltiplicate il nostro bestiame, concedete lunga vita, duratura felicità! Davanti a noi siate la vigilanza, dietro a noi siate l’ombra! Signore dal bianco cavallo, dalla veste di seta bianca, signore del Monte Xumuguy, saggio eroe104, bianco signore disceso, bianca signora seduta! Sēg!

INVOCAZIONE AL SIGNORE DELLA «PIETRA DALLA TESTA DI CAVALLO» Nell’ulus di Eželxin si innalza una montagna a tre livelli. Sul secondo, ci sono due mucchi di pietre: uno ne conta 13, l’altro 27. Le pietre hanno forme suggestive: teste di cane, di pesce, ecc. La più grande ricorda una testa di cavallo, donde il nome morinoy tolgoy šulūn «pietra dalla testa di cavallo». Al suo signore, sconosciuto come quello della pietra di Xoxor (cfr. testo precedente), veniva offerto ogni anno un sacrificio per la protezione del bestiame.

Sēg! Signore delle divine pietre ammucchiate105, signore dalla veste di seta bianca, che cavalchi un cavallo bianco chiaro! Bianco dio disceso, bianca signora seduta! Proteggete il nostro bestiame! Vegliate sui nostri cavalli contro ladri e lupi! Al lupo che trascina la sua lunga coda spuntate i denti; al ladro che trascina la sua lunga urga106 accorciate la urga! Dal tempo degli alti tengri voi siete il signore della cima di questa montagna! In presenza del cielo e della terra, voi siete il signore di questa pura montagna! Voi siete disceso dall’alto cielo, siete divenuto un alto signore, una divinità discesa;

la vostra sposa dal viso rotondo è divenuta una divinità seduta! Vegliate sul nostro bestiame, proteggete i nostri cavalli! Spuntate i denti ai lupi, accorciate la urga ai ladri! [Aspergendo] come grandine, noi prendiamo [il cucchiaio] della libagione! Il grasso e grosso cavallo a voi noi offriamo! Bianco dio disceso, bianca signora seduta! Sēg!

INVOCAZIONE ALLA «BIANCA PIETRA DI SOLINGŪD» La «Bianca pietra di Solingūd» (Solingūdoy sagān šulūn), appartenente al clan olzoy, nella provincia di Nukut, posta precedentemente sul Monte Süme Xušūn, era risalita al cielo, per ricadere sul Monte Xargana. Essa vi restò qualche tempo, risalì poi al cielo prima di stabilirsi definitivamente per ordine del signore delle acque (Uhan Xan), secondo il bardo Tüšemilov. In occasione del sacrificio annuale si offrivano ad essa un cavallo, dei montoni ed acquavite di latte. Baldaev afferma di avervi assistito nel 1917. Durante il sacrificio si fecero delle aspersioni di acquavite (arxiyn sasali) ed una aspersione di carne (myaxan sasali); si recitò la seguente invocazione. Sēg! Xān107 del fuoco e delle acque, xān dalla forza senza limiti, xān delle acque e dei mari! Quanto al maggiore, è il xān Uxā-Lubsan108, la signora Usan-Dabān!109 Cespugli e arboscelli coperti di novanta foglie, pietra discesa attraverso la nebbia brumosa di novanta montagne, pietra giunta in volo con grandine e pioggia dalla dimora del xān delle acque, pura bianca pietra, mirabile grande pietra! Salvate dai ladri avidi

le nostre mandrie numerose, tenete lontano dai lupi famelici il nostro innumerevole bestiame! Spuntate i denti ai lupi, accorciate il laccio ai ladri! Concedete lunga, durevole felicità! Benedite i nostri cavalli, il nostro bestiame, così che valli e vallette non possano contenerlo! Benedite coloro che noi mettiamo al mondo ed educhiamo, così che le nostre terre non possano più contenerli!

INVOCAZIONE ALLA PIETRA DI ÜLEXEN Alla pietra di Ülexen, sita non lontano dalla precedente, si sacrificava in luglio. Così ci si rivolgeva ad essa. Rivolti verso ovest convochiamo i cinquantacinque tengri, i tengri delle acque e dei monti!110 Tengri delle acque e dei monti: bianco tengri del fondo, bianco tengri della cucitura111, tengri azzurro-chiaro, tengri dai puri būdal, tengri dalle estremità rialzate, tengri provvisto di voce112, tengri che versa grandine e pioggia! Bianca pietra discesa, tengri che distendi una pioggia di sangue, tengri dalla grandine di pietre! Lampo pieno di fuoco, voce del cielo piena di suoni! L’alto cielo tuona, sì da far tremare il largo universo! [Voi] che avete tenuto il raggio del sole nascente, che avete guardato lo specchio del sole calante! Pietra rossa che sei discesa, facendo sconfinare il rosso cielo delle intemperie; pietra tutta rossa,

che sei discesa, oltrepassando l’intero universo!

INVOCAZIONE ALLA «PIETRA BIANCA» DELL’ULUS DI MADAGAN La «pietra bianca» dell’ulus di Madagan (provincia di Osin), sarebbe caduta, secondo la leggenda, per ordine di Xüxedey Mergen. Egli osservava la vita sulla terra. Uno spirito maligno andava e veniva tra cielo e terra alla ricerca dell’anima dell’unico figlio dello sciamano Tebxen. Questi lo seppe, grazie al proprio potere magico; prese allora l’anima di suo figlio e, usando il tamburo come cavalcatura, salì al cielo. Lo spirito maligno lo chiuse in una cassa e riuscì a rapirgli l’anima. Vedendo ciò, Xüxedey Mergen fu preso da violenta collera e scoccò una freccia contro lo spirito. Quest’ultimo fu colpito a morte; Tebxen fece ritorno sulla terra con l’anima del figlio. Ma la freccia, profanata per aver colpito lo spirito, non potè tornare in cielo. Essa cadde sulla terra: è la «pietra bianca» dell’ulus di Madagan.

Sēg! Bianco dio disceso, bianca signora seduta! Conservando la vostra alta posizione, siete discesi sulla terra; pur essendo di origine celeste, avete preso posto sulla pura colonna! Siete divenuti protettori della terra, siete divenuti salvatori degli uomini e degli animali! Bianco dio disceso, bianca signora seduta! Rendeteci prolifici di nipoti, rendeteci ricchi di cavalli! Al lupo che trascina la sua coda spuntate i denti, al ladro che trascina la sua urga accorciate la urga! Moltiplicate le nostre mandrie, accrescete la nostra prosperità!

PREGHIERA AGLI SPIRITI-SIGNORI DELLA NATURA

Una delle più antiche preghiere agli spiriti-signori buriate a noi note. Testo pubblicato in ŠAŠKOV, 47; tradotto in CZAPLICKA, 284-285 e SCHMIDT, X, 337-338.

Oh, protettori dell’eco nelle alte montagne, oh, protettori dei venti nel vasto mare; miei signori che risiedete nelle alte montagne, miei dei che vivete nelle foreste! Siateci di sostegno nelle nostre necessità! Negli anni cattivi siate generosi, assicurateci la fertilità nei mesi magri! Quando sediamo nelle nostre iurte, non ci siano pericoli per noi! Quando siamo all’aperto, non c’è ostacolo alla vostra potenza! Nella notte calda concedeteci la luce, nel meriggio infuocato inviateci l’ombra! Allontanate da noi il male, rendete possibile il bene! Poiché voi siete i creatori, salvateci da ogni pericolo! Non fate sudare i nostri volti piatti, non fate tremare i nostri cuori! Custodi delle nostre teste, che preparate il cibo per le nostre bocche! Attraverso la porta delle nostre iurte inviateci raggi di luce! Attraverso le aperture per il fumo delle nostre iurte fateci vedere il sole!

1. Il clan prende nome dalla località. 2. Cioè guarimmo cinque uomini. Il testo ha tengsēb, dalla radice verbale tengsē- «pareggiare». 3. Nel testo kniga (parola russa): sono i libri profani, qui forse anche politici. 4. Nel testo nom «scritture sacre». 5. Non identificato. 6. Altro nome di Abagaldai, peraltro enigmatico. 7. Abai xile zong; xile «confine, limite» è qui usato nel senso di «estremità (degli arti)». 8. Mendē. 9. Xeptē baihang beyim, lett. «Il mio corpo che giaceva». 10. Untā bayhang beyim, lett. «Il mio corpo che dormiva».

11. Squillante perché pesante di campanelle e sonagli. 12. Qui, e nel seguito, il plurale si spiega con il desiderio di Abagaldai di apparire in comunione con gli altri spiriti. 13. Burxašūl, plur. di burxa(n), formata buriata di burqan. Qui tale termine ha il valore generico di «divinità, spirito». 14. Züb (mon. classico ǰöb). 15. Andaldaži, dalla radice verbale andalda- «scambiare». «Salvezza» e «scambio» trovano la loro attualizzazione nel sacrificio. 16. Verosimilmente un meteorite. 17-18. Gli altri accusati dell’uccisione di Maržan 19. È il costume dello sciamano. 20. All’interno della piccola recinzione, fatta con pietre, c’è il fuoco. 21. Sciamano-tutore dei fanciulli; pressoché tutti gli sciamani «professionali» erano preposti all’educazione di decine di fanciulli, dai genitori dei quali essi ricevevano una ricompensa in denaro, in bestiame o prodotti alimentari. 22. In mon. classico udqa. È la linea di successione sciamanica. 23. Potente spirito maligno. 24. Nel testo tamalal, aggettivo da tama «mondo infero» (< mon. classico tamu < uig. tamu < sogd. tmw «inferno»). 25. Il senso dell’invocazione è «Nelle terre straniere aiutatemi ad essere pronto (bocca e lingua), ad essere sano (corpo), ad essere forte (mani), ad essere veloce (piedi), per questo io vi prego!». 26. Mon. classico uriyangqai «abitante della regione di Tuva»; qui sta per «mongolo buriato, mongolo di sud-ovest». 27. È il nome di un gruppo buriato e quindi della regione da essi abitata. 28. Qui sta per «antenato». 29. Valle e regione abitata dai buriati alar. 30. Regione buriata in cui Sanžeev ha raccolto questi testi. 31. Regione abitata dagli alar. 32. O anche semplicemente naygūr (dalla radice verbale nayga- «dimenarsi, agitarsi»); è la danza sciamanica. 33. Altro nome della danza sciamanica. 34. Tè senza latte. 35. Il bottone è segno distintivo delle diverse categorie di sciamani. 36. Sott. «vacca». 37. I cavalli. 38. Possano cioè correre veloci. 39. Solo i ricchi buriati potevano permettersi il costo di un tappeto; così, qui l’augurio è di diventare ricchi. 40. L’acquavite veniva preparata a partire dal latte; qui l’augurio è che il latte abbia il maggior contenuto possibile di alcool. 41. Il latte munto fresco veniva versato in secchi o grosse brocche, che venivano posti su delle tavole nella parete orientale della iurta. 42. Delle vacche. 43. «Padre calvo tengri»; propriamente il capo dei 55 tengri occidentali, contrapposti ai 44 tengri orientali (divisione propria del pantheon sciamanico di tutti i mongoli). Qui assimilato a Buxa Noyon. «Calvo» è titolo di riverenza. 44. Buryād zoni zayāhan, dove la forma verbale è da zayān «Destino, fato; garanzia della vita degli uomini assicurata dalle divinità». 45. Consorte di Buxa Noyon.

46. È il Mare (o Lago) di latte, sito sul Monte Hümer (forma buriata di Sumeru), presente anche presso i turchi sud-siberiani. 47. Udxa. 48. È il tuono. 49. Gli spiriti-signori. Al verso successivo gli spiriti femminili sono detti Dalayn hamgad «Donne del mare». 50. Corrisponde al mon. classico taiǰi «nobile». 51. Il nome della montagna? 52. Lo sciamano si rivolge ai presenti. 53. Yoho equivale al mon. classico yosun «Legge, costume tradizionale, tradizione». 54. È il clan cui appartiene lo sciamano. 55. Udxa. 56-57-58. Cfr. i canti successivi. 59. In senso proprio. 60. Balagansk. 61. Odigon (mon. classico uduγan, khalkha udgan). 62. < r. Pavel. 63. «Signore Uccello». 64. < r. Alëška (diminutivo di Aleksej). 65. < r. Mixail. 66. < r. Frol. 67. < r. Fedot. 68. < r. Egor. 69. Il fiume Lena. 70. «Lungo Bianco Signore», il figlio primogenito di Esege Malān Tengri. 71. Il nome di un’isola e dello spirito che ha in essa la propria dimora. 72. < sansc, ratna «Gemma». 73. «Yoghurt». 74. Piatto a base di latte e grano. 75. Focaccia di crema cotta e di farina bagnata in burro fuso. 76. I tengri del pantheon mongolo (e buriato) sono novantanove! 77. Dōdo zambī «Il mondo di mezzo»; zambī < sansc. jambu(dvīpa). 78. I nomi e le loro funzioni variano nelle diverse invocazioni; cfr. oltre. Sagān vale «Bianco». 79. «Così siete discesi» aggiunge Sanžeev. 80. Qui in realtà sono sette i figli di Božintoy invocati. 81. Durdana, termine abituale delle invocazioni sciamaniche. 82. Forma alternante con Eylix Mūlix. 83. Monte principale della catena dei Mundarga. 84. Düše xušāgār, dove düše è «incudine». 85. Come nel testo b) anche qui i figli di Božintoy invocati sono sette. 86. «Cavallo da corsa o da cavalcatura dalle superiori prestazioni». 87. Em «Medicina, medicamento». 88. Dom «Formula magica, rimedio magico». 89. Espressioni che ribadiscono la disponibilità e la benevolenza degli antenati in quanto intercessori. 90. Xān delle acque. Uha «acqua». 91. Mitico pesce di grandi dimensioni, progenitore e signore di tutti i pesci. L’Abarga si trova, secondo le concezioni dei buriati occidentali, nelle acque del Bajkal, dell’Angara e di altri grandi fiumi. 92. Cioè «Abbiamo appreso la saldatura».

93. El’be, più spesso el’be xaba; mon. classico ilbi. 94. Nei testi si alternano le forme tengeri e tengri. Per omogeneità adotto la forma tengri. 95. Ab nel testo, propriamente «forza magica, procedimenti magici dello sciamano». 96. Xubilgān «Potere dello sciamano di lasciare con l’anima il proprio corpo durante il sonno, prendere le fattezze di un maiale senza coda o di una vacca senza corna ed apparire a quelli cui tale apparizione è segno della sua prossima morte». 97. Termine onomatopeico che imita il rumore della grandine, come quello tre versi oltre. 98. Būmal sagān burxadūd, dove būmal è aggettivo verbale. 99. Hūmal sagān xatanūd. L’ambivalenza sessuale è propria di tutta l’area altaica. 100. Tengeriin homoyn ežen, dove homo (mon. classico sumu[n]) è «oggetto lanciato con forza; freccia». 101. «Xüxedey il saggio», divinità detentrice del tuono e del fulmine che annienta ogni forza malvagia sulla terra. 102. Il doppio femminile del precedente. 103. Targan; «grasso» nel senso di «ricco; benevolo». 104. Mergen bātar, epiteto frequente nell’epica. 105. Obō, quindi disposte in mucchio. 106. Lunga pertica provvista di cappio. 107. Xādūd, plurale. 108. È evidentemente lo stesso invocato nell’Invocazione ai fabbri neri, nella forma Uha-Lobson (p. 470). 109. Consorte/doppio femminile del precedente. 110. Hamayon traduce «Tengri dei Re delle Acque», che non mi sembra dia molto senso. Il testo ha Uhan xaday tengeri; leggendo xadayn «dei monti (sing. con valore di collettivo)» invece di xaday «dei xan» (notare la a breve contro l’uso prevalente della lunga) si rende possibile la traduzione da me proposta. 111. La Via lattea. 112. Il tuono.

TUNGUSI

EVENCHI RITUALE ILDR∃M ČIPK Il rituale ildrəm čipk «ricerca dell’anima di un malato» vede lo sciamano discendere nel mondo dei morti, lungo il fiume sciamanico, assistito dagli spiriti-adiutori della terra, dell’acqua e dell’aria. Le otto cascate rappresentano gli otto ostacoli (i pūdaq dei turchi sud-siberiani) che lo sciamano deve superare per raggiungere gli inferi. Testo raccolto (come il seguente) da N. P. Nikul’šin nel luglio 1940 lungo il fiume Sym, pubblicato in VASILEVIČ, Schamanengesänge, 382-389 (ed. ingl. Shamanistic Songs, 352-359); tradotto in LOT-FALCK, Textes, 716-720. Testo alquanto oscuro che rende in più punti la traduzione incerta.

Vai per un’altra strada! Vai per un’altra strada! Vai per un’altra strada! Vai per un’altra strada! Gli uccelli činəskə1 [lo] hanno inviato senza indugi, egli è ben disceso all’interno, egli è sceso giù [lungo il fiume], qui egli ha condotto i miei figli2. Fanciulli, più lontano, perché andate avanti? Venite qui, figli miei! Ora qui c’è un’anima sull’acuta cima [della montagna] della terra. Là incontriamoci, sul cattivo luogo della terra, laddove è l’acuta cima, proprio al centro della terra. Presso le due cascate3, alla terza cascata mi trattengono4, alla quarta cascata mi trattengono, alla quinta cascata mi trattengono, alla sesta cascata mi trattengono, alla settima cascata

mi trattengono, all’ottava cascata mi trattengono5. Girate! Girate! Girate! [Pausa] In alto! In alto! In alto! Miei cani, miei veloci, non restate indietro! In direzione della luce correte, senza disperdervi […] Verso la sorgente del giorno della madre-mattino essi producono [ogni tipo di] suoni. Gli zii-anziani6 producendo [ogni tipo di] suoni [ci] conducono verso la madre-mattino. Agli otto luoghi di discesa discendete, miei arcieri! La piccola creatura, mia difesa, le lasche, mia difesa, i pesci kəštər7, mia difesa, il serpente8, mio antenato: alla luce della corteccia di betulle ardente mi hanno mostrato il luogo che devo raggiungere, illuminato dalla luce della corteccia di betulla. Il serpente, mio antenato, il padre Iwəlčə, allorché io ero all’interno, ha cantato in questo modo. Hanno cantato misurandosi con lo spirito della malattia. Nel tempo in cui c’erano le terre, essi hanno instaurato la seduta sciamanica9. […]

La kamlanie-conoscenza del futuro io canto. Per dire qualcosa io ora dirò, cucciolo di volpe, piccolo selvatico; ora le anime sono là! [...] Pausa! Pausa! Egli si interrompe e cessa di sciamanizzare. Quindi riprende a sciamanizzare in direzione del corso del sole. Oh, oh! Mia civetta, guarda nel futuro! Spirito hargi10, spirito məlkən11, ascendete il ripido pendio! Ecco là, non ci sono anime là? In seguito ci misureremo nella lotta; spirito wala!12 Spirito wala! Io non sono da meno, da meno di te. Per quanto forte tu possa essere, tu e la tua astuzia, spirito della malattia tətilmə13, spirito della malattia ətulkə14, ora con te, con otto spade, mi batterò. Sulla più acuta cima [della montagna] della terra ci affronteremo nella lotta. Non ci sono anime là? Giù lungo il fiume, giù! Giù lungo il fiume, giù! Verso la madre-notte, verso il luogo del tuffo15. […] Sulla terra, dove c’è un’uscita.

Là è apparsa una cascata; là è apparsa la seconda cascata, là è apparsa la terza cascata, la quarta cascata, la quinta cascata là è apparsa. Lo sciamano scende nel mondo dei morti; ha inviato gli spiriti-adiutori alla ricerca. La sesta cascata diviene visibile. L’ottava cascata è apparsa. Lo sciamano ha inviato tre renne spiriti-adiutori in direzione del regno dei morti; ha ordinato alle renne di afferrare con la bocca lo spirito wala. Egli stesso si è disteso con tutto il corpo verso sud. Io mi sforzo di vedere il giorno chiaro. Attraverso le otto cascate, attraverso la rapida corrente, uccelli gaša16, miei padri, trasportatemi! Fino alla sorgente del giorno cerco di giungere. Questo ha cominciato a chiudere la madre-mattino con un albero-palo. Quando verrà il mattino, là vedremo la madre-mattino. Cominceremo a produrre suoni nel luogo in cui essi sono fusi strettamente. Quando il mattino verrà, quando il mattino verrà, in otto giorni

arriveremo […] Lo sciamano viene sollevato; gli portano il suo tamburo […] Lo sciamano giunto a sud si siede. Comincia a fumare. Si accende la pipa. Gli portano tre recipienti con della carne. Egli fa il giro di un recipiente. Lo sciamano e gli spiriti-adiutori cominciano a combattere, a colpire con la spada, a dar colpi sotto le radici. Lo sciamano e i suoi spiriti-adiutori cominciano a rosicchiare una scapola di renna, Egli riprende a sciamanizzare. Si interrompe. Si toglie il caffettano, il pettorale, il copricapo di pelliccia, la placca dorsale con le corna (iyəg); si scioglie la cintura. Mette tutto in una borsa. Ha finito di sciamanizzare.

RITUALE ŠINGK L PK Il rituale šingk l pk (/šingk l vūn/hingk l vūn), «rituale per ottenere il successo nella caccia», aveva luogo nel periodo detto uwun, quando gli scoiattoli venivano cacciati a piedi; il suo fine era di favorire il successo nella caccia. Il cacciatore preparava un piccolo arco e una freccia, una piccola immagine, di alce o di renna, in vinco, legno o corteccia di betulla. Quindi, il cacciatore si recava in un luogo solitario e vi adagiava in terra l’immagine dell’animale (gli evenchi dell’Učur e dell’Algami ponevano l’immagine su di un tavolo). Egli si allontanava poi la distanza di un tiro d’arco e scoccava una freccia; se l’immagine veniva colpita, la caccia sarebbe stata fruttuosa, in caso contrario, il successo sarebbe mancato. La cerimonia poteva aver luogo anche dopo una kamlanie in cui lo sciamano, divinando sulle sorti della caccia, proponeva al cacciatore di ricorrere ad essa. Testo pubblicato in VASILEVIČ, cit., 390-392 (ed. ingl., cit., 359-361); tradotto in LOT-FALCK, Textes, 714-716.

I riti per ottenere il successo nella caccia la zia degli scoiattoli, senza affanno [dal correre], nel tempo antico17 ha instaurato. Quindi la caccia devi predire, mostrami la preda che ucciderò! Nel tempo antico è stato stabilito, allorché [ogni cosa] è venuta alla vita, dopo che la terra era apparsa. È sempre stato così, allorché [ogni cosa] ha cominciato a vivere. L’essenza stessa18 del successo io comincio a chiedere. Di’ qualcosa! Voglio sciamanizzare presso il fuoco del campo!19 Verso il centro20 della terra, verso la madre-mattino. Alla ricerca degli animali rispondi in qualche modo! Io voglio cantare21 con una kamlanie presso il fuoco del campo, per lasciarlo andare nelle diverse direzioni, lontano, dove cresce l’erba che amano le renne.

Il padre-antenato Dulinča si è messo in cammino per scoprire dove cresce l’erba che amano le renne. Antenato Šināyətən, proprio tu devi dirmi! Mostrandomi la preda, indicami i luoghi in cui mi devo recare! Fermiamoci! Fermiamoci! Si ferma per riprendere fiato. Antenati, che vi muovete in cerchio, se dite qualcosa, io non sono timoroso22, venite dolcemente! Spiriti hargi, spiriti məlkən, muovetevi in cerchio! Qualunque cosa diciate, in cerchio, in cerchio!

RITUALE IK NIPK Il rituale ik nipk si è conservato fino agli anni venti del nostro secolo, unicamente presso il gruppo più occidentale degli evenchi, quelli che vivono lungo il fiume Sym. Rituale complesso, della durata di otto giorni, in cui vengono imitati/rappresentati, in primo luogo, l’inseguimento da parte di tutti i partecipanti insieme allo sciamano ed ai suoi spiriti-adiutori di una renna immaginaria, la sua «uccisione» e la «iniziazione» alla sua carne; in secondo luogo, l’intero ciclo annuale della vita del cacciatore; in terzo luogo, la discesa lungo il fiume sciamanico Ǝngdəkit e la sua risalita fino alle sue sorgenti. Inoltre, il primo giorno aveva luogo, prima dell’inizio della kamlanie, la «purificazione» delle nuove parti del costume sciamanico o del nuovo tamburo. Il fiume Ǝngdəkit (< əng- «nascondersi alla vista») unisce il mondo inferiore a quello superiore. Il primo a nord, il secondo ad est. Un tratto di questo fiume è costituito dal mondo dei morti: qui lo sciamano conduce le anime omi dei defunti. Esso ha molti affluenti (dolboni «notte»): i fiumi clanici degli sciamani. Il termine ik nipk si spiega nel modo seguente: i «vita» + il suffisso di imitazione -k n + i vocale di unione + -pk «rituale, cerimonia» > «rituale dell’imitazione della vita». È interessante notare come ik n significhi «canto, danza». L’azione è quella di un girotondo con canti. Il rituale aveva luogo in primavera, dalla metà di aprile alla metà di maggio, periodo in cui gli evenchi del Sym si riunivano (donde il nome umudyan «riunione» con cui veniva indicato questo periodo), dopo aver nomadizzato in gruppi di due-tre famiglie. Per la cerimonia viene innalzata una tenda čum (tenda conica di pali) di grandi dimensioni, detta dyunī/dyukan, nella quale prendono posto tutti i partecipanti al girotondo. Intorno alla tenda viene approntato un altare, su cui vengono poste immagini lignee di uomini ed animali, rappresentanti gli spiriti adiutori dello sciamano. Ai quattro lati della tenda vengono posti su pali delle immagini lignee di uccelli gaša. Ai lati dell’ingresso vengono poste da quattro a otto daraguš, immagini di forma umana provviste di una sola mano. Due di queste immagini vengono pure poste all’interno della tenda, a destra e a sinistra del malu (luogo d’onore intorno al fuoco di fronte all’ingresso, dove abita lo spirito-signore della tenda). Intorno alle daraguš esterne vengono poste altre quattro figure lignee di forma umana, dette həməkən («amuleto»), i principali «difensori» dagli spiriti degli sciamani nemici. Di fronte all’ingresso viene piantata una pertica con in cima l’immagine di un’aquila (kiran). Sulla soglia dell’ingresso vengono poste due immagini di lasche (dəli). Dietro al malu vengono piantati tre alberi: una betulla, un larice ed un cedro. Accanto a questi alberi talvolta viene aggiunta l’immagine di una renna maschio selvatica. Questi stessi alberi vengono piantati di fronte all’ingresso. La pertica al centro della tenda (čimka) deve sopravanzare di molto la tenda stessa. Sulla sua cima viene lasciato un nido di scoiattolo (čāpə), dove devono «sedersi» gli spiriti adiutori dello sciamano. Accanto alla čimka vengono piantati degli alberelli: una betulla, tre larici e un cedro, a rappresentare la taigà. Intorno al malu viene piantato il palo turu, simbolo dell’albero cosmico/ axis mundi nonché dell’albero sciamanico che unisce la terra al mondo sciamanico dell’alto. Su di esso devono «scendere» sulla terra il grande spirito del cielo Ǝkšərī o gli spiriti a lui subordinati. Sul turu ciascuno dei partecipanti alla cerimonia appende in onore di Ǝkšərī alcuni doni (šildattin): pelli di animali, stoffe, cavezze. Prima dell’inizio della cerimonia, lo sciamano «purifica» tutti i presenti durante una kamlanie apposita. Durante la preparazione della tenda rituale dyunī, una parte dei presenti appronta la fucina sciamanica, in cui vengono forgiate le parti metalliche del costume e quelle del tamburo. Se lo sciamano non possiede ancora un mantello, le fanciulle lavorano per lui la pelle di una renna selvatica uccisa precedentemente. Gli uomini provvedono alle parti metalliche del costume. Lo sciamano, dopo un canto introduttivo ed alcuni colpi di tamburo, getta nel fuoco le limature metalliche. Poi, dopo aver tenuto sul fuoco un pezzo di grasso, traccia una croce sul pugno di ciascuno dei presenti, nell’intento di tenere lontani i wala. Lo sciamano prende poi a

cantare invocando Ǝkšərī, disceso lungo il turu ad esaminare le offerte. Ha inizio un dialogo tra Ǝkšərī e lo sciamano. Tramite lo sciamano, Ǝkšərī dà ragguagli sulla vita di ciascuno dei presenti. Risalito Ǝkšərī al cielo, lo sciamano invoca lo spirito-signore della terra Dundradi, il quale informa, tramite lo sciamano, circa chi e quando sarà malato nell’anno in corso. L’indomani ha inizio la cerimonia vera e propria. Il 1° giorno è detto ilbədəkīč «intimorimento dell’animale». In questo giorno ha luogo la purificazione degli strumenti serviti a preparare le parti metalliche del costume, nonché la purificazione della tenda. Ha inizio il viaggio in direzione del mondo inferiore sciamanico, dolbonīktī. I presenti, presi gli strumenti, si siedono in circolo. Durante il canto dello sciamano, essi imitano il lavoro occorso per la fabbricazione degli oggetti sciamanici, facendo però tutto al contrario. Due donne che siedono davanti allo sciamano con in mano piccoli həməkən, compiono dei balzi insieme allo sciamano ed ai suoi assistenti, gridando: pagəy! Kulun! Dəkur (ripetuto più volte)! Dunnər! Himir! Uyur! Tokur! Aba! Dərə! A-a! (parole prive di senso che, nell’interpretazione degli evenchi stessi, dovrebbero riprodurre le diverse fasi del processo di formazione della terra). Tutti poi cominciano a compiere balzi ed ha inizio un girotondo generale. Parte vanno lungo la riva, parte navigano sul fiume per mezzo della zattera-tamburo sciamanica. Il viaggio ha inizio con le parole dello sciamano: ələr, ələr! Ǝkələl-əlul! Nika! Nikakar! Šingtalnal ələtildəkədrru! Ǝlə ələnmuvəv! «Ǝlər, ələr! əkəl-əl-əlul! Fanciulli! Fanciulli! Cominciando a lasciare questa terra, scegliete il vostro cammino lungo il corso del sole!». Lo sciamano descrive poi nel canto le località toccate nel viaggio. Egli canta una strofa, i presenti la ripetono muovendosi di un passo nel girotondo in direzione del moto del sole. Così danzano fino a notte. Durante la notte lo sciamano vedrà in sogno la direzione dell’ulteriore cammino. Il 2° giorno è detto kutudəkīč «sei svolte». In questo giorno viene vista per la prima volta la renna; essa fugge e viene inseguita. L’azione ha inizio al mattino. Tutti si raccolgono all’interno della tenda, si dispongono in circolo e danno inizio al girotondo in direzione del moto del sole. Il girotondo-inseguimento della renna dura per tutto il giorno, ad eccezione di una piccola pausa per il cibo, durante la quale gli uomini intagliano piccole immagini di renna dalla betulla, dal cedro e dal larice. Prima di sera, viene costruito un recinto perché l’animale non possa scappare. Il 3° giorno è detto šinadəkīč «cammino diretto». Il girotondo riprende al mattino. Gli spiriti maligni wala tentano di attaccare; lo sciamano li respinge, aiutato dai presenti. Durante il cammino, attraversando una catena montuosa, se si incontrano delle nubi, ciò equivale a cattivo presagio. È pure cattivo presagio se, in occasione di un guado, l’acqua è molto alta. A sera, viene costruito un altro recinto. Il 4° giorno è detto agiyandyakīč «cammino bruciato». In questo giorno la caccia continua attraverso la foresta percorsa da incendi. Lo sciamano, se ha un nuovo tamburo, lo usa in questo giorno per la prima volta. La caccia prosegue. I giorni 5° e 6° vengono detti gulānčədəkīč «buon cammino». La caccia continua. In questi giorni vengono applicate al mantello sciamanico le nuove parti metalliche. Il 7° giorno è detto goyodəkīč o bokčakīč «luogo in cui vengono feriti gli animali» e «luogo in cui vengono presi gli animali» rispettivamente. Tutti gli uomini che hanno fabbricato le parti metalliche del costume sciamanico tirano col grande arco sciamanico sulle immagini lignee della renna, imitando con ciò la caccia alla renna e la sua uccisione. Le immagini vengono poi divise in tante parti; lo sciamano ne dà un pezzetto a ciascuna famiglia. Tali pezzetti verranno conservati fino al prossimo ik nipk . L’8° giorno è detto daribdyakīč «luogo della ritirata da un lato». In questo giorno vengono raggiunte le sorgenti del fiume sciamanico ed il mondo sciamanico superiore timanītkī; qui viene raggiunta ed uccisa la renna. Le condizioni nelle quali la renna viene definitivamente uccisa rappresentano quelle della vita degli evenchi nel corso dell’anno. Lo sciamano giunge fino a Ǝkšərī, il quale gli chiede del suo viaggio. Egli torna sulla terra e riferisce il dialogo avuto con Ǝkšərī. Con ciò termina il rituale ik nipk . La cerimonia riproduce senza dubbio un evento mitico che non conosciamo. La messa a morte della renna assicura la prosperità. È anche possibile che la renna uccisa rappresenti l’incarnazione della divinità suprema che si sacrifica periodicamente per il bene degli uomini. Dei tre testi/frammenti qui presentati, i primi due sono stati raccolti da N.P. Nikul’šin nel luglio 1940 lungo il fiume Sym, il terzo è stato raccolto dalla Vasilevič nel

giugno 1930 nella stessa area; pubblicati in VASILEVIČ, cit., 392-404 (ed. ingl., cit., 361-372), tradotti in LOT-FALCK, Textes, 709-714.

a. Durulə, durutə durutə, durutə meliya, meliya meliya, meliya meliya, meliya čungkəš, čungkəš čungkəškaldr čungkəš, čungkəš čungkəškaldr harandiyan, harandiyan harandiyan, harandiyan guyadakān, guyadakān, guyadō! guyadakān, guyadakān, guyadō guyadakān, guyadakān, guyadō yadu, yadu, yadugō! Yaduyə, yaduyə, yaduyə, yaduyə23. Comincio il movimento in cerchio seguendo il corso del sole24, comincio il movimento in cerchio seguendo il corso del sole, comincio il movimento in cerchio seguendo il corso del sole. Voi tutti allineati come un laccio, voi tutti allineati come un laccio, voi tutti allineati come un laccio. Voi tutti tenendovi per mano25, voi tutti tenendovi per mano, voi tutti tenendovi per mano. Sui cumuli paludosi, sui cumuli paludosi, sui cumuli paludosi. Corre veloce [la renna celeste], corre veloce [la renna celeste], corre veloce [la renna celeste]. Essa fugge veloce,

essa fugge veloce, essa fugge veloce. Andiamo sui cumuli, andiamo sui cumuli, andiamo sui cumuli. Attraverso la palude, attraverso la palude, la renna gilgə26, l’animale della foresta, corre a lunghi balzi. Fanciulli, fanciulli27, restate tutti insieme, non disperdetevi! Sulla collina [la renna] mangi il muschio! Fanciulli, più adagio!28 Il caprioletto si è allontanato tranquillamente. Per quattro giorni inseguono l’immaginaria renna celeste. Io vado in direzione del corso del sole; fanciulli, seguite il corso del sole! Voglio dirigermi in direzione del sole, voglio dirigermi in direzione del sole. Fanciulli, facendo attenzione, seguite il corso del sole! Verso la madre-mattino dirigete il vostro cammino! Così, cautamente, dolcemente, tranquillamente. Così, cacciando la renna gilgə, spiriti məlkən spiriti notturni, cautamente, tranquillamente, seguite [la renna]! Vènti! Vènti!29 Ora la terra è divenuta un vortice terribile. Vanno verso sud. Io vado in direzione del corso del sole, əl tir30.

Fanciulli, fanciulli! seguite il corso del sole! Io vado in direzione del corso del sole, əl tir. Il giorno chiaro, əl tir, la luce del sole, əl tir, guardate con attenzione, figli miei rimasti qui. Del mattino, əl tir, il confine, əl tir, non perdete, əl tir. Proprio nel luogo l’ho raggiunta, nel luogo, əl tir, in cui il mattino, əl tir, nascerà, əl tir. Ecco, əl tir, comincia a far chiaro, əletir. L’animale-renna, əl tir, ha lasciato una traccia, əl tir, una piccola traccia, əl tir, per respirare, əl tir. Ma nell’inseguimento, əl tir, siete rimasti indietro, əl tir. L’animale-renna, əl tir, dallo spavento si è messo a correre, əl tir. Eccolo, eccolo, əl tir. L’ho scorto già in lontananza, əl tir. Durundǝšəl, durando, durundǝšəl, durundo, durundǝšəl, durundo. Ho cacciato l’animale-renna, dove lo raggiungerò? Durundǝšəl, durundo, Durundǝšəl, durundo.

Eccolo, durundo, è apparso per un istante, durundo, dove lo raggiungerò? Vado verso la luce, proprio dove, proprio dove, Durundǝšəl, durundo. Fanciulli, dirigendovi, Durundǝšəl, durundo, del mattino, durundo, verso la luce, durundo, affinché, durundo, non vi inganniate, durundo. L’animale-renna, durundo, si è allontanato rapidamente, durundo. Si è fatto mezzogiorno, durundo, fanciulli, riposiamoci! b. Oldur, oldur, oldurǝl oldur, oldur, oldurǝl. Vai, seguendo il corso del sole, vai, seguendo il corso del sole, avanti, avanti! Šing, šing, šingərəǧəm. Gufi, gufi31, gufi, gufi, gufi, gufi! Alleati segreti! Alleati segreti! Cominciate a sciamanizzare presso il fuoco del campo, cominciate a sciamanizzare presso il fuoco del campo! Parla, parla! Parla, Parla! Parla, Parla! Innalzati! Innalzati! Innalzati!

In lontananza sta facendo azzurro, in lontananza sta facendo azzurro, in lontananza sta facendo azzurro, È disceso [lo spirito], è disceso [lo spirito], è disceso [lo spirito]. Come una trottola, come una trottola, come una trottola, come una trottola, come una trottola, come una trottola. nəkərəl, nəkərəl, nəkərəy ! Giù, giù, rotola come una trottola, Si innalzano, si innalzano32, tagliandosi la strada l’un l’altro, tagliandosi la strada l’un l’altro, al di sopra delle onde, sulla [terra] coperta di neve, coperta di neve. Maledicendo lo spirito della malattia, kurəlǧa, kurəlǧa, kurəlǧa, kurəlǧa. Percorrendo la foresta disseccata, percorrendo la foresta disseccata, percorrendo la foresta disseccata, vado per una stretta valle, vado per una stretta valle. Voi seguite la riva del fiume. Šabgalilǧal, šabgalilǧal, šabgalil, šabgalil, šabgalil, šabgalil. Segui altre tracce, altre tracce, altre tracce. [Hanno seguito] una sola traccia, [Hanno seguito] una sola traccia, [Hanno seguito] una sola traccia. È andato verso la luce, dicendo33,

è andato verso la luce, dicendo, è andato verso la luce, dicendo. c. Primo giorno Fabbri! Fabbri! Quanti fabbri ho io che forgiano uomini? Che cosa avete forgiato per me? Le corna sulla schiena34. Quanti mantici, per fabbricare le parti metalliche? Ferro, ferro, ǧašāləl35. Le limature di ferro, ǧašāləl, io raccolgo, ǧašāləl, rendendole più taglienti, ǧašāləl. Ferro, ferro, ǧašāləl. Quante tenaglie ho io, che non si sottomettono agli spiriti mušun?36 Le donne che hanno lavorato, che hanno fatto le cuciture con il pelo del collo37, che hanno fatto le cuciture con morsi dei loro denti, senza rovinare, addolcendo i colori rosso minio e rosso38 […] Secondo giorno

Invito a muoversi in circolo seguendo il corso del sole ed a cominciare la caccia alla renna

Ǝl r, əl r, əkəl-əl-əlul! [Miei] cani, senza fermarvi, dirigetevi39 in direzione del sole, dietro la renna, l’animale della foresta! Aveva quattro giorni, da caprioletto è diventato della taglia di una renna di due anni40. La terra attraverso la quale viene inseguita [è] tra la moltitudine degli alberi; cacciatela! […]

Prima della pausa, lo sciamano invita a costruire un recinto.

Recinto! Recinto! Circondate, circondate! La renna, l’animale della foresta, circondate[la]! Uomini che vigilate, tenete[la] nel recinto! Quinto giorno Terra, territorio! Mio turbine, nebbia, cambia, cambia! Affinché io possa vedere da qualche parte, in piedi l’uno accanto all’altro, gli spiriti məlkən maschili. Dovunque siano, che facciano sentire la loro voce! […]

CANTI INDIRIZZATI AGLI SPIRITI PSICOPOMPI

Testi raccolti dalla Vasilevič nel corso di diverse spedizioni etnolinguistiche effettuate presso gli evenchi negli anni venti. Pubblicati in VASILEVIČ, Sbornik, 136, 138-140. Sono canti indirizzati dallo sciamano agli spiriti incaricati di condurre le anime dei morti nella loro nuova dimora. I canti sono tradotti in LOT-FALCK, Textes, 720-723.

a. Sono rotolati, rotolati, rotolati, rotolati! Che discesa per raggiungere il mondo inferiore! Possa l’omi41 non perire! Vitelli42 sacri, non spaventatevi! In ogni kamlanie43 solo le renne consacrate44, le renne consacrate sono scambiate, le renne consacrate! Procedete più agili, senza turbarvi, conversate da lontano! Non dicendo nulla di superfluo [dell’] anima, di sera e di notte in luogo puro45. Anima, io [ti] parlo con la lingua! In qualunque modo, arrivate. b. È mattino! Muovetevi [rapidamente], crescete [erbe]; conducete le [anime] appena nate!46 Conducetele attraverso la notte! Chiedete il mattino alla lince! Le anime dei fanciulli conducete a passi uguali! Conducete l’anima del fanciullo! Ungete le terra del sangue dei fanciulli! Ungete di sangue le stelle [appena] spuntate! Seguendo le radici della zia-pertica47, conducete con cautela! Legate [l’uno dietro l’altro] i piccoli fanciulli verso est! Lasciando riposare durante la notte i fanciulli, preservateli da ogni male! Attraverso le radici dell’alba del mattino conduceteli direttamente! Spiriti che conducete i fanciulli, poneteli a dormire nel mondo mattutino dei morti! c. Dapprima proviamo! Zia-pertica, prova con le tue radici!

Madre-luogo [della tenda], prova con lo sguardo! Prova poco a poco, pian piano! I genitori, i parenti dei defunti, gli spiriti del luogo48 brontolano. Spaventando il male, affinché i genitori rendano più breve il cammino49. Guardate l’anima del figlio degli antenati! Guardate l’anima del mattino! Guardate l’anima della notte! Guardiamo là nei raggi della madre-mattino! Genitori dei miei fanciulli50, Conduceteli in un buon luogo del mondo superiore!51 Accompagnando con grazia l’anima del fanciullo! Sui passi degli antenati Facendo[li] camminare in modo più uniforme, accompagnateli! Sulle tracce degli antenati conducete i fanciulli! d. Conducendo in direzione della notte l’uccello notturno che trasporta l’anima52 al confine, conducendo in direzione notturna nella lunga notte, trasportate nella bocca l’anima proprio al centro del fiume!53 Tori54, aprite le corna nelle onde del mare! Poi, che il luccio [la] conduca più lontano, di notte! Rendete più breve il cammino! Poi, passate55 attraverso l’apertura della notte! Sulla via del ritorno soffrirete un po’ la fame56. Tutte le strade sulla via del ritorno chiudetele due volte con sette croci!57

KAMLANIE Questo testo, pubblicato in VASILEVIČ, Sbornik, 136-138, è relativo ad una kamlanie legata al trasferimento dell’anima dei defunti nel mondo dei morti. Qualcuno prepara il luogo, in cui sciamanizzare58,

le sedute sciamaniche59 sono i canti del confine60; intorno al confine della cavità61, la sua62 anima risuona63, il poggerello64 fa eco: le sedute sciamaniche sono i canti che risuonano. Qualcuno prepara il luogo, in cui si contano le anime. Il padre Guriwul65, il padre Guriwul [ha dato] per primo la fede nel dono sciamanico; questa fede, le preghiere ora esistenti [sono le stesse di] quella fede [e preghiere]. Forse che ho cantato, ho cantato di lontano queste preghiere? No, non ho cantato! non ho fatto risuonare le campanelle! Le nubi ha fatto risuonare il padre che riceveva [la fede sciamanica]. [Nel tempo in cui] venivano trasmesse queste preghiere, [nel tempo in cui] venne indicata la renna [sacrificale], così insegnò. In questi anni, respingendo gli spiriti, senza posa alimenti ininterrottamente la quiete della terra. Giunto66 senza soste fino al suo bel luogo boscoso, fino al crinale della terra.

L’amabile luogo è molto bello e tranquillo. Superando da qualche parte il vortice della terra superiore, la terra non bella, coloro che sono rimasti orfani67 si introducono68. Il padre eccelso69 allora ha indicato [il luogo] che non dirò. Così, con una piccola spinta, con la loro spinta, dal basso, dall’alto coloro che erano uniti si sono riuniti sulla madre-terra. Sul confine della vita difendono la porta della notte70 [gli spiriti] di ferro, di legno, che non soggiacciono alla malattia71; [formano] un solido steccato, stanno a guardia del confine della vita. Al calar della notte, questi ruscelli di lacrime72 coprono la terra. Il mio defunto zio, dal luogo della caduta73 provvisto di piccole pareti laterali74 irride. […]

DUE RACCONTI SULL’ORIGINE DELLA MORTE Testi pubblicati in VASILEVIČ, Sbornik, 74-75; tradotti in LOT-FALCK, Textes, 723.

C’era un grande sciamano. Egli resuscitava i morti, non lasciava morire nessun uomo75. Dio76 si presentò allo sciamano. Cominciò a parlare con lo sciamano. Dio disse allo sciamano: «Tu non mi vuoi dare nessun uomo, tu vuoi essere più forte di me. Tu, arrostisci della carne, io ti darò due pezzi di carne: se li arrostisci, sarai superiore a me, se non li arrostisci, io sarò superiore a te». Dio dette allo sciamano due pezzi di carne. Lo sciamano cominciò a sciamanizzare, cominciò ad arrostire la carne di Dio. Egli ne arrostì un pezzo, cominciò ad arrostire l’altro, sciamanizzò, sciamanizzò ma non poté arrostire il secondo pezzo. Allora Dio disse allo sciamano: «Tu non hai potuto arrostire la mia carne, io sono superiore a te». Da allora gli uomini cominciarono a morire, lo sciamano non poté resuscitare i morti. Se egli avesse potuto arrostire [la carne], gli uomini non sarebbero morti. Nel tempo antico, nel campo Kuluro vivevano gli evenchi. Essi cominciarono a morire. Il loro sciamano era grande. Quando gli evenchi morirono, lo sciamano andò nel campo Torkə. Lo sciamano era nella vecchiaia, egli aveva ottanta anni. Egli morì. Quando lo sciamano morì, gli evenchi fecero una piattaforma77. In autunno i cigni migrarono, lo sciamano volò con i cigni oltre il mare, con la sua coperta, con ogni cosa. Da oltre il mare egli cominciò a dirigersi verso la propria terra dicendo: «Quando mi manderanno della terra, io farò ritorno, divenuto giovane, tornato all’età di diciotto anni. Io curerò gli uomini, guarirò i morti». Gli abitanti di Torkə non mandarono la terra. «Un morto, che cosa può fare?»78 dissero. «Ora — disse lo sciamano —che non mi hanno mandato la terra, il mio clan morirà». Il suo clan in verità morì. Solo un uomo rimase. Lo sciamano disse: «Del mio clan tutti morranno, solo un uomo rimarrà».

NANAI CANTO DURANTE IL RITO DI GUARIGIONE

Testo raccolto nell’agosto 1909 dall’etnografo ungherese Benedek Baráthosi Balogh dalla voce di Oninka Bogdan, figlio di Toakunga, uno dei più famosi sciamani nanai; pubblicato in DIÓSZEGI, A Nanai. C’è un malato, c’è un malato, [deve] essere guarito79,

sarà ben guarito di notte. Fai seccare al fuoco80 il tamburo!81 Prendi il mazzuolo82, dallo [a me]! Tieni le lampade accese [questa] notte! Intreccia un idolo! Costruisci un idolo grande, buono! Di notte [è] bello sciamanizzare. I miei cani83 cercheranno lo spirito maligno!84 Lasciato andare sul promontorio85, nascosto nel luogo recondito86, può fuggire87 nel luogo infossato, ma verrà respinto sulla collina; cerca bene l’uomo! Dovunque sia, il malato verrà certamente guarito. [Occorre] uccidere un maiale, dare del denaro, dare degli oni88, dare il ferro, dare la stoffa89, [poi] proverò [a guarire]. Date90 molti idoli, [affinché siano] dimora [per gli spiriti]! Preparatene tre grandi, preparatene uno piccolo, poi preparate un kori91. Deve essere eretto nel luogo giusto, [dove] gli spiriti maligni non possono giungere. L’uomo vivente passando accanto cade malato92; [Occorre] cercare la sua anima-panya93.

Verrà trovata, non verrà trovata? Se verrà trovata, [egli starà] bene, se non verrà trovata, l’uomo [malato] morrà. Torna presso di te, comunque94, Domani [occorre] preparare un idolo in forma di tigre. Domani [occorre] sciamanizzare95 affinché egli possa salvarsi, in ogni modo. Devo andare a sciamanizzare in un altro villaggio. Comunque, abbi pietà di me, comunque, lascialo libero96. Domani ucciderò un maiale per te, ucciderò un grasso maiale. Molti uomini devono essere invitati. [Occorre] invocare la felicità; per la felicità del vecchio uomo97, torna presso di te, comunque! [Questo] uomo è buono, felice, [questo] uomo degno di compassione, [questo] uomo buono sta morendo. Tutti piangono. Era un uomo ricco; fallo vivere, comunque! Tutti si rattristano per lui. In nome del Cielo, torna presso di te, comunque!

RITO DEI TRE SOLI

Testo raccolto da Lopatin e pubblicato in LOPATIN, 137; tradotto in DELABY. Questo mito era cantato dagli sciamani nanai allorché i parenti del defunto venivano a chiamarli perché celebrassero la «piccola commemorazione», il rituale cioè durante il quale lo sciamano, a due mesi dalla morte, introduceva l’anima fanya del defunto nel ricettacolo omonimo. Essa qui attendeva che lo sciamano la conducesse nel mondo inferiore al momento della «grande commemorazione». Il«mito dei tre soli» godette di grande diffusione. Se ne conoscono numerose varianti, pur essendo lo schema sostanzialmente sempre lo stesso. Un fratello/figlio/marito, spinto dalla sorella/madre/ moglie, apre l’accesso al mondo infero e diviene sciamano grazie agli accessori trovati sull’albero che gli ha indicato uno spirito. Egli, sorta di eroe culturale, organizza il mondo sopprimendo l’eccesso di vita dovuto alla risurrezione continua dei defunti e l’eccesso di morte dovuto alla presenza di tre soli, instaurando il funerale che separa definitivamente il mondo dei morti da quello dei vivi.

In inizio, sulla terra vivevano due persone: il fratello Xoday e sua sorella Myamendi. Di dove fossero venuti, si ignora. Un giorno, la sorella Myamendi si morse il dito. Uscì del sangue. Dalla goccia di sangue caduta sulla terra uscirono tre esseri umani: un uomo e due donne. Le donne cominciarono ad avere dei figli e così ebbero origine tutti gli uomini che vivono sulla terra. Non c’era un sole, ma tre. Era troppo chiaro e faceva troppo caldo. La sorella Myamendi disse a suo fratello Xoday: «Perché non prendi il tuo arco e colpisci il sole di troppo? Non vedi che gli uomini hanno difficoltà a vivere?» Xoday ascoltò sua sorella Myamendi, prese il suo arco e le sue frecce e salì su di un’alta montagna. Tese l’arco e colpì un sole. Questo si spense. Xoday colpì il secondo e questo si spense. In seguito a ciò, gli uomini cominciarono a vivere meglio ed ebbero ancora più figli. Alla fine, furono così numerosi che divenne difficile vivere98, «Perché, essendo tu il maggiore, non apri la porta dell’altro mondo?» chiese la sorella Myamendi. Il vecchio Xoday partì alla ricerca della porta dell’altro mondo. Cercò a lungo, finché la trovò e l’aprì. Gli uomini cominciarono a morire e sulla terra c’erano molti cadaveri. Ma non c’era nessuno per seppellirli poiché non c’erano sciamani. Il vecchio Xoday vide una notte in sogno uno spirito spaventoso che gli disse: «Voglio fare di te uno sciamano affinché tu possa seppellire gli uomini e condurli nel mondo dei morti. Vai nella foresta, cerca l’albero sciamanico su cui crescono gli specchi toli e le campanelle kongokta e le corna di renna. Prendine quanto ne vuoi e sii sciamano». Il mattino seguente, il vecchio Xoday andò nella foresta e trovò in breve l’albero sciamanico. Egli scelse un grande numero di specchi, campanelle e corna di renna. Li mise in un sacco e se li portò a casa. Ma la notte, tutte

queste cose cominciarono ad agitarsi ed a parlare: «Perché ci hai presi per te solo? È troppo per te solo». Quando il vecchio Xoday aprì il sacco, tutti gli accessori sciamanici uscirono dal sacco con un sibilo e attraverso la piccola finestra čonko99 presero il volo in diverse direzioni alla volta di quanti fossero degni di divenire sciamani nei vari clan: yukamika, idinke, beldi, odryal ed altri ancora. In tal modo apparvero molti sciamani e il vecchio Xoday cominciò insieme ad essi a seppellire i morti ad a condurre le loro anime nel mondo dei morti. Ma poiché il vecchio Xoday non aveva deciso quanti anni dovesse vivere, gli uomini non sanno: alcuni vivono a lungo, altri muoiono giovani. Era difficile per il vecchio risalire il corso del fiume100 in barca. Egli fece allora in modo che una metà del fiume scorresse a valle e l’altra metà a monte. Ma il vecchio Xoday pensò che gli uomini sarebbero diventati troppo pigri e lasciò così scorrere tutta l’acqua verso il basso101. 1. Tipo di uccelli, non meglio identificato. 2. Gli evenchi. 3. Del fiume sciamanico. 4. Minǝ tǝwǝlǧǝnǝ < tǝwǝl- «stringere, afferrare». 5. Il verbo dovrebbe essere al futuro, poiché l’azione non ha avuto ancora luogo. 6. Gli antenati? 7. Tipo di pesci, non meglio identificato. 8. Ǧabdar «serpente mitico, drago». 9. Passaggio piuttosto oscuro. Ciò che fu fatto da Iwəlčə (il primo antenato sciamanico?) nel tempo antico può essere ripetuto dallo sciamano. L’instaurazione del rito nel tempo mitico legittima il continuo rinnovamento del rito stesso nel tempo storico. «Seduta sciamanica» è yangrapkā lett. «kamlanie presso il grande fuoco del campo» (yangra/yanda «grande fuoco del campo»); la kamlanie all’aperto presso il grande fuoco del campo ha preceduto presso gli evenchi la kamlanie nella tenda presso il piccolo fuoco domestico. 10. Il doppio sciamanico, oltre che l’essenza stessa sciamanica. 11. Spirito della foresta. 12. Spirito maligno. 13. Non meglio identificata. 14. Non meglio identificata. 15. L’accesso al mondo infero. 16. Uccelli mitici, simili a gru, dalle penne ed il becco di ferro, che vivono nel mondo dei morti. 17. Il tempo mitico. Il termine evenchi per «tempo antico/tempo mitico» è di solito nimngakān, sematicamente assai ricco: 1. «racconto, mito», 2. «tempo antico/tempo mitico», 3. «seduta sciamanica». 18. Čungur «ombelico; centro; parte centrale dell’impugnatura del tamburo sciamanico». 19. Cfr. il testo precedente. 20. Čungur . 21. Nel senso di «sciamanizzare». 22. Cioè: voi non mi spaventate. 23. Lo sciamano esordisce con una sequela di parole incomprensibili, in parte onomatopee, in parte antichi nomi, più o meno deformati, di clan e di eroi, utilizzati comunque nel loro valore fonetico; altri

termini ancora sono forse tracce della «lingua segreta» degli sciamani. 24. Una sola parola in tunguso: əl tinǧəm. 25. Rivolto agli assistenti che devono seguirlo nella caccia alla renna. 26. Renna maschio di cinque e più anni. 27. Rivolto ai presenti. 28. «Non spaventate [la renna]» aggiunge la Vasilevič. 29. Spiriti adiutori, detti così forse perché dissipano come miasmi gli spiriti maligni. 30. Tale termine, formato a partire da ǝl «sole», ripetuto innumerevoli volte dallo sciamano acquista un autonomo valore magico. 31. Spiriti adiutori. 32. Gli spiriti. 33. Soggetto è uno spirito. 34. «Sono i rami di ferro fissati alle spalle, simbolo della potenza degli spiriti-renne e della rapidità di movimento dello sciamano» (Lot-Falck). 35. Termine formato a partire da ǧašā «ferro». 36. Mušun/musun, sorta di spiriti maligni. 37. Gli spiriti temono il ferro e gli strumenti del fabbro. 38. Lo sciamano benedice gli uomini e le donne che hanno cucito il costume e gli accessori sciamanici. Mentre lo sciamano canta, gli assistenti mimano il lavoro compiuto, eseguendo però ogni cosa al contrario. 39. Sott. cacciando. 40. Nel corso del rituale, vengono descritti dallo sciamano l’avvicendarsi delle stagioni (è spuntata l’erba: la primavera è giunta; l’erba è cresciuta: è giunta l’estate; l’erba appassisce: è venuto l’inverno; è apparsa la prima neve: è l’inizio dell’inverno ecc.) e gli animali incontrati, cioè l’intero ciclo annuale. 41. Una delle tre anime dell’uomo, quella che si trova nel fanciullo nel corso del primo anno di vita e che gode dell’immortalità. Più in generale, omi è l’anima vitale propria a tutti gli esseri animati che vivono sulla terra. 42. Nel senso di giovani renne. 43. Nimngakā. 44. Itiwul «renna consacrata». 45. Nei momenti in cui occorre usare particolare cautela nel parlare. 46. L’anima è assimilata all’erba. È l’alba per il morto che nasce a nuova vita. 47. È il palo centrale della tenda, assimilato all’axis mundi. Questo palo, come pure la dimora e tutto ciò che concerne la terra, è concepito al femminile. 48. È il luogo dove sorgerà la iurta del morto. 49. Rendendolo così più sicuro. 50. Gli antenati, cui è indirizzato questo canto. 51. In questo e nel testo seguente l’anima viene accompagnata, stranamente, nel mondo superiore, mentre il villaggio dei morti ha sede abitualmente nel mondo inferiore, a valle del fiume sciamanico. Forse qui si tratta delle anime (omi) chiamate a reincarnarsi, le omi dei futuri fanciulli che vengono dal cielo. 52. «Trasportare l’anima» è espresso in tunguso con l’unico verbo hargiwa (cfr. hargi «essenza sciamanica; principio vitale»). 53. È il fiume sciamanico. 54. Nel senso di renne maschi. 55. Nulgik llu < nulgi- «nomadizzare, transumare». 56. Ciò implica che il cammino sarà lungo. 57. Al fine di moltiplicare i crocicchi che faranno perdere eventuali inseguitori (spiriti maligni) o

piuttosto l’anima stessa se questa volesse tornare sulla terra. 58. Yandr. 59. Yandrapkā. 60. Del passaggio cioè dalla vita alla morte. 61. L’interno del tamburo sciamanico. 62. Dello sciamano. 63. Cioè canta. 64. Sono le cosiddette «gobbe» del tamburo sciamanico? 65. Verosimilmente un antenato sciamanico. 66. Il padre Guriwul. 67. Dell’anima, cioè i morti. 68. Nel mondo inferiore. 69. Amī uγə: è ∃kšərī? 70. Dolbonngušu urkəlbišp n; l’accesso al regno dei morti. 71. La morte. 72. Il pianto di amici e parenti sul cadavere del defunto. 73. Cioè della morte. 74. È la bara. 75. La precisazione, che potrebbe sembrare contraddittoria o superflua serve a ribadire che lo sciamano non lasciava morire nessuno sul serio. 76. ∃ksərī (variante di ∃kšərī). 77. Dəlk n, corrispondente all’aranγas degli iacuti. 78. Lot-Falck traduce «Per un morto che si può fare?». 79. Taočiori, dalla base verbale taoči- «sciamanizzare per guarire il malato; guarire». 80. Un’unica parola in nanai: siliusu. 81. Ungčuxun «tamburo sciamanico». 82. Gisil «mazzuolo del tamburo sciamanico». 83. Gli spiriti adiutori. 84. Amban «grande», eufemismo per «spirito maligno». 85. Del fiume sciamanico? 86. È la baia del fiume sciamanico? Traduzione incerta. 87. Soggetto è lo spirito maligno. 88. Oggetti che si offrono per ottenere la guarigione di un malato, la salvezza di un annegato ecc. 89. Per cucire il costume sciamanico. 90. Nel senso di «preparate». 91. Propriamente si tratta di una sorta di gabbia in legno nel quale veniva custodito l’orso catturato; qui è usato nel senso di ricettacolo per gli idoli. 92. Il testo (siuri [siur enei] uyun nay enusini) sembrerebbe chiaro; il senso dell’affermazione un po’ meno. 93. Delle tre anime dell’uomo (omi/omia «uccellino», ergeni «respiro», panya/fanya/xanya «ombra»), l’ultima è quella che accompagna il defunto nel mondo dei morti; così ha anche nome il ricettacolo/supporto che ospita l’anima del defunto in attesa che lo sciamano la conduca nella sua nuova dimora. 94. Rivolto allo spirito maligno. 95. Meuri, da meu- «sciamanizzare» (in nanai esistono più modi per esprimere l’azione dello sciamano). 96. Oggetto è l’uomo malato. 97. È il malato, evidentemente di età avanzata.

98. Nella maggior parte delle altre versioni, l’eccesso di popolazione è attribuito alla «immortalità», concepita come l’immediata risurrezione del defunto. 99. Čonko/čonku era detta l’apertura nella parete della iurta che serviva a far uscire il fumo. 100. Il fiume sciamanico. 101. Qui si interrompe la presente versione del «mito dei tre soli».

PALEOSIBERIANI

IUCAGHIRI KAMLANIE PER LA GUARIGIONE DI UN MALATO Testo raccolto nel 1896 da Ioxel’son lungo il fiume Jasačna e pubblicato in IOXEL’SON, Materialy, 115119. Lo sciamano di cui Ioxel’son riporta la kamlanie, morto poco tempo prima, si chiamava Kerekepolud («Vecchio coriaco»; polud «vecchio»), era coriaco di nascita ma aveva sposato una donna iucaghira ed era entrato nel clan iucaghiro della moglie. L’informatore di Ioxel’son, di nome Spiridonov, aveva sposato la moglie dello sciamano Kereke-polud. Nella kamlanie dello sciamano Kereke-polud sono presenti in prevalenza elementi iacuti piuttosto che iucaghiri; così, il suo principale spirito adiutore (in iucaghiro eizi, aibi, kukul, secondo la categoria degli spiriti; in iacuto ämägät) è iacuto. Questo spirito usa lo iacuto e non lo iucaghiro quando parla per bocca dello sciamano.

Colui che mandò a chiamare Kereke-polud, portò, prima dello arrivo dello sciamano, il suo tamburo (jalγil). Esso consisteva in un cerchio di larice, dalla forma di un uovo in sezione longitudinale e rivestito con la pelle di una renna di due anni. L’interno del cerchio (laddove lo sciamano tiene il tamburo; jalγil-moje) è di legno con una croce di tendini di renna. Il mazzuolo (jalγilpaidije) è fatto di larice e rivestito con pelliccia di zampe di renna. Colui che ha chiamato lo sciamano, giungendo a casa, toglie il tamburo dal fodero; qualcuno intanto getta nel fuoco un pezzo di grasso o di altro cibo saporito. Quindi, quelli di casa scaldano il tamburo. In seguito arriva lo sciamano (alma o irkeje), lega tutti i legacci del suo caffettano e delle calzature, si prepara al viaggio, fuma, si alza, infine si siede sul pavimento presso la soglia, faccia alla porta. Il fuoco arde nel focolare. L’assistente (nogdije) dà allo sciamano il copricapo sciamanico (jalγilin-moγo), ricamato e con la frangia di piccole cinghie fino al petto. Lo sciamano indossa il copricapo. Quindi gli porgono il tamburo. Egli tiene il tamburo e non lo batte. Dopo aver atteso per un po’, comincia a colpirlo piano e sommessamente. Comincia a colpire ed a fischiare, poi a gridare, imitando diversi uccelli ed animali (il tuffolo, il cuculo, la beccaccia, il lupo, l’orso, il cane); con sempre maggiore violenza colpisce il tamburo. Comincia a cantare Madre fuoco, sii forte col tuo calore! Madre della dimora, con le tue solide fondamenta non tollerare il male! Lo sciamano depone il tamburo, si alza, volge le spalle alla porta, compie qualche passo, canta

Madri delle foreste, madre della terra, siate tutte [mia] difesa! Egli si rivolge al malato e, se questo soffre di «epidemia»1, dice

Piccola madre venuta dalla terra russa, abbi compassione di me!

Il nostro popolo si è riconciliato con questo costume2, abbi compassione di me! Le mie parole non gettare in terra!3

Se la malattia è stata causata da uno spirito maligno locale, lo sciamano dice

Madre nostra! Abbi compassione di me, torna nella tua terra! Si volta di nuovo verso la porta e dice Miei protettori4, avvicinatevi! Lo sciamano apre a metà la porta e, sporgendo fuori la testa, con profonde e rumorose aspirazioni attira in sé i propri spiriti (jouje). Poi torna in casa, atteggia le mani a mo’ di artigli, rotea gli occhi, mostra la lingua, facendola passare sul mento; senza dir nulla, si porta nel centro della casa e si siede sul pavimento. Sedutosi, egli allarga le braccia e mostra la lingua. Con gli occhi rivolti verso l’alto e con il ventre gonfiato egli si siede ed in lui già parla lo spirito5 Sciamano, perché mi hai chiamato? L’assistente risponde

Nostra antenata, [ti] abbiamo chiamata affinché ci aiuti. Chi tormenta così questo nostro uomo? «Forse ella6 vede, ascolta»; così dicendo, [ti] abbiamo chiamato.

Lo spirito risponde per bocca dello sciamano Un invisibile inferiore7 è uscito L’assistente risponde

fuori e tormenta, ho visto.

Nostra antenata, libera, abbi compassione!

Lo spirito risponde

Per ricompensa offritemi del buon incenso8, nutritemi con l’erba russa che inebria9.

L’assistente pone l’incenso sul carbone, attizza, lo depone ai piedi dello sciamano, il quale aspira profondamente il fumo dell’incenso. Quindi l’assistente prende l’incenso, lo getta nel fuoco e porge allo sciamano la pipa. L’assistente porta una sverza accesa, allunga la mano di fronte allo sciamano (che non deve guardare il fuoco) e gli dà la pipa da fumare. Dopo aver fumato, lo sciamano si alza, va verso il malato e comincia ad afferrare con i denti la parte malata, intendendo in tal modo estrarre lo spirito maligno che ha provocato la malattia. Quest’ultimo non cede, si dimena, ma lo sciamano, tenuto da dietro dall’assistente, trascina fuori lo spirito maligno con l’aiuto dei propri spiriti; dopo la dura lotta, egli trema tutto e viene preso da spasmi, infine si siede sul pavimento.

Lo spirito maligno, estratto dal malato, parla per bocca dello sciamano Orsù, sciamano, offrimi dell’acquavite da cinque rubli10. Se [me] la offrirai, abbandonerò quest’uomo. Date[mi] una volpe bianco-nera, affinché io possa asciugare il mio sudore. Allora abbandonerò l’uomo.

L’assistente dello sciamano e i congiunti del malato rispondono

Nonna antenata, abbi compassione, dacci tempo.

Lo spirito maligno risponde

Al termine della terza luna, se [mi] darete la nera volpe, io abbandonerò quest’uomo.

Essi replicano

Ehi, nonna antenata, abbi compassione! Che la vena del tuo cuore si ammali, che il tuo fegato si ingrossi! [Te la] daremo, [te la] daremo!

Lo sciamano si alza, va verso la porta, sporge di nuovo la testa fuori, con una vigorosa prolungata espirazione fa uscire lo spirito maligno che ha tormentato il malato, cade quindi svenuto nelle braccia degli assistenti. L’assistente lo afferra per il naso (!) e lo fa rinvenire. Lo stesso gli dà il tamburo. Tornato di nuovo presso la porta, lo sciamano colpisce leggermente il tamburo e dice Madre, padre11, abbi compassione di me, non tornare, trova la tua strada,

trova la tua terra, abbi compassione. Lo sciamano va di nuovo verso il malato, soffia su di lui, lo accarezza. Quindi, accompagnando i propri spiriti adiutori alla porta, colpendo leggermente il tamburo dice Sbarrate la strada a questo spirito maligno, affinché non faccia ritorno. Siate forti.

Lo sciamano si siede sul pavimento, faccia alla soglia, batte piano il tamburo. Depone quindi il mazzuolo e lo getta dietro di sé con la mano sinistra, con la mano destra si toglie il copricapo e lo getta dietro di sé. L’assistente raccoglie entrambi. Lo sciamano fa come se si cavasse l’occhio destro con la mano destra e poi come se lo gettasse sul pavimento; quindi dice

Attenzione in basso!

Poi fa come se si cavasse l’occhio sinistro e lo gettasse in alto; dice

Attenzione in alto! Poi, sedendo, egli grida come un colimbo: xau! Gli porgono un cucchiaio con dell’acqua, egli beve e dalla bocca spruzza l’acqua davanti a sé. Con ciò ha termine la kamlanie.

KAMLANIE PER LA GUARIGIONE DI UN MALATO Ioxel’son assistette a questa kamlanie nel gennaio 1902; lo sciamano si chiamava Tret’jakov. In questo testo, come nel precedente, è evidente l’influenza iacuta, in primo luogo nella presenza di Niawaje Aji «Luce Creatore» (aji «creatore» < iacuto ay ). Pubblicato in IOXEL’SON, Yukaghir, 205; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 743-745 e SIIKALA, 114-116. Ga-ga-ga-ga ga12

čok, čok, čok13 turri, turri, turri14 kurr, kurr, kurr15 kuku, kuku, kuku16 pil, pil, pil17, kiñirik, kiñirik, kiñirik18 o-o-o-o19 goo, goo, goo20 Lo sciamano si rivolge poi agli spiriti-signori locali e del fuoco, alle grandi divinità ed allo spirito della malattia Signore del mio luogo, che hai otto vènti per vènti21, aiuto! Signore delle piante e delle erbe decorate, aiuto! Madre-oceano, che hai per coperta sette mucchi di neve, che hai per letto otto lastre di ghiaccio, che hai per colletto delle volpi nere, che hai per schiuma delle volpi artiche, che hai per onde dei volpicini, Signore Madre-oceano, aiuto! Nonno Niawaje Aji, che hai tre briglie, aiuto! Libera[ci]! Un invisibile reca oltraggio. Nonno signore del fuoco, il tuo calore interno [respinga] questo invisibile; [con il tuo] calore interno, aiuta[ci]!22 Pali inferiori intorno alla mia dimora, se ci sarà tempesta, siate solidi! Spiriti che mi avete fatto sciamano, aiutate[mi]! Invisibile! Ascolta il mio grido! Ascolta le mie parole! Abbandona quest’uomo, quest’uomo malato! Invisibile, il tuo luogo [ti] chiama!

Nonno Niawaje Aji, lascialo, fallo passare!23 Signore degli alberi e delle erbe decorate, aiuto! Nonno Niawaje Aji, il mio incantesimo giunge alla fine. Respingi quest’invisibile [con] il tuo soffio di luce! Nonno Creatore, fai uscire il soffio24 da quest’invisibile! Prolunga il soffio di quest’uomo!

PREGHIERE ALLE FORZE DELLA NATURA Testi raccolti nell’ottobre 1896 nella regione del fiume Korkodon, pubblicati in IOXEL’SON, Materialy, 119-121; tradotti parzialmente in SCHMIDT, X, 706-708.

Madre fiume, tu non riscaldi? Non lasciarci andar via a labbra asciutte! Dài calore, riscalda! Abbi compassione, dài calore! Madre terra che stai in basso, dài calore, riscalda! Madre giunta dalla terra russa25, abbi compassione dei tuoi figli, dài calore, riscalda! Non irrigidire le orecchie!26 Lo sciamano inefficace ha battuto il tamburo sul finire della sera27. Madre sole, riscaldaci col tuo calore, dacci nutrimento col tuo calore! Da qualunque parte provenga il male, guidalo in un’altra direzione!

In primavera, allorché sul fiume si rompe il ghiaccio, le donne e le fanciulle gettavano in acqua delle margheritine come dono per i figli del signore del fiume e si rivolgevano a quest’ultimo cosi

Madre acqua, dacci il nutrimento! Conduci noi senza ostacoli sulla tua superfice! Questo accogli come giocattolo per i tuoi figli!

RACCONTO DI UNA KAMLANIE Testo raccolto nell’ottobre 1896 lungo il fiume Korkodon, pubblicato in IOXEL’SON, Materialy, 112115; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 742-743 e SIIKALA, 97-98. «Il vecchio Samsonov [uno degli informatori di Ioxel’son] aveva un figlio sciamano di nome Nelboš, morto qualche tempo prima. Pregai Samsonov di compiere per me la kamlanie per la guarigione di un malato. Egli dapprima si scherni sostenendo di non conoscere tutto il rituale e che sciamanizzare era peccato. Infine acconsenti. Portarono un vecchio tamburo, rimediarono alla meglio un copricapo sciamanico, in mancanza di un vero caffettano sciamanico egli indossò un caffettano femminile e così ebbe inizio il rito sciamanico. Quando Samsonov ebbe finito, io trascrissi il testo sotto sua dettatura. Nella realtà il rito fu più ricco del testo. Inoltre, nel testo non poterono essere resi tutti i suoni di imitazione di animali ed uccelli». (Nota di Ioxel’son).

C’era un uomo. Quest’uomo si ammalò. C’era uno sciamano. Fecero sciamanizzare questo sciamano. Egli si sedette a battere il tamburo. Dopo che ebbe cominciato a battere il tamburo, egli invoca28 le ombre degli animaliuccelli29, cominciò a cantare. Dopo aver cantato, disse: «Mio primo antenato30, miei antenati, avvicinatevi, venite accanto a me affinché [mi] siate d’aiuto, conducete qui i miei abucape, xanbadaxce, jengecuope»31. «Miei figli, miei discendenti, perché ci tormentate?32. I parenti dell’uomo malato dissero: «L’uomo annega in una pozza d’acqua. Ti abbiamo posto per guardare». Lo sciamano disse: «La sua ombra33 se ne è andata per la strada che conduce al regno delle ombre, evidentemente». Questi uomini dissero: «Sii forte, non risparmiare energie». Lo sciamano si recò nel regno delle ombre; si allungò sul ventre34. Sulla strada che conduce al regno delle ombre egli andò, incontrò una vecchia. La vecchia ha un cane. Il suo cane si mise ad abbaiare contro questo sciamano. La vecchia tenendo un anyazi35 uscì fuori, uscì dalla sua casa, cominciò ad interrogare lo sciamano: «Sei venuto per sempre, sei venuto per poco?». Lo sciamano disse ai suoi spiriti: «Non ascoltate le parole della vecchia, andate». Egli giunse fino al fiume del regno delle ombre, là c’è una barca. Lo sciamano guardò dall’altra parte del fiume, ci sono delle case. Le loro coperture di pelle biancheggiano, gli uomini vanno e vengono, gli ornamenti

metallici [sui loro vestiti] tintinnano. Lo sciamano si siede in questa barca, passò dalla altra parte, si alzò, salì [sulla riva]. Quest’uomo malato aveva dei parenti morti da lungo tempo. Questo sciamano entrò nella loro casa, trovò là l’ombra di quest’uomo malato. Egli la chiede ai suoi parenti: «Sono venuto a prendere l’anima dell’uomo che si trova presso di voi». I parenti si dispiacciono [non la dànno]. La prese con la forza. Per tornare indietro, introdusse in sé l’ombra dell’uomo, chiuse le orecchie affinché l’ombra non uscisse. Lo sciamano allora, sdraiato, canta36, quando canta, dice: «Miei raggi di sole, tiratemi!». Allora i suoi aiutanti lo sollevano per il caffettano. Sollevatolo, lo fanno girare tre volte contro il sole. Avendogli fatto fare tre giri, si fermano. Dopo essere rimasto a lungo fermo, egli si solleva sulle sue articolazioni. Le fanciulle-ricettacoli degli spiriti37 sedevano là. Allorché lo sciamano si alzò sulle sue gambe, [esse] strofinano le articolazioni delle sue gambe. In seguito lo sciamano salterà qui [accanto al malato]. «Dalla strada che conduce al regno delle ombre ecco che sono giunto» dirà. Venne qui [presso il malato]. Palpa la parte malata. Avendo terminato il palpamento, pone [in lui] la sua ombra38. Dice ai suoi «invisibili»: «Sorvegliate la sua ombra, pregate». Volendo concludere, egli dirà: «Spiriti, andatevene»39.

RACCONTO SCIAMANICO Testo raccolto da Ioxel’son nell’ottobre 1896, pubblicato in IOXEL’SON, Materialy, 144-146.

I nostri antenati si combattevano l’un l’altro. C’era uno sciamano, uno sciamano iucaghiro, di nome Paraša40. Paraša volendo difendere la propria figlia da un altro sciamano, conservava la sua ombra sotto la banchisa marina41. Sua figlia per questo era uscita di senno. Una giovane donna si ammalò. C’era uno sciamano lamut42, il quale aveva cinque mogli. Il padre di questa donna ammalatasi disse ad ambedue gli sciamani: «Colui che [la] guarirà, a questo [la] darò». Lo sciamano lamuto sciamanizzò, non poté [guarirla], non [la] guarì. Lo sciamano iucaghiro sciamanizzò, [la] guarì. Il padre [gli] dette sua figlia. Il nome di questo sciamano lamuto era «sciamanello»43. In seguito questi due sciamani cominciarono a combattersi l’un l’altro. L’un contro l’altro non poterono [danneggiarsi]. Lo sciamano iucaghiro disse: «[Se] da vivo non posso uccider[lo], morirò e da morto [lo] ucciderò». Morì. Preparandosi a morire, disse ai suoi compagni: «Dite allo “sciamanello” — se passerà il terzo anno [ed egli sarà ancora vivo] di’: “lo sciamano iucaghiro non era uno sciamano ” —». Giunse il secondo anno dopo la sua morte. Questo «sciamanello» era sposato con due mogli e con le sue due figlie44. Faceva abitare tutte [le donne] in luoghi separati. Egli era ospitato in casa di una delle sue mogli. Sua moglie cuoceva il cibo per lui. Mentre la caldaia ribolliva, [lo sciamano] riposava. In casa della moglie anziana rivestivano di pelle il suo tamburo. Terminarono il suo tamburo, cominciarono a battere, [lo] ruppero! Sua moglie corse fuori. Corse verso suo marito. Gridò: «Vecchio, hanno rotto il tuo tamburo!». A questa [notizia] lo sciamano ebbe un sussulto, si gettò all’indietro, si ruppe la schiena. Con ciò cominciò a star male. In seguito transumarono. Cominciarono a costruire la casa. Costruita la casa, provvistala della copertura, lo misero dentro. Una delle mogli tagliò un giovane larice per farne un giaciglio. Le amiche le dissero: «[lo] farai cadere su [tuo] marito!». La donna disse: «Non [lo] raggiungerà, è lontano, cadrà in un altro luogo». Il giovane larice, che era già grande, cadde, con la cima raggiunse [lo sciamano]. Lo sciamano ebbe un sussulto. Dopo aver avuto un sussulto, si

ruppe ancor di più la schiena, morì.

GHILIACHI TRE FANCIULLI

Testo pubblicato in ŠTERNBERG, 35-43.

Vivevano tre piccoli fanciulli; in una capanna della lunghezza di otto tese45. in una tale tenda vivevano. Dopo molto tempo che così vivevano, proprio là, [nella foresta] si sentirono delle voci di uomini. I nostri fanciulli si nascosero, si rimpiattarono sotto il tavolaccio, si rannicchiarono, e stettero così nascosti. Dopo che essi stettero a lungo così, entrò uno spirito maligno46: «C’è un animale47 in questa casa? Compagni, entriamo, cerchiamo!». Ecco che si assembrarono, entrarono, li cercarono a lungo sotto il tavolaccio, non poterono trovarli. Entrò ancora un altro [spirito], sotto il tavolaccio li cercarono, [li] trovarono; trascinarono fuori uno [dei fanciulli], [lo] uccisero e mangiarono, poi questi cannibali48 uscirono, insieme si allontanarono. I nostri fanciulli uscirono fuori, giocarono tutto il tempo; non appena il sole tramontò, essi rientrarono nella capanna. I due fratelli si coricarono su un unico giaciglio, dormirono a lungo. Svegliatisi, si alzarono, raggiunsero a fatica lo scaffale [del cibo], guardarono: c’era del salmone; i fratelli [lo] presero e mangiarono. Dopo aver mangiato, uscirono, giocarono a lungo. Il fratello minore guardò in basso49: «O fratello, ecco si avvicinano gli spiriti maligni del mare! O fratello, nascondiamoci!». Tornarono indietro, entrarono in casa, si appiattarono sotto il tavolaccio. Lo spirito maligno venne su dalla riva, salì sul tetto: «In questa casa c’è un animale? Come è entrato? L’apertura della porta è minuscola! Come è entrato?». Egli forzò la loro capanna, entrò, li cercò a lungo, non poté trovarli, si allontanò. I nostri fanciulli uscirono di nuovo, giocarono a lungo, poi il fratello minore disse: «Orsù, scendiamo alla riva a giocare!». Ecco che essi scesero insieme, giocarono a lungo. Videro una carogna di salmone marino50, gettata sulla riva, [la] presero e mangiarono. Saziatisi, si allontanarono dalla riva, entrarono in casa, di nuovo i due fratelli si coricarono su un unico giaciglio. L’indomani al mattino, quando si alzarono, il fratello minore era diventato un uomo adulto, il fratello maggiore era diventato un uomo adulto. Il fratello maggiore disse:

«Su andiamo! Tu recati nel paese della Terra inferiore51 e prendi moglie; io andrò nel paese della Terra superiore52 e prenderò moglie. Poi, quando faremo ritorno, cercheremo un orso, [lo] uccideremo e mangeremo; cercheremo una foca, [la] uccideremo e mangeremo! Andiamo!». Il fratello maggiore si vestì, il fratello minore si vestì; così uscirono, dopo aver preso le lance e gli archi. Quindi il fratello maggiore si diresse verso il paese della Terra superiore, il fratello minore si diresse verso il paese della Terra inferiore. Il fratello minore camminò a lungo; incontrò un grande orso. Quest’orso si tolse la pelle, si raddrizzò: era un… uomo! Quest’uomo disse: «Orsù, andiamo nella mia capanna!». Insieme andarono lontano; la grande capanna si ergeva solitaria. C’erà là un vecchio, questo vecchio si alzò: «O ospite, da dove giungi?». Il nostro ghiliaco disse: «Hm! Dalla terra che è a metà della baia, sono venuto a cercare moglie!». Questo vecchio disse: «Ecco attacca il mio cane, prendi la mia slitta, vai; incita[lo] con il bastone, fallo correre!». Il nostro ghiliaco: «Bene!» Uscì, prese il cane, prese la slitta, prese il bastone, [lo] incitò, lo fece correre. Dopo che ebbe fatto molta strada, il cane per la troppa fatica morì. Il nostro ghiliaco a piedi andò lontano, giunse ad una piccola capanna. Una vecchia stava cuocendo del pesce e si apprestava a mangiar[lo]. Il nostro ghiliaco le prese [il pesce], cominciò a mangiare. Questa vecchia disse: «Che razza di uomo è venuto, che mi ha tolto il pesce per mangiarlo lui? Per il mio pesce, cercherai un orso, [lo] ucciderai e mi sfamerai!». Il nostro ghiliaco disse: «Ho paura! Dove [lo] cercherò?». Questa vecchia disse: «Vai, uccidi[lo] e sfamami!». Il nostro ghiliaco uscì, andò lontano, c’era una capanna isolata; quando egli entrò nella capanna, un vecchio era là, teneva un tamburo. Il nostro ghiliaco disse: «Ti accingi a sciamanizzare?53». Questo vecchio: Sì, oggi sciamanizzerò, sciamanizzerò fino a notte, fino all’alba!». Il nostro ghiliaco disse:

«Bene, sciamano!». Questo vecchio sciamanizzò, sciamanizzò a lungo, infine esclamò: «O mio lupo54, mostrati a me! È giunto un grasso animale, [lo] uccideremo, mangeremo la [sua] carne!». Il nostro ghiliaco disse: «Ehi, se vuoi uccidermi, [allora io] ti lego con una corda, mi allontano da te!». Il nostro ghiliaco prese la corda, lo legò e si allontanò, andò lontano. Sedette sotto uno spesso larice, si riposò, fumò del tabacco. [Quando] egli volle sollevarsi, [accadde che] era incollato [alla terra]55. Si puntellò con la mano sulla terra. [Quando volle] sollevarsi, la sua mano era incollata. A lungo [là] sedette. Quando cominciò a far buio, comparve un gufo56, si posò su di lui, gridò: «Oh, oh, oh! Mio povero figlio, tu siedi incollato?». Questo gufo discese, discese dove egli sedeva, evacuò. Il nostro ghiliaco si scollò, si allontanò. C’erano due capanne. [Quando egli] entrò in una, si trovavano là una vecchia, dieci giovani, un uomo. Il nostro ghiliaco disse: «Voi perché vi trovate qui?». Questi dissero: «Ci troviamo qui [per] combattere!». Il nostro ghiliaco: «Con chi vi accingete a combattere?». Questi risposero: «Con te ci accingiamo a combattere!57». Il nostro ghiliaco disse: «Bene, usciamo, combattete, io amo combattere!» Il nostro ghiliaco uscì fuori, questi ghiliachi uscirono fuori, combatterono a lungo; egli li uccise tutti. Di qui [egli] si allontanò, giunse ad una grande capanna su palafitte, entrò in questa capanna; una giovane donna era là. Questa donna fumava tabacco da una lunga pipa58. Il nostro ghiliaco sedette accanto a lei. «Orsù, fumiamo insieme!59» così disse. Questa donna disse: «Fuma da solo il tuo tabacco!». Il nostro ghiliaco disse: «Dài, fumiamo insieme!». Egli le prese la pipa, insieme [a lei] fumò il tabacco. Quando ebbe finito,

questa donna si alzò, si mise a mangiare il cibo che aveva preparato, mangiarono insieme. Quando sopraggiunse la sera, di nuovo questa donna preparò il cibo, mangiò, mangiarono insieme. Questa donna preparò il giaciglio; dormirono su un unico giaciglio. Svegliatisi, si alzarono, questa donna uscì; dopo aver orinato rientrò, disse: «Marito, siamo capitati in una terra sconosciuta!»60. Il nostro ghiliaco disse: «Questa è la mia terra! Io ti ho condotto nella mia terra!». Questa donna disse: «Non ho visto né tua madre né tuo padre, io sono qui!». Il nostro ghiliaco disse: «Non fa niente! È come se tu fossi mia madre e [perciò] non l’avessi vista!». Il nostro ghiliaco entrò nella capanna; quando fu entrato, suo fratello maggiore non c’era. [Egli] condusse le proprie mogli61, qui le fece stare. Cominciò a cercare suo fratello maggiore, camminò a lungo. C’era una grande capanna d’inverno. Quando egli entrò in questa capanna, suo fratello maggiore era qui, a stento vivo. Il nostro ghiliaco si rivolse al proprio fratello maggiore: «Tu perché siedi qui? Raccontami per bene!». Suo fratello maggiore disse: «I cannibali mi hanno preso e tenuto presso di sé!». Il nostro ghiliaco condusse via il proprio fratello maggiore, uscì [dalla capanna], si allontanò. Giunse ad una grande capanna, entrò; una giovane donna era là. Il nostro ghiliaco prese questa donna, [la] condusse [con sé], [la] dette al proprio fratello maggiore. Vissero a lungo, poi il fratello maggiore andò alla ricerca di un orso. Camminò a lungo; infine, avendo visto un orso, tirò con l’arco, quest’orso si gettò su di lui, lo ridusse in pessimo stato. A stento vivo, [egli] giunse nella propria terra; il fratello minore lo curò a lungo, lo guarì. Di nuovo partì, vide un orso, tirò con l’arco; quell’orso si gettò [su di lui], a lungo lo calpestò, [infine lo] uccise, [lo] mangiò interamente. Il fratello minore attese a lungo il proprio fratello maggiore, non smise di attendere. L’indomani, partito alla sua ricerca, trovò solo le ossa del proprio fratello. Quell’orso si gettò [su di lui]. Il nostro ghiliaco, dopo averlo colpito con la lancia, lo uccise62. Qui avendo costruito una gabbia di legno, mise l’orso in questa gabbia; nella gabbia mise anche le ossa del proprio fratello maggiore. Quindi fece ritorno, giunse alla capanna, entrò… un uomo giaceva nel

giaciglio con sua moglie. Egli, afferrato quest’uomo per la testa, [lo] trascinò con forza fuori della capanna, [lo] uccise63. Dopo aver tagliato della legna con una grande ascia, [la] portò [nella capanna], accese [il fuoco], disse a sua moglie: «Prepara il cibo, mangiamo!». Sua moglie preparò il cibo; dopo aver mangiato, uscì fuori. Si guardò intorno… gli uomini del mare64 vengono per combattere. Il nostro ghiliaco, presa la sua lancia, preso il suo arco, uscì. Quando essi giunsero, egli combatté a lungo con essi, li uccise tutti. Rientrato nella capanna, egli disse alla propria moglie: «Orsù, saliamo in cielo, diventiamo uomini celesti!». Insieme con la moglie [e la parentela di lei] tutti insieme salirono in cielo. Giunsero ad una grande capanna. Quando essi entrarono, [videro che] erano giunti presso gli uomini del sole65; a loro spese qui cominciarono a vivere. Fine.

IL FANCIULLO SOLO Testo pubblicato in ŠTERNBERG, 130-139; parzialmente tradotto in LOT-FALCK, Textes, 727-729.

Un fanciullo viveva solo soletto, in una grande capanna, nutrendosi della polvere che si alzava66; [così] visse a lungo. Ecco due uomini, giunti insieme, entrarono, avvicinatisi al tavolaccio nel mezzo [della capanna] si sedettero. «In questa capanna c’è un uomo, non c’è?» Disse l’uomo che indossava un caffettano di pelle di pesce. «Ecco egli è un fanciullo umano, dài uccidiamolo!». L’uomo buono disse: «Lascia[lo], è un peccato!». «Dài uccidiamolo al più presto, su dunque, ora lo uccidiamo!» disse l’uomo che indossava il caffettano di pelle di pesce. «È un peccato! Ora esco e me ne vado» disse l’uomo buono. «Tu vai, io resto, verrò dopo averlo ucciso!» gli disse l’uomo che indossava il caffettano di pelle di pesce. Ecco che l’uomo buono uscì e si allontanò, mentre l’uomo che indossava il caffettano di pelle di pesce uccise il fanciullo, uscì, si allontanò. Andò lontano. Allorché si fece tardi, volle dormire; si fece una sorta di riparo, si addormentò. Dopo che ebbe dormito a lungo, dopo la mezzanotte, si svegliò: si sentiva la voce di un fanciullo piangente! [L’uomo] che indossava un caffettano di pelle di pesce ebbe paura, si alzò, corse via, si nascose. Dopo che ebbe camminato a lungo, cadde con la testa nell’acqua profonda, morì. Il nostro fanciullo ritornò67, giunse alla sua capanna, entrò. Avendo vissuto a lungo [così], divenne un uomo adulto. Prese la lancia, prese l’arco, prese i bastoni uncinati, calzò gli sci dei neghidali68, si allontanò sulla superfice69 del mare. Giunto ad un bianco banco di ghiaccio, si sedette, si riposò, fumò del tabacco. Di sotto terra70: «Oh, la mia testa! È come se un uomo [vi] camminasse sopra! Mi duole la testa!». La sua padrona: «Orsù, porta il mio tamburo, fammi sciamanizzare!». Ecco che cominciò a cantare: «Kya, kya, kya, non c’è [nessuno], dov’è? Vai fuori, guarda!». Questa71 uscì, volse lo sguardo intorno… «Voglio orinare a lungo!»72.

Si avvicinò, allargò le gambe sulle sue calzature, si mise a sedere accovacciata, cominciò a orinare, fischiava. [Egli], sollevando la gamba, [la] colpì nella vagina. «Oh, la schiena!… Ho orinato negli stivali dell’ospite! O sventura! Ospite, andiamo!». Andarono insieme. «Padrona, ho orinato negli stivali dell’ospite, guarda!». «Per questo ti sgriderò! Prepara il cibo, dài da mangiare all’ospite!». Cosse del pesce, cosse della carne di foca; dopo aver posto [il tutto] in un piatto, [lo] dette [all’ospite]. [Questo] mangiò, si saziò. «Quando vuoi andare via?». «Oggi me ne andrò!». «Passa qui la notte! Io questa sera sciamanizzerò!». «Bene!». Ecco che fece notte. «Schiavo, scalda il tamburo, da[mmi] la cintura!»73. [La] prese, si legò l’inau74, prese il tamburo, cominciò a battere. «Tu [batti il tamburo] molto bene, batti il tamburo molto forte!… Demolirai la casa!75 Colpisci più piano, sciamana!». Ecco che cominciò a cantare: «Canterò guardando in quale direzione? Tu, allorché sarai andato lontano, vedrai gli uncini del cannibale, allora, trasformatoti in pesce, allontanati!». «Bene»76. «Dopo che di là sarai andato lontano, gli uomini cacceranno la foca! Trasformatoti in una foca dalla bella macchia nera77, emergi, costringili a trafiggerti, strappa le loro fiocine, porta[le] via!». «Bene». Ecco che mangiò, poi uscì, calzò gli sci, si allontanò. Trasformatosi in una foca dalla bella macchia nera, andò; ohi, ohi, ohi, numerose terre ghiliache, numerose barche, numerosi cani, numerosi orsi [vide]! «Ti portano [un orso], orsù guida anche tu l’orso!». «Non è necessario». «Sei un vigliacco!»

Qualcuno volse lo sguardo78, guardò: «Guardate, ecco là una foca con una bellissima macchia nera! Dirigiamoci [in barca] su di essa, trafiggiamo [la] con le fiocine!». Si diressero verso di essa. [Essa] emerse. «Eccola! Ku-ku, gu-gu!»79. Ecco che essa emerse [da dietro]. «Ha strappato la corda!». «Ohi, ohi, ohi, è vero, ohi la fiocina…!». «Compagni, qui, ho trafitto la foca dalla bella macchia nera, [essa] ha strappato la cinghia!». Calata la barca, tre uomini insieme [discesero in essa]; in due remavano, uno teneva la fiocina. Costrinsero [la foca] ad emergere. «Eccola, eccola!». Ecco che prepararono la fiocina: «Ku-ku, gu-gu!». Ecco che [la] lanciarono: «Piano!… Ohi, si è strappata [la cinghia]!… Compagni, qui, accorrete su dieci barche, preparate le fiocine! Ho trafitto una foca dalla bella macchia nera; [quando] l’ho trafitta, ha strappato la cinghia!». Ohi, ohi, ohi quanti uomini! Tutte le loro fiocine vennero strappate! Tutti fecero ritorno alle capanne80. Una fanciulla [improvvisamente] si ammalò! «Prendete un uomo-sciamano del mare, prendete un uomo-sciamano della montagna, prendete un uomo-sciamano del cielo, prendete un uomo-sciamano sotterraneo!»81. Trovarono, fecero venire i quattro sciamani. Lo sciamano della montagna disse: «Fatemi sciamanizzare, date[mi] il tamburo, date[mi] la cintura, l’inau!». Ecco che cominciò a cantare, si alzò, disse: «Koo, koo, koo! Uno spirito maligno del mare fa soffrire il suo82 ventre! Ha-ha fui!83… L’aiuto è impossibile!». Ecco che terminò, si sedette. «Sciamano del mare, canta!». L’uomo-sciamano del mare si alzò: «Date[mi] il tamburo!… Koo, koo, koo, la mam del fuoco84 la fa soffrire. Ho timore della mam del fuoco. Come potrò sciamanizzare? Non potendo aiutar[la], ho concluso!».

«Uomo del cielo, alzati, sciamanizza!». «Date[mi] il tamburo, date[mi] l’inau!… Xo, xo, xo, xo, xo, xo, lo spirito maligno della montagna si appresta ad uccider[la], non posso aiutar[la]!». Terminò. Lo sciamano sotterraneo cominciò a cantare: «Kya, kya, kya, un abitante della Terra dell’ovest85, dal centro della baia, trasformatosi in foca dalla bella macchia nera, è giunto. Egli è uno sciamano che comprende, fatelo sciamanizzare!». Il nostro ghiliaco, rimasto con la sola camicia86, prese il tamburo: «Un cattivo sciamano canta, che cosa dirà?87… Bianco leone marino88 che vivi in mezzo a questo mare, vieni in mio aiuto! Unica femmina-tuono89, apparsa in mio aiuto, dopo aver fatto tuonare questo mare, agita[lo], infuriando, o leone marino; emergi da sotto il pavimento, pianta i denti nelle assi di questa capanna!». Ecco che [essa] piantò [i denti]. «Ohi, ohi, ohi demolirai la capanna!»90. Si avvicinò, [disse] a quella donna: «Koo, koo, koo, fui! Xa-a, fui!». Soffiò, [ella] fu guarita. [...]

CIUKCI IL GIOVANE SCIAMANO E LA SUA FIDANZATA Testo raccolto nella primavera del 1897 e pubblicato in BOGORAZ, Materialy, 12-18.

C’erano cinque fratelli. Il più giovane era uno sciamano che respingeva le donne. I fratelli maggiori ecco che prendono moglie; al momento dell’unzione della moglie91, il [fratello] più giovane fugge via, a causa del suo rifiuto delle donne, abbandona i fratelli che ungono le mogli. Dicono i fratelli maggiori: «Cercatelo dunque!». Lo cercarono ma non lo trovarono; lo trovano poi che stava sciamanizzando92 in casa. In seguito, i fratelli gli conducono delle mogli, ma lui niente. Infine, il giovane mentre sciama-nizzava disse ai fratelli maggiori: «Eh che? Anch’io prenderò moglie!». «Dove troverai moglie?». «La troverò!». «Buona fortuna!». Viveva nella Terra di mezzo93 un uomo ricco di renne, con un’unica figlia. Il suo vicino94 era senza figli, viveva solo con la moglie. Invecchiavano insieme i vicini vecchierelli. E poi? L’unica figlia lavorava troppo95 e si ammalò; ella guardava le renne, faceva ogni cosa. Si indebolì, morì. L’indomani, il vicino si recò dal padrone. Disse: «Ascolta, facciamo come ho sognato96, partiamo [di qui]!». «Bene, se questa è la tua opinione, sono d’accordo». «Bene, d’accordo!». Prese la renna che cerca l’orina97. La prese e le mise la campanella. Quindi portò fuori il corpo98. Il padre siede senza far nulla. Si dà da fare il vecchierello vicino, è lui che adorna la defunta. Anche la moglie non aiuta, ma continua a fare le solite cose. Mise la campanella alla renna, mise anche la campanella alla slitta. Subito depose la fanciulla sulla slitta. Quindi le parlò nell’orecchio dicendo99: «Orsù tu, vai dove vuoi». [Essa] smise di cercare l’orina e partì. Andava lentamente, si allontanava pian piano, finalmente cominciò a correre. Intanto, questo giovane sciamanizza come prima, il giovane divino, sostenuto dalle parole della cognata anziana. Così dice:

«La mia fidanzata ecco si muove!». Come prima, è incoraggiato dalle parole della cognata anziana. Prese coraggio, prese animo. Intanto la renna continuava ad andare, lontano dalla Terra di mezzo. [Egli] dice: «Ecco che la mia fidanzata si avvicina! Come farò? Io perdo la ragione!». Il suono della campanella si faceva sentire. Infine [la renna] giunse. Ecco che egli disse ai fratelli: «Orsù, guardate là! Fatela finita! Che cosa è giunto là?». Lanciano un’occhiata con gran timore: c’è un cadavere, cos’è questo? Lo porta una renna che cerca l’orina. Comunque, lo prende100 e lo scioglie la cognata. Il giovane continua a sciamanizzare. Intanto ella porta [il corpo] accanto a lui. [Egli] disse alla cognata che lo incoraggiava: «Lascialo accanto a me!». Disse ancora: «Ora io andrò!101 Ecco che mi immergo102, cercherò l’anima103, dov’è essa? Sembra che ella sia la mia fidanzata, proverò a cercare l’anima; tu fai attenzione, appena si muove, dammi una pedata, di ciò ti incarico!» […]Parlò, si mise a battere [il tamburo], si immerse. Infatti, poco dopo [ella] mosse la mano. Subito la cognata dette una pedata al giovane che si era immerso: «Orsù, ritorna! Orsù tu! Riprendi la vita!». Il giovane mosse la testa, tornò in sé, si destò. «La fidanzata ancora giace!». Di nuovo si immerse, passò non molto tempo. Infine la defunta si alzò. Così disse: «Ho avuto molto caldo!». Di nuovo la cognata anziana dette una pedata al giovane. Dormirono un bel po’. L’indomani era già incinta. I vicini104 lo vennero presto a sapere l’uno dall’altro. «Orsù, andiamo a vedere la sposa giunta a casa, la [sua] sposa!». Qui vennero tutti i vicini, tutti coloro che si trovavano nei dintorni. «Orsù, vogliamo vedere tua moglie, che ci venga mostrata!». Il marito dice: «Mostra almeno il braccio, la mano!» Alla sola mano si tirarono indietro, tutti si sentirono gelare. Dopo qualche giorno [ella] dice al marito: «Orsù, facciamo il«viaggio della noia»105: la mia mandria si sta disperdendo, andiamo a cercarla!».

Presero di nuovo la renna che cerca l’orina. Attaccarono una sola renna, ma vollero venire anche la cognata che lo aveva incoraggiato e suo marito. Si sedettero, si accomodarono in quattro. Lo sciamano giovane disse: «Ora chiudete gli occhi!». Fecero solo poca strada, erano già giunti alla casa. Il vicino vecchierello vide: «Uh! Ecco che tua figlia è giunta insieme al marito!». Il padre non ascolta, [siede] avvilito come prima. «Di dove è giunta, se è morta?». E qui un fiume di lacrime. Le ossa uscivano fuori, sembrava trasparente. Venne il genero: «Ecco, siamo giunti!». [Egli] non ascolta. Allora venne la figlia con il bambino106. Solo allora prestò ascolto, sollevò la testa, si rallegrò. Aveva però un aspetto terrificante. Insieme alla moglie si erano consumati. Come? Nella tristezza continua, senza mangiare nulla. Allora la moglie disse al marito: «Orsù, raggiungi la mandria, cercala!». [...] Il giovane partì, raggiunse [la mandria], ma i lupi presero ad ululare. Allora qui giunsero a raccolta gli spiriti107, tutti gli spiriti. «Orsù, riunite il bestiame!»108. Ed essi in verità ricondussero la mandria. La renna più grossa camminava avanti. La mandria che si era dispersa per tutta la regione era in verità assai numerosa. Cominciò a cercare tutti gli animali: tutti li trovò. Inoltre, ad ogni albero dà una pedata ed esso si trasforma in uomo; uno senza una gamba, uno senza un braccio, uno con un solo occhio. Ma [erano] in verità tutti veloci conduttori di renne. Percorsero tutta la loro terra, ricondussero a casa la mandria. Qui la fecero rumoreggiare. Da allora [qui] cominciarono a vivere.

ESCHIMESI CANTI SCIAMANICI Testi pubblicati in BOGORAZ, The Eskimo, 445-449. I testi a) - f) furono cantati a Bogoraz da čaplak, anziano del villaggio di Unisak. Alcuni di essi sono legati alla caccia al tricheco, altri venivano cantati nelle grandi cerimonie d’inverno. I testi g) - h) vennero cantati da Kakcubak, del medesimo villaggio. Gli ultimi quattro furono cantati da Hiwuña, sciamana del villaggio di Unisak. Questi testi sono caratterizzati da una certa oscurità. a. Oh, voi uomini109. ascoltate costui!

Nel mezzo della Grande terra110 un tunguso111 cammina nel sangue. Oh, voi uomini, ascoltate costui! Egli è tutto imbrattato di sangue coagulato. Oh, voi uomini, guardate costei112 nel profondo del mare! Ella ha spinto fuori un piatto pieno di ogni sorta di cibi. Popolo della nostra terra, e tutti voi altri che vivete allo intorno, rallegratevi! b. Oh, voi donne laggiù! Ridete questa volta, che il tricheco si avvicina da un lato. Esso è venuto a terra con un mugghio. Tirerete [la carne] per i fori?113 c. Oh, tu uomo! Questo mio collo taglia in pezzi, e portalo a costui114. Tramutalo in cibo115 per lui. Oh, tu uomo! Questa mia testa taglia in pezzi, e portala a costui. Che venga riportata indietro dal tricheco116. d. Colui che è all’esterno117 mi tormenta con le sue insistenti domande. «Tu là! Non prestare ascolto a coloro che siedono dentro; essi non ti prestano attenzione. Ora io li interrogherò a tuo favore; forse coloro che siedono dentro ti faranno un dono, una [salsiccia] quasi intatta»118. e. Dov’è questa Tiwlana119 che siede nella stanza interna?

Ella si è qui mostrata: «Guardami! Sono venuta di lontano, e ti ho portato il mio bastone120. Esso deve servire ad aiutare la guarigione degli uomini che soffrono. Questo bastone del padrone lontano121 ho qui portato perché serva a rialzare la testa degli uomini che soffrono. Il bastone del padrone straniero è servito a guarire gli uomini che soffrono». f. «Dove ho vissuto? Sono rimasto invisibile all’antenato che è all’esterno122. Sono rimasto sconosciuto all’antenato che è all’esterno». «In realtà egli ti conosce. L’antenato che è all’esterno ti conosce; ma finge di non conoscerti»123. g. Di chi è il fanciullo124 che lì sta piangendo? O donne! Cantate per me. Io danzerò. Oh, là! Sento come se la mia anima125, quella interna, sia uscita. h. Perché non canta colui che si trova all’interno? Guarda dietro di sé, l’uomo che si trova all’interno. Sulla riva del mare la nebbia si alza. Scuoti l’uomo che si trova lungo la riva del mare. i. O donna! Ti insegnerò un canto destinato alla danza. Esso genera un ardente desiderio di imprimere sulla terra i suoi suoni. Cantate per me allorché calpestate la terra. Anch’io danzerò. Voi là, uomini, graffiateli, procurate loro dei crampi!126 l. O tu, che sei all’interno! Sono venuto da te, ti ho portato un arpone, buono all’uso. O tu, Hiwuña! Fai il giro127 con un bastone. Lascia che ti osservino, come me fai il giro con il bastone.

m. Stava facendo un passaggio per se stesso, stava preparando un respiro per se stesso128. Tutti gli uomini della nostra terra lo videro. Egli venne fuori dalla terra, ed apparve tra le case. Egli guardò indietro verso di essi. n. Chi è questo magico padrone129, cui io offro liquore, cui io offro acquavite? Questa persona è stata di nuovo lasciata sottoterra. Egli è rimasto là. O tu, guarda questo cane! Esso sta di traverso e volge lo sguardo indietro.

1. Così era detta l’influenza ed in generale le malattie da raffreddore a carattere epidemico. Responsabile di esse veniva considerato uno spirito straniero portato dai russi. 2. Miebe «costume, abitudine». Lo spirito della malattia personificato non deve temere ostilità da parte del popolo. 3. Cioè: non disdegnare le mie parole, ascoltami. 4. Cangie, nel senso di spirito adiutore. 5. Lo spirito, essendo iacuto, parla preferibilmente in iacuto piuttosto che in iucaghiro. Ioxel’son riporta tanto il testo iacuto quanto quello iucaghiro, ambedue comunicatigli da Spiridonov. 6. Lo spirito è femminile. 7. Lo spirito maligno. 8. Comol-ladan «grande (buono) incenso», dove ladan «incenso» è il r. ladan’. L’uso dell’incenso durante la kamlanie, gradito agli spiriti (così come il fumo), venne mutuato dagli sciamani iacuti (da cui passò a quelli iucaghiri) dal servizio sacro ortodosso. 9. Il tabacco. 10. Cioè di buona qualità. 11. Allo spirito lo sciamano si rivolge tanto come madre che come padre. 12. Lo sciamano invoca gli spiriti-animali, di cui fa l’imitazione. Il primo è il tuffolo. 13. Imitazione della beccaccia. 14. Imitazione di un’altra varietà di beccaccia. 15. Imitazione di un’altra varietà di beccaccia. 16. Imitazione del cuculo. 17. Imitazione dell’aquila. 18. Imitazione della gru. 19. Imitazione del lupo. 20. Imitazione dell’orso. 21. I vènti sono i punti cardinali. Signore degli otto venti significa dunque signore delle otto direzioni dello spazio. 22. Il passaggio non è chiaro, forse è incompleto. Si può intendere nel senso che il calore del focolare domestico produca un effetto apotropaico sullo spirito della malattia. 23. Oggetto è lo spirito maligno. 24. Il soffio è lo spirito vitale, secondo una concezione comune a tutta la Siberia. 25. Spirito dell’influenza portato dai russi. 26. Cioè: continua a darci ascolto. 27. La falsa modestia chiude sovente l’invocazione sciamanica.

28. L’alternanza di presente e passato è nel testo. 29. Gli spiriti animali. 30. Lett. «radice dell’albero» (šan-larxul). 31. Categorie di spiriti, di cui il primo femminile. Ogni sciamano, se giovane e bello, possiede i propri spiriti-fanciulle su cui fa maggiore presa. 32. «Risposta abituale degli antenati, i quali non amano essere disturbati» (Lot-Falck). 33. Cioè la sua anima. 34. Segno che egli «si immerge» nella terra. 35. Strumento in pietra per la concia delle pelli. 36. Qui ha termine la descrizione del viaggio. 37. Fanciulle scelte per attirare nella seduta gli spiriti maschili, così come gli spiriti femminili si lasciano attirare da uno sciamano maschio. «Ricettacolo» traduce il termine iucaghiro igei. 38. L’anima del malato. 39. Lett. «Fate in modo di essere fuori» (pudelen kudecijicik). 40. Probabilmente deformazione del r. Proskov’ja. 41. Gli sciamani che si combattono, si sforzano di arrecare danno anche ai propri rispettivi familiari. Per difendere l’ombra (cioè l’anima) della propria figlia dalle cattive intenzioni dello sciamano nemico o dall’azione su di lei degli spiriti di quello, lo sciamano iucaghiro tiene l’ombra della figlia sotto la banchisa. 42. I lamuti sono un gruppo tunguso. 43. Almadie, diminutivo di alma «sciamano». 44. Da notare la disinvoltura con cui viene riferito il rapporto incestuoso dello sciamano con le proprie figlie. 45. La tesa di braccio era l’unità di misura ghiliaca, pari alla distanza tra le estremità delle braccia distese orizzontalmente. 46. Kinr, appartenente alla categoria degli spiriti «cannibali», presenti in molte aree della Siberia (anche tra gli iacuti). 47. Cioè un uomo, così detto dallo spirito per disprezzo. 48. Cfr. n. 2. 49. In direzione del mare. 50. La carogna di salmone marino (salmo leucomaenis) è il cibo magico che trasforma i fanciulli in uomini adulti. 51. Il nord. 52. Il sud. 53. «Sciamanizzare» è č‘am-lujnynd (č‘am «sciamano»). 54. Il lupo è uno dei principali spiriti adiutori dello sciamano ghiliaco. 55. È la vendetta dello sciamano. 56. Il gufo occupa un posto di rilievo nella mitologia ghiliaca, quale genio benefico. In questo caso il gufo è un antenato o il padre stesso del protagonista del racconto. 57. Il fanciullo deve superare delle prove di iniziazione per poter raggiungere l’età adulta. Questo è un po’ il senso del racconto. 58. Era costume presso i ghiliachi che le fanciulle, soprattutto ricche, fumassero da lunghe pipe con un ricco bocchino. 59. La proposta di fumare dalla stessa pipa equivale a quella di giacere insieme. 60. Il protagonista del racconto per magia ha trasportato la propria moglie nella sua terra natale. 61. Cioè le sorelle della moglie; ciò, in accordo con il particolare sistema di parentela, di tipo classificatorio, in uso presso i ghiliachi. 62. Quando un ghiliaco moriva nella lotta con un orso, era dovere dei congiunti vendicare il parente morto. Se non si aveva fortuna nell’uccidere l’orso omicida, se ne uccidevano due al suo posto.

63. L’uomo, trovato in flagrante delieto con la propria moglie, veniva ucciso dal marito per diritto. La donna se la cavava solo con delle percosse più o meno dure; ucciderla era sconveniente, perché era stata pagata a caro prezzo. 64. Gli spiriti maligni. 65. Il sole veniva concepito antropomorficamente dai ghiliachi; egli viveva in cielo con la sua gente. 66. A causa della sua povertà. 67. Dopo essere risuscitato in virtù della morte del suo assassino. 68. Tipo di sci diffuso in tutta l’area artica. I neghidali sono un gruppo tunguso. 69. Naturalmente ghiacciata. 70. Proprio dove il nostro ghiliaco (per usare l’espressione del testo) si è fermato, sotto terra, vicino alla superfice, c’è un villaggio di uomini del mare. Contemporaneamente, da una capanna sotterranea esce una schiava (la schiavitù era presente, anche se in misura minima, presso i popoli paleosiberiani). I passi del nostro ghiliaco sul ghiaccio tenero toccano la testa della donna, la quale per questo prende a lamentarsi. 71. La schiava. 72. È la schiava a parlare. 73. È la cintura sciamanica jang-pang (nome di chiara origine onomatopeica) pesante degli accessori metallici, il cui rumore ha il fine di spaventare gli spiriti maligni. 74. Bastone sfilacciato all’estremità, la cui funzione sembra fosse quella di messaggero tra lo sciamano e gli spiriti. 75. Complimento d’occasione rivolto alla sciamana per sottolinearne la forza. 76. Risponde il nostro ghiliaco. 77. Si tratta della phoca mummularis Schleg., caratterizzata dall’avere una macchia nera sul dorso. 78. «Frammenti di un dialogo che si svolge sulla riva tra dei giovani, i quali, spinti dall’esempio di altri, che hanno condotto a passeggio i loro orsi, si accordano per condurre anche essi gli orsi. Al rifiuto di alcuni di aderire all’iniziativa, i proponenti accusano di vigliaccheria quelli che hanno rifiutato» (Šternberg). 79. L’imitazione del mugghio della foca ha lo scopo di spingere l’animale, attirato dal richiamo, a sollevare la testa dall’acqua e permettere così ai fiocinatori di colpirla. 80. Si tratta di un villaggio di pescatori. 81. È il padre della fanciulla malata che parla. 82. Della fanciulla. 83. Onomatopea che imita il rumore del fuoco; il soffio costituisce uno dei mezzi usati dallo sciamano per la guarigione del malato, soffio che può essere quello con cui lo sciamano recupera l’anima dal corpo del malato oppure quello con cui introduce nella parte malata il suo spirito protettore che deve scacciare lo spirito maligno. 84. T‘uyur-mam, signora (mam lett. «vecchia») del focolare domestico. Viene rappresentata come una vecchietta curva, che vive nel focolare e che spesso si vede in compagnia di un vecchio, il signore del fuoco. È interessante rilevare come unicamente gli spiriti del fuoco e della soglia fossero considerati, presso i ghiliachi, di sesso femminile. 85. Il continente. Qui siamo a Saxalin. 86. Egli, nel frattempo, ha ripreso le sembianze umane. «L’essere con la sola camicia gli permette di poter meglio sciamanizzare, azione che richiede grandi sforzi (corsa nella capanna, lanci, grida frenetiche» (Šternberg). 87. Modestia d’occasione. 88. Sorta di foca provvista di criniera. 89. «Tuono» perché il leone marino produce un rumore simile al tuono, «femmina» perché gli spiriti femminili sono ritenuti essere più potenti e perciò invocati spesso dallo sciamano in qualità di spiriti adiutori.

90. Timore espresso dai presenti alla kamlanie. 91. Il rito matrimoniale ciukci consisteva nell’unzione degli sposi con il sangue di una vittima, unzione che avveniva davanti ai sacra domestica presso il focolare, posto nella parte posteriore della casa. 92. Ilutkurkyn, lett. «battere il tamburo e cantare i canti rituali». 93. Γynun-putenut, così è detta la parte centrale del territorio ciukci, allo stesso modo lontana tanto dal fiume Kolyma quanto dallo stretto di Bering. 94. Nymtumyyn «vicino nell’accampamento», termine riservato unicamente ai vicini poveri, dipendenti, i quali per il proprio sostentamento dovevano appoggiarsi al padrone dell’accampamento. 95. In una famiglia, nella quale ci fossero esclusivamente figlie, queste ultime assolvevano tutti i lavori maschili. 96. Il sogno occupava un posto importante nella vita dei ciukci. Alcune festività non periodiche, ad es., venivano organizzate il più delle volte in base ad indicazioni ricevute in sogno. 97. Tipo di renna particolarmente adatta alla domesticazione. 98. Soggetto è il vicino. 99. È sempre il vicino a parlare. 100. Oggetto è il cadavere. 101. Cioè: comincerò a sciamanizzare. 102. Ańngaarkyn; quando lo sciamano entra in estasi, si dice che egli «si immerge». 103. Il termine per «anima» (uweyyyryyn) è formato da uwik «corpo, tronco», a sottolineare il carattere corporeo, materiale dell’anima nella concezione ciukci. 104. Sono gli abitanti dell’accampamento vicino. Gli accampamenti ciukci erano posti ad una distanza di 5-20 km. l’uno dall’altro. 105. Era la visita che i novelli sposi rendevano al suocero, visita che aveva luogo pochi giorni dopo le nozze (!). 106. La sposa del potente sciamano concepisce in pochi giorni! 107. Sono gli spiriti adiutori (janra-kalat) dello sciamano. 108. L’ordine è impartito dallo sciamano agli spiriti. 109. Taṛu, nella lingua dei toṛnaṛak, gli sciamani eschimesi. Ricorrono frequentemente in questi brevi testi (sarebbe meglio dire frammenti) termini della lingua speciale dei toṛnaṛak. 110. Nuna barym, è la patria eschimese. 111. Lett. «uomo delle renne» (kaaramkak < ciukci kaa-ramkin). Gli eschimesi in realtà non hanno mai avuto rapporti con i tungusi ed è questa l’unica menzione di essi nel folclore eschimese. 112. Lo sciamano si riferisce ad una divinità femminile del mare. 113. Il cacciatore che uccide il tricheco sul ghiaccio, taglia la carcassa in pezzi e trascina ciascun pezzo sul ghiaccio, tenendolo per dei fori praticati nella carne. 114. Una divinità del mare. 115. Akaṛum, nella lingua dei toṛnaṛak. 116. Tuwutilik lett. «quello con le zanne», nella lingua dei toṛnaṛak. 117. Lo spirito. 118. Probabilmente si tratta di un alterco tra spiriti. 119. Una sciamana. 120. Il bastone sciamanico era considerato un’arma magica. 121. Uno spirito. 122. «Il mondo» (Bogoraz). Da rilevare il termine eschimese per «antenato», apa (!). 123. È lo spirito che risponde allo sciamano? 124. Kuṛak, nella lingua dei toṛnaṛak.

125. Juwusik lett. «corpo» (nella lingua dei toṛnaṛak; il termine usuale è ijusik). 126. Passo particolarmente oscuro. 127. Ben noto procedimento magico. 128. Lo spirito usa la voce della sciamana Hiwuna come suo respiro. 129. Uno spirito.

URALICI

SAMOIEDI CANTO PER ASSICURARE IL SUCCESSO NEL PARTO

Testo raccolto nel dicembre 1842 da M. A. Castrén, il linguista ed etnografo finlandese pioniere degli studi uralici e siberiani, nel villaggio di Sjomza, in area tìenets (Siberia occidentale). Pubblicato per la prima volta da A. Schiefner (CASTRÉN, Wörterverzeichnisse, XXXIV, 404) e poi da T. Lehtisalo (CASTRÉN, Samojedische, testo 19); tradotto in Simoncsics. Il testo, nonostante i contributi dei due editori, è oscuro in più punti. Il canto si riferisce ad ogni modo al viaggio che lo sciamano compie per assicurare il successo nel parto ed alleviare le pene della puerpera. Il sangue perduto durante il parto è detto xem jaxa «fiume di sangue» ed è al centro del canto. Meta del viaggio è la «tenda di ferro» (jeśe ma), dimora dell’Essere supremo Num, donde lo sciamano farà ritorno solo dopo aver ottenuto quanto desidera.

Poi ho afferrato il mio albero celeste1, ho afferrato. Tutti i miei amici dovrebbero inchinarsi davanti a me! Essi si sono levati in piedi, poi mi hanno accolto tra loro. «La più piccola delle sette renne celesti devo bardare, le redini della renna devo tenere!». La slitta dell’isola-nube, si è mossa la slitta. Poi abbiamo trovato2 il crinale di muschio, abbiamo trovato; ai piedi del crinale di muschio era un’erbosa collina, l’erbosa collina era trapassata, da sette lucertole trapassata. «Madre lucertola, antenata, concedi un figlio, al mio amico concedi!»3. Il figlio della lucertola, mio amico, ha trapassato il mio fianco. Abbiamo trovato il crinale di ghiaccio, lungo il crinale di ghiaccio era un fiume di sangue4, il fiume di sangue andava, la corrente andava.

Nella corrente del fiume di sangue trecce di capelli galleggiano da tagliare. Ho interrotto il fiume di sangue, con le mani nude [l’] ho interrotto; il fiume di sangue si è fermato, la corrente si è fermata. Abbiamo attraversato il fiume di sangue. Abbiamo trovato la tenda di ferro5, sono entrato nella tenda di ferro, sette donne vi sedevano. Ho abbracciato le sette; esse fasciavano sette fanciulli. Poi si è mossa la slitta, la slitta dell’isola-nuvola. Siamo giunti alla tenda. «Io devo lasciar andare il nostro spirito renna, la più piccola delle sette! Io parto per il mio accampamento; amici miei tutti, andate ai vostri accampamenti! Delle sette lasciate che resti, lasciate solo una che resti!». Hanno portato via il mio albero celeste. Non avendo trovato un buon terreno per il campo, in mezzo al fuoco io cado in pezzi.

CANTO SCIAMANICO

Testo raccolto da Lehtisalo in area nenets nell’inverno 1911-1912, pubblicato in LEHTISALO, testo 54 (172-188). Al centro del canto, non privo di una certa oscurità intrinseca, è il viaggio nel mondo superiore dello sciamano per la guarigione del proprio padre malato. Al figlio del padrone sciamano6

ancora sette giorni sono rimasti, le lamiere metalliche del focolare ha colpito con il piede. La moglie dello sciamano [lo] tira a sé nella sua coperta di panno, diceva: «Mio piccolo caro, alzati!», diceva: «Il tuo padrone sciamano sta per morire, uccidere una vittima per il suo corpo, è male?»7. Ai piedi dei pali della tenda sollevò la sua coperta, poi dalla parte del sostegno della sua testa afferrò la sua malica8 di pelle, con una lunga sopravveste di panno, [la] gettò sulla sua testa, afferrò i suoi stivali, legò i legacci, dietro il palo di ferro della tenda afferrò di buon grado la cintura d’argento, si sollevò sui piedi, si legò la cintura. Senza dire nulla uscì, si sedette muto nella slitta che era dietro la tenda. Sua madre, la mammina uscì,

accanto al palo della porta spuntò la sua testa, senza dire nulla, volse lo sguardo indietro. Poi, il figlio del padrone sciamano batté insieme le sue maniche, dalla parte posteriore della slitta egli afferrò il suo laccio, sul suo braccio tirò il suo laccio. Egli prese a vagare alla ricerca delle mandrie di renne. Tra le renne tutto il giorno egli va. Al margine della mandria giunse vicino, al margine della mandria stanno due [renne] dalla grande coda, mentre egli guarda da questa parte, sono trecento renne. Di duecento renne ruppe le zampe, sul dorso delle renne, su cento renne, egli gettò abile [il laccio]. Due [renne] dalla grande coda alla ramificazione delle corna, tirò a sé con forza, tre volte si inchinò; delle due [renne] dalla grande coda le estremità oscillarono, il laccio ben stretto si sciolse a terra. Di cento renne

la parte anteriore è senza testa9 Egli pensa: «Il sangue del corpo del mio padrone sciamano sono riuscito a far cessare»10. Verso la sua tenda si diresse di buon grado per condurre, si diresse di buon grado per condurre le due [renne] dalla grande coda. Egli giunse alla sua tenda, attaccò le due [renne] dalla grande coda, bene completò [la bardatura], di nuovo si sedette nella sua slitta. Un giorno ecco sulla punta della sua slitta egli guarda. Allo spuntare del giorno, allorché lo zibellino fu visibile, le due [renne] dalla grande coda saltarono su allo stesso tempo, le zampe posteriori galoppano, le zampe anteriori sono attaccate11. Per tre giorni fanno lo stesso; appena il quarto giorno fu visibile, sul loro muso caddero a testa in giù. Quanto a lungo esse là giacciono, il figlio del padrone sciamano sulla punta della sua slitta guarda. Alla fine del suo silenzio, batté insieme le sue due maniche colorate:

sprizzano fiamme della grandezza del lampo dalle sue due maniche colorate. Mentre egli batte, le due [renne] dalla grande coda saltarono su di nuovo. Alla partenza egli guarda indietro: con l’impura slitta hanno lasciato indietro il padrone sciamano. Tra sé sorrise: il padrone sciamano è finito con un fianco sulla terra12. Da questo luogo ancora per tre giorni sono attaccate le zampe anteriori, galoppano le zampe posteriori. Le due [renne] dalla grande coda al quarto giorno cadono di nuovo a testa in giù sul loro muso. Sulla punta della sua slitta silenzioso egli guarda. Quando ha finito di guardare, egli batté di nuovo le sue due maniche colorate: sprizzarono fiamme della grandezza del fulmine. Le zampe anteriori dei due piccoli di renna sono attaccate, le zampe posteriori galoppano. Ancora per tre giorni le due [renne] dalla grande coda hanno la stessa rapidità verso il cielo.

La colonna simile a un raggio di sole, la scala di ferro13 era là, la colonna di ferro. La colonna di ferro ha sette spigoli. Dopo breve tempo caddero di nuovo a testa in giù accanto alla colonna. Quando ebbe finito di sedere, batté di nuovo le sue due maniche colorate: anche la terra si illuminò. Poi ancora sono attaccate le zampe anteriori, galoppano le zampe posteriori. Per tre giorni ancora la stessa rapidità. Nell’apertura del sole14 si introdussero completamente. La terra era siffatta, era scarsamente illuminata. Una metà del cammino egli percorse, la colonna era là, variegata come le nubi. La sua slitta si arrestò là, le due [renne] dalla grande coda sul loro muso caddero di nuovo a testa in giù. Egli gettò via la sua briglia, si tolse di buon grado la sua bianca pelliccia, [la] gettò nella sua slitta doppia. […]

Dal lato destro della sua slitta egli afferrò di buon grado il suo bastone di ferro, il suo bastone di ferro è simile a stella. Da questo luogo, sotto il grande sole cominciò di buon grado a camminare. Per tre giorni egli va così. Nella direzione davanti a lui era un’isola-nube15, sull’isola-nube tre grandi tende. Egli giunse alle tende, con sette giri girò loro intorno. Non c’era una porta, come un capello ai pali di ferro che sostengono la tenda, al palo simcī16si attaccò, lungo il śimcī salì veloce, nel cuore del fuoco entrò come coleottero di ferro. Proprio al centro del campo siede l’antenato dalla faccia lunga. Le scintille sprizzarono. Egli così disse: «Chi è giunto da noi?». Dalla parte opposta, dalla parte della tenda, sono cento māntō17. I cento māntō così dissero: «Noi non abbiamo visto nulla».

Essi dissero: «I tuoi occhi erano certo buoni». Egli disse: «Andate a chiamare il vostro antenato che si trova nella tenda vicina, egli può venire qui!». Tre māntō anziani andarono a chiamare il loro antenato. vecchio sedeva presso il fuoco. «Nostri piccoli cari, perché siete venuti?». I tre māntō, così dissero: «Il viaggiatore del tuono18 ha chiesto di te». Essi presero il suo tamburo, [lo] trascinarono lungo il terreno. Dopo che [lo] portarono fuori, altri tre māntō giunsero, a stento si reggevano. I sei māntō, così dissero: «Il tamburo del nostro antenato era molto pesante». Entrarono nella tenda, misero la legna nel fuoco, il suo tamburo di rame, il suo tamburo simile alla luna, si tese. II vecchio disse: «Preghiera sul nostro tamburo, se io l’ho provato una volta!»19 Il suo tamburo egli prese sul ginocchio, fece

un tratto di cammino: «Il figlio del padrone sciamano, il figlio è giunto». Cento māntō batterono le mani. L’antenato dalla faccia lunga dicendo proferì: «Non c’era proprio alcuna apertura, ora egli siede nel cuore del fuoco». Poi disse: «Povero piccolo, alzati, siediti qui!». Cento māntō batterono le mani, dissero: «L’ha proprio trovato». Il figlio del padrone sciamano come un grande tizzone si sedette nel campo. L’antenato dalla faccia lunga dicendo proferì: «Figlio del padrone sciamano, la tua forza è cresciuta a dismisura». Il vecchio che siede dà il suo tamburo, disse: «Tu prendilo ora!». Con forza [glielo] dà. Il vecchio disse: «Il mio tamburo, mettetelo sui pali della cucina!». L’antenato dalla faccia lunga dicendo proferì: «Facciamo una gara!»20. Egli disse: «Di dove,

qual’è la tua natura, vorrei ben vedere!». Disse l’antenato dalla faccia lunga: «Osserva la mia tormenta di neve!». Dalle sue narici egli tirò una presa di ferro21. la tormenta del nord fece turbinare, per sette giorni dura la possente bianca tormenta. Il figlio del padrone sciamano, sulla lamiera di ferro del fuoco del campo, giace raggomitolato, da nessuna parte si muovono i suoi capelli, è come prima. Dopo una settimana il sole divenne visibile, fa molto caldo. Il figlio del padrone sciamano come renna maschio di due anni si sollevò sui suoi piedi. L’antenato dalla faccia lunga dicendo proferì: «Cento māntō, abbassate il vostro tamburo, mettetelo sul ginocchio!». I cento māntō fecero risuonare il loro canto, così dissero: «Il nome del tuo antenato22 noi poveri non conosciamo». Un tratto di cammino ho fatto,

il nome del mio antenato, quale può essere? Sette volte ho bussato: «[È] il viaggiatore del tuono». I cento māntō dissero: «L’ha proprio trovato». «Ehi, antenato — dico io allora — dimmi, è proprio vero?». Egli disse: «[L’] hai proprio trovato». Egli disse: «Trova ora il nome del tuo antenato, del tuo antenato ancora che si trova nella tenda vicina! Quale può essere il suo nome?». Un tratto di cammino ho fatto: «Il mio antenato era dunque quello che siede sul tuono». I cento māntō batterono le mani: «Nostro figlio, ecco [l’] ha trovato, [l’] ha proprio trovato». «Trova ora il nome del tuo antenato che si trova nella terza tenda!». Di nuovo ho bussato: «Egli deve ben essere colui che tuona nel cielo». Ma ecco i cento māntō scattarono sui piedi: «Il figlio del padrone sciamano alla fine [li] ha trovati tutti!». Poi lo sentirono dire: «Cento māntō,

conducete le vostre renne al pascolo!». Naturalmente essi condussero le renne al pascolo. I cento māntō, così dissero: «Alzati! Il tuo tempo è giunto». Essi dissero: «Domani partiamo». Sette slitte prepararono, le ramificazioni sul muso delle corna sono come fuoco e tizzoni23. Il mio bastone di ferro ho spezzato. L’antenato dalla faccia lunga dicendo proferì: «Tuo padre si è risvegliato alla vita»24. Egli disse: «Muoviti dunque da questo luogo!». Davanti alla mia carovana presi a vagare. Per tre giorni ho vagato. Un giorno per metà vado vagando, le due [renne] dalla grande coda muovono le orecchie. La mia bianca pelliccia inchinandomi indossai, presi la mia briglia, incontro al sole rivolsi [la slitta] lungo il filo di ferro25, lampi guizzano dalle [renne] dalle cento ramificazioni sul muso26.

Sulla scala celeste, nella terra inferiore così facemmo ritorno27. Per tre giorni ancora abbiamo proseguito con la nostra carovana, il terzo giorno giungemmo. Il padrone sciamano sedeva nella slitta posta dietro la tenda. Il padrone sciamano dicendo proferì: «Il mio giovane figlio è giunto». Io staccai la carovana, la moglie dello sciamano insieme a sua nuora toglie i finimenti alle slitte. Il padrone sciamano si tolse la sua pelliccia, anch’io povero, la mia bianca pelliccia mi tolsi. La loro nuora [le] portò dentro, la figlia del viaggiatore28, nella parte posteriore della tenda distese il giaciglio, a terra di nuovo29 una stoffa ricamata distese. Il vecchio entrò, il padrone sciamano, depose i suoi vestiti, si tolse gli stivali, con la coperta sulle spalle si sedette. La figlia del viaggiatore si coprì con la coperta, i suoi legacci di ferro

sono come fuoco ardente. Il padrone sciamano ha sette garzoni, i loro capelli sono come la paglia nello stivale30, essi hanno sette mogli. Il padrone sciamano mi abbracciò, disse: «La tua forza è cresciuta a dismisura». Egli disse: «Per sette anni abbiamo lottato con lo spirito della morte31 nelle profondità della terra l’ho cacciato, con i tuoni del cielo l’ho cacciato, nelle profondità della terra l’ho cacciato. Mentre noi mangiamo, non c’è [tra noi] alcun rancore. Egli disse: «Sette servitori celesti, di più non ho nulla da dire». Questo solo [è], questa è stata la mia ricerca.

CORO ESTATICO DI SCIAMANI

Raccolto originariamente da Donner, riportato su nastro da Diószegi nel 1957, questo testo è stato definitivamente pubblicato in GÁLDI, 142-144 (ed. ingl., 132-134). Esso riveste un interesse eccezionale: è uno dei pochi esempi di cori sciamanici collettivi a noi noti. La partecipazione corale dei presenti e dell’assistente si fa vieppiù serrata fino a raggiungere il climax estatico. Il coro nell’originale presenta un «ritmo simile a litania» (Gáldi), la cui monotonia contribuisce al montare dell’estasi. Area nenets.

Sciamano della sacra tenda! Forte, assai forte, forte sciamano! Grande, grande sciamano! Grande sciamano della sabbiosa lingua di terra!32 Sciamano, lo sciamano! Sciamano che fuggi [gli spiriti]! Che cosa ha detto, lo sciamano? Che cosa ha detto, lo sciamano? Che cosa dice, lo sciamano? Che cosa dice, lo sciamano? Sciamano della sabbiosa lingua di terra! Sciamano dell’azzurrognola lingua di terra! Sciamano che canti! Sciamano della sabbiosa lingua di terra! Sciamano che canti! Sciamano dell’azzurrognola lingua di terra! Che cosa chiede, lo sciamano? Sciamano ricurvo! Che cosa desidera lo sciamano, il grande sciamano in persona? Grande sciamano della sabbiosa lingua di terra! Dove va lo sciamano? Sciamano del dorso della scure! Sciamano della sabbiosa lingua di terra! Sciamano della sabbiosa lingua di terra! Dove vuole andare lo sciamano? Com’è in realtà, lo sciamano? Che cosa dice, lo sciamano? Com’è in realtà, lo sciamano? Sciamano che cerchi! Sciamano ricurvo!

Dove vuole andare lo sciamano? Di quale città è lo sciamano? Dove vuole andare lo sciamano? Di quale città lo sciamano? Che cosa cerca, lo sciamano? Che cosa cerca questo sciamano?

LAMENTO CAMASINO

Questo è uno dei pochi testi sciamanici provenienti dall’area cama-sina a noi noti. Raccolto da Donner nel 1914, è stato pubblicato per la prima volta da A. Joki in appendice al Dizionario camasino di Donner (DONNER, Kamassisches Wörterbuch, 87) e definitivamente in GÁLDI, 135-137 (ed. ingl., 125-126), dove viene riportata la traduzione proposta da Lotz (J. LOTZ, Kamassian Verse, in «Journal of American Folklore», 67 [1954]). Anche questo testo si presenta alquanto oscuro.

Le mie nere montagne dove ero solito vagare, sono state lasciate indietro. Nella terra dove io vagavo è cresciuta l’erba d’oro!)33. Le mie nere montagne sono state lasciate indietro. Le mie bianche cime sono state lasciate indietro. [Tutta] la mia forza è stata lasciata indietro. Del mio grande clan, solo io sono rimasto. Della mia famiglia, io, solo e smarrito, sono rimasto. I miei laghi in cui ero solito pescare, sono stati lasciati indietro. Ora non li vedo! I pali della mia capanna sono marci, i miei vestiti fatti con corteccia di betulla sono tutti logori: sono andati.

IL RITUALE MEDODÈ Testo raccolto nel 1948 e pubblicato in DOLGIX, 96-103; tradotto in LOT-FALCK, Textes, 623-634. Il rituale medodè (o del«čum puro») era caratteristico degli entsi e degli nganasani (presso questi ultimi esso aveva nome madusja). Esso era legato alla fine della notte polare e aveva il fine di favorire la rinascita primaverile della natura ed il successo nella caccia, assicurare la fecondità femminile, preservare dalle malattie quanti vi partecipassero. Mentre lo sciamano circondato dagli anziani sciamanizzava nella «pura tenda», i giovani si allietavano all’aria aperta, facendo girotondi sulla neve, i maschi si esercitavano nella lotta, facevano conoscenza con le fanciulle, ecc. Tutto questo durava da tre a sette giorni. La descrizione della festa contenuta nel presente racconto si confonde con quella sulla leggenda circa la competizione tra gli sciamani. Ne è l’eroe lo sciamano Djabadea Ledovojko. Il suo rivale è Puryxoma, del clan nenets dei xarjuci. È interessante notare come, a giudicare da questo racconto, gli entsi identificassero l’Angara con lo Ienissei e conoscessero il lago Bajkal, da essi chiamato Nga-tudio («Lago divino»). Nel racconto è detto che i presenti colpiscono con un bastone il tamburo dello sciamano. Era norma infatti che per poter comunicare con lo sciamano durante la kamlanie, era prima necessario colpire con un piccolo bastone il tamburo dello sciamano.

Quando ero giovane, l’ho visto con i miei occhi e me lo hanno raccontato diverse volte. C’era un tempo lo sciamano Djabadea Ledovojko, xantaj34. In gennaio il sole esce dopo il periodo di oscurità. Il popolo in questo periodo era sparso dappertutto nella foresta35. Questo sciamano aveva dimora sull’alto corso del Pazojda36 […] Tutti si riunirono presso Lo sciamano xantaj. I baj37 non avevano un tale sciamano38. Il mese di gennaio se ne va, il sole si mostra appena. Questo sciamano Djabadea dice al proprio popolo: «Sarà necessario riunire gli uomini importanti, gli anziani39 e gli uomini importanti, gli sciamani, quanti ve ne siano». Ed egli inviò un uomo. «Che vengano. Devo parlare loro». Questo inviato andò per i čum […] Fissò la data in cui ci si doveva riunire, nel mese di marzo. «In quel mese, tutti gli anziani vengano. Ho desiderio di riunire il popolo». […] Giunse marzo ed il popolo venne, vennero cento anziani. Si sedettero in un unico čum. Vi sono sciamani, uomini ordinari, un po’ tutti. Per primo, prese la parola Djabadea: «Dove giocheremo? In quale terra?». Gli anziani dissero: «Dove giocheremo? Ci occorre un lago40. Si riuniranno molti giovani. Correranno intorno al xorej41, occuperanno molto spazio. Faranno la lotta, correranno sulle renne. In seguito è necessario riunire le fanciulle sulla riva

del lago. Ci occorre un grande lago». Lo sciamano disse: «Quali laghi ci sono? Io ho visto un solo lago in sogno42. Non conoscete questo lago? Esso è grande. Ha soltanto un promontorio. Questo promontorio guarda verso est. Dobbiamo erigere in questo luogo un puro čum43. Per questo čum facciamo delle nük44 nuove e dei nuovi pali». Un anziano disse: «Un tale lago esiste. È vero che l’hai visto in sogno? Da noi ci sono due catene montuose [dette] Buxuca. Esse guardano a est e proprio ad ovest c’è un lago con un promontorio». «L’hai visto con i tuoi occhi?». «No, no, l’ho visto in sogno». Egli, l’anziano, tutta la vita aveva abitato qui. Ecco l’immagine che gli era apparsa. «C’è, c’è un tale lago; noi ci recheremo là. È necessario fare un grande čum con parecchie nük affinché il popolo vi entri, e nel quale anch’io prenderò dimora. Coloro che possiedono degli šajtan45. vengano con quante slitte è possibile, e li portino in questo puro čum». [...] Transumarono, non fino al luogo in cui si doveva erigere il puro čum ma a qualche distanza da esso. Ora, alcuni uomini del gruppo dello sciamano cominciarono a fabbricare dei pali e delle nük, fecero il čum. Il loro čum è visibile come un cono montuoso proprio sul promontorio. L’indomani lo sciamano disse al suo gruppo: «Prendete il mio tamburo, la mia parka46, e portate qui quanti šajtan possiede ciascun gruppo». Essi vennero, tirarono tutte le slitte piene di šajtan; il tamburo, la parka dello sciamano, presero tutto […] Il terzo giorno il popolo si riunì. Là cammina una colonna, là cammina una colonna […] Si riunirono tutti in un solo gruppo. Fecero il čum. Ciascun uomo si fece un čum. Molti, molti čum. E la mandria divenne enorme. Gli uomini dei čum parlano allo sciamano: «Giocheremo a lungo qui? Quanti giorni all’incirca?». «Esattamente sette giorni, né più né meno47. Avete riunito tutto il popolo?». «L’abbiamo riunito».

«Se l’avete riunito, cominceremo domani. Ci alzeremo di buon mattino, è necessario abbattere sette renne: tre femmine e quattro maschi». Si alzarono di buon mattino. La giornata è bella. Uccisero sette renne e lui, lo sciamano, si recò nel puro čum. Due tetagudi48lo seguono. Ora egli penetra nel suo puro čum. Tutto il popolo si è riunito. Solo lui, lo sciamano, parla, nessun altro parla. Egli è entrato nel čum. Le donne naturalmente hanno acceso il fuoco. Due donne sono nel čum per cuocere il cibo ed alimentare il fuoco per gli ospiti. Dopo che il fuoco fu acceso, lo sciamano depose la sua parka, si tolse i bakari49 ed indossò il suo costume sciamanico50. Vennero portati degli šajtan in legno, in pietra, in ferro e šajtan di ogni tipo. Vennero ammassati in questo čum. Ogni šajtan viene appeso ad un palo del čum, da una parte e dall’altra. Lo sciamano siede nell’angolo anteriore, vicino al sie51. Qui gli viene preparato il giaciglio, sotto il giaciglio [sono] dei rami secchi. Quando lo sciamano si siede, dice ai suoi tetagudi che occorre attaccare il suo bastone dietro di lui. I tetagudi attaccarono il bastone. Sul dorso della parka dello sciamano c’è un anello. Da quest’anello parte una catena o una cinghia di cuoio. Agganciarono la catena all’anello e la tirarono su attraverso il bastone. Quando lo sciamano si alza in piedi, il tetagudi che sta a sinistra tira a sé la catena e lo sciamano allora compie un salto52. Lo sciamano prende il suo tamburo, si siede, intona canti. Lo sciamano dice: «Quanti šajtan hanno portato?». Rispondono che hanno portato sette slitte di šajtan. Nel suo gruppo ve ne erano tre. Le slitte con gli šajtan vennero disposte fianco a fianco. Così ci sono dieci slitte fianco a fianco. Lo sciamano dice: «A che distanza hanno disposto queste slitte? È necessario disporle per la lunghezza di due lunghe cinghie53. La slitta posta all’estremità sia a 65 metri di qui, che essi stiano con il naso in direzione di dove sorge l’aurora; occorre che tutti siano disposti fianco a fianco a sud del čum». Questo sciamano canta un’eternità, batte il tamburo. Batte il tamburo in modo tale che non si sente nulla all’intorno. Inoltre tutt’intorno a lui ci sono dei sonagli di ferro. Un tamburo nuovo, nuovo. Lo sciamano l’ha fabbricato poco prima. E il suo costume54 è nuovo. Egli sciamanizza e chiede: «Quante fanciulle si sono riunite?». Uno dei personaggi importanti tra i nuovi venuti rispose:

«Quante era necessario riunire: quattro volte sette55». Giunsero anche alcune giovani donne. Queste non vengono contate. «Quanti sciamani sono venuti? Ho bisogno di sciamani!». «Sciamani? Sette sciamani, a parte te. Tu sei l’ottavo». Chi risponde è l’erefonde56. Egli guida il gruppo, dice dove si deve transumare ecc. Questo erefonde era del gruppo dei nuovi venuti57. Sette renne, lo sappiamo, sono state già uccise. «Ora riunitevi e mangiate». E lo stesso sciamano intona canti, parla a tutti, dice: «Ecco da queste due catene montuose Buxuča si vede lo Ienissei. Me ne andrò in mezzo a questo fiume Aba, giù lungo questo fiume arriverò diritto allo Ienissei. Giungerò allo Ienissei e mi trasformerò in luccio. E risalirò lo Ienissei fino alle sue sorgenti. Resterò sette giorni in viaggio. Il settimo giorno farò qui ritorno. Ora ho bisogno di un altro sciamano. Dico la verità? Che essi mi controllino!58». Tutti e sette gli sciamani mostrano la loro forza, tentano di fermarlo e tutti lo lasciano passare. Egli passa accanto, accanto a loro. E tutti questi sciamani non sono in grado di sbarrargli la strada. «Ma c’è da qualche parte uno sciamano di un altro popolo. È necessario chiamarlo. Questo sciamano vive da qualche parte laggiù nella taigà. Il nome del clan di questo sciamano è xarjuči. Egli ha avuto un nonno jurak59. Mandate a chiamare questo sciamano, che venga. Se egli mi afferra, se mi sbarra la strada sì che io non possa uscire, io gli darò la mia renna di testa, quella che verrà uccisa quando io morirò60. Io possiedo anche una nük nera. Quando morirò, mi ci avvolgeranno dentro. Gliela darò se egli mi sbarra la strada. Lo si vada a cercare». Andarono. Un uomo, questo erefonde, andò a cercarlo. Non camminò a lungo. L’indomani al mattino fu di ritorno. Non dissero allo sciamano che l’uomo era stato condotto, egli non lo sa. Lo sciamano Djabadea salta, non vede nulla, intona canti, grida a gola spiegata. Ma ecco lo sciamano, venuto insieme all’uomo che era andato a cercarlo, entrò. Affinché non fosse visto, egli si sedette accanto alla porta in un angolo dietro a tutti. Lo sciamano Djabadea salta con tutte le sue forze. Ora lo sciamano sopraggiunto estrae la pipa, la riempie di tabacco. Egli fa guizzare il fuoco. Trovò l’esca [da fuoco], [l’] accese e pose l’esca sulla porta tracciando con la pipa una linea da ambedue le parti dell’esca trasversalmente alla porta. E lo sciamano Djabadea

salta, salta e all’improvviso cade a terra. Cadde sul giaciglio, giacque. Lo sollevarono. È come morto. Gridano, gridano, viene tenuto per le spalle come un morto. In seguito egli riprese a respirare e ricominciò a parlare: «Cosa mi è accaduto? Stavo per entrare nello Ienissei quando di fronte a me si è acceso un fuoco. Il fuoco brucia da sotto una terra ghiacciata. Volevo aggirarlo ed esso non ha fine. Il fuoco brucia su tutta la terra. Volevo sollevarmi al di sopra ed era come se non bruciassi. Cosa è accaduto o chi è venuto?». Ora uno dei nuovi venuti alzò il suo bastone e colpì il tamburo61: «Tu non sai nulla. Che sciamano sei tu? Come puoi discendere lo Ienissei se non hai visto l’uomo che è venuto?». Così parla e colpisce il tamburo questo stesso erefonde che è andato a cercare l’altro sciamano. «L’uomo che hai detto, è venuto». E lo sciamano xarjuči tace sempre. «Comunque sia, è necessario spegnere questo fuoco. Che sciamano sei? Quanto tempo attenderemo? È necessario distruggere o spegnere questo fuoco. Spegnerlo e andare sullo Ienissei62». Lo sciamano Djabadea saltò sui suoi piedi e di nuovo salta, salta. Dalla mattina alla sera e per tutta la notte egli saltò di qua e di là, da ogni parte. «No - si sedette e parlò - non posso. Che egli mi lasci passare. Ho una renna di testa e una buona nük. Che li prenda e mi lasci passare63. D’accordo, li prenderai?». «Li prenderò - disse lo sciamano xarjuči -. Se non li dài, è uguale, non ti lascerò passare; tratterai il popolo invano». «Consegnateli, fanciulli, andate fuori a cercare la renna e la nük. Che solo mi lasci passare». Questo sciamano xarjuci riempì di nuovo la pipa. L’esca che aveva messo in mezzo alla porta, questa esca brucia accanto a lui. Egli lanciò uno sguardo, vi sputò sopra e disse: «Se tu non puoi spegnerla, te la spegnerò io». Lo sciamano Djabadea ora salta e dice: «Ora me ne sono andato». Ora egli tiene il feto64 e salta. Egli colpisce il muso di ogni šajtan. «Ora ci hanno lasciato paşsare, andiamo tutti insieme65». Egli li risvegliò in questo modo66. Appena lo lasciarono andare, egli

discese lo Ienissei. Egli racconta ogni cosa ai suoi compagni. «Ecco un’izba. Dentro c’è un uomo. Ecco un’izba. Dentro c’è un uomo. Una volta giunsi ad un’izba, vedo che un uomo si alza. Egli cammina, va a vedere la sua rete. Mi avvicinai, non vidi la rete. Girai la testa, volevo accostarmi alla riva e caddi diritto nella rete. Essa era nera. Quest’uomo mi trova, mi mette con la rete nella barca, mi ritirò la rete dalla bocca. Aprii la bocca. Quest’uomo non è russo a quel che sembra, indossa soltanto una parka. Gli morsi la mano, mi ficcò tutte le dita nella bocca. Mi scosse finché la barca non si capovolse. Egli annegò ed io saltai sulla riva, e la barca se ne andò. Salii sulla terraferma, ridivenni uomo67. Là nei pressi ci sono tre čum in corteccia di betulla. Entrai in un čum. Due vecchi, un vecchio e una vecchia, gridano, piangono - Non abbiamo nessuno da mandare, il nostro ragazzo è annegato, abbiamo visto che è annegato. Chi manderemo? Non c’è nessuno all’intorno. Negli altri tre čum non ci sono che donne. Anche se le mandassimo, cosa farebbero? Il corpo è già lontano -. Andai oltre; non mi fermai mai, vado, sempre come luccio, fino alle sorgenti dello Ienissei». In seguito egli dice che è tornato indietro. Non ricorda quanto ha visto. Alle sorgenti dello Ienissei c’è un lago che ha nome Nga-tudio68. Egli fece ritorno di là. È all’altro capo dello Ienissei. Là è la città di Irkutsk. Di là, in seguito, egli fece ritorno. Ora noi parleremo di coloro che giocano sul lago. Che lo sciamano sciamanizzi69. Ogni giorno durante la festa giocano intorno al xorej, fanno il girotondo. Non si sente che il rumore dei loro giochi. Le fanciulle sono state lasciate libere. Le fanciulle si siedono sulle slitte sulla riva del lago. Le fanciulle occuparono quasi la metà della riva del lago, si distesero sedute sulle loro slitte. I ragazzi escono dal circolo, scelgono le fanciulle, le conducono per mano nel circolo. Inoltre, altri si raccolgono, si lotta a chi è più forte. l’erefonde venne qui: «Ehi! Ragazzi, smettete di giocare! Fa un freddo cane. Se almeno aveste i vostri sokui70. Senza sokui, ragazzi, è meglio interrompere il gioco. Dobbiamo giocare ancora due giorni. Se è sciamano, ci scaldi la temperatura. Se non la scalda, è inutile chiamarlo sciamano. Le nostre guance sono tutte gelate, la tempesta, il siver71 ghiaccia le nostre guance. Vado a dirglielo. Come giocare

se fa tanto freddo? Anche nel sokui si può gelare». L’erefonde entrò nel puro čum. Dette dei colpi di bastone sul tamburo72. «Che sciamano sei tu dunque? Coloro che giocano sul lago, sebbene indossino i sokui, hanno le guance tutte gelate. Se vuoi che essi giochino ancora, fai che sia caldo per giocare, affinché i ragazzi possano restare solo con le parka e le ragazze senza copricapo». Lo sciamano risponde: «Se vuoi, porrò rimedio. Solo bendami gli occhi». Egli aveva sulla testa il copricapo sciamanico con i rami di ferro. Sulla sua pelle sette uncini di rame di uno stesso foglio. Erano cuciti in modo tale da sporgere al di sopra della sua testa. Sulla spalla destra sette [uncini] in nara73 su quella sinistra sette [uncini] in kidio74. «Orsù, bendami gli occhi!75». Gli bendarono stretti gli occhi con un brandello di pelliccia, con il pelo all’interno così che non potesse vedere di sotto il naso, stretto, stretto. Questo erefonde lo bendò lui stesso. Egli disfece anche i legacci del vestito dello sciamano, tolse ciò che lo copriva. Lo sciamano restò coi soli pantaloni, in bakari76, senza camicia. Uscì fuori. Lo sciamano parla al suo unico tetagudi: «Tieni il tamburo. Seguimi e guarda. Laddove andrò guardami in quella direzione». Cominciò a muoversi. Uscì dalla porta. Si mise a guardare attraverso la benda. Inclinò la testa verso il nord, cammina a ritroso verso il sud. Egli va diritto incontro al vento, camminando a ritroso. Giunse laddove erano disposte le slitte, giunse alla slitta più lontana piena di šajtan, come se avesse gli occhi di dietro. Si avvicinò alla slitta più lontana, prese uno šajtan e lo pose sulla slitta. Poi si volse di spalle verso un’altra slitta e prese allo stesso modo degli šajtan da tutte e dieci le slitte. Nudo tutto il tempo. Il siver soffia ed il sudore gli cola; tutti tremano di freddo ed a lui il sudore gli cola. Ora tornò indietro. Si allontanò in disparte. Ora si mise ad indovinare dove fosse il čum. Cammina, cammina. I ragazzi ridono. Gettano di traverso sul suo cammino una cinghia. Egli si ferma. Essi ridono. «Avrebbe gli occhi di dietro?». Lo sciamano parla: «Raccogliete la cinghia». Gettano un bastone. Egli si ferma, dice:

«Togliete il bastone, mi ostacola». Ma egli non vi cammina sopra. Da dove è uscito, là giunse diritto alla porta a ritroso, disse: «Ecco, a quanto mi sembra, la porta. Aprite». E così entrò a ritroso nel čum e neppure cadde nel fuoco. Aggirando il fuoco raggiunse il suo posto e si sedette. Ora indossa i suoi vestiti da sciamano. Canta: «Erefonde. Tu mi hai tormentato. Voi gelavate nei vostri sokui ed io andavo nudo. Guardate, non ho tremato. Se avete bisogno di calore, domani mattina, quando vi alzerete, ve ne sarà di sicuro». Andarono a dormire. Lo sciamano non esce dal suo čum. Gli altri escono. Solo due anziane donne restano con lui. Due anziane donne, non sue parenti. La notte [il tempo] è calmato. Al mattino apparve la luce dell’aurora, il sole si levò. Al mattino, si alzò una donna, carica il fuoco, dice all’altra: «È calmato. Sarà comparso un qualche nuvolone nero». Ora esse lo dissero allo sciamano. Lo sciamano si sedette. Cominciò a mangiare, dice: «Se è apparso un nuvolone nero ci sarà la pioggia». In tal modo parla con le donne, mangia. «Ieri lo avevo previsto». Ora giunse il popolo. Il sole era già alto. Mentre egli mangia, una nube coprì tutto il cielo, coprì il sole. Il popolo viene, dice: «Che caldo terribile! Si può andare senza sokui». Si dissero l’un l’altro: «Egli è veramente uno sciamano!». Un altro dice: «Come potrebbe non essere uno sciamano? Ieri andava nudo e noi gelavamo nei sokui. Egli si è riscaldato non si sa come». Quel giorno il popolo si riunì di nuovo. Si misero a giocare. Lottano e fanno un circolo. Cantano: «Xi-i oj! Xi-i oj!». I ragazzi giocarono, giocarono. Due giorni passarono. Domani è l’ultimo giorno. Lo sciamano dice rivolgendosi all’erefonde: «Oggi è l’ultimo giorno. Quante famiglie di ingrassati77 abbiamo qui?». L’erefonde dice: «Abbiamo molti ricchi. Uno possiede circa mille [renne], un altro meno.

Più di mille nessuno ne possiede». «Quante in tutto?». «In tutto tre uomini possiedono circa mille e più [renne]. Alcuni hanno trenta renne, cinquanta renne. Questi vivono poveramente». «Di questi tre uomini che ognuno attacchi sette renne. Io ho tre slitte di šajtan. Vi attacchino sette renne. E con le slitte di šajtan che restano fate così: quando sarete a casa vostra, voi che possedete degli šajtan, scegliete ciascuno una renna. E attaccate questa renna alla vostra slitta di šajtan e imprimete un marchio su di esse e non attaccate più questa renna78. Marchiate la renna šajtan così. Ora, quando partirete di qui, disponete ciascun šajtan, attaccate una renna a ciascun šajtan e uccidete una renna per ciascun šajtan e ungete di sangue il naso dello šajtan, e voi stessi mangiate la carne». L’ultimo giorno passò. Tutto il popolo si preparò a transumare. Alle slittešajtan vennero attaccate sette renne. Questo perché lo sciamano aveva sciamanizzato una settimana intera. Nel gruppo dello sciamano vennero pure uccise tre renne, vennero unti di sangue gli šajtan. Ora venne smontato questo čum puro. Nel luogo in cui era stato acceso il fuoco, uccisero una renna. Fu l’erefonde ad ucciderla. Tutto il popolo mangiò di questa renna. La testa di questa renna venne lasciata su di una pertica posta sul promontorio. Le teste delle tre renne con il cui sangue erano stati unti gli šajtan, furono pure innalzate su di una pertica. Vennero piantate in tutto quattro teste, tutte di renne maschio. Venne tolta loro la pelle. Ora lo sciamano dice a questo erefonde: «Tu, prendi sette renne del mio e del tuo gruppo: tre femmine e quattro maschi. Che le loro pelli restino su di loro e che non venga tagliata loro la testa. Prendete solo la carne e le ossa. E queste spoglie con la kamos79 e la testa siano poste laddove io ho sciamanizzato, dietro al luogo in cui sorgeva il čum80». Così fecero. Quattro maschi dette l’erefonde, tre femmine lo sciamano. Lo sciamano disse: «Ora tornate nei vostri luoghi. Vivrete bene. Caccerete, riporterete una renna selvatica, una volpe bianca, una pernice, una lepre. Tutto ho ottenuto dal dio. Ho sciamanizzato per sette giorni, ho chiesto al dio il talan81». Il popolo se ne andò ed anche lo sciamano transumò da questa località e giunse laddove si trovava in precedenza. Si fermarono e tutti vanno a dormire.

Ecco che al mattino si alzarono. Lo sciamano dice: «Compagni del mio gruppo, se avete una trappola, o delle tagliuole o dei calappi, mettete i calappi e le trappole per le lepri. Ora la primavera arriva, marzo è finito, ci sarà presto dell’acqua. Ora caccerete bene, perché io ho sciamanizzato per sette giorni ed ho chiesto ogni cosa per me al dio. Se caccerete la lepre, la lepre sarà presa, se caccerete la pernice, la pernice sarà presa. Si cesserà presto di cacciare la volpe bianca, ma in compenso presto pescheremo. Ho attraversato lo Ienissei e portato del pesce». Naturalmente cominciarono a mettere calappi per le lepri. Tutti misero trappole per le lepri e cacciarono. Tutti presero pernici e lepri. Presero poche volpi bianche e presto tolsero le trappole. Di lepri ora ne presero, di pernici pure. Tutti si misero a mangiarle. In seguito l’acqua cominciò a scorrere82. Allora il vecchio sciamano disse: «Bisogna pescare nel fiume il pesce di passaggio». Molto pesce presero nel fiume; il pesce nel fiume corre come l’acqua. Cominciarono a gettare le reti. Del pesce di passaggio ne presero tanto che tutta la riva ne fu colma lungo il piccolo Xeta83. Fecero seccare il pesce, in quantità enorme. Per tutta l’estate [lo] fanno seccare, a tal punto [lo] fecero seccare che abbandonarono addirittura la pesca. Allora mangiarono il pesce insieme con il pane. Ora arriva l’autunno. «Dobbiamo tornare alla nostra terra a Golcixa». Cominciarono a transumare verso Golčixa e [le terre dei] xantaj e dei baj. E i muggadi84 e gli juči85 restarono là. Camminarono molto o poco86 e giunsero a Golčixa. Là si fermarono. Dalla foresta presero gli sci e i bastoni. Cominciarono a cacciare le renne selvagge […] L’inverno fecero ritorno nella foresta. Fine. 1. Num pāw «albero di Num», è l’albero sciamanico. 2. Lo sciamano e i suoi spiriti adiutori. 3. La lucertola è un animale spesso invocato dagli sciamani samoiedi. 4. Il sangue uscito durante il parto. 5. La dimora di Num. È interessante sottolineare come il nome dell’Essere supremo samoiedo derivi, attraverso mediazione iranica, dal greco νóμoς! 6. «Padrone» nel senso di «padrone di casa, capofamiglia» (tētta). «Sciamano» è tād′ib′e. 7. Perifrasi per dire «È necessario offrire una vittima per il suo corpo (cioè per la guarigione del suo corpo)». 8. Sorta di giacca di pelle con il pelo all’interno. 9. Cioè egli le uccide. Cento è ovviamente numero iperbolico. 10. Il senso è che egli ha fatto un passo avanti sulla via della guarigione del padre. 11. Cioè: corrono veloci. 12. Espressione enigmatica.

13. È il palo simci, per cui vedi oltre. 14. È l’apertura superiore della tenda, assimilata all’ingresso nel mondo superiore. 15. Immagine consueta nella descrizione del viaggio sciamanico nel mondo superiore. 16. È il palo centrale della tenda, sacro allo sciamano in quanto axis mundi. 17. Spiriti degli antenati. 18. Xäengō jōntōre, appellativo generico degli antenati sciamanici. 19. Formula che equivale ad uno scongiuro al tamburo perché assecondi i desideri dello sciamano. 20. Sottinteso: di potenza nello sciamanizzare. 21. Cioè una forte presa di tabacco. 22. Sono, questo e i seguenti, gli antenati-spiriti adiutori. 23. Vuol dire che le renne corrono veloci. Stesso senso ha l’affermazione successiva. 24. Il viaggio ha avuto buon esito. 25. Espressione non chiara. 26. Le renne corrono veloci. 27. Lo sciamano e i suoi spiriti adiutori fanno ritorno sulla terra. 28. Figlia acquisita della progenie sciamanica. 29. L’avverbio temporale sottolinea il ritorno della vita dopo la malattia. 30. Cioè biondi. 31. Ngā, lo spirito della morte sotterraneo. 32. Questa e diverse delle espressioni dei versi seguenti risultano oscure, tanto più che, come spesso accade, è assente nell’edizione dei testi qualsiasi apparato esplicativo. 33. Le parentesi sono in Gàldi. 34. Clan enets. 35. Alcuni gruppi restavano tutto l’anno nella foresta; altri si recavano in estate nella tundra. 36. Fiume. 37. Clan enets. 38. Senza dubbio di categoria superiore; i samoiedi avevano diverse classi di sciamani. 39. Cioè gli adulti. 40. Naturalmente ghiacciato. 41. Bastone ferrato con l’aiuto del quale vengono guidate le renne. 42. Lo sciamano samoiedo, come quello siberiano in genere, assegna al sogno un’importanza centrale. 43. Qui lo sciamano sciamanizzerà durante i sette giorni di durata del rituale. 44. «Copertura». 45. «Il termine viene da lontano. Le parole viaggiano ma non ricoprono dappertutto le stesse nozioni. šajtan che ha il significato di «demone» presso i musulmani (il” Satana» dei cristiani) designa, presso i samoiedi ed altri popoli della Siberia, delle immagini di spiriti di tutte le forme e materiali. I samoiedi, uno dei popoli più «idolatri» della Siberia, ne possedevano grandi quantità che trasportavano su slitte sacre cui le donne non avevano il diritto di avvicinarsi» (Lot-Falck). 46. La veste, il costume sciamanico. 47. Sette è il numero sacro dei samoiedi, l’unità base per tutti i numeri con significato rituale. 48. Assistenti. 49. Calzature in pelle di zampa di renna. 50. O meglio i paraphernalia, cioè, oltre al costume vero e proprio, i sonagli, le campanelle e gli altri oggetti rituali. 51. Canna d’aerazione. 52. «Il tetagudi svolge in definitiva il ruolo di cocchiere che guida un animale, benché qui non sia formalmente esplicitato. In linea di principio queste redini servono essenzialmente ad impedire che lo sciamano cada, cosa che sarebbe di cattivo augurio, ma lo sciamano, durante la seduta, è rappresen tato

volentieri come un animale - renna o cavallo - scalpitante che colui o coloro che tengono le redini in mano guidano e sostengono insieme. Sembra che presso certi popoli una volta fosse uno sciamano a fare funzioni di cocchiere e non un semplice profano» (Lot-Falck). 53. Circa 64 metri. 54. Cfr. n. 3, p. 572. 55. Numero rituale. 56. «Colui che guida». 57. Cioè di quelli che vengono dalla tundra, estranei quindi al gruppo dello sciamano. 58. Lo sciamano sfida gli altri sciamani a verificare il suo potere, opponendosi a lui, sbarrandogli il cammino. 59. Altro nome per nenets. 60. Perché gli serva da cavalcatura nell’al di là. 61. Cfr. l’introduzione. 62. «Il fiume è la grande arteria che mette in comunicazione i diversi livelli dell’universo; la sua sorgente è nel mondo superiore, la sua foce nel mondo inferiore. Per giungere in cielo lo sciamano deve risalire il corso. Sbarrargli la strada significa impedirgli di compiere il viaggio, vitale per tutti i samoiedi riuniti» (Lot-Falck). 63. Lo sciamano riconosce la sua impotenza, ma non rinuncia alla sua impresa. 64. Mazzuolo del tamburo sciamanico. 65. Gli šajtan lo accompagnano. 66. «Gli spiriti dormivano all’interno del loro involucro materiale e si svegliano all’invocazione dello sciamano per unirsi a lui. Da notare che lo sciamano utilizza qui gli spiriti che non sono i suoi adiutori abituali, che provengono da diversi gruppi e gli sono dunque a priori estranei, ma sui quali fa presa poiché si tratta di un’impresa di interesse collettivo ed è giusto che vi cooperino tutti gli spiriti» (LotFalck). 67. Egli era stato pescato sotto forma di luccio. 68. Cfr. l’introduzione. 69. «L’interesse si sposta ora dallo sciamano, l’azione si svolgerà d’ora in poi su due piani. Noi non sapremo nulla delle peripezie ulteriori del viaggio. È come se lo sciamano faccia delle ricognizioni, si assicuri il libero passaggio poi torni indietro e riparta ogni volta da zero. Sembra in ogni caso che d’ora in avanti egli opera solo con i suoi assistenti o davanti ad un uditorio ristret to. L’informatore seguirà la manifestazione collettiva la quale ha pure la sua importanza. Ci si aspetta evidentemente da questo gioco una qualche efficacia. L’azione è parallela a quella dello sciamano e la completa; questo grande movimento deve in qualche modo contribuire all’efficacia del suo andamento. Questa concentrazione, questo spiegamento di gioventù viva attestano la vitalità degli uomini, riattivano la natura in questo periodo di gestazione, favoriscono e suscitano il rinnovarsi delle energie dopo il lungo sonno invernale. Il ritmo del girotondo incessante aiuta il sole che rinasce a riprendere il suo corso» (Lot-Falck). 70. Pesante vestito di pelliccia, con il pelo all’esterno e cappuccio. 71. Il vento del nord. 72. Cfr. l’introduzione. 73. Rame rosso. 74. Ottone. 75. Sì da poter vedere con gli occhi dello spirito. 76. «Da una parte, egli non ha più bisogno del suo costume sciamanico, poiché non compie un viaggio negli altri mondi; dall’altra, intraprendendo un’azione contro il freddo, egli dimostra la propria capacità di resistere alla temperatura» (Lot-Falck). 77. Cioè ricchi. 78. Essa veniva in tal modo resa sacra; l’uso di consacrare animali era diffuso in tutta la Siberia. 79. La pelle delle zampe. 80. Una parte delle renne viene consacrata e l’altra sacrificata agli šajtan.

81. «Favore; buona sorte». 82. Con lo scioglimento dei ghiacci. 83. Fiume. 84. - 85. Clan degli enets. 86. Espressione che equivale a «per un certo periodo».

UGRICI CANTO DELLA VOCAZIONE OSTIACO

Testo pubblicato in FINDEISEN, 106. Kinggät1 mi ha affidato

i suoi spiriti dell’aria, oh, voi gente, questa è la fine dell’ultima parola. Un tempo un grande sciamano mi affidò le sue parole, ora vengono a me le parole di Ülgkn2. Un tempo io ero senza memoria, un tempo io dissi anche la fine dell’ultima parola, come egli me l’ha trasmessa. Alla fin fine [lo sciamanizzare] è un tormento3. Bogdigir Kinggät visse un tempo. Un tempo queste parole non erano in me. Prima esse erano come un ago, che viene appuntato nel cuscinetto degli aghi. Da dove prendete voi4 tutte queste parole? Non vorrei ingannarvi, voi gente! Io ho visto come si sciamanizzava un tempo. Ora è là una piccola anatra5, ora essi parlano là6. Ora io non so perché essi lassù schiamazzano7. Ora vedo il comignolo della casa di un künč8, egli ha appena gettato uno sguardo dalla terra! Nel cielo sono i corpi di piccole anatre come nubi9.

1. Bogdigir Kinggät è l’antenato sciamanico, da cui lo sciamano Dupdullang Kamoski riceve gli spiriti. 2. Uno spirito. 3. Il «dono» sciamanico è in realtà fonte di grande sofferenza. 4. Rivolto agli spiriti. 5. L’anatra (e l’oca) sono tra gli spiriti adiutori più frequenti dello sciamano siberiano. 6. Gli spiriti-anatre. 7. Sempre gli spiriti-anatre. 8. Spirito terrestre che ha la propria dimora nelle radici di un larice. 9. Assai numerose.

ELENCO DEGLI ETNONIMI *

altai (altay) buriati (buryād) camasini (kaηmaaž)1 camciadali (xončalo) [altra denom. degli itelmeni] caragassi (qaraγas) casakhi (r. kazaxi, ma autodenom. qazaq) cheti (ket) chirghisi (qïrγïz) ciukci (r. čukči, ma autodenom. an’kalyt) coriachi (korak) dolgani (dolγan) entsi (r. ėncy, ma autodenom. xantaj) eschimesi (r. ėskimosy, ma autodenom. juγyt, jupiyyt) eveni (әven) evenchi (әvenk) ghiliachi (gileke) goldi (gold) [altra denom. dei nanai] iacuti (r. jakuty, ma autodenom. saxa) itelmeni (itelmen) iucaghiri (r. jukagiry, ma autodenom. wadul, odul) khacassi (xaqas) khalkha (xalxa/qalqa) nanai (nanay) nentsi (nenec) nganasani (r. nganasany, ma autodenom. nja) nivkhi (nivx) [altra denom. dei ghiliachi] oroci (r. oroči, ma autodenom. nani) ostiachi (r. ostjaki, ma autodenom. hanti) sciori (šor) selcup (sölkup) tagichi (toǧik) tofa (tofa) [altra denom. dei caragassi] tuvini (tuba) turcmeni (türkmen) udeghei (ud ) uiguri (uyγur) uiguri gialli (sarïγ yuyur) usbechi (özbek) * Alla forma italianizzata usata nella presente edizione segue tra parentesi tonde la trascrizione scientifica dell’etnonimo. Nei casi in cui la forma italianizzata renda quella russa, si danno tanto la forma russa quanto l’auto-denominazione. 1. η si pronunci come ng.

INDICI

INDICE DEI NOMI Abagaldai. Abaqan. Abarga. Abarga Sagān Noyon. abāsϊ. Abayoš Tängärä. abdāl. Abdi Darun e Berun. Abduraxmon/Abdurrahmān. abïl. Abïlay. Abïyaš Qan. Aboši. Abramo. Abtay Xübǖn. Abu Qan. Abu Tobu. abucape. Abza. acquavite. Ačïy Qan. Adamo. Adïγan. agiyandyakīč. Ahura Mazdā. aibi. Āl Darxan Toyon. Āl Uxxan. Alag Sagān Noyon. Alaman. alančïq. alas. Alasa Qāf. Alaš. Aläš. Albasqan, v. Albastï. Albastï/Alvasti/Albasqan. albïs. alča. Aldačï. Aldan. Aldïs Qan. Alessandro Magno. Al’ganda arban gurban abtayžibtey Xübǖn.

A

alγïs. alγïy. ālïm-bïla. Ālïp Xandaγay. Ali. alma. alqïš sös. Altai. Altan Küriye. Altay Ǟzi Ākälär. Altay Qan. Alvasti, v. Albastï. Alya Xübǖn. Ambar. amhan. Amir ul-Muminin. Amithāba. Amman (Mare di). Ān Alaxčïn. Ān Uxxam Toyon. Angara. anγazi. Apanasa. Apurnaq. Aq Maral. Aq Taylaq. Aq Tošon Altay Sïnï. Aqpar. (al-)Aqṣa. aranγas. arbaγax. Arda. argamag. arγar qočqor. arγïn. Arï Darxan. Ariyabalu. Arqasqan. Arsan Duolan. Arslan Bab. Arstanbaq. Aru Küriye. arvax, v. spiriti. asa. Asar Tngri. Asγar. Astay. Asuyxan.

Ašïn Qan. Attor (‘Aṭṭār). aul. Auliä Ata. Aulie Ata. Avalokiteśvara. axis mundi. Axror. ayami. Ayanga. Ayas Qan. ay . Ay sït. ayna. ayran. Ayša Bibi. Ayur. Ayusi Buddha. aza. Azγaš Qan. Aziz.

Ä äbir xamïyax. Ädil, v. Volga. Ähäkǟn. Äksäy Mäksäy. älägä. Äläsin. älči. älči-bayla. Älišmān. Älläy. ämägän. Ämägän Čalu Gädäči. Ämägän Čalu Šanyop. ämägät. Ängkäy Qan. ängmä. Är Sadaq. äräsä. Ärilik. Ärkä Solton. Ärkäy Qan. Ärkin. Ärlik. Äžik Tängärä.

B

Badam Suqai. Badar Sagān Noyon. Badarangγui Doγsin Tngri. Badma Sambua (Padmasambhava). Badr Ata. baγsi. Bajkal. bakari. Balay Qan. Baltïsax Xan. Balx. Bančin Boγda. baqsï/baqsa. Barïlax. Barïlāx tardar. barïlγa. bars, v. tigre. basmala. Bastomi (al-Bistāmī). baš-tutqan/paš-tutqan. Battax Sarïn. Baxauddin. Baxsï. Bay Söm. Bay Ülgän. Bay Ülüp. Bayan Bismaq Tngri. Bayan Čaγan Tngri. Bayan ǰirüke. Bayanay. Bayat. baydara. Bayïsap. Bayiγur ǰalbu Čoyiǰing. Baymängkä. baytal. Bažir/Bažar Sagān Noyon. Bägič Ata. Bäk Asït. Bäk Ata. Bäkpän. Bäktan Ata. Bäläkät. bäräkallah. Bärdi Bay. Beluxa. berid. Beske.

bïalāx ätärbäs. Bigdān. Bodhisattva. Bodulung. Bog Šara. Bogdigir Kinggät. Bogdo Xan Ūla. bōgol. Bogoronc. bokčakīč. Bolonok. Boloy Qan. Boq Basar. bosxuruyū. boxolde. boyid. Boz Üläk. Božintoy. böge/bȫ. Börön. Bubei Beyle Xan. Bud Zayran. būdal, v. būmal. Buddha. Bulgan. Bulta Sagān Noyon. būmal/būdal. Bumba Baγatur Tngri. bura/būra, v. pūra. Būra Qan. burqan. Burqan. Burx. Burxisan. Butan Xatan. Butuxe. Buxa Noyon. Buxara. Buxori. Buyan. Buyaška. bǖrüktǟx son. Cagāday. «Califfi ortodossi». Cangalan. Cebekdorǰi. Corano.

C

costume sciamanico. Cöxrȫn.

Č čačqïš. Čadi. Čaγïr Qan. čal. čalū, v. tambure Čalvar Vačen. čam (/cam). č‘am. čamγïl. Chan-t’an-szŭ. Čanaγaš Qam. čapә. Čaplak. Čaqa Būdaq. Čaqbaq Ata. čara. Čara Bas. čarï. Čarïš. Čartï Salïγ. Čartu. Čašmai Barǧuš. Čayïq. čäčir. čägädäk. čängäl. Čäri Su. Čäzim. Čengeltü. Čïlγï Qaraǧang. čimar (oca). Čïmay Qan. čïmïn. čïmïr. Čïng Qurlung. čiltän/čiltan. čimir-čamïr. čimka. Chin-ku-szŭ. činǝkǝ. Čingiz Qan/Xan. Činvat. čolbu.

čolvan. Čomčo Qam. Čompo Sülügästǟx. Čompolūn. čonko. Čorčinor. čorγo. čorōn. Č’os-skyoṅ. čöčäy. čȫči. čörǧī. čubar. čulbus (/šulbus). čum. Čūpon Ata.

D dabïl. daγudalya. Dalai Lama. dalanga. dalbar čabïčax. Dalha Dunǰin Garbo. Dambarai. Damdin. Damǰin Čoyiǰing. Danšā. daraguš. daribdyakīč. Daulbay. David. Dayan Dērxi. dǟ/däu, v. spiriti. dǝlk n. Debačan. delberge. Demčuγ Sandi. Deserto dei magi. dev, v. spiriti. dinggini. Dīvān-i luyāt-it Türk. Diyanči Lama. Djabadea Ledovojko. dolbonīktī. dombra. Doniyor.

Dossïbay. doyra. dȫgä, v. spiriti. Döldöy. Döltö/Dülete Sagān Noyon. duana. Duy. Dul Sagān Noyon. Dūlaγa Xotun. dulγa. Dulinča. dun dun. Dundradi. dungqai-dangqai. Dupdullang Kamoski. Durgā. düngür, v. tamburo. Dülete Sagān Noyon, v. Döltö Sagān Noyon. dyunī(/dyukan). dzaysang. Džambul. D’ayïq, v. Yayïq. Ǝkšǝrī/Ǝksǝrī. Ǝngdǝkit. ǝtulkǝ. Eǰn Qoriy-a. eizi. Elia. Ëlig Moylig Egeši, v. Eylix Mūlix Egeši. Erdeni. Erdeni uu. erefonde. ergeni. Erǧintey. Erlig/Erlik. Eršin. Esege Malān Tengri. Eva. Exe Yuran Tengri. Eylix Mūlix Egeši. Eželxin. ežen. fanya/panya.

D’ Ǝ

E

Fedotov. feto. Fotima (Fatima). Galdan Oyrot. Garudi/Gard (Garuḍa). gaša. Gegen Süme. Geser Qan. gilgǝ. Golčixa. Golovačeskij. goyodahič. gulānčǝdǝkīč. Gūlin Xan. Guriwul. Gūtar Tengri. Gužir Sagān. Gümbäz Daggār.

G

Güng albu Čoyiǰing. güngǰü. günxür-günxür. Γangγa Γalbin. Γavs ul-A‛zam. Ǧa‛far aṣ-Ṣādiq. Ǧaγalbay. ǧamda/ ǧanda. Ǧamil. ǧanda, v. ǧamda. ǧälmaya. Ǧïrantay. Ǧiardino d’argento. ǧigit. Ǧiloni (al-Ǧīlānī). ǧinn/ǧin, v. spiriti. Giobbe. Ǧipār Älči. ǧiyda. Ǧomi (Ǧāmī). Ǧonmardi Qassob. Ǧoqang Erembočen. Ǧuma Bay. Halbay.

Γ Ǧ

H

Hamulan Qan. hargi. Hāri. Harxisān. Hayagrīva. hǝmǝkǝn. Heterxen. Hiwuña. Hoxor. Hoxor Xara Köstö. Hȫmey. Hömör/Hümer, v. Sumeru. Hung-shan. Ïnaxsït. Ïngïltaq. ïsïax(/ïhïax). ïtïk sïlγï. Iärägäy Baxsï. Iäyäxsit. ičči. Ienissei. ik nipk . ilbǝdǝkīč. ilbis Xān. ilčï(/elčï). ildrǝm čipk . imom. inau. Ingīr Ärbäx. Inǧen. irkeje. Irkutsk. Irtyš. Isägäy. Isrāpil. Isxoq. Išbošim. Iwǝlčǝ. iyä-kïl. iyǝg. Jakutsk. jambu(dvīpa). jang-pang.

Ï

I

J

janra-kalat. Jasačna. jengecuope. jouje.

ǰ ǰabaka. angča. angǰiya Gegen. ǰangsalai. ebcundamba Qutuqtu. ïlïk K s. ǰoliγ(/ǰoliya). uuqačin-Ayil. Ka‛ba. Kālī. kamlanie. kamos. Kao-tai. Kashmir. Katun. käbi. käčil. Käčkil. Kädäy Qan. Kǟlǟni. Känäki. Kämčik, v. Ienissei. Kängraq. Känt Buγa. Kär Balïq. Kär Omazï. Käräldäy. Kärgädäy. kärgil. Kät. kǝštǝr. keden. Kereke-polud. Kiäng Kiäli Bālï Xotun, Kim Sürgü Yütünän Sürgü. kinr. Kirbi Qan. Kirbi Tay. Kitāb-i Dede Qorqut. Kokuev.

K

Kolyma. kongokta. kori. Korkodon. Kögö Möngkö. Kökänäy. Kökčö. Kökȫnöy. Kök Kökü. Kölböy Qan. könök. Körbät. körmös. Kȫsär. Köstöy. Kȫš Qara, v. Qara Quš. Kubay Xotun. (al-)Kūfī. kukul. Kulunkun. kumis. Kunkat. Kuraγačči Sǖrük. Kuralay Bärgän. Kurtuyaxxān. kut. kutud kīč. Külük Süödär. Kün-Ayas. künč. Kündüs Qan. Künǰi Yamun. Küö Dalaya. Küriye. küsängä. Lago di latte. Lago d’oro. Lago rosso non visibile all’occhio. Langar Ata. Lao-ho-dung. Lata e Manat. launčig. Lännig Sïn. Lena. Lhasa. Libro d’argento. Libro d’oro.

L

Libro delle azioni. Ligdan Qan. «lingua degli dei». «lingua segreta» sciamanica. luntang. luo. Luqman Xakim. Madagan. Madre fuoco (Ot Änä). Maidari Gegen. malica. malia. malu. mam. Mampïy. maṇḍala. mandau. Mandïrïšqa Qužugätä. Mandusiri/Mansir. Manïš Qam. Mankovo. Mansar Qam. Mansir, v. Mandusiri. mantō. manyaq, v. costume sciamanico. Maometto. Mapasa. Maqagala. Maqam. mar, v. tigre. Maral Aγa. Maržan. māš-māš. Materanǧin. Maxsum. Maxtum A‛zam. May Änä. Mayγïl. Maymūnä. mazar. mazzuolo (del tamburo). mažalïy. Märäy Tanaš. Märgän. Märkit. märküt/mürküt.

M

mǝlkǝn. Mecca. Medina. medodè. melïn. Meru. Metki. mevlevīyya. Mïtqa. Mila Kögčü. Milarepa. Mitäm. Molda Qïz. momo. Mongγolǰin. Mongγur Qan. Mongγusoy Qam. Monzo. Mordo Qan. Mordoq Qan. Mosol(/Mohol). Motxi. Mukden. Munčuq Qan. Mundarga. Muńńas Toyon. munoǧot. muri. Musïγan Qan. Mustay. mušun. mürküt, v. märküt. Mürküt Toroy. Myamendi. Nam Serščap. Namangan. Namsra. Naran Mansir. gNas-č’un. Nāt-Äli. Naydan. naygūr-naygūr. Nayiǰung Čoyiǰing. nayza. nayža. Näk Bärgäsä. Nälbäy Iäyäxsit.

N

Nelboš. Nemrod. Nga-Tudio. Niawaje Aji. nimngakān. Noè. nogdije. Noxoy. Noyon Bāvay Tenger. Nukut. Num. Nur Ata. Nut Sagān Noyon. «nutrimento degli spiriti». nük. Nüxür Xara Xara. Ob. obo/ovō. Obogon. odigon, v. uduγan. «offerta al cielo». Okà. olox. Oloy. omi. Omoγoy. ongγon/ongon. Ongγustay Qulduraq. ongon, v. ongγon. «ongonizzazione». Ongoy. oni. Onxotoy. Oqtu Qan. orbu/orba, v. mazzuolo. Ordos. Orif. Orsoq. Orto Qan. Osqot. Otqon. Otrar. ovō, v. obo. Oymoq Arū. Oyrot Tängärä. oyūn. Oyxon.

O

Paduqay. Paγdaš Qan. paγïr. panda. Panda. Panǧšir. panya, v. fanya. paganï. Paqtïγ Qan. paraphernalia. Paraša. pari, v. spiriti. parka. Parpi Ata. paš-tutqan, v. baš-tutqan. Paštïγan. Pay Qayïng. Pay Täpsäng. payana. Paygüz. payna. Paysïn Qan. paytal. Pazojda. Pälägäš Qan. Pärbi Qan. päri/pǟri, v. spiriti. pǟrixōn. Pe-har. Peyran. Pïra. Pïrču Qan. Pïrqan, v. Purqan. pir/pīr. Poγoš. poysï. Polštop. potqo. Poytoy. pozo Qočazï. Pozoγo. Pönök. Pörüči Qan. pörük. Pras. P’u-to-shan.

P

pūdaq. Pūday Qan. Pūra/bura/būra. Pūra Qan. pūra-saqčï. purbu. purček. purqan. Purqan/Pïrqan. Purul. Puryxoma. Pustaγ. püdüži. Qablan. Qabudpuš. Qačï Qam. qadaγ/xadag. Qadïylbaš. qādirīyya. Qaf/Qof/Qap. Qafšer. Qalpas Qam. qaltar. Qaltïla. qam. Qamar Toγäči. Qambar. Qambo. Qanaqay. qandïq. Qangγai/Xangai. Qap, v. Qaf. qāp-qōsīn. Qaqïr Qam. Qara. Qara Bas. Qara Kiš. Qara Kören. Qara Kȫš, v. Qara Quš. Qara Qam. Qara Qoša. Qara Quš. Qara Quš/Qara Kȫš/Kȫš Qara. Qara Šurlu. Qaraman. Qaramas. Qaramurt Ata.

Q

Qaraq. Qarasaqol/Qarasaqqol. Qaraš Qam. Qaraxan. Qarbalo (Karbalā’). Qarïm. Qarlïq Qan. Qaršït. Qartïš Qan. Qasï Bäk. qataraγa. Qavs Ata. Qayang Qayirawa. Qaybärän. Qayïp. qayïrčaq. Qayraqan. Qaytūs. qazdïγ. Qazï Qurt Ata. Qazïr Qan. Qïčqïl Qan. Qïdïr. Qïm Sečin. Qïsuγan Tängrä/QïzïYan Tängära. qïštïγ. Qïylu Qan. Qïz Änä. Qïzïyan Tängärä, v. Qïsuyan Tängrä. qobču. Qobor. qobuz/qomuz Qoča Qan. Qočqar Ata. Qočqor. Qof, v. Qaf. Qoldïqan. qomuz, v. qobuz. Qong Baγatur Tngri. Qongγïs. Qongγulday. Qoqaman. Qorlot Pïroči. Qormusda Tngri/Xurmast Tenger. Qorqut. Qostu Qam. Qoša Bay. qotoq. quday.

Qudurγuy. Qūyasïq. Qulačar. Qulačï. Qulay Qan. Qulunda. Qunduz. Qurbustan. Qurγay Qan. Quruldaq. Qurultay Qaγïr. Qurušmān. quspaq. qut. qutb. qutuqtu. Rabboni. Ravonaq Ata. Rǧaqar. Rumi (Rūmī). Rupuš. Rušnoi.

R

S saba. Sadr Ata. Sadrieva. Safi. Sagdān. Saiani. Sain Noyon Xan. sal. salamat. Salomone. samaγa. Samarcanda. Sambhal Buddha. Samsonov. sandïq. Sangγïs. Sanïsqap. säq/saq. Saqqo. Sar Xara. Sarγa Qam. Sarï Azban. Sarï Čïmïš. Sarï Qïz.

Sarï Tanγalay Ālïp Sägäyän. sata. Sax. Saxaj. Saxiǧon. saxoba. Säksän Čoq. sälä. Semon. Sïbalǰïn. sïyït. sïman. Sïngγïrlïq. Sïrana Külük. sïrïq. Sibiä Syäydän. sidrät ül-müntähā. sie. Sinilikä Kuo. Sinkän. Siralǰai. Siremün/Siremel Ökin Tngri. siri ihit. Sirmaγ Ökin Tngri. Sō Qan. sokui. Soley. Solingud. Soloγoy Qam. som. Som Sagān Noyon. soyir. Soyon Qam. söltü. Sömbör, v. Sumeru. Spiridonov. spiriti (sciamanico-islamici: arvax, dev/dǟ/däu/dȫgä, ǧinn/ǧin, päri pari/pǟri). Spirito della soglia. Spirito della taigà. Spirito-signore del fuoco. Spirito-signore delle acque. Spirito-signore dell’Aitai. Spirito-signore della fiamma. Stompa Šïqča Tova. Su-chou. Sukhāvatī. Sulay Qan. Sultan Qan.

Sultan Qara Bäk. Sumer/Sumïr, v. Sumeru. Sumeru. Sumaqča. Sunaq Ata. Surbay Qam. Surdïn Qam. surγun. Suzu. Sügü Toyonton. sülde. Sümbülä. Süme Xušūn. süng sörüö. Süngkän. sür. Sürdäx Käptäx. sürey. sürgäk. süri. Sürö/Sürün. Sürüg. Sürün, v. Sürö. sürün äzä. Sym. Syr-Dar’ja. Śamvara(/Samvara). śimcī. Šabarta. Šagša Sagān Noyon. Šaγay. šajtan. šangqï. šanïl. Šantān. Šaqāqul. Šar-gudïr. Šara. Šarap. Šarga Xan Noyon. Šatiixan. Šaxrobonu. Šäyx Burxi. Šiheyza. šildattin.

Ś Š

šinadǝkīč. Šināyǝtǝn. šingk l pk . šivšleg. Šobxonok. šoqar, v. tamburo. Šoxi-Zinda. Šölpök. Šubūn Noyod. šušu.

T tabïlγï/tobïlyï. Tabïsaxan Bas lïk. tabū. tad’ib’e. Tagichistan. T’ai-tsung. talan. Talab Ata. Talay Qan. talqan. Talsi. talqu. tamburo. Tamerlano. Tamǧan Čörčin. Tamïr-tomur. tamïr(/tomïr). Tanay. Tang-wang Eǰin. tanγara. Tangzïr Qan. Tapqay. taptï. Taq. Taqčalū. tār. taraq. Tarasa, v. Tarsa. Tarqan Qam. Tarsa/Tarasa. Tasïγan. tasqaq. tašaq(/tažaq). tašaur/tažūr. Taškent. Tattu.

Tayčïna. Taydiin Talan Er. Tayï Qan. Tayïlya/tayilga/taylagan. Taylïq. Taylyang Qaraγay. tažūr, v. tašaur. Täk Turmas Ata. Täl Küräng. Tälägäy. Tämiäriyä Xān. Tämir Qan. Täng Sarï. Tängärä. Tängrä/Tängärä Qayraqan. täpši. Tästü Qam. tǝtilmǝ. Tebxen. Temïn Qan, v. Temïn Qan. Teneg Manlay. tenger, v. tngri. tengri, v. tngri. Teniške. terdes-ün baysi. Tešïn. tetagudi. Teymïn/Temïn Qan. tïn. tïr. Tiärägäy Baxsï. Tibet. Tigir Tayïǧang. tigre (epiteto del tamburo). tiken. Tiläü Bärdi. timanītkī. Tinäš Qam. Tisong. Tiwlana. tngri/tenger/tengri. Tō Qan. tobïlyï, v. tabïlyï. Toγom Merel. tolïn. toli. Tolpï.

tolu. Tom. Tomsk. Tor Ayγïr. toṛnaṛak. Toš Qam. Tošmazor. Totoy Qan. Towang Gegen. Toybodïm. Toylū Qan. Töbät. tös. Tret’jakov. tu. Tulon. Tugoy. Tumat. Tungčinggarbu. Tuoγ Käsäx. Tuoraγay Baxsï. Tuoyut Ärkin. Tura (Balagansk). Turchestan. Turdu Bäk. Turki. turqun. turu. Tü. tühülgä. tükölö. Tülki Bas. Tülžey. Tümer. tündüg-danday. Tündük/tünük/tünik. tüngür, v. tamburo. Tüngxe. tünik, v. tündük. tünük, v. tündük. tüöräx xamïyax. Tüstü Qan. Tǖxe.

U udaγan, v. uduγan. Udai. uduγan/udaγan/odigon.

udxa. Uha-Lobson/Uxā Lubsan. Ulaγan Qada. Ulān Tolgoy. Ulu Savdaq. Ulū Toyon. ulus. Umar-tïmar. Umāxum. Umay. umudyan. uni. Uñisak. Uordax ösögöy Ay . Ura-tjube. uraha. Ural. urga. Urga (Ulan Bator). Urgut. Uršak. Usan-Dabān. Usuktāx Semyon. Uštu. Uta Sagān Noyon. utqučï. Uvaq. uweγγyrγyn. uwun. Uxā-Lubsan, v. Uha-Lobson. Uzun Xazan Ata. Übese. Üč Sürgäk. üčügäy tǖläx bärgäsä. Ügedelegüü. Ülbük Qan. üldürbä. Ülexen. Ülgän. Ülgän Baqqan. Ülgän Qïzïγan Tängärä. Ülgän Totoy Tängärä. Ülgkn. Ümmü ’s-Sibyān. Ünge. Üngö.

Ü

üör. Ürgän Äži. Ürüm Qan. Ürüng Ay Toyon. ürüs. üstügü. üzüt. Vais ul-Qironi. Vaiśravaṇa. Vandan Lxam. Včira Abudai. Volga.

V

W wala.

X xadag, v. qadaγ. Xadiǧa (Ḫadīǧa). Xaǧar ul-Asvad. Xaγïstayï. Xalbi. Xamar Dabā. Xamay. Xān Sagān Noyon. xanbadaxce. Xān Süyǖt. Xangai, v. Qangγai. xanǧar. Xańńas Xotun. Xara Suorun Toyon. Xargana. Xasan e Xusayn (Ḥasan e Ḥusayn). Xatan Älbärǟk Toyon. Xayan. Xeta. Xilar Sagān Noyon. Xilman Sagān Noyon. Xirabša Sagān Noyon. Xizr-Zinda. Xoday. xoǧa. Xoǧa ul-Ǧarrox. xomullaγas. Xōr Albïs. Xor Tayγa. xorej. Xorγïs.

Xorγošin. Xori. Xotoy Baxsï. xoyguo. Xoži Xara Darxan. Xör/Xȫr Sagān Noyon, v. Xür Sagān Noyon. Xövsgöl (Köbsügül). xubilgān. Xumuγuy. Xun Sagān Noyon. xuray. Xurduh. Xurmast Tenger, v. Qormusda Tngri. Xurūš. Xusar. Xuyaxan. Xüdere Xara. Xültey Xatan. Xür/Xör/Xȫr Sagān Noyon. Xürxēše Sagān Noyon. Xüxedey Mergen. Yābïr Qan. Yada Tängärä. yada. yadačï. Yaǧïl Qan. yalama. Yalangγïy. Yalbaq Tämir Yarïndu. Yama. Yamat. yamïn. Yang Tai-bai. Yangγïs Qan. Yanni Tunčip. yaqa. Yar Qan. Yarγey. Yāriyäk. Yarnai. Yasevi/Yasavi. Yašïn Qan. Yašqa. yaxqa. yayan. yayïq. Yayïq/D’ayïq.

Y

Yayïq, v. Ural. Yayučï. Yazï Balïq. yäk. yäkä yälbis. Yäläs. Yär Sub. yär yol. Yärän. Yeldes Tngri. Yerdenčin. Yerlïq. yertine. yïla. yïldïs yodïr. Yïlmay Qan. yibäk. Yirgeldei. yola. yota. Yȫ Qan. yölgö. yula. Yulpon. Yusuf di Hamadan. Yusufova. Yügük Ämägät. yükäli. Yüräkäy. Zagar Dorǰdangi. Zangi. zayān. Zämzäm. Zor. Zulmurod. Zumrad. Zülxe.

Z

Ž žodō