"L'unità prevale sul conflitto": l'ecumenismo di papa Francesco 9788826600581

Titolo originale: « La unidad prevale sobre el conflicto » Traduzione dallo spagnolo di Giulia Tura

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"L'unità prevale sul conflitto": l'ecumenismo di papa Francesco
 9788826600581

Table of contents :
INDICE
ABBREVIAZIONI
PREFAZIONE ALLA COLLANA
PROLOGO LA STORIA CHE DEVO CONTEMPLARE
CAPITOLO l - PRIMI GESTI E PRIME PAROLE DI FRANCESCO
CAPITOLO Il - LA CULTURA DELL'INCONTRO: LA VOLONTÀ ECUMENICA DELL'ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES
CAPITOLO III - NEL CAMMINO VERSO LA PIENA COMUNIONE: PARLARE, PREGARE, LAVORARE INSIEME
CAPITOLO IV - IL PROGRAMMA ECUMENICO DIFRANCESCO: RILEGGENDO EVANGELII GAUDIUM
EPILOGO: IL TEMPO È IL MESSAGGERO DI DIO

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Santiago Madrigal Terraraz

«L'unità prevale sul conflitto » Papa Francesco e l'ecumenismo

LIBRERIA EDITRICE VATICANA

SANTIAGO MADRlGAL TERRAZAS

«L'UNITÀ PREVALE SUL CONFLITTO» L'ECUMENISMO DI PAPA FRANCESCO

LIBRERIA EDITRICE VATICANA

Titolo originale: « La unidad prevale sobre el conflicto » Traduzione dallo spagnolo di Giulia Tura

© Copyright 2017 - Libreria Editrice Vaticana 00120 Città del Vaticano Tel. 06.698.81032 - Fax 06.698.84716 [email protected] ISBN 978-88-266-0058-1 www.vatican.va www.libreriaeditricevaticana.va

COLLANA IA TEOLOGIA DI PAPA FRANCESCO JURGEN WERBICK: La debolezza di Dio per l'uomo. La visione di Dio di papa Francesco Lucio CASULA: Volti, gesti e luoghi. La cristologia di papa Francesco PETER HONERMANN: Uomini secondo Cristo oggi. L'antropolo­ gia di papa Francesco ROBERTO REPOLE: Il sogno di una Chiesa evangelica. L'ecclesio­ logia di papa Francesco CARLOs GALU: Cristo, Maria, la Chiesa e i popolz: La mariolo­ gia di papa Francesco SANTIAGO MADRIGAL TERRAZAS: "L'unità prevale sul conflitto'� L'ecumenismo di papa Francesco ARISTIDE FuMAGALLl: Camminare nell'amore. La teologia mo­ rale di papa Francesco JuAN CARLos ScANNONE: Il Vangelo della Misericordia nello spirito di discernimento. L'etica sociale di papa Francesco MARINELLA PERRONI: Kerigma e profezia. L'ermeneutica bi­ blica di papa Francesco PIERO CODA: ''La Chiesa è zl Vangelo". Alle sorgenti della teologia di papa Francesco MA.rum IvAN RuPNIK: Secondo lo Spirito. La teologia spiritua­ le in cammino con la Chiesa di papa Francesco

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ABBREVIAZIONI AL

Amoris laetitia

EG

Evangelii gaudium

ES

EserciziSpirituali

LF

Lumen Fidei

LG

Lumen Gentium

LS

Laudato si'

MV

Misericordiae Vultus

RM

F.edemptoris Mater

UR

Unitatis redintegratio

uus

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Ut UnumSint

PREFAZIONE ALLA COLLANA

Sin dal primo apparire in piazza san Pietro, la sera della sua elezione, è stato chiaro ai più che il pontificato di Francesco si presentava all'insegna di una novità di stile. Il vestire sobrio, il chiamarsi vescovo di Roma, il chiedere - nel "silenzio assordante" di una piazza gremita - la pre­ ghiera del popolo, il salutare con un semplice "buonasera" i presenti ... sono stati tutti segni eloquenti del fatto che era in atto un mutamento nel "modo di porsi" e, dunque, nel "linguaggio". I gesti e le parole che da lì in poi sono seguiti non hanno fatto che confermare e consolidare la prima im­ pressione. Si potrebbe anzi dire che, in questi anni, l'im­ magine del papato ne sia uscita decisamente trasformata, in un mutamento che investe anche le omelie tenute, i di­ scorsi fatti e i documenti promulgati. Ciò - com'era prevedibile - ha ingenerato pareri anche molto discordanti tra loro, specie per quel che concerne il suo insegnamento. Se molti hanno infatti accolto con gran­ de entusiasmo e simpatia il suo magistero, sentendovi il fre­ sco soffio del Vangelo, alcuni lo hanno invece accostato con distacco e, talvolta, con sospetto. Non sono mancati giudizi anche molto perentori, giunti a mettere in forse l'esistenza stessa di una teologia nell'insegnamento di Francesco. 5

Un tale sommario giudizio poteva far leva sulla dif­ ferente provenienza tra Francesco e il suo predecessore, Benedetto XVI. Quest'ultimo, lo si sa, è stato uno dei più illustri e rilevanti teologi del Novecento e ha indubbia­ mente fatto tesoro della sua personale elaborazione teolo­ gica nel ricco magistero papale, di cui non si finisce né si finirà di apprezzare la profondità. Bergoglio ha alle spalle, soprattutto e primariamente, la lunga e radicale esperienza del religioso e del pastore. Ciò non significa, però, che il suo magistero sia privo di teologia. Il fatto che egli non sia stato, per lo più o sol­ tanto, teologo "di professione" non vuol dire che il suo magistero non sia supportato da una teologia. Se così fos­ se, si dovrebbe con rigore dedurne che la maggioranza dei suoi predecessori siano stati privi di teologia, dal momen­ to che Ratzinger rappresenta l'eccezione più che la regola. In ogni caso, il fatto che si sia potuto discutere della portata teologica del magistero di Francesco così come il fatto che, molto spesso, alcune sue espressioni altamente evocative e immediate siano state talmente abusate - in ambiente giornalistico come in quello ecclesiastico - da farne smarrire la profondità, rende sensata un'operazione come quella cui intende rispondere la collana che ho l'o­ nore di presentare. Avvalendosi della competenza e dello studio rigoro­ so di teologi provenienti da diversi contesti e dalla serietà ormai assodata, si è inteso ricercare quale sia il pensiero teologico che supporta l'insegnamento del Papa, quali ne

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siano le radici, quale la novità e quale la continuità con il magistero precedente. Il risultato è racchiuso negli 11 volumi che vengono formare la presente collana, dal titolo semplice e imme­ a diato: "La teologia di papa Francesco". Essi possono venire letti in modo autonomo l'uno dall'altro, ovviamente; così come in modo autonomo sono stati redatti dai singoli autori. L'auspicio, tuttavia, è che la lettura dell'intera collana possa rappresentare non solo un valido supporto per cogliere la teologia su cui si fonda l'insegnamento di Francesco nei diversi ambiti del sapere teologico, ma anche un'introduzione ai punti cardine del suo pensiero e del suo insegnamento complessivi. L'intento, dunque, non è di tipo "apologetico" né, tanto meno, di aggiungere ulteriori voci alle tante che già parlano del Papa. Lo scopo è quello di cercare di vedere e di aiutare a vedere quale sia il pensiero teologico su cui si basa Francesco e che si esprime, con novità di accento, nel suo insegnamento. Tra le molte scoperte che il lettore potrà fare, leggen­ do i volumi, ci sarà certamente quella di dover constatare come nel magistero di Francesco confluisca tanto la be­ nefica novità dell'insegnamento conciliare, quanto quella della teologia che lo ha preparato e che vi ha fatto seguito. Dal momento che è forse ancora troppo presto perché tutta questa ricchezza costituisca un patrimonio comune, pacifico e pienamente recepito da tutti, non stupisce che 7

l'insegnamento del Papa possa risultare, talvolta, non im­ mediatamente comprensibile a tutti. Allo stesso modo, nell'insegnamento di Francesco ap­ pare ormai come un punto di non ritorno ciò che tanto la teologia recente quanto il magistero conciliare hanno inse­ gnato: che la dottrina, cioè, non è né può essere qualcosa di estraneo rispetto alla cosiddetta pastorale. La verità che la Chiesa è chiamata a custodire è quella del Vangelo di Cristo, che deve essere comunicato alle donne e agli uomi­ ni di ogni luogo ed ogni tempo. Per questo il compito del magistero ecclesiale deve essere anche quello di favorire la comunicazione del Vangelo. E per questo, la teologia non potrà mai ridursi ad un asettico esercizio da tavolino, sganciato dalla vita del popolo di Dio e dalla sua missione di far incontrare le donne e gli uomini del proprio tempo con la novità perenne e inesauribile del Vangelo di Gesù. Non sono mancati, in questi anni, coloro che ascol­ tando alcune espressioni critiche di Francesco concernen­ ti la teologia o i teologi, hanno pensato di doverne dedur­ re una sua personale incondizionata svalutazione. Forse, uno studio più puntuale dell'insegnamento del Papa, come quello offerto dalla presente collana, potrà essere anche utile a mostrare che, se occorre rimanere sempre critici rispetto ad una teologia che smarrisse il suo vitale anco­ raggio alla viva fede della Chiesa, è invece indispensabile una teologia che assuma con "fedeltà creativa" il compito di pensare criticamente quella stessa fede, affinché conti­ nui ad essere annunciata.

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Di una tale teologia non è certo privo l'insegnamento di Francesco; ed una tale teologia è certo auspicata da un magistero come il suo, così desideroso che l'amore miseri­ cordioso di Dio continui a toccare il cuore e la mente delle donne e degli uomini del nostro tempo. Il curatore ROBERTO REPOLE

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PROLOGO

LA STORIA CHE DEVO CONTEMPLARE

Da pochi mesi la Chiesa cattolica è entrata nel quinto anno del pontificato di ]orge Mario Bergoglio, eletto il 13 marzo 2013 per essere "il Papa delle sorprese", secondo quanto dice lo storico italiano Andrea Riccardi. 1 In que­ sto senso segnaliamo due circostanze eccezionali: da un lato, si tratta del primo latinoamericano, un Papa non eu­ ropeo da più di mille anni, venuto dalla fine del mondo, che guarda la realtà - come piace dire a lui - dalla periferia e non dal centro; dall'altro lato, è il primo Papa gesuita nella storia della Chiesa, un uomo forgiato nello spirito della missione e della logica esistenziale del discernimento ignaziano. Quale sorpresa ci ha riservato il Papa argentino nel vasto terreno dell'ecumenismo? Come tesi potremmo dire anticipatamente che Francesco ci ha fatto di nuovo sentire impazienti per l'unità dei cristiani con ilproprio modo e ilpro­ prio stile e secondo i propri parametri, che sono l'armonia sociale e la pace nell'orizzonte della costruzione di una cultura dell'incontro. Al fine di descrivere il nostro com-

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A. RrccARDI, I.a sorpresa di papa Francesco. Crisi e futuro della chiesa, Mondadori, Milano 2013.

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pita e i capitoli di questo libro, questo è il fìlo conduttore della storia che dobbiamo contemplare, detto con le note parole degli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio.

1. Va' nella te"a che io ti indicherò Certamente, nella memoria di molti cristiani e non, rimane viva l'immagine del viaggio compiuto da France­ sco in Egitto la primavera scorsa con lo scopo di dare sostegno ai cristiani copti, vittime del crudele attacco del­ lo Stato Islamico che ha provocato una trentina di morti nella chiesa di San Pietro e San Paolo durante il periodo di Natale del 2016. Lo scopo di quel viaggio era quello di esprimere personalmente la propria solidarietà al capo spirituale Tawadros II. Il 28 aprile 2017, al termine di quell'incontro, Francesco e Tawadros hanno firmato una Dichiarazione comune nella sede del patriarcato del Cairo. In questo test essi ricordano che « quando i Cristiani pregano insieme, giungono a comprendere che ciò che li unisce è molto più grande di ciò che li divide», e aggiungono: «L'ecumenismo dei martiri ci unisce e ci incoraggia a pro­ seguire sulla strada della pace e della riconciliazione». 2 Se volgiamo lo sguardo al passato - come ha esplici­ tamente confermato la Dichiarazione menzionata - è in­ teressante constatare che quattro anni prima, il 1 O maggio Dichiarazione comune di Sua Santità Francesco e di Sua Santità Tawadros II, venerdì 28 aprile 2017. 2

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2013, aveva avuto luogo il primo incontro pubblico del nuovo Pontefice con la guida di una comunità cristiana non cattolica: Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Chiesa ortodossa copta d'Egitto. 3 Lasciamo che queste due date segnino simbolicamen­ terminus a quo e il terminus ad quem del cammino che ha te il percorso la Chiesa per mano con Francesco, un cammino che è e continuerà ad essere ancora aperto. Ho usato in­ tenzionalmente la parola "cammino", poiché è un termine dal profondo significato spirituale per Jorge Mario Bergo­ glio: Dio ci viene incontro nel cammino della vita. Lo dice in maniera particolarmente efficace nelle sue conversazio­ ni con il rabbino della comunità ebraica A. Skorka: Nella mia espenenza personale di Dio non posso prescindere dal cammino. Direi che Dio lo si trova mentre si cammina, si passeggia, lo si cerca e ci si lascia cercare da Lui. Sono due strade che s'incontrano. Da una parte lo cerchiamo spinti da un istinto che nasce dal cuore. E poi, quando c'incontriamo, ci rendiamo conto che Lui ci stava già cercando, ci avevapreceduti. Laprima esperienza religiosa è proprio quella del cammino: « Va' nella terra che io ti indicherò». È una promessa fatta da Dio ad Abramo. E in quella promessa, in quel cammino, si stabilisce un'alleanza che si consolida nei secoli. Per questo dico che la mia Cfr. FRANCESCO, Discorso a Sua Santità Tawadros II, Papa d'Alessandria e Patriarca della sede di San Marco, venerdì 10 maggio 2013. R. BuGIRANA, Un cuore solo. Papa Francesco e l'unità della Chiesa, Edizioni Terra Santa, Milano 2014, 26. 3

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esperienza con Dio è legata al cammino, alla ricerca, al lasciarmi cercare. Può avvenire attraverso varie strade, quella del dolore, della gioia, della luce o delle tenebre. 4

Nel linguaggio del Papa argentino il termine "cam­ mino" serve per descrivere l'essenza della Chiesa, che è il popolo pellegrino verso Dio, e il concetto teologico "ecu­ menismo" significa camminare alla presenza di Dio. L'ecu­ menismo è, prima di tutto, un cammino. Tra le due date segnate si svolge la storia che voglia­ mo contemplare per sentire e apprezzare internamente la dimensione di novità che l'attuale Papa ha dato al percor­ so che porta all'antica causa dell'unità. Da poco più di cin­ quant'anni, la Chiesa cattolico-romana ha firmato il suo impegno a favore del movimento ecumenico nel decreto conciliare Unitatis redintegratio (1964). Ovviamente, France­ sco si situa lungo la linea direttrice dei suoi predecessori, da San Giovanni XXIII a Benedetto XVI, che hanno fatto proprie le iniziative e l'impegno ecumenico suggellato dal Concilio Vaticano Il. A differenza di Ratzinger e Wojtyla, Bergoglio non ha partecipato alle sessioni conciliari. Per questo motivo è più interessante analizzare come ha as­ sunto concretamente la teologia ecumenica di ispirazione conciliare.

J. M. BERGOGLIO - A. SKORKA, Il cielo e la te"a. Il pensiero dì Papa Francesco sulla famiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo, Mondadori, Milano 2013, 13. 4

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Per corrùnciare, è opportuno richiamare l'attenzione suo stile e sul suo modo di agire espresso già attraver­ ul s so l'uso del linguaggio, "lontano dal paradigma dell'idea e della filosofia e decisamente innestato nel racconto vivo della vita": «Il linguaggio di papa Francesco - spiega A. Spadaro - non è speculativo, ma missionario, attento tan­ to all'interlocutore quanto al messaggio, che è proferito non per essere "studiato" ma per essere "ascoltato", rag­ giungendo immediatamente chiunque lo ascolti in modo che reagisca». 5 Chi lo �scolta sperimenta la voglia e l'im­ pazienza dell'unità: camminare, pregare, lavorare insieme.

2. Descrizione dei capitoli Ricostruiamo ora questa storia in quattro momenti o capitoli: in primo luogo, evocheremo i primi passi, i primi gesti e le prime parole del suo pontificato, che racchiudo­ no un indiscutibile potenziale ecumenico. In segµito, nel secondo capitolo, risaliremo alle radici di questo atteggia­ mento ecumenico nella sua biografia: da dove proviene e come nasce in lui la preoccupazione per l'unità? Come l'ha coltivata durante gli anni da arcivescovo e cardinale di Buenos Aires? Vedremo come questa determinazioA. Spadaro, El sueiio del papa Francisco. El rostro futuro de la Iglesia, Publicaciones Claretianas, Madrid 2013, 32 (n.tr.; op.it. A. SPADARO, Il disegno dipapa Francesco. Il voltofuturo della Chiesa, EMI, Bologna 2013). 5

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ne ecumenica si inscrive nel quadro più ampio della sua azione di leader a capo della Chiesa in Argentina e come promotore del bene comune alla ricerca di una convivenza pacifica. In questi anni di intensa attività pastorale, che trovano un vero punto di svolta con la V Conferenza Ge­ nerale dell'Episcopato latino-americano e dei Caraibi nel Santuario di Aparecida (2007), si può risalire anche alle idee germinali della sua visione ecumenica, i cui principi ispiratori ci rimandano all'enciclica Ut Unum Sint (1995). In un terzo momento verrà mostrato il contributo personale di Francesco alla causa dell'ecumenismo, riesa­ minando le sue azioni e le sue parole, i suoi mcontri e i suoi testi. Per amore di brevità, la nostra analisi verrà incentrata sulle due grandi linee che si disegnano nel pa­ norama ecumenico attuale: le Chiese ortodosse e le Chiese e comunità ecclesiali nate dalla Riforma avviata da Lutero. A partire da queste premesse, il quarto capitolo tenta di mostrare il programma ecumenico di papa Bergoglio, depositato nel documento programmatico del suo ponti­ ficato, l'esortazione apostolica Evangelii gaudium. Dal pro­ fondo desiderio di andare alle radici del Vangelo, la sua visione ecumenica ruota attorno a queste questioni: l'unità nella diversità, la gerarchia delle verità, lo scambio di doni. Concluderemo con un epilogo dal sapore ignaziano: il tem­ po è il messaggero di Dio. L'unità che cerchiamo è il frutto e il dono dello Spiri­ to Santo. Francesco crede davvero in questo Spirito crea­ tore che rende nuove tutte le cose, come lo ha ricordato 16

nella sua omelia di Pentecoste, del 4 giugno 2017. Con immaginazione e imprevedibilità crea la diversità, facendo fiorire carismi nuovi e diversi. Questo stesso Spirito, però, è all'origine anche dell'unità e ricompone l'armonia. Egli è il garante della "unità vera", "che non è uniformità, ma unità nella differenza". Richiamando le parole di San Cirillo di Alessandria: « Con la sua presenza e la sua azione riunisce nell'unità spiriti che tra loro sono distinti e separati». 6 Per questo, il suo messaggio ultimo viene ben definito quando esorta a evitare queste due tentazioni: cercare la diversità senza l'unità, cercare l'unità senza la diversità.

6

FRANCESCO,

Santa Messa nella solennità di Pentecoste, domenica

4 giugno 2017. 17

CAPITOLO l

PRIMI GESTI E PRIME PAROLE DI FRANCESCO

1. Vescovo di Roma Il 13 marzo 2013, in una Roma già al crepuscolo, l'effetto di richiamo della fumata bianca aveva aumen­ tato progressivamente il numero dei fedeli e dei curiosi che durante tutto il giorno avevano gironzolato per piaz­ za San Pietro. Quando già vestito di bianco, ]orge Mario Bergoglio si è affacciato dal balcone, ha cominciato il suo pontificato con un semplice messaggio, «fratelli e sorelle, buonasera», provocando un'ovazione incredibile. 1 Con un'emozione contenuta che lasciava trasparire umiltà e timidezza ha sottolineato che il conclave aveva compiuto il proprio dovere di «dare un Vescovo a Roma», che i fratelli cardinali erano andati a cercarlo « quasi alla fine del mondo». Con questa clausola, che racchiude in sé un po' di umorismo, stava suggerendo che i suoi elettori avevano voluto che la nave della Chiesa venisse guidata 1

E. PIQUÉ, Francesco. Vita e rivoluzione, Lindau, Torino 2013, 46. Cfr. FRANCESCO, Benedizione apostolica 'Vrbi et orbi'� mercoledì, 13 marzo 2013.

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dall'aria fresca del sud. In questo modo assumeva primaria importanza un modo di vivere e comprendere il cristia­ nesimo inculturato sulle coordinate del continente latinoa­ mericano, alla luce della ricezione innovativa del Concilio Vaticano II, iniziata a Medellin (1968) e rilanciata ad Apa­ recida (2007). Nella mente del cardinale di Buenos Aires l'identificazione o la provenienza geografica non è acci­ dentale, anzi indica una qualifica teologica determinante, perché, come ha scritto qualche mese dopo, «la grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve». 2 Il nuovo Papa, con grande naturalezza, ha cominciato a pregare, prima per il suo predecessore, Benedetto XVI e successivamente, il nuovo Vescovo di Roma, ha richiesto la preghiera del popolo di Dio riunito in piazza.

2. Incominciamo questo cammino: vescovo e popolo Tuttavia, ciò che è interessante sottolineare ora sono le parole iniziali che hanno raccolto i suoi biografi: «E adesso incominciamo questo cammino, vescovo e popo­ lo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quel­ la che presiede nella carità tutte le Chiese. Un cammino di fraternità, di amore, di fiducia fra noi». 3 Ho scritto in FRANCESCO, Evangelii gaudium. La gioia del vangelo, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, n.115. 3 E. PIQUÉ, Francesco. Vita e rivoluzione, cit., 47. 2

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corsivo le prime parole di Francesco riguardanti il com­ pito del successore di Pietro, parole pensate - lo si ve­ drà a breve - come la stessa scelta del suo nome. Sono le vecchie parole della Lettera ai Romani di Ignazio di Antiochia, vescovo e martire, che esprimono in maniera insuperabile la responsabilità pastorale universale del Ve­ scovo di Roma e la base più profonda del ministero del successore di Pietro. Questa affermazione sulla preminenza nella cari­ tà della Chiesa di Roma era stata ripresa nel capitolo sul popolo di Dio della costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Vaticano II, Lumen gentium (LG, n. 13), per riflettere la proprietà della cattolicità e, in questo modo, recuperare per l'ecclesiologia la nozione di communio. Que­ sto stesso vescovo santo delle origini, che parlava della «immacolata unità della Chiesa»,4 esortava ad impegnarsi costantemente per l'armonia della fede e della pace. D'al­ tra parte, non è possibile dimenticare che il titolo papale di Vescovo di Roma è quello che risulta più accettabile nei circoli ecumenici, sia per gli ortodossi sia per i luterani. Vescovo e popolo. Invitare il popolo a pregare per il proprio pastore non è una cosa banale; è ricordare e met­ tere in atto il sacerdozio comune di tutti i battezzati, una 4 IGNAZIO Dr ANTIOCHIA, Lettera agli Ejesim� 2, 2; cit. cli J. M. BERGOGIJO, In Lui solo la speranza. Esercizi spirituali ai vescovi spagnoli, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2013, 53. 92.

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dottrina rispolverata dal Concilio Vaticano II, che è al cen­ tro della comprensione della Chiesa del Papa argentino. Oggi, dopo aver conosciuto le sue riflessioni sulla formula ecclesiologi.ca «il santo popolo fedele di Dio» compren­ diamo meglio la portata di quel gesto. Nell'intervista con­ cessa a A. Spadara nell'agosto del 2013 ha spiegato che cosa significhi per lui sentire con la Chiesa: L'immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio. È la definizione che uso spesso, ed è poi quella della Lumen gentium al numero 12. L'appartenenza a un popolo ha unforte valore teologico: Dio nella storia della salvezx.a ha salvato un popolo. Non c'è identità piena senza appartenenza a un popolo. [...J E la Chiesa è il popolo di Dio in cammino nella storia, con gioie e dolori. Sentire cum Ecclesia dunque per me è essere in questo popolo. E l'insieme dei fedeli è infalli­ bile nel credere e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale dellafede di tutto il popolo che cammina. Ecco, questo io intendo oggi come il « sentire con la ChiesaJ> di cui parla sant'Ignazjo. 5

Queste parole sintetizzano buona parte di quella teo­ logia argentina del popolo e della cultura che lascia spazio alle aspirazioni dei poveri e al cattolicesimo popolare, ma si discosta sia dalle correnti liberazioniste ispirate al marA. SPADARO, Intervista a Papa Francesco, lunedì 19 agosto 2013. (da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 216, sabato 21 settembre 2013). 5

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xismo e alle analisi sociologiche che dal tradizionalismo rigido. Per specificare la sua idea di Chiesa ha continuato dicendo: E, ovviamente, bisogna star bene attenti a non pensare che que­ sta

infallibilitas

di tutti i fedeli di cui sto parlando alla luce

del concilio sia unaforma di populismo. No: è l'esperienza della ''santa madre Chiesa gerarchica'� come la chiamava sant1gna­ zio, della Chiesa come popolo di Dio, pastori e popolo insieme.

La Chiesa è la totalità del popolo di Dio. 6

3.

''Francesco, va� npara la mia casa"

Inoltre, Jorge Mario Bergoglio è ben cosciente delle condizioni straordinarie in cui era avvenuta l'elezione, ov­ vero a seguito della storica dimissione del proprio prede­ cessore, il papa teologo Joseph Ratzinger, annunciata 1'11 febbraio 2013. Così, lo ha reso noto nel suo primo incon­ tro con i giornalisti, il 16 marzo. Usando un tono cateche­ tico ha ricordato loro la natura spirituale della Chiesa, «il Santo Popolo di Dio che cammina verso l'incontro con Gesù Cristo». Ha anche voluto offrire loro un quadro er­ meneutico per concentrarsi sui fatti vissuti i giorni prima e durante il conclave: «Cristo è il Pastore della Chiesa», e la sua presenza «passa attraverso la libertà degli uomini, quando tra di essi uno viene scelto per servire come suo

J.

Ibidem. Cfr. C. SCANNONE, La teologia del pueblo. Raices te­ olrJgicas del Papa Francisco, Sal Terrae, Santander 2017, 15-40. 6

23

Vicario». 7 Il protagonista ultimo, però, è lo Spirito Santo, che aveva ispirato la decisione di Benedetto XVI e aveva orientato la scelta dei cardinali. In quella occasione ha spiegato le ragioni della scelta del proprio nome. Egli stesso ha scherzato sulle propo­ ste fatte da alcuni cardinali: «Ma, tu dovresti chiamarti Adriano, perché Adriano VI è stato il riformatore, bisogna riformare»; un altro gli ha detto «il tuo nome dovrebbe essere Clemente, Clemente XV», « ma perché?», « così ti vendichi di Clemente XIV che ha soppresso la Compagnia di Gesù». Alcuni pensavano a Francesco Saverio, a Fran­ cesco di Sales, o a Francesco d'Assisi. Secondo ciò che ha raccontato, la scelta del nome ha a che fare con le parole di congratulazioni che gli ha rivolto il cardinale brasiliano Claudio Hummes quando ha ottenuto la maggioranza dei voti: non dimenticarti dei poveri. In quel momento, a propo­ sito dei poveri, il cardinale di Buenos Aires ha pensato a Francesco d'Assisi, l'uomo della povertà, della pace e della custodia del creato. «Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!» 8 ha esclamato. Nessun pontefice aveva avu­ to il coraggio di usare il nome del poverello di Assisi. 7 Cfr. FRANCESCO, Udienza ai rappresentanti dei media, sabato 16 marzo 2013. Cfr. FRANCISCO Palabra proféticay misi6n, Ecliciones Copygraph, Santiago de Chile 2016, 14-15. 8 Per ulteriori dettagli: E. PIQUÉ, Francesco. Vita e rivoluzione, cit., 213-229. Cfr. V. M. FERNANDEZ - P. RoDARI, La Iglesia del Papa Francisco. Los desefios desde Evangelii gaudium, San Pablo, Madrid 2014, 13-30.

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«Ho preso il suo nome», confessa nella propria enci­ clica Laudato si' (Ll), n.1 O «come guida e come ispirazio­ ne nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma». Un nome che è un programma di governo (nomen est omen), come se venissero ripubblicate le parole che aveva senti­ to, nel 1205, il figlio di un ricco mercante italiano davanti al crocifisso della chiesa di San Damiano, nella periferia di Assisi: «Francesco, va', ripara la mia casa, che, come vedi, è tutta in rovina». In Francesco il nuovo Papa vede l'esempio della cura per ciò che è debole, un'attenzione particolare verso il creato di Dio e verso i più poveri e gli abbandonati, un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In quell'uomo santo si univa­ no in modo inseparabile «la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l'impegno nella società e la pace interiore» (Ll 10). Col passare del tempo abbiamo verificato che l'at­ tuale Papa è capace di recuperare tutti quegli aspetti che adornano la meravigliosa figura del Santo di Assisi: la sua cura per il creato è stata espressa bene nella sua seconda enciclica Ll, proprio come l'esortazione apostolica Evan­ gelii gaudium (EG) include nel suo programma di riforma missionaria il desiderio di una Chiesa povera e per i poveri. Nella bolla Misericordiae vultus (MV), in vista dell'indizio­ ne del Giubileo della Misericordia, ha riservato un posto centrale all'appassionata unione con Gesù Cristo e al suo amore per gli ultimi della società. 25

4. Custode del creato e custode dell'umanità Torniamo a volgere lo sguardo all'inizio del ministero del nuovo Vescovo di Roma, successore di Pietro. Questi ultimi due sono i titoli papali che ha utilizzato Francesco nella sua prima omelia, il 19 marzo, che coincideva con la solennità di San Giuseppe, sposo della Vergine Maria e pa­ trono della Chiesa universale, e con l'onomastico del suo predecessore. Il nuovo Papa ha preso come tema centrale della sua predica la figura di San Giuseppe, custode di Ma­ ria e di Gesù e anche, come ci ha ricordato San Giovan­ ni Paolo II, custode e protettore della Chiesa, del mistico corpo di Cristo. 9 Dal testo degli Esercizi spirituali che Jorge Mario Ber­ goglio ha dato ai vescovi spagnoli, tra il 15 e il 22 gennaio 2006, si deduce una speciale devozione verso la figura dello sposo della Vergine Maria. In quella occasione ha propo­ sto una meditazione su San Giuseppe, nella quale ha pre­ sentato quest'uomo che riceve una missione da Dio come un'immagine vicina e forte dell'«episkopos fedele e previ­ dente posto dal Signore davanti alla sua famiglia». 10 Ma torniamo all'omelia inaugurale del suo ministero pettino. Cfr. FRANCESCO, Santa Messa. Imposizione del Pallio e conse­ gna dell'Anello del Pescatore per l'inizio del ministero petrino del Vescovo di Roma, martedì 19 marzo 2013. IO . M. BERGOGLIO, In Lui solo la speranza. Esercizi spirituali ai J vescovi spagnoli, cit., 36. 9

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Studiando il modo in cui Giuseppe ha esercitato e vis­ uto la sua vocazione di custode di Maria, di Gesù e della s Chiesa, nella discrezione, nell'umiltà, nel silenzio, con una fedeltà e una totale disponibilità verso il progetto di Dio, Cristo appare come il centro della vocazione cristiana. Tuttavia, questa idea può essere estesa a una dimensione che è antecedente e che è semplicemente umana: custodi­ re la bellezza del creato e custodire la gente, speciahnente i più fragili. Bergoglio ha sottolineato un ambito che ha poi trovato una riflessione specifica nella propria esortazione apostolica più recente Amoris laetitia (AL): preoccuparsi l'uno dell'altro (coniugi, genitori e figli) all'interno della famiglia. Con l'esempio di Giuseppe nel preoccuparsi, cu­ stodire e prendersi cura, emerge inoltre una caratteristica che Francesco ha voluto trasmettere al proprio pontifica­ to: una gran tenerezza. 11 In questo quadro teologico si è collocato l'inizio del suo ministero pettino, che, come ha sottolineato esplici­ tamente, «comporta un potere». Per descrivere questo potere è ricorso alle tre domande di Gesù a Pietro sull'a­ more, a cui segue il triplice invito: Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle; infine, come apice, ha spiegato che «il potere è servizio» in questi termini: Cfr. W KASPER, Papa Francesco. La rivoluzione della tenerezza e dell'amore, Queriniana, Brescia 2015, 53-60. 11

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Il Papa per esercitare il potere deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede, di san Giuseppe e come lui aprire le braccia per custodire tutto il Popolo di Dio e accogliere con affetto e tenerezz.a l'intera umanità, specie i più poveri, i più debolz; i più piccoli, quelli che Matteo descrive nel giudizio finale sulla carità: chi hafame, sete, chi è straniero, nudo, malato, in car­ cere (ifr. Mt 25,31-46). Solo chi serve con amore sa custodire. 12

5. Bozza e progressi di un programma ecumenico Fino ad ora abbiamo considerato tre brevi allocuzioni di Francesco - dal balcone di San Pietro, nell'incontro con i giornalisti, nella messa inaugurale del suo pontificato -, che ci hanno permesso di sentire in nuce tutto un program­ ma di azioni, il delicato avvio della rivoluzione della mi­ sericordia e della tenerezza, con quella comprensione del proprio servizio di Vescovo di Roma come "custode" del creato e dell'umanità, con uno sguardo privilegiato soprat­ tutto verso i più poveri. A queste parole e gesti iniziali bi­ sogna aggiungere il suo incontro con i rappresentanti delle Chiese, delle comunità ecclesiali e delle altre religioni che avevano partecipato alla celebrazione dell'inizio del suo pontificato. Questo incontro ha avuto luogo il 20 marzo. In risposta alle parole di Bartolomeo, il patriarca ecumeni12

FRANCESCO, Santa Messa. Imposizione del Pallio e consegna dell'Anello del Pescatore per l'inizio del ministero petrina del Vescovo di Roma, cit. FRANCISCO. Palabra proféticay mision, cit., 13.

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co di Costantinopoli, Francesco ha delineato le basi di un modello di fratellanza apostolica nei confronti del primate con questo saluto: «Fratello Andrea». Questo incontro prosegue una tradizione iniziata da Giovanni Paolo II e continuata da Benedetto XVI. 13 Il discorso di risposta di Francesco è articolato in tre parti, in base ai suoi tre destinatari: la prima è diretta ai cristiani (delegati delle Chiese ortodosse, delle antiche Chiese orientali, delle comunità ecclesiali di Occidente), la seconda agli ebrei e la terza alle altre religioni, in partico­ lare ai musulmani. Il nuovo Papa si mostrò commosso per la presenza di un così alto numero di comunità che erano andante a intensificare la preghiera per l'unità dei credenti in Cristo. Rivolgendosi ai cristiani, ha ricordato l'Anno della Fede, che Benedetto XVI aveva inaugurato 1'11 ottobre 2012, richiamando così il cinquantesimo anniversario dell'ini­ zio del Concilio Vaticano II. L'Anno della Fede era stato pensato come una specie di pellegrinaggio affinché tutti i cristiani camminassero insieme verso il nucleo dell'espe­ rienza cristiana della fede, ovvero, la relazione personale e trasformante con Cristo. Il desiderio di annunciare la natura di questo incontro costituisce «il cuore del messag13 R. BuRIGIANA, Un cuore solo, Edizioni Terra Santa, Milano 2014, 21-22. Cfr. FRANCESCO, Incontro con i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali, e di altre religioni, mercoledì 20 marzo 2013.

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gio conciliare», che sottolinea alla Chiesa cattolica il suo compito di costruire l'unità visibile in uno spirito volto all'ascolto, al dialogo e alla conversione permanente del cuore. Il Concilio Vaticano II, ribadiva Bergoglio, costi­ tuisce una tappa fondamentale nel cammino ecumenico; su questa linea citava un passaggio del discorso inaugurale Gaudet Mater Ecclesia di Giovanni XXIII, nel quale Roncalli indicava come compito prioritario della Chiesa la realizza­ zione «del grande mistero di quell'unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell'imminenza del suo sacrificio». Dalla Parola di Dio noi tutti cristiani siamo chiamati a lavorare alla costruzione dell'unità visibile: ut unum sint. Una settimana dopo la sua elezione, il nuovo Papa ha indicato un programma di natura ecumenica sotto forma di questa preghiera: Chiediamo al Padre misericordioso di vivere in pienezza quella fede che abbiamo ricevuto in dono nel giorno del nostro Battesi­ mo, e di poterne dare testimonianza libera, gioiosa e coraggiosa. Sarà questo il nostro migliore servizio alla causa dell'unità tra i cristiani, un servizio di speranzaper un mondo ancora segna­ to da divisioni, da contrasti e da rivalità. Più saremofedeli alla sua volontà, nei pensieri, nelle parole e nelle opere, e più cam­ mineremo realmente e sostanzialmente verso l'unità. Da parte mia, desidero assicurare, sulla scia dei miei Predecessori, lafer­ ma volontà di proseguire nel cammino del dialogo ecumenico. 14 14

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Ivi.

Nel suo saluto a tutte le comunità cristiane ha chiesto loro anche una preghiera speciale per la propria perso­ na, « affinché possa essere un Pastore secondo il cuore di Cristo». Per quanto riguarda le altre religioni, Bergoglio ha voluto dare continuità al dialogo fraterno che aveva inaugurato la dichiarazione conciliare Nostra aetate. Per Francesco, le religioni devono cooperare per la custodia del creato e per la cura della casa comune, per il sollievo dalla povertà materiale e spirituale dell'essere umano, per la promozione della giustizia e della riconciliazione, e, so­ prattutto, per la lotta contro i sistemi economici e sociali che pretendono di ridurre la creatura umana a qualcosa di puramente materiale. In questo stato di avanzamento del programma, Fran­ cesco _convocava tutti i cristiani a partire dalla centralità del Concilio Vaticano II, mettendo in gioco una serie di elementi di base come la gioia dell'incontro, il bisogno del­ la testimonianza comune, il fondamento biblico del cam­ mino ecumenico. Come vedremo nel prossimo capitolo tutti questi aspetti facevano parte del bagaglio spirituale e intellettuale dell'arcivescovo di Buenos Aires e del suo modo di capire e assimilare il messaggio dei suoi prede­ cessori e la dottrina conciliare.

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CAPITOLO Il

LA CULTURA DELL'INCONTRO: LA VOLONTÀ ECUMENICA DELL'ARCIVESCOVO DI BUENOS AIRES

L'elezione di Jorge Mario Bergoglio come Papa po­ trebbe essere stata accolta con scetticismo in alcuni am­ bienti ecumenici, dato che si trattava di un arcivescovo e cardinale proveniente da un paese dell'America latina, un continente che viene considerato prevalentemente catto­ lico. Tuttavia, coloro che conoscevano la sua condotta e le sue attività sapevano che quest'impressione corrispon­ deva ben poco alla realtà. 1 Su questa linea, Evangelina Hi­ mitian, figlia di un pastore evangelico pentecostale, lo ha descritto in un capitolo del suo libro biografico come «un uomo di tutte le religioni»; a suo riguardo scrive: Già in qualità di arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio aveva propiziato e condotto incontri con ebrez� musulmani ed evange­ lici. Aveva fatto sedere intorno al tavolo del "dialogo argenti­ no" i rappresentanti dei vari culti e aveva organizx.ato incontri Su questo ha insistito W. KASPER, Die òkumenische Vision von Papst Franziskus, in G. AusTIN - M. SHULZE, Freude an Gott. Auf dem Weg Z!' einem lebendigen Glauben (FS K. Koch), I. Herder, Freiburg 2015, 19-20. 1

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ecumenici in cui i diversi credi si erano riunitiper discutere temi riguardanti la società, e quindi comuni a tutte le religioni. 2

Oltre agli incontri con i luterani e gli ortodossi, ha fre­ quentato e trattato direttamente con i gruppi pentecostali, come andremo subito a confermare; d'altra parte, la lunga conversazione con il rabbino Abraham Skorka, diventata un libro, spiega la sua splendida sensibilità verso le altre religioni e, in modo particolare, verso la fede ebraica. Ri­ veste una straordinaria importanza il discorso introduttivo di Bergoglio; lì commenta la scena biblica del frontespizio della cattedrale metropolitana di Buenos Aires che rap­ presenta l'incontro di Giuseppe con i suoi fratelli. Dopo decenni di disaccordo che convergono in un abbraccio, risuona in. mezzo al pianto la toccante domanda: «Mio padre è ancora vivo?». L'attuale Papa interpretava la scena come simbolo del desiderio del ricongiungimento tra gli argentini, ovve­ ro, del compito attuale di «instaurare una cultura dell'in­ contro». 3 Tuttavia, la sfida lanciata ai suoi compatrioti è di vasto raggio, e ci serve dunque ad analizzare sia lo sviluppo della pace tra le nazioni sia l'atteggiamento di dialogo tra le diverse Chiese e comunità ecclesiali: è vero 2 3

E. HIMmAN, Francesco. Il Papa della gente, cit.

J. M. BERGOGLIO -.A. SKORKA, Il cielo e la terra. Il pensiero di

Papa Francesco sulla famiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo, cit., 2013, 9.

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che vogliamo dialogare? Non ci mancano l'abbraccio, il pianto e la domanda del padre, del patrimonio, delle ra­ dici comuni?

1. Gli incontri della Comunione "Rinnovata degli Evangelici e Cat­ tolici nello Spirito (CRECES) Al momento di tracciare il profilo del nuovo Papa, monsignor Vietar Manuel Fernandez, uno dei suoi colla­ boratori, elenca questa serie di caratteristiche: profondo sentimento popolare, realismo ecclesiale, apprezzamento costante della pietà popolare, sincera preferenza per i pove­ ri, vicinanza con la classe media e con gli ambienti profes­ sionali, povertà e austerità personale, semplicità evangelica, gerarchia delle verità e delle virtù. A questa costellazione di atteggiamenti che riflettono le abitudini del cuore di colui che fino ad allora era il cardinale di Buenos Aires si aggiun­ geva, fast but not least, l'impegno ecumenico e filo-ebreo. 4 Non è il momento e nemmeno possiamo avventurarci ora nell'impresa di descrivere in forma dettagliata quel gruppo di orientamenti vitali. Per il nostro oggetto di stu­ dio ci basta considerare l'ultima di queste caratteristiche, quella passione ecumenica e per il dialogo interreligioso, un dato che risulta indiscutibile. A questo proposito, un esempio vale certo più di mille parole. 4

Cfr. F. STRAZZARI, In Argentina per conoscere Papa Bergoglio, Edizioni Dehoniane, Bologna 2013, 107-11 O.

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Incaricato di analizzare le possibilità dell'elezione di Bergoglio come Papa, il giornalista e scrittore anglo-ispano J. Burns Marafi6n riportava l'esistenza di settori religio­ si conservatori molto critici, esemplificati da Marcelo Gonzalez. Questo giornalista argentino era autore di un articolo scritto poco prima del conclave per il sito web internazionale e cattolico tradizionale Rorate Caeli, in cui sosteneva che Bergoglio era il peggiore dei possibili can­ didati alla successione di Benedetto XVI. Il suo giudizio si basava sulle seguenti ragioni: la professione di dottrine che vanno contro la fede e la morale, utilizzando «un lin­ guaggio ordinario, demagogico e ambiguo», che voltava le spalle all'ortodossia e alla tradizione cristiane nell'intento di cercare «un dialogo interreligioso impossibile e non ne­ cessario» con protestanti, musulmani ed ebrei. 5 Il blogger condannava soprattutto il fatto che un car­ dinale della Chiesa cattolica avesse condiviso il palco del Luna Park - uno dei punti di riferimento per i concerti più popolari di Buenos Aires - con la comunità evangelica, diventato "benedetto" grazie a un pastore della televisio­ ne protestante. Il giornalista si stava riferendo a uno degli incontri fraterni che venivano organizzati da un gruppo ecumenico chiamato Comunione "Rinnovata degli Evangelici e Cattolici nello Spirito (CRECES). Secondo il racconto di Cfr. J. BuRNS MARANòN, Franciscus. El papa de la promesa, Stella maris, Barcelona 2016, 72; 77-78 (n.tr.). 5

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E. Hirnitian, durante il terzo incontro ecumenico nel 2006, Bergoglio è stato protagonista di una scena difficile da di­ menticare: quando sali sul palco «si inginocchiò e chiese ai pastori e ai sacerdoti di pregare insieme per lui. Fu un gesto di umiltà e unità». 6 Quegli incontri fraterni erano cominciati nel 2004. All'inizio, Bergoglio ha presenziato come un fedele in più, in forma anonima, seduto sulle gradinate, mescolato tra la gente, godendosi la devozione comune di cristiani di diverse confessioni, ma di un'unica fede. E. Hirnitian ha descritto dettagliatamente il sesto incontro di CRECES, avvenuto nell'ottobre del 2012, «del quale Bergoglio [è sta­ to} mentore e garante»; li erano riuniti come fratelli pastori e sacerdoti, evangelici e cattolici. In quell'occasione è stato p. Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontifi­ cia, l'oratore principale. Quando è arrivato il suo turno, il cardinale Bergoglio ha trasmesso il suo messaggio con semplicità. Il Cardinale di Buenos Aires ha parlato di Gesù 6 E. HIMITIAN, Francisco. El papa de la gente, Aguilar, Madrid 2013, 241-242 (op. it. Francesco. Il Papa della gente, cit.). Lo stesso Bergoglio ha accennato alle reazione che aveva prodotto l'episodio al Luna Park: «La settimana dopo, una rivista titolava: "Buenos Ai­ res, seggio vacante. L'arcivescovo è incorso nel reato di apostasia"» (Cfr. J. M. BERGOGLIO - A. SKORKA, Sobre el cieloy la tierra, Editoria! Debate, Madrid 2013, 204. N.tr: op. it. Il cielo e la terra, Ilpensiero di

Papa Francesco sulla famiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo, cit.).

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e del tempo che Gesù ha passato per le strade. Ha detto di avere paura dei cristiani distratti che non vedono passare Cristo e ha evidenziato due cose che abbiamo perso: la capacità di stupirci di fronte alle parole del Signore e la capacità di usare tenerezza, come Gesù, che toccava le pia­ ghe degli uomini e le curava. Dopo quel breve intervento ha ricevuto un'assordante ovazione. La folla riconosceva che quest'uomo « era stato uno dei principali promotori del dialogo ecumenico interreligioso in Argentina». 7 Senza pretese di esaurire questo campo di ricerca, vorremmo andare un po' più alle radici di questa propen­ sione al dialogo. Evochiamo, innanzitutto, alcuni episodi biografici prima di considerare il suo operato come arci­ vescovo di Buenos Aires, la sua guida a capo della Confe­ renza Episcopale Argentina, nonché la promozione di una cultura dell'incontro. In questo panorama bisogna inserire la sua partecipazione decisiva durante la V Conferenza ge­ nerale dell'episcopato latino-americano e dei Caraibi e il suo coinvolgimento nella redazione del Documento di Apa­ recida (2007), i cui principi sull'ecumenismo costituiscono un'eco dell'enciclica Ut Unum Sint (UUS)(1995), che con­ tinua ad offrire un bilancio dei cinquant'anni di ecumeni­ smo dopo il Concilio Vaticano II. 7

E. HrMITIAN, Francisco. El papa de la gente, cit., 240,241 (N.tr.:

op. it. Francesco. Il Papa della gente, cit.).

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2. Frammenti biografici In questo avvicinarsi alla personalità intellettuale e spirituale di Bergoglio torniamo al libro già menzionato Il cielo e la terra, nato dalle sue conversazioni con il rabbino A. Skorka. Qui si legge il delizfoso aneddoto sulla sua prima presa di coscienza dell'esistenza di altri cristiani non catto­ lici, grazie alla nonna Rosa: Mi ricordo che una volta ero con mia nonna, una grande donna, e in quel momento passarono due volontarie dell'Esercito della Salvezxa. Io, che avevo cinque o sei anni, le chiesi se erano suore. Lei mi rispose: ''No, sono protestanti, però sono buone". Ecco la saggezza della vera religione: erano donne buone che facevano del bene. 8

In forma biografica, in una recente intervista, prima del suo viaggio in Svezia, ha ricordato i suoi primi contatti con i luterani. 9 A 17 anni ha visitato una chiesa luterana, la sede principale a Buenos Aires, in calle Esmeralda, per­ ché quel giorno si sposava un suo collega di lavoro nel laboratorio, Axel Bachmann. Il secondo ricordo si colloca nel periodo di Bergoglio come gesuita e professore della facoltà di Teologia di San Miguel. Lì vicino, a dieci chilo-

J. M. BERGOGLIO - A. SKORKA, Il cielo e la terra. Ilpensiero di Papa Francesco sulla famiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo, cit., 73. 9 Cfr. U. JoNSSON, Intervista a P apa Francesco. In occasione del viaggio apostolico in Svezia, in La Civiltà Cattolica 3994 (IV-2016), 315-317. 8

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metri, si trovava la facoltà di Teologia luterana. Bergoglio ha invitato il professore luterano Anders Ruuth a tene­ re una lezione insieme a lui. Inoltre, ha condiviso con lui le difficoltà spirituali e personali, arrivando a instaurare un rapporto fecondo durato anni, che il Papa continua a ricordare con affetto e gratitudine. Ha anche mantenuto buoni rapporti con il pastore luterano Albert Andersen della Chiesa di Danimarca, che lo aveva invitato a pre­ dicare in qualche occasione, e con Daniel Calvo, pastore argentino della Iglesia Evangélica Luterana Unida. Questo rosario di ricordi si chiude con un incontro che torna al punto di partenza e che costituisce l'ultimo ritrovo istituzionale con i luterani in qualità di arcivescovo di Bue­ nos Aires: per il«Giorno della Bibbia» dice di essere torna­ to alla Chiesa di calle Esmeralda dove era stato la prima vol­ ta; li ha incontrato la teologa Mercedes Garda Bachmann, nipote del suo collega di laboratorio, Asel Bachmann. Di fronte alla domanda, «cosa può imparare la Chiesa cattolica dalla tradizione luterana?», due parole sono venute in men­ te a Francesco: «Riforma» e «Scrittura». Possiamo aggiungere un altro dato che rientra nella spiritualità del Papa. Nell'intervista concessa ad A. Spa­ dara menziona San Pietro Favre come il modello ideale di gesuita, che descrive con queste caratteristiche: «Il dia­ logo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; la pietà semplice, una certa ingenuità forse, la disponibilità im­ mediata, il suo attento discernimento interiore, il fatto di essere uomo di grandi e forti decisioni e insieme capace

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di essere così dolce ». 10 Su questo irrequieto gesuita della Savoia, il "prete riformato", come lo descrive M. de Cer­ teau, bisogna inoltre dire che è il primo gesuita che è en­ trato in contatto con la Riforma protestante in Germania, partecipando ai colloqui di Worms (1540) e alla Dieta di Ratisbona (1541). Leggendo e rileggendo il suo Memoria/, il giovane Bergoglio ha potuto trovare le basi per un ecu­ menismo spirituale: Favre dirige la sua preghiera in favore di coloro che hanno causato la separazione ecclesiale e vuole « amarli in veritate».11 Concludiamo questo capitolo di confessioni biografi­ che con un ultimo riferimento molto importante per il no­ stro tema, che si legge nelle conversazioni con il rabbino Skorka. Al centro di una riflessione riguardo al conflitto e alle tensioni in Medio Oriente, il cardinale di Buenos Aires ha fatto le seguenti considerazioni sull'unità dei cristiani: C'è una frase del teologo luterano tedesco Oscar Cui/man che spiega come arrivare all'unità delle diverse confessioni cristiane. Per Cui/man l'obiettivo non è che tuttz� ftn dall'inizio, affer­ miamo la stessa cosa, ma camminare insieme in una differenza riconciliata. La soluzione del conflitto religiosofra le molteplici 10

A. SPADARO, Intervista a Papa Francesco, cit. Cfr. S. KIECHLE, Grenze iiberschreiten. Papst Franzjnkus und seinejesuitische Wmzeln, Echter, Wiirzburg 2015, 55-60. 11 Cfr. S. MAoRIGAL, Eclesialidad, refarmay misùfn. El legado teo­ logico de Ignacio de Loyola, Pedro Fabro y Francisco de Javier, San Pablo, Madrid 2008, 143-208; qui: 168 (n.tr.). 41

confessioni cristiane sta nell'atto di camminare insieme, difare delle cose insieme, dipregare insieme. [ . .. J È questo il modo giusto diprocedere nella risoluzione di un conflitto, .ifruttando lepotenzialità di tutti, senza annullare le diverse tradizioni o cedere nel sincretismo. Ciascuno apartire dalla·propria iden­ tità, in un atteggiamento di riconciliazione, per cercare l'unità della verità . 12

Così si esprimeva quest'uomo che, dalla fine degli anni novanta del secolo scorso, era a capo della Chiesa argentina. Ricordiamo rapidamente i passi della rapida carriera ecclesiastica di questo gesuita. Il 27 giugno 1992 Bergoglio è stato nominato vescovo ausiliare di Buenos Aires dal cardinale Antonio Quarracino, che presto lo ha reso il suo più stretto collaboratore, nominandolo vicario generale dell'arcidiocesi nel dicembre del 1993. Pertan­ to, nessuno è rimasto sorpreso della sua promozione ad arcivescovo coadiutore di Buenos Aires, il 3 giugno 1997. Nove mesi dopo la sua nomina, muore il cardinale Quar­ racino, il 28 febbraio 1998, e gli succede Bergoglio come arcivescovo, primate di Argentina e ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese. Nel febbraio del 2001 Giovanni Paolo II lo crea cardinale, con il titolo di San Roberto Bellarmino. Nel 2005 è diventato presidente della 12

J. M. BERGOGLIO - A.

SKORKA, Il cielo e la terra. Il pensiero di Papa Francesco sullafamiglia, la fede e la missione della Chiesa nel XXI secolo, cit:, 194.

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Conferenza episcopale, un'elezione che è statadconfer­ mata per un secondo triennio nel 2008. 3. Un modo di procedere: la cultura dell'incontro e le priorità bergo­ gliane Attira l'attenzione il capitolo che E. Piqué ha dedi­ cato agli anni· di Bergoglio come arcivescovo di Buenos Aires, per vari motivi. In primo luogo, perché è prece­ duto dal titolo « un arcivescovo diverso». 13 In secondo luogo, perché la giornalista argentina ha posto in risal-. to due tratti della sua personalità, quello del pastore e dell'animale politico, mischiati nel suo carisma di leader, in maniera che gli episodi della sua azione socio-politica in piena crisi economica, durante i governi di Fernan­ do de la Rua, Carlos Menem, Eduardo Duhalde e dei Kirchner, sembrano messi insieme da un mucchio di dati che parlano della vocazione e del talento ecumenico di quest'uomo. Ne sono esempio la formazione del tavolo del Dialogo argentino (2001) con i rappresentanti di di­ versi culti, la creazione dell'Istituto di Dialogo lnterreli­ gioso (2001) o la visita all'Associazione Mutua Israelita Argentina (2004). 14 Questo atteggiamento si rifletteva anche nelle azioni concrete di misericordia verso i rap­ presentanti di altri credi, per esempio quando ha accolto 13 14

E. PIQUÉ, Francesco. Vita e rivoluzione, cit., 133.. 144.

Ibidem,

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nella Casa Sacerdotale un pastore valdese sfrattato o un canonico anglicano. Tutto ciò permette di capire che la volontà ecumeni­ ca dell'attuale Papa è dettata da convinzioni molto pro­ fonde, nasce dal desiderio di una cultura dell'incontro e si esprime in uno spirito di rispetto, dialogo e collabora­ zione nella vita politica, sindacale e imprenditoriale del Paese, trasformati in campo di evangelizzazione. Non mi sembra un caso il fatto che la giornalista argentina abbia introdotto, brevemente, le cosiddette quattro "priorità bergogliane", che riflettono le sue coordinate d'azione: Il tempo è superiore allo spazio; L'unità è superiore al conflitto; La realtà è superiore all'idea; Il tutto è superiore alla parte. 15 L'esplicitazione di questi quattro principi è da cerca­ re nella conferenza che ha tenuto il 16 ottobre 201 O, in occasione della XIII Giornata arcidiocesana di Pastorale Sociale, Noi come cittadini, noi come popolo. Verso un bicentena­ rio in giustizia e solidarietà (2010-2106). In questo discorso ha messo in relazione questi quattro principi con la re­ altà del suo Paese, dove dice di «mettersi la Patria sulle spalle», per usare un'espressione che a lui piace partico­ larmente.16 15 Ibidem, 142. 16 Coeferenza della XIII Giornata arcidiocesana di Pastorale Sociale, 16 ottobre 2010 (N.tr.; op. it J. M. BERGOGLIO, Noi come cittadin� noi come popolo, libreria Editrice Vaticana - Jaka Book, Città del Vaticano Milano, 2013).

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Questo discorso rientra nella proposta della Con­ ferenza episcopale argentina che ha voluto che il bicen­ tenario della nazione si celebrasse nell'arco di sei anni (2010-2016), incastonata nei suoi due eventi fondanti: la rivoluzione del 25 maggio 1810 a Buenos Aires e il con­ gresso di Tucuman, che ha dichiarato l'indipendenza il 9 luglio 1816. Questo testo riflette, secondo F. Strazzari, «la maturità del suo pensiero teologico-pastorale e filosofico­ politico sulla società intesa come un "noi", in cui i cittadini compiono responsabilmente la loro vocazione politica a partire dalla loro appartenenza storico-culturale alla co­ munità argentina». 17 Questa riflessione prende le mosse dall'eredità della storia recente, che mostra ferite e questioni irrisolte: in­ stabilità cronica e scontri, dittature militari, la guerra persa delle Falkland, la crisi economica e la depressione (20012002). Sulla base di un'analisi serena è possibile delineare un progetto per l'Argentina, che si trova di fronte a grandi sfide ma anche a una straordinaria opportunità. Secondo lui, si tratta di lavorare per il bene comune all'interno del sistema democratico, cercando i punti di unione e i luoghi che permettano la convivenza fraterna. Di fondo rimane l'ideale di una "cultura dell'incontro", che si basa su una visione dell'essere umano che vuole superare l'individuali17 Cfr. F. STRAzZARJ, In Argentina per conoscere Papa Bergoglio, Edizioni Dehoniane, Bologna 2013, 83.

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smo asociale e amorale per recuperare la dimensione rela­ zionale e fare in modo che gli uomini diventino cittadini in seno a un popolo. Si tratta, dunque, di un processo, di un la­ voro faticoso, che viene illuminato dai quattro principi già menzionati. Bergoglio li spiegava con una considerazione preliminare, secondo cui, arrivare a costruire un proget­ to comune, dovrebbe poter risolvere queste tre tensioni bipolari: quella tra pienezza e limite, tra idea e realtà e tra globale e locale. 18 La pienezza è la volontà di possedere tutto, mentre il limite è la parete che si pone davanti. La pienezza è quell'at­ trazione che Dio pone nel cuore affinché si vada verso ciò che ci rende liberi, è l'utopia verso il bene comune. Il limi­ te, però, ci frena e tira indietro. In questa tensione bipola­ re, il tempo fa riferimento alla pienezza come espressione dell'orizzonte, mentre il momento lo fa come espressione del limite. Il cittadino vive in tensione tra la congiuntura del momento letta alla luce del tempo e dell'orizzonte. Da qui provengono due dei principi già menzionati: in primo luogo, il tempo è superiore allo spazio, perché il tempo 18

Alla base di questo approccio si trova la lettura dell'opera di R. GUARDINI, L'opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto vivente, Morcelliana, Brescia 1997. Cfr. W KASPER, Papa Francesco. La rivoluzione della tenerezz.a e dell'amore, cit., 39. Per ulteriori informazioni: C. M. GAill, La nforma missionaria della Chiesa secondo Francesco. L'eccle­ siologia del popolo di Dio evangelizzatore, in A. SPADARO - c. M. GALLI (a cura di), La Riforma e le riforme nella Chiesa, Queriniana, Brescia 2016.

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inizia dei processi, mentre lo spazio li cristallizza; uno dei peccati dell'attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei. processi. In se­ condo luogo, l'unità è superiore al conflitto, vale a dire che se una persona rimane nella parte conflittuale della congiuntura perde il senso dell'unità; il conflitto bisogna accettarlo e viverlo. Esistono vari modi di porsi di fronte al conflitto: il primo è ignorarlo; il secondo è affrontar­ lo rimanendone prigionieri, così però si rimane rinchiusi, senza orizzonte, senza cammino verso l'unità; il terzo, .che è quello che aiuta a essere cittadini, consiste nell'entrare nel conflitto, sopportarlo e risolverlo, trasformandolo nell'anello di una catena, in un processo. La seconda tensione bipolare riguarda la realtà e l'i­ dea. Bergoglio comincia da questa osservazione: la realtà è, l'idea si elabora. Tra le due si deve instaurare un dialogo per non cadere in nominalismi o idealismi. È pericoloso vivere nel mondo dell'immaginazione, del sofisma, della sola parola. L'idea deve puntare a persuadere, discuten­ do, confrontando idee, così si avanza insieme. Il cittadino deve partire dalla realtà. La terza tensione riguarda globalizzazione e localizza­ zione. Bisogna prestare attenzione a ciò che è globale, che ci salva dalla meschinità quotidiana e domestica. Al tempo stesso, non si può perdere di vista ciò che è locale e che ci permette di camminare senza perdere il senso della realtà. Il punto di sintesi tra ciò che è globale e locale impedisce al cittadino di vivere in un universalismo globalizzante, il-

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lusorio come un localismo folklorico e anarchico. «Non è né la sfera globale che annulla, né la parzialità isolata che ci rende sterili». Nella prima tutti sono uguali, cioè tutti i punti sono equidistanti dal centro della sfera. Ri­ guardo questa tensione bipolare «qual è il modello?», si chiedeva Bergoglio: «il modello è il poliedro»; «il polie­ dro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità». Aggiungeva ancora questo esempio: «È l'unione dei popoli, che, nell'ordine universale, conservano le loro peculiarità; è la totalità delle persone in una società che cerca un bene comune». Il tutto del poliedro - continuava a spiegare - non è il tutto sferico; quest'ultimo non è superiore alla parte, anzi, semplicemente l'annulla. Un cittadino che conserva la sua personale peculiarità, ma che rimane unito a una comu­ nità, non viene annullato come nella sfera, ma conserva le varie parti del poliedro. Cercare in ciò che è globale l'unione di ciò che è locale, conservare allo stesso tempo la peculiarità, significa costruire ponti. Bisogna lavorare sul piccolo, sul prossimo, ma in una prospettiva globale. Questo ci porta al quarto principio: il tutto è superiore alla parte. Da qui la conclusione: è tempo di saper proiettare «uno sviluppo integrale per tutti che privilegi la lotta contro la disuguaglianza e la povertà», è tempo di proiettare «una cultura dell'incontro che privilegi il dialogo come metodo, la ricerca condivisa di consensi, di accordi, di quello che unisce al posto di quello che divide e contrappone, in un 48

cammino attraverso il quale dobbiamo passare». Per questo è necessario privilegiare il tempo allo spazio, il tutto alla par­ te, la realtà all'idea astratta e l'unità al conflitto. Valeva la pena soffermarsi con un po' di calma su queste quattro priorità che delineano un progetto di dialogo per il popolo argentino, per i popoli della terra, per il Popolo di Dio. Infatti, Bergoglio le ha incorpora­ te, talvolta quasi letteralmente, nell'esortazione apostoli­ ca Evangelii gaudium, il suo manifesto programmatico (cfr. EG 217-237). Possiamo anticipare che in essa ci offre i criteri ermeneutici che permettono di trasferire la cultu­ ra dell'incontro al terreno specifico dell'ecumenismo. Lì parla, come vedremo, di « sviluppare una cultura dell'in­ contro in una pluriforme armonia» (EG 220). 19 Tuttavia, per comprendere l'attuale Papa bisogna dare un'occhiata a un grande momento della recente storia della Chiesa la­ tinoamericana. 4. La "lezione" di Dio in Aparecida: la fedeltà è sempre un cam­ biamento La V Conferenza generale dell'episcopato latino-ame­ ricano e dei Caraibi si è tenuta nel Santuario brasiliano di Aparecida nel maggio del 2007. Lì, conformemente alla 19

- F.

Sulla cultura dell'incontro, si veda il capitolo 11 di S.

RUBIN

AMBROGETTI,

Papa Francesco. Il Papa si racconta. Conversazione con FrancescaAmbrogetti e Sergio Rnbin, Salani Editore, Milano 2013.

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metodologia del vedere, giudicare e agire, è stata analizzata la situazione dell'America Latina; secondo i dati degli esper­ ti si stima che negli ultimi decenni la Chiesa ha perso in que­ sta regione il 20% dei suoi fedeli, per altri culti o per nessun altro. È nata così l'idea di una Chiesa in uscita missionaria, che rifiuta di essere una Chiesa autosufficiente e autorefe­ renziale per addentrarsi in una tappa evangelizzatrice. Come sappiamo tutti molto bene, il cardinale Bergo­ glio ha presieduto il Comitato di redazione del Documen­ to finale. Durante un'intervista con G. Valente, ha espres­ so la sua valutazione di quell'evento: per prima cosa, la Conferenza di Aparecida è stata un momento di pace per la Chiesa latino-americana e il suo documento finale è un atto del suo magistero, che riflette più un'armonia che una sintesi. 20 Affiora qui una riflessione sullo Spirito Santo, che è uno dei punti principali della prospettiva pneumato­ logica dell'attuale Papa e un pilastro della sua visione ecu­ menica: lo Spirito, che provoca pluralità e diversità, può costruire l'unità, perché come diceva San Basilio il Gran­ de: Ipse harmonia est. 21 Bergoglio, inoltre, ha sottolineato che il Documento finale è, per il suo spirito di missione, «l'Evangelii nuntiandi dell'America Latina».22 Cfr. G. VALENTE, Francesco, unpapa dallaftne del mondo, EMI, Bologna 2013, 33-41. 21 Ibidem, 35. 22 Ibidem, 36. 20

so

Da parte sua, Monsignor Vietar Fernandez, commenta al riguardo: Aparecida è stata per Bergoglio una grande scoperta della vo­ cazione missionaria della Chiesa, della necessità di riportare la Chiesa in uscita. · È ciò che aveva detto Giovanni Paolo II in Redemptoris missio, dove ha ricordato che l'annunzio del Vangelo per coloro che sono lontani "è il compito primo della Chiesa" (RM 34), che l'attività missionaria è "la massima sfida per la Chiesa" (RM 84) e che "la causa missionaria deve essere la prima" (RM 86). Quando Giovanni Paolo II ha detto queste cose non l'abbiamo ascoltato. Aparecida, però, ha preso sul serio ilfatto che uscire a cercare i lontani è il paradig­

ma di tutta l'opera della Chiesa. 23

Questa immagine della "Chiesa in uscita" segna la di­ rezione dell'esortazione apostolica EG, che è debitrice di Evangelii nuntiandi (EN) e di RM, come abbiamo appena visto. Bergoglio riassume lo spirito missionario di Apare­ cida nel paradosso «la fedeltà è sempre un cambiamento», che spiega in questi termini: « Per rimanere fedeli bisogna uscire»; «proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli, si cambia», «il Signore opera un cambiamento in colui che 23 V M. FERNÀNDEZ - P. RoDARI, La Iglesia del papa Francisco, 48-49. Si veda: V Conferencia Generai del Episcopado Latinoame­ ricano y del Caribe, Discipulosy misioneros de Jesucristo para que nuestros

pueblos en Él tengan vida. ''Yo soy el Camino, la Verdad y la Vida" (Jn 14,6). Documento Conclusivo. Aparecida, 13-31 maggio 2007, Ed. San

Pablo, Bogota5 2007.

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gli è fedele». 24 Questo è il nucleo del messaggio diApare­ cida e il cuore della rrùssione. Avvicinarsi al Documento di Aparecida è come iniziare a tastare il terreno dell'interesse rrùssionario di papa Fran­ cesco, presentato all'inizio della sua esortazione apostolica in termini di una Chiesa in uscita. Il Documento di Apare­ cida si conclude con la citazione di un passaggio della EN (n. 80) molto eloquente: &troviamo, perciò, 'flfervore dello spirito. Conserviamo la dolce e coefortante gioia d'evangelizxare, anche quando occorre semina­ re nelle lacrime [. .. ]. Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate. Possa il mondo del nostro tempo, che cerca ora nell'an­ goscia, ora nella speranza, ricevere la buona novella non da evan­ gelizxatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del vangelo, la cui vita irradifervore, che abbianoperprimi ricevuto in loro la gioia del Cristo, e accettino di mettere in gioco la propria vita ef.!inché il Regno sia annunziato e la Chiesa sia impiantata nel cuore del mondo': (Aparecida 552; cfr. EN 80)

Non è pertanto un testo chiuso, ma aperto alla mis­ sione. A dieci anni dalla chiusura del Concilio Vatica­ no II, Paolo VI pronunciò un monito che non ha perso per nulla il suo vigore: « La forza dell'evangelizzazione risulterà molto diminuita se coloro che annunziano il Vangelo sono divisi tra di loro da tante specie di rot­ ture. Non starebbe forse qui uno dei grandi malesseri dell'evangelizzazione oggi?». Per questo sottolineava « il 24

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G. VAI.ENTE, Francesco, un papa dallafine del mondo, cit., 36-37.

segno dell'unità tra tutti i cristiani come via e strumento di evangelizzazione» (EN 77).

5. Dialogo ecumenico perché il mondo creda In questi stessi parametri il Documento di Aparecida fonda la necessità del dialogo ecumenico, sottolinean­ do che «la mancanza di unità tra i cristiani rappresenta uno scandalo, un peccato e un ritardo nella realizzazione del desiderio di Cristo: "Perché tutti siano una sola cosa, [ ... ] perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17, 21) » (Aparecida 227). Questa preoccupazione si trova nel capitolo dedicato alla comunione dei discepoli mis­ sionari nella Chiesa. 25 Il dialogo e la cooperazione ecu­ menica devono suscitare nuove forme di discepolato e di missione in comunione. Per questo motivo, «la com­ prensione e la pratica dell'ecclesiologia di comunione ci portano al dialogo ecumenico», per cui «la relazione con i fratelli e le sorelle battezzati di altre Chiese e comunità ecclesiali è un percorso irrinunciabile per il discepolo e il missionario» (Aparecida 227). 25 Aparecida 227-234. Questo capitolo dedica una sezione ai rapporti con l'ebraismo e il dialogo interreligioso (cfr. Aparecida 235-239); precedentemente ha voluto distinguere il dialogo ecume­ nico e il dialogo interreligioso: «Nel nostro contesto, la nascita di nuovi gruppi religiosi, unita alla tendenza a confondere l'ecumeni­ smo con il dialogo interreligioso, ha ostacolato il raggiungimento di frutti più abbondanti nel dialogo ecumenico» (Aparecida 232).

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Nello stabilire le basi dell'ecumenismo, il testo rifiuta le mere ragioni sociologiche, per ricordare il suo carattere di «esigenza evangelica, trinitaria e battesimale». Avvalendo­ si delle affermazioni presenti nell'enciclica UUS, ci ricorda che è importante esprimere, prima di tutto, «la comunione reale, sebbene imperfetta» che esiste già tra «tutti quelli che sono stati rigenerati per mezzo del battesimo» (UUS 66,96: cfr. Aparecida 228). È quindi necessario recuperare il senso dell'impegno del battesimo. Il carattere trinitario e battesi­ male dello sforzo ecumenico è espresso nel dialogo che è un atteggiamento spirituale e una prassi inserita in «un cam­ mino di conversione e riconciliazione», il cui scopo ultimo è quello di celebrare insieme la sola e unica eucaristia. Nel dialogo e nell'incontro ecumenico si parla di «vi­ vere nella verità e nell'amore» (Ef4,15), per cui i discepoli e i missionari di Cristo devono recuperare il senso più no­ bile dell'apologetica, così come la coltivarono i Padri della Chiesa come spiegazione della fede (cfr. Aparecida 229). Il Documento diAparecida invita anche a recuperare l'im­ portanza dell'ecumenismo spirituale (cfr. Unitatis redintegratio 8; Aparecida 230), ossia la conversione del cuore e la sacralità della vita, insieme alla preghiera per l'unità dei cristiani; è questo quindi il modo migliore di riconoscere che l'unità è, prima di tutto, un dono dello Spirito Santo. Tuttavia, non sono da dimenticare i frutti dei dialoghi teologici che si sono instaurati negli ultimi decenni, come conseguenza del Concilio Vaticano II. Occorre che tutti i cristiani conosca­ no di più e meglio le dichiarazioni e gli accordi bilaterali 54

e multilaterali raggiunti dalla Chiesa cattolica con i propri interlocutori ecumenici. È opportuno essere informati del­ le indicazioni relative alla catechesi, alla liturgia, alla for­ mazione presbiterale e alla pastorale che vengono offer­ te dal Direttorio ecumenico. Senza dubbio la mobilità umana può essere un'occasione propizia per sviluppare il dialogo ecumenico della vita (cfr. Aparecida 231). Da qui vengo­ no esortati tutti (ministri, laici e religiosi) a partecipare agli organismi ecumenici e a realizzare attività nei diversi cam­ pi della vita ecclesiale, pastorale e sociale (Aparecida 232). Le Conferenze episcopali devono promuovere l'unità dei cristiani, conformemente alle esortazioni degli ultimi papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per procedere con pazienza nel cammino dell'unità. 6. Sulle tracce dell'enciclica Ut U num Sint: Quanta est nobis via? Quando Aparecida parla dell'ecumenismo come di un «cammino irrinunciabile» per il cristiano di oggi, lo fa sulla base dell'enciclica UUS (n. 2; 79) di San Giovanni Paolo II. Senza dubbio, il suo corpo dottrinale ha accompagnato e ispirato le azfoni dell'arcivescovo e cardinale di Buenos Ai­ res. L'ultima parte dell'enciclica sull'impegno ecumenico di San Giovanni Paolo II si apre. con una domanda: quanta est nobis via?, ovvero, quanto è lungo il cammino che ci rimane da percorrere? Questa sezione contiene vari elementi che stanno ispirando la volontà ecumenica di Francesco. Pre­ sentando il pensiero ecumenico di Aparecida ne sono già state indicate le idee principali: la conversione personale e la 55

ricerca della comunione, per cui il Vescovo di Roma è chia­ mato a svolgere un compito speciale. Per questo motivo, mi limito a considerare due elementi soltanto. Da un lato, è da notare la connessione stabilita tra l'esercizio di primate del successore di Pietro e la miseri­ cordia. Non bisogna dimenticare che papa Wojtyla aveva dedicato una delle sue encicliche alla misericordia. Il Ve­ scovo di Roma esercita un ministero che trova la sua ori­ gine nella misericordia di Dio. I testi biblici parlano della triplice professione di amore di Pietro, che corrisponde alla triplice negazione. Il successore di Pietro sa che il suo ministero è un ministero nato da un atto di misericordia di Cristo; di conseguenza sa che deve essere segno del­ la misericordia. L'enciclica UUS sottolinea che l'autorità propria di questo ministero è al servizio del disegno mise­ ricordioso di Dio, « che converte i cuori e infonde la forza della grazia laddove il discepolo conosce il gusto amaro della sua debolezza e della sua miseria» (UUS 92). Dall'altro lato, la visione del ministero petrino di Francesco ruota attorno alla sfida che lui stesso ha lan­ ciato alla Chiesa: una conversione pastorale. 26 Così l'ha pre26

Come ha ricordato A. BENTUÉ, l'espressione "conversione pastorale" usata ad Aparecida e da papa Francesco sembra usata per la prima volta nel Documento conclusivo di Santo Domingo: «Cos� la nuova evangelizzazione continuerà in linea con l'incarnazione del Ver­ bo. La nuova evangelizzazione esige la conversionepastorale della Chiesa» (n. 30). Si veda: FRANCISCO. Palabrapreféticay mision, cit., 168-171. 56

sentata nella sua esortazione apostolica EG facendo sue alcune parole dell'enciclica ecumenica UUS di San Gio­ vanni Paolo Il: Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell'evangeliZK,azione. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all'essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova». Siamo avan­ zati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l'appello ad una conversione pastorale. (EG 32)

Queste affermazioni presumono il complesso intrec­ cio dottrinale che è alla base della visione ecclesiologica del primato e dell'episcopato, così come è stata formulata dal Concilio Vaticano I (1869-1870), rielaborata dal Concilio Vaticano II (1962-1965) nell'orizzonte della collegialità e ricollocata dall'enciclica UUS (1995) nella prospettiva ecu­ menica e nel cuore della ecclesiologia di comunione. 27 La dimensione ecumenica è diventata un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma. Come vedremo nei prossimi capitoli, Francesco è convinto che il cammino 27

Su questo punto si veda: S. MADRIGAL, El giro eclesiologico en la recepci6n del Vaticano II, Sal Terrae, Santander 2017, 421-453.

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ecumenico stia aiutando ad approfondire la consapevolez­ za del servizio all'unità della Chiesa universale proprio del successore di Pietro.

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III NEL CAMMINO VERSO LA PIENA COMUNIONE: PARLARE, PREGARE, LAVORARE INSIEME CAPITOLO

Nel capitolo precedente abbiamo parlato di come si sia purificata nel tempo la volontà ecumenica del cardinale Bergoglio nel laboratorio di Buenos Aires; nel "laborato­ rio" della pastorale di quella megalopoli è stato distillato un messaggio lungimirante: recuperare l'incontro attraverso l'amicizia e il dialogo. È il messaggio che ha lanciato in oc­ casione della XII Giornata di Pastorale Sociale tenutasinel Santuario di San Cayetano: è «urgente costruire e instaura­ re la cultura dell'incontro; è urgente recuperare l'alterità e liberarci dagli autismi che precludono la memoria storica, che precludono l'impegno comunitario nel presente e che precludono la capacità di utopia verso il futuro ». 1 Erano parole dirette ai suoi compatrioti, ma che comportavano irrimediabilmente un impegno ecumenico. Questo perché parlare della costruzione della pace richiede a noi, i cri­ stiani, di dare il buon esempio del dialogo ecumenico e 1

Discorso del cardinale J M. Bergoglio per la XII Giornata arcidio­ cesana della pastorale socia/� 19 settembre 2009.

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del dialogo interreligioso. Per Bergoglio, l'ecumenismo (e il dialogo interreligioso) è stato e continua ad essere un modo di vivere il cristianesimo. Vorremmo, facendo un passo in avanti, esporre il suo contributo personale come Papa alla causa dell'unità dei cristiani, la sua comprensione e la sua pratica dell'ecume­ nismo. Innanzitutto la diagnosi speranzosa delle parole che ha pronunciato il 25 gennaio 2016, alla chiusura della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani con la cele­ brazione dei vespri: Mentre siamo in cammino verso la piena comunione tra noi, possiamo già sviluppare moltepliciforme di collaborazione, an­ dare insieme e collaborare perfavorire la diffusione del Vangelo. E camminando e lavorando insieme, ci rendiamo conto che sia­ mo già uniti nel nome del Signore. L'unità sifa in cammino. 2

1. Papa dell'incontro e promotore dell'incontro ecumenico Come abbiamo già detto, Francesco ha mostrato grande sensibilità ecumenica a partire dalla sua presenta­ zione come Vescovo di Roma sul balcone della Basilica di San Pietro. Senza dire sostanzialmente nulla di nuovo, i suoi gesti, i suoi testi, le sue riflessioni, esprimono l'inten­ sità e la singolarità del suo compito ecumenico. Così lo ha sottolineato R. Burigana, esaminando il suo primo anno Cfr. FRANCESCO, Celebrazione dei vespri nella solennità della con­ versione di San Paolo Apostolo, lunedì 25 gennaio 2016. 2

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di pontificato. Nella presentazione di questa analisi detta­ gliata, il cardinale W Kasper ha tratto queste conclusioni: «Francesco è un Papa dell'incontro e un promotore ecu­ menico dell'incontro», «un Papa della pace e promotore ecumenico della pace». 3 Francesco intende il suo lavoro ecumenico in con­ tinuità con la tradizione tracciata dai suoi predecessori. Bisogna mettere in pratica e rendere reali le intenzioni fondamentali del Concilio Vaticano II. I papi del Concilio, Giovanni XXIII, Paolo VI e, successivamente, Giovanni Paolo II, hanno aperto il cammino della causa ecumenica; Francesco sa di trovarsi sulla stessa scia. Così ha sottoli­ neato, il 25 gennaio 2014, festa della conversione di San Paolo, commentando le riflessioni di San Giovanni XXIII, San Giovanni Paolo II e del beato Paolo VI: Mi piace pensare in questo momento all'opera del beato Gio­ vanni XXIII e del beato Giovanni Paolo II. Entrambi ma­ turarono lungo il proprio percorso di vita la consapevolezza di quanto fosse urgente Id causa dell'unità e, una volta eletti Vescovi di Roma, hanno guidato con decisione l'intero gregge cattolico sulle strade del cammino ecumenico: papa Giovanni aprendo vie nuove e prima quasi impensate, papa Giovanni Paolo proponendo il dialogo ecumenico come dimensione ordina­ ria ed imprescindibile della vita di ogni Chiesa particolare. Ad essi associo anche papa Paolo VI, altro grande protagonista 3 R. BuruGANA, Un cuore solo, Edizioni Terra Santa, Milano 2014. Prefazione, 7-13.

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del dialogo [...]. L'opera di questi Pontefici ha fatto sì che la dimensione del dialogo ecumenico sia diventata un aspetto essenziale del ministero del Vescovo di Roma, tanto che oggi non si comprenderebbe pienamente il servizio petrino senza in­ cludervi questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo. Possiamo dire anche che il cammino ecumenico ha permesso di approfondire la comprensione del ministero del Successore di Pietro e dobbiamo avere fiducia che continuerà ad agire in tal senso anche per ilfuturo. 4

È importante notare che Francesco attribuisce un'im­ portanza speciale al cammino ecumenico nell'ottica della stessa configurazione del ministero pettino nella teoria e nella pratica. In questa stessa riflessione ha sottolineato che «l'unità non verrà come un miracolo alla fine: l'unità viene nel cammino, la fa lo Spirito Santo nel cammino». È il cammino verso la diversità riconciliata. Torna spesso su queste stesse parole, diventate una sorta di ritornello: « Camminare insieme, pregare insieme, lavorare insieme». Il 30 ottobre 2014, durante un'udienza alla Conferen­ za internazionale dei vescovi veterocattolici dell'Unione di Utrecht ha elaborato questa idea: «Il cammino verso l'unità inizia con una trasformazione del cuore, con una conversione interiore. È un viaggio spirituale dall'incontro all'amicizia, da,ll'amicizia alla fratellanza, dalla fratellanza alla comunione. Lungo il percorso, il cambiamento è ine4

FRANCESCO, Celebrazione dei vespri nella solennità della conversio­ ne di San Paolo Apostolo, cit.

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vitabile. Dobbiamo essere sempre disposti ad ascoltare e a seguire i suggerimenti dello Spirito che ci guida alla verità tutta intera».5 L'ex arcivescovo di Buenos Aires attribuisce grande importanza all'ecumenismo spirituale, ali'ecumenismo della preghiera, della conversione del cuore, con enfasi evidente sull'incontro inter-umano, sul dialogo della ca­ rità; tuttavia, ciò non significa screditare o disinteressarsi del dialogo teologico sulle differenze dottrinali. Francesco « attua e persino ci esorta ad attuare un processo dinamico di "diversità riconciliata" nella quale camminiamo insieme nell'unità battesimale della comunione trinitaria - ecume­ nismo spirituale -, mentre allo stesso tempo siamo impe­ gnati nel dialogo ecumenico, cercando la piena comunio­ ne visibile [ ... ] che è un dono al servizio della verità». 6 In sintesi: il dialogo della carità, o dell'incontro frater­ no, sembra indissolubile dal dialogo della verità, che so­ stiene e garantisce il dialogo teologico. _Questa è una con­ vinzione che fa parte della sua teologia ecumenica. Questo è quanto ha espresso, per esempio, al termine della Divina 5 FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco alla delegazione della Conferenza internazionale dei vescovi veterocattolici de/l'unione di Utrecht, giovedì 30 ottobre 2014. 6 E. J. EcHEVERRiA, El Papa Francisco. El legado del Vaticano II,

Desclée de Brouwer, Bilbao 2017, 219 (n.tr.).

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Liturgia nella Chiesa Patriarcale di Istanbul (Turchia), il 30 novembre 2014, in occasione della festa di Sant'Andrea: 7 Incontrarci, guardare il volto l'uno dell'altro, scambiare l'ab­ braccio di pace, pregare l'uno per l'altro sono dimensioni es­ senziali di quel cammino verso il ristabilimento della piena comunione alla quale tendiamo. Tutto ciò precede e accompagna costantemente quell'altra dimensione essenziale di tale cammino che è il dialogo teologico. Un autentico dialogo è sempre un incontro tra persone con un nome, un volto, una storia, e non soltanto un confronto di idee. Facciamo una sintesi - per amor di brevità molto se­ lettiva - di alcuni avvenimenti ecumenici di cui papa Ber­ goglio è stato protagonista in questi quattro anni del suo pontificato già trascorsi. A tal fine utilizzeremo il criterio storico-teologico suggerito dal decreto conciliare sull'ecu­ menismo, Unitatis redintegratio (UR). Nel dialogo ecume­ nico avviato dal Concilio Vaticano II vengono valutati 7

FRANCESCO, Divina liturgia nella chiesa patriarcale di Istanbul, in occasione del viaggio apostolico in Turchia, domenica 30 novem­ bre 2014. Cfr. Insegnamenti di Francesco, Vol. II, 2, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014. In termini simili si è espresso il 30 ottobre 2014 davanti alla delegazione della Conferenza interna­ zionale dei vescovi veterocattolici dell'Unione di Utrecht: «La sfida che cattolici e veterocattolici devono affrontare è dunque quella di perseverare in un sostanziale dialogo teologico e di continuare a camminare insieme, a pregare insieme e a lavorare insieme in un più profondo spirito di conversione a tutto ciò che Cristo vuole per la sua Chiesa» (Insegnamenti di Papa Francesco, Vol II, 2, cit., 462-464).

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due processi molto diversi: il processo di riunificazione tra Oriente e Occidente e la questione dell'ecumenismo cattolico-protestante. Alla base di questa asimmetria che descrive la situazione ecumenica attuale si trova la storia delle divisioni ecclesiali, che ha conosciuto due tipi fonda­ mentali di divisione: la rottura che nasce dalla Riforma di Lutero ha rappresentato il fallimento dell'unità ecclesiale strutturale, quindi ha menomato la tradizione e la succes­ sione apostolica; al contrario, la rottura tra Oriente e Oc­ cidente non ha alterato la struttura ecclesiale che si era sviluppata dal secolo II.8 Tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse vi sono molti aspetti comuni, ma il problema principale è la questione del ministero pettino. Il decreto sull'ecumenismo UR, è concepito secondo questa logica, in modo tale che il capitolo III si occupi, successivamente, delle Chiese ortodosse sorte dopo lo sci­ sma del 1054 e delle Chiese e Comunità ecclesiali separate in Occidente a seguito della Riforma avviata da Lutero nel 1517. Seguiremo questa logica. Nei rapporti della Chiesa cattolica con le Chiese or­ todosse è servita da catalizzatore la celebrazione del cin­ quantesimo anniversario dello storico abbraccio a Geru­ salemme tra Paolo V1 e il patriarca Atenagora, il 5 gennaio 8 Cfr. J. RATZINGER, «La situaci6n ecuménica: ortodoxia, ca­ tolicismo y reforma», en: Teoria de los principios teol6gjcos. Materia/es para una teologiafondamenta/, Herder, Barcellona 1985, 231-244.

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1964. Riguardo alle Chiese della Riforma, la commemora­ zione congiunta del quinto centenario della Riforma rap­ presenta una pietra miliare.

2. Il cammino ecumenico della Chiesa cattolica e del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli Riprendiamo il discorso di Francesco nella Chiesa pa­ triarcale di San Giorgio a Istanbul. Il suo intervento parti­ va da questo dato: « Come arcivescovo di Buenos Aires, ho partecipato alla Divina Liturgia delle comunità ortodosse presenti in quella città». Quella celebrazione della festa di Sant'Andrea coincideva felicemente con la celebrazione del cinquantesimo anniversario del decreto sull'ecumeni­ smo del Concilio Vaticano II. Il Papa ne ha presentato ra­ pidamente i contenuti: nel decreto UR, la Chiesa cattolica riconosce che le Chiese ortodosse «hanno veri sacramenti - e soprattutto, in virtù della successione apostolica, il sa­ cerdozio e l'eucaristia - che li uniscono ancora a noi con strettissimi vincoli» (UR 15). 9 Di conseguenza - spiega ancora - per preservare la pienezza della tradizione cristiana e per portare a termine la riconciliazione dei cristiani di Oriente e Occidente, risul­ ta molto importante conservare e sostenere il ricchissimo 9

Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 2, cit., 695-696. Testo in spagnolo: FRANCISCO, Pueblo de Dios en camino. Catequesis sobre de la Iglesia, Ciudad Nueva, Madrid 2014, 135.

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patrimonio delle Chiese di Oriente, non solo per quanto riguarda le tradizioni liturgiche e spirituali, ma anche le discipline canoniche, sancite dai Santi Padri e dai concili. Francesco comprende che questi principi sono la condizione essenziale e reciproca per poter ristabilire la piena comunione, « che non significa né sottomissione di uno all'altro, né assorbimento, ma piuttosto accoglienza di tutti i doni che Dio ha dato a ciascuno per manifestare al mondo intero il grande mistero della salvezza realizzata da Cristo Signore per mezzo dello Spirito Santo». Egli ha lavorato su questa linea, coltivando una speciale amicizia con il patriarca Bartolomeo. Il Patriarca di Costantinopoli ha voluto, come abbia­ mo già detto, prendere parte alla cerimonia inaugurale del pontificato di Francesco, una dimostrazione inequivoca­ bile del desiderio di mantenere quella relazione di fratel­ lanza che era iniziata con lo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora a Gerusalemme, quando ancora non si era concluso il Concilio Vaticano IL Vediamo i preparativi che hanno portato alla celebrazione congiunta di un anni­ versario ecumenico. In occasione della festa di San Pietro e.San Paolo, il 29 giugno 2013, una delegazione del Patriarca ha fatto vi­ sita alla Città Eterna. Veniva così continuata un'usanza di scambi di delegazioni tra la Chiesa di Costantinopoli e la Chiesa di Roma, che era iniziata nel 1969. È quanto papa Francesco ha ricordato e sottoscritto durante l'udienza che ha concesso loro dopo i vespri. Nel discorso ha ricor-

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dato: «L'incontro fraterno è parte essenziale del cammino verso l'unità ». 10 Nella ricerca della piena comunione tra cattolici e ortodossi gioca un ruolo fondamentale la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico, copresieduta dal metropolita Giovanni Zizioulas e dal cardinale Kurt Koch. Francesco ha evidenziato il frutto di anni di lavoro, riferendosi in particolare allo studio sulla relazione teolo­ gica ed ecclesiologica tra il primato e la collegialità, che ha trovato un risultato fondamentale nel Documento di Ra­ venna (2007).11 Non si tratta di un puro esercizio teorico, bensì di una migliore conoscenza e comprensione delle peculiarità di ognuna delle tradizioni: la Chiesa cattolica insiste sulla collegialità episcopale, le Chiese ortodosse sulla sinodalità. Con queste riflessioni si sta verificando, grazie al cammino ecumenico, un approfondimento nella comprensione del ministero del successore di Pietro. Il Papa faceva presente anche il fatto che ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione di dialogo, che non cerca un minimalismo teologico sul raggiungimento di un compromesso, ma che «si basa piuttosto sull'appro­ fondimento dell'unica verità che Cristo ha donato alla sua 10 FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco alla delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, venerdì 28 giugno 2013. 11 Cfr. P. CODA, Scambio di doni: Chiesa cattolica e Chiese orientali. Il s;gniftcato strategico delDocumento di Ravenna, in: A. SPADARO - C. M GAW, I.a &forma e le riforme nella Chiesa, cit., 393-404.

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Chiesa e che non cessiamo mai di comprendere meglio mossi dallo Spirito Santo». Concludeva poi: «Non dob­ biamo avere paura dell'incontro e del vero dialogo». Con l'avvicinarsi della festa di Sant'Andrea, il 25 no­ vembre 2013, Francesco ha inviato un messaggio al pa­ triarca Bartolomeo tramite il cardinale Koch, che guidava la delegazione pontificia, che si è recata a Costantinopoli per partecipare alle celebrazioni ortodosse. 12 Il messaggio si apre con una citazione dalla Lettera agli Eftsini (6,23) e comincia ricordando il viaggio della delegazione del Pa­ triarcato che si era recato a Roma durante la festività di San Pietro e San Paolo. È la prima volta che il Papa si rivolge al Patriarca in occasione della festa di Sant'Andrea e in questo modo il messaggio risulta essere in linea con l'obiettivo di perseguire «le relazioni fraterne tra la Chiesa di Roma e il Patriarcato Ecumenico». Il Dio della pace e dell'amore si è presentato nel cammino ecumenico dei cattolici e degli ortodossi, ren­ dendoli più coscienti del fatto che tutti apparteniamo a Dio, «attraverso il dono della buona novella della salvezza trasmessa dagli apostoli, attraverso l'unico battesimo nel nome della Santa Trinità e attraverso il sacro ministero». Alla luce della partecipazione a questo patrimonio spiri12 FRANCESCo,Messaggio delSanto Padre a Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico per lafesta di Sant'Andrea, 25 novembre 2013. Cfr. R. BuRIGANA, Un cuore solo, cit., 87-90.

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tuale e teologico sperimentiamo la gioia di essere e sen­ tirci. fratelli in Cristo, sebbene permangano degli ostacoli che impediscono la piena comunione. Siamo tutti chiama­ ti a prepararci quotidianamente«attraverso la preghiera, la conversione interiore, il rinnovamento di vita e il dialogo fraterno, nell'anticipazione del giorno in cui finalmente parteciperemo insieme al banchetto eucaristico». Poche settimane dopo, durante l'Angelus del 5 gen­ naio 2014, Francesco ha reso pubblica la sua decisione di realizzare un pellegrinaggio in Terra Santa, tra il 24 e il 26 maggio, con tre tappe: Amman, Betlemme, Gerusalem­ me, per commemorare lo storico incontro tra Paolo VI e Atenagora.13

3. Il pellegrinaggio in Terra Santa: la Dichiarazione comune di Gerusalemme

Francesco ha approfittato dell'udienza generale del 28 maggio per fare un bilancio generale del suo pellegri­ naggio in Terra Santa, luogo intriso della presenza storica di Cristo e scenario di eventi fondamentali per l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam. L'obiettivo principale del viag­ gio era quello di commemorare l'incontro tra Paolo VI e il Patriarca di Costantinopoli, «una pietra miliare nel 13

Cfr. FRANCESCO, Angelus, domenica 5 gennaio 2014. Cfr. Insegnamenti di Francesco, Il, 1, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2014, 11-12.

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cammino sofferto ma promettente dell'unità di tutti i cri­ stiani».14 Per questo, spiegava, il momento migliore del pellegrinaggio è stato il suo incontro con il Patriarca Bar­ tolomeo: insieme hanno pregato nel Santo Sepolcro. In quella preghiera ecumenica, in cui hanno partecipato an­ che il Patriarca greco ortodosso di Gerusalemme Teofilo III, il Patriarca armeno apostolico Nourhan Manoughian, i vescovi e i pastori di molte altre comunità cristiane pre­ senti in Terra Santa, Francesco ha detto di aver «avvertito tutta l'amarezza e la sofferenza delle divisioni che ancora esistono tra i discepoli di Cristo». Tuttavia, anche lì è stato possibile sentire il desiderio di sanare le ferite e proseguire con tenacia il cammino verso la piena comunione. Inol­ tre, Bergoglio, come in passato avevano fatto i suoi prede­ cessori, è tornato a chiedere «perdono per quello che noi abbiamo fatto per favorire questa divisione», e ha chiesto «allo Spirito Santo che ci aiuti a risanare le ferite che noi abbiamo fatto agli altri fratelli».15 Insieme a Bartolomeo ha condiviso la volontà di camminare insieme come fratel14

FRANCESCO,

Udienza generale. Il Pellegrinaggio in Terra Santa,

mercoledì 28 maggio 2014. Cfr. Iter apostolicum in Loca Sancta: FRAN­ Discorso in occasione dell'incontro con le Autorità del Regn o di Gior­ dania, Amman, sabato 24 maggio 2014. Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 1, cit., 641-644. E anche: Ibidem, 585-640. 15 F RANCESCO, Udienza generale. Il Pellegrinaggio in Terra Santa, cit., Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 1, cit., 642. E anche: R. BuRIGA­ NA, Un cuore solo, Milano, cit., 115-129.

CESCO,

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li, pregare insieme, lavorare insieme per il popolo di Dio, cercare la pace e custodire il creato. Questo pellegrinaggio ha avuto due altri obietti­ vi: stimolare il cammino della pace in quella regione del Medio Oriente così devastata dalle guerre e confermare nella fede le comunità cristiane che soffrono molto. Cio­ nonostante, si può affermare che il filo conduttore che ha contraddistinto gli incontri, le parole e i gesti della visita di Francesco in Terra Santa è stato l'ecumenismo, che ha raggiunto l'apice durante la celebrazione ecumenica del Santo Sepolcro, domenica 25 maggio. Questa celebrazio­ ne era stata preceduta dalla firma di una Dichiarazione con­ giunta del Papa e del patriarca Bartolomeo nella Delegazio­ ne apostolica di Gerusalemme, dopo un incontro privato. Questa Dichiarazione, che rientra nella tradizione dei documenti firmati tra Roma e Costantinopoli, comincia facendo riferimento al Comunicato congiunto di papa Pao­ lo VI e del patriarca Atenagora del 1964. Per Francesco e Bartolomeo, questo incontro è «un ulteriore ritrovo dei Vescovi delle Chiese di Roma e di Costantinopoli, fondate rispettivamente dai due fratelli Apostoli Pietro e Andrea» e «fonte di intensa gioia spirituale». 16 Questo incontro offri­ va l'opportunità di riflettere sulla profondità e l'autenticità 16 F RANCESCO - K.rRILL, Dichiarazione congiunta del Santo Padre Francesco e del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, 25 maggio 2014, 1. Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 1, cit., 606-609.

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dei legami esistenti, risultato del cammino percorso duran­ te gli ultimi cinquant'anni. Questo incontro costituisce un nuovo passo verso l'unità che si crea grazie alla presenza e all'aiuto dello Spirito Santo che guida i cristiani verso la «comunione nella legittima diversità». È importante tenere conto della formula usata in questa Dichiarazione per espri­ mere il modello di unità verso cui devono camminare i cri­ stiani. Si tratta di una comunione in cui possono e devo­ no coesistere le diversità delle tradizioni che sono emerse all'interno della cristianità nel corso della sua storia. Con l'incontro di Paolo VI e Atenagora si è rotto un silenzio durato secoli e il loro abbraccio ha abolito la sco­ munica reciproca del 1054. Questo incontro si è prolunga­ to con le visite a entrambe le sedi, con la corrispondenza regolare, con il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, avviato su iniziativa di Giovanni Paolo II e del patriarca Demetrio. Nel corso di questi anni, Dio, «fonte di ogni pace e amore, ci ha insegnato a considerarci gli uni gli altri come membri della stessa famiglia cristiana, sotto un solo Signore e Salvatore, Gesù Cristo, e ad amarci gli uni gli altri, di modo che possiamo professare la nostra fede nello stesso Vangelo di Cristo, così come è stato ricevuto dagli Apostoli, espresso e trasmesso a noi dai Concili ecumenici e dai Padri della Chiesa». Non abbiamo ancora raggiun­ to la piena comunione, ma il vero obiettivo è quello di continuare a camminare insieme verso l'unità per la quale Cristo pregò il Padre: «Fa' che siano tutti una cosa sola» (Gv 17, 21). 73

Questo obiettivo rimane legato alla celebrazione eu­ caristica, alla partecipazione al banchetto del Corpo di Cristo. In qualità di cristiani, siamo chiamati a prepararci per ricevere il dono della comunione eucaristica, secondo ì'insegnamento di Ireneo di Lione «attraverso la profes­ sione dell'unica fede, la preghiera costante, la conversione interiore, il rinnovamento di vita e il dialogo fraterno».17 Per raggiungere l'obiettivo della piena comunione è indispensabile il lavoro della Commissione mista tra Cat­ tolici e Ortodossi sulle questioni teologiche che sono an­ cora aperte. Questo lavoro di dialogo teologico non è un puro sforzo teorico, ma «un esercizio nella verità e nella carità, che richiede una sempre più profonda conoscen­ za delle tradizioni gli uni degli altri, per comprenderle e per apprendere da esse». Infine la Dichiarazione afferma che l'obiettivo del dialogo teologico non è quello di rag­ giungere un minimo comune denominatore che serva per stabilire un compromesso, ma di approfondire la verità intera che Cristo ha dato alla sua Chiesa; quindi l'incontro fraterno e il dialogo vero. Attraverso questo scambio di doni, lo Spirito Santo ci guiderà verso la verità piena. Chiudiamo questo cerchio del cammino percorso in maniera congiunta da Roma e Costantinopoli per com­ memorare l'anniversario ecumenico 1964-2014, con il suo 17

IRENEO DI LIONE, Adversus haereses, menti di Francesco, II, 1 2014, cit., 607.

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IV,

18, 5. Cfr. Insegna­

prolungamento in una seconda Dichiarazione congiunta di Francesco e Bartolomeo I, che è stata firmata a Istanbul il 30 novembre 2016, festa di Sant'Andrea. Vi hanno scritto che non possiamo rassegnarci a un Medio Oriente sen­ za cristiani; allo stesso tempo prendevano atto di questo ecumenismo della sofferenza, del sangue e del martirio che stanno patendo tanti cristiani in Iraq, Siria e Medio Oriente. 18 Per il resto, e nel frattempo, è continuato lo scambio delle ambasciate tra Roma e Costantinopoli per le feste di San Pietro e San Paolo e di Sant'Andrea. A questo si potrebbero aggiungere altri gesti: in merito all'enciclica di Francesco, Laudato si', sulla cura della casa comune (24 maggio 2015), la Chiesa cattolica ha cominciato a celebrare la giornata di preghiera per la salvaguardia del creato, fis­ sata per il 1 settembre. Francesco riprende così una prassi della Chiesa ortodossa, che in questo stesso giorno celebra l'inizio dell'anno liturgico, il giorno della creazione. Il dialogo tra Roma e Costantinopoli richiama ine­ vitabilmente le relazioni tra Roma e Mosca. Sono risapute la rivalità e le tensioni tra i Patriarchi di Costantinopoli e di Mosca, una questione spinosa che non prendiamo in esa­ me. Quello di cui ci interessa parlare è lo storico incontro 18 Cfr. FRANCESCO - BARTOLOMEO I, Benedizione ecumenica e firma della Dichiarazione congiunta, Istanbul, 30 novembre 2014. Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 2, cit., 699-701.

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tra Francesco e il Patriarca della Chiesa ortodossa russa, Kirill, nell'aeroporto di L'Avana, il 12 febbraio 2016, dove hanno fumato una Dichiarazione congiunta. 19 Pochi avevano nutrito fiducia sul fatto che questo incontro sarebbe avve­ nuto. Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI avevano fallito nei loro intenti. Questo incontro a Cuba ha dimo­ strato che papa Francesco vuole portare avanti l'ecume­ nismo attraverso incontri personali che aiutino a evitare malintesi e superare pregiudizi.

4. Papa Francesco e il mondo della "Riforma Per riprendere il discorso da dove lo si era interrot­ to vale la pena ricordare le parole di Francesco all'assem­ blea plenaria del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il 20 novembre 2014. 20 Quell'in­ contro ha coinciso con il cinquantesimo anniversario della promulgazione dei tre documenti che stabiliscono la vi­ sione dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II: la Costi­ tuzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, il decreto sulle Chiese Cattoliche Orientali Orientalium Ecclesiarum e il decreto sull'ecumenismo URI cinque decenni trascor19 Cft. Firma della Dichiarazione comune di Papa Francesco e del Pa­ triarca Kirill di Mosca e di tutta fa Russia, L'Avana, Cuba, venerdì 12 febbraio 2016. Sui preparativi, R. BuRIGANA, Un cuore solo, cit., 91-93. 20 Cfr. FRANCESCO, Lettera ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per fa promozione dell'unità dei cristiani in occasione del 50 ° anniversario del decreto Unitatis redintegratio, 20 novembre 2014.

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si hanno lasciato alle spalle, come una cosa del passato, l'ostilità e l'indifferenza verso le altre Chiese e Comunità ecclesiali, iniziando un processo di guarigione che permet­ te di accogliere gli altri come fratelli e sorelle, nell'unità profonda che nasce dal Battesimo. Quando si ringrazia Dio bisogna riconoscere che per­ mane la divisione tra i cristiani, e che sono sorte divergen­ ze riguardo alle nuove tematiche etiche e antropologiche che rendono più complicato il cammino verso l'unità. Tut­ tavia, non possiamo cedere alla rassegnazione, dobbiamo infatti continuare ad avere fiducia in Dio per affrontare con animo rinnovato le sfide ecumeniche di oggi, colti­ vando l'unità spirituale, riconoscendo il valore dell'ecume­ nismo del sangue e camminando insieme sulla via del Van­ gelo. Vale la pena richiamare la descrizione di Francesco di ecumenismo spirituale: È una rete mondiale di momenti di preghiera che, a livello parrocchiale e a livello internazionale, diffandono nel corpo della Chiesa l'ossigeno del genuino spirito ecumenico; una rete di gesti, che ci vedono uniti lavorando insieme in tante opere di carità; ed è anche una condivisione di preghiere, di meditazioni e altri testi che circolano nel web e possono contribuire a far crescere la conoscenza, il rispetto e la stima reciproci. 21

21

FRANCESCO,

Lettera ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del

Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani in occasione del 50 ° anniversario del Decreto Unitatis redintegratio,

20 novembre 2014.

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A cinquant'anni dal decreto UR, concludeva Francesco, «la ricerca della piena unità dei cristiani resta una priorità per la Chiesa cattolica, ed è quindi per me una delle principali preoccupazioni quotidiane». Come avevamo già accennato sopra, i rapporti della Chiesa Cattolica con le Chiese e le Comunità nate dalla Ri­ forma del XVI secolo sono influenzati da molti e complessi aspetti di natura storica e dottrinale. Il decreto sull'ecumeni­ smo sottolineava le discrepanze che incidono sull'interpreta­ zione della verità rivelata (UR 19), che riguardano la dottrina di Gesù Cristo e della redenzione, la relazione tra Scrittura e Chiesa, il magistero autentico, la Chiesa e i suoi ministeri, il ruolo della Vergine Maria nell'opera di redenzione (UR.20; c&. Ut Unum Sint, UUS 66). Le differenze si accentuano intorno all'ecclesiologia eucaristica. In questo senso il decreto dice che le comunità ecclesiali sorte dalla Riforma, «per la mancanza del sacramento dell'ordine, non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico» (UR.22). Senza dubbio, è stato possibile approfondire il tema del­ la comunione grazie ai documenti del Consiglio ecumenico delle Chiese, come Battesimo, Eucaristia, Ministero (1982), ai te­ sti prodotti in sede della Commissione mista internazionale anglicano-cattolica romana, come Il dono dell'autontà (1998), o agli accordi con la Federazione mondiale luterana, come la Dichiarazione congiunta sulla dottnna della giustificazione (1999).22 W KASPER, Raccogliere i frutti. Aspetti fondamentali della fede cristiana nel dialogo ecumenico, suppl. a Il Regno / doc. n. 19 (2009). 22

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All'inizio del suo pontificato, Francesco ha incontra­ to Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana. 23 Poco dopo, il 21 ottobre 2013, ha ricevuto la delegazione della Federazione Luterana Mon­ diale e i rappresentanti della Commissione per l'unità luterano-cattolica. La comitiva era composta, tra gli altri, dal vescovo Munib Younan e dal pastore Martin Junge, rispettivamente presidente e segretario della Federazione Luterana Mondiale. In quell'incontro il Papa ha iniziato ringraziando per i passi che i cattolici e i protestanti ave­ vano compiuto per la costruzione dell'unità visibile della Chiesa di Cristo. 24 Questi passi si sono concretizzati con gli accordi sottoscritti, con i dialoghi teologici e con la colla­ borazione quotidiana, come anche con l'approfondimento dell'ecumenismo spirituale. Francesco fa riferimento alla pubblicazione di un importante documento, elaborato nel 2013, per la preparazione e la commemorazione ecumeni­ ca del quinto centenario della Riforma protestante: 25 Dal conflitto alla comunione. L'interpretazione luterano-cattolica della Riforma nel 2017. 23 Cfr.

R. BuRIGANA, Un cuore solo, cit., 60-65.

24

Cfr. FRANCESCO,

25

Cfr. COM:MISSIONE LUTERANO-CATIOLICA SUIL'UNITÀ E LA

Discorso alla Delegazione della Federazione Luterana Mondiale e ai Rappresentanti della Commissione per l'Unità lute­ rano-cattolica, lunedì 21 ottobre 2013. COMMEMORAZIONE COMUNE DELLA RIFORMA NEL

2017, Dal conflitto

alla comunione, Edizioni Dehoniane, Bologna 2014.

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Continua ad essere viva nella mente di tutti la visita di Benedetto XVI in Germania e al convento di Erfurt, dove visse e insegnò Lutero. Non sorprende quindi che Francesco abbia usato nel suo discorso alcune parole del Papa emerito per invitare alla pazienza, al dialogo e alla comprensione reciproca, nella consapevolezza che l'unità non è il risultato dello sforzo umano, ma l'azione dello Spirito Santo. Per concludere il suo discorso, Francesco ha usato una citazione dell'enciclica UUS, che parla della centralità della riconciliazione tra i cristiani nella missione evangelizzatrice della Chiesa (n. 98). Vale la pena non dimenticare l'incontro di Francesco, il 7 marzo 2014, con la delegazione del Consiglio Ecume­ nico delle Chiese, guidata dal suo segretario generale, il pa­ store luterano di origini norvegesi, Olav Fykse Tveit. 26 Nel suo discorso, il Vescovo di Roma riconosceva che, fin dal suo inizio, il Consiglio ecumenico delle Chiese ha contri­ buito a formare la sensibilità di tutti i cristiani, rendendoli coscienti del fatto che le nostre divisioni rappresentano un grave ostacolo alla testimonianza del Vangelo nel mondo. Queste divisioni non possono essere accettate con rasse­ gnazione, « come fossero semplicemente una componente inevitabile dell'esperienza storica della Chiesa». La Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese sviluppano progressivamente, a partire dal Con26

80

Cfr. Insegnamenti di Francesco, II, 1 cit., 269-270.

cilio Vaticano II, un'intensa e sincera collaborazione, su­ perando le incomprensioni reciproche e lasciando spazio a un crescente « scambio di doni» tra le diverse comunità. Ciononostante, ha aggiunto Francesco: « La via verso la comunione piena e visibile è un cammino che risulta an­ cora oggi arduo e in salita». Senza dubbio, il documento La Chiesa: verso una visione comune, che è stato presentato du­ rante l'ultima assemblea generale del Consiglio ecumenico delle Chiese tenutosi a Pusan (Corea del Sud, dal 30 otto­ bre all'8 novembre 2013), sarà decisivo per lo sviluppo del movimento ecumenico. Più recentemente, il 23 giugno 2015, per commemo­ rare il cinquantesimo anniversario della collaborazione tra la Chiesa cattolica e il Consiglio ecumenico delle Chiese, il Papa ha sottolineato che si era instaurata un'intensa col­ laborazione non solo su tematiche ecumeniche, ma anche sul dialogo interreligioso, sulla pace e sulla giustizia socia­ le, sull'attività caritativa e sugli aiuti umanitari. Al riguardo ha fatto ricorso a uno dei famosi principi: «La realtà è superiore all'idea». 27 Il Consiglio Metodista Mondiale ha espresso (nel 2006) la sua adesione alla Dichiarazione congiunta sulla dottrina del­ la giustificazjone precedentemente concordata tra luterani e Cfr. FRANCESCO, Messaggio per il 50 ° anniversario del gruppo congiunto di lavoro tra la Chiesa cattolica e il