Prinzipienfragen der romanischen Sprachwissenschaft. Teil 3: Le dentali esplosive intervocaliche nei dialetti italiani [Reprint 2020 ed.] 9783112324004, 9783112323991

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Prinzipienfragen der romanischen Sprachwissenschaft. Teil 3: Le dentali esplosive intervocaliche nei dialetti italiani [Reprint 2020 ed.]
 9783112324004, 9783112323991

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BEIHEFTE ZUR

ZEITSCHRIFT FÜR

ROMANISCHE

PHILOLOGIE

B E G R Ü N D E T V O N PROF. DR. G U S T A V G R Ö B E R

t

F O R T G E F Ü H R T UND HERAUSGEGEBEN VON

DR. E R N S T PROFESSOR

HOEPFFNER

AN DER

HEFT

UNIVERSITÄT

JENA

XXVIII A

PRINZIPIENFRAGEN DER ROMANISCHEN SPRACHWISSENSCHAFT. M E Y E R - L Ü B K E GEWIDMET.

HALLE VERLAG

VON

A. S .

MAX I9I2

TEII. III

NIEMEYER

PRINZIPIENFRAGEN DER

ROMANISCHEN SPRACHWISSENSCHAFT WILHELM MEYER-LÜBKE Z U R F E I E R D E R V O L L E N D U N G S E I N E S 50. L E H R S E M E S T E R S U N D S E I N E S 50. L E B E N S J A H R E S GEWIDMET

T E I L III CARLO BATTISTI LE DENTALI ESPLOSIVE INTERVOCALICHE NEI DIALETTI ITALIANI

H A L L E A . S. V E R L A G VON M A X NIEMEYER 1912

Piano della ricerca. pag-

Condizioni generali del preromanzo

3—60

I. §§ I — 6 . Critica dei grammatici latini: 1. I tre ragguagli principali sulla pronunzia delle esplosive dentali. 2. L e conclusioni di E . Seelmann. 3. Diversità nella pronunzia delle tenui e delle medie omorganiche. 4. Articolazione apicale delle, dentali forti, dorsale delle leni. 5. Attendibilità delle fonti. 6. L'osservazione fonetica in Xerenziano (pag. 3 — l a ) . §§ 7—9• Cosa c' insegna lo sviluppo storico di t e d nel latino rispetto all' articolazione delle dentali : 7. Condizioni paleoitaliche e preletterarie. 8. L a media. 9. L a tenue (13—17). §§ IO—11. Mancanza di lenizione nel materiale epigrafico : I. Il materiale latino. 2. Il materiale barbarico (17—23). II. §§ l a — 1 7 . I prestiti latini: 12, 13. nel c e l t i c o , 14. nell' anglosassone, 15, 16. nei dialetti germanici, 17. nell' albanese. §§ 18—20. Il materiale germanico: 18. nella penisola iberica; 19. in F r a n c i a ; 20. n e l l ' I t a l i a settentrionale. § 31. I primi esempi di lenizione romanza dentale (33—49).

della

tenue

III. § § 3 3 — 2 5 . Il motivo fonetico fisiologico della lenizione: 23. Lenizione ed assimilazione. 33. Lenizione e divisione sillabica. 24. Scadimento dell' energia d ' articolazione a) rispetto all' elevazione linguale, /?) rispetto alla posizione delle corde vocali. 35. I l passaggio della sorda alla sonora (49-54)§§ 26—30. Relazione fra la lenizione appenninica e la galloromanza. 26. P u n t i di contatto fra la lenizione galloromanza e la gallica. 37—28. Parallelismi casuali: 27. Lenizione di s. 28. Lenizione dopo liquida e nasale. 29. Ripetizione del processo di lenizione in epoche diverse nel romanzo. 30. Rielaborazioni spontanee di lenizione paleoitalica nei dialetti italiani centrali e meridionali ($4

—60).

Le dentali esplosive intervocali nei dialetti italiani. IloqÙ AXt£ávó(iov xov IlXaxwvtxov r è fitj noXXáxtt;, ftr¡Sh Zpls áváyxr¡g Xèyeiv npóg xtva, f¡ iv èmaxoXy ygàtiv oxi àaxoXóg elfii • ftqóh Sia TOIOVTOV zgónov ovvtxwi nagaittlDai xh xaxà ri; 7tgòg xovq avftfiiovvxag X¿oeig xa&rjxovza, itQo(iaX).ó/isvov xà neQieaxùixa npay/taxa. M. Aur. I, 13. Nel presentare al Maestro queste pagine, umile segno di devozione e riconoscenza, non so reprimere un certo senso di scoramento. La ricerca sullo sviluppo delle dentali interv., che, secondo la mia intenzione, doveva estendersi a tutta la Romania, è qui ridotta a un torso non corri>pondente più al titolo della raccolta. Lo svolgimento del tema nel campo dei dialetti italiani ha assunto proporzioni tali da decidermi, anche quando avessi avuto molto più tempo del pochissimo di cui posso disporre, a non elaborare il materiale già raccolto su quasi tutto il territorio romanzo e restringermi a confiDi più modesti. H o preferito studiare le vicende delle due consonanti sul suolo italiano, perchè la ricerca si presentava qui molto più interessante che altrove, sia per la posizione centrale della penisola rispetto al romanzo orientale ed occidentale, sia perchi i dialetti italiani relativamente e regionalmente vegeti mostrano tracce importanti di vecchi filoni idiomatici coperti stranamente da sovrapposizioni ed incrocci degni d' uno studio profondo. Lo confesso: è stata una presunzione giovanile la mia: il quesito è molto più difficile di quanto sembri a prima vista. Le molte domande che si collegano strettamente allo sviluppo delle dentali e attendono ancora una risposta, m'impediscono non di raro di giunger a delle conclusioni storiche sicure. L ' inegualità del materiale d' osservazione , la mancanza d' indicazioni fonetiche nel maggior numero dei lessici dialettali, le difficolti dello spoglio sistematico dei nostri documenti latini medievali troppo poco studiati, eppure miniere preziosissime per il romanista, la deficenza di studi toponomastici, 1' irraggiungibilità di parecchi testi dialettali, specialmente deplorevole quando si tratti di parlari per i quali non abbiamo raccolte lessicali, si rispecchiano troppo chiaramente in questo studio. Originariamente questa ricerca doveva essere un tentativo di geografia fonetica, in quanto dallo studio sistematico d' un numero sufficenti d* esempi Bcihcft zur Zciuchr. f. rom. Phil. XXV11I.

(Festschrlft.)

I

2 è lecita ricoitniire e delimitare territorialmente quei dirizzoni linguistici, secondo i quali noi formuliamo le „leggi fonetiche". Ma ormai il materiale stesso mi trascinò a tentare delle ricostruzioni storiche che, allo stadio attuale della dialettologia italiana, potrebbero sembrar premature. Se ogni vocabolo ha la sua storia, sia che esso, come in pochissimi casi, abbia sempre fatto parte del lessico volgare, sia che esso, subentrato nella nozione popolare soltanto in epoca seriore, non abbia potuto avere uno sviluppo conforme alle tendenze dialettali del periodo antecedente, sia che esso sia scomparso per condizioni speciali di coltura e di storia dalla parlata comune, fossilizzandosi come tanti nomi d' oggetti, d' usi e costumi dimenticati — anche una ricerca linguisticogeografica deve avere una perspetliva storica per giudicare e sintetizzare con criteri scientifici. E siccome 1' importazione d' un vocabolo dalla dizione d' una casta più elevata o da altro centro linguistico, le cui tendenze dialettali non combinali con quelle d1 uu detcrminato luogo, implica un' evolucione non conforme a quella d' un vocabolo svoltosi autoctonamente, siccome 1' influsso flessionale o analogico, e con lui altri fattori che qui non ¿ necessario ricordare possono aver alterato o alterare in grado diverso lo sviluppo d' un vocabolo, il confronto reciproco degli esempi non solo in relazione al nostro fonema ma pure allo sviluppo degli altri suoni s' impone e porta talvolta più in là dei limiti modesti che m' era prefisso. Se la lenizione non ¿ che una delle manifestazioni d' una tendenza ben più generale che regola tutto il sistema del consonantismo romanzo, e, cambiando le originarie condizioni d' energia, produce variazioni più o meno profonde nel vecchio materiale, 1' evoluzione delle esplosive dentali, come semplice episodio del processo di lenizione, non è che una delle correnti del movimentato mare linguistico. Se essa vien fatta qui oggetto d' uno studio speciale, il motivo risiede non soltanto nella certezza che per comprendere il problema maggiore sia necessario rifar su più vasta base i singoli lavori analitici parziali, ma pure nella persuasione che per le peculiarità della pronuncia dentale il parallelismo con 1' evoluzione delle altre classi d' esplosive, determinato dall'unità della tendenza fonetica, in pratica si risolve in pochi casi ad una vera eguaglianza dello sviluppo. Al parallelismo delle altre esplosive sono perciò ricorso in questo saggio soltanto nei casi in cui il mio materiale sulle dentali non bastava a chiarire le tendenze linguistiche. Questi i criteri direttivi dello studio presente, che non può e non vuole estere che un modesto lavoro di preparazione, il quale, specialmente quando avremo anche noi il promesso atlante linguistico e una raccolta toponomastica esatta ed esauriente, andrà corretto e in parte rifatto. E se il Maestro non crederà vanamente sprecato il tempo dedicato a questa ricerca, se la critica m ' aiuterà a migliorare 1' esposizione e a colmare lacune che rimpiango, avrò raggiunto il mio scopo. Giacché penso a n c h ' i o , come l'amico Pujcariu, che un tentativo, se fatto seriamente, può sempre giovar a qualche cosa — almeno ad indicare nuovi problemi e mostrare nuove vie.

3 Introduzione. Condizioni generali del preromanzo. I. I tre ragguagli pifi importanti dei grammatici latini sulla pronuncia delle esplosive dentali furono già portati da E. S e e l m a n n Del noto studio Die Aussprache des Latein e più tardi da H. T . K a r s t e n nella Uitspraak van hit Latijn 1 1 6 e dal L i n d s a y , The Latin Language 82. Non sarà però inutile il ricordarli al principio d' una ricerca che deve prender le mosse dall' articolazione latina. T e r e n z i a n o M a u r o (sec. Ili, d' origine africana) s' esprime ( K e i l , Gramm. VI, 331,199*,*.): at portio dentei quotiens suprema linguae pulsaverit imos modiceque curua summos tunc d sonitum perfidi explicatque uocem ; t qua superis dentibus intima est origo, summa satis est ad sonitum ferire lingua.

Molto simile è la descrizione attribuita a M a r i o V i t t o r i n o (grammatico della metà del IV secolo, anche lui africano: K e i l , Gramm. VI, 33.24seg.): d autem et t, quibus, ut ita dixerim, uocis uicinitas quaedam e?t, linguae sublatione ac positione distinguuntur. nam cum summos atque imos conjunctim detiles suprema sui parte pulsaverit, d litteram exprimit. quotiens autem sublimata partem, qua superis dentibus est origo, contigerit, t sonore uocis explicabit. Poco di nuovo ci porta M a r z i a n o C a p e l l a (III, 261): d appulsu linguae circa superiores dentes innascitur — t appulsu linguae dentibusque impulsis extunditur (cfr. 1' anonimo de litteris C. del supplemento del K e i l , Gramm. 307,8), assolutamente nulla D o s i t e o ( K e i l , Gramm. VII, 384) che non stabilisce differenza alcuna fra 1' articolazione della media e della tenue e definisce tutte due semplicemente secondo la vecchia tradizione grammaticale come ¡itera consonans muta (yQCC/Jfia OV[i«peovov ctl).ij e Saaèa; cfr. S t e i n t h a l , Geschichte der Sprachwissenschaft bei den Griechen und Hörnern, 2» ed. Berlino 1891, II, 199, O. F r o e h d e , op. cit. 96. ' Ecco la tavola di concordanza delle due artes citate secondo l'edizione del K e i l :

9 e nel maggior numero dei casi nel medesimo ordine nell' ars di Aftonio fanno vedere in quest' ultima un semplice commentario del de litteris, syllabis et metribus dell' autore africano. La dipendenza di Aftonio da Terenziano che, secondo il mio modesto parere supera o almeno raggiunge 1' ormai proverbiale parentela dei trattati grammaticali d' altri autori di quell' epoca, quali Carisio e Dositeo, Massimo Vittorino e Audax o quella di Donato e Diomede, impedisce al filologo di vedere nella descrizione del d d' Aftonio un secondo documento originale della pronuncia delle dentale in Terentiano



Aftonio.

versi i—84 formano 1' introduzione) 85— 145 P»g. 3 3 , . — 33IS 146— 181 n n 35s»— 36» 1 8 3 — 348 n Ti 3 3 » — 34M 1 3 0 0 — 1 3 3 4 3 ' i T — 3»« » n n 44io— 4843 n 1359—1565 1580—1595 5 0 » ~M rt n 1606—1668 7°S0— 732 n a 1669—1704 n 64»«— 65 M » 1731—1800 n Ti 1 0 7 , — I I 0 1 9 1801—1838 n n 1335-M 1839—1848 n n I3I.-15 1849—1860 n Ti I s a , , - » 1861—1907 n n 127,—128,, 1908—1919 n Ti I 3 5 J , _ I 3 6 1 5 1920—1938 n n 67m— 68, 1939—1956 n I20„—121,; » 1 31„— iaa„ » 1957—»004 a I28M—130,; » n 2005—3093 n 2093—2113 Ti I I 6 „ — 1 1 7 5 n 2114—3180 li i i 4 „ — I I 6 „ n 2181—3193 Ti 1 3 1 » — ' 3 3 . 8o, — 8 1 3 n 2194—2343 » » 3373—3370 Ti I33M—«34si n 3371—2428 Ti « 5 H — 1 3 6 « , » 3439—3534 n 137» —l39,o fi 148» — 1 5 5 . » 3545—*9«3 n 2575—2589 n 131,-. n 2696—3713 Ti 1657—.« Ti 167«,—I68 4 n 3714—2720 2793—28I8 » n 164.»— I65, 8 » 2914—2919 a Ti 1 6 4 » - « n 2920—2954 n 2960—2965 Ti I 7 « u - i » Ti 3966—2975 11 17°»—u n 2976—2681 (fine) n 170»—'7«. Resta quindi una lacuna di oltre 10OO versi (249—1399) che comprende I. la chiusa del capitolo de litteris che porta una spiegazione, rimasta frammentaria, dell' alfabeto greco e 3. il trattato de syllabis che fu conosciuto da Aftonio soltanto in quanto esso conteneva ripetizioni di brani già trattati nel de litteris. Sulle conseguenze che è lecito tirare da questa lacuna di Aftonio nell' uso dell' ars di Terenziano cfr. oltre l'introduzione dell' edizione del L a c h m a n n anche quanto dice il K e i l Gram. V I , 323.

IO

b o c c a latina. 1 L'aver accettato questo grammatico la descrizione di T c r e n z i a n o è quindi tult' al più una prova indiretta della giustezza d ' osservazione di quest' ultimo. 6. Ridotta ad una la notizia dei d u e grammatici, resterebbe la domanda se la descrizione delle dentali dataci d a Terenziano rispecchi un' osservazione personale o sia presa da altre fonti. Una risposta sicura è impossibile; non invano il K e i l (Gram. V I , 324) osservava: ea enim quae d e litleris et de syllabis in primo et secundo libro (se. Terentiani) praecepta sunt, unde petita sint, non constat. Certo è che Terenziano si distingue fra i magistri artium per una certa indipendenza non molto comune fra i grammatici di quel tempo. £ come nella parte metrica, pur attenendosi all' esempio di Cesio Basso, seppe cih non ostante darci delle osservazioni personali ed adattare ai nuovi tempi le vecchie teorìe, cosi egli mi pare più che mai indipendente da ogni influsso diretto nell' epistola de litteris che contiene le indicazioni sulla pronuncia dei suoni. Diversissimo nel trattare il capitolo dei suoni dalla maniera de' suoi contemporanei, sia nel parco uso di definizioni delle singole classi, sia nell' ordine della ricerca, egli è 1' unico romano che abbia studiato con una certa profondità le consonanti non solo riguardo alle loro relazioni coli' ortografia latino-greca ma anche, anzi specialmente, riguardo alla loro pronuncia. Come egli consciamente si allontana in parte dal solito ordine grammaticale per attenersi più strettamente, ma con certa libertà di giudizio al sistema platonico-aristotelico, 2 così si occupa dettagliatamente della pronuncia dei singoli suoni: Nunc singula quam possideant in ore sedei», lctusque suos concipiani et unde rumpant, ut quivero, versu blaterato sotadeo) in omaggio alla dottrina pitagorea (homines . . . arcana secuti physicis remota causis . . . Referrt putant, quae cui sit sub ore sedes, Ut nos modo temptabimus expedire rap/im).3 Questa è 1

Pur troppo non ho a mia disposizione la dissertazione di G. S c h m i d t ,

Quibus auctoribus Aelius Festus Aphthonius de re metrica usus sit, Breslau, >885, 55 pag., ma a quanto posso giudicare dalla recensione nel

Jahresber.

ù. d. Fortschritte d. klass. AUertumtwiss. X I V , 62—63 la ricerca sembra limitarsi a un esame della prosodia d' Aftonio.

' Nella ototyeTa platonica (Cratyl. 424 c., Pileb. 18 b.c.) precedono le vocali poi, in opposizione alle prime, le mute t r r i aipiova xal atp&oyya e

poi la serie intermedia xa /aiaa — libra dimostra come la fricativa paleoitalica fosse regionalmente vegeta in epoca storica 1 ; media e spirante deriveranno dalla fricativa in cui nel primo caso la riduzione colpì e paralizzò il suono di passaggio dall' esplosiva alla vocale seguente, nel secondo la chiusura orale si risolse interamente in una stretta. L a riduzione ad f del vechio dh dimostra chiaramente come 1' elevazione linguale del (?, che dovè precedere la f , fosse ridotta al minimo possibile, giacché soltanto in questo caso la stretta fra gli incisivi superiori e la punta della lingua presenta condizioni di risonanza tali da confondere questo suono con quello pronunciato con simile stretta fra gli incisivi ed il labbro inferiore. Mancando tale condizione che portava acusticamente il ¿ 5 e aj > j-6 A d eguale conclusione ci portano anche la facilità con cui nel dialetto urbano venne sostituito al d un / originariamente sabino 7 e, secondo il 1 Cfr. S c h u l z e , Kuhn's Zft. XXXIII, 233 seg. e S t o l z in Ilandb. II, 2, pag. 120. » J e s p e r s e n , Lehrbuch der Phonetik 36. » Kuhn's Z f t . f . vgl. Sprachforschg. X X X , 4980. 4 Hist. Gratti. 234. • P l a n t a , Gramm. I, 413seg., S t o l z , Hist. Gram. §305. • S t o l z , Hist. Gram., § 307, P i a n t a , Gram., § 2 0 1 , S o m m e r , Handb. § 124, pag. 222. ' Cfr. S t o l z , Hist. Gram., § 2 2 7 che porta a pag. 235 la letteratura relativa. S o m m e r , Handb. 193, è decisamente contrario a questa teoria. Ma

15 S o m m e r , 1 la dissimilazione di d-din r-din maredus, [marcerai, tolerare] e meridies. Se invece nd passò a nn in singoli casi nel latino plebeo, il fonema è però essenzialmente laziale, osco ed umbro e nell' assimilazione non sarà lecito veder senz' altro una conferma della pronnancia originariamente dorsale del d di Roma. Dubbia può sembrare 1' equazione d = / di cotonía < xvómvla e di rus < xìÓQOg, giacché probabilmente ogni dr latino passò in epoca preletteraria a / r 1 e per il primo, mancando altri esempi, non è escluso che la forma con t sia pervenuta al latino per mezzo d' un dialetto (p. e. osco) in cui il d era scaduto ad altra consonante, sicché al d greco esso non poteva opporre che la rispettiva tenue; il C o n w a y (Italie Dialects I, 230) vedrebbe poi nel t di cotonía un ravvicinamento a cottana ,Syrian figs'. E d' altronde non sarà lecito dimenticare che nelle altre esplosive alla tenue greca corrisponde come acusticamente più vicina la media: gannacea, gummi xóftfu, góbius xcofiióq, Agrigentum, gammarus, gdrytus, gubernator, Saguntum, grabatus,s barca, Burrus, buxus ecc. 4 Nello sviluppo posteriore del latino è lèvir è contadinesco, anzi proprio laziale per e < r 1' importante peres pedes „in usu cotidie loquentium" secondo Consenzio, de barbarismi's K e i l V, 393,5. Il caso inverso di r > d che tradisce in ogni modo esitazione nella scelta fra i due suoni abbiamo solamente per influsso di cause esterne: *merulla~> medulla per avvicinamento a m e d i u , ficerula secondo il L i n d s a y 0. c. 288 per influsso della solita terminazione -edula. * S o m m e r , Handb. 333, S t o l z , Hist. Gram. 337. * S e e l m a n n , O.e., 346. 4 G. A. E. A. S a a l f e l d , Die Lautgesetze der griech. Lehnwörter i. Lat., Leipzig 1884, pag. 36—31, S o m m e r , Handbuch, §158,3. È strano che soltanto nella classe delle labiali e gutturali la tenue venga resa colla media. Per le dentali manca ogni esempio. La ' c o g n a t i o ' fra le tenui e medie d' una stessa classe, cui i grammatici latini accennano con special riguardo ai prestiti greci, si manifesta anche nelle lab. e gutt. in modo simile a quello già visto nel cotonea xvSoivia: cänöpus xavwßog (Saalfeld 36), latices Xdrayeg e, in circostanze speciali, amurca afXOQyrj, spelunca amjXvyya (Saalfeld 33, 34, L i n d s a y , Lat. Ling. 75). E c k i n g e r , Die Orthographie lat. Wörter in friech. Inschriften, München 1892, pag. 98, IOO, 103 porta esempi di d trascrìtto per r : xuvSitoq, di g trascrìtto per t: xahxiòv caligarum, ma pure di c per y oaQÓyaQOV serracum, róvttot Cantius. Non è còmpito del romanista cercare fino a qual punto i dialetti greci (cfr. L i n d s a y , 0. e., 75, § 74) e l'osco (cfr. C o n w a y , The Italie dialects I, 237—330) offrano una spiegazione; importante è il fatto che le lingue romanze trattano per regola le tenui greche come le coriispondenti medie latine, cfr. oltre il noto § 17 della Rom. Gram. I, il § 8 8 della Einführung, G r a n d g e n t , An Introduction to Vulgär Latin,

i6

notevole la scomparsa del d finale dopo vocale lunga, databile dal secondo secolo a. Cr.,1 nella quale si potrà vedere un' assimilazione completa dell' articolazione dorsale del d a quella della vocale antecedente, facilitata o promossa dalla lunghezza di questa. In un periodo ancor più. recente, ma pur sempre latino, il d ebbe probabilmente a risentirsi in posizione intervocale d ' u n o scadimento ulteriore nell' energia d'articolazione che viene presupposto dai risultati romanzi e indirettamente e parzialmente dimostrato dall' evoluzione parallela ma più avvanzata e più facilmente controllabile delle altre medie. Ormai dal secondo secolo dell' era cr. troviamo adoperati promiscuamente b e v, fatto che presuppone il passaggio della media bilabiale alla spirante omorganica.1 Fino a un certo grado combinano con questa tendenza 1' assimilazione del austa, austu,* che ha le sue radici g alla vocale velare: frualitas, nel preromanzo e premette lo scadimento della media dorsale a un' articolazione in cui alla chiusura orale dovè succedere la stretta, e il passaggio di g avanti vocale palatale alla spirante, la quale in speciali condizioni potè poi identificarsi con ulteriore scadimento alla vocale vicina.4 Che ciò non succeda colla media dentale non sorprende, giacendo il punto d' articolazione del g entro i limiti di quella dell' estrema vocale palatale (t) e dell' ultima velare (u), mentre per il suo carattere di alveolare 1' elevazione dorsale del d veniva a trovarsi più avanti di quella dell' t, la più palatale fra le vocali. Le condizioni di assimilazione del d erano quindi diverse da quelle del g e precisamente molto meno favorevoli. Ma quando il d per diverse cagioni che qui non è necessario ricordare si trovò in contatto con una fricativa prepalatale che gli corrispondeva per altezza di elevazione linguale e gli era più vicina dell' ì anche per il punto dell' articolazione, anche 1' originaria media dentale si assimilò di nuovo (forse in forma un po' diversa da quella del periodo arcaico in cui dj diede j), passando alla fricativa omorganica e dando il nuovo 7 e forse la tendenza a sostituire alla plosione il passaggio graduale al suono seguente attraverso la stretta posdentale: insomma nulla più di quanto possiamo ricavare dall' indicazione preziosa di Terenziano Mauro. L ' assimilazione totale alla vocale seguente in sillaba non iniziale (che equivale poi alla scomparsa totale del d) non è latina: il materiale epigrafico non ne mostra traccia alcuna e soltanto i dialetti romanzi meno conservativi conoscono il dileguo. Ma sul territorio in cui t scese in posizione intervocalica a d, la vecchia media latina presenta uno scadimento molto più pronunziato e i cui primi inizi sono molto più vecchi: all' epoca in cui t digradò a d, il d era passato, almeno su grandissima parte del territorio romanzo, a un suono che non era più identificabile con quello della media secondaria. 9. Se dalla struttura grammaticale del latino poco si può dedurre per la pronunzia del d, ancor meno so ricavarne per quella della tenue dentale. Il quesito della diversità del trattamento delle esplosive in posizione interna ed iniziale, che è fra i punti più salienti nell' evoluzione romanza del consonantismo, è inaSrontabile da questo lato. Interessante non in questo riguardo, ma per la relazione fonetica fra / e d è una costatazione che, secondo il mio giudizio, è un nuovo argomento per la giustezza delle indicazioni dei grammatici latini sul diverso genere di pronunzia del d e i . Troviamo anzitutto una differenza notevolissima nel trattamento del gruppo II iniziale e interno, giacché il primo diede / (loquor), il secondo kl e più precisamente non soltanto in periodo paleoitalico (poc(u)lum, peric(u)lum, orac(u)lus, cubic(u)lum, vehic(ujlum), ma anche in epoca posteriore e preromanza (vetulus >• veclus, vidus, capicius ecc.), giacché la coesistenza di due forme (vetulus e veclus, determinata forse da diversità flessionali: vetulus, vetulum contro velli, vello > vedi, veclò, donde i due paradigmi vetulus > vetulì e veclus • /, come ti a /: locus < s t l o c u s , lis < s t l l s , làtus < s t l a t u s . Ora, siccome il klario-eur. iniziale rimase conservato nel latino al pari di pi, il motivo dell' assimilazione completa di ti a *// > / andrà cercato nell' essere la pronunzia delle due consonanti omorganea (apicale-dentale). L a diversità di trattamento dei due gruppi in posizione iniziale e interna presenta in un certo senso nel latino arcaico un parallelo a dh iniziale > f e dh interno > d: il motivo non può però risiedere semplicemente nella permanenza dell' articolazione originaria più prolungata avanti la vocale colpita dall' accento espiratorio iniziale che nell' interno di parola (ti iniziale e kl < // interno sono coevi!), esso andrà cercato Beiheft zur Zeitschr. f. rom. Phil. X X V I I I .

(Festschrift.)

a

i8 nella diversa pronunzia della liquida nei due casi, fatto notissimo, sia per i differenti risultati delle liquide semplici iniziali e interne in singoli gruppi dialettali romanzi, sia per le notizie dei grammatici latini su l iniziale e d interno, sia perchè lo sviluppo di un periclum a periculum richiede una fase intermedia -e}!-, fase che non è necessario ammettere per i nessi cons. + l iniziali. Se ora ti diede II, e i p passò a ty! < e*ut, il motivo non può risiedere che nel fatto che 1 ' } assunse una pronuncia dorsale: mancando 1' eguaglianza dell' articolazione (poiché, come sappiamo, il / è apicale), subentrò un' assimilazione, in quanto alla chiusura apicale fu sostituita quella dorso-palatale. — Ed ora osserviamo il d. Nel nesso d y < d i subentrò la completa assimilazione a //1 : sella, grallae, lapillus,

pelluvium,

rullus,

rallum,

caeluin
nè fra g\l >• gul, dove il g ebbe evidentemente il valore d' una dorsale velare o pospalatale. L a divergenza fra t\l > k\l e dj,t > Il sembra quindi presupporre una diversità nel modo d' articolazione del t e del d: colla semplice differenza fra la sorda e la sonora 1' assimilazione sarebbe forse incomprensibile. A l t apicale corrisponde il d dorsale il che combina esattamente colle indicazioni dei grammatici latini. Fino ad un certo punto si collega colle tendenze qui il trattamento seriore delle dentali avanti r. Nel latino tr sembra passare a cr: inacri, aucronia C. I. L. V i l i , 373, caso simile troviamo nel peligno (iscrizione d' Erenta); 2 servato nel periodo storico latino si assimila invece a volgare

quarranta

e

nelle

composizioni:

arripio,

arrideo,

esposte africano 654, e dr conrr nel arrigo,

mentre br e gr rimangono inalterati. Per un' articolazione dorsale del d parla in fine anche 1' assimilazione di Id a il: salto, pcrcello, mollis, callis, dove il d è 1' unica media capace d' un' assimilazione regressiva alla liquida dorsale precedente. IO. Il materiale epigrafico latino è stato studiato con lena ed amore, anche per quanto riguarda il nostro quesito, dallo S c h u c h a r d t 3 e più tardi da altri. Il d non dilegua, come s' è già detto, in tutto il periodo latino: il dileguo è romanzo. Per il passaggio di / > d gli esempi sono relativamente poco numerosi: dallo Schuchardt deriva i suoi il S e e l m a n n ; 4 dalle iscrizioni spagnole porta messe troppo esuberante il C a r n o y , 5 dalle francesi 1 Cfr. -dn )> nn : mercennarius S t o l z , Hist. Gramm. 312, quinni < quidni S t o l z , Handb. II, 3, 144 e tn > dn^> nn\ annus, penna, panna. L ' evoluzione è anche umbra. P l a n t a , Ost.-umbr. Gramm. I, 416. 1 P l a n t a , Osk.-umbr. Gramm. I, 389, C o n w a y , The Italie dialects 2l6 4 . 1 Vokal, d. Vulgärlateins I, 126, III, 64.

o. c. 309. Le Latin d'Espagne 1906, pag. I l 5 s e g . 4

5

d'après

Us inscriptions,

2« édition, Bruxelles

>9 raccolse i pochi casi il P i r s o n ; 1 in un breve articolo A. Z i m m e r m a n n sottopose ad un esame gli esempi dello Schucbardt e ne portò alcuni nuovi. 2 A ragione lo Zimmermann scarta i tre seguenti esempi: Donada dei graffiti pompeiani, che sarebbe un prezioso cimelio per 1' epoca antica della lenizione, BaJaus (Gruter 535, 6), Charidis (Gruter 6 1 1 , 5 ) , m a egli ha certamente torto quando accetta come casi sicuri del digradamento dodationis d' un' iscrizione romana (C. 1. L. VI, 2, 14672) e imudavit d' una tavola esecrativa lusitana (C. I. L. II, 462) che figura nientemeno che nell' ultima edizione della grammatica dello S t o l z (Handb. VI, 2, pag. 173)! Per la prima il Corpus propone la correzione donationis, ma non è però del tutto escluso che si tratti d' un errore dello scalpellino per *dotationis. Il testo dell' iscrizione contiene volgarismi, ma questi non sono tali da costringere ad ammettere come possibile o probabile il passaggio di / a d, trattandosi soltanto delle innovazioni del b: deverei debebit, bolueril voluerit, amnegaverit abnegaverit che sono molto pifi antiche dell' evoluzione / > d. L' iscrizione tradisce invece tracce evidenti dell' imperizia dello scalpellino, che scrive iter per inter, poterumque per posierumque e poi, accortosi dell' errore, corregge con un piccolo s posto in alto fra 1' 0 e il /, e dimentica il pr iniziale di pr\op!er". il dodationis è quindi da considerarsi come un semplice sbaglio di scrittura, causato forse dalla vicinanza del d iniziale. Quanto all' imudavit, 1' editore del secondo volume del Corpus ci dà la spiegazione che ha tratto in errore Io Zimmermann e il Carnoy: „imudavit rustice scriptum est prò irnmutavit". Ma immutavit non corrisponde per il senso e 1' iscrizione, che appartiene al l i secolo e, checché dica il Carnoy, non contiene punto „plusieurs vulgarismes" e non può passare per „un bel échantillon de la langue populaire de 1' empire", sembra richiedere piuttosto la leggera emendazione immundavit. È strano che nemmeno 1' A u d o l l e n t (Defixionum tabellae n. 122, pag. 177) si sia accorto dell' errore. — Anche i nuovi esempi portati dallo Zimmermann mi persuadono poco. Anzitutto non è accettabile 1' Epicadus che deriverebbe da due tavole pompeiane C. I. L. IV, S. I, n. CX, LXXXIII. 3 Nella prima iscrizione abbiamo Lucreti Ep.\ seguono al p due lettere di incerta lettura che potrebbero essere ic\ quanto a\\'-adi, che è quello che c' interessa, esso manca interamente! Del pari tronca è la scritta del n. 83, dove abbiamo M. Lucreti Epic. e, quantunque 1' editore dica, trattando delle due lettere ic, „sic lego" e aggiunga „hoc loco (83) et fortasse n. CX Epicadi nomen agnoscendum esse mihi videtur", io non posso

1 La langue des inscriptions latines de la Gaule, Bruxelles 1901, pag. 65. • ZJt.f. rom. Phil. X X V , 730. s Dall'ottimo lavoro di E. C. W i c k , La fonetica delle iscriiioni parietarie pompeiane in Atti R. Ac. di Napoli XXIII, pag. 354 sgg. risulta dimostrato come il materiale epigr. latino a Pompei non conosca la lenizione delle tenui intervocaliche.

a*

20 assolutamente condividere la sicurezza con cui lo Zimmermann ci presenta questo nome quale „ziemlich sicheres Beispiel aus Pompei und zugleich aus dem I. Jahrhundert der Kaiserzeit". Mi sono permesso una crìtica dei due casi, soltanto perchè volevo dimostrar praticamente come certe ricostruzioni siano per il glottologo un po' azzardate, non perchè io creda di dover escludere in modo assoluto la possibilità, che le due epigrafi abbiano una volta portato realmente la forma Epicadus (il nome è chiaramente documentato in un' iscrizione di Capua del 26 a. Cr., nella quale è scrìtto Epicad. (C. I. L. X, 3790) e in una posteriore di Altena in Lucania (fi. I. L. X, 5081), che porta C. Obittius, C. L. Epicadus). Ma se il d fosse qui risultante d' un anteriore /, nell' epigrafe capuana avremmo il più antico esempio di lenizione del t intervocalico, risalente ancora all' epoca repubblicana. Ora questa sembra essere appunto I' opinione dello Zimmermann, che avvicina Epicadus a „forme urbane" Epicatus (C. 1. L. V, 8378) ed Epicatius (C. I. L. Ili, 920). Peccato che le „forme urbane" non provengano dal materiale epigrafico romano, ma la prima dalla Gallia Cisalpina, la seconda dalla Grecia! Epicatus sarebbe poi secondo lo Zimmermann un derivato da Apicatus, che ricorre un paio di volte (Roma, C. I. L. VI, 12 126, 10025, Apicatius 9634, 22277 e X, 8042,5) nelle iscrizione latine: i due nomi starebbero, riguardo alla vocale, nell' eguale rapporto di Annius ed Enttius. In verità io non mi sento di seguire lo Zimmermann in simili paralleli: essi sarebbero possibili se il capitolo del raddoppiamento ipocoristico nel1' onomastica italica fosse sufficentemente esplorato e se si potesse localizzare 1' origine dell' estesissima gens Ennia, studiandone i rapporti colla non meno estesa gens Annia, che potrebbe avere un' origine etnisca. ] Quanto poi al derivare Epicatus da Apicatus che W. Schulze avvicina all' etrusco apice,J sarà bene attender ulteriori spiegazioni dallo Zimmermann; per intanto sia lecito staccare il nostro Epicadus dalle altre forme con t. Neil' iscrizioni della bassa Italia Epicadus sembra essere il noto nome greco Emxaóog; quanto all' Epicadus ex gente Parthina cfr. Schulze 0. c. 1 3 1 n. 1, K r e t s c h m e r , Einl. Gesch. gr. Sp. 247 e T o m a s c h e k , Zft.f.dst. Gymn. 1872, pag. 145. Ben più convincente potrebbe sembrare 1' Extricado d' un' iscrizione della Pannonia inferiore (Kovàcsi) del 217 d. C. (C. I. L. Ili, 3620), giacché la finale, in cui compare 1' esempio succitato Praesente et Extricado cos., permette di identificare Éxtricadus col console T. Messius Extricatus. Ma quanto all' attendibilità della lezione mi permetto di sollevar alcuni dubbi: 1' epigrafe non fu collazionata dal Mommsen ma riportala sulla trascrizione di J. Paur che, come si capisce chiaramente, 1 S c h u l z e , Zur Geschichte tatein. Eigennamen nelle Abbandl. der kgl. Gesellschaft der Wissenschaften zu Gòttingrn, Phil. hist. Klasse, NF-Bd. V, 2, 132. Per l'estensione dei nomi Annius et Ennius, cfr. l'indice IV del C o n w a y , The Italie Dialects II, 559, 567. 1 0. c. 292.

21 quando si confrontino col testo le correzioni dell' editore, non ha capito bene l'iscrizione; a rendere incerta la lettura si aggiungono poi i numerosi collegamenti di consonanti e di vocali nella stessa (p. e. P/REN"ES), i quali fanno dubitare che invece di E X T R I C / D O non s' abbia a leggere E X T R I C A O II testo dell' epigrafe non contiene altri barbarismi: possibile che non sia semplicemente errata o la scrittura o la lettura del nome del console? Come vedremo, Extricado costituirebbe 1' unico esempio di lenizione fin' ora noto ed accettabile in tutto il materiale del Corpus. Nulla vale pel caso nostro il Gavadi(i?) d' una lapide romana, leggermente frammentaria a destra (C. I. L. VI, 2 4 2 9 9 a : Alfia Q. V. Veti Gavadi\) giacché il d non trovasi in posizione intervocalica (Gavadjus) e non può quindi testificare -t- > d latino; 1' avvicinamento a un Gaviaiia C. I. L. XII, 1290 (Gallia Narb., Vasio), che può sembrare e forse non è del tutto arbitrario, significa ben poco, perchè, trattandosi d' un nome probabilmente etrusco, gioverà ricordare che nella trascrizione di -aie, -ade, le oscillazioni fra -atius e -adius sono, come risulta dall' opera monumentale dello Schulze, tutt' altro che rare. Non accettabile mi sembra pure il Novado che ricorre due volte in un' iscrizione di Luceria C. 1. L. IX, 881 dettata in buon latino, nella quale abbiamo un esempio sicuro di / interv. conservato C. Pullidio Donato. Non so secondo qual principio lo Zimmermann vi possa vedere con tanta sicurezza una corruzione volgare di Novatus che ricorre, riferendosi naturalmente ad altra persona, nello stesso volume IX, 4885 (L. Flavius Novatus)', siamo nel territorio dove nemmeno nei dialetti moderni il t non scende a d, e gli indici del voi. IX del Corpus tengono prudentemente distinti i due nomi. Se nell' iscrizione di Luceria v' ha bisogno d' una correzione, la lettura che si presenta come epigraficamente più plausibile è Nova(n)do\ per nt, nd trascritte con t, d nelle iscrizioni dell' epoca imperiale cfr. S c h u c h a r d t , Vokal. 105, S e e l m a n n , Aussprache 283. Per lo stesso motivo scarto Athtnia Amada d' un' antica e corretta iscrizione romana (C. I. L. V I , 26552); è strano che allo Zimmermann sia sfuggita la sensata correzione dell' editore: Ama(n)da. Il richiamo ad un Amada d' un' iscrizione di Sivaux appartenente al sesto secolo (Le B l a n t , Inscrip. chr. d. I. Gaule 576 a) è inconcludente, perchè all' epoca di quest' ultima epigrafe il passaggio delle tenui intervocaliche alle medie è altrettanto certo per la Gallia transalpina, quanto è certo che tale lenizione non è ammissibile a Roma nè all' epoca imperiale, nè più tardi ancora. Restano con ciò tre altri esempi portati dallo Zimmermann da iscrizioni della Gallia, Germania e della Spagna. Il Veladus è da un' iscrizione „litteris non bonis" (C. I. L. XII, 3984); chi abbia un po' di pratica del Corpus, sa cosa significhi tale osservazione. Secondo lo Zimmermann il Veladus Maximi flli(us) avrebbe il nome dagli accensi velati: sia qui lecito osservare che la derivazione solita è per -ius, cfr. Velalius accensorum velatorum C. I. Z . VI, 323/4. Il secondo è Altius /. Corradi f . d' un' epigrafe del C. I. L. XII, 3437, avvicinato dallo stesso autore a Curati VII, 1270.

22 Il nominativo di quest' ultimo sarà forse Curalius, cfr. KoQÓziog ( M o m m s e n , Unteriial. Dial. 355), Coratius Sabinus, C. I. L. Ili, 633, Curatius, C. I. L. X , 764. Poiché la radice del nome è probabilmente etnisca 1 (Schulze o. c. 354) e il rapporto fra -atius, -atus, -aie e -adu dipende dalla diversa rielaborazione italico-latina della base -ade, -ate, si ripete qui quanto abbiamo visto più sopra relativamente a Gavadius. L ' ultimo esempio ci trasporta nella S p a g n a fra nomi iberici e celto-iberici : Ambadus che ricorre 3 volte C. 1. L. II, 5709, 2909, 2908 (Leon, Villafranca de Oca) con d contro 38 esempi di Ambatus e Ambata. Chi prenda in mano la dissertatone del C a r n o y , dove Ambadus è studiato a pag. 1 1 5 , s'accorge subito della giustezza della seguente osservazione di questo autore: „ d a n s un grand nombre de noms de personnes et de lieux tires des idiomes indigènes, on constate 1' cchnngc des sourdcs et des sonoros." Nomi personali scritti alternativamente con / e d (in generale colla media alternata colla tenue) non sono rari nello stesso volume del Corpus: p. e. Atecina 462 — Adelina 605, 5298, Bedunus 2507 — Betunia 2788, Belouna 2861, Tridallus 5 7 1 5 — Tritalicus 2 8 1 4 ecc., e forme (gallo)iberiche colla media trovano corrispondenze nel gallico con la tenue conservata p. e. Madìcenus 2 7 7 1 , gali. Maiigenus. Fino a qual punto 1' instabilità della grafìa delle esplosive nei nomi barbarici dipenda da incorrettezza nella trascrizione coi segni latini esprimenti probabilmente suoni acusticamente diversi, fino a qual punto si tratti invece di elaborazione iberica di suoni gallici o d' una tendenza alla lenizione simile alla nota e forse anteriore lenizione celtica e gallica, non è cosa che interessi diretlamente il romanista. Ma importante per noi si è che tali oscillazioni si ripetono dopo « ed r, quindi in condizioni di lenizione gallica che non combinano assolutamente colle romanze. 1 1 . Insomma, anche d o p o le aggiunte del Carnoy e del Pirson nel vastissimo Corpus non è stato trovato ancora un solo esempio di evoluzione sicura di / in d intervoc. per tutta 1' epoca imperiale, quando non si voglia basarsi su elementi onomastici non sicuramente latini. L ' evoluzione / >• d risulta quindi romanza, non latina. Nella Spagna i primi documenti epigrafici sicuri sono per puro caso molto recenti: sacradum e salvadoris d' un' iscrizione dell' anno 931 ( H ü b n e r , Inscr. Hisp. christ. 272), peccadore ( 5 1 3 ) ; in Francia la più vecchia traccia epigrafica è 1' Amada del V I secolo citata più sopra. Q u a n d o si consideri c o m e atto a dimostrare il passaggio delle tenui interv. a medie il materiale dato da nomi non latini, è facile accatastare esempi ancor anteriori all' era cristiana e sparsi non solo su t u t t a 1' Italia, ma ben più in là ancora. £ inutile riportare qui i doppioni che risultano per nomi celtici dall' Altceltischer Sprachschatz dell' H o l d e r ; in Italia il maggior contingente è dato da nomi originariamente etruschi. Poiché nel1 Se Corradi e Curati sono lo stesso nome, questo non può esser latino per il doppio r.

23 1' alfabeto etrusco manca ogni distinzione fra la tenue e la media, e poiché in questa liDgua si nota, almeno apparentemente, uno scambio stranissimo fra le tenui e le aspirate, 1 così la riduzione latina presenta, c o m e avverte lo S c h u l z e o. c. 64, incertezze del tutto speciali fra la tenue e la media p. e. etc. utie—Odie, Otius 64, 202 , 2 ainei—Aditiius, Atuni 6 8 , cutni e cu&nas—Codennius Cutennius 7 9 , caini e caO-nis = Cadinius e Calenius 7 9 , vctna — Vetina, Vtdcnnius 1 0 1 , aut(n)i e augnai—Audenius 130, caliti— Calidenus 1 3 8 , numQ-ral—Numitorivs, Numidorius 163, latini— Ladinnia, Latinius 1 7 6 , ptQ-na— Paethinia, Patdinius 205, sutrina, suQ-rina — Sudernia, Sutorius 239, tutia(l) — Tudennia, Tutinius 2 4 7 , mulainei—Mudascnus, Motasius 362 e c c . 4 T a l e alternazione s ' e s t e n d e non solo alle dentali, ma alle tenui in generale, e forse non a torto lo S c h u l z e (0. c. 65 n.) sospetta nei noti Alcxanter e Cassantra di vecchie iscrizioni romane ( Q u i n t i l i a n o I, I V , 16) e nei prenestini AlixenUr e Cassentera un influsso della cultura etrusca. In ogni m o d o , all' infuori dell' onomastica, dove l'incertezza fra la tenue e la media aveva un motivo speciale, tale influenza etrusca non è riscontrabile nel latino vivo. Queste oscillazioni del materiale epigrafico sono quindi tanto inconcludenti per il latino dell' e p o c a imperiale, quanto quelle dei nomi barbarici delle iscrizioni spagnole: se fosse necessario addurre una prova, basterebbe ricordare che la media per la rispettiva tenue ricorre nell' onomastica latinoetrusca anche in posizione iniziale, fatto interamente estraneo alla lenizione romanza.

II. 12. L e due tendenze che suscitarono nello sviluppo del nostro consonantismo profonde differenze fra le condizioni latine e le romanze, 1' a s s i b i l a z i o n e e la l e n i z i o n e , sono nei loro primordi ancora latine. T a l e è nel nostro caso certamente la diversità fra la pronunzia delle liquide interne e iniziali, e certi indizi sembrano parlare per una propensività ben vecchia alla lenizione delle sonore. Nessun indizio si presenta invece per una differenza sensibile già latina fra le tenui iniziali e medie. Della lenizione delle tenui abbiamo .cercate invano tracce anche nelle iscrizioni dell' e p o c a imperiale: il motivo risiede nel fatto che non avendo la lenizione latina, ancor p o c o progredita, portato a una diversità psicologi» Grndr. I», 443. ' Cito dallo S c h u l z e e rimando il lettore alla rispettiva pag. della sua opera. * „Die Formen mit d sind vermutlich durchs Etruskiscbe hindurchgegangen, ehe sie sich wieder im Lateinischen acclimatisierten", pag. 79. * In singoli casi nel latino sembrano essersi conservate solo forme colla tenue cosi ratumsna, racuminai-Ratumenna 92, patna-Patina 86, dateClcUius 149, cutle- Cutellius 159, hetari. he&ari-Heterius 174, le&e, letisLaetinius, se&re, jetri-Setrius, Sttorius i8lecc. Il processo inverso, cioè che un nome latino con d interv. venga reso in etrusco colla tenue, i più che incerto. Sa Caedius-Caetiut, Caetennius cfr. però S c h u l z e 137.

23 1' alfabeto etrusco manca ogni distinzione fra la tenue e la media, e poiché in questa liDgua si nota, almeno apparentemente, uno scambio stranissimo fra le tenui e le aspirate, 1 così la riduzione latina presenta, c o m e avverte lo S c h u l z e o. c. 64, incertezze del tutto speciali fra la tenue e la media p. e. etc. utie—Odie, Otius 64, 202 , 2 ainei—Aditiius, Atuni 6 8 , cutni e cu&nas—Codennius Cutennius 7 9 , caini e caO-nis = Cadinius e Calenius 7 9 , vctna — Vetina, Vtdcnnius 1 0 1 , aut(n)i e augnai—Audenius 130, caliti— Calidenus 1 3 8 , numQ-ral—Numitorivs, Numidorius 163, latini— Ladinnia, Latinius 1 7 6 , ptQ-na— Paethinia, Patdinius 205, sutrina, suQ-rina — Sudernia, Sutorius 239, tutia(l) — Tudennia, Tutinius 2 4 7 , mulainei—Mudascnus, Motasius 362 e c c . 4 T a l e alternazione s ' e s t e n d e non solo alle dentali, ma alle tenui in generale, e forse non a torto lo S c h u l z e (0. c. 65 n.) sospetta nei noti Alcxanter e Cassantra di vecchie iscrizioni romane ( Q u i n t i l i a n o I, I V , 16) e nei prenestini AlixenUr e Cassentera un influsso della cultura etrusca. In ogni m o d o , all' infuori dell' onomastica, dove l'incertezza fra la tenue e la media aveva un motivo speciale, tale influenza etrusca non è riscontrabile nel latino vivo. Queste oscillazioni del materiale epigrafico sono quindi tanto inconcludenti per il latino dell' e p o c a imperiale, quanto quelle dei nomi barbarici delle iscrizioni spagnole: se fosse necessario addurre una prova, basterebbe ricordare che la media per la rispettiva tenue ricorre nell' onomastica latinoetrusca anche in posizione iniziale, fatto interamente estraneo alla lenizione romanza.

II. 12. L e due tendenze che suscitarono nello sviluppo del nostro consonantismo profonde differenze fra le condizioni latine e le romanze, 1' a s s i b i l a z i o n e e la l e n i z i o n e , sono nei loro primordi ancora latine. T a l e è nel nostro caso certamente la diversità fra la pronunzia delle liquide interne e iniziali, e certi indizi sembrano parlare per una propensività ben vecchia alla lenizione delle sonore. Nessun indizio si presenta invece per una differenza sensibile già latina fra le tenui iniziali e medie. Della lenizione delle tenui abbiamo .cercate invano tracce anche nelle iscrizioni dell' e p o c a imperiale: il motivo risiede nel fatto che non avendo la lenizione latina, ancor p o c o progredita, portato a una diversità psicologi» Grndr. I», 443. ' Cito dallo S c h u l z e e rimando il lettore alla rispettiva pag. della sua opera. * „Die Formen mit d sind vermutlich durchs Etruskiscbe hindurchgegangen, ehe sie sich wieder im Lateinischen acclimatisierten", pag. 79. * In singoli casi nel latino sembrano essersi conservate solo forme colla tenue cosi ratumsna, racuminai-Ratumenna 92, patna-Patina 86, dateClcUius 149, cutle- Cutellius 159, hetari. he&ari-Heterius 174, le&e, letisLaetinius, se&re, jetri-Setrius, Sttorius i8lecc. Il processo inverso, cioè che un nome latino con d interv. venga reso in etrusco colla tenue, i più che incerto. Sa Caedius-Caetiut, Caetennius cfr. però S c h u l z e 137.

24 camente sentita fra d u e suoni originariamente identici, la grafia non aveva bisogno d' abbandonare la vecchia tradizione. Nel mondo romanzo troviamo invece a n a triplice tendenza ben definita: il rumeno e il dalmatico non hanno quasi traccia di Ienizione delle esplosive intervocaliche, l'italiano appenninico risponde alle forti iniziali con leni intervocaliche, il tratto gallo-romano presenta nn' evoluzione originariamente unitaria, portando non soltanto le forti alle leni, ma cambiando le sorde in sonore, e svolgendo le sonore latine più o meno manifestamente alle rispettive spiranti. Prima di restringere la ricerca al territorio italiano, mi sia lecito ricapitolare sommariamente il processo della Ienizione delle esplosive, in quanto esso presenta tendenze generali, dalle quali dipend o n o anche le evoluzioni ulteriori dei dialetti della Penisola. Trattandosi d' un' evoluzione compiutasi alla soglia del romanzo, i cui tratti originali sono quindi noti soltanto da materiale grafico, è chiaro che 1' unico cambiamento sicuramente rintracciabile non è quello che comprende soltanto un' alterazione quantitativa d ' energia fra due varietà non troppo perspicue dello stesso suono e non ebbe quindi sanzione nella scrittura, ma quello c h e , arrivando a cambiare le condizioni di sonorità, produsse una notevole alterazione della pronunzia che si rispecchia chiaramente non solo nella scrittura, ma anche nelle varie relazioni fra i prestiti in e da altre lingue (celtiche, germaniche). Fonti per stabilire 1' epoca, 1' estensione e le circostanze concomitanti di questa Ienizione sono oltre il materiale epigrafico e paleografico i confronti fra le diverse lingue venute a contatto col latino: esse ci forniscono dati cronologici più preziosi e più importanti di quelli che è dato ottenere dalle fonti dirette. — Di queste lingue, il celtico compi parallelamente al romanzo una Ienizione cominciata sicuramente molto prima in certe m e d i e m a proseguita più lentamente e in gran parte in forma e condizioni diverse dal romanzo [sorpasso qui le singole modificazioni secondarie della Ienizione in gruppi consonantici: cfr.: i §§ 6o, 6 i , 68, 69, 72, 73, 77, 86 del P e d e r s e n ] : le medie e medie-aspirate ario-eur. convergono in posizione f o r t e alle esplosive sonore b, d, g, in posizione l e n e in generale alle spiranti omorganiche 5, ét, y, d o n d e w nell' i rico, v nel britico da 5, 2 nel bretone e vocalizzazione del y, j ed eventualmente scomparsa in posizione interv. nel nuovo irlandese dall' anteriore