Studi newtoniani
 8806054821

Table of contents :
Cover
Indice
Prefazione
I. Il significato della sintesi newtoniana
II. Concetto ed esperienza nel pensiero scientifico di Newton
III. Newton e Descartes
Appendici
Appendice A Huygens e Leibniz sull'attrazione universale
Appendice B L'attrazione, una qualità occulta?
Appendice C Gravità, una proprietà essenziale della materia?
Appendice D Il vuoto e l'estensione
Appendice E Rohault e Clarke sull'attrazione
Appendice F Copernico e Keplero sulla gravità
Appendice G Gassendi sull'attrazione e sulla gravità
Appendice H Hooke sulla attrazione gravitazionale
Appendice I Gassendi e il movimento orizzontale
Appendice J Lo stato di moto e lo stato di quiete
Appendice K Descartes sull'infinito e l'indefinito
Appendice L Dio e l'infinito
Appendice M Moto, Spazio, e Luogo
IV.Newton, Galileo e Platone
V. Una lettera inedita di Robert Hooke a Isaac Newton
VI. Le Regulae philosophandi di Newton
VII. Attrazione, Newton e Cotes
Indice dei nomi

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Ultima opera di Alexandre Koyré, questi Studi newtoniani concludo­ no il ciclo delle ricerche, iniziato con gli Studi galileiani, dedicate alla rivoluzione scientinca del secolo XVII. In questo volume Koyré chiari­ sce i rapporti di Newton con gli scienziati che l'avevano preceduto e dimostra che in lui la riflessione scientinca non si separa da costanti preoccupazioni nlosonche. Cosi il commento a un manoscritto inedito, redatto verso il 1670, e riguardante l'equilibrio dei fluidi e dei corpi immersi, prova la supe­ riorità di Newton nei confronti di Descartes sul piano dello stesso lin­ guaggio nlosonco. Koyré ricostruisce in questi studi la rete delle rela­ zioni che lega Newton non soltanto a Descartes, ma anche a Coperni­ co, Keplero, Galileo, Gassendi, Hooke, Leibniz, Malebranche e ad al­ tri ancora. Anche in queste pagine, il lettore avrà modo di apprezzare la precisio­ ne e la ricchezza dell'analisi, basata sull'utilizzazione diretta dei testi. Sono le qualità che fanno di questi Studi uno strumento importante per avvicinare in tutte le sue implicazioni il pensiero scientinco e nlo­ sonco moderno. Alexandre Koyré nacque in Russia nel 1892, studiò a Gottinga con Husserl e a Parigi con Bergson, Gilson e Brunschvicg. Insegnò a Parigi alla Ecole Pratique des Hautes Etudes, e durante la seconda guerra mondiale emigrò negli Stati Uni­ ti. Fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1964, si divise tra l'insegnamento pari­ gino e la ricerca a Princeton. Di lui Einaudi ha pubblicato Studi galileiani e Dal mondo del pressappoco all'universo della precisione.

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ISBN

88'06'°5482'1

Einaudi Paperbacks

140

Titolo originale

Newtonian Studies

Harvard University Press, Cambridge (Mass.) Copyright © 196, by the President and Fellows of Harvard College Copyright © 1972 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino Prima edizione nella «Biblioteca di cultura filosofica", 1972 Prima edizione negli «Einaudi Paperbacku, 198,3 ISBN

88-06-0'482-1

Alexandre Koyré

Siadi ae.loaiaai Traduzione di Paolo Galluzzi

Indice

p. IX

Prefazione

Studi newtoniani 3 l7

'9

I. Il significato della sintesi newtoniana II. Concetto ed esperienza nel pensiero scientifico di Newton III. Newton e Descartes

Appendici Il7

A

Huygens e Leibniz sull'attrazione universale

1'4 16, 18l 188 191 194 198

H

Hooke sulla attrazione gravitazionale

l04

I

Gassendi e il movimento orizzontale

K

Descartes sull'infinito e l'indefinito

ll4

L

Dio e l'infinito

1 I8

M

Moto, Spazio, e Luogo

B

L'attrazione, una qualità occulta?

c

Gravità, una proprietà essenziale della materia?

D

Il vuoto e l'estensione

E

Rohault e Clarke sull'attrazione

F

Copernico e Keplero sulla gravità

G

Gassendi sull'attrazione e sulla gravità

10 stato di moto e lo stato di quiete

l07 II I

ll3 l4'

191 30'

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IV. Newton, Galileo e Platone v. Una lettera inedita di Robert Hooke a Isaac Newton VI. Le Regulae

philosophandi di Newton

VII. Attrazione, Newton e Cotes

Indice dei nomi

Prefazione

La presente raccolta di studi newtoniani comprende saggi scritti durante gli anni 1950-62, e illustrano ciascuno un aspetto diverso del pensiero scientifico di Newton. Sebbene ognuno sia stato scritto sepa­ ratamente e sia da considerarsi indipendente da tutti gli altri, l'insie­ me è però legato da qualcosa di piu del solo fatto che ciascun saggio tratta un aspetto del pensiero dello stesso scienziato. Il tema centrale è l'illustrazione mediante l'analisi concettuale del modo come le idee

scientifiche fondamentali siano contemporaneamente in rapporto con le principali correnti del pensiero filosofico e tuttavia determinate da controlli empirici. Tutti i saggi sono già stati pubblicati, tranne uno (Newton e Des­

cartes), ma vengono qui presentati con l'aggiunta di materiale nuovo. Materiale che può consistere di piccole revisioni, aggiunte per aggior­ nare determinate analisi alla luce della ricerca corrente, o in alcuni casi della semplice citazione di studi recenti che possono dare dimensioni nuove a parecchi dei punti in discussione. Tre dei saggi, Newton} Galileo e Platone, Le «Regulae philoso­ phandi» di Newton e Concetto ed esperienza nel pensiero scientifico di Newton (in origine L'ipotesi e l}esperienza in Newton), pubblicati prima in francese, sono dati qui secondo la traduzione inglese. Newton e Descartes, finora inedito, si basa sulla terza conferenza Horblit sulla storia della scienza tenuta alla Harvard University. Vorrei esprimere i miei ringraziamenti a Mark M. Horblit, fondatore di queste confe­ renze, e al comitato per la storia della scienza della Harvard University per il privilegio accordatomi di partecipare a questo ciclo. Per pub­ blicarlo ho molto ampliato il testo della conferenza e ho aggiunto un buon numero di note e appendici. Tale saggio indaga solo su una pic-

Prefazione

x

cola parte, sebbene assai importante, dei rapporti tra questi due gran­ di uomini. Non entra in particolari sui numerosi e ovvi contatti tra Newton e Descartes. Per esempio non studio i rapporti tra la geome­ tria di Descartes dello greco.

e

i metodi geometrici di Newton concepiti sul mo­

Infine vorrei esprimere la mia gratitudine a coloro che mi hanno aiutato a preparare il manoscritto per la pubblicazione del volume, il professor I. B. Cohen della Harvard University, Helen R. Kessler e Edward J. Collins di Cambridge, Massachusetts, e Mimica Cranaki Belaval di Parigi. A.KOYRÉ Parigi,

20

gennaio I964.

Il professor Koyré mori a Parigi il 28 aprile 1964. Prima di morire egli aveva accu­ ratamente rivisto ogni capitolo, correggendo il dattiloscritto di Newton e Descartes, controllando le traduzioni degli articoli in francese, e ampliando e riscrivendo brani no­ tevoli degli articoli già usciti in inglese. Pertanto le versioni pubblicate qui rappresen­ tano i suoi ultimi desideri. Questo volume contiene i seguenti saggi: I.

Il significato della sintesi newtoniana Conferenza all'Università di Chicago, 3 novembre 1948; pubblicata in «Ar­ chives Internationales d'Histoire des Sciences�, 3, 1950, pp. 291-3II; ristam­ pata in«Journal of Generai Education�, 4, 1950, pp. 256-68.

II.

Concetto ed esperienza nel pensiero scientifico di Newton Pubblicato in origine con il titolo L'ipotesi e l'esperienza in Newton, in «Bul­ letin de la Société Française de Philosophie�, 50, 1956, pp. 59-79.

III.

Newton e Descartes Studio basato su una conferenza Horblit sulla storia della scienza, Harvard University, 8 marzo 1961.

IV.

Newton, Galileo e Platone Letto al IX congresso internazionale di storia della scienza, Madrid 1959; pub­ blicato per la prima volta in «Actes du IX' Congrès International d'Histoire des Sciences», 1960, pp. 165-97; ristampato in «Annales», 6, 1960, pp. 1°411059.

V.

Una lettera inedita di Robert Hooke a Isaac Newton

VI.

Le« Regulae philosophandi» di Newton

Pubblicata in«Isis», 43, 1952, pp. 312-37.

Pubblicato in «Archives Internationales d'Histoire des Sciences», 13, 1960, pp. 3-14. VII.

Attrazione, Newton e Cotes Pubblicato in «Archives Internationales d'Histoire des Sciences», 14, 1961, pp. 225-36.

Siadi De_loDiaDi

I.

Il significato della sintesi newtoniana

È ovviamente impossibile fornire in un breve spazio un'illustra­ zione dettagliata della nascita, dello sviluppo e del tramonto della con­ cezione newtoniana dell'universo. E pressoché impossibile è anche dare un'idea ragionevolmente completa del lavoro compiuto dallo stesso Newton \ . Nell'affrontare questo soggetto cercheremo dunque di !imitarci al veramente essenziale tralasciando o presupponendo tut­ ta una serie di notizie. Sono infatti convinto che questo non renderà l'esposizione meno intelligibile, dato che ognuno di noi possiede qual­ che informazione su Newton, autore incomparabilmente pio noto di tutti gli altri grandi scienziati e filosofi dal cui sforzo comune è carat­ terizzato il secolo XVII il secolo della genialità, come Whitehead lo ha definito. Sappiamo, ad esempio, che è all'intuito e al genio sperimentale di Newton, non a disposizioni acquisite (altri, per esempio Robert Hooke, non gli furono inferiori né per studio né per preparazione scientifica), che dobbiamo l'idea della decomposizione della luce e la prima teoria scientifica dei colori dello spettro '; che è alla sua pro-

\

La migliore esposizione generale dell'opera scientifica di Newton rimane quella di

F. RO·

Isaac Newton und seine physikalischen Principien, Leipzig 189'. Cfr., comunque, anche H. w. TURNBULL, The Mathematical Discoveries 01 Newton, Blackie, London 194'; S. J. VAVILOV, Isaac Newton, Akademiia Nauk, Moskva 1943 [trad. it. Einaudi, Torino 19'4] e I. B. COHEN, Franklin and Newton, The American Philosophical Society, Philadelphia 19,6. La mi­ gliore biografia disponibile è ancora quella di L. T. MORE, Isaac Newton, Scribner, New York­ London 1934. , La produzione dei colori dello spettro mediante cristalli e gocce d'acqua e la analoga teo­ ria dell'arcobaleno hanno una lunga storia e anche una preistoria che si estendono attraverso il medioevo fino all'antichità. Nel secolo XVII tale fenomeno è stato studiato principalmente da MARCUS ANTONIUS DE DOMINIS, De radiis visus et lucis in vitris perspectivis et iride tractatus, Venetiis 16u; da Descartes nella Dioptrique e nelle Météores, pubblicati in appendice al Dis­ cours de la méthode a Leiden nel 1637; da MARCUS MARCI, Thaumanthias, liher de arcu coelesti deque colorum apparentium natura, Pragae 1648; da F. M. GRIMALDI, Physico-mathesis de luSENBERGER,

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Studi newtoniani

fonda intelligenza filosofica che dobbiamo la formulazione - anche se non la scoperta - delle leggi fondamentali del movimento l e dell'azio­ ne, insieme alla chiara comprensione del metodo e del significato della ricerca scientifica; che fu la sua invenzione del calcolo infinitesimale a metterlo in grado di dimostrare l'identità di gravitazione terrestre e celeste e di scoprire la legge d'attrazione fondamentale che unisce strettamente - o almeno fino a tempi recenti univa - i minimi e i mas­ simi corpi - stelle e atomi - dell'universo infinito. Sappiamo anche, naturalmente, che non a lui ma al suo grande rivale Leibniz 2 si deve de facto l'effettiva diffusione e sviluppo del calcolo infinitesimale, sen­ za il quale la progressiva affermazione e perfezionamento del systema mundi newtoniano sarebbero stati impossibili. Inoltre, almeno la m iggior parte di noi è nata e cresciuta - a dire il vero, non cresciuta (poiché ciò è impossibile) ma solo nata - in un mondo newtoniano, o almeno seminewtoniano, e abbiamo tutti, o quasi tutti, accettato l'idea della macchina newtoniana del mondo co­ me espressione dell'immagine reale dell'universo e del concretizzarsi della verità scientifica. Questo perché per pi6 di duecento anni tale è stato il credo comune, la communis opinio, della scienza moderna e degli uomini colti. mine, coloribus el iride, Bononiae 16,,; e specialmente da ROBERT BOYLE, Experimenls and Consideralions Upon Colours, London 1664, e ROBERT HOOKE, Micrographia: or some Physiolo­ gical Descriplions of Minule Bodies made by Magnifying Glasses, Londini 166,. Newton non

scopri il fenomeno ma si limitò a sottoporIo ad un esatto criterio di misurazione interpretandolo come decomposizione (e ricomposizione) della luce bianca nei suoi componenti attraverso il pri­ sma, in opposizione alla concezione prenewtoniana che spiegava il fenomeno dei colori dello spettro come l'effetto di un processo di modificazione qualitativa subito dalla luce bianca nel passare attraverso il prisma. Per la storia di questo problema cfr. VASCO RONCHI, Sioria della luce, Zanichelli, Bologna 1939, 2' ed. 19'2, e ROBERTO SAVELLI, Grimaldi e la rifrazione, in «Ce­ salpin8lO, 19'1. l Le leggi del movimento furono scoperte da Galileo e da Descartes. Cfr. i miei Eludes ga­ li/éennes, Hermann, Paris 1939 [imminente la trad. it., Einaudi, Torino] cfr. anche R. DUGAS, His­ loire de la méeanique, Editions Dunod, Paris 19'0, La Méeanique au XVII" siècle, Editions Du­ nod, Paris 19'4, e A. R. HALL, The Scienli/ic Revolulion, Longmans & Green, London 1954. 2 Nessuno oggi dubita della indipendenza ed originalità della scoperta del calcolo differen­ ziale da parte di Leibniz cosi come nessuno ha mai dubitato della superiorità del simbolismo leibniziano. Cfr. H. G. ZEUTHEN, Die Geschichle der Malhemalik im XVI. und XVII. Jahrhunderl, Teubner, Leipzig 1903; C. B. BOYER, The Concepis of Ihe Calculus, Columbia University Press, New York 1939; 2" ed. Hafner, New York 1949. Proprio per questo è interessante osservare che, secondo il professor Hadamard, le teorie leibniziane sono inferiori alle newtoniane cosi come il concetto del «differenziale» è inferiore a quello della «flussione». Cfr. JACQUES s. HA­ DAMARD, Newlon and Ihe ln/inilesimal Caleulus, in Newlon Tercenlenary Celebralion della Royal Society di Londra, Univcrsity Press, Cambridge 1947, pp. 35-42.

Il significato della sintesi newtoniana

,

Mi pare dunque si abbia il diritto di presumere che quando parlia­ mo di Newton e del newtonianismo sappiamo pressappoco di cosa stiamo parlando. Pressappoco! In un certo senso proprio l'uso di que­ sta espressione in riferimento a Newton suona inopportuno. Pare in­ fatti che il piu profondo significato e scopo del newtonianismo o, piuttosto, dell'intera rivoluzione scientifica del secolo XVII di cui New­ ton fu al tempo stesso l'erede e l'espressione piu alta, risiedano pro­ prio nell'abolizione del mondo dei «pressappoco», il mondo delle qua­ lità e delle percezioni sensibili, il mondo della sopravvalutazione del­ l'esperienza quotidiana, e nella sostituzione ad esso dell'universo (ar­ chimedeo) in cui dominano la precisione, la misurazione esatta, la de­ terminazione rigorosa. Fermiamoci un momento su questa rivoluzione, una delle piu pro­ fonde, se non la piu profonda, delle modificazioni e trasformazioni compiute - o subite - dalla mente umana dai tempi dell'invenzione del cosmos, da parte dei greci duemila anni prima I. Questa rivoluzio­ ne è stata descritta e interpretata - assai piu interpretata che descritta - in un numero considerevole di modi. Alcuni hanno sottolineato co­ me caratteristico della scienza moderna e dei suoi esponenti (in modo particolare di Bacone e Descartes) il contrapporre al precedente atteg­ giamento di reverente e supremo rispetto della tradizione e dell'au­ torità consacrata, la fondamentale importanza dell'esperienza e del­ l'esperimento, la polemica contro la cultura pedante, la rinnovata fidu­ cia dell'uomo moderno in se stesso, nella capacità di raggiungere la verità con le sue forze, usando la sensibilità e l'intelligenza. Altri hanno posto l'accento sull'atteggiamento pratico dell'uomo moderno, che, scegliendo la vita attiva, rifugge dalla vita contempla­ tiva, considerata dall'antichità e dal medioevo la vera acme della vita umana. L'uomo moderno non può piu dunque accontentarsi della pu­ ra speculazione teorica ma vuole una scienza da applicare praticamen­ te; scientia activa, operativa, come la definf Bacone; una scienza che mira a fare dell'uomo il signore e il dominatore della natura, come la intese Descartes 2. I Cfr. il mio Galileo and the Scientific Revolution 01 the Seventeenth Century, in .. Philoso­ phical Review», 'l, 1943, pp. 333-48. 2 I filosofi sono portati spesso a falsare il significato delle posizioni filosofiche contempora­ nee e - per quanto riguarda il passato - a dimenticare che assai spesso gli insegnamenti filosofici l

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Studi newtoniani

La nuova scienza, si è talvolta sostenuto, è la scienza dell'artigia­ no e dell'ingegnere, dell'attivo, intraprendente e spregiudicato com­ merciante, la scienza, insomma dei nascenti ceti borghesi della società moderna I. Vi è senza dubbio qualcosa di vero in queste interpretazioni e spie­ gazioni - è indiscutibile che lo sviluppo della scienza moderna pre­ supponeva quello delle città, che il perfezionamento delle armi da fuo­ co, specialmente dell'artiglieria, richiamò l'attenzione sui problemi di balistica; che la navigazione, specialmente verso l'America e l'India, favori la costruzione di orologi, ecc. - eppure ciascuna di esse mi la­ scia perplesso e insoddisfatto. Non vedo infatti che nesso si possa sta­ bilire tra la scientia activa e il perfezionamento del calcolo, tra la na­ scita della borghesia e l'avvento dell'astronomia di Copernico e di Ke­ pIero. E, quanto all'esperienza e all'esperimento - due cose che dob(e religiosi) pili che esprimere le convinzioni di un'epoca si oppongono alle correnti prevalenti in essa. I La spiegazione psicosociologica della nascita della scienza moderna si presenta come la sintesi di due teorie tutt'altro che equivalenti: I) la scienza moderna fu conseguenza dello svi­ luppo tecnico dei secoli XVI e XVII; tale sviluppo fu opera di tecnici, ingegneri civili e special­ mente militari (Leonardo, Stevin), dei proti dell'Arsenale di Venezia, e cosi via; e 2) la scien­ za moderna fu promossa da scienziati che, in seguito alla crescente importanza della tecnica e alla supremazia sociale conquistata dai ceti borghesi nel secolo XVI e XVII, si dedicarono alla so­ luzione di problemi industriali dei quali non si erano pili curati dai tempi di Archimede. Di queste due teorie, a me sembra che la prima trascuri il ruolo dell'interesse puramente teoretico per la matematica che condusse, per trarne linfa vitale, alla riscoperta della scienza greca, e, la seconda, la crescente importanza dello studio e l'autonoma evoluzione dell'astronomia, deter­ minata pili che da bisogni pratici da un interesse teoretico per la struttura dell'universo. Per di pili, queste posizioni non considerano che matematici e astronomi (per non parlare dei fisici sperimentali) hanno bisogno di denaro, forse pili ancora dei teologi e dei giuristi, e sono quindi portati a sottolineare il valore pratico del loro lavoro per poter meglio"vendere» la loro scien­ za a ricchi e ignoranti padroni. Questo tipo di propaganda fu senza dubbio caratteristico del secolo XX; tuttavia era già iniziato nel sec. XVI. Fu principalmente alla sua abilità e al suo valo­ re di propagandista (buccinator) che Bacone dovette la sua popolarità tra gli scienziati dei secoli XVII e XVIII. La teoria psicosociologica (marxista e pseudomarxista) ha i suoi migliori esposi­ tori in F. BORKENAU, Der Uebergang vom feudalen %um biirgerlichen Weltbild, Alcan, Paris 1934; B. HESSEN, The Social and Economic RooII o/ Newton's «Principia», in Science at thc Cross-roads: Paperr Prerented to the International Congress o/ the Hirtory o/ Science and Technology Held in London, I93I, dai delegati dell'Unione Sovietica (Kniga, London 1931); E. ZILSEL, The Sociological Rootr of Science, in «American Journal of Sociology», 47, 1942, pp. '44-62. Critici rispetto a questa impostazione sono G. N. CLARK, Science and Social We//are in the Age o/ Newton (Oxford University Press, London 19492); G. GROSSMANN, Die gerell­ rcha/tlirchen Grundlagen der mechanirtischen Philorophie und die Manufaktur, in .. Zeitschrift fiir Sozialforschung .., 193', pp. 161 sgg. Cfr. anche P. M. SCHUHL, Machinirme et philorophie, Presses Universitaires de France, Paris 1938, 2" ed. 1947, e il mio articolo Ler philoropher et la machine, in "Critique», 23, 1948, pp. 806-23, ristampato in Etuder d'hirtoire de la penrée philorophique, Armand Colin, Paris 1961.

II significato della sintesi newtoniana

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biamo non soltanto distinguere ma anche contrapporre - sono con­ vinto che la nascita e lo sviluppo della scienza sperimentale non furo­ no la causa bensf, al contrario, l'effetto del nuovo atteggiamento teo­ retico - cioè del nuovo atteggiamento metafisico - nei confronti della natura. In tale nuovo atteggiamento va individuato il vero contenuto della rivoluzione scientifica del secolo XVII, un contenuto che è indi­ spensabile comprendere prima di poter azzardare un'interpretazione (qualunque essa sia) di quel fenomeno storico. Ritengo si possa condensare il senso di questa rivoluzione in due punti strettamente connessi e anche complementari: a) la distruzio­ ne del cosmos e quindi la scomparsa della scienza - almeno in linea di massima - di tutte le considerazioni fondate su questo concetto I; b) la geometrizzazione dello spazio, vale a dire la sostituzione del con­ creto e differenziato luogo «continuum» dei fisici ed astronomi pre­ galileiani, con l'omogenea e astratta - ora, comunque, considerata reale - dimensione spaziale della geometria euclidea. In realtà, ciò equivale a dire che si assiste alla matematizzazione (geometrizzazione) della natura e, quindi, alla matematizzazione (geo­ metrizzazione) della scienza. La scomparsa - o distruzione - del cosmos indica che il mondo della scienza, il mondo reale, non è piu visto o concepito come un tut­ to finito e ordinato gerarchicamente, cioè qualitativamente e ontolo­ gicamente differenziato, bensf come un universo aperto, indefinito e anche infinito, tenuto insieme non dalla sua struttura immanente, ma soltanto dall'identità dei suoi contenuti e leggi fondamentali 2. Un uni­ verso nel quale, in contrasto alla tradizionale concezione di una sepa­ razione e opposizione tra mondo dell'essere e mondo del divenire, va­ le a dire tra cielo e terra, tutti i componenti sembrano sistemati al me­ desimo livello ontologico. Un universo nel quale la physica coelestis e la physica terrestris vengono identificate e unificate, nel quale astro1 Come vedremo in seguito, la scienza newtoniana, o almeno la concezione newtoniana del· l'universo, affermava il carattere finale del mondo (sistema solare). Non per questo però spiegava le caratteristiche del mondo deducendole da uno scopo. Keplero utilizzava invece questo mo­ dello di spiegazione. 2 La geometrizzazione dello spazio implica necessariamente la sua infinitizzazione: non si possono assegnare termini allo spazio euclideo. Analogamente la distruzione del cosmo equivale alla «rottura del circolo,. - secondo l'espressione di M. Nicolson - o all'«esplosione della sfera,. come l'ho definita.

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Studi newtoniani

nomia e fisica diventano interdipendenti e strettamente connesse a motivo della loro comune subordinazione alla geometria I. Questo, a sua volta, implica la scomparsa - o la violenta espulsio­ ne - dal pensiero scientifico di tutti i ragionamenti fondati sul valore, sulla perfezione, sull'armonia, sul significato, e sul fine, poiché que­ sti concetti, da adesso in poi semplicemente soggettivi, non trovano posto nella nuova ontologia. In altre parole, le cause finali o formali come criteri di spiegazione spariscono - o vengono respinte - dalla nuova scienza mentre subentrano al loro posto le cause efficienti e ma­ teriali 2. Soltanto queste ultime sono ammesse nel nuovo universo del­ la geometria ipostatizzata ed è solo in questo mondo astratto-reale (archimedeo), dove i corpi astratti si muovono in uno spazio astratto, che le leggi dell'essere e del movimento della nuova scienza - la scien­ za classica - appaiono valide e vere. È facile adesso comprendere perché la scienza classica - come spes­ '>0 è stato detto - ha sostituito a un mondo di qualità un mondo di quantità: come già Aristotele sapeva perfettamente, non vi sono in­ fatti qualità nel mondo dei numeri, né in quello delle figure geometri­ che. Le qualità non trovano posto nel regno dell'ontologia matema­ tica. È adesso facile anche comprendere perché la scienza classica - co­ me raramente è stato notato - ha sostituito al mondo del divenire e l Cfr. i miei Etudes galiléennes e Galileo and Plato, in «Journal of the History of Ideau, 4, 1963, pp. 400-28, ristampato in Roots 01 Scientific Thought, a cura di Philip Wiener e Aaron Noland, Basic Books, New York 19'7 [Introduzione alla lettura di Platone (Appendice: Galileo e Platone), trad. it. Vallecchi, Firenze 19,6]. 2 Si è spesso detto che la sciema moderna è caratterinata dalla rinuncia a ricercare le cause e dal suo limitarsi a stabilire le leggi. Eppure, come è stato dimostrato da P. Duhem, InzEIN TA cIIAINOMENA, Essai sur la notion de la théorie physique de Platon à Galilée, Hermann, Paris 1908, La Théorie physique: San ob;ect, sa structure, Chevalier et Rivière, Paris 1906, questo at­ teggiamento «positivistico». senza dubbio moderno, fu largamente presente anche nell'astrono­ mia e filosofia greche e medievali, che, assai spesso, considerarono i cerchi, gli eccentrici e gli epicicli di Tolomeo, come pure ipotesi matematiche e non come realtà fisiche. Il principale di­ fensore di questa tesi fu, nel medioevo, Averroè. Quanto a Tolomeo, egli stesso sembra adot­ tarla nell'Almagestum (Sintassi matematica), anche se non nelle Ipotesi dei pianeti. D'altro lato, come è stato definitivamente dimostrato da E. MEYERSON, Identité et realité, Vrin, Paris 19'15, e De l'explication dans les sciences, Payot, Paris 1921, questa rinuncia è sempre stata tempo­ ranea e il pensiero scientifico si è sempre sforzato di proiettarsi oltre le leggi per scoprire il «mécanisme de production» dei fenomeni. Si potrebbe aggiungere che, da una parte, fu pro­ prio la ricerca delle leggi causali dei movimenti celesti che spinse Keplero a concepire la sua Astronomia nova come Fisica celeste mentre, dall'altra, fu proprio l'assenza di una teoria della gravità a generare in Galileo l'errata convinzione che la gravitazione fosse una forza costante.

Il significato della sintesi newtoniana

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del mutamento quello dell'essere: come già Aristotele aveva affer­ mato, non c'è mutamento o divenire nei numeri e nelle figure '. Ma, nel far ciò, si vide costretta a ricomporre e riformulare o riscoprire i suoi concetti fondamentali, come quelli di materia, movimento, ecc. Se valutiamo l'enorme portata e importanza di questa tanto pro­ fonda e radicale rivoluzione dovremo ammettere che, nell'insieme, es­ sa è stata sorprendentemente rapida. Nel 1543 - cento anni prima della nascita di Newton - Copernico strappò via la terra dalle sue fon­ damenta e la scagliò nel cielo '. All'inizio del secolo (1609 e 1619) Keplero formulò le leggi dei moti celesti distruggendo le orbite e le sfere che imprigionavano il mondo determinandone la coesione 3, mentre, contemporaneamente, Galileo, costruendo i primi strumenti scientifici e mostrando al genere umano cose mai viste prima di allo­ ra', rese accessibili alla ricerca scientifica i due mondi strettamente connessi dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo. Inol­ tre, sottoponendo il movimento a misurazione matematica, Galileo elaborò una nuova formulazione dei concetti di materia e di movi­ mento che formarono la base della nuova scienza e cosmologia 5. Fu proprio servendosi di questi concetti che Descartes - identificando materia e spazio - nel 1637' tentò, seppure senza fortuna, di riedifi­ care il mondo e che Newton - distinguendo nuovamente la materia dallo spazio - riuscl infine pienamente nella sua ricostruzione. Il nuovo concetto di movimento che trionfalmente si affermò nella scienza classica è assolutamente elementare, tanto elementare che, , L'Opticks di Newton nega infatti che una qualsiasi modificazione qualitativa venga su­ bita dalla luce che attraversa il prisma. Il prisma funziona solo da setaccio: distingue gli ele­ menti di una miscela separando i diversi raggi che compongono la luce bianca, raggi già pre­ cedentemente contenuti in essa. Secondo Newton l'esperimento del prisma, come ogni esperi­ mento valido, rivela elementi già presenti, non ne produce di nuovi. , De revolutionibus orbium coelestium, Noricae 1'43. 3 Le prime due si trovano esposte nell 'Astronomia nova AITIOAOrHTOI: sive physica coelestis tradita commentariis de motibus stellae martis (1609); la terza invece in Harmoni­ ces mundi, Lincii 1619. • Sidereus nuncius. , Venetiis 1610. 5 Dialogo. . . sopra i due massimi sistemi del mondo. . . , in Fiorenza 1632, e Discorsi e dimo­ strazioni intorno a due nuove scienze, Leiden 1638. ..

• Discours de la méthode pour bien conduire sa raison et chercher la verité dans les scien­ ces, Leiden 1637 e Principia philosophiae, Amstelodami 1664; ma già nel 1629 e 1630 nel non pubblicato Monde ou traité de la lumière.

IO

Studi newtoniani

sebbene sia molto facile usarlo - una volta che vi si sia presa confi­ denza - resta sempre molto difficile - anche per noi - abbracciarlo e comprenderlo completamente. Pur non potendolo analizzare in que­ sta sede I, tuttavia vorrei sottolineare, come con estrema chiarezza affermò Descartes, che tale concetto sostituisce a una nozione fisica una nozione puramente matematica e che la nuova - o classica - con­ cezione, in opposizione a quella pregalileiana e precartesiana (che considerava il movimento come una specie di divenire, una specie di processo di cambiamento che colpiva i corpi sottoposti ad esso, diver­ samente dalla quiete che non provocava alcun mutamento) interpreta il movimento come un modo di essere che non è un processo ma uno status, uno status non meno permanente e indistruttibile della quiete 2 e che non piu di quest'ultima modifica i corpi in movimento. Posti cOSI al medesimo livello ontologico, privati delle loro distinzioni qua­ litative, movimento e quiete diventano indistinguibili J. Moto e quiete sono ancora contrapposti, ma la loro contrapposizione si è trasfor­ mata in semplice correlazione. Moto e quiete non esistono piu nei cor­ pi stessi. I corpi sono in quiete o in movimento solo l'uno rispetto al­ l'altro, oppure sono in quiete e si muovono in rapporto allo spazio nel quale si trovano. Moto e quiete sono relazioni, sebbene al tempo stesso vengano considerati come «stati ». È questa la concezione (delle cui difficoltà interne Newton fu senza dubbio completamente consa­ pevole) che sostiene - e forse mina - la magnifica struttura della scien­ za classica ed è a proposito di questo movimento che nella sua famosa prima legge o assioma Newton afferma che «corpus omne perseverare I

Cfr. i miei Etudes gali/éennes.

2 Il moto, perciò, permane nel proprio stato

sua sponte proprio come la quiete - non avendo bisogno per conservarvisi né di un motore né di una causa interna o esterna. Di conse· guenza, vi permane senza mutamento - poiché il mutamento implica una causa - vale a dire con la medesima velocità e nella medesima direzione. � questo tipo di movimento - rettilineo e uniforme - che Newton definl «inerziale,. (cfr. cap. III, Newton e Descartes). Il termine «inerziale,. fu usato per la prima volta da Keplero che gli attribui il significato di «resistenza al mutamento,.. Per Keplero, che considera il moto come un mutamento, inertia è la resistenza al moto; per Newton, che non considera piu il moto come un mutamento, inertia è la forza di resistenza all'accelerazione (positiva o negativa) e al mutamento di direzione. l L'equivalenza di moto rettilineo e quiete è affermata da Descartes expressis verbis. Nella fisica newtoniana il moto relativo e la quiete sono equivalenti, mentre il moto assoluto e la quiete, naturalmente, non sono equivalenti. Sfortunatamente essi rimangono indistinguibili, almeno per noi, se non per Dio. -

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in statu suo quiescendi vel movendi uniformiter in directum nisi qua­ tenus a viribus impressis cogitur statum illum mutare» I. Il movimento di cui tratta questa legge non è il movimento dei cor­ pi della nostra esperienza, non s'incontra nella vita di ogni giorno. È il moto di corpi geometrici (archimedei) nello spazio astratto. Que­ sto è il motivo per cui non implica affatto mutamento. Il movimento di corpi geometrici in uno spazio geometrico non produce mutamento alcuno. I «luoghi» in uno spazio simile sono equivalenti e anche iden­ tici. È un mutare restando immutati, se COSI si può dire, è uno strano e paradossale impasto dell'identico e del diverso quale Platone cercò di effettuare - senza riuscirvi - nel Parmenide. La trasformazione del concetto di movimento diviene inevitabile - sostituzione del concetto empirico con quello matematico-ipoteti­ co - quando si tratta di sottoporre il movimento a misurazione per trattarlo matematicamente, per dar vita a una fisica matematica. A sua volta, anche la matematica deve essere trasformata (e l'aver effet­ tuato questa riforma è merito immortale di Newton). Gli enti mate­ matici devono essere portati, in un certo senso, pio vicini ai fisici, sot­ toposti al movimento e considerati non nel loro «essere» ma nel loro «divenire», o nel loro «fluire» '. Occorre considerare e comprendere che le curve e le figure della geometria non risultano costituite da diversi elementi geometrici, non vengono formate nello spazio dall'intersezione di corpi e piani geo­ metrici e neppure rappresentano un'immagine spaziale delle relazioni strutturali espresse in esse da formule algebriche. Sono invece deter­ minate e descritte dal moto di punti e di linee nello spazio. È un mo­ vimento senza tempo, naturalmente, quello del quale stiamo qui parI «Ciascun corpo persevera nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme ec­ cetto che sia costretto a mutare quello stato da forze impresse. (ISAAC NEWTON, Philosophill4 naturalis principia mathematica, axiomata sive leges motus, lex I [Principi matematici della filosofia naturale, !rado it. di A. Pala, Utet, Torino 196" p. II}. Avvertiamo che, per le cita­ zioni dei Principia ci serviremo, pur con qualche intervento, di questa traduzione]). Secondo questa legge, il moto è sempre uno stato, e l'accelerazione un mutamento. II moto circolare, es­ sendo accelerato, implica un continuo cambiamento di direzione ed è, perciò, facilmente distino guibile e riconoscibile dalla quiete. Sembra che E. Mach, nella sua famosa critica a Newton, abbia trascurato questo semplice fatto. aro I principi della meccanica, trad. it. di D. Gambioli, Roma·Milano 1909, pp. 246-'2. , Cfr. HADAMARD, Newton and the Infinitesimal Calculus cit., e BOYER, The Concepir 01 the Calculus cito

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lando, o, cosa ancora piu singolare, un movimento in un tempo senza tempo. Eppure, solo facendo continuare un mutamento senza muta­ mento in un tempo senza tempo noi possiamo affrontare, tanto nella realtà quanto nell'intelletto, enti reali quali la velocità, l'accelerazio­ ne, o la direzione di un corpo in movimento in ogni punto della sua traiettoria o, viceversa, a ogni istante del movimento che descrive quella traiettoria. È una storia appassionante quella degli sforzi fortunati e sfortu­ nati dell'intelligenza umana tesa a formulare queste nuove e singo­ lari idee per costruire, o, secondo l'espressione pregnante di Spinoza, per forgiare i nuovi strumenti e modelli della riflessione e della cono­ scenza. Essa riempie i cinquant'anni che separano il Discours de la mé­ thode dai Philosophiae naturalis principia mathematica. Una serie di grandi pensatori - ricordiamo soltanto Cavalieri e Fermat, Pascal e Wallis, Barrow e Huygens - hanno portato il loro contributo al suc­ cesso finale e senza di essi i Principia non sarebbero mai stati scritti. Sarebbe stato un compito troppo arduo anche per Newton, «qui ge­ nus humanum ingenio superavit» I. CosI, modificando in parte la celebre affermazione di Newton nel­ la famosa lettera a Robert Hooke, possiamo, con qualche verità, so­ stenere che se Newton vide tanto lontano e tanto piu lontano di quan­ to ogni altro avesse fatto in precedenza, ciò accadde perché egli fu un gigante che poggiava sulle spalle di altri giganti 2. La corrente fisico-matematica che sono venuto delineando è certa­ mente il piu originale e importante indirizzo del pensiero scientifico del secolo XVII. Eppure, parallelo ad esso ne corre un altro, meno mate­ matico, meno deduttivo, piu empirico e sperimentale. Meno ambizio­ so e piu diffidente non azzarda le vaste generalizzazioni dei matemati­ ci. Guarda a esse con sospetto e anche con ostilità, limitandosi alla sco­ perta di nuovi fatti, formulando teorie parziali che ne rendano conto. Questa corrente non si ispira all'idea platonica di una struttura e determinazione matematiche dell'essere, bensI alla concezione luI ZEUTHEN, Die SCHVICG, Les Etapes

Geschichte der Mathematik im XVI. und XVII. Jahrhundert cit.; de la philosophie mathématique, Alcan, Paris 1912.

L. BRUN­

2 Questa celebre frase non è invenzione di Newton; si trova usata per la prima volta nel medioevo da Bernardo di Cbartres e fu comune anche nei secoli XVI e XVII; cfr. cap. v, p. 2'2, nota 2.

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creziana, epicurea, democritea di una composizione atomica della ma­ teria (per quanto possa sembrare strano, molte idee moderne ricon­ ducono ad alcune antiche e fantastiche teorie greche). Gassendi, Ro­ berval, Boyle (i piu rappresentativi del loro gruppo), Hooke, tutti op­ posero la piu timida, cauta e sicura filosofia corpuscolare al panmate­ matismo di Galileo e Descartes '. Cosi a Galileo che affermò che il libro della natura - quel libro in cui la mente medievale percepi «vestigia» e «imagines Dei» e vi lesse la gloria di Dio espressa in simboli sensibili di bellezza e splen­ dore che svelano il recondito significato e scopo della creazione - fu verosimilmente scritto in caratteri geometrici (circoli, triangoli, qua­ drati) e ci narrò la storia intellettualmente meravigliosa dell'ordine e della connessione razionali, Boyle ribatté immediatamente: il libro della natura - egli disse - è certamente «un ben riuscito romanzo» ogni parte del quale «scritta nella stenografia dell'onnisciente mano di Dio» è ben connessa con tutte le altre; esso però non fu scritto in caratteri geometrici bensi corpuscolari. Non la struttura matematica ma la tessitura corpuscolare formava per Boyle l'interna realtà dell'essere. Nella spiegazione dell'universo dobbiamo partire dalla materia, non dalla materia omogenea cartesia­ na, ma dalla materia cui già Dio ha conferito la forma di vari e diversa­ mente determinati corpuscoli. Queste sono le lettere che il movimen­ to trasforma in parole del divino romanzo. Da questa prospettiva, noi vediamo con tutta chiarezza che New­ ton si presenta come la sintesi di entrambi gli indirizzi, di entrambi i punti di vista. Per lui, proprio come per Boyle, il libro della natura è scritto in caratteri e termini corpuscolari. Ma, proprio come per Ga­ lileo e Descartes, è una sintassi puramente matematica che li lega in­ sieme dando un significato al testo del libro. Contrariamente a quello di Descartes il mondo di Newton risulta dunque composto non di due (estensione e movimento), ma di tre ele­ menti: I) la materia, vale a dire un infinito numero di particelle sepaI Cfr. K. LASSWITZ, Geschichte der Atomistik, voI. II, Leipzig 1890; R. LENOBLE, Mer­ senne et la naissance du mécanisme, Vrin, Paris 1943; MARIE BOAS, The Establishment 01 the Mechanical Philosophy, in «Osirin, IO, 19'1, pp. 411-'41; e E. J. DIJKSTERHUlS, Vie Mecha­ nisierung des Weltbildes, Springer, Berlin 19,6 [annunciata la trad. it., presso Feltrinelli, Mi­

lano].

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Studi newtonialli

rate e distinte l'una dall'altra, impenetrabili e immodificabili - ma non identiche; 2) il movimento, quello strano e paradossale stato re­ lativo che non modifica le particelle nel loro essere ma si limita a tra­ sportarle qua e là per il vuoto infinito e omogeneo; e 3) lo spazio, vale a dire il vuoto realmente infinito e omogeneo in cui, senza incontrare opposizione, i corpuscoli (e i corpi da essi formati) compiono i loro movimenti '. Vi è, naturalmente, un quarto componente nel mondo newtonia­ no, cioè l'attrazione che ne assicura l'unità e la coesione '. Eppure, l'at­ trazione non è un elemento costitutivo di questo mondo; o si tratta di un potere soprannaturale - un'azione divina - oppure di una legge matematica rigorosa che stabilisce le regole sintattiche del divino libro della natura I. L'introduzione del vuoto - con il suo termine complementare, l'attrazione - entro la visione newtoniana dell'universo, nonostante le enormi difficoltà fisiche e matematiche implicite in questa concezione (azione a distanza, esistenza del nulla), rappresentò un colpo di genio e un passo in avanti di decisiva importanza. Permise a Newton di op­ porre e unire al tempo stesso, in modo reale e non fittiziamente come Descartes, la discontinuità della materia alla continuità dello spazio. , Sulla concezione newtoniana dello spazio, cfr. LÉON BLOCH, La philosophie de Newton, Alcan, Paris 1908; E. A. BURTT, The Metaphysical Foundations 01 Modern Physical Science, Kegan Paul, London 192', 2" ed. 1932; HÉLÈNE METZGER, Attraction universelle et religion na­ turelle che: quelques commentateurs anglais de Newton, Hermann, Paris 1938; MAX JAMMER, Concepts 01 Space, Harvard University Press, Cambridge (Mass.) 19'4 [Storia del concetto di spazio, trad. it. di A. Pala, Feltrinelli, Milano 1963, 2" ed. 1966]; MARKUS FIERZ, Ueber den Ursprung und die Bedeutung de, Lehre Isaac Newtons vom absoluten Rilum, «Gesneruu, II, 19'4, pp. 62-120; e il mio From the Closed World to the Infinite Universe, ]ohns Hopkins Press, Baltimore 19'7 [Dal mondo chiuso all'universo infinito, trad. il. Feltrinelli, Milano 1970]. Or. ancora A. J. SNOW, Matter and Gravity in Newton's Physical Philosophy, Oxford University Press, New York 1926 e STEPHEN E. TOULMIN, Criticism in the History 01 Science: Newton on Absolute Space, Time and Motion, in "The Philosophical Review», 19'9. Lo spa­ zio per Newton (cosi come per Henry More o Thomas Bradwardine) è l'eterno regno della pre­ senza e dell'azione divina - non solamente il suo sensorium ma anche, per cosi dire, il suo actorium.

, Per correttezza dovremmo ricordare anche le forze repulsive che tengono i corpuscoli separati impedendo loro di unirsi assieme a grappolo. Comunque queste forze repulsive sono forze a corto raggio d'azione, e, sebbene molto importanti nella fisica, non partecipano all'edi­ ficazione dell'universo, a meno che non si utilizzino per formulare una teoria dell'etere la cui azione sui corpi «spieghi» la gravitazione; cfr. cap. III, appendici A e B. l In realtà è l'uno e l'altra: un potere soprannaturale che agisce secondo una legge mate­ matica rigorosa.

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La struttura corpuscolare della materia, affermata con forza, costitui una solida piattaforma per l'applicazione della dinamica matematica alla natura '. Permise che venissero gettate le fondamenta di una teo­ ria delle relazioni espresse dallo spazio. La cauta filosofia corpuscolare non sapeva in realtà a cosa si stava prestando. Di fatto, si era sempli­ cemente limitata a indicare la via alla sintesi newtoniana di matema­ tica ed esperimento. Il vuoto ... , l'azione attraverso il vuoto ... , l'azione a distanza (at­ trazione); contro queste idee e implicazioni della concezione newto­ niana dell'universo si concentrò l'opposizione dei grandi contempo­ ranei continentali di Newton - Huygens, Leibniz, Bernoulli - forte­ mente influenzati dal rifiuto cartesiano delle idee confuse ed inintel­ ligibili '. Nelle sue famose e brillanti Lettres anglaises, o, per usare il loro titolo originale, Lettres philosophiques', la cui lettura è ancor oggi istruttiva, Voltaire riassume argutamente la situazione: «un francese che càpiti a Londra trova che le cose sono molto cambiate nella filoso­ fia come in tutto il resto. Ha lasciato il mondo pieno e lo trova vuoto. A Parigi l'universo lo si vede composto di vortici di materia sottile; a , La fisica delle forze centrali implica necessariamente una struttura atomica della materia, anche se la materia viene ridotta, come fa Boscovich, solo ad una serie di punti. , La critica alla teoria dell'attrazione fu espressa da Descartes nel suo attacco a Roberval, reo di aver sostenuto l'attrazione universale nell'Aristarehi Sami De mundi systemate parti­ bus et motibus eiusdem libellus cum notis. Addietae sunt lE. P. de Roberval notae in eundem libellum, Parisiis 1664, ripubblicato da Mersenne nel suo Novarum observationum physico-ma­ thematicarum, voI. III, Parisiis 1664. Descartes (dr. la sua lettera a Mersenne del :lO aprile 1646, in (Euvres, a cura di C. Adam e P. Tannery, Paris 1897-1913, voI. IV , p. 401) sottolinea

che il corpo B per poter attrarre il corpo A dovrebbe sapere dove rrovarlo. L'attrazione, in altre parole (come osservarono W. GiIbert e anche Roberval senza però vedervi un'obbiezione), im­ plica l'animismo (Cfr. cap. III, p. 6" nora 3). l Le Lettm philosophiques furono pubblicate prima in inglese (con il titolo di Lettres Concerning the English Nation, London 1733; poi in francese: Lettres philosophiques par M. de Voltaire, Amsterdam (in realtà Rouen, da Jore) 1734, e Lettres éerites de Londres sur les anglais par M. de Voltaire, Basel (in realtà London 1734). Seguirono numerose altre edizioni, piu o meno modificate da Voltaire. Cfr. l'introduzione di G. Lanson alla sua edizione critica di queste lettere: Lettres philosophiques, z volI., Cornely, Paris 1909, 3" ed. 19Z4. SU Voltaire e Newton cfr. BLOCH, La philosophie de Newton cit.; PIERRE BRUNET, L'Introduction des théories de Newton en France, voI. I, Blanchard, Paris 1931; e R. DUGAS, Histoire de la mécanique au XVII' siècle, Dunod Editeur, Paris 19'4. Si sa bene che Voltaire fu convertito al newtonianismo da Mauperruis che, come Huygens fece con Locke, lo assicurò che la teoria newtoniana dell'at­ trazione era vera. Mauperruis accettò anche di rivedere le lettere ( XIV e xv) in cui Voltaire espo­ neva le teorie di Descartes e di Newton. Per Maupertuis cfr. PIERRE BRUNET, Maupertuis, Blan­ chard, Paris 1929.

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Londra nulla si vede di tutto questo ... Presso i cartesiani tutto avviene per effetto d'un impulso incomprensibile; per Newton, invece, in for­ za di un'attrazione di cui non si conosce meglio la causa» '. Voltaire aveva perfettamente ragione: il mondo newtoniano è principalmente composto di vuoto 2. È un vuoto infinito di cui solo una piccolissima parte, una parte infinitesimale, è riempita o occupata da materia, da corpi indipendenti e separati che si muovono libera­ mente e senza impedimento attraverso quell'abisso privo di limiti e di fondo. È un mondo tuttavia, non una serie caotica di particelle isolate e reciprocamente indipendenti. Questo perché ciascuna particella è le­ gata alle altre da una legge matematica di connessione e integrazione estremamente semplice - la legge di attrazione - per la quale ognuna di esse è riferita e connessa a tutte le altre J. Ogni particella partecipa e contribuisce dunque alla costruzione del systema mundi. L'universale applicazione della legge di attrazione ripristina l'u­ nità fisica dell'universo newtoniano conferendogli al tempo stesso un'unità intellettuale. Identiche relazioni connettono identici conte­ nuti. In altre parole, un unico, identico apparato di leggi regola i mo­ vimenti dell'universo infinito: sia quello di una mela che cade al suo­ lo' sia quello dei pianeti che si muovono intorno al sole. Tali leggi spiegano per giunta non soltanto il coerente modello (scoperto da Keplero) dei movimenti celesti, ma anche le loro differenze specifiche; non soltanto i comportamenti regolari, ma anche quelli irregolari. , Cfr. la lettera XIV dell'edizione Lanson, voI. II, 1 [Scritti filosofici, trad. it. di P. Serini, Laterza, Bari, voI. I, pp. '0"1]. 2 Non soltanto gli spazi celesti sono vuoti, ma anche i cosiddetti «corpi solidi» sono pieni di spazi vuoti. Le particelle che li compongono sono, senza dubbio, strettamente aderenti, ma tuttavia separate l'una dall'altra da spazi vuoti. I newtoniani, da Bentley in poi, trovarono un gran gusto nell'affermare che la «materia.. praticamente occupa una parte infinitesimale dello spazio. J Secondo Newton soltanto queste attrazioni cOrPuscolari, qualunque sia la loro natura, sono reali. Le forze che ne risultano non sono affatto dorze reali» ma solo «matematiche... Perciò non è la terra che attrae la luna, ma ogni particella della terra attrae ogni particella della luna. L'attrazione globale che ne risulta non ha che un'esistenza matematica. • Il famoso racconto che fa coincidere l'origine delle riflessioni di Newton sulla gravitazio· ne universale con l'osservazione di una mela che cade al suolo, ritenuto leggendario da diver­ se generazioni di storici, sembra corrispondere perfettamente alla realtà, come, in modo con­ vincente, è stato dimostrato da J. PELSENEER, La Pomme de Newton, in «Ciel et terre .., '3, 1937, pp. 190-93; cfr. «LychnoSl>, 1938, pp. 366-71. Cfr. anche I. B. COHEN, Authenticity 01 Scientific Anecdotes, in .. Nature .., 1'7, 1946, pp. 196'97, e D. MCKIE e G. R. DE BEER, Newton's Appie, in «Notes and Records of the Royal Society», 9, 19,1-,Z. pp. 46-'4 e 333"'.

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Tutti quei fenomeni che per secoli e secoli elusero i tentativi di com­ prensione di astronomi e fisici (come, ad esempio, il fenomeno delle maree) si manifestano adesso come l'effetto della concatenazione e combinazione delle stesse leggi fondamentali. La legge newtoniana d'attrazione secondo cui la forza (intensità) dell'attrazione diminuisce in ragione del quadrato della distanza, non è l'unica legge di questo tipo capace di giustificare i fenomeni. Tut­ tavia è l'unica che si dimostri applicabile uniformemente e universal­ mente sia a corpi grandi sia a corpi piccoli, alle mele come alla luna. È l'unica dunque che Dio poteva ragionevolmente scegliere e adottare come legge della creazione I. Eppure, nonostante tutto questo, nonostante la sua plausibilità razionale e la sua semplicità matematica (la legge dell'inverso del qua­ drato è semplicemente la legge dell'estensione delle superfici sferiche identica, a sua volta, a quella della propagazione della luce), la legge newtoniana aveva in sé qualcosa che confondeva la mente. I corpi si attraggono reciprocamente, agiscono l'uno sull'altro (o, almeno, si comportano come se cosi facessero). Ma come riescono a compiere questa azione, a superare i baratri del vuoto che in maniera cosi radi­ cale separa e isola ciascuno di essi dagli altri? Si deve ammettere che nessuno, neppure Newton, poteva spiegare, o semplicemente com­ prendere, questo come. Newton stesso, come ben sappiamo, non ammise mai di concepire l'attrazione come una forza «fisica». Affermò piu volte che si trattava soltanto di una «forza matematica», che era perfettamente impossi­ bile - non solo per la materia, ma anche per Dio - agire a distanza (va­ le a dire esercitare un'azione dove l'agente non è presente); che la for­ za d'attrazione - e questo ci permette di valutare i limiti del cosiddet­ to empirismo newtoniano - non doveva dunque essere considerata I

La legge dell'inverso del quadrato che regola il diminuire dell'attrazione con la distanza

è l'unica che renda possibile un diretto confronto tra la forza d'attrazione che la terra esercita su una mela e quella che esercita sulla luna. � infatti l'unica legge per cui la terra, o piu gene­

ralmente un corpo sferico, attrae tutti i corpi esterni, indipendentemente dalla sua distanza da loro, comportandosi come se tutta la sua massa fosse concentrata nel centro. � pur vero che que­ sta legge divide tale proprietà matematica con un'altra, cioè la legge per cui la forza di attra­ zione aumenta proporzionalmente alla distanza. Ma poiché, in questo caso, tutti i corpi celesti compirebbero i loro percorsi circolari nel medesimo tempo, essa non è evidentemente la legge del nostro universo.

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una delle essenziali e fondamentali proprietà dei corpi (o della mate­ ria), quali l'estensione, la mobilità, l'impenetrabilità e la massa che non potrebbero né essere diminuite né accresciute '. Aggiunse anche che l'attrazione era una proprietà che richiedeva una spiegazione ; che egli non era in grado di fornirla ' e che, non volendo darne una spiega­ zione fantastica in mancanza di una teoria rigorosa, poiché la scienza (la filosofia matematica della natura ) poteva altrettanto bene progre­ dire senza alcuna teoria, preferiva non darne alcuna (questo è uno dei significati del suo famoso « Hypotheses non fingo » ) e lasciare la que­ stione aperta '. Eppure, possa ciò sembrare strano o naturale, nessuno - con l'unica eccezione di Colin Maclaurin - lo seguI su questo punto. La prima generazione dei suoi discepoli (Cotes, Keill, Pemberton ) accettò la forza d'attrazione come una proprietà reale, fisica e anche primaria della materia e fu la loro dottrina a diffondersi in Europa tra la forte e insistente ostilità dei contemporanei continentali di Newton. Newton non ammise l'azione a distanza. Tuttavia, sottolinearono giustamente Maupertuis e Voltaire, dal punto di vista di Newton una distinzione ontologica tra l'attrazione e le altre proprietà dei corpi non poteva trovare giustificazione. Naturalmente l'attrazione è in­ comprensibile. Ma comprendiamo forse le altre proprietà? Il non comprendere un fatto non è motivo sufficiente per negarlo 4. Ora, poi­ ché l'attrazione è un dato di fatto, dobbiamo accettarla proprio come accettiamo gli altri fatti o proprietà dei corpi. Chissà, inoltre, quali altre proprietà sconosciute dei corpi potremmo scoprire? Chi può im­ maginare quali proprietà sono state attribuite da Dio alla materia? L'opposizione al newtonianismo (inteso come concezione fisica) fu , Una proprietà che non può essere né accresciuta né diminuita appartiene all'essenza del­ la cosa. • In realtà egli tentò - tre volte - di chiarire questo concetto, vale a dire di spiegare l'at­ trazione come effetto della pressione dell'etere (aria); cfr_ PHILIP E. B. JOURDAIN, Newton's Hy­

potheses 01 Ether and Gravitation, in «The Monist», 2', 191'_ , Il famoso «Hypotheses non fingo» dello Scholium Generale della seconda edizione dei Principia non suona condanna di tutte le ipotesi della scienza, ma soltanto di quelle la cui ve­ rità o falsità non può essere chiarita da esperimenti condotti matematicamente, e anche delle spiegazioni qualitative globali del tipo di quelle tentate da Descartes. Accanto a questo signi­ ficato dispregiativo del termine se ne trova in Newton anche uno elogiativo (nella prima edi­ zione dei Principia degli assiomi o leggi del movimento sono chiamate hypotheses) che Newton ha certamente ereditato da Barrow e Wallis, o anche da Galileo. 4 Per Malebranche, cosl come per Locke, ogni azione di un corpo su un altro - trasmissio­ ne di movimento - era comprensibile.

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all'inizio diffusa e violenta, ma progressivamente venne sconfitta '. Il sistema riusci a imporre la propria validità e il concetto d'attrazione lentamente divenne consueto. Per citare un'efficace espressione di Mach, « l'inconsueta incomprensibilità divenne una comune incom­ prensibilità » . Una volta divenuto familiare si cessò - salvo rare ecce­ zioni - di speculare su questo concetto. Cosi, cinquant'anni dopo la pubblicazione, avvenuta nel 1 687, dei Philosophiae naturalis princi­ pia mathematica (un titolo audace e consapevolmente provocatorio, proprio come la Physica coelestis di Keplero, precedente di ottanta anni, o l'Evolution créatrice di Bergson, posteriore di duecento) i principali fisici e matematici europei - Maupertuis, Clairaut, D'A­ lembert, Euler, Lagrange e Laplace - si dedicarono con entusiasmo all'impresa di portare a perfezione le strutture del mondo newtonia­ no, di sviluppare gli strumenti e i metodi della ricerca matematica e sperimentale (Desaguliers, s'Gravesande e Musschenbroek ') e di guidarlo di successo in successo, finché, alla fine del secolo XVIII, nella Mécanique analytique di Lagrange e nella Mécanique céleste di La­ pIace, la scienza newtoniana sembrò raggiungere l'ultima e definitiva perfezione, al punto che Laplace poté orgogliosamente affermare che nel suo Système du monde trovavano soluzione tutti i problemi astro­ nomici. Questo basti per i matematici e per gli scienziati. Quanto agIi al­ tri, quelli che non poterono seguire le intricate difficoltà del ragiona­ mento geometrico e infinitesimale e che, come Locke (rassicurato da Huygens), le diedero per scontate, usci una serie di libri - e anche di ottima qualità - come la View 01 Sir Isaac Newton's Philosophy (1on­ don 1728; trad. frane., Paris 1755), le Lettres philosophiques (1734) e gli Eléments de la philosophie de Newton (Amsterdam 1 738) di , Cfr. BRUNET, L'Introduction des théories de Newton en France cit., voI. I. J. T. DESAGULIERS, Physicomechanical Lectures, London 1717; ID. , A System 01 Experi. mental Philosophy, London 1719; ID., A Course 01 Experimental Philosophy, London 172', 2' ed. in 2 voli., London 1744'4'; W. J. S'GRAVESANDE, Physices elementa mathematica experimen· tis con!irmata, sive introductio ad philosophiam Newtonianam, 2 voli., Lugduni Batavorum 1720'21; ID., Philosophiae Newtonianae institutiones, Lugduni Batavorum 1728; ID. , Eléments de physiqlle 011 iJ/lroduction à la philosophie de Newton, Paris 1747; PETRUS MUSSCHENBROEK, Epitome elementorum physicomathematicorum, Lugduni Batavorum 1726; ID . , Elementa phy· sices, Lugduni Batavorum 1734. Cfr. anche PIERRE BRUNET, Les Physiciens hol/andais et la mé· thode expérimentale en France au XVlI/' sièc/e, Blanchard, Paris 1926. ,

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Voltaire, Il Newtonianismo per le dame (Napoli [Milano] 1737; 2a ed. 1 739; trad. frane. Paris 1738) di Algarotti, l'Account 01 Sir Isaac Newton's Philosophical Discoveries (London 1746; trad. frane. Paris 1 749)1 di Colin Maclaurin, le Lettres à une princesse d'Allemagne (St-Petersburg 1 768-72) di Euler, ed infine il Système du monde ( 1 796) di Laplace, che in un linguaggio chiaro e accessibile predica­ rono all'honnete homme, e anche all'honnete lemme, il vangelo new­ toniano della scienza fisico-matematica e sperimentale. Nessuna meraviglia quindi se (in curioso impasto con la filosofia di ' Locke ) il newtonianismo divenne il credo scientifico del secolo XVIII e se già ai suoi pi6 giovani contemporanei, ma specialmente ai posteri, Newton apparve un essere sovrumano 3 che, una volta per tutte, risol­ se l'enigma dell'universo. Non fu dunque con intenti adulatori, bensi con profonda e disinte­ ressata convinzione, che Edmund Halley scrisse : « nec fas est propius Mortali attingere Divos»·. Non assegnò forse Laplace, pieno di rico­ noscenza, cento anni pi6 tardi ai Principia la preminenza su tutte le al­ tre produzioni della mente umana? Di fatto, come con acume sottoli­ neò Lagrange, essendovi un unico universo da spiegare, nessuno po­ trà mai ripetere l'impresa di Newton, il pi6 fortunato tra i mortali. Non deve quindi sorprendere se, alla fine del secolo XVIII, il secolo che vide il trionfale successo della scienza newtoniana, Pope poté esclamare : Nature and nature's laws lay hid in night: God said, Let Newton be! and alI was light!

Pope d'altra parte non poteva immaginare che 'T was not for long: for Devil, howling, «Ho, Let Einstein be!» restored the status quo. l Tutti questi libri vennero immediatamente tradotti in francese divenendo cosi accessibili a tutti i ceti colti d'Europa. , Per Voltai re e per Condorcet, Locke e Newton rappresentano i vertici della scienza e della filosofia. 3 � noto che il marchese de l'H6pitai chiese - con somma serietà - se Newton mangiasse e dormisse come il resto dei mortali. • Isaac Newton, an Ode, tradotto da Leon ]. Richardson in Sir Isaac Newton's Matbema­ tical Principles 01 Natural Pbilosopby, trad. di Andrew Motte, a cura di F10rian Cajori, Univer­ sity of California Press, Berkeley 1947, p. xv.

Il significato della sintesi newtoniana

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Ma torniamo adesso a Newton. Si è spesso detto che il maggior pregio dell'intelligenza e del lavoro di Newton sta nell'aver combina­ to a un eccellente genio sperimentale altrettanto eccellente genio ma­ tematico. Si è anche spesso detto che la caratteristica distintiva della scienza newtoniana consiste proprio nell'aver strettamente legato ma­ tematica ed esperimento nella trattazione matematica dei fenomeni, vale a dire dei dati forniti dall'esperienza o (come in astronomia, do­ ve non si possono compiere esperimenti) dall'osservazione. Eppure, sebbene senza dubbio corretta, non mi sembra che questa descrizio­ ne possa ritenersi completa. Il merito di Newton va al di là della generica sintesi operata tra matematica ed esperimento. Vi è in New­ ton, ad esempio - oltre alla religione e al misticismo - una profonda intuizione dei limiti di un'interpretazione della natura di tipo esclu­ sivamente meccanico I. E quanto alla scienza newtoniana, costruita, come ho già ricordato, sulla solida base della filosofia corpuscolare, essa persegue, o meglio sviluppa e porta alla piu alta perfezione, lo stesso particolare metodo logico (senza alcun dubbio identico all'ana­ lisi matematica in generale) dell'analisi atomistica degli accadimenti e degli eventi globali, il metodo cioè di ridurre i fenomeni dati alla somma dei loro componenti atomici elementari (nei quali sono, io ul­ tima analisi, risolvibili) '. Lo sfolgorante successo della fisica di Newton rese praticamente inevitabile che le sue particolari caratteristiche venissero considerate essenziali per l'edificazione della scienza - di ogni tipo di scienza - e che tutte le nuove scienze che apparvero nel secolo XVII - scienze del­ l'uomo e della società - tentassero di conformarsi allo schema newto­ niano di un sapere empirico-deduttivo e di adattarsi alle regole stabi­ lite da Newton nelle famose Regulae philosophandi, tanto spesso cita­ te quanto raramente comprese 3 . Il risultato di questa infatuazione per la logica di Newton, il risultato cioè di un tentativo di acritica apI Mi sembra ormai accertato che Newton giunse alla conclusione dell'impossibilità di una spiegazione esclusivamente meccanica dell'attrazione. Ciò perché per considerarla valida avreb· be dovuto posrulare un'altra forza, meno imbarazzante, ma anch'essa non meccanica, quella di repulsione. , Cfr. p. 16, nota 3. L'effetto complessivo di un corpo che agisce su di un altro è infatti la somma totale delle azioni atomiche. 3 Per le Regu/ae phi/osophandi, dr. cap. VI.

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Studi newtoniani

plicazione dei metodi newtoniani (o piuttosto pseudonewtoniani) a campi del tutto diversi da quelli della loro originaria applicazione, non è stato affatto felice, come oggi possiamo osservare. Tuttavia, pri­ ma di volgere la nostra attenzione a queste, in un certo senso illegitti­ me, ramificazioni del newtonianismo, dobbiamo insistere per un mo­ mento sulle piu generali e diffuse conseguenze dell'universale accet­ tazione della sintesi di Newton, la piu importante delle quali pare sia stata il diffuso riemergere del vecchio credo dogmatico nella cosiddet­ ta « semplicità » della natura e la reintroduzione, proprio in questa na­ tura per il tramite della scienza, di elementi d'irrazionalità non solo fattuale ma anche strutturale destinati a sopravvivere a lungo. In altre parole, la fisica di Newton non solo fece uso de facto di idee oscure quali « potere » o « attrazione » (idee che ricordano teorie scolastiche e magiche, affermavano i continentali), non solo abbando­ nò il progetto di una deduzione razionale della reale formazione e composizione della volta celeste e della struttura della terra, ma anche la sua legge dinamica fondamentale (la legge dell'inverso del quadra­ to), pur plausibile e razionale, era ben lungi dall'essere necessaria e, come Newton aveva accuratamente dimostrato, avrebbe potuto esse­ re del tutto diversa '. La stessa legge d'attrazione non era dunque niente altro che un puro fatto. Eppure l'inserimento armonico di tutti questi fatti nella struttura razionale di un ordine spaziale-matematico, la meravigliosa compagi­ ne del mondo, sembrò chiaramente escludere l'infrarazionalità del mutamento e implicare invece la sovrarazionalità della causa. Sem­ brò perfettamente chiaro che il mondo dovesse essere spiegato non con la necessità della causa, ma piuttosto con la libertà della scelta. L'intricata e misteriosa fabbrica del mondo sembrava richiedere un'azione intenzionale, come Newton non mancò di affermare. Per usare un'espressione volteriana, « l'horloge implique l'horloger » . La scienza newtoniana dunque, pur rinunciando espressamente, in quanto filosofia matematica della natura, alla ricerca di cause (sia fisi­ che che metafisiche), appare storicamente fondata su una concezione dinamica della causalità fisica e strettamente connessa alla metafisica ,

rollari

NEWTON, Mathematical Principles 01 Natural Philosophy cit., libro I, teorema IV, co· 3'7

[trad. it., p. 162].

Il significato della sintesi newtoniana

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teistica O deistica. Questo sistema metafisico non si presenta, natural­ mente, come una parte costitutiva e integrante della scienza newto­ nianaj non penetra nelle sue strutture formali. Tuttavia, non è affatto casuale che, non solo per lo stesso Newton, ma anche per tutti i new­ toniani - con l'unica eccezione di Laplace - questa scienza implichi una razionale credenza in Dio I . Ancora una volta il libro della natura sembrò rivelare Dio, un Dio ingegnere stavolta, che non solo aveva creato l'orologio dell'univer­ so, ma che in continuazione doveva osservarlo e intervenire a riparar­ ne il meccanismo quando si guastava ( questo Dio newtoniano è ve­ ramente un pessimo costruttore di orologi, obbiettò Leibniz), mani­ festando in tal modo la sua attiva presenza e il suo interesse per ciò che aveva creato. Ma, ahimè, proprio lo sviluppo della scienza newto­ niana, che progressivamente svelava la consumata abilità del Divino Artefice, finI per lasciare sempre meno spazio all'intervento divino. L'orologio del mondo dimostrò progressivamente di non avere biso­ gno né di revisione né, tanto meno, di riparazione. Una volta in mo­ vimento procedeva all'infinito. Dopo aver eseguito l'opera della crea­ zione, il Dio di Newton - come quello di Descartes dopo la prima (e ultima) chiquenaude data alla materia - poteva fermarsi. Simile al Dio di Descartes e di Leibniz - cOSI fermamente osteggiato dai newtoniani - quello di Newton non aveva pi6 niente da fare nel mondo. Eppure fu solo alla fine del secolo XVIII con la Mécanique céleste di Laplace che il Dio newtoniano raggiunse l'eccelsa posizione di un « Dieu fainéant » , restando cOSI completamente escluso dal mondo (