Nuovi elementi di matematica. Vol. 1 [1, 3 ed.]
 978-8880133803 9788880133803

  • Commentary
  • FANTOMASPING

Table of contents :
Questo primo volume dei Nuovi Elementi di Matematica si rivolge alle Scuole Medie Superiori
in cui si attuano sperimentazioni (P.N.l. e progetto Brocca), ma il suo utilizzo è consigliabile
anche nei casi in cui, pur non essendo in atto sperimentazioni, si desidera rinnovare i
contenuti dell'insegnamento.
La scelta dei conten uti e la loro esposizione è stata accuratamente calibrata per le esigenze di
questi corsi di studi; si è infatti cercato di privilegiare, quando possibile, l'approccio intuitivo
ai diversi argomenti: sovente si è partiti da esempi particolari e di facile comprensione per
arrivare, mediante graduali generalizzazioni, ad una sistemazione organica. L'esposizione teorica
è sempre seguita da numerosi esempi svolti che facilitano il consolidamento dei concetti
acquisiti e rendono più agevole lo studio, anche autonomo, cieli' allievo.
Data la vastità dei nuovi programmi, il resto vuole offrire al docente ampia possibilità di scelta
e, nell'ambito di ogni argomento, la possibilità di un diverso grado di approfondimento.
La successione dei capitoli non costituisce un vincolo nello svolgin1ento del programma: l'insegnante
potrà anche affrontare alcuni argomenti parallelamente ad altri.
Il testo si apre con i capitoli su insiemi e logica: di tali argomenti non tutti sono una indispensabile
premessa allo svolgimento dei temi che seguono. Tuttavia, nel corso dello svolgimento
del programma, tali argomenti possono offrire spunti di riflessione e stimolo per l'acquisizione
di un maggiore rigore logico.
l capitoli riguardanti l'aritmetica, i numeri relativi e i numeri reali permettono, a partire da
un approfondito ripasso degli argomenti già tra ttati nella Scuola Media, di condurre lo stu•
dente all'acquisizione di nuovi concetti necessari per la comprensione delle parti successive
del programma. Il capitolo sui sistemi di numerazione offre poi la possibilità di generalizzare
ed approfondire alcune di queste nozioni.
Dopo lo studio delle relazioni, un intero capitolo è dedicato all'importante concetto di
funzione dove sono presentati anche i grafici delle fun zioni fondamentali (retta, parabola,
iperbole equilatera). Questi argomenti saranno poi approfonditi nello studio della geometria
analitica, che sarà affrontato sistematicamente a partire dal volume successivo.
Ampio spazio ha la trattazione classica del calcolo algebrico (calcolo letterale, equazioni, disequazioni
e sistem i): il gran numero di esempi svolti potrà fac ilita re la comprensione della teoria
da parte dello studente. Le equazioni, le disequazioni e i sistemi sono anche risolti graficamente
permettendo un'utile visualizzazione delle diverse operazioni e dei risultati. La geometria
razionale è int rodotta in modo classico; la teoria delle trasformazioni viene sfruttata
nello studio delle proprietà dei parallelogrammi.
Il volume si chiude con tre capitoli di Informatica in cui si int rod ucono gli algoritmi, si impara
ad utilizzare un foglio elettronico e si inizia lo studio del linguaggio Pascal. Queste parti
non sono da trattare necessariamente alla fine del programma: infatti vari capitoli del testo
sono corredati da un Laboratorio di Matemalica- ln/ormatù:a, in cui vengono proposte esercitazioni
utili per una migliore comprensione degli argomenti: queste esercitazioni vengono
svolte utilizzando un foglio elettronico o il linguaggio Pascal. Assai ampia è la raccolta di
esercizi, opportunamente graduati e diversificati: dai più semplici, se necessario anche ripetitivi,
si passa ad altri più impegnativi adatti a stimolare l'intelligenza dello studente.

Citation preview

N. Dodero · P. Baroncini• D. Trezzi

per il biennio delle scuole superiori

Ghisetti e Corvi Editori

nuovi elementi di matematica

1

N. Dodero - P. Baroncini - D. Trezzi

nuovi elementi di matematica per il biennio delle scuole superiori

1 con la collaborazione del prof. R. Manfredi

con circa 800 esempi e 5000 esercizi

Ghisetti e Corvi Editori

CISQ(@flil UNI EN ISO 900 1

Ce rtificuio11cdcl sis1crna qualìtàazìendak C ISQ0l.424

In copertina Neukhatel Nicolas o Van Nieucastel Colnv (1527-1 590) Paesi Bassi. Ritratto del matematico Johann I Ncudorfer e di suo figlio, 1561. Lille, Museo di Belle Ani (Lauros-Giraudon).

Turbo Pascal è un marchio regisirato da Borland lnternational. d&se lii, d&ue IV sono marchi regimati da Ashron-Tatc. Lotus 123 è un marchio registralo da Lotus Developmem. MS-Dos, Excel sono marchi regimati da Microsoft Corporation.

"Fotocopie per uso personale del leuorc possono essere effenua1e nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'an. 68, comma 4, della legge 22 aprile 194 1 n. 633 ovvero dall'accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA,

CONFARTIG IANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non superiore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2 -20121 Milano- telefax 02 809506, e-mail aidro@iol. it

Terza edizione

srnrn

© Copyrigh, 19% by spa Ghisetti e Corvi Editori® 20129 Milano, Corso Concordia, 7 Proprietà riservata Siampa: L.A.G. - Sesw Uheriano (Mli, 2004

Prefazione

Questo primo volume dei Nuovi Elementi di Matematica si rivolge alle Scuole Medie Superiori in cui si attuano sperimentazioni (P.N.l. e progetto Brocca), ma il suo utilizzo è consigliabile anche nei casi in cui, pur non essendo in atto sperimentazioni, si desidera rinnovare i contenuti dell'insegnamento. La scelta dei conten uti e la loro esposizione è stata accuratamente calibrata per le esigenze di questi corsi di studi; si è infatti cercato di privilegiare, quando possibile, l'approccio intuitivo ai diversi argomenti: sovente si è partiti da esempi particolari e di facile comprensione per arrivare, mediante graduali generalizzazioni, ad una sistemazione organica. L'esposizione teorica è sempre seguita da numerosi esempi svolti che facilitano il consolidamento dei concetti acquisiti e rendono più agevole lo studio, anche autonomo, cieli'allievo. Data la vastità dei nuovi programmi, il resto vuole offrire al docente ampia possibilità di scelta e, nell'ambito di ogni argomento, la possibilità di un diverso grado di approfondimento. La successione dei capitoli non costituisce un vincolo nello svolgin1ento del programma: l'insegnante potrà anche affrontare alcuni argomenti parallelamente ad altri. Il testo si apre con i capitoli su insiemi e logica: di tali argomenti non tutti sono una indispensabile premessa allo svolgimento dei temi che seguono. Tuttavia, nel corso dello svolgimento del programma, tali argomenti possono offrire spunti di riflessione e stimolo per l'acquisizione di un maggiore rigore logico. l capitoli riguardanti l'aritmetica, i numeri relativi e i numeri reali permettono, a partire da un approfondito ripasso degli argomenti già trattati nella Scuola Media, di condurre lo stu• dente all'acquisizione di nuovi concetti necessari per la comprensione delle parti successive del programma. Il capitolo sui sistemi di numerazione offre poi la possibilità di generalizzare ed approfondire alcune di queste nozioni. Dopo lo studio delle relazioni , un intero capitolo è dedicato all'importante concetto di funzione dove sono presentati anche i grafici delle fun zioni fondamentali (retta, parabola, iperbole equilatera). Questi argomenti saranno poi approfonditi nello studio della geometria analitica, che sarà affrontato sistematicamente a partire dal volume successivo. Ampio spazio ha la trattazione classica del calcolo algebrico (calcolo letterale, equazioni, disequazion i e sistem i): il gran numero di esempi svolti potrà fac ilita re la comprensione della teoria da parte dello studente. Le equazioni , le disequazioni e i sistemi sono anche risolti graficamente permettendo un'utile visualizzazione delle diverse operazioni e dei risultati. La geometria razionale è introdotta in modo classico; la teoria delle trasformazion i viene sfruttata nello studio delle proprietà dei parallelogrammi. Il volume si chi ude con tre capitoli di Informatica in cui si introducono gli algoritmi , si impara ad utilizzare un foglio elettronico e si inizia lo studio del linguaggio Pascal. Queste parti non sono da trattare necessariamente alla fine del programma: infatti vari capitoli del testo sono corredati da un Laboratorio di Matemalica- ln/ormatù:a, in cui vengono proposte esercitazioni utili per una migliore comprensione degli argomenti: queste esercitazioni vengono svolte utilizzando un foglio elettronico o il linguaggio Pascal. Assai ampia è la raccolta di esercizi, opportunamente graduati e diversificati: dai più semplici, se necessario anche ripetitivi , si passa ad altri più impegnativi adatti a stimolare l'intelligenza dello studente.

Gli Autori /

Simboli •

usati nel testo

E

simbolo di appartenenza

N No

insieme dei numeri naturali, compreso lo zero insieme dei numeri naturali, escluso lo zero

z

insieme dei numeri interi relativi

Q

insieme dei numeri razionali

R R+

insieme dei numeri reali insieme dei numeri reali positivi

Rri"

insieme dei numeri reali positivi e dello zero

R-

insieme dei numeri reali negativi

~

insieme dei numeri reali negativi e dello zero

u n

simbolo di unione tra insiemi simbolo di intersezione tra insiemi simbolo di differenza tra insiemi

e e;;

simbolo di inclusione tra insiemi in senso stretto

0

insieme vuoto «tale che»

I X

A

simbolo di inclusione tra insiemi in senso largo

simbolo cli prodotto canesiano tra insiemi complementare dell'insieme A rispetto all'insieme ambiente U

CuA complementare dell'insieme A rispetto all'insieme ambiente U quantificatore esistenziale (leggi «esiste») I/

quantificatore universale ( leggi «per ogni»)

V

simbolo di disgiunzione tra proposizioni o predicati ( leggi «ve!», «o», «oppure»)

A

simbolo di congiunzione tra proposizioni o predicati ( leggi «et», «e contemporaneamente»)

p

negazione della proposizione p simbolo di implicazione materiale tra proposizioni o predicati (usato anche per collegare due passaggi algebrici ) simbolo di coimplicazione materiale tra proposizioni o predicati

I=

simbolo di tautologia simbolo di composizione tra funzioni

~

simbolo di congruenza tra figure

1

- ; ,bolo di perpendicolarità tra rette

simbolo di parallelismo tra-rene simbolo di equivalenza tra superfici simbolo di implicazione logica simbolo di coimplicazione _logica simbolo di uguaglianza numerica approssimata simbolo di coincidenza tra punti o ira figure

Gli insiemi

_,

Il concetto di insieme .,_ ef

D

Teoria

degli • •



ms1enu

• Definizioni e rappresentazione

degli insiemi • Sottoins iemi • Operazioni insiemistiche

e loro proprietà • Prodotto cartes iano

• Cenno all e leggi di composizione interna

Irunarematica..sL..IJtlp.llrola .!'lllsieme» · dicare un ragg1:upR!'_mento, una r~colta, una co ezione di elementi: uesti elemen: ...tLp.assilllu...esserè:..oggetti,Jndi,.,idui,_.sirnh.oli, numeri, figure geometriche .... Riterremo che li elementi d. n in~e ~ ben definiti e d stinti tra loro. Le nozioni ai insieme e di elemenJ.o...dLJ112.-insieme saranno considerate come.J;Q11c.elli_ prb 1tivi . -CJO.è...non..definib.ili~diantwoiic.er.u _g_iù semplici né ri.eonduooili altri concetti definiti in P-J'.ei:..edenza. E essenziale notare che un insieme si__p_uò... @Sid.erare..definito.5olo se è p.ossìfuk decidere inegui'locabilmentue...un...clem.eJl!QJR, amene o no all'in ieme._ Ecco alcuni ),) l'insieme - 2-) l'insieme ~ -) l'insieme

esempi di insiemi: delle vocali dell'alf~eto italiano; q tutte le volte che così afferma la sua tavola di verità, anche se gli enurciati p e q non sono legati da un rapporto di causa-effetto o addirittura sono disomogenei. E questo il motivo degli apparenti «paradossi dell'implicazione materiale», di cui diamo alcuni eloquenti esempi.

D

Si considerino le proposizioni

p: Caserta è la capitale della Francia q: 12 è un numero primo. la proposizione condiziona le è p -

q:

se Caserta fosse la cap ita le della Francia, allora 12 sarebbe un numero primo

ed è ve ra in quanto p e q so no entrambe false. lo st udente probabilmente avrà già incontrato simili affermaz ioni paradossa li di ca rattere sc herzoso: • Se mio nonno avesse il troller, (a llora) sarebbe un tram , frase spesso usata per deridere chi trae conclusioni assu rde da ipotesi sbagliate. Ebbene, per la logica matematica sim ili en unciat i sono ve ri: del resto co n tale paradosso si vuol dire che non è tanto il ragionamento ad essere sbagliato, quanto l' ipotesi su cui questo si basa.

Il

Consideriamo le proposizion i

p: Napoleone fu sco nfitto a Waterl oo q: l triangoli hanno tre lati. la proposizione co ndi ziona le è p - q : Se Napoleone fu sconfitto a Waterloo, allora i triangoli hanno tre lati ed è ve ra in quanto p e q so no entrambe vere .

D

Cons ideri amo le propos izioni p: 1O è un numero pari (vera) q: 11 è un numero dispari (vera).

l a proposizione co mposta o ttenuta connettendo p e q, nell'ordine, mediante il condizionale

è p - q: se 1O è un numero pari, allora 11 è un numero dispari

ed è vera per definizione, essendo veri sia l'a ntecedente sia il con seguente. Questo esempio è in pieno accordo con la «logica , del linguaggio comu ne.

0

Co nsideriamo i seguenti enunciati a: 25 è un numero pari (fa lso) b: Mi lano è una città svizzera (fa lso) e: il gatto è un felino (vero).

l 'enunciato a-+ b (se 25 fosse un numero pari allora Milano sa rebbe una c ittà svizzera) è vero perc hé sono fa lsi sia l'antecedente che il consegue nte. l 'enunciato a-+ e (se 25 fosse pari allora il gatto sa rebbe un felino) è vero essendo falso l' antecedente e ve ro il conseguente. l 'enunciato e-+ a (se il gatto è un felino allora 25 è pari) è fa lso perché l' antecedente è vero e il conseguente falso. Dall e due ultime impl icaz ion i si può notare che, in generale, se è vero p-+ q, non è detto sia ve ro q :--+ p, cioè l'operaz ione di implicazione materia le non è commuta ti va.

La connessione che si realizza tra due proposizioni mediante l'uso del connetùvo «se ... allora» è il risultato di una operazione· interna nell'insieme delle proposizioni: l'operazione binaria di implicazione materiale. Implicazione contraria, inversa e contronominale

D

Data un'implicazione a ----> b,

Capitolo secondo - Elementi di logica

l'implicazione ii ----> b si dice contraria di a ----> b; l'implicazione b ----> a si dice inversa di a ----> b; l'implicazione b ----> ii si dice contronominale di a ----> b. In questo contesto, a ----> b è anche detta implicazione diretta. Come vedremo al n. 13, dalla verità deU'implicazione diretta discende la verità deUa contronominale e viceversa, ma non si può affermare la verità deUe implicazioni contraria e inversa. P.1 Consideri amo l'i mplica zion e Se Tom è un ga tto , all ora Tom è un felino. la sua con traria è: Se Tom non è un gatto, allora Tom non è un felino. l a sua in ve rsa è: Se Tom è un fe li no, all ora Tom è un ga tto . la sua co ntronom inale è Se Tom non è un fe lino, all ora Tom non è un gatto. Co me si può notare, l' implicaz ione diretta è vera e cos ì pure la sua contronominale; l' implicaz ione contrari a e l' in ve rsa in vece possono essere fal se (a d esempio nel caso Tom sia una lin ce).

Coimplicazione materiale o bicondizionale

D

Due proposizioni possono essere connesse mediante il connettivo «se e solo se»; si ha in proposito la seguente:

Definizione. Si definisce coimplicazione materiale o bicondizionale di due proposizioni p e q e si indica con

pHq (e si legge «p se e solo se q» o «p coimplica q») la proposizione che è vera quando p e q hanno lo stesso valore di verità e falsa in caso contrario. La tavola di verità che definisce il connettivo bicondizionale è

p

q

p +---t q

V V F F

V F V F

V F F V

Consideri amo le proposi z ioni

I

p: 7 è un numero primo (vera) q: il quadrato è un poligono (vera)

ln qu esto caso p

false .

+-+

q e r

+-+

r: il Po è una montagn a (falsa) s: 8 è mul ti plo di 5. (falsa)

s sono proposi z ioni vere, mentre p

+-+

r, p

+-+

s, q

+-+

r, q

+-+

s so no

~ _ _ _ _ _ _ _ _ _.:: C::, •P::.il:::o:::lo_:se ::: q. Non c'è motivo di fermarsi ad un'unica connessione: possiamo nuovamente combinare gli enunciati così ottenuti per ricavare degli enunciati ancora più complessi. Gli enunciati che così si ottengono sono detti formule proposizionali. Tali formule saranno da noi indicate con lettere corsive maiuscole.

EMP D

Si vog li ano com binare gli enunci at i p I\ q e p med iante il co nnetti vo -+: si ottiene

(p ll q) - PSi noti l'uso delle parentesi , che è fondamenta le, come nell'al gebra: abbiamo posto tra parentes i p I\ q perché è questo l'e nun ciato che vog liamo co mbinare co n p mediante il connet-

ti vo

--+ .

la scrittura

avrebbe av uto un 'altra significato e, precisame nte, la comb inazione dell 'enunciato p co n l'enunciato q --+ p mediante il connetti vo /\. I l Vog li amo comb in are l'enunciato (p I\ q)--+ p co n l'e nunci ato a vo V. Otteniamo:

b med iante il con netti -

((p Il q) - p ) V (a~ b). Anche qui per ev itare equ ivoci, abbi amo posto tra parentesi gli en unc iati da co ll egare con il connett ivo V.

Funzioni di verità

m Possiamo calcolare il valore di verità di una formula proposizionale una volta che siano noti i valori di verità delle lettere enunciative che la compongono.

· 1:MPfiCalcolare il va lore di ve rit à della formul a propos iz iona le

1

(a -

b) -

(a II b)

Capitolo secondo . Elementi di logica

I

35

in co rri spondenza dei valori a= F e b = V. In base all e definizion i dei co nn ettiv i logici si ha che a +-+ b è F; a è V, a A b è V, e perc iò (a - b) - (a A b) è V (poiché è fa lso l'antecedente e vero il conseguente).

L'esempio svolto mostra che, ad ogni assegnazione di valore di verità alle lettere enunciative una formula, corrisponde un valore di verità per la formula stessa. Perciò diciamo che ogni formula proposizionale determina una funzione di verità. Nell'esempio precedente, le lettere enunciative a e b sono le variabili di tale funzione di verità. Possiamo rappresentare una funzione di verità mediante una tavola di verità, che ci dice qual è il valore di verità assunto dalla formula data, in corrispondenza di tutte le possibili assegnazioni dei valori di verità, V e F, alle lettere enunciative che la compongono. che compongono

0

Calcolare i va lori di veri tà della formu la proposiziona le

A = [( p Il q) V p]. A tal fine comp ili amo un a tabell a composta di 4 co lonne, ciascu na munita di intesta zione. Nell o spaz io per l' in testaz ione pon iamo, nell 'ordine, il nome dell e du e lettere enunciative p e q, p A q e in fine [(p A q) V p]. Nell e prime due colonne mettiamo tutt i i possibili va lori di ve ri • tà che si possono attribuire all a coppia di lettere enun ciati ve p e q; in questo modo si otterrà una tabe ll a di 4 righe (in testaz ione a parte) . Nella terza co lonna (c he nell' intestaz ione porta p I\ q) mettiamo, riga pe r riga , il va lore di verità di p A q dedotto dai co rrispondenti va lori di ve rità di p e q (nell a pri ma ri ga metteremo V pe rché p e q sono entrambe vere, nella sec onda riga F perché p è vera ma q è fal sa ... ). Nell a quarta co lonn a, infine, tenendo prese nte la tavo la di ve rità che defini sce la disg iunzio• ne, mettiam o, ri ga per ri ga, i valori assunt i dall a formu la A come risu ltato dell 'o pera zione di disgi un zio ne tra (p I\ q) e p. l a tabe ll a ri sultante è la seguente:

p

q

p /\ q

A = l(P Il q) V p]

V V

V

V

F V

F F

V V

F F

F

F

F F

Osservazione. Si noti che se la fo rmul a co nti ene n propos iz ioni atomiche, la relativa tabella avrà 2n righe.

Il

Determin are i valori di verità dell a form ul a

A = { [(a -

b) 11 (e - a)] v (a - e)) .

Poi ché le lettere enu nci ative che la compongono so no 3, la tabella che costrui remo avrà 2 3 = 8 righe (più una per le intestaz ioni delle varie co lonne). O ltre all e 3 colonne per i va lori di veri tà di a, b, cv i sa ranno ancora tan te co lonn e qu ante le operaz ioni indicate, cioè 6: in•

fatti eseguire mo nel l'ordine le operaz ion i (a - b), a, (c - a), [(a - b) Il (c - a)], (a - c), {[(a - b.) 11 (c - a)] v (a - e)}. Eseg ue ndo nelle 6 c o lonne sopra dde tte le ope razion i indi ca te nell'intesta z ione si otti ene la seguente ta vola di verità di A:

a b e a- b a V V V V F F F F

V V F F V V F F

V F V F V F V F

V V F F V V V V

F F F F V V V V

e-a

(a - b) Il (e - a)

a -e

A = {!(a - b) 11 (e - a)] v (a - e))

F V F V V V V V

F V F F V V V V

V F V F F V F V

V V V F V V V V

Capitolo secondo - Elementi di logi ca

Formule equiveridiche

m

Diciamo che due formule proposizionali A e B sono equiveridiche o uguali logicamente o, ancora, logicamente equivalenti, se esse rappresentano la stessa /unzione di verità, ossia se assumono entrambe lo stesso valore di verità quali che siano i valori di verità attribuiti alle lettere enunciative che le compongono. Scriveremo allora

A =B(A è equiveridica a B) oppure, come faremo nel seguito

A = B(A è uguaie logicamente a B), intendendo quindi l'uguaglianza logica come equiveridicità. FSFMP

D

Dimostrare che sono eq uiveridi che, cioè logica ment e uguali, le du e formule

B = p -+ q. La verifi ca si fa co n un 'unica tavola di ve rità:

p

q

A = p Aq

lj

p -+ lj

B = p -+ q

V V F F

V F V F

[I]

F V F V

F V V V

[I]

Come si nota qua li che siano i valori di veri tà di p e q, le du e fo rmu le ass umono gli stess i valori di verità, cioè in corrispondenza di una generica co ppia di va lori di verità di p e q, A e B han no lo stesso va lore di verità. Potremo pertanto sc ri vere

p l\ q = p -+ q.

D

Verifi ca re che

p-+q=pVq

p

q

V V F F

V F V F

p -+ q

p

pVq

F F V V

rn rn t

D

t

Ve ri fica re che

p ... q=(pl\q)V(pl\q)

p

q

p - q

p l\ q

p

lj

p l\ q

(p i\ q) V (p Alj)

V V F F

V F V F

[D

V F F F

F F V V

F V F V

F F F V

[D

Capitolo secondo • Elementi di logica

37

Osservazione sulla contronominale di un'implicazione

m Al n. 8 abbiamo definito la implicazione contronominale di una data implicazione. Possiamo ora facilmente verificare che la contronominale è logicamente eguale all'implicazione diretta, cioè che Infatti:

a

b

a--, b

V V F F

V F V F

rn

ii

b

h-->a

F F

F V F V

rn

V V

t

t

FMP/i D ire:

I

Se Tom è un gatto, allora Tom è un fe lino

equi va le a dire: Se Tom non è un felino, all ora Tom non è un gatto.

Sempre utilizzando le tavole di verità si può dimostrare che una implicazione non equivale logicamente alla sua inversa né alla sua contraria.

Proprietà delle operazioni logiche

ffl Le operazioni logiche godono di numerose proprietà formali esprimibili mediante eguaglianze logiche. La verifica di tali proprietà si esegue mediante la tavola di verità, come è stato fatto nel numero precedente. Riportiamo di seguito alcune delle principali proprietà lasciando la verifica al lettore. 1) Proprietà di idempotenza della congzunzzone e della disgiunzione:

2) Proprietà commutativa della congiunzione e della disgiunzione:

3) Proprietà della complementarietà (legge della doppia negazione):

cioè: la negazione della negazione di una proposizione è la proposizione stessa (vedi n. 6 al punto 5).

Capitolo secondo - Elementi di logica

38

4) Proprietà associativa della congiunzione e della disgiunzione:

(pi\.//} A,~ { fAr) (p V q) Vr=pV (qV r) Le due uguaglianze logiche precedenti consentono poi di scrivere direttamente senza parentesi p I\ q I\ r e p V q V r. 5) Proprietà distributiva della congiunzione rispetto alla disgiunzione:

pA (qVr) = (pl\q) V (p/\r) 6) Proprietà distributiva della disgiunzione rispetto alla congùmzione:

pV (qA r) = (pv q) /\ (pV r) 7) Leggi di De Morgan:

8) Leggi di assorbimento:

pV(pl\q)=p

pA(pVq)=p

Lo studente più attento avrà notato delle notevoli analogie con le proprietà delle operazioni insiemistiche. Tali analogie non sono affatto casuali, come vedremo nel n. 24 e nei successivi paragrafi.

Tautologie

m Se una formula enunciativa

risulta vera qualunque sia il valore di verità delle lettere enunciative che la compongono, si dice che è una tautologia. Per indicare che una formula enunciativa A è una tautologia si scrive

pA. Se una formula enunciativa risulta falsa qualunque sia il valore di verità delle lettere enunciative che la compongono, si dice che è una contraddizione.

D

I

L~a formu la (a I\ b) -

a è una tautologia Per venf1 carlo è suff1c1ente costru irne la tavola d1

venta

a

b

a I\ b

~ ~ ~

(a I\ b) - a

~

I I

Capitolo secondo - Elementi di logica

39

Come si vede, qualunque sia il valore di ve rità attribuito all e lettere a e b, la formula (a Ab) - a risulta ve ra . Perciò si ha:

l=( a /1 b) - a.

Il

La formu la aJ\'a

è una contraddizione. Ecco infatti la sua tavo la di verità:

a

a l\ 'a

V

F

F

V

[TI

Tautologie notevoli

m Una tautologia rappresenta sempre uno "schema di ragionamento" che è valido indipendentemente dal valore di verità, e perciò anche dal significato, delle proposizioni che la compongono. Per questo motivo le tautologie sono anche dette leggi della logica. Presentiamo ora alcune tautologie che rappresentano le forme di ragionamento deduttivo più frequenti in matematica. 1) Principio del terzo escluso

Taie principio afferma che una proposizione o è vera o è falsa, cioè non esiste una terza possibilità (è questo il significato del detto latino «Tertium non datur»): pa Vii.

Infatti

V F

ii

a V ii

F

V

V

V

Come si vede nella terza colonna com pare solo il valore V.

■ (È sempre vero che) cammino o non ca mmino .

Per le successive tautologie, lasciamo la verifica, mediante tavole di verità, al lettore. 2) Proprietà transitiva dell'implicazione

F [(a--> b) A (b--> e)] --> (a--> e) . La proprietà transitiva dell'implicazione materiale si presta ad esprimere schematicamente un tipo di ragionamento deduttivo, detto sillogismo ipotetico: questo si compone di due premesse e di una conseguenza a --t c1

tutte in forma ipotetica («se... allora ... »).

40

Capitolo secondo - Elementi di logica

«Se studierò sa rò pro mosso e se sa rò pro mosso riceve rò un premio: quindi se studierò ri ceverò un premio ». Qu i la propri età tran siti va dell'implicaz io ne v iene usa ta per compiere un ragionamento sillogisti co. Qu ello che co nta è lo sc hema di ragionamento e qu indi non ha inte-

I

resse sapere se le locuz ioni

a: stud ierò

b: sa rò promosso e: riceverò un premi o

so no proposizioni vere o false; interessa in vece che, chi compie il ragionamento, dalla verità

delle premesse a -+ be b -+ e, possa dedurre la conseguenza a -+ c.

3) Legge di contrapposizione

F(a----+b)----+(b----+a).

D

I

Da ll'essere vero c he b e a, e quindi anche la loro congiunzione. Possono presentarsi, a priori, due casi: b è vera oppure b è falsa. li valore di verità deUa (!) è aUora dato daUa seguente tavola

(a-> b) i\ a

b

[(a-->b) i\ a]-->b

V

V F

V F

V

Ma la (I), essendo una tautologia, dev'essere vera, quindi non può verificarsi che b sia falsa; perciò, nel caso siano vere sia a --> b sia a, b dev'essere vera. Possiamo perciò formulare la seguente regola di deduzione che, come la tautologia (!), è detta Modus Ponens: se sono vere le proposizioni a --> b e a, dev'essere vera anche la proposizione b.

Schematizzando: !' premessa 2' premessa

a_, b

conclusione

b

a

AC e BO sono due segme nti aventi in co mun e il punto medio. Si vuole dimostrare che ABCD è un paral lelogrammo. Applicando opportunamente il primo criterio di congru enza dei triangoli, si dimostra che i lat i opposti del quadri latero ABCD sono congruenti. Poiché è stato dimostrato che un quadrilatero aven te i lat i opposti congruenti è un parallelogrammo, si può co ncludere che ABCO è un parallelogrammo. In questo caso si ha: a: ABCD ha i lati opposti congruenti

I

b: ABCD è un parallelogrammo.

Ca pitolo secondo . Elementi di logica

42

la rego la di deduzione Modus Ponens si applica perc iò cos ì:

l a premessa (a - b): (ABCD ha i lati oppost i co ngru enti)

-+ (ABCD

è un parallelogrammo)

2 a premessa (a) : ABCD ha i lati opposti congruent i

Conclusione (b) ABCD è un pa ra ll e log ra mmo.

Modus Tollens

ID

Dalla tautologia

p[(a-,b)AbJ-,ii si può ricavare, con ragionamenti simili a quelli svolti nel paragrafo precedente, la seguente regola di deduzione, detta Modus Tollens: se è vera la proposizione a _, b ed è vera la negazione di b (ossia è falsa b), deve essere vera anche la negazione di a (ossia dev'essere falsa a).

Schematizzando l ' premessa 2' premessa

a-,b

conclusione

ii

b

È dato il tri angolo ABC, i cui lati mi surano, in cent imetri

AB= 24,

AC

= 45,

BC

=

50.

Si deve verifica re che tale tri angolo non è rettangolo in A. Ragioniamo in q uesto modo. Se ABC fosse rettangolo in A si dovrebbe ave re, per il teorema di Pitagora, AIP + AC 2 = 8C 2 . Ma c iò non è vero, perché risulta

Ali'+ AC 2 = 576 + 2025 = 2601; e quindi è

A8 2 + BC 2 f,

BC 2

= 2500

BC 2 .

Si può co ncl udere che ABC non è rettangolo in A. In questo caso si ha:

a: ABC è rettangolo in A. b:

Ali'+ AC 2 = BC 2 .

La prima premessa (a -- b) è il teorema di Pitagora espresso dalla segue nte impl icaz ione: (ABC è rettangolo in A ) -

La seconda premessa (b ) è la negaz ion e di

AB 2 + AC 2 = BC 2 .

b:

A8 2 + AC 2 f,

BC 2

ve rifi cata con il calco lo. Da tali premesse, ap plicando la regola Modus Tollen s, si trae la conclus ione che a è fa lsa:

a:

ABC non è rettangolo in A.

Capitolo secondo · Elementi di logica

43

Reductio ad absurdum

E!J Dalla tautologia t=(ii--->/)--->a dove/ rappresenta una qualsiasi proposizione falsa, discende la seguente regola di deduzione, detta reductzo ad absurdum o riduzione ali'assurdo: se la negazione di una proposizione a implica una proposizione falsa, a dev'essere vera. Schematizzando:

premessa

ii->/

conclusione Si tratta di un tipo di ragionamento molto usato in matematica; le dimostrazioni per assurdo si possono ricondurre al seguente schema. Per dimostrare un enunciato a, si prova a negarlo; se da tale negazione si traggono delle conlcusioni assurde (ossia se è vero che ii--->/), a dev'essere vera.

Si vuole dimostrare che due rette re s, ent rambe parallele ad una terza retta t, sono pa rallele tra loro (proprietà transiti va del parall eli smo). Procediamo per assurdo supponendo che sia fa lso ciò che si deve dimostrare, supponendo cioè che le due rette ress i incontrino in un pun to P. Per il punto P passerebbero allora due rette pa rallele a t. Ma ciò è impossibile perché per il postu lato di Euclide (Ca p. 16, n. 13) per il punto P passa una so la parallela all a retta t. Dunque, negando l'e nun ciato da dimostrare, si giu nge ad una co nclu sion e fa lsa; ta le enun ciato dev'essere perciò vero. In questo caso si ha a: le rette re s, entrambe parallele a t, sono para ll ele tra loro. La proposi z ione fa lsa che si otti ene negando a è

f: pe r il punto P passa no due rette para ll ele a t. La premessa , che abb iamo dimostrato con un semplice ragio namento, è

a - (:

se le rette r e s, para ll ele a t, non sono parallele tra loro, ossia si incontrano in un punto P, pe r il punto P passano due parallele a r.

La conclusione è allora l'enunciato a.

Predicati

m Consideriamo ora l'espressione linguistica (1) «x è un numero primo» essendo x E N. È evidente che la (1) non è esattamente una proposizione perché non conoscendo x non possiamo dire se è vera o falsa; però se poniamo 5 al posto di x la (1) diventa una proposizione vera, mentre se poniamo 6 al posto di x la (1) diventa una proposizione falsa. Al variare di x in N la (1) è dunque una proposizione il cui valore di verità dipende dalla variabile x. Scriveremo pertanto:

p(x):

x è un numero primo x E N.

(2)

Capitolo secondo - Elementi di logica

44

Nella (2), p(x) si legge «p di x», cioè proposizione dipendente dalla variabile x. Avendo indicato a lato x E N, si è inteso fissare il dominio, cioè l'insieme in cui può variare la x. Consideriamo ora l'espressione p(x; y) : x è maggiore di y

x, y E N.

(3)

In questo caso p è una proposizione dipendente da due variabili x e y ed il dominio di ciascuna variabile è N. Ponendo ad esempio x = 5 e y = 3 la (3) si trasforma in un enunciato vero, mentre per x = 8 e y = 10 in uno falso.

In generale proposizioni dipendenti da una o più variabili appartenenti ad un prefissato dominio (come la (2) o la (3 )) vengono dette predicati (o /unzioni proposizionali o /unzioni enunciative). Si noti che la parola predicato sta per proprietà; nella (2) il predicato «essere un numero primo » è una proprietà definita nell'insieme N: alcuni x godono della proprietà, altri no. f/.

0

Si consideri il predicato

p(x)

x2

e

In questo caso i num eri interi relativi che quadrato è minore di 5 ») sono qu elli per - 2, - 1, O, 1, 2. Ad esempio per x = - 2 (-2) 2 < 5, ossia 4 < 5, che è un enun ciato

D


0

XE

Q

si tras forma in una proposizion e ve ra in corrispondenza a tutti i numeri ra z ionali magg iori di 4 ed in un a proposiz ione fal sa per tutti gli x raz ionali min ori o eg uali a 4. Osservazione . Il precedente esempio mostra come le disequazioni (ca p. 11 ) siano dei predicati.

Operazioni logiche con i predicati

m Poiché fissando il valore della variabile (o delle variabili) il predicato diventa un enunciato vero o falso, si possono definire, per i predicati, operazioni logiche analoghe a quelle viste per le proposizioni.

Capitolo secondo - Elementi di logica

45

Per fissare le idee consideriamo due predicati p(x) e q(x), essendo x una variabile appartenente ad un prefissato dominio. Chiameremo predicato congiunzione di p(x) e q(x) il predicato p(x) /\q(x) (e si legge: p di x et q di x) il cui valore di verità, fissato x = x0 , è il valore di verità della proposizione p(xo) I\ q(xo).

0

Sia x E U, insieme deg li esseri umani. Consideriamo i predicati

s(x): x è uno sc ienziato; t (x): x è tedesco.

li predicato

s(x)

/I

t(x)

(1)

sign ifi ca «x è uno scienz iato tedesco • . Se fi ss iamo x = Albert Einstein il pred icato (1) di ve nta un enunc iato vero. Se invece prendiamo x = Enrico Fermi oppure x = Lud wig Van Beethoven , il predicato (1 ) diviene un enunciato fa lso.

Il

Si conside rino i predi ca ti

p(x ): x è un numero primo a(x): x > lOx E N. Il predicato

p(x ) V a(x )

(2)

sign ifica «x è un numero primo o x è maggiore di 1O• . Se poniamo x = 7 il predicato (2) di venta una proposizione ve ra. Se poniamo x = 12 il predicato (2) diventa una proposizione vera. Se in vece prend iamo x = 8 il pred icato (2) di viene una proposizione falsa.

Il

Co nsideria mo i predicati

p(x ) : x - 5 < O

q(x) : 2 -

X

< Q.

x EQ

la co ngiu nzione dei due predi ca ti è

(3)

p(x ) il q(x) e, ad esempi o, per x = 3 il predi ca to (3) è ve ro in quan to:

p (3) : 3 - 5 invece per x

q(x)

(!')

La (I) è l'espressione di

dove

p(x): x è divisibile per 6 q(x): x è pari.

xEN

Sia ora A l'insieme dei numeri naturali che sono divisibili per 6 e B quello dei numeri pari, cioè sia A l'insieme di verità del predicato p(x) e B quello di q(x) . La (I), o la (!'), afferma che sex E A allora x E B; quindi, per definizione di inclusione tra insiemi si ha (fig. 6) A e:; B; in questo caso particolare si può poi senz'altro dire che l'inclusione è in senso stretto, cioè A e B, in quanto esistono certamente elementi di B (cioè numeri pari) che non stanno in A (cioè che non sono divisibili per 6).

@

@ Fig. 7

Fig. 6

In generale, se p(x) implica logicamente q(x), cioè se

p(x) ==> q(x) con x E U e se P è l'insieme di verità di p(x) e Q è l'insieme di verità di q(x) , si ha (fig. 7)

Pc:; Q. Se invece

p(x)

{=}

q(x),

Capitolo secondo - Elementi di logi ca

53

cioè p(x) e q(x) si equivalgono logicamente si ha

P= Q cioè due predicati logù:amente equivalenti hanno il medesimo insieme di verità. Condizione necessaria, condizione sufficiente

ID Riprendiamo l'esempio visto nel paragrafo precedente; sia cioè

p(x): x è divisibile per 6 xE N q(x): x è pari. Come si è visto, si ha che

p(x)

=}

q(x)

e l'implicazione logica è tradotta dalla frase se un numero è divisibile per 6, allora è pari. In matematica, scrivendo p(x) = } q(x), si suol dire che I) p(x) è condizione sufficiente per (il verificarsi di) q(x); infatti l'essere un numero divisibile per 6 è una condizione sufficiente perché il numero sia pari (in altre parole, basta che un numero sia divisibile per 6 per garantire che il numero è pari);

2) q(x) è condizione necessaria per p(x); infatti l'essere pari è necessario (indispensabile) per essere divisibile per 6 (in altre parole, affinché un numero sia divisibile per 6, esso deve essere pari). Si noti che, in questo esempio, q(x) =f=, p(x) e pertanto p(x), che è condizione sufficiente per q(x), non è condizione necessaria per q(x): infatti affinché un numero sia pari non è necessario che sia divisibile per 6. Analogamente q(x) non è condizione sufficiente per p(x) ma solo necessaria; in altri termini, essere pari è necessario per essere divisibili per 6, ma non è sufficiente essere pari per poter essere divisibili per 6. Riassumendo: dal]'essere

p(x)

=}

q(x)

si deduce che 1) p(x) è condizione sufficiente per q(x) 2) q(x) è condizione necessaria per p(x) . Condizione necessaria e sufficiente

1I!J Nel caso in cui i predicati p(x) e q(x) siano logicamente equivalenti, cioè p(x) = q(x), si ha che p(x) è condizione sufficiente per q(x) p(x) è condizione necessaria per q(x)

(essendo p(x) = } q(x)) (essendo q(x) = } p(x))

e quindi diremo che p(x) è condizione necessaria e sufficiente per q(x). Analogamente q(x) è condizione necessaria e sufficiente per p(x) .

54

Capitolo secondo · Elementi di logica

-,t:Mfir Riprendiamo un esempio già visto; sia

p (x): x ha due lati ugua li q (x): x ha due angoli ugua li,

co n x appartenen te all ' ins ieme de i triango li. Come abbiamo avuto modo di vedere (n. 25 e n. 26), sono ve re entrambe le imp licaz ioni logic he

p (x) => q(x);

q(x) => p(x)

e pertanto

p (x) q(x)

(1)

cioè p (x) e q(x) sono logicamente equ ivalenti. l 'equivalenza logica (1) può qui nd i essere espressa in uno dei seguen ti modi. - Un triangolo ha due ango li ugual i se e so lo se ha due lati ugua li.

- L'ave re due lati uguali è co ndizione necessa ria e sufficiente, per un triango lo, per avere due ango li ugual i. - Jn un triango lo, ave re due angoli ugua li è co ndiz ione necessaria e suffic iente pe r avere due lat i uguali. - Condizione necessaria e sufficiente affinché un triango lo abbia due lati ugua li è che abbia due angoli ugua li.

Quantificatori

m Vi sono diversi tipi di affermazioni che non possono venire espresse usando solo i predicati e i connettivi logici fin qui definiti. Si considerino, ad esempio, le seguenti frasi 1) ogni uomo è mortale 2) tutti i triangoli sono isosceli 3) esiste almeno un numero razùmale x tale che x 2 - 4 = O 4) qualche studente della vostra scuola è laureato.

La frase l e la frase 2 affermano che tutti gli elementi di un cerro insieme (sottinteso) godono di una certa proprietà. La 3 e la 4, invece, affermano che qualche elemento (almeno uno) di un certo insieme gode di una certa proprietà. Per poter simboleggiare tali affermazioni, si introducono due nuovi simboli. Il simbolo

si chiama quantificatore universale e si legge «per ogni» o «per tutti». L'espressione V xp(x)

si leggerà «per ogni x, (vale) p(x)» oppure «per tutti gli x, (vale) p(x)». Il simbolo 3 si chiama quantificatore esistenziale e si legge «esiste (almeno un)». L'espressione 3xp(x) si leggerà «esiste (almeno un) x, tale che (vale) p(x)».

Capitolo secondo - Elementi di logica

55

Con questi nuovi simboli possiamo finalmente esprimere in forma simbolica le frasi precedenti. Allo scopo, trasformiamo tali frasi nel modo seguente. I) Qualunque sta x appartenente ali'insieme degli essen· umani x è mortale. Posto U = insieme degli esseri umani

m(x): x è mortale, la frase considerata si può così esprimere \fxm(x)

xE U.

2) Qualunque sta x, appartenente all'insieme dei triangolz; x è isoscele.

Posto

T = insieme dei triangoli

i(x): x è isoscele questa frase diventa \fxi(x)

xE

T.

3) Esiste almeno un x appartenente ali'insieme dei numeri razùmali tale che risulta x 2 - 4 = 0.

Essendo Q l'insieme dei numeri razionali, tale frase si può così esprimere: 3x(x 2 -4 = O)

xE

Q.

4) Esiste almeno un x, appartenente all'insieme degli studenti della vostra scuola, tale che x è

laureato. Posto

S = insieme degli studenti della vostra scuola l(x): x è laureato,

la frase diventa 3x1(x)

lii

xES.

L'espressione \fxm(x)

xE

(1)

U,

con i simboli introdotti al numero precedente, significa che «tutti gli uomini sono mortali ». La (1) è vera, poiché effettivamente per tutti gli x del dominio U (esseri umani) vale la proprietà m(x) (essere mortale). Non è vero, invece, che Vxi(x) xE T, perché non tutti gli x del dominio T (triangoli) hanno la proprietà i(x) (essere isosceli). E vero che

3x(x 2 -4 = O)

xE

Q,

Capitolo secondo - Elementi di logica

56

perché effettivamente esiste un numero razionale, ad esempio 2, che soddisfa l'eguaglianza 4 = O. Non è vero che 3x l (x) x ES

x2 -

perché evidentemente nessun elemento di S (studenti della vostra scuola) gode della proprietà l(x) (essere laureato). Come si vede, se ad un predicato con una variabile applichiamo un quantificatore, esso diviene un enunciato. Infatti in tal modo esso diviene o vero o falso. Il suo valore di verità non dipende più dalla variabile. In generale l'enunciato

\/xp(x)

xE D

è vero, se la proprietà p(x) vale per tutti gli elementi del dominio D, altrimenti è falso. L'enunciato 3xp(x) xE D è vero, se la proprietà p(x) vale per almeno un elemento del dominio D, altrimenti è falso.

D

Si conside ri il predi ca to

v(x) : x vola x E A, dove A è l'i nsieme deg li anim ali . Si interpretino le seg uenti espress ioni e si di ca se rapprese nta no en un ciati veri o falsi:

3x v(x) 'lx v(x)

xE A

(4)

E A.

(5)

X

l 'esp ress ione (4) sign ifi ca:

esiste qualche elemento x dell'insieme A tale che x vola, oss ia qualche animale vola. l a (4 ) pertanto rappresenta un enun ciato ve ro. L'espressio ne (5) significa:

per ogni elemento x de ll'insieme A è vero che x vola ossia

tutti gli animali volano. l a (5) perciò rapprese nta un enunc iato falso .

D

Si co nsideri il pred icato

2x

= 7.

L'espressione

3x(2x

= 7)

X

E N

(6)

signifi ca che es iste qualche numero naturale che mo ltiplicato per du e dà 7. Ciò è imposs ibile,

perché il numero 2 x è ce rtamente pari e perciò non può essere eguale a 7. Perciò la (6) rappresenta un en un ciato falso. Si osse rvi che è import ante, in molti cas i come qu esto, spec ificare il dominio. Infatti se il dominio dell a va ri ab il e x, anz iché N, fosse l' insieme Q dei numeri raz ionali, si avrebbe l'enun-

ciato

3x(2x = 7)

XE

Q.

(7)

L'enu nciato (7) , contrariament e al (6), è vero, perché effettivamente es iste un numero razionale che mo lti plicato per 2 dà 7: esso è la fraz ion e

f.

Capitolo secondo . Elementi di logica

57

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

O

Scrivere un programma che acquisisca i valori di verità di due proposizioni e comunichi i corrispondenti valori di verità della loro congiunzione e della loro disgiunzione. Dati conosciuti. Valori di verità delle proposizioni A e B. Dati richiesti. Valori di verità della congiunzione A /\ B e della disgiunzione A V B.

Risoluzione. Si dovrà per prima cosa acquisire i valori di verità delle due proposizioni A e B. Saranno perciò necessarie due variabili di tipo stringa, che chiameremo A e B. In ciascuna di tali variabili verrà introdotta la lettera v minuscola(*) se si vuole che il valore di verità della proposizione A sia vero, mentre si introdurrà la lettera f minuscola se si vuole che il valore di verità della proposizione A sia falso. Una volta noti i valori di verità di A e B è sufficiente determinare i corrispondenti valori di verità della congiunzione A /\ B e della disgiunzione A V B. e comunicarli. Ricerca dell'algoritmo. Dopo l'acquisizione dei dati, per calcolare i valori di verità di A /\ B e A VB ci serviremo degli operatori and e or del Pascal. Tali operatori svolgono la stessa funzione della congiunzione e della disgiunzione logiche: mediante essi è possibile "combinare" due condizioni ottenendone una nuova, il cui valore di verità dipende dai valori di verità delle condizioni combinate. Così la condizione

Condzzionel and Condizione2 risulta vera se Condizione 1 e Condizione2 sono contemporaneamente vere, e risulta falsa in tutti gli altri casi, mentre la condizione

Condizione 1 or Condizione2 risulta falsa se Condizione 1 e Condizione2 sono contemporaneamente false, e risulta vera in tutti gli altri casi. Una volta determinati i valori di verità richiesti basterà comunicarli all'utente. Descrizione dell'algoritmo per l'elaboratore Variabili utilizzate

A: variabile di tipo carattere che può contenere la lettera v o f . B: variabile di tipo carattere che può contenere la lettera v o f.

(•) L'elaboratore dmingue, ndle variabili di tipo stringa, k lcnm minuscole dalle maiuscole. Occorre perciò prestare anenzione al formalo dei da1i che vengono introdoni. Se, ad esempio, la variabile A contiene la lettera V maiusrola, la condizione A='v' risu1ta falsa, (perché Aè uguale a V e non a v) e perciò una linea di programma del tipo if(A=',')dim... rioooosa,,do oome blu la roodizione dopo rif 11011 oscguiracianl01a-La differenza di due numeri non cambia, aggiungendo o cogliendo uno stesso numero sia al minuendo sia al sottraendo.

(*) Indicando con a e b due numeri naturali, essendo cioè a, b E N, diremo che a è minore di b, se il numero a precede b nella successione dei numeri naturali O, I, 2, ... ; per indicare che a è minore di b, scriveremo a < b. Diremo invece che a è maggiore di b, se a segue b nella successione dei numeri naturali: si scrive a > b. È evidente che daa > bsegueb < a; dao < bsegueb > a.

\D 6., - - - ~- - - - - --;--" Capitolo terzo · Richiami di aritmeti ca

M l!M P 13 - 5 = (13 + 7) - (5 + 7) = 20 - 12. Infa tti

13 - 5 = 8

20 - 12 = 8.

27 - 9 = (27 - 7) - (9 - 7) = 20 - 2. In fa tti

27 - 9 = 18

e

20 - 2 = 18.

2) Proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto alla sottrazione. Per moltiplicare una differenza indicata per un numero, si può moltiplicare ogni termine della differenza per quel numero e poi sottrarre i prodotti ottenuti. Ml!MPfi

I

(4 2 - 25 ) 2

X

X

2 = (42

(15 - 8) = (2

X

X

2) - (25

15) - (2

X X

2) = 84 - 50 = 34.

8) = 30 - 16 = 14.

Divisione uoziente

mDicesi quoziente esatto, o quoto, tra due numeri interi a e b (b 'f O) quel terzo numero e,

se esiste, che moltiplicato per il secondo dà per prodotto il primo: a : b =e

se è e· b = a.

In particolare a : I = a; a : a = I se a 'f O. Se esiste il quoto fra a e b, si dice che a è divisibile per b e che b è un divisore di a. Osservazione. Nel dare la definizione di quoto tra due numeri interi, abbiamo detto che il secondo numero deve essere diverso da zero. Infatti, il quoto tra un numero a ( e/ O) e zero dovrebbe essere un numero che moltiplicato per zero dà per prodotto a; ma, come ben sap• piamo un tale numero non esiste, perché qualsiasi numero moltiplicato per zero dà per prodotto zero. Pertanto possiamo dire che, se è a 'f O, a:O è un'operazione impornbile. Se è a = O, il quoto tra a e b (b 'f O) è zero, cioè essendo b 'f O,

O: b=0, perché solo moltiplicando il secondo numero b per zero si ottiene zero. Se poi a e b fossero entrambi uguali a zero, il quoto tra a e b, cioè tra O e O, non sarebbe determinato perché, infatti, qualsiasi numero moltiplicato per zero dà per prodotto zero. Pertanto possiamo dire che

0:0 è un'operazione indeterminata.

11rJ1 Dicesi quoziente tra due numeri interi, il secondo dei quali diverso da zero, il più grande numero intero che moltiplicato per il secondo dà un prodotto non maggiore del primo.

Capitolo terzo . Richiami di aritmetica

6

Per esempio, il quoto tra 20 e 5 è 4 perché 4 x 5 = 20; non esiste, invece, nell'insieme dei numeri naturali, il quoto tra 17 e 5. Si può invece calcolare il quoziente tra 17 e 5, che è 3 perché si ha: mentre 3 X 5 = 15 < 17 4x5=20>17. L'operazione mediante la quale, dati due numeri, si trova il loro quoto (o il loro quoziente) si chiama divisione: il primo numero è detto dividendo ed il secondo divisore. Introducendo l'insieme No= {I; 2; 3; ... }, cioè l'insieme dei numeri naturali privato dello zero, si può osservare che il quoto o il quoziente tra i due numeri naturali a e b esiste solo se b E No. Si può inoltre dire che la ricerca del quoziente tra due numeri naturali non è legge di composizione interna ovunque definita né per l'insieme N, né per l'insieme N0. Si dice resto di una divisione la differenza tra il dividendo e il prodotto del divisore per il quoziente.

Proprietà della divisione

m Dalla definizione di quoziente si ha: Divisore x quoziente+ resto = dividendo,

con resto

< divisore.

Si può così schematizzare

= b·q+r=a

a~ r q

(r < b)

dove è: a dividendo; b divisore; q quoziente; r resto. E-Ml!ì0

I

17 : 5

=

infatti 5 x3+2= 17.

con resto 2;

3

1) P~rietà invariantiva della divisionc;,_ Moltiplicando (o dividendo) i due termini della divisione per uno stesso numero diverso da zero, il quoziente non muta, mentre il resto, se c'è, viene moltiplicato (o diviso) per lo stesso numero.

24 : 3

1:

=8

e

17 : 3

(17 x 3): (3 x 3) 64 : 6

= 1O con

(2 4

X

2) : (3

= 5 con

X

2)

= 48 : 6 = 8.

il resto di 2 e

= 51 : 9 = 5 con

il resto di 6 ed è 6

il resto di 4 e (64 : 2) : (6 : 2)

= 2 x 3.

= 32 : 3 = 1O

con il resto di 2 ed è 2 = 4:

2) Per dividere un prodotto indica! r un nume o si può dividere uno dei fattori per quel numero e mo ttp ·care poi il quoziente per gli altri fattori.

I

(7

X

15

X

6) : 5

=7 X

(15: 5)

X

6

= 7 X 3 X 6 = 126.

- - - - ---P r Capitolo terzo - Richiami di aritmetica

Per dividere un prodotto indicato per uno dei suoi fattori, basta sopprimere quel fattore. 1iM



(7

X

15

X

= 7 X 2 = 14.

2) e 15

3) Proprietà distributiva della divisione, Per dividere una somma indicata (o una differenza indicata) per un numero divisore di ciascun termine della somma (o della differenza), si può dividere ciascun addendo (o ciascun termine della differenza) per quel numero e poi addizionare (o sottrarre) i quoti parziali. liMP-1 (15 + 40 + 65), 5 = (15, 5) + (40, 5) + (65, 5) = 3 + 8 + 13 = 24 (48 - 30) , 6 = (48, 6) - (3 0 , 6) = 8 - 5 = 3.

I

Cu--Per dividere un numero per un quoziente indicato basta dividere quel numero per il divid ~ndo e moltiplicare poi il risultato per il divisore. P-1

I

160 e (80 e 4) = (1 60 e 80)

Infatti

160 , (80, 4)

4= 2

X

X

4 = 8.

= 160, 20 = 8.

-/,-)-Per moltiplicare un numero per un quoziente indicato, si può moltiplicare il numero per il dividendo e dividere poi il risultato per il divisore, oppure dividere quel numero per il divisore e moltiplicare poi il risultato per il dividendo. liMl?f

I

24

X

(12 3) = (24

24

X

(12 e 3) = (2 4 3)

C

X

12) 3 = 288 3 = 96 C

C

oppure C

X

12 = 8

X

12 = 96.

In fa tti

24

X

(12 3) = 24 C

X

4 = 96.

jl- Per dividere

un numero per un prodotto indicato, si può dividere il numero successivamente per ciascuno dei fattori.

I

liMP-1 48 e (2

X

3

X

4) = ((48 e 2) e 3) e 4 = (24 e 3) e 4 = 8 e 4 = 2.

Infatti

48 e (2

X

3

X

4)

= 48

C

24

= 2.

Osservazione

m Studiando le proprietà della sottrazione e della divisione si osserva che né la sottrazione né la divisione godono delle proprietà commutativa e associativa.

6i;' /' ~

Capitolo terzo - Richiami di aritmetica

Infatti si ha, per esempio 13 - 6 = 7, mentre 6 - 13 non è un'operazione possibile nell'insieme N. E così pure è, per esempio, 15 : 3 = 5, mentre 3 : 15 non è eseguibile in N. Inoltre dovendo eseguire una sottrazione, o una divisione, tra più di due numeri tali operazioni si devono necessariamente eseguire nell'ordine indicato. Per esempio, dovendo calcolare IO - 6 - 2 si deve procedere nel seguente modo: 10 - 6 - 2 = (10 - 6) - 2 = 4 - 2 = 2. Infatti, se avessimo prima eseguito la seconda sottrazione, 6 - 2 = 4, il risultato richiesto sarebbe stato 10 - 4 = 6 che è errato. Analogamente, dovendo calcolare 96 : 12 : 2 si deve operare così 96 : 12 : 2 = (96 : 12) : 2 = 8 : 2 = 4. Anche qui, se avessimo calcolato dapprima il secondo quoziente, 12 : 2 = 6, il risultato finale sarebbe stato 96 : 6 = 16 che è errato.

Potenze

m Si dice

tenza di un numero prodotto di più fattori.tutti uguali..a quel numero. Il fattore che si eve ripetere dicesi base e il numero che indica quanti sono i fattori dicesi esponente o grado della potenza. Ì'-- t_ ".

23

I

= '--v---' 2 X 2 X 2 =8 3 fatto ri

2 è la base,

3 è l'esponente

L'elevamento a potenza è una legge di composizione interna, ovunque definita, per l'insieme No. Proprietà delle potenze

mJìrJJ prodotto-.di_pk,11Q.tenre-di--ugual-base- è una potenza che ha la stessa base e per esponente la somma degli esponenti

22

X

23

X

24 = 22+3+ 4 = 29 ,

22 x 23 x 24 =

= (2

(per definizione di potenza)

-------------

x 2) x (2 x 2 x 2 ) x (2 x 2 x 2 x 2)

---.,......, 2 fatt .

_______, Jfa tt.

=

4fatl.

= 2 x 2 x 2x2 x 2 x2x 2x2 x 2 =2 9 . 9fattori

(per la proprietà dissoc iativa)

p

Capitolo te,zo • Richiami di aritmetica

~ a potenza di una potenza è uguale ad una potenza che ha la stessa base e per esponent~ il prodotto degli esponenti.

I

(2 3 ) ' Infatti (23) 4

= 23

X 23 X 2 3 X 23

= 2 12 =

2 l+J+3+3

=

2 Jx4

=

2 12_

) Il quoziente di due potenze della stessa base, la seconda con esponente minore di quello della prima, è uguale a una potenza che ha la stess~ delle date e per esponente la differenza degli esponenti.

I

= 4 s-J = 4 2 _

4 s : 4J Infatti

45 : 43 = (4 X 4 X 4 X 4 X 4): (4 X 4 X 4) = (4 X 4) = 42 . ~ ----'--v----' 5 fa11. 3fa u. 2 fa n.

---fJYer elevare a potenza un prodotto indicato si può calcolare dapprima il prodotto e poi la sua potenza, oppure si può calcolare il prodotto delle potenze dei singoli fattori.

I

(3 2 o ppure

3 2 )

2

(3 x 5 x 2

=

X

5

2 (3 2 )

X

23 ) 2 = (9 2

x 5 x (2

3 2 )

X

5

X

8) 2 = 360 2 = 129600

4

= 3 x 5 2 x 26 = 81 x 25 x 64 = 129600.

'i'....Jier elevare a potenza un quoziente indicato si può dapprima calcolare il quoziente e quindi la sua potenza, oppure si può calcolare il quoziente delle potenze del dividendo e del divisore.

I

(2 4 : 6)2 = 42 = 16

oppure

2

(24 : 6) = 24 2 : 6 2 = 576 : 36 = 16.

Osservazione. La potenza, con esponente zero, di un numero qualunque, diverso da zero, è uguale a 1 e la potenza con esponente uno di un numero qualunque è uguale al numero stesso. La potenza di base zero ed esponente zero non ha significato.

I

3o

=

1;

12°

=

1;

51

= 5;

17 1 = 17;

o0

Tali definizioni sono conseguenze delle proprietà ora elencate.

Ad esempio, si ha

i : z4 = 32 : 16 = 2;

nonf ha senso.

Capitolo terzo . Richiami di aritmeti ca

ma, poiché per la proprietà 3 si deve avere 2' :2 4 =2'- 4 = 21, dovrà essere

i =2 Analogamente risulta anche 33 : 33 = 27 : 27

= 1,

ma dev'essere anche 33 : 33 = 33- J = 3°. Perciò si pone 3° = 1 Il motivo per cui non si può dare significato a o0 è il seguente: essendo a0 = 1 per a cl O, si dovrebbe richiedere che sia anche o0 = l; ma è anche vero che on= O per n cl Oe perciò si dovrebbe richiedere che sia o0 = O. Essendo tali richieste tra loro inconciliabili, si conviene di non dare alcun significato a o0. Un'applicazione delle potenze

m Dalla definizione di potenza di un numero risulta evidente come l'utilizzo della simbologia relativa alle potenze permetta di scrivere con pochi simboli numeri molto grandi (e, come vedremo nel prossimo capitolo, anche numeri molto piccoli); in particolare risulta di grande praticità l'uso delle potenze di 10. Sappiamo che 10° = l;

10 1 = 10;

10 2 = 100;

10 3 = 1000;

10 4 = 10000;

Si può così osservare che l'esponente di una potenza di 10 è uguale al numero degli zeri che seguono l'unità. Quando un numero è scritto usando le potenze del 10, si dice che il numero è espresso in notazione esponenzù1/e. Ad esempio, il numero 1230000, se espresso in forma esponenziale, si scrive 123 · 10 4. Sono scritti in notazione esponenziale, per esempio, i numeri

3 · 10 5;

843-I0 7 ;

1075. l0 22 ;

In molte questioni in cui si opera con numeri assai grandi, non interessa conoscere il numero con precisione assoluta, ma è sufficiente valutarne l'ordine di grandezza, cioè la potenza di 10 che meno differisce da quel numero("). Per esempio, si può dire che l'altezza del monte Everest (m. 8848) è dell'ordine di 104 metri, perché 104 = 10000 è la potenza di 10 più vicina a 8880. Analogamente potremo dire che l'ordine di grandezza in metri

dell'altezza del Monte Annapurna in Nepal (8078 m) della lunghezza del fiume Nilo (667 1 km) della distanza Terra-Luna (384.400 km) della distanza Terra-Sole (149.597.850 km) (*) Riprenderemo i! concetto di ordine di grandezza di un numero ne! capitolo 5, n. 47.

è

104 107 108 10 11 .

Capitolo terzo. Richiami di aritmetica

Anche il nostro usuale sistema di numerazione (*) è un'applicazione delle potenze di 10. Consideriamo, per esempio il numero 5372; esso è composto da 5 migliaia, più 3 centinaia, più 7 decine, più due unità: 5372 = 5 X 1000 + 3 X 100 + 7 X 10 + 2 X 1 =

= 5 X 10) + 3 X 1()2 + 7 X 10 1 + 2 X 10°. Quest'ultima scrittura è detta forma polinomiale di un numero.

Calcolo rapido

lllil Vediamo ora, con degli esempi, come le diverse proprietà delle operazioni aritmetiche permettano di eseguire mentalmente con facilità alcuni calcoli.

D

Si debba calco lare 112 + 9 + 8 + 61. Appl icando le proprietà com mutati va e associativ a dell 'a ddi zione, si ca lco la dapprima 112 + 8 = 120 e 9 + 6 1 = 70 e, successivamente, 120 + 70 = 190. Il procedimento seguito equi va le ai seguenti passagg i

11 2 + 9 + 8 + 61

= 11 2 + 8 + 9 + 61 = (11 2 + 8) + (9 +6 1) = 120 +

70

= 190.

fl

Si debba calco lare la somma 143 + 19. Per la proprietà dissocia tiva possiamo sostituire, al posto di 19, la somma 7 + 12. Si ha allora: 143 + 19 = 143 + 7 + 12. Eseguiamo dapprima la semp lice somma 143 + 7 = 150 e al risu ltato ottenuto so mmi amo anco ra 12, c ioè 150 + 12 = 162. Il procedi· mento seg uito si può cos ì ri ass umere

143 + 19

= 143 + (7 +

12)

= 143 +

7 + 12

= (143 +

7) + 12

= 1 so +

12

= 162.

Il

Si ca lcoli nel modo più rapi do 30 x 40. Per la proprietà dissociativa della moltipl icaz ione può sc ri ve rsi 30 x 40 = 3 x 1O x 4 x 1O, od anche, per la proprietà comm utat iva, 3 x 4 x 1O x 1O. Tale prodotto equ iva le, per la proprietà associa ti va, a 12 x 100 cioè a 1200. Riassumendo:

30

X

40

= (3 X 1Q) X (4 X 10) = 3 X 10 X 4 X 1 Q = 3 X 4 X 10 X 10 = = (3 X 4) X (1Q X 10) = 12 X 1QQ = 12QQ.

0

Si debba eseguire la mol tipli caz ione 23 x 12. Essendo 12 = 10 + 2, per la proprietà distributiva possiamo esegu ire le se mplic i moltiplica zioni 23 x 1O= 230 e 23 x 2 = 46 e, quindi, sommare i ri sultati : 230 + 46 = 276. Il procedimento seg uito si può così riassumere:

23

X

12

= 23 X (1Q +

2)

= (23 X 10) + (23

X

2)

= 230 + 46 = 276.

Il

/I prodotto di un numero per 11 e' uguale al prodotto del numero per 1 O, aumentato del numero stesso. Infatti, per esempio, si ha

83

X

11

= 83 X (1Q +

1)

= (83

X

10) + (83

X

1)

= 830 + 83 = 913.

1)

= 27QQ +

Ana logamente,

27

X

1Ql

= 27 X

(1 QQ + 1)

= (27 X 1QQ) +

(27

X

27

= 2727.

(*) Il sistema di numerazione da ooi usato è posizionale (il \'lllore di una cifra dipende dal posto che occupa) e decimale {le unità si rag· gruppano a dieci a dicri e ogni unità di un dato ordine vale IO unità dell'ordine immediatamente inferiore). Studieremo prossimamente altri sistemi di numerazione (vedi capitolo 4).

Capitolo terzo • Richiami di aritmetica

lii

Si debba calco lare 143 - 46.

Poss iamo, per la proprietà invariant iva dell a sottraz ione, sottrarre 43 sia al minuendo sia al

sottraendo: 143 - 43 = 100 e 46 - 4 3 = 3. Perc iò è 143 - 46 = 100 - 3 = 97. l e operazioni eseguite si forma l izzano cos ì:

143 - 46 = (143 - 43) -(46 - 43 ) = 100 - 3 = 97.

D

Si voglia eseguire mentalmente 74 x 9. Basterà osservare che è 9 = 1O - 1 e, applicando quindi la proprietà distributi va, togliere dal prodotto 74 x 10 = 740 il numero 74 stesso:

74 X 9= 74 X (10 - 1) = (7 4 X lQ)-(74 X 1) = 740 - 74. Sarà poi, per la proprietà invariantiva,

740 - 74 = (7 40 - 40) - (74 - 40) = 700 - 34 = (700 - 30) - (34 - 30) = 670 - 4 = 666. Si osserv i c he tutt i i calco li ora fatti posso no esegu irsi mentalmente.

El

Per dividere un numero per 5, basta dividere quel numero per 1 O e fare poi il doppio del risultato ottenuto. Per dividere un numero per 25, basta dividere quel numero per 100 e fare poi il quadruplo del risultato otte nuto. Infatti, poiché è 5 = 1O: 2 (e 25 = 100 : 4), applicando la IV propri età della divisione vista nel n. 11 , si ha, per esempio,

480: S = 480: (1O: 2) = (480 : 1O) x 2 = 48 x 2 = 96. l 2QQ: 25 = 1200 : (1QQ: 4) = (l 2QQ: 1QQ) X 4 = 12 X 4 = 48.

Il

Per moltiplicare un numero per 5, basta moltiplicare il numero per 1O(*) e fare poi la meta'

del risultato ottenuto. Per moltipli ca re un numero per 25, basta moltiplicare il numero per 100 e fare poi la quarta

parte del risultato ottenuto. = 10: 2(25

Infatti , poich é è 5 esempio,

= 100: 4),

applicando la V proprie tà vista nel n.11 , si ha, per

17 x 5 = 17 x (1O : 2) = (17 x 1O) : 2 = 170: 2 = 85. 23 X 25 = 23 X (1QQ : 4) = (23 X 1QQ) : 4 = 2300 : 4 (") = = (23 00: 2): (4: 2) = 11 so: 2 = 575.

Espressioni aritmetiche Priorità delle operazioni

m Si dice espressione aritmetica un insieme di numeri naturali legati fra loro da segni di operazioni. Sappiamo che le operazioni indicate in un'espressione non sempre devono essere eseguite nell'ordine in cui si presentano. Ad esempio nell'espressione

5 + 3 x7 è errato eseguire prima la somma 5 + 3 e poi moltiplicare il risultato per 7. Si deve invece prima eseguire la moltiplicazione 3 x 7 e dopo sommare 5 al risultato:

5 +3 X 7 = 5 +2J = 26. (*) Come Cnolo, per moltiplicare un numero naturale per IO, 100, ecc. basta aggiungere alla destra dd numero uno, due, ere. zeri.

(.,,...) Per di\~dere un numero per 4 basta fare la metà della sua metà: è un'applicazione della proprietà invariantiva.

Capito lo terzo - Ri chiami di aritmetica

Si dice perciò che la moltiplicazione ha la priorità rispetto ali'addizione. Il grado di priorità, ossia l'ordine di precedenza delle operazioni fin qui studiate, è il seguente I. elevamento a potenza 2. moltiplicazione e divisione 3. addizione e sottrazione Le operazioni che hanno lo stesso grado di priorità, come moltiplicazioni e divisioni , oppure addizioni e sottrazioni, si devono eseguire nell'ordine in cui sono indicate. Dunque in un'espressione aritmetica le potenze hanno la precedenza su tutte le altre operazioni. Una volta calcolate le potenze si eseguiranno, nell'ordine in cui sono indicate, moltiplicazioni e divisioni. Infine si eseguiranno, sempre nell'ordine in cui sono indicate, addizioni e sottrazioni. Se in un 'espressione è indicata una somma di tre o più numeri, oppure il prodotto di tre o più numeri, le regole ora formulate ammettono un'eccezione. Infatti tali operazioni godono della proprietà associativa e pertanto il risultato non cambia se esse vengono eseguite in un ordine diverso da quello indicato.

D

Cal colare il va lore dell' espress ione

12 x 2:6 : 2 L'espress ione co nti ene solo mo ltipl icaz ioni e di visioni , oss ia operaz ioni che hann o lo stesso grado di priorità. Occorre dunque eseguire le operaz ioni nell' ordin e ind icato:

12

Il

X

2 :6 :2

= 24 : 6: 2 = 4 : 2 = 2.

Ca lcolare il valore dell' espress ione

15 + 7

X

2

X

5 + 20.

Si devo no esegui re prima le molti pli caz ion i, ma l'ordi ne in cui queste si eseg uono non ha importan za:

15 + 7

X

2

X

5 + 20

= 15 + 7 X

10

+ 20 = 1 5 + 70 + 20.

Eseg uiamo infine le add izion i. Anche in qu esto caso l'ordin e in cui si eseg uono non ha importan za:

15 + 70 + 20 = 15 + 90 = 105. D

Ca lcoliamo il va lore dall'es press ione

3+8

X

5 2 : 4 - 40 : 23 .

3+8

X

25 : 4 - 40 : 8.

Ca lcolia mo dapprima le potenze:

Eseg uiamo ora , nell 'ordi ne ind ica to, le moltipli caz ioni e le di visioni :

3 + 200 : 4 - 5 = 3 + 50 - 5. Eseguiamo, infi ne, l'a ddi z ione e la sottraz ione nell'o rdine ind ica to:

3 + 50 - 5

= 53 -

5

= 48 .

Le parentesi

lii

Le parentesi servono per alterare l'ordine di priorità delle operazioni, ossia per indicare che le operazioni vanno eseguire in un ordine diverso da quello convenuto. Supponiamo di voler moltiplicare la somma di 5 e 4 per il numero 3. Sarebbe allora errato scrivere

5+ 4 x 3

Capitolo terzo - Richiami di aritmeti ca

perché, come sappiamo, tale scrittura sta ad indicare che si deve eseguire prima la moltiplicazione 4 x 3 e poi sommarne il risultato a 5. Per indicare la necessità di eseguire prima I'addizione 5 +4 e poi la moltiplicazione per 3, si usano le parentesi, scrivendo

(5+ 4) X 3. -I

;5li

0

Nell 'es pressione

12

X

(5-2)

occorre prima eseg uire la sottraz ione 5 - 2 e qu in di moltiplicarne per 12 il risultato:

12

lii

X

(5 - 2)

= 12 X 3 = 36.

Nell'espressione

(3+ 4 + 1)2

si deve esegui re dapprima la somma indicata entro parentes i; quindi (3

+ 4 + 1) 2 = 8 2 = 64.

Già si sa che esistono parentesi di tipo diverso: tonde, quadre, graffe. Esse hanno tutte uguale funzione, quella cioè di cambiare l'ordine di priorità delle operazioni, indipendentemente dalla loro forma. Infatti è anche possibile usare solo parentesi tonde, specie se nell'espressione sono necessarie più di tre parentesi. Per togliere le parentesi da un'espressione si dovranno quindi eseguire dapprima le operazioni contenute nelle coppie di parentesi, incominciando dalle più interne (cioè da quelle che al loro interno non contengono altre parentesi); si scriverà al loro posto il numero che rappresenta il risultato delle operazioni ivi contenute. Infine, quando l'espressione non conterrà più alcuna parentesi si procederà rispettando l'ordine di priorità delle diverse operazioni.

D

Calcoliamo in sieme il va lore della seguen te esp ress ione, evi denz iando ad og ni passagg io le coppie di paren tes i pi ù interne :

(7 + j(6 + 5

X

3) + 4] e (2 + 3)

X

(5 + 7))

X

(7 - 4).

X

3) + 4] e (2 + 3)

X

(5 + 7)}

X

(7 - 4)

X

12}

X

3=

X

12}

X

3

=

X

12}

X

3

=

Avremo

{7 + [(6 + 5 = (7 + [(6 +

= {7+ I = {7+

l

l

15 ) + 4[ e

5

l

l 21

l

+ 4]'

25

e

5

~

= {7

+5

= {7 +

X

12}

X

3=

}

X

3

X

3 = 20 1.

l 60

l

67

=

l

=

Capitolo terzo. Richiami di aritmetica

11

1

Calcoliamo il va lore del la seg uente espress ion e:

4 + 80 C ((7

X

(lQ - 2) - (6 + 5

4)) e 6) = 4 + 80 e ((7

X

X

8 - (6 + 20)) e 6) =

= 4 + 80, ((56-26), 6) = 4 + 80, (3 0 , 6) = 4 + 80, 5 = 4 + 16 = 20.

Divisibilità

ID Ogni numero a che contiene un numero esatto di volte un dato numero b dicesi multiplo del numero dato; esiste, in tal caso, il quoto tra a e b e, se a : b = n, si dice più precisamente che a è multiplo di b secondo il numero n. Si dice anche che a è divisibile per b e che b è un divisore di a. Ricordiamo ora i criteri di divisibilità. ~o_èÀiJ!.isibile per 2 se termina er zero, oppure per cifra ari. Un numero è divisibi p_er..l_quando termina per zero o per 5. Un numero è diuisibile..per..J,_opp_ure p_er._2, SUJLè..luom~/IL Un_numero-è-diviszbile per-4-o-25, se lo-è il-numem_fo,mat0-dalle due ultime afte destra, o. ~le.-u/tùne-due cifre-sono due-zeli~ Un numera è divi,ibil er 8 o 125, se lo è il numero formato dalle ultime tre ci/re a destra, o quando le ultime tre ci/re sono tre 7:Ei~ v i s i b i k _ er li uando lo è la di ere tra la somma delle ci/re di posto dzspan· (even i - u ~ a . . d e e ci/ii:iti.posta-p~

E!J Un numero s. o lui..pe1-divis0ri-solo-.8--!itemu-1'..unità. Due o pJìi...numeri...si...dicono...pcimi-&a-loro-s~nD-pei diuisore-c-emune...sda.Iimilà_

m..Gi.l.,ap..piamo_ch~ni-numer0--non- prirn0-pu .

essece....sromposto....in fatto ri primi, cioè uò ere-esp,esso-eom prodotto_dilattori...primi. _ T.J!l decomp.osiziouu:i.sulta...particolarmente..utile Rer rico!]llli:ei:.e se umero è divisibile per un altro e, in caso affennativo, peurovarne_ilquoto senza~gguire la divisione._

D

Consideriamo i due numer i 7920 e 660. Scompon iamo i due numeri in fattor i primi , oll e• nendo:

7920 792 396 198 99 33 11

1

2X5 2' 4 2J

~

660 66 33 11 1

li

2X 5 2 3 11

n 4t{ 18o-{

cioè, 7920 = 2 4 x 3 2 x 5 x 11 660 = 2 2 x 3 x 5 x 11. Tutti i fattori prim i di 660 sono anche fattori di 792 0 e, in qu est'ultimo, essi hanno esponenti uguali o maggiori di quelli co rrispondenti in 660; si conclud e cos ì che 7920 è divisibile per 660. Sarà poi , per le proprietà stud iate, 7920 : 660 = (24 X 3 2 X 5 X 11 ) e (2 2 X 3 X 5 X 11 ) =

= (24 C 22 ) X (3 2 e 3) X (5 e 5) X 3 X 1 X J = 1 2.

= 22

X

(11

e

11 ) =

5 -----------'------------ Capitolo terzo - Ri chiami di a,itmetica

'-

l

ll_!rrvece 6 l._2 non è d1v1s1bde pe r 35 e neppure pe r 18, perché, esse ndo

672 = 2 5 x3x7,

18 = 2 xJ 2

35=5 x 7,

,

s1 vede che il fatto re 5 con tenuto nel seco ndo num ero non e tra I fattori de l primo e che il

fa t-

tore 3 fi gura in 672 con esponente minore d1 quello con cui figura nel numero 18 Inoltre s1 puo dire che 672, 35, 18 so no tre numen pnm1 tra loro non ave ndo fa uon com uni

~---Comune Diviscm:._

m J1 Massimo Col]lune.l)ivisore di due o più numeri è il maggiore tra i divisori di tutti i numeri dati. Per determinare il _M&],Ai due Q_J!iù numeri, questi si scompongono in fattori primi e si cola il w dotto dei fattori primi comuni, ciascuno di essi ereso una sola volta con il minimo esponente con cui figura. 11 = M.C.D. (24; 144 : 60) = 12.

I

Infatti

24 = 23 144

60

=

24

= 22

X) X

J2

X) X

5

M.C.D. = 2 2 x 3 = 4 x 3 = 12.

qumd 1

Minimo comune multiplo

m Il minimo comune multiplo di due o più numeri è il minore tra i multipli di tutti i numeri dati. Per determinare il m.c.m. di due o più numeri, questi si scompongono in fattori primi e poi si calcola il prodotto di tutti i fattori primi comuni e non comuni, presi una sola volta col maggiore esponente.



m.c.m. (2 4 ; 144; 60) = 24 x 3 2 x 5 = 16 x 9 x 5 = 720.

ID I concetti di..M..C.D_ e m.c.m.

trovano immediata interpretazione nell'intersezione di due o più insiemi. Per esempio, dati i numeri 4, 10, 18 per interpretare il loro M.C.D. consideriamo tre insiemi finiti A, B, C i cui elementi siano rispettivamente i divisori di 4, 10, 18.

Si ha: A= {1;2;4},

B = {l; 2;5; 10};

C= {1;2;3;6;9; 18}.

Il M.C.D. è l'elemento maggiore di A n B n C: nel caso in esame è A n BnC= {1;2} , perciò M.CD = 2 (fig. 1).

Fig. I

'f \

Cap;tolo tmo - R;chiam; di adlmel ica

Per interpretare il m.c.m. di due numeri, per esempio 6 e 10, consideriamo due insiemi infiniti A e B i cui elementi siano rispettivamente i multipli di 6 e 10 secondo i numeri 1, 2, 3, 4, . Si ha: A= {6; 12; 18; 24; 30; ... }

. . .. 1)

B = { IO; 20; 30; 40; ... }.

e

Il m.c.m. è l'elemento minore di A n B: nel caso in esame è:

12

18

24

20

10

42

48

54

50

40

7,8

8;1

8,0

7,0

.

A nB = {30; 60; 90; ...) perciò m. c.m.

= 30 (fig. 2).

Ampliamento dell'insieme dei numeri naturali Numeri interi relativi

m Per rendere possibile la sottrazione anche nei casi in cui il minuendo è minore del sottraendo si sono introdotti i numeri negativi.

I

SlfMPfl ·

i

Po tremo così dire che è

7 - 10

= - 3,

perc hé - 3 è quel numero che agg iunto al sott raendo dà il minuend o: 1O+ (-3) mente 2 - 8 = - 6; in fa tti 8 + (- 6) = 2.

= 7. A naloga•

I numeri che abbiamo fin qui considerato sono detti, per contrapposizione, positivi. Gli infiniti numeri interi positivi, negativi e lo zero formano l'insieme dei numeri interi relativi. Se, come già abbiamo visco, indichiamo con Z l'insieme dei numeri interi relativi: Z = {... ; - 2; - 1; O; + I ; +2; +3; .. }, avremo che la sottrazione è legge di composizione interna, ovunque definita, nell'insieme Z. L'insieme N risulta, in tal modo, un sottoinsieme dell'insieme Z (fig. 3):

NeZ

cioè

Z -::i N.

o

Fig. 3

Riprenderemo lo studio dei numeri relativi nel capitolo 5. Numeri razionali assoluti

E'!II Nell'insieme dei numeri naturali, il quoziente esatto (quoto) tra i numeri naturali a e b, b E N0, esiste solo se a è multiplo di b; ampliando ancora l'insieme dei numeri si può far sì che il quoziente esatto tra a e b esista anche se a non è multiplo di b. Introducendo i numeri fraziona ri si può indicare con

f

b=a(bf 0)

T

il quoziente esatto tra a e b e si ha quindi che

Capitolo terzo - Richiami di ar itmetica

Nel caso b = l i numeri frazionari coincidono con i numeri naturali. Nasce così l'insieme Q, dei numeri razionali assoluti (fig. 4), che contiene, come sottoinsieme, quello dei numeri

naturali

Q,

~

N

cioè

N e Q,.

Fig. 4

La divisione, come pure l'addizione, la moltiplicazione e l'elevamento a potenza, è legge di composizione interna in Q, - {O), cioè nell'insieme dei numeri razionali assoluti, lo zero escluso.

61

Abbiamo visto così che l'introduzione dell'insieme Q, dei numeri razionali assoluti permette di rendere possibile la divisione tra due generici numeri naturali, così come l'introduzione dell'insieme Z dei numeri interi relativi permette di rendere possibile la differenza tra due numeri naturali qualsiasi. Poiché N e Z e N e Q,, si avrà Z n Q, = N (fig. 5). Per dare ora significato anche a!Ja divisione tra due generici numeri interi relativi, anche se il dividendo non è multiplo del divisore, occorre ampliare ulteriormente il concetto di numero introducendo i numeri razionali relativi. Il loro insieFig. s ~------me è l'insieme Q dei numeri razionali relati vi o semplicemente razionali. Sarà quindi Q, e Qed anche N e Q, e Qe Z e Q (fig. 5). In questo insieme Q risulta possibile anche la differenza tra due qualsiasi numeri razionali assoluti. Nel capitolo 5 studieremo le operazioni nell'insieme Q dei numeri razionali.

Estrazione di radice: numeri reali

El

Dicesi radice ennesima di un numero razionale positivo a, con n E N0 , (e si indica {/a) quel numero positivo b che elevato ad n dà a: se si ha

b" = a.

Se il radicando a è una potenza il cui esponente è uguale, o multiplo, dell'indice n della radice, la {fa esiste nell'insieme dei numeri razionali (in particolare esiste anche nell'insieme dei numeri interi se a è un numero intero). Per rendere possibile, in ogni caso, l'operazione di estrazione di radice, si amplia ulteriormente l'insieme dei numeri, introducendo i numeri irrazionali (o numeri decimali illimitati o

e

R

Fig. 6

0

A

8

Fig. 7

Capitolo terzo • Richiami di aritmetica

non periodici). Questi formano un insieme disgiunto da quello dei numeri razionali: l'insieme dei numeri razionali e quello dei numeri irrazionali costituiscono una partizione (cap. 1, n. 17) di un insieme più vasto: l'insieme R dei numeri reali (fig. 6). Fin dalla Scuola Media si sono già incontrati numeri irrazionali nella risoluzione, per esempio, di problemi geometrici. Rivediamo insieme uno dei casi più semplici e più frequenti. Si abbia un quadrato ABCD (fig. 7) il cui lato sia lungo I m e si voglia determinare la lunghezza della diagonale AC. Per la risoluzione di questo quesito si consideri il triangolo rettangolo ABC nel quale, applicando il teorema di Pitagora, si ha che il quadrato costruito sul cateto AB più il quadrato costruito sul cateto BC è equivalente al quadrato costruito sull'ipotenusa AC. Operando sulle misure dei cateti, espresse in metri, si ottiene la misura, in m2 , dell'area del quadrato costruito sulla diagonale: 1 x 1 + 1 x I = I + I = 2. Conoscendo, quindi, che l'area del quadrato costruito sulla diagonale AC è 2 m2 , si ricava subito che è AC = ,/i. m. Se, con le regole apprese nello studio dell'aritmetica negli anni precedenti, oppure servendosi di una calcolatrice, estraiamo la radice quadrata dal numero 2 si ottiene che l'operazione può procedere illimitatamente senza mai dar luogo ad un risultato finito: si ha a che fare con un numero decimale illimitato non periodico (*). Pertanto, dopo aver eseguito l'operazione di estrazione di radice quadrata, sarebbe errato scrivere AC = 1,41 m, mentre dovrà scriversi AC = 1,41.. m oppure AC ce 1,41 m (ce si legge «è circa»).

Operazioni nell'insieme Q. dei numeri razionali assoluti Frazioni

m Nel paragrafo n. 26 abbiamo visto che a

b'

conaEN, bENo,

è un numero frazionario o /razione che indica il quoziente esatto (quoto) tra a (numeratore) e b (denominatore). Per quanto abbiamo già osservato nel n. 9 di questo capitolo, potremo ricordare che 1)

~ , con a E N0, è il simbolo di un'operazione impossibile:

infatti ad esso non corrisponde alcun valore, non esistendo alcun numero che moltiplicato per zero dà per prodotto a e/ O;

o

2) b

3)

= O, se b E N0 ;

¾

è il simbolo di un'operazione indeterminata:

infatti ad esso corrispondono infiniti valori dato che qualsiasi numero moltiplicato per zero dà per prodotto zero. (*) Dimostreremo, a suo tempo, che è impossibile che

/i. sia un numero razionale.

Capitolo terzo• Richiami di aritmetica

Proprietà fondamentale

ID Proprietà invariantiva. Moltiplicando, o dividendo, i due termini di una frazione per uno stesso numero diverso da O, si ottiene una frazione equivalente alla data.

I

2

2

X

4

8

3 = 3x4 = u ;

m

Una frazione si dice irriducibile o ridotta ai minimi termini quando i suoi termini sono primi fra loro. Per ridurre una frazione ai minimi termini si dividono i due termini per il loro M.C.D. Semplificare una frazione vuol dire ridurla ai minimi termini.

I

144 144 e 9 16 63 = ~ = 7 ,

essendo M.C.D. (144 ; 63) = 9.

Frazioni equivalenti

ffl

Applicando la proprietà invariantiva ad una generica frazione, moltiplicando cioè nume· ratore e denominatore della frazione successivamente per i numeri naturali 1, 2, 3, ... , si ot· tengono infinite frazioni tutte equivalenti tra loro: esse formano una classe di equivalenza (") che può essere rappresentata da una qualsiasi delle frazioni equivalenti, ma che è preferibile contrassegnare con il nome di quella che risulta ridona ai minimi termini e che chiameremo primo elemento della classe.

la cla sse [

f]

è l' insieme

{+;

1:; 2~; } 1 la classe [ : ] è la classe che ha per prim o elemento la frazion e

f,

cioè

La classe di equivalenza così definita viene anche delta numero razionale. Quindi scrivendo

+

si intende la sola frazione

razionale definito dalla classe di equivalenza

!¼)

+

ed invece con [

+]

{.3_; _i_ ; J_; ... } . 7 14 21

Il concetto di classe di equivalenza sarà introdotto più avanti (Cap. 7 n. 9).

s'intende il numero

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _c_ a_p_ i1o_l_o_te_rz_o_._R_;c_h_;a_m_;_d;_a_,;_,m_e_tic_a_________

"--~ ~

m Per confrontare due (o più) frazioni, per sommarle e per sottrarle occorre che esse siano frazioni con lo stesso denominatore; ricordiamo quindi la seguente procedura: per ridurre più frazioni al minimo comune denominatore si procede nel seguente modo: 1) si riducono le /razioni ai minimi termini, se non lo sono già, 2) si cerca il minimo comune multiplo dei denominatori· delle /razioni così ridotte, 3) si cerca il quoziente fra questo m.c.m. e ciascun denominatore delle /razioni ridotte,

4) si moltiplica il numeratore di ciascuna /razione per il quoziente comspondente prima trovato,

ottenendo così il nuovo numeratore e si dà per denominatore il m.c.m. trovato.

Siano da ridurre all o stesso minimo co mune denomin atore le seg uenti fraz ioni:

6

"'is'

12

w' 18 '

ridotte ai minimi termini esse di ve ntan o:

2

3

"'is '10 ;3 · È m.c.m. (15; 1O; 3) = 30, perciò il minimo denominato re co mun e è 30 ed essendo 30: 15 = 2; 30: 1O = 3; 30: 3 = 1O, le fraz ioni ridotte al minimo com une denominatore sono quindi 2x2

4

3x3

9

2 x 10

20

"'"1il 30 · "'"1il 30 : 7 o 30 · Operazioni con le frazioni

ffl

Per confrontare due o più /razioni; dappri·ma si riducono queste allo stesso denominatore e, poi, si confrontano i numeratori delle /razioni, così ottenute, equivalenti a quelle date.

S1. vog 1·1a con f rontare

I

m.c.m. (12; 7)

5 3 l2 con y · s·1 h a:

= 84, quindi

,5

=

!! f = !! ;

2 5 < 12 5 7 , 5 Ana logamente: > perche

deduce che è

ID

f.

12 18

poi ché è 35 < 36, è pure

e

15

7

14

!! < !!

e così si



12 = 36 ,18 = 36 ed e 15 > 14.

Per addizionare (o sottrarre) più /razioni; si riducono queste al minimo comune denominatore, indi si /orma una /razione avente per numeratore la somma (o la differenza) dei nuovi numeratori delle /razioni e per denominatore il minimo comune denominatore trovato.

Capitolo terzo - Richiami di aritmetica

Per moltiplicare due o più /razioni tra loro si /orma una /razione che ha per numeratore ti prodotto dei numeratori e per denominatore zl prodotto dei denomina/on·. Prima di eseguire i prodotti è bene semplificare le frazioni , quando ciò è possibile. '

SliMI'

I

J/3 5 3 5 3x5 15 Y. 7 = 4 7 = 4x7 = 28 ; X

5

X

4

5

4

20

3

1

3

3

X-=-X-=-.

ID Date due frazioni ridotte ai minimi termini, diremo che una è inversa (o reaproca) dd1'altra quando il numeratore e il denominatore della prima sono rispettivamente il denominatore e il numeratore della seconda. Il prodotto di due frazioni, una inversa dell'altra, è l'unità.

D

47 le 4

D ~

1

.

!

e{

" sono f raz'1on 1 inverse o rec .1proch e; . s1h al4x7

4 = 1.

sono frazioni reciproche, perché, ridotte ai minimi term ini, sono eq ui vale nti ri-

spetl1vamente a

32

e

-r3 SI' ha 32 X 23 = 1.

ffl Per dividere una /razione per un'altra,

I

4

5

si moltiplica la prima per l'inverso della seconda.

4

SliMI' f{2

4

X

2

8

3 6 =/i X 5=-5-=5

m Per elevare a potenza una /razione si elevano a quella potenza il numeratore e il denominatore. SEMI!

I

'=~=~ (2-) 3 34 81 .

E!J

Osservazione. Dopo aver considerato le operazioni tra le frazioni, si può dare un altro

significato alla frazione ; . Sappiamo che con ; si indica il quoto tra a e b , cioè è ;

= a : b; sappiamo inoltre che

ogni numero intero può pensarsi come una frazione con denominatore l; si ha quindi

Capitolo terzo - Richiami di aritmetica

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - -/

-

o:{

0~,

cioè

Si può così dire che il denominatore b di una frazione ; indica in quante parti è stata divisa l'unità e il numeratore a indica quante di queste parti sono state considerate.

Espressioni aritmetiche nell'insieme dei numeri razionali assoluti

m Anche per le espressioni contenenti numeri razionali assoluti vale tutto ciò che è stato esposto nei paragrafi 17 e 18 a proposito delle espressioni aritmetiche con i numeri interi. Ricordiamo, inoltre, il significato della linea di /razione come simbolo di divisione. Così, quando al numeratore o al denominatore di una frazione compaiono espressioni, occorre tener presente che la linea di frazione indica una divisione tra il numero che rappresenta l'espressione scritta al numeratore (dividendo) e quello che rappresenta l'espressione al denominato• re (divisore). Perciò, quando si vuole scrivere una tale frazione come una divisione, si dovrà racchiudere tra due parentesi l'espressione scritta al numeratore e così pure quella posta al denominatore. D

Scrivere

1

1

2 - 3 1

1

3 + 4x2 equiva le a scrive re

Quindi, disponendo i calcoli nel seguente modo, si ha :

3- 2 23 6 6 615161 -1- -1- - - -1- -1- - 2+T - s - 6 '&° = &°xs = s· 2 3 + 4x 3 +2 - 66

Il

Calcolare il va lore della seg uente espress ion e:

2 6 4 2 -- x --3 5 5 _ _l_. ( 1+ ..1..) + 3 ( 52 ' 130 3 .

+)' :

(+-+

3) = i +

4 4 2 ---5 5 8 : 25 ' 130

2

+G - i) = i +

~

- +:

60 = ~ + .3..x60 - _l_x.3_ = ~ + 24 - _3_ = 12 + 216 - 2 = ~ 3 5 3 3 3 9 9 9·

-w \

Capitolo t erzo - Richiami di aritmet ica

----------------------------

Numeri decimali

Jr · ni decimali

m .SUono..gi~ numeri decimali, numeri, cioè, costituiti da unità intere separate,

me~am~ rf.1a virgola, _da un, 1 ; : S ~ ;ità ~~ ~o ordine è la decima parte dell unita e detta deetmaJ. n1. , e::cle.l=sooJiiOO::ardme e la decuna-parted Ql!fila .lè[prun0:iìrdine e Q!!i!l.di..i tesima parte dell'unità è detJa...cent.m_mo l e così via. Fin dalla Scuola Elementare si sono apprese e rego e per effettuare le quattro operazioni fondamentali con i numeri decimali, regole che possono trovare una loro giustificazione nel calcolo frazionario. Si dice frazione decimale la /razione avente per denominatore una potenza di 10. Una frazione decimale, se si divide il numeratore per il denominatore, può essere trasformata assai facilmente in numero decimale, in quanto, essendo il divisore una potenza di 10, la divisione risulta molto semplice.

I

21 O 0021 10000 = '

~ = 32 1 100 ' '

3 1000 = 0,003.

ID Per trasformare una frazione qualsiasi in numero decimale, si divide il numeratore per il denominatore.

Trasformare in numeri dec imali le seguenti frazioni :

19 -,,;

37

6

Poiché 4

10 20

1,25

o

19

80 30 80 30

11 1,7272 ..

_6_ _

37 10 40 40

6, 166 ..

4

8

si ha: 5

4 = 1,25 ;

19 ,,- = 1, 7272 ..

37 6 = 6, 166 ..

Nel primo caso la divisione ha termine e diremo che la frazione¾ genera un numero decimale finito; negl i altri due esempi la divisione non ha termine e, osservando il quoziente, vedia-

mo che in esso vi sono delle cifre che si ripetono periodicamente. Così, in 3 gruppo di c ifre 72, in :

si ripete la cifra 6. Diremo che

male periodico, e più precisamente la fraz ione

~~

~~

3 e :

~~

si ri pete il

generano un numero deci-

genera il numero periodico semplice

3

1,(72) il cui periodo 72 incominc ia subito dopo la virgola, mentre la frazione :

numero periodico misto 6, 1(6) in cui 1 è l'antiperiodo e 6 è il periodo.

genera il

~

Capitolo terzo - Ri chiami di aritmetica

19 In generale, quando sia data una frazione qualunque e si divida il numeratore per il nominatore, possono presentarsi due casi:

Je.

1' caso: si giunge a un resto uguale a zero e il quoziente risulta formato da una parte intera (eventualmente nulla) seguita da una virgola e da un numero finito di cifre. Si è ottenuto un numero decimale limitato; 2' caso: per quanto si prosegua nelle successive divisioni non si trova mai un resto nullo; in questo caso l'operazione si può proseguire indefinitamente e il quoziente è allora formato da una parte intera (eventualmente nulla) seguita da una virgola e da una successione illimitatamente prolungabile di cifre. Si è ottenuto un numero decimale illimitato. In questo secondo caso si presenta questa circostanza: i successivi resti di una divisione sono sempre minori del divisore, perciò dopo un certo numero di divisioni parziali si dovrà ripresentare un resto già ottenuto precedentemente, cosicché tutti i resti che seguono si ripeteranno nello stesso ordine e si ripeteranno pure le cifre del quoziente. Il gruppo di cifre decimali che si ripetono nel quoziente prende il nome di periodo e il numero decimale stesso si dice numero decimale periodico. Un numero decimale periodico può essere semplice o misto: si dice periodico semplice se il periodo inizia subito dopo la virgola e periodico misto se tra la virgola e il periodo vi sono altre cifre, che costituiscono l' antiperiodo. Bl!NfPfi La fraz ion e

~~

(rid otta ai minimi termini ), il cui denominatore non co nti ene co me fattori pri -

mi nè 2 nè 5 , dà luogo ad un numero periodico semp li ce; per esempio,

15 = 1, 363636 .. 11 e 36 costitui sce il periodo; si sc ri ve brevemente

; ~ = 1, (36) In vece le frazioni ~ e 1

~~:

oppure

15 11 = 1, 36.

(ri dotte ai minimi termini ), i cui denominatori contengono i fattori

primi 2 o 5 oltre ad altri numeri , da nno luogo a un numero dec im ale periodico mi sto, per esempio, 4

15

=

o, 26666 ..

706 m = 3, 13777 ..

Nel primo caso 2 è l'a ntiperiodo e 6 è il periodo, e si sc rive

4 4 l5 = O, 2(6) oppure 15 = O, 26-

e, nel seco nd o caso, 13 è l'a ntiperiodo e 7 è il pe ri odo e si sc ri ve

~~:

= 3, 13(7) = 3, 137.

Dunque concluderemo che una /razione può rappresentarsi con un numero decimale limitato o con un numero decimale iUimitato periodico.

m

Per riconoscere se una frazione dà luogo ad un numero decimale finito o periodico, ci serviremo dei seguenti criteri:

'>

~ - - - - - -- - -C_a~pi_to_lo_ t_e_rz_o_-_R_;c_h_ ia_m_;d_;_a_rit_m_e_tic_a_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

I) .Ùna

:-fMPl

I

241 ;

~; ;

:~ ;

121

80

sono frazioni che possono essere tra sformate in numeri deci mali finiti.

2) JJ.oa./wl:,en~ · · im · termini) trasformata in numero deci a/e_dà-/uog-0--IJ..UILJlu!]WlUlecimal&-pei:iodie0-semplic enomznatore non cQ!Jjjgpe come fai/o ri {JJJJlJi-nè~

PI

I

3;

15

7 ;

21 ;

42 19

so no frazioni che ridotte in num ero dec imal e dann o luogo a numeri periodici semplici, men• tre

6;

12

35 ;

26;

17

46

so no fraz ioni che danno luogo a numeri periodici misti.

Fraz· ni eneratrici di numer· decimai"

rovare il corrispondente numero~ cimale; vic~ersa, dato un n~u=-m =erco.=.;:ecc..;:11n :::::;;cceccp::..o..ss"i'~ am - o~t-ro-v~a~re""i-'a7 ra'""z"'io""n"'e:.

s -1o n+ 1 = 10 - 6 + 1 = 10 - 5 .

- - ~ - - -/ J4tf/V Capitolo quinto • Numeri relati vi

_

Espressioni algebriche

BI Ci soffermeremo nei prossimi paragrafi su concetti che, dalle nozioni fin qui esposte, dovrebbero ormai essere acquisiti, ma che, per la loro importanza, è forse utile richiamare al1'attenzione dd lettore e riassumere nelle osservazioni che ora seguiranno.

Il significato dei segni + e -

BI I segni + e -

hanno un duplice significato:

a) p_ossono essere usati come segni z10ne;

di operazione, rispettivamente l'addizione e la sottra-

b) possono essere usati per indicare il segno di un numero relativo.

Quando uno di tali segni viene posto tra due numeri, esso rappresenta un'operazione; se invece il segno + o - viene posto davanti ad un numero, esso indica che il numero è rispettivamente positivo o negativo. Inoltre, come già abbiamo visto nel paragrafo n. 21, il segno -, quando è posto davanti ad una parentesi, può anche indicare l'operazione di cambiamento di segno al risultato delle operazioni racchiuse entro la parentesi (*).

0

Consideria mo la sc rittura

3 · (-2).

(1)

Il seg no - è qui posto dava nti al numero 2 che deve quindi essere con siderato nega ti vo. l a (1) indi ca quindi il prodotto tra il num ero positivo 3 e il numero negativo -2 :

3 · (-2)

Il

= - 6.

Co nsideri amo ora la scri ttura

(2)

7 - 4.

ll segno - è qu i posto tra due numeri ed indica quindi l'ope raz ione di sottraz ione tra 7 e 4; da ll a (2) si ott iene 7 - 4 = 3. Poss iamo osse rva re che la (2) può anche esse re co nsiderata come la so mm a tra 7 e - 4, cioè pu ò sc ri versi anc he

7 - 4 = 7 +(- 4) = 3. Il ri sultato è infatti lo stesso.

D

Consideriamo l'es press ione

-14 + 3. (- 2)1 + 1.

(3)

Il primo segno -, davanti all a parentes i quadra, indi ca che si deve ca mbiare il segno al ri sultato delle operaz ioni indica te entro le du e pa rentesi qu adre, cioè, e5se ndo

4+3

X

(-2)

=4-

6

= -2 ,

al numero -2. l a (3) si ri so lve rà procedendo così:

-[4 + 3 · (-2)]

+1 =

-[4 + (-6)! + 1 = -(-2) + 1 = + 2 + 1 = 3.

(*) Si può anche osservare che quest'ultima operazione può anche imerpretarsi come il pnxlono fra il risultato deUe operazioni entro paren-

tesi e il numero-1, cioè -(a+b ... ) = - l(a+b ... ).

/'if\

Capitolo quinto • Numeri relativi

l?il Insistiamo ancora sulla priorità delle operazioni che si presentano in forme simili a quelle che incontreremo negli esempi seguenti.

0 Nell'espress ion e - 5' l'e leva mento all a secon da potenza va esegu ito prima del ca mbiamento di segno. Il segno perciò signifi ca che occorre considerare l'oppos to della poten za 5 2 = 25 , cioè - 25. Si ha dunqu e

- 5 2 = - 25.

IDI

Nell 'es press ione

(-5)' le parentes i indicano che si deve elevare all a seconda potenza il num ero negati vo - 5; si ha quindi

(- 5) 2 = (-5) · (-5) = + 25.

D

Calcola re

Eseg ui amo dapprim a l'operaz ion e ind icata entro le parentes i più intern e ed av remo

- (( -5 + 3) 2 ) - 6

= -((- 2) 2 ) - 6 .

(1)

O ra, continu ando nell'elimin az ion e dell e parentesi più intern e, potremo sosti tuire a (- 2) 2 il va lore + 4 e quindi dalla (1) si ottiene 2 -6

-((-5 + 3) )

= -(+4)

-6

= -

(

1 +4

)&= - 4'1 = -

1

1

(22 )6 = - 2 " .

Av remmo potuto appli ca re subito le proprietà delle potenz e, ottenen do: 2 - 6 =-(- 2) -((- 5+3))

12

=- (

- 21)

12

1)

1

=- ( + 2 " =-2" .

Calcolo di espressioni algebriche

m Estendendo una locuzione introdotta nell'aritmetica, chiameremo espressione algebrica ogni scrittura che indichi operazioni da eseguire su numeri relativi. Tra gli esercizi di applicazione delle proprietà delle operazioni tra numeri relativi sono già state presentate numerose «espressùmi algebriche» delle quali si è proposto il calcolo del valore. Calcolare il valore di un'espressione algebrica significa trovare il numero relativo che rappresenta il risultato delle operazioni indicate. Ricordando quanto già detto nel capitolo 3 n. 17 e n. 18, e le osservazioni fatte nei precedenti paragrafi, per calcolare il valore di una espressione si devono seguire le seguenti norme:

1) se l'espressione non contiene parentesi, si debbono eseguire prima le potenze, poi le moltiplicazioni e le divisioni (nell'ordine in cui sono scritte) ed infine le addizioni e le sottrazioni. 2) Se l'espressione contiene delle parentesi, si devono eliminare le parentesi, incominciando dalle più interne, ed eseguendo nell'ordine prima indicato le operazioni in esse contenute.

----~----1'

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _c_a_ pi_to_lo_q_u_in_to_-_N_u_m_e_ri_re_l_at_iv_i

Può essere conveniente invertire l'ordine di certe operazioni applicando proficuamente le proprietà deUe operazioni. Eseguiamo insieme altri esercizi.

D

Calcolare

3 ) -' ( 2+ 0, 4 Tra sformi amo dapprima il numero dec imale in fraz ion e ed esegui amo la somma indi cata entro paren tesi; eleve remo poi il ri su ltato all a potenza d'esponente - 1, ossia cons idereremo il rec iproco de l ri sultato. Si ha qu ind i

D

Calcolare il va lore della seguente espressione:

(2+-!,-(1 -+)')-(((-+r -(-2)')•(-+tr 1,3.

(1 )

Osservando le regole prima esposte e tralasc iando i passaggi più evidenti, si ottiene che la (1)

*

eq ui va le a

(2+ Il

1 1 (-f) ') -((~ + 8) ¾r . \- = ( 2+

* n-e: 2

Ca lcolare il va lore dell a seguente es press ion e:

E=

Operando secondo le regole appena ri cordate, si ha:

f =

! (- )'-(~r'(-i)' ¾ -(ir'(i)' 4

2

-¾- (-i)' 1 )-I 9 - (6

9- 6 - 15 - 32

--l-8-

-¾-(+196)

(

18)

54

= 3 - - 47 =- 47·

¾r i

150 __________C~•p_it_ol_o ~qu_i_nt_o _-N_u_m_e_d_~_la_ti_ vi_ _ _ _ _ _ _ _ _ __ LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

D Scrivere un programma che, dati due numeri razionali relativi, stabilisca se sono eguali o, altrimenti, qual è il minore e quale il maggiore. Dati conosciuti. I due numeri razionali relativi. Dati richiesti. La relazione d'ordine sussistente fra i due numeri dati. Risoluzione. Si devono considerare diversi casi, a seconda dei segni dei due numeri. Se i due numeri sono discordi, il numero negativo è certamente minore di quello positivo. Se i due numeri sono entrambi positivi, (siano _'I_!_ e ..!!3.- con n1, m1, n2, m2 positivi) m1

m2

per confrontarli occorre metterli a denominatore comune:

A questo punto, essendo eguali i denominatori, è sufficiente confrontare i numeratori: n1m2

< n2m1

n1 __, - mi

n2

< -m2

n1 n2 n1m2 =n2m1 __, - - = - -

m,

n1m2

> n2m1

__,

m2

n1

n2

m,

m2

-->--

Se i due numeri sono entrambi negativi (siano _ _'I_!_ e _..!!3_ con n1, m1, n2 , m2 positim, m2 vi) bisogna tener presente che la relazione d'ordine sussistente tra essi è opposta a quella tra i loro valori assoluti, e quindi sarà: n1m2n2m1 __,

n2

n,

n2

-----

n

m2

m,

m2

= -n2. - __, m2

n2

· n1

n2

1 -->-__, --- O:

le - al= e 3, 1415,

il punto P che corrisponde a ir cade nel segmento MB e quindi risulta più vicino al punto B che al punto A. Ciò significa che il numero 3,142 approssima ir meglio del valore abbreviato 3,141, pur avendo lo stesso numero di cifre dopo la virgola. In effetti a'= 3.141 è un'approssimazione per difetto affetta da un errore

e,

= lr. - 3, 1411= o, 0005926 ...

mentre a"= 3, 142 è un'approssimazione per eccesso affetta da un errore e2

= lir -

3, 1421= o,0004073 ...

Capitolo sesto - Introduzione ai numeri reali e al piano cartesiano

171

e quindi si ha e2

Perciò approssimando

< e1.

con 3,142 si commette un errore più piccolo di quello che si commette scegliendo come approssimazione il valore abbreviato 3, 14 1. La figura 18 ci suggerisce il metodo per trovare il numero, dotato di n cifre decimali dopo la virgola, che approssima meglio un dato numero e: se la prima cz/ra che segue la n-esima dopo la virgola è minore o eguale a 4, si sceglie come approssimazùme il valore abbreviato alla n-esima cifra deàmale; se invece la prùna ci/ra che segue la n-esima dopo la virgola è maggiore o eguale a 5, si sceglie come approssùnazione il valore abbreviato alla n-esima czJra deàmale, aumentandone di un'unità l'ultima ci/ra. 1r

L'approssimazione così trovata si dice valore arrotondato alla n-esima cifra decimale. Tale approssimazione, come si desume sempre dalla figura 18, è affetta da un errore assoluto che non può essere superiore a

5 = o,5. 10 -•.

o,~ n zeri

D

Determinare il va lore di ../2 = 1, 4142136 ... arrotonda to all a quarta cifra decima le. Po iché la quinta cifra dopo la virgo la (ossia quella che segue la quarta) è 1, ass um iamo come valore arrotondato il valo re abbrev iato alla quarta cifra decimale:

.,fio, , , 4 142. Si osserv i che in questo caso valore arrotonda to e va lore abbrev iato coinc idono. Determinare il valore di /24 = 4, 898979 ... arrotondato all a seconda cifra decimale. Poiché la terza cifra dopo la virgo la è 8 assum iamo come valore arroto ndato il valore abbrev iato al la seconda cifra decimale, aumenta ndo quest'u lt ima di un 'uni tà:

Il

4,89 1

4,90 Perciò l'approssimaz ione cercata è 4,90. Si osservi la necessità di tener conto del riporto all a prima cifra decima le.

L'accumulazione degli errori nei calcoli

11!1 È evidente che,

se si eseguono calcoli con valori approssimati, si ottengono risultati approssimati. In generale però gli errori da cui sono affetti i risultati possono essere maggiori degli errori da cui sono affetti i dati. Se, ad esempio, svolgiamo dei calcoli utilizzando dei valori abbreviati, ossia esatti fino ad una certa cifra decimale, non è detto che nel risultato che così si ottiene siano esatte le stesse cifre decimali.

~MPI

I

Ca lco liamo

11' +

v'3 ut ilizzando va lor i abbrevia ti all a quarta cifra dec imale, oss ia ,ro, J , 14 15;

v'J o, 1. 7320.

172 _____c_a_p_ito_lo_ se_st_o_._rn_"_oo_u_,_io_ne_ai_n_um_ e,_i,_e_al_ie_a_l~p_ia_no_ca_" e_s_ia_n_o_ _ _ _ _ __ S, 011 ,ene

I

1r + V3 ce 4 , 8735.

In realtà, come s1 puo verificare operando co n un magg ior num ero d1 cifre decimali , s1 ha ,r

+ V3 -

4, 8736435 ..

J3

e quindi d va lore d1 1r + abb rev iato al la quarta cifra decimale e 4 ,8736 e non 4 ,8735 Qu1nd1, operando con va lori esatt i fino alla quart a cifra decimale, qui s1 ottiene un risu ltato che è esatto so lo fmo all a terza cifra dec imal e

DI

Lo studio delle relazioni tra gli errori dei dati e gli errori dei risultati è oggetto di una disciplina molto complessa, detta teoria degli errori, su cui non ci possiamo soffermare. Ci limitiamo perciò a fare alcune semplici considerazioni, traducendole quindi in consigli di immediata utilità pratica. L'errore da cui è affetto il risultato di un calcolo dipende in generale da due cause: a) dall'errore da cui sono affetti i dati; b) dal numero e dal tipo di operazioni necessarie per ottenere il risultato. Perciò, se si desidera ottenere un risultato in cui siano esatte un certo numero di cifre decimali, occorre in generale eseguire i calcoli con un maggior numero di cifre decimali esatte. Se si deve eseguire una semplice addizione o sottrazione, è sufficiente che i dati abbiano una cifra decimale esatta in più rispetto a quelle richieste nel risultato. Se invece si deve eseguire un calcolo complesso, che comporta l'esecuzione di svariate operazioni elementari, occorre che i dati abbiano diverse cifre decimali esatte in più rispetto a quelle richieste nel risultato.

Capitolo sesto • Introduzione ai nu meri rea li e al piano ca rtesiano



173

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

O Utilizzare il foglio elettronico ·per determinare, date le coordinate di due punti, la loro distanza. La seguente tabella è una proposta di soluzione. A

I

I

c

o

Coordinate del orimo ounto:

I

I

I

I

y=

Coo rdinate del secondo punto:

I I 7

I I

Distanza Ira i due ounli

y=

d=

Dopo aver serino le intestazioni nelle celle delle colonne A ed E (si veda il cap. 24) si seleziona la cella Fl e si scrive l'ascissa del primo punto, premendo quindi INVIO. Si seleziona poi la cella F2, si scrive l'ordinata del primo punto e si preme INVIO. Allo stesso modo si introducono nelle celle F4 e F5 le coordinate del secondo punto. Nella cella D5 dovrà comparire la distanza tra i due punti, data dalla nota formula

/ (x1 - xi)2 + (y1 - yi)2 . Tenendo presente che, nel foglio elettronico, le potenze si indicano con il simbolo A e la radice quadrata con la funzione RADQ e ricordando le celle in cui avevamo inserito le coordinate dei punti dati, dopo aver selezionato la cella F7 scriveremo la formula:

Lotus 123 -, +@RADQ((Fl - F4)A2+(F2- F5)A2) Exce/ -, = RADQ((Fl - F4)A2+(F2-F5)A2) seguita da INVIO. A questo punto, volendo calcolare la distanza tra due nuovi punti basterà modificare le celle che contengono le coordinate dei punti dati, ossia Fl, F2, F4, F5. Nella cella D5 comparirà automaticamente la nuova distanza.

lfJ Utilizzare il foglio elettronico per calcolare la lunghezza dei lati ed il perimetro di un triangolo dei cui vertici sono note le coordinate cartesiane.

174

Predicati

D Consideriamo l'espressione linguistica

Relazioni

• • • •

Re laz ioni Rel az ioni in un insieme Rela z ioni d'equivalenza Rel az ioni d'ordine

«x è un numero primo»

(I)

essendo x E N. La (I) è un'espressione che, di per sé, non è né vera né falsa. Per poter dire se la (I) è vera o falsa occorre sostituire, alla variabile x, un elemento di N: ad esempio, se si pone x = 5 la (I) diviene vera, se invece si pone x = IO la (I) diviene falsa. Si possono considerare anche espressioni la cui verità dipende da due o più variabili come le seguenti: x

è nella classe y

dove è x E A, essendo A l'insieme degli studenti della vostra scuola e y E B, essendo B

l'insieme delle classi della vostra scuola oppure

x+y=z essendo x, y, z numeri reali. Tali espressioni si chiamano predicati (cap. 2). Definizione. Si dice predicato un'espressione linguistica o matematica, in cui compaiono una o più variabili, la cui verità dipende da tali variabili. Un predicato si può simboleggiare con una lettera, di solito minuscola, seguita dalle variabili poste tra parentesi. Ad esempio p(x): x è un numero primo, x E N c(x; y): x è nella classe y, x E A; y E B s(x; y; z) :x+y=z x,y,zER. Osservazioni. In questo capitolo si definisce il concetto di relazione partendo dal concetto logico di predicato. Tuttavia, poiché tale concetto è qui ridefinito, non è indispensabile aver affrontato in precedenza lo studio del capitolo 2, per intraprendere quello del presente capitolo. Le funzioni, caso particolare

di relazioni, verranno studiate nel capitolo successivo: per la loro comprensione, pero: sara' sufficiente un intuitivo concetto di relazione.

In questo capitolo ci occuperemo di predicati a due variabili, che si chiamano anche rela-

zioni.

Relazioni

1fJ Un predicato a due variabili è anche detto relazione o relazione bùzaria. Più precisamente si dà la seguente definizione. Definizione. Dati due insiemi A e B non vuoti, si dice relazione tra l'insieme A e !'in-

_ _

_

_ __

_ _ __

_ _ _c_a_p_ito_lo _ se_tt_im_o_ ._R_e_la_z_io_ni_ _ __ _ __

___

175

sieme B un predicato a due variabili r(x ; y) avente senso per x E A e y E B. Fissata una relazione fJt tra A e B, ossia fissato un predicato r(x ; y), e dati due elementi a E A e b E B, si dice che a è in relazione fJt con b, se r(a ; b) è vero, e si scrive afft b.

Se invece r(a ; b) è falso, si dirà che a non è in relazione fJt con be si scriverà

aft b. Se è afft b si usa dire anche che b è associato ad a nella relazione fft, o che a e b sono associati nella relazione fft .

Sian o A e 8 gli insiemi così definiti: A=in sieme deg li alunni della vostra sc uola B=in sieme de ll e cl ass i dell a vostra scuola. Co nsid eriamo la relaz ion e fJ9 tra A e 8 definita dal predi ca to

c(x; y) : x è nella classe y. Se M ari o Ross i è in 13 0 e Pao lo Bian chi in 2 11 E, diremo che Mari o Ross i è in relaz ione {jf co n la 1a D e Pao lo Bi anchi è in relaz ione :Jf co n la E e si sc ri verà

r

Mari o Ross i fJf 13 0 ;

Paol o Bianchi .?/ 2.i E.

Poi ché in vece Mario Ross i non è in 2 11 E e Paol o Bianchi non è in 1·~ o, si sc ri ve rà

Mari o Rossi~

19

211 E;

Paol o Bi anchi,;' 1ao.

Per indicare che una relazione fJt tra gli insiemi A e B è definita dal predicato r(x ; y) , si

scnve xffty

=

r(x; y) .

Nel caso della relazione del precedente esempio, avremmo perciò potuto scrivere xffty=xè nelladassey,

x E A;

yE B.

Si osservi che, dati gli insiemi A e B, tra di essi è possibile definire più di una relazione. Ovviamente relazioni diverse saranno indicate da lettere diverse.

Tra l' insieme P dei numeri pari e l' in sieme N dei numeri naturali si possono defi nire le seguent i re laz ioni:

I

x 9 y x è il doppi o di y

x E P. y E N xQ y x è il qu adruplo di y

In qu esto caso 6 e 3 sono associati nella rela zion e 9 ma non nell a re laz ion e Q, 8 e 2 viceversa so no assoc iat i nell a relaz ion e Q ma non nell a rel az ione l'/.

Rappresentazioni di una relazione

Il

Una relazione tra due insiemi A e B può essere rappresentata in diversi modi.

176 ___________C~•~p_ito~l~•~~~tt~im~•~-_R_e_la_zi_o_ni_ __ _ _ _ _ __ _ __ _

Rappresentazione estensiva

Essa è l'elencazione degli elementi del sottoinsieme di A x B costituito dalle coppie ordinate (a; b) tali che arYlb.

In questo modo la relazione rYI viene identificata con un sottoinsieme di A x B e, per indicare che a è in relazione con b, scriveremo anche (a ; b) E {ii .

Sia A = { - 2; - 1; 1 ; 2 ; 3} e 8

I

=

{ 1 ; 4 ; 1O}. Consideriamo la relazione così definita :

xf?lyx 2 = y

x E A, yE8(*).

l a rapprese ntaz ione es tensiva di .9' è la seg uente:

fii= {(- 2; 4); (- 1; 1); (1; 1); (2; 4) ).

Diagramma a frecce o rappresentazione sagittale Per una tale rappresentazione, si tracciano i diagrammi di Eulero-Venn dei due insiemi A e B, e per ogni coppia ordinata (a ; b) E (Y/ si traccia una freccia uscente da a E A che arriva sub E B.

Si dia una rapprese nta z ione, mediante un diagramm a a frecce, dell a relazione definita nell 'e• se mpio precedente (fi g. 1 ). Fig. 1

A

3•

Tabella a doppia entrata Costruiamo una tabella a doppia entrata come se si dovesse rappresentare il prodotto cartesiano A x B (Cap. I, n. 23). Questa volta però non scriviamo in ciascuna casella la coppia ordinata ad essa corrispondente. Contrassegniamo invece con una lettera o un simbolo (ad esempio quello usato per indicare la relazione, oppure un qualunque altro segno), ogni casella corrispondente ad una coppia ordinata (a ; b) E rYI.

(*) ln segul10 eviteremo di specificare a quali insiemi devono appartenere x e y. Se BI è una relazione tra due insiemi A e B, scriui in quest'ordine, scrivendo x BI y sottintenderemo che x rappresen1i un elemento del primo insieme e y un elemento del secondo.

Capitolo settimo - Relaz ioni

177

Si rappresenti co n un a tabell a a doppi a entrata la relaz ione definita nell 'esempio ini z iale (fig. 2).

X

1

A

10

4

-2

ili

- 1

ili

1

ili

2

ili

3

Fig. 2

Diagramma cartesiano Dopo aver rappresentato con un diagramma cartesiano l'insieme A x B, contrassegniamo i punti di tale diagramma corrispondenti alle coppie ordinate (a; b) E 9!. Otterremo così il diagramma cartesiano della relazione 9!.

Si rapprese nti con un diagramma cartesia no la relazion e definit a nell'esempio in iz iale (fi g. 3) . Il diag ramma ri chiesto, sottoin sieme di A x 8 , è costituito dai punt i in colore di fi gura 3.

r ..,1_0 - '" -,- --r I

I

I

I

I

I

I

I

I

I I

I I

I

I

4

111- - -

I

-

I

• - .. - , I

I

I I

I

1

I

r -,- - - , - ,. -r I

I

I

-2 -1

I

I

I

I

l

2

1

3

fig. 3

Dominio e codominio di una relazione

Il

Sia data una relazione 9! definita tra gli insiemi A e B. Si chiama dominio della relazione 9!, e si indica con D, l'insieme degli elementi di A a cui è associato qualche elemento di B. Si chiama codominio di 9!, e si indica con C, l'insieme degli elementi di B associati a qualche elemento di A. Si osservi che, in generale, il dominio è un sottoinsieme di A e il codominio un sottoinsieme di B:

D y'11x. Infine si può vedere c he non va le la proprietà transitiva: se è x {il y e yfJI z non è detto che si a x .tJI z; ad esempio si ha 1 ;JP 3 e 3 ~ 1, ma non è ve ro che 1 !Jf 1. Si osse rvi c he in questo caso abbiamo mo slrato che l'imp licazione xfJly l\ yrJlz ===;-xrJl z

non va le se si prende x = 1, y = 3, z = 1.

0

la relaz ione xY!y x 2 + y < 6

definita nell'insieme A = {O ; 1 ; 2: 3}, non gode di nessuna delle proprietà c he abb iamo definito.

Capitolo settimo . Relazioni

Non è riflessiva: x .~ x non è sempre vero; ad esempio per x = 3 si ha x/ che 3 2 + 3 < 6.

I

181 x, perché non è vero

Non è antiriflessiva : xrJI x non è sempre fa lso; ad esempio per x = 1 si ha xfJA x, perché

1 2 + 1 < 6.

Lasciamo al lettore il com pito di mostrare, con opportuni controesempi, c he tale re lazione non è simmelrica, non è anlisimmetrica e non è transitiva.

Relazioni d'equivalenza

l;I Si dice che una relazione 9! definita in un insieme A è una relazione di equivalenza, se 9! è riflessiva simmetrù:a transitiva. Se a, b E A e a9!b, essendo 91 una relazione di equivalenza, diremo che a e b sono equiva• lenti rispetto a 9!, oppure che sono equivalenti modulo 9! (abbreviando: a = b mod:, ). Se non v'è pericolo di confusione, diremo sempLJcemente che a e b sono equivalenti.

D

Si consideri, nel l' insieme delle figure piane, la re laz ione di congruenza, indicata dal simbolo 2! (alcu ni testi di geometria preferiscono parlare semp licemente di uguaglianza e usano il simbo lo = ). Essa è: - riflessiva: in fatt i ogn i fi gu ra è congruente a se stessa, ossia, .91 2! si qualunque sia la figura piana ~t?/ . - simmetri ca: se .9/ ~ !I.i allora !I.i 2! si - trans itiva: se d 2! {!6 e !!.i 2! < e allora si 2! re, ossia due fig ure piane, congruen t i ad una terza figura, sono congruenti tra loro. Si tratta quindi di una relazione di eqllivalenza.

Il

Nel l' insi eme 5 degl i alunni di una data scuola, la re lazione «essere nella stessa c lasse di » è una re laz ione di equ ivalenza . In fatti essa è

- rifl essiva: ciasc uno è nella stessa cl asse di se stesso; - simmetr ica : sex è nella c lasse di y, ovviamen te y è nella classe dix; - transitiva: sex è nella stessa c la sse di y e y è nella stessa classe di z, allora x è nella stessa c lasse di z .

1J

Nell'insieme delle rette di un piano la re laz ione di para llel ismo, com'è stata defin ita nell'esempio 2 del n. 6, oss ia

r// s r n s = 0 Vr = s, è -

una relazione di eq ui valenza. Infatti essa è riflessiva: ogni retta è parallela a se stessa (s i veda il ci tato esempio) simmetrica: se r è parall ela a s, al lora s è para l lela a r transitiva: due rette parallele ad una terza sono parallele tra loro, ossia

r// s I\ s// t -

r// t.

Si osservi che se non si considerassero parallele due rette coincide nti , ossia se og ni retta non fosse conside rata parallela a se stessa, verrebbe a cade re la proprie tà riflessiva, e quindi il paralleli smo non sarebbe una re laz ione d'equivalenza .

Il

Sempre nell'insieme delle rette di un piano la relazione d'incidenza così definita:

r)(s r n s fa 0

/\f

fa s

non è una relazione d'equivalenza . Ad esempio ve ri fichiamo che, per tale relazione, non vale la proprietà transitiva.

182 __________C~•p_;1_ol_o_se_u_;m_o_·_R_e_ la_zio_n_;_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ Si consi derino infall i le rette r, se t di figura 6.

Fig. 6 Risulta che r è incident e a se s è incidente a t, ma re t non sono incidenti .

Classi di equivalenza

mConsideriamo l'insieme S degli alunni di una data scuola e definiamo in S la relazione «essere nella stessa classe»:

x9! y mx

(m#O )

di equazione

y =mx, che si chiama funzione della proporzionalità diretta. La variabile x varierà in un insieme numerico opportuno o, se non si precisa nulla, nell'insieme R dei numeri reali.

202 ___________C_•p~i_to_lo_o_tt_a_vo_·_F_un_z_io_n_i_ _ _ _ _ __ _ _ _ _ __

fSIWIPfc Un esemp io notevole si ha in Fisica ne l caso c he x rapprese nti il tempo t e che y sia lo spostamento s di un corpo che si muove di moto rettilineo uniforme. Infatt i nel moto rettilineo uniforme, il rapporto tra lo spaz io percorso e il tempo impiegato a percorrerlo è cos tante (se raddoppia il tempo, raddoppia lo spo stamento; se triplica il tempo, tr iplica lo spostamento ... ):

-s = costa nte. t

Il va lore di tale rapporto costa nte rapprese nta la velocita' del corpo:

I

s

1 = V ---+S= Vl.

Il grafico della funzione della diretta proporzionalità è costituito di punti in linea retta. Ad esempio il grafico della funzione di equazione (I) è dato dai punti segnati in colore in figura 25 (la tabella di figura 24 fornisce varie coppie di valori corrispondenti a punti del grafico). Se poi la variabile x varia con "continuità" nell'insieme R dei numeri reali si potranno unire con una linea continua tutti i punti disegnati, come risulta intuitivo e come si vedrà meglio tra breve.

6 4

---7I~ --7, : I I I

vv---

Fig. 25

I I I

-4

; - - - - - -6

I

grafico di f: X--+2X

Rette passanti per l'origine

m Nel prossimo volume dimostreremo che, in generale, l'equazione y=mx

(I)

è l'equazione di una retta passante per l'origine 0(0 ; O) del sistema di riferimento; infatti è evidente che per x = O si ha sempre y = O, qualsiasi sia il valore di m. La retta di equazione (I) non è altro che il grafico della funzione della diretta proporzionalità, f: x -, mx, vista nel paragrafo precedente. li coefficiente m è detto coefficiente angolare. Tale nome è dovuto al fatto che il valore di m è legato all'inclinazione della retta rispetto all'asse x, come rileveremo meglio dopo il seguente esemp10.

D

I

Tracciare il grafico delle rette a, b, c, d di equaz ione a)

y = - 2x

b) y = - +x

c)

r=

1

2

x

d )y

= 2x.

l e quattro rette passano per l'origine ed han no rispett ivamen te coeffic iente a ngolare

- 2.

1

1

- 2 , 2'

2.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _c_ap~it_o_lo_o_tt_av_o_ - F_u_n_zi_on_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _

203

Per tracc iare nel piano ca rtes iano tali rett e ba sterà individuare, per ciascuna di esse un al tro

punto per cui passano, o ltre l'ori gine. Determini amo, ad esempio, i pun ti del le quattro rette

c he hanno asc issa 1: a) per x = 1

èy= - 2

b)pe r x= 1 è y =

~

A(l ; - 2) E a

y=-2x

-+~ -+)

. 1

e(1 ;

e) per x

= 1 e y =2

d) per x

= 1 è y = +2 ~

---+

Eb

( 21)

C 1;

Ee

D(l ; 2) E d .

Come lo studente può notare l'ordinata del punt o di asc issa 1 è, pe r ciasc una re tta , il rel ativo valore del coeffi c iente an golare. I Nella figura 26 so no state di seg nate le quatI 1 tro rette: lo studente potrà osserva re c he le -2 - -- A(l;-2) rette a e d sono simmetric he ri spetto all'asse x ed hanno coefficienti ango lari o ppost i; così pure le rette b e c. y=2x Lo stu dente noterà anche che la penden za Fig. 26 de lla retta d rispetto a ll' asse x è maggiore di quella dell a retta e; c iò è co nseguenza del fatto che il coeffi c iente angolare dell a rett a d è maggiore di quello della rett a c( 2

D

>

+)-

Sappiamo c he, in econom ia, la formu la

I = C-i-t

(2 )

dà l' in teresse / c he spett a a chi presta un ca pitale C, per un ce rto peri odo di tempo t, al lasso unitario di interesse i. Se con sideri amo il ca pit ale Ce il tasso i come quanti tà costan ti ed assumiamo il tempo t co me va riabil e indipendente, è allora ev iden te c he la formul a (2) forn isce l'i nteresse / in funz ione del tempo: tale interesse risulta direttamente proporzionale al tempo di investimento del ca pitale. Se ripo rti amo, in un sistema di riferimento, il tempo mi surato in anni in ascisse e l' interesse misurato in migl iaia di euro in ordinate, possiamo rappresen tare la retta di equazione (2): ta le retta passa per l'ori gine ed ha coeffic iente angolare m = C i. Se, ad esempio, su pponi amo che il ca pi ta le in vesti to sia € 20.000 al tasso un itaI rio O, 1 (c ui corri sponde il tasso percen(in mi gliaia di euro) tua le del 10%) allora è

I = 20.000 · O, 1 · I

I (i n anni)

Fig. 27

~

I = 2.000 I

Per t = 3, ad esempio, si ha f = 6.000, c ioè in 3 an ni il capi tale frutta 6.000 euro di interesse: il grafi co è in figura 27 dove la retta passa per l'origine e per il punto (3; 6) ed è ovvia mente di segna ta so lo per t > O. È poi ev ide"nte che, se si impiega un capita le ma ggiore oppure viene appli ca to un ma ggiore tasso, all ora la pendenza m = C • i della retta sarà ma ggiore.

Osservazioni sul coefficiente angolare

m Tenendo conto dell'esempio

I svolto nel paragrafo precedente, si possono fare alcune considerazioni che hanno validità generale. I) Se il coefficiente angolare di una retta passante per l'origine è positivo, la retta giace nel I' e 3' quadrante; se invece il coefficiente angolare è negativo, la retta sta nel 2' e 4' quadrante.

204 ___________C_• ~pi_to_lo_ o_tt_a_v o_-_F_u_nz_io_n_,_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ 2) Data una retta passante per l'origine, consideriamo l'angolo o che il semiasse positivo delle x deve descrivere in senso antiorario per sovrapporsi alla retta (fig. 28). Se due rette per l'origine hanno coefficiente angolare positivo, la retta che ha coefficiente maggiore forma con ]'asse x un angolo acuto maggiore; se le due rette hanno coefficienti negativi, quella con coefficiente maggiore in valore assoluto forma con l'asse x un angolo ottuso mmore. 3) Se due rette per l'origine hanno coefficienti angolari opposti, e cioè hanno equazione y = mx e y = -mx, esse sono simmetriche rispetto all'asse x e all'asse y. 4) Il coefficiente angolare di una retta passante per l'origine è l'ordinata del punto della retta di ascissa I. Infatti dall'equazione y = mx si deduce che, se è x = I, risulta y = m e quindi il punto di coordinate (I; m) appartiene alla retta (fig. 28).

Fi g. 28

La funzione lineare

m Si chiama funzione lineare la funzione /:x--+mx+q

di equazione

(1)

y =mx + q.

La variabile x, se non si dice nulla in contrario, varia nell'insieme R dei numeri reali ed è evidente che il dominio della funzione è R. I numeri m e q sono i coefficienti e sono dei numeri assegnati, cioè delle costanti (m , q E R) .

um~ Un importante esempio di funzione lin ea re si ha in Fisica. Abb iamo già v isto, nell 'esempio del n. 15, che se un corpo si m uove di moto rettil ineo uniforme il rapporto tra lo spaz io s percorso e il tempo t impiegato a percorrerlo è costan te e che tale costante è la velocità v:

s = vt.

ini z ialmente il corpo si ~rava ad un a distanza s 0 dall'origine deg li spos tamenti, cioè se pe r t = O è s = s 0 , all ora la legge oraria del moto, c ioè l'equaz ion e che esprime lo spazio in funzione del tempo, è

Se

s = vt + so; tè la variabile indipendente (tempo), s è la va ri abile dipendente (s postamento), v è la velocità costa nte, So è lo spostame nto iniziale. È evidente che, se si pone t

= x,

s = Y,

V =

m,

So= q,

si ottiene l'equazione (1) della funz ione lineare ora descri tta.

Capitolo ottavo - Funzioni

205

Rette in posizione generica

DJ Si può dimostrare (e lo si vedrà nel volume successivo) che il grafico della funzione lineare è una retta, non parallela all'asse y, in posizione generica nel piano canesiano.

L'equazione y=mx+q

è quindi l'equazione della retta, il coefficiente m è detto coefficiente angolare e q ordinata all'origine. Anche in questo caso, come vedremo dagli esempi, si potrà notare che il valore del coefficiente angolare fornisce indicazioni circa la pendenza della retta disegnata nel piano cartesiano. Inoltre, poiché per x = O si ottiene y = m · O+q = q, allora la retta passa per il punto (O ; q) dell'asse y; quindi q è l'ordinata del punto di intersezione della retta con l'asse y, cioè è l'ordinata all'origine. Dalla geometria è noto che per due punti passa una ed una sola retta e quindi per tracciare il grafico di una funzione lineare basterà determinare due punti della retta.

D

Tracciare il grafico dell a retta rdi equazione y

= 2x + 1.

ln questo caso la funzione lineare è f: x---+ 2x + 1 ed è perciò f(x ) = 2x + 1. Determiniamo per qualche va lore di x l'immagine f(x) corrispondente, in modo da ottenere qualche punto di coord inate (x; f(x)) del diagramma. Ad esempio per x =Os i ha f(O) = 2 •O+ 1 = 1 e quindi il punto di coordinate (O; f (O)) cioè (O ; 1) appartiene al di ag ramma della funzione, cioè all a retta r. Ana logamente av remo:

f(- 1) = 2(- 1) + 1 = -1 f (l )

= 2·1+ 1 =3 ~

~

(- 1;-1) E r

(1; 3) E r

{ecc) .. .X

o

y= f (x)

~ (O ; l )E r

-1

1 -1

1

3

~ ( 1 ; 3)Er

2

~ (½;2)e,

1

2

~ ( - 1 ; - l )E r

-1 grafico della funzione lineare f:x➔ 2x+1

y=2x+l Di so lito si ricorre ad una tabella, come quella costruita a lato dell a fi gu ra 29 dove è rappresentata la retta r.

Fi g. 29

Il grafico di r si ottiene congiungendo in linea retta i punti di coordinate

(O ; 1), (- 1 ; - 1), (1 ; 3), rappresentati nel piano cart_esiano.

(+ ; 2)

206 ___________Ca_p_;1_ol_o_o_tt_av_o_-_F_un_z_;o_n_;_ __ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Il

Disegnare, nello stesso sistema di riferimen to, il grafi co delle fun zioni li neari f:x--+ -x+ l

g :X

--+

-

4x - 2.

Le due fun zioni hanno per equaz ione, ri spetti va mente, y

= -x+ 1

y

= - 4x-2

e indich iamo con re s, nel l'ordin e, i loro d iagrammi .

diagrammi delle funzioni lineari

Costrui amo le seguenti tabe ll e

f :x➔ -x+l g :x➔ -4x-2

retta r X

y= f (x)

- 1

2

1

Q

o

1

retta

s

y =g( x)

2 -2 -6

- 1

o 1

e deduciamo che i punti di coordi nate (- 1 ; 2), (O ; 1), (1 ; O) ... appartengono alla retta r ed ; pun1; (- 1 ; 2), (O ; -2), (1 ; - 6)... all a retta s (fig. 30).

Fig. 30

Dall e tabe lle precedenti poss iamo dedurre che l' immagine di x

=

- 1 nelle due funzioni f e g

è la stessa : infatti è / (- 1) = g( - 1) = 2. Q uesto significa c he le rette r e s, diagramm i rispettiva mente dell e funzion i f e g, han no in comune il punto di coo rdin ate (- 1 ; 2): tale punto è il punto di intersezione delle due rette.

D

Ab biamo già visto, nell'esempio del n. 18, che se un corpo si muove di moto rettilineo uniforme e ini zialmen te si trova ad una distanza So dall'origine, se c ioè per t = O è s = So, la legge oraria del moto rettilineo uniforme è

s

= vt + So-

lo spazio è perc iò funzion e li neare del tempo. Il grafico della funzion e linea re s = vt + So è in fi gura 31, dove si noterà che, a ca usa del significato fisico della va riabil e t, si considerano so lo i va lori di s per c ui è t ~ O. Si noterà che l'ordin ata all'origi ne è So-

Fig. 31

Si noti, nella figura 31, che in ascisse è ri portato il tempo e in ordin ate lo spazio: è evidente che sugli assi sa ranno riportate le misure di queste grandezze fi sic he (tempo e spaz io) ri spetto alla relativa unità di misura; ad esempio t

in seco ndi

s in metri

in ore

s in kilometri .

oppure

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C _ a~p_ito_ lo_ o_tt_a_vo_·_F_u_nz_;o_n_;_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

207

Assi cartesiani e rette parallele agli assi

E!J Abbiamo visto che il grafico di una funzione lineare è una retta. Viceversa non è sempre vero che una retta è il grafico di una funzione lineare. Consideriamo, ad esempio, la retta a di figura 32, parallela all'asse y. Come si nota tutti i suoi punti hanno la stessa ascissa h: tale retta, quindi, non può essere il grafico di una funzione (si veda l'osservazione del n. 4). Possiamo perciò affermare che le rette parallele ali' asse y e l'asse y stesso non sono il grafico di alcuna funzione del tipo y = /(x). y

[§] ~

Fig. 32

A(O;q)

o ~

ih ;q) B(h ;O)

~

L'asse delle ascisse è, evidentemente, l'insieme di tutti e soli i punti del piano che hanno ordinata nulla: un generico punto dell'asse x ha infatti coordinate (x; O). L'asse x ha quindi per equazione y = O. Analogamente l'asse delle ordinate è l'insieme di tutti e soli i punti di ascissa nulla: un generico punto dell'asse y ha infatti coordinate (O; y). L'asse y ha quindi per equazione x = O. Riassumendo asse x--->y= O asse y ---, x = O. Consideriamo ora un generico punto A(O;q) dell'asse y (fig. 32) e da esso conduciamo la parallela ali'asse x: è evidente che tutti e soli i punti della retta hanno ordinata uguale a q e quindi y = q è l'equazione di tale retta. Se ora conduciamo da un generico punto B(h; O) dell'asse x (sempre figura 32) la parallela ali'asse y si ottiene una retta i cui punti, e solo quelli, hanno ascissa h: tale retta avrà per equazione x = h. Riassumendo: retta parallela ali'asse x ___, y = q retta parallela all'asse y ___, x = h. Possiamo perciò concludere che le rette parallele all'asse y non sono, come prima detto, grafici di funzioni di equazione y =/(x), mentre le rette parallele all'asse x, invece, sono i grafici di funzioni costanti (vedi n. 5). Rette parallele

m Vogliamo far vedere che se due rette hanno lo stesso coefficiente angolare allora sono parallele. Ragioniamo su un semplice esempio. Consideriamo due rette con lo stesso coefficiente angolare di cui una, per semplicità, passante per l'origine; queste rette, re s, abbiano ad esempio equazione r:y=2x s:y=2x+3.

208

~----------C_ap_it_o_lo_o_tta_v_o-_F_u_nz_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Determiniamo i punti di r che hanno ascissa O e 1 e poi i punti di s che hanno anch'essi ascissa Oe 1: ·

--, 0 (0; O) E r --, A{l; 2) E r X

y= 2x+3

O

3

I

5

--, C{0;3) E r --, B{l;5) E r Fig. 33

Di;egniamo le due rene (fig.· 33) utilizzando i quattro punti determinati. Consideriamo il quadrilatero OABC; è ·evidente che OC è parallelo ad AB e, poiché è (Cap. 6, n. 9):

AB = [y,-y,[ = [5-2[ =3, .

OC = [Yc - Yo[ = [3 - O[ = 3

risulta anche che OC è congruente ad AB. TI quadrilatero considerato, avendo una coppia di lati opposti p~ralleli e congruenti è un parallelogrammo (Cap. 18, n. 7). Pertanto è OA//CB e quindi r// s. Abbiamo quindi verificato che le rette r e s, che hanno lo stesso coefficiente angolare, sono parallele. Con un ragionamento del tutto analogo si può verificare che le rette di equazione

y = 2x+ I,

y = 2x- 4,

y= 2x + 7,

y = 2x-8, ..

sono tutte parallele alla retta r di equazione y = 2x e quindi sono tutte parallele tra loro. TI risuhato ottenuto si può facilmente generalizzare e si può concludere con le seguenti osservaz10m: 1) la retta di equazione y = mx+ q è parallela a quella passante per /'angine di equazione

y=mx; 2) rette aventi lo stesso coefficiente angolare sono parallele.

f.SEMPlì So no paralle le le rette di equ az ion e

y= - O, Sx + perché hanno tutte coeffic iente ango lare

-+.

1

8

,

- x+ 7

y=-2

Cos ì pure risultano paralle le le rette di eq uaz ione

y =X+ 2,

y=

X -

4,

3x + 1 y=-3- ·

- - ~- - - - - - -- - ·c_a_p_ito_lo_ o1_1a_v_ o _-F_u_n_zi_on_i_ _ _ __ _ _ _ _ _ _

209

Funzione della diretta proporzionalità con il quadrato della variabile indipendente

m

Consideriamo, nell'insieme Z dei numeri interi relativi, una funzione/ per la quale valga la tabella di figura 34. -3

-2

-1

Fig. 34

In questo caso si può notare che. il rapporto tra i valori di y e i quadrati dei corrispondenti valori di x è sempre 1 (escluso il caso x = Oe y = O):

·

(x-/- O). Oppure, il che è sostanzialmente lo stesso, si può osservare che i valori di y sono il quadrato dei corrispondenti valori di x:

(2) relazione, questa, che vale anche per x = O. In generale si dice che una (grandezza) variabile y è direttamente proporzùmale al quadrato della (grandezza) variabile x se è .1_ = a

(x-f. O) ,

x2

essendo a una costante diversa da O. Risulta così definita, anche per x = O, una funzione 2

(a f. O)

/: x-----+ ax ,

di equazione y = ax

2

che diremo funzione della diretta proporzionalità con il quadrato di x. Se non si dice nulla la variabile x si intende che vari nell'insieme R dei numeri reali.

Un esempio notevole si ha in Fisica nel caso che x rappresenti il tempo te che y sia lo spo• stamento s di un corpo che si muove di moto rett ilin eo uniformemente accelerato. Il rapporto tra lo spostamento e il quadrato del tempo è costante:

s

t2 = costante. Il va lore di tal e costante rappresenta la metà dell 'acce lerazione a 2. ~=2-a-s=2-at 2

1

2

2

Il grafico della funzione della diretta proporzionalità con il quadrato di x è costituito di punti di una curva detta parabola. Ad esempio il grafico della funzione di equazione (2) è dato dai punti segnati in colore in figura 35 (la tabella di figura 34 fornisce varie coppie di valori cor-

210 ___________ C~•P~;t_o_lo_o_tt_av_o_•_f_un_z_;o_n_; _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ __

rispondenti a punti del grafico). Se poi la x varia con "continuità" in R, si potranno unire tali punti con una linea continua.

-3 -2 - 1 f ;g, 35

fo

1 2

grafi co di f : x ➔ x2

La funzione quadratica

m Si chiama funzione quadratica la funzione / :x

--+

ax 2 + bx + e

dove a, b, e sono numeri reali assegnati e dove la variabile indipendente x appartiene, se non è detto nulla in contrario, all'insieme R dei numeri reali: il dominio della fun zione è R. L'equazione della fun zione è 2 (1) y =ax +bx+c e i parametri a, b, e sono i coefficienti dell'equazione (I). Si noti che, se è b = e = O, la (1) diventa y = ax

2

che è l'equazione della funzione della diretta proporzionalità al quadrato di x, vista nel paragrafo precedente. Se invece è a= O, la (1 ) si riduce a y = bx + e, che è l'equazione della funzione lineare vista nel paragrafo 18.

-- - Plr In un moto rettilin eo uni fo rmemente acce lerato lo spostamento è un a funz ione quadratica del tempo:

(2)

È evide nte co me l'equazion e (2) è del tipo (1) quando si ponga t = x es= y: i coeffic ienti dell'equazione (2) sono 1

2 dove

1

2

a,

vo,

So,

a è metà del va lore cos tante dell 'acceleraz ion e, v0 è la ve loc ità ini z iale e 5o è lo spo-

stame nto ini zia le.

_ _ _ _ _ _ __ _ _ __ c_a_p_ilo_lo_ o_tt_a_vo_ -_F_u_nz_;o_n_;_ _ _ _ __

____

211

La parabola

m Si può dimostrare (e lo si vedrà nel volume successivo) che il grafico di una funzione quadratica y = ax

2

+ bx + c,

(1)

con a fc O, è una curva, detta parabola, per disegnare la quale è bene conoscere un certo numero di suoi punti e tener conto di alcune sue proprietà che risultano evidenti osservando la figura 36. I) La parabola di equazione y = ax 2 + bx + c ha un asse di simmetria parallelo all'asse y; quindi se un punto P appartiene alla parabola, anche il punto P', simmetrico di P rispetto a questo asse, appartiene alla parabola. 2) L'equazione dell'asse di simmetria è, come vedremo meglio nel prossimo volume, la retta parallela ali'asse delle y di equazione

b

x=--.

2a 3) Il coefficiente a è legato alla concavità della parabola e precisamente: a > O --, concavità verso l'alto a < O __, concavità verso

il basso.

4) Il vertice della parabola è il punto della curva che appartiene all'asse di simmetria; l'ascissa del vertice è dunque x = _ _I!_ e l'ordinata si ottiene dall'equazione (! ) ponendo

'1 ( 2ab ) :

2

x

b I'ordin ara deI vernce . ~ . d.1 - 2a b c10e . = - 2a; e pemo' I'.unmagme

-

v(- ;a ;1(- :a)) 5) Ponendo x = O nell'equazione (!), si ottiene y =ce, quindi, il punto di coordinare (O; c) è il punto di intersezione della parabola con l'asse y. Si noti che la parabola interseca sempre l'asse y mentre può intersecare o meno l'asse x. Le ascisse degli eventuali punti di intersezione con l'asse x sono le controimmagini di y = Onella funzione quadratica. I I I

'V

y=ax +bx+c IaO o

Fig. 36

Disegniamo insieme qualche parabola.

Capitolo ottavo - Funzioni

212

D

Rappresentare graficamente la funzione quadr.itica

f: x

--+ x

2

+ 2x.

l 'equ az io ne della funzione è y

= x 2 + 2x.

In questo caso è a= 1, b = 2, e= O. Essendo a> O la parabola vo lge la concavità ve rso l'alto; l'equazione dell'asse di simmetria è x

= _ .!!_ = - -2 2• -1 = -1 2a

e quindi l'asc issa del ve rti ce V

è - 1. L'ordin ata del ve rti ce è l' immagine di - 1 :

Yv = 1(-1) = (- 1) 2 + 2(- 1) = 1 - 2 = - 1. Le coordin ate del ve rtice sono dunque (- 1 ; - 1). Per di seg nare co n cura la pa rabola è utile una tabell a come quel la di fi gura 37 a lato della cu rva, similm ente a quanto già fatto per la retta . Si noterà .c he essendo e= O nell'equazione y = x 2 + 2x è y = 1(0) = O, c ioè la parabola passa per l' origi ne.

y = f (x)

X

-3

3

o o

-2

-1 (verti ce)

- 1

o

V(-q- 11

3

1

Fig. 37

IDI

Di segnare la parabola di eq uazione

y =ln questo caso è a= poi b =

+ 1 e e=

1

2

1

2

2

x + x - 1.

(2)

< O e quindi la parabola vo lge la co ncav ità ve rso il basso. Essendo

- 1, l'ascissa del vertice è

b

1

l)

Xv = -2a= ( - =+ 1, 2 -2 e l'ordinata si ottien e dall'equazione (2) ponendovi x = 1 :

Yv=-

1

2

1

2

- 1 + 1 - 1 =--

Quindi il verti ce è

v(1 ;-+).

Apprestando la co nsueta tabella si ottiene il grafico di figura 38. y

X

-1 O 1

- 2, 5 - 1 - 0, 5 (verti ce)

2

-1

3

-2, 5

Fig. 38

_ __ _ __ _ _ _ _ _ _ _C_ap~i_to_lo_o_tt_a_vo_-_F_u_nz_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

213

Funzione della proporzionalità inversa

BI Consideriamo, nell'insieme Z - {O} dei numeri interi relativi escluso lo zero, una funzione/ per la quale valga la tabella di figura 39.

Fi g. 39

-]

-2

_,

-2/ 3

-1

-2

2/ 3

Come si nota facilmente il prodotto tra i valori di x e i corrispondenti valori di y è costante ed uguale a 2: x -y = 2 oppl!re, il che è lo stesso,

2 y=-

(1)

x

(x è diverso da zero perché, come già detto, x E Z - {O}). In generale due (grandezze) variabili x e y si dicono inversamente proporzionali se

k

y=--+ x · y =.k, X

essendo k una costante diversa da O. In tal caso risulta definita una funzione / : x

k -+ -

, X

di equazione

(k ,e O;x,é O)

k

y=-, X

che diremo funzione della inversa proporzionalità. Se si considera x variabile realé (x E R) il campo di esistenza di tale funzione è dato da tutti i numeri reali con esclusione dello zero:

C.E.

= R - {O} = {x E Rlx ,e O}

U n esempio notevole si ha in geo metri a quando le va ri abili x e y rappresentano le ba si e le altezze degli in finiti rettan goli di area costante (i n fi gura 40 si è supposta l'a rea di 6 cm 2 : x - y = 6): in questo caso le altezze sono inversa mente proporzio nal i all e rispettive ba si.

1cm

1~__

6_c_m _ '-

6cm

-

~ 3 cm

2 cm

x cm

Fig. 40

Il grafico della funzione della inversa proporzionalità è costituito da punti di una curva detta iperbole equilatera. Ad esempio il grafico della funzione di equazione (1) è costituito dai punti segnati in nero in figura 41 (la tabella di figura 39 fornisce varie coppie di valori cor-

214 ___________C_•~p_it_ol_o_o_tta_v_o_-_F_un_z_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

rispondenti a punti del grafico). Se poi la x varia con continuità in R - {O}, si potranno unire tali punti con tratto continuo, formando i due "rami" della curva. Fig. 41

-3

-1

-2

O 1 -2/3 -1

-2 grafico di f: x➔ -

2

X

-3

Funzioni empiriche

m Le funzioni empiriche sono quelle funzioni, numeriche o non, per le quali l'immagine di un elemento x non è ottenibile mediante una legge matematica, bensì per mezzo di misurazioni sperimentali (come in fisica o in chimica) o di nlevazioni (come in economia e statistica(*)).

Ne ll a staz ione meteoro logica di una loca lità, viene rilevata , in gradi centi gradi, la te mperatura massima di og ni giorno di una certa sett imana. I dati di una ce rta sett i mana sono riportat i

nella tabella di figura 42. x (g io rno)

Fig. 42

y (temp. max.)

11

MA

ME

10

11

G

V

D

Si tratta di un'appli caz ione tra l' in sieme A dei giorni della settimana co nsiderata e l' insieme Y delle temperature mass ime co rri sponde nti ad ogni giorno. la fu nzione non è esprimibile in una «formula matematica »: il va lore di y si può trarre so lo per mezzo di una mi sura diretta. La funzione , come si suol dire, è defi nit a spe rimentalm ente ed è dunque un esempio di funz ione empirica.

(*) In Sta1istica (\'OI. 2), ci occuperemo dei vari mcxli di rappresentare una funzione empirica.

Capitolo ottavo - Funzioni



~ ..--

215

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

!'!e seguenti Utilizzare il fogli_o elettronico per rappresentare graficamente le funzioni lineari aventi equazioni: y=x;

X

X

y = -x; y =2x; y = - 2x; y = T ; y=- T

La seguente tabella è una proposta cli soluzione: 1 2

A

8

X

y :::: X

o

e y :::

E y = - 2x

y ::: 2x

- X

3 4

5

6 7

8 9

10

-

8 7 6 5 4 3 2 1

-

8 7 6 5 4 3 2 1

8 7 6 5 4 3 2 1

o

11

o

o

12

1 2 3

1 2 3

4 5 6 7 8

4 5 6 7 8

13 14 15

16 17

18 19

-

1 2 3 4 5 6 7 8

-

e

F

y

.........

= x/ 2

y ==

-4 3, 5 -3 2, 5 -2 1, 5 - 1 0, 5

- x/ 2

··•··· ..........

16 14 12 10 -8 -6 -4 -2

16 14 12 10 8 6 4 2

o

o

o

o

0, 5 1 1, 5 2 2, 5 3 3. 5 4

- 0,5 - 1 - 1, 5

2

-2

4 6 8 10

-4 -6 -8 - 10

12

- 12

14 16

- 14 - 16

-

4 3, 5 3 2, 5 2 1, 5 1 0,5

-2 - 2, 5 -3 - 3, 5 -4

Per le procedure da seguire per scrivere le intestazioni delle colonne (righe I e 2) si veda il capitolo 24. Colonna x. Si tratta della colonna A del foglio elettronico; occorre introdurvi i numeri interi da - 8 a + 8: per far questo si introdurrà -8 nella cella A3 , mentre nelle celle sottostami si immetterà una formula che inclicherà ali'elaboratore che il contenuto di ciascuna cli esse dev'essere eguale al contenuto della cella soprastante aumentato di I. Lotus 123 Selezionare la cella A3, scrivere -8 e premere Invio. Selezionare la cella A4, scrivere la formula (A3+1) e premere Invio. Copiare la formula precedente nelle celle sottostanti della colonna A con i seguenti comandi: Copia Zona DA cui copiare: A4 .. A4 Zona A cui copiare: A5 .. A19

Excel Selezionare la cella A3 , scrivere - 8 e premere Invio. Selezionare la cella A4, scrivere la formula =A3+ I e premere Invio.

216 ___________C_a p_it_o l_o_ott_a_v_o -_F_u_nz_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Copiare la fonnula precedente nelle celle sottostanti della colonna A con la seguente procedura: Selezionare la cella A4, portare il puntatore del mouse sul quadratino che compare in basso destra, premere il pulsante sinistro e, tenendolo premuto, spostare il puntatore del mouse fino alla cella A19 rilasciando infine il pulsante (spostare il mouse tenendo premuto il pulsante sinistro è un'azione detta trascinamento).

a

Nel seguito di questa esercitazione non verrà più indicato il modo per copiare il contenuto di una cella in altre celle, e verrà indicato solamente da quale cella copiare (origine) ed in quali celle copiare (destinazione) . Si noti come, nel copiare, l'elaboratore aggiorni automaticamente la formula della cella origine. Infatti la fonnula (*) nella cella origine A4 era A3+ 1; se ora si seleziona la cella A5 , si vede, nella parte superiore dello schenno, che la formula contenuca è A4+ 1, mentre nella cella A6 si vede la formula A5+ 1: il riferimento, in questo caso, è sempre alla cella immediatamente soprastante, così come era nella formula presente nella cella origine. Colonna y=x.

È la colonna B del foglio elettronico. In questa colonna dovranno apparire i valori della

funzione di equazione y = x corrispondenti ai valori di x che si trovano nella colonna A. Pertanto nella cella B3, si scriverà una fonnula che indicherà all'elaboratore che il contenuca di questa cella dovrà essere eguale alla cella corrispondente della colonna A:

Lotus 123 Exce/

--+ --+

(A3) =A3

Si copierà quindi tale formula dalla cella origine B3 alle celle sottostanti B4, B5, ..., B19. çolonna y=-x. E la colonna C del foglio elettronico. In questa colonna dovranno apparire i valori della funzione di equazione y = -x corrispondenti ai valori di x che si trovano nelle corrispondenti celle della colonna A. Pertanto nella cella C3 si scriverà una fonnula che indicherà ali'elaboratore che il contenuto di questa cella dovrà essere il numero opposto a quello contenuto nella cella corrispondente della colonna A:

Lotus 123 Excel -

(-A3) =-A3

Si copierà quindi tale formula dalla cella origine C3 alle celle sottostanti C4, C5, ..., C19. Colonna y=2x. E' la colonna D del foglio elettronico dove dovranno comparire i valori della funzione di equazione y = 2x. Pertanto in ciascuna cella di tale colonna dovrà esservi il doppio del numero contenuto nella cella corrispondente della colonna A. Dopo aver selezionato la cella D3 scriveremo la formula:

Lotus 123 Excel

(2•A3l =2•A3 Si copierà quindi tale formula dalla cella origine D3 alle celle 04, D5, ..., D19. --+ --+

_ __ _ _ _ _ _ __ _ _C _•~p_ito_lo_ o_tt_•_~ ~--F_un_z_òo_n_;_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

217

çolonna y =-2x. E la colonna E del foglio elettronico dove dovranno comparire i valori della funzione y=- 2x. Pertanto, dopo aver selezionato la cella E3, si scrive la seguente formula:

Lotus 123 -, (-2•A3) Excel -, =-2•A3 Si copierà quindi tale formula dalla cella origine E3 alle celle E4, E5, ... , E19. Colonne y=x/2 e y=-x/2. Nelle celle F3 e G3 si introdurranno rispettivamente le formule

Lotus 123 _, (AJ/2) e (-AJ/2) Excel -, =A312 e =-A3/2 che verranno copiate poi rispettivamente nelle celle F4, F5, ... , F19 e G4, G5, ..., G19. N.B. Invece di copiare una per una le colonne B, C, ..., G, è possibile copiarle tutte insieme, dopo aver scritto le formule nelle celle B3, C3, ... , G3, mediante la procedura seguente:

Lotus 123 Copia Zona DA cui copiare: B3 .. G3 Zona A cui copiare: B4 .. G19

Excel Selezionare le celle da B3 a G3 portando il puntatore del mouse sulla cella B3 e trascinandolo fino alla cella G3 . Portare poi il puntatore del mouse sul quadratino che compare in basso a destra della cella G3 e trascinarlo fino alla cella G19. Vediamo ora come si può ottenere la rappresentazione grafica delle funzioni considerate. Si tenga presente che i fogli elettronici consentono di creare grafici di molti tipi diversi, ma l'unico tipo di grafico in cui viene rispettata la scala delle ascisse è il grafico che, in Lotus 123 viene detto di tipo XY, mentre in Excel di tipo dispersione XY. Come si vedrà occorrerà specificare che i dati contenuti nella colonna A rappresentano le ascisse, mentre i dati delle colonne da B a G rappresentano le ordinate dei punti da rappresentare. Lotus 123 Si sceglierà dal menù il comando Grafici; apparirà sul video, al posto della tabella, una finestra di dialogo intitolata Impostazioni del grafico in cui si dovranno effettuare le scelte atte ad indicare al programma il tipo di grafico che si vuole ottenere. Relativamente al riquadro intitolato Zone segnaliamo che X indica i dati che verranno rappresentati sull'asse delle ascisse, mentre le lettere A, B, ..., F indicano i dati che verranno rappresentati sull'asse delle ordinate: non si devono quindi confondere tali lettere con le colonne del foglio elettronico. Le scelte si potranno effettuare con il mouse (se è disponibile) oppure scegliendo da menù i seguenti comandi:

218 __________Ca _pi_to_lo_o_tta_v_o _._Fu_nz_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Tipo

XY X Zona per l'asse X: A3 .. A19 A Prima zona dati: B3 .. B19 B Seconda zona dati: C3 .. C19 F

Sesta zona dati: G3 .. G19 A questo punto scegliendo dal menù il comando Visualizza apparirà il grafico.

Excel Occorre per prima cosa selezionare quella parte di tabella che contiene i dati di cui si vuole la rappresentazione grafica. Per fare ciò si porta il puntatore del mouse sulla cella A3 e lo si trascina fino alla cella G!9. Poi si porta il puntatore del mouse sul pulsante Grafico (o Autocomposizione Grafico) della barra degli strumenti e si preme il pulsante sinistro. Si deve ora indicare in quale parte del foglio elettronico si vuole che appaia il grafico: si porta il puntatore del mouse, ad esempio, sulla cella A20 e lo si trascina fino alla G35 (naturalmente sono possibili altre scelte ... ad esempio, utilizzare un secondo fo. glio). Appaiono quindi alcune finestre di dialogo. Nella prima il programma chiede di confermare la scelta delle celle contenenti i dati da rappresentare. Se non si sono commessi errori nell'effettuare tale scelta si può passare direttamente alla successiva finestra di dialogo. Nella seconda finestra occorre specificare il tipo di grafico: si scelga Dispers. (XY ). Nella terza finestra si sceglie il formato del grafico: noi specificheremo il formato 2. Nella quarta finestra si controlli che la prima riga sia utilizzata per il primo dato (e non per il testo della legenda). La quinta finestra può essere utilizzata per introdurre nel grafico legende che ne migliorino la comprensibilità. Al termine di questa procedura apparirà il grafico.

O

Utilizzare il foglio elettronico per rappresentare graficamente le funzioni lineari aventi le seguenti equazioni: X X y=-y=3x; y= -3x; y=4x; y= -5x; y= ; 3 4 (si modifichi il foglio elettronico dell'esercitazione precedente). Utilizzare il foglio elettronico per rappresentare graficamente le funzioni:

y=x+I;

y=-2x+3;

y=-2x-3;

y=; +2;

y=+-2

~ il foglio elettrowal B e ; ~ graficamente le funzioni:

ofiti;-

l

l

~

a

=--x2 +20; y=--x 2 -10

---Y Premessa

Calcolo letterale

• Espressioni algebriche letterali

• • • •

Monomi Polinomi Prodotti notevo li Divi sione tra due polinomi

• Regola di Ruffini - Teorema del resto • Scompos izione di un polinom io in fatto ri • Fra z ioni algebri che • Laboratorio di Matematica- Informati ca

O Spesso, in matematica, si fa uso delle lettere dell'alfabeto al posto dei numeri per scrivere form ule, per esprimere proprietà di carattere generale o per generalizzare un determinato problema. Vediamo qualche esempio. 1) È noto che la mol11plicazione tra numeri naturali è commutativa; considerando ad esempio i numeri naturali 3 e 7 si ha: 3-7 = 7-3 La proprietà commutativa è ovviamente valida anche se al posto di 3 e cli 7 noi consideriamo due qualsiasi numeri naturali. Indicando con m e n due generici numeri naturali, potremo così generalizzare scrivendo m, n E N;

{I)

la (I) esprime la proprietà commutativa della moltiplicazione tra numeri naturali. 2) La misura dell'area di un rettangolo si ottiene, come si sa, moltiplicando la misura della base per quella dell 'altezza; si ottiene così la seguente formula

A = b h,

(2)

dove A è la misura dell'area e b e h sono le misure, rispetto alla medesima unità, della base e dell'altezza del rettangolo. La form ula (2) è di carattere generale e si può quindi applicare per determinare l'area di un qualsiasi rettangolo di cui si conoscano la base e l'altezza.

Osservazioni. Obiettivo di questo fondamenta /e capitolo è quello di condurre lo studente ad impadronirsi delle varie tecniche del calcolo letterale attraverso una presentazione

che privilegia l'aspetto logico e non meccanico dei diversi

procedimenti algebrici.

3) Come vedremo anche nel seguito le lettere vengono spesso usate per esprimere quantità variabili o anche quantità costanti in vari campi della scienza (Fisica, Economia, Informatica ... ). Ad esempio, in fi sica, la relazione S = V·/

(3)

esprime, se v è una costante, che lo spazio percorso, in un moto rettilineo uniforme, è proporzionale al tempo impiegato a percorrerlo. Così, se la velocità è di 3 m/sec, dopo

,v - - - - - \ Capitolo nono - Calcolo letterale

un secondo lo spazio percorso dal corpo che si muove di moto rettilineo uniforme si ottiene ponendo, nella (3 ), v = 3 e t = l; si ha così, in metri:

s=3· 1 =3. Invece dopo due secondi (v = 3 et= 2) lo spazio percorso è, in metri,

s=3 · 2 = 6 e così via. In economia, la formula I = C-i-t

(4)

dà l'interesse J che spetta a chi presta un capitale C, per un certo periodo di tempo t, al tasso unitario di interesse i (*). Ad esempio, l'interesse che matura su un capitale di € 1.200 imprestato per 2 anni al tasso i= O, 09 si ottiene dalla (4) ponendo C = 1.200, i= O, 09 e t = 2: I= 1.200 · O,09 · 2 = 216,

cioè l'interesse maturato è di€ 216. 4) Se in un certo problema che riguarda i numeri naturali si vuole indicare un generico nu-

mero naturale pari o dispari, si può ragionare nel modo seguente. Indichiamo con n un generico numero naturale, pari o dispari; moltiplicando per 2 tale numero si ottiene senz'altro un numero pari e quindi scriveremo 2n per rappresentare un generico numero pari (**). Osserviamo poi che la somma di un numero pari con il numero 1, cioè il successivo di 2 n, è senz'altro un numero dispan· che potrà così essere indicato con 2n+ I. Osservazione. Quando si indica un prodotto tra due numeri rappresentati da lertere si suole

omettere il «punto», cioè il segno del!'operazione di moltiplicazione. Ad esempio, a·b

= ab;

2 · n = 2n;

a· b-e= abc.

È invece evidente che per indicare, per esempio, il prodotto del numero 2 per il numero 3 non si può omettere il segno di moltiplicazione, altrimenti, omettendolo, si leggerebbe «ventitrè».

(*) ll tasso unitario d'interesse i rappresema l'interesse che frutta un capitale di I curo in un periodo di tempo unitario, pari di solito ad unanno.

Nd Cap. 3. n. 58, avevamo invece parlaio del tasso percentuale d'interesse ,, che rappresenta l'interesse che frutta un capitale di 100 euro in un periodo di tempo unitario. Si ha perciò r=i-100. Quindi il tasso unitario i= 0,09 corrisponde al tasso percentuale,= 9. (**) Se è n = O, allora 2 n = 2 • O= Oe quindi si può considerare lo zero come numero pari.

Capitolo nono- Calcolo letterale

Espre$sioni algebriche letterali

-'i

Come si è visto, usando lettere del!' alfabeto per indicare numeri relativi, si ottiene il vantaggio di poter generalizzare un determinato problema e di poter agevolmente indicare la sequenza di operazioni da eseguire per risolverlo. Si dice così che il calcolo letterale è quella parte della matematica che generalizza il calcolo algebrico usando anche delle lettere per indicare numeri relativi. Si voglia, per esempio, sommare al cubo di un dato numero il doppzo dello stesso numero e dividere, poi, per 4 il risultato così ottenuto. Per mezzo del linguaggio del calcolo letterale, indicando con la lettera a il numero dato, si può formulare il problema nel seguente modo più schematicamente:

(a 3 +2a): 4

(!)

e calcolare poi il valore dell'espres~ione (I) sostituendo alla lettera a i diversi valori che si vogliono attribuire al numero dato. E evidente che il valore dell'espressione (I) cambierà al variare del valore numerico assegnato ad a. Infatti, se si ·considera a=

2

3

, la (I ) diventa

[(+Y +2-+J 4= U1 +; ):4= ~~

e, se invece fosse a =

-+,

la (I) assumerebbe il valore

[(-+Y + (-+)l ' 2

4 =-

:2 -

E così si potrebbe continuare; la stessa scrittura (I) può quindi servire per risolvere tutti i possibili casi di uno stesso problema. Viceversa, una sequenza di operazioni tra numeri e lettere, potendosi interpretare come un insieme di operazioni tra numeri relativi, traduce simbolicamente un certo problema. Per esempio, con la scrittura a2 -3b

2a intendiamo il problema che, nel linguaggio comune, si enuncia così: dividere la differenza era il quadrato di un numero relativo dato e il triplo di un altro numero relativo per il doppio del primo numero considerato. Il valore che si otterrà eseguendo tali operazioni dipenderà, evidentemente, dai valori che si anribuiranno alle due lettere a e b; Potremo così definire espressione algebrica letterale, o semplicemente espressione letterale, ogni scrittura che indichi operazioni da eseguire su numeri e lettere assegnàti. Le lettere che compaiono in una espressione si dicono indeterminate e, come già detto, rappresentano numeri relativi.

I

Sono espressioni algebriche le seguent i:

3ax 3 ;

1

5

x

2

-

2

3

y + 1;

(a+2b) 2 +

3

a 5 ;

a 2 +3ab+1

a- b

x+ y

1

~-2x;

~

Cap;tolo nono · Ca lco lo lette,ale

_i(Un'espressione si dice razionale quando le operazioni da eseguirsi sui numeri o sulle lettere ·che li rappresentano sono soltanto quelle di addizione, sottrazione, moltiplù:azione, divz'. sione ed elevamento a potenza con esponente intero relativo. D nome razionale deriva dal fatto che le operazioni sopra citate si dicono appunto razionali, perché, quando si opera con esse sui numeri razionali (cioè con le frazioni o con i numeri che si possono scrivere sotto forma di frazione, come i numeri interi, i decimali finiti e quelli periodici), si ottengono sempre numeri razionali. Le sei espressioni dell'esempio del paragrafo precedente (n. 2) sono tutte razionali (*). In tutto questo volume considereremo solo espressioni razionali e poiché opereremo per lo più con numeri razionali, tali espressioni rappresenteranno numeri razionali. Un'espressione razionale si dice poi intera se tra le operazioni indicate da eseguire sulle lettere non compaiono la divisione e l'elevamento a potenza con esponente negativo; in caso contrario l'espressione si dice frazionaria. Le prime tre espressioni dell'esempio del n. 2 sono intere e le altre tre sono frazionarie. L'ultima di queste espressioni, cioè

c- 1d+3c - 2 I è frazionaria perché, dalla definizione a-•= -(n E N), si ricava: a" e

-I

d+3c

-2

I I d 3 = - ·d + 3 ·- = - + - ; e' c2 e c2

quindi in tale espressione sono implicitamente indicate delle operazioni di divisione. "-Consideriamo l'espressione letterale a 2 +a

(!)

L'espressione (I) può essere pensata come uno schema di calcolo per risolvere un certo problema; possiamo riassumere qui di seguito la sequenza delle operazioni da eseguire:

dato zl numero a: I) calcolare a2 =a• a; 2) calcolare a 2 +a (cioè sommare a al risultato del punto i); 2

3) calcolare a : a (cioè dividere per 3 il risultato del punto 2). L'espressione (I ) può essere così schematizzata nel «diagramma ad albero» della figura 1.

f ;g, 1

(*) Come avremo modo di vedere meglio nd seguito vi sono anche espressioni non razionali. Ad esempio l'espressione ./f+a non è raziona• le perché assegnando ad a. per esempio. il valore razionale I si oniene il valore ./f+T = J2 che è irrazionale (vedi Cap. 3, n. 28 e Cap. 6).

Capitolo nono - Calcolo letterale

-

JJ

- - - - - - ~3 Per chi ha già qualche familiarità con l'informatica, l'espressione (1) può anche essere rappresentata con il seguente schema (diagramma di flusso) (fig. 2):

vv V f'

~

~

FINE

X

y

x 2 +3xy

Fig. 2

Fig. 3

Scr ivere un diagramma ad albero per il ca lcolo della seg uente espress ione nell e indeterminate xey 2 x 2 + 3xy + y .

I

Una possibile soluz ion e è qu ella in figura 3.

Si noti che nello schema seg uito si è implicitamente app li cata sia la proprietà associativa della moltipl icazione sia quell a dell' addi z ion e, operando, in prat ica, nel modo seguente (x 2

+ ( 3x) y ) + y 2 .

Possiamo concludere che mentre un'espressione algebrica numerica indica quali operazioni compiere su certi numeri per giungere ad un risultato numerico (valore dell'espressione), le espressioni letterali costituiscono uno schema generale di calcolo. Determinazione del valore numerico di una espressione letterale tCome si è già visto, le lettere, in un'espressione letterale, rappresentano numeri. Se ad-

ogni lettera indeterminata che compare in un'espressione viene assegnato un particolare valore numerico, l'espressione letterale si trasforma in una espressione algebrica: dopo aver eseguito le operazioni indicate, si otterrà il valore (numerico) del/'espressùme letterale data in corrispondenza ai partzcolari valori numerici attribuiti alle indeterminate. Se tali valori sono numeri reali, il valore dell'espressione sarà un numero reale (razionale o irrazionale). Noi però, come già accennato, considereremo solo espressioni razionali e, per le indeterminate, solo numeri razionali (relativi), cioè eseguiremo il calcolo del valore di una espressione letterale nel_l'insieme Q dei numeri razionali: i valori delle espressioni saranno perciò numeri razionali. E

224 _ _ ________C~•p_;1_o_lo_n_o_no_-C_a_lc_o_lo_l_e1_1e_,a_le_ __

_ _ _ _ _ _ _ __

evidente, come già osservato nel n. 2, che il valore numerù:o di un'espressione letterale varia, in genere, al variare dei valori attribuiti alle lettere (si veda anche il prossimo esempio 1. Osservazione importante. Quando si ricerca il valore numerico di una espressione letterale è evidente che per i valori assegnati alle lettere le operazioni indicate devono essere possibili, altrimenti l'espressione perde significato. Così, ad esempio, se l'espressione contiene dei divisori, questi dovranno risultare diversi da zero perché, come sappiamo, la divisione di un numero per zero non ha significato.

D

Si consideri l'espressione letterale

2ab - .2..a 3 - 3b 2 + 2c

(1)

9

e se ne calco li il valore numerico attri bu endo alle lett ere i seg uenti va lori:

b = + .2..

a = -3

2

Assegnando alle lettere i va lori ind icati , l' espressione (1) si trasforma nella segue nte espressione algebri ca numerica:

Eseguendo i calco li, si ottiene:

-3 Dunque

25 -12 è

.

1

- 9(- 27 ) -

1 4 3 4 - 9 - 16 25 3 · 4 - 3= - 3 + 3 - 4 - 3 = 12 - - 12· ·

il va lore numerico dell'espress ione (1)' quando alle lettere a, b, e si attribu i-

.

.

I

.

sco no rr spett1 vamente r va o n - 3;

1

2

+2 ; - 3·

l a stessa espressione (1), attribuendo invece all e lettere i valo ri

a= - 1

b= D

assumerebbe il va lore

Come si vede, l'esp ressione (1) ass ume, per a= - 1, b = O, e= + + , un va lore che è diverso da quello assunto per a = - 3, b =+ +,e=

-f,

in co nform ità a quanto aveva mo osservato

in precedenza . Si noti però che può accadere che, pur va ri ando i va lori dati alle lettere, un'espressione assuma lo stesso va lore. Ad esempio la (1) assu me anco ra il va lore - ;~ per a=

e=

151

- 144 oppure per a = 1, b =

109

-+,

b= - ~ . 3

- 1, e = ~ : lasciamo la ve rifica allo studente, per eserci -

zio.

Il

Da ta l'espressione

2x + y x- y

(2)

_l:2-5

Capitolo nono - Ca lcolo letterale

- - - - - - - - - -~

costruire un diagramma ad albero per il suo ca lcolo e poi, se possibile, determinarne il valore

pe r

1

2

r =y

e per

x=2 •

-, \l

Un possibile sc hema per il calco lo dell 'espress ione (2) può essere quello di fi gura 4.

y

1

_ j_

1

2

5

6

~

4

x-y

5

Fig. 4

Fig. 5

Per x = +e y = - + l'es pression e (2) si può calcolare utili zza ndo lo sc hema di fi:ura 4 che, in questo ca so, si trasfo rm a nello schema di figura 5, dal quale si ottiene il valore Cal coliamo ora il va lore della (2) per x

=

f

ey

2

=

f;

5

.

sostituendo si ottien e

2

2 -y+-y -2--27

come si può notare il denominatore diventa uguale a zero. Ri co rdando c he la di visione di un numero pe r zero non ha sign ifi cato, si co nc l ude c he per x

= 72

e y

=

2

7

l' espress ione con si-

de rata non è calcolab il e. Si può osservare c he l'espressione (2) non ha significato, e non è quindi calcolabile, quando i valori attribu ti a x e a y rendono il denominatore della (2) uguale a zero; cioè acca de quando è x = y. Per poter determinare il va lore numerico della (2) dovrà quindi essere x F y.

Monomi Definizioni

~ La più semplice espressione letterale intera è l'espressione monomia, detta anche monomio. -'si dice monomio un'espressione letterale in cui figurano solo operazioni di moltiplicazione; quindi in un monomio possono comparire anche potenze con esponente intero positivo. Poiché il monomio è una patticolare espressione letterale, esso rappresenta un numero relativo.

226 __________ C•~p_;1_ol_o_n_on_o_._c_a_lc_o_lo_l_ett_e_,a_le_

0

_ _ _ __ _ _ _ _ __

l 'espress ion e

_ ]_ab 4

è un monomio che rappresenta il prodotto tra il numero - ¾ e i fo uori letterali a e b.

D2 x

,

3

Il

L'espress ion e 3x 2 yz 3 è un monomio che rappresenta il prodotto tra il numero 3 e i fatto ri y, z 3 che sono potenze co n es ponent e pos iti vo; esso pu ò considera rsi il prodotto X·X· Y·Z

Z

Z.

Anc he l'es press ion e

7

3

x; y è un monomio, esse ndo un 'espress ion e lell erale in cui co m-

pa iono so lo moltipl icaz ioni : infatt i, per una de ll e proprietà dell a di vision e(*), si può sc rivere

7x 2y 3 7 - a - = ax 2y 3 = 0 , 875x2y 3

D

Le espressioni

a+ 2

a2 + bJ

x - 3yz

non so no monomi perché tra le operazioni indi cate fig urano add iz ioni e sottraz ion i.

2

N.B. Una espressione letterale del tipo

.!__f non è un monomio nel senso da noi definito z

perché vi è una divisione. Poiché in tale espressione è indicata una divisione tra numeri rappresentati da monomi, alcuni testi parlano in questo caso di monomio frazionario. ~

-orni ridotti a forma normale

~onsideriamo il monomio

- 2(+3)x 2y ( -

4) y z. J

3

(1)

Applicando la proprietà commutativa della moltiplicazione si può sempre far in modo che i fattori numerici precedano i fattori letterali:

- 2(+3) ( - ;

)xyy3z; 2

applicando poi la proprietà associativa della moltiplicazione sia ai fattori numerici, sia ai fattori letterali costituiti da potenze di ugual base, si può scrivere

Abbiamo in tal modo scritto il monomio (1) in /orma normale, cioè come prodotto dell 'unico fatto re numerico 8 per i fattori letterali x 2y 4z che sono potenze di differenti basi.

(*) LI proprieià cui ci si riferisce è la seguente: per dividere un prodotto per un numero si può dividere uno solo dei fanori per quel nu• mero e moltiplicare per gli altri fattori il quoziente onenuto.

_ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _C _ a~p_ito_l_ o _no_n_o_-_c_al_ co_lo_le_tte_rn_le_ _ _ _ _ _ _ _ __

227

In generale, diremo che un monomio è ridotto a forma normale quando si presenta come il prodotto di un unico fattore numerico, detto coefficiente del monomio, per delle potenze letterali con basi diverse, dette parte letterale del monomio (''). Se il coefficiente di un monom io è uguale a zero, si ha il monomio nullo.

N.B. In generale è consuetudine scrivere le lettere della parte letterale in ordine alfabetico. f.SEMl'fi Nel monomio

+ 2-a 3 bc 2

+f

5

è il coeffi ciente e a 3 bc 2 è la part e lett erale.

Nel monomio

- 8a2bJ

- 8 è il coeffi c iente e a 2 b 3 è la parte lett e ral e. Il seg no + dava nti ad un mo no mi o si può tralasc iare, così il primo dei dlle monomi cons id erati può sc ri vers i se mpli ce mente !__aJ bc 2 • 5 Così, pure, invece di sc rivere

+ l -a b 3

oppure

+ ab 3

oppure

- 1 -a 4 bc

si scr ive se mplice mente

c ioè si trascura il coeffi c iente 1 e si sc rive so lo il seg no . Vi ceve rsa, se in un monom io non figura il coeffi c iente, si sottintend e che esso sia + 1 o - 1 secondo ché il monomio è preceduto dal segno + o dal seg no - .

Monomi eguali, monomi opposti

,R Due m9nomi sono eguali quando, ridotti a forma normale, hanno lo stesso coefficiente e Thssa parte letterale. Se invece due monomi hanno la stessa parte letterale e i loro coefficienti sono numeri opposti, i due monomi si dicono opposti. Ad esempio s_ono monomi opposti. E evidente che monomi opposti rappresentano numeri opposti. Grado di un monomio

-------+-..-- terza linea

1

Come si noterà lo schema è predisposto per contenere tre linee orizzontali; nella prima linea si dispongono i coefficienti del dividendo corrispondenti alle potenze decrescenti della variabile x. Due tratti verticali precedono rispettivamente il coefficiente del termine di grado massimo del dividendo e il termine noto del dividendo. Sulla seconda linea orizzontale, alla sinistra del primo traltO...:'.erticale, si dispone il termine noto del divisore con il segno cambiato, cioè 2. Osservando la (I) si noti che, nel nostro caso è c = 2. Successivamente si «abbassa» il coefficiente del primo termine del dividendo (primo coefficiente) nel posto corrispondente sulla terza linea: 4

-5

Si ottiene in tal modo il coefficiente del primo termine del quoziente Q(x), cioè il 1° coefficiente di Q(x). Ora si moltiplica c = 2 per il primo coefficiente del quoziente, cioè 3, riportando il risultato del prodotto, cioè 6, nella seconda linea, incolonnato sotto il 2° coefficiente del dividendo:

-5

Adesso si addiziona il secondo coefficiente del dividendo, cioè 4, col prodotto prima calcolato, cioè 6, e si scrive la somma 10 nella stessa colonna su cui stanno gli addendi e sulla terza linea:

Capitolo nono • Calcolo letterale

2

Il numero IO è il secondo coefficiente del quoziente Q(x) cercato. Ora moltiplichiamo e= 2 per il 2° coefficiente del quoziente ora trovato, cioè IO, e scriviamo il prodotto ottenuto, cioè 20, nella seconda linea sono il terzo coefficiente del dividendo; addizioniamo questi due ultimi numeri incolonnati, scrivendo la somma nella stessa colonna e nella terza linea: --

Il numero 15 è il terzo coefficiente del quoziente Q(x) cercato. Infine moltiplichiamo e = 2 per il terzo coefficiente del quoziente scrivendo il prodotto, cioè 30, nella seconda linea, incolonnato sotto il rennine noto 7 del dividendo. Addizionando questi due ultimi numeri e riportando la somma in colonna nella terza linea, si ottiene il resto della divisione, cioè 37 e le nostre operazioni hanno termine:

Il primo, secondo e terzo coefficiente del quoziente sono rispettivamente 3, 10 e 15; poiché

il dividendo è un polinomio di terzo grado e il divisore è di primo g\-ado, il quoziente Q(x) risulta un polinomio di secondo grado (osservazione 1 del n. 56) e quindi avremo

Q(x) = 3x2 + !Ox+ 15 R = 37. Come si è detto nel n. 53 il grado del resto è minore del grado del divisore; quando si applica la regola di Ruffini il divisore è di primo grado e quindi il resto ha necessariamente grado zero, cioè è un numero. Riproponiamo ora lo schema visto con a lato la divisione eseguita con la regola generale vista nel n. 54. Lo studente confronti i numeri che via via si scrivono nello schema della regola di Ruffini con i coefficienti dei risultati parziali nella divisione con la regola generale. 3

2

4

- 5

6

20

l__1_0 ~

1L . . 0

i

Coefficienti del quoziente

3x 3 7

.

30

1=5 1

QIJ

i

resto

+ .'!_x 2 -

5x + 7

2

10x - lx + 7 - 10x 2 + 20x

=15x+ •7 - l5 x+ 30

. .

37

x- 2 3 •x 2

+ -!O x+ =I5

\

268-__________c _a p_it_o_lo_n_o_no_ -_c_a_lc_o_lo_le_tt_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

l

A(x) =3x 3 +4x 2 -5x+ 7 B(x) = x - 2

(dividendo) (divisore) (quoziente) (resto)

2

Q(x) = 3x + lO x+ 15

R = 37

,è-Riassumiamo quanto visto nel paragrafo precedente, enunciando la seguente \._

Regola di Ruffini. Se si divide un polinomio di grado n, ordinato secondo le potenze decrescenti di x per il binomio x - c, il quoziente è un polinomio di grado n - I, i cui coefficienti si trovano nel seguente modo: il primo coefficiente è uguale al primo coefficiente del dividendo e ogni coefficiente successivo si ottiene moltiplicando il coefficiente precedente per c, e aggiungendo al prodotto il coefficiente del dividendo che ha lo stesso posto. Il resto della divisione si ottiene moltiplicando per c l'ultimo coefficiente del quoziente e_aggiugendo al prodotto l'ultimo coefficiente (o termine noto) del dividendo. Osservazione. Nel caso in cui il dividendo non è un polinomio completo, si dovrà, nella prima riga dei coefficienti dello schema, mettere Oal posto dei coefficienti dei termini mancanti.

EMP.

D

Determinare, co n la regol a di Ruffini , il quoziente ed il resto della di visione tra il polino~

mio

2x 4

x3

-

-

5x 2

-

8

e il binomio x + 3. Osserv iamo inn anzitutto che è X

e quindi , in questo caso è in x si ha:

+3

= X- (-3)

e= - 3. Dopo aver osse rvato che il dividendo manca del termine

termine noto del divisore ca mbiato di segno

~

-3

- 1

-5

o

-8

- 6

21

- 48

144

-7

16

- 48

136

Poiché il dividendo è di 4° grado e il divisore di 1° grado, il quoziente è di 3° grado ed è il polinom io

2x 3 - 7x 2 + 16 x- 48. Il resto della divisione è 136.

Il

Determinare quoziente e resto della division e tra il polinomio

x3

-

x 2 + 3x -3

e il binomio x - 1. In questo caso si ha:

- 1

-3

o

o

Jl quoziente è pertanto

Q(x) = 1 • x 2 +O• x + 3 = e il resto è O.

x' + 3

_ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _c_a~p;_ 1o_lo_n_o_n_ o _- _C_al_co_lo_le_11e_r_al_e_ _ _ _ _ _ _ _ _~

I

Po iché abb iamo o ttenuto resto ugua le a O, all ora il polinomio x.3 - x 2 per x - 1 e il quoziente esatto è x 2 + 3; possia mo perciò sc ri ve re:

(x

3

-

x + 3 x - 3) : (x - 1) = x + 3 ~ 2

2

x3 -

x + 3x - 3 = 2

(x 2

+ 3x -

3 è

,26'§

i vis ibil e

+ 3) (x - 1).

,,.( Quando il coefficiente del termine di primo grado nel binomio «divisore» è diverso da

-;i'. ·può applicarsi ugualmente la regola di Ruffini ricordando la proprietà invariantiva della divisione. Dovendo, per esempio, dividere il polinomio intero P(x), per il binomio del tipo ax - b si applica quindi la proprietà che dice: se si moltiplica o si divide il dividendo e il divisore per uno stesso numero, diverso da zero, il quoziente non cambia ·ed il resto rimane moltiplicato o diviso per quel numero diverso da zero. Il quoziente Q(x) della divisione tra P(x) e ax - b potrà quindi ottenersi calcolando

[P(x); a] : [(ax - b) : a] ---, [P(x) : a] : ( x -

!),

cioè per trovare Q(x) si divide il dividendo P(x) e il binomio divisore ax - b per il coefficiente a, poi si trovano i coefficienti del quoziente applicando la regola di Ruffini; se vi è un resto, lo si moltiplica per a e si ha il resto della divisione data. L~ Si debba ca lco lare il quoz iente Q(x) ed il resto R dell a di visione tra

P(x)

=

x3

+

8x 2

il po li nomio

+ 6x - 4 ed il binomio 2x + 3.

Per la prop ri età pr"ima ri co rdata, se dividi amo di vid endo e divi so re pe r ( + 2), coe ffi ciente del termine di primo grado del divisore, il qu oz iente non cambia ed il resto, se c'è, risulterà in vece divi so anch 'esso per ( + 2) . Avremo quindi che Q (x) si pu ò ottenere calco lando 3

2

(+x + 4x + 3x - 2): (x + f) e, detto R1 il res to di quest'u lti ma di vision e, bas terà ri co rdare che è R1

= R : ( + 2)

per avere

R = R1 (+2). Si avrà così lo sc hema

1

2

-2

4

3 4 1

13

2

4

39 8

45 + 16

15 8

13 + 16

da cui

Il teorema del resto

rD Come abbiamo già detto nel n. 50, se un polinomio A è divisibile per un polinomio B,

Ìi Dv ___________c_ap_it_o_lo_n_o_no_-C_a_lc_o_lo_l_ett_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ allora A è trasformabile nel prodotto di due fattori (il quoziente esatto Q e il divisore B):

A=Q-B. Dato un polinomio A(x) , la conoscenza di un divisore B(x) è quindi utile per potere scomporre il polinomio dato in fattori, argomento di cui ci occuperemo nel paragrafo n. 81 e seguenti. In qualche caso è possibile scoprire un divisore di primo grado, del tipo (x - e), grazie al seguente impattante teorema. Teorema del resto. Il resto della divisione di un polinomio A(x) per il binomio (x - e) è uguale al valore che il polinomio A(x) stesso assume quando alla variabile x si sostituisce il numero e, cioè il termine noto del divisore cambiato di segno.

Detto R il resto della divisione tra il polinomio A(x) e il binomio (x - e) si ha dunque

R=A(c). Si ricordi, come già è stato osservato, che nel caso che il divisore sia un binomio di primo grado, il resto è un polimonio di grado zero, cioè un numero. Per la dimostrazione ragioniamo come segue. Detti Q(x) e R il quoziente ed il resto della divisione di A(x) per x - e (ottenuti, ad esempio con la regola di Ruffini) si ha (n. 53) A(x) = Q(x) · (x - e) + R. Taie uguaglianza deve valere per qualsiasi valore attribuito alla variabile x. Pertanto se si sostituisce alla x il numero e si avrà la seguente uguaglianza numerica: A(c) = Q(c) · (e - e)+ R;

essendo, ovviamente, Q(c) · (e - e) = Q(c) ·O= O, si ottiene A(c) =R,

cioè, come si voleva dimostrare, si ottiene che il resto è dato dal valore del polinomio per x = c. c.v.d.

D

Calcolare il resto della divisione del polinomio

A(x) = 3x 3 + 4 x 2

5x + 7

-

per il binomio (x - 2). In base al teorema del resto possiamo subito afferma re che è

R=A(2 ) = 3 · 2 3 + 4-2 2 -5- 2 +7= 24+ 16 - 10 +7 =37, senza dove r eseguire la divi sio ne. Nel n. 58 aveva mo determinato quozi ente e resto della stessa divisione ed avevamo trovato

anc he allora R = 37.

Il

Determinare il resto della divisione del polinomio

A(x) = 2x 4 per il binomio

x + 3.

Essendo x + 3

=x-

-

x3

-

5x 2

-

8

(-3), ca lco li amo il va lore del polinomio A(x) per x = -3, cioè per x

uguale al va lore del termin e noto, cambiato di seg no, del divisore:

R = A(-3) = 2(-3) 4

-

(-3) 3

-

5(-3) 2 - 8 = 162 + 27- 45 -8 = 136

come avevamo trovato nel n. 59 (esempio 1 ), ma dopo

aver fatto la division e.

Capitolo nono • Calcolo letterale

_

.,

2:z{;

m-Riepilogando quanto ~ r~ecedente, p sia~ concludere che : un fc;'"linomio P(x) è divisibile per x - a è P(a) = O, dovendo essere nullo il resto della loro divisione. Viceversa, se P(a) = O, essendo nullo il resto della divisione tra P(x) ex - a, il polinomio P(x) è divisibile per x - a. Si può così concludere che condizione necessarù, e sufficiente affinché un polinomio P (x) sia divisibile per il binomio x - a~

è che il polinomio si annulli quando ad x si sostituisce il termine noto del divisore cambiato di

segno. In simboli

0

Verifica re che il polinomio

A(x)

=x3 -

x' + 3x - 3

è di visibi le per (x - 1). Appli cando il teorema del resto è poss ibil e ve rifi ca re quanto ri chiesto anc he senza eseg uire la di visione; ba sterà calcolare R = A{l ) e verifi ca re che tale resto è uguale a zero:

R = A(l ) = 1 3 - 1 2 + 3 · 1 - 3 = O.

li

Verifi ca re che il pol in omi o P(x) = x 3 + 2x 2 + x + 2 è divi sibil e per il bin om io x App licando il teorema del resto, basterà ver ificare che è P(-2) = O. In fatt i è

+ 2.

P(- 2) = (- 2) 3 + 2(-2) 2 + (-2) +2 = - 8 +8- 2 + 2 = O.

1J

D etermina re il va lore di K in modo che il polinomio

P(x)

= 2 x' + x + K -

1

sia divi sibile per (x - 1 ). Il resto R = P( l ) dovrà esse re null o:

P(l ) = O -

2 · 12 + 1 + K - 1 = O-

K + 2 = O-

K = -2.

Si con clude che P(x) è divisibile per (x - 1) se è K = - 2.

RJ,Consideriamo ora il caso in cui nel binomio di primo grado, che figura come divisore, il coefficiente della lettera ordinatrice sia diverso da 1. Si voglia calcolare il resto R della divisione del polinomio P(x) per il binomio ax b. Detto Q(x) il quoziente ed R il resto, se c'è, si deve ottenere, come al solito,

+

P(x)

= (ax+b) · Q(x) + R.

Ponendo x = - !_ si ha a

cioè

P(-! )=(-b+b)·Q(-! )+R,

Capitolo nono - Ca lcolo letterale

2

da cui, essendo (-b + b) = O, si ha

0

Dire se il polinomio P(x) Calcoliamo

= 3x 3

-

2x 2

+ Sx + 4 è divisibi le per 2x -

1.

p(.!...) = 3 · 2._ - 2 · 2._ + 5 · 2- +4 = 2_ - 2._ + 2-+4 = ~. 2 8 4 2 822 8 Poiché il resto della divisione è

Il

51 8

f=. O, P(x)

non è divisibile per 2x - 1.

Calcolare il resto della di visione tra il polinom io P(a) = 2a 4

-

b 2 a2

+ 3b 3 a - b4

e il bino-

mio - 3a + 2b. Si ha

Divisibilità di x' - a' per x ± a ....., 1 a

~

differenza di due potenze di ugual grado è sempre divisibile per la differenza delle

Vogliamo dimostrare che la differenza x' - a', che è un polinomio di grado n rispetto alla lettera x, è divisibile per la differenza delle basi x - a. Per verificarlo basta applicare il criterio del n. 62, cpe è una conseguenza del teorema del resto. Sostituendo nel dividendo P(x) = x' - a' alla lettera x la lettera a, si ottiene R = P(a) = a' - a'= O; il resto è zero, quindi x' - a' è divisibile per x - a. Con la regola di Ruffini possiamo determinare il quoziente. Abbiamo il quadro:

o

o 02

quindi il quoziente è x•- 1 +ax•- 2 +a 2x•-J + ...+a•- 1 cioè il quoziente tra x' - a• e x - a è un polinomio di grado n - 1, completo, omogeneo, ordinato secondo le potenze decrescenti di x e crescenti di a, con tutti i coefficienti uguali ad I. Si ha così l'uguaglianza

-----------'----------- -- - - - - - - 2..Z:3 1-=-Capitolo nono • Calcolo letterale

e in particolare

x 2 -a 2 = (x-a) (x+a) x 3 - a3 = (x - a) (x 2 +ax +a2) x 4 - a4 = (x - a) (xl+ ax 2 + a2x + al) x 5 - a 5 = (x- a) (x 4 + axl +a 2x 2 + alx + a4) .

L.'1\il

D

x 3 - 125 = x 3 - 5 3 = (x - 5) (x 2 + 5x + 25)

D

8x 3

D

1 = 1 =( 1 - 2a)[l 4 + 1 3 2a + 1 2 (2 a) 2 + 1 •(2a) 3 +( 2a) 4 ] = = (1 - 2a) (1 + 2a + 4 a 2 +8 a 3 + 16 a 4 )

D

81 a• - 16 = (3a 2 ) 4 - 2 4 = (3 a 2 - 2) [(3 a 2 ) 3 + (3 a 2 ) 2 · 2 + (3 a 2 ) -2 2 + 2 3 ] = = (3 a 2 - 2) (27a 6 + 18a 4 + 12a 2 + 8)

I

-

1 = 23x 3

-3 2a 5

-

1 3 = (2 x) 3

-

1 3 = (2x - 1)(4 x 2 + 2 x + 1)

-(2a) 5

RII La differenza di due potenze di ugual grado è divisibile per la somma delle basi solo

~

o l'esponente è pari. Consideriamo la differenza x" - a" e ricerchiamo se è divisibile per la somma delle basi x +a. Basterà calcolare il resto della divisione, sostituendo nel polinomio dato alla x il valore - a, il che dà per il resto il valore

R = (-a)"-a" . Qui occorre distinguere il caso di n pari da quello di n dispari. Per n pari si ha (-a)" =a" e risulta

R = a" - a"= O. Per n dispari si ha (-a)"

= -a" e risulta R = -a" - a"

= -2 a" e/ O.

Quù1di solo nel caso che n sia pari la differenza x" -a" è divisibile per x + a. Il quoziente si determina con la regola di Ruffini: applichiamola, per trovare, per esempio, il quoziente di x 6 - a6 per x +a.

-a

o

o

o

o

o

-a

a2 a2

-al

a4

-al

a4

- a5 -a5

-a

- a6 a6

o

quindi il quoziente è x5 -ax 4 +a 2xl -alx 2 +a 4x-a 5 .

In generale il quoziente tra x" - a" e x + a (quando n è pari) è un polinomio di grado n - I completo, omogeneo ordinato secondo le potenze decrescenti di x e crescenti di a con i coefficienti alternativamente +I e - 1.

4

Capitolo nono· Calcolo letterale

\ •Abbiamo dunque, in particolare, le seguenti formule: x 2 -a2=(x + a)(x - a)

x4 - a4 = (x + a) (x3 - ax 2 + a2x - a3 ) x 6 - a6 = (x + a) (x 5 - ax 4 +a2x 3 - a3x 2 +a4x - a5 ) . x 11

-

a11 = (x + a) (xn- l - ax 11 - 2 + a2xn-J - ... - an- l) con n pari.

D

16x 4 - 81 =( 2x) 4 - 3 4 =( 2x + 3)[(2x)3 -(2x) 2 3 + 2x 3 2 - 3 3 ]=

D

a8

I

= (2x + 3) (8 x 3 - 12x 2 + 18x - 27) -

b 4 e 12

= (a 2 ) 4 -

(be 3 ) 4

= (a 2 + be 3 ) (a 6 -

a4 be 3 + a 2 b 2 e 6

-

b3 e 9 )

Osservazione. Dai n. 64 e 65 possiamo dedurre che la differenza di due potenze, di ugual grado, con esponente pari è divisibile sia per la differenza che per la somma delle basi: essa può sempre considerarsi come differenza di due quadrati e rendersi perciò uguale al prodotto della somma delle basi per la loro differenza.

Così l'esempio 1, prima con siderato può dar lu ogo anche al seguente prodotto:

I

16x 4 - 81

9 2 = (4x 2 + 9) (4x 2 - 9) = (4x 2 + 9) [( 2x) 2 = (4 x 2 + 9) (2x +3) (2x -3) .

= (4x 2 ) 2 -

-

3 2} =

Divisibilità di x" +a" per x ± a

..l,,La somma di due potenze di ugual grado non è mai divisibile per la differenza delle ba{f.\l Consideriamo infatti la somma x" +a" e ricerchiamo se è divisibile per la dÙierenza delle basi x - a. Basterà calcolare il resto della divisione sostituendo alla x il valore a·

R = a"+ a"= 2a" che non è mai zero, essendo owiamente a cJ O; quindi x n + a n non è mai divisibile per x - a.

L i

a somma di due potenze di ugual grado è divisibile per la somma delle basi solo ndo l'esponente è dispari.

Consideriamo la somma x" +a" e ricerchiamo se è divisibile per la somma delle basi x +a. Basterà calcolare il resto della divisione sostituendo alla x il valore - a:

R= (- a)"+ a". Risulta che senèpari se n è dispari

(-a)"= a" (-a)"= - a"

edè ed è

R=a" +a" =2a"c/ 0 R = -a" + a"= O;

quindi solo nel caso che n sù1 dispari la somma xn + a n è divisibile per x + a.

Capitolo nono - Calcolo letterale

--225

Ricerchiamo il ~uoziente con la solita regola di Ruffini nel caso che si voglia dividere, per esempio, i + a per x + a. Procedendo nel modo consueto si ha

-a

o

o

o

o

al

-a -a

a2

-al

a4

-al

ai

-al

a4

o

quindi il quoziente è x4 -axl +a 2x2 -alx+a 4 • In generale, il quoziente di x" + a" per x + a, quando n è dispari; è un polinomio di grado n - 1, completo, omogeneo, ordinato secondo le potenze decrescenti di x e crescenti di a con i coefficienti alternativamente +l e -1. Abbiamo in particolare le seguenti formule: xl +al= (x+a) (x 2 -ax+a 2 ), xl +al= (x+a) (x4 -axl +a 2x 2 -a 3x+a 4 ),

x" +a"= (x+a) (x"- 1 -ax•- 2 +a 2x•- l - ... +a"- 1) con n dispari.

D

27x 3 + 1 =(3 x) 3 + 1 =(3x + 1)(9x 2 -3x+ 1).

Il

x

D

a5

I

3

+iy

6

=x

32b 10

3

3 2

=

)

(x ++r )(x -}xr +{r

(2b 2 ) 5

2

2

+ = (a+ [a 4 - 2a 3 b 2 + 4a 2 b 4 - 8ab 6 +

a5

+ = =(a+ 2b 2 ) (a'

I

+(+r

2b 2 )

a 3 • 2b 2 16b 8 ).

2

+

4

).

a 2 (2b 2 ) 2 -

a(2b 2 ) 3 + (2b 2 ) 4]

=

,,



Nel capitolo 3, n. 21 ci siamo occupati della scomposizione di un numero in fattori prii, cioè della trasformazione di un numero nel prodotto di due o più fattori che non siano ulteriormente scomponibili. Un'operazione analoga può farsi con i polinomi e si parla, in tal caso, di scomposizione di un polinomio in fattori; numerose sono le applicazioni di una tale operazione che, quindi, riveste una grande importanza nel calcolo algebrico. Scomporre un polinomio in fattori significa trasformare il polinomio, cioè una somma algebrica di più monomi, nel prodotto di altri polinomi, di grado inferiore a quello del polinomio considerato, tra i quali può esserci anche un monomio. Per esempio, se eseguiamo il prodotto tra il monomio 2a 2b e i polinomi 2a + 3b e b- a, si può scrivere la seguente uguaglianza

2a 2b(2a+3b) (b-a)

= -4a 4b-2alb 2 +6a 2b3,

che, per la proprietà simmetrica dell'uguaglianza, può leggersi da destra verso sinistra, dando luogo all'uguaglianza

- 4a4b-2a 3b2 + 6a 2b3

= 2/b(2a +3b) (b- a) .

(1)

Il polinomio + risulta così scomposto nel prodotto di tre fattori. ,Il primo fattore è il monomio 2a 2b che, come tutti i monomi, è anch'esso, a sua volta, il prodotto

-4a 4b-

2a lb 2

6a 2b

276 ___ _______c _a p_it_o_lo_n_o_n o_-_C_a_lc_o_lo_l_ett_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ di fattori che non sono ulteriormente scomponibili !/attori irriduahi/1):

2a2b= 2· a·a·b. Solitamente, però, il monomio si scriverà nella forma più compatta possibile e quindi non scomporremo ulteriormente il monomio 2a2b. Gli altri due fattori sono di primo grado ed è quindi evidente che ciascuno di essi non può essere ulteriormente scomposto nel prodotto di altri polinomi. Potremo dire quindi che con la (I) il polinomio, posto al primo membro, è stato scomposto in /attori irriduczhili (*). Diciamo però subito che non è affatto semplice, in generale, stabilire se un polinomio è irriducibile o non lo è. Ad esempio, il polinomio di secondo grado x

2

+1

è irriducibile: non esistono polinomi di grado inferiore, cioè di primo grado, il cui prodotto dia x 2 + 1, anche se non è immediato provarlo (vedi n. 76). Non sempre poi, anche se possibile, è facile riuscire a scomporre un polinomio in fattori, tanto pitl che non esistono regole generali, atte allo scopo e valide per un qualsiasi polinom10. Indicheremo, nei prossimi paragrafi, mediante alcuni esempi i procedimenti che più comunemente si adoperano per scomporre un polinomio in un prodotto di fattori; solo la pratica, però, suggerirà allo studente quali procedimenti saranno necessari nei diversi casi.

m La scomposizione di un polinomio in fattori è pariicolarmente utile per semplificare le frazioni algebriche, cioè frazioni che hanno polinomi per termini, per sommare frazioni algebriche e per risolvere equazioni di grado superiore al primo. Osservazione. Come già abbiamo detto, ·considereremo come coefficienti dei monomi solo numeri razionali; cioè, in questo volume svilupperemo il calcolo letterale nell'insieme Q dei numeri razionali.

Segnaliamo però che un polinomio irriducibile in Q può risultare riducibile nell'insieme R dei numeri reali. Un classico esempio in tal senso è dato dal binomio. x2 -

2

che non è riducibile in Q, ma lo è in R poiché, come si può facilmente verificare, si ha: x2 - 2

= (x + .fi.) (x -

.fi.).

Raccoglimento totale a fattore comune

ElJ La più semplice operazione di scomposizione di un polinomio in fattori consiste nèl mettere ùz eviden1.11 i fattori comuni a tutti i termini di un polinomio. Questo tipo di scomposizione è detta raccoglimento totale a fattore comune (**) o semplicemente racco·glimento totale e si applica quando tutti i termini del polinomio hanno in comune un monomio fattore.

(*) Un polimonio è irriducibile se non è possibile scomporlo nel prodouo di polinomi di grado inferiore; in caso romrario sì dice ridua~

M,.

('°"*) Nel paragrafo n. 36 del capitolo 5 abbiamo già accennato al raccoglimemo a fattore comune.

____________ C•~p_ito _ l_o _no_n_ o _·_C_al_co_lo_l_et_te_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _

277

Il raccoglimento totale si basa sulla proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all' addizione; indicando con A, B, C tre generici monomi (che in particolare possono essere tre numeri) è noto che si ha

A(B+C) =AB+AC o, il che è lo stesso per la proprietà simmetrica dell'uguaglianza,

AB+AC=A(B+C)

(I)

Quest'ultima uguaglianza ci dice che il polinomio (AB+ AC) è stato scomposto nel prodotto di due fattori: il monomio A e il polinomio B + C; si suol dire allora che si è raccolto, o messo in evidenza, il fattore A comune ai termini del polinomio (AB + AC). Si noti che il fatto re A è un divisore comune dei termini AB e AC del polinomio (AB+ AC) e che il polinomio (B + C) è il quoziente della divisione tra il polinomio (AB+ AC) ed A; infatti (AB+AC): A = AB: A +AC: A = B+ C. Quindi

(AB+AC): A= B+ C---, AB+AC = A(B+C). Si può perciò dare la seguente regoÌa:

se tutti i termini di un polinomio sono divisibili per uno stesso fattore, allora il polinomio è uguale al prodotto di quel /attore per il polinomio quoziente della divisione tra il polinomio dato e quel fattore. Nel caso esistano più monomi divisori comuni di tutti i termini di un polinomio, è di solito conveniente raccogliere quello di grado massimo (*). Si noti infine che la (I) può owiamente essere generalizzata:

AB+AC +AD =A(B+ C+ D) AB+AC +AD+AE =A(B +C +D+E) e così via. In alrnni casi, come si vedrà dagli esempi che seguono, il fattore A può anche essere un polinomio.

D

Scomporre in fattori il polinomio

2x 2

+ 6xy.

Osserviamo che il monomio 2x è un fattore comune ai due termini 2x 2 e 6xy del polinomio dato. In base all a regola sopra esposta avremo:

2x 2 + 6xy

= 2x[( 2x 2 + 6xy), 2x] = 2x[2x 2 , (2x ) + 6xy, (2x)] = 2x(x + 3 y).

Il polinomio 2x 2 + 6xy è stato quindi scomposto nel prodotto di 2x (i l fattore comune che è stato messo in ev idenza) per il fattore (x + 3 y) che è il quoziente dell a divisione

(2x 2 + 6xy ) , (2x ).

(*) Questo monomio è il massimo comune divisore (MCD) dei tennini del polinomio; se questi tennini hanno coefficienti interi il monomio

MCD avrà per coefficieme il massimo comune divisore dei coefficienti.

278 __________c_ap_it_o_lo_no_no_._C_a_lc_o_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ N.8. È ev idente che se si mol ti pl ica no tra loro i due fattori in cui è stato sco mpo sto il polino mio dato si dovrà ottenere proprio qu esto po lino m io. È sempre utile effettuare questa verifica , anche solo 11: mentalmente-., spec ie le prime vo lte. Osservazione. Volendo, per scomporre, si pu ò applica re direttamente la (1), operando com e

segue:

2 x 2 + 6 x y = 2x x + 2 x -3y = 2x(x +3 y ).

l

l

l

l

l l

l

A - B + A · C = A ( B + C)

D

Scomporre in fattori il polinomio

a3 + a4. I termini a3 e a 4 del polinomio so no di visibi li sia per a, sia per a 2 , sia per a 3 ; raccogliamo il fattore co mune a3 , che è il divi so re di grado ma ss imo comune ai du e termini del polinomio:

a3 + a

4

= a 3 (a 3 : a 3 + a 4 : a 3 ) = a 3 (1 + a).

Volendo appl ica re d irettamente la propr ietà di stributi va (1) si può an c he o perare cos ì:

a 3 + a4 = a 3 1 + a 3 . a = a 3(1

+ a)

lllllll A · 8 + A · C = A(B + C)

Il

Scomporre in fattori il po linomio 12 x 4 y 3 - 4 xy 4 -L8x 3 y 2 .

Mettiamo in evidenza il fattore 4xy 2 che è co mune a tutti i termini del polinomio dato:

12 x 4 y 3 - 4xy 4 - 8x 3 y 2 = 4xy 2 [12x 4 y 3 , (4xy 2 )

= 4xy 2 (3 x 3 y -

4xy 4 , (4xy 2 )

-

-

8x 3 y 2 , (4xy 2 )1

y 2 - 2x 2 ) .

0 fb + 3 + 9b 2 = 3 --¾-b + 3- 1 + 3-3b 2 = 3(-¾-b + l + Jb' )·

Il

Scomporre in fattori il po linom io

(x Pon iamo x

+y

+ y)a + (x + y)b 2 .

= p ed av remo quindi (x + y) a + .._,__, (x + y) b .._,__, p

risost ituendo x

+

2

= pa + pb 2 = p(a + b 2 );

p

y al posto di p av remo:

(x + y ) a + .._,__, (x + y ) b .._,__,

2

= (x + y ) (a + b 2 ) .

p

In questo caso, come si nota, il fattore co mune è il binomi o (x

+ y ) + 3(x +

y ) = (x +

+ y).

y) (2x + 3).

0

2 x (x

D

2(a + b)' + 4(a + b) 2 + 8(a + b) = 2(a + b) [(a + b) 2 + 2(a + b) + 41 = = 2(a+ b) (a 2 + 2ab + b 2 + 2a + 2b + 4).

El

x n+ l

+ x = xn • x + x = x • x n + x • 1 = x ( x n + 1 ),

con n E N.

Raccoglimento parziale

BI Se non vi è alcun fattore comune a tutti i termini di un polinomio non è possibile il raccoglimento a fatto re comune totale, visto nel precedente paragrafo. Talvolta può però accadere che vi siano fattori comuni in gruppi di termini; dopo avere raccolto in tali gruppi i rispettivi fattori comuni, può succedere che si possa poi effettuare un raccoglimento a fattor

_ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _C_•~p;_to_lo_n_o_no_-_C_al_ co_lo_le_«e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

279

comune totale. In questi casi si parla di raccoglimento parzzale di un /attore comune o semplicemente di raccoglimento parziale. Ad esempio, se il polinomio è del tipo

ax+ bx +ay + by, L_l

L.J





si può mettere in evidenza, nei primi due termini, il fattore comune x e, negli ultimi due termini, il fattore comune y:

ax + bx+ay +by= x(a + b) + y(a + b). Mettendo ora in evidenza il fattore (a+ b) avremo:

ax+ bx +ay +by= (a+ b) (x + y).

D ~ 2 - g + ~-J'.= 2x(3x-; 1)+ y(3: - 1) = (3x- 1) (2x + y). D ax + 2 bx - ay - 2 by = x(a + 2b) - y(a + 2 b) = (a+ 2 b) (x - y); oppure

=

=





*

*

ax + 2 bx - ay - 2 by = a(x - y) + 2 b(x - y) = (x - y) (a+ 2 b ).

I risultati ottenuti coincidono per la proprietà commutat iva della moltiplicazione.

Il

x 2 - x - xy + y = x(~) - y ( ~) =( x - l )(x - y).

*

*





Si noti che nel 3° e 4° term ine del polinomio da to è stato necessario raccogliere - y; se infatti avessimo raccolto + y av remmo ottenuto x(x - 1) + y( - x + 1) e non av remmo potuto raccogl iere ulteriormente.

O

3a 2 + 6ab + 3a 2 x + 6abx =

(raccog liamo 3a a fattore co mune) (raccog li amo pa rzia lmente)

= 3a(a+ 2b + ax + 2bx) = = 3a[a(1 + x) + 2b( l + x) j =

(raccog li amo 1 +

xa

fattore co mune)

= 3 a[( l + x) (a+ 2 b)j = 3 a(l + x ) (a+ 2 b).

Il

ax + ay + 2 by + 2 b +a+ 2bx = (raccog liamo parzialmente a nel 1°, 2°, 5° term ine e 2 b nei resta nti termini )

= a(x + y + 1) + 2 b(y + 1 + x) =

(raccog li amo tota lmente x

+ y + 1)

= (x + y + 1) (a+ 2 b).

Scomposizioni di polinomi in fattori mediante i prodotti notevoli

ID

I prodotti notevoli che abbiamo studiato precedentemente possono essere utili per la scomposizione dei polinomi in fattori. Naturalmente le uguaglianze che abbiamo dedotto studiando i prodotti notevoli dovranno essere applicate in senso inverso, come risulterà evidente nei prossimi paragrafi.

Trinomio sviluppo del quadrato di un binomio

BI Sappiamo che il quadrato di un binomio è dato dalla formula (A +B)2 = A2 +2AB+B 2 .

280 __________C~•p~;1_o_lo_n_o_no_-C_a_lc_o_lo_l_ett_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ Per la proprietà simmetrica dell'uguaglianza avremo perciò (I)

La (1) esprime la seguente regola:

un trinomio /armato dalla somma dei quadrati di due monomi e del doppio del loro prodotto è uguale al quadrato della somma algebrica dei due monomi. Per riconoscere se un trinomio è lo sviluppo del quadrato di un binomio occorre: 1) individuare i quadrati dei due monomi e le relative basi; 2) calcolare il doppio del prodotto di queste basi controllando che esso risulti il restante termine del trinomio. Nella pratica se il doppio prodotto 2AB ha un coefficiente negativo i monomi A e B, basi dei quadrati, avranno coefficienti di segno opposto; se invece 2AB ha coefficiente positivo i monomi A e B avranno coefficienti dello stesso segno.

0

Scomporre in fattori il trinom io:

4 x 2 + 12xy + 9y 2 . Si riconoscono subito i du e quadrati: A2

= 4x 2 = (2x) 2

--+

A = 2x.

8 2 = 9y 2 = (3y) 2

~

8 = 3y.

Control liamo ora che il term ine 12xy sia effettivamente il doppio prodotto:

2A8 = 2•2x-3y = 12xy. In base alla (1) possiamo qu indi concl udere che è:

4x 2 + 12xy + 9y 2 = (2x) 2 + 2 • (2x) (3y) + (3y) 2 = (2x + 3y) 2 .

J

A2

J

J

J

+2

A

8

J

+ 82

J

J

= (A + 8 ) 2

Si noti che, effettivamente, il trinomio è stato scomposto in fattori:

4x 2 + 12xy + 9y 2 = (2x + 3y) 2 = (2x + 3y) (2x + 3y) Potevamo anche procedere cos ì: A 2 = 4x 2 = (- 2x) 2

82

--+

A = - 2x

= 9y 2 = (- 3y) 2 ~

8 = -3 y

2A8 = 2(- 2x) (-3y) = 12xy e perc iò

4x 2 + 12 xy + 9 y 2 = (- 2x) 2 + 2(- 2x) (-3 y) + (- 3 y) ' = (- 2x - 3 y) 2 .

J

J

+ 2·A

8

J

A2 Come è noto, risulta infatti (2x

lii

+ 3 y) 2 =

(- 2x - 3 y) 2 .

Scomporre in fattori il trinomio

9a 2 + 4b 2

-

12ab.

J

+

82

J

J

=( A + B) 2

___ ____ G_ ( :_f::)~ 111, Cap;1olo nono - Ca lcolo letterale,P6

-

2

Si riconoscono subito i due qu adrat i, le cui ba si si dovranno considera re con coeffi cienti di seg no opposto, affinché il doppio prodotto abbia coeffic iente negativo:

A2 = 9a 2 = (3a) 2 ~

A = 3a

8 2 = 4b 2 = (-2 b) 2 ~ B = - 2b. Co ntrolli amo ora che il termine - 12ab sia effettivamente il dop pio prodotto: 2AB = 2 3a(- 2b) = - 12ab.

In base al la (1) possiamo perc iò concludere:

9a 2 + 4b 2

-

12ab = (3a) 2 + (- 2b) 2 + 2(3a) (- 2b) = (3 a - 2b) 2 ;

l

l

A2

l

82

+

l

l

+ 2 -A

l

B =

l

(A + 8) 2

oppure, il che è lo stesso:

9a 2 + 4b 2 - 12ab = (-3a) 2 + (2 b) 2 + 2( -3 a)·(2b) = (-3a + 2b) 2

l

l

A2

+ 82

l

l

l

+2

A

B =

l

l

(A + B) 2

N.B. Nel seguito eseguiremo la scomposizione in uno solo dei due modi possibi li .

O

x 2 +2x+ l = (x) 2 + 2 -x- 1 + 1 2 = (x+ 1) 2 .

D Il

1 - 4x 2 a 2 + 4x 4 a 4 = 1 2 + 2 - 1 - (-2 x 2 a 2 ) + (- 2x 2 a 2 ) 2 = (1 ~ 2x 2 a 2 ) 2 . a4m

+ 2a2m+ n + a 2n = (a2m)2 + 2 . a 2m. a n + (an)2 = (a2m + a")2.

Ili ax 2 + 4ay 2 + 4axy = a(x' + 4 y 2 + 4xy) = a(x +

2y) 2 •

Osservazione. Così come abbiamo fatto in quest'ultimo esempio si noti che, in generale, il raccog lim ento a fattore comune tota le è, se poss ibile, la prima sco mposizion e da esegu ire per sco mporre un po linom io.

~ -m

Polinomio sviluppo del quadrato di un trinomio

-------

Sappiamo che è (A + B + C) 2 = A 2 + B2 + C2 + 2AB +2AC + 2BC e quindi, per la proprietà simmetrica dell'uguaglianza avremo: (I)

La (1) esprime la regola:

un polznomio formato dalla somma dei quadrati di tre monomi aumentata del doppio prodotto di ciascun monomio per ognuno dei seguenti è uguale al quadrato del trinomio somma dei tre monomi.

O

x 4 +y 2 + 1 +2x 2 y+ 2x 2 +2 y= (x 2 ) 2 +( y) 2 +( 1) 2 + 2x 2 y + 2x 2 1 +2y- 1 = =(x 2 + y + 1) 2 ;

si è appli cata la (1) avendo posto A = x 2 , 8

fl

=

y, C

=

1.

a 2 +9 b 2 + 4 c 2 - 6ab - 4ac + 12bc = (a) 2 + (-3b) 2 + (-2c) 2 + 2 -a(-3b)+ + 2a(- 2c) + 2(-3b) (- 2c) = (a - 3 b - 2 c) 2 •

Ricord ando che numeri opposti e qu ind i anche polinomi opposti hanno lo stesso quadrato , possiamo dire che il pol in om io dato è anche uguale a

(3 b+ 2c- a) 2 •

282 __________ca_p_it_ol_o_no_n_o_._Ca_lc_o_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

D D

I

4a 2 + 2Sb 2 + 9c 2 + 20ab + l 2ac + 30bc = (la + Sb + 3c) 2 = (- 2a -5 b - 3c) 1+

x2

+

4y 2

- 2x - 4y + 4xy= (l -x-2

2 2 Il 2-a b + a2 x'' - a2 bx 3 + 2-abx 4 3

~ax 4

3

y) 2

2

.

1) 2 .

=(x+ 2y -

+ 2-x 2 = (2-ab- ax 3 + 2-x) '. 9

2

3

Binomio differenza di due uadrati

BI Sappiamo che è (A+ B) (A -

B) = A 2 - B2 e quindi, per la proprietà simmetrica dell'u-

guaglianza si ha: (1)

La (1) esprime la seguente regola:

un binomio dato dalla differenza di d~e quadrati è uguale al prodotto della somma delle basi · per la loro dzf/erenza. Per scomporre correttamente è necessario riconoscere le basi A e B dei due quadrati: si noti che A e B possono essere monomi o anche polinomi. Ml!,

D

25x 2 - 9y 2 =

(t)' - (1 y) A2

D Il D D

9a 2 - l 6b 2 = (3a) 2

-

82

2

= (5(+

3{) (5{ -3{) .

= (A +

B) (A -

B)

(4b) 2 = (3a + 4b) (3a - 4b).

2 ¾ab-xB= (+a1) - (x 4)2= (+al-x4)(+al+x4). -

a 2 - (b+ c) 2 = [a + (b + c)J [a - (b + c)J = (a + b + c)(a - b - e).

(x + y ) 2 - (x - y) 2 = [(x + y) + (x - y)J [(x + y) - (x - y)J = = [x + y + x - yJ [x + y - x + y[ = lx• 2 y = 4xy.

Il

a 2n+4 _ 1 6

D

xa 4 - 2xa 2 b 2 + xb 4 = x(a 4 - 2a 2 b 2 + b' ) = x(a 2 - b 2 ) 2 = = x[(a+ b)(a- b)[ 2 = x(a + b) 2 (a- b) 2 .

El

Sco mporre in fa tt ori il po lin om io

=

a 2(n+2) _

4 2 = (an+2)2 _ 42

=

(an+ 2 _ 4) (an+2

+ 4 ).

a 2 -x 2 + 4x - 4. Conviene mettere in evide nza il seg no - neg li ultimi tre term ini, per ev idenzia re la di fferenza di du e qua drat i:

a2

l'lal

-

x 2 + 4x - 4 = a 2 - (x 2 - 4x + 4) = a 2 = (a +x - 2) (a - x+ 2).

-

(x - 2) 2 =[a + (x - 2)1 [a - (x - 2)J =

Osservazione importante. Abbiamo ora visto come la differenza di due quadrati sia scomponibile in fattori. Si faccia però bene attenzione che la tecnica vista non è applicabile alla sornma, di due quadrati: A 2 + B2 . Nel caso particolare in cui A2 + B2 è un binomio di secondo grado (del tipo a 2 +b 2, x 2 + I, a 2 +y2, y 2 + 4, ... ) si può vedere che tale binomio è sempre irriducibile.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _c_a~p;_to_lo_no_n_o_ - _c_,r_co_lo_le_ue_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

283

Verifichiamo, per esempio, che il binomio x 2 + I è irriducibile. Infatti, se esso fosse riducibile, dovrebbero esistere due binomi di primo grado del tipo (ax+b) e (cx+d) per cui si avrebbe

x2 + I = (ax + b) (cx+d)

(I)

e tale uguaglianza dovrebbe valere per qualsiasi valore di x. b Ma il secondo membro di quest'ultima uguaglianza è una espressione che si annulla per x = - - e 0

per x =_ .!...._Il primo membro, invece, non si annuUa mai perché qualunque sia x risulta x 2 ?. 0 e e

perciò la somma di I con x 2 non può mai essere zero. Quindi la scomposizione (I) non può sussistere.

Quadrinomio sviluppo del cubo di un binomio

lii

Sappiamo che lo sviluppo del cubo di un binomio è dato dalla form ula

(A +B)! =A! +3 A 2B+3 AB 2 + BJ; per la proprietà simmetrica dell'uguaglianza avremo (I )

La (I) esprime la seguente regola:

un quadrinomio formato dalla somma di due cubi e dei due tripli prodotti del quadrato della base di uno dei due cubi per l'altra base è uguale al cubo della somma delle basi.

0

Scomporre in fattori il polinomio

27x 3 + 54x 2 + 36x + 8.

È faci le riconoscere i du e cubi: A3

=

27x 3

---+

A = 3x

8 3 = 8 ~ 8 = 2. Controlliamo ora che i termini 54x 2 e 36x del pol inom io dato siano effett ivamente i tripli prodotti:

3A 2 8 = 3(3 x) 2 2 = 54x 2 3AB 2 = 3(3x) • 2 2 = 36x. In base all a (1) poss iamo quindi conclude re che

è

27x 3 + 54x 2 + 36x + 8 = (3x) 3 + 3 • (3x) 2 • 2 + 3(3x) • 2 2 + 2 3 = (3x+ 2) 3 .

!

A3

!

+ 3-A 2

!

!

!

!

D

8a 3 + 12a 2 + 6a + 1 = (2a) 3 + 3(2a) 2 • 1 + 3(2a) - 12 + 1 3 = (2a + 1) 3 .

D

8 - 12a+6a 2

D

x3 y3

D

- 8x 3

-

!

!

8 + 3-A-8 2 + 8 3 =(A + 8) 3

a 3 = 2 3 +3 • 2 2 • (- a) +3 • 2 • (-a) 2 +(- a) 3 = (2 - a) 3 .

- 8 - 6x 2 y 2 + 12xy = x 3 y 3 - 6x 2 y 2 + 12xy - 8 = (xy ) 3 + 3(xy) 2 (- 2) + + 3(xy ) (-2) 2 + (- 2) 3 = (xy - 2) 3 . -

a3

-

12ax 2

-

6a 2 x = -(8x 3 + 12ax 2 + 6a 2 x + a 3 ) = -(2x + a) 3 .

284 _ _ _ _ _ _ ___c_a_p;_1o_lo_ n_on_ o_-_c_a l_co_lo_ l_e1_1e_ra_le_ _ __ _ _ _ _ __ IPI __!_a 9 27

b6 + al b4 - 2-a6b 2 = __!_a9 _ _!_ac.b 2 + alb4 - b6 = 3 27 3 3

2 22 23 = ( +•') + 3(+•' )' (-b )+3(+•' ) (-b ) +(-b ) = 11FJ1 1 + 3a 4 - 3a 2 - a 6

= 1 -3 a 2 + Ja 4

-

(+a'- b')'

a6 =

= 1 3 + 3 • l 2(-a 2) + 3 • 1 • (-a 2) 2 + (-a 2) 3 = = (1 - a 2) 3 = [( l - a) ( 1 + a)l' = (1 - a) 3 (1 + a) 3 .

Ili (a- 1) 3 + 3x(a - 1) 2 + 3x 2(a- l ) + x 3 = [(a - 1) +xl'= (a - 1 + x) 3 . Si- noti che in qu esto caso è A = a - 1 e 8

=

x.

Somma o differenza di due cubi

El

La somma, o la differenza, di due cubi si trasforma in prodotto tenendo conto delle formule trovate nei paragrafi 67 e 64: · (I)

Le (I ) possono così esprimersi:

- la somma di due cubi è uguale al prodotto della somma delle basi per ti trinomio formato dal quadrato della prima base, meno il prodotto delle basi, più il quadrato della seconda base; - la di/ferenYJ di due cubi è uguale al prodotto della dif/erenYJ delle basi per ti trinomio formato dal quadrato della prùna base, più ti prodotto delle basi, più il quadrato della seconda base.

N.B. Nelle formule (I) i trinomi A 2 ±AB+ B2 sono detti falsi quadrati; essi non sono il quadrato di A ± B e, nel caso siano di 2° grado, sono irriducibili, cioè non ulteriormente scomponibili.

D

8a 3 + 27 b 3 = (2a) 3 + (3b) 3 = (2a + 3b) [(2a) 2 - (2a) (3 b) + (3b) 2 l =

l

=

D

l

l

!

l

A3 + 83 = (A + 8) (A2 (2 a + 3b) (4a 2 - 6ab + 9b 2 )_

l -

l

A · 8

l 25x 3 + a 9 = (5x) 3 + (a 3 ) 3 = (Sx + a 3 ) (25x 2 - 5xa 3 + a 6 ) .

0 (a- b) 3 + 1 =(a- b + l )[(a :__ b)' -(a-b)+ l ]. ~

111 - (1 - x) 3 = [l - (1 - x)] [l + (1 - x) + (1 - x) 21= = (1 - 1 + x) (2 - x + 1 + x 2 - 2x) = x(3 - 3x + x 2).

Ili a 6 + b 6 = (a 2 ) 3 + (b 2 ) 3 = (a 2 + b 2 ) (a' - a 2b 2 + b 4 ).

l

+ 82 )

_ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ ca~p_ito _ l_ o _no_n_o_-_Ca_lc_o_lo_l_ e1_1e_,a_le_ _ _ _ _ _ _ _ _

Il a 6 - b 6 = (a 2 ) 3 -

(b 2 ) 3

= (a 2 -

b 2 ) (a' +

a 2b 2

+ b4 )

285

=

= (a - b) (a + b) (a 4 + a 2 b 2 + b 4 );

(2)

oppure:

a 6 - b 6 = (a 3 ) 2 - (b 3 ) 2 = (a 3 + b 3 ) (a 3 - b 3 ) = = [(a + b) (a' - ab + b 2 )J [(a - b) (a 2 + ab + b 2 )1

= (a + b) (a -

b) (a 2

-

=

ab + b 2 ) (a 2 + ab + b 2 ) .

(3)

N.8. Nell 'esem pio 7 abbiamo sco mposto il bin omio a 6 - b 6 in du e modi divers i: il primo passaggio, · nei due cas i, è stato eseguito co nsiderando il binom io o come differenza di cubi oppure come differenza di quadrati. Nell 'esempio 6, invece, il binomio a 6 + b6 è stato scompo-

sto

solo

come

somma

di

cubi:

infatti

se

anche

avessimo

osservato

a6 + b 6 = (a 3 ) 2 + (b 3 ) 2, non av remmo potuto prOseSuire la scomposizio ne. l o stu dente verifi chi c ~e le espress ioni (2) e (3) so no uguali.

che

è

Scomposizione di un particolare trinomio di secondo grado

EiJ Consideriamo un trinomio del tipo x

2

+ (A +B)x+A ·B,

cioè un trinomio di sec~ndo grado u"i una variabile (nel nostro caso è x), il cui primo coeffi1 ciente è 1, il secondo coefficiente è la somma di due numeri il cui prodotto è.il termine noto del trinomio stesso. Esso può trasformarsi, operando _nel seguènte modo:

x2 + (A +B)x+AB =

x

2

+Ax+ Bx+AB = x(x+A) +.?(x+A)

=

(x+A) (x+B).

Si può pertanto scrivere

x2 + (A+B)x+AB =(x+A) (x+B) od anche, ponendo S= A +B e P = A •B,

x2 +Sx+P= (x ,1- A)(x+B) COll

{S =A+B

(1)

P.=AB In base alla (1) possiamo affermare che

se in un trinomio di secondo grado in una variabile, ad esempio x, il coefficiente di x2 è l e il coefficiente di x è la somma di due numeri A e B il cui prodotto è zl termine noto del trinomio, allora zl tnnomio si scompone nel prodotto dei due binomi di primo grado (x + A) e

(x+ B). Osservazione. Se la determinazione dei due numeri A e B non risulta immediata conviene procedere nel modo seguente: si considera il prodotto P = AB e si osserva che - se è P > Oallora i due numeri A e B o sono entrambi positivi o sono entrambi negativi e precisamente sono positivi se è S = A +B > Oe negativi se è S = A +B < O; - se è P < Oallora i due numeri sono di segno opposto. Dopo aver fatto le precedenti osservazioni si scrivono tutte le coppie di numeri il cui prodotto è P e il cui segno è stato prima dedotto e tra queste coppie si ricerca quella per cui la somma dei due elementi è proprio S.

286 __________c_ap_ i_to_lo_n_o_no_ - C_a_lc_o_lo_l_ett_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

D

Scomporre in fattori il tri nom io

x 2 +Sx+ 6.

=

In questo caso è 5 5 e P = 6 e qu ind i è necess ar io, per pote r applicare la (1 ), determina re due numeri A e 8 tali che la loro som ma sia 5 e il loro prodotto sia 6:

A + B= S AB = 6. È ev id ent e c he risulta A = 3 e 8

= 2 (o v iceve rsa) perché è 3+2=5 3-2

= 6.

Perta nto avremo 2

x + Sx + 6 = (x + 3) (x + 2). ~.B. Do po avere scomposto il trinomio è utile con trol lare l' esattezza del risultato moltiplicando tra loro i due binomi di primo grado ottenuti e veri fi ca ndo che si ott iene il trinom io dato.

Il

Scomporre il trinomio

x 2 - 4x - 12. In ques to caso è 5 = - 4 e P = - 12; dobbiamo perciò determ ina re due numeri A e 8 la c ui somma è - 4 e il cui prodotto è - 12. Poiché il prodotto è negati vo i due numeri A e 8 avranno seg ni oppost i . Tra le coppie di numeri il c ui prodotto è - 12 ri ce rch iamo qu ell a coppia d i nu meri la cui somma è - 4. Poss iamo segu ire uno sc hema d i questo tipo:

B

p

s

1

- 12

- 12

- 11

12

-1

- 12

11

3

-4

- 12

-1

4

-3

- 12

1

2

-6

- 12

-4

6

-2

- 12

4

A

I

I

Poss iamo quindi co ncludere c he è A = 2 e 8 = - 6 (o, il che è lo stesso, A = - 6 e B = 2) e quindi per la (1 ), ri sult a x2

-

4x - 12 = (x + 2) (x - 6).

D

x 2 - Bx

D

a 2 +6a- 7 = a 2 +(+7 - l )a+ (+7) (- 1) = (a+ 7) (a- 1).

H

y 2 + 13y+22 = y 2 + (+ 11 + 2)y+ (+ 11) (+2) = (y+ 11 ) (y+ 2).

+ 12 =

x2

+ (-6 - 2)x + (-6) (-2) = (x - 6) (x - 2).

m La formula (1) del paragrafo precedente vale anche se al posto della variabile x si sostituisce un monomio M e se A e B sono dei monomi:

S=A +B 1 M +SM+ P=(M+A)(M+ B) con { P=AB.

_ _ _ __

D

_

_

_ _ _ _ _c_a_p;_ 1o_lo_ n_o_n_o _._ C_a l_co_lo_ le_tte_ra_ l_e _

_ __

_

_

_ _ __

287

x 2 + 6 xy+ 8y 2 = x' + 6y • x+ By '= x 2 + (2y + 4y )x+ (2 y) (+4 y) = =( x+ 2 y)(x+4y ).

In qu esto caso era M

Il

a 2b2

= x, 5 = 6 y e P = 8 y 2 e qu i nd i è A =

2 y, B

= 4 y.

+ 3ab - 10 = (,1 b) 2 +3(ab) - 10 = (ab) 2 + (-2 + 5) (ab) + (-2) (+5) = = (ab-2) (a b +5).

In qu esto esempio si aveva M

D

x4 - 5x2

-

= ab, 5 = 3, P = -

24 = (x 2 ) 2 - 5x 2

-

1O e q ui nd i A = - 2, 8

= 5.

24 = (x 2 ) 2 + (-8 + 3)x 2 + (-8) (+3) =

= (x 2 - 8 ) (x 2 + 3) . In qu esto caso e ra M

= x 2 , S = -5, P = -24 e qu indi

A = - 8, 8

= 3.

D

r'-5 r 2 + 4 = (r'J'- 5r 2 + 4 =(r')' +(- 1 - 4)y' +(- 1)(-4) =

D

x 2 y 2 + 2axy - 3a 2 = (xy) 2 + 2a(xy) -3a 2 =

= (r' - 1) (r ' - 4) = (r + 1J (r - 1J (r + 2) (r - 2).

= (x y) 2 +(-a+ 3a) (x y) + (-a) (+3a) = (xy - a) (xy + 3a). In q uesto caso era M

= xy, 5 = 2a, P = - 3a 2 e quindi

A=

- a, B = 3a.

Scomposizione mediante l'applicazione del teorema del resto e della regola di Ruffini

m Con l'uso del criterio di divisibilità di P(x) per x - a stabilito nel n. 62 e con l'applicazione della regola di Ruffini, è talvolta possibile decomporre un polinomio nella variabile x in fattori di cui uno almeno di primo grado.

Scomporre il poli nomio x 4 - x 3 + 3x 1 - Sx- 10. Esso si annu ll a per x = - 1 e per x = 2.

Infatti :

P(- 1) = (- 1) 4 -(- 1) 3 + 3( - 1) 2 -5(- 1)- 10 = 1 + 1 +3 +5- 10 = O. P(2) = 2 4 - 2 3 + 3 · 2 2 -5- 2 - 10 = 16-8+ 12 - 10 - 10 = O. App li cando- la regol a di Ruffini si trova

x4

-

x3 + 3x 2

-

5x - 1O = (x + 1) (x - 2) (x 2 + 5).

Il ca lcolo pu ò di sporsi nel seguen te modo Di v idendo per x

+ 1: -1

-1 -1

+3 +2

-5 -5

- 10 + 10

-2

+5

- 10 10

Il

o

Di v idendo per x - 2

o

Il

Nel terzo fa tto re, che è l' ulti mo quo ziente, 1 è il coeffi c iente del term ine di 2° grado, O è il coeffi c iente del te rm in e d i 1° grado e 5 è il termine noto: x 2 + 5 è il terzo fatto re.

Osservazione sulla ricerca delle radici di un polinomio

m Dato un polinomio P(x) di grado n, si deve dunque vedere se esso è divisibile per x - a non conoscendo però il valore di a. Si tratta quindi di capire quali sono i possibili valori di a

288 __________c_ap_it_o_lo_n_o_no_._c_a_lc_o_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ per cui è P(a) = Oe poi si potrà applicare il criterio di divisibilità (n. 62) solo per questi valori cli a. I valori di a per cui è P(a) =Osi chiamano radici del polinomio P(x). Abbiamo già più volte osservato che se un polinomio P(x), di grado n, è divisibile per x - a, si potrà scrivere

P(x)

= (x -

~) · Q(x)

(!)

dove Q(x) è un polinomio di grado n - I. L'uguaglianza (! ) dovrà valere per qualsiasi valore di x, cioè, se si suppone di svolgere il calcolo indicato nel 2° membro, il polinomio che si ottiene deve risultare identico a P(x). Per il principio d'identità dei polinomi, già visto nel paragrafo 30, dovranno in particolare risultare uguali i termini noti dei due polinomi. Si avrà così sempre dalla (!), che il termine noto di P(x) deve essere uguale al p_rodotto cli -a per il termine noto cli Q(x): da ciò deriva che a deve essere un divisore del termine noto di P(x) . Potremo cosi concludere che

dato un polinomio P(x) a coefficienti interi, le eventuali raqici intere del polinomio sono d,i ricercarsi tra i divisori, positivi o negativi, del suo termine noto. Si può generalizzare l'osservazione precedente e considerare anche raclici non intere, cioè radici razionali, del polinomio. Si potrebbe verificare che, in generale,

dato un polinomio P(x) a coefficienti inten; le eventuali radici razionali del polinomio sono da rù:ercarsi tra le /razioni aventi per numeratore un divisore (positivo o negativo) del termine noto e per denominatore un divisore (positivo o negativo) del coefficiente di grado massimo (primo coefficiente del polinomio supposto ordinato secondo le potenze decrescenti della variabile). Da quanto fin qui esposto risulta evidente che, se il coefficiente del termine di grado massimo di P(x) è uguale ad ! , allora le radici razionali del polinomio, se esistono, sono numeri interi.

O

Co nsideriamo il polinomio

P(x )

= x4 -

7x3

+ 4 x 2 + 5x -

2

e cerchi amo di scom porl o, con la rego la di Ruffini , vede ndo dapprima se esso può essere divisibil e per un binomio del tipo x - a. Per quanto prima abbiamo osserva to, i poss ibili va lori di a sono in qu esto caso solo i divisori di -2 e cioè ± 1 e ± 2.

Ba sterà quindi calcolare:

= 1 t, O - P(x) non è di vis ibile per x- 1 = 5 F O - P(x) non è divisibile per x + 1 P(2) = 16 - 56 + 16 + 1O - 2 F O P(x ) non è di visibi le per x - 2 P(-2) = 16 + 56 + 16 - 1O - 2 t, O P(x) non è divisibile per x + 2. P( l )

P(- 1)

11 po li nomio P(x), pertanto, non è scompo nibil e in fattori, di c ui uno, a lmeno, sia di primo

grado.

Il

Dato il polin om io

P(x)

= x3 -

x- 6

le eve ntu ali radi ci in tere si devono ri ce rca re, per tentativi, tra i divisori, posi tivi e negat ivi, de l termine noto -6, cioè tra i numeri

± 1, ±2, ±3; ±6.

289

_ _ _ _ __ __ _ _ _ _c_•~~-ito_lo_ no_n_o_._C_ al_c o_lo_le_tte_ra_le_ _ _ _ _ _ _ __ _

Calco lando i va lori che assume il pol in omio quand o all a va ri abile si so stitui sce uno deg li 8 va lo ri precedenti si trova:

P(l ) = - 6 ;la O

P(- 1)

P(2) = 0

P(- 2)=-12,' 0

= 18 ;la O = 204 ;la O

P(3) P(6)

= -6,' 0

P(-3) = -3 0 ,' O P(-6) = -2 16 ;la O.

Come si nota è solo P(2) = O e quindi l'uni ca radi ce intera del polinomio è il numero 2. Po iché è P(2) = O sappiamo che il po l inomio è di v isibil e per (x - 2); trovi amo il qu oz ient e Q (x) co n la rego la di Ruffini:

/

o

- 1

-6

4

6

O

=> Q (x)=x 2 + 2x + 3.

Poss iamo quindi sc ri vere che è x3

let1o re ve ri fichi c he non ha radi c i i nt ere.

D

x2

- x - 6 = (x 2 + 2x + 3) (x -2).

+ 2x + 3 è

un fattore irridu c ibil e, verifi ca ndo c he tale poli nomio

Scomporre in fattori il po l inomio

A(x) = 6x 2 + x - 1 Le eve ntu ali radi c i int ere potrebbero essere solo ± 1, ma per tali valori il po lin omio non si an-

null a. Le eventuali radic i frazion ari e sono invece da ri ce rca rsi tra i numeri

1 2 '

±- · Ad ese mpio si trova c he è

A(- +) = 6(- +) '+ (-+) - 1 =f- + - l = O e qui ndi il polinomio è di visibile per x -

(-+)

cioè per

Determiniam o il quoziente Q(x) della divisione: - 1

-3

+1

-2

=> Q (x)

Quind i si avrà 2

6x + x- 1 =(6 x-2) ( x++) =2(3x- l ) ( x++)

= (3x- 1)[2(x + +) ] = (3x- 1) (2x+ 1).

=6x -

2.

290 __________c_ap_it_ol_o_no_n_o_._C_al_co_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

llD Osservazione. Quando la somma dei coefficienti di P(x) è uguale a zero, il numero I è senz'altro una radice del polinomio. Infatti P( I) risulta sempre uguale alla somma dei coefficienti. Ad esempio, nel polinomio P(x) = 8xJ + 17 x - 25 i coefficienti 8, 17, - 25 danno per somma zero e quindi una radice di P(x) è I; infatti risulta

P(I) = 8 · I 3 + 17 · I - 25 = 8 + 17 - 25 = O. Se invece la somma dei coefficienti dei termini di grado pari di un polinomio P(x) è- uguale alla somma dei coefficienti dei termini di grado dispari, allora il numero - 1 è una radice del polinomio. Infatti P(- 1) risulta uguale alla somma dei coefficienti dei termini di grado pari meno la somma dei coefficienti dei termini di grado dispari. Ad esempio, nel polinomio

A(x) = 2x 4 + 8x 3 + 4x 2 + 3x+ 5 si ha 2 + 4 + 5 = 8 + 3 (si noti che 5, il termine noto, è il coefficiente di x 0 ). Una radice è perciò -1 ; infatti A(- 1)= 2 · (- 1) 4 + 8 (- ! ) 3 + 4(-1 )2+ 3 · (- 1)+ 5 = = 2 - 8 + 4 - 3+ 5 = (2 +4 + 5) - (8 + 3) = Il - Il = O.

Si avrà quindi che il polinomio P(x) = 8x 3 + 17 x - 25 è divisibile per x - I e il polinomio A(x) = 2x 4 + 8x 3 + 4x2 + 3x + 5 è divisibile per x-(- 1) = x + I. Riepilogo dei vari casi di scomposizione di un polinomio in fattori

ll!I Molte volte si riesce ad ottenere la scomposizione di un polinomio in un prodotto di fattori, applicando, opportunamente e successivamente, i procedimenti che abbiamo indicato nei casi precedenti. Come già abbiamo osservato non esistono regole fisse secondo le quali procedere; può però essere utile ricordare quanto segue: I) per prima cosa si cercherà di mettere in evidenza un possibile fattore comune a tutti i ter-

mini (raccoglimento a /attore comune); 2) si può tentare un raccoglimento panza/e; 3) si può tentare di riconoscere nel polinomio lo sviluppo di uno dei prodotti notevoli studiati; 4) se il polinomio da scomporre può esprimersi come somma o differenza di potenze di ugual grado si applicheranno le regole di divisibilità di xn ± an già incontrate; 5) se il polinomio da scomporre è di secondo grado si può cercare di esprimerlo nella forma

x2 +(a+ b)x +ab, già incontrata nei paragrafi 79 e 80;

6) se il polinomio da scomporre è ordinato secondo le potenze di una data lettera si può cercare di sfruttare i criteri di divisibilità del polinomio per un binomio di primo grado in quella data lettera (teorema del resto e regola di Ruffini).

Capitolo nono - Ca lcolo letterale

291

BI Vediamo qualche esempio. 0

a 2x 2 - b 2x 2 - 2xya 2 + 2xyb 2 =

= x(a 2x- b 2x _ ill 2 + ~ = x[x(a 2

-;

b 2)

-

2 y(a 2

-;

2)

(raccogliamo x a fattor co mune)

=

(raccogliamo parzialmente) (ra cccog liamo a 2

b 2) ] =

= (x - 2 y)] = = x(a + b) (a - b) (x - 2 y). x[(a 2 -

b 2)

-

b 2 a fattore com une)

(differenza di quadrati)

Il

Scomponi amo in fattori i seg uenti pol inomi nei quali non è poss ibile alc un tipo di ra ccogli mento, ma che possono pen sa rsi com e sviluppi di prodotti notevo li : y2

= (x 2 -

y) (x 2 + y).

I)

x4

Il )

4a 2 - (x - y) 2 = [2a + (x - y)] [2 a - (x - y)J = (2 a + x - y) (2a - x + y).

li i)

a 2 - 6ax+ 9x 2 =(a - 3x) 2 •

-

+ 4x + 4 = (x + 2) 2 .

IV)

x2

V)

a 3 + 6a 2 + 12 a + 8 =(a + 2) 3 .

V I)

1 -3a+3 a 2 - a 3 =( 1 - a) 3 .

D

a3

+ 27 b 3 - a 2 + 3 ab - 9 b' = -

a 2 + 3ab - 9b 2 =

= (a + 3b) (a' - 3ab + 9b 2 )

-

(a ' - 3ab + 9b 2 ) =

= (a 2

O

(somma di due cubi)

= (a+ 3b)(a 2 - 3ab + 9b 2 ) -

(raccoglimento to tale)

3ab + 9b 2 ) (a + 3b - 1).

xy - 3 y - x 2

= y (x -

(metti amo in evidenza - 1)

-

x

+ 12 =

(rac cog li mento di y nei prim i due termin i e - 1 nei restanti term ini) (tr inomio parti colare di 2° grado)

+ x - 12) = (x - 3) (x + 4) =

3) - (x 2

= y(x - 3) -

(raccog l imento tot ale di x - 3)

= (x -3) (y - x - 4).

B

Scomporre in fattori il binomio x 6 + y 6 . La som ma di due po tenze di ugual grad o pari non è di visibi le né per la somm a né per la differenza delle basi, pertanto, se si vuol sco mporre il binomi o dato, occorrerà co nsiderare, essendo 6 = 2 3, c he sia x 6 = (x 2 ) 3 e quindi

x 6 + y6

= (x 2 ) 3 + (y 2 ) 3 .

Poiché la somma di due c ubi è di visibile per la so mma delle bas i, si potrà sc ri vere

x 6 + y 6 = (x 2 + y 2 ) (x 4

Ili

-

x 2 y2 + y4) .

a 12 - 1 =(a 6 ) 2 - 1 =

(differenza di quadrat i)

= (a 6 - 1) (a 6 + 1) = [(a 3 ) 2 = (a 3

-

-

1] [(a 2 ) 3 + 1] =

1) (a 3 + 1) (a'+ 1).(a 4

a 2 + 1) =

-

= (a - 1) (a 2 + a + 1) (a + 1) (a 2

(differenza di quadrati e somma di cubi)

-

a + 1) (a 2 + 1) (a 4

(di ffe renza e somma di cubi) -

a 2 + 1).

f.i

Scom porre in un prodotto il polinomio a 3 + 3 a 2 - 4. Esso si annulla per a = 1 e quindi è di visibi le per a - 1: il quoz iente, c he si trova con la regola di Ruffin i, è a 2 + 4a + 4. Si ha perc iò

a 3 + 3a 2

-

4 = (a - 1) (a'+ 4 a + 4) = (a - 1) (a + 2) 2 .

292 El

Capitolo nono - Calcolo letterale

Scomporre il polinom io

P(x)

4x 2

= 3x 3 -

+ Sx -

4.

Verifichiamo anz itutto se P(x) è divisibile per il binomio della forma x + o, essendo o un di visore d.r - 4 ; a potra• essere

3

± 1;

±2;

2 ±-·

1 3 '

±-·

± 4;

= O;

Procede ndo come al so li to si trova che è P{l )

3 '

divid iamo perciò per x - 1

-4

+5

-4

- 1

Cerchiamo ora di scomporre P1 (x}.

4

Il

-1

_P,(x)=3x 2 - x + 4.

·

Poiché P1 (± 1) # O; P1 (±2) # O e così per tutti gli altri va lori , .divisori di ~. si con clude che 3 P1 (x ) non è scomponibil e e perciò scriveremo

P(x)

Il

= (x -

1) (3x 2

x + 4).

-

Scomporre

Si riconosce che il polinomio, sc ritto nella forma (a 4 ) 2 + (-8 - 1) (a 4 ) 1 + (- 8) (- 1 ), è un trinomio di secondo grado del tipo x 2 +(a + b)x + a• b dove x = a 4 , a = - 8, b = - 1 Pertanto:

a8

-

9a 4 + 8 = (a 4

-

= (a 4 11!1

8) (a 4 - 1) = (a 4

-

8) (a 2 + 1) (a 2 - 1) =

8) (a 2 + 1) (a+ 1) (a - 1).

Scomporre in un prodotto di fattori il pol in omio

a4

+ a2b2 + b4 .

ln questo caso bisogna usa re un artifi cio: aggi ungiamo e tog li amo a 2 b 2 e avremo :

a4 + a2b2

+ b4 = a4 + a2b2 + b4 + a2b2 - a2b 2 = a4 + 2a 2b1 + b4

= (a 2 + b 2 ) 2 -

(ab) 2

= (a 2 + b 2 + ab) (a 2 + b 2 -

- a2b2

=

ab).

Divisori comuni e multipli comuni di polinomi

m Se due o più polinomi sono divisibili per uno stesso polinomio, questo si chiama divisore comune dei polinomi. Fra tutti i divisori comuni di due o più polinomi, quello di grado più

elevato si chiama massimo comune divisore. Se un polinomio è divisibile per due o più polinomi, esso si chiama multiplo comune dei polinomi. Fra tutti i multipli di due o più polinomi, quello di grado meno elevato si chiama minimo comune multiplo. Si abbiano due o più polinomi e supponiamo di essere riusciti a decomporli in fattori irriducibili: in tal caso è possibile trovare il M.C.D ed il m.c.m. dei polinomi dati.

il M.C.D. di due o più polinomi, decomposti in fattori irruducibili, si fa il prodotto dei fattori comuni, presi una sola volta, col minimo esponente.

1) Per trovare

2) Per trovare il m.c.m. di due o più polinomi, decomposti in fattori irriducibili, si fa il

prodotto dei fattori comuni e non comuni presi una sola volta col massimo esponente.

'

Capitolo nono • Calcolo letterale

293

9x 2 + 18x +9;

Siano dati i polinomi : Scomponendo i polinomi in fattori , si ha: 3x 4

-

3x 2

=

3x 2 (x 2 - 1)

9x 2 + 18 x+9

=

3x 2 (x - 1) (x+ 1);

= 9(x 2 + 2x + 1) = 9(x+ 1) 2 ;

6x 3 + 6x 2 = 6x 2 (x + 1). In questo caso è poss ibile stabilire che i fattori otten uti so no tutti irriduc ibili e si può calco lare il M.C.D. dei polinomi dati , che ri sulta 3(x + 1), e il loro m.c.m., che è 18x 2 (x + 1) 2 (x - 1). Si osse rvi c he come coeffic ienti numerici si ass umono ri spetti va mente il M .C. O. e il m.c. m. dei fatto ri numerici delle sco mposizioni operate: M.C.D. (3; 9; 6) = 3 e m.c. m. (3; 9; 6) = 18.

lii

A volte non è facile decidere se un polinomio è, o non è; irriducibile; infatti quando scomponiamo, con i metodi studiati, un polinomio in fattori non possiamo, se non nei casi più semplici, stabilire se questi non sono ulteriormente scomponibili. Quindi, applicando le regole enunciate nel n. 86, troveremo solo rispettivamente un divisore comune o un multiplo comune dei polinomi dati, senza poter, in generale, affermare se essi sono dawero quelli di grado massimo o minimo. Sl.wl 0

2x 3 - 16;

Siano dati i polinomi:

x 3 - x 2 - 4 x+ 4; x 3 +2x 2 - 4x - 8.

Scomponendoli in fatto ri , si ha:

2x 3 - 16 = 2(x 3 - 8) = 2(x - 2) (x 2 + 2x + 4) - x 2 - 4x + 4 = x 2 (x - 1) - 4(x - 1) = (x- 1) (x - 2) (x+2)

3 -;

x 3 + 2x 2

-

4x - 8

= x 2 (x + 2) -

4 (x + 2)

= (x + 2) (x 2 -

4) = (x + 2) 2 (x - 2).

Un divisore comune dei po linomi dati è x - 2 e, so lo dopo aver co nstatato c he il fattore x 2 + 2x + 4 non è di visibile per x + 2, potremo affermare che x - 2 è propri o il M .C.D . Un multiplo co mune è 2(x - 2) (x - 1) (x + 2) 2 (x 2 + 2x + 4) e, anche qui, so lo dopo aver co nstatato c he x 2 + 2 x + 4 non è di visib ile né per x + 2, né per x - 1, potremo dire c he esso è anche il m. c. m.

Il

Cons ideriamo ora i polinomi:

x3

-

7x 2

+ 20x - 24;

2x 4 + 128.

Chi non riusc isse a trovare i fattori comuni ai due polinomi , dedu rrebbe, erron eamente, che il loro M .C.D. è 1 e c he il m.c.m. è il loro prodotto. Si ha in vèce che:

= (x - 3) (x 2 - 4 x + 8) = 2(x 4 +64) = 2(x 4 +64 + 16x 2 - 16x 2 ) = = 2[(x 2 + 8) 2 - 16x 21= 2(x 2 + 8 - 4 x) (x 2 + 8 + 4x).

x3

- 7

x 2 + 20x - 24

2x 4 + 128

Dopo aver ver ificato che x 2 + 8 + 4x non è di visibile per x - 3, si deduce c he il M.C.D. è x 2 - 4 x + 8 e che il Imo m.c. m. è

2(x - 3) (x 2 + 8 - 4 x ) (x 2 + 8 + 4x)

= 2(x -

3) (x 4 + 64).

Dagli esempi precedenti si vede che, per non incorrere in errori, non conviene parlare di M.C.D. e m.c.m., ma solo di comune divisore e comune multiplo; anche se ogni volta si cercherà come divisore comune quello di maggior grado possibile e come multiplo comune quello di minor grado possibile, non si potrà, salvo nei casi più semplici, essere sicuri che questi siano proprio rispettivamente il massimo o il minimo.

294 __________c_a_pi_to_lo_n_o_n_o_.c_a_lc_o_lo_l_ett_e_ra_le_ _ _ _ _ __ _ _ _ __

Frazioni algebriche Preliminari

m Quando abbiamo considerato il quoziente di due monomi (n. 21), di un polinomio con un monomio (n. 36) o tra due polinomi (n. 51) abbiamo già nominato le /razioni algebriche letterali, dette semplicemente frazioni algebriche, denotate con il simbolo

A B quando con A e B si indicano dei monomi o dei polinomi. Sappiamo quindi che la frazione algebrica ;

indica il quoziente tra A e B; i termini deUa frazione sono A (numeratore) e B

(denominatore) (*). Ad esempio sono frazioni algebriche le espressioni 2ab 4 5x 2y 3

;

a+2b a-3b ;

2xy2 x2 +y2 + I ,

a2 -3ab 3 5ab

Una frazione algebrica ha un significato per tutti i valori deUe lettere che vi compaiono eccetto per gli eventuali valori che rendono il denominatore uguale a zero. Ad esempio, la frazione

4x + 1 ~ non ha significato per x = 1 e per x = - 1, perché per tali valori di x il denominatore x 2 - 1 assume il valore zero. Un monomio o un polinomio si può considerare come una frazione algebrica avente per denominatore 1. Due frazioni algebriche si dicono equivalenti quando assumono valori numerici uguali qualunque sia il valore attribuito aUe lettere (esclusi quelli per cui entrambe le frazioni perdono significato). Una frazione i cui termini non hanno fattori in comune si dice irriduabtle o ridotta ai minimi termini. Monomi frazionari

m Se ambedue i termini A e B di una frazione sono monomi, la frazione A B esprime il quoziente tra i monomi A e B nel caso in cui, non essendo A divisibile per B, non esiste il monomio quoziente. E ciò accade, evidentemente, quando per qualche fattore letterale la differenza tra il suo esponente nel dividendo e queUo nel divisore è un numero negativo. Il denominatore 8, esprimendo il divisore in un'operazione di divisione, da·e essere# O. Quindi, è ovvio che se 8 è un monomio, il suo coefficiente non potrìi essere zero altrimenti risulterebbe B= Oper qualsiasi valore attribuito alle lettere. Per lo stesso mO{Ì\'O se Bè un (*)

polinomio, i coefficienti dei suoi 1ennini non po1ranno essere tutti uguali a zero. In altre parole il denominatore della frazione algebrica ~ non può essere il polinomio nullo. B

~

. _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C~•p_11_o_lo_n_o_n o_-_ ca_lc_o_lo_l_e1_1e_,a_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

295

Siano dati i monomi A= 8a 4b e B = - 4ab 2c3; da quanto appreso nel paragrafo n. 18 si deduce che A non è divisibile per B e quindi non esiste un monomio che sia il quoziente tra A e B. Si scriverà

(I) La frazione algebrica (I ) così ottenuta può trasformarsi in un 'espressione monomia (che contiene cioè solo prodotti) nella quale però r,lcune lettere figurano con esponenti negativi: infatti la (I) può anche scriversi

A

8

a4

B

-4

a

b ,o b2 c 3

e, ricordando la regola per ottenere il quoziente tra due potenze di uguale base, si ha dunque

A =-a 2 4-lbl - 2e0- J --; A =-a 2 Jb - 1e. -J

13

13

Viceversa, un'espressione monomia, che contenga però lettere con esponenti negativi, è una frazione algebrica i cui termini sono monomi. Per esempio, l'espressione 2x - 2yz -3, ricordando quanto visto nel n. 40 del capitolo 5 a proposito dei numeri relativi con esponenti negativi, dà luogo alla frazione

~\

X Z

.

S-EMP-1

0

Calco lare il quo zient e tra il monom io - ~a 4 b 2 x e il monomio ia b 4 y 2 . Deve ca lco larsi 3 3

-

5 a 4 b 2 x,

3

(23

ab 4 y 2) ,

ma il primo monomi o non è di visibi le per il secondo, quindi il quoziente ri chi esto è la frazio~ ne

- ~a 4 b 2 x 3 --. - 23 ab4y 2

(2)

La (2), per le proprie tà de ll e di verse ope ra z ioni tra num eri relativ i, può sc ri vers i

[( - 35) :32] a Il

4- lb 2- 4 1- 0 0- 2

x

y

5

=-2

~1

' b-2

xy - 2 .

Scrivere le frazio ni algebri che co rri spo nd enti alle seg uenti es press ioni:

2

3xy

2.

Si ottengono le tre fra zioni:

2x

Jy2 ;

- 4b 2 a3 c 5

m'

:

- np-' .

lillJ Vogliamo ora estendere alle frazioni algebriche le proprietà e le operazioni a suo tempo viste per le fra zioni numeriche. Infatti, ricordando che le lettere rappresentano dei numeri,

296 __________C_•~p;_w_lo_n_o_n_o._c_a_lc_o_lo_l_e1_1e_rn_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ varranno, per le frazioni algebriche, le stesse proprietà delle frazioni numeriche e, quindi, su di esse si potranno eseguire le consuete operazioni, con le medesime leggi. Poiché in questo momento ci interessa familiarizzare con le proprietà e con le operazioni sulle frazioni algebriche, non ci preoccuperemo di precisare, per og11i frazione che incontreremo, per quali valori delle lettere tali espressioni hanno significato. E però evidente che quando considereremo, ad esempio, una frazione del tipo

a+b a-b dovremo supporre che sia a - b # O, altrimenti l'espressione non avrebbe significato. Semplificazione delle frazioni algebriche

IDI Varrà, in

primo luogo, la proprietà fondamentale o proprietà znvarùmtiva:

moltiplicando numeratore e denominatore di una frazione algebrica per una stessa espressione diversa da zero, si ottiene una frazione equivalente alla data; dividendo numeratore e denominatore di una frazione algebrica per un divisore comune non nullo, si ottiene una frazione equivalente alla data. Quando si applica quest'ultima proprietà si dice che si semplifica la frazione. Per semplificare una frazione algebrica bisogna scomporre, quando sia possibile, numeratore e denominatore in fattori e poi dividerli entrambi per tutti i divisori comuni. FM

0

Semplificare la frazione (1 )

I due termini della frazione hanno in comune il fattore e denominatore per 4a 2 b 2 ( • ), si ha:

12a 3 b 2 c

4a 2 b 2

12a 3 b 2 c, (4 a 2 b 2 ) 4a 2b 5 , (4a 2 b 2 )

~

e quindi , dividendo numeratore 3ac

b3

Ne ll a pratica si opera così 3

H'a "!r"c

3ac

~ = v· Il

Semplificare la frazione 3x 2

-

6xy

~· Scomponia mo in fa tt ori i due termini della fraz ione

3x 2 - 6xy 3x(x - 2 y) ~ = (x - 2 y ) (x + 2 y) · Poiché i due termini della nuova frazion e hanno in comune il fattore x - 2 y, poss iamo divide• re numeratore e denominatore per il fattore x - 2 y ottenendo così 3x 2 - 6xy x 2 - 4y 2

(*) Per l'esistenza della (1 ) deve evidentemente essere tore della (I) è senz'ahro diverso da zero.

=

3x x + 2y ·

a f:- Oe h 'f' Oe quindi il tennine 4i1lr per cui si clividono numeratore e denomina-

_ _ __ _ _ __ __ __ C_•~pi_to_lo_n_o_n_o_·_ C_al_co_lo _ le_tte_r_al_e_

_

_ _ __ __

_

_

297

N ell a pratica si opera cos ì:

3x 2 - 6 x y 3x ~ ~ = ~ ( x + 2 y)

D

(2x- 1) 2 x (Bx 3 - 1)

4x 2 - 4x+ l

Bx 4 - x

D

x 2 +2x- 2y -xy x2

-

X -

Si noti che la frazion e : x

F-

(2 x - l }' x(Z.x-11 (4 x 2 + 2x + 1)

x(x+2)- y(2 + x) (x+ 2)(x - 3)

6

=~ è

3x x+2y · 2x- 1

x(4 x 2 + 2 x+ l ) ·

~ ( x - y) ~ ( x - 3)

x- y x-3

equival ente alla fraz ione inizia lmente con siderata per x f=- 3 e

2. A naloghe osserva zioni avremmo potuto (are per le precedenti se mplifi caz ioni .

Osservazione. Talvolta, nel calcolo letterale, si incontrano frazioni del tipo

a-b b- a . Poiché a - b e b - a rappresentano numeri opposti la precedente frazione è uguale al numero - I (per a I b). Infatti:

a-b b- a

~

a-b - (a- b)

- - = - - - = - - - = -] ~

·

Analogamente, si avrà

x -1

~ = -! ;

x-3 y 3y-x

--=-] ·

'

a- b3 b3 -a =- ! ;

ecc ..

Inoltre, quando in una frazione algebrica compaiono fattori del tipo a - b e b - a al numera· core e al denominatore, tali fattori si possono semplificare cambiando il segno alla frazione. Ad esempio:

(x-y2)(x+ l) (x+ 2) (y 2 -x)

-(y 2 - x) (x + I) (x + 2) (y 2 - x)

x+ l x+ 2

Riduzione di più frazioni algebriche allo stesso denominatore

llill Per ridurre più frazioni algebriche allo stesso denominatore, si segue un procedimento identico a quello che serve per compiere la stessa operazione su frazioni numeriche: I) si scompongono i denominatori in fattori e, se possibile, si semplilìcano le frazioni (scomponendo in fattori anche i n\Jffieratori); 2) si trova il multiplo comune, di grado il minore possibile, dei denominatori delle frazioni ridotte; 3) si divide il multiplo trovato per ciascuno di questi denominatori; 4) si moltiplica il quoziente ottenuto per il corrispondente numeratore: i prodotti così olle• nuti sono i numeratori delle frazioni richieste, mentre il comune multiplo è il denominatore comune.

298 __________C_•~p;_1o_lo_n_o_n_o _-C_a_lc_o_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

BFMP O

Ridurre allo stesso denominatore le seguenti frazioni:

3xy

ax2zi l a prima e la terza fraz ione sono semp l ificabili:

x'

a 4 x 2 yz i

(1)

3ay

Il m. c.m. dei tre monomi c he figurano al denominatore delle fra zion i (1) è il mono mio 12 ax 2 yz, che, diviso per i tre monomi , dà come quoz iente, nel l'ordi ne, 12 xy; 3 a; 4 x 2 z. Appl icando quindi la proprieta' fondamentale delle frazioni , cioè moltipli cando i numeratori e i denominatori delle (1) per i quozienti trovati , potremo sc ri ve re

3y

3y-12xy

36xy 2

axz

= axz- 12xy =

12ax 2 yz

a

a-3a

4x 2 yz

= 4x 2 yz - 3a =

3a 2 12ax 2 yz

x2

x 2 4x 2z

4 x 4z

3ay

3ay-4x 2 z

12 ax2yz

Le tre frazio ni date si sono così trasforma te in tre frazioni con lo stesso denominatore.

D

Ridurre allo stesso denominatore le frazioni a2 + b i

a+ b ab - b 2 i

a2 b - b3

.

Decomponendo in fattori i denominatori , esse possono scriversi nella forma a2 + b i b(a - b)(a + b) '

a+ b b(a- b);

si vede quindi c he le tre frazioni sono già ridotte ai minimi termini. Il minimo comune multiplo dei denominatori è: 2 b(a - b) (a + b), c he, diviso per i denom ina tori delle frazioni date, dà per quoziente ri spetti va mente:

2(a + b);

(a - b) (a + b) ;

2.

Perta nto le fra zioni date, ma co n il denomin atore co mune, sa ranno le seguent i

3a(a 2 - b 2 ) 2b(a 2 - b 2 );

D

2(a + b) 2 2b(a 2 - b 2 ) ;

2(a 2 + b 2 ) 2b(a 2 - b 2 ).

Ridurre allo stesso denominatore le seguenti frazioni: a2 - 4

Scomponi amo i denom inatori in fattori e riduciamo le frazioni ai mini mi termini:

2a a 2 - 4a + 4

2a (a - 2) 2

2

a - 4

;

(a - 2) (a + 2) (a+ 2) 2

a- 2 a + 2·

Il m.c.m. dei denominatori è a(a + 2) (a - 2) 2 , perciò si ha

2a (a - 2) 2

2 a 2 (a + 2) a(a + 2)(a - 2) 2

;

3 a(a+2 )

3(a - 2) 2

= a(a + 2) (a -

2) 2

;

a- 2 a+ 2

a(a- 2) 3 a(a+2)(a- 2) 2

·

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C_•p~;_to_lo_n_o_no_ -_ Ca_ l_ co_lo_ le_tte_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _

299

Operazioni con le frazioni algebriche Somma di frazioni algebriche

m-Come già abbiamo osservato, è possibile operare con le frazioni algebriche in modo perfettamente analogo a quello usato per le frazioni numeriche. Potremo così dire che la somma di più frazioni algebrich·e, aventi tu1(e lo stesso denominatore, è uguale alla frazione che ha per denominatore il denominatore còmune e per numeratore la somma algebrica dei numeratori.·

Quindi per eseguire la somma di più frazioni algebriche occorre, per prima cosa, ridurle allo stesso denominatore. Alla fine dell'operazione conviene sempre semplificare la frazione ottenuta, qualora non risulti già ridotta ai minimi termini.

D

Calcolare la seguente somm a: 1 a2 - a 2 + ai + a - ~ ·

Per questo primo esempio indich eremo tutte le fasi del proced imento da seg uire; nel seguito

qualche passaggio sa rà omesso. Punto 1°. Si scompo ngono in fattori i denominatori e i numeratori e, se poss ibil e, si se mplificano le frazio ni c he costi tu iscono i termini dell a somma da ca lco lare: a

1

2 +------. a(a + l ) a+ l Punto 2°. Si ridu cono le fra zioni allo stesso denominatore comune che sa rà, possibilmente, il m.c.m. dei denominatori :

2 1 a 2a(a + 1) 1 a2 -+ - -- - - - = - - - + - - - - - - - . 1 a(a + l ) a+ l a(a + l ) a(a + l ) a(a + l ) Punto J 0 • Si scr ive un ' uni ca fraz ione algebrica che ha per deno min atore il denominato re comune e per num eratore la so mma algebri ca dei numeratori:

2a(a + 1)+ 1 - a 2 a(a+ 1) Punto 4°. Si sv iluppano i ca lco li al num eratore e si riduco no gli eventuali termini simili, lasc iando il denom in atore scom posto in fatto ri :

2a 2 + 2a + 1 - a 2 a(a + 1)

a 2 + 2a + l a(a + 1)

Punto 5° . Si scompone in fattori il num eratore, se possibile, e si sempl ifica la frazione (sempre se possibile):

(a+ 1).> a.{.a-+-+}

a+ 1 a

La somma richiesta è dunque~a

N.B . Jl risultato ottenuto non pu ò p iù esse re se mplifi ca to. Vo lendo tale ri sultato pu ò esse re scritto nella forma ( 1 + ~) co me si ricava subito app li ca ndo la proprietà distributiva dell a divisione rispetto all'add izion e:

~ a = (a +

l ) : a = a: a + l : a= 1 + ..'....

a

JOO __________C_•~P•_·•o_lo_ no_n_o_-C_a_lc_o_lo_l_en_e_,a_le_ _ _ _ _ _ _ __ Il

_ __

Sia da eseguire :

3

a

3b

2ab -4a3+ 6lJ2 . Il m.c.m. dei monomi che figurano al denominatore è 12 a 3 b 2 , quindi si avrà:

3

3b

a

2ab - 4a' + 6b' =

Il

Calcoli amo:

2a - b a 2 + ab - 2 b 2

=

18a 2 b - 9 b 3 + 2a' 12a 3 b 2

a b2

2 a + 2b ab - a 2 - b 2

-

2a - b a 2(a,+-t,ì (a + 2 b) (a - b) - - b(a - b) - (a,+-t,ì(a - b)

b(2a - b) + a(a + 2b) - 2 b(a + 2b) b(a + 2 b) (a - b)

=

(1)

2a - b a 2 (a + 2 b) (a - b) + b(a - b) - ~

2ab -

+ +.2-ir/1 - .J.mr b(a + 2 b) (a - b)

b2

a2

=

4b 2

a 2 + 2a b - 5b 2 b(a + 2b)(a - b) Consideri amo il po linomio che è al numeratore, a 2 + 2ab - 5b 2 ; osse rviamo subito che non è di visibil e per il monomio be, so lo dopo aver verifi cato che non è divisibi le né per a+ 2b né per a - b, poss iamo concludere che la fra zione ottenuta è irridu cibil e e qui ndi è il ri sultato dell a somma ind icata.

Prodotto di frazioni algebriche

11D Il prodotto di più frazioni algebriche è la frazione algebrica che ha per numeratore il prodotto dei numeratori e per denominatore il prodotto dei denominatori delle frazioni date. Quando sia il caso, si semplificherà il prodotto ottenuto. ESFMP 3ab

4ac

O 2c2· w

D

= 2

12a 2 bc 18b 3 c 2

=

2

2a 2 3b 2 c ·

x 2 + xy _ 2a + 2b + 4ab a2 - b 2 x2 - y2

=

(x 2 + xy)(2a 2 + 2 b 2 + 4 ab) (a 2 - b 2 ) (x 2 - y 2 )

x(x + y) • 2(a + b) 2 (a - b) (a + b) (x - y) (x + y)

2x(a + b) (a - b) (x - y) · a + b +a - b

a2 - b2

la

a2 - b2

(a + b)(a - b) · -b- ,-= a 2 - b 2 _ b_2_

2a

b'

Potenza di frazioni algebriche

I\D La potenza con dato esponente di una frazione algebrica è uguale alla frazione che ha per termini le potenze, con lo stesso esponente, dei termini della frazione data.

Capitolo nono - Calco lo letteral e

D

5a 3 b ) ( Tryf

0 (

3

_

-

(5 a 3 b) 3 (2 xy 2 J3

301

125a'b 3

_

Bx'r'.

-

4

2x" y ) ' [ -2 x " y ]' ( - 2y )' 16y - xn+I + xn y = x n(x + y) = X+ y = (x + y)4 .

Quoziente di due frazioni algebriche

ffl Si dice /razione reciproca o inversa di una /razione data, la /razione che mo/11plicata per quella data dà per prodotto +I. La reciproca di una frazione si ottiene scambiando il numeratore col denominatore. Così la reciproca della frazione Infatti



}?___ a

·

a b b a

ab ba

-·-=-=]

·

ID Il quoziente di due frazioni algebriche si ottiene moltipHcando la prima per la reciproca deUa seconda.

D

x 2 -2xy . x 2 - 4y 2 a 2 - 4b 2 · 2a + 4b

0

=

(i - ba', ) .. ( _'.'__ _ _l_) ~ b - a 2b 2 b 2

2

-(a - b) (b + a) b2

2b .

2x

x(x- 2 y) 2(a + 2b ) (a - 2b)(a + 2b) · (x- 2y )(x + 2y)

~

2

~= .

2b

(b - a)(b +a) b2

(a - 2 b) (x + 2 y)°

2b . a-

b· =

- 2(a + b)

= - -b- - .

Espressioni con le frazioni algebriche

mJ Siamo ora in grado di semplificare una generica espressione contenente frazioni algebriche, trasformandola, dopo aver eseguito le operazioni indicate, in una frazione algebrica il più semplice possibile.

302 __________C_•p~i_to_lo_n_o_no_-C_a_lc_o_lo_l_e1_1e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __ Per eseguire le operazioni indicate si seguono le regole di priorità già a suo tempo viste per le espressioni numeriche. Supporremo che i denominatori delle frazion i con cui si opera siano tutti diversi da zero. Vediamo ora qualche esempio di semplificazione di espressioni con frazioni algebriche.

D

Calcol iamo: 2

2a b + 2ab a2 - b 2

2

( '

b

b

2

) -

( b b 2b = (a2abµ--;/4) - b) µ--;/4) ' --.:+!, + a 2 - b'

2

2ab

--.-::y;'

2

[-b-+ b ] - 2 b= 2ab, b (a - b)+b a+ b (a - b) (a+ b) a - b (a - b) (a+ b)

2 ab (3--ii)(a + b) .a-"15. ba - Y- +Y-

Il

2

--.:+!, - b 2 - a 2

2b = 2;1/J (a + b) ;1/J

)

- 2b =

2b =

2b = 2a + .1-6 - 1-o = 2a .

Semplifichiamo la seguente es press ion e: a

a3+8-a2+2a 1

a2

-

1 4 - a2

-

2a

a 2 -(a 2 - 2a + 4) a -(a+2) a(a + 2)(a 2 - 2 a + 4) ' a(a - 2) (a+ 2)

;v- ;v+ 2a -

/µ--i"ZJ (a 2 D

2(a - 2) a 2 - 2a + 4

4 . /(a- 2) µ--nJ 2a + 4) a- a- 2

a- 2

·~=-

(a- 2) 2 a 2 - 2a + 4·

Calcol iamo, (2-a - 1 )

(2+~r

Ba - a- 2

(2-a - 1 )(2 + a - 1 ) 2a - l 2a+ l a a 8a 3 - 1

1 a'

-.-,-

Ba - -

___az____ 8a 3 - l

---,4 --

a'

(2a - 1) 2

f

(2a - 1)(2a+ l ) _

o/'

(2a- 1) 2

--a-,-

=

4a -1

- a- ,-

~ )(2a + l ) 2a - l ~ ) ( 4 a 2 + 2a+ l ) - 2a + l

(2a + 1) 2 -(2a - l ) (4a 2 + 2a + 1) (2a+ l )(4a 2 +2a+ l )

- 8a 3 + 4 a 2 + 4a + 2 = (2a+ l )(4a 2 + 2a + l )' Si potrà dedurre che la fraz ion e ottenuta è irriducibil e so lo dopo aver ver ifi cato che il polinomio posto al numerato re non è divisibi le né per (2a + 1) né per (4a 2 + 2a + 1).

_ _ _ __ __ _ _ _ _ _c_ap~it_o_lo_no _ n_o_-_ c _a lc_o_lo_ l_e tt_e_@_le_ _ _ _ _ __



o

__

303

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

D Utilizzare il foglio elettronico per calcolare il prodotto di due binomi di primo grado

La seguente tabella è una proposta di soluzione. A

D

G

PRODOTTO DI DUE BINOMI DI PRIMO GRADO

3 4

Coefficienti del rimo binomio: Coefficienti del secondo binomio:

H (ax+b)(cx+d)=mx"2+nx+p

b=

Coefficienti del rodotto:

-1

-3

Il prodotto di due binomi di primo grado ax +b e ex +d si calcola nel seguente modo :

(ax + b)(cx+d) =ae>t +(ad+bc)x +bd Il risultato è sempre un trinomio di secondo grado della forma mx 2 +nx +p, i cui coefficienti sono:

m =ac;

n =ad + bc;

p=bd.

Per fissare le idee supporremo di dover eseguire il prodotto (x-1) (2x+3).

Dopo aver scritto le intestazioni (cap. 24) si seleziona la cella F3 e si introduce il coefficiente del termine di primo grado del primo binomio scrivendo , nel nostro caso, 1 e premendo INVIO. Analogamente si introduce il termine noto del primo binomio scrivendo - 1 nella cella H3 e premendo INVIO. Allo stesso modo si introducono i coefficienti del secondo binomio, ossia 2 e 3, rispettivamente nelle celle F4 e H4. Nella cella F6 deve apparire il coefficiente m=ac del trinomio prodotto. Tenendo presente che il valore di a si trova in F3 e il valore di b in F4, dopo aver selezionato la cella F6 si scrive la form ula: Lotus 123 --, (F3•F4)

Excel --, =F3•F4 premendo quindi INVIO. Nella cella H6 deve apparire il coefficiente n=ad+bc del trinomio prodotto. Tenendo presente, oltre alle posizioni di a e di e, che b si trova in H3 e d in H4, dopo aver selezionato la cella H6 si scrive la formula:

Lotus 123 --, /F3•H4+F4•H3) Excel --, =F3•H4+F4•H3 premendo quindi INVIO. Infine si seleziona la cella J6, dove deve comparire il termine noto p=bd, e si scrive la formula:

304 _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ C•~p_ it_ol_o _no_n_o _·_Ca_lc_o_lo_le_tt_ e,_ a_ le _

_ _ _ _ _ _ _ _ __

A questo punto, volendo utilizzare lo stesso foglio elettronico per eseguire il prodotto di altri due binomi, è sufficiente aggiornare il contenuto delle celle F3, H3 , F4, H4, immettendovi i nuovi dati: l'elaboratore ricalcolerà automaticamente i risultati nelle celle F6, H6, J6

! . Utilizzare il foglio elettronico per calcolare il prodotto di due trinomi di secondo graf primo Utilizzare il foglio elettronico per eseguire la divisione di un polinomio per un binomio grado mediante la regola di Ruffini. La tabella che segue è una proposta di soluzione. A 1

2 3 4 5





o

e

E

F

G

2

1

H

I

REGOLA DI RUFFINI Termine

!grado

5

3

4

noto

Coefficienf dividendo

1

1

-1

1

-1

1

-1

o

1

-2

3

7

8 9 10

Divisore: opposto del termine noto:

-1

11 12 I r.rado 13 Coefficienf 14 lquozienle :

4

3

1

2

Termine

noto 1

o

-1

2

-3

4 =resto

Si è cercato di riprodurre la tabella che si utilizza applicando la regola di Ruffini; il grado massimo del polinomio dividendo è in questo caso 5, ma lo studente potrà modificare la tabella in modo da rendere possibile la divisione di polinomi di grado più elevato. Dapprima si scrivono le intestazioni, come descritto nel capitolo 24. Quindi si introducono i coefficienti del polinomio dividendo: si seleziona la cella C6 e si scrive il coefficiente del termine di quinto grado, premendo quindi INVIO; allo stesso modo si introduce il coefficiente del termine di quarto grado nella cella 06 e cosi via, fìno al termine noto che sarà immesso nella cella H6. Si ricordi che se il polinomio dividendo non è completo, i coefficienti dei termini mancanti devono essere consideraci eguali a O. Nella cella B10 si introduce l'opposto del termine noto del divisore: ricordiamo che la regola di Ruffini si applica per dividere un polinomio per un binomio di primo grado della forma x - a; in tale cella si deve perciò immettere il valore di a. Nella cella C14 deve comparire il coefficiente del rennine di quarto grado del polinomio quoziente: poiché tale coefficiente è eguale a quello di quinto grado del polinomio dividendo, che si trova in C6, dopo aver selezionato la cella C14 si scrive la formula: Lotus 123-> (C6) Excel-> =C6

seguita da INVIO.

Nella cella DIO deve apparire il numero presente in Cl4, moltiplicato per l'opposto ciel termine noto ciel binomio divisore, che si tl'0\1a in B10. Si deve quindi immettere in D10 un'opportuna formula; bisogna però fare aai:mione che tale fonnula dovrà poi essere co-

-----------~ C•~p~i•~ • l~ • ~n•~n~o_-_C_al_co_lo_l_eH_e_ra_le_ _ _ _ _ _ _ _ _ 305

piaca nelle celle da ElO a HlO, in modo che il riferimento alla cella C14 venga aggiornato nell'operazione di copiatura, mentre il riferimento alla cella B10 non venga modificato. Infatti in ciascuna delle celle da ElO a HlO vi dovrà essere il numero contenuto nella riga 14 della colonna immediatamente a sinistra, moltiplicato per l'opposto del termine noto del divisore, che si trova sempre nella cella B10. Perciò il riferimento a tale cella nella formula che si deve scrivere, dovrà essere un riferimento assoluto, ossia della forma $B$10 (la lettera ed il numero preceduti dal simbolo del dollaro): in questo modo tale riferimento non verrà aggiornato dall'elaboratore durante l'operazione di copia; invece il riferimento alla cella Cl4, che dev'essere aggiornato nella copia, sarà un rz/erimento relativo nella forma C14. Si scrive quindi nella cella D10:

Lotus 123 -, ($B$10•C14 ) Excel _, =$B$10•C14 Si copia poi tale formula nelle celle da ElO a HlO. Dopo tale operazione si può vedere che nelle celle destinazione è sempre presente, come primo fattore, $B$10, mentre il secondo fattore cambia nelle varie celle, essendo 014 in EI0, El4 in FIO e così via. Nella cella D14 dovrà comparire la somma dei numeri contenuti in 06 e D10. Si scrive quindi in D14 la formula seguente:

Lotus 123 _, (D6+D10) Excel _, =D6+O10 Tale formula deve essere poi copiata nelle celle da E14 a H14. In questo modo nelle celle da DI 4 a G I4 compariranno i coefficienti del polinomio quoziente, mentre nella cella H14 si troverà il resto della divisione. A questo punto, volendo utilizzare lo stesso foglio per eseguire altre divisioni, sarà sufficiente immettere nelle celle da C6 ad H6 coefficienti e termine noto del nuovo polinomio dividendo, e nella cella B10 l'opposto del termine noto del nuovo binomio divisore. I risultati di riga 14 verranno automaticamente aggiornati dall'elaboratore.

306

I

l;Ruazioni di P.rimo

wao

ad una • •

mcogruta • Equazioni con una incognita • Principi di equivalenza

de lle equazioni • Equazioni intere numeriche • Equazioni intere lettera li • Equazion i frazionarie numeriche

Introduzione

B

Abbiamo già incontrato, nei capitoli precedenti, numerosi esempi di eguaglianze. Ad esemp10,

a(b+ 2) =ab + 2a

(i)

è un'eguaglianza valida in base alla proprietà distributiva della moltiplicazione rispetto all'addizione. Per tale motivo la (I) è sempre vera, ossia, quali che siano i numeri che si sostituiscano al posto delle lettere a e b, l'espressione a(b +2) e l'espressione ab+ 2a assumono valori numerici sempre eguali tra loro. ' Anche le eguaglianze:

(x-y)(x+y)=x 2 -y2 2

2

(x+y) = x +2xy+y2

(2) (3)

e tutte quelle che esprimono i prodotti notevoli studiati nel capitolo 9, sono sempre vere. Eguaglianze di questo tipo sono dette zdentztà. Ma lo studente ha già incontrato eguaglianze che non esprimono proprietà generali: ad esempio, l'eguaglianza x+2x=30

(4)

e letterali • Laboratorio di Matematica- Informatica

Osservazioni. Per la risoluzione delle equazioni

numeriche è necessaria la conoscenza

di quanto appreso nel capitolo dei numeri relativi e, del calcolo letterale, è sufficiente conoscere le operazioni con monomi e polinomi.

Per la risoluzione delle equazioni letterali, invece, è anche necessaria una certa padronanza di tutto

il calcolo letterale.

risulta vera se al posto di x sostituiamo un numero la cui somma con il suo do_ppio è 30. Si intuisce facilmente che tale eguaglianza è vera se al posto di x sostituiamo il numero 10, mentre risulta falsa, se al posto di x sostituiamo un qualsiasi altro numero. L'eguaglianza (4), com'è noto già dagli studi della Scuola Media e da quanto visto nel capitolo 3 n. 49, è un'equazione. Tuttavia non sempre è possibile riconoscere immediatamente, se un'eguaglianza è un'identità o un'equazione. Ad esempio, si potrebbe verificare che la seguente eguaglianza: (x+ t}2- 2(x- l )=(x+ 3)(x+ l )- 4x (5)

è un'identità; essa però non esprime alcuna proprietà nota: perciò non è possibile stabilire immediatamente che la (5) sia un'identità. Per tale motivo, conviene considerare le identità come delle particolari equazioni.

(

CL,x=-b ~

'J}J

Capitolo decimo - Equazion~

o..,::.o

b-f.o

m~racfi? ad un'~dg (a

Diamo quindi la seguente definizione.

léTTl';P l'equazione perde signi fica to V m = 3 ==> l'equazione è impossibi le - 2 /\ m i= 3 /\ m f:. O==> l'equ az ione è determinata : x

=O f=

=

m m_

3

.

D

È dato un segment o AB la cui mi sura, ri spetto ad un'un ità prefi ssa ta, è a: AB = a. Determinare sul prolungamento di AB, oltre 8, un punto C ta le che sia ve ri ficata la seguente relazio-

ne:

-AB + 3·AC

5.

BC

---------- --------~------------B

A

C

Fig. 8 Indich iamo con x la mi sura, rispetto all a stessa un ità di mi sura, del segme nto BC (fig. 8), cioè BC = x. Traducia mo la relazio ne data in equaz io ne, osserva ndo la figura 8; si avrà così

2a+3 (a + x) X

= 5.

(10)

La cond iz io ne di accettabi lità della so lu zion e della (1O) è (.A.,

X

;O 0.

Pertan to non si potrà accettare che sia BC = O, cioè c he il punto C co in ci d a con B. Per x f. O, la (1 O) risulta equi va lente all'equ az ione 5

2a + 3a + 3x=5x --+ 2x = 5a --+ x = 2aIl pun to C risu lt a ora fac ilment e costru ibil e dato c he risulta BC La co nd izione d i accettabil it à (x

f. O)

seg mento AB non è nullo e quindi è a

=

5

2

AB.

ri sulta verificata d ai dati stess i dal prob lema: infatti il

f.

O: e così pure è x

=fa f.

O.

Si può notare in o ltre che, dovendo 8 essere su l prolungamento di 8, oltre 8, dovrà ave rsi BC

> O- x > O -

5

2 a > O.

Ques ta relaz io ne è se nz'a ltro ver ifi cata perché, essendo a la mi sura di un segmento, dovranno cons iderarsi per a so lo va lo ri positivi.

{*) Si osservi ch·c - '"-= Oè in pratica un'equazione frazionaria nell'incognita m. Nel risolverla si po1rà supporre m 'f J, perché il caso

m- J m = } è già stato trauam.

_ _ _ _ _ __

_C_•~pi_to_lo_d_ec_im _o _-_E~q_ua_z_ io_ n i_d_ ip ~r_im_o~g_ra_do_ ad_u_n_ 'in_c_og~n_i1a_ __ _ _ _

351

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFl§RMATICA

B Scrivere

un programma per risolvere un'equazione di primo grado nella forma

ax+b = O. Dati conosciuti. Il coefficiente a ed il termine noto b. Dati richiesti. La soluzione dell'equazione. Risoluzione. Com'è noto si possono presentare vari casi: se a = Oe b = Oallora l'equazione è indeterminata; se a = Oe b i Oallora l'equazione è impossibile; b se a i Oallora l'equazione è determinata e la sua soluzione è x = - a

.

Ricerca dell'algoritmo. Per prima cosa si dovranno richiedere all'utente i valori di a e di b. Tali valori saranno immessi in due variabili di tipo reale, che chiameremo rispettivamente A e B. Si potrà quindi procedere alla risoluzione, considerando i casi sopra visti e comunicando all'utente se l'equazione è indeterminata, impossibile o determinata e, in questo caso, la sua soluzione. Descrizione dell'algoritmo per l'elaboratore Variabili utilizzate A: variabile che contiene il coefficiente a dell'incognita x dell'equazione. B: variabile che contiene il termine noto b dell'equazione. Linguaggio di Progetto

Programma Equazione di Primo Grado variabili A, B: di tipo reale inizio comunica 'Risoluzione dell'equazione di primo grado ax+b=O' (Acquisizione dei valori di a e di b ) comunica 'Scrivere il valore del coefficiente a: ' ricevi A comunica 'Scrivere il valore del termine noto b: ' ricevi B (Risoluzione ) (Primo caso; a = O, b = O: equazione indeterminata ) se A = Oe B = O allora comunica 'Equazione indeterminata' (Secondo caso; a = O, b i O: equazione impossibile ) se A = Oe B i O allora comunica 'Equazione impossibile' (Terzo caso; a i O: equazione determinata ) se A i Oallora comunica 'Equazione determinata: x = ', - BI A

fine

Traduzione in linguaggio Pasad Program Equazione_di_Primo_Grado;

Uses Crt;

352 ______C_a~pi_to_lo_d_e_ci_mo_·_Eq~u_az_io_n_id_i~pr_im_o~g~ra_d_o_ad_u_n_'ìn_c_og~n_ira_ _ _ _ _ _ __ var A, B: real;

begin clrscr; writeln ('Risoluzione dell'equazione di primo grado ax+b=0' ); writeln; (* Acquisizione dei valori di a e di b *) write ('Scrivere il valore del coefficiente a: '); readln (A); write ('Scrivere il valore del termine noto b: '); readln(B); (* Risoluzione *) (* Primo caso; a = O, b = O: equazione indeterminata *) if (A = O) and (B = O) then writeln ('Equazione indeterminata' ); (* Secondo caso; a= O, b O: equazione impossibile *) if (A= O) and (B O) then writeln ('Equazione impossibile' ); (* Terzo caso; a f' O: equazione determinata *) if (A O) then writeln ('Equazione determinata: x =', -B/A:6:2); writeln; writeln ('Premere un tasto per tornare in ambiente EDITOR'); repeat unti! keypressed; end.

fJ Scrivere un programma per risolvere l'equazione letterale (k2 - 4)x = k- 2. Dati conosciuti. Il valore del parametro K. Dati richiesti. La soluzione dell'equazione. Risoluzione. Come si è già visto nell'esempio 3 del n. 25 si ha:

!

k 'F ±2 =; equazione determinata: x = k ; 2 k = +2 =; equazione indeterminata; k = -2

=;

equazione impossibile.

Ricerca dell'algoritmo. Per prima cosa si dovrà richiedere all'utente il valore di k. Tale valore sarà immesso in una variabile di tipo reale, che chiameremo K. Si potrà quindi procedere alla risoluzione, considerando i casi sopra visti e comunicando all'utente se l'equazione è indeterminata, impossibile o determinata e, in questo caso, la sua soluzione. Descrizione deD' algoritmo per l'elaboratore Variabili urilizzate K: variabile reale che contiene il valore del parametro.

Linguaggio di Progetto

Programma Equazione Letterale variabili K: di tipo reale inizio

_ _ _ _ _ _ _C _•~pi_to_lo_d_ec_im _ o_-_E~qu_a_zio_n_id_i~p_rimo -----'g~ra_do_a_d_u_n'_in_co~g_ni_ta_ _ _ _ _

comunica 'Risoluzione dell'equazione letterale (k'2-4)x = k- 2' ( Acquisizione del valore di k ) comunica 'Scrivere il valore del parametro k :' ricevi K ( Risoluzione ) ( Primo caso; k cJ ±2,: equazione determinata ) se K # 2 e K # -2 allora comunica 'Equazione determinata: x = ', l / (k +2) ( Secondo caso; k = 2: equazione indeterminata ) se K = 2 allora comunica 'Equazione indeterminata' ( Terzo caso; k = -2: equazione impossibile) se K = -2 comunica 'Equazione impossibile' fine Traduzione in linguaggio Pascal

Program Equazione_Letterale; var K: real; begin writeln ('Risoluzione dell'equazione letterale (k'2-4)x = k- 2'); writeln; (* Acquisizione del valore di K *) write ('Scrivere il valore del parametro K: '); readln (K); (* Risoluzione *) (* Primo caso; K2 e K-2: equazione determinata *) if (K2) and (K-2) then writeln {'Equazione determinata: x=',l/(k+2)); (* Secondo caso; K=2: equazione indeterminata *) if (K=2) then writeln ('Equazione indeterminata'); (* Terzo caso; K=-2: equazione impossibile *) if (K=-2) then writeln {'Equazione impossibile'); writeln; writeln ('Premere INVIO per tornare in ambiente EDITOR'); readln; end.

Il Scrivere un programma per risolvere l'equazione letterale intera (a Il Scrivere un programma per risolvere l'equazione letterale intera X

X

--;;-:T- -;:j:"T =

x+2 I '

a2-

Il Scrivere un programma per risolvere l'equazione letterale frazionaria

a(3-x)

a

3-5a

3ax+ I

-a-1 - - +a+l - - =1-a ----a+I ·

b)x = a.

353

- - - - - - - - - - - 354

Introduzione

D

Dise-•



quaz1oru • • • • • • • • •

D iseguagli anze D isequazion i in una incogni ta Interva ll i D isequaz ion i eq ui va le nti Risol uz ione di una disequ az ione di primo grado Risoluzione grafica di una disequaz io ne di pri mo grado Sistemi di disequazion i Modu li o valor i asso luti Laboratorio di Matematica- Informatica

Un gruppo di amici, dopo una discussione sui benefici dell'attività fisica, decide di praticare un po' di nuoto. Chiedono dunque informazioni, riguardo ai costi, a due piscine. Una piscina privata chiede, per ogni persona, una quota d'iscrizione annua di € 312, più € 2 per ogni ingresso. L'ingresso alla piscina comunale della loro città costa invece € 5, ma non è richiesta alcuna quota d'iscrizione. Gli amici si chiedono allora quale piscina sia più conveniente frequentare. Naturalmente a tale domanda non è possibile dare una risposta valida in generale. Se, ad esempio, si intende frequentare la piscina privata una volta alla settimana, ogni persona dovrebbe pagare in un anno una quota d'iscrizione più 52 ingressi, cioè

€ 312 + € 2 X 52 = € 416. Invece, frequentando la piscina comunale sempre una volta alla settimana, si pagherebbero 52 ingressi, ossia

€ 5 X 52 = € 260. In tal caso risulterebbe perciò più conveniente la piscina comunale. Ma, se si frequentasse la piscina tre volte alla settimana, ossia 52 x 3 = 156 volte in un anno, la piscina privata costerebbe

€ 312 + € 2 X 156 = € 624, mentre la piscina comunale costerebbe

€ 5 X 156 = € 780 Osservazioni. È un capitolo di fondamentale importanza per lo studio della matematica anche negli anni

successivi. La discussione delle disequazioni letterali e /a risoluzione di disequazioni

contenenti valori assoluti, pur potendosi considerare argomenti complementari, costituiscono, invece,

utili approfondimenti necessari per acquisire padronanza di quanto

appreso, anche in vista delle future applicazioni.

e sarebbe quindi più conveniente la piscina privata. Il costo annuo di entrambe le piscine dipende quindi dal numero di volte in cui si andrà m p1scma m un anno. Più precisamente, frequentando la piscina x volte in un anno, si spenderà, alla piscina privata, una somma di euro

312 + 2x, mentre alla piscina comunale si spenderà una somma di euro

5x.

Capitolo undicesimo - Disequazioni

355

Dunque la piscina comunale risulterà più conveniente se 5 x sarà minore di 312 +2 x, ossia se è

5x < 312 + 2x.

(1)

La (1) è una disequazione ossia una disuguaglianza in cui compare un'incognita, che in questo caso è x. Per sapere in quali casi è più conveniente la piscina comunale dobbiamo quindi essere in grado di risolvere tale disequazione.

Diseguaglianze

, '-.-'

D

Prima di affrontare lo studio delle disequazioni è bene approfondire alcuni concetti riguardanti le diseguaglianze. Com'è noto, i simboli < e > vengono usati per esprimere delle relazioni di diseguaglianza tra numeri. Si scrive a < b per indicare che il numero a è minore pel numero b: si dice che a è il primo membro e b è il secondo membro della diseguaglianza. E evidente che ciò equivale ad affermare che è b > a, ossia che b è maggiore di a. I simboli :5 e ~ servono per affermare che due numeri sono eguali oppure che tra essi vale una certa relazione di diseguaglianza. Ad esempio è ~~ ..:..

--~~;



-Ta

~~ ~

••

•e

(1)

ossia scrivere a :5 b equivale ad affermare che a è minore di b oppure che a è uguale a b. Si dice anche, più brevemente, che a è minore o eguale a b. Analogamente si ha

Se è b ~ a si dice che b è maggiore o eguale ad a. Anche in questo caso è evidente che affermare che è a :5 b equivale ad affermare che è b ~ a.

È vero che è 5 < 7 e -2, 3 < +o anche, eq ui va lenteme nte, è vero che è 7 > 5 e+> -2, 3.

I

Si ha poi anche, per la (1 ), che è -2 ::; 3 e 5 ::; 5, o, il che è lo stesso, 3 ~ -2 e 5 ~ 5.

In genera le, qua lunque sia il numero reale a, è sempre vero che a ::; a, men tre non è mai vero che a < a.

Principi delle diseguaglianze

D

Premettiamo che il senso o verso di una diseguaglianza è dato dal simbolo > oppure < (o, naturalmente, anche dai simboli ~ oppure ::,). Per le diseguaglianze sussistono i principi che ora esporremo.

1° Sommando o sottraendo ad ambedue i membri di una diseguaglianza uno stesso numero, si ottiene una diseguaglianza dello stesso senso.

356 _________C~•p_;1_ol_o _un_d_k_es_;m_o_ -_o_;_se~qu_a_,;_on_;_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

In simboli:

Ad esempio, è vero che è 7 > 3 ed è anche vero che è 7 +8 > 3 +8, ossia 15 > 11. Così pure è vero che è - 2 < 5 ed è pure vero che è -2 - 4 < 5 - 4, ossia -6 < I. Da questo principio risulta, in particolare, che si può trasportare un termùie da un membro all'altro, cambiandolo di segno. Infatti, se è

a+ b > e,

(! )

aggiungendo ad ambo i membri il termine -b, si ha

a+b-b>c-b cioè

a> e- b.

(2)

Il termine +b è stato così trasportato dal primo membro della (!) al secondo membro, cambiandogli il segno. 2° Molttplicando o dividendo ambedue i membn· di una diseguaglianza per uno stesso numero positivo, si ottiene una diseguaglianza dello stesso senso.

In simboli:

F·- . ' [,_

-

.

-

',,,

-

-

.

,

Ad esempio, è vero che è 3 > 2 ed è pure vero che è 3 •5 > 2 · 5, ossia 15 > IO. Così pure, 3 3 e' vero che e' - 3 < - I ed e' anche vero che e' - - - < -- I-, ossia. b =⇒ a" > b". Ad esempio, è vero che è 3 > 2 ed è pure vero che è 34 > 24, ossia 81 > 16.

9° Elevando a potenza con esponente intero negativo i due membri di una diseguaglianza tra numeri positivi; si ottiene una diseguaglzanza di senso contrario.

358 _________C_ap_H_o_lo_u_nd_k_~_;_m_o -_D_;_re_qu_a_2 ;_0n_;_ _ _ _ __ __ _ __

In simboli

a, b E R+ /\ n E No /\ a > b =>a -• < b-• . Infatti, per il principio 8 e 7 e per la definizione di potenza ad esponente negativo, si ha:

a > b-, a" > b"

1

--+ -;;;;

1

< Tn --+a -•< b-•.

Ad esempio, è vero che è 3 > 2 ed è anche vero che è 3 - 2 < 2 - 2 , ossia

++·
b2n+I a < OI\ b < OI\ n E No /\ a > b => { · a2n < Il-•. Ad esempio, è vero che è - 2 > -7 ed è anche vero, elevando ambo i membri al cubo, che è -8 > - 343; invece, elevando i membri a quadrato si ha 4 < 49. li O Se si elevano i due membri di una disuguaglianza tra numeri di segno opposto a potenza con esponente positivo dispari la disuguaglianza conserva zl senso; se l'esponente è invece pari in generale non si può dire nulla del risultato. Ad esempio è vero che è +2 > -5 ed è anche vero che è (+2) 3 > (-5)3, ossia 8 > -125. Se l'esponente è pari si può ottenere: o un'uguaglianza (per esempio, da 3 > -3 si ha, elevando al quadrato, 9 = 9); o una disuguaglianza dello stesso senso (per esempio, da 3 > - 2, elevando al quadrato, si ha 9 > 4); o una disuguaglianza di senso contrario (per esempio, da 3 > - 5, elevando al quadrato si ha 9 < 25). 12° Estraendo la radice n-esima (cap. 3 n. 22 ) da entrambi i membri di una disuguaglùmza tra numen· positzvi, si ottiene una diseguaglianza dello stesso senso.

In simboli

a > OI\ b > OI\ n E No /\ a > b => ,:/a > tb. Ad esempio è 16 > 9 ed è anche

v'16 > ./9, ossia 4 > 3.

Disequazioni in una incognita

Il In generale si chiama disequazione una diseguaglianza in cui figurano una o più lettere, dette incognite. Come già per le equazioni, talvolta alcune lettere rappresentano dei numeri costanti il cui valore non è specificato (parametri).

Capitolo undicesimo - Disequazioni

359

Noi ci occuperemo solo di disequazioni in una incognita, come ad esempio la (I) del n. I. L'espressione che si trova a sinistra del segno di diseguaglianza si chiama primo membro della disequazione o anche membro sinistro; l'espressione che si trova a destra del segno di diseguaglianza si dice secondo membro o membro destro della disequazione. Noi ci occuperemo, in questo volume, solo di disequazioni nei cui due membri sono presenti espressioni algebriche razionali intere o /razzonarie. Una disequazione in cui l'incognita compare al denominatore di qualche frazione si dice frazionaria; in caso contrario la disequazione si dice intera. Se in una disequazione si sostituisce, al posto dell'incognita, un numero, la disequazione si trasforma in una diseguaglianza, che, se ha senso, può essere vera o falsa. Si dice che un numero è soluzione di una data disequazione se, sostituendolo all'incognita, la disequazione si trasforma in una diseguaglianza vera. Risolvere una disequazione significa trovare i valori dell'incognita per i quali la disequazione si trasforma in una diseguaglianza vera, ossia significa determinarne l'insieme delle soluzioni. L'insieme delle soluzioni di una data disequazione è perciò un insieme di numeri. Contrariamente a quanto avviene nel caso delle equazioni, l'insieme delle soluzioni di una disequazione è1 in_ genere, costituito da infiniti numeri, ossia una disequazione ha, in genere, infinite soluz1om. Noi indicheremo l'insieme delle soluzioni di una disequazione sempre con la lettera S.

0

Cons id eri amo nuovamente la (1) del paragrafo 1:

5x < 312 + 2x.

(1)

Essa è un a diseq uazione, in cui la lettera x rapprese nta l' in cog nita. L'espressio ne 5x è il primo membro di tale di sequazione, mentre il secondo membro è

312+2x. Sost itu endo 52 al posto dell' incognita x, la (1) diviene

5.52 < 312 + 2 · 52 -260 < 416 che è una di seg uag lian za vera. Dunque il numero 52 è una so luzion e della (1 ). Se in vece sost itui amo 156 al posto dix, la (1) diventa

5 · 156 < 312 + 2 · 156 -

780 < 624

che è una diseguagl ianza fa lsa : perciò 156 non è so lu zion e dell a (1).

Il

Co nside riam o la seg uente disequazione

- 2x < O.

(2)

le sue so luz ion i so no quei numeri che moltiplica ti per -2 danno un risu ltato nega tivo. Sostitu endo al posto di x un num ero negativo il primo membro, per la rego la dei segni, diviene un numero positi vo; perciò nessun numero nega ti vo può esse re so luzione della (2). Sosti tu endo il numero O al posto di x, il primo membro dell a (2) divi ene O; poi ché non è vero che O < O, il numero O non è so luzione dell a (2). Sostitu endo al posto di x un qualsias i numero positivo il primo membro, per la rego la dei seg ni , diviene un numero nega ti vo. Perciò l' insieme 5 d e ll e so lu z ioni de ll a (2 ) è l' in siem e d e i num eri rea li posit iv i :

D

De ll e seguenti disequa z ioni:

la pr ima è un a di sequazione fraz ionaria, la seconda è un a di sequa z ione in tera , la terza è un a disequaz ione in tera nell' incogni ta x conte nente un pa rametro a e, infin e, la quarta è un a disequaz ione frazionaria nell' incognita x contenente i due pa rametri a e b.

360 ___ _______c_a~pi_to_lo_un_d_k_~_im_o_-_D_i_~~q_ua_z_io_n_i_

_ _ _ _ _ _ _ _ __

D

Nei prossimi paragrafi esporremo delle rego le per ri so lve re vari tipi di disequazioni; ma in alcun i casi, come già visto nel precedente ese mpi o 2, è sufficiente fare dei se mpli c i ragionamenti per trova re le so lu z ioni di un a disequazione. Ad esempio è fac il e vedere che la disequazione frazionaria

x 2 +1 -->0 x'

è verificata per x =I- O, ossia l' in sieme delle sue so lu z ion i è 5 = R - {O}. Infatti è ev id ente c he per x = O, valore per cu i si annu ll a il denominatore al primo membro, la disequazione si trasforma in una diseguaglianza priva di senso (c ioè né vera, né fa lsa); per ogni altro valore d i x, invece, il denominatore è positivo e il numeratore è maggiore di 1: il rappo rto tra numeratore e denominatore è quindi positivo per x f O.

Il

Risolvere la disequazione

x 2 - 2x + 1 >0.

(3)

Nel prossimo vo lur11e impareremo a risolvere le disequazion i che, come quella proposta, sono di secondo grado. E però possibile, co n un ra gion amento semp li ce, giungere alla so luzion e

della 131. Incominciamo ad osservare che il primo memb ro della (3) è un quadrato perfetto e pertanto potremo scrivere la (3) nell a forma

(x - 1) 2 > O. A l va ri are di x la quantità x - 1, base del quadrato, potrà ev id enteme nte assume re va lori positivi , negativi o nulli. l a base del quadrato assume va lore zero quando è x - 1 = O, cioè per x = 1. Si vede subito che per x = 1 la disequazione non è verifica ta perché si trasforma in una disuguaglianza fa lsa (e precisamente 0 2 > O). Per ogni altro va lore dix la quantità x - 1 assumerà un valo re positivo o negativo ed il suo quadrato sarà pertanto positivo. Si conclude così che la disequazione data è soddisfatta per x f 1, ossia è

5= R - {1}.

1m

Con semplic i ragionamenti, ana loghi a quelli svo lti neg li esempi precedenti possiamo subito stabilire che le d iseq uaz ioni seguenti hanno l'i nsieme dell e so luzioni a fianco indicato:

x2

+x4 > - 2

x2 + 9 < O

5=0 a2

1

(x-1) 2 + (x-3) 2 > O

5 = R -{ 1; 3}

x 2 :$ O

5 = {O}

x2

5 =0

O

Intervalli

ID Come abbiamo già detto, e come si può constatare dagli esempi del precedente n. 4, l'insieme delle soluzioni di una disequazione è in genere costituito da infiniti numeri. Per rappresentare tali insiemi è molto utile il concetto di intervallo, che ora definiremo. , Sia R l'insieme dei numeri reali e X l'insieme dei punti di una retta orientata r. E noto che, stabilita un'unità di misura e fissato un punto O E r detto origine, a ogni numero reale si

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C__c•Pc._;_1o_lo_u_n_ d;_ ces _;m_o_•D_;_,eq-'-ua_z_;o_n_;_ _ _ _ _ _ _ _ _

361

può associare un punto di r e viceversa: vi è cioè una corrispondenza biunivoca tra R ed X. Questa corrispondenza consente di parlare indifferentemente di insiemi di numeri o di insie• mi di punti su una retta, ossia di "confondere" i punti e i numeri ad essi corrispondenti. Per la suddetta corrispondenza, a numeri disposti in ordine crescente corrispondono punti che si succedono da sinistra a destra sulla retta r orizzontale orientata verso destra (asse rea· le); quindi dire, ad esempio, x < c equivale a dire che il punto x è alla sinistra del punto c e dire x > c equivale a dire che il punto x è alla destra di c. Siano a e b due numeri reali con a < b (anche nel seguito di questo paragrafo supporremo sempre a< b); si chiama intervallo chiuso di estremi a e b, e lo si denota con [a ; b], l'insie• me di tutti i numeri reali x compresi tra a e b, inclusi a e b. Si chiama intervallo aperto di estremi a e b, e lo si denota con (a ; b) (*), l'insieme di tutti i numeri reali x compresi tra a e b, esclusi a e b. In simboli

I numeri a e b si dicono estremi dell'intervallo e precisamente a è il prùno estremo o estremo sinistro e b è il secondo estremo o estremo destro. I numeri dell'intervallo che non sono estre· mi si dicono interni (all'intervallo), mentre i numeri minori di a o maggiori di b si dicono esterni (all'intervallo). La differenza b - a si chiama ampiezza dell'intervallo ed è un numero positivo (avendo convenuto che sia b > a) . Nella rappresentazione geometrica (fig. 1 e fig. 2), l'intervallo ~hiuso [a ; b] è costituito da tutti i punti del segmento chiuso avente per estremi i punti corrispondenti ai numeri a e b; nel caso di intervallo aperto (a; b) il segmento andrà considerato aperto cioè privato degli estremi. In ogni caso b - a rappresenta la misura della lunghezza del segmento che individua l'intervallo. [a;bl.. .........•• _ _ _b . ....... ..... ~ valori esterni

valori interni

valori esterni

~ g ............. ~

(a;bi •.••. .. .• . . valori esterni

v.iloriin terni

Fig. 1

valori esterni

Fig.

Si può parlare anche di intervalli aperti a sinistra e chiusi a destra oppure chiusi a sinistra e aperti a destra; in simboli

La rappresentazione geometrica di tali intervalli è in figura 3 e in figura 4. (a;bl ···········-a_ _ _,. b Fig. 3

Ja;b) ............. a ----ob Fig. 4

(*) Si noti che la scrittura (11 ; h) può anche indicare una coppia ordinata. Risulterà comunque chiaro dal contesto a quale delle due acce. zioni si riferisce 1ale nmazione.

362 _ _ _ _ _ _ _ _ _C~•p~;1_o_lo_u_nd_;c_e_sim_ o_•_D_;_seq~u_a_z;_on_;_ _ _ _ _ _ _ _ _ __

Gli intervalli di cui si è finora parlato sono anche detti lùnitati, ma si considerano anche gli intervalli illimitati che sono quelli costituiti da tutti i numeri reali maggiori (maggiori o ugua• li) di un numero assegnato a oppure da tutti i numeri reali minori (minori o uguali) di a. In simboli

(11; too)

={llfK'>•A~E R}

~; too):o{x~~aAxe.R} (-oo; a).,. {xjx.,:; 1,Axe R} (-oo; aJ={xlx~irtue.R} Dal punto di vista geometrico questi intervalli illimitati sono una deUe due semirette (con I'O· rigine esclusa oppure compresa) in cui il punto, che rappresenta il numero reale a, divide la retta su cui si rappresenta R. Le loro rappresentazioni geometriche sono le figure 5, 6, 7 e 8. (a; +oo) ······ ······ · · · · · < > - - - - -R -

fa ; +=) .... ..............

Fig. 5

••-----R► Fig. 6

I-=; a) _ _ _ _ _.,., ................~

(-=;al _ _ _ _ _...... ... ..... ....~

Fig. 7

Fig. 8

Gli intervalli (a; +oo) e (-oo; a) sono intervalli aperti e illimitati, mentre gli intervaUi [a ; +oo) e (-oo ; a] sono chiusi e illimitati. L'insieme di tutti i numeri reali, ossia tutti i punti deUa retta, costituisce l'intervaUo (-oo ; +oo) (fig. 9): R = (-oo ;+oo) .

Fig. 9

R= (-=; + =)

• R

Disequazioni equivalenti

l!I Definizione. Due disequazioni si dicono equivalenti, se hanno lo stesso insieme di solu• ZIOnl.

Il concetto di equivalenza tra disequazioni è del tutto analogo a queUo di equivalenza tra equazioni, introdotto nel capitolo 10. La relazione di equivalenza tra disequazioni gode deUe seguenti proprietà: - proprietà riflessiva; ogni disequazione è equivalente a se stessa; - proprietà simmetrica: se una disequazione è equivalente ad un'altra, quest'ultima è equiva· lente aUa prima; - proprietà transitiva: se due disequazioni sono equivalenti ad una terza disequazione, esse sono equivalenti tra loro.

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C~•~p;~1o_lo~u_n_d~;c_~~;m _o_-D_i_seq ~ua_z_;o_n_;_ _ _ _ _ _ _ _ _

J6J

Per risolvere una disequazione si cercherà di trasformarla in una disequazione più semplice, a essa equivalente; questa verrà poi trasformata in un'altra disequazione, di forma ancora più semplice, ma sempre equivalente alla data, fino a ottenere una disequazione di cui si sia in grado di stabilire immediatamente l'insieme delle soluzioni.

Co nsideriamo nuova ment e la di sequazione già co nsid erata all'esempio 2 del precedente pa -

rag rafo 4:

-2x < O.

(1)

Avevamo stabil ito che l' in sieme 5 1 dell e sue solu z ioni è l'i nsieme R+ dei num eri rea li posit ivi: Consi deri amo ora la di seq uaz ione

2x > O.

(2)

Essa si tra sforma in una diseguaglia nza ve ra se il doppio del numero che si sostitui sce a x è posit ivo . Po iché so llanto il doppio di un num ero pos itivo può esse re positi vo, le so lu zio ni del la (2) so no i num eri rea li pos iti vi, ossia l'i nsieme 52 dell e so lu z ioni dell a (2) è

52 = R+ . Si ha dunque 5 1

= 52 e perciò

la (1) e la (2) so no disequazioni equi va lenti.

Dominio di una disequazione

fJ Quando non venga specificato diversamente si intende che il dominio di una disequazione in una variabile sia costituito dall 'insieme dei numeri reali che, sostituiti alla variabile, la trasformano in una diseguaglianza dotata di senso (ossia o vera o falsa). Ad esempio la disequazione 2x - 3 > 1 ha per dominio R, mentre la disequazione ~ < O ha per dominio R - {O}. X

Osservazione: disequazioni come predicati

D

Nel capitolo 2 abbiamo osservato che un'equazione può essere considerata un predicato, il cui insieme di verità coincide con l'insieme delle soluzioni. Tali considerazioni si possono ripetere per le disequazioni: se in una disequazione si sostituisce al posto dell'incognita un numero, la disequazione si trasforma in una diseguaglianza, che, se ha senso, può essere vera o falsa; dunque se in una disequazione sostituiamo un numero al posto dell'incognita, essa si trasforma in un enunciato. Perciò una disequazione si può considerare un predicato il cui çlominio non è altro che il dominio della disequazione. E evidente che, se una disequazione viene considerata un predicato, il suo insieme di verità non è altro che l'insieme delle soluzioni della disequazione. Perciò due disequazioni equivalenti possono essere considerate predicati equivalenti: infatti avendo le due disequazioni lo stesso insieme di soluzioni, esse, considerate come predicati, hanno lo stesso insieme di verità. Principi di equivalenza delle disequazioni

D

Per trasformare una disequazione in un'altra equivalente si applicano, come nel caso delle equazioni, i principi di equivalenza delle disequazioni.

364 ____ ______C_•~p;_to_lo_ u_n_d_;c_~_;m_o_-_D_;_,eq _ua_z_;o_n_;_ __ _ _ _ __ _ __ Noi utilizzeremo tre principi che derivano dai primi tre principi già visti per le diseguaglianze (n. 3). Nei due esempi, che seguiranno gli enunciati dei tre principi, si mostrerà come essi servano per giungere alla soluzione di una disequazione. Primo principio d'equivalenza delle disequazioni. Se ad entrambi i membri di una disequazione si somma o si sottrae uno stesso numero (o una stessa espressione algebrica sempre definita nel dominio della disequazione), si ottiene una disequazione equivalente alla data.

Secondo principio d'equivalenza delle disequazioni. Moltiplicando o dividendo entrambi i membri di una disequazione per uno stesso numero positivo (o per una stessa espressione algebrica sempre positiva nel dominio della disequazione), si ottiene una disequazione equivalente alla data. Terzo principio d'equivalenza delle disequazioni. Moltiplicando o dividendo entrambi i membri di una disequazione per uno stesso numero negativo (o per una stessa espressione algebrica sempre negativa nel dominio della disequazione) e cambiando il verso del simbolo di diseguaglianw, si ottiene una disequazione equivalente alla data.

D

Consideriamo la seguente disequazione:

5x - 3 > 2x.

(1)

App lich iamo il primo princ ipio d'equivalenza so mmando 3 ad entrambi i membri:

5x -,J'+,J' > 2x +3 -

5x > 2x+3 .

(2)

l a di sequazione (2) è qu indi equi va lente alla (1). App lichi amo ancora il primo principio, sottraendo 2x ad entrambi i membri ,

5x-2x > X+ 3 -:M -

3x > 3.

(3)

La (3) è equiva lente all a (2) e quindi , per la proprietà transiti va de ll' equi va lenz a, anche alla (1). App lichiamo ora il secondo pr incipio, di vid endo entrambi i membri della (3) per 3:

(4) La (4) è equiva lente all a (3) e, se mpre per la prop rietà transiti va, an che all a (1 ). Ma la (4) ci permette di sta bilire immed iatame nte quali sono le sue so lu z ioni e quindi an che quali sono le so lu zio ni dell a (1 ): esse so no tutti i numeri reali magg iori di 1: l' in sie me dell e so lu z ioni è perciò:

5 = {x

E

Rlx >

1 }.

Tale insieme è un interva ll o ape rto e illimitato:

5

= (1;

+ oo)

l a sua rapprese ntazione geometrica è in figura 1O.

f;g, 10

IDI

---------------------0-------

Ri solviamo la di sequ az ion e

2

5

7

(5)

3x ,". 4x +15. App lichiam o il pr imo prin cipi o, sommand o

-f

x ad

2-x-2x > 2 / +_'.__2/ 3

4

- /"

15

/"

entrambi i membr i:

-

_ _'._ x >_'._ 12

- 15

(6)

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C_•p~;_1o_lo_u_n_d_k _~ _;m_o_-_D_i_seq~••_z_;o_n_;_ __ _ _ _ _ _ _

365

Applichiamo ora il terzo princ ipio d'equi va lenza, mo ltipli ca ndo entrambi i memb ri della (6) per il numero negativo - \

2

e ca mbiando quindi verso all a di sequaz ione:

__!_X·(-~) b.

In modo del tutto equivalente si può schematizzare la risoluzione della disequazione ax > b nel seguente diagramma di flusso.

NO

X 9x + 6 - 12.

Trasport iamo ora al membro sini stro i termini contenenti x e al membro destro i termini not i, ridu ce nd o quindi i termini simili:

8x - 6x - 9 x > 6 - 12 + 2 + 15

> 11 .

7x

---+ -

(2)

Il c oeffic iente dell'incognita è - 7 < O. Di v idi amo perc iò en trambi i membri dell a (2 ) per - 7, ca mbi ando il ve rso del simbolo di diseguaglianza

11 - 7

-7x - 7

11 7

- - < - - - + X< - - .

(3)

La (3) è equiva lente all a (1) e ne esprime le so lu zioni. Si poteva anche Operare in un altro modo: camb iamo di seg no entrambi i membri della (2),

ca mbi ando anche il verso del simbolo di diseguaglianza, e dividiamo quindi entrambi i membri per 7 > O.

7x

- 11

-7x> ll ---+7X < - 11 ---+ 7 < ----+ 7

11

x < -7·

Si perviene naturalmente allo stesso ri sultato . L' insieme 5 delle soluzioni è pertanto l'interva llo aperto e illimitato:

la sua rappresentaz ione grafica è in fi gura 12. - oo ------ ---- - - -· ··· · ·--· ► + co

Fig. 12

D

Riso lvere la disequazione

(i

X -

2)

(X -+) '., (X:

1) ' - 230.

Svolgiamo i prodotti indicat i :

2-xi _ _!__x - 2x + ~ < x 2+ 2x + 1 18

6

3 -

20

6

Moltiplich iamo entrambi i membri per 18, c ioè per il minimo comu ne multiplo dei denom inatori , ottenendo:

3x 2

-

x - 36x + 12 S 3 x 2 + 6x + 3 - 120.

Dopo aver soppresso il monomio 3x 2 che co mpare in en trambi i membri, trasporti amo al pri mo membro i term in i in cui co mpare x e al seco ndo membro le costanti

-x - 36x + 12 S 6x + 3 - 120 -x-36x - 6x S 3 - 120 - 12

~

~

- 43x S - 129.

D ividiamo entrambi i membri della disequaz ione per - 43 ri cordando che, essendo - 4 3 occorre cambia re il verso del simbo lo di diseguaglianza

< O,

- 43x - 129 -~>------+ x > 3. - 43 - - 43 La disequazione data è quindi ve ri ficata per x 2:: 3, ossia l' insieme delle solu zioni è l'interva llo chiuso e ill im itato [3; +oo) .

Il

Ri solvere la d iseq uazione

2- x 2x - 1 2x + 3 3x +2 - 5 - + --2- < - -4 - + -1-0-·

Si ha m.c .m. (5; 2; 4; 1O) = 20 e quindi : 4 (2 - x)+ 10 (2x - 1) 5 (2x + 3)+ 2 (3x + 2) 20 < 20

(4)

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C_a~pi_to_lo_ u _n_d_ ic_~_im _o_ -D _ is~ _ u_ az_io_n_i_ _ _ _ _ _ _ _ _

~

8 - 4x + 20x-10 < 10x + 15 + 6x + 4

---+

- 4x + 20x- 10x - 6x < 15 + 4 - 8 + 10---+

369

~

~0 < 21

(5 )

la disequazione data si ridu ce quindi a ll a diseguaglianza O < 21 , c he è vera indipendentemente dal va lore che si attribuisce a x. Perciò la (4) è soddisfatta da qualsiasi va lore dix: l' insieme 5 delle so lu zion i co inc ide co n l'insieme R dei numeri rea li . Ciò si pu ò co nstatare anc he sc ri ve ndo la (5), eq ui va lente alla (4), nell a forma

0 - x < 21.

(6)

È evidente che, qualunque sia il va lore che si attribui sce a x, ta le disequazione si tra sforma nella diseg uaglianza O < 21, c he è vera, e perciò qua lu nque numero rea le è solu zione della (6) e quindi anche del la (4); perciò è 5 = R.

O

Ri so lviamo la disequazione

(x + 2) 3 < (x + 1)(x 2

-

x + 1) + 6x (x + 2).

(7)

Si ha

0 + !¼.'+ ).h' + 8 < 0 + 1 + I¼:'+~

~ 8 < 1.

La disequazione data si riduce quindi alla diseguaglianza 8 < 1, c he è fa lsa indipendentemente dal valore attribuito al la variabile x. In altre paro le qualunque sia il va lore ch e si sostitui sce a x, la (7) si trasforma in una diseguaglianza fa lsa. Perciò essa è una disequazione impossibile, ossia l' insieme delle sue so lu zioni è l' insieme vuoto:

5 =0 .

Il

Ri so lve re la disequazione 1

X

- + 1 > 2x + - , a 2a

(8)

sapendo che è a < O. Moltipl ichiamo ambo i membri per il m.c. m. dei denom inatori che è 2a < O e cambiamo qu indi il verso del simbolo di diseguaglianza. la (8 ) diventa così

2x + 2a < 4ax + 1 cioè

2x - 4ax < 1 - 2a 2 ( 1 - 2 a)x < 1 - 2 a.

(9)

Sapen do che è a < O, si deduce che il coefficie nte di x nella (9) è sicuramente positivo: in fatt i 'è 1 - 2a

> O per 1 > 2a c ioè per a
O -----+ a > 1.

a < 1, possiamo di videre entrambi i membri della verso del simbolo di diseguaglianza. Si ottiene cos ì

1) Se è

(1 O) per

a - 1 < O, cambiando il

1

x < -- . a- 1

2) Se è a = 1, ri su ltando a - 1 = O, non poss iamo dividere entrambi i membri della (1 O) per

a- 1. Esaminiamo perc iò la (10) c he per a = 1 diviene (1 - l )x> l -

O•x > l.

Qua lunque numero si sostitui sca al posto di x ta le disequaz ione si trasforma nella diseguagli anza fa lsa O > 1; perciò per a = 1 la (1O) è impossibil e. 3) Se è a> 1, possiamo di videre entrambi i membri della (1 O) per a - 1 > O, se nza cambia re il verso del simbolo di diseguaglianza. Si ottiene cos ì 1

X>--. a-1

Ri ass umendo:

1

a< l ==> x < - a- 1 a= 1 ==> nessun va lore di x 1

a> l ==>x>~.

III

Ri so lvere la di sequazione letterale Sx

< a2 -

(11)

1.

ln questo caso il coefficie nte dell'incognita è il numero pos iti vo 5. Poss iamo pertanto , senza fare alcuna discussione, di videre entrambi i membri della (11 ) per 5: a2 - 1

x O.

a

(12)

Inco minciamo ad osservare c he il parametro a deve essere diverso da zero; infatti se fosse a= O la disequazione perderebbe significa to. Per poter eliminare il denomin atore è necessar io di stinguere due cas i.

1° caso: a< O. Molti pl ic hiamo ambo i membri della (12 ) per a< O e qu indi la (12) di ven ta, camb iando il ver-

so a l simbolo di di seg uag li anz a:

(a - l )x-a < O -

(a- l )x < a.

(13)

Poiché siamo nel caso a< O è evidente c he il coeffi c iente di x dell a (13), c ioè (a- 1) ri sulta negativo e quindi la (13) è ve rifi cata per

a

x>--. a- 1

2° caso: a > O. Moltipl ichi amo ambo i membri della (12) per

a> O e avremo

(a- l )x -a > O - ( a - l )x>a.

(14)

Ora osserviamo che il coeffi c ien te (a - 1) della x, nella (14), è posi ti vo per a> 1, nullo per a= 1 e nega ti vo per a< 1, oss ia per O < a< 1 (in fatti siamo nel caso a > O). Av remo cos ì

/

per a> 1 -

(a - l )x > a - - per a= 1 ~

a x >-a- 1 Ox > 1 - nessu na so lu zione

perO O è invece rappresentata, nel piano cartesiano, dall'insieme di tutti i punti la cui ordinata y è positiva, ossia dai pttnti che si trovano "al di sopra" dell'asse x; tale insieme è un semipiano, avente l'asse x come origine, ed è detto semipiano delle ordinate positive: tale semipiano è detto aperto perché non contiene la sua origine, non potendo essere, in questo caso, y = O. I punti le cui coordinate soddisfano il sistema (2) sono perciò quei pnnti della retta di equazione y = mx+ q che si trovano nel semipiano delle ordinate positive, ossia i punti di una delle due semirette aperte in cui la retta y = mx +q è divisa dal suo punto d'intersezione con l'asse x. Occorrerà pertanto determinare l'ascissa di tale punto. Poiché nella disequazione (1) compare solo l'incognita x, si dovrà considerare come insieme delle sue soluzioni l'insieme delle ascisse di tali punti, cioè dei pnnti della retta con ordinata positiva. Non è difficile rendersi conto che la rappresentazione grafica di tale insieme si può ottenere proiettando la semiretta soluzione del sistema (2) sull'asse x. Naturalmente analoghe considerazioni si possono fare se la disequazione da risolvere è del tipo mx+q < O che è equivalente al sistema

y=mx+q { y < o.

In questo caso si dovranno determinare i punti della retta y = mx +q che giacciono nel semipiano aperto delle ordinate negative. Se, invece, nella disequazione da risolvere compare il simbolo '.o o ;:,:, si dovrà considerare, insieme ai pnnti della retta y = mx +q che giacciono in uno dei due semipiani delle ordinate negative o positive originati dall'asse x, anche il punto d'intersezione della retta con tale asse: in altre parole il semipiano considerato va inteso chiuso cioè comprendente anche la sua origine (asse x) .

D

Riso lviamo graficamente la di sequazione

2x + l < 0.

(3)

Essa è equivalente al sistema

y = 2x + l (4 )

{ y < O.

Si tratta perciò di determinare i punti dell a retta di equaz ione y = 2 x + 1 che giacc iono nel semip iano del le ordinate nega tive. Tale retta è la retta r di fi gu ra 13. I suo i punti di ordin ata nega ti va sono quelli che si trovano interna ment e al terzo quadrante e costi tui scono una semi retta ape rta ave nte come origine il punto B in cui r inte rseca l'asse delle x. Per determinare l'ascissa di ta le punto è suffic iente porre y = O nell'equaz ione di r: 1

0 = 2 x + l --+ x = -

2

.

......... , A: ....... 1

s/

o

Fig. 13

Capitolo undicesimo - Disequazioni

Dunque è

s(-½; O)-

373

Le so lu zioni della disequaz ione (3) so no le ascisse dei punti di tale se-

miretta, escluso 8 (*). Non è difficile, osservando la figura 13, concludere che le ascisse di questi punti sono minori dell'ascissa di B; per tali punti si ha quindi

(5) La (5) esprime le so lu zioni della (3). L'insieme delle soluzioni è pertanto l' interva llo aperto illimitato

Il

(-oo; -½)-

Ri so lviamo graficamente la disequazione 1

-2

x + 4 2'. O.

(6)

La disequazione data equiva le al sistema

y=-fx+4 {

(7)

Y - 1. Confrontando ta li so luzioni della (4) con il dominio D della disequaz ione data (3), si vede che esse possono essere co nsiderate so luz ioni della (3) so lo se si esclude il valore 1 (che non appartiene a D ma c he è soluz ione della (4)). Si conclude così che la (3) è verificata per

x < -3

V

(x > -1 /\ x

la 1)

o il che è lo stesso per

X < -3

V- 1

1.

Si noti che lo stesso risultato può essere conseg uito riso lve ndo la (3) mediante lo studio del segno dei quattro fattori al primo membro, cioè senza fare alcuna semp lifi cazione.

Sistemi di disequazioni

ID

Quando si considerano contemporaneamente più disequazioni, tutte nella stessa incognita, si ha un sistema di disequazioni. Si dice che un numer9 è una soluzione di un sistema di disequazioni se, sostituito all'incognita, trasforma tutte le disequazioni del sistema in diseguaglianze vere; se invece una o più disequazioni del sistema divengono diseguaglianze false (o prive di senso) il numero considerato non è soluzione del sistema. Perciò per risolvere un sistema di disequazioni è sufficiente risolvere singolarmente ciascuna disequazione e quindi considerare l'intersezione degli insiemi delle loro soluzioni: tale insieme è l'insieme delle soluzioni del sistema(''). Per determinare tale insieme è utile rappresentare graficamente l'insieme x>I

("') In qualche caso panicolare un intervallo di soluzioni può ridursi ad un unico elemento. Ad esempio la soluzione del sistema { x x (1)

{ 3x - 1 _2x- 1 > 2.. . 3 6 - 3 Comin c iamo con il ri sol vere la prima di sequ az ion e :

2(x+ l )-(x- 1) > 4 x~ - 3x>-3~x < l . L' insieme delle so lu zioni dell a pri ma di sequaz ione è perciò

51

= (-oo;

1).

Ri sol viamo ora la seco nda di sequaz ione:

2 (3x - 1)-(2x - 1) 2: 2 ~4x2:3

~

x 2:

3

4

.

L' insieme delle so luzioni della seco nda disequa zione è perc iò 52=

[¾; +oo)

L' insieme delle solu zion i del sistema (1 ) è perc iò 5 = 5 1 n 52. Per determin arl o rappresentiamo grafi ca mente, in fi gura 26, gli insiemi 51 e 52 . Abbiamo rappresentato il punto x = 1 sulla prima linea co n un c ircol etto vuoto (*) perché

1 {/. 51 , mentre il pun to x =¾s ull a seco nd a linea è rappresentato con un c ircol etto pi e-

¾

2 no perché E 5 . Dalla figura 26 si pu ò vedere che l' insieme 51 n 52 è costituito dall' interva llo 5 =

3 [4

;

1

)

3

4

51 52

-- -- -- -- ---- ---

------- - Fig.26

ev idenziato dal tratteggio co lorato.

In fatti i numeri rea li mi nori di ¾ sono so lu zioni della prima, ma non dell a seco nda di sequazione, perciò ess i non possono essere solu zioni del sistema; analoga mente i numeri rea li maggiori di 1 so no so lu zioni della seconda, ma non della prima di sequaz ione e qui nd i non possono essere solu zioni del sistema. Sono in vece solu zioni di entrambe le di sequaz ioni, e quindi del sistema, i numeri rea li co m. 3 presi tra e 1.

4

Si osserv i c he l'estremo x

=¾è

incl uso nell'insieme 5 perché tale numero

è

so luz ione di en-

trambe le di sequazioni , mentre l'estremo x = 1, che è so lu zione della seco nda, ma non della prim a di sequazione, non è incl uso nell ' insieme delle solu zioni.

(*) Negli schemi usati per risolverc disequazioni frazionarie o di grado superiore al primo, invece, il circoleno vuOlo rappresenta lo zero, cioè l'annullarsi di un fattore.

384 __________c_a~p_ito_lo_un_d_k_~_im_•_ ·D_i_~_q_ua_z_io_n_i _ _ _ _ __ _ _ _ __ Le soluz ioni del sistema (1) si possono perciò esprimere anch e sc ri vendo

Il

Risolvere il sistema 2x + l

0 ---+ x >

1

············l········

1

2 X< - 1

.

.

.

.

2

-1

x ,,; 3

.

s, _J ........ i. s, ------+-----➔- ....... . s, ............. .

x 2

Fig. 27

Rappresentiamo graficamente gl i insiem i dell e so lu zioni delle tre disequazioni (fig. 27). Osservando la figura 27 si può dedurre che il siste ma {2) è impossibil e. Infatti in nessun intervallo sono conte mporaneamente ver ificate tutte le tre disequazioni del sistema.

D

Risolvere il sistema

{t~/x 2: o

(3)

2x 2 - x - 1 > 0.

l" disequazione. Si tratta di una disequazione fraz ionar ia. Ri so lv iamo la perc iò appl icando il metodo già esposto al n . 15: N

3

= X+ 2 > Q --+ X> - 2

D = 3 - 2x > 0 --+ x
0

=

{ 3x + 6 > 0 2 - 2x > O

V

{ 3x + 6 < 0 2 - 2x < O

Riso lve ndo i due sistemi, si trova che il primo è sod di sfa tto per - 2 < x impossibil e. Usa ndo le solite notaz ioni avremo

< 1 e c he il secondo è

5 = 51US, = 51 U0= 51 =(- 2; 1) c ioè la disequazione da ta è verificata per - 2

< x < 1.

Risoluzione grafica di un sistema di disequazioni numeriche

DJ I sistemi in cui compaiono disequazioni numeriche di primo grado si possono risolvere graficamente come è illustrato nei seguenti esempi.

D

I

Rrsolvere ,I srstema 3x-2 < 0 { 6 - X ,". 0

(l )

Rappresentiamo m un pt ano ca rtesiano le rette d, eq uaz ioni y = 3x - 2 e y = 6 - x, determinando, m part ico lare, il pun to In c ui c iascuna retta in terseca l'asse x e che, co me e noto, sI trova ponendo y = O nell'equa zione della retta

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _C_a~p_ ito_lo_ un_d_;c_~_;m _ o_-_D_is~_u_az_;o_n_; _ _ _ _ _ _ _ _ _

387

l e so luzioni del sistema (1) so no quei va lori di x corr ispondenti sia a punti del la retta y = 3x - 2 che si trovano a l di sott o de ll'asse x, asse x escluso (3x - 2 < O) sia a punt i de ll a re tta y = 6 - x che si trovano al di sopra dell'a sse x, asse x compreso (6 - x ~ O). Dall 'esa me dell a fig ura 31 deduc iamo perciò che ti sistema (1) è sodd isfatto per x

6'•.

2 ••• ••••. r'

..

·····:~L Fig. 31

Il

il siste ma è impossi bile.

. .

.,.. T ' c,oe se a f:. b ===> il siste ma è determinato.

In quest' ultimo caso, ri so lve ndo il sistema co n uno dei metodi appresi, si trova faci lmente che la so lu zione è X=~

I

a- b

2a+ 1 y = ~-

Il

Sia da riso lvere il sistema

j

x+2a + y - 2a =~ a a-2 a

x-3a y+3a 6 --+---=-. a- 2 a a

Osserviamo innanzitutto che, se è a = O V a= 2, il sistema perde significato. Nel caso a 'F O e a f:. 2 liberiamo le equazioni dai denominatori, moltiplicandone ambo i membri per

a(a- 2). Dopo di c iò si ottiene, svolgendo opportunamente i ca lco li ,

(a-2)x+ay= 8 (a- 1) {

(1)

ax + (a - 2) y = 12 (a - 1)

e cos ì il sistema è ridotto a forma normale. Procediamo diversa mente da quanto fatto nel precedente esempio e inco minciamo a ri so lve re il siste ma con il metodo di eliminaz ione.

Molt ip li c hiamo ambedue i me mbri della prima equaz ione per (a - 2), e que lli de lla seconda per a (entrambi f. O), poi sottraiamo membro a membro: otteniamo l'equazione

{(a- 2) 2

-

a 2 )x = 8(a- l )(a- 2) - 12a(a- 1)

ossia

4 (1 -a)x=-4 (a - l )(a+ 4) od anche

(a - l )x = (a - l )(a+ 4).

(2)

Ritorn ando al sistema (1), moltiplichiamo ambedue i membri della prima equazione per a e

quelli de ll a second a per a- 2 (entrambi

{a 2

-

F O) indi sottraendo, si ottiene l' equazione

(a- 2) 2 ) y = 8(a- l )a - 12(a- l )(a-2)

ossia

4(a - l )y = 4 (a- 1)(-a+ 6)

422 ______c_a~p_;t_ol_o_d_od_;c_e_,;_m_o_-_Si_st_em_id_i_eq~u_a_zi_on_i_d~ip~r_im_o~g~ra_d_o_ _ _ _ __

_ _

ossia

(a- l ) y = (a- 1)(-a+ 6).

(3)

Orbene, nell' ipotes i a f. O e a f. 2, se è a- 1 f. O e qu ind i a f. 1, dall e (2) e (3) si ha x=a+4 { y = -a+6. Se invece è a = 1, le (2) e (3) di venta no, ri spetti va mente, O• x = O, O• y = O; quindi in questo caso il sistema è indeterminato. Questo fatto può essere ve rifi cato direttamente ponendo a= 1 nelle equaz ioni di partenza: in tal caso esse si ridu cono, in fa tt i, ambed ue alla forma

x-y=O il che significa che, per a = 1, il sistema è cos tituito in rea ltà da una sol a equaz ione. Dunqu e, riunendo i risultati, avremo: per a = 1

il

sistema è indeterminato;

per a= O e a= 2 le equa z ioni del sistem a non hanno sign ifi cato;

per a i= O, a f= 1, a

f:. 2 il

x=a+4 sistema ammette l' unica so lu zione

{ y =6-a

ed è quindi determinato.

D

Se nza ri so lvere i I sistema

(a +2 b)x -3 y = 4b -a { ax + 2 y

= 2 (a+ b),

(4)

co n a f. O I\ b f. O,

dire per quali va lori di a e di b il sistema è determinato, imposs ibile o indetermin ato. Affinc hé il sistema (4) sia determina to deve essere

a +2 b t-_2_ a 2 cioè

2a + 4b ,f--3 a dacui

a ,f--

4

5

b. 4

p

er a= _

4 b"l

1 rapporto

5

e pertanto pe r a = Per a f. O e b

D

f:.

4

5

d .

. . . . 4b -a (a+ b) = 2

e1 termm1 noti e

b il sistema è impossibile.

4b +5 b

(' 4

O il sistema (4) non ri sulta mai indeterminato.

Di scutere le so lu zioni del sistem a

(a - l )x+by=a { (a + l )x+ (b+ l ) y - 2b

al va riare di a e di h, suppon endo a f. - 1; b f. 1; h f. O. Affinc hé il sistema sia determin ato deve essere

cioè

(a- l )( h + l ) ,f- b (a + l )

~

ab - b + a - 1 ,f-ah + b

a t- 2 h + 1. Qu indi per a f. 2 b

+ 1 il

sistema è determ inato.

~b - 5- = 12 ,f--3

)

2 -- b + h 5

_!__ b 5

2

_ _ _ _ _ _ _ _C_•~p_it_o l_ o _d_od_ic_e_si_m_ o_-_S_ist_em_id_i_eq~u_a_zi_on_i_d_ip~r_im_o~g~ra_d_ o_ _ _ _ _ _

423

Sia ora

a = 2b + l .

(5)

Il sistema sarà indeterminato se si avrà pure a

b

(

a-1)

n=b+T = a+T . Dovrà cos ì essere a(b + 1) = 2 b 2 , cioè, per la (5),

(2b + l ){b + 1) = 2b 2 2b 2 + b + 2b + l = 2b 2 3b + l = O ~ . d'I per b Quin

1

=-3

ed a = 2 b + 1 = 2 ( -

1

b =- _l_, 3

1

) 3 +1=J

1·1

· · d etermmato. · sistema e· m

ti sistema sa rà invece impossibile se, essendo a = 2 b + 1, sa rà

Quindi per a =

2b + 1 e b

I--+

il sistema è impossibile.

Risoluzione di un sistema lineare di tre o più equazioni Sistemi nei quali il numero delle equazioni uguaglia quello delle incognite

m Quando si voglia risolvere un sistema di un numero qualunque n di equazioni con un numero uguale n di incognite, si può seguire questo procedimento generale. Si ricava una delle incognite da una delle equazioni e si sostituisce, in tutte le equazioni rimanenti, alla stessa incognita l'espressione trovata. Queste equazioni prese a sé formano un sistema che ha un'equazione di meno del sistema proposto, ma ha anche un'incognita di meno: se lo si completa con l'equazione dalla quale si è ricavata la prima incognita, si ottiene un sistema equivalente al dato. Si noti che l'eseguire questa prima operazione equivale ad eliminare tra le equazioni del sistema una delle incognite e perciò questa eliminazione può essere ottenuta, oltre che col metodo di sostituzione di cui or ora abbiamo fatto uso, anche col metodo di riduzione, secondo la convenienza del caso. Comunque, la risoluzione del sistema di n equazioni con n incognite viene ricondotta alla risoluzione di n - I equazioni con n - I incognite. La risoluzione di questo sistema si riduce a sua volta a quella di n - 2 equazioni con n - 2 incognite, finché si giunge ad una equazione con una sola incognita. In questo modo il sistema dato è equivalente ad un sistema composto come segue: la prima equazione contiene n incognite, la seconda ne contiene n - I, la terza ne contiene n - 2, ..., 1~ penultima ne contiene due e finalmente l'ultima equazione contiene una sola incognita. E evidente allora che, trovata la soluzione dell'ultima equazione, si possono via via calcolare dalle precedenti i valori di tutte le incognite.

424 _______C•~p_;1_ol_o_d_od_;_c~_ ;_m-0 _

-_s_;s_te_m_;d_;_eq_u_a_z_ ;o_n;_d_;_ p,_;m_o_ g~ra_d_o_ _ _ _ __ __

Qualche esempio chiarirà meglio quanto ora è stato esposto. bffl

D

Ri so lvere il siste ma

l

f+y-f= 12

~-.!'..+z=8 3 2

-i-+f+f= 9

Moltiplic hiamo ambo i membri della prima equazione per 15, della seco nda per 6 e del la terza per 30: si eliminano cos ì i denomina to ri ottenendo un sistema equi va lente al dato

{

5x + 15y-3z= 180 4x -3y+6z= 48 15x+ 10y +6 z =270.

0) 180 - 15y +3 z

Ri so lviamo la prima equaz ione ri spetto ad x, ottenendo x

5

..

, e sost1tu1 amo

ta le valo re nella seconda e ne lla terza equazione; si ha così il sistema seg uente, equ iva lente al sistema (1): X

180 - 15y+3z 5

. 180 - 15 y + 3z _ 4 5 - 3 y+ 6 z - 48 15- l 3 0 - l:y +Jz + 10 y +6z= 270, c he, dopo aver svolto i calcoli , di ve nta

l

180- 15y+3z

x-~5y+ 14! = - 160 - 7y + 3z= - 54.

Le ultime due equaz ioni fo rm ano un sistema di due eq uazioni in due incog nite c he poss iamo risolvere con uno qualsias i dei metodi già visti : trovati cos ì i va lori di y e di z, li sostituiremo ne/l'espressione c he dà il valore di x e avremo in tal modo ri so lto il sistema. Procedi amo, per questa vo lta, ancora con il metodo di sostitu zione e ri cav iamo il va lore di z dalla terza equaz ione (la sce lta si fa cerca ndo di otten ere l'espression e più se mpli ce): il sistema (1) diventa cos ì

I

180-15y+3z

X

5

7y- 54 z =--3-7 -54 -25y+ 14-Y_ __ = 160 3

c ioè

180 - 15y+3z x = --~5,-'---

l

7y-54

~;5y +~8 y = - 480 + 756

l X

~

180 - 15 y +3z 5

7y-54 z=--3

23 y = 276

Capitolo dodicesimo - Sistemi di equazioni di primo grado

l

y=

~

276

23

425

= 12

Z = ~ = 84 - 54 = lO 3 3 _ 180 - 15 · 12 + 3 · 1O 180 - 180 + 30 X5 5

6.

La so luzione del sistema è quindi

{

Il

X=6 y = 12 z= 10.

Si vog li a ri so lvere il sistema

2x +3y+z-2 u = 7 9x + 4y +5 z -6 u = 40 { x+3y-2z-4 u =5 4x + 2y+3z -5 u = 29. Ri so lviamo la prima eq uazione ri spetto a z (s i sceg lie questa incognita perché la riso lu zione è la più se mplice): otteni amo

z = 7 - 2x -3 y + 2u. Sostituendo questo va lore nelle altre, si perviene al sistema

z=7-2x-3y+2u 9x+4y + 35 - 10x - 15y + 10u - 6u = 40 { x+ 3y- 14 +4x+6y- 4u - 4u= 5 4x +2y+ 21 -6x-9y+6u-5 u =29 e, dopo aver fatto le debite ridu zion i, si perviene al sistema

z=7 - 2x -3 y+2u - x - 11y + 4u =5 { 5x +9y- 8u = 19 - 2x -7y+ u =8. La seconda di queste eq uazioni, ri so lta ri spetto a x, dà X=

-5 - 11 y + 4 U j

sostituiamo questo va lore nella terza e quarta equa zione e cos ì ri duce ndo otteniamo

z = 7 -2x-3y+2 u X=-5- 11 y+4 u { - 23 y + 6u = 22 15y -7 u =-2. Dalla terza equazione si ri cava

6u - 22 y = -2- 3-

l

e, sostitu endo questo va lore nell'ultima, si ha -7 1 u

= 284.

In questo modo il sistema proposto è equi va lente al sistema seguente

71 u = 28 4

6u -22 y = -2-3-

X= -5- 11y + 4 u z=7 -2x-3y+ 2u

U =

~

j

y

- 4

6 (-4) - 22 - - ~ - - 2 23 23 -

X= -5 - 11 (- 2) + 4 (- 4) = + 1

z = 7 - 2 · 1 - 3 · (-2) + 2 (- 4) = 3.

426

Capitolo dodicesimo _ Sistemi di equaz ioni di primo grado

I

=

Così la solu zione del sistema proposto è { z

1 y

=- 2

Z= 3 U =

- 4.

Imi È da notare che i sistemi con più equazioni e più incognite possono essere, come quelli con due equazioni e due incognite, determinati, indeterminati o impossibili e di ciò ci si accorge risolvendo il sistema stesso.

Si debba risolvere il siste ma

{

2x - 3y + 4z = 9 3x - 2y + z = 8 1 1 X - 9 y + 7 Z = 30.

Elim inando l' incog nita z tra le prime due eq uaz ioni (per esempio co l metodo di ri duz ione) e poi la stessa incogn ita t ra le ultime due, si ottengono le due equazion i

10x - 5y = 23 { 10x - 5y = 26 che sono evidentemente incompatibili: si deduce che il sistema proposto è impossibile. Sia invece dato il sistema

{

2x - 3y + 4z = 7 3x - 2y + z = 8 ll x - 9y + 7z = 31.

L' eliminazione di z tra le prime due equa zion i e poi tra le ultinie due porta alle eq uaz ioni

10 x-5y=25 { 10x - 5y = 25 che sono identiche. Dunque in realtà il sistema non co nsta di tre equaz ioni, ma di due so lamen te, co ntenen ti tre incognite. Il sistema in questo caso è indeterminato.

Sistemi nei quali il numero delle equazioni supera quello delle incognite

m

Un sistema fo rmato da equazioni in numero superiore alle incognite è, ù1 generale, impossibile. Basta, infatti, osservare che, scelte nel sistema tante equazioni quante sono le incognite, esse avranno, in generale, un'unica soluzione, la quale però, sempre in generale, non soddisferà le rimanenti equazioni del sistema dato.

I

Sia da risolve re il sistema seg uen te di tre equaz ion i con due incog nite:

{

3x - 2y = 7 x+y=9 3x - 2y = 10.

Trascur iamo un'equaz ione, per esempi o, la terza , e determin iamo x e y dalle prime due. Troviamo x = 5, y = 4.

_ _ _ _ _ _ _ _c_a~p_ito_l_o_dod _ ic_e_si_m_o_-_S_ist_em _ id_i_ec~u_a_zi_ on_i_d_ip~r_im_o~g~ra_d_ o_ _ _ _ _ _

427

Ora, affinché la terza equaz ione possa costituire un sistema poss ibile con le altre due, è necessa rio che essa sia soddisfatta quando ad x e y si sost itui sc ono rispetti va mente i va lori 5 e 4.

Ma c iò non si verifi ca, infatti 3 ·5 - 2 ·4

= 7 ,' 1 o.

Concludiamo così che il sistema dato è impossibile. Cor:isideriamo invece il sistema

{

2x-3y=8 3x - y = 5 x-Sy= ll.

Risolv iamo il sistema form ato dalle prime due equazion i ed otten iamo x

= 1; y = -2;

quest i

va lori soddisfano anche la terza equazione [1 - 5 (- 2) = 11 ]. Il sistema dato non è quindi imposs ibil e, esso è determinato: in questo caso si dice che la terza equazione è una combinazione lineare delle prime due. Infatti si pu ò notare che essa si o tti ene sottraendo la seco nda equaz ione dalla prima moltiplica ta per 2.

Sistemi nei quali il numero delle equazioni è inferiore al numero delle incognite

m Un sistema formato da equazioni in numero inferiore alle incognite è, in generale, un sistema indeterminato, cioè ammette infinite soluzioni. ..

,,_,

Sia da risol vere il sistema di due equazioni con tre incognite

2x +y= l 2

(1)

{ x + y- 3z = 6. Se attribuiamo a z un va lore arbitrario, per esempio 2, si ottiene il sistem a

2x + y = l2

x=O che, ri solto, dà

{ x + y = l2

{ y = 12.

Attribu endo a z un altro va lore arbitrario, per esempio 1, si ottiene

2 x+y= 12 { x+y= 9

x=3 da c ui

{ y = 6.

E così si potrebbe procedere per qualsiasi altro va lore attribu ito a z . Quindi il sistema proposto ammette infinite so luzioni: è, c ioè, indeterminato. la risoluzion e di un sistema di questo tipo si riduce quindi ad es primere i va lori di due delle tre incognite in (unzion e della terza. Per esempio, dal sistema (1) si può ottenere

{

X =X

X=X

X =X

y = l 2 - 2x x+ l 2 - 2x - 3z = 6

~

{

y = 2(6-x) -3 z = x - 6

~ {

y = 2 (6 - x ) 6 -x Z= -3-;

da questo, per ciasc uno degli infiniti va lori attribuibili ad x, si ottengono i va lor i corrisponden ti di y e di z. Si poteva procedere anche nel seguente modo, sempre partendo dal sistema (1 ):

y= y

l

y= y

12 - y

X =--2-

12 - y - -+y-3z= 6 2

X=

-----t

[

12 - y

2 ' 12 -y+2y-6z= l 2

428 ______C_•~p_ito_l_o _do_d_ic_~_im_ o_-_Si_st_em_i_d_i_eq~u_az_;o_n_i_d~;p_,_;m_o~g~,a_d_o_ __ _ _ _ __ y=y

y=y --+

(

X=

12- y

- 6z

= ~y

_ 12 - y -

X- - 2-

!

y

Z=6 '

Z =Z

-

x = 6 - 3z { y= 6z.

ln ogni caso si vede che il sistema ha infinite so luzioni ed è perciò indeterminato.

Sistemi di grado superiore al primo risolubili con speciali artifici

BJ La risoluzione di alcuni particolari sistemi di grado superiore al primo può ricondursi alla risoluzione di più sistemi di primo grado mediante l'uso di opportuni artifici, quali, per esempio, l'introduzione di nuove incognite ausiliarie. In generale, però, gli artifici necessari allo scopo non sono detertninabili da nonne ben definite, ma sono suggeriti dalla speciale fonna del sistema da risolvere e solo l'esercizio può consigliarne l'uso e facilitarne la scelta. L'uso di qualche opportuno accorgimento può del resto essere utile anche solo per abbreviare la soluzione di sistemi che già sono di primo grado. Alcuni esempi chiariranno l'esposto.

0

Sia da risolvere il sistema

2+~=7 X

2

{

y 4

34

x+7=T

Se si liberano le equazioni dai denominatori si ottengono come è facile constata re delle eq uazion i di secondo' grado, che, per ora, non sappiamo risolvere. Questo inconveniente si può ev itare facendo uso di in cog nite ausilia ri e. Infatti , se dopo aver osservato che deve essere x ,' O e y ,' O, si indi ca

1

V =-,

y

il sistema proposto diventa

3u+2v=7 { 2u + 4v =

34

3

.

Questo è un sistema di primo grado, la cui ri solu zione dà

e, per il significato di u e di v,

+=½ (7=2 1

5

da c ui

{::t

_ _ _ _ _ _ _ _C _ •~p_ito _ l_o _do_ d_ic_~_i_ m_o _- _Si_st_em _ i_d_i_eq_u_a_z i_on_i_d_ip_r_im_o~g_ra_d_o_ _ _ _ _ _

IDI

429

Risolvere il sistema

+ 4y =

2x

xy

{ 3x- 5y = 2xy.

È un sistema di qu arto grado e, come tale, non sa premmo ancora risolverlo. Possiamo però x= O

osse rvare c he il sistema è ri so lto dal la co ppi a di va lori _ , c he veri fi cano infatti entram{ be le eq ua z io ni. Y- O Ri ce rc hiamo ora se c i so no altre so lu zioni: poss iamo qu indi in qu esto caso supporre x f: O e y f. O. In tale ipotes i, poss iamo di vid ere ambo i membri di entrambe le equa zio ni per xy ottenen do il sistema

2-+~= 1 y

X

{ -3 - -5= 2 y

fac il mente ri so lubile con la sost itu zione _2__ X

X

= t e _2__ = z. y

Si ha così

2z + 4t = l {

3z-S t = 2.

Con il me todo di ri du z io ne eliminiamo dapprim a l' incog nita

t e poi la z, ottenendo

10 z+20 t = 5 { 12 z - 20t = 22z

8

13 z =-

= 13 ~

6z + 121 =

22

3

{ - 6z + 101 = - 4

Ricordando le posizioni fatte, si ha

{t:i

X =

-2 2

2 ~

22

{

Y=13

Il sistema dato è quindi ri so lto da l le copp ie di va lori

x= O { y=O

Il

Ri so lvere il siste ma

2x:3y + x~2y = - ; ~ {

1

2

39

2x + 3y - x-2y = 19·

Affinché ogn i term ine ab bia sign ifi cato , dov rà risulta re 2 x X

In tali ipotesi, pon iamo

f -~ Y 2

1 - -- = U e 2x + 3y

e

X

f

+ 3 y f.

2 y.

1 ---= v; X -

2y

O ex - 2 y

f. O, cioè

430

Capitolo dodicesimo - Sistemi di equazioni di primo grado

lu + v =- _1_3_ 19

avremo il sistema di primo grado

{ u - 2v = ~ 19 da c ui, moltiplicando i due membri della prima equazione per 2 e sommando poi membro a membro le due eq uaz ion i , si ottiene i l va lo re di u 1

U =-

19

{ 7u + v = - ~

19

Per le posizioni fatte, si ha dunque 1

1

~ { 2x + 3y = 19 {

2x/3: ~ ~

x - 2y = - 1.

x - 2y Risolve ndo si ha

x=S { y

= 3,

sol uzione accettab ile perché risulta

x = Sf - ]_y =- _')_ 2 2

e

x = S f 2y = 6.

Applicazioni

1!11

Vediamo ora insieme alcuni esercizi e problemi che, per essere risolti, necessitano della risoluzione di sistemi lineari.

D

Oggi abbiamo comperato 2 litri di latte e 6 vasetti di yogurt, spendendo€ 4, 60 . La settimana precedente avevamo acquistato nello stesso negozio 3 litri di latte e 4 vasetti di yogurt, spendendo€ 4, 15. Quanto costa un litro di latte e quanto un vasetto di yogurt?

La scelta delle incognite è molto semp lice: esse sara nno il prezzo di un l itro di latte e il prezzo di un vasetto di yog urt. È evidente c he tal i prezzi devono essere pos iti vi. Poniamo perciò:

x

= prezzo di un litro di latte

y = prezzo di uno yogurt.

(x > O) (y > O)

Poic hé 2 litri di latte e 6 vasetti di yog urt costano€ 4, 60 si deve avere :

2x + 6y = 4, 60.

(1 )

Poiché 3 litri di latte e 4 vasetti di yog urt costano€ 4, 15, si deve avere:

J X+ 4 y = 4 , 15.

(2 )

Mettiamo quind i a sistema la (1) e la (2):

2x+ 6y { 3x + 4y

= 4, 60 = 4 , 15.

(3)

_________ Ca~p_;1_ol_ o_d_ od_;_ ce_, ;_m_o_·_S_ist_em_;d_;_ eq_u_a_,;o_n_;_d_;p~,_;m_o~g~ca_d_o_ _ _ _ _ _

431

Ri so lvendo il sistema (3) con uno dei metodi studiati , si trova

X=0 , 65 { y = o, 55 . Poi ché i va lori trovati soddisfano alle co ndi zion i poste (x

> O,

y

> O), la so lu zione è accetta-

b;le.

Quindi un li tro di latte costa € 0 1 65 e un vasetto di yog urt€ O, 55 .

Il

In un numero N di due cifre, la cifra delle decine supera di 2 il doppio della cifra delle

unità; calcolare il numero sapendo che, aggiu ngendogli il numero ottenuto da N invertendo l'ordine delle sue due cifre, si ha per somma 727. Indi chiamo con x la c ifra delle dec ine e co n y la c ifra delle unità nel numero N, che così risulta 1Ox + y; il numero ottenuto da N in vertendo l'ordine delle c ifre sa rà quind i 1Oy + x. Da l le co ndi zioni da te dal problema possiamo sc ri ve re il sistema

x = 2+2y

x = 2+2y

{ (l Ox + y)+ (l Oy + x) = 121

{ llx + lly = 121

Dopo aver di viso per 11 ambo i membri della seco nda eq ua zione, riso lviamo co n il metodo di sost itu zione:

x = 2 + 2y { X+ y = 11

~ {x = 2 + 2y

{ x = 2 + 2y

~ { x = 2 + 2y

3y = 9

2 + 2 y + y = 11

~ { x= 8

y= 3

y = 3.

Il numero N ri c hiesto è 83.

D

Una provetta, riempita con un liquido di peso specifico 0,8 kg/I, pesa 34 g, mentre se viene riempita con un liquido di peso specifico 1,2 kg/I pesa 46 g. Determinare peso e capacità della provetta.

Assumiamo co me incognite il peso della provetta, espresso in grammi, e la sua capac ità in li tri: (x > O) x = peso della provetta vuota in grammi ( y > O) y = capacità della provetta in litri. Esse ndo i pesi espressi in grammi e le ca pacità in l itri occo rre che i pesi speci fi ci ve nga no espressi in grammi per li tro. Ricord ando c he è 1 kg = 1000 g, si ha:

0,8 kg/I = O, 8 • 1000 g/1 = 800 g/1 = peso spec ifico del pcimo l;qu;do. 1,2 kg/I = 1, 2 • 1000 g/1 = 1200 g/1 = peso spec ifi co del seco ndo l ;quido. Il peso della provetta, nel primo caso, è la somma del peso della pro vetta vuota, x, e del peso del liquido co ntenuto, eguale al peso spec ifico del liquido per la ca pa c ità del la provetta, ossia 800y :

x + 800y

= 34.

Nel secondo caso il peso della provetta è determinato dal peso della provetta vuota, x, più il peso del liquido conte nuto, c he è 1 200y:

X + 1200y = 46. Costituiamo dunque il sistema con le due eq uaz ion i e risolviamo con il metodo di sostituz ione:

x + 800y = 34 { x + 1200y = 46 x {

= 34 - 800y

400y

= 12

x = 34 - 800y { 34 - 800y + 1200y = 46

~ { x = 34 - 800y y

= 0, 03

X=10 { y = 0, 03 .

~

{ X=34 y = 0, 03

800 0, 03

432 _______C_•p~ ;_to_lo_d_o_d_k _~ _;m_o_-_s_;s_te_m_;d_;_e~qu_a_z_;o_n;_d_;~p,_;m_o_g~,-•d_o_ _ _ _ _ _ __ Quindi la provetta pesa 1O g e la sua capa"c ità è di 0,03 I = 3 cl.

D

Trovare il numero N di tre cifre, sapendo che:

a) la somma delle cifre è 12;

b) la somma delle cifre delle centinaia con il triplo delle cifre delle unità diminuita del doppio della cifra delfe decine è 2; e) la somma di N con il numero ottenuto da questo invertendo l'ordine delle cifre è 888.

x, y, z, ri spett ivamen te le c ifre dell e ce ntina ia, dec in e, unità di N che potrà così scriversi 1OOx + 1Oy + z. Indichiamo co n

Il numero ottenu to da N in vertendo l'ordine dell e c ifre sarà invece 100z + 1Oy + x. Seguendo le ind icaz ioni del prob lema, si otterrà faci lm en te il sistema seg uente

{

x + y + z = 12 x + 3z - 2y = 2 (l 00x + l0y + z) + (l 00z + l 0y + x) = 888,

c he si trasforma nel sistema eq ui va lente

{

x + y + z = 12 x + 3z - 2y = 2 101 x + 20y + 101 z = 888

x= 7

y=4

~

{

z

= 1;

qundi il numero rich iesto è 741. Supponiamo ora che sia proposto lo stesso problema con la cond iz io ne che le quantità note siano però ri spettivamen te 3; 11 ; 465. Il sistema ri solvente sarebbe in tal caso

x+ y+ z = 3 x + 3z - 2y = 11 { 101X + 20y + 10 1 Z = 465

x= 4 y= - 2

~

{

z= 1

La soluzione del siste ma non è però so lu zio ne del probl ema perché evide ntemente i va lori di x, y, z devono esse re non negativi. Questo seco ndo probl ema ri sulta pertan to impossibile.

Il

In un rettangolo l'a ltezza supera di 2 cm i

f

della bas~ e il semiperimetro è cinque volte

la base. Determinare le dimensioni del rettangolo. Se indichiamo con y la misura della base esp ressa in cm e con x qu ella dell'altezza, si ha per quanto è dato da l problema x

=

f

y

+ 2.

La misura del semiper im etro è ev identeme nte x 5 y, quindi in definitiva si ha il sis tema

+ y,

e questo num ero deve esse re uguale a

X = ~y + 2 {

x + : = Sy.

Esse ndo la prima eq uaz ion e già ri so lta rispetto ad x poss iamo procedere col metodo di sostituz ion e, ottenendo così

X = 2, 4 {

y = 0,6.

Quindi la base del rettangolo è di 0,6 cm e l'altezza è di 2,4 cm.

_ _ _ _ _ __

_ C~•p_it_ol_o _do_ d_ic_~_im_o_-_S_is_te_m_id_i_eq~u_ az_io_n_i_di~p_rim_o---=-g,_ad_o_ _ _ _ _ _

433

LABORATORIO DI MATEMATICA-INFORMATICA

Scrivere un programma per risolvere un sistema lineare di due equazioni in due incognite nella forma:

Dati conosciuti. Il coefficienti a1, b1, a2, b2 e i termini noti c1, c2 . Dati richiesti. La soluzione del sistema. Risoluzione. Se è a1b2 - a2b1 i- O, il sistema è determinato e si ha

Se è a1b2 - a2b1 = O I\ c1b2 - c2b1 = O I\ a 1C2 - a2c1 = O, il sistema è indeterminato. Se èa 1b2-a2b 1 =0 I\ (c 1b2-c2b, /.O V a 1c2-a2c 1 f-0), il sistema è impossibile. Ricerca dell'algoritmo. Si dovranno per prima cosa acquisire i valori dei coefficienti e dei termini noti delle equazioni del sistema. Occorreranno perciò sei variabili di tipo reale, che chiameremo Al, B1, Cl, Al, B2, C2, in cui saranno introdotti tali valori, richiesti all'utente. Si calcoleranno poi le espressioni seguenti:

che verranno memorizzate in tre variabili di tipo reale, che chiameremo rispettivamente

DETERMINANTE, NUMI, NUM2. In base ai valori contenuti in tali variabili si discrimineranno i casi che si possono presentare e che sono stati sopra riassunti. Qualora si presenti il primo caso si comunicheranno all'utente i valori della soluzione: x = n1/ !:,., y = nz/ !:,. , mentre negli altri casi si comunicherà che il sistema è impossibile o indeterminato. Descrizione dell'algoritmo per l'elaboratore Variabili utilizzate Al: variabile che contiene il coefficiente di x nella prima equazione del sistema; B1: variabile che contiene il coefficiente di y nella prima equazione del sistema; Cl: variabile che contiene il termine noto della prima equazione; Al: variabile che contiene il coefficiente di x nella seconda equazione del sistema; B2: variabile che contiene il coefficiente di y nella seconda equazione del sistema; C2: variabile che contiene il termine noto della seconda equazione; DETERMINANTE: variabile che contiene l'espressione a1b2 - a2b 1, ossia il determinante del sistema; NUMI: variabile che contiene l'espressione c1b2 - c2b 1; NUM2: variabile che contiene l'espressione a1cz - a?c 1; Linguaggio di progetto

Programma Sistema Lineare variabili Al, B1, Cl, Al, B2, C2, DETERMINANTE, NUMI, NUM2: di tipo reale

434 ______C_•~p;_1o_lo_d_od_k_~_;m_ o_-_s_;s_1em_;_d_;e_q~ua_z_;o_n;_d~;p_,;_m_o~g,_ad_o_ _ _ _ _ __

inizio comunica 'Risoluzione di un sistema lineare nella forma' comunica 'Alx+Bly=Cl ' comunica 'A2x+B2y=C2' ( Acquisizione dei coefficienti e dei termini noti delle equazioni ) comunica 'Digitare i coefficienti ed i termini noti richiesti' comunica 'Al= ' ricevi Al comunica 'BI= ' ricevi BI comunica 'Cl= ' ricevi Cl comunica 'A2= ' ricevi A2 comunica 'B2= ' ricevi B2 comunica 'C2= ' ricevi C2 ( Calcolo del determinante e di NUMI e NUM2 ) DETERMINANTE=Al,B2A2•Bl; NUM!=C1*B2-C2•Bl; NUM2=A1*C2-A2,Cl; ( Primo caso: DETERMINANTE fO: sistema determinato ) se DETERMINANTE f Oallora inizio comunica 'Sistema determinato; x=',NUMl/DETERMINANTE comunica 'y =',NUM2/DETERMINANTE fine ( Secondo caso: sistema indeterminato ) se DETERMINANTE=O e NUMl=O e NUM2=0 allora comunica 'Sistema indeterminato' ( Terzo caso: sistema impossibile ) se DETERMINANTE=O e NUMI fO o NUM2 f Oallora comunica 'Sistema impossibile' fine Traduzio-ne in linguaggio Pascal

Program Sistema_Lineare; var Al, BI, Cl, A2, B2, C2, DETERMINANTE, NUMI, NUM2: real; begin writeln ('Risoluzione di un sistema lineare nella forma'); writeln; writeln (' Alx+Bly=Cl'); writeln (' '); writeln (' A2x+B2y=C2'); writeln; (* Acquisizione dei coefficienti e dei termini noti delle equazioni *) writeln ('Digitare i coefficienti ed i termini noti richiesti'); write ('Al= ');

readln (Al); write ('Bl= ');

Capitolo dodicesimo - Sistemi di equazioni di primo grado

435

readln (BI ); write (' Cl = '); readln (Cl); write ('A2= '); readln (A2); write ('B2= '); readln (B2); write (' Q= '); readln (C2); ('" Calcolo del determinante '") DETERMINANTE:=Al •B2-A2•Bl; NUM l:=ChB2-C2•Bl; NUM2:=AhQ-A2•Cl; (* Primo caso: DETERMINANTE0: sistema determinato *) if (DETERMINANTE0) then begin writeln ('Sistema determinato; x= ',NUMI/DETERMINANTE:8:3); writeln (' y= ',NUM2/DETERMINANTE:8:3 );

end· (* Sec~ndo caso: sistema indeterminato *)

if (DETERMINANTE=0) and (NUM!=0) and (NUM2=0) then writeln ('Sistema indeterminato'); (* Terzo caso: sistema impossibile *) if (DETERMINANTE=0) and ((NUMI< >0) V (NUM2< >0)) then writeln ('Sistema impossibile'); writeln; writeln ('Premere INVIO per tornare in ambiente EDITOR'); readln; end.

36''

Introduzione alla•

geometna

razionale • Notiz ie storiche • Applicazioni de ll a logica alla geometria

Osservazioni. Non si richiedono,

per la comprensione di questo capitolo, precedenti nozioni di geometria . E necessario però conoscere i concetti di enunciato, predicato

e di implicazione logica tra predicati.

Notizie storiche ~ a parola geometria deriva dal greco e significa misura della terra. Le origini della geometria sono antichissime e, per lo più, legate a necessità pratiche. Le tavolette e i papiri egiziani, risalenti al 2000 a.C., mettono in evidenza che gli antichi Egizi avevano conoscenze geometriche, anche se queste sembrano aver avuto il solo scopo di servire come pratico strumento per misurare e per costruire . Nell'antica Grecia si pensava che la geometria fosse nata in Egitto: per esempio, le periodiche inondazioni del Nilo costringevano gli Egiziani a ridisegnare frequentemente i confini delle proprie terre e quindi a misurarle. Anche i Babilonesi (*), che possedevano notevoli conoscenze matematiche, utilizzavano la geometria a fini pratici, per esempio, per progettare opere di bonifica delle loro terre, per risolvere problemi legati alla distribuzione, tra gli eredi, di proprietà terriere, ecc. Ma la geometria come vera scienza nasce quando l'interesse per la matematica non è più soltanto utilitaristico, ma risponde al desiderio di pura conoscenza. Taie desiderio fu una caratteristica del pensiero greco, già nel primo millennio avanti Cristo. Durante il VI secolo a.C. furono introdotte in Grecia le conoscenze geometriche degli Egiziani e dei Babilonesi, specialmente per opera di Talete di Mileto e di Pitagora di Samo. Essi, infatti, ebbero la possibilità di recarsi presso quei popoli che erano allora i centri del sapere. Ciò contribuì allo sviluppo dello studio della geometria inteso come ricerca di leggi generali e di giustificazioni di tutto ciò che veniva affermato. Per circa tre secoli lo scudio della geometria progredì, in Grecia, notevolmente, per opera di uomini di grande intelligenza tra i quali possiamo ricordare, oltre ai già citati Talete e Pitagora, Euclide (III secolo a.C.). L'opera di quest'ultimo, gli "Elementi", ebbe, per lo sviluppo della geometria, una notevole importanza e costituì il punto di partenza per l'insegnamento elementare della

(*)

I Babilonesi abitavano la Mesopotamia meridionale (auuale Iraq).

_ _ _ _ _ _ _ _C_a,__p;_to_lo_ t_red _ ic_es_;m _o _ ·l_n_ trod _u_ zi_on_e_a_ll_a~geo_m_e_tri_a_ra_z_io_na_le ______

43 /l

geometria nel corso di vari secoli. Infatti, ancora oggi, la geometria di cui tratteremo nei prossimi capitoli viene chiamata geometria euclidea.

In questo affresco egizio sono rappresentati alcuni schiavi intenti a opere di muratura,.

Introduzione "-a-come già abbiamo detto, nel VI secolo a.C., ebbe origine in Grecia lo studio di una geo~ ria astratta non più legata alle necessità delle diverse applicazioni pratiche. I Greci incominciarono infatti a considerare le figure geometriche idealmente staccate dalle cose che esse rappresentavano e dalle operazioni necessarie per la loro misura. S'introdussero così, per astrazione, punti privi di dimensione, linee con una dimensione (e quindi prive di spessore), superfici con due dimensioni (e quindi prive di spessore). Nello studio della geometria si parte da concetti primitivi, cioè da concetti che non si possono definire con idee più elementari, ma che sono espressi da parole il cui significato è noto a tutti. Nei successivi paragrafi verranno introdotti come concetti primitivi gli enti fondamentali della geometria, quali il punto, la retta e il piano. Oltre a questi tre vocaboli, nello studio della geometria, se ne incontreranno altri, il cui significato, però, dovrà essere spiegato mediante altri vocaboli di significato noto. S'incontreranno cioè vocaboli che devono essere definiti; s'.introduranno quindi delle definizioni, mediante le quali tutti i termini che vengono usati acquistano un ben preciso significato. Per lo studio della geometria, oltre ai concetti primitivi e alle definizioni, si fa ariche uso di postulati (o assiomi). Questi sono delle affermazioni che esprimono delle proprietà evidenti, suggerite dalla nostra intuizione e dalla nostra esperienza. I postulati, ·quindi, esprimono delle verità da tutti riconosciute: infatti, nella geometria che studieremo, i postulati sono tali da rendere la geometria stessa un modello della realtà che ci circonda. Un primo esempio di postulato è quello che caratterizza la retta e che ne esprime una proprietà fondamentale: per due punti passa una ed

una sola retta. Ma l'intuizione non basta per scoprire nuove verità ed interviene allora il ragionamento, cioè

l'elaborazione, fatta dal pensiero, dei dati fomiti dall'intuizione e dall'esperienza. Oltre alle proprietà "evidenti", lo spazio risulta avere altre proprietà che però, essendo meno evidenti delle precedenti, per essere accettate devono essere dimostrate. Le proposizioni che enunciano tali proprietà si dicono teoremi e le considerazioni logiche che si debbono fare affinché, partendo dai concetti primitivi e dai postulati introdotti, si arrivi al teorema proposto, costituiscono la dimostrazione del teorema. Si dicono poi corollari quelle proposizioni che sono conseguenze immediate di un teorema.

438 ______C~•p~it_o_lo_t_re_d_ic_~_im_ o_-_ 1_n1_ro_d_uz_io_n_e_a_lla--"-geo_m_e1_ri_a_ra_z,_·o_na_le_ _ _ _ _ _ __ Il ragionamento, oltre a dimostrare ogni singolo teorema, serve anche a stabilire se vi sia un legame logico fra una qualunque proposizione e quelle trovate o ammesse precedentemente e quali di esse siano strettamente necessarie per costruire la geometria, che, per questo, è detta anche geometria razionale. Lo studente non deve quindi meravigliarsi se, qualche volta, vengono dimostrate certe proposizioni che pure hanno carattere intuitivo. Nel far ciò si raggiunge anche lo scopo di controllare l'intuizione stessa, perché, mentre è vero ed essenziale che l'intuizione ci deve fornire i concetti fondamentali sui quali costruire tutto l'edificio geometrico, è pur vero che il ragionamento ci ha insegnato che qualche volta l'intuizione può condurre su falsa strada e ci ha costretto di conseguenza a modificare alcune idee primordiali. La geometria razionale non è però una scienza puramente astratta e puramente logica; si studiano anche le possibili·applicazioni e per questo vi è la necessità di collegare le varie proposizioni con le esperienze effettuabili nel mondo esterno. Le proposizioni che studieremo sono tutte perfettamente aderenti a quella che noi chiamiamo realtà. Da ciò deriva l'utilità pratica della geometria e si giustifica uno dei suoi compiti, che è quello di fornire certe conoscenze che da tutti devono essere possedute. Ai nostri giorni si può dire che in ogni settore si sfruttano proprietà geometriche e, nello stesso tempo, si danno alla geometria spunti per l'approfondimento di alcuni argomenti: per esempio, in biologia per lo studio delle forme poliedriche degli esseri unicellulari, in mineralogia per lo studio dei cristalli, in architettura e in ingegneria per lo studio delle diverse strutture, in astronomia per lo studio del moto degli astri, ecc. Anche gli artigiani ricorrono a cognizioni geometriche, se pur semplici, tutte le volte che, nel loro lavoro, vogliono seguire la via più corretta ed evitare così sprechi del materiale che essi usano.

Applicazioni della logica alla geometria Principi fondamentali

)l Nello studio della geometria si schematizza una situazione reale mediante modelli ai quali si applicano i metodi del ragionamento propri della logica. I principi fondamentali della logica, di cui viene fatto uso, sono i seguenti ("): l ) il principio d'identità: ogni ente è identico a se stesso: 2) il principio di non contraddizione: una proposizione non può essere contemporaneamente vera e falsa; 3) il principio del terzo escluso: una proposizione o è vera o è falsa; 4) la proprietà transitiva dell'implicazione: se una proposizione ne implica una seconda e questa a sua volta ne implica una terza, allora la prima implica la terza. Tale proprietà vale anche per i predicati e per l'implicazione logica relativa ai predicati (cap. 2) e può essere schematizzata nel seguente modo:

(* )

Si tratta di alcune lautologie studiate nel n. 15 e ne! n. 16 del capit0l0 2.

_ _ _ _ _ _ _ _C_a_pi_lo_lo_1_,ed_i_ce_s_im_o_- _1n_1r_od_u_z;_on_e_a_lla_g_eo_m_e_1r_;a_r_az_;o_n_al_e_ _ _ _ _

439

Teoremi

D

Un concetto fondamentale per lo sviluppo della geometria è quello di implicazione logica (cap. 2, n. 25 ). Infatti il teorema si può definire come una implicazione logica tra due predicati detti ipotesi (D e tesi (TI, implicazione che deve ovviamente essere verificata:

I =} T. Nel caso che I non implichi logicamente T(I Nel teorema si distinguono:

*

T) si suole parlare di teorema non vero.

l'enunciato che esprime il contenuto dell'implicazione logica da verificare e pertanto è vero o

falso, l'ipotesi che esprime quello che si suppone vero (antecedente dell'implicazione) la tesi (conseguente dell'implicazione) che esprime quello che si deve verificare la dimostrazione che è il processo deduttivo che porta ad affermare la verità della tesi tutte le volte che si verifica l'ipotesi ..

Spesso i teoremi non sono enunciati esplicitamente sotto forma di in1plicazione logica; è però utile che lo studente si abitui ad esprimerli in tale forma. Consideriamo ad esempio la proposizione: Un angolo ottuso è maggiore della metà di un angolo retto,

(I)

che è l'enunciato di un facilissimo teorema. La (I) può essere trasformata nella forma seguente:

Se un angolo è ottuso allora esso è maggiore della metà di un angolo retto.

(2)

In questo caso, indicando con x un generico angolo, l'ipotesi è il predicato

p(x) : x è ottuso e la tesi è il predicato

q(x) : x è maggiore della metà di un angolo retto. La (2), pertanto, assume la forma dell'implicazione logica

p(x)

=}

q(x)

(I=} T),

implicazione che, pur essendo ovvia, andrà verificata (dimostrata). Se vale il teorema I=} T si dice che I è condizione sufficiente per il verificarsi di T e che T è condizione necessaria per il verificarsi I (vedi anche capitolo 2, n. 29). Dimostrazione diretta

Il Il ragionamento che dalla verità di I conduce alla verità di T è la dimostrazione e tiene conto dei postulati, dei teoremi precedenti, di eventuali costruzioni e della proprietà transitiva dell'implicazione logica. Con la -dimostrazione si forma l'implicazione I =} T così che se l'ipotesi è vera, è vera anche la tesi. Quando un teorema si dimostra secondo questo procedimento si dice che si è fatta una dimostrazione diretta. Vediamo ora due esempi di dimostrazione diretta, uno in aritmetica e l'altro in geometria.

Capitolo tredicesimo - Introduzione alla geo metria raz ionale

D

Dimostrare che un numero naturale di visibile per 6 è divisibile anc he per 3.

Dobbiamo ve rificare l' implicaz ì'o~e I ==> T, essendo / :. n è div isibil e p er 6

nE N

T: n è di visibile per 3. Co nsideri amo la segue nte "cate~a" di implicaz ion i logiche(*): ==>

n=6 m

==>

n = (2 3) m

n = (2 • 3) • m

==>

n

n = 3 • (2m)

==>

n di visibile per 3.

n di visibile per 6

mEN

= 3 · (2 71)

Per la propri età tran siti va dell'implica zione logica si ha:

n di visibil e per 6 ==> n divisibile per 3. Abb iamo cos ì verificato l' implicazione/ ==> T.

Il

Dimostrare che un angolo ottu so è maggiore della metà di un angolo retto. Si tratta del teorema enunc iato nel para grafo precedente; dovendo ancora iniziare lo stud io vero e proprio della geometria, supporremo noti i con cetti espressi nel teorema (a ngolo ottuso, angolo retto, disugua glianza tra angoli) e, per se mplic ità, ragioneremo su lle ampiezze espresse in grad i degl i angoli che nomineremo. Occorre verifi ca re l' implicazione / ==> T, essendo /: x è ottu so

r: x è magg iore

della metà dell'angolo retto,

essendo x un elemento dell'insieme degli angoli. Cons ideriamo la seg uente ca tena di implicazioni log ic he

> 90° > 45°

x ottuso ==> x X>

90 ==>

X

e pertanto, in base alla proprietà trans iti va dell'impl icaz ione log ica: x ottu so ==> x

> 45°,

cioè abbi amo ve rificato c he se un angolo è ottuso allora- esso è ma gg iore della metà di un angolo retto (45°).

Gli esempi svolti mostrano come si possa schematizzare una dimostrazione per via diretta; va però detto che in geometria le dimostrazioni si presentano talvolta più articolate e complesse, ma, dopo una analisi della situazione, possono essere ricondotte a semplici schemi di ragionamento. Dimostrazione per assurdo

Ì!(Per dimostrare un teorema vi sono anche metodi indiretti come ad esempio quello della ' ';;Juz1one a/l'assurdo. Per dimostrare l'implicazione I ==} T con tale procedimentQ,_ si suppone vera, oltre l'ipotesi I, la negazione della tesi; si suppone cioè vero il P!!dicatQ T (si "nega la tesi", come si suol dire) e si dimostra, per via dj_retta, l'implicazione T ==} I. In tal caso vengono ad essere contemporaneamente vere I ed I , il_ che è impossibile per il principio di non contraddizione; pertanto non potendo essere vera T (perché conduce alla contraddizione (*) Le implicazioni che adoperiamo sono vere in base a quanto già noto dall'aritmetica e valgono tutte contemporanearnente, ·cioè sono tut-

te legate tra loro dal connettivo di congiunzione logica

________ C--' ap'-;t_o_lo_t_,e_d_k_es_;m_o_ - _ln_t,o_d_u_z;_on_e_a_ll_a-=.geo_m_e_tri_a_rn_z_;o_na_le_ _ _ _ _

4

441

I Il I), per il principio del terzo escluso deve valere T. Si suol dire, in questo caso, che l'implicazione I ⇒ T è stata verificata mediante una "dimosu:_azion~ per assurdo". _ In geometria, talvolta, invece di dimostrare l'implicazione T ⇒ I, si suppone vera T e si deduce qualche proprietà che è in contrasto con i postulati introdoui o con qualche teorema preceden~mente dimostrato: da questa contraddizione segue che, non potendo sussistere la verità di T, risulta necessariamente vera la T. Dimostriamo ora gli stessi due esempi del numero precedente mediante il metodo della riduzione ali'assurdo.

D

Dimost rare che un numero divisibile pe r 6 è divisibi le anche per 3. Come già visto, qui è:

/: n è di vis ibile per 6 r: n è divisibile per 3,

nE N

e si deve dimostra re I ===? T. Consideriamo un generico num ero n di vis ibil e per 6 (l'ipotesi / è sempre supposta ve ra) e neghiamo la tes i supponendo che n non sia divisibile per 3 (cioè suppon iamo T falsa e quindi T vera). Se n non è divisibile per 3, nella sua sco mposiz ion e in fattori primi non compare il 3 e quindi , a maggior rag ion e non compare il 6 = 2 • 3: questo significa che n non è divisibile per 6 (*). Si è così dimostrato che T ===? 7 e pertanto, non potendo suss istere contemporaneamente I e 7, si dedu ce che non può esse re ve ra T, cioè che è vera T. Resta cos ì dimostrata, per via indiretta, l' impli cazione I ==> T.

D

D imostra re che un angolo ottuso è maggio re della metà di un angolo retto. Occorre dimostrare I => T, essendo / : x è ottuso

T: x è maggiore della metà dell'angolo rett o. Rag ion iamo per assurdo e supponiamo che l'a ngolo x (ottu so pe r ipotesi) non sia maggiore dell a metà dell'a ngo lo retto ; allora risulta x ~ 45° : x è quind i ac uto, cioè x non è ottuso, il che è in contraddizione co n l' ipotesi. Po iché la negaz ione dell a tes i ha co nd otto all a negazione dell ' ipotes i (T =>])si conclude che non è poss ibile negare la tes i e che quindi essa è senz'a ltro ve ra ogni vo lta che è vera l' ipotesi. Si è cos ì dimostrato per via indiretta che

,- r.

Teoremi derivati

')Q Data l'implicazione I ⇒ T che supporremo verificata e che chiameremo teorema diretto, ' da essa si possono ricavare altre tre implicazioni che non è dello siano verificate: ~ 1

Teorema reciproco o inverso: onenuto scambiando l'ipotesi con la tesi del teort,na diretto. Quindi, se I ⇒ T è il teorema direno, il suo teorema reciproco è l'implicazione T ⇒ I. 2) Teorema contrapposto (o contronominale o controinverso): che ha per ipotesi la negazione della tesi del teorema diretto e per tesi la negazione dell'ipotesi d~ diret!O, Quindi il teorema contrapposto al teorema I ⇒ T è l'implicazione T ==} I. 3) Teorema contrario ot1enuto sostituendo alla ipotesi e alla tesi del diretto le rispettive negazioni. Quindi il teorema contrario del teorema I ⇒ T è l'implicazione I ⇒ T.

(*) Giunti a ques10 punto si suol dire che l'ultima affennazione è in contras10 con l'ipotesi e quindi era assurdo negare la tesi che resta così

dimos1ra1a.

442 ______C_•~pi_to_lo_ t_re_d_ic_es_im_o_-_1n_1,od_u_zi_o_ne_a_ll_a~ge_o_m_e_,.,_·a_ra_z_io_n_al_e_ _ _ _ _ __

Teorema reciproco o inverso

El Il teorema reciproco non è sempre vero. Infatti consideriamo i due teoremi, che sono entrambi veri: a) Se x è un angolo ottuso, allora è maggiore della metà di un angolo retto. b) Se x è un angolo maggiore di un angolo retto allora il doppio di x è maggiore di un angolo piatto.

Il teorema reciproco del primo non è vero, perché se x è maggiore della metà di un angolo retto può non essere ottuso (ad es. l'angolo di 60°), mentre il reciproco del secondo è vero, perché, se il doppio di x è maggiore di un angolo piatto, x deve essere maggiore di un angolo retto. Quando di un teorema I

=T

è vero anche l'inverso, cioè T

=I,

si ha la coimplicazione

I =T e i due predicati I e T si dicono equivalenti. In tal caso si dice anche che I è condizione necessaria e sufficiente per il verificarsi di T e viceversa.

Teorema contrapposto

lii

11 teorema contrapposto è sempre vero. Viceversa, se di un teorema è vero il contrapposto, allora è vero il teorema diretto. Infatti, poiché il contrapposto di un teorema vero è vero, in questo caso sarà vero il contrapposto del contrapposto, cioè il teorema diretto. Questa è la prima legge delle inverse: se un teorema è vero, allora è vero anche il suo contrapposto e viceversa.

Teorema contrario

ID

11 teorema contrario non è sempre vero. Infatti riprendendo gli esempi del n. 8 si vede che il contrario del primo non è verri, perché se un angolo non è ottuso può essere però maggiore della metà di un angolo retto (ad es. 60°), mentre il contrario del secondo è vero perché se un angolo non è maggiore di un angolo retto, allora il _suo dQPpio non è maggiore di un angolo piatto. L'implicazione (I T), cioè il teorema contrario del teorema dato J T, è vero se, e solo se, è vero il teorema (T I), cioè il teorema inverso del teorema dato .. Si poteva anche osservare che il teorema contrario del teorema diretto è il contrapposto del teorema inverso e pertanto (vedi n. 9), l'essere vero il teorema inverso porta alla verità del

=

=

=

teorema contrario e viceversa.

Seconda legge delle inverse

m Siano veri i teoremi l1=T1

I" = T".

relativi a tutte le possibili ipotesi 11, 12, ... , I" su uno stesso soggetto. Se le tesi Ti, T2, ... , T" si escludono a vicenda, cioè se due qualsiasi di esse non possono essere vere contemporaneamente, allora sono validi i teoremi reciproci

T1= I1,

T2= l2, ... , T"=I".

_ _ _ _ _ _ _ _C_ap~i_to_lo_t_,~ _ic_~_im_o_-_ l_n