La formazione filosofica di Antonio Genovesi

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Collana di Filosofia XVI

fondata da E. PAOLO LAMANNA

diretta da PIETRO PIOVANI

PAOLA ZAMBELLI

La formazione filosofica di Antonio Genovesi

PROPRIETÀ

LETTERARIA

© COPYRIGHT C asa

E ditrice

RISERVATA

1 9 7 2 BY A.

M orano

Piazza S. Domenico Maggiore 9, Napoli

PREMESSA

Questo libro, annunciato per cortese iniziativa di alcuni colleghi come una compiuta monografia su Antonio Genovesi, potrebbe deludere il lettore che se Vaspettasse di un tipo sistematico, tradizionale. Chi scrive, dopo aver dedicato anni di letture e di ricerche al maggior illuminista del Regno di Napoli, è giunta a concludere che lo stato degli studi esiga una reimpostazione, ma non sia maturo per trattare in ordine cronologico tutti i terni filosofici del Genovesi, lasciati da parte nelle indagini precedenti, che hanno preferito metterne a fuoco la politica economica e le prospettive riformatrici. Scarsi, circoscritti a singoli temi (Genovesi e Locke, Genovesi e i philosophes, il pragma­ tismo e Genovesi), comunque ai suoi scritti italiani, sono stati finora gli studi storico-filosofici su questo autore. Eppure, a non voler escludere Resistenza di un pensiero illuminista in Italia, Genovesi è un momento essenziale, e già a partire dagli anni 1740. Ai suoi ma­ nuali — tanto notati non solo nelle scuole e. nelle istanze inquisitoriali, ma anche nei salotti d’avanguardia — ai suoi Discorsi e alle sue Lettere, che trattano gli stessi problemi di Voltaire, Diderot e Rous­ seau, i contemporanei riconoscevano il merito di aver svecchiato la cultura italiana, ma soprattutto di averle dato una nuova dimensione improntata al lumen naturale e alla libertas philosophandi al di fuori da ogni settarismo o, per parlare come Condillac e d}Alembert, senza esprit de systèrne. Inequivocabili sono in questo senso gli omaggi di Algarotti, di Beccariaf di Pietro Verri e perfino di Voltaire. Quello che Gentile definisce un « vacillante sincretismo », era professato da Genovesi, e avvertito dai contemporanei come un eclettismo program­ matico, fondato sulle esperienze razionalistiche più avanzate e su tutta filosofia moderna da Cartesio a Locke, quelle stesse esperienze su cui gli enciclopedisti formuleranno il loro éclectisme. Un tale programma di aggiornamento e di libera scelta suggerito da Genovesi alla cultura dell’Italia settecentesca indica alcune diret­ tive preferenziali anche allo storico: piu che la struttura o le conclu­ sioni adottate per i suoi manuali contano infatti in Genovesi i mate­ riali teorici, le scelte fra un autore e l’altro nelle varie discipline e

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sui differenti problemi, il montaggio e Vastuta utilizzazione di tesi nuove, sospette, non dichiarabili. La documentazione programmatica­ mente libera e 'moderna9 di Genovesi è già un avvenimento culturale che va considerato in tutta la sua importanza come indispensabile premessa a una fondazione illuministica delle riforme in Italia. Rispetto ai precedenti piu illustri, Magalotti, Muratori e Giannone, la novità genovesiana consiste nella costanza e organicità del suo tentativo di svecchiare la coscienza pubblica e la filosofia italiana, nel rifiuto dei limiti mantenuti en pays d’Inquisition alla libera discussione dei pro­ blemi contemporanei, che erano teorici oltre che politici. Sul calare della parabola cartesiana in Italia, Genovesi rappresenta un caso esem­ plare con la sua opzione per le filosofie meno legate alle 'ipotesi', anzi per Veclettica combinazione fra una fisica newtoniana, una gno­ seologia lockiana, una morale della simpatia, una filosofia della storia pluralista e ciclica. È parso quindi che un'indagine tendente a ricostruire quest'opera di politica culturale, il contesto dal quale è inscindibile e la metodo­ logia su cui è coscientemente fondata, dovesse prendere le mosse dalla formazione di Genovesi. Le sue letture giovanili, la storia delle sue idee prima del 1754 quand'era « metafisico » e non ancor « merca­ tante », sono i temi al tempo stesso meno noti e più promettenti in questa prospettiva. Occorreva infatti spiegare come egli « da triplice e quadruplice provinciale » — se si può applicargli l'espressione di Gramsci — si trasformò in « intellettuale europeo ». Non si sapeva quali fossero state le sue prime esperienze culturali; spesso, anzi, era accaduto di ricostruirle in base alle opere filosofiche piu tarde, che riflettono termini sensibilmente mutati, com'è naturale in un pensa­ tore cosi attento all'attualità e ai suoi problemi reali. Si sa poco, d'altronde, anche della cultura filosofica italiana fra il 1730 e il 1750: dopo la Storia della filosofia italiana di Eugenio Garin, che ventìcin­ que anni fa ha tracciato l'indispensabile quadro generale, è recente l'indagine sull'ambiente napoletano, che da Badaloni a Mastellone, De Giovanni, Comparato e Ricuperati ha restituito agli Investiganti, a Valletta, a Ό'Andrea, a Grimaldi, a Giannone, la fisionomia pro­ pria, non più relegandoli come comparse sulla scena di Vico. Ma queste ricerche non hanno ancora completato il quadro; se manca an­ cora uno studio su Magalotti e l'ateismo (chi scrive spera di affron­ tarlo prossimamente), si desidera ugualmente una ricostruzione del ruolo filosofico svolto da L. A. Muratori o da F. M. Zanotti. Se parecchio è stato scritto recentemente sulle varie fasi del cartesianesimo in Italia (ma il sopravvivere di una tendenza ‘fisica9 fra i medici come N. Cirillo e il suo combinarsi con un'impostazione gassendiana ancora fino a F. Serao meritano di essere approfonditi), che cosa si

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sa finora di fenomeni cosi importanti come la diffusione italiana di Malebranche e di Bayle, o dell*avvento prima di- Newton, poi di Locke? Preliminare alla storia della formazione filosofica di Geno­ vesi è stato il tentativo di ricostruire il contesto filosofico italiano di quegli anni su una scala proporzionata e finalizzata all'obiettivo genovesiano prescelto, ?na non limitata rigidamente ad esso. Per gli anni fino al 1748 — che sono piu precisamente studiati qui — dispo­ niamo ora di un documento essenziale, /'Autobiografìa I, redatta in quel momento e molto attenta al corso degli studi e delle letture dell'autore; ma se il suo ritrovamento e un'analisi del testo condotta con molta minuzia hanno costituito delle premesse essenziali, sono ben lungi dall'avere offerto tutti i dati necessari a questo libro. I primi manoscritti di Genovesi sono andati dispersi, e quel che egli ce ne dice è troppo poco perché sia possibile ricostruirli interamente; le sue opere prime, pubblicate con molto successo fra il 1743 e il 1752, rap­ presentano una fase diversa e già matura, che ci interessa molto, ma che sarà pienamente comprensibile solo se integrata con la sua prei­ storia. Era questa che andava ricostruita confrontando i cenni spesso reticenti o incompleti dell'Autobiografia I e delle prime opere con le polemiche ed i temi dei contemporanei: solo la restituzione del loro contesto permette di capire il rapporto dei primissimi saggi genovesiani con Descartes, Malebranche e Vico. Poiché un suo rapporto con tali autori permane e resta centrale nelle opere della maturità, inten­ derne la genesi contribuisce alla comprensione storica anche di queste, piu note grazie alla stesura italiana, ma anche piu sommarie e sche­ matiche, per la loro destinazione elementare, rispetto agli scritti latini di logica, metafisica, fisica e teologia. La pri?na parte di questo libro si propone di ricostruire le tappe di tale formazione ed evita volutamente di trattare delle iniziative che il giovane Genovesi, ormai maturo, prese con un gruppo di amici riuniti nelle scuole di Napoli da Celestino Galiani per il trionfo di Locke e Newton contro le « s e tte » e il « filosofar per ipotesi» (a questa prima presa di posizione pubblica, che non è di Genovesi solo, e che deve essere ricostruita esaminando altri newtoniani ed eclettici di Napoli, è dedicato un altro lavoro che si spera di pubblicare fra breve). La seconda parte, molto analitica, non destinata a un lettore frettoloso interessato alle conclusioni piu generali, è intesa a studiare l'opera genovesiana piu controversa e tormentata, la Theologia, di cui — pur senza condurre una esplorazione sistematica «— si sono ritro­ vati vari manoscritti con quattro diverse redazioni e alcuni passi inediti, dati qui in appendice. Quest'opera, la cui denuncia al mo­ mento del concorso universitario del 1748 costituisce per il Nunzio apostolico quasi un affare di stato, circolò clandestina durante la vita

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dell’autore, fra i giansenisti come fra i libertini e i massoni. Nella giovinezza Genovesi vi aveva posto le sue massime ambizioni, e certo aveva affrontato proprio là i temi piu scottanti del deismo, di Hobbes, Spinoza, Locke, Bayle e Vico. Cosi, di fronte a una scelta inevitabile, si è preferito analizzare quest’opera e i suoi manoscritti invece del/'Ars logico-critica o della Metaphysica; di quella si è comunque sempre tenuta presente l’impostazione « critica » ripresa dal Le Clerc e la lo­ gica esemplata sulla tradizione baconiano-lockiana, di questa l’esigenza di un quadro enciclopedico, di un rigore sistematico, ma senza esprit de système. Nella Theològia come nella Metaphysica si scorgono d’al­ tronde i limiti del compromesso mantenuto — secondo il modello muratoriano dèlia « moderazione » — con la tradizione cattolica, pur nello sforzo di rinnovarla e di depurarla da ogni fanatismo, dalle deformazioni apologetiche e dai pregiudizi scolastici, A titolo di provvisoria conclusione la terza parte vuol ricostruire l’intero itine­ rario genovesiano su un problèma essenziale per uno spirito enciclo­ pedico: quello del piano degli studi e dei rapporti fra le discipline. Ci si propone cosi, studiando l’inserzione dell’economia e il suo affer­ marsi entro il piano degli studi, quella che pare la domanda indi­ spensabile per reimpostare lo studio dell’evoluzione di Genovesi, ma anche per dare un contributo al problema storico generale dell’illu­ minismo. Si esaurì questo movimento nelle riforme empiriche e nelle ricerche fattuali, o ebbe, al di fuori delle metafisiche e dei sistemi che caratterizzano il grand siècle precedente, una sua ideologia, una teo­ ria coerente, una coscienza organica dei problemi dell’epoca? Su queste questioni, e su altri testi latini e italiani del Genovesi, ci si propone di ritornare, dopo che l’edizione nazionale promossa per la Fondazione Luigi Einaudi da L. Firpo e F. Venturi avrà dato i testi critici (alcuni sono affidati a chi scrive): come è stato osservato a proposito di G. F. Conforti, gli inediti e le varianti, quasi sempre dovuti ai limiti esterni e alle occasioni politiche, sono l’espressione più genuina ed i reagenti piu efficaci per rivelare l ’ interesse precipuo di tutto il complesso testuale di questi riformatori. Senza pretendere di aver fornito qui una trattazione completa e sistematica, si spera di aver offerto qualche indicazione non priva di rigore storico. Questo libro è nato da un’ipotesi di lavoro: che l’egemonia indi­ scutibile esercitata da Genovesi sui suoi diretti scolari (fossero tren­ tamila o un po’ meno...), e poi piu inàÀrettamente fino alla genera­ zione di Romagnosi, non sia spiegabile, solo con la fortunata organiz­ zazione del suo insegnamento e con la novità della sua politica econo­ mica, impostata e propagandata dalla cattedra intieriana, ma si fondi su., una concezione del mondo, su una teoria critica dell’uomo e della storia, su una complessa ideologia che tiene assieme il partito geno-

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vestano. Nelle Lettere Accademiche è caratteristica la definizione « di certi nostri famosi avvocati e senatori, Francesco d’Andrea, Gaetano di Argento, Fusco, Grimaldi, Caravita», i maggiori esponenti del cosid­ detto ceto civile: « trovai che erano tutti stati filosofi e uomini di lettere. Conchiusi che a voler essere in questo mondo qualcosa fia di mestiere essere un po’ filosofo, almeno di riverbero ». Se dunque per Genovesi la politica non era pratica empirica, ma era fondata dalla filosofia, a differenza del ceto civile egli si proponeva espressamente l’obiettivo di render filosofo, e quindi soggetto politico, ogni suddito. Se in alcune accentuazioni di tale nesso è accaduto di discu­ tere le tesi del maggior studioso recente che ha dedicato ad Antonio Genovesi, come a tutto il Settecento riformatore, un'interpretazione d’insieme molto importante, in realtà non si è fatto che applicare anche a questo riformatore nostrano ciò che lo stesso Franco Venturi, discutendo ultimamente Utopia e riforma neirilluminismo, ha osser­ vato dei repubblicani inglesi: se Shaftesbury, Tindal e Collins, autori cari al napoletano, « si presentano come filosofi e non soltanto come uomini della politica e della diplomazia, uniscono, mescolano, magari in forme violenta e improvvisata, i problemi che ha?mo ereditato da Spinoza, da Locke e da Newton con quelli che si vanno dibattendo allora nel parlamento e nella politica», cosi anche Genovesi unirà organicamente i due piani. Mentre l’interpretazione del Venturi in­ siste piuttosto sullo «sbalzo di cattedra» del 1754, come una cesura nell’evoluzione genovesiana, questo libro si propone invece di mostrare la continuità del quadro e la valenza politica di tale filosofia: ma certo senza le ricerche del Venturi esso non avrebbe potuto essere scritto. L ’introduzione e la prima appendice di questo volume sono sta­ te pubblicate in anteprima sulla «Rivista storica italiana» (L X X X III, 1971, fase. 3) diretta da Franco Venturi, dalla cui cortesia sono ve­ nuti alcuni consigli ed ora il permesso di ristampare queste pagine. Gliene sono molto riconoscente. Desidero ringraziare Pietro Piovani, autore e promotore di tanti studi su Giambattista Vico e sul giusnaturalismo, che ha voluto acco­ gliere questo libro nella collana da lui ideata e diretta, che ha ospi­ tato scritti ben piu importanti: senza la sua fiducia, il suo consiglio, la sua aspettativa invariabilmente serena, esso non sarebbe stato realizzato. Il piu profondo ringraziamento, non limitato ai preziosi suggeri­ menti avuti durante l’impostazione e la realizzazione di questo lavoro, ma per tutto quanto ne ho appreso in ormai vent’anni di lezioni e di consuetudine intellettuale, vorrei rivolgere al mio maestro, Eugenio Garin. Egli ha ripreso recentemente in alcuni saggi settecenteschi que­ sto suo antico campo di studio: il lettore vedrà da solo quanto il mio

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libro gli debba non solo in termini di informazione} ma — io spero — di metodo. È un piacere ringraziare anche Romeo De Maio, che ha letto queste pagine- manoscritte e ancor più ha avuto la generosità di per­ mettermi la lettura preziosa delle bozze del suo denso volume su Società e vita religiosa a Napoli. Altri amici, Paolo Casini, Marisa Perna, Maurizio Tonini, Corrado Vivami hanno letto molti tratti del manoscritto e sono stati larghi di osservazioni e consigli. La Fonda­ zione Luigi Einaudi, i direttori dell' edizione nazionale del Genovesi e la collega M. Perna non solo mi hanno fatto l'onore di affidarmi alcuni testi, ma mi hanno procurato prezioso materiale altrimenti dif­ ficilmente attingibile. Un cordiale ringraziamento desidero rivolgere amebe al personale della Biblioteca della Facoltà dove lavoro, a quello della Nazionale, Marucelliana e Riccardzana di Firenze, della Nazionale e Oratoriana, della Società di Storia Patria e dell'Archivio di Napoli, dell'Apostolica Vaticana, della Nazionale e della Provinciale De Gemmis a Bari, dell'Archivio Biblioteca di Altamura, delle biblioteche di Fano e Macerata e del British Museum: in particolare ringrazio gli amici Ivaldo Baglioni, Omero Bardazzi e Renzo Ferretti. Senza l'aiuto di Dino Donati, di Michela Pereira Bargiacchi, M. Ester Giordani, Vit­ toria Benone Compagni e Carlo Bonardi, senza la perizia di Pietro Bellusci la cura del dattiloscritto, delle bozze, dell'indice, della stampa sarebbe stata piu grave e sarebbe riuscita meno precisa. Considero infine di ottimo auspicio che il libro sia edito dalla Casa Morano, che giusto un secolo fa pubblicò la biografia genovesiana del Racioppi, ancor valida e recentemente ricordata dagli studiosi. Il libro è . dedicato ai miei genitori.

I NT R O D U Z I O N E

Il modello d’analisi autobiografica del Discours de la Méthode ebbe conseguenze non soltanto nel creare o incrementare un genere letterario, che poteva già risalire a Montaigne, ma nell’investire d’una nuova problemati­ cità la coscienza che i filosofi e gli intellettuali avevano dei propri rapporti con la cultura tradizionale. Il nesso, che Descartes pone fra il principio del dubbio metodico e il testo ‘popolare’ 1 in cui per la prima volta lo propo­ ne, è piu forte e organico di quel che si potrebbe crede­ re: pare caratteristico che — abbandonato il program­ ma di pubblicare il Monde — il Discours sia stato con­ cepito e annunciato a Mersenne nel 1636 come le prò jet d’une Science universelle, qui puisse éléver notre nature a son plus haut degré de perfection 2*. Oltre al resoconto baconiano delle proprie scoperte, preliminare a tale pro­ getto è l’esame critico della propria esperienza, per « fai1 R ené D escartes , Discours de la méthode, texte et commentaite par E. Gilson, Paris 19674, p. 79, ove — per chiarire il ca­ rattere essoterico e addirittura ‘popolare’ che i primi cartesiani, come D. Lipstorp e J. Clauberg, attribuirono all’opera — si rinvia alla ce­ lebre lettera del marzo 1636 a Mersenne (ora in Correspondance, ed. Adam-Milhaud, Paris, 1936, I, p. 301) che dà ragione del titolo: « je ne mets pas Traiti de la Méthode, mais Discours de la Méthode, ce qui est le mème que Préface ou Avis touchant la Méthode ... elle consiste plus en pratique qu’en théorie ». 2 Correspondance cit., p. 301; vedila analizzata in E. G arin, La vita e le opere di Cartesio, introduzione a C artesio , Opere, Bari 1967, I, p. XCIX, cui si rinvia anche per le altre circostanze della rapida stesura del Discours pubblicato a Leida dagli Elzevier nel marzo 1637.

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re voir en ce discours quels soni les chemins que j’ai suivis et... y représenter ma vie comme dans un ta­ bleau », o anche « comme une histoire ou, si vous l’aimez mieux, comme une fable » 3. Poiché il riconoscimen­ to della verità — per Descartes e per tutti i ‘moderni’ — non dipende da doti naturali e date eccezionalmente a qualche privilegiato, bensì dalla fortuna e dalla scelta consapevole di « certains chemins » capaci di condurre « à des considérations et des maximes, dont Vont ait forme une méthode » 4, l’autobiografia intellettuale assu­ me per Cartesio e per i suoi lettori il significato della fondazione d’un metodo e del chiarimento del proprio rapporto con la tradizione culturale precedente. D ’altron­ de Descartes aveva voluto presentare i propri risultati come il prodotto dell’opera d’un autodidatta (« me résolvant de ne chercher plus d’autre Science, que celle qui se pourrait trouver en moi-mème ou bien dans le 3 D escartes , Discours cit., pp. 3-4; cfr. p. 98 ove Gilson sot­ tolinea che la stessa scelta di scrivere in francese (e quindi per tutto il pubblico colto) in modo da « répresenter sa vie » e i propri studi, « venant après YInstitution des enfans de Montaigne rappelle le dessein, des Essais dont plusieurs passages du Discours trahissent d’ailleurs l’influence. Si « cette histoire de son esprit » est à bien des égards un « essai » au sens authentique de Montaigne puisque Descartes en fait un « moyen de s’instruire », les Essais de Montaigne sont à bien d’égards une « histoire », et le mot méme est de lui ... Essais, t. I I , eh. IX ». Cfr. L. B runschvicg , Descartes et Pascal lecteurs de Montai­ gne, New York-Paris 1944, p. 115-116: «Descartes entreprend de répondre à Montaigne, il lui donnera tort sur les points essentiels, mais c’est après s’ètre mis à son école, après. avoir tout accepté de lu i... D ’où peut alors provenir le défaut de cette universali té à laquelle, pour Descartes comme pour Montaigne, se reconnaìt la réalité d’un jugement droit, sinon de la diversité des voies dans lesquelles les hommes se sont engagés, ou, pour parler d’une fa9on plus exacte, il leur est arrivé d’avoir été engagés malgré eux? Il im­ porte donc qu’ils reviennent sur leur passé intellectuel, qu’il retracent à l’exemple de l’auteur des Essais, Thistoire de leur esprit’ afin de rentrer en possession de cette faculté naturelle de discerner le vrai d’avec le faux ». 4 Discours, ed. cit., p. 3.

grand livre du monde » ’)· Tale scelta è strettamente cor­ relata alla sua concezione d’un sapere sistematico, mate­ maticamente dimostrato e unitariamente dedotto, da con­ trapporsi all’ideale d’una tradizione colta formatasi per aggregazione di singole verità scoperte e riunite senza un filo conduttore sistematico (« il n’y a pas tant de perfection dans les ouvrages composés de plusieurs pièces et faits de la main de divers maìtres, qu’en ceux auxquels un seul a travaillé » ) 56. I lettori piu consapevoli di Descartes avevano adot­ tato con entusiasmo la sua definizione della verità e del metodo, avevano ripreso e potenziato la sua polemica contro la tradizione scolastica e l’erudizione del tardo umanesimo7*il: Leibniz ed altri levavano però qualche dubbio sulla pretesa totale autonomia dell’esperienza di questo autodidatta. In molti erano stati indotti dal suo esempio a tentare di nuovo una simile autobiografia cul­ turale (Hobbes, Pufendorf, Le Clerc, Huet, WoliF, per ci­ 5 Discours, ed. cit., p. 9. 6 Discours, ed. cit., p. 11. 7 Discours, ed. cit., p. 160, ove Gilson cita la Defensio cartesiana del Clauberg, cap. VII, 13: «D ico aedificium illud scientiae sive scientiarum (quatenus consideramur ut adulti, sed verae Philosophiae expertes) non esse ab uno architecto in mente nostra extructum, sed a diversis ac dissentientibus, eaque de causa ... esse imperfectum, infirmum, inordinatum ». Cfr. anche il testo della Recherche de la verité, cit. ivi pp. 167-68. ;8 Thomae Hobbes angli malmesburiensis philosophi Vita, Carolopoli 1681; v. Opera philosophica quae latine scripsit omnia, studio et labore G. Molesworth, Londini 1839, voi. I. Sulla sua notevole diffusione, che registrò cinque edizioni latine ed inglesi fra il 1679 e il 1681, cfr. L. J. R u s s e l , The Autobiography of Thomas Hobbes, «M in d », 48 (1939), pp. 403-405, e cfr. J. B rucker , Historia critica philosophiae, Lipsiae 1744, t. IV, 2, p. 145: « ipse quidem nobis reliquit vitae suae historiam quam versibus comprendit senex annos quatuor supra octoginta natus; paulo prolixiorem scripsit nonnemo et auctuario illustratam Carolopoli edidit anonymus » aggiun­ gendo rinvìi a Anthony a Wood e alla Censura di Th. Pope Blount, che aveva raccolto molti testi in elogio di Hobbes, e che Genovesi, come vedremo, aveva letto ancora giovane. Il testo stesso di Brucker,

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tare solo alcuni fra i maggiori), ma Leibniz — pur non alieno dal fondare le sue considerazioni filosofiche su qual­ che cenno di storia personale — aveva espresso in una let­ tera a Louis Bourguet del 22 marzo 1714 certe riserve che saranno condivise da molti. Parlando di Antonio v. p. 147, segue fedelmente la Vita, in specie per il suo « vulgaris philosophiae odium » e perché « nulli tamen veterum ingenium suum mancipavit ». Per Le Clerc v. Des études et des ouvrages de M. Le Clerc, in Parrhasiana, Amsterdam 1699, J. Clerici... Vita et opera ad annum 1711 ... Amsterdam 1711, ed altri brani cit. da A. B arnes , Jean Le Clerc, Paris 1938, p. 265; S. P ufendorf, Epistola ad Boineburgium, 19 jan. 1663, in Ch . T hom asius , Paulo plenior bistorta iuris naturalis, Halae Magdeburgicae 1719, appendice I. (Ringrazio il col­ lega Sergio Landucci per l’indicazione e il prestito di questo raro opuscolo); P.-D. H u et , Commentarius de rebus ad illum pertinentibus, L ’Aja 1718 (ristampato poi con le Quaestiones alnetanae, Lipsia 1719; Venezia 1761: quest’opera era familiare a Genovesi e il Commentarius si chiudeva, pp. 393-95, citando molti precedenti antichi e moderni del proprio genere autobiografico); Ch. W olffs eigene Lebensbeschreibung è stata pubblicata a Lipsia nel 1841 da H. Wuttke; cfr. M. W undt, Die deutsche Schulphilosopbie im Zeitalter der Aufklàrung, Hildesheim 19642, p. 125. Diffusissimo Fuso delle autobiografie in Inghilterra fra ’600 e ’700: oltre a An annotated Bibliography of British Autobiographies, published or written before 1931, compiled by W. Mathérs, Berkeley - Los An­ geles 1955, cfr. P aul D elany , British Autobiography in thè Seventeenth Century, London 1969, interessante per l’ordinamento secondo, « autobiography and Social class » : per non citare che i testi che Genovesi avrebbe potuto leggere a stampa (escluse quindi le autobio­ grafie di K. Digby, Herbert of Cherbury, A. Ashley Cooper primo lord of Shaftesbury, Gilbert Burnet, pubblicate solo piu tardi) v. A Narration of thè Life of Henry Burton, 1643 (cfr. D elany , pp. 62-63); S. C larke , A Brief Narrative of my Life, 1683; E. A shmol e , The Lives of... E. Ashmole and W. Lily, 1717; H enry M ore, Praefatio generalissima agli Opera omnia, I, 1679, pp. I-XXIV (cfr. D elany, pp. 49-52); R. Boyle , An Account of Philaretus during his Minority, 1734. Interessanti le conclusioni che trae il Delany, pp. 167, 172-73, sulle caratteristiche che differenziano le autobiografie seicentesche da quelle settecentesche: « A dispassionate analysis of intellectual development... cannot be expected from seventeenth-century autobiographers: they were concerned with thè morals which might be drawn from their past actions rather than with objective self study ». Né Herbert, né Hobbes ricostruiscono nelle loro .autobiografie il cammino percorso per formulare le loro idee: anche

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Conti, a lui ancora sconosciuto, aveva commentato bo­ nariamente le sue pretese di originalità, forse ispirate alFesempio cartesiano: Pourveu qual nous donne un jour quelque chose de beau de son chef, il faut luy laisser cet eguillon de gioire de vouloir etre originai. M. Des­ cartes vouloit qu’on crut qu’il n’a gueres lu. C’etoit un peu trop. Cependant il est boli d’etudier les découvertes d’autruy d’une manière qui nous découvre la sourcc des inventions, et qui nous les rende propres en quelques fa?on à nous mémes. Et je voudrois que les Auteurs nous donassent PHistoires de leurs découvertes, et les progrès par lesquels ils y sont arrivés. Quand il ne le font point, il faut tacher de les deviner, pour mieux profiter de leur ouvrages. Si les Journalistes le faisoient par le rapport qu’ils font des livres, ils rendroient un grand Service au public 9. in Hobbes. per Delany, « his exposition of his intellectual growth was brief and lacked thè weighty seriousness of his major works — one must justly terni his autobiography a vulgarization of his ideas. In generai most of thè important British philosophers and politicai thinkers of thè time do not seem to have felt obliged to explore closely thè links between their personal histories and thè intellectual systems they constructed... secular thought was thus relegated to a position of relative ìnferiority ». V. anche D. G reene , The Uses of Autobiography in thè X V lIIth Century, in Essays in X V IIIth Century Biography, ed. by Ph. B. Daghlian, Bloomington and London 1968, pp. 43-66. Cfr. infine G. M isch , Geschichte der Autobìographiey Frankfurt a. M. 1949-69, in particolare IV, 2, pp. 733-809. 9 G. W. L eibniz , Die philosophische Schriften, hrsg. von C. J . Gerhard, III, Hildesheim 1965, p. 568. Ibid., IV, p. 477 ss. v. i cenni autobiografici del Système nouveau de la nature et de la communication des substancesy pubblicato nel « Journal des S^avans » tra il giugno e il luglio 1695. Leibniz in una lettera del 7-17 Aprile 1670 aveva indicato Timportanza per una « vera et solida historia litteraria » delle « singulares vitae, ut Tychonis per Gassendum, F. Pauli per Fulgentium, Cartesii per Borellum, Gassendi per Sorberium, Cardani, Campanellae, Thuani per seipsos », Sàmtliche Schriften und Briefe, hrsg. Preuss. Akademie, I, 1. p. 91. La vita di Cartesio è quella edita nel 1670 da P. Borei, non un progetto di G. A. Borelli come sostiene Belaval.

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Croce e Nicolini hanno verosimilmente suggerito che que­ sta lettera potesse esser conosciuta a Venezia, poiché era diretta a un amico e corrispondente del Conti10, anzi proprio a colui che nel 1728 aveva progettato di pubbli­ care alcuni inediti di Leibniz 11. Se la lettera di Leibniz circolava a Venezia, essa poteva certamente rivendicare il merito di aver ispirato al conte Giovanni Artico di Porcìa il Progetto ai Letterati d’Italia per scrivere la loro vita, pubblicato qualche anno dopo la sua diffu­ sione manoscritta nel primo tomo della Raccolta Calogerà dello stesso 1728. Questo progetto era stato priva­ tamente sottoposto e accettato da Antonio Vallisneri, da Scipione Maffei, dai due Zeno, dagli abati Recanati e Leoni, da Jacopo Riccati, da Pier Jacopo Martello, dal gesuita Tommaso Ceva, da Benedetto Bacchini, che nel 1720 aveva promesso la propria autobiografia, ma poi era morto senza averla scritta12. Altri letterati erano stati consultati, se Vico nel 1726 scriveva all’abate Esperti di rallegrarsi che il Porcìa fosse stato accontentato con « la vita letteraria del signor [Nicola] Cirillo » e di sa­ 10 G. B. Vico, L ’autobiografia, il carteggio e le poesie varie, a c. di B. Croce e F. Nicolini, Bari 19292, pp. 123-124. Cfr. anche l’introduzione di M. Fubini alla sua ed. dell 'Autobiografia, Torino 1947, pp. VII-VIII, che accetta tale supposizione. Un precedente ita­ liano illustre è l’autobiografia di Marcello Malpighi, nella sua doppia redazione italiana e latina: inedita la prima fino al nostro secolo {Memorie di me M. Malpighi ai posteri fatte in villa l ’anno 1689, per nozze Boschi-Tomba, Bologna 1907), ma ripresa, ampliata e pub­ blicata la seconda nelle varie edd. dtlVOpus posthumum, Londra 1697; Venezia 1698; Amsterdam 1700. 11 Cfr. P. Bovet, Louis Bourguet. Son pròjet d’édition des oeuvre s de Leibniz, « Revue de théologie et de philosophie », XXXVII, Lau­ sanne 1904, pp. 366-379, e anche in I I e Congrès interri, de philo­ sophie. Rapports et comptes rendus, Genève 1905, pp. 252-63: egli usava mostrare le lettere di Leibniz. Sul Bourguet, professore a Neuchàtel, v. altre notizie nella cit. ed. Gerhard di L eibniz , Philosophische Schriften, III, pp. 539-543.. 12 Raccolta d’opuscoli scientifici e letterari, a c. di Angelo Calogerà, I, Venezia 1728 (ma probabilmente 1729), p. 141.

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pere che un amico si adoperava per ottenere anche quel­ la del D oria13. Piu che dal Bacchini e dal Doria (che già due anni prima aveva dato cenni autobiogràfici in apertura dei suoi Discorsi filosofici)14, aveva avuto sod­ disfazione da Ludovico Antonio Muratori, che dopo un piu breve abbozzo del 1720, il 10 novembre 1721 gli aveva indirizzato quella lettera Intorno al metodo segui­ to ne} suoi studi, che resta il suo principale documento autobiografico, pubblicato solo nel secolo successivo, ma conosciuta attraverso la Vita edita dal nipote G. F. Soli Muratori nel 1756. Essa fu alla base anche delle due vite latine che gli dedicarono Giovanni Lami nella sua raccolta Mirabilia Italorum eruditione praestantium (Fi­ renze 1742) e, con qualche rimaneggiamento, Jacopo Brucker nella sua Pinacotheca scriptorum (Vienna 1741), due dei molti esempi di miscellanee biografiche sui 13 Vico, VAutobiografia, cit., pp. 187, 203. w P. M. D oria, Discorsi critici filosofici, Venezia 1724 (cfr. infra n. 30 all’Auto biografia I). V Introduzione atti discorsi critici filo­ sofici fu pubblicato anche in estratto, ibidem, v. pp. 8-19: « anderò in questo progetto partitamente narrando tutte le difficultà che in istudiando le altrui filosofie, si sono alla mia mente appresentate... Dopo aver io... con assai accurato studio la geometria sintetica stu­ diato ed essendomi affaticato piu che in altra cosa di dedurre da quella il modo certo di distinguere il vero dal falso in quelle cose nelle quali il nostro intelletto può vederlo, divenni vago di studiare la filosofia. A tal fine mi applicai a quella filosofia che comunemente a i giovani s’insegnava in quel tempo, cioè ad una piu erudita che ragionata scienza: in quella intesi in breve quai fussero state sovra i principi delle cose naturali le opinioni di Epicuro, di Aristotele, d’Empedocle e di molti altri antichi filosofi e fra moderni di Pietro Gassendo, di Renato Descartes ed altri ». Nel seguito, fino a p. 25, menziona Nicole e il rigorismo, nonché Spinoza che gli era stato lodato. — Anche l’avversario di Doria, Francesco M. Spinelli da Scalea aveva descritto Vita e studi in una lettera ed. nella « Raccolta di opuscoli » del Calogerà, t. XLIX, 1753, scritta « ad istanza del p. Ignazio della Croce » poco prima della morte deH’aùtore, il 4 aprile 1752: è dunque contemporanea alla redazione di questa Autobiogra­ fia I cosi come anche Genovesi era in questo momento in contatto col p. Ignazio della Croce.

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dotti contemporaneil>. Il testo muratoriano, che Porcìa rinunciò a pubblicare come molti altri pervenutigli — sal­ vo quello del Vico edito nel primo volume della Raccolta d'opuscoli scientifici e letterari come l’esempio che piu 15 Dell’interesse destato a Napoli (dove Muratori aveva suscitato polemiche vivaci; cfr. M. S chipa , Muratori e la coltura napoletana del suo tempo, « Archivio storico d. Province napoletane », XXVI, 1902) da tale biografia è documento una ristampa di appena due anni dopo: G. F. Soli M uratori, Vita del proposto L. A. Mura­ tori ... con la giunta in questa edizione napoletana di alcune lettere scritte dallo stesso... a diversi letterati napoletani, Napoli 1758, ove si legga nell’avviso Al discreto e benigno lettore Vautore: « Non avrei né pur io potuto certamente dar un giusto ragguaglio dei primi studi del Muratori, tuttoché avessi di continuo conversato con lui per ben trentotto anni e che molte delle sue cose avessi intese dalla stessa sua bocca, se importunato egli nel 1720 dal conte Gio­ vanni Artico di Porcìa non avesse scritta una lunga lettera in cui ne rendeva ragione a quel dotto cavaliere. Di questa perciò mi sono ser­ vito nel tessere principalmente i primi due capitoli e qualora ho creduto bene, o necessario, ne ho anche recati alcuni squarci in confermazione de’ miei detti ». Non sembra impossibile che Geno­ vesi sia stato stimolato dalla prima notizia di questa autobiografìa muratoriana, indicata cosi e sfruttata dal nipote, a riscrivere la sua Autobiografia IL Cfr. poi L. A. Muratori, Scritti autobiografici, a c. di T. Sor­ belli, Vignola 1950: Sorbelli ritiene che Brucker abbia rielaborata, ampliata e sfrondata la traccia del Muratori, mentre considera una autobiografia di sicura autenticità quella latina stampata da G. L am i , Mirabilia Italorum eruditione praestantium quibus vertens saeculum gloriatur, Firenze 1740, t. I, pp. 208-214, con l’indicazione « auctore anonymo ». Molto importanti i documenti epistolari pubblicati o analizzati da A. A ndreoli, L'« Autobiografia » del Muratori, in Mi­ scellanea di studi muratoriani, Modena 1951, pp. 57-82, su tutta l’iniziativa e gli inviti del Porcìa (anche a Poleni, Salvini, E. Manfre­ di, G. Grandi ecc.), sull’appoggio datole presso amici dal Muratori, e sulle altre vite e autobiografie (quella di A. Vallisneri ed. postuma nelle sue Opere fisico-mediche, Venezia 1733, t. I, pp. XLI-LXXX); pubblicate o commissionate dal conte. Andreoli non considera A. Conti l’ispiratore del progetto del Porcia e cita a conforto della sua tesi, contraria a quella avanzata da Croce e Nicolini, un passo della prefazione alle Opere del Conti, Venezia 1759: « Desiderabilis­ simo sarebbe stato che ad imitazione del Tuano, dell’Uezio, del Cle­ rico e d’altri dotti il signor abate Conti scrivesse egli stesso la storia de’ suoi studi. Infatti per esortazione di 'amici aveva egli incomin­ ciata quest’opera ».

s’accostava « all’idea da noi concepita » — sembra non­ dimeno coerente con le intenzioni di Leibniz e con quelle ampiamente esposte dal Porcìa. « Questa istoria dovrà, siccome testé s’è per noi ac­ cennato, da essi stessi scriversi [gli scrittori], contezza in essa dando del tempo della loro nascita, del nome de’ loro padri e della loro patria, e di tutte quelle av­ venture della loro vita, che render la ponno piu ammi­ rabile e piu curiosa e che onestamente da essi senza ca­ rico del loro buon nome e senza pena d’un giusto ros­ sore puote al mondo e ai posteri comunicarsi. Appresso o separatamente raccontando o intrecciando, secondo oc­ casione e secondo lor genio, alle accennate notizie de’ loro studi una piu distinta narrazione verran descrivendo di questi stendendola con le piu esatte circostanze e mi­ nute. Incominceranno dalla grammatica notando come loro fu insegnata, se con particolare metodo o coll’usato nelle scuole, e se quel metodo nuovo meriti approvazio­ ne ne addurranno il perché. Cosi andranno ascendendo d’arte in arte, di scienza in scienza conto rendendo di quante n’hanno apparate, e gli abusi e i pregiudizi delle scuole e de’ loro maestri additando o, se altrimenti sia, il buon ordine loro e la loro sana dottrina lodando mo­ streranno ciò che nell’istruire la gioventù fuggir deesi a vantaggio delle lettere e ciò che debbe seguirsi. Né sola­ mente porran mente a ciò che bene o realmente s’inse­ gna, quanto a ciò che non s’insegna e pur ragione vor­ rebbe che s’insegnasse » w.16 16 G. A. di P orcìa, Progetto, cit., p. 132-133; piu avanti, pp. 135-36, raccomanda ogni autore di « ragionare di quella scienza od arte a cui con istudio particolare s’è appigliato, l’opere notando che ha pubblicato o è per pubblicare, quali autori abbia seguiti o imi­ tati e perché, e perché pure gli altri trattanti la stessa materia abbia schifati; se nelle opere sue di che ritrattarsi o pentirsi ritrovi, le critiche accennando e le apologie che fatte si sono o si potrebbero fare contro e in difesa loro. Qui è dove ricercasi tutta la sincerità de’ nostri letterati... ed è questo quel punto a cui come bersaglio s’in11

Fin qui le parole del Porcìa sono caratteristiche del­ la struttura e dei presupposti di queste autobiografie erudite settecentesche, ben distinte da quello che sarà da Rousseau in poi il procedimento assai piu spregiu­ dicato delle Confessioni. È probabile che Antonio Ge­ novesi nel redigere la sua prima autobiografia che viene qui pubblicata dal manoscritto tenesse presenti le in­ dicazioni del conte di Porcìa: egli racconterà quelle « avventure » curiose e stupefacenti, che nella sua giovi­ nezza non gli apparivano ancora disonorevoli, ma che piu tardi gli sembrerà piu conveniente tacere; soprat­ tutto egli realizzava le raccomandazioni del Porcìa espo­ nendo molto minutamente il corso dei suoi studi in ogni disciplina e con tutti i suoi maestri, anche i piu oscuri. Questo infatti è un punto essenziale del programma di Leibniz e di Porcìa: le autobiografie non hanno sempli­ cemente lo scopo di raccogliere documenti storici di pri­ missima mano, ma di comporre tutte insieme una sorta di processo e di disamina delle scuole dell’epoca. A tal proposito il veneziano lamentava l’assenza di certi inse­ gnamenti nella maggioranza delle scuole, come la gram­ matica greca e l’italiana, le discipline ausiliarie della sto­ ria, l’erudizione romana, la geografia. Porcìa esprimeva senza esitazione le critiche che i ‘moderni’ andavano da tempo facendo alle scuole. « Perché nei licei non si sentono risuonare che i no­ mi de’ peripatetici divisi per lo piu in tomisti e scotisti, e si vuol senza leggerli che Cartesio, Gassendo e gli altri valorosi moderni abbiano scritto reamente ogni cosa e che siano tinti d’eretica macchia? Perché non s’odono anche questi e perché per ben intenderli e dar loro un diritto e spassionato giudizio non istudiansi i principi dirizza questa nostra fatica ». Egli mira ad aprire un vero e proprio dibattito e prevede, pp. 138-139, un « supplemento » in cui gli au­ tori si scambieranno correzioni e critiche reciproche. 12

della geometria e dell’altre matematiche discipline? Per­ ché alla sola teologia scolastica piena per lo piu d’oziose e d’inutili quistioni, perché alla sua sorella morale, senza i di cui incolti, immensi e litigiosi volumi regger seppe la coscienza de’ suoi figliuoli per piu di mille anni no­ stra madre la Chiesa, si sacrificheranno le voci de’ mae­ stri e l’orecchie e la pazienza degli scolari? E la storia ecclesiastica e i concili e i santi Padri non si degneranno ne men d’un’occhiata? E son pur queste l’armerie ap­ prestate alla difesa della nostra fede, le quali o dimen­ ticate o perdute di noi trionferebbe senza ostacolo l’e­ resia, e contro questa sarebbero poco meno che armi spuntate le metafisiche argutezze della scolastica » 17. A questi accenti critici dovevano aderire facilmente molti intellettuali, certamente tutti quelli che erano stati invitati sulla base d’una selezione fatta dal Porcìa ap­ punto secondo gli stessi principi critici18: vi aderirà sen­ za dubbio il giovane Genovesi che polemizzerà contro i « peripatetici », ossia contro gli scolastici accusati di accettare idee pagane e « arabe » contraddittorie con l’autentico cristianesimo. In questa polemica egli com­ prendeva anche i trattati di teologia morale e di casistica e cominciava a volgere i suoi interessi al diritto univer­ sale, inteso come quadro d’ogni dottrina morale; in esso, in una nuova logica che combinava la tradizione carte­ siana, quella lockiana e Yars crìtica di Le Clerc e nello studio della natura fondato sulla matematica e sulla fi­ sica moderna egli vedeva analogamente gli strumenti d’una sintesi capace di rinnovare la cultura cattolica con­ tro le critiche dei protestanti e dei liberi pensatori. È comprensibile dunque che egli avesse interesse per il 17 G. A. Di P orcìa, Progetto cit., p. 134. 18 G. A. Di P orcìa, Progetto cit., pp. 142-43, vuol escludere in­ fatti « chi non avrà divulgato che sonetti o simili minute poesie o libri legali o trattati di morale teologia o altre cose di tal farina ».

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Progetto del Porcìa, per l’annessa Vita del suo maestro Vico e per quella raccolta che, se fosse stata realizzata, avrebbe potuto riuscire « come un trattato universale pratico in volume racchiuso di quanto saper si dee in ogni genere di letteratura e... un vasto campo di critica per esercitarvi l’ingegno » 1920: non sembra incauto suppor­ re che qui egli abbia preso l’idea di scrivere, e poi di ri­ scrivere qualche anno dopo la propria autobiografia. È noto come, secondo il giudizio dello stesso Porcìa, il migliore frutto della sua iniziativa, era stato la Vita di Giambattista Vico scritta da se medesimo, che, uscita come s’è detto nel 1728, suscitò subito una certa riso­ nanza e qualche accusa di presunzione. Anche Vico, che pure in questo scritto si compiaceva della definizione da­ tagli da Gregorio Caloprese « l’autodidascalo o sia il mae­ stro di se medesimo » 2t>, e si vantava tra l’altro di non aver voluto « mai pur sapere la francese » lingua21, insi­ stendo sulla propria diserzione dagli studi22 e sulla solitu­ dine di Vatolla 2324, aveva però criticato la fable autobiogra­ fica di Cartesio e presentato programmaticamente la pro­ pria Vita come un resoconto piu esatto e s t o r i c o : Non fingerassi qui ciò che astutamente finse Renato Delle Carte d’intorno al metodo de’ suoi studi, per porre solamente sù la sua filosofia e mattematica, ed atterrare tutti gli altri studi che compiono la divina e umana erudizione: ma con ingenuità dovuta da istorico, si narrerà fil filo e con ischiettezza la serie di tutti gli studi del Vico, perché si conoscano le proprie e naturali cagioni della sua tale e non altra riuscita di litteralo 21. 19 20 21 2:2 23 24 14

G. A. Vico, Vico, Vico, Vico, Vico,

Di P orcìa, Progetto cit., p. 136. L ’Autobiografia cit., p. 24. L ’Autobiografia cit., p. 22. L ’Autobiografia cit., p. 5. L ’Autobiografia cit., pp. 9, 20. L ’Autobiografia cit., p. 5.

Un « bisogno assillante di rintracciare le memorie del­ la propria origine » è stato notato, in connessione con l’in­ teresse alla storia che non si può piu negare in quest’epo­ ca, per tutta l’Europa fra Sei e Settecento 2*25, e lo si ri­ scontra in particolare per l’ambiente napoletano, a parti­ re dagli Avvertimenti ai Nipoti di Francesco D ’Andrea e dalle Memorie di Costantino Grimaldi per giungere ai diari e alle memorie redatti in piu occasioni da Celesti­ no G aliani26, alle citate pagine autobiografiche di P. M. Boria e alla Vita scritta dal Giannone fra il 1736 e il 1737 « trovandosi ritenuto fra le angustie d’un castello... privo d’ogni commercio » 27, e infine — dopo i due sag­ gi rimasti inediti del Genovesi, ma noti agli alunni, se non altro a Domenico Forges Davanzati e a Giuseppe Maria Galanti — agli scritti autobiografici di quest’ulti­ mo, di Francesco Maria Longano, di Ferrante de Gemmis, nonché di Luca de Samuele Cagnazzi28. Nella Vita del Giannone, il quale pure criticava quel­ 2o p IETR0 G iannone, Autobiografia, a c. di S. Bertelli, Milano 1960, p. XI ss. a6 Gli Avvertimenti sono stati editi da N. Cortese, « Archivio storico napoletano», XLIX (1919); C. G rimaldi, Memorie di un anticurialìsta del Settecento, a c. di V. I. Comparato, Firenze 1964. Per i diari (1716, 1718, 1719, 1735, 1744) e per le memorie (1734-1751) di Celestino Galiani cfr, F. N icolini, Un grande edu­ catore italiano, C. Galiani, Napoli 1951, pp. 127-32. 27 G iannone, Autobiografia cit., p. 3. zs Le autobiografie del Galanti e del Longano sono state edite per la prima volta e nelle parti essenziali da F. Venturi , Illuministi italiani. V. Riformatori napoletani, Milano-Napoli 1962, pp. 347-67, 987-1020; La mia vita (1764-1852) del Cagnazzi, da A. Gitolo, Milano 1944. Esempi piu antichi e diversi possono trovarsi nella scelta di A. Solerti, Autobiografie e vite de} maggiori scrittori italiani fino al secolo X V III, Milano 1903, che giunge fino a Muratori; oppure per il periodo piu tardo (Carlo Gozzi, G. Casanova, F. Mazzei, G. Gorani, L. da Ponte) nel volume Letterati, memorialisti e viaggiatori del Set­ tecento, a c. di E. Bonora, Milano-Napoli 1951. Le memorie scritte nel 1774 da Ferrante de Gemmis sono inedite nel fondo omonimo (cart. 840) della Bibl. Provinciale di Bari: devo alla cortesia dei proff. P. Villani e M. Rosa di averne potuto leggere una trascrizione manoscritta.

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la di Vico come « sciapita e trasonica », è stata notata « una preoccupazione per un’obiettività storica » e una « nitidezza della documentazione erudita » 29 degne di confrontarsi con « l’ingenuità dovuta da storico » che s’è vista rivendicare dall’altro. In realtà è probabile che an­ che Giannone avesse presenti le indicazioni del Porcìa, soprattutto dove raccomandavano di annotare le opere scritte e pubblicate 30. Certo la sua autobiografia era da un lato dovuta a circostanze eccezionali, come la lunghis­ sima prigionia, ispirata dall’altro a preoccupazioni spe­ ciali: « bersaglio dell’invida maldicenza di molti miei ne­ mici, i quali non meno presero a malmenare i miei libri e a detrarre e malignare le mie azioni, intendo che gli amatori della verità ne abbiano una sincera e fedele nar­ razione, e non si dia occasione a’ maligni di oscurarle, o lividamente rapportarle. E poiché, dopo il mio naufra­ gio, vari scritti miei andarono sparsi di qua e di là, perché tutti sappiano separare i veri da’ falsi, che po­ trebbero gli invidiosi forse a me ascrivere, manifesto qui fedelmente, uno per uno, quali fossero i miei propri e legittimi parti » 31. 29 G iannone, Autobiografia cit., pp. XII-XIIL E cfr. la lettera al fratello del 30 luglio 1729 regestata in Giannoniana, a c. di S. Ber­ telli. Milano-Napoli 1968, p. 259. 30 V. sopra nota 16. 31 G iannone, Autobiografia cit., p. 3. V. anche H. J. D a us , Selbverstandnis und Menschenbild im Selbstdarstellungen G. B. Vicos und P. Giannones. Ein Beitrag zur Geschichte der italienischen Autobiographie, Kdln 1962; I d., ha tecnica autobiografica nelle « Vite » di G. B. Vico e P. Giannone, in Problemi di lingua e lette­ ratura italiana nel '700. Atti del IV Congresso dell’Assoc. intern. per gli studi di lingua e letteratura italiana, Wiesbaden 1965, pp. 196-199: « La vita del Vico come si può notare dalla brevità del­ l’opera è concepita come una pura autobiografia letteraria... e vi ven­ gono riportati solo episodi che tendono a mettere in evidenza le correlazioni tra l’uomo e l’opera letteraria ». In Giannone invece « l’at­ tenzione è ora concentrata sulla varietà della vita, sull’incontro con gli altri e il suo scopo è prima di tutto quello di scrivere una storia della sua vita... Considera l’uomo — rifacendosi alla conoscenza della

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Non può dunque tale documento, rimasto inedito fino al 1890, ma conosciuto da Giovanni Giannone e ricordato dai biografi settecenteschi, esser preso come termine di confronto per le due autobiografie di Antonio Genovesi. In queste e in particolare in quella inedita che viene qui pubblicata e denominata d’ora in poi come Autobiografia I, è evidente l’interesse dell’autore per la memorialistica piu propriamente « filosofica », per le « vi­ te dei letterati », di cui s’è voluto quindi rammentare gli esempi piu importanti. Questi d’altronde dovevano es­ sergli noti: Genovesi aveva letto certo il Discours de la méthod.e, e l’autobiografia di Vico, poteva conoscere l’autobiografia poetica di Hobbes, i frammenti autobio­ grafici di Leibniz e le sue lettere del 1670 e del 1714. A differenza di Vico VAutobiografia I di Genovesi non è scritta con l’intenzione d’una pubblicazione imme­ diata 32, e non si preoccupa di enunciare i propri scopi: è chiaramente un documento privato, scritto in terza persona e in modo da risultare leggibile a un eventuale lettore dell’avvenire o nel presente ad amici cui fosse even­ tualmente sottoposta come memoriale. La scelta della ter­ za persona e vari temi indicati nelle note fanno pensare che nella scrittura egli tenesse conto del modello vichiano; d’altronde la parabola degli studi, dalla sottigliezza e dal dogmatismo scolastico fino ai dubbi critici, alle letture dei moderni e alla ricerca d’una propria sintesi, è un topos di tutte le autobiografie filosofiche dopo Carfilosofia contemporanea, particolarmente di quella francese — quale essenza morale ». 32 Mi scosto in quest’opinione da quanto sostenne il primo e unico studioso del documento, A. C utolo , Le « Memorie autobio­ grafiche » di A. Genovesi edite e illustrate, « Archivio storico delle province napoletane », XLIX (N. S., X), 1924, pp. 233-234, che lo ritiene scritto da piu grafie (?), ma dettato da una sola; coevo alla Autobiografia I I e « quindi — io credo — scritto da persona che molto al Genovese dovette esser stata vicina, e scritto con l’intenzione di licenziarla alle stampe ».

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tesio 33. Quella di Genovesi si distingue semmai per l’e­ clettismo che è caratteristica costante della sua opera, sia filosofica che economica: tale eclettismo, che giusta­ mente ha ricordato a F. Venturi l’articolo Eclectisme che sarà pubblicato suIVEncyclopédie, è già chiaro e coscien­ te nel Genovesi trentenne che dà inizio al proprio inse­ gnamento privato combinando la Logique de Fort Royal con quella lockiana di Jean Le Clerc e, in metafisica, pro­ fessando un « platonismo » e cartesianismo moderato da riserve lockiane: sarà simile l’utilizzazione che egli farà dopo il 1754 del tardo mercatilismo di Uzstariz e Ulloa combinato con le esigenze fisiocratiche di Herbert34. Ma 33 D escartes , Discours cit., Première partie, in particolare p. 9 (« me resolvant de ne chercher plus d’autre Science que celle qui se pourrait trouver en moi mème ou bien dans le grand livre du monde »); T. H obbes , Vita carmine expressa authore seipso, in Opera philosophica cit., p. LXXXVI ss. « Decimo quarto [anno] mittor ad Oxonium. / Huc Magdalenae veniens admittor in aulam / Inque ima logicae classe locatus eram / ... Quos tarde disco, disco tamen, abiicioque, / Admittorque meo quaeque probare modo. / Admoveor physicae, conflataque cuncta magister / Materia et forma, ut partibus, esse docet / Et species rerum, volitando per aura, formas / donare hinc oculis, auribus inde sonos. / Multos effectus tribuit syn et antypathiae, / Et supra captum multa meum. / Ergo ad amoena magis me verto, librosque revolvo / ... Et mihi visa quidem est toto res unica mundo / vera, licet multis falsificata modis: / Unica vera quidem, sed quae sit basis earum / Rerum, quas falso dicimus esse aliquid / ...Partibus internis nil nisi motus inest». S. P ufendorf, Epistola cit., pp. 157-158: « Aliquot iam annis Philosophiae, quae vulgo Aristotelica audit, dederam, et quae tyronum est praesumptio, parum a culmine sapientiae mihi abesse videbar, cum nescio qua occasione magis magisque ista mihi scientia vilior haberi, et de plerisque, quae ante hoc oraculorum instar veneratus eram, dubitatio suboriri coepit. Postquam semel ea relìgio exoleverat animo, nefas esse a dictatis praeceptorum discedere, haud obscure videbar cernere, quantum inane esset in plerisque disciplinis, quae intra contemplationem solam subsistunt circa illam sapientiae partem ...de mqribus». 34 Per queste tendenze, che mi propongo di analizzare infra per la filosofia di Genovesi, si veda quanto hanno scritto della sua economia o, meglio, politica economica L. V illa r i , Il pensiero eco­ nomico di A. Genovesi, Firenze 1959 e F. V enturi , Settecento riformatore, Torino 1969, pp. 565-74.

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se la disponibilità a utilizzare esperienze diverse e a volte contrastanti distingue nettamente Genovesi dalla procla­ mata originalità di Cartesio e di Vico, sarebbe un errore vedere in essa un atteggiamento acritico, un sincretismo privo di un filo conduttore personale e a suo modo nuo­ vo nella cultura italiana. I l Autobiografia I appare dettata da interessi diversi da quelli del fortunato professore di commercio, afferma­ tosi ormai anche per il suo peso nell’opinione politica napoletana, che scrive PAutobiografia II fra il 1755 e l’inizio del 1756J5. In questa l’autore riferisce soprattutto gli eventi della sua esistenza, le persone incontrate e i successi della sua carriera; nella prima sono soprattutto 35 Gennaro Savarese ha nella sua ed. di G enovesi, Autobio­ grafia, lettere e altri scritti, Milano 1962, pp. 3-4 ulteriormente ri­ stretto i termini cronologici proposti dal Venturi nella sua ed. della Autobiografia II, nella antologia dei Riformatori italiani cit., pp. 47-83 (27 febbraio 1757 - 21 aprile 1760) ed ha concluso che la redazione della seconda vita « è da collocare alTincirca negli anni 1755-1756 ». Agli argomenti da lui addotti si può aggiungerne uno che conferma tale ipotesi e la restringe airinizio del 1756: il testo di Genovesi, ivi, pp. 31-32 ricorda infatti per il 1751 « in questo mezzo io diedi fuor a la terza e quarta parte della Metafisica piu per com­ pimento della istituzione, che perché io le stimassi degne del pub­ blico giudizio, e che io ho in mente di rifare, secondo ch’io n’ho concepito il piano, se averò vita. I teologi mi lasciarono in pace, tutto che queste due parti fossero meno conformi alle loro barbare idee di quel che erano tutti gli miei libri ». Nel 1756 in realtà Ge­ novesi da un lato ristamperà la Metaphysica in un’edizione che si disco­ sta pochissimo (v. t. IV, c. a4r, che aggiunge una nota) dalla prece­ dente e non realizza il rifacimento progettato; d’altro canto nello stesso anno, forse proprio a conseguenza di tale ristampa, egli verrà denunciato al S. Offizio, e piu tardi attaccato a stampa da Antonio d’Aronne e Pasquale Magli. A seguito di questo lungo processo inquisitoriale (per cui cfr. infra p. 242 n. 4 e ss.) egli realiz­ zerà, ma con scopi diversi, una notevole rielaborazione della Meta­ physica che uscirà nel 1763. È dunque certo che il citato passo della Autobiografia II non può essere scritto che alquanto prima della ristampa del 1756 e soprattutto della lettera delPll settembre 1756 al cardinale Landi per giustificarsi delle accuse fattegli presso il S. Offizio.

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gli studi e le letture che vengono esposti con un’ampiezza e con un’attenzione critica che poi sarà tralasciata. Non che VAutobiografia I trascuri gli avvenimenti reali: anzi per la giovinezza di Genovesi fra Castiglione, Buccino e Salerno dà molti particolari inediti o di alcuni riferisce con un’immediatezza e con un sapore che poi andrà perduto. Per il primo caso si pensi a tutta la vicenda della recita nel ruolo di servo scaltro e alla successiva sco­ munica subita a Buccino (§§ X I-X II), che Genovesi do­ veva raccontare ancora al giovane amico M agli36, ma che poi non ricorderà nel 1756 per più matura cautela o perché l’episodio, pur grave di conseguenze, s’era scolorito nella sua memoria; dell’altro caso è un esem­ pio patente la diversa versione fornita dell’amore per Angela Dragone (§§ VIII-IX), prima narrato con inge­ nuità e partecipazione, poi riferito con certe sintomati­ che reticenze e attenuazioni. Il maggior interesse del do­ cumento è comunque nelle notizie sulla formazione filo­ sofica di Genovesi, che più oltre si cercherà di analizzare e ricostruire su questa base e con l’aiuto di altri dati: la ricchezza e la partecipazione con cui queste sono rife­ rite suggeriscono la netta impressione che lo scritto autobiografico risalga agli anni deH’insegnamento di etica, prima che l’amicizia e il mecenatismo di Bartolomeo In­ 36 Dissertazioni del sac. D. Pasquale Magli sul diritto della na­ tura e sulla legge della grazia, Napoli 1773, t. I l i , pp. 7-8: « Io conosco il Genovesi fin da’ primi anni, che venne da Salerno in Napoli, e fin da quegli anni ci contrassi un’intima e grande amicizia. E come l’uomo aveva il difetto (che pur voi a torto vi affannate di scusare e di cangiare in virtù) d ’esser facilissimo a rivelare e confi­ dare i piu intimi e nascosi suoi pensieri e affetti (qual difetto l’han meco confessato e se ne son doluti parecchi suoi amici, e fra gli altri il chiarissimo signor marchese ... Spiriti...) fin da quell’ora mi apri il suo cuore e filfilo mi narrò la sua vita passata specialmente in Sa­ lerno; e dissemi cose, che mi facero inoridire e tremar le ginocchia; e buon per lui che dissele a me che non mai l’ho rivelate ad uom vivente ». 20

tieri conducessero Genovesi agli studi e all’insegnamen­ to dell’economia. L ’Autobiografia I risale infatti a circa sei anni pri­ ma della II: un termine ante quem è fornito dai perso­ naggi che sono nominati come ancora viventi (il duca de Dura morto ottantaseienne nel 1753, Giulio Torni, morto nel 1756) e specialmente quelli ricordati senza i gradi ecclesiastici, che Genovesi cita sempre con scru­ polo (Benedetto Lattila, Ciro de Alteriis, Celestino Orlandi nominati vescovi nel 1754, Giuseppe Orlandi e Marcel­ lo Papiniano Cusano nominati rispettivamente il 30 apri­ le e Γ11 dicembre 1752). La frequenza di questi casi esclude che possa trattarsi di semplice dimenticanza; facile sarà invece da spiegare il cenno a « D. Carlo Mauro ora Presidente di Camera », che attribuisce al personaggio una carica che gli spettava ancora pur avendo cumulato nella stessa magistratura della Sommaria il titolo d’avvo­ cato fiscale (Cfr. A. S. Napoli, R. Camera della Somma­ ria, consultazioni, 219, ff. 86r, 89r, 90v, del 1750). Elementi decisivi per la datazione de\VAutobiografia I sono d’altronde i cenni finali all’intenzione di ristam­ pare la Metaphysica con una terza parte e alle perse­ cuzioni subite per la Tbeologia nel 1748 e nel’anno suc­ cessivo. Se questo dato permette di stabilire il terminus post quem al 1749 avanzato; l’altro, confrontato coi permessi di stampa della seconda edizione del­ la Metaphysica, indica con chiarezza l’anno 1750. Geno­ vesi accenna infatti nel § L di aver diviso « la seconda dalla terza parte » dell’opera, che viceversa usci com’è noto nel 1751 non in tre, ma in quattro parti. La suddivisione definitiva dell’opera dovette essere operata a manoscritto se non completo, almeno assai avanzato perché la richiesta presentata dagli stampatori Gessari, accolta dai revisori ecclesiastici e affidata al parere di Giovanni Maria della Torre in data 23 luglio 1750, dice ancora che alla ristampa dei due primi tomi « si 21

aggiungerà la terza parte della suddetta Metafisica ». Vi­ ceversa la domanda d’un revisore civile, presentata dagli stessi il 20 gennaio 1751 e affidata come sempre a Giu­ seppe Orlandi, parla già dell’« aggiunta di due altri tomi » 37. Il manoscritto ritrovato in Altamura era stato certa­ mente usato da Giuseppe Maria Galanti e da Domenico Forges Davanzati, i due alunni che cureranno le edizioni postume della Theologia e della Lettere familiari, l’uno, l’Elogio storico dell’abate A. Genovesi l’altro. Quest’ul­ timo testo, proibito, ma ciò nonostante fortunatissimo a Napoli e nel resto d’Italia, è basato interamente sulle due Autobiografie: alcune sue notizie, come gli studi di Platone, l’abbozzo della Repubblica divina, ecc. presenti nell 'Elogio, ma non nell’Auto biografia II, dimostrano che Galanti non ebbe dubbi sull’autenticità della l e se ne servi alla pari dell’altra. Cosi pure il Forges Davan­ zati nelle sue ampie note al Componimento in morte di A. Genovesi di Mattia Damiani di Volterra, riferisce ad es. che egli « si diede per lo spazio di due anni continui allo studio di Platone... e ad una profonda meditazione 37 Elemento, metaphysicae mathematicum in morem adornata ab Antonio Genuensi in Regia Neapolitana Academìa Ethices Profes­ sore Sanctissimo Patri nostro Benedicto X IV P. M. D., Editio secunda neapolitana multo auctior et correctior. Neapoli, 1751, Typis Benedicti et Ignatii Gessari. Superiorum auctoritate, t. I, c. preliminare n.n. 10 r-v. Cfr. A. S. Napoli, R. Camera S. Chiara, Consultazioni, 155, n.n.: « A di 2 2 gennaio 1751 » viene inoltrato e approvato « con venerato R. dispaccio per la segreteria di Stato del marchese Brancone de’ 5 del passato mese di dicembre... un memoriale del sac: D. Antonio Genovese [che] desidera ristampare la sua Metafisica coll’aggiunta di due altri tomi, e perché gli bisogna per l’effetto suddetto molta fatica e spesa, teme che dopo fatta tale opera altri non la ristampino o ristampata fuori non la introduchino a suo danno. Onde ha suppli­ cato di accordargli ampio privilegio acciò da nessuno possa ristamparsi per lo spazio di anni dieci ed in caso si ristampasse altrove non si possa quella introdurre ». Anche un ms. (Bari, Bibl. De Gemmis, ms. LXXVI) contenente la pars tertia ed ultima della Metaphysica, con alcune questioni passate poi nella IV, e dettato nel marzo 1750, con­ ferma queste induzioni.

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per uscire da se stesso dall’oscure tenebre della peripate­ tica » (§§ XVII, V I ) 38. La storia successiva del mano­ scritto è meno chiara. Avrà probabilmente seguito la sor­ te delle due copie delVAutobiografia II, che secondo il Racioppi era stata venduta dai Terres, editori della Diceosìna nel 1777, a un capitano Ferdinando Saraceni mor­ to nel 1847 39. Dopo costui venne in qualche modo in possesso del collezionista barone Ottavio Serena di La pigio, e poi del figlio Gennaro, il quale ne concesse l’uso a Alessandro Cutolo, che per primo riferì molti dati dell’Autobiografia I a commento della II e descrisse il complesso delle carte genovesiane del fondo Serena. Al­ cune di esse furono utilizzate da G. Maria M onti40 e da A. Potolicchio 41, ma questo scritto, classificato dal Serena 38 [G. M. G alanti ], Elogio storico del signor abate Antonio Genovesi, Napoli 1772, pp. 5 (sull'insegnamento di Nicola Genovesi alunno diN . Cirillo), 7 (sulle letture di Curzio « si analogo a' romanzi», Svetonio, Plutarco), 8 (su Carlo Mauri a Buccino), 9 (su Giovanni Abbamonte), 10 (sulla recita e la scomunica) e passim: si ha l’impressione che Galanti abbia scritto tenendo sul tavolo ΓAutobiografia I, salvo usarla talvolta con imprecisione su alcuni particolari. Meno strettamente se ne ispirò il Forges Davanzati che sorvolò in modo piu spicciativo sulla giovinezza del Genovesi: ma v. M attia D amiani, Componimento in morte di A. Genovesi con note di D. Forges Da­ vanzati, in appendice a A. G enovesi, Lettere accademiche, Venezia, Pasquali, 1772, p. 234 (su Platone, i moderni e gli scolastici), p. 237 (sul piano di etica, fedelmente ripreso), p. 248 (sul temperamento sanguigno e collerico di Genovesi), ecc. 39 A. G enovesi, Autobiografia, lettere e altri scrìtti, a c. di Gennaro Bavarese, Milano 1962, p. 3. 40 G. M. M onti, Due grandi riformatori del Settecento: A . Ge­ novese e G. M. Galanti, Firenze, 1926, p. 103 ss. (Doc. XII: Dialogo sulle Decretali dall'autografo del fondo Serena), p. 108 (Doc. X III: Dialogo IL Sulla causa delle decretali, minuta nel fondo Serena), p. 137 ss. (Di alcuni scritti inediti del Genovesi). 41 A. P otolicchio , Un ‘Discorso’ inedito di A. Genovesi, « Scuola nostra », Napoli, 25 febbraio 1955; Un altro ζDiscorsoy inedito di A. Genovesi, ibidem, 25 aprile 1955; Postille autografe inedite alla 4Logica’ di A. Genovesi, in Atti delVAccademia di scienze morali e politiche della Società Nazionale di Scienze, Lettere e arti in Napoli, LXXIII, 1962.

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e dal Cutolo come opera d’un biografo anonimo, non ha mai destato la dovuta attenzione 42. In questi ultimi anni, quando gli studi di F. Venturi e la sua edizione commentata dell’Autobiografia II nel volume dedicato ai Riformatori meridionali, e piu tardi la nuova edizione datane con altri testi genovesiani da G. Savarese, hanno riproposto agli studiosi la vita e la attività dell’autore, il complesso delle carte Serena sem­ bravano disperse: solo nel corso del 1970 è stato possi­ bile rintracciarne una parte (e in essa l’Autobiografia I) presso l’Archivio Biblioteca Museo civico di Àltamura. La lettura, finalmene possibile, del testo che risulta autografo, non lascerà dubbi sull’autenticità. Nelle note s’è voluto sottolineare la concordanza dei suoi dati con quelli deìYAutobiografia II e delle fonti esterne. Qui basti indicare al lettore alcuni accenti tipici di Genovesi, come l’iniziale deplorazione della « poltroneria » dei suoi com­ paesani castiglionesi, ed altri che rammentano da vicino il suo modello vichiano, come nei §§ XX, XXI il ricordo della « disperata lettura » e del « disperato studio » del­ la sua giovinezza, o nel § XXI il cenno ai « peripatetici che tutto danno al senso ». Si notino infine alcune noti­ zie sulle relazioni personali col Fraggianni, col duca di Salas, con Celestino Galiani, con Pietro di Martino, con Giuseppe Orlandi e alcuni giudizi sulla politica di que­ st’ultimo, sull’affare dell’inquisizione napoletana e sul carattere « tanto memorioso quanto scrupoloso » di Car­ lo di Borbone, che aggiungono tratti non secondari alla nostra conoscenza di Antonio Genovesi. 42 Si noti però che senza aver probabilmente esaminato di per­ sona il manoscritto (cosi almeno parrebbe dai carteggio dei Serena conservato ad Àltamura e riguardante Fuso scientifico dei documenti da parte degli studiosi), B. C roce, Nuove ricerche sulla vita e le opere del Vico e sul vichianesimo, « La Critica », XVII, 1918, pp. 109-110, pubblicò per primo il passo del § XVIII sulla frequenza alla scuola del Vico indicandone la fonte in « abbozzi e frammenti di autobiografie del Genovesi in carte possedute dal mio egregio amico Nicola Serena ».

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I

Gli studi di un autodidatta

La formazione di Antonio Genovesi sembra confermare un’osservazione arguta ed esatta sulla cultura italiana che « rimane nel. primo Settecento essenzialmente una cultura d’autodidatti e, si vorrebbe aggiungere, di autodidatti in abito ecclesiastico » 1. Nato alla fine del 1713 2 e indotto, secondo un’uso al­ lora corrente per i primogeniti3, ad abbracciare la carriera 1 A. M omigliano , Gli studi classici di Scipione Maffei, in Secondo contributo alla storia degli studi classiciy Roma 1960, p. 259. 2 Gir. Autobiografia I, § 4 infra, che ristabilisce la data esatta corrispon­ dente a quella attestata dalla fede di battesimo, dalla domanda di vesti­ zione, dalla bolla di vestizione per gli ordini minori (16 novembre 1737) ecc., pubblicati ora in Antonio Genovesi, a c. della Provincia di Salerno, Salerno 1969, pp. 26, 29, 37-38, e già studiati e utilizzati da A. P otolicchio (Intorno aWab. A. Genovesi, « Archivio storico per la provincia di Salerno», III, 1922, e Intorno all’ab. .Genovesi, documenti biografici inediti, « Il Picentino », 1960), da A. Cutolo, F. Venturi, e G. Savarese per rettificare la data anticipata di un anno che risulta dall’Auto biografia II, da G a lan ti , Elogio storico dell’ab. A. Genovesi, Napoli 1772, p. 4, da D . F orges D a­ vanzali, Note al componimento di Mattia Damiani cit., p. 257 e dall’epigrafe al ritratto di Genovesi nella Theologia, 1771, nonché da N apoli S ignorelli , Vicende della cultura, Napoli 1811, V, p. 159. 3 Cfr. D. F orges D avanzati, Andrea Serrao, a c. di B. Croce, Bari 1937, p. 9, che attesta a proposito di Serrao che « era uso in Calabria e in altre parti del Regno » che i primogeniti fossero ordinati preti; v. anche P. C ordara, De suìs ac suorum commentariis, Torino 1933, p. 17, cit. da T e l leria , S. Alfonso M. de Liguori, Madrid 1950, I, p. 72 n. 50. Anche Pietro Giannone, primogenito, era stato in un primo momento avviato alla carriera ecclesiastica, v. G. R ic u p e r a t i , L’esperienza civile e religiosa di P. Giannone, Milano-Napoli 1970, p. 5. Se al momento dell’amore con Angela Dragone

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ecclesiastica, Genovesi fu « autodidascalo » anche piu di Vico, non fosse che per la sua nascita e adolescenza pro­ vinciale. Il borgo di Castiglione de’ Genovesi, che egli ri­ corderà pieno di nostalgia per le innocenti avventure gio­ vanili, e la povertà della famiglia gli offrirono assai meno occasioni culturali della bottega di libraio del padre di Vico. Solo l’interesse e la volontà del giovane montanaro saran­ no la guida delle sue letture e le organizzeranno assai presto secondo un disegno: non avendo potuto frequentare scuole regolari e giunto ventiquattrenne in città, a Salerno e poi a Napoli, a contatto con vari cenacoli culturali, Genovesi non può esser indentificato secondo lo schema di studi e di scuole di per sé noti. Solo le dichiarazioni autobiografiche permettono di ricostruire l’ordine e il significato delle sue letture, di ricondurre la sua esperienza alle fasi successive che essa attraversò prima di esprimersi già matura nelle opere latine degli anni ’40. Fortunatamente Genovesi pensò due volte di stendere la propria autobiografia; nella prima — trascurata finora dagli studiosi, ma piu dell’altra utile per ricostruire la sua formazione in provincia e scritta a minor distanza da quelle esperienze — egli le narra ampiamente e dichiara quelli che a suo parere furono i momenti es­ senziali della propria formazione. Il documento ritrovato, pubblicato e sfruttato qui, è dunque fondamentale e in­ dispensabile: senza , non si potrebbe neppur tentare di ri­ costruire gli studi di quest’irregolare4. (tra i sedici e i ventanni: le Autobiografie sono volutamente imprecise e si contraddicono sulla data dell’idillio) Genovesi pensava certo di abbandonare la sua condizione di chierico, piu tardi, perduta l’amante, « giunto al 2 1 ° dell’età sua » e « comandato da suo padre d’ascendere all’ordine sacro del suddiaconato [31 agosto 1735, cfr. A. Genovesi, Salerno 1969, p. 43] egli, che vi si sentiva gran disposizione volentieri obbedì ». È probabile che questa dichiarazione sia sincera, data la sua forte vocazione per la ricerca e per l’insegnamento che solo nello stato sacerdotale un povero montanaro poteva realizzare. 4 Tutta la prima parte del presente libro è fondata sull’interpretazione e integrazione dei dati offerti dalle due autobiografie, alla cui lettura inte28

Conviene osservare però che se il documento è ampio e vivace, non è completo né privo di riserve: scritto all’indomani della sconfitta nel concorso di teologia, rivela si­ gnificative reticenze, di cui ci si è potuti render conto solo a conclusione delle ricerche e a confronto con gli scritti stampati fra il 1743 e il 1750: in essi Genovesi mostra di conoscere bene Spinoza e Locke (nei testi, non solo nelle confutazioni fattene da Wittich e da P. M. Doria), di essersi nutrito del Dictionnaire di Bayle e delle « Bibliothèques » di Jean Le Clerc, di Galileo e di Bacone, di Gassendi e di Lucrezio, eppure le Autobiografie, che citano tante letture, spesso meno caratteristiche e formative, non fan parola di questi grandi testi, né di Giannone noto a Genovesi prima del 1746. In realtà ΓAutobiografia I sembra solo in parte scritta per il piacere disinteressato di ricapitolare per sé e per i posteri le vicende con Angela Dragone e con la brigata di attori dilettanti riunita a Buccino da un gruppo di nobili scanzonati, i dispetti fatti al predicatore Preziosi esperto di cavilli scolastici e al frate di Napoli che girava per le case a combinar matrimoni con le minacce; non meno di alcuni documenti epistolari e della piu nota Autobiografia II (scrit­ ta a sua volta poco prima della denuncia della Metaphysica al Sant’Officio), essa lascia l’impressione di esser stata con­ cepita anche come un memoriale da leggere agli amici o da far circolare privatamente. Quantunque manchino ele­ menti per fare di tale sospetto piu di una congettura, è certo in ogni caso che lo scrittore vuole dare di sé nelle Autobiografie un’immagine presentabile, non una confessio­ ne al di fuori da ogni convenienza e opportunità sociale come farà poi Rousseau. Ciò corrisponde a certe presenze graie si rinvia preliminarmente il lettore. Tralasciando le indicazioni altri­ menti continue della pagina, se ne ripeteranno solo le notizie di carattere culturale, non gli aneddoti di rilievo puramente biografico. Per questi e per notizie biografiche sui personaggi citati si rinvia all’Autobiografia I (1750) edita e ampiamente annotata nell’appendice, con rinvìi all’Autobiografia II (1756).

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e a certe assenze nella storia delle proprie letture e amici­ zie: per esempio egli nomina il Gran Maestro della masso­ neria napoletana, principe di Sansevero, solo nella seconda, scritta quando ormai lo scandalo di tale associazione e della sua scoperta era superato. Per ricostruire le vicende della formazione culturale di Genovesi e il filo che tiene unite le sue letture e le sue scelte non si potrà d’ora in poi pre­ scindere da questo documento, ma converrà usarlo con certi accorgimenti critici. Esso permetterà finalmente di scio­ gliere un nodo che, da David Winspeare in avanti3, era rimasto aggrovigliato, la giovanile adesione di Genovesi al cartesianesimo, affermata da varie, ma non riscontrabile neppure nelle sue primissime opere: anche in questo caso ΓAutobiografia I ci dirà dell’inizio di quest’esperienza, ma non della sua conclusione negativa.

I . T ra s c o l a s t ic i e c a r t e s ia n i.

Già a tredici anni, compiuto il corso delle lettere latine e superati i maestri di paese, Antonio venne in contatto con la filosofia e con l’alternativa fra antichi e moderni. Con altri coetanei del paese ebbe la fortuna di seguire « un buon filosofo », il suo parente Niccolò Genovesi, « medico famoso della provincia di Salerno » che espose loro nei pri­ mi due anni la filosofia scolastica e nel terzo il diritto cano­ nico, ma anche la filosofia cartesiana 7. Con questa il me­ 5 Cfr. Saggi di filosofia intellettuale. I. Introduzione allo studio della filosofia, Napoli 1843, pp. 491-92, discusso da G. G e n t il e , Storia della filosofia italiana dal Genovesi al Galluppi, Milano 19302, p. 12 ss. e da E. G arin , Storia della filosofia italiana, Torino 19662, p. 970. ‘56 N. B adaloni, Antonio Conti. Un abate libero pensatore tra Newton e Voltaire, Milano 1968, p. 206: nella Lettera ad A. Conti (1746) Genovesi farebbe appello « ad un’attività relativa all’io, almeno in parte di derivazione cartesiana ». 7 d i . Autobiografia I, §§ 3-6 e i documenti pubblicati nel cit. A. Ge­ novesi, Salerno 1969, pp. 31 (nell’aprile 1728 « studia grammatica col cle-

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dico doveva indulgere alle proprie preferenze, dato che egli si era formato presso il maggior medico cartesiano di Na­ poli in quel periodo, Nicola Cirillo: se di Niccolò Genovesi la storia non ci ha lasciato che le notizie datene venticinque anni dopo dall’alunno, del suo maestro sappiamo molto di piu e possiamo ricostruire l’insegnamento, che era certo il modello di quello organizzato a Castiglione. In fama di incredulità, Nicola Cirillo è presentato dal­ l’allievo e biografo Francesco Seraos come un cartesiano aperto ad altre esperienze, ma certo non a quelle della scolastica. « Hortante facemque praeferente Gregorio Calopresio... Cartesianorum dogmatum in rebus philosophicis accuratissimo interprete et propugnatore », il Cirillo aveva letto le opere di Descartes « tanta contentione », da nutrirsene profonda­ mente al di là di una semplice apprensione delle dottrine proposte: « ultra progressus mentem ipsam et ingenium rico Scipione Genovese »), 38-37 nel maggio 1730 Niccolò Genovese attesta da Castiglione « Antonium Genuensem apud me studuisse non solum summulis et logicae, sed etiam apud meispum actu auditorem esse physicae, nec non in omnibus supradictis scientiis apprehensis optimam indolem ostendisse »). 8 Su Nicola Cirillo, oltre ai cenni dati infra, Appendice I, n. 4 v. in particolare F. S erao , Nicolaus Cyrillus in Mirabilia italorum eruditione praestantium, a c. di G. Lami, Firenze 1742, I, pp. 180-182, 202 sul suo cartesianismo. Serao « non si attenne alla di lui filosofia, perché ... amò assai piu la dottrina di Epicuro rettificata dal Gassendo che quella del Cartesio, cui segui il Cirillo, e crescendo negli anni si erudì ne’ libri de’ moderni filosofi e singolarmente del Galilei, del Borelli e del Torricelli », secondo P. N apoli S ig n o relli , Vicende della coltura nelle Due Sicilie [1786], Napoli 18112, t. VI, pp. 179-180. Contrariamente a quanto affermato da C. M in ier i R iccio , Cenno storico delle Accademie fiorite nella città di 'Napoli, « Arch. Stor. Prov. Napoletane », IV, 1879, p. 525, che fa presie­ dere l’Accademia del Galiani dal cartesiano ortodosso Francesco Spinelli principie della Scalea, è il Cirillo — cartesiano, ma non ortodosso e aperto a tutte le piu recenti esperienze — che ne è eletto e riconfermato presi­ dente per tutta la breve durata dell’accademia. F. Serao collaborò strettamente con lui nell’Accademia, in qualità di segretario: v. oltre al cit. Napoli Signorelli, T. F asano , Vita Francisci... Serao, Napoli 1784 e la segnalazione della Vita N. Cyrilli in «Della biblioteca volante», scanzia XXIII... conti­ nuata da Gilasco Eutelidense, Roma 1749, pp. 71-73.

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Renati Cartesii hausit et expressit, qui studiorum eiusmodi fructus potissimus habendus est ». Egli aveva accettato la lezione del metodo, ma non s’era legato scolasticamente al sistema: aperta una scuola privata di filosofia, medicina e geometria e preparate a questo scopo delle « istituta » che paiono disperse, « in his eleganter et dilucide veteres novasque sententias persequitur, elegit autem et tuetur probabiliores: nam neque veterum auctoritate nimis unquam permotus est, neque novitatis studio recentissima quaeque eadem et optima iudicavit ». Il Cirillo era stato un professore brillante e aggiornato, dotato d’una grande chiarezza che secondo il biografo de­ rivava in parte « a Cartesii imitatione, in cuius scriptorum commentatione primam aetatem pene totam contriverat »: continuava a dare tanto peso alle sue dottrine, che pur aven­ do ampie notizie dei fisici piu recenti ed approvandone molti ritrovati « adhuc tamen Cartesianis formulis et loqui et seribere porrexerit sive ex consuetudine, sive ex proniore quadam voluntate ». Quest’orientamento critico ed eclettico che contraddistinse Cirillo, ne fece la persona piu adatta per diventare corrispondente da Napoli della Royal Society, poi suo membro elogiato da Isaac Newton e infine presidente dell’Accademia napoletana fondata dal Galiani a imitazione di quella e delle Accademie di Parigi e di Bologna. Egli aveva d’altronde esposto obiettivamente le teorie newto­ niane dalla cattedra, come attesta un altro suo alunno Giam­ battista Capasso *.9 9 J . B a pt ist a e C a p a s s i , Historiae philosophiae synopsisy Napoli 1728, 1. IV, cap. X: Philosophi mathematici, p. 388. « Diligentissime examinavit [newtonianum systema] in R. Studiorum celeberrima Universitate Neapolitana ...Nicolaus Cyrillus, nostrae Neapolis decus et R. Londinensis Societatis, cui nuper adscriptus, ornamentum, meus XXX circi ter ab hinc annis in philosophicis ac medicis institutionibus praeceptor... Cuius vitam in omni literarum genere semper occupatam; facta tum in medicis consiliis et praxi, tum in omni negociorum genere summe commendabilia; doctrinam denique tum in iuvenum in Regia hac Universitate in philosophicis ac me­ dicis rebus institutione, tum per editas notas ac doctissimas dissertationes

Un’idea esatta e dettagliata dell’insegnamento di Nicola Cirillo non può esser ricavata dai suoi Consulti medici po­ stumi, utili solo a segnalare la sua amicizia coll'archiatra pontificio Lancisi, con Antonio Leprotti, col botanico pi­ sano Tilli, col medico di corte Francesco Bonocore, già suo alunno, e soprattutto con Celestino Galiani10, e a mostrarcelo attento a problemi oltre che terapeutici, tecnici e sociali nelle Considerazioni... intorno alla coltura del riso nella piana di Giffoni11, che ricordano la disputa e gli esperimenti de­ gli investiganti sul Lago di Agnano. Il suo insegnamento, però, è facile da ricostruire esa­ minando le ampie note da lui aggiunte all’edizione fatta nel 1728 degli Opera del medico, botanico e alchimista Ettmiiller. Queste annotazioni, poco rispettose per l’autore, susci­ tarono una polemica fra il Cirillo e il figlio di Ettmuller su alcune questioni botaniche 12: ma interessano soprattutto in Etmullerum in nova hac editione Neapoli facta, doctrinam inquam omnium ore laudatissimam hic recensere supersedio ». 1:0 Consulti medici di Niccolò Cirillo professore primario di medicina nella R. Università di Napoli, Napoli 1738, appresso Novello De Bonis stampatore arcivescovile, tt. 3. V. nel t. I la dedica del nipote Santi Ci­ rillo a D. Francesco Bonocore medico di camera di S. M. Cattolica, che richiama gli studi di botanica, le ricerche « de’ luoghi piu feraci di piante » e « tutti i restanti studi a filosofia, a medicina e alle lingue appartenenti » fatti insieme sotto la guida dello zio; t. I, f. b8r, D. Caelestino Galiano ... Studiorum Praefecto Franciscus Seraus dedica la Vita del Cirillo; e le de­ diche al Lancisi e al Tilli delle prime due Centuriae dei Consilia. L’opera fu ristampata a Venezia nel 1741 e nel 1796. 11 Ibidem, t. Ili, pp. 1-90: «Cirillo in compagnia di altri valentuo­ mini aveva dato [parere] su d’una strepitosa controversia, cioè se la coltura del riso potesse cagionar infezion d’aria sino ad una certa distanza, dove erano luoghi abitati », come dice Serao nella Vita, e aveva deciso in senso favorevole all’introduzione della coltura del riso. Sugli esperimenti circa la macerazione del lino ad Agnano cfr. Μ. H. F is c h , UAccademia degli Investiganti, «D e Homine », 27-28 (1968), p. 30 ss. 12 M ic h a e l is E t t m u l l e r i Opera omnia; accesserunt notae, consilia etc. Nicolai Cyrilli, Neapoli 1728; si cita dalla ristampa di Venezia 1734, in 4 tt. in folio. I documenti della polemica col figlio deH’Ettmiiller sono raccolti nel t. I li dei Consilia: In ea quae Actis Eruditorum Lipsiensium anno 1731 ... de neapolitana operum M. Ettmulleri editione pubblicata sunt animadversio; Pro N. Cyrillo vindiciae adversus Lipsiensium responsionem 33

dal nostro punto di vista per le importanti questioni filoso­ fiche che affrontano, prendendo spunto dalla fisiologia mec­ canicista seguita anche dall’Ettmuller, aperto però a con­ cessioni paracelsiane che apparivano criticabili all’editore. L’atteggiamento del Cirillo di fronte a Descartes non è chiuso in una rigida ortodossia, ammette aggiornamenti, che anzi considera autorizzati dall’autore stesso. Cita ad esempio il De la formation du foetus, « curiosissimam hypothesim... ubi vide philosophum, qui macrocosmi seu magni mundi eiusque partium mechanicam constructionem ingeniosissime confixerat, microcosmi quoque seu corporis humani partium tam solidarum quam fluidarum conformationem artificiosis­ simo mechanismo feliciter architectantem » 13; eppure que­ sto giudizio entusiastico sull 'ipotesi cartesiana non gli im­ pedisce di vederne gli aspetti superati nella piu recente ri­ cerca. Verumtamen est quod quaedam in eo tractatu sunt, quae ulteriori indigeni interpretadone, nonnulla iuxta no­ vissima anatomicorum inventa omnino emendanda, quamad virum amplum Antonium Leprottum. Un esempio delle critiche irriguar­ dose che Cirillo aveva profuso nelle sue note si può vedere nel t. I dei cit. Opera, coll. 33-4 η. T: «Quae hucusque de spiritu mundi universali, insito et influo, sale Naturae corporumque generatione et fermentatione dieta sunt, etsi ex intimioribus Chymiae penetralibus sint deprompta, prò meris nugis ab iis habentur qui eo animo philosophantur, ut claras tantum et evidentes ideas, non vocum inania mysteria recipiant »; cfr.· 769-770 n. D: a proposito di Paracelso, Van Helmont e i loro seguaci (fra cui poteva anno­ verarsi rEttmiiller, in particolare per le opere lasciate postume: v. L. T horndike , A History of Magic and experimental Science, New York 1938, V ili, pp. 133-63) « Mirum sane est quousque procedat humanae mentis credulitas... quidnam enim est hic magnetismus consistens in Archeo in portiones diviso? ... Si licet igitur aliquando et magis sensatam philosophiam edam somniatis phaenomenis adaptare, satius est cum illustrissimo Gassendo balbutire: ...Nihil agere in rem distantem ». Contro Ettmiiller v. anche coll. 12 1-2 2 n. S: «Hic de ideis agere incipit Auctor, sed quae metaphysico lacte nutritis nauseam moveant »; coll. 23-26 n. O: « Videtur Auctor valde confusam ideam habuisse systematis de mundi aspectabilis fabrica corporumque coelestium motu ». 13 E t t m u l l e r i Opera cit., t. I, coll. 309-310 η. Y. Si noti la ter­ minologia platonizzante di microcosmo e macrocosmo. 34

plurimum demum prorsus addenda; quae omnia nonnisi integro et omnibus numeris absoluto commentario exequi quispiam poterit. Idque ab ipsius Renati mente alienum nullus existimaverit14.

Cirillo richiama infatti un passo del Traité de l’homme che presenta come ipotetiche le proprie tesi fondate su un numero di esperimenti che a Cartesio stesso parevano in­ sufficienti e suscettibili di rettifica; occorrerebbe dunque « citatum D.ni Des—Cartes tractatum perpetuo commentario locupletare » e al Cirillo piacerebbe dedicarsi a questo pro­ getto, che però già nel 1728, a causa dei suoi molti impegni, égli enunciava senza illudersi troppo di poterlo completare e che non fu probabilmente realizzato. Nelle note all’Ettmuller Cirillo profuse le sue — in verità rare — emendazioni o aggiornamenti alle tesi cartesiane. Come no­ tava il suo alunno e collaboratore Serao, alla sua larga in­ formazione delle ricerche contemporanee, corrisponde però una preferenza per le tesi degli autori secenteschi: « prende a spiegare le cose appartenenti all’economia animale o alla teoria de’ mali colla vecchia scuola de’ fermentisti o acidis t i... non si mette sempre a sostenere i piu nuovi dogmi introdotti: da recentissimi autori nelle cose della medicina »1 11 Ibidem. 15 F .· S erai Vita Cyrilli in N. C ir il l o , Consulti cit., t. I, f. b 4r; e cfr; le ristampe: in G. L a m i , Mirabilia Italorum, Firenze 1740, t. I e fra gli

Opuscoli di vario argomento, Napoli 1767, dello stesso Serao: qui v. in particolare VOratio parenetica ad R. Gymnasii Neapolitani alumnos in solemni Studiorum instauratione (1732), scritta per incarico di C. Galiani, « si qua forte ab aetate aut valetudine clarissimo viro eloquentiae professori cessandi necessitas incidisset » (ossia per esser pronto a sostituire Vico nella prelezione De mente beroìca)y importante per il richiamo alla tradi­ zione investigante: « qui totius antiquitatis iurisve notitiam summa eruditione complexi sunt, Alexandri, Lasenae, Peregrini, Gravinae, Aulisti, aut naturae severiorumque scientiarum studiosorum, Niphi, Telesii, Portae, Columnae, Severini, Borelli, Cornelii, Capuae, Portii, Tozzi», p. 36. - T. Fa­ sano , De vita muniis et scriptis Francisci Serai, Neapoli 1784, pp. 30-31, chiarisce e sottolinea le critiche deH’allievo al maestro: « Cum id temporis Cartesius scholas omnes occuparet, et Nicolaus Cyrillus auctoritate sua

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Ciò accadeva anche per la filosofia e per le altre scienze, in cui egli risultava fedele a Cartesio. Lo considerava d’ah tronde indispensabile ai medici, anche se non aveva potuto stendere un trattato di medicina. Descartes infatti nella Grande Lettre premessa alla traduzione francese dei Prin­ cipia aveva fatto della medicina uno dei rami dell’albero delle scienze; avevano quindi torto coloro che dicono « superficiarium et ieiunium Cartesium in rebus speciatim ad medicinam pertinentibus » 16. Egli non ha dato della medi­ cina una trattazione paragonabile a quella dedicata alla fisica, ma ciò dipende dalle difficoltà nell’organizzazione della ri­ cerca sperimentale, di cui il Cirillo, membro e capo di varie accademie, si mostra consapevole quanto Descartes. illius doctrinam Nespoli tueretur, brevi noster [Seraus] cartesianus evasit. Cum vero Lucretium et Gassendum, latini sermonis puntate eruditioneque ductus, magna cum voluptate legeret, et cartesianam philosophiam vel nullis vel fictis infirmisque principiis niti animadverteret, contra Epicuri, maxime ab Gassendo correctam et ad christianae religionis amussim redactam, longe probabiliorem deprehenderet, paulatim a Cartesio ad Gassen­ dum descivit, sed o c c u l t e , ne Cyrillo ... displiceret, Cartesii ... acerrimo defensori. A Gassendi lectione ad Galilei, Torricelli, Borelli, Boylii, Redi et Florentinae Academiae experimentorum lectionem gradum faciens, tanquam ab Epicuri intermundiis in magnificentissimam urbem delatus, aeternum Cartesianae physicae valedixit... Ut vero in physica tum dominabatur Cartesius, sic in medicina illorum regnabat secta qui a fermentis ... nomen invenerant. Quae medicinae schola etsi peraeque ut cartesianae physicae secta erat irridenda, tamen id temporis ita generatim et universe probabatur, ut Cyrillus ipse, vir ceteroquin acerrimi iudicii et veritatis studiosissimus, eam sequeretur; quam quidem cum adolescens didicisset et grandior permultos annos privatim ac publice docuisset, quamquam post falsam reperisset, palam tamen refellere atque improbare non sustinebat ». Gli interessi di Francesco Serao — un esempio egli stesso della sopravvivenza di motivi degli Investiganti — non sono però in cosi netto disaccordo con quelli del Ci­ rillo, come vorrebbe far apparire il biografo Fasano: si vedrà infatti che Cirillo ricorre talvolta a Gassendi con molto rispetto (cfr. sotto n. 2 2 ), e che Galileo, Cornelio, Borelli, Redi e tutto il Cimento, come anche i testi di Epicuro e Lucrezio, gli sono cari (cfr. nn. 32-35). La maggiore diffe­ renza fra Cirillo e Serao consiste nell’abbandono del sistema cartesiano al quale solo il piu giovane si deciderà, anche se Cirillo ammetterà priva­ tamente alcune difficoltà. 56 E t t m u l l e r i Opera cit., I, 53-54, η. B. 36

Ipsemet ibidem fatetur integrum philosophiae cor­ pus se humano generi non daturum, non quod viribus suis diffiderei, nec quod a cognitione eius quod desideratur tam longe se abesse videtur; sed quoniam opporti*· nitas non esse, privato homini et immodicis sumptibus faciendis impari, omnia experimenta comparandi quibus ad ratiocinia sua fulcienda indigeret. Comparaverit nihilominus ex anatome et chymica non parvi momenti ad rem medicam promovendam notitias, earumque locupletissimum sibi promptuarium instruxerat, ut in eius Methodo et epistolis ac in Trac tatù de homine... patet17.

Se i principi stabiliti dal meccanicismo cartesiano nella fisiologia non hanno dato tutti i frutti che potevano, ciò dipende dallo stato frammentario del Tratte de l’homme « e malore opere divulsum », dalla morte precoce dell’autore e dall 'inadeguatezza dei suoi seguaci18. La medicina d’altra parte non era neppure per il medico Cirillo una specializzazione fine a se stessa. « Egli intendeva e si dilettava degli studi di geometria, di meccanica e di tutte quelle parti delle matematiche, che alla buona filo­ sofia sono richieste, assai piu di quello che apparisce dai suoi scritti. Ebbe egli inoltre la passione di metter insieme compiuta libreria e ... aver il primo in Napoli la notizia di tutti que’ libri che divolgavansi per l’Europa » 19. Se questi suoi vasti interessi appaiono già chiari a chi scorra le note aU’Ettmuller, dovevano risultare chiarissimi e formativi ai suoi scolari e fra questi a Nicolò Genovesi. Il Cirillo usava « procacciare senza alcuna riserva il bene e l’istruzione altrui. La sua sceltissima e vasta libreria era aperta a tutti gli stu­ diosi; egli stesso richiesto comunicava con chi si fosse i mi­ 17 Ibidem.

1S Ibidem: « Multi deinceps post Cartesium medicinam iuxta Car testi principia se exposituros promiserunt, sed inanibus titulorum promissis spem nostram omnino fefellerunt ». 19 F. Serai Vita in N. C ir il l o , Consulti cit., I, f. B4 v.; cfr. T. Fa­ sano , De vita F. Serai cit., p. 41.

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gliori lumi che dal fóndo della sua gran dottrina se gli sug­ gerivano, per tacere déll’èsercizio della cattedra, in cui tutta quasi la sua vita impiegò; per lo qual mezzo la gioventù nostra ebbe l’opportunità di condursi alla conoscenza delle piu riposte e fruttuose dottrine nelle materie mediche e fi­ losòfiche » 20. Questo giudizio deb biografo e editore Serao è confer­ mato dalle Notae: esse si richiamano a Descartes per una serie di fenomeni e organi .fisiologici (la vista, la memoria, la circolazione sanguigna, la struttura del cervello e dei nervi, i fenomeni e le··, percezioni nervose, l’origine della risata nella milza, i muscoli, vari medicamenti e sostanze chimiche come il ferro e il rame)21, ma su queste concrete questioni il medico mostra: l ’ampiezza e la disponibilità della sua cultura, citando sia i filosofi e scienziati più recenti (da Ismael Boulliau 22 e da Gassendi23, a Malebranche 2·1, a Newton25, dai cartesiani Regius e de la Forge 28 à Leu2C? Ibidem.

21 E t t m u l l e r i Opera ctt., t. I, 245-246 η. V suirocchio e la vista; -273-276 n. F sulla memoria (« facilicrem transitum invenit ob vestigia quae i& ea [cerebri filamenta:]. primo; transita exculpsit sibi accomodata»); 177-178 e 229-230 η. I sul sangue; Ibidem η. H. sulla glandola pineale; 226-227 n. G. sulla struttura dei nervi e del cervello; cfr. 271-278 nn. D, F, H ;: 201-202 η. T sulla milza e la risata secondo le Passions de Varne*; 869-70 n> A e 883-884 n. D sul ferro; e sul nitro .secondo i Principia; e cosi via. 22 Ibidem, 245-46; 253-54.,Di Gassendi si serve tra l’altro in funzione polémica contro le credenze degli astrològi, come nel caso del diluvio preanùunciato per il 1524 « magna astrológiae et astrologorum infamia1», come aveva detto il francese,.947-48 n. C. .Anche, Cirillo torna piu volte a ironiz­ zare sulla astrologia ancor presente nella medicina contemporanea, p. es. afferma che nei cieli c’è generazione e corruzione, 1-2 n. D, è chiarisce « quid de astrorum et praesertim Lunae in sublunaria influxu sentiendum sit », 373-4 η. Z e 525-526. 23 Ibidem, 243-46 η. T, sulla « famigeratissimi philosophi P. Malebranche de luce et coloribus hypothesis »; 311-312 n. A sulla sua spiega­ zione delle voglie nei neonati; 55-56 n. C sulla « nova sua de igne hypothesi ». 2ì Ibidem, 241-45 η. T. 25 Ibidem, -247-48. 26 Ibidem, 281-282; 277-278.

venhoek27, da Bayle 28 a Willis29 e a Mariotte)30, sia i testi cari agli investiganti e i loro stessi nomi: dal Timeo 31, da Epicuro32 e da Lucrezio33 fino a Galileo34, Tommaso Cornelio, Leonardo da Capua, Lucantonio Porzio, Borelli, Redi, Malpighi e Marsili35. Questa larghezza di citazioni suscita qualche dubbio sulla pretesa obliterazione totale della lezione degli Investiganti fra i cartesiani settecenteschi di Napoli: se indubbiamente Nicolò Cirillo non può competere con loro per l’originalità e l’importanza delle scoperte scientifiche e della polemica culturale, egli però può stare di fronte ai contemporanei cartesiani « mentalisti » differenziandosi da Caloprese e da Doria per la sua maggior fedeltà e attenzione al meccani­ cismo e alla fisiologia di Renato. Ciò corrisponde eviden­ temente al carattere medico della sua attività, ma consiglia di sfumare Γimmagine che è stata data recentemente di tale cartesianismo metafisico e platonizzante che dominerebbe in modo esclusivo dopo il processo degli ateisti e l’Accade­ mia di Medina Coeli. 27 Ibidem, 177-178. 2S Ibidem, 239-40. 29 Ibidem, 283-288. 30 Ibidem, 237-38. 31 Ibidem, 383-84, e passim. 32 Ibidem, 253-4: naturalmente la presenza di Epicuro è mediata da Gassendi. 33 Ibidem, 375-76: « eleganter docuit Lucretius », e passim. ** Ibidem, 1273-74, ove lo stesso Ettmuller si richiama alla metafora del libro della natura e alP« insignissimo omniumque fere primo huius saeculi realis seu experimentalis philosophiae propugnatori ». 35 Ibidem, 205-206, ove accusa Borelli di aver spacciato per sua a Roma la scoperta del Cornelio, circolante da tempo a Napoli, sulla bile e sulle altre secrezioni interne e sulla loro circolazione. Cirillo richiama la testimo­ nianza di L. A. Porzio su quest’episodio. Cfr. anche 283-88 e 177-178, ove Borelli è citato accanto a Malpighi5 325-26 e 337-38 su Leonardo da Capua di cui sono ricordate il Delle Mofete e Ylncertezza della medicina; 971-72, 977-78 su Francesco Redi; 953-56, 961-62 e passim su Luigi Ferdinando Marsili. - Come risulta da una sua lettera del 28 aprile 1725, Cirillo era in relazione con A. Vallisneri (Autografi Piancastelli, Bibl, Comunale Forlì).

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Non si vuol negare con ciò che anche Cirillo risentisse un poco della tematica mentalistica, tanto profondamente radicata nei testi stessi di Descartes. Egli aveva scelto le opere di Ettmiiìler, perché questi fin dal preliminare Di­ scursus physicus de principiis corporum naturalium aveva dichiarato: « corpora animalium sunt machinae hydraulico— pneumaticae, quae per sanguinis et spirituum contentorum motum varias actiones edunt et per corporum externorum in organa sensuum actiones rationes horum determinatae structurae passiones et motiones suscipiunt, quas sensus vocamus » 36, ma fin dall’inizio, pensando all’uomo, s’era sen­ tito in dovere di precisare: dummodo tamen motiones illae et corporis passiones a Mente percipiantur: Mens enim audit, Mens videt, coeca et surda sunt omnia, ut aiebat Epicharmus.

Non si tratta qui del mentalismo caro a Doria e a Caloprese: la scelta della sentenza di Epicarmo — usata da Leonardo da Capua, da T. Cornelio e dal Musitano — de­ nuncia il carattere « galileiano » o investigante di tale ri­ chiamo al principio della ragione che coordina, controlla e rettifica l’esperienza 3738. Il Cirillo non insiste dunque tanto sul « mentalismo » quanto sugli aspetti fisici del cartesianesimo. Se ne serve per precisare che il suo discorso, come quello delPautore che sta commentando, è limitato alla medicina, non deve quindi affrontare le questioni metafisiche o l’immortalità dell’anima ammessa preliminarmente e poi non piu esaminata. Loquitur hic Autor... de corpore humano prout obiectum vel subiectum est medicinae, illud machinam vocat, nequaquam autem prout ab anima rationali et spirituali informatur, quicum hominem constituit36. 36 Ibidem, 23-24. 37 Ibidem, 23-24 η. M. Su questo motto caratteristico degli Investiganti cfr. N. B adaloni, Introduzione a Vico, Milano 1961, pp. 1 2 1 , 127, 162, 290. 38 Ibidem, 10 1-10 2 n. A.

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Se EttmuUer talvolta gli appare materialista e poco ri­ spettoso della stessa religione naturale per l’analogia troppo stretta e irriguardosa che pone fra uomini e bruti, specialmente fra questi e gli infanti39, Cirillo insiste su una delle piu criticate dottrine cartesiane proprio per eludere tale pe­ ricolo. Nil enim commune habet humana mens cum anima brutorum 40.

Del resto di anima, di sensi, di vista si può parlare per gli animali solo in senso improprio. È significativo che Ci­ rillo faccia appello a uno dei cartesiani piu meccanicisti, come il Regius, « ut exemplum proponam methodi, qua utuntur machinistae ad explicandas brutorum functiones solo corporis machinamento » 41; non meno significativo è che il lessico del Cirillo comprenda e dia grande evidenza a espressioni come « machinistae » e « antimachinistae ». Né d’altronde è casuale che egli non ammetta sul problema della anima dei bruti una terza via, oltre a quella peripatetica, che respinge, e quella cartesiana, che segue e difende: in ciò sembra opporsi alla teoria neoplatonica dello spiritus medio fra anima e corpo riproposta recentemente dagli in­ glesi. Hauci credo inter primam et secundam de anima bru­ torum sententiam mediani quandam fingi posse, ut hic docet Autor. Nam vel brutis concedenda est cum peripateticis anima sensitiva et aliqua, licei imperfecta, cognitionis species, vel cum cartesianis omnis anima illis denéganda et mera automata reputanda sunt. Minime enim excogitari poterit substantia quaedam tertia, quae anima sit et ex tenuissimis spirituum particulis componatur, vel quae corpus sit et cognitionis sit particeps; hoc enim 39 Ibidem, 73-74 η. P. 49 Ibidem, 385-86 η. K. 41 Ibidem, 281-82 η. I. Si noti che, come dichiara neWAutobiografia,

Vico aveva avuto il primo contatto col cartesianismo attraverso Enrico Regio. 41

medìam inter mentem et corpus fingere non possumus; quod enim partes habet corporeas cogitare nequit, nec quod cogitai ex partibus constare potest. Valde dubia igitur remanet haec de anima brutorum quaestio; nec huius loci est illam particulatim exagitare, praesertim quum de ea integri conscripti sint tractatus. Illud tamen notaverim quod si machinistae sola corporis brutorum textura ac fìuidarum spirituosarum partium per illud motu, omnium bestiarum functionum sive ad sensus appellatos, sive ad motus pertinentium rationem reddere facile possunt, absque addito alicuius animae sensitivae; antimachinistis tantum, qui anima in brutis adstruunt, onus incumbit argumenta excogitare, quibus illius necessitas probetur 4:2.

Da queste conclusioni tanto ferme, Cirillo trae dei co­ rollari non meno decisi negando nelle bestie non solo le passioni, ma la sensibilità stessa 4243. Egli sente però il bisogno di limitare la responsabilità cartesiana per tale dottrina. Quamvis Machinistarum sententia Cartesio tribuatur et ex illius principiis eruatur, nihilominus hic Autor, 42 Ibidem, 281-82 η. I; cfr. 53-54 n. A ove aveva impostato la que­ stione su una dicotomia: « imo potius vel corporea in brutis est anima (si quod corporeum est animae nomen mereri potest), vel nulla est ». 43 Ibidem, 281-82 η. Ϊ: « proprie videre non potest canis, sed abusive videre dicimus, cum obiectum illuminatum est in debita ab eius oculo bene disposita distantia... Cave tamen credas vocabulis sensuum et passionum, letitiae nempe et irae etc., in brutis venire apud ipsos veras sensuum et passionum functiones, cum rei conscientia, quemadmodum nos in nobismet ipsis experimur; nam illis vocibus tantum corporeos motus in brutis intelligunt absque ulla cognitione factos, etsi correspondeant motibus, qui in nobis fìunt in veris sensibus et passionibus cum cognitione coniunctis ». lì problema delPanima della bestia è non solo ritornante nelle note del Cirillo, ma molto sentito fra i cartesiani di Napoli ai tempi del Caloprese, se a questi è indirizzata una discussione contenuta nel Ms. XIII. B 37 (8 ), della Biblioteca Nazionale di Napoli: Ragionamento della somma nobiltà dell'uomo secondo ragione, f. 14r (« or ha molt’anni trovandomi dove ... Gregorio Caloprese ragionava delPanima delle bestie ») e f. 15r ss., che riproduce una lettera indirizzata allo stesso prima che convincesse Pautore della tesi cartesiana.

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tomo I, epistola 67, haec habet: « Quamvis autem prò demonstrato habeam probari non posse aliquam esse in brutis cognitionem, non ideo puto posse demonstrari nullam esse, quia mens humana illorum corda non pervadit » 44.

La riserva di Descartes accostata alla drastica afferma­ zione iniziale del Cirillo suirimpossibilità d una sostanza intermedia, come lo spiritus quasi anima e quasi corpo dei platonici rinascimentali, rivela di non essere altro che una cautela dell’argomentazione, per lasciare agli « antimachinistae », cioè ai peripatetici, l’onere della prova. Il Cirillo è infatti sottilmente contrario al peripatetismo scolastico ma dedica maggiore attenzione a quella tematica ripresa dal Rinascimento e polemizza contro la tesi delle « nature pla­ stiche » che i platonici di Cambridge contrapponevano al meccanicismo. Quum impossibile existimatum sit organicorum praesertim corporum mechanicam in animalibus et plantis formationem, per simplicem exiguarum particularum motum et fermentationem explicare, factum est ut nonnulli inter novissimos philosophos post Cudwortium et Grewium naturas quasdam plasticas ab ipsis appellatas exco^ gitaverint; illas autem ab Hippocrate, Platone, Aristo­ tele aliisque antiquioribus philosophis admissas esse atque Paracelsum et Helmontium nomine Archei venire fatentur: easque substantias viventes sensu interno desti tu tas fingunt. In Naturae ergo operibus et praecipue in organi­ corum animalium corporum formationibus, Deum architecto comparant, Naturam hanc plasticam Artifici, qui quidem operatur, sed Architecti finem nescit. Verum quum animalium et plantarum generatio eorumque cor­ porum organica formatio apte explicari possit per parti­ cularum ex quibus humores componuntur motum, iuxta eas leges, quas Deus Naturae auctor a principio praescripsit, factum, atque ex praexistente disposinone et structura partium solidarum, ex quibus semina et ova conflata Ibidem, 281-82 η. I. 45 Ibidem, per es. 55-56 n. D: sulle qualità secondarie « quod profecto

famigeratam Scholarum Antiperistasin evertit ».

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sunt, nova haec entia et nova vocabula in philosophorum scholas invecta sunt4'6.

Se la tradizione cui si appellava Cudworth era antichis­ sima, la sua teoria introduceva appunto una di quelle istanze intermedie che apparivano complicazioni superflue alla men­ talità meccanicista del Cirillo. Se la « macchina » di De­ scartes era piu semplice e perciò piu economica nel render conto dei fenomeni grazie solo alle leggi del moto delle particelle e alla volontà intelligente di Dio (senza ricorrere a una Natura-Demiurgo che doveva o erigersi al posto della Divinità oppure reintrodurre la scala neoplatonica degli es­ seri), il Cirillo la contrapponeva alla spiegazione « platoni­ ca » anche per la sua matrice storica. Nella sua tendenza equilibrata fra antichi e moderni (infatti la sua preferenza per questi ultimi non gli impediva di citare e usare i primi), il napoletano presentava Descartes in termini piuttosto sin­ golari. Non solo attribuiva al francese una fedeltà alle dot­ trine antiche mai da lui professata, ma la preoccupazione di distanziarlo dai moderni atomisti epicurei lo portava addi­ rittura ad avvicinarlo a Aristotele, mentre i « moderni » di solito accentuavano la contrapposizione polemica fra i due. Cartesii philosophia nova quidem non est, sed maxime antiqua et vulgaris, ut idem testatur Principiis Philosophiae, part. 4, art. 2 0 0 . Quammaxime autem abhorret a philosophia Democriti et Epicuri, ut idem subdit loco citato, art. 202. Democritus enim atomos seu corpuscula indivisibilia supponebat, vacuum circa illa fingebat ac gravitatem iisdem tribuebat; haec omnia non solum ne­ gai Cartesius, sed prorsus oppositum, prò recta philosophandi methodo, supponit. Ita ut Cartesianorum philo­ sophia magis ab Epicurea quam ab Aristotelica distare videatur 47. 4e Ibidem, 107-108 n. F. Superfluo rammentare la discussione dedi­ cata a queste tesi dalla « Bibliothèque choisie » di Jean Le Clerc, I, 1703 e ss., che contribuì fortemente alla loro notorietà europea. Cfr. infra, I, v, pp. 346-347. 47 Ibidem, 107-108 η. E. 44

Nicolò Cirillo dava infatti grande rilievo ai presupposti fisici cartesiani circa il pieno, le particelle, la materia sot­ tile e i vortici, e criticava duramente le tesi dei vacuisti. Fin dalle prime annotazioni, dopo aver distinto lo spazio fisico da quello matematico48 commentava l’esordio piuttosto sco­ lastico dell’Ettmuller (« Principia naturalia sunt: vel agens: motus ... vel patiens: materia ... ») in termini sistematici cartesiani. Impenetrabilem quoque credit materiam Des—Cartes, quod non facit quin possit illa in infinitum dividi. Non tam autem confundit Cartesius spatium vacuum cum ma­ teria... imo potius movet absurdum esse loquendi modum, cum spatium vacuum dicimus, quum enim idem sit, iuxta ipsum, spatium seu extensio, et corpus seu mate­ ria49.

Per Cirillo le tesi cartesiane — utilissime a fondare la teoria medica purché combinate con l’esperienza chimica in un modo piu corretto di quello dell’Ettmuller50 — sono confermate dalle piu recenti esperienze sull’elasticità dell’aria e in particolare da Boyle. Se Cartesio ha evitato le difficoltà teologiche considerando il mondo indefinito, ma non infi­ nito, « spatium vacuum nulla se posse ratione concipere putabat » 51. Quomodo absque materia subtili Cartesianorum reddere ipse [Ettmullerus] poterit rationem elateris aeris, quam cum aliis admittit? ... Qui materiam subtilem Cartesii eiusque proprietates exacte callet, videt apertissime illius existentiam non solum a relatis ab auctore Boylei experimentis non destrui, sed potius confirmari52.

Si vede qui in opera il cosidetto eclettismo del Cirillo: 48 Ibidem, 3-4 n. A. 49 Ibidem, 3-4 η. B. Indipendentemente da Newton, una polemica ana­

loga contro il vuoto era stata condotta da Tommaso Cornelio. 50 Ibidem, 13-14 η. I; 33-34 η. T; cfr. sopra nota 12. 51 Ibidem, 1301-1302 n. C. 52 Ibidem, 1303-1304 nn. E-G.

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ma se egli si conforma alla tendenza della maggior parte dei contemporanei (salvo Vico e l’intollerante Paolo Mattia Doria) nel combinare dottrine di varia provenienza e nel non opporre un rifiuto drastico alle piu recenti, in realtà rim­ pianto sistematico cartesiano e la sostanziale fedeltà a tutti i suoi aspetti piu qualificanti trasforma tali concessioni in altrettanti operazioni riduttive dei piu moderni, loro malgra­ do, a Cartesio. Ben diverso sarà l’eclettismo programmatico e cosciente con cui Genovesi ed altri minori napoletani della generazione successiva cercheranno di realizzare la loro « libertas philosophandi »: a partire dalla propaganda di Cele­ stino Galiani per Locke e Newton si affermerà nella cultura napoletana una esplicita polemica contro le ipotesi, cioè so­ prattutto contro la fable metafisica e fisica di Cartesio. Ni­ cola Cirillo mostra chiaramente di risentire di tale polemica, ma solo in termini difensivi. Basterà a provarcelo la sua discussione dell’epistemolo­ gia lockiana, che, assai piu dell’apax legomenon circa la Mente, lo può avvicinare agli altri cartesiani metafisici della stessa generazione. Tametsi non negamus quamplurimas animae nostrae ideas a motu spirituum animalium praesèrtim in cerebrò pendere, non hinc tamen inferre licet omnem cognitionem intellectualem et ratiocinationem praesupponere spirituum animalium exercitium ... Imo potius purae intellectiones, prout ab imaginationibus et phantasmatibus· diSerunt, in anima excitantur absque ope spirituum animalium. Falsum ergo est (quaemadmodum et supra quoque innuimus) quod vulgo credunt, nihil scilicet esse in intellectu, quod prius non fuerit sub sensu 5354.

La polemica contro la gnoseologia sensualista è insi­ stente nel Cirillo ®4, nonostante la cura che egli dedica a 53 Ibidem, 73-74 n. O. 54 Ibidem, 49-50 n. C: «in veritatis investigatione sensibus minime fi-

dendum, sed illius criterium mentis claram distinctamque cognitionem esse contendimi, haud dubie vulgo receptum axioma [nihil igitur sit in intellectu 46

spiegare e ricostruire i processi puramente fisico-meccanici della percezione sensibile. Si nomine cognitionis intellectualis veniat pura mentis conceptio prout ab imaginatione differì, nulla est necessitas concursus spirituum animalium, nam functio haec ad puram mentem pertinet etiam a corpore separatam: contrarium tamen est in imaginationis et phantasiae functionibus, quae quamquam ad animam pertineant, neces­ sario tamen pendent a motu spirituum animalium, quippe quae ope imaginum perficiuntur. Atque adeo principium illud Nibil est in intellectu quod non prius fuerit sub sensu, iuxta hunc sensum ve­ runi esse poterit, nequaquam de puris conceptionibus, quae in intellectu esse possunt, absque eo quod unquam fuerint sub sensu 55.

La concessione finale corrisponde alla consapevolezza del medico napoletano circa l’organicità e complessità delle ope­ razioni sensibili, che egli si sofferma a ricostruire e a di­ stinguere, isolandone sempre però le idee innate. Illud tamen addi potest, quod hominis functiones quam­ quam ad animam corpus informantem et unum quid cum ilio constituentem referantur, nihilominus distinguendum est inter functiones, quae animae ac rationi tribuendae sunt, ut a corpore pendere non possint, inter eas quae ad corpus ita pertinent, ut anima in illas nullum habeat imperium, atque demum in ter illas quae necessario ab anima et corpore ortum trahunt 56. seu ratione, quod non prius fuerit in sensu seu per experientiam cognitum], prò non axioma habebunt, praesertim quum multa esse eaque certissima et evidentissima in intellectu, quae prius sub sensibus non fuerint, mani­ festo deprehendimus ». 55 Ibidem, 271-72 η. E. 56 Ibidem, 12 1-12 2 n. R, che prosegue precisando: « Primi generis sunt quae puram involvult cogitationem, nullam autem extensionis proprietem, ut sunt puri actus intellectus et voluntatis. Secundi generis seu quae corpori tribuendae omnino sunt, erunt ciborum digestio, nutritio, cordis, arteriarum et reliquorum internorum viscerum motus, quas functiones anima nec moderari, nec promovere potest, quippe quae cogitationem nullam, sea tantum, figuram et motum particularem, hoc est corporis proprietates

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Tornato cosi alla prediletta dottrina degli animali-mac­ chine, Cirillo si accinge poi a ridurre l’importanza delle impressioni ottiche rispetto alla percezione degli oggetti rap­ presentati: « non solum in sensu visus, sed edam in omni­ bus aliis sensationibus multa sunt, praeter imagines [sensibiles] quae cogitationes nostras excitant et producunt, ut sunt verba et signa » 57. La lunga discussione serve a fon­ dare un’analogia che permetta di supporre l’esistenza di idee innate che possano venir rappresentate senza neppur l’au­ silio — pur sempre trasmesso per mezzo dei sensi — di parole, segni, figure stampate. « Patet igitur evidentissime imagines necessarias non esse ad obiectorum cognitionem, neque, si illarum ope obiecta cognoscimus, credendum est obiectis illas similes esse debere » 58. Il medico napoletano insiste su una delle piu felici proposte della fisiologia di Descartes, la sua spiegazione dei meccanismi cerebrali della memoria. Consuetudinis admirandos effectus exponere aliqua ratione is poterit, qui illum mechanismum ante oculos habuerit, quem nos ex Renato Des-Cartes memoriae functiones explicaturi exposuimus... Vestigiis enim cerebro impressis ac spirituum per illa motui consuetudinis vires aptari fortasse haud inepte poterunt59.

Non minore è l’interesse del Cirillo per la « trasmissioomnino supponunt. Ultimi demum generis sunt functiones illae, quae ab arcta animae cum corpore unione orìginem sumunt, ex eo nempe quod et cogitationis et extensionis simul proprietates involvunt: tales praecipue sunt functiones sensuum externorum, quae quamvis a motu organorum corporis pendeant, non perficientur tamen nisi ab anima; nam quemadmodum anima videre e. g. non potest absque oculo, sic quoque oculus videre nequit sine anima. Hinc colligimus rationes quare functiones intellectus et voluntatis peragi possunt ab anima etiam separata a corpore; quare ciborum digestionem et nutritionem etiam bruta ammalia perficiant, et quare sensuum operationes nonnisi ab homine, hoc est ab anima et corpore simul unitis necessario pendeant ». 57 Ibidem, 245-6 η. V. 58 Ibidem. 59 Ibidem, 509-510 n. A; cfr. 273-76 n. F sulle « memoriae functiones ».

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nem motus impressi ab obiectis sensibilibus in extremitatibus nervorum usque ad cerebrum... ope spirituum animalium in nervis contentorum » eo, che egli espone difendendo Descartes e anche Gassendi; ancor maggiore l’entusiasmo con cui ricorre a tali spiriti animali per spiegare le inclina­ zioni naturali e i costumi degli individui umani, salvando sempre, ma trascurando di precisare le passioni « a parte » proprie dell’anima. Ingeniorum et morum diversitas, quae in nobis est, sive omnes inclinationes naturales ad tres reducit caussas Des-Cartes De homine, p. 4, art. 56, quarum duae pertinent ad corpus, tertia ad animarti, nempe ad spirituum animalium constitutionem, ad constitutionem cerebri atque ad animae peculiares afEectus61.

Ricondotte alle prime due serie di cause fisiologiche bonitatis, liberalitatis et amoris inclinationes oppure malignitas, confidenza, audacia o timiditas, promptitudo, diligentia et cupiditas oppure tarditas, animi tranquillitas o inquietudo ecc., secondo Cartesio e la Forge, e compresi fra le cause naturali del secondo tipo, dipendenti dalla « cerebri constitutio » anche gli « idola » baconiani (« a vestigiis primarum impressionum infantis, quae quamvis acquisita proprie sint, nihilominus prò naturalibus haberi possunt, quum non perceperimus quando producta fuerint, ut videantur nobis esse coaeva. Et revera unusquisque suo immedicabili fere malo experitur, quantam vim habeant inclinationes illae, quae nobis infantibus a vanis superstitiosisque mulierculis, inter quas versati sumus, impressae fuere » 62), Nicola Cirillo è costretto a lamentare che nessuno dei due si sia curato di precisare quali siano gli affetti e piaceri peculiari dell’anima,160* 160 Ibidem, 235-38, una lunga digressione che tiene conto delle tesi scientifiche di Gassendi, di Mery, di Mariotte e dell’Accademia Reale delle Scienze di Parigi. 161 Ibidem, 277-78 η. H. β2 Ibidem.

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che anch’egli (pur cosciente della loro necessità per fondare il libero arbitrio) non riesce a indicare. Ultima inclinationum naturalium caussa ex Cartesio sunt afiectus animae peculiares, quos nec ipse exposuit, nec Ludovicus de la Forge satis cognovisse testatur, nisi per afiectiones animae particulares intellexerit cognitiones ipsius claras atque distinctas, quibus ipsius voluntas fertur potius ad rem unam quam ad alteram, atque in suis stabili tur decretis. Quicquid autem de hoc sit, id nos hoc notandum necessarium duximus, quod inclinationes hae naturales et ingeniorum diversitas, non tanti sint, ut non possint ab anima vinci et superar!. Haud enim voluntatie libertati impedimentum ullum facere possunt'63.

Il Cirillo accetta senza la minima difficoltà la localizza­ zione cartesiana dell’anima nella glandola pineale e vi vede una adeguata spiegazione non solo dei meccanismi mnemo­ nici e sensibili, ma dei controversi rapporti fra le due sostanze. Praeterquam quod ex legibus unionis animae et corporis possumus nos imperio voluntatis glandulam pinealem inclinare ad dirigendum cursum spirituum animalium ad hanc vel illam functionem perficiendam, etsi nesciamus versus quam cerebri partem illa inclinanda sit: nempe cum volentes manum movemus, sane spiritus animales e cerebro versus manus musculos dirigimus, per quas autem vias et per quos cerebri poros id faciamus, exacte determi­ nare non audemus, maxime si anatomes ignari sumus64.

Per il medico quindi la piu grave aporia del sistema cartesiano si traduce semplicemente in un problema di co­ noscenza dell’anatomia: ancora una volta si coglie nel suo testo una singolare tendenza a sottovalutare, ad accantonare e a dare per scontati i problemi metafisici, appuntando l’at­ tenzione solo sui meccanismi fisiologici. Nicola Cirillo vede sostanzialmente il sistema cartesiano come una serie di ipo­ tesi coerentemente connesse, ma si tratta piuttosto di ipo­ tesi scientifiche che di costruzioni metafisiche. Se ne avranno63 i63 Ibidem. 04 Ibidem, 275-76 n. F.

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due esempi chiarificanti a leggere quanto egli dice della « novam eamque curiosam cerebri structuram » che Cartesio « imaginatus est » e delle diverse ipotesi avanzate da lui, da Malebranche e da Newton sui colori ed esaminate dal napo­ letano in una delle piu lunghe digressioni della sua edizione. Egli ammette che la spiegazione cartesiana della struttura cerebrale è un’ipotesi, « nam ea in cerebro asserii, quae sensibus haudquaquam subiacent », ma difende la legittimità di tale procedimento: ne tamen credas id temere factum esse atque illius hypothesim ex hoc solum quod aliqua sensibus minime obvia supponat, reijciendam esse putet; nam licet philosophie quaecumque imaginari ad phaenomenon solutionem facientia, dummodo certis et veris non contradicant; quis enim est qui corporis humani functiones omnes se explicaturum promiserit, organorum sensibus tantum obviorum adminiculo (quemadmodum horologii motum exposuimus, exposito tantum visibili rotarum mechanismo) absque eo quod invisibilia quaedam supponat et adstruat, atque inconspicuorum corporum hypothesim vel imaginetur vel somniet? Ea porro quae Renatus de ce­ rebri structura commentus est nequaquam pugnai cum iis, quae tum veteres, tum post ipsum recentiores anatomici in cerebri structura detexerunt,&5.

Il Cirillo si mostra consapevole che la spiegazione mec­ canica deirorganismo umano — che la tradizione cartesiana aveva spesso confrontata con le ruote e molle degli orolo­ gi — era di tipo analogo, ma assai piu complessa appunto per la necessità di scoprire mediante ipotesi il funzionamento delle parti sottratte alla vista: egli segue dunque una fi­ sica meccanicista assai scaltrita, non solo per le dichiara­ zioni —- peraltro assai esteriori — di rispetto per l’inter­ vento divino, la sapienza del creatore e il libero arbitrio dell’uomo, ma ben di più per la maturata esperienza delle difficoltà d’applicazióne di tali principi meccanici alla vita65 65 Ibidem, 225-26 n. G.

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organica. Non diverso Patteggiamento critico con cui viene equiparando le tre ipotesi sui colori di Descartes, Newton e Malebranche. Nel 1728 le accuse newtoniane contro i si­ stemi e la sua professione metodologica, « hypotheses non fingo », era ormai nota a Napoli, specie dopo la propaganda che da piu di un decennio faceva Celestino Galiani proprio di fronte a Caloprese e ai cartesiani. L ’insistenza del Cirillo sul carattere di « ipotesi » che riveste anche VOptice di Newton non è certo priva di intenzioni polemiche. Haec est hypothesis cl. Newtoni summa, ubi vides eo illam a Cartesii hypothesi differre, quod hic, radios solis directos homogeneos omnes supponens, putet tamen illos mutationem suscipere in superficiebus corporum opacorum vel diaphanorum, hoc est acquirere conatum ad circumrotationem in his maiorem, in illis minorem, in quo omnis colorum diversitas consistit. At Newton non solum agnoscit in corporibus lumen transmittentibus vel emittentibus peculiarem dispositionem, qua radii magis vel minus refrangibiles abundantius vel minus abundanter refrangantur vel reflectantur; sed supponit in ipsis radiis directis, antequam ad corpora obiecta perveniant, heterogeneitatem, in qua diversorum colorum natura con­ sistit, ita ut in corporum obiectorum superficie non fiat nisi horum vel illorum radiorum homogeneorum, hoc est hos vel illos colores repraesentantium, secretio... probandum ipsi esset solis radios directos heterogeneos potius esse quam homogeneos, et si heterogeneos supponantur, explicandum foret in quonam haec heterogeneitas consisterei et quomodo non perturbaretur ex tot refractionibus reflectionibusque quas iugiter patiuntur. Sane quum Cartesii hypothesis id non supponit, ni verior, sal­ terà simplicior videri poterit06.

Nicola Cirillo trovava nelle pagine deU’Ettmuller la stessa polemica dei newtoniani contro le ipotesi e vi coglieva l’occasione per esporre con nettezza le proprie tesi che mi­ ravano a combinare l’osservazione con l’ipotesi scientifica (non metafisica). « Ibidem, 24344 η. T . 52

Satis declamatorie in novarum hypoteseon inventores invectus est auctor, philosophandi methodum per rerum naturalium experimenta promotam summis afferens laudibus. Verum si fucum facere nolimus, advertendum est quod quemadmodum qui, solis hypothesibus mente tantum confictis innixi, neglecta experimentorum praxi philosophari conantur, exsucca et prorsus phantastica utuntur philosophandi methodo; ita e contrario, qui in solis experimentis versantur, in iisque consenescunt, nulla praeiecta de rebus physicis hypothesi, vix aptam de phaenomenis rationem reddere valent et plerumque uni rationem aptant, quae nullimodo aliis apiari potest, ut prò innumeris naturae phaenomenis explicandis totidem et saepe saepius sibi ipsis pugnantes hypotheses excogitare cogantur. Cavendum igitur sedulo, ne ut extrema haec vitia vitemus in contraria curramus, proinde mundi aspectabilis universale systema praesupponendum est, eique arcto nexu sibi consentientes hypotheses coaptandi postmodum ad experimenta et phaenomenon considerationem discendendum, ut hac methodo aptas illorum inve­ nire possimus rationem67.

La metodologia del Cirillo non è dunque né puramente deduttiva, né di pura osservazione: essa combina le sensate esperienze con il principio dell’ipotesi scientifica e con « le certe dimostrazioni » dei galileiani e degli Investiganti, dei quali egli appare — insieme con l’alunno Serao — uno de­ gli ultimi eredi a Napoli. Egli continua la loro opera scien­ tifica e metodologica proprio nel momento in cui si preoc­ cupa dell’aggiornamento e del confronto con le posizioni 67 Ibidem, 1327-28 n. S. Sul carattere naturale dell’insegnamento del cartesiano Cirillo e sull’interesse che conservava per lui e per Lucantonio Pòrzio « Caloprese, profondo filosofo cartesiano, il quale non tralasciava di essere presente nell’osservazioni notomiche», cfr. P. G iannone , Vita scritta da lui medesimo, a c. di S. Bertelli, Milano 1960, p. 38, che aveva assistito per un anno alle lezioni mediche di Cirillo sulla '« costruzione del cerebro, degli spiriti animali, dell’origine de’ nervi, della fabbrica degli occhi, delle orecchie, ... la memoria e la reminiscenza ... gli insogni, le illusioni ed altri vani fantasmi e spettri » e che aveva mandato il fratello Carlo « dal Ci­ rillo ad apprender la filosofia».

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piu recenti: resta legato allo schema generale cartesiano, ma lo discute alla luce di Locke è di Newton, e negli scambi serrati con gli intellettuali piu giovani protetti dal Galiani (in particolare con un maestro di Genovesi, Niccolò di Mar­ tino) giunse fino ad ammettere « se cartesianae physicae plus quam merebatur operae impendisse » 68. * * *

Genovesi colse l’importanza degli studi di Cirillo, an­ che se non potè conoscerlo personalmente: infatti nel 1744 lo citava fra i contemporanei « neapolitani litteris clari » 69. È difficile stabilire se l’insegnatnento di Niccolò Genovese si svolgesse sul testo stesso di Descartes oppure dettando istituzioni sue o del Cirillo, ma è certo che la conoscenza di queste dottrine — presto integrate con la lettura com­ pleta ed attenta delle òpere cartesiane 70 — restò per Ge'&8 T. F asano , De vita ... F. Serai cit»,. p. 31: « E t vero idem Cyrillus (quemadmodum a cl; Nicolao Martino, matheseos professore in’ Lyceo et eius aequali quamvis iuniore, non semel audivi), cartesianae physicae futilitate detecta, ne tamen postremis annis levitatis insimularet, cum. interioribus amicis querebatur, se cartesianae physicae plus, quam merebatur, operae impendisse». La spiegazione psicologica data a mezzo secolo di distanza da Tommaso Fasano é probabilmente un’interpretazione sua: s’è ■ visto dalle Not'ae all’Ettmuller che Cirillo andava applicando un criterio eclettico non molto diverso da quello, che. i di Martino seguivano nel campo fisico-mate­ matico. Solo che l’adesione al sistema cartesiano, più rigido degli schemi affini a Newton scelti dai più gióvani, gli faceva avvertire maggiori difficolta nell'ammettere le scoperte e dottrine piu recenti. 69 Appendix ad priorem metaphysicae partem, Napoli 1744, pp. 20 -2 1 ; cfr. infra, I, iv, pp. 293-94. 70 Μ. T. M arcialis , Note sulla·.. « Disputatìo physico-historica» di A. Genovesi, « Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia e Magistero delruniversità di Cagliari», XXXII, 1969 (ma 1970), ritiene « chiaro che le sue conoscenze. cartesiane. sono desunte piu. che dai testi originali,, da .opere e da manuali cartesiani anche diversamente^ orientati » (p. 2 2 ), L’uso eli testi originali di Cartesio pare invece abbondante e indubitabile: v. a titolo d’eseim pio le menzioni delle Meditazioni (Ars logico-critica, Napoli 1745, p. 247) e delle Obiezioni e. risposte (Metaphysica, t. IV, Napoli 1751, p. 29), del Mondo (Diceosina, Napoli 1777, t. Ili, p. 13.),: dei Principia (Lettere filoso54

novesi l’esperienza fondamentale fino al suo arrivo a Sa­ lerno nel 1736, e forse piu a lungo: com’egli stesso dichia­ ra, « gustato il sapore della nuova filosofia, cominciò quella de’ scolastici ardirsi con odio, che s’è poi reso immortale, a perseguitare, riputandola una pessima occupazione della miglior parte del tempo ». In realtà le letture che le bi­ blioteche dei francescani riformati di Buccino e dei cappuc­ cini di Castiglione gli consentivano non erano altro che scolastiche: ed egli non poteva procurarsi dagli amici nobili dei due paesi se non qualche romanzo di « cavalleria errantesca », la Historia Alexandri di Curzio Rufo « analogo à’ romanzi », le Vite di Plutarco, Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso letti « con singolare piacere »; piu tardi a Buccino sotto l’influenza dell’arciprete Abbamonte, che « aveva in­ trapreso a polirlo », lesse Cornelio Nepote, Cesare, Livio, Sallustio e Terenzio. I forti interessi filosofici che lo gui­ davano, lo indussero però « a darsi alla lettura d’ogni libro che gli venisse in mano, il che gli fu cagione di qualche di­ sòrdine ne’ suoi studi ». Fra queste letture ricorda solo Tom­ maso d’Aquino, Bonaventura da Bagnorea, Melchior Cano 478. 78 Ibidem, pp. 480^492.'

filosofico che una logica ». Anche se s’era rifiutato di pub­ blicarla, aveva dimostrato di rendersi conto della sua im­ portanza nella filosofia cartesiana 7980. Quest’aspetto del cartesianesimo continuerà infatti ad esser apprezzato a Napoli anche quando le successive gene­ razioni filosofiche avranno messo da parte la sua fisica e metafisica: è probabile che tale riconoscimento sia stato reso possibile dall’orientamento eclettico che prevalse dall’inizio del secolo fino agli anni di Genovesi e che fu espresso sia da Nicola Cirillo, « profondo filosofo, gran botanico e pe­ ritissimo medico » il quale pur « immerso nella filosofia carte­ siana » non trascurava l’eredità investigante e le novità dello sperimentalismo anglosassone®0, che dal Giannone: In filosofia niuno dee astringersi a militare sotto un particolare duce, ma l’unica sua scorta e guida, in investi­ gando l’opre stupende della natura, dover essere la sola ragione e l’esperienza... [Bisogna considerare] leggerezza e vanità il seguitare il partito di Gassendo o di Car­ tesio o di qualunque altro filosofo, ma dopo un maturo ed esatto scrutinio appigliarsi a quella dottrina che tro­ verà più conforme alla ragione e all’esperienza81.

Un analogo eclettismo improntava l’Accademia fondata — dopo altri tentativi — nel 1732 dal newtoniano e lockiano Galiani, ma fatta presiedere da Cirillo e compren­ dente Serao, Sabatelli, Lamberti con i newtoniani Intieri e Giuseppe Orlandi e con gli « eclettici » Pietro e Niccolò di Martino82. Questi esprimeranno nel modo piu chiaro 79 Ibidem, p. 488. 80 G. R ic u p e r a t i , L’esperienza civile e religiosa di P. Giannone, Milano-Napoli 1970, p. 43. 81 P. G iannone , Vita scritta da lui medesimo, ed. S. Bertelli, Mi­ lano 1960, pp. 36-37: anche a Giannone Cirillo consiglia oltre alle Medita­ zioni, i Principi, la Diottrica, la Meteora, l’Uomo, « l’ammirabile trattato Delle Passioni dell’animo ». 82 V. B. D e G iovanni, La vita intellettuale cit., p. 505-508, dopo un primo tentativo fatto dal Galiani nel 1715, l’Accademia fondata da lui aveva per programma «trattarsi di quelle stesse materie fisiche, anatomiche 60

tale tendenza a conciliare quel che in logica e in matematica appariva ancor valido del cartesianismo con le acquisizioni newtoniane; il loro alunno Antonio Genovesi, pur esor.diendo nella Metaphysica con severe critiche alle Meditationes cartesiane, farà di tale eclettismo una bandiera antiscolastica e manterrà un sostanziale equilibrio nei suoi giu­ dizi sui meriti storici di Descartes. A ciò egli giungerà dopo una serie di esperienze che è nostro compito ricostruire, almeno fino a una certa data: ma non è inopportuno anti­ cipare il giudizio che darà in uno dei suoi ultimi scritti non pubblicati, le postille alla Logica del 1766: Questo metodo ci ha fatto finire di temere le comete, Fedissi, i folletti ecc. Questo ci ha fatto sapere la vera astronomia, la vera economia, la vera politica ecc. L ’Eu­ ropa è obbligata molto a Renato 83.

e matematiche attorno alle quali si applica la regia Accademia delle Scienze di Parigi... Lo scopo principale della suddetta Accademia doveva esser di dare alla luce un’esatta storia naturale di questo Regno ». A questo proposito si noti che negli stessi anni era stata intrapresa la traduzione ita­ liana degli Atti dell’Accademia parigina, cominciando dall’annata 1699, che corrisponde al suo riordinamento secondo nuovi statuti, là pubblicati, e all’ammissione di molti scienziati ispirati a Malebranche. Di Malebranche stesso è la prima memoria, di ottica, compresa nel volume: la rara tradu­ zione apparve a Napoli a spese di B. Gessari, nella stamperia di F. Mosca, nel 1739, e avrebbe dovuto esser seguita dai volumi successivi. Circa gli scopi dell’Accademia napoletana, De Giovanni riferisce da una lettera di B. Intieri, «che non solo ...si proponeva fini sperimentali: in essa si proibiva espressamente ‘ discorrersi di metafisica e di sistemi generali ’, ossia nasceva in una polemica non piu implicita verso una cultura che fino a qualche lustro prima aveva dominato incontrastata e di cui s’avvertiva ora il netto declino... L’Accademia ... offri l’occasione di un violento attacco degli ambienti conservatori, soprattutto romani, al gruppo di Galiani e ai metodi di studio che si cercava di introdurre a Napoli... L’Accademia di Galiani portò un altro duro colpo alla cultura metafisica, ormai giunta agli estremi della sua decadenza. Sicuramente essa faceva centro in un vivo sperimentare di origine neogalileiana e in una lettura di Newton, che non tanto poggiava sugli aspetti generali della sua visione cosmica, quanto sulla rottura sperimentale delle ipotesi cartesiane ». 83 A. G en o v esi , Postille autografe inedite alla ‘ LogicaJ cit., p. 43.

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Se appare notevole la definizione dei meriti di Descartes non solo per l’aspetto polemico e antiscolastico della chia­ rezza e distinzione (Genovesi anzi rifiuterà precocemente la gnoseologia intuizionista dell’evidenza e si muoverà fin dai primi scritti sul terreno aristotelico—lockiano della cono­ scenza fondata sui sensi), ma per i concreti portati della sua tradizione negli studi di astronomia, di economia e di politica (i piu cari al Genovesi del 1766), ne troveremo una conferma in un documento assai significativo, ma sfug­ gito sinora agli studiosi. Si tratta della prima traduzione italiana del Discorso sul Metodo pubblicata nel 1755 nel primo ed unico tomo di una Scelta de’ migliòri opuscoli... concernenti le scienze e le arti, che la vita umana interessano preparata a Napoli da Fortunato Bartolomeo De Felice « unito ad altri valenti professori di questa università », cioè a Giuseppe Orlandi (che però non era piu a Napoli), a Niccolò di Martino e allo stesso Genovesi, il quale ne assume la corresponsabilità firmando i pareri per la stampa della Scelta come di una precedente edizione fatta a Nàpoli dal Dè Felice poco prima della sua fuga e della sua attività edito­ riale a Yverdon 8\ L ’influenza del Genovesi non è dubbia ed è stata già suggerita da Franco Venturi. Basta riflet­ tere sulla contorta discussione che fa De Felice sui vantaggi e soprattutto svantaggi dell’uso prevalente delle lingue vol­ gari in Francia, in Inghilterra e ormài persino in Germania: il francescano, ancora in qualche modo legato agli, studi regolari fatti in latino, rimpiange l’universalità di questa84 84 ' Un cenno alla traduzione eseguita sul tèsto francese confrontato col latino (v. infatti Scelta, p. 108)' e conosciuta da un estratto si trova nella storia delle traduzioni cartesiane in / Italia tracciata da E. G arin, Intród: cit. a Cartesio, Opere, Bàri 1967pl, p. CXCVII; un cenno alla Scelta — ma senza identificare e analizzare il commento al Discours de la Méthóde — è dato invece da F. Venturi, Settecento riformatore' cit., pp. 549-552, che traccia un efficace ritratto deh De Felice, sul quale v. ora anche i documenti inediti di data piu tarda pubblicati . e studiati da L. Fiorani, Monsignor Onorato Gaetani, un erudito itàliàno del Settecento, Roma 1969, pp. 113446 e passim.

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lingua, ma evidentemente è stato persuaso da Genovesi, che aveva inaugurato da poco il proprio insegnamento econo­ mico in volgare, e dal di Martino, che lo usava nei manuali destinati all’Accademia militare, a non opporsi al corso della storia. Infatti sé nel 1753 aveva reso in latino come Speci­ men edjectuum aeris in humano corpore l’opera inglese dell’Arbuthnot, servendosi della traduzione francese uscita un anno prima e consigliatagli dalTOrlandi85, solo due anni 85 J ohannis Arbuthnot, Specimen edjectuum aeris in humano corpore, quod primum ex anglico idiomate interpretatus est gaUice cl. Boyerus ... mox vero latine reddidit atque additionibus auctariisque illustravit, ornavit et auxit p. f. F ortunatus De F elici ex Min. Riformatis Romanae pròvinciae filius, in R. Neapolitana Studiorum Universitate Publicus Philosopbiae Professor, Neapoli, Joseph Raymundi, 1753. L’opera (dedicata al Fraggianni: « de universis studiis studiorumque cultoribus bene mereris... non solum doctos omnes colA, provehA, foveAque, verum etiam eruditorum chorum non minus otnas contubernio tuo quam patrocinio sublevas ») era stata incoraggiata da C. Galiani e Giuseppe Orlandi: cfr. Latinus interpres lectori suo, p.n.n. Letta un’anno prima una orazione sull’aerometria che di­ ceva necessaria alla medicina che voglia procedere scientificamente, il De Felice era stato invitato dal Galiani « ut non tantum physicis et mathematicis, sed medicinae quoque tyronibus consuleret atque, omissis quae sublimioribus màtheseos sunt... animalium symptomaton ex memoratis aeris qualitatibus, ubiquumque ferret occasio, investigarem ». L’Orlandi (ricordato anche a p. 62 per le sue note al Musschenbroek) gli aveva allora indicato la recente traduzione francese di Boyer de Pebrandie (1742) del trattato medico di Arbuthnot. caro anche a Montesquieu. De Felice, che appare allora gassendista (cfr. infra ri. 110; e p. 241 dello Specimen), ha larghissima informa­ zione scientifica: esordisce citando Lucrezio (p. 2 , 40), insiste sull'Ottica e i Principi di Newton (pp. 251, 2 , 54, 58, 245), si muove disinvoltamente fra l’Accademia del Cimento (13), Borelli (45-46, 52), Leonardo da Capua, Malpighi (Ibid.), Torricelli (72), B. Ramazzini (13), Morgagni (189), Henry More (182-3), Milton « Homerus anglicus » (235), Malebranche (228-34, 271), Leibniz (56, 224) e il suo « fidus Achates » WolfE (224: il discorso è. sulla polemica con Clarke sul calcolo infinitesimale), ma anche Clarke (55, .224), Derham (13, 17, 18), David Gregory (66 ), Cheyne (4) John Keill (23), Whiston, Burnet, Desaguliers (27), Grew (3), madame du Chàtelet (224). e infine i napoletani Luca Tozzi « celeberrimus » (197), Fran­ cesco Serao per le sue osservazióni sull’eruzione vesuviana del 1737 (43), P. A. Ririuccini ricordato per la sua compilazione De ponderìhus et mensuris, e Niccolo di Martino (censore ecclesiastico e civile dell’opera). Non manca un ricordo di Muratori per Delle forze della fantasia (271). Interessante il resoconto delle tesi atomiste (p. 6 ) che partendo dai cartesiani conclude

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dopo lanciava questa Scelta che, salvo Percezione dei toni eleganti opuscoli latini da pubblicare immutati, era proget­ tata interamente con tradizioni in italiano. L'influenza di Genovesi si riconosce in varie citazioni interne alle due pub­ blicazioni, e può supporsi particolarmente forte nell'ampio commento al Oiscours de la méthode che con il Discorso accademico sul progresso delle scienze del newtoniano Mau­ pertuis8'6 e con la Vita di Galileo del VivianiS7 compone ecletticamente il primo tomo: nella redazione della Scelta citando Boerhaave, Boyle, Lemery, Homberg, gli accademici del Cimento, Musschenbroek, ’s Gravesande. « Existimant autem cum Epicureis Gassendistae et Newtoniani quosdam ignitos atomos, sive particulas calorificas ubique dispersas esse, quae cumprimis in aliqno colliguntur corpore, huius substantiam penetrant motumque partium intestinum promovent atque aestuantem calorem et flammam ipsam, modo inflammabilis adsint materia, producunt. Nec diversimode opinatus est ... Boerbavius ». Ricorda il sen­ sismo lockiano e vi vede con Genovesi una ripresa del materialismo di Dicearco e degli scolastici (dir. infra n. 129). Rivolta prevalentemente in senso scientifico, la cultura del De Felice è assai vidna a quella che vedremo diffusa fra gli amici del giovane Genovesi. 816 Lettre sur le prògrès des Sciences (1752), in Oeuvresy Lyon 1768, II, pp. 373-431; su cui cfr. É. Callot, Maupertuis: le savant ét le philosopbe, Paris 1964; M. L. Dufrenoy, Maupertuis et le progrès scientzfique, « Studies on Voltaire and thè XVIIIth Century », XXV, 1963, pp. 531-48 (che sottolinea, p. 533 ss. la sua collaborazione come consulente newtoniano alle Lettres philosophiques e Pinvito rivoltogli da Voltaire dopo la propria con­ danna: « il faut que Vous deveniez chef de secte. Vous ètes Papótre de Loke et de Newton »); H. Brown, Maupertuis philosopbe: Enligbtenment and thè Berlin Academy, « Studies » dt., XXIV, 1963, pp. 255-69, che osserva in Maupertuis un « conscious effort to bring all thè humanist and scientific disdplines under a single Baconian roof » (p. 255) e conclude: « His main guide in this matters seem to have been Frands Bacon; there is room for a detailed examination of his writings in this period, from about 1749 to 1753 and after in thè light of thè De augmentis scientiarum and thè New Atlantis ». Si comprende come questi testi piacessero nell'am­ biente napoletano, che — lo si vedrà meglio piu avanti — si richiamava a Bacone, e nello stesso senso, a Newton: la Lettre tradotta esordisce infatti sul nome di Bacone (p. 3). 87 Secondo la η. 1 p. 270 si tratterebbe d’una redazione diversa e po­ steriore del Racconto istorico (G alilei, Opere, voi. XIX, pp. 597-632), su cui cfr. A. Favaro, Amici e corrispondenti di G. Galilei. X XIX: V. Vi­ viani, Venezia 1912, pp. 90-114. G enovesi, Delle Scienze metafisiche (1766), ed. Venezia 1777, p. 369 la cita con interesse.

Genovesi era lo specialista di filosofia, e nei principi e ma­ teriali del commento cartesiano si riconoscono senza in­ certezze i suoi principi e le sue letture. Già dalle Mire di quei che scelgono — una prefazione collettiva e anonima — si riconoscono criteri eclettici analoghi a quelli defiMrc logico-critica: A’ nostri tempi però che dagrimmortali Galileo Ga­ lilei e Renato Des—Cartes abbiamo a sufficienza compreso a servirci nello scoprimento della natura del metodo ana­ litico, camminando per la strada dell’esperienza, dandosi l'un l’altro nel gran lavoro la mano... ognun vede non esser piu da commendarsi l’uomo di un libro solo ss.

A questo programma eclettico servono poco le istitu­ zioni che sono tutte « prevenute da particolari sistemi » 889, i « compendi di discipline, elementi, dizionari » 90 che sono diffusi fra i giovani: per avere un'idea esatta delle diverse posizioni ideali conviene risalire ai testi. Ciò vale in parti­ colare per Cartesio che fu assai piu efficace e chiaro dei suoi vari seguaci: Quanto ritrovasi nelle logiche dei cartesiani, riguardo al metodo che seguitò nel filosofare il loro maestro, non ci somministrerebbe che una notizia molto inadeguata... 88 Mire di quei che scelgono, in Scelta de* migliori opuscoli tanto di quelli volanti, quanto di quelli che insenti ritrovansi negli Atti delle prin­ cipali Accademie dyEuropa, concernenti le scienze e le arti che la vita umana interessano. Tradotti in italiana favella, commentati, illustrati, accresciuti Tòmo I, Napoli 1755, ρ. XXII. 89 Ìbidem, pp. XVI-XVII: « quegli osserviamo che incapricciato delle· forme sostanziali fa parlare talvolta Cartesio e Newton con lingua non dif­ ferente da quella con cui solevano queste [forme] dalla turba degli scola­ stici difendersi. Quest’altro che appassionato per le monadi ritrovasi, appena si degna di esporre la gravità planetaria che ha fatto tanto onore al Newton. Un. altro portato per i vortici, per la materia eterea e pel pieno, con poche parole, e Dio sa come, espone l’opinione di quei che il vuoto difendono. Chi Timpulso e le pressioni esterne ha abbracciato lo veggjamo con una mirabile disinvoltura dichiarar per un portento scolastico l’attra­ zione universale ». 90 Ibidem, ρ. XX.

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[rispetto a] quella bellissima e mai abbastanza lodata dissertazione del Metodo, dell’immortale autore191.

Il commento infatti si mostra informatissimo della tra­ dizione cartesiana e delle discussioni esegetiche in tutta Eu­ ropa: dichiara nettamente le fonti biografiche di cui si serve9192934 (Tepelius, Borei, Lipstorp, Georg Pasch — contro il quale polemizzerà rivendicando la parte dell’Italia negli Inventis novo-antiquis93 — , la Philosoph.ia eclectica dello Sturm e le notizie erudite del Niceron), gli .scritti critici principali, come i Nouveaux Mémoires pour servir à l’histoire du car­ tesianisme dell’Huet e il Vóyage du Monde de Descartes del gesuita Daniel, « una satira più tosto... che ima storia », e sopra gli uni e gli altri la recente Historta critica del Brucker e la Vie del Baillet, che contiene « non solo la storia della vita di Cartesio, ma amplissimi commentàri ancora sulla di lui filosofia », che sarebbero definitivi e perfetti se avessero « meno di parzialità per Cartesio ed i cartesiani » **'i 91 Ibidem, p. V ili. 92 Ibidem, p. 99. 93 Ibid., p. 292 e passim, a proposito delle invenzioni galileiane, bilan-

cetta, compasso, telescopio, microscopio; e v. la Premessa alla Vita del Viviani, ibid., p. 267: Fra gli «opuscoli isagogici che il sentiere ci additano per cui le naturali discipline possano piu inoltre sospingersi, dopo l’opu­ scolo del signor di Maupertuis », « prodromo » sia per il contenuto che per il.metodo di quelle scienze, e. il Discours «d i quello splendentissimo lume della .Francia, in cui la vita di lui filosofica si ravvisa, sembraci cader molto in acconcio la storia critica della vita del celebre nostro e non mai abba­ stanza lodato Galileo Galilei, ornamento chiarissimo dell’Italia nostra, delle matematiche e naturali facoltà fecondissimo padre. Ciò che. tanto piu volentieri facciamo quantoché da certi scrittori oltramontani, ..soliti ad essere molto scarsi nelle glorie de’ nostri italiani piu celebri, non ne osserviamo parlare con quell’altra stima che... si conviene». Una analoga preoccupazione di rivalutare gli inizi italiani della Scienza moderna si osserva nel Discorso sul vero fine delle lettere e delle scienze, in G enovesi, Autobio­ grafia cit. p. 241. 94 Ibidem, p. 10 0 . La * diffusione. e importanza. della Vie del Baillet nel cartesianesimo italiano è attestata, oltre che da T. Campailla, L’Adamo, Messina 1728, canto V, st. 57 e passim, dalla traduzione dell'Abrégé: Della vita di Renato Descartes, altrimente detto Cartesio p signor delle 66

-Seguendo le indicazioni biografiche della prima parte del -Discours il commento discute la « grande amicizia e corri­ spondenza » di Cartesio con i gesuiti, sostenuta dal Baillet, ce gli obietta la lettera al p. Dinet «che mostra freddezza piuttosto ed avversione per la Società » 95. Il commento ri­ corda il disprezzo cartesiano della cultura precedente, ma riproduce per esteso l’elenco di fonti riconosciute e denun­ ciate da Leibniz in quell’« immodicus contemptor aliorum et famae cupiditate ab artificiis non abstinens »: « nono­ stante però questa cosi circostanziata narrazione leibniziana » il commento riconosce a Descartes « quanti nuovi ritrovati aggiunse ... a quei degli antichi, e quanti errori corresse, quante cose dette temerariamente con argomenti e dimo­ strazioni confermasse, quante ne riponesse ne’ loro propri luoghi che senza principi e senza metodo erano state agi­ tate » 96. Ricorda specialmente la celebre battuta detta mo­ strando « un vitello aperto colla sega anatomica: questo... che voi vedete è la mia biblioteca » 97. Se sono* respinte le ‘.Carte, in cui si descrive la storia della sua filosofia e deiraltre sue opere, come parimenti ciò, che. gli è avvenuto di piu ragguardevole in tutto il corso della sua vita, ridotto cosi in compendio dal sig. Baillet e tradotto dall'idioma francese nel vulgar toscano, Basilea 1713. Una menzione fat­ tane da E. Barbapiccola nella sua traduzione dei Principia nel 1722 e segnalata da E. G arin, op. cit, p. CXCVII, aiuta a sciogliere col nome di « Don Paolo Francone marchese di Sàlcito.» la .sigla con cui è firmata la dedica dell'opera a Paolo Mattia Doria, del quale, vengono menzionate le opere edite, Meccanica, Vita civile, Educazione del principe., e quelle manoscritte « tra' quali lessi la Metafisica del Principe, il Nuovo Metodo di trovar infinite medie proporzionali tra due linee rette date senza inter­ secazioni di linee curve, Lettere, e discorsi vari, e molti altri ». ..La tradu­ zione ha «alla fine adempiuti Ì ...comandi» del Doria, al quale « parmi che veramente si appoggi in cotesta città la scuola cartesiana; e voi senza fallo siete il sostegno della sua eccellente filosofia»;, lo scopo ne era il « benefizio » dei « seguaci di sua filosofia » che « non avendo punto, cogni­ zione dell’idioma francese, poco o nulla han contezza (trattone la piccola e confusa notizia che si può avere da sue lettere) di quanto è passato nella vita del capo di lor setta ». 95 Ibidem, pp. 1 0 1 -10 2 . 96 Ibidem, p. 107. De Felice, prima seguace di Leibniz, ne conosce bene i testi. 97 Ibidem, p. 103.

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giuste riserve del Baillet sulla visita a Galileo (« avido ancora si mostrava di conoscere quegli uomini che nell’Eu­ ropa venivano in istima di letterati, onde procurò di visi­ tarli: ciò che specialmente fece in Firenze col nostro celebre Galileo trattenendosi con lui in vari dotti colloqui concer­ nenti le filosofiche e matematiche discipline » ) 95, in questo leggendario incontro è vista la fondazione d’un metodo comune: C’inculca con gran premura Cardano nel suo Proxeneta la lettura di questo gran libro del Mondo, di cui fa qui menzione Cartesio. Infatti non ritrovasi altra strada piu propria e sicuira per istabilire i principi della fisica quanto l’assidua meditazione fatta sopra i fenomeni della natura, che altrove non possono raccogliersi che nel gran libro. Gli assiomi della morale non possono meglio for­ marsi che dopo un lungo studio de’ costumi delle varie nazioni. E finché ne’ nostri gabinetti ad inutili medita­ zioni applicati, senza punto dar di mano al gran libro del mondo, vorrem crear principi, dedur conseguenze spe­ cialmente nelle discipline naturali ed in una cristiana mo­ rale, ci fingeremo a capriccio nostro una nuova natura, ma non giammai indagheremo quella in cui presentemente ci troviamo 9899.

Il commento ricorda Erasmo che, certo senza esser ne­ mico della cultura del passato, riconobbe che « tutti quasi i vecchi filosofi e famosi legislatori impararon ne’ loro viag­ gi ciò che non avrebbono mai potuto da’ loro libri appren­ dere ne’ loro musei » 100. Gli esempi scelti indicano chia­ ramente una concezione della cultura che non rifiuta l’eredità del passato, ma è contraria alle ipotesi della metafisica (contro le quali polemizza più volte, coinvolgendo anche Descartes) e punta principalmente sull’esperienza diretta sia nella fisica che nella morale: tutto ciò è molto vicino al Genovesi che 98 Ibidem, p. 117. 99 Ibidem, pp. 115-116. 1,00 Ibidem, p. 116.

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aveva appena pubblicato il Discorso sul vero fine delle lettere e delle scienze101. Cosi se le Meditazioni sono apprezzate perché « per101 La vicinanza al Discorso genovesiano è anche maggiore nella scelta del testo del Maupertuis, recentissimo (1752) e assai vicino come programma di ricerche a quello genovesiano, salvo certi accenti fortemente materialistici (come pp. 10 n. .5, 17-18, su « una specie ... mezzana fra la scimmia e l’uomo »; o pp. 51-55 ove Maupertuis presenta « l’utilità del supplicio de’ malfattori... qualora non mancasse il coraggio di andare a rintracciare i le­ gami [dell’anima col corpo] nel cervello d’uomo vivente », e il commen­ tatore è costretto a protestare: « se l’unione dell’anima col corpo nostro fosse un vincolo di due sostanze corporee, una delle quali agisse vicen­ devolmente nell’altra, crederemmo ancor noi che le sezioni de’ cerebri degli uomini ancor viventi potessero apportar de’ lumi..., ma trattandosi dell’armonia fra una sostanza corporea e una incorporea semplice ... a gran ragione pertanto ne rimettono i filosofi a metafisici ed a loro raziocini, non già a fisici sperimentali ed anatomici la decisione »). L’iniziale richiamo maupertuisiano a Bacone (p. 3) raccomanda « utili ricerche per l’uman genere, per i dotti curiose e nelle quali lo stato presente delle scienze sembra metterci a portata di riuscirvi » (p. 4), in particolare quelle « i di cui progressi hanno un preciso bisogno del potere de’ sovrani », perché « ri­ chiedono delle spese superiori alle facoltà de’ particolari e sperimenti tali che da una condizione ordinaria non si rendono praticabili » (p. 5). Se Maupertuis mira piu alla geografia fisica che a quella economica pro­ mossa da Genovesi, vede anch’egli nel passaggio pel Nord del Polo una « scoperta utilissima al commercio» (p. 9 ss. e 23); sottolinea l’applica­ zione pratica delle scoperte (p. 82) « si erano appena scoverti i primi mira­ coli dell’elettricità che si tentò per mezzo di essi di accelerare la vegeta­ zione delle piante », e il commentatore (pp. 84-85 n. 72) polemizza con G. Lami che aveva visto « un fenomeno piu curioso che utile » e sem­ brava non sapere « con qual stretto vincolo si riguardano fra di loro i fenomeni, portandoci sempre lo scoprimento degli uni all’intelligenza d’altri infiniti ». Cosi non avrebbe potuto supporre l’utilità deU’« attrazione magnetica prima dell’invenzione della bussola»); propone alcuni sperimenti metafisici, su sonno, droghe, follia, sull’educazione dei fanciulli in isola­ mento (pp. 88-91) e sull’origine del linguaggio (pp. 87-88) e infine indica le ricerche da proibirsi, alle quali il commento aggiunge la « duplicazione del cubo... cui per quindici anni continui ritrovasi di aver inutilmente travagliato un certo nostro geometra», ossia il Doria (p. 92). Anche le note al Galileo del Viviani sottolineano che se anche prima era conosciuto, il principio del termometro «certamente di niun vantaggio rendevasi per /a filosofia naturale » (p. 292) e che quindi a Galileo «unicamente dob­ biamo le perfezioni, cui vediamo esser giunte le belle arti e le scienze tutte », grazie ai suoi sforzi « per renderle per ogni parte dell’umana società profittevoli » (p. 362).

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mettono la cognizione di se stesso... tanto più jnecessaria quanto più prossima a ciascuno di noi·»'1*2·, più a fondo vengono considerate per il significato del dubbio e per le accuse di scetticismo rivolte loro da Gisberto Voezio, da Samuel Parker e da Pienre-Daniel Huet. Qui Cartesio a se medesimo, e nelle Meditazioni... ed altrove ancor gli altri, propone... spogliarsi delle opinioni tutte, che senza , esame ci ritroviamo fin dall’età piu te­ nera di avere ,senza difficoltà veruna abbracciate, e doversi perciò incominciare a battere il filosofico cammino di una universale dubitazione... [con] i di lui piu saggi discepoli, cioè Mersenno, De-Raey, Herreboord, Golio, Regio, Héidano, Wittichio, Poiretto, Claubergiò, Andala ed altri; a noi però sembra... che finalmente deggia in ogni conto togliersi il nostro autore dall’infame catalogo de’ scettici102103.,

Il commentatore riconosce « qual vantaggio pel pro gresso delle scienze deggia dà questo principio aspettarsi » 104. [Per] quei che a filosofare cominciano... la maggior parte de’ pregiudizi , sono... tanti assiomi.e tante verità per se stesse note e. manifeste. Quindi come potranno degli errori spogliarsi ed inoltrarsi nella ricerca delle; ve­ rità,. se di tutte sul principio egualmente· non dubitano, sospendendo per breve, tempo il lóro giudizio, finché separando le certe proposizioni dalle incerte; il vero dal falso possano cosi finalmente ottenere ciò che per formare la ragione umana si desidera? E questo èra l’unico fine 102 Ibidem, p. 118. ■ :·. 1,03 Ibidem, pp. 123-124. =Sopirà, pp. 1 2 1 -12 2 , a proposito: degli spar­ tani aveva criticato « i l .'sentimento del sig. Giangiacomo Rousseau che neL1750 riportò il premio dell’accademia di; Dijon, per aver sostenuto, in una dissertazione non esservi cosa piu pregiudizievole e contraria a! buoni co­ stumi,. quanto la coltura delle arti e delle Scienze: non ci curerem odi ascrivere il valore... degli spartani al poco conto che faceano costoro del­ i-arti e delle scienze, ma ci atterremo : soltanto al sentimento del nostro Cartesio » persuaso che-le leggi' fossero valide perché « da un legislatore tutte stabilite». È ben nota l-attenzione di Genovesi per la discissione del primo discorso rousseauiano. 1-04 Ibidem, p. 126.

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cui tutti gli sforzi del nostro Cartesio tendevano, non aspirando ad altro che a penetrare per quanto se li ren­ deva possibile, tutte le verità naturali105.

Il dubbio cartesiano non ha nulla in comune con quello distruttivo degli scettici (i non nominati Bayle e Huet): « mai... li cadde in mente di dubitare tutto in maniera, che credesse ancora non potersi cosa veruna sapere... Anzi pian­ tato il piede su di questo principio, credeva poterne sortire, inoltrandosi in una ben lunga ed unquemai interrotta serie di verità dimostrate » 106. Dal che chiaramente apparisce non esser punto peri­ coloso il principio cartesiano, perché niente colle verità rivelate connesso. Ogni ricerca su de' propri principi s'appoggia. Osserviamo pertanto avere i suoi la meta­ fisica, i suoi la fisica, la matematica ancora li suoi, cosi ancora la medicina, la giurisprudenza e le altre tutte discipline naturali, e da questi tutti molto piu differenti non v’è chi ignori averne le teologiche discipline... Ed .. infatti il principio della universal dubitazione, egli è prin­ cipio onde de' fenomeni naturali l’evidenza si attende e la scienza; e non già la fede, che alle verità rivelate per qualunque titolo dobbiamo107*. ; ;

Questa rigida separazione delle verità rivelate dalle na­ turali corrisponde piu alle dichiarazioni cautelari di Descartes che alla realtà della sua filosofia; d’altronde il commenta­ tore ammette di trovare «in qualche parte... difettoso il principio qui da Cartesio indicato»105, per esempio non si rende ben conto della £uùzione: e del superamento del dubbio iperbolico e: trova che il principio critico non è sempre svolto fino a tutte le sue conseguenze.

:

105. Ibidem^ Ibidem, 107 Ibidem, 1,08 Ibidem,

pp. .126427.; p. 125. pp. 127-128; 7 pp. 128-129.

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Non in tutto corrisponde questa universal dubitazione ad altri principi del medesimo Cartesio. Per verità non sapremmo conciliarla colle idee innate, altro cardine della metafisica cartesiana. Imperciocché, o dobbiamo àncora a quelle stendere il nostro dubbio, oppure eccettuarle. Se dobbiamo di queste ancora dubitare, non sono piu dunque queste idee cosi chiare e distinte, che niuno possa ragionevolmente dubitarne, come altrove c’insegna il nostro Autore: seppoi comanda, che dalla universal du­ bitazione si sottraggano, egli ci additi un sicuro criterio di conoscerle, per poter far poi francamente questa sot­ trazione. Ben si guardi però, che fra queste non ci anno­ veri qualche pregiudizio, o per meglio dire che tutto il suo sistema delle idee innate altro non sia che uno sfacciato pregiudizio Y^.

Se quest’insinuazione è fondata sull’autore che pare il più caro a De Felice in questo periodo, Pierre Gassendino, invano confutato dallo Heidanus, un altro autore caro in­ vece al giovane Genovesi, Cudworth, « con molta erudizione fa campeggiare questo paralogismo », ossia « il circolo vi­ zioso in cui cade Cartesio, mentre supponendo possibile che Iddio ringanni o che si sogni di essere, non esistendo, dal­ l’atto di pensare ne inferisce la sua esistenza, e da questa e dall’idea innata conchiude che Iddio non possa ingannarlo perché è ottimo » 109*111. Se nella polemica contro la logica scolastica {alla quale 109 Ibidem, pp. 129-130. 11,0 Arbuthnot, Specimen edfectuum aeris cit., « Latinus interpres leo tori suo » si serve della definizione gassendiana per chiarire che « physicus totus in eo esse debet ut exploret tum ipsum rerum omnium complexum, tum quamlibet speciatim rem disquirendo, quantum fas est, an et ex quibus principiis constet, an et a quibus producta caussis, an et ob quem finem effecta, an et quibus viribus proprietatibusque donata, an et quas actiones, quae edfecta habeat, ceterasque huiusmodi, quae si perspecta fuerint tum rei rerumque natura percepta censetur ». Ibidem, p. 43, loda le osservazioni suireruzione del Vesuvio nel 1737 del gassendiano « doctissimus aeque et eruditissimus D. Frandscus Serao ». 111 Scelta de’ migliori opuscoli cit., pp. 130-131 (« scherza a maraviglia col nostro autore Gassendo »).

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riconosce il « pòco di buono che... al metodo sintetico apparteneva, mentre dell’analitico non se ne faceva parola alcuna, anzi neppur da’ scolastici si conosceva »), Cartesio è accostato opportunamente al Novum organum baconiano112, i suoi meriti maggiori nel metodo geometrico sono con­ frontati con quelli di Newton. Fra le tante obbligazioni che professeranno le naturali discipline eternamente a Cartesio, ima si è quella d’aver esso il primo mostrato Fuso delle piu astratte e sublimi parti della matematica, quali appunto sono Γanalisi e l’al­ gebra, nelle scienze filosofiche, facendo in tal guisa perder loro quell’incolto arabico sembiante... e promovendolo assai piu lui solo di quello fatto aveano tutti quei che in questo genere di studi lo precedettero... possiamo dir per sua lode che portò tanto innanzi i geometrici studi quanto li promosse dopo di lui il grande Isacco Newton... Portò questo spirito di geometria e d’invenzione nella diottrica, che nelle sue mani divenne un’arte del tutto nuova, e se in qualche cosa s’è ingannato, ciò è stato perché non è permesso ad un uomo, che scuopre nuove terre conoscerne subito tutte le proprietà: coloro che venuti dopo di lui, han rendute e renderanno fertili que­ ste terre, gli sono almeno obbligati della prima scoperta. Piacesse a Dio che il nostro autore mai allontanato si fosse da questa geometrica guida: quando se ne discosto allora preso dallo spirito sistematico, la sua filosofia altro non fu ch’un romanzo ingegnoso o al piu verosimile per gl’ignoranti113.

Questo giudizio — che abbiamo visto espresso da Ge­ novesi anche nella Autobiografia II — è qui esplicitamente ricondotto alla sua fonte nelle Lettres philosophiques di Voltaire: un testo compromettente che la Scelta di De Fe­ lice cita piu volte, come fa anche per il primo Discours di Rousseau. Ma, pur innominato, l’uno e l’altro testo phtlosophique era egualmente presente nel Discorso sul vero 112 Ibidem, p. 133. 113 Ibidem, pp. 134-136.

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fine delle lettere e delle scienze di Genovesi114. Nella vi­ sione eclettica degli intellettuali napoletani di questi anni — qui si riprende la definizione proposta dal Vico in una accezione ben altrimenti positiva — Descartes è salvato per gli aspetti di metodo115, mentre se ne irride il « romanzo » del sistema. Gli stessi Principi con le loro pagine gnoseo­ logiche danno una buona occasione per rispondere alle cri­ tiche del Walch che nella suà Historia logicae trova i pre­ cetti del Discours de la méthode troppo brevi e generali, m Cfr. supra n. 103 per Rousseau; e per la XIV Lettre philosophique: Sur Descartes et Newton, vedila cit. anche a p. 109, per definire il primo presque un poète. Quanto a Genovesi è ben noto che il tema stesso del Discorso è dettato dalla discussione sorta intorno al Discours...si le rétablissémènt des Sciences et des arts a contribué à épurer les moeurs; è stato pure sottolineato dal Venturi il largo ed 'esplicito uso degli Bloges del Fonta­ nelle, cari a Bartolomeo Intieri, e viene suggerito da E. Garin il con.fronto con il Discours sur lés avantages des Sciences et des arts del Borde. .Non. è stato avvertito invece che a p. 250 delTed. cit., il Discorso genove.siano traduce letteralmente dalla X Lettre philosophique: Sur le commerce (ed. R. Nàves, Paris 19.64, p. 45) l’esaltazione della ricchézza inglese e delle tre flotte annate contemporaneamente nel 1723. Il « bello spirito franzesé» cui si allude in quella pagina è Voltaire, tenuto presente per tutta la sua rivalutazione dell’attività economica e del governo inglese (cfr. spe­ cialmente, Lettre IX, pp. 40-41: « Il a fallu des sièdes ... pour sentir qu?il était horrible que le: grand nòmbre semàt et que le petit nombre recueillit»). Il testo di Voltaire, brudato e sequestrato a Parigi nel 1734 «comme scandaleux, contraire à la religion, aux bonnes moeurs et au respect du aux puissances », era d’altronde già dtato da Genovesi nella Disputatio physico-historica, che nel 1745 aveva già presente la sua interpretazione di Newton contrapposto a Descartes. Μ. T. Marcialis, Note dt., p. 29, ha sottolineato tale rinvio vedendovi però soprattutto una fonte, biografica. La Disputatio, pp. 69, 73-74, «dovrà sopprimere nella redazione del 1763 il richiamo esplicito alle Lettres, ma manterrà quello alla Metaphysique de Newton. Tale uso di Voltaire e tanto più significativo in quanto anche a Napoli eran state proibite dal· re le Lettres, come attesta ?. M. D orìa, Lettere e ragionamenti vari, Perugia 1741, t. II., p. I (ove le pp. 7-237: Il .petit Maitre ne sono un’esplicita confutazione, come ha osservato S. Rotta, V'òltaire in Italia, « Annali della Scuola; Normale Superiore », XXXIX, 1970, p 421 n.). 115 II Discorso sul vero fine cit., p. 266, richiama anch’esso Cartesio (per la dottrina « che i nostri piaceri nascono dalla coscienza di qualche bene che d appartenga»); come la Scelta esso ha poi presente, pp. 258-59, Vincenzo Viviani. 74

inadeguati quindi a fondare il « sensum veri et falsi » e mancanti delle essenziali teoriche «d e ratione veruni invetìiendi, de probabilitate, de definitionis legitimae indole, de variis ratiocinandi inodis ». Walch non ha tenuto conto che nel Discours (il commentatore non parla delle Regulae) non ..c’è; altra pretesa che di prescrivere un metodo e mostrare una sicura via per giungere all'acquisto della verità. Quel che poi- si appartiene alla natura dell'intelletto umano, alle di lui forze, operazioni, morbi, vizi ecc., vien esaminato dal nostro filosofo nei Principi della filosofia. Tutto ciò molto ben lo videro i di lui discepoli, onde maturamente si die­ dero a perfezionare la logica cartesiana. Uno dei primi fu il famoso Claubèrgio...1X6.

Sono esaminate le osservazioni d’un « acerrimo censo­ re », Pierre Poiret, sulle regole del Discours, ma questo mistico — spesso considerato dal Genovesi — non riesce a infirmare il rigore del metodo cartesiano. Mescola qui il Poiret, già fin d'allora portato dal suo fanatismo, altre cose, che niente valgono a sminuire il prezzo di dette regole. Èra troppo costui nemico della ragione umana, onde non distinguendo, come doveà, la ragione materiale dalla formale (ci si perdonino quéste metafisiche espressioni), tutto ciò eh'è ben detto dell'in­ sufficienza . della ragione in un certo genere. d'argomenti e d'oggetti infelicemente dalla, sua ipotesi pregiudicato^ il trasporta all'istessa natura e forma della ragione di cui parla e che Cartesio qui s'impegna. d'istruire: la qual ra­ gione se deve dirsi corrotta e insufficiente in ordine alla ri­ cerca della verità, non vi sarà piu cognizione, umana di cui fidarsi... Tutto ciò però ben si vede ove tenda, cioè di far trionfare quell'irragionevole entusiasmo e quell’illumi­ nazione passiva, sebbene άλογος; che con tanto impegnò sforzasi di persuadére1 1 7 : *167 116 Scelta de’ migliori opuscoli cit., p. 138. Notare che come il Qauberg nella Metaphysica, VHistoria logicae del "Walch è citata da Genovesi nell'Ars logico-critica, Napoli 1745, p. 1 0 . 117 Scelta cit., pp. 140-141.

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L ’avversione del commentatore, come quella ugualmente vivace di Genovesi, per la « visione in Dio » —- non meno che per le idee innate — è fondata sulla preoccupazione di non compromettere il valore e l’uso della lumière naturelle con queste posizioni che finivano nel misticismo e che sva­ lutavano radicalmente — in Poiret assai piu che in Malebranche — la possibilità e i risultati della ricerca razionale. Contro questi esiti il richiamo al testo cartesiano aveva un forte peso illuministico. Cartesio altro qui non pretende che darci un metodo filosofico per diriggere con sicurezza l’intelletto umano in un argomento grave e teoretico: l’uso poi continuo di queste regole può fare ancora che un uomo se le renda cosi usuali, che subito e con prontezza le applichi, presen­ tandosene l’occasione, a ciò che alla vita civile s’appar­ tiene, sebbene a far questo, senza errare, ci persuadiamo di leggieri e ci uniformiamo col sentiménto di Giovan Clerico ... che sia necessaria una ben lunga pratica ed uno studio fatto seriamente nel gran libro del Mondo, sic­ come col proprio esempio c’insegna l’istesso Cartesio118.

Gli attacchi dei « fanatici » contro Cartesio e in parti­ colare dello stesso Poiret non si limitavano alla logica e al metodo, ma coinvolgevano l’etica; il commentatore fa os­ servare che « non si applicò Cartesio alla parte morale della filosofia se non circa gli ultimi anni della sua vita..., tra le di lui opere filosofiche niente ritrovasi che giustamente possa all’etica rapportarsi, mentr’il trattato delle Passioni dell’animo non è etico, ma fisico. Nelle lettere piuttosto... varie cose si riscontrano, che agli argomenti morali apparténgono » 119. Trascurando le dichiarazioni dell’autore sulla « morale interina », Poiret che in un primo tempo ne era rimasto affascinato, era giunto a denunciarla come infondata e soprattutto libertina e fatalistica. < 118 Ibidem, pp. 141-142.

1W Ibidem, pp. 148-149.

« Arenam enim esse vel coenum potius dogma illud inane, quod pacificandis animis nostris afierat, de Deo voluntatis nostrae propensiones omnes non praevidente et ab aeterno decernente, sed eas nobis singulis infundente, quod et fatum spinozisticum redoleat, tum vero animum ad virtutem obtundat atque vitiis defendendis poenitentiaeque excutiendae potius quam ut virtutem promoveat ». Queste ed altre cose nota contro la cartesiana etica il citato Poiret. Né vi sono mancati altri, i quali parimente han creduto che non meno fanatico rendesse il Malebran­ che la cartesiana metafisica, di quello che l’etica empio facesse Spinosa. Ma cheché sia delle conseguenze che i poco accorti han potuto cavare da’ principi cartesiani, noi ci contenteremo soltanto di riflettere, che se in quelli non fu giusto ed esatto Cartesio, non ne abusò almeno, né mai ne inferi ciocché gli venne opposto120.

Rigettate le conseguenze spinoziane e rivendicata con­ tro le accuse « d’ateismo e d’empietà » del Voezio l’orto­ dossia di Cartesio, « il cui piu grande impegno sembra essere stato dimostrare l’esistenza di Dio, e la spiritualità ed immortalità della mente umana » 121, il commentatore riprende dalla morale « per provisione » ima serie di spunti assai meno ortodossi. Sottolinea che Cartesio fu costretto ad assumere una morale provvisoria per le stesse ragioni che gli resero necessaria la rifondazione di un metodo razionale, « osservando non minor varietà di opinioni presso quegli, che amano passar per maestri della cristiana morale, che ne’ libri della scolastica filosofia » 122: e l’osservazione, che tende a giustificare il principio piu libertino della morale provvisoria — quello che Genovesi enuncerà nel De iure col precetto « patriam religionem servato » — prende di mira i casisti. Il commentatore dedica loro una polemica usuale in Genovesi fin dalla giovinezza e proprio sul punto chiave per la politica giurisdizionale e assolutista: Descartes in­ 120 Ibidem, pp. 149-150. 121 Ibidemy p. 150. 122 Ibidem, pp. 150-151. 77

fatti « mostrava di pensar più giustamente di certi sediziosi casisti, che disegnarci non dubitano leges civiles non obligare in conscientia ». L’astuto commento si serve addirit­ tura di motivi della teologia della grazia per fondare il prin­ cipio del conformismo religioso libertino 123. Rovesciando il senso del commento al Discours dell’oratoriano Poisson, osserva addirittura che in esso ha « voluto disapprovare Cartesio l’uso de’ voti religiosi, permesso nella Chiesa Romana, Greca, Etiopica ed altre » 124: prudente­ mente soggiunge poi che Descartes ne eccettuava tanto i voti ispirati dalla grazia, « quanto i contratti necessari per la sicurezza del commercio » 125. Se quest’ultimo cenno cor­ risponde a un interesse dominante nel 1755 in Genovesi, anche la conclusione generale sulle due morali cartesiane corrisponde alla convinzione stalla priorità dell’etica, che l’aveva guidato già nell’insegnamento di questa materia nei dieci anni precedenti. Peraltro, nella supposta corruttela del suo secolo, assai meglio, a creder nostro, avrebbe fatto Cartesio a non ri­ maner tanto sospeso ne’ primi principi della morale, ma trattandosi d’un interesse assai piu pressante di quello fos­ sero le discipline tutte naturali, che meditava di promuo­ vere, sarebbe stato molto piu commendevole se da questa parte avesse dato principio alle sue scoverte, facendo di poi seguitar le filosofiche: mentre queste poteansi pur differire senza verun pregiudizio, ma non già quelle, che

123 Ibidem, pp. 151-152: «Una ragione non ben formata ancora, né capace di penetrare gli argomenti onde la véra dalla falsa religione si di­ stingue, come qui suppone la sua Cartesio, sembra non dettar altro che Tuniformarsi colla fede de’ suoi maggiori e del paese tutto, in cui nato si ritrova e nodrito ... l’abbracciare la vera religione non è uh effetto natu­ rale della ragione, ma soprannaturale della Divina Grazia»;· Le analoghe affermazioni di Genovesi nel De iure saranno motivo dello scandalo e del divieto di leggerlo nella congregazione di Alfonso de’ Liguori: v. R. Tel leria, San Alfonso M. de Liguori, Madrid 1950-51, II, pp. .72-73, 387. 124 Scelta de' migliori opuscoli cit., p. 155. 125 Ibidem, p. 158.

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ch’erano quivi in villeggiatura, e che si compiacquero del suo ingegno e delle sue maniere. Sopra tutto PAcquaviva il volle quasi sempre presso di se, e come ella era una dama /£. 1 5 v /d i spirito e d ’erudizione, il trattenne in continui ra­ gionamenti letterari. XXXV I. che i cappelloni ria di Religione nelli 49. Come i

Ritornato da Somm a a ’ 3 di Novem bre, trovò l ’aveano accagionato di vari errori in mate­ presso al cardinale di N apoli Gioseffo Spi­ torbidi s ’ingrossavano, pensò di parlare con

49 Giuseppe Spinelli di Fuscaldo, nato a Napoli il 1° febbraio 1694, studiò a Roma ascoltando Celestino Galiani, al quale mantenne rispetto devoto malgrado le divergenze nella politica giurisdizionale che li contrap­ posero come Vescovo e come Cappellano Maggiore. Laureato in utroque alla Sapienza nel· 1717 e ordinato prete nel 1724, è Nunzio nei Paesi Bassi nel 1725 col titolo di vescovo in partibus di Corinto; è promosso vescovo assi­ stente al Soglio nel 1731 e ottiene il vescovado di Napoli il 15 dicembre 1734 e il cappello cardinalizio nel gennaio successivo. All’arrivo di Carlo di Borbone, il cardinale vescovo, « curialista d’estrema destra » abituato alla diplomazia pontificia, che a Napoli s’era fatto passare fin’allora da moderato, riesce a entrare col Galiani e col cardinale Acquaviva nella delegazione ispano-napoletana che deve trattare a Roma dei concordati coi due Regni a partire dal 1737. I ritardi delle trattative, la morte del papa Corsini e l’astuzia del Galiani, fedele agli interessi di Napoli, concluderanno nel 1741 a un concordato favorevole al Regno, ma il nunzio Gualtieri sarà inviato con l’incarico di curarne un’applicazione vantaggiosa alla Curia. La politica d’intervento censorio e soprattutto il fallito teiitativo di ristabilire l’Inqui­ sizione a Napoli nel 1746, come strumento d’una « monarchia del vescovado napoletano» mentre a Roma viceversa era avviata la politica di tolleranza di Benedetto XIV, costrinsero lo Spinelli — prima potentissimo a corte — ad abbandonare di fatto il vescovado (1749), pei a dimettersene T8 febbraio 1754. Viene allora nominato Protettore del Regno di Scozia, nel settembre del­ lo stesso anno Prefetto della Congregazione di Propaganda Fide, nel febbraio 1759 Protettore dell’ordine Agostiniano: ma la sua importanza politica e ecclesiastica è. in realtà finita. Morto a Roma il 12 aprile 1763, si ha in sua memoria l’edizione dei Funerali déll’em. card. Spinelli decano del S. Collegio... celebrati dalVem. card. Antonio Sersale, Napoli 1763. Di lui sì conservano un’Epistola pastoralis... ad clerum populumque neapolitanum, Roma. 1735; una Lettera pastorale... in occasione della prima sua sagra visita, Napoli 1741,. xui*Omelia, Napoli. 1741 e la Relazione dei solenni funerali celebrati nella Chiesa Metropolitana di Napoli alla memòria di Clemente X II P. M. per ordine del caral. Spinelli, s. 1. 1740 redatta in realtà da .Simmaco Mazzocchi. Cfr. Hierarchia cattolica V, 173; VI, 304; F. Nicol in i , Un gi'ande educatore cit., pp. 51, 103-105, 113, 141-142, 198. 839

essi capi della chiesa napoletana per dileguare le nebbie. Fu dal canonico Torno, presidente del S. Officio, come chiamasi, e in piu ragionamenti il convinse, ch’egli era stato im postu­ rato. Parlò col vicario Cioffi, e gli tolse i scrupuli. Il cardi­ nale intanto era disiderato di conoscerlo. Avendo saputo dal Torno cotal disiderio, andò a visitarlo. G li fu fatta la piu grata e onorata accoglienza del mondo. Ragionò col Cardi­ nale seduti entrambi in gabinetto circa un ora. G li apri le cagioni dell’accuse, e fece vedere la sua innocenza, della qual cosa fu cosi il Cardinal persuaso, ch’ebbe a dirgli come conosceva lo spirito m alizioso d e ’ suoi nemici e l ’innocenza d el/f. 16r,/suo libro, ch’egli per se medesimo aveva voluto leggere. G li disse però, ch’avrebbe fatto bene a rispondere piu diffusamente a certi argomenti d e’ scettici, ch’egli avea prodotti verso la fine del libretto, e i quali per lo loro vigore avrebbono potuto persuadere qualcuno. G liel promise il G e ­ novese e parti. X X X V II. I suoi nemici però non si restavano di sm alti­ re, che nel suo libro era sparso lo spinozismo, lo scetticismo ed altri errori. G l’im putavano una libertà di filosofare non R. De Maio, Società e vita ' religiosa dt., pp. 202-8. Spinelli sarà fra « i principali attori » anche nella terza causa contro Genovesi (e questa volta la sua Theologia) nel. 1748. L’Autobiografia II cit., pp. 16, 21-22, 26-27, 29, 37, lo nomina spesso e ne fa un risentito ritratto: « Il cardinale Spinelli era in quiei tempi venerato dal Re e dalla Regina come un prelato di rara virtù: ed era temuto dalla corte e dai napoletani, che ne conosce­ vano il carattere. Egli è d’un corpo secco e di giusta statura: ha il naso grande, il colore acceso. Il suo temperamento è collerico ipocondriaco al­ l’eccesso. La sua passione dominante è l’ambizione. Questa gli fa coprire l’indole, ch’è feroce. Vestito del manto della religione, abusava della pietà dei Sovrani è portava avanti le sue mire di dominare nel Regno... Il signor duca De Dura, cavaliere di fino giudizio e prudenza... mi diceva che Spinelli era l’uomo il meglio fatto per essere gran Visire di Costantinopoli. Il tempo dimostrò che questo "giudizio era vero ». Genovesi ritiene che la risonanza data alla causa della sua Theologia sia l’estremo tentativo dello Spinelli, sconfitto (« credettesi colpito da un fulmine ») nell’affare dei processi di Inquisizione, « per dimostrare al Re e al mondo ch’egli aveva avuto ragione di voler cosi adoperare, per i molti atei e eretici ch’ei credeva in Napoli. Ecco una delle cause perché si facesse si gran rumore nel mio affare. Ma il pubblico gli credette assai poco ».

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convenevole ad un cattolico, l ’uso troppo frequente dello Spinoza, dell’O bbes, del Loke, del Clerc, del Bayle, e d ’altri autori dalla Chiesa Rom ana dannati. Com e cotali cose pote­ vano screditargli la stim a presso a ’ napoletani, e m inare i suoi avanzi, pensò di difendersi con ima apologia. L a scrisse in due dialoghi latini, aggiungendo all’ultim o una risposta piu diffusa allo Scetticismo. L a presentò al signor T orno da rivederla. M a g l’Ecclesiastici veggendosi attaccati, benché mo­ destam ente,/f. 1 6 v / sul principio pretesero, che non si stam­ passe una tale apologia, m a non potendolo impedire, vollero che non si adoperasse il titolo d ’apologia e che si troncassero da dialoghi tutti i scherzi m ordaci, al che per amor della pace acconsenti il G en o v ese50. X X X V III. In questo mentre a ’ 5 di novembre incon­ trandosi col Galliani ebbe il piacere di sentir da lui, come la sua operetta era m olto piaciuta a ’ spiriti sublimi, infra g l’altri al chiarissim o D elegato della regia giurisdizione N i­ colò F raggian n i51. Poco appresso il Fraggianni il richiese e ’l 50 Antcmii Genuensis in Neapolitana Academia philosopbiae Professoris Appendìx ad priorem Metaphysicae partem, qua quaedam panilo obscuriora clarius explicantur et argumenta Scepticorum fusius diluuntur. Emi­ nentissimo Domino Josepho Spinelli Neapolitanae ecdesiae Archiepiscopo dicata. Neapoli 1744, Ex officina Mutiana expensis Bernardini Gessari. Superiorum Auctoritate, pp. 57, revisore ecclesiastico Paolo M. Padaudi teatino (9 settembre 1744), censore dvile sempre Giuseppe Orlandi, del quale veniva riprodotto il parere relativo alla Metaphysica, richiesto il 6 e rilassato il 25 agosto 1743, ma ora integrato con un cenno aR’Appendix: « ... Legi opusculum cui titulus Elementa Metaphysicae... Nihil in eo offendi, quod bonis moribus vel Regiae Majestatis juribus adversetur: summa potius ubique Auctoris eruditionem et doctrinam admiratus sum, qua Tyronum in Metaphysicis profectui non parum consulitur. Quamobrem e re publica fore puto, si idem opusculum lucem aspiciat. Idipsum de adiecta appendice aio ». 51 Nicolò Fraggiaimi (1686-1763), è vivacemente descritto nél'Autobio­ grafia II, cit., p. 28: « Nicolò Fraggianni, ddegato della giurisdizione del Re contro le intraprese dei preti... uomo di piccolissima statura e corpo smunto e sparuto, aveva mente grande e elevata: molta lettura: spirito filosofico: cuor grande e intrepido, secondo trovasi in tutti i piccoli corpi: sangue freddo, e perciò mente sempre serena ed atta a pesar tutto con giudizio». Genovesi ne fa Tinterlocutore del Dialogo terzo sull’ Annona, pubblicato nella 2® ed. delle Lettere Accademiche, Napoli 1769 e del Dialogo... sulla riforma degli studi in Napoli, ed. G. M. M onti, Per la storia delWniversità di Na841

trattenne con lui in una lunga conversazione letteraria. Co­ nobbe ancora il signor D . M atteo S a rn o 5', uomo di molta poli, Napoli 1924, p. 122 ss. Fraggianni è uno degli « uomini della tradizione regalista, i tardi giannoniani », attende ancora uno storico della sua atti­ vità notevolissima, v. F. Venturi, Settecento riformatore dt., p. 538 n. e passim; G. Carulli, Elogio del march. N. Fraggianni, Napoli 1763; cfr. F. Nicolini, Un grande educatore cit., pp. 107-108 e passim. Gfr. S. Pa­ trizi, Consultatones sacri et regii iuris, cum annotationibus Andreae Serrai, Napoli 1770, con dedica alla memoria del Fraggianni e sua Vita, tradotta da F. Palermo, Il secolo XVIII nella vita di N. Fraggianni, « Archivio sto­ rico italiano», N. S,, I, 1855, pp. 113-140. V. supra, I, ii, pp. 105-108 n. 52 Matteo di Samo è ricordato più distesamente nell1Autobiogra­ fia II dt., p. 17: « D. Matteo di Sarno, privato galantuomo, che poi fu fatto presidente di Camera ed ebbe il titolo di marchese. Matteo di Sarno è un uomo di giusta statura, assai magro: non ignorante: di animo ambi­ zioso, ma amantissimo dd ben pubblico. Aveva raccolta un’assai copiosa biblioteca, e più grande di quello che si conviene ad un privato. Due giorni alla settimana vi raccoglieva un buon numero di piu dotti uomini della dttà, ch’egli trattava con molta gentilezza e liberalità; Si trattenevano in discorsi letterarii. Era una delle piu belle scuole della gioventù, che in simili radu­ nanze può apprendere in un’ora quelle verità che han costato spesso a chi le comunica molti anni di fatiga. Io mi d feci de’ nemici e degli invidiosi. Posso dire di esserne stato per molti anni l’anima ». Cfr. ibidem, pp. 23, 37; F. Venturi, Settecento riformatore cit., p. 598 n. Literarum Neapolitanarum Maecenati optimo Matthaeo de Sarno Genovesi dedicò la sua Ars logico­ critica, Napoli 1745: « quum et sis ipse in melioribus literis, iis potissimum quibus hominum vita et beatitudo continetur, non mediocriter versatus, et agnoscas quantum sit in vera sapientià ad beate vivendum momenti, quantumque ea ad optimum Reipublicae statum fadat, refertissimam incre­ dibili expensa omnigenorum librorum bibliothecàm extruxisti et viros quosque in omni literarum genere cultissimos ex abditis laribus in publicum commercium revocatos, liberali congressu doctisque sermonibus accepisti et qua exemplo, qua adhoriationibus effecisti, ut antiqui ruris abolerentur vesdgia, quae inter nostros adhuc restabant... liber meus in tua est bibliotheca natus, in ea etiam educatus. Si quid in eo boni est, totum quum tibi, tum etiam doctissimis viris, qui domi tuae tam frequentes tamque doctos agitant congressus acceptum debeo ». Fra i frequentatori anche l’abate Magli, introdotto in casa Samo da Genovesi, allora amicis­ simo, poi avversario accanito: nella sua Raccolta di trattati, Napoli 1746, la dedica, p. XXXII, ricorda analogamente il mecenate. Altre notizie sulla biblioteca del marchese nella Vita loviani Fontani e nelle Disserfationes duae, in quarum prima commentum Aristeaé de LXX interpretibus confu­ tata, in altera vero agitur de haeresi praedestinatiana, Roma 1758 pubblicate dal figlio oratoriano Roberto di Samo: questi sarà presentato nel 1765 (già morto il padre) per il posto di prorettore del Collegio Ancarano di Bologna (A. S. Napoli, Affari esteri, 4406) dallo stesso Genovesi.

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letteratura e di una ricca biblioteca, nella cui casa il merco­ ledì e ’l sabbato. radunavansi m olti valentuomini e di bellissi­ mi studi forniti, che trattenevansi in piacevoli ragionamenti letterari. Elativi fra questi alcuni giovani di gran spirito. E i la continuava e vi si faceva di m olta stim a/f. 17r /. 1744

XXXIX. N el mese di marzo· del· 1744 mori il Padre G at­ ti Agostiniano oratore facile e stim ato e regio Professore di Teologia. Il G alliani sostituì il G enovesi a l(la ) catedra vacante. M a pensando poi di stabilirgli una catedra di M eta­ fisica, fece sopprim ere la catedra del G atti. L a guerra riscal­ data tra i tedeschi e 1 R e di N apoli impedirono mettere _ in esecuzione il proggetto. In tal guisa fu obligato a ritornare alle lezioni straordinarie 53.

53 Giacomo Filippo Gatti, agostiniano, collèga e amico del Vico, fu frequentatore con lui e altri dotti del salotto di Angiola Cimmino; Vico, Opere, V, pp. 123-132; V II, 314; cfr. D. A. Perini, Bibliographia augustiniària, Firenze, 1931, II, pp. 96-97; sulle circostanze dell’assenza del Galiani, impegnato nella sua qualità di vescovo castrense connessa con quella di Cappellano maggiore a seguire l’esercito di Carlo di Borbone nella cosid­ detta guerra di Velletri, dall’aprile al 1 novembre 1744, contro gli austriaci comandati da Lobkowitz, v. F. N icolini, Un grande educatore cit., p. 117 ss.; v. anche il documento del fondo Farnesiano, fascio 1017, ASN, ora perduto per cause belliche, ma citato da A. Cutolo, Le memorie autobiografiche cit., pp. 271-272, in cui D. Michele Reggio, facente funzione di Cappellano Maggiore, espone il progetto del Galiani e si pronuncia contro: vacando una delle quattro cattedre di teologia scolastica, ne proponeva la soppres­ sione, per la quale « la Giunta è stata di uniforme parere ». Galiani aveva « messo interimamente » Genovesi alla cattedra di teologia « di Scoto », soppressa la quale intenderebbe « che col di lei soldo di ducati cinquanta annui, si fondi un’altra cattedra di logica e metafisica », « per cui propone D. Antonio Genovese». Visto però che per queste materie esisteva già una cattedra ricoperta dal Biancardi, la Giunta respingeva l’argomenta­ zione del Galiani (« che in un solo anno [non] possono da un solo profes­ sore insegnarsi, se non che assai superficialmente gli elementi e le istitu­ zioni di. ambedue suddette discipline») e la sua proposta di nomina per dispaccio («né il dottor Antonio Genovese ha tal merito con l’Università che per situarlo possa meritare una dupplicata fondazione di Cattedre, la quale, qualora da S. M. si stabilisse, si dovrebbe mettere a pubblico con­ corso, e non già conferire al detto Genovese»), convertendo l’insegna­ mento vacante in una « cattedra della lingua ebraica si necessaria per la vera intelligenza della Sacra Scrittura». 843

XXXX. Sul principio del settem bre riavutosi da una lun­ ga flussione e affezione di petto fu a riverire il Cardinale, per riavere la sua appendice, la quale gl·ecclesiastici di N a­ poli aveano ritenutasi esaminandola fino negl’apicL L a riebbe colla approvazione del P. Paciaudi d e’ Teatini, celebre ora­ tore sacro e fornito di tutta la letteratura, a cui per questa occasione fece strettissim a am icizia54. Si diede alle stam pe 1744 il mese d ’ottobre/f. 17v /so tto il titolo Appendix ad priorem Metaphysicae partem, non approvando gl'ecclesiastici il ti­ tolo d ’apologia, percioché dicevano, dinotare accusa. XXXXI. Circa la fine di quest'anno pervenutoli in mano l'operetta del signore Ashley Sykes autore inglese intitolata

Examen des fondamens et de la Religion naturelle et de la revelée tradotta dall'inglese in due torneiti in ottavo, né fi­ nendo di piacergli il pensare di quest'autore, conchiuse che i grandi ingegni d'Inghilterra per lo volere innovare continovamente i sistemi di metafisica e di morale, cominciavano a dare nell'mezie. L a religione e là morale sono cose sempli­ cissim e: i loro principi sono chiari e facili, la costanza n'è 54 Paolo Maria Paciaudi (Torino 1710; Parma 1785), entrò diciot­ tenne nell'ordine teatino a Venezia; fece studi di filosofia a Bologna, di teologia a Genova, e qui restò come insegnante di filosofia. Dal 1739 al 1749 percorse l'Italia come predicatore di grande successo, poi fu co­ stretto per motivi di salute a smettere l'esercizio oratorio. Fermatosi a Napoli s'appassionò di archeologia; passato a Roma entrò nelle grazie di Benedetto XIV e del card. Passione! per la sua cultura. Nel 1753 di­ venne procuratore generale dei Teatini. Nel 1762 è chiamato a Parma come bibliotecario e antiquario; comincia cosi il periodo piu importante della sua attività. Ottenuta la fiducia del ministro Du Tillot, col quale collaborò alla riforma dell'Università e col quale la sua sorte fu talmente legata da doversi ritirare alla caduta del Ministro, Paciaudi si reca a Pa­ rigi nel 1762 per fare acquisti notevoli per la nuova biblioteca di Parma, da lui organizzata e inaugurata nel 1769. Dopo la caduta del Du Tillot (1771) per qualche anno si ritira a Torino, poi viene richiamato dal Duca e riprende fino alla morte il suo incarico' di bibliotecario. Paciaudi fu newtoniano, filogiansenista e profondamente avverso ai Gesuiti. Di lui si veda la Costituzione per i nuovi regi studi, Parma 1768. Cfr. A. F abroni, Vitae Italorum cit., XIV, pp. 180-247; Biografie de Tzpaldo cit., X, pp. 200-211; W. Cesarini Sforza, Il p. Paciaudi e la riforma dell’Università di Parma, «Archivio storico italiano», LXXIV (1916), pp. 108-136.

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un gran pregio. I l form ar dunque sistem i è volerle oscurare. Q u est’autore pretende la regola delle azioni essere la verità (cap. 1), la quale conosciuta fa nell’animo quasi una interna forza, che chiama obligazione: il non fare secondo la verità produce de’ gran mali agruom ini che deve riputarsi come la pena di tal legge; come il secondare la verità partorisce della pace e del piacere costante, e questo è un prem io di chi opera secondo la legge. Nulladim eno come quest’inglese/f. 1 8 r/ non ispiega ciò che sia verità, il suo sistema è oscuro e niente ci dim ostra di nuovo 35. Per tale occasione egli scrisse un trattatuccio De natura et lege 36. 1745

X X X X II. N el principio di quest’anno insieme col P. O r­ landi cominciò a ristam pare g l ’Elementi fìsici—mattematici di Pier M usschenbroek professor d ’Utrecht. Egli v ’aggiunse u n ’erudita dissertazione continente in compendio la dottrina 55 Examen des fondemens et de la connexion de la religion naturelle et de la revelée, traduit de Vanglois de Mr. Asbley SYKES, docteur en théologie, Amsterdam 1742, pp. XVI, 295, 320. Opera che Genovesi spesso userà come fonte di notizie su filosofi inglesi meno ortodossi e che con­ siglierà nella ditata lettera del 6 giugno 1757 ai Riformatori dello Stadio di Modena, Leti, familiari dt., I, p. 86. Merita sottolineare il rilievo che Genovesi attribuisce a questa sua lettura d’un’operetta controversistica molto recente (la prima ed. inglese Principles and connection of Naturai and Revealed Religion è del 1740): Anthony Ashley Sykes (1684-1756) è « a dergyman of thè Church of England, a prolific controversial writer and a disciple of Clarke and Hoadley », anzi il luogotenente di Clarke, che effettivamente è dtatissimo néYExamen, insieme a Wollaston, Newton e Locke (pp. 47, 78-79, 43, 103-104 e passim). Secondo L. Stephen, H i story of English Thougbt in tbe Ezgbteentb Century, Davis - London, 1962, I, p. 191 (v. anche 109, 123, 125-26, 185) egli è all’estrema sinistra del partito ortodosso, « even nearer to pure Deism » dei piu latitudinari fra i controversisti del cosiddetto « Low Church party »: nelle sue polemiche con Collins e soprattutto con Tindal, « significant of thè view taken by thè ablest of thè orthodox thinkers », risulta appena possibile distinguerlo dalle posizioni di Tindal stesso. « Substantially, that is, they held thè same doctrine, though it was made orthodox by a veneering of thè old phraseology ». 56 Non si ha notizia di questo trattatucdo, che Genovesi non ri­ chiama in altri luoghi e che non risulta fra i manoscritti conosduti. Il tema d’altronde sarà quello ancor prima del De iuré e della Diceosina del t. IV della Metaphysica (1752): v. Liber I, caput X III: Wollastoni et Ashley Sykes de lege Naturae sistemate.

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di tutti i filosofi sopra l’origine e la natura dell’universo e delle sue parti, De origine et canstitutione rerum corporea­ rum. V ’aggiunse alcune noterelle sino al quinto foglio deg l’elementi; Γ altre sono del P. Orlandi. Il prim o tom o di quest’opera è uscito alla m età di luglio di quest’anno 57. Nell ’istesso tem po egli proseguiva l ’edizione d e’ suoi Elementi logicocritici58. Scrisse nel medesimo intervallo di tempo una 37 Elemento, pbysicae conscriptae in usus Academicos a Vetro van Mus­ schenbroek, quibus nunc primum in gratiam studiosae iuventutis accedunt ab alienis manibus ubique auctarìa et notae, disputatìo physico-historica de rerum corporearum origine, ac demum de rebus coelestibus tractatus, Neapoli 1745, typis Petri Palumbo. Superiorum facilitate, pp. 12 nn., 79, 406. Revisore ecclesiastico Iacopo Martorelli, che loda in Musschenbroek il piu stimato e piu completo fisico, arricchito ora dalle note e dissertazioni « Duumvirorum nostrae Académiae φυσικωτάτων» : dal punto di vista della religione la stampa è opportunissima « cum nihil sit in quo melius divina se proferat sapientia et conditoris potentia concelebretur, quam έν τη φύσει contemplanda ». Il parere del censore civile Nicolò di Mar­ tino è datato 1 febbraio 1745, e raccomanda con maggior competenza il manuale, il trattato di fìsica cdestè defi’Qrlandi, che ne integra una la­ cuna, e r«historica disputano nimis erudita de rerum corporearum ori­ gine et constitutione» del Genovesi, a coloro «qui veriorem Physicam addiscere gestiunt ». Questo volume (che è il primo esempio d’un espe­ diente di aggiornamento culturale cui Genovesi ricorrerà sovente nel campo dell’economia ristampando Montelatid, Cary, Herbert, Trinci) se­ gna il momento conclusivo dell’affermazione del newtonianismo a Na­ poli: esso avrà cinque ristampe e la Disputatìo sarà da Genovesi poi rielaborata, ristampata con la Metaphysica e inclusa negli Elemento physicae insegnati nella sua scuola privata, poi editi postumi da N. Fergola, Napoli, Terres, 1779 e tradotti in italiano da M. Fassadoni, Venezia 1783. La fortuna esterna dell’opera e in particolare della Disputatìo corrisponde alla sua essenziale importanza che è stata recentemente sottolineata da F. Venturi, Settecento riformatore cit., p. 528> e soprattutto da E. G arin, A. Genovesi e la sua introduzione storica agli ‘Elemento physicae) di P. van Musschenbroek, «Physis», XI (1969), pp. 210-222, e da Μ. T. Marcialis, Note sulla ' Disputatìo physico-historica ' di A. Genovesi, « Annali delle Facoltà di Lettere, Filosofia e Magistero dell’Università di Cagliari », ΧΧΧΙΪ (1969, ma 1970), pp. 35. 5® Antonii Genuensis in Regia Neapolitqna Academia philosophiae professoris Elementorum Artis logico-criticae libri V, Neapoli 1745, typis atque expensis Petti Palumbo. Superiorum auctoritate, pp. 12 nn., 388, 4 nn. Secondo il revisore ecclesiastico il canonico Gennaro Perelli (18 settembre 1745), il manuale insegna « animo a praeiudicatis opinionibus libero inve­ stigare et diiudicare», fa si che «illud philosophiae genus deligant, quod 846

dissertazione De anima brutorum 59, nella quale rifiuta il Cartesianesim o e vi stabilisce la dottrina d e’ Peripatetici, o presso a poco la m edesim a/f. 18 v /. X X X X III. N ella state di quest’anno fu travagliato molto dal dolor del petto, che g l’è durato fisso sino al principio del m aggio seguente, e che l’ha m olto estenuato di forze. In ­ tanto la sua Logica usci verso la m età di settem bre60. E lla ebbe l ’applauso immediatamente in N apoli, Rom a, Fioren­ za, Venezia, dove è giunta in quest’anno. V erso i primi di dicembre il duca di Sales, secretano di Stato e prim o mini­ stro del R e di N apoli, il cercò per rimettere col suo consi­ glio in piedi la biblioteca sua, che dovea trasportare in I Spa­ gna. Per la quale occasione ebbe l ’onore della sua amicizia. D ilettavasi d e l(la ) mente del N ostro il signor D uca, la cui capacità, conoscenza di cuore, destrezza nel pensare e giu­ dicare, prontezza di spirito e franchezza nel ragionare era ammirabile. E confessava il nostro G enovese d ’aver trovato pochi uomini, che potessero agguagliarsi a questo ministro, di cui il R e di N apoli si privò per privati dispiaceri d ’alcun i'81. D icesi che il p. Pepe G esuita, predicator d i superstisapientissimi nostri aevi scriptores a Metaphysicis nugis et otiosis speculationibus perpurgarunt ». Il censore civile è nuovamente Giuseppe Orlandi (13 agosto 1745). Per la dedica cfr. sopra nota 52. 59 La Dissertatio de anima brutorum è stampata a conclusione della seconda parte della Metaphysica (pp. 260-295) già nella sua prima edizione: Elementorum Metaphystcae mathematicum in morem aiornatorum ab An­ tonio Genuensi ... Pars altera, Neapoli. 1747, ex Regia Typographia Seraphini Persile. Superiorum Facilitate, pp. 260-285. Per la dedica cfr. sotto nota 71. Nell’esemplare che ho potuto consultare non trovo permessi di stampa. Anche nelle edizioni successive alla quarta napoletana del 1760-63, questa Dissertatio resterà legata alla parte, là divenuta III, della psico­ logia ed etica, mentre la Disputatio physica-historica accompagnata da altre dissertazioni anche piu antiche andrà a costituire il tomo V. eo Qfj-_ SOpra flota 58. 61 Giuseppe Gioacchino di Montealegre, marchese e poi duca di Salas, segretario di Stato dal 1734 alla primavera 1746, quando venne sostituito da Giovanni Fogliarli. Principale responsabile della politica dei primi anni di regno di Carlo di Borbone, il suo allontanamento segnò una maggior autonomia nei confronti della Spagna, ma anche l’abbandono di un’ini­ ziativa coraggiosa in senso civile ed economico, come era stato l’editto 847

zioni, avesse m olto contribuito a renderlo odioso al popolo ed alla corte di Spagna per m otivo di religione, percioché credeva che il D uca Sales am asse la toleranza in religione, del 3 febbraio 1740, revocato nel settembre 1746, che concedeva favo­ revoli condizioni civili agii ebrei che stabilissero a Napoli i loro com­ merci. Discusso per questa misura mirante allo sviluppo economico che non dava fiducia alTiniziativa e capacità degli imprenditori locali, e so­ prattutto ostacolato dai pregiudizi popolari antisemiti, nonché da iniziative filoaustriache che forse facevano capo a vecchi regalisti come Costantino e Gregorio Grimaldi, Montealegre sarà esonerato all’inizio del 1746, ma evidentemente già nel dicembre precedente era informato della decisione reale. Genovesi nell'Autobiografia II cit., pp. 17-18 (e cfr. p. 31) fa un ritratto piu personale e meno entusiasta del duca di Salas, anticipando di un anno la propria opera di bibliotecario (probabilmente per un errore visto che nel 1744, in piena guerra di Velletri, il ministro non era « vicino alla sua partenza»). « Io ebbi l’onore di trattarlo con confidenza in circa sei mesi. Egli era ben fatto della persona e di allegro aspetto. Il suo temperamento era sanguigno, collerico: soggetto perciò a* facili cambia­ menti delle grandi passioni. Era ambizioso e cupido di danaro, con cui sosteneva il suo posto, magnifico nella sua vita. Aveva pronta e facile memoria, di cui si piccava molto, spirito penetrante: era eloquentissimo; come il suo posto e la sua ambizione gli faceva dei nemici, per potersi mantenere e per secondare i consigli e i desideri della Regina di Spagna, Elisabetta Farnese, ebbe bisogno di molto denaro. I mezzi che sceglieva per averne disonorarono il suo ministerio. Era molto dato alla libidine: ma sapeva nascondere i suoi fatti... ». Dopo aver riferito l’aneddoto noto a pochi del « ratto e sequestro d’una ragazza » compiuto dal duca nella guerra di Velletri, Genovesi conclude « finalmente i suoi nemici ebbero il diso­ pra, sicché fu richiamato a Spagna. Io non ebbi da lui altra ricompensa che due grosse scatole di dolci di Sicilia, d’incirca settanta libre, e un barile di muscato di Siracusa ». Il maggior distacco che esprime Genovesi nel 1756, e la cura di precisare il carattere gratuito dei propri servizi, saranno probabilmente connessi con la sua maturazione politica a contatto con rintieri, (che peraltro era stato amico del duca di Salas) e sulla cattedra di economia. La collaborazione stretta col Montealegre aveva d’altronde giovato assai alla fama di Genovesi, come risulta da un do­ cumento dell’Archivio Segreto Vaticano, Nunziatura di Napoli 227, fi. 188189: « s’introdusse poi nella familiarità del signor Duca di Salas, a cui ser­ viva in figura di ima specie di suo privato bibliotecario »; v. il contesto infra, pp. 910-912. Sul licenziamento di Montealegre v. i documenti di Simancas cit. da R. Ajello , Il preillutninismo giuridicoyNapoli 1965, pp. 57, 61 n. in cui Tanucci, che ebbe dapprima « un' atteggiamento fortemente cri­ tico », ma poi lo ricordò con nostalgia, scrive a B. Corsini nel 1746: « le lettere del Re contro Salas sono state violenze della moglie, dei frati onde è piena la casa, dell’arcivescovo, di Sora, non atti liberi della mente e del cuore del Re medesimo » e ricorda l’ostilità del P. Pepe. 848

essendo per opera sua accolti in N apoli g l’ebrei con am plis­ simi privilegi, come se fossero stati nella propria republic à 'V f . 1 9 r/. 1746

XXXXIV . N el principio di quest’anno ebbe il dispiacere di perdere uno d e’ suoi piu cari amici, Pietro di M artino professore di astronom ia nell’Accademia Regia. E ra lungo tempo, ch’egli pativa di m al di petto: questo, aggravatosi nella state precedente, continuò nell’inverno e s ’avanzò poi nel m aggior fre d d o 63. L a simiglianza del m orbo gli fu ca­ gione d ’un poco d ’ipocondria. Circa l ’istesso tem po ricevette ima lettera del celebre abbate Antonio Conti nobile veneto, nella quale dopo un elogio della prim a parte della metafi­ sica, l ’anima alla seconda e gli propone alcune difficultà metafisica, a cui il G enovese rispose con una stam pata in N apoli in 8 ° e4. 62 Su Francesco Pepe (1684-1759), celebre predicatore che ebbe « parte a molti avvenimenti del tempo, dalle controversie fra la corte partenopea e la S. Sede alla condanna della massoneria, dalla nomina del titolare alla cattedra di teologia dell’Università statale alla controversia mariologica suscitata dagli scritti del Muratori, dall’ammissione e cacciata degli ebrei alla nomina dell’arcivescovo di N apoli», v. il breve saggio fondato sulla bibliografia precedente e corredato di documenti vaticani dal 1747 al 1759 di E gedio P apa S. J., Padre F. Pepe S. J. e la sua attività apostolica a Napoli nel giudizio del Nunzio Gualtieri, « Archivum historicum S. J. », XXVII (1958), pp. 307-326. Il gesuita era da molti considerato un «predicator di superstizioni», se persino uno dei cardinali riuniti in conclave nel 1758 era « specialmente ... mal impressionato contro il p. Pepe per aver esso detto in Napoli predicando (seguita in Modena la morte del celebre L. A. Muratori, che aveva scritto contro il voto di difendere l’Immacolata Concezione di Maria SS .ma fino allo spargimento del sangue) che era morto il nemico di Maria SS .ma» (ivi, pp. 309-310; cfr. p. 316: « Il p. Pepe seguita ad inveire contro il povero Muratori, e anche contro i paglietti, che in gran folla vanno a sentirlo per notare tutto quello che dice contro il detto autore: e la cosa, secondo me, passa con gran scan­ dalo »). Cfr. F. N icolini, Un grande educatore cit., pp. 241-48; P. Sposato, he eLettere provinciali9 . . . a Napoli, Tivoli 1960, appendice. 63 Cfr. sopra nota 20. 164 Le lettere furono subito stampate in un’opuscolo che ho potuto consultare alla Biblioteca Universitaria di Bologna e che in quell’esem­ plare non reca note tipografiche: Lettera del signor abate Antonio Conti nobile veneto ad Antonio Genovesi. Risposta del Genovesi, s. 1. a., pp. 28. 849

XXXXVII. In questa state pér lo morbo del petto, dopo aver preso tre mesi di latte, fece una piccola villeggiatura in Morano col signor duca Dura*5. Nel mese di settembre, essendo passato alla cattedra di teologia il p. Sances profes­ sore d’etica gli fu conferita col dispaccio interino. DottoLa prima lettera del Conti è datata 11 Dicembre 1745, ed era stata recata a Genovesi dal p. Giuseppe Orlandi; la risposta in 22 punti sulla «natura delle percezioni» e delle idee, per cui rinvia alYArs logico-critica e alla seconda parte della Metaphysica, detta imminente nella primavera, non è datata, ma deve risalire al gennaio 1746. Le due lettere saranno ristam­ pate in tutte le edizioni déTArs logico-critica, salvo la prima cit. sopra alla nota 58, uscita nel settembre 1745. Si può pensare che per tramite delTOrlandi Conti avesse preannunciato e concordato il dibattito con Geno­ vesi prima di redigere e inviare la lettera. È in ogni caso assai interessante la mediazione del newtoniano Orlandi fra il vecchio Conti e il suo gióvane amico Genovesi, al quale avrà cosi dato notizie di teorie meno note. Le due epistole filosofiche, fra cui quella di Genovesi è un vero trattatello, sono anche ristampate fra le Leti, famil. cit., I, pp. 2-29, insieme ad altre lettere di Genovesi a Conti, 15 gennaio e 23 marzo 1746, e di Conti a lui, 5 febbraio 1745-46. I due trattatelli (ma non la lettera del 5 febbraio *46, interessantissima per i cennr contiaùi a Locke e a Newton, accostato a Leibniz e Malebranche per l’uso di ipotesi) sono state esaminate da G. G e n t il e , Storia, della filosofia italiana dal Genovesi al Gallappi, Fi­ renze 1929, ρ. 1 ss., da A. S antucci , Il problema della conoscenza nella filosofia delVab. A. Genovesi, « I l Mulino », fase. 25-26, 1953, p. 686, e ora da N. B adaloni, Antonio Conti. Un abate libero pensatore tra· Newton e Voltaire, Milano 1969, pp. 203-210, 277-279. 65 Cfr. sopra note 48 e 49. 6,6 Isidoro Sanehez de Luna, nato a Napoli il 16 Novembre 1705, entra nell’ordine benedettino cassinese nel 1720 ed è promosso al presbi­ terio nel 1728, è secondo la Hierarchia catholica, VI, pp. 99, 393, 363, lettore di teologia già dal 6 maggio 1735 nell’ordine, poi di etica, infine di teologia (1745) all’Università. Nominato vescovo di Ariano il 6 maggio 1748 libererà quest’ultima cattedra, che sarà messa a concorso e ambita da Genovesi. Il Sanehez passa poi al vescovado di Taranto nel 1754, a quello di Salerno nel 1759, e infine a quello titolare di Tarsos il 18 luglio 1783: da allora alla sua morte nel 1788 è Cappellano Maggiore e « stru­ mento del Ministro De Marco nella sua politica regalistica », accusato ad­ dirittura di condurre il Napoletano al luteranismo. V. A. T i s i , Il pen­ siero religioso di A. Genovesi, Salerno 1937, p. 32 che rinvia a studi di A. Capone e I. Rinieri. Un giudizio di parie genovesiana sul Sanehez si legge nella Vita di Andrea Serrao di D. Forges Davanzali, Bari 1937, pp. 33-34: «uomo provveduto della migliore dottrina, che sapeva distin­ guere i giusti limiti della potenza del papa e s’era sempre dimostrato gran difensore della Chiesa nazionale. Pieno di dirittura e d’una probità 850

bre andò a villegiare a Dragone, contado/f. 19v/posto in una collina un miglio distante dal fiume Volturno, rimpetto a Piedimonte d’Alifa e da quello distante cinque miglia. Dragone è una aria mezzana: e perciò la stimò profittevole per lo suo morbo. Quei signori de Pertis in casa di cui al­ bergò67 gli usarono i piu fini tratti della loro amicizia. Quivi si divertiva alla caccia e alla pesca. Ma il sito di Piedimonte, dove fu per pochi giorni, gli piacque estremamente. Sta alle falde del Matese, monte alto e freddo, essendovi caduto quest’anno a’ 13 d’ottobre un’altissima neve sino alle radici. È situato tutto a mezzogiorno. Le sue colline sono tutte edi­ ficate di uve ed altri frutti saporitissimi, è abbondante di freddissime acque che scaturiscono dal(la) falda del Matese, e bagnano il piano, e gettansi poi nel Volturno. Il vino di questo paese, che chiamano poHerello, è degl’esquisiti del nostro Regno, ma quando è sincero. Cosi nella venuta, come nel ritorno passò per Cajazza, che i latini chiamavano Collatinum, ed albergò in casa del signor D. Bonaventura de Pertis, fratello de’ suoi amici e suo amico. La città è pic­ cola, ma è in un sito sommamente piacevole posto sulla cima d’una non piccola collina,- che domina tutte le pianure d’intorno/f. 20r/. assoluta cercava sempre di innalzare al vescovado uomini sapienti, virtuosi e animati dal puro spirito evangelico: in breve basterà dire che i papisti l'accusavano di giansenismo, per dare un’idea adeguata del suo amore per il bene. Questo prelato conosceva lo zelo farisaico dei preti napoletani ». Egli probabilmente non fu contrario ad aver Genovesi come successore su entrambe le sue cattedre: sarà infatti sostenitore di A. Serrao per il vescovado di Potenza, occasione d’un grave conflitto giurisdizionale. 67 Nella Famiglia de Pertis Genovesi aveva amicizie molto stimolanti: un Pasquale de Pertis gli ha, come s’è visto sopra al § XXX, chiesto la traduzione della Reasonableness of Christianity; un altro è ricordato dalPAutobiografia II cit., pp. 14-15. « Un giorno capitò alla mia scuola pri­ vata il sig. D. Niccolò de Pertis, giovane studioso e d’una antica e civile famiglia di Dragone presso Alifa. Nel ragionamento ch'avemmo insieme, come io gli dissi molto del disordine e della imperfezione dei studii di Napoli, s'invogliò di vedere il piano che io aveva fatto d’un etica. Gliel diedi. Egli senza nulla dirmi, il comunicò a D. Marcello Cusano ... di cui era discepolo. Cusano volle conoscermi, e mi protestò la sua amicizia. Si credette doverne parlare a M. Galliano», e fu cosi all’origine del primo incarico d’insegnamento del Genovesi. 851

XXXXVIII. Nel ritorno trovò la città in tumulti per fa­ ma divulgatavisi del volere il Cardinale Spinelli piantarvi il S. Officio, tribunale sempre da napolitani aborrito. Il commo­ vimento era grande di tutti i ceti, ma sopra tutto de’ nobili e de’ letterati. Il principio fu fatto da un prete siciliano di casato Navi. Egli era stato processato da’ ministri del Cardi­ nale ed avea abiurato in publica sala nel palazzo cardinalizio, assistendovi il Cardinale e gl’altri suoi ministri cogl’abiti e con tutte le cerimonie che il direttorium S. Officii pre­ scrive. La Città avutone ricorso chiamò la sua deputazione det­ ta del S. Offizio, nella quale intervennero da 50 cavalieri de’ piu nobili e de’ piu spiritosi, e come che però pochi ve n’avesse di lettere colla consulta di uomini savi procedettero a darne parte al Re. Furono i processi di tre rei, consignati alla Camera di S. Chiara e spezialmente prescritti al Delegato della Regai Giurisdizione, il chiarissimo Nicolò Fragianni, amico caro del Genovesi. Furono dichiarati irre­ golari e nuili. Due canonici Giordani e Ruggieri, sfrattati dal Regno, e cancellate tutte le memorie o reliquie di codesto sanguinario Tribunale per publico dispaccio di S. M. €S. XXXXIX. Poco dopo si diffuse per Napoli una odiosa fama, che i ministri della Congregazione della disciplina, fondata dal detto cardinale Spinelli/f. 20v/si servissero delle notizie di confessione. La gente ne parlò per un mese col maggior dispetto del mondo. I prudenti dicevano che il Cardinale ambiziosissimo di regnare avesse tentato quest’altra via. I spiriti forti andavano accrescendo queste novelle in disprezzo de’ preti e de’ monaci: e tutti s’animavano a non confessarsi. La Città aveà risoluto di far processo a tali ministri di tanto scandalo: ma il consiglio de’ savi pre­ valse, che si lasciasse sedare per altre vie più placide una fama, che avrebbe potuto essere perniziosa alla religione do­ minante. Il Cardinale per ambasciata regia depose dall’of­ ficio di detta Congregazione i canonici Borgia, Amoretti ed alcun’altri. Ma non per queste cose cosi insolitamente avve-68 68 Cfr. sopra nota 35. 852

tiuteli si sgomentò punto. Lo spirito d’ambizione lo reggeva incontro a tutti i torbidi, e ’l rendeva superiore a tutte le av­ versità de’ suoi desideri. Ma in Roma fu sentita male la sua condotta; non è che non piacesse a Roma l’attentato ma dispiacevale aver voluto fondare un tal tribunale senza dipen­ denza di Roma per dar principio ad un monarchia del ve­ scovato napolitano. Intanto non volendo la corte ecclesia­ stica assoggettarsi alle leggi regali circa il processare i rei di religione, iacea man bassa sopra tutto; e i Spiriti forti del paese gioivano, vedendosi incominciare un tempo, nel quale fosse lecito sentire quae velisji. 21 r/dicere quae sentis. È incredibile quanto crebbe il lor partito in pochi mesi. Lo studio delle buone scienze, la copia grande de’ scelti libri e V autorità di alcuni pochi e dotti uomini portavano la gio­ ventù ad un disprezzo grandissimo de’ preti e de’ monaci e della disciplina loro. Anzi di febraio il Cardinale licenziò il suo vicario Goffi69, con dispiacere di tutta la città e della Corte, che conosceva la bontà e la facilità di quest’uomo; poco tempo appresso venne per vicario monsignor Vigilanti, vescovo di Caiazza, amico del nostro Genovese70. L. In questo carnevale cominciò il Genovesi la stampa della seconda parte della Metafisica stimolato dagli amici cosi di Napoli, come forestieri. La cominciò però di cattivo genio, per vedere non potervi mettere tutta l’opera a ca­ gioni delle grandi occupazioni; egli aveva destinato con que­ sta seconda parte terminare gl’elementi Metafisici. Ma due cause fecero si, ch’egli alla seconda aggiungesse la terza 11. ®9 Cfr. sopra nota 33. 70 Costantino Vigilanti (1685-1754), nato a Solofra nel Salernitano e ordinato prete nel 1708, doctor utriusque iuris napoletano nello stesso anno, era stato vicario a Ostimi e a Policastro, poi vescovo di Caiazzo dal 26 novembre 1727. Cfr. Hierarcbia cattolica cit., V, p. 134. 71 Elementorum Metaphysicae mathematicum in morem adornatorum ... Pars altera. Neapoli 1747. Ex Regia Typographia Seraphini Porsile. Superiorum Facilitate., pp. 28 n. n., 295. Le pagine preliminari conten­ gono tra l’altro la dedica « Benedicto XIV Rei Christianorum Publicae Pontifici Maximo Regnique in terris Dei supremo Principi laborum suomm primitias A. Genuensis D. D. D. » sulla quale cfr. sotto § LU I. Nelle successive edizioni Genovesi vi allegherà il breve pontificio di risposta. 853

Prima perché l’opera: crebbe sotto il torchio; e l’altra, perché l’abbate Cossani, veneziano secretarlo del Cardinal Spinelli, il fece avvisare che il Bettinelli libraio veneziano avea riso­ lutamente determinato di ristampare tutta la sua Metafisica subito che la seconda parte fusse uscita alla luce. Per to­ gliergli la commodata di ristamparla, divise la seconda dalla terza parte 72. 1747

LI. Nel carnevale di quest’anno fece amicizia col conte Magone, generale di cavalleria di S. M./f. 21v/. Fu l’occa­ sione la seguente: essendo venuto in Napoli Giovanni Wincler tedesco, medico di professione, ed avendo qui condótta seco la macchina da far le sperienze elettriche, egli fu invitato dal signor marchese Fragianni a casa per vedere queste espe­ rienze. Come ivi erasi portati vari personaggi cospicui per nobiltà e lettere, tra quali era il signor conte Magone, do­ mandato da parecchi del suo sentimento su tali esperienze, ebbe la fortuna di piacere a molti, e sopratutti al detto signor conte, uomo di spirito veramente irlandese, onde egli è oriundo, e di non mediocre letteratura 73. 72 Tommaso Bettinelli ristampò ugualmente a Venezia nel 1748 Elementorum metaphysicae in usum privatorum adolescentium matbematicum in morem adornatorum pars prior-altera, pp. 6 n. n., 200, 24 n. n., 261. 73 II fisico di Lipsia, J. H. Winkler, aveva perfezionato le macchine elettrostatiche a strofinio inventate da O. von Guerike, e nell’anno prece­ dente aveva mostrato « pour la première fois à Rome l’expérience du globe et de la chaine éléctrique ». Se ne ha testimonianza, fra Taltro, nella corri­ spondenza fra O. Caetani e il p. Francois Jacquier, il newtoniano amico di Orlandi e Galiani, noto anche a Genovesi, citata in L. F iorani, Onorato Caetani, un erudito romano del Settecento, Roma 1969, p. 86 e n. Par probabile che, sotto il nome straniero storpiato come al solito dal Genovesi, il secondo personaggio possa esser identificato con Mac Egan « cavaliere irlandese, uffiziale negl’ingenieri di S. M. e fra le altre cose intendentissimo di molte lingue », che G. M. Mecatti indica come proprio collaboratore nella prima traduzione delYEsprit des lois; v. V e n t u r i , Settecento riformatore cit., p. 304; e ora, ma senza aggiungere novità, E. De M a s , Montesquieu, Genovesi e le edizioni italiane dello « Spiritò delle leggi », Firenze 1971, pp. 28, 34. Un conte de Mahony, comandante dei soldati mandati a Mes­ sina nel 1743 e vicario generale in Calabria nel 1743-44 è ricordato da M. S chip a, Il regno di Napoli ai tempi di Carlo Borbone, Milano-Roma-Napoli 19232, I, pp. 372-374; II, p. 203. Cfr.. Bibl. Nazionale Napoli, ms.

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LIL Nella quaresima il cardinale Spinelli gli fece Teno­ re d’aggregarlo nella Congregazione de’ teologi, eh’ egli ha fondata nella chiesa de’ padri Geronimiani, per confutare l’eresia, tra quali v’ha messe de’ piu stimati teologi di Na­ poli, il canonico Mazzocchi, il P. maestro Filosa dotto do­ menicano, l’abbate Latilla di Rocchettino, D. Ciro de Alteriis, D. Gennaro del Gaizo, il P. Ignazio della Croce agosti­ niano, l’abbate Orlandi suo amico e altri molti uomini di spi­ rito e di erudizione. Con tutto che il Genovese poco ripu­ tasse quest’onore e che lo stimasse venirgli importunamente, per gli rumori sopra descritti, tuttavia la prima volta assi­ stette alla detta congregazione senza poi piu curarsene 74 / f . 22r/. l.D. 58: N. F raggianni, Proptuarium excerptorum, t. I, p. 22: « Il conte Mahoni mi fe leggere un libretto in 12° di pp. 157 impresso in Parigi due anni sono 1739 intitolato Amusement philosophique sur le langage des bétes [del p. Bougeant] ... La morte mi ha tolto codesto bravo generale et amico oggi 14 Aprile 1757, nella sua età di 58 anni ». Ci si propone di analizzare altrove questi estratti del Fraggianni, identificabili in parte con quelli ricordati dai biografi. V. supra, pp. 105-108 n. 74 Fondata il 15 giugno 1741 dall’arcivescovo Spinelli sul modello « di una di quelle accademie istituite e fondate in Roma da ... Benedetto X IV ... nella Casa dellOratorio Romano », la società pubblicò subito un Breve saggio delVAccademia di materie ecclesiastiche eretta dentro la Con­ gregazione de* Padri dell'Oratorio di Napoli, Napoli, nella stamperia Muziana, 1741, recensito da G. Lami, « Novelle letterarie », III, 1742, coll. 93-94 (e cfr. II, 1741, coll. 218-223, sull’accademia romana di « storia ecclesiastica», che sulla traccia del Baronio e nella sua stessa sede, riuniva fra gli altri Giovanni Bottari, Fortunato Tamburini, Francesco Jacquier). V. ora R. D e M aio , Società e "vita religiosa a Napoli nell'età moderna (1636-1799), Napoli 1971, pp. 295-302. Nel 1741 l’accademia aveva consa­ crato i suoi lavori soprattutto « all’impugnazione delle calunnie e degli errori artificiosamente sparsi dall’impuro Samuel Basnagio ne’ suoi Annali poli­ tico-ecclesiastici ». Cosi uno degli accademici, l’ab. Carlo Blasco nella de­ dica dei suoi Opuscoli canonici, storici, critici ... dedicati all'em. e rev. principe Giuseppe Cardinal Spinelli, Napoli 1761, che pubblicano a di­ stanza di due decenni alcune dissertazioni lette nell’accademia. Questa seguiva l’esempio delle accademie romane anche nell’uso della lingua italiana. Ai suoi inizi era stata appoggiata da C. Galiani, che aveva « accertato que’ padri gerolamini di quanto piacere abbia recato a S. Santità la fondazione di tale accademia, la quale ha per istituto di illustrare e di arricchire di nuovi lumi la scienza ecclesiastica ». Dall’accademia trassero occasione le dis­ sertazioni del Mazzocchi (e quelle dell’altro accademico Lodovico Sabbatini)

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LUI. Nell’aprile il Cardinal Landi, arcivescovo di BeIn vetus marmoreum S. Neapolitanae ecclesiae Kalendarium, Napoli 1744, ded. allo Spinelli, nonché, sempre del Mazzocchi lo scritto De neapolitanae ecclesiae episcoporum cultu. Cfr. A. M. C a l e f a t i , De Julii Lamentìi Sei-, vagii... vita et scripiis in ''Selvaggi, Antiquitatum christianarum institutiones, Napoli 1744, p. XIII: lo stesso Selvaggi era stato ammesso nell’ac­ cademia in un secondo tempo e nell’elenco degli accademici, citato dal suo biografo e più ampio di quello dato dal Lami, figura anche Genovesi. Fra i trenta membri che comprendeva originariamente l’accademia sono com­ presi quasi tutti quelli citati da Genovesi, salvo Filosa e Latilla: altri accademici nel 1741 erano Bonaventura Fabozzi OFM (poi professore di teologia airUniversità, v. P. O riglia P aolino , Istoria dello Studio cit., p. 92), Gennaro Perelli, Giuseppe Simioli, Ignazio Molinari, concorrenti di Genovesi e . suoi detrattori nel 1748. V. l’elenco completo degli acca­ demici alla fondazione in « Novelle letterarie », III, 1742, coll. 92. Per alcuni teologi citt. v. supra nn. 36, 37. Benedetto Latilla sarà implicato nella prima massoneria napoletana, nonché, come Ciro de Alteriis, nell’esame della Theologia genovesiana: v. Autobiografia II cit., pp. 24-25: Latilla è definito dalla vittima « uomo mezzanamente dotto, ma molto gonfio », de Alteriis « uomo versato nella storia ecclesiastica, che aveva gran lettura de’ libri giansenisti e ch’era e’ medesimo loro gran partigiano ». Benedetto Latilla, nato a Napoli nel 1710, entrato, nella Congregazione dei canonici lateranensi è ordinato prete nel 1733, diventa lettore di filosofia e teologia nell’abazia di S. Maria delle Tremiti, poi di teologia nell’Università di Napoli, infine abate generale della sua congregazione. Nominato vescovo di Avellino il 22 dicembre 1754 e nel 1756 vescovo assistente al Soglio, si dimette a passa al vescovado titolare di Mira nel 1760. Muore il 28 dicem­ bre 1767, dopo esser "stato dal 1761 confessore del Re, noto per le sue posizioni massoniche antigesuitiche. Cfr. Hierarchia catbolica cit., VI, pp. 110, 299. Ciro Altieri o de Alteriis, nato a Napoli nel 1694, prete dal 1717 e doctor utriusque iuris dal 1714, diviene esaminatore del clero napo­ letano. Ottiene per nomina regia il vescovado di Monopoli il 24 ottobre 1754, passa poi nel 1761 a quello di Acerra e muore nell’ottobre 1775. Cfr. Hierarchia catholica cit., VI, pp. 63, 293. Su Ignazio della Croce (1717-1784), v. E. B arba , La dottrina apologetica nelle opere del p. Ignazio Denisi della Croce agostiniano scalzo, professore primario di teologia nella R. Università di Napoli, e Villuminismo incredulo del Settecento, Roma 1743. Le sue principali opere apologetiche, Revelatae religionis vindiciae, 1773, e De ventate religionis christianae, 1776, andrebbero esaminate come possibili utilizzazioni e imitazioni di alcuni temi e fonti di Genovesi. Le Orazioni del p. Ignazio della Croce... accademico fiorentino, Firenze 1769, oltre al S. Cuore e all’Immacolata concezione, a S. Agostino, S. Filippo Neri, S. Fran­ cesco di Sales, lodano Maria Amalia Walburga regina di Spagna e il Car­ dinal Spinelli. A questi ricorda che « nella gran biblioteca dell’immortale suo zio... [Imperiali, udì] Caracciolo, ... Grimaldi, Fontanini, Maiello, Gaggiani, Bianchini, Giratami ». Legatissimo a Spinelli durante il suo esilio,

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nevento ” , per commissione pontificia, ma senza verun ca­ rattere publico, si portò in Napoli, per vedere se potesse smovere il Re da troppo, come dicesi in Roma, rigorosi stadice che questi formò allora « il nobil disegno d’una teologia cavata dai fonti originari delle Scritture de' Padri, delle decisioni de’ sacrosanti Con­ cili e de’ romani Pontefici, e tutti maneggiati dal moderato raziocinio d’una ben r e g o l a t a cristiana ragione ». Secondo V illa r o sa , Ritratti poetici, Napoli 1842, pp. 47-50, questo leccese, studente di retorica « col savio regolamento dell’insigne G. B. Vico » prima di farsi agostiniano mantenne interesse alle lettere, « tollerando a stento il gergo scolastico e le aristo­ teliche dottrine ». Entrò cosi in contatto con ΓArcadia, trovandosi a Roma, e tornato a Napoli ne fondò poi una colonia, cui collaborarono Muratori e Metastasio. Soggiornò nuovamente a Roma e come predicatore a Ve­ nezia, Firenze, Brescia e Torino. Sarebbe stato amico di Querini, Mare­ foschi, Valenti, Passionei, Albano, e fra i napoletani di F. Spinelli, Cusani, Mazzocchi, ma anche di Stefano Patrizi e del Tanucci. Il Denisi, che fu provinciale degli Agostiniani scalzi, era secondo il Nunzio Locatelli « amico e consultore si del signor D. Carlo De Marco come del marchese Tanucci » verso il 1762 quando il frate era stato proposto per il vescovado di Matera, dato poi a un altro. Egli era in corrispondenza nello stesso tempo con Bottari e i suoi « santi cattolici giansenisti », come li chiamava invo­ cando la loro mano « un di sterminatrice de’ pelagiani e semipelagiani e tutti i loro figli e pronipoti e abnepoti ». Cfr. E. D a m m ig . Il movimento giansenista a Roma nella seconda metà del secolo XVIII, Città del Vati­ cano 1945, pp. 120, 140, 142, 196, 198, 231, 240, 268, 322, 351, 355, 362; P. S posato , Per la storia del giansenismo nelVItalia meridionale, Roma 1966 (Estratto accresciuto d’una appendice da « Archivio storico per la Calabria e la Lucania», XXXIV, 1965-66), p. 247 n. 70. I suoi rap­ porti con Genovesi meriterebbero di esser approfonditi, non fosse che per la prefazione del Denisi alla postuma De origine mali dissertatio, Napoli 1750, di F. M. Spinelli pubblicata poco dopo lo scritto analogo del filosofo, alle cui tesi forse faceva cenno polemico l’autore. Il p. Ignazio facendo una- rassegna delle tesi sul male (Bayle, Le Clerc, King, Leibniz) prende le mosse da Bayle, di cui dice di aver letto « stomachatus » il Dictionnaire, soprattutto gli articoli su Manichei, Marcioniti, Pauliciani e Origene, molti anni prima. « Hinc faedae obscenitates Aretini, trux Machiavelli politica, impudens atheismus non amplius movent, immo subtilem nostri saeculi malitiam offendimi, cum haec in Baelio materiam omnem se oblectandi invenit ». 75 Nato a Piacenza nel 1682 e laureatosi in utroque alla Sapienza nel 1733, Francesco Landi s’era fatto prete in tarda età (1741) percorrendo precipitosamente tutti i gradi della carriera ecclesiastica; dal 20 agosto al 3 dicembre era passato dagli ordini minori al titolo di vescovo di Benevento e assistente al Soglio. Cardinale nel settembre 1743, aveva dato le dimissioni dal vescovado nel gennaio 1752. Aveva ricoperto il ruolo di ambasciatore in Francia, poi di referendario, di segretario della Congre­ gazione della disciplina regolare e di consigliere del S. Offizio, infine di

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bilimenti per la giurisdizione ecclesiastica. La sola fama sparsane alienò cosi fattamente l’animo de’ napoletani da questo Cardinale, ch’egli non fu piu considerato in Napoli di quel (che) sia il menomo parroco. Non ci fu della nobiltà chi gli facesse visita: né ebbe veruno aggio di parlare al Re di chechesia. La dignità cardinalizia, ch’altri tempi era te­ muta da’ piu potenti Re, era in Napoli motivo ,di disprezzo. Variano secondo i tempi le idee degli uomini e le openioni! Seppe il Genovese dal marchese Branconi76, come l’eminen­ tissimo Laudi nel licenziarsi dal Re tentò entrare in ragioPrefetto della Congregazione dell’Indice. Cfr. Hierarchia catholica cit., VI, p. 120. In questa sua qualità sarà il destinatario d’una lettera di Ge­ novesi Γ11 settembre 1756, quando la terza edizione della Metaphysica, uscita quell'anno, sarà denunciata in una causa protrattasi fino al 1763, cioè dopo la morte del Laudi (1757). Cfr. Lett. familiari cit., I, pp. 79-81 (e cfr. pp. 71 e 82, risposta del Landi che gli promette « le pruove piu sincere della stima particolare, che professo al suo gran merito.»). Al Landi, ch’era stato legato fin dalla giovinezza a C. Galiani, ma che Geno­ vesi non risulta aver mai, incontrato, questi espose l’interessante sua inter­ pretazione della Metaphysica in termini apologetici contro « panteismo, deismo, libertinaggio »: « come questa parola difesa significa conoscere chi ci attacca, le sue armi e Parte sua, e valorosamente combatterlo, io lessi quanto potei de’ nostri nemici... e conciosiaché taluni de’ nostri nemici hanno ardito. attaccarci con .metodo geometrico, io scelsi questo per la difesa. ... Nella prima [parte] dimostro essere una chimera l’unità della sostanza, primo sostegno del panteismo, e combatto la fatalità bruta per tutt’i versi. Nella seconda mostro che gli spiriti umani sono incorporei, immortali, liberi e capaci di virtù e di vizio. Nella terza stabilisco l’esistenza della Mente eterna, incorporea, infinita, onniscia, libera, ottima, creatrice e conservatrice del mondo, e l’ispirazione divina de’ Libri sacri e della re­ ligione cristiana. Nella quarta dimostro l’esistenza d’una legge naturale . e primitiva e i doveri che ne derivano ... Sviluppo, confuto, volgo in ridi­ colo le opposizioni degli avversari, seguendo il metodo degli antichi apo­ logisti ». 76 Gaetano Maria Brancone è ministro degli affari ecclesiastici fino alla sua morte nel 1758. Genovesi lo nomina ripetutamente nélyAutobio­ grafia II cit., pp. 20, 21, 26, 35, 37: all’inizio del concorso di teologia, nel 1748, lo dice « uomo di piccolo spirito,, di niuna letteratura, molto divoto e vanamente ambizioso. Egli mi amava: ma i preti di Napoli, il cardinale, la lettera di Roma cominciavanìo a far sospettare della mia ortodossia ». Fu poi il Brancone a riferirgli « che il Re ordinava che io non insegnassi piu questi scritti; ma che desiderava ch’io li stampassi; che ip non pensassi piu alla cattedra , di teologia, la. quale si prowederebbe per dispaccio in persona che fosse ,fuori del numero de’ pretensori ». Manovra-

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namento del suo impiego: ma il Re fingendo di non inten­ dere: « È vero »> gli disse, « Monsignore, che le strade di Benevento sono ora cattive?» « S i » , disse il Cardinale, e riprese il primo parlare del S. Officio, credendo che S. M. non avesse inteso. Il Re la seconda volta interrompendolo: « Voi », disse, « Monsignore, andate ora in Piacenza (patria del Landi, dove diceasi che dovesse fra breve essere il Landi) e la troverete in man de’ tedeschi ». Ammutì il Cardinale e partissi il piu confuso uomo del mondo. Mai la Corte di Ro­ ma non ha mai trattato negozio piu infelicemente di que­ sto/!. 22v/. In questo stesso anno diede alla luce la seconda parte della Metafisica, la quale pensò dedicare al papa Benedetto XIV per cosi fortificarsi contro al partito d’alcuni preti e frati napoletani, i quali per motivo d’invidia gli vegliavano addosso. Egli perciò scrisse alla Santità Sua una lettera sup­ plicandola a concedergliene licenza. Sua Santità in forma di breve a nome suo gli rispose gentilissimamente. Dopo stam­ pata, insieme, colla prima parte, la Logica e la Lettera al­ l'abate Conti, la mandò a S. Santità con una ossequiosissima lettera, a cui S. S. rispose con un breve molto per lui ono­ revole 77, i quali fece egli presenti a S. Maestà, per toglierle qualunque scrupulo avesse potuto rimanergli degli rumori to da un « prete devoto e furbo » il ministro non s’era opposto con la dovuta prontezza ai tentativi inquisitoriali dello Spinelli e, mancato poi Galiani, con il nuovo Cappellano maggiore Villarosa, ostacolerà inizial­ mente la fondazione della cattedra intieriana. « Dopo le passate contese teologiche il signor Brancone era da ine rimasto alienato, parte per i so­ spetti della mia ortodossia che gli avevano suggeriti i preti napoletani, dai quali egli si lasciava governare; e parte perché io non mi era molto lodato della sua condotta ed aveva, come suole avvenire nelle forti passioni, par­ lato di lui non certo con falsità, ma non secóndo la sua ambizione ». . ·, 77 Cfr. sopra nota 46, 64, 71. V. i due brevi di Benedetto XIV datati 14 luglio e 29 agosto 1747, stampati per la prima volta negli Elementorum artis logico-criticae libri V. Editio altera neapolitana, Neapoli 1748, ex typographia Benedicti et Ignatii Gessari. Superiorum Facultate, p. (a6)v: «Abbiamo scorso qualche cosa appartenente alla Logica ed abbiamo am­ mirato il suo ingegno, e Ί suo giudizio, né punto dubitiamo, che tutto il rimanente non sia per essere uniforme. La prendiamo in parola per quanto accenna di voler fare per le materie sacre ». Mettendo in circolazione il breve, Genovesi consolidava notevolmente la sua candidatura alla cattedra 859

del 1743: poiché il Re Carlo quanto è memorioso altrettanto 1748 è scrupoloso. Ma quest’azione e la sua fama, che andavase piu crescendo, fecergli scoppiare la terribile persecuzione, che durò tutto quest’anno e buona parte del seguente con grandissimi rumori. Sulla fine di marzo di quest’anno il p. Sances benedettino negro fu promosso al vescovado di Ariano di regia promo­ zione. Come egli era professore primario di teologia, va­ cando questa catedra di rendita di 200 scudi, per dispaccio regio fu sottoposta a concorso 7®.

di teologia. Cfr. G. M. M onti, A Genovesi e Benedetto XIV, « Ar­ chivio storico per la provincia di Salerno », N .S. IV, 1933. 78 Cfr. nota 66. Si tenga presente che secondo lo stato ufficiale degli stipendi dei professori dell’Università di Nàpoli al 16 marzo 1754, pubbli­ cato da M. S c h ipa , Il regno di Napoli cit., II, pp. 215-217, alla vigìlia della cattedra intieriana « A. Genovesi lettore interino della cattedra Ettica o sia filosofia morale» guadagnava solo «dùcati 120». Inoltre come si vede dalla lettera del Nunzio Gualtieri cit. pp. 848-9 la cattedra teologica avrebbe probabilmente avvalorato le prospettive di Genovesi per un ancor più lucroso vescovado. Per tutta la questione del concorso, v. Autobio­ grafia II cit., pp. 20-26; G. M. G a lan ti , Elogio storico cit., pp. 65-92, e sia consentito di rinviare a quanto si è scritto suHsl Tbeologia e su queste vicende pp. 646-51.

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A P P E N D IC E I I

Testi inediti dai «Theologiae Elementa » * I. E l e m e n t o r u m T h e o l o g ia e / C h r i s t i a n a e l i b r i VII / P r a e c l a r i s s i m o A n t o n io G e n u e n s i j a m E t h i c a e , n u n c P r o f e s s o r e C o m m e r c ii e t M e c h a n ic a e A g r a r ia e in C a­ t h e d r a I n t e r i a n a , c o n s c r i p t i in u s u m A d o l e s c e n t i u m .

P r a e f a t io

Cum multae sint eruditionis humànae partes, quarum accuratam tractationem reformident viri ipsi lectione et meditatione stìbacti, tum vero nulla est aeque difEcilis et im­ plicita, nulla longius latiusque patens, nulla cui ussui disciplinae ferme omnes, quae sunt apud homines in comercio, inserviunt1, quam theologia, idest scientia rerum omnium divinarum et humanarum, earum quae cum divinis coniuctae 2 sunt, aut divinas 3 quoquo modo spectant; scientiae quidem omnes concatenatione quadam inter se continentur, et sunt pleraeque, in quibus saltem / D p. 2 / liceat esse4 mediocris etiamsi a caeteris divellantur, / B p. 2 / sed5 theologus nisi omnem omnino eruditionem complectatur, indoctus iure et 1 cui usui sint disdplinae fenne omnes, quae in commercio apud homines sunt MF 2 coniuncta B 3 divinas: illas spectat; ita fit ut quamquam scientiae omnes MF 4 tamen plures sint in quibus liceat saltem esse MF 5 at MF * Per la descrizione dei mss. qui utilizzati v. Parte II, pp. 437-442, note 29, 30, 33, 34 e 35 e pp. 949-950. 861

ineptus habetur e, nimirum preclare ac sapienter7 de Deo rebusque divinis .disseri nequit, nisi3 cum sana atque pur­ gata ratione, tum vero et e x 8910revelatione ab omni superstitione atque humanis commentis extricata. Porro 18 ad rationem formandam et purgandam 11 disciplinae omnes symbolum conferunt, in primis vero philosophiae et mathematicae12; ad revelationem etiam agnoscendam13 atque interpretandam non antiquissimarum modo linguarum, historiarum, morum ac proinde14 Critices scientiae opus est, sed sublimioribus ipsis disciplinis, quarum nulla est, ex qua praesidium non accersat15 theologus. Theologum igitur ego 16 eum appello, qui in qualibet divinarum rerum quaestione sciat quantum ad eam conferai bumana ratio atque discipli­ nae illae quae ex naturae ratione profluunt17, quid veteres ipsae Nationes de ea senserint, quid domini181920 vates in 18 libris suis super eadem scripserint, quid ex Propbetarum at­ que Apostolorum praedicatione per manus ad nos deman­ datimi 2,0 sit, / B. p. 3 / ad eam rem quid 21 spectat, quantum in ea veteres cuiusque saeculi theologi seu Patres profecerint, aut scripserint22, quae inde natae partium discordiae partiumque illarum suae23 dissedendi rationes et causae, quid ex linguarum / D p. 3 / peritia et critica praesidii sperari possit, 8 habebitur MF 7 praeclare ac sapienter: rite MF 8 rebusque divinis disseri nequit nisi om. MF 9 ex om. MF 10 At MF 11 et purgandam om. MF 12 disciplinae omnes philosophicae et mathematicae necessariae sunt MF 13 etiam cognoscendam: vero penitus agnoscendam MF 14 ac proinde om. MF ls accusar B 18 ego om. MF 17 exprofluunt ratione MF 18 Divini M F: Divini: Domini corr. B 19 in: ex MF 20 mandatimi MF. 21 quid: quod MF 22 scripserunt MF 23 suae: quae MF 862

ut ea quaestio rite examinetur. Tum porro, quae recentiorum24 saeculorum de eadem sententia25* sententiarumque istarum pondera et28 momenta, atque haec quidem ea ratione et via pertractare debet theologus, ut et definiat singula accurate et dividat perspecte, et dubitet oportune, et argumentorum vim perpendat, ut quidquid 27 sit in unoquoque prò se aut contra roboris 28 intelligat. Non ego igitur 29 theologum et catechistam30 una misceo, huius enim ofEcium31 est religionis praecipua32 capita imperitos decere nuda illa et simplicia; theologi vero etiam videre rationes et causas eius, quae in nobis est fidei, ut Petrus Apostolus docet33: « seu quemadmodum fides pii opituletur et adversus impios defendatur » ut loquitur Augustinus 34. Magno ergo35 in errore versantur ii, qui aut brevi tempo-/B p. 4/—re aut breviusculis et e media barbarie depromptis rei theologicae institutionibus theologos se esse posse sperant. Quorsum, inquit aliquis, tam longe repetita oratio? u t36 utrique admoneamur, et me qui doceo opus perarduum quam quod maxime aggressurum37, et vos qui auditis in longe difficiliores res atque labores quam hucusque ingressuros. Iuvabit id praeterea utrosque, ut ego diligentior sim 38, et vos minus quam tyrones esse solent confidentes. Interim quum in re perplexa et longa labi / D p. 4 / facillimum sit3940, solemnem hanc habeo4° edictionem, me si imprudentius quidpiam peccem, in24 recentium MF 25 sententia: sententiae MF 2,6 pondera et om. MF 27 quidquid: quid MF 28 Pro se aut contra roboris: ad rem suam subsidii MF 29 Non ego igitur: quocirca non ego MF 30 κατηχίστήν MF 31 officium om. MF 92 praedpua om. MF 33 docet: loquitur MF 34 apposite Augustinus loquitur MF 35 Magno ergo: quanto igitur MF 36 ut: nempe ut MF 37 aggressurum: suscepturum MF 38 ut ego diligentior sim: et me diligentiorem esse MF... 39 sit: est MF 40 habeo: habete MF 863

dictum velie; ex eorum enim numero me esse profiteor, « qui scribunt proficiendo et scribendo proficiunt », ut cum Augustino loquar, Epistola 7 veteris editionis41.

41 si imprudentìus - editionis: quodcumque minus probat Ecclesia indictum velie, si, quod avertat Deus omen, alicubi me imprudente paullo negligentius emissum sit. «Errare enim possum (nam Augustini verba libentissime usurpo), haereticus esse non possum»: illud enim naturae, quod prohibere non possum; hoc contumacie volimtatis, quod possum.

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π. P ro leg o m en a I

§ 9:... Enimvero cum Ecclesiasticis demandatum sit onus, ut Religionem conservent et divinato scientiam populo doceant, quemadmodum loquitur / D p. 14 / Malachias prò pheta, nec id rite facere queant sine Scripturarum peritia, officium certe suum produnt ii sacerdotes, qui omissis Prophetis et Apostolis et amatoria carmina et Romanenses legunt historias, quam rem vel id temporis lamentabatur Hieronymus1: «sunt quidam, qui ne scripturarum studio incumbant2 incomptum stilum et horridam dictionem causantur »; fertur fuisse Bembi3 vox: « semel legi Bibliam; si iterum mihi esset legenda, omnem perderem latinitatem ». Sed sane Bembi4 tribuit Hornius in Historia philosophiae. Nec13 ne­ gare possumus Politiani et Bembi aevo viros cultos in Ci­ cerone legendo magis se exercuisse, quam in divinis scripturis; atque hi omnium mortalium mihi imperitissimi videntur et stultissimi. Primum / B p. 20 / divinae Scripturae non poeseos aut oratoriae artis ergo legendae sunt, sed divinae sapientiae amore; quae sapientià, quo simplicius et horridius exprimitur, eo est gravior et sanctior. Et quemadmodum gravissimas matronas dedecet ad admodum theatralium personarum ornari, ita sublimem ipsam sapientiam instar fucatorum scriptorum prodire, quod et Quintilianus ipse monet, deinde est in Sacris Scripturis sua eloquentia, suus ornatus et quidem rerum magis quam verborum. Praeclara sunt, § 9

1 Hyeronimus et B 2 incubant B 3 Politiani del. B ; Politiani D 4 Politiani del. B; Politiani D * Ac B 865

quae super ea re scribit Bernardus Lam y, praefatione ad Apparatum Biblicum, « quot, inquit egregiis dictis, quot praeclaris facinoribus, quot exem plis sim ilitudinibus, parabulis, quae adminicula 6 / D p. 15 / sunt, et praesidia oratorum abundant illi codices ». Sed non solum veram doctrinam et omnem dicendi m ateriam suppeditant, verum et ornamenta, quibus pondus, vis et decor adduntur orationi. U bi enim maior in docendo perspicuitas iuncta cum brevitate quam in Evangelio? Q uis orator in carpendis vitiis vehementior quam Prophetae? Q uis ad movendum / B p . 21 / et flectendum_magis aptus quam P aulus? Unde decor ille poeticus, qui efflorescere debet in oratione facilius conciliatur, quam ex Psalm is D avidicis? U bi denique maior copia sententiarum, quam ex libris Salom onis? § 10. Sed sunt fortassis qui adversus superiora inutilem totam hanc disciplinam et falsam reputent, clamantque im­ poni populo a Theologis, quum enim constet inter omnes, qui de D eo philosophantur, ignotàm nobis D ei esse naturam , recenseaturque1 inter D ei proprietates incomprebensibilìtas; verbosa quidem esse poterit Theologia, vera non poterit, nec prohinde utilis. A c quod natura D ei sit incomprehensibilis m entibus humanis, inde patet, quod sit illa infinita, mentes vero humànae brevissim ae; accedit quod veteres Theologi aperte eam incomprehensibilitatem praedicant. Cum Plato dixisset « D eum invenire difficile et vulgare im possibile », G regorius Nazianzenus ita corrigit, ora­ tione 34: « ut prò eo quod Plato invenire ait esse difficile, ille m ulto im possibile eam dicit invenire, quam eloqui ». Plura sunt simi—/ B p. 2 2 /—lia Patrum dieta, quorum quaedam protulit Petavius, tom o I Dogmaticae Theologiae, li­ bro 7, capite 1 °/ Beatus Thom as eutùque 2 schola omnis secuta tradunt D eum non posse intelligi, nisi via rem otionis, 8 adminucula D § 10

1 recentiaturque B 2 cumque B

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idest removendo ab ea natura quidquid perfectissim um non sit. H uic argumento addunt totam theologiam ac contentiosam esse, discordias atroces progignere, quae non sine do­ lore in tota historia ecclesiastica leguntur; occupari praeterea in quaestionibus magna ex parte, aut otiosis, aut in u tili-/ D p . 1 6 / —bus, aut eius generis, quae nullo m odo mente Hu­ mana finiri queant, plerisque etiam quae non leves scrupulos iniiciunt, ex quibus conficere sibi videntur, non modo inutilem esse Theologiam , verum etiam noxiam. § 11. Sed ei argumentationi binis verbis responderi potest. D ei existentiam et quasdam eius proprietates, eas praecipue, quae vitae nostrae intersunt, idest primam universi causam aeternam, sapientissim am , potentissim am , optimam m anifestis naturae argumentis intelligi ii negare possunt, qui prorsus bardi / B p. 23 / sunt et stupidi, et quamquam periectam e t adaequatam D ei notionem m ortalium nemo complecti animo potest, aut perfecte D ivinam naturam explicare, quod veterum illa scita docent, id tamen nihil officit veritati et utilitati huius disciplìnae, quem adm odum non inde confeceris scientias physicas falsas esse et inutiles, quod perfectam corporum cognitionem eorum que, quae in corpore insunt, non habemus, quin immo nulla apud homines huiusm odi di­ sciplina est cuius obiectum illi adacquate noscant aut profiteantur, nec propterea omnes inutiles, et verbosas potius, quam veras dicimus, nisi perridiculi esse volum us; quando quidem ergo constai de prim o huius disciplinae obiecto sto­ lidi sint oportet, qui eam scientiam 1 populis imponi clam ant, quod addunt, discordias hanc scientiam atroces alere et m agis plerum que, aut periculosis quaestionibus serendis occupari theologos, id non disciplinae vitium est, sed professorum ; itaque non m agis eam ob rem accusare Theolo­ giam possis, quam medicinam a u t ./ D p . 17 / oratoriam , quod plerum que / B p. 2 4 / ocddan t medici, oratores vero seditiones aut excitent, aut alant. Sed huiusm odi argumenta pertrita iam in scholis evasere et puerilia.

S 11 1 L. eam scientiam: ea scientia B.

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in . P ro lego m en a I

§ 18. Caeterum et illud scire Theologus debet, quemadmodum ex his locis aut principiis illis in quaestionibus Theologicis adversus dissentientes argumenta dueat, neque enim omnibus his locis in singulis theologicis quaestionibus uti potest, aut debet; enimvero si res agatur cum ethnicis, cum iis qui scripturarum divinarum auctoritatem non agnoscunt, sola ratione naturali, aucto —J D p . 22 / —r ita te 1 Philòsophorum, H istoriae nationum uti potest ad prim a Religionis Christianae capita adstruenda, ut illos quasi m anuducat ad revelationem complectendam. Praeclare id egere vetcres Patres in suis adversus G entiles libris, Justin us M artyr, Athenagoras, Clemens Alexandrinum , Tertulianus, Arnobius, Lactantius, Augustinus; itaque quoque egit B. Thom as in libro contra Gentes, in quibus ratio n e2 potissitnum et Philosophorum auctoritate d a m a t a sua statm m t. A t / B p. 32 / si disserat Theologus adversus H ebraeos, non ratione tantum naturali utetur, veruna etiam auctoritate V eteris Testam enti, additque doctiorum Rabbynorum auctoritatem , at nec Novum Testam entum adhibebit, nec eos veteres libros, quod illi ut Canonicos non habent. H uiusm odi enim argum enta egregia illi contemnunt. Tandem adversus H aereticos non utetur Theologus nec eorum librorum auctoritate, quos illi prò divinis non recipiunt, nec aliorum locorum, quorum nullam esse auctoritatem profiten tur3, alioquin de quaestione in quaestionem sine ullo termino excurret; praeterea Theologus ad ethnicos, M ahumm edanos, H aereticos refellendos argumentatur, quandoque ad hominem, id est e x iis locis probationes suorum dogm àtum hauriet, de quorum veCfr. supra, pp. 503-4, per la redazione MF sensibilmente diversa. 1 auctoritatem B 2 rationem D 3 profitent D

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ritate inter eas non abigitur, etiam si loca illa nullam certitudinem facere posse intelligat, utetur autem non ad Dogmata dem onstranda, quae ex falsis principiis nullo m odo dem onstrari possunt, sed ad Adversarios confundendos et convincendos, ita quamvis inter Christianos nemo ignorai Alkoranum librùm esse errorum, im posturarum et fabularum ple­ num, u t a t u r / B p . 33 / tamen eius auctoritate Theologus ad M ahummedanos revincendos, atque ita egere V eteres Patres cum libris M ercurii T rism egisti aut Sybillarum, quos etsi intelligerent nibil habere ponderis, quum tamen exciperentur publice apud G entiles, commode iis utebantur / D p. 23 / ad G entiles refelleiidos.

τν. P ro lego m en a I

§ 21. Protestantes otnnes articulos fidei dividere consueverunt in fundàmentàles et non. Fundàm entàles appellant illos, qui ad essentiam Christianae fidei pertinent, ut idcirco qui eos quocum que m odo ignòrat aut negat, Christianus esse non possit, istos / B p. 36 / vero dicunt, qui ad essentiam Christianismi non pertinent, ut qui negat aut ignorai non desinai esse Christianus, quatti distinctionem inaedificant verbis Pauli, quae sunt in prirnà ad Còrinthios, capite 3: « Secundum gratiam 'Dei, quae data est mihi, ut sapiens architectus fundamentum posui, alius autem superaedificat. Unusquisque autem videat, quom odo superaedificat, funda­ mentum enim aliud nemo potest ponere praeter id quod positum est, quod est Christus Je su s. Si quis autem superae­ dificat super fundamentum hoc, aurum, argentum, lapides pretiosos, ligna, foenum, stipulam , un iuscuiusque1 opus manifestum erit, dies enim declarabit, quia in igne revelabitur, et uniuscuiusque 2 / D p . 25 / opus quale sit ignis probabit, si cuius opus m anserit, quod superaedificavit mercedem accipiet. Si cuius opus arserit detrimentum patietur, ipse autem salvus erit, sit tamen quasi per ignem ». Sed non video qua ratione eo Pauli loco ad eam distinctio­ nem fulciendam uti possint, nam protestantes dogm ata fidei, idest quae divina revelatione continentur, in fundamentalia et non fundam entalia / B p . 37 / dispescim t, at Paulus totam revelationem velut fundam entum Christiani aedificii habet, et quae superaedificantur doctrinae sunt et opiniones humanae extra revelationem. Caeterum inter se in eo concertant calvinistae lutherani et rem onstrantes, quae sint huiusmodi dogm ata fundam entalia. Philippus Lim borchius in postrem o libro Theologiae Christianae, capite 22, duas constituit regulas ex quibus articuli fundàmentàles a non § 21

1 Unuscuiusque B 2 unuscuiusque B

870

fundam entalibus discerni queant; prim a est eas doctrinas, quae d a re in scripturis positae sunt, addita necessitatis nota seu formula, ut qui eis non credit non habeat vitam aeternam , aut simili e s s e 3 articulos fundam entales; altera eas doctrinas sine quibus sanctimoniae studium seu vitae sanctitas consistere non potest, item esse articulos fundamentàles, caetera omnia dogm ata, quae ad duas istas classes non pertinent ad articulos non fundam entales reiirìt, et creditu non habet necessaria atque in iis tolerantia inter Christianos esse debere contendit, at alii protestantes in hanc arminianorum doctrinam acerrime inve —/ B p. 38 / —huntur, velut quae lab efad et totae fidei Christianae corpus in primis Johannes Alphonsus Turetinus genenvensis th eo lo gu s4 in disquisitione D e articulis fundam entalibus , et Johannes Franciscus Buddeus, theologus lutheranus, libro 1, capite 1 / D p. 26 / Institutionum Theologiae dogmaticae. Praeterea acriter super articulis fundam entalibus disputatum est su­ periore saeculo, inter Ju ria e u m 5 m inistrum calvinianum et Nicolium Ecclesiae nostrae theologum, quorum primus scripsit D e ventate Ecclesiae et articulis fundam entalibus, cui librum D e untiate Ecclesiae opposuit Nicolius. Sunt ex his, qui articulos fundam entales habent eos omnes qui in Scriptura d a re sunt positi, etiam non addita necessitatis form ula, alii vero inter fundam entales habent eos tantum qui in Symbolo A postolorum collecti sunt. § 22. In Ecclesia nostra distinguendum primum est inter ea, quae explicite sunt creditu necessaria et quae non sunt necessaria, u t explicite credantur; ad primam classem referim us cum Bellarm ino existentiam D ei, providentiam, Trinitatem , divinitatèm D om ini nostri Je su s Christi, et praem ià atque poenas alterius vitae, super his ignoratio aut error saluti consequendae impedimento est; caetera autem dogm ata Christianae fidei explicite creditu non sunt necessaria, quod ita intelligendum est, ut si quis ea invincibi3 simili esse D: similes B * theologi B D * Juraeum B 871

liter ignoret, aut in his sine pertinacia erret, salvati potest, non ita ut negari possint cum pertinacia sine dispendio vitae aetem ae, nam qui huiusm odi dogm ata negat, pertinaciter violat, is obsequium in verbum D ei, nec vero qui ita se gerir, vitae aeternae compos fieri potest, quod si cum hoc sensu articuli fundamentales accipiantur, quemdamodum omnino accipiendi sunt, non est nec cur theologi nostri eam distinctionem respuant, nec cur protestantes calumnientur, quasi omnia dogm ata inter articulos fundam entales referamus, ut qui unum invincibiliter 1 ignoret aut in eo sine per­ tinacia erret, e x / D p . 2 7 / (se n te n tia )2 nostra ignibus aetem is addicatur. § 23. Iam propositiones quae doctrinis theologicis opponuntur, variis vocabulis appellar! solent: impiae, pagarne, iudaicae, haereticae, sapientes haeresim, scandalosae, / B p. 40 / pietatis offensivae, male sonantes, simplicium seductivae, schismaticae, iniuriosae, aliique de quibus consuli possunt Canus libro 12 De locis, capite 10,' Juveninus Institutionum Theologicarum disputatione prim a, Annatus libro 2 Apparitionum Theologicarum, capite 2. N os paucis verbis eas definiemus: impia est doctrina quae aut D eum negat aut D ei naturam evertit, veluti si quis aut D eum non esse, aut non esse providum, aut esse malignum, aut D eum esse totam hanc rerum universitatem ; ludaica est, quae propria praesentis Iudaismi est, velut Jesu m non esse m essiam illum a prophetis praedictum; pagana, quae propria est G entilium , ut Martem aut Mercurium esse D eos, quo circa si verba ista latinae linguae mehercule, medius fidius, me Castor, Dei immortales, si Diis placet, cum eodem sensu accipiantur a Christianis, dum latinitatis ergo próferunt, pagana sunt, sed si iis phrasibus nihil Religionis Rom anae intelligatur, damnandae n o n 1 sunt. § 22 1 invingibiliter B 2 sententia scripsit in limine D; om. B § 23

1 non om. B 872

V.

L ib e r

p r im u s , ca pu t ix :

D E IU D IC IO R O M A N I P O N T IF IC IS IN R E T H E O L O G IC A

F 6 0 '; M283

§ I. D e Iudice controversiarum theologicarum in Eccle­ sia Christiana d is p u ta to non m odo haereticos inter et Ca­ tholicos, sed et inter Catholicos ipsos. E t quidem Protestantes, ut superius dixim us, solam Scripturam esse controfi versiarum theologicarum judicem docent. Sed cum Scriptura pluribus locis obscura sit et am bigua, quod Protestantium labores in illa interpretanda tum et discordiae satis superque dem onstrant, qui solam Scripturam judicem controver­ s i 284 siarum /facit, is talem ponit iudicem qui judice alio indigeat. io Adpellant quidam Protestantium ad spiritum cuiusque pri­ vatim i; sed quam fallax hic iudex, qui tot sententiarum est, quot capitum ? Bene habet quod Calvinus huius sententiae patronos fanaticos appellai. D ubitandum ergo non est, quod supra dem onstravim us, Ecclesiam D ei visibilem , quatenus ex 15 Pastoribus et D octoribus constai, adeoque Concilium Oecumenicum judicem esse illum et organum S p ir it o Sancti quo fideles suos erudit. § I I . Sed ea gravissim a inter Catholicos controversia est, an etiam P apa ex cathedra definiens judex sit infallibilis? Plures et graves Theologi docent Papae judicium in re­ bus fidei et morum esse infallibile. Ita H ispani, Itali, Belgae 5 plures et aliqui etiam ex G allis, at clerus G allicanus in comitiis G alliae generalibus coactis, articulo IV declarationis, haec habet: « In Fidei quoque quaestionibus praecipuas Summi Pontificis esse partes, eiusque D ecreta ad omnes et singulas |6 0 T E c d e sias perti/nere, nec tamen irrevocabile esse judicium, io nisi E cd esiae consensus accesserit ». H aec cleri Gallicani IX i,

10: Appellant quidem Protestantes M 12: (Calvinus) dicat del. F 873

declaratio fatta ab Archiepiscopis, Episcopis, atque Theologis G allis, doctrina fuerat estque hodie totius Sorbonae edlcΜ 285 toque regio cau/tum est, ne quisquam imposterum charactere theologi insigniretur, qui has theses non defenderit. 15 Quando autem Ecclesia G allicana Rom anae Ecclesiae communioni consocietur, ea neque haeretica, neque schismatica est, adeoque Fidei c a p u t. non est, Papam esse in judiciis suis infallibilem: nana si Fidei caput esset, haeretica esset Gallicana Ecclesia, quae id pernegat. Q uae cum ita sint, ar20 gumenta ex judicio Pontificis desum pta in re theologica probabilia esse possim i, non certa. .

5

io Μ 286

15

20

§ I I I . Interim nos libenter agnoscimus probabilius esse Papae iudicium esse infallibilem tum quidem, cum e cathe­ dra definii. D efin it. autem P apa ex Cathedra, cum circa Fidem aut bonos mores adhibito Scripturae et Traditionis, in consessu Ecclesiae urbis Rom ae, diligenti examine Ecclesiam Universalem erudit. Ita Bellarm inus et Serry. N on ergo in quaestionibus facti seu historicis, sed in quaestionibus Fidei et Doctrinae Christianae haec infallibilitas tribuitur Papae, seu potius Sedi Romaiiae. Argumenta autem, quibus id pro­ bamus, magno numero consarcinavit Bellarm inus D e romano pow/i/ice./Praecipua sunt primum Lucae 22 v. 32. H ic Chrir stus alloquitur Petrum : « R ogavi prò te Petre, ut non deficiat Fides tu a,; et tu aliquando conversus confirma fratres tuos ». Petto, ergo, adeoque et eius successoribus Papis prom issa est infallibilitas in Fide. Launoius in longissim a E pi­ stola ad Bevilaquium , Dupinus D e antiqua Ecclesiaè D isci­ plina, Bossuetius in D efem ione Declarationis Ecclesiae Gallicanae, libro X II, hunc locum ita cribrarunt, ut nihil in eo esse conati sint probàre, quod Rom ano Pontifici faveat, et Dupinus quidem respondet his verbis: « hoc tantum prom isisse Christum, Petrum non defecturum amplius in Fide,

XX, ii IX, iii,

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19: ita om. ili 5: consensu ili 11: Hic: Sic M 13: et om. M 23: sunt M 20: iis verbis: «hoc tantum permisisse M

sed generoso animo piaestiturum , eàque sua constantia dietis et factis confirm aturum , alios A postolos, ita ut hoc privilegium personale fuerit » ; addit:· ;« atque ita eum locum expo25 suerunt Tertullianus in libro de Fuga et Persecutionibus, capite 2, Cyprianus E pistola 8, et in libro de Oratione Dominica, H ilarius de Frinitale, Basilius H om ilia 22 de Hum ilitate, Am brosius in Psalm um 43, Chrysostomus H om ilia 63, Augustinus pluribus in locis ». Bossuetius vero observat 30 in eo loco duo esse: prim um prom issionem infallibilitatis, Μ 287 quae Petri/personam tantum spectat, alterum ut confirmet fratres suos, quod spectet Papae primatum . Sed bae responsiones efficiùnt quidem ut argumentuin non sit apodicticum, non vero omni probabilitate ènervant, quunx veteres aliqui 35 Patres ad infallibilitatem Papàe eum locum referant. § IV . Alterum argumentum iterum ex Scriptura sumitur. M atthei 16, cum. rogasset Christus, quem eum homines dicerent, responderunt alii A postoli: « A ut Eliam , aut GeF 611 remiam, aut/Joannem aut unum ex. Prophetis ». Petrus ve5 ro: « T u es Ghristus Filius D èi vivi » , Christus addidit: « T u es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, et Portae Inferi non praevalebunt adversus eam ». Petrus ergo adeoque eius successores. Papae sunt Ecclesiae fundar mentum. Errare ergo in Fide non possunt, alioquin corrue10 ret Ecclesiae fundam entum. E st quidem hoc argumentum valde probabile, sed non apodicticum. N am ut observant laudati G alli theologi, pluribus m odis veteres Patres locum illum interpretati sunt. Prim o ut iccirco super Petrum E c­ Μ 288 clesia fundata sit, quia ipse et caeteri A postoli/prim a Ec15 clesiae Christianae fundam enta jecerunt: itaque excluduntur 29: Homilia 63 corr. F ex 43. et (Augustinus) add. M 30: eo in (loco) M 31: tantum personam M 33-4. apoditicum . . . cum (veteres) M IX, iv, 2: hominem M 5: filii F 8: successoris F 10-11: (sunt Ecclesiae fundamentum). Est quidem hoc argumentum del. F 10: corruerat F 15: christianae iter. F

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reliqui successores, quibus non fundandi, sed augendi et conservandi tantum data est gloria. A lii volunt confessionem Petti, qua constabat Jesu m esse M essiam , esse eam Petram, super quam sit fondata Ecclesia. Certe Christiana 20 Ecclesia ex hoc articulo tota pendei, Jesum esse M essiam , quo negato corruit tota. A lii tandem docent, ipsum Christum esse Petram . V ide auctores harum sententiarum apud M aldonatum in htmc locum. Quoniam ergo omnes istae interpretationes aeque sunt ad litteram , efficitur ut argumen25 tum non sit apodicticum.

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10 M 289

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20

S V . Tertium argumentum e Scriptura item depromptum est huiusmodi, Christus (Joannis, capite ultim o) sic Petram alloquitur: « Pasce oves m eas, Pasce agnos meos ». E st ergo Petrus P astor Ecclesiae U niversalis a Christo statutus, ei igitur e Christi m andato omnes in doctrina auscul­ tare debent. A t nisi sit infallibilis, nemo hoc obsequium debebit, Petrus ergo eiusque successores Papae infallibiles sunt. Respondet D upinus, hunc locum ad omnes A postolos dictum referri ab Am brosio libro I I De dignztate Sacerdotali, ubi: « Pasce O ves m eas, quas O ves, et quam gregem non solum rane Beatus Petrus suscepit, sed et/nobiscum eas suscepit, et cum ilio eas nos suscepimus omnes ». Praeterea Augustinus tractatu 47 in Joannem : « E t quidem Fratres, quod Pastor est, Christus dedit, et membris suis: nam et Petrus P astor et Paullus Pastor et caeteri Pastores et boni Episcopi ». Nunc si argumentum valeret, pergit D upinus, et alii Episcopi A postolorum successores essent infallibiles. A d ­ dìi : « D a t o quod illis verbis significetur infallibilitas P etti, demonstrandum tamen restaret, uttum fuerit ea prerogativa personalis, an vero Ecclesiae communis. Enim vero non om­ nes praerogativae A postolorum ad successores transierunt, non donum prophetiae, non m iraculoram vis, non scientia linguaram ». Sed quidquid obganniant G alli agnoscendum IX, v,

876

5: 10: 12 13: 15: 23:

ex M et om. M eos M 4 M (Paullus pastor) est, Christus dedit et membris suis del. F ad noscendum F

25

F 61τ

Μ 290

5

io

15

20

25

maximum esse argumentum ex hoc loco depromptum: constat enim jus pascendi datum Petto, at omnia jura, quae sunt necessaria conservationi Ecclesiae, transeunt in successores, ergo jus pascendi transit in Papas. Porro jus pascendi non potest dividi ab infallibilitate, alioquin esset perridiculum, ergo cum infallibilitate transit ad Papas. § VI. Sequuntur argumenta desumpta ex auctoritate Patrum. Mittimus hoc in loco locum quemdam, quem B. Thomas in IV sententiarum distinctione 24, quaestione 3, articulo 2, ex Cyrilli Libris Thesaurorum profert, ut alterata Chrysostomi/ex responsis ad consulta Bulgaroram: utrique enim sunt spurii, et jamdudum Critici observarant. Primus igitur qui hac in re prodit est Hieronymus in Epistola ad Damasum. Erat id temporis magna inter Ecclesias contro­ versia, utrum dici posset: « Pater, Filius et Spiritus Sanctus sunt tres Hypostases ». Ecclesia Occidentalis non admittebat, aliae admittebant. Hieronymus ergo postquam dixit: « Cathedrae Petri comunione consocior, super illam Petram aedificatam Ecclesiam scio. Quicumque extra hanc Domum Agnum comederit, prophanus erit, si quis in Arca Noe non est, peribit regnante diluvio »; tum addit: « Discernite, si placet, obsecro, non timebo tres Hypostases dicere, si jubetis ». Ergo Hieronymus infallibile habebat judicium Da­ masi. Nec est, quod Dupinus respondeat, fuisse ea Hieronymi urbanitatis verba, nam nimis serio Sanctus Doctor loquitur. Nec item respondeat, Hieronymum non dubitasse posse dici tres Hypostases sed noluisse dicere sine consensu Ecclesiae Romanae, cui consociabatur ne videretur ex illa desciscere; nam ex aliis Hieronymi locis discimus eodem modo egisse cum Damaso Hieronymum in aliis rebus. Reponunt, Hieronymum non testari de traditione, sed loqui ut doctorem. Sed an probabile est, virum doctum et sanctum tam Damasum adulari voluisse? nefas est credere.

IX, vi,

24: 26: 27: 4: 10:

(loco) promptum M conservationi F transit in Papas. Porro ius pascendi om. M Libris iter. F et om. M 877

Μ 291

§ VII. Accedit Augustinus qui sermone II de Verbo Domini sic scribit: « Jam enim de hac causa Pelagli atque Caelestii duo Concilia missa sunt ad sedem Apostolicam; inde etiam resclipta venerunt. Causa finita est. Ergo finita 5 est causa decisione Papae; qui vero finiri pótuit, nisi judicium Papae esset infallibile? ». Sed fatendum est hoc argumentum esse levissimum.; nam Augustinus dicit finitam causam, quod Pelagius damnatus a Coiiciliis et Papis non amplius habebat, ad quem appellaret. Sequitur S. Petrus Chry10 sologus Epistola ad Euthychem: « Hortamur tè, Frater honorabilis, ut his quae a beatissimo Papa Ròmanae civitatis scripta sunt obedienter attendas; quia Beatus Petrus, qui in propria sede vivit et praesidet, praestat quaerentibus Fidei veritatem ». Locus apertus est: tum BernarduS Epistola 190 15 rotunde scribit: « In sede Romana non posse Fidem sentire defectum: cui enim alteri sedi dictum est aliquahdo: Oravi prò te Petre, ut non deficiat Fides tua? ».

§ V ili. Sequuntur argumenta ab auctoritate Paparum desumpta. Primus profertur Agatho Papa in Epistola quae. lecta est et probata in Synodo VI, Articulo 4, in qua Epistola haec scribit: « Haec est vera Fidei regula, quam in prosperis Μ 292 5 et adversis vivaciter tenuit Apostolica Christi Ec/clesia, quae per Dei gratiam a tramite Apostolicae traditionis nunquam errasse probatur, aut haereticis novitatibus nunquam depra­ vata succubuit; quia dictum est Petto... Ego autem rogavi prò te, Petre, ut non etc. Hic Dominus Fidem Petti non io defecturam promisit, et confirmare cum Fratres suos admonuit, quod Apostolicos Pontifices meae exiguitatis praedecessores fecisse cunctis est agnitum ». Haec Agatho. Deinde profertur/Nicolaus I in Epistola 8 ad Michaelem ImperatoF 62* rem et Leo IX qui circa annum 1050 Romanam rexit Eccle1 5 siam, in Epistola ad Pettum Antiochenum, tandem Innocentius III, in capite Majores Extra de Baptismo haec haIX, vii, IX, viii, 878

3: Caelesti M attendendas F 15: soédi F 3: (Synodo) II M 12: cunctis om. M

12:

Μ 293

Μ 294

bet: « Majores causae, praesertim Articulos Fidei contingentes, ad Petti sedem referendas intelliget qui novit prò eo Dominum exorasse, ne deficeat Fides eius ». Haec Papae,. 20 qui cum infallibilitatem Sedis Romanae probent ex auctoritate ' Scripturae, probabilissimum est veterem extitisse traditionem, verba illa Evangelica ‘Rogavi prò te, Petre etc.’ infallibilitatem sedis Romanae continere. Alioquin cur sic praefidenter tot gravissimi auctores ad hanc infallibilitatem 25 referre potuerint? jam non est quod reponant Galli, pro­ bare infallibilitatem Papae auctoritate Papae circulum esse vitiosum, nisi prius aliunde ipsa Papae auctori/tas statuta sit: nam cum Galli in sua illa declaratione fateantur circa controversias Fidei Christianae primas partes deberi Pa30 pae, erunt profecto magni ponderis huiusmodi argumenta ab auctoritate Paparum desumpta. § IX. Sed hoc ipsum ratione confirmari potest: si sola Ecclesia in Concilium Oecumenicum coacta esset legitimus Judex controversiarum in Christiana doctrina, statutus esset a Christo talis judex, qui nec semper constili posset, et 5 semper atque consuleretur, cum maximo id fieret incommodo Reipublicae Christianae. Enimvero Concilia non sem­ per convocari possunt, ut cum mutuis bellis in se ruunt Christiani Principes aut cum bellis extemis agitantur, aut cum pestis grassatur, et semper atque convocantur, quanto id cum io incommodo Reipublicae Christianae fiat, ii sciunt, qui in historia Conciliorum sunt versati. Hinc Ammianus Marcellinus gentilis historicus adnotavit Constantinum Magnum tot convocando Concilia Imperli opes enervasse: itaque nisi Christus statuisset et judicem, qui facile constili posset et prae: 15 sto semper esset omnibus, non satis Ecclesiae suae providisset. At nunc cui alteri ea praerogativa convenire potest, nisi ei qui Primatum in omnes Ecclesias gerit? § X. Sed audiamos Gallos, quorum omnium instar erit/ Dupinus in Dissertatione V de Antiqua Ecclesiae Disciplina; Pontificem Romanum infallibilem non esse (inquit ille in IX, ix,

19: ut non (deficeat) M 6: non semper Concilia M 15: esse (omnibus) M

879

capite I, § 1) colligitur ex Scriptura, nam ad Galatas c. 2, v. 14, scribit Paullus, Petrum fuisse reprehensibilem, eique iccirco in faciem restitisse, quod non recte ad Evangelii ve­ ritatem ambularet, quodque Gentes auctoritate stia ad judaizandum impelleret. Jam si potuit Petrus sic errare, cur non possunt Petti successores? Neque enim plus sibi arrogare 10 possunt, quam Petrus habuit. Haec ratio, addit Dupinus, ab ipso Augustino centies inculcata est, ut probet nullum Episcopum, nullam Synodum provincialem infallibilem esse. Eam in rem laudai Augustini locum ex libro II de Baptismo, capite 1 eique addit duos alios, unum ex Cypriano, Èpi15 stola ad Quintum; alterum ex Pelagio II, qui exemplo Petri excusat Praedecessores suos Papas in causa trium Capitulorum, additque haec verba: « Si igitur in trium Capitulorum negotio aliud cum veritas quaereretur, aliud autem inventa veritate dictum est, cur mutatio sententiae hinc Sedi in cri20 mine obijcitur? ». 5

F 62τ

Μ 295

§ XI. Respondemus non errasse Beatum Petrum in doctrina Christiana, sed in Geconomia/conversationis, quemadmodum perspecte observatum est a Tertulliano. Quin, ut in ea re Paullus aequo fuit ferventior, ita Petrus Paullo ti5 midior: exemplum ergo Petri nullo modo Gallorum causam patrocinatur. Quod/spectat ad Augustinum et Cyprianum, quorum verba profert Dupinus, ut argumentum istud confirmet, Augustinus de Synodo tantum provinciali aut peculiari Episcopo loquitur, non vero de Sede Romana. Res ei erat 10 cum Donatistis, qui auctoritate Firmiliani, Cypriani et trium Carthaginensium Conciliorum rebaptizabant baptizatos a quibuscumque extra Ecclesiam suam; respondet Augustinus ■ nullum Episcopum, nullamque Synodum Provincialem esse in­ fallibilem, ut possit alios in assensum trahere. Cyprianus in 15 hac causa laudandus non est, quippe qui nimis aperte Stephano pontifici bellum fecit, in quo modum excessit Sanctissimus Martyr, ut passim osservai Augustinus. ' IX, x, IX, xi, 880

4: 9: 13: 7:

Galathas M adrogare M Augustinus ili profet ili

M 296

§ XII. Alterum Dupinus argumentum desumit ex disci­ plina decem priorum Ecclesiae saeculorum. « Per illa saecula, inquit, plures causae Fidei, imo praecipuae, et pene pmnes non ad Pontificem sunt remissae, sed ad Concilium ». 5 At si persuasum fuisset veteri Ecclesiae judicium Papae esse divinitus infallibile, quid attinuisset fatigari Episcopos, orbari Ecclesias suis Pastoribus tot Episcoporum discursibus, rebuspublicis incommodo esse Conciliis Niceno, Ephesimo, Chalchedonensi et sexcentis aliis? Potuisset res uno verbo a 10 Papa definiri. Deinde plures Ecclesiae et Episcopi alioquin Sancti, et docti cum Papa de quaestionibus Fidei decertarunt, eique/restiterunt acerrime: an id potuissent efficere sine scelerata pertinacia, si constitisset in veteri Ecclesia Spiritum Sanctorum loqui per Papas? Videntes enim atque prudentes 15 restitissent Spiritui Sancto? Sane in causa Paschatis celebràndi contra Victorem Papam restiterunt Asiatici in causa rebaptizationis, Africani et plures Asiani contra sententiam Stephani Papae permanserunt. Aecedit quod Romani ipsi Pontifices ad causas finiendas Synodos convocarunt. Liberius 20 Papa ad Athanasii causam finiendam Synodum peiiit a Constantino. Sanctus Leo ad causam Euthychenis Synodum Ephesinam voluit. Sic porro. § XIII. Huic argumento Theologi nostri respondent, Papas ex charitate Christiana et humilitate aliquid de jure suo remisisse et tolerasse quaedam. Ex eo autem nullum fit praejudicium auctoritati a Christo traditae. Nam et Princi5 pes saeculares quandoque pacis ergo possimi aliquid de jure suo remittere, idque remittunt passim, salva suprema Majestate. Coeterum si argumentum valet, probat etiam Christum fuisse fallibilem, quippe qui passim Discepulos suos aliosque auditores remittit ad scrutinium Scriptura10 rum: « Scrutamini scripturas », aut ad examen rationis: « si non vultis credere mihi, credite operibus, quae ego facio ». IX, xii,

3: 9: 12: 14: 18:

praecipue ili tercentis M; sex (ter) centis corr. F restituerunt ili at (prudentes) F Accidit ili

881

Est igitur haec Oeconomia/prudentissima potius, quam denegatio juris quod alicui convenit. § XIV. Tertio loco profert Dupinus Sanctionem Con­ dili Basiliensis in epistola synodica, quae habetur tomo XII Conciliorum: « Si Ecclesia errare posset, inquiunt Patres Basilienses, cum certum Papam errare posse, tum et Papa, s et reliquo toto porpore errantibus, tota erraret Ecclesia, quod esse non potest. Experientia etiam demonstrat, quia saepe experti sumus et legimus, Papam, licet caput et principàlem partem, errasse; reliquum autem corpus, Papa errantem, errasse nunquam legimus ». Hoc Concilium Oecu10 menicum est approbàtum ab Eugenio IV et a Nicolao V, Eugenii successore, quorum bullae leguntur in laudato tomo XII Conciliorum. Huic argumento addit Dupinus auctoritatem Facultatis Parisiensis, quae semper tenuit, idque explicuit ab XI saeculo, Papam errare posse, auctoritatem Eccle15 siae Gallicanae, quae id publice deelaravit, auctoritatem Academiae Crachoviensis in Polonia quae mentem suam aperte explicuit anni 1441, tum Viennensis, Coloniensis aliarumque. Addit auctoritatem theologorum Gersonis, Tostasti, Petri de Alliaco, Cardinalis Adriani, Galteri Monachi Benedet­ 20 tini, Guilelmi Okami, Gratiani in decreto aliorumque. /

5

S XV. Respondetur huic argumenta duobus modis a theologis quod spectat ad Concilium Basiliensem; primum Patres Basilienses non trattasse ea de re ex instituto, sed per incidentiam in epistola synodica id pronunciasse: cum vero eiusmodi epistolae leguntur in Condliis et probantur, inteUiguntur probari quoad praecipuas res, de quibus tractant ex instituto, non vero quoad propositione incidentes. Deinde non fuit mens Concilii Basiliensis Papam errare pos­ se definientem ex Cathedra, sed tantum ut Doctorem privaIX, xiii, IX, xiv,

IX, xv,

882

12: Oecumenica M 6: enim (demonstrat) 16: Chracoviensis M 18: Theologorum om. M 18: Tastati M 4: epistolo M 5: huiusmodi M

10

5

10

15

5

10

tum, quod Theologi nostri non negant. Quod spectat ad alios, quos citat Dupinus, ii aut loquuntur de Papa, ut doctore privato, aut iis alios Theologos aliasque Accademias opponimus, quae Papae infallibilitatem docent. S XVI. Tandem venit Dupinus ad facta atque plures Papas in haeresim incidisse conatur ostendere. Primum opponit Eleuterium Papam, seu quemvis alium, quem litteras pacis misisse ad Montanistas, quamquam eas postea revocaverit. Scribit Tertullianus in libro contra Praxeam, ca­ pite 1: « Nam idem (Praxeas), inquit, tunc Episcopum Romanum adgnoscentem jam Prophetias Montani Priscae et Maxillae et ea agnitione pacem Ecclesiis Asiae et Phrygiae inferentem, falsa de ipsis Prophetis / et eorum Ecclesiis asseverendo, et Praedecessorum eius Auctoritates defendendo, coegit et Litteras pacis revocare jam emissas. Adprobare falsas Prophetias est in Fide labi ». Huic addit Victorem, qui timore, inquit, ob rem merae disciplinae, qualis erat contro­ versia Paschatis, in Asianos Episcopos sententiam excommunicationis tulit, et ideo acerbe reprehensus est a caeteris Episcopis, ut ex Eusebio liquet. § XVII. Sed duo haec exempla, Dupini pace, sunt inepta. Primum enim'versatur in re facti; non enim approbavit Papa falsas prophetias, sed litteras pacis Montano dedit, ex secundis relationibus credens posse eum esse verbum Dei. Postquam vero rem probe intellexisset, litteras revocavit: in re igitur facti deceptus est Papa, quod extra controversiam nostram est. Quod spectat ad Victorem, pri­ mum gravissimas habebat ille sententiae suae rationes: inprimis, ut observata Bellarminus de Cultu Sanctorum, Libro III, capite 12, quod cum Hebraei in Paschate celebrando non obsérvarent aequinoctium, sèd solum menses duodecim

IX, xvi,

12: 8: 11:

13: 14: IX, xvii, 2: 5:

aut ii M Phrisiae F et (litteras) om. M temere M sentententiam F inepta sunt M posteaquam

883

lunares, celebrarentque Pascha decimaquarta Luna mensis primi, non curantes utrum illa decimaquarta Luna esset ante, vel post aequinoctium, contigebat plerumque, ut uno 15 eodemque anno due celebrarent Paschata, unum ante ae­ quinoctium, / alterum post. Deinde verum non est Victorem Μ 300 excomunicasse Asianos; tantum consilium iniit de abscindenda comunione, sed suasu Irenei Episcopi Lungdunensis abstinuit nec processit ultra minas, quod agnoscunt Henri20 cus Valesius in Eusebium Libro V Historiae Ecclesiasticae, capite 24, Ludovicus Thomassinus de Festis Libro II, ca­ pite 15, Natalis Alexander doctor Sorbonicus, saeculo II, dissertatione 5, articulo 5. § XVIII. Deinde venit Dupinus ad Achillem suum, Liberium nempe Papam. Eum Arianae Fidei formulae subscripsisse, « non est, inquit, quod dubitemus; nam eam for­ mulami Fidei dederat ei subscribendam Demophilus Arianus 5 iussu imperatorie Constantii Ariani. Hieronymus in Chronico scribit: «Liberium haereticae pravitati subscripsisse, et eam ob rem S. Hilarius semper anathema dicit Liberio. Fuerunt autem Hieronymus et Hilarius rei coaetanei ». Huic argumento primum verbi Atbanasii respondemus in Histo10 ria Ariana ad Monachos, n. 41: « Liberius, inquit, extorris factus (in exilium eiectus erat ab Imperatore ob constantiam contra Arianos) post biennium denique fractus est nimisque mortis perterritus subscripsit. Verum ex ipsa re comprobatur cum violentia Arianorum, tum Liberii in haeresim 15 illam odium, eiusque prò Athanasio suffragium quamdiu scilicet libere arbitrioque suo agere licuit: nam quae tormenΜ 301 torum vi/praeter priorem sententiam eliciuntur, ea non reformidantium, sed vexantium sunt placita ». Haec Athanasius. Deinde observant Monachi Benedectini S. Mauri in 20 epistolam Liberii, triplicem fuisse syrmiensem formulam 14-15: (post aequinoctium) contingebat plerumque ut uno eodemque anno del. F 18: Iraenei M IX xviii, 4: dederit F 5: Constantini ariani M 7: saepe (anathema) M

884

F 64t

M 302

quarum uni subscripsit Liberius. Prima, inquiunt, anno 351 contra Photium scripta, in qua alieni ab Ecclesia Catholica denunciantur, qui dicunt: Filium ex non existentibus, aut ex alia substantia, et non ex Deo esse, aut tempus vel/saeculum 25 fuisse, cum non existeret; verum reticentur ν ο χ ό μ ω ο υ σ ίω ν consubstantialis, ut est apud Sanctum Athanasium de Synodis, n. 27. Altera Osci nomine anno 357 vulgata, quae dicit (ut ait idem Athanasius, n. 28) nullam omnino oportere fieri mentionem vocum omousion, consubstantialem, 30 et Omìusion, similem secimdum substantiam, quae posteriorem vocem ad usum perfidiae suae fraudemque nectendam Catholico Dogmati traxenmt Ariani, ut observat Petavius tomo II Theologiae Dogmaticae Libro IV, capite 62, n. 5. Postrema mense Maio anno 359 edita, quae Dei filium 35 asserit Omion, similem Patri, teste eodem Athanasio, n. 8. Postrema tantum haec formula Ariana est. Nunc cui formulae subscripserit Liberius, disputatur inter doctos. Valesius putat tertiae, alii secundae, cum Biondello Baronius primae. In tanta discrepanza aequitas jubet, ut servetur 40 Papae innocenza. § XIX. Pergit Dupinus ad Honorium I, in quo maxi­ me triumphat. Is creatus est Papa anno 625. Eum fuisse haereticum Monotheli/tam sexta Synodus Oecumenica agnovit, atque iccirco non semel cum Sergio, Cyro, aliisque Hae5 reticis Monothelitis damnavit; nec tantum Papam damnavit, ut Haereticum, sed eius quoque Epistolam ad Sergium scriptam, velut alienam ab Apostolicis dogmatibus, et a definitionibus Sacrorum Conciliorum. Erravit igitur hic Papa in sua Decretali, adeoque ex Cathedra. § XX. Huic argumento varie responsum est a theologis: cardinalis Baronius censuit Acta sextae Synodi interpo21: Papa (inquiunt) M Photii M 25: όμωουσίων om. M 29: omousion om. M 30: omiusion om. M 33: (libro IV) et VI n. 5 M 35: omion om. M 2: (anno) 676 M 2: beatae (Synodi) M

22:

IX, xix, IX, xx

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M 303

lata fuisse. Quam Baronii opinionem ita Natalis Alexander refellit, ut demonstraret aperte eos, qui acta sextaé Synodi 5 iccirco interpolata volunt, ut absolvatur Papa, debere etiam fateri, interpolata fuisse caetera monumenta, quae id narrant. Quidam respondent Honorium iccirco damnatum fuis­ se cum caeteris Monothelitis, quod (ut loquitur Leo II Pa­ pa Epistola II ad Episcopos Hispaniae apud Labeum, tomo io V I Conciliorum) : « Flammam haeretici dogmatis non, ut docuit, Apostolicam Auctoritatem incipientem extinxit, sed negligendo confovit ». Et revera Epistolam Honorii, quae etiam num superest, in bonam partem interpretari posse, plurimis ostendit Natalis Alexander Dissertatione II, Articulo 15 3 in Septimum Saeculum. Alii respondent cum Scheltrato in Gattia vindicata, Dissertatione III, § 1 , n. 9, Epistolas Ho­ norii ad Pyrrhum et Sergium, ob quas haeresis accusatus dicitur, privatas fuisse, non publicas, nec dogmaticas et in quibus nihil Honorius defini/vit, sed mentem tantum suam 2 0 privatamque sententiam aperuit. In huiusmodi vero Epistolis, pergit Scheltratus, errare Pontifices posse corrigique, non inficior, neque hoc in quaestionem venit: neque enim omnia, quae agunt et dicunt Pontifices, continuo oracula sunt et humane conditionis expertia, sed solum cum ut Pontifices 2 5 agunt vel, ut scholae loquuntur, cum ex Cathedra definiunt.

F 64 T

5

§ XXI. Transit tandem ad Joannem XXII. Vetus quae­ stio est, utrum Animae Sanctorum ante diem judicii sint in Paradiso. Disceptatum est in utramque partem tribus prioribus Ecclesiae saeculis, ut alibi docebimus. Sed in Concilio Fiorentino res definita est. Ioannes tamen XXII, qui creatus est Papa anno 1316, et in sermonibus publice dixit, eas ante resurrectionem corporum non videre Deum; et cum 4: 4: 10- 11 : 13: 14: 15: 17: IX, xxi, 2: 6:

8S6

demonstret F del. beatae (Synodi) M ut decuit M (etiam) dudum M pluribus (ostendit) M Schelestrato M Pyrrum F (Animae) Sanctorum del. F eos M

monachus quidam dominicanus contrarium praedicasset, eum in carcerem conjecit. Petiit etiam a theologis Parisiensibus, 10 ut sententia sua probaretur: quod cum renuissent Theologi, quippe quam censerent haereticam, saltem rogavit ut utraque tolleraretur quod nec obtinuit; quin imo data est ei a Rege epistola, in qua mandatur: « ut sententiam Magistrorum Parisiensium teneant, qui melius scirent, quid deberet 15 teneri et credi in Fide, quam Juristae aut alii Clerici ». Ita hanc rem narrai continuator Nangii ad annum 1333: « Eadem habet Petrus Alliacus Cameracensis in Oratione ad Regem: memorai id quoque Ioannes Gerson de Pesto Paschatis aliique ». § XXII. Huic argumento ita respondet Sandinus in Ioannem XXII, adnotatione 1 2 : « Quicquid in hac materia, inquit, Ioannes XXII dixit, non asserendo seu opinando protulit, sed solummodo recitando, ut legitur in censoria animadver5 sione; quam in rem praesentem armo 1333 IV Nonis Januarii ediderunt theologi Parisienses, recitavitque Natalis Alexander, Dissertatione XI in Historia Ecclesiastica Saeculi XIII et XIV. Theologis Parisiensibus consentii Pteolomaeus Lucensis Libro XXIV Historiae Ecclesiasticae, capite 42, To­ 10 mo II Scriptorum Rerum Italicarum, pag. 1 2 1 2 . Joannes ipse, re mature discussa, séntentiam suam anno 1334 pateficit verbis illis, quae sunt in constitutione Benedicti XII successorie sui apud Raynaldum ad annum eundem 1334, § 37. Fatemur et credimus, quod animae purgatae separaiae a corporibus 15 sunt in coelis Coelorum Regno et Paradiso, et cum Christo in consortio Angelorum congregatae, et vident Deum, ac Divinam essentiam facie ad faciem dare, in quantum status et conditio animae separatae compatitur ». Atque haec sunt

8: 9-10: 10: 12: 16: IX, xxii, 5: 11: 14:

domenicanus M Parisinis ut sententiam M sua om. M (utraque) sententia F Mangi F Nonas F suam om. F annum iterai F

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20

praerìpua Dupini argumenta, pauculis omissis, quae ille desumit ex contrariis Paparum definitionibus, § 4 illius Disputationis, quae, si licet, vide apud Auctorem ipsum.

19: argumenta Dupini M 19: (quae) scilicet F 888

VI. LlB ER PRIM US, CAPUT X: F 64 τ; Μ 304

Μ 305

F 65 *

Μ 306

DE USU RATIONIS HUMANAE IN RE THEOLOGICA § I. Ratio humana est vis cognoscendi, id est percipiendi, dijudicandi, examinandi et demonstrandi. Quaeritur / utine hac ratione theologus debeat, et quatenus, ac quibus regulis. Quod ratione utatur generatim theologia inde per5 spectum est, quod nulla disciplina apud homines sine ratio­ ne constare possit; tantum abest ut theologia, quae supre­ ma sapientia est, quemadmodum post Aristotelem in primo Metaphysicorum observarunt scholastici omnes. Tantundem igitur est rationis usum omne a Theologia absterminare, at­ to ’que illam e fundamentis convellere. Cumque usus rationis in Theologia duplex esse possit (primus, ut ex principiis ratio­ nis naturalibus de Deo disputemus, alter ut artem ratiocinandi adhibeamus circa revelata, ex quibus innumeras consequentias educamus), utrumque usum Theologo non modo 15 utilem, sed necessarium quoque pronuncio. Atque in hoc loco inter duo extrema nobis eundum est; nam et Benedictus de Spinoza in Tractatu Theologico-Politico utrumque illum usum e theologia eliminare videtur. Nec enim disputari vult e Scriptura, nec conjungi cum Revelatione philosophiam. 2 0 Quod quamquam prima fronte speciosum videatur et pium, conveniatque cum multis Patrum veterum pronunciatis, quae cumulat Petavius in Prolegomenis Dogmatum Theologicorum, capite 3, tamen eo tendit Spinoza, ut Scripturam et Christianam Relligionem hominum prophanorum contemptui 2 5 exponat. Et Antonius Gollinus anglus, Tolandi discipulus, e contra-/rio utrumque abusum invehere conatur in theologiam, X, i,

2: 9: 22-23 : 24:

dijudicandi, examinandi et demonstrandi adà. inter lineas F omnem M theologicarum M profanarum M 889

vultque non solum ex principile rationis naturalibus libere de rebus divinis disserendum, sed dialectica etiam expendenda omnia quae in Revelatione continentur, idque a quocumque, nihilque credendum, quod cum ratione nostra non consentiat. Scripsere iccirco in eam rem Spinoza quidem Tractatunz Theologico—Politicum, Collinus vero De Liberiate Cogitandi.

§ II. Theologi nostri plurimum occupati sunt in banc rem. In primis commemorandi sunt Patres Daniel Huetius et Sylvanus Regis, quorum ille scripsit eruditissimum opus Quaestionum Alnetanarum in cuius primo libro de concordia rationis et Fidei disputai, alter librum De usu rationis et Fidei gallico idiomate. Et egregie quidem auctores isti liac in re versati sunt; sed non placet ut Huetii ita quorundam aliorum titulus de Concordia rationis et Fidei; nam cum Fides sit assensus ab auctoritate Divina elicitus, quae summa quaedam ratio est, nunquam potest Fides cum ratione pugnare. Sed cum videri quandoque possint principia Revelationis aut inde deductae conclusiones cum principiis rationis naturalibus aut hinc deductis conclusionibus pugnare, potius scribendum erat: De concordia Philosophiae et Revelationis. Nos haec expediemus : primum quantum ex principiis rationis naturalis/ proficere in theologia possimus; secundum quid £aciendum sit, si doctrinae principiorum rationis naturalium cum sententiis revelatis pugnent, aut videantur pugnare, tertium quatenus adhibenda sit ars disserendi circa principia revelata. § III. Ut a primo exhordiamur, rationis nostrae natu­ rato explicabimus. Ratio humana duobus in homine con­ stai, quorum si alterutrum desit, ratio non est. Sunt autem illa duo Ideae, quas voco principia naturalia rationis nostrae, et vis ratiodnandi seu/ ideas conferendi et ex iis quidpiam

X, ii,

27: 31: 2: 5: 7:

(solum) in M scrivere F Silvanus F disputatione M quorundem M

io

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concludendi. Itaque ei, cui desunt Ideae, deest quoque ra­ tio, non enim habet circa quae ratiocinetur. Et si cui plurimas habenti Ideas, desit facultas eas conferendi, atque ex eis concludendi, deest quòque ratio. Porro Ideas, seu principia naturalia cognitionum nostrarum, tres nobis fontes suppeditant: conscientia, sensus, demonstratio. Conscientia, quae in nobis sunt; sensus, quae circa nos corporea; demonstratio, quae cum iis connexa sunt, seu antecedane aut sequantur, patefacit; et conscientia quidem ac sensus de Deo aut rebus divinis nibil immediate nos docent. Nam et Ideae innatae, et unio animae cum Deo substantialis, quae Platonici venditant, fanaticorum sunt phantasmata, ut alibi demonstramus; et Deus atque res Divinae omnem sensuùm provinciam excedunt; sed Demonstratio, quae nititur principiis conscientiae et/sensuum, plurima Theologo non modo utilia, sed etiam necessaria ostendit, et viam quasi sternit theologiae revelatae; nam hinc Dei existentia, origo Mundi a Deo, Providentia, Bonitas aliaeque Dei proprietates, quas notas supponit Revelatio, intelliguntur sine quibus non potest quispiam ad Revelationem accedere. Atque hoc sensu scribit passim Beatus Thomas, Gratiam ita praesupponere naturam, cui medeatur, ut Fides praesuppònit rationem, quam formet et regàt. Cum eodem quoque sensu passim Justinus Martyr et Clemens Alexandrinus dicurtt, Deum somma providentia praemississe philosophiam Evangelio, ut viam Fidei sterneret. Errat igitur Spinoza qui, ut hunc rationis usum divellat a Theologia, fingit divisa inter se esse et distincta philosophiae et Revelationis obiecta quod omnino falsum est; cum utriusque unus sit finis, hominis beatitudo, utriusque idem erit obiectum, summum Bonum, idem officium, praemonstratio aut perqui­ sì tio Summi Boni. § IV. Sed temperamentum doctrinae huic addendum est. Ideae humanae, séu quas habemus a sensibus, seu quas intellectus sibi conficit, non possunt haberi velut perfecta exemplaria suorum obiectorum. Eae omnes inadequatae sunt et imperfectae. Hinc Philosophi omnes consentiunt non posX, iii,

7: ratiodnatui: Etsi .M. 27 : negat F

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se nos huiusmodi Idearum ope de essentiis substantiarum corporearum definire. Ergo si arrogantis est hominis de re­ rum corporearum/essentiis ex Ideis nostris judicare, quam­ quam res corporeae sint obiecta nostrarum Idearum immediata, intolerabile erit velie ex iisdem Ideis judicare de essentia rerum aeternarum et divinarum, quae non possunt esse obiecta immediata nostrarum Idearum, sed quas vix conjèctura attingimus. Non solum ergo inutiles, sed etiam temerarias esse puto sdholasticorum quaestiones tllas de constituto Divinae Essentiae, de natura divinae scientiae, voluntatis et decretorum Dei, Libertatis, Immensitatis, Aeternitatis, Bonitatis, Justitiae, de constituto Trinitatis et similés. Nam etsi ex Ideis nostris hoc ratiocinando conficere possimus, Deum esse/Intelligentissum, Liberrimum, Omnipotentem, Aetemum, Bonum, Justum, etc., at qualia sint haec attributa in Deo ex Ideis nostris metiri nec possumus, nec debemus. Hinc veteres Patres passim quaeruntur de philosophorum confidentia, qui haec humanis ideis conantes explicare per-, verterunt. Sed nulli magis in hoc peccarunt, quam praefidentes ingenio scholastici, qui dum Ideis Metaphysicae Aristotelicae et Arabicae potiora Christianae Theologiae capita expedire conantur, omnia perturbant, ineptias in Sacram Doctrinam invehunt, nec parvam incredulis adaperiunt portam. Nam quemadmodum B. Thomas observat, increduli nulla alia esse Fidei nostrae fundamenta putantes, quam levissimas istas/ philosophantium ratiunculas, in errore suo pertinacius haerent. Intollerandi vero sunt omnes illi theologi, qui ex Ideis nostris Trinitatem Divinam componere student contra Patrum omnium veterum conclamationem. Hoc dogma omnes Ideas nostras excedit, adeoque quae Trinitas Ideis nostris explicatur, non est Trinitas Divina, sed mentis humanae commentami. Plurima circa hanc rem veterum testimonia cumulat Petavius, De Trinitate. Utrumque igitur in Theologia X, iv,

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13: 15: 16: 17: 32: 33-34: 37:

attingemus M constitutivo . . . naturae F Immensitatis om. M constitutivo F vero om. M suadent contra Patrum veterum M (circa) haeresim M

cavendum est et nimium indulgere Philosophiae, et nihil. 40 Constile Prolegomena Petavii et Canus, De locis Theologicis, Libris 9 et 1 0 .

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§ V. Jam cum quaedam de Deo rebusque Divinis philosophia perspicue doceat, illud quaesitum est, quid fieri oporteat theologo, si perspicue rationi doctrina revelata adversari videatur? Cum recta et perspicua ratio sit Dei lumen, ut egregie disputai Augustinus, recte statuunt theologi omnes, non posse rectae et proficuae rationi Revelationem Divinam adversari, lumen lumini, verum vero, ut loquuntur patres condili Viennensis. Pluribus id probat B. Thomas in primo cantra Gentiles. Et revera si quae recta ratio docet perspicue, essent revelatis doctrinis contraria, cum contrariorum alterum tantum sit verum, sequeretur alterutra esse fallada aut rationis dogmata, aut Revelationis: cumque lumen naturae et revelatum/ab eodem sit Deo, alterutra via nos Deus fallerei, quod impium dictu est. Ea propter cum non possint haec sibi mutuo adversari, si videantur adversa, au­ rea illa Augustini regula sectanda est in epistola septima veteris editionis, recentis vero editionis Benedectinorum 143, § 7: « Si ratio contra Diviharum Scripturarum auctoritatem redditur, quamlibet acuta sit, fallit verisimilitudine: nam vera esse non potest. Rursus si manifestissimae rectaeque rationi, velut Scripturarum Sanctarum obijcitur auctoritas, non intelligit qui hoc facit, et non Scripturarum illarum sensum, ad quem penetrare non potest, sed suum potius òbijcit veritati, nec quod in iis, sed quod in se ipso, velut prò iis invenit, opponit ». § VI. Quod vero cum alii, tum maxime Baelius in Dictionario, arridilo Pyrro, opponunt quaedam Christianae Relligionis capita cum principiis rectae rationis e/diametro pugnare, falluntur, et ea pugnare cum ratione asserunt, quae X, v,

9: 14: 17 : 17: 20-21: X, vi, 4:

(revera si) qua M dictu F aeditionis . . . aeditionis F recentis vero editionis om. M (manifestissimae) certaeque M falluntur et ea pugnare om. M

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non intelligunt qualia sint. Pluribus haec explicat Silvanus Regis in opere De usu rationis et Fidei, quem coiisule. Sed hoc in loco explicare clarius oportet, quid sit Mysteria su­ periora esse, non adversa rationi naturali; nam id communiter dicunt theologi, nec interim explicant. Ea diaintur aptata esse rationi naturali, quae principiis rationis naturalibus, idest Ideis riostris, percipi atque intelligi possunt; ut ea, quorum nullas habemus Ideas naturales, quaeque iccircó nec in Ideis nostris intelligi possunt, nec ex Ideis nostris metiri, ea superiora sunt ratione nostra./Ea si non intelligantur, dici non possunt contraria rationi. Nam dico A esse contrarium B, cum in Ideis meis dare utrumque adgnosco, alterumque ab altero dare destrui video. At si tantum A in Ideis meis video, B vero nullo modo, aut obscure et con­ fuse, non possum dicere A esse contrarium B, quippe ea conferre non possum. Mysteria Christianae Relligionis non possunt cerni in Ideis nostris; de iis igitur solis verbis divinis disserendum est, et cum non intelligantur, non pos­ sunt dici contraria rationi, sed superiora. § VII. Superest tandem ut illud pervestigemus, quousque rationi et dialecticae in Scriptum interpretanda, et ex ea latentes condusiones deducendo, indulgere possit theologus, seu quatenus ex Divina Scriptura philosophari liceat, et quousque probanda sit vel improbanda scholasticorum methodus. Scriptura data est homini, idest animanti rationali, non bruto: ideoque rationis usum supponit quem fprmet, ut superius diximus. Ergo debet homo intelligere aut, si primo aspectu non intelligat, accurate pervestigare verborum divinorum sensus, eorum extensionem, usum, consequentias. Atque hoc est philosophari hominem ex Scriptura. Hoc tantum abest, ut in christiana Theologia vetetur, ut potius non sit alia christiana Theologia. Scripturae ipsae id inculcant. Hinc illud Christi: « Scrutamini Scripturas ». Hinc illud Pauli, prima ad Corintios capite 14, v. 2 0 : «N e 10- 11: (rationis) naturalis M 11- 13: ut ea, quorum nullas habemus Ideas naturales, quaeque iccirco nec in Ideis nostris intelligi possunt om. M 21: in (ideis) om. M X, vii, 13: id om. M

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sitis pueri in/intelligentia, sed malitia parvuli estote, intelligentia autem estote perfecti ». Et in eadem Epistula, capite 1 0 , v. 15: « Ut prudentibus loquor, vos ipsi judicate quod dico ». Sed hoc ipsum comprobatur ex Scripturarum locis, 2 0 in quibus reprehenduntur qui in Relligione ratione, prout oportet, non utuntur. Deuteronomii 32, v. 28, 29: « Gens absque consilio est, et sine prudentia, utinam saperent et intelligerent, ac novissima providerent ». Marci 8 , v. 11 et 18: « Nondum cognoscitis et intelligitis, aut caecatum habetis 25 cor vestrum? Oculos habentes non videtis ». Hunc cultum nostrum, quem Deo Patri per Jesum Christum exhibemus, vocat rationalem Paullus ad Romanos 1 2 , verso primo et 1 2 . Praeterea inter ma— /xima mala, quae Deus minatur homini, est, ut habentes verbum Dei in salutem, nesciant illud 30 intelligere. Isaiae capite 6 , v. 8 : « Excoeca cór populi huius, et aures eius aggrava, et oculos eius claude, ne forte videat oculis suis et auribus suis audiat et corde suo intelligat, ut convertatur, et sanem eum ». Quam Prophetiam impletam esse docent Mattheus 13, v. 13, et Marcus 4 , v. 1 1 et 1 2 , 3 5 aliique scriptores Novi Testamenti. Iis accedit quod Patres ferme omnes hoc scrutinium perpetuo moneant, quorum loca vide apud Petavium loco superius citato.

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§ V ili. Sed ne ambiguitate decipiamur, observandum triplex/statui posse Scripturae scrutinium. Primum quod illa ad normam rationis exigitur; secundum quo investigatur, sitne in Scriptura id, de quo contenditur, tertium quid sequatur ex Scripturae pronunciatis, quidve sit illis oppositum. Et primum quidem scrutinium vel intelligitur, ita ut in singulis doctrinis revelatis ostendatur, nihil esse, quod principiis rectae rationis adversetur, vel ita ut recta ratio sit nor­ ma doctrinarum revelatarum intelligendarum, quod eonten18: 22: 28-29. 30: 33: 34: X, viii, 2: 4:

ut prudentissimus M et om. M homini om. M capite om. F (intelligat) aut F docet F Scripturae om. M (id) quod M 895

io dit Auctor Anonimus libri Philosophia Scripturae interpres, et in quod videtur inclinare Colli nus in libro superius citato. Primo modo scrutinium hoc acceptum duplici ex causa est theologo necessarium. Primum, ut scrupiios rationis compescat fidemque superiorum gignat. Enimvero nequit esse 15 mens quieta, quae sibi videtur, aliud intelligere, aliud habere credere; nam quousque voluntatem per Fidem Deo submittas, si apparens quaedam ratio obmurmuret contra, quietus animus esse non potest. Altera causa est, ut refellantur ii, qui theologiam christianam esse principiis rectae rationis 20 adversam docent, quorum et olim fuit magna copia Gentilium et Arabum, et nunc est Deistarum. Itaque cum veteres Apologistae, tum B. Thomas aliique scholastici, et nuper theologi caeteri hanc inprimis sibi provinciam traditam credidere, ut demonstrarent, argumenta Gentilium, Arabum et 25 Deistarum fallaces esse argutias, nihilque esse in theologia M 315 nostra rectae rationi/contrarium, multa superiora. Praecipue vero in hac re excelluit B. Thomas in utraque Summa, Theologica et contra Gentiles, quamquam non tam studuit conciliare Fidem cum principiis rectae rationis, quam cum 30 principiis philosophiae Aristotelicae et Arabicae, in quo esset reprehendendus, nisi eo tempore publice creditum esset, rectam rationem et philosophiam Aristotelicam imam eamdemque rem esse. § IX. At quod vult Auctor Philosophiae Scripturae in­ terprete, tollerari non potest neque in Christiano, neque in non Christiano theologo. Nam Christianus theologus intelligit Scripturam esse ipsam Dei rationem, per Prophetiam 5 homini communicatam, adeoque furiosi esse hominis ponere rationem humanam imbecillem et brevissimam prò norma F 67 T summae/rationis Dei, quippe ratio ipsa dictat normam se11: in quo M 19: (fidemque) securiorem M 15- 16: (aliud) debere M 16- 17: submittes M 20: doceant M 28: tam om. M 32: aristolicam F X, ix, 3: non (Christiano) om. M

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curiorem esse debere normato. Accedit quod si ratio non tantum instrumentum est, quo intelligantur, quae sunt credenda, sed norma credendorum, profecto divina revelatio inutilis erit, cum per rationem habere omnia possimus. Tan­ dem contrarium est Scripturae, quae philosophiam comparatam ad Dei revelationem voeat inanem faUaciam et prudentiam quam Deus reprobavit. In non theologo, quia huic demonstrandum est, solam rationem naturalem non esse satis ad hominem salvandum/adeoque necessarium esse Di­ vinata institutionem, quod nos in quinto demum libro efficiemus. Ex quo prosequitur, ut demonstrata semel Divinitate Scripturarum, non possit haberi ratio humana prò illarum norma. Videat nunc scriptor Anonimus, qualis theologus esse velit, ut sciamus quo pacto debeamus disputare. § X. Alterum scrutinium et est Ecclesiae, prout continet Pastores et Doctores, et theologorum. Utrisque enim apud nos conceditur. Sed Ecclesiae proprium est et authenticum; theologorum quasi ex indulgentia. Et quidem Ecclesiae diligenter examinare debet, sintne in Scriptura et traditionibus Apostolicis ea dogmata, quae proponit credenda, atque in eo examine omnes rationis et criticae fontes ver­ sare, quippe, ut theologi dicunt, Spiritus Dei adsistit Eccle­ siae prudenter agenti, non vero inconsulto et temere. Itaque in Conciliis omnibus Oecumenicis palam in medium proponebantur Q)dices Sacri, atque in singulis questionibus Patres attentissime Scripturas et traditiones perscrutabantur. Atque ubi Episcopi sibi solis fidere noluerunt, adhibuere theologos, qui summa Hbertate in congregationibus conciliaribus res prò et contra expenderent, ut ita facilius veritas innotesceret. Patet hoc ex historia Conciliorum perpetua. Sed cum Deus/ olim Hebraeis omnibus, tandem Christus omnibus Christianis et lectionem Scripturae omnibus proposuerit, et omnibus inculcaverit, ut ex ea veritates quaererent saluti necessaria?, inde et veteres Patres omnes et posteriores omnes theologi, X, x,

14: 2: 5: 5: 18:

(prudentiam) quia M utriusque M sitne F (Scriptura) aut M (Scripturae) omnibus om. M 897

hanc sibi Provinciam demandatam crediderunt, ut Scripturas diligenter versarent et exponerent. Hinc natae sunt Homiliae, Commentarli, Tractatus, Libri Polemici, Systemata Theologica. Calumniatur ergo Collinus, dum scribit, prohi25 beri apud nos huiusmodi scrutinium. Longe distamus — superis grates — a Mahumedanorum tyramnide, apud quos omne Relligionis scrutinium vetatur. Sed et hoc scrutinium magna cum cautione a theologis adhibendum est. Nam ut Hesychii verbis utar, In Leviticum, Libro II, capite 6, « ut 30 qui calefit, non propius ad ignem accedit, ita qui de Deo disputai ». Apposite quoque Chrysostomus, Homilia II in Epistola ad Hebraeos: « cum ubique relligiose circumspecta F 68* mente opus est, turni/maxime cum de Deo loquimur vel au35 dimus »; cui illud Salviani convenit, Libro I de Gubernatione Dei: «cum grande metu ac disciplina edam prò Relligione dicere debemus ». § XI. Quod spectat ad ultimum, in quo proprie theologia scholastica posita est, varie ea quaestio in Ecclesia/ Μ 318 agitata est. Pleriqué veteres Patres invehuntur contra usum dialecticae in theologia. Tertullianus in Libro de Praescrip5 tionibus late hunc locum exequitur, capite 7: « Inferunt, inquit, Aristotelem, qui illis dialècticam instituit, artificem struendi et destruendi versipellem in sententiis coactam, in coniecturis duram, in argumentis operariam contentionum, infèstam edam sibi ipsi, omnia retractantem, ne quid om10 nino tractàverit... quid ergo Athenis et Hierosolymis? Quid Accademiae et Ecclesiae? Quid Haereticis et Christianis? Nostra institutio de porticu Salomonis est, qui et ipse tradiderat, Dominum in simplicitatè quaerendum (Sapientiae, primo). Viderint, qui stoicum et plato15 nicum et dialecticum Christianismum protulerunt ». Ambrosius quoque Libro primo de f ide, capite 3, de Arianis loquens: « Gmnem, ait, vim venenorum suorum in dialecti-

X, xi?

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systema F calefacit F in Epistola om. M (est) vane M viderit M Christianum M

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ca disputatione constituunt, quae philosophorum sententia definitur non astruendi vim habere, sed destruendi. Sed non in dialettica complacuit Deo, salvum facete populum suum; regnuni enim Dei in simplicitate Fidei est, non in contentione sermonis ». Plura alia videtis apud Petavium, loco ci­ tato, capite 3.

§ XII, Jam haec distinctive ; commata in theologiam scholasticorum intorserunt iuniores. Lutherus in Libro adversus Jacobum Latomum asserit, theologiam scholasticam / esse nihil aliud quatti ignorantiam veritatis inanemque fal5 laciam, quam ad Colossenses, capite 2 , Apostolus praecavendam praecipit. Et in Libro de Abroganda Missa Privata: « Accademias esse, dicit, Antichristi Lupanaria ». Sed ne haereticis tantum in theologiam s.cholasticam irascuntur, sed io et nostrorum eruditorum plures, imprimis Erasmus, Ludovicus Vives aliique, et revera negari non potest, abusos fuisse dialectica scholasticorum plerosque. Nam primum saepius disputant de rebus theologicis ex Aristotelis effatis quam Scriptura, quasi principia theologiae nostrae essent 15 libri ab Aristotele scripti, non a Prophetis et Apostolis. Tum quaestiones inanes, spinosas et plerumque perniciosas serunt, de quibus dicere possis illud Davidis: « Quae utilitas in san­ guine nostro, dum descendimus in corruptionem? ». Eleganter utrumque hoc vitium deploravit Melchior Canus, de 2 0 locis Theologicis, \ibro V ili, capite 1 : « Intelligo autem, inquit, fuisse in schola quosdam theologos -adscriptitios, qui universas quaestiones theologicas frivolis argumetttis absolverint et vanis invalidisque ratiunculis magnum pondus re­ bus gravissimis detrahentes ediderint in theologiam com25 mentaria vix digna lucubratione anicularum: et cum, in iis Sacrorum/Bibliorum testimonia rarissima sint, conciliorum mentio nulla, nihil/ex antiquis Sanctis oleant, nihil ne ex gravi philosophia quidem, sed fere ex puerilibus disciplinis, scholastici tamen, si superis placet, theologi vocantur nec 30 scholastici sunt, nedum Theologi, qui sophismatum faeces X, xii,

5-6: Praecavendum M 11: abusus M. 23: (et) validis M 899

in scholam inferentes, et ad risum viros doctos incitant et delicatiores ad contemptum ». ·

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§ X III. Sed res ita componi posse video. Argumentari in theologia Christiana ex Scripturis et Traditione, quae sunt propria theologiae nostrae principia, nec improbari potest, et est necessarium. Nam qua alia ratione generales Scripturae sententias casibus peculiaribus adaptare, quae in illa sunt occulta, in lucem deducere, doctrinarum revelatarum harmoniam demònstrare, argutias haereticorum refellere possumus, nisi recta ratione? Qui haec facit, is est scholasticus, non qui garrìt ex Aristotelids principiis. « Quem vero intelligimus, ait idem Canus, scholasticum theologum, aut hoc verbum in quo homine ponimus? Opinor in eo, qui de Deo, rebusque Divinis, apte, prudenter, docte e litteris institutisque sacris ratiocinetur; et sane illi, qui scholam reprehendunt, cum hoc faciunt, non possunt in scholastico hoc arguere. Scriptura et Traditione continentur principia Christianae Relligionis: ; consequentia aut repugnantia, quae nosse debet theologus, argumentorum vi eliciuntur; non igitur/ negligenda argumentatio, sed vitia argumentationis resecanda ». Ad rem idem Cianus, capite 2: « Potest esse quidquam absurdius, quam sola disciplinae principia habere definita, conclusiones vero, quae certo atque evidenti syllogismo ex illis conficiuntur, aut ignorare velie, aut in ambiguo relinqui? Quod si in geometria, physica, astrologiae quisquam assereret, vére et jure stultissimus haberetur ». Lege et Petavium, capite 5.

X, xiii,

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1: 8: 10: 11: 23: 24: 24:

(posse) videtur M ratiocinatione M Scholasticorum M hominem F relinquit M (Astrologia) ve om. F asserunt vere et juste M

VII. L ib e r v. D 326; B 358

B 359

caput

.v ili:

D E SECTIS QUAE A LUTHERO ECCLESIAM DISCERPSERUNT § I. Quum iamdudum ob morum et disciplinaé ecclesiae corruptionem reformatio aliqua in ecclesia christiana expeteretur1 a viris piis et doctis, (consulatur epistola 277 Ber­ nardi), arrepta occasione MartinUs Lutherus natione Saxo, professione per annos decem monachus augustinianus, anno 1517 fuptis monachorum claustris odio in papam reformatorem se ecclesiae fecit atque celeberrimus apostata et heresiarca evasit; ex eo tempore coeptum est Romanus Pontifex eiusque ecclesia contemni nova disciplina, novi errores, nova dogmata aut veterum haereticorum revocari errores23 per Germaniam, Belgas, Gallias, Ànglos, novaeque Christianorum sectae, Evangelici seu lutherani, Reformati seu calvinia­ ni, Sacràmentarii seu zuinglianis, Anabaptistae, Sociniani, Remonsttantes, aliique; sed eiecti tandem a Gallis et ex Genevensi Republica, nunc Angliam, Hollandiam et plures Germaniae circulos, Daniam quoque et Sveviam occupant. § II. Lutheranorum seu evangelicorum dogmata, in quibus ab eccelsia christiana discordant, sunt sequentia: 1. Liberum hominis arbitrium post Adae peccatum extinctum omnino esse in iis quae pertinet ad vitam aeternam, supe­ resse tamen in politicis; 2. nullum esse hominis meritum ad gloriam sive ad salutem, sed eam solis Ghristi meritis, quae homini imputantur obtineri, negant igitur omne bonorum operum meritum; 3. homines sola fide in Christum iustificari; 4. Sacramenta novae legis nec gratiam conferre, nec charac1 expectaretar B 2 nuova dogmata aut veterum haereticorm revocari errores om. B 3 Zuindiani B 901

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terem imprimere, sed esse meras caeremonias foederis Dei cum hominibus per Iesum Christum; 5. affirmant confessionem auriailarem esse comtnentum papistarum; 6. in Eucharistiae sacramento post consecrationem4 remanere , 823 Cureaii de la Chambre Mv, 728 Currus J. B., 646 Curzio Rufo, 23, 55, 805 Cusano Μ. P., 21, 828, 829, 831, 857 Cusano N. card., 140, 141 Cutolo A., 15, 17, 24, 27, 440, 441, 650, 678, 797, 843 D ’Acquaviva principessa, 838, 839 Daghlian P. B., 7 Dagoumer G., 212 Daillé J., 110, 329-336, 339, 395, 491, 546, 823 Dale A. van (Vandalinus), 335, 354, 374, 375 D ’Alessandro A., 35 Damaso I, papa, 877 D ’Amato V., 799 Damiani M., 22, 27, 431, 434, 491, 635, 662, 777 Dammig E., 241, 663, 857 D ’Andrea F., 15, 57, 104, 329 D ’Andrea G., 96, 301, 838 D’Andrea di Piscopagnao march., 838 D ’Angeul, v. Plumard de Dangeul Daniel G., 66, 88, 212 Da Ponte L., 15 Darwin C., 554 Davanzati B., 147, 777 David, 215, . 866 DAyala M., 441, 667, 678, 679, 680 De Alteriis C., 21, 645, 855,

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De Angelis G., 208, 241, 253 De Angelis P., 807

926

De Bènedictis G . B. (Benedetto Aletino), 146, 147, 199, 294, 600 De Bruin J., 621 De Brosses C., 282 De Cordemoy G., 102 De Cosmi G. A., 785 De Cristoforo G., 813, 814 De Crousaz J. P., 153, 154, 354, 381, 392, 641, 642 De Felice F. B., 62, 63, 64, 72, 73, 81, 102, 638, 699 De Feller F. X., 670 De Gemmis F., 15, 242, 441, 509, 615, 656, 661, 677, 678, 680-684, 686, 704 De Gemmis G., 441, 677, 678, 682 De Gerard A., 370 De Giovanni B., 57, 60, 146, 233, 263, 264, 266, 296, 329 Delany P., 6, 7 De Leon F., 660, 777 De’ Liguori A., 148, 276, 454, 546, 606, 773 Del Gaizo G., 855 Dèlia Croce I., v. Ignazio della Croce Della Porta G. B., 98 Della Torre G. M., 21, 319, 638, 667, 680, 724, 729, 830, 832 De Maio M., 96 De Maio R., 148, 693, 695, 703, 727, 840, 855 De Marco C., 691, 692, 694, 695, 850, 857 Demarco D., 422 De’; Medici A., 798 De Micillis G., 96

Democrito, 44, 326, 346, 347, 349, 398, 533 Demofilo Ariano, 884 De Natali T., 367 De Nicolai F. P., 808 De Pertis B., 851 De Pertis N., 851 De Pertis P., 588, 833, 851 D e-R aey J., 70 Derathé R., 177 Derham W., 63, 631, 642, 643, 676, 728, 729, 776 De’ Ricci S., 700 Desaguliers J. T., 63, 729 De Samuele Cagnazzi L., 15, 441, 678 De Sanctis F., 430 De Sanctis G., 275, 429 Descartes R., 3-5, 7, 9, 12, 14, 17-19, 31-32, 34-36, 37, 38, 40, 42-52, 54, 56, 57, 5962, 65-79, 81, 82, 84-87, 91, 92, 93, 98, 100-103, 110, 113, 114, 116-119, 123, 132, 133, 134, 139, 141, 144, 155, 166, 168, 169, 172174, 179, 180, 182, 185, 186192, 194, 197, 199-204, 206, 208, 209, 212, 216, 218-222, 234-236, 239, 244, 253, 256, 274, 288, 292, 294, 295, 297, 298, 303-310, 318, 321, 322, 325-327, 339, 344, 346, 358, 365, 375, 376, 378, 379, 381, 383, 385, 390, 391, 397, 399, 401, 411, 413, 425, 426, 471, 473, 542, 600, 602, 603, 609, 610, 614, 622, 623, 625, 632, 636, 639, 644, 657, 690, 709, 710,112, 715, 719, 720, 724, 727, 734, 745, 758,759, 801, 806, 819, 820, 822 Deschamps E., 201 De Serres J., 187

De Simone P., 694, 695, 697 Deslandes A. F. (Boureau Deslandes), 110, 111 Des Maizeaux P., 104 De Soria G . G., 151, 155, 163, 176, 339, 385 De Thou J. A., 10 De Tipaldo E., 832 De Vleeschauwer H. J., 412 De’ Vicaris B., 802, 810 Deyling S., 601 Dewey J., 288, 559 Dibon P,, 623 D ’Holbach P. H. Thiry, 282, 285, 772 Di Capua G. F., 810, 813, 911 Di Capua L., 35, 40, 57, 63, 91, 427 Dicearco, 64, 80, 473 Dichinsonus, v. Dickinson E. Dickinson E., 641 Diderot D., 327, 328, 416, 425, 663, 711, 772 Digby K., 6 Di Gennaro G . A., 148, 150, 699 Di Martino A., 813 Di Martino N., 54, 60, 62, 63, 175, 200, 209, 276, 319, 510, 677, 680, 682, 718, 724, 801, 813-815, 830, 846 Di Martino P., 24, 60, 209, 276, 319, 724, 801, 813-815, 830, 849 Dinet P., 67 Diodoro Siculo, 272, 510, 512, 531 Diofanto, 185 Diogene Laerzio, 91, 92, 187, 326, 806 Dione Cassio, 837 927

Dionigi (o Dionisi) G ., 213, 688, 689, 690 Dioscoride, 721 D ’Ippolito V., 96 Dodwell A., 125, 152, 341, 345, 601 Donati B., 146, 147, 148, 161, 163, 256 Donzelli M., 200 Doria P. M., 9, 15, 29, 39, 40, 46, 57, 58, 67, 69, 74, 96, 111, 166, 232, 245, 246, 247, 249, 252, 265, 269, 294320, 614, 738, 819, 820 Doti A., 112, 166, 811 Doujat J., 727 Dragone A., 20, 27, 798, 803 Droetto A., 536 Ducceschi V., 806 Du Chàtelet G. E. Le Tonnelier de Breteuil, 63 Duda B., 912 Dufrenoy M. L., 64 Duguet J. J., 192, 481 Du Hamel J. B., 383, 394, 665, 720 Duhamel du Monceau H. L., 383, 394, 672, 749 Du Marsais C. - C., 544 Dunin Borkowski S. von, 622, 623 Duns Scoto Giovanni, 749, 493, 5 2 5 ,6 4 4 Du Perron J. D., card., 174 Dupin L. E., 184, 329, 394, 458, 518, 519, 538, 594, 596, 601, 666, 676, 728, 874, 876, 879885, 888 Du Plessis Mornay P., 332 Dura, C. de, 838 Dura, duca de, 21, 840, 850 Durius J. (Dury), 100

928

Du Tillot G., 844 Dutot de Ferrare C., 732, 749 Ebione, 463 Ecole J., 821 Edwards J., 352, 584, 834 Eginardo, 523 Egizio M., 147, 2 7 6 ,8 1 7 Eleuterio papa, 883 Elisabetta Farnese regina di Spa­ gna, 848 Emo G., 445 Empedocle, 9 Epicarmo, 40 Epicuro, 9, 31, 36, 39, 44, 90, 101, 116, 141, 152, 202, 279, 299, 307-309, 313, 316, 317, 346, 376, 399, 560, 721, 806;

816 Epifanio, 331, 484, 487, 517 Episcopius S., 136, 355, 362, 477, 419,491, 520, 726, 779, 836 Epitteto, 336 Erasmo D., 68, 111, 116, 117, 193, 331, 394, 395, 592, 632, 634, 637, 683, 744, 755, 899 Ercolani C., 689 Ermete Trismegisto, 215, 869 Erodoto, 276, 453, 531, 837 Erone di Alessandria, 185 Esdra, 529, 607 Esichió, 898 Esiodo, 460 Espen Z. B. van, 666, 698, 727 Esperti G. L., 8 Est W. van, 728, 825 Ettmuller M., 33-41, 45, 52, 54, 801 Ettmuller Μ. E., 801 Euclide, 59, 185, 303, 309, 310, 320, 723, 815, 821

Eugenio IV (Condulmer G.), 882 Euler L., 766 Euripide, 466, 482, 483, 485 Eusebio di Cesarea, 339, 495, 665, 824, 883, 884 Eutelidense Gilasco (Ruele M.), 31 Eutiehe, 878, 881 Eybel J. von (Justinus Febronius) 689 Fabozzi B., 668, 836 Fabri H., 118 Fabridus J. A., 83, 133, 515, 347 Fabroni A., 258, 636, 646, 817, 833, 844 Facchinei F., 401 Falco G,, 143, 156 Fardella M., 117, 154, 197, 198, 208, 210, 367 Fasano T., 31, 35, 36, 37, 54 Fassadoni M., 846 Passò G., 287 Fassoni L. (p. Liberato di S. Giovanni Battista), 367, 400, 616, 660, 663-665, 809, 822 Favaro A., 64 Faydit P. V „ 216 Federici G., 148, 149, 912 Federico I I , 522, 791 Felice Maria da Napoli (Guzman Garcia Alonzo), 638, 639, 643-645, 697-700, 726, 727 Fénélon (Salignac de la Mothe.) F., 220 Ferdinando IV di Borbone, 258, 441, 855 Fermai P. de, 815 Ficino M., 187, 188, 233, 236, 297, 303, 325, 336

Filangieri G., 251, 252, 253, 785 Filangieri S., 831 Filastrio da Bresda, 453, 517 Filippo I, il Bello, 455, 525, 526 Filippo II, 453 Filone Ebreo, 334, 514 Filosa padre maestro O.F.P., 855, 856 Filbstratò, 531, 532 Finetti B., 251, 285 Fiorani L., 62, 854 Fiorentino F., 711 Fiorini L., 162 Firmiliano, vescovo di Cesarea, 880 Fisch Μ. H , 33, 288, 427, 559 Fleischmann M., 372 Fleury C., 329, 394, 521, 666, 688, 727 Floriot P., 698, 726, 727 Flottes J. B. M., 153 Fogliani G., 648-650, 847, 913 Fonseca J. de, 438 Fontanini G., 856 Fontenelle B. le Bouvier de, 74, 212, 335, 394, 493, 534, 575, 61 0 ,1 4 8 Forbonnais F. V. de, 749 Forges Davanzali D., 15, 22, 27, 160, 162, 429, 430, 431, 434, 435, 439, 442, 443, 448, 453, 454, 465, 491, 495, 535, 536, 566, 591, 635, 645, 646, 662, 668, 669, 671, 675, 683, 705, 776, 777, 784, 797, 822, 850 Formigari L., 764 Forti F „ 113, 117, 119, 120, 125, 133, 153, 256 929

Fortunato da Brescia, 251 Foscarini M., 445 Foster J., 6.81 Foucard C., 144 Fox Bourne H. R., 837 Fox Morcillo S., 299 Fozio, 885 Fraggianni-N., 24, 63, 105-108, 244, 291, 371, 372, 444, 601, 651, 662, 682, 691, 694, 699, 760, 773, 826, 841-842,852, 855 Francès M., 622 Franceschi da Reggio M., 147 Francesco I di Francia, 526 Francesco di Sales, 856 Francisco de Vittoria, 809 Francke A. H., 370, 381 Franarne P., 67 Fredegiso di Tour, 539 Fréret N., 198 Froben H., 524 Fubini M., 8 Fuchs J., 400 Gaeta M., 206 Gaggiani, 856 Galanti G. M., 15, 23, 27, 252, 276, 421, 430, 431, 433, 434437, 439, 448, 451, 465, 469, 470, 499, 509, 593, 635, 645, 646, 673, 674, 692, 704, 705, 752, 753, 761, 771, 777, 778, 784, 816, 860 Galasso G., 254, 348, 422, 423, 434, 435, 559, 572, 667 Galeno, 87, 141, 721, 759 Galiani C., 15, 24, 31, 32, 33, 35, 46, 52, 54, 60, 63, 90, 93, 96, 102, 104, 111, 150, 165, 266, 288, 291, 311, 312, 315, 319, 320, 330, 361, 362, 364, 429, 431, 556, 614, 638, 930

647, 667, 668, 673, 699, 736, 744, 748, 749, 760, 778, 784, 801, 807, 815, 825, 828, 830, 833, 837, 839, 843, 851, 855, 858, 859, 909, 910, 911, 914 Galiani F., I l i , 258, 285, 650, 679, 711, 793 Galilei G., 29, 31, 36, 39, 57, 64, 65, 66, 68, 69, 86, 98, 102, 103, 113, 114, 116-118, 122, 140-142, 144, 186, 189, 200, 244, 289, 290, 308, 409, 412, 427, 551, 633, 639, 672, 732, 734, 741, 747, 758, 759, 814, 828 Galizia N., 296, 813, 814 Galluppi P., 30, 709, 783, 850 Gamba B., 636 Garampi G., 669, 670 Garappa O., 286, 683, 684 G arda v. Felice Maria da Na­ poli Garelli P. N., 801 Garin E., 3, 30, 55, 62, 67, 74, 96, 105, 106, 111, 125, 197, 200, 233, 236, 262, 270, 288, 294, 297, 298, 322, 404, 432, 436, 437, 549, 559, 615, 657, 685, 724, 846 Garofalo B., 312 Gassendi P., 9, 12, 29, 31, 34, 36, 38, 49, 57, 60, 72, 83, 91-93, 100, 101, 110, 116118, 123, 144, 172, i l i , 186, 188, 222, 223, 307, 326, 347, 377, 380, 395, 399, 404, 415, 471, 472, 611, 632, 745, 806 Gataker T., 125 Gatti G. F., 843, Gaudenzi P., 97 Gay P., 586 Gaza Teodoro, 526 Genovesi D., 800

Genovesi G., 682 Genovesi I., 800 Genovesi N., 23, 30, 31, 37, 54, 55, 56, 799, 800 Genovesi S., 30, 787, 800 Gentile D., 816, 817 Gentile G., 30, 176, 201, 435, 709, 710, 717, 783, 797, 850 Gentile V., 580, 904 Gerbasio G., 805 Gerberon G., 696 Gerbert M., 651, 669-670, 671 Gerdil G. S., 236, 237, 244, 687, 709 Gerhard C J., 7, 8, 297, 383 Germanico, 905 . Gerson J., 592, 882, 887 Gesner K., 184 Gessari B., 61, 566, 836, 838, 841 Gesualdo da Reggio, 644 Geulincx A., 623 Giacomelli M., 566, 653 Giacomo apostolo, 215 GiambUco, 215, 216 Giannettasio N. P., 801 Giannone P., 15-17, 27, 29, 53, 60, 96, 99, 104, 138, 143, 144, 200, 201, 252, 256, 276, 312, 330, 448, 451, 497, 509, 521-524, 600, 601, 651, 705, 744, 801, 829, 830, 833 Giansenio C., vesc. Gand, 193,

686

Giansenio C., vesc. Ypres (Jansen, Jansenius), 193, 538, 573, 686 Gianvincenzo Maria della Ca­ nanea, 665, 768 Giarrizzo G., 256, 264 ■ Gilbert W., 98, 110

Gilson E., 3, 4 Gioberti V., 709 Giordani D., 852 Giorgio da Trebisonda, 526 Giovanni apostolo, 876 Giovanni Crisostomo, 136, 517519, 658, 798, 812, 875, 877, 898 Giovanni Damasceno, 519 Giovanni XXII (D’Euse G.), 886, 887 Giovene G. M., 831 Girbal F., 166, 169, 173, 177180, 184, 189, 190, 192, 480 Girolami monsignor, 856 Girolamo, 453, 484, 485, 487, 517, 539, 643, 877, 884 Gittasio G., 809 Giunta F., 148 Giuseppe Ebreo, 454, 514, 632 Giustiniano, 523, 748 Giustino martire, 335, 453, 458, 519, 868, 891 Glover B., 586 Golius J., 70 Gonnelli A. e P., 433, 798 Gerani G., 15, 785 Gorp Becan J. van (Gorppius Becanus), 55, 809 Gotti V. L., 538 Gouhier H., 178 Gozzi C., 15, 785 Gracian B., 370, 373 Grandi G., 10, 814, 830, 831 Grau A., 393 Gravesande W. J. S. van ’s, 64, 103, 176, 512 677, 681, 722, 729, 747, 758, 831 Gravina G., 35, 57, 58, 200, 208, 251, 401, 688, 727 Gravio, v. Grau A. 931

Graziano, 691, 817, 882 Gregorio X III (Boncompagni U.), 811 Gregorio da Nazianzo, 331, 438, 484, 485, 487, 517, 519, 643,

866 Gregorio da Nissa, 517 Gregorio da Rimini, 479, 493 Gregorio Taumaturgo, 327 Gregory D., 63, 103 Gregory T., 93, 346, 806 Greene D., 7 Grew N., 43, 63, 346, 348 Grimaldi F. A., 435 Grimaldi C , 15, 96, 104, 105, 107, 146, 147, 199, 200, 220, 294, 329, 351, 676, 677, 848, 856 Grimaldi G., 848 Grimm, F. M. von, 285 Grottaglie, duca delle, 831 Grozio U. (Huig van Groot), 110, 111, 240, 295, 300, 326, 327, 328, 354, 368, 372, 373, 399, 444, 447, 449, 480, 492, 561, 565, 581, 632, 642, 645, 698, 699, 725, 787, 818, 836 Gualtieri L , 436, 439, 638, 646, 647, 698, $35>, 848, 849, 860, 909 Gualtiero benedettino, 882 Guerike O. von, 854 Gunther J. C., 369 Gueroult M., 235 Guglielmini D., 814 Guglielmo dOrange, 8 3 8 . Guicciardini F., 301 Gundling N. H., 378, 383 Guzman G. A., v. Felice Maria da Napoli Hales S., 632 932

Haller A. von, 786 Hammond H., 110, 353, 665 Hansch M. G ., 155 Hardouin J., 473, 511 Harvey W., 87, 91, 92, 110, 118 Heereboord A., 70 Hegel G. W. F., 404, 426, 658 Heidanus A., 70, 72 Heinecke J. G., 561, 725, 818 Helmont J. B. van, 34, 43, 118 Helvétius C. A., 425, 772, 788, 789 Henderson T. F., 812 Herbelot de Molainville B. d’, 615 Herbert of Cherbury E., 6, 18, 109, 110, 464, 571, 572, 614, 632, 812, 846 Hermannus J., 103 Hèurn O. van, 837 Hicks G., 344 Hirsch E., 369, 387, 389, 397, 398, 399 Hoadley B., 845 Hobbes T., 5, 6, 7, 17, 18, 98101, 109-110, 122, 123, 152, 193, 223, 240, 244, 247, 248, 253, 268, 277, 279, 288-290, 294, 295, 311, 342, 344, 348, 349, 369, 378, 380, 399, 424, 457, 472, 473, 529, 530, 557, 559, 560, 567, 582, 584-94, 624, 637, 641, 655, 677, 698, 709, 712, 787, 812, 841, 906 Hoeven A. des Amories van, 837 Hoffmann F., jr, 185 Holden H , 537, 538, 544 Holm S., 586 Homberg G., 64 Hooker R., 632 Horn G., 110, 187, 326, 393,

464, 480, 481, 488, 491, 525, 571, 865 Houtteville C. F., 676 Huarte J., 401 Huet P. - D., 5, 6, 66, 70, 71, 83, 98, 100, 105, 107, 108, 109, 133, 136, 153, 196, 257, 292, 293, 480, 481, 485, 492494, 512, 533, 569, 599-609, 612, 615, 642, 653, 690, 720, 729, 813, 890 Hume D., 226, 282, 509, 677, 749 ' Huygens C., 118, 186, 409, 814 Hyde T., 493 Ierocle, 531 Ignazio, 519 Ignazio della Croce (Denisi I.), 9, 150, 241, 242, 855, 856, 857, 912 Ilario, 875, 884 Imperiali V., 856 Innocenzo II I (Lotario di Se­ gni), 521, 878 Innocenzo IV (Fieschi S.), 522 Innocenzo X (Pamphili G. B.), 469 Intieri B., 20, 60, 74, 266, 291, 421, 427, 433, 491, 662, 672, 691, 711, 732, 733, 735, 744, 745, 748, 773, 794, 816, 817, 831 Ippocrate, 43, 87 Ireneo da Lione, 884 Jacob M. C., 472 Jacquier F., 367, 641, 815, 830, 854, 855 Jannelli G , 253 Jaquelot I., 83, 676 Jemolo A. C., 142, 144, 159, 595, 660, 665, 696 Jerocades A., 253, 644, 686, 777

Johnstòn C., 204 Jones R. F., 812 Jorio padre, 912 Juenin C., 872 Jurieu P., 104, 220, 394, 507 Juveninus, v. Juenin C. Kaegi W., 331 Kalefati A. M., v. Calefati Kalk J. L „ 670 Kant I., 386, 425, 442, 658, 780 Keill J., 63, 103, 409, 512, 547549, 729, 747, 758 Kepler J., 98, 114, 410 King W., 781, 857 Kircher A., 98 Knuttel W. P. C „ 624 Koechér J. C., 818 Kolb P. (Colb Andrea), 459, 472 Koyré A , 549 L ’Abadie J., 642, 676 Labanca B., 270 Labbe P., 886 Labrousse E., 109 La Bruyère J. de, 728 Lackner E., 400 La Forge L. de, 38, 49, 50, 102, 180, 720 Lalande J. J. Le Francais de, 671, 672, 718 Lallèbasque P., v. Borrelli P. La Loubère, Sieur de, 472 Lama B. A., 198, 330, 837 Lama M., 276, 801 Lamberg M., card., 821 Lamberti B., 60 Lamberti G., 801 Lambruschini p., 687 933

La Mettrie J. Offray de, 283, 772 Lami. F., 83, 539 Lami G., 9, 10, 31, 35, 69, 237, 550, 660, 688, 689, 794, 801, 855, 856 La Mothe Le Vayer F., 188 Lamprecht J. F., 367 Lamy B., 112, 159, 177-195, 197, 208, 268, 308, 3 3 7 ,480, 493, 497, 542, 665, 723,. 728, 811, 812, 866 Lancellotti G. - P., 727 Lancelot C., 192 Lancisi G., 33, 807 Landi F., card., 19, 147, 856, 857, 858, 859 Landucci S., 6 Lantrua A., 198, 199, 200, 207, 236 Lanza A., 912 La Peyrère I., 292, 511, 530, 551-556, 637, 641 La Placette J., 676 Lasena P., 35 Latilla B., 21, 668, 855, 856 Lattanzio, 327, 331, 494, 569,

868

Launoy J. de, 167, 175, 326, 329, 395, 525, 592, 676, 874 Lazzarini D., 687 Le Clerc J., (Clericus, Clerico, Clerc, Phereponus), 5, 6, 10, 13, 18, 29, 44, 85, 87, 97, 98, 104, 105, 106, Ù 0 , 126, 132, 133, 142, 153, 175, 176, 197, 244, 270, 271, 307, 328, 329, 330-355, 356, 360-363, 365, 366, 382, 383, 394, 395, 401, 402, 405, 427, 462, 471, 472, 473, 491-493, 529, 53Ó, 533, 541, 553, 556, 575, 581, 607, 611, 641, 661, 665, 677,

934

715, 717, 718, 720, 722, 745, 751, 818, 819, 823-824, 836, 837, 841, 857 Le Courrayer P. F;, 530 Leeuwenhoek A. voh, 39, 87 Le Grand A., 83, 102, 187, 720 Leibniz G .. W. von, 5-8, 11, 17, 63, 67, 83, 85, 98, 107, - 114, 117, 118, 160, 186, 206, 212, 213, 231, 244, 297, 320, 326, 327, 348, 365, 366, 367, 368, 370, 376, 378, 383, 387, 404, 410, 413, 424, 425, 457, 462, 471, 542, 576, 609, 611, 641, 642, 643, 658, 676, 689, 690, 710, 719, 720, 730, 766, 779, 781, 814, 822, 850, 857 Lemery L., 64 Lemóinè A.; '532 Leiifant J „ 220, 235 Leone I, 881 Leone II, 886 Leone III, 519 Leone IX, 878 Leoni F. M., 81, 621 Leprotti A., 33, 34 Le Quien J., 525 Le Se u rT ., 640, 641, 815, 830 Lessing G. E;, 369 Leucippo, 346, 398 Le Vassor P., 100 Levesque de Burigny J., I l i , 304 Lévy - Brulli L., 376 Leydekker M., 355, 512 L ’Hópital G. F. A. de, 118, 814 Liancourt duca di, 538 Liberio papa, 881, 884, 885 Licurgo, 513 Lidio Partenio, 178 Lieberwirth R:, 370 Limborch P. van, 244, 355-365,

394, 396, 491, 492, 579, 581, 712, 726, 779, 836, 837, 870 Lino, 297 Liotta F., 497 Lioy F „ 441, 677, 678, 680, 683, 784 Lioy G., 440, 441, 677 Lioy L., 680 Lioy de Gémmis C., 441 Lipsio G. (Lips Joost), 188, 267 Lipstorp D., 3, 66 Livio, 55, 512, 513, 531, 805 Lobkowitz G. G. C., 843 Locatelli G., 672, 857 Locke J., 29, 46, 54, 64, 79, 80, 81, 84, 88, 103, 111, 114, 123, 124, 125, 152, 153, 162, 166, 184, 193, 199, 204, 214, 217, 223, 231, 232, 236, 237, 244, 246, 252, 294, 295, 298, 303, 304, 305, 308319, 326, 339, 340-342, 352, 357, 361, 362, 364, 365, 368, 376, 381, 382, 383, 387, 397, 416, 424, 425, 470, 473, 581591, 631, 632, 641, 644, 655, 673, 705, 709, 710, 712, 715, 718-720, 725, 745, 747, 749, 757, 761, 765, 766, 769, 775, 778, 781, 7£3, 786, 819, 820, 822, 833, 834, 836, 837, 841, 845, 850, 905, 906 Lodoli F. C., 251 Lombardi G., 508 Lomonaco F., 252 Longano F.. M., 15, 163, 251, 276, 431, 435, 784, 788 Loschi L. A., 695 Lowith K., 288 Luberus, v. La Loubère Sieur de Luce A. A., 204 Luciano, 837

Lucius Antistius Constane (P. de la CourP), 99 Lucrezio, 29, 36, 39, 63, 153, 248, 277, 278, 463, 464, 472, 556, 557, 558 Ludovici G., 407 Lukacs G., 387 Luigi XIV, 179, 301, 743 Lullo Raimondo, 398 Lutero M., 371, 526, 576, 577, 634, 899, 901, 903, 904 Mabillon J., 292, 329, 394, 401, 519, 728, 779 Mac Egan J., 854 Mac Kee D. R., 556 Machado Santos M. A., 161 Machiavelli N., 129, 247, 301, 311, 369, 559, 567, 593, 689 Mac Lachlan H., 361, 587 Maffei S., 8, 27, 123, 141, 292, 295, 324, 443-446, 448-449, 450, 490, 565, 573, 833 Magalotti L., 244 Maggi C. M., 816 Maggiocco A., 807 Magli P., 19, 20, 106, 159, 194, 233, 241, 243-248, 249, 254, 276, 319, 367, 404, 450, 469, 470, 491, 520, 579, 633, 651, 668, 669, 671, 705, 710, 798, 842 Magone, conte, 854 Mahony conte di, generale, 854, 855 Maiello C., 96, 856 Mairan J. J. Dortous de, 210 Malachia, 865 Maldonat J., 592, 876 Malebranche M„ 38, 51, 52, 61, 63, 76, 77, 83, 85, 90, 102, 111, 112, 114,154, 172, 935

276, 178-180, 182; 186, 187, 191, 192, 194-237, 23% 244, 245, 253, 288, 296, 297, 298, 304-306, 326, 327, 337, 365, 390, 401, 425, 473, 518, 609, 611, 636, 690, 710, 712, 720, 745, 812, 850 . Malpighi Μ., 8, 39, 63, 87, 118, 119 Mamachi Τ., 428, 431, 448, 469, 470, 492, 640, 641, 643, 644, 652, 674 Mandarini Ε., 440 Manetone, 460, 461, £37 Manfredi E., 10, 815 Manilio Μ., 464 Manuel F. E ?, 282, 312 Manuzio A., 267 Marchetti A., 556 Marcialis Μ. T., 54, 74> 600, β46 Marco Evangelista, 895 Marco Aurelio, 262 Marets S. des, 621, 623 Maria Amalia Walburga, regina di Napoli, 840, 856........... Mariotte E., 39, 49, 187, 745, ,814 Marocco G. C., 242 Marsham J., 292,.481, 511, 632, 837 Marsili F., 39, 112 Martello P. J., 8 Martin A. (Ambrosiùs Victor), 179 Martin B., 831, 642 Martorana P ., 95 Martorelli O. I., 257, 271, 651, 667, 671, 744, 746, 817, 832, 846 Martuscelli D., 240, 249, 250, 320

Marziale, 495 Marx K., 273 Masaniello, 703 Masé-Dari E., 257 Mastellone S., 329 Matani A., 653 Mathers W., 6 Matteo Evangelista, 532, 895 Maupertuis P. L., Moreau de, 64, 66, 69, 758 Mauro C , 21, 23, 807 Mauro F., 808 Mauro M., 807 Maxilla, 883 Maylender M., .687 Mazzatinti G., 438, 689 Mazzei F., 25 Mazzocchi A. S., 96, 147, 150, 208, 294, 667, 817, 830, 832, 839, 855, 856, 857 Mansvelt R. a (Petrus, ab An­ ello), 100 Mecatti G. M., 854 Medina Coeli, L. F. de la Cerda y Aragon duca di, 57, 58, 99, 200, 297, 399, 801 Melantone F., 466 Melchionda M., 818 Melon J. F , 156, 682, 732, 749 Melpignano A., 702 Melzi G., 276 Memmo A., 445 Menchini A., 692 ; Menendez y Pelayo M., 262 Menochio G. S., 731 Merker N., 369, 385-387, 392, 396, 399, 402, 406, 407, 408, 409, 420, 415 \ Mersénne M:, 3, 70, 79, 98, 101, 186, 413 Mery. J., 49

Mésenguy F. P., 692, 694, 697 Metastasio P., 857 Mettayer I., 333, 823 Meyer L., 100, 304, 344, 358, 359, 360, 391, 597, 619, 621, 622, 623-634 Michelangelo da Reggio, v. Fran­ ceschi M. Migliarini C , 747, 762 Milante P. T., 294 ΜΠ1 J. S;, 552, 553 Milton J., 63, 361, 587, 632 Mincuzzi R., 258, 778 Minieri Riccio C., 31, 667 Mininni C. G., 677 Minucio Felice, 458, 632 Mirabeau, V. Riqueti de, 156, 544 Misch G., 7 Mittner L., 369 Mocho, 513 Molesworth W., 5, 587 Molière P., 218 Molina L., 635, 636, 809 Molinari I., 677, 832, 856 Momigliano A., 27, 264, 292 Mondolfo R., 273, 287 Moniglia T., 176 Montaigne Μ. E. de, 4, 153, 172, 193, 838 Montano, 883 Montealegre J. J. duca di Salas, 24, 150, 847, 848, 911 Montelatici TJ., 668, 716, 750, 794, 846 Montesquieu C. L. de Secondai, 63, 156, 177, 229, 281, 302, 651, 731, 788, 789 Monti G. M., 23, 252, 430, 433, 661, 662, 692, 693, 705, 706, 778, 784, 797, 816, 841, 860

Mopso, 297 Mor C. G., 147 More H., 6, 63, 83, 100, 197, 222, 231, 232, 336, 347, 492, 632, 714 More T., 297 Morelli E., 653, 693, 826 Moréri L., 185 Morgagni G. B .,.63 Morin J., 174, 194, 539 Mosca F., 61 Moscati R., 422 Mosheimi J. L., 83, 366, 492, 534 Motzo Dentice d’Accadia C., Ili Mourgues M., 336 Muratori L. A. (Pritanio L., Lamprìdio A.), 9, 10, 15, 63, 109, 112-163, 166, 176, 195, 251, 256, 268, 292, 293, 295, 310, 324, 367, 445, 454, 457, 492, 527, 545, 550, 576, 593, 601, 619, 641, 660, 676, 677, 716, 730, 737, 779, 797, 811, 812, 816, 821, 833, 849, 857 Muret. M. A., 112, 366, 811 Museus J., 100 Musitano C., 40 Musschenbroek P. van, 63, 64, 215, 489, 490, 542, 545, 546, 549, 722, 758, 830, 831, 844, 846 Mustafà pascià di Rodi, 832 Nangius (Guillaume de Nangis), 887 Napoli-Signorelli P., 27, 31, 251, 285, 667, 672, 677, 825, 831 Naselli C., 148 Natali A., 688 Natali G , 251 937

Natali Μ., 659, 660, 663 Naudé G., 401 Nava A. (Navi), 852 Needham J., 86 Neri Filippo, 856 Newton I., 30, 32, 38, 45, 46, 51, 52, 54, 57, 61, 63, 64, 65, 73, 74, 98, 102, 1 0 3 ,104, 114, 117, 123, 162, 186, 200, 206, 207, 208, 211-213, 230, 231, 295, 308, 310-313, 318, 321, 322, 326, 327, 341, 342, 348, 361, 365, 404, 409, 415, 494, 509, 512, 529, 542, 548, 549, 587, 641, 689, 710, 722, 746, 758, 759, 776, 801, 814, 832, 837, 845, 850 Niccolò I papa, 449, 878 Niccolò V (Parentuccelli T.), 882 Niccolò da Lira, 95, 806 Niceron J. F., 66 Nicole P., 9, 59, 112, 146, 166178, 192, 299, 326, 329, 398, 505, 507, 718, 727, 728, 819, 871, 903 Nicolini F., 8, 10, 15, 125, 201, 206, 240, 241, 243, 245, 249, 258, 262, 268, 279, 285, 423, 497, 556, 724, 799, 801, 802, 807, 816, 828, 829, 837, 839, 842, 843, 849 Nicolson M., 548 Nieuwentijt B., 642, 643, 676, 721, 776 Nifo A., 35 Ninno P. Maestro, 912 Nizolio M., 745 Nonis P. G., 123, 127 Noris E., 573 Norris J., 204 Notaroberto S . , 9 6 Nuccio O., 424 Numa Pompilio, 513 938

Ockham W., 89, 592, 882 Odazi T., 754 Oldenburg H., 536 Olivet P. J. Thorellier d’, 153 Omero, 215, 269, 270, 271, 460 Onnis P., 692, 777 Onorio I, papa, 886 Opel O. J., 371 Orfeo, 297 Origene, 327, 335, 483, 517, 519, 538, 573, 632, 690 Origlia Paolino G. G., 667, 668, 815, 817, 856 Orlandi C., 21, 215, 244, 445, 653, 674, 828, 831, 832 Orlandi G., 22, 24, 60, 62, 63, 160, 315, 319, 674, 716, 722, 724, 801, 825, 828, 830-332, 836, 841, 845, 846, 847, 850, 855 Orlando F. F., 817 Orlando N., 830 Orsi G. G „ 256 Osco, 885 Osiander A. (Hosemann A.), 372 Paci L., 689 Paciaudi P. M., 147, 785, 841, 844 Pacifico E., 672, 718 Pacimontano B., 903 Padula V., 252, 253, 435, 669 Pagano F. M., 251, 252, 253, 285 Pagnini G. F,, 237 Palermo F., 106, 842 Pallavicino S. card., 526, 540 Palumbo P., 846 Pahareo A., 691 Paoli S„ 147 Paolo di Tarso, 215, 352, 495, 539, 552, 553, 556, 573, 632, 690, 866, 870, 880 894, 895

Paolo Veneto, 56 Papa E., 647, 832, 849 Papillon A. M., 640 Pappo Alessandrino, 185 Paracelso (Boinbast von Hohenheim P.), 34, 43 Pàrdies I. G.,: 186 Parker S., 70, 100, 101, 326, 560, 721 Parrilli N., 803 Parrilli S., 803 Pascal B., 86, 146, 172, 178, 180, 192, 194, 573, 618, 814 Pasch G., 66 Pasquali G . B., 439 Passerin d’Entreves E., 144 Passione! D., card., 844, 857 Patrizi F., 116, 549, 550 Patrizi S., 106, 325, 700, 701, 785, 842, 857 Patuzzi G. V., 696 Pearson J., 823 Pecchia C., 431 Pecenini G., 538 Pecorella C., 147, 816 Peiresc N. C. Fabri de, 100 Pelagio, 878 Pelagio II papa, 880 Pelettier J., 455 Pellegrini C., 35 Pellizzi C., 725 Pepe F „ 546, 647, 832, 847849, 910, 911, 913 Pereira B., 656, 657 Pérelle M., 210 Perelli F., 646, 677 Perelli G., 846, 856 Perelli N., 663 Perini D. A., 843 Perna M. L., 509, 771

Pemzzini C. A., 687 Petau D., 174, 267, 332, 395, 477, 592, 598, 664, 665, 676, 866, 885, 889, 892, 893, 895, 899, 900 Petrarca F., 55, 805 Peyne G., 454, 517 Pfeilschifter G., 669 Phanner T., 569 Philipp W., 370 Philipps T., 110 Piancastelli C., 831 Pico G., 327, 745 Pico G. F., 116, 401 Picot C., 719 Pietro Antiocheno, 878 Pietro Apostolo, 863, 880 Pietro Crisologo, 878 Pietro d’Ailly, 592, 882, 887 Pietro il Grande di Russia, 743 Pietro Ispano, 56 Pietro Leopoldo di Lorena, 698 Pier Lombardo, 500, 519, 520, 781 Pignatelli G., 640 Pignatelli di Colobrano F., 814, 831 Pilati C. A., 660, 699, 785 Pio VI (Braschi G . A.), 687 Piovani P., 255 Pipino III il Breve, 522, 523 Pirozzi G., 440, 450, 475, 797 Pirrone, 484, 485, 487, 893 Pisani L., 821 Pitagora, 297, 305, 326, 335, 336 Platone, 22, 23, 49, 91, 114, 116, 182, 187, 188, 193, 201, 202, 215, 216, 226, 233, 236, 257-260, 280, 297, 301, 303309, 313, 317, 319, 320, 325939

327, 330-336, 363, 377, 380, 395, 482-485, 487, 557, 563, 610, 614, 627, 727, 731, 738, 762, 787, 794, 812, 517, 818, 819, 866 Plinio, 307, 531, 721 Plotino, 187, 215, 216, 232, 327, 332 Plumard de Dangeul J. (Nickolls J.), 136 Plutarco, 23, 55, 140, 187, 299, 531, 532, 567, 803, 837 Pobladura M. de, 644 Poiret P., 70, 75-77, 214, 381, 390, 401, 473, 720 Poisson N. J., 78, 173, 180 Poleni G., 10 Poli B., 252 Polin R., 586 Poliziano A., 856 Pomponazzi P., 603 Pantano G. G., 842 Porcìa G. A. di, 8, 10, 1114, 16, 251, 800 Porfirio, 327, 602 Porsile S., 654, 847, 853 Porta G. B., 35 Portocarrero G. F., card., 649 Porzio L. B., 35, 39, 53, 57 Possevino A., 401, 578 Potamone, 326 Potolicchio A., 23, 27, 149, 159, 437, 535, 693, 775,782, 797, 799, 800, 810 Pouget F. - M., 726 Pourchot E., 720 Prades J . M. de, 327 Prandi A., 773 Praxea, 883 Preziosi B., 802 Priano, 260, 786 940

Prideaux H., 126, 533,534,541, 542 Prini P., 255 Prisca, 883 Pritz G., 214, 220 Prodo, 656 Prospero dell’Aquila, 330, 673, 675, 676 Proust J ., 327 Pufendorf S., 5, 6, 18, 281, 295, 300, 326, 328, 370, 372, 373, 397, 399, 405, 447, 492, 561, 565, 571, 641, 645, 698, 725, 787, 818 Pulci L., 691 Quesnay F., 229, 261 Quesnel P., 192 Quintiliano, 865 Quirini A. M., card., 833, 857 Rabelais F., 218 Radoppi A., 23, 430, 434, 439, 646 Radicati di Passerano A., 514, 587 Ramanzini D., 820 Ramazzini B., 63 Ramo P., 97, 374, 412,.427, 744 Rampinelli R., 832 Raphson J., 390, 413, 414 Rapin R., 100, 101 Rapolla F., 147, 150, 151, 158 Ray J., 342 Réaumur R. A. Ferchault de, 158 Recanati G . B., 8 Redi F., 36, 39, 118, 721 Reggio M., 843 Regis P. - S., 1 0 2 ,146, 176, 193, 197, 199, 217, 223, 225, 228,

236, 599, 609-613, 676, 720, 890, 894 Regius Η. (Le Roy), 38, 41, 70, 101, 187, 326, 398, 603 Regius J., 473 Reimarus S., 392 Reland A., 513 Renganeschi A., 686 Renganeschi G., 438, 686, 689 Rex W., 109, 332 Rialp R. de Vilhana Perlas de, 802 Riccardi A., 57, 106 Riccardo da San Vittore, 479, 493 Riccati J., 8 Ricuperati G ., 27, 60 96, 99, 104, 106, 109, 198, 330, 497, 601, 801, 823, 829, 830, 837 Rigatti M., 785 Righi G., 128 Rinaldini C., 814 Rinieri I., 850 Rinuccini P. A., 63 Ritzler R., 445, 802 Rivet A., 546 Robertson W., 509 Robinet A., 179, 198, 199, 200, 219, 228, 235 Rodis-Lewis G., 198, 199, 200, 204, 216, 218, 219, 225, 226, 228, 229, 235, 609 Roéll J. A. 83 Rofiredo di Benevento, 430 Rohault J., 102, 186, 187, 394, 512, 610, 722, 831 Rolli L. L., 644 Rollo C , 830 Romagnosi G. D., 251, 252, 253, 782 Romano D., 444, 654 Romolo, 258, 260

Rosa M., 15, 141, 143, 1 4 4 ,145, 163, 466, 650, 651, 680, 689 Roscellino, 519 Rosiello L., 764, 765 Rosmini A., 709 Rossi D., 912 Rossi Paolo, 287, 511, 548, 764, 837 Rossi T., 207, 233, 298, 303 Rota Ghibaudi S., 691 Rotta S., 74, 295, 645, 828, 831 Rousseau J . - J . , 12, 29, 70, 73, 74, 153, 177, 181, 229, 281, 286, 425, 559, 658, 684, 705, 735, 755, 756, 767, 772, 789 Ruberto M., 801 Rudiger A., 87, 223, 366, 371, 374, 378, 380-384, 393, 396, 412 Ruffini F., 434 Ruggieri T., 852 Russel L. J., 5 Russo G., 161 Ryssel I. A., 378 Sabatelli F., 60 Sabbatini L., 855 Saccenti M., 556 Sacchi G., 159, 669, 671 Sàgmiiller J. B., 400 Saint-Evremond C. Marguetel de, 193, 786 Saint-Simon M. de, 311 Salas duca di, v. Montealegre

J. J-

Salgado A., jr, 161 Sallustio, 55, 805 Salomone, 474, 866 Salvìano, 898 Salvini G., 10 Sanchez de Luna I., 253, 650, 668, 850, 860

941

Sanconiatone, 460, 461, 837 Sandini A., 887 Sanfelice A., 147 Sangro R. principe di Sansevero, v. Sansevero Sanseverino D., 801 Sanseverino padre oratoriano, 679 Sansevero Raimondo di San­ gro princ. di, 30, 302, 303, 598, 667, 679, 682, 684, 744, 831, 832 Santa Colomba p., 912 Santucci A., 195, 710, 850 Saraceni R , 23 Sarcone M., 784 Sarno M. di, 233, 244, 547, 662, 817, 842 Sarno R. di, 842 Sarpi P., 87, 118, 332, 448y 526, 530 Saumaise C., 449 Savarese G., 19, 24, 27, 129, 255, 275, 593, 664, 739, 741, 747, 797, 799, 822 Savio P., 662 Scaja C., 668, 914 Scaligero G. G., 112, 175, '632, 811 Scandone F., 650 Scheeben M. J., 400 Schalichius P., 327 Scheelstrate E., 593, 886 Scheiner C., 414 Schei H., 344 Sherlock W., 516, 533 Schipa M., 10, 145, 146-150, 300, 546, 832, 854, 860 Schmitt C. B., 91, 807 Schooten F. van, 623 Schoock M., 556 942

Schuhl P.-M., 229 Schulz-Falkenthal H., 371 Schwarz C. G., 110 Schweitzer J. H., 83 Scultetus S., 465 Sefrin P., 445, 802 Selden J., 110, 293, 480, 481, 529, 532, 725, 818 Selvaggi G. L., 856 Semler J. S., 623 Seneca, 376, 721, 724, 727 Senofonte, 276, 453 Serao F., 31, 33, 35, 36, 37, 38, 53, 60, 63, 72, 801 Serrao A. (Serao J. A.), 27, 107, 430, 431, 435, 634, 667, 677, 700, 727, 784, 842, 850, 851 Serena di Lapigio G., 797 Serena di Lapigio N., 24 Serena di Lapigio O., 23, 24,. 662, 693, 760 Sergio monotelita, 885 Serrarius P., 621, 623 Serres J. de (Serranus), 187 Serry J. H., 593, 874 Sersale A., card., 448, 839 Serveto M., 87, 580, 904 Sesto Empirico, 153, 567 Severino M. A., 35, 91, 806 Shaftesbury A. Ashley Cooper IV conte di, 347, 392, 416, 599, 789 Sharp S., 250 Sharrock R., 101 Simeoni L., 444 445 Simioli G., 645, 856 Simon Mago, 149 Simon R., 100, 104, 106, 108,. 139, 178, 179, 184, 194, 328, 329, 528-530, 539, 544, 556, 581, 588, 595, 607, 633, 637,. 665, 798, 812

Simplicio, 327 Smith A., 426, 793 Smith J., 533 Socrate, 116, 132, 202, 232, 326, 336, 340, 380, 467 Solari G., 372 Solerti A., 15 Soli Muratori G. F., 9, 10 , 162 Solmi A., 147 Sorbelli A., 438 Sorbelli T., 10, 145, 147 Sorbière S., 101 Sozzini F., 125, 580, 623, 637, 904 Sozzini L., 580, 904 Spaventa B., 429, 709, 783 Spencer J., 292, 632 Spener P., 381 Spinelli da Scalea F. M., 9, 31, 57, 58, 59, 233, 245,- 246, 298, 816, 820, 825, 857 Spinelli di Fuscaldo G., card., 242, 452, 468, 573, 648, 649, 658, 692, 695, 778, 833, 839840, 841, 852, 853, 855, 856, 859, 910, 911 Spinoza B.,9, 29,77,98-100,108, 110, 152, 193, 195, 197, 217, 218, 227, 234, 235, 253, 257, 294, 295, 306-308, 311, 329, 342-344, 349, 358, 362, 364, 365, 381, 383-385, 387, 390, 391, 399, 406-408, 413, 414, 424, 425, 462, 464, 466, 472, 473, 491, 494-496, 513, 529, 530, 531, 533, 534, 536, 540, 543, 545, 547, 556, 574, 575, 587, 597, 598, 601, 603-634, 637, 638, 641, 655, 658, 663, 677, 705, 710, 712, 720, 730, 833, 841, 889, 890, 891 Spiriti S., 20, 785 Sposato P., 694, 701, 849, 857

Stanislao da Campagnola, 695, 698, 699 Stanley T „ 97, 110, 404 Steen C. van den (Cornelio a Lapide), 95, 809 Stefano I, 880, 881 Stegman J., 623 Steinman J., 539 Steliini J., 233, 251, 252, 269 Stenone N. (Steensen N.), 87 Stephen L., 541, 599, 632, 845 Sterlich R., 740, 794 Steuco A., 729 Stevin S., 185 Stillingfleet E., 79, 80, 81, 124, 473, 511, 641, 681 Stolzenburg A. F., 387 Storchenau S., 670 Stork N., 903 Strabone, 458, 512 Stricher J., 148, 149 Strimesius S., 101 Sturm J. C., 102, 327, 368, 374, 379, 394, 722 Suarez F., 635, 721 Suicerus, v. Schweitzer J. H. Suppa S., 399 Svetonio, 23 Sykes A.A., 462, 677, 844, 845 Swift J., 631 Tacito, 129, 240, 512, 593, 905 Tacquet A., 185, 723, 830 Tagliartela T., 669 Tamburini F., card., 123, 156, 855 Tanucci B., 147, 150, 258, 267, 285, 291, 523, 524, 649, 653, 678, 680, 692, 694, 695 699, 703, 711, 750, 776, 777, 778, 785, 790, 807, 831, 833, 848, 855, 857

943

Tartarotti G., 96, 103, 124, 148, 324, 566 Targioni Tozzétti G., 784 Tasso T., 55 Tassoni P., 153 Taylor A. E., 586 Telesio B., 35, 97, 325 Telleria R., 27, 78, 148 Tempie W., 632, 771 -Tencin P. G. de, card., 693, 826 Tennemann G., 252 Teodoro Mopsuesteno, 573 Teodosio, 185 Teofilo, 519 Teofrasto, 727 Tepelius J., 66 Terenzio, 55, 240, 805 Terrasson A., 212 Terres D., 23 Tertulliano, 458, 484, 485, 488, 574, 579, 634, 868, 875, 880, 883, 898 Testa M. A., 645 Teodoreto, 332 Thagone vesc. cartaginese, 519 Thévenot M., 721 Thiele G. H., 819 Thiers J.-B., 329 Thijssen-Schoute L., 623, 624, 626 Tholuck F. A. G., 370 Thomasius C., 6, 111, 244,3 2 8 , 340, 366, 368-382, 373, 383, 385, 386, 388, 392, 393, 394, 395, 396, 397, 399, 404, 405, 406, 412, 414, 473, 491, 645, 677, 698 Thomasius J., 100, 366, 368, 369, 373, 378, 395 404, 472 Thomassin L. de, 182, 187, 194, 236, 473, 593, 884 944

Thorndike L., 34 Thummig L. P., 722 Til S. van, 100 Filli G. B., 33 Tillòtson J., 632 Tindal M., 152, 343, 344, 392, 599, 681, 845 Tirin J., 665, 728 Tisi A., 434, 850 Todeschi C., 647 Toland J., 110, 111, 152, 293, 311, 393, 462, 464, 472, 473, 512-514, 530, 598, 601, 606, 812, 889 Tolomeo, 141, 142, 639 Tolomeo da Lucca, 887 Tommaso d’Aquino, 55, 83, 219, 236, 308, 325, 369, 437, 463, 479, 482, 483, 496, 499, 500502, 505, 524, 525, 568, 592, 597, 614-616, 620, 635, 642, 658, 666, 667, 690, 705, 721, 726, 780, 806, 866, 868, 877, 891-893, 896 Toiielli G., 386 Torcia M., 661 Torni G. N. (Torno), 21, 222, 240, 251, 255, 268, 277, 283, 332, 573, 824-825, 826, 840, 841 Torres A „ 201 Torri C., 129, 433, ‘-593, 797, 822 Torricelli È., 31, 36, 63, 118, 758, 8 1 4 Torrini M., 807 Tosetti U., 659 Tostato A., 592, 882 Toumefort J. Pitton de, 721 Tournemine R. J., de, 493 Towler, 454, 517 Tozzi L., 35, 63, 801

Travisali B., 117, 125, 202, 298, 367 Tribbechow A., 322, 395, 401, 613 Trifone R., 807 Trinci C., 744, 846 Trogo Pompeo, 453 Troisi B., 830, Traisi M „ 155, 449 Troisi V., 701 Trutta N., 912 Tschirnhaus W. von, 155, 383, 384, 414, 606, 623, 730 Tschudy de, comandante, 671 Tucidide, 276, 280 Tulden T. van, 728 Tuli J., 672, 758 Turchi A., 662, 695 Turnèbe A., 267 Turrettini J. A., 394, 871 Turris P. de, 816, 817 Uezio, v. Huet P.-D. Ulloa B. de, 18, 156, 749 Uriès S., 99 Uztàriz G. de, 18, 156, 749 Vaccolini D., 832 . Valenti Gonzaga S., 647, 857, 909 Valentini G. M., 433, 797 Valerio Massimo, 531, 532 Valla L., 97, 744 Valletta G., 96, 104, 115, 146, 297, 322, 331, 453, 615, 744, 818 Vaffisneri A., 8, 10, 39, 125, 209, 210, 801 Valois H., 593, 884, 885 Vaisecchi F. A., 773 Viandalinus, v. Dale A. van

Van Ellen F., 401 Vargas Maciucca famiglia, 817 Varignòn P., 814 Varrone, 273, 480, 510 Vartanian A., 81, 210 Vasco D. F., 690, 691 Vasco G . B., 690, 691 Vasco da Gamà, 748 Vauban S. Le Preste de, 748 Vecchi A., 115, 117, 123, 125, 127, 142 Vecchietti F., 689 Velthuyzen L. van (Velthusius, Velthusenius), 100, 101, 621, 624-626, 630 Ventura F., 301, 302, 699 Venturi F , 15, 18, 19, 24, 27, 62, 74, 103, 105, 144, 145, 147, 156, 161, 163, 208, 254, 255, 265, 266, 285, 300, 328, 422, 423, 424, 427, 438, 444, 446, 448, 491, 514, 523, 558, 587, 647, 661, 680, 681, 682, 685, 686, 699, 711, 741, 742, 745, 750, 753, 755, 769, 784, 785, 797, 799, 816, 817, 820, 826, 842 Vemey L. A., 161-163, 672 Vemière P., 601, 606-611, 663 Verri A., 401 Verri P., 401 Vetrani A., 138, 276, 328, 353, 476, 491, 579, 667, 675, 676, 753 Vettori P., 267 Viano C. A., 587, 834, 837 Vico G., 242, 252, 262 Vico G. B., 8, 10, 14, 16, 17, 19, 24, 35, 41, 46, 56, 57, 74, 91, 125, 115, 198, 200-208, 225, 227, 232, 233, 239-293, 295, 296, 297, 303, 304, 316, 321, 351, 367, 403, 404, 425, 945

429, 459, 461, 480, 497, 510, 511, 543, 551, 954, 556-559, 608, 655, 705, 709, 724, 736, 742, 744, 756, 764, 765, 783, 797, 799, 801, 807, 815, 816, 817, 818, 820, 824-826 837, 857 Vidal E., 295, 297, 298, 299, 300, 302, 820 Viète F., 185 Vigilanti C., 853 Vigorita E., 783 Vilhana Perlas P. de, 802 Villani C., 832 Villani P., 15, 422, 680 Villari L., 18, 156, 289, 422, 424, 450, 744, 768, 770,777 Villari R., 422, 423, 424, 427, 428, 704, 744, 746 Villarosa C. Rosa de, 857, 859 Vincenzo di Lerins, 394, 505 Virgilio, 464 Vitolo A., 800 Vitoria F. de, 592 Vitriarius P. R., 399 Vittore I papa, 881, 883 Vives J. L., 97, 116, 117, 136, 395, 427, 453, 465, 524, 525, 592, 634 745, 899 Viviani N., 734 Viviani V., 64, 66, 69, 74, 748, 814 Viviani della Robbia E., 855 Voeltzel R., 337 Voezio G., 70, 77, 379 Vogelsangius R., 621, 623 Volo abate, 832 Voltaire (F. M. Arouet), 30, 64, 73, 74, 86, 87, 102, 199, 207, 229, 294, 295, 311, 425, 544, 645, 658, 710, 743, 772 Voss G. J., 112, 175, 176, 185, 946

187, 267, 378, 393, 471, 480/ 481, 534, 539, 594, 619, 810, 811 Voss I., 511 Yvon M., 100 Wade I. O., 109, 452, 544 Waeyen J. van der, 355 Walch J. G., 74, 75, 90, 92, 93, 166, 215, 220, 265, 366, 383, 386, 387, 388, 390, 391, 393, 394, 399, 403, 404, 472, 473 Wallis J., 186, 409, 814 Ward S., 101 Warrender H., 586 Watson R. A., 609 Webster C., 91 Weise C., 371 Werenfels S., 83 Werner K., 198 Whiston W., 63,125, 355, 512, 547, 548 Whitchcote B., 632 Wilkins J., 632 Willis T., 39 Winkler J. H., 854 Winspeare D., 30 Witby D., 125 Wits H., 292, 355, 542, 619, 837, 838 Wittich C., 29, 70, 100, 391, 462, 624, 641 Wolff C., 5, 6, 63, 114, 244, 324, 326, 327, 366, 367, 368, 369, 371, 374, 376, 378, 381, 382, 383-387, 389, 392, 395, 396', 398, 402, 404, 405-415, 470, 473, 491, 542, 642, 673, 676, 677, 712, 719-723, 727, 728, 745, 747, 787, 818, 820, 821, 822

Wollaston W., 845 Wolzogen L., 623 Wood A., 5 Woodward J., 656 Woolston T., 125, 292, 531, 532, 540, 541, 599, 642 Worton, 823 Wren C., 409 Wundt M., 6, 369, 370, 372, 374, 378, 381, 382, 386, 387, 393, 404, 407 Wuttke H., 6

Zaccaria papa, 522 Zanotti F. M., I l i , 208, 251, 814, 815 Zazo A., 430, 776, 777, 784 Zeno A., 8, 818, 833 Zeno P. C., 8 Zenone, 327 Zoroastro, 215 Zosimo, 515 Zumtobel J. G,, 651, 669, 671 Zurlo Capece A., 648

INDICE D EI MANOSCRITTI E D EI DOCUMENTI

PAG. ALTAMUBA, Archivio Biblioteca Museo Civico, fondo Serena 1 ss., 24 ss., 797 ss. Genovesi, Autobiografia I Genovesi, Testamento 693 BARI, Biblioteca Provinciale De Gemmis, fondo De Gemmis 440-442 ss. ms. XCV. 1: Genovesi, Tbeologia (sigla D) 22, 636 ms. LXXVI: Genovesi, Metaphysica ms. CXXV: F. De Gemmis, Cronologia uni­ versale * 309 15, 680 cartella 840: F. De Gemmis, Autobiografia * BARI, Biblioteca Nazionale Sagarriga Visconti ms. Ili, 16: Genovesi, Tbeologia (sigla B)

440-441 ss.

FANO, Biblioteca Civica Federidana, fondo Col­ legio Nolfi ms. 9: Genovesi, Tbeologia (sigla F)

437-38 ss.

FIRENZE, Archivio storico dell’Accademia dei Georgofìli Carteggio 23, 4 e 7: Genovesi, lettere a 794 Montelatid FIRENZE, Biblioteca Nazionale Centrale, fondo Autografi Gonnelli ms. 13, c. 218: Genovesi ai Riformatori dello Studio di Modena

433, 797

FIRENZE, Biblioteca Riccardiana, Carteggio Lami ms. 3722: G. Dionisi, lettera a G. Lami

690

FORLÌ, Biblioteca Comunale A. Saffi, Autografi Piancastélli Giuseppe Orlandi a R. Rampinelli Nicola Cirillo a A. Vallisneri

831 39

949

PAG.

MACERATA, Archivio della Parrocchia Collegiata di S. Salvatore in San Giovanni Liber mortuorum C (1754-1833), f. 171 v Libro dei battezzati (1729-93), f. 50 v

886 867

MACERATA, Biblioteca Comunale Mozzi Borgetti ms. 340: Genovesi, Theologia (sigla M) mss. 301, 326, 434: G. Dionisi, Òpere* ms. 560: A. Natali, Dizionario storico *

438 689 688

MODENA, Biblioteca Estense, Archivio Muratoriano Filza II, fase. 11 g: Muratori, Appunti * Responsive, Roma, n. 12: L rA. Verney, Lettere NAPOLI, Archivio di Stato Affari Esteri, 4406: Genovesi, Consulta sul Collegio Ancarano di Bologna Casa Reale, fase. 1473: Genovesi, Consulta sulle scuole e x - g e s u i t i c h e Reai Camera di Santa Chiara, Consulte, 155 Reai Camera della Sommaria, Consulte, 219 Segreteria dell’Ecclesiastico, Dispacciò, 106 » » » 109 » » » 384 NAPOLI, Biblioteca Nazionale mss. I.D. 58-59: N. Fraggianni, Promptuarium excerptorum mss. V.D. 1-12: P. M. Doria, Opere * ms. XD. 12: G. Tomi, Censura ms. XIII.B. 37 (8): An., Ragionamento della somma nobiltà delVuomo secondo ragione ms. XIII.B. 92: Genovesi, Lezioni di com­ mercio fondo S. Giacomo XLII.2.19: Vico, Scienza nuova con postille contemporanee* NAPOLI, Biblioteca Oratòriana dei Gerolamini ms. Μ. XXVIII. 210: Genovesi, Theologia (sigla N)

123

745, 842 777 22, 656 21, 807 654 650 645

854-855 295 ss. 825 42 753 ss. 240

440 ss.

NAPOLI, Società Napoletana di Storia Patria (SNSP) ms. XXXI.B.18, Lettere di C. Orlandi ' a C. Galiani; del p. Sanseverino e di A. Buo­ nafede a F. Galiani 831, 679, 111 PISA, Biblioteca Universitaria, Fondò G. Grandi . Lettere di G .. Orlandi a G. Grandi* 831 950

PAG.

ROMA, Archivio Segreto Vaticano, Segreteria di Stato Nunziatura Napoli, 226 » » 227 » » » » »

228 229 230 279 363 ROMA, Biblioteca Corsiniana, Carteggio Bottari ms. 1570: Lettere di A. Capobianco, P. De Simone e altri a G. Bottari » » » » »

647,649,650,914,915 436,439,647,649, 650,848,909 ss. 647, 649 649 649 693, 700 647*

694

* Documenti non consultati direttamente. 951

INDICE D EI CAPITOLI

PAG. Premessa Introduzione P a r t e P r im a : G L I STUDI D I UN AUTODIDATTA

i. Tra scolastici e cartesiani ii. Sulla via del « buon gusto » iii. « Platonico » o « aristotelico »? cartesiano o malebranchiatìo? iv. Di fronte a Vico e a Boria v. Un eclettismo programmatico

V II 1 25 30 95 165 239 321

P a r t e S econda : LA TEO LO GIA E LA LIBERTÀ D I

PENSARE i. ii. iii. iv. v. vi. vii. vili. ix.

419

Lo stato della questione 421 La prima redazione della « Theologia » 437 Le redazioni post etìopi é ‘ Timpostazione dell’opera 475 La storia della Chiesa e della Teologia 50S Metodo critico e teologia positiva 527 Le origini del mondo e della società 546 Superstizione, deismo, cristianesimo ragionevole 567 Ragione e autorità nella teologia 590 Sopravvivenza e diffusione della Theologia fra i contemporanei 635 x. Teologia, economia e politica nel Genovesimaturo 674

PAG.

P a rt e T e r z a : « DA M ETAFISICO A MERCATANTE »?

LE VARIAZIONI D I UN PIANO D I STUDIO

707

A p p e n d ic i

795

I. La prima Autobiografia IL Testi inediti dei Theologiae dementa i. Praefatio ii. Prolegomena I, §§ 9—11 iii. Prolegomena I, § 18 iv. Prolegomena I, §§ 21-23 v. Liber primus, cap. I X : De iudicio Romani Pon­ tificie in re theologica vi. Liber primus, cap. X : De usu rationis hiumanae in re theologica vii. Liber quintus, c a p V i l i : De sectis quae a Luthero ecclesiam discerpserunt; IX: De Socinianis III. Relazioni del Nunzio L. Gualtieri al Segretario di Stato S. Valenti Gonzaga sul concorso di teologia a Napoli e sulle censure al manuale di Genovesi ìndici

954

797 861 861 865 868 870 873 889 901 903

909 917

Alla filosofia contemporanea, complessivamente considerata, la ve­ rità appare assai più bisogno ansioso di verità che rivelazione di con­ cettuali veri manifestabili in sistematica totalità. Più che mai, Γ« amore del sapere » si presenta, fondamentalmente, quale umana curiosità, che implica una necessaria pluralità di libere, differenti ricerche personali, in nome della loro sincerità, costanza e coerenza ugualmente degne e de­ siderose di reciproca attenzione e di varia cooperazione, in un confronto di prospettive che non avversa, ma promuove l’aperto conflitto delle idee come permanente lotta per la persuasione. L’intimo carattere pluralistico del nuovo filosofare, nella sua irri­ nunciabile vocazione polifonica, postula un particolare rispetto per tutte le voci, per ogni individuale voce, escludendo solamente le esclusioni pregiudiziali e le improvvisazioni effimere. Credere alla necessità feconda di tale rispetto e, sommessamente, servirne la causa è già assumere una precisa responsabilità culturale. Con questo senso di responsabilità la no­ stra Collana di filosofia vorrebbe guadagnarsi il suo pubblico di lettori. Vorrebbe guadagnarselo evitando il rumore di insistenti sollecitazioni, ma ottenendo il ragionato consenso di silenziose adesioni: « Quid enim turpius philosophia captante clamores? ». I. R odolfo M ondolfo , Momenti del pensiero greco e cristiano. I I . C arlo A ntoni, Storicismo e antistoricismo.

(Premessa di Antonino Pagliaro; a cura di Michele Biscione). III. É m il e B r éh ie r , La filosofia e il suo passato. (Premessa di Pietro Piovani). IV. N orberto B obbio , Da Hobbes a Marx. V . K arl L o w ith , Dio, uomo e mondo da Cartesio a Nietzsche. VI. A dolfo L e v i , Storia della Sofistica (a cura di Domenico Pesce). VII. P ietro P iovani, Conoscenza storica e coscienza morde. V ili. F austo N ic o lin i , Vico storico (a cura di Fulvio Tessitore). IX. K arl L o w ith , Critica dell’esistenza, storica. X. A. C orsano , P aolo R o s s i , A. M. J a co b elli I so ld i , K . L o w ith , F. A m er io , B. D e G iovanni, G . S em er a ri , N . B adaloni, V. M a t h ie u , C. R o sso , V. V errà , P. Z a m b e l l i , S. M oravia, G . F a s s ò , P. P iovani, F. T e ss it o r e , Omaggio a Vico.

XI. E ugenio G arin , L’età nuova. Ricerche di storia della cultura dal X II al XVI secolo. XII. K arl J a s p e r s , Max Weber politico, scienziato, filosofo. XIII. P aolo R o s s i , Aspetti della rivoluzione scientifica. XIV. F u lv io T e ss it o r e , Dimensioni dello storicismo. XV. A lberto C aracciolo , Religione ed eticità. XVI. P aola Z a m b e l l i , La formazione filosofica di A. Genovesi.

STAM PA TO TIPOGRAFICA POMPEI (NA)

PRESSO LA POMPEI S .p .A .

— Settembre 1972