Per una storia del moderno concetto di politica. Genesi e sviluppo della separazione tra politico e sociale

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A.Biral, G.Pasqualotto, e.Pacchiani A.Cavarero, F.Corbo, G.Duso,G.DeCecchi G.Pavanini, M.D.Cian .

PER UNA STORIA

DEL MODERNO CONCETTO DI POLITICA prefazione di Mario Tronti

· PER UNA STORIA DEL MODERNO CONCETTO DI POLITICA GENESI E SVILUPPO DELLA SEPARAZIONE TRA "POLITICO" E "SOCIALE"

A.Biral, G.Pasqualotto, e.Pacchiani · A.Cavarero, F.Corbo, G.Duso,G.DeCecchi G.Pavanini, M.D.Cian prefazione di Mario Tronti

SCUOLA DI PERFEZIONAMENTO IN FILOSOFIA UNIVERSITA' DI PADOVA

cooperativa libraria editrice degli studenti delruniversltà di padova

I N D I C E

Avvertenza

Pag.

Prefazione - MARIO TRONTI

La genesi dell'opposizione tra 'pubZioo' e 'civile' - ALESSANDkO BIRAL. Alle origini del pensiero politioo americano: dalla religione alla politi oa - GIANGIORGIO PASQUALOTTO ••••••••

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Spinoza e l 1 asso lutiamo politico - CLA!;!_ 63

DIO PACCHIANI •••••••••••••••••••••••

Politioa e ideologia dei partiti in Inghi lte.rra seoondo Hume - ADRIANA CAVARERO

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Stato razionale e soaietà in

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Kant

FULVIO CORBO ••••••••.•••••••••••••••

Teoria politiaa e aonaezione Stato in Hegel - GIUSEPPE DUSO

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delZ.O

Struttura dell'eaonomia e organizzazione dello Stato nello Hegel di Jena - GIULIANA DE CECCHI •••••••••

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Hegel e il Beamtenstand nella Prussia tra riforma e restaurazione - GIULIO PAVANINI Lo Stato moderno e la sfera della politica nel'la marxiana Kritik del 1 43 M.DOLORES CIAN •••••.••••••••••••••••

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AVVERTENZA

Sono qui raccoZti aZcuni dei contributi eZabora ti aiz 'inte:rmo di un gruppo di riaer,ca de iza Scuola di per,fezionamento in filosofia deti 'Università di P!3. dova. L'intento perseguito non è stato quetZo di affrontare in modo organieo un tema di cosi grande rilievo, ma di indicare alcuni mom?nti crueiaZi, che s~ no sembrati determinanti per Zo sviluppo deZ moderno concetto di politica.

PREFAZIONE MARIO TRONTI

C 1 è un passaggio,ne11•analisi marxista del terreno politico, che oggi non si può saltare. E' questo tornare a fare i conti. con i livelli classici del peE siero borghese sullo Stato, sulla politica, sul potere. Tra le vecchie discipline accademiche che fanno aE cora storia delle dottrine e la politologia contempor_! nea che accumula solo dati empirici, una via di mezzo ci deve pur essere. Dalle giovani forze intellettuali della sinistra sale la domanda di una nuova stagione di studi politici, nutrita di conoscenza dei nodi sto rici essenziali che vanno sciolti, fatta.di sensibili tà alla portata teorica del fatto politico,aperta al gusto senza limiti della ricerca. Non siamo infatti ancora all'aggregazione di una molteplicità di lavori intorno a ipotesi unificanti. A questo bisogna arrivare. Adesso è importante d~ limitare il campo. E farlo polemicamente: dicendo eh~ quello su cui, come marxisti, non abbiamo lavorato la teoria politica classica - chiede d'ora in avanti, per un certo periodo, un'attenzione quasi ~sclusiva. Il convergere da varie parti dell'interesse su questo punto vuole anche un tempo necessario di sperimenta~ zione, una prova del terreno, un approccio al plurale che non pretenda di partire dall'unità ideologica di una scuola. Questi saggi mi sembra che offrano un esempio di come correttamente in questo senso .si può a! frontare la ricerca politica in un luogo di lavoro te~ rico. L'arco del discorso è ampio e i punti di rifles

vanno ai livelli al ti del pensiero. E' giusto c.2, s.t. I piil giovani, e quindi i più politici, hanno bisogno del respiro delle idee, e i conti vanno fatti con quelli che contano. Religione e politica: un rapporto che sta alle origini dello Stato borghese modeE no. Subito sorge il problema se le guerre di religione in Francia non possano leggersi come lotte sul politico, ~e da una parte i ceti dall'altra, al di fuori di ogni ormai impossibile compromesso istituzionale. I "politiques" non sono allora i veri padri del moderno concetto di sovranità? Dalla religione alla P.2. litica: un percorso che sta alle origini del sistema politico americano. Ecco il problema se il dibattito sull'organizzazione della Chiesa di Cristo non possa leggersi come discussione sul ahe fare politico borghese. I puritani. della Nuova Inghilterra non sono allora i veri padri della demòcrazia moderna? E ancora. Il concett.o di sovranità non è solo Bodin, come la f_!. gura del sovrano non è solo Hobbes: si può cominciare a pensare che Spinoza va probabilmente oltre,alla ricerca di una conformità, naturale, scientifica, tra gli interessi del popolo e quelli del potere sovrano. E l?:' nascita _dei parti ti, e del la loro tecnica po 1 i t .!. ca, naturalmente in Inghilterra, non ce la dà Hu.ìle, nel quqdro realistico delle sue analisi storiche e de! le sue riflessioni politiche? così Kant, il Kant pol_!. tico, punto di convergenza e di equilibrio tra varie linee di tensione - Hobbes, Locke, Eousseau - va oggi rivisitato come luogo del massimo tentativo moderno di funzionalizzazione del politico alla. società: tenden. :z:a oggettivamente vincente poi nella storia dell'Ott.2, cento borghese, tanto che per batterla e rovesciarla sarà necessario tutta la potenza accumulata nella ere

scita politica del sistema di Hegel. E siamo al dunque. Perchè dalla Costituzione de'lZa Ge:r>mania allaFiZosofia deZ diT'itto rimane ferma la centralità del P2 tere ed emerge il politico come mediazione e controllo, controllo sulla sfera autonoma dell'economia, m~ diazione nel sociale attraverso la separatezza di uno Stand di funzionari. E' qui infatti che morrle la giovanile critica marxiana al diritto statuale hegeliano, letta fin qui, nei casi migliori, in chiave metodologica e da rileggere oggi nei suoi contenuti pratici di critica delle forme del dominio politico, critica del la politica-potere. Questi i passaggi del discorso e i punti della riflessione. Nessuna pretesa di completezza e, ripeto, nessuna forzatura nel ricondurre il tutto a una sola ipotesi. Problemi, e cioè questioni aperte, da riportare sotto il fuoco della ricerca. Ricerca, certamente, non neutrale. Ci interessa capire, per adesso attraverso il pensiero classico borghese, come ha funzionato la scoperta moderna della politica, e la costruzione della macchina statale, e il governo del c~ to politico nel meccanismo di sviluppo e nelle istit~ zioni di dominio della forma di società che abbiamo an cara di fronte. Capire per sapere seriamente dove col pire. Conoscere i livelli alti è il modo per non sbagliare nel piccolo della lotta quotidiana.

La genesi dell'opposizione tPa 'pubbZioo' e 'oivite'. ALESSANDRO BIRAL

La nluralizzazione della reZigio universatis v~ Pa, la formazione di confessioni intolleranti, avvolge l'Eurona nell'oscurità tragica 4elle guerre di religione.Se la religione aveva sempre indicato la pa$ vera (1), ora, invece,rivendicando ogni confessione a sè la ver,it.§ contro tutte le altre,diviene il luogo della più aspra opposizione tra gli uomini. Nella contemporanea pretesa di interpretare la religione vera, ogni confessione può credere di cancellare la sua parzialità solo attraverso l'annientamento di tutte le altre. Ognuna di esse crede di incarnare l'univ~rsalità cristiana collocando fuori dalla religione le altre e colpendole con la accusa di eresia e di fanatismo. L' appello alla religi9ne autentica, costitutivo di ogni confessione, impedisce a ciascuna di riconoscere la nluralità confessionale e in essa di collocarsi,an zi fornisce le energie morali per dichiarare ogni diversità un insopportabile attentato alla religione stessa. La contesa confessionale, entro cui ogni ere dente è costretto ad esperire il nesso drammatico che si stringe tra la propria soggett.:l.va volontà di pace e la necessità di colpire moralmente e fisicamente co loro che professano concezioni diverse, ab initio si trova privata di ogni soluzione positiva e conosce i!!, vece un continuo, inaudito. inasprimento. Nel ruolo alterno di accusatrici e di accusate, (1) Sul rapporto tra

pace e religione, cfr.

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.JANSSJ::.N,

FPiede, in Gesahiahtliahe Grundbegriffe, Bd. 2, Stuttgart, 1975, PP• 543-562.

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le diverse confessioni sono costrette a scavare tra 12, ro differenze invalicabili e si trovano Sl:)inte così ad un confronto diretto e spietato di sopraffaz.ione e di violenza. Nel reciproco disconoscimento, ciascuna dà vita alle altre ed un unico laccio le viene a string~ re tutte: ogni confessione ritrova la sua •v~rità' ne! la lotta e quindi solo negli avversari che si trova a combattere. Sempre più costrette ad andare verso lo scontro, di cui. pure ciascuna attribuisce tutte le co! · pe alle avversarie, le confessioni contrapposte veng2, >nò.aperdere (semmai l'hanno posseduta) una reale au-

f~g9~i.a:

nessuna può più stare per sè, ma nel riferin,te11to. pqiemico alle altre. Mzi:ìa Sanzione definitiva di chi tra esse sia yer;inon•puòvenire che dall'esterno, da azio{1iJi_i~~tupre pÌil radicali, da scontri sempre più crueni!!:. zip, trad. i t., DaU 'investitura per grazia di l>io aZ prinaipio monwahiao, in: PeP una nuova stovia aostituzionale e soaiale, cit., p. 171.

Questo diritto, che richiede ed impone che una norma possa avere validità giuridica soltanto se è il frutto di una collaborazione e di un accordo di tutt~ prevede la possibilità, per ogni parte chiamata alla collaborazione, della resistenza, dell'opposizione,a~ che armata, contro un'autorità che agisce unilateralmente o nel disprezzo del 'consiglio'. La resistenza vale infatti come restaurazione del diritto leso, c2 me opposizione ad una forza illegittima: essa è quindi soluzione giuridica (5). Al potere del re si contrappongono cosi i pot~ ri autonomi, i poteri locali, e le loro specifiche foE_ me istituzionali, dotate di una forza propria, di inviolabili 'jura et libertates' (6), che contrattano a!; traverso il consiglio e l'aiuto tutte quelle prestazioni che fuoriescono dall'ambito proprio del re e si presentano come interventi nella loro liberta. Da q,,1.i deriva il fondamentale dualismo che contraddistingue lo stato per ceti e la storia della sua formazione e che pure trova la sua unità nel diritto superiore a tutti e 'animato' soltanto dalla complessiva collabo.razione. Ma questo ordine costituzionale conosce un' intima e continua tensione, legata al suo stesso sor... : · gere. I ceti e le loro forme organizzative segnano ig fatti pna tappa significativa dello sviluppo dell'ini ziativa del re e della sua tendenza ad un accentramen to politico e organizzativo. Proprio da questa iniziativa i ceti sono chiamati in vita e attestano con politica la loro fioritura una rafforzata efficacia (5) Cfr. F.K.ERN, op.cit., PP• 138-240. (6) Sul significato di questi due concetti: cfr,Staatsreaht und Natur>reaht in der Lehre von Wideretandsreaht, Breslau, 1916, p, 303.

17 del re, ma, con ciò stesso, assicurano con • la ·. l.oro presenza e la loro forza una ancora più. profonda cap! cità di intervento e di diffusione del potere. regio (7). Quanto più si sviluppa il dualismo istituiiinthe de la Lique, citato da R.SCHNUR,op.cit. p. 18.

co della pace e dello Stato, è un sedizioso. I partiti confessionali non sono più nemici 1• uno dell'altro, ma nemici di tuttu; ogni partito è partito contro tutti. I parti ti devono deporre le armi ,ma disarmarsi significa riconoscere che la pace non si lascia pie coniugare con la vera religione, questa non è più identica a quella; anzi~ la religione vera•, nella pluralizzazione dell'Ecclesia, fa tramontare per sempre la speranza stessa della pacificazione. La pace, che i politici invocano per la Frane!~ deve rendersi indifferente alla religione e alle sue differenze: essa, nel caos pres'ente, può essere restau rata soltanto se tutti contemporaneamente rinunciano alla loro 'teologia politica', se subordinano le loro convinzioni al supremo imperativo della pace. La pace non deve avere più nulla in comune con la religione: solo svincolandosi da essa può essere ancora ritrovata e mantenuta. La Francia può chiudere la sua guerra civile a condizione che la pace, svuotata di ogni idealità religiosa, sia riconosciuta da tutti come il bene supremo. Ma, d'altra parte, può essere riconosciuta come valore supremo soltanto se essa è fatta V,! ler~' nella sua assoluta 'formalità', come grandezza se ~ colare, come assicurazione della vita di ciascuno e dell'ordine interno (14). Alla pax vera, in nome della quale i francesi si sono scannati l'un l'altro, va sostituita una pace tU!, ta mondana, una pax apparens (15), la quale, proprio '

(14) Per questo concetto di 'pace formale' dei

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politici,

cfr. E.W.BOCKENFilRDE, Die Entstehung dea S-taates ate Vorgang de!'

Sakuta.1.'isation, in Sakutarisation und Utopie, Erbracher Studien, 1967, p. 75. , (15) Pa:t: apparena vale nel pensiero teologico come pacemon dana non illuminata dalla religione e dalla grazia,Cfr,, ad e-=

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per la sua formalità, può essere da tu~:ti apprezzata come bene, come valore autonomo e in s~ giustificato. Questa pacificazione 'in format si rende concrei' -.i tamente praticabile allorquando cattolici e ugonotti, ben oltre la spaccatura confessionale, si riconi:.•scono 1•un l'altro come francesi, come sudditi di un unico stato; se cioè le loro differenze partitiche sono re-· lativizzate e neutralizzate da un'uniti piO alta, libera dalle Chiese e capace di svuotare di ogni poli t!, ·· cità i loro programmi. Di fronte al supremo imperativo della pace, chi • continua a misurare lo Stato secondo le sue speranze di giustizia e secondo i propri canoni etici, non è né uomo, né cristiano, né francese, è semplicemente un~ retico e un ribelle. Lo Stato infatti per tanto realizza un'unita politica per quanto si costituisce come ~éllllpo formale di deci_si_oni che permettono a chiunque, quale che sia la sua soggettiva prefigurazione della giustizia e della verità, di vivere libero e si curo. Lo stato, che si sottrae al dominio delle Chie se, deve ritagliare un campo autono:J:o di decisioni che a tutti indistintamente assicurino la pace e la siè~ rezza, proprio perchè indifferenti in ugual modo rispetto ad ogni esigenza della fede e della coscienza. Della pace formale si rende così gàrante uno statorisolto completamente nella poliae, nel funzionamènto continuo e non pin contrastabile dell'apparato del P2 tere regio. All'interno di uno stato così costituito, nè i cattolici nè gli ugonotti si vedono costretti a rinunciare alla loro fede e al riferimento esterno con

sempio, TOMASO, Summa theologiaeJ 2,2, qu.23, cit.2:"Sine gratia gratum faciente non potest esse vera pax,sed solum apparensu.

poich~ la fede nulla pu0 dire circa la p~ ce e la Chiesa si trova trasformata in una grandezza non politica, in un'associazione esclusivamente religiosa, che abbraccia non più 'faziosi', ma solo dei 'francesi'. La coscienza è libera di scegliere la fede che vuole e il fedele libero di professare la sua confessione, dato che questi momenti che nulla hanno a che fare con la pace e con i rapporti politici di governo e di obbedienza. La separazione tra Estate Re'ligion è ciò che ·permette la ricostruzione di un'unità politica e, insieme, garantisce la libertà di associazione religi2 sa; ma, di fronte allo Stato, i contenuti concreti e i valori ancora contenuti nelle Chif~Se divengono semplici opinioni. E solo in quanto opinioni, convinzioni prive di efficacia politica, possono essere conser vate e manifestate all'esterno. Nel crollo del diritto, che nella sua autonomia si poneva come ultimo e decisivo momento compositivo di un ordine costituzionale, l'unico riferimento che permette all'uomo di vivere non è più quello offerto dalla corrispondenza tra coscienza e giustizia (che è anzi questa la grandezza peculiare dell'anarchia civi le), ma dalla poliae, dalle funzioni neutrali e neutrali2;,zanti ogni differenza, di legislazione e di amministrazione del potere regio. Queste, proprio perch~ sottratte al giudizio della coscienza, realizzano concretamente la pace interna e garantiscono a chiu!! que di comportarsi in accordo, finalmente, con la sua fede. Con J ~J3odin, molto legato al gruppo dei 'polit!_ ci', il tema dell'unità politica completamente emanc! pata dal 'diritto antico', si impone in tutta la sua

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25 chiarezza. Di contro alla tradizionale concezione che·· intende il corpo politico come soaietas natu~aZis aive civiZia aive poZitica (16), Bodin, in virtù del suo, concetto di sovranità, scinde l'uno dall'alt.re questi momenti: "La famille est une communauté naturelle, le Collège est une communauté civile, la République a ce la d'avantage, que c'est une commu~auté gouvernée par la puissance souveraine 11 (17). La summa potestas Zegibus soZuta si rende autonoma dalla soaietaa aivil.is e dalle comunità naturali,_ diviene esterna rispetto al loro modo di essere e di costituirsi, non è più teleologicamente prodotta da queste. La soaietas aiviZis diviene Rea pubtiaa,forma P2 litica solo per mezzo del potere sovrano reso superi2 re all'associazione civile. Attraverso. la sovranità e le sue funzioni di comando e di organizzazione, la società civile non permane più tale, ma diviene soci~ tà gouvernée. La sovranità, giuridicamente e politic~ mente scissa e contrapposta ai collegi e alle corpor~ zioni, alle forme civili di associazione, impone a qu~ ste un'unità politica altrimenti mancante, pur permanendo superiore ad esse, non coinvolta nei loro mutamenti. Le funzioni essenziali connesse alla sovranità si rendono autonome dalle forme proprie di organizzazione sociale, e, trasformando queste in articolazioni armoniche della res pubZiaa, fanno acquistare lo-

(16} Per la storia di questo concetto, fondamentali sono i · favori di M.RIEDEL: Zur TòpoZogi? dee Klaesisah-poUtischen und des modem-natUXTeahtl.uihen Geee U.eahaftsbe(JX'i ff, in Arahiv fii:l' R§.. ahts - und SoziaZphiio~0phie, 1965, pp. 291-316; AnstoteZes-Tr~ dition am Ausgang d'iJ.s 18. ;Jahrhunderts in AZteu:r>opa und die modème GeselZsahaft, Festsèhx>ift fih> O.Brunne~, Gottinge~, 1963, pp. 278-315. (17) J. BODIN,Les

si:r: Uvres de Za :r-épubl_ique., L. 3, part. 7.

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ro rilevanza pubblica. L'associazione civile non è P2 litica per se stessa, ma lo diviene solo per mezzo dell'attività concreta della summa potestas. La scissione tra civile e politico o pubblico, libera l'ambito politico da ogni possibilità di controllo e da ogni 'collaborazione'. Il tratto essenzi~ le della sovranità .è infatti il poter dare leggi sen · za il consenso di alcuno. Ma cosl il 'buon diritto a~ tico', espressione di una società civile e politica i~ sieme, è tramontato. Quel diritto, una volta collocato al di sopra di tutti e che solo l'attiva parteci~azione di tutti poteva animare, diviene ora il sistema di leggi positive del sovrano, l'insieme dei suoi comandi; tutto il diritto consuetudinario che costituiva tPadizione non perchè antico, ma perchè appunto fedele articolazione del! 'buon' diritto (18), si ,trasforma in consuetùdine nel senso moderno della parola, diviene cioè un corpo di comportamenti e di usanze da lungo tempo in vita e solo :per questo consuetidinari, che per tanto possono avere valore, per quanto il sovrano li riconosca esplicitamente o tac! tamente e che quindi sono sempre disponibili ad una revqèa o ad un mutamento! allorquando 1 'opportunita P! . litica lo richieda .• Certamente il sovrano, pur possedendo il monopolio Qel potere legislativo e di tutte le funzioni di potice capaci di garantire l'esecuzione delle leggi e di assicurare la pace all'interno

(18) Il buon diritto antico della società per ceti "non è buono perchè è antico, ma è antico perchè è buono" e l'ordine che esprime "non vive sulla base di una 'tradizione', ma crea e garantisce tradizione". {O.BRUNNER, EtemePkungen zu denBegnffen "Herrschaft 11 und 11Legitimittlt", in Neue Wege der Verfassungs und Sozialgesahichte,2 Auflage,Gottingen 1968, p.75).

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e l'impermeabilità della ~es pubtiaa all'esterno (19), deve permanere, secondo il pensiero di Bodin, sempre legato allo jus, alle leggi divine e naturali, e qui~ · di deve sempre rapportarsi a principi morali indipendenti da lui. Il sovrano dà le leggi ed è .superiore a queste, ma è vincolato allo jue, perchè s910 all'interno di questo può mutare la legge. Ma questa subordinazione.del sovrano alle leggi ·divine e naturali non si configura, neppure in parte, come ricupero della precedente concezione del diritto, anzi ne rende ancora più chiaro il superamento.La les_ ge del sovrano è uno jussum, un comando che vuole e; ot tiene l'nbbedienza di tutti, mentre lo jue è eine ju~ su, non obbliga coercitivamente ma è un .appello, indirizzato alla coscienza, al rispetto delle norme immutabili della giustizia e dell'equità (20). MR,nella manc~nza di garanzie istituzionali di controllo, la limitazione .che lo ·jus impone all'onn! potenza legislativa sovrana, null'altro configura che il nuovo rapporto ?he si stabilisce tra sovrano e su~ diti. Infatti il sovrano ha l'obbligo morale, interno, di rispettare i principi universali dell'equità, proprio perchè tutti indistintamente devono a lui obbedienza semplice, e si pongono, nei suoi confronti, co

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(19) Il monopolio della 'police' e di una forza in grado di battere ogni opposizione è essenziale per il concetto di sovranità tanto quanto la decisione su ciò che è diritto e violazione del diritto. Perciò il concetto di sovranità contiene sem pre un momento 'metagiuridico'. K.BUDDENBERG (cfr.Gott und Sou veréin, Arahiv dee 5ffenttiahen Reahts, 28 Bd,,1937, pp. 282-297) in modo non corretto, riduce la sovranità al momento giuridico della decisione su ciò che è diritto, (20) Sul rapporto tex-jus, cfr. H.QUARISCH, Staat und Sou veréinitéit,Bd.l, Frankfurt, 1970, pp. 333-393.

tutti gli 'jura et libertates', come uomini incapaci di difendersi e di proteggersi da soli, 'senza difesa• (21). Che l 1 unico limite al potere sovrano siano norme immutabili di equità, viene a dire che il sovrano non trova piil dinanzi a sè una molteplic:ttà articolata di poteri in grado di con.trattare ogni prestazione loro richiesta, ma solo sudditi, tutti obbligati nello stesso modo al dovere dell'obbedienza. L'unico limite che i l .sovrano conosce è dato quindi dal rispetquanto to che egli 1~ve ai suoi sudditi in uomini (22). L'articolazione interna della Francia, la plur~ lit.i! istituzionale storicamente es:tstente, non viene da Bodin negata: essa si permane, ma del tutto svuota ta. La precedente articolazione per ceti, le signorie territoriali, le comunità cittadine, ancora rimangono accanto al potere sovrano, ma prive ormai del loro originario significato costituzionale: esse divenute momenti di una comunità civile sine imperio. Se ancora posseggono istanze di .governo e .di dominio, queste non sono più loro proprie, ma a loro derivano da uné!;,delega, sempre.revocabile e modificabile, da pardel sovrano. La pu.issanae publique, le gouvernement,

ti

(21) Sul rapporto tra potens e chi non può difendersi daso lo, come unico rapporto in cui vigono soltanto le leggi naturaìf e divine, cfr.,K.BOSL, Fr>uhfo:t'men der Gesellsahaft im mitteZalterliahe Europa~ Munchen/Wien, 1964, pp.180-203. (22) Tutte le rimostranze c:he i sudditi avanzano contro le decisioni politiche del sovrano si riducono a semplice opinione radicalmente s~issa dalla ragione,a passione. L'ambito razionale autonomo del suddito si restringe all'ambito circoscritto dalle comuni norme della giustizia, scritte nella seconda tavola del De calogo, ma conosciute da tutti gli uomini, a qualunque stato es= si appartengano e qualunque culto professino,

29 non~ più espressione di una loro vita. autonoma, ma sovraggiunge loro dall'esterno e con ciò si vedono trasformate in forme amministrative instaurate dal sovrano e da questo controllate. Senza questa delega di competenze tutti gli estats·., communautés., collèges., le forme cioè della precedente organizzazione dei poteri autonomi, sono soltanto dei modi di associazio ne civile e non più politica e divengono articolazioni e stratificazioni di una unitaria societ~ di suddi ti.

Atie origini deZ pensiero politico americano: daZZa religione aZZa politica GIANGIO~GIO PASQOALOTTO

"Datemi di tra voi degli uomini saggi e ..sperimentati, e di una vita provata nelle vostre tribù, a! finchè io li costituisca vostri capi" (1). Si può dire che con il commento a questo passo biblico, fatto l'ultimo giorno del maggio 1638 da Thomas Hooker (2) davanti alla Corte Generale d~ Hartford, n~ sca il pensiero politico americano: certamente si può ' affermare che con esso nasce il pensiero politico democratieo americano, quello che avrà, di 11 a pochi m!!_ si, il 14 gennaio 1639, il suo atto di nascita uffiaiaZe con gli "Ordini Fondamentali" .approvati dall'A!! semblea Generale del Connecticut. Nel commento di Ho~ ker, infatti, appare chiaro che il fondamento dell'a!! torità risiede, in primo luogo, nel libero consenso del popolo, e che, pertanto, la scelta dei pubblici Il\!; gistrati appartiene al popolo per concessione di Dio (3): Dio sanaisae l'autorità dei capi, ma la sae!:_ ta di questi spetta al popolo. Una prima domanda che sorge a questo punto è data dal problema: cosa esatt~ mente intendeva Hooker interpretando democraticamente il passo biblico? o meglio, più in particolare, per l'organizzazione di quale istituzione, per lo Stato 'o per la Chiesa, andava avanzando'tale interpretazione? Questa domanda ci sposta fti colpo a dover considerare innanzitutto lo status quaeationis in Inghilterra: il problema della democrazia nello Stato e nella Chiesa e quello, preliminare, della'distinzione o della cnmmistione delle due istituzioni, definiscono il campo

di dispute che occupano in un impegno accanito un'intera generazione di cittadini inglesi, fin dagli ult! decenni del secolo XVI 0 • Giustamente Perry Miller ha osservato che Hooker appartiene ad una schiera di protagonisti che "erano divenuti adulti ed avevano for mato le loro convinzioni in un mondo in cui i fatti de terminanti furono la guerra dei Trent'anni, la polit! ca estera di Richelieu, gli intrighi di Buckingham , l'eloquenza di Eliot, i volumi ponderosi sulla portata universale delle arti liberali e le aryomentazioni taglienti avverse all'Arminianesimo 11 (4). In questo fZ-ash baak, un primo dato da tener pr~ sente è lo sviluppo economico, la sua natura e le sue contraddizioni, che trasforma la società inglese tra il 1560 e il 1626: le due linee generali che danno cof. po a tale sviluppo sembrano essere ancora, dopo più di un secolo di dibattito teorico e storiografico, quelle indicate da Marx nel terzo libro de Il Capitale, cioè quella 'effettivamente rivoluzionaria' che vede il commerciante opporsi all 1 economia agricola e al la voro manuale organizzato nelle corporazioni dell' industria medievale urbana,e quella lungo la quale si muove il commerciante' ad impadronirsi direttamente della produziòne.Le due linee non sono necessariamente disgiunte o addirfttura divergenti (5) :anzi,solo la loro complementarietà o,per lo meno, il loro parallelismo possono spiegare uno dei rivolgimenti sociali ed economici.più colossali che la storia d'Europa abbia avuto (6). Da questa rivoluzione inglese, prima economica e sociale che politica, nasce una nuova classe, la gentpy o yeomanPy che si pone immediatamente contro le prevar! cazioni degli Stuarts e dei loro ministri (7): ì fattori che determinano la nascita di questa classe e gli

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elementi che ne connotano lo sviluppo non sono peraltro univoci; vanno da quelli di natura strettamente~ conomica (8), a quelli di carattere politico (9) e r~ ligioso (10). Se a questi fattori e a questi elementi si aggiunge il fenomeno di una poderosa crisi dem2 grafica connessa a massicci spostamenti di popolazione (11), si ha un quadro della complessità dei problemi che attraversano la società inglese,soprattutto ne gli ultimi decenni del secolo XVI e nei primi due del secolo XVII. Tuttavia alcuni punti fermi, alrneno,proy visoriamente, vanno tenuti: l.il Parlamento costituiva la sede· istituzionale dell'opposizione alla Corona fin dai tempi di Elisabetta e godeva di alcuni privilegi fin dai tempi della Magna Charta (1215) (12).Tu! tavia non è da ritenere che tale ruolo e tali privil~ gi fossero automaticamente ragioni sufficienti per una lotta aperta e su tutti i fronti contro l'istituto della Corona, per il suo abbattimento o sovvertimento: quasi sempre l'opposizione parlamentare aveva cercato soluzioni politiche con il monarca. 2. Almeno fino al 1640 nessun contrasto di fondo sembra connota -, re i rapporti tra Camera dei Comuni (composta da bar2 netti e gentlemen, quest'ultimi rappresentanti tanto di buona parte della burocrazia statale quanto di gran parte dei grandi proprietari terrieri, anche di ricchezza recente) e Camera dei Lords (composta quo.si esclusivamente dall'alta aristocrazia disimpegnata da qualsiasi attività produttiva): ciò significa, tra l' altro, che quando, dal 1640, si assisterà all'alleanza tra la maggioranza della gentry (rappresentata dal la Camera Bassa) e ceti popolari non si tratterà che di un'alleanza strumentate fondata su un comune interesse di carattere poZitiao, più che sulla coinciden'

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za di reali interessi economici. Ossia: se è vero che la classe che componeva le due Camere non presentava profonde fratture di carattere sociale ed economico (13), allora i motivi che spingeranno la gentry ad allearsi con i ceti popolari vanno ricercati nella sf~ ra del politico (14). Mercanti della eity e gentry ceE_ cano un'alleanza che permetta loro non di acquisire nuovi privilegi economici, ma di vedere tutelati ist! tuzionalmente, cioè politicamente, tali privilegi (15 ). E non a caso, allora, si sviluppa contemporaneamente un dibattito sull'economia poiitica, e non su una. politica di alleanze economiche (16). 3. Questa direzi2 ne politica può chiarirsi peraltro considerando la stratificazione soa-i'.ale dei primi decenni del secolo: anzi, si può dire, quasi per assurdo, che sono pro~ prio le strutture economico-sociali a fondare la , necessità po l i ti,aa dell'alleanza. Proprio quando il terreno del sociale è impraticabile per una confluenza di interessi, 1 'unico spazio a restare aperto è quello P2 litico. La stratificazione in questione può venir tra! teggiata schematicamente nel modo seguente: a) alta~ ristocrazia; b).aristocrazia minore: cavalieri e barofl-etti; e) gentry (proprietari terr,ieri di originel::o_E ghese) ,. mercanti, liberi professionisti; d) fi ttavo,.,, . . ' . · li (yeomen, copyholders, freeholders), artigiani,pic. cli'cornmercianti; e) lavoratori salariati (in piccole manifatture o in grandi proprietà terriere: f) dipendenti dalla carità pubblica; domestici; apprendisti artigiani (ca.il 20% della popolazione maschile a dulta, su unà popolazipne complessiva di ca.4,5 mili2 ni di abitanti) (17). Questa classificazione 1 oltre a render più chiari gli elementi della dinamica di alleanze che sosterrà la rivoluzione, ci interessa da vi

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cino per·due motivi: in primo luogo perch~ ci permette di collocare Thomas Hooker nell'ultima categoria, il che ci può aiutare a comprendere le ragioni oggettive del suo radicalismo in patria, radicalismo c~e 1 lo costringerà all emigrazione; in secondo luogo ci può far soprattutto capire la profonda differenza del. contesto sociale in cui lo stesso Hooker si troverà ad. operare nel New England, dove l'i-stituto della monarchia e la classe aristocratica (a e b) saranno pr>ati.-:aamente assenti nella costituzione delle nuove· co;to.;• n1e (18). 4. Un altro aspetto fondamentale del perio.., do preso in considerazione-~ l'enorme sviluppo· delll:!l strutture educative, dall'università alle· 'bas.ic schools' (19): questo fenomeno va considerato non come parte di un'espansione 1 naturale' della 9ultura,ma c.9. me prec:i.so strumento di lotta politiaa in mano ai .pu. .. . ritani per combattere, attraverso la battagl;la ·.. umentum r>egni. AlÌor~ interessa meno il fatto che - sociologicamente parlan,. do - Hooker non avrebbe potuto, pochi decenni prima, entrare all'Università di Cambridge nemmeno come cam~ riere (sizar), che il fatto di appartenere a questa rivoluzione culturale coincidente con una rivoluzione p:2_ litiaa. 5. L'affermazione del carattere sostanzialmen, te politico di questo movimento culturale imperniato sulla 'rivoluzione' puritana, ha però bisogno di ess~ re suffragata mediante un approfondimento del aonten~ to intrinseco della prospettiva puritana {20). Questo, a sua volta si può distinguere in contenuto 'sociale• e in contenuto 'teorico'. Per quanto riguarda il pri,

mo è da ricordare con Tawney che il puritanesimo si installò e si diffuse in un•organizzazione parrochiale che copriva capillarmente tanto il territorio dell'Inghilterra, quanto le varie sfere di attività dei cittadini: "Anche dopo la rif-0rma la parrocchia continuò a essere una comunità in cui gli obblighi reli giosi si intrecciavano inestricabilmente con gli obblighi sociali ed era come parrocchiano, più che come suddito dell'autorità secolare, che il paesano svolgeva la sua parte di doveri pubblici e eseguiva le fu_!l zioni sociali caratteristiche del suo ceto. I funzionari che vedeva più spesso nel corso normale della sua vita quotidiana erano i curati. Il luogo in cui si tra,!: vano quasi sempre tutti gli affari pubblici e a cui giungevano notizie dal gran mondo intorno a lui, era la chiesa parrocchiale. I contributi che egli versava, gli erano chiesti in nome della parrocchia. Quel pò di educazione che i suoi figli potevano ricevere~ ra spesso impartita dal curato o dal maestro parrocchiale. Quel pò di addestramento alla cooperazione coi suoi simili che aveva, gli veniva dalle iniziative i~ traprese ;dalla parrocchia, che possedeva proprietà, ri~,~veva las~iati, affittava greggi e mandrie, antic!_ pava 4enaro, faceva grandi profitti sulle birre della chi,esa, e di tanto in tanto svolgeva attività commerciali 11 (21). L'importanza del sistema parrocchiale è sottolineato anche da Hill: 11 La chiesa parrocchiale era ancora un centro sociale per quei nove decimi di inglesi eh~ vivevano nei villaggi e nelle cittadine. ( ••• ) Il pulpito era pressochè l'unica fonte di idee in campo politico ed economico" (22). Ma questa serie di strettissimi nessi tra religione, politica ed economia che si possono riscontrare al livello della or-

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ganizzazione sociale puritana, si hanno anche - e fo,E. se in primo luogo - a livello teorico, sul piano della dottrina."Alla base di tale dottrina sta, ovviamen te l'Istituzione de Ha reUgione ari.stiana di Giovanni Calvino (23). Il contenuto di quest'opera è troppo noto per ricordarne i caratteri generali, ma forse non troppo per riprenderne alcuni aspetti particolari: 1. concezione organica e coerente della teoria della pr~ ~estinazione, secondo la quale salvezza e danriazione dell 1 uomo sono stabilite una volta per tutte dalla li bera decisione di Dio. La glorificazione di Dio si ha quando il peccatore subisce giusto castigo: combattere nel mondo per questa glorificazione è compito supremo dell'eletto. 2.La teologia deve servire l'educ~ zione, finalizzata alla gloria di Dio. Ciò significa che l'eduçazione è sottratta alla sfera d'azione dello Stato, a meno che questo non si identifichi con la chiesa riformata. 3.critica dello Stato nella misura in cui la sua sovranità e la sua legittimità n:on è con forme e non si esercita nei limiti dettati dalla par2 la di Dio. Quindi: missione del cristiano eletto è la glorificazione in terra mediante la pu~izione dei pe~ catari che deviano da una giusta educazione cristiana all'interno di uno stato corrotto. Come si vede la lo gica interna del discorso calviniano è stringente, ma altrettanto formale; stimola immediatamente una serie di quesiti: chi interpreta correttamente il Verbo divino? Chi, conseguentemente, è da ritenersi peccatore? Quale tipo di Stato devia da.i dettami della 'vera' dottrina? Vi sono dei segni esteriori che possono ai~ tare a dare risposta a queste domande: sono quelli in dividuabili nel successo economico e sociale che distingue i cittadini (24)~ La posizione sociale o me-

glio, la dinamii::a sociale che 'segna' un individuo è sancita teologicamente contro ogni limite imposto 'la_!. camente' dalle leggi dello Stato. La religione rende sacro non pifi lo status sociale ma la funzione sociale contro ogni apparato giuridico-politico volto a bloccare lo sviluppo economico e sociale dell'individuo: la religione puritana, con la sua codifica~ione teologica, diventa giustificaz:i_one delle 'opere• di E_ na classe che sta creandosi l'egemonia economica con i commerci e con la manifattura, versus un apparato statale bloccato a garantire i privilegi della Corona e di un'aristocrazia latifondista improduttiva; e ve~ sus una Chiesa subalterna a queste funzioni stabilizzatrici e conservatrici di uno stato assoluto. Per ora, dunque, cioè fino alla vittoria: una nuova Chiesa fondata su una nuova economia contro una vecchia Chie sa fondata su una vecchia politica. Al limite: purit~ nesimo ed economia di scambio, versus lo Stato. Paral lelamente1 sul piano teorico, almeno ·per l 1 Inghilterra: teologia del patto (25) e nuova economia politica (26) versus la Politica. Quando, nel New England, le prime due non si troveranno difronte nessuna forma de\la terza,. esse esauriranno lo spazio della Politica, saranno ia Politica. La teologia del Patto ha infatti 4ue principi fondamentali per connotare il proprio rapporto col politico: il riconoscimento a tutti dei diritti individuali, in base all'assioma scritturale secondo cui non c'è al tra autorità all'infuori di Dio; e la nozione 'elastica' del Patto di Grazia,in b~ se alla qual~ può appartenere alla comunità anche colui che non anaora ha mostrato i segni dell 1 elezione divina. Sono due principi essenziali per la vita di u na comunità mercantile e manifatturiera: il primo san

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cisce la sottrazione a qualsiasi autorità o gerarchia che interferisca nella condotta degli affari; il secondo sancisc·e la necessità della to Heranza, atteggi,! mento indispensabile per tutti coloro che operano nel la sfera dello scambio. Non a caso è l'usura - che im plica un rapporto esplicito di sfruttamento - e non la mercatura - che implica ~na trattativa tra eguali, al centro degli attacchi dei teorici che tentano di coniugare teologia puritana ed economia politica capi talistica, religione dell 1 .'ascesi mondana' e ragione commerciale (27). Ora, qui, interessa meno stabilire come e quanto questi principi giochino il proprio ru2 lo nel periodo della 'transizione 1 (28), che individu~ re la loro funzione di elementi di base nel quadro di riferimento storico e politico in cui Hooker va inse~ rito e spiegato~. In questa individuazione essi si po_!! gonesubito come elementi di contraddizione,almeno a.e parente, rispetto al discorso fin qui condotto: se ai pti:nt.tl,., 2.; 3., 4., emergevano pochi, ma sufficien·ti dàt.:Ì. per ipotizzare un predominio del politico,gui sembra che la religione sancisca, immediatamente, una trasformazione deg~i interessi economici, che legitt! mi una nuova etica commerciale. Ma la contraddizione è piO apparente che reale: in effetti il puritanesim~ ne i momento stesso in cui opera tale legittimazione di venta arma per combattere la gePaPahia ecclesiastica, ossia l'organizzazione politica netta chiesa; ma poichè, come si è visto al punto 5., tale organizzazione interna coincideva per larghi tratti con l'organizzazione che essa induceva all'esterno, nella vita soci~ le della maggioranza delle comunità d'Inghilterra, il puritanesimo appare non solo come dura spinta alla r! strutturazione meramente ecclesiastica, ma come spi~

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ta forte che si prolunga a ristrutturare il controllo politico dell'organizzazione ecclesiastica sulla società:: l 1 attacco àl controllo 'diffuso' della chiesa sul sociale discende direttamente dall'attacco alla struttura interna della chiesa, sia nel senso di org~ nizzazione gerarchica propria, sia nel senso di organizzazione delle funzioni istituzionali: l'attacco al potitiao della chiesa anglicana discende dall•attacco alla poZitica di questa (29). Quindi il puritanesimo, nel mentre che legittima una nuova dinamica sociale ed economica di carattere capitalistico, legittima anche una nuov~ dinamica pòlitica di carattere liberale: 'la' iibertà rtè'lt.a Chiesa di Cristo è libertà daita Chi~ · sà e dallo Stato,· dalla politica e dal politico, per la liberta deit'economia. Il processo si decanted.,f.!_ · no allo stato puro, nel New England, dove il problema della libertà dalla Chiesa e dallo Stato non sarà pit o sarà un problema 1 lontano 1 • Qui rimarrà il compito di una libertà tutta in positivo: il dato da cui partire sarà la libertà nella Chiesa Eterna a difesa del Libero Scambio; il compito sarà ormai solo quello di oPganizzare questo dato, questa libertà 'positiva', p~f evitare degenerazioni anarchiche. Questo ~ i.I compito, la 'missione', che Hooker, perseguitato in patria dal politico e dalla politica della Chiesa e dello Stato, si prefigge di realizzare varcando il confine tra il Massachussets e il Connecticut; sulla strada per Hartford. corona, Parlament~ Vescovi anglicani rimangono in effigie, come fantasmi di un'auto~ità che avvolge ancora, ma con squarci se~ pre piil vistosi, la madrepatria lontana: qui, tra la malaria e le bufere atlantiche, tra poche centinaia d"i emigrati che sanno appena leggere qualche versetto bi-

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blico, Hooker vuole costruire una democrazia moderna 'Capitalismo' assume qui, per forza di cose, un sign! ficato diverso: qui non c'è manifattura, nè tantomeno grande industria, solo qualche artigiano; qui non c'è latifondo e problema di enatosures, ma solopiccolia2 pezzamenti e grandi terre incolte da strappare alla roccia grigia; qui non c'è grande çommercio ma solo commercio locale, ai limiti del baratto. Si è in piena economia precapitalistica (30). Eppure le forme p~ litiche che Hooker ha a disposizione nel suo cervello e nelle sue intenzioni sarebbero le migliori per un' economia capitalistica pienamente sviluppata: teoria dell'accordo fra le parti,nello stato, dottrina della sovranità popolare, concezione dello stato come impr~ sa di pubblica utilità (31). La sfasatura tra economi co e politico è completa, ma proprio per questo essa costituisce un laboratorio privilegiato per verificare le condizioni di .);)asci ta e di vita non della poli·tica, ma del potitico modet>no, cioè di quella forma di dominio sulla società che fornisce le migliori condizioni possibili per lo sviluppo del capitalismo. La prospettiva interpretativa marxiana può funzionare b~ ne anche qui, ma a partire da un ribaltamento completo delle indicazioni che i dati storici da essa utilizzati le fornivano: qui siamo al livello più basso dello sviluppo tecnologico ed economico, ma a quello più alto della coscienza politica del tempo. Condizi2 nidi vita semi-tribali si associano alla possibilità di venir organizzate con forme politiche elaborate da un radicalismo europeo con alle spalle secoli di dottrina della Chiesa e dello Stato e quasi éeht • anni di attività critica versus tale dottrina, da Lutero a Knox, da Clavino a Baxter. Ma, poichè questo radical!

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smo è,nel contempo, religioso e politico, l'interpretazione della Bibbia - in assenza di una dottrina de1 io Stato - diventa immediatamente teoria politica, c.9. sì come .,:. in assenza di un 'organizzazione politica del la società - l'organizzazione ecclesiastica coincide con quella civile. Ciè> non sign±fici'tJperaltro che teoria e pratica politica si portgaho hel Nord America con modi ed obiettivi più avartza~i radicali .in senso ai;;soluto ri spetto all'Inghilterra;. :l.'rìrtaiizitutto/. dome abbiamo già avuto occasione di diret>bgni .cò.Ìohi'à americana ha origini e statuti divers:i,;':tahto:btie.;;:pet éÌseìnpio, il Maryland nasce come sta'tò 'ièudJie 'dl''tip6 ;Jiiropeo; ma in secondo luogo, anchè riel éast$'.'dé'l.'. Cdnh,dtièut e, quindi, di Hooker, rispettivamente e i teorici politici piil democratici,'déve·é~~ere chiara una cosa: la libertà totale d'azione ché>ll pensiero politico radicale inglese si trova difronte nell' 'esperimento' di Hartford comporta la necessità di un' organizzazione, implica la necessità di costruire un potere, esige l'autolimitazione di questa libertà;men . tre in Inghilterra la libertà paPziale cfie il radicalismc/0si trova, davanti nq,n lo costringe a revisioni rn.2, derate, ma comporta.la continuazione della lotta contro le nuove articolazioni del potere (32). Ad Hartnella ford non c'è potere già costituito da mediare 1 lotta politica, ma c'è da mediare se stessi' per costituirsi come potere: dove quel 'se stessi' significa Hooker in quanto pastore puritano, ~ignifica strui tura presbiteriana riformata, unico strumento e model lo organizzativo a portata di mano.Nell'edificare qu~ sto 'esperimento' Hooker usa molto abilmente.una gamma assai varia di riferimenti culturali, tale da po-

e

trà gl:l·stati

-

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ter soddisfare appieno le esigenze di tutte le componenti sociali ed intellettuali della 'sua' comunità: al centro sta, come si è già visto, l'interpretazione della Bibbia e l'esegesi minuziosa della tèologia del patto in tutte le sue varianti; in alto sta la logica di Pierre de la Ramée (33) accolta e codificata nell' Encyclopedia di Alsted, studiata da Ames che la •rie! cla' nella sua Dialectica, diffusa da Hooker in tut. to il New England. In basso, il più noto manuale per il perfetto puritano, il Garden of Spirituall Flo~ers di Richard Rogers, che certo Hooker conosceva, ma anche sapeva esser conosciuto da tutti i propri fedeli {34). La mediazione di questi tre livelli teorici entro e lungo i l modello aperto di organizzazione pr~ sbiteriana della comunità, consentono a. Hooker di im-:: postare un esemplare frammento di politica dello sviluppo nella stabilità. Vale dunque la pena di soffermarsi brevemente su almeno due momenti di questa mediazione. 1. Nella prima parte di Institutionum dialectiaaPum li bvi tves (titolo con cui venne pubbl::.cata in redazione definitiva l'opera di Ramo ricordata più soprarigi 1553) si ha la descrizione dell'inventio,fase m~ ditativa del ragionamento logico che guida, predispone la mente alla ricerca dell'argomento capace di risolvere la questione in causa. Essa~ dunque fase pr~ paratoria ad una corretta dispositio degli elementi della soluzione alla questione, ma è, ancor prima e soprattutto, fase preparatoria al coglimento della soluzione. Trasferiamo ora la forma di questo processo logico all'interno della tematica puritana del ra~ porto tra fede e grazia, ed avremo i termini per ass~ mere il discorso di Hooker sulla p~eparazione in di-

rezione analoga alla proposta di Ramo circa l'inventi.o: "una salsa piccante non nutrirà mai lo sto:uaco, ma lo stimola"; 11 quando le doglie sono frequenti e dolorose, c'è speranza di un parto felice, ma quando le doglie si arrestano di solito muore il bambino e anche la 11 madre"; io devn attendere Dio in quelle disposizioni che egli è solito creare in t:utti coloro che è solito rendere buoni"; "le tue gambe ti possono portare ad~ scoltare la parola come ti portano ad una birreria". Questi esempi, con cui Hooker media con sapienza retorica i punti alti della dottrina della preparazione con la fenomenologia della vita quotidiana, tendono a mostrare da un lato che non si dà fede per illuminazioni improvvise, ma che dall'altro la predestinazione ad essa non è assoluta: si diventa credenti in una fede, non lo si è improvvisamente da un punto della propria storia in poi, né lo si è ab ultimo initio e in aeterinum; così si diventa membri di una comunità cristiana, non lo si è per folgorazione o per eleziQ ne. Dottrinalmente Hooker poteva essere accusato, con fondati sospetti, di arminianesimo (35}; e, teoricamente, egli poteva venir imputato di scambiare agli a_!:. ti P,,J:eparatori con gli effetti della conversione. Ma Hodker insiste su questa teoria della preparazione per cui è impossibile· ed illeg;i.ttimo escludere a priiori la redezione di chiunque. Ma perchè questa insistenza? Forse non solo per intima convinzione teologica ed esegetica, ma soprattutto per intelligenza politioa:l~ sciare l'adesione alla fede cristiana alle conversio ni improvvise significava non controllare l 1 adesione alla comunità cristiana, non controllare l'iteri preparatorio, costituito da mutamenti interiori quasi se~ pre identificabili anche nel comportamento sociale phe

garantiva l'immissione d'altra

nella •repubblica di

santi';

parte riconoscere fedeli soltanto quelli già

segnati dalla luce della Grazia, significava bloccare . la comunità entro i confini inamovibili di una

setta

e, di conseguenza, porre le condizioni per cui gli eelusi avrebbero avuto motivi per costituirsi in sette antagoniste o in gruppi allo sbando, o, infine,per r! manere semplicemente esclusi, per sempre, dalla comunità. Nel primo caso si correva il pericolo di narchia interna, nel secondo di un'anarchia nel primo una comunità organizzata

sulla

un'a-

esterna: fragilità,

nel secondo una comunità minacciata dall'opposizione di ciò che non era riuscita ad organizzare. Uso, dunque, della logica di Ramo e di una lettura 'liberale' della dottrina calvinista sulla predestinazione,

in

funzione politica: per fondare, si, una

di

comunità

santi, ma anche per consentire l'espansione di talec2 munità. Per costruire il potere nell'ordine, ma anche per lo sviluppo: per una politica dinamica sulla stabilità. 2. Complementare

a questa linea politica

tracciata

lungo il tema del preparing, sta quella ricavata dalla discussione sul tema del rapporto tra patto interno e patto esterno. Qui Hooker è estremamente esplici to. In apertura alla sua Survey afferma:

11

Uno può tr2

varsi nel Patto di Grazia e fruire dei suoi

benefici

senza far parte di una chiesa; e uno puO far parte di una chiesa senza essere realmente nel Patto di Grazia~ Non tutti gli eletti appartengono ad una chiesa, così come non tutti gli appartenenti ad una chiesa sono eletti. Ovviamente questa tesi si regge soprattutto sul la teoria del preparing che impedisce di tracciare un confine netto e immodificabile tra eletti e non elet-

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ti: "non possiamo dire che quest'uomo è predestinato alla salvezza e che que8t'altro è predestinato alla perdizione1t. Ma tutto ciò, se sul piano teologico conduce a scivolare verso tesi arminiane, sul piano dell'organizzazione ecclesiastica conduce a oropendere per le proposte congregazionalistiche avverse ad ogni codificazione di tale organizzazione. Hooker si avvede che, se sul piano teologico era più corretta la posizione arminiana se non addirittura quella antino.miana che scindeva completamente le sfere dei due pa;!:: ti, tuttavia sul piano politico tale coerenza non poteva essere trasposta senza ingenerare lo sfaldamento dell'organizzazione comunitaria: logiaamente la proposta congregazionalista era più coerente rispetto al la distinzione dei due patti, ma poiiticamente risultava la meno efficace. Se, come ha acutamente osserv~ to Perry Miller, 11 l'unico problema era quello di rendere stabile la vittoria" (36), allora bisognava forzare con la duttilità della ragion politica la compattezza della ragion logica: se lo scopo non era, c2 me per gli "indipendenti" d'Inghilterra combattere a!! cora contro ogni forma di autoritarismo civile e rel! gioso.,, ma costruire, in assenza di quell 'autoritarismo, ~'un'autorità per la gestione di una nuova società, allora bisognava riconoscere l'inevitabilità dell'ipQ crisia ed usarla politicamente: riconoscere che la maggior parte dei fedeli ossevanti, di coloro. cioè che osservano scrupolosamente i dettami del Patto Esteri2 re, non rispettano altrettanto bene i dettami del Pa;!:: to Interiore. ma riconoscere anche che essi costituiscono l'unico punto di riferimento stabile per una CQ munità sperduta nella Connecticut Valley,l'unico gruE po sociale compatto attorno al quale costruire ed or-

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ganizzare la vita di tale comunità, l'unica compagine facilmente identificabile su cui contare per part! re ed ampliare la consistenza, magari solo quantitat! va, della comunità stessa. Gli ipocriti potevano ess~ re la maggioranza negativa della comunità ma, in qua~ tosi riconoscevano in una struttura, erano l'unico 1 materiale' per costruire le fondamenta· di un'organiz zazione: Hooker sapeva che, di diri:tto, molti esclusi dalla chiesa erano migliori dei .suoi membri, ma sapé"'." va anche che, di fatto, senz.:l.quest~ultimi.nonisi.po. \' . . . ,. . . tevano andare ad aggregare i !?rimi. Problema, dunque, più politico che ideologico, cosi come diveniva. pròblema politico, a questo punto·, impedire a quelli del· Patto Esteriore di costitui.rsi come gruppo egemone chiuso, di costituirsi in un'oligarchia settaria. Ecco allora Hooker tentare l'~mpossibile:la co~ niugazione di questa imprescindibile base ar.istocrat!_ co-oligarchica, con l 'isti tuziona.lizzazione d.elle sue possibilità democratiche; la funzionalizzazione, di un nucleo stabile di vertice ad una costellazione varia. . . 11 1 bile di. base. L elezione del popolo ordina,to sepondo giustizia dall I autorità di Cristo dà al magistrato qµan· . .... to gli è essenziale; o lascia l'impressione di una V§!. ra chiamata dall'esterno e conferisce così a un past.2 re l'ufficio del potere"~ (37): ciò significa che la comunità dei 'santi visibili 1 è sufficiente a conferire autorità al magistrato. Tuttavia la comunicazione del potere si può avere anche per altra via che non sia questa del riconoscimento degli aderenti al 11 patto esteriore, cioè alle regole della chiesa: si ha comunicazione di potere di sottomissione volontaria quando, pur non essendoci potere d'ufficio formaZiteP nel popolo, questo acconsente di buon grado di esse'.

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re governato da un altro, desidera ed invita un altro ad assumere quell'autorità" (38). La prima strada conduce inevitabilmente al riconoscimento dell'autor! tà da parte di chi già la detiene, ad una sorta di autoriconoscimento che, alla lunga, porterebbe all'imm._2 bilismo politico e al conformismo sociale di una classe dirigente autocratica e di una comunità chiusai la seconda strada, invece, consente la trasformazione di questa classe, necessaria per questa minima stabilità di partenza, da parte dei governati, 'santi ìnvisibi-· li' o non-ancora visibili, il cui ruolo è necessario per l'ampliamento e il rafforzamento della comunità e del suo governo. Entrambe le facoltà di conferire autorità derivano, ovviamente, da quella fonte prima e somma che è il Verbo divino: la prima deriva dal Patto Esteriore, la seconda dal Patto Interiore; la prima dall'osservanza dei precetti, dall'ortodossia cultuale, la seconda dall'obbedienza alla coscienza,da! l'ortodossia dell'anima. Questa fonte comune legittima l'opposizione a qualsiasi potere istituitosi in m2 do meramente 'laico': il Patto con Dio è prima e oltre ogni patto positivo imposto dalla storia,prima e oltr(;!, ogni gerarchia fissata solo dagli uomini. Quindi {Ì. sacerdoiio di tutti i fedeli, che discende direttamente anche dall'interpretazione del passo del Deuteronomio che sì riportava in apertura, diventa elemento dì garanzia e di legittimità di tre fattori: a) della costituzione di un gruppo egemone di tsanti visibili' a garanzia della stabilità; b} dell'istituzione di una serie di rapporti dì trasformazione di t!_ le gruppo gest~ti dalla comunità tutta, compresi i 'sa_!l ti invisibili'; e) della tutela da ogni prevaricazione profana, sia di carattere ecclesiastico che civil~ l,

su questa comunità. Il risultato istituzionale di Hoo ker ci può apparire, oggi, un mostro: una teocrazia~ ristocratico-democratica. Ma quel che conta è la cap~ cità politica mostrata da Hooker nel mediare realist! camente e non ideologicamente i dati effettuali della realtà che si trovava a dover, in qualche modo, ordinare, ossia una comunità di emigrati profondamente cr~ denti nell'autorità divina (i), ma anche nelle libertà individuali (ii), e costretti a darsi una forma di vita ed un ordinamento stabili (iii) ma non chiusi (iv}. Teoricamente, nei suoi fondamenti teologici,logici e dottrinali, la commistione di questi elementi non sta in piedi, ma politicamente è la base della democrazia americana: quando i federalisti, alla fine del secolo seguente, commenteranno la Costituzione, la forma teologica della disputa sui due tipi di Patto sarà ormai scomparsa, ma rimarranno i termini specifici di un raI?, porto politico: tra autorità e libertà, tra centralità ed autonomia del governo, tra stabilità e rinnovamento del ceto egemone. La d.i sputa sui patti divini d! venterà dibattito sul patto politico. Sulla stessa linea di Hooker (37) si muove Roger Williams (38), anche se meglio sarebbe dire che Wi! liams prosegue su questa linea, riprendendo idealmente il terna del politico là dove Hooker l'aveva lasci~ to. Ciò significa che Williams conduce a termine, con logica conseguente, le premesse democratiche presenti nella teoria politica di Hooker radicalizzandone il contenuto ma mantenendone la forma realistica. Punto centrale del discorso politico di Williams è,come ne! la maggior parte dei dissidenti inglesi del tempo, la polemica contro la gerarchia ecclesl.astica che qui, tuttavia, non si appunta soltanto cortro quella an-

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glicana, ma prende di mira anche e soprattutto quella presbiteriana, costituitasi come oligarchia repressiva attorno alla chiesa di Boston. Williams parlando delle libertà conquistate a Providence e nel Rhode Island tutto, è molto esplicito: tali libertà sono dal tlferreo giogo di vescovi voraci", ma anche dalle "nuo ve catene dei tiranni presbiteriani" (39). Un modo efficace per sostenere tale attacco alle nuove gerarchie consolidatesi nel New England era, come di consueto, i l ricorrere all'aueto:r>itas delle Sacre Scrftture (40). Ma, una volta mostrata l'iniquità delle g~ rarchie e dimostrata la legittimità - in base al Verbo divino - di opporvisi, rimaneva il problema politl co dì costruire comunque un'organizzazione stabile ed efficace della comunità. Tema cruciale su cui andava presa posizione per riuscire a dar soluzione al problema di una nuova configurazione politica, era dato dal rapporto tra stato e chiesa. Qui Williams, a differenza di Hooker, non si sofferma più molto a tentare di giustificare le distinzioni tra i due ambiti di queste istituzioni ricorrendo alla teologia del patto, ma passa. immediatamente a considerazioni di carattere poli~ico, i cui termini sono questi: ·la chiesa "è similéad una cbrporazione"; come tale può scindersi in fazioni e sette, assistere al proprio interno a disp~ te e citazioni in giudizio, o anche dissolversi senza che "la pace della città ne sia intaccata o turbata", senza cioè che lo stato veda in alcun modo contaminata la propria stabilità e sovranità (41). Questa tesi che sorregge la teoria separatista conduce diretta mente a sostenere la tesi della toZZ-eranza: e non solo nei rapporti tx:a stato e chiesa, ma anche all'interno di ciascuno di essi. Nessuno può esser persegui

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to civilmente per le proprie idee religiose, né confessionalmente per le proprie idee politiche, ma anche nessuno può venir perseguito ci vilmente per le pr,2 prie idee politiche, né confessionalmente per le proprie idee religiose, La posizione di Williams al riguardo è affatto chiara, ma altrettanto·chiaro deve essere che essa si dà in termini politici e non etic~ in una ~respettiva storicamente determinata e non uni versalistica. La tolleranza e la libertà religiosa e civile, cioè, vanno rispettate non solo perchè valori eterni e universali, ma in primo luogo perchè valori storici, sociali e politici: non solo perchè veri, ma soprattutto perchè utiZi. Infatti l' ,.imposta uniformità" è presto o tardi "la maggiore occasione di gueE_ ra civile", e dell' "ipocrisia" (42), oltre che pret!:. sto per violazione di coscienza: l'intolleranza, prima ancora che immorale, è impolitica. Ma, detto questo, rimaneva il problema di dare organizzazione politica ad una comunità che condividesse queste tesi: sgombrato il campo da ogni steccato precostituito, restava il compito di dare ad esso un ordine nuovo .che evitasse il ripristinare rigide 9!:. rarchie ma che impedisse anche l'insorgere di un'anaE_ chia centrifuga. Williams è qui altrettanto esplicito che nella pa~s destpuens della sua teoria politica:!. l'accordo tra le parti dello stato deve sostituire le pretese del legittimismo monarchico fatte sulla base della teoria del diritto divino; 2. la concezione del lo stato come depositario della volontà generale deve sostituire la concezione dello stato depositario di diritti astratti; 3. ne consegue che la funzione del governo non deve più garantire l'applicazione di prin cipi universali fissi, ma adeguare costantemente prin

cipi storicamente determinati alle condizioni socia!~ economiche e politiche specifiche di un dato momento e di un dato luogo. Con Williams si è dunque all'origine dello stato democratico moderno, oltre, cioè,non soltanto la teoria della sovranità dello stato per d! ritto divino, ma anche oltre la democraticità dello stato per diritto corporativo {43). Ma, cosa ancora più. importante, con Williams · si è anche all'origine della critica dell'ideologia democratica dello stato: questi mutamenti nella teoria dello stato non devono avvenire in base a qualche imperativo categorico eteE no ed universale 11 lume e guida delle genti", ma in b2-_ se ad esigenze specifiche di sopravvivenza sociale. Quel 'devono' si riferisce più. ad un mUssen di carattere empirico e pragmatico, che ad un sollen di carattere trascendentale: più ad unto have to che ad un must. Infatti: "il mondo, altrimenti, sare,bbe come un mare in cui gli uomini si darebbero la caccia divorandosi l'un l'altro come pesci, e il più grande d_!, varerebbe il più. piccolo" (44). Quindi il patto che è a fondamento della costituzione dello stato non è sti . pulato in base a principi astratti a priori, ma in ba se alle aonseguenze negative che deriverebbero sul pi_i! no ~òciale dalla sua mancata stipulazione. Ciò compoE ta un'altra conseguenza di sostanziale importanza: tè_ le patto non è stipulato una volta per tutte, ma viene modificato a seconda delle circostanze. Se infatti la stipulazione di esso è necess~ria in quanto tale, i contenuti specifici che la determinano sono variabi ti. Àilora, da ,questa concezione 'convenzionalistìca' dello stato discende una concezione 'funzionalistica' del governo: se infatti lo stato è l'espressione gi~ ridica non di principi immutabili, ma di una mutevole

53 volontà generale, anche il governo, articolazione es~ cutiva dello stato, seguirà le n~cessità contingenti di questa volontà generale. Per cui l'intervento della volontà generale, della sovranità popolare, non si ha solamente all'inizio, cioè al momento della stipulazione del patto, ma, costantemente, sui modi·in cui tale patto viene 'agito', ossia sul governo: l'intervento costitutivo diventa aontrollo operativo. Concezione, dunque convenzionalistica, funzionalistica e strumentalistica dello stato del governo: essi van no" usatl come occhi, mani e strumenti ••• in vista della pace e del benessere comune" (45). Di qui discende necessariamente il diritto di ,revoca, di referendum e di iniziativa, oltre che quello - fondamenta la per la situazione nordamericana - delle autonomie locali: diritti la cui applicazione garantisce che il sistema politico nel suo complesso, cioè struttura del lo stato e funzioni del governo, risponda alla "natura, alle condizioni e circostanze del popolo secondo le circostanze di tempo e di luogo" (46). In particolare le frequenti elezioni e l'iniziativa legislativa congiunta e individuale tendono ad assicurarequelcot trollo dei governati sul potere che costituisce il ve ro potere, cioè l'unico potere veramente sovrano che può mutare la struttura dello stato e le funzioni del governo, qualora queste non corrispondano pin agli interessi della volontà popolare. Allora la tesi della tolleranza rivela qui tutta la sua portata politica: essa non è soltanto a fondamento dello stato democratico in quanto alla base della sov~anità popolare, ma è anche a garanzia della stabilità di tale stato in quanto alla base del consenso popo~are. Essa,cioè,vi~ ne fatta giocare politicamente anche quando ne viene

e

utilizzata tutta la forza ideologica di persuasione collettiva: il suo valore è politico non soltantope_E .chè 'in principio' è condizione per fondare il patto sociale che è struttura portante dello stato, ma anche perchè permette, anzi, esige l'adeguamento continuo dei contenuti di tale patto e, con cièì, garantisce il suo sviluppo nella stabilità, la sua dinamica equilibrata. E' chiaro come, con queste premesse e con queste conclusioni, Williams dovesse essere considerato, almeno fino al 1739 (47), un apostata anche tra gli stessi puritani, e il Rhode Islànd uno scandalo che andava isolato tanto dai contatti con la madrepatria, quanto da quelli con le altre colonie. Williams, se con le proprie proposte di riorganizzazione sociale ag dava a colpire la 'testa' dell'ordinamento presbiteriano, con la forma a-ideologica con cui le avanzava o, al massimo, con l'utilizzazione politica dell'ide2 lia, andava a colpire diretto 'al cuore' della dottr! na presbiteriana: il fuoco dello scandalo non era. al•· limentato soltanto dagli espedienti 'tecnici' profon·damente innovativi della vita politica, ma anche e s2 pra~:tutto da un possente soffio di realismo che bruciava, se non per distruggere almeno per consum~re, 2 gni sco,ria di ideologia. GIANGIORGIO PASQUALOTTO

NOTE (1) Deuteronomio, I, 13. Nella traduzione inglese suona così: "Take you wise men,and understanding, and known amongyour tribes 1 a.nd I will make them rulers over you''.

(2) Thomas HOOKER (Marfield, Leicestershire 1586 - Hart

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ford, Connecticut 1647), una delle maggiori personalità politiche e tra i maggiori predicatori del New England. Studente e si zar a Cambridge, agitatore puritano contro l'assolutismo degli Stuart, fu costretto ad emigrare, prima in Olanda, poi in Ameri .ca, ma, anche qui, costretto a lasciare il Massachussets e a tra sferirsi nel Connecticut a cui diede, nel 1639, la prima costi= tuzione democratica scritta. La sua opera fondamentale rimane A Survey · of the Swnme of Churah-Disoiptine, London, 1648; opere centrali per il chiarimento del concetto di 'preparazione' sono però The Soules Preparation for Chnst London, 1632, e The Unbeleevers Preparing for Christ, London, 1638. Per la conoscenza di H. rimane essenziale la monografia di G.L.WALKER Th. Hooker, Preacher, Founder, Democrat, New York, 1891; ma si vedono anche P.MILLER Lo spirito detta nuova Inghiiterra, tr.it.Bologna 1962, pp. 107-109 e 122.-125 e H.SCHNE~DER Storia della filosofia amePioana, tr.it. Bologna 1962; la migliore bibliografia sùl perio do relativo a H. si ha in P.MILLER-T.H.JOHNSON The Pu:i>itans,New York, 1936; per un orientamento storiografico sul periodo cfr. G.SPINI Autobiografia detta giovane Ameriaa Torino 1968.(Da non confondere Th.Hooker con Richard HOOKER - Heavitree, Exter 1553 Bishopsbourne, 1600 - Master of the Temple della chiesa anglica na, moderatore tra dogmatismo cattolico e settarismo protestan=te, autore di The Laws of eaalesiastioal Potity, London, 159397, di cui si possono vedere alcuni brani nella antologia a cura di W,Harrison, Souraes in British Politiaal Thought, London 1965, pp. 3-15). (3) Cfr. V,L.PARRINGTON Storia della aultura a.meriaana, tr,it., Torino 1969, vol. I, p.72. (4) Cfr. P.MILLER, op. ait., p.21. (5) Una mediazione conciliativa è stata fatta da M.DOBB Problemi di storia del aapitalismo, tr.it. Roma 1958, pp. ,159257 (Prima pubblicazione 1946}. (6) Sui vari aspetti di tale rivolgimento cfr. Storia e aonomiaa Cambridge a cura di E.E.Rich e C.H.Wilson, tr.it. To;rino 1975; un buon strumento didattico è quello curato da M.D'A meglia e P.Di Cori Stato e soaietà in Inghilterra neU 'età det= Za rivoluzione Messina-Firenze, 1973. · (7) Sull'origine della natura della gentry il dibattito non è ancora chiuso. Venne aperto da R.H.TAWNEY con un articolo del 1940, The Rise of the Gentry in 11 Economic History Review11, XI,nel quale si sosteneva che una nuova classe di commer cianti-imprenditori cominciò ad avanzare pretese di carattere po litico man mano che andava consolidandosi il proprio potere eco nomico a discapito dell'aristocrazia. Interpretazione, questa7 che andava contro quelle di S.R.GARDINER (Hi.story df England 1803-1642, London 1883-85; Histor>y of the Great Civil Wal' London 1898; The ConstitutionaZ doawnents of theF'uritanRevolution 1825-1660 Oxford 1899); di G.M.TREVELYAN Storia detlaaoaietàin gtese, tr.it, Torino 1966 (prima ed.it. 1948};e di F.GUIZOT Sto

ria deila civiltà in Europa tr.it, Torino 1956 e Histoire de la r>évolution d'Angleterire Paris 1829-32, tutti d'accordo,anche se in modi e per motivi diversi, nel ritenere le cause della rivo luzione inglese più politiche e religiose che economiche e sociali. La discussione sull'origine e sul ruolo della gentry è stata ripresa con un famoso saggio di H.R.TREVOR ROPER The deatine of the Gentry in L,STONE (a cura di) SoaiaZ Change and Re voZution in EngZand 1540-1640 London 19673, in cui si sostiene che la gentry costituì la forza trainante della rivoluzione,ma in quanto gruppo sociale in declinò; infine lo stesso Stone ha contribuito al dibattito sostenendo che la centralità del problema è data più dalla decadenza politica dell'aristocrazia che dalla dinamica della gentry. E' da notare infine che l'interpre tazione ec.onomico-sociale della rivoluzione ha propri punti di forza anche prima del famoso articolo di Tawney: cfr. M. JAMES, Sociats &obZems and Poticy during the Pu:t.>itan Revolution London 1930 e J.NEF The Rise of the BI'itish CoaZ Industxy London 1932; ma cfr. anche J,HARRINGTON Oaeana London 1656 sulla cui interpretazione si è soffermato, oltre allo stessoTawney, S. B. LILIGREN che ha curato la riedizione dell'opera nel 1926 e C. BLITZER An immoPtat CommomJeatth: The political Thought of J. Harrington New Haven 1960. Recentemente questa linea interpreta tiva è stata ripresa da C.HILL La révoZution angtaise du XVII siéaZe. Essai d 'interpretation in "Revue historiquen, 1-3, 1959, ,e La rivoluzione inglese in Saggi suZla PivoZuzione inglese deZ 1640 tr.it. Milano 1971. (8) Il fattore economico si articola a sua volta in vari settori di attività: dalla agricoltura, al cui centro sta il fenomeno delle enaZosu;r>es (cfr, R.H.TAWNEY The agraPian ProbZems in the 16th Centµ;t>y New York 1697 (1912); J.THIRSK (acu ra di) Agrarian Historiy of EngZand and WaZes Cambridge 1697 e E: KERRIDGE The Agriaottural Revolution London 1967), al aorrrmeraio (cfr ... B.E.SUPPLE CommePciaZ Crisis and Change in England 16001662/èambridge 1962, P.J.BOWDEN The 1.Joote Trade in Tud.ox> and Stuart EngZand London 1962 e R.H. TAWNEY Business and PoUtias un der James I Cambridge ·1958), all 'industl'ia (cfr. E.M.CARUS -Th7 WILSON - a cura di - The&o(!PeBs of Teahnotogy and theG!'OWth of a large saaZe Industry in GPeat Britain 1540-1640 London 1966). (9) Cfr. in generale L.STONE La arisi dell'aristocrazia L'Inghilteì'ra da Elisabetta a Cl'omweZZ tr.it. Torino 1972 e J. STUART WOOLF La trasfor>mazione dell'aristoapazia e la rivoluzio ne ingl,ese in "Studi Storici", X, 2, 1969; sul problema dello Stato E.ROTELLI-P.SCHIERA (a cura di) Lo stato modemo Bologna 1971 Vol. II e III (in particolare i saggi di L,Stone e P.Zagorin HistoPy of political Thought in the England Revoluti.on New York 19662) (10) Cfr. il classico W,HALLER The rise of Puritanism New York 1938, C.H.K,GEORGE The &otestantMind of the EngUsh RefoPmation 15'10-1640 Princeton 1961; R.H. TAWNEY La religione e·

57 la genesi del aapitalismo tr.it. Milano 1967 (1922) e H.R. TREVOR ROPER Pt>otestantesimo e trasformazione sociale tr.it. Bari 1969 (1967), oltre a Ch.HILL PW'itanism and Revolution London, 1958, Soaiety and Pul'itanism in he-revolutionary England London 1964 e La formazione della potenza inglese tr.it.Torino 1977 (1967) pp. 121-132, Fondamentale per cogliere il nesso politica religione nell'Inghilterra rivoluzionaria è l'antologia curata da V.GABRIELI PUPitanesimo e Ubertà Torino 1956', (11) Per i problemi demografici e per la bibliografia sul relativo dibattito, cfr. K,F.HELLEINER La popolazione in Eu ropa dalla peste nePa alla ,,igilia della Pivoluzione demografi-::: aa in Storia eaonomiaa Cambridge cit. (bibliografia sulla Gran Bretagna pp. 680-82). (12) Su questo argomento cfr, il classico W,S.McKECHNIE Magna Char>ta, Commentary on the GJ:>eat Charter of King John. Glas gow 1905; A.LANE POOLE From Domesd.a.y Book to Magna. Chaxita 1087= 1216 Oxford 1955 2 ; S.STURLESE I re e i Lords nel parlamento medievale inglese Milano 1963; J.C.HOLT Magna Charta Cambridge 1965, Un'utile introduzione didattica si ha in G.MUSCA (a cura di) La 'Magna Charta' e le origine del parlamentarismo inglese, Messina-Firenze 1973. (13) Cfr. l'analisi di D.BRUNTON e D.H.PENNINGTON Mèmbers of the Long Partiament, London? 1959. (14) Sulla natura di tale alleanza che sarà al centro della rivoluzione cfr, Ch.HILL Saggi sulla rivolwiione inglese del 1640 cit. (15) Al Parlamento che nei primi due decenni del '600 chiedeva maggiore peso nel governo, diritto di controllo sulla impostazione delle tasse, garanzie in politica estera e riforma dell'apparato ecclesiastico, la Corona rispose con la riaffermazione del diritto divino della monarchia, con l'aumento del potere dei grandi vescovi, con la persecuzione dei puritani,con la corruzione dei consiglieri della Corona, con la ricerca di un'alleanza con la monarchia spagnola. Ma, soprattutto, gli Stuart "ostacolavano in tutti i modi le attività mercantili" (cfr. Ch.HILL La formazione della potenza inglese cit. p. 54), cioè le attività che avevano nei mercanti della aity i loro protagonisti più accaniti, Una prova 'in negativo' che si andava profilando un'alleanza politica, la si potrebbe avere anche considerando il fatto che il motivo eaonomiao determinante la rivolta antimonarchi ca dei ceti popolari è da ricercarsi in un progressivo impoveri mento le cui cause coincidono con l'arricchimento della gentry-; della classe con la quale tali ceti vanno ad allearsi: enatosu~es e tassazioni, infatti, stanno all'origine eaonomiaa di due processi paralleli e complementari ma inversi, il che esclu de, pertanto,un'alleanza fondata su comuni interessi economici-:(16) Al centro del dibattito sta uno dei massimi teorici del mercantilismo Th.MUN Engtand'e Treasl.a'e by Fot:Taign T1.'a.de, London 1621. Sul mercantilismo cfr. il classico E, F. HECK-

SèHER Tl meraantiUsmo tr.it. Torino 1936, ora ridiscusso cri .· ticamente in D.C.COLEMAN· (a cura di) Revisions in Me:raantiUsm.London 1969; cfr. anche P.DEYON n. meraantiUsmo tr.it. Milano

1971.

(17) Cfr. F.J.FISCHER (a cura di) Essays in the Economie and SociaZ History of Tudor and Stua:rt EngZand Cambridge, 1961. Sul ruolo di tale stratificazione nelle or:igini della ri voluzione cfr. C.RUSSEL Origina of the EngUsh RevoZutionJ Lon= don 1973. Ch.Hill dà un'indicazione più semplificata di questa stratificazione raggruppando i ceti di cui ai punti c), d), e), in una sola 11 classe media" (cfr. La formazione deUa potenza in glese cit. p.54) • · (l8) 'Praticamente', perche di diritto, fino alla Dichiarazione d'Indipendenza del 1776, il re d'Inghilterra rimane sovrano sui territori coloniali. L'assenza, poi, si ha soltanto, in modo marcato, per aZaune colonie come il New England, il territorio di New York e la Pennsylvania, ma non per la Virginia, né, tantomeno per il Maryland (cfr. S.E.MORISON-H.S. COMMAGER Storia degli Stati Uniti d'America tr.it. Firenze 1960, vol.I, cap.HI). (19) Cfr. H.F.DEARNEY SaholarB and GentlemenLondonl970 e Ch,HILL Le origini intellettuali delZa rivoluzione inglese tr. it, Bologna 1976. (20) Il termine 'puritano', come ha chiarito Tawney,non si riferisce tanto alla denominazione di una setta particolare, ·quanto ad un atteggiamento diffuso anche tra varie sette protestanti tra loro differenziate, Caratteristica di tale atteggiamento è l'energica volontà di purificare da ogni elemento catto lico il culto, l'organizzazione, la dottrina, e la morale del::la Chiesa d'Inghilterra. Il termine fu usato per la prima volta nel 1564 per indicare ogni compromesso tra cattolicesimo e protestantesimo. Elisabetta reagì imponendo un 'atto di conformita' (1566) e destituendo un terzo dei pastori di Londra, 'covo' del la intr:asigenza. Per reazione, i Puritani costituirono una chi~ sa separata e orgànizzarono a Wandsworth il primo presbiterio (1572}. Ma Elisabetta contrattaccò con l'istituzione della High Commission (1583). L'avvento al trono di James. I fu la grande speranza de.lusa dei Puri tani: veniva dalla presbiteriana Scozia, ma si mostrò immediatamente grande fautore dell'episcopali smo •.E I attorno al 1610 che il rigorismo puritano si coniugò con il radicaltsmo politico contro l'assolutismo degli Stuart. Di qui le persecuzioni dal 1620 al 1635, periodo in cui più di ven ti mila puritani emigrarono in Nord America. (21) R.H.TAWNEY La. religione e Za genesi deZ aapitaZi. smo, cit. p. 136. (22) Ch.HILL La formazione delta potenza inglese cit.p. 121.

(23) Nome latinizzato di Gerard Cauvin (1509-1564). La edizione critica completa di tutte le opere di Calvino è neivol.

XXIX-LXXXVII del Corpus Refomatorwn, Braunschweig 1869-1900.Là prima traduzione italiana dell'Institutio, pubblicato per lapri ma volta nel 1536, è del 1557, a cura di G.C.Paschali. ·(24) Il rapporto tra protestantesimo in generale e eco. nomia capitalistica è .stato analizzato a fondo per la prima vol ta da M.WEBER L'etiaa protestante e io spirito deZ eapitaZismo7 tr.it. Firenze 1965 2 (1922), ma già E,TROELTSCH ne aveva tratte,& giato i contorni in Le dottnne soaiaU deUe ehieee e dei (11'U/?pi aristiani tr.it. Firenze 1949 2 , val.II (1912). Il tema è sta to ripreso e sviluppato da TAWNEY op.ait ... , che peraltro prende le distanze da Weber nella celebre nota 32 al cap.IV, (pp. 252.;. 4 dell'ed.it.). (25) Si può dire che, in generale, tutta la teologia .protestante sia 'teologia del Patto' (cfr. i commenti a (}epe.:. mia 31, 31; Esodo 20,2; Letii>iao 18,5; Deuteronomio 1,30; Gen.e;_ si 12,50; Osea 2,16; Isaia 7,3 e 11,1, etc.; cfr. E.JACOB ThéoZogie de i 'Anaien Testament Neuchatel 1956, Tuttavia qui assumé significato soprattutto in relazione all'interpretazione presbi teriana che diedero John KNOX (Giffordgate 1505-Edinburgh 1572) nella Confessio. saotiaa (1560) e il suo 'successore' Andrew MELVILLE (Baldovy 1545-Sedan 1622). Un'acuta testimonianza sulla teologia del Patto nel New England è fornita da P.MILLER Lo spirito delta Nuova Inghilterra cit. cap. V0 e VI 0 , Tale teologia fece da supporto dottrinale alla politica dei Covenanters {Covenant = patto), i presbiteriani scozzesi che conclusero un accordo anticattolico nel 1581, lo rinnovarono nel 1638 e lo vi dero abolito nel 1663 da Charles II. E' per noi interessante no tare che fu proprio THOMAS HOOKER uno dei più sottili commenta= tori di tale teologia e delle implicazioni politiche che esso poteva avere: (cfr. The Faithful Coven.anter London 1644 e Covenant of Graae Opened London 1649) contro i congregazionalisti che interpretavano il cap. 17 del Genesi in maniera restrittivaper cui appartenevano alla chiesa solo i "santi visibilmente ac certati" - Hooker opponeva un'interpretazione più elastica, ma,a giormente vicina ai presbiteriani, per cui i.I passo "E Io porrò un mio patto tra me e te e il tuo seme dopo di te nelle generazioni" veniva inteso nel senso che Dio concede la possibiliti\ di entrare nel Patto di Grazia anche a coloro che apparentemente ne sono esclusi, ma che potrebbero renderse partecipi con un' adeguata 'preparazione' (da ricordare a tale proposito le due o pere di Hooker sulla preparazione). Ciò ha un significato di ri svolto politico non indifferente: Hooker preferisce ad una comu nità esclusiva e chiusa, una comunità con permanenti possibili::' tà di apertura, seguendo l'avveduta massima presbiteriana per cui qualsiasi maggioranza fosse lasciata fuori della chiesa a.... vrebbe tsofferto' di guerre civili. Per fondare solidamente ma anche con prospettive future una comunità cristiana come quella di Hartford, Hooker capì che era necessaria una disaipZina più rigida di quella congregazionalista, ma anche una maggiore per-

meabiZità, tale da assicurare si l'ordine ma anche lo

sviluppo

della comunità stessa. (26) Qui si ammette per valida - almeno provvisoriamente - la tesi di C.H.WILSON Commeraio, società e Stato in Stoeaonomiaa Cambridge cit. pp. 563-669, secondo cui il mercan tilismo inglese non ebbe un'origine meramente 'teorica' ed unT applicazione da parte dell'assolutismo regio, ma un'origine, uno sviluppo ed una gestione da parte dei mercanti. (27) Cfr. William AMES {Ipswich 1576 - Rotterdam 1633) De aonsaientiaJ eius iure et aasibus, Rotterdam 1632; e Richard BAXTER Chx>istian Directory, or a Summ of Praatiaal Theolo gie and Cases of Consaienae, London 1673. Sul tema dell'usura si sofferma B.GROETHUYSEN Le origini delle spirito borgheseinFran aia tr.it. Torino 1949, nel capitolo La Chiesa e il aapitaZismo fondamentale, anche se si rif~risce alla Francia e al secolo XVIII. Pagine importanti sul tema della tolleranza come funzione dell'etica mercantile si hanno in un classico della 'storia delle idee' P,HAZARD La ariei della aosaienza eu:r>opea Torino, 1946 vol. I. (28) Sul problema generale della transizione cfr. K.POLANYI La 9Tande trasformazione tr.it. 1974 (1944) e, sul nesso tra tale problema e il tema dello ~tato in Inghilterra, M.TRONTI (a cura di) Stato e rivoluzione in Inghilterra Milano 1977. (29) Distinguiamo, in questo giro di discorso, il poUtiao dalla potitiaa: con il primo termine, più ampio, intendiamo quella sfera sociale che-è controllata ed organizzata anahe ma non esclusivamente, da una serie di rapporti istituzionalnen te riconosciuti, fissati e codificati; con il secondo intendia mo esclusivamente questa serie di rapporti che, con un'altra ac cezione, potrebbe venir definita come insieme dellefunzionideI lo Stato. Per quanto riguarda ·l'Inghilterra si potrebbe discu= tere, forse, sull'incidenza della politica anglicana neiconfron ti della Corona e delle Corti, ma certo non si può porre in di:: scuss!bne l'inci~enza del poUpiao ecclesiastico sulla società. Per rendersene conto in modo chiaro è sufficiente andare a leggere i rapporti fra Stato e Chiesa in Scozia, dove l'opposizione presbiteriana fu tradizionalmente più forte (Cfr, G. DONALDSON The Scottish Churah 1567-1625 in The Reign of Jamese VI and I a cura di A.G.R.Smith London 1973, pp.40-56 e nota bibl.p.218) (30) Su e in questo tipo di economia si forma il pensie ro economico e politico americano: cfr.J.DORFMA!'l The EconomiaMind in American CiviZization New York 1946. (31) Cfr. ~.V.PARRìNGTON op.ait., p,73, (32) Questa 'necessità' è ben esemplificata dall'attivi tà, non più soltanto contro la monarchia, l'episcopato e l'ari= stocrazia, ma anche contro la grande borghesia terriera, mercan tile ed industriale. delle nuove sette radicali: levellers,see kers, ranters, battisti, quaccheri, etc. (Cfr. Puritanesimo e Zibertà, cit. e I puritani a cura di U,BONANATE Torino 1975,p.

na

27 e sgg,). E non a caso nei libelli e nei dibattiti di costoro scompare gran parte dei riferimenti alla lotta religiosa e alla battaglia ideologica sui diritti civili, sostituita da un realismo politico che insiste sulla par>ziaUtà e sulla storiaità dei diritti civili, e che ha molto da insegnare, con p1u · di centtanni di anticipo, all'umanitarismo dell'Illuminismo fran cese e della teoria politica della Rivoluzione, (33) Più noto col nome latinizzato di Petrus Ramus (Cuth 1515-Paris 1572), accanito antiaristotelico, tenta una rifondazione della logica in Dialeatiaae partitiones (1543);nel 1561 si converte al calvinismo e il 24 agosto del 1572 cade nel famo so massacro organizzato dal fanatismo cattolico. (34) Opera pubblicata nel, 1609 che ebbe nove edizioni fino al 1640. Brevi brani di essa si possono trovare in riduzio ne italiana in I pu::eitani a cura di U.Bonanate, cit,; pp. 268= 271. (35) Da Jacobus Arminius, latinizzazione di Jakobs HARMERNSZ (Ouderwater 1560-Leyda 1609), sostenitore delle predesti nazione aondizionata contro l'ortodossia calvinista sostenuta da Gomar. Le tesi arminiane vennero condannate definitivamente al Sinodo di Dordrecht del 1618. . (36) Cfr. P.MILLER op,ait. p.128. I passi di Hooker uti lizzati si trovano invece in P.MILLER-T.H.JOHNSON The Pux>itans New York, 1938 pp.290-313. (37) Su Hooker c'è, purtroppo, una bibliografia assai e sigua che non contempla alcuna monografia, ma alcuni saggi autorevoli tra i quali, oltre ai già citati passi di Parrington,di Miller e di Johnson, si ha quello di C.M.ANDREWS The Beginnings of Conneatiaut in The CotoniaZ Periqd in Ameriaan History, New Haven, vol.II 0 , pp.67-99. Non molto attendibile il saggioi.nfor ma monografica di G.L.WALKER Thomas Hooker Preaaher1 Founder,D"'§.. moarat New York 1891. (38) Roger Williams (London 1603-Rhode Island 1684),stu diò a Cambridge; prima anglicano e infine, dopo varie tappe, vellatore; su costretto a lasciare l'In...,hi1terra nel 1631, no·•·; ve anni dopo l'esilio di Hooker, Giunto a Boston è costretto in breve tempo a spostarsi a Salem, ma, bandito anche da qui dal·· la gerarchia di Boston, passa nel 1636 nel Rhode Island, di cui è considerato uno dei fondatori. Le opere complete di Williams sono state pubblicate a cura del Narragansett Club, Providence, 1866-74. La bibliografia critica è leggermente più folta di quel la su Hooker: oltre all'ormai superato 0.S.STRAUS R.W. The Pio-= neer of Religious Liberty New York 1894, sono da segnalare S.H. BROCKUNIER The irreprensible Demoarat:R.W. New York 1940; C.M. ANDREWS R,W. and the Founding of Rhode Island in The aoionial Period of American History cit. pp.l-36; J.E.ERNST The politiaal Thought of R.W. Seattle 1929; IB R,W. and the english Revolution in "Coll.Rhode Island History Society", XXII 1929 pp. 97 103; L.V,PARRINGTON op.ait. pp. 76-90; 0,E.WINSLOW Master R.W.

II

;New~oÌ-kl957;T.BONAZZI IZsaaro esperimento Bologna 1970pp.285-294 . . . {jg)>Cfr. R,WILLIAMS Works cit. vol. VI, p,268. (40)ApocaUsse 18,4; Daniele 3; Isaia 52,11; Ai Copin-

:tl II, 6, 17. ·

., ,, .'(4l}Gfr. R.WILLÌAMS,The BZoudy Tenent of perseaution

for,Jçàus~·

of.Consaience (1644) in Wor>ks cit •• vol. III p. 76. Su c:Ì.(Ssoffénna l~attenzione S,MOGI The Pl'obZem of FederaUsm Lon(19ij't9,)Ì/vo1. I p.44.

'.'..', .(42) Cfr. R.WILLIAMS, op,ait. p.3. Questa separazione politica degli ambiti e delle sovranità è di fondamentale impor tanza per ..i l valore innovativo che riveste rispetto alla conce-:' z.ione calvinista ortodossa al riguardo, che "portava in pratiad una s.tretta cooperazione, se non ad una · sovrappos1z:i.one . delle due istituzioni" (Cfr. F.G.WILSON Il pensiero poZiti~"o a'meriaano tr,it. Venezia 1959, p.45). (43) A questo riguardo andrebbe rivista l'interpretazio ne data da J.E.ERNST in The poZitiaaZ Thought of R.W. cit. (44) R.WILLIAMS op.oit. p.398. (45) R.WILLIAMS The Bloudy Tenent yet more Bloudy ~652) in WoPks cit., vol.IV, p.487. Con quest'opera Williams risponde va a quella di :John COTTON The Bloudy Tenent Washed and Maae White in the Bloud of the Lambe (1647) la quale, a sua volta,e ra la risposta polemica a The Bloudy Tenent del 1644 di Willians (46) R,WILLIAMS The BZoudy Tenent cit. p.248. {47) Anno di pubblicazione di An Historioal Disaou:,:,seon the Civil.. and RcUgious Affairs of the Cotony of Rhode Island di John CALLENDER, opera volta a rivalutare il pensiero politico li beratorio di Williams. Su ciò cfr. G.SPINI op.cit. pp. 231-33)-;

ca

Spinoza e l'assolutismo politiao CLAUDIO PACCHIANI

l. I principi sui quali deve essere fondato lo st~ to, sostiene Spinoza all'inizio del suo Trattato PoZf tiao, devono valere al di là delle intenzioni soggettive e dell'interiore disposiiione degli uomini, si tratti dei sudditi o delle autorità sovrane, e devono tendere a stabilire un tipo di organizzazione politica che sia in grado di reggersi unicamente sulla razionalità de,lla propria struttura: "Sarà poco stabil.!, re quello stato il cui benessere dipenderà dalla buona fede di un solo individuo e il buon esito degli af:... fari dalla onestà di chi li tratta. Perchè lo stato du ri, occorre che sia organizzato in modo che coloro i quali governano, siano guidati dalla ragione o dalle passioni, non possano veni~ meno alla lealtà e all'onestà. Poco importa alla sicurezza dì uno stata i motivi per cui gli affari sono bene amministrati, basta che lo siano" (1). Mentre esclude pertanto -che sì possa ammettere che i governati siano in possesso di una facoltà e dì una virtù soprannaturali che lì pongano in una situazione di particolare superiorità in confronto al resto degli uomini, Spinoza affida al teorico della politica il compito di partire dalla consapevolezza del dato di fatto che anche i detentori dei sommi poteri sono uomini come tutti gli altri e quindi mossi dalle stesse passioni e dagli stessi affetti. Ciò significa in sostanza che la realizzazione della virtù puh

blica fondamentale e cioè la sicurezza dello stato ci vile, presuppone che solo dalla osservazione oggettiva ed imparziale della natura umana siano tratti quei principi fondamentali ai quali si deve poter fare riferimento nella elaborazione della organizzazione del lo stato. "Applicandomi allo studio dei problemi pol.!. . tici - sostiene Spinoza -, non intendo di proporre nu,2_ vi sistemi,ma soltanto di mostrare, con ragionamenti certi ed indubitabili, principi conformi all'esperien za e tratti dall'osservazione della natura umana. E per portare in quest'ordine di ricerche .lo stesso sp.!. rito di libertà che è nello studio delle matematiche, ho cercato attentamente, non di deridere o di detest~ re le azioni umane, ma solo di comprenderle, e di con siderare le passioni •.• non come vizi, ma come proprietà dipendenti dalla natura dell'uomo" (2). La necessità di fondare la teoria politica sulla base di una considerazione oggettiva e disinteressata della natura umana è giustificata, nel Trattato Politiao mediante l'osservazione che non sempre gli affari pubblici possono essere trattati in conformità a concetti generali di giustizia e di pietà. E' per quest~, egli osserva, che nei confronti degli uomini politici si è ·diffusa la convinzione che siano più po!: tatì 11 a tendere ins.idie che a cercare il bene dei popoli11, tanto che "vengono reputati più astuti che sapienti" (3). Ai politici 'pratici' che fondano la loro azione un'anàlisi realistica della natura degli uomini, Spinoza contrappone nel Trattato Politiao non tanto i teorici del di~itto, i giuristi, ma piuttosto i teolo gi. Ciò può essere inteso anche in relazione alla finalità che egli si propone nel Teologiao Politiao,che

è quella di mostrare come il rafforzamento del.potere

statale possa essere senz 1 altro coordinato alla forrnà zione ed al mantenimento di un ambito che resti comp~etamente autonomo rispetto a quello pubblico polit! co, e nel quàle si possa sviluppare la libertà di sp~ culazione e di pensiero in generale. Già il sottotitolo del Trattato definisce quest'opera nel suo complesso come l'insieme di "alcune dissertazioni con le quali si mostra come la libeE tà di filosofare non soltanto può essere concessa sal ve restando la religione e la pace dello stato~apiµ~ tosto non può essere negata se non distruggendo insieme la religione e la pace dello stato" (4).Da questa affermazione iniziale appare chiaro che il probl~ ma fondamentale teorico sociale di Spinoza è primari~ mente quello dì mostrare la contraddittorietà di una prassi di governo che concepisce l'interna stabilità dello stato come controproposta all'affermazione della libertà dì espressione delle idee. Se in un primo momento può sembrare che sì tratti qui di un conflitto del tutto privato di uno spirito libero dotato sp~ culativamente contro le tendenze totalitarie nella V! ta dello stato del secolo XVII, in realtà occorre rilevare che il citato sottotitolo non esprime tanto la contrapposizione di libertà di pensiero e stabilità nell'ordine sociale come problema individuale di un pensatore che si sente limitato nella sua libertà di movimento; quella che viene formulata non è tanto una rivendicazione personale nei confronti dello stato, quanto piuttosto la tesi di un'obbiettiva ìnterdipen.denza tra stabilità politica da un lato, e libertà di espressione del pensiero dall'altro. Che la richiesta della libertà di pensiero deb-

ba essere intesa nel suo rapporto al problema della capacità di funzionamento dello stato e dell'autenticità della religione, e si ponga quindi in modo tale d.a riguardare direttamente la scienza politica, appare evidente anche da quelle formulazioni del XX capitolo del TPattato Teologico Politiao che, riassumendo il fine ed il risultato di tutto il TPattato, non paE lano più solo della libertà di filosofare, ma anche del fatto che "in una libera Repubblica è lecito a chiunque di pensare quello che vuole e di dire quel·! lo che pensa" (5), e sostengono nel contempo che ogni intrusione delle autorità statali nelle questioni che riguardano le opinioni e viceversa ogni politicizzazione delle divergenze d'opinione in fatto di religi2 ne, si trovano in totale contrasto con il bene e la sicurezza dello stato. E' del resto proprio in confoE mità a questi prinqipi che Spinoza afferma come debb~ no essere proibite quelle opinioni che possono in qua_! siasi modo sollecitare un comportamento pubblico contrastante con quello previsto ed ordinato dai sommi pg_ teri. "Così, ad esempio, egli dice, se qualcuno pensa che la suprema potestà non sia sovrana o che nessuno si~:'' tenuto a mantenere le promesse o . che ciascuno debba f\rivere secondo il proprio arbitrio, e altrecoses_! mili ••• questi è· un sovversivo, e, non tanto per il giudizio che esprime o per l'opinione che professa, quanto piuttosto per le azioni che tali giudizi invo_! vono, e cioè per il fatto solo di nutrire questi sentimenti" {6}. Sono cosi definiti nello stesso tempo da un lato il campo ·specifico ed i limiti nei quali può esercitarsi la discussione pubblica, dall'altro gli esatti confini di questa nei confronti dello stato. Qual-

67

siasi opinione può essere posta in discussione ed esi:!_ minata criticamente a condizioni che essa non si trasformi in azione politica, né pretenda in un qualsia_si modo di fornire sollecitazioni ad un possibile com portamento pubblico. L'unica indicazione conforme alla morale ed al vero concetto della divinità che dal privato cittadino può essere elaborata interiormente riguardo al modo secondo cui deve essere orientata 1 1 attività pratica, può essere solo l'accettazione _incondizionata del principio dell'obbedienza. In confoE mità alla concezione giusnaturalistica dell'origine contrattuale dello stato, Spinoza ritiene infatti che la costituzione della società politica derivi dalla rinunzia esplicita da parte degli uomini, intesi come esseri naturali prepolitici, ad agire conformemente alle proprie opinioni. La rinunzia però non riguarda anche la possibilità di avere delle opinioni e di esprimerle. Anzi .il diritto all'opinione è intesa come un vero e propri}> di:t>i.tto natux-aZe che il cittadino mantiene anche :::à,1.;;i.' interno dello stato civile costituito.E' l'unicoe una breve sintesi del pensiero rousseauiano, secondo l'interpretazione dello stesso Kant: 11 le affermazioni così spesso mal comprese e in apparenza contraddittorie del celebre J.J. Rousseau possono esser poste d'accordo tra loro e con la ragione. Nei suoi discorsi • • • egli mostra assai b~ ne. la contraddizione della civiltà con la natura del genere umano ••• Nel suo Emilio, al contrario,nel Con tratto SoaiaZe •.• egli cerca •.• di far vedere come la civiltà debba procedere ••• in modo da eliminare la contraddizione che esiste tra l'uomo morale e quello naturale" (26). Kant, nelle sue note, medita già sull'importan za di Rousseau e sulle differenze che riscontra col suo pensiero, ma, .come abbiamo già notato,ritrova nel la sua descrizione della società gli accenti pessimistici del ginevrino. E, come Rousseau pone il problema di una costituzione politica che rigeneri la soci~ t,:; così Kant affida allo Stato il compito di instaurare un ordine razionale. La differenza tra i due pen satori è già a questo punto notevole: alla proposta rousseauianadi rifondazione della società, si contraE pone l'idea di uno Stato regolatore che non deve modi ficare i rapporti fra gli individui. Lo stesso si può dire del problema della volontà generale. E' interessante notare che Kant riprende l'espressione rousseauiana, dandole un significato che, fino ad un certo punto, è analoJo. Per Rousseau come per Kant, la volontà generale è la base della le

galità, e ciò che conferisce universalità alla legge. Essa non è una realtà empirica, non si identifica con la "volontà di tutti": Kant distingue in questo senso la molteplicità empirica del popolo ("omnes et singuli"} dal~'unitl politica razionale ("universi"), in cui vengono a trovarsi i cittadini. Essa esprime la t.2 talità del corpo politico rispetto alla particolarità delle aspirazioni e degli ·arbitri dei singoli. Rousseau aveva notato: 0 ce qui généralise la volonté est moins le nombre des voix que l'intéret commun qui les unitn (27). Kant a sua volta scrive: "non basta 1•unità di8tributiva del volere di tutti, occorre l'unità coZZettiva della volontà unificata, perchè la società civile si costituisca come un tutto" (28). Nei due casi, viene afferma l'esigenza di porre il fondamento dello Stato al di sopra della contingenza delle volontà empiriche. Ma se Kant segue Rousseau nel considerare lavo lontà generale come fondamento dell'universalità della legge, possiamo vedere come i contenuti di questa volontà generale, e conseguentemente il significato e la funzione della legge, siano molto diversi. La volontà generale è espressione, nel Contratto SoaiaZe, di una comunità socio-politica in cui deve essere superato il momento dei contrasti fra i si!! goli caratterizzante la società liberale. In questo senso, l'ingresso nello stato civile sarà "l'ali§nation totale de chaque associ§ avec tous ses droits A toute la communauté" (29}. La volontà è genèrale,inquan tosiamo di fronte ad una società che ha degli interessi collettivi, in cui il singolo esiste solo attr~ verso la vita associata. Proprio questo significa 1 1 affermazione che 1•uomo perde nel contratto la liber-

134

tà naturale per acquistare una nuova libertà: è il con_ tratto, in cui si esprime la volontà generale, a trasformare l'uomo 'naturale' in libero membro di una co rnunità. Per questo, la volontà generale sarà una real tà positiva, vivente, l'espressione della unità dei cittadini nello Stato. Per Kant, invece, la volontà generale ha un valore del tutto negativo. E 1 vero che egli la vede come momento di unità del tutto politico e fondamento dell'universalità della legge. Ma il contratto originario da cui essa scatÙrisce esprimerà una volontà c2 mune diversa da quella rousseaulana. Questo appare chiaramente quando Kant tenta la propria deduzione·r~ zionale a priori del diritto di proprietà privata.Qu~ sta deduzione parte dal principio razionale del possesso comune originario del suolo, che diventa posse~ so privata mediante la reciproca limitazione di tutti i membri della società:, il reciproco riconoscimento del possesso privato, attraverso un principio comune a tutti: "Il titolo r-azionaZe dell'acquisto può però soltanto risiedere nell'idea di una volontà generale COllettiva a pr-ioPi ••• , perchè una volont~ individua le non può imporre ad altri un'obbligazione, che essi per s~ altrimenti non avrebbero" (30). La volontà comune degli associati si limita a r!. conoscete ad ognuno il proprio spazio di libertà ind!. viduale. La 'formula' della formazione dello stato c!_ vile è, seèondo Kant: "entra in una società tale che in essa a ognuno possa esse~e assicurato il suo contro ogni altro"· (31). E questa 'assicurazione' si tr2 va .nella volontà generale: questa, lungi dallo esprimere, come in Rousseau, l'esistenza di interessi collettivi nella società, serve soltanto a riconoscere

ed organizzare i contrasti fra i singoli antagonisti.La funzione del politico viene così a ,limitarsi essenzialmente alla garanzia e all'imposizione· del di-r>itto p:r>ivat_o, e soprattutto del diritto di propri_! tà. La volontà generale appare come una reciproca limit~zione fra i singoli, un valore puramente negativo. L~ sfera pubblica non è vista come integrazione della sfera privata, e quindi superamento della contraddizione fra i du.e termini, ma ne diventa - o ne rimahe - la semplice garante. Siamo cosi tornati, dopo questo lungo confronto con Rousseau, ad una concezione sostanzialmente liberale dello Stato garante della sfera privata degli ig dividui~ Che significato ha dunque avuto, per un teorico del liberalismo politico com'è Kant-, il riferi-:mento esplicito ad un pensiero ~stremamente critico nei riguardi di questo?

6.

Non penso che Kant si sia 'compromesso' con un pensiero cosi diverso dalla tradizione liberale.senza un motivo, che vada olt.re una semplice. ripresa esteriore dei temi rousseatiiani. Kant trova in Rouss.eau u na logica, quella della critica alla società liberale, sfociante nella proposta di rifondazione di questa in una comunità reale, che costituisce per lui un materiale da rielaborare completamente. Sin dall'! nizio della sua meditazione su ·Rousseau, Kant intrav~ de delle importanti differenze. Egli nota: "Rousseau. Procede sinteticamente e parte dall'uomo naturale, io procedo analiticamente e parto dall'uomo civilizzato" (32). Rousseau considera la attuale realtà socia-

le come il risultato di un processo sbagliato, e si ri f& all'uomo naturale, ancora incontaminato, come termine di_paragone e di giudizio nei riguardi della società. Kant coglie la differenza di impostazione: egli vede nella situazione attuale il risultato di un progresso basato s~llo sviluppo delle tendenze natur,aU dell'uomo, probabilmente !~unico progresso poss!_ bile, contraddittorio di sicuro, ma conforme alla ragione. Si tratta di uno sviluppo che però solo la ragione potrà portare a termine, attraverso la costituzione dello Stato ideale. Penso che si possa notare che da questa critica Kant abbia tratto la importanza della tematica del lo Stato, relativamente secondaria presso quei pe_nsatori più preoccupati - come gli economisti - dall 1 analisi dei processi interni alla società civile. Kant riconosce allo Stato, e questo attraverso la letturadi Rousseau, il valore della razionalità e della u niversalità, utilizzando ciò che per Rousseau esprim~ va l'idea di comunità reale, ai fini di una maggiore comprensione della società civile. Lo Stato è nel pe~ siero di Kant funzional.e.alle esigenze della società è_! vile,/ ma si pone fuori e al di sopra delle contradd!_ zioni di questa: solo cosl potrà essere efficiente in quella sua funzione. Lo Stato non si presenta più come il difensore di coloro che possiedono contr,o quelli che non hanno nulla, ma appare destinato a conservare la totalità sociale, riconosciuta come unica ed inevitabile nelle sue contraddizioni. Lo Stato sarà il non-contraddittorio che dovrà rendere possibile il necessario mantenimento delle contraddizioni. Per qu~ sto esso sarà l'espressione di un consenso generale: solo una volontà in cui tutti si riconoscano può fon-

137

dare lo Stato. Dietro l'uso dell'identièo materiale terminologico-concettuale, appare la diversa vale.nza del discorso: non il consenso di una comunità d'idee e d'in teressi, ma il reciproco ricono.scimento della sfera privata, costituisce la realtà della volontà generale kantiana. L'articolazione concreta:•. dello Stato non sa rà allora quell'unità organica dei cittadini chiamata da Rousseau il sovrano, ma quell'autorità esterna ai singoli, neutrale riguardo alla specificità delle situazioni 'empiriche' nella società, ma preoccupata di garantire la libertà degli individui, e, se occorre, di.imporla con.la forza. Si chiarisce cosi un punto: mentre in Rousseau la volontà generale è una realtà 'vivente', che impegna tutti i momenti della vita civile, in Kant non P.2. trà essere che un prinaipio, posto come regola per la azione dell'autorità. attuale. Il criterio della legalità di una decisione politica, sarà, per ltautorità vigente, l'agire come se essa fosse stata presa dalla volontà collettiva di tutti i cittadini riuniti. La 'realtà' del contratto originario, mediante cui si co stituisce l'idea di volontà generale, "consiste nell' obbligare ogni legislatore a far leggi come se esse d.2_ vessero derivare dalla volontà comune di tutto un popolo ••• 11 (33). Dal fatto che non costituisce un prig cipio operante, la volontà generale kantiana può ess~ re solamente una norma di comportamento politico, re gola necessaria ma senza 'vita' nella società.

-

7.

Se dunque la volontà generale non si pone

come

una realtà vivente, in che rapporto sarà con lo 'Stato reale, empirico? E' necessario a questo punto indicare un'altra conseguenza della dottrina kantiana della idealità dello Stato. Kant afferma ripetutamente che il diritto è unito alla facoltà di costringere, ed in siste nel concedere allo Stato .la maggior forza poss! bile; in quanto I legalitl, lo.Stato deve ~ssere incontrastata autorità. Il 'consenso' posto da Kant alla base della costruzione politica, nel contratto ori ginario, non I infatti inteso come autonoma adesione dei cittadini, ma come una semplice idea a priori: il rapporto fra i cittadini e lo Stato non sarà quello di una partecipazione responsabile di tutti, ma quello dell'impostazione da parte dell'autorità di una regola comune, conforme all'idea di volontà generale, imposizione tanto più severa quanto più i singoli tentano di sfuggire da essa. Qui subentra il problema dell'autoriti!.. Abbiamo visto che Kant non riconosce allo Stato un'origine contrattuale: l 'autorit.à nello Stato è stata imposta con la forza, e solo con essa si mantiene. Al contrario, la. legalità pura non sta nella forza, nella con tinge~za degli avvenimenti storici, ma nel riferimento ari 1 idea razionale di volontà generale. Ma questa e inscindibilmente legata alla forza, senza la quale non può e.ssere attuata: Il sovrano ha "un potere i:r>i:>!!._ sistibiZe (il che deve essere ammesso in ogni costituzione civile, poichè chi non ha sufficiente forza per proteggere l'uno contro l'altro non ha neppure il diritto di comandare loro)" (34). Per Kant non si tratterà quindi di negare validità ad un potere puramente empirico, proponendone la sostituzione - magari rivoluzionaria - con un'autorii

139 t~ razionale. Occorrerà invece attuare la ràzionalità

attraverso quella struttura in cui è già presente una autorità, in cui c'è un ordine politico, perchè !'or.dine più ingiusto è sempre preferibile all'anarchia dello stato naturale. Si vede così che attraverso la teoria dell'idealità del contratto, si viene a perdere la carica rivoluzionaria della •.dottrina còntrattualistica tradizionale (35). Secondo Bobbio, questo indicherebbe il conservatorismo di Kant (36). Si potrebbe precisare che con la sua teoria, Kant vuole sa.J:. vare la nozione di autorità, necessaria tanto allo St~ to assolubo quanto a quello liberale. E' sempre valida l'osservazione di Solari: "Nella lotta contro lo Stato assoluto era implicito il pericolo di scuotere il principio di autorità e di sovranità~·· Il libera lismo, se non voleva degenerare in anarchia ••• doveva sottrarre lo Stato all'arbitrio dei singoli,e crea re un potere assolutq ·• irresistibile' 11 (37). Così Kant, in una visione riformistica del passaggio dalla vecchia alla nuova società, non propone un sovvertiment~ rivoluzionario, ma una transizione dall'attuale situazione di forza verso lo Stato ra zionale. Questa transizione deve essere effettuata da gli stessi sovrani 'storici', sotto la spinta del pr~ prio senso del dovere, ma anche sotto l'incalzare del la opinione pubbtica. Attraverso la tematica dell'opinione pubblica si può vedere la natura del rapporto stabilito da Kant fra la società e lo Stato. L'opinione pubblica, come espressione del momento della società civile contz,o lo Stato assoluto, nasce nella coscienza degli autori del periodo illuministico: essa indica la consapevolezza che ha di s~ e della validità delle proprie regole la

società borghese, che va costituendosi nel corso

del

secolo, la propria pretesa a contrastare il peso

del

vecchio apparato statale (38). Il tema

dell'opinione

pubblica è presente pure in Kant, ma riflette, a

mio

avviso, la sua preoccupazione maggiore di definire

e

garantire i termini e la funzione dello Stato. Nella tradizione illuministica, l'opinione pubblica rappresenta la esigenza ,aei diritti della

so-

cietà civile, che va fino a rimettere in causa la legittimità dello Stato assoluto, quando questo

preteg

de di imporle la propria legge. Come abbiamo visto,vi

è in Kant l'esigenza esplicita di una autorità statale irresistibile, che non può essere contrastata dalle opinioni 'empiriche' dei singoli.

Contro lo Stato,

Kant non riconosce alcun diritto dei sudditi, in quag to questi agiscono secondo il fine particolare

fetiaità mentre quello ha per scopo la

della

realizzazione

del diritto razionale. ~use, pertanto, un popolo, sotto una data legislazione positiva, dovesse

giudica-

re ••• compromessa la sua felicità, cosa dovrebbe fare? Ribellarsi? La risposta può essere una sola:

non

vi è altro "da fare che obbedireu (39). Ma Kant.riconosce al popolo la possibilità, anzi il dovere, "di manifestare pubblicamente la

ed sua

opinione su ciò che nei decreti sovrani crede che arrechi ingiustizia alla comunità" (40). Se quindi il PQ polo non può contestare le decisioni del sovrano, può però informarlo, coi:isigliarlo su come deve operare cog formemente alla. volontà generale. Rispettq alla tradizione illuministica, nione pubblica secondo Kant sembra avere una

l'opifunzio-

ne nettamente subalterna nei riguardi dell'autorità. Kant la descrive come un "diritto negativo 11

,

limitato

ai soli dotti, ai "filosofi" la cui voce "non si ri_volge ••. al popolo ••• ,·masi rivolge rispettosamente allo Stato ••• " (41). Ma acquista un ruolo ben più importante quando si veda che l'agire del 9rincipe tr.2 va come segno della sua validità la conformità con l' opinione pubblica: essa è contenuta nel principio "Quello che un popolo non può deliberare su se stess~ non può neanche il legislatore deliberare sul popolo" ( 42) . Attraverso questo tema, si vede che lo Stato si rivela come l'unica autorità, che deve essere 'irresi stibile' per poter imporre l 1 ordine necessario allo svolgimento della vita sociale. Esso deve imporre ai singoli la legge razionale del diritto. Ma questa razionalità imposta dallo Stato non è altr.o che ciò che è richiesto dalla stessa società civile: la garanzia dei diritti inatienabiti del singolo è un'esigenza~ la società e non un'imposizione abusiva su di essa. Si vede così che, al di là delle affermazioni kantiane sulla onnipotenza dello Stato, questo è privo di u nasua reale autonomia nei confronti della società ci vile. Lo Stato kantiano appare così come irresistibile, in quanto costituisce la sfera dell'universalità della legge e della garanzia dei processi sociali. Ma la sua logica non esprime altro che l'interesse generane della società civile: esso è quindi, contemporaneamente,estremamente limitato, in quanto è legato al la volontà generale esprimente le esigenze della società nel suo insieme (43). La struttura ideale dello Stato, il fatto che e_è so sia visto come idea razionale a priori, viene così ad assumere un duplice significato: l'idealità è ciò

142

che deve essere e che non è ancora. In questo senso, Kant, contemporaneo della Rivoluzione Francese, esprl:, me la èoscienza storica della borghesia che sta operande la conquista del potere sociale e politico. La attuazione dello Stato che permetterà il libero sviluppo della società è il risultato di un processo st,2. rico in cui Kant si dimostra pienamente consapevole: L'Idea di una storia ... ci dà il quadro di un ininterrotto. progresso della storia umana, che assume un carattere di certezza nel ConfZitto deZZe FacoZtà del 1798, dopo quindi il periodo rivoluzionario. L'idea di Stato razionale, posta a regola del processo storico, si presenta anche come regolatrice dell 1 attività e dei rapporti fra gli uomini. Essa è. forma di essi, non soltanto perchè regola esteriorme~ te gli atti dei singoli, senza preoccuparsi dei cont~ nuti, ma anche perchè ne costituisce la struttura en·tro la quale essi possono svolgersi. Lo Stato kantiano mantiene la sua funzionalità, tipicamente liberale,, nei riguardi della società civile, ma a questo fine si specifica come la sfera particolare dell'universalità e della necessità della legge. In questo senso,il 'f~ malis!tiÒ'della politica kantiana non può più essere vl:, sto soltanto come elevazione surrettizia di categorie empiriche all 1 universalità {44), ma come il riconosci mento della specificità della sfera statale all'inter no della società civile.

8.

Kant non ha - a mio parere - completamente esa~ rito la tematica dello Stato liberale. In particolar~ la sua teoria della separazione dei poteri e quella

143

della rappresentanza, subito riassorbite nell 1 autorità e.ffettiva del sovrano, non sono in armonia con le esperienze parlamentari inglese e francese. Il senso della fedeltà e dell'ubbidienza al principe sono spe~ so in antitesi con l'idea di Stato 'repubblicano'. c2 sì la natura dello Stato liberale tende a sfuggire, sotto determinati aspetti, al suo pensiero. Ciò.nonostante, Kant sembra cogliere l'importa~ za di questa tematica, proprio nel momento storico in cui lo Stato tende a diventare, da termine in contraE posizione alla società civile, una sua funzione;in un momento in cui si tratterebbe di recuperare la nozione di autorità e di universalità della funzione stat;:;. tale, questa volta in nome degli interessi della società: si potrebbe notare che l'esperienz9- rivoluzionaria ha mostrato l'esigenza, per La borghesia, di uno Stato abbastanza forte da imporre e difendere le proprie conquiste.

NOTE (1) La disitinzione terminologica fra Stato e società non è tuttavia interamente messa in luce da Kant. Egli usa ilter mine "burgerliche Gesellschaft" anche nel senso di organizzazio= ne politica. Si veda ad esempio la tesi quinta dell'Idea: 0 Il più grande problema alla cui soluzione la natura costringe la specie umana è di pervenire ad attuare una società civile che faccia va lere universalmente il diritto 11 • La funzione politica di ·attua= zione di una legislazione razionale è compito della 'società civi le 11 • KANT, Idea. di una sto1'ia univePsaZe dal punto di vista ao= smopolitiao, in SaPitti politiai e di filosofia delta Storia, a cura di N.BOBBIO e L.FIRPO, Torino 1971, p.128. M.Riedel ha notato che questa confusione, oltre che terminologica, è anche concettuale, e sta ad indicare il mantenimento di Kant in quella tradizione 11vetero-europea 11 che non distingueva i due momenti, 11 poichè la vita sociale in se stessa - nella capacità giu ridica dei cittadini ••• - era già politica e lo status politious-; di questo mondo umano così concepito conteneva quasi avviluppato l'elemento propriamente 'economico' e 1 sociale 1 nella· struttura

padronàie-fam:i.gliare oppure corporativa" (M. Riedel, Hegel.. ft'a tra dizione e rivotuzione:; tr.it. di E.TOTA, Bari 1975). Lo stesso Riedel scrive comunque: "da un lato, Kant rimane . • • dipendente in punti essenziali dalla tradizione sottoposta alla Critica.Dal l'altro, però la Critica kantiana supera i limiti, non soltanto del diritto naturale scolastico-aristotelico, ma anche di quello moderno, che ostacolavano una nuova normativa del concetto,espri mente il mutamento della base storico-sociale" (M.RIEDEL, artico lo Burgerliche Geseltsahaft in Gesahichtliahe Grundbegriffe, Hi'=

storisehes Lexikan zio:' Potitisch-Soz,ialen Spraahe in Deutschland,. Stuttgart 1975). Tenendo quindi conto delle limitazioni del discorso kantiano, ancora rinchiuso per molti aspetti nella tradizione, si può vedere nel suo pensiero il momento di apertura alla tematica 'del rapporto fra Stato e società come sfere distinte.

(2) KANT, Idea di una storia universale daZ punto di vista aosmopotitioo in Scritti politiai e di filosofia della storia e del diritto, cit. p.127. (3) Ivi, p.127. (4) Ivi, p.127.

(5) Kant's Gesammette Sohriften3 Berlin-Leipzig, 1902 p.74. (6) KANT~ Congetture sull'origine della storia in Saritti poUtiai, cit. pp.'196-208. (7) KANT, Idea ••• , cit. p,129. (8) A.SMITH, Indagine sulla natura e le c:ause delta r:iaahezza delle nazioni:; tr,it, F.BARTOLI, C.CAMPORESI, S,CARUSO,Mi lano 1973, p.4, La concezione sostanzialmente ottimistica che ha Smith dello sviluppo spontaneo delle forze sociali non è comunque ciecamente apologetica. Come è stato osservato, 11 confluiscono ne.!:_ la Wealth (1776), e vi trovano sistemazione, esperienze moltepli ci e complesse, che hanno consentito a Smith di penetrare con forte: 0 spirito critico nella dialettica del mondo conunerciale e indu·s'triale e di sorprendere gli s~uilibri e le difficoltà di una società che, per il suo configurarsi come una società fondamentalm~nte commerciale, si era già presentata al realissimo pensiero d:i'- Hobbes come non possedente altra misura, nella valutazione dell'uomo, che la sua utilità e, per ciò, il suo prezzo". (P.SALVUCCI. La filosofia potitica di Adam Smith, Urbino, 1966, pp.12-13. Si vedano. su questo argomento le pp.11-29). Resta tuttavia, malgrado la coscienza che Smith ha delle contraddizioni della 11 società commerciale 11 , il suo giudizio positivo sull'effettivo progresso che egli vede nella vita associata. 11 Nei fisiocratici e in Smith, .il fenomeno prorompente del lo "sviluppo economico• lascia in ombra ••• l'ineguaglianza so-= ciale" (L.COLLETTI, Ideologia e soaietàJ Bari 1970, p.221). (9) KANT• Congetture cit. pp .199-205. (10) KANT, Critioa del GiudiaioJ Bari, 1970, p,306. Oi) lvi, p.308. "·,,;_,-,.-.·~ 1938,

xx,

145' (12) Ivi, p.309. (13) Ivi, p.308. (14) KANT, Per la paae perpetua, in Scritti politiai,cit p. 312. (15) KANT, Principi metafisici della dottrina del dirit to in Scritti politici, cit. p.503. (16) KANT, Congetture cit. p.207. (17) KANT, Gesammelte Sahriften cit. XIX p.503. (18) KANT, Sopra il detto aomune: 11(/uesto può essere giu sto in teoria, ma non vale per la pratica" in Saritti politici-; cit. p.262. (19) KANT, Dottrina del diritto cit. p.502. (20) Ivi, p.493. (21) KANT, Paae perpetua, cit. p.294. (22) Interessante è la seguente osservazione di Gierke: "(Kant) , sostituì completamente alla sovranità di un soggettovi vente quella della astratta legge della ragione, ••• concepì la legislazione come esercizio collettivo della volontà individuale autonoma". o. von GIERKE, Giovanni Althusiùs e 'lo sviluppo sto riao delle teorie politiche giusnatUX'alistiahe, a cura di A.GIO LITTI, Torino 1974, p.159. La stessa funzione del sovrano è vi= sta da Kant, almeno idealmente, come rappresentante della volon tà generale: "ogni forma di governo che non sia rappresentativa - nota infatti Kant - è propriamente informe ••• 11 in Per> la paae perpetua; cit. p.295. (23) KANT, Dottrina deZ diritto, cit. p.493. (24) V.DELBOS, La phiZosophie pPatique de.Kant, Paris 1926, pp.115-116. Oltre a DelLos, ricordiamo G,GURVITCH, Kant und Fiahte aZs Rousseau 1s Interpr>eten, "Kantstudien11 1922 . (di cui esiste una traduzione francese: Kant etFiahte interpPétes de Rousseau, "Revue de Métaphysique et de Morale 11 ·1971) in cui si vuole mostrare lo stretto rapporto fra la coscienza morale rous seauiana ed il formalismo etico di Kant, e pureE.CASSIRER,l:a f? losofia deZZ'iZZwrrinismo, tr.it. E.POCAR, Firenze 1973 (loscrit to originale è del 1932), che afferma che Kant trova proprio nel pensiero di Rousseau le premesse per il proprio superamento del 1 1 illuminismo(si vedano in particolare le pp.374-378). (25} Si veda: N.BOBBIO, Diritto e Stato neZ pensiePo di E.Kant, Torino 1957 pp.223~229: Kant, benchè riprenda la nozione di libertà come autonomia e la teoria del contratto come alienazione del singolo nella collettività, usa questi concetti soltanto come mezzi per affermare la libertà come non-impedimen to ed il valore di reciproco riconoscimento dei diritti nel contratto. Si veda pure U.CERRONI, Kant e lafondazione della aatogoria giuridiaa!.>' Milano 1962: "Nella originalitàdellacostruzione te2_ rica è possibile ••• individuare la protenda discriminante che fa di Kant il teorico del liberalismo e del moderno costituzionalismo giuspositivistico e di Rousseau il teorico di una demo-

crazia integrale che schiude il problema della indagine sulla 'questione sociale' ". Ivi, p. 212. (26) KANT, Congetture Cit. p.203. (27) J.J.ROUSSEAU, Du Contrat Soaiai, in Du Contrat SoaiaZ et autres oeuvres poZitiques, a cura di J.EHRARD, Paris 1975, p.225. (28) KANT, Per Za pace perpetua, cit. p.318. (29) ROUSSEAU op.ait. p.243. E 1 necessario tuttavia indicare la bivalenza della teoria rousseauiana. Da un lato egli individua (nelDisoou.rs suz, l'origine de Z'inégaZité pcwmi les hommes~ in Du oontrat SoaiaZ .•. cit. pp.25-122) i limiti e le contraddizioni dello sviluppo della società liberale.ed elabora nel Contratto Sociale l'idea di uno Stato in grado di integrare, attraverso l'universalità della volontà generale, i singoli membri del corpo sociale. Ma dall'altro, egli non è capace, per mancanza di una reale analisi di processi sociali in atto, di proporre, come contenuto dello Stato, altro che un'ideale di società di piccoli proprietari ( 11pour autoriser sur un terrain quelconque le droit de premier occupant, il faut .•• qu'onn'en occupe que la quantité dont on a besoin pour subsister ••• ' 1 Du ContPat SoaiaZ,cit.,p.248), basata su di un'economia autarchica e di sussistenza ("quel peuple est donc propre à Ìa législation? ••• ce lui qui peut se passer des autres peuples, et dont tout au tre peuple peut se passer; celui qui n 1 est ni riche ni pauvre~t peut se suffire à lui-meme ••. " Ivi,p,269. Si veda (Ivi) il significativo esempio della Corsica come unico paese europeo degno di legislazione). Rimane però, a mio avviso, l'importanza dell'intuizione rousseauiana, nel suo concetto di volontà generale, di una sfera "universale" della statalità, Si veda anche R.ZAPPERI,Per• la CPitiaa del conaetto di rivoiuzione borghese, Bari, 1974,il qua le, pur rilevando il limite del pensiero rousseauiano nella sua mancata comprensione della nuova realtà capitalistica (p.95) in dividua nella teoria della volontà generale il superamento del contraJ:tuali1>mo ~lluministico: nn concetto della volontà generale :Hmandava infatti sostanzialmente alla necessità oggettiva II di una organizzazione razionale della vita in comune Ivi, p.104. (30) KANT, Dott~ina del diritto, cit. p.446. (31) Ivi, p.415, (32) KANT, Gesamrneite Schriften,cit.

XX p.14.

(33) KANT, Sopra iZ detto aomune ••. cit. p.262. (34) KANT, Per la pace perpetua cit. p.331. (35) G.VLACHOS osserva: 11Non essendo destinata ad un uso costitutivo ••• , l'idea razionale del contratto di associazione non potrebbe servire da criterio positivo di legittimità di un determinato regime politico concreto ••• l'ipotesi contrattuale è chiamata, nel pensiero di Kant, ••• a mostrare quale sia il 'maximum di perfezione' in campo politico, senza pre-

147

tendere lo scadimento immediato ed irrevocabile, come i partigiani dell'idea rivoluzionaria del contratto pretendono,di tutto ciò che non sia interamente conforme a quella perfezione idealet1. In G. VLACHOS, Lapensée pol.iti17.ue de Kant., Paris 1962. Vengono qui sintetizzati a mio avviso i termini del discorso•kan tiano: l'idealità del contratto, sta ad indicare da un lato 1T aspetto riformistico del suo pensiero; dall'altro, lanozionedi forma razionale che deve assumere il concetto di Stato nei riguardi dell'esperienza storica. (36) Si veda N.BOBBIO, op.ait. p.229; Bobbio, che mette in luce gli aspetti liberali del pensiero kantiano, non sembra porsi il problema delle motivazioni del 'conservatorismo' di Kant, che andrebbe ricercato, a mio avviso, nel suo profondosen so dell'autorità dello Stat6. (37) G.SOLARI, IZ tiberaZismo di Kant e la sua oonaezio ne dello Stato di dit>itto in Studi stoPioi di Filosofia det Di:= t>itto, Torino 1949, p.237. (38) Si veda sul problema dell'opinione pubblica come espressione della sfera del privato contro l'autorità dello Sta to assoluto R.KOSELLECK, Ct>itiaa iZZuministiaa e ansi della oietà•borghese, tr.it. G.PANZIERI, Bologna 1974, p.69 e sgg. (39) KANT, Sopra il detto aomune .•• cit~ p.263. (40) Ivi, p.270. (41) KANT, Conflitto delle Faaoltà, Se it genere umano sia in aostante proyresso in Saritti folitiai., cit, p.224. (42) KANT, Sopra iZ detto aomune ..• cit. p.271. (43) "Di fronte alla sfera pubblica tutte le azioni politiche debbono poter essere ricondotte al fondamento delle le!c gi che, ••• devono apparire all'opinione pubblica come leggi universali e ragionevoli. Nel quadro di una condizione retta da norme generali ••• la legge di natura del potere è sostituita dal potere delle leggi di diritto - la politica può essere ricondotta in linea di massima alla morale". In J.H.HABERMAS Storia earitiaa deZZ'opinione pubblioa., tr.it. A.ILLUMINATI, F.MASINI,L.PERRETTA, Bari 1974, p, 133. In altri termini, si vede che, in ultima analisi, la legge dello Stato deve essere conforme al la volontà pubblica dei cittadini; il politico deveadeguarsial morale rappresentante la sfera privata degli individui. (44) Come invece tende a fare CERRONI in op.oit,:"Il li mite della costruzione kantiana ••• è la costituzione meramente formate ... della legislazione etica universale ••• E il '~itoE_ no' del particolare a struttura della legge universale lascia su.e, porre proprio la partiooZarità della persona presupposta come valore ••. " Ivi p.63; il discorso kantiano è visto soltanto come elevazione dei contenuti empirici a valore universale: non si co glie cosi il tentativo kantiano di comprensione, attraverso sue categorie filosofiche, della realtà socio-politica del proprio tempo.

so

le

Teoria potitioa e oonoezione detlo stato in Hegei GIUSEPPE DUSO

E' stato indubbiamente un grosso passo in avan-

ti nella comprensione del significato e del ruolo del la filosofia hegeliana quello di aver sottolineato e sondato il rapporto che essa ha con i classici dell'e conomia politica. Il prohlema non è tanto consisti to nel vedere il modo in cui Hegel ha recepito e com~ preso in termini puramente economici ed economicamente corretti la nuova realtà capitalistica, quanto,piu:!;. tosto nel riscontrare l'omogeneità del suo statuto 12_ gioo con quBllo dei classici, la capacità di recepire all'interno della sua sinte~i concettuale quella scienza tipicamente moderna che è l'economia politica (1). Tuttavia questo tipo di indagine ha forse ap piattito in un piano perfettamente omogeneo il rappoE to di economia e politica, non riflettendo sullo scar to che Hegel pone tra le due sfere e sui nessi specifici che individua nella sfera del politico. Tale scaE to appare in modo netto almeno nelltaspetto per cui nella Fiiosofia dei diriitto la prima si colloca all 1 interno della "società civile" e la seconda caratterizza in senso pregnante lo Stato (anche se in Hegel l'economia, come si vedrà, non coincide con la società civile, che comprende anche momenti di organizzazione politica, cosl come il politico non coincide sem plicemente con lo statuale). Hegel rifiuta radicalmeE, te la concezione che vede nello stato il garante degli interessi privati: essa riduce lo stato alla di mensione della società:

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se si scambia lo stato con la società civile, e la sua destinazione è posta nella sicurezza e nella protezione della SE_ cietà e della libertà personale, i 'interesse de"l singoto aome ta te, è il fine ultimo, nel quiil.le essi sono unificati (LFD, § 258 ann.).

La realtà dello stato sta nell'esprimere nella sua concretezza l'eticità, e il razionate in sè e per sè; non dipende dalla volontà dei singoli nè è al ser vizio di essi: quest'unità sostanziale è fine a se stessa, assoluto, im moto, nel quale la libertà giunge al suo diritto supremo, cosI come questo scopo finale ha. il più alto diritto, di fronte ai singoli, il cui dovere supremo è di essere componenti dello sta to (LFD, § 258). . -

Lo stato non è a servizio della proprietà, nè la sua funzione propria è quella di promuovere la felic! tà e il benessere dei singoli, secondo quanto rec:tta l'ideologia del sopravvento della società sul potere statalé; esso ha piuttosto una sua logica autonoma in quanto è fine, e una logica di dominio in quanto org~ nizza in sè gli altri momenti. Il problema non è qui di relegare nell'ideologia questa concezione hegeliana, ma piuttosto di vedere quanto lasci trasparire di realtà sull'intreccio di economia e politica in un m2 ment~ in cui •il capitale sta imponendo il suo comando e in cui si assiste ancora a grossi rivolgimenti poli tici quali la rivoluzione francese.

1. I"l concetto di stato eta cent~atitd dei potere

Assai presto si palesa in Hegel, l'interesse P2 litico, che media il discorso filosofico e teorico e lo calibra in rapporto al problema dell'interventonel mondo degli uomini: ciò si pue riscontrare sia nella

151

sua critica all'astrattezza della filosofia della rifl~s~ione, sia nel giovanile approccio alla religione, che contro 1 1 intellettualismo presenta la forza de,! la sensibilità e dell'azione, ed è vista come il luogo della nascita della forma della politica e della f,! gura dello stato (2). Il ·politico in questa sua forma soggettiva dell'intervento, che può proporre la n~ cessità di andare "oltre lo stato" (3), e che pone il problema di "agire efficientemente sulla vita degli u,2_ mini 11 (4), si intreccia ben presto con la tematica del lo stato, e questo, a differenza di Kant e Fichte,che rispecchiano elementi tipici dell'ideologia rivoluzi,2_ naria, ~ considerato come la vera sede della libertà. Nello scritto sulla Costituzione detta Germania emerge tutta la portata che viene ad avere lo spazio della politica in Hegel, e ciò è da tener presente per chè siamo in un periodo che precede · quell'esplodere d ~ a t i c a dell'economia politica .che.si ha nel!.e Lezioni jenesi di filosofia dello spirito. E' utile soffermarsi su questo scritto, non per ricostruire in modo esaustivo 1 1 itinerario hegeliano, ma per cogl:t~ re alcuni concetti fondamentali in relazione al nodo della politica e al tentativo di deter_minazione della sfera dello stato. Ciò che è esplicitato fin dall'inizio è l'inte!! zione di analisi del reale contro l'ideologia del "c,2. me dovrebbe essere". Se ci sono stati tempi immediat! mente precedenti in cui Hegel si è mostrato sensibile al divario emergente tra l'anelito di libertà e la si tuazione reale, tra il senso progettuale della teoria e la durezza del reale, ora l'attenzione è rivolta alla comprensione di ciò che è (5), e precisamente della situazione disgregata della Germania:

-----~---:..---...;;_-----_:;___

i pensieri contenuti in questo scritto non possono avere, nel presentarsi in pubblico, altro f.ine e altro obiettivo che il comprendere ciò che è (SP, 14)

e ancora: sarebbe del tutto fuori strada colui, che per rendersi conto di ciò che viene accadendo in Gennania, si rifacesse ai concetti di ciò che deve essere, cioè alle leggi costituzionali (SP, 15).



Ciò non ha solo il significato generale dell'ai teggiamento di comprensione del reale: la realtà disgregata dell'impero si evidenzia solo se si riesce a identificare correttamente il terreno dello stato. Si ha così qui il significato più specifico di un appr.o~ eia determina~o alla teoria dello stato: progetti e teorie possono pretendere di essere considera ti reali nella misura in cui sono attuabili, ma il loro valoreè lo stesso, siano essi tradotti in realtà o no; una teoria dello

stato inveae paI'Za davvero di stato e di costituzione sol.o se es sa apirwide aon la.J;faltJl (SP, 23; cors.mio). -

In ques·ta direzione, all' interno cioè non di una scienza che stabilisce come lo stato deve essere, ma di una analisi che riconosca in base a cosa uno stato è tale, Hegel cerca di giungere al concetto di st~ to. :E lo fa togliendo di mezzo quelle considerazioni che~' appaiono· collaterali e non essenziali alla defin,! zione ~i stato, quelle cioè che pongono a criterio di ' unit~ vuoi il fatto che l'autorità sia in mano di uno o di molti, vuoi il fondamento di questa autorità (elezione o nascita) o l'ùniformità dei diritti civili, o l'eguaglianza delle leggi, o il modo di partecipazione dei cittadini al potere legislativo, o la forma dell'amministrazione, o l'eguaglianza delle imposte dei cittadini e dei contributi delle varie parti geografiche dello stato per le spese pubbliche. Ancora '

vengono accanto_nat:l. due aspetti importanti, quali la comunanza dei costumi, di cultura e lingua e l'ident1 tà di religione. Giustamente Avineri sottolinea l'importanza di questa esclusione che pone Hegel lontano da concezioni di tipo nazionalistico (6). Il discorso di Hegel non è volto ad interessi immediatamente nazionalistici, di rivincita della Ger mania, come voleva il Rosenkranz, datando erroneamente lo scritto nel 1806-1808, e cioè dopo la sconfitta prussiana di Jena ad opera dei Francesi, ma piuttosto è teso alla comprensione realistica della forza e della struttura dello stato moderno, alla cui definizione aveva portato un grosso contributo anche l'organizzazione dello stato napoleonico. Lo stato che esce dalla rivoluzione francese non è tanto ·uno stato in cui il potere si è diffuso nel sociale, quanto piutt2 sto uno stato che nella sua articolazione risulta più forte del modello assolutistico, che non poteva più reggere nei confronti della complessa articolazione e delle forze emergenti al livello delle strutture economiche e sociali. Al di là di tutti i criteri che appaiono non e~ senziali alla determinazione del concetto di stato , viene alla luce quello che Rosenzweig chiama 11 1a nuda e semplice realtà dello stato come potenza"(?): una moltitùdine di uomini può darsi il nome di stato sol tanto se è unita per la comune difesa di tutto ciò che è sua pr~ prietà (SP; 22).

Ciò che costituisce lo stato è l'esistenza di 11 una forza unitaria; non tanto l' intenzioneu di dife,!! dersi, che con le leggi e parole si esplicita anche in Germania, quanto l'effettiva esistenza di una forza unitaria che consenta al coDpo dello stato di difende!

154

si e di attaccare, di rapportarsi cioè alle altre entità statali (8). Essenziale allo stato è "un comune apparato militare, e un potere statale" (SP, 23), al di 1~ dell' ordinamento che esso ha. Questo concetto di potere vi~ ne a determinarsi e a configurarsi in modo piò preciso nel momento in cui Hegel afferma la centralità di questo potere, la sua concentrazione in un punto: l' esserci del potere e la sua concentrazione fanno una cosa sola. Lo~)esige un centro universale, un monarca e corpi rappresen~, in cui trovino un principio unitario i diversi poteri, la politica estera, le forze armate, i mezzi finanziari richiesti da tutto ciò, un centro che, per esercitare la dire zione, abbia anche la potenza necessaria per far rispettare stesso e le sue decisioni, e per mantenere dipendenti da sè singole parti (SP3 19). E' proprio per la mancanza di questo potere cen

trale che" la Germania non è più. uno stato": i centri di potere si sono moltiplicati e hanno 'acquistato una loro indipendenza e libertà, sono divenuti una pr2 prietà privata che può contrattare con il potere dello stato: la moltiplicazione dei centri di potere e la lpro indipendenza ha comportato la morte di un organi ~mo che nÒn c'è più. Allo stato è necessaria la centralità del potere in rapporto alla autonomia dei corpi territoriali, ma anche la concentrazione e la direzione in relazione ai vari poteri che si hanno all'interno dell'organizzazione statale. E' questa una linea chiaramente critica nei confronti dt Rousseau e d-el concetto di democrazia·: 1 1 estensione e la complessità organizzativa dello stato moderno non permettono la partecipazione diretta dei cittadini al potere e alla deliberaz.ione· sulle

155

questioni politiche. Il potere statale deve concentrarsi in un punto sia per 1•esecuzione, che spetta al sovrano, sia per la decisione rela~ tiva (SP> 29).

2. Lo spazio della politiaa E' ben vero che in questo momento ha grande rilevanza l'aspetto della 11 potenza bellica e tutto qua!! ·to vi è connesso", ma il discorso di Hegel non è certo calibrato sul concetto di mera forza, militare e f_! sica. La sua è piuttosto, come è stato indicato, una vera e propria "apologia della politica 11 (9), al di là della denigrazione dei Mensahenf:Niunde e del loro richiamarsi ai principi e alla morale. Se l'ordine leg~ le viene mantenuto non dalla forza delle leggi, ma dal potere che fa rispettare le leggi, questo non è tutt~ via solo forza mate~iale, ma è calcolo, è appunto poZitiaa (cfr. SP> 63-65), le cui leggi sono dettate non dalla morale ma dall'interesse dello stato. Per questa ~trada Hegel non può non incontrare Machiavelli (10). Tra Hegel e Machiav~lli si pone un rapporto stretto, anche a riguardo dell'oggetto di analisi, in quanto l'Italia "ha avuto in comune con la Germania lo stesso ccirso del destino 0 , anche se ha, peE, corso prima la strada che la Germania stava percorre~ do al tempo di Hegel (SP, 101). La grandezza di Ma chiavelli sta nell'aver compreso che per uscire dalla schiavitft e attingere la libertà l'Italia dovevad! ventare uno stato. Al di là del "cieco vociare di una cosiddetta libertà 11 e della riprovazione che copre lo stesso nome di Machiavelli, il grande uomo di stato italiano ha capito ciò che Hegel stesso ha ora definì

coscienza è un principio importante nell'epoca moderna ma non ha niente a che fare con il potere, non deve esprimersi come potere, e lo stato deve ben con trollare che questo non avvenga. Ma ciò che appare più importante è la critica hegeliana a un concetto meccanicistico di stato in cui è da ravvisare una critica a Fichte, ma anche allo stesso stato di polizia prussiano (SP, 30-31) (12}. L' essenziale è che il potere sia centralizzato: se ciò ,si dà e quanto più forte si dà, tanto più un potere statale può senza timore di gelosia, affidare ai sistemi e ai cor pi subordinati, nell'ambito delle leggi, di regolare e di mante nere una gran parte dei rapporti generatisi nella società (SP-; 29-30);

e ancora: nulla deve essergli così sacro quanto garantire e proteg gere, in tali cose, la libera attività dei cittadini ••• questalibertà infatti è sacra in se stessa (SP, 32).

Ciò non solo per salvaguardare i l principio di libertà dei soggetti, ma anche perchè è nello stesso interesse dello stato che i corpi particolari "ammin,! strino i loro affari e provvedano alla giustizia 11 .Non è celito qui chiaramente presente la sfera economica con ie sue leggi, ma emerge una sfera degli affari e dell'arru;ninistrazione della giustizia che deve essere lasciat~ all'autoregolazione dei cittadini e dei corpi particolari (13). Tanto più è possibile che tale .accentrato, e tale sfera significato politico, non pone pi particolari come stati di fronte allo stato. - ~ la libertà sogg~ttiva, al di là ael-:-fe vuote

159

chiacchiere che la contrappongono allo stato in un'anarchia che è da punire, ha un luogo reale d 1 espressione a livello politico, e questo è costituito dalla necessità della partecipazione del popolo, attraverso i ~~uoi deputati agli affari generali e ;lle decisioni del sovrano (SP, 122-123). Si tratta cioè del

siste-

ma della~rap2resentanza, che pur non essendo ~nasco-

~.....,

perta recente, in quanto intessuto con

l'ordinamento

feudale (SP, 86-87) è il sistema di tutti

i

moderni

s~~urop;=:_i (SP., 83). Il partecipare del popolo a gli affari generali attraverso la rappresentanza

ha certo il senso che nel popolo stia il

non

fondamento

dell 1 esercizio del potere, quanto piuttosto che il poterè deve necessariamente passare attraverso

questa

forma di partecipazione, che garantisce.la libertàsoi gettiva (cfr. SP, 123). Il modo in cui Hegel affronta il problema della rappresentanza e la continuità individuata tra istit~ zioni medievali e moderne, mostra come non sia ancora chiaramente individuato lo spazio dello stato moderno e del ruolo che in esso e nella moderna società svol-

f

gela soggettività. Tuttavia appare già qui \\ma fondamentale della ~e91azione tra le e libertà formale-soggettiva. ,t.,, ...

potere

il probl~

centra-

D'altra parte assieme alla rappresentanza si delinea la sfera degli affari generali, e cioè

quello

del politico-statuale, come sfera specifica che ri

-

chiede un sapere e una competenza specifica: Quando, mutati i costumi e il modo di vivere, ognuno dovette occuparsi di più dei suoi bisogni e dei suoi affari priva ti, quando la parte numericamente preponderante degli uomini li::beri, il ceto borghese in senso, proprio, fu costretto a guarda re esclusivamente al suo bisogno e al guadagno; quando gli sta::" ti divennero più grandi, più complicate le relazioni internazi,2_

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Ii

nali, e coloro che si dovevano occupare esclusivamente di ciò di_ ventarono un ceto a parte - e venne aumentando anche la quantità dei bisogni dell'uomo libero, della nobiltà, che doveva indu striandosi e lavorando per lo stato, mantenersi nel suo raneo so ciale; quando, insomma, gli affari della nazione divennero via via più estranei ad ogni singolo individuo, la cura di essi si venne setnpre più concentrando in un solo centro costituito dal monarca e dai membri delle diete, cioè da una parte del popolo, il quale o compare personalmente, come la nobHtà e il clero, ovvero, come terzo stato, rappresenta il resto della popola zione (SP, 82-83). -

Sia pur nella semplificazione della distinzione tra l'indifferenziata classe dei borghesi, e quello tradizionale della nobiltà si delinea qui la separa·-. zione tra la sfera del borghese e quella dello stato, che ha bisogno della figura del tecnico,. del burocrate, per la complessità del suo funzionamento e per la separazione nei confronti dell'area privata del borghese. In questo testo in cui si celebra la politica, nel senso dell'azione tesa a formare lo stato, a concentrare un potere dominante, emerge già la prima indicazione del politico come spazio specifico dello st!! tuale, come organizzazione· del potere dello stato. D' ora in poi l'elaborazione hegeliana, sempre più elab2 razione teorica, si muoverà tra questi due poli, quel

tl 1c/~ioè

della iniziativa e della a.~?-~:~~j.Y-,i,t_à politi: {\ ca, e quello dell I oggettiv.i_tà_ delle istituzioni e del~ ·lo stato.
ate, proprio nel momento in cui usa elementi tipicamente Zibe"t'ati nella sua concezione dello Stato (47). La soggettività e la libertà formale hanno la loro verità nell 'owosto, nell~ volontà• sostanziale del eotere sovrano e nella libe;tà · sostanziale che a differenza di Kant e di Fichte sta ormai decisamente nello stato (§ 320 e 257).

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La soggettività, la quale, come risoluzione della vita esistente dello stato, ha la sua manifestazione più éste-Pio:r>e . nella opinione e nel raziocinio, che vuol fare valere la sua accidentalità e che appunto così si distrugge, ha la sua vera realtà nel suo contrario, nella soggettività, in quanto identica alla volontà sostanziale, che còstituisce il concetto del po tere sovrano, e che, in quanto ideatità .della totalità, non -r ancora giunta nelle cose dette 'sin qui, al suo OirittO e _alla sua esistenza(§ 320).

~. Lo stato oome soggetto potitioo: Peatiemo e idealo gia • ·~:

Il concetto di stat:'.o come soggetto polit:l.co ha ripercussioni in relazione al modo di intendere il p~ litioò all'interno e all'esterno dello stato. Lo sta to è j.!tdividuo re.E:J:•~ e in quanto tale è in rapporto con gli altri individui: tale rapporto, proprio per l' autonomia che garantisce ogni sogget-~_~, è rapporto d:I. negatività reciproca. Questa negatività, che si mostra nell'aspetto esteriore (rapporto di un attPo con un altro) indica però la negatività interna allo stato stesso, che si esprime nella nullità, in relazio'

-

ne alla suprema sostanzialità dello stato, di tutte lè cerchie particolari,· della vita, della proprietà e dei suoi diritti (§ 323). Certamente la negatività diale,!; tica non ha. il senso della assenza (come nel mondo an . tico) della particolarità con i suoi diritti, ma ha in ogni caso il significato dell '· incontrastato dominio dello stato politico e dei suoi interessi nei confron ,,,..-~ ,.,.,.,,,_.. ,.,~,,,.. ...... ",,,,,__,,,_~ .,. .ti della proprietà e felicità individuali. Siamo lontani dalla concezione di uno stato tutto rivolto a g~ rantire la felicità e la proprietà. Anche la gu,erra sta a sottolineare questo predi?, minio della poli tica;;.:gli interessi particolari.

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Nella condizione di paae~ le cerchie e gli affari particolari tendono all'appagamento dei loro affari e fini particola ri; ed è• in parte, soltanto la maniera della cosciente neaess'i tà della cosa, per la quale il suo egoismo si muta nel contri':' buto alla conversazione reciprçca e alla conversazione della to talità (v. § 183); ma, in parte, è l'influenza .diretta dall'al to, per la quale, ess.i sono tanto ricondotti continuamente al fJ.. ne della totalità e, quindi, limitati ('v~ potere governativo , § 289), quanto costretti a fare dirette prestazioni per questa conservazione; - ma, nella aon.dizione di necessità, sia interna o esterna, è la sovranità, nel cui sémplice e concetto si fonda 1 t organismo esistente nelle sue particolarità, e alla quale è af fidata la salvezza dello stato, col sacrificio di queste, che altra volta erano pr{vilegiate; nel che, dunque, quell'idealismo giunge alla sua realtà caratteristica (v. sotto,§ 321}, (§ 278 ann,).

Ancora una volta_Jpminio d e l ~ i s u l socia~e,e anc.2_ ra funzione della filosofia in relazi.one a questo dominio: stretto rapporto di sapere e potere~ filosofia e stato: il conce•tto e la filosof.ia fa svanire il punto di vista della mera accidentalità e, in essa, in quanto apparenza, riconosce la propria essenza, la necessità, E' necessario che il finito, il possesso e la vita. siano posti come cose accidentali; poichè questo è il concetto del finito(§ 324 ann,),

Non si vuol certo proporre une Hegel schiavo dellost!

to prussiano o apologeta del regime poliziescodiKar! della sbad, come lo presentarono spesso i recensori Filosofia deZ dix>itto: uno Hegel che sancisce il pre sente, 11 protot:tpo di opportunismo polit:i!col' (48). Son è questo il punto, e nemmeno quello di scagionare come fa lo Ilting questo Hegel annullando tutto il significato dei Lineamenti> in quanto il pensiero del filosofo sarebbe totalmente trasformato e camuffato per paura della censura, al punto da esprimere una ,concezione opposta a quella "veramente sua,. che sare2 be totalmente liberale (49). Non è apologetico o op·portunista questo atteggiamento di Hegel, né è una r2 tella del funzionamento statale la figura del filosofo che egli propone. C 1 è uno stacco tra teoria e intervento immediato, e se è vero che il discorso teor! co nasce dalle esigenze della politica pratica ed è a queste legato, è anche vero che· in quella non si risolve ·total~ente. Lo sguardo del teorico (il filosofo heg~liano) abbraccia l'intero campo della politica e delle sue esigenze: vede le mancanze, i p~nti deboli dello stato che ha di fronte. Il discorso di Hegelda! la Costituzione alla Fitosofia dei Diritto non è certo di accettazione pactfica dell'esistente. E 1 daricori,re éhe la filosofia va al di là dello spirito oi gettivo ••• ma anche che non apre nuovi spazi oggett! vi, nu6ye realtài non apre certo una realtà tutta legata alla evitica - col significato positivo e polit! co che a tali termini si è soliti attribuire - della società e dello stato. Lo spazio della razionalità nella sua oggettività è qui311o d e l l o ~ e perciò la filosofia deve intenderne la natura invece che inventare nuove·conc2 zioni. ·

Riprendendo il conèetto di negatività interno al . ..... lo stato è da fare una ulteriore considerazione. Questa negatività non riguarda solo l'aspetto della proprietà, del sistema dei bisogni e del sociale, mariguarda anche l'esprimersi politico dei·soggetti inte!: ni allo stato. Che lo stato sia soggetto potitico significa che non ci sono soggetti politici.all'interno dello stato: tale soggettività è neutralizzata, elim.!, · nata. La logica della parte all'interno dello stato S! rebpe abberrante: t""------arbitrio e anarchia distrugg,erebb~.:. . . . ro l'unità dello stato·e dunque il.vero sog:getto{SO). Tutto-deve essere controllato e reso funzionale allo stato; ~ome si è visto a proposito della plebei si d! ve evitare che emergano a livelli politico logiche di parte. Il rapporto di amico e nemico - per dirla con Carl Schmitt-,di altro ad aZtpo~ all'interno dello stato è demandato alla sfera economica o ·alla sfera sociale, non a quella politico-statuale. Ancora una volta però, al di là del~'ideologia di cui si può parlare, e della· funzionalità del di. scorso hegeliano al·mantenimento di un detèrminato a! setto di potere, è da vedere la comprensione realist.!, ca di Hegel: è necessità del potere, per la sua so prav,•ivenza, quello di controllare e neutralizzare i soggetti che si manifestano al·suo interno, le parti che tendono alla rottura, che esprimono odio verso il governo. D'altra parte risulta necessario, perchè un soggetto politico sia tale, che non resti confinato a! la sfera dell'economico~ del sociale, ma che si "esprima al, livello dello statuale e delle ist;!.tuzioni: che conquisti lo stato. L'ottica hegeliana è quella dello stato come soggetto che comporta l'interno dominio della forma, sia pure con l'attenz:l.one all'e.

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"'.,,......,........,--,r~~~•••' Ve;r,,fasser des !1.Ue sten Systempz-ogramms des àeutschéri IdeaUsmus, 11Hegel-Studien", Beiheft 4 (1968), pp.17 ss.; sulla questione si veda il Beiheft 9 (1973) degli 11 Hegel-Studien"), in ogni caso il testo viene àd avere risalto e significato nella trascrizione hegeliana, in con sonanza con il suo pensiero di questo periodo. Il testo così suo na, per il passo a cui mi riferisco: nintendo subito mostrare che se c 1 è l'idea dell'umanità non c'è l'idea dello stato, perchè lo stato è qualche cosa di meaaaniao, come non c'è l'idea di una macchina, Solo ciò che è oggetto della 7..ibertà è idea. Noi dohbiamo pertanto porci oltre lo stato" (tr. it, cit. ,p.25()~ (4) Cfr. la lettera a Schelling del 2 nov. 1800, in G.W. F. HEGEL, Lettere, a cura di P.Manganaro, p.44. (5) Sulla forza pratica della teoria nel frammento Liber tà e destino cfr, J,HABERMAS, La aritiaa hegeZiana detZa rivolti zione franaese, in Pras~i po7..itiaa e teoria ar:-itiaa det7..a soai"i tà, Bologna 1973, p,184: ciò a riguardo della contraddizione emergente "tra natura e la sussistente vita" quando questa ha perduto ogni potenza e dignità, ed è diventata qualche cosa di negativo e di morto: allora si manifesta "il bisogno che una con

'

traddizione sia toltan (SP, 10). Hegel · pone qui la contraddizi-2_ . ne dell'esistere di ciò che non è più reale in senso forte, ciò che non ha più potere nè necessità, e dunque è destinato asparire. La distinzione è qui tra la realtà, che emerge nella teoria, e ciò che esiste solo empiricamente ma non ha più portata e senso storico; non si tratta più dello scarto tra coscienzari voluzionaria -basata sulla ragione- e realtà storica. Per quan.:to rig~arda la Costituzione la realtà che viene determinata è quella dello stato: nei confronti di essa la Germania disgregata non si adeguerà con la riorganizzazione dell'impero -come He gel poteva pensare- ma con il consolidarsi in senso.moderno de-= gli stati tedeschi. Perciò Hegel abbandonerà l'idea del ricostituirsi dall'impero e conseguentemente anche questo suo scrit to. Ma le sue idee sullo stato saranno invece riprese nella lo-= ro ossatura, nonostante t cambiamenti e gli arricchimenti 1 anche nel periodo più maturo. (6) Cfr. s.AVINERI, La teoria-hegetiana deZZo stato, tr, it. B,Maffi, Bari 1973, sp. 58 ss,; divergo tuttavia radicalmen te dalla interpretazione di Avineri, che piega il discorso hege liano e una impostazione pluralistica e liberale. (7 ➔ Cfr. F,ROSENZWEIG, Hegetund der Staat, :Munchen-Berlin 1920, ora nella tr, it. a cura di R.Bodei, Bologna 1976 , p. 122. (8) Ciò che costituisce la chiave. di volta della definizione di stato è l'esistenza di ,una forza unitaria (e non la "volontà comune" come afferma AVINERI, Ba teor-ia cit., p.53): non tanto 1 1 entità o i risultati che questa. forza ottiene, ma il fatto che essa ci sia realmente, . (9) Cfr. TRONTI, liégel,'cit., p.ll8: l'indicazione trontiana è fondamentale :non ci. pare per altro che essa debba comportare la riduzione di Hegel a Machiavelli, ,proprio perchè in Hegel il poUtico nel senso soggettivo dell'iniziativa appare integrarsi nella oggettività dell'organizzazione dello stato, e quetfo·già.nella Costituzione. E' salutare tagliare i ponti con la r[UereUe sui metodo dialettico (p.JlO) (che si può dimost:r>ar,e come inadegnata a comprendere l 1 6ttica della filosofia hegeliana e d'altra partè'inutile.aile esigenze teoriche dell'oggi),. Tuttavia, appare necessariò guardare all'organizzazione logica della filosofia hegeliana anche e proprio per comprendere il sen so del suo poUtiao. .· . (10) Si cfr. a proposito del rapporto Hegel - Machiavelli il capitolo su Hege1 di F.MEINECKE, L'idea detta ragion di atato neUa stovia moderna, tr. it. Il.Scolari, Firenze 1944, II, • 199 ss. . (11) Tale concetto di "società civile", con un significato radicalmerttè nuovo nei confrònti della tradizione, apparirà so lo in seguito al.la tematizzazione hegeliana della moderna econo mia politica, e. per quanto riguarda l'uso del termine e la com prensione sistematica della sua portata, solo nèlla maturi':'

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/ tà ( cfr. RIEDEL • Il aonoetto di "società o i vite" e il, ppobl,ema "!-, detza sua oPigine stoPiaa, in Heget tra txiadizione e rivoluzio-

ne, tr. it. E.Totat Bari 1975, pp. 183 ss.). E' tuttavia signifi cativo che "affari e amministrazione della giustizia" dei corpT particolari comincino a introdurre i l concetto di una sfera non direttamente politica, in cui non è -e non deve essere- in gioco il potere dello stato. (12) Per quanto riguarda la critica alla concezione fich tiana dello stato si veda anche la Differenz (in G.W.F,HEGEL ,P'ì:'imi safitti aritiai, tr. it, R,Bodei, ~ilano 1971, pp. 64ss.) e lo scritto Sut diritto natm>ale (in G,W.F. HEGEL, Saritti di filosofia del dixiitto, tr, it, A.Negri, Bari 1962, pp. 29 ss,). (13) Nella Costituzione il concetto di libertà riguarda .i corpi territoriali, i gruppi sociali, le corporazioni ecc.;ed è dunque legato al problema dell'organizzazione deil'impero. Il discorso diventerà più preciso sull'organizzazione dello stato quando Hegel comprenderà a pieno la portatadella, moderna struttura dell'economia. (14) Unità sostanziale per quanto riguarga gli elementi formali e strutturali della teoria dello stato, a1 di là delle differenze, è affermata anche da D.COCCOPALMIERO, Soienza dello stato e filosofia potitiaa in Hegel, Milano 1975t p. 124.

(15) Cfr. RIEDEL, Hegel cit., pp. 86-87. (16) Cfr. su ciò il saggio di G, DE CECCHI nel presente

volume. (17) Risulta singolare che lo Ilting, che vuole fondare il suo lavoro sul1 1 acribia filologica, riporti l'eticità della Filosofia del diritto al modello della antica polis, che nelle Lezioni è ormai superato, e per mostrare come il concetto hegeliano di stato sia completamente repubblicano, tale per cui i "cittadini liberi" prenderebbero parte "immediatamente agli affari politici", ricorra, con un balzo, a quegli scritti giovani li che contengono posizioni sullo stato che saranno radicalmen= te mutate (cfr. "K.H. ILTING 1 Heget dive!'so, tr. it. E.Tota, Ba~ ri 1977 t p.20). (18) Cfr .RIEDEL,La reoezione deU 'economia potitiaa, in Hege"l cit., p.67; suscita invece perplessità e dissenso l'interpretazione secondo cui Hegel si avvicinerebbe a Fichte nelle Lezioni del 1805-6, dove la fo.gtira del rioonoeaimeiito riprenderebbe il concetto di "spontaneità dell'io" (cfr. La aritiaa di Hegel al diPitto natuX"ale~ in Hegel cit., pp.53 ss.). Infatti già nella Diffe!'enz Hegel ha fatto i conti fino in fondo con la filosofia fichtiana, e se è vero che nelle Lezioni II si ha una più matura comprensione del diritto naturale moderno, è anche vero che la figura del riconoscimento non ha la funzione di porre a effettivo fondamento (che per Hegel non è immediatezza ms mediazione) la soggettività nella sua spontaneità,quanto piuttosto di sussumer la all 'inerno del la universalità delle leggi del lavoro e dello-

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scambio. L'ottica è diversa da quella fichtiana: la soggettività non è fondamento, ma momento necessario di passaggio dellara zionalità che si manifesta nella società moderna; l'interesse privato dà luogo a una logica universale di rapporti per spiega re la quale non si può ritornare al soggetto e alla sua spanta':' neità. Perciò la libertà non è più legata alla soggettività, co me in Fichte, ma nella sua sostanzialità decisamente allo stato· (cfr. LFD, § 257, e l'affermazione che 11 lo stato è la realizzazione mondana della libertàu, contenuto nelle .Lezioni suita filosofia deUa storia, tr, it. G.Calogero e e.Fatta, Firenze 1963, IV 1 p, 219}, Sul senso della soggettività e degli elementi lib.!::_ r.ali presenti in HegP.l si veda la fine di questo saggio. (19) Cfr. RIEDEL, Hegel cit., pp.81-82. . (20) Su ciò si veda 1 1 i111portante lavoro di B. DE GT.OVARNI, Hegel e il tempo storico della società bopghese> Bari 1970, sp. pp. 184-186, che ha avuto il merito di chiudere un dibattito sterile sul 11metodo 11 hege'liano, riuscendo a valutare tutto lo spessore della logica in relazione al dominio reale e storicamen te determinato della forma nella società e nello stato moderno. (21) Cfr. D.BORSO, Hegel ait., che ha sottolineato con forza ed efficacia questo aspetto dello Hegel critico dell'ideo logia rivoluzionaria (sp. cap. I e II). (22) Sulla "sana e reale comprensione degli effettivi ra,F_ ,porti di potere" da parte di von Haller cfr. per altro F. MEIN!!_ CKE, CosmopoUtismo e stato na:zionaZe, tr. it. A.Oberdorfer, FJ:. . renze 1930 (ora rist. anast. 1975) p. 212 e ss. (23) Sulla reazione di Hugo, attestato alla sua indagi~ ne analitica e positiva, alla critica hegeliana si veda G,MARINI, L'opera di Gustav Hugo neZZa arisi del giusnaturaZismo ted!!_ sao, Milano 1969, p.111. Sulla posizione hegeliana tra concezi~ ne razionale (Kant e Fichte) e. quella organicistica (Savigny ) cfr. M.RIEDEL, Dialettias nelle situazioni suZla struttura storiaa e sistematica della fitosofia det diritto di Hegel, Quader ni ,~i Verifiche n.2, 1977 p. 43. Sulle origini della scuola sto rita.che affonda le sue radici nel formalismo della tradizionetedesca,cfr. A.NEGRI, Ai-le origini del forrmaUsmo giuridia()i P.:, .dova 1~62, pp. 378 ss.; dello stesso si cfr, anche Stato e diritto nel giovane Heget~ Padova 1958, sp. pp. 53-54. Cautele a proposito del kantismo di Savigny avanza G.MARINI, Savigny e iZ sistema della scienza giuridiaa, Milano 1966, sp. p,134. (24) Su burocrazia e classe colta in Hegel si cfr. FI STETTI, Critica dell'eaonomia cit. p.77 ss •• (25} Sul Landrecht prussiano e sul limite che tale divisione in classi.poneva al processo di costituaionalizzazionecfL G,TARELLO, Storia delta cultura giuridica moderna, v.I, Assolutismo e codificazione del dinttoJ Bologna 1976, pp. 489 ss., (26) Su questo rapporto di Hegel con il partito della ri forma cfr. R.BODEI, Sistema ed epoca in Hegel, Bologna -1975,pp.72-86, sp. 82 ss, in cui si veda anche la bibliografia sull'

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argomento: all'interno di questa appare fondamentale l'opera di R.K0SELLECK, Preuaaen zwisahen Reform und Revolution, Stuttgart 1975 2 • Sul rapporto tra la concezione hegeliana della BiZdung e del ceto dei funzionari e la tematica delle riforme in Prussia si veda ora di G.PAVANINI il saggio contenuto in questo volume. (27) Cfr. ancora B0DEI, Sistema cit., p.84, che cita qui una lettera di Camphausen del 1843, contenuta in Rheinische Bri~ fen und Akten zur Gesohichte del" poUtisahen Bewegun.g, Essen 1919, V.II, p.219. (28) Il senso politico dell'attività dei funzionari sarebbe andato perso secondo il Koselleck al tempo della KX'itik marxiana: l'atteggiamento marxiano si comprenderebbe proprio te .nendo presente lo scarto esistente tra la burocrazia prussiana del tempo di Hegel e quella che Marx aveva di fronte nel 1 43 (cfr. KOSELLECK, PX"eussen cit., pp. 389 ss.). (29} Riedel sottolinea come sia significativa questa col locazione di elementi politici della tradizione all'interno del la ttsocietà civile" (Bflpge'l'Uohe GeseUsohaft und Staat bei He-= geZ, Neuwied-Berlin 1970, pp. 60 ss.; cfr. Hegel cit., pp. 146 ss.). (30) Da ques~o punto di vista sembra di dover problematizzare la linea proposta da Borso in Heget cit., p.144 ss.e in nMarx = Heget + Rioa:r'do 11 Considet>azion.i in.torno ad un 'equazù;:wie gX"amsaiana, in Soaietà politica e stato in HegeZ, Ma.Y'X e Gramsci, Padova Cleup 1977. (31) Il Solari sottolinea giustamente che le corporazioni non hanno una funzione di trasformazione e sovvertimento di quel sistema economico in cui si innestano: loro compito è piut tosto quello di tutelare il lavoro e sanare i guasti che il mec canico economico crea. A torto per altro nega la finalità poli":: tica delle corporazioni, se per questa si intende non tanto la diretta diramazione del potere governativo, quanto piuttosto quella mediazione del sociale di cui parlo nel testo (cfr. G.S0 LARI, IZ concetto di società civite in Hegel {saggio del 1931)';" ora in La fitosofia poUtica> a cura di L. Firpo, Bari 1974 II, sp. p.252). (32} Cfr. SOLARI, IZ concetto di società cit., p. 254, che conferma cosi il carattere politico della corporazione di cui parlo. (33) Cfr. RIEDEL, Hegel cit., p. 147. (34) Cfr, RIEDEL, HegeZ cit., p. 148, (35} Cfr. E. WEIL, llegeZ e lo stato, in Filosofia e Poli tica, tr, it. L, Motta, Firenze 1965, pp, 193 ss.; sempre acuta e documentata la lettura di Bodei, in Heget e l'economia poZitiaa, cit,, pp. 44 ss., e il paragrafo su 11 espansione del siste ma e problemi aperti'\ in Sistema cit., pp. 317 ss; cfr. anche P.SALVUCCI,-' Hegel e Smith, in La filosofia politica di A. Smith~ Urbino 1966, pp. 157 e ss., e l'analisi del testo hege-

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liano in SALVUCCI, Lezioni suUa hege'l-iana filosofia del, dit>itto. La soaietà aivi'le, Urbino 1971. (36) Anche qui non si tratta di guardare a Hègel come "anticipatore 11 di Marx, quanto piuttosto di registrare i momenti di crisi dell'assetto categoriale hegeliano, e, ancor più il significato che viene ad avere la sfera della politica nei confronti dei momenti di negatività interna. (37) èfr. Sistema deU'etiaità, in HEGEL, Sa:r>itti di fiZosofia dei diritto ., cit, p.240. (38) Cfr, su ciò BODEI, HegeZ e Za aritiaa cit., pp. 44 ss •• Il problema del rapporto logica-economia può essere qui so lo ~ccennato: si ricordi che l'assetto logico della sfera del n_ stema dei bisogni, -di quello che è chiamato Verstandesstaat - trova il suo punto di riferimento nella logica dell'intelletto, cioiil nella logica dell'essenza dove non c I è ancora ricompoabd.o ne e dove è tematizzata la figura della contraddizione: per il rapporto tra logica dell'essenza e società civile si cfr. almeno F. VALENTINI,Aspetti deUa società civile hegetiana., Il r-iornale critico della filosofia italiana"• 1968, pp. 92-112, .e DE GIONVANNI Hegel cit., sp. pp. 75 ss •• Per quanto riguarda il rapporto del la sintesi costituita della politica con le altre sfere relati'= vamente "autonome" cfr. dello stesso, La teoriia potitiaa delle alassi nel Capitate., Bari 1976, pp. 125 ss •• · (39) Cfr,, BODEI, Sistema cit. • p •• ·328. (40) Sull' intènsità del rapporto istituzional~ con cui lo stato impedisce l'esplodere della classe oppressa, si veda FISTETTI, Critica deZt'eaonomia cit., p~ 212. (41) Pubblicità della ragione è per Kant il nodo dell'il luminismo (cfr. E.KANT, Che cos'è t'iZZuminismo?, in Soritti po Zitiai, tr. it. G,Solari e G.Vidari, Torino 1965, p.143) e deve investire totalmente la sfera del diritto e della politica, garantend·o su di essa il dominio della rag:i,one (cfr., Per la paae perpetua., SP, 329), La critica esce dal suo ambi.to e investe de cisamente lo stato (cfr. Critiaa deZZa ragion pura, tr. it. G.GentilEr- Lombardq Radice, riv. Mathieu, Bari 1965, p, 7). Sulla centralità e sul significato politico dell "'opinione pubblicau cfr, J.HABERMAS, Storia e orltiaa deZZ'opinione pubbZiaa , Bari 1974,, su Kant pp. 124-142; Per la nascita e lo sviluppo del · la "critica" e per il suo significato in rapporto alla sfera politica cfr. R.KOSELLECK, Ct>itioa e crisi della società borghese, tr.it. P.Schiera, Bologna 1972. (42) Cfr. E.KANT, Sopra il detto comune, S.P. 26 (cfr.

S.P. SÒÒ-1). (43) Cfr. la lettera a Beggesen del 1795, dove Fichte di. chiara anche il suo rapporto stretto tra il suo sistema della li

bertà e la prassi libertaria della rivoluzione francese (J,G. FICHTE, Gesamta:usgabe~ hrsg. R. Lauth H. ~acob, Stuttgart 1970, III, 2, 298). . (44) Si ricordi la riduzione che vi è nel primo Fichte

205 ' 1t:Lvòluzionario"

della sfera dello stato a sfera particolare in terna a quella più ampia che caratterizza i cont~atti in genera le: lo stato è in funzione della società ed è paragonato ad una macchina che sempre più si semplifica fino a divenire inessenziale, anche se questo punto finale è direzione ideale e non mo mento storico (cfr. J.G. FICHTE• Contributi per rettifiaare · ? giudizi del pubbliao sulla rivoluzione fX'anaese, in Sulla X'ivoluzione fr>anaese, tr. it. V.E.Alfieri, Bari 1966, pp.112-113 e 145-146). (45) Cfr. L'aggiunta di Gans 184 e§ 316. Le aggiunte di Gans appaiono per altro piegare a volte con accentuazioni e sfu mature il discorso hegeliano; si veda per esempio le aggiunte proposito dell'opinione pubblica e della libertà di parola, che rafforzano solo un aspetto del testo hegeliano. Non concordo per tanto con le tesi di Ilting a questo proposito, (cfr. Heget di:" verso., cit., sp. p.140 ss,, a prescindere dalla polemica con Plebe). Qui si imporrebbe un lavoro sulle VoX'Zesungen pubblicate dallo Ilting; è per altro significativo notare il grande u so delÌi'\ aggiunte che fa un interprete 'liberale' come Avineri7 (46) Hegel parla delle elezioni in cui i singoli si presentano isolatamente, fuori dal nesso organizzativo delle cerche essenziali della società quali le corporazioni; da questo istituto delle elezioni, in pàrticolare nei grandi stati, avvie ne il contrario di quanto si proclama, cioè 11 1a scelta cade in mano di pochi 11 (LFD, 311 ann,). (47) Nel suo realismo Hegel viene così a comprendere la realtà politica dello stato liberale, che non consiste nella eliminazione del potere e della sua forza. Sulla continuità tra assetto autoritario e assolutistico e stato liberale cfr. NEGRI, Alle origini dt. sp. p, 199. · (48) Cfr. quanto recita una recensione apparsa nello Her mes: "Una filosof~a siffatta può sicuramente venire ad un acco-= modamento con tutto ciò che è appunto alltordine del giorno. Do minano nel mondo i principi liberali quindi essa li insegnerà;ha il sopravvento il dispotismo, allora la filosofia de 11e predi care questo, Basta, i filAsofi sono quelle persone che non• si guastano mai con il tempo presente, che dichiarano sempre giusto ciò appunto che può essere approvato e insultano coloro che pensano che le cose possono e debbano andare diversamente" (Edi tion-Ilting I, 403, cfr, Hegel diverso cit., p. 104). (49) Cfr, ILTING, Heget di'l)(prso cit., sp, p. 116 (ma un pò tutti i contributi ivi raccolti)• che afferma essere 11 assol1,1tamente liberale 11 la concezione "fondamentale" di Hegel neila filosofia del diritto ••• anche se è molto offuscata a causa del le trasformazioni apportate da Hegel al testo per paura della censura. Naturalmente fl vero Hegel si troverebbe negli appunti degli allievi (cfr, l'edizione dello stesso Ilting Vorlesungen Uber Reohtsphilosophie 1818-1831, Stuttgart -Bad Canstatt 197374. Non voglio certo qui disconoscere l'importanza "dell'ape-

a

206

ra che ·aiuta una conoscenza sempre più determinata e approfondi ta del pensiero di Hegel, delle sue oscillazioni e variazioni';" e del rapporto con l'ambiente a lui vicino, ma non mi pare ac.cettabile la tesi proposta e il tentativo da una parte di elimi nare ciò che non è spiegabile con l • interpretazione dello 11 He gel liberale" e dall'altra, lasciando da una parte la giusta acribia su cui ci si vuole basare, di ricor~ere agli scritti gio vanili per fondare il concetto di stato che si dovrebbe ricon= trare nella filosofia del diritto (cfr. n.17). (50) E 1 utile a questo proposito tener presente l'analisi di K. SCHMITT, s,ulla identità del politico e dello statuale e sull~ sua rottura (IZ aonaetto del politiao, del 1932, con la P:t>emessa del 1963, in Le aategoPie deZ poZitiao, tr. it. G. Miglio e P. Schiera, Bologna 1972, pp. 87 ss •• · (51} Cfr. WEIL, HegeZ e Zo stato cit.t p. 179. (52) Cfr. WEIL, Hege1, e "lo stato cit,, p. 210, e tutto il cap. V, (53) Cfr, D. GIOVANNI, La teoria cit., sp. p, 128. (54) Cfr. BODEI, Sistema cit. p, 319 ss. (55) Cfr. M. TRONTI, Le due transizioni, in L 1a:utonomia de1.. politico, Milano 1977. (56) Sulla crisi dell 'Eaonomias e sull'impossibilità di d presentare il Politico come sintesi cfr, CACCIAR!, Lavoro~ va1..o rizzazione e aerveUo eoaiaZe, "Aut-Aut", 145-146 (1975) Sp. pp°7

=

35 ss ••

StruttuPa dell'economia e organizzazione dello neZZo HegeZ di Jena GIULIANA

Stato

DE CECCHI

Ripercorrere le tappe dello Hegel politico, dai primi spunti giovanili alla definitiva formulazione berlinese della teoria dello Stato, non obbedisce sem plicemente all'esigenza di una ricostruzione tutta i~ terna, lungo la itto natural.e, vi troviamo all'origine l'identità strutturale dinatura ed eticità~ nel senso che Hegel intende scavale~ re l 1 intera tradizione del moderno giusnaturalismo,ch~ pone alla base dello Stato la scissione tra natura diritto

la prima come realtà originaria da

scere e salvaguardare, il

secondo come

e

rìcono-

costruzione

213

storico-positiva sovrastante la natura e direttà. alla sua tutela. Ciò che ne risulta, agli occhi di Hegel,è un'alternativa sterile: da una parte il modello dell' empirismo, estrinseca sovrapposizione di un apparato statuale ad una pretesa natura desunta da un processo di ipostatizzazione di alcune "qualità naturali". In realtà l'uno è ridotto, in definitiva, ad una costruzione del tutto esterna e meramente strumentale,è il politico come 'artificio'; l'altra, compressa in tutta la sua interezza, è, alla fine, esorcizzata in una "torbida nozione di un'originaria ed assoluta uni tà" in cui si cela, al contrario, l'aggregazione piU casuale di atomici dati empirici fatti passare per a~ soluti (12). Del tutto aperto e irrisolto rimane, peE ciò, il passaggio da questo preteso stato di naturn,2 riginario ed immodificabile, alla realtà storico-posl:_ tiva dello Stato, nonostante l '.uso di espedienti tanto illusori quantò fallimentari, escogitati dalla teo ria giùsnaturalistica, a meno di non voler far pass.e_ re uil vuoto nome di un• armonia esteriore e senza forma in luogo del nome di società e di Stato" (DN, p.45) .Dal, l'altra, i 1 modello del formalismo, o, più in concreto, quello kant-fichtiano: qui la stessa scissione tra n.e_ tura e diritto - riscontrata nel modello dell'empirismo - produce, seppure per vie diverse, l'esito aberrante di uno Stato tanto vuoto quanto coattivo, perchè nato sulla contrapposizione irresolubile tra molteplice empirico e unità del concetto, e dunque, da qui, ininterrottamente risospinto v~rso una lotta sen za quartiere contro ogni forma di naturalità. Il risultato è una rinnovata negazione della natura, rido! ta però, questa volta,a substrato brutale e sotterraneo, su cui domina sì il razionale del diritto,ma del

tutto svuotato di ogni contenuto,il semplice "assoluto negativo", la cui assolutezza è pagata assecondan~ do la logica coercitiva dell'identità (13). Ma con quale esito? "Questa scienza etica, che parla dell'a!!_ saluta identità dell'ideale e del reale, non è ( •.• ) conseguente con le proprie parole, ma la sua ·ragione etica è in realtà essenzialmente una non-identità del l'ideale e del reale" (DN, p.58). Non soltanto perchè l'identità si sorregge, ma per capovolgersi ad un tempo, sulla costante scissione tra conce·tto e natura, ma. anche perchè il motore concreto dell'assoluto neg~ tivo rimane pur sempre l'elemento empirico. "Non è d' interesse pratico produrre una tautologia" commenta Hegel, esibendo la reale natura del principio assol~ to e smascherandone l'inevitabile ricorso alle determinatezze empiriche: in definitiva al più arbitrario a-posteriori, giacchè II in tale rovesciamento e in qu~ sto gioco di bussolotti sta il ·, nerbo di siffatto legiferare pratico della ragion pura" (DN, p.70}. In realtà la scissione tra natura e diritto, i!! dividuata al centro di due teorie politiche - ·quella dello Stato garantista del modello inglese e quella d~flo Stato. coattivo di tipo prussiano-assolutista del modello fichtiano - è il risultato storico, agli occhi di Hegel, della crisi dello Stato etico: 11 presente con il bagaglio teorico-categori~ le desunto dalla classicità (24). Veniamo per ora al primo punto: Rosenzweig, seE pure non rileva nel rapporto tra economia e Stato del tema l'impronta dell'autentico mercantilismo, pensa di potér ravvisare, tuttavia, la vicinanza di Hegel al mercantilismo moderato di Steuart (25). Ma se decifriamo attentamente i passi hegeliani, dedicati ~l la delineazione in positivo dello Stato etico, sopra_!:, tutto nel Saggio auZ diritto natura le, vi troveremo cg_ stante la preoccupazione di ga:cantire un regime negativo dell'economia: "ciò che per sua natura è negativo, deve restare negativo e non può {tuttavia] diven! re alcunch~ di rigidamente fissato. Per impedir~ che esso si costituisca per sé e divenga una potenza indi

221 ··

pendente, non è sufficiente stabilire dei principi: [per esempio) che ciascuno abbia diritto di vivere, che in un popolo la generalità debba preoccuparsi che ogni cittadino debba avere il necessario e che vi sia una completa sicurezza e facilità di guadagno. Quest' ultima proposizione, pensata come fondamento assolut~ escluderebbe anzi un regime negativo del sistema del possesso e permetterebbe che esso si svolgesse a suo piacimento e che assolutamente si ponesse. ~a la tota lità etica deve mantenerlo invece nel sentimento della sua interiore nullità ed impedire che si elevi in relazione alla quantità B che conduca al costituirsi di sempre più grandi differenze e disuguaglianze, [tu! te cose] cui lo condurrebbe la propria natura" (DN,pp. 95-6).

Siamo lontanissimi, è evidente, da Smith e dall'ottica liberista dello spontaneo sviluppo dell 1 economia; ma siamo lontani anche dalla teoria mercantili sta, dove lo Stato si fa imprenditore, esecutore diretto dell'economia con una politica si vincolata-con un regime costrittivo basato sull'uso di dà2i e monopoli - ma diretta alla massima espansione economica e alla massima accumulazione della ricchezza', nella con sapevolezza della loro funzionalità alla potèriza dello Stato. Hegel invece propone qui la "compressione del commercio 0 , i l ricorso ad ogni espediente, grande o .;.'/'

,

piccolo - dalla guerra alla rivalità tra i7ceti - pur di ostacolare la legge del profitto e dell'accumulazione: 11 a tal punto che +a positiva eticità dello to può persino permettere l'indipendenza dàl mero sistema reale e l 1 affermarsi di un regime negativo e re .. strittivo" (26). Emerge, tra le righe, anc9ra una vol ta il modello classico, ed in particolare ~,interpre_l{ :.

:.~tJ.:.

tazione aristotelica dell'economia: imperniata ancora sul concetto-chiave di physia, essa distingue led! verse attività economiche sulla base della loro adeguatezza o meno alla natura. Da qui la distinzione tra l'amministrazione domestica, finalizzata al consumo che dunque va legittimata perchè subordina la ricche~ za all'utilità della casa e dello Stato - e, d'altro lato, la crematistica, attività finalizzata allo sca!!! bio, sottratta al limite del consumo e dunque protesa verso un'illuminata accumulazione (27). "Da questo punto di vista appare necessario che ci sia un limite ad ogni ricchezza", conclude Aristotele, subordinando rigidamente, attraverso il nesso tra etica ed economia, quest'ultima alla logica dello Stato (28). Anche l'economia hegeliana, come si è visto, è sottoposta ad una precisa ed ininterrotta valutazione critica: di nuovo e di diverso, rispetto al modello classico, c'è indubbiamente però la consapevolezza,m~ turata attraverso Smith, del suo spessore e .della sua ormai innegabile importanza. E' a questo punto che H~ gel ricorre all'ultima, ma decisiva utilizzazione de! l'impianto analitico classico per chiudere il cerchio della ·: . totalità conciliata: "tale conciliazione consiste ~ppunto nel riconoscimento della necessità e del diritto che l'eticità concede alla sua natura inorganica ecf alle potenze sotterranee" (DN, p.112) • Si trai ta della teoria dei ceti, intesi come l'organica art! colazione dello Stato: da una prospettiva piU storicizzata nel Saggio, o come espressione della struttura etica statale, attraverso i diversi livelli di svJ:. luppo della virtù nel Sistema, essa persegue lo stesso obiettivo. Ciò che prende forma nei cet.i è quel ra:e porto tra organico e inorganico, tra Stato ed econo-

mia che, non ancora compreso da Hegel- nella sua.rèale dimensione storica, come quel upròblema capitale dell'epoca moderna 11 di cui parla Marx; è.piuttosto risospinto nella direzione regressivadi.una coattiva subalt.ernità del.l'economico al politico, laddove al pr_! mo è negata ogni autonomia, al secondo è tolta l'intrinseca specificità (29). Economico e politico, nella prima fase jenese, prendono infatti la forma e il corpo - riduttivi - dei due ceti del borghese e del nobile, nel loro stretto rapporto gerarchico, riesumando lo schema aristotelico della subalternità della poiesiè - o lavoro materiale/produttivo - alla pX'axis, o attività del governare ed esercizio di virtU militare (30). Al ceto del borghese - che con una significativa· sfasatura nella comprensione storica è addirittura collocato nell 1 ep2 ca di crisi della potis e dell'avvento dell'apparato giuridico romano, livellatore delle differenze tra i ceti - Hegel_affida l'int•ra organizzazione del "sistema dei bisogni 1• , ma ad un patto: 0 è necessario che questo sistema sia consapevolmente accettato, riconosciuto nel suo diritto, escluso dallo stato nobile e che gli venga accordato un suo proprio stato come suo regno, dove possa consolidarsi e sviluppare la sua pi~ na attivit·à nella confusione e nella soppressione di uno scompiglio per mezzo di un altro" (DN, p.110) .Dun que il borghese si dedicherà totalmente ai propri affari, immerso nel regno del privato, ma in cambio del la totale nullità politi9a. Il riconoscimento dell'i!!! preriscindibilità della sfera economica del lavoro e dello scambio s'accompagna alla svalutazione, di matrice aristotelica,della poiesis, del lavoro produtti vo inteso come attività meramente strumentale, subor-

dinata sia ai bisogni elementari sia alle leggi della natura, e dunque ontologicamente deteriore (31). D'altro lato al ceto nobile, o ceto dellteticità assoluta, "Aristotele assegna come compito ciò per cui i Greci usavano il terminepoliteuein, che signif! ca vivere nel, con e per il proprio ~opolo"

(DN,p.10~

dice Hegel, affiancandosi esplicitamente il

modello

greco: dedicatosi del tutto al governo e alla guerra, il ceto nobile è esentato da qualsiasi contatto

con

la sfera non etica del lavoro. Infatti lavorano

per

lui i ceti inferiori dei borghesi e dei contadini,me~ tre il suo~ soltanto "il lavoro senza scopo,senza

bJ:.

sogno, e senza relazioni alla sensazione pratica, sen za soggettività, tanto meno esso ha una relazione con il possesso e con l'acquisto, bensì

[proprio] con qu~

sti cessa il suo prodotto ed il suo scopo"

(SE, p.252~

In definitiva, come è stato notato, è "l'adesione

di

fondo ad un modo di produzione che ruota sul

consu..rno

élitario del sovrappiù, sulla rendita, sulla

stagna-

zione:Z'etioità è il regno del non-lavoro" (32). Agisce, insieme con il concetto aristotelico della praxis - come primato delle

attività speculative - aricora u

na volta il presupposto spinoziano secondo cui la posi~ività

risiede nella negazione di ogni

determina-

te~za, nella scomparsa delle caratteristiche

empiri-

che ppr attingere ad una sfera di massima rarefaziona A ben vedere, questo stesso presupposto spinoziano anima le proposte operative del Sistema, soprattutto là dove Hegel intraprende l 1 analisi dell'apparato

legi-

slativo-amministrativo dello Stato etico affidando nel "governo assoluto" - la tutela

dell'ordinamento

statale ad anziani e preti (SE, pp.269-78): privi determinazioni empiriche, al di fuori di una

di

precisa

collocazione negli Stande, secondo l'ipotesi di partenza che libera l'eticità da ogni differenza, da ogni negativo, essi rappresentano il ricongiungimento conclusivo della totalità con la natura,ultima confeE ma della riesumazione della physis aristotelica come realtà originaria.

2. La ari,si dell'utopia neUo HeyeZ avitiao di Rousseau

Sollecitata dalle istanze storico-concrete dello Hegel tutto politico della Costituzione delZa Germania, la teoria della,prima fase jenese è dunque approdata ad esiti molto lontani, rovesciando l'iniziale prospettiva di un'aggressiva resa dei conti con il reale in una ricomposizione, tutta teorica, di spinte contrastanti e di contraddizioni reaLi. all'interno di un modello politioo concluso, ma utopico, di sostanziale derivazione classica. Vi era celato tuttavia,lo abbiamo visto, un fattore potenzialmante esplosivo la scoperta dell'economia moderna - faticosamente mes so a tacere sia attraverso una teoria dei ceti legata al passato e riattivata al prezzo di consistenti sfasature :storiche, sia soprattutto attraverso la r! proposta di un rapporto di rigida subalternità dell'~ conomia allo Stato, responsabile non solo dell'esigui tà delle effettive proposte politiche, ma anche dell' irrimediabile perdita di aderenza al presente. La tea ria hegeliana subisce allora una nuova correzione di rotta, nel momento in cui la progressiva maturazione di Hegel sull'economia giunge al punto di mostrare l' inadeguatezza e l 1 improponibilità del modello politico classico, affossandone con ciò sia l'intelaiatura dottrinaria sia l'ottica conciliatrice. Siamo dunque

alla svolta della seconda fase di Jena, contraddistin contenuti ta non tanto da sostanziali mutamenti nei specifici dell'interpretazione hegeliana dell'economia - a tale livello empirico va riscontrata piuttosto una omogeneità negli scritti jenesi - quanto inv~ ce da un nuovo ruolo che il 11 si:tema dei bisogni 11 vi~ ne a svolgere, spingendo con ciò verso una ridefinizione del rapporto tra economia e Stato (33). Già la struttura espositiva delle Lezioni del 1803-04, la Filosofia deizo spirito I, rivela, nonostarite i residui di una terminologia ancora schellinghian"t (34), una prima trasformazione: basato sulla d.! stinzione tra una prima parte, dedicata alla coscienza, ed una seconda, lo "spirito del popolo", lo seri!:, to colloca nella prima la famiglia, ormai compresa CQ me quell'ambito naturale di formazione della singolarità - da cui il singolo deve uscire - irrimediabilme.nte connesso all'immediatezza, ad uno stadio pre-s.9. ciale posto ai margini dell'universale vivo e concreto del lavoro e dello scambio. Nel momento in cui la famiglia è retrocessa dal livello terminale dell 1 eticità relativa allo stadio pre-sociale dell'ìndividu~ lit;à della coscienza, è lo stesso concetto di natura a subire un radicale ridimensionamento: non più coincidente con la physis aristotelica, strettamente con• giunt:a al concetto di eticità, essa riveste qui il ru2 lo, ormai tipicamente hegeli~no, di sfera immediata, ciò che va ininterrottamente sottoposto alla mediazi.9. ne del concetto, all'interno di quella divaricazione tra natura e·spirito che risulterà costitutiva dello stesso concetto di Stato. 0 La famiglia in quanto tal'=f la reattd [ReaZitlit) della singolaritd è 1~ natupa i norganica dello spirito, che deve porre (sé> come una

·221

natura inorganica tolta, deve sollevarsi nella potenza dell 1 universale 11 (FSJ I, p.93). Ed è questo universale - il popolo - ad accogliere in sé l'ambito dell' economia, ossia a costituire la chiave di volta di una strutturale trasformazione del lavoro e del posse~ so/ che "diventano nel popolo immediatamente un altro da ciò che sono nel loro concetto ( ••• ). tl lavoro d! venta - così come il possesso - nella sua stessa ,sin golarità un lavoro universale .. (35). Si tratta tuttavia di un'operazione non lineare, ancora intrisa dell'influenza del modello classico.Lo possiamo dimostrare a partire dalla centrale figura del riconoscimento, indubbiamente una delle maggiori novità rispetto alla fase precedente, perchè, come elemento di mediazione tra la singolarità della coscienza e l'universalità del sistema sociale,essa raE presenta la rottura ed il superamento dello stato nat_!! rale, anzi la dimostrazione stessa della'sua inconsistenza. Il singolare esiste solo in quanto riconosci_!! to: il suo atto di nascita, come soggetto del lavoro e · dello scambio, come membro dello Stato, è dato dal ra.c porto inter-soggettivo, dal suo costituirsi entro un sistema di relazioni, ciò che, se per un verso annuncia la storica liberazione del soggetto borghese dai gravami della dipendenza feudale, ratifica per un altro la sua costituzione astratta, la sua ,riduzione a 11 uno numerico 11 , la scomparsa di ogni autonomia da un sistema ormai capace di una integrazione totale (36). E' già chiaro qui il nuovo referente storicO-CQ!l creto di Hegel, quello della società borghese colta dal momento della sua rivoluzionaria costituzione dal la crisi del mondo feudale e nel suo successivo sviluppo intorno ai nod.i strutturali del lavoro e del me.E,

cato. Eppure l'esito del riconoscimento non trova ancora, in questo scritto, una precisa configurazione P2 sitiva, ma riproduce la vecchia, immediata soluzione del singolo nella totalità del popolo, insistendo ancora una volta sulla necessità della sua scomparsa ne! l'eticità. "Questa aosaienz.a assoluta è dunque un essere-tolto delle coscienze . in quanto singole ( ••• } i singoli non sono più; è sos·tanza assoluta. E' io spirito di un popolo, per il quale la singola, ohe è per sé soltanto forma, che diviene per sé immediatamente un altro, il lato del suo movimento, l'etioità assoluta. Il singolo in quanto membro di un popolo è un essere etico" (37) .Dal resto è ancora .l'ottica classica della compressione dell'economia quell.a che emerge alla fine della seri,!_ to e che conclude - nonostante 1' acuta analisi dei nodi centrali della macchina, del lavoro astratto e del va lore - col dire che "il bisogno e il lavoro, sollevati a questa universalità, formano cosi per sé in un grande popolo un immenso sistema di comunità e di dipendenza reciproca, una vita del morto moventesi in sé, che nel suo movimento si muove di qua e di là ciecamente ed in m2 dQ elementare, e come un animale selvatico ha bisogno ai un contìnuo e rigido dominio ed addomesticamento" (FSJ I, p.100). Ma questa eterogeneità degli spunti e delle fo~ ti delle Lezioni del 1803-04 scompare nelle Lezioni del 1805-06, dove la recezione hegeliana dell'economia approda ormai a risultati conclusivi, giungendo ad una delineazione del "sistema dei bisogni" pressochè d~ finitiva e,' come tale, riprodotta nella Filosofia det diritto. Ma il da~o nuovo di questo scritto è la defi nitiva demolizione del modello greco, colto ormai nel

la sua specifica dimensione storica e dato perciò per improponibile per la soluzione dei conflitti posti da! là società moderna (38). Essenziale, a questo propos_! to, la mediazione di Rousseau: ma non più del Rousseau letto con gli occhi del giovane Hegel, veicolo delle spinte utopiche bernesi, bensì del Rousseau concreta mente'inteso come il teorico della fase avanzata della Rivoluzione francese, portatore delle istanze della soggettività libera ed autodeterminantesi, eppure legato irrimediabilmente, come vedremo, ad un progetto politico intriso di utopia (39). Al centro dello scritto trova ormai un preciso campo di costituzione il "sistema dei bisogni,.: prima la sfera pre-sociale della formazione dell'io,ma non . più sospesa all'impasse di uno scarto irrisolto tra la coscienza e lo spirito del popolo, bensì positivamente incanalata verso la formazione a tutto tondo della soggettività attraverso il riconoscirnento,espressadé!J. l'acquisizione dei connotati giuridici della pepsona e, come tale, immersa nell'universalei anzi, con la coscienza retroattiva che solo da questo punto essa a,s. quista significato ed esistenza reale. Dalla precèdente valutazione negativa del diritto, un tempo ridotto a mera dis~regazione dell 1 originaria totalitl della potis, Hegel è dunque approdato ora alla scopeE ta del diritto come l 1 espressione della stessa società economica, ossia come quell'apparato giuridico - istituzionale del tutto funzionale alla sua organizzazione (40). Dopo l'economia, la sfera dello Stato-nel paragrafo Costituzione - ma con un netto capovolgimeQ to della vecchia ·tesi classica. Non c'è infatti soltanto, dietro, la consapevolezza ormai acquisita dell'impossibilità di imbrigliare l'incontenibile campo

maglie del lavoro e dello scambio dentro le strette dell'amministrazione familiare, dell'economia come au tosostentamento. e•~ anche il ritorno àlla felice intuizione della Costituzione de iza Germania, dove il p~ litico veniva colto nella sua reale, moderna dimensi~ ne di potenza proprio a partire dalla scoperta della necessità di un suo spazio specifico, fortemente accentrato, sovrapposto - ma separato - ad una sfera non politica. Là,nella Costituzione., si trattava della sfera ancora soltanto abbozzata della libertà soggettiv~ qui invece è già la sfera della società civile, nella consapevolezza che la libertà soggettiva è quella del soggetto economico, del libero imprenditore, del lav~ ro libero dai vincoli feudali della soggezione personale: in una parola, quella del Sé borghese. Il perno del discorso è dunque la presa di coscienza della storica scissione tra privato e pubblico, tra società e Stato, laddove entrambi si organizzano intorno ad un proprio principio· di costi tuztone e come tali, sgretolando la vecchia pretesa di una subalternità di tipo regressivo dell' una all'altroìimpongono la ridefinizione del loro rapporto. Non si paE, l~ più dell'economia come "bestia selvaggiau, sotto cui premeva quell'accezione ancora spinoziana del negativo come forza da espungere. Qui il negativo è, al contrario, visto come la molla stessa dello sviluppo del sistema: certo la .. seconda natura" della società borghese è pur sempre ,descritta porne cieca ed elementare, responsabile dell'ottusità dei lavoratori delle fabbriche e delle miniere, come della meccanicità e_r!. petitività del lavoro. Ma non per questo va elimina·· tao compressa: piuttosto Hegel ratifica la sua nece~ sità e, con essa, la necessità di tutti i suoi squil!. 0

231

bri, l'inevitabilità delle sue contraddizioni interne perchè costitutive del suo stesso sviluppo,giusto pre_! zo di un•organizzazione razionale e di un benessere diffuso (41). Da questo angolo di visuale, da questo lucido, consequenziale realismo, viene allora la razionalizzazione della stessa, tragica tendenza strutturale alla società borghese, quella della progressiva divaricazione tra ricchezza e povertà, della inca! zante formazione di concentrazioni monopolistiche,de! la conseguente emarginazione di strati sempre più laE ghi di lavoratori, ridotti alla disoccupazione e, da qui, come clamorosa smentita del principio liberatorio proclamato dal sistema, alla rabbiosa reazione con tro di esso (42}. Tuttavia "questa necessità, che è la completa casualità dell'esserci singolo, è però altrettanto la sua sostanza che lo conserva" (FSJ II, p.169). Lo Sta to indubbiamente deve intervenire, gli è ancora riseE vato un potere riequilibratore degli squilibri più esplosivi 4ella società civile, ma "la libertd deZZ' industria aZismo, "Rivista di filosofia", 1966, pp.377-407. Su ciò sembra concordare anche F.FISTETTI, Critioa deZ.t'eoononria e oritioa deZ.Za poZitioa, Bari 1976, pp.45-50. (76) FSJ II, p.185. Conferma, del resto, lo stretto legame tra questo scritto e la Costituzione delZa Ge'1'mania la presenza dello stesso tema-chiave di Machiavelli, espressione dell'emergenza della ragion di Stato su ogni altra legittimazione del potere. Sullo Hegel,ciononostante, liberale insiste invece S. AVINERI, La teo'l'ia hege liana. de tzo Stato, t r. i t . B. MAFFI, Bari 19 73, (77) Non intendiamo, qui, il politico soggettivo nelsen so, presente in Tronti, di iniziativa del soggetto de'lla politi ca alltinterno dell'oggettività dello Stato, bensì nel senso della soggettività rivoluzionaria, ciò che lucidamente Hegelcom prende come astrazione - perchè contrapposta alla concreta or-= ganizzazione del reale - e retrocede ad ideologia. Cfr. TRONTI, HegeZ poZitico, cit., pp.141-150. · 't (78) Si' veda su ciò J,HABERMAS, Btor>ia e oritiaa deU'opin~one pubbZica, tr.it. A.ILLUMINATI - F.MASINI - W.PERRETTA, Bari 1974, in particolare il paragrafo Sfera pubbZioa borghese: idea e ideoZogia, pp.143-155. (79) Un'analisi più dettagliata su questo punto è presente, in questo stesso volume, nel saggio di G.PAVANINI, HegeZ e iZ Beamtenstand nella Px>ussia tra rifo1'rt!a e restau:t'azione. (80) FSJ II, p.200: la polizia, come è noto, sarà compresa nella Filosofia deZ diritto come espressione della stessa società civile, c,he escogita ed attiva meccanismi di regolamentazione interni all'organizzazione del lavoro e dello scambio. Jena rappresenta invece un passaggio intermedio; tuttavia c'è già la scoperta del ruolo della polizia, "da politeia, la vita pubblica e il governare, l'agire dell'intero stesso - ora ridot ta all'azione dell'intero per la sicurezza pubblica in generale, per la sorveglianza sull'industria contro la frode 11 (ibidem). '

255 (81) Cfr. B. DE GIOVANNI, Max>::c e Zo Stato, diritto", 3 (1973), pp.37-82.

(82) Cfr. FSJ II, pp.201-202.

0

Dèmocrazia e

He~ei e il Beamtenstand netia Prussia tra e restaurazione

riforma

GIULIO PAVANINI

La pubblicazione degl.i. appunti hegeliani in ma.;:. gine alla sezione sullo Spirito Oggettivo dell'Enaiatopedia (1818) e delle successive elaborazioni sist~ matiche di questi sotto forma di ReahtsphiZosophie (1) ripropongono in prima linea la dibattuta questione del rapporto tra pensiero hegeliano e tempo storico. Chi~ ve di lettura privilegiata di tale rapporto, data 1•~ mergente priorità riservata all'aspetto formativo del:, la tesi di Hegel è dunque la specularità tra teoria h~ geliana e istituzioni del suo tempo, la loro reciproca funzione costitutiva: la storicizzazione del pensiero di Hegel,acquisisce perciò senz'altro una valenza nuova. Si distanzia infatti dalla via della mera ricostruzione ·storicistica che, sulla base di soli argomenti biografici, appone un giudizio sulla propeQ sione politica dell'autore; ma si discosta, altrettaQ to, dalla via di un'immediata traduzione storico-poli tica delle formulazioni teoriche hegeliane. Apparent~ mente più legata alla realtà, la prima via - sulle o~ me del Rosenkranz {2) - ha consentito un'ambigua neutralizzazione della teoria hegeliana proprio perchè,~ na volta posta la fatticità come esclusivo punto dir! ferimento storico, dove questa non fosse immediatame~ te discernibile nei testi di Hegel, ha prodotto la l! quidazione della dimensione storica dell'intera teoria, assegnando cosi alla "regione del pensiero" quel potenziale critico che le spetterebbe come sfera sep~ rata, come razionalità immune dal reale. L'immediata

traduzione politica della teoria - come seconda via presuppone d 1 altronde una stretta connessione al giudizio sulle forme specifiche e rischia di scambiare la contemporaneità storica con la coincidenza ideologie~ Esempio principe di questo atteggiamento è stato quel lo di Haym, il cui giudizio sullo Stato guglielmino. v~ le come immediata condanna della razionalità hegeliana ( 3) . Diversamente, leggendo le lezioni hegeliane sul la falsariga dello sviluppo storico, è possibile astrarre dalle modificazioni tdi superficie', prodotte dall'adattamento momentaneo di Hegel, in modo da cogliere una più profonda e costante valenza politica del suo pensiero. L'aspetto biografico diverrebbe peE ciò soltanto l'espressione marginale della contingen~ za politica, cui Hegel si adatta, tale cioè da non m~ tare la reale incidenza complessiva del sistema; certamente non, come mi è sembrato proponga Ilting, ult~ riore motivo per seguire la sinuosità politica del s0.9. getto - Hegel (4). Da tale angolatura i deliberati di Karlsbad pq_s sono essere letti o, puntando sulla contingenza, solo come reazione poliziesca all'assassino di Kotzebue ad OJ;.>~ra dello studente Sand (5), e si terranno allora presenti soprattutto i provvedimenti sulla libertà di stampa;oppure come focalizzazione, ad opera del potere politico, dei nodi teorici connessi alla costruzione della nuova Prussia che, quattro anni dopo il Congre~ so di Vienna, non aveva ancora risolto il problema del la propria 'costituzione' come Stato. In questa secon da prospettiva, il decreto sulla Pressefreiheit passa in secondo piano ed acquistano rilevanza, invece, interventi come quello di Gentz sulla Diffe~en3a tra ao

sti tuzione rapp:r>esentativa o per aeti (6) o quello di Humboldt sulla Landstandisahe Ver>fassung (7); così co me l'incidenza di Karlsbad su Hegel non sarà tanto riducibile ai suoi ritocchi censori per la pubblicàzione dei Bogen della ReahtsphiZosophie (8), quanto piuttosto troverà espressione nel confronto pòlitico che la sua proposta teorica presuppone e che vede la luce proprio all'interno del dibattito di quegli anni (9) • La lettura comparata di testi pubblici hegeliani e delle sue lezioni universitarie, nel quadro pift generale del dibattito e della prassi politica dell'~ poca, può contribuire, a mio avviso, a chiarire l'apparente contraddittorietà tra una lucida analisi teorica dell'articolazione del mondo borghese,qual • è que1_ la hegeliana, ed una proposta politica che si porta ancora app~esso, dura a morire, la condanna storica dell'opposizione liberale postquarantottesca.Contraddizione fattasi ancor pii) salda nella lettura lukacsi~

na, diretta a giustificare la discrepanza tra elabor~ zione teorica e arretrata condizione storica della Ger mania (10). A partire da queste premesse, diviene ev! dente che l'intento di questo intervento, volto a chi!! rire alcuni aspetti della teorizzazione hegeliana del Beamtenstand, sarà soddisfatto solo se, oltre ai risvolti storici, saranno messi in luce anche i nodi te,2 rici che fungono da supporto alla proposta politica. Questi' sono da ricercare, come si vedrà, nella teori~ zazione, successiva alla critica dell'ideologia illuministica (11), dell 'appror,riazione positiva, da parte dello Stato, della categoria della BiZdung. Nello intreccio tra Stande e Bildung si sviluppa perciò il problema più generale che investe la reciproca dipe~

denza di autocoscienza borghese e scienza del dominio politico.

1. Gli Stande nel oodioe prussiano (Allgemeines

Lan-

dreaht) Nel commento agli Atti dell'assemblea del Wurttemberg Hegel lamenta il fatto che le associazioni e~ porative "sono state private della posizione e del ruo lo politico che avevano nel diritto pubblico interno" e auspica una riorganizzazione della società che procuri "di restituire un assetto e un onore anche alle sfere inferiori e, purificate da privilegi e ingiust! zie, inserirle nello Stato inteso come formazione organica" (SP, pp.156-157). Questo richiamo alla polit! cità delle corporazioni, apparentemente eccentrico r! spetto all'impostazione generale del saggio - che co~ testa alla dieta degli Stande il diritto di contrapporsi alla costituzione del re - centra tuttavia il v~ ro nodo della proposta hegeliana, che si gioca attorno al concetto di politica. La posizione della dieta i,nfatti, tutta legata al privilegio particolare, va~ ~sclusa - per Hegel - dal campo di còstituzione del P.2. litico proprio in forza dei principi che servono agi~ stfficare i suoi stessi diritti: riesumati dalla tradizione storica nella pretesa di fondarsi sulla sua continuità, sono stati spezzati dalla storia stessa, Dopo la Rivoluzione francese in effetti, non si dà con tinuità ma rottura, ed è il politico la categoria che esprime la nuova dimensione della società e dello St~ to: 11 è sorto un elem.ento completamente nuovo, quello politico, che le diete (Stande) prima ignoravano e 11 nel quale ora vengono immesse (SP, p.161) .Solo la co!!!

prensione di questa nuova categoria - insieme e strutturale - consente perciò, come vedremoi dimet tere a fuoco la proposta hegeliana della corporazione come momento politico degli Stande: tanto come sia da vedere all'interno degli schieramenti dell'epoca quag to, e soprattutto, come incida in modo del tutto originale nella costituzione politica dello Stato.La pr~ posta politica hegeliana si colloca così coscientemeg te dopo la Rivoluzione francese, nella specificità del l 'asse.tto tedesco, come risposta ai problemi lasciati irrisolti dalla Rivoluzione stessa. • Il "mortaio dei venticinque anni di storia"(SP, p.181), la cui funzione dirompente ha dato spazio al nuovo elemento politico, inizia a "colpire" in Germania con la promulgazione dell'Allgemeines Landrecht nel 1794. Anche se frutto di un'arretrata concezione del diritto, che lo rende più un agglomerato di ordinamenti particolari anzichè un'organica costruzione giuridica, due sono gli elementi innovativi che qui preme indicare in esso: la nuova concezione.degli Stli'!!_ de e la istituzione dei funzionari. Come Richelieup1::9 curò unità al potere assoluto di Luigi XlV mediante il depotenziamento della nobiltà, cosi l'intento accentratore di Federico II doveva passare attraverso i gag gli del potere periferico rappresentato dagli Stlinde. Anzichè intaccare direttamente la suddivisione per c~ ti, cerca di mutarne la funzionalità, potenziando la ro utL:J.,izzabilità sociale - in quanto propulsori di un' organizzazione economica autonoma - in modo da neutra lizzare la loro pretesa politica. Infatti il politico che Federico II intende colpire, seppure in questa for ma specifica, si identifica ancora con il sistema dei privilegi proprio del dominio feudale: comprendendo !p.

vece gli Stande solo come espressione dell'organizzazione economica e come depositari di una diversa funzione sociale, una specifica posizione di dominio di essi deve essere giustificata solo sulla base di questi elementi: dominio, del resto, che solo nell'econ2 mico può trovare il luogo del proprio esercizio. L'a! tenzione che l'ALR riserva agli Stande, in quanto determinanti per la definizione giuridica del cittadino, nasconde allora un preciso fine assolutistico, tale che, accentuando la connotazione sociale degli Stand~ ne svigorisca la pretesa politica (12). L'arretrata condizione economica tedesca è l'assolutismo illumina to consentiranno così una proposta politica che presuppone, da un lato, l'indifferenza della organizzazione sociale e, dall'altro, la verticalità del controllo politico. Proprio l'arretratezza della situazione economi ca, costitutiva della debolezza della borghesia tedesca (13), si riflette del resto nellà contraddizione intrinseca all'istituzione dei funzionari pagati dallo Stato: espressione per un verso del controllo centralizzato sulle strutture periferiche dello Stato,e~ si sono a•altronde i portavoce di quella coscienza lunfinistica ·che richiedeva una partecipazione politica de~. cittadino allo Stato e che, in Francia, aveva condotto alla lotta antiassolutistica. I funzionari, fin dal loro atto di nascita, assumono perciò, nella composizione socio-politica tedesca, una posizione anomala e contraddittoria, che li caratterizzerà fino alla metà del sec. XIX. Mandanti del potere politico, e perciò esclusi dall'organizzazione sociale - Svare~ teorico dell'ALR li definisce Neben-Stand (14) - sono tuttavia la coscienza politica piil avanzata di quel e~

263

to borghese che l'assolutismo vuole escludere dalla di rezione politica. Socializzazione degli St~nde e centralità amministrativa del potere, anche se frutto.di una politica assolutistica morta con la Rivoluzione francese, rimarranno cosi un• eredità con cui dovrà fare i conti la costruzione dello Stato della Riforma in Germania (15). Et significativo, a mio avviso, notare che Hegel - tra il 1817 e il 1821 - a questi temi è costre! to a tornare, proprio per a_ffrontare quel problema de_! la •costituzione' dello Stato la cui soluzione, vent'anni prima, pareva configurarsi in tutt'altro modo. La necessità dell'unità dello Stato infatti, che si impone prepotentemente nella Costituzione della Germania, quanto chiaramente si evidenzia nell'analisi e nella denuncia della situazione tedesca dei primi anni dell 1800, altrettanto velatamente si prospetta nella proposta concreta. L•equilibrio tra autonomia del sociale e dominio del politico, che si può intravved~ re con gli occhi dello Hegel maturo, è prospettato qui in forma ambigua, avviluppato com•è in irrisolti problemi teorico-politici. Questo vale per il problema della rappresentanza che, filtrato dal timore della s.9. vranità popolare (SP, p.29), prende corpo nella dire zione del rafforzamento della tradizione feudale ted~ sca (SP, pp.86-87) (16); ma vale pure per "la recezi.9. ne dei rapporti di ricchezza" (SP, p.15) a11•1nterno degli Stande, di cui si coglie l'effetto disaggregante, negativo - "strapotere di singoli corpi" (SP,p.8J - anzich~ il fattore di socializzazione.L'avanzare del l'autocoscienza borghese - "il progredire della cult~ ra e dell'industriosità 11 (SP, p.67), inteso dunque c,2 me fattore di atomizzazione su cui deve imporsi il pr!!t

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cipio unitario dell'autorità statale, pur nel rispetto delle libere cerchie autonome, fa volgere infine gli occhi di Hegel più verso la proposta confederale austriaca - Metternich come nuovo Rìchelieu (SP,n.lno116) - che verso lo Stato accentratore prussiano. In modo emblematico insomma il vero nodo del problema il binomio autonomia-potenza all'interno dello Statoè posto da Hegel solo nelle ultime pagine, nello spazio dell'utopia: affidando ad un nuovo Teseo la costruzione dello Stato, emerge la proposta hegeliana: "la partecipazione come organizzazione" (SP, p.131). La concretezza e l'articÒlazione di cui sarà riempita questa formula programmatica, venti anni più tardi - quando un 11 energico governo ministeriale" (SP p.139) avrà compiuto ciò che al Teseo veniva sto - avrà alle spalle due fattori determinanti: la recezione consapevole, da parte di Hegel, dell'economia politica, e lo sviluppo teorico-politico ruotante intorno al periodo della Riforma. L'evoluzione del cog cetto di Stand a partire, per un verso, dalla CostitY:_ zione detZa Germania, per un altro dall'ALR, regista sintomaticamente l'incidenza di questi' fatt;o,ri.

2. Autoaosaienza tiberaZe e Beamtenstand

L'aspirazione all'unità della Germania dell'intetZighenzia tedesca e l'esigenza di un'economia liberista, secondo il modello smithiano, della nascente borghesia, convergono concretamente nell'opera di riforma nota sotto i nomi di Stein e Hardenberg (17). L*Oktoberedikt del 1807 non ha solo il signi:!:icato i!!! mediato dell'apertura doganale in nome di una liberista apertura di mercato, ma vuole essere, nell 1 inten-

265

to dei suoi promotori, una vera riforma politica, che spezzi la rigidità provinciale degli Stande e promuova inoltre, dal sociale, l'unità di gestione dello St~ to (18). Proprio lieconomico, a cui i 1 ceti·professi2 nali' (Berufsstande) dell'ALR erano stati limitati per fornire ad uno Stato-educatore la garanzia del suo generale controllo politico, nel momento in cui dal 1,! mite della provincia si estende al mercato nazionale, tende a capovolgere il concetto di Stand feudale, che da Landstand diviene Staatsstand. L'apparente continuità tra Landreaht e Riforma, individuabile nel comune riflesso della divisione del lavoro sulla struttura per ceti, diviene, al contrario, cesura profonda nella considerazione di una diversa funzionalità politica dei ceti stessi all'inteE no di un'economia liberista. Per Hardernberg, che nel 1•ALR leggeva "un testo previsto per una nazione di imbroglioni e di delinquenti" ( 19) , la trasformazione de gli Stande diviene il mezzo del potenziamento del Bii.r gerstand per la formazione di una StaatsbUrgergeselZs chaft, in cui venga eliminata ogni separazione per e~ ti {20). La Riforma tenta di occupare infatti,lo sp~ zio lasciato indefinito dal Bii.rger del Landrecht - "c2 lui che non appartiene né al ceto dei nobili né ~que! lo dei contadini" (21) - in modo da formare attorno ad esso una nuova Burger>tum a carattere naziOnale: tent~ tivo che, tuttavia, riesce solo in parte,in quanto s09. getto alla contraddizione ancora forte tra ideale politico e realtà economica. Nobili latifondisti e ceto contadino, nella misura in cni vedono svanire il loro dominio legato alla provincia e la vecchia organizzazione feudale della terra, isolano l'egemonia borghese, che trova rispondenza soprattutto nelle cittl an-

zichè nelle campagne (22). Effetti di questa separazione città-campagna si registrano all'interno dello stesso ceto borghese, che non rie.sce a ricucire la tr~ dizionale separazione. tra t ceti c:ommerciali' ( Ge1.Jerbes tanden} e intellett.uali;;.;ftmzionari, ancora classificati nella Stlidteord'nu~g ìn qualità di E::cf::.. mie:r>ten (23), vale a dirè> priv:i .dt::qual,ificazione gi}!_ ridica precisa, ma in ti.nè:l pos:t.id.one• ibrida tra nobilU. e borghesia. Grava percièf sulla Riforma la pesante eredità dello Stato assolutistico illuminista,sia sot to il profilo ideologico che pratico. Da un lato infatti sopravvive il dilemma, acuito ancor più dai timori sollevati dagli esiti della Rivoluzione francese nella borghesia tedesca (24) "di quanta libertà possa essere presupposta a degli uomini che si voleva educ~ ~e alla libertà 11 1dall I altro la perplessità su "come lo ordinamento per ceti sia trasformabile, seguendo una via legale, in una societl di cittadini liberi" (25). Al movimento della Riforma, costretto per un verso a reprimere le iniziative anti-liberali degli antichi e~ ti, per un altro incerto se assegnare una funzione di rappresentanza ad un popolo su cui veniva pronunciato un g!Udizio di, immaturità politica, non rimane perciò . altra via che il rafforzamento di quel ceto dei funzionari ,,che solo poteva garantire i caratteri di lib~ ralismo ànti-feudale, di estensione nazionale e autocoscienza politica che la costituzione dello Stato moderno, post-rivoluzionario, richiedeva. In attesa che, dal liberismo e~onomico, nasca una vera borgh!i')sia come "classe (Sahiaht) autocoscie_!! te e indipendente di proprietari liberi, al di là degli Stande ancora esistenti" (26), l'opera di Stein e Hardenberg si irretisce in questa contraddizione; pur

a(st~ffi;tlsoà)

~

267

teorizzando una tras~ormazione degli Stande in

senso

liberale e avviando perciò un'economia liberista

nel

Paese, assegna di fatto responsabilità politica ad una classe fuori dalle categorie dell'economico,

del

tutto anomala rispetto a quei ceti su cui la nuova CQ stituzione dello Stato avrebbe dovuto poggiare.E fallirà cosi,

pochi anni piQ tardi, :l'applicazione

modello economico-politico smithiano alla

del

situazione

tedesca, non tanto a motivo dell'arretrato sviluppo~ conomico, quanto per l'incapacità del movimento liberale di teorizzare questa necessaria separazione

tra

società civile e Stato, che di fatto l'intervento politico attuava (27). In questa contraddizione si arena l'idea dicostituzione, da un lato inscindibilmente legata alpri~ cipio di rappres~ntanza della società, dall'altro co~ tinuamente rimossa per il timore di un recupero degli antichi Stande feudali. Nella prassi politica la vera riforma costituzionale diviene una riforma di governo (Regierungsverfassung),

che ha il suo 'fulcro

nella

centralità dell'a~inistrazione ed i suoi soggetti

P2

litici nei funzionari: ma questa prassi politica, anzichè operare sulla società a partire da un

proprio,

intèrno ed autonomo principio costitutivo, come di fa~ to faceva, pretende invece di tradurre in se stessa,j principi della teoria liberale, di cui si dichiara e~ pimento. Stein affida il compito formativo dello Stato all'amministrazione {28) e Niebhur giunge a dire '

1

che la libertà si fonda molto meglio sull'amministr~

zione che sulla costituzione"(29). Coloro che avrebb~ ro dovuto essere i soggetti dell 1 educazione

liberale

ai diritti civili divengono invece degli 'amministrati': "questi uomini non divennero dei liberi cittadi-

ni, ma ver1.1altet" (30). I Beamten applicano a se·ste~ si la funzione compiuta di rappresentanza detta soci~ tà nello Stato: "ai. funzionari che consilderano se st.eE_ si come il nucleo intelligente della società civile e ra qualcosa di facile considerare se stessi come i raE presentanti di essa 0 {31). Ma proprio questa pretetesa applicazione della teoria liberale dello Stato all'annninistrazione, e della rappresentanza al Beamtenstand, presta il fianco alla manovra restaurativa. Gli Stande rivendicheranno a sé il politico, che il concetto di rappresentanza implica, domandando l'apPlicazione letterale di quella landstandisahe Verfassung che la 'promessa di costituzione' aveva previsto nel 1815 (32) . Paradossalmente il Beamtens.tand sarà r_!, dotto a mera burocrazia in nome dello stesso principio che l I aveva portato. ad essere soggetto politico privi, legiato: quello che sancisce il diritto della società ad una propria rappresentanza.

3. Costituzione dello Stato e determinazione del poli

tioo

Il ricordato commento hegeliano agli Atti dett' assemblea det Wurttemberg e la vasta eco che suscitò in quegli anni (33) hanno diviso, fin d'allora,gli i,!! terpreti, volti a riscontrare nello scritto un segno della 11 collocazione" di Hegel all'interno delle dive_E se formazioni politiche di quell'epoca ( 34) • Ma anforse zichè ricondurre Hegel alle "fazioni" C35), è 11 più fruttuoso riferirsi alla cosa sostanziale" su cui Hegel stesso dichiara di voler centrare la propria unitaria comprensione politica (SP, p. 136). E la cosa sostanz~ale che è da trattare - afferma Hegel - non

è tanto la 'promessa' dì una costituzione, che ancora

rientra nel positivo del diritto, quanto piuttosto la "necessità derivante dalla natura nei concetti divenu ti opinione (Uebe~zeugung) universale, concetti i qu~ li implicano, in una monarchia, l 1 istituzione di una costituzione rappresentativa, di un ordine legale e di una influenza del popolo sulla legislazione" (SP, p. 139). Non è nella determinazione positiva dei diritti, ma nell'adeguamento dell'istituzione al 'concetto'che si dà, in Hegel, vera costituzione; il concetto nella istituzione oggi è 11 11 politico" in cui gli Stiinde ven gono a trovarsi (SP, p.161). Il rimprovero rivolto ad Hegel, nello Staatlexi kon di Rotteck e Welcker (1847), di non aver preso P2. sizione nella disputa attorno alla 11 landst&ndisahe und ~eprasentative Verfassung 11 (36), coglie perciò più di ogni altro nel segno, al di là dell'intento, anti-hegeliano,degli stessi autori:per Hegel non è, in effetti, nella fissità della norma scritta, solamente "idonea a tranquilizzare la coscienza formale" (SP, p.265),.che si ha garanzia della corrispondenza tra StaatsvePfassung e "spirito del tempo", ma piuttosto nell'intrinseco adeguamento dello Stato al 'politico':· il diritto pubblico razionale. Infatti, una volta che questo Stato, per opera 11 di un energico governo ministerial~ (SP, p.139), si è costituito come "4:ormazione oganic~• è solo da esso e in considerazione della sua organicl ti che si strutturano anche le 11 sfere particolari»(s~ p.157) (37). Il diritto non può rientrare in tale 'co stituzione', né sotto la veste della tradizione del 1 buon diritto antico' né sotto quella dell astratta for malità dei principi egualitari dell'atomismo frances~ giacchè l'una e l'altra sono connesse più alla positl

270

vità del diritto privato che alla razionalità del diritto pubblico (38). Questo Stato ha ormai alle spalle 1•iniziativa politica legata nlla sua origine storica - sia essa la tirannia di Robespierre o 1 1 uene_E, gia governativa« di re Federico del Wllrttemberg. Ora la sua base concreta è costituita dalla società borghese moderna. L'iniziativa politica è perciò mediata dall'imprenscindibilità di questa sua interna strutt~ ra, sulla quale dovrà esprimersi il politico dello St.§! . .to nella sua originalità. Posta la cesura determinata dall'avvento della società economica, e la trasformazione politica che Hegel recepisce, nell 1 organizzazi2 ne dello Stato "riemerge la politica come complessa a_!: tività mediatrice che fonda il dominio sulle sole capacità di governo" (39). Premessa indispensabile alla comprensione della 'collocazione' •politica di Hegel è perciò la realiZZ.§! zione di quella sintesi tra governo e Konstitution -S9 me corrispondenza tra dominio e struttura - che Rosenzweig ha riscontrato in nuae fin dal Sistema detl 1 etiaità (40), ma che solo ora, dopo la recezione jen~ se dell'economia, rappresenta il reale principiodic2 stit4:Zione del politico sulla base concreta dell'aut2 nomi~ della società civile (41). Il concetto di costi tuzione! che ne deriva, inerisce piU all'organizzaziQ ne che alla oha~te (42), è il superamento di ogni impostazione contrattualistica della teoria dello Stato, ed è perciò l'inversione di quel rapporto diritto-dovere, la cui logica accomuna sia i restauratori legati al diritto del privilegio che i liberali legati a quello della singolarietà: ula coesione dello Stato è un rapporto oggettivo, necessario, indipendente dall' arbitrio e dal libitio; •.. è un dovere in sé e per sé,

dal quale dipendono i diritti; nel contratto, invece} è 1 1 arbitrio a concedere all'una e all 'alt:ra parte di-· ritti, dai quali, scaturiscono doveri" (SP, p.179). Applicata al concetto di rappresentanza,una tale costituzione non dovrà tanto garantire la figura giuridica de.I deputato, quanto piuttosto il reale superamento del privilegio: "per quanto al concetto di una Stato monarchico è essenziale che in esso ci siano corpi rappresentativi (Landstande), sarebbe assai piU vantaggioso non averne affatto piuttosto che tollerare la continuazione di quei privilegi, di quell' ingannare e tenere nel tanfo il popolo" (SP, p.248). Riferita comunque in generale a tutto l'apparato istituzionale, dovrà adeguare le norme amministrative a quella necessità organica. "Una istituzione dello Sta to non può accontentarsi di formular l'esigenza che debba {soZZe) accadere qualche cosa, di sperare che ciò accada, di limitare l'effetto di alcuni fatti che potrebbero rendere difficile ciò che si desidera - essa merita quel nome solo se essa dispone ahe aaaada ciò che deve (soZZ) accadere" (SP, p.159). Non sarà perciò sufficiente dare nome nuovo a forme vecchie di rappresentanza, ma occorrerà trovare modi di garanzia conformi alla vera costituzione dello Stato: "lo Stato ha bisogno di garanzie del tutto nuove contro l'animus privatistico e le usurpazioni dei corpi rappresentativi (de~ Stande)" (SP, p.161). Non sono gli Stande infine, nel loro carattere di sfere particolari, a determinare la poli tic i tà dello Stato, ma al COQ trario è lo Stato l'origine del nuovo elemento, "das poZitisahe ... che prima gli Stande ignoravano e ne1 quale ora vengono immessi" (SP, p.161). La trasformazione, attuata nel corso della Ri-

272

forma, della Staatsverfassung in Regierungsve~fassunffi che segnava un punto di recessione rispetto ai 'principi' liberali su cui tuttavia poggiava, viene

così

da Hegel non solo giustificata, ma sollevata ad unica garanzia della moderna struttura politica dello Stato.

Sinn

La consonanza al politico, che Hegel definisce

des Stàates, diviene aonditio sine qua non per la gestione dello Stato stesso:

11

non basta l'astratta

telligenza, né la mera correttezza o la

in-

buone inten-

,zione", né la possibilità di una Gesinnung indiffere~ te alla determinazione cui ciascuno appartiene. "Nelle istituzioni dello Stato, come in ogni altra nizzazione razionale, non

orga-

si può contare sul caso~ci

si pub chiedere sol tanto quali sono le conseguenze che derivano. dalla natura delta aosa e, in questo del ceto sociale (des Standes)"

caso,

(SP, p.149). E poichè

"il senso dello Stato si acquista peraltro, soprattu! to, con l'occuparsi direttamente degli affari dell'universale11 (SP, p.149), solo gli Staatsbeamten possono offrire cogente garanzia del rispetto dell'intere~ se dello Stato. E' possibile perciò affermare che

la

critica hegeliana ad un sistema rappresentativo atom! s~tco, come nel modello francese, non ha affatto il s! gnificato di un appoggio all'istanza restaurativa di una ~appresentanza secondo ceti (Zandstandisahe

Ver-

fassung) - tesi su cui ha insistito vigorosamente R. K. Hocevar (43) - ma è invece, al di là delle

stret-

toie in cui era invischiato il concetto di rappresentanza, la lucida risposta pratica ad una duplice esigenza, quella di una partecipazione politica della so cietà e quella del dominio dello Stato. La dialettica di partecipazione e dominio affon da le sue radici teoriche nelle Lezioni J·enesi e

avrà

il suo sviluppo organico nella FiZosofia dei di~it~o: in essa Stande e Beamtenstand ritrovano la loro giustificazione politica. Ma in quanto implica da una pa! te - come 'partecipazione' - un'autocoscienza costituita, dall'altra - come dominio - una referenza precisa,si chiarifica nella sua articolazione nei reali teE, mini di riferimento, nel reale intreccio retrostante tra società e Stato: infatti il modo della partecipazione potrà risolvei-si solo comprendendo il luogo del dominio di ogni parte della società nello Stato così come il dominio dello Stato potrà giustificarsi solo nel suo essere espressione della partecipazione dell' intero. La categoria.,che, in Hegel, storicamente oltrechè speculativamente fa da supporto a tale dia~e! tica e che quindi da ora seguiremo è quella della Bil dung. Scrive Hegel: "questi ultimi venticinque anni, senza dubbio i più ricchi che la storia del mondo abbia avuto; e per noi i più istruttivi, perchè ad essi appartengono il nostro mondo e le no_stre idee" (BP,p. 181) hanno fatto sì 11 che la cultura (Bi tdung) sia giu!! ta a conoscere le semplici fondamenta delle istituzi2 ni statali" (Ivi, p.165). La Bitdung è perciò risult~ to di un processo storico determinato, ma definisce soprattutto un atteggiamento di comprensione politica: quello del riconoscimento dei principi di raziona li tà dello Stato. Basta por mente al capitolo della F!f!.. nomenoZogia ad essa dedicato, per ricordare che la Bit dung. rappresenta quel processo di alienazione della singolarità nell'effettualità per la liberazione-possesso della realtà esterna, a cui ci ha storicamente condotto lo svolgimento dell'Illuminismo (44): essa è figura dell'autocoscienza dell'uomo borghese. Ciò che distingue il cittadino borghese dalla plebe è propri~

mente questa consapevolezza di far parte del tutto o~ ganico dello Stato: "a segnare il confine tra plebaglia (P6beZ) e cittadini (Burger) ~ il ritenere che ciò vien fatto nell'interesse del governo e dello Sta to sia contro l'interesse del popolo 11 (SP, p.151). Tuttavia, poco oltre, Hegel afferma che questa consuetudine alla razionalità .del politico si differenzia dall'appropriazione determinata della razionalità stessa, tanto quanto i principj_ generali - iDroit de Z'homme e du oitoyen in Francia - differiscono dal le istituzioni dello Stato (SP, p.166) • La Bi'ldung peE_ ciò, nel momento in cui se ne ·deve definire il cam po di qualificazione e di dominio, viene dèterminata a partire dalle strutture istituzionali in cui sì col loca. Secondo la celebre dialettica dì signoria e seE vitù - figura generale del movimento della BiZdung il dominio è infatti risultato del riflettersi posit! vo dell'oggetto formato sul soggetto formante (45) .L' autocoscienza formata, cui giunge il-cittadino borgh~ se e che ne ci'rcoscriverà la sfera di dominio, avrà dunque i connotati di quella società civile di cui egli è il soggetto agente. Universalità astratta e divis:,one sociale del lavoro non possono essere indiffe renti all'esperienza - che è scienza - del tipo di d~ minio 9he la società civile pretende. Più precisamen te, parafrasando i termini hegeliani, il Sinn desSta~ tes - l'appropriazione della coscienza politica - è d.§: terminato dal Sinn dee Standes - dal luogo in cui la coscienza si forma -; cosicchè la Bi Zdung esplicita la sua particolarità nei confronti dello Stato come 'modo di sentire', come Gesinnung. Perciò il 'sentirsi parte' dello Stato non significa immediatamente 'ess~ re formati per' partecipare al dominio dello stesso.

irrfatti il momento della partecipazione impli.Ca 1.3. totalità di coloro che si riconoscono Bul'.'geri ein,is Staates, la determinazione del dominio del Burigeri risulterà dall'oggetto che ciascuno lavora. In questo quadro, la Bi ldung div.iene filo conduttore privilegi!! to da cui ricavare i caratteri politici dello Stato, nel senso che rappresenta la saldatura tra la partec1 pazione della società come 'sentirsi parte' dell 1 aut2 coscienza e, d'altro lato, la limitazione del dominio del soggetto al campo circoscritto della società civi le. Del resto è possibile rinvenire fin dalle ultime Lezioni di Hegel nel periodo di Jena questa corrispo~ denza tra 'autocoscienza formata• e 'dominio', tra G~ sinnung e Gewalt: "l'individuo ha valore eoio in qua~ to alienato educato (gebildetes), solo in quanto aiò ahe egli si è fatto" (FSJ II, p.192). Dove questo 'aver valore' caratterizza specificamente il potere, la coincidenza tra scienza e volontà, che 'il proprio modo di sentire' implica. nAltrettanto liberi, quanto lo è ogni singolo nel suo sapere, nel suo modo di sen tire (Geeinnung), e così diversi, come lo sono i singoli, sono i poteri (Gewalten)" (ibidem). In questa l.!! ce, il mantenimento della struttura sociale secondo ce ti non è solo conseguenza immediata della divisione del lavoro, ma è anche determinazione della loro funzionalità politica, in quanto all'interno della ttsalda organizzazione" dello Stato essi diventano "membri dell•intero" (ivi, p.193), salvaguardia di fronte ad ogni arbitrarietà privatistica. Il loro referente sp~ cifico è il lavoro sociale, ma la loro estensione implica l'universalità organica dello Stato. Fin dalle premesse teoriche ci troviamo, con He gel, in un'ottica del tutto nuova, tesa al superamenSe

276

to del ceto feudale legato al privilegio: né sulla strada del Landreaht, che ha cercato di relegarlo ad una funzione economica, né su quella di un suo recup~ ro a livello regionale, quale intendevano i restauratori. Hegel su ciò è esplicito: "garanzia contro l'ar bitrio: universale costituzione degli Stande non stati regionali (Landstande) (ivi, p.192 n.145). Ma nemmeno - e questo soprattutto preme mettere in luce nella direzione di un'immediata e omogenea corrispondenza della società (Stande) allo Stato, come i rifo~ matori liberali, secondo i loro principi,av:i;ebhero •&_!:! spicato. Proprio l'autocoscienza politica di essere parte dell'intero esclude gli Stande in quanto tali dal dominio dello Stato. Questo sarà riservato a coloro il cui ceto avrà l'estensione stessa dello Stato: 11 10 Stand dell'universalità", in cui l'estensione de_! la sua formazione determina l'estensione del suo domi nio, cosicchè la scienza dell'universale viene a coi~ cidere con il dominio dell'intero dello Stato. E' evi dente che con ciò il Beamtenstand acquista, in Hegel, un peso non più riconducibile alla contingenza della prassi politica, ma tale da rivendicare ormai un ruolò ~trutturale, costitutivo del concetto stesso di Sta to. Anche se dunque in questi anni non è ancora chi!; ramente esplicita la strutturazione interna del politico nello Stato, ne sono tuttavia già presenti le premesse e soprattutto - come ha.notato Rosenzweig la novità rispetto ai- primi scritti jenesi:"ora è la b_!:! rocrazia ad occupare il posto di primo stato, quello che nel 1802-03 era della nobiltà terrìera 0 ;mentre a_! lora era emanazione de11•aristocrazia del governo assoluto, "ora il funzionario è ceto a sé e, nella mis,1!

277 ' .

ra in cui è anche dotto, si

innalza al di sopra del proprio stato (46). Il governo è ceto a sé poichè, fondando l'universale~ ha escluso il particolare che lo caratterizza: "la sua natura, il suo stato va a fo!! do come un'immagine di sogno, come isola lontana che appare al limite dell'orizzonte come una nuvoletta di vapore ••• E 1 l'alienazione della sua intera sferapel suo intero mondo esistente - non quell'alienazione che è soltanto forma, oultuPa (Bildung}, ed il cui contenuto è daccapo l'esserei sensibile, bensl 'alienazione' universale dell'intera realtà 11 (FSJ II,PJ:,·.209-210)• • I funzionari, come gebiZdete InteZZigenz, hanno tolta in quanto compiuta, l'alienazione della Bitdung (au[ gehoben): perciò essi sono "scienza dello Stato" (47). 11

4. Corporazione e 'Beamtens tand ': istituzioni

de i la parteoipazione sooiaZe e dell'originalità del poli tioo

Negli stessi anni in cui W.von Humboldt scrive al cancelliere di Stato di appoggiare l'introduzione di una rappresentanza per ceti - rifacendosi a quella Zandstandieohe Verfassung dell'art. 13 del Bundesakt - argomentando sulla loro efficacia 11 per il consolidamento dell'unità dello Stato" proprio in ragione di quella loro competenza che "proviene dall'effe_!: tuale e dal particolare, anzichè dall I universale e dal l'ideale" (48), Hegel, tenendo lezione sull'Enoio.top!!_ dia, così annotava: Stéi.nde "non per s~ cr:mtrapposti al governo - elemento ministeriale nel loro centro - co~ siglio dei funzionari ••• ministri formati, colti, Zf beri da idee limitate" (PD ed. Ilt., p.193) .Ciò che per Humboldt doveva essere garanzia di una corretta di

278

rezione politica - la conoscenza particolare degli af fari della società - è per Hegel dunque carattere estrinseco all'universalità dello Stato. All'opposto, insomma, del presupposto liberale di un'omogeneità de,! la societ~ allo Stato, da cui è garantita una lineare continuità tra interessi della prima e del secondo,l' organicità dello Stato hegeliano implica un interesse politico al di sopra delle parti della società. E' chiaro ormai che, nel pieno dibattito costituzionale, reso infuocato in Prussia dopo il congresso di Vìenn~ Hegel, riconfermando la sua premessa di fondo 11 che la costituzione non ~iene data ma è in sé e per sé 11 (ivi p.195), diviene voce originale, non riconducibile né alla posizione liberale quanto meno a quella restaura tiva. Per Hegel, l'apporto costituzionale di ogni paf te dello Stato non può, date le premesse prima considerate, fare astrazione da ciò che determina il suo es sere parte. 11 Una connessione de11•1ntero "- si legge sempre negli appunti hegeliani - "implica gradualità. di formazione (Bildungsstufe) 11 (ivi, p;l93). Il cara! tere politico degli Stande acquista allora un doppio seç.so a secQnda della direzione in cui questo deve operare. Se riguarda il particolare -."potere ammini strativo come riflessione dell'universale sul particolare" - deve essere garantita Aallo Stand l'autoamministrazione ( 11 Selbstve:,:,waltun9 ... fPeie Landstli.nde" {ivi, pp.193 e 197)); ma se riguarda la aonnessiqne dell'universale in ·quanto tale ("aufs poZitische Zusammenhang • • • a ls A 1, lgemeine!' Rath " (ivi, p .19 5) ) , può essere riconosciuto nella sua valenza politica s2 lo da chi a questa dimensione appartiene: il 0 cons;iglio del funzionario" (Rath des Beamten) (ivi,p.193}.

279

"Con la costituzione come con la filosofia ognuno pen sa di aver qualcosa da dire ••• Principio di una costituzione libera è che ogni sfera faaoia da sé, ciO che può fare. Gli uomini devono venir goveimati - · solo connessi ad un punto centrale dato - e secondo la Volontà universale 11 (ivi, p.195). Si viene perciò chi~ rendo, nei termini generali, la distinzione tra 'caratteri politici' della società (nel senso classico di 'politeia 1 ) e funzione politica del dominio dello St~ fto, che non era ancora esplicita nelle .ultime Lezioni jenesi. In esse infatti lo "Stato generale" era ne!, lo stesso tempo "polizia e governo 11 : per un verso c2 stretto a "modificare ••• ogni sistema secondo lo St!! to (Stand) 11 (FSJ II, p.199), per l'altro 11 saienza in generale" che da sé sola trae alimento (ivi, p.201). Più in particolare l 1 intreccio di Stand Bitdung Beamtenstand si va gradualmente configurando, man mano che prende corpo la Reohtsphilosophie hegeliana,s~ condo quello schema di corpora.zione .e governo che di verrà il riflesso politico della separazione tra società e Stato: soluzione matura e definitiva della di!! lettica di partecipazione e dominio. La proposta di una Landstandisahe Ve!'fasaung p~ende tuttavia forza, in Germania, in quanto questa appare, agli occhi della borghesia, solida alternativa al sistema rappresentativo francese - dietro al qu!! le si paventa il principio della sovranità popolare pur mantenendone il carattere di 'rappresentanza'.Già Humboldt, ne] memoriale ricordato, contrappone gli Sta"!!. de al sistema di rappresentanza diretta nche si é visto sorgere e crollare dopo la Rivoluzione francese. Volerlo imitare sarebbe ciò che di più non tedesco si possa iniziare in Germania" (49). E Gentz, consiglie-

re di Metternich, ed uno dei piil quotati teorici del-. la restaurazione, sanzionerà definitivamente questa contrapposizione nel noto saggio sulla costituzione scritto in occasione dei Deliberati di Karlsbad (50). La teoria politica hegelìana è invece in grado di s2 perare ciò che, alla fine, accomuna le due proposte: sia l'una che l'altra sono viziate dal principio del particolarismo - sia questo del cittadino o del ceto e, a ben vedere, hanno alle spalle una visione contrattualistica del rapporto tra sòcietà e Stato.Se la Francia ha sanzionato 1 'atomismo, la Germania non si è mostrata da meno: "lo spirito delparticolar1smo ha se!_!! preformato nella storia, il carattere e la sventura della Germania • • • Ma se per Germani tà si intende qua1:_ che cosa di universale e di razionale secondo il suo concetto ••• allora sarà difficile trovare qualcosa di meno tedesco di quella mentalità" (SP, p.290). Per H~ gel solo il presupposto della razionalità dello Stato in quanto Mitte'lpunkt può garantire si.al 'autonomia d~ gli Stande che la loro 'politicità' - seppure nella forma della neutralizzazione delle loro pretese 61 d2 minio - contro all'im-politico dell'arbitrio del singolo. E ques_to significa tutt'altro dal tornare a pof sizioni assolutistiche che - alla maniera degli inte~ ti fe4ericiani nel Landrecht - conseguono l'unità del lo Stato mediante la mera sottrazione del sociale dal politico. Il Landreaht, in quanto ha ignorato l'universalità 'astratta' della società borghese, non ha v~ lutato la politicità della sua autonomia; permane cosi nella semplice sovranità, al di fuori della sfera reale del dominio (51). Il nodo politico della società civile si gioca invece, per Hegel1 tra il diritto della particolarità

"di svilupparsi e di muoversi da tutti i lati" e il la sciare all 'universalitzì. "il diritto di dimostrarsi qu~ le fondamento. e forma necessaria della particolarit~~ (LFD, p.168-69). Questo "interesse all'idea", questa

presenza

forme appunto

mediate

capillare di

la Bildung,

del

dominio, che

politico nella

mostra .il

attraverso

società civile è "formare (bil-

den) la soggettività nella sua particolaritl" (LFD, p. 170). Bildung non è perciò né "un che di soltanto esteriore", che ci riporterebbe all' irresolubile atomismo rousseauiano (52), ma neppure un semplice "mezzo" per finalità ad essa estranee - Zivilisation -: "l'una come Paltra veduta dimostra l'ignoranza della natura dello spirito e del fine del la ragione" (ibiaem). La Filosofia del diritto dà a questo proprosito concreta sostanzialità alla riflessione che finora era rimasta frammentata nell'articolazione delle diverse figure particolari. Ed è appunto la'Bitdung ad offrire una chiave di lettura unitaria, che da un lato mette in luce il sostrato comune che determina l'app~rtenenza di ogni parte all'intero dello Stato - partecipazione - e dall'altro rende ragione della necessaria alterità intrinseca alla direzione politica - dominio. Per il primo aspetto, seppure in generale - co me abbiamo già visto - la Bi Z.dung è l 'aquisizione dell '09. gettività da parte della soggettività, rappresenta "il proaedimento di elevare a libertà formate e ad univer-saUtà formaledel sape:r>e e del volere, l'individualità e la naturalità .••• ,mediante la necessità naturale, allo stesso modo che mediante l'arbitrio dei bisogni (LFD, p. 170) .Essa è allora "la liberazione e il lavoro della più. alta liberazione, cioè l'assoluto punto di passaggio al-

282

la sostanzialità infinitamente soggettiva dell 1 eticità non più immediata e naturale,ma spirituale, ed elevata, parimenti, alla forma dell'universalità". Come tale è giunta perciò ad essere condizione effettiva dell'es! stenza della libertà concreta: 0 questo è il punto di vista che dimostra la civiltà (Bildung) quale momento immanente dell'assoluto e il valore infinito di essa" (LFD, p.171). Proprio a partire dalla liberazione d~l la necessità n.aturale e dal bisogno, prepotentemente realizzata con l'avvento della società civile, emerge aver la coscienza politica del soggetto borghese di formate un intero razionale. E' tuttavia la reciprocità di liberazione e formazione ad esprimere manifestamente che la partecipazione all'intero è determina ta necessariamente dalltessere parte dello stesso. In quanto inseriti nella struttura della Bitdung, gli Stiinde non si limitano dunque a riflettere la struttura sociale della società ma anche lo specifico del loro contributo politico. come la determinazio ne del loro ruolo economico è garantita dal riconosci mento della loro funzione universale nella divisione del lavoro, cosi la partecipazione politica esige un r-icqn'oscimentp ad essa adeguato. 11 La Gesinnung dei ce ti non potrebbe essere lasciata alla mera fiducia e al l'opintone soggettiva del voto - Una garanzia oggett! va - Proprietà e attitudine (Gesahikliahkeit) sono pef ciò necessari 11 (FD ed Ilt. p.336). E poichè i l · luogo della formazione della Gesohiaktiohkeit è per, Hegel, la corporazione, que8t'ultima diviene momento politico in quanto µni tà organica dell.a parte: essa è per,.. ciò 11 radice etica dello Stato nella società civile" (LFD, p.210). Ad essa è affidato il compito politico della determinazione della Geainnung,"educazione del-

283

l'attitudine a divenir partecipe ad essa" (LFD,p.208). La corporazione, espressione della Gesinnung, è l'e mento distintivo dell'universalità della Bildung, momento della decisione-dominio, ma nei limiti

il

della

parte che la fa essere tale, "il cui fine universale, quindi è del tutto aona~eto, e non ha altro ambito se non quello del mestiere, che è affare e interesse peculiare11 {ibidem). Il lavoro, lo scambio, il contratto nella società civile ottengono riconoscimento universale in forza dell'astrazione che ad essi inerisce (§ 198). Ma proprio l'autonomia che la società e conomica

richiede

definisce,limitandolo - nella for

ma della Geainnung - il suo intervento politico. Come abbiamo seguito la Bi Zdun.g, in quanto figura dello Sp_i rito, riflettere nel suo dominio l'oggetto 'formato', così

ora, nell'istituto della corporazione vediamo~

sprimere, ma nello stesso tempo esaurire nel determinato, il ruolo politico delle strutture emergenti la società civile - gli Stande. Perciò il loro

»fine

universale", l'aspetto politico della loro decisione, si rivela come "interesse

peculiare". Per Hegel, pr~

prio il principio di autonomia delle sfere particolari è

inscindibile

dalla determinazione specifica del

luogo in cui il loro dominio si svolge e, quindi, limita. Il

si

luogo del politico - volontà universale e

dominio dello Stato - dovrà essere invece l'organizz~ zione unitaria di quell'universalità cui ciascuna sf~ ra arriva, anzichè la somma del perticolare di tutti. "Il principio degli Stati moderni ha quest'immensa fa.E_ za e profondità: lasciare che il principio della soggettività si porti a compimento in estremo della particolarità personale e, insieme,

autonomn riportarlo

all'unità sostanziale e, così, mantenere questa in es

284 so medesimott (LFD, p.218) e, pi'ù schematicamente, gli appunti di Homeyer: 11 gli estremi parziali nei quali la . realtà della libertà viene assunta, sono die Gesinnung und der Machanismus des Staates, ma la vera realtà del la libertà è il suo organismo" (PD ed. Ilt. p.326). Perciò solo superando, assumendoli, sia il particolare della Gesinnung che l'esteriorità del meccanismo 1 stituzionale, potrà darsi vero dominio politico che sia ucostituzione" dello Stato e realizzazione della libertà, vale a dire un dominio che, pur necessariamente espresso da soggetti determinati, rispecchi fino in fondo l'oggettività dello Stato. Il Beamtenstand diviene allora RegiB~ungsge~ait proprio in forza della sua funzione amministrativa e non come surrogato di una coscienza civile non ancora 11 formata 11 (53). E' il carattere stesso della socie tà civile a determinare la formazione delle sue comp2 nenti e, da essa, non proviene altra coscienza polit! ca che non sia Gesinnung, Sinn des Staates, vera consapevolezza politica, potrà darsi solo in chi ha fatto della concreta universalità dello Stato il proprio Stand. Solo a livello di Beamtenstand si esprime il vero~.,:politico ' dello Stato; "la necessità dell I ideali..... tà è lo sviluppo dell' i11ea entro se stessa: essa in quanto sostanzialità soggettiva, è il sentimento (Gesinnung) politico; in quanto oggettiva, a differenza di quella, è l'organismo dello Stato, lo Stato propriamente politico e la sua costituzione" (LFD, p.222). E' solo il funzionario a realizzare l'unione di soggettivo e oggettivo, in qu.anto ha ad oggetto del proprio sentimento l'organismo dello Stato; è lo "Spirito consapevole di sé e volente sé, in quanto passato, attraverso la forma della Bildung" (LFD, p,224). He-

285 gel perciò non solo motiva la separatezza dei funzionari, ma la rende imprescindibile per il costituirsi dello Stato. Solo una scienza in questo senso separata ha possibilità di reale efficacia politica (54} .Es si rappresentano "la parte principale della classe m~ dia, nella quale si trova die gebiidete InteZZigenz e la coscienza giuridica della massa di un popolo"{ivi p.258); ed Horneyer, più incisivamente li definisce 11 r intelligenza e l •.autocoscienza formata di un popolo" (FD ed Ilt., p.334). La partecipazione degli Stande alla decisione politica diviene allora altrettanto necessaria quanto inefficace: essi rappresentano infatti concretamente l'articolazione dello Stato,ma sono un di più (Zutat) nel momento in cui viene deciso "l I affare dello Stato in sé 11 (LFD, p. 271), corrispettivo in sen.so orizzontale di ciò che la decisione del monarca - il puntino sulle iè in verticale. Questo non ha affatto il significato di escludere radicalmente l'economico dalla partecip~ zione politica,ma piuttosto assumerlo per ciò che vu2 le effettivamente rappresentare nel suo aspetto razi2 nale: ossia di essere espressione delle diverse parti nel costituirsi dell'unità dell'intero. L'imprescindi bilità dell'organicità dello Stato è, per Hegel, la condizione della partecipazione allo stesso, altrime~ ti in balia dell'arbitrio: 11 10 Stato concreto è lato talità organizzata nelle sue cerchie. particolari; il componente dello Stato è un componente di una siffatta aZassG: soltanto in questa sua determinazione oggettiva esso può venire in considerazione nello Statd' (LFD, p.267). La pretesa universalità del cittadino borghese in quanto tale, che accampa i suoi diritti come 11 persona privata pensante 11 , perde - per He-

la sua stessa razionalità nel momento in cui astrae dalla determinazione che lo fa essere tale. "Questa coscienza e volontà soltanto allora non è vuo ta ma riempita e realmente viva, quando è riempita del la particolarità", perciò essa "consegue la sua deter minazione reale e vivente per l 1 unive~iaZi anzitutto nella sua sfera della corporazione" (LFD, p.268). Permangono allora, nella Reahtsphilosophie hegeliana, le forme liberali della deputazione e la cat!: goria illuministica dell'opinione pubblica, ma radicalmente capovolte nella sostanza della loro funzione politica. Infatti è proprio la separatezza della deci sione politica a divenire garanzia del rispetto sostanziale di queste forme che, lasciate a se stesse, sancirebbero il dominio dell'arbitrio e del particol~ rismo. In esse infatti "l'universale in sé e per sé, 11 sostanziale e il vero è legato al ,suo opposto, a ciò che~ per sé caratteristica e particolarità dell' opinione dei molti; quest'esistenza è quindi la contraddizione esistente in se stessa, la conoscenza come parvenza; l'essenzialità tanto immediata quanto è 1' inessenzialità" (LFD, p. 272) • Il Beamte qualifica i!! vece Jn se stesso la radicale originalità del politico clello Stato, escludendo qualsiasi omogeneità immediata con il sociale: non Beamte des VoZkes ma Staat sbeamte: Significativo, a questo proposito, l'appunto di Homeyer: "è meglio che chi ha potere abbia propri!: tà privata anzichè una paga annuale, che altrimenti lo farebbe apparire come funzionario del popolo" (FD, ed Ilt., p.333). E 1 infine il funzionario ad esprimere "l'opinione pubblica formata" (FSJ II, p.201 n.162)Jl.§: gel perciò ne istituzionalizza la manifestazione appoggiando, contro l'opinione anche di alcuni libera-

287 li (Humboldt), la pubblicità delle sedute: "il prese.!! tarsi dì questa occasione di conoscenza ha questo aspetto generale, che, cosi, l'opinione pubblica giunge, per la prima volta, al vero pensamento e all'intelligenza della situazione e del concetto dello Stato" (LFD, p.271). Giacchè ha il suo carattere politico nell'aver esaurito il processo della Bildung, il funzionario, da liberale recettore delle opinioni paE tìcolari del sociale, si trasforma in agente di form~ zione politica - Bildungsmittel - (55). Hegel, garantendo nel Beamtenstand lo 'spazio' del politico, rea lizza nella sostanza la politicità dèllo Stato al di là degli astratti formalismi liberali, poichè ha compreso l'originalità del politico che la società borghese esige.

5. Hegel aontro il liberalismo, al di ld della restau razione La controversia tra Humboldt e Hardenberg, agli inizi dell I anno 1819 {56), rappresenta il punto di ma!!_ sima contraddizione tra astratti principi liberali ed effettiva conduzione politica: non a caso nell'estate dello stesso anno, i Deliberati di Karlsbad segnera~ no il definitivo prender piede della restaurazione in Prussia. Il memoriale di Humboldt Sul l 'int·roduzione di costituzioni per aeti territoriali negli stati prussiani (57) vuole essere, infatti, un appello contro la potenza della burocrazia proprio in nome di quel diritto alla politicità della società - BurgeÌ>sinn - che i funzionari stessi perpetuavano. Quel che Humboldt considera uno svantaggio conseguente al centralismo~u rocratico, cioè "che solo il funzionario conti qualc2, sa e perciò ognuno si avvicini a questa 'Classe" (58),

era invece una delle finalità che la riforma stessa perseguiva: il riconoscimento di una identità politica comune al di là della divisione per ceti. L'eletti vità diretta dei deputati per provincia ed il rafforzamento del Landtag a scapito dello Staatsrat (59) ,in nome di una più immediata partecipazione sociale, rischiano inoltre di frantumarè quella unità faticosamente raggiunta da Hardenberg attorno alltapparato am ministrativo. Manca insomma, da parte di Humboldt, la ,comprensione della specifica funzione politica che i funzionari come tali perseguivano, al di là delle loro stesse intenzioni. Ancorato infatti all'assioma li berale della soggettività politica del cittadino in quanto tale, Humboldt intende i funzionari solo nella funzione mediatrice della loro attività amministrativa (60).

La difesa di Hardenberg risulterà d'altro lato perdente (61) perchè i principi che gli venivano rimproverati erano i principi stessi su cui si era sorretta la riforma ma che la prassi politica, invece,aveva fatto emblematicamente trasferire al Beamtenstand: l'autocoscienza del funzionario liberale era soddisfa_! ta s,olo nell'applicazione a sé del principio di rappr~sentanza.· La contrapposizione al modello francese, pur nel mantenimento dello stesso principio di omogenea continuità tra società e Stato, che la rappresentanza implicava, conduce paraddosalmente la riforma al la contrapposizione tra Stande e Beamtenstand, dove sia i primi che il secondo rivendicano a sé il polit! co della soci~tà. Ha quindi buon gioco la restaurazione che, liqu! dando ogni forma di rappresentanza, restituisce del tutto agli Stande il loro peso oolitico autonomo, al-

289

lo scopo di recuperare garanzie giuridiche regionali di tipo feudale all'interno di un'economia arretrata. Quando Gentz, durante la conferenza di Karlsbad, af·ferma che la 11 landstiindisohe Ver-fa.ssung dell • art. 13 significa propriamente Stande e nient'altro" (62) ,intende restaurare un concetto di politicità regolato dal principio del privilegio e del dir~tto privato, che l'avvento della società borghese post-rivoluzionaria aveva del tutto liquidato. Non a caso il suppoE to teorico al mernortale di Gentz è offerto da A. Miiller e C.L.von Haller, il cui violento attacco alla separazione tra società e Stato tendeva a ripristinare uno Stato patrimoniale su modello feudale, in cui lo Stato,come proprietà del sovrano, fosse regolato da norme di diritto privato. L'articolo VII dei KarZsbader Besahlusse sancirà questa direttiva teorica (63) e l' introduzi.one dei Provinzia Zstéinde del 1823 - un anno dopo la morte di Hardenberg - ne sarà la concreta conferma {64). I riformatori liberali, pur vivendo in sé, come Beamtenstand, la novità politica che un rapido mutamento della società in forma borghese aveva comportato, n(:,n ne hanno espresso insomma la compiuta autocoscienza, e vengono perciò ricacciati dalla restaurazione nel particolarismo politico (65), così come la società viene bloccata nel suo sviluppo economico in senso moderno. La società economica liberista infatti, esaurendo nell'universalità astratta del proprio funzionamento ogni rivendicazione del privato, richiedeva, come di fatto attuava, una direzione politica or! ginale e non una linearità di gestione che ricavasse i principi propri dai principi formativi della società stessa.

Ad Hegel perciò il merito di aver compreso nella unità dello Stato - istitllz,ionàlizzandole - le esige_!! ze di fondo della società. borghese al di là della sua stessa autocoscienza. La: società perman~ autonoma nel suo svolgimento eco:nomico,ma tuttavia parte - Gesinnung - nel suo apporto politico. Non ne è esclusa la politicità, ma vi sono apposti èriter~ di riconoscimento diversi dalla sua astratta uniformità economica. Lo Stato hegeliano - più prussiano della stessa Prussia in quanto ne esprime la razionalità politica - è 11 costituito 11 dalle sfere economiche - Stéinde - senza tuttavia identificarsi, come dominio - Beamtenstand con alcuna di essa, ma anzi essendone l'attiva garanzia di uniformità. Anche se inficiato dalla prospett! va classica di una sintesi dello Stato come luogo del la totalità etica, nei grqdi intermedi che il suo organismo implica, appare all'orizzonte dello Stato hegeliano quell'originalità politica che il capitalismo richiede.

NOTE

Sono state usate le seguenti edizioni delle opere di

He-

gel:

{FSJ),:UFilosofia deUo Spirito (1805-06)_.tr.it.diG.CANTILLO,in ~ Filosofia deUoSpirito jenese,Bari 1971,pp.103-216. (Fen) FenomenologiadeZZoSpirito, tr.it. di E.DE NEGRI, Firen ie 1960.

{SP) Scritti politiai, a cura di C.CESA, Torino 1972. (FD ed. Ilt.} Reahtsphilosophie Edition IZting,Stuttgart 1973 vol,I,in particolare:Der objektive Geist,aus der Heidel berger ErJ,zyklopedie 1817 mit Hegels Vorlesungesnotiz~n~ 1818-1819 (pp.127-215). Natwreaht und Staatswissensahaft. Vorlesung 1818-19, naah der Naahsahrift C,G.HOMEYERS (pp.217-351). (LFD) Lineamenti di Filosofia del di~itto, a cura di F.MEssr~ NEO, .Bari 1971. . (1) G.W.F. HEGÈL, VorZeaungen uber Reahtsphitosophie18181831, Edition und Kommentar K.H. Ilting, Stuttgart 1973 ss,voll,

I-IV. (2) K,ROSENKRANZ, Vita di Hege7,,_. tr.it. di R.Bodei, ,,Milano 19742, e, più specificamente, HegeZ als deutscher National phi7,,osoph_. Leipzig 1970, ripr. anast. Darmstadt 1973, Su questa via H.LOBBE (Die poUtisahe Theo'l:'ie dei> hegelsahen Reahten.,"Archiv fur Philosophie 11 , 3-4 (1961), pp.175- 227, ora in Poiitisahe PhiZosophie in Deutsahland., Basel-Stuttgart 1963, pp.27-84) assume l'immagine di Hegel mediatore tra rivoluzione e restaura • zione in quanto mero riflesso della situazione conflittuale del suo tempo (pp.52-53). ('3) R.HAYM, Hegel und seine Zeit., Berlin 1857 (ristr. anast. Mildesheim 1962). Al di là del 'vessillo-Haym' ancor oggi riproposto da liberali di tutt'altra tempra (si pensi a K. POPPER, La società aperta e i suoi nemici, vol. II, Hegel eMax>x falsi profeti, a cura di D.Antiseri, Roma 1973), il confronto con l'opera di Haym rimane imprescindibile, Ad Haym il merito di aver .colto 'ciò che permane' dello Stato hegeliano nel concetto di organizzazione (pp.388-90). (4) K.H.ILTING, Hegel diverso, tr.it. di E.Tota,Baril977. Il mio riferimento ha soprattutto presenti le EinZeitungen, nel le quali la minuziosa ricostruzione di Ilting - una volta dimo strato che Hegel nel periodo della Restaurazione "ritocca sol:: tanto il testo esistente cercando di mascherare 1e·vere idee" (p.94) - rischia di esaurirsi davvero nel 'ritocco', lasciando perciò perdere le idee. Critico dell' 11operazione-Ilting 11 è soprattutto w•. R.BEYER, Das Probtem Heget, in appendice a Phanome-

nologie und Logik. Hegel,ats Redakteur' der Bamberger

Zeitung.,

Koln 1974 2 , pp.340-47. (5) Su cui si rimanda senz'altro a ILTING, Hegel diverso, cit., pp.55-66. · (6) F.v.GENTZ, Ueber der Untersahied zwisahen land,stétndi sahen und Reprasentativve'!:'fassung, in Wiahtige Urkunden fià> .den Reahtszustand der deutsahen Nation., a cura di Th.Weleker, Mannheim 1844, pp.22lss.. · (7) W,v,HUMBOLDT, Ueber Einriahtung Zandatandisaher Vex> fassungen in den preussisahen Staaten, in Wet>ke, Stuttgart 1964, val.IV, pp.433-500. ' (8) Cfr. la lettera di Hegel a Creuzer del 30 ott. 1819 (Br>iefe von und an HegeZ,. a. cura di J.Hoffmeister, Hamburg 196lt II

p.220). (9) A partire dall'ampia panoramica di F.ROSENZWEIG,

gel e Zo Stato, a cura di R.Bodei, Bologna 1976, il

Be-

confronto

critico avrà soprattutto presente la via aperta da E.WEIL,Heget e Zo Stato, in Filosofia e politica, Firenze 1965, pp.103-211. Tra gli studi più recenti, sono da segnalare le schematiche ma den$e indicazioni di R.BODEI, Sistema ed epoca in Heget, Bologna 1975, in particolare pp.72-86, (10) G.LUKACS, Il giovane EegeZ e i problerm, delZa società aapitaUstiaa, tr.it. R.Solmi, Torino 1960 3 , pp,22 e pas-

sim.

(11) Cfr. D.BORSO, HegeZ poZitiao dell'esperienza, Milano 1976. (12) Cfr. G.TARELLO, Storia della aultura giuridiaa moderna, Bologna 1976, vol.I,p.253 e R.KOSELLECK, Staat und Gesel lsahaft in Preussen 1815-1848, in AA.VV., Staat und GeseUsaha= ft im deutsahen Vormiil"z 1815-1848, Stuttgart 1962, pp.79-112,in particolare p.84. (13) 11 Cioè il suo essere allora troppo debole e insicura sul piano economico per programmare un rovesoiamento delle strutture assolutistiche e proporre la propria candidatura a classe politica dirigente": N.MERKER, L'iilwninismo tedesao. L' età di Lessing, Bari 1968, p.443, (14) Per la concezione e suddivisione degli Stande nel11 ALR, oltre a TARELLO, Storia della auUuz,a ••. , cit. pp. 491505, si veda R. KOSELLECK, Preusaen zwiaahen Reform und RevoZution. Allgemeines Landrecht, Verwaltung und soziale Bewegungvon 1791 bis 1848, Stuttgart 1975 2 , pp.53-76. (15) 11 La riforma, nella misura in cui era contrapposta .all'antico ordinamento per ceti, si indirizzò anche contro il Landreaht. Ma completò >dei fini che erano stati posti dal Lan dreaht. L'ambivalenza intrinseca al Landreoht di difendere l 1 e=lernento tradizionale sotto il profilo sociale, e tuttavia conce pire una nuova società statale nelle determinazioni più genera= li, impedì che venisse ad espansione la forza unificante che al bergava nel Landreaht" (KOSELLECK, P:r:>eussen ... , cit. p.44). (16) Affermare,come fa R.K.HOCEVAR Stéinde und Repr>asentation beim jungen Hegel, Munchen,1968 pp.173ss, che nei Landstande del la Ver>fassung sia già chiaro il concetto maturo di rappresen=tanza, significa saltare a pié pari ltelemento determinante per il capovolgimento hegeliano di quel concetto al di là del forma lismo liberale:·la recezione dell'economia borghese. Alle spal= le di tutta la linea del saggio in questione è riscontrabileque sta svalutazione della recezione hegeliana dall'economia. Emble matica;:perciò la contrapposizione a M.RIEDEL, Tl aonaetto di aietà/Civile e ii pr>obtema della sua origine storiaa, tr.it. di E.Tota, in HegeZ fra tradizione e rivoluzione,Bari 1975,pp.123151, a prpposito del concetto di società civile,rinvenibiie per l'A. fin.dagli scritti teologici (n.23 p.9 e n.71 p.201). (17) Per la comprensione dei riferimenti storici e teori ci; nonchè della specifica organizzazione annninistrativa e poli tica della Prussia di questi anni, si è fatto costante riferi= mento al fondamentale testo di KOSELLECK, Preussen ••. , cit~cui si rimanda anche per l'amplissima bibliografia (pp.702~725).Per il periodo che va sotto il nome di 'riforma' cfr. G.WINTER, Die

so

Reorganisation de.e Preussisahen Staates unter Stein und Harden-

berg, Leipzig 1931, vol.I. (18) Nel famoso Rigaer Denksahrift dell'anno 1807 di Altenstein - quasi manifesto della riforma - e scritto: "non e.tè più alcuna nazione nello Stato, neppure provincie vere e pro-

293

prie, ma solo singoli ceti nelle diverse provincie, ognuno con interessi particolari, senza punto d'incontro" (cit. in KOSELLE CK, Preussen ••. , cit., p,156). (19) WINTER, Reorganisation ••• , d.t., p.356. (20) KOSELLECK, Staat und Gesellsahaft ••• , cit., p.85. (21) ALR, § l,II,8 (cit. in KOSELLEK, Preussen ••• , cit, p. 88). Per una piu ampia panoramica sull'evoluzione del concetto di Burger si veda M.RIEDEL Bil:t>ger, in Historisahes Lexikon zur politisoh - aoziaten Spraahe in Deutsohland, Stuttgart 1971, vol.I, pp.672-725. . (22) KOSELLECK, Preussen ••. , cit., pp.284-325. (23) Riportato in R.K. HOCEVAR, Hegel und der Preuasisohe Staat, M'ùnchen 1973, p.86. (24) Cfr. MERKER, L'illuminismo .•• , cit., pp.488-497.Sul la recezione della Rivoluzione francese da parte delltillumini::smo moderato cfr. V,VERRA, La Rivoluzione franoese net pensier>o tedesao deU 'epoca, "Filosofia", 1969, pp.4:U-440. (25) KOSELLECK, Pr>eussen ... , cit., p.159. (26) Ivi, p.170. (27) Cfr. W.CONZE, Das Spannungsfeld von Staat und Ge-

seitsahaft in Vor>mavz, in AA.VV., Staat und Gesetlsahaft ••... , cit., pp.207-269. (28) Stein non vedeva alcun motivo "perchè anche il carattere non potesse essere trasformato attraverso ltamministrazione" (KOSÉLLECK, Pr>eussen ..•• , cit., pp.164-65). (29) Ivi, p.217. (30) KOSELLECK, Gesellsahaft ..• , cit., p.108, (31) KOSELLECK, Pr>uessen ••. , cit., p.259. (32) Si tratta dell'art,13 del Bundesakt; questo atto fe derale,promulgato nel corso del congresso di Vienna (8 giugno 1815), istituiva la confederazione germànica sotto la presidenza delltAustria, L'art.13, dal quale hanno avuto origine le ma11 giori discussioni e a cui anche Hegel spesso fa riferimento,sta biliva l'introduzione di ordinamenti rappresentativi: "in tuttì gli stati confederali deve esserci una landstandische Verfai:1 sung 11 • Le interpretazioni variano da coloro che pensano a gi:merici istituti rappresentativi, a coloro che esigevano l'introdu zione degli Stande nel governo e a coloro infine che riesumeva::no gli Stélnde come sfere politiche autonome. Cfr. ROSELLECK, Preussen ••• , cit., pp.187-89. (33) E' noto che il saggio hegeliano, uscito nei numeri di nov.embre e dicembre degli HeideZberge;r, Jahrbuaher nell'anno 1817, fu successivamente ristampato e diffusoi 'sottocosto• ad opera dello stesso ministero del Wurttemberg. Su ciò riferisce ampiamente ROSENZWEIG, Heget e to Stato, cit,, pp.268-296. Ma per l'ampiezza dei riferimenti atti a chiarire il quadro storico-politico in cui il saggio hegeliano si pone, si rimanda soprattutto a C.CESA, L'atteggiamento politiao di Heget nel 1817: to saritto sutla dieta di Wfu>ttemberg, in AA.VV. Inoidenza di Heget, Salerno 1970, pp.271-308, e alle indicazioni bibliogra-

294 fiche in esso contenute, (34) Sia sufficiente ricordare che, a seguito di questo saggio, l'amico Paulus ruppe definitivamente l'amicizia con Hegel e Niethammer gli rimproverò di "difendere brillantemente u na cattiva causa 11 (BPiefe, cit., II, p,172). Diversamente Von Thaden, pochi anni più tardi, parlerà del saggio come 1 eccellen te recensione' in contrapposizione al carattere reazionario del la Filosofia del Dir>itto (cfr. ILTING, Hegel diverso,cit.pp.42::43). (35) Valga come esempio il saggio di R.K.HOCEVAR,Der An-

teiZ. Gentz und Heget an der Perhorreszie:t>Ung der Repraeentativverfassung, "Archi.v fiir Rechts - und Sozialphilosophie 11 , (1966) LII, pp.17ss., òra in Stllnde und Reprasentation •.. cit., pp. 3

183-200, propenso a collocare Hegel del tutto nell'ambito, del la reazione (p.190), al quale obbietta CESA, L'atteggiamento •• -:, cit., pp.297-308, ritenendo che Hegel umai sia stato vicino co- · me adesso a posizioni costituzionali e liberaliu (cfr. C.CESA, Introduzione a Hegel, Saritti politiai, Torino 1972, p.XLIV). {36) Riportato da CESA, L'atteggiamento ••• , cit.,p. 297 n. 36 7. (37) "Il ruolo di Teseo è assunto adesso dalla razionale impersonalità dell'ordinamento politico" (C.CESA, Stato e Ube:t' tà negli saritti poUtiai di Hegel, "De Homine", 38-40 (1971) .p. 367). {38) Cfr. N.BOBBIO, Hegel e il diritto, in Incidenza di Hegel, cit., pp.215-249 e, dello stesso a:utore, Hegel e il giu·•· snaturatismo, "Rivista di filosofia ti, (1968), pp. 379-407. (39) M.TRONTI, Hegel politico, Roma i975, p.177. {40) ROSENZWEIG, HegeZ e lo Stato, cit. p.153. (41) Cfr. M.RIEDEL, La recezione dell'economia politiaa, in Hegel fra tradizione •.• , cit., pp.67-89. Per il nodo Hegeleconomia politica a Jena si veda soprattutto G,DE CECCHI,Lavoro, vaZox>f!:. e scambio neUo Hegel di Jerui, uAut-Aut 11 , 152-53 (1976), pp,2l2-229. · (42) Cfr. N.BOBBIO., Sulla nozione di costituzione in Hegel, "De Homine", 38-40 (1971), pp. 315-328. (43) Hocevar (Stande und Reprasentation .. ·., cit.) legge la critica hegeliana all I atomismo francese come "rifiuto della costituzione rappresentativa in Germania" (p,186): Hegel diverrebbe perciò incisivo anticipatore di F.v.Gentz. Nel presente la voro si mostra invece che la contrapposizione alle forme libera li diviene contemporaneamente superamento dell'involuzione rea::' zionaria. (44) Per un esame testuale del concetto di alienazione si rimanda senz'altro a M. D' ABBIERO, 11Alienazione 11 in Hegel. Usi e signifiaati ··'di Entausserung, Entfx>emdung, Veraussex>ung, Roma 1970. Ma per una considerazione più specifica dello svolgimento della Bildu:ng nel capitolo VI della Fenomenologia rimando ad un mio precedente articolo, CPitiaa, dominio e ideologia nella

figura hegetiana deUa BiZdung (Fenomenologia dello Spinto aap. VI sez.B), "Dispense di Storia della Logica";A.A.1975-76,pp.l00132, nel quale viene anche discussa la bibliografia in merito. (45) La coscienza del servo "distrugge questo negati:vo che le è estraneo (l'oggetto) pone sé come un tale neeativo,nel l'elemento del permanere e diviene così pe~ se stessa un qualao sa ahe è per.sé •.. nel formare l'essere-per-sé diviene il pr>oprio per lei" (Fen., I, p.163). (46) ROSENZWEIG, Hegel e lo Stato; cit., p.205. (47) A questo livello si apre, cronologicamente oltrechè storicamente, la feconda problematica hegeliana della universalità-separatezza della scienza, il cui riflesso istituzionale nella teoria politica - troviamo nella figura del funzionario.Su c10 si sono proficuamente soffermati, recentemente, B.DE GIOVAN NI, Hegel e il tempo storico della società borghese, Bari 1970:· pp.183-202, e F.FISTETTI, Critica deil 1 eoonomia e critica della politica, Bari 1976, pp.77-84. La ripercussione di tale problematica nella Kritik marxiana sono state ulteriormente approfondite da B,DE GIOVANNI, Marx e to S-tato, "Democrazia e diritto", XIII (1973), pp.37-82. (48) W.v.HUMBOLDT, Ueber die Behandlung der Angelegenhei ten des deutechen Bundes du:rch Preussen (sett. 1816), in Werke-; cit,, IV,pp.347-417; qui a p.413. ( 49) Ibidem. (50) GENTZ, Ueber der Untersahied ... , cit. Cfr. H.vXREI TSCHKE, Deutsche Geschichte im neuzehnten Jahrhundert, a cura di V.Valentin, vol.I, pp.433-34. (51) E' dalle premesse teoriche generali che risulta per ciò non condividibile la tesi di Hocevar, non solo per il paraT lelo Hegel-Ge~tz (cfr.n.34), ma anche per il recupero di Hegel alla logica del Land:reoht~ quale si ricava dalla lettura dei saggi pubblicati in Hegel und der Preussische Munchen 1973, peraltro da segnalare per i raffronti specifici tra Land:reaht - dibattito costituzionale e Reahtsphilosophie. (52) Sullo specifico della critica hegeliana alltatorniS!!P di Rousseau cfr. G.DE CECCHI, Struttura dell'economia e organiz zazione delio Stato nello Hegel di Jena, in questo stesso volu::'.' me. (53) Chi, come S.AVINERI, La teoria hegeliana dello Sta·to, tr.it. di B;Maffi, Bari 1973, induce ad una ·lettura antropo logica della filosofia hegeliana, si sofferma piuttosto sui ca::'.' ratteri amministrativi "moderni" del Beamtenstand hegeliano, an zichè sulla novità politica che esso implica (pp.187-200). (54) R.RACINARO, Realtà e aonailiazione in Hegel, Bari 1975, mette in luce la profonda attualità dell 1 intreccio Bildung-Beamten, proponendo una suggestiva analogia-differenza tra l'egemonia del 1 dotto 1 rivoluzionario ed il dominio del 'funzio nario' (pp.277-286). E1 tuttavia - a mio avviso - da aggiungere che per Hegel proprio la separatezza del dominio politico con-

suo

296

sente oggi - quando uno Stato è ormai costituito - di 1 formare' l'opinione pubblica(§ 315). (55) J.HABERMAS, Stona e aritioa dell'opinione pubbliaa tr.it. di A.Illuminati, F.Masini e W.Perretta, Bari 1974t rilevando l'arretratezza del concetto hegeliano di opinione pubblica, non coglie la diversa autocoscienza politica del dominio dell'apparato statale che ad esso è presupposta (pp.143 ss.). (56) Cfr. TREITSCHKE, Deutsciie Geschiahte ..• , cit., pp. 376-378. (57) W.v.HUMBOLDT, Ueber Einriehtung landstandisaher Ver fassu:n.gen in den preusseisohen Staaten, cit •• (58) Ivi, p.435. (59) KOSELLECK, P!>eussen ••. , cit., pp.268-69. (60) Il concetto di amministrazione come mediazione tra cittadini e sovrano è soprattutto esplicito nel saggio di HUMBOLDT, Ueber di Stellung und die Befugnisse der Oberprasidenten

(J81?), in Werke, cit., IV pp.418-425. (61) L'involuzione del carattere progressivo dell 1 ammini strazione tedesca va di pari passo con la limitazione della sua funzione• a compiti strumentali. Significativamente, alla morte di Hardenberg (1822). viene soppresso l'ufficio di 'cancelliere dello Stato', attorno al quale ruotava l'iniziativa politica della Riforma (cfr. KOSELLECK, Staat und GeseUsoha.ft •.• , cit., p.93). Marx - secondo Koselleck - nel colpire la teorizzazione hegeliana dei funzionari avrebbe presente soprattutto questa in voluzione burocratica, successiva alla Reahtsphitosophie, della loro veste politica (cfr. Preussen •.. , cit~, pp.388-92). (62)' TREITSCHHKE, Deutsahe Gesahiahté ..• , cit,, p.415 (63) 11 La Prussia è decisa ad applicare l'art.13 secondo il suo puro concetto nei suoi propri stati, ciò significa non introdurre una rappresentanza popolare inconciliabile con la fi gura geografica interna del suo regno ma spartire le sue provin:: cie secondo landstandisahen Verfassungen 11 (TREITSCHKE, Deutsohe Gesch,iahte, ... ,,cit., p.428). ' (64) Con l'introduzione dei P!>ovinziaZstande viene infat ti sancito il rilievo politico degli Stfinde solo sulla_ base della preprietà terriera: 11 Das Grundeigentum ist die Bedingung der Standaoha.ft" (KOSELLECK, Preussen ... , cit., p.388 ss,). (65) Particolarismo che si riflette sia nel limitarsi a lotte regionali (TRIETSCHKE, Deutsahe Geechichte ••••• , cit., p. 414) sia nel radicalismo emarginato in cui vengono a trovarsi gli intellettuali (KOSELLECK, Preussen ••• , cit., p.341).

Lo stato moderno e la sfera deZZa politiaa nella marxiana Kritik del '43 M. DOLORES CIAN

Nello spazio teorico e problematico, che si d~ finisce entro le coordinate del politico e delle sue teorie, ritroviamo i necessari punti di

riferimento

per una rilettura del testo più difficile della pro~ duzione giovanile di Marx: la Kritik des

Hegetsahen

Staatsreahts del '43, lo scritto in cui si le premesse teoriche di tutta la· critica

stendono marxiana

della politica (1). La ragione per una rivisitazione del celebre manoscritto marxiano si trova nel

lie-

vo del limite costitutivo alle letture che fin qui si sono date di quest'opera, un limite fondamentale che si riassume nel loro comune esito interpretativo caratterizzato da un profondo

depotenziamento

delpoE

tato di teoria politica presente nella Kritik..

Fin

dall'inizio, di fronte al commento marxiano alla Sezione sullo Stato della Reahtsphilosophie di nascono, uno dall'altro, alcuni importanti perch~ Hegel? perché

Hegel, quesiti:

la Rechtsphitosophie?

per-

e

ché proprio la parte dedicata allo Stato? La

rispo-

sta - ormai "classica" - di Della Volpe (2) e

della

sua scuola porta poca luce a queste questioni. La r! duzione del testo marxiano a puro "tramite" attraveE so cui passa il progetto di fondazione

di un

11

nuovo

metodo" semplifica con troppa facilità i veri nodi in, terpretativi. Per arrivare a piegare finalmente il d.!, scorso marxiano in una direzione "metodologica", altro di quei "vicoli ciechi

II

un

in cui si è perduta per

lungo tempo la ricerca marxista, la complessità ste~ sa del testo, le sue interne difficoltà teoriche ven

298

gono forzatamente appiattite da Della Volpe, messe in second'ordine n completamente dimenticate. E di queste infelici per noi dimenticanze dobbiamo oggi ricor darci tornando al.manoscritto del 1 43.Cominciamo,qui~ di, col togliere al testo della Kr,itik la camicia di forza a cui l 1 autorevole :interpretazione dellavolpiana cosi a lungo lo ha costretto, nella veste "metodologica" in cui ancor oggi· 10 scritto viene presentato. Andiamo a riscoprire le nude forme del discorso marxi~: . no, senza cercare rivoluzioni copernicane ma per fare un semplice inventario 'ragionato' del bagaglio concettuale con cui lo stesso Marx parte nella sua ricer ca dentro la teoria hegeliana dello Stato, dentro e contro la politica moderna. Un primo passo in questa direzione cerca di muovere questo nostro sondaggio cr_!, tico che, dovendo necessariamente circoscrivere l 1 indagine, si ferma però ad esaminare solo alcuni punti della Kri ti k. Quelli scelti, nel loro più aperto spessore politico, ci paiono tuttavia sufficienti ad apr_! re una discussione sul giovane Marx sulla sua critica della politica.

l. Soggetti reali, soggetto a~tratto: Zo sahema deZZ'

inver,_sione.

Il commento di Marx aggredisce il testo hegeli~ no sulla base di una semplice ipotesi critica, che fa perno sullo schema - di ...---~------·--·---·----···--· 11 - della "inversione di • Il progetto è chiaro: liquidare il pensiero politico hegelia no sulla base di un e s ~ ~ ~ . J : . ' essenza reazionaria della teoria hegeliana, il ~uo co ...,,_...._-.--:-----::---=--:----::--::-:~~.--~·--~·-Èfti uirsi come "metafisica della reazione". Sono que-

--------

sti, ci pare, i termini iniziali, più che le ultime conclusioni, da cui il discorso marxiano parte, gli stessi che ritroviamo nella Osservazione (3)

presen-

Kri-

te nei quaderni di appunti stesi al tempo della

tik: Possiamo soprattutto osservare che la trasformazione del predicato in soggetto e del soggetto in predicato,lo scambio del lo statutore con lo statuito, significa s·empre la rivoluzione prossima. Non solo dal lato rivoluzionario. Il re fa la legge (vecchia monarchia), la legge fa il re (nuova monarchia). Lo stesso avviene per la costituzione. Lo stesso per i reazionari. Il maggiorasco è la legge dello Stato. Lo Stato vuole la legge del mag giorasco. Perciò Hegel fa essere come soggetto il momento dell'i dea dello Stato e le vecchie esistenze statali come predicati-;mentre nella realtà storica della cosa accadeva il contrario e l • idea dello Stato era sempre il predicato di quelle esistenze; ••• Questa métafisica è l'espressione metafisica della reazione, il vecchio mondo come verità della nuova visione del mondo.

L I inversione di soggetto e predicato esprime qui chiaramente non il vizio di metodo-logico indicato da Della Volpe - un vizio epistemologico 'assoluto~ qua~ to piuttosto il carattere proprio della

metodologia,

chiamiamola pure così, della politica "reazionaria" nella su~ espressione "m~fisi-ca•r:-- If-prob.iema.che si r

~-~----•-,~,

presenta sta nel decifrare correttamente il codice usato da Marx, di tradurlo, cioè, nei termini propri di una teoria politica. Da un lato abbiamo~, in cui l I nidea di Stato" è fatta soggetto - e fin qui non ci sono difficoltà

da11•a1tro Marx, che afferma

il

carattere mistificante di questa messa a soggetto. La sua obiezione fondamentale è precisamente questa: Se Hegel avesse preso come punto di partenza i soggetti reali come base dello Stato, non avrebbe trovato necessario di soggettivare in guisa mistica lo Stato. (OFG 34).

Quello che dobbiamo qui chiarire 11

soggetti reali

II

a cui allude Marx. Il

iano

i

della

300

volpiano all' "empirico", nella sua genericità, non definisce a sufficienza il significato di questa critica ad Hegel, e finisce con il fraintendere completamente il senso complessivo dell'argomentazione rnarxia na. Nel commento al paragraf~~itroviamo forse ai cuni elementi utili ad una maggiore determinazione di quei "reali soggetti". •E questo il paragrafo in cui Hegel tratta del rto fra lo Stato e le "d•1e sfere" della sua "finita realtà": famiglia e società civile. Nei confronti di queste "istituzioni" soltanto per Hegel gli "individui in quanto moltitudine" "sono reali sia come persone private che come persone so-11 stanziali • Solo in riferimen alle istituzioni, cioè, --------,,. l'individuo è per Hege · "persona", cioè ente di diri! to: al di fuori di queste sfere", al di fuori della ,loro organizzazione, esso non è che un "concetto mora le" "astratto", privo di realtà politica. Il commento marxiano non pare rilevare qui lo scarto esistente fra i concetti di famiglia e società civile, da un to, e quello - per Hegel pericolosamente indeterminato - di "individui in quanto moltitudine". Scrive Marx:

-----~

-

,· traducendo questa frase in prosa ecco quel che segue: i 1 modo iiÌ cui lo Stato si media con la famiglia e la società civile sono "le circostanze, l'arbitrio e la propria scelta della de terminazione" (OFG 17).

Se andiamo a confrontare con il testo hegeliano questa "traduzione in prosatl risulta immediatamente e vidente una pesante forzatura: individui, famiglia e aoaietd aivile - i primi "la materia" di cui per Hegel i secondi costituiscono le forme di organizzazi2 ne - vengono posti da Marx sullo stesso piano, come concetti equivalenti. E 1•arbitrarietà e occasionalità - che per Hegel è propria solo della assegnazione

301

dell'individuo alle sfere della famiglia e della cietà civile - divengono qui attribuiti propri

sodella

mediaz.ione intrapresa dallo Stato con la famiglia e la società civile. Tutta l'analisi ~ v i e n e cosi a gravi tare attorno al termine ;, in~;id~";\ La

critica

di fondo che traspare da questo commento si

condensa

infatti in questa finale osservazione: il fatto è che lo Stato risulta dalla moltitudine tale e quale esiste come l'insieme dei membri della famiglia e della so cietà civile e la speculazione enuncia il fatto come gesta dellT idea, non come idea della moltitudine, ma bensì come atto di una soggettiva idea, distinta dal fatto stesso (OFG 19).

La matassa comincia a districarsi, rendendo

il

filo concettuale di quest'iniziale analisi critica.Il limite della teoria hegeliana risiede dunque per Marx ;~l rifiuto di una definizione dello Stato neit~~i: nidi "idea della moltitudine". Se, come inquestipa~ si intende Marx, al termine "idea" sostituiamo

quel..,.

lo di "predicato", la posizione marxiana si specificm

s7~~

ed è questo ciò che Hegel misconosce è "predicato" della "moltitudine", "famiglia e società

L...._.,

civile si fanno esse stesse Stato. Esse soho l'agent~ (OFG 19). Si deve qui notare che l'accezione del termine ''famiglia" e "società civile" si distacca in modo netto dalla definizione hegeliana, e non certo nel senso di un suo superamento più o meno

11

rivoluziona-

rio", come vuole Della Volpe (4). La "società civile" viene intesa itik (cfr. pp. 145 e seg.)es sa viene collocata "piuttosto nella storia della logica che non in quella del pensiero giuspolitico", ma in polemica con Della Volpe "il. canone fondamentale della logica di questo Marix èdW?.-

329

que

7;a 11natu:r>a della oosa 11 11, del tutto diverso doè dalla più matura e scientifica nozione di "modo di produzione" che è ·"il cardine" della nuova epistemologia marxiana. (cfr. p.241 e seg,);. (7) Si veda di L.ALTHUSSER, Sur Ze je1.(f'J.e Mar.:c,prinio sali gio sul tema del 1960, nella tr.it. di F,Madonia in Per Mà::P.:c, Roma 1974, pp. 65 e seg, e la successiva Prefazione del· 1965, per cui "la 'rottura epistemologicat suddivide cqsì il pensiero di Marx in due grandi periodi essenziali: il periodo ancora nideologico", anteriore alla rottura del 1845 e il periodo "scien tifico", posteriore alla rottura del 1845 11 (p. 17). Da quelle analisi althusseriane, per altrooggi fortemente invecchiate,si dovrebbe forse riprendere e sviluppare ltiniziale osservazione, per cui "il dibattito sulle opere giovanili di Marx è prima di ,tutto un dibattito pol.itiao" (p. 35). . (8) Cfr. G.DELLA VOLPE, Per una metodologia ma,te!'ia'listioa, ci t., in Opere V, p. 321: "quest'opera cosiddetta giovanile (ma opera di un ventiquattrenne, come questa, è pure, ad esempio, il Trattato sulZa natura umana di David Hume, uno dei capolavori della moderna filosofia)". (9) Dei cinque quaderni di appunti compilati da Marx du rante il soggiorno a Kreuznach non esiste pubblicazione comple::ta. Questi manoscritti contengono estratti da opere di storia sulla Rivoluzione francese, soprattutto, e sul periodo della Re staurazione - e di teoria politica - Rousseau, Montesquieu, Ma:; chiavelli - con brevi annotazioni dello stesso Marx.L'elenco di queste opere, con l'indicazione dei passi trascritti, si trova in K.MARX - F.ENGELS, Historisah-K:Pitisah Gesamtausgabe, r2 , Frankfurt a, M. - Berlin, 1927, pp. 118-136, che non riporta pe rò le note marxiane. Ad esso si riferisce anche L.FIRPO nella sua Appendiae a K.MARX, Saritti politici giovanili, cit.,che ri porta i titoli dei testi studiati da Marx. Su questi, quadernT si veda di V.G.MOSOLOV; I quaderni di Kreuznaah,in CrftiéaMarxi sta, marzo-aprile 1973, XI, n° 2, pp. 159 e seg., uno studio chiave di materialismo storico, che confronta i manoscritti ori ginali. (10) Per la interpretazione di questa allusione ai "fran ce.si moderni'\ cfr. M.ROSSI, Da EegeZ a Marx, cit., III, p,326-;che, dopo aver formulato alcune ipotesi - Proudhon, Fourier, Ca bet -· conclude che la più plausibile è quella che la fa risali::re 11 al comunismo utopistico francese". Anche G.GURVITCH nel suo saggio su La soaioZogie du jeune Marx, in La voaation aatueZle de la sociologie, Paris 1950, pp. 568-602,ritiene che qui Marx intenda per i ufrancesi moderni" Saint-Simon, Fourier e Proudhon, considerando quest'ultimo la fonte della tesi citata. (11) Sono rispettivamente le tesi di DELLA VOLPE, di C. LUPORINI, nella sua Introduzione a MARX-ENGELS, L'ideologia tedesca, Roma 1971, pp. XXIX-XLII e di D.ZOLO, in La teoPia comunista deZl'esistinzione dello Stato, Bari 1974, pp. 81-115. (12) Le pagine marxiane qui esaminate (OFG 94-95; MEW

330

284-285)

si riferiscono

propriamente

al

tema

della

classe

(Stand) alla sua definizione entro la teoria hegeliana. In questo senso il problema centrale per Marx è dato dalla determinazione del principio costitutivo dello Stand nella sua specifica dimensione politica. Il saggio di B?DE GIOVANNI, Mal"x e lo Stato, in toemocrazia e Diritto', XIII, 1973, n.3. pp. 37 e seg. , che pure si distingue per l'importanza centrale data al tema po litico nella KPitik, non coglie in questi passi la fondamentale critica di Marx a quelle forme di organizazzione. Nella sua let tura De:Giovanni pare confondere la critica marxiana allo "sta-=to privato" (der Privatstand), "lo stato della società civile"• nel suo nesso con lo Stand in quanto elemento politico, con un discorso più generale sulla condizione della società civile nel suo complesso ( 11 1a condizione, lo stato attuale della società ci vile"• cit., p. 61). Persa così di vista la questione degliStan de, gli organismi della mediazione politica, il carattere di 11 formazione arbitraria" attribuito loro da Marx, di "non organizzazione" - in quanto essi si fondano su una divisione "superficiale e formale", creata dal punto di vista dello Stato diviene per De Giovanni proprio,della società civile in genere, Da qui la possibilità di leggere ancora una volta la società ci vile come un "soggetto atomizzato: non organizzmiione", "dimen-= sione disorganizzata e atomistica 11 , che 11non esce dalla ,partico larità11 e che richiede necessariamente la "forma" della politi:: ca, il dominio dello Stato per realizzare "la socialità come astrazione11 e l'organizzazione di cui essa società civile atomistica è in"capace. 11Perchè - scrive De Giovanni - la vita privata ha bisogno di tutto, ciò che essa non è (forma, organizzazione) per garantire la propria stessa esistenza privata 11 (p. 59). Ha bisogno, cioè, del 11 dominio (controllo)" dello Stato, Ma in questo modo - senza la mediaziqne degli St~nde - il rilevato do minio della politica rischia di rimanere sospeso, senza concre= tarsi nelle figure della sua organizzazione pratica, nelle forme rea~i di potere. f (13} G.W.F. HEGEL, Lineamenti di filosofia del- dir>itto, tr.it. di F.Messineo, Bari 1974, par. 302, p. 300, e in K.MARX, Opere firosofiahe giovanili, cit. p. 83. (14) G.W.F. HEGEL, Lineamenti, cit., par. 303, p. 301. (15) G.W.F. HEGEL, Lineamenti,. cit., par. 304, p. 302. (16) G.W.F. HEGEL, Lineamenti, cit., par. 243, p. 230. (17) G. W. F. HEGEL, Lineamenti, ci t •., par • 244 Aggiunta, p. '428. (18) ivi. (19) G,W.F. HEGEL, Lineamenti, cit,, par. 307 e par,30?, pp. 302-303. (20) Non c9ncordiamo con la interpretazione dellavolpia na che, nel brano qui di seguito trascritto, vede nelle "altre sfere" citate da Marx un riferimento alle sfere della tlfamiglid' e della "società civile" (cfr. la nota l in OFG 128). Le "altre

331 sfere" cui11 allude qui Marx sono proroiamente. a nostro avviso, le "sfere ·di cui si tratta nei paragrafi hegeliani esaminati in queste pagine (appunto i par. 307 e 308): cioè le forme di associazione in cui "l'aspetto instabile della società civile" si organizza, assumendo un "nesso politico 11 • La società civile sì, ma come dice Hegel solo "in quanto organizzata nelle sue as sociazioni, comunità e corporazioni senz'altro costituite, le quali, a questo modo, mantengono un nesso politico 11 (par. 308). Il "nesso politico" caratterizza qui nettamente le "sfere., da cui dipende, secondo Marx, la stessa esistenza dello Stato, ed esclude perciò la possibilità di un riferimento alla "famiglia". Il "potere dei sostegni" è allora il potere proprio delle sfere particolari che gestiscono la mediazione politica, delle sfere, _che, organizzandosi, assumono cioè signifiaato poUtiao, non della generica società civile nel suo complesso. Senza precisare questo aspetto la lettura di Della Volpe tende a vedere in questi passi nel riferimento impreciso alle sfere della "famiglia" e della "società civile 0 , una semplice inversione per cui, nel rapporto Stato-società civile, la critica di Marx mostrereb be che non è i l primo a dominare sulla seconda, ma viceversa:an cora una volta lo "stato materiale" sull' "idea di Stato 11 • (21) K.MARX, La questione ebraica, tr.it. di R.Panzieri, Roma 1954, III ed., I rist. 1971, cfr. in particolar p.62 e P• 66.

Sulla attribuzione da parte di Marx della nozione di "de mocrazia" allo St,!!tO politico moderno ha giustamente 'insistito D. ZOLO in Lr:z teoria comunista deU 'estinzione de.Uo Stato, cit ., (cfr. pp. 117 e seg.) vedendovi "una complessa reimpostazione del problema politico, indagato ormai nei suoi termini radicali all'interno della prospettiva rivoluzionaria del socialismo e con riferimento al "proletariato" come soggetto storico della rivoluzionen (p. 123). 'Le ragioni che conducono Marx a questa 0 complessa reimpostazione.n rimangono tuttavia non chiare nella ricostruzione di Zolo, avendo quest'autore visto tutta la Kritik riassumersi .in una prospettiva teorica di "critica democra zia11 , Queste, al contrario, come abbiamo cercato di mostrare,de vono essere ricercate. già nel testo del '43, nei suoi più inte= ressanti risvolti di autocritica. (22) K.MARX, La questione ebraica, cit., p. 57.