Seminario di scrittura filosofica [First ed.]

Table of contents :
Titolo
{Sottotitolo}
B. Confronto di Traduzioni
I. Differenze di stile
II. Differenze di contenuto
5.2.2 Schemi argomentativi validi
5.2.3 Strategie argomentative

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SEMINARIO DI SCRITTURA FILOSOFICA Dr.ssa Carlotta Capuccino SFA 2019/20

I was working on the proof of one of my poems all the morning, and took out a comma. In the afternoon I put it back again. Oscar Wilde Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò di cui non si può parlare si deve tacere. Ludwig Wittgenstein Un solo minuscolo dettaglio può cambiare il mondo. Germano Zullo

INDICE 0.

Come usare questa dispensa

p. 3

1.

Struttura dell’esercitazione scritta (E1/E2)

p. 4

2.

Esempio di copertina

p. 6

3.

Appendici

p. 7

3.1 Appendice A: Saggio di partizione

p. 7

3.1.1 Spie linguistiche utili per la partizione del testo

p. 7

3.1.2 Cosa non fare

p. 9

3.1.3 Esempio di partizione

p. 10

3.1.4 Esempio di mappa concettuale

p. 12

3.2 Appendice B: Confronto di traduzioni

p. 13

3.3 Appendice C: Saggio bibliografico

p. 14

4.

Electio e Trattazione

p. 15

5.

Cenni di teoria dell’argomentazione

p. 16

5.1 Che cos’è un buon argomento

p. 16

5.2 Nozioni logiche utili

p. 17

5.2.1 Nozioni generali

p. 17

5.2.2 Schemi argomentativi validi

p. 17

5.2.3 Strategie argomentative

p. 18

5.2.4 Forme di ragionamento non deduttivo

p. 20

5.2.5 Fallacie

p. 20

5.3 Teoria dell’argomentazione applicata: un esempio

p. 22

6.

Massime di P. Grice e Bustina di Minerva di U. Eco

p. 23

7.

Passi notevoli

p. 25

8.

Avviso di Plagio e Proscribenda

p. 27

9.

Strumentario

p. 28

10. Come scrivere un paper argomentativo

p. 31

3 0. COME USARE QUESTA DISPENSA Il materiale di questa dispensa va integrato con la partecipazione al Seminario di Scrittura Filosofica per i corsi di Storia della Filosofia Antica (1) e Storia della Filosofia Antica (1) (LM), che si svolgerà ogni anno nelle ultime lezioni di ogni corso secondo un calendario comunicato sulla pagina web docente. Si consiglia pertanto agli studenti non frequentanti di presentarsi durante l’orario di ricevimento (su appuntamento: [email protected]) per avere chiarimenti sul buon uso della dispensa. La dispensa si divide in 10 paragrafi, oltre a quello presente, che contengono le indicazioni principali su come svolgere l’esercitazione scritta prevista per l’esame di Storia della Filosofia Antica, soprattutto da un punto di vista formale. Tali indicazioni vanno integrate con la consultazione del prontuario di Norme di Redazione del Saggio Finale per il Laboratorio di Filosofia, scaricabile dalla home page del Corso di Laurea in Filosofia di Bologna alla voce Didattica. In particolare, troverete sul prontuario tutte le norme di redazione, dai criteri di impostazione della pagina standard all’uso delle virgolette e ai riferimenti bibliografici in nota, da adottare nel vostro scritto. Questa dispensa si limita invece a segnalare i casi specifici in cui il lavoro scritto richiesto per l’esame di Storia della Filosofia Antica diverge in qualche aspetto da quello del Laboratorio di Filosofia a cui si rivolge il prontuario. In particolare, il § 1 contiene un diagramma riassuntivo della struttura che dovrà avere l’esercitazione scritta una volta completata, cioè delle parti di cui sarà composta, che si tratti di un’esercitazione di primo livello (E1), richiesta per l’esame triennale da 6 crediti, oppure di un’esercitazione di secondo livello (E2), richiesta per l’esame triennale da 12 crediti e per l’esame della Laurea Magistrale (da 6 e 12 crediti). A questo proposito, vi segnalo che le indicazioni del prontuario si riferiscono esclusivamente al saggio breve di 5-7,5 pagine (corrispondente a E1), e vanno quindi adattate (moltiplicandole per 2) al saggio di 10-15 pagine (E2). Il § 2 è un modello di copertina che segnala tutti i dati da indicare sulla copertina della vostra esercitazione. Il § 3 riguarda tre appendici, che consistono in altrettanti esercizi utili per la stesura del saggio, facoltative (ma vivamente consigliate) per E1 (Laurea Triennale), obbligatorie per E2 (Laurea Triennale) e per l’esercitazione scritta della Laurea Magistrale. In particolare, i §§ 3.1, 3.2 e 3.3 presentano un esempio di ognuna delle appendici. Il § 4 è dedicato alle diverse tipologie di saggio tra cui è possibile scegliere e a come svolgere la trattazione, cioè la parte centrale del saggio. Per l’introduzione e la conclusione si rinvia invece al prontuario, così come per la bibliografia di lavoro. Nel § 5 trovate alcuni cenni di teoria dell’argomentazione e alcune nozioni di logica elementare come invito ad approfondirne lo studio, essendo il saggio filosofico per sua natura un saggio prevalentemente argomentativo. I §§ 6 e 7 contengono, rispettivamente, un elenco di massime sul buon uso della scrittura e un elenco di citazioni interessanti sul tema della scrittura tratte da alcuni classici della storia della filosofia; il § 9 contiene un monito al plagio e una serie di termini e locuzioni da evitare, per esempio perché si tratta di barbarismi della lingua. Infine, al § 10, un saggio ricapitolativo delle fasi del lavoro che siete chiamati a svolgere. Buona scrittura!

4 1.

STRUTTURA DELL’ESERCITAZIONE SCRITTA (E1/E2) Paper

5 pp. ≥ E1 ≤ 7,5 pp. / 10 pp. ≥ E2 ≤ 15 pp.

Peritesto Iniziale

Copertina

{Dedica/ Epigrafe}

Peritesto Finale

Testo

Sommario/ {Abstract}

1. Introduzione

1.1 Esordio

1.2 Propositio

1.3 Partitio

2. Trattazione

1.4 {Prolessi}

2.1 Documentazione

3. Conclusione

2.2 Argomentazione

2.2.1 Tesi Esegetica

Note a piè di pagina

Peritesto Infratestuale

2.2.2 Tesi Filosofica

3.1 Ricapitolazione

3.2 {Enfasi}

3.3 Prospettiva

Bibliografia di Lavoro

3.4 Congedo

{Appendici}

5 Il diagramma di p. 4 riassume la struttura del saggio elencandone le parti costitutive in ordine di comparsa. Non sono trattate in questa dispensa, bensì nel prontuario di Norme di Redazione per il Saggio Finale del Laboratorio di Filosofia, le seguenti parti: (1) (2) (3) (4) (5) (6)

{dedica ed epigrafe}; sommario e/o {abstract}; introduzione; conclusione; note a piè di pagina; bibliografia di lavoro.1

Sono invece trattate in questa dispensa: (1) copertina; (2) trattazione; (3) appendici.

In questa esercitazione scritta – a differenza del saggio richiesto per il Laboratorio di Filosofia del II anno – la bibliografia di lavoro non comparirà come ultimo elemento, ma andrà collocata subito dopo la conclusione del saggio (in una nuova pagina) e prima delle tre appendici, dato che queste contengono a loro volta un saggio bibliografico.

1

6 2.

ESEMPIO DI COPERTINA Esempio di copertina

SFA 2014/15

TITOLO {Sottotitolo}

{Immagine}

E1/E2

Nome Cognome IF

In intestazione va indicato l’anno accademico di iscrizione al corso di Storia della Filosofia Antica; a piè di pagina, invece, l’anno di corso a cui lo studente è iscritto (I, II, III, FC) nel momento in cui sostiene l’esame. Gli elementi tra parentesi graffe sono facoltativi.

7 3. APPENDICI 3.1 Appendice A: Saggio di partizione 3.1.1 Spie linguistiche utili per la partizione del testo

ΙΩΝ [ἢ Περὶ Ἰλιάδος, πειραστικός] ΣΩΚΡΑΤΗΣ ΙΩΝ 530a

530b

ΣΩ.

Τὸν Ἴωνα χαίρειν. πόθεν τὰ νῦν ἡμῖν ἐπιδεδήμηκας; ἢ οἴκοθεν ἐξ Ἐφέσου;

ΙΩΝ. ΣΩ. ΙΩΝ.

Οὐδαμῶς, ὦ Σώκρατες, ἀλλ᾽ ἐξ Ἐπιδαύρου ἐκ τῶν Ἀσκληπιείων. Μῶν καὶ ῥαψῳδῶν ἀγῶνα τιθέασιν τῷ θεῷ οἱ Ἐπιδαύριοι; Πάνυ γε, καὶ τῆς ἄλλης γε μουσικῆς.

ΣΩ.

Τί οὖν; ἠγωνίζου τι ἡμῖν; καὶ πῶς τι ἠγωνίσω;

ΙΩΝ.

Τὰ πρῶτα τῶν ἄθλων ἠνεγκάμεθα, ὦ Σώκρατες.

ΣΩ. ΙΩΝ.

Εὖ λέγεις· ἄγε δὴ ὅπως καὶ τὰ Παναθήναια νικήσομεν. Ἀλλ᾽ ἔσται ταῦτα, ἐὰν θεὸς ἐθέλῃ. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Καὶ μὴν πολλάκις γε ἐζήλωσα ὑμᾶς τοὺς ῥαψῳδούς, ὦ Ἴων, τῆς τέχνης· τὸ

ΣΩ.

γὰρ ἅμα μὲν τὸ σῶμα κεκοσμῆσθαι ἀεὶ πρέπον ὑμῶν εἶναι τῇ τέχνῃ καὶ ὡς καλλίστοις φαίνεσθαι, ἅμα δὲ ἀναγκαῖον εἶναι ἔν τε ἄλλοις ποιηταῖς διατρίβειν πολλοῖς καὶ ἀγαθοῖς καὶ δὴ καὶ μάλιστα ἐν Ὁμήρῳ, τῷ ἀρίστῳ καὶ θειοτάτῳ τῶν ποιητῶν, καὶ τὴν τούτου διάνοιαν ἐκμανθάνειν, μὴ μόνον τὰ ἔπη, ζηλωτόν ἐστιν. οὐ γὰρ ἂν γένοιτό ποτε ἀγαθὸς ῥαψῳδός, εἰ μὴ συνείη τὰ

530c

ΙΩΝ.

λεγόμενα ὑπὸ τοῦ ποιητοῦ. τὸν γὰρ ῥαψῳδὸν ἑρμηνέα δεῖ τοῦ ποιητοῦ τῆς διανοίας γίγνεσθαι τοῖς ἀκούουσι· τοῦτο δὲ καλῶς ποιεῖν μὴ γιγνώσκοντα ὅτι λέγει ὁ ποιητὴς ἀδύνατον. ταῦτα οὖν πάντα ἄξια ζηλοῦσθαι. Ἀληθῆ λέγεις, ὦ Σώκρατες· ἐμοὶ γοῦν τοῦτο πλεῖστον ἔργον παρέσχεν τῆς τέχνης, καὶ οἶμαι κάλλιστα ἀνθρώπων λέγειν περὶ Ὁμήρου, ὡς οὔτε Μητρόδωρος ὁ Λαμψακηνὸς οὔτε Στησίμβροτος ὁ Θάσιος οὔτε Γλαύκων οὔτε

530d

ἄλλος οὐδεὶς τῶν πώποτε γενομένων διανοίας περὶ Ὁμήρου ὅσας ἐγώ.

531a

ἔσχεν

εἰπεῖν

οὕτω

πολλὰς

καὶ

καλὰς

ΣΩ. ΙΩΝ.

Εὖ λέγεις, ὦ Ἴων· δῆλον γὰρ ὅτι οὐ φθονήσεις μοι ἐπιδεῖξαι. Καὶ μὴν ἄξιόν γε ἀκοῦσαι, ὦ Σώκρατες, ὡς εὖ κεκόσμηκα τὸν Ὅμηρον· ὥστε

ΣΩ.

οἶμαι ὑπὸ Ὁμηριδῶν ἄξιος εἶναι χρυσῷ στεφάνῳ στεφανωθῆναι. Καὶ μὴν ἐγὼ ἔτι ποιήσομαι σχολὴν ἀκροάσασθαί σου,

_________________________________________________________________________ νῦν δέ μοι τοσόνδε ἀπόκριναι· πότερον περὶ Ὁμήρου μόνον δεινὸς εἶ ἢ καὶ περὶ Ἡσιόδου καὶ Ἀρχιλόχου; ΙΩΝ. Οὐδαμῶς, ἀλλὰ περὶ Ὁμήρου μόνον· ἱκανὸν γάρ μοι δοκεῖ εἶναι

8

IONE [o Sull’Iliade: peirastico] SOCRATE 530a

SO. I. SO. I. SO. 530b I. SO. I. SO.

530c

I. 530d

SO. I.

531a

SO.

I.

IONE

Illustre Ione, salve! Da quale luogo ci arrivi ora? Forse dalla tua casa a Efeso? Niente affatto, Socrate! Vengo da Epidauro, dalle feste in onore di Asclepio. Non vorrai dire che gli Epidauri dedicano al dio anche un agone di rapsodi! Certo che sì, e inoltre agoni per tutte le altre arti delle Muse. Davvero? Vi hai preso parte per noi? E come ti ci sei piazzato? Abbiamo riportato il primo premio, Socrate. Ben detto! Su, dunque, cerchiamo di vincere anche le Panatenee! Sì, sarà così, se un dio lo vorrà. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------Davvero, Ione, spesso ho invidiato l’arte a voi rapsodi. Infatti, conviene alla vostra arte avere un corpo sempre adorno ed apparire belli quanto più possibile; e insieme è necessario per voi passare la vita in compagnia di molti altri poeti, bravi, ma in particolare di Omero, il migliore e il più divino dei poeti, e capire a fondo il suo pensiero, non solo impararne a memoria i versi. Queste sono cose invidiabili: un buon rapsodo non potrebbe mai essere tale se non comprendesse le cose dette dal poeta! Infatti il rapsodo deve farsi mediatore del pensiero del poeta per gli ascoltatori, e farlo bene senza sapere che cosa intende dire il poeta è impossibile. Queste cose, dunque, sono degne di tutta invidia. Dici il vero, Socrate: a me, proprio questo dell’arte ha procurato il più gran da fare e penso di essere, fra gli uomini, chi meglio sa parlare a proposito di Omero, poiché né Metrodoro di Lampsaco, né Stesimbroto di Taso, né Glaucone, né alcun altro di quanti mai sono nati ha saputo esprimere così tanti e bei pensieri su Omero quanti ne so esprimere io. Ben detto, Ione. È evidente che non rifiuterai di esibirti davanti a me! Davvero, Socrate, vale la pena di ascoltare come ho abbellito Omero: tanto che penso di meritare di essere incoronato con una corona d’oro dagli Omeridi. E davvero io un’altra volta mi prenderò il tempo di ascoltarti, __________________________________________________________________ ma… rispondi subito a questo: sei abile solo su Omero o anche su Esiodo e Archiloco? No, solo su Omero, e mi sembra sufficiente!

9 3.1.2

Cosa non fare

Schema del contenuto dello «Ione» I. Breve preludio. Presentazione del rapsodo [530 A - C] II. Parte prima. L’attività del rapsodo non è un’arte [530 C - 533 C] 1. Ione dice d’intendersi solo di Omero [530 C - 531 D] 2. Confutazione della tesi di Ione [531 D - 532 D] 3. L’abilità di Ione non si basa su conoscenza e su scienza [532 B - 533 D] III. Parte seconda. Il fondamento della poesia [533 C - 536 D] 1. I poeti sono tali per divina ispirazione [533 C - 535 A] 2. La divina ispirazione si infonde anche nel rapsodo e coinvolge gli ascoltatori [535 A - E] 3. La magica catena che la divina ispirazione produce [535 E - 536 D] IV. Parte terza. Pretesa di Ione di avere anche scienza e sua inconsistenza [536 D - 541 B] 1. Le conoscenze vertono su specifici oggetti [536 D - 538 A] 2. La poesia tratta di molte cose di cui né i poeti né i rapsodi sono conoscitori specifici [538 A 539 D] 3. L’arte del rapsodo riguarderebbe ciò che è conveniente dire [539 D - 540 D] 4. Un buon rapsodo sarebbe anche un buon condottiero [540 D - 541 B] V. Conclusione. Il rapsodo svolge la sua attività non per scienza ma per ispirazione [541 B - 542 B] G. Reale (a cura di), Platone: Tutti gli scritti (1991), Milano: Rusconi, 1996, p. 1022. Indice per punti – Struttura 1. 1.1 1.1.1 1.1.2 1.2 …

1.2.1 1.2.2

2. 2.1 2.1.1 2.1.2 2.2 2.2.1 … 3. …



10 3.1.3 A.

Esempio di partizione Διαίρεσις Pl. Ion 530a-542b4

Proemio 530a-531a1 I mancata ἐπίδειξις di Ione

L’incontro tra Socrate e Ione 530a-b4

Ione celebre rapsodo itinerante

L’invidia di Socrate 530b5-531a1

l’elogio socratico di Ione τεχνίτης 530b5-c6

la dichiarazione di conoscenza di Ione 530c7-d3

Il problema di Socrate AoBeC

la natura epidittica dell’esegesi di Ione 530d4-531a1

l’intera τέχνη poetica 532b8-533c4

I esame di Ione τεχνίτης 531a1-532b7

Ione è δεινός solo su Omero - (B e C) ma A

élenchos

Ione non è un τεχνίτης

ogni τεχνίτης è δεινός sull’insieme della sua τέχνη sia A sia B e C

poeti 533c9-535a5

11

Pl. Ion 530a-542b4

Λόγος 531a1-541e1

Epilogo 541e1-542b4

II mancata ἐπίδειξις di Ione

Ione mirabile ἐπαινέτης di Omero

La meraviglia di Ione 536d4-541e1

Il problema di Ione 532b7-536d4

l’analogia del Magnete 533c5-536d4

II esame di Ione τεχνίτης

ogni τέχνη ha un oggetto proprio 536d8-539d5

la rapsodia sembra non avere un oggetto proprio 539d5-541e1

CORRETTEZZA

CONVENIENZA

dèi dèi

rapsodi 535a6-d7

pubblico 535d7-e6

timoniere... tessitrice 539d5-540d1

catena 535e7-536b4

la rapsodia non è una τέχνη

Ione ἐπαινέτης 536b5-d3

Ione-rapsodo non è un τεχνίτης

stratega 540d1-541e1

τέχνη

θείᾳ μοίρᾳ

ingiusto

divino

θείον... ἐπαινέτην

12 3.1.4

Esempio di mappa concettuale

Se l’opera antica scelta per il saggio di lettura è in forma frammentaria, al posto del diagramma di partizione – che prevede un’opera unitaria di cui ricostruire la struttura – è possibile presentare una mappa concettuale che metta in relazione, su base tematica, i frammenti dell’opera più rilevanti ai fini del saggio. Lo stesso vale se si tratta di una mappa concettuale tematica trasversale a più opere di uno stesso autore o di autori diversi, come nell’esempio. Socrate

Oracolare

Pl. Ap. 20c-23b

Prescrittiva 28e

Logos Beltistos

Pl. Ap. 33c4-7

Pl. Cri. 46b4-6

Onirica

X.

An. III 1, 4-7

Mantica

Prescrittiva

Mem. I 1, 6; I 3, 2

Pl. Phd. 60d8-61b1

Demonica

Predittiva

Pl. Cri. 44a5-b6

Protrettica/ Apotrettica

Apotrettica

D.L. III 5

Pl. (?) Thg.

Pl.

A

Ap. 31c-32a

R. VI 496cd

B

Ap. 40a-c

Tht. 151a

Euthd. 272e

X.

Mem. I 1, 4-5

Phdr. 242bc

Ap. 13

Altri

13 3.2

Appendice B: Confronto di traduzioni

Esempio B.

Confronto di Traduzioni

I.

Differenze di stile

1.

Pl. Ion 530a-b

2.

Pl. Ion 530c, ...

3.

Pl. Alc. I 130e

II. 1.

Τὸν Ἴωνα χαίρειν. τὰ νῦν ἡμῖν… Οὐδαμῶς… (Πάνυ) γε / γε… Τί οὖν; […] ἡμῖν; καὶ πῶς τι ἠγωνίσω; ἄγε δὴ (ὅπως καὶ τὰ Παναθήναια νικήσομεν.) (Ἀληθῆ λέγεις,) ὦ Σώκρατες· Ψυχὴν ἄρα ἡμᾶς κελεύει γνωρίσαι ὁ ἐπιτάττων γνῶναι ἑαυτόν.

R. M. Parrinello Salve, Ione. Da dove arrivi qui da noi? Come mai? Certo / anche... E allora? Hai partecipato anche tu a qualche gara per rappresentarci? Hai vinto qualche premio? Ma cerchiamo di vincere anche le Panatenee. (È vero), Socrate... U. Bultrighini Dunque, colui che ci ordina di conoscere se stesso ci ordina di conoscere l’anima.

G. Reale Illustre Ione, salute! Da dove sei giunto, ora, fra noi? No... Proprio così / E anche... Davvero? Anche tu hai partecipato a qualche gara per noi? E come ti è andata la gara? Fa’ in modo che vinciamo anche alle Panatenee. (Dici il vero), o Socrate! M. L. Gatti L’anima, dunque, ci ordina di conoscere colui che comanda di conoscere se stessi.

Differenze di contenuto Pl. Ion 530c

535a

τὸν γὰρ ῥαψῳδὸν ἑρμηνέα δεῖ τοῦ ποιητοῦ τῆς διανοίας γίγνεσθαι τοῖς ἀκούουσι· … ἑρμηνεύειν… … ἑρμηνεύετε… … ἑρμηνέων ἑρμηνῆς…

2.

Pl. Hp.Mi. 370e

… ἃ μὲν γὰρ ὁ Ἀχιλλεὺς ψεύδεται, οὐκ ἐξ ἐπιβουλῆς φαίνεται ψευδόμενος ἀλλ᾽ ἄκων […] ἃ δὲ ὁ Ὀδυσσεύς, ἑκών τε καὶ ἐξ ἐπιβουλῆς.

3.

Pl. Smp. 208b

ταύτῃ τῇ μηχανῇ, ὦ Σώκρατες, ἔφη, θνητὸν ἀθανασίας μετέχει, καὶ σῶμα καὶ τἆλλα πάντα· ἀθάνατον δὲ ἄλλῃ.

G. Reale il rapsodo deve essere, per i suoi uditori, l’interprete del poeta. ... siano gli interpreti... ... interpretate... ... interpreti di interpreti...

R. E. Allen the rhapsode must interpret the poet’s thought to his audience.

R. M. Parrinello ... le menzogne di Achille non risultano dette di proposito, ma involontariamente [...]; le menzogne di Odisseo, invece, sono dette volontariamente e di proposito.

M. T. Liminta ... le false affermazioni di Achille non sono fatte di proposito, ma involontariamente [...]; ma là dove Odisseo mente, lo fa per libera scelta ed intenzionalmente.

F. Zanatta Con questo espediente, o Socrate, [...] il mortale partecipa dell’immortalità, per quanto riguarda il corpo e ogni altra cosa, altrimenti è impossibile.

G. Colli Con questo artificio, o Socrate, ciò che è mortale partecipa – sia per il corpo sia per tutto il resto – dell’immortalità; ciò che è immortale, invece, vi partecipa altrimenti.

... our good poets seem to me to bring these poems to us by divine apportionment as messages from the gods. ... interpret... ... messengers of messengers...

L’esercizio richiede di indicare minimo tre differenze stilistiche e tre differenze esegetiche, distinguendole tra loro. Se lo studente ha una conoscenza sufficiente della lingua originale (nel caso dell’esempio, il greco), può inserire sotto a ogni tabella un breve commento delle varianti di traduzione, segnalando quali ritiene migliori e perché. Se lo studente non conosce la lingua greca, oltre al commento delle varianti può omettere anche la colonna con il testo greco.

14 3.3

Appendice C: Saggio bibliografico

Per la definizione di saggio bibliografico o bibliografia ragionata, si veda il prontuario (§ 6.1). Trattandosi di una bibliografia ragionata, e come tale suddivisa in paragrafi, il saggio bibliografico non può assumere lo stile Autore-Titolo per la letteratura secondaria. Esempio C.

SAGGIO BIBLIOGRAFICO

1.

LETTERATURA PRIMARIA

Capuccino, C., Filosofi e Rapsodi: Testo, traduzione e commento dello Ione platonico, Bologna: CLUEB, 2005. Plato, Ion, Hippias Minor, Laches, Protagoras, a cura di R. E. Allen, New Haven-London: Yale University Press, 1996. Platone, Tutte le opere, 5 voll., a cura di E. V. Maltese, vol. III: Teagete, Carmide, Lachete, Liside, Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone, Ippia Maggiore, Ippia Minore, Ione, Menesseno, Clitofonte, a cura di R. M. Parrinello, Roma: Newton & Compton, 1997. Platone, Ione, in Franco Trabattoni (a cura di), Gorgia-Platone: Parola e ragione, Milano: Unicopli, 2000. Platone, Ione, a cura di Giovanni Reale, Milano: Bompiani, 2001. Rouse, W. H. D. (a cura di), Great Dialogues of Plato: Complete Texts of the Republic, Apology, Crito, Phaedo, Ion, Meno and Symposium, New York: NAL, 1999.

2.

LETTERATURA SECONDARIA

2.1 [1] [2] [3] [4] [5] [6]

Studi sulla poetica platonica ARVANITAKIS, A., L’art comme imitation, «Philosophia», 25-26 (1995-1996), pp. 184-199. BIEDMA, J., Platón y el espíritu trágico, «Dialogo Filosofico», 12 (1996) 2, pp. 251-266. COOK, A., The Stance of Plato, Lanham: Rowman & Littlefield, 1996. DEMOS, M., Lyric Quotations in Plato, Totowa: Rowman & Littlefield, 1999. FENDT, G. e ROZEMA, D., Platonic Errors: Plato, a Kind of Poet, Westport: Greenword Press, 1998. HALLIWELL, S., The Republic’s two Critiques of Poetry: Book II 376c-398b; Book X 595a-608b, in O. Höffe (a cura di), Platon: Politeia, Berlin: Akademie-Verlag, 1997, pp. 313-332. HALLIWELL, S., The Subjection of Muthos to Logos: Plato’s Citations of the Poets, «Classical Quarterly», 50 (2000) 1, pp. 94-112. IRWIN, T. H., Art and Philosophy in Plato’s Dialogues, «Phronesis», 41 (1996) 3, pp. 335-350. LEVIN, S. B., The Ancient Quarrel between Philosophy and Poetry Revisited: Plato and the Greek Literary Tradition, Oxford: Oxford University Press, 2000. LYCOS, K., Making Things with Words: Plato on Mimesis in Republic, «Philosophical Inquiry», 18 (1996) 3-4, pp. 1-19. MADHU, R. CH., Plato’s Homer, «Ancient Philosophy», 19 (1999), pp. 87-95 TAYLOR, J. T., Poetic Knowledge: The Recovery of Education, Albany: State University of New York Press, 1998. VON DER WALDE, G., Is Philosophy Possible? The Quarrel between Philosophy and Poetry in Plato (in spagnolo), «Universitas Philosophica», 15 (1998) 29-30, pp. 131-147. WHIBLEY, M., The Redemption of Art, «British Journal of Aesthetics», 38 (1998) 4, pp. 375-383.

[7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] 2.2 [15] [16] [17] [18]

Studi sullo Ione platonico BLANKLEY, J., Socrates, Homer and Plato’s Ion, «Prudentia», 28 (1996) 1, pp. 1-15. DE GRAMONT, J., Platon entre eidétique et théologie: Notes sur l’Euthyphron et l’Ion, «Cahiers Philosophiques», 79 (1999), pp. 71-92. DESCLOS, M.-L., Socrate poète et rhapsode: quelques remarques sur l’Ion, «Recherches sur la Philosophie et le Langage», 18 (Réflexions contemporaines sur l’antiquité classique) (1996), pp. 131-155. FENDT, G., Ion: Plato’s Defence of Poetry, «International Studies in Philosophy», 29 (1997) 4, pp. 23-50.

15 [19]

[24]

MEGNA, P., Lo Ione platonico nella Firenze medicea, Messina: Centro Interdipartimentale di Studi Umanistici, 1999. MOYES, C., Rhapsodic Readings: The Ion and Literary Knowledge, «Surfaces», 6 (1998), pp. 216 ss. MÜLLER, C. W., Die Dichter und ihre Interpreten: Über die Zircularität der Exegese von Dichtung im platonischen Jon, «Rheinisches Museum für Philologie», 141 (1998), pp. 259-285. THOM, P., Ion the Interpreter, «Philosophical Inquiry», 20 (1998) 1-2, pp. 29-35. WEINECK, S.-M., Talking about Homer: Poetic Madness, Philosophy, and the Birth of Criticism in Plato’s Ion, «Arethusa», 31 (1998) 1, pp. 19-42. WOOLF, R., The Self in Plato’s Ion, «Apeiron», 30 (1997) 3, pp. 189-210.

4.

ELECTIO E TRATTAZIONE

[20] [21] [22] [23]

Electio Scelta del tipo di saggio

Scelta dell’argomento

Trattazione

Saggio di Lettura TEMATICA (MIRATA)

APORETICA (ARGOMENTATIVA) LENTA (FILOLOGICA)

1.

1.

L’opera è letta alla luce di un tema I passi dell’opera sono studiati con I passi dell’opera sono letti in filosofico preciso. particolare riguardo alla forma logica almeno due traduzioni e se delle argomentazioni. possibile in lingua originale, ed esaminati con attenzione alla *Il saggio di lettura stesso può lettera del testo. assumere la struttura di una argomentazione, cioè può essere *Nei casi più significativi è diviso in paragrafi corrispondenti ai possibile presentare una passi dell’argo-mentazione. propria traduzione che renda ragione delle scelte interpretative operate. Scelta di un tema filosofico Scelta di almeno una tesi sostenuta e Scelta di un passo dell’opera. contenuto nell’opera. argomentata nell’opera.

2.

Narratio o Documentazione 1.1 Campi semantici 1.2 Intersezioni Argumentatio 2.1 Tesi 2.2 Conferma 2.2.1 Argomenti a favore (probatio) 2.2.2 Argomenti contro (refutatio)

Analisi sintattica 1.1 Informale (tesi, premesse esplicite e implicite, conclusione) 1.2 Formale (assunzioni esplicite e implicite, passi intermedi, regole di infrenza) 2. Analisi semantica 2.1 Validità formale delle inferenze 2.2 Validità materiale delle assunzioni 3. Analisi pragmatica 3.1 Cotesto adiacente 3.2 Cotesto remoto

1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.

Confronto delle traduzioni esaminate Traduzione di lavoro Esame dell’apparato critico relativo Esame delle occorrenze Contestualizzazione 5.1 Cotesto adiacente 5.2 Cotesto remoto Documentazione 6.1 Campi semantici 6.2 Intersezioni Traduzione finale e “testo critico”

16 5. CENNI DI TEORIA DELL’ARGOMENTAZIONE 5.1 Che cos’è un buon argomento

BUO N ARG OMENTO

E

STRIN GENTE (Bontà O ggettiva)

E

CORRETTO

VALID O (Correttezza Formale)

E

A P REMESSE VERE (Correttezza Materiale)

COG ENTE

P ertinente

E

EFFICA CE (Bontà Soggettiva)

CON VINCENTE

Informativo

Uditorio Universale

O

P ERSUASIVO

Uditorio P articolare

17 5.2 5.2.1

Nozioni logiche utili Nozioni generali

non – ~ ¬ e ¶ & . o v se... allora → b se e solo se ↔ ≠ (b) Consistenza e paradossi Proposizioni che possono essere vere insieme (o nello stesso tempo) sono dette consistenti, sia che vertano su uno stesso argomento, sia su argomenti non legati. Un gruppo di proposizioni è consistente anche se una di esse, alcune, o tutte sono false; ma se un gruppo di proposizioni è inconsistente (è questo il caso interessante), allora è impossibile che le proposizioni che lo compongono siano tutte vere, almeno una deve essere falsa (per es. una tra due proposizioni contraddittorie del gruppo, o una contraria). I paradossi sono insiemi di proposizioni, ognuna delle quali sembra vera, ma che sono nell’insieme inconsistenti. (a) Simboli:

Es. Paradosso della libertà e della causalità 1. Tutti gli eventi sono causati 2. Le azioni umane sono eventi 3. Alcune azioni umane sono libere, cioè non causate

Paradosso del riferimento e dell’esistenza 1. Ogni cosa a cui ci si riferisce deve esistere 2. Il nome ‘Amleto’ si riferisce ad Amleto 3. Amleto non esiste

Chiunque si proponga di risolvere un paradosso deve dire quale delle proposizioni pensa sia falsa e perché, o perché pensa che tutte le proposizioni siano in realtà consistenti; e cioè deve dire per ognuna di esse come è possibile che sia vera, anche se nel gruppo non sembra consistente. (c) La forza di una proposizione Una proposizione p è più forte di una proposizione q se e solo se p implica q e q non implica p. Per esempio, «Tutti gli empiristi britannici credono che la mente sia una sostanza» è più forte di «Alcuni empiristi britannici credono che la mente sia una sostanza». Se una proposizione è più forte di un’altra, richiede prove più numerose o anch’esse più forti per essere confermata. Le premesse non dovrebbero mai essere più forti di quanto è necessario che siano, perché più sono forti, più sono difficili da provare. Inoltre, più una tesi è forte, più debole deve essere una proposizione per confutarla. Per esempio, per confutare l’universale (e dunque forte) «Tutti i bambini sono belli» è sufficiente che sia vera la proposizione «Questo bambino non è bello». 5.2.2

Schemi argomentativi validi

Modus Ponendo Ponens (MPP) P→Q P ______ Q

Modus Tollendo Tollens (MTT) P→Q !Q ______ !P

Sillogismo Disgiuntivo PvQ !P ______ Q

Sillogismo Ipotetico P→Q Q→R ______ P→R

Dilemma Costruttivo (P → Q) ¶ (R → S) PvR ________________ QvS

Dilemma Distruttivo (P → Q) ¶ (R → S) !Q v !S ________________ !P v !R

18

Esempio di sillogismo disgiuntivo PvQ !Q

O Dio esiste o 2 è un numero dispari 2 non è un numero dispari _____________________________ Dio esiste

O Dio non esiste o 2 è un numero dispari 2 non è un numero dispari _________________________________ Dio non esiste

______

P

contraddittori

5.2.3 Strategie argomentative (a) Confutazione Diretta 1 2 1,2

(1) Ogni omicidio è un delitto (2) Ogni aborto è un omicidio (3) Ogni aborto è un delitto

A A 1, 2 Barbara

Indiretta

1 (1) Nessun delitto è terapeutico A 2 (2) Qualche aborto è terapeutico A 1,2 (3) Qualche aborto non è un delitto 1, 2 Festino

Contraddittorie

1 (1) Ogni aborto è un delitto 2 (2) Qualche aborto è un evento spontaneo 1,2 (3) Qualche evento spontaneo è un delitto

Assurda

[X] Quadrato logico contrarie AaB s u b a l t e r n e AiB

Ae B s u b a l t e r n e A oB

X=contraddittorie

subcontrarie

ADFIRMO AaB (universale affermativa) AiB (particolare affermativa)

Ogni B è A Qualche B è A

NE G O AeB (universale negativa) AoB (particolare negativa)

Nessun B è A Qualche B non è A

Modi e figure del sillogismo I 1. I 2. I 3. I 4.

AaB, BaC ├ AaC AeB, BaC ├ AeC AaB, BiC ├ AiC AeB, BiC ├ AoC

BARBARA CELARENT DARII FERIO

II 1. II 2. II 3. II 4.

BeA, BaC ├ AeC BaA, BeC ├ AeC BeA, BiC ├ AoC BaA, BoC ├ AoC

CESARE CAMESTRES FESTINO BAROCO

A A 1, 2 Datisi

19

III 1. III 2. III 3. III 4. III 5. III 6.

AaB, CaB ├ AiC AiB, CaB ├ AiC AaB, CiB ├ AiC AeB, CaB ├ AoC AoB, CaB├ AoC AeB, CiB ├ AoC

DARAPTI DISAMIS DATISI FELAPTON BOCARDO FERISON

(b) Reductio ad absurdum Per provare la verità di una proposizione p, si assume (come vera) la sua contraddittoria –p. Poiché una proposizione vera può implicare solo un’altra proposizione vera, se la nostra proposizione –p implica qualcosa di contraddittorio (q Л –q) o di evidentemente falso, allora sarà essa stessa falsa. E poiché la proposizione che risulta falsa è in realtà la contraddittoria della proposizione originaria che volevamo provare, allora quest’ultima non potrà che essere vera. (c) Dilemmi Formulare un problema sotto forma di dilemma è una tecnica utile soprattutto quando si investigano credenze ampiamente condivise, per mettere in luce il contrasto o la contraddizione esistenti tra di esse. Formulare un dilemma comporta sempre mostrare alternative che sono in qualche modo ‘spiacevoli’. Es.

1. Se vale il determinismo, allora gli esseri umani non sono responsabili per le loro azioni; e se vale l’indeterminismo, allora gli esseri umani non causano le loro azioni

Dilemma costruttivo (P → Q) ¶ (R → S)

2. O vale il determinismo o vale l’indeterminismo ______________________________________________________________ 3. O gli esseri umani non sono responsabili per le loro azioni o gli esseri umani non causano le loro azioni

PvR ________________ QvS

Poiché i dilemmi costruttivi e distruttivi sono formalmente validi, l’unico modo di risolverli è mostrare che una delle premesse è falsa. Essendo due le premesse di un dilemma, ci sono due modi standard di mostrarne la falsità: mostrare che la premessa congiuntiva, composta da due proposizioni condizionali, è falsa (mostrando che almeno uno dei congiunti è falso), o mostrare che è falsa la premessa disgiuntiva (mostrando che esiste una terza possibilità, che è anche quella vera). Un terzo modo per trattare i dilemmi è produrre un controdilemma avente la stessa premessa disgiuntiva, ma in grado di condurre a una conclusione diversa e non ‘spiacevole’. Ogni condizionale della premessa congiuntiva ha lo stesso antecedente, mentre ogni conseguente di solito è contrario a un disgiunto della conclusione del dilemma originario. Il controdilemma mostra che il dilemma corrispondente manca di cogenza perché non tiene conto di tutte le considerazioni pertinenti a quell’argomento, oppure mostra che le premesse del dilemma originario sono contraddittorie. Es. Dilemma 1. Se Dio esiste, allora gli esseri umani non sono liberi di determinare il loro destino; e se Dio non esiste, allora non c’è speranza di salvezza eterna 2. O Dio esiste o Dio non esiste 3. O gli esseri umani non sono liberi di determinare il loro destino o non c’è speranza di salvezza eterna

(d)

Controesempi

Controdilemma Se Dio esiste, allora c’è speranza di salvezza eterna; e se Dio non esiste, allora gli esseri umani sono liberi di determinare il proprio destino O Dio esiste o Dio non esiste PvR ________________ O c’è speranza di salvezza eterna o gli esseri umani sono QvS liberi di determinare il loro destino (P→Q) ¶ (R→S)

(P→Q) ¶ (R→S)

PvR _________________ QvS

20 Un controesempio è l’esempio di qualcosa che contrasta con una certa proposizione o tesi. I controesempi proposizionali sono spesso confutazioni di qualche proposizione universale. L’asserzione universale che tutti gli F sono G è confutata da un controesempio mostrando che esiste un F che non è G. Un secondo tipo di controesempi riguarda argomentazioni piuttosto che singole proposizioni. Supponi che qualcuno argomenti: 1. 2. 3.

Se Platone era un idealista, allora Aristotele era un realista Aristotele era un realista Perciò Platone era un idealista

Questa argomentazione potrebbe sembrare corretta, essendo vera la conclusione (3). In realtà essa è formalmente non valida (fallacia dell’affermazione del conseguente). Lo si può vedere chiaramente producendo un controesempio con lo stesso schema argomentativo: 1. 2. 3.

Se Platone è l’autore della Critica della Ragion Pura, allora Platone era un grande filosofo Platone era un grande filosofo Perciò Platone è l’autore della Critica della Ragion Pura.

5.2.4 Forme di ragionamento non deduttivo (a)

Ragionamento induttivo

1.

Tutti i corvi finora osservati sono neri

2.

Tutti i corvi sono neri

«Stabilire se un argomento è induttivamente valido significa stabilire se, nel caso in cui le premesse siano vere, la verità della conclusione è più probabile della sua falsità». (b)

Ragionamento per default

1.

Normalmente i polacchi non sanno parlare italiano

2.

Karol è polacco

3.

Karol non sa parlare italiano

Traiamo delle conclusioni relative a un singolo individuo o a un caso particolare da una conoscenza di carattere generale, la quale ammette delle eccezioni delle quali siamo consapevoli. Sappiamo benissimo che vi sono dei polacchi che parlano italiano; tuttavia essi sono una minoranza e, in mancanza di ulteriori informazioni, siamo disposti a dedurre che Karol non sappia parlare italiano.2 5.2.5 Fallacie (a)

Petitio principii

È l’uso di una stessa proposizione sia come conclusione sia come premessa esplicita o implicita del ragionamento. In alcuni casi la fallacia è evidente:

Parte del materiale è tratta da A. P. Martinich, Philosophical Writing: An Introduction (1989), Second Edition, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall, 1996; D. PALLADINO, Corso di logica: Introduzione elementare al calcolo dei predicati, Roma: Carocci, 2002; e A. IACONA, L’argomentazione, Torino: Einaudi, 2005. 2

21 1. Il debito pubblico è molto vasto ____________________________ 2. Il debito pubblico è molto vasto

in altri meno, o perché le due proposizioni sono formulate in termini diversi, benché abbiano lo stesso significato: 1. Tutti gli uomini sono mortali __________________________ 2. Dunque tutti gli uomini moriranno

o perché il ragionamento è più complesso: Tutto ciò che dice la Bibbia è vero. Infatti la Bibbia è la Parola di Dio, e la Parola di Dio è vera. Inoltre, noi sappiamo che la parola di Dio è vera perché la Bibbia ci dice che è così.

1. La Bibbia è la Parola di Dio 2. La Parola di Dio è vera ________________________ 3. La Bibbia è vera

La premessa 2 ha bisogno di essere provata, ma «La Bibbia ci dice che è così» non è una buona prova. La proposizione ‘La Bibbia ci dice che è così’ ha infatti lo stesso significato della proposizione ‘La Bibbia è vera (o dice il vero)’, e questo è proprio ciò che dobbiamo dimostrare. (b)

Negazione dell’antecedente Premesse vere, conclusione vera

1. 2. 3.

(c) 1. 2. 3.

Se sono colpevole, allora devo essere punito Ma io non sono colpevole Quindi non devo essere punito

Premesse vere, conclusione falsa P→Q

1.

¬P ¬Q

2. 3.

Se Fabio è genovese, allora Fabio è ligure Fabio non è genovese Fabio non è ligure

P→Q ¬P ¬Q

Affermazione del conseguente (ragionamento abduttivo) Se manca la benzina, allora l’auto non parte L’auto non parte Manca la benzina

P→Q Q P

Intuitivamente, la prima premessa afferma che dalla verità di 1 segue quella di 2, ma la seconda premessa 2 può essere vera per qualche altra ragione diversa da 1, cioè anche se 1 fosse falsa.

22 5.3

Teoria dell’argomentazione applicata: un esempio

A B C ___ D

premesse/buone ragioni quindi conclusione/tesi

D, infatti (o perché) A, B e C

P→Q Q→P P↔Q PvQ P¶Q

BR → C

C→M M→C

(V) (F)

Un buon rapsodo non potrebbe mai essere tale se non comprendesse le cose dette dal poeta. Infatti il rapsodo deve farsi mediatore del pensiero del poeta per gli ascoltatori, e farlo bene senza sapere che cosa intende dire il poeta è impossibile.

T Ione (inizio dialogo) BR → C BR _______ C MPP T Socrate (fine dialogo) BR → C !C _______ !BR MTT

A, infatti (o perché) B e C ↔ B e C, dunque A

BR → M M→C ________ BR → C

fallacia di affermazione del conseguente

BR → C C _______ BR

fallacia di negazione dell’antecedente

BR → C !BR _______ !C

(B) (C) (A)

Transitività del Condizionale

23 6.

MASSIME DI P. GRICE E BUSTINA DI MINERVA DI U. ECO

PAUL GRICE (1967) Principio di Cooperazione Conforma il tuo contributo alla conversazione a quanto è richiesto, nel momento in cui avviene, dall’intento comune accettato o dalla direzione dello scambio verbale in cui sei impegnato. Massime della Conversazione Quantità (1) Dà un contributo tanto informativo quanto è richiesto per gli scopi accettati dello scambio linguistico in corso. (2) Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto. Qualità Cerca di dare un contributo che sia vero. (1) Non dire ciò che credi essere falso. (2) Non dire ciò per cui non hai prove adeguate. Relazione (1) Sii pertinente. Modalità Sii perspicuo. (1) Evita l’oscurità di espressione. (2) Evita l’ambiguità. (3) Sii breve (evita la prolissità non necessaria). (4) Sii ordinato nell’esposizione.

Be polite. Sii cortese.

24

Come scrivere bene Ho trovato in Internet una serie di istruzioni su come scrivere bene. Le faccio mie, con qualche variazione, perché penso che possano essere utili a molti, specie a coloro che frequentano le scuole di scrittura. 1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. 2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario. 3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata. 4. Esprimiti siccome ti nutri. 5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc. 6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso. 7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione. 8. Usa meno virgolette possibili: non è ‘fine’. 9. Non generalizzare mai. 10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton. 11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: «Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu». 12. I paragoni sono come le frasi fatte. 13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito). 14. Solo gli stronzi usano parole volgari. 15. Sii sempre più o meno specifico. 16. La litote è la più straordinaria delle tecniche espressive. 17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale. 18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. 19. Metti, le virgole, al posto giusto. 20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile. 21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso el tacòn del buso. 22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono ‘cantare’: sono come un cigno che deraglia. 23. C’è davvero bisogno di domande retoriche? 24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe – o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento – affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media. 25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia. 26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile. 27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi! 28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri. 29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili. 30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio. 31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo). 32. Cura puntiliosamente l’ortograffia. 33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni. 34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve. 35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione.

25 36. 37. 38.

39. 40.

Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni. Non indulgere ad arcaismi, hapax legómena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che. Una frase compiuta deve avere 1997 Umberto Eco, La bustina di Minerva (1999), Milano: Bompiani, 20063, pp. 308-310 (lievemente modificato)

7. T1

PASSI NOTEVOLI Lentezza (a) F. Nietzsche, Aurora, Prefazione, § 5 Ed infine: a che scopo dovremmo dire così ad alta voce e con tale fervore quel che noi siamo, quel che vogliamo e non vogliamo? Osserviamolo, invece, più freddamente, più in distanza, con maggior saggezza, più dall’alto, diciamolo, come può essere detto fra noi, così segretamente che nessuno vi badi, che nessuno badi a noi! Soprattutto diciamolo lentamente… Questa prefazione viene tardi, ma non troppo tardi; che importano, in fondo, cinque, sei anni? Un libro del genere, un problema del genere non ha fretta: inoltre, noi siamo entrambi amici del lento, tanto io che il mio libro. Non per nulla si è stati filologi, e forse lo siamo ancora: la qual cosa vuol dire, maestri della lettura lenta; e si finisce anche per scrivere lentamente. Oggi non rientra soltanto nelle mie abitudini, ma fa anche parte del mio gusto – un gusto malizioso forse? – non scrivere più nulla che non porti alla disperazione ogni genere di gente «frettolosa». Filologia, infatti, è quella onorevole arte che esige dal suo cultore soprattutto una cosa, trarsi da parte, lasciarsi tempo, divenire silenzioso, divenire lento, essendo un’arte e una perizia di orafi della parola, che deve compiere un finissimo attento lavoro e non raggiungere nulla se non lo raggiunge lento. Ma proprio per questo fatto è oggi più necessaria che mai; è proprio per questo mezzo che essa ci attira e ci incanta quanto mai fortemente, nel cuore di un’epoca del «lavoro», intendo dire della fretta, della precipitazione indecorosa e sudaticcia, che vuol «sbrigare» immediatamente ogni cosa, anche ogni libro antico e nuovo: per una tale arte non è tanto facile sbrigare una qualsiasi cosa, essa insegna a leggere bene, cioè a leggere lentamente, in profondità, guardandosi avanti e indietro, non senza secondi fini lasciando porte aperte, con dita ed occhi delicati… Miei pazienti amici, questo libro si augura soltanto perfetti lettori e filologi: imparate a leggermi bene! Ruta di Genova, nell’autunno dell’anno 1886. Trad. di G. Colli e M. Montinari (Adelphi 1964)

(b) Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi (1977), trad. it. di Michele Ranchetti, Milano: Adelphi, 1980. Nella corsa della filosofia vince chi sa correre più lentamente. Oppure: chi raggiunge il traguardo per ultimo. [1938] (p. 73) Con i miei numerosi segni d’interpunzione, ciò che in realtà vorrei è rallentare il ritmo della lettura. Perché vorrei essere letto lentamente. (Come leggo io stesso). [1948] (p. 129)

26 T2

Principio organico di buona formazione del logos: Pl. Phdr. 264c2-6 SO.

T3

Battuta tematica e battuta rematica: Pl. Alc. I 112d7-113b7 SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL. SO. AL.

T4

Ma credo che almeno questo tu possa affermarlo, che ogni discorso deve essere assemblato come un essere vivente, dotato di un suo corpo, così da non risultare privo né di testa né di piedi, anzi da avere le parti intermedie e quelle estreme scritte in modo adeguato l’una all’altra e nell’insieme. Trad. di R. Velardi (BUR 2006)

E allora come fa ad essere verosimile che tu conosca il giusto e l’ingiusto, punto sul quale fai errori così gravi che dimostri di non avere imparato da nessuno ma nemmeno di avere trovato da te? Stando alle tue parole, non è verosimile. Vedi che ancora una volta non hai parlato bene, Alcibiade? In che cosa? Nel fatto che sostieni che sono io a dire queste cose. E come? Che io non so niente del giusto e dell’ingiusto non sono parole tue? Per niente. Le ho dette io, allora? Sì. E come? Lo saprai così. Se io ti chiedo qual è maggiore, l’uno o il due, dirai che è maggiore il due? Certo! Di quanto? Di uno. Fra di noi chi è quello che sostiene che il due è maggiore dell’uno di una unità? Sono io che lo sostengo. Non è allora che io chiedevo e tu rispondevi? Sì. Su questo allora chi è manifestamente che afferma, io che interrogo o tu che rispondi? Io. E se ti chiedo di quante lettere è composto il nome Socrate, e tu rispondi, chi di noi due afferma? Io. Su, allora, dimmi in una parola: quando c’è una domanda e una risposta, chi è quello che afferma, chi interroga o chi risponde? Mi sembra chi risponde. E poco fa non ero sempre io a porre le domande? Sì. E non eri tu a rispondere? Senz’altro. E quindi? Chi di noi due ha affermato quello che si è detto? Evidentemente io, Socrate, da quanto abbiamo ammesso. Trad. di D. Puliga (BUR 1995)

Argomentazione e persuasione: Pl. Phdr. 260b6-d2 SO. FE. SO.

Se io volessi persuaderti ad acquistare un cavallo per difenderti dai nemici, ed entrambi ignorassimo che cos’è un cavallo, ma io sapessi questo di te, che Fedro crede che il cavallo sia l’animale domestico che ha le orecchie più grandi… Ma sarebbe ridicolo, Socrate! Non ancora. Ma lo sarebbe davvero se io mi impegnassi a persuaderti componendo un discorso di elogio sull’asino e lo definissi cavallo e dicessi che è assai conveniente possedere questo animale, sia per i lavori di casa sia per la guerra, che è utile in combattimento e in grado di trasportare suppellettili e che è di aiuto in molte altre cose…

27 FE. SO. FE. SO.

FE.

8.

Sarebbe davvero il colmo del ridicolo. E non è meglio essere ridicolo e amico che pericoloso e nemico? Così sembra. Dunque, quando l’oratore, ignorando che cos’è il bene e che cos’è il male, si impadronisce di una città altrettanto ignorante e la persuade, facendo l’elogio non dell’ombra dell’asino come se fosse il cavallo, ma del male come se fosse il bene e, esperto delle opinioni della massa, la persuade ad agire male invece che bene, quale frutto pensi che la retorica possa poi raccogliere da quello che ha seminato? Un frutto sicuramente non conveniente. Trad. di R. Velardi (BUR 2006)

AVVISO DI PLAGIO E PROSCRIBENDA

PLAGIO

LOGOKLOPIA «illecita appropriazione e divulgazione sotto proprio nome di un’opera o parte di un’opera che è frutto dell’ingegno altrui» Una studentessa ha presentato un’esercitazione d’esame in inglese che è risultata copiata alla lettera dall’articolo di William P. Kiblinger, Understanding the Athenian Fear of Socrates: A Reading of Plato’s Apology of Socrates, articolo disponibile su internet in pdf. Il plagio è un illecito grave e in alcune università viene punito anche con l’espulsione. Si informa che d’ora in poi chi presenterà all’esame papers copiati in tutto o in parte non sarà respinto ma valutato insufficiente e l’insufficienza verrà regolarmente verbalizzata. Ci riserviamo inoltre di segnalare gli eventuali casi di plagio al Corso di Laurea e alla Scuola per ulteriori provvedimenti nei confronti dei responsabili dell’illecito. Walter Cavini 18.02.09

PROSCRIBENDA (da non usare) Termini

Locuzioni

approcciare capitolo (invece di paragrafo) emblematico evidenziare fattispecie input paragrafo (invece di capoverso) passaggio (invece di passo) posizionarsi praticamente rapportarsi recepire relazionarsi relazionato

a mio modesto avviso a mio sommesso parere a supporto bagaglio culturale è funzionale a fare chiarezza nel mio piccolo portare avanti riguardo qualcosa (invece di riguardo a qualcosa)

28 supportare supportato supporto target tesina (invece di esercitazione o paper d’esame) testare trend utilizzo valoriale 9.

STRUMENTARIO

9.1

THESAURI

[1] [2]

TLG TLL

9.2 [3] [4] [5]

Thesaurus Linguae Graecae, University of California at Irvine, 1992 (su cd-rom e on line). Thesaurus Linguae Latinae, The Packhard Humanities Institute, 1991 (su cd-rom).

REPERTORI BIBLIOGRAFICI

[L’]Année Philologique: Bibliographie critique et analitique de l’antiquité gréco-latine. Fondée par J. Marouzeau. Publiée par la Societé Internationale de Bibliographie Classique, Paris: Les Belles Lettres, 1927 ss. [The] Philosopher’s Index, Bowling Green: Philosopher’s Information Center, 1940 ss. Répertoire Bibliographique de la Philosophie, Louvain: Editions de l’Institut Supérieur de la Philosophie, 1949 ss.

9.3

MANUALI DI STILE, LOGICA, PUNTEGGIATURA E VARIA

[6]

G. L. Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica (1994), nuova edizione, Torino: Einaudi, 2004. M. Beltramo / M. T. Nesci, Dizionario di stile e scrittura, Bologna: Zanichelli, 2011. I. Bertoletti, Metafisica del redattore: Elementi di editoria, Pisa: ETS, 2005. G. Boniolo / P. Vidali, Strumenti per ragionare, Milano: Bruno Mondadori, 2002. S. Brugnolo / G. Mozzi, Ricettario di scrittura creativa, Bologna: Zanichelli, 2000. C. Demaria / R. Fedriga, Il paratesto, Milano: Sylvestre Bonnard, 2001. G. Genette, Soglie: I dintorni del testo (1987), traduzione di C. M. Cederna, Torino: Einaudi, 1989. A. Grafton, La nota a piè di pagina: Una storia curiosa, Milano: Sylvestre Bonnard, 2000. A. Iacona, L’argomentazione, Torino: Einaudi, 2005. E. J. Lemmon, Elementi di logica con esercizi risolti (1965), traduzione di M. Prampolini, Roma-Bari: Laterza, 1986. A. P. Martinich, Philosophical Writing: An Introduction (1989), Second Edition, Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall, 1996. B. Mortara Garavelli, Prontuario di punteggiatura, Roma-Bari: Laterza, 2003. D. Palladino, Corso di logica: Introduzione elementare al calcolo dei predicati, Roma: Carocci, 2002. R. A. Posner, Il piccolo libro del plagio, Roma: Elliot, 2007. L. Rossetti, Introduzione alla Filosofia Antica: Premesse filologiche e altri ferri del mestiere, Bari: Levante Editori, 1998. M. Santambrogio, Manuale di scrittura (non creativa) (2006), Roma-Bari: Laterza, 20082. S. Stati, Il dialogo: Considerazioni di linguistica pragmatica, Napoli: Liguori, 1982. L. Truss, Virgole, per caso, Casale Monferrato: Piemme, 2005. M. Untersteiner, Problemi di Filologia Filosofica, Milano: Cisalpino-Goliardica, 1980. M. L. West, Critica del testo e tecnica dell’edizione (1973), Palermo: L’Epos, 1991.

[7] [8] [9] [10] [11] [12] [13] [14] [15] [16] [17] [18] [19] [20] [21] [22] [23] [24] [25]

29 9.4 [26] [27] [28] [29] [30] [31]

[32] [33] [34]

DIZIONARI ED ENCICLOPEDIE 9.4.1 Dizionari/Enciclopedie Filosofici e dell’Antichità Classica

AA.VV., Enciclopedia dell’Antichità Classica, Milano: Garzanti, 2000. AA.VV., Enciclopedia Filosofica, Fondazione Centro Studi Filosofici di Gallarate, 12 voll., Milano: Bompiani, 2006. N. Abbagnano / G. Fornero (a cura di), Dizionario di Filosofia (1971), Torino: UTET, 19983. G. L. Beccaria (a cura di), Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica (1994), Torino: Einaudi, 2004. E. Craig / L. Floridi (a cura di), Routledge Enciclopedia of Philosophy, version 1.0, 10 voll. (anche su cd-rom), London-New York: Routledge, 1998. U. Eco (a cura di), La Grande Storia: L’Antichità, 14 voll., Milano: Encyclomedia Publishers, 2011, voll. 5: Grecia – Filosofia, 6: Grecia – Mito e religione, 11: Roma – Filosofia, mito e religione, 14: Vicino Oriente, Grecia, Roma – Temi trasversali, Indici. G. Vattimo et all. (a cura di), Enciclopedia Garzanti di Filosofia (1981), Milano: Garzanti, 1993. F. Volpi (a cura di), Dizionario delle opere filosofiche, Milano: Mondadori, 2000. E. N. Zalta (a cura di), Stanford Encyclopedia of Philosophy (SEP), URL = http://plato.stanford. edu/.

9.4.2 [35] [36] [37] [38]

9.4.3 [39] [40] [41] [42]

Dizionari di Italiano

S. Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana (1960), Torino: UTET, 1980. T. De Mauro, Grande Dizionario Italiano dell’Uso, 6 voll., Torino: UTET, 1999. D. Feroldi / E. Dal Pra, Dizionario Analogico della Lingua Italiana, Bologna: Zanichelli, 2011. A. Nocentini / A. Parenti, L’Etimologico: Vocabolario della lingua italiana, Firenze: Le Monnier, 2010.

Dizionari di Greco Antico

P. Chantraine, Dictionnaire Etymologique de la Langue Greque, Paris: Klincksieck, 1968. H. G. Liddell / R. Scott et all., A Greek- English Lexicon (19409), With a Revised Supplement, Oxford: Clarendon Press, 1996 (URL = http://www.tlg.uci.edu/lsj/). F. Montanari, Vocabolario della Lingua Greca (1995), II Edizione, Torino: Lœscher, 2004. R. Romizi / M. Negri, Greco Antico: Vocabolario Greco Italiano Etimologico e Ragionato, Bologna: Zanichelli, 2001 (rist. 2007).

9.4.4

Dizionari di Latino

[43] [44] [45]

G. Conte et all., Dizionario di Latino-Italiano e Italiano-Latino, Firenze: Le Monnier, 2004. F. Gaffiot, Dizionario illustrato latino-italiano, Torino: Piccin Nuova Libraria, 1973. P. G. W. Glare, Oxford Latin Dictionary, Oxford-New York: Clarendon Press-Oxford University Press, 1968.

9.5

GRAMMATICHE E SINTASSI

[46]

M. Dardano / P. Trifone, Grammatica italiana con nozioni di linguistica, terza edizione, Bologna: Zanichelli, 1995 (rist. 1999). I. Dionigi / L. Morisi / E. Riganti, Verba et res: Morfosintassi e lessico del latino, 2 voll., Roma-Bari: Laterza, 1997. L. Renzi et all., Grande grammatica italiana di consultazione (1988), 3 voll., Bologna: Il Mulino, 1991 3. C. Restifo / R. Neto, Nuovo corso di greco, Firenze: Le Monnier, 2001. H. W. Smith, Greek Grammar, revised by Gordon M. Messing, Cambridge, MA: Harvard University Press, 1984. G. C. Vincenzi / S. Nannini, Manuale di Lingua Greca (1990), 2 voll., vol. I: Teoria, Bologna: THEMA Editore, 1992 (disponibile in fotocopia presso la Copisteria Centotrecento, via Centotrecento, 19, Bologna).

[47] [48] [49] [50] [51]

9.6

LESSICI

[52]

H. Bonitz, Index Aristotelicus, Berlin: Reimer, 1870 (rist. Graz: Akademische Druck- u. Verlagsanstalt, 1955). L. Brandwood, A Word Index to Plato, Leeds: Maney, 1976.

[53]

30 [54]

E. Des Places, Platon: Lexique, 2 voll., Paris: Les Belles Lettres, 1964.

9.7

STUDI SULL’USO DELLE PARTICELLE

[55] [56] [57]

J. D. Denniston, The Greek Particles, Oxford: Clarendon Press, 1934. E. Des Places, Etudes sur quelques particules de liaison chez Platon, Paris: Les Belles Lettres, 1929. E. Des Places, Une formule platonicienne, Paris: Les Belles Lettres, 1929.

31 10. COME SCRIVERE UN PAPER ARGOMENTATIVO SSSUB 11/12

Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche Seminario di Scrittura

10/05/12

COME SCRIVERE UN PAPER ARGOMENTATIVO3 Carlotta Capuccino È domenica notte e ho un saggio da consegnare lunedì mattina. «Hai già promesso a Dio che se ti tirerà fuori da questo pasticcio non aspetterai mai più fino alla notte prima della consegna per scrivere il tuo saggio. Che cosa fare adesso?» Così si conclude quello che è forse il più diffuso manuale di scrittura filosofica nelle Università di lingua inglese, soprattutto americane. Si tratta di Philosophical Writing di A. P. Martinich, pubblicato per la prima volta nel 1989 [lo trovate nella bibliografia di lavoro dell’handout, al numero 13 di p. 4]. Il manuale si rivolge principalmente allo studente universitario che durante il suo corso di studi è chiamato a più riprese a scrivere papers d’esame di vario tema e lunghezza. Nell’appendice al volume così intitolata: È domenica notte e ho un saggio da consegnare lunedì mattina, Martinich riassume per il lettore dell’ultima ora, quello cioè che non ha ancora letto il libro e ormai non ne ha più il tempo perché la data della consegna è imminente, le principali regole pratiche da seguire per scrivere un saggio. Così facendo, sembrerebbe offrire al lettore una scorciatoia, una veloce ricetta alternativa per ottenere il miglior risultato possibile nel minor tempo a disposizione; ma le cose non stanno esattamente in questo modo. In realtà, per poter distillare le sue istruzioni per l’uso e approntare una strategia che si riveli efficace anche in tempi brevi, Martinich deve porsi la seguente domanda: che cos’è un saggio? Quali sono i caratteri essenziali che lo definiscono distinguendolo dalle altre forme di scrittura? Nei prossimi 45 minuti vorrei cercare di rispondere a questa domanda dandovi, come Martinich, quelli che ritengo i consigli essenziali per scrivere un buon saggio. Due osservazioni preliminari. (i) Innanzitutto il titolo della presentazione, Scrivere un paper argomentativo, sembra presupporre che vi siano saggi non argomentativi, se consideriamo paper un sinonimo di saggio. Bene, non è così: quando scriviamo un saggio, anziché per esempio raccontare qualcosa, ciò che intendiamo fare è sempre saggiare la bontà di una tesi, sia nel senso di dimostrare agli altri la verità di una tesi che ci persuade (questo è lo scopo del saggio), sia nel senso di mettere alla prova la nostra tesi sottoponendola all’esame della scrittura come forma di pensiero più rigoroso, come 3 Questo saggio è un esempio di Oral Style, vale a dire è un testo scritto per essere letto davanti a un pubblico. Nello specifico si tratta del testo di una lezione tenuta per la Scuola di Dottorato in Scienze Umanistiche di Bologna nel maggio 2012. È stato inserito in questa dispensa perché racchiude lo spirito del Seminario di Scrittura Filosofica di cui la dispensa è il distillato.

32 «addomesticamento del pensiero selvaggio», citando il titolo di un bel saggio dell’antropologo di Cambridge Jack Goody [sull’handout al numero 9]. Quindi paper va inteso nel significato più generico di «scritto», mentre l’equivalente inglese di saggio è essay. (ii) In secondo luogo – e di conseguenza – la scrittura argomentativa non è esclusiva della filosofia. Il manuale di Martinich si intitola Philosophical Writing così come la mia esperienza personale, di cui sono qui a darvi una testimonianza, riguarda la scrittura filosofica, ma noi scriviamo ugualmente saggi di critica letteraria, filologia, storia, antropologia, ecc.: ogni qualvolta, cioè, scriviamo per sostenere una tesi, qualunque essa sia, il nostro scritto ha – o dovrebbe avere – carattere argomentativo. Il primo consiglio che vorrei darvi è in realtà un richiamo all’attenzione. Quello che i manuali di scrittura argomentativa oggi raramente fanno, pur essendo un genere di pubblicazione piuttosto diffuso, è richiamare l’attenzione sul legame tra scrittura e lettura di un testo argomentativo: le stesse regole che ci permettono di scrivere personalmente un buon saggio ci permettono anche di leggere bene un saggio scritto da qualcun altro. Ciò significa che se padroneggiamo la scrittura argomentativa abbiamo al tempo stesso uno strumento efficace per comprendere e valutare il pensiero scritto altrui. Nel caso della filosofia, questo è particolarmente rilevante perché le fonti con cui abbiamo a che fare, le opere dei filosofi del passato e del presente, hanno tutte forma argomentativa implicita o esplicita; ma ha valore per qualsiasi genere di saggio nella misura in cui l’autore dovrà perlomeno confrontarsi con la letteratura secondaria sull’argomento, cioè leggere e valutare altri saggi sul medesimo tema o testo. Il secondo consiglio è di ordine metodologico e consiste nel mantenere separate le due fasi di lavoro di analisi e sintesi. In altre parole, anche se è senz’altro vero che scrivendo raffiniamo il nostro pensiero e che quindi a un certo punto del nostro lavoro sarà necessario continuare la ricerca servendoci della scrittura, è altrettanto necessario che prima di iniziare a scrivere il saggio abbiamo svolto almeno una parte di quel lavoro. Così facendo attenueremo un difetto della scrittura tipico soprattutto delle tesi di laurea e di dottorato, e spesso anche delle pubblicazioni da esse ricavate: riproporre al lettore tal quale, cioè senza riorganizzarlo alla luce dei risultati raggiunti, il proprio percorso di analisi, che si tratti dell’analisi di un testo o di un tema. Questo principio metodologico presuppone insieme un piano di lavoro efficace che possa orientare la ricerca e una struttura ben articolata dello scritto. Bene, vediamo allora in successione le due fasi del lavoro cominciando con la fase di analisi. FASE DI ANALISI (1) La prima cosa da fare – scrive Martinich all’inizio della sua appendice – è pensare al tema, all’argomento – nel caso in cui non sia già assegnato: la scelta del tema, dunque, quella che per la retorica classica è l’electio. Parallela alla scelta del tema è la scelta del tipo di saggio che intendiamo

33 scrivere, per esempio un saggio di lettura di un’opera filosofica o letteraria. Lettura che a sua volta potrà essere tematica o mirata, cioè volta ad analizzare il tema attraverso l’esame delle occorrenze dei termini chiave pertinenti nel testo scelto, soffermandosi con attenzione su tutti i passi in cui si tratta di quel tema preciso. Oppure, in alternativa, una lettura lenta, cioè l’esame filologico di un passo del testo particolarmente denso o di difficile comprensione. O ancora una lettura di tipo aporetico o strettamente argomentativo, nel caso di un’opera filosofica in cui si voglia analizzare la struttura o la forma logica di una certa argomentazione proposta dall’autore. In tutti questi casi, scopo del saggio di lettura è sostenere, cioè dimostrare o argomentare, la verità di una tesi esegetica. Il saggio di lettura, in altre parole, risponde alle seguenti domande: ‘Qual è la tesi dell’autore sul tema in questione?’, oppure ‘Qual è la tesi e quali gli argomenti a sostegno forniti dall’autore in questo passo?’. Ovviamente il saggio di lettura non è l’unico possibile: un altro tipo di saggio è per esempio il saggio tematico, cioè l’analisi diretta di un tema o un problema filosofico, antropologico, di critica letteraria, ecc., il cui scopo è sostenere una tesi personale, rispondendo a una domanda diversa: non ‘Che cos’è la giustizia secondo Platone nella Repubblica?’, ma ‘Che cos’è la giustizia tout court?’. Ovviamente anche il saggio tematico presuppone delle letture, in quanto presuppone che si conoscano almeno le tesi principali già sostenute in merito al tema o al problema affrontato. (2) La seconda fase del lavoro di analisi consiste esattamente in queste letture, cioè nella lettura delle proprie fonti. Due esercizi che suggerisco agli studenti di filosofia per rendere efficace la lettura di un testo filosofico, ma che credo possano avere validità più generale, sono i seguenti: (i) in primo luogo, come alternativa alla tradizionale schedatura, il diagramma di partizione. Se la fonte principale ha carattere argomentativo, un buon metodo per fissarne i contenuti già durante la prima lettura è dare una mappa del testo che lo suddivida nelle sue parti costitutive. Ne avete un esempio a p. 2 dell’handout, dove trovate il diagramma dell’Apologia di Socrate di Platone. Di che cosa si tratta esattamente? Il diagramma di partizione è una mappa che mostra i rapporti tra le parti che costituiscono un testo con il doppio scopo di catturarne la struttura costitutiva per farci orientare al suo interno, come la piantina di una città aiuta a orientarsi tra le sue vie, e insieme di fissarne sinteticamente il contenuto. Il principale vantaggio offerto da questo tipo di sintesi è la visione sinottica del testo che, a prescindere dalla sua lunghezza, si dà in un’unica immagine che ne rappresenta allo stesso tempo struttura e contenuti. I contenuti stessi vengono in tal modo fissati nel rispetto dei nessi argomentativi e sono rintracciabili all’interno dell’opera grazie ai riferimenti testuali dati secondo la regola di citazione ufficiale dell’autore: nel caso di Platone, la paginatura Stephanus. Consultando un diagramma di partizione siamo in grado, per esempio, di rintracciare all’istante tutti i passi del testo in cui ricorre il nostro tema e insieme di vederli nel loro cotesto proprio, sia adiacente, cioè quanto immediatamente precede e segue ogni passo, sia remoto, cioè l’intera opera. Esiste inoltre un programma, Inspiration, che con tre semplici mosse

34 permette di realizzare graficamente questi diagrammi ad albero, particolarmente indicati per i testi filosofici o di tipo argomentativo perché ne ricalcano la struttura, ma anche altri tipi di mappe concettuali in base all’opera di cui si vuole dare una partizione. (ii) Il secondo esercizio che suggerisco è il confonto delle traduzioni. Davanti a un’opera antica, greca o latina, molto spesso ci comportiamo come se non ci fosse alcuna distanza linguistica tra noi e il testo che stiamo leggendo, nonostante le edizioni economiche ci offrano ormai quasi di regola il testo originale a fronte della traduzione italiana. È però sufficiente rileggere la “stessa” opera in una diversa traduzione per renderci conto che le cose non stanno così, che questa distanza c’è e il più delle volte è abissale. Come fare se due traduzioni italiane contemporanee della Fisica di Aristotele divergono al punto da presentarci tesi diverse e talvolta addirittura contraddittorie? La nostra illusione di avere letto Aristotele si infrange irrimediabilmente e questo è già un risultato importante perché ci rende consapevoli del problema. Il passo successivo, quello che può compiere anche lo studente che non conosce il greco antico, per esempio, è confrontare più traduzioni italiane, e magari anche in altre lingue moderne, per quei passi del testo che risultano più oscuri – perché spesso l’oscurità non è dell’originale ma è prodotta da una cattiva traduzione. Ovviamente questo non basta, pur essendo un buon inizio: scopo remoto dell’esercizio di confronto delle traduzioni è capire la necessità di leggere l’originale. E questo, contrariamente a quanto si può pensare, non vale soltanto per le opere antiche ma anche per quelle moderne: vale per la Critica della Ragion Pura di Kant, per il tedesco di Ludwig Wittgenstein, per il russo di Tolstoj, così come vale per le opere in inglese e in francese. Un lavoro scientifico di qualunque tipo che miri a stabilire la verità non può prescindere da un confronto diretto con l’originale. Bene. Al termine di questa seconda fase, cioè la fase di lettura delle fonti, saremo pronti per la seconda regola pratica suggerita da Martinich: rendere il tema scelto più specifico, trasformandolo in una tesi. E il modo più semplice per farlo – scrive Martinich – è trasformare, per es., la frase nominale ‘La natura degli universali’ – che fissa il tema – in una frase che esprima la propria posizione in merito: ‘Non ci sono universali (solo i particolari esistono)’. In altre parole, a questo punto dell’analisi il nostro interesse iniziale per un determinato tema è pronto a tradursi in una posizione da difendere, in una tesi da argomentare dimostrandone la verità. (3) La terza fase ci allontana momentaneamente dal lavoro testuale o tematico e consiste in un’indagine esplorativa, in una ricerca bibliografica che ci informi sul panorama degli studi relativi al tema o al testo di cui ci stiamo occupando per poterci collocare al suo interno. In altre parole, si rende necessario a questo punto del lavoro un confronto con la comunità degli studi. So che di bibliografia avete già parlato, quindi mi limiterò a sottolineare due aspetti di questa ricerca: (i) in primo luogo, per svolgere una ricerca bibliografica efficace è necessario conoscere e consultare i principali repertori che

35 recensiscono le pubblicazioni relative alla propria disciplina. Questo ci consentirà di compiere una ricerca esaustiva, se l’ampiezza del tema lo consente, o perlomeno di operare una selezione ragionevole (e non arbitraria) dei titoli disponibili. (ii) In secondo luogo, se ricaviamo da questa ricerca un saggio bibliografico, cioè una bibliografia ragionata suddivisa in paragrafi su base tematica, in sostituzione della semplice bibliografia di lavoro, diamo un valore aggiunto al nostro contributo, offrendo al lettore un importante strumento orientativo. Vediamo ora la fase di sintesi, cioè come rendere conto dei risultati della propria ricerca in forma scritta. [Da questo momento seguirò lo schema che trovate a p. 1 dell’handout] FASE DI SINTESI Quali sono le parti che compongono un testo scritto? Innanzitutto dobbiamo isolare ciò che fa parte di quello che propriamente è il testo distinguendolo dal paratesto, secondo la terminologia usata da Gérard Genette [faccio riferimento al testo n. 8 dell’handout]. Genette dà una definizione mininale di testo come «una successione più o meno lunga di enunciati verbali più o meno provvisti di significato». Mentre il paratesto, dal greco pará («presso», «vicino», ma anche «oltre», «al di là»), è l’insieme di quegli elementi che accompagnano e presentano il testo, la zona di passaggio – Genette la chiama «soglia» – che mette in relazione il testo con gli elementi che lo circondano a partire da quelli più vicini, che formano la prima categoria di paratesto: il peritesto (dal greco perí, «intorno a»). Trovate i principali elementi che formano il peritesto elencati nello schema di p. 1 dell’handout: precedono il testo (1) per i saggi brevi [in rosso nello schema di p. 1] la copertina, la dedica e il motto eventuali e il sommario e/o abstract; (2) per le monografie (siano esse tesi o libri a stampa) la copertina e il frontespizio, la dedica e il motto eventuali, l’indice e la prefazione; seguono il testo le eventuali appendici e la bibliografia; lo accompagnano, posizionandosi in quelli che Genette chiama «interstizi», i titoli dei capitoli e dei paragrafi e le note a fondo pagina. Il testo, spogliato di questi elementi di contorno, è dunque il saggio vero e proprio, dall’introduzione alla conclusione. Il testo argomentativo è per sua natura fortemente strutturato. La struttura portante del saggio è tripartita, cioè un testo argomentativo compiuto dovrà presentare un’introduzione, una trattazione centrale e una conclusione ben distinguibili. Già per Platone questa doveva essere la struttura del logos ben formato, orale o scritto che fosse. Leggiamo infatti in un celebre passo del Fedro: […] ogni logos deve essere composto come un essere vivente, dotato di un suo corpo, così da non risultare privo né di testa né di piedi, ma anzi da avere le parti intermedie e quelle estreme scritte in modo conveniente l’una all’altra e all’insieme. Phdr. 264c2-5

36 Vediamo dunque come si compone ognuna di queste tre parti costitutive del saggio, partendo da introduzione e conclusione, che presentano una struttura speculare. Una buona introduzione consta di almeno tre parti: un esordio, cioè un’introduzione generale che ha lo scopo di rendere il lettore attento e benevolo; la propositio o enunciazione del tema, con lo scopo di rendere il lettore docile, cioè paziente (deve seguire); la partitio o sintesi della struttura, che invece riguarda lo svolgimento, è una mappa per il lettore di quanto andrà a leggere. A queste tre parti principali si può aggiungere la prolessi o anticipazione della tesi, significativa soprattutto se la tesi sostenuta nel saggio è originale o paradossale. In caso contrario si rischia infatti di annullare la suspence; e infine lo status quaestionis, che non riguarda il saggio breve ma è indispensabile nei saggi medio-lunghi come per esempio le tesi di laurea, dove siamo chiamati a fare il punto della situazione, cioè a rendere conto dei principali orientamenti interpretativi e dei risultati raggiunti dalla comunità degli studi in merito al tema trattato. La presenza della partitio, che ritrae in breve la struttura del lavoro, è una spia di come l’introduzione, benché costituisca di fatto la prima parte del nostro saggio, e la prima che sarà letta, sia in realtà l’ultima che scriveremo: non possiamo infatti conoscere, e dunque anticipare al lettore, l’esatta articolazione del testo prima di averlo completato. Specularmente, la conclusione sarà composta da una ricapitolazione, cioè una sintesi per punti o mappa delle conclusioni di ogni paragrafo, parallela alla mappa tematica dell’introduzione (la partitio); dalla prospettiva o agenda, uno spunto per approfondimenti futuri (per sé e per il lettore), che può partire da una difficoltà non risolta o da un tema accennato e non approfondito nel saggio; e infine dal congedo, parallelo all’esordio, che consiste in un commiato dal lettore che non sia affrettato o brutale e determina la sua ultima impressione. È quindi della massima importanza che questa impressione sia positiva e non negativa; in altre parole, è l’occasione di rendere il lavoro memorabile… Un buon congedo può avere per esempio la forma di una massima, di un aneddoto, di una citazione o di una domanda (il cosiddetto congedo aporetico). Prima di congedarsi è inoltre possibile, parallelamente alla prolessi dell’introduzione, dedicare uno spazio all’enfasi, che sottolinea l’aspetto più importante del lavoro, una tesi originale o una difficoltà non risolta, richiamandolo all’attenzione del lettore. Per costruire una buona introduzione, infine, è necessario saperla distinguere dalla prefazione, che non fa parte del testo ma del paratesto, come abbiamo visto. La prefazione può essere autografa, quando è scritta dall’autore del saggio, oppure allografa, quando è scritta da altri, come avviene per esempio nel caso della prefazione di un numero speciale di una rivista o di un volume collettaneo. In termini generali, le informazioni contenute nell’introduzione riguardano il testo in senso stretto, mentre quelle contenute nella prefazione autografa, che è quella che ci interessa, riguardano prevalentemente l’autore. In particolare sono: (i) l’occasione e la ragione teorica che hanno portato l’autore a scrivere quel saggio piuttosto che un altro – la giustificazione della scelta del tema fa dunque parte della prefazione;

37 (ii) gli scopi del saggio, cioè a quale pubblico è rivolto e cosa si propone di ottenere; (iii) le indicazioni di metodo (quale metodo l’autore ha seguito nel suo lavoro) ed eventuali avvertenze al lettore (per esempio un indice delle abbreviazioni adottate) o note di consultazione; (iv) i ringraziamenti. La prefazione ovviamente non compare nel saggio breve, che assume come modello l’articolo di una rivista, ma soltanto nel saggio medio-lungo, strutturato come un libro. Se l’introduzione ha il compito di rendere il lettore attento, benevolo e docile, secondo i dettami della retorica classica, un altro principio retorico per rendere equilibrato il lavoro è alleggerirlo con una battuta a metà della trattazione. [Per esempio potete leggere cosa dicono della battuta gli autori del Ricettario di Scrittura Creativa, a p. 415 e seguente – lo trovate al n. 4 della bibliografia sull’handout] Veniamo dunque alla parte centrale, al corpo del saggio. Gli ingredienti fondamentali che contraddistinguono il saggio o testo argomentativo sono due: la narratio o documentazione e l’argumentatio, l’argomentazione appunto. (1) La documentazione consiste nel presentare al lettore i risultati della propria analisi testuale o tematica. Un buon modo per farlo, che insieme suggerisce anche un modo efficace di condurre l’analisi, è lavorare sui campi semantici e sulle loro intersezioni e contrapposizioni. Cosa significa questo? Ogni parola genera un campo semantico, cioè l’insieme dei termini a essa affini per radice e significato, contrapponendosi ad altri campi e intersecandosi con altri ancora. Prendiamo come esempio il tema del sogno in Platone. La parola ‘sogno’ (enýpnion in greco) è associata alla parola ‘sonno’ e contrapposta a ‘veglia’ e ‘percezione’: noi sogniamo in senso proprio soltanto durante il sonno, mentre da svegli possiamo fare al massimo dei “sogni a occhi aperti” in senso metaforico. Le parole ‘sogno’, ‘sognare’, ‘sonno’ fanno dunque parte di uno stesso campo semantico; o meglio ‘sonno’ appartiene a un campo semantico affine perché se il sogno presuppone il sonno, viceversa il sonno non presuppone il sogno, cioè non ogni volta che dormiamo facciamo un sogno o ricordiamo di averlo fatto. Procedendo nell’analisi scopriamo poi che per Platone alcuni sogni sono divinatori e dunque il campo semantico del sogno si interseca con quello della divinazione o mantica: non tutti i sogni sono divinatori così come non tutta la mantica per Platone è onirica, cioè riguarda il sogno, ma esiste una zona intermedia in cui i due temi si intersecano, zona che va senz’altro esplorata e resa nota al lettore se vogliamo che la nostra indagine non risulti parziale. La documentazione, così concepita, prepara il terreno all’argomentazione, cioè predispone gli elementi che metteranno il lettore in grado di accogliere la tesi del saggio e di capire gli argomenti che la sostengono. Veniamo dunque al cuore argomentativo del saggio. La terza regola pratica suggerita da Martinich è pensare alle ragioni per cui una persona razionale potrebbe ritenere vera la nostra tesi; non solo pensarle – dice Martinich – ma scriverle in un elenco ordinato chiarendo prima di tutto a se stessi quali sono le ragioni principali e quali dipendono da quali altre (e questo riguarda ancora la fase di analisi in

38 preparazione della scrittura), per poi presentarle al lettore. Questo è senza dubbio il massimo che possiamo fare domenica notte se abbiamo un paper da consegnare lunedì mattina… Tuttavia, se il tempo a disposizione è invece quello standard, se abbiamo fatto le cose per bene, vale la pena di compiere una riflessione in più. Pensare alle ragioni per ritenere vera la nostra tesi è un buon punto di partenza, ma potrebbe non essere sufficiente perché di per sé non ci preserva dal rischio di cadere in errori o fallacie del ragionamento, oppure, nella migliore delle ipotesi, dall’eventualità che i nostri ragionamenti logicamente impeccabili risultino poco incisivi e in definitiva non convincano il lettore. Per evitare che ciò accada è necessario conoscere le basi della teoria dell’argomentazione, cioè sapere almeno a un livello minimale che cos’è un buon argomento ed essere quindi in grado sia di riconoscerne uno sia di produrlo. [Seguiamo il diagramma di p. 3] Martinich definisce l’argomento una sequenza di due o più proposizioni dichiarative, cioè affermazioni e negazioni (enunciati che hanno un valore di verità, cioè che sono veri o falsi), delle quali l’ultima è la conclusione o la tesi del saggio, cioè la proposizione da dimostrare, tutte le altre sono le premesse, cioè le buone ragioni per sostenerla. [Trovate questa definizione schematizzata all’inizio di p. 3] Un argomento, banalmente, può essere buono o cattivo. A noi interessa capire come si definisce un buon argomento [ed è quanto trovate riassunto nel diagramma sempre a p. 3 e che ora vi illustrerò]. Un argomento per essere considerato buono deve godere sia di una bontà oggettiva – ed essere quindi stringente – sia di una bontà soggettiva che, volendola distinguere dalla prima, possiamo chiamare efficacia. Un argomento è buono sul piano oggettivo quando è insieme corretto e cogente. Vediamo dunque nell’ordine i requisiti per la correttezza e la cogenza. La correttezza ha sia un aspetto formale sia uno materiale. La correttezza formale o validità [ramo sinistro del diagramma] è data dal cosiddetto nesso di conseguenza logica, per cui è necessario che se tutte le premesse sono vere allora anche la conclusione che ne deriva è vera. Altrimenti detto: la validità preserva la verità. I principali schemi inferenziali validi li potete trovare consultando il primo capitolo di un manuale di logica elementare [per es. i due consigliati nell’handout, ai nn. 12 e 16]. La validità mi garantisce soltanto che nel caso in cui tutte le premesse siano vere lo sarà anche la conclusione; dunque per avere un argomento corretto devo accertarmi anche della verità delle premesse o correttezza materiale [ramo destro del diagramma]. Perché questo sia possibile, innanzitutto la premessa non deve contenere termini ambigui, oscuri o ambivalenti, ma il significato di ognuno deve essere determinato in modo univoco. Stabilito questo, quando una premessa è vera? Come fare a capirlo? Dipende dalla sua forma. Se, per esempio, la premessa ha la forma di una congiunzione tra due enunciati, sarà vera a condizione che entrambi gli enunciati che la compongono siano veri. Un caso frequente è dato dalla premessa di forma condizionale, se P allora Q, dove P e Q stanno per due enunciati dichiarativi qualsiasi. Come fare a stabilire la verità di un condizionale? Prendiamo il condizionale ‘Se cammino, mi muovo’: questo

39 condizionale è vero perché il suo antecedente (camminare) è condizione sufficiente del conseguente (muoversi); in altre parole, è sufficiente che, basta che cammini per muovermi. E insieme il suo conseguente (muoversi) è condizione necessaria dell’antecedente (camminare), cioè non posso camminare senza muovermi, è necessario che io mi muova per camminare. Al contrario, il condizionale ‘Se mi muovo, cammino’ è falso, perché muoversi (l’antecedente) non è condizione sufficiente per camminare e camminare (il conseguente) non è condizione necessaria per muoversi. In altre parole, posso benissimo muovermi senza camminare, per esempio alzando un braccio. Affinché il nostro argomento sia oggettivamente buono, oltre al requisito della correttezza (formale e materiale) deve rispettare anche quello della cogenza. Rendono riconoscibile un’argomentazione cogente la pertinenza e l’informatività delle sue premesse. Le premesse, cioè, devono essere pertinenti alla conclusione (devono avere a che fare con quanto detto nella conclusione) e insieme informative, cioè dire qualcosa di nuovo (qualcosa di originale, che il lettore impara per la prima volta, o di insolito), o qualcosa che produce una nuova prova a sostegno della tesi, cioè rende interessante una tesi di per sé banale. Basti pensare all’esempio illustre del cogito cartesiano: ‘Cogito ergo sum’, o ‘Cogito, sum’ nella sua versione originale. ‘Sum’ è la tesi, di per sé banale, ‘Cogito’ l’argomento che produce una prova non banale a sostegno della tesi, rendendola interessante. Infine, l’efficacia o bontà soggettiva. Un argomento impeccabile sul piano oggettivo, cioè insieme corretto e cogente, può non bastare se non tiene conto del suo destinatario. Un argomento, cioè, per essere un buon argomento anche sul piano soggettivo, deve rendersi persuasivo o convincente. Normalmente si parla di persuadere un uditorio particolare, per esempio un’assemblea o il pubblico di una performance teatrale, servendosi non solo di strumenti razionali ma anche facendo leva sulle emozioni; mentre si parla di convincere un uditorio universale come i lettori di un saggio, facendo appello esclusivamente all’uso universale della ragione. Per convincere i nostri lettori abbiamo almeno due carte da giocare, e da giocare insieme: (i) in primo luogo produrre il maggior numero di prove o argomenti a favore della tesi che proponiamo, fornendo una ricca documentazione posta al servizio di un’argomentazione stringente. Per rendere ancora più efficace la nostra argomentazione possiamo inoltre concluderla con una refutatio. In altre parole, se dopo aver presentato le buone ragioni, gli argomenti a favore della tesi, siamo noi stessi ad anticipare le possibili obiezioni muovendole contro gli argomenti più forti che siamo capaci di pensare, rispondendo poi a queste obiezioni renderemo più forte la tesi stessa. (ii) La seconda carta da giocare, ma non meno importante, è fare tutto questo in un modo che risulti chiaro, preciso, ordinato e semplice. Queste sono le qualità che secondo Martinich dobbiamo assegnare alla nostra scrittura argomentativa. Ciò significa che il saggio, il testo argomentativo, ha un suo stile preciso, uno stile che occorre rispettare se vogliamo ottenere il miglior risultato possibile. Un

40 ottimo esempio di queste qualità stilistiche è il saggio di Andrea Iacona intitolato L’argomentazione [lo trovate sull’handout al n. 11], una lettura che vi consiglio perché credo vinca la sfida di riuscire a scrivere un’introduzione alla teoria argomentativa in semplice prosa italiana, cioè senza avvalersi dell’ausilio di simboli e altre notazioni logiche, compresi gli esercizi. Un’introduzione, quindi, alla portata di qualunque lettore che possa far uso della ragione. Per concludere, due considerazioni: (1) La prima riguarda la forma. Se è vero che la scrittura argomentativa vuole un suo stile preciso – quello che abbiamo appena descritto – vale anche il principio più generale per cui la forma è almeno in certa misura specchio del contenuto: come una scrittura confusa nasconde probabilmente pensieri confusi, così una scrittura trascurata dal punto di vista formale spesso rivela una trascuratezza anche nel modo di condurre il lavoro di analisi. È necessario quindi che a una buona articolazione del saggio corrisponda una cura per i dettagli formali. Si tratta cioè di applicare alla propria scrittura un sistema coerente di norme redazionali, dall’impostazione della pagina ai riferimenti in nota, dalle citazioni all’uso di corsivi e virgolette. (2) La seconda considerazione riguarda invece il contenuto. Ho letto anche di recente, su un manuale introduttivo alla scrittura delle tesi di laurea in scienze umane, che in una tesi teorica, cioè non sperimentale, lo studente non è ancora in grado di sostenere alcuna tesi (e non si capirebbe allora perché la chiamiamo così), e deve quindi limitarsi [cito] ad «allestire un’onesta rassegna di opinioni qualificate», perché «non [ha] nulla da dimostrare se non la [sua] capacità di maneggiare le fonti». Assolutamente no. La natura stessa del saggio, e cioè del genere di scrittura cui le tesi di laurea e di dottorato appartengono, così come le esercitazioni d’esame, è argomentativa; dunque se scrivete un saggio è bene sosteniate una tesi, qualunque essa sia, con i migliori argomenti che avete a disposizione. Bene: è giovedì mattina, ho consegnato il mio paper, vi ringrazio per l’attenzione.

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COME SCRIVERE UN PAPER ARGOMENTATIVO Carlotta Capuccino 1.

LA STRUTTURA DEL SAGGIO Saggio

P eritesto

Copertina/ Frontes pizio

Intestazione

Titolo/ Sottotitolo

[Dedica]

[Motto]

P eritesto

Sommario e/o Abstract/ Indice

Occas ione/ Giustificazione

Dati pers onali

P refazione

Scopi

Metodo/ Avvertenze

Note

Ringraziamenti

Testo

Introduzione

Esordio

Propos itio

Partitio

A fondo pagina

Trattazione

[P roless i]

Status Quaestionis

Narratio/ Documentazione

Campi tematici/ semantici

1

Bibliografia di Lavoro

A fine documento

Saggio Bibliografico

Conclus ione

Argumentatio

Intersezioni

Bibliografia

[Appendici]

Tesi

Ricapitolazione

Conferma

Esegetica

P ers onale/ Filos ofica

Saggio di Lettura

Saggio Tematico

Argomenti a favore (Probatio)

[Enfasi]

P rospettiva/ Agenda

Mass ima

Argomenti contro (Refutatio )

Congedo

Aneddoto

Citazione

Domanda

2.

IL DIAGRAMMA DI PARTIZIONE

Pl . Ap. 17a-42a = 25 pp. S t.

Dife s a 17a1-35d8

C ontro-Pe na 35e 1-38b9

+220 –280

P roemio 17a1-18a6

P ritaneo 35e1-37a1

Il Servizio al Dio 28b3-34b5

Accuse/A ccusatori 18a7-28b2

Ricapitolazione 28a2-b2

P erorazione Finale 34b6-35d8

Temere la Morte 28b3-30c1

Antichi 18a7-24b2

Recenti 24b3-28a1

Naturalista/Sofis ta 18a7-20c3

Corruzione/Empietà 24b3-c3

Un Dono del D io 30c2-31c3

L'Oracolo Delfico 20c4-22e5

Corruzione 24c4-26a7

P rivato Cittadino 31c4-33a5

Inimicizie 22e6-24b2

Empietà 26a8-28a1

Maes tro di N ess uno 33a5-34b5

C onge do 38c1-42a5

+140 –360

Trenta Mine 37a2-38b9

–Giudici 38c1-39d9

+Giudici 39e1-42a5

una vita senza esame... 38a5-6

Vaticinio

Morte

Sonno senza Sogni

2

Trasmigrazione

3.

IL BUON ARGOMENTO

A

P → Q (se P, allora Q)

D, infatti (o perché) A, B e C

B

C → M (se Cammino, allora mi Muovo): Vero

C (premesse/buone ragioni)

M → C (se mi Muovo, allora Cammino): Falso

_________ quindi D (conclusione/tesi)

BUO N ARG OMENTO

E

STRIN GENTE (Bontà O ggettiva)

E

CORRETTO

VALID O (Correttezza Formale)

E

A P REMESSE VERE (Correttezza Materiale)

EFFICA CE (Bontà Soggettiva)

COG ENTE

P ertinente

E

CON VINCENTE

Informativo

3

Uditorio Universale

O

P ERSUASIVO

Uditorio P articolare

4.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

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© Carlotta Capuccino

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