Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell'antica Roma 9788898615353

Attraverso la lettura di 33 passi delle fonti giuridiche giustinianee, in cui sono rappresentati vari rapporti e relazio

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell'antica Roma
 9788898615353

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QUADERNONI URBINATI DI DIRITTO ROMANO

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Anna Maria Giomaro

PROBLEMATICHE GENERALI SU OBBLIGAZIONI E CONTRATTI NELL’ANTICA ROMA

TUTTI I DIRITTI RISERVATI Vietata la riproduzione anche parziale © Aras Edizioni 2014 ISBN 978-88-98615-35-3 Aras Edizioni srl, Fano (PU) www.arasedizioni.com – [email protected] © Illustrazione di copertina di Cecilia Marino

INDICE

Premessa 7 Due note introduttive molto pratiche 9 1. Solutio indebiti (Gai, institutiones 3,91) 15 2. Rappresentanza processuale e dolo (D. 44,4,4,18 di Ulpiano ad edictum) 18 3. Mutuo? O che altro? (D. 12,1,18 pr.-1 di Ulpiano, le disputationes) 23 4. La casa incendiata in tutto, in parte (D. 18,1,57pr.-3 di Paolo, nel libro 5 ad Plautium) 27 5. Errore (D. 18,1,9 pr.-2 di Ulpiano, ad Sabinum, e I. 3,19,23) 34 6. Mandato (D. 17,1,5 pr.-3 di Paolo, ad edictum) 38 7. Le variae causarum figurae (D. 44,7,5,5, dai libri aureorum di Gaio) 42 8. Il termine (D. 12,4,3,3 di Ulpiano; e in subordine D. 12,7,1 e C. 4,26,7,3) 49 9. La clausola penale (D. 19,1,28, Iulianus l. 3 ad Urseium Ferocem) 55 10. Condizione e redhibitio (D. 21,1,43,9 di Paolo, l. 1 ad edictum aedilium curulium) 59 11. Constituta pecunia (D. 13,5,31 dai digesta di Scevola) 64 12. Cosa da stimare (D. 13,6,10,1 dal libro 29 ad Sabinum di Ulpiano) 69 13. Le perle stimate (D. 19,5,17,1 dal libro 28 ad edictum di Ulpiano) 74 14. Cavalli e mule in prova (D. 19,5,20 pr.-1 di Ulpiano) 77 15. In società: quidam sagariam negotiationem coierunt (D. 17,2,52,4) 83 16. Documenti non restituiti (D. 17,1,8 pr. di Ulpiano, ad edictum, e 47,2,27 pr. ancora di Ulpiano, ad Sabinum) 86 17. La responsabilità nel comodato (D. 13,6,5,7 di Ulpiano) 89 18. Spese necessarie (D. 13,7,8 pr., dai libri ad Sabinum di Pomponio) 93 19. Topi nei lavatoi! (D. 19,2,13,6 dai libri ad edictum di Ulpiano) 97 20. Un deposito oppure un mutuo? (D. 16,3,24, Papinianus libro nono quaestionum) 101 21. Mutuo e stipulatio (D. 47,2,7 di Pomponio; D. 47,2,6,1 di Ulpiano) 105 22. Il monumento nella via Salaria (D. 35,1,27, Alfeno nel libro 5 dei suoi digesta) 110 23. Impossibilità sopravvenuta (D. 45,1,56,8, Giuliano nel libro 52 dei digesta) 113 24. La causa in concreto: etiam id quod eo nomine perdiderim (D. 19,1,6,4, Pomponio ad Sabinum) 117 25. La buona fede nel deposito (D. 16,3,31, Trifonino, le disputationes) 122 26. Litteris obligatio fit (Gai. 3,128-133) 131 27. Un patto di anticresi (D. 13,7,39, Modestino nel libro 4 dei responsa) 136 28. Il mercante di segale (D. 47,2,52,11 di Ulpiano) 140 29. Una lex commissoria (D. 18,3,2 di Pomponio, dai libri ad Sabinum) 143 30. In lege emptionis dictum est (D. 19,1,13,14) 146 31. Vendita? O locazione? (Giavoleno dal libro 5 ex posterioribus Labeonis, D. 18,1,79) 150 32. Falsus procurator (D. 47,2,81,5 di Papiniano, quaestiones, libro 5) 154 33. Condizione risolutiva e clausole contrattuali (D. 18,1,40 pr., Paolo nel libro 4 dell’epitome dei digesta di Alfeno) 158

PREMESSA

Questo “quadernone” vorrebbe essere il primo di una sequenza di strumenti scientifici e didattici – in particolare (ma non solo) per la didattica a distanza – cui si è pensato nel corso di questi ultimi anni, e che sono stati anche ampiamente sperimentati sulle pagine dei precedenti Percorsi guidati. Metodologia di analisi giuridica, es@, Pesaro 2005 e nei Nuovi percorsi guidati, Aras Edizioni, Fano 2012. Si tratta di una raccolta di “casi” (come tante ce ne sono nella letteratura romanistica) cui si è voluto aggiungere un’ipotesi, pur sempre discutibile, di percorso argomentativo. Il tutto sorretto anche dal mezzo informatico. In tal modo da ciascuno dei passi presi in esame non si trae soltanto la considerazione analitica dei singoli problemi ed istituti (che, commentato in un costante rapporto con il presente, è mera verifica di una precedenza storica), ma di volta in volta un percorso di pensiero che indaga, che interpreta, che confronta cercando nelle soluzioni antiche le basi (le colonne) cui ancorare ancora la nostra modernità. Peraltro, sia nella ricostruzione dei singoli casi ed episodi, sia nei suggerimenti di trattazione istituzionale cui si accede attraverso i diversi collegamenti ipertestuali, dietro l’aspetto didattico si possono cogliere da un lato i doverosi cenni su contrapposizioni dottrinarie e le autonome posizioni di pensiero, dall’altro interessanti basi di riflessione e spunti embrionali di interesse e curiosità protesi verso eventuali ulteriori approfondimenti. Pertanto si può ben dire che i “Quadernoni urbinati di diritto romano” si propongono due obiettivi, uno didattico ed uno di ricerca. Nella prospettiva didattica intendono rispondere alla delusa constatazione delle difficoltà di un approccio da parte degli studenti che non sia “favolistico”, alla necessità di una preparazione anche autonoma degli stessi studenti (attraverso il supporto telematico del CD), al tentativo di suggerire una valutazione dei casi immediatamente drammatica ed operativa, nella quale risulti in prima evidenza la conflittualità degli interessi, e conseguentemente delle argomentazioni delle parti coinvolte, sempre nella consapevolezza della diretta discendenza del diritto attuale dalle radici romane. Al contempo, nella prospettiva della ricerca, le pause di riflessione e di pensiero che la redazione grafica comporta, e la stessa trattazione schematica dei problemi svolti nell’ambito della necessaria rivisitazione frequente anche se elementare (perché didattica), consentono di ottenere spesso interessanti e originali spunti di ricerca che possono portare ad ulteriore sviluppo. Non è un caso che da queste prime note siano derivati da parte dell’Autrice anche altri studi, come dall’analisi di Gai 3,91 (Indebiti solutio) le riflessioni su Unde quidam putant (Gai. 3.91): non solo critica alla bipartizione, non solo traccia dell’evoluzione concettuale di contractus (in «Studi in onore di Remo Martini», II, Giuffré, Milano 2008), o come Ipotesi di anticipazione della tutela nel diritto romano (in «Diritto romano attuale» 21-22, 2009) da D. 9,3,5,12, Ulpianus l. 23 ad edictum. Non è un caso che nelle sezioni del diritto commerciale romano (su cui il “Quadernone” n. 2) trovino spazio i passi che hanno costituito il primo spunto di una più ampia indagine su problematiche connesse al prestito marittimo (D. 14,1,7 pr. di Africano per il saggio Mutuo, inadempimento e onere della prova nel diritto commerciale romano, del 2012; D. 45,1,122,1 di Scevola per altro interessante ripensamento su altri aspetti dello stesso tema, in corso di ultimazione), o quelli che hanno ispirato la ricerca Dall’instruere all’instrumentum e viceversa nell’economia della Roma antica, del 2013.

Attraverso la lettura (e le conseguenti riflessioni) di 33 passi delle fonti giuridiche giustinianee, in cui sono rappresentati episodi di rapporti e relazioni negoziali intercorsi fra gli antichi

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

abitanti dei territori di Roma, il “Quadernone” n. 1 (“Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma”)1 vuole offrire la rappresentazione dello svolgersi della vita del diritto nell’antichità (in particolare in tema di obbligazioni e contratti), e al contempo (e soprattutto) cerca di ordinare in sistema, secondo le linee della sistematica dei Romani, quelle esperienze, sottolineandone la continuità ideale con le esperienze analoghe del diritto di oggi. In ognuno dei 33 casi viene analizzato un passo principale (e altri, magari, di contorno) e da esso, attraverso un itinerario di richiami, teorie e riflessioni, la costruzione della “regola”, nonché, al contempo, spesso, la sua “deroga”, la quale poi consiste nell’adattamento della regola stessa alle esigenze della vita. Scrive Carlo Beduschi che “paradossalmente, il percorso storico della giurisprudenza romana, che ha prodotto un diritto tutto costruito di regole, si era concluso con una affermazione singolare: il diritto non si deve desumere dalle regole, ma sono le regole che devono essere formulate sulla base del diritto”; e che “l’interesse per il diritto romano non viene quindi dalle regole in sé, ma dai percorsi di pensiero che le hanno portate in luce, con una avvedutezza che le ha rese praticabili ancora oggi, a duemila anni di distanza […] L’idea oggi corrente, secondo cui per fare una regola basta votare una legge, è del tutto fuorviante e non consente di distinguere il diritto dalla politica, la politica dal voto di maggioranza, ed il voto di maggioranza dalla occasionale combinazione degli interessi più disparati, come tutti possono constatare quotidianamente” (Beduschi, I principi fondamentali del diritto romano, Parma 2013, Premessa). I passi esaminati sono noti (e come potrebbero non esserlo in quanto espressione di un ordinamento che è vivo da duemila anni?), e spesso già più volte oggetto di analisi e portati ad esempio nei secoli, ma ancora capaci di sempre nuove implicazioni, di essere riguardati con occhi diversi, di dare conforto alla sapienza del passato, ma anche di proiettarsi con forza chiarificatrice nel presente di oggi e verso il futuro. Per ciascuno la trattazione proposta (che lascia comunque spazio, slide per slide, anche a diverse letture ed interpretazioni) suggerisce o può suggerire nuove e più ampie direzioni di indagine. E queste si possono muovere talora nella stessa linea del tema (così, per esempio, relativamente alle tutele offerte per garantire la correttezza nelle trattative precontrattuali a fronte dell’impossibilità della tutela del contratto non ancora stipulato, nel n. 4, e nel n. 14); o in rapporto alle problematiche dell’indebito, nel n. 1, e nel n. 32; o per le ipotesi appena accennate sulla natura dei nomina transcripticia antichi e l’applicazione successiva della transcriptio nel n. 26; ecc.). O possono proporre, all’opposto, qualche originale spunto di pensiero a chiarimento di temi diversi (come, un esempio per tutti, il tema del valore delle leges contractus a fronte della loro rappresentazione formale, di cui c’è traccia nel n. 11, nel n. 30 e nel n. 33).

1 Il presente “Quadernone” riprende in gran parte (ma non totalmente) i casi del capitolo 1 e 2 del nostro Nuovi percorsi guidati. 1. Problematiche contrattuali (Aras Edizioni, Fano 2012) che si ricollegava, a sua volta (e anche in questo caso non totalmente), alla sezione “Obbligazioni e contratti” del nostro Percorsi guidati. Metodologia di analisi giuridica, es@, Pesaro 2005 (in collaborazione Corrado Brancati). Non si tratta comunque di una mera riproduzione, ma spesso di una nuova interpretazione, in cui, fra l’altro, ai casi già oggetto delle edizioni precedenti se ne aggiungono altri, fino a giungere al numero di 33.

DUE NOTE INTRODUTTIVE MOLTO PRATICHE 1. De methodo ac ratione studendi 2. Le partes formularum

De methodo ac ratione studendi libri tres Lugduni, apud Theobaldum Paganum M. D. XLIII.

•  Nel De methodo ac ratione studendi, che non è un testo teorico ma è un manuale pratico a uso degli studenti, Gribaldi si mantiene fedele al tradizionale mos italicus ma riconosce insieme la validità degli indirizzi dei moderni umanisti «Budaeus, Zasius et Alciatus, viri immortalitate digni»- intendendo piuttosto «ricongiungere l'eredità scientifica del “bartolismo” con le nuove acquisizioni del movimento umanistico», conservando «quella base razionalistica» che è il vanto della tradizione italiana. Il suo metodo è da lui riassunto in un famoso distico: •  « Praemitto, scindo, summo, casumque figuro, Perlego, do causas, connoto et obiicio » (De methodo, I, c. XIV, pp. 95-98)

Matteo Gribaldi Mofa (o Moffa) •  nato a Chieri (TO) nel 1505 circa; morto a Farges nel 1574 •  autore del De methodo ac ratione studendi libri tres

1° fase praemitto = premetto le considerazioni generali e l’inquadramento sistematico del testo scindo = divido in parti, e considero isolatamente i vari punti e istituti summo = riunisco le parti

casum figuro = mi rappresento il caso, l’episodio, il fatto 2° fase perlego = rileggo il testo nella sua unità do causas = spiego le ragioni e gli scopi della legge seguendo il criterio dialettico aristotelico delle quattro cause, materiale efficiente - formale - finale connoto = arricchisco di connotazioni, obiezioni e teorie contrarie obicio = controbatto le contestazioni precedenti

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

LE PARTES FORMULARUM

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo di partenza (Gai 4, 39) Evoluzione della procedura in Roma Legis actiones: caratteristiche Legis actiones: tipi (e … segue) Processo formulare: la formula Processo formulare: la procedura (e … segue) Cognitio extra ordinem: caratteristiche (e … segue) Ritornando al testo iniziale: la formula Le sue partes Demonstratio Intentio, 1 (e 2) Intentio certa e incerta Adiudicatio, 1 (e 2) La condemnatio, 1 (e 2, e 3) Ulteriori elementi (partes) della formula

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Gaio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Le Dodici Tavole – VARIE • Petitio actionis – PROCESSO • Azioni in ius e in factum – PROCESSO • Denegatio actionis – PROCESSO • In ius vocatio – PROCESSO • Litis contestatio – PROCESSO • Giudice – PROCESSO • Appello – PROCESSO • Aulo Agerio e Numerio Negidio – PROCESSO • Poteri del giudice nella condemnatio – PROCESSO • Praescriptio – PROCESSO • Exceptio – PROCESSO • Fictio – PROCESSO • Litis aestimatio – PROCESSO • Taxatio (v. Litis aestimatio) – PROCESSO • Clausola restitutoria – PROCESSO

Due note introduttive molto pratiche

Il testo di partenza •  Gai. 4,39. •  Partes autem formularum hae sunt: demonstratio, intentio, adiudicatio, condemnatio.

•  Gai. 4,39. •  Le parti delle formule sono queste: demonstratio, intentio, adiudicatio, condemnatio.

Legis actiones: caratteristiche

•  Si basavano sull’utilizzo di schemi processuali rigidi e formali (certa verba): un solo errore nella pronuncia dei formulari pontificali poteva provocare la perdita della lite. •  Almeno a partire dall’introduzione della legis actio per iudicis arbitrive postulationem si pensa che si dividessero in due fasi: –  Avanti al magistrato l’attore affermava solennemente e formalmente il suo diritto e il convenuto opponeva un diniego o affermava a sua volta lo stesso diritto in modo altrettanto formale; chiamati dei testimoni il magistrato rimetteva la causa ad un giudice o ad un arbitro. –  Davanti al giudice o all’arbitro le parti esponevano le loro ragioni e portavano le loro prove: quindi veniva emessa la sentenza. –  Il sistema di valutazione che portava alla decisione era ancora fortemente irrazionale e improntato alla magia.

... segue

•  Procedure di tipo esecutivo, cioè volte ad ottenere l’esecuzione di un diritto, erano le altre due: –  la Legis actio per manus iniectionem: l’attore conduceva in giudizio la controparte affermando di avere nei suoi confronti un diritto certificato (casi tipici erano l’esistenza di un giudicato non soddisfatto dal soccombente e la confessio in iure della controparte); il magistrato, verificata la verità dell’affermazione, assegnava l’obbligato all’attore che originariamente aveva su di lui diritto di vita e di morte, quindi quello di farlo lavorare a suo servizio; –  la Legis actio per pignoris capionem: ad esecuzione di alcuni crediti di tipo pubblicistico (es. il credito dell’esattore d’imposta, il publicanus, contro il cittadino tenuto a pagargli un tributo, il credito rituale, ecc.) si dava diritto al creditore di prelevare una cosa del debitore pronunciando parole solenni in cui si affermava di impossessarsi della cosa a rivalsa del credito.

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Evoluzione della procedura in Roma •  La “formula” costituisce l’emblema della seconda fase storica del processo in Roma, il c.d. processo formulare. Infatti il sistema processuale romano, relativamente al diritto civile, risulta organizzato essenzialmente su tre schemi procedurali: •  Legis actiones: aventi precedenti nel diritto consuetudinario più antico, si affermarono stabilmente attraverso i mores e le leggi, a partire dalle Dodici Tavole. •  Procedura formulare: sistema processuale sorto già nel III a.C., forse ad opera del praetor peregrinus e che per lungo tempo coesistette con la procedura per legis actiones, fino a divenire il sistema processuale esclusivo a seguito della riforma della lex Aebutia e delle due leges Iuliae, iudiciorum privatorum e iudiciorum publicorum del 17 a.C. •  Cognitio extra ordinem: introdotto già in età augustea sostituì la procedura formulare nel periodo postclassico.

Legis actiones: tipi

•  Le procedure principali erano cinque, di cui tre avevano finalità di accertamento del diritto (per quanto la legis actio sacramenti fosse generale): –  Legis actio sacramenti: avente carattere generale era basata sulla sfida reciproca delle parti ad un sacramentum ossia ad un giuramento solenne di pagare una somma da parte di chi avesse perso la lite: chi perdeva quindi non solo doveva alla controparte la cosa o la prestazione per cui si era giunti al processo, ma doveva anche pagare all’erario il sacramentum. –  Legis actio per iudicis arbitrive postulationem: nei giudizi divisori e nelle obbligazioni da sponsio l’attore anziché sfidare la controparte al sacramentum poteva chiedere al magistrato la nomina di un giudice o di un arbitro che risolvessero la lite. –  Legis actio per condictionem: introdotta nel III a.C. (leggi Silia e Calpurnia) dava la possibilità in tutti i processi per diritti di credito di evitare il sacramentum mediante l’intimazione dell’attore alla controparte, dopo l’affermazione delle rispettive posizioni, a presentarsi in giudizio un determinato giorno e davanti ad un determinato giudice.

Processo formulare: la formula •  Sorta per superare lo stretto formalismo delle procedure per legis actiones, la procedura formulare si basava sulla redazione di formulae appunto per concepta verba. •  La formula era un modulo verbale (la conceptio verborum) costruito essenzialmente come un periodo ipotetico, ossia con una protasi condizionante (se risulta … che la cosa appartiene all’attore … oppure: che il convenuto deve un tot all’attore), che è poi l’intentio dove si esprime la pretesa dell’attore, e da un’apodosi rappresentata dalla condemnatio che costituisce la frase principale condizionata dalla precedente (tu, o giudice, condannerai …). •  La formula era costruita dalle parti con l’ausilio del magistrato nella fase in iure del processo e poi consegnata al giudice che vi traeva indicazione circa l’oggetto del suo giudizio e, conseguentemente, le linee della sua attività di valutazione.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Processo formulare: la procedura

•  Il processo era diviso in due fasi: –  Stragiudizialmente: l’attore chiedeva di potere agire (petitio actionis); il pretore valutata sommariamente la questione concedeva di utilizzare una formula processuale tipica presente nell’editto ma adattabile al caso, ovvero una formula nuova nata dalle circostanze (in factum: il pretore poteva anche decidere per una denegatio actionis); –  Nella fase in iure: dopo che l’attore avesse chiamato in giudizio il convenuto (in ius vocatio), davanti al pretore le parti spiegavano liberamente le rispettive ragioni per giungere alla redazione delle varie parti della formula: intentio, condemnatio, praescriptio, demostratio, fictio, exceptiones, …); conseguito l’accordo sulla formula così personalizzata le parti accettavano di rimettere la causa ad un giudice (litis contestatio) scelto dalle parti stesse e nominato dal pretore tra i privati cittadini; –  Nella fase apud iudicem: il giudice valutava la questione e vagliava le prove addotte, quindi emetteva la sentenza nei limiti dei poteri concessigli dalla formula.

Cognitio extra ordinem: caratteristiche •  Già dall’età augustea si ammise che i cittadini anziché rivolgersi al pretore potessero chiedere giustizia direttamente all’imperatore, che quindi aveva un potere di cognizione della lite al di fuori della cognizione ordinaria del pretore. •  Tale rimedio, inizialmente straordinario, venne ad assumere sempre più importanza tanto da configurare verso la fine dell’età classica un sistema giudiziario alternativo a quello formulare che divenne assolutamente prevalente in età postclassica. •  Mentre il processo per formulas era di tipo accusatorio, per cui i mezzi probatori dovevano essere forniti dalle parti alle quali era rimessa ogni iniziativa, il processo extra ordinem si caratterizzò per una forte impronta di tipo inquisitorio: era cioè l’autorità giudiziaria a curare la raccolta del materiale probatorio e a dirigere l’andamento del processo.

Ritornando al testo iniziale: la formula •  La formula potrebbe anche essere definita come un’istruzione relativa al procedimento che il magistrato dà al giudice, dopo aver svolto, insieme con le parti, nella fase in iure, la iurisdictio (= definizione del ius, cioè del rito). •  Il rito prevede appunto la iniziativa delle parti, attore e convenuto, che, con il supporto del magistrato e dei giuristi, si accordano circa le rispettive posizioni, le pretese e le dichiarazioni, su cui il giudice sarà chiamato a svolgere le sue valutazioni e a decidere.

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… segue •  Ulteriori caratteristiche del processo formulare erano: –  - il processo non si poteva svolgere in contumacia, ossia in assenza di una delle parti, in quanto si apriva e si svolgeva solo per iniziativa privata; –  - aveva natura accusatoria: spettava cioè alle parti addurre le prove e il giudice aveva il solo compito di valutare senza poter condurre indagini proprie; –  - il giudice stesso era un privato cittadino scelto dalle parti cui doveva essere data dimostrazione anche del diritto (iura non novit curia); –  - la condanna era sempre pecuniaria, anche nei giudizi in rem, salvo l’introduzione di una clausola restitutoria; –  - non erano previste forme di appello.

... segue

•  Ulteriori caratteristiche di tale forma di procedimento (che molto conservò peraltro del procedimento formulare), furono: •  - l’unità del procedimento (non più diviso in fase in iure e apud iudicem), •  - la possibilità di azione contumaciale, •  - la specificità della condanna (non più pecuniaria, ma in ipsam rem ossia nella cosa controversa), •  - l’impugnabilità della sentenza, •  - l’esecutività della sentenza ad opera di ufficiali giudiziari statali.

Le sue partes •  Come si è visto Gaio dice che le partes formularum sono quattro: intentio , demonstratio, adiudicatio e condemnatio. •  La formula è costituita di punti, clausole, parti (le partes di Gaio), cui il giudice, al quale è consegnata, deve corrispondere con i suoi comportamenti e le sue valutazioni. •  Grammaticalmente (sintatticamente) tali parti rappresentano altrettante “frasi” inserite nel “periodo ipotetico” generale fra intentio e condemnatio.

Due note introduttive molto pratiche

Demonstratio •  Gai. 4,40. Demonstratio •  Gai. 4,40. La demonstratio è quella parte della est ea pars formulae, formula in cui si indica il quae principio ideo fatto in relazione al quale inseritur, ut demonstretur res, de qua si agisce; ad esempio questa: “Poiché Aulo agitur, uelut haec pars formulae: “Quod Aulus Agerio ha venduto uno schiavo a Numerio Agerius Numerio Negidio”; oppure: “Poiché Negidio hominem Aulo Agerio ha dato in vendidit”, item haec: deposito a Numerio “Quod Aulus Agerius Negidio uno schiavo”. apud Numerium Negidium hominem deposuit”.

Intentio, 2 •  È la parte della formula processuale in cui l’attore esprime la sua pretesa. Logicamente la pretesa attorea riguarda una determinata situazione, e quindi un determinato “rapporto giuridico patrimoniale”: pertanto l’intentio potrà essere: •  o un’intentio in rem (si paret rem Auli Agerii esse: se risulta che la cosa appartiene ad Aulo Agerio); •  o un’ intentio in personam (si paret Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere: se risulta che Numerio Negidio deve dare o fare nei confronti di Aulo Agerio).

Adiudicatio, 1

•  Gai. 4,42. L’adiudicatio è quella •  Gai. 4,42. Adiudicatio est ea parte della formula con cui si pars formulae, qua permette al giudice di permittitur iudici aggiudicare la cosa a qualcuno rem alicui ex dei litiganti: per esempio se si litigatoribus adiudicare, velut si agisce fra coeredi per dividere inter coheredes l’eredità con l’actio familiae familiae erciscundae erciscundae, o fra comproprietari agatur aut inter per dividere una comproprietà socios communi diuidundo aut inter con l’actio communi dividundo, o vicinos finium fra vicini per regolare i confini regundorum. nam con l’actio finium regundorum. Lì illic ita est: “quantum adiudicari oportet, infatti si dice: “il giudice aggiudichi a Tizio quanto gli iudex, Titio deve essere aggiudicato”. adiudicato”.

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Intentio, 1 •  Gai. 4,41. Intentio est •  Gai. 4,41. L’intentio è quella ea pars formulae, qua parte della formula in cui actor desiderium suum l’attore esprime la propria concludit, velut haec domanda; per esempio pars formulae: “si paret Numerium Negidium questa: “Se risulterà che Aulo Agerio sestertium Numerio Negidio debba X milia dare oportere”; 10.000 sesterzi ad Aulo item haec: “quidquid Agerio”; oppure: “Qualunque cosa risulterà che Numerio paret Numerium Negidium Aulo Agerio Negidio debba dare o fare nei dare facere oportere”; confronti di Aulo Agerio”; e item haec: “si paret similmente: “Se risulterà che hominem ex iure in base al ius Quiritium lo Quiritium Auli Agerii schiavo è di Aulo Agerio”. esse”.

Intentio certa e incerta

•  Si suole distinguere (ma i riferimenti delle fonti sono solo indiretti: cfr. Gai. 4,54 e 4,131a) fra intentio certa e incerta. •  L’intentio certa (espressa normalmente con la formula si paret) implica la identificazione immediata dell’oggetto del rapporto dedotto in giudizio e comporta conseguentemente una condemnatio certa (una somma di denaro, una cosa determinata). •  L’intentio incerta (che risulta formulata con le parole quidquid paret…) non consente l’immediata individuazione di ciò che l’attore afferma essergli dovuto dalla controparte: ne consegue una condemnatio incerta, nella quale al giudice è lasciato il potere di valutare discrezionalmente il quidquid del comportamento delle parti e il quidquid della condanna.

Adiudicatio, 2

•  L’adiudicatio compare soltanto nei giudizi divisori, quelli citati da Gaio, actio familiae erciscundae, actio communi dividundo, actio finium regundorum: essa consente al giudice privato, in veste arbitrale (e quindi con valutazione equitativa), di procedere all’assegnazione (aggiudicazione) della cosa o quote di essa a uno o più dei contendenti, considerata la posizione di ciascuno e gli interessi coinvolti. •  Può figurare autonomamente quando si tratti di divisione di cosa divisibile (la sentenza si risolve tutta nell’adiudicatio), ovvero accompagnata da una condemnatio quando si tratti di divisione di cosa indivisibile (e la sentenza debba prevedere la condanna dell’assegnatario a pagare il conguaglio nei confronti delle altre parti).

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La condemnatio, 1

•  Gai. 4,43. Condemnatio •  est ea pars formulae, qua iudici condemnandi absolvendive potestas permittitur, velut haec pars formulae: “iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemna. Si non paret absolve”; item haec: “iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio dumtaxat X milia condemna. Si non paret absolvito”; item haec: “iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato” et reliqua, ut non adiciatur “dumtaxat X milia”.

Gai. 4,43. La condemnatio è quella parte della formula con cui si concede al giudice il potere di condannare o assolvere. Cioè questa parte della formula: “tu, o giudice, condanna Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio a 10.000 sesterzi, se non risulterà assolvilo”; o questa “tu, o giudice, condanna Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio a non più di 10.000 sesterzi, se non risulterà assolvilo”; o questa: “tu, o giudice, condanna Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio” eccetera senza l’aggiunta di “a non più di 10.000 sesterzi”.

La condemnatio, 3

•  La formulazione della condemnatio indica in particolare i poteri e la maggiore o minore ampiezza di discrezionalità concessi al giudice in ordine alla valutazione del caso rimesso alla sua decisione. Avremo pertanto: •  - azioni stricti iuris, in cui la condemnatio rappresenta l’esatto corrispettivo dell’intentio e non consente al giudice se non l’applicazione matematica del sillogismo espresso dalla formula; •  - azioni (con condemnatio) in bonum et aequum; •  - azioni (con condemnatio) di buona fede; •  - azioni (con condemnatio) nel quanti ea res est; •  - azioni (con condemnatio) nell’id quod interest.

La condemnatio, 2 •  In definitiva la condemnatio esprime nella formula l’attribuzione al giudice del potere-dovere di condannare o assolvere, attribuzione che avviene da parte del pretore su accordo delle parti nell’atto della litis contestatio, conclusivo della fase in iure, che si celebra nel tribunal del pretore quale magistrato giusdicente. •  Conseguentemente la condemnatio si esprime all’imperativo ed è formulata alternativamente: Si paret … iudex condemnato. Si non paret absolvito.

Ulteriori elementi della formula

•  Da ulteriori brani delle Istituzioni gaiane e dai passi del Digesto giustinianeo si apprende che nella formula in realtà potevano presentarsi anche altre parti, talune delle quali costituiscono una caratteristica peculiare del processo formulare: – Praescriptio – Exceptio (duplicatio, triplicatio, ecc.) – Fictio – Litis aestimatio – Taxatio (v. Litis aestimatio) – Clausola restitutoria

1. SOLUTIO INDEBITI (Gai, institutiones 3,91)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • •

Il testo, 1: una premessa Estrapolando il possibile caso Formula della condictio indebiti Il testo, 2 Un secondo caso Argomentazioni possibili per ambedue le parti Il testo, 3 L’opinione di Gaio: ancora il testo L’opinione di Gaio: il commento L’opinione dei quidam La conclusione del giurista

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Gaio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Condictio – PROCESSO • Partes formularum – PROCESSO • Tutela e tutori – PERSONE • Intentio – PROCESSO • Obbligazione e sue fonti – CONTRATTI • Contrahere obligationem e contractus – CONTRATTI

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo: una premessa

Estrapolando il possibile caso

§  Gai. 3,91. Anche colui §  Gai. 3,91. Is quoque, qui non che ha ricevuto un debitum accepit pagamento indebito da ab eo, qui per chi ha pagato per errore, errorem solvit, re si obbliga re. Infatti gli si obligatur; nam può intimare mediante proinde ei condictio con un’intentio condici potest “si del tipo “se risulta che paret eum dare debba dare”, come se oportere”, ac si avesse ricevuto un mutuum mutuo. accepisset.

•  Un tale, credendo per errore di essere debitore di Caio (perché per esempio ha comprato una cosa dal servo di un tale che si chiama anch’esso Caio), paga a Caio (o al suo figlio o al servo) la somma di 100 sesterzi. •  Nel comune sentire, chi indebitamente ha ricevuto dei denari deve restituirli. •  L’azione consona per ottenere questo scopo è la condictio (condictio indebiti).

Formula della condictio indebiti

Il testo, 2

•  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Un secondo caso •  Un tale, credendo per errore di essere debitore di una donna sui iuris (o anche credendo di essere debitore di un minore sui iuris), paga alla donna (o al figlio o al servo di lei) o al minore una certa somma. •  Il pagamento indebito è stato fatto senza interpositio auctoritatis del tutore.

§  Gai. 3,91. … unde §  Gai. 3,91. … Per cui alcuni quidam putant ritengono che il pupillo o la pupillum aut donna cui per errore sia stato mulierem, cui sine tutoris auctoritate non pagato un indebito senza l’intervento d’auctoritas da debitum per errorem parte del tutore, non siano datum est, non teneri condictione, non magis tenuti con la condictio come quam mutui datione. non lo sono per la dazione a Sed haec species mutuo. Ma questa specie di obligationis non obbligazione non sembra aver videtur ex contractu base in un contratto, poiché consistere, quia is, qui chi dà con l’intento di pagare, solvendi animo dat, intende sciogliere un negozio magis distrahere vult più che contrarlo. negotium quam contrahere.

Argomentazioni possibili per ambedue le parti •  COLUI CHE HA PAGATO •  La donna ha ricevuto quanto non gli spettava; corrisponde pertanto a giustizia che restituisca quanto indebitamente avuto. •  Si chiede dunque di agire con la condictio indebiti.

•  LA DONNA (ovvero il tutore) •  Il pagamento è stato fatto senza la interpositio auctoritatis tutoria, pur sapendo che questa era essenziale trattandosi di persona (donna o minore) sottoposta a tutela. •  Pertanto chi ha pagato non ha diritto a nessuna azione per riavere quanto dato. •  È vero che quanto avuto dalla donna non le spettava, ma essa ha già speso quanto ricevuto.

1. Solutio indebiti

Il testo, 3 La chiusa, la spiegazione: ma … per la premessa o per il caso? §  Gai. 3,91. sed haec §  Gai. 3,91. Ma questa species obligationis specie di obbligazione non videtur ex non sembra aver base contractu consistere, in un contratto, quia is, qui solvendi poiché chi dà con animo dat, magis l’intento di pagare, distrahere vult intende sciogliere un negotium quam negozio più che contrahere. contrarlo.

L’opinione di Gaio: il commento •  Gaio pone in evidenza che chi ha ricevuto un pagamento non dovuto è obbligato re: deve quindi restituire quanto ricevuto come se avesse ricevuto a titolo di mutuo. •  Infatti le obbligazioni contratte re (o meglio i contratti reali) sono quelle che si costituiscono con la consegna della cosa: da questo atto, dal ricevimento della cosa consegnata, sorge per il ricevente l’obbligo, che è obbligo di restituire (o il tantundem, quando la dazione abbia costituito nel ricevente un diritto di proprietà, o la cosa stessa quando dalla dazione sia derivato soltanto un possesso o una detenzione).

La conclusione del giurista •  Tuttavia Gaio conclude che il pagamento di indebito, pur vicino alla dazione di un mutuo, non ha lo scopo di far nascere un contratto ma di scioglierlo. •  Non trattandosi di stipula di un contratto, ma di fattispecie diversa (mero atto giuridico) devono rispondere con la condictio anche il minore e la donna.

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L’opinione di Gaio: ancora il testo §  Gai. 3,91. Is quoque, qui non §  debitum accepit ab eo, qui per errorem solvit, re obligatur; nam proinde ei condici potest “si paret eum dare oportere”, ac si mutuum accepisset. unde quidam putant pupillum aut mulierem, cui sine tutoris auctoritate non debitum per errorem datum est, non teneri condictione, non magis quam mutui datione. sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere.

Gai. 3,91. Anche colui che ha ricevuto un pagamento indebito da chi ha pagato per errore, si obbliga re. Infatti gli si può intimare mediante condictio con un’intentio del tipo “se risulta che debba dare”, come se avesse ricevuto un mutuo. Per cui alcuni ritengono che il pupillo o la donna cui per errore sia stato pagato un indebito senza l’intervento d’auctoritas da parte del tutore, non siano tenuti con la condictio come non lo sono per la dazione a mutuo. Ma questa specie di obbligazione non sembra aver base in un contratto, poiché chi dà con l’intento di pagare, intende sciogliere un negozio più che contrarlo.

L’opinione dei “quidam” •  Sulla base di tale affinità tra pagamento di indebito e mutuo alcuni ritengono che se è stato pagato un indebito a un pupillo o a una donna senza l’intervento del tutore, questi non possano essere costretti a restituire poiché non hanno la capacità di concludere contratti.

2. RAPPRESENTANZA PROCESSUALE E DOLO (D. 44,4,4,18 di Ulpiano ad edictum)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, D. 44,4,4,18 di Ulpiano Il caso Rappresentanza processuale, 1 (e 2, e 3) Le garanzie dei rappresentanti processuali, 1 (e 2) (fra parentesi: un esempio) Formula della reivindicatio L’agere per sponsionem Gai. 4,16 (e ... segue) Legis actio sacramenti in rem Uno strumento economico Il parere di Ulpiano Dolo presente e dolo preterito, 1 (e 2) D. 4,3,1,2 di Ulpiano Raffronto con la definizione di “truffa” (art. 640 c.p.) Nel titolo D. 44,4 de doli mali et metus exceptione Il dolo nel testo iniziale Vizi della volontà e stati soggettivi rilevanti del rappresentante oggi

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Nerazio – GIURISTI e … • Rappresentanza – NEGOZIO GIURIDICO • Rappresentanza processuale – PROCESSO • Eccezione – PROCESSO • Mandato – CONTRATTI • Negotiorum gestio – VARIE • Intentio – PROCESSO • Condemnatio – PROCESSO • Satisdatio – CONTRATTI • Ratihabitio – VARIE • Stipulatio – CONTRATTI • Formula (Partes formularum) – PROCESSO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO • Vizi della volontà – NEGOZIO GIURIDICO • Servio – GIURISTI e … • Labeone – GIURISTI e … • Procurator – NEGOZIO GIURIDICO

2. Rappresentanza processuale e dolo

Il testo, D. 44,4,4,18 di Ulpiano

•  D. 44,4,4,18 (Ulpianus l. •  76 ad edictum). •  Quaesitum est, an de procuratoris dolo, qui ad •  agendum tantum datus est, excipi possit. et puto recte defendi, si quidem in rem suam procurator datus sit, etiam de praeterito eius dolo, hoc est si ante acceptum iudicium dolo quid fecerit, esse excipiendum, si vero non in rem suam, dolum praesentem in exceptionem conferendum. si autem is procurator sit, cui omnium rerum administratio concessa est, tunc de omni dolo eius excipi posse Neratius scribit.

D. 44,4,4,18 (Ulpiano nel libro 76 ad edictum). Fu avanzato quesito se contro il procuratore nominato solo per il processo si possa eccepire il dolo. Io ritengo che si possa affermare che, se il procuratore è dato in rem suam (cioè per un proprio interesse), si può avanzare eccezione anche per il suo dolo preterito, cioè se ha fatto dolosamente qualcosa prima del giudizio, mentre, se non è in rem suam, con la exceptio si può far opposizione solo per il dolo presente. Se poi il procuratore è tale da avere l’amministrazione di tutti gli affari (omnium rerum), allora – scrive Nerazio – può essergli opposta eccezione per ogni suo dolo.

Rappresentanza processuale, 1 •  Rappresentanti processuali sono: •  il cognitor e il procurator, che sono nominati dalla parte rappresentata (e poiché la nomina comporta la definizione dei poteri del rappresentante, e conseguentemente dei loro limiti, è importante che sia portata a conoscenza dell’altra parte: come del resto nell’attuale ordinamento); •  rientra fra i rappresentanti processuali anche il defensor, che non è nominato, ma assume spontaneamente la defensio processuale di un soggetto (per es. in sua assenza); •  sono rappresentanti processuali infine il tutore e il curatore nell’adempimento delle loro funzioni.

Rappresentanza processuale, 3 •  Infatti la formula dell’azione condotta per mezzo di un rappresentante processuale presentava una trasposizione di soggetti: l’intentio sarebbe stata fatta a nome del titolare del rapporto mentre la condemnatio a nome del rappresentante processuale. •  Peraltro le caratteristiche della rappresentanza romana, che correlano l’assunzione di diritti ed obbligazioni direttamente alla persona dell’agente piuttosto che del rappresentato (rappresentanza indiretta), per quanto riguarda il processo in particolare, a tutela della controparte giudiziale impongono al rappresentante che abbia agito in giudizio (attore o convenuto) certe garanzie.

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Il caso

•  Ulpiano ci informa che la sua riflessione va letta alla luce di un quesito (quaesitum est) sul quale evidentemente si erano pronunciati i giuristi più antichi, fra i quali viene espressamente citato Nerazio: an de procuratoris dolo, qui ad agendum tantum datus est, excipi possit. •  È comunque facile ricostruire il caso concreto. •  Evidentemente in una ipotesi di rappresentanza, e in particolare di rappresentanza processuale di parte attrice (Tizio ha nominato Caio a rappresentarlo nell’esperimento di un’azione contro Sempronio), il convenuto chiede al pretore l’inserimento nella formula di un’eccezione per il dolo dello stesso rappresentante.

Rappresentanza processuale, 2 •  Alla nomina di un cognitor si procedeva con parole solenni in presenza dell’avversario; se al momento della nomina il cognitor era assente la nomina diveniva efficace al momento in cui fosse stata accettata. •  Per nominare un procurator non era viceversa necessario l’uso di parole formali, né la presenza dell’avversario, essendo sufficiente che al procurator fosse conferito un mandato (ad litem, ma anche omnium bonorum). Parte della giurisprudenza riteneva che il terzo potesse agire come procurator anche senza mandato purché agisse in buona fede e prestasse idonea garanzia (nella forma della cautio ratam rem dominum habiturum).

Le garanzie dei rappresentanti processuali, 1

•  Ai rappresentanti processuali era richiesta la prestazione di una garanzia onde dare assicurazioni alla controparte: •  A) in caso di rappresentanza dell’attore: – Sia nelle procedure in rem che in quelle in personam: - il cognitor non era tenuto a prestare garanzie poiché essendo dato con parole solenni e alla presenza della controparte si considerava alla stregua del titolare del rapporto e a questi era impedito di agire una seconda volta; - il procurator era tenuto a prestare la satisdatio ratam rem dominum habiturum, cioè a garantire che il titolare del rapporto avrebbe ratificato la cosa e non avrebbe riaperto il giudizio una seconda volta.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Le garanzie dei rappresentanti processuali, 2 •  B) in caso di rappresentanza del convenuto: – Nelle procedure in rem doveva essere prestata: - la stipulatio iudicatum solvi, cioè la promessa che il giudicato sarebbe stato eseguito in caso di azione con formula petitoria (normale reivindicatio), - la cautio pro praede litis per vindiciarum, cioè la promessa relativa ai garanti della lite e all’oggetto della contesa in caso di procedura per sponsionem. – Nelle procedure in personam: - doveva essere sempre prestata la stipulatio iudicatum solvi, cioè la promessa che il giudicato sarebbe stato eseguito. – In caso di nomina di un cognitor a prestare la garanzia è tenuto lo stesso titolare del rapporto.

Formula della rei vindicatio •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret fundum ex iure Quiritium Auli Agerii esse, •  quo de agitur, •  neque is fundus arbitrio iudicis Aulo Agerio restituetur, •  quanti ea res erit, tantam pecuniam, iudex, Lucium Titium Aulo Agerio condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che il fondo Capenate appartiene ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si svolge l’attuale contestazione, •  e il fondo stesso non viene restituito ad Aulo Agerio su arbitrato del giudice, •  per quanto è il valore della cosa, a tanto in denaro tu, o giudice, condannerai Lucio Tizio (il rappresentante del convenuto) nei confronti di Aulo Agerio. •  Altrimenti lo dovrai assolvere

Gai. 4,16

•  Gai 4,16. Si in rem agebatur, mobilia quidem •  et mouentia, quae modo in ius adferri adduciue possent, in iure uindicabantur ad hunc modum: qui uindicabat, festucam tenebat; deinde ipsam rem adprehendebat, uelut hominem, et ita dicebat: HVNC EGO HOMINEM EX IVRE QVIRITIVM MEVM ESSE AIO; SICVT DIXI, ECCE TIBI, VINDICTAM INPOSVI, et simul homini festucam inponebat. aduersarius eadem similiter dicebat et faciebat. cum uterque uindicasset, praetor dicebat: MITTITE AMBO REM, illi mittebant.

Se si agiva in rem, la vindicatio di cose mobili e trasportabili, che potevano essere portate in giudizio, veniva fatta in iure in questo modo: colui che effettuava la vindicatio, teneva la festuca (una bacchetta); quindi afferrava la cosa (oggetto di controversia), come ad es. uno schiavo, e così diceva: “Io affermo secondo il diritto dei Quiriti che questo schiavo è mio. Così come ho detto, ecco contro te ho imposto la vindicta”. Il suo avversario diceva e faceva le medesime cose. Non appena i due avevano fatto la vindicatio il pretore diceva: “Lasciate entrambi lo schiavo”. E i due lasciavano lo schiavo.

(fra parentesi: un esempio) •  D. 3,3,39,6 (Ulpianus 9 ad •  ed.) •  •  Est et casus, quo quis eiusdem actionis nomine et de rato caveat et iudicatum solvi. ut puta postulata est cognitio de in integrum restitutione, cum minor circumscriptus in venditione diceretur: alterius procurator existit: debet cavere hic procurator et ratam rem dominum habiturum, ne forte dominus reversus velit quid petere, item iudicatum solvi, ut si quid forte propter hanc restitutionem in integrum praestari adulescenti debeat, hoc praestetur. et haec ita Pomponius libro vicensimo quinto ad edictum scribit.

D. 3,3,39,6 (Ulpiano nel libro 9 ad edictum) E vi è anche il caso in cui taluno per la stessa azione debba prestare sia la cautio de rato sia la cautio iudicatum solvi. Se per esempio si è chiesta indagine per una restitutio in integrum per il fatto che si pretende che un minore sia stato ingannato in un contratto di compravendita: e c’è un procuratore per l’altra parte: questo procuratore deve garantire che il dominus ratificherà il suo operato (ratam rem dominum habiturum) per il caso che il dominus stesso ritornando voglia agire personalmente di nuovo, e contemporaneamente deve garantire che si adempirà il giudicato (iudicatum solvi), in modo che se per caso a seguito di questa restitutio in integrum debba essere dato qualcosa al minore, che sia fatto. Questo scrive nel suo libro 25 ad edictum anche Pomponio.

L’agere per sponsionem •  La procedura dell’agere per sponsionem sorge sulle ceneri della legis actio sacramenti in rem: da questa deriva il fatto che l’attore provochi il convenuto a prestare una promessa, nelle forme di una sponsio, con cui si impegna a dare una somma in caso di riconoscimento giudiziale dell’altrui diritto (Se lo schiavo di cui si tratta risulta mio ex iure Quiritium prometti di darmi 25 sesterzi? Prometto). •  Ottenuta la promessa l’attore può chiedere un’azione nella cui intentio è riportata la pretesa non sulla cosa contesa, ma sulla somma: la sponsio quindi trasforma un processo in rem in un’azione in personam. •  Vinto il processo l’attore acquista il diritto alla cosa contesa ma non incassa la somma: questa infatti non ha natura penale come nella legis actio sacramenti, ma solo pregiudiziale, è cioè solo finalizzata allo svolgersi del processo.

•  Gai 4,16. ... qui prior uindicauerat, ita alterum interrogabat: POSTVLO, •  ANNE DICAS, QVA EX CAVSA VINDICAVERIS? ille respondebat: IVS FECI, SICVT VINDICTAM INPOSVI. deinde qui prior uindicauerat, dicebat: QVANDO TV INIVRIA VINDICAVISTI, QVINGENTIS ASSIBVS SACRAMENTO TE PROVOCO; aduersarius quoque dicebat similiter: ET EGO TE; aut si res infra mille asses erat, quinquagenarium scilicet sacramentum nominabant.

... segue Colui che aveva vindicato per primo chiedeva all’altro: “Chiedo, che tu mi dica in base a quale causa tu hai vindicato”; quello rispondeva: “Ho attuato il diritto imponendo la vindicta”. Quindi colui che aveva vindicato per primo diceva: “giacché tu hai fatto la vindicatio iniuria, ti sfido al sacramentum per 500 assi”. L’avversario pronunciava simili parole: “E io a te”. Se il valore della lite era inferiore a mille assi, ovviamente nominavano un sacramentum di 50 assi.

2. Rappresentanza processuale e dolo

Legis actio sacramenti in rem •  Parte A.: Hunc ego hominem ex iure Quiritium meum esse aio secundum suam causam sicut; dixit, ecce tibi vindictam imposui. •  Parte B.: Hunc ego hominem ex iure Quiritium meum esse aio secundum suam causam sicut; dixit, ecce tibi vindictam imposui. •  Praetor: Mittite ambo hominem. •  Parte A.: Postulo anne dicas qua ex causa vindicaveris. •  Parte B.: Ius fecit sicut vindictam imposuit. •  Parte A.: Quando tu iniuria vindicavisti …sacramento te provoco. •  Parte B.: Et ego te.

•  Parte A.: Dico che quest’uomo è mio per diritto dei Quiriti in base ad un giusto titolo, così: ed ecco nei tuoi confronti ho imposto la mia bacchetta. •  Parte B.: Dico che quest’uomo è mio per diritto dei Quiriti in base ad un giusto titolo, così: ed ecco nei tuoi confronti ho imposto la mia bacchetta. •  Pretore: Lasciate entrambi quest’uomo. •  Parte A.: Esigo che tu dica a che titolo hai effettuato la tua vindicatio. •  Parte B.: Ho agito ritualmente così e ho imposto la mia bacchetta. •  Parte A.: Poiché hai rivendicato a torto, ti sfido ad una scommessa di … assi. •  Parte B.: Ed io sfido te.

Il parere di Ulpiano •  Ulpiano pone una regola generale: nei confronti di un rappresentante processuale non si può chiedere l’inserimento di un’exceptio doli se non per un dolo presente, ossia per un comportamento doloso posto in essere dopo la nomina a procuratore, e cioè a dire nel processo stesso.

Dolo presente e dolo preterito, 2

•  Nelle fonti il dolo come vizio della volontà (cioè il comportamento scorretto posto in essere all’atto della stipulazione del negozio e consistente nella calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita) viene indicato come “dolo passato” (dolus praeteritus). •  Nelle stesse fonti il comportamento scorretto posto in essere all’atto dell’esperimento dell’azione e per il fatto stesso di intentare l’azione (per es. allorché si sa di non avere il diritto, o si è già conseguita la cosa che viene richiesta ulteriormente in giudizio, o in genere nel caso di violazione della regola del ne bis in idem, ecc.) viene indicato come “dolo presente” (dolus praesens) o “dolo processuale”.

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Uno strumento economico

•  La rappresentanza processuale costituiva un utilissimo strumento economico, in quanto consentiva di realizzare fenomeni di cessione del credito o del debito con effetto verso i terzi: era infatti sufficiente che il cedente, relativamente al rapporto da trasferire, nominasse procurator ad litem il cessionario; questi sarebbe quindi divenuto verso i terzi l’unico referente per il rapporto trasferito. •  In tale caso si diceva che la rappresentanza era conferita in propriam rem ossia per un interesse del rappresentante. •  L’importanza del fenomeno a livello economico era tale che la prima forma di minorazione della capacità giuridica di un soggetto (per sesso, per sanzione, per infamia, ecc.) consisteva proprio nel divieto “di rappresentare e farsi rappresentare”.

Dolo presente e dolo preterito, 1 •  Nell’ipotesi che si sta esaminando il dolo corrisponde sì ad un comportamento scorretto nei confronti della controparte, ma non potrebbe definirsi come quella “omnis calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita” che risulta nella definizione di Labeone ricordata da Ulpiano (D. 4,3,1,2, Ulp. l. 11 ad edictum); •  e soprattutto non è comportamento scorretto volto ad ottenere dall’altra parte un’adesione contrattuale che altrimenti non ci sarebbe. •  Non se ne può dunque parlare come di vizio della volontà.

D. 4,3,1,2 di Ulpiano

•  D. 4,3,1,2 (Ulpianus l. 11 ad •  D. 4,3,1,2 (Ulpiano nel libro 11 ad ed.). edictum). •  Dolum malum Servius quidem •  Servio definisce il dolo malo come ita definiit machinationem ogni macchinazione diretta ad quandam alterius decipiendi ingannare un altro, quando si finge causa, cum aliud simulatur et aliud agitur. Labeo autem qualcosa e si fa altra cosa. Labeone posse et sine simulatione id però dice che anche senza fingere si agi, ut quis circumveniatur: può agire in modo da ingannare: e posse et sine dolo malo aliud che si può anche senza dolo alcuno agi, aliud simulari, sicuti agire in un modo e fingere altro, faciunt, qui per eiusmodi dissimulationem deserviant et come fanno coloro che così usano tuentur vel sua vel aliena: della dissimulazione e tutelano gli itaque ipse sic definiit dolum affari propri o altrui: e pertanto malum esse omnem calliconclude che il “dolo malo” è ogni ditatem fallaciam astuzia raggiro ed artificio impiegata machinationem ad per raggirare circonvenire ingannare circumveniendum fallendum decipiendum alterum qualcun altro. E la definizione di adhibitam. Labeonis definitio Labeone è esatta. vera est.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Raffronto con la definizione di “truffa” del c.p.: art. 640

Nel titolo 44,4 rubricato de doli mali et metus exceptione

•  Art. 640 (Truffa) - Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549: 1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare; 2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità. […] Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un’altra circostanza aggravante.

•  D. 44,4,4,15 (Ulpianus l. •  D. 44,4,4,15 (Ulpiano nel libro 76 ad edictum). 76 ad edictum). •  Labeone dice che, benché •  Labeo et si ex stipulatu talora si possa anche ricorrere actio competat propter all’actio ex stipulatu per la doli clausulam, tamen presenza di una clausola di nocere doli exceptionem dolo, tuttavia compete l’exceptio doli se si factum erit: posse enim agisce dolosamente: infatti petitorem, antequam l’attore potrebbe non aver stipulatio committatur, commesso dolo alcuno prima nihil dolo malo fecisse et della stipulatio, ma compierlo tunc facere cum petat: propter quod exceptionem ora nel momento in cui intenta l’azione: per cui si rivela esse necessariam. necessaria l’exceptio doli.

Il dolo nel testo iniziale

Vizi della volontà e stati soggettivi rilevanti del rappresentante OGGI

•  Ulpiano peraltro non manca di porre in evidenza che alla norma per cui nei confronti di un rappresentante processuale non si può chiedere l’inserimento di un’exceptio doli se non per un dolo presente, fanno eccezione due casi: – il caso in cui il procuratore sia un procurator omnium bonorum, nominato cioè non per la singola lite ma per tutti gli affari del rappresentato: in tal caso ogni suo comportamento ha incidenza rispetto al mandante (in ciò Ulpiano riprende un parere di Nerazio); – il caso in cui il procuratore sia intervenuto alla lite in suam rem, ossia per un suo specifico interesse: in tal caso ben avrà rilevanza il suo comportamento antecedente al conferimento dell’incarico.

•  Art. 1390 (Vizi della volontà) - Il contratto è annullabile se è viziata la volontà del rappresentante. Quando però il vizio riguarda elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile solo se era viziata la volontà di questo. •  Art. 1391 (Stati soggettivi rilevanti) - Nei casi in cui è rilevante lo stato di buona o di mala fede, di scienza o d’ignoranza di determinate circostanze, si ha riguardo alla persona del rappresentante, salvo che si tratti di elementi predeterminati dal rappresentato. In nessun caso il rappresentato che è in mala fede può giovarsi dello stato d’ignoranza o di buona fede del rappresentante.

3. MUTUO? O CHE ALTRO? (D. 12,1,18 pr.-1 di Ulpiano, le disputationes)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 Il caso, 1: mutuo o donazione? Commento Ciò potrebbe accadere … Il parere di Ulpiano, 1: valutazioni di astratta teoria Il parere di Ulpiano, 2: soluzione concreta = 1° caso Formula della condictio indebiti Il parere di Ulpiano, 3: soluzione concreta = 2° caso Eccezione (exceptio) Eccezione di dolo Di quale dolo si tratta? Dolo presente e dolo preterito Un altro testo con analogo problema “I casi illustrati sono due” Il parere di Ulpiano Ancora la formula della condictio indebiti

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Giuliano – GIURISTI e … • Donazione – VARIE • Mutuo – CONTRATTI • Tipicità delle azioni – PROCESSO • Interpretazione e qualificazione – NEGOZIO GIURIDICO • Obbligazione e fonti – CONTRATTI • Negozio giuridico – NEGOZIO GIURIDICO • Inesistenza, nullità, annullabilità – NEGOZIO GIURIDICO • La condictio e le condictiones – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Deposito – CONTRATTI • Comodato – CONTRATTI

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo,1 •  D. 12,1,18 pr. (Ulpianus •  D. 12,1,18 pr. (Ulpiano nel libro 7 l. 7 disputationum). delle disputationes). •  Si ego pecuniam tibi •  Se io ti ho dato del denaro in dono, quasi donaturus dedero, e tu l’hai ricevuto pensando a un tu quasi mutuam mutuo, Giuliano scrive che non c’è accipias, Iulianus scribit donationem non esse: sed donazione: ma vediamo se ci può an mutua sit, videndum. essere il mutuo. E io ritengo che et puto nec mutuam esse neppure di mutuo si possa parlare e magisque nummos che i denari non diventino di colui accipientis non fieri, cum che li riceve dal momento che li alia opinione acceperit. riceve con un’altra opinione. quare si eos consumpserit, licet Peraltro, se li avrà consumati, condictione teneatur, benché sia tenuto con la condictio, tamen doli exceptione uti tuttavia potrà usare la exceptio doli, poterit, quia secundum perché i denari sono stati consumati voluntatem dantis secondo la volontà di chi li ha dati. nummi sunt consumpti.

Commento •  Logicamente se non sorge contestazione fra le parti, se nessuno ritiene di avere di che lamentarsi del comportamento dell’altro, non ci sarà nemmeno bisogno di rivolgersi al giurista. •  Ma se, per un qualsiasi motivo, uno dei due contraenti volesse aver ragione dell’atteggiamento dell’altro, per poter rivolgersi al magistrato e richiedere la tutela giudiziale (un’azione tipica) è necessario qualificare il rapporto e definire di quale contratto si tratti.

Il parere di Ulpiano, 1: valutazioni di astratta teoria •  Seguendo l’opinione di Giuliano Ulpiano risponde che non si ha donazione. •  Ma Ulpiano precisa che non si ha neppure un mutuo (sembrerebbe che Giuliano, invece, ammettesse il mutuo, forse perché originariamente “voluto” dal soggetto “svantaggiato”). •  È mancato infatti l’incontro delle volontà e il negozio deve dirsi inesistente.

Il caso, 1: mutuo o donazione? •  Tizio dà del denaro a Caio con l’intenzione di fargli un dono. •  Caio crede che tale denaro gli sia prestato. •  Ci si chiede quale disciplina debba essere adottata.

“Ciò potrebbe accadere …” •  ... se, per esempio, colui che ha dato il denaro se ne pentisse, irritato per qualche comportamento dell’altro, ovvero per una sua propria esigenza finanziaria; rivolesse indietro il suo denaro dal momento che l’altro l’aveva ricevuto pensando comunque di doverlo restituire; e chiedesse di agire in giudizio come se quel denaro fosse stato dato a prestito, con un mutuo; •  ... e se colui che ha ricevuto, resosi conto tardivamente di quali erano le primitive intenzioni dell’altro, così assolutamente liberali, e considerata la propria convenienza, non volesse restituire nulla, e pretendesse di qualificare il suo rapporto come donazione, cioè proprio come colui che ha dato voleva al momento in cui il rapporto si era costituito (vale a dire re).

Il parere di Ulpiano, 2: soluzione concreta, 1° caso •  Se il denaro ricevuto non è stato ancora consumato (e il convenuto si trova nella possibilità di restituire agevolmente) •  Caio sarà condannato a restituire l’indebito a seguito della condictio.

3. Mutuo? O che altro?

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Formula della condictio (indebiti) •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Eccezione (exceptio)

Il parere di Ulpiano, 3: soluzione concreta, 2° caso •  Se il denaro ricevuto è già stato consumato (e il convenuto quindi non si trova nella possibilità di restituire agevolmente) •  poiché il denaro è stato consumato conformemente a quello che era il desiderio originario di Tizio, a Caio viene concessa un’exceptio doli, e conseguentemente sarà assolto.

Eccezione di dolo

•  L’eccezione (exceptio) è una parte della formula processuale in cui il convenuto può far valere in opposizione alla pretesa dell’attore delle circostanze di fatto o di diritto che, se verificate, potranno influire sulla decisione del giudice. •  Gaio definisce l’exceptio come la condizione negativa della condemnatio: infatti, verificata la rispondenza a realtà dei fatti dedotti in exceptio, il giudice dovrà assolvere il convenuto.

•  Si paret ….. (= Se risulta …..) •  si in ea re nihil dolo malo Auli Agerii factum sit neque fiat (= a meno che nella questione non si possa rilevare che qualcosa è stato fatto o viene fatto adesso dolosamente da parte di Aulo Agerio), •  iudex … condemnato (= tu, giudice, condanna).

Di quale dolo si tratta

Dolo presente e dolo preterito

•  Nell’ipotesi che si sta esaminando il dolo corrisponde sì ad un comportamento scorretto nei confronti della controparte, ma non potrebbe definirsi come quella “omnis calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita” che risulta nella definizione di Labeone ricordata da Ulpiano (D. 4,3,1,2, Ulp. l. 11 ad edictum); •  e soprattutto non è comportamento scorretto volto ad ottenere dall’altra parte un’adesione contrattuale che altrimenti non ci sarebbe. •  Non se ne può dunque parlare come di vizio della volontà.

•  Nelle fonti il dolo come vizio della volontà (cioè il comportamento scorretto posto in essere all’atto della stipulazione del negozio e consistente nella calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita) viene indicato come “dolo passato” (dolus praeteritus). •  Nelle stesse fonti il comportamento scorretto posto in essere all’atto dell’esperimento dell’azione e per il fatto stesso di intentare l’azione (per es. allorché si sa di non avere il diritto, o si è già conseguita la cosa che viene richiesta ulteriormente in giudizio, o in genere nel caso di violazione della regola del ne bis in idem, ecc.) viene indicato come “dolo presente” (dolus praesens) o “dolo processuale”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Un altro testo con analogo problema

“I casi illustrati sono due:”

•  D. 12,1,18,1 •  D. 12,1,18,1 (Ulpiano nel libro (Ulpianus l.7 7 delle disputationes). disputationum). •  Se ti ho dato del denaro a de•  Si ego quasi deponens posito, e tu l’hai ricevuto pentibi dedero, tu quasi mutuam accipias, nec sando ad un mutuo, non si può parlare né di deposito né di depositum nec mutuum est: idem est mutuo; lo stesso accade se tu mi et si tu quasi mutuam hai dato del denaro a mutuo e io pecuniam dederis, ego l’ho ricevuto pensando ad un quasi commodatam comodato ad obstentationem: ma ostendendi gratia accepi: sed in utroque in entrambi i casi, qualora il denaro sia stato consumato, ci casu consumptis sarebbe luogo per la condictio nummis condictioni sine doli exceptione senza l’exceptio doli. locus erit.

•  2° CASO •  1° CASO •  Tizio dà del denaro a •  1) Tizio dà del Caio e con ciò vuole denaro a Caio e con porre in essere un ciò vuole porre in rapporto di mutuo. essere un rapporto di deposito. -- Caio crede che tale denaro gli sia prestato -- Caio crede che tale ad obstentationem, denaro gli sia prestato come comodato. (dato a mutuo).

Il parere di Ulpiano

Ancora la formula della condictio indebiti

•  Nell’uno come nell’altro caso (fraintendimento deposito-mutuo e fraintendimento mutuocomodato), a causa del mancato incontro delle volontà (dissenso) il negozio è inesistente. •  Ma poiché la volontà di entrambe le parti contraenti era diretta comunque ad un negozio che imponeva la restituzione, a colui che ha dato viene concessa contro l’altro una condictio indebiti, senza che gli possa essere opposta eccezione di dolo.

•  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

4. LA CASA INCENDIATA IN TUTTO, IN PARTE (D. 18,1,57pr.-3 di Paolo, nel libro 5 ad Plautium)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 Il caso: la casa incendiata Possibili argomentazioni fra le parti Commento Il parere di Nerva, Sabino e Cassio La ripetizione Azioni in rem e in personam (Gai. 4,2-3) Azioni in rem e in personam Gai. 4,5: le condictiones Formula della condictio (indebiti) Le possibili argomentazioni tuttavia prodotte tra le parti Il testo, 1.1 Il parere di Nerazio Ulteriori ipotesi esaminate da Paolo Il testo: caso A Il caso: la casa incendiata (caso A) Possibili argomentazioni delle parti Ancora da parte del compratore ... Indennizzo e responsabilità precontrattuale Il parere di Paolo nel caso A Il testo: caso B Il caso: la casa incendiata (caso B) Le possibili argomentazioni delle parti (v. prima) Ancora da parte del venditore ... Il parere di Paolo nel caso B Il testo: caso C Il caso: la casa incendiata (caso C) Il parere di Paolo nel caso C Formula dell’actio empti Formula dell’actio venditi Generalizzazione del parere di Paolo (e ... segue)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Paolo – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Emptio venditio – CONTRATTI • Nerva – GIURISTI e … • Sabino – GIURISTI e … • Cassio – GIURISTI e … • Elementi essenziali: l’oggetto – NEGOZIO GIURIDICO • Proprietà – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Uso – PROPRIETÀ e … • Usufrutto – PROPRIETÀ e … • Servitù – PROPRIETÀ e … • Periculum est emptoris – CONTRATTI • Impossibilità sopravvenuta – CONTRATTI • Nerazio – GIURISTI e … • Arbitratus boni viri – CONTRATTI • Responsabilità precontrattuale – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Denegatio actionis – PROCESSO • Exceptio – PROCESSO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo, 1 •  D. 18,1,57 pr. (Paulus •  D. 18,1,57 pr. (Paolo nel l. 5 ad Plautium). libro 5 ad Plautium). •  Domum emi, cum •  Comprai una casa, e tanto eam et ego et venditor io che il venditore combustam ignoravamo che fosse ignoraremus. Nerva bruciata. Nerva, Sabino e Sabinus Cassius nihil Cassio ritengono che nulla venisse, quamvis area sia stato venduto, benchè maneat, pecuniamque rimanga l’area, e perciò solutam condici posse dicono che si può ripetere aiunt. il denaro sborsato.

Possibili argomentazioni fra le parti

Il caso: la casa incendiata •  Un tale compera una casa per la somma di 100 sesterzi. •  Dopo la stipula del contratto (dopo l’accordo), si viene a conoscere che la casa è andata distrutta in un incendio scoppiato il giorno precedente. •  Sia il venditore che l’acquirente al momento della stipula ignoravano che la casa fosse bruciata.

Commento

•  IL VENDITORE (che pretende il prezzo) Poiché il contratto è consensuale, esso si è prodotto al momento dell’accordo e da quel momento devono ritenersi sussistenti le obbligazioni, in particolare quelle del compratore relative al pagamento del prezzo.

•  Naturalmente, se le cose stanno così (se l’uno insiste per avere l’area, l’altro insiste per avere il prezzo), non sorge contestazione: la volontà delle parti, pur nelle mutate situazioni, è sempre concordemente indirizzata a regolamentare con quella compravendita i rispettivi interessi. •  Ma se, resisi conto delle mutate situazioni, l’uno o l’altro dei due volesse tirarsi indietro, o cambiare qualche modalità del contratto (per esempio il prezzo)?

Il parere di Nerva, Sabino e Cassio

La ripetizione

•  IL COMPRATORE (che insiste per avere l’area) Poiché il contratto è consensuale, esso si è prodotto al momento dell’accordo e da quel momento devono ritenersi sussistenti le obbligazioni, in particolare quelle del venditore relative alla consegna della casa.

•  Si pone preliminarmente la premessa che la casa sia andata interamente distrutta, benché ne rimanga l’area. •  Fin da prima dell’accordo perfezionativo del contratto, l’oggetto non esisteva più; •  l’oggetto è un elemento essenziale del contratto; •  pertanto la compravendita è nulla. •  Se Caio, l’acquirente, avesse pagato tutto o in parte, può ripetere quanto versato.

•  La ripetizione dell’indebito (quanto è stato pagato e non doveva essere pagato, o quanto è stato pagato per errore) configura la pretesa relativa ad un’obbligazione di restituzione. •  Tale pretesa va perseguita mediante un’azione con intentio in personam che è la condictio indebiti.

4. La casa incendiata in tutto, in parte

Azioni in rem e in personam (Gai. 4,2-3) •  2. In personam actio est, •  qua agimus, quotiens litigamus cum aliquo, qui nobis vel ex contractu vel ex delicto obligatus est, id est, cum intendimus DARE FACERE PRAESTARE OPORTERE. •  3. In rem actio est, cum aut corporalem rem •  intendimus nostram esse aut ius aliquod nobis competere, velut utendi aut utendi fruendi, eundi, agendi aquamve ducendi vel altius tollendi prospiciendive, aut cum actio ex diverso adversario est negativa.

2. È azione in personam quella cui ricorriamo ogni volta che litighiamo con qualcuno che è obbligato nei nostri confronti per contratto o per delitto, cioè quella nella cui intentio rappresentiamo un obbligo di dare o fare. 3. L’azione in rem è quella nella cui intentio diciamo che una cosa corporale è nostra o che un certo diritto ci compete, o di uso, o di usufrutto, o di servitù, ovvero quando l’azione con diverso avversario è l’azione negatoria.

Gai. 4,5: le condictiones •  5. Appellantur autem •  5. Invero genericamente le azioni in rem sono in rem quidem actiones vindicationes, chiamate vindicationes, mentre quelle nella cui in personam vero intentio rappresentiamo actiones, quibus dari un obbligo di dare o fare fierive oportere le chiamiamo intendimus, condictiones. condictiones.

Le possibili argomentazioni tuttavia prodotte tra le parti •  IL COMPRATORE (se non insiste per l’area) - Il compratore esclude di dover pagare una cosa che non esiste più ed anzi chiede la restituzione di quanto pagato come anticipo. - Inoltre, poiché aveva fatto affidamento sulla consegna della casa, e aveva lasciato sfumare altre proposte che gli sembravano meno allettanti, pretende che il venditore, non avendo adempiuto la sua obbligazione, lo indennizzi dei disagi che ora sopporta. •  IL VENDITORE (che comunque vorrebbe il prezzo) -  Il venditore esclude di dover restituire l’anticipo pagato, ed anzi, rifacendosi al principio periculum est emptoris, chiede il saldo. -  In alternativa: ritenendo il contratto pienamente valido e concluso dal momento dell’accordo si richiama alla disciplina dell’ impossibilità sopravvenuta che estingue l’obbligazione: esclude pertanto di dover pagare qualsiasi indennizzo

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Azioni in rem e in personam •  Sono in rem –dice Gaio– le azioni nella cui intentio compare la pretesa che una cosa ci appartenga: “Se risulta che la cosa è di Aulo Agerio (l’attore)”. •  È significativa la forma verbale utilizzata: “è di, appartiene a”. •  Non è menzionato il soggetto passivo del rapporto: il diritto vantato è un diritto assoluto, reale. •  Sono in personam –dice Gaio– le azioni nella cui intentio compare la pretesa che qualcuno debba dare o fare qualcosa: “Se risulta che Numerio Negidio (il convenuto) deve dare o fare nei confronti di Aulo Agerio”. •  È significativa la forma verbale utilizzata: “deve”. •  Risulta anche il nome del soggetto passivo del rapporto: il diritto vantato è un diritto relativo, di credito.

Formula della condictio (indebiti) •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Il testo, 1.1 •  ... sed si pars domus maneret, •  Neratius ait hac quaestione multum interesse, quanta pars domus incendio consumpta permaneat, ut, si quidem amplior domus pars exusta est, non compellatur emptor perficere emptionem, sed etiam quod forte solutum ab eo est repetet: sin vero vel dimidia pars vel minor quam dimidia exusta fuerit, tunc coartandus est emptor venditionem adimplere aestimatione viri boni arbitratu habita, ut, quod ex pretio propter incendium decrescere fuerit inventum, ab huius praestatione liberetur.

... Ma se rimane una parte della casa, Nerazio dice che allora interessa molto sapere quanta parte della casa sia rimasta incombusta, e così, se è rimasta bruciata la maggior parte della casa, il compratore non sia costretto a dare esecuzione al contratto, ed anzi possa ripetere quanto abbia per caso già pagato: se però è rimasta bruciata la metà o una minor parte, allora il compratore sarà costretto ad eseguire il contratto, dopo aver fatto la stima boni viri arbitrio, in modo che sia liberato dal pagamento di quella parte del prezzo che rappresenta la diminuzione del valore della casa a causa dell’incendio.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il parere di Nerazio •  Paolo riferisce che Nerazio poneva l’ipotesi che, dopo l’incendio, fosse rimasta una parte della casa. •  Se la parte bruciata e distrutta è più della metà: - manca l’oggetto, - la compravendita è nulla, - il compratore non deve pagare, - si può ripetere quanto già eventualmente pagato. •  Se è bruciata la metà o meno: - l’oggetto si deve reputare ancora esistente, - la compravendita è valida, - il compratore deve pagare, - potrà però diminuire il prezzo conformemente alla diminuzione di valore in base ad un arbitratus boni viri

Il testo: caso A •  D. 18,1,57,1 (Paulus l. 5 •  D. 18,1,57,1 (Paolo nel libro 5 ad ad Plautium). Plautium). •  Sin autem venditor quidem •  Se poi il venditore sapeva che la sciebat domum esse casa era bruciata, mentre lo exustam, emptor autem ignorava il compratore, la vendita è ignorabat, nullam venditionem stare, si tota nulla se la casa è andata domus ante venditionem interamente distrutta prima della exusta sit: si vero vendita; se invece è rimasta una quantacumque pars qualche parte dell’edificio, il aedificii remaneat, et stare venditionem et venditorem contratto di compravendita continua a sussistere e il venditore emptori quod interest restituere. deve restituire al compratore il

Ulteriori ipotesi esaminate da Paolo •  Paolo ritiene più opportuno considerare in che modo la conoscenza dell’avvenuto incendio da parte dell’uno o dell’altro contraente o di entrambi possa incidere sulla vicenda. Paolo fa dunque ulteriori ipotesi: – A) conoscenza da parte del venditore – B) conoscenza da parte del compratore – C) conoscenza da parte di entrambi

Il caso: la casa incendiata (caso A) •  Un tale compera una casa per la somma di 100 sesterzi. •  Al momento della stipula del contratto il venditore sapeva che la casa era andata distrutta nell’incendio scoppiato il giorno precedente, mentre lo ignorava il compratore.

quod interest.

Le possibili argomentazioni delle parti •  IL COMPRATORE (se non insiste per l’area) - Il compratore esclude di dover pagare una cosa che non esiste più ed anzi chiede la restituzione di quanto pagato come anticipo. - Inoltre, poiché aveva fatto affidamento sulla consegna della casa, e aveva lasciato sfumare altre proposte che gli sembravano meno allettanti, pretende che il venditore, non avendo adempiuto la sua obbligazione, lo indennizzi dei disagi che ora sopporta. •  IL VENDITORE (che comunque vorrebbe il prezzo) -  Poiché il contratto è consensuale, esso si è prodotto al momento dell’accordo e da quel momento deve ritenersi sussistente l’obbligo del compratore di pagare il prezzo. -  Il venditore esclude di dover restituire l’anticipo eventualmente pagato, ed anzi, rifacendosi al principio periculum est emptoris, chiede il saldo.

Ancora da parte del compratore: è responsabilità precontrattuale •  IL COMPRATORE Il compratore replica che l’indennizzo è tanto più dovuto in quanto il venditore ha dolosamente taciuto la circostanza che la casa era già bruciata al momento dell’accordo; quindi gli ha dolosamente arrecato un pregiudizio sapendo di non poter adempiere alla sua obbligazione di consegnare la cosa. •  IL VENDITORE Se la casa non è andata completamente distrutta il venditore potrebbe opporre che i disagi lamentati dal compratore sono meno gravi di quanto pretenda il compratore.

4. La casa incendiata in tutto, in parte

Indennizzo e responsabilità precontrattuale •  Benché il testo non faccia riferimento ad indennizzi richiesti dall’acquirente, si può ipotizzare che questi pretenda un risarcimento dei danni subiti. •  Si deve però rilevare come nel caso in esame il compratore possa ottenere soddisfazione solo imputando alla controparte un inadempimento contrattuale: infatti nel diritto romano non esiste come oggi una disciplina definita e “codificata” di quella che oggi è detta responsabilità precontrattuale. •  Perciò qualora il contratto venga considerato invalido, e quindi incapace di produrre qualsiasi obbligazione per colpa di uno dei contraenti, nulla spetterà alla parte danneggiata.

Il testo: caso B •  D. 18,1,57,2 (Paulus l. 5 ad Plautium). •  Simili quoque modo ex diverso tractari oportet, ubi emptor quidem sciebat, venditor autem ignorabat: et hic enim oportet et venditorem stare et omne pretium ab emptore venditori, si non depensum est, solvi vel si solutum sit, non repeti.

•  D. 18,1,57,2 (Paolo nel libro 5 ad Plautium). •  In egual maniera si deve trattare il caso opposto, dove il compratore sapesse e ignorasse il venditore: in tal caso infatti la vendita è valida, e il compratore deve pagare al venditore l’intero prezzo, se non l’ha già pagato, e, se l’ha pagato, non ha diritto di ripeterlo.

Le possibili argomentazioni delle parti (vedi prima)

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Il parere di Paolo nel caso A •  Se la casa è andata completamente distrutta (o, forse, se ne è distrutta più della metà: vedi Nerazio): - manca l’oggetto, - la compravendita è nulla, - il compratore non deve pagare, - si può ripetere quanto già eventualmente pagato. •  Se è rimasto qualcosa (se è bruciata la metà o meno: - l’oggetto si deve reputare ancora esistente, - la compravendita è valida, - il compratore deve pagare, - se ha già pagato il venditore deve restituirgli il quod interest (vedi il boni viri arbitratus di Nerazio)

Il caso: la casa incendiata (caso B) •  Un tale compera una casa al mare per la somma di 100 sesterzi. •  Al momento della stipula del contratto il compratore sapeva che la casa era andata distrutta nell’incendio scoppiato il giorno precedente (evidentemente a quel prezzo gli interessava comunque l’area), mentre lo ignorava il venditore.

Ancora da parte del venditore: è responsabilità precontrattuale

•  IL COMPRATORE (che insiste per avere l’area) Poiché il contratto è consensuale, esso si è prodotto al momento dell’accordo e da quel momento devono ritenersi sussistenti le obbligazioni, in particolare quelle del venditore relative alla consegna della casa.

•  IL COMPRATORE Anche considerando che al momento dell’accordo si era già verificato l’incendio distruttore, l’accordo di vendita stesso deve intendersi relativo a quanto rimane della casa unitamente all’area in cui la casa sorgeva.

•  IL VENDITORE (che non vuole più consegnare l’area) •  Essendo venuto a conoscenza che l’area ha un valore ben superiore a quanto stabilito fra le parti il venditore si rifiuta di consegnare adducendo il fatto che al momento della stipula non esisteva più l’oggetto del contratto (la casa bruciata), e dunque il contratto stesso non è venuto ad esistenza, e non sono sorte le obbligazioni.

•  IL VENDITORE Il venditore oppone che al momento dell’accordo la controparte gli aveva taciuto due circostanze note solo allo stesso compratore, le quali, se sapute, avrebbero indotto il venditore a non vendere (o non a quel prezzo): il valore dell’area e la circostanza dell’incendio. Pertanto il fatto che l’oggetto del contratto non esistesse (unito all’accertato dolo del compratore) rileva e rende con ciò nullo tutto il contratto.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il parere di Paolo nel caso B •  La consapevolezza di colui che sarebbe il soggetto “passivo”, in quanto svantaggiato dall’acquisto della casa bruciata, consente di affermare che gli interessi del compratore sono ugualmente soddisfatti (gli interessava l’area?), così come sono soddisfatti quelli del venditore: - l’oggetto si deve reputare ancora esistente, - la compravendita è valida, - il compratore deve pagare l’intero, - se ha già pagato non può ripetere quanto pagato.

Il caso: la casa incendiata (caso C) •  Un tale compera una casa al mare per la somma di 100 sesterzi. •  Al momento della stipula del contratto sia il compratore che il venditore sapevano perfettamente che la casa era andata distrutta nell’incendio scoppiato il giorno precedente. •  Ciascuno dei due contraenti tace all’altro la circostanza che crede dall’altro ignorata.

Formula dell’actio empti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

Il testo: caso C •  D. 18,1,57,3 (Paulus •  D. 18,1,57,3 (Paolo nel libro l. 5 ad Plautium). 5 ad Plautium). •  Quod si uterque •  E se sapevano entrambi, il sciebat et emptor et compratore e il venditore, venditor domum esse che la casa era bruciata exustam totam vel ex interamente o in parte, la parte, nihil actum circostanza non rileva, fuisse dolo inter compensandosi utramque partem reciprocamente il dolo, compensando et poiché il giudizio di buona iudicio, quod ex bona fede che ne deriva non fide descendit, dolo ex consente che ci sia dolo da utraque parte veniente ambedue le parti. stare non concedente.

Il parere di Paolo nel caso C •  Qualora uno dei due contraenti pretendendo l’adempimento agisse contro l’altro (che è invece riottoso), l’azione contrattuale che dovrebbe esperirsi (actio empti o actio venditi) è un’azione di buona fede, e l’azione di buona fede non può prevedere il caso di una reciproca lagnanza per dolo: l’esser venuti meno alla correttezza che il contratto di buona fede esige impedisce che giudizialmente si possa imputare una analoga scorrettezza all’altra parte. •  Ma il dolo delle due parti, l’una nei confronti dell’altra, è automaticamente sanzionato, senza bisogno di esplicita previsione, in una azione di buona fede.

Formula dell’actio venditi

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio hominem (rem) vendidit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice Caio Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha venduto lo schiavo (la cosa) a Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

4. La casa incendiata in tutto, in parte

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Generalizzazione del parere di Paolo

… segue

•  In base alle circostanze il contratto dovrebbe reputarsi inesistente in quanto posto in essere su oggetto “notoriamente” inesistente. •  Ma poiché la volontà delle parti è chiaramente indirizzata a portare avanti l’accordo in quanto ciascuno lo reputa conforme ai propri interessi (e quindi nessuno avanza giudizialmente le sue lagnanze), tale volontà va accolta e rispettata.

•  Se poi uno dei due, ripensandoci, volesse agire contro l’altro per il suo dolo, l’azione gli potrebbe essere denegata dal pretore, ovvero paralizzata mediante un’exceptio in cui si farebbe valere la consapevolezza di entrambi i contraenti sulla mancanza dell’oggetto (cioè la scorrettezza di ciascuno che tace all’altro il fatto nel timore che altrimenti non potrebbe forse conseguire i propri interessi: per esempio il venditore, interessato a lucrare il prezzo, ritiene che il compratore non comprerebbe se sapesse che la casa è bruciata; il compratore, interessato all’area che lui sa edificabile, ritiene che il venditore non venderebbe più) e quindi la reciproca mancanza di buona fede nella stessa direzione.

5. ERRORE (D. 18,1,9 pr.-2 di Ulpiano, ad Sabinum, e I. 3,19,23)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 Il caso 1 (error in corpore) L’error in corpore Le Istituzioni di Giustiniano (il testo, 2) Il caso 2 (error in corpore e dissenso) Incidenza del dissenso Il testo, 3 Il caso 3 (error in nomine) L’error in nomine Il testo, 4 Le varie ipotesi di error in substantia in Ulpiano Disciplina dell’errore Le ragioni della controparte: l’embamma L’opinione di Marcello L’opinione di Ulpiano, 1 (e 2, e 3) Casi emblematici di errore essenziale

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Compravendita – CONTRATTI • Negozio giuridico – NEGOZIO GIURIDICO • Disciplina dell’errore – NEGOZIO GIURIDICO • Inefficacia, nullità, ecc. – NEGOZIO GIURIDICO • Stipulatio – CONTRATTI • Volontà e manifestazione – NEGOZIO GIURIDICO • Marcello – GIURISTI e … • Essenzialità dell’errore – NEGOZIO GIURIDICO

5. Errore

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Il testo, 1 •  D. 18,1,9 pr. (Ulpianus l. 28 •  ad Sabinum). •  In venditionibus et emptioni- •  bus consensum debere intercedere palam est: ceterum sive in ipsa emptione dissentient sive in pretio sive in quo alio, emptio imperfecta est. si igitur ego me fundum emere putarem Cornelianum, tu mihi te vendere Sempronianum putasti, quia in corpore dissensimus, emptio nulla est. idem est, si ego me Stichum, tu Pamphilum absentem vendere putasti: nam cum in corpore dissentiatur, apparet nullam esse emptionem.

D. 18,1,9 pr. (Ulpiano nel libro 28 ad Sabinum). È noto che nella compravendita deve verificarsi un consentire delle parti: del resto se non sono d’accordo o sulla stessa compravendita, o sul prezzo, o su altro, la compravendita è imperfetta. Se pertanto io credo di comprare il fondo Corneliano, mentre tu pensi di vendermi il fondo Semproniano, poiché c’è dissenso in corpore, la compravendita è nulla. Ugualmente, se io credo di comprare Stico, mentre tu pensi di vendere Panfilo assente: infatti non essendoci accordo in corpore, la compravendita è nulla.

L’error in corpore •  L’errore è definito uno dei “vizi della volontà” del negozio giuridico (ovvero: del contratto). •  L’error in corpore è sempre essenziale: il negozio stipulato sulla base di un error in corpore è diretto in realtà ad una negoziazione relativa all’oggetto pensato e non a quello reale. Venendo meno così la volontà il negozio giuridico deve considerarsi inesistente. •  Se il contraente avesse conosciuto la realtà (che il fondo vendutogli era il Semproniano e non il Corneliano, che lo schiavo vendutogli era Panfilo e non Stico) non si sarebbe mai convinto a comprare.

Il caso, 2 (errore in corpore e dissenso) •  Un tale (stipulator) si fa promettere lo schiavo Stico da uno che è proprietario di molti schiavi (promissor). •  Quest’ultimo, fraintendendo la richiesta, pensa che il riferimento sia allo schiavo della Panfilia, Panfilo, e, essendo d’accordo relativamente a Panfilo, promette. •  Si ha un vero e proprio dissenso. •  La stipulatio è nulla “ac si ad interrogatum responsum non esset”.

Il caso, 1 (error in corpore) •  I casi prospettati dal testo sono due: •  1) Tizio esprime a Caio la sua volontà di comprare un fondo di Caio che identifica descrivendolo; Caio, che possiede due fondi ai quali, entrambi, si può riferire la descrizione, equivoca e, pensando all’altro, si dice d’accordo •  2) Tizio esprime a Caio la sua volontà di comprare uno schiavo che identifica con il nome di Stico; Caio equivoca e, pensando che si tratti di altro schiavo, nel momento assente, si dice d’accordo -

Le Istituzioni di Giustiniano (il testo, 2) •  I. 3,19,23 •  I. 3,19,23 •  Si de alia re stipulator •  Se una delle due parti nella senserit, de alia prostipulatio pensa ad una cosa, missor, perinde nulla l’altro contraente ad altra contrahitur obligatio ac cosa, certamente non si si ad interrogatum genera nessuna obbligazione responsum non esset, come se all’interrogazione veluti si hominem non ci fosse stata alcuna Stichum a te stipulatus risposta: come se qualcuno si quis fuerit, tu de Pamfosse fatto promettere da te lo philo senseris, quem schiavo Stico, e tu hai Stichum vocari creduto si trattasse di Panfilo credideris.  che credevi si chiamasse Stico.

Incidenza del dissenso •  Il dissenso (o mancanza di consenso) impedisce l’incontro delle volontà. •  Ora il negozio giuridico è “una manifestazione di volontà”, e il negozio giuridico bilaterale (cioè in particolare il contratto) è per definizione un incontro di volontà. •  (secondo l’art. 1325 c.c. è requisito del contratto “l’accordo delle parti”). •  Il dissenso può essere consapevole o inconsapevole. •  Allorché il dissenso è inconsapevole si preferisce parlare di “errore”: si tratterebbe di una delle ipotesi di “divergenza fra volontà e manifestazione”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo, 3 •  D. 18,1,9,1 (Ulpianus l. •  D. 18,1,9,1 (Ulpiano nel 28 ad Sabinum). libro 28 ad Sabinum). •  Plane si in nomine •  Certamente se non siamo dissentiamus, verum de d’accordo sul nome, non vi è corpore constet, nulla dubbio che la dubitatio est, quin valeat compravendita abbia emptio et venditio: nihil comunque valore: non enim facit error importa assolutamente nominis, cum de l’error in nomine, quando si corpore constat. è sicuri sulla cosa.

Il caso, 3 (error in nomine) •  Tizio esprime a Caio la sua volontà di comprare uno schiavo che identifica con il nome di Panfilo; •  Caio si dice d’accordo; •  Lo schiavo in realtà si chiamava in altro modo (… per esempio Eros): il compratore si sbagliava sul nome, e il venditore, pur avendo capito l’errore, non ha rettificato essendo comunque d’accordo sull’oggetto della vendita.

Il testo, 4

L’error in nomine •  L’ipotesi configura un error in nomine. •  L’error in nomine non è essenziale, cioè non è tale che senza di esso il negozio non si sarebbe concluso (poco importa il nome, quando la cosa, nell’ipotesi lo schiavo, è atta in sé a raggiungere il risultato che l’acquirente vuole): il negozio è pertanto sempre valido.

Le varie ipotesi di error in substantia descritte da Ulpiano •  Tizio crede di comprare del vino da Caio; Caio vende aceto, e gli consegna aceto. •  Tizio crede di comprare dell’oro da Caio; Caio vende ottone. •  Tizio crede di comprare dell’argento da Caio; Caio vende piombo, o altro simile metallo.

•  D. 18,1,9,2 (Ulpianus l. 28 ad •  Sabinum). •  Inde quaeritur, si in ipso •  corpore non erratur, sed in substantia error sit, ut puta si acetum pro vino veneat, aes pro auro vel plumbum pro argento vel quid aliud argento simile, an emptio et venditio sit. Marcellus scripsit libro sexto digestorum emptionem esse et venditionem, quia in corpus consensum est, etsi in materia sit erratum. ego in vino quidem consentio, quia eadem prope ousia est, si modo vinum acuit: ceterum si vinum non acuit, sed ab initio acetum fuit, ut embamma, aliud pro alio venisse videtur. In ceteris autem nullam esse venditionem puto, quotiens in materia erratur.

D. 18,1,9,2 (Ulpiano nel libro 28 ad Sabinum). Per cui si chiede se sia efficace la compravendita, quando non vi è errore in corpore, ma in substantia, come se si venda aceto per vino, ottone per oro o piombo per argento, o altro metallo simile all’argento. Marcello nel libro 6 dei suoi digesta scrive che la compravendita sussiste, perché c’è consenso in corpore, anche se vi è errore in materia. Io sono d’accordo per quel che riguarda il vino, perché rimane la stessa essenza se il vino inacidisce: invece, se il vino non è inacidito, ma fin dall’inizio fu aceto, come nel caso dell’embamma, mi sembra che si possa dire che è un aliud pro alio. Del resto mi sembra che si possa concludere che è nulla la compravendita, ogni volta che si ha errore in materia.

Disciplina dell’errore •  In ogni ipotesi di errore è l’errante che, non appena si rende conto dell’errore stesso, chiede la tutela dell’ordinamento giuridico. •  Le sue motivazioni (varie a seconda dell’ipotesi) confluiscono tutte verso una sola grande protesta: - se non vi fosse stato errore il negozio non sarebbe stato concluso (ESSENZIALE); - l’errante aveva pure usato tutta la necessaria attenzione nel condurre l’affare (SCUSABILE); - la controparte, usando a sua volta la dovuta attenzione, avrebbe potuto accorgersi che l’interlocutore si sbagliava (RICONOSCIBILE).

5. Errore

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Le ragioni della controparte: il caso dell’embamma

•  Naturalmente l’altro contraente, se (come normalmente accade) vuole mantenere il negozio, deve controbattere le ragioni avanzate dal suo interlocutore circa l’errore in cui sarebbe incorso: non è essenziale, non è scusabile, non è riconoscibile. •  Il caso “del vino inacidito” potrebbe prospettare anche un’altra possibilità contro l’errante il quale, in forza del suo errore, chiede che il negozio sia dichiarato nullo. •  Il venditore potrebbe negare che l’errore in cui è incorso l’acquirente sia tale da minare la validità del negozio. •  Innanzi tutto non si tratta di error in corpore (che è sempre essenziale): qui l’errore è differente. Vino e aceto hanno infatti la stessa natura e quindi in realtà il consenso sul corpus si è perfettamente formato: ciò che è stato comprato è pur sempre vino, anche se inacidito.

L’opinione di Ulpiano,1 •  Per il caso dell’aceto e del vino l’opinione di Ulpiano è relativamente diversa: –  Se si tratta di aceto naturale (vino inacidito), rimane la stessa essenza (ousía): la compravendita è valida poiché vi è consenso in corpore. –  Se si tratta di aceto artificiale (embamma): la compravendita non è valida, poiché vi è errore in corpore, l’uno ha venduto aceto, l’altro ha acquistato vino. •  Sembrerebbe poi (ego in vino quidem consentio) che anche nelle altre ipotesi prospettate Ulpiano non sarebbe d’accordo con Marcello, ritenendo la compravendita nulla non solo nei casi di errore in corpore, ma anche in quelli di errore in substantia.

L’opinione di Marcello •  Non si tratta di error in corpore (che è sempre essenziale): qui l’errore è sulla “sostanza”. •  L’error in substantia non è essenziale, vi è infatti il consensus in corpore. •  La compravendita non è nulla.

L’opinione di Ulpiano, 2 •  “Del resto – dice Ulpiano – mi sembra che si possa concludere che è nulla la compravendita, ogni volta che si ha errore in materia”. •  L’error in materia (in substantia) sarebbe essenziale.

L’opinione di Ulpiano, 3

Casi emblematici di errore essenziale

•  Il caso della vendita di aceto per vino nell’ipotesi prospettata di embamma (allorché non si può riconoscere la stessa ousía) consente di chiarire la ratio della tutela dell’errore: •  nel caso si sarebbe verificato un aliud pro alio: non solo viene meno l’accordo, che è l’essenza del contratto, ma viene meno anche l’oggetto che è elemento essenziale del negozio. •  Il negozio, pertanto, è nullo.

•  Comunque, sulla base delle fonti classiche e della successiva rielaborazione medievale, la dottrina moderna è giunta ad individuare alcune tipologie di errore che si possono dire tutelabili a priori, in quanto a priori essenziali. Tali sono: •  - l’error in negotio; •  - l’error in persona; •  - l’error in corpore.

6. MANDATO (D. 17,1,5 pr.-3 di Paolo, ad edictum)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • •

Premessa al testo Il testo, 1 Il caso, 1 Formula dell’actio mandati Possibili argomentazioni delle parti L’esito, 1 Precisazione, 1 Il testo, 2 Il caso, 2 L’esito, 2 Precisazione, 2 Un altro possibile esito (il consiglio del giurista al mandatario), 1 (e 2) • Eccezione (exceptio) (e … segue) • Exceptio doli

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Paolo – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Mandato – CONTRATTI • Emptio venditio – CONTRATTI • Elementi essenziali del contratto: l’oggetto – NEGOZIO GIURIDICO • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • La buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Condemnatio – PROCESSO • Cautiones iudiciales – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO

6. Mandato

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Premessa al testo

Il testo, 1

•  D. 17,1,5 pr.-1 (Paulus •  D. 17,1,5 pr.-1 (Paolo nel l. 32 ad edictum). libro 32 ad edictum). •  Diligenter igitur fines •  I limiti del mandato demandati custodiendi vono essere osservati sunt: attentamente: •  Nam qui excessit, aliud quid facere videtur et, •  Infatti chi eccede, è come se facesse altro, e, se non si susceptum non assolve appieno quanto impleverit, tenetur. concordato, è tenuto responsabile di inadempimento.

•  D. 17,1,5,2 (Paulus l. •  D. 17,1,5,2 (Paolo nel libro 32 ad edictum). 32 ad edictum). •  Itaque si mandavero •  E così se ti ho dato mandato di comperarmi la tibi, ut domum seianam centum emeres casa Seiana per 100 e tu compri la casa Tiziana per tuque titianam emeris un prezzo molto maggiore, longe maioris pretii, o anche per 100 o anche centum tamen aut meno, non si può dire che etiam minoris, non tu abbia adempiuto il videris implesse mandato. ... mandatum. ...

Il caso, 1

Formula dell’actio mandati

•  Un tale dà mandato a Caio di comprargli una casa, la casa Seiana, per 100 sesterzi: sono determinati l’oggetto (quella casa) e il prezzo (100). •  Il mandatario compra un’altra casa, la casa Tiziana (non importa il prezzo, maggiore, uguale o minore rispetto a quello concordato). •  Il mandante non solo si rifiuta di accollarsi gli effetti dell’acquisto (ossia accettare il trasferimento della casa Tiziana e rifondere il prezzo al mandatario), •  ma addirittura agisce contro il mandatario per inadempimento del mandato (actio mandati).

Possibili argomentazioni delle parti •  IL MANDANTE •  Il mandante può lamentare il fatto che per i 100 sesterzi voleva quella casa, la Seiana, e non un’altra (per es. aveva un valore affettivo, aveva una collocazione particolare, ne aveva valutato una particolare applicazione economica che solo quella può avere, ecc.). •  IL MANDATARIO •  Il mandatario potrebbe ribattere che per vari motivi non aveva potuto comprare la casa Seiana concordata, e che comunque gli era sembrato opportuno, proprio nell’interesse del mandante, comprare comunque una casa piuttosto che niente.

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio mandavit ut …(hominem manumitteret, pecunias in diem collocaret, etc.), •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio ha incaricato Numerio Negidio di … (manomettere lo schiavo, ecc.), •  questione della quale si tratta, •  tutto quello che per ciò N. Negidio deve dare e fare nei confronti di A. Agerio secondo buona fede, •  a questo tu, giudice, condanna N. Negidio verso A. Agerio. •  Se non risulta assolverai.

L’esito, 1 •  Stando così le cose, non c’è dubbio che il convenuto sarebbe condannato: •  Il mandato non è adempiuto se non viene rispettato esattamente l’oggetto concordato fra mandante e mandatario: Paolo dice che “Infatti chi eccede (sc. dai limiti del mandato), è come se facesse altro, e, se non assolve appieno quanto concordato, è tenuto responsabile di inadempimento”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Precisazione, 1

Il testo, 2

•  La condemnatio dell’actio mandati è una condanna nel quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona: •  il giudice dovrà valutare, secondo il suo apprezzamento discrezionale e il suo concetto di correttezza e buona fede (in particolare relativamente ad un contratto di mandato e al caso concreto), come debba essere quantificata la responsabilità del mandatario inadempiente perché ha esorbitato dai limiti del mandato.

•  D. 17,1,5,3 (Paulus l. •  D. 17,1,5,3 (Paolo nel libro 32 ad edictum). 32 ad edictum). •  Item si mandavero tibi, •  E così se ti ho dato mandato di vendere per ut fundum meum 100 il mio fondo e tu lo centum venderes tuque vendi per 90 e io richiedo eum nonaginta venil fondo, non potrai dideris et petam oppormi l’exceptio doli, a fundum, non obstabit meno che tu non mi renda mihi exceptio, nisi et il residuo che manca reliquum mihi, quod secondo il mio mandato e deest mandatu meo, mi garantisca per tutto praestes et indemnem me per omnia conserves. l’indennità.

Il caso, 2

L’esito, 2

•  Sulle stesse premesse si fonda il secondo caso: •  Allo scopo di vendere un fondo per 100 sesterzi si stipula un contratto di mandato fra due soggetti: sono determinati l’oggetto (quel fondo) e il prezzo (100). •  Il mandatario vende quel fondo ma per un prezzo minore (90). •  Il mandante agisce contro di lui con l’azione per inadempimento del mandato (actio mandati).

Precisazione, 2 •  Anche in questo caso va rilevato che la condemnatio dell’actio mandati è una condanna nel quidquid ob eam rem N.Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona: •  Il giudice dovrà valutare, secondo il suo apprezzamento discrezionale e il suo concetto di correttezza e buona fede (in particolare relativamente ad un contratto di mandato e al caso concreto), come debba essere quantificata la responsabilità del mandatario inadempiente perché ha esorbitato dai limiti del mandato.

•  Stando così le cose, non c’è dubbio che il convenuto sarebbe condannato: •  Il mandato non è adempiuto se non viene rispettato esattamente il valore pecuniario dell’affare concordato fra mandante e mandatario: Paolo dice che “Infatti chi eccede (sc. dai limiti del mandato), è come se facesse altro, e, se non assolve appieno quanto concordato, è tenuto responsabile di inadempimento”.

Un altro possibile esito (il consiglio del giurista al mandatario), 1 •  La frase finale di Paolo “non potrai oppormi l’exceptio doli, a meno che tu non mi renda il residuo che manca al mio mandato e mi garantisca per tutto l’indennità” lascia aperta la strada ad un diverso risultato. •  Se vuole evitare di essere condannato il mandatario dovrà: •  1) integrare il prezzo consegnato come corrispettivo della vendita fino al valore stabilito nel contratto di mandato; •  2) garantire – e si deve ipotizzare la prestazione di una cautio apposita – che il mandante sarà indenne da ogni responsabilità verso i terzi.

6. Mandato

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Altro possibile esito (il consiglio del giurista al mandatario), 2 •  Solo a questo punto (integrato il prezzo in modo da corrispondere perfettamente al mandato ricevuto, e garantita l’indennità da ogni responsabilità verso i terzi), solo a questo punto il mandatario convenuto nell’actio mandati potrà opporre all’attore mandante un’eccezione di dolo. •  E sulla base dell’exceptio doli (che è un’exceptio doli generalis) sarà assolto.

... segue •  Le eccezioni si dividono in due categorie: •  1) perentorie: tali, cioè, che possono essere prodotte senza limiti di tempo: •  - exceptio doli •  - exceptio metus •  - exceptio pacti conventi assoluto •  - exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae •  - ecc. •  2) dilatorie: tali, cioè, che possono essere prodotte solo entro un certo periodo temporale: •  - exceptio pacti conventi (relativo), ecc.

Eccezione (exceptio) •  L’eccezione (exceptio) è una parte della formula processuale in cui il convenuto può far valere, in opposizione alla pretesa dell’attore, delle circostanze di fatto o di diritto che, se verificate, potranno influire sulla decisione del giudice. •  Gaio dice che l’exceptio è la condizione negativa della condanna: verificata la rispondenza a realtà dei fatti dedotti in exceptione il giudice dovrà assolvere.

Exceptio doli •  Si paret ….. (= Se risulta …..), •  si in ea re nihil dolo malo Auli Agerii factum sit neque fiat (= a meno che nella questione non si possa rilevare che qualcosa è stato fatto con dolo o viene fatto adesso con dolo da parte di Aulo Agerio), •  iudex … condemnato (= tu, giudice, condanna).

7. LE VARIAE CAUSARUM FIGURAE (D. 44,7,5,5, dai libri aureorum di Gaio)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • D. 44,7,5, il paragrafo 5: de effusis et deiectis, de posito et suspenso • Quale azione? • Nautae, caupones et stabularii • I “quasi delitti” • La responsabilità • Gai. 4,16 (e ... segue) • 1°: la negotiorum gestio (il principium) (e … segue) • Formula dell’actio mandati directa • Formula dell’actio negotiorum gestorum directa • Il iudicium contrarium (e … segue 1, e 2) • 2°: la tutela (il paragrafo 1) • Formula dell’actio tutelae directa • Formula dell’actio tutelae contraria • 3°: il legato (il paragrafo 2) • 4°: la solutio indebiti (il paragrafo 3) • Formula della condictio (indebiti) • Confronto di testi • Il § 4: il iudex qui litem suam fecit, 1 (e 2) • Quali ipotesi? La prima • Quali ipotesi? La seconda • La spiegazione di Lambertini • La dottrina dominante (Guarino) • La dottrina dominante (D’Ors, la scuola spagnola) • La dottrina dominante (Burdese) (e … segue 1) • Un accenno (Garofalo) • La condanna alla vera aestimatio • Il commento di Fercia (e … segue 1, e 2)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Gaio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Locatio conductio – CONTRATTI • Obbligazioni e fonti – CONTRATTI • Cenacolo – VARIE • Azioni adiettizie – PERSONE • Caratteristiche delle azioni penali DELITTI • Exercitor – VARIE • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Tipicità delle azioni – PROCESSO • Mandato – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Negotiorum gestio – VARIE • Tutela e tutori – PERSONE • Garanzie personali dell’obbligazione – CONTRATTI • Pegno e ipoteca – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Legati – SUCCESSIONI • Mutuo – CONTRATTI • La condictio e le condictiones – PROCESSO • Condemnatio – PROCESSO • Litis aestimatio – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO

7. Le varie causarum figurae

D. 44,7,5, il paragrafo 5:

De effusis et deiectis, de posito et suspenso •  • 

•  D. 44,7,5,5 (Gaio nel libro 3 degli aurea) D. 44,7,5,5 (Gaius l. 3 •  5. Anche colui dal cui cenacolo (o suo aureorum) proprio o preso in conduzione o 5. Is quoque, ex cuius cenaculo (vel proprio gratuitamente abitato) è stato gettato o ipsius vel conducto vel in versato qualcosa in modo tale da recare quo gratis habitabat) deiectum effusumve danno a qualcuno, sembra che sia tenuto aliquid est ita, ut alicui noceret, quasi ex maleficio come per un delitto (quasi ex maleficio): ed teneri videtur: ideo autem invero si ritiene che non sia propriamente non proprie ex maleficio obligatus intellegitur, quia obbligato per delitto, perché per lo più è tenuto responsabile per la colpa di altri, o plerumque ob alterius culpam tenetur ut servi aut del servo o del figlio. A costui si deve liberi. cui similis est is, qui ea parte, qua volgo iter fieri assimilare chi ha posto o solet, id positum aut sospeso qualcosa che può, se cade, nuocere suspensum habet, quod ad alcuno in luogo per il quale potest, si ceciderit, alicui nocere. normalmente si passa.

Nautae, caupones e stabularii •  D. 44,7,5,6 (Gaius l. 3 aureorum) •  Item exercitor navis aut cauponae aut stabuli de damno aut furto, quod in nave aut caupona aut stabulo factum sit, quasi ex maleficio teneri videtur, si modo ipsius nullum est maleficium, sed alicuius eorum, quorum opera navem aut cauponam aut stabulum exerceret: cum enim neque ex contractu sit adversus eum constituta haec actio et aliquatenus culpae reus est, quod opera malorum hominum uteretur, ideo quasi ex maleficio teneri videtur.

•  D. 44,7,5,6 (Gaio nel libro 3 degli aurea) •  E così l’exercitor della nave o i locandieri o gli stallieri risultano essere tenuti da quasi delitto (quasi ex maleficio) per i danni ed i furti che avvengono nella nave o nella locanda o nella stalla, anche se non vi è nessun illecito da parte loro, ma di qualcuno di quelli con la cui opera esercitano la nave o la locanda o la stalla: e infatti dal momento che contro di lui non vi è un’azione da contratto, nondimeno è colpevole di una qualche colpa perché si è valso dell’opera di uomini disonesti, e perciò risulta tenuto come per delitto (quasi delitto).

La responsabilità •  La giustificazione che fa di queste figure dei “quasi delitti” è molteplice: •  1) per il de effusis et deiectis (e – sembrerebbe – per il de posito et suspenso, si tratterebbe di responsabilità oggettiva: dice infatti Gaio che “per lo più è tenuto responsabile per la colpa di altri, o del servo o del figlio” •  2) in realtà, correggendo il tiro, Gaio viene a riconoscere che per il de posito et suspenso la giustificazione riposa sulla “pericolosità oggettiva” del comportamento: “tiene qualcosa posto o sospeso la cui caduta è pericolosa” •  3) infine per nautae, caupones e stabularii la giustificazione è vista nella c.d. culpa in eligendo: “perché si è valso dell’opera di uomini disonesti”: ma anche in questo caso l’attribuzione di responsabilità prescinde da ogni indagine psicologica e viene effettuata oggettivamente.

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Quale azione? •  D. 44,7,5,5 (Gaius 3 aureorum) •  ideo si filius familias seorsum a patre habitaverit et quid ex cenaculo eius deiectum effusumve sit sive quid positum suspensumve habuerit, cuius casus periculosus est, Iuliano placuit in patrem neque de peculio neque noxalem dandam esse actionem, sed cum ipso filio agendum.

•  D. 44,7,5,5 (Gaio nel libro 3 degli aurea) •  … E pertanto se un figlio abita lontano dalla casa del padre e qualcosa viene gettato o versato dal suo cenacolo ovvero tiene qualcosa posto o sospeso la cui caduta è pericolosa, Giuliano ritenne che non dovesse essere data l’azione de peculio contro il padre né l’azione nossale, ma che si debba agire contro lo stesso figlio.

I “quasi delitti” •  Il testo è molto interessante per la individuazione della categoria delle fonti delle obbligazioni che indichiamo come “quasi delitti”. •  Il giurista, Gaio, individua cinque ipotesi di quasi delitto accomunate due a due: •  1) de effusis et ------- 2) (de) deiectis •  3) de posito et ------- 4) (de) suspenso •  5) nautae, caupones e stabularii

D. 44,7 de obligationibus et actionibus •  Il titolo del Digesto 44,7 da cui è tratto il passo iniziale è dedicato alle obbligazioni e alla conseguente loro tutela giudiziaria, cioè le azioni tipiche (de obligationibus et actionibus). Sono in tutto 61 frammenti: i primi 5, tranne per un intermezzo di Paolo, D. 44,7,3, si devono tutti a Gaio, o alle sue institutiones o ai libri aureorum.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

. . . segue •  Dopo aver individuato le tre categorie di fonti delle obbligazioni (D. 44,7,1pr. , l. 2 aureorum: Obligationes aut ex contractu nascuntur aut ex maleficio aut proprio quodam iure ex variis causarum figuris = Le obbligazioni nascono o da contratto o da delitto o da varie figure di cause), Gaio comincia ad esaminare la prima, i contratti, al cui interno focalizza l’esistenza di quattro categorie contrattuali, re, verbis, litteris, consensu. •  Successivamente tratta delle quattro ipotesi di delitto, furto, rapina, iniuria e danneggiamento. •  Questo discorso, su contratti e delitti, occupa tutti i primi 4 paragrafi. •  Poi, ancora per la voce di Gaio, si passa nel frammento 5 ad un discorso diverso.

Formula dell’actio mandati directa

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio mandavit ut …(hominem manumitteret, pecunias in diem collocaret, etc.), •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona. •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio ha incaricato Numerio Negidio di … (manomettere lo schiavo, ecc.), •  questione della quale si tratta, •  tutto quello che per ciò N. Negidio deve dare e fare nei confronti di A. Agerio secondo buona fede. •  a questo tu, giudice, condanna N. Negidio verso A. Agerio. •  Se non risulta assolverai.

Le variae causarum figurae 1. la negotiorum gestio (il principium)

•  D. 44,7,5pr. (Gaius l. •  3 aureorum) •  Si quis absentis negotia gesserit, si quidem ex •  mandatu, palam est ex contractu nasci inter eos actiones mandati, quibus invicem experiri possunt de eo, quod alterum alteri ex bona fide praestare oportet: si vero sine mandatu, placuit quidem sane eos invicem obligari eoque nomine proditae sunt actiones, quas appellamus negotiorum gestorum, quibus aeque invicem experiri possunt de eo, quod ex bona fide alterum alteri praestare oportet.

D. 44,7,5pr. (Gaio nel libro l. 3 degli aurea) Se qualcuno ha gestito gli affari di un assente, se in base ad un mandato, è chiaro che fra di loro sorgono le azioni del mandato con cui scambievolmente possono rispondere di quello per cui l’uno è tenuto nei confronti dell’altro in base alla buona fede, ex fide bona: se invece senza mandato, si ritenne che comunque debbano essere obbligati l’un l’altro e a tal titolo sono state predisposte le azioni che chiamiamo negotiorum gestorum, con cui ugualmente si può agire scambievolmente per ciò che l’uno deve nei confronti dell’altro ex fide bona.

Formula dell’actio negotiorum gestorum directa •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Numerius Negidius Aulii Agerii negotia gessit, •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

Il iudicium contrarium

•  Peraltro il contratto di mandato è un contratto imperfettamente bilaterale: l’obbligo principale è quello che sorge in capo al mandatario (di portare a termine l’affare e trasferirne gli effetti in capo al mandante). E il contratto è gratuito: dunque nessun obbligo di corresponsione esiste per il mandante verso il mandatario. •  Tuttavia il mandante potrebbe essere chiamato responsabile (con un’actio mandati contraria) per le spese e i danni incontrati dal mandatario nell’assolvimento del suo compito. •  Imperfettamente bilaterale (e quindi esposto eventualmente ad un iudicium contrarium) è anche il rapporto di negotiorum gestio.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Numerio Negidio ha gestito gli affari di Aulo Agerio, •  questione della quale si tratta, •  tutto quello che per ciò N. Negidio deve dare e fare nei confronti di A. Agerio secondo buona fede, •  a questo tu, giudice, condanna N. Negidio verso A. Agerio. •  Se non risulta assolverai.

… segue, 1 •  D. 44,7,5pr. (Gaius l. 3 aureorum) •  … sed neque ex contractu neque ex maleficio actiones nascuntur: neque enim is qui gessit cum absente creditur ante contraxisse, neque ullum maleficium est sine mandatu suscipere negotiorum administrationem: longe magis is, cuius negotia gesta sunt, ignorans aut contraxisse aut deliquisse intellegi potest:

•  D. 44,7,5pr. (Gaio nel libro l. 3 degli aurea) •  … Ma queste azioni non nascono né da contratto né da delitto: infatti non si ritiene che colui che gestisce abbia prima stretto contratto con l’assente, e nemmeno si evidenzia alcun delitto nell’assumersi l’amministrazione senza mandato: ancor meno si può credere che colui i cui affari vengono gestiti a sua insaputa abbia stretto un contratto o abbia commesso un delitto:

7. Le varie causarum figurae

•  D. 44,7,5pr. (Gaius l. 3 •  aureorum) •  … sed utilitatis causa •  receptum est invicem eos obligari. ideo autem id ita receptum est, quia plerumque homines eo animo peregre proficiscuntur quasi statim redituri nec ob id ulli curam negotiorum suorum mandant, deinde novis causis intervenientibus ex necessitate diutius absunt: quorum negotia disperire iniquum erat, quae sane disperirent, si vel is, qui obtulisset se negotiis gerundis, nullam habiturus esset actionem de eo, quod utiliter de suo impendisset, vel is, cuius gesta essent, adversus eum, qui invasisset negotia eius, nullo iure agere posset.

… segue, 2 D. 44,7,5pr. (Gaio nel libro l. 3 degli aurea) … ma si giunse a conclusione che fossero obbligati l’un l’altro. E questa fu la conclusione considerando che per lo più gli uomini partono per andare lontano ma come se dovessero tornare subito e perciò non affidano a nessuno la cura dei propri affari, e poi per diverse circostanze intervenute per necessità rimangono assenti più a lungo: e sarebbe stato iniquo che i loro affari andassero a male, se colui che si fosse offerto a farne la gestione non avesse avuto nessuna azione per quello che avesse intrapreso utilmente con le proprie forze, o se colui i cui affari erano stati gestiti da altri in nessun modo avesse potuto agire giudizialmente a buon diritto contro colui che si era arrogato i suoi affari.

Formula dell’actio tutelae directa •  Inter illum actorem et illum reum dumtaxat denarium MMD recuperatores sunto. •  Quod ille illius pupilli tutelam gessit, •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem illum illi dare facere oportet ex fide bona •  eius recuperatores illum illi a dumtaxat denarium MMD condemnanto. •  Si non paret absolvunto.

•  Fra il tale attore e il tale convenuto, con limite di competenza fino a 2500 denari, siano recuperatori … X , … Y, …. •  Poiché il tale (convenuto) ha gerito la tutela del tale pupillo (attore) •  materia del contendere •  con riguardo a tutto ciò che, in forza di tale rapporto, l’uno deve dare o fare in favore dell’altro secondo buona fede, •  i recuperatori condannino il tale (tutore convenuto) nei confronti del talaltro (pupillo attore) entro un massimo di 2500 denari. •  Se non risulta lo assolvano.

Le variae causarum figurae 3. il legato (il § 2) •  D. 44,7,5,2 (Gaius l. •  D. 44,7,5,2 (Gaio l. 3 3 aureorum) aureorum) •  2. Heres quoque, qui •  2. Anche l’erede che deve legatum debet, neque un ex contractu neque ex legato, si ritiene che non sia maleficio obligatus esse obbligato da contratto ma intellegitur: nam neque cum defuncto nemmeno da illecito: non si neque cum herede reputa infatti che il legatario contraxisse quicquam abbia stipulato con il defunto legatarius intellegitur: né con l’erede: ed è più che maleficium autem manifesto che in quella nullum in ea re esse situazione non vi è nessun plus quam manifestum illecito. est.

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Le variae causarum figurae 2. la tutela (il § 1) •  D. 44,7,5,1 (Gaius l. 3 aureorum) •  1. Tutelae quoque iudicio qui tenentur, non proprie ex contractu obligati intelleguntur ( nullum enim negotium inter tutorem et pupillum contrahitur): sed quia sane non ex maleficio tenentur, quasi ex contractu teneri videntur. et hoc autem casu mutuae sunt actiones: non tantum enim pupillus cum tutore, sed et contra tutor cum pupillo habet actionem, si vel impenderit aliquid in rem pupilli vel pro eo fuerit obligatus aut rem suam creditori eius obligaverit.

•  D. 44,7,5,1 (Gaio l. 3 aureorum) •  1. Anche con l’actio tutelae sono tenuti coloro che risultano obbligati non propriamente per contratto (infatti non vi è stato nessun contratto fra tutore e pupillo): ma poiché certamente non sono tenuti per illecito, è sembrato opportuno che fossero tenuti quasi ex contractu, per quasi contratto. E in questo caso vi sono azioni reciproche: infatti non soltanto il pupillo ha azione contro il tutore, ma anche, all’opposto, il tutore contro il pupillo, se ha speso qualcosa del suo in favore del patrimonio pupillare o se si è obbligato per lui o se ha impegnato cosa propria nei confronti del creditore del pupillo.

Formula dell’actio tutelae contraria •  Scrive il Mantovani (Le •  Naturalmente formule del processo privato nell’actio tutelae romano, Como 1992, p. 50 s. contraria figurerà in e nt. 163) che la formula è accusativo (come identica a quella dell’actio convenuto) il nome tutelae directa, la quale, a sua del pupillo e in dativo volta, è la versione latina di (come attore) il nome quella conservata integralmente in lingua greca del tutore. in un papiro ritrovato nella provincia dell’Arabia Petrea, a sud del Mar Morto.

Le variae causarum figurae 4. la solutio indebiti (il § 3) •  D. 44,7,5,3 (Gaius l. 3 aureorum) •  3. Is quoque, qui non debitum accipit per errorem solventis, obligatur quidem quasi ex mutui datione et eadem actione tenetur, qua debitores creditoribus: sed non potest intellegi is, qui ex ea causa tenetur, ex contractu obligatus esse: qui enim solvit per errorem, magis distrahendae obligationis animo quam contrahendae dare videtur.

•  D. 44,7,5,3 (Gaio l. 3 aureorum) •  3. Anche colui che riceve una somma non dovuta (cioè un indebito) si obbliga come per una dazione a mutuo, ed è assoggettabile alla stessa azione, che è data ai creditori contro i debitori: ma non può intendersi che colui che è tenuto per questa situazione (lett.: per questa causa) sia obbligato per contratto: infatti chi per errore paga sembra che lo faccia con l’intenzione di estinguere l’obbligazione piuttosto che di contrarla.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula della condictio (indebiti) •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Il § 4. Il giudice qui litem suam fecit, 1 •  D. 44,7,5,4 (Gaius l. 3 •  D. 44,7,5,4 (Gaio nel libro 3 degli aurea) aureorum) •  Se un giudice ha “fatto sua” la •  Si iudex litem suam lite, non sembra sia obbligato fecerit, non proprie ex propriamente per delitto, ma maleficio obligatus poiché non è obbligato in base videtur, sed quia neque ad un contratto e tuttavia ex contractu obligatus risulta che in qualche modo ha est utique peccasse sbagliato, sia pure per aliquid intellegitur, licet imprudenza, si ritiene che sia per imprudentiam, tenuto quasi ex maleficio, cioè videtur quasi ex per quasi delitto. maleficio teneri.

Quali ipotesi? La prima

•  Gai. 4,52 - Debet •  Gai. 4,52 - Il giudice deve autem iudex attendere, stare attento, che quando c’è ut cum certae una condemnatio per una certa pecuniae condemnatio somma di denaro (una posita sit, neque condemnatio certa), lui stesso maioris neque minoris non condanni ad una somma summa posita maggiore né ad una somma condemnet, alioquin litem suam facit. Item minore, altrimenti “fa sua la si taxatio posita sit, ne lite”. Ugualmente se vi è una pluris condemnet taxatio, che non condanni a quam taxatum sit, alias più di quanto è il tetto enim similiter litem stabilito, infatti in caso suam facit. Minoris contrario ugualmente “fa sua autem damnare ei la lite”. Però a meno gli è permissum est.

consentito condannare.

Il testo delle instituziones e quello dei libri aureorum a confronto

•  Gai. 3,91. •  §  Is quoque, qui non debitum accepit ab eo, qui per errorem •  solvit, re obligatur; nam proinde ei condici potest “si paret eum dare oportere”, ac si mutuum accepisset. §  ………………………… §  sed haec species obligationis non videtur ex contractu consistere, quia is, qui solvendi animo dat, magis distrahere vult negotium quam contrahere.

D. 44,7,5,3 (Gaius l. 3 aureorum) Is quoque, qui non debitum accipit per errorem solventis, obligatur quidem quasi ex mutui datione et eadem actione tenetur, qua debitores creditoribus: sed non potest intellegi is, qui ex ea causa tenetur, ex contractu obligatus esse: qui enim solvit per errorem, magis distrahendae obligationis animo quam contrahendae dare videtur.

Il giudice qui litem suam fecit, 2 •  D. 50,13,6 (Gaius l. 3 aureorum) •  Si iudex litem suam fecerit, non proprie ex maleficio obligatus videtur: sed quia neque ex contractu obligatus est et utique peccasse aliquid intellegitur, licet per imprudentiam, ideo videtur quasi ex maleficio teneri in factum actione, et in quantum de ea re religioni iudicantis visum fuerit, poenam sustinebit.

•  D. 50,13,6 (Gaio nel libro 3 degli aurea) •  Se un giudice ha “fatto sua” la lite, non sembra sia obbligato propriamente per delitto: ma poiché non è obbligato in base ad un contratto e tuttavia risulta che in qualche modo ha sbagliato, sia pure per imprudenza, si ritiene dunque che sia tenuto quasi ex maleficio, cioè per quasi delitto, con un’azione in factum, e ne conseguirà una pena per quanto sembrerà opportuno al giudicante relativamente al fatto.

Quali ipotesi? La seconda

•  D. 5,1,15,1 •  D. 5,1,15,1 (Ulpiano nel libro (Ulpianus l. 21 ad 21 ad edictum) edictum) •  Si ritiene che il giudice “faccia •  Iudex tunc litem sua la lite”, quando con dolo suam facere intellegitur, cum dolo malo abbia pronunciato la malo in fraudem legis sentenza in frode della legge (e sententiam dixerit risulta che abbia fatto ciò con (dolo malo autem dolo se era evidente la sua videtur hoc facere, si parzialità o la sua ostilità o evidens arguatur eius anche la sua corruzione), in vel gratia vel modo tale che poi inimicitia vel etiam e sia costretto a pagare la stima veritiera. praestare cogatur.

7. Le varie causarum figurae

La spiegazione di LAMBERTINI •  «Il giurista spiega che il giudice fa sua la lite allorché abbia pronunciato sentenza con dolo in frode alla legge e che egli versa in tale situazione quando può evincersi in modo palese un comportamento dovuto a sentimenti, a seconda dei casi, di favore o di ostilità, o comunque legati ad una connaturale bassezza d’animo, tali da determinare la parzialità di colui che invece dovrebbe essere, per definizione, al di sopra della contesa» (LAMBERTINI, Giustiniano e il iudex qui litem suam fecerit). •  E Lambertini conclude che per il diritto classico si tratterebbe di «una sorta di generale copertura sanzionatoria in cui i singoli casi di volta in volta introdotti possano trovare un loro collante, un grande, elastico denominatore comune» (del resto – aggiunge – «i due frammenti gemelli collocati nei Digesta, … pressoché certamente non sono usciti così dalla penna di Gaio – ma che non credo neppure rechino il segno di Triboniano»).

La dottrina dominante (D’Ors, la scuola spagnola) •  Nel nucleo centrale della tesi di D’Ors (seguito in questo da tutta la letteratura romanistica spagnola) l’illecito del iudex qui litem suam facit consisterebbe in età classica nell’omissione di valido giudizio, e comporterebbe quindi la sola responsabilità, indipendente da dolo e da colpa (una responsabilità oggettiva in linea con quella verificata per gli altri tipi di quasi delitti) del giudice che non ha dato sentenza o l’ha data nulla per non aver applicato certe norme di procedura; •  aggiungendo (PARICIO) o meno, semmai, un ampliamento di tale responsabilità alle ipotesi di pronuncia dolo malo in fraudem legis (D. 5,1,15,1) e di imprudentia (D. 44,7,5,4) intesa non come semplice ignoranza, ma come mancanza di diligenza.

... segue (Burdese)

•  giunge per tale via a parificare l’elusione della lex Cornelia ad una figura di ingiustizia procedimentale della sentenza, che ne implicherebbe la nullità; •  in definitiva ravvisa nel litem suam facere (sulla base sia di Gaio che di Ulpiano) un ipotetico «uso capzioso dei poteri processuali», parla di “fraudolenta disapplicazione», da parte del giudice, di «norme autoritative ritenute tassativamente vincolanti» nel contesto del processo formulare classico, •  e infine dice che «occorrerebbe senz’altro ammettere che almeno in tali casi l’azione avverso di lui potesse essere ormai esperita pure dal convenuto danneggiato dalla sentenza (indipendentemente o meno dal considerare valida la sentenza) con più elastica interpretazione, in termini di parzialità partecipativa, della locuzione litem suam facere».

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La dottrina dominante (Guarino) •  per tutti A. GUARINO, Diritto privato romano, 12ª ed., Napoli, 2001, scrive: •  «Il litem suam facere (“parzialità del giudice”) era l’ipotesi del giudice che nel suo ufficio non si fosse comportato con la dovuta imparzialità, provocando con ciò intenzionalmente un pregiudizio ad una delle parti. Il disonesto agire del giudicante poteva andare dal vizio di procedura commesso ad arte (per esempio, un differimento eccessivo) sino al vizio di valutazione del merito compiuto per dolo o per inescusabile errore. In ordine a tutta questa vasta gamma di possibilità il pretore concesse alla parte lesa un’actio in aequum concepta contro il giudice parziale».

La dottrina dominante (Burdese)

•  Lo studioso parte dal discorso di Gaio che ricollega il litem suam facere a “errori” nella pronuncia della sentenza rispetto alle indicazioni della formula, •  e ritiene che nella fraus legi(s) di D. 5,1,15,1 si debba leggere un’artificiosa violazione del limite legale posto dalla lex Cornelia de sponsu a tutela della posizione patrimoniale delle tre figure di garanti, (che sono sponsor, fidepromissor e fideiussor. Fercia scrive adpromissores: una svista? sua? o del Burdese?) di cui ci informa Gaio 3.124: “Invece il beneficio della lex Cornelia è valido per tutti. In base a questa legge è fatto divieto a chiunque di obbligarsi a favore di una stessa persona, a causa dello stesso rapporto e nel corso dello stesso anno per una somma superiore di 20 milia sesterzi; e se anche sponsores o fidepromissores si fossero obbligati per una somma superiore, per esempio per 100 mila ” (Ph.E. HUSCHKE);

Un accenno nel volume Il giudice privato nel processo civile romano, omaggio ad A. Burdese

•  Il tomo I si chiude con un ampio saggio di LUIGI GAROFALO concernente un particolare tipo di giuramento, quello di rem sibi non liquere, il quale poteva essere prestato dal giudice che non fosse certo di poter dare sentenza secundum bonum et aequum: esso rappresentava l’unico modo per non emettere un verdetto sentito in coscienza come ingiusto, senza incorrere nelle conseguenze che sarebbero derivate, se non a livello di litem suam facere, quanto meno sul piano della violazione del giuramento iniziale di decidere secundum bonum et aequum.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Condanna alla vera aestimatio: ipotesi •  Si paret Numerium Negidium litem, quam inter Aulum Agerium et Lucium Titium iudicare iussus erat, suam fecisse (LENEL; PARICIO) •  quantum ob eam rem aequum videbitur Numerium Negidium Aulo Agerio condemnari, tantam pecuniam iudex Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato, s.n.p.a. (LENEL; BURDESE) •  Si paret Numerium Negidium sententiam, qua inter Aulum Agerium et Lucium Titium iudicare iussus erat, non dixisse (D’ORS) •  in quantum Lucius Titius condemnari debuisset, tantam pecuniam iudex Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato, s.n.p.a. (D’ORS; PARICIO = che significherebbe assumere su di sé le conseguenze della condanna cui dovrebbe essere sottoposto il convenuto)

. . . segue, 1

Il commento di FERCIA

•  «Due sono le fonti imprescindibili per ricostruire il problema del litem suam facere e della responsabilità onoraria del giudice: si tratta di Gai 4.52 e di Ulp. D. 5.1.15 pr.-1. La prima testimonia della responsabilità oggettiva conseguente alla violazione di regole meramente procedurali – alla quale parrebbe da equipararsi, a portare alle sue estreme conseguenze il ragionamento del MACCORMACK, la sentenza resa contra legem – implicanti nullità della sentenza, in danno dell’attore che ha comunque consumato l’actio, prospettiva, questa, che appare ben nota anche ad Ulpiano alla luce dell’argomentazione conservataci dal papiro di Antinoopolis; la seconda testimonia della responsabilità per dolo giudiziario, qualificato dall’elusione di dati normativi civilistici, che determini una decisione sostanzialmente ingiusta in danno della parte che ha ragione».

. . . segue, 2

•  «Emerge bene, in questo quadro, la ragione della valutazione equitativa prevista nella formula dell’azione avverso il giudice che abbia fatto propria la lite. •  È, infatti, la condemnatio formulata in bonum et aequum a consentire di apprezzare il contenuto della responsabilità del giudice sia ove gli sia attribuita in termini oggettivi, avendo violato il perimetro della formula con conseguente nullità del provvedimento, sia ove gli sia imputata in termini soggettivi per aver emesso per dolo qualificato sub specie della fraus legi(s) una sentenza sostanzialmente ingiusta: …

•  … il litem suam facere, allora, non si collega necessariamente con la nullità della sentenza; semmai, è da dirsi che in tanto sussiste la possibilità di condannare il giudice, in quanto vi siano i presupposti per trasferire in capo a quest’ultimo l’interesse dell’attore a consumare utilmente l’actio nel primo caso, e comunque quello, bilaterale, delle parti ad un decisum che non sovverta la ‘natura delle cose’. •  Che non sovverta, cioè, la valenza ‘eterna’ dei dati normativi del ius civile, che al giudice non è concesso di eludere».

… e conclude, 1

. . . e conclude, 2

•  «Un dato appare, peraltro, da evidenziarsi. •  La riconduzione del litem suam facere non solo all’ingiustizia procedimentale della sentenza, ma anche – seppure, a quanto pare, soltanto nelle ipotesi di elusione del dato normativo civilistico – al dolo giudiziario rappresenta l’alba di una nuova temperie culturale, in cui la responsabilità del giudice tende ad espandersi in chiave pubblicistica, sino a determinare un’osmosi tra doveri pubblicistici d’ufficio e doveri privatistici di condotta verso le parti, ben evidenziata, di recente, dal PULIATTI e dal LAMBERTINI. …

•  … Dalla responsabilità del iudex privatus,

invocabile solo dalle parti ed in chiave puramente patrimoniale, si avvia, in sostanza, un percorso che condurrà progressivamente alle responsabilità del giudice funzionario della cancelleria imperiale giustinianea, esposto non solo alle pretese delle parti, ed ormai licet per imprudentiam, ma anche a tutte quelle che sono proprie del suo rapporto organico con l’ufficio pubblico che rappresenta» (FERCIA, Litem suam facere da Adriano ai Severi).

8. IL TERMINE (D. 12,4,3,3 di Ulpiano; e in subordine D. 12,7,1 e C. 4,26,7,3)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • Il testo • Il caso • Se lo schiavo non viene manomesso entro il termine stabilito • La ripetizione • Argomentazioni contrapposte delle parti • Testo: perplessità • Ancora il testo • Analisi del caso • Se lo schiavo è vivo • Se lo schiavo è morto: il parere di Proculo • Il seguito di Ulpiano • Estreme conseguenze del parere di Proculo • La condictio e le condictiones • Formula della condictio • Ipotesi di applicazione della condictio • Altre ipotesi di sua applicazione • L’indebito arricchimento dal diritto romano ai • tempi odierni • La condictio nel diritto giustinianeo (e ... segue) • (una parentesi nel discorso) • (ancora fra parentesi: D. 12,7,1) • L’actio de in rem verso • Un po’ di diritto romano comparato, 1 • C. 4,26,7,3 (e … specificando meglio) • Roffredus, ad C. 4,26,7,3 • Roffredo Epifanio da Benevento • Un po’ di diritto romano comparato, 2 (e 3, e 4) • Artt. 2041 e 2042 c.c.

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Manumissioni – PERSONE • Liberi e servi – PERSONE • Singole figure e fonti obbligazioni – CONTRATTI • Contratti innominati – CONTRATTI • Termine – NEGOZIO GIURIDICO • Condizione – NEGOZIO GIURIDICO • Proculo – GIURISTI e … • Impossibilità sopravvenuta – CONTRATTI • Azioni adiettizie – PROCESSO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo •  D. 12,4,3,3 (Ulpianus •  l. 26 ad edictum). •  Quid si ita dedi, ut •  intra certum tempus manumittas? si nondum tempus praeteriit, inhibenda erit repetitio, nisi paeniteat: quod si praeteriit, condici poterit. sed si Stichus decesserit, an repeti quod datum est possit?…

D. 12,4,3,3 (Ulpiano nel libro 26 ad edictum). Che cosa si dovrà dire se io ti ho dato affinché tu manometta lo schiavo entro un certo termine? Se il termine non è ancora scaduto, si dovrà respingere l’istanza di ripetizione a meno che egli non abbia cambiato parere; se invece il tempo è trascorso si potrà agire per la ripetizione. Ma se Stico è morto si potrà ripetere ciò che è stato dato?…

Se lo schiavo Stico non viene manomesso entro il termine stabilito

Colui che aveva pagato chiede al pretore la concessione di una condictio contro Caio per la ripetizione di quanto versato. Si avranno allora due possibilità: •  Il termine è •  Il termine non è ancora scaduto (e già scaduto: pertanto la manumissione nei termini •  si può agire è sempre possibile): per la •  - non si può agire per la ripetizione ripetizione della somma versata della somma •  - ma se colui che ha pagato ha versata come cambiato parere potrà agire, per un logicamente motivando, con la indebito condictio indebiti

Il testo: perplessità •  D. 12,4,3,3 (Ulpiano nel •  D. 12,4,3,3 libro 26 ad edictum). (Ulpianus l. 26 ad edictum). •  ... Ma se Stico è morto si potrà ripetere ciò che è •  ... sed si Stichus stato dato?… decesserit, an repeti quod datum est possit?…

Il caso •  Un tale dà a Caio 10.000 sesterzi affinché Caio manometta lo schiavo Stico entro un certo termine: si crea un contratto innominato, un rapporto di do ut facias.

La ripetizione •  La ripetizione dell’indebito (quanto è stato pagato e non doveva essere pagato, o quanto è stato pagato per errore) configura la pretesa relativa ad un’obbligazione di restituzione. •  Va effettuata mediante un’azione in personam che è la condictio indebiti.

ancora il testo •  D. 12,4,3,3 (Ulpianus l. •  D. 12,4,3,3 (Ulpiano nel libro 26 ad edictum). 26 ad edictum). •  Quid si ita dedi, ut intra •  Che cosa si dovrà dire se io ti ho dato affinché tu manometta lo certum tempus manumittas? si nondum schiavo entro un certo termine? Se tempus praeteriit, il termine non è ancora scaduto, si inhibenda erit repetitio, dovrà respingere l’istanza di nisi paeniteat: quod si ripetizione a meno che egli non praeteriit, condici abbia cambiato parere; se invece il poterit. sed si Stichus tempo è trascorso si potrà agire per decesserit, an repeti la ripetizione. Ma se Stico è morto quod datum est possit? si potrà ripetere ciò che è stato proculus ait, si post id dato? Proculo dice che compete la temporis decesserit, quo ripetizione se lo schiavo è morto manumitti potuit, dopo il termine entro cui doveva repetitionem esse, si essere manomesso, mentre nel caso minus, cessare.

contrario non spetta.

8. Il termine

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Analisi del caso

Se lo schiavo è vivo …

•  La questione circa l’esperibilità o meno dell’azione di ripetizione va risolta in ogni caso facendo riferimento al termine apposto su accordo delle parti all’adempimento della prestazione di colui che deve manomettere lo schiavo Stico. •  Si fanno allora due ipotesi: •  1) che lo schiavo sia vivo; •  2) che lo schiavo sia morto.

•  - se il termine stabilito è trascorso si potrà agire per la ripetizione; •  - se il termine non è ancora scaduto, si dovrà respingere l’istanza di ripetizione a meno che colui che aveva dato denaro perché lo schiavo fosse manomesso non abbia cambiato parere: ciò perché se il termine non è scaduto, l’obbligato può sempre procedere alla manumissione.

Se lo schiavo è morto … il parere di Proculo

Il seguito di Ulpiano

•  - se lo schiavo è morto dopo il termine entro cui doveva essere manomesso (e dunque la sua mancata manumissione deriva da un inadempimento di Caio che entro quel termine doveva manometterlo), la ripetizione è ammessa; •  - se lo schiavo è morto prima del termine entro cui doveva essere manomesso (e dunque se non fosse morto avrebbe sempre potuto essere manomesso), relativamente alla controprestazione di Caio manumissione si determina una impossibilità sopravvenuta non imputabile che estingue l’obbligazione, per cui la ripetizione di quanto a lui pagato per quella manumissione non è ammessa.

Le estreme conseguenze del parere di Proculo •  Ulpiano porta a conseguenze estreme l’argomentazione di Proculo: •  qualora Tizio non avesse “dato” per la manumissione, ma soltanto “promesso” di dare; •  se lo schiavo è morto prima del termine entro cui doveva essere manomesso (e dunque se non fosse morto avrebbe sempre potuto essere manomesso); •  non solo la ripetizione non è ammessa, •  ma addirittura Caio potrebbe pretendere da Tizio il pagamento promesso con “l’azione che nasce da questo contratto, vale a dire la condictio”.

•  D. 12,4,3,3 (Ulpianus •  D. 12,4,3,3 (Ulpiano nel l. 26 ad edictum). libro 26 ad edictum). •  … Quin immo et si •  … Che anzi, anche se non nihil tibi dedi, ut ti diedi nulla perché tu procedessi alla manumitteres, manumissione, ma placuerat tamen, ut avevamo concordato che darem, ultro tibi ti avrei dato, ti compete, competere actionem, da parte tua, l’azione che quae ex hoc contractu nasce da questo contratto, nascitur, id est vale a dire la condictio, condictionem defuncto anche se Stico è morto. quoque eo.

La condictio e le condictiones •  Gaio (4,5: Appellantur autem in rem quidem actiones vindicationes, in personam vero actiones, quibus dari fierive oportere intendimus, condictiones) dice che “le azioni in rem si chiamano vindicationes, mentre le azioni in personam, nella cui intentio affermiamo l’esistenza di un obbligo di dare o di fare, si chiamano condictiones”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula della condictio •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Altre ipotesi di sua applicazione •  In diritto classico la condictio è, si può dire, azione generale per ottenere la restituzione di una dazione (per es. un pagamento) non dovuta, o comunque esperibile nei casi di “indebito arricchimento” (va rilevato, peraltro, che, a tale scopo, nella tradizione medievale, è più frequentemente usata l’actio de in rem verso).

La condictio nel diritto giustinianeo •  Nel diritto giustinianeo la condictio si frantuma in una serie di azioni tipiche: •  - la c. causa data causa non secuta di D. 12,4 (e C. 4,6) si ha nelle ipotesi di cui a D. 12,7,1 di Ulpiano; •  - la c. ob turpem vel iniustam causam di D. 12,5 (e C. 4,7 e 4,9) si ha nelle ipotesi di arricchimento non dovuto derivante da pagamento o dazione con causa illecita o turpe; •  - la c. indebiti di D. 12,6 (e C. 4,5) si ha nelle ipotesi generali di pagamento di un indebito;

Ipotesi di applicazione della condictio

Nel Digesto e nel Codice di Giustiniano diversi titoli sono dedicati ai casi di applicazione della condictio:

•  D. 12,4 de condictione causa data causa non secuta •  D. 12,5 de condictione ob turpem vel iniustam causam •  D. 12,6 de condictione indebiti •  D. 12,7 de condictione sine causa •  D. 13,1 de condictione furtiva •  D. 13.2 de condictione ex lege •  D. 13,3 de condictione triticiaria

•  C. 4,5 de condictione indebiti •  C. 4,6 de condictione ob causam datorum •  C. 4,7 de condictione ob turpem causam •  C. 4,8 de condictione furtiva •  C. 4,9 de condictione ex lege et sine causa vel iniusta causa

L’indebito arricchimento dal diritto romano ai tempi moderni •  Nella tradizione giuridica dei popoli l’indebito arricchimento è stato dunque risolto •  - o con un’azione assimilabile alla condictio, da cui sarebbe derivata, •  - o con un’azione assimilabile alla actio de rem in verso, da cui a sua volta sarebbe derivata.

… segue

•  - alla c. sine causa di D. 12,7 si ricorre ancora nelle ipotesi di cui a D. 12,7,1, dove, come primo esempio, è riportata appunto una dazione sine causa; •  - con la c. furtiva di D. 13,1 (e C. 4,8) si sanziona una responsabilità personale per la reipersecutio in caso di furto; •  - la c. ex lege di D. 13.2 (e C. 4,9) si ha nelle ipotesi in cui un qualche nuovo tipo di obbligazione sia stato introdotto dalle leggi senza una propria specifica forma di tutela; •  - la c. triticiaria di D. 13,3 si ha nelle ipotesi in cui si debba chiedere la restituzione di cosa che non sia “numerata pecunia”.

8. Il termine

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(una parentesi nel discorso) •  Il caso prospettato da Ulpiano in D. 12,4,3,3 dovrebbe rappresentare un’ipotesi di condictio causa data causa non secuta cui è dedicato tutto il 12,4 del Digesto (e il 4,6 del Codice). •  La descrive efficacemente Ulpiano in D. 12,7,1.

L’actio de in rem verso

•  L’actio de in rem verso rientra nel novero delle azioni adiettizie, cioè delle azioni create dal pretore per sanzionare una responsabilità del pater o del dominus per atti negoziali posti in essere dal sottoposto privo di capacità giuridica e quindi incapace di obbligarsi in proprio: •  - di fronte all’impossibilità per ius civile di rendere direttamente responsabile il pater o il dominus per le obbligazioni comunque contratte da un figlio o servo, quando non vi fosse né iussum né praepositio né concessione di peculio, il pretore ritenne che in ogni modo l’eventuale vantaggio economico che l’avente potestà ne avesse ricavato potesse ugualmente fondare l’attribuzione a lui della “responsabilità” per l’affare concluso, e concesse l’azione direttamente contro di lui: di conseguenza l’azione importa una responsabilità nei limiti dell’arricchimento, della versio in rem; •  - questo stesso schema (che comporterebbe soltanto un particolare indirizzo nella condemnatio) poté essere usato in generale per le ipotesi di arricchimento indebito.

C. 4,26,7,3 •  C. 4,26,7,3 (Impp. Diocletianus, Maximianus AA.) •  Alioquin si cum libero rem agente eius, cuius precibus meministi, contractum habuisti et eius personam elegisti, pervides contra dominum nullam te habuisse actionem, nisi vel in rem eius pecunia processit vel hunc contractum ratum habuit (D. non. April. Byzantii AA. conss., a. 293)

•  C. 4,26,7,3 (Impp. Diocletianus, Maximianus AA.) •  Altrimenti, se tu hai contrattato con una persona libera che gestiva affari del soggetto menzionato nella tua richiesta ed hai contrattato con lui personalmente, tu vedi bene che contro l’interessato non possiedi alcuna azione, a meno che il denaro non sia pervenuto nel suo patrimonio (in rem eius pecunia processit) o egli non abbia ratificato il contratto in questione (Data il 9 aprile dell’anno 293 a Bisanzio).

(ancora fra parentesi: D. 12,7,1)

•  D. 12,7,1 (Ulpianus l. •  43 ad Sabinum). •  Sed et si ob causam promisit, causa tamen •  secuta non est, dicendum est condictionem locum habere. •  1. Sive ab initio sine •  causa promissum est, sive fuit causa promittendi quae finita est vel secuta non est, dicendum est condictioni locum fore. •  2. Constat id demum •  posse condici alicui, quod vel non ex iusta causa ad eum pervenit vel redit ad non iustam causam.

D. 12,7,1 (Ulpiano nel libro 43 ad Sabinum). Ma se si è promesso per una certa causa, e tuttavia tale causa non viene realizzata, si deve concludere che c’è spazio per la condictio. 1. Si deve concludere che c’è spazio per la condictio sia che si sia promesso fin dall’inizio senza una causa, sia che ci fosse una causa poi venuta meno o non realizzata. 2. Ed è palese inoltre che si può esperire la condictio contro qualcuno, per ciò che gli è pervenuto da una causa non giusta, ovvero per ciò che riguarda una causa non giusta.

Un po’ di diritto romano comparato, 1 •  Nella legislazione prussiana del 1794 (ALR), a sanzione dell’indebito arricchimento è stata codificata l’actio de in rem verso connessa però alla gestione d’affari, come nell’elaborazione medievale (Roffredo) di C. 4,26,7,3.

C. 4,26,7,3, specificando meglio •  C. 4,26,7,3 (Impp. Dio- •  C. 4,26,7,3 (Impp. Diocletianus, Maximianus AA.) cletianus, Maximianus AA.) •  Altrimenti, se tu hai contrattato con una persona libera che gestiva affari del •  Alioquin si cum libero soggetto menzionato nella tua richiesta rem agente eius, cuius (= il convenuto nel presente giudizio) precibus meministi, ed hai contrattato con lui contractum habuisti et personalmente (= non come col eius personam elegisti, rappresentante dell’interessato), tu vedi pervides contra bene che contro l’interessato (= il dominum nullam te predetto convenuto, o dominus negotii) habuisse actionem, nisi non possiedi alcuna azione, a meno che vel in rem eius pecunia il denaro (mutuato) non sia pervenuto processit vel hunc (in rem eius pecunia processit) nel suo contractum ratum patrimonio o egli non abbia ratificato habuit (D. non. April. il contratto in questione (Data il 9 Byzantii AA. conss., a. aprile dell’anno 293 a Bisanzio). 293)

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Roffredus, ad C. 4,26,7,3 •  Questione. Ci si chiede: poni •  Quaestio. Sed illud quaeritur: pone quod che un uomo libero gestisse i aliquis liber homo geretuoi affari e che io gli abbia bat negotia tua et pecudato del denaro a mutuo, ed niam sibi mutuavi: et egli abbia speso il denaro a illam expendit in tuam tuo profitto; posso agire utilitatem: utrum contro di te con l’actio de in possim agere contra te actione de in rem verso. rem verso? Rispondo: sì, Respondeo: potes: quia poiché ti compete l’actio de in utilis de in rem verso rem verso utilis. Poiché il testo competit: quia sententia è in questo senso, anche se concordat: licet verba non lo dice espressamente. deficiant.

Un po’ di diritto romano comparato, 2 •  Nello stesso modo (cioè con un’actio de in rem verso connessa alla gestione d’affari, come nell’elaborazione medievale, roffrediana, di C. 4,26,7,3) è risolto il problema dell’indebito nel codice austriaco del 1811, tuttora vigente (ABGB), nel § 1041 ss. del titolo “Del mandato e di altre specie di gestione d’affari”; •  tuttavia, la dottrina austriaca e prussiana del XIX sec. l’ha concepita come una condictio sine causa; •  Inoltre lo stesso codice austriaco accanto all’actio de in rem verso del § 1041, prevede anche un § 1431 che codifica una condictio indebiti.

Un po’ di diritto romano comparato, 4 •  Il Codice civile italiano propone due titoli in materia di arricchimento: •  il titolo VII del libro IV (Delle obbligazioni, “Del pagamento dell’indebito”, artt. 2033-2040), •  il titolo VIII dello stesso libro (Delle obbligazioni, “Dell’arricchimento senza causa”, artt. 2041-2042), •  in essi, in particolare nel secondo, “non si codifica la condictio sine causa, bensì l’actio de in rem verso francese come ‘azione generale di arricchimento’ (art. 2041), precisandone il ‘carattere sussidiario’ (art. 2042)” (CANNATA).

Roffredo Epifanio da Benevento •  Nato a Benevento verso il 1170, studiò a Bologna sotto Ruggero Beneventano, Azzone di Pavia, e forse Ottone di Pavia e Giovanni di Cremona. Perfezionatosi in utroque, dapprima insegnò a Bologna esercitandovi anche la professione forense, per poi passare ad Arezzo dove tenne una sua scuola. •  Nel 1220 era al seguito di Federico II, poi al seguito della Curia Romana. Dopo il 1234 (col passaggio della Curia in Francia) si ritirò ad operare a Benevento. •  Di lui si devono ricordare: •  - il De ordine iudiciario, prontuario forense nato nel periodo bolognese-aretino per il tribunale civile, e poi trasformato per il tribunale ecclesiastico; •  - le Quaestiones sabbatinae, a carattere isagogico; •  - altre opere ricordate dal Tafuri (7 di diritto civile e 12 di diritto canonico) sono spurie o ancora manoscritte.

Un po’ di diritto romano comparato, 3

•  Nel BGB per le ipotesi di indebito arricchimento si trova codificata la condictio nelle sue varie forme: § 812 (condictio sine causa, causa data causa non secuta, causa finita), § 813 (condictio indebiti), § 817 (condictio ob turpem causam); •  Nel codice svizzero delle obbligazioni del 1911 (OR) si trovano pure codificate le varie condictiones: art. 62 (condictio sine causa, causa data causa non secuta, causa finita), art. 63 (condictio indebiti), art. 66, per estensione (condictio ob turpem causam); •  Nel codice francese del 1804 si prevede la condictio (indebiti) agli artt. 1235 e 1376, ma l’azione generale per l’indebito arricchimento (per le ipotesi che non sono pagamenti indebiti) è l’actio de in rem verso, in via sussidiaria rispetto ad ogni altra azione.

Artt. 2041 e 2042 c.c. •  Art. 2041 (Azione generale di arricchimento). •  Chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale. •  Qualora l’arricchimento abbia per oggetto una cosa determinata, colui che l’ha ricevuta è tenuto a restituirla in natura, se sussiste al tempo della domanda. •  Art. 2042 (Carattere sussidiario dell’azione). •  L’azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un’altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subìto (1185, 1188, 1190, 1443, 1502, 1769).

9. LA CLAUSOLA PENALE (D. 19,1,28, Iulianus l. 3 ad UrseiumFerocem)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo (e ... segue) Ipotizziamo un caso concreto Tipicità delle azioni: l’actio venditi Formula dell’actio venditi Formula dell’actio ex stipulatu incerti Formula dell’actio ex stipulatu (con condemnatio in bonum et aequum) Formula dell’actio ex stipulatu certi per una certa somma di denaro Formula dell’actio ex stipulatu certi per una cosa certa (?) Ci si rivolge al giurista Le problematiche connesse al testo Clausola penale La clausola penale oggi Concorso elettivo L’opinione del giurista Giuliano Dolo presente e dolo preterito, 1 (e 2)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Giuliano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Emptio venditio – CONTRATTI • Stipulatio – CONTRATTI • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Tipicità delle azioni – PROCESSO • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Litis aestimatio – PROCESSO • Equità – VARIE • Clausola penale – VARIE • Eadem res – PROCESSO • Solidarietà – NEGOZIO GIURIDICO • Condemnatio – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO • Vizi della volontà – NEGOZIO GIURIDICO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo •  D. 19,1,28 (Iulianus •  D. 19,1,28 (Giuliano nel libro 3 ad Urseium l. 3 ad Urseium Ferocem). Ferocem). •  Mi hai venduto degli •  Praedia mihi vendidisti et convenit, immobili, e si è convenuto che io facessi ut aliquid facerem: quod si non fecissem, qualcosa: e ho promesso di pagare una penale se poenam promisi. non lo avessi fatto.

Ipotizziamo un caso concreto •  Un tale vende due poderi e il compratore si impegna a ristrutturare i capanni agricoli. •  Il compratore promette mediante stipulatio il pagamento di una penale per il caso che contravvenga all’impegno assunto. •  Ma risulta inadempiente. •  Il venditore ha la possibilità di agire: -- con l’azione contrattuale ex vendito per l’inadempimento degli accordi presi in sede di compravendita -- con l’azione ex stipulatu per l’inadempimento dell’impegno autonomamente preso di rispettare gli accordi suddetti -

Formula dell’actio venditi

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio hominem (rem) vendidit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice Caio Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha venduto lo schiavo (la cosa) a Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

… segue •  •  …respondit: venditor antequam poenam ex stipulatu petat, ex vendito agere potest: si consecutus fuerit, quantum poenae nomine stipulatus esset, agentem ex stipulatu doli mali exceptio summovebit: si ex stipulatu poenam consecutus fueris, ipso iure ex vendito agere non poteris nisi in id, quod pluris eius interfuerit id fieri.

…Risponde: il venditore può agire ex vendito prima di chiedere la somma della penale in base alla stipulatio: se abbia conseguito quanto si era fatto promettere come penale, qualora agisca poi ex stipulatu gli sarà opposta l’exceptio doli mali: se invece avrà conseguito la pena ex stipulatu, non potrà poi di diritto agire ulteriormente ex vendito se non per quello che dimostri essere il suo interesse in più rispetto a quanto già conseguito.

Tipicità delle azioni: l’actio venditi •  Sulla premessa che il contratto di compravendita è contratto bilaterale, l’inadempimento delle obbligazioni del venditore (consegna della cosa e garanzie naturali) e di quelle del compratore (pagamento del prezzo) comporta l’esperimento di azioni diverse. •  L’inadempimento delle obbligazioni del compratore comporta l’esperimento contro di lui dell’actio venditi da parte del venditore.

Formula dell’actio stipulati incerti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de N. Negidio incertum stipulatus est, •  cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex, N. Negidium A. Agerio dumtaxat sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché A. Agerio si è fatto promettere da N. Negidio un incerto, •  e questo è venuto a scadenza, •  qualunque cosa per ciò debba dare o fare N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio, •  a questo tu, o giudice, condannerai N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio entro il limite di diecimila sesterzi; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

9. La clausola penale

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Formula dell’actio ex stipulatu (con condemnatio in bonum et aequum) •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod A. Agerius de N. Negidio incertum stipulatus est cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio in bonum et aequum condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio si è fatto promettere …. (un incerto) da Numerio Negidio e l’obbligazione è venuta a scadenza, •  qualunque cosa per questo N. Negidio debba dare o fare nei confronti di A. Agerio, •  a questo tu, giudice , condannerai N. Negidio nei confronti di A. Agerio secondo equità. •  Se non risulta lo assolverai.

Formula dell’actio ex stipulatu certi per una cosa certa (?) •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Aulus Agerius de N. Negidio certum stipulatus esset, •  cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex, N. Negidium A. Agerio dumtaxat sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che A. Agerio si sia fatto promettere da N. Negidio una cosa certa, •  e questo è venuto a scadenza, •  qualunque cosa per ciò debba dare o fare N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio, •  a questo tu, o giudice, condannerai N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio entro il limite di diecimila sesterzi; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Le problematiche connesse al testo •  In realtà per il diritto romano il testo propone due ordini di problemi: •  1) come era possibile stabilire una c.d. clausola penale, tema questo che apre il discorso sulla stipulatio aggiuntiva (dice il testo: “e ho promesso di pagare una penale se non lo avessi fatto”, “può chiedere la somma della penale in base alla stipulatio”, “qualora agisca poi ex stipulatu”, ecc.); •  2) come si regolava successivamente il pericolo di una doppia imposizione, ovvero un ne bis in idem, quando si dovesse riconoscere (come si riconosce) una legittimazione cumulativa, sia per l’azione contrattuale che per l’azione ex stipulatu.

Formula dell’actio certi ex stipulatu per una certa somma di denaro

•  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Aulus Agerius de N. Negidio certum stipulatus esset (sestertium X milia), •  cuius rei dies fuit, •  iudex N. Negidium A. Agerio sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che A. Agerio si sia fatto promettere da N. Negidio un certo (somma di denaro: per es. diecimila sesterzi), •  e questo è venuto a scadenza, •  tu, o giudice, condannerai N. Negidio a pagare diecimila sesterzi ad Aulo Agerio; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Ci si rivolge al giurista •  Anche per questo caso siamo di fronte ad un “responso”: respondit … •  E’ ipotizzabile che sia stato il venditore a rivolgersi al giurista per avere argomenti su cui basare la scelta dell’azione da intentare contro l’acquirente che, nonostante tutto, non ha compiuto quello che aveva promesso nella stipulatio penale.

Clausola penale •  Il caso potrebbe rappresentare infatti la trasposizione in termini di diritto romano di una clausola penale. •  Per evitare al creditore di dover provare l’esistenza e l’ammontare del danno subito per un inadempimento contrattuale dell’altra parte, i contraenti potevano di comune accordo stabilire una “clausola penale”: si trattava in realtà di un separato impegno assunto con autonoma stipulatio che obbligava il debitore al pagamento di una somma di denaro in caso di inadempimento. •  L’accordo sulla penale concorreva elettivamente con l’obbligazione principale in quanto da quella condizionato.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Clausola penale OGGI •  Art. 1382 (Effetti della clausola penale) - La clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno. •  Art. 1383 (Divieto di cumulo) - Il creditore non può domandare insieme la prestazione principale e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo.

L’opinione del giurista Giuliano •  Il concorso elettivo relativamente all’esperibilità delle due azioni deriva dalla considerazione dell’esito processuale che avrebbe l’azione intentata per seconda. •  Questa infatti avrà per colui che l’intenta un esito negativo: come dimostra D. 19,1,28 di Giuliano (il testo attualmente in esame), la ulteriore pretesa attrice sarà preclusa - o ope exceptionis, con inserimento nella formula di un’adeguata exceptio doli generalis seu praesentis, - o ipso iure, d’ufficio, dal giudice del giudizio.

Dolo presente e dolo preterito, 2

•  Nelle fonti il dolo come vizio della volontà (cioè il comportamento scorretto posto in essere all’atto della stipulazione del negozio e consistente nella calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita) viene indicato come “dolo passato” (dolus praeteritus). •  Nelle stesse fonti il comportamento scorretto posto in essere all’atto dell’esperimento dell’azione e per il fatto stesso di intentare l’azione (per es. allorché si sa di non avere il diritto, o si è già conseguita la cosa che viene richiesta ulteriormente in giudizio, o in genere nel caso di violazione della regola del ne bis in idem, ecc.) viene indicato come “dolo presente” (dolus praesens) o “dolo processuale”.

Concorso elettivo

•  Se il venditore esperisce l’actio ex vendito e con •  Se Tizio esperisce l’ actio ex questa ottiene la stipulatu e con questa ottiene la condanna del condanna del compratore al compratore al pagamento della somma stabilita pagamento del quidquid (nella quale ha preventivamente dare facere oportet ex fide quantificato il suo danno), bona (che è il tenore •  nella eventuale successiva azione della condemnatio ex vendito (che è di buona fede) dell’azione in questione, non ci sarà nemmeno bisogno di e rappresenta in pratica exceptio, in quanto il giudice il suo danno), potrà valutare ipso iure •  nella eventuale l’assoluzione (del convenuto successiva azione ex compratore), salvo l’attore stipulatu si vedrà dimostri l’esistenza di un danno opporre il dolo ulteriore. attraverso l’eccezione di dolo.

Dolo presente e dolo preterito, 1

•  Nell’ipotesi che si sta esaminando il dolo corrisponde sì ad un comportamento scorretto nei confronti della controparte, ma non potrebbe definirsi come quella “omnis calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita” che risulta nella definizione di Labeone ricordata da Ulpiano (D. 4,3,1,2, Ulp. l. 11 ad edictum); •  e soprattutto non è comportamento scorretto volto ad ottenere dall’altra parte un’adesione contrattuale che altrimenti non ci sarebbe. •  Non se ne può dunque parlare come di vizio della volontà.

10. CONDIZIONE E REDHIBITIO (D. 21,1,43,9 di Paolo, l. 1 ad edictum aedilium curulium)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso La posizione reciproca delle parti Pendenza della condizione Quale azione? Formula dell’actio empti L’editto degli edili curuli: la norma, 1 (e 2) Garanzia per vizi occulti, 1 (e 2, e 3) Formula dell’actio redhibitoria, 1 (e 2, e 3) Formula dell’actio quanti minoris Ma … Esito della vicenda processuale Il seguito della vicenda Il parere di Paolo, 1 (e 2)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Paolo – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Emptio venditio – CONTRATTI • Condizione – NEGOZIO GIURIDICO • Edili curuli – VARIE • Editto degli edili curuli – VARIE • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Inefficacia – NEGOZIO GIURIDICO • Litis contestatio – PROCESSO • Eccezione – PROCESSO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo

Il caso

•  D. 21,1,43,9 (Paulus l. 1 •  D. 21,1,43,9 (Paolo nel libro 1 ad ad edictum aedilium edictum aedilium curulium) curulium) •  Se uno schiavo viene acquistato •  Si sub condicione homo sotto condizione, è inutile esperire emptus sit, redhibitoria l’actio redhibitoria prima del actio ante condicionem verificarsi della condizione, perché exsistentem inutiliter la compravendita che non è ancora agitur, quia nondum perfetta non può divenire perfecta emptio arbitrio assolutamente imperfetta per iudicis imperfecta fieri discrezionalità del giudice: e perciò, non potest: et ideo etsi anche se precedentemente si è ex empto vel vendito vel agito ex empto o ex vendito o con redhibitoria ante actum l’actio redhibitoria, una volta fuerit, expleta condicione iterum agi verificatasi la condizione si può poterit. agire di nuovo.

•  Un tale vende uno schiavo sotto la condizione, per esempio “che la nave torni dall’Asia”; •  In pendenza della condizione (cioè prima che l’evento condizionante si verifichi, o meno) il compratore si rende conto che lo schiavo è un vagabondo (erro: situazione che gli edili curuli avevano previsto nel loro editto come uno dei vizi occulti tipici, che devono essere resi noti dal venditore in forma specifica).

La posizione reciproca delle parti

Pendenza della condizione

•  Se da un lato il compratore lamenta che, contro il dettato dell’editto degli edili curuli, il venditore gli abbia taciuto che lo schiavo fosse erro (vagabondo), e pertanto chiede di agire contro il venditore con l’actio redhibitoria, •  dall’altro il venditore oppone che il compratore non ha un vero e proprio diritto (e quindi la possibilità di agire) prima del verificarsi della condizione, quando la situazione giuridica vantata dall’acquirente è ancora soltanto allo stadio di aspettativa.

Quale azione? •  Nella situazione concreta (e se la condizione si fosse avverata, o comunque se il contratto fosse puro) il compratore potrebbe chiedere che gli fosse concessa •  - l’azione per violazione degli obblighi contrattuali che impongono al venditore di dare la cosa in grado di fornire all’acquirente le soddisfazioni che naturalmente si aspetta (il pacifico godimento), che è l’actio empti; •  - l’azione per violazione dell’editto degli edili curuli che impone di rendere palesi i vizi della cosa, l’actio redhibitoria o l’actio quanti minoris.

•  Viene indicato con “pendenza della condizione” il periodo che intercorre fra la stipulazione del negozio condizionato e il verificarsi della condizione (o il momento in cui si accerta che la condizione non si potrà più verificare). •  La situazione giuridica vantata dalla parte è quella della “aspettativa”, durante la quale, pur non essendoci ancora il diritto, è tuttavia concesso di porre in essere negozi giuridici prodromici per tutelare l’eventualità del diritto futuro.

Formula dell’actio empti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

10. Condizione e redhibitio

Editto degli edili: la norma, 1

•  D. 21,1,1,1 (Ulpianus l. 1 •  ad ed. aed. cur.) •  Aiunt aediles: " qui mancipia vendunt certiores •  faciant emptores, quid morbi vitiive cuique sit, quis fugitivus errove sit noxave solutus non sit: eademque omnia, cum ea mancipia venibunt, palam recte pronuntianto. quodsi mancipium adversus ea venisset, sive adversus quod dictum promissumve fuerit cum veniret, fuisset, quod eius praestari oportere dicetur: emptori omnibusque ad quos ea res pertinet iudicium dabimus, ut id mancipium redhibeatur. …

D. 21,1,1,1 (Ulpiano nel libro 1 ad ed. aed. cur.) Dicono gli edili: “Coloro che vendono schiavi rendano noti ai compratori quali vizi e malattie abbia ciascuno schiavo, chi sia fugitivus, chi erro (vagabondo), chi gravato da nossa; e queste stesse cose dichiarino apertamente quando venderanno questi schiavi. E se uno schiavo sarà venduto senza l’osservanza di questa norma, o se all’atto della vendita si sarà fatto o promesso qualcosa contro questa disposizione in modo che si possa dire che è doveroso offrire una garanzia: concederemo al compratore e a tutti coloro che risultassero interessati alla cosa un’azione, in modo tale che lo schiavo venga restituito. ….

Garanzia per vizi occulti, 1 -  Vizio occulto è quello che si scopre, a negozio traslativo compiuto (una compravendita, un atto di trasferimento, un legato, ecc.), in riferimento alla cosa trasferita, la quale, dunque, in ragione di tale vizio, non può dare all’acquirente quelle soddisfazioni che l’acquirente stesso, in rapporto al prezzo pagato (se si tratta di compravendita) si aspettava.

Garanzia per vizi occulti, 3 •  Infatti allorché a seguito di una compravendita si verifica un vizio occulto l’acquirente può: – 1) agire con l’actio empti per inadempimento dell’obbligo di far avere il pacifico godimento della cosa che grava contrattualmente sul venditore; •  ma può anche: – 2) agire con l’actio redhibitoria restituendo indietro la cosa e riavendone il prezzo pagato; – 3) agire con l’actio quanti minoris (o aestimatoria) trattenendo la cosa, ma riavendone indietro quella parte del prezzo pagato che corrisponde al minor valore della cosa stessa.

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Editto degli edili: la norma, 2 si quid autem post venditionem traditionemque deterius emptoris opera familiae procuratorisve eius factum erit, sive quid ex eo post venditionem natum adquisitum fuerit, et si quid aliud in venditione ei accesserit, sive quid ex ea re fructus pervenerit ad emptorem, ut ea omnia restituat. item si quas accessiones ipse praestiterit, ut recipiat. item si quod mancipium capitalem fraudem admiserit, mortis consciendae sibi causa quid fecerit, inve harenam depugnandi causa ad bestias intromissus fuerit, ea omnia in venditione pronuntianto: ex his enim causis iudicium dabimus. hoc amplius si quis adversus ea sciens dolo malo vendidisse dicetur, iudicium dabimus”.

Se poi dopo la vendita e la traditio si sarà verificata una perdita di valore imputabile al compratore o ai suoi schiavi o al suo procuratore, ovvero se dopo la vendita ci sono stati incrementi, e se vi erano degli accessori, o se il compratore ne ha percepito i frutti, tutto ciò restituisca. E ugualmente se il venditore in precedenza abbia ceduto delle accessioni, affinché possano recuperarsi. E ugualmente se lo schiavo abbia commesso un reato capitale, se abbia meritato la morte ovvero sia obbligato ad bestias a combattere nell’arena, tutto ciò vada dichiarato all’atto della vendita: infatti per questo sarà concessa una azione. E tanto più, se taluno abbia posto in essere una vendita contravvenendo consapevolmente a tutto ciò con dolo, sarà concessa una azione.

Garanzia per vizi occulti, 2 -  La garanzia per vizi occulti è l’impegno che si assume il venditore nella compravendita (o il trasferente in genere all’atto del trasferimento) per dare una qualche sicurezza all’acquirente della cosa: se entro un certo periodo la cosa manifesterà dei vizi non palesi …. -  Si tratta di un “elemento naturale del negozio giuridico”, un elemento, cioè, che esiste necessariamente, per natura, in “quel” negozio, ma sul quale può incidere la volontà delle parti modificandone i termini.

Formula dell’actio redibitoria, 1 •  C. Aquilius iudex esto. •  Sia giudice C. Aquilio. •  Si paret homini quem •  Se risulta che lo schiavo che A. Agerius de N. A. Agerio ha comprato da Negidio emit erro fuisse quod N.N. aveva un vizio che N.Negidius adversus N.N. non ha denunciato edictum illorum contro le prescrizioni aedilium non pronuntiavit neque dell’editto degli edili, e non plus quam sex menses sono trascorsi più di sei sunt cum de ea re mesi dal momento in cui experiundi potestas l’azione avrebbe potuto fuit ….

essere esperita, …

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula dell’actio redibitoria, 2 •  …. tum si arbitratu •  …. qualora su arbitrato del iudicis his homo N. giudice a N.N. sarà reso lo Negidio redhibebitur schiavo (e inoltre 1. quanto è quodque ex eo post stato acquistato grazie ad esso venditionem dopo la vendita, 2. gli accessori adquisitum est con cui è stato venduto, 3. i quodque in frutti eventualmente percepiti venditione ei accessit sive quid ex ea re da A.A. o 4. le perdite di valore fructus pervenit ad A. subite dopo la vendita e la Agerium sive quid consegna imputabili ad A.A. o post venditionem ai suoi schiavi o al suo procutraditionemque ratore), …. deterior A. Agerii opera familiaeve procuratorisve eius factus est, ….

Formula dell’actio quanti minoris •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret homini quem A. Agerius de N. Negidio emit erro fuisse quod N.Negidius adversus edictum illorum aedilium non pronuntiavit neque plus quam annus est cum de ea re experiundi potestas fuit, •  quanto ob id vitium is homo, cum veniret, minoris fuit, •  tantam pecuniam iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che lo schiavo che A. Agerio ha comprato da N.Negidio aveva un vizio che N.N. non ha denunciato contro le prescrizioni dell’editto degli edili, e non è trascorso più di un anno dal momento in cui l’azione avrebbe potuto essere esperita, •  per quanto minor valore aveva lo schiavo al momento della vendita a causa del vizio, •  a tanto tu, giudice, condanne-rai N.N. nei confronti di A.A. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Esito della vicenda processuale •  Il giurista asserisce che l’azione (l’azione contrattuale ex empto, come pure – se occorresse – quella ex vendito, e/o l’actio redhibitoria) è in questo momento inutilis. •  La motivazione (“quia nondum perfecta emptio arbitrio iudicis imperfecta fieri non potest” = perché la compravendita che non si è ancora perfezionata non può essere considerata senz’altro imperfetta, viziata, per mera discrezionalità del giudice) viene a dichiarare che nel caso di condizione non ancora verificata siamo di fronte ad una fattispecie c.d. a formazione progressiva. •  La pronuncia del giudice non potrebbe cambiare questa situazione, e il venditore convenuto dovrebbe essere assolto.

Formula dell’actio redibitoria, 3 •  ea omnia N. Negidio •  … qualora tutto ciò sia stato restituentur et quanta reso a N.N. e non sarà resa pecunia pro eo homine invece la somma di denaro soluta accessionisve pagata per quello schiavo o nomine data erit non data a titolo di accessorio o reddetur cuiusve pecuniae quis eo nomine non sarà liberato chi si sia obligatus erit non obbligato a tale titolo per liberabitur, quella somma di denaro, •  quanti ea res erit, tantam •  il giudice condanni N.N. pecuniam iudex N. nei confronti di A.A. per Negidium A. Agerio una somma di denaro pari al condemnato. valore che avrà la cosa. •  Si non paret absolvito.

•  Se non risulta lo assolva.

Ma ... •  Ma, non essendosi ancora verificata la condizione, la compravendita non è “perfetta = non produce effetti” (e gli effetti di un contratto sono le obbligazioni, per inadempimento delle quali si può agire in giudizio). •  Tuttavia dal passo si evince che il compratore ha comunque chiesto e ottenuto l’azione (per un errore del pretore concedente?): “e perciò, anche se precedentemente si è agito ex empto o ex vendito o con l’actio redhibitoria”.

Il seguito della vicenda •  Tuttavia, proprio perché quell’azione era inutilis, deve considerarsi come non mai celebrata, e non si verificano gli effetti estintivi della litis contestatio; •  Pertanto al verificarsi della condizione il compratore può presentare di nuovo giudizialmente le sue lagnanze circa il vizio occulto dello schiavo acquistato; •  Può dunque richiedere l’azione redhibitoria (o l’azione contrattuale ex empto); •  E il venditore non potrà opporgli l’exceptio rei iudicatae vel in iudicium deductae.

10. Condizione e redhibitio

Il parere del giurista Paolo, 1 •  Questo è dunque il parere del giurista Paolo: la situazione di pendenza della condizione rende inutilis l’agire in redibitoria (o con qualsiasi altra azione contrattuale): pertanto la litis contestatio della precedente azione non produce i suoi effetti estintivi. •  Inoltre è solo con l’avverarsi della condizione che prendono corpo i diritti fino ad allora considerabili come semplici aspettative; e solo da questo momento hanno effetto gli obblighi fra cui quello della garanzia per vizi occulti: l’azione relativa solo adesso può essere esperita.

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Il parere del giurista Paolo, 2 •  Non solo la precedente azione non preclude l’agire una seconda volta in redibitoria, ma anzi solo dopo il verificarsi o meno della condizione si può dar corso ad una concreta difesa giudiziale. •  Di qui la conclusione del giurista: “anche se precedentemente si è agito ex empto o ex vendito o con l’actio redhibitoria, una volta verificatasi la condizione si può agire di nuovo”.

11. CONSTITUTA PECUNIA (D. 13,5,31 dai digesta di Scevola)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 (e 2) Il caso Apertura del testamento Epistula e contratti letterali Epistula e pecunia constituta Formula dell’actio de constituta pecunia Argomentazioni contrapposte, 1 (e 2) Ci si rivolge al giurista Exceptio doli Il parere di Scevola: ancora il testo Azioni civili e azioni pretorie Il testo (seguito) e la ripetizione Azioni in rem e azioni in personam Formula della condictio (indebiti) Il caso (seguito) Il parere del giurista (Scevola)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Scevola – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Testamento – SUCCESSIONI • Istituzione di erede – SUCCESSIONI • Obbligazioni e fonti – CONTRATTI • Contrahere e contractus – CONTRATTI • Constitutum debiti – VARIE • Exceptio – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Molteplicità di sistemi – VARIE • Condizione – NEGOZIO GIURIDICO

11. Consituta pecunia

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Il testo, 1 •  D. 13,5,31 (Scaevola l. 5 digestorum). •  Lucius Titius Seiorum debitor decessit: hi persuaserunt Publio Maevio, quod hereditas ad eum pertineret et fecerunt, ut epistulam in eos exponat debitorem sese esse quasi heredem patrui sui confitentem, qui et addidit epistulae suae, quod in rationes suas eadem pecunia pervenit. …

•  D. 13,5,31 (Scevola nel libro 5 dei digesta). •  Lucio Titio, che era debitore della famiglia Seia, morì. I Seii riuscirono a persuadere Publio Mevio, che l’eredità era sua e fecero in modo che dichiarasse per iscritto in una lettera a loro indirizzata di essere loro debitore, confidando con sicurezza di essere erede dello zio, ed egli aggiunse alla lettera “poiché quello stesso denaro era confluito nei suoi conti”. ...

Il caso •  Lucio Tizio contrae un debito nei confronti di Seio (per es. prende un prestito di 10.000 sesterzi); poi muore. •  Seio, preoccupato per il suo credito, si fa scrivere da Publio Mevio, nipote del defunto, una dichiarazione nella quale Mevio riconosce di essere debitore di Seio, in quanto erede di Lucio Tizio. •  Aperto il testamento, risulta che l’erede è tutt’altra persona e che a Mevio non è stato lasciato niente. •  Forte del documento che è nelle sue mani, Seio chiede al pretore contro Mevio l’actio de constituta pecunia.

Il testo, 2 •  … quaesitum est, cum •  ad Publium Maevium ex hereditate Lucii Titii nihil pervenerit, an ex scriptura proposita de constituta pecunia conveniri possit et an doli exceptione uti possit. •  respondit nec civilem eo nomine actionem •  competere: sed nec de constituta secundum ea quae proponerentur.

… Ma poiché dall’eredità di Lucio Tizio non pervenne nulla a Publio Mevio, fu proposto quesito, se in base alla scrittura indicata possa essere convenuto con l’actio de constituta pecunia, e se lui stesso possa poi valersi dell’exceptio doli. Rispose (il giurista) che certamente per quel rapporto non compete nessuna azione civile: ma nemmeno l’actio de constituta pecunia, come si proponeva.

Apertura del testamento •  Preliminarmente due sono i temi di trattazione generale che si pongono di fronte all’espressione “aperto il testamento”: •  1) quello di riconsiderare, appunto, il testamento; •  2) quello di definire il momento e la regolamentazione della sua apertura.

Epistula e contratti letterali

Epistula e pecunia constituta

•  L’epistula che Seio si è fatto scrivere da Publio Mevio non rientra fra le figure tipiche di contratti letterali. •  Infatti sono contratti letterali (contratti che si perfezionano con la scrittura, dalla quale dunque prende vita l’obbligazione): - i nomina transcripticia, nella doppia forma della transcriptio a re in personam e della transcriptio a persona in personam •  Pur con molti dubbi si potrebbero annoverare fra i contratti litteris anche: - i nomina arcaria - le apochae - singrafi e chirografi

•  L’epistula, che non è un contratto, può assumere però la funzione di patto che stabilisce un constitutum debiti. •  Le parti di un rapporto creditizio pecuniario potevano regolare le modalità di adempimento della loro obbligazione stabilendo mediante un esplicito patto: -- un termine futuro (constitutum debiti propri: equivale ad una dilazione del pagamento), -- o/e un sostituto/garante del pagamento (constitutum debiti alieni: una delle parti si impegnava a pagare il debito del terzo inadempiente verso l’altra parte). •  Questo accordo fu recepito come vincolante dal pretore che stabilì un’azione specifica.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Actio de constituta pecunia •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret N. Negidium A. Agerio sestertium X milia constituisse se soluturum eove nomine se satisfacturum esse, •  neque fecisse quod constituit, •  neque per A. Agerium stetisse quod minus fieret quod constitutum est eamque pecuniam cum constituebatur debitam fuisse, •  quanti ea res est tantam pecuniam iudex N.Negidium A.Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che N.N. si è impegnato nei confronti di A.A. a pagare lui stesso 10.000 sesterzi o a garantire a tale titolo, •  e non ha fatto quanto detto, •  e che non può imputarsi ad A. Agerio che non abbia eseguito quanto stabilito (mentre il denaro era dovuto al momento dell’impegno), •  per quanto è il valore della cosa, a tanto tu, giudice, condanna NN. verso A.A. •  Se non risulta lo assolverai.

Argomentazioni contrapposte, 2 •  PUBLIO MEVIO •  Nega recisamente che la sua epistula possa essere per lui fonte dell’obbligazione di pagare a Seio quanto gli doveva il defunto Lucio Tizio. •  Non rientra, infatti, in nessuna delle figure tipiche di contratti.

•  SEIO •  Prospetta l’ipotesi che la lettera, per quanto non possa rientrare nell’ambito delle figure tipiche contrattuali, debba tuttavia essere considerata fonte di obbligazione, da collocarsi fra i quasi contratti.

Exceptio doli •  Si paret ….. (= Se risulta …..), •  si in ea re nihil dolo malo Auli Agerii factum sit neque fiat (= a meno che nella questione non si possa rilevare che qualcosa è stato fatto o viene fatto adesso dolosamente da parte di Aulo Agerio), •  iudex … condemnato (= tu, giudice, condanna).

Argomentazioni contrapposte, 1 •  PUBLIO MEVIO •  Riconosce di aver scritto in apposita lettera che avrebbe pagato il debito dello zio Lucio Tizio verso Seio, ma ciò aveva fatto in vista dell’eredità che non gli era poi pervenuta. •  Publio Mevio, personalmente, non è debitore di Seio.

•  SEIO •  Depreca che a Publio Mevio non sia pervenuta l’eredità di Lucio Tizio, ma l’acquisto ereditario non voleva essere una condizione dell’impegno assunto da Mevio nei suoi confronti. •  Del resto la lettera, e le frasi come vi sono scritte, sono di per sé sole sufficienti a determinare l’obbligazione.

Ci si rivolge al giurista •  È presumibile che Publio Mevio, intimorito dalle pretese di Seio, si sia rivolto a Scevola esprimendo i suoi dubbi sulla legittimità di una azione de pecunia constituta, •  ma chiedendo anche, qualora l’azione suddetta dovesse essere concessa contro di lui, se potesse valersi di un’eccezione, e cioè nel caso di un’eccezione di dolo (an ex scriptura proposita de constituta pecunia conveniri possit et an doli exceptione uti possit).

Il parere di Scevola: ancora il testo •  D. 13,5,31 (Scaevola l. •  D. 13,5,31 (Scevola nel libro 5 dei digesta). 5 digestorum). •  … Rispose (il giurista) che •  … respondit nec certamente per quel civilem eo nomine rapporto non compete actionem competere: nessuna azione civile: ma sed nec de constituta nemmeno l’actio de secundum ea quae constituta pecunia, come si proponerentur. proponeva.

11. Consituta pecunia

Azioni civili e azioni pretorie

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Il parere di Scevola

•  Sono dette azioni civili quelle che spettano in base al ius civile (ai mores, alle leges, ai senatusconsulta): esse quindi spettavano di diritto a chi si trovasse nelle situazioni contemplate dall’ordinamento. •  Sono azioni pretorie quelle che il pretore, nella sua attività di gestione concreta della giustizia, riconosce nell’editto a tutela di rapporti giuridici non contemplati dal ius civile; rispetto ad esse il pretore valutava di volta in volta l’opportunità di concedere al soggetto richiedente la possibilità di valersene. •  Le azioni pretorie nacquero dunque tutte come azioni in factum per quelle situazioni in cui il pretore, pur non riconoscendo un vero e proprio diritto al soggetto agente, considerava tuttavia la meritevolezza della sua tutela: spesso si trasformarono via via in azioni in ius allorché tale tutela venne consolidata (nell’ipotesi del deposito, per esempio, abbiamo documentata sia un’azione in factum, sia, successiva, un’azione in ius).

•  Poiché l’epistula non rientra tra gli atti che costituiscono fonti delle obbligazioni (in particolare litteris) Scevola nega che i Seii possano intentare contro Mevio un’azione avente fondamento sul ius civile; •  Evidentemente i Seii insistono perché la si possa considerare quale constitutum debiti: Mevio avrebbe riconosciuto di essere debitore. Ma Scevola nega anche la possibilità dell’actio de pecunia costituta che era un’azione pretoria in factum. •  Mi sembra che si possa fondare questa opinione di Scevola sulle parole che Mevio ha effettivamente scritto, “poiché quello stesso denaro era confluito nei suoi conti”, parole che nel negozio giuridico di riconoscimento del debito giocano il ruolo di una condizione.

Il testo (seguito)

Il caso (seguito)

•  … idem quaesiit, usu- •  … E ugualmente si chiese rarum nomine quod ex se potesse essere ripetuto causa supra scripta quanto fosse stato dato datum sit, an repeti come interesse, per il possit. rapporto descritto. •  respondit secundum •  Rispose che, sulla base di ea quae proponerentur quello che raccontavano, era possibile. posse.

Il parere del giurista Scevola •  “respondit secundum ea quae proponerentur posse” = rispose che, sulla base di quello che raccontavano, era possibile. •  Potrà dunque essere intentata da Mevio contro i Seii un’azione per la ripetizione di indebito.

•  Nel periodo che intercorre fra la dichiarazione circa la convinzione di essere l’erede di Lucio Tizio (ovvero fra la scrittura della lettera) e l’apertura del testamento, Mevio ha corrisposto a Seio gli interessi per la somma prestata allo zio, suo “ipotetico” dante causa. •  Mevio rivuole indietro quelle somme.

La ripetizione •  La ripetizione dell’indebito (quanto è stato pagato e non doveva essere pagato, o quanto è stato pagato per errore) configura la pretesa relativa ad un’obbligazione di restituzione. •  Va effettuata mediante un’azione in personam che è la condictio indebiti.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Azioni in rem e azioni in personam •  Sono in rem –dice Gaio– le azioni nella cui intentio compare la pretesa che una cosa ci appartenga: “Se risulta che la cosa è di Aulo Agerio”. •  È significativa la forma verbale utilizzata: “è di, appartiene a”. •  Non è menzionato il soggetto passivo del rapporto: il diritto vantato è un diritto assoluto, reale. •  Sono in personam –dice Gaio– le azioni nella cui intentio compare la pretesa che qualcuno debba dare o fare qualcosa: “Se risulta che Numerio Negidio deve dare o fare nei confronti di Aulo Agerio”. •  È significativa la forma verbale utilizzata: “deve”. •  Risulta anche il nome del soggetto passivo del rapporto: il diritto vantato è un diritto relativo, di credito.

Formula della condictio indebiti •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere •  qua de re agitur •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

12. COSA DA STIMARE (D. 13,6,10,1 dal libro 29 ad Sabinum di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 Il caso, 1 Possibili argomentazioni delle parti La custodia come criterio di responsabilità oggettiva Il dolo come criterio di responsabilità soggettiva Il dolo: criterio generale di illiceità, 1 (e 2) Il ragionamento del giurista, 1 (e 2, e 3) Formula dell’actio furti Datio ad inspiciendum e/o … … e/o aestimatum Il testo, 2: lettura generale Il testo, 2: interesse del proprietario Il testo, 2: interesse dello stimatore Possibili argomentazioni delle parti si quidem ego mandaveram: la scelta del proprietario si vero ipse cui voluit commisit: la scelta del ricevente Collegamento con D. 19,5,17,1

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Comodato – CONTRATTI • Deposito – CONTATTI • Interpretazione e qualificazione – NEGOZIO GIURIDICO • Elementi essenziali: la causa – NEGOZIO • GIURIDICO • Multiplo – DELITTI • Datio ad inspiciendum – VARIE • Contratto estimatorio – VARIE • Paolo – GIURISTI e … • Culpa in eligendo – CONTRATTI • D. 19,5,17,1 – CONTRATTI

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Testo, 1 •  D. 13,6,10,1 (Ulpianus •  D. 13,6,10,1 (Ulpiano nel l. 29 ad Sabinum). libro 29 ad Sabinum). •  Si rem inspectori dedi, •  Se ho consegnato una cosa ad uno stimatore, si chiede se la an similis sit ei cui situazione è analoga a quella di commodata res est, quaeritur. et si quidem chi ha ricevuto in comodato. Ebbene se l’ho data per mio mea causa dedi, dum interesse, perché ne voglio volo pretium exquirere, sapere il prezzo, sarà dolum mihi tantum responsabile verso di me solo praestabit: si sui, et per dolo: se l’interesse è suo, custodiam: et ideo furti anche per custodia: e perciò di habebit actionem. … conseguenza avrà l’actio furti.

Il caso,1 •  Un tale consegna ad un altro (un perito? un comune richiedente?) una cosa da stimare. •  La cosa viene rubata mentre è nelle mani di quest’ultimo. •  Il proprietario richiede indietro la sua cosa chiamando responsabile per la mancata restituzione (per il furto) colui che aveva ricevuto la cosa.



Possibili argomentazioni delle parti

•  IL PROPRIETARIO •  Per poter addossare la responsabilità di una mancata restituzione al soggetto che aveva ricevuto la cosa il proprietario deve poter descrivere il rapporto fra loro intervenuto (consegna della cosa perché la si stimi) come un comodato. Il comodatario infatti, com’è noto, è tenuto per custodia, ed essendo questa una responsabilità oggettiva, il furto subito non esonera dalla responsabilità lo stimatore che dovrà comunque rispondere della mancata restituzione. •  IL PERITO (o chi per lui) •  Per potersi chiamare fuori da ogni responsabilità per mancata restituzione colui che ha ricevuto la cosa deve poter descrivere il rapporto intervenuto col proprietario della stessa (consegna della cosa perché la si stimi) come un deposito; il depositario, com’è noto, è tenuto solo per dolo; poiché la cosa gli è stata rubata, egli non è dunque responsabile della mancata restituzione.

Il dolo come criterio di responsabilità soggettiva •  Contrapposto alla custodia, con il termine “dolo” (dolus) si indica la volontarietà del comportamento lesivo, vuoi che se ne parli nella valutazione della responsabilità di fronte ad un illecito civile (e quindi ad un inadempimento contrattuale), vuoi che si tratti di un illecito penale (e cioè della commissione di un delitto). •  Il comportamento doloso è, dunque, il comportamento intenzionalmente diretto ad arrecare un torto, a non adempiere, ovvero a provocare l’evento dannoso. Esso può consistere: •  - nella volontaria commissione di atti positivi diretti all’inadempimento o diretti al delitto; •  - in volontarie omissioni che conducono al risultato nocivo; •  - in volontarie omissioni di atti diretti ad eliminare le conseguenze di un inadempimento (o di un evento dannoso) che sarebbe in sé involontario.

La custodia come criterio di responsabilità oggettiva •  Il contenuto specifico di obbligazione di custodia (il praestare custodiam) è stato assai dibattuto in dottrina. •  A lungo si è ritenuto che configurasse un criterio di responsabilità contrattuale di tipo oggettivo (ARANGIO RUIZ), che comportava l’obbligo di restituire la cosa così come la si era ricevuta (indipendentemente da un comportamento di vigilanza, ecc.) •  È ampiamente discusso in dottrina se la responsabilità per l’inadempimento di tale obbligo venisse meno qualora fosse dovuto a caso fortuito o a forza maggiore. •  Oggi si è invece propensi a ritenere che fosse un obbligo specifico di alcune tipologie contrattuali (locatio operis, comodato, …), ancorchè si continui a individuarne il contenuto nell’obbligo di conservare e custodire la cosa affidata in modo da poterla restituire nelle stesse condizioni. •  Si sottolinea comunque maggiormente l’impegno attivo di comportamento.

Il dolo: criterio generale di illiceità, 1 •  Scrive il TALAMANCA: “Nelle fonti romane, dolus è termine notoriamente polisemico: è criterio d’imputazione nella responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, dove rileva quale volontà della condotta di per sé offensiva e, eventualmente, anche dell’evento; è vizio del consenso e può altresì portare ad un errore sulla dichiarazione (nei quali due ultimi casi rileva come – ovviamente volontaria e consapevole – induzione in errore)”.

12. Cosa da stimare

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Il dolo: criterio generale di illiceità, 2 •  Direi che è il carattere della volontaria “scorrettezza” (per dir poco: slealtà, disonestà, ecc.), che accomuna sotto la stessa denominazione di dolo le situazioni di responsabilità da inadempimento, quelle di responsabilità da illecito, quelle indirizzate ad arte contro la libertà del contrarre. •  Invero si è anche detto che il carattere polisemico del termine dolus nel sistema di amministrazione della giustizia dei Romani poté consentire, grazie di volta in volta agli interventi giurisdizionali del pretore, di ampliare il quadro delle fattispecie penalmente tutelabili, che secondo ius civile dovevano essere limitate ai quattro delitti: e che la tutela approntata dal pretore contro le ipotesi di dolo poteva servire a completare la tutela penale civilistica.

Il ragionamento del giurista, 2

Il ragionamento del giurista,1 •  A questo punto le ipotesi analizzate dal testo sono in realtà due e si distinguono in considerazione del diverso scopo (individuale e oggettivo = motivi e causa) che con lo stesso fatto (consegna della cosa per la sua stima) si voleva raggiungere: •  1) Tizio aveva dato la cosa per farla stimare e poi venderla (per suo interesse) •  2) Caio aveva chiesto la cosa per stimarla e poi comprarla (per suo interesse) -

Il ragionamento del giurista, 3

•  1) La prima ipotesi, in cui si parla dell’interesse di chi ha dato la cosa per farla stimare, può rapportarsi ad un deposito, contratto nel quale si rileva un vantaggio per il solo deponente: •  - il depositario, com’è noto, è tenuto soltanto per il suo dolo; •  - lo stimatore cui sia stata rubata la cosa non è pertanto responsabile della mancata restituzione.

•  1) La seconda ipotesi, in cui si parla dell’interesse di chi ha ricevuto la cosa per stimarla, valutarne la convenienza a sé e poi comprarla, può rapportarsi ad un comodato, contratto nel quale si rileva un vantaggio per il solo comodatario: •  - il comodatario, com’è noto, è tenuto per custodia; •  - lo stimatore cui sia stata rubata la cosa pur senza sua colpa rimane responsabile comunque della mancata restituzione e potrà essere chiamato in giudizio dal proprietario con l’actio commodati (o con una condictio).

Si può consigliare al proprietario di agire lui direttamente con l’actio furti contro il ladro.

Pertanto l’actio furti contro il ladro si deve concedere a lui, anche se non è il proprietario.

Formula dell’actio furti

•  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret A. Agerio a N. Negidio furtum factum esse paterae aureae sestertium X milium plurisve, •  quam ob rem N. Negidium pro fure damnum decidere oportet, •  quanti ea res fuit cum furtum factum est, tantae pecuniae duplum iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che Numerio Negidio ha rubato ad Aulo Agerio un piatto d’oro di 10.000 sesterzi o più, •  per la qual cosa N. Negidio deve rispondere del danno, •  per quanto era il valore della cosa quando fu commesso il furto, al doppio tu, giudice , condannerai N. Negidio nei confronti di A. Agerio. •  Se non risulta lo assolverai.

Datio ad inspiciendum e/o … •  Si tratta di una datio ad inspiciendum? •  Si parla di datio ad inspiciendum quando si ha la dazione di una cosa per verificarne il gradimento in vista della vendita; espresso il gradimento la vendita deve considerarsi conclusa. •  La giurisprudenza romana faceva rientrare tale tipologia contrattuale fra i contratti innominati, come dimostra la tutela generalmente accordata mediante l’actio praescriptis verbis [ove alla dazione di una cosa corrispondeva un facere (verificare il gradimento) ed un dare (restituire la cosa o pagarne il prezzo)].

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

… e/o aestimatum •  Si tratta di un aestimatum? •  Con l’aestimatum, invece, si aveva la consegna di cosa già stimata ad un soggetto che dovesse curarne la vendita: quest’ultimo aveva dunque l’obbligo di pagarne la stima prefissata (se la cosa fosse stata venduta o se egli stesso avesse deciso di comprarla), o di restituirla (se non fosse riuscito a venderla. •  Anche in questo caso si è di fronte ad un contratto innominato, per certi versi assimilabile alla compravendita (ma la cosa può anche essere restituita) e/o alla locazione (ma il ricevente non ha un vero obbligo di vendere): le fonti prevedono peraltro come forma di tutela la concessione di un’actio in factum.

Testo, 2: interesse del proprietario •  … sed et si dum refertur periit, si quidem ego mandaveram per quem remitteret, periculum meum erit: si vero ipse cui voluit commisit, aeque culpam mihi praestabit, si sui causa accepit, •  D. 13,6,11 (Paulus l. 5 ad Sabinum). •  qui non tam idoneum hominem elegerit, ut recte id perferri possit: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpianus l. 29 ad Sabinum). •  si mei causa, dolum tantum.

•  … Ma anche se la cosa perisce mentre viene restituita, se io stesso ho indicato la persona che avrebbe dovuto riportarmela, il rischio è mio: se però lui l’affidò a chi volle, ugualmente sarà responsabile verso di me per colpa, se la ricevette per suo interesse, •  D. 13,6,11 (Paolo nel libro 5 ad Sabinum). •  e poi non scelse l’uomo idoneo per farne la restituzione: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpiano nel libro 29 ad Sabinum). •  se l’interesse era tutto mio, sarà responsabile solo per dolo.

Possibili argomentazioni delle parti •  LO STIMATORE •  Lo stimatore farà valere il fatto che il rapporto intervenuto con il proprietario era indirizzato alla stima della cosa, e con questa il rapporto si è concluso; •  Non si ritiene dunque responsabile della mancata restituzione dovuta ad un fatto verificatosi mentre la cosa stessa si trovava nelle mani del garzone incaricato della riconsegna. •  IL PROPRIETARIO •  Il proprietario farà valere il fatto che il rapporto intervenuto con lo stimatore, qualunque esso sia (comodato o deposito) richiede la restituzione e questa non è perfetta se non quando mette la cosa nella disponibilità del destinatario; •  Lo stimatore è dunque responsabile della mancata restituzione.

Testo, 2: lettura generale

•  … sed et si dum refertur periit, si quidem ego mandaveram per quem remitteret, periculum meum erit: si vero ipse cui voluit commisit, aeque culpam mihi praestabit, si sui causa accepit, •  D. 13,6,11 (Paulus l. 5 ad Sabinum). •  qui non tam idoneum hominem elegerit, ut recte id perferri possit: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpianus l. 29 ad Sabinum). •  si mei causa, dolum tantum.

•  … Ma anche se la cosa perisce mentre viene restituita, se io stesso ho indicato la persona che avrebbe dovuto riportarmela, il rischio è mio: se però lui l’affidò a chi volle, ugualmente sarà responsabile verso di me per colpa, se la ricevette per suo interesse, •  D. 13,6,11 (Paolo nel libro 5 ad Sabinum). •  e poi non scelse l’uomo idoneo per farne la restituzione: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpiano nel libro 29 ad Sabinum). •  se l’interesse era tutto mio, sarà responsabile solo per dolo.

Testo, 2: interesse dello stimatore

•  … sed et si dum refertur periit, si quidem ego mandaveram per quem remitteret, periculum meum erit: si vero ipse cui voluit commisit, aeque culpam mihi praestabit, si sui causa accepit, •  D. 13,6,11 (Paulus l. 5 ad Sabinum). •  qui non tam idoneum hominem elegerit, ut recte id perferri possit: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpianus l. 29 ad Sabinum). •  si mei causa, dolum tantum.

•  … Ma anche se la cosa perisce mentre viene restituita, se io stesso ho indicato la persona che avrebbe dovuto riportarmela, il rischio è mio: se però lui l’affidò a chi volle, ugualmente sarà responsabile verso di me per colpa, se la ricevette per suo interesse, •  D. 13,6,11 (Paolo nel libro 5 ad Sabinum). •  e poi non scelse l’uomo idoneo per farne la restituzione: •  D. 13,6,12 pr. (Ulpiano nel libro 29 ad Sabinum). •  se l’interesse era tutto mio, sarà responsabile solo per dolo.

si quidem ego mandaveram: la scelta del proprietario •  Ancora a questo punto le ipotesi analizzate dal testo sono varie e si distinguono in considerazione della paternità della scelta del latore: •  1) Il proprietario indica lui stesso la persona che deve riportargli la cosa: ha fatto una cattiva scelta, il rischio è suo •  2) Lo stimatore sceglie la persona che deve riportare la cosa: si deve distinguere come segue

12. Cosa da stimare

si vero ipse cui voluit commisit: la scelta del ricevente

•  Questa seconda ipotesi (lo stimatore sceglie lui stesso la persona che deve riportare la cosa) conduce a soluzioni differenti: •  1) nel caso in cui interessato alla stima sia colui che riceve la cosa da stimare, si può ancora fare qualche parallelo col comodato e si parla di culpa in eligendo (qui non tam idoneum hominem elegerit, ut recte id perferri possit); •  2) invece, nel caso in cui interessato alla stima sia in particolare chi aveva dato la cosa, si ritorna alla disciplina analoga a quella del deposito e lo stimatore risponde solo per dolo.

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Collegamento con D. 19,5,17,1 •  L’ipotesi della dazione di una cosa con conseguente stima della stessa e tutto quello che ne avrebbe potuto seguire trova trattazione in Ulpiano anche altrove, nei libri ad Sabinum, e, in questo caso, senza ampiezza di citazioni da giuristi precedenti. È il caso di D. 19,5,17,1 (Ulpianus 28 ad edictum).

13. LE PERLE STIMATE (D. 19,5,17,1 dal libro 28 ad edictum di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • •

Il testo, 1 (e 2) Il caso Conflitto di interessi e ragioni delle parti Una datio ad inspiciendum? Un aestimatum? Ancora il testo L’ argomentazione del giurista Una terza ipotesi Quale azione?

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Labeone – GIURISTI e … • Pomponio – GIURISTI e … • Emptio venditio – CONTRATTI • Datio ad inspiciendum – VARIE • Contratto estimatorio – VARIE • Tipicità e atipicità negoziale – NEGOZIO GIURIDICO • Interpretazione e qualificazione – NEGOZIO GIURIDICO • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Contratti innominati – CONTRATTI • Praescriptio – PROCESSO

13. Le perle stimate

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Il testo, 1

•  D. 19,5,17,1 (Ulpianus l. 28 ad edictum). •  Si margarita tibi aestimata dedero, ut aut eadem mihi adferres aut pretium eorum, deinde haec perierint ante venditionem, cuius periculum sit?

•  D. 19,5,17,1 (Ulpiano nel libro 28 ad edictum). •  Se ti avrò consegnato delle perle stimate, con l’intesa che mi restituirai le stesse o il loro prezzo, e quindi le perle siano andate smarrite prima della vendita, su chi grava il rischio?

Il testo, 2

•  … et ait Labeo, quod •  … Labeone disse, come et Pomponius scrisse anche Pomponio, che scripsit, si quidem se sono stato io, venditore, a ego te venditor chiedere il favore a te, il rogavi, meum esse rischio è mio; se invece sei periculum: si tu me, stato tu, il rischio è tuo; se tuum: si neuter invece nessuno dei due ha nostrum, sed chiesto il favore all’altro, ma dumtaxat c’e stato solo lo scambio dei consensimus, teneri te consensi, tu sei tenuto a hactenus, ut dolum et rispondere nei limiti del dolo culpam mihi praestes. e della colpa. L’azione poi actio autem ex hac che spetta in questo caso è causa utique erit chiaramente quella praescriptis verbis. praescriptis verbis.

Conflitto di interessi e ragioni delle parti

Il caso •  Un tale dà in prova a Caio delle perle stimate. •  Fra i due si conviene che Caio restituirà le perle ricevute o, se gli saranno piaciute, il loro valore in denaro. •  Ma quando il proprietario delle perle va a sollecitare Caio circa il suo adempimento, questi, confusissimo, deve ammettere di aver smarrito le perle (cadutegli in mare mentre le stava esaminando). •  Il proprietario richiede indietro la sua cosa chiamando responsabile Caio del perimento.

Una datio ad inspiciendum? •  Gli studiosi seguono opinioni discordanti circa la configurazione del rapporto presentato dal testo ulpianeo D. 19,5,17,1. •  Santoro e Burdese, per esempio, rinvengono in esso una datio ad inspiciendum (una dazione di una cosa per verificarne il gradimento in vista della vendita) in quanto le perle non sarebbero state date perché fossero vendute dall’accipiente, ma, all’opposto, perché da lui fossero acquistate, qualora risultassero di suo gradimento: ci sarebbe uno specifico interesse dell’accipiente stesso.

•  Il PROPRIETARIO •  Sottolinea il fatto che la consegna delle perle per la stima era preordinata al successivo acquisto delle stesse da parte dell’estimatore se fossero risultate di suo gradimento •  È evidente che la consegna delle perle rispondeva solo ad un interesse dell’acquirente, che poteva decidere più comodamente la convenienza dell’acquisto. •  Poiché il vantaggio era soltanto il suo, egli doveva essere ben attento a custodirle, e pertanto dovrà rispondere della mancata riconsegna. •  L’ESTIMATORE •  Afferma che il vantaggio derivante dall’accordo era tutto del proprietario delle perle; •  infatti, sia che l’estimatore decidesse di acquistarle per sé, sia che le vendesse a un terzo, il proprietario avrebbe avuto un indubbio vantaggio dalla valutazione che doveva essere effettuata.

Un aestimatum? •  Altra interpretazione è portata avanti da Gallo (così anche Beduschi), il quale vi ravvisa un contratto estimatorio (aestimatum), ossia un contratto in cui una parte consegna una cosa mobile ad un’altra con il patto che questa gli restituisca la cosa o il suo prezzo: infatti •  1) l’attribuzione del rischio viene fatta sulla base non della semplice iniziativa circa la richiesta, ma di un preciso interesse sottostante; •  2) la descrizione del caso non esclude la possibilità da parte dell’accipiente sia della vendita a terzi sia della ritenzione della cosa presso di sé.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Ancora il testo •  D. 19,5,17,1 (Ulpianus l. 28 •  D. 19,5,17,1 (Ulpiano nel libro 28 ad edictum). ad edictum). •  Se ti avrò consegnato delle perle •  Si margarita tibi aestimata stimate, con l’intesa che mi restituirai dedero, ut aut eadem mihi le stesse o il loro prezzo, e quindi le adferres aut pretium eorum, perle siano andate smarrite prima della deinde haec perierint ante vendita, su chi grava il rischio? venditionem, cuius Labeone disse, così come scrisse anche periculum sit? et ait labeo, Pomponio, che se sono stato io, quod et pomponius scripsit, venditore, a chiedere il favore a te, il si quidem ego te venditor rischio è mio; se invece sei stato tu , il rogavi, meum esse rischio è tuo; se invece nessuno dei due periculum: si tu me, tuum: si ha chiesto il favore all’altro, ma c’e neuter nostrum, sed stato solo lo scambio dei consensi, tu dumtaxat consensimus, sei tenuto a rispondere nei limiti del teneri te hactenus, ut dolum dolo e della colpa. L’azione poi che et culpam mihi praestes. spetta in questo caso è chiaramente actio autem ex hac causa utique erit praescriptis verbis. quella praescriptis verbis.

Una terza ipotesi •  Ulpiano considera infine il caso seguente: •  “Se invece – dice il giurista – nessuno dei due ha chiesto il favore all’altro, ma c’e stato solo lo scambio dei consensi, tu (l’accipiente Caio) sei tenuto a rispondere nei limiti (cioè secondo i criteri) del dolo e della colpa”. •  Ulpiano, cioè, sembrerebbe configurare questo caso come contratto innominato, in cui, dunque, si applicano i criteri generali della responsabilità contrattuale.

L’argomentazione del giurista •  Il brano di Ulpiano probabilmente dà fondamento ad entrambe le figure di contratto atipico ipotizzate dalla dottrina. •  Il giurista infatti constata che il problema si risolve interpretando correttamente la volontà delle parti: la responsabilità dello smarrimento delle perle andrà imputata a chi aveva interesse nell’accordo concluso dalle parti: - dovrà risponderne l’accipiente Caio qualora il contratto fosse stato concluso per il suo interesse, e in tale ipotesi si potrebbe configurare un accordo di datio ad inspiciendum; - dovrà risponderne il tradente Tizio qualora il contratto fosse stato concluso per il suo interesse, e in tale ipotesi si potrebbe configurare un accordo di aestimatum.

Quale azione? •  Sbrigativamente, ma non senza una valutazione di importanza, Ulpiano passa all’individuazione della tutela giudiziale: •  “actio autem ex hac causa utique erit praescriptis verbis = L’azione poi che spetta in questo caso è chiaramente quella praescriptis verbis”.

14. CAVALLI E MULE IN PROVA (D. 19,5,20 pr.-1 di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso La datio ad inspiciendum, 1 (e 2) Qualche riferimentio al diritto civile: la vendita con riserva di gradimento Qualche riferimentio al diritto civile: il contratto estimatorio Commento al caso Responsabilità precontrattuale La responsabilità precontrattuale oggi L’opinione di Labeone L’opinione di Ulpiano Commento Ulpiano, lo stesso frammento, un altro caso Il testo, 1 (e 2) Il caso Possibili argomentazioni delle parti L’opinione di Mela, 1 (e 2) Le perplessità di Ulpiano, 1 (e 2) I due casi a confronto Un altro confronto di casi L’actio de aestimato Formula dell’actio de aestimato (o aestimatoria praescriptis verbis)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Labeone – GIURISTI e … • Emptio venditio – CONTRATTI • Datio ad inspiciendum – VARIE • Contratto estimatorio – VARIE • Termine – NEGOZIO GIURIDICO • Contratti innominati – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Praescriptio – PROCESSO • Responsabilità precontrattuale – VARIE • Furto (d’uso) – DELITTI • Mela – GIURISTI e … • Furto – DELITTI • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Locatio conductio – CONTRATTI • Contratto misto – VARIE • Praescriptio – PROCESSO • Elementi essenziali: la causa – NEGOZIO GIURIDICO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo

•  D. 19,5,20 pr. (Ulpianus •  D. 19,5,20 pr. (Ulpiano nel libro 32 ad edictum). l. 32 ad edictum). •  Apud Labeonem •  In Labeone viene esposta questa quaeritur, si tibi equos questione: se ti darò in prova dei venales experiendos cavalli che sono in vendita con dedero, ut, si in triduo l’intesa che tu li restituisca entro displicuissent, redderes, tre giorni se non saranno risultati tuque desultor in his di tuo gradimento, e tu, dopo cucurreris et viceris, aver corso e vinto con essi in una deinde emere nolueris, an corsa a ostacoli, non li avrai sit adversus te ex vendito voluti comprare, spetta contro di actio. et puto verius esse te l’azione nascente dalla vendita? praescriptis verbis Io reputo più esatto che si debba agendum: nam inter nos agire praescriptis verbis: infatti hoc actum, ut l’accordo fra noi era che tu facessi experimentum gratuitum una prova gratuita, non che acciperes, non ut etiam partecipassi anche ad una gara. certares.

La datio ad inspiciendum, 1 •  Si parla di datio ad inspiciendum quando si ha la dazione di una cosa per verificarne il gradimento in vista della vendita; espresso il gradimento la vendita deve considerarsi conclusa. •  La giurisprudenza romana faceva rientrare tale tipologia contrattuale fra i contratti innominati, come dimostra la tutela accordata mediante l’actio praescriptis verbis [ove alla dazione di una cosa corrispondeva un facere (verificare il gradimento) ed un dare (restituire la cosa o pagarne il prezzo)].

Qualche riferimento al diritto civile: la vendita con riserva di gradimento •  Art. 1520 (Vendita con riserva di gradimento) - Quando si vendono cose con riserva di gradimento da parte del compratore, la vendita non si perfeziona fino a che il gradimento non sia comunicato al venditore. Se l’esame della cosa deve farsi presso il venditore, questi è liberato, qualora il compratore non vi proceda nel termine stabilito dal contratto o dagli usi, o, in mancanza, in un termine congruo fissato dal venditore. Se la cosa si trova presso il compratore e questi non si pronunzia nel termine sopra indicato, la cosa si considera di suo gradimento.

Il caso •  Vengono messi in vendita dei cavalli. •  Un tale si dichiara interessato all’acquisto, ma vuole provarli, e il venditore glieli consegna per la prova: fra i due si conviene che, se non saranno risultati di gradimento, saranno restituiti entro tre giorni. •  L’acquirente usa i cavalli in questione per fare una gara di corsa agli ostacoli, e vince. •  Successivamente, allo scadere dei tre giorni, restituisce i cavalli al venditore, dicendo che non fanno al caso suo. •  Il venditore si rivolge al giurista.

La datio ad inspiciendum, 2 •  È interessante osservare che il caso non costituisce un’ipotesi di vendita subordinata ad una condizione sospensiva potestativa (il gradimento): infatti in caso di vendita condizionata sospensivamente il contratto sarebbe concluso al momento dell’accordo e i soli effetti rimarrebbero sospesi, mentre nella datio ad inspiciendum la vendita non si considera conclusa se non al momento dell’espressione del gradimento. •  Non si deve trattare nemmeno di una semplice sperimentazione di prova cui, se la cosa risulterà di gradimento, potrà seguire la contrattazione fra le parti con possibilità di addivenire o non all’accordo sul prezzo: nella datio ad inspiciendum la vendita si considera sicuramente conclusa al momento della dichiarazione di gradimento. •  E non si tratta, infine, nemmeno di compravendita con pactum displicentiae: in quest’ultimo caso, infatti, la vendita si considererebbe perfezionata, ma sottoposta a possibilità di risoluzione in caso di mancato gradimento.

Qualche riferimento al diritto civile: il contratto estimatorio •  Art. 1556 (Nozione) - Con il contratto estimatorio una parte consegna una o più cose mobili all’altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel termine stabilito. •  Art. 1557 (Impossibilità di restituzione) - Chi ha ricevuto le cose non è liberato dall’obbligo di pagarne il prezzo, se la restituzione di esse nella loro integrità è divenuta impossibile per causa a lui non imputabile. •  Art. 1558 (Disponibilità delle cose) - Sono validi gli atti di disposizione compiuti da chi ha ricevuto le cose; ma i suoi creditori non possono sottoporle a pignoramento o a sequestro finché non ne sia stato pagato il prezzo. Colui che ha consegnato le cose non può disporne fino a che non gli siano restituite.

14. Cavalli e mule in prova

Commento al caso •  Il comportamento del mancato acquirente potrebbe configurare un’ipotesi di responsabilità precontrattuale, un tipo di responsabilità previsto e sanzionato soltanto nel codice 1942, senza una sua specifica definizione.

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Responsabilità precontrattuale •  Si parla di responsabilità precontrattuale per porre in evidenza gli obblighi di correttezza imposti alle parti nella fase delle trattative contrattuali. Tali obblighi derivano dall’impegno reciproco delle parti alla buona fede, che in origine era puramente morale, e sanzionato sul piano religioso. •  La giurisprudenza attuale ammette il risarcimento del danno causato dal comportamento scorretto adottato in una trattativa contrattuale e, tra gli altri, individua come fattispecie sanzionabili: –  l’abbandono ingiustificato dalla trattativa; –  la reticenza nelle informazioni da fornire alla controparte; –  la trattativa simulata al solo fine di carpire informazioni alla controparte o di provocargli altrimenti un danno. •  Il diritto romano viceversa non ha tipizzato forme di responsabilità precontrattuale, seppure non mancano casi in cui una tutela è comunque offerta alla parte offesa.

La responsabilità precontrattuale OGGI

L’opinione di Labeone

•  Art. 1337 c.c. (Trattative e responsabilità precontrattuale) - Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede. •  Art. 1338 (Conoscenza delle cause di invalidità) - La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l’esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all’altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.

•  Labeone riteneva che il comportamento di colui che, ottenuti in prova i cavalli, li aveva usati per correre una gara, e, dopo averla anche vinta, dichiarava di non voler acquistare gli animali, configurasse violazione degli obblighi contrattuali di buona fede derivanti dal contratto di compravendita del quale, dunque, le attività preliminari (come la prova) costituirebbero parte integrante.

L’opinione di Ulpiano •  Ulpiano ritiene piuttosto (verius) che si debba ricorrere ad un’ actio praescriptis verbis. •  Ulpiano dunque non reputa che la responsabilità precontrattuale (nella quale si sostanzia il comportamento scorretto dell’acquirente) possa risolversi all’interno della stessa responsabilità contrattuale: tale comportamento, infatti, è preliminare al definitivo accordo delle parti sul comprare e vendere che costituisce il contratto. •  Pertanto, per evitare che, chiamato in giudizio con un’actio venditi, il mancato compratore possa opporre un’eccezione in tal senso, Ulpiano consiglia al proprietario dei cavalli (venditore) un’actio praescriptis verbis.

Commento

•  Nel caso in esame si prospetta un rapporto negoziale sui generis, che in parte potrebbe risolversi come compravendita preceduta da una sperimentazione di prova, in parte come una datio ad inspiciendum. •  I giuristi, comunque, sembrano interpretarla nel secondo senso. •  Vi si può leggere inoltre un tema di riflessione ulteriore: chi ha ottenuto la cosa in prova non può usarla per una attività specifica, che costituisca qualcosa di più di un semplice collaudo generico in vista di un’utilizzazione a proprio uso. L’aver usato della cosa per un fine specifico senza il consenso del proprietario configura un’ipotesi di furto, un vero e proprio delitto, dunque, che possiamo qualificare come furto d’uso. Comunque anche il furto d’uso sarebbe qui risolto non in via penale ma con la concessione dell’actio praescriptis verbis.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Le mule in prova e la responsabilità precontrattuale

Il testo, 1

•  D. 19,5,20,1 (Ulpianus •  D. 19,5,20,1 (Ulpiano nel l. 32 ad edictum). libro 32 ad edictum). •  Item apud Melam •  Ugualmente in Mela si trova quaeritur, si mulas tibi trattata la seguente dedero ut experiaris et, questione: se, nel caso in cui si placuissent, emeres, si ti avrò dato delle mule con displicuissent, ut in dies l’intesa che, se ti saranno singulos aliquid piaciute le comperi, e se praestares, deinde mulae viceversa non ti saranno a grassatoribus fuerint piaciute paghi un tanto al giorno, e quindi le mule ablatae intra dies experimenti, quid esset siano state rubate dai briganti, se si debba prestare praestandum, utrum il prezzo e la mercede o solo pretium et merces an la mercede. merces tantum.

Il caso •  Un tale vuole comprare delle mule. •  Il proprietario-venditore gliele consegna in prova: si stabilisce di comune intesa che le comprerà se le troverà di suo gradimento, altrimenti, se non le troverà di suo gradimento, pagherà per il loro uso un tanto al giorno. •  Le mule vengono rubate da dei briganti. •  Quale azione potrà esperire il proprietariovenditore contro il mancato acquirente delle mule?

Ulpiano, lo stesso frammento (D. 19,5,20, ad edictum l. 32), un altro caso •  Di seguito Ulpiano riporta un altro caso che si riallaccia al precedente, e che sulla base del precedente deve trovare soluzione.

… segue

•  Et ait Mela interesse, •  E Mela dice che importa stautrum emptio iam erat bilire se la vendita era già stata contracta an futura, ut, conclusa oppure si sarebbe si facta, pretium conclusa in futuro: se era già petatur, si futura, stata conclusa si chiede il merces petatur: sed non prezzo, se si sarebbe conclusa exprimit de actionibus. in futuro si chiede la mercede. Puto aut em, si Non si pronuncia però sulle quidem perfecta fuit azioni. Io peraltro ritengo che emptio, competere ex se la vendita era ormai perfetta vendito actionem, si spetta l’azione ex vendito, se vero nondum perfecta invece non era ancora perfetta, esset, actionem talem compete l’azione che spetta qualem adversus contro il cavaliere che ha desultorem dari. montato il cavallo nella gara.

Possibili argomentazioni delle parti •  IL PROPRIETARIO-VENDITORE •  Esige comunque il pagamento del prezzo delle mule rubate; •  le mule erano state affidate al futuro compratore e quindi era lui che doveva curare che non venissero rubate; •  d’altra parte il contratto di vendita (a prova) era a suo vantaggio perchè con la prova poteva verificare lo stato delle mule: egli quindi deve risarcire il prezzo delle mule rubategli. •  IL MANCATO COMPRATORE •  Replica che il contratto non rispondeva ad un suo esclusivo interesse ma anche ad un interesse del venditore, in quanto anche se non si fosse arrivati a venderle/comprarle, comunque il proprietario ne avrebbe ottenuto il canone della locazione: semmai i rischi del furto devono essere divisi equamente tra le parti. •  Ma dal momento che egli, compratore, non aveva ancora espresso il gradimento e quindi non aveva acquistato le mule il loro “perimento” ricade necessariamente sul proprietario, dal momento che un “locatore” non deve rispondere per il furto.

14. Cavalli e mule in prova

L’opinione di Mela, 1 •  “Mela dice che importa stabilire se la vendita era già stata conclusa oppure si sarebbe conclusa in futuro: se era già stata conclusa si chiede il prezzo, se si sarebbe conclusa in futuro si chiede la mercede”. •  Evidentemente egli interpreta l’accordo negoziale intervenuto fra le parti come un contratto di locazione delle mule, cui viene a sovrapporsi un contratto di compravendita sottoposto alla condizione del gradimento del compratore: in pratica un contratto misto.

Le perplessità di Ulpiano,1 •  Ulpiano rileva subito una carenza nel pensiero di Mela, che “non si pronuncia però sulle azioni”. •  Il giurista di Tiro riprende quindi, innanzi tutto, la distinzione sostanziale fatta da Mela, e le dà compimento circa le conseguenze processuali: •  - se la compravendita era perfetta, già conclusa, il venditore potrà agire contro il compratore con l’actio venditi (cosa che è perfettamente in linea con quanto diceva Mela circa la prevalenza della disciplina della compravendita); •  - se invece si reputa che ancora non sia perfetto l’accordo delle parti sul comprare e vendere, Tizio potrà esperire l’azione ...

I due casi a confronto: D. 19,5,20 pr.-1 •  pr. In Labeone viene •  esposta questa questione: se ti darò in prova dei cavalli che sono in vendita con l’intesa che tu li restituisca entro tre giorni se non saranno risultati di tuo gradimento, e tu, dopo aver corso e vinto con essi in una corsa a ostacoli, non li avrai voluti comprare, spetta contro di te l’azione nascente dalla vendita? Io reputo più esatto che si debba agire praescriptis verbis: infatti l’accordo fra noi era che tu facessi una prova gratuita, non che partecipassi anche ad una gara.

1. Ugualmente in Mela si trova trattata la seguente questione: se, nel caso in cui ti avrò dato delle mule con l’intesa che, se ti saranno piaciute le comperi, e se viceversa non ti saranno piaciute paghi un tanto al giorno, e quindi le mule siano state rubate dai briganti, se si debba prestare il prezzo e la mercede o solo la mercede. E Mela dice che importa stabilire se la vendita era già stata conclusa oppure si sarebbe conclusa in futuro: se era già stata conclusa si chiede il prezzo, se si sarebbe conclusa in futuro si chiede la mercede. Non si pronuncia però sulle azioni. Io peraltro ritengo che se la vendita era ormai perfetta spetta l’azione ex vendito, se invece non era ancora perfetta, compete l’azione che spetta contro il cavaliere che ha montato il cavallo nella gara.

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L’opinione di Mela, 2 •  Pertanto la soluzione prospettata dal giurista è duplice: “importa stabilire se la vendita era già stata conclusa oppure si sarebbe conclusa in futuro”: •  - “se era già stata conclusa si chiede il prezzo” = se la compravendita era perfetta la sua disciplina risulterà prevalente (si tratterebbe piuttosto di una datio ad inspiciendum?); •  - “se si sarebbe conclusa in futuro si chiede la mercede” = se invece si reputa che ancora non sia perfetto l’accordo delle parti sul comprare e vendere, dovrà ritenersi prevalente la disciplina della locazione (si tratterebbe piuttosto di un aestimatum?).

Le perplessità di Ulpiano, 2 •  … e qui Ulpiano si riallaccia al paragrafo precedente. •  L’azione che suggerisce è l’azione “che spetta contro il cavaliere che ha montato il cavallo nella gara”: si tratta dell’actio praescriptis verbis, la quale doveva presumibilmente essere data contro il mancato acquirente. •  Quest’ultimo, a sua volta, potrà avere l’ actio furti contro i briganti. •  Rimarrebbe forse da chiedersi perché Ulpiano escluda che si possa avere una locazione quando l’intesa era “che, se ti saranno piaciute le comperi, e se viceversa non ti saranno piaciute paghi un tanto al giorno”: forse il giurista voleva sottolineare come nel rapporto così come descritto manchi la “utilizzazione” che fa parte della causa del contratto di locazione (scambio di utile relativo ad una cosa contro una merx periodica).

Un altro confronto di casi

•  D. 13,6,10,1 (Ulpiano •  nel libro 29 ad Sabinum). •  •  Se ho consegnato una cosa ad uno stimatore, si chiede se la situazione è analoga a quella di chi ha ricevuto in comodato. Ebbene se l’ho data per mio interesse, perché ne voglio sapere il prezzo, sarà responsabile verso di me solo per dolo: se l’interesse è suo, anche per custodia: e perciò di conseguenza avrà l’actio furti. …

D. 19,5,17,1 (Ulpiano nel libro 28 ad edictum). Se ti avrò consegnato delle perle stimate, con l’intesa che mi restituirai le stesse o il loro prezzo, e quindi le perle siano andate smarrite prima della vendita, su chi grava il rischio? Labeone disse, così come scrisse anche Pomponio, che se sono stato io, venditore, a chiedere il favore a te, il rischio è mio; se invece sei stato tu, il rischio è tuo; se invece nessuno dei due ha chiesto il favore all’altro, ma c’e stato solo lo scambio dei consensi, tu sei tenuto a rispondere nei limiti del dolo e della colpa. L’azione poi che spetta in questo caso è chiaramente quella praescriptis verbis.

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•  D. 19,3,1 pr.-1 (Ulp. 32 ad ed.) •  Actio de aestimato proponitur tollendae dubitationis gratia: fuit enim magis dubitatum, ... •  L’ actio de aestimato è stata ideata per togliere ogni dubbio: infatti si era dubitato, allorquando era data una cosa stimata per venderla, se per la sua stima si dovesse dare l’azione ex vendito ovvero quella ex locato, quasi che per vendere si dovesse locare, o ancora, l’azione ex conducto, quasi che avessi preso in conduzione delle opere, o l’actio mandati. E si è ritenuto più opportuno proporre questa azione (de aestimato): infatti tutte le volte che c’è qualche dubbio circa il nomen contractus, e comunque c’è l’esigenza di una tutela giudiziale deve essere data un’azione estimatoria praescriptis verbis: è stato posto in essere, infatti, un negozio secondo ius civile in base alla buona fede. Per cui si osserveranno qui tutte le regole che abbiamo documentato già per i bonae fidei iudicia. 1. La stima è fatta a rischio di colui che riceve: pertanto o dovrà restituire la cosa integra, o la stima che di essa si farà.

Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula dell’actio de aestimato •  C. Aquilius iudex esto •  Quod Aulus Agerius N. Negidio margaritam aestimatam vendendam dedit •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem dare facere oportet ex fide bona •  eius C. Aquilius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché A. Agerio ha consegnato a N. Negidio, dopo averne fatta la stima, una perla da vendere, •  questione sulla quale si discute, •  tutto quello che per tal motivo deve dare o fare secondo buona fede, •  a questo tu giudice condanna N. Negidio nei confronti di A. Agerio. •  Se non risulta sia assolto.

15. IN SOCIETÀ: QUIDAM SAGARIAM NEGOTIATIONEM COIERUNT (D. 17,2,52,4)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • •

Il testo: D. 17,2,52,4 di Ulpiano … segue: la responsabilità La società Ripartizione degli utili e delle perdite Un esempio di conferimenti diversi Un esempio di ripartizione diversa La misura della responsabilità Formula dell’actio pro socio La responsabilità di cui a D. 17,2,52,4 (e … segue)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Giuliano – GIURISTI e … • Società – CONTRATTI • Arbitrium boni viri – CONTRATTI • Papiniano – GIURISTI e … • Emptio venditio – CONTRATTI • Pomponio – GIURISTI e … • Condizione – NEGOZIO GIURIDICO • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Celso – GIURISTI e … • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Litis aestimatio – PROCESSO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo, D. 17,2,52,4, di Ulpiano

•  D. 17,2,52,4 (Ulpianus l. •  D. 17,2,52,4 (Ulpiano nel libro 31 31 ad edictum) ad edictum) •  Quidam sagariam •  In due hanno intrapreso il negotiationem coierunt: commercio dell’abbigliamento alter ex his ad merces militare. l’uno comparandas profectus in latrones incidit suamque dei due, partito per comprare le pecuniam perdidit, servi merci, si imbatté nei briganti, e eius vulnerati sunt resque perse il denaro, e i suoi schiavi proprias perdidit. Dicit rimasero feriti, e fu derubato delle Iulianus damnum esse commune ideoque actione sue cose. Giuliano dice che il danno deve essere comune e perciò con pro socio damni partem dimidiam adgnoscere l’actio pro socio si può avanzare debere tam pecuniae quam pretesa della metà del danno sia rerum ceterarum, quas relativamente al denaro sia agli altri secum non tulisset socius beni che il socio portava con sè nisi ad merces communi proprio e soltanto per comprare le nomine comparandas merci per il comune accordo. proficisceretur.

La società

. . . segue: la responsabilità •  … Sed et si quid in medicos impensum est, pro parte socium agnoscere debere rectissime Iulianus probat. Proinde et si naufragio quid periit, cum non alias merces quam navi solerent advehi, damnum ambo sentient: nam sicuti lucrum, ita damnum quoque commune esse oportet, quod non culpa socii contingit.

•  … Ed anzi se qualcosa si è speso per i medici, Giuliano afferma che il socio deve assumersene la responsabilità per la sua parte. E infine anche se qualcosa perisce in un naufragio, quando le merci normalmente non erano trasportate se non per nave, ambedue devono sopportarne il danno; infatti così come il vantaggio in egual modo anche il danno deve essere comune, quando non capita per colpa di uno dei soci.

La ripartizione degli utili e delle perdite

•  Il testo non presenta difficoltà di interpretazione. •  Vi si tratta di una situazione societaria (sempre una società di due persone) per lo svolgimento di un’attività imprenditoriale. Ma l’aspetto sostanziale, societario, è prevalente su quello commerciale. •  Il giurista, Ulpiano, che si vale peraltro dell’insegnamento di Giuliano, vuole sottolineare come nella società non si possa prescindere dalla ripartizione delle perdite, oltrechè degli utili. •  E fra le perdite vanno ricompresi anche i danni patrimoniali individuali sofferti nello svolgimento e per il disbrigo degli atti societari.

•  La ripartizione degli utili va fatta normalmente secondo una divisione matematica fra tutti i soci, nel presupposto che i conferimenti siano uguali per tutti, ovvero quando vi siano conferimenti di diversa natura (per esempio in denaro e in attività) la valutazione economico pecuniaria sia equivalente. •  Tuttavia le parti possono di comune accordo, magari attraverso l’intervento di un arbitrium boni viri, stabilire una differente ripartizione, che in tal caso, in particolare per gli utili e le perdite, potrebbe essere addirittura svincolata dalla proporzionalità con i conferimenti.

Un esempio di conferimenti diversi

Un esempio di ripartizione diversa

•  D. 17,2,52,7 (Ulpianus libro 31 ad edictum) •  7. Item ex facto consultum respondisse se ait (Papinianus) libro tertio responsorum: inter Flavium victorem et bellicum Asianum placuerat, ut locis emptis pecunia victoris monumenta fierent opera et peritia Asiani, quibus distractis pecuniam victor cum certa quantitate reciperet, superfluum Asianus acciperet, qui operam in societatem contulit: erit pro socio actio.

•  D. 17,2,52,7 (Ulpianus libro 31 ad edictum) •  7. E ugualmente nel libro 3 dei responsa (Papiniano) dice di essere stato consultato su un episodio particolare ed aver dato il seguente responso: fra il militare trionfatore Flavio e altro militare Asiano si era convenuto che, acquistati i luoghi col denaro del primo, con l’opera e la valentia di Asiano si facessero dei monumenti, e vendutili il primo ricevesse il ricavato in una certa quantità, e che il rimanente lo avesse Asiano che aveva conferito nella società la sua opera: ci sarà l’actio pro socio.

•  D. 17,2,6 (Pomponius l. 9 ad Sabinum) •  Si societatem mecum coieris ea condicione, ut partes societatis constitueres, ad boni viri arbitrium ea res redigenda est: et conveniens est viri boni arbitrio, ut non utique ex aequis partibus socii simus, veluti si alter plus operae industriae pecuniae in societatem collaturus sit.

•  D. 17,2,6 (Pomponio dal libro l. 9 ad Sabinum) •  Se hai stretto società con me alla condizione che tu stesso stabilissi le quote della società, la questione deve essere risolta con un arbitrium boni viri, in modo che sia possibile che siamo soci non in parti uguali, come, per esempio, se l’uno dei due conferisce più in opere, in attività, o in denaro.

15. In società: quidam sagariam negotiationem coierunt

La misura della responsabilità •  D. 17,2,52,1-2 (Ulpianus l. 31 ad edictum) •  •  1. Venit autem in hoc iudicium pro socio bona fides.•  •  2. Utrum ergo tantum dolum an etiam culpam praestare socium oporteat, quaeritur. Et•  Celsus libro septimo digestorum ita scripsit: socios inter se dolum et culpam praestare oportet. Si in coeunda societate, inquit, artem operamve pollicitus est alter, veluti cum pecus in commune pascendum aut agrum politori damus in commune quaerendis fructibus, nimirum ibi etiam culpa praestanda est: pretium enim operae artis est velamentum. Quod si rei communi socius nocuit, magis admittit culpam quoque venire.

D. 17,2,52,1-2 (Ulpiano l. 31 ad edictum) 1. Nell’azione pro socio si valuta in base alla bona fides. 2. Si chiede dunque se il socio debba rispondere solo per il dolo o anche per la colpa. E Celso nel libro 7 dei suoi digesta scrive così: i soci fra di loro devono rispondere per dolo e per colpa. Se nel costituire una società a due – dice poi – l’uno promette la sua opera e la sua capacità, come nel caso di pascolo del gregge ai fini comuni o se diamo un campo ad un agricoltore per avere in comune i frutti, certamente qui anche la colpa deve essere considerata: infatti il valore dell’attività e della perizia è indeterminata. E se un socio reca danno ad una cosa comune, ancor più si deve ammettere che valga anche la colpa.

La responsabilità di cui a D. 17,2,52,4 •  Un’ultima considerazione sulla responsabilità secondo il testo iniziale, D. 17,2,52,4, e sulla sua misura. •  Ulpiano, rifacendosi all’insegnamento di Giuliano, include nella responsabilità del socio da far valere tramite l’actio pro socio i danni derivanti dall’incursus latronum e dal naufragio: ipotesi di vis maior l’una e di casus fortuitus l’altro, ipotesi che hanno determinato il perimento di cose della società che erano momentaneamente nelle mani di un socio, ma per il cui perimento il socio in causa non deve essere assolutamente responsabile, perché vis maior e casus fortuitus esonerano dalla responsabilità.

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Formula dell’actio pro socio •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod A. Agerius cum N. Negidio societatem unius negotiationis coiit, •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere praestare oportet ex fide bona, •  dumtaxat quod N. Negidius facere potest, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio ha stretto società con Numerio Negidio per un affare, •  cosa per la quale si è aperta la lite, •  qualunque cosa per questo N. Negidio debba dare o fare o garantire ad A. Agerio, secondo buona fede •  nel limite di quanto N. Negidio possa fare, •  a questo tu, giudice, condannerai N. Negidio nei confronti di A. Agerio. •  Se non risulta lo assolverai.

... segue •  Invero nel testo non di quella responsabilità si tratta, ma, reciprocamente, della responsabilità dell’altro socio che deve farsi carico anch’egli dei fatti accaduti: e i criteri di imputazione di tale responsabilità sono – come ci suggerisce il testo – l’esonero di responsabilità del socio agente. •  Il socio non agente non sarà tenuto nei confronti del consocio nel caso di dolo di quest’ultimo, naturalmente, e nel caso di culpa: “infatti – dice Ulpiano – così come il vantaggio in egual modo anche il danno deve essere comune, quando non capita per colpa di uno dei soci”.

16. DOCUMENTI NON RESTITUITI D. 17,1,8 pr. di Ulpiano, ad edictum, D. 47,2,27 pr. ancora di Ulpiano, ad Sabinum

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • Il testo • Il caso • Possibili argomentazioni del dominus negotii (mandante) • Interesse per i documenti, 1 (e 2) • Interesse per i documenti, 3: la conclusione di Ulpiano • Possibili obiezioni del procurator … • … e, contro di lui, del dominus negotii • Il testo (tutto): il parere di Labeone e di Ulpiano • La pronuncia del giurista • Possibile esito della vicenda • Formula dell’actio mandati

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Procurator – NEGOZIO GIURIDICO • Mandato – CONTRATTI • Furto – DELITTI • Litis aestimatio – PROCESSO • Condemnatio (id quod interest) – PROCESSO • Deposito – CONTRATTI • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Labeone – GIURISTI e … • Interpretazione e qualificazione del contratto – NEGOZIO GIURIDICO • Elementi essenziali: la causa – NEGOZIO GIURIDICO • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO

16. Documenti non restituiti

Il testo •  D. 17,1,8 pr. •  D. 17,1,8 pr. (Ulpiano nel (Ulpianus l. 31 ad libro 31 ad edictum). edictum). •  Se ho nominato un •  Si procuratorem procuratore, e costui non mi dedero nec restituisce i documenti relativi instrumenta mihi alla causa, con quale azione causae reddat, qua sarà tenuto nei miei confronti? actione mihi teneatur? Anche Labeone ritiene che egli et Labeo putat mandati sia tenuto con l’actio mandati e eum teneri nec esse che non sia plausibile probabilem sententiam l’opinione di coloro che existimantium ex hac ritengono esperibile in questo causa agi posse caso l’actio depositi, dato che si depositi: deve aver riguardo, per ciascun uniuscuiusque enim contractus initium contratto, all’accordo che gli ha spectandum et causam. dato vita e alla causa.

Possibili argomentazioni del dominus negotii (mandante) •  IL c.d. DOMINUS NEGOTII (mandante) •  Colui che aveva dato l’incarico al procuratore ha un vivo interesse a riottenere i documenti i quali sono per lui di assoluta importanza; anche a non voler pensare che il suo procuratore li abbia voluti rubare, accettando che siano stati smarriti, comunque vuole essere risarcito della loro perdita materiale e logicamente vorrà anche non correre rischi per il futuro.

Interesse per i documenti, 2

•  … quod si iam erant •  … ché, se già erano inutili perché inanes, quia solutum riguardanti un debito ormai proponebatur, numquid pagato, forse che l’aestimatio deve ipsarum tantum essere calcolata soltanto sul tabularum pretii prezzo delle tavole stesse? Infatti videatur esse aestimatio facienda? quid enim qual è qui l’interesse? interfuit huius? •  Ma, poiché di frequente i •  sed potest dici, quia debitori chiedono indietro le nonnumquam debitores tavolette, e spesso avanzano tabulas sibi restitui calunniosamente la loro pretesa petant, quia come se avessero pagato un nonnumquam calumniantur debitores indebito, si può dire che è quasi indebito soluto, ab interesse del creditore avere da his interesse creditoris loro la documentazione, per tabulas habere, ne forte evitare una futura controversia controversiam super ea relativa a quel debito. re patiatur.

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Il caso •  Un tale consegna al suo procuratore importanti documenti essenziali alla buona riuscita di un affare commerciale. •  Il procuratore conclude vantaggiosamente l’affare, ma dichiara di non poter restituire i documenti poiché li ha smarriti. •  Il dominus negotii, mandante, manifesta la sua intenzione di agire nei confronti del procuratore sulla base del rapporto di procura che, com’è noto, è alla base di un mandato.

Interesse per i documenti, 1 •  D. 47,2,27 pr. •  D. 47,2,27 pr. (Ulpiano nel (Ulpianus l. 41 ad libro 41 ad Sabinum). Sabinum). •  Chi ruba le tavolette o i •  Qui tabulas vel documenti di un credito, è cautiones amovet, furti tenuto per furto non tenetur non tantum relativamente al prezzo delle pretii ipsarum tabularum, verum eius tavole, ma per l’interesse: e quod interfuit: quod ad questo si riferisce all’aestimatio aestimationem refertur della somma che è registrata in eius summae, quae in quelle tavolette, cioè, appunto, his tabulis continetur, l’interesse, come, per esempio, scilicet si tanti interfuit, se le tavole documentassero un ut puta si chirographa chirografo di 10 aurei, diciamo aureorum decem tabulae fuerint, dicimus che questo deve essere calcolato nel doppio. hoc duplicari.

Interesse per i documenti, 3 : la conclusione di Ulpiano •  E quindi generalmente •  et generaliter dicendum est in si dice che il duplum deve essere calcolato id quod interest nell’id quod interest, duplari. cioè nell’interesse.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Possibili obiezioni del procurator … •  IL PROCURATORE (mandatario) •  Innanzi tutto il procuratore considera il rapporto sorto fra lui stesso e il dominus negotii relativamente ai documenti come rapporto a sé stante, che necessita, dunque, di autonoma regolamentazione. •  Pertanto, senza nemmeno tener conto del buono o cattivo esito della vicenda/affare affidatigli, tuttavia il procuratore avrebbe interesse a dichiarare di non dover nulla poiché i documenti gli erano stati dati ed erano presso di lui come deposito, contratto che comporta responsabilità solo a titolo di dolo. •  Può anche ammettere di aver smarrito i documenti, ma in questo non c’è assolutamente dolo: e nel deposito non si è responsabili per la perdita accidentale dei documenti.

Il parere di Labeone e Ulpiano •  D. 17,1,8 pr. •  D. 17,1,8 pr. (Ulpiano nel (Ulpianus l. 31 ad libro 31 ad edictum). edictum). •  Anche Labeone ritiene che egli sia tenuto con l’actio •  et Labeo putat mandati eum teneri mandati e che non sia nec esse probabilem plausibile l’opinione di sententiam coloro che ritengono existimantium ex hac esperibile in questo caso causa agi posse l’actio depositi, dato che si depositi: deve aver riguardo, per uniuscuiusque enim ciascun contratto, contractus initium all’accordo che gli ha dato spectandum et vita e alla causa. causam.

Possibile esito della vicenda •  Il mandatario Caio sarà responsabile per non aver colposamente restituito i documenti che gli erano stati consegnati: vi era infatti obbligato ex mandato. •  Sarà pertanto esperibile contro di lui l’actio mandati che è un’azione di buona fede. •  Appunto nella valutazione della buona fede la discrezionalità del giudice avrà modo di tener conto del comportamento delle parti anche in rapporto ai documenti.

... e, contro di lui, del dominus negotii •  IL DOMINUS NEGOTII (mandante) •  A sua volta il dominus negotii (anche in ragione del suo interesse alla conservazione dei documenti non per il loro valore intrinseco, ma piuttosto quali prova della legittimità del pagamento ricevuto) avrebbe interesse a replicare che i documenti non erano stati consegnati al procurator in deposito, ma in quanto funzionali al mandato che era stato stipulato fra di loro. •  Il mandatario è dunque tenuto in base al mandato.

La pronuncia del giurista •  Ulpiano, seguendo un parere di Labeone, afferma che il procuratore è tenuto ex mandato per la mancata restituzione dei documenti. •  Si tratta infatti di un problema di qualificazione del contratto: per vedere quale contratto è stato posto in essere occorre guardare al momento dell’accordo e alla causa del contratto: initium et causa sono gli elementi che consentono di dare all’accordo delle parti una precisa connotazione (GALLO). •  Con tutto ciò non vi è dubbio che il contratto concluso fosse un mandato e che i documenti fossero stati consegnati con questa causa.

Formula dell’actio mandati •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio mandavit ut …(hominem manumitteret, pecunias in diem collocaret, etc.), •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio ha incaricato Numerio Negidio di … (manomettere lo schiavo, ecc.), •  questione della quale si tratta, •  tutto quello che per ciò N. Negidio deve dare e fare nei confronti di A. Agerio secondo buona fede, •  a questo tu, giudice, condanna N. Negidio verso A. Agerio. •  Se non risulta assolverai.

17. LA RESPONSABILITÀ NEL COMODATO (D. 13,6,5,7 di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • •

La responsabilità del comodatario Il testo, 1 I casi sono due Periculum Actio commodati in factum Actio commodati in ius Il testo, 2 Il caso e l’opinione del giurista Namusa L’obbligo di custodia Il testo, 3 “de plano”: possibili letture L’opinione del giurista Ulpiano, 1 (e 2) Ulpiano viene a configurare qui … Possibili argomentazioni delle parti Il testo, 4 Il caso e l’opinione del giurista Mela

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Furto – DELITTI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Comodato – CONTRATTI • La condanna nel diritto romano – PROCESSO • La buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Namusa – GIURISTI e … • Mela – GIURISTI e …

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La responsabilità del comodatario

Il testo, 1

§  Il comodatario risponde del perimento, del deterioramento, della mancata restituzione della cosa: le fonti parlano di responsabilità per custodia che rappresenterebbe una forma di responsabilità oggettiva. §  Il comodatario ha l’obbligo di usare la cosa conformemente a quanto stabilito dalle parti all’atto della stipulazione del rapporto: se ne usa in modo diverso è imputabile di furto d’uso.

•  D. 13,6,5,7 (Ulpianus l. 28 •  D. 13,6,5,7 (Ulpiano nel ad edictum). libro 28 ad edictum). •  Sed interdum et mortis •  Frattanto anche il danno damnum ad eum qui della morte ricade sul commodatum rogavit comodatario: infatti se ti ho pertinet: nam si tibi equum prestato un cavallo, per commodavero, ut ad villam andarci in villa, e tu l’hai adduceres, tu ad bellum portato alla guerra, sarai duxeris, commodati tenuto per comodato: Certamente se te commodavi, ut ad bellum l’ho prestato per andarci in duceres, meum erit guerra il periculum è mio... periculum. ...

I casi sono due

Periculum

•  Caso A •  Tizio presta a Caio un cavallo: •  le parti concordano che il cavallo debba servire per passeggiare; •  Il comodatario Caio porta il cavallo in guerra: •  il cavallo muore. •  Il comodatario è tenuto responsabile con l’actio commodati.

•  Caso B •  Tizio presta a Caio un cavallo: •  le parti concordano che il cavallo debba servire per la guerra; •  Caio porta il cavallo in guerra: •  il cavallo muore. •  Il rischio del perimento del cavallo grava sul comodante.

Actio commodati in factum •  C. Aquilius iudex esto. •  Sia giudice C. Aquilio. •  Si paret A. Agerium N. •  Se risulta che A. Agerio Negidio rem qua de abbia dato in comodato agitur commodasse, una cosa a N. Negidio, •  eamque A. Agerio •  e tal cosa non è stata redditam non esse, restituita ad A. Agerio, •  quanti ea res erit, tantam •  per quanto è il valore della pecuniam iudex N. cosa, a tanto in denaro tu, giudice, condannerai N. Negidium A. Agerio Negidio verso A. Agerio. condemnato. •  Si non paret absolvito. •  Se non risulta lo assolverai.

•  Il termine periculum sta ad indicare il “rischio” del perimento della cosa oggetto del contratto, ovvero, in altre parole, l’attribuzione ad uno dei soggetti contraenti delle conseguenze economicamente negative che da tale perimento derivano indipendentemente dal fatto che lui stesso non abbia cagionato tale perimento (di rischio appunto si tratta). •  Trova particolare applicazione nella massima “periculum est emptoris” che esprime il principio secondo il quale il rischio del deterioramento e del perimento della cosa compravenduta, intervenuto dopo l’accordo, è posto a carico del compratore, anche se ancora non vi è stata la consegna della cosa stessa.

Actio commodati in ius •  C. Aquilius iudex esto. •  Sia giudice C. Aquilio. •  Quod A. Agerius N. •  Poiché A. Agerio ha dato in Negidio rem qua de comodato una cosa a N. agitur commodavit, Negidio, •  qua de re agitur, •  per cui è sorta l’attuale lite, •  quidquid ob eam rem •  qualunque cosa N. Negidio N. Negidium A. debba dare o fare nei Agerio dare facere confronti di A. Agerio in oportet ex fide bona, base alla buona fede, •  eius iudex N. •  a questo tu, giudice, conNegidium A. Agerio dannerai N. Negidio verso condemnato. A. Agerio. •  Si non paret absolvito. •  Se non risulta lo assolverai.

17. La responsabilità nel comodato

Il testo, 2 •  ... e ugualmente accade per •  ... idem erit et in homine. E infatti Namusa erit periculum.>> nam dice che se ti ho dato in et si servum tibi tectorem commodavero comodato uno schiavo et de machina ceciderit, tintore e questi è caduto dai macchinari, il rischio è periculum meum esse mio. Namusa ait:

L’obbligo di custodia •  Il contenuto specifico di tale obbligazione è stato assai dibattuto in dottrina. •  A lungo si è ritenuto che configurasse un criterio di responsabilità contrattuale di tipo oggettivo (ARANGIO RUIZ). •  Oggi si è invece propensi a ritenere che fosse un obbligo specifico di alcune tipologie contrattuali (locatio operis, comodato, …) avente come contenuto quello di conservare e custodire la cosa affidata in modo da poterla restituire nelle stesse condizioni. •  È ampiamente discusso in dottrina se la responsabilità per l’inadempimento di tale obbligazione venisse meno qualora l’inadempimento fosse dovuto a caso fortuito o a forza maggiore.

“de plano”: possibili letture •  Il testo ulpianeo presenta la dicitura de plano alla quale potrebbero riferirsi diversi significati: •  - come nell’utilizzazione che se ne fa nel comune parlare italiano, de plano potrebbe significare “tranquillamente, pacificamente, senza precisazioni di sorta”: ed è questo il significato che ci sembra più plausibile; •  - ovvero, contrapposto al caso più sopra indicato (“te l’ho dato perché montasse su quella macchina”) la locuzione potrebbe significare una precisa indicazione a lavorare a terra, senza macchinari. •  Nel primo caso si avrebbe un uso della cosa comodata (lo schiavo) che lascerebbe spazio ad una verifica della responsabilità del comodatario (che − si ripete − è generalmente tenuto per custodia); nel secondo caso l’uso si appalesa immediatamente contrario alle direttive stabilite dal contratto e comporta un’automatico inadempimento.

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Il caso e l’opinione del giurista Namusa

•  Lo schiavo tintore prestato appunto ad un tintore, per aiutarlo nella sua attività, viene fatto salire sui soppalchi in cui si stendono le tele ad asciugare; lo schiavo cade e muore; •  il rischio (periculum) è del comodante. •  Il comodatario non è responsabile. Si noti che il comodato dello schiavo tintore è effettuato senza specificare nulla circa l’uso o meno di soppalchi e macchinari

•  Si deve presumere che l’opinione di Namusa derivi dal fatto che lo schiavo prestato era specificamente qualificato come tintore e il fatto che ne ha determinato la morte (essere salito sui soppalchi) rientra nella normale attività di un aiuto-tintore e quindi fra i “rischi della professione”.

Il testo, 3 •  sed ego ita hoc verum pu- •  to, si tibi commodavi, ut et in machina operaretur: ceterum si ut de plano opus faceret, tu eum imposuisti in machina, aut si machinae culpa factum minus diligenter non ab ipso ligatae vel funium perticarumque vetustate, dico periculum, quod culpa contigit rogantis commodatum, ipsum praestare debere: …

Al contrario io ritengo che ciò sia vero se te l’ho dato perché montasse su quella macchina; invece se te l’ho dato perché lavorasse, senza specificazioni (de plano), e tu gli hai imposto di salire negli ingranaggi, ovvero se è accaduto per incuria a causa dello stesso macchinario non adeguatamente legato o per il lungo logorio delle funi o delle pertiche, io dico che il rischio (il periculum), che si determina per culpa di chi ha chiesto il prestito, deve essere addossato a lui stesso: …

L’opinione di Ulpiano, 1 •  nell’ipotesi di cui trattava Namusa: cioè senza nulla specificare circa eventuali limiti dell’utilizzo dello schiavo, per esempio a salire sui soppalchi Viene dato in prestito uno schiavo tintore, senza specificare nulla circa l’uso di macchinari; Lo schiavo muore per un incidente nell’utilizzo dei macchinari dell’attività; Il rischio ricade sul comodatario; Questi è tenuto responsabile con l’actio commodati. A nulla rileva che lo schiavo fosse egli stesso tintore e come tale qualificato.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

L’opinione di Ulpiano, 2 nell’ipotesi contraria: cioè specificando l’impiego dello schiavo prestato presso i macchinari dell’attività

•  Viene dato in prestito uno •  Si dimostra una incuria schiavo tintore, e si del comodatario che è per specifica il suo impiego nei l’incuria di Caio, che non macchinari dell’attività; ha provveduto con •  Lo schiavo muore per un diligenza alla “sicurezza incidente nell’utilizzo dei del luogo di lavoro”, che le legature erano mal fatte macchinari stessi; •  Il rischio è del comodante; e le funi logore per l’uso; •  Il comodatario •  Il comodatario non è risponderà sulla base del responsabile. contratto con l’actio commodati.

Ulpiano viene a configurare qui un’ipotesi di culpa del comodatario (quod culpa contigit rogantis commodatum). •  Il termine culpa nel passo può leggersi •  1. sia come negligenza, ecc., del soggetto obbligato, cioè nei termini di una responsabilità soggettiva, •  2. sia, più “oggettivamente”, come nesso causale che ha determinato l’evento, come fatto (o meglio comportamento) dal quale è derivato l’evento: che è stato, forse, il suo significato originario (ARANGIO-RUIZ).

Possibili argomentazioni delle parti

Il testo, 4

•  Il comodante vorrà agire contro il comodatario con l’actio commodati. •  È infatti vero che ha prestato lo schiavo per svolgere attività di lavandaio e che era dunque ben conscio dei rischi che questi correva nell’uso della macchine, ma si può imputare a colpa del comodatario, alla sua grave trascuratezza, il fatto di non aver vigilato con attenzione per provvedere alla sicurezza del luogo di lavoro. •  Inutilmente il comodatario protesterà come sia normale che le funi con il tempo si possano consumare o che, per uno strappo improvviso, si possano rompere. •  L’incidente non è avvenuto per un caso fortuito che può accadere, ma per una grave negligenza di Caio, che deve risponderne.

•  … nam et Mela •  … e infatti anche Mela scripsit, si servus scrisse che, se il servo lapidario concesso in comodato ad un commodatus sub lavoratore della pietra è machina perierit, caduto sotto una macchina, teneri fabrum è tenuto con l’actio commodati, qui commodati l’artigiano che ha neglegentius predisposto la macchina machinam colligavit. senza la dovuta diligenza.

Il caso e l’opinione del giurista Mela: la dovuta diligentia •  Un tale si fa prestare uno schiavo per aiutarlo nella sua attività di cavatore di pietra, specificando il suo impiego nei macchinari dell’attività stessa. •  Lo schiavo subisce un incidente dovuto all’utilizzo di questi macchinari. •  Si rileva che i macchinari stessi erano difettosi. •  “è tenuto con l’actio commodati l’artigiano che ha predisposto la macchina senza la dovuta diligenza” (teneri fabrum commodati, qui neglegentius machinam colligavit).

E ciò − si deve pensare − indipendentemente dal fatto che nel contratto si fosse specificato circa l’uso di macchinari, dal momento che l’attività in sé li comporta.

18. SPESE NECESSARIE (D. 13,7,8 pr., dai libri ad Sabinum di Pomponio)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo Le due vicende dello schiavo Le due vicende del fondo Possibili argomentazioni delle parti Actio pigneraticia directa in factum Actio fiduciaria (pigneraticia directa) Passaggi del ragionamento del giurista, 1 Spese necessarie, utili e voluttuarie Art. 1150 c.c. Spese necessarie, utili e voluttuarie nel diritto romano Spese ordinarie e straordinarie Artt. 1576, 1609, 1621 c.c. Artt. 2790, 2791, 2792 c.c. Passaggi del ragionamento del giurista, 2 (tra parentesi: una precisazione … ) Passaggi del ragionamento del giurista, 3 Actio pigneraticia contraria

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • • • • • • • • • • • •

Pomponio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA Obbligazione e fonti – CONTRATTI Pegno e ipoteca – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI Liberi e servi – PERSONE Possesso – PROPRIETÀ e … La condanna nel diritto romano – PROCESSO Spese – VARIE Possessore di buona fede – PROPRIETÀ e … Chi utilizza – VARIE Diritto di ritenzione – VARIE Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo

•  D. 13,7,8 pr. •  D. 13,7,8 pr. (Pomponio nel (Pomponius l. 35 ad libro 35 ad Sabinum). Sabinum). •  Si necessarias impensas •  Se ho sostenuto delle spese necessarie per il servo o per il fecerim in servum aut in fondo, che avevo ricevuto come fundum, quem pignoris causa acceperim, non pegno, non solo posso valermi tantum retentionem, sed del diritto di ritenzione, ma etiam contrariam avrò anche l’actio pigneraticia pigneraticiam actionem contraria: metti che io abbia habebo: finge enim pagato ai medici, essendosi medicis, cum aegrotaret ammalato il servo, che poi è servus, dedisse me pecuniam et eum morto, o che io abbia restaurato decessisse, item insulam o ricostruito la casa, che poi è fulsisse vel refecisse et andata a fuoco, e non ho la cosa postea deustam esse, nec su cui esercitare la ritenzione. habere quod possem retinere.

Le due vicende del fondo

A garanzia di un’obbligazione un tale consegna in pegno al creditore un suo fondo: di questo il creditore assume il possesso. Dopo un certo tempo, estinta l’obbligazione, richiede indietro il fondo. •  CASO B •  CASO A •  Ci sono state spese •  Ci sono state spese ordinarie: straordinarie: per es. la piena durante il periodo in cui ha e lo straripamento del fiume avuto il fondo logicamente il avevano messo a rischio la creditore pignoratizio ha stalla e si era dovuto provveduto a pagare i canoni, intervenire con una squadra riparare gli attrezzi, comprare i di uomini per salvare il semi, lavorare il terreno, ecc. salvabile e ripristinare gli •  Il creditore si rifiuta di argini. restituire il fondo e pretende il •  Il creditore si rifiuta di rimborso delle spese ordinarie restituire il fondo e pretende sostenute per la normale il rimborso delle spese. amministrazione del fondo.

Actio pigneraticia directa in factum •  C. Aquilius iudex esto. •  •  Quod A. Agerium N. Negidio rem de qua •  agitur pignori dedisse ob pecuniam debitam, •  eamque pecuniam •  solutam eove nomine satisfactum esse aut per N. Negidium stetisse quo minus solveretur, •  eamque rem A. Agerio •  redditam non esse, •  quanti ea res erit •  tantam pecuniam iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito. • 

Sia giudice C. Aquilio. Se risulta che A. A. ha dato a pegno la cosa a N.N. a garanzia del proprio debito, e questo debito è stato pagato o comunque soddisfatto ovvero non lo si è potuto fare per colpa di N.N., e (se risulta) che la cosa non è stata restituita ad A.A., per quanto sarà il valore della cosa a tanto in denaro tu, giudice, condannerai N.N. verso A.A. Se non risulta lo dovrai assolvere.

Le due vicende dello schiavo A garanzia di un’obbligazione un tale consegna in pegno al creditore il suo schiavo: di questo il creditore assume il possesso. Dopo un certo tempo, estinta l’obbligazione, richiede indietro lo schiavo. •  CASO B •  CASO A •  Lo schiavo si era ammalato •  Lo schiavo in quel periodo gravemente e il creditore logicamente aveva mangiato, pignoratizio aveva affrontato bevuto, vestito panni, varie spese al fine di dormito, ecc. assicurargli le cure di un •  Il creditore si rifiuta di medico. restituire lo schiavo e •  Il creditore si rifiuta di pretende il rimborso delle restituire lo schiavo e spese di vitto, alloggio e pretende il rimborso delle vestiario, le normali spese spese. sostenute per lo schiavo.

Possibili argomentazioni delle parti

•  IL DEBITORE •  IL CREDITORE PIGNORATARIO PIGNORATIZIO •  Il debitore pignoratario •  Pur soddisfatto per il reclama la restituzione del pagamento di quanto gli era pegno con l’actio dovuto, il creditore lamenta pigneraticia. di aver dovuto affrontare •  Non vuole sapere nulla delle spese e disagi per mantenere il pegno. spese sostenute; dubita che fossero necessarie; obietta di •  Pretende quindi di essere non esserne stato informato rimborsato: le spese in fin dei a tempo; insinua che di esse conti hanno giovato si sia avvantaggiato in realtà principalmente allo stesso soltanto il creditore, se non proprietario della cosa altro perché ha avuto presso pignorata, che potrà riavere lo di sé uno schiavo in salute (o schiavo sano (o un fondo in un fondo più produttivo). buono stato).

Actio fiduciaria (pigneraticia directa)

•  C. Aquilius iudex esto. •  •  Si paret A. Agerium N. Negidio fundum quo de •  agitur ob pecuniam debitam fiduciae causa mancipio dedisse, •  eamque pecuniam solutam eove nomine satisfactum •  esse aut per N. Negidium stetisse quo minus solveretur, •  •  eumque fundum redditum non esse ut inter bonos bene agier oportet et sine fraudatione, •  quanti ea res erit tantam pecuniam iudex N. •  Negidium A. Agerio condemna. •  Si non paret absolvito.

Sia giudice C. Aquilio. Se risulta che A. A. ha dato in mancipio fiduciariamente il fondo a garanzia del proprio debito a N. Negidio, e questo debito è stato pagato o soddisfatto ovvero non lo si è potuto fare per colpa di N.N., e (se risulta) che il fondo non è stato restituito oppure che nel rapporto non ci si è comportati come ci si deve ben comportare fra persone ammodo e senza scorrettezze, per quanto sarà il valore della cosa a questo in denaro tu, o giudice, condanna …

18. Spese necessarie

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Passaggi del ragionamento del giurista, 1

Spese necessarie, utili e voluttuarie

•  Nell’argomentare del giurista le ragioni del creditore pigneratizio sono di tutta evidenza. •  Le spese sostenute erano spese necessarie in quanto indispensabili al mantenimento ad esistenza della “cosa” data a pegno (si pensi alle spese di vitto per lo schiavo): se il creditore pignoratizio non fosse intervenuto la “cosa” sarebbe perita o comunque deprezzata irrimediabilmente (lo schiavo sarebbe morto, la casa sarebbe stata distrutta). •  Il mantenimento ad esistenza della “cosa” giova sì al creditore pignoratizio che mantiene la garanzia del suo credito e, nel caso in cui si sia pattuito l’uso, si può valere appieno della “cosa” stessa, ma più ancora e principalmente giova al debitore proprietario che conserva l’entità del suo patrimonio. •  Sia che si tratti di spese di ordinaria manutenzione, sia che si tratti di spese di straordinaria amministrazione il debitore ha quindi l’obbligo di rifonderle.

•  Si definiscono spese necessarie quelle spese che risultano indispensabili per mantenere la cosa all’esistenza, senza le quali la cosa sarebbe destinata a deteriorarsi fino a perire: sono volte dunque alla conservazione della cosa. •  Sono spese utili quelle che contribuiscono a migliorare la produttività della cosa, e quindi, in definitiva, sono volte ad aumentarne il valore: l’art. 1150 c.c., in tema di effetti del possesso, parla di miglioramenti. •  Sono spese voluttuarie quelle sostenute per il semplice abbellimento della cosa (delle quali, dunque, in termini di produttività, si potrebbe anche fare a meno).

Art. 1150 c.c.

Spese necessarie, utili e voluttuarie nel diritto romano

•  Art. 1150 (Riparazioni, miglioramenti e addizioni) - Il possessore, anche se di mala fede ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie. Ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione. L’indennità si deve corrispondere nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra l’importo della spesa e l’aumento di valore. Se il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti, gli spetta anche il rimborso delle spese fatte per le riparazioni ordinarie, limitatamente al tempo per il quale la restituzione è dovuta. Per le addizioni fatte dal possessore sulla cosa si applica il disposto dell’art. 936. Tuttavia, se le addizioni costituiscono miglioramento e il possessore è di buona fede, è dovuta una indennità nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa.

Spese ordinarie e straordinarie •  Sono definite spese ordinarie quelle che vanno sostenute per il normale e quotidiano (“ordinario”) utilizzo e per la manutenzione giornaliera della cosa. In linea generale è logico che chi utilizza e trae godimento attuale dalla cosa debba addossarsi anche le spese necessarie per la sua attuale produttività. •  Sono spese straordinarie quelle che si devono sostenere in particolari circostanze per assicurare la permanenza e la conservazione della cosa, di fronte a un rischio di rovina.

•  Attraverso il ius honorarium si giunse a riconoscere che dovessero essere rimborsate dal proprietario al possessore di buona fede (quindi anche al creditore pignoratizio) le spese necessarie o utili (nella minor misura tra lo speso e il migliorato) da lui sostenute relativamente alla cosa: a tal fine venne riconosciuto al possessore il ius retentionis o un’exceptio doli da opporre all’azione del proprietario. •  Giustiniano ampliò la rimborsabilità delle spese: concesse infatti anche al possessore di mala fede il rimborso delle spese necessarie.

Artt. 1576, 1609, 1621 c.c.

•  Art. 1576 (Mantenimento della cosa in buono stato locativo) - Il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore. Se si tratta di cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore. •  Art. 1609 (Piccole riparazioni a carico dell’inquilino) - Le riparazioni di piccola manutenzione, che a norma dell’art. 1576 devono essere eseguite dall’inquilino a sue spese, sono quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso, e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito. Le suddette riparazioni, in mancanza di patto, sono determinate dagli usi locali. •  Art. 1621 (Riparazioni) - Il locatore è tenuto ad eseguire a sue spese, durante l’affitto, le riparazioni straordinarie. Le altre sono a carico dell’affittuario (1576).

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Artt. 2790, 2791 e 2792 c.c.

•  Art. 2790 (Conservazione della cosa e spese relative) - Il creditore è tenuto a custodire la cosa ricevuta in pegno e risponde, secondo le regole generali, della perdita e del deterioramento di essa. Colui che ha costituito il pegno è tenuto al rimborso delle spese occorse per la conservazione della cosa. •  Art. 2791 (Pegno di cosa fruttifera) - Se è data in pegno una cosa fruttifera, il creditore, salvo patto contrario, ha la facoltà di fare suoi i frutti, imputandoli prima alle spese e agli interessi e poi al capitale. •  Art. 2792 (Divieto di uso e disposizione della cosa) - Il creditore non può (Cod. Pen. 646), senza il consenso del costituente, usare della cosa, salvo che l’uso sia necessario per la conservazione di essa. Egli non può darla in pegno o concederne ad altri il godimento. In ogni caso, deve imputare l’utile ricavato prima alle spese e agli interessi e poi al capitale.

Passaggi del ragionamento del giurista, 2

(fra parentesi: una precisazione sul “caso in cui lo schiavo sia morto”)

Passaggi del ragionamento del giurista, 3

•  Come conseguenza del principio generale res perit domino (la cosa perisce al suo proprietario), le conseguenze del perimento della cosa data a pegno ricadono sul proprietario. •  Ed anzi il creditore pignoratizio potrebbe esigere dal debitore la prestazione di una nuova garanzia reale essendo venuta meno quella data. •  È pur vero peraltro che tra le obbligazioni del creditore pignorante vi è quella di restituire la cosa in caso di pagamento del debito: egli pertanto risponderà per la mancata restituzione nel caso questa dipenda da suo dolo o colpa. •  Nel caso in esame il debitore non potrà pertanto esigere nulla dal creditore pignorante, dal momento che certamente la morte dello schiavo non dipende da suo dolo o colpa.

Actio pigneraticia contraria •  C. Aquilius iudex esto. •  •  Quod A. Agerius N. Negidio •  rem de qua agitur pignori dedit ob pecuniam debitam, •  … (forse l’indicazione del fatto •  che il debitore ha pagato) …, •  … (e che la cosa non è stata •  restituita) …, •  quidquid ob eam rem •  Numerius Negidius Aulo Agerio dare facere oportet ex fide bona, •  •  eius iudex N.N. condemnato. •  Si non paret absolvito. • 

Sia giudice C. Aquilio. Poiché A.A. ha dato a pegno la cosa a N.N. a garanzia del proprio debito, … (forse l’indicazione del fatto che il debitore ha pagato) …, … (e che la cosa non è stata restituita) …, tutto quello che N.N. deve dare o fare nei confronti di A.A. secondo buona fede, a questo tu, o giudice, condanna N.N. verso A.A. Se non risulta lo dovrai assolvere.

•  Pertanto il diritto del creditore pignoratizio al rimborso delle spese può essere tutelato riconoscendo allo stesso creditore un diritto di ritenzione sulla cosa ricevuta in pegno (lo schiavo, il fondo). •  L’ampliamento della tutela e la concessione di un’ actio pigneraticia contraria (che significa anche la giustificazione della caratteristica di bilateralità imperfetta propria del pegno) deriva dalla considerazione di ipotesi in cui la ritenzione non sia attuabile (com’è nel caso in cui lo schiavo sia morto).

•  A dimostrazione della necessità del ricorso all’actio pigneraticia contraria il giurista Pomponio riporta un esempio ulteriore. Il caso è il seguente: •  - Come garanzia di un’obbligazione contratta verso Caio, Tizio dà in pegno il suo schiavo Stico. •  - Stico si ammala gravemente e Caio affronta varie spese al fine di assicurare a Stico le cure di un medico. •  - Ciononostante Stico muore. •  - Il rimborso delle spese mediche, essendo spese necessarie, è comunque dovuto al creditore (anche se non hanno avuto l’effetto sperato). •  Il creditore stesso, non potendo più esercitare il diritto di ritenzione potrà valersi dell’actio pigneraticia contraria.

19. TOPI NEI LAVATOI! (D. 19,2,13,6 dai libri ad edictum di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso: locatio conductio e topi Possibili argomentazioni: caso A Possibili argomentazioni: caso B Il parere di Ulpiano: la responsabilità del conduttore Gaio 3,205-206 Il parere di Gaio La custodia come criterio di responsabilità oggettiva Custodia e ... ... diligentia Cass. n. 15383/2006 per un danno da “dissesto stradale” La custodia e i danni da “dissesto stradale” La custodia in rapporto ai beni demaniali Cosa diceva Cass. 3651/2006 Cass. n. 15383/2006 sull’opinione precedente Cass. n. 15383/2006: chi è il “custode” secondo un’opinione non condivisibile Cass. n. 15383/2006: chi è il “custode” secondo l’opinione più accreditata Infine: chi debba qualificarsi “custode”

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Locatio conductio – CONTRATTI • La responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Gaio – GIURISTI e … • Art. 2043 c.c. – VARIE • Art. 2051 c.c. – VARIE

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo •  D. 19,2,13,6 (Ulpianus l. 32 ad edictum). §  Si fullo vestimenta polienda acceperit eaque mures roserint, ex locato tenetur, quia debuit ab hac re cavere. Et si pallium fullo permutaverit et alii alterius dederit, ex locato actione tenebitur, etiamsi ignarus fecerit.

•  D. 19,2,13,6 (Ulpiano nel libro 32 ad edictum). §  Se il lavandaio ha ricevuto delle vesti per lavarle e i topi le hanno rosicchiate, ne è responsabile in base al contratto di locazione. E se ha scambiato i mantelli e ha riconsegnato a uno il mantello di un altro, anche se lo ha fatto inconsapevolmente, è responsabile in base al contratto di locazione.

Il caso: locatio conductio e topi •  Il rapporto che si instaura fra il lavandaio e chi gli consegna dei capi da lavare è un contratto di locazione (del tipo della locatio conductio operis). •  I casi descritti nel testo sono in realtà due: § CASO A): - Il lavandaio riceve delle vesti che deve lavare; le lava e le ripone; i topi le rodono, rovinandole irrimediabilmente. § CASO B): - il lavandaio riceve dei mantelli che deve lavare; li lava e li ripone; quando uno dei proprietari viene a riprendere il suo mantello, li scambia e gli rende il mantello di un altro.

Possibili argomentazioni: caso A)

Possibili argomentazioni : caso B)

•  LAVANDAIO •  CLIENTE Il cliente lamenta che le Il lavandaio oppone che il suo compito era vesti restituitegli sono quello di lavare le vesti, rovinate e quindi e che, per preservarle inservibili; che si era rivolto a quel lavandaio fino alla richiesta del cliente, le aveva anche conoscendone la riposte in luogo perizia; che gli aveva acconcio, dove non dato degli abiti da ripulire appunto perché poteva nemmeno prevedere scorribande voleva rivestirsene di topi. ancora.

•  LAVANDAIO •  CLIENTE Il lavandaio oppone che Il cliente lamenta che il il suo compito era quello mantello che gli è stato restituito non è il suo, non di lavare il mantello; che, è altrettanto caldo, non è per preservarlo fino alla richiesta del cliente, lo della sua taglia, ecc., e quindi è inservibile; che si aveva anche riposto in luogo acconcio; ed è era rivolto a quel lavandaio conoscendone la stato “inavvertitamente” perizia; che gli aveva dato che lui stesso, o forse il garzone lo abbia dato ad il mantello da ripulire un altro cliente. appunto perché voleva rivestirsene ancora.

Il parere di Ulpiano La responsabilità del conduttore

Gai. 3, 205-206

Il conduttore risponde del perimento, del deterioramento, della mancata restituzione della cosa, “anche se lo ha fatto inconsapevolmente”, in quanto ciò è conseguenza del contratto di locazione.

•  Gai. 3,205-206 - Item si •  Gai. 3,205-206 - Così, se, fullo polienda curandave dietro statuizione di una aut sarcinator sarcienda precisa mercede, il lavandaio vestimenda mercede certa abbia ricevuto delle vesti da acceperit eaque furto lavare o ripulire, o il sarto da amiserit […] dominus rammendare e le abbia perdute […] cum iudicio locati a per furto […] il proprietario fullone aut sarcinatore […] può ottenere il suo dal suum conse-qui possit lavandaio o dal sarto con l’actio […] nam […] mercedem locati […] Infatti […] capiendo custodiam ricevendo un compenso, praestant. rispondono per custodia.

19. Topi nei lavatoi!

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Il parere di Gaio

La custodia come criterio di responsabilità oggettiva

§  Il testo di Gaio conferma: il lavandaio che, in seguito ad un rapporto di locazione, ha ricevuto delle vesti da pulire e non le ha restituite (o le ha restituite inservibili come in D. 19,2,13,6) è responsabile verso il proprietario anche se non ha agito con dolo. §  Gaio aggiunge che ciò è dovuto al fatto che il lavandaio, come il sarto, sono obbligati per custodia (e il termine custodia indica una responsabilità che va oltre i limiti del proprio comportamento personale).

•  Il contenuto specifico di obbligazione di custodia (il praestare custodiam) è stato assai dibattuto in dottrina. •  A lungo si è ritenuto che configurasse un criterio di responsabilità contrattuale di tipo oggettivo (ARANGIO), che comportava l’obbligo di restituire la cosa così come la si era ricevuta (indipendentemente da un comportamento di vigilanza, ecc.) •  È ampiamente discusso in dottrina se la responsabilità per l’inadempimento di tale obbligo venisse meno qualora fosse dovuto a caso fortuito o a forza maggiore. •  Oggi si è invece propensi a ritenere che fosse un obbligo specifico di alcune tipologie contrattuali (locatio operis, comodato, …), ancorchè si continui a individuarne il contenuto nell’obbligo di conservare e custodire la cosa affidata in modo da poterla restituire nelle stesse condizioni. •  Si sottolinea comunque maggiormente l’impegno attivo di comportamento diligente.

Custodia e …

… diligentia

•  Il rapporto fra custodia (intesa come criterio di responsabilità oggettiva per la restituzione) e custodia (come obbligo di comportamento attivo di conservazione e vigilanza sulla cosa da restituire) passa attraverso l’emersione e lo sviluppo del concetto di diligentia (quella “diligenza del buon padre di famiglia” che oggi è richiesta in tutti i casi in cui si debba conservare una cosa altrui).

•  Se all’origine la custodia consisteva praticamente nell’impegno a restituire la cosa così come la si era ricevuta per cui si era responsabili indipendentemente dall’aver posto in essere un effettivo comportamento di vigilanza sulla cosa (cioè il criterio di responsabilità contrattuale di tipo oggettivo di cui parla Arangio Ruiz), in seguito, proprio per sfuggire a tale responsabilità sarà stato ritenuto opportuno da tutti gli interessati comportarsi attivamente in maniera che la cosa non perisse né subisse danni (con diligentia appunto).

Cass. n. 15383 / 2006 per un danno da dissesto stradale

La custodia e i danni da “dissesto stradale”

•  “[...] Responsabile del danno cagionato dalla cosa è sì colui che essenzialmente ha la cosa in custodia, ma il termine non presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire la cosa, e quindi non rileva la violazione di detto obbligo. Qui la nozione di “custodia” non ha la stessa valenza del diritto romano nè quella propria della responsabilità contrattuale, per cui non comporta l’obbligo comportamentale del soggetto di controllare la cosa per evitare che essa produca danni: essa non descrive null’altro che la relazione tra un soggetto e la cosa che gli appartiene. Il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente se la cosa ha provocato danni a terzi. [...]”

•  Il caso si riferisce ai danni subiti alla carrozzeria da un’autovettura che, per scartare l’auto che la precedeva in una strada comunale (di Ancona), era finita con la ruota posteriore in un tombino scoperto non segnalato. •  I casi di “danni da dissesto stradale” sarebbero inquadrabili: •  - o sotto la previsione dell’art. 2043 c.c. •  - o sotto la previsione dell’art. 2051 c.c. •  In quest’ultimo caso in precedenza la giurisprudenza della Cassazione si era orientata verso criteri di interpretazione della “custodia” come responsabilità soggettiva, in cui rilevava il comportamento diligente o meno della P.A.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La custodia in rapporto ai beni demaniali

Cosa diceva Cass. n. 3651 / 2006

•  La sent. 15383/2006 innova orientandosi invece verso criteri di responsabilità oggettiva. •  “5.6. Va, quindi, riassorbita la tesi sostenuta da Cass. n. 3651/06, secondo cui il caso fortuito altro non costituirebbe che la presenza di un evento che esclude la colpa del custode, con la conseguenza che anche questa ipotesi di responsabilità sarebbe di tipo soggettivo, con presunzione di colpa a carico del custode, salva la prova liberatoria della mancanza di colpa, cioè, in positivo, della presenza del fortuito. [...]”

•  “In caso di incidente avvenuto su strada statale, il custode è tenuto a provare la mancanza di colpa nella verificazione del sinistro che si risolve sostanzialmente sul piano del raffronto tra lo sforzo diligente per la manutenzione delle strade e la condotta caratterizzata dall’assenza di colpa. •  Sul piano del caso fortuito per escludere la responsabilità ex art. 2051 c.c. possono assumere rilievo anche i caratteri dell’estensione e dell’uso diretto della cosa da parte della collettività se il custode dimostri che l’evento dannoso presenta i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza. •  In sostanza tale prova si concreta nella dimostrazione di aver mantenuto una condotta caratterizzata dall’assenza di colpa”.

Cass. n. 15383 / 2006 sull’opinione precedente

Cass. n. 15383 / 2006: chi è il “custode” secondo un’opinione non condivisibile

•  5.6. [...] Tale impostazione risente del principio della tradizione romanistica e di una parte della dottrina classica tedesca, secondo cui “nessuna responsabilità sussiste senza colpa”, per cui casus = non culpa, mentre la dottrina moderna riconosce pacificamente la presenza di ipotesi di responsabilità oggettiva, considerandole come approdo delle legislazioni moderne. Anche in Germania, il cui sistema è strenuamente preoccupato della centralità della colpa sul piano dell’affermazione di principio (823 del BGB), la Gefahrdungshaftung si è sviluppata come un vero e proprio sistema di responsabilità oggettiva rigorosamente legislativo, per quanto esterno al BGB.

•  6.1. [...] Secondo una tesi il concetto di custodia si deve collegare a quello di uso, godimento, sfruttamento economico della cosa: al custode si imputa la responsabilità, giacché è al soggetto che trae profitto dalla cosa, secondo il brocardo cuius commoda eius et incomoda, che deve addebitarsi la responsabilità. •  La tesi è stata ulteriormente sviluppata dai teorici del rischio - profitto, che hanno ritenuto che la custodia si sostanzia nel dovere di controllo sul rischio derivante dalla cosa, distinguendo tra rischi tipici e rischi atipici, rimanendo a carico del custode solo i primi. [...]

Cass. n. 15383 / 2006: chi è il “custode” secondo l’opinione più accreditata

Infine: chi deve qualificarsi “custode”

•  6.2. Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale e dottrinale, cui questa Corte aderisce, la custodia si identifica in una potestà di fatto, che descrive un’attività esercitabile da un soggetto sulla cosa in virtù della detenzione qualificata, con esclusione quindi della detenzione per ragioni di ospitalità e servizio [...] Responsabile del danno proveniente dalla cosa non è il proprietario, come nei casi di responsabilità oggettiva di cui agli artt. 2052, 2053 e 2054 c.c., ultimo comma, ma il custode della cosa. È dunque la relazione di fatto, e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa che legittima una pronunzia di responsabilità, fondandola sul potere di “governo della cosa”.

•  6.2. [...] La sola relazione giuridica (corrispondente al diritto reale o alla titolarità demaniale) tra il soggetto e la cosa non dà ancora luogo alla custodia (ma la fa solo presumere), allorché la relazione di fatto intercorra con altro soggetto qualificato che eserciti la potestà sulla cosa, (ad esempio il conduttore o il concessionario). •  Tale “potere di governo” si compone di tre elementi: il potere di controllare la cosa, il potere di modificare la situazione di pericolo creatasi, nonché quello di escludere qualsiasi terzo dall’ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno.

20. UN DEPOSITO OPPURE UN MUTUO? (D. 16,3,24, Papinianus libro nono quaestionum)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • •

Il testo, 1 Il caso: deposito e usurae Possibili argomentazioni delle parti, 1 (e 2) Il testo, 2: il responso di Papiniano Sul responso di Papiniano Formula dell’actio depositi in ius Formula dell’actio depositi in factum Il testo, 3: ancora sul responso di Papiniano Commento Papiniano sui bonae fidei iudicia Le conclusioni di Papiniano … o forse un’interpolazione di scuola?

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Papiniano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Usurae – VARIE • Frutti – VARIE • Deposito – CONTRATTI • Responsa prudentium – FONTI DEL DIRITTO • Interpretazione e qualificazione – NEGOZIO GIURIDICO • La condanna nel diritto romano – PROCESSO • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Mutuo – CONTRATTI • Arbiter – PROCESSO • Giudizi di buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Cautiones iudiciales – PROCESSO • Mora – CONTRATTI • Interpolazioni – VARIE

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo, 1 §  D. 16,3,24 (Papinianus 9 §  D. 16,3,24 (Papiniano nel libro 9 delle quaestiones). quaestionum). §  “Lucius Titius Sempronio §  “Lucio Tizio a Sempronio: salutem. Centum nummos, salute. Con questa lettera scritta di mia mano ti rendo quos hac die commendasti noto che i 100 denari che tu mihi adnumerante servo Sticho actore, esse apud me oggi mi hai affidato facendomeli contare, uno ut notum haberes, hac per uno, dal tuo servo Stico epistula manu mea scripta sono presso di me: quando li tibi notum facio: quae vorrai e dove li vorrai subito quando voles et ubi voles te li renderò”. Si chiede confestim tibi numerabo”. quaeritur propter usurarum relativamente ad un’aggiunta di interessi… incrementum…

Il caso: deposito e usurae •  Sempronio “ha affidato” 100 denari a Lucio Tizio; •  su suo ordine il suo schiavo Stico li conta uno per uno nel rimetterli nelle mani di Lucio Tizio; •  Lucio Tizio scrive a Sempronio una ricevuta, e assicura la restituzione “quando voles et ubi voles”; •  Sempronio chiede al giurista Papiniano se alla restituzione possa pretendere degli interessi.

Possibili argomentazioni delle parti, 1

Possibili argomentazioni delle parti, 2

•  SEMPRONIO, che riceve la lettera •  Sempronio, che ha dato il denaro, potrebbe far rilevare che l’ingente somma affidata a Lucio Tizio, se ben impiegata, poteva sicuramente dare alti profitti. Anche il denaro produce frutti. Invero nel dare il denaro la sua intenzione era che la somma fosse data a mutuo, il quale, benchè sia gratuito, potrebbe essere affiancato da una adeguata stipulatio usurarum; •  ritiene pertanto che da Lucio Tizio gli debba essere riconosciuto il diritto a giusti interessi.

•  LUCIO TIZIO, che ha scritto la lettera •  Lucio Tizio replica che il rapporto stretto con Sempronio nel ricevere la somma consegnatagli deve essere inteso come deposito, in quanto lui, Lucio Tizio, si è impegnato in amicizia a custodire il denaro affidatogli: un contratto di questo tipo non prevede corresponsione di interessi perché stipulato ad esclusivo vantaggio del deponente Sempronio; •  Pertanto Lucio Tizio non deve pagare nessun interesse.

Il testo, 2: il responso di Papiniano

Sul responso di Papiniano

§  D. 16,3,24 (Papinianus l. §  D. 16,3,24 (Papiniano nel 9 quaestionum). libro 9 delle quaestiones) §  “…respondi depositi §  … Risposi che in questo caso actionem locum habere: trova applicazione l’actio quid est enim aliud depositi: infatti che cos’altro è commendare quam deponere? affidare se non dare in §  quod ita verum est, si id deposito? actum est, ut corpora §  Ciò è vero se si è stabilito che nummorum eadem siano restituiti i singoli redderentur: … denari: .....

•  “Respondi”: così si introduce il responso di Papiniano, le cui linee sono le seguenti: •  1) “affidare” significa “dare in deposito”; •  2) si tratta quindi certamente di un rapporto di deposito; •  3) per averne sicurezza basta considerare il fatto che l’obbligazione di Caio riguarda le singole monete e impone la restituzione delle stesse. •  In tal caso il creditore (il deponente Tizio) può eventualmente ricorrere all’actio depositi.

20. Un deposito oppure un mutuo?

Formula dell’actio depositi in ius •  • 

•  • 

•  • 

da Gai 4,47 Iudex esto ….. •  Quod Aulus Agerius apud •  Numerium Negidium mensam argenteam deposuit, •  qua de re agitur, quidquid ob eam rem •  Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportet ex fide bona, eius, iudex, Numerium •  Negidium Aulo Agerio condemnato. Si non paret absolvito. • 

da Gai. 4,47 Sia giudice ….. Poiché Aulo Agerio ha dato in deposito a Numerio Negidio il piatto d’argento, fatto per cui è sorta l’attuale controversia, qualunque cosa Numerio Negidio debba dare o fare nei confronti di Aulo Agerio in rapporto a ciò in base alla buona fede, a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio. Se non risulta lo dovrai assolvere.

Il testo 3: ancora il responso di Papiniano §  D. 16,3,24 (Papinianus l. §  D. 16,3,24 (Papiniano nel 9 quaestionum). libro 9 delle quaestiones) §  “…nam si ut tantundem §  … infatti se si è convenuto di solveretur convenit, restituire il tantundem, il egreditur ea res depositi fatto, esorbita dai sicuri limiti notissimos terminos. In del deposito. E in questo caso, qua quaestione si depositi actio non teneat, se non si può ricorrere all’actio depositi dal momento che si è cum convenit stabilito di restituire il tantundem, non idem reddi, rationem tantundem e non la stessa usurarum haberi non cosa, si deve concludere che facile dicendum est… non è facile far spazio all’interesse.

Papiniano sui bonae fidei iudicia: ancora il testo

…et est quidem constitu-tum in bonae fidei iudiciis, quod ad usuras attinet ut tantundem possit officium arbitri quantum stipulatio: sed contra bonam fidem et depositi naturam est usuras ab eo desiderare temporis ante moram, qui beneficium in suscipienda pecunia dedit. si tamen ab initio de usuris praestandis convenit, lex contractus servabitur.

…Ed invero nei giudizi di buona fede, per quanto riguarda gli interessi, è stabilito che tanto possa il giudice in forza del suo potere discrezionale quanto la stipulatio: mentre è contrario alla buona fede e alla natura del deposito richiedere degli interessi, che non siano quelli di mora, da parte di colui che ricevette un beneficio nell’affidamento del denaro, se però fin dall’inizio si è stabilito che dovessero essere corrisposti degli interessi, si dovrà osservare la disposizione contrattuale.

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Formula dell’actio depositi in factum da Gai 4,47 •  Iudex esto …. •  Si paret Aulum Agerium apud Numerium Negidium mensam argenteam deposuisse, •  eamque dolo malo Numerii Negidii Aulo Agerio redditam non esse, •  quanti ea res erit, tantam pecuniam, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

da Gai. 4,47 •  Sia giudice …… •  Se risulterà che Aulo Agerio ha dato in deposito il piatto d’argento a Numerio Negidio, •  e che per dolo di Numerio Negidio non è stato restituito ad Aulo Agerio, •  per quanto sarà valutata la cosa, a questo in denaro tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Commento •  Tuttavia, se l’obbligazione di Caio riguardasse la restituzione del tantundem e non delle stesse singole monete, non si avrebbe deposito e il creditore Tizio non potrebbe ricorrere all’actio depositi. •  Si dovrebbe allora pensare ad un’obbligazione da mutuo. •  Per quanto anche il mutuo sia un contratto gratuito, esso, come afferma il giurista, può prevedere la dazione di interessi per mezzo di una stipulatio usurarum o in base alla statuizione di un arbiter.

Le conclusioni di Papiniano •  Il testo di Papiniano conclude ammettendo che tuttavia, nell’ambito di un contratto di deposito, la lex contractus, cioè la formulazione del contratto, così come voluta dalle parti, potrebbe anche stabilire la corresponsione di interessi: e allora “lex contractus servabitur”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

... o forse interpolazione di scuola? •  Peraltro la corresponsione di interessi nell’ambito di un contratto di deposito, è totalmente distante dalla tipologia del contratto romano. •  Le stesse difficoltà di recepimento di una figura come quella del “deposito irregolare” riconfermerebbero l’originaria gratuità dell’istituto •  D’altra parte l’esaltazione della autonomia contrattuale ed il c.d. “dogma della volontà” sarebbero un derivato delle concezioni giuridiche postclassiche se non bizantine. •  Da tutto ciò da parte di alcuni studiosi si è voluta ricavare la conclusione che il richiamo ad una lex contractus possa essere dovuto ad una interpolazione scolastica.

21. MUTUO E STIPULATIO (D. 47,2,7 di Pomponio; D. 47,2,6,1 di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso: mutuo e stipulatio 1: con stipulatio successiva 2: con stipulatio precedente La scelta circa l’azione L’azione per inadempimento del mutuatario Formula dell’actio certae creditae pecuniae Formula dell’actio certae creditae rei Stipulatio usurarum Eventuale difesa del mutuatario convenuto ex condictione L’azione per inadempimento del promittente Formula dell’actio ex stipulatu (con condemnatio in bonum et aequum) Formula dell’actio ex stipulatu incerti Formula dell’actio ex stipulatu certi per una certa somma di denaro Formula dell’actio ex stipulatu certi per una cosa certa Perché un incertum? e perché un giudizio di equità? Eventuale difesa del mutuatario convenuto ex stipulatione Ancora i due testi, di Pomponio e di Ulpiano Dice Pomponio: non puto obligationem numeratione nasci et deinde eam stipulatione novari La promessa di dare a mutuo L’argomentazione del giurista Conclusione Exceptio non numeratae pecuniae

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Pomponio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Ulpiano – GIURISTI e … • Mutuo – CONTATTI • Stipulatio – CONTRATTI • Responsabilità contrattuale – CONTRATTI • Usurae – VARIE • La condanna nel diritto romano – PROCESSO • La condictio e le condictiones – PROCESSO • Novazione – CONTRATTI • Equità – VARIE • Litis aestimatio – PROCESSO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo D. 46,2,7 (Pomponius l. 24 ad Sabinum). Cum enim pecunia mutua data stipulamur, non puto obligationem numeratione nasci et deinde eam stipulatione novari, quia id agitur, ut sola stipulatio teneat, et magis implendae stipulationis gratia numeratio intellegenda est fieri. D. 46,2,6,1 (Ulpianus l. 46 ad Sabinum). Cum pecuniam mutuam dedit quis sine stipulatione et ex continenti fecit stipulationem, unus contractus est. idem erit dicendum et si ante stipulatio facta est, mox pecunia numerata sit.

D. 46,2,7 (Pomponio nel libro 24 ad Sabinum). Allorché poniamo ad oggetto di una promessa (stipulatio) la riconsegna del danaro che abbiamo dato a mutuo, io non ritengo che l’obbligazione nasca dalla consegna del denaro e che poi sia novata dalla intervenuta stipulatio, perché si fa in modo che abbia valore la sola stipulatio, e che la consegna del denaro serva unicamente a dare concretezza alla stipulazione. D. 46,2,6,1 (Ulpiano nel libro 46 ad Sabinum). Se taluno ha dato a mutuo del denaro senza farsene promettere con stipulatio la restituzione e contestualmente (ma separatamente) pone in essere la stipulatio, il contratto è tuttavia unico. Ugualmente si deve dire anche se prima viene fatta la stipulatio e poi, subito, si consegna il denaro.

1: con stipulatio successiva È ipotesi comune a Pomponio e a Ulpiano. a) Un tale dà a mutuo una somma di denaro: in base al mutuo il mutuatario che ha ricevuto è obbligato, a scadenza, a restituire la somma. b) Successivamente (o anche contestualmente, ma con atto separato) per propria maggior sicurezza il mutuante si fa promettere dal mutuatario mediante stipulatio la restituzione di quella stessa somma data a mutuo. Poiché alla scadenza il mutuatario non restituisce, il mutuante vuole esperire contro di lui l’azione per l’inadempimento.

La scelta circa l’azione •  Poiché lo stesso rapporto è stato oggetto di due diversi comportamenti negoziali, il creditore Tizio potrebbe ritenere di avere possibilità di scelta fra: •  - l’azione per inadempimento del mutuo; •  - l’azione per inadempimento della stipulatio.

Il caso: mutuo e stipulatio •  L’impiego di due tipi contrattuali quali il mutuo, contratto reale, e la stipulatio, contratto verbale, per conseguire un prestito di denaro può effettuarsi in due modi: •  CASO 1) con stipulatio successiva al contratto di mutuo; •  CASO 2) con stipulatio precedente il contratto di mutuo.

2: con stipulatio precedente È ipotesi illustrataci dal solo Ulpiano. a) Due soggetti si accordano circa un futuro prestito di denaro. b) Per essere più sicuro (forse perché la somma non è ancora disponibile) colui che dovrà ricevere promette mediante stipulatio la restituzione della somma che riceverà a mutuo. c) Successivamente l’altro gli fa il prestito. Poiché alla scadenza il mutuatario non restituisce, il mutuante vuole esperire contro di lui l’azione per l’inadempimento.

L’azione per inadempimento del mutuatario •  Nel caso di inadempimento del mutuatario (qualora il mutuatario non provveda a scadenza alla restituzione del tantundem) è concessa al mutuante contro di lui la condictio o actio certae creditae pecuniae (nel caso di mutuo di denaro) o actio certae creditae rei (nel caso di mutuo di altre cose fungibili). •  Qualora fosse stata stabilita con separata stipulatio usurarum la corresponsione di interessi (o usurae: ma il testo non ne parla) sarebbe concessa al mutuante contro il mutuatario anche una separata actio ex stipulatu per i soli interessi.

21. Mutuo e stipulatio

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Formula dell’actio certae creditae pecuniae •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  iudex Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che Numerio Negidio (il convenuto) deve dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio (l’attore), •  cosa che è oggetto dell’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Altrimenti lo dovrai assolvere.

Stipulatio usurarum

•  Se dalla dazione a mutuo si vogliono ricavare degli interessi occorre ricordare che: a)  La formula essenziale della condictio (o actio certae creditae pecuniae o certae rei) non consente di chiedere ragione di eventuali interessi pattuiti. b)  Pertanto, per la pattuizione di interessi si ricorreva ad una stipulatio usurarum, appunto, intervenuta separatamente fra le parti, in base alla quale sarebbe stato possibile esperire separatamente l’actio ex stipulatu per i soli interessi. •  Era dunque abbastanza normale che ricorressero insieme mutuo e stipulatio, e che, per facilitare i rapporti di prestito e la loro tutela, nella stipulatio stessa si facesse parola della restituzione del capitale oltrechè degli interessi.

L’azione per inadempimento del promittente •  Infatti la stipulazione successiva al contratto di mutuo, e avente come oggetto la stessa somma che già si dovrebbe restituire sulla base del solo mutuo, potrebbe intendersi come novatio per cui, estinta per novazione l’obbligazione precedente (mutuo), risulterebbe attiva fra le parti la sola obbligazione derivante da stipulatio, e sarebbe concessa al mutuante contro il mutuatario per la restituzione la sola actio ex stipulatu.

Formula dell’actio certae creditae rei •  C. Aquilius iudex esto •  Si paret Numerium Negidium Aulo Agerio tritici Africi optimi modios centum dare oportere, •  qua de re agitur, •  quanti ea res est, tantam pecuniam, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che Numerio Negidio deve dare 100 sacchi di grano ad Aulo Agerio, •  cosa che è oggetto dell’attuale contestazione, •  per quello che è il valore della cosa, a tanto in denaro tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio. •  Altrimenti lo dovrai assolvere.

Eventuale difesa del mutuatario convenuto ex condictione •  Se il mutuante agisce contro il mutuatario con l’azione derivante dal contratto di mutuo, cioè l’actio certae creditae pecuniae, ritenendo che la stipulatio successiva abbia solamente rafforzato il vincolo obbligatorio, il mutuatario potrebbe eccepire che l’azione che avrebbe dovuto essere esperita era l’actio ex stipulatu, perché la stipulatio, contestuale o successiva al mutuo, ha avuto effetto novativo. Pertanto non vi può essere condanna ex condictione.

Formula dell’actio ex stipulatu (con condemnatio in bonum et aequum) •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod A. Agerius de N. Negidio incertum stipulatus est cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio in bonum et aequum condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio si è fatto promettere …. (un incerto) da Numerio Negidio e l’obbligazione è venuta a scadenza, •  qualunque cosa per questo N. Negidio debba dare o fare nei confronti di A. Agerio, •  a questo tu, giudice , condannerai N. Negidio nei confronti di A. Agerio secondo equità. •  Se non risulta lo assolverai.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Perché un incertum, e perché un giudizio di equità •  All’actio ex stipulatu, si è detto, si farà ricorso allorquando si sia contratta una separata stipulatio usurarum: per quanto si tratti di calcoli meramente matematici (valutazione della quantità degli interessi; somma del capitale e degli interessi; ecc.) potrebbe essere opportuna una valutazione discrezionale secondo equità. •  Escluderei pertanto, nel caso presente, la possibilità di ricorso alle altre formulae dell’actio ex stipulatu (che pure di seguito si riportano).

Formula dell’actio ex stipulatu certi per una certa somma di denaro •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Aulus Agerius de N. Negidio certum stipulatus esset (sestertium X milia), •  cuius rei dies fuit, •  iudex N. Negidium A. Agerio sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che A. Agerio si sia fatto promettere da N. Negidio un certo (somma di denaro: per es. diecimila sesterzi), •  e questo è venuto a scadenza, •  tu, o giudice, condannerai N. Negidio a pagare diecimila sesterzi ad Aulo Agerio; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Eventuale difesa del mutuatario convenuto ex stipulatione •  Se il mutuante agisce contro il mutuatario con l’azione derivante dal contratto di stipulatio, cioè l’actio ex stipulatu, ritenendo che la stipulatio successiva abbia avuto effetto novativo, il mutuatario potrebbe eccepire che l’azione che avrebbe dovuto essere esperita era la condictio certae creditae pecuniae, in quanto la stipulatio non poteva avere effetto novativo perché tale effetto non era stato concordato fra le parti. Pertanto non vi può essere condanna ex stipulatu.

Formula dell’actio ex stipulatu incerti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de N. Negidio incertum stipulatus est, •  cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex, N. Negidium A. Agerio dumtaxat sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché A. Agerio si è fatto promettere da N. Negidio un incerto, •  e questo è venuto a scadenza, •  qualunque cosa per ciò debba dare o fare N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio, •  a questo tu, o giudice, condannerai N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio entro il limite di diecimila sesterzi; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Formula dell’actio ex stipulatu certi per una cosa certa (?) •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Aulus Agerius de N. Negidio certum stipulatus esset, •  cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex, N. Negidium A. Agerio dumtaxat sestertium X milia condemnato; •  Si non paret absolvito

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che A. Agerio si sia fatto promettere da N. Negidio una cosa certa, •  e questo è venuto a scadenza, •  qualunque cosa per ciò debba dare o fare N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio, •  a questo tu, o giudice, condannerai N. Negidio nei confronti di Aulo Agerio entro il limite di diecimila sesterzi; •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Rileggiamo ancora i due testi, di Pomponio e di Ulpiano D. 46,2,7 (Pomponius l. 24 ad Sabinum) Cum enim pecunia mutua data stipulamur, non puto obligationem numeratione nasci et deinde eam stipulatione novari, quia id agitur, ut sola stipulatio teneat, et magis implendae stipulationis gratia numeratio intellegenda est fieri. D. 46,2,6,1 (Ulpianus l. 46 ad Sabinum). Cum pecuniam mutuam dedit quis sine stipulatione et ex continenti fecit stipulationem, unus contractus est. idem erit dicendum et si ante stipulatio facta est, mox pecunia numerata sit.

D. 46,2,7 (Pomponio nel libro 24 ad Sabinum) Allorché poniamo ad oggetto di una promessa (stipulatio) la riconsegna del danaro che abbiamo dato a mutuo, io non ritengo che l’obbligazione nasca dalla consegna del denaro e che poi sia novata dalla intervenuta stipulatio, perché si fa in modo che abbia valore la sola stipulatio, e che la consegna del denaro serva unicamente a dare concretezza alla stipulazione. D. 46,2,6,1 (Ulpiano nel libro 46 ad Sabinum). Se taluno ha dato a mutuo del denaro senza farsene promettere con stipulatio la restituzione e contestualmente (ma separatamente) pone in essere la stipulatio, il contratto è tuttavia unico. Ugualmente si deve dire anche se prima viene fatta la stipulatio e poi, subito, si consegna il denaro.

21. Mutuo e stipulatio

Dice Pomponio:

non puto obligationem numeratione nasci et deinde eam stipulatione novari •  A proposito dei due passi scrive BONIFACIO: “L’obbligazione che si estingue deve avere una propria definita individualità ed esistenza. Ciò spiega perché se ad una fattispecie contrattuale – di per sé perfetta e perciò idonea a generare l’obligatio – si accompagna ex continenti una stipulatio che ne assorba l’intero contenuto, non è a parlarsi di novazione: ab origine nasce solamente l’actio ex stipulatu [ … ] Ulp. D. 46,2,6,1 afferma che mutuo ed immediata stipulatio della summa numerata costituiscono unus contractus non diversamente dall’ipotesi che la numeratio segua alla stipulazione e Pomp. D. 47,2,7 esclude espressamente che in tale fattispecie possa vedersi una novatio”. •  Riterrei, invece, che i dubbi e le perplessità dei due giuristi che li portano a concludere per l’unicità del contratto, derivino dalla prassi ormai invalsa di aggiungere una stipulatio all’accordo per il mutuo.

L’argomentazione del giurista L’attivazione di due separati processi fra le stesse parti e relativamente allo stesso rapporto (sia pure l’uno per il capitale e l’altro per gli interessi) sarebbe contrario ai principi di economia processuale che si facevano valere anche presso i Romani.

Exceptio non numeratae pecuniae •  Nel caso di una stipulatio preventiva, che prevedesse la restituzione della somma che sarebbe stata poi data a prestito, qualora lo stipulante avesse mosso azione ex stipulatu per ottenere la restituzione della somma, senza che la dazione a mutuo fosse stata eseguita, era concessa dal pretore una exceptio non numeratae pecuniae.  Successivamente si ammise che il rimedio potesse essere esperito autonomamente, sotto forma di querela non numeratae pecuniae, per accertare l’inesistenza dell’obbligo anche se non era esercitata dall’altra parte l’actio ex stipulatu. 

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La promessa di dare a mutuo •  Art. 1822. (Promessa di mutuo). •  Chi ha promesso di dare a mutuo può rifiutare l’adempimento della sua obbligazione, se le condizioni patrimoniali dell’altro contraente sono divenute tali da rendere notevolmente difficile la restituzione, e non gli sono offerte idonee garanzie. •  Nel diritto romano la “promessa di dare a mutuo” (che oggi costituisce un’autonoma figura contrattuale prefigurata nell’art. 1822 c.c., presa a bandiera da chi rifiuta la collocazione del mutuo fra i contratti reali), per la sua concomitanza anche temporale con il mutuo, era considerata un tutt’uno col mutuo stesso, tanto da assorbirne la disciplina e la tutela.

Conclusione

•  La stipulatio, che è contratto astratto, normalmente comporta una novazione. •  Nel caso specifico però, in ipotesi di stipulatio contestuale o successiva al mutuo, Pomponio e Ulpiano ritengono che non vi sia novazione, perché si fa in modo che abbia valore la sola stipulatio, e che la consegna del denaro serva unicamente a dare concretezza alla stipulazione. •  Ma anche nel caso di stipulatio precedente al contratto di mutuo, Ulpiano ritiene che la successiva dazione del denaro non configuri un separato contratto di mutuo, ma che vada inquadrata all’interno della fattispecie a formazione progressiva che si determina con stipulatio, e serva unicamente a dare concretezza alla stipulazione.

22. IL MONUMENTO NELLA VIA SALARIA (D. 35,1,27, Alfeno nel libro 5 dei suoi digesta)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • •

Il testo, 1 (e ... segue) Il caso A seguito della vicenda (e ... segue) Il caso (segue) Il testo, 2 La soluzione del giurista, 1 (e 2)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Alfeno – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Testamento – SUCCESSIONI • Elementi accidentali: modus – NEGOZIO GIURIDICO • Responsa prudentium – FONTI DEL DIRITTO • Clausola penale – VARIE • Errore – NEGOZIO GIURIDICO • Interpretazione e qualificazione – NEGOZIO • GIURIDICO • Stipulationes praetoriae – PROCESSO

22. Il monumento nella via Salaria

Il testo, 1 •  D. 35,1,27 (Alfenus •  D. 35,1,27 (Alfeno nel libro 5 l. 5 digestorum). dei suoi digesta). •  In testamento •  Un tale aveva scritto nel quidam scripserat, testamento che gli fosse eretto ut sibi un monumento come quello monumentum ad situato nella via Salaria di exemplum eius, Publio Settimio Demetrio, quod in via Salaria esset Publii Septimii disponendo contro gli eredi Demetrii, fieret: nisi una grossa multa pecuniaria se factum esset, non lo avessero fatto. heredes magna pecunia multare

Il caso

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… segue •  et cum id monumentum •  Publii Septimii Demetrii nullum repperiebatur, sed Publii Septimii Damae erat, ad quod exemplum suspicabatur eum qui testamentum fecerat monumentum sibi fieri voluisse, quaerebant heredes, cuiusmodi monumentum se facere oporteret et, si ob eam rem nullum monumentum fecis-sent, quia non repperirent, ad quod exemplum facerent, num poena tenerentur.

Poiché non era reperibile nessun monumento di Publio Settimio Demetrio mentre ce n’era uno di Publio Settimio Dama, al quale modello si pensava che il testatore avesse voluto riferirsi, gli eredi chiedevano che tipo di monumento dovessero costruire e se fossero tenuti alla penale qualora non ne avessero fatto alcuno per il fatto che non si trovava quello al cui modello avrebbero dovuto ispirarsi.

A seguito della vicenda…

•  Un tale, prima di morire, fa testamento, e, nominati gli eredi, dispone che gli sia “eretto un monumento come quello di Publio Settimio Demetrio posto nella via Salaria”. •  Conscio che la disposizione modale non avrebbe avuto coercibilità, forse su suggerimento di un giurista, stabilisce altresì una penale per il caso che i suoi eredi non avessero ottemperato al suo desiderio. •  Gli eredi, cogliendo occasione dal fatto che nella via Salaria non c’è un monumento a Publio Settimio Demetrio (ce n’è invece uno dedicato a Publio Settimio Dama che forse, come assonanza poteva aver generato l’equivoco, ma che non è alla lettera quello indicato nelle tavole testamentarie) pretendono di non fare nulla.

potrebbe generarsi una tensione fra gli eredi testamentari, intenzionati a non far nulla, e i parenti del defunto (finanche eredi legittimi) che avrebbero comunque un vantaggio di fama sociale da un monumento di tal fatta sulla via Salaria. •  Gli eredi testamentari •  Ritengono che non potendo individuarsi il modello a cui riferirsi per la costruzione del monumento la disposizione modale debba essere considerata impossibile e quindi come non apposta. •  Affermano pertanto di non essere tenuti ad alcunché e tanto meno al pagamento della penale: non possono fare un monumento simile ad uno che non esiste.

… segue

Il caso (segue)

•  I parenti del defunto •  Affermano che gli eredi testamentari sono comunque tenuti ad erigere un monumento al testatore se non vogliono pagare la penale. •  Non si tratta infatti di modus impossibile, ma di un banale errore ostativo del testatore che in realtà di certo voleva riferirsi al monumento a Publio Settimio Dama che si erge nella via Salaria. •  In ogni caso, anche non volendosi accogliere tale interpretazione, va costruito al testatore un monumento che sia degno della sua posizione sociale.

•  La reazione dei parenti ed eredi legittimi o ancora le minacce di ritorsione del praetor fidecommissarius (ma non si può escludere neanche una qual certa dirittura morale degli stessi istituiti), convincono gli eredi a riconsiderare la cosa e a rivolgere al giurista i seguenti quesiti: •  1) premesso che nella via Salaria non c’è un monumento dedicato a Publio Settimio Demetrio devono sentirsi ugualmente obbligati a costruire un monumento al testatore? •  2) e in caso affermativo devono essi ispirarsi al monumento dedicato a Publio Settimio Dama che forse, come assonanza, poteva aver generato l’equivoco? •  3) nel caso che non facciano niente sono essi tenuti in base alla penale stabilita dal testatore?

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo, 2 •  … respondit, si •  intellegeretur, quod monumentum demonstrare voluisset is qui testamentum fecisset, tametsi in scriptura mendum esset, tamen ad id, quod ille se demonstrare animo sensisset, fieri debere: sin autem voluntas eius ignoraretur, poenam quidem nullam vim habere, quoniam ad quod exemplum fieri iussisset, id nusquam exstaret, monumentum tamen omnimodo secundum substantiam et dignitatem defuncti exstruere debere.

… Rispose (Servio), che se si può riscontrare quale monumento il testatore avesse voluto indicare, comunque fosse descritto nel testamento, deve essere eretto quello cui egli intendeva riferirsi: se invece si ignora la sua volontà, la comminazione della pena è priva di effetto, perché il modello di monumento da costruire cui è collegata, non esiste; ma che deve essere eretto tuttavia un monumento adeguato alle sostanze e alla dignitas del defunto.

La soluzione del giurista, 2

•  Nel caso in esame l’intenzione del testatore era indiscutibilmente indirizzata ad avere un monumento commemorativo, mentre l’indicazione del modello era preordinata logicamente a stabilire la forma, i materiali, gli abbellimenti, le iscrizioni, cose tutte che determinano la spesa per la costruzione. Pertanto: •  - se indipendentemente dall’errore in cui è incorso il testatore è individuabile ciò a cui il testatore voleva riferirsi (come sembra in questo caso in riferimento al monumento a Publio Settimio Dama) è necessario adempiere alla volontà del testatore e nel caso ciò non si faccia si incorre nella penale; •  - se invece il modello a cui il testatore aveva voluto rifarsi non fosse individuabile, la penale sarà senza effetto, ma deve essere ugualmente costruito un monumento funerario che sia adeguato alle sostanze e alla dignitas del defunto: la disposizione modale va quindi comunque rispettata e provvederà il pretore a farla rispettare (ad esempio imponendo agli eredi testamentari la prestazione di una stipulatio).

La soluzione del giurista, 1 •  Nel caso di interpretazione di un negozio mortis causa, ove il ricorso alla chiarificazione ad opera dello stesso disponente non è più possibile, dovendosi dare un significato certo e corretto a quanto è scritto nel testamento, si cerca di rispettare quanto più possibile la volontà del testatore: •  1) come prima regola si deve attribuire la massima fede alle parole nel loro significato proprio; •  2) qualora, come nel caso, il tenore letterale della disposizione non conduca a risultati apprezzabili bisogna ricostruire l’intenzione del testatore e adeguarsi ad essa.

23. IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA (D. 45,1,56,8, Giuliano nel libro 52 dei digesta)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • Il testo (e … segue) • Il caso (e … segue) • Formula dell’actio ex stipulatu (con una condemnatio in bonum et aequum) • Possibili argomentazioni del convenuto, 1 (e ... segue 1, e 2) • Controreplica dell’attore • Il parere di Giuliano • Considerazioni marginali sul parere del giurista (e … segue) • La soluzione del giurista

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Giuliano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Stipulatio – CONTRATTI • Comproprietà – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Elementi accidentali: la condizione – NEGOZIO GIURIDICO • Acceptilatio – CONTRATTI • Mora – CONTRATTI • Equità – VARIE • Periculum est emptoris – CONTRATTI • Impossibilità sopravvenuta – CONTRATTI • Solidarietà – NEGOZIO GIURIDICO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo

… segue

•  D. 45,1,56,8 (Iulianus l. •  D. 45,1,56,8 (Giuliano nel libro 52 52 digestorum). dei digesta). •  Si hominem, quem a •  Se Seio mi promette sotto condizione Titio pure stipulatus lo schiavo che già mi ero fatto fueram, Seius mihi sub promettere da Tizio senza condizioni, condicione promiserit et e questi viene a morire durante la is pendente condicione pendenza della condizione di Seio, post moram Titii ma quando Tizio era già in mora, decesserit, confestim subito posso agire contro Tizio, e cum Titio agere potero, Seio, anche se la condizione si avvera, nec Seius existente non resta obbligato: ma se compio condicione obligetur: at acceptilatio con Tizio rimettendogli il si Titio acceptum debito, all’avverarsi della condizione fecissem, Seius existente Seio può essere obbligato. condicione obligari potest.

•  … Idcirco haec tam •  … La diversità di soluzione deriva dal fatto che l’uomo varie, quod homine morto cessa di essere una mortuo desinit esse res per la quale Seio può res, in quam seius obbligarsi: invece dopo obligaretur: un’acceptilatio esiste ancora acceptilatione lo schiavo che Seio aveva interposita superest promesso. homo, quem Seius promiserat.

Il caso

… segue

•  Un tale (che chiameremo Sempronio), si fa promettere da Tizio, mediante stipulatio, la consegna dello schiavo Stico che ha in comproprietà con Seio. La sua promessa è “pura”, non sottoposta a condizione alcuna; lo schiavo sarà consegnato un certo giorno (per es. il 2 aprile). •  Successivamente anche l’altro comproprietario, Seio, con separata stipulatio, promette a Sempronio lo schiavo Stico, ma lo promette alla condizione “che la nave torni dall’Asia”. •  Viene a scadenza l’obbligazione di Tizio e Tizio non consegna lo schiavo. •  Sempronio, che può fare affidamento anche sulla promessa di Seio, non si preoccupa ancora, e attende l’avverarsi della condizione che renderà esigibile il suo diritto anche nei confronti del secondo comproprietario.

Formula dell’actio ex stipulatu (con condemnatio in bonum et aequum) •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod A. Agerius de N. Negidio incertum stipulatus est cuius rei dies fuit, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio in bonum et aequum condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio si è fatto promettere …. (un incerto) da Numerio Negidio e l’obbligazione è venuta a scadenza, •  qualunque cosa per questo N. Negidio debba dare o fare nei confronti di A. Agerio, •  a questo tu, giudice , condannerai N. Negidio nei confronti di A. Agerio secondo equità. •  Se non risulta lo assolverai.

•  Durante la pendenza della condizione (e ancora nulla si sa della sorte della nave partita) …. •  si fanno due ipotesi: •  CASO 1) che •  CASO 2) che durante la pendenza della condizione il creditore, con durante la pendenza della l’atto solenne dell’acceptilatio, condizione lo rimetta il debito a Tizio, quello, schiavo muoia. fra i due comproprietari-debitori, che aveva promesso senza condizioni e che era già in mora. •  Avveratasi la condizione (cioè al ritorno della nave), il creditore esperisce l’actio ex stipulatu contro Seio, che aveva promesso appunto sotto condizione che la nave tornasse dall’Asia.

Possibili argomentazioni del convenuto •  Male ha fatto l’attore a non richiedere l’adempimento nei confronti di Tizio non appena è diventata esigibile la promessa dello stesso Tizio (il 2 aprile): allora avrebbe dovuto esperire l’actio ex stipulatu contro Tizio, essendo Tizio in mora. •  L’aver trascurato allora il suo diritto per attendere di farlo valere ora lo ha irrimediabilmente esposto al periculum relativo all’eventuale perimento della cosa.

23. Impossibilità sopravvenuta

… segue •  Né vale ribattere che, essendo in comproprietà lo schiavo, una qualunque pretesa sullo stesso non poteva non tener conto del rapporto con ambedue i comproprietari; e che per tal motivo si è atteso che l’avverarsi della condizione decisa con Seio rendesse l’oggetto, e quindi il rapporto anche con Tizio, puro dalle possibili implicazioni che il discorso della comproprietà avrebbe potuto determinare. •  Infatti la comproprietà conferisce a ciascuno dei comproprietari il pieno e assoluto diritto sulla cosa, nella sua totalità (non per parti o quote), per cui ciascuno può disporne come vuole in piena autonomia. Eventuali implicazioni con quanto disposto dall’altro comproprietario non vanno a incidere sul diritto relativo alla cosa comune (lo schiavo), ma andranno considerate soltanto nei rapporti reciproci fra comproprietari.

Controreplica dell’attore •  La mancata rivendicazione del suo diritto da parte di Sempronio nei confronti di Tizio si deve ad un suo atto di bonomia, nella sicurezza, peraltro, che avrebbe poi avuto soddisfazione sulla base dell’obbligazione parallela di Seio: •  con l’acceptilatio non si palesava nessuna intenzione di estinguere l’obbligazione di dare lo schiavo, dato che Seio vi era tenuto in base ad un’obbligazione diversa da quella che legava Tizio. Sarebbe contro equità che si dovesse risentire il danno da un atto generoso.

Considerazioni marginali sul parere del giurista •  Le due promesse sono state stipulate separatamente e autonomamente l’una dall’altra (non “idem dari spondes? spondeo”, ma “hominem Stichum dari spondes? Spondeo”). •  Pertanto, per la forma in cui sono avvenute, le due stipulazioni rappresentano due contratti distinti e separati (tanto è vero che l’uno è puro e l’altro condizionato) e le vicende dell’uno non toccano se non marginalmente la vita dell’altro.

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… segue •  NEL CASO DI MORTE •  DELLO SCHIAVO •  Né, d’altra parte, si può trascurare il fatto che lo schiavo •  Stico è morto. •  È ben vero che l’avverarsi della condizione ha reso esigibile nei confronti di Seio la obbligazione di dare Stico, ma, lo stesso Seio, quand’anche volesse, non •  potrebbe più consegnare lo schiavo. •  E non è questo un caso in cui l’ordinamento giuridico riconnette al debitore (che è promissor di una stipulatio) una responsabilità per custodia relativamente al perimento.

NEL CASO CHE SI SIA FATTA ACCEPTILATIO NEI CONFRONTI DI TIZIO Né d’altra parte si può trascurare il fatto che è intervenuta l’acceptilatio di Sempronio nei confronti di Tizio relativa allo stesso oggetto. Poiché Tizio e Seio sono comproprietari e ambedue impegnati con stipulatio (seppure separatamente) per lo stesso oggetto, tale acceptilatio riguardante l’obbligazione di consegnare l’oggetto libera entrambi.

Il parere di Giuliano •  Se Seio mi promette sotto condizione lo schiavo che già mi ero fatto promettere da Tizio senza condizioni, e questi viene a morire durante la pendenza della condizione di Seio, ma quando Tizio era già in mora, •  subito posso agire contro Tizio, •  e Seio, anche se la condizione si avvera, non resta obbligato: …

•  ma se compio acceptilatio con Tizio rimettendogli il debito, all’avverarsi della condizione Seio può essere obbligato.

La diversità di soluzione deriva dal fatto che l’uomo morto cessa di essere una res per la quale Seio può obbligarsi: invece dopo un’acceptilatio esiste ancora lo schiavo che Seio aveva promesso.

… segue •  Pare quindi che si abbia qui una forma di solidarietà elettiva in cui a fronte di un unico creditore si pongono due debitori diversamente impegnati per la stessa cosa. •  Né, d’altra parte, importa che Tizio e Seio fossero comproprietari dello schiavo Stico, in quanto la comproprietà determina un potere disgiunto sulla cosa, della quale ciascuno può disporre illimitatamente nei confronti dei terzi. •  Pertanto, checché sia avvenuto del rapporto con Tizio, occorre considerare separatamente il rapporto con Seio.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La soluzione del giurista •  IL CASO DI MORTE DELLO SCHIAVO •  La morte dello schiavo avvenuta in pendenza della condizione ha fatto venir meno l’oggetto della prestazione. •  Siamo di fronte ad una ipotesi di impossibilità sopravvenuta che estingue l’obbligazione di Seio. •  Seio dunque deve essere assolto.

•  IL CASO DI ACCEPTILATIO NEI CONFRONTI DI TIZIO •  L’acceptilatio del debito di Tizio non riguarda l’obbligazione di Seio che ha una sua vita autonoma. •  Non vi è nessun ostacolo alla richiesta di adempiere presentata contro di lui (in particolare continua ad esistere l’oggetto della prestazione). •  Seio dunque deve essere condannato.

24. LA CAUSA IN CONCRETO: ETIAM ID QUOD EO NOMINE PERDIDERIM D. 19,1,6,4, Pomponio ad Sabinum)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • •

D. 19,1,16,4 di Pomponio Elementi da analizzare Disciplina delle qualità “esterne” Formula dell’actio ex empto Disciplina delle qualità “connaturate” Causa astratta e causa concreta Scrive Rita Rolli (2008) (e … segue) La Relazione al re, 1 (e 2) La causa in astratto La causa in concreto (e … segue) Cass. 8 maggio 2006 n. 10490 Garanzia per vizi occulti, 1 (e 2, e 3) L’opinione dei giuristi romani Pomponio e Labeone Ancora Pomponio Etiam id quod eo nomine perdiderim

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Pomponio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Compravendita – CONTRATTI • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Locatio conductio – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Elementi essenziali: la causa – NEGOZIO GIURIDICO • Scopo e causa – VARIE • Contrahere e contractus – CONTRATTI • Editto degli edili curuli – VARIE • Labeone – GIURISTI e … • Sabino – GIURISTI e … • Minucio – GIURISTI e … • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

D. 19,1,16,4 di Pomponio •  D. 19,1,6,4 (Pomponius l. 9 ad Sabinum) •  4. Si vas aliquod mihi vendideris et dixeris certam mensuram capere vel certum pondus habere, ex empto tecum agam, si minus praestes. Sed si vas mihi vendidieris ita, ut adfirmares integrum, si id integrum non sit, etiam id, quod eo nomine perdiderim, praestabis mihi: si vero non id actum sit, ut integrum praestes, dolum malum dumtaxat praestare te debere.

•  … D. 19,1,6,4 (Pomponio nel l. 9 ad Sabinum) •  ...4. Se mi hai venduto un vaso e mi hai detto che aveva una determinata capienza o un certo peso, io agirò ex empto contro di te se me lo consegni da meno. Ma se mi hai venduto il vaso affermando che era integro, mentre integro non era, mi dovrai ridare anche quello che per tal motivo io potrei aver perso: se però non si è statuito precisamente che tu me lo dessi integro, devi garantire fino al dolo malo.

Elementi da analizzare Il passo invero pone la sua attenzione sull’ampiezza più o meno rilevante dei contenuti espliciti ed impliciti del contratto di compravendita. •  Elementi da analizzare sono: •  - contratto di compravendita •  - actio empti •  - dolo •  - contratto di locatio conductio

Formula dell’actio empti

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

… segue •  … Labeo contra putat et illud solum observandum, ut, nisi in contrarium id actum sit, omnimodo integrum praestari debeat: et est verum. Quod et in locatis doliis praestandum Sabinum respondisse Minicius refert.

•  … Labeone al contrario ritiene, e solo questo deve essere osservato, che, se non si è stabilito altrimenti , sempre debba essere garantita l’integrità: e questo è esatto. E questo è quello che Minucio riferisce aver risposto Sabino anche per i dolia dati in locazione.

Disciplina delle qualità “esterne” •  Nella prima parte Pomponio sottolinea la responsabilità contrattuale del venditore per tutte le circostanze e qualità della cosa che non risulteranno conformi a quelle espressamente pattuite nell’accordo. •  Praticamente vengono individuate due situazioni (e quindi due tipi di “qualità”): •  1) circostanze e qualità espressamente dichiarate = la loro mancanza o non conformità comporta una responsabilità del venditore ex empto; •  2) circostanze e qualità non espressamente dichiarate = il compratore non potrà lamentare ex post la loro mancanza o non conformità ai suoi desideri, e non vi sarà responsabilità alcuna del venditore.

Disciplina delle qualità “connaturate” •  Il giurista passa poi a valutare le circostanze e qualità che risultano normali, connaturate, secondo la natura della cosa compravenduta: quale è l’integrità del vaso. E allora: 1.  Tali qualità e circostanze si potrebbero individuare forse facendo riferimento alla teoria della “causa” del negozio giuridico, in particolare nella contrapposizione fra causa astratta e causa concreta. 2.  Ovvero si potrebbe anche dire che ci si muove al limite della disciplina dei vizi occulti.

24. La causa in concreto: etiam id quod eo nomine perdiderim

Causa astratta e causa concreta

•  La dottrina moderna, che definisce la causa come “la ragione economico sociale” del contratto, tende a distinguere tra: – causa astratta: ossia la ragione economico sociale tipica di quel determinato contratto (es. scambio di cosa contro prezzo nella compravendita); – causa concreta: ossia l’effettiva presenza della causa astratta nella concreta determinazione degli interessi posta in essere dalle parti nel contratto. •  Per la validità di un contratto non basta quindi che vi sia la causa astratta, ma occorre che sia reale anche la causa concreta (es. non sarà valida una compravendita ad 1 Euro, nummo uno, di un fondo di grande valore, poiché pur essendo presente in astratto la causa, questa difetterà nel concreto, configurandosi piuttosto un’ipotesi di donazione).

… segue •  «Tutt’al più si può dire che in nuce l’accezione concreta della causa fosse insita nell'assenza di qualsiasi teorizzazione sul contratto in diritto romano, ove i singoli tipi contrattuali erano piuttosto visti come singole operazioni concrete di affari. •  Anche chi più si è spinto nello studio del sinallagma delle fonti romane ne ha colto l’essenza concreta di scambio di sacrifici tra i contraenti. •  Fu la riflessione del diritto canonico, non incentrata unicamente sull’aspetto della vincolatività del consenso, ma, sempre più sul dovere di fedeltà a chi l’avesse dimostrata, che riteneva vincolante su tale presupposto lo scambio tra le prestazioni promesse legate in una sorta di vincolo sinallagmatico».

La Relazione al re, 2

•  «È stato detto da qualcuno – vi si legge – che causa illecita deve equivalere a causa mancante, in un sistema che eleva a causa del contratto lo scopo ritenuto degno da parte dell’ordinamento giuridico. Ciò è vero se si ha riguardo al concetto di causa astratta e tipica di un contratto; •  ma in ogni singolo rapporto deve essere controllata la causa che in concreto il negozio realizza, per riscontrare non solo se essa corrisponda a quella tipica del rapporto, ma anche se la funzione in astratto ritenuta degna dall’ordinamento giuridico possa veramente attuarsi, avuto riguardo alla concreta situazione sulla quale il contratto deve operare. Tale controllo può rivelare che lo schema causale tipico non si può realizzare perché vi ostano le circostanze oggettive peculiari alla ipotesi concreta, le quali, essendo incompatibili con lo schema, rendono illecito ciò che sarebbe astrattamente lecito».

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Scrive Rita Rolli, Causa in astratto e causa in concreto, Padova 2008 •  «Alla causa in concreto non dava spazio, nei limiti in cui in tale ordinamento possano rilevare i problemi della causa, il formalismo e l’astrazione del diritto romano; come non le dava spazio l’impostazione tutta ideologica della funzione economico-sociale, che si conforma alla rispondenza ad un tipo astratto, ed in generale il concetto di causa come dogma».

La Relazione al re, 1 •  «Ma, com’è noto, il sinallagma era presente nel concetto di contratto presso Labeone sulla base dell’insegnamento greco, era la base della categoria dei contratti innominati (= atipici), e poteva essere in pratica lo strumento per pervenire alla causa concreta, alla luce dei principi di equità commutativa, capace di ‘interrogare le coscienze’, di sindacare l’operazione divisata dai contraenti». •  Partendo da queste basi (naturalmente filtrate dalle vicende del diritto intermedio) nella Relazione al re (n. 614) la distinzione tra causa astratta e causa concreta concerne il profilo della nullità del contratto per mancanza e per illiceità della causa».

La causa in astratto

•  «La causa astratta è la funzione economico-sociale che tipicamente il contratto realizza, esempio paradigmatico nella vendita è lo scambio di cosa con prezzo. •  Astratta in quanto fotografa la funzione astrattamente considerata, come schema asettico e costante di regolamentazione di interessi, che prescinde dal contesto concreto, dalle circostanze esistenti, dalle finalità pratiche perseguite dai contraenti. •  La causa così intesa realizza la funzione tipica e costantemente ripetuta del tipo contrattuale considerato. •  E così essa viene identificata con il tipo, legale o sociale, con i conseguenti problemi, sopra analizzati, della ritenuta irrilevanza del vaglio di liceità nei contratti tipici e della sovrapposizione tra controllo di meritevolezza e di liceità nei contratti atipici».

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La causa in concreto

… segue

•  Ma in realtà «la causa non s’identifica (meglio: non si esaurisce) nel tipo cui il contratto appartiene, come vorrebbe la teoria» della causa in astratto, ossia della «causa quale funzione economico-sociale tipica. Questa teoria impedisce di cogliere la causa nella sua dimensione concreta: impedisce di dare rilevanza agli specifici elementi che concorrono a formare la ragione giustificativa di ciascun particolare contratto e che possono non essere presenti - o presentarsi diversamente - in ciascun altro contratto, anche se appartenente al medesimo tipo» (ROPPO).

•  Infatti, «oggi si ritiene più aderente alle esigenze di una evolutiva teoria e disciplina del contratto concepire la causa come causa concreta: non come ragione che astrattamente giustifica ogni contratto appartenente al tipo del contratto in esame (scambio tra cosa e prezzo, se si tratta di vendita); ma come ragione che concretamente giustifica il particolare contratto stesso» (ALPA). •  La causa in concreto rimanda, dunque, alla «pratica ragion d’essere dell’operazione valutata nella sua individualità o singolarità» ed esprime l’oggettiva rilevanza dell'assetto di interessi regolato contrattualmente (ROPPO). •  In questa dimensione la concezione della causa si innesta in quella di funzione economico-individuale del contratto, che «sta appunto ad indicare il valore e la portata che all’operazione, economica nella sua globalità le parti stesse hanno dato» (FERRI).

Cass. 8 maggio 2006 n. 10490

… segue

•  La Corte di Cassazione auspica che •  «si elabori una ermeneutica del concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio {...), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anche della volontà delle parti. …

•  … Causa, dunque, iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale» .

Garanzia per vizi occulti - 1 •  Ma, come si è detto, la disciplina delle qualità “connaturate” (o meglio, l’assenza delle qualità “connaturate”) potrebbe anche essere valutata alla luce della c.d. garanzia per vizi della cosa - Vizio occulto è quello che si scopre, a negozio traslativo compiuto (una compravendita, un atto di trasferimento, un legato, ecc.) in riferimento alla cosa trasferita, la quale, dunque, in ragione di tale vizio, non può dare all’acquirente quelle soddisfazioni che l’acquirente stesso, in rapporto al prezzo pagato (se si tratta di compravendita) si aspettava.

Garanzia per vizi occulti - 2 -  La garanzia per vizi occulti è l’impegno che si assume il venditore nella compravendita (o il trasferente in genere all’atto del trasferimento) per dare una qualche sicurezza all’acquirente della cosa: se entro un certo periodo la cosa manifesterà dei vizi non palesi …. -  Si tratta di un “elemento naturale del negozio giuridico”, un elemento, cioè, che esiste necessariamente, per natura, in “quel” negozio, ma sul quale può incidere la volontà delle parti modificandone i termini.

24. La causa in concreto: etiam id quod eo nomine perdiderim

Garanzia per vizi occulti - 3 •  Infatti allorché a seguito di una compravendita si verifica un vizio occulto l’acquirente può: – 1) agire con l’actio empti per inadempimento dell’obbligo di far avere il pacifico godimento della cosa che grava contrattualmente sul venditore; •  ma può anche: – 2) agire con l’actio redhibitoria restituendo indietro la cosa e riavendone il prezzo pagato; – 3) agire con l’actio quanti minoris (o aestimatoria) trattenendo la cosa, ma riavendone indietro quella parte del prezzo pagato che corrisponde al minor valore della cosa stessa.

Pomponio e Labeone •  Pomponio, si è visto, approva la soluzione di Labeone (“et est verum, ed è esatto”); •  il che forse è un po’ diverso da quanto poco prima aveva detto, cioè che “se però non si è statuito precisamente che tu me lo dessi integro, devi garantire fino al dolo malo”; •  e del resto nell’introdurre l’opinione di Labeone la propone come opinione contraria (Labeo contra putat).

Etiam id quod eo nomine perdiderim •  In questa riflessione del giurista Pomponio, “mi dovrai ridare anche quello che per tal motivo io potrei aver perso” si rappresenta in realtà il profondo rispetto che i giuristi romani ebbero per la considerazione della realtà, del concreto. •  La causa astratta (scambio di cosa contro prezzo) è perfettamente realizzata anche con la consegna del vaso non integro, ma non è realizzato il risultato che in concreto le parti attraverso quell’operazione economica avevano voluto realizzare. •  La decisione del giurista consente così che “la funzione in astratto ritenuta degna dall’ordinamento giuridico possa veramente attuarsi, avuto riguardo alla concreta situazione sulla quale il contratto deve operare”.

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L’opinione dei giuristi romani •  In ogni caso nella parte finale del passo in esame è riportata l’opinione in proposito di due giuristi, Labeone per la compravendita e Sabino per la locazione, e, rispettivamente adesivi, di Pomponio e Minucio. •  LABEONE = ritiene che le qualità “connaturate” debbano essere sempre garantite, o meglio che tali risultino sempre, implicitamente, tranne che non si sia disposto altrimenti per espresso; •  POMPONIO = commenta “et est verum, ed è esatto”. •  SABINO = aveva detto che in un contratto di locazione, evidentemente di un fondo per/con produzione di olio, vino, ecc., i recipienti (dolia) per tali produzioni dovevano essere dati integri dal locatore al conduttore; •  MINUCIO = che riporta l’opinione di Sabino era presumibilmente dello stesso parere.

Ancora Pomponio

•  È forse interessante allora riprendere l’opinione di Pomponio. A proposito delle qualità “connaturate” Pomponio viene a dire che: •  - se espressamente richieste e dichiarate all’atto del contratto, la loro mancanza o non conformità comporta una responsabilità ex empto del venditore; •  - se NON espressamente richieste e dichiarate all’atto del contratto, la loro mancanza o non conformità comporta una responsabilità del venditore solo nel caso di suo dolo; •  - e tuttavia è vero quanto dice Labeone che la garanzia relativa a tali “qualità” è sempre implicita, perché se la si vuole escludere lo si deve dichiarare nel contratto; •  - in ultima analisi in tal caso il dolo è presunto (con inversione dell’onere della prova).

Ipotesi •  Ma allora il concetto di causa, la causa astratta così come la conosciamo, è proprio derivato dal diritto di Roma o è una sovrapposizione dell’insegnamento dogmatico ?

25. LA BUONA FEDE NEL DEPOSITO (D. 16,3,31, Trifonino, le disputationes)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

TESTO: una premessa Pluralità di sistemi giuridici Ius civile Ius gentium La buona fede L’apporto del ius gentium Ius honorarium (o ius praetorium) Rapporti fra ius honorarium e ius civile Ius naturale Stacco, 1 TESTO: Il caso del deponente deportato ... Schema riassuntivo del caso Le azioni per inadempimento da deposito Formula della condictio certae rei Formula dell’actio depositi in factum Formula dell’actio depositi in ius Possibili argomentazioni contrapposte TESTO (segue): il parere di Trifonino Argomentazioni del giurista ed esito ... TESTO: una seconda premessa Stacco, 2 TESTO : Il caso del deposito di cose frutto di rapina Schema riassuntivo del caso Possibili argomentazioni delle parti art. 1777 cc., in part. 2° e 3° comma TESTO (segue): il parere di Trifonino TESTO: Trifonino e la definizione della iustitia Suum ius cuique tribuere, 1 (e 2, e 3, e 4) (l’equità ) art. 1778 c.c., in part. 1° comma TESTO (segue): l’inerzia del proprietario derubato Schema del caso del deposito di denaro ... art. 1778 c.c., in part. 2° comma TESTO: deposito presso il padre o padrone ... Schema riassuntivo del caso TESTO: il parere di Trifonino TESTO: deposito presso il proprietario ... Schema riassuntivo del caso TESTO: il parere di Trifonino art. 1779 c.c. TESTO: il caso del derubato depositario ... Schema riassuntivo del caso Formula della condictio (indebiti)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • La buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Trifonino – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Deposito – CONTRATTI • Crimina e delicta – DELITTI • La condanna nel diritto romano – PROCESSO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • La condanna nel deposito – PROCESSO • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Successione – SUCCESSIONI • Rapina – DELITTI • Furto – DELITTI • Equità – VARIE • Marcello – GIURISTI e …

25. La buona fede nel deposito

TESTO: premessa •  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 delle disputationes) •  La buona fede che si esige nei rapporti contrattuali richiede un’indagine squisitamente equitativa: ma dobbiamo tenerne conto nel solo ambito del ius gentium o anche in quello dei precetti del ius civile e del ius honorarium? D. 16,3,31 (Triphoninus l. 9 disputationum) •  Bona fides quae in contractibus exigitur aequitatem summam desiderat: sed eam utrum aestimamus ad merum ius gentium an vero cum praeceptis civilibus et praetoriis?

Ius civile

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Pluralità dei sistemi giuridici •  Secondo una interessante teoria (di Santi Romano) l’antichità romana può rappresentare assai efficacemente la c.d. “pluralità dei sistemi giuridici”, cioè la contemporanea valenza di più ordinamenti, variamente collegati fra di loro (a volte in parallelo, altre in sovrapposizione), ciascuno dei quali vanta una sua completezza ed esaustività. •  Nel diritto romano convivono e si sovrappongono: •  - ius civile •  - ius gentium •  - ius honorarium (o praetorium) •  - ius naturale

Ius Gentium

•  Ius civile è il sistema giuridico proprio dei cittadini Romani, il sistema più risalente, e quello maggiormente connotato di autorevolezza. Sue componenti sono: – le tradizioni e costumanze antiche derivate dai mitici fondatori di Roma: i mores maiorum; – le XII tavole, che sono cristallizzazione dei mores; – le nuove norme derivate dal sistema legislativo romano: le leges.

•  Ius gentium è il sistema giuridico comune a tutti i popoli (e, per questo, vigente anche per i Romani). È anch’esso assai risalente (per taluni aspetti addirittura più del ius civile). Sue componenti sono: – le tradizioni e costumanze antiche derivate dalla comune origine etnica delle popolazioni del Mediterraneo; – talune discipline del ius civile adattate alla regolamentazione dei rapporti fra romani e non romani (per es. sponsio-stipulatio); – talune norme ed istituti nuovi nati proprio dall’esigenza di regolamentazione di questi rapporti (per es. i c.d. “contratti di ius gentium”).

La buona fede

L’apporto del ius gentium

•  La buona fede è il criterio che dà stabilità ed efficacia al ius gentium: semplicemente, potremmo dire è la correttezza nel reciproco comportamento. •  È concetto che ha le sue origini nell’antichità del ius gentium, nell’ambito dei rapporti fra romani e non romani (stranieri, peregrini) fra i quali, non essendo comune il diritto, non sarebbe stato possibile nessun rapporto giuridico vincolante, se non ricorrendo ad un principio extragiuridico, la fides bona, appunto, di matrice religiosa. •  Il richiamo alla buona fede è determinante nella creazione della categoria dei contratti consensuali, che si creano sul terreno del ius gentium e che si dicono, appunto, contratti di buona fede. •  Il richiamo alla buona fede caratterizza quindi gli iudicia (o actiones) bonae fidei, i giudizi di buona fede, che, oltre ai contratti suddetti, interessano anche altre situazioni giuridiche in cui è data al giudice un’ampia discrezionalità di valutazione del comportamento delle parti, secondo buona fede appunto.

•  Nel titolo D. 1,1 “de iustitia et iure” del Digesto i giuristi, la cui voce vi viene riportata, riferiscono al ius gentium una serie di “rapporti” interpersonali: •  - la pietas o sentimento religioso verso gli dei, nonché •  - l’obbedienza verso i parenti (POMPONIO) •  - la reazione a ingiurie e violenze (FIORENTINO) •  - le manumissioni (ULPIANO: “dal momento che, poiché per ius naturale tutti gli uomini nascerebbero liberi …”) •  “In base a questo ius gentium furono introdotte le guerre, separati i popoli, fondati i regni, distinti i dominii, posti i confini alle proprietà fondiarie, costruiti gli edifici, istituito il commercio con i negozi di compravendita, di locazione-conduzione, e tutte le obbligazioni tranne alcune che sono state introdotte dal ius civile” (ERMOGENIANO).

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Ius honorarium (o ius praetorium)

Rapporti fra ius praetorium e ius civile

•  È il sistema giuridico costituito dall’insieme delle regole di comportamento che derivano dall’editto del pretore. •  L’editto è infatti il programma per l’amministrazione della giustizia che il pretore emana all’inizio del suo anno di carica e nel quale elenca: •  - tutte le possibili circostanze nelle quali il pretore stesso crede di dover intervenire per evitare o dirimere conflitti fra privati; •  - tutti i possibili tipi di intervento (azioni, eccezioni, interdetti, ecc.) con i quali si ripromette, caso per caso, di amministrare la giustizia. •  In tal modo si costituisce un insieme di regole indirette di comportamento.

•  Il ius honorarium (o praetorium) è stato introdotto – ci dice Papiniano, D. 1,1,7,1 – “adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris civilis gratia”, cioè: •  1) per far conseguire al ius civile i risultati sperati che però lo stesso ius civile non era in grado di raggiungere; •  2) per supplire alle lacune del ius civile; •  3) per correggere i risultati dell’applicazione del ius civile che, ancorati ai mores e alle leggi e non adeguati ai tempi, si rivelavano spesso contrari ad equità.

Ius naturale

stacco, 1

•  Ius naturale è l’insieme delle regole che la natura ha posto al vivere della terra intera (talora accomunando uomini e animali); è, ancora, un’esigenza di ragione (la naturalis ratio come la chiama Gaio) che sottostà all’ordinamento in vigore o, più spesso, non è attuata dall’ordinamento in vigore. •  Accoppiamento, allevamento della prole, uguaglianza nella libertà, ecc., sarebbero principi di diritto naturale.

•  Sulla base della premessa Trifonino costruisce un primo caso, esemplare, circa la fluidità del concetto di buona fede: la conclusione sarà nel senso che, quando si accolga un diverso concetto di buona fede, diverso secondo il sistema cui si ispira, i risultati potranno essere anche diametralmente opposti. •  È il caso del deposito posto in essere da un soggetto i cui beni siano stati confiscati.

TESTO: Il caso del deponente deportato per un crimen

schema riassuntivo del caso

•  D. 16,3,31 (Trifonino, dal D. 16,3,31 l. 9 delle disputationes) (Triphoninus l. 9 disputationum) •  Così nel caso del deposito di una somma di 100 fatto •  veluti reus capitalis iudicii deposuit apud presso di te da un imputato in un processo criminale te centum: is che sia stato deportato ed deportatus est, bona abbia subito la confisca dei eius publicata sunt: beni, la somma deve essere utrumne ipsi haec restituita a lui o conferita al reddenda an in patrimonio confiscato? publicum deferenda sint?

•  Un tale consegna in deposito una somma di 100 sesterzi. •  In seguito, prima della restituzione, viene accusato di un crimen (per es. maiestatis), e deportato: i suoi beni vengono confiscati; •  Considerate le circostanze il depositario è incerto se restituire la somma agli eredi del deponente, criminale, o al fisco cui sono pervenuti tutti i suoi beni.

25. La buona fede nel deposito

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Le azioni per inadempimento da deposito •  Infatti la restituzione a persona “sbagliata” lo esporrebbe al rischio di essere convenuto in un’azione per inadempimento contrattuale da deposito: •  condictio certae rei o certae creditae pecuniae, •  actio depositi in ius, •  actio depositi in factum.

Formula della condictio certae rei •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio rem certam dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

Formula dell’actio depositi in factum •  • 

•  • 

• 

da Gai 4,47 •  Iudex esto …. Si paret Aulum Agerium •  apud Numerium Negidium mensam argenteam deposuisse, •  eamque dolo malo Numerii Negidii Aulo Agerio redditam non esse, •  quanti ea res erit, tantam pecuniam, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

da Gai. 4,47 Sia giudice …… Se risulterà che Aulo Agerio ha dato in deposito il piatto d’argento a Numerio Negidio, e che per dolo di Numerio Negidio non è stato restituito ad Aulo Agerio, per quanto sarà valutata la cosa, a questo in denaro tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. Se non risulta lo dovrai assolvere.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare una cosa certa ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Formula dell’actio depositi in ius •  • 

•  • 

•  • 

da Gai 4,47 Iudex esto ….. Quod Aulus Agerius apud Numerium Negidium mensam argenteam deposuit, qua de re agitur, quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportet ex fide bona, eius, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condemnato. Si non paret absolvito.

da Gai. 4,47 •  Sia giudice ….. •  Poiché Aulo Agerio ha dato in deposito a Numerio Negidio il piatto d’argento, •  fatto per cui è sorta l’attuale controversia, •  qualunque cosa Numerio Negidio debba dare o fare nei confronti di Aulo Agerio in rapporto a ciò in base alla buona fede, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio nei confronti di Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

Possibili argomentazioni contrapposte

TESTO (segue): il parere di Trifonino

•  DEPONENTE (o suoi •  FISCO eredi) •  La confisca ha •  Poiché il deposito è determinato una successio fra vivi, e il fisco istituto nato nell’ambito è appunto il “successore” del ius gentium che considera strettamente i del deponente. •  Poiché i beni di colui che rapporti fra creditore e ha effettuato il deposito debitore, la buona fede obbliga alla restituzione sono stati confiscati, la somma data in deposito nelle mani del deponente secondo buona fede deve o in caso di sua morte o capitis deminutio, in essere data al fisco. quelle dei suoi eredi.

•  … si tantum naturale •  … Dall’esclusivo punto di vista del ius naturale e del ius et gentium ius intuemur, ei qui dedit gentium, va restituita a chi l’ha consegnata; da quello del ius restituenda sunt: si civile e delle pubbliche leggi va civile ius et legum data al patrimonio confiscato: ordinem, magis in giacché chi ha mal meritato publicum deferenda dalla società deve essere sunt: nam male colpito anche da misure meritus publice, ut patrimoniali che lo riducano exemplo aliis ad in miseria affinché il suo deterrenda maleficia esempio costituisca per gli altri sit, etiam egestate un monito contro i delitti. laborare debet.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Argomentazioni del giurista ed esito della vicenda: una prima conclusione •  Il contratto di deposito, nato nell’ambito del ius gentium e quindi basato sulla bona fides, imporrebbe che il depositario riconsegnasse comunque la cosa al deponente. •  Tuttavia, a loro volta, ius civile e norme autoritative impongono di restituire le cose al fisco, per corrispondere a superiori interessi sociali (che vogliono una punizione esemplare per chi ha commesso un crimen).

stacco, 2

•  Proseguendo nel suo discorso circa gli obblighi di restituzione in base alla buona fede, Trifonino presenta altri casi esemplari, in particolare in relazione all’ipotesi che la cosa data in deposito sia il frutto di un delitto: •  - il caso del deposito di cosa rubata (letteralmente: rapinata) quando il depositario ignorava l’origine furtiva della cosa; e ciò, nella doppia ipotesi: • che il proprietario la rivendichi; • che il proprietario rimanga inerte, e non avanzi rivendicazioni; •  - il caso del deposito presso un avente potestà di cosa rubata al suo sottoposto; •  - il caso del deposito presso lo stesso derubato di cosa a lui rubata.

schema riassuntivo del caso •  Viene consegnata in deposito una somma di 100 sesterzi. •  Tale somma era frutto di una rapina. •  Al momento del deposito il depositario, Seio, ignorava l’origine furtiva del denaro. •  Successivamente viene a sapere che il denaro era stato rubato e a chi. •  Il depositario, considerate le circostanze, è incerto se restituire la somma al deponente o al proprietario del denaro rubato.

TESTO: una seconda premessa •  D. 16,3,31,1 (Trifonino nel libro 9 delle disputationes) •  A questo proposito si deve fare anche un’altra considerazione: dobbiamo tener conto della buona fede soltanto fra coloro che sono parti del rapporto, con esclusione di qualunque terzo, o anche nei confronti di altri soggetti? •  D. 16,3,31 (Triphoninus l. 9 disputationum) •  Incurrit hic et alia inspectio. bonam fidem inter eos tantum, quos contractum est, nullo extrinsecus adsumpto aestimare debemus, an respectu etiam aliarum personarum, ad quas id quod geritur pertinet?

TESTO: Il caso del deposito di cose frutto di rapina •  D. 16,3,31 (Trifonino nel D. 16,3,31 libro 9 delle disputationes) (Triphoninus l. 9 disputationum) •  Per esempio: un rapinatore •  exempli loco latro spolia ha dato in deposito a Seio, quae mihi abstulit posuit che ignorava la frode del apud Seium inscium de deponente, il bottino che aveva rubato a me. Seio malitia deponentis: dovrà restituire al ladro utrum latroni an mihi restituere Seius debeat? oppure a me?

Possibili argomentazioni delle parti •  IL DERUBATO •  IL DEPOSITARIO (ladro) •  Poiché la cosa (o la •  Si deve ripetere che, somma) sottratta apparteneva ed appartiene poiché il deposito è al suo proprietario che ne istituto nato nell’ambito è stato derubato e gli è del ius gentium che stata sottratta tramite considera strettamente i delitto di furto (o rapina) rapporti fra creditore e da un ladro (che poi ne ha debitore, la buona fede fatto deposito), è giusto obbliga alla restituzione che ritorni nelle nelle nelle mani del mani dell’effettivo deponente o in caso di titolare, e non certamente sua morte o capitis del ladro ancorché ne deminutio, in quelle dei abbia fatto deposito. suoi eredi.

25. La buona fede nel deposito

art. 1777 cc., in part. 2° e 3° co. •  Art. 1777 (Persona a cui deve essere restituita la cosa) Il depositario deve restituire la cosa al depositante o alla persona indicata per riceverla, e non può esigere che il depositante provi di esserne proprietario. Se è convenuto in giudizio da chi rivendica la proprietà sulla cosa o pretende di avere diritti su di essa, deve, sotto pena del risarcimento del danno, denunziare la controversia al depositante, e può ottenere di essere estromesso dal giudizio indicando la persona del medesimo. In questo caso egli può anche liberarsi dall’obbligo di restituire la cosa, depositandola, nei modi stabiliti dal giudice, a spese del depositante.

TESTO: Trifonino, la definizione di i u s t i t i a •  D. 16,3,31 (Trifoninus l. 9 disputationum) •  et probo hanc esse iustitiam, quae suum cuique ita tribuit, ut non distrahatur ab ullius personae iustiore repetitione.

•  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 delle disputationes) •  Ritengo infatti che la vera giustizia consista nel rendere a ciascuno ciò che gli appartiene, senza che un’eventuale pretesa altrui, ancorché giuridicamente fondata, possa impedirglielo.

Suum ius cuique tribuere, 2 •  In queste fonti la GIUSTIZIA viene interpretata come un’entità concreta (fisica, personalizzata, una dea) che diventa soggetto della forma verbale utilizzata (il tribuit) e che distribuisce essa stessa a ciascuno secondo la propria dignitas.

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TESTO (segue): il parere di Trifonino •  … si per se dantem •  … Dal punto di vista del accipientemque rapporto fra il deponente e intuemur, haec est bona l’accipiente, preso in se stesso, fides, ut commissam rem la buona fede esige che la cosa recipiat is qui dedit: si affidata sia restituita a chi l’ha totius rei aequitatem, data in consegna; da quello quae ex omnibus della situazione di fatto nel personis quae negotio isto continguntur suo complesso, considerando impletur, mihi reddenda tutti i soggetti interessati, sunt, quo facto invece, l’equità comporta che scelestissimo adempta le cose siano restituite a me, sunt.

dato che mi sono state sottratte con grave delitto.

Suum ius cuique tribuere, 1 •  Il concetto di iustitia come suum cuique tribuere (o suum ius cuique tribuere) compare, forse su influenza greca e più particolarmente della filosofia stoica, nelle fonti tardo-repubblicane (Cic. de inv. 2,53,160, de fin. 5,24,67, de nat. deor. 3,15,38, ecc., ma anche Rhet. ad Her. 3,2,3) che, peraltro, tendono a personalizzare la giustizia stessa e renderla soggetto della forma verbale (il tribuit) che distribuisce a ciascuno secondo la propria dignitas.

Suum ius cuique tribuere, 3 •  Nella compilazione giustinianea il concetto di iustitia compare tre volte: •  1. la prima attraverso la citazione di Trifonino D. 16,3,31, di impostazione stoica, presenta il verbo tribuere all’indicativo presente, con conseguente necessità di un soggetto che compia l’azione; •  2. la seconda nelle Istituzioni di Giustiniano (I. 1,1 pr. Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuens), presenta il verbo al participio presente, tribuens, che si risolve in una relativa (“che attribuisce”) ancora una volta con indicativo presente;

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

... segue •  3. la terza attraverso le parole di Ulpiano che definiscono la iustitia ed elencano i praecepta iuris, dove la giustizia non appare più personalizzata, ma la frase che la riguarda viene posta in una infinitiva quasi a postulare un’azione umana che renda concretezza al concetto distribuendo a ciascuno il suo (GALLO): •  D. 1,1,10 pr.- Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. •  1. Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere

art. 1778 c.c., in part. 1° co.

( l’equità ) •  Equità è la giustizia del caso concreto, quella che valuta la contrapposizione degli interessi e non esclude di poter contravvenire a regole oggettive del diritto pur di raggiungere una regolamentazione degli interessi in gioco che possa essere soddisfacente per tutti. •  Per tale motivo il culto dell’equità nasce sul terreno del ius honorarium, davanti a quel tribunale del pretore il cui intervento è sempre sollecitato dal caso concreto.

TESTO (segue): l’inerzia del proprietario derubato

•  Art. 1778 c.c. (Cosa proveniente da reato) - Il depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è nota la persona alla quale è stata sottratta, deve denunziarle il deposito fatto presso di sé. Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante decorsi dieci giorni dalla denunzia senza che gli sia stata notificata opposizione.

•  D. 16,3,31 (Trifonino nel •  D. 16,3,31 l. 9 delle disputationes) (Triphoninus l. 9 •  Salvo però che io trascuri disputationum) •  quod si ego ad petenda di chiederle, nel qual caso ea non veniam, nihilo dovranno essere restituite al deponente, benché il minus ei restituenda deposito avesse per oggetto sunt qui deposuit, quamvis male quaesita cose mal acquistate: ed anche Marcello, con deposuit. quod et riferimento al bandito e al Marcellus in praedone ladro, scrive in questo et fure scribit. senso.

Schema del caso del deposito di denaro rubato nell’inerzia del proprietario

art. 1778 c.c., in part. 2° co.

•  Un deponente consegna in deposito una somma di 100 sesterzi. •  Tale somma era frutto di una rapina perpetrata dallo stesso deponente. •  Al momento del deposito il depositario ignorava l’origine furtiva del denaro e soprattutto chi ne era stato derubato. •  Successivamente il depositario viene a sapere che il denaro era stato rubato e a chi. •  Il proprietario derubato non richiede il suo denaro.

•  Art. 1778 c.c. (Cosa proveniente da reato) - Il depositario, se scopre che la cosa proviene da un reato e gli è nota la persona alla quale è stata sottratta, deve denunziarle il deposito fatto presso di sé. Il depositario è liberato se restituisce la cosa al depositante decorsi dieci giorni dalla denunzia senza che gli sia stata notificata opposizione.

25. La buona fede nel deposito

TESTO : deposito presso il padre o padrone di cosa rubata al sottoposto D. 16,3,31 •  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 (Triphoninus l. 9 delle disputationes) disputationum) •  Se tuttavia il ladro, sottratta la •  si tamen ignorans cosa ad un figlio o ad un latro cuius filio vel servo di cui ignori servo rem abstulisset rispettivamente la paternità o apud patrem domi- l’appartenenza, l’abbia poi numve eius deposuit depositata presso il padre o ignorantem… padrone che, a loro volta, ignorano il delitto …

TESTO: il parere di Trifonino •  D. 16,3,31 (Trifoninus, l. 9 disputationum) •  … nec ex iure gentium consistet depositum, cuius haec est potestas, ut alii, non domino sua ipsius res quasi aliena, servanda detur.

•  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 delle disputationes) •  … non sussiste deposito neppure secondo il ius gentium, perché la natura e la funzione di questo contratto comportano che la cosa sia data in custodia ad un terzo e non al proprietario, ancorché nella convinzione che fosse di altri.

schema riassuntivo del caso •  Viene consegnata in deposito una somma di 100 sesterzi. •  Tale somma era stata rubata dal deponente allo stesso depositario. •  Questi, nel ricevere la somma in deposito, non ne sapeva la provenienza furtiva, né tanto meno che fosse stata rubata a lui stesso e che perciò gli appartenesse tuttora.

129

schema riassuntivo del caso •  Viene consegnata in deposito una somma di 100 sesterzi. •  Tale somma è stata rubata dallo stesso deponente ad un soggetto che è nella situazione di figlio o servo. •  Il ladro non conosceva il rapporto esistente fra la persona derubata (figlio o servo) e colui presso il quale deposita la refurtiva (il depositario). •  A sua volta il depositario non sapeva la provenienza furtiva della somma.

TESTO: deposito presso il proprietario di cosa a lui sottratta •  D. 16,3,31 (Triphoninus •  D. 16,3,31 (Trifonino, l. 9 disputationum) dal l. 9 delle disputationes) •  et si rem meam fur, •  Perciò se il ladro mi ha quam me ignorante rubato qualcosa a mia subripuit, apud me insaputa e l’ha etiamnunc delictum eius ignorantem deposuerit… depositata presso di me mentre ancora ignoravo il fatto…

TESTO: il parere di Trifonino •  D. 16,3,31 (Trifoninus, l. 9 disputationum) •  … recte dicetur non contrahi depositum, quia non est ex fide bona rem suam dominum praedoni restituere compelli.

•  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 delle disputationes) •  … si dirà con ragione che non si è stipulato il deposito, perché costringere il proprietario a restituire la cosa propria ad un ladro è incompatibile con la buona fede.

130

Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

art. 1779 c.c •  Art. 1779 c.c. (Cosa propria del depositario) - Il depositario è liberato da ogni obbligazione, se risulta che la cosa gli appartiene e che il depositante non ha su di essa alcun diritto.

schema riassuntivo del caso •  Tizio ruba a Caio la somma di 100 sesterzi. •  Tizio consegna tale somma in deposito allo stesso Caio. •  Caio non conosce la provenienza furtiva della somma, né tanto meno immagina che sia stata rubata a lui stesso (e che perciò sia sua). •  In adempimento agli obblighi del (presunto) contratto di deposito Caio restituisce la somma a Tizio.

TESTO : il caso del derubato depositario che abbia restituito •  D. 16,3,31 (Trifoninus, •  D. 16,3,31 (Trifonino nel l. 9 disputationum) l. 9 delle disputationes) •  sed et si etiamnunc ab •  Se poi il proprietario, ignorante domino tradita tuttora ignaro, abbia sit quasi ex causa restituito la cosa sulla base depositi, tamen indebiti del deposito, gli spetterà dati condictio competet. la condictio indebiti.

Formula della condictio (indebiti) •  C. Aquilius iudex esto. •  Sia giudice C. Aquilio. •  Si paret Numerium •  Se risulterà che Numerio Aulo Agerio sestertium Negidio debba dare 10.000 X milia dare oportere, sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta •  qua de re agitur, l’attuale contestazione, •  tu, iudex, Numerium •  tu, o giudice, condannerai Negidium Aulo Agerio Numerio Negidio a dare sestertium X milia 10.000 sesterzi ad Aulo condemnato. Agerio. •  Si non paret absolvito. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

26. LITTERIS OBLIGATIO FIT (Gai. 3,128-133)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

La premessa Obligatio litteris = nomina transcripticia Il rapporto con il codex accepti et expensi Due teorie sul codex accepti et expensi Thilo, Der codex accepti et expensi Nomina transcripticia e novazione I “nomina arcaria” Una traduzione un po’ diversa e una proiezione storica: un’ipotesi Commento, 1 Commento, 2 (e ... segue) I contratti litteris e i peregrini Singrafi e chirografi Apochae Qualche esempio sull’uso della transcriptio D. 32,41 (Scaevola l. 22 digestorum) … segue: due quesiti D. 16,1,13 pr. (Gai. l. 9 ad ed. prov.) Il sc. Velleiano Gli esempi D. 19,5,12 di Proculo Il caso e la transcriptio Nel Codex

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Gaio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Obbligazioni e fonti – CONTRATTI • Genus e species in Gaio – FONTI DEL DIRITTO • Contrahere e contractus – CONTRATTI • Delegatio – NEGOZIO GIURIDICO • Conti – VARIE • Singrafi e chirografi – VARIE • Elementi essenziali: la causa – NEGOZIO GIURIDICO • Molteplicità di sistemi – VARIE • Nerva – GIURISTI e … • Sabino – GIURISTI e … • Cassio – GIURISTI e … • Stipulatio – CONTRATTI • Praescriptio – PROCESSO • Categorie di azioni – PROCESSO • Arbitrium boni viri – CONTRATTI • Successione – SUCCESSIONI • Evizione – NEGOZIO GIURIDICO • Fedecommesso – SUCCESSIONI • Fideiussio e altre – CONTRATTI • Exceptio – PROCESSO • Azioni in ius e in factum – PROCESSO

132

Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La premessa

•  Gai. 3,88-89 •  Gai. 3,88-89 •  88. Nunc transeamus •  88. Ora passiamo alle obbligazioni; la cui catalogazione ad obligationes, quarum summa diuisio più importante (la summa divisio) in duas species si articola in due specie: infatti diducitur: omnis enim ogni obbligazione nasce o da obligatio uel ex contratto o da delitto. contractu nascitur uel •  89. E prima vediamo quelle che ex delicto. nascono da contratto. Di queste vi •  89. Et prius uideamus sono quattro generi: infatti de his, quae ex l’obbligazione o si contrae con la contractu nascuntur. Harum autem quattuor cosa, o meglio con la consegna genera sunt: aut enim della cosa (re), o con le parole re contrahitur obligatio (verbis) o con la scrittura (litteris) o con il semplice aut uerbis aut litteris scambio dei consensi (consensu). aut consensu

Il rapporto con il codex accepti et expensi

Obligatio litteris = nomina transcripticia •  Gai. 3,128-130 •  128. Litteris obligatio fit veluti in nominibus transscripticiis. fit autem nomen transscripticium duplici modo, vel a re in personam vel a persona in personam. •  129. A re in personam transscriptio fit, veluti si id, quod tu ex emptionis causa aut conductionis aut societatis mihi debeas, id expensum tibi tulero. •  130. A persona in personam transscriptio fit, veluti si id, quod mihi Titius debet, tibi id expensum tulero, id est si Titius te pro se delegaverit mihi.

•  Gai. 3,128-130 •  128. L’obligatio litteris si ha per esempio con i nomina transscripticia. Il nomen transscripticium si verifica in due modi, o nelle forme a re in personam ovvero a persona in personam. •  129. La transcriptio a re in personam si ha per esempio quando io pongo nell’expensum a tuo nome quello che mi devi per una compravendita, o per una locazione, o per un contratto di società. •  130.  La transcriptio a persona in personam si ha per esempio quando io pongo nell’expensum a tuo nome quello che Tizio mi deve, cioè se Tizio avesse delegato te in suo luogo nei miei confronti.

Due teorie sul codex accepti et expensi

•  Il codex accepti et expensi era il libro dei conti del pater familias romano, letteralmente il codice di ciò che si “riceverà perché si è dato” = l’avere, e di ciò che si “darà perché si è ricevuto” = il dare. •  Nel codex si annotavano i nomina transcripticia (il solo contratto letterale che fino all’età classica riguardasse i cittadini romani) nonché, se li si considera autonomamente, i nomina arcaria (che nullum facere obligationem sed obligationis factae testimonium praebere, cioè avevano la mera funzione di ricordare e testimoniare un’obbligazione preesistente). •  Vi venivano annotati anche chirographa ed i syngrapha, figure di origine greca, i primi documenti con funzione meramente probatoria che restavano nelle mani del creditore, i secondi documenti cui si riconosce una funzione costitutiva dell’obbligazione.

•  Secondo il KELLER (1894) sarebbe stato un libro di cassa dal quale risultava quanto denaro rimaneva in cassa, a partire dal denaro ivi esistente in un determinato momento e calcolando in registrazione da un lato le entrate effettive e dall’altro le effettive uscite. Il codex era cioè concepito come un libro di conto corrente nel quale al nome di ogni persona che vi compariva corrispondeva nella colonna del ‘dare’ (dover dare) i debiti di questa persona verso il proprietario del conto, registrante, e nella colonna dell’ ‘avere’ (dover avere) i crediti di quella stessa persona nei confronti del registrante. •  Secondo BEIGEL (1904) sarebbe stato sì un libro di cassa, ma in sistematico collegamento, se tenuto da un uomo d’affari, con un c.d. codex rationum in cui sarebbero stati indicati crediti e debiti nascenti da contratto (ivi compreso il contratto letterale che il codex della teoria del Keller non poteva calcolare).

R.M. THILO, Der Codex accepti et expensi

Nomina transcripticia e novazione

•  Secondo THILO (1980) il codex accepti et expensi non si limitava alla registrazione della pecunia numerata, ma si estendeva alla documentazione di aumenti, diminuzioni e consistenza del patrimonio privato visto nel suo complesso, cui apportavano dati indispensabili le varie rationes tenute da schiavi e procuratori, che vanno da meri elenchi di beni a vere e proprie registrazioni di entrate e uscite. Le registrazioni del codex si presentavano quindi come un insieme di indicazioni disparate prive di un loro sistematico collegamento, contenenti singole informazioni da cui è possibile ricavare la complessiva situazione patrimoniale. •  Di tale codex, peraltro, resterebbero poco chiari i rapporti con altre scritture (le rationes) destinate alla tenuta dei conti da parte di amministratori (per lo più schiavi) o di professionisti come i publicani e gli argentarii.

•  I contratti letterali (i nomina transcripticia) in quanto determinati dalle forme solenni della scrittura possono essere utilizzati come i contratti verbali (la stipulatio) per realizzare una novazione. E in particolare comunemente si distingue (come poi si vedrà in particolare da Gai. 3,132-133): •  --- la transcriptio a re in personam che realizza una novazione oggettiva (ciò che era dovuto per un determinato titolo, per es. per mutuo, lo si trascrive come dovuto dallo stesso debitore ma in base alla scrittura); •  --- la transcriptio a persona in personam che realizza una novazione soggettiva (ciò che era dovuto da un determinato soggetto, in base a titolo uguale o diverso, lo si trascrive come dovuto da altro debitore in base alla scrittura).

im römischen Recht. Ein Beitrag zur Lehre von der Litteralobligation

26. Litteris obligatio fit

133

I “nomina arcaria”

•  Gai. 131-132 •  131. Alia causa est eorum nominum, quae arcaria •  vocantur. in his enim rei, non litterarum obligatio •  consistit, quippe non aliter valent, quam si numerata sit pecunia; numeratio autem pecuniae rei facit obligationem. qua de causa recte dicemus arcaria nomina nullam facere obligationem, sed obligationis factae testimonium praebere. •  132. Unde non proprie •  dicitur arcariis nominibus etiam peregrinos obligari, quia non ipso nomine, sed numeratione pecuniae obligantur; quod genus obligationis iuris gentium est.

Gai. 131-132. 131. Altra è la causa di quelle trascrizioni che chiamiamo arcaria. Infatti in esse non si costituisce un’obbligazione letterale, poichè non acquistano valore se non una volta versato il denaro; il pagamento del denaro determina l’obbligazione relativa alla cosa. Per cui giustamente diciamo che i nomina arcaria non creano l’obbligazione, ma sono una testimonianza dell’obbligazione fatta. Gai. 3,132. Per cui non è giusto dire che con i nomina arcaria si obbligano anche i peregrini, perché ci si obbliga non con il titolo stesso, ma con la consegna del denaro; e questo genere di obbligazione è di ius gentium.

Una traduzione un po’ diversa e una proiezione storica: un’ipotesi •  Gai. 131-132. •  131. Altra è la causa di quelle trascrizioni che indichiamo come antiche, arcaria. Infatti in esse non si crea un’obbligazione letterale, poiché non acquistano valore se non se e quando è versato il denaro; è la dazione che determina l’obbligazione. Per cui giustamente diciamo che i nomina arcaria non creano l’obbligazione, ma rendono testimonianza dell’obbligazione creatasi. •  132. Per cui non è giusto dire che con i nomina nei tempi più antichi si obbligavano anche i peregrini, perché ci si obbliga non con il titolo stesso, ma con la consegna del denaro; genere di obbligazione, questo, che è di ius gentium.

Commento, 1

Commento, 2

•  Comunemente fra i contratti letterali (litteris) si inseriscono i nomina arcaria come forma contrattuale a sé (sono contratti letterali – si dice – i nomina transcripticia, i nomina arcaria, apochae, singrafi e chirografi), discutendo poi le differenze rispetto ai nomina transcripticia. •  Alla luce di quanto sopra si potrebbe ipotizzare che in realtà i nomina o nomina transcripticia siano una sola forma di contratto letterale, totalmente assorbente nell’ambito della propria categoria (come la stipulatio nella categoria dei contratti verbali), che avrebbe avuto nei tempi una fondamentale evoluzione dalla funzione probatoria a quella sostantiva.

•  Nella applicazione più antica (arcaria appunto) la transcriptio avrebbe accompagnato, con funzione meramente probatoria, un rapporto che nasceva re, con la dazione, che era un rapporto di ius gentium (perché la dazione, appunto, crea obbligo in base al ius gentium, come aggiunge lo stesso Gaio nel passo successivo 3,132-133), e come tale avrebbe obbligato anche i peregrini. •  Da questa applicazione, attraverso la sua recezione nell’ambito del ius civile, si sarebbe determinata poi la c.d. transcriptio a re in personam la cui vincolatività anche per i peregrini è appunto affermata dalla scuola sabiniana, dei cui portavoce, Sabino e Cassio, Gaio riporta il pensiero.

… segue

I contratti litteris e i peregrini

•  Successivamente si sarebbe affermata anche la forma a persona in personam, ma vuoi che ormai la transcriptio si fosse attestata nel terreno del ius civile, vuoi che la trasposizione soggettiva non potesse funzionare sul terreno del ius gentium, sarebbe restata istituto solamente civilistico. •  Incurante riguardo a tutta questa evoluzione – se pure c’è stata – la scuola dei Proculiani (di cui in Gai. 3,133 Nerva sarebbe l’espressione) ritenne i nomina transcripticia indifferentemente di ius civile.

•  Gai. 3,132-133. Gai. 3,132. Per cui non è giusto dire che con i nomina dei tempi più antichi si obbligano anche i peregrini, perché ci si obbliga non con il titolo stesso, ma con la consegna del denaro; genere di obbligazione, questo, che è di ius gentium. 133. E invero giustamente ci si chiede se con i nomina transcripticia si obblighino anche i peregrini, perché questa obbligazione in un certo qual modo è di ius civile; cosa che ritenne Nerva. A Sabino invece e a Cassio sembrò se il nomen transscripticium è del tipo a re in personam obbliga anche i peregrini, se invece è del tipo a persona in personam, non li obbliga.

•  Gai. 3,132. Unde non proprie dicitur arcariis •  nominibus etiam peregrinos obligari, quia non ipso nomine, sed numeratione pecuniae obligantur; quod genus obligationis iuris gentium est. •  133. Transscripticiis •  vero nominibus an obligentur peregrini, merito quaeritur, quia quodam modo iuris civilis est talis obligatio; quod Nervae placuit. Sabino autem et Cassio visum est, si a re in personam fiat nomen transscripticium, etiam peregrinos obligari; si vero a persona in personam, non obligari.

134

Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Singrafi e chirografi •  Gai. 3,134. Praeterea litterarum obligatio fieri videtur chirografis et syngrafis, id est, si quis debere se aut daturum se scribat, ita scilicet, si eo nomine stipulatio non fiat. Quod genus obligationis proprium peregrinorum est.

•  Gai. 3,134. Inoltre la obligatio litteris si realizza nei chirografi e nelle syngrafi cioè se qualcuno scrive che deve o che darà, cioè in maniera tale (utilizzando forme tali) che non si verifichi per quel fatto una stipulatio. E questo genere di obbligazione è proprio anche dei peregrini.

Qualche esempio sull’uso della transcriptio •  La radice tematica verbale transcr* compare soltanto tre volte nel Digesto, e cioè in D. 32,41 di Scevola, sotto il lungo titolo de legatis et fideicommissis (che, com’è noto, riunisce i libri 30, 31 e 32), in D. 16,1,13 di Gaio, sotto il titolo ad senatus consultum Vellaeianum, e in D. 19,5,12 dalle epistulae di Proculo in tema de praescriptis verbis et in factum actionibus. •  Il primo, D. 32,41, che riporto solo per completezza, nulla suggerisce in tema di contratti letterali. •  Più interessanti invece al proposito gli altri due testi.

... segue: due quesiti

•  D. 32,41,9 (Scaevola l. 22 digestorum) •  •  … Quaesitum est, an legatum valeat, cum •  Publius emere velit, Gaius nolit. Respondit eum, qui fideicommissum praestari sibi velit, posse •  partem dimidiam eius agri qui legatus est petere, quamvis alter persequi nolit. Item quaesitum est, cautio, •  quae interponi debeat, secundum voluntatem, pro quota parte cuique heredum praestanda sit. Respondit pro ea •  portione, quae ex fideicommisso praestatur.

D. 32,41,9 (Scevola nel libro 22 dei digesta) Si chiede se il legato abbia valore dal momento che Publio vuol comprare, ma Gaio non vuole. Risponde che colui che vuole che gli sia riconosciuto il fedecommesso, può chiedere la metà del campo che gli è stato legato anche se l’altro non lo vuole. Ugualmente si chiede se la cautio che deve essere data si debba prestare secondo volere e per la propria parte a ciascuno degli eredi. Risponde che sia prestata per quella parte che è stabilita nel fedecommesso.

Apochae

•  Per quanto Gaio non ne parli le apochae sono state spesso inserite come parte (implicita) del suo discorso sui contratti letterali: in realtà non si tratterebbe di vere e proprie fonti in quanto le apochae (= ricevute, quietanze di pagamento) forniscono soltanto la prova dell’avvenuta obbligazione, o addirittura della sua estinzione. •  La grandissima diffusione che ebbero nell’Oriente mediterraneo (documentata efficacemente dal terzo volumetto dei Fontes di Riccobono, Baviera, Arangio Ruiz) può forse suggerire che in quel contesto possano aver avuto anche un altro, più significativo valore; ma nel diritto romano in senso rigoroso rimangono soltanto strumenti probatori.

D. 32,41 (Scaevola l. 22 digestorum)

•  D. 32,41,9 (Scaevola l. 22 digestorum) •  9. “Agri plagam, quae est in regione illa, Maeviis Publio et Gaio transcribi volo, pretio facto viri boni arbitratu et hereditati illato, duplae evictione expromissa reliquis heredibus, ita ut sub poena centum promittant eam agri plagam partemve eius ad Seium posterosve eius non perventuram quaqua ratione”.

•  D. 32,41,9 (Scevola nel libro 22 dei digesta) •  “Voglio che sia trascritta a favore dei Mevi Publio e Gaio la piana del campo che è in quella tal regione, stabilitone il prezzo sulla base di un arbitrium boni viri per inserirlo nell’asse ereditario, ma precludendo l’evizione per il doppio da parte degli altri eredi, in modo che promettano sotto pena di cento che quella piana del campo o la sua parte non perverrà mai per nessun motivo a Seio o ai suoi posteri”.

D. 16,1,13 pr. (Gai. l. 9 ad ed. prov.) •  D. 16,1,13 pr. (Gaius l. 9 ad edictum provinciale) •  Aliquando, licet alienam obligationem suscipiat mulier, non adiuvatur hoc senatus consulto: quod tum accidit, cum prima facie quidem alienam, re vera autem suam obligationem suscipiat. Ut ecce si ancilla ob pactionem libertatis expromissore dato post manumissionem id ipsum suscipiat quod expromissor debeat, aut si hereditatem emerit et aes alienum hereditarium in se transcribat, aut si pro fideiussore suo intercedat.

•  D. 16,1,13 pr. (Gaio nel libro 9 ad edictum provinciale) •  Talora, benché la donna assuma formalmente un’obbligazione altrui, non entra in gioco questo Senatoconsulto: ciò accade quando di primo acchito essa assume un’obbligazione altrui, ma in realtà sua propria. Come ecco se una schiava, dato un espromissore per il patto di libertà, dopo la manumissione assuma su di sé quello per cui è obbligato l’expromissor, ovvero se ha comprato un’eredità e ha trascritto a suo nome il prezzo (= denaro altrui, denaro da corrispondere ad altri, cioè al venditore), o ancora se presta garanzia per il suo fideiussore.

26. Litteris obligatio fit

135

Il sc. Velleiano

•  Il sc. Velleianum, emanato sulla metà del I sec. d.C., vietava alle donne di intercedere pro aliis, cioè di prendere impegni per conto di altri (garanzie personali; garanzie reali; obbligazioni in solido con altri; novazione soggettiva passiva di obbligazioni altrui; assunzione in proprio di obbligazioni altrui; ecc.), sul presupposto che tali impegni sarebbero stati assunti dalla donna con leggerezza (la sua levitas animi), senza ponderare le conseguenze. •  I negozi colpiti dal divieto rimangono validi secondo il ius civile, ma sono invalidati dal pretore tramite un’exceptio (senatusconsulti Velleiani) inserita d’ufficio nella formula. •  Conseguentemente il pretore avrebbe concesso i normali rimedi giudiziali come se non vi fosse stato l’intervento della donna, e cioè la “pristina actio” che il creditore avrebbe avuto contro il debitore liberato dalla donna (D. 16,1,8,7), o contro il terzo per il quale la donna aveva agito, come se il negozio fosse stato da lui contratto (D. 16,1,8,14).

D. 19,5,12 di Proculo •  D. 19,5,12 (Proculus l. 11 •  epistularum) •  Si vir uxori suae fundos •  vendidit et in venditione comprehensum est convenisse inter eos, si ea nupta ei esse desisset, ut eos fundos si ipse vellet, eodem pretio mulier transcriberet viro: in factum existimo iudicium esse reddendum idque et in aliis personis observandum.

D. 19,5,12 (Proculo nel libro 11 delle epistulae) Se il marito vende alla moglie dei fondi e nell’accordo è stabilito che, nell’ipotesi in cui ella cessasse di essergli moglie, quegli stessi fondi, se lui vuole, la donna li debba rivendere all’uomo allo stesso prezzo: ritengo che si debba dare un’ azione in factum come è di regola nei confronti di altre persone.

Nel Codex •  Utilizzazioni delle forme verbali dalla radice tematica transcr, transscr ricorrono (seppur rare) anche nel Codex (C. 1,2,14,10; C. 5,74,3,2; C. 7,75,3; C. 11,3,3; C. 11,25,1,1). •  Si segnalano in particolare, ma solo per completezza di discorso, la transcriptio in alium di C. 5,74,3,2; ed anche l’in te … transcriptum est di C. 7,75,3.

Gli esempi •  Gaio viene a dire che il divieto del sc. Velleiano non sarà applicabile quando l’obbligazione per la quale la donna si impegna risulta solo formalmente altrui, mentre in realtà ridonda a vantaggio della donna stessa. Fra gli esempi: •  - l’assumere su di sé gli obblighi dell’expromissor da lei stessa dato per garantire il patto relativo alla sua libertà; •  - la novazione fatta a suo nome relativamente agli obblighi di pagamento di un’eredità comprata per suo conto da altri (ha comprato un’eredità tramite un prestanome; nel codex accepti et expensi ne ha trascritto a suo nome il prezzo (= denaro altrui, denaro da corrispondere ad altri, cioè al venditore): l’espressione in se transcribat è emblematica; •  - la garanzia data al suo garante (“se presta garanzia per il suo fideiussore”).

Il caso e la transcriptio

•  Nel contratto di compravendita stipulato fra marito e moglie si innesta un patto de retrovendendo allo stesso prezzo (eodem pretio) sottoposto, quest’ultimo, ad una doppia condizione: •  1) si ea nupta ei esse desisset = se ella avesse cessato di essergli unita in matrimonio; •  2) si ipse vellet = se lui vorrà. •  Il giurista, Proculo, ritiene che la posizione di coniugio dei due contraenti, venditore e compratore, risulti sostanzialmente irrilevante, e che come nella normalità delle situazioni, in aliis personis, si possa/debba ricorrere ad un’azione in factum. •  È interessante rilevare che la retrovendita viene indicata con le parole eodem pretio mulier transcriberet viro: •  come che sia avvenuta la vendita fra il marito e la moglie, quale forma sia stata usata (ancorché il contratto di compravendita sia un contratto consensuale), la retrovendita dalla donna all’ex marito dovrebbe avvenire nelle forme di una transcriptio.

27. UN PATTO DI ANTICRESI (D. 13,7,39, Modestino nel libro 4 dei responsa)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • •

Nel Codice Civile (e … segue) Teoria (e … segue) Il testo (e … segue) Il caso Lucio Tizio o Gaio Seio? Il quesito Possibili argomentazioni del convenuto, 1 (e 2) Ulteriormente fra le parti La soluzione del giurista Cosa se ne trae

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • • • • • • • • • • • • • • •

Modestino – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA Mutuo – CONTRATTI Pegno – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI Possesso – PROPRIETÀ e … Frutti – VARIE Anticresi – VARIE Testamento – SUCCESSIONI Emptio venditio – CONTRATTI Testimoni – SUCCESSIONI Interpolazioni – VARIE Patti – VARIE Datio in solutum – VARIE Compensazione – NEGOZIO GIURIDICO Negozio – NEGOZIO GIURIDICO

27. Un patto di anticresi

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Nel Codice Civile •  Capo XXIV. Dell’anticresi •  Art. 1960 (Nozione). •  L’anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti, imputandoli agli interessi, se dovuti, e quindi al capitale. •  Art. 196 (Obblighi del creditore anticretico). •  Il creditore, se non è stato convenuto diversamente, è obbligato a pagare i tributi e i pesi annui dell’immobile ricevuto in anticresi. •  Egli ha l’obbligo di conservare, amministrare e coltivare il fondo da buon padre di famiglia. Le spese relative devono essere prelevate dai frutti. •  Il creditore, se vuole liberarsi da tali obblighi, può, in ogni tempo, restituire l’immobile al debitore purché non abbia rinunziato a tale facoltà.

Teoria •  Si tratta dunque di un contratto (un contratto consensuale con effetti obbligatori) con cui il debitore od un terzo si obbliga a consegnare al creditore un immobile a garanzia del suo credito: così il creditore percepisce i frutti del bene concesso (per un massimo di dieci anni, che è il termine legale del contratto in difetto di diversa pattuizione) imputandoli dapprima agli interessi, qualora dovuti, e infine al capitale. •  Crea in capo al creditore anticretico un diritto personale di godimento (era detto “godigodi”). •  Se oggetto del contratto è un edificio, i frutti dei quali il creditore godrà saranno costituiti dal canone di locazione (infatti, il creditore anticretico può stipulare un contratto di locazione avente ad oggetto il bene ottenuto per anticresi) o dal canone di mercato (qualora decida di abitare lui stesso l’immobile ricevuto).

Il testo

•  D. 13,7,39 (Modestinus •  l. 4 responsorum). •  Gaius Seius ob pecuniam mu-tuam fundum suum •  Lucio Titio pignori dedit: postea pactum inter eos factum est, ut creditor pignus suum in compensationem pecuniae suae certo tempore possideret: verum ante expletum tempus creditor cum suprema sua ordinaret, testamento cavit, ut alter ex filiis suis haberet eum fundum et addidit “quem de Lucio Titio emi”, cum non emisset: hoc testamentum inter ceteros signavit et Gaius Seius, qui fuit debitor.

D. 13,7,39 (Modestino nel libro 4 dei responsa). Gaio Seio diede a pegno un suo fondo a Lucio Tizio che gli aveva concesso un mutuo: poi si pattuì fra loro che il creditore possedesse per un certo tempo il suo pegno a compensazione del suo credito: prima che si esaurisse il tempo stabilito, il creditore, nel definire le sue volontà, nel testamento, scrisse che l’uno dei due figli avesse quel fondo, e aggiunse: “quello che ho comprato da Lucio Tizio”, quando invece non lo aveva affatto comprato: fra gli altri sottoscrisse il testamento anche Gaio Seio che era il debitore.

... segue

•  Art. 1962 (Durata dell’anticresi). •  L’anticresi dura finché il creditore sia stato interamente soddisfatto del suo credito, anche se il credito o l’immobile dato in anticresi sia divisibile, salvo che sia stata stabilita la durata. •  In ogni caso l’anticresi non può avere una durata superiore a dieci anni. •  Se è stato stipulato un termine maggiore, questo si riduce al termine suddetto. •  Art. 1963 (Divieto del patto commissorio). •  È nullo qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, con cui si conviene che la proprietà dell’immobile passi al creditore nel caso di mancato pagamento del debito. •  Art. 1964 (Compensazione dei frutti con gli interessi). •  Salva la disposizione dell’articolo 1448, è valido il patto col quale le parti convengono che i frutti si compensino con gli interessi in tutto o in parte. In tal caso il debitore può in ogni tempo estinguere il suo debito e rientrare nel possesso dell’immobile.

... segue

•  L’anticresi rappresenta un diritto derivante da un contratto e a sua volta dunque produce un rapporto obbligatorio. •  L’origine dell’anticresi (la cui denominazione denuncia la derivazione greco-ellenistica) si deve forse all’esigenza di “recuperare” a favore del creditore richiedente una garanzia certe possibilità che l’ipoteca non offre. •  Infatti l’ipoteca non vuole che il possesso del bene immobile passi al creditore: anzi, di regola il possesso resta in capo al debitore, che gode anche dei frutti del bene ipotecato. •  Inoltre, l’ipoteca è una causa di prelazione, che attribuisce al creditore ipotecario una posizione di privilegio rispetto agli altri creditori, consistente nella possibilità di soddisfarsi con preferenza sul ricavato della vendita del bene sottoposto a garanzia.

Il testo (segue) •  … quaero, an ex hoc quod signavit praeiudicium aliquod sibi fecerit, cum nullum instrumentum venditionis proferatur, sed solum pactum, ut creditor certi temporis fructus caperet. •  Herennius Modestinus respondit contractui pignoris non obesse, quod debitor testamentum creditoris, in quo se emisse pignus expressit, signasse proponitur.

•  … chiedo, se per il fatto di aver sottoscritto si sia arrecato pregiudizio, dal momento che non viene presentato nessun documento di vendita, ma solo il patto che il creditore facesse suoi i frutti per un certo periodo. •  Erennio Modestino rispose che al contratto di pegno non osta ciò che il debitore racconta, cioè che lui stesso ha firmato il testamento del creditore nel quale aveva scritto chiaramente di aver comprato il pegno.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il caso •  Lucio Tizio concede a Caio Seio un mutuo di tot sesterzi: come garanzia Caio Seio dà in pegno a Lucio Tizio un suo fondo. •  Successivamente fra i due si pattuisce che Lucio Tizio possa godere il pieno possesso del fondo per un certo tempo e che ne tragga i frutti come compenso per il debito; viene pertanto stipulato un patto di antichresis. •  Prima dello scadere del tempo pattuito il creditore che ha il possesso del fondo, venendo a morte, lascia a uno dei due figli il fondo, scrivendo nel proprio testamento “quello che ho comprato da Gaio Seio”. •  Fra i testimoni che sottoscrivono il testamento risulta lo stesso Gaio Seio (che non aveva affatto venduto il fondo e che ne è ancora il proprietario).

Il quesito

Lucio Tizio o Gaio Seio ? •  Il testo riporta la clausola testamentaria come se dicesse letteralmente “quem de Lucio Titio emi”: si ritiene che il nome Lucio Tizio (che dalla prospettazione del caso sarebbe il creditore) derivi da un errore, in luogo del debitore Gaio Seio, proprietario del fondo (MANIGK). L’errore sarebbe dovuto ad uno dei tanti rischi di interpolazione che si devono tenere in conto di fronte alle fonti antiche.

Possibili argomentazioni delle parti, 1

•  “… chiedo, se per il fatto di aver sottoscritto si sia arrecato pregiudizio, dal momento che non viene presentato nessun documento di vendita, ma solo il patto che il creditore facesse suoi i frutti per un certo periodo”. •  Il quesito proposto al giurista non è, di certo, un quesito astratto, ma nasce da una contestazione concreta che logicamente avrà avuto come parti contrapposte da un lato il figlio del creditore Lucio Tizio, forte della disposizione testamentaria che gli lasciava “quem … emi”, dall’altra il Gaio Seio debitore •  - che aveva dato il fondo a pegno a Lucio Tizio, •  - che aveva stabilito un patto di anticresi su di esso a favore del suo creditore, •  - e che aveva poi sottoscritto incautamente il testamento dello stesso.

•  IL FIGLIO ED EREDE DI LUCIO TIZIO •  È evidente che sottoscrivendo quale testimone un testamento in cui il testatore dichiarava di aver comperato il fondo da Gaio Seio, lo stesso Gaio Seio dimostra di riconoscere come corrispondente a verità quanto nel documento è affermato, ivi compresa la vendita del fondo. •  D’altra parte se (come è presumibile) il suo debito, quello per il quale il fondo era stato dato in garanzia, era ingente, un successivo trasferimento in proprietà del fondo stesso potrebbe essere visto anche come una datio in solutum.

Possibili argomentazioni delle parti, 2

Ulteriormente fra le parti

•  GAIO SEIO (debitore) •  Il debitore Gaio Seio potrebbe obiettare che gli accordi presi con Lucio Tizio prevedevano soltanto che lo stesso Lucio Tizio (e dunque il suo erede) avesse il possesso del fondo per un determinato periodo di tempo, affinché con l’acquisto dei frutti si estinguesse il debito per compensazione. •  Sottoscrivendo il testamento non si voleva assolutamente modificare gli accordi stabiliti con il contratto di pegno e con il successivo patto; nè si voleva disporre per una datio in solutum.

•  IL FIGLIO ED EREDE DI LUCIO TIZIO •  Non può negarsi che Gaio Seio abbia firmato il testamento in cui Lucio Tizio diceva incidentalmente di aver comprato il fondo e ne disponeva di conseguenza. La sottoscrizione del testamento come testimone deve avere un certo valore, quello di attestare la veridicità dell’atto e del suo contenuto: e questa sua firma equivarrebbe ad attestazione della sua stessa volontà. •  GAIO SEIO (debitore) •  Il debitore Gaio Seio potrebbe obiettare che la sottoscrizione vale solo a dimostrare la provenienza dell’atto dal testatore, non a verificarne il contenuto (della cui corrispondenza a realtà i testimoni sono in gran parte all’oscuro). •  Essa non integra una manifestazione di volontà, ma solo un atto di testimonianza: non vale dunque a comprovare un atto che è altro rispetto alle ultime volontà del testatore, né, tanto meno, a costituirlo.

27. Un patto di anticresi

La soluzione del giurista •  “Erennio Modestino rispose che al contratto di pegno non osta ciò che il debitore racconta, cioè che lui stesso ha firmato il testamento del creditore nel quale aveva scritto chiaramente di aver comprato il pegno”. •  Il fondo pertanto resterà all’erede solo per il tempo convenuto nei patti aggiunti al pegno (il patto di anticresi) e ai fini dell’estinzione del debito: la proprietà resterà viceversa del debitore.

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Cosa se ne trae •  In termini abbastanza laconici Modestino afferma che la avvenuta sottoscrizione di un testamento in cui si diceva che il fondo era stato venduto, non va a mutare quelli che erano gli accordi conclusi in occasione del contratto di pegno. •  Risulta pertanto evidente che la sottoscrizione quale testimone di un testamento non configura un atto negoziale, non è cioè una manifestazione di volontà produttiva di effetti giuridici: si tratta soltanto di un atto giuridico con valore ricognitivo.

28. IL MERCANTE DI SEGALE (D. 47,2,52,11 di Ulpiano)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • •

Il testo Il caso Formula dell’actio empti “quisquis nomine eius siligem petisset” Possibile replica del venditore ad un’azione intentata contro di lui • La soluzione del giurista: ancora il testo • La soluzione del giurista, 1 (e 2)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Labeone – GIURISTI e … • Compravendita – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Rappresentanza – NEGOZIO GIURIDICO • Mandato – CONTRATTI • Periculum est emptoris – CONTRATTI • Furto – DELITTI • Possesso – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Falso rappresentante – VARIE

28. Il mercante di segale

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Il testo

•  D. 47,2,52,11 (Ulpiano nel libro 37 ad edictum). •  D. 47,2,52,11 (Ulpianus l. 37 ad •  In Labeone si trova scritto che, edictum). se uno dicesse ad un mercante di •  Apud Labeonem segale di consegnare la merce relatum est, si appena acquistata a colui che siliginario quis dixerit, ut quisquis nomine eius gliene facesse richiesta a suo siliginem petisset, ei nome, e un tale che passava daret, et quidam ex avendolo udito, la chiese a suo transeuntibus cum nome e l’ebbe: al mercante di audisset, petiit eius nomine et accepit: furti segale compete l’actio furti actionem adversus contro colui che ha preso la eum, qui suppetet, segale, non a me: infatti il siliginario competere, mercante non ha portato a non mihi: non enim mihi negotium, sed sibi termine un negozio per me, ma siliginarius gessit. per se stesso.

Formula dell’actio empti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

Possibile replica del venditore ad un’azione intentata contro di lui •  È principio generale della compravendita che periculum est emptoris, cioè che il rischio dell’eventuale perimento della cosa ricada sul compratore. •  Il furto della segale avvenuto a seguito della consegna nelle mani di colui che si è detto autorizzato senza esserlo rientra dunque nei casi ipotizzati dal principio suddetto. •  D’altra parte il venditore potrebbe anche dire di aver consegnato la merce a colui che si era presentato a richiederla a suo nome (del compratore) come era negli accordi, dal momento che negli stessi accordi tale persona non era stata identificata precisamente ma genericamente come quisquis nomine eius siliginem petisset: la generica indicazione avrebbe valore liberatorio per il venditore.

Il caso •  Un tale acquista da un mercante di segale una certa quantità del cereale lasciandolo nelle mani del venditore con l’accordo che sia consegnato alla persona che si presenterà a tal fine, mandata dallo stesso acquirente. •  Un passante, udita tutta la conversazione, si presenta al venditore fingendosi mandato dal compratore: il venditore in perfetta buona fede gli consegna la merce. •  Il compratore intenta contro il venditore un’actio empti per inadempimento dell’obbligazione di consegnare la cosa venduta che grava appunto sul venditore.

“quisquis nomine eius siliginem petisset” •  L’impegno di ritirare la merce non può certo dirsi un affare: potrebbe dunque essere improprio un ricorso alla disciplina della rappresentanza, tuttavia le parole usate da Ulpiano, il nomine eius, il mihi negotium gerere e il sibi negotium gerere, fanno pensare alla consegna come ad un atto di autonoma importanza, a seguito del quale sarebbe stato possibile all’acquirente esperire un’ actio mandati contro colui che si è presentato a ritirare la merce, se solo quest’ultimo ne avesse effettivamente avuto l’incarico e non lo avesse invece solamente finto.

La soluzione del giurista: ancora il testo •  D. 47,2,52,11 •  D. 47,2,52,11 (Ulpiano nel (Ulpianus l. 37 ad libro 37 ad edictum). edictum). •  … al mercante di segale •  … furti actionem compete l’actio furti contro adversus eum, qui colui che ha preso la segale, suppetet, siliginario non a me: infatti il mercante competere, non mihi: non ha portato a termine un non enim mihi negonegozio per me, ma per se tium, sed sibi stesso. siliginarius gessit.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

La soluzione del giurista, 1 •  La compravendita comporta a carico del venditore un obbligo di consegna della merce che, se non fa acquistare la proprietà su di essa, determina tuttavia un possesso a favore dell’acquirente convertibile in proprietà per usucapione (in base al titolo pro emptore). •  Pertanto la consegna effettuata nelle mani di un falso rappresentante non comporta l’habere licere del creditore, che è contenuto dell’obbligazione del venditore, e non lo libera. •  E poiché la consegna rappresentava l’adempimento dell’obbligo derivante dalla compravendita, correttamente Ulpiano dice che il mercante ha portato a termine un negozio per se stesso.

La soluzione del giurista, 2 •  Ne consegue che il compratore può sempre rivolgersi al venditore esigendo da lui l’adempimento dei propri obblighi. •  Ciò determina un interesse del venditore (il mercante di segale) nei confronti della cosa per essere tuttora obbligato alla consegna. •  E tale interesse lo legittima all’esperimento dell’actio furti contro il ladro.

29. UNA LEX COMMISSORIA (D. 18,3,2 di Pomponio, dai libri ad Sabinum)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • •

Il testo Il caso: lex commissoria Formula dell’actio venditi Possibile motivo di lite e argomentazioni delle parti • Il parere del giurista Pomponio • Il ragionamento per assurdo (e … segue 1, e 2, e 3)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Pomponio – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Compravendita – CONTRATTI • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Lex commissoria – NEGOZIO GIURIDICO • Periculum est emptoris – CONTRATTI

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Il testo

§  D. 18,3,2 (Pomponius l.§  35 ad Sabinum). §  Cum venditor fundi in §  lege ita caverit: “si ad diem pecunia soluta non sit, ut fundus inemptus sit”, ita accipitur inemptus esse fundus, si venditor inemptum eum esse velit, quia id venditoris causa caveretur: nam si aliter acciperetur, exusta villa in potestate emptoris futurum, ut non dando pecuniam inemptum faceret fundum, qui eius periculo fuisset.

D. 18,3,2 (Pomponio nel libro 35 ad Sabinum) La clausola inserita dal venditore nella vendita di un fondo “se il prezzo non verrà pagato nel termine stabilito il fondo si considererà come non comprato”, va intesa nel senso che il fondo dovrà considerarsi non comprato se così vorrà il venditore giacché questa clausola è stabilita nel suo interesse: intendendola diversamente, nel caso di incendio della casa colonica dipenderebbe dal compratore considerare il fondo come non comprato evitando di pagarne il prezzo e sottraendosi così al rischio del perimento.

Formula dell’actio venditi •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio hominem (rem) vendidit, •  quo de agitur •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha venduto lo schiavo (la cosa) a Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

Il parere del giurista Pomponio a)  La clausola in questione va interpretata come apposta nell’interesse del venditore, e quindi solo il venditore in quanto tale può avvalersene, quando e se lo ritenga opportuno. b)  Infatti se si considerasse la clausola come apposta anche nell’interesse del compratore (o addirittura nel suo solo interesse) si potrebbe arrivare a conseguenze assurde (dimostrazione per assurdo).

Il caso: lex commissoria Un tale vende un fondo stabilendo nell’atto di vendita la seguente clausola: “Se il prezzo non verrà pagato nel termine stabilito (per esempio entro tre mesi) il fondo si considererà come non comprato”. Ipotizziamo che il compratore, avendo trovato un fondo più appetibile, e, pensando di potersi avvalere della clausola, lasci trascorrere i tre mesi senza pagare il prezzo, ed anzi proceda all’acquisto dell’altro fondo. Dopo un certo tempo il venditore, lo chiama in giudizio per l’inadempimento consistente nel mancato pagamento del prezzo. L’azione da esperire è dunque l’ actio venditi.

Possibile motivo di lite e argomentazioni delle parti •  Si deve ipotizzare che a fronte della pretesa del venditore-attore (che la vendita del fondo si è conclusa consensualmente al momento dell’accordo e che, in ottemperanza al suo obbligo, lui stesso ha tenuto il fondo a disposizione dell’acquirente), •  il compratore convenuto abbia replicato che essendo trascorso il tempo previsto dalla clausola contrattuale (lex commissoria) “che se il prezzo non verrà pagato nei termini il fondo si deve considerare come non comprato”, e per l’appunto non avendo lui pagato, perché convinto di avvalersi della clausola stessa, il venditore non può vantare alcun diritto.

Il ragionamento per assurdo

Un esempio è dato dal caso seguente •  Ammettiamo che la lex commissoria possa valere anche a favore del compratore. •  Tizio vende a Caio il fondo con casa colonica stabilendo nell’atto di vendita la clausola in questione: “Se il prezzo non verrà pagato nel termine stabilito (per esempio entro tre mesi) il fondo si considererà come non comprato”. •  Prima che il prezzo sia pagato e comunque prima dei tre mesi stabiliti la casa va a fuoco. •  Il compratore si avvale della clausola, e non paga. Tale conseguenza è ASSURDA, abnorme, confligge con tutti i criteri della logica giuridica: in tal modo infatti non solo sono lesi gli interessi del venditore, ma, inoltre, il compratore aggira un principio basilare della compravendita che è quello che si esprime nella massima periculum est emptoris. e poiché il risultato non può/non deve essere assurdo, si dovranno cambiare le premesse.

29. Una lex commissoria

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... segue •  La dimostrazione per assurdo (per cui si usa anche la locuzione latina reductio ad absurdum) è un tipo di argomentazione logica in cui si assume temporaneamente un’ipotesi, si giunge a un risultato assurdo, e quindi si conclude che l’assunzione originale deve essere errata, siccome ha condotto a tale risultato assurdo. •  È nota anche come ragionamento per assurdo. Fa uso del principio del terzo escluso (tertium non datur): un enunciato che non può essere falso, deve essere vero. •  Consiste in pratica nel provare la verità della tesi mostrando che la sua negazione porta necessariamente a una contraddizione.

... segue •  La sua applicazione più rigorosa ed efficace si ha in ambito matematico. •  Nella dimostrazione per assurdo, dovendosi dimostrare che una certa tesi T è vera, si assume invece che sia vera l’antitesi, cioè il contrario della tesi. Di qui si deduce una serie di conseguenze contraddittorie o errate. E poiché queste conseguenze sono errate, ne risulta che sono errate le premesse a partire dalle quali sono ricavate, in particolare l’antitesi.

... segue

•  Il procedimento di dimostrazione per assurdo (reductio ad absurdum) era già conosciuto da Pitagora (VI-V sec. a.C.). •  Parmenide e il suo discepolo Zenone (entrambi del V sec. a.C.) vi fecero abbondantemente ricorso: il primo per dimostrare l’immutabilità, l’immobilità, l’indivisibilità e l’unicità dell’essere e pervenire alla conclusione che la realtà può essere colta soltanto attraverso la riflessione razionale; il secondo per dimostrare ulteriormente l’immobilità e l’indivisibilità con i suoi famosi paradossi. •  Vi fece ricorso Aristotele (IV sec. a.C.), per confutare le posizioni filosofiche contrarie al suo sistema di pensiero. •  Secoli dopo, Galileo utilizzerà ancora la dimostrazione per assurdo – nel suo Dialogo sui massimi sistemi (1632) –, questa volta per confutare le posizioni degli aristotelici. •  Infine, tutta la discussione sulle antinomie che Kant sviluppa nella sua Critica della ragion pura (1781) si basa sul procedimento di dimostrazione per assurdo.

30. IN LEGE EMPTIONIS DICTUM EST (D. 19,1,13,14)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso: compravendita e dolo Il parere di Nerazio Il parere di Ulpiano Passaggi del ragionamento del giurista Si può parlare di dolo? Il ricorso all’actio empti Formula dell’actio empti Esito della vicenda Se invece non si può riscontrare dolo … Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt (e ... segue) • “quia dolo fecit nec dolus purgatur” • Formula dell’actio doli

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Ulpiano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Compravendita – CONTRATTI • Alluvione – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Nerazio – GIURISTI e … • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • Responsabilità precontrattuale – CONTRATTI • Art. 2934 c.c. – VARIE • La condanna nel diritto romano – PROCESSO

30. In lege emptionis dictum est

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Il testo

Il caso: compravendita e dolo

§  D. 19,1,13,4 (Ulpianus §  D. 19,1,13,14 (Ulpiano nel libro 32 l. 32 ad edictum) ad edictum) §  Si Titius fundum, in quo §  Se Tizio ha venduto un fondo nonaginta iugera erant, dell’estensione di novanta iugeri vendiderit et in lege dichiarandosi nel contratto che era di emptionis dictum est in cento, quand’anche, prima che ne fundo centum esse iugera fosse denunciata la misura, si siano et antequam modus accresciuti dieci iugeri per alluvione, io manifestetur, decem ritengo giusta l’opinione di Nerazio, il iugera alluvione adcreverint, placet mihi quale pensa che, se ha fatta la vendita Neratii sententia in quel modo consapevolmente, existimantis, ut, si compete contro di lui l’azione per la quidem sciens vendidit, compera (actio ex empto) anche se si ex empto actio competat sono poi aggiunti i dieci iugeri di adversus eum, quamvis differenza, per la ragione che ha decem iugera adcreverint, commesso dolo, e il dolo non si sana; quia dolo fecit nec dolus se invece ha venduto il fondo non purgatur: si vero ignorans sapendo che la misura era diversa, non vendidit, ex empto compete contro di lui l’actio ex empto. actionem non competere.

•  Fra due soggetti è stato stipulato un contratto di compravendita relativa ad un fondo di una certa estensione (per es. di 90 iugeri). •  Nel contratto il venditore ha dichiarato che l’estensione del fondo era di 100 iugeri. •  Prima che il compratore abbia provveduto a misurare il campo, e abbia così verificato che l’estensione dichiarata dal venditore non corrisponde a quella effettiva del campo, e magari abbia provveduto a farne denuncia adeguata al pretore chiedendo una tutela giudiziale… … le piogge torrenziali di un rigido autunno (una vera e propria alluvione) comportano un incremento al fondo (per es. per una larga frana dal greppo superiore; oppure un tratto di terreno portato alla deriva dall’impeto delle acque del fiume e fermatosi sulla riva in corrispondenza del fondo, ecc.): tale incremento è pari a 10 iugeri, giusto la differenza fra la misura dichiarata dal venditore all’atto della vendita e la misura effettiva.

Il parere di Nerazio - il parere di Ulpiano

Passaggi del ragionamento del giurista

Ulpiano dice:

§  … io ritengo giusta l’opinione di Nerazio, il quale pensa che, se ha fatta la vendita in quel modo consapevolmente, certo compete contro di lui l’azione per la compera (actio ex empto) anche se si sono poi aggiunti i dieci iugeri di differenza, per la ragione che ha commesso dolo, e il dolo non si sana;

§  se invece ha venduto il fondo non sapendo che la misura era diversa, non compete contro di lui l’actio ex empto.

Si può parlare di dolo? •  Nerazio (e sulla sua scia Ulpiano) ritengono che il comportamento del venditore che, conoscendo perfettamente l’esatta estensione del fondo, ha tuttavia dichiarato un’estensione maggiore per convincere il compratore all’acquisto, possa essere configurato come dolo (quia dolo fecit nec dolus purgatur). •  Il venditore in tal caso sarà ritenuto giudizialmente responsabile.

•  La esplicita dichiarazione del venditore al momento dell’accordo è stata effettivamente determinante per il convincimento dell’acquirente (quali che fossero le sue ragioni). Su questa premessa: •  - se il venditore sapeva perfettamente l’esatta estensione del fondo, e ha dichiarato cosa non veritiera per convincere l’altro all’acquisto, il suo comportamento può essere configurato come dolo, e lui stesso sarà ritenuto giudizialmente responsabile (compete contro di lui l’actio ex empto); •  - se invece il venditore non sapeva che il fondo avesse un’estensione inferiore a quella dichiarata, il suo comportamento non è sanzionabile, e lui stesso non sarà ritenuto giudizialmente responsabile (non compete contro di lui l’actio ex empto).

Il ricorso all’actio empti •  Certamente in ragione della stessa premessa (che la dichiarazione circa l’estensione fatta al momento dell’accordo è stata determinante per il convincimento dell’acquirente), il comportamento del venditore costituisce anche violazione degli obblighi di buona fede che sono alla base del contratto di compravendita. •  Trattandosi di violazione della correttezza che si esige nel contratto di compravendita, potrà essere esperita la normale azione contrattuale che è l’actio ex empto o actio empti. •  Pertanto, pur parlandosi di dolo del venditore, non è data contro di lui l’actio doli che ha carattere solo sussidiario.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula dell’actio empti •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

Se invece non si può riscontrare dolo ... •  Dice Ulpiano (forse ancora seguendo l’opinione di Nerazio): “se invece ha venduto il fondo non sapendo che la misura era diversa, non compete contro di lui l’actio ex empto”. •  E dunque: se taluno ha comprato un fondo di estensione minore rispetto a quella stabilita consensualmente fra le parti, se non c’è un dolo del venditore il compratore non ha mezzi di tutela?

… segue •  Tale regola, come si evince dall’art. 2934 c.c., è passata nella nostra legislazione: a norma del 1° comma ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. •  Il principio espresso dal brocardo sottolinea il primato dell’iniziativa di parte nella tutela dei propri diritti che sta alla base dei sistemi democratico-liberali, ed assume particolare rilievo negli ordinamenti, come quello italiano, che prevedono specifiche decadenze per esempio nel corso dell’iter processuale (in specie per quanto riguarda il processo civile).

Esito della vicenda •  È ipotizzabile che il giudice accolga l’interpretazione del giurista circa la correttezza necessaria nelle trattative fra le parti di un contratto di compravendita e conseguentemente dia ragione al compratore pronunziando una sentenza di condanna nei confronti del venditore.

Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt •  Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt è un brocardo latino che tradotto letteralmente significa che il diritto viene in soccorso di coloro che restano vigili, non di coloro che dormono. •  Significa che per vedere effettivamente ed efficacemente tutelati i propri diritti non è sufficiente avere la legge dalla propria parte: è anche necessario che l’interessato si attivi prontamente per difenderli. L’ordinamento giuridico, mentre da un lato “soccorre” coloro i quali fanno uso dei propri diritti, dall’altro si disinteressa di chi trascura totalmente di esercitarli.

“quia dolo fecit nec dolus purgatur” •  Ma di cosa parla Ulpiano nel libro 32 ad edictum? •  Sulla base di tutti i testi del Digesto che nell’inscriptio presentano questa derivazione la Palingenesi del LENEL propone un titolo generale de bonae fidei contractibus dove in particolare considera le ampie possibilità di rilevare e valutare le circostanze del caso (compreso il dolo delle parti) che sono offerte al giudice dalla clausola ex fide bona prevista nella formula delle azioni relative. •  Il dolo c’è stato e il dolo – dice Ulpiano – “non si purga”: pertanto è forse ipotizzabile, in questo caso, che, in mancanza di altra azione di tutela (si noti che Ulpiano sottolinea che è l’actio empti che non compete) si possa ricorrere all’actio doli.

30. In lege emptionis dictum est

Formula dell’actio doli •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret dolo malo Numerii Negidii factum esse ut Aulus Agerius fundum tot iugeribus emisset, •  neque plus quam annus est cum experiundi potestas fiat, •  neque ea res arbitrio iudicis restituetur, •  quanti ea res erit, tantam pecuniam, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulta che, per dolo di Numerio Negidio, Aulo Agerio ha comperato il fondo di tot iugeri, •  e non è trascorso l’anno da questo fatto, •  e la cosa (il fondo nella sua estensione concordata) non viene restituita ad Aulo Agerio su arbitrato del giudice, •  per quanto è il valore della cosa, a questo in denaro tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo dovrai assolvere.

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31. VENDITA? O LOCAZIONE? (Giavoleno dal libro 5 ex posterioribus Labeonis, D. 18,1,79)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso Il parere di Labeone e di Trebazio Il parere di Giavoleno, 1 Formula dell’actio venditi Formula dell’actio empti Ea lege vendisti (e ... segue) Leges venditionis Leges locationis Leges contractus Il parere di Giavoleno, 1 (e ... segue) Commento Il parere di Giavoleno, 2 (e ... segue)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Giavoleno – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Emptio venditio – CONTRATTI • Locatio conductio – CONTRATTI • Labeone – GIURISTI e … • Trebazio – GIURISTI e … • Patti – CONTRATTI • Contrahere e contractus – CONTRATTI • Contratti innominati – CONTRATTI • Praescriptio – PROCESSO • Contratto misto – VARIE • Elementi essenziali particolari: prezzo – VARIE

31. Vendita? O locazione?

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Il testo

•  D. 18,1,79 (Iavolenus l. •  D. 18,1,79 (Giavoleno nel libro 5 ex 5 ex posterioribus posterioribus Labeonis). Labeonis). •  Fundi partem dimidiam •  Hai venduto la metà di un fondo con il ea lege vendidisti, ut patto che il compratore prendesse in emptor alteram partem, affitto per dieci anni a una somma quam retinebas, annis determinata l’altra metà che avevi decem certa pecunia in conservato. Labeone e Trebazio negano annos singulos conductam habeat. Labeo che si possa agire con l’azione nascente et Trebatius negant posse dalla vendita per l’adempimento di ciò ex vendito agi, ut id quod che si era convenuto. Io sono dell’avviso convenerit fiat. ego contrario, purché tu abbia venduto il contra puto, si modo fondo ad un prezzo più basso al fine che ideo vilius fundum ti fosse prestata la conduzione: il fatto vendidisti, ut haec tibi conductio praestaretur: invero che il fondo sia stato venduto con nam hoc ipsum pretium quel patto fa sì che la stessa prestazione fundi videretur, quod eo della conduzione appaia parte del prezzo. pacto venditus fuerat: E questa è la soluzione che accettiamo. eoque iure utimur.

Il parere di Labeone e di Trebazio •  Il giurista, Giavoleno, è laconico nel riferire il parere di Labeone e di Trebazio: “Labeone e Trebazio negano che si possa agire con l’azione nascente dalla vendita per l’adempimento di ciò che si era convenuto”. •  Difficile, pertanto, la ricostruzione delle motivazioni di questa opinione. •  Probabilmente i due giuristi antichi hanno considerato che un conto è la compravendita, che comporta obbligazioni tipiche tutelabili con le azioni tipiche della compravendita; altro conto è il patto stabilito fra le parti, che non condiziona la compravendita ma rappresenta una mera modalità della stessa. •  Il patto in sé non produce azione.

(Formula dell’actio empti) •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius de Numerio Negidio hominem (rem) emit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poichè Aulo Agerio (l’attore) ha comperato lo schiavo (la cosa) da Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

Il caso •  Un tale vuole comprare un tratto di terreno, nel quale, per esempio, dovrebbe costruire la casa. •  Il proprietario consente a vendergli quel terreno (che è parte di un più ampio fondo) a patto che l’acquirente gli prenda in affitto (per esempio a scopo agricolo) l’altra parte del fondo stesso. •  Ottenuto il terreno il compratore, in barba agli accordi, non paga la merx stabilita per l’affitto, negando, evidentemente, che si sia stipulato un separato contratto di locazione. •  Il venditore si rivolge al giurista per sapere se possa agire contro il compratore per inadempimento delle modalità pattuite nel contratto di compravendita.

Formula dell’actio venditi •  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Aulus Agerius Numerio Negidio hominem (rem) vendidit, •  quo de agitur, •  quidquid ob eam rem Numerium Negidium Aulo Agerio dare facere oportere ex fide bona, •  eius iudex Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condamnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice Caio Aquilio. •  Poiché Aulo Agerio (l’attore) ha venduto lo schiavo (la cosa) a Numerio Negidio (il convenuto), •  per la qual cosa si è attualmente in contesa, •  tutto quello che in base alla buona fede il convenuto deve dare o fare nei confronti dell’attore, •  a questo tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio verso Aulo Agerio. •  Se risulterà altrimenti lo assolverai.

ea lege vendidisti

•  Molti sono i casi particolari illustrati dalle fonti in cui accanto e a lato di un rapporto contrattuale tipico o, comunque, di una situazione giuridica tipizzata, si colloca, a maggior sicurezza delle parti, una dichiarazione indicata come lex, a sottolinearne la vincolatività. •  Si tratta di dichiarazioni effettuate all’atto della vendita, della locazione, o comunque all’atto della stipula contrattuale, di clausole che integrano e specificano la volontà tipica di comprare e vendere, di locare e condurre, etc., che, dunque, “costruiscono” il contratto nella sua individualità concreta. Non assumono una rilevanza propria: invero l’inosservanza di quanto in esse espresso viene a costituire una inosservanza contrattuale, sanzionata tramite l’azione contrattuale (valga per tutte l’affermazione di 19.2.15.1, Ulp. l. 32 ad ed., ... si quid in lege conductionis convenit, si hoc non praestatur, ex conducto agetur).

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

… segue •  Per la maggior parte si tratta, come si può constatare, di clausole di riserva con cui all’atto della vendita o all’atto della locazione il venditore o rispettivamente il locatore nel conferire alla controparte i poteri contrattuali sulla cosa si trattiene, per esempio, il diritto di servitù sulla stessa, o un usufrutto, o parte della cosa o comunque stabilisce un qualche limite (ovvero una qualche direzione predeterminata) ai poteri trasferiti.

Leges locationis

•  - Diverse sono anche le testimonianze relative ad una una lex locationis: D. 17,2,77 di Paolo; D. 19,2,9,3 di Ulpiano; D. 19,2,24 pr. ancora di Paolo; D. 19,2,29 di Alfeno; D. 19,2,61 pr. di Scevola; D. 43,9,1 pr. di Ulpiano; D. 43,9,1,3 di Ulpiano; D. 43,18,1 pr. di Ulpiano; in D. 50,8,3,2 Ulpiano accenna ad una lex conductionis e ad una lex conductionis fa cenno anche in D. 19,2,15,1. •  Per esempio la lex locationis di D. 17,2,77 (qui come altrove) prevede la possibilità di ricorso all’arbitrium locatoris per la determinazione di qualche modalità del contratto; •  con lex locationis possono essere disposte eventuali deduzioni in sede di locazione di un fondo (D. 19,2,29) •  o le limitazioni al godimento stabilite all’atto del contratto (per tutti D. 43,9,1 pr. e nel § 3 o D. 43,18,1 pr.); •  con lex locationis si può chiarire la determinazione dei comportamenti consentiti e di quelli vietati nella conduzione (D. 19,2,9,3), ecc.

Il parere di Giavoleno, 1

•  Giavoleno si permette di dissentire: “Io sono dell’avviso contrario …”, ma pone delle precisazioni: •  - se il venditore ha stabilito un prezzo pari al valore di stima del fondo (o addirittura maggiore) … va seguita l’opinione di Labeone e Trebazio, e non sarà concessa l’actio ex vendito: la differenza relativa ai valori economici permette di considerare i due rapporti, di compravendita e di locazione, come assolutamente autonomi l’uno rispetto all’altro, e l’uno contrattualmente deciso, l’altro solo pattuito -

Leges venditionis

•  - Diverse sono le testimonianze delle fonti circa una lex venditionis: D. 18,1,33 di Pomponio; D. 18,1,72,1 di Papiniano; D. 18,1,60 di Marcello; D. 18,7,6 pr. ancora di Papiniano; D. 19,1,17,6 di Ulpiano; D. 19,1,53,2 di Labeone (a Paulo epitomato); D. 37,14,7 pr. di Modestino; D. 40,1,23 di Paolo; in D. 19,1,13,14 di Ulpiano si parla di una lex emptionis: •  e si va dalla previsione delle servitù nella compravendita di un fondo (un es. per tutti: D. 18,1,33) •  alle precisazioni, anche quantitative circa ciò che è venduto, il fondo, o le scorte in esso ricomprese (D. 18,1,60), •  dalla precisazione “si quid sacri aut religiosi aut publici est, eius nihil venit” di D. 18,1,72,1 •  alle riserve in occasione di vendita di schiavi (per es. ne … manumitteretur neve prostituatur: D. 18,7,6 pr.) •  alla specificazione di D. 18,7,1, in tema di vendita dello schiavo con obbligo di farlo rimanere a Roma; ecc.

Leges contractus •  D. 20,5,10 di Paolo accenna ad una lex pignoris, così come ad una lex pignoris si richiama Scevola in 31,89,4. •  Più genericamente di lex contractus (ma il contratto sotteso è, seppur discusso, un deposito: quid est enim aliud commendare quam deponere?) si dice in D. 16,3,24.

… segue •  - se il venditore ha stabilito un prezzo più basso del valore di stima del fondo al fine che gli fosse prestata la conduzione … l’opinione di Labeone e Trebazio non può più essere seguita, perché la precisazione relativa al prezzo permette di considerare i due rapporti, l’uno, la locazione, come parte integrante dell’altro: “il fatto invero che il fondo sia stato venduto con quel patto fa sì che la stessa prestazione della conduzione appaia parte del prezzo”. Pertanto sarà concessa l’actio ex vendito.

31. Vendita? O locazione?

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Commento •  Ora. Non si può pensare al meccanismo che consente di usufruire della normale tutela pretoria offerta dal magistrato per i patti (in ragione del principio per cui pacta sunt servanda) che è l’eccezione. •  Infatti l’eccezione è la reazione di un convenuto, e nel caso non è stata intentata nessuna azione. •  Pertanto l’unica possibilità di dare una tutela al venditore, e una tutela che sia attivabile a sua iniziativa (cioè un’azione) è quella di interpretare il patto intervenuto fra le parti come espressione delle modalità della compravendita, per cui l’inottemperanza possa valutarsi come inadempimento contrattuale. •  E ciò è possibile soltanto se la merx stabilita è uguale o inferiore al prezzo della compravendita.

… segue

•  Viceversa Giavoleno sembra qui superare quello che viene di solito considerato dalla dottrina un limite insuperabile nella compravendita, limite rispettato da Labeone e Trebazio; si ritiene infatti che nella compravendita romana il prezzo non potesse che essere costituito da una quantità certa di denaro, mentre Giavoleno sembra pensare a un prezzo costituito in parte da denaro e in parte dall’assunzione dell’obbligo a contrarre una locazione.

Il parere di Giavoleno, 2

•  È interessante evidenziare che l’interpretazione evolutiva offerta da Giavoleno non tende a ricostruire la fattispecie come un contratto innominato (e più precisamente un contratto misto), in cui a un dare (il terreno) corrisponde un dare (il prezzo per il terreno) e un facere (prendere in locazione la parte rimanente del terreno); lo sottolinea il fatto che il giurista parli di un’actio ex vendito e non di actio praescriptis verbis tipica per i contratti innominati. •  D’altra parte non viene ipotizzato un contratto misto (figura di dubbia esistenza nell’ordinamento romano) di locazione e vendita.

32. FALSUS PROCURATOR (D. 47,2,81,5 di Papiniano, quaestiones, libro 5)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • •

Il testo Il caso: due ipotesi La soluzione dell’ipotesi n. 1 Il giurista prende in considerazione l’ipotesi da due punti di vista Formula dell’actio negotiorum gestorum directa Il secondo punto di vista Formula della condictio Reipersecutio e condictio furtiva L’alternativa L’exceptio doli Dolo presente e dolo preterito, 1 (e 2) L’intervento del giudice La soluzione dell’ipotesi n. 2

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Papiniano – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Rappresentanza – NEGOZIO GIURIDICO • Falsus procurator – VARIE • Ratifica – VARIE • Negotiorum gestio – VARIE • Buona fede – NEGOZIO GIURIDICO • La condictio e le condictiones – PROCESSO • Furto – DELITTI • Caratteristiche delle azioni penali – DELITTI • Le cose – PROPRIETÀ e DIRITTI REALI • Eadem res – PROCESSO • Dolo 2: la tutela pretoria – NEGOZIO GIURIDICO • Dolo – NEGOZIO GIURIDICO • Vizi della volontà – NEGOZIO GIURIDICO

32. Falsus procurator

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Il testo

•  D. 47,2,81,5 (Papinianus l. •  12 quaestionum). •  Si Titius, cuius nomine pecuniam perperam falsus •  procurator accepit, ratum habeat, ipse quidem Titius negotiorum gestorum aget, ei vero, qui pecuniam indebitam dedit, adversus Titium erit indebiti condictio, adversus falsum procuratorem furtiva durabit: electo Titio non inique per doli exceptionem, uti praestetur ei furtiva condictio, desiderabitur. quod si pecunia fuit debita, ratum habente titio furti actio evanescit, quia debitor liberatur.

D. 47,2,81,5 (Papiniano nel libro 12 delle quaestiones). Se Tizio, per il quale un falso rappresentante aveva illegittimamente ricevuto del denaro, ne ha ratificato l’operato, lui stesso, Tizio, può agire con l’actio negotiorum gestorum, mentre a colui che indebitamente ha pagato sarà concessa la condictio indebiti contro Tizio, e contemporaneamente la condictio furtiva contro il falsus procurator: ma, scelta la via dell’azione contro Tizio, giustamente sarà tenuto, tramite l’exceptio doli, a cedergli la condictio furtiva. Ma se invece il denaro era dovuto, con la ratifica di Tizio cessa la responsabilità per furto, perché il debitore è liberato.

La soluzione dell’ipotesi n. 1 •  Nell’ipotesi in cui il falsus procurator abbia chiesto e ottenuto da Sempronio a nome di Tizio un pagamento indebito, si renderà responsabile sia verso Tizio, il cui nome ha usurpato illegittimamente, sia verso Sempronio: e la sua responsabilità dovrà essere valutata sia civilmente sia penalmente.

Formula dell’actio negotiorum gestorum directa

•  C. Aquilius iudex esto. •  Quod Numerius Negidius Aulii Agerii negotia gessit, •  qua de re agitur, •  quidquid ob eam rem N. Negidium A. Agerio dare facere oportet ex fide bona, •  eius iudex N. Negidium A. Agerio condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Poiché Numerio Negidio ha gestito gli affari di Aulo Agerio, •  questione della quale si tratta, •  tutto quello che per ciò N. Negidio deve dare e fare nei confronti di A. Agerio secondo buona fede, •  a questo tu, giudice, condanna N. Negidio verso A. Agerio. •  Se non risulta assolverai.

Il caso: due ipotesi •  Il testo presenta due ipotesi, anche se la prima è considerata più analiticamente dell’altra: •  - 1) Caio, presentandosi a Sempronio come rappresentante di Tizio (falsus procurator), richiede il pagamento per un presunto debito di Sempronio nei confronti di Tizio che in realtà non esisteva (non dovuto); e Tizio ratifica l’operato di Caio. •  - 2) Caio, presentandosi a Sempronio come rappresentante di Tizio (falsus procurator), richiede il pagamento di un debito effettivo di Sempronio nei confronti di Tizio (dovuto); e Tizio ratifica l’operato di Caio.

Il giurista prende in considerazione l’ipotesi da due punti di vista •  1) La responsabilità del falsus procurator verso il dominus negotii: cioè le possibilità aperte a Tizio in rapporto al falsus procurator •  Tizio, dominus negotii, può agire con l’actio negotiorum gestorum contro il falsus procurator Caio: l’operato del falsus procurator viene interpretato, cioè, come gestione d’affari altrui (negotiorum gestio). •  Tizio otterrà così la somma che Caio ha ricevuto a suo nome da Sempronio (dovuta o non dovuta che essa sia).

Il secondo punto di vista •  2) La responsabilità del falsus procurator verso il terzo: cioè le possibilità aperte a Sempronio che ha pagato un indebito •  Poiché Tizio, dominus negotii, ha azione (di ripetizione) contro il falsus procurator che si è fatto pagare un indebito da Sempronio, lo stesso Sempronio può esperire la condictio indebiti contro Tizio per ripetere a sua volta quanto pagato. •  Alternativamente però Sempronio può agire con la condictio furtiva contro il falsus procurator: il comportamento del falsus procurator nei confronti del terzo va interpretato come furto.

156

Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

Formula della condictio •  C. Aquilius iudex esto. •  Si paret Numerium Aulo Agerio sestertium X milia dare oportere, •  qua de re agitur, •  tu, iudex, Numerium Negidium Aulo Agerio sestertium X milia condemnato. •  Si non paret absolvito.

•  Sia giudice C. Aquilio. •  Se risulterà che Numerio Negidio debba dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio, •  cosa sulla quale si è aperta l’attuale contestazione, •  tu, o giudice, condannerai Numerio Negidio a dare 10.000 sesterzi ad Aulo Agerio. •  Se non risulta lo dovrai assolvere.

L’alternativa •  Le due azioni (condictio indebiti contro il dominus negotii, e condictio furtiva contro il falsus procurator) sono però concesse a Sempronio in via alternativa (concorso elettivo): infatti – dice Papiniano – qualora Sempronio scegliesse di agire contro Tizio dovrà cedere a lui la condictio furtiva contro Caio; •  Nella stessa azione intentata contro Tizio gli sarebbe opposta a questo scopo un’exceptio doli.

Dolo presente e dolo preterito, 1 •  Nell’ipotesi che si sta esaminando il dolo corrisponde sì ad un comportamento scorretto nei confronti della controparte, ma non potrebbe definirsi come quella “omnis calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita” che risulta nella definizione di Labeone ricordata da Ulpiano (D. 4,3,1,2); •  e soprattutto non è comportamento scorretto volto ad ottenere dall’altra parte un’adesione contrattuale che altrimenti non ci sarebbe. •  Non se ne può dunque parlare come di vizio della volontà.

La reipersecutio in caso di furto: la condictio furtiva •  Nel caso del furto (e della rapina, che è un furto aggravato) la reipersecutio si effettua con la possibilità concessa al derubato di esperire, accanto ed in concorso cumulativo con l’azione penale, anche un’azione civile (peraltro in concorso elettivo con altre azioni civili eventualmente utilizzabili allo stesso scopo): •  quale azione reipersecutoria al derubato è concessa la reivindicatio, azione in rem a difesa della proprietà; Gaio (4,4) ci informa tuttavia che odio furum potrebbe essere esperita, in sostituzione, un’azione in personam (detta condictio ex causa furtiva), con intentio nel “si paret eum dare oportere”, che persegue la responsabilità del ladro senza sottostare ai limiti del possesso della cosa. L’utilizzo della condictio furtiva in luogo della reivindicatio pare assai più opportuno per esempio nel caso di pagamento di indebito e comunque in tutte le ipotesi in cui vi sia l’obbligo di restituzione di una cosa fungibile.

L’exceptio doli •  Si paret ….. (= Se risulta …..), •  si in ea re nihil dolo malo Auli Agerii factum sit neque fiat (= a meno che nella questione non si possa rilevare che qualcosa è stato fatto o viene fatto adesso dolosamente da parte di Aulo Agerio), •  iudex … condemnato (= tu, giudice, condanna). •  Si non paret absolvito (= Se non risulta assolvi).

Dolo presente e dolo preterito, 2

•  Nelle fonti il dolo come vizio della volontà (cioè il comportamento scorretto posto in essere all’atto della stipulazione del negozio e consistente nella calliditas fallacia machinatio ad circumveniendum fallendum decipiendum alterum adhibita) viene indicato come “dolo passato” (dolus praeteritus); •  Nelle stesse fonti il comportamento scorretto posto in essere all’atto dell’esperimento dell’azione e per il fatto stesso di intentare l’azione (per es. allorché si sa di non avere il diritto, o si è già conseguita la cosa che viene richiesta ulteriormente in giudizio, o in genere nel caso di violazione della regola del ne bis in idem, ecc.) viene indicato come “dolo presente” (dolus praesens) o “dolo processuale”.

32. Falsus procurator

L’intervento del giudice •  Il testo dice che electo Titio non inique per doli exceptionem, uti praestetur ei furtiva condictio (= ma, scelta la via dell’azione contro Tizio, giustamente sarà tenuto, tramite l’exceptio doli a cedergli la condictio furtiva). •  Poiché la conseguenza di un’exceptio (in particolare qui dell’exceptio doli) è, qualora accertata come vera, l’assoluzione del convenuto, per ottenere la cessione dell’azione si deve ipotizzare un intervento del giudice.

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La soluzione dell’ipotesi n. 2 •  Papiniano soggiunge che “se invece il denaro era dovuto, con la ratifica di Tizio cessa la responsabilità per furto, perché il debitore è liberato”. •  In pratica al rapporto fra colui che si è presentato come rappresentante del creditore pur senza esserlo (falsus procurator) e il debitore che ha pagato pensando di adempiere nelle mani del rappresentante del suo creditore mancherebbe soltanto l’accordo preliminare che avrebbe dovuto investire il falsus procurator dei poteri necessari (rapporto di provvista). •  Questa investitura è data dalla successiva ratifica da parte del dominus negotii.

33. CONDIZIONE RISOLUTIVA E CLAUSOLE CONTRATTUALI (D. 18,1,40 pr., Paolo nel libro 4 dell’epitome dei digesta di Alfeno)

TRACCIA DEL PERCORSO (ovvero: l’«Indice delle diapositive») • • • • • • • • • • • • • •

Il quesito: condizione risolutiva Il responso: clausole contrattuali Il caso La condizione oggi La condizione nel diritto romano Patti aggiunti alla compravendita (e ... segue) Com’è strutturata una lex commissoria La clausola o patto di D. 18,1,40 pr. = una lex commissoria (?) Leges nel contratto (e ... segue) Leges venditionis Leges locationis Leges contractus La questione de modo agri (e ... segue) La controversia de modo (e ... segue)

COLLEGAMENTI IPERTESTUALI • Paolo – GIURISTI e LETTERATURA GIURIDICA • Compravendita – CONTRATTI • Patti – CONTRATTI • Condizione – NEGOZIO GIURIDICO • Contrahere e contractus – CONTRATTI • Patti aggiunti al contratto di compravendita – CONTRATTI

33. Condizione risolutiva e clausole contrattuali

Il quesito: condizione risolutiva

•  D. 18,1,40 (Paulus l. 4 •  Alfeni epitomarum digestorum) •  •  pr. Qui fundum vendebat, in lege ita dixerat, ut emptor in diebus triginta proximis fundum metiretur et de modo renuntiaret, et si ante eam diem non renuntiasset, ut venditoris fides soluta esset: emptor intra diem mensurae quo minorem modum esse credidit renuntiavit et pecuniam pro eo accepit: postea eum fundum vendidit et cum ipse emptori suo admetiretur, multo minorem modum agri quam putaverat invenit: quaerebat, an id quod minor is esset consequi a suo venditore posset.

D. 18,1,40 pr. (Paolo nel libro 4 dell’epitome dei digesta di Alfeno)  Un tale che vendeva un fondo disse così, nella dichiarazione contrattuale, che il compratore stimasse il fondo entro i prossimi trenta giorni e facesse la denuncia de modo, e che se non avesse fatto la detta denunzia prima di quella data che l’impegno del venditore si risolvesse; il compratore entro il termine del rilevamento fece denuncia che riteneva che l’estensione fosse minore e per ciò ottenne del denaro: poi vendette il fondo e quando egli stesso col suo compratore venne a misurarlo, risultò che l’estensione del campo era molto minore di quanto credeva: pose quesito se poteva riavere dal suo venditore il valore di quanto minore risultava.

Il caso •  Elementi di analisi del caso sono •  -- la compravendita •  -- patti e leges contractus •  -- condizione (in particolare la condizione risolutiva e i c.d. patti aggiunti alla compravendita) •  -- la controversia de modo

La condizione nel diritto romano

Com’è noto il diritto romano conosce soltanto la condizione sospensiva. Per quanto riguarda la condizione risolutiva i Romani non sanno configurare l’ipotesi di un negozio che, pur essendo valido ed efficace, improvvisamente si risolve ex tunc; se ne raggiungono comunque gli effetti mediante un meccanismo tecnico che utilizza, combinandole insieme, altre figure giuridiche, e cioè il patto di risoluzione e la condizione sospensiva: - stabiliamo una compravendita, -  poniamo un patto di risoluzione relativo al contratto (stabiliamo cioè che la compravendita sia risolta), -  poniamo una condizione sospensiva che sospende gli effetti del patto di risoluzione fino al verificarsi del fatto dedotto in condizione (evento futuro ed incerto) e in pendenza della quale, pertanto, la compravendita continua a produrre i suoi effetti.

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Il responso: clausole contrattuali, patti aggiunti

•  D. 18,1,40 (Paulus l.4 Alfeni epitomarum digestorum) •  Respondit interesse, quemadmodum lex diceretur: nam si ita dictum esset, ut emptor diebus triginta proximis fundum metiatur et domino renuntiet, quanto modus agri minor sit, quo post diem trigensimum renuntiasset, nihil ei profuturum: sed si ita pactum esset, ut emptor in diebus proximis fundum metiatur et de modo agri renuntiet, etsi in diebus triginta renuntiasset minorem modum agri esse, quamvis multis post annis posse eum quo minor is modus agri fuisset repetere.

•  D. 18,1,40 pr. (Paolo nel libro 4 dell’epitome dei digesta di Alfeno)  •  Risponde che è importante come si esprimeva la clausola contrattuale: infatti se c’era detto così, che il compratore entro i trenta giorni valutasse il fondo e denunciasse al dominus di quanto minore gli risultava l’estensione del campo, nulla gli sarebbe valso quello che avesse denunciato dopo il trentesimo giorno: ma se si era pattuito così, che il compratore nei giorni seguenti misurasse il fondo e facesse la denuncia de modo agri, benchè avesse fatto la denuncia circa la minore estensione del campo entro i trenta giorni, anche dopo molti anni poteva richiedere indietro (repetere) quello di cui l’estensione del campo risultava minore.

La condizione OGGI La condizione è un evento futuro e incerto che incide sugli effetti del negozio giuridico, nel senso che li può sospendere (condizione sospensiva: evento futuro e incerto a partire dal quale si producono gli effetti del negozio) ovvero può farli venir meno (condizione risolutiva: evento futuro e incerto fino al quale si producono gli effetti del negozio). Art. 1353 c.c. (Contratto condizionale) - Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto.

Patti aggiunti alla compravendita Il contenuto tipico del contratto di compravendita (elemento essenziale del negozio giuridico secondo l’insegnamento otto-novecentesco; requisito del contratto secondo l’art. 1325 c.c.) può essere modificato e adattato agli interessi delle parti con l’aggiunta di particolari espressioni della volontà delle parti che adattano quel contenuto astratto agli interessi concreti: per la gran parte si tratta di elementi caratteristici e ricorrenti sulla base, appunto, della volontà delle parti, che possono essere “condizione”, “termine” e “modo”, quelli che la “teoria del negozio giuridico” indicava come “elementi accidentali del negozio”.

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Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma

… segue

Ma il contenuto tipico del contratto (in particolare di compravendita) può essere modificato e adattato mediante una grande varietà di accordi e patti concreti che verranno inseriti in apposite clausole. I più interessanti fra questi patti aggiunti al contratto di compravendita in particolare sono quelli che tecnicamente comportano una certa costruzione e determinano effetti specifici: questi patti risultano molto significativi perché realizzano il fenomeno che modernamente sarebbe una “condizione risolutiva del contratto”. Così per esempio: - la lex commissoria - il pactum displicentiae - la in diem addictio - il pactum de retroemendo (o de retrovendendo)

La clausola o patto di D. 18,1,40 pr. = una lex commissoria (?) La lex commissoria di D. 18,1,40 pr. inserisce una clausola risolutiva del contratto per il caso in cui il compratore non faccia una determinata denuncia entro un certo termine

-  Stabiliamo una compravendita: Tizio vende un fondo a Caio che acquista. -  Stabiliamo un patto di risoluzione della compravendita: “la vendita del fondo si intende risolta …” (ovvero nel caso in esame: l’impegno del venditore si risolve, viene meno = ut venditoris fides soluta esset). -  Stabiliamo una condizione che sospenda la pattuita risoluzione (per cui frattanto rimane efficace la compravendita): “… nel caso in esame: se il compratore non farà la denuncia de modo entro trenta giorni = si ante eam diem non renuntiasset).

… segue •  Per la maggior parte si tratta, come si può constatare, di clausole di riserva con cui all’atto della vendita o all’atto della locazione il venditore o rispettivamente il locatore nel conferire alla controparte i poteri contrattuali sulla cosa si trattiene, per esempio, il diritto di servitù sulla stessa, o un usufrutto, o parte della cosa o comunque stabilisce un qualche limite (ovvero una qualche direzione predeterminata) ai poteri trasferiti.

Come è strutturata una lex commissoria Introduce una clausola risolutiva del contratto per il caso in cui il prezzo non venga pagato

-  Stabiliamo una compravendita: Tizio vende un fondo a Caio che acquista. -  Stabiliamo un patto di risoluzione della compravendita: “la vendita del fondo si intende risolta …”. -  Stabiliamo una condizione che sospenda la pattuita risoluzione (per cui frattanto rimane efficace la compravendita): “… se il compratore non pagherà entro tre mesi”.

Leges nel contratto

•  Molti sono i casi particolari illustrati dalle fonti in cui accanto e a lato di un rapporto contrattuale tipico o, comunque, di una situazione giuridica tipizzata, si colloca, a maggior sicurezza delle parti, una dichiarazione indicata come lex, a sottolinearne la vincolatività •  In ogni caso si tratta di dichiarazioni effettuate all’atto della vendita, della locazione, o comunque all’atto della stipula contrattuale, di clausole che integrano e specificano la volontà tipica di comprare e vendere, di locare e condurre, etc., che, dunque, “costruiscono” il contratto nella sua individualità concreta. Non assumono una rilevanza propria: l’inosservanza di quanto in esse espresso viene a costituire una inosservanza contrattuale, sanzionata tramite l’azione contrattuale (valga per tutte l’affermazione di 19.2.15.1, Ulp. l. 32 ad ed., ... si quid in lege conductionis convenit, si hoc non praestatur, ex conducto agetur).

Leges venditionis •  - diverse sono le testimonianze delle fonti circa una lex venditionis: D. 18,1,33 di Pomponio; D. 18,1,72,1 di Papiniano; D. 18,1,60 di Marcello; D. 18,7,6 pr. ancora di Papiniano; D. 19,1,17,6 di Ulpiano; D. 19,1,53,2 di Labeone (a Paulo epitomato); D. 37,14,7 pr. di Modestino; D. 40,1,23 di Paolo; in D. 19,1,13,14 di Ulpiano si parla di una lex emptionis: •  e si va dalla previsione delle servitù nella compravendita di un fondo (un es. per tutti: D. 18,1,33) •  alle precisazioni, anche quantitative circa ciò che è venduto, il fondo, o le scorte in esso ricomprese (D. 18,1,60), •  dalla precisazione " si quid sacri aut religiosi aut publici est, eius nihil venit" di D. 18,1,72,1 •  alle riserve in occasione di vendita di schiavi (per es. ne … manumitteretur neve prostituatur: D. 18,7,6 pr.) •  alla specificazione di D. 18,7,1, in tema di vendita dello schiavo con obbligo di farlo rimanere a Roma; ecc.

33. Condizione risolutiva e clausole contrattuali

Leges locationis

•  - Diverse sono anche le testimonianze relative ad una una lex locationis: D. 17,2,77 di Paolo; D. 19,2,9,3 di Ulpiano; D. 19,2,24 pr. ancora di Paolo; D. 19,2,29 di Alfeno; D. 19,2,61 pr. di Scevola; D. 43,9,1 pr. di Ulpiano; D. 43,9,1,3 di Ulpiano; D. 43,18,1 pr. di Ulpiano; in D. 50,8,3,2 Ulpiano accenna ad una lex conductionis e ad una lex conductionis fa cenno anche in D. 19,2,15,1. •  Per esempio la lex locationis di D. 17,2,77 (qui come altrove) prevede la possibilità di ricorso all’arbitrium locatoris per la determinazione di qualche modalità del contratto; •  con lex locationis possono essere disposte eventuali deduzioni in sede di locazione di un fondo (D. 19,2,29) •  o le limitazioni al godimento stabilite all’atto del contratto (per tutti D. 43,9,1 pr. e nel § 3 o D. 43,18,1 pr.); •  con lex locationis si può chiarire la determinazione dei comportamenti consentiti e di quelli vietati nella conduzione (D. 19,2,9,3), ecc.

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Leges contractus •  D. 20,5,10 di Paolo accenna ad una lex pignoris, così come ad una lex pignoris si richiama Scevola in 31,89,4. •  Più genericamente di lex contractus (ma il contratto sotteso è, seppur discusso, un deposito: quid est enim aliud commendare quam deponere?) si dice in D. 16,3,24.

La questione de modo agri

… segue

•  In pratica la formulazione della clausola contrattuale (la lex contractus) che prevede la denuncia viene ad assumere un valore determinante: •  1) nella prima ipotesi considerata la clausola stessa prevede una denuncia ben specifica, determinata, indirizzata qualitativamente e quantitativamente: “che il compratore … denunciasse al dominus di quanto minore gli risultava l’estensione del campo”. In questo caso la rigorosa determinazione della denuncia esige un rigoroso rispetto delle modalità della stessa: una denuncia tardiva, oltre i 30 gg. sarebbe “inutile”.

•  2) nella seconda ipotesi la lex contractus prevede una denuncia generica: “che il compratore … facesse la denuncia de modo agri, sull’estensione del campo”. In questo caso evidentemente alla genericità della clausola contrattuale corrisponde la genericità della denuncia, che consente di tenere aperta la porta a contestazioni de modo, sull’estensione, anche oltre i 30 gg., e anche a distanza di anni.

La controversia de modo

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•  Nelle opere de controversiis di Frontino, Agennio e Igino si fa espresso riferimento ad una controversia de modo. •  Essa trovava luogo inizialmente nei territori adsignati, quando il titolare lamentava un modus inferiore rispetto a quello adsignatus appunto in occasione della deduzione della colonia: sarebbe stata poi estesa alle altre situazioni di attribuzione pubblica di terreni; e infine anche nei casi di vendita a misura di un fondo o nell’ipotesi di locazione di agri vectigales o di vendita di agri quaestorii. •  Si esigeva però, naturalmente, che i terreni fossero misurati e rappresentati graficamente in una forma (= mappa).

•  Il compito che il mensor (= perito) era chiamato a svolgere nell’ambito della controversia de modo era in particolare la misurazione della parte in contestazione (mentre nella parallela controversia de loco era l’individuazione e l’apposizione del confine preciso fra due terreni arcifinii), la valutazione dell’aliquid mancante, la cui pretesa verrà poi portata avanti nelle forme consone, reivindicatio (se si contesta la proprietà), actio empti, actio conducti, ecc. •  «La domanda dell’attore ha cioè per oggetto quell’area determinata, il cui modus risulta dal documento, di cui vuole ottenere la restitutio o la aestimatio, non una più generica delimitazione confinaria che, fra l’altro, potrebbe teoricamente non solo non soddisfare la sua pretesa, ma togliergli attraverso l’adiudicatio anche parte del terreno che egli già possiede senza contestazioni, fissando un confine a lui sfavorevole» (MAGANZANI, Gli agrimensori nel processo romano, Roma 1997).

Collana Quadernoni Urbinati di Diritto Romano 1. Problematiche generali su obbligazioni e contratti nell’antica Roma (Anna Maria Giomaro) - è la nuova edizione riveduta ed ampliata di A.M. Giomaro, Nuovi Percorsi Guidati. Problematiche contrattuali, Aras Edizioni, Fano, 2012 (a sua volta rifacimento di A.M. Giomaro, C. Brancati, Percorsi guidati. Metodologia di analisi giuridica, Es@, Pesaro, 2005)

Finito di stampare nel mese di settembre 2014 da Digital Team (Fano - PU) per conto di Aras Edizioni srl su carta Avorio Print 80 gr./mq