Uomini secondo Cristo oggi: l'antropologia di papa Francesco 9788826600536

Titolo originale: Zur Frage nach der theologischen Anthropologie in den lehramtlichen Verkündigungstexten von papst Fran

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Uomini secondo Cristo oggi: l'antropologia di papa Francesco
 9788826600536

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LIBRERIA EDITRICE VATICANA

PETER HùNERMANN

UOMINI SECONDO CRISTO OGGI L'ANTROPOLOGIA DI PAPA FRANCESCO

LIBRERIA EDITRICE VATICANA

Titolo originale: Zur Frage nach der theologischen Anthropologie in den

lehramtlichen Verkiindigungstexten von papst Franziskus Traduzione dal tedesco di Fabrizio Iodice

© Copyright 2017 - Libreria Editrice Vaticana 00120 Città del Vaticano Te!. 06.698.81032 - Fax 06.698.84716 [email protected] ISBN 978-88-209-266-0053-6 www.vatican.va www.libreriaeditricevaticana.va

COLLANA LA TEOLOGIA DI PAPA FRANCESCO JuRGEN WERBICK: La debolezza di Dio per l'uomo. La visione di Dio di papa Francesco LUCIO CASULA: Voltz; gesti e luoghi. La cristologia di papa Francesco PETER HùNERMANN: Uomini secondo Cristo oggi. L'antropolo­ gia di papa Francesco ROBERTO REPOLE: Il sogno di una Chiesa evangelica. L'ecclesio­ logia di papa Francesco CARLos GALLI: Cristo, Maria, la Chiesa e i popoli. La mariolo­ gia di papa Francesco SANTIAGO MADRIGAL TERRAZAS: ''L'unitàprevale sul conflitto". L'ecumenismo di papa Francesco ArusTIDE FUMAGALLI: Camminare nell'amore. La teologia mo­ rale di papa Francesco JuAN CARLos SCANNONE: Il Vangelo della Misericordia nello spirito di discernimento. L'etica sociale di papa Francesco MARINELLA PERRONI: Kerigma e profezia. L'ermeneutica bi­ blica di papa Francesco PIERO CoDA: ''La Chiesa è il Vangelo". Alle sorgenti della teologia di papa Francesco MARKo IVAN RuPNIK: Secondo lo Spinto. La teologia spiritua­ le in cammino con la Chiesa di papa Francesco

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ABBREVIAZIONI AL

Amoris laetitia

DV

Dei Verbum

EG

Evangelii gaudium

ES

Esercizi Spirituali

GS

Gaudium et spes

LF

LumenFidei

LS

Laudato si'

LG Lumen Gentium

4

PREFAZIONE ALLA COLLANA

Sin dal primo apparire in piazza san Pietro, la sera della sua elezione, è stato chiaro ai più che il pontificato di Francesco si presentava all'insegna di una novità di stile. Il vestire sobrio, il chiamarsi vescovo di Roma, il chiedere - nel "silenzio assordante" di una piazza gremita - la pre­ ghiera del popolo, il salutare con un semplice "buonasera" i presenti ... sono stati tutti segni eloquenti del fatto che era in atto un mutamento nel "modo di porsi" e, dunque, nel "linguaggio". I gesti e le parole che da lì in poi sono seguiti non hanno fatto che confermare e consolidare la prima im­ pressione. Si potrebbe anzi dire che, in questi anni, l'im­ magine del papato ne sia uscita decisamente trasformata, in un mutamento che investe anche le omelie tenute, i di­ scorsi fatti e i documenti promulgati. Ciò - com'era prevedibile - ha ingenerato pareri anche molto discordanti tra loro, specie per quel che concerne il suo insegnamento. Se molti hanno infatti accolto con gran­ de entusiasmo e simpatia il suo magistero, sentendovi il fre­ sco soffio del Vangelo, alcuni lo hanno invece accostato con distacco e, talvolta, con sospetto. Non sono mancati giudizi anche molto perentori, giunti a mettere in forse l'esistenza stessa di una teologia nell'insegnamento di Francesco. 5

Un tale sommario giudizio poteva far leva sulla dif­ ferente provenienza tra Francesco e il suo predecessore, Benedetto XVI. Quest'ultimo, lo si sa, è stato uno dei più illustri e rilevanti teologi del Novecento e ha indubbia­ mente fatto tesoro della sua personale elaborazione teolo­ gica nel ricco magistero papale, di cui non si finisce né si finirà di apprezzare la profondità. Bergoglio ha alle spalle, soprattutto e primariamente, la lunga e radicale esperienza del religioso e del pastore. Ciò non significa, però, che il suo magistero sia privo di teologia. Il fatto che egli non sia stato, per lo più o sol­ tanto, teologo "di professione" non vuol dire che il suo magistero non sia supportato da una teologia. Se così fos­ se, si dovrebbe con rigore dedurne che la maggioranza dei suoi predecessori siano stati privi di teologia, dal momen­ to che Ratzinger rappresenta l'eccezione più che la regola. In ogni caso, il fatto che si sia potuto discutere della portata teologica del magistero di Francesco così come il fatto che, molto spesso, alcune sue espressioni altamente evocative e immediate siano state talmente abusate - in ambiente giornalistico come in quello ecclesiastico - da farne smarrire la profondità, rende sensata un'operazione come quella cui intende rispondere la collana che ho l'o­ nore di presentare. Avvalendosi della competenza e dello studio rigoro­ so di teologi provenienti da diversi contesti e dalla serietà ormai assodata, si è inteso ricercare quale sia il pensiero teologico che supporta l'insegnamento del Papa, quali ne 6

siano le radici, quale la novità e quale la continuità con il magistero precedente. Il risultato è racchiuso negli 11 volumi che vengono a formare la presente collana, dal titolo semplice e imme­ diato: "La teologia di papa Francesco". Essi possono venire letti in modo autonomo l'uno dall'altro, ovviamente; così come in modo autonomo sono stati redatti dai singoli autori. L'auspicio, tuttavia, è che la lettura dell'intera collana possa rappresentare non solo un valido supporto per cogliere la teologia su cui si fonda l'insegnamento di Francesco nei diversi ambiti del sapere teologico, ma anche un'introduzione ai punti cardine del suo pensiero e del suo insegnamento complessivi. L'intento, dunque, non è di tipo "apologetico" né, tanto meno, di aggiungere ulteriori voci alle tante che già parlano del Papa. Lo scopo è quello di cercare di vedere e di aiutare a vedere quale sia il pensiero teologico su cui si basa Francesco e che si esprime, con novità di accento, nel suo insegnamento. Tra le molte scoperte che il lettore potrà fare, leggen­ do i volumi, ci sarà certamente quella di dover constatare come nel magistero di Francesco confluisca tanto la be­ nefica novità dell'insegnamento conciliare, quanto quella della teologia che lo ha preparato e che vi ha fatto seguito. Dal momento che è forse ancora troppo presto perché tutta questa ricchezza costituisca un patrimonio comune, pacifico e pienamente recepito da tutti, non stupisce che 7

l'insegnamento del Papa possa risultare, talvolta, non un­ mediatamente comprensibile a tutti. Allo stesso modo, nell'insegnamento di Francesco ap­ pare ormai come un punto di non ritorno ciò che tanto la teologia recente quanto il magistero conciliare hanno inse­ gnato: che la dottrina, cioè, non è né può essere qualcosa di estraneo rispetto alla cosiddetta pastorale. La verità che la Chiesa è chiamata a custodire è quella del Vangelo di Cristo, che deve essere comunicato alle donne e agli uomi­ ni di ogni luogo ed ogni tempo. Per questo il compito del magistero ecclesiale deve essere anche quello di favorire la comunicazione del Vangelo. E per questo, la teologia non potrà mai ridursi ad un asettico esercizio da tavolino, sganciato dalla vita del popolo di Dio e dalla sua missione di far incontrare le donne e gli uomini del proprio tempo con la novità perenne e inesauribile del Vangelo di Gesù. Non sono mancati, in questi anni, coloro che ascol­ tando alcune espressioni critiche di Francesco concernen­ ti la teologia o i teologi, hanno pensato di doverne dedur­ re una sua personale incondizionata svalutazione. Forse, uno studio più puntuale dell'insegnamento del Papa, come quello offerto dalla presente collana, potrà essere anche utile a mostrare che, se occorre runanere sempre critici rispetto ad una teologia che smarrisse il suo vitale anco­ raggio alla viva fede della Chiesa, è invece indispensabile una teologia che assuma con "fedeltà creativa" il compito di pensare criticamente quella stessa fede, affinché conti­ nui ad essere annunciata. 8

Di una tale teologia non è certo privo l'insegnamento cli Francesco; ed una tale teologia è certo auspicata da un magistero come il suo, così desideroso che l'amore miseri­ cordioso cli Dio continui a toccare il cuore e la mente delle donne e degli uomini del nostro tempo. Il curatore ROBERTO REPOLE

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I CONSIDERAZIONI PREVIE SUL METODO CAPITOLO

1. Introduzione Se si considerano nell'insieme le encicliche e gli scritti apostolici pubblicati da papa Francesco a partire dalla sua elezione nel 2013, si nota la differenza rispetto alle comu­ nicazioni corrispondenti dei suoi predecessori. All'inizio di tutti i suoi documenti magisteriali, Francesco mette in evidenza che si sta rivolgendo a tutti quelli che credono in Cristo: vescovi, sacerdoti, diaconi, persone di vita consa­ crata, fedeli laici oppure - come in Laudato si' (L5), l'enci­ clica sull'ambiente - all'opinione pubblica mondiale. Non si rivolge ai teologi, non tratta di problemi teologici speci­ fici. Corrispondentemente a questa cerchia di destinatari, i suoi scritti magisteriali sono caratterizzati da uno stile narrativo, ampiamente figurato. Il Papa consiglia esplici­ tamente la lettura riflessiva, dà indicazioni di lettura per i singoli gruppi che potrebbero essere interessati partico­ larmente a questo o a quell'altro capitolo. 1 Cfr. PAPA FRANCESCO, Esortazione apostolica Evangelii Gaudium (EG): «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita inte­ ra di coloro che si incontrano con Gesù ... In questa Esortazione 1

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In merito ai problemi teologici, spiega Francesco, i testi appaiono - ad una lettura attenta - plausibili e con­ divisibili. 2 A tal fine si trovano solo delle note sporadiche, spes­ so costituite dalle affermazioni fondamentali dei suoi pre­ decessori, che sottolineano o riassumono il corso delle sue riflessioni. Inoltre, papa Francesco distingue abbastanza spesso il suo insegnamento pastorale dalle esposizioni teologiche, come per esempio è avvenuto durante la sua visita alla chiesa luterana di Roma. Quando nel saggio che segue si parlerà della teologia in questi testi catechetici o di annuncio, la questione non sarà: «Da dove papa Francesco "ha preso" questa o quell'altra formulazione?». La teologia elabora in modo scientifico la desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Clùesa nei prossimi anni» (EG, n. 1). «Mi sono dilungato in questi temi con uno sviluppo che forse potrà sembrare eccessivo. Ma non l'ho fatto con l'intenzione di offrire un trattato, ma solo per mostrare l'importante incidenza pratica di questi argo­ menti nel compito attuale della Clùesa. Tutti essi infatti aiutano a delineare un determinato stile evangelizzatore che invito ad assu­ mere in ogni attività che si realizzi» (EG, n. 18). 2 Così papa Francesco nella sua nota risponde attraverso il suo portavoce P. Lombardi S.J. al documento comune dei cardinali R. Burke, C. Caffarra, W Brandmiiller, J. Meisner: « Una riclùesta di fare clùarezza su alcuni punti nodali di Amotis laetitia» del 19 settembre 2016.

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ratio ftdei. Fides che si trova nella testimonianza o nella dot­ trina di fede del vescovo di Roma, per il quale - come per gli altri vescovi- vale il principio: « Chi ascolta voi, ascolta me». Inoltre, esistono ovviamente le altre testimonianze di fede della Scrittura e della Tradizione. L'individuazione della ratio ftdei o dell'intellectus ftdei è qualcosa di diverso dalla testimonianza o dalla dottrina di fede oppure dall'in­ segnamento catechetico. Attraverso un'analisi critica e comparativa delle molte testimonianze e delle dottrine di fede con le loro differenti autorità, i loro condizionamenti storici, culturali e filosofici dati dai contesti di volta in vol­ ta ermeneuticamente rilevanti ecc., il lavoro scientifico dei teologi contribuisce al chiarimento delle testimonianze di fede per una comprensione adeguata della dottrina della fede. Qui entrano in gioco - in corrispondenza alle diver­ se discipline teologiche- di volta in volta altri principi for­ mali. Di questi chiarimenti fanno parte riflessioni critiche, che respingono fraintendimenti e introducono differenze, che consentono ai credenti di impegnare se stessi e le loro convinzioni di fede, approfondendo così maggiormente le radici della loro fede. Che significato ha tutto questo per le riflessioni che seguono? Ha senso parlare di un'antropolo­ gia teologica nei testi kerygmatici di papa Francesco? A differenza di papa Benedetto XVI, papa Francesco non è un professore di dogmatica che ha tenuto per molti anni delle lezioni di teologia e compilato i trattati teologici corrispondenti, in modo da poter partire da una « sua teo­ logia», dai suoi confronti con altri teologi.

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Naturalmente, papa Francesco ha una formazione teologica. Da gesuita ha studiato filosofia e teologia. Del suo studio di teologia, da lui terminato ancora prima del Concilio Vaticano II, egli tuttavia afferma: «L'uomo è alla ricerca di se stesso, e in tale ricerca può commettere anche degli errori. La Chiesa ha avuto periodi di genialità - ad esempio l'epoca del tomismo. Ma ha conosciuto anche delle epoche di decadenza del pensiero: così non dobbia­ mo confondere la genialità del tomismo con il tomismo decadente. Purtroppo ho studiato la filosofia sui manuali del tomismo decadente». 3 Nell'intervista citata, il Papa tace sul suo studio di teo­ logia, che egli ha compiuto tra il 1965 e il 1969. Erano que­ sti gli anni di una grande ricerca teologica. Ma quale strada seguì questa ricerca? La riflessione teologica in America latina si trovava davanti a delle questioni assolutamente nuove, per le quali i manuali utilizzati dai gesuiti non ser­ vivano a nulla. Ma qual era il nucleo delle nuove questioni che in questi anni assillavano gli studenti e i professori di teologia specialmente in America latina? I documenti del 3

A. SPADARO S.J., Intervista con papa Francesco, in La Civiltà 2013 III 476 I 3918 (19 settembre 2013). All'epoca, lo studio filosofico dei gesuiti era rigidamente regolamentato. La struttura del trattato era prestabilita a livello internazionale: philoso­ Cattolica

phia scholastica; logica, critica; metapf!ysica generalis; p!Jchologia, cosmologia, theodicea; oltre alla storia della filosofia e alle questioni scientifiche inerenti alla filosofia.

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Concilio Vaticano II, in particolare la Gaudium et spes (GJ), ma anche la Lumen gentium (LG), la Costituzione sulla ri­ velazione divina, come anche i decreti, come per esempio quello sui laici, sulle missioni ecc., sottolineano la missione fondamentale della Chiesa nel mondo, e precisamente in un'opera che comprende tutte le dimensioni dell'attività e della vita umana nel mondo qui e ora. Ora, i contesti pub­ blici in America latina, anche in Argentina, in questo pe­ riodo si trovavano in un vero e proprio tumulto. Dopo che poche settimane prima dell'annuncio del Concilio da parte di Giovanni XXIII nel gennaio del 1959, Fidel Castro era entrato a L'Avana, e nel 1962 era stata evitata a fatica una guerra nucleare tra gli USA e la Russia, la situazione so­ ciale e politica in America latina si era complessivamente aggravata. Nel 1964 - immediatamente prima degli anni dello studio teologico di Bergoglio - ebbe luogo un colpo di stato militare in Brasile contro il presidente Goulart, il quale voleva realizzare in quel paese una riforma sociale di fondo. In Cile, Frey arrivò al potere con un programma di riforme che si proponeva anch'esso una trasformazione di fondo delle condizioni sociali nel paese. Nell'aprile del 1965 ebbe luogo l'invasione della Repubblica Domenicana da parte degli USA. Nel febbraio del 1966, viene ucciso il sacerdote colombiano Camillo Torres, la figura simbolica della guerrilla colombiana. Ancora nel 1966, in Argentina avvenne un colpo di stato militare. Il terreno nel quale si nutrono queste battaglie politiche e sociali sono la povertà e l'esclusione sociale di larghi gruppi della popolazione, 15

l'analfabetismo e la nusena della popolazione rurale, e contemporaneamente l'esperienza delle insufficienze del cosiddetto liberismo. Ispirata dal Concilio Vaticano II, la Chiesa latinoamericana punta su di una pastorale di insieme («pastora! de conjunto»), che si rivolge ai problemi scot­ tanti della società latinoamericana, per provvedervi nello spirito del Vangelo. In tale quadro si arriva alla fondazione di diversi gruppi di sacerdoti. In Argentina nasce il movi­ mento dei «sacerdoti per il terzo mondo»; in Cile si costi­ tuisce il gruppo dei «cristiani per il socialismo» ( sacerdoti e laici); intorno a Gustavo Gutierrez si ritrova un gruppo mosso essenzialmente dalla «teoria della dipendenza». 4 Queste autodenominazioni definiscono in maniera chiara le vie sulle quali soprattutto sacerdoti e religiosi percepi­ scono la situazione di ampi strati della popolazione e pon­ gono la questione della missione della Chiesa. La visione della Chiesa che viene insegnata nella teologia tradizionale dominante è avvertita come uno schema astratto e ideo­ logico. L'«esodo» diviene un simbolo ispiratore e «libera­ zione» - spesso con l'aggiunta di «integrale» - diventa la caratteristica distintiva della comprensione della fede. Nel 1968 si radunò a Medellin il secondo Sinodo lati­ no americano. Nel 2007, Gustavo Gutierrez ha delineato così il significato di questa riunione ecclesiale: «Nata per 4

Teorie della dipendenza elaborate da A.C. Frank; C. Fur­ tado; Th. Dos Santos; F.H Cardoso; F. Paletto ed altri sociologi.

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impulso del Concilio e segnata dal momento storico che stava vivendo il Continente, essa si era proposta di consi­ derarne la realtà umana e sociale, di riflettere e offrire dei criteri per l'annuncio dell'evangelo alla luce del messaggio conciliare». 5 Tali questioni che occupavano gli studenti di teologia non trovavano alcuna risposta nei tradizionali trattati di dogmatica, e neanche un luogo teologico dove potessero essere poste. Nasce allora l'esigenza di una nuo­ va forma di teologia, una teologia della liberazione con una metodologia propria, un nuovo approccio alla cristo­ logia, all'ecclesiologia, alla dottrina dei sacramenti e del ministero ecclesiale. Mentre in Europa il messaggio del Concilio era il ri­ sultato di un ampio lavoro teologico e pastorale di riforma e puntava a un corrispondente rinnovamento della Chie­ sa, in America latina l'impulso del Concilio Vaticano II prende un'altra direzione essenzialmente di tipo ecclesio­ logico-sociale e politico. In seguito - dopo la fine dell'era Pinochet - i vescovi cileni parleranno di un'atmosfera di «messianismo politico». L'elaborazione teologica di que­ sto impulso costituisce un processo più lungo, che condu­ ce essenzialmente alla scoperta della religiosità popolare come istanza teologica o luogo teologico proprio e delle G. GuTIERREZ, in S. SCATENA, In populo pauperum - la Chiesa latino-americana dal Concilio a Medellin (1962-1968), Il Mulino, Bolo­ 5

gna 2007, XI.

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comunità di base caratterizzate sin dall'inizio da un forte carattere di protesta e che viene incoraggiato con forza in Argentina dai gruppi dei teologi più giovani della Fa­ coltà teologica cattolica di Buenos Aires - non la Facoltà teologica dei gesuiti - formatisi intorno a Lucio Gera. 6 In questi anni, l'Istituto superiore di filosofia e teologia dei gesuiti e la Provincia argentina dei gesuiti sono afflitti nel loro complesso da aspre contrapposizioni e numerose fuoriuscite. Ciò spiega come mai, immediatamente dopo l'ordinazione sacerdotale e la conclusione del suo studio teologico, P. Bergoglio fosse mandato in Spagna per la terza probazione e nominato maestro dei novizi subito dopo il suo ritorno (inizi del 1972), e poco dopo Rettore dell'Istituto superiore di filosofia e teologia nonché con­ sultore della Provincia argentina dei gesuiti. Subito dopo la professione solenne, viene eletto Provinciale il 31 giu­ gno del 1973. Dopo aver svolto i sei anni di ufficio pre­ visti, viene nuovamente scelto come Rettore dell'Istituto superiore (1980-1986). È un periodo così turbolento per i gesuiti argentini che si deve ricorrere a dei superiori presi dall'estero. Questi anni non lasciano spazio ad un lavo­ ro approfondito di ricerca teologica e di specializzazione. 6

Durante la sua intervista con Antonio Spadaro, papa Fran­ cesco parla esplicitamente di Lucio Gera, oltre che di Henri de Lu­ bac e Michel de Certaux, come di uno dei teologi più significativi per lui.

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Un tentativo di scrivere una tesi di dottorato su Romano Guardini a Francoforte viene presto interrotto. In seguito, papa Francesco sottolineerà l'aiuto deci­ sivo che gli ha offerto sul suo cammino il discernimento ignaziano degli spiriti, il quale lo ha fatto uscire da un cat­ tivo stile direttivo - frutto di inesperienza - come anche dalle insicurezze interiori legate all'orientamento profon­ damente nuovo della Compagnia di Gesù sotto il Gene­ rale Arrupe, e alla teologia della liberazione che iniziava a delinearsi. Il «discernimento degli spiriti», sembra essere per Jorge Bergoglio l'aiuto più importante anche in rapporto alle questioni teologiche, davanti alle quali viene inevita­ bilmente posto in quanto Provinciale e Rettore dell'Isti­ tuto superiore. La comprensione di tale discernimento gli viene essenzialmente da Ignazio stesso. Inoltre, Ber­ goglio nomina soprattutto Pierre Fabre, il compagno di stanza savoiardo di Ignazio durante il suo studio a Parigi. Michel de Certaux, che Bergoglio cita altrettanto tra i confratelli dell'Ordine che lo hanno formato, ha com­ mentato il «Memoriale» di Favre, definendolo il «sacer­ dote riformato». 7 7

P. FABRE, Memoria!. Traduit et commenté par Miche! de Certaux

S.J., Desclée De Brouwer, Paris 1960. Bergoglio sembra essersi ri­ conosciuto nella scelta vocazionale e professionale di Fabre. Cfr.

Ibidem, nn. 10-14, cit., 112-115. L'impegno incondizionato di Fabre

nel servizio pastorale è stato un modello vivente per lui.

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L'interpretazione mistica degli Esercizi Spirituali (ES) e della vita da gesuiti di Louis Lallemant (1578-1635) e JeanJoseph Serin (1600-1665) non hanno portato Bergo­ glio solo a Fabre. Gli hanno comunicato anche un legame interiore all'approccio teologico di Henry de Lubac, che sotto l'influsso di Blondel, propone, nate in questo terre­ no fertile: • una concezione teologica sistematica dell'orienta­ mento storico dell'uomo verso Dio (Surnaturel), che lo porta a un dialogo teologico con le diverse forme di ateismo; • un'ecclesiologia caratterizzata dalla teologia tri­ nitaria, che attraversa tutta la storia dell'umanità, unita a un'analisi della situazione spirituale della modernità; • una cristologia, che riprende gli approcci cosmici di Teilhard de Chardin. In de Lubac, tutto questo è legato a delle profonde conoscenze di storia della teologia dell'antichità (Sources chrétiennes) e a un'aspra critica delle posizioni neoscolasti­ che o neotomiste e delle loro prospettive ristrette. Quando Bergoglio si ricollega a de Lubac, non lo fa richiamandosi alle numerose ricerche dettagliate di storia della teologia di questo coltissimo gesuita, quanto piuttosto alle linee teologiche di fondo della sua teologia, che lo portano a superare gli approcci ristretti della neoscolastica.

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Papa Francesco accenna infine a Padre Arrupe e a una certa incertezza iniziale nei suoi confronti. Questa annotazione, a mio avviso, non fa riferimento all'interpre­ tazione del Concilio Vaticano II, o al giudizio sui cam­ biamenti epocali della modernità e della situazione critica della Chiesa in tale contesto. 8 Le «insicurezze» mi paiono riferirsi a quelle trasformazioni nello stile di vita delle co­ munità, che per il giovane e ancora inesperto Provinciale e Rettore dell'Istituto superiore rappresentavano una gros­ sa sfida in quegli anni turbolenti in Argentina. Se si con­ frontano i testi centrali di Padre Arrupe sul Concilio, sulla necessità della Chiesa, sulla sua missione alla sequela di Cristo da adempiere nel tempo e nella società attuali, con i testi di Bergoglio, appare evidente che la consonanza tra i due si spinge spesso fino alla scelta dei termini. 9 8 Entrando in carica, il Generale dei gesuiti eletto nel 1965, si impegnò in modo straordinariamente attivo a favore delle richieste del Concilio, esigendo una corrispondente presenza critica dell'Or­ dine guidata dalle parole ispiratrici della giustizia, dell'impegno per i poveri, della loro dignità e formazione, dei diritti umani. Contem­ poraneamente avviò un cambiamento dello stile di vita delle comu­ nità dei gesuiti nel senso di una maggiore integrazione reciproca tra spiritualità e apostolato. 9 Cfr. su questo, P. AR.RUPE, Unser Zeugnis muss glaubwiirdig

sein. Ein Jesuit zu den Problemen von Kirche und Welt am Ende des 20. ]ahrhundert. Mit einem Vo,wort von Karl &:thner, Ostfildern 1981, e le

argomentazioni di papa Francesco in EG.

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Il modo con cui papa Francesco reagisce alle doman­ de sulla sua posizione rispetto al Vaticano II, mostra che da molti anni la realizzazione del Concilio rappresenta una massima spirituale perentoria della sua prassi pastorale: «Per dirlo chiaramente: lo Spirito Santo ci dà fastidio. Per­ ché ci muove, ci fa camminare, spinge la Chiesa ad andare avanti ... Vogliamo che lo Spirito Santo si assopisca ... vo­ gliamo addomesticare lo Spirito Santo ... Un solo esem­ pio: pensiamo al Concilio. Il Concilio è stato un'opera bel­ la dello Spirito Santo ... Ma dopo SO anni, abbiamo fatto tutto quello che ci ha detto lo Spirito Santo nel Concilio? In quella continuità della crescita della Chiesa che è stato il Concilio? No. Festeggiamo questo anniversario, facciamo un monumento, ma che non dia fastidio».10 Oppure, nel corso di un'intervista, alla domanda sul perché il Concilio non venga citato più di frequente, ri­ spondeva: « È inutile citarlo, ciò aiuta solo i suoi nemici. Basta farlo» .11

2. Considerazioni sul metodo di questo saggio Papa Francesco è un pastore con una formazione teologica, che affronta anche i problemi teologici essen­ zialmente attraverso il discernimento degli spiriti. In quale Omelia del 16 aprile 2013 a Santa Marta. P. RoDARI, I due Papi: La fede non si impone con la violenza, in La R.epubblica, 6 luglio 2013. 10

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senso e con quale metodo sarà costruita in seguito l'antro­ pologia teologica che sta alla base al suo annuncio o keryg­ ma? In seguito ci lasceremo guidare dall'idea che i testi magisteriali di Bergoglio riflettono in numerosi dettagli il fatto che alla base del suo annuncio si trova una partecipa­ zione alla discussione specialistica teologica e un'elabora­ zione della moderna teologia, che lui, da pastore con una formazione teologica e quindi da attento spettatore della discussione teologica, ha preso e fatto propria. Pertanto, per quanto segue vogliamo partire dall'Antropologia ftlos6ftca di Gabriel Amengual, 12 un sacerdote e filosofo di Mallor­ ca, che si interessa particolarmente dell'antropologia filo­ sofica degli ultimi cento anni ed è allo stesso tempo un ottimo teologo fondamentale. Questo volume della colla­ na « Sapientia rerum» della Biblioteca de Autores Cristianos è re­ cepito nel mondo degli studi latinoamericano, soprattutto nel campo della formazione teologica. Assumiamo la strutturazione di Amengual, il qua­ le dopo un'introduzione storico-filosofica di quella che Scheler ha chiamato (1927) «Antropologia filosofica», 13 12

G. AMENGUAL, Antropologia filosofica, Biblioteca di Autores Cristianos, Madrid 2007. 13 Un'ottima panoramica sullo sviluppo storico di un'antro­ pologia filosofica da Platone e Aristotele fino a Malebranche e Lei­ bniz è offerta da Odo Marquardt nel suo articolo: Anthropologie, in HWPH, 1, 362-363, il quale riassume questo periodo ricorrendo alla definizione dell'Abbé Mallet (1778): «Manière de s'exprimer,

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nella prima parte dal titolo: «Essere-nel-mondo» tratta la struttura ovvero le caratteristichefondamentali dell'esistenza umana secondo «La corporeità», «Il linguaggio», «La socializza­ zione», «La coscienza e lo spirito» e «La persona». Nel­ la seconda parte, Amengual definisce ciò che determina l'uomo: la formazione dell'identità personale, l'attuazione e la conquista della libertà, l'agire, l'attuazione storica e lo sviluppo della cultura e della società. La terza parte, poi, è dedicata ai limiti dell'essere umano: il male, la caduta, il peccato e la morte. par laquelle les écrivains sacrés attribuent à Dieu des parties, des actions ou des affections qui ne conviennent qu'aux hommes et cela pour s'accomoder et se proportionner à la faiblesse de notte intelli­ gence» (n. tr.: «Un modo di esprimersi, attraverso il quale gli scrit­ tori sacri attribuiscono a Dio delle prese di posizione, delle azioni o dei sentimenti che convengono solo agli uomini e ciò per adeguarsi e mettersi a livello alla debolezza della nostra intelligenza»). (A. MAf..LET, Anthropologie, in Encyclopédie ou Dictionnaire raison­ né, 1778). Per l'ulteriore sviluppo, Marquardt cita la scuola filosofica tedesca dalla fine del diciassettesimo secolo sino alla fine del diciot­ tesimo e Wolf, la «moralistica» inglese e francese, l'antropologia filosofico-morale, completata da un ricerca antropologica empirica delle proprietà «naturali» dell'uomo, a seconda del sesso, dell'età, dei temperamenti, caratteri, razze. Inoltre si sviluppa un'«antropo­ logia medica». Per Kant, l'«antropologia», che lui intende come «conoscenza del mondo alla quale non si perviene né con un puro pensiero metafisico né con un esperimento naturalistico, ma solo con l'esperienza comune» (Ibidem, 365a), segna il punto di svolta verso la fase critica.

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In questa sede ci concentreremo sul capitolo «Le ca­ ratteristiche fondamentali dell'esistenza umana», poiché vi vengono trattati i fondamenti della moderna antropo­ logia filosofica. Le argomentazioni su ciò che determina l'uomo trattano delle prospettive teologiche che emergo­ no immediatamente dai caratteri fondamentali. Questi ca­ ratteri fondamentali sono anzi forme di attuazione dell'e­ sistenza umana. AJla terza parte dell'opera di Amengual corrisponderebbe tutta la teologia del peccato la soterio­ logia e l'escatologia. Ma in un compendio così breve non si possono riportare queste concezioni. 14 A partire dall'idealismo tedesco con Schelling, Hegel, Feuer­ bach e Marx si inaugura una nuova riflessione sull'antropologia in cui vengono coinvolti la storia, la cultura e gli stili di vita fino a giungere alla svolta della modernità, che viene iniziata da Sche­ ler, Heidegger, la fenomenologia francese, Plessner, Gehlen ecc. Amengual fissa qui il suo punto di partenza. 14 Vogliamo proporre un ulteriore riassunto: sotto il titolo di «Sociabilidad», l'autore ha presentato in maniera estesa i tipi tradizionali di filosofia sociale e poi le discussioni moderne, estre­ mamente differenziate, su identità, ipseità, alterità, tipi di ricono­ scimento, comprensione della società, comunità, intersoggettivi­ tà, individualismo, collettivismo, ecc. Fatta eccezione per poche e astratte riflessioni, non si trova l'approfondimento di una qualche caratteristica fondamentale dell'esistenza umana. Così l'autore parla del principio di sussidiarietà e di solidarietà, dei rapporti di concor­ renza, di corporazione e sistematici (cfr. G. AMENGUAL, Antropologia filosoftca, cit., 143-166). Omettiamo tali esposizioni.

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All'inizio di ogni capitolo faremo uno schizzo molto breve delle argomentazioni corrispondenti di questa An­ tropologia .filosoftca. Con questo non tentiamo di riportare in maniera esatta ed esaustiva le concezioni e le accentuazio­ ni proprie di Amengual. La sua opera serve piuttosto da termine generale di paragone. In singoli punti, l'autore si permette alcune integrazioni proprie, provenienti in par­ ticolare dall'ultima ricerca fenomenologica. Nella secon­ da parte cercheremo in ogni capitolo le tracce e i riflessi di tali caratteristiche fondamentali nelle argomentazioni catechetico-teologiche di papa Francesco attraverso i do­ cumenti magisteriali che abbiamo già citato in precedenza.

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II LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALl DEIL'AN1ROPOLOGIA IBOLOGICA NEGLI SCRITTI MAGISTERIALl DI PAPA FRANCESCO CAPITOLO

1. L'essere-nel-mondo: il punto dipartenza della questione dell'uomo nell'antropologia filosofica Con Max Scheler, la questione di un'antropologia fi­ losofica viene formulata negli anni venti del secolo scorso nella sua maturità e urgenza, dopo che in precedenza, per esempio Dilthey si era interrogato sull'essere dell'uomo nella sua storicità e aveva voluto elaborare una « psicologia interiore» dell'uomo come fondamento delle scienze uma­ ne. Così si esprime Scheler: «Dopo circa diecimila anni di "storia", la nostra epoca è la prima nella quale l'uomo è diventato totalmente se stesso e "problematico": non sa chi sia, ma sa di non saperlo!». 1 Fino all'epoca più recente della storia, l'uomo era il centro della realtà. Ciò valeva sia per la visione del cosmo sia per la sua collocazione tra gli enti dati e i loro ordinamenti, le piante e gli animali. Nacque da qui la dottrina metafisica dell'anima, come per 1

Cfr. Ibidem, 5. 27

esempio l'ha proposta Aristotele. La perdita della posizio­ ne centrale a causa dei cambiamenti dello mondo stesso e l'esperienza storica nell'epoca moderna e nella modernità, lo sviluppo delle scienze e il perfezionamento dell'agri­ coltura e dell'artigianato e della tecnica moderna, la per­ dita dei naturali legami onta-teologici con Dio, rendono l'uomo una questione filosofica non determinabile riguar­ dante l'essere dell'uomo, il quale non si può oggettivare e descrivere. Così il primo tratto fondamentale dell'essere umano è che egli è esser-ci [Da-sein] nel mondo. L'esser-ci nel mondo è la datità fondamentale. Parallelamente alle riflessioni di Scheler sulla «collocazione dell'uomo nel co­ smo» e quelle di Husserl sul «mondo vitale» e la «crisi del­ le scienze europee», Martin Heidegger pubblicò «Essere e tempo», nel quale parla dell'essere-nel-mondo come di un esistenziale dell'uomo, una definizione cioè che non è di tipo categoriale, non è un'affermazione oggettivabile. Richiamandosi ad Heidegger, Scheler parla dell'«apertura costitutiva» dell'uomo al mondo, ma entrambi intendo­ no lo stesso fenomeno: l'esser-ci dell'uomo è essere-nel­ mondo [In-der-Welt-sein]. Merleau-Ponty svela che questo rapporto originario è determinato dal corpo, attraverso cui si formano il linguaggio, la percezione e la compren­ sione del mondo. 2 2

Cfr. B. WALDENFELS, Phanomenologie in Frankreich, Suhr­ kamp Verlag, Frankfurt 1983, 142-217.

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Amengual spiega questo fenomeno unitario fonda­ mentale ricorrendo ai modi con cui Scheler, Husserl, Hei­ degger e Merleau-Ponty analizzano questa datità originaria dal punto di vista dei suoi momenti essenziali. In tal modo cadono tutte le differenze tra i quattro grandi fenomeno­ logi, in quanto si tratta di momenti strutturali, che struttu­ rano questo stesso fenomeno fondamentale, momenti che vengono affrontati in modo successivo dai diversi capito­ li della prima parte: la «corporeità dell'esistenza [Dasein] umana», !'«affettività», la «linguisticità», l'«essere-con [Mit-sein] », la «coscienza» e lo «spirito» e infine il «carat­ tere personale» dell'esser-ci dell'uomo. 2. Come si mostra ti fenomeno fondamentale nelle affermazioni del!' antropologia teologica di papa Francesco? La prima questione che sorge riguardo all'antropolo­ gia teologica di papa Francesco è: in che modo l'Evangelzi gaudium (EG), lo scritto programmatico di base di papa Francesco per il suo pontificato riflette questo fenomeno fondamentale, che - con il passaggio alla modernità - è stato svelato e definito da tali fenomenologi con il termine di «esser-ci nel-mondo»? Per rispondere a tale domanda non ricorriamo a delle citazioni di Scheler, Husserl, Hei­ degger e Merleau-Ponty. In tal modo si recepirebbe solo una teoria, ma senza sviluppare e approfondire questo fe­ nomeno fondamentale. La questione è: in che modo nelle argomentazioni di papa Francesco si mostra l'attenzione a questo fenomeno fondamentale - del quale tutti questi

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fenomenologi attestano che è nascosto e che quindi può essere svelato appositamente solo con uno sforzo? Se si parte dal titolo di questo scritto magisteriale di papa Francesco, si ricava una prima indicazione: alle due parole dell'introduzione «La gioia del Vangelo» si aggiunge che questo scritto didattico tratta de «l'annuncio del Van­ gelo nel mondo attuale». Per Vangelo, qui non si intende uno dei quattro vangeli, ma la parola di Dio «che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture e che riguarda il Figlio suo» (Rm 1,2s.). Tale Vangelo, che determina l'esistenza degli uomini nella fede all'interno del mondo attuale, è il tema di questo scritto programmatico. Questo mondo attuale viene espressamente definito come un mondo storico che esorta i cristiani a una«nuova tappa evangelizzatrice». Si tratta di un messaggio di sal­ vezza e di gioia per indicare il messaggio di salvezza e di gioia di Dio nel mondo attuale, e le «vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni» (EG, n. 1). In che modo a partire da questo si configura la strut­ tura della EG? Per riconoscere questa particolare accen­ tuazione può essere di aiuto il confronto con la Costi­ tuzione pastorale Gaudium et Spes (GS), la quale parte da una descrizione introduttiva della situazione dell'uomo nel mondo attuale e precisa le mutate condizioni di vita dell'uomo di oggi: le trasformazioni dell'ordinamento so­ ciale, psicologico, morale e religioso. La Costituzione pa­ storale parla degli squilibri nel mondo attuale e indica le aspirazioni più generali del genere umano come anche i 30

suoi interrogativi più profondi. E questa è l'introduzione storico-sociologica. I primi tre capitoli della GS trattano poi de «La dignità della persona umana», «La comunità degli uomini» e «L'attività umana nell'universo». Gli ar­ gomenti a cui ci si riferisce costituiscono dei temi chiave decisivi dell'antropologia filosofica, che vengono trattati nel testo di Gabriel Amengual sulla base delle fonti fi­ losofiche. Amengual, allora, pur non citando la Costitu­ zione pastorale, tocca e introduce almeno in parte i temi presentanti nei tre detti capitoli della GS. 3 Al termine di ciascuno dei tre capitoli della GS è presente una sezione di taglio cristologico. Così, al termine della sezione sulla dignità umana, si dice in GS, n. 22: « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il miste­ ro dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo, era figura di quello futuro e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione. Nessuna mera­ viglia, quindi, che tutte le verità su esposte in lui trovino la loro sorgente e tocchino il loro vertice». 4 La testimoCfr. per esempio GS, n. 15: «Dignità dell'intelligenza, veri­ tà e saggezza»; e al n. 17: «Grandezza della libertà». 4 P. HONERMANN, Die Dokumente des II. Vatikanischen Konzils, Freiburg i. Br. 2004, 621s. [tr. it. ufficiale: http://www.vatican. va/ archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_ const_l 9651207__gaudium-et-spes_it.html]. 3

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nianza di fede cristiana si aggiunge così sotto forma di affermazione categoriale alle analisi filosofiche essenziali dei fenomenologi. Nelle riflessioni finali della prima par­ te della GS, al quarto capitolo, questa giustapposizione viene definita come il processo di apprendimento reci­ proco tra Chiesa e mondo. Il suo risultato viene descrit­ to elencando le cose che il mondo deve imparare dalla Chiesa e viceversa. La medesima struttura di base si presenta nella se­ conda parte della GS, solo che in questo caso, a diffe­ renza dalla prima parte, vengono citati in particolare problemi urgenti come la valorizzazione della dignità del matrimonio e della famiglia, la giusta promozione della cultura, questioni riguardanti la vita socio-econo­ mica, la comunità politica e la promozione della pace nel progresso della comunità delle nazioni. Quello che in GS non viene preso in considerazione è la primor­ dialità del fenomeno dell'esser-ci, dell'essere-nel-mondo, dell'essere-corporeo [Leibhaftig-sein], che costituisce il presupposto dato per antonomasia di ogni conoscenza, esperienza, apparenza della realtà e della sua costituzio­ ne. Solo così c'è la fede: la Chiesa nel mondo, comunicata dalla corporeità dell'esser-ci. Qui non ci sono due istanze a fronteggiarsi, due sostanze indipendenti che possano apprendere l'una dall'altra. I Padri del Concilio non han­ no conosciuto e riconosciuto il « piano trascendentale»

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dell'analisi fenomenologica, 5 nel quale l'uno viene rico­ nosciuto nell'altro e attraverso l'altro. A questa mancanza sono chiaramente legate le accuse che in seguito furono fatte alla Costituzione pastorale. Essa, infatti, non dice che per i cristiani il mondo appare un luogo di tentazio­ ne e di minaccia, e i suoi critici mettono in evidenza la mancanza della professione di fede nella croce di Gesù Cristo, per mezzo della quale Paolo dice che « per lui il mondo è stato crocifisso» ed egli è stato crocifisso per il mondo (cfr. Gal 6,14). Papa Francesco ha un altro approccio rispetto a quel­ lo della GS. In EG, lo scritto programmatico di tutto il suo pontificato, egli parla direttamente del Vangelo e della sua gioia indissolubile. Il termine « Vangelo» definisce quella parola previdente di Dio per mezzo della quale sono staNella sua introduzione a Essere e tempo, Martin Heidegger annota esplicitamente: «L'essere, in quanto tema fondamentale della filosofia, non è un genere dell'ente, e tuttavia riguarda ogni ente. La sua "universalità" è da ricercarsi più in alto. L'essere e la struttura dell'essere si trovano al di sopra di ogni ente e di ogni de­ terminazione possibile di un ente. L'essere è il transcendens puro e sem­ plice. La trascendenza dell'essere dell'Esserci è caratteristica perché in essa hanno luogo la possibilità e la necessità dell'individuazione più radicale. Ogni aprimento dell'essere in quanto transcendens, è conoscenza trascendentale. La veritàfenomenologica (l'apertura dell'essere) è ven'tas transcendentalis» (Essere e tempo. Traduzione di Pietro Chiodi, Lon­ ganesi, Milano11 1976, §7. C., 58-59; or. ted. Sein und Zeit, Tiibingen 1953, 38). 5

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ti dati il mondo e l'uomo e che contemporaneamente si rivolge in modo sostanziale all'uomo nel suo esser-ci nel-mondo. Il Vangelo è quella parola nella quale e per la quale esiste l'essere nel mondo, l'esser-ci dell'uomo. Con tale presupposto, fin dal principio delle sue argo­ mentazioni Francesco si muove sul piano dell'antropo­ logia filosofica: egli riflette sul fenomeno originario: c'è l'uomo, c'è l'esser-ci dell'uomo nel mondo. Ma riflette su questo fin dal principio alla «luce della fede», alla luce del Vangelo. Al principio del suo pontificato, Francesco ha trattato del Vangelo come «luce della fede» nell'enciclica Lumen ft­ dei (LF) del 29 giugno 2013: 6 «La luce della fede possiede, infatti, un carattere singolare, essendo capace di illuminare tutta l'esistenza dell'uomo ... La fede nasce nell'incontro con il Dio vivente, che ci chiama e ci svela il suo amore, un amore che ci precede e su cui possiamo poggiare per es­ sere saldi e costruire la vita. Trasformati da questo amore riceviamo occhi nuovi, sperimentiamo che in esso c'è una grande promessa di pienezza e si apre a noi lo sguardo del futuro. La fede, che riceviamo da Dio come dono sopran­ naturale, appare come luce per la strada, luce che orienta il nostro cammino nel tempo» (LF, n. 4). Nell'incontro con Gesù Cristo si affaccia nella storia quella parola previden­ te, nella quale risplende il senso, la pienezza dell'esistenza 6

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Cfr. DH 5124-5125.

nel mondo, quel senso a cui gli uomini tendono per il sem­ plice fatto di esistere nel mondo. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristeZ!(_a, dal vuoto interiore, dall'isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. È questa una gioia che si rinnova e si comunica. (EG, n. 1)

In tal modo abbiamo dato la risposta alla questione di quale sia il punto di approccio e di partenza della moderna antropologia teologica, che risplende nei testi kerygmatici di papa Francesco. 3. L'essere-nel-mondo dell'uomo, basato e illuminato dal Vangelo: il punto di approccio di una moderna antropologia teologica

Affinché questa risposta non venga sostanzialmente fraintesa e nell'approccio fenomenologico non si veda semplicemente una dottrina metafisica su Dio con delle modifiche insignificanti, cioè un'ontoteologica, in quello che segue dobbiamo riprendere brevemente le indicazioni presentate da Heidegger e Scheler nella loro ricerca del luogo del sacro o del divino nel mondo. Nella sua famo­ sa lettera sull'umanismo a Jean Beaufret, Heidegger parla della « spaesatezza [Heimatloszgkei� » dell'uomo moderno, come si manifesta tra l'altro nei fenomeni di alienazione degli uomini da se stessi nel pensiero di Marx. Heideg­ ger vede la necessità di indagare la verità dell'essere: « Solo partendo dall'essenza del sacro si può pensare l'essenza

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della divinità. Solo alla luce dell'essenza della divinità si può pensare e dire che cosa mai debba nominare la parola "Dio". O non dobbiamo forse prima di tutto sapere, in­ tendere e ascoltare con cura tutte queste parole, affinché ci sia consentito esperire come uomini, cioè come esseri esistenti, un riferimento di Dio all'uomo?». 7 Nel suo sag­ gio «La cosa», Heidegger parla di terra e cielo, divini e mortali. « I divini sono i messaggeri della divinità, che ci fanno segno. Nel nascosto dispiegarsi di questa il Dio ap­ pare venendo nella sua essenza, che lo sottrae a ogni con­ fronto con ciò che è presente ... I mortali sono gli uomi­ ni. Si chiamano i mortali perché possono morire. Morire significa essere capaci della morte in quanto morte. Solo l'uomo muore. L'animale perisce. Esso non ha la morte in quanto morte, né davanti a sé né dietro di sé. La morte è lo scrigno del nulla, ossia di ciò che, sotto tutti i rispetti, non è mai qualcosa di semplicemente essente, e che tuttavia è, e addirittura si dispiega con il segreto dell'essere stesso. La morte, in quanto scrigno del nulla, alberga in sé ciò che è essenziale dell'essere. In quanto scrigno del nulla la morte è il riparo dell'essere ... I mortali sono quello che sono come mortali avendo la loro essenza nel riparo 7

M. HEIDEGGER, Lettera suff'umanismo in F. Volpi- F. W von Herrmann (eds.), Segnavia, Adelphi, Milano 1987, 303 (or. ted. Pfa­ tons Lehre von der Wahrheit- mit einem Brief iiber den ,,Humanismus'�

Bern 1947, 102).

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dell'essere. Essi sono il dispiegantesi rapporto all'essere come essere». 8 Emanuel Lévinas, allievo e critico di Heidegger, espri­ me l'esperienza originaria del divino di cui parla Heideg­ ger spostando coscientemente l'accento dalla riflessione sull'essere all'esperienza del volto dell'altro. Qui avviene la chiamata senza nome dell'«Altro» per antonomasia che rende l'uomo responsabile, una chiamata a cui non può sottrarsi. In fondo qui si trova una struttura analoga a quella dello stesso Heidegger: l'uomo responsabilizzato si costituisce essere di libertà [Freiheitswesen] in ciò che è inafferrabile, incomprensibile per antonomasia, nell'Altro per antonomasia. 9 Nella sua opera tarda «L'eterno nell'uo­ mo», Max Scheler ha trattato del divino, senza tuttavia ri­ correre alla distinzione che si trova in Heidegger tra es­ sente ed essere: Proprio questo essere assolutamente inclusi all'interno della ifera dell'essere relativo - questo esservi inclusi fino al punto estremo, solo pensabile, dell'io - è estremamente caratteristico per la comprensione religiosa di questa prima determinazio­ ne fondamentale del divino. Qui non si è ancora realizzata

M. HEIDEGGER, La cosa in Saggi e discorsi. A cura di Gianni Vattimo, Mursia, Milano 1991, 118-119 (or. ted. Das Ding, in Vor­ triige undAuftiitze, Pfullingen 1954, 177). 9 Analogamente ai due esempi qui riportati, nelle sue argo­ mentazioni Amengual presenta i paralleli fondamentali per Merle­ au-Ponty o Paul Ricceur. 8

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alcuna distinzione nell'uomo di anima-corpo, spirito-materia, io-tu. La dipendenza assoluta lo nguarda come totalità indi­ visa - come semplice parte di questo «mondo» - in quanto egli coglie ogni ente relativo nella sua totalità come «mondo». Nell'apprensione religiosa di questo primo contenuto essenziale del divino non si tratta né di una "deduzione" né di un'intui­ zione teoretica, filosofica - come quella che fonda la cosiddetta prova della contingenza . . . «Rivelazione JJ significa però anche qui - come ovunque - il contrario di tutto ciò che è immaginato, inferito, astratto. Significa che nel momento in cui l'essere as­ soluto di un oggetto che si qualifica come «divino J>, diventa da sé e per sé «traslucido;> e «trasparente» in un oggetto empin"co dell'essere relativo, solo attraverso questa traslucidità e traspa­ renzafa risaltare l'oggetto in questione tra tutti gli altri oggetti dell'essere relativo. 10

Se a partire da questi ragguagli dei fenomenologi da Heidegger fino a Ricceur e oltre si guarda a EG, appare chiaro come papa Francesco corrisponda a queste visioni di fondo. Ciò si può chiaramente mostrare nei primi due numeri dell'introduzione con la prima sezione: « Gioia che si rinnova e si comunica» e la seconda «La dolce e confor­ tante gioia di evangelizzare». Francesco parla (EG, n. 2) di «ascoltare la voce di Dio», della «dolce gioia del suo amore». Egli esorta il criM. ScHELER, Vom Ewigen im Menschen, Bern 1954, X, 160 [tr. it. L'eterno nell'uomo, Introduzione, traduzione, note e apparati di Paola Premo/i De Marchi, Bompiani, Milano 2009]. 10

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stiano ancora oggi, « in qualsiasi luogo e situazione» si tro­ vi, a rinnovare il suo incontro personale con Gesù Cristo o almeno a prendere la decisione di lasciarsi trovare da lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Ascoltando la voce di Dio però e facendo un «piccolo passo verso Gesù», l'uo­ mo scopre che Gesù «già aspettava il suo arrivo a braccia aperte». «Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia». «Nes­ suno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile» (EG, n. 3). La gioia per questo amore di Dio è di tipo particolare: « ... Riconosco che la gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Capisco le persone che inclinano alla tristezza per le gravi difficoltà che devono patire, però poco alla volta bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fi­ ducia, anche in mezzo alle peggiori angustie» (EG, n. 6). Gli atteggiamenti e i modi di fare che così vengono superati, Francesco li chiama «coscienza isolata», un «chiudersi della vita interiore» nei propri interessi, la mancanza di un «vero dinamismo della realizzazione personale». «La vita cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questo» (EG, n. 10). Tutti questi sono atteggiamenti e modi di fare in cui si radicano nelle tentazioni di darsi alle molteplici offerte di 39

divertimento nell'attuale società tecnologica, e di accam­ pare continuamente delle scuse per porre delle condizioni e non seguire la voce di Dio. La voce di Dio, invece, con­ duce ad un cambiamento continuo e a una creatività che diventa ogni volta più profonda. In tal senso, Francesco intende la «nuova evangeliz­ zazione per la trasmissione della fede cristiana» e spetta ai cristiani «il dovere di annunciarlo [il Vangelo] senza esclu­ dere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cre­ sce per proselitismo ma per attrazione» (EG, n. 14). Questa prima riflessione sull'essere-nel-mondo dell'uomo come determinazione fondamentale dell'an­ tropologia teologica si può formulare così: la fede è il modo dell'essere-nel-mondo trascendentale dell'uomo che comprende la storia, che apre all'essere-con [Mit­ Sein] arricchente con gli altri uomini e allo stesso tempo il dinamismo vitale soddisfacente e garantito da Dio dell'uomo, dinamismo che rende la sua vita e la vita degli altri, il suo e il loro essere-nel-mondo, una vita soddisfatta e gioiosa. Dopo questa prima riflessione, rivolgiamo ora la no­ stra attenzione alla corporeità dell'uomo, che nell'antro­ pologia filosofica viene ritenuta il secondo e decisivo dato fondamentale.

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III LA SECONDA CARATTERISTICA FONDAMENTALE DELL'ANTROPOLOGIA MODERNA: LA CORPOREITÀ CAPITOLO

1. La caratterizzazione ft!osoftca della corporeità Nella sua antropologia filosofica, Gabriel Amengual dedica un capitolo apposito all'analisi della corporei­ tà umana - nella sua pubblicazione parla di corporalidad. Proprio in questo campo si è compiuto un cambiamento radicale molto tangibile, che ha profondamente segnato l'immagine dell'uomo. Nella prima parte, Amengual uti­ lizza numerose indagini empiriche, che - avviate in modo massiccio già nel diciannovesimo secolo, dopo le riflessio­ ni filosofiche che ne costituiscono la base - dall'inizio del ventesimo secolo fino a oggi hanno contribuito massiccia­ mente alla precisazione della storia dello sviluppo umano nell'ambito della teoria generale dell'evoluzione. In questa prima parte, l'autore tratta del corpo umano come «corpo fisico», vale a dire come risultato del grande processo di sviluppo cosmico. Segue poi una sezione sul «corpo vivente», che dal punto di vista biologico si collo­ ca all'interno di una serie di corpi di esseri viventi oggetto di sviluppo. Di volta in volta vengono dati i periodi e le 41

caratteristiche di tale sviluppo. Seguono poi i temi partico­ lari, per esempio sull'andatura eretta, la formazione della mano, lo sviluppo del cervello, che l'autore ha cura ogni volta di mettere in collegamento ai relativi passi compiuti nello sviluppo della cultura umana. Infine, vengono tratta­ ti i «limiti» dell'uomo rispetto agli animali. Tali limitazioni sono date già dal fenomeno della «nascita fisiologicamen­ te precoce» dell'uomo, poiché da ciò nasce per l'uomo la necessità - in particolare sul piano biologico - di appren­ dere per poi essere in grado di sopravvivere. La conclusio­ ne è costituita da un paragrafo sull'evoluzionismo e in ge­ nere sulla questione della fede nella creazione e i differenti statuti epistemici che ne derivano. Corrispondentemente a questi dati segue poi ancora una riflessione al singolare sull'inizio dalla vita umana. Nelle sezioni successive, tale panorama scientifico molto ben documentato viene sviluppato sistematicamen­ te dal punto di vista filosofico. All'inizio di questa secon­ da sezione, che si presenta ancora più estesa della prece­ dente, Amengual propone uno schizzo dell'antropologia prefilosofica, che egli illustra ricorrendo alla Bibbia e agli scritti omerici. L'autore delinea l'influsso persistente della concezione stoica e platonica dell'uomo, che - nel cam­ po dell'antropologia teologica - portano poi all'esistenza precorporea dell'anima 1 e soprattutto a quella successiva 1

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Cfr. per esempio le riflessioni di Origene.

alla morte e, legata a questo, alla svalutazione del corpo a vantaggio dell'esistenza spirituale e dell'anima. L'annun­ cio ecclesiale e soprattutto l'elaborazione degli eschata nella storia della teologia, ma anche la spiritualità e la prassi spi­ rituale di fede della Chiesa cattolica ne sono stati segnati molto profondamente. Una descrizione sommaria della concezione aristotelico-tomista mostra chiaramente le differenze rispetto alla tradizione stoico-platonica, senza trascurare ciò che è stato mantenuto di questa concezio­ ne dualista. Insieme a una nuova visione della corporeità dell'esistenza umana, fondamentale per la svolta nella mo­ dernità è l'inclusione dell'autoesperienza dell'uomo nella filosofia attraverso la fenomenologia. I primi effetti si mo­ strano chiaramente nella filosofia del diritto di Hegel. Da essa Amengual attinge le formulazioni fondamentali che lo hanno guidato alla comprensione della corporeità, che egli poi documenta con ricca abbondanza di singoli con­ tributi tratti dalla storia della filosofia. Nei suoi «Linea­ menti di filosofia del diritto», Hegel enuncia che l'uomo è il suo corpo e che allo stesso tempo ha il suo corpo. Una for­ mulazione celebre, che Plessner riprende nella sua antro­ pologia, facendone l'affermazione centrale. Dice Hegel: In quanto persona io stesso sono immediatamente singolare. Nella sua ulteriore determinazione, ciò significa innanzitut­ to: Io sono vivente in questo corpo organico. Il corpo organico è la mia indivisa esistenza esterna - esistenza che, secondo il contenuto, è universale -, ed è la possibilità reale di ogni esistenza ulteriormente determinata. A un tempo, però, è

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solo nella misura in cui la mia volontà è, che Io, in quanto persona, ho la mia vita e il mio corpo, e altre cose ancora ... Ora, Io ho queste membra, ho la vita, solo nella misura in cui Io voglio. L'animale non può mutilarsi o uccidersi, l'uomo invece lo può.2

A titolo di spiegazione, Hegel aggiunge al § 48: Nella misura in cui è esistenza immediata, il corpo non è ade­ guato allo spirito. Per essere un organo volitivo e un mezzo animato dello spirito, il corpo dev'essere prima preso in possesso dallo spirito stesso (§ 57). Per altri, invece, Io sono essenzial­ mente un'entità libera nel mio corpo, quale Io l'ho immediata­ mente. È solo perché nel corpo Io sono vivente come entità libe­ ra, che di questa esistenza vivente non si può abusare come di una bestia da soma. Nella misura in cui Io vivo, la mia anima (il concetto e, in modo più elevato, la Libertà) non è separata dal corpo: il corpo è l'esistenza della Libertà e io sento in esso. Pertanto, solo un intelletto privo di idee, sofistico, può fare la distinzione secondo cui, qualora il corpo venga maltrattato e l'esistenza della persona assoggettata al potere di un altro, comunque fa cosa-in-sé

-

l'anima

-

non verrebbe toccata o

intaccata. Io posso ritirarmi dalla mia esistenza e renderla este­ riore, posso tenere lontano da me la sensazione parlicolare ed

2

Citato da G.WF. HEGEL, Lineamenti di .filosofia del Diritto. Di­ ritto naturale e scienza dello Stato. Introduzione, traduzione, note e apparati

di Vincenzo Cicero, Bompiani, Milano 2006, 140-143 (or. ted. Grund­ linien der Philosophie des Rtchts. Hg. von Johannes Hoffmeister, Hamburg4

1955 §47, 59).

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essere libero nelle catene. Ma questa è la mia volontà, mentre invece, per l'altro, Io sono libero nel mio corpo; «io sono libero per l'altro)) e «io sono h'bero nell'esistenza)) costituiscono una medesima proposizione. La violenzafatta da altri al mio cor­ po è una violenza fatta a Me. Poiché Io sento, ciò che tocca e violenta il mio corpo tocca immediatamente me in quanto reale epresente: questofatto dà luogo alla differenza tra offesaperso­ nale e lesione della mia proprietà esterna - quest'ultima intesa come proprietà in cui la mia volontà non ha quella immediata presenza e realtà.

Ho riportato questa lunga citazione, perché l'autore si spiega sulla base di queste caratteristiche classiche dell'e­ sistenza corporea dell'uomo, già formulate da Hegel, oltre che sulla base delle altre filosofie e fenomenologie. Con l'espressione «presa di possesso del corpo», Amengual intende giustamente la formazione, coltivazione, educa­ zione e personalizzazione dell'esistenza umana, la libera traslazione nella realtà e attualità che si dà con l'essere­ corpo dell'Io. 3 In particolare, il corpo stabilisce per l'uomo il luogo nello spazio in cui egli sta. A partire dall'esistenza corporea si sviluppano le dimensioni dello spazio. La mas­ sa indifferenziata dello spazio viene determinata a partire dall'uomo. L'uomo può esistere in degli spazi solo grazie al corpo, il corpo che lui è, che lo rende esser-ci nel mon­ do. Il corpo determina la prospettiva e l'orizzonte, stabi­ lisce la concreta presenza per l'uomo, in modo che possa 3

Cfr. G. AMENGUAL, Antropolo gia ftlos6ftca, cit., 83ss.

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esserci per l'altro, possa usare e utilizzare ciò che è altro, può abitare nel mondo e sapere di appartenere al mondo. La conclusione di queste riflessioni sulla corporei­ tà è costituita dalle determinazioni dell'essere-uomo ed essere-donna come modi dell'essere umano, come modi essenziali dell'essere persona, della comunicazione in ge­ nerale, ecc. L'autore, in una maniera che è frutto di alta riflessione, descrive in che modo la sessualità - in quanto forza vitale e artefice di relazione - possiede il suo sog­ getto in libertà e nel corpo; come da lì l'integrazione e l'essere dominato dell'uomo possono intrecciarsi tra loro. Come sintesi, l'autore poi cita ancora una volta il signifi­ cato del corpo umano, innanzitutto come campo espres­ sivo dell'uomo e suo limite; come modo con cui l'uomo è presente nel suo significato per gli altri, come colui che è presente [Gegenwàrt�e� nel mondo, come luogo della comunicazione e dell'incontro e in relazione al mondo materiale e umano dato, alle strutture interiori e ai modi di essere. 2. Osservazioni sulla «corporeità» nel contesto degli scritti magi­ sterialipontifici Questo schizzo molto semplificato del concetto di corporeità mostra l'estrema complessità dell'antropologia teologica. Immenso è il cambiamento rispetto all'antropo­ logia teologica medievale e del tardo medioevo, in partico­ lare rispetto alla scolastica barocca, alla teologia dell'epoca illuministica e della neoscolastica.

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A partire da questo, si aprono delle questioni che fi­ nora non sono state ancora affatto riprese nella teologia sistematica. Per questo, dal modo con cui qui abbiamo posto la questione non si può dedurre che papa France­ sco, nell'ambito dei documenti magisteriali pontifici, abbia trattato tutti i possibili aspetti e dettagli di questo capito­ lo di uno studio ancora da scrivere sulla corporeità nel contesto di un'antropologia teologica. Nei suoi documen­ ti magisteriali, tuttavia, si trovano dei testi che in modo molto deciso si addentrano nella tematica della corporeità all'interno di un'antropologia teologica di oggi. In questa sede, a titolo di illustrazione, riprendiamo l'enciclica Laudato si' (LS) di papa Francesco sulla cura della casa comune del 24 maggio 2015, solennità di Pen­ tecoste. In quale luogo, specialmente per quanto concerne la corporeità, nell'enciclica Ll si mostra un'antropologica teologica moderna? Se il lettore interessato va a guardare le scarse annotazioni introduttive di papa Francesco, tro­ verà all'inizio la citazione di alcune parole di san France­ sco d'Assisi: "Laudato si: mi' Signore': cantava san Francesco d'Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l'esisten­ za, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: ''Laudato si: mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloritifiori et herba".

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Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell'uso irresponsabile e dell'abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c'è nel cuore umano ferito dal peccato si mani­ festa anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell'acqua, nell'aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveripiù abbandonati e maltrattati, c'è la nostra oppressa e devastata terra, che ''geme e soffre le doglie del parto" (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (ifr. Gen 2, 7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi delpia­ neta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora. (LS, n. 2)

Le immagini e le espressioni con cui viene cantato il pianeta terra, la nostra casa comune, sono prese nel com­ plesso dalla sfera della corporeità umana. La terra diviene la sorella, la sorella personificata, con cui condividiamo la vita. Viene definita «madre che ci accoglie tra le sue brac­ cia». Con i suoi frutti mantiene e nutre gli uomini. Questa sorella «protesta per il male» causato dal no­ stro uso e abuso irresponsabile dei suoi beni. Nei sinto­ mi della sua malattia - e anche questa immagine è tratta dalla corporeità umana - si manifesta la «violenza che c'è nel cuore umano ferito dal peccato». Viene descritta come una terra che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). L'intera sezione introduttiva si conclude con le parole: «Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi

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del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora». Questo linguaggio non è semplicemente una metafo­ ra armoniosa, che si può utilizzare come «modo invitante di parlare» in un testo introduttivo. Le parole «sorella» o «madre terra», la relazione corporea con tutto, il rapporto umano, corporeo, individuale e sociale con tutte le cose, percorrono i diversi capitoli, sia che si parli dei differenti tipi di inquinamento ambientale, del cambiamento clima­ tico, del problema dell'acqua, della perdita di diversità ge­ netica o del peggioramento della qualità della vita e delle ingiustizie sociali. Queste parole-guida caratterizzano an­ che gli interrogativi sulle radici umane della crisi ecologica, dove si parla della tecnologia e del paradigma tecnocra­ tico, dell'antropocentrismo moderno oppure delle inno­ vazioni biologiche derivate dalla ricerca. Non da ultimo, queste parole costituiscono i binari su cui si sviluppano le caratteristiche fondamentali dell'«educazione e spiritualità ecologiche» di cui parla il Papa. All'inizio di questa se­ zione sull'educazione e spiritualità teologiche, scrive papa Francesco: «Manca la coscienza di un'origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfic;la culturale, spirituale e educa­ tiva che implicherà lunghi processi di rigenerazione» (Ll, n. 202). 49

Questa sfida viene descritta in particolare come un superamento della «ragione strumentale» (LS, n. 210) e di quei miti della modernità che si fondano su di essa: l'individualismo, il progresso indefinito, la concorrenza, il consumismo, il mercato senza regole (LS, n. 210). Si parla esplicitamente della necessità di sviluppare nuove norme di diritto, notando allo stesso tempo che non possono essere imposte delle norme di legge se l'intera maggio­ ranza preponderante non le segue in modo volontario e cosciente. È indispensabile un cambiamento complessivo dello stile di vita, del quotidiano nelle diverse dimensioni e nei differenti contesti di vita degli uomini. Ciò però significa che quei caratteri fondamentali, che si delineano nella corporeità dell'uomo, devono essere as­ sunti in un modo umano autentico e grato: il dono puro, gratuito, dell'esistenza corporea nel mondo, il rispetto di questo dono nella necessaria limitazione dell'uso nonché il riconoscimento e la tutela di questo dono prezioso. Sono questi i caratteri fondamentali della corporei­ tà che emergono realizzati in modo umano nel messag­ gio cristiano di Francesco, quando parla della «sorella» e «madre» terra. In questo canto si esprime la verità, non un entusiasmo basato solo sui sentimenti. Perciò, il Papa tratta della necessità di una revisione e conversione intesi in senso teologico-cristiano, poiché qui i cristiani hanno peccato in molti modi contro la cre­ azione, l'hanno maltrattata e umiliata, tormentata. La cor­ poreità umana non definisce semplicemente qualcosa che 50

sussiste, una res extensa - come dice Cartesio - un oggetto qualunque. I modi che si danno corporalmente dell'esi­ stenza umana, dell'apertura fondante, delle più svariate relazioni l'uno per l'altro e l'uno verso l'altro, precedono tutti gli altri modi della presenzialità [Gegenwdrtigkeit] delle relazioni tra gli enti, li fondano, e quindi non li sostituisco­ no semplicemente, ma indicano loro un luogo e un senso. Se si confrontano le argomentazioni di papa Fran­ cesco nell'enciclica Ll, per esempio, con quelle del Con­ siglio scientifico del governo federale tedesco: Globale Umweltverdnderungen, Welt im Wande/4 Gesellscheftsvertrag fiir eine grefle Transformation (cambiamenti ambientaligloba!z: Il mon­ do in cambiamento. Patto sociale per una grande tra.formazione) (Berlino2 2011), emerge una chiara differenza. Il rapporto per il governo tedesco comprende ovvia­ mente, con grande insistenza scientifica, una presentazio­ ne nell'ambito delle scienze naturali dei processi respon­ sabili dei cambiamenti climatici. Esso però indica anche le sfide sociali, economiche e politiche legate alla nuova situazione, che sulla base dell'esperienza sono connesse a una grande trasformazione come quella all'inizio del pro­ cesso di sedentarizzazione, ecc. Emerge chiaramente che in questa nuova situazione è necessaria una trasformazio­ ne dei processi sociali e delle abitudini di vita. Da tutte queste informazioni emerge un quadro impressionante delle sfide etico-morali, ma anche politiche. Nasce l'imma­ gine di un grande processo auspicabile, e molto difficile, di formazione della coscienza sociale, indispensabile per 51

l'uomo e il suo futuro. Diversamente da tutto questo, sulla base del suo approccio teologico, l'enciclica offre la visio­ ne di un contesto di senso della realtà, abbracciante in ogni caso i cambiamenti già indicati riguardanti le scienze na­ turali, la tecnica e l'economia; essa però radica tutte que­ ste affermazioni in un orizzonte complessivo più vasto dischiuso dalla fede e - in un confronto critico - le rende accettabili, le colloca nella storia della salvezza. Qui viene delineata una nuova immagine teologica dell'uomo, il cui profilo si distacca decisamente dalle precedenti immagini cristiane dell'uomo. Allo stesso tempo, però, una nuova visione del male, del peccato e del loro potere distruttivo e che nega la vita nella modernità. In questo, però, si mostra anche una certa debolezza argomentativa dell'Enciclica di papa Francesco. È una debolezza argomentativa derivante dal fatto che finora da parte della teologia cattolica non si è avuta con il necessario rilievo una corrispondente elabo­ razione teologica dell'antropologia scientifica e filosofica e delle loro visioni. Questa osservazione si riferisce in par­ ticolare a quel complesso di questioni e visioni che sono emerse nel corso dei precedenti centocinquanta anni ri­ guardo alla corporeità dell'uomo: l'identicità [Selbtkeit] di corpo e anima, il tramonto di una metafisica della sostanza per la definizione dell'uomo, il collocamento dell'uomo nel processo evolutivo, ecc. Che cosa provoca questa mancanza delle teologhe e dei teologi? Per esporre la visione di fede sulla problema­ tica attuale, nei suoi scritti magisteriali il Papa si richiama

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essenzialmente all'insegnamento estremamente spirituale di Francesco. In questa visione di fede egli intreccia le pro­ posizioni centrali di una moderna antropologia e le mette a confronto con un'analisi realistica della crisi attuale. Nel fare questo, tuttavia, non può appoggiarsi su delle più ampie elaborazioni teologiche precedentemente offerte dall'antro­ pologia teologica. La conseguenza è che, per un numero considerevole di naturalisti e capitani di industria, tecnici e sociologi, il fondamento di questa visione spirituale-religio­ sa appare difficilmente conciliabile con la loro «conoscenza dei fatti» e il loro giudizio sulla situazione generale. La loro domanda è: la visione di Francesco d'Assisi non è «solamente» un eccesso di entusiasmo metaforico­ religioso, almeno per la nostra epoca? In sé il suo modo di parlare appare senz'altro estremamente interessante, ma è partorito da un orizzonte esperienziale medievale. In definitiva, una tale visione corrispondeva alla visione del cosmo medievale, caratterizzata da un pensiero di ordine filosofico-metafisico di tipo teista. Non sono così molti i ricercatori che, come Ulrich von Weizsacker,4 mettono in luce la cornice più comples4 Cfr. W GEORGE (ed.), Laudato si' - Wissenscheftler antwor­ ten aef die Enzykltka von Papst Franziskus, GieBen 2017. Vedi so­

prattutto la presentazione di Ernst Ulrich von Weizsacker (9s.); un esempio della critica spesso espressa dagli studiosi di economia è rappresentato da M. Becker, Ein Lesebericht aus wirtscheftswissenschaft­ Jicher Perspektive, alle pagine 129-148.

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siva ed essenzialmente più ampia, stabilita qui da papa Francesco. Più complessiva non solo rispetto al memoria­ le per il governo federale di cui abbiamo detto prima, ma anche rispetto agli scritti magisteriali dei pontificati prece­ denti che si limitavano essenzialmente ad affermazioni di auspicio. 5 3. Osservazioni sulfenomeno della corporeità nel documento postsi­ nodale Amoris laetitia L'enciclica Ll tratta una quantità di singole questioni di antropologia filosofica e teologica, soprattutto di quelle parole chiave che Gabriel Amengual subordina alle carat­ teristiche fondamentali come, per esempio, la corporeità e che riassume sotto la parola guida di determinazione dell'uomo. Ciò vale soprattutto per il capitolo sull'«activi­ dad»,6 l'attività, insieme ai paragrafi del capitolo: Azione, Poiesi e prassi, Lavoro-tecnica, Tempo libero, Cultura­ natura-tecnica, Diversità delle culture e delle tradizioni, Costruzione della società e Solidarietà. Si è fatto pertanto ricorso alla cornice teologica dell'enciclica e ai suoi, per così dire,« binari antropologici», poiché vi si parla di« cor­ poreità» come fenomeno di base. 5

Cfr. PAOLO VI, es. ap. Octogesima adveniens; Giovanni Paolo

II, enc. Redemptor hominis; Id., enc. Centesimus annus; Benedetto XVI,

enc. Cantas in ventate. 6

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Cfr. G.

.NvlENGUAL, Antropologia ftlos6ftca,

cit., 279ss.

Il documento post-sinodale Amoris laetitia (AL) al contrario dà uno sguardo completo, anche se essenziale, all'interno dell'antropologia teologica, in quanto nella sua parte biblica offre un'interpretazione assai grandiosa della storia della creazione dell'uomo e delinea le affermazioni neotestamentarie secondarie che ne derivano. In entrambe le visioni, la «corporeità» svolge un ruolo straordinario in quanto caratteristica fondamentale dell'essere umano. Papa Francesco inizia le sue esposizioni sul matrimo­ nio e la famiglia nella Bibbia con la frase: «La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr. Gen 4), fino all'ultima pagina dove appaiono le nozze del­ la Sposa e dell'Agnello (cfr. Ap 21,2.9)». 7 Alla domanda sulla «realtà fondamentale della coppia umana» (AL, n. 10), Francesco risponde riferendosi a Gesù stesso che cita Gen 1,27: «Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (Gen 1,27). La correlazione messa in rilievo: «Maschio e femmina li creò» per spiegare l'espressione che l'uomo è immagine di Dio, il Papa la interpreta distanziandosi dall'esegesi tradi­ zionale dell'epoca patristica: «La coppia che ama e genera la vita è la vera "scultura" vivente (non quella di pietra o 7

FRANCESCO,

es. ap. post. Amoris laetitia, 19 marzo 2016, n. 8.

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d'oro che il Decalogo proibisce), capace di manifestare il Dio creatore e salvatore. Perciò l'amore fecondo viene ad essere il simbolo delle realtà intime di Dio» (AL, n. 11). Il Papa rafforza questo nuovo approccio con l'annotazione esegetica: « ... la capacità di generare della coppia umana è la via attraverso la quale si sviluppa la storia della salvezza» (im). Testimonianza di questo è la «tradizione sacerdotale», «attraversata da varie sequenze genealogiche». «La relazio­ ne feconda della coppia diventa un'immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio», a cui corrisponde il messaggio cristiano del Dio trinitario, che non è solitudine, ma comu­ nione d'amore. Per questo, la condotta di vita originaria e corporea della «coppia che ama» è indicata come luogo e contesto esperienziale più primordiale della presenza di Dio e dell'esperienza che l'uomo fa del Sé, del Tu e del mondo. Approfondendo tale discorso, papa Francesco spiega la creazione della donna nel secondo racconto della cre­ azione (Gen 2,18-2,22). Il Papa parla de «l'inquietudine dell'uomo che cerca "un aiuto che gli corrisponda"». In­ sieme a Lévinas, Francesco parla dell'incontro di Adamo «con un volto, un "tu" che riflette l'amore divino ed è "il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d'appoggio"» (Sir 36,29). «Da questo incontro che gua­ risce la solitudine sorgono la generazione e la famiglia». Entrambi, uomo e donna, si uniscono in «un'adesione fi­ sica e interiore, [così stretta] che si utilizza per descrivere l'unione con Dio» (AL, n. 13). «Il frutto di questa unione è "diventare un'unica carne", sia nell'abbraccio fisico, sia 56

nell'unione dei due cuori e della vita e, forse, nel figlio che nascerà dai due» (ivz). Francesco stesso considera il nuovo orizzonte inter­ pretativo della sua esegesi, quando dice: «Adamo, che è anche l'uomo di tutti i tempi e di tutte le regioni del nostro pianeta, insieme con sua moglie dà origine a una nuova famiglia ... "E i due saranno un'unica carne"». È un «av­ venimento primordiale» di tipo storico-trascendentale, in cui Dio si immerge completamente e nel corpo viene dato inizio alla storia in quanto storia. L'originalità e l'autonomia di questa interpretazione della Genesi non potranno essere comprese se non si co­ nosce la moderna antropologia filosofica così come l'ha caratterizzata Amengual, per esempio nelle sue argomen­ tazioni sulla «corporeità»: Gen 1,1 corrisponde alla «datità» del mondo, la datità di tutto, di «cielo e terra», dato dalla divinità senza nome. Gen 1,2-31 rappresenta tutto quello che esiste nel «mondo», compresi gli uomini. Gen 1,26-31 parla dell'essere umano nella sua partico­ larità e distinzione da tutte le cose: l'inizio del mondo e l'i­ nizio della storia nella sua esistenza corporea come uomo e donna. Così si mette in risalto al contempo la differenza fondamentale tra l'essere umano, che è uomo e donna, e tutto quanto il resto di ciò che esiste nel mondo: il mondo e tutto quello che contiene è l'altro dell'uomo, il luogo dove egli abita e lo spazio vitale, ed è al servizio dell'uomo; 57

l'uomo però vive essenzialmente di quest'altro e dipende da esso. L'antropologia filosofica mostra come il tempo e lo spa­ zio si costituiscono per mezzo della corporeità. Nella perce­ zione corporea si dischiude il mondo spazio-temporale. 8 Riferendosi all'essere donna e uomo, Amengual riassume: La sessualità significa la differenza di genere, maschile e femminile con tutto quello che comporta di attrazione re­ ciproca, funzione riproduttiva della specie, differenza psi­ cologica dei caratten' e di formazione culturale e sociale. Nella differenza è implicata anche la relazione tra i due sessi. Il significato umano della differenza sessuale si radica essenzialmente nella relazione tra persone, vale a dire nel­ la reciprocità dell'incontro tra esseri personali incarnati, in modo tale da potersi qffermare che la stessa relazione e la sua realizZflzione nell'amore è ciò che rivela la natura della sessualità. In tal senso la sessualità non è solamente una dimensione del proprio corpo, ma anche delle nostre relazioni con gli altri. 9

È questo riassunto delle ricerche fenomenologiche a costituire lo sfondo dell'interpretazione del secondo 8

In questo contesto, Gabriel Arnengual fa riferimento in particolare a Merleau-Ponty e Ortega y Gasset. (cfr. G. AMENGUAL, Antropologia ftlos6fica, cit., 83-85), ma anche alle analisi successive di Paul Ricceur, Bernhard Waldenfels, ecc... 9 Ibidem, 87.

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racconto della creazione presentato da papa Francesco in

AL. 10 In tal modo non si ha la«ricostruzione» di un retro­

terra filosofico in una dimensione totalmente diversa, una ricostruzione basata per così dire su una cianografia. Si tratta piuttosto di un'interpretazione conforme delle strut­ ture «responsive»11 fondamentali della corporeità umana come modo di esistere dell'uomo, da un lato e, dall'altro, come testimonianze di percezione e fede. Quando diventano una sola «carne», un «cuore solo e un'anima sola», i legami che regnano qui sono di tipo fi­ sico e interiore, ma non li si può più facilmente descrivere né in campo filosofico né in quello teologico come cause metafisiche di un'attività di tipo accidentale definita in ca­ tegorie. È un con-durre ed eseguire comune del vivere, che viene tematizzato.

1

°

Cfr. sopra a p. 50. Questa è l'espressione utilizzata da Bernhard Walden­ fels, discepolo di Merleau-Ponty e Paul Ricceur, in Antwortregister, Frankfurt 1994. 11

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IV LE CARATTERISTICHE FONDANTI NELL'ESSERE UMANO NELLA «CORPOREITÀ»: L'AFFETTIVITÀ (AFFECTIVIDAD), LA LINGUISTICITÀ, L'ESSERE SPIRITO E PERSONA NELL'ESSER-CI UMANO CAPITOLO

1. L'affettività (affectividad) come modalità di base dell'essere umano a) L'affettività [Beftndlichkei�: la sua riscoperta filosofica Con le ultime scoperte della fenomenologia all'inizio del ventesimo secolo ha inizio una riscoperta del mondo dei sentimenti, dell'animo, dei sensi, dell'affettività. Men­ tre nella sua Antropologia dal punto di vista pragmatico, Kant annota: «Del resto l'emozione [Affikt] considerata unica­ mente di per sé è sempre imprudente; essa si rende inca­ pace di perseguire il proprio scopo, e non è dunque saggio lasciarla sorgere di proposito dentro di sé». 1 Allo stesso 1 I. KANT, Antropologia dal punto di vista pragmatico. Introduzione e note di Miche! Foucau!t. Traduzjoni di Mauro Bertani e Gianluca Gare!li, Einaudi, Torino 2010, 260 (or. ted. Anthropologie, B 207 §75).

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tempo loda il principio dell'apatia e constata che le passio­ ni «comportano il massimo pregiudizio per la libertà; e se l'affetto [Affik� è una sbornia, la passione è una malattia, che aborre ogni medicazione». 2 Invece, con le sue grandi opere Essenza e forme della simpatia e Ilformalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori- Un nuovo tentativo difondare un personalismo etico, Max Scheler ha inaugurato una nuova riflessione di fondo sull'affettività, i sentimenti, le passioni, ecc. In Es­ sere e tempo di Heidegger, la «situazione emotiva [Beftndli­ chkeit] », ovvero l'«essere in una tonalità emotiva [Gestùnmt­ sein] » dell'uomo, fa parte dalla «costituzione esistenziale» dell'esistenza umana, su cui è fondata la comprensione e l'interpretazione fondamentale dell'esistenza nel mondo. 3 Paul Ricceur ha proposto degli approfondimenti es­ senziali riguardo. all'analisi dell'affettività nel suo studio pubblicato nel 1950 Filosofia della volontà: il volontario e l'in­ volontario (or. Le volontaire et l'involontaire) e nella sua famosa opera L'uomo fallibile in Finitudine e colpa (or. Finitude et cul­ pabilité. I. L'homme Jaillible) del 1960, particolarmente nella sezione sulla «Fragilità dell'affettivo». 4 Ibidem, 274 (or. ted. B 226 §80). Cfr. M. HEIDEGGER, Essere e tempo, cit., §29. «L'in-essere come tale», 168-226 (or. ted. Sein und Zeit, I,5: «Das In-Sein als 2 3

solches», 130-153). 4 Cfr. P. RicrnuR, L'uomo fallibile in Finitudine e colpa, Il Muli­ no, Bologna 1970.

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Nella sua Antropologia .ftlos6.ftca, Gabriel Amengual non ha approfondito queste questioni e concezioni differen­ ziate di Ricreur - che si estendono anzi fino alle sue ultime opere, come per esempio Sé come un altro riguardo l'esse­ re Sé e l'identità - ma ha stabilito la sua interpretazione dell'affettività riferendosi a Ortega y Gasset e all'opera di Josef Pieper sull'amore. Egli mostra qui come, da un lato l'amore si radica nell'affettività e non può mai separarsi da tale radice e, dall'altro lato, è il compimento di questo incontro fondamentalmente umano con la realtà. b) Il significato dell'affettività nell'antropologia teologica di papa Francesco Papa Francesco tratta più insistentemente le questioni dell'affettività nel documento postsinodale Amoris laetitia (AL). All'inizio del suo capitolo sull'amore nel matrimo­ nio, egli propone un'interpretazione esegetica molto pre­ cisa del Cantico dei cantici e dell'amore nella Prima lettera ai Corinzi di san Paolo. Qui si concentra moltissimo sui singoli verbi coi quali viene caratterizzato l'amare o sul­ le negazioni che vi vengono espresse. In tal modo viene chiaramente delineata l'intera gamma dell'affettività, ma non di meno anche la fragilità e il pericolo delle forme concrete dell'amare. Nella sezione successiva, il Papa caratterizza il pro­ cesso dell'amore coniugale attraverso le sue diverse tap­ pe, innanzitutto come amicizia (caritas) che vuole il bene dell'altro in se stesso. Nella sezione conclusiva poi, si af-

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fronta la dimensione erotica del matrimonio, in particola­ re come radice e base dell'apertura all'altro. In un'annota­ zione, Francesco si richiama espressamente a Tommaso d'Aquino, il quale nella prima parte della Summa pone la questione se in Dio sia necessario che ci sia l'amore in quanto amor. La risposta è che il «primo moto della vo­ lontà e di una qualunque virtù appetitiva è l'amore» («pri­ mus motus voluntatis et cuiuslibet appetitivae virtutis est amor»). Fa pertanto parte dell'amore tutto il «mondo del­ le emozioni» (AL, nn. 143-146) e il «lieto piacere» dei figli di Dio che vi è collegato, ma anche la fragilità e il pericolo dell'amore a causa della violenza e delle manipolazioni, poiché questa forza dell'«avvicinarsi» e dell'«apertura» ha bisogno dello sviluppo culturale e della mediazione per sviluppare tutto il suo senso e il suo significato. Il significato profondo dell'inclusione senza riduzio­ ni dell'eros nella costituzione del matrimonio si manifesta nella descrizione del sacramento del matrimonio come di una vocazione divina di due esseri umani a stipulare reci­ procamente il patto per la vita, in modo da appartenersi a vicenda, e in particolare in modo indissolubile e totale così come si appartengono a vicenda Cristo e la Chiesa. In questo patto di vita, che si trova estremamente in pericolo, ricevono la promessa dell'assistenza divina. La familiarità di papa Francesco con le moderne ri­ cerche sull'affettività non è testimoniata però solo in AL. Analogamente, nelle sue riflessioni sulle questioni sociali, Francesco accoglie le analisi positive delle pulsioni ance64

strali dell'uomo, l'avere (proprietà, denaro ecc.), il potere (potenza, dominio), la considerazione (onore, dignità). Queste pulsioni possono complessivamente essere pre­ servate di volta in volta solo con lo sviluppo culturale e la mediazione dalla loro trasformazione - che le minaccia continuamente - in deformazioni e oppressioni istituzio­ nali dell'essere umano. Si tratta sempre e solamente di svi­ luppi e mediazioni culturali di volta in volta variabili nel tempo e nello spazio, ma non esistono delle forme ideali generali da trasformare per così dire in modo lineare. Esi­ stono sempre e solamente di volta in volta dei «migliora­ menti» relativi condizionati dal tempo e dallo spazio. Paul Ricreur ha proposto le analisi filosofico-fenomenologiche occorrenti in questo caso. 5

2. La linguisticità dell'esser-ci umano a) Il linguaggio e la linguisticità come campo prioritario di indagine della filosofia moderna Se nell'uso linguistico scientifico-filosofico del dicias­ settesimo e diciottesimo secolo il linguaggio era conside­ rato un'«espressione del pensiero mediante segni arbitra­ riamente scelti», 6 con l'inizio del diciannovesimo secolo ha inizio una riflessione filosofica sul linguaggio, che lo 5 Cfr. P. RICCEUR, Die Fehlbarkeit, cit., 164-172 (n. tr.). 6 Cfr. J. lliNNIGFELD, Sprache -philosophisch, in RGG 4, 7, 1608.

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rende il tema di primo piano del filosofare della moder­ nità. Allo stesso tempo, anche gli scienziati del linguag­ gio conoscono una trasformazione talmente profonda: in questa sede è impossibile dare anche solo un'idea di questa nuova realtà che si è dischiusa. Nello spazio che ci è con­ cesso, si può offrire solo un elenco di parole chiave e di nomi per mostrare in che modo la linguisticità viene inte­ sa nella modernità come modalità cieli'essere umano. Già nelle critiche di Hamann e Herder a Kant si sottolinea con forza la dipendenza della ragione dal linguaggio, cosicché partendo da tale presupposto viene messa radicalmente in questione la «ragione pura» kantiana. Con i suoi scritti sulla filosofia del linguaggio, Wilhelm von Humboldt ha tracciato poi delle nuove vie per la comprensione del lin­ guaggio.7 Sono certamente da ricordare agli inizi del ven7

Già i titoli indicano chiaramente le innovazioni che emer­ gono: «Lo studio comparativo delle lingue in rapporto alle diverse epoche dello sviluppo linguistico (1820); L'influsso del differente carattere della lingua sulla letteratura e la formazione degli spiriti; La nascita delle forme grammaticali e il loro influsso sullo sviluppo delle idee (1822); Il carattere nazionale delle lingue (frammento); La scrittura alfabetica e il suo rapporto con la struttura del lin­ guaggio (1824); Il duale (1827); La differenza della struttura del linguaggio umano e il suo influsso sullo sviluppo spirituale del genere umano (1830-1835)», citazione da A. FLITNER - K. DrEL (Hg.), Wilhelm von Humboldt Werke, vol. 3, Schnften zur Sprachphiloso­ phie, Darmstadt 1963. 66

tesimo secolo il viennese Carnap, Frege, poi Russel, e so­ prattutto Wittgenstein e le sue Ricerche filosofiche. Contemporaneamente a Wittgenstein, 8 cioè all'epoca della Prima guerra mondiale, Franz Rosenzweig lavora al suo La stella della redenzione, l'elaborazione di un « nuovo pensiero» rivolto al linguaggio biblico, in particolare alla liturgia. Egli si era avvicinato a Cohen, lavorando con Martin Buber alla traduzione della Bibbia in tedesco. Accanto a Scheler, è d'obbligo citare Heidegger e i suoi discepoli, come Gadamer. In Essere e tempo, Hei­ degger osserva che il linguaggio appartiene alla « sinte­ si sostanziale» dell'esistenza e ne costituisce l'apertura [Erschlossenhei�. 9 Nella seconda metà del ventesimo secolo, nella cri­ tica e nella prosecuzione degli approcci precedenti ven­ gono esposte e fatte oggetto di riflessione una quantità di funzioni linguistiche. Si pensi per esempio alla teoria dell'atto linguistico. C'è la linguistica strutturale, che cerca di spiegare la storia del pensiero partendo dal linguaggio e dalla linguisticità e vengono indagate le strutture di potere dal punto di vista della filosofia del linguaggio. La nor­ matività morale viene sviluppata partendo da un'etica del discorso. A queste poche parole-guida che abbiamo scelto Cfr. Ludwig Wittgenstein 1914-1916, Wilhelm Baum (ed), Wien - Berlin 1991. 9 M. HEIDEGGER, Essere e tempo, cit., 213 (or. ted. 169). 8

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sono ora da aggiungere le profonde trasformazioni nelle scienze linguistiche, che qui non sono state ancora affatto menzionate. Si pone la questione: questa quantità inaudita di nuo­ ve concezioni, relazioni, differenti approcci, si riflette nell'antropologia teologica che si manifesta nei documenti magisteriali di papa Francesco? b) Osservazioni sulla comprensione teologica della lin­ guisticità dell'uomo in Evangelii gaudium Per rispondere a queste domande è preferibile ricor­ rere all'Esortazione apostolica Evangelii gaudium (EG) di papa Francesco. Il terzo capitolo è intitolato: «L'annuncio del Vangelo». Le quattro sottosezioni hanno questi titoli: I. Tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo II. L'omelia III. La preparazione della predicazione IV. Un'evangelizzazione per l'approfondimento del kerygma Già i titoli attestano, in che modo - sotto le più di­ verse prospettive - qui si approfondisca il problema del linguaggio in un contesto teologico. In seguito articoliamo le nostre osservazioni sulla base delle quattro sezioni citate. A questo ci fa da guida il titolo dell'intero capitolo: «L'annuncio del Vangelo». Papa Francesco in Lumen .fidei (LF), e nell'introduzio­ ne di EG, ha già parlato della Parola di Dio che si rivolge

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a ogni uomo e trova una risposta nella fede. 10 In questo si rifà alla Dei Verbum (DI/'), la Costituzione sulla rivelazione, in particolare alle argomentazioni del primo capitolo sulla stessa rivelazione, attraverso la quale Dio ha annunciato se stesso ai progenitori (cfr. DV, n. 2-3). Tale afferma­ zione fondamentale è stata già trattata approfonditamente in precedenza nella sezione dedicata all'essere-nel-mondo dell'uomo. Nel terzo capitolo della EG, che qui sarà og­ getto di studio, si parla dell'annuncio del Vangelo. E la prima asserzione fondamentale è che « tutto il Popolo di Dio annuncia il Vangelo» (EG, titolo del primo paragrafo del terzo capitolo). Il linguaggio è sempre il linguaggio di un popolo, e questo «popolo» può essere inizialmente la comunità dei discepoli il giorno di Pentecoste: il messaggio del Vangelo può essere annunciato solo se lo Spirito afferra in toto i discepoli per generare così il linguaggio dell'annuncio del Vangelo. Questo linguaggio dell'annuncio presuppone in sé il lingu aggio veterotestamentario. Il linguaggio dell'annuncio è espressione della fede e così è costitutivo per la comunità dei credenti, per la Chiesa in quanto Chiesa. Si rivolge a tutti, non è un linguaggio par­ ticolare, a parte, vale a dire un linguaggio elitario. Ed è essen­ zialmente un fare, un fare evangelizzatore. Non si esprime solo in tutte le condotte di vita della comunità dei credenti, 10 Cfr. sopra pag. 29s.

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non può e non deve essere semplicemente trasmesso come informazione. La sua pragmatica è un rivolgersi ai suoi desti­ natari, che includono tutto il popolo. Così fanno ugualmen­ te parte di questo annuncio sia le attestazioni non-tematiche, vale a dire corporee e sociali del Vangelo, sia l'annuncio in­ tenzionalmente tematico, che poggiano sullo zoccolo della presenza non-tematica, confessante della comunità dei cre­ denti: «Nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze. Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana. Questo popolo che Dio si è scelto e convocato è la Chiesa» (EG, n. 113). All'inizio delle sue argomentazioni sull'omelia, Fran­ cesco afferma: « Rinnoviamo la nostra fiducia nella pre­ dicazione, che si fonda sulla convinzione che è Dio che desidera raggiungere gli altri attraverso il predicatore e che Egli dispiega il suo potere mediante la parola umana» (EG, n. 136). La frase spesso citata del riformatore svizzero Hein­ rich Bullinger: «La predicazione della parola di Dio è paro­ la di Dio», da una constatazione categoriale viene così tra­ sformata in una frase che esprime fede e fiducia e lascia la libera iniziativa a Dio. In tal modo l'affermazione è messa anche al riparo dalle accuse dalla controversia più recente sul monoteismo. 11 Il Papa rinvia alla predicazione di Gesù, 11

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Per l'interpretazione di questa concezione della predica-

alle affermazioni di Paolo sulla necessità della predicazio­ ne e alla missione dei discepoli e alla predicazione degli apostoli. L'omelia, in quanto «proclamazione liturgica del­ la Parola di Dio nell'ambito della celebrazione eucaristica» (EG, n. 137), costituisce la forma più elevata di tale comu­ nicazione: il dialogo tra Dio e il suo popolo, un dialogo in cui al popolo vengono annunciati i prodigi della salvezza e continuamente riproposte le esigenze dell'alleanza. L'omelia riceve il suo carattere dal radicamento nella liturgia del memoriale di Gesù Cristo, del suo annuncio, del dono di sé nella sua Passione e nella sua glorificazione da parte del Padre, della sua comunione sacramentale, che trasforma la vita dei credenti. Questo comporta che: 1. Dev'essere breve, e rispettare l'armonia delle parti e il ritmo della liturgia. Deve portare a Gesù Cristo stesso. 2. Siccome l'omelia deve esigere il dialogo intimo tra Dio e i credenti, lo stesso predicatore si esprimerà con un linguaggio autentico e troverà nel cuore della cultura del popolo «una fonte d'acqua viva, sia per saper che cosa deve dire, sia per trovare il modo appropriato di dirlo» (EG, n. 139). 3. Infine, è necessaria la familiarità del predicatore con la Scrittura, con il messaggio. Francesco riassume zione, cfr. K. BARTH, Die kirchliche Dogmatzk, vol. 1, Die Lehre vom Wort Gottes, I/1, 52, 56s., 71s.. Vi è una concordanza fondamentale tra Barth e Francesco, a eccezione di qualche dettaglio.

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questo con l'immagine del dialogo tra la madre e il figlio: «Lo spirito d'amore che regna in una famiglia gu ida tanto la madre come il figlio nei loro dialoghi, dove si insegna e si apprende, si corregge e si apprezzano le cose buone; così accade anche nell'omelia» (EG, n. 139). Le argomentazioni riguardanti la preparazione dell'o­ melia - articolate nelle sezioni: «Il culto della verità», «La personalizzazione della Parola», «La lettura spirituale», «In ascolto del popolo» e «Strumenti pedagogici» -, si possono leggere come avviamento ad una pratica effetti­ va e responsabile, come anche allo stile di vita autentico che la accompagna, con cui l'uomo evita di scivolare nelle chiacchiere, nelle ciance vuote, in uno stile di vita che la­ scia fuori se stesso, l'altro, come anche l'argomento di cui si parla. Solo così la bellezza e la bontà si accompagnano alla verità del linguaggio. Alcune argomentazioni sulla catechesi costituiscono la conclusione di questo capitolo. Papa Francesco distin­ gue accuratamente tra kerygma ed evangelizzazione o ca­ techesi. Con kerygma indica il mistero intimo dell'avveni­ mento lingu istico cristiano. Il Papa chiama kerygma anche il primo annuncio, delineando così il carattere di evento di questo avvenimento linguistico. Non lo definisce, perché non lo si può definire. Lo descrive invece con delle meta­ fore tratte dal Nuovo Testamento: È ilfuoco dello Spinto che si dona sotto forma di lingue e ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e

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resurrezione ci n'vela e ci comunica l'infinita misen'cordia del Padre. Sulla bocca del catechista torna sempre a nsuonare il primo annuncio: "Gesù Cristo ti ama, ha dato la sua vita per salvarti; e adesso è vivo al tuo fianco ogni giorno, per illuminarti, per rajforz11rtz; per liberarti". Quando diciamo che questo annuncio è ''il primo': ciò non significa che sta all'inizio e dopo si dimentica o si sostituisce con altri conte­ nuti che lo superano. È il primo in senso qualitativo, perché è l'annuncio principale, quello che si deve sempre tornare ad ascoltare in modi diversi e che si deve sempre tornare ad annunciare durante la catechesi in unaforma o nell'altra, in tutte le sue tappe e i suoi momenti. (EG, n. 164) 12

Dal kerygma si distingue la catechesi del kerygma, la quale non può sostituire il kerygma stesso, non offre una formazione «più solida» (EG, n. 165) quanto piuttosto media e accompagna la crescita nella fede: questa non si­ gnifica solo un approfondimento della dottrina della fede, 12 A mio avviso, Bruno Forte ha proposto una rielaborazio­ ne di teologia sistematica di quanto viene qui insegnato: «Il keryg­ ma può essere descritto come un annuncio in forza dell'autorità dell'evento salvifico operato da Dio in Gesù Cristo. In esso, nella forza dello Spirito Santo si fa memoria di questo evento mediante le parole dell'annuncio ecclesiale e tale annuncio raggiunge l'ascol­ tatore con una tale densità personale da suscitare la sua attenzione per il messaggio, aiutandolo a giungere a una decisione in favore di Cristo» (B. FORTE, Kerygma II !)!Sfematisch-theologisch, in LThK 5, 1409; n. tr.).

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ma anche l'espressione pratica della Nuova Vita, mediata dal kerygma. Una tale catechesi articola l'amore redentore di Dio, a cui l'uomo deve corrispondere con il suo agire morale-etico-sociale. Come seconda forma di catechesi, Francesco cita espressamente la catechesi «mistagogica», che spiega i se­ gni sacramentali o liturgici della Chiesa e manifesta così la forma più solenne della strutturazione pragmatica del linguaggio della Chiesa. In questo contesto, Francesco os­ serva nello specifico che ogni catechesi presta particolare attenzione alla «via della bellezza» (via pulchritudinis). «Bi­ sogna avere il coraggio di trovare i nuovi segni, i nuovi simboli, una nuova carne per la trasmissione della Parola, le diverse forme di bellezza che si manifestano in vari am­ biti culturali, e comprese quelle modalità non convenzio­ nali di bellezza, che possono essere poco significative per gli evangelizzatori, ma che sono diventate particolarmente attraenti per gli altri» (EG, n. 167). A questi due tipi di catechesi, Francesco fa seguire infine un ultimo paragrafo su «L'accompagnamento per­ sonale dei processi di crescita». L'accompagnamento spi­ rituale appare in particolar modo necessario nella moder­ nità, per aiutare i credenti a conseguire «la vera libertà» nel mondo attuale. Questo accompagnamento spirituale serve a «risvegliare il desiderio dell'ideale cristiano, l'ansia di rispondere pienamente all'amore di Dio e l'anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella pro­ pria vita» (EG, n. 171). Oggi è parte essenziale del com-

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pita di annuncio della Chiesa. Allo stesso modo, infine, l'offerta di una lettura condivisa della Scrittura serve alla crescita comune e all'approfondimento della fede.

3. L'uomo: spirito ed essere-persona a) La coscienza: essere-spirito ed essere-persona dell'uo­ mo nella filosofia moderna Con la questione della cosrienza, l'autore introduce il suo approccio filosofico allo «spirito dell'uomo». Sulla scia del testo di J.R. Searle del 2001, Mente, lenguagey socie­ dad, e di quello di Anthony Kenny del 2000, La metafisica de la mente, Amengual intende per espiritu lo spirito nel senso di mens. Mens indica la capacità dell'uomo di sviluppare dei comportamenti intellettuali. Poiché il concetto di persona dipende immediatamente dal fenomeno dello spirito, in questo paragrafo riassumiamo tutte e due le determina­ zioni. Con un'attenta analisi fenomenologica, per prima cosa l'autore chiarisce quello che si intende per coscien­ za e autocoscienza. La coscienza è inizialmente coscien­ za di qualcosa. Non può essere definita: semplicemente c'è. Solo a partire da questo risulta la possibilità di fare l'esperienza di qualcosa come espe1ùnza e di prestare at­ tenzione all'esperienza, di intendere l'esperienza stessa. In tale tornare-in-sé si comprende che tutte le condizioni di coscienza appartengono a un agente - nella forma della prima persona: ad un Io. Così si aprono alla comprensione l'«esteriorità» e l'«interiorità» dell'esperienza. La coscien-

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za si scopre come urùtà di soggetto e oggetto, un'intui­ zione che contraddice le «rappresentaziorù normali, quo­ tidiane», come anche le spiegaziorù scientifiche diffuse. Nella sua analisi, l'autore segue la logica proposta da Ge­ org Friedrich Wilhelm Hegel nel quarto capitolo della sua Fenomenologia dello spirito. 13 La coscienza costituisce un'urùtà diacrorùca e sincro­ rùca: l'urùtà si riferisce a tutti i fatti presenti nella sequenza della memoria, che così fanno parte contemporaneamente della coscienza presente. In questa urùtà si distinguono i diversi stati di coscienza, i quali si collocano in un con­ testo e prendono la loro identità e le loro caratteristiche in una rete di stati di coscienza. Gli stati di coscienza e la loro rete tuttavia vengono sperimentati da«me». Possono certamente «essere indagati oggettivamente», però sono solamente«soggettivi» e vengono sperimentati di volta in volta come un fatto singolare. Qui emergono le relaziorù con quei modi di esistere dell'essere umano, che sono stati trattati sotto il termine chiave di «affettività». In questo senso vive e si muove ogrù singolo uomo nel suo mondo. Ogrù nuovo stato di coscienza viene integrato proprio in questa rete esistente 13 Cfr. G. W F. HEGEL, Fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia editrice, Firenze, 1973: «La verità della certezza di se stesso», I, 143ss. (or. ted. Phanomenologie des Geistes, hg. van johannes Heffmeis­ ter, Hamburg 19 52: ,,Die Wahrheit der Gewissheit seiner selbst", 133ss.).

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e sperimenta la sua identità e singolarità proprio nel con­ fronto con gli altri stati di coscienza. In tal senso, ogni singolo uomo si muove nel suo mondo, vive in esso. Ma è ugualmente vero che nell'incontro con l'altro la coscienza di ciascuno apre l'accesso a un mondo che è differente dal proprio. Nella condotta con l'altro e i molti altri sorgono le domande sugli altri mondi e i loro aspetti - cioè domande di tipo cognitivo -, e domande volitive, riguardanti cioè il cambiamento, l'utilizzo, l'influsso ecc... In questo contesto si costruisce la «coscienza» individua­ le, come ha indicato l'analisi di G. Mead. 14 La capacità nativo-radicale di sviluppare le possibilità e le attitudini specificatamente umane che qui sono ne­ cessarie, nella tradizione sono chiamate «mens». Con tale termine si definisce la capacità estremamente complessa di produrre le attivitàlinguistiche, sociali, morali, economiche, scientifiche e culturali che contraddistinguono l'ente umano nella società. La «mens» è una capacità di secondo ordine, vale a dire una capacità di acquisire altre capacità, la più importante delle quali è il dominio del linguaggio. Tali capacità sono legate insieme per lo più dalla differen­ ziazione tra ragione e volontà. L'autore nota espressamente che, nella tradizione, una serie di studiosi completa la di­ stinzione tra capacità cognitiva e volitiva con la capacità di giudizio, in cui tuttavia la ponderazione, la distinzione e la 14

Cfr. G. H. ME.AD, Espiritu, personay sociedad, Buenos Aires3 1973.

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decisione non possono rinunciare all'insieme delle capaci­ tà cognitive, legate alla verità, e a quelle volitive, legate al bene. Tutte queste capacità sono realizzabili solo con il lin­ guaggio e non possono essere separate tra loro. La volon­ tà non può essere pensata separata dall'intelletto e l'intel­ letto non può essere usato senza la volontà. Per questo, la volontà diventa volontà libera solo quando si agisce per motivi razionali. L'identità dell'uomo che ne risulta si può caratteriz­ zare nei ruoli differenti che egli assume responsabilmente. L'uomo si trova davanti alla sfida di dare forma ad una vita che abbia un senso negli orizzonti della verità e del bene. « Conoscere e amare sono realizzazioni di un'identi­ tà dell'uomo il cui epicentro risiede pertanto in punti con­ trapposti: quando si tratta della conoscenza l'epicentro si trova in chi conosce; quando si tratta dell'amore, nell'amato. Sapere significa stare nell'altro allo stesso modo in cui si sta in se stessi; amare significa stare in se stessi così come si sta nell'altro». 15 L'Io e il Tu, l'Altro e l'Io costituiscono una relazione reciproca di carattere costitutivo. L'attuazione e la realiz­ zazione della loro unità, tuttavia, mantiene separate allo stesso tempo le diverse essenze. 15

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G. AMENGUAL, Antropologia ftlos6ftca, cit., 190.

Partendo da queste concezioni fondamentali della soggettività umana, l'autore si confronta con le rifles­ sioni filosofiche attuali sulla «mens» dell'uomo: con gli approcci psicologici, di scienza comportamentale e logici (Ji/. Watson, B. F. Skinner, G. Ryle), con le teorie monisti­ che dell'identità (R. Rorty, H. Feieraband ecc.), con il fun­ zionalismo (H. Putnam, J. Fodor) e con i diversi approcci dell'emergentismo. Nella sua sintesi conclusiva, l'autore formula delle tesi, in cui - in contrapposizione ali'« affermazione tota­ le»: Io sono il mio corpo/Io ho un corpo - egli propone l'affermazione globale corrispondente dell'uomo: L'uomo è spirito/L'uomo ha uno spirito. - «Lo spirito (o la spiritualità [espiritualidadJ nel senso di carattere spirituale) dell'uomo non definisce una parte indipendente dell'uomo, ma la sua totalità: lo spirito è in­ carnato e incorporato. - Lo spirito definisce quella dimensione dell'uomo che è specifica dell'uomo: la sua intelligenza, la sua volon­ tà, la sua libertà, la sua coscienza, la sua mens, la cui rea­ lizzazione avviene sempre nel corpo e attraverso il corpo. - Con lo spirito viene definito quel principio di azio­ ne nell'uomo, che non si può riportare alla pura biologia, anche se egli agisce sempre grazie a essa e in collegamento con essa; sono processi che non si possono riportare a dei processi puramente naturali, poiché qui confluiscono l'in­ telligenza, la coscienza, la libertà, i valori scelti, la creatività.

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- Con lo spirito, con il volgersi a se stessi, con l'interio­ rità, si definisce il carattere soggettivo e personale dell'uo­ mo. L'uomo in quanto spirito è colui che può affermare di avere un corpo e quindi che "Io sono il mio corpo". - Così lo spirito definisce quell'apertura radicale dell'uomo alla realtà e all'essere che conferisce la capacità caratteristica alla conoscenza, alla libertà, e che lo apre alla verità e al bene ». 16 In relazione al concetto di persona, Amengual offre un'eccellente panoramica sulla storia del termine e il suo significato, iniziando dall'origine latina e dalle radici bibli­ che passando per il cristianesimo, il medioevo e l'epoca moderna, fino all'idealismo tedesco. Lo stato attuale della discussione viene sviluppato a partire da Scheler da un lato e da Strawson dall'altro. 17 Nel caso di Scheler, l'autore richiama particolarmente l'attenzione sulle numerose determinazioni, attraverso le quali la persona si mostra centro attivo di atti che sono forgiati dallo spirito e nei quali la persona si manifesta come soggetto. 16

G. AMENGUAL, Antropologiaftlos6ftca, cit., 204. 17 L'autore qui si fonda sulle seguenti edizioni in lingu a spa­ gnola: M. ScHELER, Elpuesto de l'hombre en el cosmos, Buenos Aires 16 1981; Etica. Nuevo ensC!Jo defundamentaci6n de un personalismo etico, Ma­ drid 2001. Oltre che su P. F. STRAWSON, Individuos. EnsC!Jo de metafisica descriptiva, Madrid 1989.

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Per quanto riguarda Strawson, è centrale la sua cri­ si per caratterizzare la persona mediante quei predicati di tipo materiale e personale che si assegnano agli stati di coscienza e che descrivono le caratteristiche corporee. A quelle fenomenologiche e a quelle analitiche fanno seguito ulteriori questioni e concetti, innanzitutto per av­ vicinarsi ad un concetto di persona - che essenzialmente non va definito, ma descritto -, capace di tutelare l'indi­ vidualità dell'esistenza umana come unità, e in particolare l'unità e unicità degli individui malgrado l'appartenenza a un'unica specie umana. Questa unità incomparabile, che appare immediatamente negli atti spirituali, vieta di inten­ dere la persona come soggettività che si realizza solo me­ diante atti: piuttosto l'uomo è persona e diventa questo o quello mediante il suo agire in libertà. Le questioni successive nel campo della filosofia ana­ litica si collegano tra l'altro alla differenza tra l'essere se stessi e l'ipseità (mismidad, ipsezdad) e le diverse alterità che in tal modo si danno, come la determinazione del momen­ to della relazione universale o della sua negazione. Amengual riassume così le sue riflessioni e sintesi critiche: La persona ci è apparsa come colui che è l'essere-nel-mondo, corporeo, sociale, dotato di linguaggio, di sentimenti, cosciente e intelligente, e inoltre la consideriamo nel suo svilupparsi in quanto soggetto dell'identità, libero, soggetto attivo epassivo, che siforma e si sviluppa sempre in una determinata cultura, dove costruisce una società nella quale si trova inserito . . .

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In tutti i caratteri essenziali dell'esistenza umana che ab­ biamo citato si mostra una radicale apertura all'altro che è segno dell'ap ettura al totalmente Altro, al Sacro, al Mi­ stero.18

b) Coscienza, essere-spirito ed essere-persona nell'antro­ pologia teologica di papa Francesco Se si passano in rassegna i testi magisteriali di papa Francesco chiedendosi in che modo le questioni filoso­ fiche discusse in questa sezione si riflettano in tali testi, l'enciclica LF sulla fede fa sorgere l'aspettativa che esse possano trovarsi proprio lì. In particolare colpisce subito l'attenzione il secondo capitolo dal titolo « Se non credere­ te non comprenderete» (cfr. Is 7,9): allora- si dirà- qui si parla di fede e verità, di conoscenza della verità e amore, di fede come ascolto e visione, di dialogo tra fede e ragione, di fede e ricerca di Dio, di fede e teologia. Dopo un'introduzione storica, all'inizio di questo se­ condo capitolo viene posta la questione della« forma di co­ noscenza propria della fede» (LF, n. 26). La risposta è che il cuore, nella Bibbia, è il centro dell'uomo, dove s'intrecciano tutte le sue dimensioni: il corpo e lo spirito; l'interiorità della persona e la sua

ap

ertura al mondo e agli altri; l'intelletto,

il volere, l'effettività. Ebbene, se il cuore è capace di tenere insieme queste dimensioni, è perché esso è il luogo dove ci

18

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G. AMENGUAL, Antropologia filosofica, cit., 233-234.

apn·amo alla verità e all'amore e lasciamo che ci tocchino e ci tra.formino nel profondo. (Ivi)

In che modo qui viene definito il cuore? In primo luo­ go come il centro nel quale si raccolgono le «dimensioni», cioè le caratteristiche fondamentali dell'esser-ci umano che creano queste dimensioni, e dove tali forme attuative si incontrano senza per questo trasformarsi in qualcos'al­ tro, un po' come delle linee in un punto, ma hanno il loro principio di unità nella loro pluralità. Pertanto in seguito il cuore viene inteso come la capacità fondamentale di «te­ nere insieme queste dimensioni», vale a dire di portarle ad un'unità, ad una cooperazione. Questa capacità si fonda sul fatto che è il luogo «nel quale ci apriamo alla verità e all'amore». Queste affermazioni (aprirsi alla verità, aprirsi all'a­ more) le abbiamo già trovate nelle riflessioni filosofiche sull'antropologia, in quel caso tuttavia come frutto di un processo di mediazione più lungo, nel quale si trattava in­ nanzitutto dell'immediatezza della coscienza, della rifles­ sione mediata che così era resa possibile, dello sviluppo dell'essere se stessi e dell'incontro con gli altri nel loro mondo estraneo. A partire da questo poi entravano in gio­ co, ogni volta con accento diverso, le questioni della verità e dell'amore come un essere e uno stare in sé o nell'altro. Si era anche detto che in tutto questo processo si trat­ ta di un «venire toccati» e di un «trasformar-si».

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Il curioso distacco delle affermazioni sulla fede che è unita all'amore,. diviene chiaro se nel seguito si legge del fondamento di questa affinità: «Chi ama capisce che l'a­ more è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata . . . Si tratta di un modo relazionale di guardare il mondo, che diventa conoscenza condivisa, visione nella visione dell'altro e visione comune su tutte le cose» (LF, n. 27). Nel numero seguente si spiega: « Questa scoperta dell'amore come fonte di conoscenza, che appar­ tiene all'esperienza originaria di ogni uomo, trova espressione autorevole nella concezione biblica della fede. Gustando l'amore con cui Dio lo ha scelto e lo ha generato come popolo, Israele arriva a comprendere l'unità del disegno divino, dall'origine al compimento» (LF, n. 28). Se però dal testo citato della LF si passa agli altri do­ cumenti magisteriali di papa Francesco, si constata che i punti che abbiamo toccato nella riflessione filosofica vi trovano una presenza del tutto differente.. Non sono la­ sciati da parte, non vengono saltati, ma risaltano in un contesto negativo, nella rappresentazione dei dolori, delle imperfezioni, delle ingiustizie in cui vivono gli uomini; ed emergono nelle descrizioni di quelle sfide a cui il Vangelo invita e incoraggia, risaltano negli esempi quotidiani in cui le persone credenti li realizzano e li attuano con luce e gio­ ia. Riprendiamo come esempio EG, alla seconda sezione del secondo capitolo: «Tentazioni degli operatori pastora­ li» (nn. 76�109). 84

Il distacco dal testo che abbiamo citato sopra trova la sua espressione più forte però quando si dice: «La fede conosce in quanto è legata all'amore, in quanto l'amore stesso porta una luce» (LF, n. 26). Qui la fede stessa di­ venta un soggetto che agisce, come l'amore, che porta una luce. Non è un Io o un Tu che crede a questo o a quello, che lo ama. La fede è totalmente oggettivata. 19 Se invece si passa agli altri documenti magisteriali di papa Francesco, i punti forti della riflessione filosofica as­ sumono tutta un'altra presenza, non vengono saltati, ma emergono naturalmente, non in una riflessione filosofica, bensì negli aspetti concreti, affrontati con immediatezza. A titolo illustrativo diamo uno sguardo ai nn. 88-92 della EG, che parlano dei rapporti nei quali e attraverso i quali si comunica la fede e viene trasmesso il Vangelo. L'ideale cristiano inviterà sempre a superare il sospetto, la sfiducia permanente, la paura di essere invasi, gli atteggia­ menti difensivi che il mondo attuale ci impone... Nel frat­ tempo, il Vang elo ci invita sempre a correre il nschio dell'in­ contro con il volto dell'altro, con la sua presenza fisica che 19 Si ha la forte impressione che il testo risa).ga ancora a papa Benedetto e ai suoi collaboratori .che hanno concepito l'Anno della fede. Le caratteristiche del testo che abbiamo osservato qui corri­ spondono stranamente all'intero percorso dell'«Anno della fede». Su questo cfr. la posizione critica sull'«Anno della fede» di S. WEN­ DEL, ,,Handle danach, und du wirst leben" - Ein Riickblick auf das ,,Jahr des Glaubens", in Herder KorrespondenZ, 67 (2013), 565-569.

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interpella, col suo dolore e le sue richieste, con la sua gioia contagiosa in un costante corpo a corpo. L'autentica fede nel Figlio di Dio fatto carne è inseparabile dal dono di sé, dall'appartenenza alla comunità, dal servizio, dalla ricon­ ciliazione con la carne degli altri. Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla n·voluzione della tenerezza.

(EG, n. 88) In questo caso si parla dell'altro come persona indi­ viduale, come di un Tu, del suo volto, della sua presenza corporea, delle sue sofferenze e delle sue aspirazioni, della sua gioia contagiosa. È presente con tutta la sua affettività. L'altro ha «sete» della salvezza, vuole essere liberato, cerca una convivenza solidale. Solo su questo piano dialogico, nello spazio della confidenza che permette di aprirsi, di aprire il proprio cuore, si può proporre all'altro la fede in Dio, il Padre che ama Gesù Cristo. In tale contesto viene detto esplicitamente: In questa predicazione, sempre rispettosa e gentile, il primo momento consiste in un dialogo personale, in cui l'altra per­ sona si esprime e condivide le sue gioie, le sue speranze, le preoccupazioni per i suoi cari e tante cose che riempiono il suo cuore. Solo dopo tale conversazione è possibile presentare la Parola. . . l'amore personale di Dio che si è fatto uomo, ha dato se stesso per noi e, vivente, offre la sua salvezza e la sua amicizia. È l'annuncio che si condivide con un atteggia­ mento umile e testimoniale di chi sa sempre imparare, con la consapevolezza che il messaggio è tanto ricco e tanto profondo che ci supera sempre. (EG, n. 128)

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Così, però, l'interlocutore di questo dialogo « sentirà più chiaramente di essere stato ascoltato e interpretato, che la sua situazione è stata posta nelle mani di Dio, e riconoscerà che la Parola di Dio parla realmente alla sua esistenza» (ivz). Questo atteggiamento, questa apertura e la comuni­ cazione della fede che ne risulta, devono tuttavia model­ lare anche la comunità dei credenti, la quale - per usare le parole di papa Francesco - « è una fraternità mistica, con­ templativa, che sa guardare alla grandezza sacra del pros­ simo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all'amore di Dio, che sa aprire il cuore all'amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono» (EG, n. 92). È in questo senso che la comunità dei credenti è« sale della terra e luce del mondo». In tal modo, i tratti fondamentali dell'antropologia filosofica si riflettono per così dire in due versioni nelle rappresentazioni della dottrina della fede offerte da papa Francesco: da un lato, nella descrizione delle sofferenze e del male nella vita personale e sociale e, dall'altro, nella descrizione delle sfide attuali attraverso il Vangelo e negli esempi che il Papa prende dalla vita delle comunità cristia­ ne e dei singoli credenti. Tanto l'elenco delle distorsioni antropologiche quanto la determinazione dell'uso corret­ to, lo aiutano a collocare queste concezioni in quella mo­ derna antropologia filosofica, che Gabriel Amengual ha elaborato a partire dalle numerose pubblicazioni sull'an-

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tropologia sotto forma di una fenomenologia strutturale dell'essere umano. La familiarità di papa Francesco con questi sviluppi dell'antropologia moderna lo aiuta anche - particolarmente per quanto concerne i fenomeni sociali - a indicare e a mettere in luce adeguatamente le minacce nella Chiesa e nella società. Così, in EG, egli parla, per esempio, di una «mondanità spirituale», che si manifesta oggi nella Chiesa come l'elemento decisamente più nocivo alla vita di fede:

Questa mondanità 20 può alimentarsi specialmente in due modi profondamente connessi tra loro. Uno è il fascino dello gnosticismo, una fide rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possa­ no confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell'immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti. L'altro è il neopelagianesimo auto­ referenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno afftdamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmentefedeli ad un certo stile catto­ lico proprio del passato. È una presunta sicureZJ,a dottri20

L'espressione è stata coniata da Voltaire davanti alle mo­ dalità produttive dell'economia industriale, che permettevano di non doversi più curare particolarmente dei poveri, in quanto questi venivano tratti dalla povertà proprio per le esigenze dell'economia.

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nale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece difacilitare l'accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entram­ bi i casi, né Gesù Cristo négli altn· interessano veramente. Sono manifestazioni di un immanentismo antropocentri­ co. Non è possibile immaginare che da questeforme ridut­ tive di cristianesimo possa scaturire un autentico dinami­ smo evangelizzatore. (EG, n. 94) 21

21

Nelle argomentazioni successive, il Papa cita tutta una se­ rie di modi di comportarsi nella Chiesa derivanti da questo atteg­ giamento fondamentale di rifiuto. Cfr. EG, nn. 95-101.

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V UNO SGUARDO AILA SITUAZIONE ATTUAI.E A PARTIRE DALLE CARATTERISTICHE FONDMIBNTALI DEll'ESISTENZA UMANA CAPITOLO

1. Note metodologiche previe Nei capitoli precedenti ci si è attenuti strettamente al metodo di lavoro descritto all'inizio. Tale metodo ci ha aiutato a scoprire le caratteristiche fondamentali dell'an­ tropologia moderna, così come esse sono sviluppate nella filosofia e nell'annuncio di fede del Papa. Anche nell'ulti­ mo capitolo sarà mantenuto il confronto comparativo tra visione filosofica e teologica, sebbene con una modifica sostanziale. Come in precedenza, riprendiamo certamente le con­ cezioni filosofiche presentate da Amengual nella seconda parte. Egli definisce la tematica che affronterà in questa parte con il termine «determinazione» (determinaci6n); e, in contrasto con la spiegazione delle strutture o dei caratteri fondamentali della moderna antropologia filosofica, spie­ ga ora che parlerà de «le capacità e i processi che pongono in primo piano l'essere dell'uomo come esistenza, come 91

progetto, come processo di sviluppo». 1 Trattandosi pro­ prio dell'evento di libertà che si compie, e in particolare in quanto è la dinamica determinante di questo proces­ so di sviluppo, in tali spiegazioni si incontra un legame al presente di tipo particolare. Le riflessioni filosofiche e le analisi fenomenologiche non riescono a cogliere l'evento empirico. Ma esistono delle strutture attuative della liber­ tà di tipo umano tipiche della nostra epoca, che posso­ no dare fondamento alla prassi empirica e manifestarsi in essa. Se si osservano i contenuti trattati da Amengual nella seconda parte delle sue riflessioni - dopo i due capitoli introduttivi sull'identità dell'uomo comunicata in modo libero e la libertà come determinazione antropologica tra­ scendentale2-vengono proposte delle riflessioni sull'agire umano, le forme del lavoro, anche di quello moderno, la tecnica e l'ozio. Amengual, poi, parla della storicità, che assume un profilo importante nella cultura, e conclude le sue esposizioni con un capitoletto sulla costruzione della società nella solidarietà. Se si mettono a confronto questi temi-i quali mostra­ no senz'altro un carattere tipico dell'epoca contemporanea -con le argomentazioni di papa Franc�sco in Evangelii gau­ dium (EG), Laudato si' (L5) eAmorz's laetitia (AL), emergono delle differenze importanti. Nel secondo capitolo di EG, G. AMENGUAL, Antropologia .filosofica, cit., 239. Qui l'autore arriva fino all'identità narrativa di Ricceur e di pensatori come Zubiri. 1

2

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papa Francesco parla della crisi attuale della vita sociale e pronuncia un «no all'economia dell'esclusione, no alla nuova idolatria del denaro; no a un denaro che governa in­ vece di servire; no all'inequità che genera violenza». A ciò segue ancora un paragrafo sulle sfide delle culture urbane. Nel terzo capitolo di Ll, dedicato alla radice umana della crisi ecologica, egli parla in particolare di: « 1. La tecnolo­ gia: creatività e potere; 2. La globalizzazione del paradig­ ma tecnocratico; 3. Crisi e conseguenze dell'antropocen­ trismo moderno». Nel secondo capitolo di AL tratta della «situazione attuale della famiglia», approfondendo quelle trasformazioni antropologico-culturali e quelle tendenze o strutture sociali, che mettono in pericolo o minacciano essenzialmente l'attuale situazione della famiglia. Tutti questi sono degli aspetti tipici della nostra epoca che modellano essenzialmente l'antropologia. Non sarebbe evidentemente adeguato applicare le ar­ gomentazioni di antropologia filosofica relative a questo campo come punto di orientamento per presentare le cor­ rispondenti questioni nell'antropologia filosofica di Fran­ cesco. La causa di tale inadeguatezza non può essere nean­ che facilmente addossata all'autore di Antropologia ftlosoftca. Uno sguardo alla voce «denaro» o «economia» dell'ampio e altamente rinomato Historisches Wiirterbuch der Philosophie, nel caso del primo lemma trova un brevissimo articolo e pochissimi nomi di filosofi che hanno preso particolar­ mente posizione su tutto questo. Nel caso della seconda voce, si trova per esempio solo un articolo relativamente

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breve sull'etica in economia, in cui hanno preso un posto importante gli autori decisivi della dottrina sociale cattoli­ ca e di quella evangelica nata come reazione all'altra. In questo capitolo teniamo conto di tali rapporti mu­ tati tra antropologia filosofica e teologica, offrendo da un lato un riassunto molto sommario delle dottrine filosofi­ che proposte e, dall'altro, accompagnando la presentazio­ ne delle questioni corrispondenti negli scritti dottrinali di papa Francesco con la domanda su quale sia il fondamen­ to di queste affermazioni, che sono senz'altro essenziali per l'antropologia teologica. 2. La situazione sociale attuale dalpunto di vista dell'antropologia ftlosoftca Prima di iniziare la nostra presentazione occorre li­ berare il campo da un fraintendimento: non si tratta di chiedere al filosofo una presentazione dal punto di vista sociologico della situazione sociale, quanto piuttosto di sentire quello che ha da dire come filosofo riguardo al processo che gli uomini realizzano nel loro esistere qui e ora in questa epoca. Una prima risposta viene data nei primi due capitoli: in primo luogo l'identità, sia (in particolare) quella di tipo personale, sia l'identità dei gruppi è sempre pensata in un processo di costruzione. ' L'«identità non è una collezione di caratteri posseduti dall'individuo. È l'io inteso riflessivamente dalla persona 94

in funzione della sua biografia». 3 Ciò comprende la co­ scienza dell'identità nel tempo e nello spazio. In questa unità sono ugualmente integrati e da integrare gli eventi che accadono, l'intera continuità biografica, e così l'identi­ tà si identifica con una cultura, un gruppo, ecc. Tale iden­ tità tuttavia è sempre pensata in un processo di sviluppo. Per un approccio storico attraverso le proposte filosofi­ che, l'autore fa riferimento, particolarmente per l'ultimo periodo, a Erik:. H. Erik:.son. Egli mette a confronto una serie di filosofi analitici che si ispirano a Strawson, e porta infine all'identità narrativa, così come viene concepita da Paul Ricceur. 4 Amengual li riassume così: « 1. L'io non è frutto di qualcosa di immediato, ma è frutto di una me­ diazione e di una riflessione. 2. La dialettica tra ipseità e alterità fa parte dell'identità personale. L'alterità è costi­ tutiva della stessa ipseità». 5 Entrambi i momenti si danno analogamente nel caso di gruppi umani, che costituiscono la propria identità - un noi specifico - in maniera simile. La seconda affermazione centrale relativa all'uomo, all'umanità nel suo esserci, che viene proposta dal filosofo, dice - e l'autore modifica qui leggermente l'asserzione di Hegel: «L'essenza dell'uomo è la libertà». 6 L'autore descriG: AMENGUAL, Antropologia filosofica, cit., 243. Cfr. P. RicCEUR, Sé come un altro, Daniela Giannotta (ed.), Jaka Book, Milano 1993 (or. fr. Soi-meme comme un autre, Paris 1990). 5 G. AMENGUAL, Antropologia filosofica, cit., 255. 6 Hegel in realtà parla dell'essenza dello spirito. Cfr. Ibidem, 257. 3

4

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ve le interpretazioni filosofiche dall'antichità e del medio­ evo fino a Heidegger, parlando poi della libertà come di un « trascendental antropologico». 7 Per questo distingue la libertà dell'essere ovvero la libertà costitutiva dell'uomo dalla libertà di agire. 8 In tal senso, egli definisce la libertà come la capacità di realizzare la totalità e la definitività dell'esistenza umana. 9 Infine parla del trascendentale del­ la libertà mediante il contatto con il mistero: «In questa apertura, caratteristica della libertà ... l'uomo sperimenta il suo originario essere toccato da quel mistero che ab­ braccia tutta l'esistenza, che chiamiamo Dio, e che si trova già sempre in questa apertura della libertà e dell'esperienza della libertà. D'altra parte, se l'uomo afferma la chiamata alla responsabilità che è insita nella libertà, sperimenta l'e­ sigenza, la chiamata di tale mistero». 10 Su questo sfondo dell'essere-nel-mondo dell'uomo, della sua identità personale e della sua libertà alla luce della propria esistenza personale e sociale, l'autore offre al letto­ re una panoramica sulla visione odierna del lavoro e della tecnica. L'itinerario conduce attraverso la filosofia dell'agi­ re nell'antichità della filosofia greca (poiesis e praxis), il carat7 8

Ibidem, 269.

L'autore riprende così un'espressione di Johann Baptist Metz: Freiheit als philosophisch-theologisches Grenzproblem, in Gott in We!t, FSfar Karl Rahner, Freiburg 1964, 287-314. 9 G. AMENGUAL, Antropologia ftlosoftca, cit., 273. 10 Ibidem, 275.

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tere personale e sociale dell'agire, le prime determinazioni del lavoro come labor improbus e dell'«attività libera» - non senza la mediazione del cristianesimo. Insieme a Hegel, con la sua dialettica «padrone-servo», l'autore definisce il lavoro moderno come caratterizzazione dell'uomo, che poi Marx interpreterà come trasformazione delle struttu­ re sociali. Solo dopo, Amengual aggiunge delle riflessioni sulla tecnica, che in quanto strumento porta innanzitutto alla produzione di strumenti, e parla infine della fusione tra scienze della natura e tecnica, interpretandola con Haber­ mas: « [La razionalità) ha meno a che vedere con la cono­ scenza e l'acquisizione del sapere che con il modo con cui i soggetti capaci di parlare e di agire applicano il sapere».11 Ne risulta allora che la cultura attuale consiste in una vita nella «tecnopoli», la cultura in cui vivono gli uomini. Sotto tutti gli aspetti essa è modellata dalle tecnologie che deter­ minano lo stile di vita e il pensiero degli uomini e, d'altra parte, si sviluppa in forme diverse, poiché la cultura viene caratterizzata di volta in volta dai differenti ambienti di vita e dalle tradizioni storiche. 3. La situazione sociale attuale e la sua valutazione in Evangelii gaudium, Laudato si' e Amoris laetitia Già in precedenza si è fatto riferimento in tale conte­ sto ai passi tratti dagli scritti dottrinali di papa Francesco 11 Citato da Ibidem, 303, preso da J. HABERMAS, Theorie des kommunikativen Handelns, Frankfurt am Main 1981, 2 voli.

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che sono oggetto della nostra indagine. Tali testi saranno presentati ora, facendo particolare attenzione a EG. Al primo posto è stato citato il secondo capitolo dell'esortazione apostolica EG. L'introduzione a questo capitolo tratta dei metodi teologici che stanno alla base della valutazione della situazione sociale attuale. Per dare un orientamento all'azione in senso evangelico è necessa­ ria una descrizione del «contesto nel quale ci tocca vivere ed operare» (EG, n. 50): in tal modo si definisce l'obietti­ vo. Ciò vuole forse dire che il Papa richiede delle ulterio­ ri ricerche sociologiche per proporre una nuova propo­ sta risolutiva in questo contesto valutativo così discusso? Non è questo né il senso né l'intenzione di quello che dice. Francesco, piuttosto, punta il dito contro quell'«eccesso diagnostico» che non sempre è accompagnato da delle proposte risolutive veramente realizzabili, ma che condu­ ce solo ad una presa di posizione «ipoteticamente neutrale e asettica». Papa Francesco desidera piuttosto prendere una decisione spirituale sulla base del Vangelo e orien­ tarsi con i «segni dei tempi». Egli rifiuta decisamente di «offrire un'analisi dettagliata e completa della realtà con­ temporanea», ma allo stesso tempo gli sembra di vedere nella situazione o nelle situazioni date la presenza di segni, «giacché alcune realtà del presente, se non trovano buone soluzioni, possono innescare processi di disumanizzazio­ ne da cui è poi difficile tornare indietro». Partendo da tali segni presenti nelle stesse situazioni, «è opportuno chiari-

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re ciò che può essere un frutto del Regno e anche ciò che nuoce al progetto di Dio» (EG, nn. 50-51). Il discernimento degli spiriti è un termine della tra­ dizione spirituale monastica, ripreso da Ignazio di Loyola negli Esercizi Spirituali, nei quali si tratta di decidersi con­ cretamente per una vita dedicata alla gloria di Dio a secon­ da della vocazione personale, e in particolare in considera­ zione delle possibilità concrete. Il concetto di discernimento degli spiriti è stato intro­ dotto da Giovanni XXIII durante i lavori del Vaticano II (Gaudium et spes, n. 4, GS). Nella GS, tale compito è descrit­ to così: «Per svolgere questo compito, è dovere permanen­ te della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro re­ lazioni reciproche. Bisogna infatti conoscere e comprende­ re il mondo in cui viviamo, le sue attese, le sue aspirazioni e il suo carattere spesso drammatico» (GS, n. 4). Tutto ciò risulta in gran parte estraneo all'uomo mo­ derno, derivando per lui da una tradizione ecclesiale con cui non ha familiarità e nei confronti della quale nutre pertanto diffidenza. Cosa sta dietro tali parole? E in che modo? In poche righe stringate, Francesco delinea, sul­ la base della sua posizione sulla situazione sociale - così come essa è stata rappresentata parlando della «tecnopo­ li» nell'ambito dell'antropologia filosofica - quello che tali parole e indicazioni pratiche significano per lui.

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Innanzitutto (EG, n. 52), egli descrive la svolta storica epocale nella quale vive l'umanità di oggi: «Si devono lo­ dare i successi che contribuiscono al benessere delle per­ sone, per esempio nell'ambito della salute, dell'educazione e della comunicazione». A questi esempi si potrebbero ag­ giungere altri aspetti, come per esempio un innalzamento del livello di benessere per molti. Ma proprio in riferimen­ to alla moderne tecnologie e alla formazione della «tecno­ poli» come anche al potere determinante della tecnologia, capace di segnare sempre più profondamente la cultura, interviene un processo di «esclusione» (EG, n. 53). Sicco­ me la formazione della «tecnopoli» è un processo stori­ co, esso stesso pensato in divenire, si pone il problema di come gli uomini possano essere integrati in tale processo e di come de facto Io siano, oppure ne siano esclusi in base alla loro origine, alla loro formazione, ecc. Per chi una vol­ ta è stato escluso, tuttavia, in pratica difficilmente vi sono delle possibilità reali di integrarsi con le sole proprie forze nella «tecnopoli». E qui papa Francesco ha qualcosa di nuovo da dire: « Con l'esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l'appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza po­ tere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono "sfruttati" ma rifiuti, "avanzi"» (EG, n. 53). Sono questi uomini e donne della situazione attuale, della realtà. Ma sono anche sot­ to gli occhi degli abitanti della «tecnopoli», i quali spesso 100

non li vedono più: sono diventati loro indifferenti, 12 per­ ché tutta la loro energia vitale viene impiegata nei rapporti di vita e nelle strutture date della «tecnopoli». Di qui sorgono gli interrogativi personali circa ciò che e il modo in cui il singolo può fare, e de facto fa, qui e ora, per contrastare questo pericolo di una disumanizzazione sempre più consistente. Non si tratta più di chiedersi: «Che si dovrebbe fare?», ma: «Che cosa faccio io? Che cosa fac­ ciamo noi?». Nel discernimento degli spiriti va presa una decisione. Questa medesima struttura e argomentazione, che viene presentata nel caso dell'economia e della tecno­ crazia, viene applicata relativamente al sistema monetario stabilito nella società. Nelio stesso sistema finanziario si trova una forte tendenza alla «divinizzazione del denaro», nella misura in cui tale sistema si dimostra dominante su altri contesti sistematici che si trovano nel sistema grazie all'enorme concentrazione di potere. «Il denaro regge il mondo». È un lotta per le misure di controllo di regole e leggi statali per mantenere utile nel complesso il sistema In EG, n 54, Francesco parla di una «globalizzazione dell'indifferenza»: «Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci compete ... mentre tutte queste vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che non ci turba in alcun modo». 12

101

bancario, tenendo di vista l'interesse comune, e per non agevolare ancora la formazione di patrimoni giganteschi. Il terzo esempio di Francesco è infine il «no» detto all'inequità sociale, che produce violenza. Qui si riflettono le ricche esperienze avute in America latina e i temi sociali centrali che gli sono propri. Tali argomentazioni nell'ambito di un'antropologia teologica presuppongono la familiarità con i grandi svi­ luppi della storia dell'umanità che si possono cogliere mediante la filosofia e a cui si deve dare fondamento per mezzo della sociologia e delle altre scienze. In secondo luogo, tale argomentazione presuppone che si veda e si valuti il limite interiore di un processo di sviluppo liberale e del genere umano. Ma questo limite appare proprio a coloro che per questo sono danneggia­ ti, ostacolati, respinti. Qui assume valore !'«opzione per i poveri». In terzo luogo, si presuppone anche che in questa formazione di giudizio sia compresa la stessa valutazio­ ne morale, la valutazione del bene e del male - davanti al «volto di Dio», vale a dire davanti a un bene supremo non determinato ideologicamente, ma scaturente da una libertà umana a cui si dà il proprio assenso incondizionato. La visione di Gesù di questa data situazione dell'uo­ mo, la visione che nella fede ne hanno i discepoli, si mo­ stra a tale riguardo, dal punto di vista formale, come uno sguardo capace di vedere sia gli aspetti trascendentali sia quelli empirici nella loro affinità; allo stesso tempo è caratterizzata dall'unità del modo di vedere «teorico» 102

e «pratico», cioè etico, e in particolare in modo tale che queste differenti prospettive non si mescolino tra loro e ne nascano delle deduzioni fuorvianti. Riguardo alle argomentazioni ugualmente esposte in precedenza sulla radice umana della crisi ecologica nell'Enciclica Ll, si tratta - talora con piccoli spostamen­ ti di accento - della stessa struttura argomentativa. Papa Francesco parla dello sviluppo della tecnoscienza, che ha portato a numerosi effetti positivi, ma allo stesso tempo ha rappresentato anche un accumulo di potere nelle mani di pochi, un fatto finora sconosciuto e capace di deter­ minare il futuro globale. La crisi ecologica attuale, però, non si può semplicemente risolvere con «un rimedio tec­ nico per ogni problema ambientale che si presenta» (Ll, n. 111). Il rimedio può essere varato solo in modo tale che sia al servizio dell'uomo mediante la trasformazione dello stile di vita, della tecnica continuamente rinnovata e me­ diante altre forme appropriate. «L'autentica umanità, che invita a una nuova sintesi, sembra abitare in mezzo alla civiltà tecnologica, quasi impercettibilmente, come la neb­ bia che filtra sotto una porta chiusa» (Ll, n. 112). Ciò può essere solo il frutto di una nuova spiritualità integra, che nella quotidianità e nelle grandi questioni pubbliche sia basata sul discernimento degli spiriti e sulle realizzazioni corrispondenti. Per questo appaiono molto appropriate le argomentazioni di AL riguardo alla crisi del matrimonio e gli interrogativi sulla riuscita delle nozze cristiane. 103

OSSERVAZIONE CONCLUSIVA

Il titolo della presente ricerca è: Uomini secondo Cristo oggi. L'antropologia di papa Francesco. Il risultato ottenuto nel corso di un processo di indagine cauto e sistematicamente critico è che nei testi di annuncio dottrinale di papa Fran­ cesco appare una recezione teologica della antropologia filosofica moderna, che allo stesso tempo rivela una pro­ pria metodica. Da questo derivano - ma non è stato possibile svi­ lupparle in questa sede - nuove interpretazioni e forme di recezione dei grandi capolavori della riflessione filosofica di Platone e Aristotele come della riflessione teologica di Tommaso. Tali relazioni non sono state notate né dalla filosofia illuminista né dalla scolastica barocca o dalla ne­ oscolastica. La nuova antropologia teologica mostra così delle notevoli differenze rispetto alla forma tradizionale. Per quello che vedo, la sua accoglienza ed elaborazione nella dogmatica e nell'annuncio attuali sono solo agli inizi. Nell'annuncio magisteriale di papa Francesco sono pre­ senti dei testi che indicano la direzione da seguire.

105

INDICE

Abbreviazioni. . . Prefazione alla collana

4 5 CAPITOLO

I

1. Introduzione. . . . . . . . .

11 11

2. Considerazioni sul metodo di questo saggio.

22

CONSIDERAZIONI PREVIE SUL J\.IBTODO

CAPITOLO

II

LE CARATTERISTICHE FONDAMENTALI DELL'ANTROPO­ LOGIA TEOLOGICA NEGLI SCRITTI MAGISTERIALI DI .

27

1. L'essere-nel-mondo: ilpunto dipartenza della questione dell'uomo nell'antropologia filosofica . . . . . .

27

PAPA FRANCESCO .

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2. Come si mostra ilfenomenofondamentale nelle affermazioni del' antropologia teologica di papa Francesco?

29

3. L'essere-nel-mondo dell'uomo, basato e illuminato dal Vangelo: ilpunto di approccio di una moderna antropologia teologica . . . . . . . . . . . . .

35

107

III

CAPITOLO

LA SECONDA CARATTERISTICA FONDAMENTALE DELL' AN.

41

La caratterizzazione filosofica della corporeità

41

Osservazioni sulla «corporeità)> nel contesto degli scritti magisterialipontifici. . . . . . . . . . . .

46

Osservazioni sul fenomeno della corporeità nel documento postsinodale Amoris laetitia . . . . . .

54

TROPOLOGIA MODERNA: LA CORPOREITÀ . 1. 2.

3.

IV

CAPITOLO

LE CARATTERISTICHE FONDANTI NELL'ESSERE UMANO NELLA «CORPOREITÀ»: L'AFFETTIVITÀ (AFFECIIVI­ DAD), LA LINGUISTICITÀ, L'ESSERE SPIRITO E PERSONA NELL'ESSER-CI UMANO . 1.

.

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.

.

61

L'cif.fettività (affectividad) come modalità di base dell'essere umano . . . . . .

61

2.

La linguisticità dell'esser-ci umano

65

3.

L'uomo: spirito ed essere-persona

.

75

CAPITOLO

V

UNO SGUARDO AilA SITUAZIONE ATIUAIE A PARTIRE DALLE CARATTERlSTICHE

1.

FONDAMENTALI DELL'ESISTENZA

UMANA . . . . . . .

91

Note metodologiche previe

91

108

2. La situazione sociale attuale dal punto di vista dell'antropologia ftlosoftca . . . . . . . . . . . .

94

3. La situazione sociale attuale e la sua valutazione in

Evangelii gaudium, Laudato sì e Amoris laetitia

97

OSSERVAZIONE CONCLUSIVA .

105

Indice. . . . . . . . .

107

Peter Hiinermann

N

ato a Berlino nel 1929, ordinato

sacerdote nel 1955, ha studiato presso la Pontificia Università Grego­ riana ed è stato docente universitario

di dogmatica a Friburgo (Germania), Miinster, Tubinga. È stato tra le altre cose presidente fondatore della Asso­ ciazione europea per la teologia catto­ lica e della Rete di associazioni per la teologia cattolica (INSeCT). È membro dell'Istituto di scienze religiose di Bolo­ gna, professore onorario alla Pontificia Università cattolica Boliviana di Cocha­ bamba ed è stato titolare della Cattedra Portman presso l'università di San Die­ go (Usa) nel 2003.

I 1111

ISBN 978-88-266-0053-6

9 788826 600536