Note sul cinematografo 8831748963, 9788831748964

La ripetizione e la sovrabbondanza di immagini hanno fatto progressivamente impoverire il linguaggio audiovisuale. Occor

121 31 1MB

Italian Pages 125 [132] Year 2001

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD FILE

Polecaj historie

Note sul cinematografo
 8831748963, 9788831748964

Citation preview

Robert Bresson

Note sul cinematografo

La ripetizione e la sovrabbondanza di immagini hanno fatto progressivamente impoverire il linguaggio audiovisuale. Occorre allora, oggi più che mai, recuperarne le originarie possibilità espressive, riflettendo sui modi in cui l’immaginazione si pone di fronte alla realtà. Robert Bresson è una tappa obbligata in questa direzione, per i film realizzati ma anche per le sue intuizioni teoriche. Il regista di Un condannato a morte è fuggito, di Pickpocket, di Au hasard Balthazar, di Lancillotto e Ginevra, de L'argent ha raccolto in questo volume le note di lavoro, scritte in circa venticinque anni, che testimoniano come il suo mestiere » sia sempre stato una ostinata e coerente ricerca. Ne esce un quadro straordinariamente ricco nel quale al cinema quale è, teatro filmato, si oppone il cinematografo, nuovo modo di scrivere e quindi di sentire. La rigidità e l’indifferenza delle forme garantite deve trasformarsi nell’invenzione di nuovi rapporti (tra l’immaginazione dell’occhio e quella dell’orecchio, innanzi tutto) e nella riduzione all’essenziale, nella capacità quindi di rendere col minimo dei mezzi sensibili il massimo delle nostre impressioni. L’economia della forma porta - per Bresson all’ampliamento del segno. Questa raccolta di aforismi lapidari, di considerazioni depurate fino alla sostanza, di riflessioni stese durante la lavorazione dei film, costituiscono un contributo fondamentale, nato dalla passione e dall’intelligenza, sia per il lettore attento al cinema sia per chiunque voglia capire l’enigma dell’immagine e la natura complessa della riproduzione.

In copertina: Robert Bresson sul set di //diavolo, probabilmente... (1977)

BIBLIOTECA

Robert Bresson

Note sul cinematografo

Marsilio

Titolo originale: Notes sur le cinématographe, Paris, Gallimard, 1975 Traduzione dal francese di Ginevra Bompiani © 1986, 2008 by Marsilio Editori® s.p.a. in Venezia

Prima edizione: luglio 1986 Quarta edizione: aprile 2008

ISBN 978-88-317-4896-3 www.marsilioeditori.it

INDICE

7

1. 1950-1958 11 21 29 31 33 43 57 67 75 87 99

103

Modelli Degli sguardi Del vero e del falso Della musica Dell’automatismo Della povertà Vista e udito Gesti e parole II reale Della frammentazione Esercizi

il. 1960-1974 (altre note) 125

Note

I. 1950-1958

Sbarazzarmi di errori e falsità accumulate. Conoscere i miei mezzi, assicurarmeli.

* La capacità di servirmi bene dei miei mezzi si riduce quando cresce il loro numero.

* Controllare la precisione. Essere io stesso uno strumento di precisione.

* Non avere l’anima di un esecutore. Trovare per ogni ripresa, un sale nuovo a quel che avevo immaginato. Invenzione (reinvenzione) immediata.

9

ROBERT BRESSON

■ft

Regista o director. Non si tratta di dirigere qualcuno, ma di dirigere se stessi.

* Niente attori. (Niente direzione di attori). Niente parti. (Niente studio delle parti). Niente regia. Ma l’utilizzazione di modelli, presi dalla vita. essere (modelli) invece di parere (attori).

10

MODELLI

Movimento dall’esterno verso l’interno. (Attori: movimento dall’interno verso l’esterno).

* Non è importante quel che mi fanno vedere ma quel che mi nascondono, e soprattutto quel che non sospettano che vi sia in loro.

Fra loro e me: scambi telepatici, divinazione.

11

(1925?) Il cinema sonoro apre le porte al teatro che occu­ pa la scena e la circonda di filo spinato.

* Due specie di film: quelli che usano i mezzi del teatro (atto­ ri, regia, ecc.) e si servono della macchina da presa per riprodurre] quelli che usano i mezzi del cinematografo e si servo­ no della macchina da presa per creare.

* La terribile abitudine del teatro.



13

ROBERT BRESSON

IL CINEMATOGRAFO È UNA SCRITTURA CON IMMAGINI IN MO­ VIMENTO E SUONI.

Un film non può essere uno spettacolo, perché uno spetta­ colo esige la presenza in carne e ossa. Ma può, come nel teatro fotografato o cinema, essere la riproduzione fotografi­ ca di uno spettacolo. Ora, la riproduzione fotografica di uno spettacolo è comparabile alla riproduzione fotografica del quadro di un pittore o di una scultura. Ma la riproduzione fotografica del san Giovanni battista di Donatello o della ragazza con la collana di Vermeer non ha né la potenza, né il valore, né il prezzo della scultura o del dipinto. Non li crea. Non crea nulla.

* I film di cinema sono documenti storici da riporre negli archivi: come recitavano nel 19.., il signor X, la signorina Y.

Un attore si trova nel cinematografo come in un paese stra­ niero. Non ne parla la lingua.

14

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Il teatro fotografato o cinema vuole che un regista o director faccia recitare degli attori e poi fotografi questi attori mentre recitano; quindi allinea le immagini. Teatro bastardo a cui manca il proprio del teatro: presenza fisica di attori vivi, azione diretta del pubblico sugli attori.

15

... senza mancare di naturalezza, mancano di natura. Chateaubriand.

Natura: quel che l’arte drammatica sopprime a favore di una naturalezza appresa e mantenuta con l’esercizio.



Niente è più falso in un film di quel tono naturale del teatro che ricopia la vita e ricalca sentimenti studiati.

* Trovare più naturale che un gesto venga fatto, che una frase venga detta in un modo piuttosto che in un altro è assurdo, non ha senso nel cinematografo.

* 17

ROBERT BRESSON

Nessun rapporto possibile fra un attore e un albero. Appar­ tengono a due universi differenti. (Un albero di teatro simu­ la un albero vero).

* Rispettare la natura dell’uomo senza volerla più palpabile di quel che è.

* Non vi è connubio di teatro e cinematografo senza annienta­ mento di entrambi.

Film di cinematografo dove l’espressione è raggiunta attra­ verso rapporti di immagini e suoni, e non mimica, gesti o intonazioni di voce (di attori o di non-attori). Che non ana­ lizza e non spiega. Che ricompone.

Bisogna che un’immagine si trasformi al contatto di altre im­ magini come un colore al contatto di altri colori. Un blu non è lo stesso vicino a un verde, un giallo, un rosso. Non c’è arte senza trasformazione.

18

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Ve

Il vero del cinematografo non può essere il vero del teatro, né il vero del romanzo, né il vero della pittura. (Quel che il cinematografo afferra con i suoi propri mezzi non può essere quel che il teatro, il romanzo, la pittura afferrano con i

* Film di cinematografo in cui le immagini, come le parole del dizionario, ricevono potere e valore soltanto dalla loro posi­ zione e interrelazione.

Se un’immagine, di per sé, esprime decisamente qualcosa, se evoca un’interpretazione, non si trasformerà al contatto con altre immagini. Le altre immagini non avranno nessun potere su di essa, ed essa non avrà alcun potere sulle altre immagi­ ni. Né azione, né reazione. È definitiva e inutilizzabile nel sistema del cinematografo. (Un sistema non regola tutto. È un’esca per qualcosa).

* Applicarmi a immagini insignificanti, (non significanti).

19

ROBERT BRESSON

* Appiattire le mie immagini (come con un ferro da stiro), senza attenuarle.

* Della scelta dei modelli. La sua voce disegna per me la sua bocca, i suoi occhi, la sua faccia, me ne fa il ritratto completo, esteriore e interiore, meglio che se mi fosse di fronte. La migliore decifrazione si ottiene con l’orecchio.

20

DEGLI SGUARDI

Di chi è?: «Un solo sguardo scatena una passione, un assas­ sinio, una guerra».

* La forza eiaculatrice dell’occhio.

* Montare un film vuol dire legare le persone fra loro e agli oggetti con gli sguardi.

Due persone che si guardano negli occhi non vedono gli occhi ma lo sguardo. (Per questo ci si sbaglia sul colore degli occhi?).

21

Di due morti e tre nascite. Il mio film nasce una prima volta nella testa, muore sulla carta; è risuscitato dalle persone vive e dagli oggetti reali di cui mi servo, i quali vengono uccisi sulla pellicola ma, posti in un certo ordine e proiettati sullo schermo, si rianimano come fiori nell’acqua.1

* Ammettere che X sia di volta in volta Attila, Maometto, un impiegato di banca, un taglialegna, significa ammettere che X recita. Ammettere che X recita, vuol dire ammettere che i film nei quali recita derivano dal teatro. Non ammettere che X reciti, vuol dire ammettere che Attila = Maometto = un impiegato di banca = un taglialegna, e questo è assurdo.

* Applausi durante il film di X. Impressione irresistibile di «teatro».

23

ROBERT BRESSON

* Modello. Chiuso nella sua misteriosa apparenza. Ha ricon­ dotto a sé tutto ciò che, di lui, era al di fuori. È lì, dietro quella fronte, quelle guance.

* «Chiacchierio visibile» dei corpi, degli oggetti, delle case, delle strade, degli alberi, dei campi.

* Creare non significa deformare o inventare persone e cose. Vuol dire stringere fra persone e cose che esistono, così co­ me esistono, rapporti nuovi.

* Sopprimi radicalmente le intenzioni nei tuoi modelli.

* Ai tuoi modelli: «Non pensate quello che dite, non pensate quello che fate». E anche: «Non pensate a quel che dite, non pensate a quel che fate».

24

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* La tua immaginazione miri meno agli eventi che ai sentimen­ ti, anche se questi ultimi li vorrai il più possibile documen­ tari.

* Riconduci i tuoi modelli alle tue regole: essi ti lasceranno agire in loro e tu li lascerai agire in te.



Un unico mistero, le persone e gli oggetti.

* Quando basta un violino non usarne due.2

* Ripresa. Mettersi in una condizione d’ignoranza e di curiosi­ tà estreme, e tuttavia vedere le cose prima.



25

ROBERT BRESSON

La verità si riconosce dalla sua efficacia, dalla sua potenza.

* Appassionato per l’esattezza.

* Volto espressivo dell’attore in cui la più piccola deliberata increspatura, ingrandita con la lente, evoca gli eccessi del kabuki.

* Oppórre al rilievo del teatro il levigato del cinematografo.

Più grande è la riuscita, più sfiora il fallimento (come un capolavoro della pittura sfiora l’oleografìa).

Ve

Quel che avviene nelle giunture. «Le grandi battaglie, diceva il generale di M..., si combattono quasi sempre nei punti di intersezione delle cartine militari».

26

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Cinematografo, arte militare. Preparare un film come una battaglia?

Un insieme di buone immagini può essere detestabile.

27

DEL VERO E DEL FALSO

La mescolanza di vero e di falso produce il falso (teatro fotografato o cinema). Il falso quando è omogeneo può pro­ durre del vero (teatro).

* Nella mescolanza di vero e di falso, il vero fa risaltare il falso, il falso impedisce di credere al vero. Un attore che simuli la paura del naufragio, sul ponte di una vera nave colpita da una vera tempesta: non crediamo né all’attore, né alla nave, né alla tempesta.

29

DELLA MUSICA

Nessuna musica di accompagnamento, di sostegno o di rin­ forzo. Niente musica.4

* Bisogna che i rumori diventino musica.

* Girare vuol dire andare a un incontro. Niente nell’inatteso che non sia atteso segretamente da te.

* Scava sul posto.. Non scivolare altrove. Doppio, triplo fondo delle cose.

31

ROBERT BRESSON

* Sii certo di aver esaurito tutto quel che si comunica attraver­ so l’immobilità e il silenzio.

* Strappa ai tuoi modelli la prova che esistono con le loro bizzarrie e i loro enigmi.

* Chiamerai bello il film che ti darà un’alta idea del cinemato­ grafo.



Non vi è valore assoluto di un’immagine. Immagini e suoni dovranno il loro valore e il loro potere solo all’uso cui li destini.



Modello. Interpellato (dai gesti che gli fai fare, dalle parole che gli fai dire). Risposta (quando anche fosse soltanto un rifiuto di rispondere) che spesso non percepisci ma che la tua macchina da presa registra. Sottoposta poi al tuo studio.

32

dell’automatismo

I nove decimi dei nostri movimenti obbediscono all’abitudi­ ne e all’automatismo. È contronatura subordinarli alla volon­ tà e al pensiero.

* Modelli divenuti automatici (tutto pesato, misurato, calcolato al minuto, ripetuto dieci, venti volte) e gettati in mezzo agli avvenimenti del tuo film, - i rapporti con persone e cose intorno a loro saranno giusti, perché non saranno pensati.

* Modelli automaticamente ispirati, inventivi.

* Il tuo film, ci si sentano l’anima e il cuore, ma sia fatto come un lavoro delle mani.

33

ROBERT BRESSON

Il cinema attinge a un fondo comune. Il cinematografo compie un viaggio di esplorazione su un pianeta scono­ sciuto.

* Dove non c’è tutto, ma dove ogni parola, ogni sguardo, ogni gesto dissimula qualcosa.

* Significativo che questo film di X, girato sulla riva del mare, su una spiaggia, emani l’odore caratteristico del palcosce­ nico.

Girare all’improvviso, con modelli sconosciuti, in luoghi im­ previsti, atti a mantenermi in un vigile stato di allarme.

Sia l’unione intima fra le immagini a caricarle di emozione.

34

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Cogliere attimi. Spontaneità, freschezza.

Come nascondersi che tutto finisce su un rettangolo di tela bianca appeso a un muro? (Vedi il tuo film come una super­ ficie da ricoprire).

X imita Napoleone, la cui natura non era di imitare.

In ***, film che deriva dal teatro, quel grande attore inglese recita stentatamente per farci credere che inventa man mano le frasi che sta dicendo. I suoi sforzi per rendersi più vivo producono l’effetto contrario.

Un’immagine troppo attesa {cliché) non sembrerà mai giusta, nemmeno se lo è.

35

ROBERT BRESSON

Monta il tuo film man mano che lo giri. Vi si formano dei nuclei (di forza, di sicurezza) ai quali si aggancia tutto il resto.

* Quel che nessun occhio umano è capace di afferrare, nessu­ na matita, pennello, o penna di fissare, la tua macchina da presa lo coglie senza sapere che cos’è e lo fissa con l’indiffe­ renza scrupolosa della macchina.

Immobilità del film di X la cui macchina da presa corre, vola.

Un sospiro, un silenzio, una parola, una frase, un frastuono, una mano, il tuo modello tutto intero, il suo volto, in riposo, in movimento, di profilo, di faccia, una veduta immensa, uno spazio ristretto... Ogni cosa esattamente al suo posto: i tuoi soli mezzi.

36

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Un fiume di parole non nuoce a un film. Questione di spe­ cie, non di quantità.

* Non sarebbe ridicolo dire ai tuoi modelli: «Vi invento come siete».

Il vincolo impercettibile che congiunge le tue immagini più lontane e più indifferenti è la tua visione.

* Non correre dietro alla poesia. Penetra da sola attraverso le giunture (ellissi).

* X, attore, incerto come un colore incerto composto di toni sovrapposti.

37

ROBERT BRESSON

Sul palcoscenico, la recitazione si aggiunge alla presenza rea­ le, la intensifica. Nei film, la recitazione sopprime fino alla parvenza della presenza reale, uccide l’illusione creata dalla fotografìa.

(1954?) Colazione dei gran chi volontari.

premi.

Orbo nel regno dei cie­

Where is my judgement fled That censures falsely what they see aright.

ft Devono essere i sentimenti a introdurre gli eventi. Non l’in­ verso.

Cinematografo: modo nuovo di scrivere, dunque di sentire.

* Modello. Due occhi mobili in una testa mobile, e questa su un corpo mobile.

38

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* Che i tuoi fondi (strade, piazze, giardini pubblici, metropolitana) non assorbano le facce che vi applichi sopra.

Modello. Tu gli detti gesti e parole. Lui ti dà in cambio (la tua macchina da presa registra) una sostanza.

Modello. Gettato nell’azione fìsica, la sua voce, partendo da sillabe uguali, prende automaticamente le inflessioni e le mo­ dulazioni proprie alla sua vera natura.

In ogni arte, esiste un principio diabolico che agisce contro di lei e cerca di demolirla. Un principio analogo non è forse del tutto sfavorevole al cinematografo.

Forme che somigliano a idee. Considerarle idee vere e pro­ prie.

39

ROBERT BRESSON



Modello. «Tutto faccia».5

* Ripresa. Meravigliosi accidenti quelli che operano con precisione.6 Modo di scartare i cattivi e attirare i buoni. Riservare loro anticipatamente un posto nella tua composizione.



Attori, costumi, arredi e mobilio di teatro devono far pensa­ re prima di tutto al teatro. Badare a che le persone e gli oggetti del mio film non facciano pensare prima di tutto al cinematografo.

* Chi può con il meno può con il più. Chi può con il più non può necessariamente con il meno.

* 40

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Ripresa. Attenersi esclusivamente a impressioni, sensazioni. Nessun intervento dell’intelligenza estranea a queste impres­ sioni e sensazioni.

* Potere che hanno le tue immagini (appiattite) di essere altro da quello che sono. La stessa immagine condotta per dieci strade diverse sarà dieci volte un’immagine diversa.

* NÉ REGISTA NÉ CINEASTA. DIMENTICA CHE STAI FACENDO

UN FILM.

* Attore. «L’andirivieni del personaggio davanti alla sua natu­ ra» costringe il pubblico a cercare il talento sulla sua faccia, anziché l’enigma speciale di ogni essere vivente.

* Nessun meccanismo intellettuale o cerebrale. Semplicemente un meccanismo.

41

ROBERT BRESSON

* Se, sullo schermo, il meccanismo sparisce e le frasi che hai fatto loro dire, i gesti che hai fatto loro fare fanno una cosa sola con i tuoi modelli, con il tuo film, con te, allora mira­ colo.

* Squilibrare per riequilibrare.

Le idee, nasconderle, ma in modo che si trovino. La più importante sarà la più nascosta.

* Recitazione, che sembri avere un’esistenza propria, a sé, al di fuori dell’attore, essere palpabile.

42

DELLA POVERTÀ

Lettera di Mozart, a proposito di alcuni suoi concerti (n. 413, 414, 415): «Occupano il giusto mezzo fra il troppo dif­ fìcile e il troppo facile. Sono brillanti..., ma mancano di po­ vertà».

Montaigne: I movimenti dell'anima nascevano con progresso uguale a quelli del corpo.

Avvicinamento inconsueto ai corpi. Facendo la posta ai movimenti più impercettibili, più inte­ riori.

43

ROBERT BRESSON

Non abile, ma agile.

* Impennata dei mio film quando improvviso, caduta quando eseguo. £

Il cinema cerca l’espressione immediata e definitiva attraver­ so la mimica, i gesti, le intonazioni della voce. Questo siste­ ma esclude per forza l’espressione per contatto e scambio delle immagini e dei suoni e le trasformazioni che ne risul­ tano.

Quel che è passato attraverso un’arte e ne ha serbato l’im­ pronta non può più entrare in un’altra.7

* Impossibilità di esprimere fortemente qualcosa con i mezzi congiunti di due arti. O è tutta una o è tutta l’altra.

* 44

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Non bisogna girare per illustrare una tesi, o per mostrare uomini e donne fermi al loro aspetto esteriore, ma per sco­ prire la materia di cui sono fatti. Raggiungere quel «cuore del cuore» che non si lascia afferrare né dalla poesia, né dalla filosofia, né dalla drammaturgia.

* Immagini e suoni come gente che fa conoscenza per la stra­ da e non si può più separare.

•k

Niente di troppo, niente che manchi.

Film di X. Due occhi cattivi, che si sforzano di essere buoni; una bocca amara fatta per il silenzio, che non smette di par­ lare e di contraddire via via le sue parole: Star-system dove uomini e donne hanno un’esistenza di fatto (fantomatica).

Grazia del film di X fatto di bric-à-brac.

45

ROBERT BRESSON

Così come sono concepiti, i film di cinema non possono utilizzare altro che attori, i film di cinematografo altro che modelli.

Tk

La musica prende tutto il posto e non accresce il valore dell’immagine alla quale si aggiunge.

* IL CINEMA SONORO HA INVENTATO IL SILENZIO.

Silenzio assoluto e silenzio ottenuto con il pianissimo dei ru­ mori.

* Film di X. Vociferazioni, ruggiti, come a teatro.

46

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Modello. Quel che fai conoscere di te per coincidenza con lui. Che ogni immagine, ogni suono si misuri non solamente con il tuo film e con i tuoi modelli, ma con te.

Ve

Tira l’attenzione del pubblico (come si dice del tiraggio di un camino).

Ve

Un soggetto limitato può dare pretesta a combinazioni mol­ teplici e profonde. Evita i soggetti troppo vasti o troppo lontani dove niente ti avverte quando vai fuori strada. Op­ pure prendine soltanto quel che potrebbe far parte della tua vita e che appartiene alla tua esperienza.

* Genericità della musica che non corrisponde alla genericità di un film. Esaltazione che impedisce le altre esaltazioni.

* «Il diavolo gli saltò in bocca»: non far saltare un diavolo in una bocca. «Tutti i mariti sono brutti»; non mostrare una moltitudine di mariti brutti.

47

ROBERT BRESSON

* Dell’illuminazione. Cose rese più visibili non da più luce, ma dall’angolazione nuova in cui le guardo.

* Accostare le cose che non sono ancora mai state accostate e non sembravano predisposte ad esserlo.

* Film di X, aperto da tutte le parti. Dispersione.

* Modello. Sui suoi lineamenti, pensieri o sentimenti non espressi materialmente, resi visibili per intercomunicazione e interazione di due o molte altre immagini.

* Né gonfiatura, né sovraccarico.

48

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Debussy suonava la sua musica con il piano chiuso.

* Una sola parola, un solo gesto non giusto o semplicemente fuori posto, preclude tutto il resto.

* Valore ritmico di un rumore. Rumore di porta che si apre e si chiude, rumore di passi, ecc. per l’esigenza del ritmo.



Una cosa mancata, se la cambi di posto, può essere una cosa riuscita.

* Modello. La sua permanenza: maniera sempre uguale di esse­ re diverso.

49

ROBERT BRESSON

* Un attore ha bisogno di uscire da se stesso per vedersi nelValtro.

I TUOI MODELLI, UNA VOLTA USCITI DA SE STESSI, NON PO­ TRANNO PIÙ RIENTRARVI.

* Riorganizzare i rumori inorganizzati (quel che credi di senti­ re non è quel che senti) di una via, di una stazione ferrovia­ ria, di un aeroporto... Riprenderli uno per uno nel silenzio e dosarne il miscuglio.

* Recitazione. L’attore: «non è me che vedete, che sentite, è l'altro». Ma non potendo essere completamente l'altro, non è quest’altro.

* Film di cinema controllati dall’intelligenza, che non vanno più in là.

50

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Ritoccare il reale con il reale.

* Modello. La sua pura essenza.

* Gli scambi che si producono fra immagini e immagini, fra suoni e suoni, fra immagini e suoni, conferiscono alle perso­ ne e agli oggetti del tuo film la loro vita cinematografica, e, per un sottile fenomeno, unificano la tua composizione.

* Immagini conduttrici dello sguardo, dell’attore devia gli occhi.

ma la recitazione

•k

Con le Belle Arti nessuna concorrenza.

51

ROBERT BRESSON

Disfare e rifare il montaggio fino ^intensità.

ir

Non pensare al tuo film al di fuori dei mezzi che ti sei fótto.

* Un attore che viene dal teatro non può che portare con sé le convenzioni, la morale e i doveri verso la sua arte.

* Fatti omogeneo ai tuoi modelli, falli omogenei a te.

ir

Immagini in previsione della loro associazione interna.

ir

Modelli esteriormente resi meccanici, interiormente liberi. Sulla loro faccia, niente di voluto. «Il costante, l'eterno sotto l'accidentale».

52

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

it

Sii il primo a vedere quel che vedi come lo vedi.

Barbarie ingenua del doppiaggio. Voci senza realtà, non conformi ai movimenti delle labbra. A contro-ritmo dei polmoni e del cuore. Che «hanno sbagliato bocca».

* Rimettere il passato al presente. Magia del presente.

* Modello. Tutte quelle cose che non hai potuto concepire di lui prima, e nemmeno durante.



Modello. Anima, corpo inimitabili.

* 53

ROBERT BRESSON

Una cosa vecchia diventa nuova se la stacchi da quel che la circonda abitualmente.

* Tutti quegli effetti che puoi trarre dalla ripetizione (di un’im­ magine, di un suono).

Trovare una parentela fra immagine, suono e silenzio. Dar loro un’aria di stare bene insieme, di aver scelto il loro po­ sto. Milton: Silence was pleased.

Modello. Ridurre al minimo la parte della sua coscienza. Stringere l’ingranaggio nel quale non può più non essere se stesso e dove non può più fare nulla se non di utile.

Yr

Immagini. Come le modulazioni della musica.

* 54

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Modello. Ritirato in se stesso. Del poco che lascia sfuggire, prendere solo quel che ti conviene.

it

Modello. Il suo modo di essere interiore. Unico, inimitabile.

Film di X. Contagio della letteratura: descrizione attraverso cose successive {panoramiche e travellings).

it

Succede che il disordine di un film, perché è monotono, ci inganni, ci dia l’illusione dell’ordine. Ma è un ordine negati­ vo, sterile, a rispettosa distanza dall’ordine e dal di­ sordine. it

Scava la tua sensazione. Guarda che cosa c’è dentro. Non analizzarla con parole. Traducila in immagini sorelle, in suo­ ni equivalenti. Più è netta, più si afferma il tuo stile (Stile: tutto quello che non è la tecnica).

55

ROBERT BRESSON

Ripresa. Il tuo film deve assomigliare a quel che vedi chiudendo gli occhi. (Devi essere capace in ogni momento di vederlo e di udirlo tutto intero).

56

VISTA E UDITO

Sapere bene che cosa viene qui a fare quel suono (o quel­ l’immagine).

Quel che è destinato all’occhio non faccia doppio uso con quel che è destinato all’orecchio.

Se l’occhio è completamente conquistato, non dare nulla o quasi nulla all’orecchio.8 Non si può essere contemporanea­ mente tutto occhio e tutto orecchio.

* Quando un suono può sostituire un’immagine, sopprimere l’immagine o neutralizzarla. L’orecchio va più verso l’inter­ no, l’occhio verso l’esterno.

57

ROBERT BRESSON

&

Un suono non deve mai venire in aiuto a un’immagine, né un’immagine in aiuto a un suono.

* Se un suono è il complemento necessario di un’immagine, dare la prevalenza o al suono, o all’immagine. Alla pari, si nuocciono o si spengono, come si dice dei colori.

* Non bisogna che immagine e suono si diano man forte, ma che lavorino uno per volta dandosi il cambio.

L’occhio sollecitato da solo rende impaziente l’orecchio, l’o­ recchio sollecitato da solo rende impaziente l’occhio. Utiliz­ zare queste impazienze. Potenza del cinematografo che si ri­ volge a due sensi in modo regolabile.

58

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Alle tattiche di velocità, di rumore, opporre tattiche di len­ tezza, di silenzio.

*

59

*** film americano (inglese?) in cui i due divi si contendono l’attenzione del pubblico. Ordine che impongono ai loro li­ neamenti e non la smettono di sorvegliare. Lato museo Grévin delle loro facce a colori.

* Modello. Esonerato da qualunque obbligo nei confronti del­ l’arte drammatica.

* Sul palcoscenico un cavallo, un cane che non sia di gesso o di cartone, mette a disagio. Contrariamente al cinematogra­ fo, cercare una verità nel reale è funesto al teatro.

* 61

ROBERT BRESSON

Modello. La causa che lo spinge a dire quella frase, a fare quel gesto non è in lui, è in te. Le cause non sono nei tuoi modelli. Sulla scena e nei film di cinema, Fattore deve farci credere che la causa risieda in lui.

* Tutto fugge e si disperde. Continuamente ricondurre tutto a uno.

Il campo del cinematografo è incommensurabile. Ti dà una potenza di creare illimitata.

Modello. Fra te e lui, non limitarsi a ridurre o sopprimere la distanza. Esplorazione profonda.

* Attori. Più si avvicinano (sullo schermo) con la loro espressi­ vità , più si allontanano. Le case, gli alberi si avvicinano; gli attori si allontanano.

* 62

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Niente di più inelegante e di più inefficace di un’arte conce­ pita nella forma di un’altra.

* Non ci si può aspettare nulla da un teatro.

cinema

ancorato al

* Voce naturale, voce lavorata. La voce: anima fatta carne. Lavorata come in X, non è più né anima né carne. Strumento di precisione, ma strumento a sé.

* Cambiare continuamente obbiettivo fotografico è come cam­ biare continuamente occhiali.



Credere. Teatro e cinema: alternanza di credere e non credere. Cine­ matografo: ininterrottamente credere.

* 63

ROBERT BRESSON

Praticare il precetto di trovare senza cercare.

* Modelli. Che si lascino guidare non da te, ma dalle parole e dai gesti che gli fai dire e fare.

* Ai tuoi modelli: «Non si deve recitare né un altro, né se stessi. Non si deve recitare nessuno».

* Cosa esprimibile unicamente dal nuovo cinematografo, dun­ que cosa nuova.

•k

Precisione e insieme imprecisione della musica. Mille sensa­ zioni possibili, imprevedibili.



Un attore ricava da se stesso quel che in verità non c’è. Illusionista.

64

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Evitare i parossismi (collera, spavento ecc.) che si è costretti a simulare e nei quali tutti si assomigliano.

Ritmi. L’onnipotenza dei ritmi. E durevole solo ciò che è catturato in un ritmo. Piegare il fondo alla forma e il senso ai ritmi.

65

GESTI E PAROLE

I gesti e le parole non possono formare la sostanza di un film come formano la sostanza di un testo teatrale. Ma la sostanza di un film può essere quella... cosa o quelle cose che gesti e parole provocano e che si producono in modo oscuro nei tuoi modelli. La macchina da presa le vede e le registra. Si sfugge così alla riproduzione fotografica di attori che recitano, e il cinematografo, scrittura nuova, diventa congiuntamente strumento di esplorazione?

* I gesti che hanno ripetuto venti volte meccanicamente, i tuoi modelli, gettati nell’azione del tuo film, se li addomestiche­ ranno. Le parole imparate a fior di labbra troveranno, senza che il loro cervello vi prenda parte, le inflessioni e la canzone proprie alla loro vera natura. Modo per ritrovare l’automati­ smo della vita reale. (Il talento di uno o più attori non c’en­ tra più. L’importante è come ti accosti ai tuoi modelli, quel che di vergine e di ignoto riesci a cavare da loro).

* 67

ROBERT BRESSON

Si tende troppo a dimenticare la differenza fra un uomo e la sua immagine, e che non ce n’è invece fra il suono della sua voce sullo schermo e nella vita reale.

* Non bisogna che i tuoi modelli si prestino alla tua inquadra­ tura, alla tua registrazione. Facilitare il loro atteggiamento (quel che ha di singolare).

* Il tuo film avrà la bellezza, o la tristezza, o altro, che hanno per noi una città, una campagna, una casa, e non la bellezza, o la tristezza, o altro, che vediamo nella fotografia di una città, di una campagna, di una casa.

* IN QUESTA LINGUA DELLE IMMAGINI, BISOGNA PERDERE COMPLETAMENTE LA NOZIONE DI IMMAGINE, CHE LE IMMA­ GINI ESCLUDANO L’iDEA DI IMMAGINE.

* Voce e volto. Si sono formati insieme e hanno preso l’abitudine l’uno del­ l’altra.

68

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* Il tuo film non è compiuto. Si va facendo man mano sotto lo sguardo. Immagini e suoni in stato di attesa e di riservatezza.

* Oggi,10 non assistevo a una proiezione di immagini e di suo­ ni; assistevo all’azione visibile e istantanea che esercitavano le une sugli altri e alla loro trasformazione. La pellicola stre­ gata.

* La distanza che Racine esige, è la distanza invalicabile che separa la scena dal. pubblico. Distanza del testo teatrale dalla realtà, e non distanza fra lo scrittore e il suo (o i suoi) mo­ dello (i).

* Un tempo Religione del Bello e sublimazione del soggetto. Oggi le stesse nobili aspirazioni: districarsi dalla materia e dal realismo, uscire dall’imitazione volgare della natura. Ma la sublimazione si volge alla tecnica... Il cinema fra due se­ die. Non può sublimare né la tecnica (fotografica), né gli attori (che imita così come sono). Non completamente reali­ sta perché è teatrale e convenzionale. Non completamente teatrale e convenzionale perché è realista.

69

ROBERT BRESSON

* La visione del movimento dà felicità: cavallo, atleta, uccello.

Ve

L’attore si proietta davanti a sé sotto forma del personaggio che vuole rappresentare; gli presta il suo corpo, la sua fac­ cia, la sua voce; lo fa sedere, alzare, camminare; lo riempie di sentimenti e di passioni che non prova. Questo «io» che non è il suo «io» è incompatibile con il cinematografo.

* Farai con gli esseri e le cose della natura, - mondati di ogni arte e in particolare dell’arte drammatica, - un’arte.

* Che immagini e suoni si presentino spontaneamente ai tuoi occhi e alle tue orecchie come le parole allo spirito del lette­ rato.

* X dà prova di grande stupidità quando dice che per toccare la massa non ci vuole arte.

70

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* Poiché non devi imitare, come fanno pittori, scultori, roman­ zieri, l’apparenza delle persone e degli oggetti (le macchine lo fanno per te), la tua creazione o invenzione si limita ai legami che intrecci fra i diversi frammenti di reale colti. C’è anche la scelta dei frammenti. E il tuo fiuto a decidere.

* Quel che nobilita un attore sulla scena può renderlo volgare sullo schermo (esercizio di un’arte nella forma di un’altra).

Modelli. Quel che perdono in rilievo apparente durante le riprese, lo guadagnano in profondità e verità sullo schermo. Sono le parti più piatte e più spente che finiscono con l’ave­ re più vita.

* Pensano che questa semplicità sia un segno di poca invenzio­ ne. (Berenice, Prefazione).

* 71

ROBERT BRESSON

Due semplicità. Quella sbagliata: semplicità-punto di parten­ za, cercata troppo presto. Quella giusta: semplicità-punto di arrivo, ricompensa di anni di fatiche.

* Corot: «Non bisogna cercare, bisogna aspettare».



Modello. La sua voce (non lavorata) ci consegna il suo carat­ tere intimo e la sua filosofia, meglio dell’aspetto fìsico.

* tradurre

il vento invisibile nell’acqua che scolpisce pas­

sando.



Modello. Si chiude in sé. Così fa X, attore eccellente. Ma solo per riapparire mascherato dalla recitazione, irriconosci­ bile.

* 72

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Modelli. Capaci di sottrarsi alla propria sorveglianza, capaci di essere divinamente «sé».

Non si deve rappresentare la vita con la copiatura fotografi­ ca della vita, ma con le leggi segrete in mezzo alle quali si sentono muovere i tuoi modelli.

Nel corso dei secoli, il teatro si è imborghesito. Il cinema (teatro fotografato) rivela fino a che punto.

Tutta una critica che non fa distinzione fra cinema e cine­ matografo. Che di tanto in tanto apre un occhio sulla pre­ senza e la recitazione inadeguate degli attori, e subito lo ri­ chiude. Costretta a farsi piacere, in generale, tutto quello che si proietta sugli schermi.

Ve

73

ROBERT BRESSON

Somiglianza, differenza. Dare più somiglianza per ottenere più differenza. L’uniforme e la vita comune mettono in rilievo la natura e il carattere dei soldati. Nell’attenti, l’immobilità di tutti fa apparire i se­ gni particolari di ciascuno.

74

IL REALE

Il reale approdato allo spirito non appartiene già più al rea­ le. Il nostro occhio troppo pensante, troppo intelligente. Due specie di reale: 1) il reale bruto registrato così com’è dalla macchina; 2) quel che chiamiamo reale e che vediamo deformato dalla nostra memoria e da falsi ragionamenti. Problema. Far vedere quel che vedi, con la mediazione di una macchina che non lo vede come lo vedi tu.n

* È bene che le persone e gli oggetti del tuo film vadano allo stesso passo, come compagni di strada.

&

Quel che si fa senza controllo di sé, principio attivo (chimi­ co) dei tuoi modelli.

* 75

ROBERT BRESSON

L’esattezza dei rapporti impedisce l’oleografia. Più i rapporti sono nuovi, più vivace è l’effetto di bellezza.

* Avere discernimento (precisione nella percezione).

I LEGAMI CHE ESSERI E COSE ASPETTANO PER VIVERE.

* Film di X dove le parole non sono legate all’azione.

* Il vero non aderisce alle persone vive e agli oggetti reali che usi. È una certa aria di verità che assumono le loro immagini disposte in un certo ordine. Viceversa, quell’aria di verità che assumono le loro immagini disposte in un certo ordine, conferisce a queste persone e a questi oggetti una realtà.

* 76

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Applicare sentimenti sul suo volto e sui suoi gesti, è l’arte dell’attore, è il teatro. Non applicare sentimenti sul suo volto e sui suoi gesti, non è il cinematografo. Modelli espressivi involontari (e non inespressivi volontari).

* L’occhio (in genere) superficiale, l’orecchio profondo e in­ ventivo. Il fischio di una locomotiva imprime in noi la visio­ ne di una intera stazione.

Bisogna che il tuo film decolli. La gonfiatura e il pittoresco gli impediscono di decollare.

* Fai apparire quello che senza di te forse non sarebbe mai stato visto.

Niente psicologia (di quella che scopre solo quel che può spiegare).

77

ROBERT BRESSON

Quando non sai quel che fai e quel che fai è il meglio, quella è l’ispirazione.

La tua macchina da presa traversa i volti, purché una mimi­ ca (voluta o non voluta) non si frapponga. Film di cinemato­ grafo fatti di movimenti interiori che si vedono.

Bisogna che immagini e suoni si intra-tengano da lontano e da vicino. Niente immagini, niente suoni indipendenti.

* Il vero è inimitabile, il falso intrasformabile.

Intonazioni giuste quando il tuo modello non esercita su di esse alcun controllo.

* 78

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Modelli. Niente ostentazione. Facoltà di riportare a sé, di trattenere, di non lasciare trasparire nulla. Una certa confi­ gurazione interiore comune a tutti. Occhi.

* Ai tuoi modelli: «Parlate come se parlaste a voi stessi»,

mo­

nologo INVECE DI DIALOGO.

* Vogliono trovare la soluzione là dove non vi è che enigma (Pascal).

Tk

X, divo celebre, dai lineamenti stranoti, troppo intellegibili.

* Modello. È il suo «io» non razionale, non logico che la tua macchina da presa registra.

79

ROBERT BRESSON

Modello. Tu lo illumini e lui ti illumina. La luce che ricevi da lui si aggiunge a quella che lui riceve da te.

Economia. Far sapere che ci si trova nello stesso luogo attraverso la ripetizione degli stessi rumori e della stessa sonorità.

* Girare oggi con gli stessi occhi e le stesse orecchie di ieri. Unità, omogeneità.

* Scegli bene i tuoi modelli in modo che ti conducano dove vuoi andare.

* Modelli. Il loro modo di essere le persone del tuo film, è di essere se stessi, di restare quel che sono. (Anche in contrad­ dizione con quel che avevi immaginato).

* 80

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Musica: isola il tuo film dalla vita del tuo film (voluttà musi­ cale). E un potente modificatore e persino distruttore del reale, come l’alcol o la droga.

* Montaggio. Fosforo che esce subitamente dai tuoi modelli, fluttua intorno a loro e li lega agli oggetti (blu di Cézanne, grigio del Greco).

* Il tuo genio non è nella contraffazione della natura (attori, scenografie), ma nel tuo modo di scegliere e coordinare frammenti che le macchine da presa le hanno strappato.

* Modelli. Esteriormente meccanicizzati. Interiormente intatti, vergini.

* Comunicare impressioni, sensazioni.

* 81

ROBERT BRESSON

X, guardato sullo schermo, in piena faccia, come se si tro­ vasse a una grande distanza.

&

Non abbellire né imbruttire. Non snaturare.

* E nella sua forma pura che un’arte colpisce con più forza.

* Il tuo film comincia quando le tue volontà segrete si tra­ smettono direttamente ai tuoi modelli.

* Un attore utilizzato in un film come sul palcoscenico, fuori di sé, non c'è. La sua immagine è vuota.

* Commuovere non con immagini commoventi, ma con rap­ porti di immagini che le rendono insieme vive e commo­ venti.

82

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

La semplificazione creativa dell’attore ha la sua nobiltà e la sua ragion d’essere sulla scena. Nei film, sopprime la com­ plessità dell’uomo che è, e insieme ad essa le contraddizioni e le oscurità del suo «io» veritiero.

* Montaggio. Evoluzione da immagini morte a immagini vive. Tutto rifiorisce.

* Film lenti in cui tutti galoppano e gesticolano; film rapidi in cui ci si muove appena.

Non usare in due film gli stessi modelli. 1) Non si credereb­ be in loro. 2) Essi si guarderebbero nel primo film come ci si guarda allo specchio, vorrebbero che li si vedesse come desiderano essere visti, s’imporrebbero una disciplina, si di­ sincanterebbero correggendosi.

* 83

ROBERT BRESSON

Vedi il tuo film come una combinazione di linee e volumi in movimento, al di fuori di quel che raffigura e significa.



I TUOI MODELLI NON DEVONO SENTIRSI DRAMMATICI.

* Sopprimi quel che devierebbe altrove l’attenzione.

* Qualità di un mondo nuovo che nessuna delle arti esistenti faceva sospettare.

* Complessità estrema. I tuoi film: prove, tentativi.

* È nell’aggregarsi l’una all’altra che le tue immagini sprigione­ ranno il loro fosforo. (Un attore vuole essere fosforescente subito). 84

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* Modello. La scintilla sorpresa nella sua pupilla dà significato a tutta la sua persona.

Immagine. Riflesso e riflettore, accumulatore e conduttore.

* Né bella fotografia, né belle immagini, ma immagini, foto­ grafia necessarie.

Porre il pubblico di fronte a esseri e cose, non come lo si pone arbitrariamente secondo le abitudini acquisite {cliché), ma come ti poni tu stesso secondo le tue impressioni e sen­ sazioni imprevedibili. Non decidere mai nulla in anticipo.

&

L’attore che studia la sua parte suppone un «sé» conosciuto a priori (che non esiste).

85

ROBERT BRESSON

* Ripresa. Angoscia di non lasciar sfuggire nulla di quel che intrawedo appena, di quel che forse ancora non vedo e po­ trò vedere soltanto più tardi.

86

DELLA FRAMMENTAZIONE 12

È indispensabile, se non vogliamo cadere nella rappresen­ tazione. Vedere esseri e cose nelle loro parti separabili. Iso­ lare queste parti. Renderle indipendenti così da porle in una nuova dipendenza.

* Far vedere tutto destina il cinema al cliché, lo costringe a mostrare le cose come tutti sono abituati a vederle. Altri­ menti sembrerebbero false o leziose.

* Intonazioni di voci, mimiche, gesti, che l’attore concepisce, prima e durante.

* 87

ROBERT BRESSON

Ripresa. Saprai solo molto più tardi se il tuo film vale la catena di montagne di sforzi che ti costa.

* Il reale non è drammatico. Il dramma nascerà da una certa progressione di elementi non drammatici.

* Nel suo film, X mostra cose senza affinità le une con le altre, dunque senza legami, dunque morte.

* Il tuo film non è fatto per una passeggiata degli occhi, ma per penetrarvi, per esserne completamente assorbito.

&

Espressione per compressione. Mettere in un’immagine quel che un letterato diluirebbe in dieci pagine.

* 88

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Scacco del cinema. Sproporzione ridicola fra immense pos­ sibilità e il risultato: Star-system.

•k

Un regista spinge i suoi attori a simulare esseri fittizi in mez­ zo a oggetti che non lo sono. Il falso che favorisce non si trasformerà in vero.

* Un attore, per eccellente che sia, limitato a un ruolo di crea­ zione (senza ombre).

* Utilizzare i mezzi del teatro conduce fatalmente al pittoresco dell’occhio e dell’orecchio.

* Non si crea aggiungendo, ma levando. Sviluppare è un’altra cosa. (Non sciorinare).

* 89

ROBERT BRESSON

Vuotare lo stagno per avere i pesci.



Alla sicurezza degli attori opponi la grazia dei modelli che non sanno che cosa sono.

* Uno stesso soggetto cambia secondo le immagini e i suoni. I soggetti religiosi ricevono dalle immagini e dai suoni la loro dignità ed elevatezza. Non (come si crede) l’inverso: le im­ magini e i suoni ricevono dai soggetti religiosi...

Per un attore, la macchina da presa è l’occhio del pubblico.

ir

Modelli. È a te, non al pubblico, che consegnano quelle cose che forse il pubblico non vedrebbe (che tu appena intrawedi). Deposito segreto e sacro.

* 90

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Un commento gelido può riscaldare, per contrasto, i dialo­ ghi tiepidi di un film. Fenomeno analogo a quello del caldo e del freddo nella pittura.

Silenzio musicale, per un effetto di risonanza. L’ultima silla­ ba dell’ultima parola, o l’ultimo rumore, come una nota te­ nuta.

* Le cose troppo in disordine o troppo in ordine si uguaglia no, non si distinguono più. Suscitano indifferenza e noia.

* I travellings e le panoramiche visibili non corrispondono ai movimenti dell’occhio. Vuol dire separare l’occhio dal cor­ po. (Non servirsi della macchina come di una scopa).

* Modelli. Fisserai non i limiti del loro potere, ma quelli in cui lo dovranno esercitare.

* 91

ROBERT BRESSON

Quantità, enormità, falsità che cedono il posto alla semplici­ tà e all’esattezza. Tutto ricondotto alla misura di quel che ti basta.

Non si tratta di recitazione «semplice», o di recitazione «in­ teriore», ma di non recitare affatto.

* Film di cinematografo: emozionali, non rappresentativi.

* Provocare l’inatteso. Aspettarlo.

* Il cinema non è partito da zero. Tutto da rimettere in que­ stione.

&

92

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Un grido, un rumore. La loro risonanza ci fa indovinare una casa, una foresta, una pianura, una montagna. Il loro rimbal­ zo ci indica le distanze.

* Con qualcosa di netto e di preciso forzerai l’attenzione dei distratti dell’occhio e dell’orecchio.

* Modello. Quel che lo anima (parole, gesti) non è quel che lo dipinge come nel teatro, ma quel che lo costringe a dipin­ gersi da sé.

* Un film di cinema riproduce la realtà dell’attore, insieme a quella dell’uomo che è.

* Il tuo pubblico non è né il pubblico dei libri, né quello degli spettacoli, né quello delle mostre, né quello dei concer­ ti. Non devi soddisfare né il gusto letterario, né quello tea­ trale, pittorico o musicale.

93

ROBERT BRESSON

* Che la causa segua l’effetto e non lo accompagni o lo preceda °.

* Le parole non coincidono sempre con il pensiero. In antici­ po, in ritardo. La scimmiottatura di questa non-coincidenza è orribile nei film.

* Dall’urto e dal concatenamento delle immagini e dei suoni deve nascere un’armonia di rapporti.

* Modello. Chiuso, entra in comunicazione con l’esterno solo a sua insaputa.

Creare attese per appagarle.

94

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Modello. Fisserai la sua immagine intatta, non deformata dalla sua intelligenza né dalla tua.

* Senza scostarti dalla linea, che non deve mai essere abban­ donata, e senza mollare nulla di te, lascia la macchina e il magnetofono cogliere, in un lampo, quel che ti offre di nuo­ vo e di imprevisto il tuo modello.

* Un virtuoso ci fa sentire la musica non come è scritta, ma come la sente. L’attore-virtuoso.

* Non mostrare tutti i lati delle cose. Un margine d’indefinito.

Non solamente rapporti nuovi, ma un modo nuovo di ri­ articolare e di accordare.

95

ROBERT BRESSON

* Confrontata al reale, la tua attenzione tesa illumina gli errori della tua concezione originaria H. E la macchina da presa a correggerli. Ma l’impressione che hai provato tu è la sola realtà interessante.

* Girare non consiste a fare qualcosa di definitivo, ma a fare delle preparazioni.

Molte inquadrature della stessa cosa, come un pittore che dipinge molte tele, o esegue molti disegni dello stesso sog­ getto, e che, ogni volta, progredisce verso l’esattezza.

* Modello che, suo e tuo malgrado^ sprigiona l’uomo vero dal­ l’uomo fittizio che avevi immaginato.

96

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

L’attore esiste in forma duplice. È la presenza alternativa di lui e dellW/ro che il pubblico è stato abituato ad amare.

* Tracciare accuratamente i limiti nei quali cerchi di lasciarti sorprendere dal tuo modello. Sorprese infinite in una corni­ ce finita.

* La realtà bruta non darà da sola qualcosa di vero.



La tua macchina da presa non coglie solo movimenti fisici inafferrabili dalla matita, dal pennello o dalla penna, ma an­ che certi stati d’animo riconoscibili da indizi che senza di essa non si possono scoprire.

* Star-system. Significa sprecare l’immenso potere di attrazione del nuovo e dell’imprevisto. Da un film all’altro, da un sog­ getto all’altro, davanti alle stesse facce a cui è impossibile credere.

97

ROBERT BRESSON

*

Immagini e suoni si rafforzano trapiantandoli.

Abituare il pubblico a indovinare il tutto di cui non gli si dà che una parte. Fare indovinare. Suscitarne il desiderio.

98

ESERCIZI

Sottoponi i tuoi modelli a esercizi di lettura che consistano a uniformare le sillabe e a sopprimere qualunque effetto per­ sonale voluto. Il testo uniformato e pareggiato. L’espressione che può passa­ re inavvertita ottenuta attraverso rallentamenti e accelerazio­ ni quasi impercettibili, e l’opacità o lo squillo della voce. Timbro e velocità. (Timbro = stampiglia).

* Non è la persona veridica che esigono i nostri occhi e le nostre orecchie, ma la persona vera.

* Sono condannati quei film le cui lentezze e i cui silenzi si confondono con le lentezze e i silenzi della sala.

99

ROBERT BRESSON

* La recitazione dell’attore è definitiva, immodificabile. Rima­ ne quel che è.

* Nel rito cattolico-greco: «Siate attenti!».

radio, televisione, riviste sono una scuola di disat­ tenzione: si guarda senza vedere, si ascolta senza sentire.

cinema,

Modello. Si fa da sé il suo ritratto con quello che tu gli detti (gesti, parole) e la sua somiglianza, un po’ come se si trattas­ se del quadro di un pittore, richiama tanto lui che te.

Il colore dà forza alle tue immagini. È un mezzo per rendere più vero il reale. Ma se appena questo reale non lo è del tutto (reale), il colore accusa la sua inverosimiglianza (la sua inesistenza).

100

NOTE SUL CINEMATOGRAFO



Modello. Divenuto automatico, protetto contro qualunque pensiero.



Films allo stadio della pittura pompier. Assedio di Parigi di Bouguereau, dove sembra di vedere dei soldati impegnati in un’azione cinematografica che hanno appresa.

* Vedi immediatamente in quel che vedi quello che si vedrà. La tua macchina non riprende le cose come le vedi tu. (Non riprende quello che induci le cose a significare).



È vantaggioso che quel che trovi non sia quel che ti aspetta­ vi. Incuriosito, eccitato dall’inatteso.

* La collocazione ” delle immagini e dei suoni.

101

ROBERT BRESSON

* Dare agli oggetti l’aria di aver voglia di esserci.

* La fotografia è descrittiva, nuda immagine limitata alla de­ scrizione.

* Modello. Ha la bellezza di tutti i movimenti che non fa (che potrebbe fare).

La parola più triviale, messa al posto giusto, acquista di col­ po splendore. È di quello splendore che devono brillare le tue immagini.

102

IL 1960-1974 (Altre note)

Wondrous, wondrous, wondrous machine! Purcell «Che cosa straordinaria, vero?, che un uomo sia un uomo!» ,6. Forse questo si dicono macchina da presa e ma­ gnetofono davanti a G (modello).

* Sii all’oscuro di quel che prenderai quanto lo è un pescatore dietro alla sua canna da pesca. (Il pesce che sbuca fuori dal nulla).

A un pubblico pronto a sentire prima di capire, quanti film che mostrano e spiegano tutto!

-k

105

ROBERT BRESSON

Mi ricordo di un vecchio film: Trenta secondi su Tokio. La vita era sospesa per trenta mirabili secondi ”, durante i quali non accadeva nulla. In realtà, accadeva tutto. Cinematografo, arte, con le immagini, di non rappresentare niente.

G, divinamente uomo, F, divinamente donna (modelli), sen­ za nessun trucco. Il trucco, è quel che vi è di nascosto, di non uscito (non rivelato), in loro.

* Leonardo raccomanda (Taccuini) di pensare bene alla fine, di pensare prima di tutto alla fine. La fine, è lo schermo che è solo una superficie. Sottometti il tuo film alla realtà dello schermo, come un pittore sottomette il suo quadro alla real­ tà della tela e dei colori, lo scultore le sue figure alla realtà del marmo o del bronzo.

* Dieci proprietà di un oggetto, secondo Leonardo: chiarezza e oscurità, colore e sostanza, forma e posizione, allontana­ mento e avvicinamento, movimento e immobilità.

106

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

I passanti che incrocio sui Champs Elysées mi sembrano fi­ gure di marmo che avanzano a molla. Ma basta che i loro occhi incontrino i miei, ed ecco che quelle statue ambulanti e guardanti diventano umane.

Due uomini che si affrontano, gli occhi negli occhi. Due gatti che si attirano...

* Vincere i falsi poteri della fotografia.

Idea vacua di «cinema d’arte», di «film d’arte». Film d’arte quelli che ne sono più sprovvisti.

* Quel che respingo come troppo semplice, quella è la cosa importante che bisogna approfondire. Stupida diffidenza verso le cose semplici.

•k

107

ROBERT BRESSON

Evoluzione in una zona vietata alle arti esistenti, non sfrutta­ bile da esse.

* Il teatro è qualcosa di troppo conosciuto, il cinematografo qualcosa di troppo sconosciuto fino a oggi.

* Bisogno irresistibile del pubblico di vedere, accostare, tocca­ re i divi in carne e ossa di cui il teatro fotografato lo ha frustrato. Autografi.

* La bellezza del tuo film non sarà nelle immagini (cartolinapostalismo) ma nell’ineffabile che sprigioneranno.

* Bisogna essere in molti per fare un film, ma uno solo che fa, disfa, rifa le sue immagini e i suoni, ritornando continuamente all’impressione o sensazione iniziale, incomprensibile agli altri, che le ha fatte nascere.

* 108

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Forgiarsi leggi di ferro, non foss’altro che per obbedirle o disobbedirle difficilmente.

&

Agli occhi di X il cinema è un’industria di tipo speciale; agli occhi di Y un teatro ingrandito, allargato. Z vede la moltipli­ cazione.

* Telefono. La sua voce lo rende visibile.

* Racine (a suo figlio Louis): Conosco abbastanza la vostra scrittura senza che siate obbligato a scrivere il vo­ stro nome. economia.



L’avvenire del cinematografo appartiene a una razza nuova di giovani solitari che gireranno di tasca propria fino all’ulti­ mo centesimo senza farsi impastoiare dalle routines materiali del mestiere.

109

ROBERT BRESSON

Nella tua passione per il vero, è possibile che non si veda che maniacalità.

* Infischiati di una cattiva reputazione. Temine piuttosto una buona che non potresti sostenere.

* Ammira senza limiti la semplicità e la modestia dei grandi artisti di altri tempi, esposti alla tracotanza della nobiltà.

Ve

Pensa bene a che cosa ti costringe questo lavoro minuzioso e che un attore (professionista o non professionista) rimane attore, anche in fondo a un deserto.

* Macchine prodigiose 18 cadute dal cielo, servirsene solo per rimasticare del falso sembrerà fra meno di cinquantanni in­ sensato, assurdo.

* 110

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Il pubblico non sa quel che vuole. Imponigli le tue volontà, le tue voluttà.

* È perché canta sempre la stessa canzone che l’usignolo è così ammirato?

* Novità non vuol dire originalità né modernità. ”

* Proust dice che Dostoevskij è originale soprattutto nella composizione. È un insieme straordinariamente complesso e serrato, puramente interiore, con correnti e controcorrenti come quelle marine, che troviamo anche in Proust (altrimen­ ti, così diverso), e il cui equivalente andrebbe bene per un film.

* (1963) Partito da Roma all’improvviso, definitivamente ab­ bandonati i preparativi della Genesi^ per tagliar corto a chiacchiere imbecilli, bastoni fra le ruote inaridenti. Com’è strano che ti chiedano di fare quel che loro stessi si trove­ rebbero in difficoltà a fare perché non sanno che cos’è!

Ili

ROBERT BRESSON

* Quante cose si possono esprimere con la mano, con la testa, con le spalle!... Quante parole inutili e ingombranti sparisco­ no allora! Che economia!

Trasalimento delle immagini che si svegliano.

&

Ho sognato il mio film che si andava facendo man mano sotto lo sguardo, come una tela di pittore eternamente fresca.

È dalla costrizione a una regolarità meccanica, è da una meccanica che nascerà l’emozione. Pensare a certi grandi pianisti per capirlo.

Un grande pianista non virtuoso, tipo Lipatti, suona note rigorosamente uguali: bianche, stessa durata, stessa intensità;

112

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

nere, crome, biscrome ecc. idem. Non applica l’emozione sui tasti. La aspetta. Ed essa arriva e invade le sue dita, il piano, lui, la sala.

* Emozione prodotta attraverso una resistenza all’emozione.

Ve

Bach, all’organo, ammirato da un suo allievo, risponde: «Si tratta di suonare le note proprio al momento giusto».

* Si direbbe che ci siano due veri: uno insipido, piatto, noio­ so, almeno agli occhi di chi lo colora di falso, l’altro...

* In mancanza di vero, il pubblico si attacca al falso. Il modo espressionista in cui la signorina Falconetti gettava gli occhi al cielo, nel film di Dreyer, strappava le lacrime.

* 113

ROBERT BRESSON

Questi giorni atroci, in cui girare mi viene a noia, e sono sfinito, impotente davanti a tanti ostacoli, fanno parte del mio metodo di lavoro.

Un film molto compresso non darà a prima vista quel che ha di meglio. Vi si vede da principio quel che assomiglia a quel che si è già visto. (Bisognerebbe avere a Parigi una sala pic­ colissima, molto ben attrezzata, dove non si darebbero che uno o due film all’anno).

* La precisione dell’obbiettivo fa procedere a tentoni. Debus­ sy: «Ho passato una settimana a decidere un accordo piutto­ sto che un altro».

Non rifiutarti ai prodigi. Comanda alla luna, al sole. Scatena il tuono e il fulmine.

Quanti danni, e non solo nel pubblico, fa una critica pigra, ritardataria, che giudica con l’ottica del teatro!

114

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Niente film di storia, che farebbero «teatro», o «maschera­ ta». (Nel Processo di Giovanna d'Arco ho cercato, senza fare né «teatro» né «mascherata», di trovare con parole storiche una verità non storica).

* Oscar agli attori di cui il corpo, la faccia, la voce, non danno l’impressione di essere loro, la certezza di appartenergli.

* E vano e stolido lavorare specificatamente per un pubblico. Non posso provare quel che faccio, nel momento in cui lo faccio, che su di me. E poi non si tratta che di fare bene.

* Sii preciso nella forma, non sempre nel fondo (se puoi).

* È quel che non riesco a sapere di F e di G (modelli) che me li rende così interessanti.

115

ROBERT BRESSON

*• Preferisci quel che ti suggerisce l’intuizione a quel che hai fatto e rifatto dieci volte nella tua testa.

* Le idee tratte da letture saranno sempre idee libresche. An­ dare incontro alle persone e agli oggetti direttamente.

* Abbi l’occhio del pittore. Il pittore crea guardando.

* Il colpo di pistola dell’occhio del pittore scompagina il reale. Poi il pittore lo rimonta e l’organizza in quello stesso occhio, secondo il suo gusto, i suoi metodi, il suo ideale di bellezza.

* Ogni movimento ci scopre (Montaigne). Ma ci scopre solo se è automatico (non comandato, non voluto).

116

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

A proposito di automatismo, anche questo di Montaigne: Non comandiamo ai nostri capelli di rizzarsi e alla nostra pelle di fremere di desiderio o di paura; la mano corre spesso dove non la mandiamo.

Soggetto, tecnica, recitazione degli attori, hanno la loro vo­ ga. Ne risulta una specie di prototipo, che un film ogni due o tre anni rinnova.

Sit

I capolavori della pittura, della scultura, tipo La Gioconda, La Venere di Milo, hanno tante ragioni di esse­ re ammirati che lo sono per le buone come per le cattive. I capolavori del cinema lo sono spesso solo per le cattive. capolavori.

* Per seguire la moda, X mette nei suoi film un po’ di tutto, come un pittore che lavora con troppi colori.

117

ROBERT BRESSON

Mentre gli uni, sotto l’influenza del cinema, si sforzano di cambiare il teatro, gli altri, girando i loro film, s’impaniano nelle sue vecchie abitudini (regole, codici).

* malintesi.

Nessuna - o poche - stroncature o lodi che non partano da qualche malinteso.

* Bisognerebbe nascere con un senso speciale dell’accostamen­ to e dell’accordo.

* In questo film senza pittoresco, dove non sussiste niente di teatrale, B vede il vuoto.

* Sempre la stessa felicità, lo stesso stupore di fronte al signifi­ cato nuovo di un’immagine che ho appena cambiata di posto.

ite 118

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Le cose che ci riescono per caso, che potere hanno!

* «Ci siamo o non ci siamo», al primo colpo d’occhio. Il ra­ gionamento viene dopo {per approvare il nostro primo colpo d'occhio).

ft L’ostilità all’arte è anche ostilità al nuovo, all’imprevisto.

ft Prima di tutto, agire. A Londra, una banda sfonda la cassaforte di una gioielleria e fa man bassa di collane di perle, anelli, oro, pietre preziose. Vi trova anche la chiave della cassaforte della gioielleria vici­ na che svaligia, la quale cassaforte contiene la chiave della cassaforte di una terza gioielleria. (I giornali).

ft Estrarre le cose dall’abitudine, scloroformizzarle.

119

ROBERT BRESSON

Nel nudo, tutto quello che non è bello è osceno.



A proposito dell’assoluta indispensabile fiducia in se stessi, questo di Mme de Sévigné: «Quando non ascolto che me, faccio meraviglie».

* Uguaglianza di tutte le cose. Cézanne che dipingeva con lo stesso occhio un barattolo di marmellata, suo figlio, la mon­ tagna Sainte Victoire.

* Cézanne: «A ogni pennellata, rischio la mia vita».

* Costruisci il tuo film sul bianco, sul silenzio e l’immobilità.



120

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

Il silenzio è necessario alla musica ma non fa parte della musica. La musica vi si appoggia.

* Quanti film rappezzati dalla musica! Si inonda di musica un fÒm. Si impedisce di vedere che in quelle immagini non c’è niente.

* È soltanto da poco e a poco a poco che ho soppresso la musica e mi sono servito del silenzio come elemento di com­ posizione e strumento di emozione. Dirlo per onestà.

* Senza cambiare nulla, che tutto sia diverso.

Montesquieu dice a proposito dell’umorismo che «la sua dif­ ficoltà consiste nel farvi scoprire nella cosa un sentimento nuovo che tuttavia proviene dalla cosa».

* 121

ROBERT BRESSON

Non cercare e non augurarti di strappare le lacrime al pub­ blico con le lacrime dei tuoi modelli, ma con questa immagi­ ne piuttosto che con quella, questo suono piuttosto che quello, esattamente al loro posto.

fatti credere.

Dante in esilio e a spasso per le vie di Vero­ na, la gente si bisbiglia all’orecchio che va all’inferno quando vuole e ne porta notizie.

Da dove parto? Dall’oggetto da esprimere? Dalla sensazio­ ne? Parto due volte?

Che cos’è, nei confronti del reale, questo lavoro intermedio dell’immaginazione?

Essere scrupolosi. Respingere del reale tutto ciò che non di­ venta vero. (L’orribile realtà del falso).

122

NOTE SUL CINEMATOGRAFO

* H (modello), quel che mi nasconde, non lo nasconde per darsi o darmi l’impressione di essere quel che non è, ma per modestia.

* divinazione,

questo nome, come non associarlo alle due su­ blimi macchine di cui mi servo per lavorare? Macchina da presa e magnetofono, conducetemi lontano dall’intelligenza che complica tutto.

123

NOTE

1 Cinematografare qualcuno non significa dotarlo di vita. È perché sono vivi che gli attori rendono vivo un testo teatrale. 2 «Ti avverto se in qualche concerto trovi scritto solo dovrà essere suona­ to da un solo violino» (Vivaldi). ’■ A Hedin, alloggiavamo tutti alTHótel de France. Durante la notte, la frase di Napoleone mi martellava in testa: «Faccio i miei piani di battaglia con lo spirito dei miei soldati addormentati». 4 Salvo, beninteso, la musica suonata da strumenti visibili. i «Non so chi chiedeva a uno dei nostri accattoni che vedeva in camicia in pieno inverno, tutto contento come uno che se ne stesse avviluppato in una pelliccia fino alle orecchie, come faceva a sopportare: “E voi, Signore, - rispose, - non avete la faccia scoperta? ebbene, io sono tutto faccia”». (Montaigne, Saggi, i, 36). 6 «Dipingo spesso i mazzi di fiori dalla parte dove non li ho preparati» (Auguste Renoir a Matisse, citato a memoria). 7 cinema e teatro sono legati per comodità. Vi è interesse alla confusione. 8 E viceversa, se l’orecchio è completamente conquistato, non dare nulla all’occhio. ’ Questo perché un meccanismo produce l’ignoto, e non perché si sia anticipatamente trovato questo ignoto. 10 Montaggio dell’ottobre 1956? 11 E far ascoltare quel che senti con la mediazione di una macchina che non lo sente come lo senti tu. u «Una città, una campagna, da lontano sono una città e una campagna; ma man mano che ci si avvicina, sono case, alberi, tegole, foglie, erbe, formiche, infinite zampe di formica» (Pascal). ” Qualche giorno fa, traversando i giardini di Notre-Dame incrocio un uomo i cui occhi colgono dietro di me qualcosa che io non posso vedere e s’illuminano d’improvviso. Se, contemporaneamente all’uomo, avessi visto

125

ROBERT BRESSON

la giovane donna e il bambino verso i quali si mise a correre, quella faccia felice non mi avrebbe tanto colpito; forse non ci avrei nemmeno fatto caso. 14 Errori sulla carta. 15 In italiano nel testo (ndt). 16 Baudelaire. 17 I trenta secondi di volo su Tokio di un caccia americano durante la guerra. 14 Macchina da presa e magnetofono. ” «Non cercai di fare come gli altri né diversamente» (Rousseau).

126

Stampato da La Grafica & Stampa editrice s.r.l.» Vicenza per conto di Marsilio Editori® in Venezia Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% del volume dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da aidro (www.aidro.org).

EDIZIONE

10 9 8 7 6 5 4

ANNO

2008 2009 2010 2011 2012

Robert bresson (1907-1999), regista cinematografico francese. Nel 1989 ha ricevuto, a Venezia, il Leone d’oro alla carriera. I suoi film: La conversa di Belfort (1943), Perfidia (1944), Diario di un curato di campagna (1951), Un condannato a morte è fuggito (1956), Pickpocket (1959), Processo di Giovanna dArco (1962), Au hasard Balthazar (1966), Mouchette, tutta la vita in una notte (1967), Così bella, così dolce (1969), Quattro notti di un sognatore (1972), Lancillotto e Ginevra (1974), II diavolo, probabilmente... (1977), L’argent (1983).

dl > una c$n immani in movimento e suooé Robert Bresson