Sulla ricerca dell'ideale. Testo inglese a fronte. Ediz. bilingue 8837221991, 9788837221997

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Sulla ricerca dell'ideale. Testo inglese a fronte. Ediz. bilingue
 8837221991, 9788837221997

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Ho sempre considerato Sulla ricerca del! 'ideale, il discorso preparato da lsaiah Berlin per la cerimonia di consegna del Premio Senatore Giovanni Agnelli del

1988, una vera e propria lezione. In più di un senso. In queste pagine esemplari Berlin ricostruisce con effica­ cia, semplicità, ironia e chiarezza il proprio percorso intellettuale. La sua lunga e appassionata esplorazione dello spazio dell'etica, delle differenti concezioni e delle differenti risposte alla domande a proposito di come uomini e donne debbano convivere, e di quali valori definiscano i tratti di una vita degna di essere vis­ suta. Una prospettiva che Berlin propone di definire in termini di pluralismo, avendo molta cura nel distin­ guerlo dal relativismo. Sostenere la tesi del pluralismo in etica vuoi dire riconoscere che i valori sono più d'uno, che essi possono confliggere e scontrarsi fra loro. Ne deriva che «i conflitti di valore fanno parte del­ l'essenza di ciò che sono i valori e di ciò che noi stessi siamo». Noi siamo costretti a scegliere, una volta dato il pluralismo dei valori che caratterizza la natura dello spazio di ciò che per noi vale. E ogni scelta può com­ portare una perdita in valore. Salvatore Veca

!SAI AH BERLI N ( 1909-1997), filosofo della politica e storico delle idee, è stato considerato tra i principali pensatori liberali del xx

secolo e conosciuto per il suo saggio del 1958 Two Concepts

of Liberty. Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo: Il legno storto dell'umanità. Capitoli della storia delle idee (Adel­ phi 1994); Il riccio e la volpe e altri saggi (Adelphi 1998); Il po­

tere delle idee (Adelphi 2003); Libertà (Feltrinelli 2005).

l� li�ijr�lililì�' 9 788837 221997

Il pellicano rosso nuova serie

a cura di Paolo De Benedetti 60

ISAIAH BERLIN

SULLA RICERCA DELL'IDEALE

Introduzione

di Salvatore Veca

Testo originale a fronte

MORCELLIANA

Titolo originale deli' opera:

O n the Pursuit of the Ideai

Il presente testo è stato pubblicato originariamente dalla fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988, in occasione del conferimento del Premio Internazionale Senatore Giovanni Agnelli a Sir Isaiah Berlin (Torino, Teatro Regio, 15 febbraio 1988)

© Fondazione Giovanni Agnelli © 2007 Editrice Morcelliana Via Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia

Traduzione di Sara Bignotti

Prima edizione: ottobre 2007

www.morcelliana.com I diritli di traduzione, di memorizzazione elellronica, di riproduzione e di ada !lamento tota­ le o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riser­ vati per tuili i Paesi. Fotocopie per uso personale del letlore possono essere effetluale nei

15% di ciascun volume dietro pagamento alla SlAE del compenso previsto dal­ 68, comma 4, della legge 22 aprile 194I n. 633 ovvero dell'accordo stipulato Ira

limiti del l'art.

SIAE, AIE, SNS, SLSI e CNA, CONFARTIGIANATO, CASARTIGIANI, CLAAI e

17 novembre 2005. Le riproduzioni ad uso differente da quello personale 15% del presente vplume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe n. 2, 20121 Milano, telefax 02.809506, e-mail [email protected] LEGACOOP il

potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al

ISBN 978-88-372-2199-7 Tipografia Camuna S.p.A. -Filiale di Brescia, Via A. Saldini 25

INTRODUZIONE

Ho sempre considerato Sulla ricerca dell'ideale, il discorso preparato da Isaiah Berlin per la cerimo­ nia di consegna del Premio Senatore Giovanni Agnelli del 1 988, una vera e propria lezione. In più di un senso. In queste pagine esemplari Berlin rico­ struisce con efficacia, semplicità, ironia e chiarezza il proprio percorso intellettuale. La sua lunga e appassionata esplorazione dello spazio deli ' etica, delle differenti concezioni e delle differenti risposte alle domande a proposito di come uomini e donne debbano convivere, e di quali valori definiscano i tratti di una vita degna di essere vissuta. La narrazione autobiografica muove dal modello canonico e influente di una prospettiva che, per con­ vezione, possiamo far coincidere con l 'ideale plato­ nico. Il tempio d eli 'ideale platonico si regge su tre pilastri. Sull 'idea secondo cui tutte le domande deb­ bano avere una e una sola risposta vera, e tutti i pro­ blemi fondamentali debbano avere una soluzione un ivoca. Sull 'idea secondo cui deve esserci da qual­ che parte una via, o un metodo, che ci consente prima o poi di conquistare le risposte vere. Sull'idea, infine, secondo cui le risposte vere e le soluzioni 5

univoche devono essere compatibili fra loro, e for­ mare un tutto unico, congruente e armonico. Il tem­ pio platonico è dedicato al sogno ricorrente del mo­ nismo. All'aspirazione, così forte, pervasiva e in cer­ to senso ineludibile in larga parte della nostra tradi­ zione intellettuale, a trovare una soluzione del grat­ tacapo cosmico. A dire l ' ultima parola sulle intricate faccende umane. E sul loro senso, se ve n'è uno. La dissoluzione dell'ideale platonico, racconta Berlin, ha luogo quando la stabilità del tempio è messa a dura prova da prospettive rivali e alternati­ ve. Berlin incontra il pensiero e la lezione di Ma­ chiavelli con la sua scoperta della tensione e del con­ flitto irriducibile fra le due concezioni delle virtù cristiane e delle virtù politiche. Poi è la volta della lezione di Vico sulla pluralità delle culture umane. Infine, gli effetti dello sguardo antropologico di Herder sulla diversità dei "centri di gravità" delle società umane, sulla molteplicità degli "stili di vita". Così, continua il racconto del grande storico delle idee morali e politiche, l'abbandono dell'idea­ le platonico induce all'adozione di una prospettiva etica differente, per la quale non valgono più le tre idee che fanno da pilastri del tempio. Una prospet­ tiva che Berlin propone di definire in termini d,i plu­ ralismo, avendo molta cura nel distinguerlo dal relativismo. Sostenere la tesi del pluralismo in etica vuol dire riconoscere che i valori sono più d'uno, che essi possono confliggere e scontrarsi fra loro. Ne deriva che «i conflitti di valore fanno parte del6

l 'essenza di ciò che sono i valori e di ciò che noi stessi siamo» . Noi siamo costretti a scegliere, una volta dato il pluralismo dei valori che caratterizza la natura dello spazio di ciò che per noi vale. E ogni scelta può comportare una perdita in valore. Rinunciamo così all'idea del tutto unico e per­ fetto e della silhouette armonica, in cui tutte le cose buone della vita nello spazio e nel tempo stanno insieme in modo congruente e immunizzato rispet­ to a tensioni, incertezza, mutamenti e metamorfosi. Non solo noi dobbiamo scegliere, ma dobbiamo scegliere in un mondo di persistente trasformazio­ ne, in cui vale la semplice verità per cui la soluzio­ ne di alcuni problemi ne genera di nuovi. Eraclito non è vissuto invano: «aveva ragione, le cose non possono fermarsi» . È facile a questo punto concludere che l ' idea stessa della soluzione del rompicapo cosmico, l'i­ dea della soluzione finale (un'espressione cupa e inquietante nella tragedia del secolo breve e nelle memorie dei totalitarismi del Novecento fra lager e gulag) non è solo impossibile, ma è anche incoe­ rente. E perché le cose stiano così ce lo mostra il riconoscimento pluralistico del fatto che il conflitto fra valori è inevitabile e persistente. L'idea della soluzione finale si rivela così un ' illusione. Un'illu­ sione pericolosa, molto pericolosa, che ha campeg­ giato nelle tempeste ideologiche del secolo, in cui Trotzki amava dire che nessuno che avesse voluto una vita tranquilla sarebbe dovuto nascere.

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Che fare allora? Il retaggio del secolo breve e la memoria del male con il corteo delle catastrofi generate dall'illusione pericolosa suggeriscono a Berlin le massime della saggezza politica e morale fin de siècle. Il pluralismo ci chiede di impegnarci responsabilmente nel perseguimento di equil ibri provvisori fra valori d ifferenti, nella definizione di priorità mai definitive, nella minimizzazione del­ l ' intensità di conflitti inevitabili, «promuovendo e conservando un delicato equil ibrio che è costante­ mente minacciato e richiede costanti riRarazioni». Lo slogan, a questo proposito, è quello suggerito dal celebre legno storto di Kant. C'è tuttavia un dovere pubblico, che resta in ogni caso prioritario: quello di evitare punte estre­ me di sofferenza, di bandire tutte quelle circostanze in cui si generano situazioni disperate in cui lo spa­ zio della scelta si contrae, e restano a disposizione solo scelte intollerabili. Scelte dettate dalla necessi­ tà pratica, al di là del biasimo e della lode. I casi di scelta tragica sono casi-limite che escludono la pos­ sibilità della transazione fra valori. Casi, appunto, in cui lode e biasimo sono semplicemente e sfortu­ natamente fuori posto. Questa, e non altra, è la con­ clusione della lezione di Isaiah Berlin. «Una certa umiltà, in queste cose, è quanto mai necessari a». In un primo senso elementare la lezione di Berl in è il precipitato di una complessa esplorazio­ ne e ricerca delle avventure di idee, nello spazio 8

intricato delle concezioni dell'etica e della politica. E l'insegnamento di Berlin ci induce a prendere sul serio la storia e ci mostra che l ' indagine filosofica deve mettersi alla prova nello zig zag delle vicende contingenti e situate, in cui hanno preso corpo distinte interpretazioni dei valori e degli ideali che devono modellare i modi del nostro convivere con altri nel tempo. Il riconoscimento del carattere sto­ rico, contingente e situato delle nostre concezioni moral i non riduce la nostra lealtà ai valori che rite­ niamo di dover onorare. In questo senso Sulla ricer­ ca dell'ideale ci suggerisce come rileggere la cele­ bre prolusione del 1 95 8 sui Due concetti di libertà, che ha assunto carattere paradigmatico per il con­ fronto delle idee politiche alla metà del secolo scor­ so. L'elogio della storia e quello della filosofia vanno e devono andare in tandem: questo è, in paro­ le povere, il succo della lezione. C'è un secondo senso in cui possiamo ricono­ scere il nostro debito di eredi, il debito che abbiamo nei confronti della lezione di Berl in. Un senso che è stato messo a fuoco a più riprese, nel l 'ultima man­ ciata di anni del ventesimo secolo ormai declinante. Le massime di saggezza morale e politica che Berlin affida alle battute conclusive del suo discor­ so sono offerte, just in time, agli osservatori e ai partecipanti del sisma geopolitico che scompagina, alla fine degli anni Ottanta, il paesaggio globale. Il collasso d eli' impero sovietico e l ' implosione del totalitarismo comunista inducono ali' elogio del9

l 'imperfezione. Collassa allora, e perde presa, l ' idea fondamentale del costruttivismo politico del Nove­ cento: l'idea secondo cui la politica deve modellare le condotte e le scelte individuali sulla base di fini collettivi e impersonali, definiti alla luce di una qualche teoria, alle cui verità accede un ceto mono­ polista dell ' interpretazione dei fini di lungo termine (la trappola del fine remoto di Aleksandr Herzen). L'edificazione della società perfetta è moral­ mente inaccettabile, come scopo dell'esercizio di potere politico di persone su altre persone. Poli­ ticamente, esercizi di questo tipo generano catastro­ fi ed esempl ificano, nelle circostanze più severe, il male politico e sociale (le omelette e le uova rotte di Berlin ne sono il promemoria perspicuo). L'elogio dell'imperfezione è dettato dal pluralismo. Ma se è vera la tesi sul plural ismo dei valori, e se questa tesi rende conto di quale sia la natura di ciò che per noi vale, allora l'elogio dell 'imperfezione si può rifor­ mulare, in altro senso, come elogio dell'incomple­ tezza. E questa è, ancora, un'eco importante e vivi­ da della lezione di Berlin. È facile cogliere un 'implicazione significativa dell'elogio dell ' incompletezza. Se accettiamo che i valori sono intrinsecamente più d 'uno e confliggo­ no fra loro, e se accettiamo che è solo guard�ndo al conflitto fra valori che possiamo comprendere che cosa vuoi dire che qualcosa sia un valore per noi, allora dovremo accettare la conclusione secondo cui non esiste nessuna forma di convivenza, nessun

lO

assetto delle istituzioni fondamentali che possa in­ cludere l' intero dominio dei valori. L' insaturazione rispetto al valore contrassegna intrinsecamente qualsiasi forma di vita collettiva. Anche quella forma di vita collettiva, ai cui valori possiamo essere a ragione devoti . Perché, come ha mostrato John Rawls riconoscendo il suo debito nei confronti di Isaiah Berlin, vi è una sorta d i sistema­ tica eccedenza, quanto al valore. Il fatto che non esista un mondo sociale senza perdite è radicato nella natura stessa dei valori e del mondo, ed è rispecchiato - come osserva ancora Rawls - da molte tragedie umane . Diremo allora che ogni forma di convivenza, quale che sia, è insatura. Per questo nessuna scelta è gratis. E, ce l ' ha insegnato la lezione di Berlin, noi siamo dei tipi costretti a scegliere. E a scegliere in un mondo di incessante deformazione, come mi piace chiamarlo. Ecco allora in quale altro senso la lezione di Berlin ci induce a riflettere su una gamma di que­ stioni difficili. Questioni ineludibili e difficili, mol­ to difficili per noi osservatori o partecipanti dell' av­ vio opaco e crudele del ventunesimo secolo. Sono le questioni herderiane della diversità delle culture, del pluralismo dei valori n eli' arena hobbesiana del globo conteso. L' elogio dell ' incompletezza ha ora un effetto particolare e importante, inducendoci semplicemente a riflettere su che cosa voglia dire, per ciascuno di noi, dire "noi". E ci renderemo conto senza troppa fatica, se barbarie e pregiudizio, 11

paura e tremore, cupidigia e rabbia, interesse e forza lasciano spazio, un po ' di spazio, alla ricerca della verità su noi e sul mondo, del fatto della geo­ grafia variabile dei confini del "noi". Se ci interro­ ghiamo sulla mutevole cerchia del "noi", è perché non vogliamo rinunciare a comprendere l 'umanità, come ci ha insegnato Bernard Williams, il più geniale, scettico e penetrante allievo di Berlin. Comprendere l ' umanità vuoi dire comprendere i differenti modi in cui gli uomini e le donne sono, sono state, saranno, potranno o dovranno essere umane. Qui fronteggiamo la sfida del conflitto fra concezioni differenti, concezioni etiche, religiose, culturali di che cosa voglia dire avere una vita da vivere e di come la si debba vivere. Qui conosciamo le circostanze del disaccordo nei casi estremi. È bene dire che, rispetto alle formule della ragione pigra o agli stereotipi dettati dall' interesse, alle ras­ sicuranti massime della prudenza, agli slogan della potenza, agli anatemi dei devoti del tempio platoni­ co, al rumore di fondo della comunicazione ininter­ rotta di guru mediatici di taglia differente, la lezio­ ne di Berli n può avere effetti salutari n eli ' orientarci nel guazzabuglio. Vi è un punto importante, su cui il teorico del pluralismo dei valori ci invita a riflettere nell a sua lezione. I valori sono più d ' uno, d ' accordo. Ma po­ tremmo chiederci: quanti sono? Sono infiniti? No, è la risposta di Berlin. C'è un vincolo cui devono sot­ tostare la varietà e la molteplicità dei valori. È un

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vincolo espresso dalla richiesta di mutua intelligibi­ lità. «Le forme di vita variano tra loro. I fini, i prin­ cìpi morali sono molti. Molti, ma non innumerevo­ li, perché devono restare entro l' orizzonte umano». Deve trattarsi di valori che, per quanto differen­ ti e a volta abissalmente differenti dai nostri, devo­ no poter essere riconosciuti come valori per esseri umani. Anche nelle circostanze del disaccordo più severo, questo vincolo resta il solo promemoria umano della comune umanità. E dovrebbe indurci a cercare, per quanto è possibile, di costruire ponti fra noi e altri. Sullo sfondo della metamorfosi dei con­ fini del "noi". Per quanto è possibile, naturalmente. «Possiamo fare solo ciò che possiamo; ma questo dobbiamo farlo, nonostante le difficoltà». L' happy end, in faccende come queste, non è un optional disponibile . Tuttavia, l ' assenza di una garanzia di un esito necessario non può essere un alibi per tradurre cose difficili in cose impossibili . Questa strategia intellettuale può forse avere un certo fascino per i delusi del tempio platonico. Ma non ha grande appeal per tutti coloro che sono di­ sposti ad apprendere, e a continuare ad apprendere qualcosa, dalla lezione persistente nel tempo del­ l ' autore di Sulla ricerca dell'ideale. Salvatore Veca

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Isaiah Berlin O n the Pursuit

of the Idea/

Sulla ricerca dell'ideale

I ON THE PURSUIT OF THE IDEAL

I wish to begin by expressing my deep apprecia­ tion of the great honour that has been done me by the Senator Giovanni Agnelli Prize. I have noticed, with admiration, that in ltaly rather more attention tends to be paid to intellectual life than it is else­ where. This is true not merely of specialised jour­ nals and the like, but even of the daily press. I can only say that I am grateful and proud to be a bene­ ficiary of this most enlightened attitude. If I understand the purpose of the Prize rightly, i t wishes to emphasise the particular importance of ethical ideas in the world in which we live. Surely this is right. There are, in my view, two factors that, above all others, have shaped human history in this century: one is the development of the natural sciences and technology, certainly the greatest suc­ cess story of our time - to this, great and mounting attention has been paid from ali quarters. Th� other, without doubt, consists in the great ideologica! storms that have altered the

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I SULLA RICERCA DELL'IDEALE

Desidero, innanzitutto, manifestare la mia pro­ fonda riconoscenza per l'onore immenso che mi è stato attribuito conferendomi il Premio internaziona­ le Senatore Giovanni Agnelli. Con ammirazione ho constatato che in Italia, più che altrove, si tende a ri­ servare maggiore spazio al riconoscimento della vi­ ta intellettuale. Questo vale non solamente per le ri­ viste specializzate e simili, ma anche per la stampa quotidiana. Mi limito a esprimere la mia gratitudine e il mio orgoglio per essere un beneficiario di questo modo di pensare altamente illuminato. Se ne afferro correttamente l'intento, credo che il Premio voglia sottolineare la singolare importan­ za assunta dalle idee etiche nel mondo nel quale viviamo. Senza dubbio è così. Vi sono, a mio avvi­ so, due elementi che, superando tutti gli altri, in questo secolo hanno dato forma alla storia umana: uno di essi è lo sviluppo delle scienze naturali e del­ la tecnologia, certamente la vicenda più riuscita del nostro tempo - fattore al quale è stata rivolta una considerevole e crescente attenzione da ogni fronte. L'altro elemento consiste certamente nelle grandi bufere ideologiche, che di fatto hanno alterato la 17

lives of virtuallyall mankind: the Russian Revolu­ tion and its aftermath - totalitarian tyrannies of both Right and Left and the explosions of nationalism, racism, and, in places, of religious bigotry which, interestingly enough, not one among the most per­ ceptive social thinkers of the nineteenth century had ever predicted. When our descendants, in two or three centuries' time (if mankind survives until then ), come to look at our age, it is these two phe­ nomena that will, I think, be held to be the outstan­ ding characteristics of our century, the most deman­ ding of explanation and analysis. But it is as well to realise that these great movements began with ideas in people's heads: ideas about what relations bet­ ween men have been, are, might be and should be; how they carne to be transformed in the name of a vision of some supreme goal in the minds of the leaders, above all of the prophets with armies at their backs. Such ideas are the substance of ethics. Ethical thought consists of the systematic examina­ tion of the relations of human beings to each other, the conceptions, interests and ideals from which human ways of treating one another spring, and the systems of value on which such ends of life are based. These beliefs about how life should b.e lived, what men and women should be and do, are objects of moral enquiry; and when applied to groups and nations, and indeed, mankind as a whole, are called politica] philosophy, which is but

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vita di tutto il genere umano: la Rivoluzione russa, le conseguenti tirannie totalitarie sia di destra sia di sinistra e le esplosioni di nazionalismo, razzismo e, in certi casi, di fanatismo religioso che - e ciò è molto interessante - nessuno dei più perspicui pen­ satori dell'Ottocento aveva mai presagito. Fra due o tre secoli (se il genere umano sopravviverà fino ad allora), quando i nostri discendenti volgeranno lo sguardo alla nostra epoca, saranno questi due feno­ meni, credo, a essere ritenuti tratti peculiari del nostro secolo, e a esigere più spiegazione e analisi. Ma si deve altrettanto prendere atto che questi gran­ di movimenti scaturirono sotto forma di idee sorte nella mente di persone: idee sulle relazioni che vi sono state, potrebbero e dovrebbero esservi tra gli uomini; sul modo in cui tali relazioni si sono tra­ sformate in nome della visione di un qualche fine supremo nelle menti dei leaders, e soprattutto dei profeti con eserciti alle loro spalle. Idee che sono la sostanza delle etiche. Il pensiero etico consiste in una analisi sistematica delle relazioni reciproche tra gli esseri umani: concezioni, interessi, ideali da cui derivano i modi d'essere degli uomini tra loro, e si­ stemi di valore sui quali si basano i fini della vita. Queste credenze circa il modo in cui l' esistenza deb­ ba essere vissuta, su che cosa uomini e donne deb­ bano essere e fare, sono gli oggetti deli' indagine mo­ rale; e nel caso in cui si applicano a gruppi e nazio­ ni, e anche al genere umano come un intero, pren­ dono il nome di filosofia politica, che altro non è

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etbics applied to society. If we are to bope to under­ stand tbe often violent world in wbicb we l ive (and unless we try to understand it, we cannot expect to be able to act rationally in it and on it), we cannot confine our attention to tbe great impersonai forces, natura} and man-made, wbicb act upon us. The goals and motives wbicb guide buman action must be loo­ ked at in tbe l igbt of ali tbat we know and under­ stand; tbeir roots and growtb, tbeir essence, and above ali tbeir validity, must be critically examined witb every intellectual resource tbat we bave. Tbis urgent need, apart from tbe intrinsic value of tbe discovery of trutb about buman relationsbips, makes etbics a field of primary importance. Only barbarians are not curious about wbere tbey come from, bow tbey carne to be wbere tbey are, wbere tbey appear to be going, wbetber tbey wisb to go tbere, and if so, wby, and if not, wby not. Tbe study of tbe variety of ideas about tbe views of l ife wbicb embody sucb values, is sometbing tbat I bave spent forty years of my long l ife in trying to make clear to myself. I can only say once again tbat it seems to me an admirable initiative on tbe part of tbe Giovanni Agnelli Prize to look upon tbis field of enquiry as being of genuine importance. 1 sbould l ike, if you will bear witb me, to say sometbing about bow I carne to become

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se non etica applicata alla società. Se nutriamo la speranza di comprendere il mondo, spesso violento, nel quale viv iamo (e se invece non tentiamo di com­ prenderlo, non possiamo aspettarci di essere in gra­ do di agire in esso e su di esso con razionalità), non possiamo restringere lo sguardo sulle grandi forze impersonali, natural i e artificiali, che influiscono su di noi. I fini e i motivi che orientano l'azione umana devono essere osservati alla luce di tutto ciò che noi conosciamo e comprendiamo; le loro radici e la cre­ scita, la loro essenza, e soprattutto la loro validità, devono essere sottoposti a critica con ogni risorsa intellettuale a nostra disposizione. Una necessità che, al di là del valore intrinseco della scoperta della verità appl icata ai rapporti umani, rende l'eti­ ca un campo di ril ievo fondamentale. Solamente i barbari non sono curiosi di sapere da dove vengono, come sono giunti ove si trovano e qual è la loro meta; se vogliono giungervi, e se è così, perché sì, e se invece no, per quale ragione non vogliono. Lo studio delle diverse idee sulle visioni della vita che incarnano questi valori è il problema cui ho dedica­ to quarant'anni della mia lunga vita, nel tentativo di far chiarezza in me stesso. Mi limito a ripetere, an­ cora una volta, che mi pare amm irevole, da parte del Premio Giovanni Agnelli, l'iniziativa di prendere in considerazione questo campo di indagine come qualcosa di autenticamente importante. Se avrete pazienza, mi piacerebbe spendere qualche parola sul modo in cui questo tema gradualmente finì per 21

absorbed by this topic, and particularly about a tur­ ning point which altered my thoughts about the heart of it. This will, to some degree, inevitably turn out to be somewhat autobiographical - for this I offer you my apologies, but I do not know how else to give an account of it.

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coinvolgermi e in particolar modo sul punto di svol­ ta che fece mutare i miei pensieri sul nodo della questione. Questo desiderio, inevitabilmente, finirà per essere per molti aspetti un discorso autobiogra­ fico- per questa ragione vi porgo le mie scuse, tut­ tavia non vedo alternativa per darvene conto.

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II

When I was young I read War and Peace, by Tolstoy, much too early. The real impact on me of this great novel only carne later, together with that of other Russian writers, both novelists and social thinkers, of the m id-nineteenth century. These wri­ ters did much to shape my outlook. lt seemed to me, and stili does, that the purpose of these writers was no t principally to give realisti c accounts of lives an d relationships to one another of individuals or social groups or classes, not psychological or social analy­ sis for its own sake - although, of course, the best of them achieved precisely this, incomparably. Their approach seemed to me essentially moral: they were concerned most deeply with what was responsible for inj ustice, oppression, falsity in human relations, imprisonment whether by stone walls or conformism - unprotesting submission to man-made yokes - moral blindness, ego ism, cruelty, humiliation, servility, poverty, helple ssness, bitter indignation, despair, on the part of so many; in short, they were concerned

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II

Ero giovane, forse anche troppo, quando lessi Guerra e Pace di Tolstoj. L' influsso vero di questo fondamentale romanzo diede i suoi effetti solo più avanti, insieme a quelli degli altri scrittori russi della metà dell' Ottocento, romanzieri e anche pensatori; scrittori che incisero molto profondamente sul mio modo di vedere le cose. Mi sembrava allora, e mi sembra tuttora, che il fine di questi autori non fosse primariamente di fornire resoconti realistici di vite e relazioni con altri individui o gruppi sociali o classi, e neppure analisi psicologiche o sociali fine a se stesse - nonostante, per la verità, i migliori abbiano di fatto raggiunto proprio questo risultato, in modo incomparabile. Il loro approccio mi pareva essen­ zialmente morale: andavano a fondo di ciò che de­ terminava ingiustizia, oppressione, falsità nei rap­ porti tra gli uomini, e della condizione di chi è pri­ gioniero di muri di pietra o del conformismo. Ovvero la sottomissione passiva, cui sono preda in molti, ai gioghi prodotti dall 'uomo: la cecità morale, l' egoi­ smo, la crudeltà, l 'umiliazione, il servilismo, la po­ vertà, l ' impotenza, l'amara indignazione, la dispera­ zione. Quegli autori approfondivano, per l 'appunto, 25

with the nature of these experiences, and their roots in the human condition: the condition of Russia in the first piace, but, by implication, of all mankind; and conversely they wished to know what would bring about the opposite of this, a reign of truth, Iove, honesty, justice, security, personal relations based on the possibility of human dignity, decency, independence, freedom, spiritual fulfilment. Some, like Tolstoy, found this in the outlook of simple people, unspoilt by civilisation; like Rousseau, he wished to believe that the moral universe of pea­ sants was not unlike that of children, not distorted by the conventions and institutions of civilisation, which sprang from human vices - greed, egoism, spiritual blindness; that the world could be saved if only men saw the truth that lay at their feet; if they but looked, it was to be found in the Christian gospels, the Sermon on the Mount. Others among these Russians found it in scientific rationalism, or in social and politica) revolution founded on a true theory of historical change . Others again found it in the teachings of the Orthodox theology, or in liberai Western democra­ cy, or in a return to ancient Slav values, obscured by the reforms of Peter the Great and his successors.

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la natura di queste esperienze, e il loro radicamento nella condizione umana: la condizione della Russia in primo piano e nondimeno, implicitamente, di tutta l 'umanità. Al contempo desideravano scoprire che cosa sarebbe stato in grado di generare esattamente l'opposto: un regno di verità, amore, onestà, giusti­ zia, sicurezza, relazioni personali che rendessero possibile l'umana dignità, il vivere civile, l' indipen­ denza, la libertà, la realizzazione spirituale. Alcuni - per esempio Tolstoj - ravvisavano questi valori nel modo di vedere della gente semplice, non corrotta dalla civilizzazione; come Rousseau, Tolstoj voleva credere che l 'universo morale dei contadini somi­ gliasse a quello dei bambini, fosse non inquinato dalle convenzioni e istituzioni della civilizzazione, che derivano dai vizi umani - avidità, egoismo, ceci­ tà spirituale; era fiducioso che il mondo si sarebbe potuto salvare se solo gli uomini avessero visto la verità che stava proprio davanti a loro: se solo essi avessero visto che la verità era da trovare nei Vangeli cristiani, nel Discorso della Montagna. Altri, fra que­ sti Russi, reperivano la verità nel razionalismo scien­ tifico, o in una rivoluzione sociale e politica fondata su una vera teoria del cambiamento storico. Altri ancora la sorpresero negli insegnamenti della teologia ortodossa, o nel la democrazia libera­ le d eli' Occidente, o in un ritorno agli antichi valori slavi, oscurati dalle riforme di Pietro il Grande e dei sum successon. .

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What was common to all these outlooks was the bel ief that solutions to the centrai problems existed, that one could discover them, and, with sufficient selfless effort, realise them on earth. They all belie­ ved that the essence of human beings was to be ab le to choose how to live: societies could be transfor­ med in the light of true ideals believed in with enough fervour and dedication. lf, like Tolstoy, they sometimes thought that man was not truly free but determined by factors outside his control, they knew well enough, as he di d, that if freedom was an illusion it was one without which one could not live or think. None of this was part of my school curri­ culum, which consisted of Greek and Latin authors, but it remained with me. When I became a student at the University of Oxford, I began to read the works of the great phi­ losophers, and found that the major figures, espe­ cially in the field of ethical and pol itical thought, believed this too. Socrates thought that if certainty could be established in our knowledge of the exter­ nal world by rational methods- had not Anaxagaras arrived at the truth that the moon was many times larger than the Peloponnese, however small it loo­ ked in the sky - the same methods would surely 1 yield equal certainty in the field of human beha­ viour, how to live, what to be.

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La fiducia che esistessero soluzioni ai problemi fondamentali, che fosse possibile scoprirle e, con un minimo di sforzo altruistico, realizzarle sulla terra era denominatore comune a tutte queste prospettive. Tutti credevano che l 'essenza degli esseri umani con­ sistesse nel l 'essere in grado di scegliere come vivere: le società potevano essere trasformate alla luce di ideali veri in cui si fosse creduto con sufficiente fer­ vore e dedizione. Se questi scrittori in qualche caso, come Tolstoj , ritenevano l ' uomo non propriamente libero, ma determinato da fattori esterni al suo con­ trollo, sapevano anche bene, con lui, che, se la liber­ tà era un' illusione, era illusione senza la quale nessu­ no poteva né vivere né pensare. Nulla di tutto ciò fa­ ceva parte del mio curriculum scolastico, che consi­ steva prevalentemente di autori greci e latini. Tuttavia queste idee non mi hanno mai più abbandonato. Iniziai a leggere le opere dei grandi filosofi quan­ do mi iscrissi all ' Università di Oxford, e scoprii che alle maggiori personalità, specialmente nel campo del pensiero etico e politico, appartenevano quelle stesse idee. Socrate pensava che se si poteva stabili­ re una certezza nella nostra conoscenza del mondo esterno, la si poteva raggiungere con metodi razio­ nali- Anassagora non era forse già giunto alla veri­ tà che la luna fosse molte volte più grande del Pelo­ ponneso, per quanto piccola apparisse nel cielo? -, quegli stessi metodi allora avrebbero prodotto la medesima certezza nel campo del comportamento umano: come vivere, cosa essere? 29

This could be achieved by rational argument. Plato thought that an élite of sages who arrived at such certainty should be given the power of gover­ ning others less well intellectually endowed, in obe­ dience to patterns dictated by the correct solutions to personal and social problems. The Stoics thought that the attainment of these solutions was in the power of any man who set himself to live according to reason. Jews, Christians, Moslems (I knew nothing about Buddhism) believed that the true answers had been revealed by God to bis chosen prophets and saints, or the interpretation of these revealed truths by qualified teachers and the tradi­ tions to which they belonged. The rationalists of the seventeenth century thought that the answers could be found by a species of metaphysical insight, a spe­ cial application of the light of reason with which all men were endowed. The empiricists of the eigh­ teenth century, impressed by the vast new realms of knowledge opened by the natural sciences based on mathematical techniques, which had driven out so much error, superstition, dogmatic nonsense, asked themselves, like Socrates, why the same methods should not succeed in establishing similar irrefutable laws in the realm of human affairs. With t�e new methods discovered by natural science, order could be introduced into the social sphere as well- unifor­ mities could be observed, hypotheses formulated,

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Risposte di questo tipo si potevano ottenere con il ragionamento. Platone era convinto che una élite di saggi, giunti a tale certezza, dovesse ricevere il potere di governare gli altri, meno capaci intellet­ tualmente, rifacendosi a modelli ottenuti da solu­ zioni corrette a problemi personali e sociali. Gli Stoici ritenevano che ogni uomo, scegliendo di vivere ragionevolmente, sarebbe stato in grado di conseguire queste stesse soluzioni. Ebrei, cristiani, musulmani (non avevo alcuna conoscenza del Buddhismo) credevano che le risposte vere fossero state rivelate da Dio ai suoi profeti e ai santi, oppu­ re credevano all'interpretazione di queste verità rivelate tramandata da autorevoli maestri e dalle tra­ dizioni alle quali appartenevano. I razionalisti del Seicento confidavano nel fatto che le risposte si potessero riconoscere attraverso una specie di intui­ to metafisica, una particolare applicazione della lu­ ce della ragione, di cui erano dotati tutti gli uomini. Entusiasmati dai nuovi vasti regni della conoscenza spalancati dalle scienze naturali - le quali, avvalen­ dosi delle tecniche matematiche, avevano eliminato così tanto errore, superstizione, insensatezza dogma­ tica - gli empiristi del Settecento si domandavano, allo stesso modo di Socrate, per quale motivo i medesimi metodi non dovessero avere successo nel definire leggi ugualmente incontrovertibili nel regno delle vicende umane. Con i nuovi metodi sco­ perti dalla scienza della natura, un ordine poteva essere introdotto anche in campo sociale - poteva­ no essere osservate uniformità, formulate ipotesi, 31

tested by experiment and established by laws, and then laws in specific regions of experience could be seen to be entailed by wider laws which governed the generalisations of particular forms of life; and these in turn to be entailed by stili wider laws, and so on upwards, until a great harmonious system, connected by unbreakable logical links and capable of being formulated in precise- that is, mathemati­ cal - terms could be established. The rational reor­ ganisation of society would put an end to spiritual and intellectual confusion, the reign of prejudice and superstition and blind obedience to unexamined dogmas, the stupidities and cruelties of the oppres­ sive regimes which such intellectual darkness bred and promoted. Ali that was wanted was the disco­ very of the principal human needs and the means of satisfying them. This would create the happy, free, just, virtuous, harmonious world which Condorcet so movingly predicted in his prison celi in 1794. This view laid the foundations of all progressive thought in the nineteenth century, and was at the heart of much of the criticai empiricism which I imbibed in Oxford as a student.

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testate per via di esperimento e poi fissate in leggi; e si poteva anche scoprire che le leggi di particolari regioni dell' esperienza erano implicazioni di altre leggi più ampie che regolavano particol ari forme di vita; e che queste leggi a loro volta erano la conse­ guenza di leggi ancora più generali, e così di segui­ to, fino a poter stabilire un grande sistema armonio­ so, tenuto insieme da nessi logici inscindibili e suscettibile di essere formulato in termini esatti - il che vuoi dire matematici. La riorganizzazione ra­ zionale della società avrebbe messo fine alla confu­ sione spirituale e intellettuale, al regno del pregiu­ dizio e della superstizione e ali ' obbedienza cieca nei dogmi non esaminati, alle stoltezze e crudeltà dei regimi oppressivi prodotti e alimentati da un simile offuscamento intellettuale. Bastava soltanto scoprire i bisogni umani fondamentali e i mezzi per soddisfarli: da lì si sarebbe originato quel mondo felice, libero, giusto, virtuoso, armonioso che Condorcet nel 1794, con tanto ardore, profetizzava dalla sua cella in prigione. Questa prospettiva gettò le fondamenta di tutto il pensiero progressista dell ' Ottocento, e fu la radice di gran parte dell' em­ pmsmo critico, che io assorbii, da studente, a Oxford .

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III

At some point I reaiised that what ali these views had in common was a Platonic ideai: in the first piace that, as in the sciences, ali genuine questions must have one true answer and one oniy, all the rest being necessarily errors. In the second piace, that there must be a dependabie path towards the disco­ very of these truths. In the third piace, that the true answers, when found, must necessariiy be compati­ bie with one another and form a singie whoie, for one truth cannot be incompatibie with another that we knew a priori. This kind of omniscience was the solution of the cosmic jigsaw puzzie. In the case of morais, we couid then conceive what the perfect life must be, founded as it wouid be on true understanding of the ruies that governed the univer­ se. True, we might never get to this condition of perfect knowiedge - we may be too feeble-witted, or too weak or corrupt or sinfui to achieve this. The obstacles, both intellectuai and those of exter­ nai nature, may be too many. Moreover, opinions

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III

A un tratto mi accorsi del fatto che tutte queste prospettive avevano in comune un ideale platonico: in primo luogo - principio che vale per le scienzeogni autentica domanda doveva avere una risposta vera e una soltanto, mentre tutto il resto sarebbe stato necessariamente errore. In secondo luogo, doveva esserci un sentiero sicuro, diretto alla sco­ perta di queste verità. In terzo luogo, le risposte vere, quando reperite, dovevano necessariamente essere compatibili l 'una con l'altra e formare un tutto unico, per il fatto che una verità non può esse­ re inconciliabile con un'altra- e ciò lo sapevamo a priori. Una sorta di onniscienza che era la soluzio­ ne del gioco del puzzle cosmico. Nel caso della morale, eravamo ancora in grado di farci un'idea di come dovesse essere la vita perfetta, fondata, come sarebbe stata, su una conoscenza vera delle regole che governano l 'universo. Resta il fatto che non ci sarà mai possibile raggiungere la condizione della perfetta conoscenza: siamo forse di troppo debole capacità intellettiva, o troppo fragili o corrotti o por­ tati a peccare per conseguire una simile condizione. Forse sono troppi gli ostacoli, sia quelli intel­ lettuali sia quelli di natura esterna. Le opinioni 35

had widely differed about the right path to pursuesome as I said found it in churches, some in labora­ tories; men believed in intuition, in experiment, in mystical visions, in mathematical calculation. But even if we could not ourselves reach these true answers, or indeed, the final system that interweaves them ali, the answers must exist- else the questions were not real. The answers must be known to someone; perhaps Adam in Paradise knew; perhaps we shall only reach them at the end of days; if men cannot know them, perhaps the angels know; and if not the angels, then God knows. These timeless truths must in principle be knowable. Some nineteenth-century thinkers, Hegel, Marx, thought it was not quite so simple. There were no timeless truths: there was historical development, continuous change, human horizons altered with each new step in the evolutionary ladder; history was a drama with many acts; it was moved by con­ flicts of forces in the realms of both ideas and rea­ lity, sometimes called dialectical, which took the form of wars, revolutions, violent upheavals of nations, classes, cultures, movements. Yet after ine­ vitable setbacks, failures, relapses, returns to barba­ rism, Condorcet's dream would come ì llJ e. The drama would have a happy ending - m an 's reason had achieved

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circa la giusta via da percorrere, inoltre, erano state molto diverse: alcuni, come dicevo, la riconobbero nelle Chiese, altri in laboratori; gli uomini credeva­ no nell ' intuizione, nell ' esperimento, nelle visioni mistiche, nel calcolo matematico. Ma se anche noi da soli non potevamo raggiungere queste risposte vere, o addirittura il sistema finale che le compren­ deva tutte, le risposte dovevano pur esistere - altri­ menti le domande non sarebbero state reali. Le risposte dovevano esser note a qualcuno: forse le conosceva Adamo nel Paradiso, forse ci è permesso raggiungerle solo alla fine dei nostri giorni; se gli uomini non sono in grado di conoscerle forse le conoscono gli angeli; e, se neanche gli angeli, allo­ ra Dio le conosce. Queste verità atemporali devono essere per principio conoscibili. Alcuni pensatori del l ' Ottocento- Hegel, Marx­ ritenevano che non fosse proprio così semplice la questione. Non esistevano verità atemporali: esiste­ va lo sviluppo storico, il mutamento continuo, gli orizzonti umani che cambiavano a ogni nuovo gradi­ no nella scala dell 'evoluzione. La storia era un dram­ ma in molti atti, mossa da conflitti di forze qualche volta chiamati dialettici, sia nel regno delle idee sia in quello della realtà; conflitti che assumevano la forma di guerre, rivoluzioni, violenti sollevamenti di nazioni, classi, culture, movimenti. Tuttavia, dopo rovesciamenti inevitabili, fallimenti, ricadute, ritorni alle barbarie, il sogno di Condorcet sarebbe divenu­ to vero. Il dramma - secondo loro - avrebbe avuto un lieto fine: la ragione umana aveva conseguito 37

triumphs in the past, it could not be held back fore­ ver. Men would no longer be victims of nature or their own largely irrational societies: reason would triumph: universal harmonious cooperation, true history, would at last begin. If this was not so, do the ideas of progress, of history, have any meaning? Is there not a movement, however tortuous, from ignorance to knowledge, from mythical thought and childish fantasies to perception of reality face to fa­ ce, to knowledge of true goals, true values as well as truths of fact? Can history be a mere purposeless succession of events, caused by a mixture of male­ riai factors and the play of random selection, a tale full of sound and fury signifying nothing? This was unthinkable. The day would dawn when men and women would take their lives in their own hands and not be self-seeking beings or the playthings of blind forces that they did not understand. lt was, at the very least, not impossible to conceive what such an earthly paradise could be; and if conceivable we could, at any rate, try to march towards it. That has been at the centre of ethical thought from the Greeks to the Christian visionaries of the Middle Ages, from the Renaissance to progressive thought in the last century; and indeed, is believed by many to this da� ·

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successi nel passato, non poteva essere inibita per sempre. Gli uomini non sarebbero stati più vittime della natura o delle loro società, sotto molti aspetti irrazionali; la ragione avrebbe trionfato. La uni­ versale cooperazione armoniosa, la storia vera, si sarebbe alla fine realizzata. Se non fosse così, avreb­ bero ancora senso le idee di progresso e di storia? Non v'è forse un movimento, per quanto tortuoso, che va dall'ignoranza verso la conoscenza, dal pen­ siero mitico e dalle fantasie puerili verso la percezio­ ne della realtà come in se stessa è, verso la cono­ scenza dei veri scopi, dei veri valori come pure delle verità di fatto? Vi pare che la storia possa essere una mera successione di eventi priva di scopo, causata solamente da una commistione di fattori materiali e da un gioco di selezione fortuita, una narrazione piena di rumore e furore che non significa nulla? Questo è impensabile. Doveva pur sorgere il giorno in cui uomini e donne avrebbero preso in mano le loro vite e non sarebbero più stati inconsapevoli di sé o in balìa di forze cieche che nemmeno capivano. Perlomeno, non era da escludere la possibilità di farsi un'idea di un simile paradiso terrestre; e se era possibile immaginarlo, si poteva almeno provare a incamminarsi verso di esso. Questa prospettiva è stata al centro del pensiero etico dai Greci fino ai visionari cristiani del Medioevo, dal Rinascimento al pensiero progressista deli 'Ottocento; e, per la verità, in molti la sposano anche ai nostri giorni.

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IV

At a certain stage in my reading, I naturally met with the principal works of Machiavelli. They made a deep and lasting impression upon me, and shook my earlier faith. I derived from them not the most obvious teachings - on how to acquire and retain politica) power, or by what force or guile rulers must act if they are to regenerate their societies, or protect themselves and their states from enemies within or without, or what the principal qualities of rulers on the one hand, and of citizens on the other, must be, if their states are to flourish - but some­ thing else. Machiavelli was not a historicist: he thought it possible to restare something like the Roman Republic or Rome of the early Principate. He belie­ ved that to do this one needed a ruling class of brave, resourceful, intelligent, gifted men who knew how to seize opportunities and use them, and ! citizens who were adequately protected, patriotic, proud of their state, epitomes of mainly pagan vir­ tues. That is how Rome rose to

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IV

A un certo punto nelle mie letture ebbi modo, com'era naturale, di accostare le principali opere di Machiavelli. Esse lasciarono in me un segno pro­ fondo quanto duraturo, e diedero una scossa alla mia antica fede. E da esse trassi non tanto gli inse­ gnamenti più ovvi, su come ottenere e conservare il potere politico, o quali forze e astuzie debbano met­ tere in atto i governanti per far rigenerare le loro società, o proteggere loro stessi e i propri Stati da nemici interni o esterni, o quali fondamentali quali­ tà debbano avere i governanti da una parte, e i citta­ dini dali' altra, per far crescere i loro Stati; rintrac­ ciai piuttosto in quelle pagine qualcosa d'altro. Machiavelli non era uno storicista: riteneva pos­ sibile restaurare qualcosa di simile alla Roma repub­ blicana o pre-imperiale. Riteneva che questo tipo di governo avesse bisogno di una classe dirigente di uomini valorosi, pieni di risorse, intelligenti, dotati d'ingegno, che sapessero come cogliere le opportu­ nità e sfruttarle, e di cittadini che fossero adeguata­ mente tutelati, patriottici e orgogliosi del loro Stato: che fossero la personificazione delle principali virtù pagane. Questo è il modo in cui Roma assurse al 41

power and conquered the world, and it is the absen­ ce of this kind of wisdom and vitality and courage in adversity, of the qualities both of lions and foxes, that in the end brought it down. Decadent states were conquered by vigorous invaders who retained these virtues. But Machiavelli also sets, side by side with this, the notion of Christian virtues- humility, acceptan­ ce of suffering, unworldliness, the hope of salvation in an after-life- and he remarks that if, as he plainly himself favours, a state of a Roman type is to be established, these qualities will not promote it: those who live by the precepts of Christian morality are bound to be trampled on by the ruthless pursuit of power by men who alone can recreate and domi­ nate the republic which he wants to see. He does not condemn Christian virtues. He merely points out that the two moralities are incompatible, and he does not recognise any overarching criterion by which we can decide which is superior, which is the right life for men. The combination of virtù and Christian values is for him an impossibility. He simply leaves you to choose- he knows which he prefers. The idea that this planted in my mind :-vas the realisation, which carne as something of a shock, that not ali the supreme values pursued by mankind now and in the past

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potere e alla conquista del mondo; e la sua caduta, alla fine, fu determinata dali'assenza di questo tipo di saggezza, di vitalità e coraggio n eli'affrontare le avversità. Un'assenza di qualità che sono proprie sia dei leoni sia delle volpi. Gli Stati in decadenza potevano divenire preda di invasori forti che posse­ dessero queste virtù. Tuttavia Machiavelli pone, fianco a fianco alle virtù pagane, l'idea delle virtù cristiane - umiltà, accettazione della sofferenza, distacco dai beni ter­ reni, la speranza di salvezza in un aldilà - e sottoli­ nea che se è vero che uno Stato deve configurarsi sul genere di quello romano, come egli stesso chiara­ mente caldeggia, non saranno certo queste qualità a favorirlo: coloro che vivono dei precetti della mora­ le cristiana sono destinati a essere calpestati dagli uomini che ricercano senza scrupoli il potere, e che da soli possono ricreare e dominare la repubblica auspicata da Machiavelli. Egli non condanna le virtù cristiane. Semplicemente fa notare come le due morali siano incompatibili, non riconosce un criterio che le comprenda entrambe e con il quale si possa giudicare quale via sia superiore, quale sia la con­ dotta di vita giusta per gli uomini. La combinazione di virtù e valori cristiani è per Machiavelli una real­ tà impossibile. Lascia semplicemente a ognuno la scelta - ma si sa bene che cosa egli prediliga. Nella mia mente scaturì la constatazione - un'i­ dea giunta come uno shock - che non tutti i valori supremi perseguiti dali 'umanità, ora e nel passato, 43

were necessarily compatible with one another. lt undermined my earlier assumption, based on the philosophia perennis that there could be no conflict between true ends, true answers to the centrai pro­ blems of life. Then I carne across Giambattista Vico's La Scienza Nuova. Scarcely anyone in Oxford had then heard of Vico, but there was one philosopher, Robin Collingwood, who had transla­ ted Croce 's book on Vico, and he urged me to read it. This opened my eyes to something new. Vico seemed to me to be concerned with the succession of human cultures - every society had, for him, its own vision of reality, of the world in which it lived, and of itself and of its relation to its own past, to nature, to what it strove for. This vision of a society is conveyed by everything that its members do and think and feel - expressed and embodied in the kinds of words, the forms of language that they use, the images, the metaphors, the forms of worship, the institutions that they generate, which embody and convey their image of reality and of their piace in it; by which they live. These visions differ with each successive social whole - each has its own gifts, values, modes of creation, incommensurable with one another: each must be understoodl in its own terms- understood, not necessarily evaluated. The Homeric Greeks, the

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fossero necessariamente compatibili l 'un l' altro. Questa presa di coscienza ribaltava la mia iniziale convinzione, basata sulla philosophia perennis, che non potesse esserci conflitto tra giusti fini, tra rispo­ ste vere ai problemi fondamentali della vita. Poi ebbi modo di imbattermi ne La Scienza nuova di Vico. Quasi nessuno aveva sentito di Vico, a quel tempo a Oxford, tuttavia v'era un filosofo, Robin Collingwood, che aveva tradotto un libro di Croce su Vico, ed egli mi indusse a leggerlo. Questa lettu­ ra aprì i miei occhi su un nuovo orizzonte. Mi sem­ brava che l'interesse di Vico si focalizzasse sul sus­ seguirsi delle culture umane: ogni società aveva, secondo lui, la sua propria visione della realtà, del mondo nel quale viveva, di se stessa e della sua rela­ zione con il suo particolare passato, con la sua natu­ ra, con ciò per cui si batteva. Questa visione di una società si riflette su ogni cosa che i suoi membri fanno, pensano, sentono, si esprime e si incarna nel­ le scelte dei vocaboli, nelle forme linguistiche che essi usano, nelle immagini, nelle metafore, nelle for­ me di culto, nelle istituzioni che essi hanno creato, in cui concretizzano e manifestano la loro rappre­ sentazione della realtà e del loro posto in essa; è una visione che diventa stile di vita. Le visioni differi­ scono al successivo variare del complesso sociale ognuna ha caratteri, valori, modi di creazione pro­ pri, non paragonabili a un ' altra: ognuna deve esse­ re compresa nei suoi propri termini - compresa, non necessariamente valutata. I Greci di Omero, la 45

master class, Vico tells us, were cruel, barbarous, mean, oppressive to the weak; but they created the Iliad and the Odyssey, something we cannot do in our more enlightened day. Their great creative masterpieces belong to them, and once the vision of the world changes, the possibility of that type of creation disappears also. We, for our part, have our sciences, our thinkers, our poets, but there is no ladder of ascent from the ancients to the moderns. If this is so, it must be absurd to say that Racine is a better poet than Sophocles, that Bach is a rudimentary Beethoven, that, let us say, the Impressionist painters are the peak to which the painters of Florence aspired but did not reach. The values of these cultures are diffe­ rent, and they are not necessarily compatible with one another. Voltaire, who thought that the values and ideals of the enlightened exceptions in a sea of darkness - of classica} Athens, of Florence of the Renaissance, of France in the Grand Siècle and of his own time - were almost identica}, was mistaken. Machiavelli's Rome did not, in fact, exist. For Vico there is a plurality of civilisations (repetitive cycles of them, but that is unimportant), each with its own unique pattern. Machiavelli conveyed the idea of two incompatible outlooks. But here were societies the cultures of which were shaped by values, not means to ends but ultimate ends, ends in themsel­ ves, which differed, not in ali

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classe dominante- spiega Vico - erano crudeli, bar­ bari, vili, tirannici con il debole; tuttavia crearono l 'Iliade e l 'Odissea, qualcosa che non siamo in gra­ do di realizzare nel nostro tempo più illuminato. I loro capolavori creativi appartengono a loro, e una volta che muta la visione del mondo, pure la possi­ bilità di quel tipo di creazione svanisce. Noi, d'altra parte, abbiamo le nostre scienze, i nostri pensatori, i nostri poeti, ma non esiste una scala di ascesa che porti dagli antichi ai moderni. Su questa linea, dovrebbe essere assurdo affermare che Racine sia un poeta migliore di Sofocle, che Bach sia un Beethoven rudimentale, che - si fa per direi pittori impressionisti siano il vertice a cui i pittori di Firenze aspiravano ma che tuttavia non raggiun­ sero. I valori di queste culture sono differenti, ed essi non sono nemmeno necessariamente compatibili. Sbagliava Voltaire a credere che i valori e gli ideali delle eccezioni illuminate in un mare di oscurità fos­ sero quasi equivalenti - eccezioni quali l'Atene clas­ sica, la Firenze del Rinascimento, la Francia del Grand siede e della sua propria epoca. La Roma di Machiavelli, in realtà, non era mai esistita. Per Vico vi è una pluralità di civiltà (cicli ricorrenti di esse, ma ciò è irrilevante) , ciascuna con il suo disegno unico. Machiavelli aveva elaborato l'idea di due pro­ spettive incompatibili. Ma di fatto - come notava Vi­ co - vi erano società le cui culture erano modellate su valori, non mezzi per altri fini ma fini ultimi, fini in se stessi, che non differivano proprio sotto ogni 47

respects - for they were ali human - butin some profound, irreconcilable ways, not combinable in any final synthesis. After this I naturally turned to the German eigh­ teenth-century thinker Johann Gottfried Herder. Vico thought in terms of a succession of civilisa­ tions, Herder went further and compared national cultures in many lands and periods, and held that every society had what he called its own centre of gravity, which differed from that of others. If, as he wished, we are to understand Scandinavian sagas or the poetry of the Bible, we must not apply to them the aesthetic criteria of the crit ics of eighteenth-cen­ tury Paris. The ways in which men live, think, feel, speak to one another, the clothes they wear, the songs they sing, the gods they worship, the food they eat, the assumptions, customs, habits which are intrinsic to them- it is this that creates communities, each of which has its own "lite style". Communities may resemble each other in many respects, but the Greeks differ from Lutheran Germans, the Chinese differ from both; what they strive after and what they fear or worship, is scarcely ever similar. This has bee n called cultura) or moral relativism- this is what that great scholar who died last year, my friend Arnaldo Momigliano, whom I greatl y admi­ red, supposed both about Vico and about Herder. He was mistaken. 1t is not relativism. Members of one culture can, by the force of imaginative insight, understand (what Vico 48

aspetto- poiché erano tutti valori umani- ma, certo, differivano in un senso profondo, inconciliabile, non combinabile in alcuna sintesi finale. In seguito volsi naturalmente il mio interesse al pensatore tedesco del Settecento Johann Gottfried Herder. Se Vico ragionava nei termini di una succes­ sione di civiltà, Herder giunse più lontano e compa­ rò le culture nazionali in molti Paesi e periodi, tenendo fermo che ogni società avesse ciò che lui chiamava il proprio centro di gravità, che differiva da quello delle altre. Se, insieme a lui, desideriamo capire le saghe scandinave o l'arte poetica della Bibbia, non dobbiamo applicare a esse i criteri este­ tici dei critici della Parigi del Settecento. I modi in cui la gente vive, pensa, sente, parla a qualcun altro, gli abiti che indossa, le canzoni che canta, gli dèi che venera, il cibo che mangia, le credenze, le usanze, i costumi che sono peculiari- è proprio questo a pro­ durre comunità, ognuna con il suo proprio "stile di vita". Comunità che tra loro è possibile si assomigli­ no sotto molti aspetti; tuttavia i Greci differiscono dai Tedeschi luterani, i Cinesi differiscono da en­ trambi. Quasi mai è simile ciò che cercano di conse­ guire e ciò che temono o venerano. Questo è stato chiamato relativismo culturale o morale - questo è ciò che pensava sia di Vico sia di Herder il mio ami­ co Arnaldo Momigliano, finissimo studioso scom­ parso lo scorso anno, e per il quale avevo grande sti­ ma. Ma egli stava sbagliando: non è relativismo. I membri di una cultura possono capire (ciò che Vico 49

called entrare) the values, the ideals, the forms of life, of another culture or society, even those remo­ te in time or space. They may find these values unacceptable, but if they open their minds suffi­ ciently they can grasp how one might be a full human being, with whom one could communicate, and at the same time live in the light of values widely different from one's own, but which never­ theless one can see to be values, ends of life, by the realisation of which men could be fulfilled. «l pre­ fer coffee, you prefer champagne. We have different tastes. There is no more to be said». That is Relativism. But Herder's view, and Vico's, is not that: it is what I should describe as pluralism - that is, the conception that there are many different ends that men may seek, and stili be fully rational, fully men, capable of understanding each other and sympathising and deriving light from each other, as we derive it from reading Plato or the novels of me­ dieval Japan - worlds, outlooks, very remote from our own. Of course, if we did not have any values in common with these distant figures, each civilisation would be enclosed in its own impenetrable hubble, and we could not understand them at ali ; this is what Spengler's typology amounts to. Intercom­ munication between cultures in time and space is only possible because what makes

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chiamava "entrare"), attraverso la forza dell'imma­ ginazione, i valori, gli ideali, le forme di vita di un'altra cultura o società, anche se lontana nel tempo o nello spazio. Possono ritenere questi valo­ ri inaccettabili, ma, se aprono un poco la mente, sono in grado di comprendere come taluno possa considerarsi un essere umano in pieno, con cui po­ ter comunicare, e al contempo vivere alla luce di va­ lori largamente differenti dai loro, ma non diversi a tal punto da non poter essere visti come valori, scopi di vita, raggiungendo i quali gli uomini si pos­ sano realizzare. «lo preferisco il caffè, tu preferisci lo champagne. Noi abbiamo gusti differenti. Non c'è altro da aggiungere». Questo è relativismo. Ma la prospettiva di Herder, e quella di Vico, non è questa: è ciò che mi sentirei di definire come pluralismo ovvero la concezione che vi sono molti fini differen­ ti che gli uomini possono perseguire, pur continuan­ do a essere pienamente razionali, pienamente uomi­ ni, capaci di comprendersi tra di loro e di andare d'accordo e di attingere luce l'uno dall'altro, come ne attingiamo leggendo Platone o i romanzi del Giap­ pone medievale - mondi, mentalità, molto lontani dai nostri. Di certo, se noi non avessimo alcun valore in comune con queste immagini lontane, ogni civiltà sarebbe chiusa nel suo impenetrabile bozzolo e ci sarebbe negata completamente la loro conoscenza; equivale a questo la tipologia di Spengler. L'in­ tercomunicazione tra le culture nel tempo e nello spazio è resa possibile solo perché ciò che rende gli 51

men human is common to them, and acts as a brid­ ge between them. But our values are ours, and theirs are theirs. We are free to criticise the values of other cultures, to condemn them, but we cannot pretend not to understand them at ali, or to regard them simply as subjective, the products of creatures in different circumstances with different tastes from our own, which do not speak to us at ali. There is a world of objective values. By this I mean those ends that men pursue for their own sakes, to which other things are means. I am not blind to what the Greeks valued - they may not be mine, but I can grasp what it would be like to live by their light, I can admire and respect them, and even imagine myself as pursuing them, although I do not - and do not wish to, and perhaps could not if when I wished. Forms of life differ. Ends, moral principles are many. But not infinitely many, they must be within the human horizon. If they are not, then they are outside the human sphere. lf I find men who worship trees, not because they are symbols of fertility or because they are divine, with a mysterious life and powers of their own, or becau­ se this grove is sacred to Athena- but only because they are made of wood; and if when I ask t�em why they worship wood, they say "Because it is wood" and give no other answer, then I do not know what they mean: if they are human,

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uomini umani è a loro comune e agisce da ponte fra loro. Tuttavia i nostri valori sono i nostri, e i loro restano i loro. Siamo liberi di criticare i valori delle altre culture, di condannarli, ma non possiamo fin­ gere di non comprenderli in pieno, o di ritenerli semplicemente come soggettivi, prodotti di creatu­ re prese nelle loro diverse circostanze, con gusti dif­ ferenti dai nostri, che non ci dicono nulla. Un mondo di valori oggettivi esiste. Con esso io intendo quei fini che gli uomini perseguono in sé e per sé, verso i quali le altre cose sono mezzi. Non posso non vedere ciò che aveva valore per i Greci e non desidero essere cieco, e forse non potrei nem­ meno se lo desiderassi; quei valori potevano non essere i miei, ma sono in grado di cogliere che cosa significherebbe vivere nella loro luce: posso ammi­ rarli e rispettarli, e anche immaginare me stesso alla ricerca di quelli, benché non Io sia. Le forme di vita sono dissimili. I fini e i principi morali sono molte­ plici. Ma non infiniti, perché devono rimanere nel­ l ' orizzonte umano. Se non rientrano in esso, allora fuoriescono dalla sfera umana. Se si trovano uomi­ ni che venerano gli alberi, non in quanto siano sim­ boli di fertilità o in quanto siano divini, con una vita misteriosa e poteri propri, o in quanto il loro bosco sia sacro ad Atena, ma soltanto per il motivo che sono fatti di legno; e se, quando si domanda loro perché venerano il legno, essi rispondono «perché è legno» senza dare altra motivazione, allora non si sa proprio che cosa essi vogliano dire: se sono umani, 53

they are not beings with whom I can communicate - there is a real barrier. They are not human for me. I cannot even call their values subjective if I cannot conceive what it would be like to pursue such a life. What is clear is that values can clash - that is why civilisations are incompatible. They can be incompatible between cultures, or groups in the same culture, or between you and me. You believe in always telling the truth, no matter what; I do not, because I believe that it can sometimes be too pain­ ful and too destructive. We can discuss each othe­ r's point of view, we can try to reach common ground, but in the end what you pursue may not be reconciled with the ends to which I find that I have dedicated my life. Values may easily clash within the breast of a single individuai ; and it does not fol­ low that, if they do, some must be true and others false. Justice, rigorous justice, is for some people an absolute value, but it is not compatible with what may be equally ultimate values for them mercy, compassion, as arises in concrete cases. Both liberty and equality are among the primary goals pursued by human beings through many cen­ turies: but total liberty for wolves is death to the lambs, total liberty of the powerful, the giited, is not compatible with the rights to a decent existence of the

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non sono esseri con i quali io possa comunicare c'è una barriera effettiva. Non sono umani per me. Non posso nemmeno chiamare soggettivi i loro valori, se non riesco a concepire cosa significhi per­ seguirli come ideali di vita. È chiaro che i valori possono collidere - e que­ sto è il motivo per il quale capita che le civiltà siano incompatibili. I valori possono collidere tra culture, o tra gruppi della medesima cultura, o tra me e te. Tu credi in ogni caso di dover dire sempre la verità, non importa quale essa sia; io no, perché credo che talvolta possa essere troppo dolorosa e dannosa. Noi possiamo discutere il nostro rispettivo punto di vista, possiamo cercare di individuare un terreno comune, ma alla fine ciò che tu persegui non è con­ ciliabile con gli scopi ai quali credo di aver dedica­ to la mia vita. I valori possono facilmente scontrar­ si in seno a uno stesso singolo individuo; e, se acca­ de, non significa che alcuni debbano essere veri e altri falsi. La giustizia, una giustizia rigorosa, è per molti un valore assoluto, ma non è detto che sia compatibile con altri valori che, in egual misura, possono essere ritenuti da quelle stesse persone valori ultimi, in situazioni concrete: per esempio la pietà, la compassione. Tanto la libertà quanto l'u­ guaglianza sono tra gli obiettivi primari perseguiti dagli esseri umani per molti secoli: ma la totale libertà per i lupi è morte degli agnelli, la totale libertà dei potenti, dei dotati di talento, risulta non compatibile con i diritti a un 'esistenza decente per i 55

weak and theless gifted. An artist, in order to create a masterpiece, may lead a life which plunges his family into misery and squalor to which he is indif­ ferent - we may condemn him and declare that the masterpiece should be sacrificed to human needs, or we may take his side- but both are values which for some men or women are ultimate, and which are intelligible to us ali if we have any sympathy or imagination or understanding of human beings. Equality may demand the restraint of the liberty of those who wish to dominate; liberty- without some modicum of which there is no choice and therefore no possibility of remaining human as we under­ stand the word - may have to be curtailed in order to make room for social welfare, to feed the hungry, to clothe the naked, to shelter the homeless, to leave room for the liberty of others, to allow justice or fairness to be exercised. Antigone is faced with a dilemma to which Sophocles implies one solution, Sartre offers the opposi te, and Hegel proposes "sub­ limation" onto some higher leve} - poor comfort to those who are agonised by dilemmas of this kind. Spontaneity, a marvellous human quality, is not compatible with capacity for organised planning, for the nice calculation of what and how much and l where - on which the welfare of society may largely depend.

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deboli e i meno capaci. Un artista, in vista della creazione di un capolavoro, può condurre una vita che getta la sua famiglia nella miseria e nello squal­ lore, al quale egli è indifferente: possiamo con­ dannarlo e dichiarare che il capolavoro è bene che sia sacrificato ai bisogni umani, o possiamo prende­ re la sua parte; tuttavia entrambi sono valori che molti uomini o donne considerano fondamentali, e che si rendono a tutti noi intelligibili se abbiamo una certa solidarietà o capacità di immaginazione o comprensione dei bisogni umani. L'uguaglianza può richiedere che venga ridotta la libertà di coloro che desiderano dominare; la libertà - senza un piz­ zico della quale non c'è scelta e comunque nessuna possibilità di restare "umani" come intendiamo questa parola - può dover essere ristretta al fine di dare spazio al benessere sociale, per nutrire gli affa­ mati, per vestire gli ignudi, per dare rifugio ai senza tetto, per lasciare spazio alla libertà degli altri, per permettere che siano esercitate la giustizia e l'equi­ tà. Antigone fronteggia un dilemma che per Sofocle implica una sola soluzione. Sartre offre la soluzione opposta, ed Hegel propone la "sublimazione" a un livello superiore - misera consolazione per quelli che sono tormentati da dilemmi di questo tipo. La spontaneità, che è una meravigliosa qualità u­ mana, non è compatibile con la capacità di elaborare progetti organizzati, di produrre efficaci calcoli- che cosa, quanto e dove - per definire da che cosa il be­ nessere della società possa dipendere maggiormente.

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We are ali aware of the agonising alternatives in the recent past. Should a man resist a monstrous tyranny at all costs, at the expense of the lives of his parents or his children? Should children be tortured to extract information about dangerous traitors or criminals? These collisions of values are of the essence of what they are and what we are. If we are told that these contradictions will be solved in some perfect world in which ali good things can be har­ monised in principle, then we must answer, to those who say this, that the meanings they attach to the names, which for us denote the conflicting values, are not ours, that the world in which what we see as incompatible values are not in conflict is a world altogether beyond our ken; that principles with which, in our daily lives, we are acquainted, if they are transformed, it is into conceptions not known to us on earth. But it is on earth that we live, and it is here that we must believe and act. The notion of the perfect whole, the final solution, in which all good things coexist, seems to me to be not merely unat­ tainable - that is a truism - but conceptually inco­ herent; I do not know what is meant by a harmony of this kind. Some among the Great Goods cannot livf toge­ ther. That is a conceptual truth. We are doomed to choose, and every choice may entail an

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Siamo consapevoli, noi tutti, delle strazianti alterna­ tive poste nel recente passato. È legittimo che un uomo resista alla mostruosa tirannia a tutti i costi, anche al costo delle vite dei genitori o dei figli? È giusto che i bambini siano torturati per estorcere informazioni su pericolosi traditori o criminali? Questi conflitti di valori sono propri deli ' essenza intrinseca ai valori e intrinseca a noi stessi. Se ci viene raccontato che queste contraddizioni verran­ no risolte in qualche mondo perfetto nel quale tutte le cose buone possano essere de jure in armonia, allora, a quelli che dicono ciò, noi dobbiamo rispondere che i significati che loro associano a nomi, che per noi indicano valori in conflitto, non sono gli stessi significati che noi attribuiamo, e che il mondo nel quale quei valori, per noi incom­ patibili, non sarebbero più in conflitto è un mondo del tutto fuori della nostra portata; che se i princìpi di cui abbiamo esperienza nelle nostre vite quoti­ diane si trasformano in altro, diventano concezioni non conosciute a noi sulla terra. Tuttavia è sulla terra che viviamo ed è qui che dobbiamo credere e agire. La nozione di una totalità perfetta, della solu­ zione finale, in cui tutte le cose buone coesistono, mi sembra essere non meramente irraggiungibile è un truismo - ma concettualmente incoerente; non so cosa s'intenda con un' armonia di questo tipo. Alcuni dei Grandi Beni non possono coesistere. Questa è una verità di ragione. Noi siamo condan­ nati a scegliere, e ogni scelta può comportare una 59

irreparable loss. Happy are those who liveunder a discipline which they accept without question, who freely obey the orders of leaders, spiritual or tempo­ ral, whose word is fully accepted by unbreakable law; or those who bave, by their own methods, arri­ ved at clear and unshakeable convictions about what to do and what to be which brook no possible doubt. I can only say that those who rest on such com­ fortable beds of dogma are victims of forms of self­ induced myopia, blinkers that may make for con­ tentment, but not for understanding of what it is to be human.

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perdita irreparabile. Felici sono quelli che vivono sottomessi a una disciplina che accettano passiva­ mente, quelli che per libera scelta obbediscono agli ordini dei superiori, spirituali o temporali, la cui parola è completamente accettata come legge invio­ labile; o felici quelli che sono arrivati, con metodo loro proprio, a convinzioni chiare e salde su che cosa fare e su che cosa essere, convinzioni che non tollerano alcuna possibile incertezza. Posso solo osservare che questi, che riposano sui letti così comodi del dogma, sono vittime di forme di miopia auto-indotta, di paraocchi che si foggiano per accontentarsi, ma non per comprendere ciò che significa essere uomo.

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v

So much for the theoretical objection, a fatai one, it seems to me, to the notion of the perfect state as the proper goal of our endeavours. But there is in addition a more practical socio-psychological obstacle to this, which may be put to those whose simple faith, by which humanity has been nourished for so long, is resistant to philosophical arguments of any kind. It is true that some problems can be solved, some ills cured, both in individuai and social life. We can save men from hunger or misery or injustice, we can rescue men from slavery or imprisonment, and do good - ali men have a basic sense of good and evil, no matter what cultures they belong to; but any study of society shows that every solution creates a new situation which breeds its own new needs and problems, new demands. The children have obtained what their parents and grandparents longed for - greater freedom, greater material welfare, a juster society; but the oId ili � are forgotten, and the children face new problems, brought

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Quanto detto valga per l'obiezione teorica, che mi sembra decisiva, all'idea di Stato perfetto come obiettivo primario dei nostri sforzi. Ma c'è in aggiunta un ostacolo più pratico, sociopsicologico, che si può presentare a coloro che si affidano a una fede ingenua che oppone resistenza ad argomenti filosofici di qualunque tipo; una fede di cui l'uma­ nità si è nutrita per lungo tempo. È vero che alcuni problemi possono essere risolti, alcuni mali curati, sia nella vita individuale sia in quella sociale. Siamo capaci di salvare gli uomini dalla fame, dalla miseria e dali 'ingiustizia, possiamo liberare gli uo­ mini dalla schiavitù e dalla prigionia, e fare del bene: tutti gli uomini hanno un senso elementare del bene e del male, non importa a quale cultura ap­ partengano. Ma qualsiasi studio della società mo­ stra che ogni soluzione crea una nuova situazione, che genera i suoi particolari nuovi bisogni e proble­ mi, nuove richieste. I figli hanno ottenuto ciò a cui i loro genitori e nonni hanno anelato: maggiore li­ bertà, maggior benessere materiale, una società più giusta. Ma i vecchi mali sono dimenticati, e i gio­ vani si trovano di fronte nuovi problemi, portati 63

about by the very solutions of the old ones, and these, even if they can in turn be solved, generate new situations, and with them new requirements and so on, forever- and unpredictably. We cannot legislate for the unknown consequences of conse­ quences of consequences. Marxists tell us that once the fight is won and true history has begun, the new problems which may arise will generate their own solutions, which can be peacefully realised by the united powers of harmonious, classless society. This seems to me a piece of metaphysical optimism for which there is no evidence in historical experience. In a society in which the same goals are universally accepted, pro­ blems can only be of means, ali soluble by techno­ logical methods. That is a society in which the inner life of man, the mora] and spiritual and aesthetic imagination no Ionger speak at all- is it for this that men and women should be destroyed or societies enslaved? Utopias have their value, but as guides to conduct can prove literally fatai . Heraclitus was right, things cannot stand stili. So I conclude that the very notion of a fina] solu­ tion is not only impracticable, but, if I am right, and some values cannot but clash, incoherent also. The possibility of a final solution- even if we

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proprio dalle soluzioni dei precedenti; e questi, se anche possono a loro volta essere risolti, generano nuove situazioni e con esse nuovi bisogni, e così via, per sempre e imprevedibilmente. Non riuscia­ mo a stabilire leggi per conseguenze inconoscibili che sono conseguenze di altre conseguenze. I marxisti ci fanno credere che una volta vinta la lotta di classe e iniziata la storia vera, i nuovi pro­ blemi che potranno sorgere genereranno da soli le loro soluzioni, che potranno pacificamente essere realizzate con i poteri uniti di una armoniosa socie­ tà senza classi. Mi sembra una sorta di ottimismo metafisica, cui non corrisponde alcuna prova neli ' e­ sperienza storica. In una società nella quale i mede­ simi obiettivi sono universalmente condivisi, i pro­ blemi possono riguardare soltanto i mezzi, tutti ri­ solvibili con metodi tecnologici. Sarebbe questa una società nella quale la vita interiore dell'uomo, l 'immaginazione morale e spirituale ed estetica non hanno più voce in capitolo: è forse per questo che uomini e donne dovrebbero essere annientati o le società asservite? Le utopie hanno il loro valore ma, se si ergono a guide per governare gli uomini, pos­ sono risultare letteralmente fatali. Eraclito aveva ragione, le cose non possono rimanere ferme. Concludo, allora, se sono sulla strada giusta e se è vero che alcuni valori non possono non scontrar­ si, che proprio la nozione di una soluzione finale non solo è impraticabile ma è anche incoerente. La possibilità di una soluzione finale - se anche noi 65

forget the terrible sense which these words acquired in Hitler's day - turns out to be an illusion; and a very dangerous one. For, if one really believes that such a solution is possible, then surely no cost would be too high to obtain it: to make mankind just and happy and creative and harmonious forever - what could be too high a price to pay for that? To make such an omelette, there is surely no limit to the num­ ber of eggs that should be broken- that was the faith of Lenin, of Trotsky, of Mao, for ali I know, of Poi Pot. Since I know the only true path to the ultimate solution of the problems of society, I know which way to drive the human caravan; and since you are ignorant of what I know, you cannot be allowed to have liberty of choice even within the narrowest limits, if the goal is to be reached. You declare that a given policy will make you happier, or freer, or give you room to breathe, but I know that you are mistaken, I know what you need, what ali men need; and if there is resistance based on ignorance or malevolence, then it must be broken and hun­ dreds of thousands may have to perish to make mil­ lions happy for ali time; what choice have we, who have the knowledge, but to be willing to saçrifice them ali? Some armed prophets seek to save man­ kind, and some only their own race because of its superior attributes, but

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dimenticassimo il senso terribile che queste parole assunsero ali ' epoca di Hitler - si ripropone come un 'illusione; tra l' altro, di un genere davvero perico­ loso. Se qualcuno, infatti, crede realmente che sia possibile una soluzione simile, allora di certo non si potrebbe calcolare come eccessivo il costo per rag­ giungerla: per rendere l 'umanità giusta e felice e creativa e armoniosa per sempre, quale prezzo sa­ rebbe troppo alto da pagare? Se ottenere questo è co­ me fare un'omelette, non c'è di certo limite al nume­ ro di uova da rompere; questa era la convinzione di Lenin, di Trotzky, di Mao e, per quanto ne so, di Pol Pot. Poiché io conosco l'unico sentiero che conduce alla soluzione ultima dei problemi della società, co­ nosco il modo in cui guidare la carovana umana, e poiché voi ignorate quello di cui sono a conoscenza, a voi non è concessa la libertà di scegliere, se non entro i limiti più ristretti, posto che il fine deve esse­ re raggiunto. Voi dichiarate che una data politica vi renderà più felici, o più liberi, o vi darà respiro, ma so che siete in errore, so di che cosa avete bisogno, di che cosa tutti gli uomini hanno bisogno; e se c'è qualche resistenza basata sull'ignoranza o sulla ma­ levolenza, allora deve essere abbattuta, e centinaia di migliaia di uomini possono anche perire affinché altri milioni siano felici per sempre: che altra scelta abbia­ mo, noi che possediamo la conoscenza, se non quella di essere disposti a sacrificarli tutti? Alcuni profeti armati cercano di salvare l 'umanità, e alcuni solo la loro razza in ragione delle sue superiori qualità, ma 67

whichever the motive, the millions slaughtered in wars or revolutions - gas chambers, Gulag, genoci­ de, ali the monstrosities for which our century will be remembered - are the price men must pay for the felicity of future generations. If your desire to save mankind is serious, you must harden your heart, and not reckon the cost. The answer to this was given more than a century ago by the Russian radica!, Alexander Herzen. In his essay "From the Other Shore", which is in effect an obituary notice of the revolutions of 1 848, he said that a new form of human sacrifice had arisen in his time - of living human beings on the altars of abstractions - Nation, Church, Party, Class, Progress, the forces of History - these have ali been invoked in his day and in ours: if these demand the slaughter of living human beings, they must be sati­ sfied. These are his words: "If progress is the end, for w horn are we working? Who is this Moloch who, as the toilers approach him, instead of rewarding them, only recedes, and as a consolation to the exhausted, doomed multitudes crying «morituri te salutant», can give back only the mocking answer that after their death all will be beautiful on earth. Do you truly wish to condemn ali human b�ings alive today to the sad role... of wretched galley sia­ ves, up to their knees in mud, dragging a barge... with... «progress in the future» inscribed on its bows? [ ... ] An end that is infinitely

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qualunque sia il motivo, i milioni di persone massa­ crate in guerre o rivoluzioni- camere a gas, gulag, genocidi, tutte le mostruosità per le quali il nostro secolo sarà ricordato - sono lo scotto che gli uomi­ ni devono pagare per la felicità delle generazioni future. Se desiderate sul serio salvare l 'umanità, dovreste temprare il vostro cuore e non tener conto del prezzo. Fu un radicale russo, Aleksandr Herzen, più di un secolo fa, a dare risposta a questo modo di pen­ sare. Nel suo saggio Dall 'altra sponda, che è di fat­ to un necrologio delle rivoluzioni del 1 848, egli spiegava come fosse sorta, nel suo tempo, una nuo­ va forma di sacrificio umano; un sacrificio di esseri umani sugli altari delle astrazioni: Nazione, Chiesa, Patria, Classe, Progresso, le forze della Storia. Si tratta di astrazioni invocate nel suo tempo e nel no­ stro: se queste richiedono la carneficina di esseri umani viventi, vanno soddisfatte. Queste sono le pa­ role di Herzen: «Se il progresso è uno scopo, allora per chi lavoriamo? Chi è questo Moloch che, man mano che i lavoratori si avvicinano, svanisce anzi­ ché ricompensarli, e per consolazione, alle folle sfi­ nite e votate alla morte che gli gridano morituri te salutant, null 'altro sa fare che rispondere con amaro sberleffo che dopo la loro morte sulla terra tutto sarà bellissimo? Possibile che anche voi destiniate gli uo­ mini del presente alla triste sorte di [ ... ] sventurati galeotti che, immersi fino alle ginocchia nel fango, trascinano la barca [ . .. ] con [ ... ] l'umile scritta: "Il progresso è nel futuro"? [ ... ] una meta infinitamente 69

remote is not an end, but, if you like, a trap; an end must be nearer - it ought to be, at the very least, the labourer 's wage, or pleasure in the work done". The one thing that we may be sure of is the rea­ lity of the sacrifice, the dying and the dead. But the ideai for the sake of which they die remains unrea­ lised. The eggs are broken, and the habit of brea­ king them grows, but the omelette remains invisi­ ble. Sacrifices for short-term goals, coercion, if men's plight is desperate enough and truly requires such measures, may be justified. But holocausts for the sake of distant goals, that is a cruel mockery of ali that men hold dear, now and at ali times.

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lontana non è una meta, ma, se volete, un'esca; una meta deve essere più vicina, deve essere alme­ no il salario deli ' operaio o il piacere del lavoro compiuto ! » !. La sola cosa della quale possiamo essere certi è la concretezza del sacrificio, deli ' agonia e della mor­ te. Tuttavia l 'ideale per amor del quale essi muoio­ no rimane non realizzato. Le uova si sono rotte, e cresce l' abitudine a romperle, ma l'omelette resta invisibile. Potrebbero essere giustificati sacrifici per fini a breve termine, o la coercizione, qualora la condizione degli uomini fosse disperata a tal punto da richiedere effettivamente simili misure. Ma gli olocausti per amore di scopi lontani sono un crude­ le scherno verso tutto ciò che gli uomini hanno a cuore, ora e in ogni tempo.

1 A. Herze n ,

Dall 'altra sponda, (n. d. t. ).

tr. i t . di P. Pera, l n tr. di l. Berl i n ,

Ade l p h i , M i l ano 1 993, p . 7 8

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VI

If the old perennial belief in the possibility of realising ultimate harmony is a fallacy, and the positions of the thinkers I have appealed to - Ma­ chiavelli, Vico, Herder, Herzen - are valid, if we allow that Great Goods can collide, that some of them cannot live together, even though' others canin short, that one cannot have everything, in princi­ ple as well as in practice - and if human creativity may depend upon a variety of mutually exclusive choices, then, as Chernyshevsky and Lenin once asked, "What is to be done?" How do we choose between possibilities? What and how much must we sacrifice to what? There is, it seems to me, no clear reply. But the collisions, even if they cannot be avoided, can be softened. Claims can be balan­ ced, compromises can be reached: in concrete situations not every claim is of egual force - so much liberty and so much equality; so much for sharp moral condemnation, and so much for uni:l er­ standing a given human situation; so much for the full force of the law, and so much for the preroga­ tive of mercy; for feeding the hungry, clothing the naked, healing 72

VI

Se la credenza antica e perenne di poter realizza­ re un 'armonia ultima è un inganno, e le posizioni dei pensatori che ho chiamato in causa ( Machiavel­ li, Vico, Herder, Herzen) sono valide, se noi ammet­ tiarno che i Grandi Beni possano collidere, che al­ cuni di essi non possano vivere insieme, benché al­ tri lo possano - in breve che non si può avere tutto, in teoria così come in pratica -, e se la creatività u­ mana può dipendere da una gamma di scelte che si escludono reciprocamente, allora- come una volta chiesero Chernyshevsky e Lenin- «Che fare?» Co­ me scegliere fra più possibilità? Che cosa e quanto dobbiamo sacrificare a che cosa? Mi sembra non vi sia una chiara risposta. Tuttavia, se anche ai conflit­ ti non si può sfuggire, possono essere stemperati. Si possono soppesare le richieste e raggiungere com­ promessi: nelle circostanze concrete non ogni riven­ dicazione è di ugual forza - tanto per la libertà quanto per l'uguaglianza; tanto per una netta con­ danna morale, quanto per la comprensione di una situazione umana; tanto per la piena applicazione della legge quanto per il prevalere della misericor­ dia; per nutrire l'affamato, vestire l'ignudo, guarire 73

the sick, sheltering the homeless. Priorities, never final and absolute, must be established. The first public obligation is to avoid extremes of suffering. Revolutions, wars, assassinations, extreme measu­ res, may in desperate situations be required. But history teaches us that their consequences are sel­ dom what is anticipated; there is no guarantee, not even, at times, a high enough possibility, that such acts will lead to improvement. We may take the risk of drastic action, in personal life or in public policy, but we must always be aware, never forget, that we may be mistaken, that certainty about the effect of such measures invariably leads to avoidable suffe­ ring of the innocent. So we must engage in what are called trade-offs - rules, values, principles, must yield to each other in varying degrees in specific situations. Utilitarian solutions are sometimes wrong but, I suspect, more often beneficent. The best that can be done, as a generai rule, is to maintain a precarious equilibrium which will pre­ vent the occurrence of desperate situations, of into­ lerable choices - that is the first requirement for a decent society; one that we can always strive for, in the light of the limited range of our knowledge, and even of our imperfect understanding of individuals ' and societies. A certain humility in these matiers is very necessary. This may seem a

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l'ammalato, dare riparo ai senza tetto. Vanno stabi­ lite alcune priorità, anche se mai irrevocabili e mai assolute. Il dovere pubblico primario è di fuggire gli estremi della sofferenza. Rivoluzioni, guerre, assas­ sini e misure estreme possono essere necessari in situazioni disperate. Ma la storia insegna che rara­ mente il loro risultato è quello che si prevedeva; non ci sono garanzie, neppure possibilità abbastanza al­ te, talvolta, che simili azioni conducano a un pro­ gresso. Possiamo assumerci il rischio di un'azione drastica, nella vita privata o nella politica pubblica, ma dobbiamo sempre essere consapevoli, mai di­ menticare, che possiamo sbagliare e che l'essere si­ curi del risultato di simili misure conduce imman­ cabilmente alla sofferenza, evitabile, di innocenti. Allora dobbiamo impegnarci in quelli che sono chiamati "trade-offs" - compromessi: norme, valo­ ri, princìpi, devono accettare in situazioni specifi­ che mutue concessioni in vari gradi. Le soluzioni utilitaristiche sono talvolta sbagliate ma, mi pare, più spesso benefiche. Mantenere un equilibrio precario che farà evitare l'avvento di situazioni disperate, di soluzioni intol­ lerabili, è la scelta migliore che si possa fare e il primo requisito per una società decente. Una società per la quale possiamo sempre lottare, alla luce della limitata estensione della nostra conoscenza, e anche della nostra imperfetta capacità di comprendere gli individui e le società. Una certa umiltà in tali mate­ rie è davvero necessaria. Questa può sembrare una 75

very flat answer, not the kind of thing that the idea­ listic young would wish, if need be, to fight and suf­ fer for, in the cause of a new and nobler society. And, of course, we must not dramatise the incom­ patibility of values - there is a great deal of broad agreement among people in different societies over long stretches of time about what is right and wrong, good and evil. Of course traditions, out­ looks, attitudes may legitimately differ: generai principles may cut across too much human need. The concrete situation is almost everything. There is no escape: we must decide as we deci­ de; moral risk cannot, at times, be avoided. Ali we can ask for is that none of the relevant factors be ignored, that the purposes we seek to realise should be seen as elements in a total form of life, which can be enhanced or damaged by decisions. But, in the end, it is not a matter of purely subjective jud­ gement: it is dictated by the forms of life of the society to which one belongs, a society among other societies, with values held in common, whether or not they are in conflict, by the majority of mankind throughout recorded history. There are, if not universal values, at any rate a minimum without which societies could scarcely survive. Few today would wish to defend slavéry or ritual murder or Nazi gas-chambers or the torture of human beings for the sake

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risposta molto piatta, non di quel genere enfatico per il quale vorrebbe combattere e soffrire il giovane idealista, se vi fosse bisogno, per la causa di una nuova e più nobile società. E, ovviamente, non dob­ biamo drammatizzare l'incompatibilità dei valori. V 'è una gran quantità di larghi e consolidati consen­ si tra persone, in differenti società, riguardo a ciò che è giusto e sbagliato, bene e male. Naturalmente le tradizioni, le prospettive, i modi di comportarsi possono legittimamente differire: i princìpi astratti possono trascendere eccessivamente l' esigenza umana. La situazione concreta è pressoché tutto. Non v'è scampo: c'è da decidere, quando si de­ cide; talvolta il rischio morale non può essere evi­ tato. Possiamo chiedere che non sia ignorato nes­ suno dei fattori importanti, e che gli intenti che noi cerchiamo di realizzare vengano considerati come elementi di una complessiva scelta di vita, che può essere potenziata oppure danneggiata dalle singo­ le decisioni. Ma, alla fine, non è una questione di giudizio puramente soggettivo: la scelta è dettata dalle forme di vita della società alla quale taluno appartiene, una società tra le altre società, con va­ lori comuni - che siano o no in conflitto - a quasi tutta l 'umanità, tramandati attraverso la storia do­ cumentata. Se non vi sono valori universali, in ogni modo, vi è un minimum senza il quale le società a stento potrebbero sopravvivere. Pochi oggi vorrebbero di­ fendere la schiavitù, l'omicidio rituale o le camere a gas naziste o la tortura di esseri umani per amore 77

of pleasure or profit or even political good - or the duty of children to denounce their parents, which the French and Russian Revolutions demanded, or mindless killing. There is no justification for compromise on this. But on the other hand, the search for perfection does seem to me a recipe for bloodshed, no better even if it is demanded by the sincerest of idealists, the purest of heart. No more rigorous moralist than Immanuel Kant has ever lived, but even he said, in a moment of illumination, "Out of the crooked tiro­ ber of humanity no straight thing was ever made". To force people into the neat uniforms demanded by dogmatically believed schemes is almost always the road to inhumanity. We can only do what we can: but that we must do, against difficulties. Of course social or political collisions will take piace, the mere conflict of positive values alone makes this unavoidable. Yet they can, I believe, be minimised by promoting and preserving an uneasy equili­ brium, which is constantly threatened and in con­ stant need of repair - that alone, I repeat, is the pre­ condition for decent societies and morally accepta­ ble behaviour, otherwise we are bound to lose our way. A little dull, as a solution, you may say J not the stuff of which calls to heroic action by inspired leaders are made? Yet if

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del piacere, del profitto o anche del bene politico, o il dovere dei figli di denunciare i loro genitori, co­ me esigevano la Rivoluzione francese e la Rivolu­ zione russa, o l'omicidio gratuito. Non si può giustificare in alcun modo il compro­ messo su questi temi. Ma, d'altra parte, la ricerca della perfezione mi sembra la "ricetta" del massa­ cro, e la prospettiva non migliora se a pretenderla è il più sincero degli idealisti, il più puro di cuore. Mai è vissuto un moralista più rigoroso di Immanuel Kant, ma persino lui ha esclamato, in un momento di illuminazione: «dal legno storto dell'umanità non si è mai cavata una cosa dritta». A costringere le per­ sone dentro le linde uniformi imposte da schemi, nei quali dover credere dogmaticamente, è quasi sempre la strada verso l'inumanità. Noi possiamo fare solo ciò che possiamo: ma dobbiamo farlo, facendo fronte alle difficoltà. Di certo i conflitti sociali o po­ litici avranno luogo: è inevitabile, in forza dello scontro tra valori positivi. Eppure credo che essi possano essere minimizzati favorendo e conservan­ do un non facile equilibrio, costantemente minac­ ciato e costantemente bisognoso di riaggiustamenti, che da solo, ripeto, è la precondizione per delle società decenti e per un comportamento moralmen­ te condivisibile, altrimenti saremmo destinati a per­ dere di vista la nostra strada. Direte che come solu­ zione è poco brillante? Vi sembra che questa non sia la sostanza di cui sono fatti i richiami all'azione eroica da parte di leaders ispirati? Ebbene, se solo 79

there is some truth in this view, perhaps that is suf­ ficient. An eminent American philosopher of our day once said "There is no a priori reason for sup­ posing that the truth, when it is discovered, will necessarily prove interesting". It may be enough if it is truth, or even an approximation to it, conse­ quently I do not feel apologetic for advancing this. Truth, said Tolstoy, in the novel with which I began, is the most beautiful thing in the entire world. I do not know if this is so in the realm of ethics, but is seems to me near enough to what most of us wish to believe not to be too lightly set aside.

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vi è del vero in tale prospettiva, forse questo è suf­ ficiente. Un eminente filosofo americano dei nostri giorni, una volta disse «non c'è una ragione a prio­ ri per supporre che la verità, quando sia scoperta, risulterà necessariamente interessante». Sarebbe sufficiente se fosse la verità, o anche u n ' approssi­ mazione a essa, e allora io non mi sentirei di giusti­ ficarmi per averla abbozzata. La verità, disse Tolstoj , nel romanzo dal quale iniziai, è la cosa più bella nel mondo intero. Non so se questa idea valga nel campo d eli ' etica, tuttavia mi sembra che si avvi­ cini a quello che la maggior parte di noi desidera credere, quanto basta per non essere accantonata con troppa leggerezza.

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SOMMARIO

Introduzione di Salvatore Veca . . .

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lsaiah Berlin

On the Pursuit of the Ideai Sulla ricerca dell 'ideale On the Pursuit of the Ideai

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Sulla ricerca dell 'ideale . .

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