Presentazione di Sacher Masoch

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Presentazione di Sacher Masoch

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Gilles Deleuze PRESENTAZIONE DI SACHER-MASOCH

TASCABILI BOMPIANI

Titolo originale PRESENTATION DE SACHER-MASOCH Traduzione di Mario de Stefanis © 1967, Editions de Minuit, Parigi © 1973, Edizioni iota, Milano Edizione su licenza temporanea delle Edizioni Iota Casa editrice Valentino Bompiani & C. S.p.A Via Mecenate, 8 7 / 6 - Milano I Edizione nei "Tascabili Bompiani" Febbraio 1978 267815

TASCABILI BOMPIANI Periodico settimanale anno III numero 80 - 6 / 2 / 1 9 7 8 Registr. Tribunale di Milano n. 133 del 2 / 4 / 1 9 7 6 Direttore responsabile: Oreste del Buono Finito di stampare nel dicembre 1977 presso la S.T.I.G. di Torino Printed in Italy

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PREMESSA DELL'AUTORE

Le informazioni più sicure sulla vita di Sacher-Masoch le dobbiamo al suo segretario, Schlichtegroll CSacher Masoch und der Masochismus), e alla sua prima moglie che assunse il nome della Venere, Wanda (Wanda von Sacher-Masoch, Confessioni della mia vita). Il libro di Wanda, molto bello, venne severamente giudicato dai biografi, i quali, il più delle volte, si limitarono a svilirlo. Non soddisfava l'immagine che Wanda dava di se stessa: la si voleva sadica, poiché Masoch era stato masochista. Ma certamente il problema in questi termini è mal posto. Leopold von Sacher-Masoch nacque nel 1835/ $ Leopoli, in Galizia. I suoi ascendenti sono slavi, spagnoli e boemi; i suoi antenati, funzionari dell'impero Austroungarico; suo padre, capo della polizia di Leopoli. Le scene di sommosse e di prigione, di cui nell'infanzia fu testimone, lo colpirono profondamente. L'intera sua opera ' rimane influenzata dal problema delle minoranze, delle nazionalità e dei movimenti rivoluzionari dell'impero: racconti galiziani, racconti ebraici, racconti ungheresi, racconti prussiani... Spesso egli descriverà l'organizzazione della comune agricola e la duplice lotta dei contadini contro l'ammini1 In realtà L. v. S.-M. nacque nel 1836 (nota redazione Tascabili Bompiani).

V

strazione austriaca e, soprattutto, contro i proprietari locali. Egli è attratto dal panslavismo. Gli uomini che più ammira, oltre Goethe, sono Puskin e Lermontov. Egli stesso viene chiamato il Turgheniev della Piccola Russia. In un primo tempo è professore di storia a Graz e inizia la sua carriera letteraria con romanzi storici. Ottiene un rapido successo. La divorziata (1870), uno dei primi romanzi del genere, ebbe notevoli ripercussioni, perfino in America. In Francia, Hachette, Calmann-Levy, Flammarion, pubblicheranno traduzioni dei suoi romanzi e racconti. Una delle sue traduttrici lo presenta come un severo moralista, autore di romanzi folcloristici e storici, senza la minima allusione al carattere erotico della sua opera. Senza dubbio i suoi fantasmi erano meglio accetti se addebitati all'animo slavo. Bisogna nondimeno considerare un motivo più generale: la diversità di condizioni di « censura » tra il nostro secolo e il XIX secolo; la sessualità diffusa, con meno precisazioni organiche e psichiche, veniva meglio tollerata. Masoch parla un linguaggio in cui l'aspetto folcloristico, politico, storico, mistico, erotico, nazionale e perverso si fondono per formare una nebulosa per i colpi di frusta. Non proviamo quindi alcuna gioia nel vedere Krafft-Ebing usare il suo nome per designare una perversione. Masoch fu un autore celebre e onorato; fece un viaggio trionfale a Parigi, nel 1886; venne decorato, festeggiato da « Le Figaro » e dalla « Revue des Deux Mondes ». I gusti amorosi di Masoch sono celebri: giocare all'orso o al bandito; farsi cacciare, legare, farsi infliggere punizioni, umiliazioni e anche acuti dolori fisici con la frusta da una donna opulenta in pelliccia; travestirsi da domestico, accumulare feticci e travestimenti; pubblicare annunci personali sul giornale, stabilire un « contratto » con la donna amata, all'occorrenza prostituirla. Una prima avventura con Anna VI

von Kottoivitz, gli ispira La divorziala; un'altra avventura con Fanny von Pistor, Venere in pelliccia.2 Poi, la signorina Aurora Riimelin si rivolge a lui in ambigui termini epistolari, assume lo pseudonimo di Wanda e sposa Masoch nel 1873. Gli sarà compagna, nel contempo docile, esigente e offuscata. Per Masoch doveva essere la delusione, come se la potenza del travestimento fosse anche quella del malinteso: cercherà sempre di introdurre un terzo soggetto nella sua unione, da lui chiamato « il greco ». Ma già in precedenza, con Anna von Kottowitz, uno pseudo conte polacco si rivelò essere un aiutante farmacista ricercato per furto, affetto da una pericolosa malattia. Con Aurora-Wanda inizia una curiosa avventura che sembra avere quale interprete Luigi II di Baviera; potremo leggerne più oltre il racconto. Anche qui, le doppie identità, i travestimenti, le esibizioni da un campo all'altro formano uno straordinario, quanto deludente nell'esito, balletto. Infine, l'avventura con Armand de « Le Figaro », brillantemente raccontata da Wanda, se il lettore accetta di fare egli stesso le opportune correzioni: è questo epispdio a determinare il viaggio del 1886 a Parigi, che nello stesso tempo narra la fine dell'unione di Masoch con Wanda. Egli sposerà nel 1887 la governante dei propri figli. Un romanzo di Myriam Harry, Sonia a Berlino, ci offre un interessante ritratto di Masoch nella solitudine degli ultimi anni della sua vita. Egli muore nel 1895,3 nell'amarezza di quell'oblio che già ha avvolto la sua opera. Un'opera, la Sua, che non manca di essere importante e insolita. È stata da lui concepita come un ci2

Vedere Tascabili Bompiani n. 81: L. v. S.-M. Venere in pelliccia. 3 Secondo alcuni L. v. S.-M. morì invece, dieci anni più tardi nel 1905 in una casa di cura di Mannheim (n. r. T. B.).

VII

do, o meglio come una serie di cicli. Quello principale ha come titolo II lascito di Caino, e dovrebbe comprendere sei temi: l'amore, la proprietà, il denaro, lo stato, la guerra, la morte (soltanto le prime due partì furono portate a termine, ma in esse sono già presenti gli altri temi). I racconti folcloristici o nazionali formano cicli secondari. Come è noto due romanzi del mistero fra i migliori di Masoch (Tescatrice di anime e La madre santa) ci narrano delle sette mistiche di Galizia e raggiungono livelli di angoscia e tensione raramente superati. Qual è il senso dell'espressione « lascito di Caino »? Innanzi tutto vi è la pretesa di riassumere l'eredità di crimini e di sofferenze che opprime l'umanità. Ma la crudeltà è qui soltanto l'apparenza di un livello più segreto: la gelida essenza della natura, la steppa, l'immagine glaciale dèlia madre nella quale Caino scopre il proprio destino. La freddezza di questa madre severa è piuttosto la trasmutazione della crudeltà da cui nascerà il nuovo uomo. Vi è dunque un « segno » di Caino, che indica il modo in cui si deve far uso del « lascito ». Da Caino al Cristo, è lo stesso segno che rinvia all'Uomo sulla croce, « senza amore sessuale, senza proprietà, senza patria, senza conflitti personali, senza lavoro, che muore volontariamente, personificando l'idea di umanità... ». L'opera di Masoch raccoglie la potenza del romanticismo tedesco. Noi crediamo che nessuno scrittore seppe far uso come lui delle risorse del « fantasma » e del « mistero ». Egli possiede una capacità particolare, nello stesso tempo per « desessualizzare » l'amore e sessualizzare tutta la storia dell'umanità. Il destino di Masoch è doppiamente ingiusto. Non certo perché il suo nome servì a designare il masochismo, al contrario: Innanzi tutto perché la sua opera cadde nell'oblio nel momento stesso in cui il nome assunse l'uso corrente. Accade spesso senza dubbio che vengano pubblicati libri sul sadismo che ignorino to-

mi!

talmente l'opera di Sade. Ma è sempre più raro; Sade è sempre più profondamente conosciuto, e la riflessione clinica del sadismo serve singolarmente la riflessione letteraria su Sade, e viceversa. Per Masoch invece, l'ignoranza della sua opera rimane stupefacente, anche nei libri migliori sul masochismo. E non bisogna forse pensare che fyasoch e Sade non sono soltanto dei casi come tanti altri, bensì che essi possono insegnarci qualche^ cosa d'essenziale, l'uno sul masochismo, l'altro s'ul sadismo? Vi è un secondo motivò che rende duplice l'ingiustizia: il fatto che clinicamente, Masoch, serva da complemento a Sade. Non è forse questa la ragione per cui coloro che si interessano a Sade non ebbero particolare interesse per Masoch? Con troppa fretta si è portati a ritenere che sia sufficiente rovesciare i segni, capovolgere le pulsioni e pensare la grande unità dei contrari per ottenere Masoch partendo da Sade. Il tema di una unità sadomasochista, di una entità sadomasochista, è molto nocivo a Masoch.'Egli non ha soltanto sofferto di una ingiusta dimenticanza, ma anche di una ingiusta complementarietà, di una ingiusta unità dialettica. Infatti, non appena leggiamo Masoch sentiamo benissimo che il suo universo non ha alcun legame con quello di Sade. Non si tratta soltanto di tecniche, ma di problemi e di preoccupazioni, di progetti affatto diversi. Non bisogna obiettare che la psicoanalisi, da molto tempo, ha dimostrato la possibilità e la realtà delle trasformazioni sadismo-masochismo. Ciò che è in causa è la stessa unità che viene chiamata sadomasochismo. La medicina fa distinzione tra sindrome e sintomo: i sintomi sono segni specifici di una malattia ma le sindromi sono unità diverse, a contesti variabili. Non siamo certi che l'entità sadomasochista non sia essa stessa una sindrome che dovrebbe essere dissociata in due linee non riducibili l'una all'altra. Ci è stato troppo detto che il medesimo era sadico e masochista. IX

Bisogna ricominciare tutto, e ricominciare con la lettura di Sade e di Masoch. Poiché il giudizio clinico è pieno di pregiudizi, è necessario ricominciare tutto da un punto situato fuori della clinica, il punto letterario, dal quale vennero tratti i nomi delle perversioni. Non è un caso che i nomi dei due scrittori servirono per designare; può essere che la critica (in senso letterario) e la clinica (nel senso medico) siano destinate a costituire nuovi rapporti, in cui l'una apprende all'altra e reciprocamente. La sintomatologia è sempre un problema d'arte. Le specificità cliniche del sadismo e del masochismo non sono separabili dai valori letterari di Sade e di Masoch. E, invece di una dialettica che riunisce precipitosamente i contrari, è necessario aspirare a una critica e a una clinica capaci di far emergere i meccanismi veramente .differenziali, come pure le originalità artistiche.

X

PRESENTAZIONE DI SACHER-MASOCH

Sade, Masoch

e il loro

linguaggio

A cosa serve la letteratura? I nomi di Sade e di Masoch servono almeno per designare due perversioni di base: sono esempi prodigiosi di efficacia letteraria. In quale senso? Può accadere che malati tipici diano il proprio nome a delle malattie. Ma, il più delle volte, sono i medici a dare il proprio nome (per esempio, la malattia di Roger, di Parkinson...). Le condizioni di tale denominazioni richiedono un'analisi accurata: il medico non ha inventato la malattia. Egli ha dissociato i sintomi fino allora riuniti, raggruppato i sintomi fino allora dissociati, ha costituito un quadro clinico profondamente originale. Questo è il motivo per cui la storia della medicina è quanto meno duplice. Vi è una storia delle malattie che scompaiono, regrediscono, si ravvivano o mutano nella forma in ragione dello stato della società e dei progressi della terapeutica. Ma contenuta in questa storia troviamo l'altra, quella della sintomatologia, che a volte precede e a volte segue le trasformazioni della terapeutica o della malattia: si battezza e si sbattezza, si raggruppano in modo diverso i sintomi. Il progresso, sotto questo profilo, avviene generalmente verso una maggiore specificazione, testimonianza di una più raffinata sintomatologia (è chiaro che la peste e la lebbra erano un tempo più frequenti, non soltanto per ragioni storiche e sociali, ma perché 3

si raggruppava sotto loro nome ogni tipo di disturbo, attualmente dissociato . Sono i grandi clinici a essere i più grandi medici. Quando un medico dà il proprio nome a una malattia, vi è in ciò un atto, nello stesso tempo linguistico e semiologico, molto importante, nella misura in cui tale atto associa un nome proprio a un insieme di segni, o a far si che un nome proprio connoti dei segni. Sotto questo profilo, Sade e Masoch possono essere considerati grandi clinici? È difficile considerare il sadismo e il masochismo nel modo in cui consideriamo la lebbra, la peste, il morbo di Parkinson. La parola malattia non è appropriata. Rimane nondimeno il fatto che Sade e Masoch ci presentano quadri di sintomi e di segni diseguali. Se Krafft-Ebing parla di masochismo, è in quanto dà merito a Masoch di avere rinnovato una entità clinica, definendola non tanto mediante il legame dolore-piacere, quanto mediante comportamenti più profondi di schiavitù e umiliazione (al limite, vi sono casi di masochismo senza algolagnia e perfino algolagnia senza masochismo.1 Inoltre dovremo chiederci se rispetto a Sade, Masoch non definisca una sintomatologia più raffinata e non renda possibile la dissociazione di disturbi fino allora raggruppati. In ogni caso, « malati » o clinici, ed entrambi contemporaneamente, Sade e Masoch sono anche grandi antropologi, nello stile di coloro che sanno investire la propria opera d'una completa concezione dell'uomo, della cultura e della natura; grandi artisti, nello stile di coloro che sanno estrarre nuove forme, creare nuovi modi di percepire e pensare, costituire un nuovo linguaggio. 1 Krafft-Ebing già segnalava la possibilità di « flagellazione passiva » indipendentemente dal masochismo. Cfr. Psycopathia sexualis, edizione rivista da Moli, 1923.

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È senz'altro vero che la violenza è ciò che non parla, che parla poco, e la sessualità ciò di cui, usualmente, si parla poco. Il pudore non deriva da un timore biologico. Se ciò fosse, essa avrebbe tutt'altra formulazione dell'attuale: temo meno di essere toccata che non vista, e vista che non parlata. Qual è allora il significato della congiunzione della violenza e della sessualità in un linguaggio cosi profuso, cosi provocante quale è quello di Sade e di Masoch? Come spiegare questa violenza che parla d'erotismo? Georges Bataille, in un testo che avrebbe dovuto rendere vana ogni discussione sul rapporto tra il nazismo e la letteratura di Sade, spiega che il linguaggio di Sade è paradossale perché è essenzialmente il linguaggio di una vittima. Soltanto le vittime possono descrivere le torture; i carnefici usano necessariamente il linguaggio ipocrita dell'ordine e del potere costituito: « Generalmente, il carnefice non usa il linguaggio di una violenza che esercita in nome del potere costituito, quello del potere, che apparentemente lo scusa, lo giustifica e motiva il livello in cui è posto. Il violento è spinto a tacere e adattarsi all'inganno... Per cui l'atteggiamento di Sade è l'opposto di quello di un carnefice, di cui è l'esatto contrario. Sade scrivendo, rifiutando l'inganno, lo affidava a personaggi i quali, in realtà, avrebbero dovuto essere silenziosi, ma si serviva di loro per fare ad altri uomini un discorso paradossale ».2 Bisogna forse trarre da ciò la conclusione che anche il linguaggio di Masoch è paradossale, ma in quanto le vittime a loro volta parlano come quel carnefice, quale esse sono nei propri confronti, con l'ipocrisia che gli è propria? Chiamiamo letteratura pornografica una letteratura 1

Georges Bataille, L'erotismo,

Sugar 1962, Mondadori 1970. 5

ridotta ad alcune parole d'ordine (fai questo, quello...) a cui fanno seguito descrizioni oscene. Violenza ed erotismo sono quindi riuniti, ma in modo rudimentale. Anche in Sade e in Masoch le parole d'ordine abbondano, nella bocca del crudele libertino o della donna dispotica, e cosi le descrizioni (anche se non hanno affatto nelle due opere lo stesso significato né la stessa oscenità). Sembrerebbe che per Masoch come per Sade il linguaggio assuma tutto il proprio valore agendo direttamente sulla sensualità. In Sade, Les cent vingt Journées sono organizzate in base a racconti che i libertini fanno narrare da « narratrici »; e, di regola almeno, nessuna iniziativa dei personaggi deve anticipare il racconto. Infatti il potere delle parole è totale nell'ordinare la ripetizione dei corpi, e « le sensazioni comunicate dall'organo dell'udito sono quelle che più lusingano e le cui impressioni sono più vive ». In Masoch, nella sua vita come nella sua opera, gli amori devono necessariamente nascere suscitati da lettere anonime o pseudonime, e da un annuncio personale pubblicato sul giornale; devono necessariamente essere regolati da contratti che li formalizzano, che li verbalizzano; e le cose devono essere dette, promesse, annunciate, accuratamente descritte, prima ancora di essere compiute. Perciò, se l'opera di Sade e quella di Masoch non possono essere definite pornografiche, se meritano il nome più elevato di « pomologia », ciò è dovuto ai fatto che il loro linguaggio erotico non si lascia ridurre alle funzioni elementari del comando e della descrizione. Assistiamo in Sade allo sviluppo più stupefacente della facoltà dimostrativa. La dimostrazione quale funzione superiore del linguaggio appare tra due scene descritte, durante il riposo dei libertini, tra due parole d'ordine. Si ascolta un libertino che legge un rigoroso 6

pamphlet, sviluppa inesauribili teorie, elabora una costituzione. Oppure egli accetta di parlare, di discutere con la propria vittima. Tali momenti sono frequenti, appunto in Justine: ognuno dei suoi carnefici ne fa la propria ascoltatrice e confidente. Ma l'intenzione di persuadere è soltanto apparente. Il libertino può mostrarsi intento a persuadere o a convincere; può perfino fungere da « istitutore », nella formazione di una nuova recluta {La Philosophie dans Je boudoir)}* In realtà nulla è più estraneo al sadico dell'intenzione di persuadere o di convincere, in breve dell'intenzione pedagogica. Si tratta di ben altro. Si tratta di dimostrare che il ragionamento è esso stesso violenza, che appartiene ai violenti con tutto il suo rigore, tutta la sua serenità, tutta la sua calma. Non si tratta nemmeno di mostrare a qualcuno, bensì di dimostrare, di una dimostrazione che si identifica con la perfetta solitudine e l'onnipotenza del dimostratore. Si tratta di dimostrare l'identità tra la violenza e la dimostrazione. Per cui il ragionamento non deve essere condiviso dall'ascoltatore a cui viene richiesto soltanto il piacere, tramite l'oggetto con il quale esso viene ottenuto. Le violenze subite dalle vittime sono soltanto l'immagine di una violenza ancor più grande, di cui testimonia la dimostrazione. Tra i suoi complici o le sue vittime, sempre, il ragionatore ragiona nel cerchio assoluto della propria solitudine e della propria unicità, anche se tutti i libertini fanno lo stesso discorso. Sotto tutti gli aspetti, come vedremo, 1'« istitutore » sadico si contrappone all'« educatore » masochista. Anche qui Bataille dice giustamente di Sade: « È un linguaggio che sconfessa la relazione tra colui che 2

* Prossima pubblicazione edizioni Iota, matzo 1973. 7

parla e colui al quale il discorso è diretto ». Ma se è vero che il linguaggio è la massima realizzazione della funzione dimostrativa nel rapporto tra la violenza e l'erotismo, l'altro aspetto — parole d'ordine e descrizioni — assume nuovo significato. Esso sussiste immerso nell'elemento dimostrativo in cui si muove, ed esiste soltanto rispetto ad esso. Le descrizioni, il porsi dei corpi, sono ormai soltanto figuré sensibili che illustrano abominevoli dimostrazioni; le parole d'ordine, gli imperativi dei libertini, a loro volta, non sono più che enunciati di problemi che rinviano alla catena più profonda dei teoremi sadici. « Ho teoricamente dimostrato », dice Noirceuil « ci spetta ora acquisire convincimento mediante la pratica... ». Bisogna dunque distinguere due tipi di fattori che formano un duplice linguaggio: il fattore imperativo e descrittivo, che rappresenta Y elemento personale, ordina e descrive le violenze personali del sadico, quali gusti pròpri particolari; e il fattore più elevato che designa Velemento impersonale del sadismo, che identifica questa violenza impersonale con un'idea della ragione pura, con una dimostrazione terribile capace di subordinare a sé l'altro elemento. In Sade appare uno strano spinozismo, un naturalismo e un meccanicismo investiti da uno spirito matematico. È a questo spirito che dobbiamo l'infinita ripetizione, quel processo quantitativo reiterato che moltiplica le figure, somma le vittime, percorre sempre di nuovo migliaia di cerchi di un ragionamento sempre solitario. Krafft-Ebing, sotto questo profilo, aveva presentito l'essenziale: « Vi sono i casi in cui l'elemento personale scompare quasi completamente... Il soggetto prova eccitazione sessuale picchiando ragazzi e ragazze, ma qualche cosa di puramente impersonale prevale nettamente... Mentre la maggioranza de8

gli individui, della categoria da noi analizzata, investono il sentimento di potenza su persone determinate, assistiamo qui a un sadismo pronunciato, mosso per lo più da disegni geografici o matematici... ».3 Anche in Masoch le parole d'ordine e le descrizioni si superano verso un linguaggio più elevato. Ma in esso tutto è persuasione, educazione. Non siamo più di fronte a un carnefice che si impadronisce di una vittima, da cui trae godimento in misura inversamente proporzionale al consenso, alla persuasione di essa. Siamo di fronte a una vittima che cerca un carnefice, che ha bisogno di formare, di persuadere, di stabilire con esso un patto per la realizzazione della più strana delle imprese. È questo il motivo per cui troviamo in Masoch gli annunci personali sul giornale, mentre mancano completamente nel vero sadismo; come pure troviamo l'elaborazione di contratti, mentre il sadico aborre e distrugge qualsiasi contratto. Cosi come il sadico ha bisogno di istituzioni, il masochista si nutre di relazioni contrattuali. Troviamo nel medioevo la distinzione fra due tipi di demonismo, o due perversioni fondamentali: l'una per possessione, l'altra per patto di alleanza. È il sadico che pensa in termini di possessioni istituita, mentre il masochista in termini di alleanza pattuita. La possessione è una follia propria del sadismo, il patto propria del masochismo. Il masochista deve formare la donna despota; deve persuaderla, farla « firmare »: è essenzialmente un educatore. Egli corre i pericoli di insuccesso inerenti all'impresa pedagogica. In tutti i romanzi di Masoch la donna persuasa ha un ultimo dubbio, come una paura: impegnarsi in un ruolo in cui è spinta, ma che forse non sarà in 3

Kraflt-Ebing, op. cit., pp. 208-209. 9

grado di sostenere, fallendo per eccesso o per mancanza. In La donna divorziata l'eroina esclama: « Lo ideale di Julian era una donna crudele, una donna come la grande Caterina, mentre io, purtroppo, ero debole e senza coraggio... » e Wanda nella Venere: « Temo di non saperlo fare, ma voglio tentare per te, mio adorato », oppure: « Temete che io non ci prenda gusto » Nell'impresa pedagogica degli eroi di Masoch, la sottomissione alla donna, i tormenti subiti, come pure la morte che conoscono, rappresentano altrettanti momenti di ascesa verso l'ideale. Il sottotitolo della Venere è II calvario di un idealista. Severin, l'eroe della Venere, elabora la propria dottrina, il « sovrasensualismo », e prende quale motto le parole di Mefisto a Faust: « Vai, sensuale seduttore sovrasensuale, una ragazzina ti mena per il naso ».3* (Übersinnlich, nel testo di Goethe, non significa « sovrasensibile », bensì « sovrasensuale », « sovracarnale », conformemente alla tradizione teologica in cui Sinnlichkeit designava la carne, la sensualitas). Non ci può certo stupire il fatto che il masochismo ricerchi riferimenti storici e culturali nelle prove di iniziazione mistico-idealistiche. La contemplazione del corpo nudo di una donna è possibile soltanto in condizioni mistiche: cosi come nella Venere. Ancora più nettamente, una scena di La donna divorziata mostra come l'eroe, Julian, spinto da un inquietante amico, desideri per la prima volta osservare nuda la sua amante: invoca in un primo tempo un «bisogno di osservazione», ma si trova investito da un sentimento '* Nelle edizioni italiane del Faust, Übersinnlich, viene spesso tradotto con trascendentale. Abbiamo mantenuta la traduzione adottata dall'autore anche per la maggior comprensione del testo. (N.d.t.). 10

religioso, « privo di sensualità » (sono questi i due momenti fondamentali del feticismo). Dal corpo all'opera d'arte, dall'opera d'arte alle idee, si tratta di una ascesa che deve essere fatta a colpi di frusta. Masoch è mosso da uno spirito dialettico. La Venere inizia con un sogno sopraggiunto durante una lettura interrotta di Hegel. Ma si tratta soprattutto di Platone; se troviamo in Sade lo spinozismo e una ragione dimostrativa, in Masoch troviamo il platonismo e una immaginazione dialettica. Una novella di Masoch si intitola L'amore di Platone; essa è all'origine dell'avventura con Luigi II. 4 Non è soltanto l'ascesa verso l'intelleggibile a sembrarci qui platonico, bensì la tecnica di rovesciamento, trasferimento, travestimento, sdoppiamento dialettico. Nell'avventura con Luigi II, Masoch ignora all'inÌ2Ìo se il suo corrispondente sia un uomo o una donna; alla fine non saprà se si tratta di una o di due persone; durante l'avventura ignora il ruolo che avrà sua moglie: ma è pronto a tutto, quale dialettico che coglie l'occasione, il kairos. Platone mostrava che Socrate sembrava esser l'amante, ma più profondamente si rivelava l'amato. In modo diverso l'eroe masochista sembra educato, formato dalla donna autoritaria, mentre più profondamente è esso stesso che la forma e la traveste, suggerendole le dure parole che gli sono indirizzate. È la vittima a parlare tramite il proprio carnefice, senza risparmiarsi. La dialettica non ha il solo significato del movimento del discorso, ma anche del transfert o trasferimento, permettendo che la stessa scena venga recitata simultaneamente a vari livelli, a seconda dei rovesciamenti e dei trasferimenti, nella distribuzione dei ruoli e dei linguaggi. Cfr. Appendice

III.

11

È senza dubbio esatto che la letteratura pornologica si propone, per prima cosa, di mettere il linguaggio in relazione con il proprio limite, con una specie di « non-linguaggio » (la violenza che non parla, l'erotismo di cui non si parla). Ma tale compito non può essere realmente realizzato se non mediante uno sdoppiamento interno al linguaggio: è necessario che il linguaggio imperativo e descrittivo si superi verso una funzione più elevata. È necessario che l'elemento personale si rifletta e passi nell'impersonale. E cosi, quando Sade invoca una ragione analitica universale per spiegare l'aspetto più particolare del desiderio, non vedremo certo in ciò la semplice testimonianza della sua appartenenza al XVIII secolo: è necessario che la particolarità e il delirio che gli corrisponde siano anch'essi un'idea della ragione pura. E cosi pure, quando Masoch invoca lo spirito dialettico, quello di Mefisto e Platone riuniti, non vedremo certo in ciò la semplice testimonianza della sua appartenenza al romanticismo: anche qui la particolarità deve riflettersi in un ideale impersonale dello spirito dialettico. In Sade la funzione imperativa e descrittiva del linguaggio si supera verso una pura funzione dimostrativa e istituente; in Masoch anch'essa si supera, verso una funzione dialettica, mitica e persuasiva. La ripartizione da noi evidenziata tocca l'essenza delle due perversioni, esprimendo la duplice riflessione del mostro.

12

Ruolo

delle

descrizioni

Da queste due funzioni superiori, quella dimostrativa di Sade e quella dialettica di Masoch, discende la grande differenza in merito alle descrizioni, sia del loro ruolo sia del loro valore. Abbiamo visto che le descrizioni nell'opera di Sade esistevano in rapporto a una dimostrazione più profonda, ma mantenevano nondimeno una loro relativa indipendenza quali libere figure (per cui esse sono in sé oscene): Sade ha bisogno dell'elemento provocatore. Ciò non è per Masoch: senza dubbio, la più grande oscenità può essere presente nelle minacce, annunci personali o contatti, ma essa non è indispensabile. Sotto questo profilo possiamo riconoscere all'opera di Masoch, in generale, il merito di una straordinaria decenza. Il censore più intransigente non può trovare nulla di osceno nella Venere, a meno di invocare non si sa quale atmosfera, non si sa quale impressione di soffocamento e di sospensione che si manifesta in tutti i romanzi di Masoch. In molte novelle, Masoch può facilmente addebitare i fantasmi masochisti ai costumi nazionali e folcloristici, ai giochi innocenti dei bambini, agli scherzi di donne innamorate, oppure alle esigenze morali e patriottiche. Vediamo uomini, in base a una vecchia tradizione, nell'eccitazione di un banchetto, bere nelle scarpe delle donne (La pantofola di Saffo)-, giovanissime ragazze 13

che chiedono ai propri innamorati di fare l'orso o il cane, di porsi a traino di una piccola carrozza (La pescatrice di anime)-, una donna innamorata e dispettosa fìnge di avvalersi di una firma in bianco rilasciatagli dal suo amante (Il foglio bianco)-, piy seriamente, una patriota si fa condurre dai turchi, offre loro il proprio marito in schiavitù, concede se stessa al pascià allo scopo però di salvare la città (Judith di Bialopol). Senza dubbio, già troviamo nei casi citati, per l'uomo umiliato in differenti modi, una specie di «beneficio secondario », propriamente masochista. Rimane il fatto che Masoch può presentare gran parte della sua opera in tono rosa, giustificando il masochismo mediante le più disparate motivazioni, o mediante esigenze dovute a situazioni fatali e strazianti. (Sade al Contrario non ingannava nessuno quando si serviva di tali espedienti). Possiamo capire perché Masoch non fu un autore maledetto, ma festeggiato e onorato; perfino la parte inalienabile del masochismo non mancò di apparire come una espressione del folclore slavo e dell'anima propria alla Piccola Ruissia. Lo chiamarono, infatti, il Turgèniev della Piccola Russia. Potrebbe essere benissimo anche una contessa di Segur. E vero però che egli stesso dà una versione nera della propria opera: La venere, La madre santa, Acqua di giovinezza, La iena della Pussta, ridanno alle motivazioni masochiste il rigore e la purezza primarie. Ma, nere o rosa, le descrizioni rimangono nondimeno caratterizzate dalla decenza. Il corpo della donna carnefice rimane coperto dalla pelliccia; quello della vittima permane in una strana indeterminazione, interrotta localmente dai colpi ricevuti. Come spiegare questo duplice trasferimento della descrizione? Riprendiamo il problema: perché la funzione dimostrativa del linguaggio in Sade implica de14

scrizioni oscene, mentre la funzione dialettica in Masoch sembra escluderle, quanto meno non le comporta essenzialmente? Ciò che l'opera di Sade traguarda è la negazione in tutta la sua estensione, in tutta la sua profondità. Ma dobbiamo distinguere due livelli: il negativo quale processo parziale, e la negazione pura quale idea totalizzante. Questi livelli corrispondono alla distinzione sadista delle due nature, di cui Klossowski ha mostrato l'importanza. La natura seconda è una natura asservita alle proprie regole e alle proprie leggi: il negativo è ovunque, ma non è tutto negazione. Le distruzioni sono ancora il contrario delle creazioni o delle metamorfosi; il disordine è un altro ordine, la putrefazione della morte è anche composizione della vita. Il negativo è quindi ovunque, ma soltanto quale processo parziale di morte e di distruzione. Da ciò deriva la delusione dell'eroe sadico, quando gli appare che tale natura sembra mostrargli l'impossibilità del crimine assoluto: « Si, abborro la natura... ». Non si consolerà nemmeno pensando che il dolore degli altri è per lui fonte di piacere: questo piacere dell'io significa ancora che il negativo è soltanto toccato quale rovescio della positività. E l'individuazione, non meno della conservazione di un regno o di una specie, testimonia degli stretti limiti della natura seconda. A quest'ultima si contrappone l'idea di una natura prima, portatrice della negazione pura, sovrastante i regni e le leggi, libera perfino dal bisogno di creare, di conservare e di individuare: senza fondo al di là di ogni fondo, delirio originario, caos primordiale, fatto unicamente di furiose e strazianti molecole. Come dice il papa, « il criminale che riuscisse a sconvolgere nello stesso tempo i tre regni distruggendo in essi le facoltà 15

produttive, sarebbe colui che meglio avrebbe servito la natura ». Ma questa natura originaria non può appunto essere data: soltanto la natura seconda forma il mondo dell'esperienza, e la negazione è data soltanto nel processo parziale del negativo. Questo è il motivo per cui la natura originaria è necessariamente l'oggetto di una idea e pura negazione, un delirio, ma un delirio della ragione in quanto tale. Il razionalismo non è affatto « stampigliato » sull'opera di Sade. Era necessario che egli si spingesse fino all'idea di un delirio proprio alla ragione. Si noterà che la stessa distinzione delle due nature corrisponde a quella degli elementi, e la fonda: l'elemento personale che incarna la potenza derivata dal negativo, che rappresenta il modo in cui l'io sadico ancora partecipa alla natura seconda e produce atti di violenza imitandola; e l'elemento impersonale che rinvia alla natura prima, come pure alla idea delirante di negazione e che rappresenta il modo in cui il sadico nega la natura seconda come pure il proprio io. Ne Les cent vingt journées, il libertino si dichiara eccitato non dagli « oggetti che sono qui », bensì dall'oggetto che non è presente, vale a dire 1'« idea del male ». Ora, questa idea di ciò che non è presente, l'idea del no o della negazione che non è data e non può essere data nell'esperienza, può essere soltanto oggetto di dimostrazione (nel senso in cui il matematico parla di verità che mantengono il loro senso anche se dormiamo, e anche se non esistono nella natura). È questo il motivo per cui gli eroi sadici si disperano e irritano nel vedere i loro delitti reali così irrilevanti rispetto a tale idea, che possono raggiungere soltanto mediante l'onnipotenza del ragionamento. Sognano il delitto universale e impersonale oppure, come dice 16

Clairwil, un delitto « il cui effetto perpetuo agisca anche quando io non agirò più, in modo che non vi sia un solo istante della mia vita in cui, anche dormendo, io non sia causa di un qualsiasi disordine ». Per il libertino si tratta dunque di riempire la distanza tra i due elementi, quello di cui dispone e quello che egli pensa, il derivato e l'originario, il personale e l'impersonale. Un sistema come quello di Saint-Fond (che, fra tutti i sistemi di Sade, sviluppa più profondamente il puro delirio della ragione) chiede sotto quali condizioni « un dolore B », provocato nella natura seconda, potrebbe per diritto ripercuotersi e riprodursi all'infinito nella natura prima. Tale è il senso della ripetizione in Sade, e della monotonia sadica. Ma in pratica il libertino si trova ridotto a illustrare la sua dimostrazione totale mediante processi induttivi parziali, presi in prestito a questa natura seconda: gli è solo dato di condensare e accellerare il movimento della violenza parziale. L'accelerazione avviene mediante la moltiplicazione delle vittime e dei loro dolori. Per ciò che concerne la condensazione, essa implica che la violenza non si disperda in aspirazioni e slanci, che nemmeno si lasci dirigere dal piacere che si potrebbe ottenere e che per sempre ci imprigionerebbe nella natura seconda, ma sia al contrario guidata dal sangue freddo e condensata da questa stessa freddezza, freddezza del pensiero quale freddezza dimostrativa. Ed è questa la famosa apatia del libertino, il sangue freddo del pomologo, che Sade contrappone al deplorevole « entusiasmo » del pornografo. L'entusiasmo appunto che egli rimprovera a Rétif; e non ha torto nel dire (come sempre fece nelle sue giustificazioni pubbliche) che lui, Sade, almeno non ha mostrato il vizio, gradevole o allegro: l'ha mostrato apatico. Senza dubbio 17

da questa apatia deriva un intenso piacere; ma al limite non è più il piacere dell'io che partecipa alla natura seconda (fosse anche l'io criminale partecipe della natura criminale), è al contrario il piacere di negare la natura nell'io e al di fuori di esso, e di negare lo stesso io. In una parola, si tratta di un piacere di dimostrazione. Se consideriamo i mezzi di cui il sadico dispone per condurre la propria dimostrazione vediamo che la funzione dimostrativa è subordinata alla funzione descrittiva, Paccellera e la condensa freddamente, ma non può assolutamente privarsene. Nella descrizione deve esserci una minuzia quantitativa e qualitativa. Questa precisione verterà su due punti: gli atti crudeli, e gli atti disgustosi, da cui la fredda disinvoltura del libertino trarrà altrettante fonti di piacere. « Due irregolarità », dice l'abate Clement in Justine, « ti hanno già colpita in noi, ti stupisci della sensazione acuta provata da alcuni di noi per delle cose volgarmente ritenute fetidi o impure, e ti sorprendi anche che le nostre facoltà voluttuose possano essere scosse da azioni che, a tuo giudizio, portano il marchio della ferocia... ». Di questi due modi, è mediante la descrizione, e la ripetizione accelerante e condensante, che la funzione dimostrativa può aggiungere il suo effetto maggiore. Appare dunque che la presenza delle descrizioni oscene sia fondata in Sade da tutta una concezione del negativo e della negazione. In Al di là del principio di piacere Freud distingue le pulsioni di vita e le pulsioni di morte, Eros e Thanatos. Una tale distinzione può essere compresa soltanto mediante un'altra distinzione, più profonda, vale a dire la distinzione tra le stesse pulsioni di morte o di distruzione, e l'istinto di morte. Infatti le pulsioni di 18

morte e di distruzione sono date o presentate nell'inconscio, ma sempre mescolate con la pulsione di vita. La combinazione con Eros si pone allora come condizione per la « presentazione di Thanatos ». Al punto tale che la distruzione, il negativo nella distruzione si presenta necessariamente come il contrario di una costruzione o di una unificazione sottoposta al principio di piacere. È in questo senso che Freud può sostenere che non troviamo alcun no (negazione pura) nell'inconscio, poiché i contrari in esso vi coincidono. Quando noi parliamo di istinto di morte, al contrario, non designamo Thanatos allo stato puro. Orbene Thanatos in quanto tale non può essere già dato nella vita psichica, nemmeno nell'inconscio: come dice Freud in testi ammirevoli, esso è essenzialmente silenzioso, nondimeno dobbiamo parlarne. Dobbiamo parlarne perché, come vedremo, esso è determinabile quale fondamento, e più che fondamento, della vita psichica. Dobbiamo parlarne, poiché tutto ne dipende, ma, come precisa Freud, possiamo farlo soltanto in modo speculativo, o mitico. Per designarlo, noi dobbiamo, in francese mantenere il nome di istinto, il solo capace di suggerire una tale trascendenza o designare un tale principio « trascendentale ». Questa distinzione tra le pulsioni di morte o di distruzione e l'istinto di morte, sembra corrispondere alla distinzione sadista delle due nature o dei due elementi. L'eroe sadico appare qui come colui che si pone, quale compito da pensare, l'istinto di morte (negazione pura), in forme dimostrative, e che possa soltanto farlo moltiplicando e condensando il movimento delle pulsioni negative o distruttrici parziali. Ma allora si pone la seguente domanda: non vi è forse ancora un altro modo « di quello sadico » speculativo? 19

Troviamo in Freud l'analisi delle resistenze che, a titolo diverso, implicano un processo di disconoscenza (la Verneinung, la Verwerfung, la Verleugnung di cui J. Lacan a dimostrato l'importanza). Potrebbe sembrare che la disconoscenza in generale sia molto più superficiale di una negazione o anche di una distruzione parziale. Ma cosi non è; si tratta di una tutt'altra operazione. Forse è necessario vedere la disconoscenza come punto di partenza di un'operazione che non consiste nel negare e nemmeno nel distruggere ma piuttosto nel contestare il giusto diritto di ciò che è, informare ciò che è, a una specie di sospensione, di neutralizzazione, proprie ad aprirci al di là del dato, un nuovo orizzonte non dato. Il migliore esempio evocato da Freud è quello del feticismo: il feticcio è l'immàgine o il sostituto di un fallo femminile, vale a dire un mezzo mediante il quale noi disconosciamo che la donna manchi del pene. Il feticista eleggerebbe quale feticcio l'ultimo oggetto ch'egli ha visto da bambino prima di rendersi conto dell'assenza (per esempio la scarpa per uno sguardo che risale dal piede), e il ritorno a questo oggetto, a questo punto di partenza, gli permetterebbe di mantenere il diritto d'esistenza l'organo contestato. Il feticcio quindi non sarebbe affatto un simbolo, ma simile a un piano impressionato e fissato, una immagine impressa, una fotografia alla quale si ritornerebbe sempre, per scongiurare le conseguenze sgradevoli del movimento, le scoperte nocive di una esplorazione: rappresenterebbe l'ultimo momento in cui potevamo ancora credere... Appare sotto questo profilo che il feticismo è innanzi tutto un disconoscimento (no, la donna non manca di pene); in secondo luogo una neutralizzazione difensiva (infatti, contrariamente a ciò che avverrebbe nella negazione, la conoscenza della situazione reale sussiste, ma 20

viene in certo qual modo sospesa, neutralizzata); in terzo luogo, neutralizzazione protettiva, neutralizzante (infatti, dal canto suo, la credenza in un fallo femminile in sé viene affermata quale affermazione dei diritti dell'ideale contro il reale, si neutralizza e si sospende nell'ideale, per meglio annullare gli effetti che potrebbero derivare dalla conoscenza della realtà). Definito quale processo del disconoscimento e della sospensione, il feticismo è essenzialmente proprio del masochismo. Appare molto complessa la domanda: appartiene anche al sadismo? È indubbio che molte uccisioni sadiche sono associate a un rituale, per esempio il laceramento di un vestito non giustificato dalla lotta. Ma abbiamo torto di parlare di una ambivalenza sadomasochista presente nel feticista nei confronti del proprio feticcio; ci si procura cosi con poca spesa una entità sadomasochista. Si ha l'eccessiva tendenza di confondere violenze molto diverse, la possibile violenza nei confronti del feticcio e l'altra violenza, che guida soltanto la scelta e la costituzione del feticcio in quanto tale (come accade per i «collezionisti di treccie »).5 In ogni caso 5 Sotto questo profilo tagliare una treccia non sembra affatto implicare una ostilità nei confronti del feticcio; è piuttosto una condizione per la costituzione del feticcio (isolamento, sospensione). Non è possibile far riferimento a questi atti, senza segnalare un problema di psichiatria storicamente importante. Il libro di KrafftEbing, rivisto da Moli, è una grande raccolta, di casi di perversione più abominevoli, indirizzata, come indica il sottotitolo, a medici e giuristi. Gli attentati e crimini, le bestialità, gli sventramenti, le necrofilie sono riferite sempre con l'immancabile freddezza scientifica, senza alcun giudizio di valore. Nell'osservazione 396, alla pagina 830, il tono improvvisamente cambia: « Un pericoloso feticista di trecce diffondeva paura a Berlino... ». Il commento: « queste persone sono talmente pericolose che bisognerebbe assolutamente internarle in modo durevole fino all'eventuale guarigione. Non meritano affatto una pietà illimitata..., e quando penso all'immenso do-

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ci sembra che il feticismo appartenga al sadismo in modo secondario e deformato: vale a dire nella misura in cui esso ha spezzato il proprio essenziale rapporto con il disconoscimento e la sospensione, per passare in un contesto completamente diverso, quello del negativo e della negazione, e servire alla condensazione sadica. Al contrario, non si ha masochismo senza feticismo nel senso primo. Il modo in cui Masoch definisce il suo idealismo o « sovrasensualismo » sembra a prima vista banale: non si tratta, egli dice ne La donna divorziata, di credere il mondo perfetto, ma al contrario di « munirsi di ali » e di fuggire questo mondo nel sogno. Non si tratta quindi di negare il mondo o di distruggerlo, ma nemmeno di idealizzarlo; si tratta di disconoscerlo, di sospenderlo disconoscendolo, per aprirsi a un ideale esso stesso sospeso nel fantasma. Si contesta il giusto fondamento del reale per far apparire un fondamento puro e ideale: simile operazione è perfettamente conforme allo spirito giuridico del masochismo. Non può stupirci che tale processo conduca essenzialmente al feticismo. I principali feticci di Masoch e dei suoi eroi sono le pellicce, le scarpe, la stessa frusta, gli strani copricapi di cui amava adornare le donne, i travestimenti de La Venere. Nella scena de La donna

lore causato in una famiglia in cui una ragazza viene in tal modo privata dei suoi splendidi capelli, mi è assolutamente impossibile comprendere che non si mantenga definitivamente internata simile gente in un istituto... Speriamo che la nuova legge penale comporti miglioramenti in proposito ». Una simile esplosione di indignazione contro una perversione pur sempre modesta e benigna, ci spinge a ritenere che l'autore sia ispirato da forti motivazioni personali che lo distolgono dal suo tradizionale atteggiamento scientifico. È lecito pensare che in merito all'osservazione 396, i nervi dello psichiatra non abbiano retto; ciò deve servire da esempio per tutti.

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di cui parlavamo più sopra, vediamo apparire la duplice dimensione del feticcio e la corrisponente duplice sospensione: una parte del soggetto conosce la realtà, ma sospende tale conoscenza, mentre l'altra parte si sospende all'ideale. Desiderio di osservazione scientifica, poi contemplazione mistica. Ancora più, il processo di disconoscimento masochista si spinge cosi lontano da toccare il piacere sessuale in quanto tale: ritardato all'estremo, il piacere viene informato al disconoscimento che permette al masochista, nel momento stesso in cui lo prova, di disconoscerne la realtà per identificarsi egli stesso all'« uonao nuovo privo di sessualità ». Nei romanzi di Masoch, tutto sfocia nella sospensione. Non è esagerato dire che è Masoch a introdurre nel romanzo l'arte della sospensione quale tecnica romanzesca allo stato puro: non soltanto perché i riti masochisti di supplizio e sofferenza implicano vere sospensioni fisiche (l'eroe viene appeso, crocifisso, sospeso), ma perché la donna-carnefice assume posizioni rigide che l'identificano a una statua, un ritratto o una fotografia. Perché sospende il gesto della mano che colpisce con la frusta, o della pelliccia che lascia intravedere il corpo nudo. Perché si guarda in uno specchio che immobilizza la sua posizione. Vedremo che queste scene « fotografiche », queste immagini riflesse o immobilizzate, hanno la più grande importanza, dal duplice punto di vista del masochismo in generale e dell'arte di Masoch in particolare. Esse costituiscono gli apporti creativi di Masoch al romanzo. È in una specie di cascata irrigidita che Masoch riprende le stesse scene su piani diversi: cosi ne La Venere, in cui la grande scena della donna carnefice viene sognata, attuata, seriamente vissuta, ripartita e trasferita in personaggi diversi. La so-

divorziata

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spensione estetica e drammatica in Masoch si contrappone alla reiterazione meccanica della sospensione, ci pone sempre dalla parte della vittima, ci spinge a identificarci con essa, mentre l'accumulazione e la precipitazione nella ripetizione ci spinge piuttosto a porci dalla parte del carnefice, a identificarci con il carnefice sadico. La ripetizione quindi nel sadismo e nel masochismo, si presenta in forme molto diverse a seconda che essa trovi senso nell'accellerazione e la condensazione sadiche, oppure nella « rigidità » e nella sospensione masochiste. Ciò è sufficiente a spiegare l'assenza di descrizioni oscene in Masoch. La funzione descrittiva sussiste, ma ogni oscenità viene disconosciuta e sospesa, tutte le descrizioni sono come trasferite dall'oggetto stesso al feticcio; da una parte dell'oggetto a talaltra, da una parte del soggetto a talaltra. Sussiste soltanto una pesante, strana atmosfera, simile a profumo troppo forte che si espande nella sospensione e resiste a ogni trasferimento. Contrariamente a Sade, occorre dire di Masoch che non ci si è mai spinti cosi lontani con tanta decenza. È questo l'altro aspetto della creazione romanzesca di Masoch: un romanzo d'atmosfera, un arte di suggestione. Gli ambienti di Sade, il loro intimo incontro, le pesanti tinture, boudoirs e guardaroba fanno regnare un chiaroscuro da cui si stagliano soltanto gesti e sofferenze sospese. Vi sono, in Masoch e in Sade, due arti, come due linguaggi affatto diversi. Cerchiamo di riassumere la prima di queste differenze: nell'opera di Sade le parole d'ordine e le descrizioni si superano verso una più alta funzione dimostrativa; tale funzione è basata sull'insieme del negativo in quanto processo attivo, e della negazione quale idea della ragione pura; essa opera conservando e accellerando la descrizione, investendola 24

di oscenità. Nell'opera di Masoch, parole d'ordine e descrizioni anch'esse si superano verso una più alta funzione, mitica o dialettica; tale funzione è basata sull'insieme del disconoscimento quale processo reattivo e di sospensione quale ideale dell'immaginazione pura; cosi, pur sussistendo, le descrizioni vengono trasferite, irrigidite, rese suggestive e decenti. La distinzione fondamentale tra il sadismo e il masochismo emerge nei due processi comparativi del negativo e della negazione da un lato, del disconoscimento e del sospensivo dall'altro. Se il primo rappresenta il modo speculativo e analitico di cogliere l'istinto di morte in quanto non può mai essere dato, il secondo rappresenta un modo affatto diverso, che è mitico, dialettico e immaginario.

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Fin dove giunge la di Sade e di

complementarità Masoch?

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Con Sade e Masoch la letteratura serve a nominare non un mondo in quanto già è fatto, bensì una specie di duplice mondo, capace di raccogliere la violenza e l'eccesso. Si dice che ciò che è eccessivo nella eccitazione venga in qualche modo erotizzato. Da ciò deriva la capacità dell'erotismo di fungere da specchio del mondo, riflettendone gli eccessi, estraendone le violenze, pretendendo di « spiritualizzarle » nella misura in cui le pone al servizio del senso (Sade, ne La philosophie dans le boudoir, distingue due tipi di malvagità, l'una stupida e disseminata nel mondo, l'altra spurgata, ponderata, diventata « intelligente » nella misura in cui è stata sensualizzata). E le parole di questa letteratura formano a loro volta, nel linguaggio, una specie di duplice linguaggio, capace di farlo agire direttamente sui sensi. Il mondo di Sade è senza dubbio doppiamente perverso, un mondo in cui tutto il movimento della natura e della storia è tenuto riflettervisi, dalle origini alla rivoluzione dell'89. Nell'intimità dei loro castelli isolati e murati, gli eroi di Sade pretendono ricostituire il mondo e riprodurre la « storia del cuore ». Essi invocano la natura e il costume; raccolgono (in Africa, in Asia nell'antichità) tutte le potenze di entrambi per farne emergere la verità sensibile o la finalità propriamente sensuale. Ironicamente, giungono perfino a for27

nire lo sforzo necessario ai francesi per diventare « repubblicani ». Troviamo la stessa ambizione in Masoch: tutta la natura e tutta la storia devono riflettersi nel doppiamente perverso, dalle origini fino alla rivoluzione del '48 nell'impero austriaco. « L'amore crudele nella storia... ». Le minoranze dell'impero austriaco sono per Masoch una riserva inestinguibile di costumi e destini (da qui nascono i racconti galiziani, ungheresi, polacchi, ebraici, prussiani, che formano la maggioranza della sua opera). Con il titolo generale II lascito di Caino; Masoch aveva concepito un'opera « totale », un ciclo di novelle che rappresentasse la storia naturale dell'umanità, contenenti sei grandi temi, l'amore, la proprietà, il denaro, lo stato, la guerra e la morte.Ciascuna di queste potenze doveva ritrovare la propria sensibile e immediata crudeltà; e, nel segno di Caino, nello specchio di Caino, avremmo dovuto vedere come i grandi principi, i generali e i diplomatici, meritassero il bagno penale, il patibolo, non meno degli assassini.6 E Masoch sognava per gli slavi una bella despota, una zarina terribile, che assicurasse il trionfo delle rivoluzioni del '48 e l'unificazione del panslavismo!... Slavi ancora uno sforzo se volete essere rivoluzionari. Fin dove giunge la complementarietà di Sade e Masoch? L'entità sadomasochista non fu inventata da Freud, la troviamo in Krafft-Ebing, in Havelock Ellis, in Féré. Tutti i memoralisti o medici hanno presentito lo strano rapporto fra il piacere di fare del male e il piacere di subirlo. Ancor più, il punto d'« incontro » tra sadismo e masochismo, il richiamo dell'uno all'altro, 6 Lettera dell'8 gennaio 1869 a suo fratello Karl (citata da Wanda).

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sembrano essere chiaramente presenti nell'opera di Sade come in quella di Masoch. Vi è una specie di masochismo nei personaggi di Sade: in Les cent vingt journées sono dettagliati i supplizi e le umiliazioni che i libertini si fanno infliggere. Il sadico ama frustare cosi come ama essere frustato; Saint-Fond, in Jultette, si lascia assalire dagli uomini che ha incaricato di frustarlo; e nella stessa opera la Borghese esclama: « Vorrei che i miei turbamenti mi conducessero come l'ultima delle creature a quella sorte che il loro abbandono fa subire, lo stesso patibolo sarebbe per me il trono della voluttà ». Viceversa, troviamo una specie di sadismo nel masochismo: dopo aver subito tutte le prove, Severin, l'eroe della Venere, si dichiara guarito, frusta e tortura le donne, si vuole « martello » invece di essere « incudine ». Ma è già notevole il fatto che in entrambi i casi il rovesciamento avvenga al termine del tentativo. Il sadismo di Severin è una conclusione: si direbbe che a forza di espiare e di soddisfare un bisogno di espiare, l'eroe masochista si permette infine ciò che le punizioni erano tenute impedirgli. Decantate, le sofferenze e le punizioni rendono possibile l'esercizio del male che esse dovevano proibire. Il «masochismo » dell'eroe sadico appare a sua volta al termine degli esercizi sadici, quale limite estremo e. sanzione di gloriosa infamia che li corona. Il libertino non teme che gli venga fatto ciò che egli fa agli altri. I dolori che gli vengono inflitti rappresentano gli ultimi piaceri, non perché appagherebbero un bisogno di espiazione o un sentimento di colpa, al contrario, perché lo confermano in una potenza inalienabile e in una certezza suprema. Soggetto all'insulto e all'umiliazione in seno al dolore, il libertino non espia, bensì, come dice Sade « gode dentro di se per essersi

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spinto così lontano da meritare tale trattamento ». Maurice Blanchot ha fatto emergere tutte le conseguenze di tale parossismo: « Perciò, malgrado l'analogia delle descrizioni, ci sembra giusto lasciare a Sacher-Masoch la paternità del masochismo e a Sade quella del sadismo. Negli eroi di Sade, il piacere, l'avvilimento non alterano mai la loro sicurezza, e l'abiezione li eleva; tutti quei sentimenti chiamati vorgogna, rimorso, gusto della punizione sono loro estranei ».7 Sembra dunque difficile parlare di capovolgimento in generale tra sadismo e masochismo. Vi è piuttosto una duplice produzione paradossale: produzione umoristica di un certo sadismo alla fine del masochismo, produzione ironica di un certo masochismo al termine del sadismo. Ma è molto dubbio che il sadismo del masochista sia quello di Sade, cosi come il masochismo del sadico possa essere quello di Masoch. Il sadismo del masochista è prodotto dalla continua espiazione; il masochismo del sadico dalla condizione di non espiazione. Frettolosamente affermata, l'unità sadomasochista rischia di essere una sindrome grossolana, inadeguata alle esigenze di una vera sintomatologia. Il sadomasochismo non fa forse parte di quei disturbi, di cui parlavamo prima, che posseggono soltanto una coerenza apperente e devono essere dissociati in quadri clinici esclusivi l'uno dell'altro? Non dobbiamo credere troppo presto di aver definito i problemi dei sintomi. Accade che per dissociare una sindorme che confondeva e univa arbitrariamente sintomi molto diversi si debba riprendere il problema dall'inizio. È sotto questo profilo che noi ci chiediamo se non vi fosse in Masoch un grande clinico che superasse lo stesso Sade, fornitore di mille 1

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Maurice Blanchot, Lautréamont

e Sade, Parigi 1963.

ragioni e intuizioni proprie alla dissociazione della pseudounità. Non vi sono forse alla base dell'affermazione dell'unità equivoci e deplorevoli facilità? Può infatti sembrare evidente che un sadico e un masochista debbano incontrarsi. Che l'uno ami procurare la sofferenza, l'altro soffrire, sembra costituire una tale complementarietà da far rimpiangere il mancato incontro. Cosi una storiella umoristica racconta che un sadico e un masochista si incontrano; il masochista dice: « Fammi male », e il sadico risponde: « No ». Fra tutte le storielle umoristiche, questa è senz'altro particolarmente stupida: non certo semplicemente perché è impossibile, ma perché contiene una stupida pretesa di valutazione del mondo delle perversioni. Permane anche la sua impossibilità. Mai un vero sadico sopporterà una vittima masochista (una delle vittime meno precisate in Justine dice: « Essi vogliono essere certi che i propri crimini procurino pianti, allontanerebbero quella ragazza che si concedesse loro spontaneamente »). Nemmeno il masochista sopporterebbe un carnefice veramente sadico. Senza dubbio, la donna carnefice deve possedere una certa natura, ma egli stesso deve plasmarla in lei, educarla, persuaderla in base al suo più segreto disegno, che fallirebbe completamente con una donna sadica. Wanda Sacher-Masoch sbaglia nel stupirsi che Sacher-Masoch provasse poca attrazione per una loro amica sadica; viceversa i critici sbagliano nel sospettare che Wanda mentì nell'offrire, non senza furbizia e goffaggine, una immagine di sé vagamente innocente. Senza dubbio vi sono personaggi sadici che svolgono un ruolo nell'insieme della situazione masochista. Come vedremo, troveremo vari esempi di ciò nei romanzi di Masoch. Ma questo ruolo non è mai diretto, e può essere compreso soltanto nella 31

situazione d'insieme preesistente. La donna carnefice diffida del personaggio sadico che gli propone aiuto, come se intuisse l'incompatibilità delle due imprese. Ne La pescatrime di anime, l'eroina Dragomira lo dice esplicitamente al crudele conte Boguslav Soltyk, il quale la pensa sadica e crudele: « Voi fate soffrire per crudeltà, metre io punisco e uccido in nome di Dio, senza pietà, ma anche senza odio ». In verità, abbiamo troppa tendenza a trascurare tale evidenza: se la donna carnefice nel masochismo non può essere sadica, è appunto perché essa è nel masochismo, perché è parte integrante della situazione masochista, elemento realizzato del fantasma masochista: essa appartiene al masochismo. Non in quanto avrebbe gli stessi gusti della sua vittima, bensì perché possiede quel « sadismo » assente nel sadico che è come il « doppio » o l'immagine riflessa del masochista. La stessa cosa vale per il sadismo: se la vittima non può essere masochista, ciò non è semplicemente perché il libertino sarebbe contrariato che essa provasse piacere, bensì perché la vittima del sadico appartiene interamente al sadismo, è parte integrante della situazione e appare stranamente come il «doppio » del carnefice sadico (quale prova in Sade, i due grandi libri che si riflettono l'un l'altro, in cui la perversa e la virtuosa, Juliette e Justine, sono sorelle). L'associare sadismo e masochismo implica astrarre due entità, il sadico indipendentemente dal proprio mondo, il masochista indipedentemente dal proprio, e ritenere scontato che queste sue astrazioni si accomodino insieme una volta prive del proprio Umwelt, della propria carne e del proprio sangue. Non si tratta di dire che la vittima del sadico sia anch'essa sadica; ancor meno dire che « la » carnefice masochista sia essa stessa masochista. Ma dobbiamo re32

spingere l'alternativa a cui rimane ancorato Krafft-Ebing: o « la » carnefice è una vera sadica, oppure finge di esserlo. Noi diciamo che la donna-carnefice appartiene interamente al masochismo, che non è certo un personaggio masochista, bensì un puro elemento del masochismo. Distinguendo in una perversione il soggetto (la persona) e l'elemento (l'essenza), possiamo capire come una persona sfugga al proprio destino soggettivo, ma solo parzialmente, assumendo il ruolo di elemento nella situazione di proprio gusto. La donna carnefice sfugge al proprio masochismo facendosi, nella data situazione, « masochizzante ». L'errore è di credere che essa sia sadica, o anche che finga di esserlo. L'errore è di credere che il personaggio masochista incontri, come per caso, un personaggio sadico. Ogni persona di un perversione ha bisogno soltanto di un « elemento » della stessa perversione, e non una persona dell'altra perversione. Ogni volta che una osservazione traguarda il tipo di donna carnefice nell'ambito del masochismo, ci si accorge che essa non è in realtà né una vera sadica, né una falsa sadica, ma tutt'altra cosa, che appartiene essenzialmente al masochismo senza realizzarne la soggettività, che incarna l'elemento del « far soffrire » in una prospettiva esclusivamente masochista. Negli eroi di Masoch, e per lo stesso Masoch, troviamo la ricerca di una certa « natura » di donna, difficile da incontrare: il masochista-soggetto ha bisogno di una certa « essenza » del masochismo, realizzato in una natura di donna che rinunci al proprio masochismo soggettivo; non ha affatto bisogno di un altro soggetto sadico. Indubbiamente quando parliamo di sadomasochismo, non facciamo soltanto allusione all'incontro esterno di due persone. Non è comunque escluso che questo tema dell'incontro esterno continui ad agire, anche se a 33

titolo di « motto di spirito » vagante nell'inconscio. Ma, nel raccogliere l'idea di sadomasochismo, in che modo Freud la sviluppa e rinnova? Il primo argomento è quello dell'incontro interno, in una stessa persona, tra istinto e pulsione. « Colui che nel rapporto sessuale trae piacere a infliggere dolore, è capace anche di godere del dolore risentito. Il sadico è sempre nello stesso tempo masochista, senza che ciò impedisca che l'aspetto attivo o passivo della perversione possa predominare l'attività sessuale prevalente ».8 II secondo argomento è quello dell 'identità d'esperienza : il sadico in quanto tale potrebbe trarre piacere nell'infliggere dolore soltanto nella misura in cui avesse fatto l'esperienza vissuta del legame fra il proprio piacere e il dolore che egli stesso ha subito. Tale argomento è tanto più strano se pensiamo che Freud l'enuncia nella prospettiva della sua prima tesi, nella quale il sadismo precede il masochismo. Ma egli distingue due tipi di sadismo: l'uno, puramente aggressivo, ricerca soltanto il trionfo; l'altro, edonista, ricerca il dolore altrui. È tra questi due tipi di sadismo che si inserisce l'esperienza masochista, del legame vissuto tra il proprio piacere e il proprio dolore: il sadico non avrebbe mai l'idea di provare piacere nel dolore dell'altro se non avesse prima provato « masochisticamente » il legame tra il proprio dolore e il proprio piacere.9 Il primo schema di Freud appare quindi più complesso di quanto sembrasse e istaura il seguente ordine: sadismo di aggressività — rovesciamento contro sé — esperienza masochistica — sadismo edonista (per proiezione e regressione). Possiamo notare qui l'argomento dell'identità d'esperienza già evocato per i li* Sigmund Freud, Tre saggi sulla teoria della sessualità, Boringhieri. 9 Sigmund Freud, Le pulsioni e il loro destino, Boringhieri.

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bertini di Sade, i quali contribuirebbero in tal modo all'affermazione della pretesa unità sadomasochistica. Spetta a Noirceuil spiegare che il libertino risente il proprio dolore in rapporto all'eccitazione del proprio « fluido nervoso »: non ci può certo stupire se un uomo in tal modo dotato « immagini di guidare l'oggetto che serve al proprio piacere con i mezzi di cui egli stesso è provvisto ». Il terzo argomento è trasformista: consiste nel mostrare che le pulsioni sessuali, sia nel loro obiettivo, sia nel loro oggetto, sono suscettibili di trasferirsi dall'una all'altra o di trasformarsi direttamente (rovesciamento nel proprio contrario, rovesciamento contro di sé...). Anche qui, ciò appare tanto più curioso se pensiamo che Freud ha generalmente un atteggiamento estremamente riservato nei confronti del trasformismo: da un lato non crede all'esistenza di una tendenza evolutiva; dall'altro, il dualismo che sempre manterrà nella sua teoria delle pulsioni limita singolarmente la possibilità delle trasformazioni, le quali non hanno mai luogo tra un gruppo di pulsioni e l'altro. Cosi, in L'io e l'es, Freud rifiuta esplicitamente l'ipotesi di una trasformazione diretta dell'amore in odio e dell'odio in amore, nella misura in cui tali istanze dipendono da pulsioni qualitativamente distinte (Eros e Thanatos). Del resto Freud è più vicino a Geoffroy Saint-Hilaire che non a Darwin. Formule del tipo « non si diventa perversi, lo si rimane » sono ricalcate dalle formule di Geoffroy concernenti i mostri; e i due grandi concetti di fissazione e regressione derivano direttamente dalla teratologia di Geoffroy («arresto di sviluppo » e « retrogradazione »). Ora il punto di vista di Geoffroy esclude ogni evoluzione quale trosformazione diretta: vi è soltanto una gerarchia di tipi e di forme possibili, in cui gli es35

seri si arrestano più o meno presto e regrediscono più o meno profondamente. La stessa cosa accade in Freud: le combinazioni delle due speci di pulsioni rappresentano un intera gerarchia di figure, nel cui ordine gli individui si arrestano più o meno presto e regrediscono più o meno profondamente. Non è meno notevole il fatto che Freud, a proposito delle perversioni, sembra accettare un polimorfismo e la possibilità di evoluzione e trasformazione diretta, che egli rifiuta invece altrove, per esempio nel dominio delle formazioni nevrotiche e delle formazioni culturali. Indubbiamente, il tema della unità sadomasochista costituisce, nell'argomentazione di Freud, un problema. Perfino la nozione di pulsione parziale diventa pericolosa sotto questo profilo, perché tende a far dimenticare la specificità dei tipi di comportamento sessuale. Dimentichiamo che tutta l'energia disponibile di un soggetto si trova mobilitata nell'impresa di tale o talaltra perversione. Sia il sadico, sia il masochista, recitano forse un dramma sufficientemente completo, con personaggi diversi, senza alcuna possibilità di comunicazione fra essi, né dall'interno né dall'esterno. Bene o male, soltanto il normale può essere comunicante. Si ha torto di confondere, a livello delle perversioni, le formazioni, le espressioni concrete e specifiche, con una « griglia » astratta, quale materia libidinosa comune che permetterebbe il passaggio dall'una all'altra. Si dice infatti che la stessa persona provi dispiacere nei dolori inflitti come in quelli che subisce. Ancor più, è accertato, si dice, che la persona la quale ama far soffrire risenta nel più profondo di sé il legame del piacere con la propria sofferenza. Il problema è di sapere se tali « fatti » non siano delle astrazioni. Si astrae il legame piacere-dolore dalle condizioni formali concrete in cui si stabilisce. 36

Si considera l'associazione piacere-dolore come una specie di materia neutra, comune sia al sadismo, sia al masochismo. Si isola perfino un legame più particolare, « il proprio piacere - il proprio dolore », supposto parimenti vissuto, in modo identico dal sadico e dal masochista, indipendentemente dalle forme concrete di cui è, in entrambi i casi, il risultato. Non è forse per astrazione che si parte in tal modo da una « materia comune », che giustifica in anticipo tutte le evoluzioni e trasformazioni? Se è vero, e non esiste alcun dubbio, che anche il sadico provi piacere ai dolori che egli subisce, ciò avviene forse nello stesso modo in cui il masochista risente tale piacere? E se il masochista prova piacere anche nei dolori che infligge, ciò avviene forse nello stesso modo del sadico? Ritorniamo sempre al problema della sindrome: vi sono sindrome che sono soltanto un nome comune a disturbi irriducibili. La biologia ci insegna come occorra prendere delle precauzioni prima di affermare l'esistenza di una linea di evoluzione. Una analogia di organi non implica necessariamente il passaggio dall'uno all'altro; è increscioso fare dell'« evoluzionismo » concatenando su una stessa linea risultati continui soltanto approssimativamente, che implicano formazioni irriducibili, eterogee. Un occhio, per esempio, può essere prodotto in più modi indipendenti, in base a serie divergenti, quale risultato analogo di meccanismi completamente diversi. Non accade forse la stessa cosa per il sadismo e il masochismo e per il complesso piacere-dolore quale supposto organo comune? Il sadismo e il masochismo non sono forse tali che il loro incontro è soltanto dovuto all'analogia, il cui processo di formazione è totalmente diverso — il loro organo, il loro « occhio » non è forse sospetto?

37

Masoch

e le tre

donne

Le eroine di Masoch hanno in comune forme opulente e muscolose, un carattere altero, una volontà imperiosa, una certa crudeltà, anche nella tenerezza o nella ingenuità. La cortigiana orientale, la terribile zarina, la rivoluzionaria ungherese o polacca, la serva-amante, la contadina sarmata, la mistica glaciale, la ragazza di buona famiglia si dividono le stesse qualità. « Sia essa principessa o contadina, che indossi l'ermellino o il pelo d'agnello, vi è sempre questa donna con la pelliccia e la frusta, che rende l'uomo schiavo, e nello stesso tempo è la mia creatura e la vera donna sarmata ».10 Ma nell'apparente monotonia, appaiono nell'opera di Masoch tre tipi molto diversi di donna. Il primo tipo è la donna pagana, la greca, l'etera o l'Afrodite, generatrice di disordini. Essa dice di vivere per l'amore e per la bellezza, nell'istante sensuale ama colui che le piace, si dà a colui che ama. Si vuole prodotto dell'indipendenza femminile e della brevità delle relazioni amorose. Essa invoca l'uguaglianza della donna e dell'uomo: è ermafrodite. Ma è Afrodite, il principio femminile, che vince quale Onfale travestita da Ercole. Infatti, l'uguaglianza viene da essa concepita quale punto critico in cui il dominio passa dalla sua 10

Cfr. Appendice

I.

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parte: « l'uomo trema quando la donna diventa sua eguale ». Moderna, essa vede nel matrimonio, nella morale, nella chiesa e nello stato delle invenzioni dell'uomo che devono essere distrutte. È lei a sorgere in sogno all'inizio de La venere. All'inizio de La donna divorziata, è lei a fare una lunga dichiarazione di principio., Ne La sirena, compare nelle sembianze di Zenobio, « sovrana e civetta », per sconvolgere una famiglia patriarcale, ispirando alle donne della casa il desiderio di dominio, asservendo il padre, tagliando i capelli del figlio in un curioso battesimo, e travestendo tutti. Al lato opposto, troviamo il terzo tipo, la sadica. Ama far soffrire, torturare. Ma è notevole che essa agisca spinta da un uomo, quanto meno in rapporto con nu uomo, di cui rischia di diventare sempre la vittima. Tutto accade come se la Grecia primitiva avesse trovato il proprio greco, il proprio elemento apollineo, la propria pulsione virile sadica. Masoch parla spesso di colui che egli chiama « il greco », o anche Apollo, che interviene quale terzo per incitare la donna a comportarsi sadicamente. In L'Acqua della giovinezza, la contessa Elisabeth Nadasdy fa subire il suplizio a dei giovani in compagnia del suo amante, il terribile Ipolkar, con l'aiuto di una delle rare macchine che appaiono nell'opera di Masoch (una donna d'acciaio tra le cui braccia viene legato il paziente, « e la bella inanimata iniziò la sua opera, centinaia di lame uscirono dal suo petto, dalle sua braccia, dalle sue gambe e dai suoi piedi... »). Ne La iena di Pussta, Anna Klauer esercita il proprio sadismo alleandosi con un capo brigante. Perfino La pescatrice di anime, Dragomira, incaricata di punire il sadico Boguslav Soltyk, si lascia da lui persuadere di essere della sua stessa razza, e si allea con lui. Ne La Venere, Wanda l'eroina comincia col credere 40

di essere la greca e finisce col credersi sadica. All'inizio infatti, essa si identifica con la donna del sogno, essa è Ermafrodite. In bel discorso essa dichiara: « la serena sensualità dei greci, gioia senza dolore, è un ideale che cerco di realizzale nel mio modo di vivere. Infatti non credo assolutamente a quell'amore predicato dal cristianesimo, dai moderni, dai cavalieri dello spirito. Si, mi guardi, sono peggiore di una eretica, sono una pagana... ». « Tutti i tentativi di conferire durata all'amore cioè a quanto vi è di più notevole nel muoversi dell'essere umano sono destinati a fallire. A niente valgono sacre cerimonie, giuramenti, contratti. Può forse negare che il nostro mondo cristiano si è ormai definitivamente imputridito?... ». Ma alla fine del romanzo Wanda si comporta come una sadica. Sotto l'influenza del greco, fa frustare Severin dallo stesso greco: « E la cosa più vergognosa era che io, nella mia lamentevole situazione, sotto la frusta di Apollo essendo bersaglio delle risate cattive di Venere, provai, sulle prime, una specie di eccitazione frenetica e sovrasensuale, ma Apollo mi spoetizzò a forza di frustate, finché non svenni, mordendomi le labbra a sangue per la rabbia e maledicendo le mie fantasie, la donna e l'amore ». Il romanzo termina dunque nel sadismo: Wanda fugge con il crudele greco verso nuove crudeltà, mentre Severin diventa egli stesso sadico o, come si dice, « martello ». È chiaro nondimeno che né la donna-ermafrodite, né la donna-sadica, rappresentano l'ideale di Masoch. Ne La donna divorziata l'eroina non è la pagana egualitaria, bensì l'amica dell'eroina; e le due amiche, dice Masoch sono come « due estremi ». Ne La sirena l'imperiosa Zenobia, etera che porta ovunque disordine, alla fine è vinta dalla giovane Natalia, non meno imperiosa 41 I

ma di tutt'altro tipo. Al polo opposto, la sadica non è più soddisfacente della prima: ne La pescatrice di anime Dragomira non ha un temperamento sadico; inoltre, nella misura in cui essa si allea con Soltyk, scade, perde la sua ragion d'essere, si fa vincere e uccidere dalla giovane Anitta, la quale rappresenta un tipo più conforme e fedele a Masoch. Ne La Venere, vediamo benissimo che se tutto inizia con il tema dell'etera e se tutto finisce nel tema sadico, l'essenziale è di passare fra i due temi, verso un altro elemento. Infatti questi due temi non esprimono l'ideale masochista, ma piuttosto i limiti entro i quali si muove e si sospende tale ideale, quale amplitudine del pendolo. Esprimono il limite in cui il masochista ancora non opera, e il limite in cui il masochista perde la sua ragion d'essere. Ancor più, per ciò che concerne la donna-carnefice stessa tali limiti esterni esprimono un insieme di paura, di ripugnanza e di attrazione, significanti che l'eroina non è mai sicura di potersi attenere al ruolo che il masochista gli ha ispirato, e presentano il rischio permanente che essa ricada nell'eterismo primitivo o di entrare nel sadismo finale. Cosi Anna, ne La donna divorziata, si dichiara troppo debole, troppo capricciosa — capriccio eterico — per rappresentare l'ideale di Julian. E Wanda, ne La Venere, diventa sadica a forza di non saper più mantenere il ruolo che Severin gli impone (« Voi stesso avete soffocato i miei sentimenti con la vostra devozione romanzesca e con la vostra folle passione... »). Quale è dunque l'elemento masochista essenziale che si trova fra questi due limiti, in cui avviene tutto CÌQ che è importante? Quale è il secondo tipo di donna, posto tra l'etera e la sadica? Bisognerebbe accumulare tutte le osservazioni di Masoch per poter abbozzare questo ritratto fantastico o fantasmatico. In un racconto 42

rosa, L'estetica del brutto, egli descrive nel seguente modo la madre di famiglia: « Una donna imponente dall'aria severa, dai lineamenti accentuati e dal freddo sguardo, nondimeno, affettuosa con la sua nidiata ». E Martscha: « Simile a una indiana o a una tartara del deserto mongolo, Martscha possedeva nello stesso tempo il cuore dolce di una colomba e i crudeli istinti della razza felina ». E Lola, la quale ama torturare gli animali e desidera assistere e anche partecipare a delle esecuzioni: « Malgrado gusti cosi particolari, questa ragazza non era brutale né eccentrica; al contrario appariva ragionevale, dolce, perfino tenera e delicata come una sentimentale ». In La madre santa, Mardonna, dolce e gaia, appare severa, fredda e padrona dei supplizi: « Il suo bel viso era infiammato dalla collera, ma i suoi grandi occhi blu luccicavano dolcemente ». Niera Baranoff è una altera infermiera dal cuore glaciale che con dolcezza si fidanza a un moribondo e essa stessa muore nella neve. Chiaro di luna ci rivela infine il segreto della natura: la natura in sé è fredda, materna, severa. Tale è la trinità del sogno masochista: freddo-materno-severo, glaciale-sentimentale-crudele. Tali determinazioni sono sufficienti per distinguere la donna-carnefice dai suoi « duplicati », eterica e sadica. Alla loro sensualità si sostituisce la sensualità sovrasensuale; al loro calore, al loro fuoco, si sostituisce la freddezza e il glaciale; al loro disordine, si sostituisce un ordine rigoroso. L'eroe sadico, non meno dell'ideale femminile di Masoch, reclama per sé una freddezza essenziale, che Sade chiama « apatia ». Ma uno dei nostri principali problemi è appunto quello di sapere se, dal punto di vista della stessa crudeltà, non vi sia una differenza assoluta tra l'apatia sadica e la freddezza dell'ideale masochista, e se anche in questo punto, una affrettata assimila43

zione non incoraggi o alimenti l'astrazione sadomasochista. Non è affatto la stessa freddezza. L'una, quella dell'apatia sadica si esercita essenzialmente contro il sentimento. Tutti i sentimenti, anche e soprattutto quello di far del male, vengono denunciati come responsabili di una pericolosa disseminazione che impedisce il condensamento dell'energia, dell'impiego di essa nell'elemento puro di una sensualità impersonale dimostrativa. « Cerca di trarre piacere da tutto ciò che allarma il tuo cuore... ». Tutti gli entusiasmi, anche e soprattutto quelli del male, sono condannati perché si incatenano alla natura seconda dei veri libertini, i quali fino a quando manifestano slanci, anche se in seno al male e per il male, dimostrano che potrebbero « convertirsi alla prima disgrazia ». La freddezza dell'ideale masochista ha tutto un altro senso: non più disconoscimento dei sentimenti, bensì disconoscimento della sensualità: come se fosse la sentimentalità ad assumere il ruolo superiore dell'elemento impersonale, e la sensualità ci mantenesse prigionieri delle particolarità quali imperfezioni di una natura seconda. L'ideale masochista ha la funzione di far trionfare la sentimentalità nel glaciale e mediante il freddo. Si direbbe che il freddo respinga la sensualità pagana così come respinge la sensualità sadica. La sensualità viene disconosciuta, non esiste più in quanto tale; per questo Masoch annuncia la nascita dell'uomo nuovo « privo di amore sessuale ». Il freddo masochista è un punto di congelamento, di trasmutazione (dialettica). Divina latenza che corrisponde alla catastrofe glaciale. Al freddo sopravvive una sentimentalità sovrasensuale, circondata da ghiacci e protetta dalla pelliccia; e questa sentimentalità si irradia a sua volta attraverso i ghiacci quale principio di un ordine generatore simile alla collera, alla specifica crudeltà. Da ciò discende tale 44

trinità di freddezza, di sentimentalità e crudeltà. Il freddo è nello stesso tempo ambiente protettore e medium, bozzolo e veicolo: protegge la sentimentalità savrasensuale, quale vita interiore, e l'esprime nell'ordine esterno, quale collera e severità. Masoch ha letto il suo contemporaneo Bachofen, grande etnologo e giurista hegeliano. E non è forse nella lettura di Bachofen, come in quella di Hegel, che il sogno iniziale de La Venere trova il suo punto di partenza? Bachofen distingueva tre stadi. Il primo è lo stadio eterico, afroditico, formato nel caos delle paludi lussureggianti, fatto di relazioni multiple e capricciose tra la donna e gli uomini, ma in cui domina il principio femminile, essendo il padre « nessuno » (tale stadio, rappresentato in modo particolare dalle cortigiane asiatiche, soprawiverà nelle istituzioni quale prostituzione sacra). Il secondo momento demetrano trova la propria aurora nelle società amazzone; istaura un severo ordine ginecocratico e agricolo, che succede al prosciugamento delle paludi; il padre o il marito trovano un proprio stato ma sempre sotto il dominio della donna. Si afferma infine il sistema patriarcale o apollineo, che comporta la degenerazione del matriarcato nelle forme amazzoniche corrotte o dionisiache.11 Nei tre stadi ritroviamo facilmente i tre tipi femminili di Masoch, il primo e l'ultimo sono posti da Masoch quali limiti entro i quali oscilla il secondo, nel suo splendore e nella sua precaria perfezione. Il fantasma trova qui ciò di cui ha bisogno, una struttura teorica, ideologica, che gli imprime valore di concezione generale della natura urna11 Cfr. Bachofen, Das Mutterrecht, 1861. Citeremo come testimonianza di una ispirazione che deve molto a Bachofen, l'ottimo libro di Pierre Gordon, L'initiatìon sexuelle et l'evolution religieuse, 1946.

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na e del mondo. Definendo l'arte del romanzo, Masoch diceva che bisognava andare dalla « figura » al problema: partire dal fantasma ossessivo per risalire fino al problema, fino alla struttura teorica in cui il problema è stato posto.12 Come si passa dall'ideale greco all'ideale masochista, dal disordine della sensualità eterica al nuovo ordine, alla sentimentalità ginecocratica? Indubbiamente attraverso la catastrofe glaciale, che giustifica nello stesso tempo il soffocamento della sensualità e l'irradiarsi della severità. Nel fantasma masochista la pelliccia mantiene la propria funzione utilitaria: « più per timore di prendere un raffreddore che per pudicizia... ». « Venere, che, nel Nord astratto, nel gelido mondo cristiano si deve rannicchiare dentro una grossa pelliccia pesante, per non prendere freddo ». Le eroine di Masoch starnutiscono frequentemente. Corpo di marmo, donna di pietra, Venere di ghiaccio, sono queste le parole favorite di Masoch; spesso i suoi personaggi fanno la propria iniziazione con una fredda statua, sotto il chiaro di luna. La donna del sogno, all'inizio de La Venere, esprime nel proprio discorso la romantica nostalgia del mondo greco quale mondo perso: « L'amore quale perfetta gioia e serenità degli dei non è cosa per voi uomini moderni, figli della riflessione. È per voi una sciagura. Diventate volgari non appena volete essere naturali... » « Restatevene pure fra le vostre nebbie nordiche e le nubi cristiane del vostro incenso, ma lasciateci in pace, noi pagani, sotto le ceneri e la lava, non dissotterateci. Non furono certo costruite per voi la nostra Pompei, le nostre ville, i nostri bagni, i nostri templi. Voi non avete bisogno di dei! E noi moriamo dal freddo nel vostro 12

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Cfr. Appendice

I.

mondo! ». In questo discorso troviamo l'essenziale: la catastrofe glaciale ha ricoperto il mondo greco, rendendo il mondo greco inattuabile. Una duplice retrocessione è sopraggiunta: l'uomo conserva soltanto una natura volgare, vale solo nella riflessione; la donna è diventata sentimentale contrapposta alla riflessione, severa contro la volgarità. Il freddo e il ghiaccio hanno fatto tutto: hanno fatto della sentimentalità l'oggetto della riflessione dell'uomo, della crudeltà la punizione della sua volgarità. Nella loro fredda alleanza, la sentimentalità e la crudeltà femminile spingono l'uomo alla riflessione, costituendo l'ideale masochista. In Sade come in Masoch vi sono due nature, ripartite in modo affatto diverse. La natura volgare viene ora mantenuta e caratterizzata dalla particolarità del capriccio: violenza e furbizia, odio e distruzione, disordine e sensualità imperversano ovunque. Ma al di là si inizia la grande natura impersonale e riflessa, sentimentale e sovrasensuale. Nel prologo dei Racconti galiziani, una « errante » pone sotto accusa la malvagia natura. La quale rispondendo nega la propria ostilità, il proprio odio per l'uomo, perfino nella morte, e mostra il suo triplice viso freddo, materno, severo... La natura è la steppa stessa. Le descrizioni della steppa in Masoch sono di rara bellezza. Come quella che per esempio troviamo all'inizio di Frinko Balaban: nell'identità della steppa, del mare e della madre, si tratta sempre di far sentire che la steppa è nello stesso tempo ciò che ricopre il mondo greco della sensualità, e ciò che respinge il mondo moderno del sadismo, quale potenza che raffredda e trasforma il desiderio e lo trasmuta in crudeltà. Il messianismo è l'idealismo della steppa. Non bisogna credere nodimeno che la crudeltà dell'ideale masochista sia inferiore alla crudeltà primitiva o sadica, inferiore 47

alla crudeltà di capriccio o alla crudeltà di malvagità. È vero che il masochismo presenta sempre quella impressione teatrale che ritroviamo nel sadismo. Ma il carattere teatrale non significa in esso che i dolori siano simulati o lievi, né che la crudeltà ambientale sia meno intensa (le cronache masochiste riferiscono veri supplizi). Ciò che caratterizza il masochismo e il suo teatro è piuttosto la forma singolare di crudeltà insita nella donna carnefice: crudeltà dell'ideale, punto specifico di congelamento e di idealizzazione. Le tre donne secondo Masoch corrispondono alle immagini fondamentali della madre: la madre primitiva, uterina, eterica, madre delle cloache e delle paludi; la madre edipica, immagine dell'amante, colei che avrà rapporti con il padre sadico, sia quale vittima, sia quale complice e infine, posta fra entrambe, la madre orale, la madre delle steppe e grande nutrice, annunciatrice di morte. Questa seconda madre può benissimo apparire per ultima, poiché, orale e muta, ha sempre l'ultima parola. Per ultima, è cosi che Freud la presenta ne II motivo della scelta degli scrigni, in conformità a numerosi temi mitologici e folcloristici: « La madre stessa, l'amante che l'uomo sceglie a immagine di essa, è in definitiva la madre-terra che lo riprende di nuovo... Soltanto la terza delle figlie del destino, la silenziosa dea della morte lo accoglierà tra le sue braccia ». Ma il suo vero posto è fra le due altre, benché venga necessariamnete spostata da una inevitabile illusione prospettiva. Sotto questo profilo pensiamo che la tesi generale di Bergler sia interamente fondata: l'elemento proprio del masochismo è la madre orale 13 — ideale di freddezza, di sollecitudine e di morte, tra la ma" Cfr. E. Bergler, ha Névrose

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de base, 1949.

dre uterina e la madre edipica. Ancora più importante diventa sapere perché tanti psicoanalisti vogliano ad ogni costo ritrovare nel masochismo l'immagine travestita del padre e mascherare la presenza paterna nella donna carnefice.

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f

L

Padre e madre

Per affermare il ruolo del padre non basta dire che il masochista ha facilmente tendenza a incriminare la madre, a esibire un conflitto materno, e che tale spontaneità è sospetta. Simili argomenti hanno il difetto di considerare ogni resistenza come una repressione; del resto un trasferimento da una madre all'altra non sarebbe meno efficace nel confondere le tracce. Nemmeno è sufficiente invocare la muscolatura o la pelliccia della donna carnefice quale prova di una immagine composita. In verità occorrerebbero seri argomenti fenomenologici o sintomatologici per testimoniare a favore del padre. Al contrario, ci si limita a dei motivi i quali già presuppongono una completa etiologia e, con essa, tutta la pseudo unità sadomasochista. Si suppone che l'immagine del padre sia determinante nel masochismo appunto perché esso Io è nel sadismo, e che è necessario ritrovare nell'uno ciò che agiva nell'altro con la debita considerazione delle inversioni delle proiezioni e degli occultamenti propriamente masochisti. Si parte dunque dall'idea che il masochista si ponga al posto del padre, e voglia impadronirsi della potenza virile (stadio sadico). Poi, un primo sentimento di colpa, una prima paura di castrazione quale punizione, lo determinerebbe a rinunciare a queso scopo attivo per prendere il posto della madre e offrirsi egli stesso 51

al padre. Ma facendo ciò cadrebbe in una seconda colpa, in una seconda paura di castrazione, implicata questa volta dall'impresa passiva; al desiderio di una relazione amorosa con il padre si sostituirebbe allora « il desiderio di essere picchiato », che non soltanto rappresenta una punizione più leggera, ma vale quale stessa relazione amorosa. Perché tuttavia è la madre che picchia e non il padre? Per vari motivi: innanzi tutto il bisogno di fuggire una scelta omosessuale troppo manifesta; poi il bisogno di conservare il primo stadio in cui era la madre l'oggetto desiderato, pur associando il gesto di punizione del padre; infine il bisogno di riunire tutto in una dimostrazione indirizzata soltanto al padre (« Tu vedi non ero io che volevo prendere il tuo posto, è lei a farmi del male, a punirmi o a picchiarmi... »). Nella successione di questi momenti emerge che il padre può continuare a essere il personaggio determinante soltanto nella misura in cui trattiamo il masochismo come una combinazione di elementi molto astratti capaci di passare, di trasformarsi gli uni negli altri. Vi è in ciò disconoscenza della situazione concreta di insieme, vale a dire del modo di perversione: una etiología affrettata impedisce la sintomatologia di far valere i propri diritti in una diagnosi veramente differenziale. Perfino nozioni come quelle di castrazione, colpa diventano troppo facili quando servono a rovesciare situazioni, a fare comunicare in astratto mondi realmente estranei. Si assumono mezzi di equivalenza e traduzione quali sistemi di passaggio e transazione. Uno psicoanalista profondo come Reik dichiara « Ogni volta che abbiamo avuto la possibilità di studiare un caso particolare abbiamo trovato il padre o il suo delegato celato nell'immagine della donna che infligge il 52

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castigo ». Una tale dichiarazione esige che si spieghi meglio ciò che si intende per « essere celato », e a quali condizioni, qualche cosa o qualcuno è nascosto nel rapporto tra sintomi e causa. Lo stesso autore aggiunge: « Avendo considerato, controllato, soppesato tutto ciò, rimane tuttavia un dubbio... Bisogna forse pensare che 10 strato più antico del masochismo quale fantasia e quale azione risalga tutto sommato alla relazione madre-figlio come a una realtà storica? ». Nondimeno conserva ciò che egli chiama la sua « impressione » concernente il ruolo determinante e costante del padre.14 Egli parla quale sintomatologista, quale etiologista, oppure quale combinatore astratto? Ritorniamo al problema: l'affermazione del ruolo del padre nell'interpretazione del masochismo non deriva forse dal pregiudizio sadomasochista, e soltanto da esso? È indubbio che il tema paterno e patriarcale è dominante nel sadismo. Le eroine sono numerose nei romanzi di Sade; ma tutte le loro azioni, i loro desideri, i piaceri che traggono insieme, le imprese progettate imitano l'uomo e gli sono dedicate. L'androgina di Sade sorge dall'unione incestuosa tra la figlia e il padre. Senza dubbio vi sono in Sade tanti matricidi quanti sono i parricidi; ma non avvengono nello stesso modo. La madre viene identificata a questa natura seconda, formata di molecole « molli », soggette alle leggi della creazione, della conservazione e della riproduzione. 11 padre, al contrario, appartiene a tale natura soltanto per conservatorismo sociale. Egli è in sé testimonianza della natura prima, che sovrasta il regno delle leggi, costituito da molecole furiose o strazianti, produttrici di disordine e di anarchia: pater sive Natura 14

Theodor Reik, Il masochismo. 53

prima. Il padre viene dunque assassinato soltanto nella misura in cui rinuncia alla propria natura e alla propria funzione, mentre la madre viene tanto più uccisa, quanto più essa rimane fedele alla sua natura e alla sua funzione. Il fantasma sadico è basato su un tema ultimo, analizzato profondamente da Klossowski: il padre distruttore della propria famiglia, che spinge la figlia a suppliziate e ad assassinare la madre.15 È come se nel sadismo l'immagine edipica di donna subisse una specie di esplosione: la madre assume il ruolo della vittima per eccellenza, mentre la figlia viene promossa nell'esplosione a quello di complice incestuosa. Essendo la famiglia e la stessa legge informata al carattere materno della natura seconda, ilv padre non può essere tale se non ponendosi al di sopra delle leggi, dissolvendo la famiglia, prostituendo i propri famigliari. Il padre rappresenta la natura quale potenza originaria anarchica, che può essere resa a se stessa soltanto mediante la distruzione delle leggi e delle creature seconde che gli sono soggette. Perciò il sadico non indietreggia di fronte al suo obiettivo finale, che è la fine effettiva di ogni procreazione, essendo, quest'ultima, denunciata quale concorrente della natura prima. E le eroine sadiche sono tali soltanto per la loro unione sodomita con il padre, nella fondamentale alleanza diretta contro la madre. Sotto tutti gli aspetti il sadismo presenta una negazione attiva della madre, e una inflazione del padre, il padre al di sopra delle leggi... Freud indicava in Tramonto del complesso edipico: il fondamento attivo sadico in cui il figlio si iden" Pierre Klossowski, Eléments d'une étude psychanalytique le marquis de Sade, « Revue de Psychanalyse », 1933.

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sur

tifica con il padre, il fondamento masochista passivo in cui egli al contrario prende il posto della madre e vuole essere amato dal padre. La teoria delle pulsioni parziali rende possibile la coesistenza di queste determinazioni, e alimenta la credenza dell'unità sadomasochista (Freud ne L'uomo dei lupi dice: « Nel sadismo si manteneva alla più antica identificazione con il padre; nel masochismo aveva eletto il padre quale oggetto sessuale »). Tuttavia quand'anche ci venisse detto che nel masochismo il vero personaggio che picchia è il padre dobbiamo comunque chiederci: innanzi tutto chi viene picchiato? Dove si nasconde il padre? Non sarebbe forse innanzi tutto in colui che viene picchiato? Il masochista si sente colpevole, si fa picchiare e espia; ma che cosa e perché? Non è appunto forse la immagine del padre che in lui viene sminuita, picchiata, ridicolizzata, umiliata? Ciò che egli espia non è forse la sua somiglianza con il padre, la somiglianza del padre? La formula del masochismo non è forse il padre umiliato? Il padre sarebbe cosi meno colui che picchia quanto colui che viene picchiato... Nel fantasma delle tre madri appare infatti un punto molto importante: la divisione della madre in tre figure ha già l'effetto di trasferire simbolicamente tutte le funzioni paterne in immagini di donna; il padre viene escluso, annullato. Nella maggior parte dei romanzi di Masoch vi è la minuziosa descrizione di una scena di caccia: la donna ideale caccia l'orso o il lupo e si impadronisce della pelliccia. Potremmo interpretare tale scena come l'espressione della lotta della donna contro l'uomo o il trionfo della donna sull'uomo. In realtà non è cosi; tale trionfo è già assicurato nel momento in cui il masochismo ha inizio. L'orso (a) e la pelliccia sono già prov55

visti di una significazione femminile esclusiva. Ciò che viene cacciato e spossessato è la madre primitiva eterica, quella di prima della nascita -— a profitto della madre orale e a beneficio di una rinascita, di una seconda nascita paternogenica in cui, come vedremo, il padre non ha alcun ruolo. È vero che l'uomo risorge al polo opposto, a fianco della madre edipica: si è stabilita una alleanza tra la terza madre e l'uomo sadico — cosi per Elisabeth e Ipolkar in L'acqua della giovinezza; per Dragomira e Boguslav ne La pescatrice di anime; per Wanda e il greco ne La Venere. Ma questo intervento dell'uomo è compatibile con il masochismo soltanto nella misura in cui la madre edipica conserva i propri diritti e la propria integrità: non ^soltanto l'uomo appare in forma effemminata e travestita (il greco ne La Venere), ma contrariamente a quanto accade nel sadismo, è l'immagine della madre a essere complice, e la figlia essenzialmente vittima (In Acqua della giovinezza)-, l'eroe masochista lascia che Elisabeth strozzi Gisele, la ragazza che egli ama). Se l'uomo sadico trionfa, come alla fine de La Venere, il masochismo termina, e, in conformità al linguaggio di Platone, fugge o perisce piuttosto che unirsi al proprio contrario, il sadismo. Ma il transfert delle funzioni paterne nelle tre immagini di madre è soltanto un primo aspetto del fantasma, il quale trova il proprio significato in un altro elemento: la condensazione di tutte le funzioni, ora materne, sulla seconda madre, la madre orale, la « buona madre ». È errato mettere in rapporto il masochismo con il tema della cattiva madre. Vi sono nel masochismo cattive madri: la madre uterina, la madre edipica, gli estremi del pendolo. Ma tutto il movimento del pendolo esprime l'idealizzazione delle funzioni del-

le cattive madri trasferite sulla buona madre. Per esempio, la prostituzione è cosa naturale per la madre uterina eterica. L'eroe sadico ne fa una istituzione, mediante la quale distrugge la madre edipica e fa della figlia una complice. Quando troviamo in Masoch e nel masochismo un gusto analogo per la prostituzione della donna, ci si affretta a vedere in tale analogia la prova di una comune natura. Nel masochismo infatti è importante che la funzione di prostituta venga assunta dalla donna in quanto donna onesta, dalla madre in quanto buona madre (la madre orale). Wanda racconta che Masoch la spingeva a cercarsi degli amanti, a rispondere agli annunci personali e prostituirsi per denaro. Ma tale desiderio egli lo giustificava nel modo seguente: « È una cosa meravigliosa trovare nella propria donna, onesta e brava, voluttà che usualmente bisogna cercare nelle libertine ». È necessario che la madre in quanto orale, pulita, brava e onesta, assuma la funzione di prostituzione che compete normalmente alla madre uterina. La stessa cosa accade per le funzioni sadistiche della madre edipica: è necessario che il sistema delle crudeltà sia assunto dalla buona madre, in tal modo profondamente trasformato e posto al servizio dell'ideale masochista di espiazione e rinascita. Non dobbiamo dunque considerare la prostituzione come comune carattere del preteso sadomasochismo. In Sade il sogno di prostituzione universale, quale appare nella « società degli amici del delitto », si proietta in una istituzione obiettiva, che garantisce nello stesso tempo la distruzione delle madri e la selezione delle figlie (la madre come « prostituta » e la figlia come complice). Viceversa, in Masoch la prostituzione ideale è basata su un contratto privato mediante il quale l'eroe 57

masochista persuade la propria donna, in quanto buona madre, a darsi agli altri.16 Mediante ciò, la madre orale quale ideale masochista è tenuta ad assumere l'insieme delle funzioni che rinviano alle altre immagini di donna; assumendole, trasforma e sublima tali funzioni. Perciò, le interpretazioni psicoanalitiche del masochismo in funzione della « cattiva madre » ci sembrano rimanere affatto marginali. Ma tale concentrazione sulla madre orale implica il primo aspetto, quello in cui il padre viene annullato, le sue membra e funzioni ripartite fra le tre donne. È a questa condizione che queste ultime hanno via libera per la propria lotta e la propria epifania, che devono appunto condurre al trionfo della madre orale. In breve, le tre donne costituiscono un ordine simbolico nel quale e mediante il quale il padre è già soppresso, soppresso ovunque. È questo il motivo per cui il masochista ha tanto bisogno del mito, per esprimere questa eternità di tempo: tutto è stato fatto, tutto accade tra le immagini di madre (cosi la caccia e la conquista della pelliccia). È lecito stupirsi quando la psicoanalisi, nelle sue più ardite esplorazioni, lega l'istaurazione di un ordine simbolico al « nome del padre ». Ciò significa forse mantenere l'idea, singolarmente poco analitica, che la madre è dalla parte della natura e il padre invece esprime il solo principio di cultura e rappresenta la legge? Il masochista vive l'ordine simbolico come intermaterno e pone le condizioni mediante le quali la 16 In un racconto di Klossowski, Le souffleur, ritroviamo la differenza di natura tra i due fantasmi di prostituzione, sadico e masochista: cfr. l'opposizione tra L'hotel de Longchamp e Les lois de l'hospitalité.

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madre, in tale ordine, si confonde con la legge. Perciò nel caso del masochismo, non si deve parlare di una identificazione con la madre. La madre non è affatto il termine di una identificazione, ma condizione del simbolismo mediante il quale si esprime il masochista. La triplicazione delle madri ha letteralmente espulso il padre dall'universo masochista. Ne La sirena Masoch presenta un giovane che lascia credere che suo padre sia morto soltanto perché ritiene più semplice ed educato non dissipare un malinteso. Al disconoscimento magnificente della madre (« No, la madre non manca simbolicamente di nulla »), corrisponde un disconoscimento annullante del padre (« Il padre non è niente », vale a dire, privo di ogni funzione simbolica). Bisogna allora considerare più da vicino il modo in cui l'uomo, il terzo, viene introdotto o reintrodotto nel fantasma masochista. La ricerca del terzo, « il greco », domina la vita e l'opera di Masoch. Ma ne La Venere egli appare in duplice figura: il greco « è simile a una donna... È stato visto all'inizio a Parigi vestito da donna, e gli uomini lo assillavano con lettere d'amore ». L'altra figura, quella virile, segna al contrario la fine del fantasma e dell'esercizio masochista: quando il greco prende la frusta e colpisce Severin, il fascino sovrasensuale sparisce istantaneamente, « sogno voluttuoso, donna e amore » si dissolvono. Vi è dunque fine sublime e umoristica del romanzo: Severin rinuncia al masochismo e diventa sadico a sua volta. Dobbiamo capire che il padre, annullato nell'ordine simbolico, non cessava di agire nell'ordine reale o vissuto. Lacan ha enunciato una legge profonda secondo la quale ciò che viene simbolicamen59

te abolito risorge nel reale in forma allucinatoria.17 La fine de La Venere è la tipica affermazione di tale ritorno aggressivo e allucinante del padre in un mondo che lo aveva simbolicamente annullato. Tutto, nel testo precedentemente citato, indica che la realtà della scena esige un modo di apprensione allucinatorie), che, in compenso, rende possibile il seguito o la continuazione del fantasma. Sarebbe quindi affatto penoso confondere il fantasma che.ppera nell'ordine simbolico stesso, con l'allucinazionei che manifesta la rivincita del vissuto nell'ordine cjel reale. Reik cita un caso in cui tutta la « magia » della scena masochista scompare perché il soggetto ha creduto di vedere nella donna che lo colpiva qualche cosa che gli ricordava il padre.18 (È simile alla fine de La Venere-, meno forte tuttavia, poiché nei romanzi di Masoch l'immagine del padre si è « realmente » sostituita alla donna carnefice, dalla quale deriva un abbandono, ritenuto definitivo, dell'impresa masochista). Reik commenta tale caso come se esso provasse che il padre è la verità della donna carnefice, che è nascosto nell'immagine della madre; Reik ne trae argomento in appoggio alla unità sadomasochista. Noi pensiamo invece che occorra trarne le conclusioni opposte. Il soggetto, dice Reik,

" Cfr. Jacques Lacan, « La Psychanalyse », I, pp. 48 e seg. Quale è stata definita da Lacan, la Verwerfung, è un meccanismo che si esercita nell'ordine simbolico e che verte essenzialmente sul padre, o piuttosto sul « nome del padre ». Sembra che Lacan consideri tale meccanismo come originale, disgiunto da ogni etiología materna (la trasfigurazione del ruolo della madre sarebbe piuttosto l ' e f f e t t o dell'annullamento del padre nella Verwerfung). Nella prospettiva lacaniana: cfr. l'articolo di Piera Aulagnier, Remarques sur la structure psychotique, « La psychanalyse », I I I , che sembra tuttavia restituire alla madre un certo ruolo d'agente simbolico attivo. 18 Reik, op. cit., p. 25.

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è « disincantato »; bisognerebbe dire che è « defantasmatizzato », ma in compenso allucinato, abbagliato Lungi dall'essere la verità del masochismo, lungi dal saldare la sua alleanza con il sadismo, il ritorno offensivo dell'immagine del padre segna il pericolo sempre presente che minaccia dall'esterno il mondo masochista e che abbatte le « difese » che il masochista ha costruito quale condizione e limite del suo simbolico mondo perverso. (A tal punto che sarebbe allora proprio della psicoanalisi « alla carlona » favorire tale distruzione e assumere quale verità interna tale protesta del reale esterno). Ma cosa fa il masochista per premunirsi contro tale ritorno, nello stesso tempo contro la realtà e l'allucinazione del ritorno offensivo del padre? Il masochista è costretto all'adozione di un procedimento complesso per proteggere il suo mondo fantasmatico e simbolico e per scongiurare gli attacchi allucinatoti del reale (diremmo anche gli attacchi reali dell'allucinazione). Vedremo come tale procedimento sia permanente nel masochismo: è il contratto, fatto con la donna che, a un dato momento e per un tempo indeterminato, conferisce a quest'ultima tutti i diritti. Con il contratto il masochista scongiura il pericolo del padre, e tenta di garantire l'adeguamento dell'ordine reale, vissuto, temporale con l'ordine sombolico, in cui il padre è ovunque annullato. Con il contratto, vale a dire con l'atto più razionale e più determinato nel tempo, il masochista raggiunge le regioni più mitiche e più eterne, quelle in cui regnano le tre immagini di madre. Con il contratto il masochista si fa picchiare; ma ciò che bisogna colpire in lui, umiliare e ridicolizzare, è l'immagine del padre, la somiglianza del padre, la possibilità del ritorno offensivo del padre. 61

Non è « il figlio », ma è il padre a essere picchiato. Il masochista si rende libero per una nuova nascita in cui il padre non ha alcun ruolo. Ma come spiegare che, anche nel contratto, il masochista fa intervenire il terzo o il greco? Chi desidera con tanto ardore, il terzo o il greco? Senza dubbio vi è un aspetto in cui tale terzo non esprime soltanto il pericolo del ritorno offensivo del padre, ma, in tutt'altro senso, la possibilità di una nuova nascita, la proiezione dell'uomo nuovo quale risultato dell'esercizio masochista. Il terzo esprime dunque elementi diversi: effemminato, indica soltanto lo sdoppiamento della donna; idealizzato, prefigura il risultato del masochismo; sadico, rappresenta al contrario il pericolo paterno, che sconvolge il risultato e brutalmente lo interrompe. Più profondamente bisogna pensare alle condizioni di funzionamento del fantasma in generale. Il masochismo è l'arte del fantasma. Il fantasma opera entro due serie, due limiti, due « bordi », entro i quali si istaura una risonanza che costituisce la vera vita del fantasma. Cosi il fantasma masochista ha, quali « bordi » simbolici, la madre uterina e la madre edipica: fra le due, fra l'una e l'altra, si trova la madre orale, il cuore del fantasma. Tra questi estremi, il masochista realizza la risonanza della madre orale. In tal modo egli conferisce a quest'ultima, la buona madre, una amplitudine che gli fa costantemente sfiorare l'immagine delle sue rivali. È necessario che la madre orale rapisca alla madre uterina le sue funzioni eteriche (prostituzione), e alla madre edipica le sue funzioni sadistiche (punizione). È necessario che, ai due estremi del movimento del pendolo, la buona madre affronti il terzo anonimo della madre uterina, il terzo sadico d.ella madre edipica. Per62

ciò, a meno che tutto si guasti per gli effetti dell'allucinazione, il terzo è desiderato e convocato soltanto per essere neutralizzato dalla sostituzione della buona madre alla madre uterina e alla madre edipica. La avventura con Luigi II è sotto questo profilo esemplare; la comicità deriva dalle « parate » che vi si confrontano. 19 Quando riceve la prima lettera di Anatole, Masoch spera vivamente che sia una donna. Ma ha già una parata pronta nel caso in cui sia un uomo: introdurrà Wanda nella storia e, con la complicità del terzo, le farà assumere funzioni eteriche o sadistiche, ma in quanto buona madre. Anatole, avendo altri progetti, risponde a tale parata con un'altra inattesa parata, introducendo a sua volta il suo gobbo cugino, incaricato di neutralizzare la stessa Wanda, contrariamente a tutte le intenzioni di Masoch... La domanda: il masochismo è forse femminile passivo e il sadismo virile e attivo? Tale domanda pregiudica la coesistenza del sadismo e del masochismo, il rovesciamento dell'uno nell'altro e la loro unità. Il sadismo e il masochismo non sono rispettivamente composti di pulsioni parziali, ma di figure complete. Il masochista vive in se stesso l'alleanza della madre orale con il figlio, cosi come il sadico quella del padre con la figlia. I travestiti, sadici e masochisti, hanno la funzione di sugellare tale alleanza. Nel caso del masochismo la pulsione virile è incarnata nel ruolo del figlio, mentre la pulsione femminile è proiettata nel ruolo della madre; ma le due pulsioni costituiscono appunto una figura nella misura in cui la femminilità viene posta come completa e a cui nulla manca, mentre la virilità vi è sospesa nel disconoscimento (cosi come " Cfr. Appendice

III.

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l'assenza del pene non implica una mancanza del fallo, la sua presenza non ne implica il possesso, al contrario). Nel masochismo, una figlia non ha alcuna difficoltà ad assumere il ruolo del figlio, rispetto alla madre che picchia, che possiede idealmente il fallo e da cui dipende la nuova nascita. La stessa cosa si può dire nel sadismo, ossia le possibilità per un ragazzo di assumere il ruolo della ragazza in funzione della proiezione del padre. La figura masochista è ermafroditica, cosi come quella sadica è androgina. Ognuno nel proprio mondo dispone di tutti gli elementi che rendono impossibile e inutile il passaggio nell'altro mondo. Bisognerà in ogni caso evitare di trattare il sadismo e il masochismo come esatti contrari, salvoK per dire che i contrari si evitano, fuggono o periscono... Ma le relazioni di contrarietà suggeriscono troppo la possibilità di trasformazione, di capovolgimento e di unità. Tra il sadismo e il masochismo appare una profonda dissimetria. Se è vero che il sadismo presenta una negazione attiva della madre e una inflazione del padre (posto al di sopra delle leggi), il masochismo opera mediante un duplice disconoscimento, disconoscimento positivo, ideale e magnificente della madre (identificata alla legge) e disconoscimento annullante del padre (espulso dall'ordine simbolico).

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Gli elementi

romanzeschi

di Masoch



Il primo elemento romanzesco di Masoch è estetico e plastico. Si dice che i sensi diventano « teorici », che l'occhio diventa un occhio realmente umano quando il suo oggetto è diventato un oggetto umano, culturale, che viene dall'uomo e gli è destinato. Un organo diventa umano quando assume quale oggetto la opera d'arte. Tutto l'animale soffre quando i suoi organi cessano di essere animali: Masoch pretende vivere la sofferenza di tale trasmutazione. Chiama « sovrasensualismo » la propria dottrina, per indicare lo stato culturale di una sensualità trasmutata. Perciò gli amori in Masoch trovano origine nell'opera d'arte. L'iniziazione avviene con donne di pietra. Le donne sconvolgono per il loro confondersi con le fredde statue sotto il chiaro di luna, o con quadri nell'ombra. Tutta La Venere è posta sotto il segno del Tiziano, nel mistico rapporto con la carne, la pelliccia e lo specchio. In ciò si manifesta il legame tra il freddo, il crudele e il sentimentale. Le scene masochiste hanno bisogno di fissità come la scultura o il dipinto, di sostituirsi a sculture e quadri, di sdoppiarsi in uno specchio o in un riflesso (Severin che sorprende la propria immagine...). Gli eroi di Sade non sono amatori d'arte e ancor meno collezionisti. In Juliette appare il vero mo65

tivo: « Un incisore è stato in questo caso necessario per trasmettere ai posteri questo voluttuoso e divino quadro! Ma la lussuria, che troppo presto corona i nostri atti, non avrebbe lasciato il tempo all'artista di fissarli. Non è dato all'arte, priva di movimento, realizzare un'azione la cui anima è il movimento ». La sensualità è il movimento. Cosi Sade, per tradurre l'immediato movimento dell'anima nell'anima, si affida maggiormente al processo quantitativo di accumulazione e accelerazione, fondato meccanicamente su una teoria materialistica: reiterazione delle scene, moltiplicazione in ogni sc$na, precipitazione, surdeterminazione (nello stesso tempo « ero parricida, incestuoso, assassino, lenone, sodòmita »). Abbiamo visto perché il numero, la quantità, la precipitazione quantitativa fossero la follia propria del sadismo. Masoch al contrario ha tutti i motivi per credere nell'arte all'immobilità e alle riflessioni della natura. Le arti plastiche, quali egli le vede, eternizzano il loro soggetto, sospendendo un gesto o un atteggiamento. La frusta e la spada che permangono sospese, la pelliccia che non si apre, il tacco che sta per abbattersi sulla vittima e non termina mai la propria traiettoria, come se il pittore avesse rinunciato al movimento per esprimere una attesa più profonda, più vicina alle fonti dela vita e della morte. Il gusto delle scene fissate, simili a fotografie, stereotipie o dipinte, si manifesta nei romanzi di Masoch al più alto grado di intensità. Ne La Venere, spetta a un pittore dire a Wanda: « Donna, dea... ignori cosa sia l'amore, consumarsi nel languore e nella passione? ». E Wanda si pone, con la sua pelliccia e la sua frusta, in una posa sospesa, simile a un quadro vivente: « Vi mostrerò un altro quadro di me stessa, un quadro da me stessa dipinto, voi me lo copierete... ». 66

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« Voi me lo copierete » esprime nello stesso tempo la severità dell'ordine e il riflesso dello specchio. È essenzialmente propria del masochismo l'esperienza dell'attesa e della sospensione. Le scene masochiste comportano veri riti di sospensione fisica, legatura, agganciamento, crocifissione. Il masochista è moroso, ma la parola « moroso » significa innanzi tutto il ritardo o il rinvio. Si è notato come il complesso piacere-dolore fosse insufficiente a definire il masochismo; ma anche l'umiliazione, l'espiazione, il castigo, la colpa non sono sufficienti. Si nega giustamente che il masochista sia un essere strano che trovi piacere nel dolore. Si osserva che il masochista è come tutti, che prova piacere là dove gli altri lo provano, ma gli sono semplicemente necessari un dolore preliminare, una punizione e una umiliazione quali condizioni indispensabili per il raggiungimento del piacere. Tale meccanismo rimane tuttavia incomprensibile se non viene riferito alla forma, ossia alla forma di tempo che lo rende possibile. Appare perciò inadeguato il ricorso al complesso piacere-dolore quale materia che si presti in quanto tale a tutte le trasformazioni e prima di tutte alla pretesa trasformazione sadomasochista. Infatti, la forma del masochismo è l'attesa. Masochista è colui che vive l'attesa allo stato puro. È proprio dell'attesa sdoppiarsi in due flussi simultanei, l'uno che rappresenta ciò che aspettiamo e che essenzialmente tarda, sempre in ritardo, sempre rinviato, l'altro che rappresenta qualche cosa a cui ci aspettiamo, la quale soltanto potrebbe far precipitare l'arrivo dell'atteso. Che tale forma, che tale ritmo di tempo, con i suoi due flussi, venga appunto riempito da una certa combinazione piacere-dolore è conseguenza necessaria. Il dolore giunge a effettuare ciò che ci aspettiamo, e nel67

lo stesso tempo il piacere effettua ciò che aspettiamo. Il masochista aspetta il piacere come qualche cosa che è essenzialmente in ritardo e si aspetta il dolore come la condizione che rende finalmente possibile (fisicamente e moralmente) l'arrivo del piacere. Rinvia dunque il piacere per il tempo necessario, affinché il dolore, anch'esso atteso, lo permetta. L'angoscia masochista assume qui la sua duplice determinazione di attesa infinita del piacere, e d'intenso aspettarsi il dolore. Il disconoscimento, la sospensione, l'attesa, il feticismo e il fantasma formano la costellazione propriamente masochista. Il reale, come abbiamo visto, non è informato a una negazione, bensì a una specie di disconoscimento che lo fa passare nel fantasma. La sospensione, rispetto all'ideale, ha la stessa funzione e lo pone nel fantasma. Il feticcio è l'oggetto del fantasma, l'oggetto fantasmizzato per eccellenza. Sia dato un fantasma masochista: una donna in pantaloncini si trova su una bicicletta fissa e pedala con vigore; il soggetto si trova steso sotto la bicicletta, quasi sfiorato dai pedali vertiginosi, le palme che afferrano i polpacci della donna. Vi sono qui riunite tutte le determinazioni, dal feticismo del polpaccio alla duplice attesa espressa dal movimento dei pedali e dall'immobilità della bicicletta. Non esiste un'attesa propriamente masochista; il masochista è piuttosto il moroso, colui che vive l'attesa allo stato puro. Cosi Masoch si fa togliere un dente sano a condizione che la sua donna, vestita con una pelliccia, stia davanti a lui e lo guardi con un'aria minacciosa. Cosi possiamo dire del fantasma: vi sono meno fantasmi masochisti, quanto un'arte masochista del fantasma. Il masochista ha bisogno di credere di sognare, anche quando non sogna. In nessun luogo nel sadismo 68

troviamo tale disciplina del fantasma. Blanchot ha analizzato perfettamente la situazione di Sade (e dei suoi personaggi) rispetto al fantasma: perché il loro sogno erotico consiste nel proiettare in personaggi che non sognano, ma che agiscono realmente, il movimento irreale dei propri godimenti...; più tale erotismo è sognato, più esso esige una finzione da cui è bandito il sogno, in cui la dissolutezza sia realizzata e vissuta.20 In altre parole: Sade ha bisogno di credere che non sogna, anche quando sogna. La caratteristica dell'uso sadico del fantasma è la violenta potenza di proiezione, di tipo paranoico, mediante la quale il fantasma diventa lo strumento di un cambiamento essenziale e subito, introdotto nel mondo obietivo. (Cosi Clairwil sogna di intervenire senza sosta con crudeltà nel mondo, anche quando dorme). Il potenziale piacere-dolore proprio del fantasma viene allora realizzato in modo tale che il dolore deve essere provato da personaggi reali e il piacere rimanere beneficio del sadico in quanto può sognare di non sognare. Juliette dà i seguenti consigli: « Rimanete quindici interi giorni senza praticare lussuria, distraetevi, divertitevi con altro... », poi sdraiatevi nell'oscurità, per immaginare gradualmente diversi tipi di perdizione; uno di essi vi colpirà maggiormente, costituirà una specie di idea delirante che bisognerà mettere per iscritto, poi eseguirla bruscamente. Il fantasma acquisisce allora il massimo potere di aggressione, di intervento e sistematizzazione nel reale: l'idea viene proiettata con rara violenza. L'ideale masochista, che consiste nel neutralizzare il reale e nel sospendere l'ideale nell'interiorità pura del fanrasma stesso, è invece completamente diverso. Crediamo che 20

Maurice Blanchot, op. cit., p. 35.

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tale differenza d'uso determini in certo modo la differenza dei contenuti. Cosi che il rapporto del sadico con i feticci come rapporto di distruzione debba essere interpretato mediante tale forma di proiezione nell'uso. Si dirà che la distruzione del feticcio implica una credenza anch'essa feticista (come quando si pretende che la profanazione implichi una credenza nel sacro): ma si tratta soltanto di vuote generalità. La distruzione del feticcio misura la velocità di proiezione, il modo in cui il sogno viene soppresso in quanto tale e in cui l'idea irrompe nel mondo reale risvegliato. Nel masochismo, al contrario, la costituzione del feticcio misura la forza interiore del fantasma, la sua lentezza d'attesa, la sua potenza di sospensione o di fissazione e il modo in cui l'ideale e il reale insieme sono assorbiti da esso. Immancabilmente, a quanto sembra, i rispettivi contenuti del sadismo e del masochismo riempiono la forma della loro impresa. Il modo in cui si distribuisce la combinazione piacere-dolore e il fantasma viene investito dall'immagine di madre o di padre, dipende innanzi tutto da una forma che poteva essere effettuata solo in quel modo. Se partiamo dalla materia, troviamo tutto a priori, compresa l'unità sadomasochista, ma confondendo tutto. Tale formula d'associazione piacere-dolore può essere ottenuta soltanto a certe condizioni (la forma dell'attesa). Talaltra formula e talaltre condizioni (la forma della proiezione). Le definizioni materiali del masochismo basate sul complesso piaceredolore, sono insufficienti: come si dice in logica, sono soltanto nominali; non mostrano la possibilità di ciò che definiscono, la possibilità del risultato. Ancor più esse non sono distintive e lasciano libero corso a tutte le confusioni tra sadismo e masochismo e a tutte 70

le trasformazioni. Le definizioni morali, in base alla colpa o alla espiazione, non valgono di più, perché anch'esse sono basate sulla pretesa comunicabilità tra sadismo e masochismo (sotto questo profilo esse sono ancora più « morali » di quanto si creda). Il masochismo di base non è né materiale, né morale, è formale, unicamente formale. E i mondi delle perversioni esigono che la psicoanalisi sia veramente una psicoanalisi formale, quasi deduttiva, che consideri il formalismo dei procedimenti come elementi romanzeschi. In questo dominio di una psicoanalisi formale, concernente il masochismo, nessuno si è spinto più in là di Reik. Egli assegnava quattro caratteri fondamentali: 1. il « significato speciale della fantasia », ossia la forma del fantasma (il fantasma vissuto per se stesso, la scena sognata, drammatizzata, ritualizzata, assolutamente indispensabile al masochismo); 2. il « fattore sospensivo » (l'attesa, il ritardo che esprime il modo in cui l'angoscia agisce sulla tensione sessuale e gli impedisce di crescere fino all'orgasmo); 3. il « carattere dimostrativo », o piuttosto persuasivo (mediante il quale il masochismo sfoggia la sofferenza, il disagio e l'umiliazione); 4. il « fattore provocatorio » (il masochista reclama aggressivamente la punizione, come risolutrice dell'angoscia, che gli permette di cogliere il piacere vietato).21 È strano che Reik, non meno degli altri analisti, trascuri il quinto e molto importante fattore: la forma di contratto nella relazione masochista. Nelle avventure reali, come nei romanzi, nel caso specifico di Masoch come pure nell'ambito del masochismo in generale, il contratto appare come una forma ideale e 21

Reik, op. cit., pp. 45-88.

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come condizione necessaria della relazione amorosa. Viene quindi stabilito con la donna-carnefice un contratto che rinnova l'idea degli antichi giuristi secondo cui la stessa schiavitù è frutto di un patto. Il masochista è retto in apparenza dal ferro e dai legami; ma è retto soltanto dalla sua parola. Il contratto masochista non esprime soltanto la necessità del consenso della vittima, ma anche il dono della persuasione, 10 sforzo pedagogico e giuridico mediante il quale la vitima educa il proprio carnefice. In proposito noteremo nei contratti di Masoch da noi citati più sopra l'evoluzione e la precipitazione delle clausole: mentre il primo mantiene una certa reciprocità di doveri, un limite di durata, una riserva di parte inalienabile (la parte del lavoro, o quella dell'onore), il secondo conferisce alla donna sempre maggiori diritti per spogliare il soggetto dei suoi, non esclusi il diritto al nome, all'onore o alla vita.22 (Il contratto de La venere cambia il nome di Severin). In questa precipitazione del contratto appare inequivocabilmente che la funzione contrattuale è quella di stabilire la legge, ma più la legge è affermata, più essa diventa crudele e limita i diritti di una delle parti contraenti (nel nostro caso la parte istigatrice). Il contratto masochista ha il senso di conferire il potere simbolico della legge all'immagine di madre. Ma perché occorre 11 contratto, perché tale evoluzione del contratto? È necessario trovarne i motivi, ma innanzi tutto costatare che non vi è masochismo senza contratto — o senza un quasi-contratto — nella mente del masochista (cfr. il paggismo). Il culturalismo di Masoch ha dunque un duplice an

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Cfr. Appendice

II.

spetto: un aspetto estetico che si sviluppa in base al modello dell'arte e della sospensione, un aspetto giuridico che si sviluppa in base al modello del contratto e della sottomissione. Ora, non soltanto Sade rimane indifferente alle risorse dell'opera d'arte, ma la sua ostilità per il contratto, per ogni idea o ogni teoria del contratto non ha limiti. Tutta la derisione sadica si esercita contro il principio del contratto. Da questi due punti di vista non ci si limiterà a ricavare l'opposizione del culturalismo di Masoch al naturalismo di Sade. Sia in Sade, sia in Masoch, vi è naturalismo e distinzione di due nature. Ma queste nature non sono affatto distribuite nello stesso modo. Secondo Masoch è appunto l'opera d'arte che è il contratto che fa passare dalla natura grossolana alla grande natura sentimentale e riflessiva. In Sade, al contrario, il passaggio dalla natura seconda alla natura prima non comporta alcuna sospensione, alcuna estetica, bensì lo sforzo teso a istaurare un meccanismo di perpetuo movimento e istituzioni di perpetuo movimento. Le società segrete di Sade, le società di libertini, sono società d'istituzione. Il pensiero di Sade si esprime in termini di istituzioni, cosi come quello di Masoch in termini di contratto. È nota la distinzione giuridica tra contratto e istituzione: il primo presuppone la volontà dei contraenti, la definizione fra loro di un sistema di diritti e doveri, non è imponibile a terzi e ha durata limitata; il secondo tende invece a definire uno statuto di lunga durata, involontario e incessabile, costitutivo di un potere, di una potenza, il cui effetto è imponibile a terzi. Ma ancora più caratteristica è la differenza del contratto e dell'istituzione in rapporto a ciò che chiamiamo una legge: il contratto è veramente generatore di legge, anche se essa supera e smentisce le con73

dizioni che la generano; al contrario l'istituzione si presenta come un ordine, molto diverso da quello della legge, che rende inutili le leggi, che sostituisce al sistema dei diritti e dei doveri un modello dinamico d'azione, di potere e di potenza. Saint-Just infatti chiede molte istituzioni e pochissime leggi, e proclama che nulla sarà stato fatto nella repubblica fino a quando le leggi hanno sopravvento sulle istituzioni...23 In breve: vi è un particolare movimento del contratto che si pensa generatore di legge, salvo a essere poi subordinato e riconoscere la superiorità della legge, vi è un movimento particolare delle istituzioni che fa degenerare la legge e in cui esse si pensano superiori. L'affinità del pensiero di Sade con: il tema delle istituzioni (e con certi aspetti del pensiero di SaintJust) è stato spesso notata. Ma non bisogna dire soltanto che gli eroi di Sade mettano le istituzioni al servizio delle loro anomalie nemmeno che essi abbiano bisogno delle istituzioni quali limiti per dare pieno valore alle loro trasgressioni. Sade ha un pensiero più profondo e più diretto che supera l'istituzione. I rapporti di Sade con l'ideologia rivoluzionaria sono complessi: non ha alcuna simpatia per la concezione contrattuale del regime repubblicano e ancor meno per l'idea di legge. Nella rivoluzione ritrova ciò che odia, la legge e il contratto. La legge e il contratto sono ciò che appunto ancora separa i francesi dalla vera repubblica. Ma appunto in ciò appare il pensiero politico di Sade: nel modo in cui egli contrapponeva l'istituzione alla legge e una fondazione istituzionale della repubblica a una fondazione contrattuale. Sant-Just rendeva manifesto il rapporto nel modo opposto: nella mi° Tesi essenziale della Institutions

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républicaines.

sura in cui vi sono più leggi vi sono meno istituzioni (monarchia e dispotismo), mentre se vi sono più istituzioni vi sono meno leggi (repubblica). È come se Sade non avesse mai cessato di spingere tale idea fino al punto di ironia, che può essere anche il punto di massima serietà: quali sono quelle istituzioni che comporterebbero il minor numero possibile di leggi e al limite nessuna (cosi dolci, e cosi poche... »)? Le leggi imprigionano l'azione: la immobilizzano, la moralizzano. Pure istituzioni senza leggi sarebbero per natura modelli di azione libera, anarchica, in perpetuo movimento, in permanente rivoluzione, in costante stato di immoralità. « L'insurrezione ... non è affatto uno stato morale: essa nondimeno deve essere lo stato permanente della repubblica; sarebbe dunque assurdo e pericoloso esigere che coloro che devono mantenere il perpetuo vacillare dell'apparato siano essi stessi degli esseri molto morali, perché lo stato morale di un uomo è uno stato di pace e di tranquillità, mentre il suo stato immorale è uno stato di movimento perpetuo che l'avvicina alla necessaria insurrezione in cui il repubblicano deve sempre far permanere il governo di cui è membro ». Nel celebre testo de La Philosophie dans le boudoir, « Francesi ancora uno sforzo se volete essere repubblicani », non vi è soltanto la semplice e paradossale applicazione alla politica dei fantasmi sadici. Il problema, nello stesso tempo formale e politico, è molto più serio e anche più originale. Il problema è il seguente: se è vero che il contratto è una mistificazione, se è vero che la legge stessa non è che una mistificazione che serve il dispotismo, se è vero che l'istituzione è la sola forma politica che differisca in natura dalla legge e dal contratto, quali devono essere allora le istituzioni perfette, vale a dire quelle che si oppon75

gono a qualsiasi contratto e che presuppongono soltanto un mininjto di leggi? La risposta ironica di Sade è che, a queste condizioni, l'ateismo — la calunnia e il furto — la prostituzione, l'incesto e la sodomia — e perfino l'assassinio — sono istituzionalizzabili e, ancor meglio, sono l'oggetto necessario delle istiuzioni ideali, delle istituzioni in movimento perpetuo. Noteremo fra l'altro, l'insistenza di Sade sulla possibilità di istituire la prostituzione universale e il modo in cui cerca di confutare l'obiezione « contrattuale » della non imponibilità a terzi. In ogni caso sembra insufficiente, per definire il pensiero politico di Sade, confrontare le sue dichiarazioni, cosi focose, con il suo atteggiamento personale cosi moderato, durante la rivoluzione. ^L'opposizione istituzione-contratto e la conseguente opposizione istituzione-legge sono diventati luoghi comuni giuridici dello spirito positivista. Ma esse hanno perso il senso e il carattere rivoluzionario in instabili compromessi. Per ritrovare il senso di tali opposizioni, delle scelte e delle direzioni che implicano, bisogna risalire a Sade (e anche a Saint-Just, il quale non dava le stesse risposte di Sade). Vi è in Sade un pensiero politico profondo, quello dell'istituzione rivoluzionaria e repubblicana, nella sua duplice opposizione alla legge e al contratto. Ma questo pensiero dell'istituzione è, per intero, ironico, perché sessuale e sessualizzato, elevata provocazione contro ogni tentativo contrattuale e legalista di pensare la politica. Non bisogna forse aspettarsi da Masoch il prodigio contrario? Non più un pensiero ironico, in funzione della rivoluzione dell'89, bensì umoristico, rispetto alla rivoluzione del '48? Non più un pensiero ironico dell'istituzione contrapposta al contratto e alla legge, bensì un pensiero umoristico del 76

contratto e della legge, nei loro reciproci rapporti? A tal punto che non coglieremmo più questi problemi veri del diritto se non nelle forme pervertite che Sade e Masoch hanno saputo dare loro, facendone elementi romanzeschi in una parodia della filosofia della storia.

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V

La legge, l'umorismo

e l'ironia

Vi è una immagine classica di legge, Platone le ha dato una espressione perfetta che si impose nel mondo cristiano. Tale immagine determina un duplice stato della legge, quale principio e quali conseguenze. Per ciò che concerne il principio, la legge non è prima. La legge ha soltanto un potere secondo e delegato, essa dipende da un principio più alto che è il bene. Se gli uomini sapessero cosa è il bene, o sapessero a esso conformarsi, non avrebbero bisogno della legge. La legge non è che il rappresentante del bene in un "mondo che esso ha più o meno disertato. Quindi, dal punto di vista delle conseguenze, obbedire alle leggi