Sul masochismo. L'enigma della psicoanalisi. Riflessioni nella teoria, nella clinica, nell'arte

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INDICE

Prefazione di Antonello Correale

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Introduzione

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1. NELLA TEORIA: FREUD E IL DOPO FREUD

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Il dopo Freud Freud rivisitato: la psicoanalisi francese Il pensiero di Lacan Tipologie del masochismo: "le" economie Il masochismo "buono": garant de /,a vie Il masochismo "religioso" Il masochismo "necessario" Coloro che soccombono al successo Il problema del masochismo femminile L'identificazione con l'aggressore 2. lA CLINICA L'autopunizione: Fabio Il desiderio dell'altro: Chiara Rita e Maria: il masochismo morale "femminile" Il masochismo dell'analista

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3. NELL'ARTE 169 Il masochismo perverso: La pianista 169 L'angoscia: Mele H. Una storia d'amcre (L'Histoire d'Adele H.) 185

La Trilogia del Cuore d'Oro: Le onde del destinc e Dancer in the Dark

I have seen it aU La rinuncia masochistica in Flaurent-Claude: Serotonina Sottcmisswne L'umiliazione: L'angelo azzurro Il masochismo della ripetizione: In cerca di Mr. Goodbar 4 . DAL SOGGETTO ALLA CULTURA

Kulturarbeit Mantenersi vivi

Bibliografia Fumograjìa

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PREFAZIONE Antunelw Correak

Fin da quando l'umanità ha cominciato a riflettere su se stessa, il problema della sofferenza ha costituito una questione insolubile, tale da sfidare ogni ottimismo e ogni idealizzazione globale della vita. Perché l'uomo soffre, perché è esposto a perdite, malattie e sofferenze fisiche e psichiche? E perché non si riesce a scalzare dalla vita una dimensione, che sembra ineliminabile, di violenza, di malattia, di odio, di sopraffazione? In testi filosofici o religiosi, la questione si è posta coll'uso di un termine, quello del male, che copre in modo ampio tutte le forme di sofferenza, attive e passive, cui il genere umano è esposto. L'umanità ha cercato risposte e ha offerto risposte, ma il problema del male non si è mai fatto del tutto riassorbire da nessuna religione e da nessuna filosofia e ha continuato a costituire un aspetto misterioso della vita, su cui filosofia, religione, e scienza continuano senza sosta a interrogarsi. Ma all'interno di questo termine drammatico, esiste un'altra questione, forse ancora più misteriosa e ancora più paradossale, tale da sfidare la tendenza quasi "naturale" a una certa concezione dell'uomo. La questione può essere cosl formulata: perché molte volte l'uomo, il soggetto umano, cerca la sofferenza, la rincoITe, la trattiene e, se ne è oppresso, non tenta di hòerarsene, ma anzi sembra quasi volerla proteggere? Che cosa spinge l'uomo a cercare di soffrire? C'è un piacere misterioso nella sofferenza, un significato oscuro, una fantasia messianica? E, poiché questa tendenza è molto potente, come combatterla, come hòerare o almeno alleggerire il soggetto umano dai vincoli di questa propensione alla sofferenza, che tanto opprime la creatività o almeno la possibilità di una certa serenità di vita? Insomma, perché tanti soggetti 7

vogliono soffrire? Non solo la sofferenze della malattia e della morte, ma anche la sofferenza della violenza e dell'abuso dell'uomo sull'uomo? Come in molti altri campi, la psicoanalisi non ha avuto timore, specie nello spazio di pensiero di Freud, di avventurarsi in questo terreno molto difficile e pieno di trabocchetti. Freud infatti ha inaugurato un filone di pensiero sul masochismo - termine con cui egli raggruppò tutte le varie forme del desiderio e della ricerca della sofferenza - che ancora oggi ci indicano una strada e ci permettono di avviare un perCOl'$O. È in questo contesto che compare questo coraggioso e importante hbro di Rossella Valdrè. Questa autrice sembra avere scelto di misural'$icoi temi più scottanti della psicoanalisi, e in particolare col tema delle pulsioni, e, in special modo della pulsione di morte, in sostanza di un negativo - per usare un termine di Green - che si annida nel fondo della mente umana e che spinge l'uomo a modi di vita che lo danneggiano, lo fanno soffrire e talvolta lo fanno morire. Valdrè ha affrontato il tema delle pulsioni nel suo hbro 1A sublimazicne, in cui la questione centrale è quella di un eccesso che si colloca nel fondo dell'essere umano, eccesso di erotismo e di distruttività v=o gli altri e v=o se stesso. La sublimazione consisterebbe in uno spostamento di piano da un oggetto di investimento a un altro, per cosl dire più elevato e simbolizzato, che può funzionare però solo se una parte dell'eccesso pulsionale viene mantenuta nel nuovo livello. Ha poi affrontato, in modo diretto e senza tortuosità, il tema della pulsione di morte, nel hbro 1A mcm dentro la vita, in cui restituisce a questa pulsione la sua vera natura di ricerca di un nirvana, di una pace assoluta, incerta e mortifera, e non quella di una distruttività pura e semplice. Ora, col masochismo, Valdrè si dedica alla questione che citavamo all'inizio: perché si desidera soffrire? Si vede bene come questohbro rappresenti un'ulteriore evoluzione, rispetto al tema dell'eccesso pulsionale, affrontato nella "sublimazione" e della pulsione di morte, affrontato in 1A morte dentro la vita. Si pone qui subito una questione centrale, cui Rossella Valdrè dà una risposta netta e senza esitazione, nel solco della tradizione di pensiero di Freud. Il masochismo è un fenomeno secondario, dovuto cioè agli effetti 8

di una ricerca di qualcosa, per ottenere la quale è necessario soffrire? È insomma un prezzo che si paga per avere qualche altra cosa? O è invece una forza primaria, una tendenza originaria, che tende a ostacolare il desiderio, odia il piacere, cerca un'inerzia paralizzante? Per rispondere a questa domanda, che mi pare, stia alla base di ogni possibile discorso sul masochismo, Valdrè affronta una lettura rigorosa e attenta del testo freudiano sul masochismo, Il problema econcmico del masochÌS11W, e passa in rassegna con cura le distinzioni tra masochismo erogeno o primario, masochismo femminile e masochismo morale. Ma da un accurato approfondimento di queste distinzioni, emerge con chiarezza che il vero punto cruciale è il masochismo erogeno o pnmano. Esiste insomma una forza pulsionale che, fin dagli albori della vita, tende a rinnegare, bloccare, o almeno rallentare la tendenza a cercare piacere nella vita, a desiderare, a cercare il bello nelle cose. Come una ricerca oscura di una pace senza vita, di un sogno senza sogni, di una quiete eterna e immodificabile, che alberga in ognuno di noi e che si oppone a un'altra forza, altrettanto potente, che ci spinge al piacere della vita. Insomma, c'è una ricerca del piacere, ma c'è un piacere di distruggere il piacere, di combatterlo come un nemico, come qualcosa che ci destabilizza e ci sbilancia. In tutto il hòro, Valdrè analizza le varie forme che il masochismo erogeno, vero protagonista negativo delle sue riflessioni, assume, più o meno in collegamento colle forme secondarie di masochismo, quelle dirette a ottenere un risultato attraverso la sofferenza. Valdrè distingue subito un masochismo necessario da quello erogeno. Il masochismo necessario è la sofferenza che ci impone la vita per ottenere qualcosa dalla vita stessa. È la dimensione legata alla sopportazione, alla rinuncia inevitabile, alla fatica di crescere, di accettare il tempo, ma anche di conquistare qualcosa, di lavorare, di studiare, di amare. In ogni forma di amore, infatti, accanto al piacere di cercare e godere dell'oggetto amato, c'è qualcosa di doloroso nell'affrontare le differenze, le delusioni, le distruzioni, le separatezze. E questo vale per il lavoro, per la crescita, per la creatività artistica e scientifica. Ma c'è poi anche un altro masochismo, che si differenzia da quello erogeno e da quello necessario, il masochismo dell'ascesi, della rinuncia per ottenere l'accesso al misticismo, l'attraversamento del vuoto, 9

ineliminabile, quando si vuole andare verso le cose, senza farsi troppo imbrigliare dal linguaggio. E poi c'è il masochismo "eroico", quello di chi usa la sofferenza per interrogarla, per venirne a capo, come per il trauma, che dà origine a una tendenza per ricercarlo, per interrogarlo. C'è infine un masochismo stoico, un rinforzo della propria soggettività, un messaggio di forza a se stessi e un masochismo quasi dionisiaco, la rinuncia, per tuffarsi in un'altra dimensione, globale e totalizzante. Ma tutte queste forme, potenti e, in qualche misura, connesse colla natura dell'umano, non intaccano la forma cruciale e centrale di cui Valdrè si fa ricercatrice, e cioè il masochismo erogeno, appunto quello forza originaria, che agisce oscuramente contro la nostra stessa vitalità o, almeno, contro quell'attivazione, anche faticosa, ma potente, che il desiderio di vita stimola dentro di noi. Come potere studiare e descrivere, dentro l'uomo, una presenza cos} perturbante e in fondo in controtendenza con tutto quello che tendiamo a pensare o a credere degli essere umani: il bello, l'amore, la speranza, la sessualità? Valdrè ci dà due risposte, entrambe molto incisive. Per la prima, il masochismo erogeno non è una forza separata e scissa, ma una componente fondamentale della pulsionalità insite nell'uomo. Come Freud ci indica nel Problema econcmù;o del masochiS1M, il masochismo erogeno anche lega la pulsionalità eccessiva del bambino e rende possibile una strada di conciliazione dell'eterno contrasto tra eros e civiltà. Ma, a questo fine, è necessario che le identificazioni primarie avvengano in modo equilibrato. In assenza di questo equilibrio, l'eccesso pulsionale non viene incanalato, si ha un disimposto pulsionale e il masochismo erogeno si svincola e agisce negativamente, come inerzia e inibizione. La seconda risposta riguarda la dipendenza. È questo uno dei temi più scottanti, ma in cui il pensiero di Rossella Valdrè si fa più limpido e, se vogliamo, più coraggioso. Valdrè afferma che il masochismo erogeno è collegato colla naturale tendenza originaria dell'essere umano alla dipendenza da un altro essere umano, o da un gruppo, o da un'idea. Insomma, la originaria, lunghissima dipendenza del bambino lascia una traccia incancellabile, la fantasia potente di hòerarsi di se stessi, 10

di disfarsi della propria hòertà, scelta, decisionalità, per affidare a un altro la gestione di noi stessi. Il masochismo erogeno sarebbe espressione quindi di questa dipendenza originaria o meglio, dipendenza e masochismo originario o erogeno, si rispecchiano l'uno coll'altro, come due forme di una stessa medaglia. Un aspetto particolare di questa dipendenza assume poi un carattere ancora più perturbante, perché diventa sottomissione. Sottomettersi umilia il narcisismo di vita, ma esalta quello di morte: se mi sottometto divento onnipotente, perché non devo pensare più a nulla, sono come un dio, malato, ma pur sempre un dio. Come si vede, questa forza oscura al servizio della pace bloccata è diverso da quei tipo di masochismo che si basano sulla colpa: devo soffrire perché sono colpevole. Questo è il masochismo morale, basato sull'espiazione. Ma questo tipo di masochismo, molto diffuso, si distingue dal masochismo erogeno, in quanto in fondo diretto all'altro, al chiedere perdono, al soffrire per purificarsi. Ma non sarebbe possibile questo masochismo super egoico, se esso non prendesse a prestito, se cosl posso esprimermi, dal masochismo erogeno, quella forza pulsionale, che poi viene utilizzata per espiare. Lo stesso vale per quei tanti tipi di masochismo, che vengono attivati per creare angoscia nell'altro, per legarlo a noi, per tenerlo stretto all'immagine di quanto soffro per amor suo. È il masochismo di tante donne che soffrono per tenersi stretto l'uomo violento, come se solo la loro sofferenza potesse agire da vincolo. Ma il tema ricorrente è sempre questo: c'è un masochismo diretto all'altro, per conquistarlo, legarlo, vincolarlo, il masochismo eroico, il masochismo passivo e dipendente, il masochismo sottomissivo. Ma alla base c'è sempre un masochismo originario, in cui non è l'altro l'obiettivo del masochismo stesso, ma è la vita che in noi che è posta sotto scacco, temuta quasi, come troppo hòera e responsabilizzante. Nella sottomissione i due tipi si mescolano. Attacco la vita che è me e cosl mi sento protetto dall'altro. In fondo, come dice Freud, è questo il fascino della tirannia. Insomma il masochismo erogeno presta la sua pulsionalità autoparalizzante al masochismo diretto a determinare nell'altro una sorta di angoscia e di protezione e comunque una centralità di me stesso dentro di lui. 11

Il masochismo necessario e quello ascetico si pongono quindi in un'altra posizione rispetto a questa. Da quanto detto, spero risulti chiaro lo sforzo faticoso che ha fatto Rossella Valdrè per mettere ordine in questo campo e per costruire, se mi permette l'espressione, una geografia possibile del masochismo. Nell'ultima parte del hòro, in pagine veramente ispirate, Valdrè passa in rassegna alcuni film, che permettono di mettere a fuoco in modo potente tutte queste affermazioni. Proporrei che queste letture possano essere raccolte indicando due polarità: il sacrificio e il disinvestimento. Nel masochismo come sacrificio si intravede una forma orientata della sofferenza: si insegue un ideale irraggiungibile o un rapporto violento e inscindibile con un genitore fantasmatico, crudele e invasivo o una versione infinita o quasi divinizzante di un altro essere umano. In questi casi, il masochismo apre la strada al narcisismo, una versione idealizzata, in modo estremo e totalizzante, del proprio esserese stessi e del rapporto con un altro ultra idealizzato e ultra richiedente. In questi casi, il masochismo erogeno fa da carburante, per cos} dire, al sacrificio, ma c'è ancora un rapporto con un altro, sia pur fantasmatico. Neldisinvestimento - che Valdrècollegaallepassioni tristidelnostro tempo - le pulsioni di morte che permea il masochismo originario si presenta in forma quasi pura: si desidera un sonno senza sogni! La delusione e il vuoto dei primissimi rapporti spiega in abbondanza come questo disinvestimento acquisti una potenza cosl grande, come se le delusioni potenziassero una forza oscura che è già da sempre attiva dentro di noi. Vorrei dire in conclusione, che dobbiamo veramente essere grati a Rossella Valdrè. Penso, infatti, che solo uno sguardo disincantato e lucido su queste parti oscure della vita dell'uomo possa permetterci di rinforzare la dimensione erotica e le capacità subliminatorie. Se si cala su queste parti una negazione ottimistica e tranquillizzante, pulsione di morte e masochismo erogeno continueranno la loro lenta e silenziosa attività corrosive. Dobbiamo conoscere il "male" dentro di noi, per attivare tutto l'eros che è necessario, per continuare ad amare la vita.

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INTRODUZIONE A voUe l'unw (Belle de jUr) di Louis Bunuel del '67, esattamente dieci anni prima: una raffinata signora borghese, frustrata della vita matrimoniale, siscinde inconsapevolmente in una doppia vita, che la vede, diginw fino alle 17, prostituirsi in una casa d'appuntamenti, e di sera tornare alla sua routine coniugale. Più esplicitamente psicoanalitico in quanto risente fortemente della cifra surrealistica del regista, Belle de jUr colloca nella scissione ipocrita della borghesia, lo stesso dramma femminile di Lcoking fr Mr. Goodbar; protetta però dall'involucro borghese, la fredda protagonista (Catherine Deneuve) non corre alcun pericolo. Entrambe le donne, vivono una profonda scissione e, prima che con i loro atti, o meglio, agiti, sperimentano la scissione grazie al rifugio nella fantasia. È solo per Theresa, però, che il ripetuto passaggio all'atto sarà fatale. Il concetto di scissione, in una prima accezione, indicava la dissociazione tipica dell'isteria: una parte non sa cosa appartiene all'altra, non sono io responsabile dei miei atti, ma le cose mi accadono. Nella classica scissione isterica, il soggetto cerca la gratificazione pulsionale attraverso sintomi e azioni a cui può non attribuire importanza, come se non accadessero a lui; da qui, la belle indifference. Se la colpa edipica inconscia diventa troppo intensa, il soggetto isterico può paralizzarsi, sospendere la funzione che appagava il desiderio proibito. Con Freud (1894), la scissione, Spaltung, entra all'interno dell'Io, rappresentando la divisione, la separazione intrapsichica tra sistemi e istanze: divisione tra conscio e inconscio nella prima topica, tra Es, Io e Super-io nella seconda. Con la Klein, il concetto si approfondisce per farsi meccanismo di difesa universale, onnipresente nella psiche e, al tempo stesso, arcaico: due o più tendenze mentali coesistono senza integrarsi, per cui sarà la mente nel suo insieme a perdere integrità, coesione, facendo emergere pulsioni parziali. Alla scissione dell'Io si contempla quella dell'oggetto, sempre connesse a proiezione e diniego: nel suo scindersi, Thercsa scinde l'oggetto, 259

idealizzando aspetti di Tony, ad esempio, e denigrando aspetti di James. Per laSegal (1968), quando si trova a fronteggiare l'angoscia prodotta dall'istinto di morte, l'Io si deflette, si scinde e proietta fuori la parte di sé che corrisponde all'istinto di morte, nell'oggetto esterno originario, il seno. Cosl il seno che è sentito contenere gran parte dell'istinto di morte del lattante, è sentito anche come cattivo e minaccioso e dà luogo a un sentimento di persecuzione. L'atteggiamento scissionale del nostro personaggio contiene tutti questi elementi: scissione dell'Io in senso freudiano, ossia quel fenomeno, tipico del feticismo ad esempio, che vede la coesistenza in seno all'Io di due atteggiamenti psichici diversi e opposti rispetto alla realtà esterna, quando questa realtà si oppone all'esigenza pulsionale, atteggiamenti che possono persistere l'uno accanto all'altro senza interferire; ma riconosciamo anche la scissione come meccanismo di difesa arcaico, verosimilmente nato per mettere ordine nella mente rispetto al caos, dove sia l'Io sia l'oggetto si scindono per governare la pulsione di morte, come scrive la Segai. Di un'atmosfera di morte, di cupa dissolvenza, è dominato tutto il film e il romanzo, che si aprono con un aborto e terminano con un omicidio. Theresa, attraverso la scissione, tiene a bada sia l'impellenza del desiderio che i il suo bisogno d'amore, soddisfacendolo solo con la sua parte notturna, nei bassifondi della coscienza, e tenta di espellere la pulsione di morte, di gestirla, governarla, giocandola nell'Eros violento, e proiettandola nell'altro debole. Che cos'è reale, dunque? Insegnare ai bambini, pensa Theresa, andare a trovare i genitori è reale; irreale, invece, il suo mondo di incontri notturni, la se stessa che entra negli hotel, nelle case di sconosciuti, che li porta nel suo appartamento per "farsi sbattere" e chiede a tutti, sempre, di andarsene prima del mattino per andare a scuola. Qui non si dorme, è perentoria Theresa quando si riappropria del suo sé diurno, quando Terry ridiventa Miss Dunn. Quin