Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare
 9788892110151, 8892110152

Table of contents :
Cover
Occhiello
Indice
Prefazione
Capitolo 1: Capitalizzazione e attualizzazione
Capitolo 2: Le rendite
Capitolo 3: Costituzione di un capitale e ammortamenti
Capitolo 4: Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta
Capitolo 5: Titoli obbligazionari e loro valutazione
Appendice: Programmazione lineare
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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Silvana Stefani Anna Torriero Giovanni Zambruno

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare Quinta edizione

G. Giappichelli Editore

© Copyright 2017 - G. GIAPPICHELLI EDITORE - TORINO VIA PO, 21 - TEL. 011-81.53.111 - FAX 011-81.25.100

http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-921-1015-1

Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

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Indice

V

Indice pag.

Prefazione

XI

Capitolo 1

Capitalizzazione e attualizzazione 1.1. 1.2. 1.3. 1.4.

Operazioni finanziarie Montante, interesse e sconto Leggi finanziarie di capitalizzazione Tasso d’interesse e tasso di sconto 1.4.1. Periodicità del tasso 1.5. Regimi finanziari di capitalizzazione 1.6. Regime di capitalizzazione a interesse semplice 1.6.1. Durata intera e durata frazionaria 1.6.2. Capitalizzazione a tassi variabili nel tempo 1.7. Regime di capitalizzazione a interesse composto 1.7.1. Capitalizzazione composta per tempi frazionari 1.7.2. Confronto grafico tra convenzioni 1.7.3. Montante e interesse nel regime a interesse composto 1.7.4. Fattore di montante a interesse composto 1.8. Confronto tra i montanti nei regimi a interesse semplice e composto 1.8.1. Capitalizzazione a tassi variabili nel tempo 1.8.2. Regime a interesse composto con notazione esponenziale 1.9. Tassi equivalenti 1.9.1. Relazione tra tassi equivalenti in regimi differenti 1.9.2. Relazione tra tassi equivalenti nel regime a interesse semplice 1.9.3. Relazione tra tassi equivalenti nel regime a interesse composto 1.9.4. Tasso annuo nominale convertibile k volte all’anno (jk) 1.9.5. Tassi medi 1.10. Regime di capitalizzazione a interesse anticipato 1.10.1. Fattore di montante e interesse nel regime a interesse anticipato

1 1 2 3 4 5 6 6 8 9 10 12 13 14 15 15 16 16 17 17 18 18 19 20 21 22

VI

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

pag.

1.11. 1.12. 1.13.

1.14. 1.15. 1.16. 1.17.

1.10.2. Confronto tra i fattori di montante dei regimi a interesse semplice, composto e anticipato La forza d’interesse 1.11.1. Capitalizzazione esponenziale come limite della capitalizzazione frazionata Scindibilità Attualizzazione 1.13.1. Fattore di sconto o di attualizzazione 1.13.2. Proprietà del fattore di sconto 1.13.3. Tasso di sconto Regime a sconto semplice o razionale 1.14.1. Fattore di sconto razionale Regime a sconto composto 1.15.1. Fattore di sconto composto Regime a sconto commerciale 1.16.1. Fattore di sconto commerciale Leggi di capitalizzazione a due variabili temporali

23 27 28 29 32 33 33 34 34 35 35 35 36 37 37

Capitolo 2

Le rendite

41

2.1. 2.2.

42 43

Classificazione delle rendite Valore attuale di una rendita 2.2.1. Valore attuale di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 2.2.2. Valore attuale di una rendita periodica posticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 2.2.3. Valore attuale di una rendita periodica anticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i 2.2.4. Relazione tra an |i e a n |i 2.2.5. Valore attuale di una rendita periodica anticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a sconto composto al tasso periodale i 2.2.6. Valore attuale di una rendita di n rate periodica unitaria posticipata differita di p periodi, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i 2.2.7. Valore attuale di una rendita di n rate periodica unitaria anticipata differita di p periodi, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i 2.2.8. Valore attuale di una rendita unitaria posticipata perpetua, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i 2.2.9. Valore attuale di una rendita unitaria anticipata perpetua, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i

45 46 46 47 48 48 49 49 50

Indice

VII

pag.

2.3.

2.4.

2.5.

2.6.

2.2.10. Relazione tra a |i e a |i 2.2.11. Valore attuale di una rendita periodica unitaria immediata di n rate nei tre regimi di sconto al tasso di interesse periodale i 2.2.12. Valore attuale di una rendita posticipata immediata di n rate variabili in progressione aritmetica di ragione b e prima rata R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 2.2.13. Valore attuale di una rendita posticipata immediata di n rate variabili in progressione geometrica di ragione q e prima rata R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i Montante di una rendita 2.3.1. Montante di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i 2.3.2. Relazione tra s n |i e a n |i 2.3.3. Montante di una rendita periodica posticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i 2.3.4. Montante di una rendita periodica anticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a interesse composto al tasso d’interesse periodale i 2.3.5. Relazione tra sn |i e s n |i 2.3.6. Montante di una rendita periodica anticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i 2.3.7. Montante di una rendita periodica unitaria immediata di n rate nei tre regimi di interesse al tasso periodale i Valore di una rendita al tempo t 2.4.1. Valore V(t) di una rendita al tempo t secondo il regime composto al tasso di interesse periodale i 2.4.2. Principio di equivalenza finanziaria Calcolo delle quantità caratteristiche di una rendita periodica posticipata a rata costante in capitalizzazione composta 2.5.1. Calcolo della rata 2.5.2. Calcolo della durata 2.5.3. Ricerca del tasso di interesse Indici temporali di un flusso di pagamenti 2.6.1. Scadenza media aritmetica 2.6.2. Scadenza media 2.6.3. Durata media finanziaria

51 51 52 53 55 55 56 57 57 58 59 59 60 61 61 63 63 63 65 67 67 68 70

Capitolo 3

Costituzione di un capitale e ammortamenti

73

3.1.

73 74 75

Costituzione di un capitale 3.1.1. Costituzione mediante unico versamento 3.1.2. Costituzione mediante versamenti periodici

VIII

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

pag. 3.2.

3.3.

3.4. 3.5.

3.6. 3.7. 3.8. 3.9.

Costituzione di un capitale mediante versamenti periodici posticipati di importo costante R in regime composto al tasso periodale i 3.2.1. Costituzione di un capitale mediante versamenti periodici anticipati di importo costante R in regime composto al tasso periodale i 3.2.2. Fondo di costituzione all’epoca k mediante versamenti periodici di importo costante R in regime composto al tasso periodale i 3.2.3. Costituzione mediante versamenti periodici ad importo variabile 3.2.4. Costituzione con variazione del tasso Rimborso di un prestito 3.3.1. Rimborso globale finale 3.3.2. Rimborso globale con interessi periodici Ammortamento Tipi particolari di ammortamento 3.5.1. Ammortamento francese 3.5.2. Ammortamento italiano 3.5.3. Ammortamento americano 3.5.4. Ammortamento tedesco Usufrutto e nuda proprietà Estinzione anticipata di un prestito Ammortamenti a tasso variabile Conclusioni

76 76 77 78 79 79 80 80 81 83 83 85 87 89 90 92 93 95

Capitolo 4

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta 4.1. 4.2. 4.3. 4.4. 4.5.

Progetti finanziari Generalità sui criteri di scelta per progetti finanziari completi Il Risultato Economico Attualizzato (R.E.A.) Il Tasso Interno di Rendimento (T.I.R.) 4.4.1. Confronto tra T.I.R. e R.E.A. 4.4.2. T.A.N. e T.A.E.G. Il criterio del pay-back o del tempo di recupero del capitale

97 97 100 104 107 112 114 117

Capitolo 5

Titoli obbligazionari e loro valutazione

121

5.1.

121 121 125 125

5.2.

Titoli obbligazionari 5.1.1. Caratteristiche di un titolo obbligazionario e indicatori di redditività La struttura per scadenza 5.2.1. La curva dei rendimenti

Indice

IX

pag.

5.3.

5.4.

5.2.2. La struttura per scadenza, tassi spot, tassi forward 5.2.3. Selezione dei titoli obbligazionari Duration, convessità e immunizzazione 5.3.1. Duration 5.3.2. Convessità 5.3.3. Immunizzazione Valutazione di obbligazioni indicizzate

126 131 134 134 140 140 143

Appendice

Programmazione lineare

145

A.1. A.2. A.3. A.4. A.5. A.6. A.7.

145 147 153 157 165 168 171

Formalizzazione di un problema di programmazione lineare L’insieme delle soluzioni ammissibili in n L’interpretazione geometrica La soluzione algebrica Analisi di sensitività Il Metodo del Simplesso Teoria della dualità

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Prefazione

XI

Prefazione Questo libro è rivolto agli studenti dei corsi di laurea triennali delle Facoltà di Economia ed è stato concepito e realizzato tenendo conto del cospicuo ridimensionamento, in seguito alla riforma universitaria, dei corsi tradizionali di Matematica Finanziaria del secondo anno. Si è avvertita quindi l’esigenza di disporre di un testo il più possibile agile e compatto, nel quale comunque fossero presenti in maniera chiara e comprensibile tutti i principi canonici della Matematica Finanziaria tradizionale, non eccedendo nella numerosità delle formule e cercando al contempo di suggerire al lettore il procedimento logico che permette sempre di ottenere il risultato cercato nel caso specifico partendo da premesse generali. A tali obiettivi cerca di corrispondere il presente volume, curato da docenti che hanno acquisito esperienze pluridecennali di insegnamento della materia in varie sedi, e che anche grazie a ciò concordano sull’impostazione fondamentalmente deduttiva della disciplina, quale logica prosecuzione applicativa delle nozioni apprese nei corsi di Matematica Generale. L’Appendice è dedicata alla presentazione dei fondamenti della Programmazione Lineare. Tale disciplina costituisce infatti, a nostro giudizio, una fra le più interessanti e intuitive applicazioni della modellistica matematica applicata a problemi economici, finanziari e aziendali, alla stregua della stessa Matematica Finanziaria. Ci è sembrato dunque opportuno completare con l’illustrazione di questa tecnica un percorso formativo, fruibile dalla quasi totalità degli studenti in Economia, incentrato sulle applicazioni della Matematica più significative nell’ambito economico-aziendale. Le numerose edizioni succedutesi (siamo ormai alla quinta), richieste dall’Editore a seguito del considerevole successo commerciale di questa iniziativa editoriale, ci hanno fornito l’occasione per aggiungere nuovi argomenti (segnaliamo in particolare una trattazione più approfondita della gestione di portafogli obbligazionari tramite la duration) e modificare passaggi poco chiari,

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

anche sulla base delle indicazioni e commenti fornitici dai Colleghi che hanno adottato il testo e che ringraziamo di cuore per la loro attenzione. Ringraziamo altresì la Casa Editrice per la fiducia accordataci fin dalla fase progettuale e per l’efficacia dell’attività di produzione e diffusione. Gli Autori Milano, luglio 2017

Capitalizzazione e attualizzazione

1

1

Capitalizzazione e attualizzazione

1.1. Operazioni finanziarie La Matematica Finanziaria studia i criteri per la valutazione razionale di importi monetari la cui disponibilità non coincide con l’istante di valutazione. È evidente, infatti, che il “valore” di una somma di denaro si incrementa al passare del tempo, sia in un’operazione di investimento (in cui si rinuncia alla disponibilità immediata di una somma di denaro nella prospettiva di ottenere in futuro un importo superiore), sia in un’operazione di finanziamento (nella quale si riceve al momento una somma inferiore a quella che si dovrà rimborsare a scadenza). Tutti i casi ora descritti comportano – almeno concettualmente – uno “scambio” tra importi disponibili a tempi diversi; di conseguenza, il “valore” della somma di denaro che si vuole valutare coincide con quell’importo che oggi si può scambiare con essa. Lo scambio in parola si definisce più propriamente operazione finanziaria. Operazione finanziaria è qualsiasi contratto (o accordo) che dia origine allo scambio di somme di denaro riferite ad epoche diverse tra due soggetti. Sono esempi di operazioni finanziarie: – – – – – –

acquisto di BOT e successiva vendita; acquisto di certificati di deposito a scadenza fissa; sconto di cambiale; accensione di mutui; acquisti a pagamento rateale; contratti di leasing.

Un’operazione finanziaria si dice semplice o complessa a seconda che vi siano coinvolte due o più scadenze. Ad esempio, è un’operazione semplice lo sconto

2

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

di una cambiale, nel quale intervengono due tempi rilevanti: quello in cui la banca anticipa al portatore della cambiale la somma scontata, e quello in cui la stessa banca entra in possesso del capitale della cambiale, pagato dal debitore. Un’operazione complessa è invece l’investimento in un BTP: in questo caso le date rilevanti – cioè quelle in cui si registrano movimenti di capitali – sono l’istante di investimento (nel quale si entra in possesso del titolo) e le date di incasso di ciascuna delle cedole, nonché quella del rimborso finale del capitale.

1.2. Montante, interesse e sconto Riportiamo schematicamente sull’asse dei tempi i capitali coinvolti in un’operazione finanziaria semplice, per fissare le idee un investimento. Siano t0 e t1 le date iniziale e finale dell’investimento; per semplicità supporremo che t0 sia la data odierna. L’importo investito si dice capitale iniziale, quello disponibile alla fine dell’investimento capitale finale o anche montante.  Esempio All’epoca iniziale, 1° gennaio 2017, si impiega un capitale di € 5.000 per il periodo di tempo che termina in t1 (epoca di disinvestimento), quando si renderà disponibile il montante M. t0

t1

C = € 5.000 t0 = 0 = 1/1/2017 C = Capitale iniziale

M t1 = 30/6/2017 M = Capitale finale = Montante

Riesce del tutto ragionevole ritenere che il montante sia superiore al capitale iniziale: ciò sia per corrispondere a fondamentali postulati economici, sia per salvaguardare l’ipotesi di comportamento razionale degli agenti. Infatti, chi rinuncia oggi ad una disponibilità finanziaria, differendola nel tempo, richiede che gli venga corrisposto un adeguato compenso. Analogamente, chi richiede oggi la disponibilità di una somma che gli sarebbe dovuta ad una data futura, deve corrispondere un adeguato compenso. In entrambi i casi, questo compenso è dato dalla differenza tra il montante e il capitale iniziale, e viene detto interesse (I ) o sconto (D). Si ha quindi, per definizione: I  D  M  C.

Capitalizzazione e attualizzazione

3

1.3. Leggi finanziarie di capitalizzazione La valutazione del montante di un’operazione finanziaria, della quale siano note le altre quantità caratteristiche (il capitale iniziale e l’epoca finale – ricordiamo che per convenzione l’epoca di inizio è l’istante corrente) avviene usando particolari funzioni, il cui utilizzo è stabilito di comune accordo tra le parti interessate (quindi non esiste alcun caso in cui sia obbligatorio usare una funzione piuttosto che un’altra – semmai si potrà parlare di consuetudini vigenti sul mercato). Si chiama legge finanziaria di capitalizzazione una funzione atta a definire il montante M(t) accumulato al tempo 1 generico t da un capitale iniziale C: M(t)  F(C, t)

[1.1]

e che rispetti i seguenti postulati: 1. F(C, t) è definita per ogni C  0, e per ogni t  [0, T ). È possibile calcolare il montante M per qualsiasi ammontare di capitale iniziale non negativo e per qualsiasi durata di impiego inferiore ad un dato tempo T, che rappresenta quindi l’estremo superiore delle scadenze prese in considerazione. 2. F(C, 0)  C per ogni C  0. Se la durata di impiego è nulla, il montante coincide con il capitale. Un investimento con contemporaneo disinvestimento non produce alcun frutto. 3. t1  t2  F(C, t1)  F(C, t2). A parità di capitale investito, il montante ad un’epoca successiva risulta non inferiore al montante a un’epoca precedente. Il capitale impiegato non perde valore nel tempo 2. Molto spesso viene considerato anche il seguente ulteriore postulato, che stabilisce l’omogeneità della funzione di montante rispetto all’importo: 4. F(C, t)  C F(1, t)

1

Per le ipotesi semplificatrici fatte, la variabile t denoterà sia l’istante di valutazione del montante, sia la stessa durata dell’operazione. Tale ambiguità verrà risolta nel momento in cui saranno introdotte le funzioni finanziarie a due variabili temporali. 2 In particolari situazioni contingenti dei mercati finanziari (ad esempio in presenza di tassi negativi) questo postulato può non essere soddisfatto. Tuttavia, nella successiva trattazione, si supporrà che questo postulato si applichi a F(C, t) e a tutte le quantità ad esso collegate.

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

A parità di durata d’impiego, il montante è direttamente proporzionale al capitale impiegato. Si dimostrano immediatamente le seguenti proprietà: – F(0, t) = 0 per ogni t  0, ossia il montante di un capitale nullo è nullo a qualsiasi epoca futura; – C1 < C2  F(C1, t) < F(C2, t), ossia a parità di durata di impiego, a capitale iniziale maggiore corrisponde montante maggiore. Osserviamo che il postulato 4 (che nella realtà non sempre risulta verificato) consente una notevole semplificazione, in quanto permette di isolare – come coefficiente di proporzionalità – l’importo del capitale iniziale nel calcolo dei montanti, e quindi evidenziare la dipendenza del montante dal solo tempo. Infatti, ponendo C  1, si definisce la funzione (della singola variabile t) f (t)  F(1, t), che si dice fattore di montante ed esprime appunto il montante al tempo t di un capitale iniziale C unitario. Da quanto esposto si deduce che il fattore di montante è una funzione f (t): – definita per t  [0, T); – tale che f (0)  1; – non decrescente (se derivabile, f (t)  0). Dunque il montante al generico tempo t sarà dato da M(t)  Cf (t).

[1.2]

Analogamente sono determinati l’interesse e lo sconto maturati al tempo t: I(t)  D(t)  M(t) – C  C[ f (t) – 1].

1.4. Tasso d’interesse e tasso di sconto L’interesse e lo sconto possono essere messi in rapporto rispettivamente con il capitale iniziale e con il montante, ottenendo rispettivamente il tasso di interesse di periodo I (t ) M (t ) i (t )    1  f (t )  1 C C e il tasso di sconto di periodo:

d (t ) 

D (t ) C 1  1  1 . M (t ) M (t ) f (t )

Capitalizzazione e attualizzazione

5

In particolare, se la durata è unitaria (t  1) il numero 3 i  i(1)  f (1) – 1 è detto tasso unitario di interesse, e il numero

d  d (1)  1 

1 f (1)

è detto tasso unitario di sconto. L’ipotesi di non decrescenza del fattore di montante implica la non negatività del tasso di interesse unitario.

1.4.1. Periodicità del tasso Occorre prestare particolare attenzione alla corrispondenza tra l’unità di misura prescelta per la valutazione dei tempi e quella utilizzata per determinare il tasso unitario di interesse (o di sconto). La definizione infatti esige che queste coincidano. Sia i il tasso annuo e ik il tasso espresso in ragione di 1/k di anno. A seconda dell’unità di tempo fissata si avrà quindi: – – – – – –

Tasso mensile (i12)  unità di tempo: 1 mese Tasso trimestrale (i4)  unità di tempo: 1 trimestre Tasso semestrale (i2)  unità di tempo: 1 semestre Tasso annuo  unità di tempo: 1 anno Tasso biennale (i0,5)  unità di tempo: 1 biennio ecc.

Il tasso unitario di interesse può quindi essere riferito all’anno o ad una sua frazione o ad un suo multiplo. Per una maggiore precisione nell’enunciare tassi d’interesse, si utilizza spes-

3 La dimensionalità del tasso unitario di interesse è pari a [tempo]–1, mentre il tasso di interesse di periodo è un numero puro. Lo stesso dicasi per i tassi di sconto. Notiamo anche che la consueta rappresentazione percentuale (es.: i  8%) deve essere trasformata in notazione decimale (i  0,08) al momento di ogni utilizzo nelle formule. Osserviamo inoltre che l’aggettivo “unitario” si riferisce alla durata, visto che il tasso di interesse già per definizione viene rapportato a un capitale unitario.

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

so il concetto di punto base (basis point). Il punto base corrisponde allo 0,01%. Per esempio, se i tassi salgono da 2,75% a 3%, si dice che il tasso è salito di 25 punti base.

1.5. Regimi finanziari di capitalizzazione Una operazione che comporti il differimento di una disponibilità monetaria immediata si dice capitalizzazione. Di tale operazione si analizza l’andamento del montante nel corso del tempo, che quindi è la variabile indipendente, essendo noti l’importo del capitale iniziale e il tasso unitario di interesse. La rappresentazione del montante avviene mediante il fattore di montante precedentemente discusso, specificandone la forma analitica secondo modalità dettate o da facilità di utilizzo, o da convenienza teorica. Ovviamente il fattore di montante preso in esame dovrà soddisfare le sei proprietà analizzate in precedenza. Più in particolare, i fattori di montante che ora si discuteranno si rappresentano matematicamente mediante tre diverse famiglie di funzioni, caratterizzate da un parametro h il cui significato verrà chiarito tra breve: – le funzioni affini:

f (t)  1  ht, (h  0);

– le funzioni esponenziali:

(h  0); f (t)  eht, 1 f (t )  , ( h  0). 1  ht

– le funzioni iperboliche:

Quando si stabilisce di utilizzare una specifica forma funzionale tra queste ora elencate, si dice che si è determinato un regime finanziario, e più in particolare – il regime finanziario di interesse semplice (per funzioni affini); – il regime finanziario di interesse composto (per funzioni esponenziali); – il regime finanziario di interesse anticipato (per funzioni iperboliche). Il parametro h che compare in ciascuna di queste determinazioni è legato al tasso di interesse caratteristico della capitalizzazione, secondo modalità che saranno discusse caso per caso. A un dato valore di h corrisponde una ben determinata funzione di montante, che caratterizza una legge di capitalizzazione.

1.6. Regime di capitalizzazione a interesse semplice Il regime di capitalizzazione a interesse semplice si basa sull’ipotesi che l’interesse maturato fino al tempo t sia direttamente proporzionale al capitale ini-

Capitalizzazione e attualizzazione

7

ziale e al tempo trascorso dall’inizio dell’operazione, secondo un fattore di proporzionalità pari al tasso unitario di interesse i. Si stabilisce cioè che I(t)  Cit

[1.3]

M(t)  C  I(t)  C  Cit  C(1  it).

[1.4]

e pertanto

Secondo questo regime finanziario l’andamento nel tempo del montante e dell’interesse è rappresentato nel grafico seguente: Figura 1.1. – Grafico di M(t) = C (1 + it) e I(t) = Cit M (t)

I (t)

C

0

t

Da quanto precede si ottiene che il fattore di montante è dato da f (t)  1  it.

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura 1.2. – Grafico di f(t) = 1 + it f (t )

1

0

t

Il parametro i è il coefficiente angolare della retta e finanziariamente caratterizza la velocità di accrescimento di € 1 impiegato.  Esempio La capitalizzazione di € 5.000 iniziata in t0  0  1/1/2017 al tasso i  1,5% trimestrale produce al tempo t  30/6/2017, in regime di capitalizzazione a interesse semplice, un montante di € 5.150. Infatti, poiché il tasso è trimestrale, occorre misurare il tempo in trimestri: nel caso in esame, la capitalizzazione si protrae per due trimestri. Applicando la formula [1.4], si ottiene M(2)  € 5.000 (1  2  0,015)  € 5.150.

1.6.1. Durata intera e durata frazionaria Si presenta spesso il problema di calcolare il montante per durate non corrispondenti a un numero intero di periodi: si parla in tal caso di durata frazionaria. Il regime di interesse semplice prevede di utilizzare la medesima formula anche in questo caso. Così, il montante della capitalizzazione dell’esempio precedente, valutato dopo 3,5 trimestri dall’inizio, risulta M(3,5)  € 5.000 (1  3,5  0,015)  € 5.262,50.

Capitalizzazione e attualizzazione

9

Vale sempre l’avvertenza di misurare il tempo nella stessa unità in cui è espresso il tasso unitario di interesse. Vediamo con semplici esempi come si procede in pratica, prendendo a riferimento un tasso annuo: – se il capitale C viene impiegato per m mesi interi (m  12), si ha: I  Ci

m 12

– se il capitale C viene impiegato per g giorni (g  30) si ha: I  Ci

g 365

365 è il numero di giorni dell’anno civile. In numerose applicazioni pratiche si utilizza invece l’anno commerciale, la cui durata è fissata convenzionalmente in 360 giorni, ovvero in 12 mesi composti ciascuno da 30 giorni 4. Più in generale, considerando una durata t qualsiasi, espressa in (n) anni (m) mesi (g) giorni, si ha: I(t)  Cit, M(t)  C(1  it) essendo t  n 

m g  con 0  m  12 e 0  g  30. 12 365

1.6.2. Capitalizzazione a tassi variabili nel tempo Nella pratica accade molto spesso che la capitalizzazione venga regolata, anziché da un unico tasso costante nel tempo, da una sequenza di tassi di interesse diversi, ciascuno applicabile a un determinato lasso temporale. Vediamo come si possa adeguare il regime di capitalizzazione a interesse semplice a questa circostanza, nel rispetto della formulazione generale di tale regime. Sia i(1) il tasso di interesse applicabile nel periodo da t0 = 0 a t1, i(2) quello da t1 a t2 e così via. Nel primo periodo gli interessi prodotti, dovendo essere proporzionali al capitale iniziale e alla durata della prima parte di capitalizzazione, in cui è in vigore il tasso i(1), varranno I1  C i(1) (t1 – t0). 4

L’utilizzo dell’anno civile piuttosto che quello commerciale è stabilito (esplicitamente, o implicitamente nei rapporti finanziari più consueti) per ogni contratto di capitalizzazione: non esiste infatti alcuna regola generale che imponga l’adozione dell’una o dell’altra convenzione.

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mentre gli interessi prodotti nella seconda parte varranno I2  C i(2) (t2 – t1). Pertanto il montante in t2, come somma di capitale e interessi maturati sarà dato da M(t2)  C(1  i(1) t1  i(2) (t2 – t1)). La suddetta formula può essere estesa al caso in cui vi siano più tassi di capitalizzazione: n   M (t n )  C 1   i ( k ) (t k  t k 1 )  .  k 1 

La formula ora esposta concretizza il presupposto finanziario del regime di capitalizzazione a interesse semplice, e cioè che gli interessi si rendono disponibili solo alla fine della capitalizzazione, e quindi non producono altri interessi  Esempio Un capitale di € 5.000 viene impiegato in capitalizzazione a interessi semplici al tasso trimestrale 1,5% per un trimestre, e successivamente per tre trimestri al tasso trimestrale 2%. Il montante raggiunto alla fine (dopo un anno) risulta M(4)  € 5.000 (1  1  0,015  3  0,02)  € 5.375.

1.7. Regime di capitalizzazione a interesse co mposto A differenza del regime di capitalizzazione a interesse semplice, il quale prescrive che l’interesse sia sempre direttamente proporzionale al capitale iniziale e al tempo, il regime di capitalizzazione a interesse composto si caratterizza per il fatto che, al termine di ogni periodo, il capitale impiegato incorpora gli interessi maturati, in modo che anche questi ultimi producano interessi nei periodi seguenti. In altre parole, l’interesse che si forma in ogni istante è ora proporzionale al montante accumulato a quel tempo. La produzione di interessi da altri interessi, su un determinato capitale, nel linguaggio giuridico è chiamata anatocismo.  Esempio Consideriamo la capitalizzazione raffigurata schematicamente nel grafico

Capitalizzazione e attualizzazione

t0

t1

t0 = 1/1/2017 C = € 5.000

t1 = 31/3/2017

11

t2 t = 30/6/2017 M=?

e operata al tasso di interesse 1,5% trimestrale. Al termine del primo periodo il montante vale M(1)  C  Ci  C(1  i) e l’intero importo si considera investimento iniziale per il secondo periodo, cosicché risulta M(2)  M(1)  iM(1)  M(1) (1  i)  C(1  i) (1  i)  C(1  i)2. In generale, ripetendo il procedimento fino all’n-esimo periodo, M(n)  M(n –1)  iM(n – 1)  M(n – 1)  (1  i)  C(1  i)n. Pertanto il montante e l’interesse in regime di capitalizzazione composta per un numero intero n di periodi valgono rispettivamente M(n)  C(1  i)n I(n)  M(n)  C  C(1  i)n – C  C[(1  i)n  1]. Si noti dall’ultima espressione che l’interesse è qui ancora direttamente proporzionale al capitale iniziale ma non più direttamente proporzionale alla durata della capitalizzazione (la relazione non è lineare).  Esempio Capitalizzando per sei mesi un capitale iniziale C  € 5.000 al tasso i  1,5% trimestrale in regime di capitalizzazione a interesse composto si ottiene un interesse pari a I(2)  € 5.000 [(1  0,015)2  1]  € 151,12. Infatti l’enunciazione di un tasso trimestrale porta di conseguenza che l’unità di tempo considerata è il trimestre, e quindi la capitalizzazione copre complessivamente due unità temporali.

12

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

1.7.1. Capitalizzazione composta per tempi frazionari Se, nell’esempio precedente, fosse richiesta una capitalizzazione per un periodo di otto mesi, la durata di capitalizzazione non sarebbe più pari a un numero intero di periodi (trimestri). Ci si chiede secondo quali regole si possano calcolare montanti e interessi anche in questi casi frequenti. Al riguardo si possono utilizzare due approcci differenti (“convenzioni”). Sia t la durata della capitalizzazione: indichiamo con n la sua parte intera e con f la sua parte frazionaria (0  f  1), in modo che risulti t  n  f. Convenzione lineare Il montante al tempo t  n  f frazionario si ottiene aggiungendo al montante calcolato per gli n periodi interi in regime a interesse composto, l’interesse in regime semplice maturato su tale montante per la frazione di periodo residua. Si avrà quindi M(t)  C(1  i)n  if [C(1  i)n]  C(1  i)n (1  if )

[1.5]

I(t)  C[(1  i)n (1  if ) – 1]. Convenzione esponenziale Il montante al tempo t  n  f non intero si calcola mediante la formula M(t)  C(1  i)t ottenuta estendendo ai tempi t reali quella ricavata per tempi interi. Infatti si può anche scrivere M(t)  C(1  i)n (1  i) f  C (1  i)t

[1.6]

I(t)  C[(1  i)t – 1]. Nei tempi non interi, è verificata la seguente disuguaglianza: C(1  i)n (1  if )  C(1  i)n (1  i) f che si dimostra immediatamente ricordando la nota relazione 1  ax  (1  x)a per 0  a  1. Perciò, a parità di tempo e di tasso, il montante calcolato mediante la convenzione lineare è superiore al montante in convenzione esponenziale per durate non intere.

Capitalizzazione e attualizzazione

13

1.7.2. Confronto grafico tra convenzioni Figura 1.3. – Grafico di M1(t) = (1 + i) t e M2(t) = (1 + i) n (1+if)

M1(t) M2(t)

1

0

1

2

3

t

Quanto affermato in precedenza si può anche constatare graficamente. La funzione M1(t)  (1  i)t è crescente e convessa, al pari della funzione M2(t)  (1  i)n (1  if ) che è rappresentata da una linea spezzata, i cui punti angolosi hanno ascissa intera. Si conferma allora che, per valori non interi di t e a parità di tasso, la convenzione lineare dà luogo ad un montante maggiore. Per durate intere d’impiego (dove quindi f  0), i montanti, calcolati con le due convenzioni, coincidono. Se non specificato altrimenti, d’ora in avanti ci si riferirà alla convenzione esponenziale.  Esempio C  € 5.000; i  1,5% trimestrale. Data iniziale:1/1/2017; Data finale: 31/5/2017; t  1  Nella convenzione lineare: M  C(1  i)n (1  if ):

2 di periodo. 3

2  M  € 5.000 (1  0,015) 1  0,015    € 5.125,75. 3  Nella convenzione esponenziale: M  C(1  i)nf M  € 5.000 (1  0,015)5/3  € 5.125,62.

14

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La tabella seguente mostra alcuni valori indicativi della discrepanza esistente tra i montanti calcolati secondo le due convenzioni a tempi diversi nel caso dei seguenti dati iniziali: C  € 5.000, i  1,5% trimestrale tnf 2 mesi: n  0, f  2/3 3 mesi: n  1, f  0 5 mesi: n  1, f  2/3 1 anno: n  4, f  0 1 anno, 3 mesi: n  5, f  0

M  C(1  i)n (1  if )

M  C(1  i)nf

€ 5.050

€ 5.049,87

€ 5.075

€ 5.075

€ 5.125,75

€ 5.125,62

€ 5.306,81

€ 5.306,81

€ 5.386,42

€ 5.386,42

1.7.3. Montante e interesse nel regime a interesse composto In Figura 1.4 sono rappresentati montante ed interesse come funzioni del tempo. La funzione montante risulta una funzione esponenziale definita sul semiasse positivo dei tempi; la funzione interesse si ottiene per traslazione della precedente in modo che risulti I(0)  0. Figura 1.4. – Grafico di M(t) = C(1 + i) t e I(t) = C[(1 + i) t – 1]

M(t) I(t)

C

0

t

Capitalizzazione e attualizzazione

15

1.7.4. Fattore di montante a interesse composto Dalla relazione M(t)  C(1  i)t, ponendo C  1, si ottiene l’espressione del fattore di montante del regime di capitalizzazione a interesse composto f (t)  (1  i)t

[1.7]

il cui grafico è riportato in Figura 1.5 (si tratta sempre di una parte di curva esponenziale di intercetta 1). Figura 1.5. – Grafico di f(t) = (1 + i)t

f(t)

1

0

t

1.8. Confronto tra i montanti nei regimi a interesse semplice e composto È interessante confrontare i valori dei montanti che si ottengono a vari tempi secondo i due differenti regimi di capitalizzazione finora analizzati. Ci riferiremo sempre al caso C  € 5.000, i  1,5% trimestrale. La tabella seguente riporta i montanti in alcuni tempi, inferiori, uguali e superiori al periodo di capitalizzazione.

Tempo

Capitalizzazione semplice

2 mesi 3 mesi 6 mesi

€ 5.050 € 5.075 € 5.150

Capitalizzazione composta € 5.049,87 € 5.075 € 5.151,12

16

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Per durate maggiori di un periodo, il montante in capitalizzazione composta supera il montante in capitalizzazione semplice. Questo accade perché, nel caso di interesse composto, l’interesse relativo a ciascun periodo viene calcolato non sul capitale iniziale, ma sul montante accumulato alla fine del periodo precedente, che è ovviamente superiore. Perciò, volendo ad esempio impiegare un capitale per 6 mesi, quando il periodo di capitalizzazione è inferiore al semestre, l’investimento in capitalizzazione composta fornisce un risultato superiore. L’opposto accade per durate di capitalizzazione inferiori a un periodo.

1.8.1. Capitalizzazione a tassi variabili nel tempo Anche nell’ambito del regime a interesse composto, si può prevedere il caso che i tassi di interesse non siano costanti bensì variabili nel tempo (in maniera nota all’inizio dell’operazione). Vediamo quindi, in conformità con la trattazione analoga riferita al regime a interesse semplice, come si possono adattare le formule che forniscono il montante. Siano ancora i(1) e i(2) i tassi di interesse applicabili rispettivamente tra i tempi t0 = 0 e t1 e fra t1 e t2. Al tempo t1 sarà costituito un montante pari a

M (t1 )  C (1  i (1) )t1 e poiché il regime a interesse composto prevede che l’intero montante sia fruttifero di interessi, alla fine della capitalizzazione sarà accumulato il montante

M (t 2 )  C (1  i (1) )t1 (1  i ( 2 ) )( t2  t1 ) .

[1.8]

La suddetta formula può essere estesa al caso in cui vi siano più tassi di capitalizzazione: n

M (t n )  C  (1  i ( k ) ) ( t k t k 1 ) . k 1

1.8.2. Regime a interesse composto con notazione esponenziale Per evidenziare alcune particolarità matematiche del regime, si usa spesso rappresentare il montante con notazione esponenziale. Ponendo 1  i  e cioè   ln(1  i), la relazione M(t)  C(1  i)t si scrive M(t)  Cet.

[1.9]

Capitalizzazione e attualizzazione

17

La quantità   ln(1  i) è detta intensità istantanea di interesse o forza di interesse 5. Vedremo più avanti la generalizzazione di questa nozione. In corrispondenza, il fattore di montante in notazione esponenziale si scrive f (t)  et.

[1.10]

1.9. Tassi equivalenti Negli esempi illustrati finora, abbiamo sempre enunciato un tasso di interesse trimestrale. Come si possono ottenere altri tassi, applicabili a basi temporali diverse (ad es. semestrale o annua) che gli corrispondono? Inoltre, quale è la corrispondenza tra tassi di interesse in regime di capitalizzazione semplice e composta? Per rispondere a queste domande, bisogna introdurre il concetto generale di tassi equivalenti. Due tassi d’interesse si dicono equivalenti se producono, ad una data futura t e a parità di capitale impiegato, lo stesso montante, ovvero gli stessi interessi. La definizione può essere applicata sia per trovare corrispondenze tra tassi in regimi finanziari diversi, oppure, nell’ambito dello stesso regime, tra tassi che si riferiscono a periodi di durata diversa.

1.9.1. Relazione tra tassi equivalenti in regimi differenti Per trovare la relazione matematica sussistente fra due tassi unitari i e y relativi rispettivamente al regime a interesse semplice e a quello composto, occorre uguagliare i montanti che essi producono a uno specifico tempo t: M(t)  C(1  it)  C(1  y)t. Noto uno dei due tassi, l’altro ad esso equivalente si può calcolare immediatamente esplicitando la relazione ora scritta. Pertanto avremo 1 i  [(1  y ) t  1] t

ovvero

y  t (1  it )  1.

[1.11]

La dimensionalità del numero  è [tempo] – 1 in quanto moltiplicata per il tempo deve fornire un numero puro. 5

18

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Ad esempio, un investimento di € 5.000 al tasso trimestrale 1,5% fa conseguire dopo sei mesi un montante di € 5.150 operando nel regime a interesse semplice. Lo stesso risultato si otterrebbe nel regime a interesse composto utilizzando il tasso trimestrale 1,489%: infatti 5.000 (1,01489)2 = 5.150. Come si constata, la relazione dipende dalla durata della capitalizzazione.

1.9.2. Relazione tra tassi equivalenti nel regime a interesse semplice Vediamo ora la relazione esistente tra due tassi di interesse equivalenti che si riferiscono a basi temporali di differente ampiezza (es. annui e trimestrali) nell’ambito del regime a interesse semplice. Osserviamo che una durata di capitalizzazione pari a t anni corrisponderà a tk  kt periodi (ad es. 3 anni  6 semestri). Uguagliamo i montanti raggiunti al tempo t, evidenziando che quando si applica il tasso periodale il tempo deve essere misurato in periodi: M(t)  C(1  it)  C(1  iktk) e semplificando si ottiene la relazione tra tassi equivalenti nel regime di interesse semplice: i  kik. [1.12] Osserviamo che tale relazione di equivalenza non dipende dal tempo a cui si richiede l’uguaglianza dei montanti.  Esempio Il tasso trimestrale 1,5% (i4) equivale al tasso mensile i12  0,5%, al tasso semestrale i2  3% e al tasso annuo 6%.

1.9.3. Relazione tra tassi equivalenti nel regime a interesse composto Analogamente al caso precedente, e con le stesse notazioni, calcoliamo la relazione tra tassi equivalenti nel regime a interesse composto, uguagliando i montanti al tempo t M(t)  C(1  i)t  C(1  ik)kt e esplicitando i i  (1  ik)k – 1

Capitalizzazione e attualizzazione

19

ovvero ik

ik  k (1  i )  1.

[1.13]

 Esempio Il tasso annuo equivalente al tasso trimestrale i4  1,5% è i  (1  0,015)4  1   0,06136  6,136%.

1.9.4. Tasso annuo nominale convertibile k volte all’anno (jk ) Come abbiamo visto, la relazione che collega il tasso di periodo a quello equivalente annuo nel regime di capitalizzazione a interesse composto non è di agevole applicazione, poiché comporta generalmente un’estrazione di radice. Talvolta si preferisce, per comodità, enunciare il tasso annuo nominale convertibile k volte l’anno, così definito: jk  kik

[1.14]

dove ik è il tasso di periodo. jk è un tasso annuo fittizio, poiché è definito come se fosse equivalente a ik nel regime a interesse semplice, e pertanto non è appropriato al regime composto. Non ha, quindi, alcun significato finanziario e perciò nei calcoli occorre sempre riferirsi a ik.  Esempio j4  6% (tasso annuo nominale convertibile quattro volte l’anno) corrisponde a un tasso trimestrale 6% j i4  4   1,5% 4 4 ma il tasso annuo equivalente, come abbiamo visto, è 6,136%. Il tasso annuo i, detto anche tasso effettivo, è maggiore del tasso annuo nominale convertibile jk, ossia i  jk. Infatti, dalla nota diseguaglianza di Bernoulli: (1  )n  1  n si ottiene:

n  1, n  N,   0

i  [(1  ik)k  1]  kik  jk.

20

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

1.9.5. Tassi medi Una particolare tipologia di tassi equivalenti è costituita dai tassi medi. Nelle capitalizzazioni a tassi di interesse non costanti nel tempo, vi è l’esigenza di sintetizzare mediante un unico numero il risultato economico conseguito. A questo scopo risponde il tasso medio, che è quel tasso costante “equivalente” alla sequenza dei tassi variabili nel senso che consente di ottenere lo stesso montante. Allora, nel caso di capitalizzazione a interesse semplice, ricordando l’espressione del montante in tale caso e la simbologia utilizzata, il tasso medio sarà tale da soddisfare l’uguaglianza M(t2)  C(1  i(1) t1  i(2) (t2  t1))  C(1  it2) da cui

i  i (1)

t1 t t  i ( 2) 2 1 . t2 t2

[1.15]

La suddetta formula può essere estesa al caso in cui vi siano più tassi di capitalizzazione: n t t i   i ( k ) k k 1 . tn k 1 Il tasso medio risulta la media aritmetica dei tassi che intervengono nella capitalizzazione, ponderata con le durate di applicabilità dei tassi stessi. Per le note proprietà della media, il tasso medio è compreso tra il minimo e il massimo dei tassi applicati. Analogamente, operando in regime di capitalizzazione a interesse composto, si ottiene M (t 2 )  C (1  i 1 ) t1 (1  i 2 ) ( t 2  t1 )  C (1  i ) t 2 .

Esplicitando il tasso medio, si trova ora che il fattore di montante 1  i è la media geometrica dei fattori di montante associati ai tassi che intervengono nella capitalizzazione, ossia: 1  i  (1  i (1) ) t1 / t 2 (1  i ( 2 ) ) ( t 2 / t1 ) / t 2 .

La suddetta formula può essere estesa al caso in cui vi siano più tassi diversi di capitalizzazione: n

1  i   (1  i ( k ) ) ( t k  t k 1 ) k 1

tn

Capitalizzazione e attualizzazione

21

Anche in questo caso, il fattore di montante associato al tasso medio è compreso tra il minimo e il massimo dei fattori di montante associati ai tassi applicati.

1.10. Regime di capitalizzazione a interesse anticipato Il regime finanziario di capitalizzazione a interesse anticipato prevede che l’interesse sia direttamente proporzionale al montante (capitale finale) e alla durata dell’operazione, secondo un fattore di proporzionalità pari al tasso unitario di sconto, e venga corrisposto al creditore all’inizio dell’operazione. In questa interpretazione l’interesse è chiamato più propriamente sconto. Si può considerare questo regime solo in casi particolari, e cioè quando la durata dell’operazione finanziaria e il montante siano predeterminati 6: ciò avviene ad esempio nel caso di investimento in BOT.  Esempio Consideriamo l’acquisto (all’emissione) di BOT annuali per un valore nominale di € 5.000, al prezzo di € 95,40 per ogni € 100 di valore nominale. Di questa operazione si conosce il valore nominale, € 5.000, ossia il montante finale. L’importo realmente investito è il prezzo che viene pagato, cioè € 4.770. Lo sconto, che ammonta a € 230, è corrisposto, invece che alla fine, all’inizio di questa operazione, sotto forma di riduzione del prezzo di acquisto. Dalla definizione si ricava immediatamente la formula per valutare lo sconto D: D(t)  M(t)  C  M(t)dt dove d è il tasso unitario di sconto. Inoltre, ricordando che in questo caso si ha C  M(t) – D(t)  M(t)  M(t)dt  M(t)(1  dt) si ottiene l’espressione del montante: M (t )  C

6

1 . 1  dt

[1.16]

Per questo motivo avvertiamo che, nelle formule che seguono, la dipendenza delle quantità caratteristiche da t evidenzia semplicemente la relazione con la durata dell’operazione (che è predeterminata), e non rappresenta quindi la loro evoluzione temporale come invece è lecito negli altri regimi esaminati.

22

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Affinché la formula abbia significato matematico e finanziario, è necessario che 1 – dt  0, cioè t  1/d. Quindi il regime di cui ora si tratta può essere applicato solo per capitalizzazioni di durata inferiore a 1/d. Per quanto riguarda la determinazione del tasso unitario di sconto d, vale anche in questo caso la definizione

d

M (1)  C . M (1)

Ad esso è associato un tasso unitario di interesse pari a i

M (1)  C M (1) d d  . C C 1 d

Esplicitando invece rispetto al tasso di sconto unitario d, la relazione precedente diventa: i d . 1 i Nell’esempio illustrato in precedenza, sull’acquisto di BOT, il tasso di sconto risulta il 4,6% annuo: infatti d

230  0,046. 5.000

Per calcolare il tasso unitario di interesse corrispondente si può applicare la d , da cui i  4,8%. Questo può essere nota relazione appena ricavata i  1 d anche calcolato direttamente dalla definizione, in base al capitale effettivamente investito nell’operazione, che è € 4.770. Si ha infatti: i

230  0,048. 4.770

1.10.1. Fattore di montante e interesse nel regime a interesse anticipato Il fattore di montante del regime di capitalizzazione a interesse anticipato è dunque 1 t  0, 1 d . f (t )  [1.17] 1  dt

Capitalizzazione e attualizzazione

23

Nel regime a interesse anticipato il tasso di interesse è i (t )  f (t )  1 

Figura 1.6. – Grafici di M 

C 1  dt

1 dt 1  . 1  dt 1  dt

e di I  C

dt 1  dt

M(t) C

I(t) 0

1/d

t

1.10.2. Confronto tra i fattori di montante dei regimi a interesse semplice, composto e anticipato In Figura 1.7 riportiamo le curve che descrivono i fattori di montante propri dei tre regimi finanziari che abbiamo analizzato in dettaglio. Le tre curve si intersecano in due soli punti, di coordinate rispettivamente (0, 1) e (1, 1  i). Infatti tutti i fattori di montante valgono 1 all’epoca di valutazione; inoltre, per la definizione di tasso unitario di interesse, il fattore di montante all’epoca t  1 vale 1  i per qualsiasi regime finanziario di capitalizzazione. Si noti che a parità 7 di tasso d’interesse i, per 0  t  1, il montante a interesse semplice risulta maggiore del montante a interesse composto, che a sua volta è maggiore di quello a interesse anticipato, mentre le diseguaglianze si invertono per t  1. Quindi il regime che offre un montante superiore è, per periodi di 7

Per quanto riguarda il regime di capitalizzazione a interesse anticipato, il confronto viene fatto sulla base del tasso di sconto d corrispondente al tasso di interesse i utilizzato negli altri regimi.

24

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura 1.7. – Grafici dei tre fattori di montante: a interesse semplice (S), a interesse composto (C), interesse anticipato (A) f (t) C

A

S

1+i

1

0

1

1/d

t

durata inferiore a quella unitaria, quello a interesse semplice, e per durate maggiori quello a interesse anticipato; il montante nel regime a interesse composto è sempre intermedio. Un’applicazione: la dinamica di un conto corrente bancario Nella tenuta contabile di un conto corrente bancario, per il calcolo degli interessi debitori e creditori si applica il regime della capitalizzazione composta in convenzione lineare. Se ci limitiamo alle operazioni all’interno del periodo unitario di riferimento (generalmente il trimestre), infatti, accrediti e addebiti vengono contabilizzati mediante il regime dell’interesse semplice. Come si sa, il titolare di un conto corrente può eseguire operazioni di addebitamento sul conto (movimenti di segno Dare) e operazioni di accreditamento (movimenti di segno Avere). Ad ogni operazione è associata una valuta, ossia la data a partire dalle quale l’operazione genera interessi debitori o creditori. La Banca effettua la “chiusura” del conto corrente usualmente alla fine di ognuno dei quattro trimestri nell’anno, liquidando gli interessi debitori e creditori. Il periodico riepilogo del conteggio degli interessi appare nell’estratto conto, in cui le transazioni sono riportate in ordine cronologico e nel conto scalare, in cui le operazioni contenute nell’estratto conto vengono riprese in ordine di valuta. Dalle operazioni effettuate si originano i saldi Dare e i saldi Avere, sui quali si calcolano rispettivamente gli interessi debitori e gli interessi creditori.

Capitalizzazione e attualizzazione

25

Nel conto scalare vengono evidenziati – i saldi debitori e i saldi creditori, ottenuti raggruppando tutte le operazioni con la medesima valuta; – i giorni, come differenza temporale tra un saldo e quello immediatamente precedente; – i numeri debitori e creditori 8, ottenuti come prodotto tra i saldi e i giorni corrispondenti. Al totale dei numeri debitori e creditori si applica il tasso (nominale convertibile giornalmente) indicato come da contratto per il calcolo degli interessi. Il prospetto delle spese completa il quadro finale di accrediti e addebiti. Un semplice esempio illustra la procedura

Movimenti Dare

Avere

Saldi per valuta Dare

Valuta

Giorni

Avere

Numeri debitori/creditori Dare

Avere

1.400,00

1.400,00

03/03

17

23.800,00

600,00

2.000,00

20/03

7

14.000,00

27/03

1

2.100,00

100,00 800,00

700,00

28/03

3

100,00 9

2.100,00 100,00

39.900,00

Come detto, il regime applicato nel calcolo del conto scalare è quello dell’interesse semplice. Infatti, il saldo per valuta (che diviene di volta in volta il capitale su cui si calcola l’interesse) viene moltiplicato per il numero di giorni di competenza. Il totale debitore e creditore poi andrà moltiplicato per il tasso di interesse. Gli interessi si ottengono secondo la formula: Interessi (creditori/debitori) = (Numeri creditori/debitori)  j365/365 La tabella seguente riporta il calcolo finale delle competenze

8 Questa procedura ha il vantaggio di isolare, nel conteggio degli interessi, la componente indipendente dal tasso applicato, espressa appunto dai “numeri”. 9 I giorni vanno fino alla fine del trimestre. Nell’esempio, il primo trimestre si conclude il 31 marzo.

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

26

Prospetto competenze e spese Interessi creditori Numeri creditori Tasso creditore

Ritenuta fiscale

Interessi creditori netti

20%

1,31

39.900,00

1,5%

Numeri debitori

Tasso debitore

Interessi debitori netti

100,00

6%

0,02

Interessi debitori

Spese Spesa tenuta conto

Totale spese

3,00

3,00

Riepilogo Interessi creditori netti

Interessi debitori

Spese

1,31

0,02

3,00

A credito

A debito

Sbilancio competenze al 31/03 1,71

Al termine del trimestre, il saldo viene riportato nel trimestre successivo e costituendovi il “capitale” che sarà remunerato alla fine del periodo con le stesse procedure di calcolo. Il procedimento di trasferimento dello sbilancio nel trimestre successivo (in particolare per gli interessi debitori) è stato più volte contestato come pratica di anatocismo 10.

10

In base al Decreto del Ministero dell’Economia 3 agosto 2016, n. 343, è facoltà del cliente di chiedere che gli interessi corrispettivi non vengano riversati sullo stesso conto corrente, ma conteggiati a parte ed esibigili a partire da una data successiva prestabilita. In assenza di una richiesta specifica da parte del cliente, lo sbilancio entrerà a far parte del capitale del trimestre successivo.

Capitalizzazione e attualizzazione

27

1.11. La forza d’interesse I regimi finanziari posso anche essere descritti analizzando in che modo si manifesta l’accrescimento del montante nel tempo, ovvero il processo di formazione dell’interesse. Si consideri infatti l’interesse I(t, t  t) prodotto dalla capitalizzazione nell’intervallo di tempo (t, t  t), cioè: I(t, t  t)  M(t  t) – M(t). Consideriamo questa capitalizzazione, di durata t, “isolata” dal contesto. Rapportando tale interesse al montante raggiunto al tempo t si ottiene allora: i(t, t  t) 

M (t  t )  M  t  f (t  t )  f  t   . M (t ) f (t )

[1.18]

Definiamo intensità d’interesse il rapporto

f (t  t )  f  t  1 i ( t, t  t )  .  t f (t ) t Se f (t) è differenziabile, calcolando il limite per t  0 dell’intensità d’interesse, si ottiene:

lim

t 0

i ( t , t  t ) f (t )  . f (t ) t

Si definisce intensità istantanea d’interesse o forza d’interesse la funzione:

 (t ) 

f (t ) . f (t )

La forza d’interesse nei regimi precedentemente considerati vale: i nel regime di capitalizzazione a interesse semplice; 1  it – (t )  1n (1  i ) nel regime di capitalizzazione a interesse composto; d nel regime di capitalizzazione a interesse anticipato. –  (t )  1  dt

–  (t ) 

Fissato un tasso d’interesse, in questi tre regimi la forza di interesse presenta un andamento rispettivamente decrescente, costante e crescente rispetto alla durata dell’investimento: da ciò consegue, tra l’altro, un incentivo a interrompere

28

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

frequentemente l’investimento nel regime a interesse semplice, e invece prolungarlo quanto possibile in quello a interesse anticipato. La forza d’interesse individua univocamente la legge di capitalizzazione corrispondente; in particolare, una forza di interesse costante è associata al regime a interesse composto. f (t ) Infatti da (t )  , integrando ambo i membri sull’intervallo [0, t] sef (t ) gue: t t f ( s )   ( s ) ds ds;   0 0 f (s) da cui t f (t ) t  ln f (t ).  ( s ) ds  ln f ( s ) 0  ln f ( 0) 0 Pertanto t

  ( s ) ds

f (t )  e 0

.

1.11.1. Capitalizzazione esponenziale come limite della capitalizzazione frazionata I tassi convertibili godono di una interessante proprietà, che li collega alla forza di interesse. Si parla di capitalizzazione continua quando gli interessi si capitalizzano istante per istante, ossia il numero di capitalizzazioni per periodo tende all’infinito. Fissiamo un tasso di interesse annuo i, e determiniamo i corrispondenti tassi convertibili una, due, tre, ..., n volte l’anno in base alle relazioni che li definiscono. k

j   Da j k  kik e 1  i  (1  i k ) k segue 1  i  1  k  . Esplicitando i tassi k   nominali si ottiene la successione {jn}, i cui termini sono definiti implicitamente dalle relazioni 2

3

n

j  j  j     1  i  1  j1  1  2   1  3   ...  1  n   ... 2  3 n     Si può verificare che la successione {jn} è monotona decrescente ed è limitata sia superiormente che inferiormente: infatti n vale: 0  jn  i. Pertanto essa ammette limite finito per n   .

Capitalizzazione e attualizzazione

29

Chiamiamo questo limite j*. Allora si ha n

j   1  i  lim  1  n   e j * n    n  x

x

lim f ( x ) f ( x)   1  (ricordando che lim 1    e e anche lim 1  se esi  e x   x    x    x x  ste il limite dell’esponente). Per l’unicità del limite ne consegue che j*  ln(1  i)  . Si ottiene quindi che la forza di interesse  è interpretabile come tasso nominale convertibile infinite volte.

1.12. Scindibilità Consideriamo ora la possibilità di interrompere anticipatamente l’operazione di investimento e immediatamente riprenderla, e valutiamo gli effetti finanziari di questa strategia, confrontandone il montante finale con quello che si potrebbe conseguire procedendo senza interruzioni. Le alternative sono schematizzabili ad esempio nel modo seguente, considerando come al solito il tasso trimestrale 1,5%: – investire € 5.000 al tempo t0  1/1/2017 e incassare M(2) al tempo t  30/6/2017. € 5.000

M (2)

t0 = 1/1/2017

t = 30/6/2017

– interrompere l’operazione in t1  31/5/2017 e sempre in t1 reimpiegare il montante allora disponibile fino all’epoca t  30/6/2017 € 5.000

M

M  (2)

t0 = 1/1/2017

t1 = 31/5/2017

t = 30/6/2017

A priori, non è detto che i montanti a scadenza abbiano valori uguali; le leggi finanziarie per le quali ciò accade si dicono scindibili. Una legge si dice scindibile se il montante di un capitale C, impiegato fino a t ad un tasso assegnato i, non varia se l’impiego viene interrotto in t1, con 0  t1  t

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

30

e il montante ottenuto in t1 viene immediatamente reimpiegato alle stesse condizioni per il tempo rimanente t – t1. Matematicamente, una legge di capitalizzazione è scindibile se il corrispondente fattore di montante f (t) soddisfa la seguente relazione 11: con 0  t1  t. f (t)  f (t1) f (t – t1) Vediamo, analizzando i tre regimi finanziari descritti in precedenza, se tale condizione è verificata. Legge di capitalizzazione semplice: non scindibile Ricordando che in questo caso M(t)  C(1  it), si ha: a) t  6 mesi  2 trimestri: M(2)  € 5.150; b) t1  5 mesi  5/3 di trimestre: M   € 5.125; reimpiegando immediatamente questo importo, il montante in t  2 è M (2)  M [1  i(t – t1)]  € 5.150,62. Seguendo le due modalità non si ottiene lo stesso montante: infatti, in caso di reimpiego si ottiene un montante maggiore. Pertanto la legge di capitalizzazione a interesse semplice non è scindibile. Legge di capitalizzazione a interesse anticipato: non scindibile In questo caso M (t ) 

C i e d  1,48% trimestrale: 1  dt 1 i

C  € 5.152,28; 1  2d C  € 5.126,45; reimpiegando imb) t1  5 mesi  5/3 di trimestre: M   1  dt1 mediatamente M , il montante in t è

a) t  6 mesi  2 trimestri: M ( 2) 

M ( 2 ) 

11

M  € 5.151,87. 1  d ( t  t1 )

La formulazione ora presentata si riferisce a fattori di montante dipendenti solo dalla durata della capitalizzazione, cioè (nella terminologia che sarà discussa nel paragrafo 1.17) rappresentativi di leggi finanziarie traslabili. Lo stesso paragrafo riporta una definizione di scindibilità più generale.

Capitalizzazione e attualizzazione

31

Quindi, poiché M (2)  M(2), in caso di reimpiego si ottiene un montante minore: la legge di capitalizzazione a interesse anticipato non è scindibile. Legge di capitalizzazione composta: scindibile Ricordando che M  C(1  i)t, si ottiene: a) t  6 mesi  2 trimestri: M(2)  € 5.151,12; b) t1  5 mesi  5/3 di trimestre: M   C (1  i ) t1  € 5.125 , 62 ; reimpiegandolo immediatamente, il montante in t è M (2)  M (1  i)1/3  € 5.151,12. Quindi, poiché M(2)  M (2), in caso di reimpiego si ottiene lo stesso montante. Ciò avviene perché la legge di capitalizzazione a interesse composto è scindibile. Intuitivamente tale proprietà si giustifica considerando che in questo regime la produzione di interessi a ogni istante avviene proporzionalmente al montante disponibile allo stesso istante, che è lo stesso sia che si prosegua la capitalizzazione in atto, sia che essa venga interrotta e immediatamente ripresa. Rimandando al paragrafo 1.17 per una trattazione più ampia dell’argomento, presentiamo un primo risultato che caratterizza le leggi finanziarie scindibili nell’ambito di quelle traslabili. Vale infatti il:  Teorema Una legge di capitalizzazione dipendente solo dalla durata è scindibile se e solo se il fattore di montante è del tipo

f (t )  e t . Dimostrazione Consideriamo una capitalizzazione di durata T, e un istante arbitrario t in cui essa viene interrotta (0 < t < T). Segue f ( t ) f (T  t )  e t e  T  t   e T  f (T )

e quindi la scindibilità della legge è verificata. Viceversa, la condizione

f (t ) f (T  t )  f (T ) equivale a richiedere che il primo membro sia indipendente da t, pertanto la sua derivata prima rispetto a t deve essere zero. Derivando:

f (t ) f (T  t )  ( 1) f (t ) f (T  t )  0.

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

32

e dividendo per f (T) senz’altro diverso da zero si ottiene

f (t ) f (T  t )  . f (t ) f (T  t ) f (t )   risulta indipendente da t e quindi costante. f (t ) Dalla relazione generale Pertanto il rapporto

t

  ( s ) ds

f (t )  e 0

si deduce quindi la forma del fattore di montante f ( t )  e t .

1.13. Attualizzazione Finora ci siamo occupati di valutare il montante a una data futura corrispondente a un capitale iniziale di importo noto, investito oggi. Ci chiediamo ora come sia possibile pervenire oggi a una valutazione di un capitale che sarà disponibile a una data certa futura. La capitalizzazione, cioè il differimento di una disponibilità, consente di determinare il valore futuro di un capitale, mentre l’attualizzazione o anticipazione consente di stabilire oggi il valore attuale di un capitale con scadenza futura, cioè di anticiparne la disponibilità. Schematicamente avremo: Capitale iniziale

M CAPITALIZZAZIONE

Valore attuale

C ATTUALIZZAZIONE

È chiaro che tra i due problemi esiste una sorta di simmetria, nel senso che l’omogeneità delle valutazioni impone, almeno in linea teorica 12, che il valore at12

Vi sono numerose eccezioni a tale postulato teorico: ad esempio, il tasso di interesse a cui avviene la capitalizzazione è solitamente inferiore a quello di attualizzazione; inoltre

Capitalizzazione e attualizzazione

33

tuale del montante di un investimento coincida con il capitale iniziale del medesimo investimento. Per questo motivo analizzeremo in particolare i regimi finanziari di attualizzazione associati a quelli di capitalizzazione già visti: essi si diranno anche coniugati.

1.13.1. Fattore di sconto o di attualizzazione Il valore attuale V di un capitale C disponibile in un’epoca futura t è proporzionale al capitale e dipende dalla durata dell’operazione di anticipazione. Sotto questa ipotesi si può scrivere V  Cg(t). Dalla relazione di capitalizzazione Vf (t)  C segue V

C . f (t )

Pertanto

g (t ) 

1 f (t )

è detto fattore di sconto (o di attualizzazione) coniugato di f (t).

1.13.2. Proprietà del fattore di sconto 1 , le proprietà del fattore di sconto si deducono immediaf (t ) tamente dalle proprietà di f(t). Pertanto il fattore di sconto è qualsiasi funzione g(t): – definita per t  [0, T); – tale che g(0)  1; – non crescente (se derivabile, g(t)  0). Poiché g (t ) 

vi possono essere costi di commissioni. Tutti questi fattori, tipici di mercati finanziari imperfetti, smentiscono le premesse ora formulate.

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

34

1.13.3. Tasso di sconto Essendo D  C – V, indichiamo con d(t) il tasso di sconto sul capitale C a scadenza per la durata t. Si ottiene: D C V C  Cg (t )    1 – g(t). C C C Se la durata è unitaria (t  1), il tasso unitario di sconto risulta:

d (t) 

d  d (1)  1 – g (1)

perciò

d  1 – g (1)  1 –

1 . f (1)

1.14. Regime a sco nto semplice o razionale Il regime di attualizzazione a sconto semplice o razionale è coniugato del regime di capitalizzazione semplice. Pertanto, ponendo V  Valore attuale  Somma scontata C  Capitale disponibile in t D  Sconto i  Tasso di interesse della legge coniugata di capitalizzazione poiché f (t)  1  it si ottiene: C V  1  it e Cit D  C V  . 1  it  Esempio In data 1/1/2017 sottoscrivo BOT per un valore nominale di € 5.200 in scadenza il 30 giugno 2017, al tasso di interesse 3% trimestrale. Quale è il prezzo di sottoscrizione, calcolato in regime di sconto semplice? I dati sono: C  € 5.200, i  3%, t  2 trimestri. Applicando la formula, il prezzo (cioè il valore attuale dell’operazione) risulta V

5.200  € 4.905,66. (1  2  0,03)

Capitalizzazione e attualizzazione

35

1.14.1. Fattore di sconto razionale Essendo V 

C , quando C  1 si ha: 1  it 1 g (t )  . 1  it

g(t) è il valore attuale, in regime di sconto razionale al tasso di interesse i, di un capitale unitario che si renderà disponibile al tempo t.

1.15. Regime a sconto composto Il regime di attualizzazione a sconto composto è il coniugato del regime di capitalizzazione a interesse composto. Pertanto, con le stesse notazioni usate in precedenza, da f (t)  (1  i)t si ottiene: V

C (1 i ) t

 1 D  C – V  C 1  t  1  i 

 . 

 Esempio Ricollegandoci all’esempio precedente, quale è il prezzo oggi del BOT se la valutazione avviene in regime di sconto composto? Applicando la formula ora vista si ottiene V

5200  € 4.901,50. (1  0,03) 2

1.15.1. Fattore di sconto compos t o Essendo V 

C , quando C  1 si ha: (1 i ) t 1 g (t )   e  t t (1  i )

essendo   ln(1  i).

36

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

g (t ) 

1 (1  i ) t

è il valore attuale, con sconto composto al tasso d’interesse i, di un capitale unitario che si renderà disponibile al tempo t.

1.16. Regime a sconto commerciale Il regime di attualizzazione a sconto commerciale è il coniugato del regime di capitalizzazione a interesse anticipato. 1 ove d è il tasso unitario di sconto, si ottiene: Pertanto, poiché f (t)  1  dt V  C – D  C – Cdt  C(1 – dt) e

D  Cdt.

Lo sconto calcolato secondo il regime dello sconto commerciale è direttamente proporzionale sia alla durata che al capitale finale. Ricordiamo che la relazione tra tasso unitario di sconto d e tasso unitario d’interesse i è: i d . 1 i Per periodi a durate diverse si può ricorrere alla formula di conversione tra tasso di sconto di periodo dk e annuo d: d = kdk.  Esempio Lo sconto di una cambiale avviene normalmente in regime di attualizzazione a sconto commerciale, e di solito si enuncia esplicitamente il tasso di sconto, e non quello di interesse corrispondente. Pertanto, volendo trovare il valore attuale (o somma scontata, o netto ricavo) di una cambiale di € 5.200 in scadenza tra 6 mesi, valutato al tasso di sconto trimestrale d4  3%, esso si calcola direttamente: V  € 5.200 (1  0,03  2)  € 4.888.

Capitalizzazione e attualizzazione

37

1.16.1. Fattore di sconto comme r c i a l e Essendo V  C (1  dt), quando C  1 si ha: g (t)  1  dt. g(t) è il valore attuale, con sconto commerciale al tasso di sconto d, di un capitale unitario che si renderà disponibile al tempo t.

1.17. Leggi di capitalizzazione a due variabili temporali Questo paragrafo ha lo scopo di generalizzare le leggi di capitalizzazione finora esaminate, rimuovendo l’ambiguità segnalata nel paragrafo 1.3 laddove si indicava con l’unica variabile temporale t sia la durata dell’operazione finanziaria, sia l’istante finale dell’operazione stessa, ipotizzando che questa avesse inizio all’istante 0. È chiaro che un tale approccio semplificato non può rappresentare adeguatamente un contesto in cui i tassi variano nel tempo: occorre infatti specificare adeguatamente quale tasso debba essere applicato ad ogni istante del processo di capitalizzazione. Per far ciò, è opportuno definire i fattori di montante attraverso due variabili temporali: t0, l’istante di inizio della capitalizzazione, e t, il generico istante in cui si valuta il montante. Scriveremo quindi Mt  C0 f (t0, t) per indicare il montante ottenuto in t da una capitalizzazione iniziata in t0 con un capitale C0. Le proprietà che deve possedere la funzione f affinché possa essere considerata fattore di montante sono perfettamente analoghe a quelle definite nel paragrafo 1.3, delle quali costituiscono l’ovvia estensione: – f (t0, t) è definita per ogni t ∈ [t0, T); – f (t0, t0)  1; – f (t0, t) non decrescente nella variabile t (se derivabile rispetto a t, df (t 0 , t )  0). dt I fattori di montante il cui valore dipende solo dalla durata τ della capitalizzazione (tra i quali tutti quelli presentati e discussi finora) sono caratterizzati dalla proprietà

f ( t 0 , t 0 + )  f ( t 1 , t 1 + )

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

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per ogni coppia di argomenti dell’insieme di definizione. Ciò equivale ad affermare che la funzione dipende in realtà dalla sola differenza delle due variabili temporali in gioco. Questa proprietà viene detta traslabilità o anche uniformità temporale. La rappresentazione più significativa di una legge di capitalizzazione a due variabili è quella che si ottiene tramite l’intensità istantanea di interesse, che è definita in stretta analogia con quanto riportato nel paragrafo 1.11, nel modo seguente:

lim

t 0

f ( t0 ,t  t )  f ( t0 ,t ) 1 d d  f ( t0 ,t )  ln f ( t0 ,t )  (t0 ,t ) f ( t0 ,t ) t f ( t0 ,t ) dt dt

(nell’ipotesi che esista la derivata parziale rispetto alla seconda variabile). L’intensità istantanea di interesse, ottenuta in questo modo, e formalmente funzione di due variabili, rappresenta quindi la “velocità” di accrescimento percentuale del montante in un intorno dell’istante t relativamente a una capitalizzazione iniziata in t0: questa ultima caratteristica è appunto resa evidente dalla esplicita considerazione della relativa variabile temporale. Per esemplificare, si può pensare a conti correnti bancari remunerati, nello stesso periodo, a tassi diversi a seconda dell’anzianità del rapporto di c/c. Anche queste leggi finanziarie possono essere descritte utilizzando l’intensità istantanea di interesse: si ha infatti, dalla relazione precedente, t

f (t 0 , t )  e

  ( t 0 , s ) ds

t0

.

 Esempio Supponendo che l’intensità istantanea di interesse, operante all’istante s ≥ 2 su una capitalizzazione iniziata all’istante 2 sia descritta dalla relazione

 ( 2, s ) 

i ( s  2) 1 i ( s  2 )

si ottiene t

f ( 2, t )  e



i

2 1 i ( s  2 )

ds

 e ln[1 i ( t  2 )]  1  i (t  2)

che rappresenta il fattore di montante di una capitalizzazione a interesse semplice a tasso unitario costante i (e, nel caso specifico, uniforme). Un aspetto rilevante è l’estensione del concetto di scindibilità, discusso nel paragrafo 1.12. La definizione di legge finanziaria scindibile, nel caso di legge a due

Capitalizzazione e attualizzazione

39

variabili, si formula in questo modo: f (t0, t2)  f (t0, t1)f (t1, t2) per ogni terna di valori t0 ≤ t1 ≤ t2. Trascrivendo quest’ultima relazione nella consueta notazione esponenziale tramite l’intensità istantanea di interesse, abbiamo t2

e

  ( t 0 ,s ) ds

t0

e

t1

t2

t0

 e t1

  ( t 0 , s ) ds

  ( t1 , s ) ds

.

L’uguaglianza tra il primo e il secondo membro si realizza nel caso che valga, identicamente per ogni valore di s, (t1, s)  (t0, s) cioè, vista l’arbitrarietà del tempo intermedio t1, quando l’intensità istantanea di interesse non dipende dall’istante iniziale della capitalizzazione ma solamente, al più, dall’istante s in cui essa agisce. In particolare si conferma il risultato ottenuto nel paragrafo 1.12 relativamente alla legge di capitalizzazione del tipo f ( t )  e t .

40

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Le rendite

2

41

Le rendite

Nel primo capitolo si è affrontato il problema della valutazione, ad una epoca definita, di un importo, disponibile o dovuto, ad un’altra epoca. In molte situazioni, però, occorre valutare in un’unica soluzione più importi, disponibili o dovuti, ad epoche diverse: di questi importi potrà interessare calcolare il valore attuale complessivo all’epoca iniziale (epoca 0), il montante ad un’epoca successiva T o, più in generale, il valore ad un’epoca intermedia. Ad esempio se un’impresa cede ad una controparte crediti vari a scadenze diverse vorrà conoscerne il valore (attuale) di cessione; di un accantonamento periodico, invece, si vorrà calcolare il montante alla scadenza. Se le somme da esigere o da pagare ad epoche differenti, e da valutare congiuntamente, sono dello stesso segno (ossia tutti crediti o tutti debiti) si parlerà di rendita finanziaria; se invece gli importi hanno segno diverso si preferisce parlare di operazione finanziaria. Rendita finanziaria è un insieme di importi da riscuotere o da pagare a epoche differenti. Una rendita si indica con: S  {(Rk; tk), k  0,1, 2, ..., n, ...} R0

R1

R2

...

Rn

t0

t1

t2

...

tn

dove – il generico importo Rk è detto rata o termine; – l’epoca di disponibilità tk è detta valuta o scadenza.

42

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

2.1. Classificazione delle rendite Le rendite possono essere classificate a seconda dei parametri che le caratterizzano: Importi – A rata costante: gli importi delle rate sono tutti uguali tra loro. In particolare, se l’importo è unitario, la rendita si dice unitaria. Esempio: le cedole dei BTP sono costanti e pagabili semestralmente. – A rata variabile: gli importi delle rate non sono tutti uguali tra loro. Esempio: le quote di interessi su mutuo, che decrescono nel tempo. Numerosità – Temporanea: le rate sono in numero finito. Esempio: i BTP hanno una scadenza inferiore ai 30 anni e fruttano cedole pagabili semestralmente. – Perpetua: le rate sono numerabili. Esempio: la Rendita Italiana è l’unico esempio di rendita perpetua presente sul mercato finanziario italiano: paga indefinitamente ogni semestre una cedola pari al 2,5% del capitale nominale, del quale non è previsto il rimborso. Periodicità – Periodica: le rate sono equi-intervallate. Esempio: le rate, ad esempio trimestrali, di un canone di locazione. – Non periodica: le rate non sono equi-intervallate. Esempio: l’insieme dei versamenti su un conto corrente. Scadenza – Posticipata: la scadenza di ciascuna rata è prevista nell’istante finale del relativo periodo di competenza. Esempio: lo stipendio di un impiegato. – Anticipata: la scadenza di ciascuna rata è prevista nell’istante iniziale del relativo periodo di competenza. Esempio: i premi pagati per un’assicurazione. Decorrenza – Immediata: la prima rata è dovuta in t0 se la rendita è anticipata, la prima rata scade in t1 se la rendita è posticipata. Esempio: un contratto d’affitto con decorrenza immediata. – Differita: la prima rata scade in th (h  1) se la rendita è anticipata, la prima rata scade in th1 (h  1) se la rendita è posticipata.

Le rendite

43

Esempio: all’atto dell’abbonamento ad un gestore telefonico, si hanno a volte agevolazioni nel pagamento del canone mensile: quest’ultimo, infatti, potrebbe non essere dovuto per i primi mesi. In questo caso la prima rata scade tra h periodi.

2.2. Valore attuale di una rendita La valutazione delle rendite si avvale dell’importante principio, suffragato anche da motivazioni di ordine pratico, detto dell’additività del valore, secondo il quale il valore attuale di più operazioni semplici è la somma dei valori attuali delle singole operazioni. Vale dunque la seguente definizione: Valore attuale di una rendita è la somma dei valori attuali delle singole rate, calcolati nel regime di attualizzazione prescelto. Vn +

...

+

V3 +

V2 +

V1 V

t0 = 0

R1

R2

R3

...

Rn

t1

t2

t3

...

tn

Il tasso di interesse utilizzato è anche detto tasso di valutazione. Adottando il fattore di sconto g(t) del regime prescelto, il valore attuale di una rendita di n rate, ossia la somma dei valori attuali Rk (in t0  0) delle singole rate Rk, è

 Vk   Rk g (t k ) k

in t 0  0

k

dove la sommatoria è estesa agli indici appropriati al caso in esame.

[2.1]

44

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Il valore attuale è solitamente calcolato nel: – regime di attualizzazione a sconto semplice; – regime di attualizzazione a sconto composto; – regime di attualizzazione a sconto commerciale. Per la valutazione di una rendita ci si colloca di preferenza nel regime a sconto composto, essendo questo regime caratterizzato dall’importante proprietà della scindibilità.  Esempio Versando 3 rate annue posticipate di importo R  € 196.430, poi altre 3 di importo 2R ed infine 3 di importo 3R, si ha, in capitalizzazione composta ad un tasso annuo di valutazione del 10,5%, un valore attuale di € 2 milioni. Infatti il valore attuale delle prime tre rate è  1 1 1 V1 196.430    2 (1  0,105) 3  1  0,105 (1  0,105)

   484.220. 

Il valore attuale delle successive tre rate è  1 1 1 V2  2  196.430    4 5 (1  0,105) (1  0,105) 6  (1  0,105)

   717.780. 

Il valore attuale delle ultime tre rate è  1 1 1 V3  3  196.430    7 8 (1  0,105) (1  0,105) 9  (1  0,105)

   797.980. 

Sommando i valori attuali si ottiene V1  V2  V3  € 2.000.000. La [2.1] risolve il problema della valutazione di una rendita in linea generale per ogni specificazione di rate e valute. Tuttavia, in alcuni casi è possibile ottenere, per il valore attuale, espressioni più semplici. Verranno qui di seguito presentati e risolti alcuni casi particolari, per i quali non è necessario calcolare i valori attuali di tutte le rate, utilizzando piuttosto formule compatte opportunamente definite. Queste formule, con l’uso dei computer, hanno perso molta della loro rilevanza, ma verranno comunque presentate sia per l’impostazione interessante del metodo che per il loro contenuto di “tradizione” che le rendono di uso comune.

Le rendite

45

2.2.1. Valore attuale di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 1  v . Per indicare il valore attuale di una rendita periodica posticipa1 i ta immediata unitaria di n rate si usa il simbolo a n| i che si legge “a figurato n al

Sia

tasso i”: n

a n| i  v  v 2  ...  v n   v s . s 1

Essendo an| i la somma di n termini in progressione geometrica con primo termine v e ragione v, si ha, se i  0, a n| i 

1 vn . i

[2.2]

Infatti:  v (1  v n ) 1  v n   i0 v  v  ...  v  v (1  v  ...  v )   1  v . [2.3] i  n i0 In conclusione, il valore attuale V di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate al tasso i è 1  vn [2.4] V  an| i  i 2

n 1

n

0

v

+

v2 +

... vn – 1 +

vn an

i

1

2

...

n–1

n

1

1

...

1

1

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

46

2.2.2. Valore attuale di una rendita periodica posticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i Se la rata è costante e uguale a R:

V  Ran| i .

[2.5]

 Esempio Una rendita annua posticipata, composta da quattro termini di importo costante R  € 329,23, valutata ad un tasso annuo i  12%, vale € 1.000. Infatti 1.000  329, 23a 4| 0 ,12 .

2.2.3. Valore attuale di una rendita periodica anticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i 1  v. Per indicare il valore attuale di una rendita periodica anticipa1 i ta unitaria immediata di n rate si usa il simbolo an| i che si legge: “a anticipato figurato n al tasso i”:

Sia

n 1

an| i  1  v  v 2  ...  v n 1   v s . s 0

Essendo an| i la somma di n termini in progressione geometrica con primo termine v0  1 e ragione v, si ha, an| i

1  v n    1 v  n

per i  0

[2.6]

per i  0.

Si noti che la prima rata scade in t  0 e l’ultima in t  n  1. In conclusione, il valore attuale V di una rendita periodica, anticipata, immediata, unitaria, di n rate al tasso i è:

V  an| i 

1 vn . 1 v

[2.7]

Le rendite

0

1

2

...

n–1

1

1

1

...

1

47

n

1 +

v

+

v2 +

v

n –1

än

i

2.2.4. Relazione tra an|i e an|i 0

1

2

...

n–1

an| i  a n| i (1  i ).

n

[2.8]

Spostando l’istante di valutazione in avanti di un periodo, una rendita posticipata appare come anticipata. Di conseguenza, il valore attuale di una rendita anticipata coincide con quello della posticipata capitalizzato per un periodo. Infatti:

an| i  Inoltre

1 vn 1 vn  (1  i )  a n| i (1  i ). 1 v i n 1

n 1

s 0

s 1

an| i   v s  1   v s  1  a n 1| i . Una rendita anticipata unitaria di n rate si può considerare l’unione di una rendita posticipata unitaria di n – 1 rate e di un’ulteriore rata unitaria all’epoca 0. Di conseguenza, i valori attuali delle rendite soddisfano la relazione scritta.

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

48

2.2.5. Valore attuale di una rendita periodica anticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a sconto composto al tasso periodale i Se la rata è costante e uguale a R, il valore attuale di una rendita anticipata è

V  Ran| i .

[2.9]

 Esempio Una rendita annua anticipata, composta da quattro termini, del valore attuale di € 1.000, richiede, ad un tasso i  12%, una rata di R 1.000 / a5| 0 ,12  € 293,96.

2.2.6. Valore attuale di una rendita di n rate periodica unitaria posticipata differita di p periodi, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i Per indicare il valore attuale di una rendita periodica posticipata unitaria di n rate differita di p periodi, si usa il simbolo p/ a n| i , che si legge “a figurato n al tasso i differito p”: n

p/

a n| i  v p 1  v p  2  ...  v p  n  v p  v h  a n| i v p , h 1

quindi V  p / a n| i  a n| i v p 0

1

2

p

1

1

1

[2.10] p+1 1

+

Dall’illustrazione risulta evidente che a p| i  p / a n| i  a n  p i .

n+p 1

Le rendite

49

 Esempio Una rendita annua, composta da quattro termini, richiede, ad un tasso i  12%, una rata R  € 329,23. Sapendo che la prima rata verrà pagata tra cinque anni, calcolarne il valore attuale V. V  (1  0,12 )  4  329, 23  a 4| 0 ,12  € 635,51 .

2.2.7. Valore attuale di una rendita di n rate periodica unitaria anticipata differita di p periodi, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i Per indicare il valore attuale di una rendita anticipata differita di p periodi, si usa il simbolo p / an| i , che si legge “a anticipato, figurato n al tasso i, differito p”. V  p / an| i . Con lo stesso metodo di calcolo visto per le rendite posticipate differite si ottiene n| i  an| i v p . p/ a  Esempio Calcola il valore attuale di una rendita di 10 rate annue di € 400.000 ciascuna al tasso del 7,5% la cui prima rata verrà pagata fra 5 anni. La rendita è differita. Il suo valore attuale si ricava da V = (1 + 0,075)–5  400.000  a10| 0, 075 = € 2.055.900.

2.2.8. Valore attuale di una rendita unitaria posticipata perpetua, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i Il valore attuale si ottiene calcolando il limite, se esiste finito, di an| i , per n che tende all’infinito e si indica con a | i che si legge “a figurato infinito al tasso i”:

1 vn 1  . n   i i

lim a n| i  lim

n  

1 se e soltanto se v  1, che è senz’altro vero i per valori positivi del tasso di interesse.

Si noti che vale lim a n| i  n  

50

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Quindi 1 V  a | i  . i

Se la rendita paga una rata costante di importo R, in analogia con i casi precedenti, si ottiene R [2.11] V  Ra | i  . i  Esempio Una rendita posticipata perpetua, la cui rata è di € 1.000, valutata al tasso di interesse i  0,08, vale € 1000/0,08  € 12.500.

2.2.9. Valore attuale di una rendita unitaria anticipata perpetua, nel regime a sconto composto al tasso d’interesse periodale i Il valore attuale si ottiene calcolando il limite, se esiste finito, di an| i per n che tende all’infinito. Esso si indica con a| i e si legge “a anticipato figurato infinito al tasso i ”: 1 vn 1 lim an| i  lim (1  i )  1  . n   n   i i Quindi 1 V  a| i  1  . i Se la rendita paga una rata di importo costante R, si ottiene, in analogia con i casi precedenti,  1 [2.12] V  Ra| i  R  1   .  i  Esempio Una rendita anticipata periodica perpetua, la cui rata è di € 1.000, valutata al tasso  1   . di interesse periodico i  8%, vale € 13.500. Infatti 13.500  1.000 1   0,08 

Le rendite

51

2.2.10. Relazione tra a|i e a |i È immediato verificare che vale

1 a| i  1   1  a| i i che è un’estensione dell’analoga relazione valida per le rendite temporanee an| i  1  a n 1 i . Inoltre

a| i  (1  i ) a | i

che è anch’essa estensione dell’analoga relazione valida per le rendite temporanee an| i  (1  i ) a n| i .

2.2.11. Valore attuale di una rendita periodica unitaria immediata di n rate nei tre regimi di sconto al tasso di interesse periodale i

Posticipata

Regime a sconto semplice

Regime a sconto composto

Regime a sconto commerciale

1 k 11  ki

a n| i

 (1  kd ) 

n



n

k 1

( n  1)    n 1  d  2  

Anticipata

n 1

1  k  01  ki

Si osservi che: n ( n  1)   –  (1  kd )  n 1  d . 2  k 1 

an| i

n 1

 (1  kd ) 

k 0

( n  1)    n 1  d  2  

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

52

n

Infatti, ricordando che  k  k 1

n ( n  1) , si ottiene: 2

n

n  1



n

.  (1  kd )  (1  d )  (1  2 d )  ...  (1  nd )  n  d  k  n 1  d 2  k 1 k 1  Inoltre –

 

n 1

 (1  kd )  n 1  d

k 0

n 1

Infatti, poiché  k  k 1

( n  1)  . 2 

n ( n  1) , si ottiene 2

n 1

n 1

k 0

k 1

 

 (1  kd )  1  (1  d )  (1  2 d )  ...  [1  ( n  1)]d  n  d  k  n 1  d

n 1 . 2 

 Esempio Il valore attuale, calcolato in capitalizzazione semplice al tasso annuo del 10% di una rendita costituita da 3 rate trimestrali costanti, è € 2.000.000. La prima rata, a scadenza fra 3 mesi, vale € 699.740. Infatti da 2.000.000   1  1 1  si ricava x  699.740, avendo applica x     1,025 1  2  0,025 1  3  0,025  to il tasso trimestrale 0,025  0,1/4.

2.2.12. Valore attuale di una rendita posticipata immediata di n rate variabili in progressione aritmetica di ragione b e prima rata R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 0

1

2

R

R+b

3

...

n

R + 2b ... R + (n – 1) b

b V  Ra n| i  ( a n| i  nv n ) . i

Infatti, per definizione di valore attuale, vale:

[2.13]

Le rendite

53

V  Rv  ( R  b)v 2  ( R  2b )v 3  ...  ( R  ( n  1)b )v n e riordinando i termini si ottiene:

V  R (v  v 2  v 3  ...  v n )  b (v 2  v 3  ...  v n ) 

 b (v 3  ...  v n )  ...  b(v n 1  v n )  bv n   Ra n| i  b[ va n 1| i  v 2 a n  2| i  ...  v n  2 a 2| i  v n 1 a 1| i ] 

 1  v n 1 1  v n2 1 v2 1 v  Ra n| i  b v  v2  ...  v n  2  v n 1  i i i i   b b  Ra n| i  [(v  v 2  ...  v n 1  v n )  nv n ]  Ra n| i  [ a n| i  nv n ]. i i

 Esempio

Calcolare il valore attuale di una rendita annua di 10 rate, di prima rata R   € 800 e di ragione b  € 50 al tasso annuo i  7%. V  800

 1  1,07 10 50  1  1,07 10    10(1  0,07 ) 10   € 7.004,6. 0,07 0,07  0,07 

2.2.13. Valore attuale di una rendita posticipata immediata di n rate variabili in progressione geometrica di ragione q e prima rata R, nel regime a sconto composto al tasso di interesse periodale i 0

1

2

3

...

n

R

Rq

Rq2

...

Rq n – 1

V  Rv(1  qv  ( qv) 2  ...  ( qv) n 1 )  Rv [1  ( qv ) n ]  V  1  qv  vnR

qv  1 qv  1.

Infatti, dalla definizione di valore attuale si ha: n

n

s 1

s 1

V   Rq s 1v s  Rv  ( qv ) s 1 .

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

54

Ricordando che 1  ( qv )  ( qv ) 2  ...  ( qv ) n 1 è la somma di n termini in progressione geometrica di ragione qv (con qv  1) che è uguale a

1  ( qv ) n , si 1  qv

ottiene:

V

Rv [1  ( qv) n ] . 1  qv

[2.14]

 Esempio Calcolare il valore attuale di una rendita posticipata di 9 rate semestrali in progressione geometrica di ragione q  4 e prima rata R  € 10 al tasso semestrale i2  3%. V  € 676.470. Infatti 9 10   4   1     1,03   1,03      € 676.470. V 4 1 1,03

 Esempio I risarcimenti per eventi le cui conseguenze non consentono un normale svolgimento dell’attività lavorativa sono solitamente valutati ricorrendo al valore attuale della rendita le cui rate rappresentano il reddito annuo del lavoratore. A titolo di esempio consideriamo un lavoratore di 45 anni di età il cui reddito annuo, attualmente di 150.000 euro, aumenti ogni anno del 2%. Si tratta quindi di calcolare il valore attuale di una rendita, valutata al tasso del 3% annuo, con rate in progressione geometrica di ragione 1,02, la cui prima rata è 150.000 euro. La rendita è temporanea di durata 20 anni (supponendo per semplicità che il lavoratore arrivi in vita all’età di pensionamento di 65 anni). Applicando la formula [2.14] il valore attuale risulta 2.659.004,30 euro. Se l’invalidità non fosse totale, tale valore dovrebbe essere ridotto, moltiplicandolo per la percentuale di invalidità riconosciuta.

Le rendite

55

2.3. Montante di una rendita Il montante di una rendita è la somma dei montanti delle singole rate, calcolati al termine della rendita nel regime di capitalizzazione prescelto. Il tasso di interesse utilizzato è anche detto tasso di remunerazione. t0

t1

t2

t3

tn – 1

tn

R1

R2

R3

Rn – 1

Rn +

...

Mn – 1 M3 ++

M2 ++

M1 M

Adottando il fattore di montante f (t) del regime prescelto, il montante M di una rendita di n rate è la somma dei montanti Mk (valutati in tn) delle singole rate Rk,

M   M k   Rk f (t n  t k ) k

[2.15]

k

dove la sommatoria è estesa agli indici appropriati al caso in esame. Il montante è solitamente calcolato nel – regime di capitalizzazione a interesse semplice; – regime di capitalizzazione a interesse composto; – regime di capitalizzazione a interesse anticipato. Per il calcolo del montante di una rendita ci si colloca di preferenza nel regime a interesse composto, essendo questo regime caratterizzato dall’importante proprietà della scindibilità.

2.3.1. Montante di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i Sia 1  i  u.

56

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

0

1

2

3

n–1

n

1

1

1

1

1 +

u ... un – 3 +

un – 2 +

un – 1 sn

i

È importante notare che nella rendita posticipata l’istante di valutazione del montante coincide con l’istante in cui viene corrisposta l’ultima rata. Per questo motivo l’ultimo euro non frutta alcun interesse e il suo valore rimane € 1. Per indicare il montante di una rendita periodica posticipata immediata unitaria di n rate si usa il simbolo sn| i che si legge “s figurato n al tasso i”. n 1

s n| i  u n 1  u n  2  ...  u  1   u k . k 0

Essendo sn| i la somma di n termini in progressione geometrica con primo termine 1 e ragione u, si ha:

s n| i 

u n 1 . i

Quindi, indicando con M il montante, si ha

M  s n| i 

(1  i ) n  1 . i

[2.16]

2.3.2. Relazione tra s n|i e a n|i s n| i 

1 vn u n 1  un  u n a n| i . i i

[2.17]

Il montante della rendita unitaria posticipata di n rate coincide con il suo valore attuale capitalizzato per n periodi.

Le rendite

57

2.3.3. Montante di una rendita periodica posticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i Se la rata è costante e uguale a R:

M  Rsn| i .

[2.18]

 Esempio

Calcolare il montante delle seguenti rendite: a) 9 versamenti annui posticipati di € 2.000 al tasso annuo i  11%; b) 23 versamenti annui posticipati di € 1.500 al tasso annuo i  10%; c) 26 versamenti semestrali posticipati di € 800 al tasso nominale convertibile j2  9%. a) M  2.000

1,119  1  € 28.327,944; 0,11

b) M  1.500

1,10 23  1  € 119.314,5365; 0,10

c) Il tasso di remunerazione è i2  0,09/2  0,045, quindi M  800

1,045 26  1  0,045

 € 38.056,516.

2.3.4. Montante di una rendita periodica anticipata immediata unitaria di n rate, nel regime a interesse composto al tasso d’interesse periodale i Ponendo 1  i  u: 0

1

2

n–1

1

1

1

1 ...

n

u un – 2 +

un – 1 +

un ..

sn

i

58

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Per indicare il montante di una rendita periodica anticipata immediata unitaria di n rate, si utilizza il simbolo sn| i che si legge “s anticipato figurato n al tasso i” sn| i  u  u 2  ...  u n . La rendita è anticipata, quindi il montante così ottenuto è quello disponibile un periodo dopo l’ultimo versamento. Essendo sn| i la somma di n termini in progressione geometrica di ragione u e primo termine u si ha: u n 1 sn| i  u (1  u  ...  u n 1 )  u , i quindi (1  i ) n  1 . M  sn| i  (1  i ) [2.19] i

2.3.5. Relazione tra sn|i e s n|i sn| i  (1  i )

(1  i ) n  1  (1  i ) s n| i . i

[2.20]

Spostando l’istante di valutazione in avanti di un periodo, una rendita posticipata appare come anticipata. Il montante di una rendita anticipata coincide con quello della posticipata capitalizzato per un periodo. 0

...

1

2

n

n

n

n

k 1

k 1

k 0

n+1

Inoltre

sn| i   u k   u k  u 0  1   u k  1 s n 1| i  1. Una rendita posticipata unitaria di n  1 termini si può considerare l’unione di una rendita anticipata unitaria di n termini e di una ulteriore rata unitaria all’epoca n. Di conseguenza i montanti delle rendite soddisfano la relazione scritta.

Le rendite

59

2.3.6. Montante di una rendita periodica anticipata immediata di n rate costanti R, nel regime a interesse composto al tasso di interesse periodale i Se la rata è costante e uguale a R

M  Rsn| i .

[2.21]

 Esempio

Se il valore attuale di una rendita anticipata costituita da 8 rate semestrali è di € 9.249.500 al tasso semestrale di interesse in capitalizzazione composta dell’11,44%, il montante risulta € 22.002.000. 8 1  1  0,1144  Infatti, dalla [2.9], 9.249.500  R (1  0,1144) si ottiene 0,1144 l’importo della rata R  € 1.638.300. Dalla [2.21] segue infine M  1.638.300 (1  0,1144 )

(1  0,1144 ) 8  1  € 22.002.000. 0,1144

Lo stesso risultato si poteva ottenere applicando la [2.17]: M  9.249.500 (1  0,1144)8  € 22.002.000, ma in questo caso non si sarebbe determinata la rata.

2.3.7. Montante di una rendita periodica unitaria immediata di n rate nei tre regimi di interesse al tasso periodale i Regime di capitalizzazione a interesse semplice Posticipata

n 1

 (1  ki ) 

Regime di capitalizzazione a interesse composto sn| i

Regime di capitalizzazione a interesse anticipato n 1



1 kd

k  01 

k 0

i   n 1  ( n  1)  2  Anticipata

n

 (1  ki ) 

k 1

i   n 1  ( n  1)  2  

sn| i

n



1 kd

k 11 

60

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Nella tabella precedente, le formule relative al montante di una rendita in regime di capitalizzazione semplice si ottengono facilmente. Infatti: n1

i   (1  ki )  1  (1 i )  (1  2i )  ...  1  ( n 1)i   n 1  ( n 1)  

k 0 n

n

k 1

k 1

 (1  ki )  (1 i )  (1 2i )  ...  (1 ni )  n  i  k  n  in

2

( n 1) i   n 1 ( n 1) . 2 2 

 Esempio

A quanto ammonta il montante M di una rendita costituita da 8 versamenti mensili posticipati di € 200.000 in regime di capitalizzazione semplice al tasso annuo i  0,07? Il tasso mensile equivalente è i12  0,07/12  0,0058393. Dall’equazione per il montante di 8 rate in capitalizzazione semplice 0,07 / 12   si ottiene M  € 1.632.700. M  200.000  8 1  7 2  

2.4. Valore di una rendita al tempo t Il valore V(t) al tempo t di una rendita di n rate R0 , R1 , ..., Rn è la somma dei montanti delle rate a scadenza anteriore a t, della rata eventualmente a scadenza in t e dei valori attuali delle rate a scadenza posteriore a t, calcolati in base al regime di capitalizzazione e attualizzazione prescelto.

...

... R0

R1

R2

R3

... Rj

t0

t1

t2

t3

...

tj

Rj + 1 ... Rn t

tj + 1 ... tn

Le rendite

61

Se tj  t  tj  1 risulta j

n

k 0

k  j 1

V ( t )   R k f ( t  t k )   R k g (t k  t ) ,

[2.22]

dove f (t  t k )  fattore di montante e g (t k  t )  fattore di attualizzazione, non necessariamente tra di loro coniugati.

2.4.1. Valore V(t) di una rendita al tempo t secondo il regime composto al tasso di interesse periodale i n  j V (t )  (1  i ) t   Rk (1  i ) t k   Rk (1  i ) t k k  j 1 k 0

 t   (1  i ) V ( 0). 

[2.23]

Questa formula è diretta conseguenza della scindibilità del regime a interesse composto. Si ottiene notando che

V (t )  R0 (1  i ) t t 0  R1 (1  i ) t t1  ...  Rn (1  i ) t t n .

2.4.2. Principio di equivalenza finanziaria È importante definire le condizioni in base alle quali due rendite, con differenti profili di rate e valute, possano essere scambiate tra loro ad un’epoca t. Ciò si verifica quando hanno lo stesso valore a quell’epoca. Verranno date anche condizioni affinché le due rendite abbiano lo stesso valore ad ogni epoca t, garantendo quindi l’equità dello scambio per qualsiasi t. Due rendite che al tempo t hanno lo stesso valore si dicono finanziariamente equivalenti in t. Consideriamo le due rendite: A  {(20;0), (25;1)} e B  {(20;1), (40;2)} e siano f (t )  1  0,1t g ( t )  1  0, 2t .

e

62

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

0

1

2

20 + 25 × 0,8 = 40

20 × 1,1 + 25 = 47

20 × 1,2 + 25 × 1,1 = 51,5

VA

VB

0

1

2

20 × 0,8 + 40 × 0,6 = 40

20 + 40 × 0,8 = 52

20 × 1,1 + 40 = 62

– In t  0, A e B sono finanziariamente equivalenti. – In t  1 e t  2, A e B non sono finanziariamente equivalenti. Consideriamo ora le due rendite: A  {(10;0), (110;1)} e B  {(66;1), (60,5;2)} e siano f (t )  (1  0,1) t e 1 g (t )  . (1  0,1) t 0

1

2

10 + 110/1,1 = 110

10 × 1,1 + 110 = 121

VA

VB

10 × 1,12 + 110 × 1,1= 133,1

0

1

2

66/1,1 + 60,5/1,12 = 110

66 + 60,5/1,1 = 121

66 × 1,1 + 60,5 = 133,1

– In t  0, A e B sono finanziariamente equivalenti. – In t  1 e t  2, A e B sono finanziariamente equivalenti e, lo si dimostra, sono tali ad ogni altra data. Più in generale vale infatti il seguente:  Teorema

Due rendite con lo stesso valore ad un dato tempo sono finanziariamente equivalenti ad ogni altro tempo t se e solo se il loro valore è calcolato con leggi coniugate ad interesse composto in convenzione esponenziale.

Le rendite

63

2.5. Calcolo delle quantità caratteristiche di una rendita periodica posticipata a rata co stante in capitalizzazione composta Dall’equazione [2.5], V  Ran| i , che descrive il valore attuale V di una rendita posticipata immediata che paga n rate di importo costante R al tasso di periodo i, figurano 4 grandezze: V, R, n, i. Conoscendo i valori di tre di esse si può determinare il valore della quarta grandezza. Ciò ovviamente vale anche per le relazioni che descrivono valore attuale e montante dei vari altri tipi di rendite (anticipata, differita, perpetua, ecc.).

2.5.1. Calcolo della rata R

V . a n| i

[2.24]

Noti V, n e i, l’importo della rata posticipata è immediatamente determinato.  Esempio

Si determini l’importo della rata di una rendita semestrale posticipata perpetua il cui valore attuale al tasso di sconto semestrale d  0,03 è V  € 12.355. d Il tasso di valutazione semestrale si ottiene da i  , quindi i  0,030928. 1 d R  Vi  € 382,1134.

2.5.2. Calcolo della durata  ( R  iV )  ln   R . n  ln(1 + i )

[2.25]

Infatti: i

V V  R  iV   1  (1  i )  n  (1  i )  n  1  i   n ln(1  i )  ln  . R R  R 

R (l’argomento del logaritmo a secondo memi bro deve essere positivo). Se i dati corrispondono a un ammortamento equo, il

L’equazione è definita per V 

64

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

risultato [2.25] deve essere un numero intero positivo (a meno di piccoli arrotondamenti dovuti al calcolo dei logaritmi). Una problematica di questo tipo si presenta dovendo valutare proposte commerciali di pagamento rateale, nelle quali sono enunciati il valore del bene V, il tasso praticato i e l’importo della rata periodica R, mentre rimane da stabilire il numero delle rate richieste. In questa circostanza, l’applicazione della [2.25] può fornire un numero non intero n  m  f , dove m  n  indica la parte intera di n e f  0 è il resto. In questo caso la rendita sarà costituita da m rate di importo R più una rata “integrativa” di importo R  R da pagarsi unitamente all’ultima rata. L’importo R necessario per ristabilire l’equità dell’operazione si determina calcolando la differenza tra V e il valore attuale della rendita costituita dalle m rate di importo pattuito R al tasso di valutazione dato: tale differenza non è altro che il valore attuale della rata integrativa. Dalla [2.2] si ha: R v m  V  Ra m |i (il secondo membro è necessariamente positivo poiché m  n per costruzione) e quindi  1 vm R   V  R i 

 m 1  i  . 

 Esempio

Una rendita posticipata annua paga rate di importo R  € 50.000 per i primi cinque anni; successivamente, per n anni, paga rate di importo R  € 100.000. Il valore attuale, al tasso annuo i  12%, è V  € 600.000. Determinare n e l’eventuale rata integrativa necessaria. Il valore attuale della rendita è 600.000  50.000

1  (1  0,12)  n 1  (1  0,12) 5  100.000  (1  0,12)  5 . 0,12 0,12

Portando a primo membro le quantità note si ottiene il valore attuale della seconda parte della rendita, che inizia ad essere pagata al termine del sesto anno: è quindi il valore attuale di una rendita posticipata differita di 5 anni. Dalla [2.10] otteniamo 419.760(1  0,12) 5  100.000

1  (1  0,12)  n . 0,12

Le rendite

65

Dalla [2.25] segue infine  (100.000  0,12  739.760)  ln   100.000    19, 295. n ln (1 + 0,12)

La seconda parte della rendita paga quindi 19 rate. La presenza della parte frazionaria positiva indica la necessità di un versamento aggiuntivo contestuale all'ultima rata, il cui importo risulta 19  1  1  0,12  R   739.760  100.000 0,12 

 1,12 19 = € 27.409.  

Pertanto l’operazione risulta equa se l’ultima rata vale € 127.409.

2.5.3. Ricerca del tasso di interesse n

Da V  Ra n| i  R  (1  i )  k , introduciamo la funzione k 1

n

g (i )  Ran| i  V  R  (1  i )  k  V k 1

[2.26]

funzione del tasso di valutazione i. Si tratta di risolvere per i  0 l’equazione algebrica g (i )  0 di grado n. Infatti, se i  i* è il tasso di valutazione della rendita, da g(i*)  0 si riottiene l’espressione n

V  R  (1  i * )  k k 1

[2.27]

che corrisponde al valore attuale della rendita valutata al tasso i*. Il grafico di g(i) nel piano (i, g) può dare utili indicazioni sull’esistenza della soluzione i* dell’equazione 1. Il valore i = i*, in corrispondenza del quale g(i*) = 0, si trova all’intersezione dell’asse i con la curva g(i).

1

Nel Capitolo 4 si tratterà il problema della ricerca del tasso di valutazione di operazioni finanziarie (Tasso Interno di Rendimento). L’approccio è del tutto analogo a quello presentato qui di seguito.

66

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura 2.1. – Grafico di g(i) g (i)

g (0) i* i

–V

Sapendo che V e R sono quantità positive, si verificano le seguenti proprietà di g(i): – g ( 0)  nR  V  0 : l’intersezione con l’asse g è non negativa, poiché il valore attuale della rendita non può superare la somma delle rate (l’uguaglianza si ha per i *  0)  n  – lim g (i )  lim  R  (1  i )  k   V   V  0 : la funzione ha asintoto orizi   i    k 1  zontale di ordinata negativa n

– g (i )  R   k (1  i )  k 1  0 : la funzione è decrescente k 1 n

– g (i )  R   k (  k  1)(1  i )  k  2  0 : la funzione è convessa. k 1

La funzione è decrescente e convessa; l’intercetta con l’asse g è non negativa, mentre per i    g(i) è negativa. Ne consegue che vi è un’unica intersezione con l’asse i: l’equazione g(i)  0 ha perciò una ed una sola soluzione i *  0 , che corrisponde al tasso di valutazione della rendita. La ricerca delle soluzioni di un’equazione algebrica di grado n è un problema complesso: si ricorda che si possono risolvere in modo esatto solo le equazioni algebriche di grado non superiore al quarto. Si noti inoltre che può interessare determinare il tasso di valutazione associato al valore V(t) di una rendita anche per t non intero. In questo caso l’equazione non sarebbe nemmeno più algebrica. Per determinare i * conviene quindi

Le rendite

67

ricorrere a metodi numerici come ad esempio i metodi di bisezione, delle secanti o delle tangenti.

2.6. Indici temporali di un flusso di pagamenti Sia nel caso ad esempio che si tratti di ritorni futuri (certi) di un investimento che delle modalità di rimborso di un prestito, è significativo associare ad una rendita un indice temporale che sintetizzi la distribuzione delle rate nel tempo. Ci riferiremo al caso più generale di una rendita costituita da n rate R1, R2, …, Rn non necessariamente costanti, con valute t1, t2, …, tn.

2.6.1. Scadenza media aritmetica È la media aritmetica t delle scadenze ti ponderate con pesi dati dagli importi Ri delle rate n

t

 Rk t k

k 1 n

[2.28]

 Rk

k 1

o anche   R t   n k k 1   Rk  k 1 n

   tk .   

[2.29]

La scadenza media aritmetica non dipende né dal tasso di valutazione né dal regime di attualizzazione.  Esempio

La scadenza media aritmetica di una rendita di tre rate crescenti in progressione aritmetica di ragione d  € 1.500, a scadenza in t  2, 4, 6 e prima rata R  € 10.000 è 4,174. Infatti la rendita è così costituita: (10.000; 2), (11.500; 4), (13.000; 6). Dalla [2.28] t 

10.000  2  11.500  4  13.000  6  4,174. 10.000  11.500  13.000

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

68

2.6.2. Scadenza media È la scadenza z di un unico capitale di importo pari alla somma delle rate in modo tale che il suo valore attuale, in un regime di sconto prefissato, coincida con il valore attuale della rendita. Si ha

 n R  g ( z )  n R g (t ).  k k  k  k 1  k 1 

[2.30]

In particolare, se il regime di sconto è quello composto, si ottiene n  n    Rk  (1  i )  z   Rk (1  i )  t k k 1  k 1 

e, passando ai logaritmi,

z

n

n

k 1

k 1

ln  Rk  ln  Rk (1  i )  t k .

ln(1  i )

[2.31]

Come si vede, la scadenza media dipende dal regime di attualizzazione e dal tasso di valutazione usato. Si dimostra che, per i regimi di sconto fin qui descritti, la scadenza media esiste sempre, è unica e risulta compresa tra la scadenza della prima e dell’ultima rata, cioè t1  z  t n . Si dimostra inoltre che, nel regime a sconto commerciale, la scadenza media e la scadenza media aritmetica coincidono. Infatti da n  n    Rk  (1  dz )   Rk (1  dt k ) k 1  k 1  segue n

n

n

n

k 1

k 1

k 1

k 1

 Rk  dz  Rk   Rk  d  Rk t k

da cui n

n

n

k 1

k 1

z  Rk   Rk t k

e infine

z

 Rk t k

k 1 n

 Rk

k 1

t .

Le rendite

69

Proprietà della scadenza media in regime composto

– La scadenza media è sempre inferiore alla corrispondente scadenza media aritmetica per qualunque valore positivo del tasso di interesse periodale i: z  t i  0. Infatti, consideriamo le medie aritmetica e geometrica dei fattori di montante (1  i ) t1 , (1  i )  t2 …, (1  i )  tn con pesi R1, R2, ..., Rn. Esse sono rispettivamente: n

 Rk (1  i )  t k

1

k 1

n n tk R  k  Rk . [( 1 i ) ]     k 1  k 1 

e

n

 Rk

k 1

Poiché la media geometrica di n numeri positivi, non tutti uguali tra loro, è minore della loro media aritmetica si ottiene: n

 Rk (1  i )  t k

1

n n t k R  k  Rk < [( 1 i ) ]     k 1  k 1 

k 1

.

n

 Rk

k 1

Per le proprietà delle potenze e dalle definizioni di scadenza media e scadenza media aritmetica, si ottiene: n

 t k Rk

1

n n t k R  k  Rk = (1  i ) [( 1 i ) ]     k 1  k 1 

n

 k 1 n

 Rk

k 1

 Rk (1  i )  t k


I(B), vorrà dire che il progetto A è preferito al progetto B e scriveremo A  B, mentre I(B) > I(A) indica che il progetto B è preferito al progetto A, ossia B  A. Infine I(A) = I(B) vuol dire che i due progetti sono equivalenti (A  B). L’ordinamento di preferenza, introdotto nell’insieme dei possibili progetti di investimento (finanziamento), deve soddisfare alcune proprietà formali. Più precisamente: 1. l’equivalenza () tra due o più progetti è relazione riflessiva, simmetrica e transitiva, ossia comunque scelti i progetti A, B e C: –AA –ABBA – A  B, B  C  A  C 2. la relazione di preferenza () tra due o più progetti deve godere della proprietà transitiva, ossia comunque scelti i progetti A, B e C:

A  B, B  C  A  C 3. 4. 5. 6.

C : A  B  (A + C)  (B + C) C : A  B  (A + C)  (B + C) A  B,  > 0  ( A)  ( B) A  B,  > 0  ( A)  ( B).

Si osservi che il progetto (A + C) è un’operazione finanziaria il cui vettore dei capitali è dato dalla somma dei capitali dei singoli progetti A e C alle rispettive scadenze comuni. Il progetto (A + C) presenterà solo i capitali del progetto A alle scadenze non coperte dal progetto C, e presenterà solo i capitali del progetto C alle scadenze non coperte dal progetto A. Ad esempio, dati i due progetti A e C, i cui capitali sono:   25    25 , CA     16      7 

  10    2 CC    10    7    13  

e le cui scadenze sono: 0    1 t A   , 2    3 

0   2 tC  3   4 5   

104

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

allora il progetto (A + C) sarà descritto da:

C AC

  35      25   18   ,  3   7      13 

t AC

0    1  2   3 4    5 

4.3. Il Risultato Economico Attualizzato (R.E.A.) Fissato un tasso di valutazione i, si dice Risultato Economico Attualizzato (R.E.A.) di un’operazione finanziaria – anche chiamato Valore Attuale Netto (V.A.N.), Discounted Cash Flow (D.C.F.) o Net Present Value (N.P.V.) – il valore attuale dei suoi flussi di cassa. Indicando con Ck gli importi dei flussi di cassa derivanti dall’operazione finanziaria P, non tutti uguali a 0, e con tk le relative scadenze (k = 0, 1, 2, ..., n), la funzione che esprime il R.E.A. di un dato progetto finanziario al variare del tasso di valutazione i, sarà: n

V ( i )   C k g (t k ) k 0

dove g(tk) è il fattore di sconto secondo una prescelta legge di attualizzazione. Pertanto:

I(P) = V(i) sia che P sia un investimento che un finanziamento. Nella sua forma più elementare, la determinazione del R.E.A. richiede soltanto la scelta del tasso di valutazione i e, generalmente, viene utilizzato il regime dell’interesse composto. In tal caso la funzione V(i) è n

V (i )   C k (1  i )  k . k 0

Essa gode delle seguenti proprietà: n

i = 0  V (0)   C k k 0

se il tasso di valutazione è nullo, il R.E.A. di un progetto è la somma delle poste;

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

105

lim V (i )  C 0 ,

i  

se il tasso di valutazione tende a +  il R.E.A. di un progetto tende al valore della prima posta. Come vedremo più avanti, la rappresentazione grafica della funzione y = V(i) mostra che tale funzione presenta un asintoto orizzontale di equazione y = C0. Il criterio di accettazione di un progetto di investimento, come anche per un finanziamento, richiede che sia R.E.A.  0. Tuttavia, come si vedrà anche dalla rappresentazione grafica, la non negatività del R.E.A. dipende dalla scelta del tasso di valutazione. Il R.E.A. è un criterio soggettivo, in quanto dipendente dalla scelta del tasso i: utilizzando tassi diversi si giunge a risultati diversi. Pertanto la scelta del tasso è un problema cruciale per l'applicabilità del criterio. In particolare, se il progetto finanziario è un investimento, il tasso di valutazione solitamente utilizzato è quello al quale si possono effettuare i reimpieghi e, come è noto, gli operatori finanziari possono trovarsi in condizioni sensibilmente diverse tra loro. Viceversa, se P è un finanziamento, il tasso i è quello che regola la provvista di fondi assorbiti dal progetto e, anche in questo caso, si può presentare una grande variabilità tra i diversi operatori. Non esiste quindi un metodo “assoluto” e nella prassi si tengono presente i seguenti aspetti: – il tasso di interesse prevalente sul mercato per progetti similari; – l’inflazione attesa nell’arco di vita del progetto; – il rendimento medio atteso che gli investitori si attendono di ricavare dall’investimento; – il costo medio ponderato del capitale. Una volta effettuata la scelta del tasso, tale criterio fornisce l’effettivo ritorno monetario del progetto. Tuttavia, l’informazione è incompleta, perché non dà informazioni circa il rendimento sul capitale investito. Nel caso di scelta tra due o più progetti, valgono le seguenti regole. – tra più alternative d’investimento si preferisce quella che presenta un R.E.A. maggiore, così come tra più alternative di finanziamento si preferisce quella con R.E.A. maggiore; – se due alternative hanno il medesimo R.E.A. esse sono ritenute indifferenti (ma non necessariamente identiche). Il R.E.A è un operatore lineare, ossia R.E.A.A + B = R.E.A.A + R.E.A.B, e

106

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

R.E.A.A =  R.E.A.A con  numero reale qualunque.  Esempio

Si considerino le due seguenti operazioni: Operazione A  1.000    300  CA =  500  ,    300   400   

0   1  tA =  2   3 4  

Operazione B  1.000    200  CB =  300  ,    300   500   

0   1  tB =  2 .   3 4  

Calcoliamo il R.E.A. dei due progetti con legge esponenziale al tasso periodale del 7%. VA(0,07) = – 1.000 + 300(1 + 0,07)– 1 + 500(1 + 0,07)– 2 +

+ 300(1 + 0,07)– 3 + 400(1 + 0,07) – 4 = € 267,141; VB(0,07) = – 1.000 + 200(1 + 0,07)– 1 + 300(1 + 0,07)– 2 +

+ 300(1 + 0,07)– 3 + 500(1 + 0,07)– 4 = € 75,2845. L’operazione A è preferita all’operazione B in quanto dotata di un R.E.A. maggiore. Qualora i progetti finanziari a confronto non siano completi, la necessità di procedere al loro completamento mediante operazioni integrative emerge solo nel

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

107

caso in cui le suddette operazioni non possano essere effettuate allo stesso tasso con il quale si effettuano le valutazioni. Nel caso in cui il tasso sia lo stesso, si può procedere al confronto diretto tra i progetti, senza curarsi della loro completezza. Infatti, si debbano confrontare, in base al criterio del R.E.A., i progetti P e P, dopo averli integrati rispettivamente con le operazioni Q e Q condotte allo stesso tasso scelto per le valutazioni. È evidente che: R.E.A.Q = R.E.A.Q = 0

cosicché, in virtù della proprietà di linearità del R.E.A., si ha: R.E.A.P+Q = R.E.A.P + R.E.A.Q = R.E.A.P R.E.A.P+Q = R.E.A.P + R.E.A.Q = R.E.A.P. Pertanto si può concludere che, utilizzando il R.E.A. ha senso anche il confronto tra investimenti non completi, purché le operazioni integrative siano fatte allo stesso tasso con il quale si opera la valutazione.

4.4. Il Tasso Interno di Rendimento (T.I.R.) Data un’operazione finanziaria si dice Tasso Interno di Rendimento (T.I.R.) – anche chiamato Internal Rate of Return (I.R.R.) – quel tasso di valutazione i in corrispondenza del quale il valore attuale dei suoi flussi di cassa si annulla. Indicando con Ck gli importi delle poste non tutti uguali a 0, con tk le relative scadenze (k = 0, 1, ..., n), la funzione che esprime il R.E.A. dell’operazione sarà n

V (i )   C k g ( t k )

[4.1]

k 0

dove g(tk) rappresenta il fattore di sconto secondo una prescelta legge di attualizzazione. Sicché il T.I.R. di un’operazione è quel tasso, se esiste ed è unico nell’intervallo (– 1, + ) 1, che rende equa l’operazione, ossia quel tasso i * per il quale vale: V(i*) = 0.

[4.2]

Una soluzione i* dell’equazione [4.2] per la quale sia i* < 1 è evidentemente priva di significato finanziario. 1

108

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

In tutti gli altri casi, ossia se l’equazione [4.2] ammette nell’intervallo considerato più di una radice oppure nessuna, non è possibile definire il T.I.R. dell’operazione. Associando quindi ad ogni progetto il corrispondente indice di preferenza, si ha: i * I ( P)    i *

se P è un investimento se P è un finanziamento

.

Il criterio di accettazione di un progetto di investimento (finanziamento) richiede il confronto del T.I.R. con un tasso di riferimento prefissato i°, al quale si ritiene di poter investire i propri capitali (o al quale si ritiene di poter effettuare la provvista di fondi). L’investimento è conveniente se e solo se T.I.R. > i°. Generalmente i° indica il costo del capitale. Qualora si debba scegliere tra più alternative d’investimento, si preferisce quella che presenta un T.I.R. maggiore, così come tra più alternative di finanziamento si preferisce quella con T.I.R. minore; in quest’ultimo caso, si parla più propriamente di T.I.C. (tasso interno di costo); se due alternative hanno il medesimo T.I.R. esse sono ritenute indifferenti (ma non necessariamente identiche). Valgono le seguenti proprietà del T.I.R.: T.I.R. – A = T.I.R.A T.I.R.A = T.I.R.A

  0.

Qualora si operi nel regime dell’interesse composto, il R.E.A. dell’operazione al tasso i è: n

V (i )   C k (1  i )  k . k 0

Esistenza del T.I.R. La determinazione del tasso interno di rendimento di un’operazione finanziaria è legato alla soluzione dell’equazione V(i) = 0, un’equazione algebrica di grado n. La risoluzione di tale equazione infatti può condurre all’individuazione nell’intervallo ( 1, + ) di:

– nessuna radice; – una radice; – più radici.

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

109

 Esempio

Si determini il tasso interno di rendimento dell’operazione finanziaria definita dai seguenti flussi di cassa:

V

ponendo t 

(i *)

– 1.000

620

0

1

560



t 2 –1 * = – 1.000 + 620 (1 + i ) + 560 (1 + i *)– 2 = 0

1 si ottiene: 1 i* 28t 2  31t  50  0

t1, 2 

 31  312  4  50  28 t1  0,89285  28  2 t 2  2

1   2  i *   1,5 (1  i *)

non accettabile finanziariamente

1  0,89285  i *  0,12 (1  i *)

accettabile finanziariamente.

Si conclude pertanto che il T.I.R. dell’operazione esiste e vale 12%.  Esempi

Consideriamo il progetto A:   100    C A   120    40   

0   t A  1  .  2  

Si verifica facilmente che VA(i) =  100 +

120 40 è minore di zero  (1  i ) (1  i ) 2

per ogni tasso di valutazione i. Quindi non esiste alcun i * tale che VA(i *) = 0. Consideriamo ora il progetto B:   48  C A   140  ,     100 

0 t A  1  .   2

110

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Si verifica che VB(i) = 0 per i1* = 0,25 e i2* = 0,6666. Quindi l’operazione non ammette T.I.R. È quindi necessario individuare delle condizioni attraverso le quali si può garantire l’esistenza del T.I.R  Il T.I.R. di un investimento in senso stretto

Riportiamo il grafico, con riferimento ad un sistema di assi cartesiani (i, V), del R.E.A. di un investimento in senso stretto. Il T.I.R. relativo al progetto è dato dall’ascissa del punto in cui il grafico della funzione V(i) interseca l’asse delle ascisse 2. Figura 4.1. – Grafico del R.E.A. di un investimento in senso stretto V

Ck i* i

C0

Come si vede anche graficamente, per un investimento in senso stretto, l’esin

stenza di i* > 0 è garantita se S (t n )   Ck  0 , ossia se il R.E.A. a tasso nullo k 0

è positivo. Si noti che per valori del tasso maggiori del T.I.R. l’investimento presenta un R.E.A. negativo. Per un finanziamento in senso stretto il grafico è n

speculare rispetto all’asse i, con S (t n )   Ck  0 (intersezione con l’asse V) e k 0

asintoto orizzontale C0 > 0. 2

Per una discussione più dettagliata del grafico, si rimanda al par. 2.5.3.

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

111

 Esempio

Un esempio di finanziamento in senso stretto è dato da un prestito rimborsato mediante un piano di ammortamento a tasso i. Infatti a fronte di un’entrata iniziale (l’importo S del prestito), si hanno solo uscite (le rate Rk, k = 1, 2, ..., n, del pian

no di ammortamento). Il saldo contabile alla scadenza è S ( t n )  S   Rk  0. Il k 1

T.I.R. del finanziamento esiste quindi ed è unico. Dalla condizione di chiusuRk ra finanziaria S   si deduce che il tasso i corrisponde al T.I.R. k k 1  i  dell’operazione finanziaria. Più in generale valgono i seguenti teoremi:  Teorema di Levi

Dato un investimento (finanziamento) con saldo contabile alla scadenza pon

n

k 0

k 0

sitivo (negativo), S (t n )   Ck  0 ( S ( t n )   C k  0), condizione sufficiente di esistenza del T.I.R. (T.I.C.) positivo è che la scadenza media aritmetica delle uscite (entrate) preceda la scadenza della prima entrata (uscita), ossia che l’investimento (il finanziamento) sia in senso lato.  Esempio

Data un’operazione finanziaria con i seguenti flussi di cassa: – 2.000 2.600 – 1.000 3.000 0

1

2

3

600



4

t

verificare l’esistenza del T.I.R. secondo il Teorema di Levi. Calcoliamo dapprima la scadenza media aritmetica delle uscite t (U ) : t (U ) 

t (U ) 

t1  U 1  t 2  U 2 U1  U 2

0  ( 2.000) + 2  ( 1.000)  0, 6 . ( 2.000)  ( 1.000)

Poiché la prima entrata si ha all’epoca 1, la condizione posta dal Teorema di Levi è soddisfatta.

112

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

 Teorema di Norstrøm

Dato un investimento (finanziamento), condizione sufficiente di esistenza del T.I.R. (T.I.C.) positivo è che il saldo contabile cambi segno una sola volta, ossia che l’investimento (finanziamento) sia puro. Un T.I.R. nullo si manifesta quando il saldo contabile finale è nullo.  Esempio

Data un’operazione finanziaria con i seguenti flussi di cassa:   2.000     2.600   1.000  CA =  ,  3.000    400     6.000 

0   1  2 tA =   3 7    8 

per verificare l’esistenza del T.I.R., si applica il Teorema di Norstrom dato che non sono soddisfatte le ipotesi del Teorema di Levi. S(0) = – 2.000, S(1) = + 600, S(2) = + 1.600, S(3) = + 4.600, S(4) = + 4.600, S(5) = + 4.600, S(6) = + 4.600, S(7) = + 4.200, S(8) = + 10.200.

Poiché i saldi di cassa S(t) presentano un’unica inversione di segno, il Teorema di Norstrom garantisce che esiste un T.I.R. positivo.

4.4.1. Confronto tra T.I.R. e R.E.A. Ci sono alcuni casi in cui i criteri del T.I.R. e del R.E.A. possono fornire risultati contraddittori. Infatti, in presenza di progetti alternativi, cioè nel caso in cui la realizzazione di un progetto escluda l’altro, la scelta del progetto a cui è associato il T.I.R. maggiore potrebbe non corrispondere al R.E.A. maggiore.

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

113

Supponiamo ad esempio di voler confrontare tra loro i seguenti investimenti:   500    150  A ,   300    450 

  500    160     160   , B   160    160      160 

0 3 tA   ;  4 5 

0 1    2 tB   ; 3  4   5

Si noti la diversa distribuzione dei flussi di cassa dei due progetti; il progetto B presenta flussi egualmente distribuiti nel tempo, contrariamente a quanto avviene per il progetto A. Il calcolo del T.I.R. per entrambi i progetti fornisce: T.I.R.A =14.67% e T.I.R.B =18.03%, che porta a preferire il progetto B al progetto A. Calcoliamo ora i R.E.A. dei due progetti in corrispondenza di diversi valori del tasso di attualizzazione, come mostrato nella seguente tabella: Tasso

5%

R.E.A.A

R.E.A.B

+ 228.97

+ 192.72

8%

+ 145.85

+ 138.83

8.817%

+ 125.31

+ 125.31

10%

+ 97.02

+ 106.53

15%

– 6.12

+ 36.34

Applicando il criterio del T.I.R. dovremmo scegliere il progetto B perché T.I.R.B > T.I.R.A, ma la convenienza di questo progetto, in base al criterio del R.E.A., cambia al variare del tasso. Infatti, B è preferito ad A quando il tasso è superiore all’8.817% mentre A è preferito a B per valori del tasso inferiori all’8.817%. È interessante notare che tale tasso è quello che realizza l’uguaglianza tra i R.E.A. dei due progetti, ossia è il T.I.R. dei flussi di cassa differenziali:  0    160     160   , AB    10    140      290 

t AB

0 1    2   . 3 4   5 

Questa situazione è ben illustrata dal seguente grafico:

114

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

R.E.A. 500 450 400 350 300 250 200 150 100 50 0 – 50

0

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

0.14

0.16

0.18

0.2 i

– 100 Progetto A Progetto B

L’inversione delle preferenze tra i due progetti, che si ha al variare del tasso, può essere spiegata osservando che i flussi di cassa di A, verificandosi più avanti nel tempo, sono penalizzati in misura maggiore rispetto a quelli di B in presenza di tassi di valutazione elevati, e viceversa: si determina quindi un insieme di valori del tasso per i quali il progetto B è preferito al progetto A, e un altro insieme nel quale l'ordinamento è invertito.

4.4.2. T.A.N. e T.A.E.G. Nella pratica finanziaria sono recentemente entrati in uso corrente gli acronimi T.A.N. e T.A.E.G., che si propongono di fornire una valutazione sul costo reale di finanziamenti concessi. Entrambi considerano i flussi di cassa al servizio del debito: si differenziano per le voci comprese in tali flussi. Vediamoli in maggiore dettaglio.

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

115

T.A.N. In un’operazione di finanziamento il T.A.N. (Tasso Annuo Nominale) è il tasso annuo nominale convertibile (secondo la periodicità delle rate) associato al T.I.R. di periodo dell’operazione finanziaria in oggetto. Nel calcolo del T.A.N. vengono considerati unicamente gli esborsi richiesti per la restituzione (quote capitale) e remunerazione (quote interesse) del debito, mentre non compaiononé le spese né altri oneri accessori. Pertanto il T.A.N. fornisce una valutazione “ottimistica” del costo reale dell’operazione di finanziamento.

T.A.E.G. A differenza del T.A.N., il T.A.E.G. (Tasso Annuo Effettivo Globale), o I.S.C. (Indicatore Sintetico di Costo), prende in considerazione, nella definizione dei flussi di cassa, tutti gli oneri accessori obbligatori (quali spese di istruttoria o spese di apertura pratica, commissioni di incasso, assicurazioni obbligatorie, bolli, imposte, spese conto corrente di appoggio, se obbligatorio) che il debitore deve corrispondere in aggiunta agli interessi sul finanziamento. Non rientrano invece le assicurazioni non obbligatorie. Il T.A.E.G. esprime il vero costo del credito per il cliente e, come previsto dall’ordinamento comunitario europeo e dalla legge italiana, è il tasso annuo che rende la somma dei valori attuali di tutti gli importi erogati verso il cliente (al netto delle spese) uguale alla somma dei valori attuali di tutte le rate di rimborso, ossia corrisponde al T.I.R. dell’operazione finanziaria complessiva. Evidentemente, queste tipologie di finanziamento, che prevedono una unica entrata iniziale seguita da soli pagamenti, ammettono T.I.R. in quanto operazioni finanziarie in senso stretto. Un’interessante applicazione dei concetti di T.A.N. e T.A.E.G. è il cosiddetto “finanziamento a tasso zero” offerto ai clienti durante campagne promozionali di vendita di autovetture o di altri prodotti. Si tratta di una particolare operazione di vendita rateale in cui si concedono prestiti ad un T.A.N. nullo. Essa prevede che il cliente debba corrispondere al finanziatore, alle scadenze e secondo le modalità concordate, il capitale iniziale e le eventuali spese accessorie (spese di istruttoria e commissioni) che, evidentemente, devono essere conteggiate nel costo complessivo dell’operazione, cosicché, a fronte di un T.A.N. nullo, si determinerà un T.A.E.G. positivo che rappresenta il vero costo del finanziamento. Pertanto l’apparente convenienza di tali operazioni può venire spesso a cessare a causa della presenza di elevati costi aggiuntivi che fanno lievitare l’esborso complessivo. Occorre infine tenere conto che i finanziamenti a tasso zero, il più delle volte, non consentono al cliente di ottenere i normali sconti sul prezzo di

116

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

listino del prodotto o anche di ottenere una buona valutazione dell’usato dato in permuta.  Esempio Il 1° gennaio 2016 si contrae un prestito di 1000 Euro da rimborsare con una sola rata di 1200 Euro da pagare il 1° luglio 2017. Il creditore trattiene 50 Euro per le spese di istruttoria della pratica di credito. Per determinare il T.A.N. e il T.A.E.G. del finanziamento, useremo l’anno civile e il regime di capitalizzazione composta. Tenendo conto che dal 1/1/16 al 1/7/17 intercorrono 547 giorni, per la determinazione del T.A.N. si risolve la seguente equazione, ottenendo il tasso giornaliero i365: 1.000 

da cui

1.200 , (1  i365 )547

ossia

i365 = 0,00033

j365 = 365 i365 = 12,17%.

Perciò il Tasso Annuo Nominale (T.A.N.) dell’operazione di prestito è il12,17%. Per il calcolo del T.A.E.G. si risolve: 950 

1.200 (1  i ) 547 / 365

da cui i = 0,1687. Perciò il Tasso Annuo Effettivo Globale (T.A.E.G.) dell’operazione di prestito è il16,87%.  Esempio Una società finanziaria mi concede un prestito di € 453,90 per l’acquisto di un frigorifero, concordando un pagamento rateale mensile alle seguenti condizioni:    

Durata: 10 mesi; Rata mensile: € 45,39; Spese di istruttoria € 21 al momento della stipula del contratto; Bolli sul contratto: € 11 da pagare con la prima rata;

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

117

 Spese invio estratto conto € 1,03, bolli di legge sull’estratto conto: € 1,81 da pagare entrambi con l’ultima rata. La società finanziaria dichiara un T.A.N. dello 0%, come si verifica facilmente dall’equazione 45,39 k k 1 (1  i12 ) 10

453,90  

che è evidentemente soddisfatta da i12 = 0%. Il T.A.E.G., che tiene invece conto di tutte le spese aggiuntive, risulta pari al 18,93% come si può verificare considerando l’ equazione: ( 45,39  11) 1  (1  i12 ) 8 (1  i12 )  1   45,39  1  i12 i 12 ( 45,39  1,03  1,81)

453,90  21  

1  i12 10

che risulta soddisfatta per i12  12 1,1893  1  0,01455 .

4.5. Il criterio del pay-back o del tempo di recupero del capitale L’indice di preferenza del pay-back, detto anche tempo di recupero del capitale, rappresenta il tempo necessario affinché si possa recuperare integralmente il capitale impiegato. Per una data operazione finanziaria, si definisce tempo di recupero o periodo di pareggio contabile del capitale la prima scadenza per la quale il totale dei ricavi consente di recuperare i costi sostenuti, cioè eguagliarli o superarli; in altre parole, il tempo di recupero è la prima scadenza per la quale si realizza un’inversione di segno nei saldi di cassa Sk del progetto stesso. Formalmente, si tratta di calcolare: tp =  min tk C0  Sk  0, k = 0, 1, 2, ..., n k

ponendo  t p I ( P)   t p

se P è un investimento se P è un finanziamento

Nella pratica finanziaria si utilizza anche il criterio del tempo di recupero attualizzato o periodo di pareggio finanziario del capitale definito come prima

118

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

scadenza alla quale si realizza un’inversione di segno nei saldi di cassa attualizzati Si(tk) del progetto stesso. In altre parole, il tempo di recupero attualizzato è la prima scadenza in cui il progetto presenta un R.E.A. positivo o nullo. In base a tale criterio, un progetto di investimento è accettato se il suo payback/pay-back attualizzato è inferiore ad un dato cut-off period o periodo di riferimento predefinito. – tra più alternative di investimento si preferisce quella con tempo di recupero minore, mentre tra più alternative di finanziamento si preferisce quella con tempo di recupero maggiore. Notiamo che, dovendo scegliere tra due investimenti P e Q, affinché il criterio in esame selezioni il progetto con il tempo di recupero minore, occorrerà porre I(P) =  tp e I(Q) =  tq cosicché I(P) > I(Q) se e solo se  tp >  tq, ossia tp < tq; – due alternative con il medesimo tempo di recupero sono ritenute indifferenti (ma non necessariamente identiche). Si noti che i saldi di cassa sono moltiplicati per C0 in modo da usare la stessa formula sia per gli investimenti (C0 < 0) che per i finanziamenti (C0 > 0). L’indice di preferenza associato ad ogni progetto finanziario calcolato secondo il metodo del pay-back, conduce all’indicazione di una dimensione temporale, invece che di un valore economico reddituale, tipico di criteri quali T.I.R. e R.E.A. Esso esprime il grado di liquidità di un progetto. I limiti di questo criterio risiedono nel fatto che esso non solo non tiene conto della distribuzione temporale dei costi e dei ricavi entro tp, ma trascura addirittura i ricavi e/o i costi successivi a tp. Infatti esso, ad esempio, considera indifferenti due operazioni con uguale tempo di recupero sebbene una di esse termini in tp, mentre l’altra faccia registrare ulteriori entrate o uscite successive a tp. Queste ultime infatti non vengono considerate. Se si considera ad esempio un progetto di lunga durata, non si tiene conto dell’effettivo rendimento, ma viene richiesto soltanto di recuperare il costo dell’investimento nei primi anni del ciclo di vita. Invece, è probabile che proprio dopo il tempo di recupero un progetto di lunga durata produrrà notevoli flussi di reddito. Impiegare il tempo di recupero come metodo di valutazione implica che il decisore assegni all’investimento un tasso di rendimento interno che può essere molto diverso da quello effettivo; infatti, quest’ultimo viene calcolato lungo tutta la durata dell’investimento. Nonostante ciò il criterio trova qualche applicazione pratica soprattutto nella valutazione degli investimenti aleatori, che presentano difficoltà nelle previsioni a lungo termine.

Valutazione di progetti finanziari e criteri di scelta

119

 Esempio

Dati i progetti di investimento A = (CA, tA) e B = (CB, tB), definiti da:  1.000  300    400  CA =  ,  500   100   100   

 1.000  200    200  CB =  ,  200   400   800   

0 1    2 tA = tB =   3 4 5   

si scelga quello più conveniente applicando il criterio del pay-back. PROGETTO A: S0 = C0 = – 1.000 S1 = – 1.000 + 300 = – 700 S2 = – 700 + 400 = – 300 S3 = – 300 + 500 = 200 S4 = 200 + 100 = 300 S5 = 300 + 100 = 400 PROGETTO B: S0 = – 1.000 S1 = – 1.000 + 200 = – 800 S2 = – 800 + 200 = – 600 S3 = – 600 + 200 = – 400 S4 = – 400 + 400 = 0 S5 = 0 + 800 = 800

Il progetto A ha un tempo di recupero di 3 anni, mentre il tempo di recupero per il progetto B è di 4 anni, quindi il progetto A è preferito a B.

120

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Titoli obbligazionari e loro valutazione

5

121

Titoli obbligazionari e loro valutazione

5.1. Titoli obbligazionari Le nozioni illustrate nei capitoli precedenti trovano una applicazione importantissima nell’analisi dei titoli obbligazionari, che sono titoli di debito emessi dallo Stato, Agenzie governative, Enti pubblici o Società, e rappresentano un debito contratto dall’emittente nei confronti dei sottoscrittori, da restituire e remunerare secondo condizioni prefissate corrispondendo ai portatori quote capitale e quote interesse (cedole). Buona parte dei titoli obbligazionari possono essere compravenduti anche prima della loro scadenza (si dice allora che per questi esiste un mercato secondario), in modo che il sottoscrittore originario possa rientrare in possesso del proprio capitale cedendo a terzi i diritti finanziari da lui acquisiti, limitatamente alla parte residua del debito (cioè alle prestazioni finanziarie future al servizio dell’emissione). La valutazione dei titoli obbligazionari consente in prima istanza di evidenziare la congruità del prezzo, nonché, formulando ipotesi sull’andamento futuro del mercato, stimare i prezzi futuri e calcolare quindi il tasso di rendimento dell’investimento.

5.1.1. Caratteristiche di un titolo obbligazionario e indicatori di redditività Nei titoli obbligazionari, o più brevemente obbligazioni, è prefissato il piano di rimborso (ammortamento) nonché le modalità di corresponsione degli interessi fino alla scadenza. In particolare, la maggior parte delle obbligazioni attualmente in circolazione prevede il rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza, mentre la remunerazione del capitale può avvenire:  integralmente alla scadenza (si tratta allora di titoli di puro sconto o a capi-

122

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

talizzazione integrale ovvero zero coupon bonds: nel mercato italiano l’esempio più diffuso è costituito dai Buoni Ordinari del Tesoro, o BoT; in ambito internazionale gli US Treasury Bills);  mediante cedole periodiche (nelle obbligazioni con cedola o coupon bonds, ad esempio i Buoni del Tesoro Poliennali, BTP, o gli US Treasury Bonds). Esistono anche (peraltro raramente quotate) le obbligazioni irredimibili (consol bonds) che prevedono la corresponsione perpetua delle cedole ma non il rimborso del capitale. Caratteristiche di un’obbligazione sono:







Il valore nominale D, cioè l’importo del capitale mutuato rappresentato dal titolo da valutare. È su questo importo, che verrà restituito al sottoscrittore secondo il piano di ammortamento convenuto, che si calcola l’interesse. Per convenzione le quotazioni di mercato si enunciano per ogni 100 € di valore nominale. Il tasso di interesse nominale i che determina l’importo delle cedole C come percentuale del valore nominale. Esso è convenzionalmente espresso su base annua: pertanto, in caso di pagamenti infra-annuali di interessi, l’importo di ciascuna cedola risulterà il prodotto del valore nominale D per la frazione di i corrispondente alla periodicità della remunerazione. Il prezzo tel-quel 1 Pt, in vigore all’epoca t. Nel caso particolare che si tratti di sottoscrizione (cioè in t = 0) il prezzo si considera al netto di eventuali oneri di emissione. Se il prezzo è inferiore al valore nominale, l’obbligazione si dice “quotata a sconto, o sotto la parità”; se è superiore, “quotata a premio, o sopra la parità”, se è uguale, “quotata alla pari”.

Il calcolo della redditività di un’obbligazione, necessario per attribuire un valore alla “performance finanziaria” del titolo considerato, si esegue con facilità quando si tratta di compiere tale valutazione a operazione di investimento conclusa, cioè quando si conosce il valore di liquidazione o rimborso del titolo. Si parla allora di valutazione ex post, di un investimento effettuato all’epoca t di un titolo che scade (o è liquidato) all’epoca s, e si utilizza il tasso di rendimento realizzato (o holding period yield):

1

Nel caso di operazioni sul mercato secondario (0 < t < T) si distingue tra corso secco e t  th (ove t – th è il corso tel quel. Quest’ultimo incorpora anche la quota interessi J t  i  360 tempo trascorso dall’ultimo stacco di cedola) di competenza del precedente portatore, accumulati a partire dall’ultimo stacco di cedola. Tale quantità viene detta dietimo o rateo. Il corso secco, Qt si ottiene dal corso tel quel Pt sottraendovi il dietimo: Qt = Pt – Jt.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

r

123

Ps  Pt , t  s T Pt

dove Pt e Ps sono rispettivamente il prezzo pagato all’epoca t per l’investimento e quello ottenuto per liquidazione o rimborso alla successiva epoca s. Tale tasso è di immediata interpretazione, in quanto esprime il profitto dell’operazione come percentuale della somma investita, e si riferisce temporalmente all’intera durata dell’operazione. Il tasso di rendimento realizzato r non tiene però conto, nella formulazione qui riportata, della presenza di cedole che maturano nell’arco temporale (t, s). Si può considerare questo effetto ipotizzando il reinvestimento immediato dei flussi cedolari intermedi nel medesimo titolo. Volendo invece effettuare una valutazione ex ante, ad esempio per poter scegliere tra più titoli, è necessario utilizzare un indicatore di redditività prospettica che permetta di sintetizzare ad un certo istante, generalmente l’epoca di acquisto, le successive prestazioni finanziarie del titolo. Si ricorre in questo caso al già noto tasso di rendimento interno, in quanto l’investimento in titoli obbligazionari risulta un investimento in senso stretto (si ha un solo costo iniziale, seguito da flussi in entrata); alternativamente, si può procedere a una valutazione comparativa dei titoli mediante i tassi spot, come vedremo più avanti. Si definisce tasso di rendimento interno o yield (to maturity) quel tasso y che realizza l’uguaglianza tra il prezzo d’acquisto dell’obbligazione all’epoca t, Pt, e la somma dei valori attuali di tutte le sue prestazioni future: Pt   h

Ch , (1  y ) ( t h t )

dove:    

t è l’istante di valutazione, con 0 ≤ t ≤ T; è l’istante di stacco (pagamento) della cedola h-esima, con h = 1, 2, ..., H; th tH = T denota la maturità, o scadenza dell’obbligazione; Ch è il flusso di cassa all’istante th, comprensivo dell’eventuale rimborso del capitale;

e la sommatoria è estesa a tutti gli indici h tali che th > t, cioè tiene conto di tutte le scadenze cedolari future.

 Esempio Si consideri un’obbligazione che paga € 5 in ciascuno degli n periodi in cui si suppone suddiviso l’intervallo [0, n], e D = € 100 alla scadenza n. La relazio-

124

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

ne tra il prezzo e lo yield è data dalla formula seguente:

5 100 100 .   5an | y  k n (1  y ) (1  y )n k 1 (1  y ) n

P  Esempio

Consideriamo i tre titoli:

◦ ◦ ◦

A: zero-coupon bond a 1 anno il cui prezzo d’acquisto è PA = € 934,58 e paga € 1000 in t = 1. B: zero-coupon bond a 2 anni il cui prezzo d’acquisto è PB = € 857,34 e paga € 1000 in t = 2. C: coupon bond il cui prezzo d’acquisto è PC = € 946,93 e paga € 50 in t = 1 e € 1.050 in t = 2. Si avrà allora per il titolo A:

934,58 

1.000 1 yA

da cui yA = 7%. Per il titolo B:

857,34 

1.000 (1  y B ) 2

da cui yB = 8%. Per il titolo C:

946,93 

50 1.050  1  y C (1  yC ) 2

da cui yC = 7,975%. Lo yield presuppone due ipotesi: il reinvestimento dei flussi intermedi ad un tasso costante, e il mantenimento del titolo fino alla scadenza. Tali ipotesi segnalano un certo limite concettuale dello yield nel catturare in modo appropriato gli effetti di modificazioni nelle condizioni di reinvestimento delle cedole; né lo yield offre alcuna garanzia che esso si mantenga costante sino alla scadenza. In effetti lo yield è il tasso a cui si realizza l’equità finanziaria dell’investimento nel titolo: le condizioni di mercato vi compaiono unicamente attraverso il corso corrente. Il problema dei mutamenti delle condizioni di reinvestimento, e più in generale della situazione dei tassi di mercato in equilibrio, sfugge completamente al concetto di yield, che pur tuttavia mantiene la sua completa validità quando si tratti di valutare un singolo titolo ad un determinato istante. Per ovviare a questa “miopia” dello yield è necessario allargare l’ottica di valutazione, confrontando ogni titolo con gli altri presenti sul mercato. Questo sarà realizzato trami-

Titoli obbligazionari e loro valutazione

125

te lo studio della struttura per scadenza dei tassi d’interesse, cui verrà premesso il concetto di curva dei rendimenti. Concludiamo questo paragrafo menzionando una metodologia efficace per approssimare lo yield senza dover ricorrere a calcoli complessi. Iniziamo definendo il tasso di rendimento cedolare rc (detto anche coupon return) come rapporto tra la cedola (annua) e il prezzo: C rc  . P Il tasso di rendimento cedolare valuta solo la componente reddituale dovuta all’incasso delle cedole, senza tener conto dell’eventuale variazione di prezzo, che pure concorre a formare il rendimento complessivo. Per considerare anche questo aspetto, si considera la differenza tra il valore nominale e il prezzo, rapportata al prezzo medesimo, e lo si divide per il numero di periodi alla scadenza. La quantità ora ottenuta, aggiunta algebricamente al tasso di rendimento cedolare, fornisce una stima abbastanza ragionevole dello yield. Ad esempio, considerando il titolo “C” dell’esempio precedente, il tasso di rendimento cedolare risulta rc 

50  5,28% 946,93

mentre la componente relativa al prezzo vale

1.000  946,93 1   2,8%. 946,93 2 La somma risulta 8,08%, che non differisce molto dal valore vero dello yield 7,97%.

5.2. La struttura per scadenza 5.2.1. La curva dei rendimenti La curva dei rendimenti (yield curve) è la rappresentazione grafica, sul piano cartesiano, dell’insieme delle coppie ordinate (Ti, yi) dove Ti e yi sono rispettivamente la scadenza e lo yield del titolo i-esimo. Di norma, titoli in scadenza a epoche diverse presentano yield diversi: peraltro, vi possono essere obbligazioni di pari scadenza che mostrano yield diversi. Quest’ultimo fatto non necessariamente implica scarsa efficienza del mercato, ma deriva dalla difficoltà, intrinseca dello yield, ad esprimere appieno l’influenza delle cedole intermedie sul tasso di rendimento. È importante notare altresì

126

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

che possono mancare osservazioni in alcune epoche (perché nessuna obbligazione è allora in scadenza) e che, scadendo le obbligazioni solitamente a inizio mese solare, non si ha una continuità di valori. Tutto ciò implica che la rappresentazione grafica delle coppie (Ti, yi) non costituisce una vera e propria curva bensì un insieme discreto di punti. Per ovviare a questi inconvenienti, si può pensare di costruire la curva dei rendimenti considerando solo gli zero-coupon bond che, essendo privi di cedola, evitano problemi di reinvestimento, e utilizzando tecniche di “scomposizione” di obbligazioni per superare la non esistenza di zero-coupon bond per tutte le scadenze. È chiaro che un mercato perfetto manifesterà, per tali titoli, un unico tasso di rendimento interno relativo ad ogni singola scadenza: altrimenti insorgerebbero facili occasioni di arbitraggio 2 che dovrebbero riportare il mercato a condizioni di equilibrio. La particolare curva dei rendimenti che si ottiene a partire da tali titoli costituisce la struttura per scadenza.

5.2.2. La struttura per scadenza, tassi spot, tassi forward Si definiscono tassi spot o tassi a pronti i tassi d’interesse che il mercato finanziario adotta a una determinata epoca t per valutare prestazioni finanziarie certe (ovvero zero-coupon bond) esigibili alle scadenze future T (quindi di durata k = T – t). I tassi spot si indicano con Rk, k = 1, 2, ... Questi tassi sono univocamente determinati se il mercato è tale da non consentire arbitraggi. Dalla definizione risulta chiaro che il tasso spot Rk si identifica con lo yield di zero-coupon bond che scadono tra k periodi. Si definisce struttura per scadenza dei tassi di rendimento (o term structure of interest rates) la successione {Rk | k = 1, 2, ...}. La struttura per scadenza descrive completamente il mercato al tempo t e quindi rappresenta compiutamente la valutazione di non arbitraggio che il mercato esprime ad un certo istante t per investimenti finanziari che iniziano alla data corrente t e a scadenza k qualsiasi. Essa si evolve nel tempo, in corrispondenza delle mutate situazioni di mercato: poiché tali variazioni, che influenzano i prezzi di tutti i titoli quotati, interessano le varie scadenze in modo coordinato, è interessante esaminare le tipologie di variazione più comuni.

2

Si indica con “arbitraggio” la possibilità di costituire un paniere di investimenti e finanziamenti che non preveda esborsi futuri a fronte di un incasso netto iniziale positivo.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

127

La più semplice è la traslazione (shift), o spostamento parallelo, nella quale tutti i tassi, indipendentemente dalla scadenza, variano della stessa quantità : 1Rk = 

(k = 1, 2, ...).

Vi è poi il movimento di rotazione (twist) attorno a una determinata scadenza k*, che provoca nei tassi le seguenti variazioni: 2Rk = (k – k*)

(k = 1, 2, ...).

Questa modalità fa sì che i tassi a breve termine manifestino una variazione di segno opposto a quelli a lunga scadenza. Infine si può definire il movimento di curvatura (hump) che accentua le variazioni nei tassi a scadenza più distante dal centro di rotazione: 3Rk = (k – k*)2

(k = 1, 2, ...).

Tutte le più consuete variazioni della struttura per scadenza si possono rappresentare mediante una combinazione di queste modalità, ottenuta determinando opportunamente i coefficienti , ,  e il fulcro k*: essi descrivono completamente (ancorché per approssimazione) le variazioni che intervengono in tutti gli elementi della struttura per scadenza. I vari effetti sono evidenziati nella figura 5.1. Figura 5.1. – Variazioni della struttura per scadenza dei tassi di interesse 0,16 0,14 0,16

Tassi spot

0,12 0,1 0,08 0,06 0,04 0,02 0

1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43 45 47 49 51 53 55 57 59

Tempo (mesi) Struttura base

Base + shift

Base + shift + twist

Base + shift + twist + hump

128

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Per capire ora come si utilizzano concretamente i tassi spot, analizziamo i seguenti esempi:  Esempio

Si consideri un’obbligazione che prevede:  pagamenti periodici cedolari di importo C;  il rimborso del capitale (100 €) alla scadenza. Disponendo dei tassi spot ad ogni scadenza, la valutazione di non arbitraggio dell’obbligazione risulta allora la somma dei valori attuali dei pagamenti futuri, ciascuno attualizzato al tasso che compete alla scadenza in cui si manifesta. Pertanto il valore V dell’obbligazione dovrà essere: C 100 .  k (1  Rn ) n k 1 (1  Rk ) n

V 

 Esempio

Un’obbligazione promette il pagamento di 5 € ogni 6 mesi e di 100 € alla scadenza fra 18 mesi. Si supponga inoltre che l’unità di tempo sia il semestre, e che esistano sul mercato zero-coupon bond a scadenza 6, 12 e 18 mesi, cui sono associati i rispettivi tassi spot R1 = 5%, R2 = 4,5%, R3 = 4%. L’acquisto dell’obbligazione dà diritto a ricevere le stesse prestazioni di un paniere di zerocoupon bond così composto:  5 unità a scadenza 6 mesi;  5 unità a scadenza 12 mesi;  105 unità a scadenza 18 mesi; il cui prezzo totale risulta 5

1 1 1  5  105   102,69 €. 2 (1,04) 3 (1,045) (1,05)

L’obbligazione in oggetto deve essere quotata al medesimo prezzo: se il suo prezzo di mercato fosse superiore a € 102,69 il suo acquisto non sarebbe conveniente; se fosse inferiore, risulterebbero sovraquotati gli zero-coupon bond. Come si calcola il tasso spot a k periodi se non sono disponibili zero-coupon bond di tale maturità? Si supponga ad esempio che si voglia determinare il tasso spot R2 (periodi misurati in anni) ma che non esistano zero-coupon bond di scadenza 2 anni,

Titoli obbligazionari e loro valutazione

129

mentre esista invece un’obbligazione con cedola, a scadenza 2 anni, con prezzo P2, valore alla scadenza M2 e un pagamento ad un anno dall’istante iniziale con cedola di valore C1 (l’obbligazione D); si supponga inoltre che sia noto il tasso spot ad un anno R1 ottenuto dall’osservazione di un BoT a un anno. Il tasso spot a 2 anni si può allora determinare risolvendo nell’incognita R2 l’equazione C1 M2 P2   . (1  R1 ) (1  R2 ) 2 Riprendendo l’esempio del paragrafo 5.1.1, considerando l’obbligazione A (per la quale R1 = 7%) e l’obbligazione D si ottiene: 50 1050 da cui R2 = 8%. 946,93   (1  0.07) (1  R2 ) 2 Si definiscono tassi forward (o tassi a termine o tassi impliciti) i tassi d’interesse implicati dai tassi spot per periodi di tempo nel futuro. I tassi forward sono quindi utili per la valorizzazione dei contratti a esecuzione differita. Il tasso forward srp indica il tasso d’interesse che il mercato ritiene debba manifestarsi tra s periodi per impegni che si protrarranno per ulteriori p periodi 3, al fine di preservare coerenza tra le quotazioni. Indicando con Rk il tasso spot a k periodi, dovrà risultare: (1 + Rs+p)s+p = (1 + Rs)s (1 + srp)p (1  Rs  p ) s  p (1 + srp) = (1  R ) s s p

1

 (1  Rs  p ) s  p  p s rp     1. s   (1  Rs )

 Esempio

In un mercato che presenta i seguenti tassi spot: R1 = 7%, R2 = 8%, quale è il tasso forward 1r1 tra un periodo per un ulteriore periodo? Si ha s = 1, p = 1, s + p = 2, pertanto si ottiene: 1 r1

3

=

(1  R2 ) 2  1 = 9,01%. (1  R1 )

Questa simbologia è adottata da molti Autori. Per altri, srp indica il tasso forward in vigore tra s e p.

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

130

 Esempio

Riprendiamo l’Esempio nel Capitolo 3 sull’ammortamento a tasso variabile: S = € 100.000, mutuo decennale, rate mensili, tasso iniziale i12 = (EURIBOR + spread)/12 = 0,31%, prima rata R = 999,20. Volendo costruirsi un prospetto di pagamenti più realistico di quello proposto dall’emittente del prestito, si calcola la struttura per scadenza dei tassi alla data dell’accensione del mutuo. Essendo la data di inizio il 12 gennaio 2017, dai titoli quotati sul mercato a quella data si perviene alla seguente successione di tassi spot a tre mesi su base annua (per comodità di lettura sono stati inseriti soltanto i tassi a maturità più breve) 4: Rk

3 mesi

6 mesi

9 mesi

12 mesi

15 mesi

18 mesi

21 mesi

24 mesi

%

2,50

2,64

2,74

2,83

2,85

2,85

2,85

3,01

Da questi si deducono i tassi forward, espressi su base annua e riferiti al trimestre: srp

1r1

2r1

3r1

4r1

5r1

6r1

7r1

%

2,78

2,94

3,10

2,93

2,85

2,85

4,14

Il prospetto si modifica sulla base dei nuovi tassi, partendo dal tasso spot a tre mesi (2,50%, il tasso corrente) e procedendo con i tassi forward calcolati. Comprendendo anche lo spread, i tassi da applicare diventano: Tassi nominali %

R1 1r1 2r1 3r1 4r1 5r1 6r1 7r1 + spread + spread + spread + spread + spread + spread + spread + spread 3,70

3,98

4,14

4,30

4,13

4,05

4,05

5,34

Si riporta il nuovo prospetto, che si arresta per comodità alle prime 10 rate.

4

Vi sono varie tecniche per la costruzione della struttura per scadenza, che non tratteremo in questo testo.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

131

Mese

Rata

Quota capitale

Quota interesse

Debito residuo

Tasso effettivo %

– 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

– 998,20 998,20 998,20 1.011,40 1.011,40 1.011,40 1.018,25 1.018,25 1.018,25 1.025,05

– 689,20 691,34 693,48 707,83 688,64 690,92 700,07 690,02 692,40 701,59

– 310 307,86 305,72 303,57 322,76 320,48 318,18 328,23 325,85 323,46

100.000 99.310,80 98.619,46 97.925,98 97.218,15 96.529,51 95.838,59 95.138,52 94.448,50 93.756,10 93.054,51

– 0,31 0,31 0,31 0,332 0,332 0,332 0,345 0,345 0,345 0,358

5.2.3. Selezione dei titoli obbligazionari Il criterio del T.I.R., o yield, illustrato precedentemente può essere utile per classificare i titoli obbligazionari unicamente in funzione della loro redditività; per contro, la valutazione mediante i tassi spot può indicarne la convenienza rispetto ad altre forme di investimento. Se invece l’obiettivo dell’investimento obbligazionario è quello di fornire a determinate scadenze certi flussi di cassa, allora si può adottare una metodologia di selezione degli investimenti basata su una formulazione di Programmazione Lineare, che sarà ampiamente descritta nell’Appendice. Presentiamo questo metodo attraverso un esempio. Un investitore abbisogna, nei prossimi tre anni, delle seguenti somme: t

1

2

3



10.000

8.000

5.000

Decide di acquistare sul mercato obbligazioni in modo tale che i loro flussi di cassa coprano interamente il suo fabbisogno; il criterio di scelta sarà ovviamente la minimizzazione del costo di acquisto. Supponiamo che nel mercato siano disponibili i seguenti titoli obbligazionari: OBBL1: OBBL2: OBBL3: OBBL4:

un’obbligazione a vita residua 3 anni, portante cedole annue all’8%; un’obbligazione a vita residua 2 anni, portante cedole annue al 5%; un’obbligazione di puro sconto, a durata un anno; un’obbligazione ammortizzata in 2 anni a rate annue costanti.

132

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Nella tabella seguente sono riportati i flussi di cassa alle varie scadenze per ciascuna delle obbligazioni ora descritte, insieme con il prezzo attuale di mercato e il relativo yield: Tipo/periodo

1

2

OBBL1

8

8

OBBL2

5

OBBL3 OBBL4

3

P0

yield

108

105,70

5,87%

105



100,09

4,95%

100





97,08

3,00%

50

50



93,89

4,30%

I prezzi riportati nella tabella sono stati calcolati ipotizzando la seguente struttura per scadenza rilevata sul mercato alla data iniziale: R1 = 3%,

R2 = 5%,

R3 = 6%

supponendo quindi assenza di possibilità di arbitraggio nel mercato stesso. Quindi i T.I.R. elencati, sebbene diversi tra loro, sono tutti compatibili con la medesima struttura per scadenza e non consentono arbitraggi. La formulazione matematica del problema di selezione prevede il rispetto dei vincoli sui flussi di cassa richiesti, imponendo altresì il conseguimento del minimo costo totale del portafoglio. Indicando con x1, x2, x3, x4 le variabili che descrivono le quantità delle rispettive obbligazioni acquistate, si ottiene pertanto il seguente problema: min 105,70 x1  100,09 x2  97,08 x3  93,89 x4 s.a 8 x1  5 x2  100 x3  50 x4  10.000 8 x1  105 x2  50 x4  8.000 108 x1  5.000 x1 , x2 , x3 , x4  0.

Si noti che in questa formulazione l’eventuale surplus dei flussi di cassa rispetto a quanto richiesto viene trascurato e non utilizzato. Sottoponendo il problema così formulato all’analisi descritta in Appendice 5, 5

Nell’ultimo paragrafo dell’Appendice il modello qui proposto viene risolto con la metodologia della Programmazione Lineare.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

133

si trova che una soluzione ottima è composta dagli investimenti OBBL1, OBBL2, OBBL3; ciò comporta che tutti i vincoli sono soddisfatti come uguaglianze, e che non è attivato l’investimento OBBL4. Calcolando i valori assunti dalle variabili in tale soluzione si ottiene: x1  46,29 x 2  72,66 x3  92,66 x4  0

a cui corrisponde il valore 21.162 della funzione obiettivo. Ciò significa che il flusso di cassa richiesto può essere “acquistato” a un prezzo attuale di € 21.162. L’ottimalità di questa soluzione mostra come la minimizzazione del costo iniziale sia in disaccordo con l’ordinamento degli investimenti basato sul T.I.R.: si noti infatti che è presente a livello positivo l’investimento OBBL3, che offre solo il 3%, e non compare OBBL4 che presenta un T.I.R. ben maggiore, il 4,30%. Peraltro, lo stesso valore ottimo della funzione obiettivo può essere conseguito anche mediante altri portafogli: ad esempio il seguente, nel quale l’investimento OBBL2 non compare e viene sostituito da OBBL4: x1  46,29 x2  0 x3  20 x 4  152,29.

Ne segue che ogni combinazione lineare convessa di tali due portafogli è anch’essa ottima. Il risultato non è sorprendente, vista la situazione dei dati a disposizione, che manifesta impossibilità di arbitraggio. Se infatti i prezzi di tutte le attività finanziarie che intervengono a costituire il portafoglio ottimo sono valutati in corrispondenza della medesima struttura a termine, esse sono fra loro sostituibili, almeno parzialmente 6. Osserviamo infine i valori delle variabili duali (o costi marginali ridotti), che secondo la teoria rappresentano la variazione nel valore ottimo della funzione obiettivo conseguente a una variazione unitaria nel termine noto di un vincolo. Esse valgono qui: 1 = 0,9708;

6

2 = 0,9070;

3 = 0,8396

Nel caso in esame, gli investimenti OBBL1 e OBBL3 debbono comparire nella soluzione ottima perché solo essi forniscono flussi di cassa consistenti nei periodi 1 e 3 rispettivamente, mentre i flussi di OBBL2 e OBBL4 sono in qualche misura fungibili.

134

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

e numericamente corrispondono ai fattori di sconto relativi alla struttura a termine posta a base della valutazione. Anche ora il risultato non sorprende: se tutte le attività a disposizione sono quotate secondo gli stessi tassi spot, è evidente che gli stessi si debbono utilizzare per ogni altra operazione di capitalizzazione o attualizzazione. Nel caso specifico, una variazione unitaria nel termine noto ad es. del II vincolo significa che abbisogna un euro addizionale al tempo 2: ciò “costa” oggi € 0,907, che è esattamente il prezzo di mercato oggi di un € disponibile tra due anni.

5.3. Duration, convessità e immunizzazione Esprimiamo il prezzo di un’obbligazione a un generico tempo t in funzione del suo yield, come valore attuale della rendita costituita dai suoi flussi di cassa futuri: H

P  P (t , y )   C h (1  y ) t t h hq

dove l’istante t è compreso tra i tempi di stacco cedole tq–1 e tq. Interessa ora studiare l’effetto sul prezzo dei seguenti fattori, singolarmente considerati:  il trascorrere del tempo;  una variazione istantanea dello yield. La variazione del prezzo rispetto al tempo si calcola secondo i principi del calcolo differenziale, mantenendo costante lo yield al valore y0. In tal modo la funzione prezzo dipende solo da t: essa è continua salvo che agli istanti di stacco cedola, cioè per t = th; in tali istanti essa non è derivabile. In tutti gli altri punti la derivata vale: dP(t, y0 )  P(t, y0 )  ln(1  y0 ) dt e questo risultato conferma il fatto (peraltro ovvio) che il valore dell’obbligazione si accresce nel tempo (a parità di yield) secondo una legge di capitalizzazione esponenziale.

5.3.1. Duration Più interessante è esaminare la variazione istantanea del prezzo corrispondente a una variazione infinitesima dello yield, conseguente ad esempio a muta-

Titoli obbligazionari e loro valutazione

135

te situazioni del mercato obbligazionario. A tale scopo si calcola la derivata della funzione prezzo rispetto a y mantenendo costante il tempo t0 (la funzione è continua e derivabile per ogni y > – 1): dP ( t 0 , y ) H 1 H   ( t 0  t h ) C h (1  y ) t 0  t h 1    ( t h  t 0 ) C h (1  y ) t 0  t h [5.1] dy 1 y hq hq

Cerchiamo una espressione più conveniente per questa derivata. Ponendo 1 wh  C h (1  y ) t 0  t h e osservando che P w h  0 h ,  h w h  1 definiamo la quantità H

D   (t h  t 0 )wh h 1

[5.2]

che coincide con la durata media finanziaria (valutata all’istante t0) della rendita le cui rate costituiscono i flussi di cassa dell’obbligazione. Nello specifico contesto dell’analisi dei titoli obbligazionari, la quantità [5.2] si definisce duration del titolo in esame. Essa esprime una media delle scadenze dei flussi di cassa, ponderate per i rispettivi valori attuali come quote del valore complessivo dell’obbligazione. Dalla [5.1], sostituendo la [5.2], si ottiene dP P  D dy 1 y

[5.3]

d (1  y ) dP  D   D  d [ln(1  y )]. 1 y P

[5.4]

ed essendo dy = d(1 + y), si ha

La [5.4] afferma che la variazione percentuale del prezzo dell’obbligazione provocata da una variazione del fattore di montante (1 + y) (ovvero del tasso y) è proporzionale alla duration. La [5.4] può anche essere interpretata ricordando che ln(1+i) esprime la forza d’interesse della legge di capitalizzazione a interesse composto. In tal senso la variazione relativa del prezzo dell’obbligazione può essere espressa in funzione della variazione della forza d’interesse. Dalla [5.4] si ottiene anche dP P [5.5] D . d (1  y ) (1  y )

136

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Quindi la duration esprime anche (a meno del segno) l’elasticità del prezzo rispetto al fattore di montante (1 + y). La quantità D DMOD  (1  y ) prende il nome di duration modificata, per cui dalla [5.3] si ottiene: dP   DMOD dy . P

[5.6]

Per esempio, se DMOD = 8, ci si attende che il prezzo del titolo aumenti dell’8% per ogni diminuzione dell’1% dello yield e viceversa. È importante osservare che il tasso y deve rappresentare il tasso di mercato e questo può avvenire solo se la struttura per scadenza è piatta cosicché tutti i tassi spot sono pari a y. Tale ipotesi è quindi necessaria, implicitamente o esplicitamente, affinché la duration sia una misura di sensibilità rispetto a variazioni del tasso di mercato.  Esempio

Dati due titoli a reddito fisso A e B (PA = € 98, DA = 6; PB = € 103, DB = 4), si supponga che lo yield diminuisca dal 6 % al 4%. Dalla [5.4], le variazioni percentuali previste per i prezzi di A e di B risultano: PA D 6   A y   (  0,02)  11,32% PA 1 y 1,06

D 4 PB   B y   (  0,02)  7,55% . PB 1 y 1,06 Mentre le corrispondenti variazioni assolute risultano: PA  PA  0,1132 = € 11,09 e PB  PB  0,0755 = € 7,78. I nuovi prezzi saranno: ~ PA  98 + PA  € 11,09 e

~ PB  103 + PB  € 110,78.

Dato che il titolo A ha una duration maggiore del titolo B e siamo in presenza di diminuzione del tasso, è preferibile detenere il titolo A in quanto esso si apprezza in modo percentualmente maggiore del titolo B.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

137

 Esempio – Duration di uno Zero-coupon bond (ZCB)

Uno ZCB prevede un unico pagamento alla scadenza, cioè a tH – t0 e pertanto CH il suo prezzo vale P  . (1  y ) t H t 0 Quindi: 1 D  (t H  t 0 ) C H (1  y ) t 0  t H  (t H  t 0 ). P La duration di uno ZCB è uguale alla sua vita residua (tH  t0).  Esempio – Duration di una rendita perpetua a cedola costante C

Il valore di una rendita perpetua allo stacco cedola è P  Quindi, dalla [5.3], essendo

C . y

dP C   2 , si ottiene dy y 

C P  D 2 y 1 y

da cui

1 y . y Questa quantità rappresenta un “valore limite” per le obbligazioni a scadenza finita e cedole periodiche. In altre parole, all’aumentare della scadenza, la duration tende ad avvicinarsi alla duration di una rendita perpetua. D

 Esempio Si consideri un’obbligazione a scadenza 3 anni e se ne calcoli la duration all’emissione. I dati sono i seguenti: Data emissione

01/03/1990

Data scadenza Prezzo emissione Tasso nominale annuo Periodicità cedole Ritenuta fiscale Numero cedole Yield semestrale netto

01/03/1993 98,65 12% semestrale 12,50% 6 5,52%

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

138

Il calcolo si può organizzare secondo questo schema: tk (semestri)

Fattore di sconto

1

0,947687642

2

Flussi Lordi

Flussi Netti

Flussi Netti attualizzati

Pesi

tk* pesi

6

5,25

4,975360121

0,050433413

0,050433

0,898111867

6

5,25

4,715087302

0,047795122

0,095590

3

0,851129518

6

5,25

4,468429968

0,045294846

0,135885

4

0,806604926

6

5,25

4,23467586

0,042925366

0,171701

5

0,76440952

6

5,25

4,013149982

0,040679839

0,203399

6

0,724421456

106

105,25

76,24535824

0,772871414

4,637228 5,294237

Sommando gli elementi dell’ultima colonna si trova la duration D = 5,294 semestri, cioè 2,647 anni, ovvero 2 anni e 236 giorni. Con qualche calcolo si può ottenere una espressione esplicita della duration per obbligazioni a cedola periodica costante, quando l’istante di valutazione coincide con uno stacco cedola. Indicando con i il tasso tecnico (cedolare), con y lo yield, con n il numero di cedole ancora da riscuotere, risulta D

1 y 1  y  n (i  y )  . y i[(1  y ) n  1]  y

L’espressione ora scritta consente di confermare alcune proprietà già discusse ed evidenziarne ulteriori. Ad esempio, per uno zero-coupon bond a scadenza un anno, si ha n = 1 a cui corrisponde la duration D = 1; invece ponendo n  +  si ritrova il valore della duration dell’obbligazione irredimibile:

D

1 y y

(infatti il secondo addendo tende a zero). Si osserva pure che quest’ultimo valore è un maggiorante delle duration di obbligazioni a scadenza finita (fa eccezione il raro caso di titoli il cui tasso nominale i sia molto inferiore a quello di valutazione, congiuntamente a una lunga scadenza: in tal caso la seconda frazione diviene negativa) In generale la duration aumenta con la scadenza e al diminuire della cedola. La figura 5.2 presenta i vari andamenti, al variare della scadenza e per diversi valori della cedola.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

139

Figura 5.2. – Duration in funzione della scadenza, per diversi valori della cedola 16 14 Duration

0,16

12 10 8 6 4 2

Maturità (anni)

0 1 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43 45 47 49 51 53 55 57 59 Ced 5%

ZCB

Ced 10%

Ced 15%

Consol

È interessante esaminare il comportamento della duration al trascorrere del tempo. Calcolando la derivata della duration rispetto al tempo (negli intervalli in cui essa è derivabile, cioè ovunque salvo che negli istanti di stacco cedola: in essi infatti la funzione presenta una discontinuità di prima specie) si ottiene dD  1 . dt Figura 5.3. – Andamento della duration all’avvicinarsi della scadenza 3

Duration

2,5 2 1,5 1 0,5 0 1

3

5

7

9

11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39

Tempo (mesi)

140

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il che sta a significare che la duration diminuisce di pari passo con l’avvicinarsi della scadenza (confermando in tal modo la sua interpretazione di durata media finanziaria). In corrispondenza ai tempi di stacco cedola la duration presenta un istantaneo aumento, come si constata dalla figura 5.3 che rappresenta l’andamento della duration nel tempo.

5.3.2. Convessità La duration, essendo legata al concetto di derivata prima della funzione prezzo, rappresenta la variazione di prezzo di un’obbligazione rispetto allo yield con un’approssimazione del primo ordine. Un’analisi più accurata si può operare esaminando la formula di Taylor arrestata al secondo ordine: P (t 0 , y  y )  P (t 0 , y ) 

1 d 2 P (t 0 , y ) dP (t 0 , y ) ( y ) 2  o (( y ) 2 ) y  2 dy 2 dy

o anche, con espressione più compatta ed esplicitando la duration, 1 1 d 2P P D ( y ) 2  o (( y ) 2 )  y  1 y 2 P dy 2 P

che esprime la variazione percentuale del valore conseguente alla variazione y dello yield. Il termine del secondo ordine (a meno di un opportuno coefficiente) si dice convessità ed esprime un affinamento nella approssimazione. Esso è sempre positivo per investimenti in obbligazioni, e ciò fa rilevare che l’approssimazione basata sulla semplice duration sottostima sempre la variazione effettiva del valore.

5.3.3. Immunizzazione L’utilizzo operativo della duration si riconduce alla sua interpretazione in termini di sensibilità del corso obbligazionario rispetto al tasso di valutazione espresso dal mercato: ne consegue che se si desidera un investimento a valore relativamente stabile si sceglieranno obbligazioni a bassa duration, mentre una strategia più speculativa, interessata ai profitti derivanti da variazioni di prezzo, imporrà scelte a duration più lunga. Al riguardo si utilizza anche la proprietà che la duration di un portafoglio coincide con la media ponderata delle duration delle singole componenti, dove i pesi rappresentano la frazione di valore attuale totale attribuita a ciascuna di tali obbligazioni.

Titoli obbligazionari e loro valutazione

141

La duration si rivela anche uno strumento molto efficace per mettere in atto strategie di gestione di un portafoglio obbligazionario che consentano di neutralizzare le oscillazioni di valore provocate da variazioni nei tassi di rendimento offerti dal mercato: è la problematica che va sotto il nome di immunizzazione. La trattazione è particolarmente semplice qualora si accetti l’ipotesi che il tasso di mercato sia uniforme per tutte le scadenze (e quindi uguale allo yield di ogni obbligazione trattata) e che manifesti una variazione poco rilevante: ciò si sintetizza affermando che la struttura per scadenza è piatta e subisce spostamenti paralleli. Una prima applicazione si ha allorché si desidera ottenere la stabilità del valore totale del portafoglio rispetto a variazioni odierne del tasso di mercato: poiché è evidente che un tale risultato si può conseguire solo combinando posizioni di segno opposto (long e short) ciò equivale a imporre che la variazione di valore della parte attiva PA sia (a parte il segno) uguale a quella della parte passiva PP. Approssimando tali variazioni in funzione delle rispettive duration si ottiene l’uguaglianza

PA   D A

PA P dy   DB B dy  PB 1 y 1 y

e semplificando si ricava la proporzione PA : PP  DP : D A che stabilisce le quote di valore da detenere affinché il portafoglio sia istantaneamente immunizzato rispetto a variazioni di tasso.  Esempio

Riferendoci alla situazione descritta nell’esempio del paragrafo 5.3.1 costruiamo un portafoglio con i titoli A (passivo) e B (attivo) in modo che il valore complessivo attuale del portafoglio non abbia variazione modificando il tasso di mercato. Indichiamo con x il numero di unità dell’obbligazione A necessarie a bilanciare un’unità di B. La proporzione dianzi ottenuta si scrive (x · 98) : 103 = 4 : 6 da cui x = 0,7. Il valore netto iniziale del portafoglio è quindi 103 – 98 · 0,7 = 34,33 mentre la valorizzazione dello stesso portafoglio dopo la variazione del tasso di mercato dal 6% al 4% risulta 110,78 – 109,09 · 0,7 = 34,34.

142

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Come si vede il portafoglio non subisce variazione di valore anche in presenza di uno shock molto rilevante nella situazione del mercato. Un’altra importante proprietà della duration consente di utilizzarla per immunizzare il valore del portafoglio a una certa data futura, indipendentemente dalla variazione di tasso di mercato che può manifestarsi oggi. Si può infatti dimostrare che la duration indica la data alla quale il montante complessivo dell’investimento (quindi comprensivo anche del reimpiego delle cedole maturate) è insensibile alle variazioni di tasso di mercato che possono manifestarsi oggi. Intuitivamente, si consideri uno zero-coupon bond: alla sua scadenza il portatore riceverà il capitale indipendentemente dalle variazioni dei tassi di mercato, e per queste obbligazioni, come è noto, la duration coincide con la durata residua. Invece per le obbligazioni con cedola accade che una variazione (per esemplificare, supponiamo un aumento) del tasso di mercato attuale provoca dapprima una diminuzione istantanea del corso, ma con l’andare del tempo questo effetto è più che bilanciato da un maggior montante conseguito con il reinvestimento delle cedole a condizioni migliori di quelle preventivate. A scadenza si raggiungerà un risultato superiore. L’opposto accade in caso di diminuzione del tasso. In definitiva, esiste un tempo, precedente alla scadenza, in cui i montanti si equivalgono, e tale tempo è appunto rappresentato dalla duration. Il fenomeno è documentato in figura 5.4. Figura 5.4. – Evoluzione del montante con diversi tassi di mercato 130

Montante

125 120 115 110 105 100 1

3

5

7

9

11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37

Tempo (mesi) y = 8%

y = 6%

y = 10%

Titoli obbligazionari e loro valutazione

143

5.4. Valutazione di obbligazioni indicizzate L’accentuata variabilità dei tassi di interesse espressi dai mercati finanziari negli ultimi anni ha motivato la necessità di offrire ai risparmiatori strumenti di investimento con caratteristiche simili ai titoli obbligazionari ma con cedola periodica di importo variabile, determinata di volta in volta con riferimento a specifici parametri economico-finanziari. Tali titoli vengono definiti obbligazioni indicizzate. Le modalità di calcolo della cedola sono varie. Ad esempio, le obbligazioni indicizzate più diffuse nel mercato italiano, i Certificati di Credito del Tesoro (CCT), prevedono che l’importo della cedola di competenza di ogni periodo venga determinato, qualche tempo prima dell’inizio di quest’ultimo, considerando una media dei tassi di rendimento dei BoT e aggiungendovi una maggiorazione percentuale (spread) fissata all’emissione. Il valore così ottenuto dà l’importo della cedola a valere per quel periodo; in quello successivo si opera un ulteriore ricalcolo con i dati aggiornati. Il meccanismo di indicizzazione comporta seri problemi per una valutazione oggettiva dei titoli, in quanto l’importo delle cedole future non è noto a priori. Occorre quindi stabilire per convenzione delle ipotesi sulla futura evoluzione dei valori cedolari: la più semplice e comune è di ritenere che lo stesso valore della cedola in corso si applichi anche a tutte quelle future fino alla scadenza, cioè di ipotizzare che le cedole siano costanti. Vengono meno, in questo contesto, le ipotesi che consentono di interpretare la duration del titolo come sensibilità del prezzo a variazioni dello yield. In realtà, l’indicizzazione (più o meno completa) delle cedole dovrebbe avere come effetto una sostanziale stabilizzazione del prezzo, in quanto le variazioni dei tassi di mercato dovrebbero essere riflesse quasi integralmente nella revisione degli importi cedolari, preservando di fatto nel tempo l’equità dell’investimento con prezzi molto vicini al valore nominale. Stime più accurate sulla redditività del titolo si possono ottenere mediante una proiezione delle cedole future in base a un’accurata analisi della struttura per scadenza, che entro certi limiti permette di prevedere i tassi futuri di mercato (ovviamente utilizzando al meglio tutte le informazioni oggi disponibili).

144

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Programmazione lineare

145

Appendice

Programmazione lineare A.1. Formalizzazione di un problema di programmazione lineare La programmazione lineare (P.L. o L.P.) consiste nel determinare un estremo (cioè il massimo o il minimo) di una funzione lineare i cui argomenti sono soggetti a vincoli lineari e di non-negatività. Utilizzando la rappresentazione in forma vettoriale, un problema di P.L. in forma canonica può così formularsi:  Max c T x    soggetto a ( s.a.)  Ax  b  x0 

[A.1]

dove, chiamando z = cTx la funzione da massimizzare, si dice z = z (x)   x = [x1 x2 … xn]T  n b  m c  n A

funzione obiettivo vettore delle variabili decisionali vettore dei termini noti vettore dei coefficienti della funzione obiettivo matrice dei coefficienti dei vincoli, di tipo (m, n).

La risoluzione di un problema di P.L. consiste nella ricerca di almeno una n-upla x = [x1 x2 … xn]T che dia il valore massimo a z tra tutte le n-uple che soddisfano i vincoli. In generale, un problema di P.L. potrà presentarsi diversamente dalla forma canonica [A.1], tuttavia è sempre possibile ricondursi ad essa. Infatti da un problema di massimo si può passare ad un problema di minimo valendo la seguente relazione: min z = – Max (– z) e analogamente da un problema di minimo si può passare ad uno di massimo essendo Max (z) = – min(– z).

146

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Inoltre, i vincoli del tipo Ax  b si possono scrivere come – Ax  – b, mentre i vincoli Ax = b si possono scrivere Ax  b, – Ax  – b, da valere congiuntamente.  Esempio A.1. La rappresentazione in forma canonica del problema descritto nel paragrafo 5.2.3 è:  x1  x  2 min 105,7 100,09 97 ,08 93,89     x3     x4  s.a.  x1  5 100 50    10000   8  8 105 0 50   x2    8000     x3    108 0 0 0     5000   x4  x  0.

Inoltre lo si può rappresentare come problema di massimo nel modo seguente:  x1  x  2  Max  105,7  100,09  97 ,08  93,89     x3     x4  s.a.  x1  5  100  50      10000   8 x2  8  105 0  50       8000     x3      108 0 0 0     5000   x4  x  0.

Definizione A.1. Si dice soluzione ammissibile del problema [A.1] un qualsiasi vettore x  n soddisfacente il sistema degli (m + n) vincoli Ax  b  x  0. L’insieme delle soluzioni ammissibili, che si indicherà con Sa, è quindi l’insieme definito da Sa = {x  n: x  0  Ax  b}. Definizione A.2. Dicesi soluzione ottimale del problema [A.1] una soluzione ammissibile che fa assumere alla funzione obiettivo il massimo valore finito. Come si vedrà più avanti, se la soluzione ottimale esiste, può non essere unica; vi sono infatti problemi che ammettono infinite soluzioni ottimali. Così pure, non è detto che esista una soluzione ottimale.

Programmazione lineare

147

A.2. L’insieme delle soluzioni ammissibili in n Diamo ora una caratterizzazione dell’insieme delle soluzioni ammissibili, partendo dal concetto di insieme convesso 1. Definizione A.3. Sia a  n non nullo e b  . Si definisce iperpiano l’insieme H = x  n : aTx = b. Si osservi che in un problema di P.L. l’insieme dei vettori in corrispondenza dei quali la funzione obiettivo assume un determinato valore costituisce un iperpiano; inoltre, iperpiani sono anche i vincoli del problema, qualora sia richiesta la condizione di uguaglianza. Definizione A.4. L’iperpiano H = x  n: aTx = b divide n in 3 sottoinsiemi, più precisamente: X1 = x  n: aTx < b, X2 = x  n: aTx = b, X3 = x  n: aTx > b, tali che

X1  X2  X3 = n e X1  X2 = X1  X3 = X2  X3 = .

Gli insiemi X1 e X3 si dicono semispazi aperti (in 2 definiscono 2 semipiani). Gli insiemi X4 = x  n : aTx  b, X5 = x  n: aTx  b, si dicono semispazi chiusi. L’iperpiano H è detto iperpiano origine. Si noti che X4  X5 = X2. Nell’Esempio di fine capitolo 5, 8 x1 + 105 x2 + 50 x4  8.000 è un semispazio chiuso, 8 x1 + 105 x2 + 50 x4 = 8.000 è un iperpiano origine. Definizione A.5. Sia H = {x  n: aTx = b} e sia S un insieme convesso di n; se per ogni x  S risulta aTx  b (oppure aTx  b), ed esiste almeno un x  S che appartiene all’iperpiano H, si dice che H è un iperpiano di supporto di S. Definizione A.6. L’intersezione di un numero finito di semispazi chiusi è detto politopo convesso o troncone. Un politopo non vuoto può essere limitato o illimitato. Un politopo convesso non vuoto e limitato è detto poliedro convesso (Figura A.1).

Un insieme S  n viene detto convesso quando per ogni coppia di vettori x1, x2  S e per ogni numero reale  con 0    1 si ha  x1 + (1 – ) x2  S, ossia appartengono ad S tutti i punti che giacciono sul segmento congiungente x1 e x2. Si osservi che se S e T sono insiemi convessi, anche S  T è un insieme convesso. Per convenzione si suppongono inoltre convessi anche gli insiemi costituiti da un solo vettore, e l’insieme vuoto. 1

148

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura A.1.

3 2 1 1 2 3 4

x1

Politopo illimitato

x2

x1

Poliedro convesso

Si può dimostrare che un poliedro convesso coincide con l’insieme di tutte le combinazioni lineari convesse 2 di un numero finito di punti, i punti estremi.

2 Dati due vettori x e y, il vettore  x + (1  ) y con      è detto combinazione lineare convessa di x e y. In n la combinazione lineare convessa di x e y descrive i punti sul segmento che congiunge x e y.

Programmazione lineare

149

Definizione A.7. Un punto v  S, insieme convesso, è detto punto estremo per S se non esistono due punti distinti x e y  S tali che v = x + (1 – ) y per qualche , 0 <  < 1. In altre parole, un punto estremo per S è un punto v  S che non appartiene ad alcun segmento congiungente due altri punti dell’insieme stesso. Vale il seguente teorema: Teorema A.1. Se S è un insieme chiuso, convesso e limitato inferiormente 3, allora ogni iperpiano di supporto di S contiene almeno un punto estremo di S. In 2 i punti estremi di un rettangolo sono i suoi vertici, di un cerchio sono i punti sulla circonferenza. I punti estremi di un poliedro convesso sono tutti e soli i suoi vertici. Definizione A.8. L’intersezione tra un politopo convesso ed un suo iperpiano di supporto è detto faccia. Il seguente teorema evidenzia un’importante caratteristica dell’insieme Sa = = {x  n: x  0  Ax  b}. Teorema A.2. L’insieme Sa è un politopo convesso. Dimostrazione. L’insieme dei vettori che soddisfano una disuguaglianza del tipo aTx  b oppure x  0 costituisce un semispazio chiuso. Tale semispazio è ovviamente convesso. Gli (m + n) vincoli che definiscono Sa, vale a dire

n

 aij x j  bi , i = 1, ..., m e j 1

xj  0, j = 1, ..., n descrivono quindi l’intersezione in n di (m + n) semispazi chiusi e  pertanto Sa è un politopo convesso. Si osservi che gli (m + n) iperpiani Hi = xn: j aij xj = bi, i = 1, ..., m e Hj = xn: xj = 0, j = 1, ..., n sono di supporto per Sa e pertanto le loro intersezioni con Sa ne costituiscono le facce. Ne consegue che su ogni faccia uno o più vincoli sono soddisfatti come uguaglianza.  Esempio A.2. Nel problema di P.L.

Un insieme S  n viene detto limitato inferiormente se esiste un vettore v0 n tale che x  v0 per ogni x  S. 3

150

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Max x1 + 2 x2 s.a.  x1  x2  1  x1 + 2x2  4 x1  2 x1  0, x2  0 l’insieme Sa è un poliedro convesso. I suoi vertici sono i punti (2, 3), (0, 2), (0, 1), (1, 0), (2, 0) (Figura A.2). Figura A.2. x2 (2,3)

(0,2) Sa (0,1)

(1,0)

(2,0)

x1

La rilevanza della teoria degli insiemi convessi in programmazione lineare è notevole. Infatti è fondamentale il seguente teorema. Teorema A.3. Sia Sa non vuoto e limitato. Allora esiste almeno una soluzione ottimale e questa si trova in un vertice del poliedro Sa. Se esistono più soluzioni ottimali, allora anche ogni loro combinazione lineare convessa è soluzione ottimale.

Dimostrazione. Poiché il problema di P.L. [A.1] consiste nella massimizzazione di

una funzione continua (z = cTx) sull’insieme Sa chiuso e limitato, il Teorema di Weierstrass assicura che tale massimo esiste. Sia esso x*. Osserviamo che x* non può essere all’interno di Sa; infatti se così fosse, dovrebbe essere nullo il gradiente di z, che invece

Programmazione lineare

151

risulta costante ed uguale a c. Si conclude pertanto che x* deve giacere sulla frontiera di Sa, vale a dire su una sua faccia. Poiché cTx  cT x*  x  Sa, ne consegue che l’iperpiano H = x  n: cTx = cT x*, che contiene ovviamente x*, è di supporto per Sa, il quale inoltre, in virtù dei vincoli di non negatività, è limitato inferiormente. Vale allora il Teorema A.1 e ciò consente di dire che almeno un punto estremo di Sa sarà ottimale. Se vi sono più punti estremi comuni a Sa e H, siano essi x1, x2, ..., xk, allora T 1 c x = cTx2 = ... = cTxk = cT x* e si dimostra facilmente che anche ogni loro combinak k   zione lineare convessa x 0    i x i   i  0,   i  1 è ottimale. i 1 i 1   Infatti k

k

k

k

i 1

i 1

i 1

i 1

cTx0 = cT   i x i =   i c T x i    i c T x* = cT x*   i = cT x*.

Si può pertanto concludere che, se il punto di massimo non è unico, sono punti di massimo due o più vertici e tutti i punti della faccia di Sa che li contiene e quindi in questo caso vi sono infinite soluzioni ottimali.  Vi sono infine casi in cui il problema di P.L. non ammette soluzioni, e precisamente:  se Sa = , ossia i vincoli sono incompatibili, il problema non ha soluzione;  se Sa   e illimitato, la funzione obiettivo può crescere indefinitamente in Sa e quindi non avere massimo finito.  Esempio A.3. Nel problema di P.L. Max x1 + x2 s.a. x1 + 2 x2  4 x1 + x2  2 x1  x2  3 x1  0, x2  0

l’insieme ammissibile è vuoto (Figura A.3 a). Nel problema di P.L. Max 2 x1 + x2 s.a.  x1  x2   2  x1  3x2   3 x1  x2   0.5 x1  0, x2  0

l’insieme ammissibile è illimitato (Figura A.3 b).

152

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura A.3. a) e b) x2

(0,2)

(2,0)

(4,0)

(3,0)

x1

x2

(0,2)

Sa

(0,1) (0,½) (2,0)

(3,0)

x1

Programmazione lineare

153

A.3. L’interpretazione geometrica Da quanto precedentemente detto, la funzione obiettivo z = cTx è un iperpiano di n mentre l’insieme dei vettori x non negativi che soddisfano il sistema di disuguaglianze Ax  b costituisce un insieme convesso Sa  n, definito dall’intersezione di m semispazi chiusi e del quadrante non negativo di n. Il problema della P.L. è dunque quello di trovare un punto (o un insieme di punti) in Sa che appartenga all’iperpiano z = cTx corrispondente al massimo valore di z. Le considerazioni svolte in precedenza mostrano che, se il massimo di z esiste finito, esso, per il Teorema A.3, si trova in corrispondenza di almeno uno dei vertici di Sa. Inoltre, poiché la funzione obiettivo è lineare e l’insieme ammissibile è convesso, un punto di massimo locale risulta essere anche globale. Ne consegue che se z raggiunge in un vertice un valore più elevato di quello assunto in tutti i vertici adiacenti, allora a tale valore corrisponde la soluzione ottimale. Prima di introdurre la teoria generale della Programmazione Lineare, è conveniente mostrare ora con un semplice esempio, utilizzando i concetti fin qui introdotti, la risoluzione di un problema di Programmazione Lineare per via geometrica. Come vedremo, ciò è possibile solo in casi del tutto particolari, più precisamente quando nel problema di P.L. ci sono solo due variabili decisionali che si possono perciò interpretare come coordinate di un punto x = [x1 x2]T  2. Consideriamo dunque il seguente problema di P.L. che illustra un esempio di pianificazione della produzione in un’industria manifatturiera.  Esempio A.4. Una piccola industria manifatturiera produce due diversi tipi di merci A e B che richiedono entrambe, per la loro produzione, l’uso di due macchinari U e V con una capacità lavorativa complessiva rispettivamente di 15 e 10 ore. La produzione unitaria di A richiede 3 ore di lavoro sul macchinario U e 5 ore di lavoro sul macchinario V, mentre quella di B richiede 5 ore di lavorazione su U e 2 su V. Il profitto dell’industria su ogni unità prodotta e venduta delle merci A e B, che si suppone costante al variare della produzione, è rispettivamente uguale a Euro 5 per A e Euro 3 per B. Il problema consiste nel decidere quante unità di ciascuna merce si devono produrre, con l’obiettivo di massimizzare il profitto totale dell’azienda. Indicando rispettivamente con x1 e x2 il numero di unità delle merci A e B e con z = 5 x1+3 x2 il profitto totale che l’industria realizza, il problema di P.L. può essere così formulato: Max 5 x1  3 x 2 s.a. 3 x1  5 x 2  15 5 x1  2 x 2  10 x1  0, x 2  0.

[A.2]

154

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Come si vede, esistono due sole variabili decisionali che si possono interpretare come coordinate di un punto x = [x1 x2]T2. Sullo stesso piano è possibile individuare graficamente la regione Sa delle soluzioni ammissibili. Consideriamo infatti il primo vincolo: 3 x1 + 5 x2  15

[A.3]

che, com’è noto, rappresenta il semipiano chiuso contenente l’origine e delimitato dalla retta che è rappresentata in Figura A.4 con la lettera a. Analogamente il secondo vincolo: 5 x1 + 2 x2  10

[A.4]

individua il semipiano chiuso contenente l’origine e delimitato dalla retta che è indicata in Figura A.4 con la lettera b. Infine i vincoli di non negatività rappresentano tutti e soli i punti del primo quadrante. Pertanto l’insieme delle soluzioni ammissibili Sa è individuato dall’intersezione dei semipiani trovati: Sa è un poliedro convesso (nel caso un quadrilatero) ed allora il problema ammetterà almeno una soluzione ottimale che corrisponde ad almeno un vertice di Sa. Per determinarla è necessario considerare la famiglia di rette parallele, individuate dalla funzione obiettivo, di equazione: 5x1 + 3x2 = k

[A.5]

con k parametro variabile. Ad ogni generico punto x = [x1 x2]T la [A.5] fa corrispondere un particolare valore di k, vale a dire di z. In linea di principio, quindi, ottimizzare la funzione obiettivo proposta richiederebbe di valutare il k corrispondente ad ogni punto x  Sa e quindi sceglierne il valore massimo. Figura A.4.

x2 (0,5) (0,3)

2045 45  20  ,  19  1919 19

.

k =0

(0,0)

a

Sa z

(2,0)

(5,0) k = 235/19

x1

Programmazione lineare

155

Per il Teorema A.3, però, è sufficiente prendere in considerazione i vertici di Sa, che sono: T  20 45  [0 0]T, [0 3]T, [2 0]T,  [A.6]  19 19  235 . Il massui quali la funzione obiettivo assume rispettivamente i valori: 0, 9, 10, 19 235 ed i valori delle variabili decisionali corrisimo della funzione obiettivo è pertanto 19 20 45 , x2*  . spondenti sono: x1*  19 19 Un procedimento che consente di arrivare alla soluzione per via grafica, chiamato metodo delle curve di livello, funziona nel modo seguente: per k = 0 la retta definita 5 dalla [A.5] passa evidentemente per l’origine ed ha coefficiente angolare m = – , co3 stante al variare di k. È facile verificare che le rette parallele così determinate si allontanano sempre di più dall’origine verso il primo quadrante al crescere di k. Il problema quindi si riconduce a calcolare il massimo k tale che la retta così determinata abbia ancora punti in comune con Sa. Con questo procedimento si riconosce appunto che il massimo valore di k è assunto  20 45  sul vertice di Sa di coordinate  , .  19 19   Esempio A.5. Si consideri il seguente problema di P.L.:

min 4 x1  5 x2 s.a. 3 x1  x2  4 6 x1  4 x2  13 2 x1  3 x2  6 x1 , x2  0 La regione ammissibile Sa è un politopo illimitato (Figura A.5). I suoi vertici sono 3  1 5 3  (0, 4),  , ,  , 1, (3, 0). Il punto di ottimo è  , 1. 2  2 2 2 

156

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Figura A.5.

(0, 4)

(0, 13/4)

(1/2, 5/2) (0, 2)

(3/2, 1) (4/3, 0) (13/6, 0) (3, 0)

x1

Se la famiglia di rette che rappresenta la funzione obiettivo fosse parallela alla retta originante un vincolo, le soluzioni ottimali potrebbero essere in numero infinito, giacenti tutte sull’intersezione di tale retta con Sa. Ciò non contraddice il Teorema A.3, perché tra tali punti esiste certamente almeno un vertice di Sa.  Esempio A.6. Consideriamo il problema di P.L. Max 3 x1  5 x2 s.a. 3 x1  5 x2  15 5 x1  2 x2  10 x1  0, x2  0.

Come si vede, la regione ammissibile coincide con quella dell’Esempio A.4. La funzione obiettivo è in questo caso descritta da una famiglia di rette parallele al primo vincolo (indicato in Figura A.4 con la lettera a). Si hanno quindi infinite soluzioni rappresentate in Figura A.4 dai punti del segmento che congiunge i punti (0, 3) e  20 45   , .  19 19 

Programmazione lineare

157

Il metodo grafico è molto semplice e dà interessanti risultati. Esso può essere applicato senza problemi quando vi siano due variabili decisionali oppure, più difficilmente, nello spazio, quando vi siano tre variabili decisionali. In particolari casi (ad esempio quando siano presenti anche vincoli di uguaglianza) è possibile trattare anche problemi di dimensioni maggiori.  Esempio A.7. Consideriamo il problema:

Max x1  x2  2 x3 s.a. 3 x1  5 x2  15 5 x1  2 x2  10 2 x1  x2  x3  0

[A.7]

x1  0, x2  0, x3  0. Il terzo vincolo è un’uguaglianza: da questo si ottiene il valore x3 = 2x1 + x2. Sostituendo questo valore nella funzione obiettivo si ha: z = x1 + x2 + 2x3 = 5 x1 + 3 x2.

[A.8]

La limitazione x3  0 è automaticamente soddisfatta in quanto deve valere x1  0 e x2  0. Pertanto il problema [A.7], mediante questo artificio, assume la stessa struttura di [A.2] e ne possiede le stesse soluzioni. In questo caso, però, poiché x3 è variabile decisionale, anche ad essa occorrerà attribuire il valore ottimale. Pertanto la soluzione ottimale sarà:

z* 

20 45 85 235 , x1*  , x2*  , x3*  . 19 19 19 19

[A.9]

A.4. La soluzione algebrica Per esaminare il procedimento risolutivo generale di un problema di P.L., dall’espressione in forma canonica, che qui richiamiamo: Max c T x s.a. Ax  b x0

è conveniente esprimerlo nella forma normale o standard

[A.1]

158

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Max c~ T ~ x s.a. [A.10] ~~ Ax  b ~ x0 ~ dove ~ x   nm , c~   n m , b  m, A di tipo (m, m + n). Per passare da [A.1] ad [A.10], definiamo per accostamento i seguenti vettori e matrici:  x x~    , s

c  c~    , 0 

~ A  [A I]

[A.11]

dove I è la matrice identità di ordine m. Dal sistema di vincoli di disuguaglianza Ax  b di [A.1] si ottiene il sistema di vincoli di uguaglianza in [A.10] introducendo il vettore s di m componenti, tutte non negative, che rappresenta la quantità in difetto al primo membro. Le componenti di s sono dette variabili deficit. Il vincolo si trasforma così in Ax + s = b. Con tale notazione [A.10] si identifica con [A.1]: Max c T x  0T s s.a.  x [A I]   b s x, s  0.

Allo stesso modo, se i vincoli sono del tipo Ax  b, si può introdurre un vettore s di m componenti tutte non negative, dette variabili surplus, che rappresenta la quantità in eccesso al primo membro. Il vincolo si trasforma così in Ax  s = b. In generale, le variabili deficit e surplus sono dette variabili slack o di scarto.  Esempio A.8. Dall’Esempio A.4 il problema [A.2] espresso in forma standard diventa Max 5 x1  3 x2  0 s1  0 s 2 s.a. 3 x1  5 x2  s1  15 5 x1  2 x2  s 2  10 x1  0, x2  0, s1  0, s 2  0

ovvero

Programmazione lineare

Max 5

3

 x1  x  2 0    s1     s2 

0 s.a.

3 5 

5 2

159

 x1  1 0   x2  15  0 1   s1  10     s2  x, s  0.

Dall’Esempio A.1, il problema in forma standard diventa

min 105,7

100,09

97,08 s.a.

 8  8  108

5

100

50

1

0

105 0

0 0

50 0

0 0

1 0

x, s  0.

 x1  x  2 93,89    x3     x4 

0 0   1

 x1  x   2  x3  10.000       x4    8.000   s1   5.000       s2  s   3

I due problemi di P.L., in forma canonica [A.1] e in forma standard [A.10], sono equivalenti sia, come già visto, nella formulazione che anche nelle soluzioni. Infatti, supponiamo che [A.1] abbia una soluzione ammissibile. Allora quest’ultima può essere trasformata in una soluzione per [A.10] introducendo le opportune variabili slack. Viceversa, da ogni soluzione ammissibile della [A.10] si può ottenere una soluzione della [A.1] eliminandone le variabili slack.  x*  x *  *  sia una soluzione ottima di [A.10]; la funzione Supponiamo poi che ~ s  ~ T * * obiettivo, valutata in x , è c x  0T s * , che corrisponde alla funzione obiettivo in [A.1] valutata in x*. Quest’ultimo è anche ottimo per [A.1]: infatti, se vi fosse un’altra soluzione x** tale che c T x **  c T x * ,

160

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

risulterebbe anche

c T x **  0T s **  c T x *  0T s * x * non sarebbe più l’ottimo per [A.10]. Si conclude quindi che una soluzione ossia ~ ottima di [A.10] deve essere ottima anche per [A.1] e viceversa. Inoltre, sapendo che gli ottimi di [A.1] sono situati sui vertici della regione ammissibile Sa, agli stessi vertici corrisponderanno biunivocamente le soluzioni ottime di [A.10]. Il Teorema A.4 fornisce il risultato necessario. Verrà proposta qui di seguito una procedura algebrica per l’identificazione delle soluzioni ottime. Consideriamo la matrice [A | I]. Il suo rango è m: infatti [A | I] contiene la sottomatrice I che ha rango m, essendo la matrice identità I di ordine m non singolare. Poiché rango ([A | I]) = m, per definizione si può estrarre da [A | I] una sottomatrice quadrata B, di ordine m, non singolare (una di queste può essere I stessa). Operando eventualmente una permutazione sulle colonne di [A | I], e naturalmente sulle corrispondenti componenti di [x s]T, è possibile scrivere: ~ A BD. [A.12] In corrispondenza sia:  xB  ~ [A.13] x   xD 





~ x  b si può scrivere come: dove xB  m, xD  n. Allora A~

B xB + D xD = b

[A.14]

e quindi sfruttando l’invertibilità della matrice B: xB = B–1 b – B–1D xD

[A.15]

da cui, sostituendo xB nella [A.13] e raccogliendo xD, si ottiene

 B 1b   B 1 D  ~ x  xD   0   I 

[A.16]

dove I è la matrice identità di ordine n. Dalla [A.16] si deduce che una soluzione di [A.10] si può ottenere assegnando a n delle n+m componenti di x~ (indicate con il vettore xD) valori qualunque; in particolare, ponendo xD = 0 si ottengono soluzioni chiamate di base.

x del sistema Definizione A.9. Si dice soluzione di base una soluzione particolare ~ ~~ Ax  b ottenuta ponendo in [A.16] x = 0, vale a dire: D

 x B   B 1b  ~ x  . 0  0 

[A.17]

161

Programmazione lineare

Le m variabili che assumono i valori dati da B–1b sono dette variabili di base, mentre le altre n componenti sono nulle. Non è detto però che una soluzione di base sia anche ammissibile: infatti, tra le m componenti di xB ve ne potrebbero essere alcune negative. Se sono tutte non negative, x~ è detta soluzione di base ammissibile. Una soluzione di base che, oltre alle n componenti nulle, ne ha altre nulle, si dice soluzione di base degenere. Una soluzione di base ammissibile degenere è una soluzione di base ammissibile con più di n componenti nulle. Vale il seguente teorema: Teorema A.4. Ogni soluzione di base ammissibile x~ corrisponde ad un vertice di Sa. Dimostrazione. Sia:  xB  ~ x   , x B   m  0  ~ una soluzione di base ammissibile per il sistema A~ x  b, con

[A.18]

x B = B–1b.

[A.19]

x corrisponde ad un vertice di Sa, dobbiamo far vedere che non Per dimostrare che ~ esistono due vettori x1 e x2 entrambi corrispondenti a punti di Sa, con x1  x2, tali che: ~ x = x1 + (1–) x2, 0 <  0, 1 –  > 0, v  0, v2  0; pertanto la [A.22] vale solo per v = v = 0. Sarà allora  xB   xB  x1   1  , x2   2   0   0  1

1

2

x1, x2 sono quindi anch’esse soluzioni di base ammissibili e dunque: Ax1 = B x B1 = b

[A.23]

Ax2 = B x B 2 = b

[A.24]

162

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

e valendo anche: B xB = b si ottiene: Bx B1  Bx B 2  Bx B .

[A.25]

Moltiplicando a sinistra tutti e tre i membri della [A.25] per B–1, si ha: x B  x B1  x B 2

[A.26]

contraddicendo l'ipotesi secondo cui x1  x2  x. Quindi non esistono soluzioni ammisx corrisponde ad un vertice di Sa. sibili per le quali valga la [A.20] e perciò ~   Esempio A.9. Nell’Esempio A.5 il punto (0, 13/4) corrisponde alla soluzione di base (0, 13/4, 0,  3/4, 15/4), non ammissibile in quanto una componente è negativa; il punto (0, 2) corrisponde alla soluzione di base (0, 2, – 2, – 5, 0), non ammissibile avendo due componenti negative; il punto (0, 4) corrisponde alla soluzione di base ammissibile (0, 4, 0, 3, 6); il punto (3/2, 1), punto di minimo, corrisponde alla soluzione di base ammissibile (3/2, 1, 3/2, 0, 0). Dai Teoremi A.3 e A.4 segue il:

Teorema A.5. (TEOREMA FONDAMENTALE DELLA PROGRAMMAZIONE LINEARE). Se un problema di P.L. ammette una soluzione ammissibile allora esiste una soluzione di base ammissibile; se esiste una soluzione ottimale, allora esiste una soluzione ammissibile di base ottimale. Poiché (dal Teorema A.4) ogni soluzione di base ammissibile corrisponde ad un vertice di Sa, il Teorema A.5 assicura che, per trovare la soluzione al problema [A.10] (o all’equivalente [A.1]), è sufficiente individuarne tutte le basi ammissibili e, per ognuna di queste, calcolare il valore della funzione obiettivo, per sceglierne l’ottimo. ~ Dato il sistema dei vincoli A~ x  b, vi sono chiaramente tante basi quante sono le possibilità di scomporre la matrice [A | I] nella forma [A.12] con det (B)  0. Si dimostra facilmente che il massimo numero di soluzioni di base per il sistema in esame è n  m , che corrisponde al numero di modi diversi di scegliere m colonne tra le   m  ~ n + m della matrice A. Per ogni base, identificata dalla matrice B non singolare, dalle [A.10] e [A.17] il valore della funzione obiettivo risulta: 1 ~  [c c ]  B b  = c B 1b z = c~ T x B D   B  0 

[A.27]

c B  dove il vettore c    è originato dalla stessa permutazione determinata dalla c D  [A.12].

Programmazione lineare

163

Si osservi che se un vertice ha k < m componenti positive, ad esso corrisponde una soluzione di base ammissibile degenere, perché esistono (m – k) colonne di A che assieme alle colonne aj (j = 1, ..., k) formano una base per m e danno una matrice non singolare. È perciò possibile formare una soluzione di base ammissibile degenere con (m – k) variabili nulle. In assenza di degenerazione c’è una corrispondenza biunivoca tra vertici e soluzioni di base ammissibili. Qualora vi sia degenerazione, questo non è più vero, perché gli (m – k) vettori colonna di [A | I] associati alle variabili di base nulle, possono essere scelti in più modi; pertanto ad un vertice di Sa corrispondono più basi. Geometricamente, la degenerazione compare quando per un vertice di Sa passano più di n iperpiani di vincolo.  Esempio A.10.

Nel problema di P.L.: Max 6,04 x1  10 x 2 s. a . 1,46 x1  10 x 2  6.300  3 x1   9.000  0,03125 x 2   6 x1  0, x 2  0

il punto di massimo è (3.000, 192), come si può verificare graficamente. Questo punto corrisponde alla soluzione di base ammissibile (3.000, 192, 0, 0, 0) che è anche degenere, avendo più di due componenti nulle. Geometricamente, il punto (3.000, 192) si trova all’intersezione dei tre vincoli.  Esempio A.11.

Dagli Esempi A.4 e A.8 consideriamo il problema di P.L. espresso in forma standard

Max 5

3

0 s.a.

3 5 

5 2

 x1  x  2 0    s1     s2 

 x1  1 0   x2  15  0 1   s1  10     s2  x, s  0

164

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

con 5  3 15  ~ 3 c~    , b   , A   0 5 10    0

5 2

1 0

0 . 1 

 2  2   6 sono: Le possibili basi, in numero di   2 

3 B1   5

5 3 , associata alle variabili x1 e x2, B2    2 5

1 , associata alle variabili x1 e s1 0 

3 B3   5

0 5 , associata alle variabili x1 e s2, B4    1 2

1 , associata alle variabili x2 e s1 0 

5 B5   2

0 1 , associata alle variabili x2 e s2, B6    1 0

0 , associata alle variabili s1 e s2 1 

da cui

B11

 2   19    5  19

B41

 0  1 

5  19  ,  3   19 

1  2 , 5   2 

B21

 0  1 

B51

 1   5  2  5

1  5 , 3   5 

 0 , 1 

 13 B31    5 3

1 B61   0

0 , 1 

0 . 1 

Pertanto: T

  20 45 0 0 , ~ x 2 = 2 0 9 0T, x~ 3 = 5 0 0 –15T, x~ 1 =    19 19 x~ 4 = 0 5 –10 0T, x~ 5 = 0 3 0 4T, x~ 6 = 0 0 15 10T. Si nota subito che i vettori x~ 3 e x~ 4 non appartengono ad Sa in quanto presentano una componente negativa: per i rimanenti si osserva che, considerando solo le due prime componenti, essi rappresentano tutti i vertici di Sa in Figura A.2. Per quanto concerne il valore della funzione obiettivo si ha: z1 = 235/19, z2 = 10, z3 = non definita, z4 = non definita, z5 = 9, z6 = 0.

Programmazione lineare

165

Si conferma così ciò che si era visto nel paragrafo A.3: il punto di massimo è

 20 x* =   19 235 . z* = 19

45 19

T

0

 0  , cui corrisponde il valore ottimo della funzione obiettivo 

20 45 unità della merce A e della 19 19 merce B, utilizzando completamente le capacità lavorative dei due macchinari ( s1 = s2 = 0). In pratica, nei problemi con un elevato numero di variabili e di vincoli, risulta poco conveniente individuare tutte le possibili sottomatrici quadrate non singolari di ordine m contenute in [A | I], e di ognuna calcolare l’inversa, come richiesto dalla formula risolutiva [A.27]. Si preferisce utilizzare metodi iterativi (tra i quali il metodo più diffuso è il metodo del simplesso) che, partendo da una situazione iniziale prefissata, passano in rassegna i vertici di Sa tentando di migliorare ad ogni passo il valore della funzione obiettivo. Il metodo è tale che in un numero finito di iterazioni giunge alla soluzione oppure segnala che il problema ammette soluzione illimitata. In casi particolari (cioè con opportune modifiche) questo metodo è anche in grado di segnalare che il problema originario non è risolubile per incompatibilità dei vincoli (cioè Sa = ). L’algoritmo risolutivo è abbastanza semplice e verrà ricavato da considerazioni algebriche nei prossimi paragrafi. Si noti che x* corrisponde alla produzione di

A.5. Analisi di sensitività Consideriamo il problema di P.L. in forma standard: x Max z  c~ T ~

s.a. ~~ Ax  b ~ x 0

[A.10]

~ x , c~  n+m, b  m, A matrice (m, m + n). Supponiamo di avere calcolato una dove ~

 x *B   B 1b  x*      soluzione ottima (quindi ammissibile di base): sarà ~ . In presenza 0  0  di questa soluzione ottima si vogliono studiare le alterazioni provocate su di essa per il fatto di imporre che le variabili non di base xD assumano valore positivo. Applicazioni di questa tecnica si trovano ad esempio nella pianificazione della produzione: dopo aver calcolato il piano ottimo di produzione, il pianificatore, a seguito di opportune politiche di mercato, potrebbe decidere di attivare produzioni escluse dal piano ottimale. Il problema che si pone è dunque come reperire dalle altre produzioni le risorse necessarie. Analogamente, se si verifica una riduzione nella disponibilità di una risorsa, occorrerà ridefinire in maniera ottimale il piano di produzione. Dalla [A.15], formula generale valida per le soluzioni ammissibili, si trae:

166

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

x B = B–1b  B–1DxD = x*B  B–1DxD. [A.28] La soluzione del problema x~ ** , ottenuta imponendo valori positivi a xD  0, sarà pertanto:  x *B*   x B  B 1 Dx *D*  x~ **   **    . [A.29] x *D*   xD   Dalla [A.28] si ricava che la variazione nei valori delle variabili in base è data da: x B  x *B*  x B   B 1 Dx D**  Gx D** [A.30] avendo posto G = B–1 D. Il significato della matrice G è il seguente: supponiamo di imporre il valore 1 alla j-esima componente del vettore x *D* . Si verificherà allora che la componente i-esima del vettore x *B varierà della quantità – gij: così, gli elementi della matrice G vengono anche detti tassi marginali di sostituzione. La riduzione nel livello di alcune produzioni (quelle in base) per introdurne di nuove (quelle non in base) può essere considerata come il costo opportunità dell’introduzione di nuove produzioni. La funzione obiettivo, valutata nel punto ~ x ** , vale: z **  c BT  x *B  Gx *D*   c DT x *D* .

[A.31]

e poiché z* = c BT x B , si ottiene che la sua variazione sarà misurata da z = z ** – z * = ( c DT  c BT G) x *D*

[A.32]

h T  c DT  c BT G

[A.33]

Posto si deduce così che se si impone il valore 1 alla j-esima componente di x D** , il valore della funzione obiettivo subisce un’alterazione pari a hj. Pertanto le componenti hj del vettore h vengono dette costi marginali o costi ridotti. Le formule [A.30] e [A.32] consentono quindi di calcolare gli effetti sulla soluzione ottimale dovuti all’imposizione di valori positivi ad una o più delle variabili non di base.  Esempio A.12. Si richiede di determinare il piano di produzione ottimale (quantità/settimana) di 4 beni, per la cui fabbricazione sono necessari due macchinari, disponibili rispettivamente per 70 e 50 ore/settimana, sapendo che: Beni Impiego unitario macchina 1 (h/pezzo) Impiego unitario macchina 2 (h/pezzo) Profitto unitario di produzione (€)

A

B

C

D

4 3 6

2 7 8

6 4 12

9 4 24

167

Programmazione lineare

Il problema si scrive: Max 6 x1  8 x2  12 x3  24 x4 s.a. 4 x1  2 x2  6 x3  9 x4  70 3 x1  7 x2  4 x3  4 x4  50

[A.34]

xi  0 i  1, 2, 3, 4.

Introducendo le variabili di scarto, i parametri del problema sono:

c~ T = 6 8 12 24 0 0,

bT = 70 50,

~ 4 A 3

2 7

1  4  55   7

 9 2 

6 4

9 4

1 0

0 . 1 

Si dimostra che la base: 2 B 7

9 , 4 

B 1  

cui corrispondono le variabili x TB = x2 x4, x TD = x1 x3 s1 s2, è ottimale e in corrispondenza si ha:  170    x *B = B–1b =  55  , 390    55 

z* = c TB x *B =

10720 . 55

Si ha inoltre:  11  55 1 G  B D    22  55

12 55 34 55



4 55

7 55

9  55    2  55 

e dalla [A.30]

1 (11x1 + 12x3 – 4s1 + 9s2), 55 1 x4 =  (22x1 + 34x3 + 7s1 – 2s2). 55 x2 = 

Per produrre quindi una unità di x1, e mantenendo inalterati i valori delle altre va11 riabili fuori base (x3 = s1 = s2 = 0), devo diminuire la produzione (ottimale) di x2 di 55 22 . Analogamente, se le ore di lavorazione disponibili sul primo e quella di x4 di 55

168

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

macchinario si riducono di una unità (s1 = 1), devo aumentare la produzione di x2 di 7 4 . e diminuire quella di x4 di 55 55 Infine dalla [A.32], poiché c TB = 8 24, c TD = 6 12 0 0, si ha z = 6 12 0 0 – 8 24G xD = 

1 (286 x1 + 252 x3 + 136 s1 + 24 s2). 55

Da ciò si deduce che:

1 252 , ossia z =  (286 ·0 + 252 ·1 + 136 ·0 + 24 ·0), 55 55 252 se si impone la produzione di 1 unità del bene 3. In tal caso il valore verrà detto 55 perdita di opportunità o costo ridotto; 136 1 , ossia z =  2. il profitto diminuisce di € (286 · 0 + 252 · 0 + 136 · 1 + 24 · 0), 55 55 se si impone 1 unità di s1, cioè se si toglie un’ora lavorativa alla macchina 1. Questo valore è detto valore marginale o prezzo ombra. 1. il profitto diminuisce di €

A.6. Il Metodo del Simplesso Dalle considerazioni svolte nel paragrafo precedente è possibile ricavare le regole per il metodo di risoluzione dei problemi di P.L. che va sotto il nome di Metodo del Simplesso. Il Metodo del Simplesso è un algoritmo iterativo che, in un numero finito di passi, esamina i vertici dell’insieme Sa (ossia le soluzioni di base ammissibili); ad ogni iterazione il metodo stabilisce la eventuale ottimalità della base corrente; se ciò non avviene, esamina un’altra soluzione di base ammissibile, contigua alla precedente, e che permetta un miglioramento della funzione obiettivo, oppure segnala la impossibilità di proseguire nell’indagine in quanto si è in presenza di una soluzione illimitata. Il Metodo del Simplesso si basa su una regola che permette di capire quali variabili ridurre e quali incrementare per migliorare ad ogni passo la funzione obiettivo. Inoltre, poiché si vuole passare da una soluzione di base ad un’altra (migliore dal punto di vista dell’ottimizzazione della funzione obiettivo), il procedimento opererà sostituendo una variabile in base con un’altra non in base, lasciando sempre non più di m variabili in base e mantenendosi tra le soluzioni di base ammissibili. Vediamo innanzitutto come procede il Metodo del Simplesso nel caso di cambiamento di una soluzione di base ammissibile. La base viene trasformata mediante l’inserimento in base di una variabile non di base e la contemporanea esclusione dalla base di un’altra variabile. Metodologicamente, l’algoritmo si basa sulla [A.28]

x B = x B – G xD

[A.35]

Programmazione lineare

169

dove x B è la soluzione di base relativa alla base individuata dalla matrice B, non necessariamente ottimale. Per cambiare base (in assenza di degenerazione) è sufficiente azzerare una componente del vettore x B , attraverso la modifica di una sola componente del vettore xD. Pertanto il vettore xD può essere espresso mediante una delle seguenti alternative, dove e1, ..., en sono valori da determinare opportunamente in seguito:

0 e1  0 0 0 e       2 . . . x D    , x D    , x D   . [A.36] . . . . . .       en   0   0  Sostituendo nella [A.35] e chiamando gij gli elementi della matrice G, si ha: ( x B )i = ( x B )i – gijej.

[A.37]

Si tratta ora di trovare per ogni j il valore di ej (l’unica componente del vettore xD diversa da zero) che lascia positive tutte le componenti di xB tranne una che si annulla: quest’ultima sarà la variabile che uscirà dalla base. Dalla [A.37] si deduce che:  se, fissato j, è gij  0 i, allora ( x B )i – gijej è sempre positivo, visto che sia ej che ( x B )i sono per ipotesi positivi. Ciò significa che a ej può essere attribuito qualsiasi valore positivo, ed è indizio di insieme ammissibile illimitato; ( x )  se, fissato j, esiste qualche gij > 0, allora ( x B ) i – gijej  0 se ej  B i ; il valore di g ij ej che consente di annullare solo una componente di x B , mantenendo non negative le altre, è:   ( x  ) e j  min  B i , g ij  0 . [A.38] i  g ij  

L’indice i0 per cui viene raggiunto il minimo dato dalla [A.38] segnala la componente del vettore x B che viene estratta dalla base. Può però accadere che il valore mi( x B ) i nimo di , in relazione agli elementi gij > 0, venga raggiunto, oltre che per il vag ij lore i0 dell’indice i, anche per altri valori di i, ad esempio i = l. In tal caso si avrà ( x B ) i 0 ( x B ) l ej = = e pertanto è indifferente prendere i0 oppure l. Tuttavia si convieg i0 j g lj ne di scegliere l’indice corrispondente al minimo valore. Fatte salve le considerazioni precedenti, per ogni indice j delle variabili non in base è possibile quindi determinare un indice i0 corrispondente.

170

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Riprendiamo l’Esempio A.11 e partiamo dalla “più semplice” soluzione di base T ammissibile: (0,0), che in forma standard corrisponde al vettore 0 0 15 10 . Questa scelta è molto probabilmente migliorabile perché corrisponde a non produrre nulla (z = 0). Le variabili in base sono s1 e s2 e le corrispondenti matrici sono 1 0  3 5  B  e G  5 2  . Si ha gij > 0 per j = 1, 2. Quale variabile far uscire dalla 0 1     base verrà indicato dal criterio [A.35]:  15 10  e1  min  ,   2, 3 5

 15 10  e2  min  ,   3; 5 2

pertanto la variabile s2 uscirà dalla base (ottenuta in corrispondenza di j = 1 e i = 2). Resta ora da determinare quale delle variabili non in base immettere nella base; ciò si traduce nella determinazione dell’indice j opportuno. Il criterio di scelta è basato sul miglioramento della funzione obiettivo durante tale passaggio. Consideriamo allo scopo la [A.32] z = ( c TD – c TB G) xD.

[A.39]

Trattandosi di un problema di massimo, è opportuno avere il maggior incremento possibile. In corrispondenza delle formulazioni alternative di xD date dalle [A.36] risulta:

z  (c j   ci g ij )e j .

[A.40]

iB

Si verificherà ora che:  se c j   se c j 

 ci g ij si ha un decremento della funzione obiettivo;

iB

 ci g ij conviene inserire nella base la variabile di indice j, poiché così la

iB

funzione obiettivo viene incrementata. Pertanto se i costi ridotti sono tutti negativi, vale a dire che per ogni j si ha c j   ci g ij , si è raggiunta la base ottimale perché non sono più consentiti miglioraiB

menti della funzione obiettivo rimanendo nell’insieme delle soluzioni ammissibili; l’inserimento di una qualsiasi variabile fuori base comporterebbe una diminuzione del valore della funzione obiettivo. Viceversa in presenza di costi ridotti positivi, il massimo incremento potenziale della funzione obiettivo si ottiene inserendo in base la variabile di indice j alla quale corrisponde il costo ridotto maggiore. Consideriamo nuovamente l’Esempio A.11 e sia x* = 0 0 15 10T la soluzione di base ammissibile di partenza. Calcolando i costi ridotti si ottiene: c TD  c TB G   5

3  0 T

0 G  5 T

3 . Entrambe le componenti sono positive e si consiglia T

Programmazione lineare

171

l’inserimento della variabile x1 che porta ad un incremento maggiore della funzione obiettivo. In conclusione, s2 esce e x1 entra nella nuova base: e1   2  x D      ,  0  0

15 3 xB      10  5

5   2  9  ,  2   0   0 

quindi la nuova soluzione ammissibile di base è x1 = 2, x2 = 0, s1 = 9, s2 = 0. In corrispondenza di tale base la funzione obiettivo vale z = 10. Calcoliamo ora i costi ridotti per vedere se la base trovata è quella ottimale: c TD – c TB G = 3

0   5

0 0  1

1/ 5   3 / 5

5 2 

0  1  1. 1 

Il costo ridotto 1 segnala che è possibile ottenere un ulteriore miglioramento della 1/ 5   2/ 5 e j =1, funzione obiettivo inserendo in base la variabile x2. Poiché G   19 / 5  3 / 5  si ottiene  2 9  45 e1  min  , ,   2 5 19 / 5  19 pertanto la variabile s1 uscirà dalla base ed entrerà x2. Avremo quindi:  45 / 19  xD   ,  0 

 2  2 / 5 xB      9  19 / 5

1/ 5   45 / 19   20 / 19  ,   3 / 5  0   0 

 20 / 19   45 / 19   e z = 235/19. Calcolando nuovamente i costi ridotti si ottiene: perciò: x    0     0  c TD – c TB G = 0

0   5

  2 / 19 3   5 / 19

5 / 19   5    3 / 19   19



16  19 

che, essendo un vettore negativo, segnala che la soluzione trovata è quella ottimale.

A.7. Teoria della dualità Consideriamo un problema di P.L. scritto in forma canonica:

172

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Max z  c T x s.a. Ax  b x  0.

[P]

Si chiama problema duale [D] di [P] il seguente problema, nel vettore di variabili T = [ 1  2 ...  m ] : min w  π T b s.a. AT π  c π0

[D]

e [P] viene detto problema primale. Le regole per costruire un problema duale dal primale sono le seguenti: 1. 2. 3. 4.

i coefficienti della funzione obiettivo di [D] sono i termini noti dei vincoli di [P]; i termini noti dei vincoli di [D] sono i coefficienti della funzione obiettivo di [P]; la matrice dei coefficienti dei vincoli di [D] è la trasposta di quella relativa a [P]; la funzione obiettivo di [D] deve essere minimizzata se la funzione obiettivo di [P] deve essere massimizzata.

Si verifica facilmente che, costruendo con queste regole il duale di [D] si ottiene ancora il primale.  Esempio A.13. Il duale del problema dell’Esempio A.4 si scrive

min 70 1  50  2 s.a. 4 1  3  2  6 2 1  7  2  8 6 1  4  2  12 9 1  4  2  24

[A.41]

1 ,  2  0. La teoria della dualità si propone di studiare le relazioni tra [P] e [D]. Presentiamo ora i tre principali teoremi sulla dualità: di esistenza, di dualità e di scarto complementare e alcune notevoli implicazioni economiche. Teorema A.6. (TEOREMA DI ESISTENZA). Il primale ed il duale hanno soluzione ottimale se e solo se entrambi hanno soluzioni ammissibili.

Programmazione lineare

173

Pertanto l’esistenza di una soluzione è assicurata se e solo se entrambi i problemi hanno soluzioni ammissibili. Si possono allora presentare le seguenti possibilità: 1. [P] e [D] hanno entrambi soluzioni ammissibili  esiste soluzione ottimale; 2. né [P] né [D] hanno soluzioni ammissibili  non esiste soluzione ottimale; 3. [P] non ha soluzioni ammissibili (vale a dire Sa = ) e [D] ha soluzioni ammissibili  [D] ha soluzione illimitata; 4. [P] ha soluzioni ammissibili e [D] non ha soluzioni ammissibili (vale a dire Sa = )  [P] ha soluzione illimitata. Teorema A.7. (TEOREMA DI DUALITÀ). Se il problema primale ammette soluzione ottimale x * , allora anche il duale ammette soluzione ottimale π * e i valori ottimali coincidono, ossia z ( x * ) = w( π* ). Teorema A.8. (TEOREMA DI SCARTO COMPLEMENTARE). x * e π * sono rispettivamente soluzioni ottimali del primale e del duale se e solo se soddisfano le seguenti condizioni dette condizioni di scarto complementare.

(cT – ( π * )TA) x * = 0;

( π* )T(b – A x * ) = 0.

Il teorema di scarto complementare permette di evidenziare lo stretto legame intercorrente tra variabili e vincoli dei problemi primale e duale in corrispondenza della soluzione ottimale. Scriviamo infatti per esteso le condizioni (cT – ( π* )TA) x * = 0 e ( π* )T(b – A x * ) = 0: m

(cj –  aij *i ) x *j = 0 j = 1, ..., n

[A.42]

i 1

n

*i (bi –  a ij x *j ) = 0

i = 1, ..., m.

[A.43]

x*j  0   aij *i = cj j = 1, ..., n

[A.44]

j 1

Dalle [A.42] e [A.43] si ottiene: m

i 1

m

 aij *i > cj  x*j = 0 j = 1, ..., n

[A.45]

i 1

n

 aij x*j < bi  *i = 0 i = 1, ..., m

[A.46]

j 1

*i > 0 

n

 aij x*j = bi i = 1, ..., m

[A.47]

j 1

Con riferimento ad un problema di produzione come quello dell’Esempio A.12, le relazioni di scarto complementare indicano nell’ordine che:

174

Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

1. se una produzione è attivata a livello positivo, il vincolo corrispondente del duale è saturato [A.44]; 2. se un vincolo del duale non è saturato, la produzione corrispondente non è attivata [A.51]; 3. se una risorsa non è completamente utilizzata, la corrispondente variabile duale è nulla [A.46]; 4. se la variabile duale è positiva, la corrispondente risorsa è pienamente utilizzata [A.47]. Pertanto, si può concludere che le variabili duali misurano la sensibilità del valore ottimale della funzione obiettivo rispetto a piccole variazioni del vettore b. Se il valore ottimo *i è nullo, piccole variazioni di bi non hanno alcun effetto sul valore della funzione obiettivo perché la risorsa corrispondente non è pienamente utilizzata. In generale, nei problemi di allocazione, nei quali la funzione obiettivo rappresenta ad esempio un profitto (ricavo, costo, ...) e i vincoli esprimono una certa quantità di date risorse, le variabili duali hanno le dimensioni di un valore e perciò vengono dette prezzi ombra, così chiamati perché non sono prezzi di mercato bensì esprimono una valutazione delle risorse in relazione ad un piano di produzione ottimale. La soluzione del problema duale [A.41] (soluzione ottenibile per via grafica) fornisce una valutazione delle risorse utilizzate dall’azienda. Infatti il valore ottimale delle variabili duali ( 1  2, 47 , 2  0, 44 ) esprime il valore marginale delle risorse, vale a dire il prezzo di un’ora in più di capacità delle macchine. Ponendo in [A.34] b1 = 71 si otterrebbe z * = 197,37 che corrisponde ad un profitto extra di € (197,37 – 194,9) = € 2,47 che è esattamente 1 . Utilizzando i prezzi ombra è anche possibile riesaminare il piano di produzione ottimale dell’azienda alla luce dei costi ridotti o perdite d’opportunità già introdotti nel paragrafo A.6. I prodotti A e C non sono inseriti nel piano ottimale perché valutando ad esempio la produzione di A mediante i prezzi ombra delle risorse utilizzate, si ottiene: Produrre un’unità di A 4 h del macchinario 1 a € 2,47/h 3 h del macchinario 2 a € 0,44/h Valore marginale totale degli input Ricavo Perdita di opportunità netta o costo ridotto

Ricavi/costi € 9,88 € 1,32 € 11,20 € 6,00 € 5,20

Pertanto € 5,2 rappresenta la diminuzione del profitto totale derivante dalla produzione di una unità di A, vale a dire la perdita di opportunità dovuta all’attivazione di un piano di produzione non ottimale. Il significato economico attribuito alle variabili duali consente infine di associare al

Programmazione lineare

175

problema duale [A.41] il seguente problema di P.L.: un’altra azienda vuole detenere il monopolio della produzione delle merci A, B, C e D. Perciò offre alla nostra azienda € 1 per ogni ora di utilizzo del macchinario 1 e € 2 per ogni ora di utilizzo del macchinario 2. Per rendere questa offerta attraente, essa si dichiara disposta a pagare importi tali da soddisfare i seguenti vincoli: 4 1  3  2  6 2 1  7  2  8 6 1  4  2  12 9 1  4  2  24 1 ,  2  0.

Il suo obiettivo è evidentemente quello di minimizzare i costi di utilizzo dei macchinari, vale a dire: min 70 1  50  2 . Il problema di ottimizzazione della seconda azienda è il duale di quello della prima. Riportiamo ora lo svolgimento completo del problema di pianificazione finanziaria discusso nel capitolo 5 e già tradotto in forma standard nell’Esempio A.8.  Esempio A.14. Il problema si presenta nella forma seguente:

min 105,70 x1  100,09 x 2  97,08 x3  93,89 x 4 s. a . 8 x1  5 x 2  100 x 3  50 x 4  10.000 8 x1  105 x 2  50 x3  8.000 108 x1  5.000 x1 , x 2 , x 3 , x 4  0 e la sua forma standard è: min 105,70 x1  100,09 x 2  97,08 x3  93,89 x 4 s. a . 8 x1  5 x 2  100 x 3  50 x 4  s1  10.000 8 x1  105 x 2  50 x 3  s2  8.000 108 x1  s3  5.000 x1 , x 2 , x3 , x 4 , s1 , s 2 , s3  0 e pertanto la matrice del problema risulta  8 A   8 108

con

5

100

50

1

0

105 0

0 0

50 0

0 0

1 0

0 0   1

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

10.000  b   8.000  ,  5.000 

c T  105,70

100,09

97,08

93,89

0

0.

0

Consideriamo la soluzione di base costituita dalle variabili x1, x2, x3. La corrispondente sottomatrice di base e la sua inversa sono  8 B   8 108

5 105 0

100  0  , 0 

B 1

  0   0   1  100

0 1 105 1  2100

1  108  2  .  2835  2    2835 

da cui la corrispondente soluzione di base  46, 29  x B  B b   72,66 .  92,66  1

Per calcolare i costi marginali ridotti, dai quali ricavare indicazioni sull’ottimalità del punto in esame, occorre calcolare la matrice G, che risulta   0 0   50  1 0  10 G  B  1 D  B  1  50 0  1 0     21  0 0 0  1  10  21

0 0 

1 100

0 1 105 1 2100



1 108 2 2835 2 2835



   .   

Pertanto i costi marginali ridotti si ottengono nel modo seguente: h T  c TD  c TB G  [– 0,00047

0,9708

0,9070

0,8396 ].

Si nota che tre dei quattro costi marginali ridotti sono positivi, pertanto le variabili a loro associate, qualora immesse nella base, non porterebbero miglioramento nel valore della funzione obiettivo; per quanto riguarda il primo, esso è sì negativo, ma il suo valore è trascurabile rispetto all’ordine di grandezza degli altri costi: esso si può considerare praticamente nullo, il che sta a significare che esistono altre soluzioni di base che tuttavia forniscono lo stesso valore della funzione obiettivo. Per verifica, operiamo il cambiamento di base con la metodologia consueta, immettendo x4 nella nuova base e ponendolo uguale a un valore opportuno ε. Affinché il punto così modificato rimanga ammissibile devono valere le condizioni

Programmazione lineare

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      46, 29  0  0   10  x B  G    72,66     0 0   21     10  0  92,66    21   che sono soddisfatte per i seguenti valori

   21   72,66  152,58 10    21 92,66  194,59.  10 Ponendo ora ε = 152,59 accade che la variabile x2 assume valore nullo, e la x3 il valore 20, come si verifica direttamente per sostituzione; x1 rimane invariata. Si è così realizzato il cambiamento di base, che ha portato alla nuova soluzione di base x1  46, 29 x2  0 x3  20 x4  152, 29.

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Elementi di Matematica Finanziaria e cenni di Programmazione Lineare

Programmazione lineare

Finito di stampare nel mese di agosto 2017 nella Stampatre s.r.l. di Torino Via Bologna, 220

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