Il mistero della Redenzione nella storia

Pubblicato nel 1965, a quasi vent'anni di distanza da Cristo e il tempo (1945), che nel mentre era giunto alla sua

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Il mistero della Redenzione nella storia

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Oscar Cullmann

Il mistero della Redenzione nella storia

Società editrice il Mulino

Bologna

Titolo originale: Heil als Geschichte He#sgeschichtliche Existenz im .1 Neuen Testament, Tiibingen, ].C.B. Mohr : (Paul· Siebeck), 1965. Tra. .

duzione di Gino Conte

Copyright© 1966 by Societi editrice il Mulino, Via S. Stefano 6, Bologna Prima edizione italiana, 1966; · seconda edizione l971 CL 27�0160-X ·

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Introduzione all'edizione italiana

di Giorgio ]ossa

La · rtsposta di O. Cullmann alla scuola bultmanniana

sul problema della rivelazione .

come storta

Tra la fine del secolo scorso e gli inizi di questo , quan­ do in seno al protestan tesimo ancora imperava la teologia liberale , J. Weiss e A. Schweitzer richiamarono l'attenzio­ ne degli studiosi sulla centralità del tema escatologico nel messaggio di Gesu, dando vita alla tesi della cd. escato­ logia conseguente. Da allora il problema del carattere e del significato dell'escatologia nel pensiero di Gesu e della comunità primitiva è stato sempre al centro della rifles­ sione sul Nuovo Testamento. Anche nel passaggio dalla teologia liberale di A. von Harnack alla teologia dialettica di K. Barth e attraverso i diversi orientamenti della scuola di storia comparata delle religioni (la Religionsgeschicht­ liche Schule ) e della scuola di storia delle forme (la Form­ geschichtliche Schule) esso ha conservato infatti un posto preminente negli interessi degli esegeti e dei teologi. O. Cullmann ha partecipato fin dall 'inizio della pro­ pria attività scientifica alle discussioni sul problema esca­ tologico. Tra i fondatori della scuola di storia delle forme (insieme con M. Dibelius, K. L. Schmidt, R. Bultmann , M. Albertz e G. Bertram, benché di loro notevolmente piu giovane), egli si è subito inserito con i suoi scritti nel vivacissimo dibattito che intorno a quel problema si è svolto in modo particolare negli anni tra le due guerre e che ha visto opporsi le due tesi dell'escatologia conseguente di A. Schweitzer, secondo cui nel Nuovo Testamento il Regno di Dio è annunciato come una realtà esclusivamente futura, ma di imminente instaurazione, e della escatologia realizzata (o inaugurata , o in via di realizzazione) di C. H. Dodd, secondo cui invece il Regno di Dio vi è visto come

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GiorgiQ ]ossa

già definitivamente ins taurato ·con la venuta di Gesu .

Frut­ to di questa sua partecipazione sono stati prima vari scritti brevi , tra cui principali Ko11igsherrschaft Christi und Kir­ che im Neu en Testament, apparso nel 1 94 1 , e Les pre­ mières confessions de foi chrétiennes, uscito nel 194 3 , e poi, coronamento di questo primo periodo del suo pensie­ ro, Christus und die Zeit 1 , steso durante la guerra, ma apparso nel 1 946, nel quale egli, d'accordo con K. L. Schmidt e soprattutto con W. G. Kiimmel, ha sostenuto una terza soluzione, secondo cui caratteristica fondamen­ tale dell'escatologia di Gesu è che il Regno di Dio viene annunciato come al tempo stesso presente e futuro: pre­ sente in quanto operante già nella persona e nella vita del Cristo, futuro in quanto la sua realizzazione definitiva; nella gloria, resta ancora da venire 2• A quasi venti anni di distanza (l'edizione tedesca è del 1 965) e dopo che Cristo e il tempo è giunto nel 1 962 alla 3a edizione, appare ora questo Heil als Geschichte, che riprende ancora una volta il tema dell'escatologia ne� testamentaria. Ma la situazione è oggi notevolmente cambiata: Cull­ mann stesso, nella parte introduttiva del volume in cui offre una panoramica dello sviluppo del pensiero teologico degli ultimi anni , distingue tre fasi di questo sviluppo, per quanto fortemente intrecciate tra loro: la fase delle di­ scussioni sul problema della « escatologia presente o fu­ tura », la fase delle discussioni sul rapporto tra escatolot Per lo sviluppo del pen si e ro di Cullmann fino all'apparizione di Christus und die Zeit v. la bella in troduzi one di B. Ulianich all 'edizione italiana, Bo logna , 1 965. 2 Si n oti tuttavia una si ngola re incertezza nelle e spr e ss i o n i di Cull· mann relative all'attualità del Regno d i Dio. Egli che con W. G. Kum­ mel è stato, come ho d etto , il piu vigoroso assertore del carattere insieme presente e futuro del Regno n ell 'annuncio di Gesu, sulla base di una dist i nz ione tra Regno di Cri st o e Regno di Dio sotto li n eata per la prima volta in Konigsherrscbaft Christi und Kirche im Neuen Testament, ha poi piu di una volta affermato il car a tt ere esclusivamente futuro del Re­ gno di Dio, mo stran do qu alche contraddizione non soltanto da libro a libro, ma anche nello stesso 1ibro. V. per esempio Cristo e il tempo, pp. 108, 183, e in/ra pp. XL-XLI.

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gia e storia della salvezza e la fase delle discussioni sul problema della « rivelazione come storia » (pp. 3 1 ss. ) . E in effetti non è difficile accorgersi che Cristo e il tempo e Il mistero della Redenzione nella storia appartengono a due diversi momenti nello sviluppo del pensiero di Cull· mann e nel contesto del dibattito teologico degli ultimi an­ ni. Per quanto sostanzialmente frutto di un orientamento assunto da Cullmann fin dai primi passi della propria spe­ culazione, Cristo e il tempo si inseriva infatti in un con· testo preciso. Era il periodo, come ho detto, del contrasto tra la scuola di Schweitzer e quella di Dodd 3 sul carat­ tere presente o futuro dell'escatologia . Durante la guerra si era anche svolto un vivace dibattito in Svizzera tra due discepoli di Schweitzer , M. Wemer e F. Buri, da un lato e un gruppo costituito da W. Michaelis, W. G. Kiimmel e Cullmann dall'altro. Il contrasto di fondo era quindi con Schweitzer e la sua scuola. R. Bultmann, che già aveva lanciato nel 1 94 1 il suo programma di demitizzazione con la famosa conferenza-manifesto su Offenbarung und Heils­ geschehen e aveva anche pubblicato nello stesso anno il grande Commentario al Vangelo di Giovanni, era si te­ nuto costantemente presente nel libro, ma non costituiva il principale interlocutore del dialogo . Ora Il mistero della Redenzione nella storia, pur proseguendo la linea di Cri­ sto e il tempo, si muove in un altro contesto. E questo contesto è dato in maniera assolutamente prevalente da Bultmann e dalla sua scuola, oggi senza dubbio dominante nel panorama teologico tedesco. Il libro tiene conto infat­ ti non soltanto delle maggiori opere di Bultmann, ma an­ che di tutta una serie di ricerche e di discussioni svoltesi tra i suoi discepoli dopo l'apparizione di Cristo e il tempo, spesso anche occasionate da esso. 3 I cui scritti fondamentali tuttavia, The Parables of the Kingdom, London, 1935, e The Apostolic Preaching and its Development, London, 1938, nei paesi di lingua tedesca erano allora assai poco noti e solo da W. G. Kiimmel in Verheissung und Erfullung. Untersuchungen zur escha­ tologischen Verkiindigung ]esu, Ziirich, 1945, furono inseriti largamente nel dibattito. In Cristo e il tempo infatti Dodd non è mai citato.

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Questo mutamento di contesto ha portato in primo luogo a uno spostamento di accento. Se nel dibattito con la scuola di Schweitzer il problema centrale era quello del carattere presente o futuro dell 'escatologia, ora la discus· sione con Bultmann e i suoi discepoli investe il problema stesso della temporalità della salvezza . Se il Leitmotiv di Cristo e il tempo era costituito quindi dalla tensione tra il « g ià adempiuto » e il « non ancora pienamente rea· lizzato », ora la discussione, pur centrata sempre su questo tema, si amplia a comprendere anche il rapporto tra esca­ tologia e storia della salvezza e il problema della rivela­ zione come storia 4• Ma soprattutto, nei confronti di Cristo e il tempo , c'è nel Mistero della Redenzione nella storia un notevole ap­ profondimento di molti punti controversi. Cullmann stesso ci avverte: « Questo mio nuovo lavoro prolunga le linee del mio libro Cristo e il tempo . Tuttavia, mentre là il mio scopo era quello di mettere in evidenza solo lo schema di una storia della salvezza neotestamentaria, qui intendo va­ lutare il suo contenuto da ogni punto di vista >> (p . 7 ) . Nei confronti del Mistero della Redenzione nella storia, Cristo e il tempo appare un po' come un prolegomeno . In effetti proprio la discussione con la scuola bult­ manniana ha costretto Cullmann ad approfondire varie questioni che in Cristo e il tempo erano soltanto accen· nate, e alcune volte addirittura tralasciate. È impossibile naturalmente indicarle tutte : il lettore vedrà come la tra t· tazione di Cullmann, pur essendo interamente ed esclusi­ vamente centrata sulla storia della salvezza e risultando a volte anche un po' pesante e monolitica nella sua com­ pattezza e omogeneità, offra spunti numerosissimi di di�· scussione. Accennerò quindi soltanto ad alcuni punti che . .

4 Nel che, com'è noto, la re azione di Cullmann nei confronti della scuola bultmanniana si incontra, pur essendo da essa del tutto indi­ pendente (il primo abbozzo del Mistero della Redenzione nella sto ria risale infatti al 1959), con quella espressa dal cosiddetto « gruppo Pan­ nenb e r g » in Olfenbarung als Geschichte, Heide lb erg 1961 (tr. it., Rive­ lazione come storia, Bologna, 1969). ,

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mi sembrano particolarmente importanti. Nella polemica con Bultmann una cosa era appars� subito chiara: pur essendo entrambi di formazione ge­ nuinamente luterana e pur provenendo entrambi dall'espe­ rienza liberante della Formgeschichte, i due autori avevano prospettive profondamente eterogenee, parlavano un lin­ guaggio radicalmente diverso. È per questo che nel suo bel libro su L'intervento di Oscar Cullmann nella discussione bultmanniana L. Bini ha potuto concludere, un po' pessi­ misticamente, che tra loro non vi è stato alcun vero dialo­ go 5• In effetti, fino a oggi, Cullmann aveva voluto con­ , vincere Bultmann deli errore delle sue conclusioni soprat­ tutto col confronto dei risultati delle rispettive letture, utilizzando, come egli diceva , « un metodo genuinamente storico », rimanendo cioè quasi sempre su un piano pura­ mente esegetico 6• Ma proprio nella recensione a Cristo e il tempo Bultmann 7 lo aveva invitato a spostare il di5 L. Bini, L intervento di Oscar Cullmann nella discussione bultman­ niana, Roma, 1961, p. 93. 6 Si legga per esempio in Cristo e il tempo, p .52: « Il presente la­ '

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voro si propone di mostrare semplicemente, servendosi delle fonti del cristianesimo primitivo, che questa storia non è, per riprendere i termini di R. Bultmann, un "mito" del quale la rivelazione neotestamentaria pos­ sa essere spogliata e non rappresenta neppure un accidentale adattamen­ to dei cristiani a delle idee giudaiche che avrebbero rapporti con il nu­ cleo centrale della predicazione cristiana primitiva soltanto nella misura in cui questo "nucleo" potrebbe essere da esse svincolato. Esso deve mostrare, seguendo un metodo genuinamente storico, che il "nucleo" spe­ cificamente "cristiano", quale risulta da tutte le fonti del cristianesimo primitivo, si identifica realmente con la storia della salvezza». E alla pa­ gina seguente: «Colui che, insoddisfatto della constatazione della critica storica circa l'esser la storia della salvezza il centro della predicazione neotestamentaria del cristianesimo primitivo, intende assumere una po­ sizione personale nei confronti di essa, deve sapere che, con ciò stesso, si schiera a favore o contro lo stesso messaggio cristiano». Identico atteg­ giamento manteneva anche in relazione alla tesi di Schweitzer: «Per que­ sto motivo non si riesce a capire come Albert Schweitzer, e soprattutto i suoi allievi, i rappresentanti della cosi detta escatologia conseguente, pur escludendo sul piano teologico ciò che han riconosciuto come il cen­ tro della fede neotestamentaria dal punto di vista storico, persistano tut­ tavia nel richiamarsi a questa fede in un modo che a noi sembra del tutto inconseguente» (ibidem ). 7 Heilsgeschichte und Geschichte. Zu Oscar Cullmann, Christus und die Zeit, in « Theologische Literaturzeitung», 73 (1948), col. 663.

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scorso sui presupposti di lettura. È per questo che Cull­ tnann ha inserito in questo libro un capitolo di conside­ razioni sul problema ermeneutico 8• Bultmann , com'è noto, portando alle estreme conseguenze le conclusioni polemiche della Formgeschichte nei confronti del metodo esegetico della teologia liberale e accettando il presupposto della impossibilità di ogni separazione tra soggetto e oggetto come una conquista definiti va del pensiero moderno' nega che possano distinguersi nel Nuovo Testamento due fasi: quella degli avvenimenti > della redenzione e quella dell'appropriazione soggettiva, per fede, degli avveni­ menti da parte della comunità primitiva ; e nega anche per conseguenza che possano distinguersi due fasi nell'esegesi: quella dell'ascolto puro e semplice della Parola di Dio e quella dell'interpretazione personale alla luce della fede. Ora le due accuse fondamentali che Cullmann muove a Bultmann sul piano ermeneutico sono proprio quelle di aver interpretato in maniera troppo radicale i criteri della Formgeschichte ( la cui validità per Cullmann era essenzial­ mente nella riscoperta dei Vangeli come testimonianze di fede , non come puri scritti biografici , e quindi nella polemi­ �a contro la pretesa della scuola liberale di attingere piena­ namente il Gesu storico e di ricostruire cosi la vita di Gesu ) , rinunziando a ogni distinzione tra l'evento salvi­ fico e la sua appropriazione da parte della comunità pri­ mitiva 9, e soprattutto di aver portato alle estreme con­ seguenze l'esigenza dell'incontro personale col Cristo nella 8 Giustamente però egli prega i lettori di non desumere la sua erme­ neutica solo da questo breve capitolo, perché è tutto il suo lavoro che tende a porre le basi di un'ermeneutica della storia della salvezza {p. 79). 9 Questo orientamento non è stato mantenuto però nella sua radi­ calità dalla scuola bultmanniana, e neppure da Bultmann stesso. Da un lato infatti i discepoli di Bultmann, G. Bornkamm, E. Kasemann, H. Con· zelmann, hanno ripreso, com'è noto, l'indagine sul Gesti storico. Dal. l'altro lo stesso Bultmann, dopo aver assunto nel ]esus un atteggiamento estremamente riservato nei confronti del Gesti storico, nel Cristianesimo primitivo e nella Theologie des Neuen Testaments ha abbozzato invece il tentativo di una ricostruzione del messaggio originario di Gesti. Ma è questo uno dei casi in cui Cullmann non tiene sufficientemente conto nella sua polemica di un «ammorbidimento» della primitiva po­ sizione bultmanniana.

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fede e accettato per di piu un a priori .filosofico (quello esistenziale di M. Heidegger) nella sua interpretazione teologica, introducen dovi un g r ave elemento di arbitrio p ers onale e rinunzia ndo cosi a ogni tentativo di raggiun­ gere l 'oggettività della Parola di Dlo 10• Contro queste posizioni Cullmann fa valere da un lato che è proprio dai testi s te ss i della Scrittura che l ' e segesi è invitata a distinguere tra l'evento salvifico e la sua in­ terpretazione da parte della comunità primitiva (onde, per. Cullmann, la po ss ibili tà , non so l t anto di rico s t rui re una storia della salvezza ogget t iva , ma anche, se. non proprio di risalire al Gesu storico, di dis tingu ere al meno tra i detti di Gesu e l'elabora z ione della comunità , tra il ke­ rygma del Gesu incarnato e quello del Glorificato ), dal­ l' altro, per quanto riguarda il pi a no strettamente erme­ neutico, che l'atteggiamento dell ' es egeta non può essere quello di ricerca re nel testo solo ciò che direttamente lo interp ell a , ma deve essere invece di ascolto il piu possi­ bile neutra le della Parola (onde, per Cullmann, no n $01to C fr. L. Bini, op. cit., pp. 63 ss. Si veda del resto come queste due accuse erano già formulate, sia pure senza soffermarcisi, i n Cristo e il tempo, pp. 54-55: « (11 Bultmann), quando considera già in partenza il tempo e la storia come un rivestimento mitolo gico da cui il nucleo cen­ trale possa essere spogliato, non attinge questo a priori da un'indagine storica sull'atteggiamento del cristianesimo primitivo e ci si deve per­ ciò chiedere se la filosofia dell'esistenza di Heidegger, con la quale il nucl eo centrale oos{ ottenuto viene a concordare ... , non si trovi per caso all'origine di tutta la costruzione>). « Il punto di v i s ta di R. Bult­ mann è coerente con la sua considerazione dei Vangeli secondo il me­ todo della Formgeschicbte delineata nella prefazione alla seconda edizio­ ne della Gl!schichte der synoptischen Tradition ( 1931). La scuola, che porta il nome della Formgeschichte, ha avuto l'incontestabile merito di mostrare in modo evidente sia agli storici che ai teologi che i Vangeli non sono deiJe biografie ma delle testimonianze di fede ... L'ultimo passo che R. Bultma nn ha compiuto nella sua opera sopra citata 0/lenbarung und Heilsgeschehen, 1941 , in cui tutta la storia biblica del Nuovo Te­ stamento viene considerata come un mito senza alcun rapporto con il nucleo centrale, mi insegna però che avrei dovuto aggiungere qualche riserva ... alla valutazione giustamente positiva della Formgeschichte e precisamente che la storia deve essere in ogni caso mantenuta nei s�oi diritti, poiché quella testimonianza di fede che si esprime nella tradi­ zione evangelica ha per oggetto la storia stessa ».

Giorgio Jossa tanto la possibilità di un'esegesi scientifica della Scrittura anche da parte di un non credente , ma anche il rifiuto categorico di ogni presupposto filosofico nell'ascolto della Parola). In primo luogo dunque Cullmann sottolinea come tutta la Sacra Scrittura, Vecchio e Nuovo Testamento, rfveli un intreccio di avvenimenti e di interpretazioni che sono si l egati tra loro, ma possono tuttavia sempre distinguersi . La concezione della storia della salvezza si forma precisa­ mente a t trav erso la trasmissione sotto forma narrativa di avvenimenti che vengono contemporaneamente interpre­ tati. Ma l'avvenimento precede sempre e determina l'in­ terpretazione. Ed è possibile , nonché doveroso, per l'ese­ geta distinguere le due fasi . Ciò vale senz' altro per il Vecchio Testamento, per il qu ale Cullmann si contenta sostanzialmente di riprendere l'osservazione di G. von Rad secondo cui le teologie della storia dello Jahvista, del­ l ' Elohista, del Deuteronomista , dei profeti , si sono svi­ luppate di regola in relazione con sempre nuovi avveni· menti, sottolineando però piu di von Rad il fatto che l'accento va posto « sui sempre nuovi avvenimenti, che determinano le nuove interpretazioni e al tempo stesso ne vengono assimilati >> ( p . 113 ) . Ma vale anche, anzi ancor piu , per il Nuovo Testamento, a proposito del quale Culi.. mann prende decisamente posizione contro la tesi di Bult .. rnann che da un lato ritiene impossibile distinguere real­ mente l'annuncio di Gesti dalla reinterpretazione datane dalla comunità alla luce della fede pasquale e dall'altro, ne­ gando a Gesu ogni coscienza messianica, fini sce col relega.. re comunque quell'annuncio tra i semplici presupposti giu­ daici della teologia neotestamentaria. Certo, per quanto ri­ gua rda il problema fondamentale del rapporto tra Cristo ke­ rygmatico e Gesu storico, Cullmann riconosce che « i primi c ri s tiani , alla luce della rivelazione della risurrezione, hanno cosf s t re t ta mente intessuto insieme il Kerygma- che risal e a Gesu e del quale alcuni fra loro sono i garanti in qua­ lità di testimoni oculari e auricolari - e la reinterpreta­ zione, da rendere estremamente· difficile una distinzione>)

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(p. 1 37}. Come, per quanto riguarda la coscienza messia­ nica di Gesu, ammette senz'altro la possibilità che in molti passi i titoli con cui lo si indica gli siano stati attribuiti soltanto dai discepoli e la cristologia che ne è implicata sia opera quindi soltanto della comunità. Ciò non toglie secondo lui che la difficoltà di distinguere tra il kerygma che il Gesu incarnato ha predicato relativamente a se stes­ so e quello che i discepoli reinterpretano alla luce degli avvenimenti pasquali non può impedire di riconoscere che l'affermazione che è al centro dell'interpretazione della comunità primitiva, secondo cui Gesu di Nazareth è colui che, nello svolgersi del piano divino, ha compiuto la storia della redenzione, non può aver trovato la sua base che nel­ l 'annuncio che Gesu ha dato di se stesso inserendosi con piena coscienza nella storia della salvezza. È proprio l'atto di fede cosi com'è concepito dagli autori neotestamentari che esige del resto questa distinzione tra l'evento ogget­ tivo e l'appropriazione soggettiva . La fede della comunità primitiva, di Paolo e di Giovanni, contiene infatti come parte integrante quella distinzione tra l'agire di Dio e il soggetto credente che oggi si vorrebbe contestare come un aspetto della « falsa filosofia » della separazione tra soggetto e oggetto. Ciò risulta già dal solo fatto dell 'im­ portanza della testimonianza oculare messa in evidenza dal piu antico « credo » della comunità primitiva, che Paolo cita in l Cor. 15 , 3 ss. ; ma in maniera anche piu chiara è provato sia dalla netta distinzione paolina tra udire e èredere quale si trova per esempio in Rom . 10, 1 7 ss . sia dall'insistenza giovannea sulla testimonianza oculare e l'interpretazione della fede nel loro necessario rapporto e nella loro diversità: Elet\J xat bttcr'tEUCTE\J ( Gv. 20, 8 ). « Per Paolo la distinzione tra l'evento divino, che si attua prescindendo dalla mia fede , e il riconoscimento da parte mia di quest'evento nell'umiltà, nell 'adorazione e nella rico­ noscenza della fede , rappresenta un elemento essenziale della fede, fondamentale per tutta la sua teologia » (p. 44 1 ). « Mi pare che questo accostamento di ElOE\J ed t7tl.4 t1'tEUO'E\J confermi la distinzione fra avvenimento e appro4

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Giorgio Jossa

priazione del medesimo per fede, negata con tanto rigore dai rappresentanti dell'esegesi esistenzialistica » (pp. 371-

372 ). Ma se questa è la concezione neotestamentaria della fe­ de , l 'esegesi stessa ne è condizionata; ne derivano per Cull­ mann conseguenze ermeneutiche. Prima ancora dell'atto di fede col quale cerco di capire a fondo l'interpretazione che altri ha dato degli avvenimenti è necessaria l'analisi neutrale degli avvenimenti stessi e delle loro interpre­ tazioni . Ciò non significa naturalmente eliminare l'appro­ priazione mediante la fede. È ovvio infatti che l'evento· divino mi rivolge un appello al quale, come sottolinea vigorosamente Bultmann, debbo rispondere con la mia per­ sonale decisione . Significa però da un lato che debbo « es­ sere pronto, preliminarmente a ogni fede, ad ascoltare forse qualcosa che mi è estraneo, un richiamo in un senso totalmente contrario à quelli che sono i miei problemi e nel quale io, a prima vista , non mi sento affatto preso a tu per tu » (p . 87), dall 'altro che, sia pure in modo provvisorio , debbo studiare il Nuovo Testamento facendo astrazione il piu possibile da ogni adesione personale e sfor­ zandomi di eliminare il rischio di quella fonte di· errori che può essere rappresentata dalla mia soggettività 11• In con11 Si confronti anche con quale rigore Cullmann, preannunciandone l'esame piu approfondito di questo libro, ha affermato il principio già nella prefazione alla terza edizione di Cristo e il tempo, pp. 32-33: > , che non per l' ep oc a neotestamentaria . Nonostan­ te qualche preannuncio già negli ultimi sc ri t t i del Nuovo Testamento, è solo i n questi autori che si affievoliscono veramente l'attesa della fine e la tens io ne. Bis ogna da re dunque atto a Cullmann che con questo chiarimento e approfondimen to l'obiezione fatta a Cristo e il tempo, re lativa a un'armonizzazione esagerata dei li­ bri del Nuovo Te sta mento e a una mancata percezi one dello sviluppo teolog ico al loro interno, è stata in sostan­ za risolta. Pur non potend o qui ent rare nel m e ri to de lle sing ole analisi di Cu ll m an n, credo non si possa infatti negare che egli sia riuscito a provare conv i nce n temente la pres enz a della tensione, che presuppone l a tem porali tà e con ti e ne qu indi in germe la stori a della salvezza , già nei detti di Gesu e nel pensier o di Paolo, come an co r a in qu el lo di Giovanni. Si può d ire anzi i n generale che sul piano dell 'e se ge s i, o pponendo al radicalismo della scuola bultmanniana un pruden te , ma non esagerato, conservato· risma, egli ha risposto ·molto ben e a Bultmann. E la sua esposizione confer m a in real tà come la principale debolez· za de ll a scuola bultmanniana sia proprio nei risultati spes­ so arb itrari dell'esegesi . Da u n lato infatti sono s empr e meno gli studiosi che, pur riconosciute la legittimità e la possibilità di una i ndag ine sul Gesu s torico ( come avviene ormai anche nell 'a mbi to stesso della sua scuola ), sono disposti tuttavia ad a ff erm ar e con Bultmann che Gesu non ha avuto alcuna coscienza messianica , non si è ident i­ ficato né col Figl io dell'uomo né col Servo di Di o e non ha min imamen te p ensato a un tempo intermedio tra l a sua morte e la fine ; e che ritengono con lui che in Paolo il Vecchio Testamento viene ridotto a un puro quadro for­ male, temporalmente condizion ato , e l a storia della sal­ vezza è soltanto un residuo del suo passato giudaico , « f an ­ tasia e specula z io ne » ; e che Giovanni addirittura ignora qualu nque compimento futuro del dramma escatologico e rinunzia quindi a ogni visione storico-salvifica. Dall'al­ tro non si deve dim enticare che, sulla base di tali risultati,

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la scuola bultmanniana non soltanto si trova nella neces­ sità di escludere dal canone , o meglio dal nucleo essen­ ziale del canone, Luca perché rappresenta uno sviluppo deviante rispetto agli altri scritti neotestamentari , neces­ sità che non può neppure giustificarsi con ragioni crono· logiche, dato che Giovanni, principale punto di appoggio delle tesi bultmanniane, viene conservato nella sua data­ zione piuttosto tarda, e comunque posteriore a Luca . Ma per provare la sua tesi è costretta anche a dare una pa­ ternità e soprattutto una collocazione storica ad altri scritti neotestamentari (le Lettere ai Colossesi e agli Efesini e quelle pastorali in particolare, escluse anch'esse dal nu­ cleo essenziale del Nuovo Testamento e accomunate a Luca nella denominazione di protocattoliche) che appaio­ no spesso assolutamente arbitrarie. Ma proprio questo rilievo ci aiuta a identificare le restanti aporie del pensiero di Cullmann nei confronti di quello di Bultmann. Affermando che sul piano esegetico egli ha risposto molto bene a Bultmann , io ho accettato la convinzione di Cullmann relativa alla possibilità di una esegesi « neutrale », oggettiva, perché libera da qualunque presupposto di carattere filosofico, o anche tealogico, e quello che ne costituisce l'implicito fondan1ento : la di­ stinzione tra esegesi ed ermeneutica e la scarsa rilevanza che dovrebbe avere l'ermeneutica ai fini dell'esegesi 19• 19 Anche in Christologie du Nouveau Testament, Neuchatel-Paris, 1958, pp. 7-8, afferma Cullmann : « Notre livre est un travail exégétique. Nous nous sommes exprimé déjà à plusieurs reprises sur notre manière de comprendre l'exégèse. Renonçant aux considérations méthodologiques approfondies - si appréciées de la jeune génération, surtout en Alle­ magne - nous nous contentons de souligner ici que nous ne connaissons pas d'autre méthode que la méthode historique et philologique éprouvée par l'expérience, pas d'autre " attitude" à l'égard du texte qu' une entière disponibHité à l'écouter honnetement, meme si ce qu'il nous dit nous est étranger ou contredit certaines de nos conceptions les plus chères. Pour comprendre et expliquer le texte, nous ferons donc abstraction de nos "opinions , philosophiques et théologiques personnelles, et renon­ cerons à disqualifier comme adjonctions secondaires des affirmations néotestamentaires qui ne cadreraient pas avec ces " opinions " ». Questa convinzione non è contraddetta dall'affermazione fatta qui a p. 91 dallo stesso Cullm ann, secondo cui « se l'essenza della fede neotestamentaria

Giorgio ]ossa Ma Bultmann e la sua scuola non sarebbero evidentemente d'accordo su ciò 2D . Se, per una piu esatta comprensione del problema, vogliamo dunque conservare quella distin­ zione, dobbiamo ricordare che non è possibile confutare Bultmann unicamente sul piano esegetico . Il problema di Bultmann è precedente in fa t ti a ogni esegesi e v a im· postato sul piano ermeneutico. Se è vero quindi che, alla luce della ripresa dell'indagine sul Gesu storico da parte della stessa scuola bultmanniana, l 'e segesi « conservatri· ce » di Cullmann appare tanto piu convincente, è anche vero però che con ciò non è ancora detto propriamente nulla sul problema di fondo del pensiero di Bultmann. Qui infatti, nonostante le aggiunte di cui ho detto nei con­ fronti di Cristo e il tempo, le risposte di Cullmann non appaiono ancora sufficienti. Scarsamen te influenzato dalla teologia dialettica e del tutto alieno alla filosofia dell'esi­ stenza, egli si limita in effetti a constatare che la Sacra Scrittura presenta la storia della salvezza come nucleo es· senziale del messaggio ed è convinto che l'applicazione del metodo storico-critico-filologico sia sufficiente per giun­ gere a questo risultato 21• Bultmann invece, strettamente legato alla teologia dialettica e alla filosofia esistenziale, da un lato sottolinea l'impossibilità di oggettivare il con�ene

individuata in modo del tutto diverso da questo

o

quel teologo,

ciò è dovuto in ultima analisi a una diversa ermeneutica ». È per l'esi­ stenza infatti di diverse, arbitrarie, ermeneutiche che i risult�ti « ogget­ tivi » dell'esegesi vengono per lui interpretati in mani era diversa.

20 Das Problem der Hermeneutik, p. 230: « Die Forderung, dass der Interpret seine Subjektivitat zum Schweigen bringen, seine Individuali­ tat ausloschen miisse, um zu einer objektiven Erkenntnis zu gelangen, ist also die denkbar widersinnigste ». Cfr. ] . M. Robinson-E. Fuchs, La nuo­ va ermeneutica, Brescia, 1967, pp. 55 ss. 21 Si veda come a p. 90 egli riprenda le affermazioni sopra citate di Cristo e il tempo: « Perciò continuo a pensare che, iniziando l'analisi esegetica di un testo, è d'importanza decisiva sforzarsi di eliminare pre­ liminarmente il rischio di quella fonte di errori, che può essere rap­ presentata dalla soggettività dell'esegeta ... Questo tentativo non è af­ fatto un puro sogno teoretico: per giungere a realizzarlo abbiamo a di­ sposizione il metodo critico-storico-filologico. Grazie a Dio c'è nei vari campi della scienza neotestamentaria un ampio consenso sulla necessità di applicarlo, e in pratica esso ha quasi ovunque grande importanza ».

Il problema della salvezza come storia

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tenuto del messaggio primitivo, dall'altro interpreta la storia soprattutto come storicità dell'esistenza 22• C'è anzi. tutto un disaccordo sull'idea stessa di esegesi . Per Cull­ mann essa consiste nella lettura oggettiva della Scrittura, possibile a credenti e non credenti, per Bultmann nel· l'esplicazione di un'esperienza personale che solo nella fede raggiunge la sua autenticità. Cullmann critica Bultmann perché esclude qualunque possibilità di attingere la Parola di Dio nella sua oggettività. In tal modo , egli dice, Bult­ mann riduce l'oggettività della Parola alla fede che la fa propria, svuota quindi l'evento salvifico di tutto il suo con­ tenuto storico, cade in definitiva nel docetismo. E non si rende conto che l'evento di salvezza precede ogni sua ap­ propriazione personale nella fede. Il che , in definitiva, non può non significare per Cullmann che esiste la possibilità di un'esegesi della Scrittura diversa e precedente alla teo­ logia ; un'esegesi cioè che non è ancora propriamente teo­ logica e che riesce tuttavia a « esporre correttamente il messaggio nei suoi punti fondamentali ». Difatti, per quan­ to riguarda l'evento salvifico, « si tratta, è vero . . . , di un contesto di avvenimenti già interpretati dalla fede ; ma l'interpretazione . . . non impedisce che questo contesto di avvenimenti possa essere narrato e svolto appunto come " storia biblica " , ci porti o no all'incontro della fede » ( p . 88). « Quanto poi al significato che ne costituisce il filo conduttore . . . esso può essere riferito in un corretto svolgersi del pensiero anche da chi non condivida tale fede » (p. 89 ) 23• Bultmann, lo abbiamo visto, critica invece 22 V. soprattutto la recensione già citata a Cristo e il tempo. E cfr. R. Marlé, Bultmann et l'interprétation du Nouveau Testament 2, Paris, 1966, pp. 15-16; L. Bini, op. cit., pp. 59 ss.

23 Questa distinzione tra esegesi e teologia non è stata veramente mai espressa in tal modo da Cullmann. Egli parla piuttosto di due fasi del­ l'esegesi, « un puro e semplice ascoltare il contenuto dell'annuncio, e l'incontro della fede e quindi la decisione esistenziale » (p. 81 ) . Ma mi pare l'ovvia conseguenza dell'accettazione da un lato della concezione tradizionale della teologia come discorso basato sulla fede (v. soprattutto La necessità della teologia per la Chiesa secondo il Nuovo Testamento, in Studi di teologia biblica, Roma, 1969, p. 9) e dell'ammissione dall'altro della possibilità di un'esegesi precedente a ogni esperienza di fede. Cfr.

XXVIII

Giorgio Jossa

Cullmann perché fa dell'evento di salvezza un evento og­ gettivabile, rappresentabile. In tal modo, egli dice , Cull­ mann resta t rop po al livello della storia empirica, confon­ de st oria della salvezza e sto ria , fa una filosofia (e per di piu una cattiva filosofia), non una te o logi a , della storia. E non si rende sufficientemente conto che l'evento di sal­ vezza è incontrabile solo nell'atto di fede . Per cui, se esiste anche per Bultmann un'esege si che non è ancora propria­ mente teologica, essa non è però in grado di di s tinguere la storia della salvezza dagli eventi storico-mondani . Di­ fatti, « se il pensiero t eol o gico è lo s vilu ppo della cono­ scenza data come t ale nella fede, solo un evento sperimen­ tato e com pr e so nella fed e può essere in dicato come even­ to di salvezza o storia della sa lvezza » 24• Ma c'è anche un dissenso sul modo stesso di inten­ dere la storia. Mentre infatti Cullmann parla di storia della salvezza senza chiarire sufficientemente che cosa in­ tende per storia, m a pensando evidentemente a uno svol­ gersi oggettivo e in qualche modo verificabile di eventi nel tempo e nell o spazio , Bultmann interpreta questa sto­ ria come storicità dell'essere umano . Vi è cioè tra loro, per dirla con F. Gogarten 25 , tutta la rivoluzione che si è operata da questo punto di vista nei te mpi moderni : la scoperta cioè del carattere radicalmente storico di ogni realtà e la convinzione che prima di essere l'uomo un es­ sere del mondo, è questo il mondo dell'uomo; per cui anche l'analoga preoccupazione, certamente assai piu legittima, ma a mio parere anch'essa un po' eccessiva, di distinguere nettamente tra esegesi e dogmatica in Cristo e il tempo, pp. 28 ss. 24 Heilsgeschichte und Geschichte, col. 662. Cfr. anche Ist vorausset· zungslose Exegese moglich?, pp. 144- 1 45 : « Diese Geschlossenheit be­ deutet, dass der Zusammenhang des geschichtlichen Geschehens nicht durch das Eingreifen iibernariirlicher, jenseitiger Machte zerrissen werden kann, dass es also kein " Wunder" in diesem Sinne gibt. Ein solches Wunder ware ja ein Ereignis, dessen Ursache nicht innerhalb der Ges­ chichte lage. Wahrend z.B. die alttestamentliche Geschichtserzahlung vom handelnden Eingreifen Gottes in die Geschichte redet, kann die historische Wissenschaft nicht ein Handeln Gottes konstatieren, sondem nimmt nur den Glauben an Gott und sein Handeln wahr ». 2S Entmythologisierung und Kirche 2, Stuttgart, 1953, pp. 34 ss .

Il problema della salvezza come storia

XXIX

oggi, quando si parla di storia, è sempre alla storicità del­ l'esistenza umana che ci si riferisce. Il dissenso ha imme­ diate ripercussioni di carattere ermeneutico. Bultmann af­ ferma infatti che, per afferrare l'essenza del messaggio, occorre, nei confronti della Scrittura , una precomprensio­ ne ( Vorverstandnis ), cioè una certa idea di ciò che si può trovare nel testo, per scoprire non quello che esso dice, ma quello che vuole dire, l'intenzione del messaggio; e che questa precomprensione comporta l 'uso dell'analitica esistenziale come strumento per conoscere quell'intenzione. Cullmann invece vuole un'esegesi assolutamente pura da qualsi asi presupposto filosofico, libera da qualunque a priori. Il lettore vedrà con quale frequenza egli rimproveri a Bultmann il suo legame con la filosofia esistenzialista di Heidegger. Per lui l'esegeta deve essere il piu possibile neutrale di fronte al testo. Ma è possibile tale neutralità ? E non fa uso anche Cullmann di categorie filosofiche ? Bultmann ha rimproverato Cullmann di non avere chiarito sufficientemente che cosa intende per storia ; accusandolo di fare piu una filosofia che una teologia della storia gli ha fatto anzi implici tamente notare di aver compiuto an­ ch 'egli la sua brava opzione filosofica, in un senso però che è per lui inaccettabile. Un suo discepolo, il Korner, ha qualificato addirittura Cullmann di hegeliano . In ef­ fetti il dissenso è sulla possibilità s tessa di un'esegesi nella quale non sia implicata tutta la storicità dell'individuo con le sue opzioni filosofiche personali . Appare chiaro allora che qui è tutta la grande lezione della teologia dialettica e della filosofia esistenziale che è in questione e che Cullmann non sembra aver suffi ciente­ men te assimilato. Piu precisamente si pongono due pro­ blemi che, per quanto strettamente legati tra loro, possia­ mo trattare separatamente : il problema del fine dell'ese­ gesi e il problema della natura della storia . Anzi tutto, qual è il compito dell'esegesi ? Qui , come ho detto, le risposte di Cullmann non sono soddisfacenti . Somigliano troppo a quelle che vennero date a Barth qua­ ranta anni fa nella grossa polemica sulla nuova ermeneu-

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Giorgio Jossa

tica suscitata dal commento alla Lettera ai Romani . Anche all o ra l'esegesi « teologica >> di Barth attirò su di sé le critiche violente dei piu autorevoli specialisti del Nuovo Testamento in nome delle regole oggettive della scienza esegetica e della cri ti ca testuale 26• E anche allora lo scam­ bio di lettere tra Harnack e Barth n rivelò chiaramente come il disaccordo, prima ancora che sui contenuti teolo­ gici essenziali del Nuovo Testamento, fosse sull'idea s tessa di esegesi . Per Harnack era ovvio che il compito dell'ese­ gesi fosse di cogliere il nucleo essenziale del Vangelo, di arrivare a possedere, mediante la conoscenza, l'oggetto 28• Ma l'identificazione di questo nucleo e l'appropriazione di questo oggetto non ponevano altro problema che quello del retto uso degli strumenti critico-filologici . Per Barth un'esegesi del genere poteva dirsi scientifica solo se man­ teneva il ricordo che il suo oggetto è stato prima soggetto e tale sempre deve tornare a essere 29• Ma questo esprime­ va anzitutto la consapevolezza che Dio non è un fenomeno e presupponeva quindi l'incontro personale col Cristo nella fede . Non voglio dire con questo che la posizione di Cull­ mann sia identica a quella dei teologi liberali . Il lettore vedrà oltre tutto come la sua posizione ermeneutica appaia qui piu sfumata che non in alcune op�re precedenti . Benché egli allora difendesse Barth e per quanto distante ancora oggi egli sia da Harnack (come del resto Bultmann da Barth ), è vero però che la sua replica a Bultmann richiama quella di Harnack a Barth. E non ha tutti i torti Bultmann di accusarlo di res tare troppo al livello della storia empi� rica, di confondere storia della salvezza e storia , di non sottolineare sufficientemente che l'evento salvifico si può incontrare soltanto nell'atto di fede . ·

216 V. per esempio le recensioni di H. Windisch, in « Theologische Literaturzeitung )> , 45 ( 1920 ), coll . 200-20 1 , e A. Jiilicher, in « Theolo. gische Literaturzeitung », 47 ( 1 922), coll . 537 ss. 27 K. Barth, Ein Briefwechsel mit Adolf von Harnack, in Theol e « non ancora » ne risultasse indebolita, non si vede perché alla Chiesa suc­ cessiva , che è la stessa Chiesa del II secolo, non potrebbe concedere la grazia di stabilire quali delle sue interpreta� zioni della Scrittura corrispondono alla verità apostolica, senza per questo snaturare il carattere di quella tensione. Vero è che la posizione di Cullmann poggia qui su un fideismo che contrasta con il carattere rigorosamente scien� tifico della sua opera . E da questo punto di vista appaiono piu coerenti, anche se piu lontani dalla posizione catto� lica, Barth, che considera aperto il canone proprio perché la sua fissazione da parte della Chiesa non è né infallibile né definitiva, e Bultmann, che poggiando tutta la su� co­ struzione teologica su una scelta di scritti neotestamentar�, accetta il principio luterano del « canone nel canone ». Sono rilievi di una certa gravità . E altri potrebbero aggiungersene, come quelli relativi alla scienza di Gesti. Per quanto infatti anche il pensiero cattolico stia cercando nuove vie di carattere letterario o psicologico per spie­ gare, sia a livello esegetico 69 che a livello dogmatico 10, certe caratteristiche del messaggio di Gesu, un cattolico, meno fiero di Cullmann della libertà concessa all'esegeta, difficilmente potrebbe far sua la tranquillità con cui egli, in relazione ai passi di Mc. 9,1 ; 1 3,30; Mt. 1 0,3 , am� 68 La tradizione, p. 247.

69 B. Rigaux, La seconde venue de ]ésus, in La venue du Messie, Bruges, 1 962, pp. 194 ss. ; A. V()gtle, Exegetische Erwiigungen iiber das Wissen uttd Selbstbewusstsein ]esu, in Gott in Welt. Festgabe fiir Karl Rahn er I, Freiburg-Basel-Wien, 1964, pp. 610 ss., 634 ss. 70 K. Rahner, Dogmatische Erwagungen iiber das Wissen und Selbst­ bewtlsstsein Christi, in Schriften zur Theologie, V, Einsiedeln, 1962, pp. 222 ss. ,

Giorgio Jossa mette che Gesti ritenesse effettivamente la venuta del Fi­ glio dell'uomo ·riservata alla sua generazione . Ma ciò non toglie che su ·moltissimi p-:.�nti la posizione di Cullmann sia pienament e accettabile da parte cattolica e soprattutto non impedisce anche a quest'ultimo suo libro di avere un grande valore ecumenico. Ricordiamo che, mentre nella prefazione alla prima edizione di Pietro del 1 952, Cull­ mann si rammaricava di non poter dedicare I' opera ai suoi amici cattolico-romani per il timore che, date le perdu­ ranti divergenze, una tale dedica potesse essere fraintesa, ora egli dedica il libro al Segretariato per l'unione dei cri­ stiani « in segno di gratitudi ne per l'invito a partecipare, in qualità di ospite e di osserv atore , al Concilio Vatica­ no II, e quale contributo al dialogo fra i cristiani delle varie confessioni, nella .fede e nella speranza che anche ciò che ci divide contribuisca al procedere della storia della salvezza, " ondeggiante " e pieno di sviamenti · » . Nel­ lo sp irito dei tempi nuovi inaugurati dal pontificato di Giovanni XXIII e dal Concilio Vaticano II Il mistero della Redenzione nella storia non potrà non contribuire in effetti positivamente al dialogo ecumenico.

GIORGIO ]OSSA

Oscar Cullmann .

Il mistero della Redenzione nella storia

Al Segretariato per l'unione dei cristiani segno di gratitudine per l'invito partecipare, in qualità di ospite e di osservatore, al Concilio Vaticano II, in a

e quale contributo al dialogo fra i cristiani delle varie confessioni,

nella fede e nella speranza che anche ciò che ci divide contribuisca al procedere della storia della salvezza, « ondeggiante ,. e pieno di sviamenti.

Premessa

Il tentativo di esprimere il centro della fede neot�­ stamen tari a in una teologia della storia della salvezza viene valutato in modi assai dive rsi. Da un lato esso può apparire estremamente attuale, se solo si consideri la quasi sterminata letteratura recente che, anche da un punto di vista teologico, affronta il problema della sto­ ria. Questo interesse oggi di nuovo intenso nei confron ti della storia biblica della salvezza è stato espresso pure da Papa Paolo VI in un discorso agli osservatori non ca t to lici al Concilio Vat ican o II : egl i , accogliendo il loro desiderio, dichiarava che « una teologia concreta e storica, centrata sulla storia della salvezza » era base comune del dialogo ecumenico. Si poté realmente consta­ tare, nel corso de lla discussione degli schemi conciliari fra t eologi cattolici e non cattolici, che si raggiungeva sempre la reciproca comprensione proprio quando da entrambe le parti si parlava il linguaggio della storia della salvezza e si pensava nelle sue categorie. D'altro canto, il tentativo di rendere familiare all'uo­ mo moderno una teologia della storia della salvezza sarà considerato da molti superato. Anzitutto, tale impresa viene collegata in modo troppo sbrigativo con determi­ nate costruzioni del XVII, XVIII e XIX sec. , denomi­ nate « storico-soteriologiche », con side rate quindi in par­ tenza invecchiate, in quanto troppo lega te alle filosofie delle loro epoche. In secondo lùogo, per molti il termine « storia della salvezza », poco felice, ma difficilmente sos ti tuibile, des ta l ' im press ione di un atteggiam en to in sen so deteriore « pos itivo », « pio » , « eccle sia s tico •

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Premessa

« acritico », che impoverirebbe la vera problematica neo­ testamentaria. Infine, un tentativo di questo genere non corrisponde assolutamente all'indirizzo attuale dei teologi protes tanti e alla loro concezione della « storicità » oggi largamente dominata in Germania dali ' es ist enzialismo filo­ sofico. Tale indirizzo, infatti, nel caratterizzare la fede neotestamentaria, è costretto ad eliminare ogni storia della salvezza appunto come « aggettivaz ione » a poste­ riori di un « avvenire della Pa r ola » (Wortgeschehen) re. lativo in realtà all a presa di coscienza di ciò che è vera esistenza. Vorrei dimostrare che è falso porre a fronte esistenza cristiana e storia della salvezza come due realtà opposte . La visione oggi preferi ta del cristianesimo primitivo, se condo la quale la storia della salvezza costituirebbe uno scadimento dalla comprensione es istenziale del « kery­ gma » originale, mi pare poggiare su una falsa alterna­ tiva. Indubbiamente tutto il Nuovo Testamento contiene l'appello alla decisione della fede, che implica una nuova comprensione dell'esistenza; ma non poggia, questo, ap-­ punto sulla fede che si è realizzata e continuerà a realiz­ zarsi una storia divina, la quale storia mira si a suscitare questa fede, ma non ne dipende e mi è estranea? Cre­ der e non significa forse inserire hic et nunc la mia esi­ stenza in questo contesto di eventi? Una fede di questo _.tipo non è proprio null'altro come si dice oggi vo­ lentieri in riferimento a Ger. 45 che l'errato sforzo di raggiungere una « garanzia » , con la quale si scon­ volgerebbe il vero rapporto originario che lega la co­ scienza della creatura a Dio, considerato come il fon­ damento creatore dell'es-sere ? La conoscenza della crea­ turalità della mia natura è possibile solo in base al pre­ supposto che io ignori da dove vengo e dove vado? La consapevolezza della mia creaturalità e quella di essere inserito in un contesto di eventi che mi supera, sono davvero in contrasto fra loro 1 ?

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l V. M . Wemer, Der Gedanke der Heilsgeschichte und die Sin,. der menschlichen Existenz, in « SchwThU •, 3, 1962, pp. 129 ss.

f:rage

Premessa

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Nel quadro di quest'alternativa, che a me pare falsa, si è rimproverato alla teologia della storia della salvezza di poggiare su un pensiero « statico » . Vorrei dimostrare che una storia della salvezza rettamente interpretata, cioè non contrapposta alla comprensione esistenziale, costi• tuisce invece la piu audace espressione della dinamica profetica della Bibbia e lascia quindi posto alla libera decisione. Questa storia - che noi chiamiamo > (punktuell ), isolato 9 • A questo proposito dobbiamo di nuovo segnalare il peri­ colo del marcionismo, per il quale davvero l'evento di 8 G. Fohrer, Prophetie und Geschichte, in « ThLZ », 1964, col. 48 1 ss., cerca di reagire contro la concezione « storico-soteriologica », mostrando che salvezza e perdizione si equilibrano; troviamo però, qui, un concetto già ristretto di storia della salvezza : infatti anche la perdizione fa naturalmente parte della storia della salvezza, v. piu avanti , pp. 163 s. La « storia della decisione » che il Fohrer contrappone all a storia della salvezza (col. 498) rigua rda la decisione del ritorno (v. il testo di Ger. 25, 3 ss. che il Fohrer cita a questo punto: « e voi abiterete di secolo in secolo sul suolo che Jahve ha dato a voi e ai vostri padri » ). Il fatto che la decisione debba esser presa nel presente è elemento integrante di tutta la storia della salvezza e non può essere addotto contro di essa. Infine mi pare che la finalità del­ l'operare di Dio, indicata dal Fohrer (col. 499) - la sovranità di Dio sul mondo e sulla natura, tendente a creare un rapporto di comunione fra Jahve e Israele - sia appunto caratteristica della storia della sal­ vezza , qual è esposta in questo mio lavoro 9 E. Fuch s Christus, das Ende der Geschichte, in « EvTh », 19481949, pp. 447 ss., e in modo un poco diverso pure R. Bultmann isti­ tuiscono l'identità: « fine della legge » = « fine di tutta la storia della salvezza ». Il problema paolinico della legge è tuttavia solo un problema storico-soteriologico parziale e costituisce una base troppo esigua per valutare in modo cosi carico di conseguenze il problema della presenza e della portata della storia della salvezza nel Nuovo Testamento. V. del resto quanto ho detto a questo proposito a p. 24 . ...

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La concezione della storia della salvezza

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Cristo è puramente « istantaneo ». Il concetto di « adem­ pimento », importante nel quadro storico-soteriologico, prova che il nuovo Patto non pone termine a una situa­ zione caotica del passato, bensf che il passato rimane attualissimo nel presente e determina la coscienza che la co1nunità primitiva ha di sé : essa si considera il « nuovo Israele » 10 • Ma allora, sul fondamento della coscienza di tale continuità , tutto ciò che ha determinato la concezione storico-soteriologica veterotestamentaria, dev'essere tenuto presente, quando si studia il sorgere di quella neotesta­ mentaria. Sicché il progressivo sviluppo che il kerygma della redenzione trova nel Nuovo Testamento prolunga il processo iniziato nell}Antico. Possiamo dire che il pro­ cesso si svolge e si prolunga nel Nuovo Testamento se­ condo le medesime « leggi » ; dobbiamo soltanto consi­ derare che queste leggi non presentano la medesima co­ stante, secondo cui in genere si sviluppa una qualsiasi tradizione . Infatti, coloro che cooperano allo sviluppo del kerygma della storia della salvezza , riferendolo a nuovi avvenimenti, attribuiscono tale sviluppo alla rive­ lazione divina e alla appropriazione che l'uomo ne fa mediante lo Spirito Santo : viene cosi escluso un ritmo regolare. Questo fatto delimita da un lato la storia bi­ blica delle forme letterarie di fronte alle leggi generali dell'indagine storico-morfologica, malgrado larghe analo­ gie ; ma d'altro lato mette tanto piu in evidenza la con­ tinuità esistente fra lo sviluppo del kerygma vetero e neotestamentario. Dobbiamo perciò prendere le mosse da ciò che va detto del messaggio s torico-soteriologico neli ' An tico Te­ stamento : tutto ciò che si constata là dev 'essere appli­ cato al Nuovo Testamento. Se cionondimeno nel kerygma neotestamentario tutto - sia il suo sorgere, sia le sue lO Fr. Nietzsche, /vlorgenrothe, ed. Schlechta, I, 1067 s., definisce tutto lo sforzo del cristianesimo primitivo per dare questa dimostra­ z ion e > 10• Si spiega cosi la constatazione dell'incomprensione dei discepoli che continua ad affiorare negli Evangeli . Vedremo, anzi, che è filo conduttore dell'Evangelo giovannico propri o il fatto che il significato della vita di Gesu, inquadrata nella storia della salvezza, si chiari ai discepoli soltanto dopo la sua morte (il « ricordarsi » giovannico ), e gra­ zie all 'opera del Paracleto, che li conduceva « nella veri tà ». Poiché, alla luce degli avvenimenti della Pasqua, era data alla comunità primitiva la piena rivelazione, anche retrospettivamente sugli eventi della vita di Gesu, aveva grande in1portanza che almeno alcuni fra i membri della chiesa avessero visto quegli avvenimenti e udito Pinter­ pretazione che Gesu ne aveva dato, anche se allora non li avevano compresi. In relazione con i nuovi avveni­ menti il « ricordo » acquistò quindi un altissimo valore di rivelazione per la reinterpretazione del kerygma che risaliva a Gesu . A posteriori si fece chiaro per loro che già tutto ciò che avevano visto e udito, la vita e la predicazione di Gesu, era stato rivelazione, anzi , la rivelazione decisiva della redenzione. Fu chiaro per loro che la vita vissuta da Gesu e l'insegnamen to da lui dato costituivano in­ sieme il keryg ma centrale in cui culmina l'intera storia della salvezza. Essi dovevano al tempo stesso tramandare quel kerygma di Gesu già formato e reinterpretarlo . Quin­ di, a proposito della vita di Gesu, essi non avevano bi­ sogno di creare ex novo l 'interpretazione degli avveni­ menti di cui erano testimoni oculari. L'intera discussione odierna sul « Gesu storico » è infìciata spesso dalla man­ cata considerazione che la presenza del Gesu storico non si esauriva in un certo numero di avvenimenti, ma che la predicazione di Gesu racchiudeva già un'interpretazione lO V. il fraintendimento politico della coscienza messianica di Gesu. Cfr. O. Cullmann, Der Staat im Neuen Testament, 196P (Dio e Ce­ sare. Il problema dello Stato nella Chiesa primitiva, 1957), e Christo­ logie des Neuen Testaments, 19633 (cap. « Messias » ) .

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La concezione della storia della salvezza

storico-soteriologica di quegli avvenimenti, e che i disce­ poli solo dopo ·la sua morte hanno cominciato a tra­ mandare tale "interpretazione. Anzi , dopo la sua morte essi la riscoprirono, insieme alla reinterpretazione che in quel momento furono in grado di dare . Perciò il concetto giovannico del > : infatti i primi cristiani, alla luce della rivelazione della risurre­ zione, hanno cosf strettamente intessuto insieme il keryg­ ma - che risale a Gesu e del quale alcuni fra loro sono i garanti in qualità di testintoni oculari e auricolari e la reinterpretazione, da rendere estremamente difficile una distinzione, ed è comprensibile che il Bultmann ·a consideri addirittura impossibile. Questo stretto legame dipende dalla nuova rivelazione concessa ai discepoli, in quanto il Risorto, presente nelle apparizioni e nella celebrazione della s-anta Cena 1 3 , è il me­ desimo che ha compiuto la sua opera decisiva sulla terra; e in quanto tutto il suo agire attuale ha il suo fonda­ mento nella vita dell'Incarnato. La convinzione di tale continuità innesta anzi il processo della reinterpretazione -

13 V. O. Cullmann, Urchristentum und Gottesdienst, 196�, parte I.

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La concezione

della storia della salvez::a

nel rapporto ·fra il Cristo incarna t o e il Cristo glorifi­ cato : dietro la tradizione delle opere e delle parole del­ l'Incarnato, trasmessa dagli apostoli, vi è il Glorificato, secondo le affermazioni neotestamentarie decisive. Que­ sta coscienza di essere strumenti di Gesu Cristo, il quale, Glorificato, crea egli stesso la tradizione post-pasquale sulla sua opera terrena, è particolarmente evidente , lo ripetiamo, nell'Evangelo giovannico ( 1 4 , 2 6 e 1 6, 1 2 ) , ma l'intera tradizione evangelica ne è ispirata 14• Quanto piu forte è questa coscienza, tanto piu salda è la fede che non può esservi alcuna differenza tra il kerygma del Gesu incarnato e quello del Glorificato ; tanto maggiore, del resto, è pure la difficoltà di distinguere tra i due kerygmata : quello che il Gesu incarnato ha predicato re­ lativamente a se stesso e che i discepoli devono annun­ ciare in base ai loro ricordi , e quello che i medesimi di­ scepoli, dietro ai quali sta ora il Cristo glorificato, devono reinterpretare nell 'atto stesso in cui ricordano. . Eppure, in linea di principio, dobbiamo distinguere i due kerygmata, se vogliamo seguire il processo evolu­ tivo che il Nuovo Testamento fa risalire a una progres­ siva rivelazione che va dall'Incarnato al Glorificato, co­ me cerchiamo di fare per ogni altra tradizione biblica, dato che tale sviluppo corrisponde alla sua natura. Tale è il problema del « Gesu storico » , che i disce­ poli del Bultmann hanno giustamente individuato, cer­ cando purtroppo di risolverlo sulla base troppo limitata del loro esistenzialismo. In linea di principio bisogna pienamente riconoscere - ed è anzi nostro compito precipuo l'indicarlo, in base alla nostra caratterizzazione generale dello sviluppo pro­ gressivo del kerygma storico-soteriologico in relazione con nuovi avvenimenti - che v ' è pure uno sviluppo che porta dall'interpretazione di Gesu all'interpretazione 14 Per ciò che riguarda Paolo, v. pure la riprova esegetica (l Cor. 1 1 , 23 ; 1 5, 3, come pure le parole di Gesu citate da Paolo): O. Cull­ mann , Die Tradition als exegetisches, historisches und theologisches Problem, 19.54.

L'avvenimento e la

sua

interpretazione nel N. T.

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che i discepoli danno in base agli eventi della Pasqua. Al riguardo dovrebbe esservi oggi un vasto consenso fra la maggior parte dei commentatori ; come pure riguardo al fatto che vi dev'essere una continuità fra il kerygma del « Gesu storico » e quello dei discepoli . Un certo con­ senso si manifesta pure nell'individuare la continuità nel­ la convinzione che la svolta decisiva fra i due eoni si tro­ va nell'immediato futuro . Pure, già si annuncia il contra­ sto nella controversia sul rapporto fra presente e futuro nell 'attesa escatologica di Gesu ; controversia di cui ab­ biamo parlato nel nostro panorama storico e che con­ cerne il problema seguente : nel messaggio di Gesu gli avvenimenti stessi della sua vita, quindi non soltanto la sua predicazione dell'imminenza del Regno di Dio, intro­ ducono già questo passaggio da un eone all'altro? Giungiamo cos{ a un punto controverso, sul quale i pareri divergono radicalmente : qual è il rapporto fra la funzione che Gesu si attribuisce nel suo kerygma , e quel­ la attribuitagli nella comunità primitiva ? I discepoli del Bultmann , come il Bultmann stesso, sebbene con inte­ resse meno vivo, cercano anche a questo riguardo di met­ tere in evidenza una continuità, ma la determinano in base al già menzionato criterio esistenzialistico 15• Secondo R. Bultmann, la continuità è garantita dallo « appello alla decisione » rivolto da Gesu , che implicherebbe già una « cristologia indiretta » ; secondo G. Ebeling, dalla « fede di Gesu » ; secondo E. Fuchs, dallo « atteggiamen­ to di Gesti ». L'intera scuola bultmanniana esclude espressamente che la continuità si basi su quella che prima veniva defi­ nita la « coscienza messianica » di Gesti . Questi non avrebbe affatto considerato la propria missione alla luce di uno dei titoli regali con cui l'Antico Testamento e il giudaismo definivano la figura e l'opera del Redentore; 1 5 V. il mio articolo Unzeitgemasse Bemerkungen zum sogenann­ ten historiscben ]esus der Bu!tmann-Schule, nel simposio Der histori­ scbe ]esus und der kerygmatische Christus, 1961 , pp. 266 ss.

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La concezione

deUa

storia della salvezza

egli non si sarebbe considerato né il « Figlio dell'uo­ mo » 16 né il « Servo sofferente dell'Eterno » . Il messaggio di Gesu non sarebbe dunque affa tto una interpretazione dell'evento costituito dalla sua venuta, messo in relazione con la storia ve terotestamentaria della salvezza . Un kerygma su questo evento, al centro del quale vi sarebbe proprio Gesu, sarebbe stato creato sol­ tanto dalla comuni tà primitiva, non da Gestl . Egli non sarebbe il vero autore della radicale reinterpretazione del kerygma , centrata sulla sua persona, di cui abbiamo par­ lato ; il Bultmann , dal suo punto di vista, ha dunque ra­ gione, nella sua Theologie des Neuen Testaments, di por­ re la dottrina di Gesti tra le premesse della teologia neo­ testamentaria e non nella teologia s tes s a . Sarebbe escluso che Gesu abbia dato qualsia si rivelazione in prospettiva storico-soteriologica : che, cioè, egli si sia inserito nella storia della salvezza già presen te nell'Antico Testamento. Le fede, che fa della persona del predicatore l 'oggetto stesso del kerygma, e quind i trasforma l'annunciatore in col u i che è an nunciato , sarebbe sorta soltanto in seno alla comu n i t à pr in1 itiva . Ma non è un 'illusione pensare che ciò malgra do sia preservata la continuità fra Gesu e la comunità primitiva ? È pure incontestato che l'unico centro del kerygma della com unità primitiva è l'annuncio che Gesu, con le sue ope­ re, ha fatto irrompere il nuovo eone. Si può veramente parlare ancora di continuità, se il Gesu incarna t o non ha annunciato se stesso, bensi il Regno di Dio, a prescindere dalla propria persona, e se solo in tal modo ha chiamato « alla decisione » i discepoli ? Ammettere una vera con­ tinuità non implica un suo riferimento diretto al tema fondamentale, audacissimo, del messaggio cristiano pri­ mitivo : che cioè Gesu si è ritenuto non solo l 'annun.. 16 Ph. Vielhauer, Gottesreich und Menschensohn in der Verkiin­ digung ]esu, in Festschri/t /iir G. Dehn, 1 957, pp. 51 ss., cerca di contestare che Gesu abbia avuto coscienza di essere il Figlio dell'uomo, in base alla constatazione che i due concetti di « Regno di Dio » a di « Figlio dell'uomo » non si troverebbero mai collegati.

L'avv.enimento · e la

sua

interpretazione· nel N. T.

141

ciatore, ma il compitore della storia della salvezza d'Israe­ le, e che in particolare ha considerato la sua morte co­ me la morte espiatrice che porta a compimento il senso di tutta questa storia della salvezza? Anche la cristologia - come ogni rivelazione nel quadro della storia della salvezza - si è sviluppata in relazione con degli avvenimenti. In epoca successiva i primi cristiani, partendo dalla loro reinterpretazione e risalendo dal kerygma di Gesu a quello dell'Antico Testa­ mento, hanno sviluppato la cristologia ponendola in rela­ zione con quest'ultimo e hanno messo in luce ulteriori rapporti con esso. Tuttavia, avrebbero potuto farlo, sen· za riferirsi ad alcuna dichiarazione esplicita di Gesu ? Se la spiegazione che ho dato nella mia Christologie è giu· sta, i cristiani della chiesa antica sono stati i primi ad at­ tribuire esplicitamente a Gesu il titolo messianico ( « Cri· sto » ). Gesu avrebbe forse potuto applicarlo a se stesso in un senso nuovo , ma Io ha sempre evitato a causa del rischio dell'equivoco politico 17• Dopo la sua morte, quan­ do ormai tale rischio non sussisteva piu, i cristiani pote­ rono attribuirgli anche questo titolo, collegandolo con altri che Gesu aveva applicato a se stesso; anzi, lo fecero con un'insistenza particolare . Accogliendo questo nuovo titolo, essi operavano uno sviluppo che tengo senz'al· tra presente; ma si potrebbe parlare ancora di sviluppo, se Gesu, come oggi si usa dire, non si fosse in alcun modo attribuito uno dei titoli storico-soteriologici di Israele e non si fosse quindi in alcun modo inserito egli stesso in quella storia ? Non ci troveremmo allora di fronte a una (lE'ta�cx.cn.ç Et� aÀ.Ào yÉvoç? La scuola bultmanniana contesta dunque che Gesu si sia considerato come il « Servo sofferente dell'Eterno » e come il « Figlio dell'uoMo », il che credevo di essere riuscito a provare. Siccome, secondo le tesi di questa scuola, ogni concetto di storia della salvezza sarebbe 111,

17 V. Christologie des

s.

Neuen Testaments, cap.

«

Messias », pp.

1 42

La

concezione della storia della salvezza

stato estraneo a Gesu , essa è costretta a negare tali au­ todefinizioni, che implicano natur alme nte un inserimento nella storia della salvezza.

Si nega soprattutto che Gesti si sia au tod efi ni to Figlio del­ l'uomo. Al riguardo le fonti letterarie vengono contrapposte (i Loghia contro Marco ) in u n modo che non corrisponde affatto ai risultati dell'indagine storico-morfologica. Anche U. \Vilckens segue a questo proposito i lavori della scuola bultmanniana, i cui risul tati sono riassunti da H. E. Toot, Der Afenschensohn in der synoptischen Ueberlieferung ( 1 959 ), F. Hahn, Christologische Hoheitstitel ( 1963 ) e A. ]. B. Higgins, ]esus and the Son of Man ( 1 964 ) ( v . avanti, p. 262, n. 9). Secondo l 'indagine storico-morfo­ logica la designazione di Gesu come Figlio dell'uomo non corri­ sponde affa tto alla cristologia della comunità primitiva : ora, come prima, mi pare che questa considerazione sia di maggior peso che gli argomenti addotti per contestare che Gesu si sia autodefinito con questo titolo 18 •

Il fat to storico che Gesti - naturalmente frainten­ dendo in modo radicale la coscienza che egli aveva di sé - sia stato condannato dai Romani come zelota , come prete ndente al trono regale (v. il « titulus » sulla cro­ ce ! ) 19, mi pare dimostrare quasi indiscutibilmente che Gesti in qualche modo « ha annunciato se stesso » in esplicito riferimento all'imminente Regno di Dio. Il salto dal kerygma di Gesti a quello della comunità primitiva sarebbe assai forte, se davvero solo quest'ul­ tima avesse fatto dell'annunciatore colui che è annunciato ; in tal caso, con il vecchio liberalismo, parlerei di frat· tura p iut tosto che di continuità, e direi con lo Harnack che solo il Padre , non il F igli o costituisce l'Evangelo di Gesu . Per i discepoli del Bultmann , che invece ricer­ cano un rapporto di continuità fra il Cris to kerygmatico e il Gesti storico , la soluzione è ancora piu difficile , poi­ ché essi, con fedeltà dogmatica, tengono ferma l 'affer­ mazione del Bultmann che Gesti non può avere ap«

l

18 Su questa questione v. E. Schweizer, Der Menschensohn, in ZNW », 1959, pp. 1 85 ss. 19 V. O. Cullmann, Der Staat im Neuen Testament, 19612, capp. e 2 (Dio e Cesare, 19.57, capp. l c 2).

L'avvenimento e la sua interpretazione nel N. T.

1 43

plicato a se stesso alcuno dei titoli messianici veterote­ stamentari . In realtà si tratta di una pura ipotesi , mal­ grado la tesi del Wrede, accettata anch'essa senza discus.. sione, che il « mistero messianico » sia una teoria di :l\1arco, mentre esso può essere spiegato in un modo molto piu naturale 20• Se quest'ipotesi viene presa come base, sarebbe allora preferibile ammettere, con il libe�alismo classico, che vi è un salto molto forte fra lo « Evange­ lium Christi » e lo « Evangelium de Christo » della co­ ' munità primitiva . In tal caso, non si minimizza questo salto , parlando di « cristologia indiretta » e spiegando la continuità fra il kerygma di Gesu e quello della comu­ nità primitiva nel modo un po' forzato che abbiamo detto ? Naturalmente, gli avvenimenti della Pasqua sono stati vissuti dai primi discepoli come un evento che scon­ volgeva tutto e che quindi doveva portare a una reinter­ pretazione del kerygma . D'altro can to, rimane il fatto che questa reinterpretazione non si applica in primo luogo al kerygma veterotestamentario della storia della sal­ vezza , n1a a quello del Gesu storico, e solo attraverso que­ st'ultimo, anche a quello dell'Antico Testamento . Que­ sta reinterpretazione doveva dunque essere qualcosa di piu delle reinterpretazioni consuete : e cioè ricordo (nel senso giovannico) dei testimoni oculari, relativamente al ke­ rygma di Gesu ; ricordo di una rivelazione, che era stata oscurata daltincomprensione, ma avvivata poi dallo Spi­ rito Santo. Sicché, nel quadro della nostra analisi del formarsi delle concezioni storico-soteriologiche in seno al Nuovo Testamento, il problema si pone nei termini seguenti : l'ardita impresa di proclamare che Gesu è il centro del.. l'intero processo storico, considerato secondo la pro­ spettiva veterotestamentaria della storia della salvezza, 20 V. O. Cullrnann, Der Staat im Neuen Testament, 1%12, pp. 18 ss. (Dio e Cesare, 1957, pp. 33 ss. ) (l'intento, da parte di Gesu, di eli­

minare il fraintendimento politico, inerente al titolo di Messia).

1 44

· ·

La concezione della storia della salveu.a

dev'essere attribuita alla comunità primitiva, che ha reinterpretato il kerygma alla luce della Pasqua, oppure è stata compiuta dallo stesso Gesu non solo « indiretta­ mente », con la sua predicazione del Regno di Dio, ma coscientemente nel suo insegnamento e nella sua vita ? Potremmo porre il problema anche cosf: nel messaggio di Gesu abbiamo si o no un kerygma storico-soteriolo­ gico che rientra nella linea delle interpretazioni e reinter­ pretazioni storico-soteriologiche àell' Antico Tes tamento, anche se esso si presenta come l'adempimento decisivo? Si può discutere a non piu finire circa il già menzio­ nato strettissimo imbricamento fra kerygma di Gesu e kerygma della comunità primitiva, tanto piu che entram­ be le parti, sebbene in modo molto diverso, ammettono il principio di uno sviluppo, da Gesu alla comunità pri­ mitiva. A mio modo di vedere, è caratteristico della sto­ ria biblica della redenzione che essa si sviluppi non solo nell'allineamento di sempre nuovi avvenimenti, ma anche nella loro progressiva reinterpretazione. Mi rendo quindi ben conto che, con le considerazioni che seguono, non potrò dimostrare ai sostenitori della tesi opposta 21, che già lo stesso Gesu si è considerato non solo il proclamatore decisivo, ma il decisivo mediatore, che crea la redenzione con la sua morte, e quind i il com­ pitare del piano redentore di Dio. Siamo qui di fronte a una questione di maggiore o minore evidenza, senza che abbiamo alcun criterio oggettivo per risolverla. Tenendo conto di questa riserva, parto da questi due fatti : l ) al centro della reinterpretazione data dalla co­ munità primitiva vi è questa grandiosa affermazione : Gesu di Nazareth, la cui vita terrena è nota a i primi te­ stimoni, è colui che, nello svolgersi del piano divino, ha compiuto l'intera s toria d'Israele e ha portato al mon­ do la redenzione; 2 ) per dare questa reinterpretazione, la comunità primitiva non si è riall acciata direttamente al

:il Al contrario il fatto storico, menzionato prima a p. 142, della condanna di Gesu come zelota, dovrebbe essere probante per tutti.

L'avvenimento e la sua interpretazione nel N. T.

1 45

kerygma veterotestamentario, bensf al kerygm a del Gesli st ori co , alla sua vita e alla su a predicazione 22 • E cco la ragi one del suo interesse primario per la « vita di Gesti » . E allora pongo l a domanda : questo riferimento im­ mediato alla vita e all'insegnamento di Gesti, di cui i d isc epol i stessi erano s tati testimoni, senza ancora com­ prenderli, avrebbe potuto essere arrischiato, in vista di quella reinterpretazione, se ciò che in essa vi era di radi­ calmente nuovo e rivoluzionario si fosse presentato sol­ tanto in modo indiretto, co m ' è il caso quan do si parla di « ap pel l o alla decis i one », di :- , 19.59, pp. 1503 s.) M. Barth mi ha rimproverato di aver trattato come parte della cristologia stessa la rivelazione cristologica successiva. Ep­ pure proprio lui, che ha scritto un libro sui « testimoni oculari » ( Der Augenzeuge} 1946), che tratta un aspetto fondamentale (v. prima, p. 133, Jl. 8 ) , avrebbe dovuto sapere qual era )a posizione dei testimoni della rivelazione nell'ambito della storia biblica della salvezza.

La fede dei testimoni nella storia della salvezza

1 55

squa, risorto ; come la presenza di lui, glorificato, viene sperimentata nella celebrazione della santa Cena; come la riflessione sottoposta all 'interpretazione dello Spirito mette in luce il rif�rimento alla storia veterotestamen· taria della salvezza, quindi anche alla creazione. Se­ condo la fede neotestamentaria, in tutto questo non vi è uno sforzo teoretico dell'uomo, hensi un'autorivelazione di Cristo; cioè non si tratta di rivelazione sulla storia della salvezza, bensf della stessa storia della salvezza. In Paolo appare con particolare chiarezza che l' apo­ stolo, nell'ubbidienza della fede, si innesta nella storia della salvezza al punto decisivo al quale si trova . L'in· tera sua teologia è esposizione del disegno divino di re· denzione, come gli è stato rivelato da Cristo in base a un' ci1toxciÀ.u�t.c;, (Gal. l , 1 2 ss . ). Al tempo stesso in questa rivelazione, e con essa, gli è stato affidato un compito particolare : annunciare ai pagani l 'Evangelo di Cristo. Siano o no di Paolo le lettere ai Colossesi e agli Efesini, quello che leggiamo in Col . l , 20 (Ef. 3 , l ss) circa l'oi­ konomia di Dio affid ata all'apostolo, corrisponde sicura­ mente alla coscienza che Paolo ha avuto nella propria missione . L'intera predicazione di Rom. 9-1 1 su Israele e sui pagani, in prospettiva storico-soteriologica, è stretta· mente connessa con la vocazione di Paolo ad apostolo delle genti . Ha qui la sua radice l'intreccio cosi serrato fra la vita e la teologia, che constatiamo in Paolo. Tutto ciò che egli riferisce di se stesso non nasce da un inte· resse autobiografico, bensi ha un eminente carattere teo­ logico. Per il fatto che gli viene data una nuova rivela­ zione della storia della salvezza, egli si sente chiamato a esporla. Sebbene tutta la concezione che si esprime in Rom . 9- 1 1 presupponga una riflessione teologica che si dev'essere prolungata per parecchio tempo nella vita di Paolo, alla base vi è tuttavia la vocazione sulla via di Damasco. Non è quindi un caso che l'apostolo, proprio al termine di questa sezione della lettera ai Romani, che è tipica espressione storico-soteriologica, di fron te alla rivelazione che gli è stata concessa, prorompe nel grido

La concezione della storia della salvezza

1 56

di gratitudine : « O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio ! » ( Rom. 1 1 , 33 ) . Ciò che egli dice nella I Epistola ai Corinzi, a proposito della « sapienza di Dio » (ca pp . 1-3 ) , che egli contrappone alla sapienza un1ana, si riferisce alla rivelazione della croce, che parimenti gli è stata donata. Nella lettera ai Corinzi Paolo attribuisce l'apprendi­ mento di questa croq>tcx. allo Spirito . In modo del tutto simile - l'opera del Paracleto che lo guida in tutta la il quarto evangelista considera il suo intento , verità parimenti teologico, d i narrare l a vita d i Gesu i n quella particolare prospettiva che, contrariamente all'opinione dominante, abbiamo definito storico-soteriologica 5• Vi è anche una coscienza d'evangelista : l'evangelista, che an­ nuncia la vita di Gesu, appartiene alla storia della sal­ vezza . Egli rappresenta uno degli ultimi anelli della sto­ ria biblica della salvezza. Questa sfocia quindi nel ca­ none, che è opera della rivelazione (nel quadro storico­ soteriologico ) e della fede in essa riposta, e costituisce per cosi dire l'estremo limite dello sviluppo. Di ciò riparleremo piu avanti 6• Da questo innesto nella storia della salvezza del mo­ mento della ricezione della rivelazione, non si devono tuttavia desumere conseguenze errate circa il problema « fede e storia », come se - secondo la scuola bultman­ niana - la redenzione si avverasse solo nell'atto di fede dei testimoni. Certo, affinché la storia della salvezza venga comunicata, alla rivelazione data ai profeti nell'An­ tico e agli apostoli nel Nuovo Testamento , deve seguire la fede dei profeti e degli apostoli : questa fede deve ri­ ferirsi a ciò che è stato 1oro rivelato. Naturalmente, tale rivelazione concerne anche gli stessi profeti e gli apo­ stoli, in un duplice modo : da un lato essi hanno il loro posto nella storia della salvezza rivelata, dall'altro l'in­ tera redenzione avviene per loro come per tutti gli uo·-

5 V. piu avanti, p. 36.5. ' V. piu avanti, pp. 401

sa.

La

fede dei testimoni nella storia della salvezza

1 57

mini. Ma essi hanno coscienza che tale rivelazione li con­ cerne in quanto fanno parte di un contesto di eventi so­ teriologici, nei quali essi non hanno avuto inizialmente alcuna parte attiva. Essi costituiscono il collegamento fra l'avvenimento contemporaneo e il kerygma che è stato tramandato loro . Essendo stati afferrati dalla rivelazione relativa ad avvenimenti, che si sono verificati indipenden­ temente dalla loro fede, essi vedono e inseriscono la loro esistenza nel quadro di questo processo. La fede degli apostoli nella rivelazione è quindi, in primo luogo, fede nel nuovo evento divino e nella sua interpretazione soteriologica ; in secondo luogo, fede in ciò che altri prima di loro hanno tramandato relativa­ mente a un processo storico-soteriologico divino; e infine fede nel nesso fra i due precedenti aspetti e nel ruolo che essi stessi devono avere nell'istituire tale nesso . È an:zi caratteristico della fede neotestamentaria, anche di quella richiesta ai lettori, che essa si riferisca ad avveni­ .menti, che appunto non dipendono da loro, neppure dalla loro fede} ma che invece si sono verificati extra nos : pro nobis} ma extra nos. Anche sulla via subordinata della fede la redenzione non può diventare autoredenzione. Certo, i testimoni entrano con la loro fede e con la loro decisione di credenti in questo processo, ma pro­ prio in quanto non considerano il problema della loro « autocoscienza » oggetto di quel processo, bensf si con­ centrano interamente su di esso, che si attua del tutto al di fuori di loro 7• In questo, appunto, consiste il para­ dosso della loro fede : essi giungono a una nuova « co­ scienza di sé » proprio perché non la cercano } ma anzi 7 Anche per la storia della salvezza vale ciò che hanno detto, in polemica con il Bultmann, K. Barth riguardo alla fede in Cristo, nel suo studio R. Bultmann, ein Versuch ihn zu verstehen, 1964\ e H. Gollwitzer riguardo alla fede nella esistenza di Dio, in Die Existenz Gottes im Bekenntnis christlichen Glaubens, 1963 : la fede non è fede nella fede. H. Braun, Gottes Existenz in meiner Geschichtlichkeit

im Neuen Testament, in Zeit und Geschichte. Dankesgabe fiir R. Bult­ mann, 1964, pp. 399 ss., cerca di difendere, in polemica con il Goll· witzer, la posizione bultmanniana.

158

La concezione della storia

della salvezza

sanno di essere chiamati e quasi costretti a entrare in un processo storico ad essi estraneo} iniziato assai prima d i loro e che proseguirà dopo d i loro: « Guai a me, s e non evangelizzo » ( l Cor. 9, 1 6). La predicazione dell'Evan­ gelo, che sanno essere stata affidata loro, porta a ter­ mine l'adempimento del divino disegno redentore, che non sono stati loro a iniziare 8• La risposta della fede dei testimoni biblici consiste nel loro autoinserimento in quella serie di eventi ; e, sebbene i loro uditori e lettori non siano coinvolti nel processo soteriologico con un inserimento personale pari a quello con cui vi sono coinvolti i profeti e · gli apostoli, anche da loro si richiede la decisione della fede. Secondo il Bultmann l'incontro della salvezza poteva verificarsi soltanto in un evento « istantaneo ». La sva­ lutazione oggi di moda nei confronti della storia della salvezza dipende dal fatto che non si vuole assolutamente ammettere che una serie di eventi possa portare ali 'in­ contro della fede. Si è pure detto che, se la rivelazione fosse cosi chiaramente evidente, non resterebbe alcuna possibilità di decisione 9• In realtà, però, la serie rivelata degli eventi, nella quale occorre innestarsi, non è per nulla evidente . Da un punto di vista puramente storico, questa scelta particolare, questo particolare nesso appa­ riva già nell'antichità assurdo : esso è skandalon, suscita quindi contraddizione ed esige la decisione della fede. Questo skandalon viene preso sul serio nella sua « estra­ neità » , soltanto se non lo si svuota esistenzialistica­ mente , affermando che esso verrebbe incontro alla « pre­ comprensione » dei testimoni, in senso esistenzialista . Agli uomini della Bibbia non è stato rivelato in che modo essi dovessero « aver coscienza di sé », ma piuta V. il mio articolo sul xa�Éxwv in 9 Anche l'obiezione che G. Klein,

RHPhR », 1 936, pp. 210 ss. Offenbarung als Geschichte? Marginalien zu einem theologischen ProgrammJ in « Monatsschrift fiir Pastoraltheologie », 1962, pp. 65 ss., muove a W. Pannenberg, finisce in questo fraintendimento. V. quanto dico piu avanti (pp. 1 6 1 ss . ) circa la relazione fra il p iano di Dio (la costante) e la contingenza storica. «

La

fede dei testimoni nella· storia della salvezza

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tosto come Dio avesse fatto sf che nella storia si verifi­ cassero determinati avvenimenti, i quali, nel loro insie­ me, rappresentano salvezza per il mondo. I testimoni sono

parte della storia della salvezza unicamente in funzione di tale processo. La loro fede non può avere altro og­

getto che la rivelazione che è stata loro concessa. Se il processo della redenzione si limita per noi a ciò che il Bultmann e i suoi discepoli pensano, cioè al­ l'atto di fede, e se la fede consiste essenzialmente in « autocoscienza » , non si deve dire allora che la fede dei testimoni neotestamentari ha un oggetto diverso da quello della fede dell'uomo di oggi ? Certo quella rivela­ zione del disegno divino data « ora » vuv, agli apostoli appartiene al processo storico-soteriologico, ma vi appar­ tiene appunto non come un atto « nell 'istante » che sempre si ripete, bensf Écp&:1ttX�, quale anello di quell'intero pro­ cesso. L'« ora » della decisione del testimone neotesta­ mentario non significa per lui « trovarsi sempre in stato di decisione », bensf decidersi appunto in quel momento specifico dello svolgersi della storia della salvezza : dopo la morte e la risurrezione di Gesu e prima del suo ritor­ no ; e decidersi accettando il senso che viene cosi attri­ buito al presente, nella linea della storia della salvezza, e l'obbligazione che ne deriva. Il senso che questo pre­ sente ha, risulta soltanto nel quadro dell'intera storia della salvezza ; altrimenti la decisione diviene decisione per checchessia. Il Bultmann ha ragione di insistere in modo partico­ larm ente impressivo sulla decisione. Nel Nuovo Testa­ mento si parla senz 'al tro, da capo a fondo, della decisione della fede. In tal senso non si può davvero rivolgere l'accusa di non pertinenza al modo con cui egli intende il Nuovo Testamento . Tuttavia questa decisione viene defi­ nita in un senso non desunto dall'esegesi neotestamen­ taria, quando il Bultmann la considera come decisione per un concetto d'esistenza che deve prescindere appunto dagli eventi e dal nesso che li lega in una storia della salvezza, in quanto questa sarebbe un'oggettivizzazione.

1 60

La concezione della storia della salvezza

Decisione, per i testimoni del Nuovo Testamento, non è la vaga decisione per il « non disponibile » della filosofia esistenzialista, bensi 1a decisione di inserirsi in un preciso piano divino : anche questo piano , anzi que­ sto soprattutto non è certo a disposizione dell'uomo, né scorre in modo rettilineo, ma piuttosto secondo linee on­ deggianti e in un modo che attualmente è per noi oscuro nei suoi particolari 10; purtuttavia tale piano, in tutto il suo movimento verso una meta precisa, viene rivelato ai profeti e agli apostoli e per mezzo di loro, cioè in ul­ tima analisi per mezzo dello stesso Cristo ; e viene rice­ vuto per mezzo dello Spirito Santo. Questa fede e queste decisioni scaturiscono non da un « bisogno di sicurezza », come sempre si ripete, ma dal fatto di essere stati afferrati dagli eventi e dalla co­ noscenza del loro nesso. Chi vede in questo unicamente una esigenza di « sicurezza », può con L. Feuerbach ri­ condurre tutte le fedi a questa e�:genza.

10

v. piu avanti, pp. 163

s.,

410.

Capitolo quarto

La rivelazione nella storia della salvezza : progressivo sviluppo nel qua dro del tempo biblico Costante e contingenza

Abbiamo visto che tutta la storia biblica della sal­ vezza procede. Tale constatazione sarebbe un luogo co­ mune se tenessimo presenti solo gli avvenimenti che co­ stituiscono tale storia. In realtà dobbiamo pensare anche al costante sviluppo del kerygma storico-soteriologico, cioè della interpretazione di quegli avvenimenti. Ogni volta che si aggiunge un nuovo evento, alla luce di esso inuta contemporaneamente l'intera prospettiva e cosf pure il rapporto con l 'evento finale che ancora deve avvenire. Naturalmente non si deve dimenticare che l'occasione per tali reinterpretazioni è data dai nuovi eventi , e che quindi il kerygma, nel fluire della storia della salvezza, si svi­ luppa perché è legato a una serie di eventi. Soltanto nell'ultima parte di quest'opera, dedicata a un panorama del problema dogmatico , tratteremo la que� stione se e in qual modo la storia della salvezza si svi­ luppa posteriormente all'epoca apostolica. D'altro lato cercheremo di mostrare che la delimitazione data con il concetto di canone, scaturisce direttamente dalla reinter� pretazione neotes tamentaria esposta nel capitolo prece� dente, attraverso il pensiero che in Cristo è raggiunto il punto culminante dell'intero processo storico-soteriolo­ gico 1 • Qui abbiamo solo d a esaminare l a storia della sal­ vezza presentata nel quadro della Bibbia. Quindi il conl

V. piu avanti, pp. 401

ss.

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La concezione della storia della salvezZtl

cetto di sviluppo è fond amen tale non solo da un pun to di vista storico, ma teologico. Perciò, pure da questo punto di vista, la trattazione s t orica della Bibbia è un ' esi genza teologica. Quanto al modo con cui tale svi luppo si attua, il canone che comprende l'Antico e il Nuovo Testamento, ci offre per cosi dire il paradigma. Come Se m p re, quando qui pa rlo di « canone » non intend o la sua codificazione definitiva, bensf l'apparire del concetto di canone, nel II secolo. Il significato e il valore di que­ s to concetto è prefigurato in tutta l'evoluzione, che pro­ cede a tappe, quale l'abbiamo sin qui seguita nell'Antico e nel Nuovo Testamento, nel corso della nostra ricerca genetica. Due sono gli elementi di rilievo, sia per i l con­ cetto di canone sia per l 'in tero sviluppo storico-soterio­ logico antecedente: continuità e trasformazione; potrem­ mo anche dire : trasformazione nella continuità. Di volta in volta la prospettiva si trasforma . Nella raccolta dei libri del Nuovo Testamento con quell i del­ l'Antico, rappresentata dal canone, la reinterpretazione trova la sua ultima espressione. Mentre sino a questo momento sono conse rva ti solo squarci parziali della sto­ ria della salvezza (sebbene, n aturalmen te, alla loro base vi s i a una visione d'insieme), il canone presenta una vi­ sione generale unitaria, che abbraccia l ' in tera storia della salvezza , dalla creazione - « al principio era la Parola » fino alla promessa della fine - « ecco, vengo tosto » . L a posizione del Nuovo Testamento, do po l'Antico, lo designa come punto culminan te e quindi come chiave interpretativa dell'intero processo. Da questa prospettiva molti eletnenti che prima erano centrali, vengono re­ spinti alla periferia e appaiono superati alla luce del­ l'evento di Cristo ; eppure anche ciò che è superato con­ serva il suo significato e non viene semplicemente schiac· ciato con frai n tendi men to ma rcionitico. Esattamente identico è il processo nello s vi luppo an· tecedente della storia della salvezza. La prospettiva si al­ larga gradatamente con ogni evento. Si verificano cor­ rezioni, talvolta una certa rottW'a con affermazioni pre­

·

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La

rivelazione nella storia della salveua

163

cedenti. Pensiamo, ad esempio, alla predicazione profe­ tica del giudizio, che soppianta la pura profezia della redenzione : Ia storia della salvezza è in larga misura storia della perdizione. Eppure Ia continuità viene pre­ servata anche in questi casi, e piu tardi la predicazione della salvezza viene ripresa, senza che tuttavia scompaia la predicazione del giudizio. Non ci s i può d unque certo appellare a Paolo, quando si parla, oggi , di naufragio del­ l 'Antico Testamento 2, richiamandosi al fatto che Paolo ha mostrato l'impossibilità della via della Legge. Il procedere della storia della salvezza e della rive­ lazione che vi si manifesta significa trasformazione e cor­ rezione, eppure rimane intatta la fedeltà di Dio; cioè la contingenza storica incide indubbiamente nella storia del­ la salvezza, e perciò possiamo e dobbiamo teologicamente tenerne conto ; ma la storia della salvezza non può es­ sere abolita in base al verdetto del Lessing sulle verità storiche « casuali ». La carenza di una definizione precisa dei rapporti fra storia e storia della salvezza porta in­ cessantemente a negare la storia della salvezza, in base alla semplicistica considerazione delle « verità storiche casuali » . Non è però neppure lecito semplificare l 'intero svi­ luppo in modo da costringerlo nello schema favorito « promessa e adempimento » . Questo schema non rende ragione della contingenza del processo soteriologico, per la quale resta libero un largo margine. Lo schema non è pertinente, in quanto l'ad empimen t o che via via si veri­ fica costituisce molto spesso aJ tempo stesso promessa di un adempimento piu grande, ancora futuro 3 • Esempio ti­ pico : Gv . 14, 1 2 , dove il Cristo giovannico preannun­ cia che compirà attraverso i suoi discepoli opere anche piu grandi di quelle compiute nel corso della sua incar­ nazione, poiché va al Padre. Nel quadro biblico, l'adem2 V. prima, p. 25. 3 Cosi pensava gi�

J. C. K. von Hofmann, W eissagung und Erfiil­ lung im Alten und Neuen Testament, 184 1-44 ; recentemente pure G. von Rad, Theologie des Alten TestamentsJ II, p. 7.

1 64

La concezione della storia della salveua

pimento non è mai qualcosa di concluso : la storia della salvezza prosegue senza soste. Per quanto Dio rimanga fedele alla sua promessa, es­ sa si adempie in un modo che non è una volta per tutte a disposizione del sapere umano, e che nei suoi parti­ colari è difficilmente calcolabile. Occorre in primo luogo considerare il peccato dell'uomo, che si oppone al dise­ gno di Dio. In Rom. 3 , 2 ss. e 9- 1 1 Paolo mostra che Dio può misteriosamente volgere al bene l 'incredulità e il peccato dell'uomo, s{ da condurre innanzi il proprio disegno. Paolo respinge con passione la conseguenza che ne è stata tratta, che l'uomo non sia responsabile del peccato. Paolo non annulla il coesistere del disegno di­ vino e della responsabilità umana, anzi lo conserva come insostituibile parte integrante della storia della salvezza. Cosi l 'incredulità d'Israele diviene occasione per l'ac­ cesso alla salvezza di tutti i pagani, senza che per altro venga abbandonato il disegno di Dio iniziato con l'ele­ zione d 'Israele 4• Inoltre, vista dall'uomo, e anche a prescindere dal suo peccato, la contingenza è costitutiva del modo con cui Dio svolge il suo disegno. Nella Bibbia il movimento e lo scopo di tale piano sono profeticamente rivelati in anticipo, non però le singole tappe, che vengono invece rivelate negli eventi che via via si verificano. Questo nesso istituito fra l'attuarsi ininterrotto del piano divino e la contingenza, i ritorni e le deviazioni, si esprime in un proverbio portoghese che Paul Claudel ha pre­ messo come motto al suo dramma Le soulier de satin : « Dio scrive diritto, ma con linee ondeggianti » 5• Si verificano eventi soteriologici impreveduti dagli uo­ mini, nuove rivelazioni sono date a nuovi testimoni; 4 Pure K. E. Skydsgaard, Vom Geheimni.r der Kirche, in « KuD �, 1964, pp. 137 ss., accenna all'importanza del peccato nell'ambito della

storia della salvezza. s « Dieu écrit droi t mais avec des lignes courbes �. Sono debi­ tore al p. Y. Congar, O. P., della segnalazione verbale di questo pre>o verbio, che corrisponde esattamente a ciò che vorrei dimostrare in que­ sto libr\l. ,

La rivelazione nella storia della salvezza

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altrimenti non sarebbero possibili le correzioni al keryg­ ma tramandato, determinate dagli eventi. Tuttavia le correzioni non significano mai abbandono del movimento del disegno divino, quale si è espresso nella concezione anteriore della storia della salvezza. Certo, su singoli punti, si determina un contrasto con affermazioni ante­ riori, nella misura in cui queste erano ancora legate a prospettive non ancora sufficientemente aperte. Ma, nella prospettiva determinata da nuovi eventi e nella reinter­ pretazione corrispondente, essi trovano sempre il loro posto . Questo vale non solo quanto al rapporto fra predi­ zione di redenzione e di giudizio, ma anche in relazione al problema del ritardo della parusia, messo cosf in evi­ denza sia dalla scuola schweitzeriana che da quella bult­ manniana. Tale ritardo della parusia viene considerato il grande argomento che ha occupato incessantemente la cristianità, costituendone anzi il problema « tormentoso » . Proprio esaminando il rappor to fra storia della salvezza ed escatologia, dovremo vedere se la delusione per il fatto che il Regno di Dio non venne cosi rapidamente come Gesu aveva predetto , ha determinato la reinterpre­ tazione del kerygma nel senso di un'estensione del tempo intermedio fra la risurrezione di Gesu e il suo ritorno. Non si deve piuttosto pensare che, com'era avvenuto per tutte le reinterpretazioni, l'accettazione di un prolun­ garsi del tempo, sempre nella cornice biblica, è stata de­ terminata, in un progressivo sviluppo quasi organico, da nuovi eventi soteriologici? eventi positivamente vissuti nella comunità primitiva, ad esempio le manifestazioni dello Spirito, che pur non rappresentavano una vera frattura con l'attesa di una fine prossima, prima predi­ cata, né portavano ad alcuna crisi ? L'intera storia biblica della salvezza, dunque, si svi­ luppa non solo in seguito al peccato dell'uomo che con­ trasta il disegno di Dio e che Dio indirizza al proprio fine di bene, ma anche in rapporto a nuovi eventi, vissuti come rivelazione : se davvero questo fatto è co-

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La

concezione della storia della salvezza

stitutivo della storia della salvezza, allora anche il cosf discusso prolungarsi del tempo, ad esempio negli scritti lucani , non può piu essere considera to rottura nei con­ fronti della predicazione di Gesu , né frutto di una deviazion e teologica , come oggi si fa. La tradizione evan­ gelica, in un periodo in cui già si era constatato che « lo sposo ritarda », ha tramandato senza esitazione le pa· role di Gesu relative all'attesa della fine prossima. Que­ sto fatto conferma appunto che la comunità primitiva, senza alcuna vera crisi, senza farne un tormentoso pro­ blema teologico, com'era avvenuto per i rabbini, collegò il kerygma di Gesu con quello reinterpretato alla luce delle manifestazioni dello Spirito; e in questo kerygma n tempo intern1edio trovò un nat ur al e prolungamento come tempo dello Spirito, d ella missione, del la comunità. Quelle parole relative al l'attes a della fine prossima non vennero soffocate alla luce del nuovo kerygma , anzi ven­ nero conservate, probabil m en te nel loro tenore origina­ rio, ma solo nel contesto della reinterpretazione. Indubbiamente Gesu ha annunciato che il R egno di Dio sarebb e venuto nel corso della generazi one a lui contemporanea ; non ha parlato di secoli . In un cap it ol o successivo 6 mi vedrò cos tre tto a respingere tutte le in­ terpretazioni di queste parole , che tentano forzatamente di eliminare questo fatto. Con forza tanto maggiore, però , sot tol in eerò che la stori a biblica della salvezza si è ulte riorment e sviluppata su questo punto, e che tale sviluppo, esattamente come ogni reinte rpretazione bi­ blica del kerygma, significa al tempo stesso correzione e continuità. Vedremo che la continuità consiste nel fatto , che anche in Gesu troviamo l aggancio alla storia del la salvezza: infatti proprio per la sua escatologia la ten­ sione, caratteristica della storia della salvezza , fra « già » e « non ancora » è f ondamentale. Anche la sua predic a­ zione conosce gi à un tempo intermedio , per quanto bre6

V. piu avanti, pp. 321

ss.

La

rivelazione nella storia della salvezza

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ve, fra la sua morte e la fine; e tale tempo intermedio, malgrado la sua breve durata, ha importanza nel quadro della redenzione. Se consideriamo questa questione in rapp or to con tutto ciò che abbiamo constatato circa il sorgere e il pro. gressivo svilupparsi della storia biblica della salvezza, ri­ sul tano aspetti che la presentano in una luce nuova.

Capitolo quinto

La codifi cazione scritta di sezioni storico­ soteriologi che nel Nuovo Testamen to Storia della salvezza, tipologia, allegoria

Non troviamo naturalmente mai fissata per iscritto in una forma riassuntiva e concretamente rilevabile la concezione storica della salvezza, che è alla base di tutto il pensiero neotestamentario e della cui formazione ab· biamo sin qui parlato. Essa è visibile solo in un certo senso negli Evangeli, Atti apostolici compresi, dove il centro del processo storico-soteriologico viene esposto e di qui proiettato nel passato e nel futuro della storia della salvezza. Cosi l 'Evangelo giovannico collega in mo­ do particolarmente stretto ·la vita di Gesu, centro del proces-s o, con tutta la storia della salvezza 1 • Ma di que­ ste concezioni storico-soteriologiche parleremo nei capi· toli successivi; ora ci occupiamo in primo luogo delle sezioni di tale storia che ritroviamo negli altri libri neo­ testamentari . Anch'esse presuppongono la medesima con­ cezione generale ; ma, a differenza dell'Antico , il Nuovo Testamento non ci presenta mai, fissato per iscritto , l'in­ tero contesto cronologico degli eventi, bensf soltanto frammenti di questa storia della salvezza . Perciò si è creduto di poter contestare la presenza di una conce­ zione generale. In effetti, assai spesso in quelle sezioni neotestamentarie viene messo in luce s olo un rapporto fra un concreto problema del presente e uno o piu eventi della storia veterotestamentaria. Spesso se ne trae la con­ clusione affrettata che, nel Nuovo Testamento, il rapl

V. piu avanti, pp. 36.5

ss.

La co11cezione della storia della salt'ez:a

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porto con il passato sia unicamente « punktuell-jewei­ lig » 2 (isolato, sporadico ). Si adduce, contro l'esistc!'lza di una concezione sto­ rico-soteriologica globale, che costituisca lo sfondo del Nuovo Testamento, un altro argomento il quale si basa sul fatto che i primi cristiani attendevano la fine a breve scadenza : tale attesa, finché fu viva, avrebbe esc�uso un vero interesse per la storia del1a salvezza. Si deve rjbat­ tere che l'occasione per gli. sviluppi neotestamentari, i quali cercano di risolvere un problema concreto in base agli eventi veterotestamentari, è di fatto « punktuell­ jeweilig », limitata cioè a un punto particolare sempre variabile ; tuttavia il modo di trattare il problema non è affatto « puntiforme », isolato e irripetibile, ma si vale al contrario dello schema storico-soteriologico, cioè in­ nesta nella storia della salvezza il problema teologico o etico che affiora all'epoca dello scrittore. Anche quando lo sguardo è rivolto al Regno di Dio atteso per un futuro assai prossimo, i primi cristiani avvertono l'esigenza di collegare l'annuncio di questa ve­ nuta con il processo anteriore della redenzione nello Antico Testamento. Significa modernizzare artificiosa­ mente il pensiero neotestamentario, credere di dover de­ sumere dall'attesa della fine prossima un atteggiamento esistenzialista, che sarebbe inconciliabile con il tentativo di chiarire come quell'attesa si colleghi con l'agire re­ dento re di Dio, annunciato dall'Antico Testamento . Ar­ gomentando cosi, si dimostra soltanto che non si valuta per nulla la portata del fatto che anche le concezioni protocristiane si radicano nell'Antico Testamento . Chi, come i primi cristiani, è totalmente plasmato nel pro· prio pensiero dalla storia di Israele e in essa vive, neces­ sariamente collega con l'Antico Testamento anche le sue piu ardenti aspettative della fine, attesa per l'avvenire immediato, e considera tale fine come adempimento della 2

Cosi H. Conzelmann, Gegenwart und Zukunft i.1 der « ZThK », 1957, p. 290.

JC.;�n Tradition) in

synopt.;­

La codificazione scrittll

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promessa e, anzi, compimento dell'evento già attuatosi. Questo vale già per lo stesso Gesti. Vedremo che l'intensità di questa speranza è dovuta al fatto che essa basa l'attesa immediata del futuro sulla fede in ciò che già è divenuto realtà nel presente . Que­ sto fatto, accanto all'accoglimento dell'Antico Testamen­ to, indica in modo decisivo che realmente i vari colle­ gamenti singoli con l'Antico Testamento, che riscontria­ mo nel Nuovo, non possono essere disgiunti da un'im­ plicita visione storico-soteriologica globale. Per quanto vicino possa essere l'atteso futuro, il valore storico-sote· riologico del presente dev'essere definito in rapporto al futuro, e questo è possibile soltanto se è chiarito il rap­ porto con il passato della storia della salvezza. Il pre­ sente è futuro che già si sta compiendo, soltanto se è compimento del passato. La comunità protocristiana era anzi costretta a considerare l'intera storia della salvezza, poiché solo cosf essa poteva essere certa della propria funzione particolare di popolo eletto di Dio} di nuovo Israele. Nel discutere tale problema, questo fatto do· vrebbe essere tenuto maggiormente presente. Non si può infatti contestare che la comunità cristiana si è conside· rata realmente il vero Israele; ma questo implica una visione storica della redenzione, rivolta sia al passato che al presente e al futuro. Partendo da questo sfondo, dobbiamo leggere il Nuo­ vo Testamento notando come esso espone la storia della salvezza. Se quindi, riferendosi a un problema concreto della fede e della vita della comunità , l'apostolo Paolo indica ad esempio solo un particolare riferimento all'An­ tico Testamento, questo avviene nel quadro della storia della salvezza, anche se ne è messo in evidenza un aspet .. to soltanto. Non si tratta piu di un rapporto vissuto di· rettamente come rivelazione, ma di una riflessione teolo­ gica posteriore, che prende le mosse da quella rivela­ zione . Potremmo anche dire: certi problemi, affioranti in relazione con la vita e la catechesi della comunità, ven· gono risolti in base alla · storia della salvezza .

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La

concezione della storia della salvezza

Particolarmente istruttivo è, a questo riguardo, il passo Gal. 3 , 6 - 4, 7 . Il suo tema è la fede in Cristo come fondamento della ricezione della salvezza. L'apo­ stolo lo tratta esponendo una « storia della salvezza rela­ tiva alla fede » . Anche se punto di partenza è la fede di coloro che vivono al tempo di Paolo, cronologicamente l'esposizione paolinica inizia prima, con Abramo, per mostrare che la discendenza del popolo di Dio, porta­ tore della promessa, è fondata sulla fede di Abramo nella promessa divina, e che, partendo dalla sua fede nella nascita di !sacco, al di là della parentesi della Legge, la via conduce all'Unico, a Cristo, quale oggetto della fede, e da lui a coloro che sono battezzati in Cristo e cred0no in lui, i quali divengono « figli » . La storia non serve qui solo come « esempio ». Abramo non è citato come « esempio scritturate » , né come esempio di testimone veterotestamentario che ha creduto ; la sua storia viene piuttosto menzionata come avvenimento storico che co­ stituisce il punto di partenza di uno sviluppo, il quale conduce al battesimo di coloro che credono in Cristo. In Rom. 4 si segue la stessa via, partendo da Abra­ mo, ma in direzione diversa : quella del problema fede­ circoncisione, com'è visto nella lettera ai Romani. In questo passo influisce sull'argomentazione il principio scritturate rabbinico. In Rom. 5, 1 2 ss. Paolo non traccia una linea Abra­ mo-Cristo, ma una linea Adamo-Cristo. Viene presentato un parallelismo tipologico fra Adamo e Cristo. Parleremo piu oltre della differenza tra storia della salvezza e tipo­ logia. Eppure neanche qui si dimentica la visione storica della redenzione, né vengono saltate le tappe intermedie : « da Adamo a Mosè » . . . (v. 14 ). La tipologia è inserita in una concezione storico-soteriologica generale. In modo meno esplicito, ma pure abbastanza chiaro, anche la trattazione di Rom. 7 circa la Legge si radica in una va­ lutazione della vicenda edenica considerata nel quadro

La codificazione scritta

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della storia della salvezza 3• È evidente che l'intero passo Rom . 9- 1 1 ha un orientamento storico di questo tipo. La visione comincia con Abramo ; ma ecco che la mede­ sima storia viene vista in un'altra prospettiva: quella del problema teologico ebrei-pagani. Viene quindi trac­ ciato uno sviluppo diverso, ma sempre nel quadro della s toria della salvezza. L'accento è posto sulla previsione autenticamente profetica del futuro, che riposa su una comprensione profetica del fatto missionario contempo­ raneo a Paolo, fatto il quale abbraccia anche il passato. Naturalmente si tratta di una riflessione teologica di Paolo, ma essa è in diretto rapporto con la rivelazione del disegno divino, che gli è s tata personalmente comu­ nicata, come mostra l'esclamazione :finale di questo pas­ so : « O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio ! . . . » (Rom. 1 1 , 3 3 ss. ) . Abbiamo già constatato, in base a Rom. 5, 1 2 s s . e 7, che in questi frammenti, con i quali viene data una soluzione a problemi teologici, anche la preistoria è parte integrante del medesimo processo. Ciò risulta pure da sviluppi quali Rom. 8 , 1 8 ss. : si parla qui della solida.. rietà di tutta la creazione con l'uomo, tale che la crea­ zione partecipa all'intero sviluppo della storia della sal· vezza. Ne viene individuato l'inizio nella maledizione di Adamo, che coinvolge tutta la creazione nelle conse­ guenze del suo peccato 4; da questo momento la crea­ zione partecipa a tutto il processo ulteriore che conduce a Cristo, nel presente e nel futuro, e persino all'attuale « sospiro » dello Spirito, in segno del fatto che nel pre­ sente lo Spirito, come « primizia » , ci spinge ad aspet­ tare il futuro . In modo piu indiretto viene messo in 3 A questo rigu ardo VII, 7), in Freundesgabe re

v.

St. Lyonnet, Tu ne convoiteras pas (Rom. fur O. Cullmann, 1962, pp. 157 ss.; L'histoi­ du salut selon le chapitre VII de l'Epitre aux Romains, in > o il processo storico ? Come abbiamo visto, il problema non trova soluzione in una forma nettamente alterna­ tiva. A seconda che interpretazioni bibliche antecedenti agiscono su quelle susseguenti, il kerygma, la « parola >> acquista grande importanza. Infine è impossibile fare in Dio stesso una distinzione cronologica fra parola e avvenimento. Tuttavia, considerando le cose dal punto di vista dell 'uomo, abbiamo notato un certo prevalere dell'avvenimento, in un duplice senso. Da un lato, è l'avvenimento che determina in un modo primario l'interpretazione, costituendo il kerygma ; tale interpretazione non viene semplicemente accostata all'avvenimento. Lo conferma il fatto che, nel quadro del tempo biblico, sono sempre nuovi avvenimenti a determinare via via reinterpretazioni che correggono e precisano interpretazioni precedenti ; in altri termini , nel­ l'intero sviluppo della storia biblica della salvezza, ri­ sulta evidente la prevalenza dell'avvenimento. D'altro lato, tutte le interpretazioni e reinterpreta _zioni hanno per oggetto avvenimenti nei quali si discerne ..

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Caratteristiche fenomenologiche

l'operare di Dio : la loro funzione interpretatrice si eser­ cita nel mettere in luce il nesso esistente fra i singoli avvenimenti, quale risulta dal confronto via via rinno­ vato di nuovi avvenimenti con interpretazioni date in precedenza a eventi del passato. Ci volgiamo quindi , superando il problema genetico, a studiare le caratteristiche fenomeno/ogiche della visione storica della salvezza e del rapporto intercorren te fra l'avvenimento e il kerygma nella storia della salvezza ormai formata. Occorre ricordare preliminarmente che, all'effettivo coesistere di storia e d'interpretazione in Dio stesso, corrisponde il concetto biblico di parola come evento e inversamente di evento come parola. L'Antico Testa­ mento, per indicare l' « evento », usa il medesimo ter­ mine che per designare la « parola » (debarim). Nello Evangelo giovannico il Logos divino, la « Parola » si presenta già, al principio, come un everito ; il medesimo Logos che si è rivelato al centro dell'intero processo storico:-soteriologico, nella vita di Colui che è apparso nella carne. Risuona la Parola : sia la luce ! e la luce fu. La Parola « avviene », si .attua ; ma possiamo anche dire : l'evento diviene Parola . Lo Spirito Santo parla in quanto agisce e agisce in quanto parla. La medesima rivela�ione per mezzo dello Spirito Santo è all'opera nell'evento s tesso e nell'interpretazione kerygmatica che ne viene data . Malgrado questo stretto legame, anzi proprio a causa d.i ésso, rn;corre distinguere come la predicazione degli �vvenimenti e la predicazione (interpretativa) d el l a Pa­ ro·l a sono reciprocamente ordinate , su questo sfondo, nella Bibbia e in particolare nel Nuovo Testamento, che è oggetto del -presente lavoro. Si pone quindi il pro­ blema: in qual misura certi avvenimenti biblici sono realmente controllabili ? . Molti di essi non apoartengono, come miti, alla predicazione della Parola, ali 'interpreta·.. zione, cioé non alla storia vera e propria ? E se le cose stanno cosi, è giustificato parlare di storia della salvezza,

Storia

e

mito

anche se all'inizio di tale storia stanno gli eventi della creazione, i quali non rappresentano storia ma mito, e anche al termine di tale storia si parla di eventi che in maggioranza si verificano in un quadro cosmico, e che non possono essere definiti storici, appartenendo essi al futuro? In realtà resoconti storici e materiale mitico sono strettamente legati, cosi strettamente da rendere molto difficile il distinguerli, tanto piu che anche i miti hanno carattere narrativo. È ancora relativamente facile distin­ guere la preistoria e la storia finale dal nucleo storico centrale (storia d'Israele, vita di Gesu, storia della comu­ nità primitiva e della missione ). Ma anche nell'esposi­ zione di quel nucleo storico centrale sono frammisti ele­ ,menti storicamente controllabili e altri incontrollabili (possiamo definire mitici questi ultimi). La scuola bultmanniana si basa su questo costante affiorare del mito per affermare che l 'intera concezione biblica della storia della salvezza è plasmata dal mito. Sicché la connessione seguita degli eventi, presentata come un processo antologico-divino , non sarebbe in realtà che un rivestimento esteriore eliminabile. In fondo, il mito e l'evento avrebbero in comune un significato esistenziale, presente alla base di entrambi e corrispon­ dente alla mia coscienza esistenziale. Quindi la connes­ sione fra gli stessi elementi storici, e fra questi e gli elementi mitici, che abbiamo messo in luce, sarebbe da eliminare come ·m itologia (o · « affermazione oggettiviz­ zante >> ), per paterne desumere la conoscenza esisten­ ziale dell'essere , che collega mito e storia. A questa interpretazione del coesistere di mito e storia corrisponde la via ermeneutica sostenuta dalla scuola bultmanniana : una sto­ riche del tipo di « la Bibbia aveva ragione », relativa­ mente a questo periodo, sono imprese a priori estrema­ mente probl em atich e . Pure, in questi racconti storica­ mente incontrollabili della preistoria, è importante che si t rat ti di un evento, non di uno stato, e ch e questo evento sia in stretto rapporto con quello che s i s vol ge sul pi a no storico. Parimenti , l 'evento finale si sottrae a ogni controllo storico, qu ando pre se nt a s convolgim en ti cosmici e scen e che si svolgon o davanti al trono di Dio. Eppure anche qu i si tratta di un evento, non di una situazione, e precisamente di un evento nel quale sono all'opera i medesimi motivi divini che operano pure sul piano storico nel proces so storico-soteriologico. È assai significativo ch e nella predicazione escatologica di Gesu secondo i Sinottici si parli sempre di un evento finale, non di una situazione finale, ad eccezione del loghion sul fatto che nel Regno non ci si sposa (Mc. 12, 25 e par.) e di quello sul banchetto messianico (Mt. 8, 1 1 ss. ; Le. 1 3 , 28 ss . ), i quali de­ vono esprimere il nes so costante e stretto con Gesu.

Anche qu egl i elementi mitici che, al l ' interno del nus

R. Prenter,

1946, p. 166.

Die Einheit von Schiipfung una Erliisu11g, in

«

ThZ »,

1 92

Caratteristiche fenomenologiche

eleo storico centrale, giovano a · chiarire il carattere redentore degli eventi storici, si riferiscono a un pro­ cesso che è, si, storicamente incontrollabile, ma che deve comunque essere inteso come un processo, sia pure su un piano diverso. Rientrano in questo gruppo tutti i loghia sulle « potenze angeliche » vinte . È assoluta con­ vinzione neotestamentaria che, in quell'ambito e-m piri­ camente inattingibile, avvengono fatti che corrispondono al processo storicamente controllabile 6• Sarebbe errato dedurre dalla nostra forte sottolineatura della tempora­ lità, che neghiamo l'affermazione neotestamentaria del mondo aldilà. Diciamo soltanto che questo non può essere concepito in modo metafisico, a-temporale, ma dev'essere coinvolto nel processo temporale. In modo analogo, nei racconti canonici relativi alla resurrezione, il fatto della risurrezione di Gesu - che in sé non può essere sottoposto a controllo storico né de9�ritto - viene menzionato contemporaneamente a fatti che, in linea di principio, possono essere considerati parte del quadro storico: le apparizioni e il sepolcro vuoto. La stessa predicazione della risurrezione è solo una possibile interpretazione di questi fatti. Sol tanto gli evangeli apocrifi narrano il fatto stesso, valendosi di ele­ menti mitici; invece quelli canonici si accontentano di comunicare quei fatti e la semplice dichiarazione che li interpreta : « Gesu è risorto ». Anche qui, però, è essen­ ziale il fatto che questa dichiarazione concerna un avve­ nimento divino, che in sé non può essere presenta to come parte del quadro della storia (Historie ), quindi un evento ; e che i racconti relativi alla risurrezione intrec­ cino in modo cosf stretto il piano di ciò che è storica­ mente incontrollabile e quello di ciò che è storicamente verificabile, da far si che certi avvenimenti storici - i quali sul piano storico possono essere spiegati in modo 6 Pure l'Apocalisse giovannica presuppone un evento che si veri­ fica su due piani diversi. V. soprattutto gli « angeli » delle comunità, Apoc. 1-3.

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del tutto diverso - diventino attestazione dell'evento divino della risurrezione e indicazione del fatto che esso si rivela in avvenimenti empirici. li nesso fra i due piani è elemento fondamentale del messaggio neotesta­ mentario, il quale annuncia che in questo momento cul­ minante della s toria della salvezza - la vita dell'Incar­ nato - cielo e terra si toccano in un modo singolare . Identico nesso troviamo, nel Nuovo Testamento, nelle storie della natività narrate da Matteo e da Luca. Queste non dimostrano esattamente il medesimo riserbo che i racconti della risurrezione, a proposito dell'ele­ mento storicamente incontrollabile. Almeno in modo allusivo esse descrivono il « come » della nascita del Figlio di Dio 7• Anche qui, tuttavia, l'importante è che venga riferito un atto divino per rivelare l'origine divina dell'evento storicamente verificabile attuatosi nell'attività di Gesti. Appunto se teniamo conto del fatto che agli autori biblici sta a cuore sottolineare il carattere storico anche del processo redentore storicamente incontrollabile, com­ prendiamo - gettando uno sguardo retrospettivo al sor­ gere della concezione storico-soteriologica - perché, per l'interpretazione, essi si sono valsi anche di miti : questi, appunto a causa della loro forma narrativa, si lasciano storicizzare come abbiamo detto. Anche se nel mito pre­ biblico la forma narrativa ha spesso solo il compito ogget­ tivizzante di esporre una situazione umana, gli autori biblici l'hanno certamente scelto per un altro motivo : infatti essi hanno avvertito che questo carattere narra­ tivo era particolarmente adatto a chi volesse parlare dell'evento, indicato da avvenimenti che essi potevano storicamente verificare, ma per attestare il quale essi non potevano appoggiarsi ad alcuna testimonianza oculare, né propria né altrui. 7 Il confronto con il Protoevangelo di Giacomo, capp. 17 s s . , mo­ stra comunque quanto siano sobri, malgrado tutto, i racconti canonici

dell'infanzia.

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Naturalmente, a causa del senso storico ancora pri­ mitivo, essi hanno spinto cosi innanzi l'agganciamento dell'elemento storicamente controllabile e di qu ello incon­ trollabile, che abbiamo definito mitico, da no n distin­ guere piu affatto fra un piano e l 'al tr o . A questo propo­ sito essi hanno conservato un modo di pensare ingenuo, e vedremo che si impone qui all'esegeta odierno un compi to da cui non può esimerlo la difficoltà di distin­ guere in quell'eccessiva compenetrazione 8• Anche i racconti della creazione appartengono larga­ mente a un complesso di miti riscontrabile n ell ' am pia corrente delle religioni non bibliche, miti che origina­ riamente presentavano cosmogonie avulse da ogni storia, alcuni tendenti a soddisfare un interesse puramente spe­ culativo, altri ad esporre in forma narrativa la condizione umana . Sul terreno della Bibbia, però, il racconto della creazione ha un carattere de l tutto diverso, anche se i s u oi autori formalmente non fann-o distinzione fra i due piani . A causa dell'agganciamento al nucleo storico cen­ trale, che è no rma ti va per l'intero processo storico, la compenetrazione dei due elementi cessa di essere un fatto soltanto in genuo e primitivo e acq uis ta un signi­ ficato piu concreto e profondo. Il racconto della crea­ zione adempie ora la funzione di mostrare che la crea­ zione è sol id ale con l'uomo e vincolata alla storia della salvezza determinata dal peccato dell 'uomo. Cons tatare che la Bibbia, anche il Nuovo Testa­ mento, non ha fatto distinzione fra i due piani, non significa dire l'ultima parola, e neppure quella piu impor­ tante. Possiamo mettere in luce il ca'rattere non s torico del racconto del peccato dei primi uomini, ma mante­ niamo tanto piu fermo che tale racconto costituisce una rivelazione esattamente quanto gli avvenimenti storici narrati nella Bibbia : rivelazione non su ll a situazione di peccato dell 'uomo 9, ma rea lmen te su un evento primorV. piu avanti, pp. 199 s., 261 ; e anche prima, pp. 121 s. 9 Comunque, tale intento, che era primario nel mito indipendente_,

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diale nel quale l'uomo si è ribellato alla ·sorte che Dio gli aveva assegnata . Cosi pure, a proposito dello svol­ gimento paolinico di Rom . 5, 12 ss. , va tenuto fermo che, con il nostro peccato, dipendiamo da un evento ori­ ginario. Tale è l 'el emento teologico fondamentale e in e­ liminabile nel processo di storicizz azione del mito. Il mito cosi storicizzato, innestato nella storia della salvezza, cessa allora di essere vero mito. Anche nell'Antico Testamento, ad esempio nel Deu­ teroisaia 10 e nei Salmi 11, la creazione è messa in rap­ porto con l'elezione d'Israele. Nel Cristianesimo primi­ tivo questa storicizzazione appare assai piu avanzata che nell'Antico Testamento, anche pe r ciò che concerne il racconto della creazione. Poiché ora l 'intero processo della redenzione ha raggiunto il suo punto culminante, poiché l 'el ezion e d'Israele giunge a compimento nell'Uno, Gesu Cristo, ci troviamo anche qui di fronte all 'evento di Cristo. Il nesso fra mito e storia è qui cosi stretto che i miti della creazione, storicizzati, non sono piu s emp li­ cemente accostati alla storia o, a dir meglio, premessi ad essa; anzi la creazione, nell'Evangelo giovanni co, è nar­ rata nuovamente come creazione mediata dal Logos, il quale è identico con il Cristo incarnato . Questo E van­ g elo , che inizia con le stesse parole con cui inizia la Genesi, lv tipx Q (bere si t), presenta un nuovo racconto della creazione, alla luce di Colui di cui i venti capitoli seguenti narrano le decisive opere redentrici. A nc h e nel resto del Nuovo Testamento si parla in questi termini della creazione : ciò che ora imp o rta è il ruolo del lvie­ diatore della creazione, del « Figlio », · a cui la creazione traluce ora soltanto in modo del tutto secondario. - L'aspetto della questione che ho qui esposto non è stato considerato neppure da P. Ricouer, il quale pure in vari lavori si è sforzato di giungere, da un punto di vista filosofico, a una comprensione nuova dei miti biblici. V. ad es. Herméneutique des symboles et réflexion philosopbique, in Il problema della demitizzazione, a cura di E. Castelli, 196 1 , apparso pure in « Kerygma und Mythos », VI, l . IO Ad es. I s . 5 1 , 9 ss. 1 1 Ad es. Sal. 65, 8; 89, 10 ss.

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dei cieli e della terra viene attribuita come opera delle sue mani (Ebr. l , l O). La storia del peccato di Adamo appare in Paol o alla luce di quel « s ec ondo Adamo » che , sul piano s torico , adempie nell'ubbidienza il co m­ pito che Dio aveva affidato al l'uomo , quando lo creò a sua immagine, e al quale questi, con il suo peccato ori­ ginario, era stat o infedele ( l Cor. 15, 46; Rom. 5, 1 2 ss . ; soprattutto Fil. 2 , 6 ss. ) 12• Il mit o è stato per cosi dire spogliato della sua sostanza mitica mediante la sto­

ricizzazione. In Rom. 8, 19 ss. la solidarietà della creazione co� l 'intero processo so te riologic o è prolunga ta fino al mo­ mento presente, vissuto da Paolo : la creazione parte­ cipa già ora alle conseguenze dell'opera di Cristo, che si presentano come manifestazioni dello Spirito Santo : lo Spirito la spinge a « sospirare », il che attesta soltant o l'attesa carica di speranza di liberazione dell'intera crea­ %ione dalla potenza mortale della crtip�. Si accorda con questo il fat to che i Sinottici, nel momento in cui il proce sso storico della redenzione raggiunge l'acme, par­ lano di segni cosmici ( tenebre, terremoto ) 13• Tutti questi elementi mitici giovano a chiarire la portata del processo soteriologico, che ha dimensioni cosmiche. Mi pare perciò esegeticamente ingiustificato cercare, ad esem­ pio in quei miti delle origini - nella misura in cui sono riela­ borati nella Bibbia - una visione dell'esistenza che ne costituisca il nocciolo. La scuola bultmanniana, in fondo, non procede a una demitizzazione, bensf a una destoricizzazione, e quindi, appunto per ciò che concerne quei miti delle origini, a una remitizza. zione. Infatti, essa li riconsidera come miti isolati, nei quali si esprimerebbe una visione dell'esistenza. 12 V. O. Cullmann, Christologie des Neuen Testaments, 1963,, pp. 178 ss. 1 3 Al di fuori della Bibbia, v. l'inno sul silenzio della natura al momento della nascita di Gesu, inserito nel Protoevangelo di Giacomo, cap. 18. Mi pare che Teilhard de Chardin non presti attenzione a questo legame fra creazione e storia della salvezza, che la Bibbia attesta veramente.

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Anche i miti relat ivi alla fi ne sono coerentemente storicizzati nel Nuovo Testamento. La risu rrezio ne dei morti in Paolo è o ra indissolubilmente leg a ta alla risur­ r ez i on e ài quel G es u di Naza re th apparso nell a storia, il « prim ogeni to di quelli che dormono » 14• Pure tutto qu ello che nel c ap . 15 d ella prima lettera ai Cori nz i viene detto del nostr o futuro corpo risorto dev 'essere inteso in base alla fede nella risurrezione corp o r ale di Cristo, cioé in un evento. Ancora, la s torid zz azione di t u t t i i miti esca tologici viene compiuta facendo coinci­ dere l'apparizione sulle nuvole del cielo del Figlio del­ l'uomo atteso d a Daniele -( Dan . 7, 1 3 ) con il ri torno di Gesu di Nazareth 15• Ormai, infatti , tutti gli avve n ime n ti escatologici dipendono da colui che già è v enu to sulla terra; essi sono in rapporto con l'opera condotta a ter­ mine per mezzo dell'Incarnato, e anche l 'even to cosmico, di cui parla ad esempio 1'Apocalisse sinottica (Mc. 1 3 e par. ), coincide con l'ingresso di colui che ritorna nelle sfere del mondo celes te . Q uand ' egl i, al suo ritorno, a ttraversa quel regno cosmico, avvengono quegli scon· volgim ent i g randio s i , là raffi gur a t i , che po rt ano a una nuova creazione ; egli è il med ia tore di tale nuova crea· zione, come lo è de lla prima. Se la vita storica di Gesu è davvero il ce nt ro dell'intero processo, egli dev 'essere pure il med iato re della sua conclusione. Dunque, per qu anto sia importante l 'attesa del futu ro per tutto il pensiero protocri sti ano e per quanto, di con­ seguenza, l'escatologia in forma di a tt esa d 'una fine immediata vada considerata determinante nello spiegare, con A. Schweitzer, il mes saggio neotestamentario, non 14 1 Cor. 1,, 12 ss.; v. anche la designazione c primogenito dei morti », Col . l , 1 8 ; cfr. Col. 1 , 15; Rom. 8, 29. 15 J. A. T. Robinson, riallacciandosi al Glasson, ha fatto giusta­ mente notare che nel libro di Daniele il Figlio dell'uomo sulle nuvole non viene sulla terra, ma va a Dio (cfr. ]esus and bis Coming, 1957, p. 22 ). Ma appena il Figlio dell'uomo viene identificato con Gesti di Nazareth (oppure - come penso - appena egli stesso si è identi­ ficato con quello), il suo venire escatologico deve diventare un venire sulla terra. V. piu avanti, pp. 304 s.

Ì98

Caratteristiche fenomenologiche

si deve tuttavia dimenticare che l'escatologia è determi­ nata in modo fondamentale dal rapporto con gli avve­ nimenti storici, non solo quanto al sorgere della conce­ zione storico-soteriologica neotestamentaria, ma anche quanto alla sua interpretazione ; e non è vero che l'inter­ pretazione della storia sia determinata dall'escatologia 16• Se la redenzione - quale si presenta al punto culmi­ nante e significativo, nel suo centro decisivo è. un evento, questo deve necessariamente tendere al compi­ mento; e appunto ciò che è essenziale per il centro, deve alla fine giungere a compimento 17• Ne troviamo l'espres­ sione piu chiara nell'Apocalisse giovannica , ove appare persino l 'Agnello immolato (Ap. 5, 6, ecc. ). D'altro canto, naturalmente l'attesa del compimento escatologico ancora avvenire esprime in modo cosi perfetto il senso dell'in· tero processo, che anche qui si verifica una interazione e che, in senso inverso, anche l'escatologia illumina il nucleo storico centrale. Nulla piu chiaramente di questo stretto nesso fra i miti escatologici e gli avvenimenti storici controllabili mostra quanto sia fondamentale per l'intera storia della salvezza il concetto di un processo che si va svolgendo, all'interno come al di fuori del tempo storico. Un pro­ cesso soteriologico cosi concepito deve proseguire fino alla sua conclusione 18 e non può considerarsi concluso neppure là dove si raggiunge l'acme, fino a che il suo sviluppo non abbia raggiunto e coinvolto tutta la crea· zione. Vedremo in seguito quale posto storico-soteriolo­ gico occupi, in questo progressivo D)ovimento, il pre­ sente che sta fra il centro storico e il futuro escatologico. -

16 In proposito v. pure l'articolo di N. A. Dahl, Eschatologie untl Geschichte im Lichte der Qumrantexte, p. 14 (citato a p. 100, n. 9). 17 Sono costretto a continuare a precisare che non concepisco il « centro del tempo » come un centro cronologico, che dividerebbe il corso de!la storia in due sezioni di pari durata cronologica. 18 In proposito v. ]. Moltmann, Exegese und Eschatologie der Geschichte, in «EvTh», 1962, pp. 31 ss.; purtroppo non mi è stato piu possibile utilizzare il suo ultimo libro, Theologie der Holfnung, 1964.

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e

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199

Che l'atteso evento finale si verifichi parzialmente anco ra nd quadro storico di avvenimenti politici futuri, come la distruzione del Tempio, ovvero in un quadro cosmico (e qui la descrizione deve ricorrere all'uso di miti ), la cosa non ha grande importanza per la concezione storico-soteriologica globale del protocristiane­ simo, poiché anche gli stessi miti cosmici sono stati storidzzati e messi in rapporto con la risurrezione di Cristo e con la venuta dello Spirito Santo, il quale trasforma l 'intera creazione in nuova creazione (Rom. 8, 1 9 ss . ; l Cor. 1 5 , 35 ss . ; Ap. 2 1 , 5 ). Perciò l'accostamento di predizione politica e di profezia cosmica non può dar motivo a distinzione fra le fonti letterarie, ad esempio all 'interno dell'Apocalisse sinottica.

Come ho già spesso accennato in questo capitolo , la demitizzazione, operata già sotto forma di storicizzazione dagli autori biblici, non esime l'esegeta dal compito di distin guere, nel commento per il lettore moderno, fra piano storico e astorico. Certo, per l'aut ore biblico que­ sta distinzione non solo è impossibile, ma non ha alcuna importanza , poiché ciò che gli interessa mostrare è che l'evento storico della redenzione è il centro dell'intero processo, anche di quello preis torico e di quello finale. Per il nostro pensiero moderno, viceversa, è inevitabile -la distinzione fra i due piani, e dobbiamo ora mostrare come il mito storicizzato giovi all'interpretazione degli avvenimenti storici che devono essere da quella distinti, in quanto esso estende il processo evolutivo anche al piano as torico. Siamo tenuti a questo non solo perché, in base alla nostra conoscenza attuale, dobbiamo distin­ guere tra eventi storicamente controllabili e incontrolla­ bili, ma proprio per trasporci, per cosf dire, in vista di una migliore comprensione, nella situazione in cui si trovavano i primi testimoni. Infatti, solo quando avremo identificato che cosa è interpretazione ( estesa al piano astorico ) e che cosa è evento storico, saremo in grado di discernere contemporaneamente la rivelazione nelfinter­ pretazione e nell'evento storico. Comprenderemo allora che l 'evento storico è in sé rivelazione per i profeti e per gli apostoli, e quindi li spinge a interpretarlo. In

200

Caratteristiche fenomenologiche

entrambi i casi si tratta di rivelazione 19 • Anche, anzi proprio in vista della comprensione teologica, non si può rinunciare al compito di verificare, da un punto di vista storico, mediante i moderni metodi d'indagine , ciò che è realmente avvenuto. La difficoltà di operare questa distinzione - difficoltà causata dall'indicato stretto in­ treccio di storia e interpretazione, storia e mito - non giustifica dunque in alcun caso che vi si rinunci. Certo è impossibile giungere a risultati assolutamente sicuri, mediante l'esegesi storico-critica ; questo vale, come abbia­ mo notato, anche per il problema del « Gesu storico » . Ma, per comprendere che rivelazione e redenzione sono date non solo nell'interpretazione che si vale del mito, bensf nella stessa storia ( cioé non solo nell'incontro che tocca la mia autocoscienza), non si può evitare lo sforzo di operare questa distinzione, valendosi di criteri storico­ critici, per quanto problematici essi possano essere . Se ci sforziamo di tener distinti i due piani, comprenderemo la portata teologica del fatto che nella Bibbia essi sono mescolati, come già abbiamo mostrato relativamente ad alcuni passi. Per comprendere che cosa significhi, nel Nuovo Te­ ·stamento, ad esempio il confronto fra Cristo e Adamo, partiremo dal fatto che per noi Adamo non sta sullo stesso piano di Gesu di Nazareth, e distingueremo quei due piani pure di fronte all'albero genealogico che fa risalire l'ascendenza di Gesu fino ad Adamo ; in tal modo, però, saremo in grado di cogliere il rapporto che purtuttavia sussiste fra i due piani, dal punto di vista della divina storia della salvezza, che e ciò che importa ai nostri autori. In tale senso legittimo ogni sana esegesi ha sempre praticato una demitizzazione, molto prima che questo 19 In questo contesto � di grande interesse e importanza la con­ troversia fra G. von Rad, F. Hesse e W. Eichrodt. Cfr. la Premessa al vol. II della Theologie des Alten Testaments del von Rad. - V. anche ]. A. Soggin, Geschichte, Historie und Heilsgeschehen im Alten Tes/11ment, in « ThLZ •, 1964, col. 721 ss.

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201

slogan affascinasse un'intera generazione teologica, e quando tale demitizzazione non era intrapresa secondo un criterio non desunto dalla storia biblica della reden­ zione, bensf dal mito extra-biblico riferito alla filosofia dell 'esistenza. La demitizzazione della Bibbia è legittima solo finché procede sulla via della demitizzazione storj­ cizzante intrapresa dalla Bibbia stessa. Essa deve indicare il nesso che lega i miti biblici alla storia, nel quadro della storia biblica della redenzione, e cos1 mettere in primo luogo in piu chiara luce il fatto che essa distingue i piani, proprio affinché risulti ancor piu evidente l'ele­ mento comune positivo. Teologicamente importante non è il fatto che gli autori biblici non distinguano i due piani, bensf la profonda penetrazione della loro fede, per cui l'evento biblico verificatosi nel quadro storico è centro dell'intero processo e include quindi una rive­ lazione sugli eventi dei primordi e su quelli finali . Teo­ logicamente rilevante è il fatto che, anche all'inizio e alla fine, essi pongono un evento, non uno stato. Poiché l'interpretazione della vita di Gesu concerne la storia del peccato umano e d'altro lato estende alla creazione i frutti di questa vita, anche da questo punto di vista deve esservi un evento divino all'origine e alla fine, che parla del peccato come di un evento primordiale e, in rapporto con esso, di un evento cosmico iniziale e di una nuova creazione finale. Comprenderemo a fondo l'intenzione con cui ven­ gono utilizzati i miti, appunto quando, a differenza di ciò che avviene nella Bibbia, terremo distinti i due piani, ma, come fa la Bibbia, considereremo la loro comune funzione : quella cioé di porre l'intera storia alla luce della rivelazione della salvezza data in Gesu di Nazareth. Demitizzare, secondo la Bibbia, non significa elimi­ nare la storia della salvezza , bensf approfondirla.

Capitolo secondo

Storia neotestamentaria della salvezza e storia .

Molti equivoci, nella discussione sulla storia neote­ stamentaria della salvezza, derivano dal fatto che sia co­ loro per i quali essa costituisce l'essenza del messaggio neotestamentario, sia coloro che vi vedono un'aggiunta secondaria da eliminare, non si rendono ben conto dei rapporti intercorrenti fra storia della salvezza e storia . È incon testabile che almeno alcuni dei rappresentanti della cosiddetta classica « scuola storico-soteriologica » del se­ colo scorso non hanno posto con sufficiente chiarezza questo problema; anzi essi hanno talvolta trasferito sen­ z'altro nella storia della salvezza la concezione storica hegeliana . Forse anche lo Schlatter, malgrado tutti i suoi meriti , ha contribuito al discredito delJ a « storia della salvezza », perché non ha chiaramente distin�·q fra stori a della salvezza e storia. Ai giorni nostri , si è occupato del problema W. Pannenberg 1 , ma mi pare che egli tra­ scuri alcuni punti essenziali . La carenza dei teologi menzionati, su questo punto, non autorizza però la parte avversa a respingere in blocco ogni tentativo di legg ere la Bibbia in prospettiva storico-soteriologica : soprattutto non autorizza gli avver­ sari odierni della storia della salvezza a non darsi la mi­ nima pena per individuare non solo ciò che distingue storia biblica della salvezza e storia, ma anche ciò che esse _ hanno in comune 2, né ad accusare senz'altro chiunl

Heilsgeschehen und Geschichte, in

259 ss. · 2 K. LOwith, Weltgeschehen

«

KuD �, 19.59,

pp.

218

ss.,

und Heilsgeschehen, 19.53., espone ip

204

Caratteristiche fenomenologiche

que parla di storia della salvezza di confondere queste due grand ezze . La radicale differenza fra l'una e l'altra risulta già dal n esso fra storia e mit o che abbiamo messo in evi­ denza nel capitolo precedente. Nel campo della s toria profana una simile commistione di eventi storicamente verifìcabili e non verifìcabili viene esclusa, e la in ter­ pret azione degli avvenimenti s torici non può allora con­ si s t er e nel fatto che, accanto ad essi e in s tr et to rap­ porto con essi, venga posto un evento d el tutto diverso, riconosciuto come altrettanto reale, anche se si v erifica su un pia no astorico. A priori v'è qui già una differenza fondamentale : perciò abbiamo iniziato l'esposizione delle caratteristiche della storia neotestamentaria della reden­ zione , mettendo in evidenza quel nesso caratteristico . Ora confronteremo con la storia proprio gli elementi storicamente controllabili della storia biblica della sal­ vezza, cioé quel che abbiamo definito il nucleo storico centrale. Giacché p o trebbe sembrare che, a prescin dere da quell a preistoria e da quella storia della fine, la sto­ ri a biblica fosse se mp lic em en te storia : è proprio l'errore che va evitato, s en za per questo trascurare, a favore degli elementi dis tinti vi , gli elementi com uni . Anche a questo proposito, non ritorniamo su ciò che prima abbiamo detto circa la formazione della con­ cezione storica e dell'esposizione storica ; ma ricordiamo che una concezione storica p rofana si presenta in modo di vers o da qu el l a biblica. Certo, entrambe hanno una duplice origine, cioé un prop rio modo di sperimentare avvenimenti e fonti n a rrative ; entrambe si riferiscono a fatti e al l ' in terpre t azione che ne è stata data. Tuttavia, ·ciò che dis ti ngue storia e storia dell a s alv ezza, quanto ·al loro formarsi, è i l ruolo che nella storia della salvezza ha la rivelazione, sia quando si speri men tan o gl i avve­ nimenti e i fatti, sia quando si accolgono per fede i resomodo avvincente, in prospettiva filosofica, antica del problema�

la trattazione teologica piu

Storia neotestamentaria della salvezza e storia

20.5

conti e la loro interpretazione ( il . 21 V. O. Cullmann, Christus und die Zeit, 19623, pp. IlO ss.

e

(Cristo

e

il tempo1 1965, pp. 1 43 ss.).

216

Caratteristiche fenomenologiche

scopo la intera umanità : Israele è scelto per la reden­ zione degli uomini. E siccome con il concetto d'elezione d'Israele si ha di mira già all'origine l'umanità, questa rimane nel campo visuale della storia della salvezza durante tutto il suo svolgersi. Perciò l'Antico Testamento, pur limitandosi alla storia di un unico popolo, non pe.rde mai di vista la storia dei popoli : non solo perché essa offre il quadro del divenire storico del popolo eletto, ma per­ ché - in una totale inversione della prospettiva, stori­ camente parlando - essa viene considerata e compresa alla luce di questo piccolo popolo. Ciò che è tacito pre­ supposto, piu o meno cosciente, di tutt a la storia della salvezza appare chiaro nella speranza veterotestamentaria relativa alla fine : i popoli - naturalmente sottomessi affluiscono a Gerusalemme. Nella trasformazione che por­ ta quest'attesa della fine dai primi inizi veterotestamen­ tari all'attesa neotestamentaria del Regno di Dio, trova conferma ciò che abbiamo detto sugli sviluppi, le pre­ cisazioni, le correzioni della storia biblica della salvezza e in primo luogo sulla giustapposizione di costante e contingenza. L'umanità e la sua storia non vengono affatto perse di vista nel Nuovo Testamento . A prima vista, può pa­ rere che quella concentrazione sulla storia della vita di una sola persona e poi di una piccola comunità faccia perdere ogni interesse teologico per il mondo dei po­ poli , ridotto a pura cornice dell'evento del Nuovo Patto. Eppure, in realtà, quanto piu limitato si fa il quadro storico-soteriologico, tanto piu ampiamente s'irradia l'ef­ ficacia della storia della salvezza. Anche, anzi proprio nel­ l 'estensione universale della storia della salvezza, il prin­ cipio dell'elezione rimane indubbiamente la base senza la quale qualsiasi universalismo perderebbe ogni rap­ porto con la Bibbia. Chi non comprende il concetto del­ l'elezione non può comprendere nulla della storia della salvezza. ·

Questa è la ragione per cui, nel corso della seconda sessione

Storia neotestamentaria della salvezza

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2 17

del Concilio Vaticano Il, tutta una serie di vescovi non potevano comprendere che in un documento conciliare si parlasse dell'ebrai­ smo in modo diverso che delle altre religioni non cristiane . Al di fuori del nesso storico-soteriologico, infatti, non vi sarebbe alcuna ragione per distinguere fra gli ebrei e gli altri non cri� stiani.

L'elezione, da parte di Dio, è conseguenza del pec­ cato degli uomini : senza il peccato umano tutta la sto­ ria della salvezza sarebbe inconcepibile. A causa del pec­ cato della totalità viene eletta una minoranza con lo scopo di redimere la totalità. Ma il peccato non si trova soltanto all'inizio del divino disegno redentore; anzi, rea­ gisce continuamente allo svolgersi della storia della sal­ vezza. Anche per questa ragione essa è tutta determinata contemporaneamente dalla costante di questo disegno e dalla contingenza storica . Nel Nuovo Testamento Dio si serve anche del peccato e dell'incredulità per condurre a termine il suo piano reden t ore e realizzare il suo scopo universale : inserire tutta la storia nella storia della sal­ vezza (la Legge data a motivo delle trasgressioni : Gal. 3 , 1 9 ; Rom. 5 , 20). Dobbiamo tener sempre presenti entrambi gli aspetti della storia della salvezza : essa ha di mira l'umanità in­ tera; la scelta di una minoranza è il mezzo per attuarla. Chi trascura il primo aspetto cade in u n settarismo estra­ neo alla Bibbia; chi trascura il secondo cade in un sin­ cretismq altrettanto estraneo alla Bibbia. Possiamo seguire in tutto il Nuovo Testamento la linea di pensiero secondo cui l'umanità, fin dal principio e ora in modo particolare, rimane nel campo visuale della storia neotestamentaria della salvezza. Se Gesu li­ mita la sua predicazione missionaria alle pecore perdute della casa d'Israele e se comanda ai discepoli di non prendere « la via dei pagani » e di non entrare « nelle città dei Samaritani » (Mt. 1 0 , 5 ss. ; Mc. 7, 2 7 ), il suo atteggiamento nei confronti sia dei Samaritani (Le. 9 , 5 1 ss . ; 1 0, 5 0 ss . ; 1 7 , 1 1 ss . ) che dei pagani (Mt. 8, 5 ss. ; Mc 7 , 29) mostra tuttavia che, in ultima analisi, .

218

Caratteristiche /enomenologiche

anche con tale limitazione, egli persegue un disegno di redenzione universale. I primi cristiani che avviarono la missione fra i Samaritani (Gv. 4, 35 ss. 22; Atti 8, 4 ss . ) e fra i pagani hanno dunque interpretato correttamente quella parola limitativa di Gesu, che certo ben conosce­ vano e che era stata loro tramandata dall a tradizione, e non ne hanno desun to, come hanno fatto ad esempio i giudaizzanti, un rifiuto della missione . Nella visione che Paolo dà della storia della salvezza (Rom . 9-1 1 ) risulta con evidenza particolare che nel disegno di Dio la con­ centrazione della storia della salvezza rappresentata dal­ relezione ha, in fondo, un fine universalistico. Gesu, runo, è il Salvatore del mondo (Gv. 4, 42 ). :E: vero che i l pensiero missionario protocristiano, il quale vede coscientemente i popoli pagani implicati nello svolgersi della redenzione, non dimostra un vero inte­ resse per la storia universale ; tuttavia esso mostra che non soltanto l'intero processo storico rimane sempre nel campo visivo dello svolgersi della redenzione, anzi proprio quella cosi marcata concentrazione neotestamen­ taria su una linea estre 1namente sottile, che corre all 'in­ terno della storia , tende a far confluire tutta la storia in questa linea, cioè a risolvere tutta la storia nella s toria delia salvezza . La storia politica diventa storia missio­ naria. Lo sviluppo iniziato nell'Antico Testamen to, ove la storia dei popoli è considerata soltanto in rapporto a1Ia storia della salvezza di quel popolo particolare, culmina nel Nuovo Testamento, ove scopo e significato dell'intera storia è il suo sfociare escatologico nella storia della salvezza, si che alla fine vi sarà solo piu il redento 1tfiç 'IO'pai)À. (Rom . 1 1 , 26 ) , il quale abbraccia i pagani convertiti e l'Israele convertito. Dunque, al confluire escatologico dei popoli vinti verso Gerusalemme, si so­ stituisce ora la conversione dell'intero mondo pagano alla 22 V. O. Cullman n , L4 So�marie et les origines de la mission chré­ tienne, in e< Annuaire 1953--'4 de l'Ecole Pratique des Hautes Etudes, Section de Sciences Religieuses •, Paris, pp. 3-12.

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219

fede in Cristo, i n seguito alla predicazione : questo cor­ risponde esattamente a quanto abbiamo detto a propo· sito delle reinterpretazioni precisatrici e correttive, de ter­ minate via via dal procedere degli eventi storico-soterio­ logici . Mentre nel quadro politico futuro che appare nel­ l'Antico Testamento i popoli pagani alla fine si associano a Israele, secondo Paolo, invece, gli ebrei ancora incre­ duli alla fine si inseriscono nel popolo costituito da ebrei credenti e dalla totalità dei pagani credenti . La conce­ zione storico-soteriologica anteriore non è con ciò ab­ bandonata, poiché anzi tutti i popoli entrano ora nella storia della salvezza costituita dall'elezione d'Israele. Si compie qui il secondo tratto della via della redenzione, dall'Uno ai molti, e la sottile linea della salvezza giunge ad abbracciare l 'universo 23• Questa finalità dell'intera storia della salvezza com­ porta però il fatto che ormai ogni processo politico pre­ sente o passato è posto in diretto e concreto rapporto con la storia della salvezza, pur senza divenire esso stes­ so storia della salvezza . Sovrani pagani divengono cosi indirettamente esecutivi del disegno redentore di Dio : o quali inconsci strumenti disciplinari di Jahve (cosi nella vi­ sione dei profeti piu antichi) o quali inconsci mediatori di redenzione ( cosi Ciro, secondo il Deuteroisaia 24 ). An­ che il Nuovo Testamento attribuisce una simile parteci­ pazione indiretta a Erode e a Pilato, che crocifiggono Gesu quali inconsci strumenti del divino disegno di re­ denzione e in tal modo , contro la loro stessa volontà, con­ tribuiscono alla sconfitta · delle « potenze » demoniache ( l Cor. 2, 6 ). I riferimenti dell'Apocalisse giovannica alla s toria contemporanea 25 accennano alla persecuzione della 23 Cfr. a questo riguardo l'esposizione straordinariamente ricca di L. Goppelt, Die apostolische und nachapostolische Zeit, 1955 ss., nel manuale Die Kirche in ihrer Gescbichte. 24 Or. E. Jenni, Die Rolle des Kyros bei Deuteroiesaia, in « ThZ »>,

1954, pp. 241 ss.

15 V. S. Giet, L'Apocalypse

et l'Histoire, 1957.

220

Caratteristiche fenomenologiche

comunità da pa-rte degl'imperatori romani, e anch'essa ha il suo posto nel divino disegno di salvezz a . Indubbiamente il Nuovo Testamento , a parte que s ti punti di contatto reali m a in diretti , non istituisce alcun coll ega m ento diretto, ad esempio, fra la storia dei popoli dell'antichità e l a storia della salvezza. Gli Atti ( 1 4, 1 6 ) menzionano i p opol i che Dio « ha lasciato camminare nelle loro vie » e nel discorso nell'Areopago ( 1 7 , 26 ) è detto che Dio ha « determinato le epoche loro assegn a te e i confini della loro abit azione » ; tuttavia manc a qui pro pr io il colleg amento con la s toria della salvezza in s enso stretto. Stimolante sarebbe il tentativo di mettere in evidenza per quali vie nascoste, partendo dalla rivelazione biblica, la storia della salvezza si preparava nella storia dei popoli e delle loro religioni. Ciò facendo si dovrebbe però serbar chiara coscienza che qui non ci troviamo su un terreno ugualmente sicuro quanto quello datoci dalla nostra conoscenza della storia della salvezza rivelata nella Bibbia. Tuttavia , in rigo rosa aderenza a questa norma che ci è data, un'impresa di questo genere sarebbe possi­ bile, e ci troveremmo in tal caso in una situazione identica a quella in cui siamo quando dobbiamo definire in che modo la storia della salvezza si svolge nel nostro tempo postbiblico 26; an­ che in tal caso si tratta di un nascosto procedere della redenzione, che noi possiamo cercare di individuare soltanto con l'ausilio del normativa processo biblico della redenzione. Sicché, in linea di principio, si potrebbe pensare a una storia delle religioni , che fosse scritta davvero in base alla centralità dell'intera rivelazione biblica. Un tentativo di questo genere non è piu stato fatto dal tempo degli apologeti del II secolo - penso in particolare a Giustino Martire.

Sullo sfondo della visione che la storia della salvez­ za postpasquale dà dei popoli, sta la fede protocristi an a nella signoria attu ale di Cristo sul mondo. Certo, il mon­ do non sa ancora di essere anch ' esso già governato da Cristo; questa sovranità verrà rivelata soltanto alla fine, ed è ora visibile solo alla fede ; i m embri credenti della chiesa già la conoscono e tale conoscenza dà loro un po� l6

Ne parleremo nell'ultima parte di quest'opera:

v.

p. 410.

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22 1

sto particolare nell'ambito della sovranità attuale di Cri­ sto 27: essi comprendono come divenga già realtà pre­ sente ciò che attendono dalla fine; sono, infatti , convinti di vivere nel tempo escatologico già iniziato. Perciò ve­ dono la storia universale fin d'ora assorbita dalla storia della salvezza (non è la storia della salvezza a perdersi in quella universale ! ). Nel processo storico politico, nel sorgere dell'Impero, essi vedono all'opera quelle « po­ tenze e signorie » invisibili che hanno una parte cosi im­ portante nel dramma storico-soteriologico da essere men­ zionate in tutti i brevi sommari protocristiani della fe­ de 28• I sovrani terreni ne sono semplicemente gli organi esecutivi : come Erode e Pilato, tutti i sovrani terreni di questo mondo sono posti inconsciamente al servizio del­ l'evento di Cristo. Nella predicazione di Gesu un avvenimento politico, predetto per il futuro, costituisce il diretto punto di transizione alla pro­ fezia dell'evento finale che ancora deve verificarsi: la distruzione del Tempio . Questa non è soltanto la semplice cornice degli avve­ nimenti che portano al futuro attuarsi della redenzione, anzi è in rapporto teologico diretto con questo. È vero che già l'Antico Testa­ mento ha annunciato la costruzione di un nuovo Tempio per il tempo messianico-escatologico. Ma, se anche Gesti può essersi riallacciato a quest'attesa, la sua predizione si ricollega al pro­ blema zelota, a quel tempo cosi attuale e predominante, e in queste parole troviamo pure una profezia poli ti ca della guerra giudaica, esattamente nella linea di quelle dei profeti 29• Anche le parole pronunciate da Gesu sulla via del Golgotha (Le. 23, 28-3 1 ) hanno quest'orientamento 30• Come avviene per i profeti dell'Antico Testamento, anche qui, in base ad avvenimenti di attualità, il futuro politico viene predetto e interpretato in senso storico-soteriologico . Guardando al processo di redenzione che 'Z1 V. O. Cullrnann , Konigsherrschaft Christi und Kirche im Neuen

Testament, 19502•

28 V. O. Cullmann, Die ersten christlichen Glaubensbekenntnisse, 194� (Le prime confessioni di fede cristiane, 1948). 29 Contro W. G. Kiimmel, Verheissung und Erfullung, 19563, p. 94. Ch. H. Dodd, The Parables of the Kingdom 19363, pp. 60 ss. con­ ,

sidera anch'egli politica questa profezia di Gesu. Su questo punto dr. anche piu avanti, pp. 302 s . 30 Circa la spiegazione del v. 31, v. O. Culimann, Der Staat im Neuen Testament 196P, p. 34 (Dio e Cesare, 1957, p. 55). ,

Caratteristiche fenonzenologiche

222

ancora deve compiersi , in un dato avvenimento politico viene indi­ viduato un divino evento salvifico decisivo ; e nella predicazione di Gesu gli viene attribuito un valore particolare, poiché esso costituisce la svolta decisiva. La parola di Gesti sul Tempio, se­ condo cui « non sarà lasciata pietra sopra pie tra >> (l\1c. 1 3 , 2 ;

v.

pure Mt. 23, 38 ; Le . 1 3, 3 5 ) è in primo piano nel cosiddetto processo di Gesu 31 . La comunità primitiva ha accolto questa predizione e nella sua aspettativa dell'avvenire, che ha dato all'Apocalisse sinottica (Mc. 1 3 e par.) la sua forma definitiva , quest'avvenimento appare, nel modo caratteristico di tutta la stori a della salvezza, s ullo stesso piano dell'evento cosmico finale 32• Questa reinterpreta­ zione della speranza veterotestamentaria riferita a un nuovo Tem­ pio avviene dunque esattamente secondo lo stile di tutte le rein­ terpretazioni bibliche, in rapporto con avvenimenti politici della rivolta zelota 33, che condusse alla distruzione di Gerusalemme e del Tempio. Nel momento in cui questa si verificò ( anno 70 ) cioé nel periodo a cui appartiene gran parte degli scritti neotesta­ mentari era necessario giungere a una nuova interpretazione di questo avvenimento, senza per questo abbandonare l'antica. Già prima che l 'evento si verificasse, Paolo ha inserito anch'egli indirettamente questa nuova interpretazione nel J.LUC"'ti)pr.ov , nella previsione storico-soteriologica di Rom. 9-1 1 : e anche in questo caso lo ha fatto senza abbandonare l'antica speranza, in base all'evento attuale del suo tempo, cioé il fatto missionario. Esso dimostrava che Israele nel suo insieme rifiutava l 'Evangelo, men­ tre i pagani lo accettavano: la temporanea separazione fra il nuovo Israele xa:tà. miEV(.la e lo Israele xa't'à. o-«ipxa è necessaria, nella prospettiva storico-soteriologica, affinché possa entrare « la totalità dei pagani ». Quando, nel 70, si verificò la dis tru zi one di Gerusalemme e del Tempio, venne confermato questo sciogliersi della storia della salvezza dal suo stretto nesso con la storia di Israele, naturalmente senza che cosi si perdesse d'occhio la fun­ zione che Israele conservava nella storia della salvezza . -

-

31 J. Schniewind, Das Evangelium nach Markus (NTD),

19.37,

p. 158, E. Lohmeyer, Das Evangelium des Markus� 1937, p. 268, W. G. Kii mm el , op. cit. , p. 93, sottolineano con ragione che non si tratta

di una costruzione della comunità, nel senso di vaticinium ex eventu. Poiché nell 'anno 70 il Tempio è stato distrutto dal fuoco1 la profezi a non si è avverata letteralmente in ogni particolare . 32 Il fatto che pensiamo trattarsi di una profezia politica non esclude affatto, come sembra presupporre il Kiimmel, quel « rigoroso significato escatologico » che il Kiimmel, op. cit.� p. 94, attribuisce giu· stamente a questo passo. 33 Cfr. M. Hengel, Die Zeloten. Untersucbung zur ;udischen Frei­ heitsbewegung in der Zeit von Herodes I bis 70 11. Chr.� 1961, e O. Cullmann , Der Staat im Neuen Testament, 196J2.

Storia neotestantentaria della salvezza

e

storia

223

Negli scritti neotestamentari non si esprime mai è.irettamente il pensiero che solo dopo la distruzione d 'Israele fu veramente dato libero campo alla corsa vittoriosa dell'Evangelo attraverso il mondo, alla predicazione a tutti i popoli, per amore dei quali viene ulteriormente esteso il tempo antecedente la fine. Eppure si possono individuare in piu di un punto del Nuovo Testamento tracce indirette di questo modo di utilizzare con un criterio sto· rico-soteriologico gli avvenimenti ordinati e valutati in modo assai diverso dagli storici.

Possiamo quindi concludere che, secondo la fede protocristiana, la parte fondamentale della storia della salvezza è realmente una storia che si svolge nel tempo : costituita da un seguito di avvenimenti concatenati e or· dinati cronologicamente in un quadro storico, essa reca quindi la caratteristica della contingenza, propria ad ogni storia . Sussiste però una differenza radicale fra sto· ria della salvezza e storia, poiché non ci troviamo di fronte a una serie ininterrotta di avvenimenti : secondo la fede neotestamentaria, infatti, Dio sceglie soltanto certi avvenimenti particolari i quali sono legati fra loro da un nesso soteriologico in progressivo sviluppo, e rivela tale nesso soteriologico ai profeti e agli apostoli con un atto che è esso stesso parte della storia della sal.. vezza. Il concreto nesso teologico fra storia della salvez.. za e storia sta in questo : la storia della salvezza, per sua intima essenza, riposa certo sul principio della scel.. ta, della riduzione a una linea sottilissima , ma proprio questa scelta e questa riduzione avvengono per la reden.. zione dell'intera umanità, e quindi in ultima analisi por.. tano tutta la storia a inserirsi in questa linea; in altre parole, a inserire la storia profana nella storia della salvezza .

Capitolo terzo

Presente

e

futuro

La tensione storico-soteriologica fra « già » e « non ancora », chiave interpretativa della storia neotesta· mentaria della salvezza

Secondo il Nuovo Testamento, tutte le epoche che costituiscono la storia della salvezza sono orientate verso l'intervento decisivo : la croce e la risurrezione di Gesu Cristo : l'intera storia della salvezza, che costituisce il di· segno di Dio, è virtualmente contenuta in quest'unico evento: tutto il passato di questa storia della salvezza tende a questo intervento, da esso scaturisce tutto il pre· sente, ed esso rappresenta nel suo compimento universale e permanente tutto il futuro della redenzione. Parafra­ sando un detto del Ranke, secondo cui ogni epoca sto· rica è immediatamente « riferita a Dio » 1, si dovrebbe dire che ogni epoca della storia della salvezza è « im­ mediatamente riferita a questo centro » . La storia della salvezza non è orientata verso un « aldilà » della storia, bensi verso l} evento soteriologico. Ognuna delle singole epoche trova nel nesso che la lega a quest'intervento centrale il proprio significato e il proprio fine par· ticolare : il passato, in quanto mostra con particolare chiarezza che l'intero sviluppo storico-soteriologico si muove seguendo la 'linea dell 'elezione, della riduzione; il presente, in quanto, a differenza dal passato, già sca­ turisce dalla tappa decisiva che si è verificata e d 'altra parte proprio per questo tende al compimento; il futuro , in quanto descrive nella sua estensione universale e per· manente la redenzione che si è attuata e rivelata, quale t

L.

p. 217.

von

Ranke, Ueber Jie Epochen der neueren Geschichte1 1 917,

Caratteristiche fenomenalogiche

226

scopo di tutto lo sviluppo storico-soteriologico, concen· trata in un unico punto esattamente databile della linea temporale : l'intervento che determina l'orientamento di tutto il processo (la croce e la risurrezione ). In tal senso anche il futuro dà il suo orientamento a tutte le epoche; -non nel medesimo modo che l'intervento decisivo, però, poiché anche il futuro, considerando le cose non da un pun to di vista speculativo, ma da quello storico-soterio­ logico , riceve il suo orientamento da ciò che è avvenuto in Gesu di Nazareth . In tutto il processo storico-soteriologico si manifesta costantemente il nesso che lega tutte le epoche fra loro. Poiché il filo conduttore che le unisce è l'intervento de· cisivo e orientatore, esse sono dunque coordinate ; anche se tutte si trovano in costante movimento verso una fine temporale, e anche se, in ordine cronologico, l'una se· gue l 'altra, si verifica contemporaneamente, in senso in· verso, un'azione dell'evento di volta in volta non ancora avvenuto su quello di volta in volta precedente 2• Ciò dipende dal fatto che verticalità e orizzontalità sono coor­ dina te . A causa di questa interazione, l'escatologia ri· manda alla storia della salvezza del passato, contenendo la promessa di un nuovo esodo, di un nuovo patto, di un nuovo Davide 3• Ora parliamo del presente di tale storia della sal. vezza, cioè della epoca che sta fra l 'ascensione e il ri­ torno di Cristo. Dobbiamo sottolineare che si parla solo 2 Anche a questo riguardo integro qui la trattazione data in Chri­ stus tmd die Zeit, 19461, 19623• Il gioco etimologico sul termine tede­ sco « Zukunft » (avvenire), che presupporrebbe un « auf mich Zukom­ ttJ.en » (venire a me), contiene d·..mque un elemento di verità, nel senso indicato prima, ma non può esser fatto valere per provare una escatologia non futura. 3 Cfr. H. W. Wolff, Das Geschic.';tsverstandnis der alttestamentli­ chen Prophetie, in au­ tentica. 9 Sul problema dell'attesa della fine a breve scadenza nel tardo giudaismo v. A. Strobel, Untersuchungen zum eschatologischen VerzQ.. gerungsproblem auf Grund der spiitiudisch-urchristlichen Geschichte von Habakuk 2, 2 ff., 1961 , che elabora molto materiale pregevole. Purtroppo l'autore, nelle ultime pagine, pensa di dover pagare il suo tributo alla teologia di moda. Comunque le importanti risultanze della sua analisi rimangono valide. IO Purtroppo nelle nostre lingue moderne non si trova un agget­ tivo corrispondente. Uno dei miei discepoli mi ha proposto, dal greco, il termine « taseologico », perché l'aggettivo « escatologico » a rigore ha soltanto il generico significato di « finale » e non esprime quella tensione fra presente e futuro che è appunto costitutiva dell'escatologia storico-soteriologica. Il vocabolo « taseologia )) (da -td:tn� = tensione) si avvicinerebbe quindi maggiormente al significato neotestamentario dell'escatologia. Ma è meglio non appesantire ulteriormente con ter­ mini stranieri incomprensibili il nostro già sovraccarico gergo teologico. 1 1 Di solito - e ingiustamente - questi problemi elementari non sono neppure posti.

234

Caratteristiche fenomenologiche

nato; ma c'è qualcosa di nuovo : accanto a quest'af­ fermazione e ad essa collegata v'è tutta un 'altra serie di affermazioni : « vedevo Satana cadere dal cielo come fol­ gore » (Le. 10, 1 8 ) ; « se è col dito di Dio che io cac­ cio i demoni, è dunque pervenuto fino a voi il regno di Dio » (Le. 1 1 , 20; M t. 12, 28 ); « la morte è vinta )> , « Cri­ sto è risorto ». Intenzionalmente ho già accostato di­ chiarazioni di Gesu e dichiarazioni della comunità primi­ tiva, per indicare fin d'ora che, malgrado tutte le diffe­ renze che vi sono fra loro, tutti i libri del Nuovo Testa­ mento si accordano nell'accostare in tal modo « già )> e « non ancora ». Su questo punto non appare alcuna frattura fra Gesu e la chiesa primitiva, malgrado tutte le diversità che non vanno trascurate; e ciò distingue pure Gesu e la chiesa primitiva dal giudaismo 12 • Ma ciò significa semplice­ mente che la storia della salvezza è la base comune di tutto il Nuovo Testamento. Se davvero la novità del Nuovo Testamento consiste nella tensione temporale fra la fede nel fatto decisivo già adempiutosi e la speranza - che su di essa riposa - di ciò che non è ancora com­ pletato; e se tale tensione è alla base del pensiero neo­ testamentario nella sua totalità, non è possibile eludere quella conclusione, anche se Gesu, in contrasto con Luca e con altri autori neotestamentari , ha pensato solo a un tempo intermedio assai breve. Infatti, se per il presente vale questa tensione storico-soteriologica fra « già » e « non ancora », vuoi dire che il presente è strettamente legato sia al passato che al futuro nel quadro della storia della salvezza ; ci troviamo allora in un movimento che è in continuo procedere. Per questo mi sta tanto a cuore mettere chiaramente in luce la tensione fra la fede nel­ l'adempimento già avvenuto e la speranza nel compi­ mento. Chi riconosce tale tensione non dovrebbe asso12 Perciò scrivendo una teologia del Nuovo Testamento non met­ terei - come ha fatto il Bultmann il capitolo sulla predicazione di Gesu fra i « presupposti giudaici •· -

Presente

e

futuro

23.5

ciarsi alla polemica, oggi cosi in voga, che nega a priori che la storia della salvezza sia la base comune del Nuovo Testamento. Al contrario, la storia della salvezza è necessariamente contestata da tutti coloro che riconoscono che tale ten· sione si riscontra negli scritti tardivi, cosiddetti >, ma i « giungere ». W. G. Kiimmel (Verheis­ sung und Erfiillung, 1956\ pp. 13 s.) ha esteso la an a lisi all'uso neotestamentario dell'aggettivo iyyuc; giungendo al medesimo risultato: esso designa il fut ur o prossimo. ­

,

Anche se, per ora, non teniamo conto dell' Apoca­ lisse sinottica, Mc. 13 e par., dato che la maggioranza degli esege ti eleva dubbi sul fatto che essa risalga a Gesu (dubbi che naturalmente concernono piu la com­ posizione nel suo ins ieme che i singoli loghia che la costituiscono), la testimonianza globale della tradizione sinottica è, a questo proposito, cosi chiara e univoca che può essere eliminata solo a prezzo di forzature . In tal caso si è costretti ad eliminare , senza che vi siano per questo motivi filologici, gran parte dei detti di Gesti, 20 Molti studiosi del Nuovo Testamento non solo qu el l i appar­ tenenti alla scuola bultmanniana, ma anche W. G. Kiimmel e E. Schweizer, ad esempio - contestano che Gesu si sia considerato l'Ebed Ja.l-tve (v. l a mia Christologie des Neuen Testaments, 196Jl). Ma, ad esser s inceri nei loro scri tt i trovo sempre soltanto l'affermazione, mai la dimostrazione che tutti i loghia qui in questione siano « creazioni della comunità�. -

,

272

Le posizioni · neotestamentarie fondamentali

qu al i fican do li come

« creazione d ella comunità » , e a mu­ tare, mediante una forza tura , il senso dei l ogh ia volti al futuro che ancora rimangono dopo quell'operazione. È sufficiente menzionare i principa li loghia che vanno presi in considerazione: anzitutto quelli sul veniente giu­ dizio (Mc. 8, 38 par.; Mt. 1 0, 15 par. ; Mt. 1 1 , 22 par. ; Mt. 1 2 , 4 1 par. ; Mt . 19 , 2 8 par. ; Mt. 24, 40 par. ; inol­ tre Mt. 7 , l s . ; M t. 23, 33 ; anche la d e scr izion e di Mt. 25 , 3 1 ss. ): è difficile con testare l'autenticità di questi loghia . Lo stesso dicasi per i loghi a relativi al banchetto messianico (Mt. 8 , 1 1 s . , par. ; Mc. 1 4, 25), al fatto che nel Regno di Dio non ci si sposa (Mc. 1 2 , 2 5 ), ai giorn i del Figlio dell'uomo (Le. 1 7 , 26 ) . È evidente l'orienta­ mento futuro delle parabole menzi onate , le quali invi­ tano a vegliare per essere pronti alla venuta improvvisa del Signore (su di esse dovremo in seguito tornare). Esplicitamente volte al futuro sono le tre profezie sul sopraggiungere del Regno nel fut u ro i m me di a to , an cora durante la generazione contemporan ea ( Mc. 9, l ; Mc.

1 3 , 3 0 ; M t. 1 0 , 23 ) ; siccome esse limitano talmen te il

tempo intermedio da non lasciar sussistere piu alcun interesse positivo per il presente, nella prospettiva della storia della salvezza, dovremo trattarle a parte . Quanto alla richiesta del « Padre nostro »: « il tuo regno veng a » (Mt. 6, 1 0), solo un'illecita spiritualizzazione può spo­ gli arla del suo carattere escatologico-futuro 21• Mi limito a questi loghia, sebbene se ne pos san o citare altri. È comun que significativo che poss iam o fare esattamente la stessa affermazione che, invertita, abbiamo fatto a proposito dei loghia centrati sul presente. Come quelli costituivano purtuttavia un'indicazione indiretta 2 1 :t ancora piu improbabile che questa richiesta possa essere con­ siderata una creazione della comunità primitiva in base a una strana argomentazione, che presuppone una singolare concezione della pre­ ghiera: la preghiera per la venuta del Regno non avrebbe alcun senso in bocca a Gesu, dato che egli ha predetto con si ferma convinzione questa venuta. V. E. Grasser, Das Problem der Parusieverzogerung, 196Ql, pp. 95 ss.

La storia della salvezza nella predicazione di Gesu

27 3

degli avvenimenti che ancora dovevano verificarsi nel fu­ turo, cosi i loghia ora menzionati accennano tacitamente al « già» del presente. Questa osservazione mi pare di particolare importanza, quale fondamento dell'interpreta­ zione sostenuta specialmente da W. G. Kiimmel e da me, secondo la quale le due serie di affermazioni, quelle « presenti » e quelle « future», devono appunto sussi­ stere l'una accanto all'altra. Ciò vale soprattutto per le parole relative al giudizio, anzi­ tutto per il loghion menzionato, Mc. 8, 38 e par. : « Se uno si sarà vergognate di me e delle mie parole in questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui quando sarà venuto nella gloria del Padre suo con i santi angeli ». Il giudizio avvenire ne presuppone uno che si attua fin d 'ora. Anche se il doppione della fonte Q, Mt. 10, 33 e par., non menziona esplicitamente la venuta del Figlio dell'uomo, pure anche là viene presupposto il giudizio futuro, dato che il disco­ noscimento da parte di Cristo avviene davanti al Padre che è nei deli (M t. 10, 33 ) o davanti agli angeli (Le. 12, 9). D'altro canto questo futuro disconoscimento da parte di Cristo è già implicito nel rinnegamento presente di Cristo da parte dei discepoli . Il richiamo al presente, in questo passo , non significa che il Regno sia già qui, attuale, bensf che il Figlio dell'uomo è già qui e che quindi l'atteggiamento dell'uomo di fronte al suo giu­ dice determina fin d'ora il giudizio futuro che il Figlio dell'uomo pronuncerà. Comunque, questo ci porta vicini ai passi giovannici (Gv. 3, 18; 5, 24 ) relativi al giudizio. Pure Mt. 25, 35 ss. fa parte di questo gruppo di testi. In questa descrizione del giudi­ zio finale, che ha un cosl marcato carattere di novità rispetto alle raffigurazioni apocalittiche del tardo giudaismo, viene addotto quale criterio per valutare pure l'atteggiamento attuale dell'uomo di fronte a Gesu : « ciò che avrete fatto a uno di questi miei mi­ nimi fratelli, lo avrete fatto a me ». Anche se il significato collet­ tivo del concetto di Figlio dell'uomo, il « popolo dei santi », con­ cetto risalente a Dan . 7, 1 3 , non è cosf generalizzato come pensa T. W. Manson (The Teaching of ]esus 1 935 2, pp. 227 ss .) , d'ac­ cordo con Th. Preiss (Le mystère du Fils de l'homme, in: La vie en Christ, 1 95 1 ; v. anche il suo libro : Le Fils de l'homme, 1 95 1 e 1 953 ), bisogna almeno tener conto della possibilità che Gesu abbia avuto presente il duplice significato : « gli uomini » e « il Figlio dell'uomo » (opinione contraria in F. Hahn, Christo­ logische Hoheitstitel, 1963, pp. 17 s.). Se realmente riscontriamo in Gesu questo duplice significato, ,

274

Le

posizioni neotestamentarie fondamentali

vi sarebbe dunque un ulteriore legame fra fu turo e presente: avremmo qui almeno adombrata l'idea di una correlazione fra Gesu e la piccola cerchia dei discepoli ; Gesti, il Figlio dell'uomo del futuro, è già presente nella sua comunità. Secondo la con4 cezione protocristiana meno antica, il Regno di Dio veniente non è anticipato sol tanto nella persona di Gesu , ma anche nella comu­ nità dei discepoli. Il nesso è fornito appunto dall'identità danie4 lica: Figlio dell'uomo popolo dei santi. Allora la scelta dei Dodici, collegata con il loghion sui dodici troni (Mt. 19, 28), il loghion sul piccolo gregge ( Le. 1 2 , 32) a cui sarà dato il Regno di Dio veniente, e, non ultimo, il loghion sull'edificazione ventura dell' Èxx)...ncia. (Mt. 16, 1 8 ), sarebbero in relazione con questa identità 22 e collegherebbero al presente i loghia « futuri ». Non avrebbe allora ragion d'essere il fossa to che W. G. Kiimmel 23 pensa di dover individuare fra la « coscienza storica » di Gesu, che vede l'anticipazione del Regno attuarsi unicamente nella sua persona, e quella della comunità primitiva, che vede tale anti­ cipazione attuarsi unicamente nella chiesa. AI contrario, ci trove­ remmo di fronte a un tipico sviluppo storico-soteriologico, che ha il suo punto di partenza nella predicazione di Gesti. =

Partendo dal risultato che abbiamo raggiunto - che , cioè, secondo la predic azione di Gesu il Regno di Dio verrà solo nel futuro, ·ma si è già realizzato nella sua persona durante la sua esi stenza terrena - dobbiamo Considerare elemento veramente nuovo dell'escatologia di Gesu la tens ione fra « già adempi u to » e « non anco ra pienamente realizzato » . Infatti è caratteristico di tutta la storia neotestamentaria della salvezza il fatto che} fra la risurrezione di Cristo e il suo ritorno} vi è un tempo Intermedio} appunto caratterizzato da questa tensione. Il « già » nella p redi caz ione di Gesu si ri feri sce alla sua persona, nella comunità primitiva all'bcxÀT}uta.. Certo , tale tempo intermedio nella mente di Gesu e della comu­ nità degl i albori ha dur ata brevissima, mentre la comu­ nità posteriore conta su un lungo periodo di durata imprecisata. Tuttavia dovremo chiederci, piu avanti, se 22 V. F. Kattenbusch, Der Quellort der Kirchenidee, in Harnack Festschrift, 1921, pp. 142 ss. tmd Gescbichtsbewusstsein in der Urgemeinde 23 Kircherzbegrilf und bei ]esus, in « Symbolae Biblicae Uppsalienses �, 1943 ; anche Verheissung und Erfulluni.J 19563, pp. 131 s.

La storia deUa sf.dveua nella p,edicazi�ne di Gesu

27 §

questo sviluppo posteriore ci autorizza veramente a tra· scurare ciò che Gesu e la comunità post eriore hanno di comune nel valutare in chiave storico-soteriologica il pre­ sen te, e a postulare un con trasto radicale fra Gesu e la concezione della storia della salvezza . Indubbiam ente Gesti non ha riflettuto su questa ten­ sione; non troviamo in lui alcun sistema storico-soterio­ logico formulato, come quello di Luca . Tuttavia la ten­ sione s torico-soteriologica, che nella concezione neotesta­ mentaria tardiva è tipica di ogni presente , è pur sempre il presupposto di tutto l'agire e di tutta la predicazione di Gesu, in particolare di quella che si chiama l' « etica >> di Gesti. Possiamo valerci dell'espressione « etica dell 'in­ terim » , usata dallo Schweitzer, non però con il signifi� cato che questi ]e dà, considerando dell'interim solo il lato negativo, solo il « non ancora >> , bens{ con il signi­ ficato autentico dell'interim, insistendo altrettanto e forse con piu forza sull'aspetto positivo contenuto nel « già », il quale conferisce a quest'etica validità permanente, finché perdura la tensione auten ticamente escatologica . Naturalmente quest'etica perde ogni mordente ogni qual volta in questa tensione si attenua il « già » o il « non ancora » . I l Kiimmel 24 ed i o consideriamo dunque questo « già >> e questo « non ancora » , nel loro accostamento e nel loro intrecciarsi , come l'essenza specifica dell'esca­ ·to!ogia di Gesu 25 : ma non si tratta affatto di un tenta­ tivo di armonizzazione ; non ho mai sostenuto armoniz­ zazioni forzate . Lo s tato dei fatti è quello delineato in questo capitolo : scientificamente, non si giustifica in alcun modo la eliminazione dall'insegnamento di Gesu di una delle due serie di affermazioni ; tale modo di procedere è in realtà dettato unicamente da schemi preconcetti . 24 V. soprattutto il suo articolo Futurische und prasentiscbe Escha­ lologie im altesten Urchristentum, in « NTSt », 1959, pp. 1 1 3 ss., e il suo Verheissung und Er/iillung, 19563•

25 Il Kiimmel, s'intende, non trae le conseguenze dirette rito alla concezione storic�soteriologica.

in

me­

276

Le posizioni neotestamentarie fondamentali .

Quanto all'obiezione, rivol ta al Kummel e a me, che neppure la nostra concezione della « te nsi one » , pre­ sente nell 'insegnamento di Gesu, si riscontri nei loghia delle due s erie e che queste siano semplicemente giu­ stapposte e non collegate, c redo di avervi risposto no­ tando, a proposito di e ntrambe le serie, che tuna pre­ suppone l'altra : i detti « presenti », in quan to additano la piena manifestazione, quelli « fu tur i » in quanto pog­ gian o su que ll i « p re senti » . È importante pr endere sul serio l a temporalità d i questa tensione, senza deformarla, riducendola taci ta ­ mente a una tensione fr a « de-mondanizzazione >> e « inse­ rimento nel mondo » . Certo, vi sono d et ti di Gesu che respingono esplicitamente ogni considerazione puramente speculativa , avulsa dalla storia della salvezza, soprattutto ogni calcolo cronologico e ogni localizzazione geografica , considerandoli atteggiamenti di ribellione inconciliabili con l a sovranità di Dio, la quale mai appare cosi impres­ sionante come nell'evento escatologico. Grande è l a ten­ tazione , in base a queste considerazioni, di considerare il ca ra t tere temporale dell'escatologia come elemento se­ condario nell'attesa escatologica di Gesu, e quindi da « demitizzare » . L'escatologia s i vale, naturalmente, di molte imma­ g in i ; è costretta a valersene, per descrivere l 'indescrivi­ bile . Cosf, ad esempio, nei detti escatologici di Gesu il « banch e tto messianico » è i m magine di un rapporto par­ ticolarmente intimo con lui . Ma il carattere temporale del futuro non dev'essere considerato come uno di que­ sti elementi da demitizzare : anche nell'insegnamento di Gesu è conditio stantis aut cadentis eschatologiae. Ho già accennato allo scherzo etimologico con cui il termin e tedesco « Zukunft » viene esso stesso per cos( dire demitizzato : il suo nocciolo sarebbe il « venire a noi » (zu uns kommen), cioé n (( venire a noi » di un appello che ci si present a in ogni deci­ sione da prendere : ogni avvenimento che ci chiama a una deci­ sione diviene allora un avvenimento escatologico. · Ch. H. Dodd dà una diversa interpretazione ai testi,. spec:i�·

La storia della salvezza nella predicazione -di

Gesu

277

mente nelrAppendice al suo libro The Apostolic Preachin� la quale reca il titol o : « Eschatology and Histo.ry » . Egli non può vedere nulla di essenziale in un evento temporalmente futuro, poiché, secondo lui , per Gesu l'attesa del Regno di Dio si è già adempiu ta. Egli reinterpreta filosoficamente ciò che rimane di un evento futuro - anche per il Dodd Gesti at tende ancora la glo­ rificazione ch e segu irà alla sua morte -; ma la sua filosofia non è, come per il Bultmann, quella heideggeriana, ben si il platoni­ smo; s icché egli parla di eternità, di cui quelle imm agini tempo­ rali del futuro sarebbero puri simboli, di assoluto, di realtà atem po r ale del e loghia che insistono sul carat­ tere ignoto dell'ora, conferma che questi ultimi non vanno fraintesi, come se la temporalità del futuro fosse irrile­ vante . In Cristo Dio ha dato ai discepoli una rivela­ zione decisiva sul tempo, inteso in senso storico-soterio­ logico: sul passato, sul presente e sul futuro. Essi de­ vono sapere qual è esattamente la loro situazione nel 35 V. W. G. Kiimmel, Verheissung und Erfullung, 19561,

pp.

14 a.

La storia della salvezza nella predicazi�ne di Gesti

283

presente. Ma ogni rivelazione storico-soteriologica deve incitarli al pentimento e all'umiliazione , non spingerli a illudersi di partecipare, mediante calcoli umani sulla data, alla sovrana signoria di Dio sul tempo . Perciò, oltre ad essere vigili e pronti, essi possono pregare per la venuta del suo Regno. Tutto ciò che Gesu dice circa il carattere ignoto e improvviso della venuta del Regno presuppone che il ritorno, che avverrà all'improvviso e ad ora ignota, è da attendere a breve scadenza. Ribadiamo quindi che al parallelo fra un Regno già anticipato in Gesti e un Regno ancora futuro corrisponde una concezione del tempo sto­ rico-soteriologica : Dio è Signore del tempo ; da un lato egli anticipa già il Regno nel presente, in Gesu, e in tal modo rivela ai discepoli la prossimità del Regno ve­ niente ; dall'altro egli si riserva la decisione del momento in cui avverrà la piena manifestazione. Dovremo tener presenti l'una e l'altra realtà, quando ricercheremo quale significato abbiano, nel complesso della predicazione di Gesu, i tre loghia nei quali egli promette la venuta del Regno entro la vita della generazione a lui contempo­ ranea . Sia la temporalità articolata in modo organico, che il carattere ignoto dell'ora sono elementi integranti dell'escatologia di Gesti. Con entrambi questi elementi è dato l'impulso ini­ ziale a una storia della salvezza sviluppata, quale risulta dagli scritti posteriori del Nuovo Testamento, soprattutto da quelli lucani . Caratteristica di questi scritti, infatti, è che la data della fine non costituisce piu un problema : da un lato il presente è già considerato adempimento, dall 'altro viene sottolineato il fatto che non si conosce il tnomento che Dio stabilisce nella sua onnipotenza. Que· sta duplice impostazione , naturalmente solo in germe, è già presente nella predicazione di Gesu : anche per lui, in base alla coscienza che ha di sé , non è possibile alcun ritardo della parusia . La differenza sta in questo : Gesu annuncia che la fine verrà improvvisa entro un periodo di tempo limitato, mentre la comunità poste.riore annun-

284

Le posizioni neotestamentarie fondamentali

eia che la fine verrà improvvisa entro un · pe r iodo

  • > non la fine pura e semplice, ma gli eventi che p rep are ranno la fine : la trasfigurazione 43 , la risurrezione e l'ascen� sione 44• Assai frequente è pure il riferimento alla Pen� tecoste 45, alla predicazione dell'evangelo nella chiesa 46 o alla distruzione di Gerusalemme 47• Ch. H. Dodd dà un'interpretazione che non è mossa dall'intento di evi­ tare l' inci a mp o dell'inadempiuta pr edizione di Gesu, ma che tuttavia è atta ad attenuare, secondo la visione glo­ bale di questo teologo, il carat tere avvenire dell'evento escatologico. Notando il p erfe t to greco fÀ"f)À.vDvt:rx.v, egli traduce: « finché essi avranno visto ( = constatato ) che il regno di Dio è venuto con po ten za » ; egli pone l'ac­ cento sulle parole « con potenza » e le riferisce in linea ge nerale all'ascensione di Cristo 48• Anche se gramma­ ticalmente questa traduzione non è impossibile 49, il verbo 43 Clemente Aless andrino (Excerpta Theodoti), Crisostomo, Teofi­ latto, Entimo. 44 K. Barth, Auslegung von Mt. 28, 16-20, in « Basler M issionsm a­ gazin », 1 945, pp. 5 s. È possibile, e anzi probabile, che la Chiesa pri� mitiva, che tramandava questo detto, lo spiegasse in tal modo. 45 G. Wohlenberg, Das Evangelium des Markus (Zahn-Kommentar zum NT), 1910, pp. 240 s. 46 M. ]. Lagrange, L'évangile selon S. Luc, 1942, ad loc. 47 Anche il Lagrange, ibid., prende in considerazione questa passi� bilità. Quest'ipotesi racchiude un elemento di verità, nella misura in cui questo avvenimento viene atteso come parte dell'evento escatol� gico; ma per Gesu esso non è lo evento escatologico. V. piu avanti, pp. 303 s., 308 s., e prima, p. 221 . 48 Sim il e , recentemente, la spiegazione data da ]. A. Baird, Tbe Justice of God in the Teaching of ]esus, 1963, pp. 142 ss. 49 V. però ]. Y. Campbell, in « Expository Times ,., 1936/37, pp. 93 s., e ]. M. Creed, ibid., pp. 184 s.

    290

    Le porizioni

    neotestamentarit fonàamen:.J!i

    vedere � ha qui il significato di « sperimen tare come testimone oculare » e vi si deve collegare, come accusa.. tivo dell 'oggetto, « il regno di Dio >> . Mi pare inevitabile la conclusione che Gesu abbia effettivamente predetto, con queste parole, che alcurJ degli ascoltatori che aveva davanti a sé avrebbero vis­ suto la venuta « definitiva » del Regno. È comunque altrettanto importante che egli presupponga che alcri, i piu, saranno invece già morti 50• Il secondo loghion, che attesta anch'esso un'attesa della fine a breve scadenza, è Mc. 1 3, 30 e par. : non signifi­ casse la fine. Queste interpretazioni, che tentano di indi­ viduare la parusia non in un atto unico, bensf in tu tt a una serie di svariati avvenimenti che pr ecedon o la fine 64, contraddicono troppo nettamente il senso che l'espres­ sione « il venire del Figlio dell'uomo » ha generalmente. Non ci meraviglia, che altri abbiano contestato anche l'autenticità di questo loghion. Esso è comun que uno dei pochi loghia escatologici che il Bultmann accetta come autentici 65 • Invece il Wellhausen e al suo seguito il G ras ser e altri, lo considerano una creazione della comu­ nità , un det to « stimolante », che incita a con d u rre la missione malgrado ogni difficoltà 66• In realtà non è possibile addurre alcuna ragione seria per giustificare un giudizio di inautenticità. Infatti , una volta ancora: il fatto che il loghion contraddice a una tendenza della comunità primitiva non è asso lutamente un motivo sufficientemente valido . In base a questi passi non ci è possibile affermare con sicurezza se Gesu ha pen sato che il te1npo sarebbe d urato ancora per un breve periodo , d opo la sua morte e prima della fine. I tre loghia (Mc. 9, 1 ; 1 3 , 3 0 ; Mt.

    $C

    64 Meglio documentata è, in sé, l'interpretazione collettiva della espressione « Figlio dell'uomo », applicata al popolo di Dio: J. W. Bowman, The Religion of Maturity, 1948, pp. 254 s. In tal caso il loghion avrebbe in vista il formarsi della comunità. Sebbene quest'uso dell'espressione « Figlio dell'uomo >>, che si rifà a Dani.ele, non sia estraneo a Gesu (v. prima, p. 273), nel nostro passo quest'interpretazione non è quella che si presenta in modo piu immediato. 65 R. Bultmann, Geschichte der synoptischen Tradition, 1957 1, pp. 164 ss., e Theo!ogie des Neuen Testaments, 1958 ,, p. 3 1 . 66 Quando si ammette che qui appaia una «realized eschatology», l a s i considera rielaborata ( J . A . T. Robinson, ]esus and bis Comin� 1957, pp. 91 s.) ovvero inautentica (T.F. Glasson, The second Adve1tt, 1 9472, pp. 1 03 ss.). Pure E. Stauffer, Theologie des Neuen Testaments, 19484, n. 267 e A. N. Wilder, Eschatology and Ethics in the Teaching of ]esus, 1950 2, propendono per l'inautenticità. ·

    La storia della salvezza

    n ella predicazione di

    Gesu

    295

    10, 23 ) sono tuttavia concordi nel dichiarare che egli ha atteso la venuta del Regno di Dio per un momento in cui almeno alcuni della sua generazione sarebbero ancora stati in vita. Ma questo significa veramente che il tempo ancora sussistente non ha per Gesu alcun valore ? Solo questo è il problema che dobbiamo affrontare ; studiamo quindj in primo luogo che cosa ha portato Gesu a pensare che il tempo restante sarebbe stato cos·f breve e a manife.. stare occasionalmente questo pensiero ai suoi discepoli. Non mi pare di svuotare a posteriori, forzandoli, questi tre loghia, se affermo che, nel quadro complessivo della predicazione escatologica di Gesu , il loro vero va­ lore non sta nella datazione relativamente precisa, che essi indubbiamente contengono 67• Essi devono piuttosto essere letti nel contesto delle sue altre dichiarazioni rela­ tive al Regno veniente : sul carattere ignoto dell'ora ( « . . . neppure il Figlio »! ), sulla subitaneità del suo so­ pravvenire, sulla necessità della vigilanza , ma soprattutto sul fatto che il fondamento di tale immediata prossimità sta nell'anticipazione della fine , già realizzata nella sua persona. Considerando tutto ciò, non siamo autorizzati a negare che quella predizione sia di Gesu, ma senz'altro ad attribuirle un valore secondario. Ciò che è da condannare non è il tentativo di distin.. guere fra gli aspetti fondamentali e quelli secondari nel­ l'insegnamento di Gesu, bensf l'arbitrio con cui si sce­ glie il criterio per operare tale distinzione. Secondo tutto ciò che abbiamo sin qui verificato, per Gesu è importante, oggetto della rivelazione, il piano che Dio porta a conl­ pimento nel tempo ; invece la relativa limitatezza del tempo che ancora rimane - se consideriamo tutto ciò 67 Prego in particolare i discepoli del Bultmann di non avanzare di nuovo a questo punto l'insinuazione meschina, che mi avrebbero spinto a questo giudizio motivi apologetico-ecclesiastici. Se mi lasciassi guidare da motivi di questo genere, avrei potuto facilitarmi la spiega. zione dei tre loghia in questione. Rivolgo questa preghiera ai disce­ poli del Bultmann , poiché so che egli non mi attribuisce sir:illi moventi apologetici.

    296

    Le posizioni neotestamentarie

    fondamentali

    che Gesu ha detto circa l'onnipotenza di Dio nello sta­ bilire con esattezza quella data - non può avere l'im­ portanza che le si attribuisce, né può autorizzarci a fare di Gesu un fanatico esaltato per il quale il tempo re· stante non aveva piu alcun valore. Al contrario questo tempo, malgrado la sua brevità, ha il suo particolare va­ lore storico-soteriologico. Per Gesu ha importanza non il tempo in quanto cronologia, bensf in quanto svolgi­ mento, carico di significato, del disegno redentore di Dio in tappe successive. Se consideriamo l'importanza del fatto che l'attesa a scadenza ravvicinata è basata sull'evento presente legato all'autocoscienza di Gesu, possiamo anche dire che so­ stanza di questa sua attesa è senz'altro la concezione temporale della fine, ma non l'indicazione precisa da lui espressa occasionalmente nei tre loghia che abbiamo esa­ minato. Se, come credo di aver mostrato, tale attesa a breve scadenza si basa sul « già », allora l'essenziale non è questa indicazione in sé, bensf la circostanza che con Gesu il tempo ha fatto un possente balzo in avanti verso la fine : siamo entrati nell'ultima fase del presente eone, e ormai la fine può giungere da un momento all'altro. I sostenitori della tesi oggi preferita, secondo cui vi sarebbe una frattura radicale fra la concezione storico­ soteriologica della chiesa posteriore e l'attesa escatologica di Gesti (non determinata dalla storia della salvezza ), indicano quale « novu·m » della cosiddetta concezione « protocattolica » il fatto che la data della fine non costi­ tuisce piu alcun problema, poiché il centro di gravità è spostato sul presente della chiesa, sul « già » . In realtà vediamo che ·anche per Gesu il « già » ha tanta impor­ tanza da non permettere che si insista troppo sulla limi­ tazione del tempo intermedio alla sua generazione; anzi, quanto al problema della data, si tratta di uno degli ele­ menti che nello sviluppo di tutta la storia biblica della salvezza ha subito costanti correzioni via via che proce­ deva il piano di Dio, senza che ciò inficiasse la visione storico-soteriologica generale.

    La storia della salvezza nella predicazione di Gesu

    297_

    Nes suno contesta che Paolo non abbia sostenuto sempre il medesimo pensiero a proposito del problema della data 68• In linea di principio non sarebbe neppure escluso ( come pens a A. Schweitzer, per altro con un'argomentazione esegeticamente discu­ tibile) che la predicazione del Gesu incarnato - la cui ignoranza su questo punto viene affermata in Mc. 13, 32 ( « neppure il Fi­ glio >> ) - abbia anch'essa conosciuto uno sviluppo su questo punto secondario, parallelamente allo svolgersi dell 'evento storico­ soteriologico da lui stesso realizzato (v. quanto detto sopra a pro­ posito di l Tess. 4, 15 e Mc. 9, l ). Naturalmente non lo si può dimostrare con sicurezza. Anche l'Epistola agli Ebrei ammette che, durante la sua incarnazione, Gesu sia passato attraverso uno sviluppo umano, senza il quale la sua umanità non sarebbe com­ pleta (v. la mia Christologie des Neuen Testaments, 1 963 3� pp . 92 ss .).

    Se è vero che Gesu era cosciente di dover adem­ piere la missione di Ebed Jahve 69, I' avvenimento della .sua morte, ancora futuro dal punto di vista del ) si aggiunge un terzo elemen to, la persecuzione : si verifica ora ciò che piu tardi viene espresso immaginosamente come le « doglie della fine ». Tutto ciò è già presente nell'esi-

    93 V. prima, pp. 72 1.

    lA storia della salvezza · nella predicazione di Gesu

    31 1

    stenza terrena di Gesu, la sua morte stessa è la manife­ stazione decisiva di questa sofferenza. Secondo Gesu, la sua esistenza terrena e la sua morte sono parte del tem­ po intermedio, e fanno tutt'uno con il breve periodo che inizia con la sua morte, del quale stiamo parlando. Tutto ciò che avviene nella vita di Gesu si acuisce, potenziato all'estremo, nel breve periodo fra la sua mor­ te e la fine : sia l'anticipazione che la sofferenza. Ora che l'atto decisivo della redenzione è compiuto, il « già » acquista tutto il suo valore, ma per questa ragione tutto viene pure concentrato sul « non ancora >) . Ora avven­ gono cose che non sono rLai avvenute « fin dalla crea· zione del mondo >) C�Ic. 1 3 , 1 9 ; Dan. 1 2 , 1 ; Gioele 2 , 2 ) . Sia la positiva anticipazione della meravigliosa realtà finale, che gli eventi terribili i quali devono verificarsi affinché tutto non si limiti a un'anticipazione, ma si giunga alla piena n:anifestazione : entrambi questi lati sono parte cos titutiva del tempo intermedio. Giur:giamo cosf a questa conclu.;ione : nella predica­ zione di Gesu il presente, che contir.ua o l tre la sua mor­ te, è già fine; ciò non ci autorizza però in alcun modo a pensare che Gesu sia la fine della storia della sal vezza.

    L'epoca finale, al contrario, è vista come parte integrante della storia della salt•ezza, poiché ognuno dei suoi periodi, per quanto breve esso sia, ha rur s�m pre il suo valore particolare ed è distinto dagli altri. Ne darà ora confer­ ma un ultimo aspetto della situazione neotestamentaria.

    d) Il presente escatologico costituisce l'adempimento del passato storico-soteriologico. Il fatto che Gesu, nella sua predicazione, considera il breve tempo intermedio in prospettiva storico-soteriologica risulta anche dal modo con cui lo mette in rapporto con il passato. Il passato della storia della salvezza, per Gesu , non è affatto abolito dall'inaugurarsi dell'epoca della fine. Anche in questo senso Gesu non è la fine della storia della salvezza. Il passato rimane p�r lu1 « at-

    )12

    Le

    posizioni neotestamentarie fondamentali

    tuale » in senso proprio, come avviene in tutta !a storia della salvezza . Senza questa costante attualizzazione del passato, non è possibile comprendere l'impostazione esca­ tologica del presente. Il concetto cosi importante di adem­ pimento rende necessario un costante riferimento alla sto­ ria della salvezza passata. Questa non è puro e semplice passato, perché deve costantemente ricordare al presente il suo vero significato, in modo che esso divenga co­ sciente del suo valore e adempia la sua funzione s to· rico-soteriologica. Soltanto l'attualizzazione del passato della storia della salvezza rende possibile interpretare in chiave escatologica il presente. Perciò il pensiero di Gesu non è affatto puramente « centrato sull'attimo » (punk­ tuell ). Per affermare che il pen4iero di Gesu è impostato in senso storico-soteriologico , basterebbe già indicare un unico punto, fondamentale : la coscienza che egli ha di sé. Ne abbiamo già parlato 94, ed è inevitabile che vi ritornia­ mo brevemente . Ho già detto che la valutazione dell'auten­ ticità dei loghia che qui c'interessano, è piu carica di conseguenze di quella relativa a qualsiasi altro gruppo di loghia di Gesu riferiti dai Sinottici, e che quindi vanno tenute particolarmente presenti le osservazioni metodo­ logiche fatte a proposito di « autenticità » e « inauten­ ticità » . L'insegnamento di Gesu appare necessariamente in una luce del tutto diversa , qualora si pensi che Gesu era convinto di dover adempiere la funzione di Figlio dell'uomo e al tempo stesso quella del Servo sofferente di Dio, conformemente al disegno divino . Infatti se egl� ha avuto una tale « coscienza di sé », non c'è un solo frammento del suo insegnamento che non ne sia stato toccato . Ma dalla valutazione che diamo della sua « auto­ coscienza » dipende totalmente la risposta che possiamo dare all 'interrogativo : Gesu ha o no ·pensato in ter­ mini storico-soteriologici ? Chi nega a Gesu, sotto qua­ lunque forma, questa coscienza di adempiere la funzione M

    V. soprattutto prima� pp. 138

    ss.

    · e·

    263

    · ss.

    La storia della salveua nella predicazione di Gesu

    ·

    313

    designata da quei titoli giudaici, è costretto a respingere pure ogni rapporto di Gesu con la storia della s alvezz a ; e inversamente chi nega alla predicazione di Gesu qual­ siasi impostazione storico-soteriologica è costretto a con.. tes tare pure ogni autoattribuzione, da parte di Gesu, di quei titoli giudaici. Non è perciò un caso che la scuol a bultmannìana si esprima negativamente s i a nei confronti del fatto che Gesu abbia avuto coscienza di essere il Figlio dell 'uomo e lo Ebed Jahve, sia nei confronti della base storico-soteriologica del suo messaggio .

    Non ripeto gli argomenti che m'inducono a spiegare diversamente da loro lo stato dei fatti addotto dalla scuo­ la bultmanniana, appellandosi al Wrede quale testi mone principale 95; e a non considerare creazioni della comu• nità, per motivi in parte storico-morfologici, loghia di importanza decisiva, nei quali Gesu applica alla propria persona la qualifica di Figlio dell'uomo e di Ebed Jahve. Inoltre ho già parlato da un punto di vista storico della condanna di Gesu quale zelota (iscrizione sulla croce ) e da un punto di vista teologico della sua sovrana auto­ rità di rimettere i peccati. Poiché era convinto di assolvere questa missione di­ vina, Gesu si è dunque inserito coscientemente nella sto­ ria della salvezza. Ho detto che tutta la storia della sal­ �ezza si sviluppa costantemente in relazione con nuovi avvenimenti e con nuove rivelazioni 96• Abbiamo pure vi­ sto che ogni nuova rivelazione profetica sugli avveni­ menti veniva considerata parte integrante della storia della salvezza : la cos11 è vera in modo tutto particolare per la coscienza che Gesu ha di sé e per la rivelazione che dà su di sé . Al tempo stesso avviene ora qualcosa di singolare, di unico, in quanto Gesu si considera l'adempimento di tutta la storia della salvezza precedente . Que­ �ta nuova rivelazione è in stretta relazione con la co-

    1.

    95 V. O. Cullrnan n, Der Staat im Neue11 Testament, 1961 1, pp. 17 (Dio e Cesare, 1957, pp. 35 s.). 96 V. prima, pp. 161 ss., pure 1 13 e 1.53 s. ·

    ·

    ·

    ·

    314

    Le posizioni neotestamentarie

    fonda1nentali

    scienza che egli ha di sé. Ma la sua autocoscienza poggia su una rivelazione divina, la quale gli è stata comuni­ cata in relazione con determinati fatti : dei ciechi vedono, dei paralitici camminano, ecc. (Mt. 1 1 , 5 ). Questi avve­ nimenti, che portano la storia della salvezza al s uo adenl­ pimento, si riferiscono alla sua persona. Anche i profèti dell'Antico Testamento sono portatori di rivelazioni sugli avvenimenti del loro tempo e, con questa predicazione, si inseriscono nella storia della salvezza, n1a Gesu de,•e coinvolgere nella sua predicazione la propria persona in un modo assolutamente singolare : egli stes sq , con tutto ciò che fa e ann uncia , è l'evento. Perciò l'autocoscienza di Gesu non può essere defi­ nita, come fa il Bultmann, elen1ento seco n dari a ne!la fede che la comunità ha nella messianità di Cristo. Credere nella messianità di Cristo significa anche credere che egli si è considerato il Figlio dell'uomo e l'Ebed Jahve, e che nella sua predicazione ha parlato in tai se�so di se .stesso. Con questa rivelazione che egli dà di sé, Gesu integra la propria persona e la propria opera nella storia della salvezza ; in lui , quindi, la storia della salvezza, in base alla nuova ri velaz i on e profetica che in tal caso è autorivelazione, si è sviluppata in continuità con quella veterotestamentaria e giudaica. La parabola dei malvagi vignaioli (Mc. 1 2 , 1 - 1 2 ), che maltrattano tutti gli inviati del proprietario de!Ja vignd, e infine ne uccidono il figlio, che egli h� mandato per ultimo, contiene l 'esplicito concetto storico-soteriologico, che comunque è sempre presupposto nell 'autocoscienza di Gesu : Gesu è l'adempimento della profezia veterote­ stamentaria. Indubbiamente la parabola aveva già subito una trasforma­ zione, quando veniva tramandata oralmente, come risulta dalle varianti delle ver�ioni di Marco, Matteo e Luca (v. i ?articolari in J. Jeremias , Die Gleichnisse ]esu, 19626, pp . 6":' ss. ). È pure giu s to considerare il plurale: « i servi » ( Matteo ) al posto dell 'un i co serv') ( !\1arco e :..uca ) come un tentativo di rifer!re con piu pre­ cisio ne ai profe ti questi primi inviati. Ma non si véde assoluta-

    L..t storia della salvezza

    nella predicazione di Gesti

    .

    315

    mente perché si dovrebbe, per questa ragione, respingere tale riferimento del servo o dei servi ai precedenti inviati di Dio, cioè ai profeti (perciò Ch. H. Dodd e J. Jeremias cercano di dare una tutt 'altra « punta » alla parabo1 a: il dono del Regno ai po­ veri ). A chi si dovrebbe pensare, se non ai profeti? (Lo domanda giustamente anche \Y./ . Michaelis, Die Gleichnisse ]esu, 1955 3, p. 2 1 ). Non è corretto considerare la parabola inautentica, come fa W. G. Ki.immel (Das Gleichnis von den bosen Weingartnern, �fk. 12, 1 -19, in �1élanges offerts à M. Goguel, 1 950 , pp. 120 ss.), a causa della qualifica di « Figlio », perché Gesu avrebbe potuto indicare se stesso con l 'immagine del figlio anche se non avesse avuto in mente il titolo di Figlio di Dio. Nella parabola, infatti, il figlio indica semplicemente un inviato che è piu vicino al proprietario di qud che non fossero i Se!Vi. fl riferimento a Gesu era in ogni caso evidente.

    Secondo la convinzione di Gesu, il Regno di Dio non viene seguendo uno sviluppo continuo e uniforme, bens1 all 'improvviso, per opera di Dio. Tuttavia esso pone termine non a un processo storico assurdo, bens( a un processo storico predestinato, voluto da Dio, anche se contrassegnato dal peccato e dalla perdizione dell 'uomo . L'annuncio della prossimità e della subitaneità del Regno di Dio non annulla la storia della salvezza, anzi la include. Entrambi gli elementi , la contingenza e la continuità, ap­ partengono infatti , come abbiamo visto , all'essenza di tutta la storia della salvezza . Che vi sia continuità fra il messaggio di Gesu e la storia della salvezza contenuta nell'Antico Testamento ri­ sult� già dal posto preminen te che ha per Gesu la libe­ razione dal peccato : dall'appello al pe n ti men to : « Rav­ vedetevi ! », alla remissione dei peccati che egli stesso esercit& , in parallelo co n la lotta contro i demoni , con sovrana autorità w, fino all 'assumersi la funzione del­ l'Ebed Jahve . Tutta la storia della salvezza contenuta nel­ l'Antico Testamento ha origine nel peccato dell'uomo : è la storia della liberazione dell'uo1no dal peccato. Non fosse che per ques ta ragione non si sarebbe mai dovuto �on­ trapporre la posizione di Gesu e la storia della salvezza. VT V.

    prima, p. 269 ss.

    3 16

    Le posizioni

    neotestamentarie fondamentali

    Tutti gli Evangeli istituiscono un rapporto fra Gesu Giovanni il Battista. Certo, nel quarto Evangelo è spesso l'evangelista a parlare, per bocca di Gesu, di questo rapporto, ma è indubbio che anche Gesu si è espresso al riguardo. Se è vero che i suoi primi discepoli erano discepoli di Giovanni, è comprensibile che egli abbia incontrato a ogni passo il problema di come si dovesse intendere questo rapporto. Qualunque sia la for­ ma originaria del detto di Gesu relativo al Battista , o la versione di Mt. 1 1 , 1 3 : « Tutti i profeti e la Legge han­ no profetato fino a Giovanni », o, come mi pare piu pro.. babile, la versione di Le. 16, 1 6 : « la Legge e i profeti hanno durato fino a Giovanni >> , una cosa è certa : Gio­ vanni il Battista è inserito nella storia della salvezza 98• Anche il « detto sui violenti » che vi è collegato detto che , secondo la spiegazione piu probabile, va rife­ rito agli zeloti 99 introduce con il Battista una nuova epoca, e con ciò Gesu vede se . stesso e il suo tempo posti nel punto decisivo del piano di Dio . Anche il fatto che Gesu acconsenta al desiderio dei discepoli di precisare i suoi rapporti con il Battista - ad esempio l'iden­ -tificazione di Giovanni con Elia (Mt. 1 1 , 14 e Mc. 9, 1 2 ) ·- mos tra che in tali cenni retrospettivi non troviamo soltanto l'accettazione di concetti giudaici correnti, bensf �che essi sono per lui importanti per determinare quale .posto il presente occupi nella storia della salvezza 100• e

    -

    Gesu interpreta anche la Legge in chiave storico-so­ · teriologica, ad esempio quando in Mc. 1 0 , 2 ss . ; Mt. 1 9 , .3 ss . , a proposito del problema del divorzio, distingue il 98

    V. J. Daniélou, ]ean Baptiste, témoin de l'Agneau, 1964. 99 V . O. Cullmann, Der Staat im Neuen Testament, 1961 2, pp. 14 1. (Dio e Cesare, 1957, pp. 29 s.). too H. Conzelmann , in « ZThK », 19.57, p. 292, parla di Mc. 9, ·11 ss. nel paragrafo su « la tradizione sinottica »: anche qui non « si delinea alcuna interpretazione della storia » ; la diretta interpretazione escatologica rimarrebbe « lim it ata al Battista e a Gesu ». Ma abbiamo visto (v. prima, pp. 169 ss.) che questa è appunto una caratteristica dell'esposizione storico-soteriologica: non ogni volta viene presentata l'intera concezione.

    La storia della salveua nella predicazione di Gesu

    3 17

    comandamento originario di Dio ( « in principio ») e quello che piu tardi Mosé ha scritto a causa della « du­ rezza dei cuori » . Pure da un punto di vista storico-sote­ riologico egli considera lo sviluppo ulteriore della Legge nel radicale adempimento che egli stesso ne dà : « ... ciò che è stato detto agli antichi . . . ma io vi dico . . . ». Abbiamo già visto nella parabola dei malvagi vignaioli che l'uccisione dei profeti è parte integran te della storia della salvezza 10 1 • Ma anche se Gesu non prolunga esplici­ tamente la linea fino alla propria morte, essa è presuppo­ sta quando egli esclama : « Gerusalemme , Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono man dati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli » , facendo seguire la profezia : « la vostra casa sta per esservi la­ sciata deserta >> (Mt. 23, 37 e par.). A proposito del « versare il sangue innocente », Gesu parla del sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Berechia (Mt. 2 3 , 35 par.). Non si tratta di semplici deri­ vazioni veterotestamentarie . L'elezione del popolo d'Israe­ le rimane anche per Gesu la base della storia della sal­ vezza : perciò i discepoli nella loro attività missionaria devono limitarsi alle pecore perdute della casa d'Israele (Mt. 10, 5 ) . Anche quando Gesu, considerando con sguardo autenticamente profetico ciò che avviene nel pre­ sente, afferma in termini minacciosi che i figli del Regno saranno cacciati fuori e saranno fatti entrare quelli di fuori (Mt. 8 , 1 1 ss . ; 1 2 , 4 1 s . ; 2 1 , 43 ; 2 3 , 3 1 ss. ), il concetto d'elezione rimane il punto di partenza della storia della salvezza, e ad esso si riallaccerà Paolo nella sua grandiosa visione storico-soteriologica , in Rom . 9- 1 1 . Gesu sa che la storia della salvezza si adempie nella sua vita e che quindi ogni giorno e ogni ora, nell 'eserci­ zio della sua opera, sono predeterminati in quel divino di­ segno di redenzione e si svolgono tendendo ad adempierlo : 101 Su questo motivo giudaico v. pure H.-J. Schoeps, Die jiJdi­ schen Prophetenmorde, in Aus fruhchristlicher Zeit, Religionsgeschichtliche Untersuchungen, 1950, pp. 126 ss.

    318

    Le posizioni neotestame11tarie fondamentali

    « Dite a quella volpe (Erode ): Ecco, io caccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani , e il terzo giorno giun· go al mio tern1ine ; d 'altronde bisogna ch'io cammini oggi e domani e posdomani . » (Le. 1 3 , 32 s . ) . Poi nel Getse­ mani : « L'ora è venuta » (Mc. 1 4 , 4 1 ). Questa valuta­ zione storico-soteriologica della sua vita, data da lui stesso, che nel quarto Evangelo è condotta molto piu a fondo ed è uno dei motivi fondamentali di tale Evan­ gelo 102, dimostra che Gesu è cosciente che già ciò che avviene durante la sua esistenza terrena significa reden­ zione per gli uomini. Egli sa che il seguito di eventi che ha in lui la propria radice e quindi non solo la sua morte, ma già la sua attività pubblica - assume una importanza decisiva nella storia della salvezza 103• Gli evangelisti l'hanno compreso e hanno limitato il termine Ev�yyÉÀ.r.ov alla narrazione della vità di Gesti. Infatti essi avrebbero a rigore potuto definire Eva.yyÉÀ.t.ov qualsiasi form a letteraria contenente il messaggio cristiano 104• Gesu sa che le tappe decisive della propria vita si svolgono secondo il medesimo disegno di Dio, secondo il quale si è svolta la storia d'Israele ; ma qui nella storia di un uomo quell'altra storia trova il suo compimento, in modo ..

    -

    definitivo.

    Da qualunque punto di vista consideriamo la predi· cazione di Gesu, giungiamo alla conclusione che per lui la storia della salvezza è piu che una forma concettuale di formale derivazione giudaica : essa è intimamente le102 V . piu avanti pp. 367 ss. 103 F. Lieb, Die Geschichte ]esu Christi in Kerygma und Histori�. Ein Beitrag z.um Gespriich mit R. Bultmann, in « Sophia und Historie», 1 963, pp. 340 ss., scrive giustamente: « Il valore soteriologico della croce di Cristo non deve dunque essere dato soltanto dalla previsione de1l'evento pasquale, da essa indissolubile, o della Pentecoste, ma anche dallo sguardo retrospettivo alla storia e alla particolare natura di colui che è morto su questa croce ( . .. ) Quindi soltanto inserendo tutta la storia di Gesu nell'Evangelo, questo diventa veramente l'Evangelo: dun­ que, il Gesu storico, fin dall a sua nascita, o dal suo battesimo, il suo appa­ rire in pubblico, la sua predicazione, con tutti i contrasti ( •.• ) ,. (p. 349). 104 V. prima, p. 108 . ,

    La storia della salvezza nella predicazione di Gesu

    319

    gata alla coscienza che egli ha di sé e alla sua vts1one profetica dello svolgersi del presente, al centro del quale sta egli stesso. Sebbene Gesu non abbia formulato al­ cuna periodizzazione, come avvenne piu tardi, e in lui si trovino solo le prime tracce di una storia della salvezza compiutamente formulata, la storia della salvezza non ha per lui solo il medesimo valore che ha per i cristiani della chiesa primitiva , bensi un valore maggiore : infatti egli è al contempo colui che attua i fatti decisivi del piano divino e colui che proclama la rivelazione su questi fatti e sul posto centrale che essi occupano nel piano globale di Dio . Il suo sguardo abbraccia passato , futuro e pre­ sente. Interpretare gli eventi che si sono verificati pri­ ma di lui e quelli che si verificano per meZ:eo suo, si­ gnifica, per lui come per i profeti, inserir/i nella storia della salvezza, ma in modo tale, ora, che la sua rivela­ zione e la sua opera divengono il punto culminante del­ l'intera storia della salvezza, l'adempimento della storia d'Israele. Per dirla con Pascal, il Dio di Gesu, veramente, non è il Dio dei filosofi, ma il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe (Mc. 12, 26), cioè il Dio della storia della sal vezza 105•

    JOS Probabilmente questo è pure il significato dell,autorivelazione di Jahve, tradotta in generale « Io sono colui che sono » (Es. 3, 14). Nel suo libro Das hebriiische Denken im Vergleich mit dem griechi­ schen, 1959 3, pp. 27 ss., T. Boman ha mostrato che baia in ebraico significa « operare » piu che « essere ». Jahve dice dunque : Io opero come colui che opero, cioè, in prospettiva storico-soteriologica: Io sono colui che opera la storia della salvezza (der Heilsgeschichtliche). Cfr. G. von Rad, Tbeologie des Alten Testaments, I, 1962 ' \ pp. 193 ss.

    Capitolo secondo

    Il cristianesimo primitivo : il tempo intermedio si prolunga Suo influsso sul formarsi della storia della salvezza fino a Luca e agli autori neotestamentari posteriori

    Se procedessimo in linea rigorosamente cronologica, dovremmo parlare di Paolo prima di occuparci della con­ cezione storico-soteriologica ormai formata, quale si tro­ va ad esempio negli scritti di Luca. Ma gli avvenimenti che hanno indotto la comunità a inserire il prolunga­ mento del tempo intermedio nella loro visione della sto­ ria della salvezza, cadono già nel periodo antecedente a Paolo : il periodo della comunità primitiva. Questi avve­ nimenti hanno determinato tutto lo sviluppo successivo, come in passato ogni rivelazione profetica sugli avveni­ menti che continuavano via via a verificarsi aveva fatto procedere, con precisazioni e correzioni , il kerygma bi­ blico storico-soteriologico già esistente. In un primo tempo, naturalmente, si pensa che il Regno di Dio sia estremamente prossimo ; ma specialmente a partire dalla Pasqua, e ancor piu dalla Pentecoste, il tempo inter­ medio si prolunga via via che le nuove manifestazioni dello Spirito sperimentate dalla comunità conferiscono al « già », quindi al « presente », un'importanza anche maggiore di quella che hanno sempre avuto, già per Gesu, nel processo storico-soteriologico. Questa nuova presa di coscienza respinge progressivamente ai margini la limitazione del tempo intermedio alla generazione vi­ vente, limitazione che sin qui si era sempre fatta sen­ tire , senza tuttavia essere essenziale . Vedremo che questo processo non si è affatto svolto in modo cosf cosciente, né riflesso , come siamo tentati c;l'immaginare; l'evoluzione è stata invece graduale, legata

    3 22 agli

    Le posizioni neotestamentarie fondamentali avvenimenti che quotidianamente

    si

    verificavano .

    Senza produrre una vera crisi, l o sviluppo è stato cosi naturale che si lasciò cadere la limitazione del tempo in· termedio alla vita di alcuni almeno dei membri della ge· nerazione contemporanea e inline si accettò decisamente la durata indeterminata di questo periodo. Non è dunque corretto dire che solo in Luca si co. mi n ci a a riscontrare quest'estensione del tempo. Nella fede quale si esprime negli altri evangeli , anche in quella di Paolo e della com u nit à primitiva, il tempo intermedio è p i u ampio di quanto apparisse nella predicazione di Gesu, sebbene ancora limitato. La scuola schweitzeriana sostiene a ragione, anch'essa, che vi è stata una evo­ luzione progressiva, iniziata assai pr es t o ; mi distanzio net· tamente da essa, come da quella bultm anniana , solo nel modo di spiegare le motivazioni di t ale evoluzione . La scuola bultmanniana - specie dopo l'articolo del Vielhauer 1 , m a anche con il piu recente articolo del Kaesem ann 2 che porta innanzi la discussione - intende concentrarsi sul confronto fra Paolo , da un lato, e L uca e gl i al tri cosiddetti scritti « protocattol ic i » , dall'altro, e in tal modo il fossato è reso a priori piu profondo . In realtà il tempo success ivo alla morte di Gesu è caratterizzato globalmente dal fatto ch e il pensiero sto­ rico-soteriologico s i è sviluppato progressivamente via via che si dovevano interpretare nuovi avvenimenti . L'opera lucana esprime nel modo piu chiaro il punto terminale di questo sv ilu pp o interpre tativo, lasciando cadere ogni lim itazione cronologica del tempo intermedio : Luca gl i attribuisce coscientemente una durata indefin it a e in base alla sua riflessione d'interprete formula coerentemente una periodizzazione , come ha mostrato il Conzelmann . Come in tutti gli altri casi , però , in questo sviluppo ulte­ riore resta intatta la costante dell'intero processo sotel

    V. prima, pp. 53 s.

    2 Paulus utzd der Friihkatholizismus1

    in

    «

    ZThK », 1963, pp. 75

    ss .

    Il cristianesimo primitivo

    32 �

    riologico. Constatiamo anche qui il coesistere di co stante e contingenza. Non poteva manifestarsi una vera frattura fra la con­ cezione soteriologica di Gesti e quella della comunità, almeno non a proposito del problema della durata del tempo intermedio : ciò dovrebbe comunque risultare evi­ dente dal capitolo precedente. Proprio per questo ci sia1no soffermati cosi a lungo ad esporre la predicazione escatologica di Gesti : per 1nostrare che in essa non può essere abbandonato il carattere futuro, mentre in base al complesso delle testimonianze, è di secondaria importan­ za che si precisi con piu esattezza la prossimità del Re­ gno, poiché ciò che importa è il modo di dimostrare tale prossimità : siamo già entrati nel tempo della fine, ma la fine è ancora davanti a noi. Certo, lo sviluppo ulteriore riguarda proprio questo problema della durata del tempo intermedio . Se notiamo che le differenze che vanno sorgendo sono secondarie, considerando lo schema storico-soteriologico nel suo in­ sieme, e che non v'è frattura fra loro, non intendiamo affa tto minimizzarle. Da un lato è naturale che si crei un nuovo clima psicologico, quando la fine non viene piu attesa con assoluta certezza entro la generazione vi­ vente . Anche se già Gesu ha pensato che il tempo avreb­ be ancora avuto una breve durata e ha considerato que­ sto tempo intermedio come il quadro, voluto da Dio, di tutto il suo insegnamento, conferendogli quindi il valore storico-soteriologico di tempo della predicazione e della prova, non gl'interessa, come non interessa alla comu­ nità primitiva, dare una formulazione delle forme este­ riori di questo quadro storico intermedio. L'interesse per l'organizzazione della comunità si svilupperà nella misura in cui apparirà logica, a causa del prolungarsi del tempo intermedio . Senza dubbio Gesti dà già al gruppo dei di­ scepoli precise istruzioni organizzative per la sua atti­ vità missionaria, e la limitatezza del tempo intermedio non lo ha spinto a sprezzare ogni forma. Anche Paolo, pur pensando egli pure a un tempo di durata limitata,

    3 24

    Le posizioni neotestamentarie fondamentali

    sebbene piu lunga, ricorda che Dio è un Dio d'ordine.

    ( l Cor. 1 4 , 33 ) . È però esatto che ci troviamo di fronte a uno sviluppo della storia della salvezza, conseguenza

    del progressivo prolungarsi del tempo intermedio, e che la necessità di forme ben definite appare tan to maggiore,. quanto piu lunga si fa la durata prevedibile di questo tempo . Tutto ciò che è stato detto a questo proposito, circa le conseguenze del prolungarsi del tempo intermedio, è· giusto; non è giusto invece dire che in tal modo si sia'

    trasformata la concezione stessa della storia della sal­ vezza o che si possa parlare di storia della salvezza solo·

    quando (ad esempio in Luca) la durata del tempo inter-. medio non è piu calcolabile , men tre prima quella limita­ zione avrebbe implicitamente escluso la possibilità di ogni storia della salvezza. Si potrebbe sostenere questo soltanto qualora storia della salvezza e storia si identi­ ficassero. Ma abbiamo visto 3 che, malgrado molti punti di contatto, storia della salvezza e storia sono netta­ mente distinte e che la prima denota caratteristiche sue proprie molto marcate, in particolare il coordinamento di contingenza e di costante . Lasciando indefinita la du­ rata, viene fatto ampio posto alla contingenza ; eppure nel piano di Dio rivelato è oggettivamente ben saldo il li­ mite finale. L'idea dello schema storico-soteriologico non si è tra­ sformata con l 'estendersi del tempo intermedio ; resta il fatto che la storia della salvezza d'Israele sfocia nel­ l'epoca escatologica e che questa viene divisa in due parti : un tempo intermedio nel quale si adempie il pas­ sato e si anticipa la fine, e la fine vera e propria . Da questo punto di vista una certa « periodizzazione » è sempre stata presente, già nella stessa predicazione di Gesu . Né la convinzione che con Gesu si è iniziato il tempo 3 V. prima, Parte III, Cap. 2: salvezza e storia ».

    c Storia

    neotestamentaria della

    Il cristianesimo primitiv()

    325

    della fine, né l'intensità della speranza volta alla piena manifestazione che ancora sta davanti, dovevano neces­ sariamente subire un'attenuazione nel mutato clima psi­ cologico. Se è vero che già in Gesti l'attesa della fine scaturiva dalla fede nel « già >>, era naturale che la fede rimanesse viva finché questo « già » veniva inteso in chiave realmente storico-soteriologica, e che cosi si con­ servasse viva la tensione con H « non ancora ». Natural­ mente il nuovo clima comportava la tentazione di per­ dere di vista la serietà della decisione e quindi il carat­ tere storico-soteriologico del « già » , degradando l 'at­ tesa escatologica a semplice appendice della storia della salvezza. Bisogna ammettere che questo pericolo era divenuto piu grave nella nuova situazione. È pure vero che nella nuova formulazione pienamente sviluppata della storia della salvezza - quella che troviamo , ad esempio , in Luca - appare la tendenza a considerare si il tempo in­ termedio come tempo della fine, ma non come il primo atto di quest'ultimo, bensf come periodo a sé stante fra il passato storico-soteriologico e la fine. Si tratta però di pericoli, di tentazioni, che sussistevano già prima che si verificasse il prolungarsi di questo periodo (perciò Gesu chiamava continuamente a vegliare ) e che ora sono soltanto divenuti piu gravi. Per restare nell 'immagine che ho spesso adoperata : era cresciuto il pericolo di non credere piu che la battaglia decisiva è già stata combat­ tuta, che il tempo ha fatto con Cristo un balzo innanzi, che ci troviamo già nella fase finale (per quanto essa possa durare ) e che già si verificano anticipazioni della fine; ma non è giusto affermare che Luca abbia già ce­ duto a questo pericolo e che per lui il tempo intermedio non sia piu tempo escatologico. Malgrado tutto quello che si deve dire della differenza fra il modo con cui egli e Paolo concepiscono lo Spirito, è comune all'uno e al­ l'altro la concezione escatologica dello Spirito : esso an· ticipa la fine. La convinzione determinante che con Gesu si è raggiunto non soltanto il « centro » oggettivo bens{

    326

    L e posizioni neotestamen tarie fondamen tali

    la fase cronologicamente ultima, prima dell'attimo ignoto della fine, permane anche in Luca. Questa « periodizza· zione » è già stata avviata da Gesu ; l 'elemento nuovo in Luca è soltanto il fatto che egli vi riflette cosciente· mente . Uno sviluppo veramente nuovo, tale da sconvol· gere la concezione originale, si manifesterà s o l t a n to piu tardi, quando cioè si sarà persa coscienza del fatto che siamo entrati nel tempo escatologico, quella coscienza che ha appunto determinato, in Gesu, l'attesa di una fine imminente. Quanto all'indeterminatezza dell a durata di quest'ul­ timo periodo, già Gesu l'ha preannunciata, dichiarando di ignorare il giorno e l'ora, e annunciando che il Regno di Dio sarebbe venuto in modo subitaneo . Naturalmente, a partire dalla Pasqua, questo periodo intermedio acqui­ sta un'estensione che Gesu non prevedeva; tuttavia, in merito a tutta la discussione sul problema se fra Gesu e la chiesa primitiva vi sia frattura o evoluzione, non va dimenticato che l'affermazione sul non sapere è già parte integrante del messaggio escatologico di Gesu 4• Ma come si è giunti a questo prolungarsi del tempo nelle concezioni storico-soteriologiche ? Tale prolunga· mento deriva unicamente da una constatazione negativa} cioè dal fatto che il Regno non è venuto ? deriva cioè da una delusione , da una grave crisi e dalla riflessione che esse hanno determinato, alla ricerca di una soluzione in­ tellet tuale del « problema tormentoso » insorto ? A tutti ques ti interrogativi la scuola bultmanniana risponde af. fermativamente , considerandoli spesso , in modo strana· mente dogmatico, già risolti dalla tesi schweitzeriana , al­ la qu ale si rifanno : il ritardo della parusia sarebbe stato l'unico grande problema che avrebbe tormentato il cri· stianesimo primitivo, finché questo trovò la soluzione di emergenz a della storia della salvezza, soluzione liberatrice, che però sfigurò il nucleo centrale del messaggio di Gesti : nell'ambito di tale storia della salvezza, il tempo inter· 4 V. prima, pp. 276

    ss.

    Il cristia:zesinro primitivo

    327

    medio di durata indeterminata era considerato come ad empimen t o in sé s ufficient e , e il p roble ma della venuta del Regno futuro diveniva, di conseguenza, del tutto ir­ rilevante ; in un gran numero di loghi a di Geru ritro­ viamo soltanto tracce di infini ti sforzi, da par te della co­ munità, per aver ragione di questo pr oblema , e alla co­ mun ità viene attribuita la re s po nsab ili tà di in nu merevo l i deforn1azioni e soprattutto di invenzioni di « parole di Ges u ». Se le cose stessero cosf, non si tra tter eb be real· mente di una fase ulteriore del normale svilupp o storico­ soteriologico, b en si della concezione di una sto ri a della salvezza quale soluzione d'emergenza del problema im· pos to s i in seguito al m anca t o verificarsi della parusia. Ab­ biamo già accennato, parl an do di nu ovi avvenimenti e delle rivelazioni pos i t iv e su di essi, che le variazioni del ke rygma determinate dal prolungarsi del tempo interme­ dio devono in realtà essere spiegate in modo del tutto

    diverso. Occorre però mettere anzitutto in rilievo il c ar at­ tere ipotetico di tu tt e le costruzioni che fanno leva unica­ mente sul ri tard o della parusia. In tutto il Nuovo Te­ stamento troviamo due soli passi che parlino chiara­ mente, anch e se indirettamente, di un problenza sorto in seguito al ritardo della parusia. Entrambi si trovan o nelle parti piu tardive del Nuovo Testamento : l 'uno, 2 Pie tro 3 , 3 s . , dove si parla degli , 1961, e E. Ellis, Paul's Use o/ the Old Testament, 1957. s V. prima, pp. 1 69 ss. «

    6

    V. prima, pp. 170 ss.

    340

    Le posizioni· neotestamentarie fondamentali

    erano già considerate come gli eventi divini decisivi nel­ l'ambito del processo storico-soteriologico complessivo, dalla creazione alla fine. A Paolo viene ora comunicata una rivelazione atta a interpretare 7 un evento nuovo, del quale egli è testimone; e tale rivelazione gli viene comunicata in riferimento al kerygma storico-soteriolo­ gico che gli è stato trasmesso e che in tal modo viene precisato e sviluppato. L'evento nuovo per Paolo concerne in primo luogo lui stesso; sulla via di Damasco egli ha veduto e udito Cristo e quest'apparizione era per lui strettamente le.. gata all 'interpretazione, alla « apokalypsis » (Gal. l , 12 ) , cioè al mandato apostolico di annunciare l'Evangelo ai pagani. Tuttavia quest'avvenimento non concerneva sol­ tanto la persona dell'apostolo, ma sottolineava pure con forza l'importanza del tempo intermedio, tempo in cui l'Evangelo doveva essere predicato ai pagani. Paolo stesso ha pensato questo : prima che venga la fine, « l'Evangelo dev'essere annuncia to ai pagani » 8• Per questo vi è un tempo intermedio, per questo il tempo continua, anche se la morte e la risurrezione di Cristo hanno già rappre­ sentato il fatto decisivo . La vocazione di Paolo non era affatto una vocazione generica a diventare servo di Cri­ sto, bensf una vocazione estremamente precisa, ad annun­ ciare l'Evangelo di Cristo ai pagani. L'apparizione sul­ la via di Damasco fu un avvenimento della massima im­ portanza nello svolgersi della storia della salvezza : deter­ minò l'inserimento di Paolo, quale apostolo dei pagani, 7 G. Schrenk, Studien zu Paulus (« AThANT », 1954, p . .58, n. 23), precisa correttamente la concezione storica paolinica, nel suo rapporto positivo e negativo con la « storia tangibile ». Non è quindi del tutto chiaro perché egli rifiuti il termine « storia della salvezza »; tale rifiuto , dipende probabilmente dall uso fattone da parte degli antichi dogma­ tici « storico-soteriologici »; v. prima, p. 93 ecc. Del resto tutto l'arti· colo Die Geschichtsanschauung des Paulus auf dem Hintergrund seines Zeitalters di G. Schrenk ( op. cit. , pp. 49 ss.) è assai degno di lettura. 8 V. O. Cullrnann, Le caractère eschatologique du devoir mission­ naire et de la conscience apostolique de S. Pau!. Etude sur le XtX'tÉXWV (-ov ) de II Thess. 2, 6-7, in « RHPhR », 1936, 210-345; ora anche in tedesco nei miei Gesammelte Aufsatze, 1965.

    Paolo

    e

    la storia della salveua

    3 4i

    nel processo storico-soteriologico, in quel preciso mo­ mento fra la risurrezione di Cristo e la :fine. La vocazione alla predicazione ai pagani non è solo un mandato : è al tempo stesso una rivelazione sul divino piano della salvezza. Nell'attuarsi progressivo di questo piano, iniziato con l'elezione d'Israele, l'Evangelo deve ora giungere ai pagani : questo è l'elemento nuovo, ep­ pure il piano divino sussiste, come risulta da Rom. 1 1 ; ed ecco apparire il coordinamento di contingenza e di costante. L'evento sulla via di Damasco ha questo duplice con­ tenuto : Paolo diviene contemporaneamente l'esecutore del­ l'ulteriore sviluppo del piano di Dio e il suo rivelatore. Nel corso della storia ulteriore gli effettivi successi missionari nel mondo pagano costituiscono i nuovi avve­ nimenti che determinano l'elaborazione teologica che Paolo dà della storia della salvezza. Ciò che egli esporrà poi in Rom. 9- 1 1 è un 'interpretazione storico-soteriologica dei fatti missionari : in seguito all'incredulità di Israele la totalità dei pagani accede alla salvezza ; in tal modo la strada porta oltre Israele : la costante del piano divino che ha per oggetto il popolo eletto sussiste, ma Dio svi­ luppa questo piano in modo inatteso in piena contingenza storica, finché alla fine tutto Israele sarà salvato 9• Paolo 9

    H.-J. Schoep s , Paulus, 1959, dedica un intero capitolo (pp . 23 1 al problema della « concezione storico-soteriologica dell'apos tolo Paolo )), studiando in particolare Rom. 9-1 1 , dove d'altronde non riesce a vedere altro che « complicata speculazione », « applicazione tipolo­ gica assolutamente arbitraria della storia d'Israele alla chiesa futura », « molta fantasia » (p. 258 ), « una logica antistorica » (anche se coeren­ te). Interessante è l'accenno dell 'autore ( pp . 259 ss . ) alla soluzione completamente diversa del problema che ci è presentata nelle Pseudo­ clementine: in Mosè e in Gesu è data la medesima rivelazione di Dio; in Mosè Dio is t itu isce il patto con gli ebrei, in Gesu con i pagani. H.-J. &:hoeps sviluppa questa teoria con un vivo interesse personale, e vi vede ( pp. 273 s.) la soluzione del problema oggi cosi palpitante ss.)

    rappresentato dai rapporti fra Israele e chiesa cristiana. Per quanto essa sia interessante, non mi pare possibile definirla « storico-soterio­ logica », come fa questo. studioso. Essa riposa sulla dottrina del « vero profeta » che deve ritornare, ed è tutt'altro che storico-soteriologica; si può anzi dire che l'orientamento storico-soteriologico di Rom. 9-1 1

    .342

    Le posizioni neotestamentarie /ondame11tali

    discerne dunque non solo nel mandato missionario che gli è stato conferito , ma nei successi della sua n1issione un a rivelazione delle ultime tappe del divino piano di salvezza, che fa appunto apparire il senso di tu tto il tempo intermedio. La cosa risulta chiaramente anche da Gal . l ; l'argomentazione di questo importan te capitolo indica il valore storico-soteriologico dell'apostolato : un apostolo è, senza intern1ediari, testimone della risurrezione di Cristo; Paolo lo è ora in modo particolare quale te� stimone fra i pagani. Per tutti coloro che credono in Cri­ sto , convertirsi significa venire inseriti nel piano che egli persegue per attuare la redenzione nella storia ; ma que­ sto vale per Paolo in un senso tutto particolare, in quanto egli è al tempo stesso esecutore e rivelatore. In Gal . l, 12 egli definisce esplicitamente « apoka­ lypsis » il modo con cui ha ricevuto l'Eùa:yyÉÀr.. ov sulla via di Damasco : or.. ' a7tOXt1À.V�Ewç. Per lui ques t'atto rivela­ tore è d'ora in poi parte integrante della storia della sal­ vezza . Perciò egli vede tutta la storia della salvezza alla luce di questo evento attuale : la predicazione ai pagani, alla quale egli è chiamato 10, naturalmente in relazione strettissima con la rivelazione storico-soteriologica già co­ municata a lui stesso . La grandiosa visione storico-soterio­ logica di Rom. 9- 1 1 non è affatto isolata, ma percorre tutta l'opera e tutto il pensiero dell'apostolo 1 1 • L' abbi a ­ mo vedu to, il « mysterium » della otxovoJ..L ttt di cui parlano i passi delle lettere ai Colossesi e agli Efesini ci tati in precedenza 12, concerne l 'apostolato, cioè il concreto man· dato di predicare ai pagani ; e quindi anche in Rom . 1 1 , 25 il « mys terium » concerne n problema del rapporto ebrei-pagani. d diviene veramente chiaro quando lo contrapponiamo _

    a questa teoria giudeocristiana. lO Lo dimostra J. Munck, Paulus 1111tl die Heilsgeschichte, 19-'4, V. prima, p. 64. u A proposito di Rom. 9-1 1 v. soprattutto J. Munck, Christus 11nd Isracl. Zur Aus!egung von Rom. 9-1 1, 1956. 12 V. prima, pp. 94 s.

    Paolo e la storia della salveua

    .343

    Siccome quel1a che gli è stata comunicata è una rive­ lazione sull'attuarsi del piano di salvezza, Paolo, pro­ prio al termine dell'esposizione storico-soteriologica di Rom. 9- 1 1 , cioè dopo aver comunicato quel t� umana (o croq>to: di questo mondo). Considerata alla luce della accpto: umana, anche questa profondità della a-ocpt� divina che Paolo comunica in Rom . 9- 1 1 in seguito alla apokalypsis che gli è stata data, è una > per i greci : come potrebbe la redenzione essere per loro storia, e storia di questo tipo? Ed essa è uno « skandalon >> per i giudei: non è il suo carattere storico a scandalizzarli, ciò che non possono comprendere è il fatto che il « novum » sia già presente in Cristo, cioè in pratica nel contingente evento storico della croce (anche se la piena manifestazione è ancora avvenire), cioè che l'atto decisivo sia avvenuto in modo cosf banale, cosi scandalosamente storico, e che il Messia non eserciti la sua sovranità in modo visibile. Per i greci tutta la storia della salvezza è « follia » ; per gli ebrei essa è invece uno scandalo per il fatto che ha il suo centro in Cristo, secondo la concezione paolinica e protocristiana. Tutto ciò che si dice in I Cor. l , 1 8 ss. a proposito della croce, quale centro della storia della sal­ vezza, lo possiamo applicare alla stessa storia della sal­ vezza : essa è DEoO aoq>ta., perciò non può essere compresa 13

    Anche

    R.

    des Neuen Testaments, 1 958 , alla croq>l.cl ma e speculazione ».

    Bultmann, Thtologie

    p. 484, accosta le conoscenze espresse in Rom. 9·1 1

    definisce questa cnxp�a « fantasia

    ,

    344

    Le posizioni neotestamentarie fondamentali

    dal pensiero filosofico, dalla aocpia 'tou x6crp.ou,

    e non può essere compresa dal pensiero rabbinico perché essa pog­ gia su una a'7toxciÀ.utln,ç- ricevuta da Paolo, il quale ce ne rende partecipi, secondo la regola costante per cui colui che porta una rivelazione è coinvolto nel processo sote­ riologico. L'esegeta odierno nel suo sforzo per mediare questo x-f)puyiJ.a alla mentalità moderna, deve guardarsi dallo svuotarla della sua �Jh.lpta , cioè del suo centro vitale.

    Deve riempirei di rispetto la serietà con cui il Bultmann lotta per rendere l'Evangelo comprensibile all 'uomo d'oggi ; non posso però evitare di dire che il prezzo che a tal fine egli ha pagato alla filosofia oggi dominante (per quanto tempo? ) è troppo alto. La reinterpretazione esisten z ialistica della escatologia è an­ cora davvero « scandalo e follia »? Il Bultmann insiste fortemente, è vero, sul fatto che il kerygma determina la nostra esistenza, facendo si che siamo nel mondo, ma « demondanizzati », e che tale kerygma, dandoci una nuova coscienza di noi stessi, fa di noi una « nuova creatura », per la quale valgono le antitesi pao­ liniche « moribondi, eppure eccoci viventi » ( 2 Cor. 6, 9). Il B ul t­ mann lo mostra soprattutto nel suo articolo Das Befremdliche des Christlichen Glaubens « ZThK » 1958, p. 1 85). Quando egli mette in evidenza, qui come nei suo i lavori sulla demitizzazione, la « storicità » (in senso esistenzialistico) della croce, pare acco­ starsi al carattere « straniero » dell'Evangelo paolinico. Ma per lui la croce non è la morte espiatrice, bensf soltanto il mez zo per comprendere la nostra esistenza. Invece per Paolo la « fol lia » sta proprio in questo : Dio ha vinto in Cristo il peccato e la morte, per mezzo di questo pubblico atto di redenzione, senza alcun no­ stro apporto, anche prima che noi credessimo. Domando soltanto questo : i greci sull'Areopago avrebbero avuto motivo di ridere della « demondanizzazione » bultmanniana, come risero del di­ scorso in cui Paolo parlò di un evento futuro che poggia sul fatto che un uomo è risorto dai morti ?

    . Come si presenta la concezione storico-soteriologica di Paolo ? Abbiamo già detto che per lui , e prima di lui per la comunità primitiva a partire dalla Pasqua, il presente « intermedio » si prolunga e che egli si trova nella linea dello sviluppo che nell'ambito del Nuovo Testamento porta a Luca, ma che inizia prima di lui . Si tratta di sviluppo, come indica il fatto che persino nelle lettere

    Paolo e la storia della salvezza

    345

    di Paolo sembrano trovarsi tracce comprovanti 'che l 'apo­ stolo ora si aspetta di essere fra quelli che saranno ancora in vita al momento della parusia ( l Tes s. 4 , 15 ss . ; l Cor. 15, 5 ss . ), ora considera la possibilità di morire prima di quel momento (2 Cor. 5, l ss .) 14• In ogni caso anche per lui « il tempo è ormai a:bbre· viato » ( l Cor. 7 , 29 ). Malgrado questa brevità, però, il tempo intermedio è per lui un anello assolutamente indi· spensabile del piano redentore di Dio, e non si può mi­ nimizzarne il valore parlando di « fine della storia » . A. Schweitzer ha ragione , nel suo libro sulla mistica dell'apo­ stolo Paolo, di considerare questo tempo intermedio come la caratteristica fondamentale del pensiero di Paolo ; coe­ rentemente alla sua tesi sulla mistica escatologica, egli definisce l 'esistenza in questo tempo come : « essere , vi­ vere in Cristo >> . In tal modo viene certo preso in consi­ derazione un lato della concezione paolinica ; tuttavia è piu conforme all'intenzione dell 'apostolo se determiniamo questa esistenza in senso funzionale ( in rapporto con il formarsi della concezione paolinica ) , cioè come ab­ biamo già detto - se la consideriamo come un'esistenza determinata dal fatto che secondo il piano di Dio in questo tempo l 'Evangelo dev 'essere annunciato e che in tal modo dobbiamo dar prova della nostra fedeltà. Il passo Rom. 9- 1 1 prova che il tempo intermedio ha un posto assolutamente necessario nel piano soteriologico di Dio : e come si adempirebbe, tale piano , se non vi fosse questo tempo intermedio , tempo di salvezza durante il quale la totalità dei pagani accederà alla salvezza e alla fine del quale l 'Israele incredulo si convertirà ? Questo processo storico fa già parte del processo escatologico, ma non è ancora la fine . Paolo ha coscienza fortissima di trovarsi, nella sua qualità di apostolo, in questo tempo intermedio : « Necessità m 'è imposta e guai a me se non evangelizzo ! » ( l Cor . 9, 1 6 ) : perciò l'urgenza con cui .

    -

    14 In proposito L. Goppelt, Die apostolische und nachapostolische Zeit} 1955, pp. 93 s.

    34 6

    Le posizioni neotestamentarie fonda1nentali

    percorre il mondo di allora per annunciargli l'Evangelo e con cui cerca sempre nuovi 't01tOL. Malgrado sia ancora concepito come relativamente . breve, questo tempo inter­ medio non costituisce la fine della storia della salvezza, ma è storia della sal vezza. Certo, per Paolo ogni decisione è decisione (> e « non ancora », fra indicativo e imperativo appare pro­ prio nel battesimo, come risulta chiaramente da Rom . 6 . Vi è nel Nuovo Testamento una storia della salvezza relativa al battesimo , che presenta le tappe seguenti : la circoncisione quale suggello 19 dell 'antico patto, il bat­ tesimo d'acqua di Giovanni per la remissione dei peccati nella prospettiva del patto avvenire, la croce di Gesu che rappresenta un battesimo universale per i molti , il rista­ bilimento del battesimo d'acqua nel cristianesimo primi­ tivo, in vista della remissione dei peccati e della comu­ nicazione dello Spirito, riferite ora all a morte e alla 19 E. Dinkler, ]esu Wort vom Kreuvragen, in Neutestamentliche Studien fur R. Bultmann, 1954, pp. 1 1 0 ss.; Zur Geschichte der Kreuz­ symbols, in « ZThK », 195 1 , p. 162 ss. ; Die Taufterminologie in 2. Cor. l , 21 /., in Neot estamen tica et Patristica. Fetscbrift O. Cullmann, 1 962, pp. 183 ss., ha mostrato che il termine u> del battesimo ; vogliono giustapporre il suggello dell'antico patto e quello del nuovo, come se all'impegno del patto non fosse stata data una base nuova con l'evento decisivo della croce di Cristo. D 'altro lato, però, Paolo avrebbe combattuto anche il marcionismo, se l'avesse conosciuto , poiché anch'esso - in modo diverso - distrugge la storia della salvezza, non considerando il nuovo patto come l'adempimento dell'antico. Il battesimo acquista il suo pieno valore di segno del patto soltanto se si ha chiara la continuità del concetto di patto. In Rom . 2 , 25 s., come in Rom. 4 e Gal. 3-4, dietro tutto l 'argomentare di Paolo sta il con­ fronto fra l'antico e il nuovo patto : in questo confronto, in prospettiva storico-soteriologica, l'antico patto risulta abolito dal nuovo atto di Dio, ma d'altra parte il nuovo patto è considerato in continuità con l ' antico. Alla luce del nuovo, dunque, il segno antico non viene svalutato, ma anzi rivalutato nel significato pieno che già aveva ·

    -356

    Le posizioni .neotestamentarie fondamentali

    nell'antico patto. « La circoncisione è divenuta incircon­ cisione » (Rom. 2, 25 ) per Israele soltanto perché esso ha già trasgredito la Legge nell'ambito dell'antico patto. Dobbiamo sempre aver ben chiaro che Paolo considera la circoncisione ora nel quadro dell 'antico ora nel qua­ dro del nuovo patto : nel patto antico essa è divenuta inefficace soltanto a causa dell'infedeltà d'Israele, la quale tuttavia fa anch'essa parte della storia della salvezza; nel nuovo patto essa è abolita , poiché a causa di quella infe­ _deltà la storia della salvezza è proceduta e poiché Cristo ha istituito questo nuovo patto nella sua ·morte e ora il battesimo coinvolge in essa coloro che credono in Cristo. Un esplicito raffronto fra circoncisione e battesimo si trova solo in Col. 2, 1 1 s., ma nei grandi passi storico-soteriologici di cui abbiamo parlato, Gal. 3-4 e Rom. 4, essa costituisce evi­ dentemente lo sfondo. L'esposizione, in Gal. 3-4, comincia con Abramo, senza parlare della circoncisione, ma termina con il bat­ tesimo (Gal. 3, 2 1 ): fra l'uno e l'altro, il fatto di Cristo, che è base del battesimo.

    Non si vuoi dire che alla luce dell'evento di Cristo la circoncisione sia svalutata nell'ambito dell'antico patto, e che Paolo abbia « desacralizzata » tutta la storia vete­ rotestamentaria spogliandola del suo carattere storico-so­ teriologico 20• Piuttosto, da un lato la circoncisione viene considerata alla luce del battesimo di Cristo, dall'altro il battesimo viene messo in rapporto con tutta la storia della salvezza qual'è esposta in Gal . 3-4. La storia della salvezza costituisce infatti un tutto e quindi rimane sem­ pre attuale. Ciò che si esprime in Gal. 3-4 e in Rom. 4 non è biblicismo rabbinico, anzi per Paolo la storia pas­ sata ha un valore estremamente attuale. In fondo non si tratta ancora di esegesi rabbinica, anche se qua e là troviamo utilizzato il metodo rabbinico. Piuttosto, in tutta questa sezione troviamo quella profonda cono­ scenza storico-soteriologica del piano divino, che per Pao­ lo attualizza la storia passata. Chi leggendo questo passo a

    G. Klein, art. cii.

    Paolo e la storia della salvezza

    357

    .non avverte. l 'allegrezza che l'apostolo prova perché gli è rivelato un piano divino storico-soteriologico, non com· prenderà nulla. Nei suoi frequenti richiami alla storia d'Israele, anche quando non predominano i concetti di circoncisione e di battesimo, Paolo non vuol dire che la s toria della salvezza è. liquidata, anzi egli intende mettere in luce, a seguito del nuovo evento - questo evidentemente costituisce uno sviluppo ulteriore dal quale non si può tornare in· dietro - la costante che ha dominato il passato, consi.. derando cosi il presente come tempo dell'adempimento. Dovunque, nella teologia paolinica che è impostata in senso storico-soteriologico, risulta che il passato non è mai unicamente passato : esso viene considerato come parte della storia della salvezza alla luce del presente, ma non è poss ib ile riconoscere nel presente un momento della storia della salvezza senza attualizzare positivamente il passato. Insisto : positivamente, in modo cioè che riveli il divino piano storico·soteriologico nel suo svolgersi . Questa attualizzazione non tende soltanto a indicare nel passato il « non ancora », cioè a qualificare il passato come irrilevante ; anzi l'attualizzazione mostra che anche nel passato v'era il « già », in quanto questo passato ri· vela il piano di Dio. Si comprende il « già » del pre­ sente rico llegandolo al « già » del passato e perciò il « già » del passato, accanto a tutti gli elementi superati, conserva un carattere di estrema attualità. Siccome pas­ sato, presente e futuro sono collegati da un piano divino, anche se « le cose vecchie sono passate, sono diventate nuove » , il passato rimanendo attuale è imperituro e ir­ rinunciabile. Questo è lo sfondo che sta dietro le nume­ rose sezioni storico-soteriologiche dell'epistolario di Pao­ lo, le quali non possono quindi essere fraintese come se non fossero altro che un residuato rabbinico. Abbiamo già parlato 21 dei passi storico-soteriologici che Paolo dedica ai problemi attuali che lo preoccupano. 21 V. prima, pp. 171 ss.

    35 8

    L e posizioni neotestamentarie fondamentali

    Quasi dovunque egli non si limi ta a citare esempi del passato, richiamandosi alla storia israelita della salvezza ; quello che gl'interessa è piuttosto mostrare che da un la to in Cristo la storia della salvezza è proceduta e si è adempiuta, ma che dall'altro la costante individuabile nella storia veterotestamentaria della salvezza e orientata verso il Cristo, conserva alla storia d'Israele validità per­ manente, sf che l'opera di Cristo non può essere retta­ mente intesa facendo astrazione da quella . Non si tratta di una interpretazione semplicemente basata sul princi­ pio seri tturale rabbinico, bensf proprio della conoscenza del profondo nesso storico-soteriologico che lega passato e presente. Perciò Abramo, in Gal. 3 e Rom . 4, non appare sol­ tanto come « esempio » di credente 22, ma come proge­ nitore d 'Israele, del popolo eletto, in particolare del· l'I sraele xa.> , che possediamo sf il canone biblico, in base al quale sappiamo esattamente in quale direzione la storia della salvezza procede ulteriormente e siamo in grado, con l'ausilio dello Spirito Santo, di interpretare correttamente la ri­ velazione dei segni del nostro tempo; tuttavia possiamo parlare soltanto di un proseguire nascosto della storia della salvezza. Sappiamo che lo Spirito Santo, che è all'opera nella chiesa di Cristo com'era all'opera nella rivelazione biblica della salvezza, ci « conduce in tutta la verità » e ci permette di conoscere la « tradizione vivente » , di cui .parla in modo cosi notevole Y. Congar 8 ; sappiamo che egli ci assiste nell'interpretazione della Scrittura, data tenendoci in contatto con la comunità e con i mezzi scientifici messi a nostra disposizione da Dio, e ci aiuta a individuare, in questa luce, dove e quando la storia della salvezza si svolge : in questo o in quell'avvenimento 1 V.

    il suo libro La ·Tradition et la vie de l'Eglise, 1963.

    Limiti

    e

    prosecuzione

    della slo.ria della salvezza

    41 3

    della storia profana o ecclesiastica, in questa o in quella testimonianza di fede di un membro di chiesa, in questa o in quella decisione di un concilio. Possiamo perfino osare scrivere una storia ecclesiastica, in relazione con la storia profana dell'epoca postbiblica, come « storia della salvezza » . Sarebbe però illecito affiancarla al ca­ none, poiché ciò significherebbe abbandonare proprio il motivo storico-soteriologico da noi riconosciuto determi­ nante per l'epoca che si è iniziata con Cristo, cioé la tensione fra « già » e « non ancora ». Il « già » è costi­ tuito dallo Spirito Santo che è all'opera per tutti nella comunità di Cristo, e dal possesso della Bibbia ; il « non ancora » è costituito dal fatto che ora conosciamo solo « come in uno specchio, in modo oscuro » ( l Cor. 1 3 , 1 2 ). Il dialogo ecumenico tra cattolici e protestanti, in particolare sul problema « Scrittura e Tradizione » 9 sarà particolarmente fruttuoso se sarà condotto sulla base co­ mune della ricerca circa il procedere della storia della salvezza. Mi pare che dal Nuovo Testamento si possano trarre le seguenti conclusioni provvisorie : l ) Un principio scritturale concepito e applicato in modo troppo meccanico non può condurre i protestanti a contestare che proprio sulla base del Nuovo Testamento la storia della salvezza continui a svolgersi fino alla fine, secondo uno sviluppo che ha origine nell'evento di Cristo e sfocia nell'evento escatologico, e la cui fase ini­ ziale è ancora oggetto del canone neotestamentario. Se la fine dell'epoca apostolica significasse un'interruzione della storia della salvezza che si prolunga fino all'escha­ ton, il processo soteriologico che si verifica nel presente non sarebbe sullo stesso piano storico su cui si trova quello biblico. Chi accetta quest'opinione, si trova la via aperta a un'interpretazione attuale della Bibbia diversa da quella storico-soteriologica. Il « già » acquista allora 9 Bibliografia sul }'roblema « Scrittura e Tradizione )): G. Peder­ sen, Bibliographie 1 930-1962, in Schri/t und Tradition1 a cura della Commissione di Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese, 1 963, pp. 1.57 ss.

    41 4

    Storia dei dogmi

    e

    sistematica

    Wl

    carattere diverso da quello che ha nel Nuovo Testa­ mento, e va perduta tutta la dinamica in forza della quale sappiamo di essere oggi inseriti, nella chiesa, nella corrente possente di un processo soteriologico, e in forza della quale ci si svelano pure i nessi profondi che la cosiddetta attualità profana ha con questo processo. Va allora perduto l'impulso vigoroso, determinato dalla fede, a muoverei non soltanto « H in mezzo », ma in avanti, seguendo quella corrente . 2 ) La definizione della Bibbia quale norm11, da un · lato fa parte della storia biblica della salvezza, costituen­ done la conclusione, come abbiamo visto, ed essendone nata organicamente ; dall'altro, come punto di partenza storico-soteriologico, si trova all'inizio del tempo postbi-­ blico; perciò troviamo in essa una norma storico-soteriC\· logica per ogni interpretazione attualizzante; accanto ad essa, nel nostro tempo intermedio, non ne può sorgere alcun'altra che abbia pari autorità, poiché, come abbian1o· detto, questo nostro tempo non è ancora terminato. Nes­ sun magistero infallibile - sia esso impersonato da un; papa o si esprima in un concilio o nella collaborazione di entrambi - può affiancarsi, neppure come interpre­ tazione della Bibbia , alla irripetibile testimonianza ocu­ lare che gli apostoli hanno reso agli eventi cristologici essenziali, la morte e la risurrezione di Gesu; testimo­ nianza oculare che soltanto nella Bibbia si trova inglo­ ba ta nella testimonianza generale . In seno alla comunità troviamo l'assistenza dello Spi­ rito Santo, possediamo la Bibbia ; si aggiunge il magi­ stero, non però infallibile, inteso come sforzo comune. della chiesa per ottenere lo Spirito della verità : con tutto

    ciò ci troviamo sul piano della storia biblica della sal­ vezza. La storia della salvezza trova la propria norma. nella storia della salvezza . Pongo invece questo pro­ blema : affermando la necessità di un magistero infalli­ bile che costituisca la norma per il presente, accanto alla Bibbia e allo Spirito Santo, non si inserisce una istanza di rivelazione di natura diversa. da quella del pro-.

    Limiti e prosecuzione della storia

    della salvezza

    4 1 5-

    cesso storico-soteriologico biblico, cioè una istituzione ? Benintenso, il magistero e la chiesa in quanto istituzione sono parte integrante della storia della salvezza ; se però al magistero si attribuisce infallibilità, non viene forse mutata la struttura storico-soteriologica del tempo inter­ medio , per il fatto che su questo punto il > della storia della salvezza, nella chiesa si verifica un fatto che vera­ mente attualizza il passato e il futuro della storia della salvezza : il culto, la liturgia 1• Nel culto il passato e il futuro della storia della salvezza divengono, in modo immediato, presente; e mai il posto centrale che la s to­ ria della salvezza occupa appare con maggior chiarezza che in questo fatto altamente significativo : tutto il culto della chiesa cristiana, come già quello giudaico, ha una impostazione storico-soteriologica. Possiamo soltanto ri­ petere che si apre uno strano iato fra teoria e prassi, appena si abbandona teoreticamente la base storico-sote­ riologica. In tal caso lo « anno ecclesiastico » non ha piu alcun significato; sarebbe allora piu onesto abbandonarlo . Che senso hanno l'Avvento, il Natale, il tempo della Pas­ sione, la Pasqua e la Pentecoste, se non ci fanno conti­ nuamente rivivere appunto lo sviluppo del processo storico-soteriologico passato messo in rapporto con lo sviluppo ulteriore che si attua nel presente ? Proprio in questo nesso liturgico risulta in modo tutto particolare che gli eventi cristologici devono essere considerati non 1 Su quanto segue Liturgie1 1959, e ]. ].

    v., fra gli altri, C. Vagaggini, Theologie der von Allmen, Prophétisme sacramente!� 1964.

    Storia dei dognti

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    e

    sistematica

    solo in modo « puntuale » (punktuelt), ma nel loro quadro storico-soteriologico. Indubbiamente l'anno eccle­ siastico si è formato in epoca postbiblica ; ma l'attualizza­ zione liturgica del passato e del futuro storico-soteriologico è già presente nella storia biblica della salvezza. Già nell'Antico Testamento e nel giudaismo antiche feste, che avevano in origine un carattere agricolo, ap­ paiono storicizzate : l'antica festa agricola di Pasqua viene messa in relazione con l'esodo dall'Egitto e questo evento unico viene annualmente attualizzato. Lo stesso si verifica a proposito di altre feste: ad esempio la festa del raccolto diventa la celebrazione del momento in cui fu data la legge del Sinai. È interessante vedere come la storia della salvezza, nel suo procedere, nel nuovo Patto si appropria di queste feste e le mette in relazione - una relazione s torico-soteriologica - con ì 'evento cristologico centrale: a Pasqua vengono attualizzate la morte e la risurrezione di Cristo, a Pentecoste viene attualizzato il dono dello Spirito Santo alla comunità 2• Piu tardi questo sviluppo storicizzante coinvolge pure feste pagane, che nel paganesimo avevano un carattere assolutamente asto­ rico : la festa solare del « Sol invictus » viene messa in rapporto con la festa del Natale di Cristo 3• La celebra­ zione della domenica ( Sonntag, dies solis ) risale senz'al­ tro all'epoca piu antica della chiesa e serve già in quel momento ad attualizzare settimanalmente l'evento cen­ trale di tutto il processo soteriologico : la risurrezione di Cristo. Piu tardi, però, a posteriori, essa fu messa in relazione con il significato pagano, astrale di quel giorno 4, in modo tale che, qui come nel caso della festa natalizia, il rapporto con il sole è totalmente subordinato al signi­ ficato storico-soteriologico. ·

    2 Non sarebbe logico e coerente con la storia della salvezza, se nel culto cristiano, pur lasciando del tutto in primo piano le realtà storico-soteriologiche cristiane, non si passasse sotto silenzio il valore della storia della salvezza precristiana? 3 V. O. Cullmann, Der Ursprung des Weihnachtsfestes, 1 960 (Il Natale nella Chiesa antica, 1948). 4 V. W. Rordorf, Der Sonntag, 1962, pp. 213 ss., 280 ss.

    t. storia della salve%%4

    e

    il culto

    - 43 1

    Del resto, anche quando nell'Antico Testamento la liturgia si riferisce alla creazione, lo fa in rapporto stret .. tissimo con la storia della salvezza, all'opposto di quanto avviene quando le religioni pagane utilizzano liturgica­ mente miti cosmogonici ; il che corrisponde a ciò che abbiamo detto prima 5 sulla storicizzazione del mito 6• Si può notare - e studiosi dell'Antico Testamento l'hanno effettivamente notato - che gli avvenimenti decisivi della storia del popolo d'Israele - Esodo, Sinai, conquista di Canaan - sono stati utilizzati a fini litur­ gici. Si deve anche sottolineare che le narrazioni degli avvenimenti storici hanno trovato nella liturgia la loro prima stesura. La liturgia va quindi considerata come il « Sitz im Leben » di queste narrazioni, le quali hanno ricevuto la loro formulazione nella liturgia. È pure giusto notare che siamo debitori alla liturgia di certi particolari narrativi; tale giusta notazione sarebbe però esagerata se si considerasse creazione liturgica il fatto storico stesso. In realtà si tratta di un circolo. L'avvenimento si presta all'attualizzazione liturgica, questa determina la ste.. sura letteraria , e i resoconti narrativi sull'avvenimento vengono a loro volta influenzati dalla liturgia, in modo tale che in essi sono accolte pure esperienze liturgiche storicizzate. I Salmi, nei quali la liturgia ha assunto forma let­ teraria, si riferiscono in modo particolare agli avveni­ menti della storia d'Israele 7; da essi risulta che cosa la storia della salvezza ha significato e può significare per la vita dell'lsraelita. Chi oggi afferma che la storia della salvezza abbia interesse solo per conoscere il passato, dovrebbe imparare dai Salmi. La riconoscenza per i grandi eventi soteriologici che in essi si esprime non è soltanto frutto di retorica liturgica, ma è profonda.. 5 V. prima, pp. 1 87 ss. 6 In proposito v. R. Prenter, Worship and Creation, in « Stud:a Liturgica » , 1 963, pp. 82 ss . 7 Apparso ultimamente, H. Zirker, Die kultische Vergegen wiirti· Jung der Vergangenheit in den Psalmen, 1964.

    43 2

    Storia dei dogmi e sistematice�

    mente sentita. Troviamo conferma che la storia della sal­ vezza è infinitamente piu che un concetto teologico : batte qui davvero il cuore di tutta la vita di fede pre­ sente nella Bibbia. Questa gratitudine della fede per il processo soteriologico voluto da Dio fa pure da sfondo a tutto il Nuovo Testamento. Essa non si esprime sol­ tanto in quell'esclamazione irrefrenabile di Rom. 1 1 , 33 ss . , spesso citata in questo libro, la quale s'impone all'apostolo dopo che egli ha gettato uno sguardo alla rivelazione storico-soteriologica circa la via seguita dal­ rEvangelo; ma si esprime pure in formule dossologiche, che Paolo e gli altri scrittori neotestamentari hanno trat­ to dalla liturgia della comunità o hanno forgiato essi stessi. Ovviamente la storia della salvezza può sclerotiz­ zarsi e diventare mera teoria teologica. Ma dove essa _avviva il culto, come in Israele e nella comunità primi­ tiva, anzi crea una nuova forma di culto, si manifesta tutta la sua dinamica. Ogni culto di cui ci parla la Bibbia è attualizzazione del passato e del futuro. Questo è già vero a proposito del culto ebraico; ma poiché la storia della salvezza neo.. testamentaria è intimamente caratterizzata dalla tensione fra « già » e « non ancora » , fra adempimento del pas­ sato e attesa della piena manifestazione finale, nella co­ munità cristiana la corrispondenza fra il tema della storia ..della salvezza e la realizzazione cultuale è perfetta. In­ fatti l'adempimento del passato e l'attesa della piena ma­ nifestazione vengono qui sperimentati al presente. Ab­ biamo spesso detto che la tensione è già abolita in Cristo, anche se continua ancora per noi. Questa dis-tensione in Cristo diviene visibile nel culto protocristiano. In esso Cristo è presente come crocifisso, risorto e al tempo stesso come colui che viene. Siccome la presenza di Cristo diviene reale nel pasto comunitario, il culto protocristiano, quando non è culto missionario ma culto comunitario, è impensabile senza la

    lA storia della salvezza

    e

    il culto

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    fractio panis 8• Nell'eucaris ti a protocristiana vengono at�

    tualizzati sia l'ultima cena dell ' Incarnato che i pasti pasquali del Risorto e il pasto messianico di Colui che deve venire. Le fasi fondamentali della storia della sal� vezza sono cosi messe in rapporto fra loro. Dove Cristo è presente , la sua opera storic�soteriologica diviene visi� bile in tutta la sua portata. Naturalmente occorre distinguere fra attualizzazione e ripetizione. Lo �> e realtà lineare, esistenza individuale e storia della salvezza s'incontrano. In questo punto la teologia storico�soteriologica e l'esistenzialismo si toccano. A questo proposito (ma solo a questo proposito ! ) si po­ trebbe anzi parlare di « esistenzialismo storico-soteriolo­ gico » . La cosa dovrebbe risultare evidente da quanto ho detto prima. Nella Bibbia un imperativo etico segue sempre un (lo! ) indicativo. Ma poiché nell'Antico come nel Nuovo Testamento la storia della salvezza sta al centro , poiché quindi l'indicativo biblico è rappresentato da u11a storia che si sviluppa, un'etica che si radichi in essa non può essere statica, nomistica e neppure antinomistica nel senso di una « etica della situazione » . Dobbiamo ritrovare nell'etica neotestamentaria tutte l e caratteristiche dell a storia della salvezza biblica e neotestamentaria in parti­ colare, delle quali si è parlato in tutto questo libro : in particolare l'intreccio del piano di Dio e della contin­ genza dello sviluppo storico, di verticalità e di orizzon­ talità, tanto importante per tutta la storia della salvezza. La subordinazione del comandamen to al processo soteriologico è evidente già nell'Antico Testamento. Ri­ corre come un leitmotiv la correlazione : « Avete veduto ... - quindi fate . . . » . Le cose non stanno diversamen te nel Nuovo Testamento : tutta l'etica ha il suo fonda­ mento da un l&tto nell'evento centrale e decisivo di Cri­ sto, dall'altro nel suo sviluppo cristologico . Si pensi sol­ tanto al cap. 6 dell'Epistola ai Romani : nella pritna

    Storia della salvezza



    etic4

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    parte il battesimo viene messo in rapporto con l'evento verifìcatosi una volta per tutte nella morte e nella risur­ rezione di Cristo, mentre nella seconda parte a questo indicativo (ciò che già siamo) si aggancia insistente l'im­ perativo (ciò che dobbiamo essere ). Anche in Col . 3 , 1-3 i grandi fatti cristologici sono messi in stretta relazione con la condotta cristiana : « Se dunque siete stati risu­ scitati con Cristo, cercate le cose di sopra, dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate l'animo alle cose di sopra, non a quelle che sono sulla terra ; poiché voi moriste, e la vita vostra è nascosta con Cristo in Dio » . Anche una imitatio Christi rettamente intesa, secondo l'impostazione neotestamentaria, ha un fondamento sto­ rico-soteriologico. Appena si attua in un caso individuale l'adeguamento etico alla storia biblica della salvezza, appare priva di ogni fondamento l'obiezione, ripetuta fino alla noia, che la storia della salvezza non lasci alcun campo alla deci­ sione personale. Naturalmente una decisione cosi fondata non fluttua a mezz'aria. Anzi, essa riceve appunto dalla storia della salvezza la concretezza che proprio l'esisten­ zialismo esige, e cessa di essere soltanto decisione per le decisione. La decisione per Cristo non è la vaga deci­ sione per « ciò che non è a nostra disposizione » , per la « demondanizzazione », per il « totalmente altro >> ; la decisione per Cristo mi situa in un quadro concreto, determinato dalla storia della salvezza passata e futura, nd quale devo adempiere un compito etico ben preciso , le cui direttrici (valide per il presente via via attuale nel corso della storia della salvezza ) sono accennate nella Bibbia 2• Quando « ciò che non è a nostra disposizione » è considerato soltanto piu in senso storico « puntuale » e non piu in senso storico-soteriologico, l'etica perde la concretezza che ha nella Bibbia e rischia cosf di rica­ dere �ul piano dei valori generali : proprio quello che ogni etica motivata esistenzialisticamente desidera evitare. 2 V.

    prinÌa, pp. 417

    a.

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    Storia

    dei dogmi

    e

    sistematica

    La contingenz a , che costituisce insieme alla costante tutta la storia della salvezza, mostra che né il pi a no sote­ riologico di Dio, né la nostra conoscenza di que s to piano escludono affatto una libera decisione. Risulta chiara, a questo proposito, l'importanza del fatto che la norma etica nella Bibbia è una storia. Una norma che è storia, non può essere statica. La libera decisione di in serirmi nel processo storico biblico - come per nascita sono inserito, ad esempio, nella storia del mio popolo - mi schiude una molteplicità di compiti e di forme di vita, fra i quali devo scegliere, nel mio caso particolare e nella mia situazione concreta. Questa molteplicità dipende dalla mol teplicità dei doni dello Spirito, che a sua volta di­ pende dalla molteplicità dei compiti, dei « m in ist eri », derivante dal piano e . dallo sviluppo della storia della salvezza. Anche dopo aver preso la decisione fondamen.. tale d'inserirmi nella storia della salvezza, e malgrado io sappia del piano div ino , anzi proprio a cau sa di esso, non mi è affatto evitata la decisione per un ministero particolare. A questo proposito dobbiamo ricordare tutto quello che abbiamo detto sul procedere ondeggiante della storia della salvezza, che include pure delle deviazioni. Vi sono sempre state delle ricadute; da sempre il pec­ cato umano si è riv oltato contro il piano di Dio, e da sempre Dio si è valso anche del peccato per continuare la mes s a in atto del suo piano. Abbiamo visto che anche nell 'epoca postbiblica dello « sviluppo » della storia della salvezza, essa continua a s vol gers i secondo le medesime linee. Il p rocesso « lineare » dev 'essere concepito in que .. sto modo - e solo in questo modo - né l'ho mai con­ cepito altrimenti. Ciò implica al tempo stesso che la deci­ sione etica sia messa in relazione con il piano divino e con l a libera contingenza storica. L'uno e l'altra garanti­ scono il carattere concreto di ogni decisione. Siccome la storia della salvezza li comprende entrambi - sia · il piano di Dio che la contingenza storica -· l'etica ad essa conforme è anzi piu concreta di qualunque altra. La giustapposizione del piano costante e della con-

    Storia della salveua

    e

    etica

    457

    tingenza storica contraddistingue il rapporto fra la norma stabilita e il fatto di essere legati a situazioni contingenti, rapporto proprio di tutta l'etica neotestamentaria. L'an·

    tica legge rimane in vigore, il Nuovo Testamento non ne porta una nuova, ma applica qu el la antica all a luce de ll ' ade mpi ersi di tutta la storia della salvezza . Anche nel Sermone sul monte Gesu non dà una nuova legge, ma mostra come in ogni situazione, di fronte al Regno di Dio che si è fatto infinitamente piu prossimo, l 'antica legge debba essere radicalmente adempiuta 3• Lo mostrano con evidenza particolare le antitesi del Sermone sul monte, ma anche le parabole con il loro quadro creato da Gesu. Il fatto che egli stesso proclami il decisivo : « Ma io vi dico . . . », e diventi quindi, con la propria persona, adempimento della legge 4, corr ispo nde al fatto che in lui tutta la storia della salvezza raggiunge il suo punto culminante. Quanto sia importante il fatto che la legge sia inserita nel quadro del processo storico neotestamen­ tario risulta dal detto penetrante di Gesu circa il sabato ( loghi on che leggiamo soltanto nel ma no scritt o D in rap­ porto a Le. 6, 5 ) : « Nello stesso giorno egli vide uno che lavorava di sabato e gli disse : " Uomo, se sai ciò che s ta i facendo, sei beato; ma se non lo sai, sei maledetto e tra­ sgressore della legge " » . Occorre in particolare riferirsi a ciò che Paolo dice del la condotta che i cristiani devono te­ nere in ca s i concreti, che devono essere ora affrontati all a luce dell'adempimento del comandamento dell'amore (ad esempio, il problema dell 'acquisto e del mangiare carni sacrificate agli idoli 5). Siccome la storia della salvezza procede) si sviluppa) nell'ambito di quella biblica si danno situazioni sempre nuove. È questa la ragione per cui la legge antica deve 3 Merito permanente della breve opera di R. Bultrnann, Jesus, è l'aver mostrato con tale chiarezza l'esigenza dell'adempimento radicale. 4 V. W. D. Davies, The Setting of the Sermon on the Mount, 1964, come le altre sue pubblicazioni, di particolare importanza appunto a proposito di questo problema. s In proposito dr. W. Schrage, Die leonkrete Einzelgebote in der paulinischen Pariinese, Ein Beitrag zur neutestamentlichen Ethik, 1961.

    Storia dei dogmi

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    e

    sistem{ltica

    essere appl ica ta in modo sempre nuovo ed è determinata dai nuovi indicativi storico-soteriologici. Però, dal mo­ mento in cui, in Cristo, si è raggiunto il culmine della storia della salvezza , quest'unico indicativo acquista va­ lore decisivo e costituisce pure il p rincipi o fondamentale

    dell'applicazione.

    Tutto ciò vale in modo particola re per l 'epoca post­ biblica . Anche in essa la storia della salvezza p rocede , anche in essa si verificano avvenimenti storico-soteriolo­ gici ; ma, come abbia mo visto, essi costituiscono uno svi­ luppo. Il compito e ti co è o ra rappresentato da!Papplica­ zione alle situazioni concrete via via attuali ; ma si tratta dell'applicazione di un a norma che risale all'Antico Testa­ mento, che è determinata dall 'evento cristologico deci­ sivo e che, in riferimento al pe r iod o attuale, viene pre­ cisata dalle caratteristiche che contraddistinguono il tempo della predicazione e della chie sa , che si estende fra Cristo e l a fine. Per l'etica è determinante il f2tto che questo periodo costituisca un tempo i nte rmedio . Da questo punto di vista , ha ragione A. Schweitzer quando definisce « etica dell 'interim » le istruzioni che Gesu ha date per questo tempo intermedio. Lo Schweitzer sottolinea però soltanto l ' a spe t to negativo di quest'interim , come se quel le istru­ zioni valessero esclusivamen te per l 'interim che al pr in­ cipio era considerato di durata assai breve ; in realtà , dev'essere invece sottolineato l'aspetto positivo, storico­ soteriologico di questo interim . Infatti , anche se il pro­ lungar s i dell'in terim ha conseguenze etiche 6, che non po s s ono essere minimizzate, s i deve dire che il fa tto del prolungamento non muta nella sua essenza il problema etico del tempo intermedio , finché si tiene realmente presente quest'aspetto interimale. Questo compito, di applicare l'antica legge adem piut a in Cristo alla nuova situazione creata dal nuovo even to, non facilita , anzi rende piu ardua per i cristiani la deci' V. piu avanti,

    p.

    46.5.

    Storia della salvezza

    e

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    sione etica . La difficoltà sta nel fatto che un 'etica radi­ cata nella storia della salvezza non può essere soltanto un'etica deli ' applicazione alla concreta situazione che di volta in volta si presenta, ma dev'essere al tempo stesso basata sulla norma storico-soteriologica. L'etica neote· stamentaria risponde a entrambe queste condizioni . l] giudizio etico, il ooxLJ.ui�rt.v di cui Paolo parla ripetuta­ mente, significa proprio questo. Una norma che è storia non può portare a un'etica statica ; inversamente, una contingenza storica, che si verifica nel quadro di un piano soteriologico rivelato da Dio, non può giustificare una decisione arbitraria . Anche sul piano etico appare cosi il rapporto complesso fra verticalità e orizzontalità. La « coscienza » non è eliminata dal ooxt.t.ui�ELV, che va attuato in riferimento alla storia della salvezza, anzi entra in funzione proprio nell'attuarlo. Poiché tutta l'etica è ancorata alla storia della sal· vezza, si deve prendere sul serio l'annuncio che il nostro tempo intermedio, qualunque sia la sua durata, è tempo escatologico. Sul terreno dell'etica neotestamen­ taria la serietà della decisione, sottolineata con tanto vigore dal Bultmann, trova appunto nelPinterpretazione temporale dell'escatologia, respinta dall'esistenzialismo, un impulso che si perde appena si abbandona questa �terpretazione. Non voglio dire che serietà e slancio manchino a un « essere sempre in stato di decisione » non concepito in senso storico·soteriologico ; esso ha tut­ tavia un'impostazione diversa da quella dell'appello alla « vigilanza >> contenuto nei loghia e nelle parabole dei Sinottici. Siccome il lioXLJ.Ul�Etv etico ha la sua radice nell'indi­ cativo dell'evento decisivo di Cristo, l' antore che questo indicativo esprime, contiene il principio orientatore del giudizio etico in ogni situazione concreta del tempo inter· medio. L'&:y6:1t11 7, quale principio determinante l 'appli­ cazione di tutta l 'etica cristiana, alla luce della storia 7 V. Ch. Spicq, Agapé dans

    le Nouveau Testament1 1-3, 1959

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    della salvezza viene basata sull'amore che Dio ci ha mani­ fest ato in Cristo , al momento culmina nte di tutto il pro­ cesso s ote riologico . L'esercizio dell'&:ya1t11 è fonda to su questo amore e trova in esso la p os si bil i tà di realizzarsi senza riserve, come risulta so prat tutto dalla prima Epi­ stol a di Giovanni. Perciò l ' esercizi o deH'tiyti1t1') è legato allo Spirito Santo, che contraddis tingue il nostro presente. Paolo ne ha parlato in modo particolarmente incisivo n ell 'impor­ tante pericope di Gal. 5 , 1 4 s s . Questo passo parenetico, malgr ado molte analogie con la parenesi giudaico-ellenistica e malgrado qualche derivazione d a ques t 'ultima , se ne distanzia poiché è legata alla contrapposizione storico­ s oteri olo gica che Paolo i s ti tui sce fra crapç e 7t'VEV (.Ut . Il fatto impossibile che amiamo il prossimo come ( spinti dal l a crap;) a m i a m o noi stessi , è già diventato possibile grazie al 1tVEVJ-.ltX. Soltanto quest'ultimo può reagire alla potenza mor tal e della aap�, che è già vinta d al 7t'VEV �, ma t ut tavia non ancora annientata. La cr&:pç p-ùò spingerei soltanto all'amore di noi stessi, cioè all'annientamento reciproco (v. 1 5 ). Il Pneuma deve spi ngerei all'amore del prossin1o. Un Pneuma che non si comunica, che non crea un continuo prende re e dare, non è Pneuma. Dove il Pneuma è all'opera , si crea la comunione mediante l 'amore fraterno. Perciò nell'elenco de i frutti del la carne v en gono menzionate soltanto mani festazion i e conseguenze dell'egoismo (v. 1 9 ss . ) . I frutti dello Spi­ rit o , invece, sono soltanto frutti dell'amore, che creano la comun ità (v. 22 ) .

    Nella prima Epistola ai Corinzi l'apostolo stesso ap­ plica il ooxt.(lasnv a varie s i tuazion i comunitarie e mostra come ad esempio il problema del m angi are la carne sacrificata agli idoli o qu ello della gl oss olal ia non deb­ bano essere risol ti teoreticamen te, ma solo nel caso con­ creto; eppure non in modo arbitrario, ma in base all'in­ dicativo storico-soteriologico dell'amore. Nel pa o lin ismo la legge, intesa come formulazione della volontà divina, non viene abbandona ta, ma è p ossibile adempierla in

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    modo radicale soltanto mediante il Pneuma comunicato nella fede, che spinge all 'amore del prossimo. L'atteggia� mento di Paolo di fronte alla legge è determinato nella sua complessità dalla sua concezione storico-soteriologica globale. Appare anche qui in tutta evidenza l'accosta­ mento, caratteristico di tutta la storia della salvezza, del piano costante di Dio e della contingenza storica. La legge conserva validità come comandamento (Rom . 7, 1 2 , « santo , giusto e buono »). Ma poiché l'uomo non ha conservato di fronte ad essa un atteggiamento di umile fede - cioé non ha riconosciuto la propria inca­ pacità di adempierla con le proprie forze, ma ha com­ messo il peccato originale dell'uomo confondendo il Crea­ tore e la creatura ( Rom. l , 2 1 ss . ) - nella definitiva manifestazione della salvezza in Cristo, che costituisce al tempo stesso l'espiazione di questo peccato, è apparso evidente che solo l'atto di un altro mi può rendere ca­ pace di osservare la legge . Ciò significa che mediante la fede in quest'atto devo ricevere lo Spirito che mi dà questa capacità ( Rom. 3 , 2 1 ss . ) . La legge mantiene quindi validità come comanda­ mento, ma viene abolito tutto ciò che è stato superato nel progredire del piano divino di salvezza dall'antico Patto al nuovo. La circoncisione, che costituiva il suggello dell'antico Patto, e che già mirava alla fede (Rom. 4 ) viene abolita, dopo che il battesimo, quale suggello del nuovo Patto, comunica lo Spirito. Se non si considera la storia della salvezza, la dottrina paolinica della legge risulterebbe assolutamente contraddittoria. Soltanto alla luce della storia della salvezza si può comprendere che la legge quale formulazione della volontà divina ( non quale mezzo per osservarla) conservi validità, ma che ne siano abolite parti essenziali, che nell'antico Patto costi­ tuivano comandamenti come il sacrificio e la circonci· sione. Paolo combatte con tanta asprezza il protrarsi della pratica della circoncisione, poiché cosi facendo si disconosce il piano redentore rivelato da Dio, il suo pro­ cedere dalla manifestazione della salvezza nell'antico Patto

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    quella nel nuovo. D'altra parte questo procedere fa anche si che tutta la legge sia reinterpretata alla luce di un principio unitario, quello dell ' amore assoluto, che ha il suo fondamen to nell'indicativo della nuova mani­ festazione della salvezza, avvenuta in Cristo. Abbiamo visto che, alla tensione tra « già » e « non ancora », che abbiamo definito la chiave di tut ta la storia della salvezza, co rrisponde sul piano etico il fatto che la �ap� è vinta, s1, ma non d istr ut t a . A causa del « non ancora » non solo la cr.Xpç, ma anche tutta l'economia di questo mondo dura anc o ra , e ciò ha conseguenze importanti per l 'etica. Infatti il nostro compito consiste nel vivere in questa economia voluta da Dio, della quale sappiamo che passa, tendendo al Regno veniente. La dialettica dell'etica neotestamentaria riposa sul fatto che dobbiamo accettare quest'economia che ancora sussiste per volere di Dio, lavorare in e ss a e per essa, miglio· rarla costantemente, senza però perderei in essa, senza mai considerarla come il nostro fine ultimo, né positi· vamente ( i lluden do ci di creare un Regno di Dio terreno ) né negativamente (affrettandone la distruzione con i no· stri mezzi umani) . S u tutti i nostri sforzi incombe la affermazione : « Lo schema di questo mondo pass a » ( l Cor. 7 , 3 1 ) . Abbiamo quindi obblighi verso Io Stato terreno, che è uno degli elementi di questa economia. Anche se si tratta di uno Stato pagano, è sottoposto senza saperlo alla signoria di Cristo, e noi che lo sap. piamo abbiamo da aiut arlo. Paolo parla in ques ti termini dello Stato in Rom. 13, l ss. Tuttavia, anche di fronte a uno S ta to « buono » di questo tipo, il nostro a tte g­ giamento deve restare critico. Sappiamo che esso non può diventare per noi un valore ul ti m o ( l Cor. 6, l ss. ). Gli diamo ciò che gli spett a, senza però vedere in esso un fine autonomo. Teniamo anzi presente la linea sottile della storia della salvezza, nella quale alla fine esso si ins erir à per volontà di Dio, e ci sforziamo di giud ica rlo da questo pun to di vista e di aiutarlo da questo punto di vista ad adempiere la sua missione. Se es so ci impe-

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    disce di dare a Dio ciò che è di Dio (Apoc. l3 ) , resiste­ remo, ma anche in questo caso non ne solleciteremo rannientamento in nome di Cristo. Il concetto di « cro­ ciata » è estraneo al Nuovo Testamento, poiché è incon­ ciliabile con la tensione fra « già » e « non ancora » 8• Di fronte all'esempio della nostra obbligazione nei confronti dello Stato, vediamo quanto sia ardua e com­ plessa la nostra decisione etica, appunto a causa di que­ sta tensione. Questo spiega come sia possibile che le affermazioni cos{ positive dell'apostolo Paolo in Rom . 1 3 si riferiscano al medesimo Stato pagano romano d i cui parla l'autore dell'Apocalisse giovannica nel suo cap. 1 3 ; e certamente Paolo avrebbe condiviso il giudizio che quest'ultimo dà nel suo contesto particolare, in cui parla della divinizzazione dello Stato (« la bestia che sale dal­ l'abisso », il culto dell'imperatore). Anche per questa ragione ogni etica dell'interim, intesa come etica per un tempo intermedio, dev'essere nuovamente determi­ nata in ogni caso concreto in base alla norma che ab­ biamo menzionato. Il 8oxt.�-ttisnv etico è il grande dono dello Spirito di cui abbiamo bisogno per applicare cor­ rettamente le norme che ci sono state date. Lo stesso dicasi per i cosiddetti valori della cultura, che ci sono offerti in questo mondo voluto da Dio. Ci sforziamo di valutarli in base alla nostra conoscenza del kairos storico-soteriologico, e di accordarli con esso, senza tuttavia distruggere la loro struttura « secolare » , che in sé non è da respingere piu di quanto lo sia lo S tato pagano; eppure, anche a questo riguardo, non possiamo esitare a porre un ultimo punto interrogativo. L'importante conseguenza che in l Cor. 7 , 29 Paolo trae dalla « brevità del tempo » - coloro che sono spo· sati devono vivere come se non lo fossero, coloro che piangono come se non piangessero, coloro che si ralle­ grano come se non si rallegrassero, coloro che comprano e

    • V. O. Cullmann, Der Staat im Neuen Testament, 1961 2 (Dio Cesare, 19,7).

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    come se . non possedessero - racchiude l'indicazione orientatrice per · tutta l'etica c ontraddistinta dal « già » e dal « no n ancora » della storia della salvezza: wç- 1-J.tl . Naturalmente viene s o tto linea to il « non », eppur e lo sposarsi ancora, il fare ancora cordoglio, il rallegrarsi ancora, il comprare ancora, rientrano in quest'atteggia· mento etico, come è prov a to dall'applicazione che questo comandamento trova in tu tt o l'epistolario paolinico . Non ci è però lecito sciogliere questi imperativi dal loro contesto temporale, a rischio, altrimenti, di privarll della loro impostazione paolinica fondamentale. Sono determinati dalla certezza che il tem po